L’amore
è come le malattie contagiose;
più le si temono, più vi si è soggetti.
( Chamfort, Nicolas )
Capitolo
Undici
Erano
stati giorni duri. Io e Jonathan avevamo
affrontato il freddo e le intemperie prima di arrivare finalmente a
destinazione. Il viaggio era stato davvero pesante, soprattutto
perché non
eravamo equipaggiati. Con la barba incolta e i geloni alle mani mi
guardai
intorno, in cerca di qualcuno che mi dicesse dove fosse la tenuta di
Charlie
Swan. Viveva lì da molti anni, ormai, qualcuno doveva pur
saperlo.
<<
Edward, conosco un amico. Andiamo da
lui. Dobbiamo riposarci e poi cercheremo Isabella. >>
Lo
seguii stancamente e ci avviammo verso un
grande palazzo. Parigi era molto bella, non l’avevo mai
vista. Il pensiero che
mi premeva di più però era Bella. Dove si
trovava? Da suo padre? Volevo andare
subito da lei, ma dovevo ancora aspettare. Era passato quasi un mese
ormai
dall’ultima volta che l’avevo vista. Da un paesino
che avevamo incontrato per
strada avevo mandato una lettera ai miei genitori, scrivendogli di non
preoccuparsi per me e che ero partito per una questione personale
urgente. Ero
sollevato, in fin dei conti, che Jonathan fosse venuto con me. Sarebbe
stata
dura senza di lui, dato che non conoscevo nessuno in quella
città. Arrivammo a
destinazione e scendemmo dai cavalli. Di certo i miei abiti la dicevano
lunga
su ciò che mi era successo, ma questo non
scoraggiò due giovane nobili, che
sostavano all’entrata del portone principale di quella casa,
che mi guardarono
maliziosamente. Sospirai e cercai di evitarle, sotto lo sguardo
divertito del
mio migliore amico.
<<
Forza casanova, entriamo. Auguste
De la Roy ci aspetta. >>
<<
Come hai fatto ad avvertilo? >>
<<
Quando tu hai mandato la lettera ai
tuoi genitori io l’ho mandata a lui. Mi deve un favore, ci
tratterà bene
vedrai. >>
L’ambiente
era molto elegante e due cameriere
accorsero per portarci via le giacche. Io rifiutai e tenni stretta la
mia.
<<
Jonathan, sei arrivato. >>
<<
Auguste è stato un viaggio faticoso.
>>
<<
Lo immagino, che ne dite di farvi un
bagno e mangiare qualcosa? Rimandiamo a stasera le spiegazioni.
>>
Ringraziai
mentalmente quell’uomo. Sembrava un
tipo sicuro di sé. Dimostrava più o meno una
cinquantina d’anni, ma lo sguardo
era sveglio come quello di un ventenne. Ci raggiunse anche la moglie,
una
signora dai capelli rossi e intrecciati in una acconciatura
particolare, che ci
squadrava con poca convinzione. Potevo immaginare cosa stesse pensando
in quel
momento, vedendo due estranei in quelle condizioni, piombare in casa
sua.
<<
Prego signori. Seguite Michelle, la
mia cameriera. Vi mostrerà le vostre stanze e vi
darà dei cambi. >>
Ringraziammo
entrambi con un cenno del capo e
seguimmo Michelle, una ragazza piuttosto giovane e avvenente che
manteneva lo
sguardo basso. Ci fece salire delle scale e infine percorrere un lungo
corridoio. Le ultime due stanze erano, a quanto pare, destinate a noi.
Non
c’era nulla da dire, quella casa era immensa e molto
raffinata. Entrai nella
mia camera e mi gettai sul letto. Non riuscivo a non pensare a Isabella
e a
cosa stesse facendo. Quella Carmen era davvero così
pericolosa? Sarebbe
arrivata a fare del male a una ragazza solo perché figlia
del marito con
un'altra donna? Il titolo nobiliare… Bella era una duchessa
a tutti gli
effetti. La vita a volte era assurda, ma a me non sarebbe importato
più di
tanto. Ero stato uno stupido. Neanche perdere il mio titolo, se mio
padre mi
avesse punito in questo modo, mi avrebbe fatto male quanto perderla.
Perché
l’avevo lasciata andare? Perché non avevo
insistito?
<<
Monsier? >>
Guardai
Michelle, non mi ero neppure accorto
che fosse entrata. Mi fece cenno verso i vestiti puliti che aveva messo
sul
letto e io annuii.
<<
Grazie >> mormorai, alzandomi.
La vidi arrossire quando i nostri sguardi s’incrociarono.
Scappò via con un
goffo inchino e io scossi il capo, con un sorriso accennato. Mi
spogliai e mi
godetti quel bagno ristoratore. Stavo per addormentarmi quando sentii
bussare
alla porta. Era di sicuro Jonathan. Mi vestii velocemente e andai ad
aprire.
Come immaginavo, c’era proprio lui.
<<
Fatti quella barba, Edward. >>
<<
Sì, mi stavo addormentando. >>
Lo
feci entrare e seguii il suo consiglio. Mi
sentivo in un altro mondo e se non avessi ritrovato subito la mia donna
sarei
impazzito. Come ho potuto pensare per un solo istante di poter stare
senza di
lei?
<<
Come hai conosciuto Auguste? >>
domandai, mentre mi radevo.
<<
Tempo fa è venuto a Londra per degli
affari, mi ha chiesto una mano e quando è andato via si
è ripromesso di
ricambiare il favore. >>
<<
Lui e la moglie, parlano bene
l’inglese. >>
<<
Sì, hanno vissuto per molti anni a
Londra. >>
<<
Capisco. Grazie Jonathan per essere
venuto con me. >>
<<
Oh tranquillo, non avevo nulla da
fare. >> dissi con ironia.
Gli
detti una pacca sulla spalla e poi uscimmo.
La cena era già in tavola e dopo che ci fummo seduti, ci
raggiunsero Auguste e
la sua antipatica moglie. Il suo sguardo non era cambiato, sembrava che
fossimo
due cani seduti a tavola.
<<
Allora signori, come vi posso essere
utile? >>
<<
Auguste, la ringrazio per la sua
ospitalità. Noi stiamo cercando la tenuta di Charlie Swan
>> dissi,
sperando che sapesse dirmi qualcosa. Jonathan, accanto a me, annuii e
insieme
attendemmo. L’uomo si grattò il mento per qualche
minuto, fin quando la moglie
non si piegò un po’ verso di lui per sussurrargli
qualcosa.
<<
Forse mia moglie ha ragione. Cercate
un Duca, venuto qui molti anni fa, sposato con una certa Carmen Denali?
>>
<<
Sì, è lui. E’ un uomo con i baffi e
purtroppo malato da tempo. >>
<<
Allora è lui. Sua moglie è una mia
cara amica. >> disse la signora De la Roy.
Eh
no, questa non ci voleva. Anche se in realtà
potevo almeno sapere dove fosse adesso questa Carmen.
<<
Lei sa dove si trova la signora
Denali? >>
La
donna mi guardò con sospetto prima di
rispondere.
<<
Sa Duca, siamo in pochi a sapere di
questa storia. Conosco Carmen da molti anni, fin da quando è
arrivata qui a
Parigi. Dopo che ha abbandonato il marito, vive con la sua anziana
madre in una
grande tenuta, poco lontano da Parigi. >>
<<
Quindi è vero che non vive più con il
marito? >> mi anticipò Jonathan.
<<
Sì, è così. >> rispose
monosillabica.
<<
Direi che se è urgente domani mattina
posso accompagnarvi dal Duca Swan. >>
<<
Grazie Auguste. >> dissi
riconoscente, anche se ci sarei voluto andare subito. Il mio istinto mi
suggeriva che Bella però non fosse andata da lui. Era
orgogliosa e di certo non
ricercava un titolo nobiliare. Avrei dovuto informarmi di
più su Carmen Denali.
Cenammo,
parlando del più e del meno.
Nonostante la tensione mi ritrovai affamato e dopo declinai
l’invito di Auguste
di bere un bicchiere di vino con lui per andare a dormire. Jonathan
rimase per
educazione e lo ringraziai mentalmente per questo, ma si notava che era
stanco
anche lui. Sprofondai nel mio letto, ancora vestito e caddi subito in
un sonno
profondo. Furono le prime luci dell’alba a svegliarmi e mi
alzai di scatto,
cercando di capire dove mi trovassi. Una volta lucido mi ricomposi e
scesi
direttamente giù. Era ancora presto per la colazione, ma ero
in ansia e volevo
andare dal padre di Bella il prima possibile. Jonathan mi raggiunse
poco tempo
dopo, molto più riposato rispetto al giorno prima.
<<
Auguste mi ha detto, ieri sera, che
saremmo partiti molto presto. Non preoccuparti, a momenti dovrebbe
essere qui.
>>
Non
lo avrei mai ringraziato abbastanza per
tutto ciò che stava facendo per me. Come aveva detto,
Auguste De la Roy scese
poco dopo e ordinò di far sellare i cavalli e preparare la
carrozza.
<<
Scusate l’ora mattutina, ma ho
numerosi affari da risolvere quest’oggi. >>
<<
Non si preoccupi, per noi è meglio
così. >> dissi, salendo sul mio cavallo.
Ci
inoltrammo per Parigi e ci fermammo in un
altro palazzo, simile a quello del signor De la Roy, solo un
po’ più piccolo.
<<
Eccoci arrivati. Siete ancora miei
ospiti quindi vi attendo al mio ritorno. >>
Ringraziammo
e scendemmo dai cavalli. Fremevo
all’idea di incontrare Bella, ma sentivo per qualche ragione
che non si trovava
lì, almeno non più. Un maggiordomo ci
guardò con curiosità.
<<
Non siamo abituati alle visite di
sconosciuti. Voi siete? >>
<<
Io sono il Duca Edward Anthony Masen
Cullen, mentre il mio amico è il Conte Jonathan Arnold
Bennet. Desideriamo
parlare al Duca Swan. >>
<<
Per quale motivo? >>
<<
Vogliamo parlargli di sua figlia.
>> intervenne Jonathan.
Mi
sembrò che l’espressione del maggiordomo si
fece sorpresa, ma velocemente entrò dentro e ne uscii di
nuovo qualche minuto
dopo.
<<
Entrate, ma non stancatelo. Più tardi
arriverà il medico. >>
Lo
seguimmo e notai che nonostante la crisi
finanziaria del Duca, la casa era ben arredata, come si conviene. Ci
fermammo
dinnanzi una porta, dove l’uomo che ci aveva condotti fin
lì bussò un paio di
volte prima di farci entrare. La stanza era in penombra e un uomo era
disteso a
letto, con le spalle poggiate alla spalliera.
<<
Chi siete? Come sapete di Isabella?
>>
<<
Signor Swan, scusi l’intrusione. Il
Duca Cullen è il fidanzato di vostra figlia. E’ da
quando abbiamo perso le sue
tracce che vi stiamo cercando. >>
Guardai
Jonathan stupito. Sfortunatamente non
ero il fidanzato di Isabella, ma lui mi fece cenno di fare silenzio. Il
Duca
stava male si vedeva, ma era un tipo piuttosto furbo, si vedeva dal
modo in cui
ci guardava.
<<
Abbiamo fatto un lungo viaggio per
venire fin qui e di certo non ci saremmo disturbati se non fosse stata
una cosa
importante. >> continuò.
<<
E’ stata Isabella a dirvi che sono suo
padre? >>
<<
No, è stata Janet. >> dissi,
aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare.
L’uomo a sentire quel
nome si portò le mani al viso e sospirò
più volte.
<<
Non potrò mai redimermi per i miei
peccati. >>
<<
Dov’è sua figlia, Duca? >>
Feci
per avvicinarmi a lui, ma Jonathan mi
tenne fermo. Charlie aveva iniziato a tossire convulsamente, tanto che
il
maggiordomo di prima entrò di corsa e andò ad
aiutarlo.
<<
Duca, non deve agitarsi. >>
<<
Sto morendo George, per quale motivo non
dovrei agitarmi? Va via, fammi parlare con il fidanzato di mia figlia.
>>
Ancora
quelle parole mi facevano effetto, ma
m’imposi di prestare attenzione alle parole del Duca Swan.
Dovevo ritrovare
Bella e non volevo perdere altro tempo.
<<
E’ stata qui, fino a qualche giorno
fa. Poi è sparita senza alcuna ragione, senza neppure
salutarmi. >>
<<
Che significa sparita? >> dissi
alzando il tono di voce.
<<
La capisco Edward. Che pretende? Io
avrei voluto passare con lei questi miei ultimi giorni di vita, anche
se è ciò
che mi merito, stare qui da solo. L’ho rifiutata e ho seguito
la mia vita, ma
in un angolo del mio cuore lei c’è sempre stata.
>>
<<
Adesso è facile parlare così vero?
Ricordo ancora quando me l’ha portata via, era solo una
bambina. >>
Lo
sguardo del Duca si accese e i suoi occhi si
fecero lucidi.
<<
Mi sembravi famigliare. Sei tu il
bambino con cui lei parlava, quando l’ho trovata in quel
boschetto. >>
Jonathan
mi guardò con curiosità, ancora non
gli aveva detto che conoscevo Bella fin da quando eravamo piccoli.
<<
Ero io e forse se fosse rimasta con me
tutto questo non sarebbe accaduto. >>
<<
No, lei doveva stare con me. Sono suo
padre, avrei dovuto prendermene cura invece che lasciarla con quella
sgualdrina. Io però pensavo solo ai miei soldi e alla mia
reputazione. >>
<<
Charlie, mi ascolti. Ha detto che
Isabella è sparita, da un giorno all’altro.
>>
<<
Sì, non pensa che sua moglie possa
averle fatto qualcosa? >>
Le
parole di Jonathan mi avevano fatto gelare
il sangue nelle vene. Di colpo le parole di Janet mi trafissero la
mente.
<<
Carmen? Non penso arriverebbe a tanto.
>>
<<
Mi dica dove si trova. >>
Mi
avvicinai ulteriormente e dopo una breve
pausa, Charlie mi guardò negli occhi, gli stessi di Bella, e
qualcosa nel mio
sguardo lo convinse a dirmi ciò che volevo.
<<
Ha una tenuta non molto lontano da
qui. Poco fuori la città. George vi accompagnerà.
>>
Stavo
per girarmi e andarmene quando una mano
mi afferrò il braccio.
<<
Per favore, trovala e portamela. Non
dico che morirò in pace, ma voglio vederla ancora. Ti prego.
>> la
disperazione gli aveva fatto abbandonare i convenevoli.
Era
un uomo ferito e pentito e nonostante la
mia rabbia mi ritrovai ad annuire.
<<
Gliela riporterò in tempo. >>
Lui
mi lasciò e io mi fiondai fuori con Jonathan.
<<
Mi devi dire alcune cose interessanti
vero? >>
<<
Dopo. Andiamo adesso. >>
Tanta
era la fretta di andarmene, che afferrai
il maggiordomo per la giacca e lo trascinai fuori in pochi secondi.
<<
Faccia piano. >> mi disse l’uomo
con una punta di paura.
<<
Edward calmati. >>
<<
Non posso, Jonathan. Le è successo
qualcosa, capisci? >>
Lui
mi afferrò le spalle e mi scrollò un
po’.
<<
Mantieni la calma, ho detto. Ci siamo
quasi. La troveremo. >>
Annuii
freneticamente, il battito del cuore
accelerato. Vidi George salire su una carrozza e farci cenno di
seguirlo. Mi
pentii del modo in cui l’avevo trattato, ma dovevo arrivare
in fretta da lei,
me lo sentivo. Mi sembrò passare un eternità
prima di arrivare a destinazione,
ovvero una tenuta molto grande ma anche trascurata. Il cancello si
aprì dopo
averlo forzato per un po’ e ci addentrammo in quel giardino
pieno di
sterpaglie. George andò via, per stare con il Duca e io e
Jonathan bussammo
all’imponente portone in legno della casa. Nessuno venne ad
aprire, ma da una
finestra al primo piano vidi una signora anziana che ci osservava.
Capendo che
non ci avrebbe aperto, mi arrampicai su un albero vicino e rischiando
di
rompermi l’osso del collo, riuscii ad arrivare alla finestra
e a romperla con
il gomito.
<<
Edward! >>
<<
Jonathan aspettami lì. >>
Entrai
dentro e vidi la signora di prima
guardarmi quasi con sufficienza, come se fossi un normale conoscente
entrato
dalla porta e non uno sconosciuto che le aveva appena rotto una
finestra.
<<
Cerchi quella ragazzina, vero?
>>
<<
Mi dica dov’è. >>
<<
Bel giovanotto io sono rinchiusa in
questa stanza. Solo le mie domestiche mi vengono a fare visita.
>>
<<
Come sarebbe? >>
<<
La mia adorabile figlia mi tiene
rinchiusa, così come la tua giovane amica. Guarda tu stesso,
la porta è chiusa
a chiave dall’esterno. >> disse sprofondando
poi nella sua poltrona.
Cercai
di aprire la porta, ma in effetti era
chiusa. Quindi avevo ragione, Bella era in pericolo e quella
disgraziata di
Carmen l’aveva rapita.
<<
Carmen non c’è. L’ho vista uscire, ma
tornerà tra poco e sarai nei guai anche tu. >>
<<
Perché la tiene chiusa qui dentro?
Perché ha rapito Isabella? >>
<<
Quando mi ha detto la storia di quella
ragazza volevo avvertire suo padre, ma lei non ha voluto. Sul serio mia
figlia
non è cattiva è solo spaventata.
Ci ha
sempre tenuto troppo alla sua immagine.
La ragazza invece… aspetta che il povero
Charlie passi a miglior vita
per liberarla. >>
Non
volevo sentire altro, diedi un forte calcio
alla porta che finalmente si aprì. Mi diressi velocemente
alla finestra e
richiamai l’attenzione di Jonathan.
<<
Occupati di questa donna, io cerco
Bella. >>
Uscii
da quella camera velocemente e passai in
rassegna tutte le altre. La casa era molto grande e l’istinto
mi suggeriva di
salire ai piani superiori. Arrivai alla soffitta e come immaginavo
anche quella
era chiusa a chiave. Cercai di buttarla giù e dopo un paio
di tentativi ci
riuscii. C’era poca luce e muffa e polvere ovunque. Mi
addentrai in quel terribile
ambiente, con il cuore in gola. Poi la trovai e ciò che vidi
mi fece
rabbrividire. Chi le aveva fatto questo?
******************************
Ora
sappiamo dove era finita Bella. Le cose
sembrano essere più facili d’ora in poi, ma invece
siamo nel vivo della storia,
perché Carmen si rivelerà una donna difficile,
tra l’altro c’è sempre
Sophie…
non dimentichiamoci di lei…
A presto!
Stella
Del Sud
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