Drin uno.
Drin due.
Drin tre.
“basta …” con la mano cercava di buttare giù le sveglie per
farle tacere, ma per svegliare suor Angela in tempo per le lodi mattutine aveva
dovuto ricorrere ad un marchingegno davvero curioso, attaccare un timer al ventilatore
dove aveva attaccato dei nastrini, che una volta attivato grazie all’aria delle
pale le sfioravano il volto.
“Oh Gesù mio le lodi!” per poco non cadde del letto e poco
dopo era già nella piccola cappella del convento.
Giulia stava lavorando dietro il bancone del bar “Angolo
Divino” quando apparve Marco, gli occhi ancora assonnati, ma quella mattina più
verdi del solito. Avevano una luce nuova, che persino Giulia non aveva mai
visto:
Era innamorato.
Si lanciarono uno sguardo d’intesa e lei le portò un caffè
nero, si sfiorarono leggermente le mani, e solo quel contatto bastò per far
percorrere ai due un brivido lungo la schiena. Cecilia arrivò con il suo zaino
in spalla, non era di molte parole, ma
era evidentemente felice per ciò che era accaduto alla sua mamma. Marco Ferrari era un fantastiliardo di volte
meglio di Ruggero Musmeci; non sapeva spiegarsi la
ragione, ma come papà preferiva Marco sempre e comunque, adorava litigare con
lui, e soprattutto era l’unico a dargli il coraggio quando doveva suonare in
pubblico il suo amato pianoforte, e con la sua voce sveglia chiese:
“E adesso? Che farai? Non parti più vero? Non vai a Roma!”
“Non ci penso minimamente” rispose lui restando nel suo
sgabello, aveva chiesto il trasferimento e Musmeci
pur di toglierselo di mezzo glielo aveva concesso, ma le cose erano andate un
po’ diversamente da come aveva immaginato. Giulia togliendo la tazzina di Marco
gli bisbigliò:
“Dovremmo dirglielo …”
“Dirmi cosa?” chiese vista la bimba
“Una cosa molto importante …” rispose Marco ma Giulia gli
diede un pizzicotto ed allora concluse “ma è ancora un segreto”
Cecilia mise su il broncio. Un broncio finto, misto di
curiosità e allegria. Suor Angela che aveva assistito alla scena disse alzando
gli occhi al cielo:
“Che Dio ci aiuti!” sopirò e si sedette su uno sgabello, era
giunto il momento di fare colazione, ma non appena provò ad assaggiare il suo
caffè la voce di Azzurra la richiamò:
“Suor Angela, glielo dica lei che questo vestito è davvero
orribile!” disse indicando Margherita, la giovane ragazza dai lunghi capelli
ricci e rossi mise le mani sui fianchi dicendo:
“Ma la mamma mi ha sempre detto che stavo bene!” un
pantalone classico ed un maglione
“Si vede che tua madre ha bisogno di un paio d’occhiali!”
rispose piccata la bruna che aveva sempre avuto occhio e soldi per la moda
d’alta classe. Suor Angela evitò di entrare in merito a quella discussione e
disse:
“Margherita, non è l’abito che fa il monaco … se ti piaci
resta così”
“A me piaci così …” mormorò Italo Luzzi.
Collega ed amico di Marco Ferrari. Oramai anche lui faceva sempre colazione
nell’angolo divino, perché aveva trovato il suo angelo, peccato che lei non lo
degnasse di uno sguardo. Effettivamente non era uno che dava nell’occhio, con i
suoi capelli ricci e radi e i grandi occhi scuri accompagnati da un naso
aquilino; ma era tanto buono e soprattutto tanto innamorato della giovane
aspirante dottoressa, che ancora una volta lo ignorò e chiudendo la discussione
con Azzurra sentenziò:
“Ora me ne vado, oggi faremo il corso in obitorio! Non vedo
l’ora!” e tutta sorridente con i libri in mano se ne andò.
“Chiudi la bocca che ti entrano le mosche!” disse secca
Azzurra a Luzzi, che non aveva tolto di dosso gli
occhi a Margherita.
Ed Ora era li da
sola. Cosa poteva fare? Lei non sapeva fare nulla, aveva ragione suo padre, ma
adesso amava i libri, e così solo per pura curiosità decise di aprirne uno di
diritto. Chissà magari stavolta qualcosa le entrava nella zucca vuota. Proprio
in quell’istante entrò al bar un giovane dai grandi occhi azzurri e i capelli
mossi castani, che allargo un sorriso si presentò:
“Piacere Flavio … sto cercando una tipografia …” .
Quel giorno in questura aleggiava un’aria strana, tutti
avevano un sorriso ebete sulle labbra. Un po’ era perché Oscar Mario,
l’ispettore più cretino d’Italia era in malattia e poi perché tutti sapevano
che Musmeci
aveva atteso invano la sposa in chiesa. E non appena Italo Luzzi vide apparire Marco Ferrari entrare si diresse verso
di lui:
“Marco! Che ci fai qui? Non dovevi essere a Roma?”
“Diciamo che avevo delle cose in sospeso!”
“Beh peccato che ieri non sei venuto! Giulia non si è
presentata all’altare!”
“Davvero?” chiese con il suo solito tono pacato di chi non
gliene frega niente, anche se in realtà era ben felice di sapere che era lui la
causa del mancato matrimonio. Si sedette nella sua solita scrivania, piccola e
piena di scartoffie. Quando una telefonata arrivò: c’era stato un tentato
omicidio in una tipografia del centro.
“Sei tu il più alto in grado oggi! Muoviti!” disse Luzzi a Ferrari.
Una nuova indagine e finalmente forse aveva mano libera; non
appena giunto sul posto Marco disse:
“Ma non è che porti un po’ di sfiga?”
“Io volevo solo fare dei volantini per il nostro angolo
divino” si giustificò Suor Angela, che era sempre al posto giusto al momento
giusto; oppure nel posto sbagliato al momento al momento sbagliato. Dipendeva
da come si guardava la questione.
“Si ma mi pare che lei non ci stia poi tanto nel suo angolo
divino” concluse secco Marco che era ormai abituato ad avere Suor Angela nelle
sue indagini.