Nemmeno per noi è una passeggiata

di StephEnKing1985
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Due anni dopo l’inizio del Nuovo Millennio, la vita non era com’è adesso. Anche se già si intravedevano all’orizzonte i progressi tecnologici che avrebbero rivoluzionato in tutti i sensi la vita negli anni a venire, ancora si respirava e forse si sognava un po’ di più. Nelle scuole gli adolescenti sfoggiavano modelli di cellulari che adesso farebbero passare per sfigato chi ancora li utilizzi, non erano gli avveniristici cellulari-computer che ora hanno preso il sopravvento, erano dei modesti terminali che servivano a telefonare e a mandare qualche SMS, come andavano forti all’epoca. Facebook non era nemmeno agli albori in Italia, e Twitter poco meno che un’idea nella mente di chiunque l’avesse creato.
 
In quei giorni, Marco De Cristina non si sarebbe mai aspettato che il progresso si sarebbe espanso così in fretta. Nell’ingenuità dei suoi diciassette anni, lui era pieno di sogni sul suo futuro, e di curiosità per la vita fuori dalla scuola. Anche lui aveva un computer connesso ad internet, ma si limitava ad utilizzarlo solo per delle ricerche e per accrescere la sua cultura. Si informava sull’università che avrebbe voluto intraprendere, e di tanto in tanto si concedeva qualche piccolo svago giocando con i tanti giochetti online o semplicemente scaricando musica, di quella che andava forte in quel periodo. Nel 2002 andava forte la musica dance, soprattutto canzoni vecchie riproposte in chiave più moderna, per gli adolescenti del “sabato sera”. Quella che ricordava di più Marco era Le Louvre.
 
A Marco piaceva la musica dance da quando era stato in discoteca per la prima volta nella sua vita: una sua compagna di classe compiva sedici anni, e per gentile concessione dei suoi genitori, diede il ricevimento proprio in discoteca.
E fu lì che qualcosa nella sua vita cambiò.

*****

Manuel non aveva voglia di nulla. Si sentiva strano, ma non era una sensazione tipica, come la provavano tanti suoi coetanei. Era qualcosa di più profondo, radicato nella sua anima; qualcosa che non era riuscito a dire nemmeno alla psicologa dello sportello d’ascolto a scuola, ma non perché fosse orribile o fuori dal mondo.

Soltanto perché non lo sapeva nemmeno lui.

Cos’aveva da lamentarsi, dopotutto? Manuel Chiaravalle, studente modello della 5^C, un secchione su tutte le materie; rappresentante d’istituto; incredibilmente benvoluto dai compagni prima ancora che dai professori; molto ricco ma mai sbruffone; e soprattutto fidanzato con la ragazza più bella di Torino.
Forse – pensava – è il troppo studio che mi rende così. Ma era una debole difesa, perché lui studiava quanto bastava per imparare, e ogni weekend non si faceva mai mancare la discoteca o una serata con la sua ragazza.

Quindi, la causa del suo malessere non era il troppo studio.

Adele lo tradiva? No, non era possibile. Era una ragazza di buona famiglia, lei… la conosceva da troppo tempo per pensare una cosa del genere, che era totalmente infondata. Si sentivano periodicamente, si vedevano a scuola (lei era tre anni più giovane di lui) e poi uscivano ogni weekend. Non avrebbe avuto il tempo materiale di tradirlo.

Ma allora cos’era che lo attanagliava così tanto?

Quando pensava che probabilmente non l’avrebbe mai scoperto, ci fu un evento. Un evento che per poco non lo sconvolse.
Accadde un sabato sera, in discoteca.





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