Aveva guardato i “suoi” concerti sin da quando poteva
ricordare. Le coreografie appariscenti, le luci della ribalta, l’adrenalina che
scalava il suo corpo fino a padroneggiare la scena… Se avesse voluto essere
qualcuno, quel qualcuno sarebbe stata “lei”.
Una donna capace di rapire lo sguardo, rubare i secondi e intagliarsi nella
storia. Cosa c’era di male nell’essere una persona del genere?
È una lunga scala, le
avevano detto, in quel mondo niente va
come davvero desideri.
Le avevano parlato di una gabbia dorata in cui la libertà era vista come un
sogno soffuso e vano. Non le importava però così tanto, voleva salire su quel
palco e cantare, cantare e cantare. Si sarebbe fermata solo quando non sarebbe
uscito più nessun suono dalle sue labbra.
Li poi non faresti quello che vuoi, è un
mondo fatto di furti e il buon lavoro non è mai ripagato.
E allora? Cosa le importava? Era un mondo crudele che lei voleva. Doveva
essere lei a dirsi “ora basta, ci hai
provato e hai fallito”, non gli altri.
Era lei a camminare dopotutto, avrebbe mollato solo a novant’anni, se ci fosse
mai arrivata.
Era l’immagine di quella donna che la trascinava, che la rendeva schiava del
suo desiderio. Una schiavitù che non voleva allontanare dalla sua testa e dal
suo cuore.
Camminerò, si era detta, fino a quando le gambe reggeranno e fino a
quando in cuor mio non saprò che è finita.
Poi si era ritrovata a vedere uno dei “suoi”
concerti al computer o alla tv… in cui “lei” aveva il comando di un’intera
platea, e ad ogni suo gesto seguiva un applauso sincero. Voleva riuscire ad
essere se stessa anche in un mondo come quello, ed era sicura di potercela fare…
Nessuno le avrebbe mai dato un soldo, le avevano detto che era brava, che il
talento c’era ma che non era abbastanza.
Non continuare a sognare, finisci l’università
piuttosto e trovati un lavoro!
E poi? La felicità che cercava era quella?
No, aveva paura di arrivare alla fine della sua vita e dire che non aveva
vissuto per niente.
Credeva di avere la stoffa, ne era
certa. Era una ragazza che aveva qualcosa da dire, fosse con la musica o con
dei libri.
Le persone amano le storie. Ci si rivedono, le allontanano, ci si
innamorano.
Lei sapeva di poter creare qualcosa di meraviglioso e non
voleva fermarsi con delle parole provenienti da un mondo che non aveva mai
neanche provato a realizzare il suo sogno.
Nessuno crede fino in fondo che i sogni si avverino. Lo vogliono forse, lo
sussurrano a loro stessi ma poi si arrendono.
Nessuno, a parte sé stessi, crede fermamente nella propria
felicità.
Lei sapeva che niente era accaduto per caso. Che i suoi sogni, e le sue
esperienze non erano state una coincidenza…
…ed era per quei sogni, forse troppo irreali, che alla fine nessuno l’avrebbe
mai immaginata su quel palco, così come “lei”: viva ma vera, mentre raccontava
delle storie bellissime.
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