Author's
note; ma
ciao! Come va? Passato
un felice san Valentino? E il Carnevale? La neve vi ha tenuti
bloccati? Per pochi giorni, spero. Qui da me per un paio di giorni
è
stato un po' un casino, ma per fortuna è tutto a posto ora.
Un
inverno così non si vedeva da un sacco! Passando al
capitolo, ho
cercato di fare parecchia introspezione su Lavi e di mettere in
risalto le sue interazioni coi personaggi. Soprattutto questa
questione dei “due Lavi”, che riportano, un po'
volutamente, ai
volumi dodici e tredici di D.Gray-man, ossia lo scontro psicologico
tra Lavi e il suo quarantottesimo alter ego, Dick. O Deak. O come
dicono i giapponesi, Dikku. Insomma, come si chiama, si chiama,
dopotutto sempre Lavi è. Queste “crisi
d'identità” fanno un po'
andare il cervello in pappa, ma mi sono divertita moltissimo. Spero
di aver reso bene la cosa. Tyki invece... uhm, non so. Trattarlo
nella sua parte bianca mi fa molto strano, forse perché in
quelle
vesti non lo vediamo quasi mai. :risatina: E il processo... eh eh eh,
questo è solo l'inizio! E, ahimè, ci avviciniamo
anche verso la
fine... forse ne abbiamo per due, tre capitoli. O forse di
più. Non
so mai con esattezza fino a quanto durerà una mia long.
:altra
risatina: Spero che questo capitolo vi piaccia e che resterete fino
alla fine, con colpi di scena che spero di rendere bene! E vorrei
fare dei ringraziamenti a tutti, tutti, tutti. Quindi, nell'ordine,
rifaccio i ringraziamenti come si deve, così sono sicura di
non aver
scordato nessuno. Un grazie infinite pieno di baci e abbracci a
aki_penn, AllenNeko, Dark_Glo, FiretearsAngel,
Giuu,
JennyMatt, KayeJ, LadyWolf_, M e g a m i, NEMU, rose princess e
Haily per aver
aggiunto la fan fiction tra le preferite! E un grazie di cuore,
doveroso, a animefan95, Aphrodite, Aryadughter,
Bibi_,
Ciel88, Dark_Glo, Dragonite, Giuu, I r i s, Iria, JennyMatt, KayeJ,
Kia_chan_93, Kumiko_Walker, LadyDoll, LadyDrago88, Lore Lorenzi, M e
g a m i, NEMU, preffy, Saphirblue, schwarzlight (che
nome difficile da ricordare! xD), Shaila Light,
Sidan,
Wammy, Yucchan_, _L a l a, Nameless
per
aver inserito la storia tra le seguite! Siete tutti quanti
meravigliosi! Ringrazio ovviamente tutti quelli che leggono, aspetto
con ansia un segno del vostro passaggio, pareri e recensioni!
Nono
incontro
Terza
udienza, ore 10:05
Lavi,
chi ero
«
Anna ni issho datta no ni
kotoba
hitotsu touranai
ugoki
hajimeta kimi no jounetsu,
anna
ni issho datta no ni
yuugure
wa mo chigau iro
semete
kono tsukiakari no shita de
shizuka
na nemuri wo. »
(
Anche se siamo stati così vicini
non
possiamo neanche dire una parola
tra
le nostre distanze crescenti,
anche
se siamo stati così vicini
il
tramonto ha un colore diverso.
Vi
prego, dateci un sonno tranquillo al chiaro di luna,
se
è l'ultima cosa possibile. )
[
Anna ni issho datta no ni – See-Saw ]
«
Lavi... da quanto tempo siamo qui? »
Il
ragazzo dai capelli rossi scostò di poco il capo, lasciando
che
alcuni ciuffi ricadessero sull'occhio e poi sul naso.
Accennò un
sorriso, manifestando come un senso di gratitudine per avere accanto
Linalee, bellissima nella sua nudità che davanti a lui
ostentava con
timidezza.
«
Tre ore, più o meno. Perché? »
Dio,
se era bella. Forse solo Lavi lo vedeva, ma Linalee era dotata di una
sensualità rara. Non era affatto provocante, le si poteva
dire tutto
tranne quello. Le piaceva indossare minigonne a prima vista troppo
corte, gli sguardi di molti ragazzi erano inevitabili, ma lei non
approfittava mai della situazione. Non si sedeva mai in modo da far
intravedere la biancheria, né si era mai avvicinata a
qualcuno con
una camminata degna di una top model in passerella. Linalee Lee, in
tutta sincerità, prima di Lavi non era mai stata con un
ragazzo e
non aveva mai trattato nessun uomo con particolare riguardo.
Solo
con lui si era concessa. Poter infilare le mani sotto la sua gonna, o
assaggiarla dove preferiva, per Lavi era come toccare un miraggio,
qualcosa di astratto, pura immaginazione, ma così vero sotto
le sue
mani. E sentirselo dire. “Ti amo”. Mentre lo
facevano, in un
momento in cui già era tanto connettersi con la
realtà, Linalee
aveva preso il coraggio a quattro mani e, trasportata da quei
movimenti audaci, glielo aveva detto. E lui se n'era stato zitto,
come un deficiente, limitandosi a fissarla. A chiedersi cosa si
doveva rispondere in quei casi. Non voleva dire frasi banali come
“anch'io”, o peggio ancora “lo
so”. Ma non voleva nemmeno
stare lì senza dir niente. Dopotutto, cosa costava? Lo
sentiva anche
lui. Tuttavia, il corpo non era dello stesso parere, non in quei
momenti, non durante il sesso. Perciò si diceva, con
convinzione,
che una volta terminato avrebbe fatto le cose per bene.
Ma
poi regnava il silenzio nella camera d'albergo. Perché
entrambi, pur
non sapendolo, erano convinti che dopo prestazioni simili il buio
totale dei rumori era qualcosa che rendeva ancora più
estasiante il
rapporto. Nella maggioranza dei casi finivano per addormentarsi, ma
erano anche capaci di fissarsi, toccarsi i capelli umidicci di
sudore, sentirsi addosso i propri odori. E Linalee sorrideva. Come se
avesse già capito che Lavi l'amava comunque, anche senza
dirglielo.
A lei andava bene così. Lui lo dimostrava ogni santo giorno,
nelle
piccole cose.
«
È meglio se ce ne andiamo. Altrimenti ti costerà
un sacco. »
«
Sta' tranquilla. Questo albergo a ore non è così
lussuoso come
potrebbe sembrare. Me la posso permettere un'altra oretta o due. Non
è niente. »
Diceva
sempre così. Gli veniva del tutto spontaneo.
Linalee
era una ragazza che gestiva le proprie emozioni a fasi alterne. In
alcuni giorni sembrava una tigre, in altri risultava troppo fragile.
Era facilissimo ferirla. Lavi lo aveva fatto un sacco di volte,
seppur non intenzionalmente. Quando era di malumore e le rispondeva
male, quando faceva una battuta non proprio divertente come voleva,
anche quando lei aveva le sue cose e allora apriti cielo, qualunque
cosa poteva farla piangere. Ma Lavi si impegnava a fondo anche per
consolarla. I risultati all'inizio erano alquanto scadenti. Qualche
sorriso glielo aveva sempre strappato, sì, ma non serviva a
renderla
felice e farle dimenticare il negativo della sua vita. Poi in lei si
fece sempre più chiara la consapevolezza che lui c'era e che
in ogni
gesto le avrebbe dimostrato di poter contare su di lui, di essere
affidabile. Che lui l'amava, veramente, e che sarebbe stato con lei
fino alla fine. Come era effettivamente accaduto.
«
Linalee. »
«
Sì? »
«
Come ti vedi dopo il liceo? »
«
Con te. »
«
Lo spero anch'io. »
«
Lavi. »
«
Nh? »
«
Come ti vedi adesso? »
«
Felice. »
«
Davvero? »
«
Oh, sì. »
«
Ti amo. »
«
Uhm... se ti dicessi “anch'io” come ti sembrerei?
»
«
Il solito Lavi di sempre. »
«
Il solito Lavi che ami? »
«
Sì. »
Howard
Link picchiettò sulla sbarra della cella, guardando il
giovane
detenuto con uno sguardi a tratti severo. Lavi non riusciva mai a
capire cosa gli frullasse nella testa, cosa pensasse esattamente di
lui, a parte il solito scocciatore chiacchierone. Lo vide con un
piatto tra le mani e si preparò all'idea di dover mangiare
l'ennesima sbobba che osavano definire “pranzo”.
«
Ciao, Link. » afferrò svogliatamente la pietanza,
accomodandosi
subito sul letto, scomodissimo per mangiare, dove perdeva gran parte
del tempo a trovare una posa comoda per poter tenere il cibo. Col
risultato che il piatto si freddava e aumentava il senso di nausea di
Lavi quando lo portava alla bocca.
Il
secondino si concesse un'osservazione, cosa che coi detenuti, in
particolare col guercio, raramente si concedeva. « Sembri di
buonumore. »
«
Diciamo di sì. Secondo te il processo è andato
bene? »
«
Non sono tenuto a fare questo tipo di considerazioni. »
«
E dai, a chi vuoi che lo dica? »
Link,
in tutta risposta... non rispose.
«
Lvellie ti è sembrato simpatico? »
«
Mi è sembrato un uomo rispettabile. »
«
Già. Non c'è confronto, eh? »
Durante
il silenzio che si era creato, Lavi mandò giù due
o tre bocconi,
noncurante di nascondere le smorfie di disgusto nei confronti di
quella cosa chiamata “pasta”. Ma se non altro,
almeno per un po'
gli tappavano il buco allo stomaco.
Link
era rimasto a fissarlo, facendosi una serie di interrogativi
interiori. Per tre anni non aveva fatto altro che osservarlo al di
là
delle sbarre, seduto comodamente dietro la scrivania, evitando ogni
tipo di comunicazione con lui. A guardarlo Lavi sembrava proprio un
ragazzino impiccione e addirittura maleducato per il suo modo di
porsi così simpaticamente con tutti. Una volta aveva avuto
il
coraggio di chiamarlo “due nei”, a causa di quelle
imperfezioni
sulla fronte. Tuttavia non si poteva negare che Lavi era stato un
detenuto più che modello. Nonostante l'isolamento forzato
non aveva
mai avanzato lamentele d'alcun tipo, non aveva mai dato fastidio ai
secondini o picchiato qualche altro detenuto. L'unica richiesta che
aveva fatto era di poter usare liberamente la biblioteca, sempre
sotto stretta sorveglianza. Solitamente la pena viene ridotta in caso
di buona condotta. Ma non fu il caso di Lavi. Per lui
“detenzione a
vita”, nessuno sconto. E, cosa che aveva davvero colpito
Link, fu
vedere il ragazzo che non si era minimamente ribellato all'idea. Al
suo posto chiunque avrebbe perso la testa.
«
Perché adesso? »
«
Uh? Hai detto qualcosa? »
«
Perché accusare qualcun altro dopo tre anni? »
«
Tu non credi che io sia innocente, vero? »
«
Ti ho fatto una domanda. »
«
Anche stando chiusi tra quattro mura per tutto questo tempo le cose
cambiano, Link. » si limitò a rispondere lui, con
un sorriso.
Pur
non sopportandosi, Allen e Kanda si erano ritrovati a muoversi spesso
in coppia. Con al fianco Tyki pronto a fermare eventuali risse o
godersi le loro frecciatine. Chissà cosa si sentì
dentro Kanda, nel
rivedere la propria vecchia scuola, un po' cambiata nell'aspetto, ma
sempre quella. Lo avevano visto irrigidirsi un po' e restare
più del
dovuto davanti alla scalinata, fissando il portone principale. Ma poi
entrò, mani in tasca, senza guardare in faccia nessuno.
Chissà
quali considerazioni aveva fatto. Ma nessuno lo avrebbe mai saputo.
«
Signor Tyki, non si fuma a scuola. » fece notare Allen.
«
Sì, sì. » l'avvocato ignorò
altamente l'ammonizione, continuando
a stringere la sigaretta tra le dita. « Dov'è la
sala professori? »
Allen
si fece seguire lungo tutto il corridoio, con passo deciso, fino ad
arrivare alla porta che indicava, con un cartello, l'aula professori.
Una stanza molto più grande delle altre, la quale non era
stata
esente da cambiamenti. Kanda lo notò subito. Il posto che
solitamente occupava Miranda Lotto, accanto a una macchinetta del
caffè, era stato sostituito con una fotocopiatrice.
Rimpiazzata da
una macchina. Forse questo avrebbe fatto capitolare l'insicura
insegnante nel profondo della sua depressione. Kanda si era
già
immaginato una delle sue reazioni, tra pianti e singhiozzi strozzati.
“Persino una fotocopiatrice fa un lavoro migliore del mio!
Perché
sono così imbranata?!”, cose del genere. E, per
quanto qualcuno
tentasse di risollevarle il morale, i complessi di Miranda sembravano
indistruttibili.
«
Non c'è nessuno, come mai? » chiese Tyki
guardandosi intorno.
«
Oggi c'era uno sciopero o qualcosa del genere, non sono venuti tutti
i professori. In ogni caso, trattandosi di lei ho chiesto
l'autorizzazione a visionare tutto ciò che c'è
qui dentro. »
rispose prontamente l'albino, con un sorriso gentile.
«
Che efficienza, piccolo. Allora cominciamo subito. »
l'avvocato
indicò il primo armadietto capitato sotto il suo sguardo,
per poi
andare alla ricerca di un posacenere.
Solo
il primo armadio contava dieci scatoloni contenenti fogli vecchi e
stropicciati. Per un attimo ci aveva sperato, ma gli toccò
arrendersi all'evidenza che quel lavoro sarebbe durato molto
più a
lungo del previsto, anche se erano in tre. Inoltre, non erano neanche
stati catalogati per data, quindi la difficoltà era
aumentata. Kanda
non tardò a lamentarsi di questo fatto. «
Almeno Miranda le cose le metteva con ordine. » avevo detto
con uno
schiocco di lingua irritato.
Passarono
diverso tempo nel totale silenzio, interrotto di tanto in tanto da
frasi come “qui niente”, “questo non ci
serve”. Ogni tanto
Tyki controllava l'orologio, e le ore sembravano non passare mai. Gli
venne spontaneo chiedersi se anche per Lavi era stato così
per tre
lunghi anni, lui che in cella non aveva neanche un orologio, un
calendario per rendersi conto che i giorni passavano. Neanche uno
specchio per potersi guardare e trovarsi cresciuto.
Sembrava
incredibile come il tempo poteva giocare brutti scherzi. A volte
sembrava scorrere troppo lentamente. Poi, quando si avevano un
mucchio di cose da fare, era troppo veloce, quasi volesse mettere
alla prova. In un caso del genere, confuso tra odori di fogli e delle
sue sigarette consumate, Tyki si stava lasciando soggiogare da una
specie d'illusione. Per lui non c'era tempo, gli avevano dato una
settimana, e quell'orologio, proprio in quell'istante, sembrava non
volesse più far arrivare la prossima ora. Come a dire
“tu Lavi non
lo liberi”. Scosse la testa irritato. Stress, si disse. Non
poteva
sentirsi stanco proprio in un momento del genere.
«
Niente, nemmeno qui. » disse a voce bassa, con un tono deluso
ed
amareggiato. Sbuffò, massaggiandosi le tempie. La sua
intuizione da
avvocato lo aveva portato a controllare i test di Linalee, test
speciali, a detta di Lavi. Quindi aveva pensato: se prendiamo per
buono che Komui lavorava per Lvellie e Linalee faceva da tramite,
perché non pensare a messaggi nascosti proprio in quei test?
La
ragazza aveva una buona media, dopotutto. Non v'era alcun bisogno di
farle compilare fogli del tutto diversi dagli altri.
«
O
forse sto dando
davvero di matto? »
si ritrovò a pensare. Soprattutto perché Lavi
quel tipo di
esternazioni non le aveva fatte. Uno come lui, che aveva sfoderato
una mente tanto brillante da far credere a tutto il mondo che il suo
migliore amico fosse morto per causa sua, non aveva neanche
contemplato una simile idea? Forse perché troppo innamorato?
O forse
Tyki era davvero pazzo?
Che
casino. La testa iniziò a girargli. In quel momento chiunque
gli
avrebbe chiesto chi glielo avesse fatto fare. E lui avrebbe risposto
subito con il nome del detenuto dai capelli rossi a cui si era, tutto
sommato, affezionato. Era innocente, lo sapeva, glielo aveva detto.
Era solo un ragazzino di sedici anni cotto come qualunque altro suo
coetaneo, che aveva fatto l'impossibile per proteggere cinque
persone. Poteva benissimo essere suo fratello, e pensarlo rinchiuso
là dentro per Tyki era intollerabile. Avere così
tanti fratelli gli
si stava, in un certo senso, ritorcendo contro. Ma che ci poteva
fare?
«
Forse ho trovato. » Kanda lo disse con una tale
tranquillità che
l'avvocato lì per lì neanche gli aveva dato peso.
Quando si vide
porgersi una serie di fogli con indicato il nome di Linalee, poi, si
sentì come liberato.
«
Mio eroe! » disse il ventiseienne, quasi commosso, provocando
nel
diciottenne un malcelato senso di disgusto per quelle dichiarazioni.
Allen
si sedette subito accanto a Tyki, mentre Kanda restò in
piedi, a
braccia conserte, aspettando tutte le intuizioni che Tyki avrebbe
fatto riguardo quei test quasi banali, a vederli.
«
Sono tutte domande che vertono sulla chimica. »
notò Tyki, facendo
un rapido confronto con test presi a caso di altri studenti.
Completamente diversi, non solo per le domande, ma anche
perché
richiedevano a Linalee spiegazioni più approfondite.
« Lvellie cosa
insegnava? »
«
Matematica, storia e biologia. » rispose subito Kanda.
« A me non
sono mai capitate domande del genere. Ed ero in una classe diversa.
»
«
Allora Linalee era l'unica in tutta la scuola a fare questo tipo di
compiti. »
«
E come mai? » chiese Allen.
«
A leggere queste risposte, sembra che Linalee la sapesse lunga
sull'argomento. Lavi ha detto che Lvellie aveva deciso di assegnarle
compiti più “facili”, ma a leggere
questo... »
«
Allora nemmeno lui sapeva quali fossero le domande. »
intuì Kanda.
« Linalee non gli ha mai detto niente. »
«
E che motivo avrebbe avuto di tenerglielo nascosto? »
«
Piccolo, non dimenticarti che Komui Lee era un ricercatore. E io ho
accusato Lvellie di aver avuto affari con lui. »
Kanda
si voltò di scatto da un'altra parte stizzito, lasciando che
la
lunga coda di cavallo fluttuasse nell'aria. « Io non posso
credere
che Linalee si sia prestata a una cosa del genere. »
Tyki
non gli prestò granché ascolto, consultando
velocemente tutti i
test. « Tutti i test riguardano la chimica.
Ventitré ottobre 2004,
tre novembre, sedici novembre... non cambia argomento neanche una
volta. »
«
Ma non è mica una prova, no? »
«
Linalee rispondeva praticamente a tutto. Tranne a questa domanda. Non
l'ha lasciata in bianco, ha scritto “non sono preparata a
questa
domanda”. Non ho mai visto un test fatto così in
vita mia. »
Kanda,
senza avvisare nessuno, fece per uscire. Allen lo richiamò a
gran
voce con tono severo, invitandolo a fermarsi, ma lui non volle sentir
ragioni. Guardò l'albino malevolo, e non degnò di
uno sguardo
l'avvocato.
«
Non voglio stare qui a sentire stronzate un minuto di più.
»
«
Sto solo cercando di capire, Kanda. »
«
No, lei sta fantasticando! Non può mica basarsi su dei
compiti per
dire che Komui era corrotto! »
«
Non ho mai detto che fosse corrotto. Può darsi che abbia
lavorato
per Lvellie sotto minacce, e che Linalee abbia fatto da tramite per
le informazioni. Non c'è niente di più semplice
di un test, passa
inosservato come niente, così Lvellie se li porta a casa, li
guarda
con calma e, per non destare sospetti, li riporta a scuola, sicuro
del fatto che nessuno controllerà o non si farà
domande. »
«
A me sembra più un tentativo di adattare i fatti alle
teorie. Senta,
dico solo che mi sembra assurdo che Linalee... insomma, lei! Neanche
Lavi ci crederebbe! »
«
Io comunque glieli faccio vedere. Voglio sentire cosa mi dice. In
ogni caso, questo darà del filo da torcere a Lvellie, non
aspettandosi che gli chieda dei test speciali. Però mi serve
anche
altro... devo sapere cosa si siano detti lui e Linalee durante le
ripetizioni forzate. Magari hanno scritto anche altro. »
«
Abbiamo controllato tutti gli scatoloni. » fece notare Allen,
sospirando ripensando alla fatica fatta.
«
Non tutti. Da qualche parte ci dev'essere qualche cartella su
Miranda. Era un'insegnante di sostegno, potrebbe aver appuntato
qualcosa sugli studenti. »
Allen
si alzò subito, andando dietro ad una scrivania per frugare
nei
cassetti. Lui sapeva bene dove cercare, era uno studente di quella
scuola e, al contrario di Kanda, era a conoscenza di tutti i
cambiamenti che erano stati fatti. Kanda non poteva sapere che le
cartelle degli insegnanti, mentre una volta erano tenuti in cassetti
diversi, erano stati raggruppati dentro un'unica scrivania.
«
Dicono che così è più ordinato.
» anticipò Allen, scartando
velocemente i nomi che non interessavano. Ma si ritrovò ad
assumere
un'espressione delusa. « Miranda Lotto non c'è.
»
«
Hanno fatto sparire il suo registro? »
«
Non penso che l'abbiano buttato. »
«
Hanno sostituito la sua scrivania con una fotocopiatrice, non mi
stupisce che abbiano fatto sparire pure le sue carte. »
«
Ma almeno ce l'aveva un registro, Miranda Lotto? » chiese
Tyki, con
un sorriso sarcastico.
«
In effetti non mi ricordo. Ogni tanto appuntava qualcosa su
un'agendina, oppure teneva i registri degli altri professori.
»
tuttavia Kanda non riuscì a ricordare più di
così.
«
Certo che la considerazione che hanno dato a questa Miranda era meno
di zero, eh. » l'avvocato, dopo quella battuta,
pescò il cellulare
dalla tasca, componendo velocemente il numero di un collega.
Più che
un collega, un amico.
«
Ciao, Bakino! »
Sentì
subito riecheggiare un ringhio. « Quando la smetterai di
chiamarmi
così?! »
«
Mi daresti una mano? »
«
Cosa stai leggendo, Lavi? »
«
Principiorum primorum cognitionis methapysicae nova delucidatio.
»
«
… eh? »
«
Kant. » semplificò lui con una risatina.
«
Certo che leggi proprio tanto. »
«
Mh. »
«
Chissà, forse sapendo quel che leggo io ti metti a ridere.
»
«
Io ho letto praticamente di tutto, Linalee. Anche quei romanzetti
rosa da quattro soldi. »
«
E perché? »
«
Bella domanda. Non so, quando inizio a leggere, non mi fermo
più.
Anche se non mi piace, aspetto di leggermelo tutto così
posso dire
con la coscienza pulita che fa schifo fino alla fine. »
«
Quando ti eri appena trasferito, ti vedevo sempre leggere, tutto
solo, seduto sul prato della scuola. »
«
Sembravo uno sfigato, eh? »
«
No, anzi. Mi sembravi solo... molto solo. Hai un'aria così
seria
quando leggi. Come se non ti importasse del resto del mondo. »
«
Non è così. È proprio
perché il mondo mi interessa che non riesco
a smettere di leggere qualunque cosa mi capiti tra le mani. Puoi
capire un sacco di cose di una persona attraverso le cose che scrive,
i suoi pensieri, i suoi ideali, quello che vuole comunicare. »
«
Ma ti sentivi solo, vero? »
«
No, no. Cioè. È un po' difficile da spiegare.
Prima di arrivare qui
non sono mai riuscito a intrattenere rapporti stretti con gli altri,
ci restavo troppo poco tempo. E persone che non contano così
tanto
per me non mi mancano più di tanto. Mi sentirei molto
più solo se
non potessi più leggere. »
Non
gli capitava quasi mai di fare quel tipo di discorsi. Non si era mai
posto il problema di sentirsi solo o meno. Erano pensieri che non
potevano avere spazio nella sua vita, tanto una risposta non
l'avrebbe avuta, inutile scervellarsi su cose come quelle. Sui libri
è tutto più facile, problemi come questi se li
pongono ma trovano
sempre una soluzione creata ad arte, come se lo scrittore volesse
consolarsi di non essere riuscito a trovare un posto nel mondo. A
dirla tutta, prima di Linalee nessuno gli aveva posto una simile
domanda, e il ritrovarsi senza una risposta precisa lo fece sentire
quasi un idiota.
Aveva
appena detto che senza libri si sarebbe sentito solo davvero. Ma era
davvero così? Davvero non poter sfogliare pagine gli avrebbe
reso la
vita addirittura insostenibile? E Linalee? Lei contava meno di un
libro? Senza di lei si sarebbe sentito solo allo stesso modo?
Si
ritrovò a fissarla, in cerca di una risposta in quel sorriso
tenue.
Una risposta che, tanto, non sarebbe mai arrivata. Magari fosse stato
il protagonista di un romanzo. Almeno lo scrittore avrebbe dato la
risposta per lui.
«
Perché non scrivi un libro? Così non ti senti
più solo. »
«
Eh eh eh, non sono bravo a scrivere! »
«
Prendi sempre il massimo dei voti ai temi. »
«
Ma quella è una cosa completamente diversa, Linalee. No,
meglio
lasciar scrivere chi è capace davvero. »
«
Bè, almeno provaci. A me piacerebbe leggere un tuo libro,
sicuramente lo adorerei. »
«
Magari uno di quei romanzetti rosa che adori? »
«
Ah ah ah, ma dai, smettila di prendermi in giro! »
Forse
un giorno si sarebbe messo a scriverlo davvero, un libro. Ma senza
Linalee, che senso avrebbe avuto?
Si
ricordava anche di chi, detenuto come lui, si metteva a scrivere
un'autobiografia, un resoconto dettagliato delle esperienze passate,
dell'esperienza in carcere. Una cosa del tutto inutile. Tanto che ci
fa la gente con un libro del genere dove, gira e rigira, ci scrivono
sempre le stesse cose? E poi lui non sentiva il bisogno di
giustificarsi o di lasciare le proprie memorie a qualcuno. A nessuno
interessa veramente la psicologia di un assassino, a meno che non sia
uno squilibrato. O un poliziotto per dargli la caccia. O un amico,
come Yu. E Tyki. Definirlo amico forse era un'esagerazione, ma anche
Lavi aveva capito che ormai quello strano avvocato si stava muovendo
per una cosa ben più grande del senso del dovere.
Ecco,
forse un libro su di lui l'avrebbe scritto davvero. Con protagonista
un avvocato che imbrogliava a carte e ammaliava tutti col suo neo
strategico. Ridacchiò, nel silenzio della cella. Figurati se
qualcuno comprerebbe certa roba, si disse. Solo Linalee l'avrebbe
comprato. Per non farlo sentire solo.
«
Linalee,
secondo te
sto sbagliando? Ho infranto la promessa di non dire niente a nessuno.
Mi daresti uno schiaffo, vero? Me lo meriterei. Credimi, fosse stato
per me io non... non lo so più, Linalee. È
passato così tanto
tempo. Quasi non mi riconosco. Anzi, non riconosco l'uomo che era con
te, che ti abbracciava e ti baciava. Chi ero? È straziante
vederti
con qualcuno che mi somiglia, ma non sono io. Cioè, quello
sono io.
Sarei io, no? Sono quello che ero. Ma non riesco più a
capire chi
ero io. Merda, Linalee! Perché mi hai fatto promettere una
cosa del
genere? Come hai potuto pretendere che io mi facessi carico di una
cosa così senza dare di matto? Guarda come sono messo. Il
Lavi che
ero non avrebbe mai fatto questi pensieri. Ti avrebbe amata comunque.
»
Solo
una cosa accomunava quei due Lavi che ora si vedeva nella testa. Una
cosa che lo teneva ancora aggrappato al mondo, e non lo faceva
sentire solo.
«
Ti
ho amata così
tanto, Linalee. Risulta incredibile persino a me. Anche se io dovessi
uscire da qui e dovessi rifarmi una vita... insomma, ecco, non
lasciare che ti dimentichi. Altrimenti sì che mi
sentirò solo come
un cane. »
A
Tyki un po' dispiaceva quel sorriso ottimista di Lavi, quando se lo
ritrovò davanti, nella sala colloqui. Perché
sarebbe scomparso
subito, rovinando così quel buonumore che caratterizzava
Lavi
Bookman Junior, anche in situazioni estremamente difficili come
quella. Però era anche importante sentire una sua opinione
su quei
fogli. Così glielo porse, con discrezione, anche con dei
dolcetti
che aveva portato su raccomandazione di Allen. Si era limitato a
fissarlo in assoluto silenzio. E il viso di Lavi, dapprima
incuriosito, divenne poi stranito, persino arrabbiato.
«
Perché me li ha fatti vedere? » gli chiese il
rosso, poggiandoli in
malo modo sul tavolo.
«
Voglio solo sapere che ne pensi. »
«
Tyki, lei non mi farebbe mai vedere una cosa del genere senza avere
qualche intuizione a riguardo. Me lo dica, non mi offendo. Tanto,
ormai... »
Si
concesse qualche secondo, prima di chiedere. « Secondo te
questi
test sono normali? »
«
Per niente. » fu la risposta, una volta riacquisita la calma.
«
Sono di un livello troppo alto per una studentessa delle superiori
che in teoria chimica non la studia nemmeno. »
L'altro
annuì, un po' spaesato dalla risposta. Allora nemmeno lui
era a
conoscenza dei contenuti di quelli domande, ma gli sembrò
comunque
una situazione difficile da capire.
«
So cosa sta pensando. » Lavi accennò un sorriso,
ma non era
possibile capire cosa pensasse veramente. « Komui era un
ricercatore, per lui la chimica era facile come respirare. E Lvellie
faceva parte di questa organizzazione. Le scoperte di uno come lui
poteva fare comodo. »
«
Quello che penso anch'io. Kanda invece... »
«
Non è che Yu non ci creda, è solo che... insomma,
capisce, vero? »
«
Linalee non ti aveva mai detto in cosa consistevano i suoi test?
»
«
No. »
«
E la cosa non ti insospettiva? »
«
Altroché. Ma ogni volta che tentavo di sapere succedeva
sempre
qualcosa. O aveva da fare, oppure Lvellie gironzolava nei paraggi,
come se la stesse sorvegliando. Avrei dovuto costringerla, a costo di
farla piangere e beccarmi uno schiaffo. »
«
Potrebbe averlo detto a Miranda? »
«
Può darsi. »
«
Sai se Miranda tenesse un registro, una cartella... qualcosa del
genere? »
«
Un'agendina. Sul registro spesso faceva un mucchio di errori, e
piuttosto che ritrovarseli pasticciati, i professori le hanno
concesso di tenere tutto sull'agenda. Tanto lei era insegnante di
sostegno, non era così necessario per lei. »
L'altro
annuì nuovamente, limitandosi a fissare il pavimento con
fare
nostalgico. Lavi l'osservò per qualche istante, lasciandosi
andare,
per un po', alla comprensione. D'improvviso tutto era così
diverso
da quei giorni di scuola che passava tranquillamente, ma Linalee non
le era sembrata neanche per un solo istante un mostro perché
gli
aveva tenuto nascosto qualcosa. Era difficile, ma sopportava.
«
Immaginavo che uno come te sarebbe giunto a una conclusione simile,
ragazzo. »
L'altro
continuò a sorridere. « Lei da quanto sta seguendo
questa pista? »
«
Più o meno da quando è iniziato il processo.
È che... la morte di
Miranda è strana. È fuori posto. Però
non riesco a togliermi dalla
testa Linalee che le confida qualcosa, o Miranda che lo scopre per
caso... così tornerebbe tutto. »
«
Insomma, sta dicendo che... che io non c'entro niente, non è
così?
Che mi sono fatto rinchiudere per tre anni per nulla. Che io non ero
così importante per Lvellie. »
«
Ti considera comunque un nemico. Forse pensa che le cose che hai
scoperto te le abbia dette Linalee. »
«
A questo punto non so più che ruolo ho in questa storia. Chi
ero io.
»
«
Sai, l'hai presa anche meglio di quanto credevo. »
«
Gliel'ho detto, ormai... che importanza ha? Linalee non può
più
tornare. »
«
… lo so. »
Il
guercio abbassò lo sguardo verso il tavolo, verso quei fogli
che
aveva appena letto. Un po' deluso lo era. Pensava di aver raggiunto
un'intimità tale, con lei, da poter avere il diritto di
conoscere la
verità. Invece l'aveva scoperta da solo, seppur solo
parzialmente.
Se solo l'avesse saputo prima, da lei, l'avrebbe protetta, non
sarebbe morto nessuno e lui non si sarebbe trovato in galera. Ma di
chi era la colpa, alla fine?
«
Tyki, mi faccia un favore. »
«
Mh? »
«
Alla prossima udienza voglio vedere Lvellie umiliato. Come non lo
è
mai stato. »
L'altro,
in tutta risposta, ghignò. Era quello che voleva esattamente
anche
lui, sarebbe stato un piacere esaudire quella richiesta piena di
rancore, così umana.
La
conversazione fu interrotta da una telefonata. Di Bak Chan, il suo
collega. Così presto, Tyki non se lo aspettava.
Sperò in buone
notizie. E, una volta tanto, la sorte gli fu favorevole.
«
Ho trovato quello che mi hai chiesto. »
«
Così in fretta? »
«
Miranda Lotto era sola, non aveva parenti né un marito,
così la
polizia ha preso tutti i suoi effetti personali. Ora l'agenda ce l'ho
io, proprio qui accanto a me. Quando te la porto? »
«
Arrivo subito. Sei un mito, Bakino. »
«
Chiamami “signor Bak”, accidenti a te! Non hai idea
di quanto
abbia litigato coi poliziotti per avere quest'agenda, mi aspetterei
un minimo di gratitudine! »
«
Sì, ti voglio bene anch'io, Bakino. Ci vediamo dopo.
»
Lavi
non si stupì nel vederlo alzarsi di scatto dalla sedia. Era
solo
incuriosito. « Chi è Bakino? »
«
Un grand'uomo che mi ha dato un enorme aiuto. »
«
Cioè? »
«
Cioè che alla prossima udienza Lvellie lo umiliamo per bene.
Ci
vediamo domani, ora vado di corsa. »
L'altro
sorrise, quasi divertito. « Secondo me quel Bakino
è innamorato del
suo neo. »
L'avvocato
risistemò in fretta e furia tutte le scartoffie nella borsa.
«
Anch'io mi stupisco di quanto sia irresistibile. » rispose,
facendo
l'occhiolino.
«
La prego, non faccia così! Potrei innamorarmi, sa?
»
«
Ah ah! Ora scappo davvero. Mangia tutti i dolci, mi raccomando.
»
«
E lei veda di non inciampare correndo così. »
Lo
guardò sfrecciare via con un sorriso. Anche Tyki sembrava
davvero
contento. I dolci sembravano più buoni. Lavi non si era mai
sentito
solo, così si diceva sempre. Ma non era sicuro di poter dire
lo
stesso in quel momento, avendo a che fare con tipi come Tyki Mikk,
tipi tutt'altro che normali. Fuori di testa, come lui. Se lo
meritava, un libro sulle sue gesta.
Tyki
però non volle anticipargli nulla delle scoperte appena
fatte. A
giudicare da com'era contento, doveva essere roba che scottava, anzi,
lava incandescente. Gli disse di aspettare fino alla settimana
successiva, che arrivò, lentamente a detta di tutti, colpa
forse
dell'ansia, ma arrivò. Lvellie se ne stava seduto al proprio
posto,
indifferente, sprezzante come al solito. Tyki non vedeva l'ora di
vederlo capitolare.
«
Vostro onore, chiamo a testimoniare Malcolm C. Lvellie. »
Per
un attimo il “professore” incrociò lo
sguardo di Lavi. Con
superiorità. Lavi invece, rispose con totale indifferenza.
Perdere
contro di lui, non ci pensava nemmeno. Aveva fiducia in Tyki. Lui,
che raramente si affidava così a qualcuno. E sapeva che Tyki
non lo
avrebbe tradito.
«
Signor Lvellie, le va di parlare un po' di Miranda Lotto? »
«
Povera donna. »
«
Già. E povera Linalee. »
«
Linalee Lee era problematica, ma sicuramente aveva delle
qualità. »
«
E lei le qualità di Linalee le aveva scoperte, vero?
»
«
Non la seguo. »
Gli
porse subito i fogli contenenti i test, dandone poi una copia al
giudice. « A quanto pare Linalee era un genio della chimica.
»
«
Chiunque, studiando, può avere un buon esito. »
«
Ma questi... » porse altri fogli, test di altri studenti. «
Sono completamente diversi, perché? »
«
Linalee Lee era molto diversa dagli altri. »
«
In che cosa era diversa? »
«
Bisognava prestarle particolare attenzione. »
«
Aveva forse problemi di apprendimento? Non studiava? Perché
da quel
che vediamo nei test sembrava tutt'altro che stupida. Perché
allora
dedicarsi così tanto a lei e non ad altri studenti che
rischiavano
la bocciatura? »
«
Cosa sta insinuando? »
«
Io? Niente. Pongo delle semplici domande. La domanda più
corretta
dunque sarebbe: perché si mette subito sulla difensiva
pensando che
io voglia insinuare qualcosa? »
«
Lei mi ha accusato, una settimana fa, di avere a che fare con gente
criminale. Adesso non mi faccia credere che non stia insinuando che
abbia prestato attenzione a Linalee Lee per questi affari. »
«
Lo ha appena detto lei, non io. »
L'avvocato
di Lvellie, quello che Tyki chiamava “Uno”, si
alzò di scatto. «
Obiezione. »
«
Accolta. Veda di andare al sodo, avvocato Mikk. »
«
Sì, sì. » non se la prese per il
richiamo. La faccia irritata di
Lvellie valeva più di qualsiasi cosa. E l'occhio verde di
Lavi, che
brillava di luce propria. Non lo aveva mai visto così, mai
in tutti
i suoi incontri.
No,
non poteva proprio perdere.
«
Unmei to umaku tsukinatte iku nara kitto,
kanashii
toka sabishii nante itte rarenai,
nando
mo tsunagatta kotoba wo muryoku ni shite mo,
taikutsu
na yoru wo tsubushi tainda ne. »
(
Se hai intenzione di affrontare il destino
non
puoi andare a dire che sono triste e solitario,
anche
se questo significa rompere i legami di parole
che
abbiamo creato insieme,
potresti
dire ancora addio alle notti noiose)
[
Anna
ni issho datta
no ni – See-Saw ]
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