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Autore: J85    12/03/2012    1 recensioni
Un gruppo di ragazzi, tutti e cinque grandi appassionati di film horror, si troverà, improvvisamente, con il proprio grande sogno trasformato in realtà: Diventando loro stessi dei mostri del loro genere cinematografico preferito. Purtroppo la realizzazione di questo particolare desiderio comporterà anche il presentarsi, nella loro città, di oscure creature.
Genere: Avventura, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                        CAPITOLO 3

“Il progetto dei ragazzi”

 

 

 

“Così va bene! Il look perfetto!”

il grande entusiasmo di Luhan era dato da chili e chili di gel nei capelli, classici denti finti da vampiro (fortemente consigliati per serate a tema horror o di Halloween), dei vestiti con colore predominante il nero, occhiaie nere sotto gli occhi e, tocco di classe finale, un rigagnolo di sangue disegnato che scende giù dal labbro inferiore fino al mento.

Il suono del clacson di una macchina riportò al duro mondo dei normali questo orrendo narciso.

“Sono gli altri!”.

Scese in un attimo le scale e, aperta velocemente la porta, Benjamin salutò “Io vado mamma!”.

“Aspetta un attimo Benji!” sembrava tutto troppo facile…

il ragazzo si bloccò di colpo e si girò verso sua madre.

“Oddio Benji, ma in che stato di sei ridotto?”fu il giudizio generale di lei verso il modo di presentarsi del giovane.

“Te l’ho già spiegato altre volte mamma, ora devo andare!” e detto questo sbatté violentemente la porta dietro di sé.

Appena uscito si trovò davanti una Ford, certo con qualche ammaccatura di troppo e non era certo un modello da seguire per quanto riguarda la pulizia, ma per dove dovevano andare quella sera andava più che bene. Al volante c’era ovviamente Bill.

Benji si sedette sul sedile anteriore del passeggero, proprio accanto a Bill, dietro di sé aveva Kaufman, Louis e Kramer, tutti presenti e pronti per l’avventura, senza dire una parola. Poi si voltò d’improvviso esclamando “Siete pronti per il terroreeeee!” digrignando bene la bocca per mostrare i canini finti e contraendo fortemente le dita come gli artigli di un avvoltoio.

“Io Benji spero tu stia scherzando…” tentò la via della ragione Louis.

“Ma no Benji! Cosa dirà la gente se mi vede in giro con te conciato in quella maniera…” disse fingendo disperazione Kaufman.

“Benji…sai che queste sono cose che fanno i bambini quando sono molto piccoli” provò a spiegare all’amico Kramer.

“Scusami, te che sei quello di tutti noi che ci abita più vicino, potevi andarci a piedi all’Orbit!” concluse Bill invitando in un certo senso il ragazzo ad uscire dalla macchina e lasciare la loro compagnia.

“Andiamo ragazzi è venerdì sera: la serata dell’Orbit!”

“Infatti! E gradirei non finire in prigione per “abbigliamento osceno in luogo pubblico”…” disse sarcastico il pilota della comitiva.

“A proposito…questa macchina?” chiese Benjamin indicando un po’ tutto l’abitacolo con un movimento circolare della mano con l’indice tirato in su.

Bill, dopo averlo squadrato con uno sguardo che chiedeva più rispetto della privacy, si concesse di rispondergli “L’ho avuta in prestito”.

“E tu ti preoccupi di finire dentro per il mio abbigliamento…”.

detto questo la macchina partì velocemente verso la propria meta, con il proprio abitacolo piovuto nel più totale silenzio, evitando di discutere nuovamente riguardo la provenienza del veicolo.

Il traffico era particolarmente pesante quella sera e ci volle non meno di mezz’ora per arrivare a destinazione. Destinazione che venne immediatamente identificata grazie al suo personale simbolo: Il Saturno dell’Orbit!

Si trattava in pratica di una riproduzione, ovviamente in scala alquanto ridotta, del sesto pianeta del sistema solare, che faceva da faro a tutte quelle anime perse che cercavano una serata speciale che solo i drive-in ti sanno donare. Anche gli stessi ragazzi rimasero rapiti dalla visione della sfera azzurra e dalla suo anello argenteo, che gli girava tutto attorno parallelamente al proprio equatore.

Quasi al termine della fila per l’ingresso si presentava, splendente, l’insegna luminosa con sopra indicato il programma della nottata che prevedeva: “Ho fatto a pezzi la mamma”, “La casa”, “La notte dei morti viventi”, “Utensili per l’omicidio” e “Non aprite quella porta”.

Dopo aver espletato i protocolli ufficiali per la visione legale di queste opera nella struttura, i nostri entrarono finalmente in questo mondo parallelo che era l’Orbit. Tutte le più rappresentative e strambe creature del folklore americano erano riunite dentro il drive-in. Furono avvistati dai cinque ragazzi dentro la macchina scassata: Punk, hippies (usciti direttamente da “Hair”), confraternite universitarie, cowboys e rispettive cowgirls, giovani coppie di amanti (alcuni nell’atto di scaricare le proprie pulsioni sessuali), esseri umani travestiti da vari personaggi horror (con Luhan che guardò con inspiegabile superiorità i suoi compagni), cani e gatti (o comunque figure che ricordavano animali quadrupedi) ma soprattutto ragazze in bikini!

“Hai visto culetto d’oro lì?” chiese Bill ad un non meglio precisato membro della comitiva, accompagnando il tutto con un movimento indicativo del capo.

“Quale????” chiesero quasi in coro gli altri mentre cercavano, prostrandosi più avanti possibile, d’identificare il soggetto della domanda di prima, che altro non era che una splendida ragazza con indosso un succinto bikini dorato (ecco perché culetto “d’oro”).

Ormai i posti migliori erano tutti presi ed i giovani si dovettero accontentare della parte centrale di una delle ultime file.

“Chi va a rimediare un po’ di cibarie?” domandò Louis appena la macchina terminò il suo spostamento ed al motore fu dato un po’ di riposo.

“Io!” si propose immediatamente Bob Kaufman alzando rapidamente la mano destra. Fiero come non mai di potersi occupare di questo gravoso compito.

“Vengo anch’io” aggiunse Benjamin.

“Oh no ti prego Benji…” si fece subito supplichevole Kaufman.

“Andiamo Bob! Hai visto che gente c’è a giro in questo posto! Chi vuoi che si accorga di me?” cercò Luhan di arginare le paure dell’amico riguardanti possibili discriminazioni per l’abito “a tema” che lui stesso indossava quella sera. Quindi, con Bob ancora mugolante di proteste, i due scesero dal veicolo diretti al chiosco dei viveri.

La scorta che i due ragazzi portarono con loro alla macchina era composta principalmente di coche e sanguecorn (popcorn con l’aggiunta di colorante rosso per cibi versato sopra) appena in tempo per l’inizio della prima pellicola: “Ho fatto a pezzi la mamma”.

Che dire…il classico B-movie che i ragazzi guardarono con il dovuto interesse, tra risate, esclamazioni di partecipazione nei classici “bus” (momenti da balzo garantito sulla poltrona) ed anche sbadigli.

Secondo film: “Utensili per l’omicidio”.

È da qui che le cose cambiarono per sempre.

Tutto ebbe inizio con l’attenzione di Kaufman che, tra una manciata di sanguecorn sgranocchiata e l’altra, venne rapita dal lucido riflesso che la luce emessa dallo schermo aveva sulla dentatura di Luhan. Grazie anche ad una scena particolarmente luminosa della pellicola in visione, Bob si accorse subito che il canino di Benjamin aveva una lunghezza inumana.

“Benji ma non mangeresti meglio se ti togliessi quegli stupidi denti finti da vampiro?” consigliò sarcastico il ragazzo soprappeso all’amico.

“Ma che diavolo dici Bob? Certo che me li sono tolti! Guarda sono lì sul cruscotto…” gli rispose seccato Benjamin, indicandogli con il dito la protesi dentaria di gomma e cercando di riprendere la concentrazione necessaria per il grande schermo. Ma prima lanciò un occhiataccia di sfida al compagno, occhiataccia che si trasformò subito in stupore.

“Ehi Bob, che cos’hai lì sul collo?” domandò molto sorpreso il ragazzo.

La strana vicenda tra Luhan e Kaufman non interessava minimamente gli altri 3 membri della compagnia, anzi ognuno aveva la sua personale vicenda da chiarire…

“Uff…ma in questa macchina non c’è l’aria condizionata? Sto morendo dal caldo!” chiese un estremamente sudato Louis.

“Ma con cosa mi sono pulito la bocca?” s’interrogava Kramer.

“State zitti! Va bene che in questo momento l’importante è guardare e non ascoltare, ma così mi fate perdere la concentrazione sulla trama del film…” con queste parole Bill commentò mentre una giovane signora, prossima vittima della pellicola, si stava facendo una doccia, ed intanto con la mano si apprestava a raccogliere una nuova manciata di sanguecorn.

“Oddio Bill la tua mano!” esclamò ancora più inorridito Benji.

E gli altri quattro puntarono il loro campo visivo sulla suddetta mano. La spiegazione scientifica dell’accaduto al momento latitava dalle menti dei giovani ma non vi erano dubbi: La mano di Bill era palmata! Gli archi di carne tra un dito e l’altro si erano talmente alzati che terminavano solamente alle rispettive falangette di entrambe l’estremità degli arti. E non solo, era cambiato anche il colore dell’arto: Da un classico rosa chiaro si era passati ad un tenue azzurro mare.

Ora era lampante l’unico piano da attuare: FUGA GENERALE!

Tutti e cinque i componenti della compagnia abbandonarono l’autovettura, nella speranza di mettere in pausa e ricaricare lo strano videogame che si era appena sostituito alla loro vita. Lo stesso Kaufman, che si trovava nei sedili posteriori tra Chambers e Kramer, nell’attuare la fuga attese, già urlante, l’apertura dello sportello laterale e l’uscita da parte del suo omonimo per poi dare il via ad una corsa sfrenata, che già dopo i primi tre metri gli aveva procurato un enorme fiatone.

 

Louis, nonostante fosse il meno emotivo della gang, non sapeva come spiegarsi l’accaduto. Tutti i suoi amici erano morfologicamente cambiati e lui stesso stava radicalmente cambiando. Il suo corpo si stava sempre più riempiendo di lunghi peli scuri, come in una pubertà a velocità estrema, ed inoltre sentiva svilupparsi nel suo corpo muscoli che non credeva nemmeno di avere.

Ormai nel pieno del panico, si avvicinò ad una Ford familiare che presentava al suo interno una delle famiglie più obese che si fossero mai viste sul pianeta terra. Il padre era obeso, con classica camiciola hawaiana di contorno, sua moglie era obesa e pure i due figli che stavano seduti dietro erano obesi. Louis si trovò a leccarsi le labbra al solo pensiero dell’enorme quantità di grasso che aveva davanti ai suoi occhi.

“Mi scusi signore ho bisogno di aiuto!” urlò appoggiandosi al vetro dello sportello del guidatore.

Il  capofamiglia sobbalzò, tanto era preso dalle vicende che si susseguivano sul grande schermo, per poi girò il suo flaccido triplo mento verso il ragazzo. I suoi occhi si spalancarono così tanto da raggiungere quasi la rotondità perfetta, mentre assisteva all’allungamento disumano del volto di Louis.

Con una velocità che difficilmente sarebbe stata riconducibile ad un essere umano della sua stazza, il tizio accese la macchina e sgommò via in preda al panico. Il fatto è che l’uscita dal drive-in si trovava esattamente dietro alla sua precedente posizione quindi, nell’effettuare la manovra d’inversione di marcia, sbatté e fece cedere un palo adibito al reggere un altoparlante della struttura. Ma ciò non lo demorse nel proseguire la sua ritirata strategica.

Ora si trovava con i fari ben accesi e puntati verso l’uscita ma, a separare i due c’era l’ormai inquietante presenza di Louis Chambers. L’autista fece rombare il motore un attimo per poi accelerare a manetta verso il giovane.

Per Louis potevano essere gli ultimi secondi di una vita fino ad allora ordinaria, se non che fosse tornata in lui la capacità di ragionare che lo contraddistingueva anche nelle situazioni emotivamente più complesse. In più sentiva i muscoli del suo corpo scoppiare sotto i suoi vestiti, e questo gli dava anche la sicurezza che poteva pienamente affidarsi a loro.

L’auto si trovava ormai a pochi centimetri dall’impatto quando il ragazzo s’inginocchio quasi per poi, rapidamente, spiccare un salto verso il cielo tempestato di stelle lucenti. La macchina, nonostante fosse un modello station wagon, non fu nemmeno sfiorata dalla suola delle scarpe del ragazzo. Louis era nel pieno della sua forma da licantropo.

 

Bob Kramer era di certo il più impressionabile del gruppo, e vedere il suo corpo completamente ricoperto di vecchie bende non lo poteva di certo far sentire tranquillo e rilassato. Nel verificare quanto in lui era cambiato, si era tolto tutto il vestiario che indossava quella notte, scivolando goffamente per terra nel togliersi prima le scarpe e poi i pantaloni. Forse solo le mutande gli erano rimasto, ovviamente coperte da almeno tre strati di bende ammuffite.

“Ehi amico c’è qualche problema?” qualcuno stava attirando la sua attenzione mentre riprendeva la posizione eretta.

Davanti a lui si parava un rettile simil-Godzilla, alto due metri e che teneva anch’esso una perfetta posizione su due zampe.

“Oh mio dio è successo anche a te allora!” constato sul limite delle lacrime il ragazzo bendato.

“Cosa? Ah scusami con questo catamarano addosso non riesco a sentire nulla!” disse la creatura mentre con la zampa si tastava con insistenza il suo possente collo.

Finché trovò quello che cercava. Con l’unghia nera di una delle sue dita arpionò una cerniera lampo che rapidamente, sotto la guida sempre del dinosauro, fece il giro del suddetto collo per poi, infine, far cadere di netto la testa del povero animale.

Lì per lì Bob rimase terribilmente scosso dall’accaduto finché non notò che, dalla metà del collo rimasta attaccata al corpo, spuntava una nuova testa, questa volta umana, di un ragazzo a prima vista poco più grande di lui, con la pelle del viso tutta rossa dal caldo che si era venuto a creare dentro quel costume e dagli occhiali appannati per lo stesso motivo.

“Cazzo amico bel costume! L’hai fatto te da solo? Queste bende sembrano davvero vecchie di migliaia d’anni! Ma sei un cosplayer anche te?” il nuovo arrivato colpì a raffica con le domande il nostro povero Bob.

“No ti prego stammi lontano! Non è come pensi te…” cercò di defilarsi Kramer.

Ma l’altro gli fu nuovamente addosso “Ma ti conosco? Chi sei…Frank? Oppure Robert? Non credo tu sia una ragazza perché non intravedo due belle tette sotto quelle bende…”.

“No, ti giuro, non sono chi tu dici e, anzi, ora come ora preferirei essere lasciato da solo, grazie” provò a liberarsi della strenua marcatura dell’altro.

“Eh dai amico dimmi come ti chiami? In fondo mi sono smascherato prima io ed ora tocca a te!” insisteva con ignoranza l’avversario.

“Mi chiamo Bob e non ho tempo da perdere con te!” sbottò finalmente Kramer.

“Dai fammi vedere la tua faccia!” ordinò con una punta acida nella voce l’altro che gli fu subito addosso con le mani nel suo viso.

“No fermo!” lo supplicò Bob, che in queste situazioni non sapeva mai come reagire e finiva col farsi malmenare da chi lo aggrediva. Sempre più timoroso di quello che lo sconosciuto poteva vedere sotto la sua bendatura.

Con le mani libere dai particolari guanti a forma di arti rettili, il ragazzo con gli occhiali riuscì ad infilare alcune dita tra più bende e, una volta infilateci entrambe le mani, tirò con una mano verso il basso e con l’altra verso l’alto. Parte del volto si era finalmente scoperto.

Il cambiamento dell’espressione facciale fu repentino: Dal ghigno perfido accompagnato da occhi semichiusi con medesimo valore negativo, si passò ad occhi e bocca spalancati nel pieno del terrore. Dopo ciò il ragazzo emise un acutissimo urlo in pieno falsetto, prima di crollare a terra svenuto dalla forte emozione.

Bob Kramer aveva infine realizzato un suo desiderio, ora anche lui faceva parte della storia antica egizia. Solo che si trattava della parte finale della storia riguardante i grandi faraoni egizi. Le sue erano le vesti di una sacra mummia.

 

“Merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…” era questo, fedelmente trascritto parola per parola, il dialogo che, dopo la fuga dalla sua macchina, era fuoriuscito dalle fauci di Bill.

“Che cazzo mi sta succedendo?  Saranno stati quegli schifosi sanguecorn? E quel bastardo di Kaufman che ne ha presa una dozzina di pacchetti…o magari ho preso qualche fungo nell’ultimo college dove ho fatto la doccia…” pensava ad alta voce il più grande del gruppo, cercando di comprendere il motivo per cui il suo corpo si stava trasformando in qualcosa che di umano aveva ben poco.

Intanto continuava a guardarsi le mani, che ormai ricordavano molto più qualcosa di marino invece che qualcosa di umano. Inoltre il suo respiro era più affannoso, al ragazzo sembrava quasi di stare respirando dal collo. Mentre tutti i suoi abiti erano estremamente umidi, anzi addirittura bagnati fradici, e ciò, a quanto riusciva ad intuire, era dato proprio dallo stato attuale del suo corpo. Infine gli facevano un gran male i piedi, che sembravano sfondare le sue scarpe nere.

Nel continuo del suo vagare ai limiti del drive-in riconobbe immediatamente una figura che proprio quella notte aveva imparato a riconoscere all’istante. Si trattava di “Culetto d’Oro”.

Ma, dopo un breve piacere visivo, Bill si stupì di provare tale piacere, non tanto per il sensuale fisico della giovane donna, ma per ciò che ella teneva nella sua mano sinistra. Si trattava per la precisione di un bicchierone di carta coperto da un tappo in plastica e cannuccia di una non meglio precisata bibita, quasi sicuramente analcolica.

Quanto desiderava quel bicchiere. E non tanto per un bisogno naturale di sete ma piuttosto era la sua stessa pelle a richiederlo, visto il largo consumo di liquidi che aveva fatto traspirare negli ultimi minuti.

La questione ora era come fare per avere quel cimelio tanto ambito dal corpo di Bill…

Dopo qualche attimo di ragionamento, quest’ultimo optò per una richiesta diretta.

Si avvicinò furtivamente alla bionda e le mise le mani palmate sopra i suoi occhi leggermente truccati.

“Ciao tesoro, che stai bevendo di così gustoso?” gli sussurrò all’orecchio Bill.

Lei, lì per lì sorpresa da questo approccio, poco dopo gli rispose con un dolce sorriso. “È Oransoda amore, ne vuoi un po’?”.

“Volentieri angelo mio! Ti secca se ti prendo tutto il bicchiere?” si azzardò a chiederle lui.

“Beh a dir la verità un pochino sì amore. Sai stanotte ho un gran caldo e sono tutta sudata…” gli rispose la ragazza mettendo un po’ di malizia nell’ultima parte della risposta.

“A chi lo dici…” disse Bill con tutto un altro tipo di pensiero in testa.

“E va bene cucciolo tieni! Goditela tutta! Ma dopo me ne offri un’altra ok?” si arrese alla fine Culetto, porgendogli la bibita.

“Certo stella come vuoi!” rispose sbrigativo Bill che si aprì la parte superiore della camicia con una mano mentre con l’altra strizzò forte il bicchiere, per far partire il cappuccio come un proiettile e riversare lo schizzo di aranciata tutto sul suo petto.

Purtroppo, mentre Bill si godeva quest’attimo di felicità assoluta, la ragazza, sorpresa dal lieve scoppio che sentì provenire alle sue spalle, si girò di colpo.

Il corpo del ragazzo che si trovava dietro di lei, non solo era di un colore tra il verde e l’azzurro che le ricordava tanto i mari tipici delle regioni tropicali, ma era pure ricoperto di viscide squame. In più il suo stesso viso non aveva niente di umano, con dei buchi sul collo che ricordavano branchie. Infine le su scarpe erano quasi del tutto sfondate rilevando al loro interno delle pinne più corte però rispetto a quelle utilizzate dai palombari.

La giovane cacciò non solo un acuto urlo di routine, ma emise anche il suo personale liquido urinale che da sotto il perizoma dorato scese giù per le sue gambe snelle. Il fatto che fece più inorridire Bill fu che, per il suo corpo cambiato, anche quello poteva essere liquido utile per il suo benessere. Ma mentre pensava ciò la ragazza si voltò e scappò via con le sue chiappette sode che sobbalzavano ad ogni sua falcata.

 

Secondo voi dove un ragazzo come Bob Kaufman, notoriamente assiduo peccatore di gola ed estremamente sovrappeso, poteva trovare rifugio?

Era stato il rifugio provvisorio più lampante nella sua testa, una volto accortosi del terribile mutamento dei suoi amici, per concludere degnamente la sua fuga strategica: Il chiosco degli alimenti.

Vi era entrato passando dalla porta secondaria sul retro del negozio, quella di solito utilizzata solamente per lo scarico e carico merci, ed ora stava lentamente riprendendo fiato. Sentiva chiaramente che il suo ansimare per riprendersi dallo spavento e dalla fatica non corrispondeva, ricordava piuttosto quello di una persona anziana, con i polmoni che di aria ne avevano già inspirata ed espirata parecchia.

Un’altra cosa che lo sorprese molto fu la totale assenza di sudore sul suo corpo. Lui che invece, dato l’alta percentuale di grasso depositata su di esso, era solito produrne anche solo stando fermo d’estate. In lui, come nei suoi amici, c’era qualcosa che decisamente non andava. Quasi sicuramente sarebbe occorsa una cura e lui, per quanto riguarda i suoi confronti, l’aveva decisamente trovata.

Barrette di cioccolato, con dentro qualsiasi tipo di ripieno: Latte, nocciole, fondente, arancio, caffè ecc…; patatine, di qualsiasi forma: La più classica, allungate, a pallina, ondulate, triangolari ecc…; barrette di cioccolato e patatine insieme, con un accostamento dolce-salato che il buon Kaufman adorava, tutto accompagnato da bibite gassate alla cola, arancio o limone.

All’improvviso però dei rumori di passi che si avvicinavano via via ed una porta che si aprì.

“Ah Sonia prendi anche degli altri sanguecorn!”.

Bob si trovava esattamente nel magazzino del chiosco, dove sono riposte tutte le varie scorte di cibo pronte per essere portate in negozio e poi vendute, ed ora non era più da solo. Era infatti appena entrata la giovane ragazza che serviva ai clienti insieme all’uomo di mezza età che, molto probabilmente, doveva essere il proprietario.

Kaufman fece appena in tempo a nascondersi dietro a degli scatoloni che contenevano sacchetti di patatine, sperando di non essere scoperto. Purtroppo il ragazzo, nella fretta di nascondersi, non diede importanza alla tipologia di patatine a cui si era nascosto dietro: erano popcorn. E Sonia aveva appena finito di prendere con se delle confezione di salsa rossa da versare sopra di essi.

La ragazza si stava avvicinando alle scatole di popcorn per prenderne intanto 4-5 pacchetti, da utilizzare per creare i sanguecorn, quando si accorse subito della presenza dietro alle scatole. Oltre alla naturale ombra che questa presenza proiettava sul muro, spuntava nettamente dietro le scatole la cima di una testa, comunque umana, ma stranamente di netta configurazione rettangolare.

La ragazza lì per lì meditava l’urlo spaventato, ma poi preferì il dialogo “Avanti vieni fuori di lì!”.

“Cazzo!” imprecò a bassa voce Bob che attese un attimo, ma poi si decise a riprendere la posizione eretta, sperando di non finire nei casini. Una volta in piedi, il ragazzo era rimasto comunque di spalle a lei e quindi si girò completamente verso Sonia. Lo sguardo di lei, da prima severo e accusatore come solo le donne riescono a fare, si trasformò rapidamente in uno indeciso tra lo stupore e lo spavento.

Questo sorprese il giovane che le chiese “È tutto ok?”.

Lei continuava a rimanere senza parole, nonostante la sua bocca si fosse spalancata.

Bob Kaufman era ormai in preda all’imbarazzo, ma nonostante questo provò a giustificarsi “Ehm…senti…mi dispiace di averti spaventato, nascondendomi qui”.

La ragazza continuava a non proferire parola.

“Sia chiaro non sono venuto qui per rubarti le cibarie, nonostante sia entrato senza chiedere nessun permesso…” continuò Bob.

Stesso stato per quanto riguarda Sonia.

“È che i miei amici…cioè sta succedendo qualcosa di strano ai miei amici ed io, preso alla sprovvista, sono scappato per, magari, trovare aiuto…”

Sonia non ebbe neanche questa volta una reazione.

Kaufman che, sempre più nell’imbarazzo totale, non riusciva a fissarla in viso ma intervallava lei al pavimento e viceversa, si decise a chiederle “Ma stai bene?”.

E mentre lo diceva provò ad avvicinarsi alla ragazza, dimenticandosi delle scatole che si frapponevano tra loro, che urtò violentemente. Quelle più in cima alla colonna caddero rumorosamente a terra, mentre quelle più basse sbilanciarono il ragazzo che fini rovinosamente su di lei.

Una volta ripresosi dalla caduta si accorse appena della ragazza che, sotto di lui, stava per emanare un urlo, mentre in lontananza sentì “Ma che sta succedendo lì dietro?”.

Fu un attimo, il proprietario del chiosco aprì la porta, notò subito la scena e disse “Brutto porco che stai facendo su mia figlia?”.

Non attese nemmeno un improbabile risposto dall’interessato e prese, da dietro la porta, un fucile a doppia canna molto probabilmente carico e cominciò a prendere la mira su Kaufman.

Il ragazzo fece in un attimo a scaraventare via la ragazza e scappare via urlando dalla porta di servizio.

 

“E’ inutile negare la realtà, questi sono canini veri!”.

Questo pensava Benjamin che, dopo la fuga dalla macchina di Bill, aveva rallentato il passo e stava provando, con scarsi risultati, a togliersi quei nuovi canini che ormai difficilmente considerava artificiali. La sua attenzione dunque era tutta riversata verso la propria dentatura, e per questo non si accorse dell’uomo con la bibita in mano che gli stava passando accanto e che lui, conseguenza della scivolata che avevano avuto le sue dita su uno dei suoi suddetti canini, aveva violentemente colpito con una gomitata.

“Ehi!!!!!” richiamò l’attenzione l’uomo.

Il ragazzo si girò verso la persona e, ancora con le mani in bocca, si scusò “Mi scufi!”.

Ma questo all’altro non bastava.

“Troppo facile così giovanotto, guarda come mi hai ridotto la camicia!” indicandogli la macchia di cola che gli decorava la camicia di jeans chiara.

“Mi perdoni ancora ma ho dei problemi…” provò a spiegarsi Luhan.

“Non m’interressa nulla dei tuoi problemi ragazzo, come minimo potresti offrirmi un’altra cola, ti pare?” lo interruppe bruscamente l’uomo che portava in testa un tipico cappello marrone da cowboy.

“Certo, non ho alcun proble…” questa volta fu lui ad interrompersi dato che il suo portafoglio mancava dalla tasca dei suoi pantaloni, e purtroppo sapeva anche dove era rimasto…

“Beh vede, il fatto è che ho dimenticato il portafoglio in macchina da un mio amico e, al momento, non ho la minima intenzione di tornarci” provò a spiegarsi con un sorriso Benji.

“Eh no mister io rivoglio indietro la mia cola altrimenti…” e nel dirlo tirò fuori dal suo cinturone, che a quanto pare non aveva solo funzione decorativa, una pistola con la presa in avorio.

La pistola era perfettamente funzionante. L’uomo, nonostante il fare da sbruffone del vecchio west, aveva regolarmente il porto d’armi per tale arnese e dunque il suo stato psico-fisico era consono alla proprietà di quello strumento di morte.

 Purtroppo nella vita ci sono momenti che non calcoli, come ad esempio quando il tuo indice effettua troppa pressione sul grilletto di una pistola carica, ed inevitabilmente parte il colpo. Quella notte ai due soggetti successe esattamente così. Il colpo partì e prese Benjamin Luhan sul pettorale sinistro, per fortuna non in prossimità del cuore ma più verso l’attaccatura della spalla.

Il ragazzo si accasciò al suolo e la risata dell’uomo s’interrupe drasticamente. Però Benji si rialzò subito. Osservava la ferita procuratagli e si continuava a chiedere come mai non provava alcuna sensazione di dolore. Poi la pallottola, chiaramente un po’ accartocciata per il colpo, uscì dalla stessa ferita che si rimarginò velocemente. A quel punto Benjamin rivolse il suo sguardo, ed il suo odio, verso il cowboy. Mentre lo squadrava i suoi occhi s’illuminarono letteralmente di rosso ed i canini si fecero ben evidenti nella sua bocca.

L’uomo dal grilletto facile, in quel preciso momento, poteva considerarsi un morto che cammina. Poi però si udì una voce.

“Ci sono problemi Benji?”

Il ragazzo riconobbe subito tale voce, era quella di Bill. Allora si voltò subito verso la direzione da cui essa proveniva e, non solo riconobbe alla meglio il suo proprietario, ma vide accanto a lui altre tre persona che, bene o male, erano riconducibili ai suoi compagni Bob Kaufman, Louis Chambers e Bob Kramer.

“Oddio ragazzi ma che vi è successo?” chiese a loro mentre si avvicinava alla comitiva Luhan.

“Perché te invece in che stato pensi di essere?” gli rispose con una domanda sarcastica Kaufman, che aveva ancora i lati della bocca sporchi di cioccolato.

“I nostri corpi sono stati orribilmente mutati” gli fece notare Kramer.

“E, fidati, non si tratta di una candid  camera” aggiunse ironico Louis.

Nel frattempo il cowboy si era totalmente defilato.

“Ma si può sapere allora cosa sta succedendo?” chiese sconsolato agli altri quattro Benjamin.

“E noi come cazzo facciamo a saperlo?” gli ribatté a muso duro Bill.

“Io un idea forse ce l’ho…” si azzardò a bassa voce Kramer.

Tutti si voltarono verso di lui che abbassò immediatamente lo sguardo.

“Sarebbe?” lo invitò a spiegarsi meglio Kaufman.

Il ragazzo rialzò lo sguardo ed iniziò “Avete presente quando Benji, l’altra notte, ci chiese che mostri ci sarebbe piaciuto essere?”.

Gli altri annuirono insieme.

Continuò il ragazzo “Beh ora lo siamo diventati davvero!”.

Il gruppo rimase in silenzio per qualche minuto, nel quale tutti accolsero la versione dei fatti indicata da Bob Kramer.

“Quindi ora che si fa?” chiese con il suo muso allungato Chambers.

“Io consiglio di tornare alla macchina e poi subito dritti a casa!” disse frenetico Kaufman.

“Ma sei scemo? In queste condizioni qui chissà come reagirebbe la gente che incontriamo, mentre raggiungiamo la macchina…” bocciò l’idea di Bob, Bill.

“Bill ha ragione. Usciamo subito di qui, tanto l’uscita è qui vicino” decise, ancora visibilmente sconvolto Benjamin.

 

La luna era ben alta in cielo quando un gruppo di cinque ragazzi, che ormai di umano aveva ben poco, usciva dal drive-in verso un futuro ora più che mai ignoto. Il vampiro Benjamin, il licantropo Louis, la creatura di Frankenstein Kaufman, la mummia Kramer ed il mostro della laguna nera Bill.

“Certo ragazzi che è una figata!” esclamò improvvisamente Benjamin, ripensando alle loro attuali condizioni.

“Fanculo Benji!” gli rispose per tutti Bill.

 

 

 

N.D.A.: Come avete appena letto, ora la storia sta finalmente entrando nel vivo.

Per quanto riguarda questo capitolo l’idea dell’Orbit, compreso il programma dei film della serata, è ripreso dalla serie di tre libri, in particolare dal primo di essi, “La notte del drive-in” di Joe R. Landsale.

 

X camomilla17: Come avevi in un certo senso intuito dal precedente capitolo, i nostri protagonisti si sono mutati nei mostri da loro precedentemente scelti durante la notte de “L’ora del terrore” ma, fidati, loro cinque non sono per niente degli assassini…

 

Grazie ancora a tutti coloro che seguono questa storia, sperando che proseguano anche con il prossimo inquietante capitolo.

 

  
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