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Autore: _Sihaya    02/02/2012    2 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Lost Memories - Capitolo 35

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso.

Gandhi

 

* * *

 

Capitolo 35 – La profondità dell’odio

 

Quando Yaxley e Travers, trascinando i condannati, raggiunsero i sotterranei del Castello, trovarono una brutta sorpresa: un gruppo di ribelli con a capo Neville Paciock, aveva sconfitto - per la precisione schiantato - la Mangiamorte Pansy Parkinson, e ora li precedeva di pochi metri, diretto alla Sala Comune dei Serpeverde.

 

Yaxley imprecò e consegnò bruscamente i propri prigionieri, Seamus e Dean, a Travers, poi sfoderò la bacchetta magica e lanciò una Maledizione alle spalle degli intrusi.

 

Katie Bell, le braccia bloccate dietro la schiena, si piegò in avanti e gridò con tutto il fiato che aveva in gola.

 

Cho Chang e Padma Patil, in coda al gruppo, si voltarono appena in tempo per deviare l’attacco.

 

Il frastuono fece voltare tutti gli altri: Calì, Ernie, Justin, Terry, Neville, che portava in braccio Luna ferita, George alla sua sinistra e Hannah alla sua destra, che stringeva a due mani l’elsa della Spada di Godric Gridfondoro.

 

Vedendola, i volti dei quattro ostaggi s’illuminarono di coraggio.

 

Zacharias iniziò a dimenarsi come un’anguilla; Katie scoppiò in lacrime strattonandosi per sfuggire al proprio carceriere. Seamus, con uno scatto improvviso, calciò gli stinchi di Travers che ululò dolorante e allentò la presa sulle corde magiche che legavano i polsi suoi e di Dean.

 

In breve i due Mangiamorte persero il controllo della situazione.

 

Seamus si gettò contro Yaxley con un ruggito bellicoso; nei suoi occhi brillava la determinazione: era disarmato, ma pronto a battersi anche a mani nude.

 

Travers afferrò per il mantello Dean un istante prima che riuscisse a sfuggirgli. Dean ruotò su se stesso, ma il Mangiamorte lo afferrò per la gola e puntandogli la bacchetta sullo sterno lo colpì a bruciapelo, scagliandolo in aria. Dean cadde a diversi metri di distanza, slogandosi la spalla destra. Una fitta lancinante gli attraversò il braccio e il petto, gridò di dolore ma non si diede per vinto: si trascinò verso Pansy Parkinson che giaceva schiantata poco distante e le rubò la bacchetta magica, grazie alla quale annullò l’incantesimo che gli legava le mani. Si girò, si sollevò sul gomito sinistro e, stringendo i denti, lanciò un incantesimo di esplosione contro Travers, poi cadde a terra sfinito.

 

Mentre Ernie e Justin si lanciavano nella mischia per distrarre Yaxley, Calì liberò Seamus dalle catene e Terry corse in aiuto di Dean.

 

« Sbrigatevi a raggiungere Harry! » Gridò George e Neville e Hannah, « a questi due ci pensiamo noi: sono fottuti! »

 

* * *

 

Vedendo Harry e Ron litigare con Malfoy per rivendicare il ruolo di protagonisti in quella folle guerra, Hermione si diresse verso di loro a passo militare per dare manforte a Ginny che tentava invano di farli ragionare, ma dopo un paio di passi si fermò.

 

Gli occhi le brillarono di sorpresa e di speranza: Neville Paciock, arrivato in sordina, si schiacciava dietro allo stipite della porta d’ingresso alla Sala Comune.

 

Hermione ignorò Malfoy e persino Harry. Energica e determinata, confuse un Mangiamorte che l’aveva avvicinata e attraversò al volo la stanza.

 

Era su di giri quando raggiunse (e quasi gli saltò addosso) Neville: non le era sfuggito, infatti, il riverbero dei rubini incastonati nell’elsa della Spada di Godric Grifondoro che nascondeva dietro la schiena.

 

« Come siete riusciti a prendere la Spada?! » esclamò.

 

« Merito di Hannah, » rispose Neville, e la Tassorosso, nascosta dietro il muro che separava il corridoio dalla Sala, arrossì.

 

Hermione spostò lo sguardo su di lei e subito impallidì vedendo che sorreggeva Luna, ferita gravemente ad una spalla. Dal volto emaciato dell’amica capì che aveva perso molto sangue ed era debole. Insistette per contribuire a prendersi cura di lei, ma Hannah e Luna si rifiutarono categoricamente.

 

Il ruolo di Hermione, ora, era quello di coprire le spalle a Neville intenzionato portare a termine, una volta per tutte, il compito che Harry gli aveva affidato: uccidere Nagini.

 

* * *

 

Kingsley Shakelbolt, Aberforth Silente e Hestia Jones si fermarono a prendere respiro: erano arrivati all’entrata principale del Castello correndo senza sosta, sconfiggendo al primo colpo chiunque li avvicinasse. L’area era quasi deserta e mal sorvegliata, ma non compresero il motivo di quella condizione finché si trovarono davanti al degrado in cui versava la Sala Grande: il meraviglioso soffitto era squarciato e, sopra le loro teste, il cielo cupo e nebuloso era reale. Solo la tavolata dei Serpeverde riempiva la sala e un trono sostituiva l’intero tavolo dei professori. Flebili fiamme alle pareti erano l’unica illuminazione. Il gelo, padrone della stanza, scendeva nello stomaco a ogni respiro. Il silenzio era totale e, se non fosse stato per un debole cigolio, nessuno dei membri dell’Ordine della Fenice si sarebbe accorto d’essere stato pedinato.

 

I tre maghi si voltarono di scatto guardandosi le spalle: sulla soglia dell’ingresso c’erano sette Mangiamorte incappucciati.

 

Uno di loro stava seminascosto dietro lo stipite, gli altri parevano in formazione d’attacco, capeggiati da una figura minuta che puntava la bacchetta davanti a sé a braccio teso.

 

Kingsley si preparò ad attaccare.

 

Due Mangiamorte indietreggiarono prima ancora che estraesse la bacchetta; quello che pareva il capogruppo li redarguì con un’occhiata minacciosa e una scrollata di spalle carica di disprezzo. Poi mosse la bacchetta magica e un fumo nero si sollevò nell’aria.

 

« Andatevene dalla scuola! » Ordinò agli intrusi.

 

Aberforth spalancò la bocca sorpreso: la voce del Mangiamorte era forte e decisa, ma acuta e chiaramente femminile.

 

Uno Schiantesimo lo sfiorò, ma egli non si mosse. Un’orribile sensazione lo pervadeva.

 

Vide Hestia Jones evocare uno Scudo e rispondere con facilità a un debole attacco.

 

Quasi… ridicolo, pensò Aberforth.

 

Poi Kingsley fu bersaglio di una raffica di incantesimi, nessuno dei quali andò a segno; ormai sicuro dell’inferiorità tecnica e strategica del gruppo nemico, lanciò una maledizione contro il capo.

 

« Fermati! » Urlò Aberforth afferrandogli braccio.

 

L’ incantesimo uscì dalla bacchetta ma deviò dalla sua traiettoria, sfiorando appena il nemico, che tuttavia cadde a terra gridando.

 

Gli altri Mangiamorte erano paralizzati, due di loro tremavano vistosamente.

 

« Ma che fai? » sbottò Kingsley contrariato.

 

« Non capisci? » Ribatté Aberforth lasciandogli il braccio per avanzare a grandi passi verso il Mangiamorte colpito.

 

Lo raggiunse e gli levò il cappuccio.

 

Un grido d’umiliazione accompagnò quel gesto, ma l’esclamazione inorridita di Hestia Jones lo sovrastò: « Per tutti i maghi, sono dei bambini! »

 

* * *

 

Grazie ad un Incantesimo di Disillusione, Hermione e Neville attraversarono la Sala costeggiandone le pareti per avvicinarsi il più possibile al grosso tavolo centrale.

 

Raggiunta la posizione che ritennero più favorevole, perché meno coinvolta nella battaglia, si separarono: Neville rimase mimetizzato contro la parete, mentre Hermione uscì allo scoperto.

 

Aveva la gola secca per la paura.

 

Il suo compito era di distrarre Nagini facendo da esca, affinché Neville potesse raggiungerla e ucciderla al primo colpo.

 

Non potevano permettersi di fallire o avrebbero pagato con la vita anche il più banale degli errori.

 

Pochi passi la separavano dal lungo tavolo quando Nagini, avviluppata su se stessa, sollevò la testa e la scrutò in un modo che le diede i brividi.

 

Hermione divaricò le gambe e tese la bacchetta.

 

Un sibilo assordante le perforò i timpani.

 

Per un attimo sentì le forze abbandonarla. Chiuse le palpebre e tutto divenne confuso.

 

Quando le riaprì, la realtà davanti ai suoi occhi era mutata radicalmente.

 

Era sola nella camera del dormitorio Grifondoro.

 

Calda e accogliente come la ricordava.

 

L’ armadio era semiaperto.

 

S’ avvicinò.

 

Una creatura saltò fuori facendola balzare indietro per lo spavento.

 

Era un Molliccio che aveva assunto le sembianze di Nagini.

 

Si preparò a difendersi.

 

* * *

 

Una frusta di luce fuoriuscì dalla Bacchetta di Voldemort e schioccò nell’aria: Ron urlò atterrito, Malfoy incespicò nei propri passi e cadde col sedere a terra, Harry si fece scudo per Ginny e appellandosi a tutto il proprio coraggio riuscì a non indietreggiare, ma un grido impastato di rabbia e paura costrinse tutti a voltarsi verso Hermione.

 

Sembrava aver perso completamente il controllo.

 

Scuoteva la bacchetta a destra e a sinistra, lanciando raffiche di incantesimi contro Nagini con furia e decisione, ma senza alcuna logica.

 

Mentre Harry e Ginny cercavano una spiegazione a quel comportamento e Ron si sgolava per attirare l’attenzione di Hermione, Malfoy s’alzò e corse verso di lei. La placcò, la trascinò lontano dal campo di battaglia e la spinse contro l’angolo nascosto dietro ad una delle possenti colonne del camino.  

Poiché lei continuava a sbracciarsi per tentare di attaccare Nagini ormai fuori dal raggio d’azione, lui le afferrò i polsi e li bloccò al muro, all’altezza del viso. Hermione si contorse con tutte le sue forze per liberarsi dalla stretta, ma Draco la schiacciò contro la parete e con tono spazientito la richiamò: « Ti vuoi calmare?! »

 

Hermione sentì la sua voce attutita e lontana, come se provenisse dall’altro lato della stanza. Aveva la vista annebbiata e le servì un po’ per rendersi conto che lui era lì, schiacciato contro di lei, che le teneva i polsi e le respirava sul viso.

 

« Si può sapere cosa intendevi fare? »

 

Trascorsero diversi secondi prima che Hermione rispondesse, guardando Malfoy dal basso verso l’alto, seccata dal suo tono supponente: « Sei cieco, Malfoy? Cercavo di difendermi! »

 

La smorfia derisoria sul viso di lui divenne nitida davanti ai suoi occhi: « Usando Incantesimi Anti-Molliccio contro Nagini? »

 

« Cosa? » sfiatò Hermione.

 

Malfoy sentì i suoi polsi irrigidirsi sotto i palmi delle mani e percepì fin troppo intensamente l’inquietudine che l’aveva attraversata. Una imprecisata sensazione gli gonfiò lo stomaco, trattenne il respiro e rimase a fissarla mentre corrugava la fronte e si concentrava alla ricerca di una valida spiegazione per quello che era appena accaduto.

 

« Stupida, » l’apostrofò, indelicatamente come sempre, ma con un tono tutt’altro che offensivo, « ti sei fatta ipnotizzare. »

 

« Ipnotizzare? » balbettò Hermione.

 

« Non voglio sapere cosa ti sei messa in testa, ma sappi che non è così semplice uccidere Nagini. È protetta da un potente incantesimo: è troppo importante per lui, quasi… vitale » disse Malfoy, senza riuscire a trovare le parole giuste per spiegarsi.

 

Hermione comprese ugualmente: Malfoy, in qualche modo, doveva aver intuito la presenza di quel legame terrificante che univa Voldemort al proprio Horcrux.

 

« Oh, lo so che non posso ucciderla, » ribatté lei con una punta di presunzione, « ma… »

 

« Allora vedi di starle lontana. » troncò Malfoy asciutto, allentando la stretta sui suoi polsi.

 

Hermione alzò lo sguardo, sorpresa da quella raccomandazione priva d’ironia, e poiché lui guardava altrove, piegò il braccio sinistro davanti a sé fermando la mano socchiusa sul suo mantello, all’altezza del cuore.

 

Malfoy, colto alla sprovvista, si tirò indietro per guardarla in faccia, cercando nei suoi occhi la conferma della casualità di quel gesto. Non riuscì a trovarla.

 

Hermione abbassò repentinamente lo sguardo. « Ora, immagino di doverti ringraziare… » borbottò.

 

Era tesa, poteva capirlo da come il pollice e l’indice della sua mano si tormentavano sul suo petto.

 

Forse s’ aspettava una qualche reazione arrogante, ma lui, concentrato sul vuoto che sentiva nello stomaco, rimase ad osservarla in silenzio, aspettando che scegliesse, fra le mille cose che aveva da dire, quella con cui cominciare.

 

Ed Hermione cominciò e concluse in perfetto stile Grifondoro: alzò la testa orgogliosa e piantò gli occhi nei suoi, poi aprì la mano sinistra, premendo sul suo petto con tutto il palmo.

 

Malfoy pensò che Hermione dovesse avere le dita bollenti perché le sentiva bruciare una ad una attraverso il mantello.

 

« Grazie. »

 

Quella parola, semplice e diretta, fu più destabilizzante di quanto potesse immaginare. C’era qualcosa di grottesco nel modo in cui la guardò ammutolito: gli occhi spalancati, le labbra socchiuse, il respiro pesante, come se lei avesse appena svelato qualche mistero secolare.

 

E c’era qualcosa di grottesco anche nel modo in cui Hermione aprì e richiuse la bocca un paio di volte per poi girare il capo e sottrarsi lentamente al suo sguardo, passando a studiare un punto indefinito del pavimento.

 

Era pronta quasi a tutto, Hermione.

 

Sapeva d’ essere in grado di difendersi da ogni provocazione, di riscattarsi da ogni mortificante osservazione che Malfoy avrebbe potuto sputare, di troncare sul nascere ogni tentativo di approfittare della sua riconoscenza…

 

Ma non era preparata al silenzio.

 

Un silenzio così scomodo che sentì il bisogno impellente di riempirlo con qualsiasi cosa: « Un Grifondoro che ringrazia un Serpeverde. » esordì amara, « Un momento memorabile, Malfoy, che racconterai in giro per umiliarmi (se mai usciremo vivi da questa guerra) e che probabilmente nutrirà il tuo ego per i prossimi due anni (anche se non ce ne sarebbe bisogno, dato che, per qualche inspiegabile motivo, ti senti già superiore a tutti). Ma posso sopportarlo, se non altro per dimostrare che io, a differenza di te, non sono un’ingrata… Ti rendi conto che poco fa mi hai dato della stupida? Dopo tutto quello che ho fatto per te! Oh, io non sono stupida! »

 

Malfoy, che difficilmente, in quelle condizioni, avrebbe saputo elaborare uno qualsiasi di quei pensieri, continuò a tacere e a domandarsi come fosse possibile che la mano di una persona potesse produrre tanto calore.

 

Hermione ne sentì lo sguardo serio e indagatore su di sé e, infastidita dalla mancanza di ogni sua reazione, incalzò: « Ti sembro stupida, Malfoy? »

 

Lui, scosso dal tono minaccioso, tornò alla realtà, ma esitò un poco prima di rispondere.

 

Strinse la mano di Hermione nella propria e l’allontanò da sé: non era la prima volta che quel contatto lo faceva trasalire, ma solo ora aveva compreso quanto lo rendesse vulnerabile. Poi si schiarì la voce, ma le sue parole rimasero un sussurro: « Non sei stupida, è che… a volte… fai cose che non dovresti fare. »

 

Hermione socchiuse le labbra senza riuscire a fiatare, si ancorò alla sua mano prima che lui riuscisse a ritirarla.

 

Malfoy la guardò negli occhi, la bocca serrata e le dita gelide strette intorno alle sue, con un espressione così seria che Hermione ebbe paura. Non di lui, ma di se stessa. Dell’emozione inaspettata che le faceva battere il cuore così forte da non permetterle di respirare regolarmente.

 

All’ improvviso, Malfoy la spinse contro la parete e si protese verso di lei. Si chinò e le sfiorò la fronte con le labbra. Hermione fu percorsa da un brivido e s’irrigidì, come se si fosse resa conto solo in quel momento d’essersi spinta fin sull’orlo del precipizio e di un riuscire più a tornare indietro. Di non volerci nemmeno provare.

 

Lui se ne accorse e si fermò. Fece un sospiro che sapeva di rassegnazione, come se quella reazione fosse prevista, quasi ineluttabile.

 

Prima di allontanarsi, con un tono al limite del lezioso, di nuovo, si raccomandò: « Stai lontana dal serpente, ok? »

 

Hermione, le guance rosse e accaldate, lo guardò negli occhi e abbozzò un sorriso incerto, velato di ironia e di sospetto.

 

« Quale serpente? »

 

Malfoy percepì il violento e improvviso diffondersi del rossore sulle guance pallide del proprio viso. Il cuore gli salì in gola con la precisa intenzione di non volersi più schiodare da lì. Il vuoto che già gli occupava lo stomaco si amplificò inducendolo a liberare bruscamente la propria mano da quella di lei, consapevole di quanto fosse ormai insostenibile quel contatto.

 

Elusivo, voltò le spalle a Hermione sperando che quello bastasse per fuggire a ciò che era appena accaduto. Parole e gesti che - promise a se stesso - avrebbe rinnegato fino alla morte qualora lei fosse venuta a chiedere il conto di ciò che aveva detto e fatto.

 

Inconsapevolmente, senza dubbio.

 

Guardò nel centro della Sala, dove la battaglia proseguiva incurante della sua assenza, e vide Harry Potter che tentava insensatamente di disarmare Voldemort. Decise che aveva trascurato il proprio obiettivo per troppo tempo.

 

« Se quell’idiota di Potter… » borbottò fra i denti.

 

Non passò nemmeno un secondo perché Hermione rispondesse assumendo un’espressione oltraggiata, con la quale provò a nascondere, almeno all’apparenza, l’insieme di emozioni che ancora la turbava.

 

« Harry non è un idiota! »

 

« E come dovrei chiamare uno che affronta il Signore Oscuro con un Incantesimo di Disarmo? »

 

Hermione colse tutta l’insoddisfazione celata dietro quel sarcasmo. « Non puoi prendere il suo posto, fattene una ragione. »

 

Malfoy le ripeté le sue ragioni per l’ennesima volta, insofferente, come se lei fosse troppo ingenua per capire.

 

« Ha ucciso i miei genitori! »

 

« Ha ucciso anche i genitori di Harry! » Gli fece il verso lei, dimostrandogli che non era per mancanza di comprensione che provava a fermarlo.

 

« Ma io sono capace di odiare molto più di lui. »

 

Era vero.

 

Terribilmente vero, pensò Hermione.

 

La profondità dell’odio di cui era capace non era assolutamente paragonabile al sentimento che provava Harry. Questo lo sentiva limpidamente: Malfoy era tanto facile all’odio quanto Harry lo era al sacrificio.

 

A Malfoy non bastava rendere Voldemort inoffensivo. Egli voleva, anzi agognava, nel modo più assoluto, la propria personale vendetta.

 

Malfoy, però, da autentico Serpeverde, non capiva - ed in questo era molto più ingenuo di lei - che non è possibile spegnere l’odio con altro odio.

 

Inutilmente cercò di fermarlo: « Non basta odiarlo per sconfiggerlo. L’odio non fermerà l’odio, possibile che tu non riesca a comprendere che – »

 

Lui non le diede ascolto e si voltò.

 

Lei lo afferrò per la manica. « Dove vai? » Squittì. Era preoccupata, lo si poteva vedere chiaramente, tuttavia Malfoy ostentò disinteresse e le rispose con leggerezza.

 

« Devo rubargli la Bacchetta di Sambuco. »

 

« Cos- ? » Hermione perse la voce prima di terminare l’esclamazione. Avrebbe preferito di gran lunga sentigli dire che andava a duellare con Harry.

 

Lui vide l’ansia torcerle gli angoli della bocca, allora le mise una mano appena sotto lo stomaco e, delicatamente, la spinse di nuovo contro il muro.

 

« Non muoverti da qui. » ordinò mentre le apriva lentamente le dita con cui gli aveva artigliato il mantello.

 

Lei scosse la testa. « Ti farai ammazzare. » Constatò con un tono volutamente sarcastico, spezzato però dalla preoccupazione.

 

« In tal caso, Granger, ti autorizzo a intervenire. » Sogghignò lui voltandole le spalle.

 

Hermione aggrottò la fronte, turbata.

 

Poi decise che dovevano essere i postumi dell’ipnosi di Nagini: se quello che si stava allontanando non fosse stato il Serpeverde più stronzo della storia di Hogwards, avrebbe giurato d’avergli visto fare un occhiolino!

 

 

* * *

 

Nascosta dietro la colonna in marmo del grande camino, Hermione Granger era certamente confusa dall’insieme d’emozioni che aveva vissuto negli ultimi minuti, ma di una cosa era sicura: non intendeva rimanere in disparte un secondo di più.

 

Lanciò un’ occhiata alla Sala Comune: era un delirio, una lotta senza esclusione di colpi.

 

Alicia era ferita: un terribile sfregio - frutto di uno spregevole Incantesimo Oscuro - s’apriva dal suo mento fino alla base del collo; cicatrizzatosi all’istante, non sanguinava ma bruciava come un marchio a fuoco. Piangeva, Alicia, mentre scagliava ogni sorta di maledizioni contro colui che le aveva deturpato irrimediabilmente il volto.

 

Anthony si batteva strenuamente contro un Mangiamorte alto e terribilmente agile. Con intelligenza e astuzia riusciva a difendersi da tutti i suoi attacchi, ma faticava a mandare a segno i propri; costretto a indietreggiare colpo dopo colpo, si ritrovava ora sulla soglia d’ingresso alla Sala. Michael s’apprestava a correre in suoi aiuto, avendo appena sconfitto il proprio avversario.

 

Voldemort bramava la resa dei conti. L’Incantesimo di Disarmo che Harry aveva lanciato contro di lui era miseramente fallito, ma l’improvviso e scellerato intervento di Malfoy gli impedì di finire il suo acerrimo nemico: il Serpeverde, dimostrando una stoltezza persino superiore a quella del Ragazzo Sopravvissuto, minacciava di sottrargli la sua preziosissima Bacchetta di Sambuco!

 

Nel caos generale, Hermione cercò Neville là dove si erano separati e fu lieta di constatare che non aveva fatto mosse avventate: nell’ombra, attendeva ancora il momento adatto per attaccare. Folgorata da un’idea, rapidamente lo raggiunse.

 

* * *

 

Ron aveva visto l’Expelliarmus di Harry infrangersi sul pavimento e il corpo di Voldemort  gonfiarsi, letteralmente, in procinto di esplodere nell’Anatema Che Uccide.

 

Aveva gridato di paura.

 

Poi era arrivato Malfoy a rivendicare, in nome di un opinabile diritto, il proprio possesso sulla Bacchetta di Sambuco.

 

Ron non riusciva ad immaginare un intervento più stupido.

 

Si era frapposto tra Harry e Voldemort e si era tolto il mantello con un gesto spavaldo solo in apparenza. La camicia bianca, madida di sudore, era appiccicata alla sua schiena lungo tutta la spina dorsale che, pensò Ron, rischiava di spezzarsi per la paura.

 

All’ improvviso un Mangiamorte lo attaccò alle spalle. Voltandosi per contrattaccare, con la coda dell’occhio Ron vide Ginny trascinare Harry lontano dal campo di battaglia.

 

Tirò un sospiro di sollievo.

 

A fronteggiare Voldemort restava soltanto Malfoy, della cui sorte non avrebbe dovuto preoccuparsi.

 

Tuttavia, c’era qualcosa che continua a distrarlo. Un dettaglio che non quadrava.

 

Poco prima, Malfoy s’era allontanato per raggiungerla…

 

Cominciò a guardarsi intorno disperato.

 

L’aveva allontanata di peso da Nagini…

 

Uno Schiantesimo lo mancò, più per fortuna che per abilità.

 

Con convincenti argomentazioni a lui sconosciute (o più probabilmente con qualche subdola tecnica magica), era riuscito a calmarla…

 

Messo alle strette, Ron evocò un Sortilegio Scudo.

 

Quando Harry aveva attaccato Voldemort, per un attimo aveva perso d’occhio la situazione…

 

Il suo sguardo settava a destra e sinistra della sala. Scintille d’ogni colore si scontravano nell’aria, nugoli di polvere offuscavano la vista. Il frastuono era assordante, la confusione totale.

 

Finché Malfoy era tornato a giocare all’eroe con la coda di paglia…

 

Un altro incantesimo scoccò dalla bacchetta del suo avversario, reclamando la sua attenzione.

 

Ron sentì il fiato mancare.

 

Merlino! Dov’era Hermione?!

 

* * *

 

 

   
 
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