Scritta
per la quarta giornata del Carnevale delle Lande ospitata da auverse,
sul prompt di emme “Sherlock/John
Harry Potter!AU”.
The Spell of Deduction
Quel
ragazzino pallido dai capelli ricci e dagli zigomi a punta, che
indossava perennemente la sua sciarpa blu, anche sulla divisa,
continuava a sorprendermi quasi più della scoperta di essere
un mago.
Quando
lo vidi per la prima volta, eravamo entrambi nel gruppo di ragazzini
del primo anno in attesa di essere smistati, ma mentre tutti gli altri
– me compreso – si guardavano intorno ansiosi e
disorientati, lui se ne stava appoggiato al muro, ostentando una calma
straordinaria.
Per
un attimo ebbi la strana sensazione che mi stesse fissando, e avrei
potuto giurare di averlo sentito bofonchiare:
«Tassorosso», per poi aggiungere un attimo dopo:
«Noioso». Lo guardai perplesso, e cercai di non
fargli caso mentre prediceva a mezza voce in quale Casa sarebbe finito
ognuno dei ragazzini che si avviavano tremolanti verso il Cappello
Parlante. Scoprii il suo nome solo quando la professoressa McGranitt
chiamò Holmes
Sherlock, che poco dopo si avviava con estrema naturalezza al
tavolo dei Corvonero, fissato e acclamato dall’intera Sala
Grande, per andare a sedersi accanto ad un ragazzo piuttosto robusto
– sul petto del quale spiccava la spilla di Caposcuola
– che gli fece posto pigramente.
Osservai
la folla di ragazzini in attesa di essere smistati sfoltirsi a poco a
poco; solo in un caso il Cappello Parlante fu celere quasi quanto
Sherlock Holmes nel suo responso: quando Moriarty
James prese
posto sullo sgabello, prima ancora di aderire del tutto sulla sua
testa, il Cappello gridò: «SERPEVERDE».
Quando
finalmente udii la professoressa McGranitt scandire Watson
John, raggiunsi lo sgabello quasi di corsa, per poi
schiarirmi rumorosamente la gola tentando di celare la tensione, mentre
il Cappello si posava sulla mia testa. Fui sorpreso di sentirlo
esclamare dopo pochi istanti: «GRIFONDORO» e,
dirigendomi verso il mio tavolo, fui nuovamente certo che gli occhi di Holmes,
stavolta sorpresi, fossero
fissi su di me dall’altra estremità della Sala.
Sebbene
fossero trascorsi alcuni mesi da quel giorno, Sherlock Holmes
continuava ad essere un mistero per me.
C’era
qualcosa di incomprensibile nelle sue evidenti abilità di
Legilimens che, per qualche assurdo motivo (che lui chiamava la verità )
, si ostinava a negare, nel mestiere che affermava di desiderare (consulente
Auror, diceva) e nel fatto che fosse ritenuto da tutti lo
studente più brillante del suo anno, nonostante la sua
totale ignoranza in certe materie.
Una
sera, rimasto solo nella mia Sala Comune, arrivai a prendere piuma e
pergamena per elencare le qualità singolari del ragazzo.
Ecco l’elenco:
Cognizioni
di Sherlock Holmes
1. Trasfigurazione:
Discrete. Secondo la McGranitt otterrebbe molto di più se si
applicasse.
2. Incantesimi:
Scarse (“noioso”)
3. Pozioni:
Profonde. Ha tentato più volte di sperimentare i suoi veleni
sul mio ratto.
4. Storia
della Magia: Zero. Forse non è l’unico a
borbottare continuamente “noioso” durante le
lezioni del professor Rüf.
5. Astronomia:
Troll. Non l’ho mai visto ad una lezione.
6. Erbologia:
Variabili. Si interessa solo dell’applicazione pratica delle
proprietà delle piante nella preparazione di pozioni.
7. Difesa
contro le Arti Oscure: Profonde. E’ già capace di
disarmare con una precisione straordinaria.
Sebbene
neanche quell’elenco sembrasse aiutarmi a comprendere meglio Sherlock,
continuavo ad essere uno dei pochi studenti di Hogwarts a rivolgergli
la parola, visto che gli altri lo consideravano strano,
nonostante provenisse da una famiglia di maghi molto rispettabile e suo
fratello Mycroft – il Caposcuola – godesse di una
certa popolarità.
Frequentavamo varie classi insieme e
condividevamo spesso un tavolo in biblioteca, insieme a sacchetti di
gelatine Tuttigusti+1, che con lui potevo mangiare in
tranquillità (tranne, naturalmente, quando era in vena di
scherzi piuttosto sadici), visto che era capace di analizzarne al primo
sguardo il contenuto.
Ben
presto, mi ritrovai a seguire Sherlock in strambe missioni –
come trafugare libri dal reparto proibito della biblioteca o
ingredienti dall’armadietto di Piton – per portare
avanti i suoi esperimenti altrettanto strambi.
In
compenso, trovavo spesso nella mia Sala Comune una tazza di
tè con i miei biscotti preferiti, per poi veder sbucare
Sherlock da un angolo – cosa che puntualmente mi faceva
versare tutto il contenuto della boccetta di inchiostro sulla mia
pergamena, facendomi ringraziare l’esistenza
dell’Incantesimo Pulitore.
Dovevo ancora capire come riuscisse ad entrare nelle cucine, o nella
mia Sala Comune, per di più senza praticare la
Smaterializzazione – come aveva tenuto a puntualizzare
– ma ero sicuro che chiedendogli spiegazioni non avrei
ottenuto più di qualche “noioso” in
risposta, rischiando che approfittasse della mia distrazione per
trangugiare la mia tazza di tè.
Mi
chiedevo se fino ai M.A.G.O. avrei avuto il tempo di scoprire i suoi
trucchi, magari somministrandogli a tradimento un po’ di
Veritaserum, ma, in qualunque caso, ero certo che ben presto mi sarei
abituato anche a Sherlock
Holmes.
Wren’s
Corner
Non
pensavo che sarei mai riuscita a scrivere un crossover, quindi
prendetevela con il Carnevale delle Lande e con emme (vi
odio ma vi amo).
Passando
alle vere note:
1) Il
titolo della storia ricalca “The Science of
Deduction”, il titolo di un capitolo nei romanzi di Arthur
Conan Doyle “Uno Studio in Rosso” e “Il
Segno dei Quattro”, oltre ad essere il nome del blog di
Sherlock nella serie della BBC.
2) L’elenco
di “Cognizioni di Sherlock Holmes” ricalca quello
del romanzo “Uno studio in rosso”.
3) Le
età dei personaggi sono alterate per i fini della storia.
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