Mum&Dady 5
Dedico
il capitolo a elfin emrys, chibisaru81, Your guardian Angel, Deb, Lycoris, valentinamiky e RossKL per le loro
fantastiche recensioni :)
Mum&Dady
Mumy's POV
Arthur
era atterrito, pallido e scandalizzato.
«Salve,
giovane Pendragon.» lo salutò amabilmente
Kilgarrah, facendo un buffo inchino -che consistette nell'abbassare il
grande testone-.
Arthur
aprì la bocca ma gli uscì appena un gemito rauco.
«Kilgarrah,
ti presento Arthur.»
«Lo
conosco già.»
«Arthur,
ti presento Kilgarrah.»
Il
nobile somaro era una maschera di granito.
Quando
lo guardò, nei suoi occhi baluginava un fuoco.
«Dannazione,
Merlin!» imprecò, sfoderando la spada.
«Ma quante altri draghi mi hai tenuto nascosti, eh??
Spiegami: li allevi, per caso? Ti diletti ad affilare le loro zanne e a
cantar loro la ninna nanna? Mio dio santissimo!»
«No,
in realtà sono ottimi come compagnia.»
considerò il mago mentre il re sudava freddo.
«Questo
drago è enorme!»
«Lo
vedo, sire.»
«Potrebbe
distruggere Camelot con una vampa di fuoco!»
«Sì,
potrebbe in effetti.»
«Per
la barba di Balinor, Merlin! Si può sapere dove hai perso la
testa?!»
«Kill
non farebbe male ad una mosca, sire.»
Arthur
barcollò, la spada tremante nelle mani sudate.
Era
stravolto, incredulo, molto vicino ad una crisi isterica.
«Kill?
Ha anche un soprannome, adesso?»
Merlin
annuì, accogliendo tra le braccia Aithusa, che li aveva -a
quanto pareva- seguiti tutto il tempo.
«E'
lui che ha badato ad Aithusa.»
«E
parla, anche!» ricordò Arthur, ancora
più sconvolto.
«Beh,
che credevi?» si inserì il lucertole, offeso
nell'orgoglio. «Sono un drago istruito, io.»
«Dei
santissimi.» pigolò Arthur, debolissimo.
«Suvvia,
sire, non avete ancora visto la parte migliore!»
Lo
sguardo che gli rivolse Arthur fu molto eloquente.
«Ce
n'è un altro?»
«Magari.»
brontolò Kilgarrah e Arthur impallidì
boccheggiando, come ogni volta che il drago apriva bocca,
scoprì più tardi Merlin.
«No,
temo di no.» gli fece presente il maghetto, con un tono
conciliante che doveva calmare l'ansia del principe.
«Porca
di quella lamia.» imprecò Arthur mentre Merlin lo
trascinava a forza verso Kilgarrah.
«Sei
sicuro che questo è il grande Re Arthur, colui che
fonderà Albion e che diventerà il più
grande sovrano di tutti i tempi?» domandò Kill
rivolto direttamente a Merlin, che scrollò le spalle.
«Direi
di sì.»
«Un
giorno scriveranno libri su di te, e anche molte fan fiction. Ah,
sì, e naturalmente anche dei film e dei telefilm.»
Arthur,
completamente trasecolato, non rispose, né
accennò a fare altro se non lasciarsi condurre senza opporre
resistenza dal suo servo idiota.
«Volevo
mostrarvi qualcosa che apprezzerete molto, sire.» Merlin gli
sorrise, ma Arthur non distolse nemmeno un attimo lo sguardo smarrito
dalla vasta mole del drago.
«Io
l'ho già visto, questo, Merlin.»
«No,
vi sbagliate, Arthur.»
«L'ho
già visto, ti dico.»
«Fandonie.
Io sono unico ed irripetibile.» si schermì
Kilgarrah, altezzoso.
Arthur
fece il broncio, ancora non convinto del tutto.
«Non
assomiglia a quel drago che ho ucciso due anni fa?»
«No,
sire, quello era molto più brutto.» stette al
gioco Merlin, dando sonore pacche sul collo di Kilgarrah che
soffiò tra i denti, nel tentativo di frenare una risata.
«Mmm.»
«E
quello aveva tentato di distruggere Camelot. Kilgarrah, invece, non lo
farebbe mai.»
Arthur,
come folgorato da un ricordo all'improvviso, si voltò a
guardare Merlin, additandolo.
«Tu!»
«Io?»
«Tu
mi avevi detto che avevo ucciso il drago, ma non c'era nessun
corpo!»
Balzò
all'indietro, fissando il drago come se l'avesse visto per la prima
volta.
«L'hai
salvato! Dannazione, Merlin, l'hai...»
«Oh,
ma è tocco questo qui?» fece Kill, querulo,
interrompendo quel fiume di parole. «Altro che Re in eterno,
questo è un idiota senza speranza. Allooora.»
aggiunse, voltando il testone all'indirizzo del sovrano.
«Quello della valle era il mio fratello gemello. Dio solo sa
quanto possano essere diversi due gemelli. E per quanto riguarda il
corpo... noi draghi quando moriamo ci dissolviamo nel nulla.»
Merlin
corrugò la fronte, mordendosi a sangue l'interno della
guancia per non ridere, mentre Arthur ascoltava rapito le parole del
drago, quasi fossero oro colato, incantato dal suo sguardo antico e
saggio, di chi ha visto cose che gli umani non possono neanche
immaginare.
«Un
gemello? Ma quanti siete?» lo travolse alché il
somaro. In realtà, non voleva conoscere realmente la
risposta, perché puntò gli occhi stupiti sul
servitore. «Merlin, non sarà che anche tu sei un
drago sotto mentite spoglie?»
Merlin
sollevò un sopracciglio, domandandosi ingenuamente se, per
errore, non avesse versato del vino nella colazione del somaro.
«Temete
che possa sputare fuoco?»
«A
questo punto non mi sorprendo più di niente.»
Merlin
rise, scuotendo la testa, e Aithusa gorgheggiò tra le sue
braccia, allungando il collo candido, attirandosi dei deliziosi gratini
sulla nuca.
«I
draghi sono delle creature antiche e potenti, ma non hanno ancora
appreso la conoscenza della metamorfosi. Come se ce ne fosse bisogno,
perché mai dovremmo voler trasformarci in piccole pulci
senza ali?» Kilgarrah si erse in tutta la sua altezza, come a
voler mostrare l'ampio ventre, dove scaglie luccicanti facevano bella
mostra di sé, quasi a prendersi gioco della confusione del
re.
«Smettila
di vantarti, Kill.» lo ammonì Merlin, divertito, e
il drago sbuffò una fiammata dalle narici.
Arthur
lanciò un urletto acuto quando le lingue di fuoco gli
sfiorarono la guancia, incenerendo le punte dei suoi capelli.
Merlin
fu colto dall'istinto di correre a sorreggerlo, temendo che le
ginocchia dell'asino avrebbero potuto cedere da un momento all'altro,
ma poi Aithusa attirò nuovamente la sua attenzione,
mordicchiandogli i polpastrelli per imporgli di continuare con le
coccole e il moro non se lo fece ripetere due volte.
«Mi
hai condotto qui per farmi sbranare, Merlin?»
domandò Arthur cercando di riguadagnare un po' di contegno,
ma la voce tremula lo tradì e Pendragon junior si
maledì mentalmente in tutte le lingue che conosceva.
«Saresti
un boccone succulento.» confermò Kilgarrah,
ispirato, e Aithusa sbatté le alucce con un ringhio ferino,
volando al fianco del ragazzo.
«Dady
no!» soffiò levandosi sulle zampette anteriori,
quasi a volerlo difendere.
Era
una scena piuttosto patetica, considerò Merlin osservano il
piccolo corpicino bianco che a stento arrivava alle ginocchia di Arthur.
«Allora
fate sul serio!» il somaro sembrava aver perso i toni virili
della sua voce e Merlin si trattenne a stento dal ridere, promettendo a
se stesso che si sarebbe servito del fatto per comprarsi il favore del
babbeo.
«In
realtà, Arthur, volevo solo... farvi vedere una
cosa.»
«Non
era questa, la cosa?» replicò Arthur, indicando il
grosso lucertole che nel frattempo si stava esaminando le unghie.
«Parlate
piano, sire, potrebbe offendersi.» Merlin agguantò
il polso del somaro, conducendolo verso un fianco di Kilgarrah, e si
morse le labbra per non ridere al biancore che aveva tinto il volto del
re.
«I
draghi odiano essere definiti delle cose... potrebbero ridurci in
cenere da un momento all'altro.»
Adesso
Arthur era diventato grigio.
«Ma
naturalmente loro non lo farebbero.» si affrettò a
rassicurarlo Merlin, indicando con un ampio gesto zio e figlia, che nel
frattempo stavano comunicandosi qualcosa nella loro lingua.
«Certo
che no!» si aggregò Arthur, mettendo mano all'elsa
della spada. «Ci provassero, e dovranno vedersela con
me!»
«Che
paura.» ironizzò Kilgarrah, all'orecchio di Arthur
che sobbalzò, preso alla sprovvista, con un urlo stupito.
Il
somaro mise mano alla spada, ma prima che potesse voltarsi e affondarla
nella carne squamosa del drago, egli gli aveva avvolto la coda attorno
ad una caviglia, sollevandolo a testa in giù all'altezza del
suo muso, per scrutarlo con più attenzione -o forse per
incutergli timore-.
La
spada di Arthur disegnò una circonferenza in aria, prima di
infilzarsi nel terreno.
Il
povero testa di fagiolo, con il sangue fluito alla testa e il mantello
a ventaglio che ondeggiava al vento, si dibatteva furiosamente.
«Merlin,
accidenti, fa' qualcosa!»
«Ma
se dite sempre che non so fare nulla.» gli ricordò
ingenuamente il servo, godendosi il momento: per una volta era lui a
reggere le redini!
«Ti
manderò alla gogna dopo, ricordalo!»
«Sempre
se sarete ancora vivo, dopo.»
Arthur
fermò per un attimo il suo dibattersi per lanciargli
un'occhiataccia, ma un cupo terrore sembrava diffondersi nelle sue
pupille.
Merlin
tramontò gli occhi. «Va bene, va bene.»
si schiarì la gola. «Lascialo andare,
Kil.»
«Mi
stavo divertendo» obiettò il drago, ma poi lo
riportò a terra.
Arthur
si rimise in piedi in un lampo, tentando di scostarsi di dosso il
mantello, che nella manovra l'aveva avvolto impedendogli i movimenti. E
se il suo volto non fosse stato acceso dall'ira Merlin si sarebbe
volentieri spanciato dal ridere.
«Adesso
volete ascoltarmi, sire?»
«Ascoltarti?
Ascoltarti?! Vorrei che tu ascoltassi la lama della mia spada, al
momento.» con uno strattone Arthur fece emergere un braccio
dal mantello, ma quando provò a prendere la spada
inciampò in un lembo di esso e finì direttamente
a terra.
Merlin
non si scompose ma Kilgarrah iniziò a singhiozzare senza
controllo.
«Un
drago si sta prendendo gioco di me, è il colmo!»
sbraitò Arthur, estraendo la spada e riponendola nel fodero
con sdegno, come se fosse un affronto.
All'improvviso
sembrava aver dimenticato la paura che l'aveva divorato in precedenza.
«Sono
sicuro che mi perdonerete...» continuò Merlin
avanzando verso di lui e aiutandolo a stabilizzarsi in piedi, ma
l'altro cacciò le sue mani e fece da solo. «...
dopo che avrete assaporato ciò che ho in mente di
mostrarvi.»
Poi,
senza dare tempo al babbeo di concepire una replica plausibile, diede
una pacca sul fianco di Kilgarrah e, aiutato dalle squame sporgenti, si
issò su, per poi aggrapparsi ad una scaglia appuntita sulla
schiena, circondandola con le dita per rimanere in equilibrio.
A
lavoro ultimato abbassò lo sguardo su Arthur, rimasto
immobile dove l'aveva lasciato, più che pallido adesso
proprio verdastro.
«Su,
cosa aspettate?»
«Stai
scherzando, vero?» lo aggredì lui, per poi
scuotere con decisione la testa. «Non vorrai sul serio che io vada lì sopra?» e fece una smorfia al solo
pensiero.
«In
realtà è proprio così, e non ve ne
pentirete. Arthur, fidatevi di me.»
«Non
se ne parla, io lì sopra non ci salgo! Non è mica
un cavallo, razza di idiota, è un drago!»
«E
voi siete o non siete un cavaliere?»
«Io
non cavalco draghi!»
Arthur
sembrava vagamente isterico ma Merlin non demorse.
«C'è
sempre una prima volta, no?»
Il
verso che produsse Arthur fu un mix tra sconvolgimento, sorpresa e
obiezione.
Ma
prima che potesse estrarre nuovamente la spada, fuggire o rispondere
qualcosa, Kilgarrah l'aveva di nuovo avvolto con la cosa, questa volta
al petto e sollevato da terra.
«Uoooo-ooh,
e adesso basta!» Arthur si aggrappò alle scaglie
sulla coda, con i piedi che penzolavano nel vuoto e si agitavano alla
ricerca di un sostegno.
«E'
diventato un vizio?» Merlin interrogò il drago, il
cui dorso vibrò sotto le sue gambe, scosso da una risata
sorda.
«Non
avrebbe mai avuto l'orgoglio di farlo da solo.»
«O
il coraggio.» lo corresse Merlin ignorando bellamente che il
soggetto di cui stavano amabilmente discutendo era a una spanna da lui.
Arthur
-prima troppo attento a cercare di non cadere o bestemmiare alla volta
del grande testone del drago- all'improvviso risvegliò la
propria attenzione e lanciò a Merlin uno sguardo di fuoco.
«Mi
stai dando del codardo?»
«Non
potrei mai, maestà.»
«Io
non sono un codardo, e avrei benissimo potuto salire su questo bestione
da solo, senza l'aiuto di nessuno!»
Kilgarrah,
che stava giusto per deporlo sul proprio dorso, si bloccò di
colpo, a mezz'aria, vagamente offeso. «Ah sì?
Vediamo se è come dici.»
Lo
lasciò andare all'improvviso e ad Arthur mancò il
fiato, mentre percorreva in caduta libera l'ultimo metro che lo
separava dalla schiena squamosa del rettile.
Scivolò
di lato ma riuscì in tempo ad aggrapparsi ad una scaglia,
poi coi piedi trovò un pertugio tra le squame e
provò ad issarsi su.
Merlin
si incantò a fissare i muscoli delle braccia che si erano
gonfiati per lo sforzo, con le gocce di sudore che impertinenti
rotolavano giù fino alla piega del gomit--- si riscosse,
arrossendo di colpo, e cercando di scacciare la visione.
Arthur,
il volto contratto dalla fatica, allungò una mano fino ad
avvolgere la schiena del drago, e provò a sollevare un piede
per mettersi a cavalcioni ma Kilgarrah rise tra i denti aguzzi e
dispiegò le ali, proiettando ombra sui due ragazzi.
Merlin,
che si era sporto appena, allungandosi per aiutare l'amico ad
arrampicarsi, si accorse troppo tardi delle intenzioni del drago che
-in risposta all'urletto eccitato di Aithusa-, fece pressione con le
zampe e spiccò il volo, frustando l'aria con la coda.
Il
movimento di quest'ultima fece sbalzare Arthur in avanti proprio... tra
le braccia di Merlin.
«Kill!»
lo rimproverò il servo, riuscendo a stento a rimanere
incollato alla scaglia con una mano. Arthur si rialzò a
fatica, ritrovandosi ad un centimetro dalla sua faccia.
«Sicuro
che Kill non stia per Killer?» domandò, irritato.
Merlin
arrossì, perdendosi nei suoi occhi, ed era così
intento ad assaporare il suo profumo che non colse subito la domanda.
«Eh...
ehm...» balbettò quando comprese il senso delle
parole, incespicando con la lingua. «Non lo so...
cioè no, non penso che...»
«Potrei
offendermi.» completò per lui Kilgarrah,
continuando a battere le ali regolarmente.
In
quell'istante -e forse anche perché l'aria gli frustava
piacevolmente i capelli e i vestiti- Merlin si rese conto del fatto
che... sì, accidenti, stavano volando!
[Scusate
se mi inserisco durante la lettura ma... vi invito ad ascoltare questa
musica da qui in poi. Io l'ho fatta partire ripetutamente per scrivere
questa scena e davvero, rende dieci volte meglio che senza :3 http://www.youtube.com/watch?v=nyrC8R_whCU]
Guardandosi
intorno vide le creste degli alberi che scorrevano ai fianchi di
Kilgarrah come fiumi di foglie, e poi scomparvero anch'essi, sostituiti
da due sentieri di cielo azzurro.
Con
un urlo liberatorio Merlin si aggrappò con entrambe le mani
alla scaglia a forma di corno, solo dopo essersi assicurato che anche
Arthur avesse fatto lo stesso con quella successiva.
Con
un sorriso grande quanto una casa si voltò a guardare il suo
viso stravolto.
«Sire,
guardate!» la sua risata si disperse nell'aria, mentre anche
Aithusa appariva al fianco di Kilgarrah, volteggiando e ruotando su se
stessa, come un fuoco d'artificio.
Aithusa
li notò e interruppe i suoi giochi d'abilità,
allargando le alucce bianche e mostrando la chiostra di dentini
bianchissimi -più del suo manto- in un gorgoglio estasiato.
Arthur
si perse a fissarla, accucciato e terrorizzato contro la scaglia, le
ginocchia strette quasi convulsamente attorno ai fianchi del dragone,
tanto che Merlin fu sicuro di averlo sentito lamentarsi.
«Va
tutto bene, non cadrete.» lo rassicurò Merlin
incapace di smettere di ridere.
Era
così felice!
E
cavalcare su un drago era sempre un'emozione grandissima... per di
più, con Arthur al fianco era semplicemente perfetta.
«Questo
lo dici tu!» sputò Arthur a stento, mentre il
vento gli scompigliava i capelli come una carezza decisa.
«Kil
non vi lascerà cadere.» gli confidò,
più dolcemente, abbozzando un sorriso sincero -di quelli che
sicuramente l'asino avrebbe colto, a dispetto del suo essere un totale
ed inguaribile somaro- «Io non lo permetterei.»
Arthur
continuò ad osservarlo, perseguendo a tacere, e riducendo le
labbra ad una linea sottile.
Ma
Merlin fu sicuro, nel profondo, che fosse un po' più
tranquillo, adesso.
Il
battito regolare delle ali di Kilgarrah era come un balsamo
rassicurante per le sue orecchie, e il modo in cui planava nel cielo,
ed evitava nuvole ed uccelli spaventati, era semplicemente qualcosa di
indescrivibile a parole.
Ad
un certo punto, trascinato dal momento Merlin lasciò andare
la cresta, stringendo le ginocchia attorno ai fianchi di Kilgarrah
-consapevole che poi avrebbe avuto le piaghe dolenti per giorni, ma che
importava?- e allargò le braccia, cacciando fuori dalle
labbra un urlo di pura felicità, come la prima volta che era
salito sul dorso di Kilgarrah.
«Merlin!»
lo sgridò Arthur, preoccupato, ma Merlin non si fece
contagiare dalla sua paura e anzi lanciò un secondo urlo.
«Non
cadrò, sire, non preoccupatevi!»
«Non
puoi saperlo.»
«Siete
seriamente in pensiero per me?» Merlin ritirò le
braccia -più per accontentarlo che per mera
necessità- scoccandogli un'occhiata con la coda dell'occhio.
Arthur
distolse lo sguardo, imbarazzato.
«No,
ma un servo idiota come te è difficile da trovare, al giorno
d'oggi.»
Merlin
si limitò a sorridere, felice.
Aveva
ormai capito che quello era il modo di Arthur di dirgli che ci teneva a
lui.
In
un modo personalissimo, asinino e ben poco gentile, ma non l'avrebbe
cambiato con nessun altro.
Anzi,
era anche grato al fatto che il babbeo non avesse iniziato a stonargli
le orecchie elencandogli i rischi del volo, dei draghi e del cielo, i
doveri di un re, le preoccupazioni che qualcuno avrebbe potuto
vederli... niente di niente.
Merlin
meditò che forse Arthur era troppo sconcertato per aprire
bocca, ma poi qualcos'altro attirò la sua attenzione,
discostandolo da quelle domande senza risposta.
Lì,
all'orizzonte, oltre la cappa di vaporose e candide nubi che stavano
attraversando, le creste merlate del castello di Camelot, con gli
stendardi che garrivano al vento e il sole che donava ai
doccioni una luce rasserenante, si ergeva in tutta la sua
maestosità.
«Sire,
guardate!» lo chiamò, e quando Arthur
alzò lo sguardo e seguì la traiettoria del suo
indice, i suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si dischiusero, al
colmo dell'ammirazione.
«E'
Camelot!» sibilò, incapace di alzare il tono della
voce, tanto era la sua emozione. Merlin fu sicuro di vederlo sorridere,
con gli occhi lucidi e commossi, ma non fu in grado di indagare oltre a
riguardo perché Kilgarrah, con un vigoroso battito d'ali, si
buttò a capofitto verso il castello, in picchiata.
Merlin
e Arthur urlarono, colti di sorpresa, ma per motivi diversi: Merlin
dalla gioia, Arthur dal terrore.
Aithusa
non si accorse subito del cambiamento di rotta, e quando ciò
avvenne si affrettò ad emulare lo zio.
Proprio
quando Merlin pensò che fossero troppo vicini alle creste
del castello e le loro bandiere -vicini abbastanza perché
qualcuno, alzando gli occhi, avesse potuto vederli-, Kilgarrah distese
le ali in tutta la loro estensione (fibre carnose dalle quali filtrava
pallida la luce del sole) e planò.
Merlin
e Arthur vennero trascinati dolcemente all'indietro dal movimento, ma
questa volta non temettero nemmeno di scivolare giù dal
dorso del lucertolone.
Quando
la manovra fu conclusa Arthur lanciò un sospiro di sollievo.
Poi,
nel momento in cui Kilgharrah riprese a fustigare il vento con le ali,
Arthur si affacciò di lato, attento a non sporgersi troppo.
«La
città bassa!» esclamò con enfasi, con
gli occhi che percorrevano febbrili i tetti dei negozi del mercato e
delle case, come se cercasse di catturarne ogni minimo dettaglio.
«E
i cancelli!» si unì Merlin con lo stesso tono,
indicandoli.
«E
la cittadella» elencò Arthur come un bambino che
rincorre una farfalla «E il cortile, e guarda, lì
c'è la taverna!»
«E'
vero, chissà se Gwaine non l'ha già
raggiunta.» rise Merlin al pensiero e Arthur si
unì a lui.
Pura
e semplice, quella risata.
Così...
sincera.
Merlin
non ebbe tempo di sorprendersi, perché la sua visuale venne
occupata da un affusolato corpicino bianco, che si avvitò su
se stesso con gli occhietti vispi e ridenti.
«Aithusa!»
la chiamò, non riuscendo a contenere la felicità
che lo invadeva al momento.
Il
draghetto bianco volò attorno a Kilgarrah e perfino il
grosso lucertole si unì alla gioia collettiva, con una
roboante risata gutturale proveniente dal fondo della gola, che gli
fece fremere i fianchi come in un terremoto.
Arthur
contemplava il paesaggio che si inseguiva molti metri sotto di loro,
innamorato di quella visione e Merlin faceva lo stesso... col volto del
suo signore.
Vederlo
così felice e sereno gli scaldava il cuore.
Da
quando era diventato Re Arthur era maturato, e aveva avuto ben poco
tempo per rilassarsi.
Doveri,
doveri e ancora doveri.
Uther
aveva portato con sé nella tomba anche la sua
felicità.
Ma
adesso era lì, il suo migliore amico, il suo signore, il re
di Camelot e in futuro, anche di Albion.
Era
lì e stava ridendo.
Era
lì e non pensava a niente.
Arthur,
probabilmente attirato dal suo sguardo insistente, alzò gli
occhi su di lui e il suo sorriso si allargò.
«Grazie,
Merlin.» disse, colpito, mostrando ancora una volta quel lato
gentile che Merlin tanto amava.
Il
servo annuì, sentendosi completo.
«E
di che, prima eravate così riluttante!»
«Non
pensavo che potesse...» Arthur lasciò vagare lo
sguardo intorno, tra le nuvole, ma le parole gli morirono in gola di
fronte alla bellezza della natura. «Solo questo: Grazie. E'
il più bel regalo che potessi farmi... il migliore che abbia
mai ricevuto.»
Merlin
sollevò gli angoli della bocca, senza staccare gli occhi da
lui.
«E
pensate, non è nemmeno il vostro compleanno»
rispose agitando un dito accusatore, ma poi tutto venne smorzato da una
risata.
«Smettetela
di fare i piccioncini, voi due, lassù, che non ho intenzione
di morire di diabete.» borbottò Kilgarrah
decisamente divertito, virando all'improvviso.
Il
colpo fece sbalzare di nuovo Merlin dalla cresta.
Si
tuffarono in una nuvola frizzante e morbida, e quando ne riemersero
Merlin si accorse di aver qualcosa attaccato alle labbra.
Spalancò
gli occhi e incontrò quelli di Arthur.
Si
discostò con uno schioppo, trattenendo il respiro, le guance
più rosse di un pomodoro maturo.
Kilgarrah!
Lo rimproverò mentalmente, mentre Arthur ammiccava, senza
capire ancora cosa fosse successo.
Accidenti!
continuò a lamentarsi Merlin mentre riprendeva possesso del
suo posto vicino alla grande scaglia a forma di corno, mettendo tra
sé e il babbeo più distanza possibile.
Era
la seconda volta in dodici ore che, a causa di un drago, si ritrovava a
ba.... ba... baciare il somaro!
Arrossì
fino alla punta dei capelli, le orecchie che bruciavano, e
incassò il volto nelle spalle, per nascondere l'imbarazzo e
il disagio.
Al
momento si sarebbe volentieri lasciato scivolare giù dalla
schiena del drago.
Scoccò
all'asino un'occhiata in tralice e lo vide continuare a grattarsi la
guancia, confuso.
Sospirò
di sollievo: fortuna che fosse così asino!
Anche
se... aveva un buon sapo--no, Merlin, basta!
Uncle's POV
Kilgarrah rise silenziosamente, senza interrompere il monotono battito delle ali, che scandiva il tempo ad intervalli regolari.
Il giovane mago aveva con sé un grande potere, un destino eroico e una forza di volontà invidiabile.
Eppure, in fondo al cuore, era un essere umano come il Re e come tutti gli altri Senza Ali.
Anche lui aveva
dei sentimenti... e il vecchio Kil aveva capito da subito che tra lui e
Arthur non sarebbe intercorso solo il filo rosso del destino ad unire i
loro mignoli.
No... c'era di
più. Qualcosa di più potente, qualcosa di accecante e
indissolubile nel tempo, qualcosa di totalizzante e potenzialmente
distruttivo. Naturalmente, quando quattro anni prima si erano
incontrati Kil non poteva immaginare come il rapporto si sarebbe potuto
evolvere da semplice sogno scolpito nella nebbia del tempo -e delle
profezie- a tangibile realtà.
A quel tempo,
durante il loro primo incontro, Kil non avrebbe certo potuto rivelare
tutta la verità. Certe considerazioni era necessario che
rimanessero taciute, per evitare che il destino non si ripetesse. Esso
doveva procedere con cura, passo dopo passo, senza fretta, come i
mattoni di un casa, posti ad incastro l'uno sopra l'altro.
Se anche uno di questi fosse stato tolto, tutta la struttura sarebbe crollata.
Kilgarrah non poteva permetterlo.
Se era vero che era un drago, non l'avrebbe permesso.
Non avrebbe
potuto rivelare al giovane mago che il principe Arthur, oltre che il
suo destino, si sarebbe tramutato nel suo chiodo fisso, il suo pensiero
continuo e perché no, anche la sua unica ragione di vita.
Non poteva fargli
notare che la sua devozione andava al di là del significato
proprio del termine. Non poteva certo spiegargli che quel sentimento si
chiamava Amore.
Il giovane mago era già molto saggio... Kil non dubitava che l'avrebbe capito presto.
O forse no?
Il giovane mago era saggio sì, ma anche profondamente testardo. Per non parlare del Re-orgoglio-Pendragon.
Kil scosse la
testa, ridacchiando al pensiero dei due giovani uomini e alla loro imbarazzata confusione sopra la sua schiena ricca di scaglie.
Solo il tempo avrebbe potuto concedere delle risposte. Per quanto lo riguardava, lui aveva concluso il suo compito di precettore già da tempo.
*
Aithusa's POV
Aithusa,
con un'altra manciata di battiti d'ali, superò un venditore
ambulante, il quale si discostò tanto in fretta che
rischiò di rovinare a terra, trascinato dal peso della cassa
piena di mele che stava trasportando.
Il
draghetto bianco come la neve virò per sfuggire dalla presa
di una donnina incallita, poi si levò più in
alto, fino a raggiungere le vetrate di quella che suo zio chiamava
"sala del trono".
Allungò
il collo per guardarvi all'interno, oltre le vetrate che avevano
decisamente visto giorni migliori, e scoprì tanti draghi,
tutti lustri e profumati, ritti in piedi a fissare qualcosa... o
meglio, qualcuno.
Aithusa
seguì la traiettoria del loro sguardo e scoprì
suo padre, lì, con una pelliccia color sangue e lo sguardo
fiero di un drago.
Aithusa
si sentì fiera di lui e rullò le ali, eccitata,
emettendo uno strilletto acuto, che suo zio avrebbe definito infantile.
Ma a
lei non interessava nemmeno di essere scoperta... del resto quei draghi
senza coda sia dentro le mura che fuori sembravano non prestarle
minimamente attenzione, tutti concentrati sulle loro faccende o su suo
padre, che mostrava il petto liscio coperto da pelli.
Sulla
testa arruffata faceva sfoggio di sé una strana cosa tutta
brillante e appuntita... com'è che l'aveva chiamata zio Kil?
Corana...
corolla... ah no, giusto, corona.
Cosa
fosse Aithusa non ne aveva idea, ma il paziente lucertolone le aveva
spiegato che per i draghi senza coda era un simbolo di potere.
Il
suo paparino era quindi come il capo branco dei Senza Ali, ma... al suo
fianco non vi era la mamma.
Vi
era un drago femmina, con un vello scuro in testa... sì, era
la stessa pelliccia di lana delle pecore che lei e lo zio tante volte
avevano divorato a pranzo.
E
anche lei indossava il simbolo del potere.
Aithusa
si agitò, soffiando minacce in direzione della creatura, poi
con gli occhietti passò in rassegna il gruppo nutrito di
Senza Ali, alla ricerca di sua mamma, e la trovò... il suo
sguardo azzurrino era così triste che Aithusa avrebbe voluto
sfondare il vetro e accoccolarsi tra le sue braccia, per farla sentire
meno sola.
Ma
sapeva che Merlin non l'avrebbe mai perdonata... e nemmeno Arthur.
Non
capiva cosa stesse succedendo... se mamma Merlin amava papà
e papà ricambiava, perché Arthur stava rendendo
un altro drago capo-branco al suo fianco?
Aithusa
continuò a rumoreggiare dietro la finestra, agitando le ali
e lanciando acuti stridii che avrebbero potuto far esplodere il vetro
in grappoli di cocci.
Ma
sua madre non alzò lo sguardo, e nemmeno suo padre.
O la
dragonessa con la pecora in testa.
Nessuno
le diede conto, nessuno si accorse della sua presenza.
Infuriata
sopra ogni limite contro la dragonessa col simbolo del potere al fianco
di suo padre, e triste per il volto affranto di mamma Merlin, Aithusa
si staccò dal vetro con un frullio di ali e, col sole che
giocava con la membrana della tenera pelle, proiettando un'ombra
deformata sul muro di marmo, virò su se stessa e si
allontanò veloce.
Se
fosse rimasta lì ancora avrebbe fatto irruzione nel castello
e divorato la dragonessa che aveva rubato papà a mamma,
sì... l'avrebbe fatto, e al diavolo le conseguenze.
Sempre
più inferocita Aithusa si defilò veloce, deviando
all'indirizzo della foresta, per nascondersi agli occhi curiosi della
gente.
Sotto
le fronde l'aria era più tiepida, ma al drago non
importò.
Continuò
a sprofondare tra le ombre, sempre più in
profondità nella selva, incurante dei ringhi dello zio nella
sua mente.
O
meglio, il ricordo di essi.
Era
sfuggita dalla protezione delle sue ali per vedere cosa stesse
succedendo in città.
Ormai
era cresciuta, aveva spiegato, ribellandosi alle assurde richieste di
Kilgarrah.
Lei
voleva vedere i suoi genitori... l'ultimo loro incontro risaliva ad un
paio di mesi prima, e quel volo era stato il suo più bel
ricordo... e invece, adesso, quella dragonessa con la pecora in testa
aveva rovinato tutto.
La
vita era crudele... suo zio gliel'aveva spiegato, ma lei non gli aveva
creduto.
La
vita era facile, bastava saper cogliere i momenti al volo, come le
prede... bastava serrare le mascelle attorno alla felicità,
carpirla coi denti e farla propria.
Kil
le aveva spiegato inutilmente che quei ragionamenti erano dettati dalla
sua giovinezza -adolescenza, l'aveva definita- ma Aithusa aveva
rifiutato di credervi.
E
così, distratta dai suoi pensieri, non si accorse subito dei
rumori provenienti dal retro di un cespuglio spinoso.
Aithusa
interruppe il suo volo, battendo furiosamente le ali per arrestarsi,
atterrò con delicatezza e precisione, e rizzò il
collo con tutti i nervi all'erta, attenta a non far rumore.
Silenziosa
come un'ombra sgusciò vicino al cespuglio e si
appiattì al suolo, riparata dall'ombra di una pietra.
Quando
affacciò lo sguardo al di là di essa scorse una
Senza Ali riversa sul terriccio, che sembrava... morta.
Aithusa
emise un suono sorpreso, inclinando la testolina bianca, poi si
acquattò di nuovo al suolo e strisciò fuori,
cauta, un passo dopo l'altro approssimandosi alla creatura Senza
Respiro.
Si
fermò a pochi passi e la annusò, confusa.
Respirava,
a stento, ma respirava... quindi era ancora viva.
Osservandone
il volto Aithusa credette di vedere una versione più
delicata del suo papà... era così simile a lui,
solo aveva la pelliccia scura sul capo... ed era una dragonessa.
La
voce di suo zio le rombò nuovamente in testa: le ordinava di
stare lontana dagli sconosciuti, perché potevano essere
pericolosi.
Ma
quella creatura era così pallida, così debole...
così indifesa!
Non
avrebbe potuto far male a nessuno e poi... Aithusa riusciva a percepire
una sorta di odio nella creatura Senza Ali.
Un
odio dimostrabile dal fatto che, tra le dita, stringeva una ciocca
scura.
Aithusa
annusò il ciuffo e scoprì che apparteneva alla
pecora in testa alla dragonessa capo-branco al fianco di suo padre.
Dunque
anche la dragonessa Senza Ali, come lei, odiava la capo-branco!
Con
un gorgoglio complice Aithusa zampettò fino al cospetto
della creatura e le soffiò in volto, per farla rinsavire.
Il
soffio dei draghi aveva un potere salvifico, le aveva raccontato suo
zio. In punto di morte, era l'unica cosa in grado di salvare qualcuno.
Così
non si sorprese più di tanto quando la creatura
aprì gli occhi -così verdi e grigi insieme,
così freddi ma al contempo così ricchi di
emozioni- e ammiccò in sua direzione, senza capire.
Aithusa
si erse sulle zampe inferiori e gorgogliò, soddisfatta,
inclinando la testa.
Aveva
una nuova amica!
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Eccomiii, questa
volta puntuale come un orologio svizzero... o quasi :3 Ho pensato che
ero già stata abbastanza cattiva con voi, con tutto quel
ritardo... e quindi eccomi qui, con l'ultimo capitolo di questa fic,
che inizialmente doveva essere solo una breve one-shot. Non so cosa
dire su questo capitolo, forse vi aspettavate un lieto fine? Beh...
volutamente ho lasciato le cose un po' in sospeso. Innanzitutto non ho
voluto approfondire troppo certe questioni, proprio perchè
l'atmosfera di questa fic è leggera, e se mi fossi messa a
sottolineare certe cose me ne sarei uscita col mio solito angst, e
almeno per questa ff volevo tenerlo alla larga v.v Inoltre... il finale
non poteva essere che questo. Del resto la quarta stagione finisce in
questo modo, non potevo andare fuori dalla timeline xD In ogni caso,
sappiatelo, non sono fan dell'Arwen (e come potrei?) e ho cercato di
dare una spiegazione allo strano comportamento di Aithusa dell'ultimo
capitolo o.o (cioè quando ha risvegliato Morgana ero tipo "Ma
che caz...?! O__O") e in fondo, il lieto fine c'è, in un certo
senso xD Morale della favola? Mamma Merlin e papà Arthur sono
innamorati l'uno dell'altro MA papà ha dovuto sposare Gwen. Ma
chissà... forse se nella quinta stagione Aithusa
comparirà nuovamente potrò tornare a rompervi le balle
col sequel di questa ff, anche per questo ho voluto lasciare il finale
in mano alla vostra immaginazione :)
Note: Come
promesso questo capitolo è molto più lungo del
precedente, ben 22 pagine, quindi mi auguro che ve le siate godute! ^^
Nel caso non si fosse capire la scena finale è ambientata nella
4x13 di Merlin, a mo' di spiegazione del comportamento di Aithusa. Ho
immaginato che i draghi, sebbene non fossero telepatici, riuscissero a
leggere le emozioni degli esseri umani -da questo spiegato
perché la nostra lucertolina bianca ha avvertito l'odio di
Morghy nei confronti di Gwen-. Il filo rosso del destino citato da zio
Kill è una leggenda giapponese, che lega due persone destinate a
stare insieme (tipo anime gemelle, in pratica >> colpa di
xxxholic delle CLAMP, sorry D:) Poi... sì, la tipa con la pecora
in testa è proprio lei, la vacca-Guinevieve, e la Senza Ali
moribonda ovviamente Morgana (ma questo l'avrete sicuramente capito xD)
e poi che dire... la scena del volo mi ha emozionato tanto,
specialmente ascoltando quella soundtrack che vi ho linkato. Buh, mi
da' un senso di pace, quanto vorrei che inserissero una cosa simile nel
telefilm <3 Ma ovviamente siete voi i miei giudici, quindi bando
alle ciance e aspetto i vostri pareri **
A
titolo informativo, il prossimo capitolo di Changing sarà presto
online, quindi ci risentiremo lì se volete leggere qualcos'altro
di mio :3 Non so... spero di avervi divertito con queste brevi chicche
che a me hanno divertito molto scrivendole, anche se sono pochi
capitoli, lo so. A voi la sentenza ^^ Ah, per altro... non so a chi
possa interessare ma ho fatto il mio primo video su Merlin, ecco il
link :3 = http://www.youtube.com/watch?v=eT6JMq0j8D4&feature=channel (Se qualcuno di voi fosse su Youtube e volesse aggiungermi, il mio account è Remyfan95 :D)
P.s_:
e giuro che è l'ultima cosa che vi dico! x°D Bbeeene,
riguardo a tutto la fic... come avrete notato oltre che ai POV dei
nostri eroi (essendo una Merthur ovviamente quelli di Merlin e Arthur
sono i più numerosi), ho provato a giocare anche coi pensieri di
altri personaggi, perchè mi piace analizzare personalità
diverse e farle interagire tra loro, naturalmente cercando di
mantenerli IC ^^ Quindi avete letto di Leon, e ho cercato di usare un
linguaggio piuttosto normale e forse un po' lamentoso come si confa ad
un personaggio come Leon che pure è poco descritto nel TF,
secondo me. Poi di Aithusa e perfino di Kilgarrah. Nel caso del
bestione ho cercato di utilizzare un linguaggio un po' più
adulto -anche nella scelta del lessico-, magari anche un po' criptico
-del resto stiamo parlando di LUI, che mai è stato chiaro col
nostro Merlin! x°D- e vagamente filosofico. E di Aithusa, ho
provato al contrario a ricercare un linguaggio più semplice,
diretto e diciamolo, anche un po' infantile v.v Non so, spero che la
differenza si sia notata... in caso contrario mi do' all'ippica!!
x°D Scherzo... v.v Ovviamente descrivere i pensieri dei
draghi è stato più difficile; specialmente di Aithusa,
che del mondo degli uomini sa poco e niente. Ergo mi appello a voi: che
ne pensate? Ecco ora ho concluso v.v
Per adesso, arrivederci alla prossima storia! =(°-°)=
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
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