CAPITOLO
3
“Il progetto dei
ragazzi”
“Così va bene! Il look
perfetto!”
il grande entusiasmo di Luhan era
dato da chili e chili di gel nei capelli, classici denti finti da vampiro
(fortemente consigliati per serate a tema horror o di Halloween), dei vestiti
con colore predominante il nero, occhiaie nere sotto gli occhi e, tocco di
classe finale, un rigagnolo di sangue disegnato che scende giù dal labbro
inferiore fino al mento.
Il suono del clacson di una
macchina riportò al duro mondo dei normali questo orrendo narciso.
“Sono gli altri!”.
Scese in un attimo le scale e,
aperta velocemente la porta, Benjamin salutò “Io vado mamma!”.
“Aspetta un attimo Benji!”
sembrava tutto troppo facile…
il ragazzo si bloccò di colpo e
si girò verso sua madre.
“Oddio Benji, ma in che stato di
sei ridotto?”fu il giudizio generale di lei verso il modo di presentarsi del
giovane.
“Te l’ho già spiegato altre volte
mamma, ora devo andare!” e detto questo sbatté violentemente la porta dietro di
sé.
Appena uscito si trovò davanti
una Ford, certo con qualche ammaccatura di troppo e non era certo un modello da
seguire per quanto riguarda la pulizia, ma per dove dovevano andare quella sera
andava più che bene. Al volante c’era ovviamente Bill.
Benji si sedette sul sedile
anteriore del passeggero, proprio accanto a Bill, dietro di sé aveva Kaufman,
Louis e Kramer, tutti presenti e pronti per l’avventura, senza dire una parola.
Poi si voltò d’improvviso esclamando “Siete pronti per il terroreeeee!”
digrignando bene la bocca per mostrare i canini finti e contraendo fortemente le
dita come gli artigli di un avvoltoio.
“Io Benji spero tu stia
scherzando…” tentò la via della ragione Louis.
“Ma no Benji! Cosa dirà la gente
se mi vede in giro con te conciato in quella maniera…” disse fingendo
disperazione Kaufman.
“Benji…sai che queste sono cose
che fanno i bambini quando sono molto piccoli” provò a spiegare all’amico
Kramer.
“Scusami, te che sei quello di
tutti noi che ci abita più vicino, potevi andarci a piedi all’Orbit!” concluse
Bill invitando in un certo senso il ragazzo ad uscire dalla macchina e lasciare
la loro compagnia.
“Andiamo ragazzi è venerdì sera:
la serata dell’Orbit!”
“Infatti! E gradirei non finire
in prigione per “abbigliamento osceno in luogo pubblico”…” disse sarcastico il
pilota della comitiva.
“A proposito…questa macchina?”
chiese Benjamin indicando un po’ tutto l’abitacolo con un movimento circolare
della mano con l’indice tirato in su.
Bill, dopo averlo squadrato con
uno sguardo che chiedeva più rispetto della privacy, si concesse di rispondergli
“L’ho avuta in prestito”.
“E tu ti preoccupi di finire
dentro per il mio abbigliamento…”.
detto questo la macchina partì
velocemente verso la propria meta, con il proprio abitacolo piovuto nel più
totale silenzio, evitando di discutere nuovamente riguardo la provenienza del
veicolo.
Il traffico era particolarmente
pesante quella sera e ci volle non meno di mezz’ora per arrivare a destinazione.
Destinazione che venne immediatamente identificata grazie al suo personale
simbolo: Il Saturno dell’Orbit!
Si trattava in pratica di una
riproduzione, ovviamente in scala alquanto ridotta, del sesto pianeta del
sistema solare, che faceva da faro a tutte quelle anime perse che cercavano una
serata speciale che solo i drive-in ti sanno donare. Anche gli stessi ragazzi
rimasero rapiti dalla visione della sfera azzurra e dalla suo anello argenteo,
che gli girava tutto attorno parallelamente al proprio equatore.
Quasi al termine della fila per
l’ingresso si presentava, splendente, l’insegna luminosa con sopra indicato il
programma della nottata che prevedeva: “Ho fatto a pezzi la mamma”, “La casa”,
“La notte dei morti viventi”, “Utensili per l’omicidio” e “Non aprite quella
porta”.
Dopo aver espletato i protocolli
ufficiali per la visione legale di queste opera nella struttura, i nostri
entrarono finalmente in questo mondo parallelo che era l’Orbit. Tutte le più
rappresentative e strambe creature del folklore americano erano riunite dentro
il drive-in. Furono avvistati dai cinque ragazzi dentro la macchina scassata:
Punk, hippies (usciti direttamente da “Hair”), confraternite universitarie,
cowboys e rispettive cowgirls, giovani coppie di amanti (alcuni nell’atto di
scaricare le proprie pulsioni sessuali), esseri umani travestiti da vari
personaggi horror (con Luhan che guardò con inspiegabile superiorità i suoi
compagni), cani e gatti (o comunque figure che ricordavano animali quadrupedi)
ma soprattutto ragazze in bikini!
“Hai visto culetto d’oro lì?”
chiese Bill ad un non meglio precisato membro della comitiva, accompagnando il
tutto con un movimento indicativo del capo.
“Quale????” chiesero quasi in
coro gli altri mentre cercavano, prostrandosi più avanti possibile,
d’identificare il soggetto della domanda di prima, che altro non era che una
splendida ragazza con indosso un succinto bikini dorato (ecco perché culetto
“d’oro”).
Ormai i posti migliori erano
tutti presi ed i giovani si dovettero accontentare della parte centrale di una
delle ultime file.
“Chi va a rimediare un po’ di
cibarie?” domandò Louis appena la macchina terminò il suo spostamento ed al
motore fu dato un po’ di riposo.
“Io!” si propose immediatamente
Bob Kaufman alzando rapidamente la mano destra. Fiero come non mai di potersi
occupare di questo gravoso compito.
“Vengo anch’io” aggiunse
Benjamin.
“Oh no ti prego Benji…” si fece
subito supplichevole Kaufman.
“Andiamo Bob! Hai visto che gente
c’è a giro in questo posto! Chi vuoi che si accorga di me?” cercò Luhan di
arginare le paure dell’amico riguardanti possibili discriminazioni per l’abito
“a tema” che lui stesso indossava quella sera. Quindi, con Bob ancora mugolante
di proteste, i due scesero dal veicolo diretti al chiosco dei viveri.
La scorta che i due ragazzi
portarono con loro alla macchina era composta principalmente di coche e
sanguecorn (popcorn con l’aggiunta di colorante rosso per cibi versato sopra)
appena in tempo per l’inizio della prima pellicola: “Ho fatto a pezzi la
mamma”.
Che dire…il classico B-movie che
i ragazzi guardarono con il dovuto interesse, tra risate, esclamazioni di
partecipazione nei classici “bus” (momenti da balzo garantito sulla poltrona) ed
anche sbadigli.
Secondo film: “Utensili per
l’omicidio”.
È da qui che le cose cambiarono
per sempre.
Tutto ebbe inizio con
l’attenzione di Kaufman che, tra una manciata di sanguecorn sgranocchiata e
l’altra, venne rapita dal lucido riflesso che la luce emessa dallo schermo aveva
sulla dentatura di Luhan. Grazie anche ad una scena particolarmente luminosa
della pellicola in visione, Bob si accorse subito che il canino di Benjamin
aveva una lunghezza inumana.
“Benji ma non mangeresti meglio
se ti togliessi quegli stupidi denti finti da vampiro?” consigliò sarcastico il
ragazzo soprappeso all’amico.
“Ma che diavolo dici Bob? Certo
che me li sono tolti! Guarda sono lì sul cruscotto…” gli rispose seccato
Benjamin, indicandogli con il dito la protesi dentaria di gomma e cercando di
riprendere la concentrazione necessaria per il grande schermo. Ma prima lanciò
un occhiataccia di sfida al compagno, occhiataccia che si trasformò subito in
stupore.
“Ehi Bob, che cos’hai lì sul
collo?” domandò molto sorpreso il ragazzo.
La strana vicenda tra Luhan e
Kaufman non interessava minimamente gli altri 3 membri della compagnia, anzi
ognuno aveva la sua personale vicenda da chiarire…
“Uff…ma in questa macchina non
c’è l’aria condizionata? Sto morendo dal caldo!” chiese un estremamente sudato
Louis.
“Ma con cosa mi sono pulito la
bocca?” s’interrogava Kramer.
“State zitti! Va bene che in
questo momento l’importante è guardare e non ascoltare, ma così mi fate perdere
la concentrazione sulla trama del film…” con queste parole Bill commentò mentre
una giovane signora, prossima vittima della pellicola, si stava facendo una
doccia, ed intanto con la mano si apprestava a raccogliere una nuova manciata di
sanguecorn.
“Oddio Bill la tua mano!” esclamò
ancora più inorridito Benji.
E gli altri quattro puntarono il
loro campo visivo sulla suddetta mano. La spiegazione scientifica dell’accaduto
al momento latitava dalle menti dei giovani ma non vi erano dubbi: La mano di
Bill era palmata! Gli archi di carne tra un dito e l’altro si erano talmente
alzati che terminavano solamente alle rispettive falangette di entrambe
l’estremità degli arti. E non solo, era cambiato anche il colore dell’arto: Da
un classico rosa chiaro si era passati ad un tenue azzurro mare.
Ora era lampante l’unico piano da
attuare: FUGA GENERALE!
Tutti e cinque i componenti della
compagnia abbandonarono l’autovettura, nella speranza di mettere in pausa e
ricaricare lo strano videogame che si era appena sostituito alla loro vita. Lo
stesso Kaufman, che si trovava nei sedili posteriori tra Chambers e Kramer,
nell’attuare la fuga attese, già urlante, l’apertura dello sportello laterale e
l’uscita da parte del suo omonimo per poi dare il via ad una corsa sfrenata, che
già dopo i primi tre metri gli aveva procurato un enorme fiatone.
Louis, nonostante fosse il meno
emotivo della gang, non sapeva come spiegarsi l’accaduto. Tutti i suoi amici
erano morfologicamente cambiati e lui stesso stava radicalmente cambiando. Il
suo corpo si stava sempre più riempiendo di lunghi peli scuri, come in una
pubertà a velocità estrema, ed inoltre sentiva svilupparsi nel suo corpo muscoli
che non credeva nemmeno di avere.
Ormai nel pieno del panico, si
avvicinò ad una Ford familiare che presentava al suo interno una delle famiglie
più obese che si fossero mai viste sul pianeta terra. Il padre era obeso, con
classica camiciola hawaiana di contorno, sua moglie era obesa e pure i due figli
che stavano seduti dietro erano obesi. Louis si trovò a leccarsi le labbra al
solo pensiero dell’enorme quantità di grasso che aveva davanti ai suoi
occhi.
“Mi scusi signore ho bisogno di
aiuto!” urlò appoggiandosi al vetro dello sportello del guidatore.
Il capofamiglia sobbalzò, tanto era preso
dalle vicende che si susseguivano sul grande schermo, per poi girò il suo
flaccido triplo mento verso il ragazzo. I suoi occhi si spalancarono così tanto
da raggiungere quasi la rotondità perfetta, mentre assisteva all’allungamento
disumano del volto di Louis.
Con una velocità che
difficilmente sarebbe stata riconducibile ad un essere umano della sua stazza,
il tizio accese la macchina e sgommò via in preda al panico. Il fatto è che
l’uscita dal drive-in si trovava esattamente dietro alla sua precedente
posizione quindi, nell’effettuare la manovra d’inversione di marcia, sbatté e
fece cedere un palo adibito al reggere un altoparlante della struttura. Ma ciò
non lo demorse nel proseguire la sua ritirata strategica.
Ora si trovava con i fari ben
accesi e puntati verso l’uscita ma, a separare i due c’era l’ormai inquietante
presenza di Louis Chambers. L’autista fece rombare il motore un attimo per poi
accelerare a manetta verso il giovane.
Per Louis potevano essere gli
ultimi secondi di una vita fino ad allora ordinaria, se non che fosse tornata in
lui la capacità di ragionare che lo contraddistingueva anche nelle situazioni
emotivamente più complesse. In più sentiva i muscoli del suo corpo scoppiare
sotto i suoi vestiti, e questo gli dava anche la sicurezza che poteva pienamente
affidarsi a loro.
L’auto si trovava ormai a pochi
centimetri dall’impatto quando il ragazzo s’inginocchio quasi per poi,
rapidamente, spiccare un salto verso il cielo tempestato di stelle lucenti. La
macchina, nonostante fosse un modello station wagon, non fu nemmeno sfiorata
dalla suola delle scarpe del ragazzo. Louis era nel pieno della sua forma da
licantropo.
Bob Kramer era di certo il più
impressionabile del gruppo, e vedere il suo corpo completamente ricoperto di
vecchie bende non lo poteva di certo far sentire tranquillo e rilassato. Nel
verificare quanto in lui era cambiato, si era tolto tutto il vestiario che
indossava quella notte, scivolando goffamente per terra nel togliersi prima le
scarpe e poi i pantaloni. Forse solo le mutande gli erano rimasto, ovviamente
coperte da almeno tre strati di bende ammuffite.
“Ehi amico c’è qualche problema?”
qualcuno stava attirando la sua attenzione mentre riprendeva la posizione
eretta.
Davanti a lui si parava un
rettile simil-Godzilla, alto due metri e che teneva anch’esso una perfetta
posizione su due zampe.
“Oh mio dio è successo anche a te
allora!” constato sul limite delle lacrime il ragazzo bendato.
“Cosa? Ah scusami con questo
catamarano addosso non riesco a sentire nulla!” disse la creatura mentre con la
zampa si tastava con insistenza il suo possente collo.
Finché trovò quello che cercava.
Con l’unghia nera di una delle sue dita arpionò una cerniera lampo che
rapidamente, sotto la guida sempre del dinosauro, fece il giro del suddetto
collo per poi, infine, far cadere di netto la testa del povero animale.
Lì per lì Bob rimase
terribilmente scosso dall’accaduto finché non notò che, dalla metà del collo
rimasta attaccata al corpo, spuntava una nuova testa, questa volta umana, di un
ragazzo a prima vista poco più grande di lui, con la pelle del viso tutta rossa
dal caldo che si era venuto a creare dentro quel costume e dagli occhiali
appannati per lo stesso motivo.
“Cazzo amico bel costume! L’hai
fatto te da solo? Queste bende sembrano davvero vecchie di migliaia d’anni! Ma
sei un cosplayer anche te?” il nuovo arrivato colpì a raffica con le domande il
nostro povero Bob.
“No ti prego stammi lontano! Non
è come pensi te…” cercò di defilarsi Kramer.
Ma l’altro gli fu nuovamente
addosso “Ma ti conosco? Chi sei…Frank? Oppure Robert? Non credo tu sia una
ragazza perché non intravedo due belle tette sotto quelle bende…”.
“No, ti giuro, non sono chi tu
dici e, anzi, ora come ora preferirei essere lasciato da solo, grazie” provò a
liberarsi della strenua marcatura dell’altro.
“Eh dai amico dimmi come ti
chiami? In fondo mi sono smascherato prima io ed ora tocca a te!” insisteva con
ignoranza l’avversario.
“Mi chiamo Bob e non ho tempo da
perdere con te!” sbottò finalmente Kramer.
“Dai fammi vedere la tua faccia!”
ordinò con una punta acida nella voce l’altro che gli fu subito addosso con le
mani nel suo viso.
“No fermo!” lo supplicò Bob, che
in queste situazioni non sapeva mai come reagire e finiva col farsi malmenare da
chi lo aggrediva. Sempre più timoroso di quello che lo sconosciuto poteva vedere
sotto la sua bendatura.
Con le mani libere dai
particolari guanti a forma di arti rettili, il ragazzo con gli occhiali riuscì
ad infilare alcune dita tra più bende e, una volta infilateci entrambe le mani,
tirò con una mano verso il basso e con l’altra verso l’alto. Parte del volto si
era finalmente scoperto.
Il cambiamento dell’espressione
facciale fu repentino: Dal ghigno perfido accompagnato da occhi semichiusi con
medesimo valore negativo, si passò ad occhi e bocca spalancati nel pieno del
terrore. Dopo ciò il ragazzo emise un acutissimo urlo in pieno falsetto, prima
di crollare a terra svenuto dalla forte emozione.
Bob Kramer aveva infine
realizzato un suo desiderio, ora anche lui faceva parte della storia antica
egizia. Solo che si trattava della parte finale della storia riguardante i
grandi faraoni egizi. Le sue erano le vesti di una sacra mummia.
“Merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…”
era questo, fedelmente trascritto parola per parola, il dialogo che, dopo la
fuga dalla sua macchina, era fuoriuscito dalle fauci di Bill.
“Che cazzo mi sta
succedendo? Saranno stati quegli
schifosi sanguecorn? E quel bastardo di Kaufman che ne ha presa una dozzina di
pacchetti…o magari ho preso qualche fungo nell’ultimo college dove ho fatto la
doccia…” pensava ad alta voce il più grande del gruppo, cercando di comprendere
il motivo per cui il suo corpo si stava trasformando in qualcosa che di umano
aveva ben poco.
Intanto continuava a guardarsi le
mani, che ormai ricordavano molto più qualcosa di marino invece che qualcosa di
umano. Inoltre il suo respiro era più affannoso, al ragazzo sembrava quasi di
stare respirando dal collo. Mentre tutti i suoi abiti erano estremamente umidi,
anzi addirittura bagnati fradici, e ciò, a quanto riusciva ad intuire, era dato
proprio dallo stato attuale del suo corpo. Infine gli facevano un gran male i
piedi, che sembravano sfondare le sue scarpe nere.
Nel continuo del suo vagare ai
limiti del drive-in riconobbe immediatamente una figura che proprio quella notte
aveva imparato a riconoscere all’istante. Si trattava di “Culetto d’Oro”.
Ma, dopo un breve piacere visivo,
Bill si stupì di provare tale piacere, non tanto per il sensuale fisico della
giovane donna, ma per ciò che ella teneva nella sua mano sinistra. Si trattava
per la precisione di un bicchierone di carta coperto da un tappo in plastica e
cannuccia di una non meglio precisata bibita, quasi sicuramente analcolica.
Quanto desiderava quel bicchiere.
E non tanto per un bisogno naturale di sete ma piuttosto era la sua stessa pelle
a richiederlo, visto il largo consumo di liquidi che aveva fatto traspirare
negli ultimi minuti.
La questione ora era come fare
per avere quel cimelio tanto ambito dal corpo di Bill…
Dopo qualche attimo di
ragionamento, quest’ultimo optò per una richiesta diretta.
Si avvicinò furtivamente alla
bionda e le mise le mani palmate sopra i suoi occhi leggermente truccati.
“Ciao tesoro, che stai bevendo di
così gustoso?” gli sussurrò all’orecchio Bill.
Lei, lì per lì sorpresa da questo
approccio, poco dopo gli rispose con un dolce sorriso. “È Oransoda amore, ne
vuoi un po’?”.
“Volentieri angelo mio! Ti secca
se ti prendo tutto il bicchiere?” si azzardò a chiederle lui.
“Beh a dir la verità un pochino
sì amore. Sai stanotte ho un gran caldo e sono tutta sudata…” gli rispose la
ragazza mettendo un po’ di malizia nell’ultima parte della risposta.
“A chi lo dici…” disse Bill con
tutto un altro tipo di pensiero in testa.
“E va bene cucciolo tieni!
Goditela tutta! Ma dopo me ne offri un’altra ok?” si arrese alla fine Culetto,
porgendogli la bibita.
“Certo stella come vuoi!” rispose
sbrigativo Bill che si aprì la parte superiore della camicia con una mano mentre
con l’altra strizzò forte il bicchiere, per far partire il cappuccio come un
proiettile e riversare lo schizzo di aranciata tutto sul suo petto.
Purtroppo, mentre Bill si godeva
quest’attimo di felicità assoluta, la ragazza, sorpresa dal lieve scoppio che
sentì provenire alle sue spalle, si girò di colpo.
Il corpo del ragazzo che si
trovava dietro di lei, non solo era di un colore tra il verde e l’azzurro che le
ricordava tanto i mari tipici delle regioni tropicali, ma era pure ricoperto di
viscide squame. In più il suo stesso viso non aveva niente di umano, con dei
buchi sul collo che ricordavano branchie. Infine le su scarpe erano quasi del
tutto sfondate rilevando al loro interno delle pinne più corte però rispetto a
quelle utilizzate dai palombari.
La giovane cacciò non solo un
acuto urlo di routine, ma emise anche il suo personale liquido urinale che da
sotto il perizoma dorato scese giù per le sue gambe snelle. Il fatto che fece
più inorridire Bill fu che, per il suo corpo cambiato, anche quello poteva
essere liquido utile per il suo benessere. Ma mentre pensava ciò la ragazza si
voltò e scappò via con le sue chiappette sode che sobbalzavano ad ogni sua
falcata.
Secondo voi dove un ragazzo come
Bob Kaufman, notoriamente assiduo peccatore di gola ed estremamente sovrappeso,
poteva trovare rifugio?
Era stato il rifugio provvisorio
più lampante nella sua testa, una volto accortosi del terribile mutamento dei
suoi amici, per concludere degnamente la sua fuga strategica: Il chiosco degli
alimenti.
Vi era entrato passando dalla
porta secondaria sul retro del negozio, quella di solito utilizzata solamente
per lo scarico e carico merci, ed ora stava lentamente riprendendo fiato.
Sentiva chiaramente che il suo ansimare per riprendersi dallo spavento e dalla
fatica non corrispondeva, ricordava piuttosto quello di una persona anziana, con
i polmoni che di aria ne avevano già inspirata ed espirata parecchia.
Un’altra cosa che lo sorprese
molto fu la totale assenza di sudore sul suo corpo. Lui che invece, dato l’alta
percentuale di grasso depositata su di esso, era solito produrne anche solo
stando fermo d’estate. In lui, come nei suoi amici, c’era qualcosa che
decisamente non andava. Quasi sicuramente sarebbe occorsa una cura e lui, per
quanto riguarda i suoi confronti, l’aveva decisamente trovata.
Barrette di cioccolato, con
dentro qualsiasi tipo di ripieno: Latte, nocciole, fondente, arancio, caffè
ecc…; patatine, di qualsiasi forma: La più classica, allungate, a pallina,
ondulate, triangolari ecc…; barrette di cioccolato e patatine insieme, con un
accostamento dolce-salato che il buon Kaufman adorava, tutto accompagnato da
bibite gassate alla cola, arancio o limone.
All’improvviso però dei rumori di
passi che si avvicinavano via via ed una porta che si aprì.
“Ah Sonia prendi anche degli
altri sanguecorn!”.
Bob si trovava esattamente nel
magazzino del chiosco, dove sono riposte tutte le varie scorte di cibo pronte
per essere portate in negozio e poi vendute, ed ora non era più da solo. Era
infatti appena entrata la giovane ragazza che serviva ai clienti insieme
all’uomo di mezza età che, molto probabilmente, doveva essere il
proprietario.
Kaufman fece appena in tempo a
nascondersi dietro a degli scatoloni che contenevano sacchetti di patatine,
sperando di non essere scoperto. Purtroppo il ragazzo, nella fretta di
nascondersi, non diede importanza alla tipologia di patatine a cui si era
nascosto dietro: erano popcorn. E Sonia aveva appena finito di prendere con se
delle confezione di salsa rossa da versare sopra di essi.
La ragazza si stava avvicinando
alle scatole di popcorn per prenderne intanto 4-5 pacchetti, da utilizzare per
creare i sanguecorn, quando si accorse subito della presenza dietro alle
scatole. Oltre alla naturale ombra che questa presenza proiettava sul muro,
spuntava nettamente dietro le scatole la cima di una testa, comunque umana, ma
stranamente di netta configurazione rettangolare.
La ragazza lì per lì meditava
l’urlo spaventato, ma poi preferì il dialogo “Avanti vieni fuori di lì!”.
“Cazzo!” imprecò a bassa voce Bob
che attese un attimo, ma poi si decise a riprendere la posizione eretta,
sperando di non finire nei casini. Una volta in piedi, il ragazzo era rimasto
comunque di spalle a lei e quindi si girò completamente verso Sonia. Lo sguardo
di lei, da prima severo e accusatore come solo le donne riescono a fare, si
trasformò rapidamente in uno indeciso tra lo stupore e lo spavento.
Questo sorprese il giovane che le
chiese “È tutto ok?”.
Lei continuava a rimanere senza
parole, nonostante la sua bocca si fosse spalancata.
Bob Kaufman era ormai in preda
all’imbarazzo, ma nonostante questo provò a giustificarsi “Ehm…senti…mi dispiace
di averti spaventato, nascondendomi qui”.
La ragazza continuava a non
proferire parola.
“Sia chiaro non sono venuto qui
per rubarti le cibarie, nonostante sia entrato senza chiedere nessun permesso…”
continuò Bob.
Stesso stato per quanto riguarda
Sonia.
“È che i miei amici…cioè sta
succedendo qualcosa di strano ai miei amici ed io, preso alla sprovvista, sono
scappato per, magari, trovare aiuto…”
Sonia non ebbe neanche questa
volta una reazione.
Kaufman che, sempre più
nell’imbarazzo totale, non riusciva a fissarla in viso ma intervallava lei al
pavimento e viceversa, si decise a chiederle “Ma stai bene?”.
E mentre lo diceva provò ad
avvicinarsi alla ragazza, dimenticandosi delle scatole che si frapponevano tra
loro, che urtò violentemente. Quelle più in cima alla colonna caddero
rumorosamente a terra, mentre quelle più basse sbilanciarono il ragazzo che fini
rovinosamente su di lei.
Una volta ripresosi dalla caduta
si accorse appena della ragazza che, sotto di lui, stava per emanare un urlo,
mentre in lontananza sentì “Ma che sta succedendo lì dietro?”.
Fu un attimo, il proprietario del
chiosco aprì la porta, notò subito la scena e disse “Brutto porco che stai
facendo su mia figlia?”.
Non attese nemmeno un improbabile
risposto dall’interessato e prese, da dietro la porta, un fucile a doppia canna
molto probabilmente carico e cominciò a prendere la mira su Kaufman.
Il ragazzo fece in un attimo a
scaraventare via la ragazza e scappare via urlando dalla porta di servizio.
“E’ inutile negare la realtà,
questi sono canini veri!”.
Questo pensava Benjamin che, dopo
la fuga dalla macchina di Bill, aveva rallentato il passo e stava provando, con
scarsi risultati, a togliersi quei nuovi canini che ormai difficilmente
considerava artificiali. La sua attenzione dunque era tutta riversata verso la
propria dentatura, e per questo non si accorse dell’uomo con la bibita in mano
che gli stava passando accanto e che lui, conseguenza della scivolata che
avevano avuto le sue dita su uno dei suoi suddetti canini, aveva violentemente
colpito con una gomitata.
“Ehi!!!!!” richiamò l’attenzione
l’uomo.
Il ragazzo si girò verso la
persona e, ancora con le mani in bocca, si scusò “Mi scufi!”.
Ma questo all’altro non
bastava.
“Troppo facile così giovanotto,
guarda come mi hai ridotto la camicia!” indicandogli la macchia di cola che gli
decorava la camicia di jeans chiara.
“Mi perdoni ancora ma ho dei
problemi…” provò a spiegarsi Luhan.
“Non m’interressa nulla dei tuoi
problemi ragazzo, come minimo potresti offrirmi un’altra cola, ti pare?” lo
interruppe bruscamente l’uomo che portava in testa un tipico cappello marrone da
cowboy.
“Certo, non ho alcun proble…”
questa volta fu lui ad interrompersi dato che il suo portafoglio mancava dalla
tasca dei suoi pantaloni, e purtroppo sapeva anche dove era rimasto…
“Beh vede, il fatto è che ho
dimenticato il portafoglio in macchina da un mio amico e, al momento, non ho la
minima intenzione di tornarci” provò a spiegarsi con un sorriso Benji.
“Eh no mister io rivoglio
indietro la mia cola altrimenti…” e nel dirlo tirò fuori dal suo cinturone, che
a quanto pare non aveva solo funzione decorativa, una pistola con la presa in
avorio.
La pistola era perfettamente
funzionante. L’uomo, nonostante il fare da sbruffone del vecchio west, aveva
regolarmente il porto d’armi per tale arnese e dunque il suo stato psico-fisico
era consono alla proprietà di quello strumento di morte.
Purtroppo nella vita ci sono momenti che
non calcoli, come ad esempio quando il tuo indice effettua troppa pressione sul
grilletto di una pistola carica, ed inevitabilmente parte il colpo. Quella notte
ai due soggetti successe esattamente così. Il colpo partì e prese Benjamin Luhan
sul pettorale sinistro, per fortuna non in prossimità del cuore ma più verso
l’attaccatura della spalla.
Il ragazzo si accasciò al suolo e
la risata dell’uomo s’interrupe drasticamente. Però Benji si rialzò subito.
Osservava la ferita procuratagli e si continuava a chiedere come mai non provava
alcuna sensazione di dolore. Poi la pallottola, chiaramente un po’ accartocciata
per il colpo, uscì dalla stessa ferita che si rimarginò velocemente. A quel
punto Benjamin rivolse il suo sguardo, ed il suo odio, verso il cowboy. Mentre
lo squadrava i suoi occhi s’illuminarono letteralmente di rosso ed i canini si
fecero ben evidenti nella sua bocca.
L’uomo dal grilletto facile, in
quel preciso momento, poteva considerarsi un morto che cammina. Poi però si udì
una voce.
“Ci sono problemi Benji?”
Il ragazzo riconobbe subito tale
voce, era quella di Bill. Allora si voltò subito verso la direzione da cui essa
proveniva e, non solo riconobbe alla meglio il suo proprietario, ma vide accanto
a lui altre tre persona che, bene o male, erano riconducibili ai suoi compagni
Bob Kaufman, Louis Chambers e Bob Kramer.
“Oddio ragazzi ma che vi è
successo?” chiese a loro mentre si avvicinava alla comitiva Luhan.
“Perché te invece in che stato
pensi di essere?” gli rispose con una domanda sarcastica Kaufman, che aveva
ancora i lati della bocca sporchi di cioccolato.
“I nostri corpi sono stati
orribilmente mutati” gli fece notare Kramer.
“E, fidati, non si tratta di una
candid camera” aggiunse ironico
Louis.
Nel frattempo il cowboy si era
totalmente defilato.
“Ma si può sapere allora cosa sta
succedendo?” chiese sconsolato agli altri quattro Benjamin.
“E noi come cazzo facciamo a
saperlo?” gli ribatté a muso duro Bill.
“Io un idea forse ce l’ho…” si
azzardò a bassa voce Kramer.
Tutti si voltarono verso di lui
che abbassò immediatamente lo sguardo.
“Sarebbe?” lo invitò a spiegarsi
meglio Kaufman.
Il ragazzo rialzò lo sguardo ed
iniziò “Avete presente quando Benji, l’altra notte, ci chiese che mostri ci
sarebbe piaciuto essere?”.
Gli altri annuirono insieme.
Continuò il ragazzo “Beh ora lo
siamo diventati davvero!”.
Il gruppo rimase in silenzio per
qualche minuto, nel quale tutti accolsero la versione dei fatti indicata da Bob
Kramer.
“Quindi ora che si fa?” chiese
con il suo muso allungato Chambers.
“Io consiglio di tornare alla
macchina e poi subito dritti a casa!” disse frenetico Kaufman.
“Ma sei scemo? In queste
condizioni qui chissà come reagirebbe la gente che incontriamo, mentre
raggiungiamo la macchina…” bocciò l’idea di Bob, Bill.
“Bill ha ragione. Usciamo subito
di qui, tanto l’uscita è qui vicino” decise, ancora visibilmente sconvolto
Benjamin.
La luna era ben alta in cielo
quando un gruppo di cinque ragazzi, che ormai di umano aveva ben poco, usciva
dal drive-in verso un futuro ora più che mai ignoto. Il vampiro Benjamin, il
licantropo Louis, la creatura di Frankenstein Kaufman, la mummia Kramer ed il
mostro della laguna nera Bill.
“Certo ragazzi che è una figata!”
esclamò improvvisamente Benjamin, ripensando alle loro attuali condizioni.
“Fanculo Benji!” gli rispose per
tutti Bill.
N.D.A.: Come avete appena letto,
ora la storia sta finalmente entrando nel vivo.
Per quanto riguarda questo
capitolo l’idea dell’Orbit, compreso il programma dei film della serata, è
ripreso dalla serie di tre libri, in particolare dal primo di essi, “La notte
del drive-in” di Joe R. Landsale.
X camomilla17: Come avevi in un
certo senso intuito dal precedente capitolo, i nostri protagonisti si sono
mutati nei mostri da loro precedentemente scelti durante la notte de “L’ora del
terrore” ma, fidati, loro cinque non sono per niente degli assassini…
Grazie ancora a tutti coloro che
seguono questa storia, sperando che proseguano anche con il prossimo inquietante
capitolo.
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