Lost Memories
(di _Sihaya)
* * *
Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che
accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso.
Gandhi
* * *
Capitolo 35 – La profondità dell’odio
Quando
Yaxley e Travers,
trascinando i condannati, raggiunsero i sotterranei del Castello, trovarono una
brutta sorpresa: un gruppo di ribelli con a capo Neville Paciock, aveva
sconfitto - per la precisione schiantato - la Mangiamorte Pansy Parkinson, e
ora li precedeva di pochi metri, diretto alla Sala Comune dei Serpeverde.
Yaxley
imprecò e consegnò
bruscamente i propri prigionieri, Seamus e Dean, a Travers, poi sfoderò la
bacchetta magica e lanciò una Maledizione alle spalle degli intrusi.
Katie Bell,
le braccia bloccate
dietro la schiena, si piegò in avanti e gridò con tutto il fiato che aveva in
gola.
Cho Chang e
Padma Patil, in coda
al gruppo, si voltarono appena in tempo per deviare l’attacco.
Il
frastuono fece voltare tutti
gli altri: Calì, Ernie, Justin, Terry, Neville, che portava in braccio Luna ferita,
George alla sua sinistra e Hannah alla sua destra, che stringeva a due mani
l’elsa della Spada di Godric Gridfondoro.
Vedendola,
i volti dei quattro
ostaggi s’illuminarono di coraggio.
Zacharias
iniziò a dimenarsi
come un’anguilla; Katie scoppiò in lacrime strattonandosi per sfuggire al
proprio carceriere. Seamus, con uno scatto improvviso, calciò gli stinchi di
Travers che ululò dolorante e allentò la presa sulle corde magiche che legavano
i polsi suoi e di Dean.
In breve
i due Mangiamorte persero il controllo della situazione.
Seamus si
gettò contro Yaxley
con un ruggito bellicoso; nei suoi occhi brillava la determinazione: era
disarmato, ma pronto a battersi anche a mani nude.
Travers
afferrò per il mantello
Dean un istante prima che riuscisse a sfuggirgli. Dean ruotò su se stesso, ma
il Mangiamorte lo afferrò per la gola e puntandogli la bacchetta sullo sterno
lo colpì a bruciapelo, scagliandolo in aria. Dean cadde a diversi metri di
distanza, slogandosi la spalla destra. Una fitta lancinante gli attraversò il
braccio e il petto, gridò di dolore ma non si diede per vinto: si trascinò
verso Pansy Parkinson che giaceva schiantata poco distante e le rubò la
bacchetta magica, grazie alla quale annullò l’incantesimo che gli legava le
mani. Si girò, si sollevò sul gomito sinistro e, stringendo i denti, lanciò un
incantesimo di esplosione contro Travers, poi cadde a terra sfinito.
Mentre
Ernie e Justin si
lanciavano nella mischia per distrarre Yaxley, Calì liberò Seamus dalle catene
e Terry corse in aiuto di Dean.
«
Sbrigatevi a raggiungere
Harry! » Gridò George e Neville e Hannah, « a questi due ci pensiamo noi: sono
fottuti! »
* * *
Vedendo Harry e Ron litigare con Malfoy
per rivendicare il ruolo di protagonisti in quella folle guerra, Hermione si
diresse verso di loro a passo militare per dare manforte a Ginny che tentava
invano di farli ragionare, ma dopo un paio di passi si fermò.
Gli occhi
le brillarono di
sorpresa e di speranza: Neville Paciock, arrivato in sordina, si schiacciava
dietro allo stipite della porta d’ingresso alla Sala Comune.
Hermione
ignorò Malfoy e persino
Harry. Energica e determinata, confuse un Mangiamorte che l’aveva avvicinata e
attraversò al volo la stanza.
Era su di
giri quando raggiunse
(e quasi gli saltò addosso) Neville: non le era sfuggito, infatti, il riverbero
dei rubini incastonati nell’elsa della Spada di Godric Grifondoro che
nascondeva dietro la schiena.
« Come
siete riusciti a prendere
la Spada?! » esclamò.
« Merito di
Hannah, » rispose
Neville, e la Tassorosso, nascosta dietro il muro che separava il corridoio
dalla Sala, arrossì.
Hermione
spostò lo sguardo su di
lei e subito impallidì vedendo che sorreggeva Luna, ferita gravemente ad una
spalla. Dal volto emaciato dell’amica capì che aveva perso molto sangue ed era
debole. Insistette per contribuire a prendersi cura di lei, ma Hannah e Luna si
rifiutarono categoricamente.
Il ruolo di
Hermione, ora, era
quello di coprire le spalle a Neville intenzionato portare a termine, una volta
per tutte, il compito che Harry gli aveva affidato: uccidere Nagini.
* * *
Kingsley Shakelbolt, Aberforth Silente e Hestia Jones si
fermarono a prendere respiro: erano arrivati all’entrata principale del
Castello correndo senza sosta, sconfiggendo al primo colpo chiunque li
avvicinasse. L’area era quasi deserta e mal sorvegliata, ma non compresero il
motivo di quella condizione finché si trovarono davanti al degrado in cui
versava la Sala Grande: il meraviglioso soffitto era squarciato e, sopra le
loro teste, il cielo cupo e nebuloso era reale. Solo la tavolata dei Serpeverde
riempiva la sala e un trono sostituiva l’intero tavolo dei professori. Flebili
fiamme alle pareti erano l’unica illuminazione. Il gelo, padrone della stanza,
scendeva nello stomaco a ogni respiro. Il silenzio era totale e, se non fosse
stato per un debole cigolio, nessuno dei membri dell’Ordine della Fenice si
sarebbe accorto d’essere stato pedinato.
I tre maghi
si voltarono di
scatto guardandosi le spalle: sulla soglia dell’ingresso c’erano sette Mangiamorte
incappucciati.
Uno di loro
stava seminascosto
dietro lo stipite, gli altri parevano in formazione d’attacco, capeggiati da
una figura minuta che puntava la bacchetta davanti a sé a braccio teso.
Kingsley si
preparò ad
attaccare.
Due
Mangiamorte indietreggiarono
prima ancora che estraesse la bacchetta; quello che pareva il capogruppo li
redarguì con un’occhiata minacciosa e una scrollata di spalle carica di
disprezzo. Poi mosse la bacchetta magica e un fumo nero si sollevò nell’aria.
«
Andatevene dalla scuola! »
Ordinò agli intrusi.
Aberforth
spalancò la bocca
sorpreso: la voce del Mangiamorte era forte e decisa, ma acuta e chiaramente
femminile.
Uno
Schiantesimo lo sfiorò, ma
egli non si mosse. Un’orribile sensazione lo pervadeva.
Vide Hestia
Jones evocare uno
Scudo e rispondere con facilità a un debole attacco.
Quasi…
ridicolo, pensò
Aberforth.
Poi
Kingsley fu bersaglio di una
raffica di incantesimi, nessuno dei quali andò a segno; ormai sicuro
dell’inferiorità tecnica e strategica del gruppo nemico, lanciò una maledizione
contro il capo.
« Fermati!
» Urlò Aberforth
afferrandogli braccio.
L’
incantesimo uscì dalla
bacchetta ma deviò dalla sua traiettoria, sfiorando appena il nemico, che
tuttavia cadde a terra gridando.
Gli altri
Mangiamorte erano
paralizzati, due di loro tremavano vistosamente.
« Ma che
fai? » sbottò Kingsley
contrariato.
« Non
capisci? » Ribatté
Aberforth lasciandogli il braccio per avanzare a grandi passi verso il
Mangiamorte colpito.
Lo
raggiunse e gli levò il
cappuccio.
Un grido
d’umiliazione
accompagnò quel gesto, ma l’esclamazione inorridita di Hestia Jones lo
sovrastò: « Per tutti i maghi, sono dei bambini! »
* * *
Grazie ad
un Incantesimo di
Disillusione, Hermione e Neville attraversarono la Sala costeggiandone le
pareti per avvicinarsi il più possibile al grosso tavolo centrale.
Raggiunta
la posizione che
ritennero più favorevole, perché meno coinvolta nella battaglia, si separarono:
Neville rimase mimetizzato contro la parete, mentre Hermione uscì allo
scoperto.
Aveva la
gola secca per la
paura.
Il suo
compito era di distrarre
Nagini facendo da esca, affinché Neville potesse raggiungerla e ucciderla al
primo colpo.
Non
potevano permettersi di
fallire o avrebbero pagato con la vita anche il più banale degli errori.
Pochi passi
la separavano dal
lungo tavolo quando Nagini, avviluppata su se stessa, sollevò la testa e la
scrutò in un modo che le diede i brividi.
Hermione
divaricò le gambe e
tese la bacchetta.
Un sibilo
assordante le perforò
i timpani.
Per un
attimo sentì le forze
abbandonarla. Chiuse le palpebre e tutto divenne confuso.
Quando le
riaprì, la realtà
davanti ai suoi occhi era mutata radicalmente.
Era sola
nella camera del
dormitorio Grifondoro.
Calda e
accogliente come la ricordava.
L’
armadio era semiaperto.
S’
avvicinò.
Una creatura saltò fuori facendola balzare indietro per lo
spavento.
Era un
Molliccio che aveva
assunto le sembianze di Nagini.
Si
preparò a difendersi.
* * *
Una frusta di luce fuoriuscì dalla Bacchetta di Voldemort
e schioccò nell’aria: Ron urlò atterrito, Malfoy incespicò nei propri passi e
cadde col sedere a terra, Harry si fece scudo per Ginny e appellandosi a tutto
il proprio coraggio riuscì a non indietreggiare, ma un grido impastato di rabbia
e paura costrinse tutti a voltarsi verso Hermione.
Sembrava
aver perso
completamente il controllo.
Scuoteva la
bacchetta a destra e
a sinistra, lanciando raffiche di incantesimi contro Nagini con furia e
decisione, ma senza alcuna logica.
Mentre Harry e Ginny cercavano una
spiegazione a quel comportamento e Ron si sgolava per attirare l’attenzione di
Hermione, Malfoy s’alzò e corse verso di lei. La placcò, la trascinò lontano
dal campo di battaglia e la spinse contro l’angolo nascosto dietro ad una delle
possenti colonne del camino.
Poiché lei continuava a sbracciarsi per
tentare di attaccare Nagini ormai fuori dal raggio d’azione, lui le afferrò i
polsi e li bloccò al muro, all’altezza del viso. Hermione si contorse con tutte
le sue forze per liberarsi dalla stretta, ma Draco la schiacciò contro la
parete e con tono spazientito la richiamò: « Ti vuoi calmare?! »
Hermione
sentì la sua voce
attutita e lontana, come se provenisse dall’altro lato della stanza. Aveva la
vista annebbiata e le servì un po’ per rendersi conto che lui era lì,
schiacciato contro di lei, che le teneva i polsi e le respirava sul viso.
« Si può
sapere cosa intendevi
fare? »
Trascorsero
diversi secondi
prima che Hermione rispondesse, guardando Malfoy dal basso verso l’alto, seccata
dal suo tono supponente: « Sei cieco, Malfoy? Cercavo di difendermi! »
La smorfia
derisoria sul viso di
lui divenne nitida davanti ai suoi occhi: « Usando Incantesimi Anti-Molliccio
contro Nagini? »
« Cosa? »
sfiatò Hermione.
Malfoy
sentì i suoi polsi
irrigidirsi sotto i palmi delle mani e percepì fin troppo intensamente
l’inquietudine che l’aveva attraversata. Una imprecisata sensazione gli gonfiò
lo stomaco, trattenne il respiro e rimase a fissarla mentre corrugava la fronte
e si concentrava alla ricerca di una valida spiegazione per quello che era
appena accaduto.
« Stupida, » l’apostrofò, indelicatamente come sempre, ma
con un tono tutt’altro che offensivo, « ti sei fatta ipnotizzare. »
«
Ipnotizzare? » balbettò
Hermione.
« Non
voglio sapere cosa ti sei
messa in testa, ma sappi che non è così semplice uccidere Nagini. È protetta da
un potente incantesimo: è troppo importante per lui, quasi… vitale »
disse Malfoy, senza riuscire a trovare le parole giuste per spiegarsi.
Hermione comprese ugualmente: Malfoy, in
qualche modo, doveva aver intuito la presenza di quel legame terrificante che
univa Voldemort al proprio Horcrux.
« Oh, lo so
che non posso
ucciderla, » ribatté lei con una punta di presunzione, « ma… »
« Allora
vedi di starle lontana.
» troncò Malfoy asciutto, allentando la stretta sui suoi polsi.
Hermione
alzò lo sguardo,
sorpresa da quella raccomandazione priva d’ironia, e poiché lui guardava
altrove, piegò il braccio sinistro davanti a sé fermando la mano socchiusa sul
suo mantello, all’altezza del cuore.
Malfoy,
colto alla sprovvista,
si tirò indietro per guardarla in faccia, cercando nei suoi occhi la conferma
della casualità di quel gesto. Non riuscì a trovarla.
Hermione
abbassò repentinamente
lo sguardo. « Ora, immagino di doverti ringraziare… » borbottò.
Era tesa,
poteva capirlo da come
il pollice e l’indice della sua mano si tormentavano sul suo petto.
Forse s’
aspettava una qualche
reazione arrogante, ma lui, concentrato sul vuoto che sentiva nello stomaco,
rimase ad osservarla in silenzio, aspettando che scegliesse, fra le mille cose
che aveva da dire, quella con cui cominciare.
Ed Hermione
cominciò e concluse
in perfetto stile Grifondoro: alzò la testa orgogliosa e piantò gli occhi nei
suoi, poi aprì la mano sinistra, premendo sul suo petto con tutto il palmo.
Malfoy
pensò che Hermione
dovesse avere le dita bollenti perché le sentiva bruciare una ad una attraverso
il mantello.
« Grazie.
»
Quella
parola, semplice e
diretta, fu più destabilizzante di quanto potesse immaginare. C’era qualcosa di
grottesco nel modo in cui la guardò ammutolito: gli occhi spalancati, le labbra
socchiuse, il respiro pesante, come se lei avesse appena svelato qualche
mistero secolare.
E c’era
qualcosa di grottesco
anche nel modo in cui Hermione aprì e richiuse la bocca un paio di volte per
poi girare il capo e sottrarsi lentamente al suo sguardo, passando a studiare
un punto indefinito del pavimento.
Era pronta
quasi a tutto,
Hermione.
Sapeva d’
essere in grado di
difendersi da ogni provocazione, di riscattarsi da ogni mortificante
osservazione che Malfoy avrebbe potuto sputare, di troncare sul nascere ogni
tentativo di approfittare della sua riconoscenza…
Ma non era
preparata al
silenzio.
Un silenzio
così scomodo che
sentì il bisogno impellente di riempirlo con qualsiasi cosa: « Un Grifondoro
che ringrazia un Serpeverde. » esordì amara, « Un momento memorabile, Malfoy,
che racconterai in giro per umiliarmi (se mai usciremo vivi da questa guerra) e
che probabilmente nutrirà il tuo ego per i prossimi due anni (anche se non ce
ne sarebbe bisogno, dato che, per qualche inspiegabile motivo, ti senti già
superiore a tutti). Ma posso sopportarlo, se non altro per dimostrare che io, a
differenza di te, non sono un’ingrata… Ti rendi conto che poco fa mi hai dato
della stupida? Dopo tutto quello che ho fatto per te! Oh, io non sono
stupida! »
Malfoy, che
difficilmente, in
quelle condizioni, avrebbe saputo elaborare uno qualsiasi di quei pensieri,
continuò a tacere e a domandarsi come fosse possibile che la mano di una
persona potesse produrre tanto calore.
Hermione ne
sentì lo sguardo
serio e indagatore su di sé e, infastidita dalla mancanza di ogni sua reazione,
incalzò: « Ti sembro stupida, Malfoy? »
Lui, scosso
dal tono minaccioso,
tornò alla realtà, ma esitò un poco prima di rispondere.
Strinse la mano di Hermione nella propria e l’allontanò da
sé: non era la prima volta che quel contatto lo faceva trasalire, ma solo ora
aveva compreso quanto lo rendesse vulnerabile. Poi si schiarì la voce, ma le
sue parole rimasero un sussurro: « Non sei stupida, è che… a volte… fai cose
che non dovresti fare. »
Hermione
socchiuse le labbra
senza riuscire a fiatare, si ancorò alla sua mano prima che lui riuscisse a
ritirarla.
Malfoy la guardò negli occhi, la bocca serrata e le dita
gelide strette intorno alle sue, con un espressione così seria che Hermione
ebbe paura. Non di lui, ma di se stessa. Dell’emozione inaspettata che le
faceva battere il cuore così forte da non permetterle di respirare regolarmente.
All’
improvviso, Malfoy la spinse
contro la parete e si protese verso di lei. Si chinò e le sfiorò la fronte con
le labbra. Hermione fu percorsa da un brivido e s’irrigidì, come se si fosse
resa conto solo in quel momento d’essersi spinta fin sull’orlo del precipizio e
di un riuscire più a tornare indietro. Di non volerci nemmeno provare.
Lui se ne
accorse e si fermò.
Fece un sospiro che sapeva di rassegnazione, come se quella reazione fosse
prevista, quasi ineluttabile.
Prima di
allontanarsi, con un
tono al limite del lezioso, di nuovo, si raccomandò: « Stai lontana dal
serpente, ok? »
Hermione,
le guance rosse e
accaldate, lo guardò negli occhi e abbozzò un sorriso incerto, velato di ironia
e di sospetto.
« Quale
serpente? »
Malfoy
percepì il violento e
improvviso diffondersi del rossore sulle guance pallide del proprio viso. Il
cuore gli salì in gola con la precisa intenzione di non volersi più schiodare
da lì. Il vuoto che già gli occupava lo stomaco si amplificò inducendolo a
liberare bruscamente la propria mano da quella di lei, consapevole di quanto
fosse ormai insostenibile quel contatto.
Elusivo,
voltò le spalle a
Hermione sperando che quello bastasse per fuggire a ciò che era appena
accaduto. Parole e gesti che - promise a se stesso - avrebbe rinnegato fino
alla morte qualora lei fosse venuta a chiedere il conto di ciò che aveva detto
e fatto.
Inconsapevolmente, senza dubbio.
Guardò nel
centro della Sala,
dove la battaglia proseguiva incurante della sua assenza, e vide Harry Potter che
tentava insensatamente di disarmare Voldemort. Decise che aveva trascurato il
proprio obiettivo per troppo tempo.
« Se
quell’idiota di Potter… »
borbottò fra i denti.
Non passò
nemmeno un secondo
perché Hermione rispondesse assumendo un’espressione oltraggiata, con la quale
provò a nascondere, almeno all’apparenza, l’insieme di emozioni che ancora la
turbava.
« Harry non
è un idiota! »
« E come
dovrei chiamare uno che
affronta il Signore Oscuro con un Incantesimo di Disarmo? »
Hermione
colse tutta l’insoddisfazione
celata dietro quel sarcasmo. « Non puoi prendere il suo posto, fattene una
ragione. »
Malfoy le
ripeté le sue ragioni
per l’ennesima volta, insofferente, come se lei fosse troppo ingenua per
capire.
« Ha ucciso
i miei genitori! »
« Ha ucciso
anche i genitori di
Harry! » Gli fece il verso lei, dimostrandogli che non era per mancanza di
comprensione che provava a fermarlo.
« Ma io
sono capace di odiare
molto più di lui. »
Era vero.
Terribilmente vero, pensò
Hermione.
La
profondità dell’odio di cui
era capace non era assolutamente paragonabile al sentimento che provava Harry.
Questo lo sentiva limpidamente: Malfoy era tanto facile all’odio quanto Harry
lo era al sacrificio.
A Malfoy
non bastava rendere
Voldemort inoffensivo. Egli voleva, anzi agognava, nel modo più assoluto, la
propria personale vendetta.
Malfoy,
però, da autentico
Serpeverde, non capiva - ed in questo era molto più ingenuo di lei - che non è
possibile spegnere l’odio con altro odio.
Inutilmente
cercò di fermarlo: «
Non basta odiarlo per sconfiggerlo. L’odio non fermerà l’odio, possibile che tu
non riesca a comprendere che – »
Lui non le
diede ascolto e si
voltò.
Lei lo
afferrò per la manica. «
Dove vai? » Squittì. Era preoccupata, lo si poteva vedere chiaramente, tuttavia
Malfoy ostentò disinteresse e le rispose con leggerezza.
« Devo
rubargli la Bacchetta di
Sambuco. »
« Cos- ? »
Hermione perse la
voce prima di terminare l’esclamazione. Avrebbe preferito di gran lunga
sentigli dire che andava a duellare con Harry.
Lui vide
l’ansia torcerle gli
angoli della bocca, allora le mise una mano appena sotto lo stomaco e,
delicatamente, la spinse di nuovo contro il muro.
« Non
muoverti da qui. » ordinò
mentre le apriva lentamente le dita con cui gli aveva artigliato il mantello.
Lei scosse
la testa. « Ti farai
ammazzare. » Constatò con un tono volutamente sarcastico, spezzato però dalla
preoccupazione.
« In tal
caso, Granger, ti
autorizzo a intervenire. » Sogghignò lui voltandole le spalle.
Hermione
aggrottò la fronte,
turbata.
Poi decise
che dovevano essere i
postumi dell’ipnosi di Nagini: se quello che si stava allontanando non fosse
stato il Serpeverde più stronzo della storia di Hogwards, avrebbe giurato
d’avergli visto fare un occhiolino!
* * *
Nascosta dietro la colonna in marmo del
grande camino, Hermione Granger era certamente confusa dall’insieme d’emozioni
che aveva vissuto negli ultimi minuti, ma di una cosa era sicura: non intendeva
rimanere in disparte un secondo di più.
Lanciò un’
occhiata alla Sala
Comune: era un delirio, una lotta senza esclusione di colpi.
Alicia era
ferita: un terribile
sfregio - frutto di uno spregevole Incantesimo Oscuro - s’apriva dal suo mento
fino alla base del collo; cicatrizzatosi all’istante, non sanguinava ma
bruciava come un marchio a fuoco. Piangeva, Alicia, mentre scagliava ogni sorta
di maledizioni contro colui che le aveva deturpato irrimediabilmente il volto.
Anthony si
batteva strenuamente
contro un Mangiamorte alto e terribilmente agile. Con intelligenza e astuzia
riusciva a difendersi da tutti i suoi attacchi, ma faticava a mandare a segno i
propri; costretto a indietreggiare colpo dopo colpo, si ritrovava ora sulla
soglia d’ingresso alla Sala. Michael s’apprestava a correre in suoi aiuto,
avendo appena sconfitto il proprio avversario.
Voldemort bramava la resa dei conti. L’Incantesimo di
Disarmo che Harry aveva lanciato contro di lui era miseramente fallito, ma
l’improvviso e scellerato intervento di Malfoy gli impedì di finire il suo
acerrimo nemico: il Serpeverde, dimostrando una stoltezza persino superiore a
quella del Ragazzo Sopravvissuto, minacciava di sottrargli la sua preziosissima
Bacchetta di Sambuco!
Nel caos generale, Hermione cercò Neville là dove si erano
separati e fu lieta di constatare che non aveva fatto mosse avventate:
nell’ombra, attendeva ancora il momento adatto per attaccare. Folgorata da
un’idea, rapidamente lo raggiunse.
* * *
Ron aveva
visto l’Expelliarmus
di Harry infrangersi sul pavimento e il corpo di Voldemort gonfiarsi, letteralmente, in procinto di
esplodere nell’Anatema Che Uccide.
Aveva
gridato di paura.
Poi era
arrivato Malfoy a
rivendicare, in nome di un opinabile diritto, il proprio possesso sulla
Bacchetta di Sambuco.
Ron non
riusciva ad immaginare
un intervento più stupido.
Si era
frapposto tra Harry e
Voldemort e si era tolto il mantello con un gesto spavaldo solo in apparenza.
La camicia bianca, madida di sudore, era appiccicata alla sua schiena lungo
tutta la spina dorsale che, pensò Ron, rischiava di spezzarsi per la paura.
All’
improvviso un Mangiamorte lo
attaccò alle spalle. Voltandosi per contrattaccare, con la coda dell’occhio Ron
vide Ginny trascinare Harry lontano dal campo di battaglia.
Tirò un
sospiro di sollievo.
A
fronteggiare Voldemort restava
soltanto Malfoy, della cui sorte non avrebbe dovuto preoccuparsi.
Tuttavia,
c’era qualcosa che
continua a distrarlo. Un dettaglio che non quadrava.
Poco
prima, Malfoy s’era
allontanato per raggiungerla…
Cominciò a
guardarsi intorno
disperato.
L’aveva
allontanata di peso da
Nagini…
Uno
Schiantesimo lo mancò, più
per fortuna che per abilità.
Con
convincenti argomentazioni a
lui sconosciute (o più probabilmente con qualche subdola tecnica magica), era
riuscito a calmarla…
Messo alle
strette, Ron evocò un
Sortilegio Scudo.
Quando
Harry aveva attaccato
Voldemort, per un attimo aveva perso d’occhio la situazione…
Il suo sguardo settava a destra e sinistra della sala.
Scintille d’ogni colore si scontravano nell’aria, nugoli di polvere offuscavano
la vista. Il frastuono era assordante, la confusione totale.
Finché
Malfoy era tornato a
giocare all’eroe con la coda di paglia…
Un altro
incantesimo scoccò
dalla bacchetta del suo avversario, reclamando la sua attenzione.
Ron sentì il fiato mancare.
Merlino! Dov’era Hermione?!
* * *