On My Way

di SeleneLightwood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo venti ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


A Fra, perché mi ha fatto

A Fra, perché mi ha fatto

 innamorare del suo Blaine totalmente e incondizionatamente;

a Mary, perchè dopo cinque anni ancora ci prova, ad insegnami qualcosa di moda;

 

e a Ila: grazie, tesoro! Senza di te questa storia non sarebbe mai uscita dalla mia testa.

You’re the Kurt to my Blaine <3

 

 

Capitolo uno

 

I saw you and the world went away

 

Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.

Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.

Kurt non credeva in Dio – diciamo che per lui rappresentava un conflitto di interessi – ma aveva sempre creduto nel destino, in un modo o nell’altro, anche quando per lui significava qualcosa di profondamente diverso da ciò che significava per gli altri.

Forse era per quello che amava tanto i musical, dove i protagonisti erano romanticamente destinati ad incontrarsi, prima o poi. Erano delle belle favole e gli piaceva pensare che nascosto là, da qualche parte, ci fosse qualcuno che lo aspettava.

Kurt era convinto anche che il destino avesse tracciato per lui una via molto chiara e un obiettivo ancora più cristallino.

Aveva dovuto lottare per ottenere il diritto di vivere la sua vita come voleva, aveva sofferto e sapeva che non era finita: le difficoltà erano dietro l’angolo. Solo che…che importanza avevano le notti spese a piangere, gli allenamenti distruttivi, tutti i sacrifici che aveva fatto, di fronte a quello che stava succedendo?

Cosa importava, ora che era nella più squallida delle stazioni ferroviarie dell’Ohio, pronto per partire per New York e per la NYADA?

Stava davvero per partire.

Il destino, però, ha sempre un prezzo e spesso è troppo alto da pagare, oppure nemmeno ci si accorge del contrappeso che si mette sulla bilancia fino a che non è troppo tardi per tornare indietro.

Il suo contrappeso era stata Rachel.

“E mi raccomando, chiamami appena arrivi. Anzi, ci sentiamo durante il viaggio”

Rachel gli buttò le braccia al collo, cogliendolo alla sprovvista, e Kurt cercò di trattenersi dal piangere lì davanti a tutti quanti quando il corpo dell’amica si strinse al suo disperatamente, trascinandolo con sé e facendogli quasi cadere il cappello bianco che indossava.

Si era ripromesso di non crollare, di non piangere come un idiota, e invece...

“Ti chiamerò ogni cinque minuti, ti aggiornerò su tutto. Arriverà Natale e nemmeno ce ne saremo accorti, vedrai!” le disse con la voce rotta.

Rachel non aveva superato il provino finale per entrare alla NYADA. La comunicazione era arrivata un mese prima del diploma, la tragedia era iniziata subito dopo. Kurt era stato il primo a saperlo – persino prima di Finn – e l’aveva trovata rannicchiata in un angolino, tra le quinte del teatro della scuola.

Non stava nemmeno piangendo, almeno non fino al momento in cui aveva notato Kurt in piedi di fronte a lei, addolorato. Allora l’aveva preso a pugni, aveva urlato e infine era crollata sulla sua spalla, singhiozzando senza riuscire a fermarsi.

C-cosa farò a-adesso? Che s-senso ha?” aveva singhiozzato mentre gli stringeva la camicia e lo ricopriva di lacrime.

Kurt l’aveva stretta a sé per tutto il tempo e aveva pensato che forse non valeva davvero la pena andare a New York senza Rachel, non dopo...beh, tutto. Perchè tutto quello che avevano sognato riguardo alla Grande Mela l’avevano sognato insieme: lasciare Rachel sarebbe stato come lasciare indietro un pezzo di sé troppo grande per riuscire a sopravvivere senza.

Il giorno dopo, per strada, gli avevano dato di nuovo del frocio e aveva deciso che non sarebbe rimasto in Ohio un secondo di più. Semplicemente non poteva.

Quello non era altro che un ulteriore segno che il destino gli stava mandando. Doveva andarsene e in fretta, anche.

“Non sarà la stessa cosa, senza di te” le sussurrò all’orecchio per cercare di tranquillizzarla, ma Rachel iniziò a singhiozzare sulla sua spalla senza ritegno, quindi dedusse che forse non era stata la cosa più intelligente da dire in quel momento.

“Uh” commentò, stritolato dalla sua presa. “Ti prego, Rach, non fare così”

Ma era la verità, dannazione, e non avrebbe mai potuto mentire.

Non sarebbe stato lo stesso, almeno per il primo anno.  

Il petto gli doleva per lo sforzo di trattenere le lacrime – laceranti fitte all’altezza del cuore – e quando alla fine alzò gli occhi su Finn, Carole e suo padre che li osservavano lì vicino non riuscì a resistere un secondo di più, così smise di provarci.

Mentre le lacrime bollenti gli scendevano lungo le guance e rendevano l’universo che lo circondava nient’altro che una macchia sfocata e dolorosa Rachel esclamò:

“Torturerò quei ragazzi! Sarà come averti qui”.

Kurt emise un suono strozzato a metà tra una risata e un singhiozzo, più per il gemito disperato di Finn che per la frase di per sé.

Dopo aver visto sfumata davanti ai suoi occhi la possibilità di andare alla NYADA, almeno per quell’anno, Rachel era caduta in un vortice di depressione e aveva visto la luce solo il giorno dopo del loro diploma, quando Will li aveva convocati per una riunione finale al Lima Bean, annunciando di avere qualcosa di importante da dire loro.

“Emma è incinta e mi hanno scritturato per Broadway” aveva proclamato senza tanti giri di parole mentre i soliti grossi lacrimoni si affacciavano sui suoi occhi.

Kurt non riusciva a ricordare una volta in cui il professor Shuester non si fosse commosso per qualcosa, in effetti.

Mentre tutti lo avevano abbracciato e Puck si era congratulato leccandogli una guancia – sempre originale, quel ragazzo – Will aveva guardato Rachel e gli aveva sorriso tra le lacrime.

“Ecco perché ho suggerito a Figgins di assumerti come nuova direttrice delle New Directions, Rachel. E lui ha accettato”, aveva aggiunto come se niente fosse.

Kurt ricordava con esattezza Will Shuester cadere a terra sotto il peso di Rachel che gli si lanciava addosso urlante e le New Directions al completo che li sommergevano.

Così Rachel avrebbe preso il comando del Glee Club del McKinley e si sarebbe preparata a vincere le Nazionali da direttrice, in un modo o nell’altro. Non l’aveva mai vista più determinata. Un campionato Nazionale in più significava una possibilità di entrare alla NYADA l’anno successivo e Kurt ci sperava con tutta l’anima, davvero.

 

Si sentiva terribilmente in colpa per ciò che era successo alle Nazionali.

In fondo al suo cuore albergava la sinistra convinzione che, giocandosi il diritto di cantare la ballad alle Nazionali, lui e Rachel si fossero giocati anche la possibilità di entrare alla NYADA.

Era quindi anche colpa sua, se Rachel non era stata ammessa? Aveva vinto l’assolo e le Nazionali, ma aveva perso Rachel?

Sì, alla fine erano riusciti a vincere, modestamente anche grazie a lui e alla sua canzone. Spesso ripercorreva con la mente i momenti in cui, dopo la sua ballad, aveva sollevato la coppa sopra la sua testa e il pubblico era esploso in applausi e ovazioni, e le New Direction erano impazzite di gioia, e c’era quel tipo che non conosceva in prima fila che piangeva commosso...

“Hai preso tutto, tesoro?”

Anche Carole in quel momento stava piangendo a dirotto e Kurt avrebbe tanto voluto che non lo facesse, ma non disse niente. Era già abbastanza difficile partire e lasciarsi tutti alle spalle. Non avrebbe saputo cosa dire, probabilmente.

Odiava vedere le cose da quel punto di vista, ma era ciò che stava facendo. Si stava lasciando alle spalle una vita che aveva amato e un luogo che aveva odiato, persone che aveva desiderato e persone che avrebbe voluto veder scomparire. Odiava Lima, ma era pur sempre...beh, casa.

“Ho preso tutto, non sono mica Finn! E anche avessi dimenticato qualcosa il treno sta per partire, quindi non potrei certo tornare indietro a prenderlo.

Burt fissava il figlio da tempo, ancora incapace di dire qualcosa, probabilmente in cerca di segni di pentimento sul viso del ragazzo. Kurt osservò suo padre di sottecchi mentre Finn protestava, indignato, per a sua frecciatina, e Carole gli sistemava affettuosamente il colletto della giacca, e Rachel non sembrava intenzionata a staccarsi dal suo braccio. Gli sarebbero mancati tutti da morire, sì, ma la persona dalla quale davvero non sopportava l’idea di separarsi era suo padre.

Burt, che lo aveva sostenuto sempre, anche quando la scuola era uno schifo e i bulli lo spingevano sugli armadietti; anche quando al ballo d’inverno del terzo anno lo avevano eletto reginetta e non c’era stato nessun altro a consolarlo; anche quando Dave si era presentato alla sua porta con un mazzo di fiori di scuse e della cioccolata e lui non aveva saputo non perdonarlo.

Kurt sapeva di lasciarsi indietro tante persone e tante questioni, alcune delle quali terribilmente irrisolte.

Una di queste era Dave. Ma si era ripromesso di non pensarci, così scosse la testa per scacciare le lacrime che si erano affacciate sui suoi occhi azzurri e si decise a salutare suo padre.

Burt lo osservò con attenzione. “Stai davvero partendo” disse, la voce roca per via della commozione.

Kurt sorrise tra le lacrime.

“Già”, disse, strusciando i piedi a terra.

“Oh, vieni qui

Burt si sporse in avanti e strinse Kurt in un abbraccio stritolatore. Kurt non si lamentò, ma affondò in quell’abbraccio profondo che sapeva di casa per un’ultima volta, più forte che poté, poi si separarono.

“Chiama appena arrivi!” gli raccomandò Carole, prendendo per mano suo padre. Finn sorrise e gli batté una mano sulla schiena, facendolo tossicchiare appena.

“Vedi di tornare presto, amico, che Rachel non la reggo da solo”

Si beccò uno schiaffetto sul gomito – probabilmente il posto più alto di lui che Rachel riusciva a raggiungere senza salire su una pila di libri – e rise.

Kurt afferrò il manico della valigia e si mise il borsone in spalla.

Perchè diavolo ho portato tutta questa roba?

Carico come un mulo lanciò un’ultima occhiata alla sua famiglia, sorrise, si voltò e camminò incontro al suo destino.

 

Attraversò il sottopasso trascinandosi dietro la valigia di Luis Vuitton e raggiunse il binario indicato sul tabellone degli arrivi ansimante. I suoi bagagli pesavano, ovviamente, mezzo quintale, ed aveva ridotto di metà il suo guardaroba! Molte cose glie le avrebbero spedite i suoi direttamente a New York, infatti.

Si sistemò meglio il cappello e controllò il proprio riflesso di nascosto sulla vetrina del bar della stazione.

Ok, doveva ammettere che era stato un po’ melodrammatico nella scelta dell’abbigliamento, ma stava o no andando a New York? Non stava forse per dare inizio al suo sogno americano?

Quindi quella mattina davanti all’armadio, ormai quasi del tutto svuotato dalle sue cose, aveva rimuginato a lungo e infine aveva deciso di vestirsi a tema, elegante come sempre. Ora indossava, oltre al cappello bianco, una polo rosso bordeaux e una giacca di velluto blu notte sopra, che – a detta sua – si sposavano benissimo con i pantaloni in cotone con un minimo risvolto all’altezza della caviglia, naturalmente color fango; aveva poi optato per dei calzini dello stesso colore della polo e delle scarpe eleganti, blu scuro.

A coronare il tutto, il tocco d’arte al quale aveva lavorato per tutta la settimana prima della partenza: nel taschino della giacca vi era infilato un fazzoletto di cotone, bianco, con una mela ricamata in cima.

Si sentiva...americano, sì.

Kurt smise di rimuginare sul suo outfit da bandiera USA quando la voce metallica dell’altoparlante di servizio annunciò:

Il treno 142bisA per Pittsburgh è in arrivo al binario nove”

Il treno che lo avrebbe portato alla sua prima tappa, passando per Columbus, doveva essere sulla piattaforma alle dieci e quindici, ed erano già le dieci e dieci.

Solo cinque minuti, pensò.

Solo cinque minuti e sarebbe partito, finalmente diretto a New York, solo. Dall’altra parte della stazione intravedeva ancora le sagome poco chiare di Finn, Rachel, Burt e Carole, e per non scoppiare a piangere di nuovo cercò qualcosa da fare.

Devo distrarmi, non devo pensarci. Sto partendo per New York, ripeté tra sé.

Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca e si mise a spulciare la galleria delle foto del diploma, più nostalgico che mai.

La prima foto li ritraeva tutti insieme nei momenti successivi alla cerimonia, proprio nell’aula di canto.

Fece scivolare lo sguardo sui suoi amici del Glee Club, la sua seconda famiglia.

C’erano Quinn, finalmente guarita dopo l’incidente d’auto, e Jhon, il suo nuovo fidanzato, in piedi l’uno di fronte all’altro. Sarebbero entrambi andati a Yale e Kurt non se n’era stupito nemmeno un po’. Quinn era bravissima.

Chissà se hanno trovato l’appartamento che cercavano...

La foto successiva ritraeva Brittany mentre sorrideva mesta ed era girata di tre quarti per osservare Santana; quest’ultima chiacchierava con Mercedes, quasi commossa mentre la sua ragazza le teneva orgogliosamente la mano. Brittany non era riuscita a diplomarsi – forse perchè aveva portato una tesina su Lord Tubbington, chissà – e Santana aveva deciso di lavorare come cameriera al Lima Bean per un anno per poi andare a vivere con lei a Los Angeles.

Peccato che Lord Tubbington sia morto a luglio. Sarebbe stato orgoglioso della dichiarazione di Santana.

Sam, proprio di fianco a loro, stringeva Puck in un abbraccio; il labbro tremante e le lacrime agli occhi erano perfettamente visibili anche dallo schermo troppo piccolo del telefono. Aveva sempre sospettato che ci fosse qualche romantico aneddoto su loro due, dopotutto. Ora Sam era tornato a vivere con i suoi genitori e stava valutando varie offerte lavorative dalle sue parti, ma Kurt era rimasto in contatto con lui.

Caro, vecchio bocca di trota...

Mike, che nella foto stringeva forte Tina e le stampava un bacio a fior di labbra, avrebbe studiato danza alla Juliard.

Fece scorrere il pollice sullo schermo e cambiò foto: Puck compariva sfocatamente sullo sfondo mentre si prendeva la rivincita del secolo e baciava la madre di Rachel davanti a tutti – Dio, quanto aveva riso - , e l’intera foto era occupata da Rachel che sventolava soddisfatta il suo cappello del diploma. Puck si era diplomato, alla fine, anche se nessuno sapeva davvero come ci fosse riuscito, e ora lavorava a tempo pieno come lava-piscine, ma Kurt era sicuro che presto avrebbe trovato un lavoro migliore. O sarebbe finito in prigione.

Tutti gli altri ragazzi del Glee che ancora frequentavano la scuola per l’ultimo anno sarebbero probabilmente rientrati nel Glee Club.

Kurt era quasi certo che Rory o Artie avrebbero ucciso Rachel, presto o tardi.

Forse dovrei iniziare ad organizzarmi per il suo funerale.

La figura familiare di Mercedes si stagliava semi-sfocata sulla parte sinistra della foto, proprio di fianco a Finn, e sorrideva verso l’obiettivo. Dopo la rottura con Sam e con Shane era rimasta single. Ora era stata presa alla Cameron di Boston e sarebbe partita una settimana dopo di Kurt.

Kurt osservò malinconicamente la foto e si domandò se era quello, ciò che il destino voleva davvero per lui. Lasciare a Lima tutto il suo passato, tutti i suoi amici, e ricominciare la sua vita da capo a New York, solo e pieno di sogni.

Forse era per quello che pensava costantemente al destino e a cosa voleva per sé stesso. Stava per partire, dopotutto. Quale momento più opportuno per farsi domande sulla propria vita ma non avere le risposte?

Fece scorrere di nuovo il pollice sul telefono per cambiare foto e gli si strinse lo stomaco quando il viso sorridente di Dave Karofsky gli comparve di fronte. Ricordava quando avevano scattato quella fotografia. Era il loro primo e ultimo anniversario ed erano al parco di Lima, felici e sorridenti. Kurt tentò di ignorare il groppo in gola per l’ennesima volta e ripose il telefono in tasca passandosi una mano sul viso con aria stanca.

“Il treno per Pittsburgh, binario nove, arriverà con cinque minuti di ritardo.”, annunciò la voce di servizio, e tanto per fare qualcosa Kurt prese ad osservare le persone che si trovavano sul suo stesso binario e che magari avevano la sua stessa destinazione, New York City.

C’erano due ragazze sorridenti con delle valigie stracolme fino all’orlo, una madre con due bambini e un ragazzo proprio vicino alla colonna, un po’ distante da lui, con i capelli ricci e neri, un borsone scuro e la custodia di una chitarra in spalla.

Lo sguardo di Kurt scivolò tra le persone che lo circondavano con aria assente e si riscosse solo quando il fischio del treno in lontananza ne annunciò l’arrivo.

Oddio, pensò, emozionato e spaventato al tempo stesso. Ci siamo.

Lanciò un ultima occhiata tremante alle sue spalle e salutò Rachel con la mano – lei e Finn erano ancora dall’altra parte del binario – poi voltò le spalle all’Ohio e si preparò a salire sul treno.

Quello arrivò con uno stridio di freni e le porte si spalancarono proprio di fronte a lui, così saltò a bordo trascinandosi dietro la valigia e il borsone; cercò di ignorare i gridi e i saluti delle persone fuori dal finestrino  e arrancò fino al primo scompartimento, che trovò pieno e fin troppo vivace. Quando notò che era la prima classe imprecò sottovoce e tornò indietro.

Non c’è un maledettissimo scompartimento tranquillo?

Desideroso di silenzio attraversò tutta la prima metà del treno per arrivare ai vagoni di seconda classe. Quello che trovò era praticamente vuoto: c’era solo un ragazzo con dei lunghi rasta e la pelle scura, seduto verso la metà del treno, che stava rovistando nel suo zaino.

Soddisfatto, Kurt scelse un posto vicino al finestrino e arrampicò i bagagli nell’apposito spazio prima di buttarsi di peso sul sedile, sfiancato.

Ma perché accidenti mi sono portato dietro tutti i numeri di Vogue dal duemilauno ad oggi?

Un ultimo sguardo all’Ohio e il treno partì lentamente, facendo cigolare le giunture e tremare leggermente sedili e vetri. Sembrava quasi che volesse dargli tempo di salutare un’ultima volta casa.

Beh, era salito.

E’ fatta. Sto davvero andando a New York.

Kurt distolse lo sguardo dal finestrino mentre il paesaggio urbano scompariva velocemente e lasciava spazio alla campagna – non avrebbe sopportato di vedere Rachel rimanere in stazione senza di lui – e prese a guardarsi intorno.

Il treno che lo avrebbe portato fino a Pittsburgh era un normalissimo treno inter-regionale di quelli né troppo scomodi né estremamente lussuosi, con grandi vetri e sedili disposti a coppie, ogni coppia una di fronte all’altra. Non c’erano cuccette, quello era il treno che avrebbe dovuto prendere da Harrisburgh, in Pennsylvania, a New York.

Non aveva ancora osato pensare a come sarebbe stato dormire insieme a qualche sconosciuto in un treno scadente. E se si fosse trovato con un pazzo maniaco? Con un gruppo di ragazzine urlanti? Con gente armata fino ai tenti?

Kurt venne distratto dai suoi inquietanti pensieri quando la porta scorrevole si aprì scattando di lato e qualcuno si infilò agilmente nello scompartimento.

Alzò gli occhi per osservare il ragazzo appena entrato: aveva dei morbidi capelli scuri e ricci, e...ma era il ragazzo che aveva visto sul binario, l’aveva riconosciuto dalla chitarra!

Probabilmente ragazzo-chitarra – Kurt non sapeva bene come definirlo - si sentì leggermente osservato, perché dopo essersi guardato spaesato intorno per un istante posò lo sguardo su di lui e si irrigidì all’improvviso, spalancando appena gli occhi.

Kurt era troppo occupato a fissare la sua figura per notare il lampo che passò nei suoi occhi, ma anche se lo avesse guardato in viso probabilmente non se ne sarebbe accorto, perché durò solo un istante.

Quando Kurt alzò gli occhi sul suo viso, distogliendoli dalla sua felpa azzurra, ragazzo-chitarra sorrise timidamente e indicò con un cenno del capo il sedile di fronte al suo.

“E’ libero?” chiese.

Kurt lo fissò per un altro istante con aria intontita prima di risvegliarsi dalla momentanea trance e esclamare: “Sì, certo!”

Si diede mentalmente dello stupido per aver avuto una reazione del genere, ma...sembrava quasi che nello scompartimento fosse entrato un angelo.

Si ritrovò distrattamente a sperare che sorridesse di nuovo, perché non aveva mai visto qualcuno sorridere in quella maniera. Quando quel ragazzo aveva timidamente alzato gli angoli della bocca, a Kurt il mondo era sembrato improvvisamente più luminoso.

 

 

 

 

Note dell’Autrice

Beh, ehm.

Ehilà! Ciao a tutti! Che cosa ci fa una Potterheads nel fandom di Glee, vi starete domandando? O forse non ve lo state domandando, in effetti. Che vi importa a voi? XD

Forse mi conoscente, ma in caso mi presento.

Sono SeleneLightwood, ma potete chiamarmi Selene o Sally, e qui sul fandom di glee per ora ho scritto solo qualche One-Shot, tutte Klaine, che trovate nella mia pagina autrice.

Comunque, durante un viaggio in treno – incontro tra fanwriter, roba grossa! – ho avuto questa fulminazione improvvisa. E se Kurt e Blaine si conoscessero in treno, diretti a New York, e si innamorassero? Perché è ovvio che la storia, essendo una Klaine romantica, voglia andare a parare lì, eh.

Diciamo che ho iniziato quasi per scherzo, ma la trama è venuta fuori da sola, tutta in blocco, e quindi da mini-long che doveva essere sono venuti fuori ventuno capitoli.

Eh boh, eccoci qui J

Ma parliamo di questo capitolo. Lo so che è molto descrittivo, ma ci voleva un taglio netto per illuminarvi sulla situazione di Kurt – e anche per mettervi tanti dubbi. Cosa c’era tra lui e Dave? Cosa c’è ancora? E Blaine che tipo di vita ha avuto?

La storia prende forma da un unico grande “what if?”: Kurt e Blaine non si sono mai incontrati prima, poi scoprirete perché e quando sono stati ad un passo dal farlo. Hanno vissuto le loro vite separatamente ed ora eccoli qui, e vedremo cosa succede.

Che altro posso dire?

Lo scoprirete solo leggendo, quindi ringrazio anticipatamente tutti quelli che vorranno intraprendere con me, Kurt e Blaine questo assurdo viaggio verso NY!

Cavolo, questa frase conclusiva m’è venuta veramente bene!

 

Ok, la smetto di sclerale.

 Baci, Selene

 

Ah, ecco che mi dimenticavo! Cercherò di aggiornare ogni martedì! Se volete contattarmi per qualsiasi cosa, domande o chiacchiere, ecco la mia pagina facebook:

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due

Capitolo due

 

“I’ve heard it said

 that people come into our lives for a reason”

 

“Grazie”

Kurt si ritrovò a considerare che, effettivamente, ragazzo-sorriso poteva essere molto più appropriato di ragazzo-chitarra quando anche gli occhi del suddetto si illuminarono, seguendo l’enorme sorriso che gli era spuntato in viso. Aveva sempre trovato l’espressione “ridere con gli occhi” piuttosto priva di senso – uno dovrebbe ridere con la bocca, a rigor di logica – ma a quanto pare si sbagliava. E di grosso, anche.

Sembrava che quel tipo non potesse fare a meno di incurvare le labbra verso l’alto.

Concentrato com’era ad ammirare, nemmeno tanto velatamente, il fisico del suo compagno di scompartimento, non si perse nemmeno una sua mossa. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli ricci coperti da una quantità industriale di gel e Kurt si domandò distrattamente come facesse la sua mano a non rimanere attaccata alla testa, con tutto quell’appiccicume. Dopotutto se esisteva la lacca biologica, perché diavolo qualcuno avrebbe dovuto voler impiastricciarsi i capelli con quella roba?

Ragazzo-chitarra si guardò intorno con aria incuriosita un’ultima volta. Alla fine sembrò decretare di aver scelto un buon posto, perché posò la chitarra sul sedile di fronte a quello di Kurt, facendosi scivolare la cinta lungo la spalla. Prese ad armeggiare con il borsone, dandogli lievemente le spalle, e si allungò verso l’alto, sollevandolo per cercare di incastrarlo nel portabagagli  sopra le loro teste. Mentre si allungava la felpa azzurra che indossava si sollevò appena, rivelando una porzione di pelle abbronzata e la pancia piatta. Kurt fece scorrere lo sguardo dalla felpa ai Jeans chiari. Alla fine l’occhio gli cadde in via del tutto casuale sul suo sedere.  

No, Kurt, si impose. Da un’altra parte. Guarda da un’altra parte.

Quando fallì miseramente ringraziò il cielo che il proprietario di quel...sorriso fosse troppo occupato nel suo intento per badargli. Il ragazzo aveva infatti una smorfia concentrata in volto e la lingua tra i denti mentre cercava il modo di incastrare il borsone al suo posto. A Kurt sembrò assolutamente adorabile.

Ok, poteva succedere che si perdesse ad ammirare il fisico di un ragazzo che non conosceva – mica era cieco! – ma dovette ammettere di sentirsi un po’ pazzo, a sbavare così per uno sconosciuto. Che poi non è che stesse proprio sbavando. Stava semplicemente ammirando il modo in cui quei normalissimi jeans gli stessero bene. E il modo in cui era dannatamente carino.

E’ uno sconosciuto, si disse, cercando di darsi un contegno. Non fare il cretino, non è che solo perché stai andando a New York e adesso sei single – più o meno – devi guardare tutti i ragazzi carini che incontri.

Cazz...Ahia

Un lieve tonfo e un gemito dopo, Kurt alzò il viso di scatto verso il ragazzo davanti a lui, che aveva apparentemente preso in testa il borsone scivolatogli dalle mani.

Carino e imbranato, pensò irrazionalmente. Un cocktail micidiale.

Aspettate un momento. Ma quanto cavolo era basso quel ragazzo?

Si sporse automaticamente verso di lui, mordendosi le labbra per non sorridere. Non poteva passare per una persona così poco seria, andiamo.

“Serve una mano?”

Il ragazzo alzò gli occhi su di lui, socchiudendoli appena, e Kurt avrebbe tanto voluto prendersi a schiaffi da solo per aver posto una domanda così stupida! Ma era ovvio che gli serviva una mano, gli era appena cascato il borsone in testa!

“Oddio, scusa, che domanda idiota!” esclamò incapace di trattenersi.  Iniziò a blaterare a macchinetta, come ogni volta che si sentiva imbarazzato o a disagio.

“Voglio dire, è naturale che ti serva una mano, ti è appena cascato tutto e deve pesare davvero parecchio, e oh! è davvero un ottimo colore, sai? Ma dicevo...aspetta, ti aiuto!”

Concluse quell’insensato aborto con il volto in fiamme per la vergogna – e per non aver preso fiato mentre parlava – senza avere il coraggio di definirlo frase. Non potè fare a meno di scorgere, comunque, il sorrisetto che era spuntato nuovamente sulle labbra del ragazzo.

Vi prego, datemi una pala. Devo sotterrarmi. Adesso.

Il ragazzo però non gli passò nessuna pala: evidentemente non avevano ancora inventato la telepatia. Si limitò a lanciargli un’occhiata riconoscente mentre Kurt lo aiutava a incastrare il bagaglio nel minuscolo spazio che avevano.

Ora penserà che sono un idiota.

“Grazie, davvero” ripeté invece quello, avvicinandosi al suo sedile e spostando la chitarra per farsi spazio. Emise un lungo sospiro e si sedette e Kurt lo imitò, iniziando a frugare nella sua borsa per evitare di guardarlo in faccia.

Che figura...

Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, tanto per assicurarsi che non lo stesse fissando inorridito.

In realtà il ragazzo stava ancora sorridendo lievemente. Teneva gli occhi bassi e le ciglia sfioravano con delicatezza le guance un po’ rosse. Stava accarezzando pensierosamente la custodia nera della chitarra, passando il pollice sul bordo e proseguendo per tutto il manico. Kurt seguì il movimento della sua mano e i suoi occhi si posarono su un cartellino sul quale era apparentemente scritto un nome, attaccato alla custodia insieme ad alcuni portachiavi che pendevano nello stesso punto.  

Si sporse appena verso il finestrino fingendo di guardare fuori e lanciò un’occhiata per vedere meglio.

B.

Riusciva a leggere solo una maledettissima lettera.

Oh, beh, meglio di niente, no?

B spostò un po’ la chitarra, facendola passare oltre il ginocchio e posizionandosela tra le gambe. Appoggiò il mento da un lato della custodia e iniziò a guardare fuori dal finestrino con aria pensierosa. Il cartellino scomparì alla vista di Kurt, che si rintanò nel suo sedile, deluso.

Che poi non capiva perché avrebbe dovuto sentirsi deluso.

In fondo era solo uno sconosciuto che si era seduto davanti a lui in treno. Certo, era anche molto carino e aveva un’aria assolutamente adorabile, era il suo tipo ideale di ragazzo – quel test su Vogue funzionava davvero! – e...cos’altro c’era? Sembrava gentile.

Kurt non amava molto conversare con gli sconosciuti, anzi. Si era cercato quello scompartimento semi-vuoto per stare in pace e non essere disturbato da troppa gente. Non si poteva mai sapere quali incontri inquietanti ti aspettavano su un treno. Eppure quel ragazzo aveva l’aria di qualcuno con cui doveva essere davvero piacevole parlare; qualcuno del cui sorriso non ti stancavi mai.

Forse la svolta che stava prendendo la sua vita lo stava condizionando un po’. Ma stava andando a vivere a New York City: che male c’era nel voler cambiare qualcosa della sua vita? In fondo cos’era che decretava ciò che era da lui e ciò che non lo era?

Nel frattempo B sembrava aver perso ogni interesse per il mondo che lo circondava, troppo impegnato a guardare fuori dal finestrino per accorgersi di altro, così Kurt si dette dello stupido per la millesima volta quella mattina e decise di fare altro: quell’incontro casuale sarebbe rimasto un incontro casuale.

Niente di più di un ragazzo carino seduto davanti a lui in treno.

Estrasse il libro che aveva infilato in borsa prima di partire e lo aprì con fare teatrale, immergendovi la faccia. Non doveva far cadere l’occhio sul ragazzo per nessun motivo.

Iniziò a leggere quasi svogliatamente le prime righe, e questo era ridicolo, perché quello era il suo romanzo preferito. B continuava a guardare fuori dal finestrino e Kurt non riusciva a non trovare la sua aria persa terribilmente attraente.

 Cercò di riportare la propria attenzione sul libro e lesse ben due pagine tutte d’un fiato, poi si azzardò ad alzare leggermente lo sguardo. Nello stesso istante B lo distolse.

Ah! Lo stava guardando, allora!

Beccato, pensò soddisfatto Kurt.

Tornò al libro sorridendo lievemente. Lesse altre due pagine e rifece la stessa operazione. Quando alzò di nuovo gli occhi, però, il ragazzo aveva riportato lo sgurdo verso il paesaggio che scorreva velocemente oltre il vetro.

Che poi, di che diavolo di colore ce li aveva, gli occhi? Erano marroni? Eppure sembravano chiari...Verdi, forse?

B si voltò, probabilmente perché sentiva osservato, e Kurt abbassò gli occhi di scatto mentre le guance gli andavano a fuoco. Fissò pagina centosettantasette fino a che le lettere non iniziarono a mescolarsi da sole. Quando decise che era passato abbastanza tempo – stava diventando cieco, a forza di fissare il libro – si azzardò a buttare l’ennesima occhiata.

L’altro ragazzo aveva ripreso a guardare fuori, appoggiato al finestrino. La guancia sfiorava il vetro freddo e gli occhi erano socchiusi, perché la luce del sole gli batteva direttamente in faccia, ma non ne sembrava affatto infastidito. Sembrava più un gatto che si godeva il calore tiepido dei raggi di fine estate, accoccolato su una poltrona.

“Sai che la vita da ghetto non fa per te, fa per te, fa per te!”

Kurt sobbalzò sulla sua poltrona quando qualcosa partì a palla dal fondo del vagone. Si voltò e sbirciò verso l’unico altro passeggero: il ragazzo con i rasta se ne stava spaparanzato sul suo sedile con l’ipod infilato nelle casse a tutto volume, dal quale fuoriusciva il suono più fastidioso che avesse mai sentito in tutta la sua vita.

Provò a lanciargli un’occhiataccia, ma quello non lo notò nemmeno, visto che era relativamente lontano e comunque troppo occupato ad ondeggiare la testa a tempo con...no, si rifiutava di definirla musica.

Tornò stizzito al suo libro e tentò di concentrarsi e leggere, ma il volume era davvero alto e il testo era orribile.

“Forse non sapevi che qui giriamo tutti armati, amico, ma non preoccuparti, è la vita da ghetto, ghetto, ghetto!” gli rimbombò nelle orecchie.

Che orrore.

Profondamente disgustato Kurt ricominciò da dove era stato interrotto, cercando di sovrastare con la voce della mente quella del cantante.

...da cui ebbe l’orrida visione dell’enorme ragno morto disteso sul dorso, le zampe rannicchiate e aggrovigliate, lesse, quasi urlandoselo in testa. Come se volesse indispettirlo, quello scempio aumentò di volume.

“Qui nel ghetto non puoi girarti che già ti trovi un coltello nelle spalle, ghetto, ghetto, ghetto, yo!”

Ma che diavolo...? Kurt voltò stizzito pagina, continuando nel suo intento, gli occhi ridotti a due fessure e la lingua tra i denti. Qualcuno vicino a lui ridacchiò sommessamente.

...che scintillava pallida tra gli alberi, si mescolavano con la luce che dalla finestra illuminava il corpo..., continuò Kurt imperterrito.

...e se vedi il senatore, sparagli a vista, sparagli a ore, perché lui non vive nel ghetto, ghetto, ghetto!” tuonò allegramente il cantante tramite le casse dell’ipod.

...di Aragog sul bordo di una – e che diavolo, allora!

Kurt si voltò di nuovo per fulminare con lo sguardo quel tipo in fondo al vagone, stringendo le labbra in una smorfia di disapprovazione.

Lanciò l’occhiata più gelida di cui fosse capace e continuò fino a che non sentì una risata cristallina proprio di fronte a lui.

Si voltò ancora, ma qualsiasi cosa acida avesse da dire gli morì sulle labbra.

Ragazzo-chitarra stava ridendo di gusto di fronte alla sua espressione furiosa e imbarazzata insieme, gli occhi vivaci e allegri puntati nei suoi.

E quel suono era la cosa più stupendamente spontanea e genuina che avesse mai sentito.

“Non ti piace la musica da ghetto, eh?”

Kurt si imbambolò un secondo al suono della sua voce divertita. Quando si rese conto che ancora non aveva dato una risposta cercò di riscuotersi. I suoi poveri neuroni, che per quel breve istante di totale black out avevano saltellato felicemente in giro per il suo cervello, scontrandosi tra di loro, tentarono una connessione di fortuna. Miracolosamente, ci riuscì.

“A dire la verità proprio no. Preferisco altri tipi di musica” commentò scuotendo lievemente la testa. Chissà, forse anche quel ragazzo di fronte a lui era un musicista rap, o qualsiasi cosa fosse.

“E dopo che hai sparato al senatore, spara anche a me, perché è la vita da ghetto, ghetto, YOH!”

Oh, non era possibile. Ma chi diavolo aveva scritto il testo di quell’abominio?

“In effetti” concordò B con quell’adorabile sorrisetto ancora sulle labbra. “è musica imbarazzante”.

Kurt ridacchiò e alzò le spalle.

“Beh, sono piuttosto schizzinoso in fatto di musica” spiegò, desideroso di non passare per il criticone di turno.

B se ne uscì con un verso piuttosto buffo a metà tra un colpo di tosse e una risata.

“Io di solito ascolto pop e rock, ma adoro anche i musical”

Kurt sorrise più ampiamente e commentò:

“Beh, alla fine il fascino del palco è sempre lo stesso, che sia un musical o un concerto di Ozzy Osbourne

“Oh, io ci sono stato, a un concerto di Ozzy Osbourne. E, fidati, è...inquietante, ecco”

Finse di rabbrividire, facendo una faccia buffissima, e Kurt rise.

Suoni la chitarra?” domandò. Si rese conto di aver posto l’ennesima domanda idiota – chissà cos’altro avrebbe dovuto farci, con una chitarra – ma B sembrò contento che Kurt glie l’avesse chiesto, perché rispose:

“Anche. In realtà il mio strumento è il pianoforte, ma era un po’ complicato portarlo in treno”

“Già, in effetti”

B non disse dov’era diretto e Kurt non lo chiese, anche se moriva dalla voglia di saperlo.

Chiuse il libro che ancora stringeva tra le mani, preso dalla conversazione, e si sporse in avanti per rispondere. Il ragazzo riccio di fronte a lui abbassò casualmente gli occhi sulla copertina del libro e li spalancò sorpreso.

“Harry Potter!” esclamò.

Kurt alzò un sopracciglio, interdetto.

No, sono Kurt Hummel, avrebbe voluto rispondere. Niente cicatrice, niente amico rosso e niente nemesi mortale senza naso, mi dispiace.

E fu esattamente quello che fece.

Il ragazzo di fronte rimase immobile per un istante e nei suoi occhi Kurt colse sorpresa, divertimento e qualcos’altro che non seppe decifrare. Poi B scoppiò a ridere di gusto, tenendosi la pancia e spalmandosi addosso alla chitarra con le lacrime agli occhi.

Kurt rise con lui, imbarazzato e divertito insieme. E’ che la battuta gli era venuta naturale e la sua risata era così bella che Kurt si ritrovò a sperare che ridesse di nuovo per qualcosa di divertente detto da lui. O che ridesse e basta, ecco. B si asciugò una lacrima e si passò una mano tra i capelli, lanciandogli un’occhiata divertita. Poi si allungò verso di lui e gli porse la mano.

“Blaine Anderson” annunciò allegramente mentre Kurt afferrava la mano che gli porgeva e la stringeva. “Cicatrici sì, ma non in fronte, un sacco di amici rossi e diverse nemesi mortali, a pensarci bene. Quasi tutte con il naso, credo.”

Blaine. Assaporò il suono dolce di quel nome nella mente e si sciolse nella sua stretta. La mano di Blaine era calda, praticamente bollente, e creava un netto contrasto con la sua, che era sempre un ghiacciolo.

“Un altro fan di Harry Potter, presumo” commentò Kurt indicando distrattamente la copertina del libro con un cenno della testa. Non riusciva a staccare gli occhi dal volto di Blaine. Non era uno di quei ragazzi belli da morire, quello no. Però il viso aveva una forma armoniosa e dolce, non troppo allungata, e il taglio degli occhi li faceva apparire sempre allegri. Kurt si stava ancora domandando di che colore fossero – ora che erano lontani dalla luce del sole sembravano nocciola – quando Blaine ridacchiò e si sistemò meglio sul proprio sedile, lasciandogli la mano. Dovette fare uno sforzo enorme per non arrossire. Andiamo, non era più un cucciolo di pinguino!  

 “Sono un vero fissato” rivelò, facendogli l’occhiolino. A Kurt mancò per un istante il respiro, ma si riprese senza che l’altro lo notasse.

“Io li ho letti solo quest’estate” disse allora, imbarazzato. Blaine spalancò gli occhi.  

“Davvero?”

Dal suo tono era facilmente intuibile che vedeva quella di Kurt come la più grave delle mancanze ma che lo considerasse abbastanza simpatico da non meritare la lapidazione immediata.

“Beh, un mio vecchio amico mi ha tormentato per un anno intero e alla fine ho ceduto. Ancora litighiamo per via di Harry. Non lo trovo un personaggio molto credibile, ecco” spiegò Kurt, stringendo le mani una nell’altra e accavallando le gambe. Il ricordo di Sam Evans vestito da giocatore di Quidditch gli era rimasto impresso a fuoco nella mente.

“Povero Harry! Che ti ha fatto di male?” domandò Blaine sporgendosi in avanti.

Kurt ci pensò un istante prima di rispondere. E se Blaine fosse stato un fan di Harry e parlandone male si fosse offeso? Avrebbe cambiato scompartimento? Rischiava il pubblico linciaggio?

No, i fan di Harry Potter non erano così tanto suscettibili, andiamo!

“Beh” rispose infine, scegliendo con cura le parole. “C’è sempre qualcuno che deve corrergli dietro e salvargli la pelle. E poi il mio personaggio preferito è la McGranitt

Ecco, ottima mossa, Kurt. Distrailo con qualcos’altro.

Blaine si aprì in un altro sorriso mozzafiato e il battito cardiaco di Kurt accelerò un po’.

“Il mio migliore amico del liceo aveva una cotta per la McGranitt” rivelò con aria cospiratoria, annuendo solennemente e facendo ridacchiare Kurt, che si passò una mano tra i capelli cosparsi da un quintale di lacca biologica con fare imbarazzato.

“Beh, io non sono arrivato a livelli così tragici. Non ancora, almeno”. Si sentiva misteriosamente le guance in fiamme.

“Oh, lui non faceva altro che tesserne le lodi a destra e manca. Una volta ne stava parlando da un’ora, non ne potevo davvero più! Eravamo talmente esasperati che  l’abbiamo buttato fuori dalle prove del Glee Club e…”

Aspetta un momento. Che cosa?

Kurt spalancò gli occhi. La sua espressione sorpresa – forse più sconvolta che altro – fece fermare Blaine, che gli lanciò quello che lui interpretò come uno sguardo perplesso. Quei pochi neuroni rimasti avevano iniziato a ballare la conga nella sua testa e la parte che ancora non era del tutto andata continuava a gridargli, con la forza di una sirena d’allarme: coincidenza!

 “Hai…hai detto Glee Club?”

Blaine esitò per un istante. Aprì la bocca e la richiuse e si fissarono per un secondo piuttosto lungo. Fu proprio lui il primo a riprendere la parola. Forse Blaine era solo stupido della domanda. I Glee Club non erano poi così famosi, in America, doveva sembrargli strano che Kurt li conoscesse.

“Frequentavo la Dalton Academy” raccontò esibendo un sorriso caldo. Kurt a quella vista si sciolse un po’. “Ho cantato negli Warblers per…tre anni, più o meno”

Beh, ragionò mentre le sinapsi del suo cervello si sconnettevano di botto, stecchite dalla sorpresa. Questo sì che è destino.

 

 

 

Note dell’Autrice

Tah-dah!

Eccoci qui con il capitolo due, postato con un giorno di anticipo, visto che era pronto!

Per prima cosa voglio ringraziare quelle santissime quattro ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ma anche tutti i preferiti e tutte le seguite. Ragazze, vi adoro, siete già così tante!

Poooi. Che ve ne pare di questo capitolo? Blaine è adorabile, non c’è niente da fare. Sono totalmente innamorata di lui J

Spero che anche questo capitolo vi piaccia come lo scorso J

Ah, ho una fissazione con il finire i capitoli con dei piccoli colpi di scena, è meglio se vi ci abituate J

Questa volta la canzone che apre il capitolo è “for good”, di Wicked, ma sono sicura che l’avevate indovinato..!

Beh, ora smetto di blaterare e vi lascio!

A martedì prossimo!!!

Bacioni,

Selene

 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre

 

“Oh, oh, I want some more, oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight”

 

“Hai fatto parte di un Glee Club”

Kurt realizzò che, a giudicare dalla sua espressione basita, Blaine lo stava prendendo per pazzo, o per qualcuno con un grave deficit di attenzione, dipende. Si rese conto anche del fatto che quella che aveva posto non suonava affatto come una domanda.

Blaine annuì, apparentemente perplesso. Siccome non ci teneva proprio a passare per matto più di quanto non facesse di norma, Kurt decise che forse il povero disgraziato che aveva avuto la sfortuna di sedersi di fronte a lui in treno meritasse una spiegazione, e che la meritasse subito.

“Anche…anche io! Facevo parte delle New Directions, dal McKinley di Lima!” esclamò allora, portandosi una mano ai capelli. “Ero l’unico contro-tenore del gruppo!”

“Sei di Lima?”

“Già”

Blaine spalancò gli occhi e anche un po’ la bocca, la quale attirò vagamente l’attenzione di Kurt.

 “Io di Westerville”

Kurt conosceva quella città, era a sole due ore da dove abitava lui. Si costrinse a spostare lo sguardo altrove e a concentrarsi sul motivo del suo shock. Blaine era evidentemente sorpreso quanto lui.

“Quindi hai frequentato la Dalton Academy?”

“Mi sono trasferito lì al secondo anno” disse Blaine sorridendo timidamente e indicandosi la felpa azzurra. In effetti, notava ora Kurt, c’era il simbolo della Dalton disegnato in bianco, contornato dal nome della scuola in caratteri maiuscoli. “Abbiamo partecipato alle Regionali l’anno scorso e alle provinciali quest’anno a maggio”

La mascella di Kurt stava per raggiungere il pavimento.

“Cosa?” boccheggiò. “A-anche noi!”

“Ma le New Directions…” Blaine si portò la mano alla bocca e Kurt ebbe modo di notare di sfuggita l’infinita serie di braccialetti al suo polso, uno più colorato dell’altro. “hanno vinto le Nazionali, quest’anno”

Visto che nemmeno quella era una domanda, Kurt si permise di arrossire vagamente.

“Beh, già” disse cercando di sembrare il più umile possibile. “E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta”. In fondo l’assolo con il quale avevano vinto le Nazionali era suo e Kurt amava da morire vantarsene, ma non in quel momento. Non con Blaine, almeno. Non voleva che pensasse che fosse un presuntuoso.

Aveva voglia di saltellare sul proprio sedile e si trattenne a stento. Era incredibile! Quante possibilità c’erano di incontrare un ex-membro di un Glee Club avversario, così carino, su un treno diretto a New York? Kurt non era mai stato bravo in Matematica e non era un segreto, ma avrebbe scommesso la sua intera collezione Marc by Marc Jacobs autunno-inverno che erano davvero poche, quelle possibilità.

Poi ebbe la fulminazione. In effetti era stato stupido ad ignorare quello che il suo cervello gli urlava a squarciagola nell’inconscio da cinque minuti buoni.  

“Aspetta” disse. Blaine si avvicinò a lui, interessato, e Kurt si grattò una guancia per poi prendersi il mento fra pollice e indice. “Se la Dalton ha partecipato alle regionali, e noi abbiamo partecipato alle regionali…”

“…abbiamo gareggiato da avversari” completò per lui Blaine, sorridendo sempre più ampiamente.

Cavolo, aveva ragione.

“E’ vero! Mi ricordo…” Kurt strinse gli occhi azzurri e cercò di mettere meglio a fuoco Blaine. Scavò tra i ricordi nel tentativo di afferrarne uno in particolare, le regionali dell’anno prima. L’aveva forse già visto da qualche parte? Capelli ricci, occhi chiari, non tanto alto…

No, non si ricordava di aver mai visto quel ragazzo prima. Incredibile, perché quando era salito sul treno lo aveva notato eccome!

“…l’esibizione della Dalton” completò. Non poté fare a meno di notare il sorriso speranzoso di Blaine incrinarsi appena e non riuscì a non vedere il lampo di delusione che gli passò negli occhi; ma era comprensibile. Sicuramente le stesse sensazioni erano riflesse sul suo viso. O forse era tutto frutto della sua immaginazione, e quel meraviglioso ragazzo non era davvero deluso che Kurt non si ricordasse di lui.

Quanto si erano trovati vicini senza vedersi davvero? Era così strano...

“Non mi ricordo di averti visto, mi dispiace” si costrinse ad aggiungere, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria affranta. Si trattenne dal dire qualcosa come anche perché sei davvero una bella vista. Non gli sembrava molto opportuno e quel ragazzo non gli sembrava molto gay.

Ecco, questo era un altro bel problema. Quel ragazzo non poteva giocare nella sua stessa squadra, andiamo! Perché stava così spudoratamente fantasticando su uno così, se era irraggiungibile?

Blaine sembrò sul punto di dire qualcosa, perché si avvicinò, guardandolo dritto negli occhi. Kurt vi si perse per un secondo, distraendosi. Aveva uno sguardo dolce e caldo, e quando assumeva quell’aria concentrata, notò Kurt, era anche maledettamente sexy. Come se non bastasse.  

Beh, ora che la luce del sole ci batteva direttamente aveva capito di che colore erano. Non pensava che esistessero, degli occhi così.

Tutto questo era incredibile.

Avevano vissuto nello stesso stato per quasi vent’anni, a sessanta chilometri di distanza. Si erano trovati a pochi passi l’uno dall’altro, divisi solo da un palcoscenico in legno, in più di un’occasione. Eppure Kurt non aveva mai incontrato, per strada o al caffè della città, quegli occhi dorati. Nessuno dei due aveva mai visto l’altro.

A meno che Blaine non l’avesse notato, alle Regionali.

Il ragazzo riccio esitò per un solo istante, intento a scavare tra i ricordi del liceo per far riemergere un volto che, chissà, magari era noto, e una fitta di speranza colpì Kurt dritto allo stomaco.

Alla fine Blaine richiuse la bocca facendo schioccare la lingua e ricadde indietro sul sedile con un sorriso triste. “No, nemmeno io mi ricordo di averti visto”

Kurt non riuscì ad evitare il moto di delusione che lo colpì. Eppure ricordava gli Warblers come gruppo, ricordava anche la loro ultima esibizione. Forse era troppo in ansia per il suo assolo o troppo distratto per notare Blaine. C’era anche da dire che erano diversi ragazzi, lì, e Blaine doveva essere un membro qualsiasi degli Warblers, per essergli passato inosservato. A pensarci bene, in mezzo a tutti gli altri, era piuttosto semplice non notarlo. Specialmente con l’ansia della competizione addosso. Leggermente più tranquillizzato dalla spiegazione datosi, Kurt si decise a portare la conversazione su terreni decisamente più interessanti.

“Cosa avete cantato alle Provinciali di quest’anno? Era Glad You Came, vero?”

Il sorriso di Blaine non se n’era affatto andato, quando rispose.

“E Stand. Ho la registrazione sul cellulare”

Kurt posò Harry Potter e il Principe Mezzosangue di fianco a sé e alzò un sopracciglio, piegando la testa in direzione del ragazzo in fondo allo scompartimento, il quale non aveva ancora smesso di sentire musica strana a tutto volume.

“Beh” disse, indicando a Blaine il sedile di fianco al suo e sperando che cogliesse il tono di invito che celava quel gesto. “Facciamo sentire al signor Musica Imbarazzante qualcosa di meglio?”

Si scambiarono un’occhiata complice, poi Blaine posò la chitarra sul sedile e si buttò al suo fianco, estraendo il telefono dalla tasca con un gesto fluido.

“Ci sto”

Dio, pensò Kurt stupidamente e irrazionalmente, adoro il modo in cui sorridi.

*

La prima cosa che Kurt imparò di Blaine fu riguardo alla sua pressochè infinita parlantina. Quando il ragazzo iniziava a sproloquiare non smetteva più, sommergendoti di parole, frasi, racconti o molto più semplicemente qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Se la prima impressione che Kurt aveva avuto di lui era stata quella di un ragazzo tranquillo, addirittura timido, ora sapeva che, dopo un primo momento iniziale, Blaine sarebbe stato capace di conversare persino con un sasso.

“E poi aver perso le Regionali è stato un duro colpo, speravamo davvero tanto di passare il turno e riuscire ad andare a New York, ma...non è andata” , stava raccontando Blaine, intervallando le frasi a dei sospiri tristi.

“Sì, conosco la sensazione” ammise Kurt.

“E’ stato un colpo al cuore, davvero. Pensavamo di aver fatto un’ottima impressione sui giudici, sai, per il fatto che cantavamo a cappella...”

“In maniera eccezionale, tra l’altro. Mai sentiti arrangiamenti così perfetti, ma chi li faceva?”

Blaine arrossì vistosamente. “Io. Ho arrangiato sia Glad You Came che Stand

Non diede tempo a Kurt di commentare alcunchè, nè di spalancare la bocca per la sorpresa, e continuò a raccontare.

“Comunque, poi vi siete esibiti voi e avete tirato fuori dei pezzi originali”

Stavolta fu il turno di Kurt di arrossire. Le sue guance si tinsero di rosa mentre balbettava una risposta colpevole.

“E’ stata un’idea di Rachel, la nostra leader e diva indiscussa, nonchè drama-queen” e qui evitò di dire che lui stesso a volte sapeva essere melodrammatico almeno il doppio di Rachel. “...e poi comunque...”

“Ehi”, lo tranquillizzò Blaine con un sorriso davanti al quale anche un iceberg si sarebbe sciolto e che avrebbero dovuto dichiarare illegale – come i jeans che portava, tra l’altro, che gli fasciavano meravigliosamente le gambe. Ma quanto erano stretti? E Kurt ne sapeva qualcosa di Jeans stretti, lui li indossava talmente spesso da aver sviluppato una sorta di respirazione tramite i pori della pelle, e...

Venne riscosso dalle sue elucubrazioni mentali sulle gambe di Blaine quando questi gli appoggiò con noncuranza la mano sul braccio, proprio vicino al gomito.

“Siete stati fantastici, meritavate di vincere” disse con onestà.

Lo stomaco di Kurt si contorse e lui arrossì ancora di più, e ovvio che non era per il complimento, dannazione! La mano di Blaine era bollente, poteva sentirlo persino attraverso i vestiti e il gesto era stato così naturale che Kurt era rimasto...sorpreso? Scioccato?

Non ne aveva idea. Blaine lo confondeva, questa era la verità. Era così carino e dolce e Kurt non poteva essere cotto di un tizio incontrato in treno due ore prima, non poteva. Era il peggiore dei cliché. Assolutamente no.

Vero?

Quando Blaine spostò la mano per passarsela tra i capelli l’incredibile assenza di calore che ne seguì fece sentire Kurt...strano. Non svuotato, nè disperato. Solo...diverso. Meno completo. Era una sensazione che non riusciva ad identificare bene, ma si distrasse in fretta quando Blaine scosse la testa e sorrise lievemente, dicendo:

“Ora non prendermi per ipersensibile, ma ho pianto durante tutta l’esibizione di...com’è che si chiamava? Get it right, credo”

Il cuore di Kurt perse un paio di battiti e non sapeva nemmeno perché, maledizione. Era solo un ragazzo. Cos’è, non aveva mai incontrato altri esseri umani prima? Stava forse impazzendo?

Cos’è che diceva sempre Chanel sui ragazzi? Non riusciva a ricordarselo, in quel momento. E questo non era da lui.

“Anche io. Quella ragazza è dannatamente brava e la canzone era così....perfetta” disse alla fine. Era sincero. Era un periodo molto particolare della sua vita e quella canzone sembrava calzare a pennello. Era vero che non riusciva a farne una giusta, con Dave. O con suo padre, o con Finn. Ma le cose ora andavano meglio, no? Beh, eccetto con Dave. Quello non era proprio raggruppabile sotto al concetto di meglio.

“Siete stati tutti fantastici. Davvero bravissimi”

“Grazie”, mormorò allora mentre un sorriso timido gli spuntava sulle labbra. Dov’era finito il Kurt Hummel acido e tagliente come una lama affilata che era solito essere? Bastava un ragazzo carino per farlo sciogliere come un inutile cubetto di ghiaccio al sole? Eppure era sicuro che non fosse per quello. Andiamo, era andato a scuola con ragazzi oggettivamente più belli – anche se a dirlo adesso non ne era più così sicuro – eppure non aveva mai abbandonato la sua corazza di duro sarcarsmo con loro. Nemmeno con Finn, per il quale aveva avuto quella ridicola cotta prima che diventasse il suo fratellastro. Anche l’intera situazione con Dave non era mai stata così. Quello era...complicato, ecco. Si accorse di non sentirsi nemmeno più tanto in colpa al pensiero di Dave lontano da lui e da New York. In fondo era quello che Dave stesso aveva voluto, no?

Blaine sembrava non aver colto affatto il suo imbarazzo perché si strinse nelle spalle.

“Figurati. E’ la pura e sconcertante verità”. Ci pensò un attimo, poi aggiunse con un sorrisetto che a Kurt non prognosticò niente di buono: “Anche se ho un ricordo curioso della ragazza che ha fatto il primo assolo, quella Rachel che dicevi, quella davvero brava”

Blaine ridacchiò tra se e Kurt si preparò a sentire il peggio.

“Stava...saltellando in giro per le quinte, credo?  Rideva come una pazza e contemporaneamente piangeva, blaterando riguardo a quel Golden Globe che avrebbe dovuto vincere e Barbra e qualcosa del genere”

Kurt si sentì in imbarazzo per la propria migliore amica, e il pensiero di Rachel gli diede una fitta di nostalgia. Forse non era il caso di svelare a Blaine che ruolo aveva Rachel nella sua vita. Si sarebbe sentito in colpa per averla presa un po’ in giro, o più probabilmente sarebbe scappato a gambe levate, sapendo quanto erano amici. Sì, forse più la seconda opzione.

“Rachel è...drammatica” ripetè. Si fissarono per un istante senza muovere un muscolo, poi Kurt non ce la fece più e scoppiarono a ridere contemporaneamente, piegandosi l’uno sull’altro con le lacrime agli occhi.

Che ci fosse poi di così divertente nella drammaticità di Rachel, Kurt non lo capì mai. Semplicemente risero fino a tenersi i fianchi dal dolore, e così fecero per qualsiasi altro discorso che  intrapresero quella mattina. Continuarono a ridere nel loro piccolo angolo di mondo anche quando Kurt raccontò a Blaine del giudice delle Regionali di quell’anno, travestito da vampiro, che aveva chiesto un assaggio dalla sua carotide, o quando Blaine raccontò con entusiasmo di quella volta in cui aveva rischiato l’espulsione dalla Dalton e il linciaggio per aver annunciato ad un gruppo di Warblers ubriachi, durante un festino, di volersi esibire con delle divise rosse con i bordi blu.

E pensare che mezz’ora prima Blaine si era persino scusato dopo un ingarbugliato discorso sulla supremazia dell’ultima copertina di Vogue rispetto a tutte le altre, dicendo che no, non era affatto bravo con le parole.

L’istinto di Kurt – che era rimasto sopito per tutto questo tempo e ora si era improvvisamente risvegliato come un orso a primavera, di fronte a quegli splendidi occhi dorati – gli aveva suggerito di rispondere “e in cosa saresti bravo, esattamente?” ma la parte ragionevole di lui che era rimasta si era opposta con fermezza.

Ne era venuta fuori una buffa risata che Blaine non aveva del tutto capito, ma grazie al cielo non aveva fatto domande.

Kurt aveva costretto la propria immaginazione a figurarsi un enorme cartello attaccato al collo del suo nuovo conoscente – poteva definirlo amico, visto il feeling che si erano ritrovati ad avere? - con su scritto etero a caratteri cubitali. Eppure c’era quella parte del suo cervello che resisteva, stoica. Forse per il sorriso dolce di Blaine, forse perché in un apice di confidenza gli aveva detto di amare i cravattini in modo quasi irrazionale – detto da uno che indossava una felpa della Dalton e dei normalissimi Jeans era strano, credetemi – fatto sta che Kurt non riusciva a convincersi del tutto di non avere speranze con quel ragazzo così carino ed adorabile seduto al suo fianco, il cui gomito sfiorava accidentalmente il suo ogni volta che si muovevano.

Kurt si era persino stufato di darsi dello stupido, ad un certo punto dalle parti di Columbus. Sì, non era da lui comportarsi così. Ma Blaine era carino, dolce, divertente ed un’ottima compagnia, quindi si sarebbe goduto questo straordinario incontro fintantochè sarebbe durata.

Niente di più.

Che poi, stava ragionando Kurt mentre ascoltava attentamente Blaine raccontargli la depressione post-perdita delle Regionali, davvero non riusciva a capire due cose.

Primo, come fosse possibile che un normalissimo essere umano avesse degli occhi così belli. Secondo, davvero non aveva idea di come fosse riuscito ad intavolare una conversazione con Blaine senza balbettare o rimanere immobile come un idiota con lo sguardo perso in quello verde-nocciola del ragazzo di fronte a lui. 

Consapevole della monotonia inquietante dei suoi pensieri – Blaine, sorriso, etero, sorriso, Blaine, sofferenza, sorriso, Blaine – Kurt cercò di riscuotersi. Rischiava di distrarsi, e distrarsi voleva dire fantasticare, e fantasticare avrebbe portato a qualcosa di estremamente stupido, come dire a Blaine – ma quante volte aveva pensato il suo nome, negli ultimi cinque minuti? – che aveva un sedere da favola.

E quella non poteva essere una buona idea, Kurt lo capiva anche se di relazioni non era un esperto – al pensiero si costrinse a tenere Dave fuori dalla sua testa. Non aveva nessuna voglia di pensare a lui, in quel momento.

In ogni caso spaventare Blaine con dei commenti sul suo lato B non sarebbe stata una buona idea, a meno che Kurt non volesse che l’altro smettesse di rivolgergli la parola, o che cambiasse addirittura scompartimento, e tutto sarebbe finito. Qualsiasi cosa fosse quel “tutto” che stavano condividendo.

“Alla fine ci siamo esibiti in concerto alla festa del diploma” stava raccontando Blaine con gli occhi che luccicavano di entusiasmo misto a nostalgia al ricordo.

“Dopo aver visto la tua Playlist, scommetto il mio autografo di Patty Lupone che era un Medley di Pink”

Blaine incrociò le braccia al petto, fingendosi offeso. Non che ci stesse riuscendo molto bene, comunque. Si vedeva lontano un miglio che stesse cercando di non ridere. Gli angoli della bocca avevano preso una piega buffissima e Kurt riconobbe in quell’espressione un broncio degno di un cucciolo.

Ah, ho indovinato!

“Ci conosciamo da stamattina. Sono davvero così prevedibile?”

No, sono io che sono molto attento, avrebbe voluto rispondergli Kurt. Optò per una mezza verità e disse: “Beh, no. Hai solo espresso il tuo entusiasmo per le sue canzoni in maniera molto...ehm, sentita?”

Blaine fece uno strano verso con il naso che Kurt interpretò come un tentativo di trattenere una risata che coincideva con un verso esasperato. Non era la prima volta che gli usciva quel verso buffo, e Kurt si sentì uno strano formicolio nello stomaco all’idea di aver appena scoperto qualcosa che quel ragazzo faceva di abitudine. Gli faceva desiderare di sapere altre cose.

“Perché le sue canzoni sono stupende!” esclamò Blaine con entusiasmo. Kurt riconobbe nei suoi occhi la scintilla di chi sta per lanciarsi in un’accorata difesa della sua cantante preferita.

“E’ persino meglio di...”

“Non dire Lady Gaga” proferì Kurt chiudendo gli occhi con il suo solito fare un po’ teatrale. “Non farlo, Blaine

Nonostante avesse gli occhi serrati, Kurt sapeva benissimo che Blaine aveva alzato gli occhi al cielo e ora stava ghignando o qualcosa del genere. Non potè impedire al suo stomaco di fare una buffa piccola capriola. Il modo in cui il suo nome gli rotolava sulla lingua lo faceva sentire ridicolmente bene. Gli faceva desiderare di chiamarlo altre dieci, cento, mille volte.

Non poteva essersi preso una cotta per un ragazzo incontrato sul treno. Non era possibile.

E’ ridicolo, provò a dirsi Kurt. Peccato che ormai avesse smesso di crederci anche lui.

“Stavo per dire Katy Perry, Kurt. Non oserei mai offendere Lady Gaga”

Kurt non riuscì affatto a rilassarsi a quelle parole. Non tanto per Katy Perry, che lui in ogni caso mal digeriva. Blaine lo aveva chiamato per nome per la prima volta e si era accorto quanto tutto questo avrebbe dovuto essere strano e invece suonasse maledettamente naturale. In fondo era come fare amicizia in caffetteria o a scuola, no? Solo che erano su un treno e con ogni probabilità non si sarebbero rivisti, dopo quel viaggio.

Aprì gli occhi. Blaine lo stava fissando con un lieve ghigno stampato in viso e le braccia incrociate. Kurt cercò di non far cadere lo sguardo sui muscoli delle braccia di Blaine, accentuati da quel gesto così naturale, e ispezionò il suo cervello in cerca di una risposta sagace da rifilargli.

Era piacevolmente sorpreso dalla facilità con cui Blaine gli aveva dato confidenza, ma lo era ancora di più per averne data a Blaine. Kurt non si sentiva il tipo che riusciva a fare amicizia con tutti, era molto selettivo per puro spirito di sopravvivenza – succede, quando l’ottanta percento della popolazione della tua città natale pensa che tu sia un abominio – e sì, era esibizionista e teatrale fino all’inverosimile, ma non è che si mettesse a chiacchierare con il primo sconosciuto carino a disposizione.

Solo che con Blaine sembrava così facile parlare dei propri interessi, perché anche se era un gran chiacchierone, sapeva anche ascoltare con entusiasmo e attenzione. Amava parlare di sè, questo era palese, ma pareva anche così interessato a conoscere Kurt...

Sembrava così tanto se stesso che Kurt – o almeno il suo subconscio - non potè più negarlo. Quel ragazzo gli piaceva.

Chiacchierare con Blaine era qualcosa che Kurt avrebbe volentieri fatto da lì fino alla fine del mondo, perciò sperò che il viaggio di Blaine durasse almeno fino in Pennsylvania. Non osava sperare addirittura fino a New York, non era così ottimista, nè lo aveva chiesto al diretto interessato.

Non che non avesse pensato di domandarlo, certo. Ma Blaine non gli aveva domandato dove fosse diretto, con tutti quei bagagli, così Kurt non aveva avuto il coraggio di porre quella semplice domanda. Era strano: non si erano domandati ciò che probabilmente sarebbe stato più ovvio chiedere, e Kurt non capiva perché. Forse Blaine non voleva sembrare invadente. Forse non gli interessava.

Kurt si costrinse a prendere il considerazione anche la seconda opzione. Ma poi, in fondo, cosa poteva pretendere? Blaine non era mica costretto a dirgli dov’era diretto!

Fu tra una chiacchierata e l’altra che si avvicinò l’ora di pranzo. Durante quel lasso di tempo, mentre parlavano di musica, sport e anche un po’ del liceo, Kurt notò che Blaine era un tipo piuttosto particolare. Amava parlare e riempirti di aneddoti e allo stesso tempo era cauto nel dare informazioni di se stesso. Era...complesso.

Per quanto riguardava la scuola aveva lasciato che fosse Kurt a raccontargli interessanti aneddoti, senza mai sbilanciarsi con le informazioni. Di lui Kurt aveva solo scoperto che era un Warbler, che amava la Letteratura e che in realtà suonava il pianoforte molto meglio di quanto suonasse la chitarra. Sembrava che Blaine morisse dalla voglia di raccontare di sé, ma allo stesso tempo stesse cautamente cercando di capire se Kurt fosse degno della sua fiducia. Kurt pensò che la cosa avrebbe dovuto quantomeno imbarazzarlo, ma non fu così. Gli fece desiderare di guadagnarsela, quella fiducia. Voleva che Blaine si fidasse di lui, voleva che gli raccontasse qualcosa di se stesso, e non riusciva a capire perché.

Sentì solo forte e inspiegabile il desiderio di conoscere sempre qualcosa in più di quel ragazzo. Non che lo riempisse di domande curiose o inopportune, ovviamente. La loro conversazione aveva toccato vari temi, ma niente di troppo impegnativo o personale.

Forse il destino stava semplicemente mandandogli un segno. Doveva essere così, per forza.

Poi, proprio mentre parlavano di chissà cosa, la mano di Blaine sfiorò casualmente la sua, appoggiata sul bracciolo tra di loro.

C’erano quei momenti in cui Kurt si sentiva euforico. Era una sensazione strana ma piacevole: una scossa che partiva dallo stomaco e risaliva lungo la spina dorsale dandogli i brividi o causandogli la pelle d’oca, per poi perdersi tra i suoi muscoli tesi. C’era quest’euforia per l’attesa, la scoperta, e lo faceva sentire strano. Era familiare e allo stesso tempo completamente estraneo, perché se prima la scossa di euforia moriva dentro di lui, ora viaggiava più veloce della luce, attirata verso un unico, grande qualcosa. Questa olta la scossa non si perse dentro di lui, ma saettò verso Blaine e Kurt si sentì come calamitato. Sentiva il bisogno fisico di avvicinarsi, seguire quel sottile collegamento emotivo e perdersi nel ragazzo al suo fianco.

Il pensiero lo fece arrossire e rabbrividì ma non riuscì ad allontanarsi da Blaine, nè a spostare la mano. Mantenne il contatto visivo e rimasero così, l’uno voltato leggermente verso l’altro. Continuarono a parlare e Krut raccontò a Blaine della difficile preparazione vocale per il musical dell’ultimo anno, West Side Story.

La mano di Blaine sfiorò quella di Kurt molte altre volte, ed ogni volta che Kurt avvertiva il tocco lieve non poteva fare a meno di sentirsi immensamente stupido, perso ed euforico.

Ma il paesaggio iniziava al cambiare, fuori dal finestrino, e quando Kurt percepì il treno rallentare lentamente per arrivare in stazione a Pittsbourgh non ebbe realmente il tempo di pensare. L’altoparlante del treno lo annunciò: mancavano meno di quindici minuti all’arrivo. Stavano giungendo al capolinea e il suo viaggio con Blaine – o qualsiasi cosa avessero condiviso quella mattina – si avviava lento e inesorabile verso la fine.

La scossa di euforia si concentrò velocemente sul suo stomaco e confluì dolorosamente verso il cuore, e lì rimase. Ma era un dolore piacevole, e Kurt continuò a bearsi di quei pochi istanti in cui la pelle ruvida di Blaine gli sfiorava il polso. Voleva godersi quel tempo il più possibile.  

L’agitazione di Kurt crebbe non appena le prime case di periferia furono visibili, con i loro muri pallidi e i giardini verdi. E se Pittsburgh, in Pennsylvania, fosse stata la meta finale di Blaine? E se Kurt avesse voluto parlarci di più, conoscerlo meglio? Non poteva finire tutto, non adesso! Non aveva avuto il tempo di domandargli se gli piacesse la moda, se era mai stato a Broadway, se sarebbe tornato a Westerville a Natale!

C’era qualcosa che lo spingeva verso Blaine, qualcosa dentro di sè che lo supplicava di avvicinarsi, conoscerlo.

Blaine gli piaceva, dannazione.

Ecco, lo aveva ammesso. Gli piaceva.Ora il karma non sarebbe dovuto girare dalla parte giusta?

Era strano e terribilmente assurdo e semplicemente impossibile, ma gli piaceva.

Così quando il treno ormai era fermo in stazione e davvero non poteva più perdere tempo si decise ad afferrare le sue cose e fece per andarsene.

Gli tremavano le gambe.

Quand’è che sono diventato così patetico, esattamente?

Quando Blaine, continuando a conversare adorabilmente, lo imitò e scese dal treno con lui, Kurt si sentì un inutile budino vegetale.

Poi Blaine gli tolse almeno un piccolo, grande dubbio, perché osservò attentamente il tabellone in alto con gli orari e commentò: “Oh, il prossimo treno è tra due ore. Io devo andare in Pennsylvania con il B16, tu?”

Il cuore di Kurt perse almeno un battino nel sentirselo domandare e per poco non scoppiò a ridere per il sollievo. Ecco, l’aveva fatto. Blaine gli aveva chiesto la sua meta, o almeno una parte. Kurt sorrise e cercò di mascherare la gioia selvaggia che gli bruciava nel petto nel rispondere.

“Anche io”

Ok, non aveva funzionato, ma il ragazzo riccio non parve proprio notarlo, anzi. Blaine sorrise entusiasta e buttò un’occhiata anche al grande orologio appeso al centro della stazione poco affollata.

“Beh, io sto morendo di fame” dichiarò strofinandosi quell’adorabile, vago accenno di barba. “Ti andrebbe di fare pranzo insieme?”

Altro che budino, Kurt si sarebbe presto trasformato in gelatina. Un’inutile, verde, moscia, felice gelatina.

Oh mio Dio, ti prego, sì!

No, questo forse non era il caso di dirglielo.

“Sarebbe fantastico”

Ecco, così andava decisamente meglio. Quando Blaine sorrise raggiante alla sua risposta, come se Kurt gli avesse appena annunciato che il Natale stava arrivando con mesi di anticipo, capì finalmente cos’era quella scossa che continuava a fare su e giù per la sua spina dorsale e quasi ne rise.

Andiamo, Kurt. Speranza?

 

 

Note dell’autrice

Rieccomi qua, gente, incredibilmente puntuale! Ora che siamo cresciuti in numero faccio le note con più gusto perchè almeno so di star parlando con qualcuno! Quindi...ciaaaaao. *saltella felice*

Bene, ecco qui il terzo capitolo. Avevate chiesto più Blaine, e più Blaine avete avuto! So che state ansiosamente(si, come no!) aspettando il suo punto di vista su tutta la faccenda, e...beh, dovrete aspettare ancora un po’, e sarà un pezzo piccolo, che probabilmente vi confonderà da matti, ma avrete anche un piccolo punto di vista di Blaine J In fondo è il mio personaggio preferito! :)

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ma parliamone. Vi sembra troppo strano che Kurt si sia già reso conto che Blaine gli piace, o quantomeno lo attira un sacco? Anche io all’inizio non ero convinta, ma poi ho riflettuto. Nella serie telivisiva saltellano in giro per la Dalton mano nella mano dopo sedici secondi da quando si sono conosciuti, e lo stesso Chris Colfer – adorato, amato Chris – ha detto che per Kurt è stato amore a prima vista J Però se c’è qualcosa che non vi quadra non esitate a farmelo notare, eh!

Bene, detto questo, un’altra questione importante. Il rating della storia è arancione perché ho voluto avvisare fin da subito che alla fine ci sarà qualcosa che lo renderà tale (se non addirittura rosso), quindi siete avvisate, mie care ragazze (ci sono dei ragazzi? Battete un colpo se ci siete!) dagli ormoni a palla a causa di questi due gran bei pezzi di...Selene, contegno.

Bene, ho scritto più note che capitolo. Un grazie grandissimo a tutte le seguite (abbiamo superato le cinquanta, stappate lo champagne!), preferite e ricordate, ma soprattutto a quelle meravigliose ragazze che hanno sprecato un minuto della loro vita a recensire. Siete fantastiche, tutte quante!

Last but not least, un grazie infinito alla mia beta, Ilaryf90. Tutte le “s” che mi hai corretto per questo capitolo ti ringraziano dal più profondo del cuore. J

Ci vediamo martedì prossimo, fatemi sapere se vi piace il capitolo!

Selene <3

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Alle quindici stupende ragazze che hanno recensito

 

Alle quindici stupende ragazze che hanno recensito

lo scorso capitolo. Voi siete matte e io vi amo!

*point finger*

 

 

 

Capitolo quattro

 

“Oh, oh, I want some more,

oh, oh, what are you waiting for, take a bite of my heart tonight”

 

 

“Un’insalata light, per favore”

“Insalata? Kurt, sei serio?”

“L’alimentazione è una cosa molto importante, Blaine. Ti farebbe davvero bene mangiare un po’ di verdura, hai tutta l’aria di essere il tipico americano capace di infilare l’unto in qualsiasi piatto.

Blaine ghignò prima verso di lui, poi verso la cameriera che stava pazientemente attendendo che ordinassero.

“Un hamburger maxi con pomodoro, patatine, formaggio, ketchup e senape, una Coca grande e un muffin” proferì. Kurt inarcò le sopracciglia perfette fino a farsele arrivare quasi all’attaccatura dei capelli. “E un’ insalata” aggiunse Blaine, sorridendogli innocentemente.

Kurt sbuffò e scosse la testa, mentre la cameriera li fissava un po’ sconvolta prendere i loro vassoi e guardarsi intorno in cerca di alcune sedie. Blaine gli fece la linguaccia e Kurt dovette sforzarsi per non dargliela vinta e scoppiare a ridere di gusto.

“Visto?” disse il ragazzo indicando il proprio vassoio straripante di carboidrati e Dio solo sa quanti grassi con l’indice. “La mangio, la verdura”

Kurt continuò a guardarsi in giro in cerca di un tavolo libero per entrambi. Si voltò verso Blaine e gli lanciò un’occhiata divertita, tanto per fargli capire che non era scocciato e che non voleva essere accondiscendente nei suoi confronti solo perché non sapeva come liberarsi di lui. Visto che poi era tutto l’opposto, Kurt pensava di star facendo un ottimo lavoro. Blaine gli sorrideva e, etero o no, era davvero una bella vista. Certo, aveva ammiccato a quella cameriera bionda non appena erano entrati, ma probabilmente l’aveva fatto solo per farsi servire il muffin più grosso e con più gocce di cioccolato di tutta l’esposizione. Kurt se ne convinse, viste le sue esperienze passate in fatto di uomini e muffin. Sapeva che se, per esempio, voleva rendere Noah Puckerman una creatura innocua e docile, doveva corromperlo con dei muffin ai frutti di bosco. Sapeva che suo padre non resisteva alla consistenza delle gocce di cioccolato, e che Finn avrebbe venduto la sua Play Station – o l’arnese del demonio, come amava chiamarla – pur di assaggiarne uno dei suoi. Tuttavia era tutta colpa di quel muffin in particolare se Blaine – sì, il ragazzo che aveva incontrato in treno quella mattina e per il quale, da bravo diciannovenne idiota, si era preso un’incomprensibile cotta – aveva fatto gli occhi dolci alla cameriera. Contro la quale non poteva competere, e non perché era bionda, capiamoci.

Osservando Blaine, Kurt non era riuscito a determinare se fosse gay o meno. Sarebbe stato più propenso a dire che era etero, se Blaine non avesse flirtato con lui la metà del tempo. Certo, non è che Kurt avesse molti termini di paragone in merito: Dave non aveva mai flirtato con lui, era più che altro piombato nella sua vita, incasinandola dopo averla resa un inferno per troppo tempo. E Kurt glie l’aveva lasciato fare.

Blaine lo beccò proprio mentre era intento a guardar male il suddetto dolce incriminato, ma ovviamente non fu in grado di risalire alla fonte della sua ira, quindi si limitò ad alzare le spalle e commentare: “Mi piacciono i muffin”.

Kurt appuntò tutto nella sua agenda mentale, che aveva pensato di istituire per mantenere un briciolo di sanità mentale in tutta quella situazione ridicola – forse.

Gli piacciono i muffin. Gli piace ammiccare alle cameriere bionde. Gli piace riempirsi di schifezze. Sillogismo, gli piace vomitare. Passo e chiudo.

In uno slancio di autostima si convinse ad aggiungere mentalmente anche: gli piaccio io. Perché almeno quello era innegabile, o Blaine non sarebbe stato lì. E aggiunse: anche se non è carino da mettere dopo la voce ‘vomitare’.

Profondamente imbarazzato dai suoi stessi pensieri Kurt si riscosse quel tanto che bastava per lanciare a Blaine un’occhiata obliqua. Il ragazzo stava ancora scandagliando la sala da pranzo del bar della stazione in cerca di tavolini liberi. Peccato che fossero tutti occupati.

“Possiamo mangiare al bancone” propose Kurt sporgendosi verso di lui per mormorarglielo in un orecchio e farsi sentire sopra al chiacchiericcio della sala piena. Anche se voleva davvero vederlo, Blaine, mentre divorava un Hamburger strapieno di cose untuose e colanti in precario equilibrio su un bancone sporchissimo. Non era affatto igienico, ma cos’altro potevano fare?

Blaine non fece in tempo a rispondergli, perché vennero interrotti quando Kurt sentì che qualcosa – o meglio qualcuno – gli stava gentilmente tirando la manica della giacca nel tentativo di attirare la sua attenzione.

Abbassò lo sguardo per incontrare quello della persona più anziana – e rugosa - che avesse mai visto in tutta la sua vita. C’erano un paio di occhi vispi e azzurri, forse un po’ acquosi, su un volto pieno di grinze al quale Kurt avrebbe consigliato un buon esfoliante,  presumibilmente sorridente e circondato da capelli grigio brillante. La signora indossava un cappellino bordeaux con alcune piume che sembravano di canarino morto, che però Kurt apprezzò particolarmente – se non altro per il tentativo - e stava sorridendo proprio a lui.

Cosa che, di solito, gli anziani americani conservatori non facevano. Sapeva di avere una sorta di pregiudizio al riguardo, ma le sue esperienze con le persone anziane non si erano rivelate molto positive. Non appena capivano che era gay (cosa che era piuttosto palese, visto che non faceva nulla per nasconderlo, e Dio solo sapeva come aveva fatto Blaine a non notarlo) smettevano di sorridergli e addirittura molti evitavano di guardarlo negli occhi. Quindi si sentiva un po’ in soggezione, ecco.

Che poi Blaine poteva benissimo averlo notato, che era gay, e aver fatto finta di niente e – dannazione, stava di nuovo pensando a Blaine e al suo maledettissimo sorriso adorabile e ai suoi occhi così stupendi e al suo muoversi così sensuale. Doveva essere un’aggressione deliberata nei suoi confronti, quella del ragazzo al suo fianco, perché nessuno sorrideva in modo così sensuale inconsapevolmente.

Alzò il viso dall’anziana signora – era davvero minuscola – e lanciò un’occhiata perplessa e stupita a Blaine, che era fermo al suo fianco con il suo vassoio di schifezze in mano e lo guardava altrettanto allibito.

“Sì?” domandò Kurt voltandosi di nuovo. Si trattenne dal dare una gomitata a Blaine per chiedere aiuto, visto che probabilmente non erano così in confidenza e che con una gomitata ben assestata avrebbe potuto fargli rovesciare addosso tutti i chili di grasso sul vassoio, che aveva evidentemente in programma di ingerire.

La vecchietta sorrise ancora più ampiamente e le labbra si stirarono verso l’alto portandosi dietro le rughe e le pieghe del viso.  

“Non vorrete mica mangiare su quel bancone pieno di germi, spero! Sedetevi pure qui, ci sono due sedie libere!”

Kurt e Blaine abbassarono lo sguardo sul tavolo contemporaneamente, mentre la donna lasciava la manica di Kurt e indicava loro le sedie con entusiasmo. Il tavolo sembrava pulito, così Kurt si sentì subito più sollevato. Almeno non avrebbero dovuto mangiare su un bancone sul quale era successo chissà cosa…

Blaine lo guardò perplesso per un attimo, poi esibì un sorriso tra l’imbarazzato e il divertito e scavalcò la valigia di Kurt per sedersi per primo su una delle sedie.

CoraggioCe la puoi fare.

Kurt, sempre più imbarazzato, prese posto di fianco alla vecchietta, che roteò sulla sedia in modo da poterli guardare entrambi.

“Ehm”

Kurt si schiarì la gola e percepì Blaine sorridere in direzione del suo vassoio. Era quasi certo che non stesse sorridendo al muffin, quindi si permise un pensiero molto ottimista. Se Blaine non era ancora scappato a gambe levate da lui e da un’ipotetica anziana terrorista, doveva piacergli davvero – e inspiegabilmente – la sua compagnia. Si azzardò a guardare oltre Blaine, visibilmente più allegro. Seduto lì di fianco c’era quello che probabilmente era il marito della donna. Era altrettanto vecchio e rugoso, indossava un cappello marrone sulle ventitré e, con sommo divertimento di Blaine, dormiva placidamente appoggiato ad un bastone da passeggio, russando di tanto in tanto.

La vecchietta seguì lo sguardo di Kurt e sorrise amabilmente ai due ragazzi stretti l’uno contro l’altro a causa del poco spazio. Non che a Kurt dispiacesse, comunque.

“Quello è mio marito Arnold” disse con fare pettegolo. A Kurt stette subito simpatica, a dispetto di ciò che aveva pensato all’inizio. Sembrava tranquilla.

“Se vuoi dirgli qualcosa puoi punzecchiarlo, ragazzo” disse a Blaine lisciandosi la gonna con le mani e appoggiandoci sopra la borsetta in pelle di coccodrillo per far loro un po’ più di spazio.

Blaine socchiuse gli occhi, probabilmente nel tentativo di non scoppiare a ridere e alla fine si voltò verso la donna con il sorriso più adorabile di sempre, di quelli per la serie: “conquisterò i tuoi genitori, i tuoi amici e chiunque tu abbia mai incontrato. E poi conquisterò anche te.” Kurt rabbrividì, e non di freddo. Appuntò nella sua agenda mentale anche questo: Conquisterà anche me. E poi, subito sotto: Troppo tardi.

“Grazie per averci fatto sedere, signora, davvero” disse Blaine educatamente, e Kurt si sentì improvvisamente in imbarazzo. Sembrava sempre così gentile, come se sapesse cosa dire e quando dirlo. Era tranquillo ma carismatico, ecco.  

“Oh, figurati, non potevo mica lasciarvi lì in piedi a mangiare!” esclamò lei, afferrando con entrambe le mani quelle dei due ragazzi e stringendole visibilmente. Kurt lasciò che la donna gli stritolasse la mano nella sua morsa e quando la ritrasse era certo di avere almeno due dita rotte.

“Io sono Mary Prudence, ma potete chiamarmi nonna Mary!”

Ok, questo sì che è strano.

Kurt arrossì senza sapere davvero perché – o forse lo sapeva, visto che la situazione imbarazzante parlava da sola – ma Blaine sembrò molto soddisfatto di questa possibilità di amicizia, perché abbagliò di nuovo la donn....nonna Mary con uno dei suoi migliori sorrisi. Kurt si chiese distrattamente se Blaine facesse questo effetto su tutti gli esseri umani che incontrava.

Pareva di sì, però, perché Mary Prudence sembrò molto soddisfatta della sua buona azione. Kurt e Blaine si scambiarono un ultimo sguardo divertito e imbarazzato e iniziarono a mangiare.

Nonna Mary sorrise radiosa e, mentre mangiavano, chiese con noncuranza: “Allora, da dove venite?”

Blaine addentò il suo Hamburger e lasciò che fosse Kurt a rispondere per entrambi.

“Dall’Ohio” disse lui da sopra la sua forchettata di insalata. Sarà anche stato un salutista, ma stava morendo di fame. Gli occhi dell’anziana signora si illuminarono.

“Oh, siete in viaggio insieme?” domandò con fare pettegolo. A Kurt quasi andò di traverso l’insalata, ma Blaine non ebbe una reazione migliore, visto che a quanto pare stava soffocando con una patatina. Rosso come un pomodoro, Kurt fissò il proprio piatto mentre Blaine tossicchiava e nonna Mary aspettava una risposta con tranquillità, come se il fatto che due ragazzi stessero soffocando di fronte a lei rientrasse perfettamente nella norma.

“Ci siamo incontrati sul treno a dire la verità” disse Blaine con la voce rauca. A Kurt non sfuggì lo sguardo che gli lanciò. Ma cosa significava? Sembrava contento, ma...cauto.

Nonna Mary andò in brodo di giuggiole a quell’affermazione, così diede una gomitata a Kurt, che stavolta arrossì fino alla radice dei capelli. Supplicò la terra di inghiottirlo, perché Blaine aveva già iniziato a incurvare le labbra verso l’alto per fare un altro dei suoi meravigliosi sorrisi da etero, e lui non poteva sopportarlo. Quando il pavimento rimase com’era – uno sporco ammasso di piastrelle di bassa qualità – Kurt si decise ad affondare definitivamente la faccia nel piatto per non riemergere mai più. Se non altro Blaine non aveva fatto nessuna faccia schifata quando nonna Mary aveva accidentalmente insinuato che viaggiassero insieme come una coppietta qualsiasi.

Ma lei non ha insinuato che foste una coppia, disse una voce nella sua testa che, si rese conto con orrore, ricordava quella della Coach Sylvester, l’incubo delle sue giornate. Ti fai più film mentali di James Cameron, Porcellana.

Non è vero, replicò Kurt alla voce, come se fosse normale. Ho solo molta fantasia e uno sfrontato ottimismo, coach.

Il vecchio Arnold, alla destra di Blaine, russò un po’ più forte e borbottò: “Lo sbarco, è lo sbarco!”

Questo riportò Kurt alla realtà piuttosto velocemente, dove nessuna Sue Sylvester brandiva contro di lui una bibita energetica a base di ormoni di procione urlando: “Innamorarsi di uno sconosciuto, Porcellana? Ti stai mettendo in un bel guaio!”

Kurt decise saggiamente di non domandarsi cosa diavolo intendesse, e dopo un secondo di pura perplessità che si riflesse sul suo viso fece così anche Blaine, limitandosi a ficcare una generosa dose di Ketchup in quello che restava del suo Hamburger, per poi divorarlo in meno di quattro secondi netti.

“Faresti meglio a mangiare più verdura, ragazzo, quelle schifezze fanno male al fegato!” commentò bonaria nonna Mary, facendogli poi l’occhiolino.

Kurt avrebbe voluto piangere di gioia, ma si limitò a lanciare uno sguardo soddisfatto a Blaine da sopra la sua insalata. Il ragazzo riccio per tutta risposta si sporse un po’ per prendere una forchettata di patatine e Kurt percepì la sua gamba muoversi, tanto erano vicini, e-

Merda.

No, non poteva averlo fatto appositamente. Non era possibile.

Eppure Kurt era sicuro di non starselo sognando, il ginocchio di Blaine che sfregava lentamente contro il suo. O la coscia che sfiorava la sua. O la stoffa dei Jeans che scorreva sui suoi pantaloni. Durò un paio di secondi, poi Blaine si allontanò appena, troppo per toccarlo di nuovo e comunque non abbastanza, visto che Kurt poteva sentire chiaramente il calore della sua gamba lì vicino. Non osò alzare il viso per guardarlo, perché probabilmente non ci avrebbe trovato niente – o forse Blaine si divertiva a provocare tutti quelli che gli capitavano a tiro. No, non sembrava proprio il tipo. Era più il tipico ragazzo che ti scioglieva con un sorriso. Kurt cercò di tenersi lontano da pensieri imbarazzanti, perché accidenti, chissà cosa avrebbe pensato Blaine se avesse saputo che Kurt si stava domandando che effetto facesse passargli la mano sulla gamba? Era decisamente meglio non scoprirlo. Non c’era uno straccio di possibilità, Kurt ne era convinto, che Blaine fosse gay. Non era da Kurt etichettare le persone solo in base ai gusti che avevano e non l’avrebbe fatto nemmeno questa volta, quindi se Blaine poteva sembrare gay non significava che lo fosse davvero. E se lo era poteva benissimo non essere interessato a lui. O, peggio, poteva essere già impegnato.

Sì, ma se era così allora perché stava facendo di tutto per far sì che gli ormoni di Kurt saltassero per aria spruzzando arcobaleni e tensione sessuale ovunque?

Nonna Mary Prudence, ignara di tutto – o almeno Kurt sperava con tutto il cuore che lo fosse – doveva aver capito che per il momento non sarebbe riuscita a cavare nient’altro ai due ragazzi, così voltò la testa coperta dai ricchi grigi verso la televisione ronzante del bar e si mise in ascolto, lasciandoli al loro pranzo. Kurt cercò di finire la sua insalata senza ulteriori drammi tanto imbarazzanti da fargli desiderare una morte veloce e indolore, ma evidentemente il karma stava facendo i capricci, quel giorno, o non avrebbe incontrato uno stupendo ragazzo non gay su un treno per New York. Ragazzo che, nemmeno cinque minuti prima, aveva deciso di ignorare la propria eterosessualità per strusciarsi addosso a lui come se niente fosse.

Ok, ora stava diventando un tantino drammatico, lo sapeva. La vita era ingiusta e Kurt ne era piuttosto consapevole, ma non aveva mai sperimentato questo lato dell’ingiustizia. E poi c’era un limite a tutto ed era quasi certo che la gamba di Blaine che sfiorava accidentalmente la sua di nuovo fosse pesantemente dietro quel limite. Lanciato con una catapulta, probabilmente.

 

*

 

Kurt imparò che le cose possono sempre andare peggio quando la giornalista in televisione, quella che ricordava come la sciacquetta bionda del notiziario delle due, annunciò il servizio seguente.

Marriage Act a NYC, diceva il sottotitolo in grassetto.

Ecco, questo non andava affatto bene. Non che volesse sposare Blaine, intendiamoci. Kurt avrebbe voluto schiaffeggiassi al solo pensiero. Si era bevuto il cervello o cosa?

Ok, stava farneticando, ma la questione del matrimonio gay era molto delicata, rifletté mentre il servizio partiva mostrando un gay bar della grande mela, e poi Kurt non aveva la più pallida idea di cosa pensasse il suo compagno di viaggio al riguardo. All’inizio si era guardato attentamente dal fargli capire palesemente di essere gay e si sentiva anche un idiota per questo. Lui che era sempre stato orgoglioso di se stesso e di ciò che era! Ma Blaine era stato gentile con lui fin dall'inizio, e Kurt era stato se stesso,anche se aveva evitato commenti troppo compromettenti in un paio di occasioni. Non che si fosse nascosto, quindi. Semplicemente aveva evitato di chiarirlo. Avrebbe dovuto?

Poi Blaine aveva iniziato a flirtare con lui – ormai era innegabile, visto che la sua coscia era ancora premuta contro la sua e non sembrava avere intenzione di muoversi di lì, e ora anche le loro spalle si toccavano delicatamente – e Kurt non sapeva davvero più cosa pensare. Aveva paura che fosse tutto frutto della sua immaginazione e che presto si sarebbe svegliato per esclamare “oddio, mi sono immaginato tutto”. Forse stava sognando e si sarebbe risvegliato con Sue Sylvester che troneggiava su di lui pronta a ricoprirlo di minacce di morte per essersi addormentato agli allenamenti dei Cheerios.

Si sentiva strano, ecco. Blaine in quel momento stava guardando con attenzione il servizio con un’espressione indecifrabile in viso, perciò Kurt non sapeva davvero da dove partire per capire come avrebbe reagito quando avrebbe capito che era gay.

Perché non aveva nessuna intenzione di nascondersi, quello no. Avrebbe trovato il modo di rendere chi era più chiaro possibile. Anche perché Blaine prima in treno gli aveva sfiorato una spalla, e gli aveva appoggiato la mano sul braccio, e sì, quella maledetta gamba non si era spostata. E, accidentale o meno che fosse, era la cosa più dolce e contemporaneamente sexy che potesse concepire in quel momento. Se, una volta capito che Kurt era gay, si fosse allontanato o avesse trovato una scusa per non rimanere con lui, se ne sarebbe fatto una ragione.

Non c’era nessuna garanzia che Blaine fosse gay, figuriamoci che fosse interessato a lui.

Kurt si stupiva di riuscire ancora a ragionare, con Blaine così vicino e bollente. La situazione iniziava a farsi accaldata – chi diavolo aveva acceso i riscaldamenti? – e non osava immaginare il momento in cui sarebbero risaliti in treno.

No, ok, voleva immaginarlo. Lasciò la mente libera di fantasticare. Poteva vedere Blaine piegarsi verso di lui e offrirgli una cuffietta per sentire musica insieme e magari Kurt avrebbe potuto sporgersi un po’ per sbirciare lo schermo dell’ipod per vedere se aveva indovinato la canzone e appoggiarsi a lui. Blaine magari avrebbe spostato il braccio per passarglielo dietro le spalle e Dio, avrebbe davvero voluto appoggiare la guancia alla sua spalla per sentire il calore, il profumo, e –

Stai viaggiando veloce come un treno, Porcellana, disse la Sue Sylvester che aveva evidentemente deciso di alloggiare tra i suoi neuroni bolliti. Rallenta, prima di spiaccicarti al muro.

Imbarazzato, Kurt si riscosse quel tanto che bastava per ragionare lucidamente. Con il cervello, e non con la zona Sud, tanto per capirci.

Blaine era oggettivamente meraviglioso e questo era innegabile. Lui aveva diciotto anni e degli ormoni scatenati al massimo della loro potenza, dopo che le cose con Dave si erano rivelate un vero disastro. Doveva essere normale pensare cose del genere su Blaine.

Non mi sto trasformando in Finn o Puck, si disse con fermezza. E’ solo che Dave non si faceva nemmeno avvicinare e ci sono stato male e ora sto solo riversando tutto l’entusiasmo che avevo per lui in Blaine, che è carino. Bello, ok. E’ bello.

L’entusiasmo iniziale che era seguito al suo primo, vero bacio si era smorzato molto in fretta e Kurt faceva fatica a dimenticare la doccia gelata che erano state le parole di Dave subito dopo, per quanto ci provasse con tutto se stesso.

“Voglio andarci piano” aveva detto. “Sai, tipo non farci vedere in giro, per…per adesso. Magari potremmo provare ogni tanto…voglio dire, devo abituarmici. Non…per ora non credo di essere pronto a…rifarlo. Baciarti.”

Eppure ormai si erano diplomati e la scuola era finita. Da cosa sentiva il bisogno di nascondersi, esattamente? Ma Kurt voleva che le cose funzionassero perché Dave sembrava davvero interessato a lui, anche se magari non lo era del rapporto fisico. Non ancora, almeno. Certo, nemmeno baciarsi…

Gli aveva dato tempo, tutto il tempo del mondo, convinto che fosse la cosa giusta. Si sentiva protettivo nei suoi confronti, in un certo senso. Non avrebbe mai voluto che qualcun altro passasse ciò che lui aveva sperimentato sulla propria pelle, anche se era inevitabile. Durante i due mesi in cui erano stati insieme – se così si poteva definire – si erano baciati tre volte. Solo tre maledettissime volte in cui Kurt si era sentito così sbagliato, perché poi Dave era sempre fuggito a gambe levate da lui e lui era rimasto lì, con tutto quell’amore e nessuno a cui donarlo.

Poi New York era piombata tra di loro e tutto il suo mondo era cambiato radicalmente. Ricordava con estrema chiarezza cosa gli aveva detto Rachel, dopo che lui si era confidato con lei riguardo a Dave.

“Ha paura di ciò che è, Kurt” gli aveva sussurrato l’amica, stringendolo in un abbraccio. “E non puoi aspettare che trovi se stesso o che diventi qualcuno che non è. Ti tirerà giù con se e cadrete entrambi”.

Kurt sapeva che aveva dannatamente ragione, lo sapeva, eppure non aveva avuto il coraggio di lasciarlo. Dave si era comportato in modo sempre più strano, dopo che lui gli aveva detto che sarebbe partito per New York – all’epoca stavano insieme da un mese circa – e lui era partito senza chiarire la situazione. Nessun “non posso più stare con te in questo modo”, né “ci vediamo a Natale”. Niente di niente. Non si erano lasciati, ma non stavano insieme. Era complicato.

Tornò al presente mentre il servizio si concludeva.

“...il Marriage Act verrà sottoposto a votazione proprio questo mese e…”

Blaine non commentò in nessun modo, mantenendo la sua espressione indecifrabile, e Kurt stava per tirare un sospiro di sollievo quando un tizio con dei baffoni ridicoli seduto al tavolino proprio di fianco al loro si sporse verso il suo vicino, grosso e brutto quanto lui:

“Che schifo.” commentò brandendo un pezzo di pane e spargendo molliche ovunque.

Kurt strinse le mani a pugno, ma ovviamente non disse niente. Cosa poteva commentare, dopotutto?

Come poteva spiegare a qualcuno così radicato nelle proprie convinzioni che non era un abominio, quando il mondo era pieno di gente così? Non sarebbe mai riuscito a convincerli tutti. Il mondo poteva cambiare, ma ci sarebbe stato sempre qualcuno a pensarla in quel modo. Semplicemente non poteva pretendere che tutti capissero.

L’altro uomo lì di fianco, texano a giudicare dal cappello, scosse la testa, spargendo pezzi di pollo nell’aria prima di rispondere: “Hai ragione. Certa gente dovrebbe starsene nascosta e non far vedere la faccia in giro, invece di andare in televisione”

Froci” fu il commento del primo, che si pulì con noncuranza le mani sul tovagliolo.

Kurt affondò di nuovo il viso nel piatto di insalata e desiderò non riemergere mai più. Sapeva che avrebbe trovato persone che la pensavano come quei due persino a New York, nonostante la fama ‘libertina’ della città. Le difficoltà non sarebbero certo scomparse magicamente una volta lasciata Lima e avrebbe dovuto continuare a lottare contro quelli che pensavano che fosse un abominio da nascondere o eliminare del tutto per convincerli che valeva. Che non era sbagliato.

Glie lo aveva insegnato suo padre: l’amore non era mai sbagliato.

Eppure si sentiva uno stupido per aver sperato di avere un po’ di respiro, almeno durante il viaggio. Una volta arrivato sarebbe stato alla NYADA, avrebbe perfino diviso la sua stanza nel dormitorio con qualcun altro. Magari non sarebbe stato al sicuro dal pregiudizio, magari avrebbe trovato dolore e prese in giro esattamente come le aveva trovate a Lima, ma sarebbe stato tra chi lo capiva, chi aveva il suo stesso sogno.

Persone che, ognuno in un modo diverso dall’altro, avevano probabilmente lottato per arrivare alla NYADA e avrebbero lottato sempre. Kurt sperava di non sentirsi solo, una volta giunto lì. Senza Rachel, senza Finn, senza Dave.  

Aveva paura, ecco cos’era. Ora che era vicino, troppo vicino alla sua meta, aveva paura che New York si rivelasse diversa da ciò che aveva sempre sognato, da ciò che gli avevano sempre raccontato. Ma non poteva arrendersi. Non voleva.

Aveva passato i primi anni di liceo a domandarsi perché non avrebbe potuto camminare mano nella mano per i corridoi con la persona che amava senza avere davvero qualcuno per cui lottare e l’ultimo anno a cercare di capire cosa volesse da lui Dave, il ragazzo che aveva reso la sua vita un inferno e che improvvisamente aveva deciso di fare in modo che i bulli lo lasciassero stare.

Certo, le risposte erano arrivate dopo il diploma, ma avevano portato con sé così tante domande che a Kurt era sembrato di ricominciare tutto da capo. Nonostante questo ci aveva provato. Aveva raccolto Dave quando era caduto, dopo che i suoi ex compagni di scuola avevano scoperto della sua omosessualità, si era preso cura di lui e probabilmente si era quasi innamorato di lui. Voleva che le cose tra loro funzionassero, davvero. Ma Dave non era ciò che cercava e odiava essersene accorto così tardi.

In fondo, quando gli aveva chiesto di seguirlo a New York, Dave era andato nel panico e aveva rifiutato.

 

Qualcuno si mosse, di fianco a lui, e Kurt si ricordò improvvisamente della presenza di Blaine. Non aveva il coraggio di alzare gli occhi, né di fare nessun’altra mossa, e questo lo fece in parte arrabbiare con se stesso.

Era fiero di essere diverso. Ci aveva messo tantissimo a capirlo, e poi aveva sofferto per tutto il liceo delle conseguenze delle sue scelte. Ora non aveva nessuna intenzione di lasciare che due idioti incontrati in un bar gli rovinassero quello splendido viaggio. Per quanto riguardava Blaine, gli era sembrato un tipo a posto. Avevano parlato di musical, giornali di moda e diete e magari un po’ meno di sport, era vero, ma il ragazzo sembrava a suo agio.

Anche troppo, si ricordò Kurt quando il ginocchio di Blaine sfiorò di nuovo il suo con delicatezza. Anche troppo a suo agio.

Blaine in quel momento era voltato verso quei due tipi e Kurt sperò con tutto se stesso che non stesse per aggiungere qualcosa del tipo: “Ma certo, dovremmo sterminarli tutti” proprio mentre erano così a contatto.

Fu un sollievo enorme che quasi lo fece svenire quando Blaine si voltò, scuro in volto, e borbottò qualcosa che suonava molto come ‘incivili’. Kurt abbandonò per un attimo gli scenari apocalittici che la sua mente aveva partorito, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da Blaine. Il ragazzo riccio era stato fin troppo gentile nel definirli, Kurt sarebbe stato in grado di insultarli in modi che nemmeno avrebbero capito.

Blaine si accorse che Kurt lo stava guardando – non riusciva nemmeno a capire come lo stesse guardando, ma probabilmente era un misto di ansia e adorazione, vista la sua…ehm, cotta? Come accidenti doveva chiamarla? E poi, perché darle un nome? – e prima che potesse distogliere lo sguardo alzò gli occhi dorati per fissarli nei suoi.

Si sorrisero timidamente, poi Blaine rischiò di strozzarsi con le patatine per la seconda volta perché nonna Mary, che evidentemente aveva seguito sia il servizio sia lo scambio di battute, commentò, rivolta ai due texani: “bastardi”.

Kurt non poté fare a meno di sorridere nervosamente e Blaine, che sembrava riuscire sempre a trovare il modo di mettere gli altri a proprio agio, riprese a chiacchierare con nonna Mary di verdure e salumi, lanciandogli ogni tanto qualche occhiata divertita. Kurt non vedeva l’ora di risalire sul treno insieme a lui e vedere dove sarebbero arrivati, di cosa avrebbero parlato, se Blaine si sarebbe seduto di fronte a lui o di fianco, se gli avrebbe raccontato altro del suo passato, di cosa amava e di chi era davvero. Voleva saperlo, voleva conoscere Blaine in tutti i modi possibili e non riusciva a capire se fosse perché gli piaceva – era attratto da lui? probabile – o perché Blaine fosse così speciale. Alla fine capì che probabilmente era tutto, tutto insieme.

Blaine e nonna Mary ripresero a parlare del viaggio in treno, e l’anziana signora si raccomandò di vestirsi pesantemente, perché le notti in treno erano particolarmente fredde, Blaine la rassicurò dicendo che aveva un maglione nel borsone. Poi, di punto in bianco, Mary Prudence chiese:

 “Ma ragazzi, allora qual è la vostra meta?”

Ok, forse avrebbe potuto evitare di girarsi di scatto, e forse anche di spalancare la mascella come un cretino. Anche se, a pensarci bene, si stava contenendo tantissimo, considerato che una voce dolce si era sovrapposta alla sua mentre rispondeva, scandendo le stesse, identiche parole.

“New York”

La grande mela, la città che non dorme mai. Il senso era sempre lo stesso. Blaine, il suo curioso compagno di viaggio, il ragazzo terribilmente carino e dolce e a quanto pare di larghe vedute che aveva incontrato per puro caso sul treno e che aveva deciso di mandargli gli ormoni a mille, stava andando a New York esattamente come ci stava andando lui.

Lo stomaco di Kurt fece una buffa capriola e il cuore iniziò a battergli nel petto con forza mentre nonna Mary si scioglieva in un sospiro e Blaine gli sorrideva da un orecchio all’altro. A giudicare dai suoi bagagli Kurt non avrebbe saputo dire se si stesse trasferendo a New York o se il suo fosse solo un viaggio breve.

Lui stesso non aveva potuto portare molte cose – sicuramente non aveva avuto abbastanza spazio per tutte le sue creme per la pelle – nonostante si stesse trasferendo per il College. In fondo avrebbe passato i prossimi tre anni diviso tra le aule di canto, danza e recitazione e i dormitori. E New York, e i provini di Broadway, e tutta una città da scoprire.

“Beh, New York è un sogno, ragazzi.” disse nonna Mary con ancora in viso la stessa aria sognante.  “Dovete assolutamente andare a vedere Central Park, una volta arrivati, perché…”

Ma Kurt non stava ascoltando, perché Blaine si era voltato verso l’anziana signora con la forchetta a mezz’aria e lo sguardo più dolce che avesse mai visto negli occhi di qualcuno. Annuiva educatamente e le labbra erano incurvate in un minuscolo sorriso che avrebbe potuto, da solo,  illuminare l’intera stanza, l’intera stazione e infine l’intera America.

Non aveva senso, Kurt lo sapeva. Eppure avrebbe voluto sporgersi e abbracciarlo e baciarlo fino a che avesse avuto respiro. La consapevolezza che era una cosa impossibile gli spezzò in cuore, solo un po’.

Stava sognando molto in grande, ma una nuova consapevolezza lo colpì in pieno e si permise di pensare almeno in piccolo, perché in un modo o nell’altro, quella notte, lui e Blaine avrebbero dormito insieme.

Mentre Kurt era preda dei suoi pensieri qualcosa di fianco a Blaine si mosse e il vecchio Arnold si svegliò di soprassalto, saltando sulla sedia per quanto le sue vecchie ossa glielo permettessero. Stringendo il bastone, borbottò: “Mary Prudence, prendi il fucile, i tedeschi sono alla porta!”

Poi, così come si era svegliato, ricadde in avanti e si riaddormentò, con la testa che ciondolava sul petto.

Beh, pensò Kurt mentre il colorito di Blaine virava verso il violaceo e il ragazzo cercava disperatamente di non ridere. Se non altro la mia vita non è monotona.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Ok, ragazze, here we are again! :D

Pubblico un giorno prima perchè il capitolo era pronto. Sono abbastanza soddisfatta di come è venuto, alla fine, anche se mi ha fatto penare un po’.

Aehm. Lo so che l’inizio del capitolo non è serio xD E’ che mi è venuto così, che ci volete fare!

 

Per rispondere ad un po’ di domande che mi sono state fatte nella recensione abbiamo un accenno alla situazione di Kurt e Dave, ma non preoccupatevi, saprete molto di più molto presto, e soprattutto abbiamo un sacco di – passatemi il francesismo, ragazze – seghe mentali di Kurt su Blaine e la sua dubbia sessualità. Un po’ come il CrissColfer, quindi :)

Capitelo, povero Kurt: Blaine non è che sta facendo qualcosa per fargli capire (eccetto provarci in maniera non proprio spudorata ma abbastanza evidente), quindi probabilmente gli manderà in pappa il cervello. E gli ormoni.

 

Dunque, che altro posso dirvi?

Ah sì! Un grazie enorme alla mia adorata beta, Ilaryf90, che sopporta tutti i miei scleri ventiquattro ore su ventiquattro. Cosa farei senza di te? *-*

 

Inoltre, potete venire a rompermi le scatole/insultarmi/fare due chiacchiere sul mio twitter, al seguente indirizzo:

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E ovviamente potete sempre seguirmi su facebook, qui -----> http://www.facebook.com/profile.php?id=100002618776119

 

Eh, niente… xD

Preparatevi, perché il prossimo capitolo è una bomba a mano. Ah, ecco, per chi l’ha chiesto nelle recensioni: il rating salirà sicuramente a rosso verso la fine della storia. Ma i momenti da rating arancione non saranno solo alla fine.

In poche parole sì, avrete lo smut.

Lo so che mi state odiando, ma non posso dirvi di più per ora, quindi portare un pochina di pazienza. Pochina pochina J

Il prossimo capitolo sarà online sempre di martedì, quindi stay tuned!

Un piccolo spoiler?

Kurt cercherà di controllare gli ormoni, ma Blaine non sembra intenzionato a collaborare. E ci sarà qualcosa che qualcuno di voi aspettava. Spero xD

 

 

Beh, a martedì prossimo, e mi raccomando, fatemi sapere come vi è parso il capitolo!

 

 

Selene

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque

 

 

“There's a boy I know, he's the one I dream of 
Looks into my eyes, takes me to the clouds above 
Ooh I lose control, can't seem to get enough 
When I wake from dreaming, tell me is it really love”



La panchina sulla quale Kurt e Blaine si erano seduti per finire di mangiucchiare il pranzo era illuminata dai raggi del sole di fine estate. Era una stupenda giornata, il cielo era azzurro e l’aria tiepida scompigliava i capelli di Kurt, che spiluccava pigramente una fetta di pane sbriciolandola tra due dita nel suo piatto di plastica mentre chiacchierava tranquillamente con Blaine.

“Ho sempre voluto fare una cover di Christina Aguilera” stava spiegando Blaine mentre accarezzava con la punta delle dita la custodia della sua chitarra. Kurt aveva notato che era un gesto che faceva spesso, come se avere lo strumento sempre a portata di mano lo facesse sentire a suo agio; Blaine aveva anche l’abitudine di passarsi una mano sulla nuca quando era imbarazzato, o almeno così Kurt pensava. Spesso socchiudeva appena le labbra, quando era pensieroso, perplesso o sorpreso.

Ecco, in particolare in quei momenti Kurt arrossiva perché la sua attenzione veniva inevitabilmente attirata dalla bocca di Blaine, per la quale davvero non riusciva a pensare lucidamente. Allora si arrabbiava con il suo stupidissimo cervello che, dopo diciotto anni di razionalità e cinismo, aveva deciso di andare in pappa per un bel paio di occhi verde-nocciola.

Stava diventando ripetitivo, e se ne rendeva perfettamente conto. Oh, Dio, era così patetico.

Un cliché, ecco cos’era. Un maledettissimo cliché, come se la sua vita si fosse improvvisamente trasformata in un qualsiasi romanzo per ragazzine.

Il fatto che Blaine si comportasse in maniera curiosa, per uno sconosciuto, non aiutava affatto. Che poi, erano ancora sconosciuti?

Per prima cosa, Blaine sembrava a suo agio anche quando erano molto vicini, spalla contro spalla. Cosa che, con qualsiasi altro ragazzo, non era mai capitata. Nemmeno con Dave, anzi. Il giocatore di football era sempre in tensione, quando si trovava vicino a lui.

Poi Blaine l’aveva sfiorato così tante volte che aveva perso il conto, forse anche inconsciamente. Ad esclusione dell’episodio del pranzo, ovviamente. Kurt avrebbe fatto fatica a dimenticare la sensazione del calore di Blaine, così vicino. E aveva il vago sospetto – ok, era una certezza – che la gamba di Blaine attaccata alla sua fosse una crudele quanto consapevole vendetta per aver criticato la sua pessima alimentazione. Al di là di ciò, Blaine l’aveva sfiorato diverse volte, sempre in punta di dita, come se fosse distratto e toccare Kurt di tanto in tanto gli venisse perfettamente naturale.

Kurt non riusciva davvero a sentirsi infastidito o a disagio da quella vicinanza. Se arrossiva era solo ed esclusivamente perché ogni volta il cuore gli batteva un po’ più forte. Blaine era spontaneo e mai invadente e quel velo di mistero che si celava dietro la sua figura non faceva altro che incrementare la curiosità di Kurt e cancellare velocemente il timore. Sì, perché di Blaine aveva scoperto pochissimo e c’erano così tante cose che voleva chiedere che probabilmente non gli sarebbe bastato un viaggio fino in Australia, per farlo.

Che avessero feeling era un dato di fatto. Anche se su alcuni argomenti avevano opinioni diverse – come ad esempio la bibliografia non autorizzata di Barbra Streisand o l’importanza di non riempirsi di schifezze – avevano tantissimi interessi in comune. A Blaine piacevano praticamente le stesse marche di dopobarba, gli stessi libri e le stesse canzoni – più o meno. Avevano persino votato la stessa migliore copertina di Vogue. Eppure Kurt non sapeva tante altre piccole cose, come ad esempio perché Blaine viaggiasse con una chitarra, o se stesse andando a vivere a New York come stava facendo lui. Né se stessero scappando dall’Ohio nella stessa maniera.

Certo, non c’era niente di male a viaggiare con una chitarra, ma cos’era Blaine? Un musicista? Un importante membro di una band? Un agente della C.I.A.? Gli erano sembrate domande forse troppo personali da fare.

Sapeva che aveva la sua stessa età, forse qualche mese di meno, che aveva fatto parte di un Glee Club e che aveva frequentato una scuola lussuosissima di ottima fama.

Era un ragazzo normale, non di certo perfetto, o il tipico bello senz’anima. Era attraente, quello sì. Kurt non poteva fare a meno di osservare la curva morbida della spalla o la linea del mento, coperto da un quasi invisibile filo di barba, e poi finiva per immaginare di posarci delicatamente le dita, facendo scorrere i polpastrelli lungo la guancia, poi strofinarci il naso, le labbra e –

Per la miseria, Porcellana! Smettila o inizierai a sprizzare glitter da tutti i pori! esclamò la Coach Sylvester nella sua testa.

Il suo stomaco si strinse in una dolorosa morsa di vergogna e tornò alla realtà, dove Blaine stava aspettando da lui una risposta. Da chissà quanto tempo.

Ops.

“Scusa, stavi dicendo?”

Sapeva di essere diventato viola di vergogna. Perché diavolo continuava a fare la figura dell’idiota?

Mi uccida, coach. Sono un essere inutile, supplicò nella sua testa.

Niente da fare, visino d’angelo. Te la dovrai cavare da solo!

La coach Sylvester non era mai stata meno d’aiuto come in quel momento. Per quanto possa essere d’aiuto una voce che senti dentro la tua testa, s’intende.

“Niente, tranquillo… stavo chiedendo del tuo Glee Club” ripeté Blaine pazientemente. Stava palesemente trattenendo un sorrisone e Kurt si domandò se sapesse l’effetto che gli faceva.

“Voglio dire, siete piuttosto famosi per via di quel video su You Tube dove c’è il tizio gigante che bacia la vostra solista, quella un po’ pazza.”

Kurt ridacchiò nervosamente. C’erano certe esperienze che non dimenticavi tanto facilmente e che ti avrebbero probabilmente tormentato per il resto dei tuoi giorni. Santana Lopez che urla maledizioni in spagnolo è sicuramente una di queste.

“Imbarazzante” commentò passandosi una mano sul viso. Blaine ridacchiò addentando una patatina e aspettò che continuasse.

“C’era questo flirt” iniziò allora a raccontare Kurt. Dentro di sé ancora sprizzava disapprovazione da tutti i pori per quell’episodio. “e Rachel – la nostra solista – non era affatto convinta di volere Finn – il tizio gigante – e gli aveva detto più o meno chiaramente che avrebbe scelto la carriera, piuttosto che l’amore. Finn la rivoleva indietro, ma c’erano di mezzo anche Quinn, la sua ex non più incinta, e Jessie, un montatissimo idiota che era stato nei Vocal Adrenaline – forse li conosci – e…

“Oh mio dio” lo interruppe Blaine scoppiando a ridere di gusto. “Siete peggio di una soap opera!”

Kurt cercò di mettere su una faccia indignata, con scarsissimo successo. Alla fine si rassegnò e sospirò.

“Sì, in effetti ci sono stati un bel po’ di accoppiamenti in almeno trenta combinazioni diverse – non che io le abbia contate – ed eravamo tutti un po’ melodrammatici, quindi la situazione diventava insostenibile, a volte.”

“Da noi era tutto molto diverso. Difficilmente ci facevamo a pezzi per gli assoli, perché ogni cosa veniva sempre messa a votazione, e la Dalton è una scuola maschile, così…

“Oh.”

Quel commento demoralizzò un po’ Kurt, che però continuò a raccontare, visto che Blaine sembrava davvero incuriosito – ah, il modo in cui aggrottava le sopracciglia, e che curiosa forma in effetti, e quegli occhi così…

Porcellana?

Mhm?

Concentrati.

Ah, sì.

“Beh” si riprese, trattenendosi dallo scuotere la testa per scacciare i pensieri – e Sue. “Alla fine la competizione era molto sana – il più delle volte, esclusa quella in cui ci siamo dopati per vincere contro le ragazze – e ci siamo sostenuti a vicenda, visto che le cose a scuola erano un disastro”

Blaine aggrottò le sopracciglia – e sì, erano triangolari. “In che senso?”

Ecco, ora Kurt si sentiva un tantino a disagio, come se stesse per fare coming out una seconda volta. E la prima volta non era stata affatto piacevole.

“Il Glee Club era, gerarchicamente, in fondo alla catena alimentare. Mhm, c’è qualcosa più giù di ‘in fondo’? Diciamo sotto a sterco di balena”

Gli occhi di Blaine erano tondi come monete, spalancati dallo stupore. La bocca era ovviamente semiaperta, ma Kurt cercò di non soffermarsi su quel dettaglio.

“I soliti giocatori di football popolari, o le cheerleader, o quelli di hockey…” Kurt sbuffò. “D’accordo, praticamente per tutti ogni scusa era buona per cercare di boicottare i nostri numeri o rendere la nostra vita un inferno”

“Cosa? Voglio dire, è impossibile!”

Blaine sembrava davvero sconcertato e l’elegante sopracciglio di Kurt scattò verso l’alto.

“Ho preso più granitate in faccia io negli ultimi tre anni di quante ne avrebbe potute vendere un chiosco in trenta” disse alzando le spalle.

“Alla Dalton era tutto completamente diverso. Cavolo, gli Warblers erano come rockstar!” esclamò Blaine, indignato. Era evidente che non aveva idea di come andassero le cose al McKinley.

“Beh, la scuola pubblica è un vero inferno, fidati” si sentì quindi in dovere di precisare Kurt.

Soprattutto se sei l’unico gay dichiarato, aggiunse mentalmente. Era ovvio che Blaine non avesse idea dell’inferno che aveva passato, visto che aveva frequentato una rispettosissima scuola privata, e –

“Lo so, ci ho passato il primo anno del liceo. Prima di trasferirmi alla Dalton.”

“Ah”

Beh, magari Blaine capiva, allora. Chissà perché si era trasferito…

“Quindi le cose non sono state una passeggiata, eh?” domandò Blaine avvicinandosi e voltandosi verso di lui completamente.

Kurt si sforzò di sorridere.

“Ormai è passato. Voglio dire, sto andando a New York”

Sto scappando a New York, si corresse mentalmente.

Blaine aprì la bocca per rispondere, o forse per chiedere qualcosa, ma Kurt non lo seppe mai, perché  l’altoparlante sopra le loro teste lo interruppe, gracchiando: “Il treno per Harrisburgh è in partenza al binario sette”

Il suo cervello, troppo impegnato a contemplare Blaine, registrò l’informazione con disarmante lentezza. Quello di Blaine, evidentemente meno impegnato in attività ricreative che coinvolgevano parti del corpo alle quali Kurt non aveva mai nemmeno pensato, fu molto più veloce.

In ogni caso i due ragazzi spalancarono gli occhi in contemporanea, fissandosi inorriditi.

Blaine” esalò Kurt con un filo di voce. “Ma non era il binario quattro?”

Ma Blaine aveva già afferrato il borsone e si era fatto scivolare la chitarra a tracolla con un gesto fulmineo, per poi saltare su come un grillo. Bisognava ammetterlo, quel ragazzo aveva i riflessi pronti.

“Corri!”

Kurt scattò in piedi e quasi inciampò nella panchina nel tentativo di stare dietro a Blaine, che, cavolo, era davvero veloce. Quando lo raggiunse trascinandosi dietro la valigia a peso morto, Blaine si voltò verso di lui, rise e allungò la mano verso la sua proprio mentre sfrecciavano davanti al bar dove avevano fatto pranzo.

Senza pensarci davvero Kurt afferrò la mano che Blaine gli porgeva e accelerò. La gente si voltava a guardarli, chi ridendo chi con curiosità. Quando passarono come due fulmini di fronte a Nonna Mary e il vecchio Arnold, che stavano uscendo dal bagno proprio in quel momento, l’anziana signora li salutò soddisfatta con la mano.

“Buon viaggio, ragazzi!”

Corsero a perdifiato lungo i sottopassaggi fino ad arrivare al binario sette praticamente senza fiato. Kurt sentiva i polmoni urlare in cerca di ossigeno da incamerare, ma non c’era tempo. Il treno stava per partire, il capostazione aveva fischiato. Mancavano pochi passi, le porte si sarebbero chiuse a momenti e –

Con un balzo felino assolutamente non da lui Kurt saltò sul treno, trascinandosi dietro Blaine per mano un istante prima che le porte si chiudessero alle loro spalle.

“Si!” esclamò Blaine con il fiatone per la corsa, prima di accasciarsi contro la parete e chiudere gli occhi.

Quando li riaprì trovò Kurt intento a fissare con assoluto stupore le loro mani ancora intrecciate, e il suo sguardo vagò prima sul suo petto che si alzava e si abbassava velocemente e poi di nuovo giù.

Quando la mano di Kurt si mosse debolmente nella sua la lasciò andare di botto.

Kurt era sicuro di star andando a fuoco, e sapeva anche che non tutta la colpa era della corsa breve ma estenuante. Non riusciva a ragionare lucidamente, dannazione.

Blaine l’aveva preso per mano, con tutta la naturalezza del mondo, come se fosse assolutamente normale e spontaneo, e probabilmente Kurt sarebbe morto d’infarto di lì a poco.

Il ragazzo riccio si guardò in giro per un secondo e individuò uno scompartimento vuoto, così gli sorrise e Kurt capì al volo.

Il primo a sedersi fu Blaine, con un sospiro sconvolto. Kurt si avvicinò e fissò per un istante i sedili con aria indecisa. Blaine si era sistemato vicino al finestrino, lasciando liberi i sedili di fronte a lui e al suo fianco.

La risposta ai suoi amletici dubbi su dove sedersi arrivò velocemente quando Blaine si sfilò la chitarra dalla spalla per sistemarla sul sedile di fronte al suo, così Kurt non ebbe altra scelta che buttarsi a peso morto al suo fianco.

Sentì Blaine inspirare pesantemente nel tentativo di regolarizzare il respiro e aspettò fino a che Blaine non si voltò verso di lui.

Si guardarono per un attimo e, proprio come poche ore prima, un istante dopo stavano ridendo a crepapelle, tenendosi le mani davanti alla bocca per non fare troppo rumore nonostante lo scompartimento fosse vuoto.

Perfino mentre era troppo occupato a ridere di gusto Kurt non poteva non notare che l’intero viso di Blaine si illuminava di tante emozioni diverse, così intense da renderlo semplicemente meraviglioso. Così tante che Kurt desiderò ardentemente poterle interpretare tutte con calma. L’aveva preso per mano, avevano riso insieme e lo aveva fatto ridere talmente tante volte che aveva perso il conto.

Era davvero stupendo.

Sei stracotto, faccia da pizzichi, commentò malignamente Sue.

Ma Kurt stavolta non colse l’ironia della voce della sua coscienza.

, le rispose. Mi sa di sì.

 

Un po’ di tempo dopo, quando finalmente le risatine si esaurirono e Kurt smise di singhiozzare tra una risata e l’altra, scuotendo le spalle, Blaine si sistemò meglio sul suo sedile e piegò la testa per poterlo guardare in faccia.

“Cosa stavamo dicendo prima di correre la maratona?”

“Uhm”. Kurt strinse gli occhi per pensarci un po’ su. “Il mio disastrato Glee Club e l’infernale vita da liceale” riassunse facendo schioccare la lingua tra i denti. “E comunque non avremmo vinto, in un’eventuale maratona. Sei troppo lento”

Blaine ignorò la sua battuta e annuì tra sé, poi sembrò esitare, così Kurt gli sorrise nella speranza di metterlo a suo agio.

Alla fine Blaine si decise a domandare ciò che sembrava premergli e le parole vennero fuori cautamente.

“Prima hai detto che per te è stato più difficile, affrontare il liceo” disse sviando appena lo sguardo sul bracciolo del sedile, dove Kurt aveva appoggiato il braccio.

Kurt se ne uscì con un Mhmm non molto convinto. Era arrivato il momento di dire la verità?

“Quando sei un tipo un po’ particolare e ti unisci al Club più sfigato di tutta la scuola non puoi proprio evitare di finire nei cassonetti” iniziò a spiegare. Non sapeva nemmeno perché lo stava raccontando proprio a Blaine. Non era una cosa della quale amava parlare, di solito.

Perse un momento il filo alla ricerca di qualcosa da aggiungere, ma mentre se ne stava lì sull’orlo del panico, scorse negli occhi di Blaine un lampo di decisione mentre lui li alzava per piantarli dritti nei suoi.

“Ti capisco. Voglio dire, il mio coming out non è stato preso molto bene da quelli del mio vecchio liceo” disse con tranquillità. Se Kurt non fosse stato tanto sotto shock, probabilmente avrebbe pianto. Peccato che fosse parecchio sotto shock, e la sua bocca si aprì in una piccola, perfetta ‘o’.

Blaine sembrava davvero soddisfatto di se stesso, ma stava ancora sostenendo coraggiosamente lo sguardo di Kurt in attesa di un suo commento. Così Kurt si decise a dargli la prova della sua immensa stupidità balbettando:

Tu…tu sei gay?”

Stavolta fu Blaine ad alzare un sopracciglio.

“Pensavo fosse un tantino ovvio” disse mentre gli angoli della bocca si incurvavano verso l’alto con molta calma. Beh, ormai era ovvio che stesse aspettando che Kurt si spiegasse. Dal canto suo Kurt era forse troppo su di giri per dare davvero peso a quello che stava facendo. E poi era la cosa giusta da fare, lo sapeva. Ormai non correva più nessun rischio.

“Anche io” esalò con gli occhi spalancati. Probabilmente sembrava un matto.

Blaine finalmente sorrise e l’intero mondo tornò di botto al suo posto.

“Pensavo che anche quello fosse un tantino ovvio”

Il ghigno che tirò fuori Blaine avrebbe dovuto far almeno arrossire Kurt, ma tutto ciò che riusciva a pensare era che il cuore stesse per scoppiargli nel petto.

“Ah, e così sei uno spiritoso, eh?” mormorò sorridendo, nel tentativo di spezzare la tensione. Miracolosamente ci riuscì. Blaine si voltò e rise di nuovo con tranquillità, lanciandogli uno sguardo carico di divertimento.

Finalmente tranquilli si sorrisero e a Kurt quasi scappò un sospiro di sollievo. Non poteva credere di essersi fatto tutti quei problemi quando per Blaine invece era ovvio che lui fosse gay. La consapevolezza lo colpì come un treno in corsa.

Oh, cavolo, Blaine era gay.

Cavolo, cavolo, cavolo, cavolo.

Tanto per essere d’aiuto, la meravigliosa creatura - finalmente un po’ più avvicinabile - seduta al suo fianco scelse proprio quel momento per commentare con voce sarcastica: “Beh, essere spiritoso fa parte del mio fascino.”
Kurt rise della sua battuta, mentre dentro stava letteralmente dando di matto. Poteva quasi vedere i suoi neuroni rincorrersi nudi tra le pareti della sua scatola cranica per poi ballare la conga tutti insieme.

Poi Blaine saltò appena sul sedile e si voltò verso di lui.

“Ah, devo farti assolutamente sentire quella canzone di Pink, non ci posso credere che tu non l’abbia mai sentita, l’avranno data alla radio almeno seicento volte quest’estate!”

Il veloce cambio di argomento destabilizzò Kurt solo un po’. Non che si aspettasse una dichiarazione, a questo punto. Il fatto che Blaine fosse gay non cambiava molto le cose. Poteva benissimo essere fidanzato, e Kurt stesso non aveva propriamente lasciato Dave, quindi quello sarebbe stato come tradire, tecnicamente? Era la prima volta che quel pensiero si affacciava seriamente nella sua mente e Kurt si sentì un po’ in colpa al riguardo. Ma poi quello che lui e Dave avevano condiviso poteva essere chiamato ‘stare insieme’?

Blaine, che non poteva sapere cosa accidenti passasse per la testa di Kurt in quel momento, si allungò verso il suo borsone per cercare l’ipod e gli occhi di Kurt caddero inevitabilmente sul minuscolo lembo di pelle che la felpa lasciò scoperto per seguire il suo movimento, e quando Blaine gli porse una cuffietta con il ghigno più sexy che avesse mai visto Kurt capì che doveva per forza aver notato che lo stava mangiando con gli occhi.

E capì che Blaine poteva anche essere un bravo ragazzo, simpatico, dolce e tremendamente bello, un musicista e un segno del destino, ma prima di essere tutte queste cose era un maledettissimo provocatore. Non c’era modo che Kurt uscisse vivo da quello scontro ad armi decisamente impari.

Perché lui non era mai davvero uscito dalla fase ‘cucciolo di pinguino’ fino a quel momento, meno che mai con Dave, con il quale tutto era così dannatamente complicato.

Mentre prendeva con circospezione l’oggetto che gli veniva porto decise che doveva assolutamente fermare i suoi ormoni impazziti prima che fosse troppo tardi.

Doveva fare qualcosa. Ma cosa?

 

*

 

Il gemito che gli scappò dalle labbra era decisamente troppo alto per non essere sentito, ma al momento, in tutta sincerità, se ne fregava. C’erano cose molto più importanti a cui pensare, come il muro freddo del bagno, contro il quale era premuta la sua schiena nuda, o l’immenso calore che si propagava dal suo stomaco al cuore, ai polmoni e al viso, rendendogli impossibile ragionare con chiarezza. Si fece sfuggire un altro gemito quando quelle maledettissime labbra salirono fino alla mascella, lasciando una serie di baci umidi e morsi praticamente ovunque.

Ne soffocò un terzo quando Blaine passò la lingua con lentezza disarmante sulla vena pulsante del suo collo. 

Le sue mani corsero lungo il petto di Blaine per raggiungere la nuca e intrecciarsi lì, tirandolo di più verso di sé. Gli passò una mano tra i capelli e lo sentì mormorare di piacere.

Cavolo, era tutto così troppo.

Quando Blaine prese a mordergli il collo con l’abilità degna di un vampiro si costrinse a spostare le mani dal suo viso ai suoi fianchi, per stringere con forza il bordo della felpa azzurra della Dalton Academy. Perché diavolo ce l’aveva ancora addosso, dannazione?

Controllare gli ormoni, che pessima idea! Come ci erano finiti lì?

Peccato che Blaine avesse un’idea di gran lunga migliore, tipo passargli le mani lungo tutta la schiena seguendo il corso della spina dorsale, facendolo tremare da capo a piedi, per poi finire direttamente nelle tasche posteriori dei suoi jeans. Lo sollevò di peso senza il minimo sforzo e Kurt sentì il sangue concentrarsi velocemente sul suo viso, e poi la pressione scattò verso il basso, ed era tutto dannatamente eccitante.

Si aggrappò alle spalle di Blaine e fece leva sul bacino per circondargli la vita con le gambe, mentre il suo cuore sembrava sul punto di scoppiare e le labbra bollenti del ragazzo continuavano a vagare sul suo viso, lungo la scapola, sul mento. In quel momento Blaine gli stava baciando una spalla nuda, affondandogli le dita nei fianchi e mormorando a bocca chiusa.

Kurt realizzò, in uno sprazzo di lucidità, che non era ancora abbastanza vicino.

Dio, Blaine era così bollente e tutto quello che voleva era premersi contro di lui e baciarlo fino allo sfinimento, perché ancora non era riuscito a farlo, visto che Blaine non si era staccato dal suo collo.

Era piuttosto sicuro che fosse un ottimo baciatore, però. Le cose che faceva con quella lingua, e –

Mosse appena il bacino in avanti e strappò a Blaine un mormorio più forte degli altri. Avrebbe potuto vivere di quei suoni per l’eternità, ne era certo.

Kurt piegò la testa per baciargli il collo e arrivare fino all’orecchio, premendoci contro le labbra.

“Dio, mi fai impazzire”

Percepì Blaine sorridere contro la sua guancia, con quel filo di barba appena accennata che gli solleticava il volto delicatamente, in netto contrasto con la travolgente sensazione del corpo troppo caldo premuto quasi completamente contro il suo.

E ancora non erano abbastanza vicini, maledizione.

Spinse di nuovo il bacino contro quello di Blaine in cerca di sollievo, stavolta con più forza, e chiuse gli occhi quando sentì il ragazzo gemere ad un soffio dalle sue labbra, ma aveva già smesso di pensare lucidamente da un pezzo, perché tutto ciò che riusciva a sentire in quel momento era la sua erezione che premeva contro quella di Blaine e tanto, tanto caldo.

Blaine spostò le labbra lungo la sua guancia e tracciò con la lingua, lentamente, la linea della mascella prima di raggiungere il suo orecchio.

Poteva sentire il sangue pulsare direttamente verso il basso in modo talmente nitido e prorompente da essere quasi doloroso.

Ancora più vicino, aveva bisogno di essere ancora più vicino.

Come se gli avesse letto nel pensiero Blaine lo accontentò, stringendogli il fondoschiena.

“Muoviti” gli soffiò in un orecchio con il respiro spezzato e la voce di almeno due ottave più bassa.

Non sembrava un ordine quanto una supplica, e Kurt davvero non ce la faceva più, così non se lo fece ripetere due volte e iniziò a spingere contro l’erezione di Blaine, mentre le sue mani correvano di nuovo tra i suoi ricci e – Dio, quanto amava quei capelli…

Blaine premette sofficemente le labbra sul suo collo, poi salì con calma e Kurt voleva solo che appoggiasse le labbra sulle sue per sentirne il sapore, aveva bisogno di baciarlo talmente tanto che stava iniziando ad essere un’attesa dolorosa, e quando le labbra di Blaine furono a meno di un millimetro dalle sue –

“Qualcosa dal carrello, ragazzi?”

Un momento. Che cosa?

Kurt spalancò gli occhi di botto e rimase immobile sul suo sedile, rigido come una statua. Era talmente rosso in viso che avrebbero benissimo potuto cuocere una frittata sulle sue guance. Stava forse per prendere fuoco? E dove si trovava, visto che un attimo prima era in bagno con Blaine e stavano –

Ah. Oddio.

Un sogno. Era soltanto un sogno.

Qualcuno si schiarì la voce, da qualche parte sopra di lui, così alzò cautamente la testa. Si sentiva il corpo addormentato e su di giri allo stesso tempo. Ma che accidenti stava succedendo?

“Scusi?” pigolò con un filo di voce in direzione della donna che lo sovrastava. Era una hostess del treno, non tanto giovane – poteva avere circa cinquant’anni – e lo stava guardando con aria molto perplessa.

“Volete qualcosa dal carrello?” ripeté cortesemente. Probabilmente essere paziente con i clienti pazzi faceva parte del suo contratto.

N-no, grazie” balbettò senza davvero considerare l’idea. Quando l’hostess si allontanò con uno sbuffo Kurt prese un respiro molto profondo e cercò di concentrarsi per fare il punto della situazione.

Ed ecco che ritornava ad arrossire, accidenti!

No, doveva mantenere la calma. Aveva diciannove anni ed era una persona matura. Doveva esserci una spiegazione logica per quello che aveva sognato – Dio, ma che gli diceva il cervello? – e soprattutto per quello che stava succedendo ai piani bassi e dannazione, non voleva nemmeno pensarci, ma doveva.

Qualcosa di fianco a lui si mosse leggermente e Kurt realizzò molto velocemente tre cose: primo, il lato destro del suo corpo era premuto contro qualcosa di molto caldo e molto morbido; secondo, c’era davvero qualcosa di soffice che premeva delicatamente contro il suo collo.

Terzo, aveva un’erezione pulsante tra le gambe.

Oh, santo cielo.

Merda merda merda.

Tralasciando quest’ultimo punto – che comunque contribuì solo a farlo arrossire ancora di più – si decise a piegare lievemente la testa per guardare in basso e trovare una massa di ricci completamente ricoperti da un quintale di gel proprio sotto la sua mascella.

Blaine doveva essersi addormentato sulla sua spalla, visto che era premuto contro di lui e il suo viso era incastrato nell’incavo del suo collo.

Il naso gli sfiorava delicatamente la pelle e sembrava assolutamente a suo agio in quella posizione, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre il suo respiro caldo si infrangeva sul suo collo.

Kurt non riusciva a muoversi, ma se anche avesse potuto farlo dubitava che avrebbe voluto, visto che era inchiodato al sedile dal piccolo problema che stava avendo.

Merda, non era certo la prima volta che gli succedeva, d’accordo, ma per un sogno?

Quando Kurt si rese davvero conto di aver sognato quella cosa con la persona che gli stava dormendo addosso in quel momento, si lasciò sfuggire un lamento disperato.

Il quale, sfortunatamente, svegliò Blaine.

Il ragazzo riccio si mosse appena, mormorando qualcosa contro la sua maglia. Kurt rimase immobile come una statua di sale, rosso in viso, in attesa che Blaine realizzasse per conto suo di essere spalmato su di lui come un koala. Non che Kurt si stesse lamentando, per carità. Anzi, ora che se ne rendeva conto, quel ragazzo sotto la felpa aveva muscoli ovunque, esattamente come nel suo sogno. Tuttavia la situazione poteva essere un tantino equivoca, perché Blaine era gay e stava dormendo addosso a lui come se fossero una coppietta qualsiasi e Kurt aveva appena sognato di fare cose che non sapeva nemmeno di conoscere.

Blaine si paralizzò nel bel mezzo di un piccolo movimento e Kurt capì che doveva aver realizzato dove stesse dormendo. Contro chi, soprattutto.

Guardò in basso proprio mentre Blaine alzava lo sguardo ancora mezzo insonnolito su di lui.

Si fissarono per un millesimo di secondo in cui Kurt pensò di tutto e poi non capì più niente, e sul viso di Blaine passarono mille emozioni alla velocità della luce. Passò dalla sorpresa assoluta allo sconcerto, poi alla preoccupazione, alla vergogna e alla rassegnazione. Alla fine però le sue labbra si stirarono in un sorrisetto innocente.

Prima che Kurt potesse dire qualsiasi cosa – tipo “non sono stato io!” oppure “spostati, prima che riprenda il sogno da dove l’ho interrotto” – Blaine ghignò e disse, come se fosse la cosa più normale del mondo: “Buongiorno”.

Era un maledetto provocatore, ecco cos’era! Blaine se ne stava lì, con il suo sorrisetto, ancora spalmato con apparente tranquillità, totalmente ignaro della tempesta ormonale che aveva colpito Kurt con la potenza dell’uragano Katrina.

Kurt non riuscì nemmeno a protestare o a fissarlo inorridito. Alla fine sorrise – premurandosi di accavallare le gambe e ringraziando in silenzio la maglia che gli copriva il cavallo dei pantaloni – e chiese, con lo stesso tono tranquillo: “Dormito bene?”

Blaine sviò lo sguardo, probabilmente sorpreso dalla sua apparente mancanza di imbarazzo.

Se sapessi…

Kurt stava quasi per esultare, più o meno apertamente, quando Blaine si morse il labbro inferiore con quell’aria adorabile.

“Sei spigoloso” rispose, intenzionato a non dargliela vinta. “ma decisamente più comodo del finestrino”

Ora, Kurt non voleva comportarsi come una tredicenne alla sua prima cotta, strillando come un idiota cose imbarazzanti come ‘oh mio Dio, ha detto che sono più comodo del finestrino!”. Specialmente non dopo quello che aveva sognato. E perché aveva diciannove anni ed era una persona matura.

Però, accidenti, aveva detto che era più comodo del finestrino!

Blaine non attese una risposta e si staccò da lui – l’improvvisa mancanza di calore disorientò Kurt talmente tanto che avrebbe voluto annullare di nuovo le distanze tra loro e abbracciare Blaine per non lasciarlo più andare – togliendosi una cuffietta che ancora trasmetteva debolmente la musica.

Si stiracchiò tranquillamente sul suo sedile e Kurt dovette fare uno sforzo immane per distogliere lo sguardo dalla pelle scoperta della pancia.

Auch” commentò Blaine con una smorfia, massaggiandosi la spalla indolenzita. “Vado a cercare il bagno” dichiarò poi alzandosi in piedi e continuando a stiracchiarsi davanti a Kurt.

Oh, ma allora ci faceva apposta!

Kurt gli sorrise dal basso del suo sedile, incrociando con molta nonchalance le mani sopra al cavallo dei pantaloni.

Mhm-mhm” disse, stirando le labbra in una sorta di sorriso.

Blaine gli sorrise con aria insonnolita un’ultima volta prima di dargli le spalle e addentrarsi nei meandri del treno alla ricerca del bagno, scomparendo lentamente alla sua vista.

Una volta che non fu più visibile Kurt ricadde indietro sul sedile e prese un respiro molto profondo, massaggiandosi le tempie e cercando di concentrarsi su qualcosa che non fossero Blaine, le sue meravigliose labbra, il suo sogno e le sue mani sul sedere.

Diversi respiri profondi dopo finalmente si calmò del tutto, nonostante la sensazione di insoddisfazione fosse rimasta come un’ombra su di lui.

Non c’è motivo di andare nel panico, pensò Kurt con rinnovata frustrazione. Ho solo sognato di fare… cose con un ragazzo meraviglioso conosciuto in treno stamattina. Non c’è niente che non va. E’ tutto perfettamente nella norma.

A salvarlo dai suoi catastrofici pensieri intervenne il suo cellulare, che vibrò pigramente nella sua tasca, segnalando l’arrivo di un messaggio.

Kurt sospirò e si allungò per tirarlo fuori, sbirciando sullo schermo. Era da parte di Rachel.

Aprì il messaggio con una punta di nostalgia. Erano passate poche ore e Rachel gli mancava già tantissimo.

 

(19:02 pm)

Come va il viaggio? Ti saluta Finn. Già ci manchi.

 

Kurt lesse il messaggio e sorrise debolmente, affrettandosi a digitare la risposta.

 

(19:03 pm)
Anche voi mi mancate, specialmente tu, i tuoi assurdi vestiti e i tuoi drammi da palcoscenico. Qui tutto bene, siamo ancora in aperta campagna, parecchio lontani da Harrisburgh, e sto passando l’intero viaggio a chiacchierare con un ragazzo molto carino. Salutami Finn.

 

Se c’era qualcosa che assolutamente non poteva dire a Rachel, era del suo sogno. O del fatto che Blaine l’avesse preso per mano e poi si fosse addormentato sulla sua spalla come un cucciolo di bradipo.

Rachel rispose in fretta.

 

(19:05 pm)

Lascia in pace i miei vestiti, Hummel! Piuttosto… di cosa state parlando, esattamente?

 

Beh, era una domanda lecita. Kurt digitò la risposta, parafrasando un po’.

 

(19:09 pm)

Le solite cose. Scuola, musica, moda… l’ultima cosa che ha detto è stata che avrebbe voluto fare la tesina di diploma su Katy Perry.

 

Non fece nemmeno in tempo a mettere via il telefono che un nuovo messaggio comparve sullo schermo. Sbloccò di nuovo la tastiera con uno sbuffo e lo lesse.

 

(19:09 pm)

Kurt?

 

Ecco, stava per dire qualcosa di imbarazzante o drammatico. Rispose comunque e sperò che quella punta di acidità che ci stava mettendo seguisse il messaggio e la fermasse, prima di dire qualcosa di stupido.

 

(19:12 pm)

Rachel?

 

Nemmeno venti secondi dopo aveva già risposto, e Kurt lesse il messaggio con gli occhi spalancati dall’orrore.

 

(19:12 pm)

PROVACI.

 

Kurt avrebbe tanto voluto rispondere che non poteva, che c’era sempre di mezzo Dave; oppure che sì, dannazione, l’avrebbe fatto.

Non fece nessuna di queste cose, ma si limitò a scuotere la testa e mettere via il telefono. Perché doveva essere tutto così complicato? Si passò una mano sul collo, pensando a Blaine e a come, nel suo strampalatissimo sogno, non avesse mai smesso di baciarlo, fino a che i suoi polpastrelli non finirono su qualcosa di appiccicoso proprio sotto la mandibola.

Quando si rese conto di cos’era si lasciò sfuggire un sorriso.

Blaine gli aveva lasciato del gel addosso.

 

 

*

 

 

Blaine sapeva che rifugiarsi in bagno era stata un’ottima idea, perciò si premurò di complimentarsi con se stesso mentre si chiudeva la porta della Toilette alle spalle e si lasciava finalmente sfuggire un sospiro di sollievo.

Ottimi riflessi, si disse.

Insomma, ne faceva una giusta e due sbagliate. Anche se non sapeva se considerare il fatto che si era svegliato completamente avviluppato al suo compagno di viaggio come ‘sbagliato’.

Emozionante, quello magari sì. Dannatamente eccitante, anche. Come se fosse naturale, ecco!

Rimaneva il fatto che era stato uno shock. Dio, aveva tutta la faccia premuta sul suo collo, e non osava immaginare cosa poteva aver pensato Kurt di lui. Oltre al fatto che fosse un maniaco, ovviamente.

Perché non poteva essere lasciato solo per più di due ore senza che si ficcasse in una situazione del genere? Nick e Jeff l’avrebbero sicuramente spellato vivo, se avessero saputo.

Anche Kurt, probabilmente, quindi forse era meglio stare zitto e basta.

Il fatto di poter chiamare Kurt per nome in tutta tranquillità però lo rendeva particolarmente allegro, quindi Blaine decise di ignorare la parte razionale di sé che gli urlava che si stava infilando in un macello senza precedenti e aspettò un tempo sufficientemente lungo prima di decidere di tornare da Kurt.

Si guardò allo specchio, prima, per controllare di non essere in condizioni pietose come invece sospettava, e quasi gemette davanti alla sua immagine riflessa. I suoi capelli erano un vero disastro – aveva messo troppo poco gel, lo sapeva! – ed erano tutti appiattiti dal lato che era stato spiaccicato contro il collo di Kurt – al pensiero il suo cuore fece una capriola.

La sua espressione era tutto fuorché sensuale: sembrava più a metà tra l’insonnolito e lo spiritato, con gli occhi stanchi e sbarrati.

Da un lato del suo viso, sulla tempia, c’era ancora l’ombra rossastra che il contatto prolungato con la pelle di Kurt gli aveva causato.

Dovevano aver dormito per quasi quattro ore, visto che erano le sette di sera. Il fatto che Kurt non fosse scappato a gambe levate da lui lo confortava particolarmente. Insomma, aveva dimostrato di essere completamente pazzo, di non avere alcun rispetto per gli spazi vitali altrui e di essere privo di contegno. E’ che non riusciva a trattenersi dal provocarlo, dal ridere con lui e dallo sfiorarlo delicatamente. Sì, soprattutto l’ultima.

Kurt aveva una pelle meravigliosa, diafana, liscia al tatto proprio come l’aveva immaginata. Soprattutto, poi, Blaine non riusciva a smettere di sbavargli addosso. Ma questo era piuttosto chiaro, visto che Kurt era assolutamente stupendo.

Ok, doveva darsi una calmata. Prese un respiro profondo e fissò un’ultima volta il suo riflesso, lanciandosi un’occhiata incoraggiante.

Posso farcela, si disse. Posso tornare di là e chiacchierare con lui come se non volessi saltargli addosso. Assolutamente sì.

…O mio Dio, sono un maniaco.

Il punto era che Kurt lo attirava come una calamita, e non solo fisicamente. Era intelligente, simpatico, condividevano un sacco di cose senza nemmeno saperlo

Era che poi, fisicamente, finiva per mandare Blaine su di giri con ogni singolo movimento. Possibile che non si accorgesse di quanto fosse provocante quando stringeva le labbra o accavallava le gambe, o sorrideva?

Blaine si sentì un vero idiota. In genere la procedura era un’altra, no? Almeno nella sua testa. Si incontra qualcuno, si esce insieme, ci si innamora. Il tassello ‘si finisce a letto insieme’ poteva essere inserito più o meno ovunque, nella sua scaletta mentale, anche se generalmente lo avrebbe inserito per ultimo – penultimo, al massimo.

Il problema era che provava troppo, troppo velocemente. Tutto insieme. E la cosa finiva sempre per confonderlo. E poi c’era il suo piccolo, innocente segreto, e –

Qualcuno bussò alla porta del bagno, così Blaine si decise a uscire di lì e tornare da Kurt.

Percorse il corridoio con passo deciso. Sperava con tutto se stesso che Kurt non fosse in imbarazzo per ciò che era successo – a partire dal suo outing, che era sembrato più una dichiarazione, per concludere in bellezza con la sua totale mancanza di decenza umana – ma quando il ragazzo entrò nel suo campo visivo Blaine rimase letteralmente senza fiato.

Kurt era seduto in una posizione molto simile a quella che aveva quando lo aveva lasciato lì e si stava passando con aria pensierosa una mano sul collo. Improvvisamente la mano si fermò, proprio sotto la mascella, e Blaine trattenne il fiato quando lo vide sorridere nella maniera più dolce che potesse concepire.

Era stupendo.

Quando Kurt lo notò, al di là della porta a vetri, intento ad osservarlo, semplicemente rivolse a lui il sorriso che aveva sulle labbra e arrossì appena. Lo sguardo di Blaine scivolò quindi dai suoi meravigliosi occhi azzurri alle labbra incurvate verso l’alto e dovette trattenere l’impulso di spalancare la porta e baciarlo.

Allungò una mano verso la maniglia per aprire la porta, raggiungere Kurt e sparare chissà quale idiozia che rompesse il ghiaccio, quando il treno sbandò appena, sobbalzò un paio di volte e poi, con un lento, triste stridio di freni, rallentò fino a fermarsi.

 

 

 

 

 

 

Note di Selene

 

Care ragazze, ma ciao! Sono di corsissima, perché… sono in gita a Monaco e in realtà non sto pubblicando io, ma la mia beta super-fidata, Ilaryf90, che come al solito meriterebbe una statua. Quindi dite ciao a Ilary!

Ciaaao, Ilary! <3

Quindi, se sto scrivendo oggi che è Sabato ma prima di Martedì voi non leggerete… Oh mio dio, STO SCRIVENDO PER IL FUTURO!!

Comunque, gente, parliamo di questo capitolo. (Che forse è meglio).

Ehm, insomma, ve lo aspettavate che fosse un sogno? Povero Kurt! XD

Per il resto, la cosa che qualcuno di voi aspettava è il piccolo punto di vista di Blaine alla fine.

Ora, ATTENZIONE SPOILER DELL’EPISODIO siete stati avvisati. La parte finale del capitolo è stata scritta ascoltando I have nothing. Chi vuole capire capisca. Oooh, sto piangendo!!

La frase iniziale è tratta da “How will I know”, che sarà SPOILER DI NUOVO sul prossimo episodio. E anche lì giù a piangere, uff! Era perfetta, quando l’ho sentita ho cambiato subito quella che avevo messo prima. E’ semplicemente perfetta.

Ok, a parte questo, io sarò in gita, ma avrò la connessione internet per stare lì a languire sopra le vostre recensioni, e sono tanto in ansia perché a) non so scrivere lime (a proposito, vi prego ditemi che non ho fatto schifo o andrò a sotterrarmi nella buca che mi son scavata DA SOLA) e b) o mio dio il punto di vista di Blaine.

Ma a proposito. Domanda molto importante: cosa ne pensate di Blaine? E’ ovvio che nasconda un segreto. O forse più di uno. Ehm.

Fate le vostre supposizioni, gente!

Ora lascio la parola alla mia beta e attuale pubblicatrice del capitolo.

 

Note di Ilaryf90

Ehm, salve a tutti! Mentre la nostra cara Selene se ne sta in gita a divertirsi tocca a me pubblicare il nuovo capitolo che stavate tanto aspettando!

Capisco che non vi possa interessare ciò che ho da dire, visto che avete appena letto questo meraviglioso capitolo e non ci capite più niente. Ho indovinato?

Volevo solo dire un paio di cose. Ho visto “nascere” questa storia e non posso far altro che essere felice per il suo successo! Sapevo che sarebbe piaciuta!

Poi, vi prego, dite anche voi a Selene che ha scritto benissimo QUELLA scena, perché se glielo dico solo io forse non mi crede. Cioè, io non ho parole. È bellissima! Comunque spero che voi capiate il mio sclero, anzi ne sono sicura, perché lei è stata capace di scrivere questa storia in modo che Kurt e Blaine siano davvero Kurt e Blaine. Ci vedo proprio loro, sono troppo IC!

Bene, la smetto perché mi starete sicuramente odiando (se davvero qualcuno è arrivato a leggere le note fin qui gli stringo virtualmente la mano).

Dite anche voi la vostra, mi raccomando!

Un bacio da Ilaryf90! =)

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


http://www

http://www.youtube.com/watch?v=lsIHwqo76IA&feature=related

 

Capitolo sei

 

The phone rings in the middle of the night,

my mother says when you’re gonna leave  your life right?

 

 

Kurt appoggiò la guancia al finestrino per guardare fuori con crescente perplessità proprio mentre Blaine si rimetteva seduto al suo fianco, ancora incredulo.

“E’ una mia impressione o il treno si è fermato nel bel mezzo del nulla?” domandò aggrottando le sopracciglia. Kurt si voltò verso di lui e alzò le spalle.

“Non siamo in stazione” constatò. “Siamo ancora in aperta campagna”

“Ci sarà stato un guasto” disse Blaine sporgendosi verso di lui per sbirciare il paesaggio.

Il sole era tramontato da poco e stava lentamente scendendo la sera sul paesaggio spoglio. Ora che il treno era fermo si potevano sentire le cicale frinire sul prato lì di fianco. Erano davvero finiti nel bel mezzo del nulla; c’erano solo prati, qualche albero sparso qua e là e nessuna abitazione in vista.

Si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Kurt si alzò in piedi per affacciarsi in corridoio dalla porta del loro scompartimento. Proprio mentre anche la testa di Blaine spuntava da sopra la sua spalla passò lì davanti, con una certa fretta, una delle hostess del treno.

“Mi scusi” la chiamò Blaine. Kurt notò che la ragazza lì squadrò da capo a piedi, prima di rivolgere loro la sua completa attenzione. Non poteva biasimarla. Blaine attirava l’attenzione delle ragazze molto spesso. “Che sta succedendo?”

La hostess tentò un sorriso rassicurante, ma era visibilmente agitata. Non dovevano essere i primi ad aver posto quella domanda.

“E’ solo un guasto momentaneo che risolveremo al più presto. Nel frattempo vi prego di rimanere nel vostro scompartimento. Vi saranno date ulteriori notizie non appena avremo risolto la situazione, ma è questione di una decina di minuti” disse facendo loro cenno di tornarsene seduti.

“Grazie”

Blaine sospirò e ricacciò dentro la testa, sfiorando la spalla di Kurt con il mento.

Kurt represse un brivido e si voltò verso di lui, osservandolo silenziosamente mentre si ributtava sul suo sedile e si stiracchiava.

“Ci mancava solo questa” commentò Kurt sedendosi al suo posto con un lungo sospiro.

Blaine strinse le labbra per fargli capire che era d’accordo e buttò un’altra occhiata fuori dal finestrino.

 “Speriamo che riparta presto” disse, inclinando la testa all’indietro sul sedile e socchiudendo gli occhi quando la luce artificiale del treno gli illuminò il viso.

Kurt si perse un secondo ad osservarlo di sottecchi.

“Sì” disse infine. “Sarebbe un problema se dovessero metterci più di mezz’ora. Rischiamo di perdere la coincidenza per New York”

Nonostante la preoccupazione Kurt non riusciva davvero a dispiacersi di quell’eventualità, visto che significava più tempo con Blaine.

“E’ solo un piccolo guasto” mormorò Blaine, sfoderando un po’ di ottimismo. “Non ci vorrà molto.”

 

 

Un’ora e molte patatine più tardi il treno era ancora fermo nello stesso punto, nessuno era venuto a dar loro notizie e Kurt e Blaine si erano arresi all’eventualità di passare parecchio tempo bloccati lì quando Blaine aveva avuto un’altra delle sue geniali trovate. Kurt si stupì di come quel ragazzo fosse pieno di risorse. Se non ci fosse stato Blaine a distrarlo – e ad attirare su di sé tutta la sua attenzione – probabilmente Kurt sarebbe stato arrestato per l’assassinio dei responsabili del guasto. Peggio: l’avrebbero rinchiuso in un manicomio criminale per aver spellato vivi i sopraccitati responsabili e aver poi prodotto con la loro pelle dei borselli in stile Luis Vuitton.

Invece Blaine aveva sbattuto le ciglia un paio di volte, aveva dischiuso appena le labbra, aveva fatto leva sulla sua competitività e puff!, Kurt si era trovato coinvolto nel gioco più ridicolo del mondo. Un gioco, roba da non crederci. Si erano spalmati sui sedili, avevano preso l’ipod di Blaine e avevano fatto partire la riproduzione casuale.

E mentre la playlist di Blaine vantava tremilaquattrocentoventidue canzoni, trentasette video musicali e centoventidue album, il loro obiettivo era indovinare il titolo del brano non appena la musica partiva. Certo Kurt aveva preso in seria considerazione l’idea di convincere Blaine a trasformare quel gioco in una sorta di Strip Musicale – chi sbagliava toglieva un pezzo – ma quando si era reso conto di cosa aveva pensato aveva avuto l’improvviso impulso di prendersi a padellate in testa per la vergogna. Cosa accidenti gli stava prendendo? Per di più, a quel pensiero, la spaventosa Sue Sylvester che aveva istaurato una dittatura militare tra i suoi neuroni aveva iniziato a prenderlo in giro, e la cosa era degenerata in fretta. Ora, appurato che nel suo cervello succedevano cose strane, doveva tornare a concentrarsi sul gioco.

 

I have nothing!” esclamò Kurt non appena le prime note gli giunsero all’orecchio, prima che Blaine potesse aprire la bocca. Il ragazzo si lasciò andare ad una sonora protesta.

“Non è giusto!” esclamò dandogli una soffice spallata amichevole. Oh, Kurt adorava vincere, se poi ogni volta Blaine invadeva il suo spazio vitale. L’altro ragazzo continuò a lamentarsi, apparentemente ignaro dell’effetto che avevano su Kurt le sue ‘casuali spallate’.

“Perché partono solo canzoni che non so? Che diavolo avevo in testa quando ho sincronizzato l’ipod?”

Kurt gli lanciò un’occhiata di superiorità. “Sono nettamente più bravo, ammettilo”, commentò.

“Col cavolo” rispose Blaine facendogli la linguaccia. Lo stomaco di Kurt si strinse dolorosamente a quel gesto. Aveva iniziato a riconoscere quella sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco, e non portava mai a niente di buono.  “Il punteggio è comunque trentatre a trentaquattro”.

Blaine estrasse una patatina dal sacchetto e la aggiunse al mucchietto di Kurt, sul sedile di fronte al suo. Ance il modo di tenere il punteggio di Blaine era stata una trovata geniale. Folle, sì, ma geniale.

Certo, continuava a voler mangiare tutti i punti di Kurt – erano fatti di patatine e quel ragazzo era un pozzo senza fondo – ma poi Kurt era costretto a fermarlo, e questo implicava il toccarsi, e chi era lui per lamentarsene?

 

Kurt fece schioccare la lingua con disapprovazione.
“Il punteggio è trentatré a trentaquattro perché non hai fatto valere le canzoni delle competizioni dei Glee Club, Blaine”

“Beh, potevi opporti quando ho fissato le regole, no? Ora premi play, se no a cinquanta non ci arriviamo mai”

“Tanto ti batto”

“Ah sì? Fatti sotto!”

Kurt si allungò verso l’ipod di Blaine e lanciò al ragazzo uno sguardo di sfida, che venne prontamente restituito. Prese un respiro profondo e si preparò alla battaglia. Molto, molto lentamente, premette play.

 

Ohmiodioomiodioteenagedream!” gridò Blaine tutto d’un fiato, battendogli una mano sulla coscia.

“Non vale, mi hai distratto!” gemette Kurt accasciandosi sul sedile. Quando si rese conto di ciò che aveva appena detto si irrigidì, ma Blaine era troppo occupato a festeggiare la sua momentanea vittoria per notarlo.

 “Ah!” esclamò sorridendo sornione. “Ho recuperato, visto? Questa è la mia atroce vendetta”

Kurt alzò gli occhi al cielo con esasperazione, ma il sorriso che cercava invano di nascondere tradiva il suo reale stato d’animo.

“Ho solo indovinato Edge of Glory prima di te!” esclamò divertito. A Blaine quello smacco atroce proprio non era andato giù.

“Non ricordarmelo” gemette infatti il ragazzo. “Quel momento passerà alla storia. E poi io ho indovinato Rose’s turn prima di te, quindi in un certo senso siamo pari”

Mentre bisticciavano amichevolmente in quel modo – che il realtà a Kurt sembrò molto più flirtare, ma probabilmente era solo la sua testa che si immaginava le cose – la porta dello scompartimento si aprì e la stessa hostess di prima si affacciò dentro con un’aria terribilmente mortificata.

“Mi dispiace tantissimo, ma dovete prendere i vostri bagagli e scendere per motivi di sicurezza, per favore”

Kurt e Blaine la fissarono allibiti, ancora nel bel mezzo della loro battaglia per la supremazia musicale.

“Oh” disse Blaine. “Sì, subito”

Prese le sue cose e lanciò un’occhiata a Kurt, come ad esortarlo a muoversi. Kurt si riscosse e lo imitò, guardando con crescente preoccupazione la hostess.

“E’ successo qualcosa? C’è un allarme bomba? Ci sono di terroristi a bordo?”

La hostess scosse la testa e si affrettò a spiegare quel poco che sapeva.

“No, non si deve preoccupare, è solo un guasto al generatore. C’è quello di emergenza, ma ci vorranno altre due, al massimo tre ore perché i tecnici riescano a portare il treno fino a Harrisburgh, purtroppo.”

La ragazza captò lo sguardo sconvolto di Kurt. Tre ore? E come ci arriva a New York, se ormai aveva perso la coincidenza? Quanto avrebbe dovuto aspettare?

“Ovviamente la compagnia rimborserà i vostri biglietti” si affrettò a spiegare. “Vi saranno date istruzioni in merito una volta arrivati in stazione” disse tutto d’un fiato. “Stiamo facendo scendere tutti i passeggeri per motivi di prassi e sicurezza, mentre i tecnici sistemano il danno e sostituiscono il generatore. Potete sistemarvi nel prato. So che non è molto, ma passerà la cameriera a distribuire bevande, e non dovrete pagarle ovviamente, e…”

Blaine sorrise dolcemente mentre le passava vicino e la fermò con un cenno della mano.
“Non si preoccupi, ha fatto un ottimo lavoro”

Kurt lo guardò con ammirazione, nemmeno tanto stupido dalla sua gentilezza, mentre la hostess gli rivolgeva un sorriso grato. Non era la prima volta che Blaine si dimostrava attento e gentile. Anche con Mary Jane in stazione era stato assolutamente adorabile.

“Kurt?” lo chiamò dalla porta dello scompartimento, quasi con esitazione. Magari pensava che avrebbe dato di matto da un momento all’altro. Ma Kurt gli sorrise dolcemente e lo raggiunse, lanciando un sorriso anche in direzione della hostess.

“Che ne diresti di una cioccolata calda?” propose Blaine con tranquillità quando lo vide al suo fianco.

Kurt prese un respiro profondo mentre la hostess fingeva di non stare ascoltando la loro conversazione.

“Sto per farti una domanda che cambierà il nostro rapporto per sempre” disse con serietà. Ignorò il sorrisetto della hostess, ma si accorse comunque del possibile multiplo significato della sua frase. Blaine alzò un sopracciglio. Chissà, forse l’aveva notato anche lui.

“Spara”

Kurt trattenne il fiato per un secondo, poi disse, molto lentamente: “Bianca, fondente o al latte?”

Blaine spalancò gli occhi, ma stranamente non scoppiò a ridere.

“La cioccolata è una cosa seria” commentò scuotendo impercettibilmente la testa.

“Rispondi e basta”
Ci fu un momento di pausa, in cui Blaine lo guardava, la hostess fingeva di non tenerli d’occhio con aria intenerita e Kurt aspettava. La tensione poteva tagliarsi con un coltello.

Poi Blaine rispose tutto d’un fiato.

“Fondente”
Kurt lasciò andare l’aria che aveva trattenuto e rise di gusto.

“Ti sei salvato per un pelo, se avessi detto bianca non ti avrei più rivolto la parola!”

Blaine lo guardò con aria vagamente sconvolta sorpassarlo e uscire in corridoio, ma si affrettò a seguirlo.

“Posso chiederti perché fondente?” gli domandò quando riuscì ad affiancarlo. Kurt gli sorrise maliziosamente.

“La cioccolata fondente ha meno grassi, Blaine”

La risata cristallina che gli risuonò nelle orecchie gli alleggerì il cuore.

 

*

 

 

“Lo è la strega” disse pigramente Blaine grattandosi il mento e guardando Kurt con aria speranzosa.

“…verde?” disse Kurt alzando un sopracciglio.

Blaine sbuffò e scosse la testa.

“Le citazioni di Wicked non sono d’aiuto, per quanto io adori quel musical” commentò sistemandosi meglio contro il tronco dell’albero. Il movimento lo fece scivolare più vicino a Kurt, che andò completamente a fuoco all’ulteriore contatto del fianco di Blaine contro il suo.

Erano scesi dal treno insieme agli altri passeggeri quando la sera era già scesa sulla campagna americana e avevano individuato un albero contro il quale appoggiarsi, abbastanza vicino al treno ma in un punto poco affollato. La gente aveva preferito accalcarsi intorno alle hostess, ma loro si erano scambiati un sorriso complice.

Blaine aveva chiesto alla prima cameriera che aveva avvistato due cioccolate calde – ovviamente fondenti – e poi si erano seduti con le schiene contro il tronco dell’albero, in mezzo all’erba. Kurt non aveva nemmeno protestato – sedersi a terra, sull’erba, con i vestiti che indossava? Non era assolutamente da lui – perché Blaine aveva aperto la zip del borsone e aveva tirato fuori una coperta non tanto grande, ma abbastanza per entrambi, e l’aveva stesa ai piedi dell’albero.

Quando si erano seduti era venuto naturale ad entrambi stringersi l’un l’altro per stare più comodi. Kurt non era nemmeno arrossito. Stare vicino a Blaine lo faceva stare bene, lo faceva sentire tranquillo.

“Comunque è magica” disse Blaine, dandogli un piccolo colpetto con il ginocchio.

“Non ti sembra che queste parole crociate siano un po’ banali?” domandò Kurt mentre scrutava la folla di persone. Della loro cioccolata non c’era ancora l’ombra, ma fare l’enigmistica insieme si stava rivelando un passatempo normale e divertente. Come se si conoscessero da una vita e passassero i pomeriggi a fare parole crociate da quando avevano cinque anni.

 

“Ok, una più difficile” disse allora Blaine. Si passò la lingua sulle labbra e Kurt rimase ipnotizzato a fissargli la bocca fino a che Blaine non esclamò: “Ecco, questa qui! Il primo assassino”

Kurt si morse un labbro, vagamente a disagio. Era certo che si trattasse di qualcosa di religioso, ma non aveva idea di cosa. Lui non credeva in Dio, come poteva sapere questo genere di cose? Non aveva mica letto la Bibbia tanto per fare. Da piccolo era andato alla scuola domenicale pochissime volte. Non appena aveva realizzato – a soli sette anni – di non essere d’accordo con un buon ottanta percento delle cose che dicevano, aveva supplicato sua madre di non portarcelo più. Poi lei era morta, e lui e Burt non avevano più messo piede in una chiesa.

Gli bastava suo padre, in cui avere fede.

“Sono sicuro che si tratti di qualcosa di religioso” disse allora a Blaine, pensieroso. “Ma non sono un esperto in materia, purtroppo”

Blaine sorrise. “Dovrebbe essere Caino” disse. Contò le caselle con il retro della penna, coperto dal tappo, ed esultò lievemente. “Sì, ci ho preso”.

Kurt gli lanciò uno sguardo stupido, che a Blaine non sfuggì, perché alzò le spalle e disse con naturalezza: “Sono Cristiano. Cattolico, per la precisione”

Imbarazzato, Kurt commentò con un “Ah”.

Non andava molto d’accordo con le persone estremamente religiose, di solito. Gli unici Cristiani con cui aveva avuto a che fare erano i ragazzi del Glee Club come Mercedes o Quinn, e non sempre era stato un confronto ad armi pari. Specialmente con l’ultima, che sembrava essersi convinta che una preghiera risolvesse ogni cosa.

Poi si ricordò che Blaine giocava nella sua stessa squadra e, insieme ad un rinnovato moto di entusiasmo, ne arrivò uno di confusione.

“Ma sei gay” si lasciò sfuggire prima che potesse tapparsi la bocca.

Blaine colse la sua occhiata confusa e sorrise delicatamente, appoggiando l’enigmistica sull’erba e guardandosi le mani.

“Già. E’ complicato” disse. Alzò appena lo sguardo su Kurt, e quando vide che sembrava volere delle spiegazioni, ma probabilmente era restio a domandare qualcosa di così tanto personale come la fede, continuò.

“Mia madre è di origini italiane ed è stata cresciuta con la religione cattolica. Io anche. Quando ho capito di essere gay…” fece una pausa, come a raccogliere i pensieri. “Non è stato un bel momento, specialmente per la questione religiosa. Però poi ho trovato la strada da seguire, diciamo. Nessuno mi vieta di essere gay e cattolico, ed è quello che sono.

Era un concetto molto riassuntivo, Kurt l’aveva intuito.

 

Chissà che inferno ha passato…

 

Lo scrutò con una buona dose di ammirazione. Blaine era una persona ferma nelle proprie convinzioni, proprio come aveva pensato. Se il suo essere cristiano avrebbe potuto in qualche modo infastidirlo, si rivelò tutt’altro. Quel ragazzo era un intero universo da scoprire e più scavava nella sua personalità, più l’egoistico desiderio di sapere di più si faceva strada il lui. Alla fine decise di porre una domanda che gli premeva fin dall’inizio di quella strana conversazione sulla religione.

 “Ma la Bibbia non dice che essere gay è un abominio?”

 

Non voleva essere invadente, ma Blaine sembrava contento di parlarne, visto che gli aveva rivelato con tranquillità di essere cattolico, e quella era una questione che si era posto spesso.

Così come quella sul paradiso, che – secondo la religione – gli era precluso.

Blaine si strinse nelle spalle con nonchalance, ma Kurt immaginava che ci fossero molta determinazione e molta sofferenza dietro alle sue parole tranquille. Forse anche una buona dose di autoconvincimento.

La Bibbia dice anche che coltivare due piante diverse nello stesso orto è un abominio” spiegò. “E poi c’è il fatto che è stata scritta troppo tempo fa, tradotta in maniera a volte errata, e la gente tende ad interpretarla come vuole”

Kurt annuì e Blaine gli sorrise. “Non ho la risposta, ad essere sincero. Non ho semplicemente smesso di credere in Dio quando molti l’avrebbero fatto perché era quello che sentivo. Poi si vedrà”

Kurt non poté fare a meno di guardarlo con dolcezza.

“Io non credo in Dio” disse allora. Il suo non era un tono d’accusa, anzi. Voleva condividere quella cosa con qualcuno che capisse.

Dave non c’era mai stato, per quello. A dire la verità, Dave non c’era stato per niente.

“Non riesco davvero a capirne l’utilità. Però è bello sentire l’opinione di qualcuno…qualcuno come te, ecco”

Blaine sorrise, e stava per rispondere qualcosa quando una delle cameriere si avvicinò a loro con due tazze fumanti in mano.

“Avevate ordinato della cioccolata calda?”

Kurt e Blaine si scambiarono un sorriso prima di ricadere sul tronco dell’albero. Quell’attesa non era poi così male, in fondo. Anzi, Kurt stava davvero iniziando a ringraziare il karma.

 

Si dice che la cioccolata avvicini le persone. Così, non si sa come, Kurt e Blaine si trovarono stesi sulla coperta a pancia all’insù, con la cioccolata appoggiata lì di fianco e gli occhi rivolti alle prime stelle che iniziavano a spuntare in cielo mentre la notte scendeva lentamente sui passeggeri del treno. Erano state portate nuove notizie dalla hostess che li aveva presi in simpatia: entro un’ora sarebbero ripartiti, e in mezz’ora finalmente sarebbero arrivati ad Harrisburgh. Cosa li attendesse lì, però, era ancora un mistero. Non aveva idea di quando ci sarebbe stato un altro treno per New York, ma non era preoccupato. Non quando era steso su un prato, circondato dal frinire delle cicale, ad osservare le stesse con un meraviglioso ragazzo al suo fianco.

Erano stati in silenzio per un po’ di tempo mentre sorseggiavano con calma la cioccolata fumante, poi si erano stesi e avevano preso a guardare in su, oltre i rami dell’albero, voltandosi di tanto in tanto per sorridersi e arrossire.

Quel silenzio aveva fatto sentire Kurt a disagio sì e no per i primi cinque secondi. Poi la strana sensazione era scomparsa, sostituita da un’onda di tranquillità che lo aveva cullato – fino a che Blaine non aveva iniziato a canticchiare a bocca chiusa.

Ormai era arrivato alla seconda canzone mormorata tra i sorrisi e le occhiate e Kurt era di nuovo sul punto di perdere il controllo. I suoi già strettissimi pantaloni erano arrivati al punto di non ritorno e accidenti, non era possibile che Blaine fosse così attraente. Non era semplicemente possibile.

Eppure ad ogni fugace occhiata Kurt si soffermava sulla sua bocca, sugli occhi semichiusi, sul petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro…

Stava andando di nuovo fuori di testa, maledizione. Doveva darsi una calmata. Così, per distrarsi, decise di interrompere quel silenzio.

“Hai sempre vissuto a Westerville?”

La sua voce intimidita fece voltare Blaine verso di lui. Il ragazzo gli regalò un sorriso e le preoccupazioni di Kurt sulla sua presunta invadenza e faccia tosta si dissiparono all’istante.

“Sì, praticamente sì. Gli ultimi tre anni di scuola li ho passati alla Dalton, avevo una stanza nel loro campus, ma i miei abitano ancora lì” Blaine fece una pausa, pensieroso, poi chiese: “E tu? Hai sempre vissuto a Lima?”

Kurt fece un sospiro esasperato. “Sono-fuori-dal-mondo-Lima, intendi? Purtroppo sì. Non posso credere di aver vissuto in Ohio per diciotto anni. A pensarci mi vengono i brividi. Non è un posto accogliente, per i giovani gay, no?”

Blaine ridacchiò piano, ma lo sguardo che gli rivolse fece capire a Kurt che Blaine capiva. Capiva ciò che aveva passato e lo condivideva e non era come Dave. Con Blaine poteva parlarne senza che lui scappasse via a gambe levate.

“Decisamente ultimo nella scala dell’accoglienza, sì” commentò Blaine stringendosi nelle spalle.

Kurt scosse la testa.

“Per fortuna mi trasferisco a New York”

La frase gli era uscita senza che ci pensasse veramente, segno di quanto si trovasse a suo agio con Blaine, ma il ragazzo al suo fianco si era irrigidito leggermente, colto di sorpresa. Kurt si alzò appena facendo leva sui gomiti e gli lanciò un’occhiata perplessa.

“Tutto ok?” domandò prima di riuscire a fermarsi.

Ho detto qualcosa di sbagliato…?

 

Blaine lo tranquillizzò con un sorriso un istante dopo, ma Kurt ancora non riusciva a capire. Dopo un paio di secondi, Blaine rise e scosse la testa, dicendo: “Tutto ok. Ero solo sorpreso dall’ennesima coincidenza”

A Kurt bastò un istante per capire al volo cosa intendesse, e il suo cervello esultò di gioia.

“Vai a vivere a New York anche tu?” domandò. Dalla sua voce traspariva speranza, ma non se ne curò.

“Già” disse Blaine, voltandosi verso di lui e stendendosi di lato per guardarlo meglio negli occhi. Kurt avrebbe voluto saltellare di felicità. “Chi lo sopportava più, l’Ohio?”

“Ma è fantastico!” esclamò entusiasta Kurt, ricadendo indietro sulla coperta. Non riusciva davvero a stare fermo. “Io sto andando alla NYADA, e davvero non vedevo l’ora di venire via da quel posto, anche se la mia migliore amica è rimasta a Lima, ed abbandonare la famiglia è sempre difficile, ma…”

Il fiume di parole che stava vomitando addosso ad un Blaine entusiasta quanto lui venne interrotto dal suo telefono che squillava insistentemente nella sua tasca.

Blaine sbuffò divertito quando sentì la sua suoneria, e Kurt gli lanciò un’occhiata a metà tra il rimprovero e le scuse. Cos’ha contro Barbra Streisand, questo ragazzo?
“Scusa, è Carole – cioè, la moglie di mio padre. Devo rispondere” Di nuovo, riusciva a parlare talmente bene con Blaine che si lasciava sfuggire cose che il ragazzo non poteva sapere.

“Tranquillo”

Kurt si alzò in piedi, si spolverò le ginocchia e fece un paio di passi prima portare il telefono all’orecchio e dire: “Pronto, Carole?”

 

Il caos esplose dall’altra parte della cornetta e si dilagò attraverso il suo timpano sinistro, probabilmente perforandolo. C’erano almeno quattro persone che urlavano tutte insieme, una sopra all’altra.

“Chiedigli se è vivo!” Ecco, questa era Rachel, il suo tono era inconfondibile.

“Se non mi spedisce un modellino del taxi di New York lo uccido con le mie mani!”. E questo era Finn. Come aveva fatto a vivere per due anni insieme a lui, esattamente?
“Carole, per l’amor del cielo, passami mio figlio!”. Suo padre e la sua solita iperprotettività.

“Kurt, tesoro, mi senti? Kurt? Zitti, voi, o non farò più dei Muffin per il resto della mia vita!”

Quando il silenzio calò di botto Kurt riuscì a riavvicinare il telefono all’orecchio – che ormai praticamente sanguinava – e a rispondere con un flebile “Pronto?”

“Oh, Kurt, ciao! Come sta andando il viaggio?”

Kurt si grattò la nuca e lanciò prima un’occhiata al treno fermo, poi a Blaine, steso sulla coperta e di nuovo a pancia all’insù.

“Strano”

Dall’altra parte del telefono suo padre domandò: “Cosa dice, Carole?”, e sentì Carole zittirlo.

“Burt, sta lontano dalla pancetta! A cuccia! – Perché strano, caro? Va tutto bene?”

Così con un sospiro Kurt gli raccontò brevemente del guasto al treno e del fatto che ormai aveva perso la coincidenza per New York, e che avrebbe dovuto aspettare il primo treno disponibile per ripartire. Quando finì di raccontare, sentì Carole riportare brevemente ciò che aveva detto alle persone che infestavano casa sua, poi udì Rachel strillare, probabilmente a pochi centimetri dalla cornetta: “Carole, chiedigli del ragazzo carino!”

Di nuovo esplose il caos, ma questa volta Kurt ebbe dei riflessi migliori e fece in tempo ad allontanare il telefono dal suo orecchio prima che il suo timpano ricevesse il colpo di grazia.

“Oh mio dio quale ragazzo carino? Che sta combinando il mio ragazzo?”

“Ragazzo carino? Ma è gay?”
“Oh, santo cielo! Finitela!”

Di nuovo, l’urlo di Carole zittì tutti i presenti. Kurt sentì dei passi frettolosi, poi il suono di una porta che si chiudeva. Un istante dopo la voce di Carole tornò a rimbombare attraverso il telefono.

“Ok, mi sono chiusa in bagno. Raccontami tutto, Kurt”

“Io…”

Kurt esitò per un istante. Aveva un ottimo rapporto con Carole, non era assolutamente quello che lo frenava dal parlarne con lei.

Il problema era, come al solito, Dave.

Aveva raccontato alla sua matrigna qualcosa sul ragazzo, vaghi accenni ai problemi che avevano. In ogni caso, Carole sapeva che erano stati insieme, o che sì erano frequentati. Sapeva anche che non si erano propriamente lasciati, prima che lui partisse per New York. Quando Kurt glie ne aveva parlato, l’aveva definita una ‘pausa di riflessione’. Che poi, si può definire così la pausa da un rapporto praticamente inesistente?

Non era però sicuro di volerle parlare di Blaine, né tantomeno di quello che Blaine gli faceva sentire. Perché ormai non c’erano più dubbi e Kurt aveva anche smesso di sentirsi male al pensiero: aveva trovato Blaine ed era stato amore a prima vista. Da parte sua, ovviamente.

Alla fine si decise a parlare. Magari raccontare la cosa a Carole lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.

“C’è questo ragazzo davvero molto carino” iniziò quindi, lanciando una fugace occhiata a Blaine per accertarsi che non fosse a portata d’orecchio. Quello sì che sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Ma Blaine aveva infilato di nuovo le cuffiette in attesa che finisse di telefonare, così quando incrociò il suo sguardo il ragazzo gli regalò un sorriso tranquillo e inconsapevole.

“Questo l’avevo intuito” gli disse dolcemente Carole, invitandolo a continuare.

Kurt prese un bel respiro. “Beh, è adorabile. E’ dolce, divertente, credo sia un musicista e abbiamo tante cose in comune, è di Westerville, sta andando a vivere a New York… ed è gay”

La risatina dolce di Carole dall’altra parte del telefono lo tranquillizzò un po’.

“Kurt, ma è meraviglioso! E ti sembra interessato? Voglio dire, com’è che dite? – altra risatina – Ah, ci prova?”

“Carole!”

Kurt era sicuro di essere arrossito come un ragazzino di fronte a quella domanda, ma dovette costringersi a pensarci.

“Io…no. Sì. Forse. Oddio, non lo so!”

D’accordo, era confuso. Molto confuso al riguardo, e Blaine con il suo comportamento flirtoso non lo aiutava di certo a pensare con chiarezza.

Carole rise di nuovo. “Beh, ti sorride spesso?” domandò con naturalezza.

“Sì”

‘Sorridere spesso’ è un tantino riduttivo, pensò Kurt. Blaine ha sempre il sorriso.

“E ti fa i complimenti?”, domandò Carole suonando molto professionale. Kurt sperò che non stesse leggendo quelle domande sull’ultimo numero di ELLE alla sezione cose da chiedere al tuo figliastro innamorato. Ripensò a quando Blaine gli aveva indirettamente detto che aveva un bel fisico.

“Sì” mormorò.

“E ti sfiora come se niente fosse? Ti fa gli occhioni dolci?”

Maledizione.

“…Sì”

“Ti ha offerto da bere?”

A Kurt quasi veniva da ridere, ormai.

“Una cioccolata calda conta?” chiese al limite della depressione.

“Più di un alcolico” gli rispose Carole. Nella sua voce poteva già percepire un’enorme sorriso, anche se non poteva vederlo.

“Allora sì”

“Kurt?”

Mhm?” Aveva davvero paura di sentire cosa carole ne pensava, e lui –

“E’ interessato”

Oddio”, gemette passandosi la mano libera sul viso per poi coprirsi la bocca. Per quando cercasse di nasconderlo, stava sorridendo come un idiota. Ma non poteva, dannazione. Non poteva.

“Ehi, va tutto bene, tesoro.” gli disse Carole, intuendo lo sconforto nella sua voce. “E’ una cosa meravigliosa! Di cosa ti preoccupi?”

“Io…ti ricordi che ti avevo detto di non aver proprio…insomma, lasciato Dave?

“Oh”

“Ecco”

Carole fece una pausa e Kurt attese che tirasse fuori una qualsiasi perla di saggezza che lo salvasse da quella situazione, o che almeno lo aiutasse a schiarirsi le idee.

“Kurt, questo ragazzo ti piace?” domandò dopo un po’. Era difficile ammetterlo, ma ormai era chiaro come il sole, quindi che senso aveva mentire a lei e a se stesso?

“Io…Sì. Sì, mi piace”
“E con Dave è come se vi foste lasciati?”

Ecco, erano arrivati al tasto dolente. Kurt prese un bel respiro prima di rispondere.

“E’ quello il problema. Non lo so. Abbiamo passato l’estate a sentirci e continuava a dire che mi considerava il suo ragazzo, ma non voleva nemmeno avvicinarsi per un abbraccio, figuriamoci…per altro.

Oddio, stava davvero per dire bacio? Lui e Dave si erano baciati tre volte. Quattro, se si contava quel primo bacio che gli aveva rubato a forza negli spogliatoi. Con la mente improvvisamente più chiara, Kurt si domandò che diavolo gli fosse passato per la testa, a dare una possibilità ad uno come Dave. “Poi è diventato strano e scostante” continuò a raccontare a Carole. “Ma continuava a dire che andava tutto bene e che era solo confuso. Prima che partissi ha messo mille scuse pur di non vedermi e chiarire la situazione, Carole. Io non so davvero più che pensare. Ovviamente non potevo rimanere a Lima ad aspettare che decidesse cosa fare. Il treno non può mica aspettare me”


Carole prese un bel respiro prima di parlare, e quando rispose la sua voce era dolce e materna, tanto da far venire a Kurt voglia di piangere.

“Andrà tutto bene, Kurt. Io credo che Dave abbia solo aspettato che partissi per New York, consapevole che in questo modo non sarebbe stato costretto ad affrontare la situazione. Quando saresti tornato per Natale probabilmente ti avrebbe evitato di nuovo, e tu avresti lasciato perdere”

“Probabilmente sì” sospirò Kurt. Sapeva che Carole aveva ragione.Era doloroso da pensare e non era giusto, ma sapeva che era così. Dave aveva passato troppo tempo ad evitare un chiarimento o una rottura definitiva solo per paura di affrontarlo, ma era chiaro come il sole che non aveva intenzione di rimanere con lui. Forse non aveva nemmeno mai voluto avvicinarsi davvero.

Faceva male rendersene conto, ma Kurt sentì preso in giro. Aveva buttato l’intera estate dietro a Dave e ai suoi problemi, gli aveva regalato la sua fiducia dopo tutto quello che aveva fatto, ci aveva versato tutte le sue lacrime e gli aveva lasciato il suo primo bacio.

Improvvisamente capì di non essere disposto a perdere nient’altro per lui. Meno che mai Blaine.

“Kurt” lo chiamò Carole dalla cornetta.
“Ci sono” sospirò.

“Se ne avessi avuto la possibilità, avresti lasciato definitivamente Dave prima di partire?”

Lo stomaco gli si strinse in una morsa dolorosa, perché la risposta gli era salita alle labbra senza esitazione e si sentiva terribilmente stupido per non averlo capito prima.

“Sì”

“Questo è importante” gli disse Carole con voce dolce e comprensiva. “Il mio consiglio è di lasciare che le cose vadano per il loro corso. Non devi certo dimenticarti di Dave, e non fare cose che possano non metterti a tuo agio, ma…se questo ragazzo ti piace così tanto dopo nemmeno una giornata dev’esserci un motivo, no? Se sono rose, fioriranno, come si dice di solito”

“E se avesse bisogno di un concime che io non ho?” domandò Kurt con preoccupazione. Gli sembrava impossibile che uno come Blaine potesse interessarsi ad uno come lui, figuriamoci qualcosa di più.

Ma Carole rise con leggerezza.

“Tesoro, sei un ragazzo meraviglioso. Sono sicura che gli piaci. Tu piaci a tutti, in un modo o nell’altro”

Kurt non ne era molto convinto, ma lasciò perdere.

“E poi” aggiunse Carole. “Anche questo ragazzo dev’essere speciale, per averti preso così tanto. Deve avere qualcosa che Dave non ha.”

“Oddio, non hai idea, Carole. Blaine è…è meraviglioso. Non ho mai incontrato nessuno come lui”

La risata cristallina di Carole risuonò attraverso il telefono e gli alleggerì il cuore.

“Blaine, eh? Bel nome”

“Sì” rispose Kurt con un sorriso, riportando lo sguardo sul suo compagno di viaggio. Blaine aveva incrociato le braccia dietro la testa e aveva definitivamente chiuso gli occhi, ma il suo piede sinistro si muoveva a tempo con chissà quale canzone stesse ascoltando all’ipod.

Era stupendo.

“Sì,  è un bel nome”

 

 

 

Kurt tornò da Blaine con il cuore un po’ più leggero, dopo aver salutato Carole e averle assicurato che avrebbe fatto solo ciò che gli diceva il cuore. In quel momento era facile capire, nonostante fosse ancora confuso. C’era la via d’uscita, ed era un’insegna piuttosto luminosa. Gli occhi di Blaine si erano aperti nell’istante in cui Kurt si era disteso di nuovo al suo fianco e il ragazzo riccio era rotolato su un fianco per voltarsi verso di lui e passargli una cuffietta con un sorriso, mentre la musica in sottofondo si confondeva con i grilli che frinivano tra l’erba.

Kurt gli sorrise di rimando e si infilò la cuffietta, ma quando sentì la prima parte della canzone si sciolse del tutto. Adorava quel pezzo.

Blaine colse il suo sguardo compiaciuto, perché disse: “E’ una canzone meravigliosa”

“Assolutamente. Il testo poi è stupendo. L’ascoltavo sempre, al liceo. E’ quel genere di canzone che è triste, sì, ma ti fa venire voglia di andare avanti nonostante tutto”

“E’ stata una delle prime canzoni che ho imparato a fare con la chitarra”

Kurt guardò Blaine con stupore. Era la prima volta che parlava esplicitamente di quello che faceva, e la chitarra appoggiata al tronco dell’albero continuava ad attirare la sua attenzione, ora che Blaine l’aveva nominata.

Voleva saperne di più, ma non voleva chiedere e sembrare troppo invadente. Così fece l’unica cosa che aveva davvero imparato al Glee Club in tutti quegli anni. Cercò di esprimersi attraverso la musica.

“Blaine…?” lo chiamò esitante. Il ragazzo piantò immediatamente gli occhi dorati nei suoi.

Mhm?” chiese. Sembrava tranquillo, così Kurt provò a chidere.

“Ti andrebbe di…tipo…uhm…” Ok, non stava andando molto bene. Doveva essere più diretto e meno timido. Come poteva pensare di piacere a Blaine se si comportava come un cucciolo di pinguino?

Prese un inesistente respiro e riprovò, cercando di tenere la voce ferma e non parlare troppo velocemente.

Tiandrebbedisuonarla?”

Uhm, ok, non aveva funzionato.

Blaine alzò un sopracciglio, ma stava già iniziando a ghignare.

“Scusa” disse. “ma non ho capito una parola”

Prima che il sorriso divertito sul suo volto fosse completo, Kurt si decise a ripetere la domanda più lentamente.

“Ti… ti andrebbe di suonarla?”

Blaine spalancò gli occhi e Kurt si pentì immediatamente di aver chiesto una cosa del genere. Ora Blaine si sarebbe sentito in imbarazzo perché lui aveva chiesto una cosa forse troppo personale, in fondo lo sapevano tutti che con la musica si mettono a nudo tutte le emozioni, e Blaine –

“Io…d-davvero vorresti sentirmi suonare?”

Il tono speranzoso con cui Blaine aveva posto quella domanda gli spezzò il cuore. Era la prima volta che lo vedeva così dubbioso ed era davvero strano.

Dio, certo che sì. Non aspetto altro da tutto il viaggio, praticamente, pensò Kurt. Di nuovo, non era il caso di dire una cosa del genere in maniera così…esplicita.

“Mi piacerebbe moltissimo. Solo se vuoi, ovviamente” si affrettò a precisare, ma Blaine si era già messo seduto e si era girato per prendere la custodia dello strumento.

Kurt si ritrovò ad osservare una semplice chitarra acustica di legno chiaro, tenuta in perfette condizioni. Blaine se la appoggiò al petto e fece scorrere le dita con delicatezza sulle corde, che vibrarono di musica. Un paio di persone, non molto lontano da loro, si girarono a guardare, incuriosite.

Blaine gli lanciò uno sguardo timido – uno dei pochi che Kurt aveva ricevuto da lui, e improvvisamente quel rapporto strano che condividevano gli sembrò molto più vero – e poi disse, abbassando gli occhi sulla chitarra: “Non sono granché. Voglio dire, la so suonare, ma me la cavo meglio con il pianoforte, questa…ehm, se fa pena non ridere, ok?”

Kurt gli lanciò un sorriso incoraggiante, e Blaine chiuse gli occhi prima di passare di nuovo la mano sulle corde e iniziare a suonare.

 

[Girls just wanna have fun ---> link]

 

Il mondo si svuotò improvvisamene di ogni altra emozione. Intorno a Kurt non c’erano più il resto dei passeggeri del treno, la campagna o la notte. Sembrava che Blaine stesse mettendo tutto se stesso nella musica: cervello, cuore, anima.

C’erano solo Blaine e la sua chitarra, c’era solo la musica che usciva quasi con timidezza, nonostante Kurt non avesse mai sentito qualcuno suonare la chitarra così bene.

Ad occhi chiusi, Blaine cominciò a cantare la prima strofa, e il cuore di Kurt si riempì improvvisamente di tutto.

 

I came home in the middle of the night 
My father says what you gonna do with your life 
Well daddy dear you're still number one 
Oh girls they wanna have fun 
Oh girls they...

La voce di Blaine era meravigliosa. Kurt sapeva che era stato un membro di un Glee Club rivale – gli Warblers – e immaginava che fosse bravo perché era difficile credere che Blaine non sapesse fare qualcosa. Eppure non avrebbe mai pensato che fosse così bravo.

Era eccezionale. La voce si armonizzava perfettamente con gli accordi della canzone, e man mano che Blaine continuava a cantare, il desiderio di Kurt di avvicinarsi e abbracciarlo aumentava a dismisura, perché capiva. Anche se non sapeva perché Blaine tenesse tanto a quella canzone, Kurt capiva cosa provava, sapeva cosa significasse volere solo una vita normale. Volersi solo divertire un po’ e non poterlo fare. Sapeva cosa significava non poter vivere la vita come voleva, e lo sapeva anche Blaine.

Senza che se ne accorgessero questo li unì più di tutte le chiacchierate, più di tutte le volte in cui Blaine sfiorò Kurt o Kurt sfiorò Blaine. Semplicemente Kurt iniziò a cantare quando Blaine arrivò alla parte finale della canzone ed era incredibile come le loro voci sembrassero perfette per essere sovrapposte, per confondersi e allo stesso tempo rimanere le stesse.

Kurt non riuscì a sentirsi stupido, quando pensò che Blaine doveva essere l’anima gemella che, al liceo, non aveva mai trovato.

 

 

Some boys take a beautiful girl 
Oh then they hide her away from the rest of the world 
But not me 
I wanna be the one to walk in the sun 
Girls they wanna have fun 
Oh girls they... 


Quando Blaine sentì la voce di Kurt unirsi alla sua fremette, ma non aprì gli occhi e si limitò a sorridere.

Era un sorriso diverso da tutti gli altri che gli aveva rivolto. Era dolce, spaventato e consapevole insieme. Anche Kurt aveva paura. Dannazione, aveva una fottutissima paura di risvegliarsi e ritrovarsi a Lima, quando New York era un sogno lontano e lui era solo.

Ma era lì, sulla sua strada, e c’era Blaine, e qualsiasi cosa fosse, non se lo sarebbe fatto scivolare dalle mani.

 

Quando le ultime note risuonarono nell’aria e le loro voci armonizzarono l’ultima frase nessun pubblico applaudì – erano stati quasi del tutto ignorati, in realtà. Quasi nessuno aveva fatto caso a loro – ma Kurt era improvvisamente di fronte a Blaine, vicinissimo, e Blaine aveva aperto gli occhi e li aveva piantati nei suoi, impedendogli di distogliere lo sguardo.

Anche se avesse voluto, Kurt non sarebbe riuscito a guardare da un’altra parte, perché Blaine gli stava entrando nell’anima soltanto accarezzandolo con lo sguardo, e sembrava triste e felice allo stesso tempo, come se si fossero appena trovati dopo essersi cercati per tutta la vita. Kurt non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che fosse Blaine, ciò per cui si era sempre guardato intorno. Poi, proprio quando aveva smesso di cercare, Blaine era comparso ed era entrato nella sua vita come un uragano, come un treno in corsa. Come poteva non aprirgli il suo cuore? Come poteva non volerlo con tutto se stesso?

In quel preciso istante, proprio lì sotto quell’albero, dopo aver cantato insieme, Kurt seppe di essersi innamorato di Blaine.  

Riusciva a vedere le ombre che proiettavano le sue ciglia sulle guance, e ormai erano talmente vicini che poteva sentire il suo respiro sul viso, e Blaine sapeva di menta, sapone e caffè.

Stava abbassando gli occhi, stava semplicemente aspettando che uno dei due facesse una qualsiasi mossa. Poi Blaine si mosse impercettibilmente in avanti, e –

“Scusatemi, ma il treno sta per ripartire”

Kurt si allontanò di botto, facendo un saltello all’indietro. Uno degli addetti alla sicurezza del treno, o in ogni caso uno del personale, era proprio dietro di loro e li guardava con aria disgustata.

Alle sue spalle, la gente iniziava ad alzarsi e a recuperare i propri bagagli. Il treno stava davvero ripartendo.

Kurt maledisse in tutte le lingue che conosceva la persona che li aveva interrotti e che, come se non bastasse, lì aveva lasciati lì un istante dopo, tornando verso il gruppo di persone che stava risalendo sul treno.

Blaine era ancora a terra, la chitarra tra le braccia e l’aria a metà tra lo sbalordito e l’imbarazzato, e anche qualcos’altro che Kurt non riusciva a decifrare bene. Sembrava…felice?

Kurt considerò l’idea di non dire nulla e recuperare semplicemente la sua valigia, risalire sul treno e aspettare che succedesse qualcos’altro, o che non succedesse nulla, ma la verità era che non voleva. Non voleva che Blaine gli scivolasse tra le mani senza aver fatto niente per permettergli di entrare nel suo cuore.

Così gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e quello che disse gli uscì assolutamente spontaneo, così come il sorriso che ne seguì.

“Sono davvero pentito di non essere venuto a spiare gli Warblers quando il mio compagno di squadra, Puck, me l’ha suggerito”

Il sorriso dolce e sorpreso di Blaine ne valeva mille, di frasi come quelle, e Kurt desiderò poter vedere quello spettacolo per il resto dei suoi giorni.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Salve ragazze! Per prima cosa scusatemi tantissimo del ritardo, sono un disastro, lo so! E’ che ieri avrei dovuto finire di scrivere il capitolo, ma il pranzo del primo maggio è durato un po’ più del previsto e non ce l’ho fatta. Comunque, eccolo qui. Cosa ve ne pare?

Stavolta ho da dire poche cose.

1-     Cosa ve ne pare delle trovate geniali di Blaine? Quei pezzi si sono scritti da soli, non li avevo programmati prima! :D

2-     La canzone cantata insieme? Anche quel pezzo è venuto fuori dal nulla, non doveva essere qui. Credo che Blaine abbia preso possesso della storia, ragazze. Ops!

3-     Il quasi-bacio? Ehm, lo so, mi odiate :)

4-     Lo sguardo di Blaine quando apre gli occhi e guarda Kurt. Signore, riguardatevi l’esibizione di Blackbird, perché  è QUELLO SGUARDO.

5-     Avete sentito la canzone? C’era il link, per chi non l’ha notato! :D Quella è la versione che immaginavo suonata/cantata da Blaine. Che ve ne pare?

 

 

Bene, ho finito, per stavolta J

Mi raccomando, ci tengo a sapere la vostra opinione riguardo al capitolo! :D Fatemi sapere cosa ne pensate! :D

 

Un bacio,

 

Selene

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Capitolo sette

 

 

“You see through, right to the heart of me
You break down my walls with the strength of you love
I never knew love like I've known it with you”

 

 

Il viaggio in treno fino a Harrisburgh fu breve ma intenso.

 

I due ragazzi erano tornati nel loro scompartimento in silenzio, senza tuttavia smettere di sorridersi l’un l’altro. Kurt sospettava che fosse colpa del sorriso di Blaine, così contagioso, se non riusciva più a distogliere lo sguardo dalla sua bocca. Aveva ormai speso un lasso di tempo irragionevolmente lungo in quella attività, così fu estremamente grato alla fortuna, quando Blaine parlò, perché lo costrinse a concentrarsi sulle sue parole e non sulle sue labbra perfette.

 “E così le New Directions mandano spie nella tana del nemico, eh?”

Il cuore di Kurt accelerò quando ripensò a ciò che quella frase in realtà celava. Aveva quasi baciato Blaine. Blaine aveva capito che stava per baciarlo? Non riusciva a smettere di chiedersi cosa passasse per la testa dell’altro ragazzo, visto che non si era mosso di un millimetro per tutto il tempo.

Forse l’ho colto di sorpresa. Di certo ho colto di sorpresa me stesso.

Cosa credeva di fare? Aveva dato al massimo cinque baci in tutta la sua vita – se non si contavano quelli con Brittany – metà dei quali accidentali. Blaine come minimo sarebbe scoppiato a ridere di fronte alla sua evidente inesperienza e goffaggine. Nel peggiore dei casi lo avrebbe spinto via, dicendo di avere un fidanzato.
Cosa mi passa per la testa?

Si riscosse e cercò di formulare una frase di senso compiuto nonostante la massiccia quantità di scenari inquietanti che gli passarono per la mente, che includevano baci non proprio casti, bollenti memorie del sogno e sensi di colpa soffocati a suon di sprangate.

“Sì, beh, ci hanno provato diverse volte” rispose, gesticolando ampiamente. “Volevano spedirmi a spiarvi più per tenermi lontano dai loro costumi di scena che altro, ma alla fine l’ho spuntata io. Certo, siamo dovuti scendere a compromessi sulle piume di struzzo, ma nessuno di loro si è più lamentato, dopo che abbiamo vinto la sfida della settimana”

“E questo Puck che hai nominato…”

“Noah Puckerman, lavapiscine a tempo perso e delinquente a tempo pieno” spiegò Kurt affettuosamente. “Spesso sembravamo più un centro sociale specializzato in sfigati che un gruppo di canto corale coreografato”

Blaine ridacchiò, appoggiandosi al bracciolo tra i loro sedili e reggendosi la guancia con la mano.

Adorabile, pensò Kurt facendo scorrere lo sguardo sulla fossetta al lato della sua bocca e sulle guance arrossate. Assolutamente adorabile.

“Raccontami qualcosa di loro” mormorò con pacatezza.

Kurt rise e sprofondò nel sedile.

“Aneddoti divertenti e spaventosi o gloriosi ed epici?” domandò scrutando il soffitto. Blaine gli appoggiò la mano sul braccio, sopra la stoffa della maglia, e Kurt riportò lo sguardo sul suo viso.

“Metà e metà?” propose stringendosi nelle spalle.

“Ok”

Blaine si sistemò meglio sul suo sedile alla ricerca di una posizione comoda e a Kurt sfuggì un sorriso intenerito, visto che sembrava un bambino che si accoccolava sotto le coperte per sentire una storia.

“In tre anni siamo rimasti più o meno gli stessi membri” iniziò a raccontare mentre giocherellava con il ciondolo che portava al collo. Era quello a forma di stella che era appartenuto a Rachel e che lei gli aveva messo al collo un paio di sere prima, quando lo stava aiutando a fare le valigie. Per ricordarti di me, aveva detto. Come se potesse dimenticarla.

“Qualcuno si è aggiunto, qualcuno è mancato per un po’ di tempo, ma alla fine siamo cresciuti insieme”

Dio, come gli mancavano. Come poteva far capire a Blaine cosa avevano significato per lui con il solo utilizzo delle parole? Poi ebbe un’idea.

“Aspetta”

Sotto lo sguardo incuriosito del ragazzo tirò fuori il telefono e cercò un po’ tra le cartelle delle immagini, fino a trovare quello che cercava.

Allo sguardo interrogativo di Blaine commentò con “Supporto visivo”, avvicinandosi fino a sfiorarlo per mostrargli la cartella “Don’t stop Believing” sullo schermo.

Blaine scivolò di nuovo verso di lui e inclinò la testa a pochi centimetri dalla sua spalla, senza però appoggiarsi.

Oh, dai, spostati un altro pochino, supplicò Kurt nella sua mente. Solo un po’.

Porcellana, il tuo amico hobbit sta aspettando che tu apra la bocca. Hai bisogno di un integratore alimentare?, lo prese in giro la coach Sylvester.

Kurt si riscosse e aprì l’album, perfettamente consapevole del viso di Blaine a pochi centimetri da lui.

La prima foto raffigurava il professor Schuester e Rachel, vicino al pianoforte della loro aula di canto, che bisticciavano per un assolo. Finn era seduto lì vicino e si passava una mano in viso con pacata rassegnazione.

“Cominciamo bene” mormorò Kurt, ridacchiando tra sé e sé.

“Lei è Rachel, ce l’hai presente perché ne abbiamo parlato” disse passando l’indice sopra la ragazza nella foto. Blaine annuì e i suoi ricci ricoperti da un quintale di gel sfiorarono appena il collo di Kurt.

“Bene”

Kurt cercò di convincersi che il tremolio della sua voce non ci fosse stato veramente, ma fosse stato una mera allucinazione.

“Lui invece è il professor Schuester, il nostro  ex-direttore, nonché babysitter. Si commuove ad ogni esibizione e ha qualche problema a capire gli adolescenti, ma è un ballerino fantastico. Un po’ troppo fissato con la dance music, il realtà”

“Ehi” protestò Blaine voltandosi verso di lui. “Cos’hai contro la dance?”

Risero entrambi e Kurt indicò il terzo componente della foto.

“Finn era il co-leader del Glee Club. Quarterback un po’ tonto, era convinto di aver messo incinta la sua ragazza, la capo cheerleader Quinn, ma il realtà il padre del bambino era il suo migliore amico, Puck – quel Puck, sì – e lui l’ha lasciata ed è finito con Rachel. Dopo vari tira e molla, perché anche Rachel l’ha tradito con Puck, sono tornati insieme e si sono quasi sposati, ma Quinn – che ha lasciato la bambina alla madre naturale di Rachel, che è stata adottata da una coppia di gay – ha avuto un incidente ed è finita sulla sedia a rotelle e il matrimonio non si è più fatto. In ogni caso mio padre voleva fermarlo, perché Finn è il mio fratellastro. E’ il figlio della moglie di mio padre – Carole – e…”

“Oh santo cielo” esclamò Blaine ad occhi sgranati. “Sembra la trama di una serie televisiva, Kurt! Dovresti prendere in considerazione l’idea di scriverci un libro o qualcosa del genere”

Kurt ridacchiò e sorrise affettuosamente alla foto. In effetti ci si poteva fare qualcosa. Un musical, magari

“Già, sono terribili” disse a Blaine. “In tre anni ne sono successe di tutti i colori, tra intrecci e drammi, ma…”

 

Fece una pausa, per raccogliere le idee. “Alla fine siamo diventati una famiglia” mormorò con una punta di nostalgia e tristezza nella voce. “E’ stata dura separarsi, ma il tempo passa anche quando cerchi di fermarlo”

Accarezzò lo schermo del cellulare con il pollice, strofinando la foto come se toccandola potesse ripercorrere quei momenti, e tenne gli occhi bassi.

Blaine sospirò piano e quando Kurt sentì il suo viso premere lentamente, leggero come una piuma, sulla sua maglia, il suo cuore perse un battito. Blaine gli appoggiò la guancia bollente nell’incavo tra il collo e la spalla e il suo respiro caldo gli solleticò il mento, mandandogli brividi lungo la spina dorsale. Kurt non riusciva a pensare  chiaramente, con Blaine così vicino.

Ci volle tutto l’impegno di cui disponeva per realizzare che Blaine aveva percepito la sua tristezza e aveva agito di conseguenza, avvicinandosi per dargli conforto con quel soffice contatto fisico.

Kurt spese fino all’ultima goccia di determinazione – quella poca che gli era rimasta – per non lasciarsi sfuggire il sospiro di piacere che era salito alle labbra e premeva per uscire.

 

Proprio quando credeva di avere più o meno la situazione sotto controllo, ecco che Blaine lo fece sciogliere di nuovo come un ghiacciolo al sole, sussurrando:  “Sono sicuro che troverete il modo di rivedervi presto”

Il suo tono basso non faceva altro che fargli correre brividi di eccitazione lungo tutto il corpo. “Adesso ci sono skype o facebook ed è decisamente più facile rimanere in contatto”

Oh. Stava davvero cercando di farlo sentire meglio. Blaine capiva, perché probabilmente stava passando la stessa cosa – in fondo anche lui era in viaggio da solo – e lo stava consolando nel modo più semplice e dolce del mondo, con un tocco soffice e qualche parola mormorata, come se si conoscessero da una vita e fosse semplicemente la milionesima volta che lo facevano. Come se sapesse esattamente cosa fare.

La vicinanza, il calore e quella piccola bolla di felicità che gli esplose nello stomaco lo fecero sciogliere e riprese a respirare, rilassandosi sul sedile e allungando la spalla per permettere a Blaine di sistemarsi meglio. Era un chiaro invito e sperava che lo cogliesse. Blaine seguì lentamente il movimento di Kurt e la sua guancia premette con naturalezza sulla stoffa leggera della maglia, strofinando appena alla ricerca della posizione più comoda.

 

Kurt alzò gli occhi per guardare il paesaggio notturno che scorreva velocemente e colse con la coda dell’occhio il loro riflesso sul finestrino. Il suo cuore perse un paio di battiti ancora, saltandogli in gola: il riflesso tremolante e confuso sul vetro sporco pareva uscito da un sogno sbiadito e non riusciva a distogliere lo sguardo, perché sembrava tutto talmente vero da far male.

Erano appoggiati l’uno all’altro ed era la cosa più dolce che avesse mai visto.

Gli faceva venir voglia di piangere, ridere e baciarlo, perché Blaine stava sorridendo e Dio, era talmente bello da togliere il fiato.

 

“Quindi questa Rachel è quasi diventata tua cognata” constatò Blaine a voce molto bassa, interrompendo i suoi pensieri.  

Perfino nella sua voce attutita Kurt riusciva a percepire il sorriso che gli illuminava il volto.

Chissà se sorride anche quando bacia…

“E’ egocentrica, drammatica e completamente fuori di testa.” Gli bruciavano gli occhi e si sentiva come se avesse qualcosa incastrato in gola. Erano troppe sensazioni, tutte insieme.

Non piangere. Non piangere, dannazione.

“E’ la mia migliore amica”

Oh, non voleva dirlo con quel tono lacrimoso…

Blaine si mosse impercettibilmente e i suoi capelli gli sfiorarono di nuovo il mento.

Kurt, miracolosamente, riuscì a ricacciare indietro le lacrime.

Blaine era come un balsamo fresco sulla pelle scottata: un sollievo. Con un minuscolo gesto riusciva a farlo stare meglio e Kurt era sempre più convinto di essersi perdutamente, irreparabilmente innamorato di lui.

“E la ragazza incinta che poi finisce sulla sedia a rotelle?” domandò Blaine con un mezzo sorriso.

Che pettegolo.

Kurt rise debolmente e tirò su col naso.

“Oh, lei! Beh, è uscita con Sam, che però è stato con Santana, e poi con Mercedes, e Quinn è tornata con Puck, il padre della bambina, che però per un periodo ha avuto una storia con la madre di Rachel, e anche con Rachel, e…”

Kurt si lanciò di nuovo nel suo racconto, Blaine ascoltò con attenzione e risero insieme delle numerose disavventure delle New Direction, mentre la nostalgia scivolava via silenziosamente dal suo corpo e le prime luci della stazione di Harrisburgh si affacciavano all’orizzonte.

 

*

 

“Che cosa significa, non ci sono treni per New York?”

Kurt Hummel era solito definirsi una persona relativamente calma – pericolosa, sì, ma calma – perciò si stupì dell’improvvisa sete di sangue che gli ribollì nelle vene di fronte a quel cretino dall’altra parte del vetro della biglietteria, che aveva a stento abbandonato il suo fumetto per rivolgergli un’attenzione davvero scarsa.

In quel momento, in particolare, quel tipo lo stava guardando mezzo annoiato e mezzo addormentato, come se non fosse affatto toccato dal suo dramma. Il problema era che Kurt stava per ‘toccarlo’ con qualcosa di estremamente pesante, pericoloso e contundente, come ad esempio una mazza ferrata, se non si fosse degnato di trovare una soluzione decente.

Di fronte al suo sguardo furente, quello si stiracchiò con calma – ma non si era accorto che stava cercando di ridurlo ad un inutile mucchietto di cenere con una sola occhiata? – e masticò con flemma la gomma che aveva in bocca. Kurt sperò che gli finisse nell’esofago e soffocasse, ma quando non successe niente prese un respiro molto profondo per calmarsi – non poteva ucciderlo, era l’unico bigliettaio che aveva – e riprovò.

“Lei mi sta dicendo che il prossimo treno per New York è domani mattina alle nove” disse cercando di mantenere un tono di voce calmo.

Quello, per tutta risposta, fece scoppiare la bolla della gomma con aria annoiata.
“Senti, amico, vi ho rimborsato i biglietti, ma più di così non posso fare. Se il treno non c’è non è che posso farlo comparire dal nulla su un binario immaginario”

Il sopracciglio di Kurt scattò verso l’alto come un fulmine.

“E cosa dovremmo fare, allora?”

Qualcuno doveva aver notato la nota pericolosa che ribolliva nel suo tono leggermente più basso del normale, perché una mano calda si posò sul suo gomito e Blaine si fece avanti per sbirciare dietro al vetro che li separava dal bigliettaio.

“Ehi, amico” disse in tono cordiale. “Non è che sai dove possiamo passare la notte, per caso? C’è una sala d’attesa?”

Quello, vagamente rincuorato dal tono amichevole di Blaine in netto contrasto con quello assassino di Kurt, sembrò molto più collaborativo.

“La sala d’attesa è chiusa. L’anno allagata per sbaglio”

Kurt sgranò gli occhi e perfino Blaine, dall’alto della sua calma al limite dello zen, alzò un sopracciglio.

E’ una barzelletta.

“Però c’è un motel a cento metri da qui. Dovete solo uscire dalla stazione e attraversare la strada”

Indicò con un gesto blando del braccio l’uscita, sulla sinistra.

Quando il bigliettaio lanciò l’ennesima occhiata di profondo rammarico al suo fumetto Blaine sembrò capire che era il caso di lasciar perdere, perché sospirò e mormorò un “Grazie”, facendo un paio di passi indietro per sedersi su una panchina lì di fianco e passarsi con aria stanca le mani sulla nuca.

“Che si fa?” chiese, alzando gli occhi dorati su Kurt.

Ma Kurt non lo stava ascoltando, stavolta, visto che era già partito per la tangenziale.

“Non ci posso credere” stava blaterando, misurando ad ampi passi il pavimento della stazione, girando in tondo sempre sulle stesse sei piastrelle, avanti e indietro. “Io non posso dormire su una panchina. In una stazione. Sala d’attesa allagata? Io ce lo affogo! Oh, ucciderò quelli della compagnia, mi sentiranno! Le creme. Oddio, la mia pelle non sopravviverà. Diventerà tutta secca e – rughe. Mi verranno delle maledette rughe”

Si prese le guance tra le mani, praticamente sull’orlo di una crisi di nervi.

“Nessuno mi vorrà più, la mia carriera è finita ancora prima di iniziare”
“Kurt…”

“Non arriverò mai a New York” sussurrò Kurt imperterrito, fermandosi nel bel mezzo della stazione. “E se ci arriverò, dovrò vivere sotto al ponte di Brooklyn, perché sono un uomo finito a soli diciott’anni”

Kurt

“Non voglio fare il barbone!”

“Kurt!”

Blaine si era alzato dalla panchina e si era piazzato di fronte a lui, appoggiandogli dolcemente le mani sui gomiti per attirare la sua attenzione.

“Non finirai sotto ad un ponte” dichiarò divertito. “Il prossimo treno è domani mattina, quindi a meno che non vuoi andare a piedi a New York dobbiamo trovare un posto dove dormire”

Incomprensibilmente Blaine arrossì alle ultime parole, ma non sviò lo sguardo. Molto raramente interrompeva il contatto visivo, aveva notato Kurt.

Una cosa di Blaine che adorava e temeva allo stesso tempo era la sua capacità di inchiodarti sul posto con lo sguardo e guardarti come se fosse in grado di leggerti dentro.

Il cervello di Kurt finalmente collegò le cose tra loro – Kurt immaginò la coach Sylvester intenta a sfiancare i suoi poveri neuroni a suon di frullati di ormoni di procione – e arrossì furiosamente.

“Ehm” mormorò, non riuscendo nemmeno a muoversi, visto che Blaine lo teneva ancora per i gomito con delicatezza.

Forza, Kurt, puoi farcela, si disse cercando di prendere un bel respiro. Prendi in mano la situazione.

 “Non so tu, ma io preferirei dormire su qualcosa che assomigli ad un letto, piuttosto che rimanere a fissare le rotaie fino a domani mattina” disse.

Blaine si rilassò visibilmente, e quando si accorse di star ancora trattenendo Kurt per le braccia abbassò lentamente le mani e sorrise.

“Magari possiamo andare a chiedere a quel motel” mormorò tirando fuori il telefono dalla tasca e controllando l’ora. “Non è ancora mezzanotte”
Kurt cercò di trattenere la sua fantasia, ma ormai quella era già partita al galoppo, edificando scenari molto bollenti a tema Cenerentola, troppo per i suoi standard – ma a quanto pare non per i suoi sogni.

“Mi sembra una buona idea” riuscì a dire nonostante la gola secca. Di certo non aiutò il fatto che Blaine si passò inconsciamente la lingua sul labbro inferiore.

Oddio, pensò con un guizzo di panico. Devo controllarmi. Non posso andare avanti così.

Blaine andò a recuperare chitarra e borsone e si voltò verso di lui con un sorriso timido.

“Andiamo?”

Kurt annuì, cercando di simulare una tranquillità che decisamente non possedeva.

Oh, chi voglio prendere in giro, gemette nella sua testa. Come se non si fosse accorto che sono completamente fuori di testa.

Sono gli ormoni, faccia da pizzichi, commentò malignamente Sue. Dopo la lunga ibernazione alla quale li hai sottoposti, ora si sono risvegliati e sono completamente fuori controllo.

Kurt ringraziò a lungo la fortuna che impedì a Blaine di sentire il singulto di panico che gli sfuggì dalle labbra.

Sono nella merda fino al collo.

 

 

Il Bed&Breakfast ‘Midnight’ non era di certo un edificio lussuoso, ma Kurt si sentì decisamente sollevato quando vide un vaso di fiori sopra al bancone della reception e nessuna prostituta. Lui e Blaine arrancarono dentro, trascinandosi dietro le valigie – Blaine gli aveva persino tenuto aperta la porta. Inutile dirlo, ma Kurt si era sciolto come un ghiacciolo al sole – e aveva giusto iniziato a guardarsi intorno con occhio critico quando una signora paffuta sulla cinquantina spuntò fuori da sotto il bancone e regalò ad entrambi un enorme sorriso.

“Salve!” esclamò, pulendosi le mani sul grembiule ricamato. “Benvenuti ad Midnight! Posso fare qualcosa per voi?”

Porse loro la mano e Blaine fu il primo a stringerla.

“So che è un po’ tardi” disse con un sorriso di scuse che, secondo Kurt, avrebbe intenerito anche il più duro dei cuori. “ma abbiamo perso il treno e cercavamo un posto per la notte”

Ecco, fai gli occhioni dolci. Vedrai che ci lascia l’intero edificio, pensò Kurt osservando Blaine sbattere le ciglia.

La signora si sciolse – come volevasi dimostrare - e strinse vigorosamente la mano anche a Kurt.

“Oh, siete fortunati!” esclamò. “Mi è rimasta una camera doppia, ma è con letti separati. Va bene lo stesso?”

Lanciò loro un’occhiata curiosa, ma non schifata, e Kurt si rilassò visibilmente prima di realizzare pienamente ciò che la donna aveva appena detto.

‘Camera doppia’ equivaleva a ‘dormire con Blaine’.

Blaine, il ragazzo carino, conosciuto in treno quindici ore prima, quello del quale si era innamorato contro ogni logica umana.

 

Ops.

 

Blaine si voltò verso di lui, esitante.

“Per te va bene se…” fece un gesto blando con la mano. Non c’era bisogno che finisse la frase, perché Kurt l’aveva già completata nella sua testa.

Dormiamo insieme?

Considerò la situazione molto velocemente. Era mezzanotte, c’era una sola camera e lui aveva bisogno delle sue creme per la notte. E Blaine era Blaine.

Cliché. La sua vita era un grandissimo, inutile, emozionante cliché.

“Non c’è problema” disse cercando con lo sguardo qualche segno di fastidio sul viso dell’altro. Ma non ne trovò. Anzi, Blaine sorrise lievemente quando prese in consegna le chiavi e per tutto il tragitto fino alla camera 14. Kurt lo seguì lungo lo stretto corridoio in silenzio.

Era una situazione assurda, ne era consapevole. Fortuna, magari.

O uno scherzo del destino. In ogni caso c’era qualcosa, in quello che stava succedendo, che lo attirava come una calamita. Blaine era lì, avrebbero passato la notte nella stessa stanza – tutta la notte – e magari avrebbero parlato ancora.

Kurt non aveva dimenticato di averlo quasi baciato – se lo ricordava anche troppo bene – ed era ora più che mai consapevole del corpo bollente di Blaine a pochi passi da lui.

Tutta la situazione si stava caricando di aspettativa e nonostante una parte di lui – il cucciolo di pinguino, la sua nemesi – voleva fuggire a gambe levate da tutta quella tensione sessuale, l’altra era terribilmente eccitata all’idea di lui, Blaine e un letto negli stessi tre metri quadrati.

Smise persino di domandarsi che cavolo stesse succedendo ai piani bassi.

Aveva ragione Sue. Aveva perso completamente il controllo dei suoi ormoni e in quel momento non riusciva a preoccuparsene.

Blaine gli sorrise prima di infilare la chiave nella serratura e tutto andò al posto giusto. Finché continuava a guardarlo così, il resto non importava.

 

 

La loro stanza era carina, molto più accogliente di quanto Kurt si fosse aspettato, nonostante fosse comunque molto piccola e modesta.

Le pareti erano di un bel verde brillante e c’era una finestra che dava sul giardino del retro, del quale si vedeva poco a causa del buio della notte.

I due letti erano uno a poca distanza dall’altro, divisi semplicemente da un comodino in legno chiaro. Kurt apprezzò particolarmente le coperte dorate: risaltavano il verde delle pareti, rendendolo in qualche modo più bello.

La parete di sinistra era spoglia, mentre su quella di destra, proprio al centro, c’era la porta del bagno.

Il pavimento era una semplice moquette marrone scuro, un po’ più chiara in alcuni punti, dov’era rovinata. ma nel complesso, a Kurt piacque molto.

Non era di certo una stanza da hotel a quattro stelle, ma era…accogliente. Kurt si costrinse a non pensare al termine ‘intima’ con Blaine così vicino.

“Però” commentò Blaine guardandosi intorno con soddisfazione. “Non è male”
“Sì, è davvero carina” rispose Kurt appoggiando all’angolo libero la sua valigia. “Mi piacciono i colori, e se non altro non dobbiamo dividerla con topi grandi come rinoceronti”

“Abbi fiducia nei motel d’america, Kurt” scherzò Blaine.

Kurt gli si affiancò e osservarono insieme la stanza per un istante.

“Fa tanto film horror, secondo te? Voglio dire, e se la signora della reception fosse una sorta di Serial Killer?”

Blaine ridacchiò di fronte alla sua finta espressione preoccupata e gli diede una spallata scherzosa.
“Io non andrò di certo avanti in mutande a controllare, se sento qualche rumore. Non ho mai capito perché la gente dei film horror sia così stupida” rispose scuotendo la testa. “Anzi, sai che ti dico? Posso dormire sul letto più vicino alla porta? Voglio morire per primo e non sapere come va a finire”

Tirò fuori i suoi occhi a cucciolo smarrito e Kurt stava per dirgli che ‘certo, puoi dormire dove vuoi, anche sopra di me’ quando si rese conto della sua profonda idiozia e si ritrovò a ridere per non piangere, andandosi a sedere sul letto di sinistra. Quello lontano dalla porta, ovviamente.

Blaine aveva comunque un’incredibile capacità di farti sentire a tuo agio in ogni occasione. Con lui l’imbarazzo di Kurt durava ridicolmente poco. Si sentiva diverso, come se con lui potesse essere… Kurt. Solo Kurt.

 

Blaine appoggiò cautamente la chitarra alla parete e poi il borsone sopra al suo letto.

“Kurt?” chiamò timidamente. Kurt si voltò verso di lui, sorpreso ma con un gran sorriso idiota stampato in viso. Adorava il modo in cui Blaine pronunciava il suo nome ed era una cosa terribilmente ridicola.

“Mhm?” chiese stiracchiandosi.

“Ti dispiace se vado a farmi una doccia?” domandò Blaine massaggiandosi la nuca. Aveva forse le guance rosse di imbarazzo? In effetti anche Kurt sentiva improvvisamente molto caldo. Che fossero accesi i riscaldamenti, nonostante fosse fine estate? “E’ stata una lunga giornata” aggiunse Blaine, come per giustificarsi.

Kurt si ritrovò a balbettare la risposta.

“No, no, c-certo che no! T-tranquillo!” esclamò arrossendo fino alla radice del capelli. Si voltò per dargli le spalle e fissare la parete vuota. “Io aspetto qui. Fermo. Sul letto. Cioè, è ovvio che aspetto qui e – Sì. Aspetto. Uhm”

Cercò disperatamente di trattenere i pensieri e di non permettere loro di finire dove non avrebbero dovuto, ma –

Troppo tardi.

Un’immagine sfocata di Blaine sotto il getto di acqua bollente, circondato solo dal vapore, lo colpì come un treno in corsa lasciandolo boccheggiante lì, sul letto.

Senza che riuscisse a fermarla la sua immaginazione lo proiettò nella stanza dall’altra parte del muro, immerso nel calore, mentre il corpo bollente di Blaine era premuto contro il suo e le sue labbra scivolavano sulla pelle bagnata e la mano scendeva fino allo stomaco e –

Oddio.

Kurt si portò una mano alla guancia solo per sentire la pelle bruciare sotto al suo tocco lieve. Non che avesse bisogno di toccarsi la faccia per sapere cosa stesse succedendo. Qualcuno, laggiù, stava di nuovo mandando brividi a tutto il corpo, alla evidente ricerca di attenzioni.

Merdamerdamerda.

“Allora ok” mormorò Blaine timidamente a nessuno in particolare. Senza incontrare il suo sguardo frugò un po’ nel borsone e prese un paio di vestiti – a Kurt sembrò di intravedere con la coda dell’occhio un paio di pantaloni della tuta e una t-shirt bianca – e si tolse le scarpe. Poi si frugò nelle tasche, tirando fuori il cellulare e una serie di foglietti di carta, tutti scritti. Ridacchiò nervosamente e borbottò qualcosa come “ma perché giro con tutta questa carta?” e li appoggiò sul letto di fianco al suo borsone.

Kurt si fissò le mani, cercando disperatamente qualcosa da dire o da fare per impedire alla sua mente di finire sotto la doccia con Blaine, senza vestiti, fino a che non venne distratto da un sospiro quasi impercettibile e poi il lieve fruscio di vestiti sfilati.

Oh mio dio.

Non guardare, non girarti, non guardare, non…

Merda.

Kurt alzò di scatto il viso da sopra la spalla solo per trovarsi davanti Blaine, senza maglietta, voltato di spalle.

Non riuscì nemmeno a deglutire, figuriamoci a muoversi o a distogliere lo sguardo.

Blaine aveva la pelle piuttosto scura e abbronzata e, nonostante sembrasse molto magro, era in realtà un fascio di muscoli, a cominciare dalle braccia per finire con l’ultima parte della schiena, dove – Oh, Dio – c’erano delle meravigliose fossette, sopra le quali Kurt immaginò di passare le dita. I pantaloni erano calati sui fianchi e lasciavano scoperto l’elastico dei boxer e Kurt si ritrovò a ringraziare che li avesse ancora addosso, o non avrebbe più risposto delle proprie azioni.

Poi notò qualcosa che gli tolse completamente il respiro. Proprio all’altezza dei reni, giusto sopra l’elastico dei boxer, c’era una lunga cicatrice, più chiara rispetto alla pelle, uno squarcio che gli attraversava i fianchi da sinistra a destra per tutta la lunghezza della schiena. Kurt dovette costringersi a rimanere fermo per trattenere l’impulso di alzarsi e passare le dita sopra quella sottile linea rosa, con delicatezza, chiedergli come se l’era fatta, passarci le labbra per lasciare una scia di baci…

Moriva dalla voglia di toccarlo, e se Blaine si fosse girato –

Doveva smetterla di comportarsi da maniaco, maledizione!

Pregò ardentemente che Blaine non fosse in grado di leggere nel pensiero, perché altrimenti avrebbe dovuto spiegare un bel po’ di cose.

Con un ultimo lieve sospiro Blaine andò verso il bagno, senza voltarsi verso di lui né dare segno di essersi accorto che Kurt se lo stava mangiando con gli occhi. La porta si chiuse alle sue spalle con un soffice tonfo. Ma era troppo tardi, perché Kurt aveva scorto una porzione del suo viso.

Ed era rosso tanto quanto il suo.

Quando sentì Blaine accendere l’acqua della doccia e il rumore della tenda che scorreva gli giunse alle orecchie, decise che doveva distrarsi, o avrebbe fatto qualcosa di terribilmente stupido, come fare irruzione in bagno.

E davvero non era il caso.

 

Si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcosa da fare e notò sopra al letto di Blaine la marea di foglietti e post it colorati che aveva tirato fuori dalle tasche, neanche fosse un prestigiatore.

No, Kurt, si impose. Non puoi farti gli affari suoi così. Se vuoi sapere qualcosa chiedi. Non farlo. Non andare a leggerli.

Ma Kurt Hummel era una persona terribilmente curiosa, lo sapevano tutti.

Quando la sua coscienza, con la voce di Sue Sylvester, commentò con Se in Vietnam avessi fatto come te ora sarei nient’altro che un mucchietto di cenere, si alzò e si passò una mano sul viso, tirando fuori un gemito strozzato.

Oh, al diavolo!

Si avvicinò cautamente a quella marea di carta colorata, sbirciando con fare curioso e stando bene attento al suono della doccia in bagno.

C’erano un paio di scontrini, di cui uno del Lima Bean. Krut lo fissò sorpreso. Quante volte era stato in quel locale? E non aveva mai incontrato Blaine? Poi si ricordò che Blaine era di Westerville. Difficilmente sarebbe venuto a prendere il caffè a Lima, facendosi due ore di macchina. Doveva essere stata una visita occasionale. Non riuscì a leggere la sua ordinazione, sfortunatamente. In quel punto di scontrino c’era l’alone che aveva lasciato la tazza di tè o caffè che Blaine doveva averci appoggiato sopra.

C’erano un paio di post-it verdi. Kurt spostò appena il primo, che diceva “La cena è nel frigo” per leggere quello sotto, che invece recitava: “Siamo andati al party del senatore Willbour. Non torniamo prima dell’ora di pranzo, quindi dovrai andare in stazione da solo. Chiamaci quando sei in viaggio. Mamma”.

Kurt spese un minuto a riflettere su quello che aveva appena letto. I genitori di Blaine non dovevano essere molto attenti a loro figlio, se non si erano nemmeno presi la briga di accompagnarlo in stazione. Kurt ricordava di averlo visto da solo. Eppure, quando Blaine gli aveva parlato di sua madre e della sua religione, non aveva notato rancore o cose simili. Tuttavia, Blaine era stato con lui dall’inizio del viaggio, e Kurt non l’aveva visto fare nessuna telefonata. Forse era solo bravo a mascherare i suoi sentimenti.

Gli altri foglietti erano un insieme di scritte stupide di probabili vecchi compagni di scuola, roba del tipo ‘Warbler una volta, Warbler per sempre’ o ‘puoi pagare le mie bollette?’. Un paio di numeri di telefono scribacchiati sul bordo di un biglietto da visita di un negozio di musica, ‘Violet Violin’, e un indirizzo, ’45° strada, Rockabilly’.

L’ultimo post-it, di un fucsia accecante, attirò l’attenzione di Kurt più di tutti gli altri.

Lo prese delicatamente in mano e fissò la scritta fino a che non realizzò che era un appuntamento.

 

Provino

13/09/2012

Ore 15

NYC

 

Kurt sfiorò con la punta delle dita la scritta in nero. Quella era la calligrafia di Blaine? Era buffa, rotonda. Faceva il ricciolo alla fine delle ‘o’, e –

Un momento.

Blaine aveva un provino? A New York? Era quello che andava a fare, quindi? Un provino? Se andava a fare un provino, questo implicava che andava a vivere nella Grande Mela o no?

Kurt sobbalzò quando sentì Blaine chiudere il getto d’acqua, dall’altra parte della porta.

Rimise il foglietto dov’era, sentendosi un cretino, e cercò di scacciare i pensieri e i sensi di colpa. Decise che farsi una bella doccia non era poi così tanto una cattiva idea – anche se entrare nella stessa vasca dove fino a cinque minuti prima era stato Blaine senza vestiti lo faceva sentire un pazzo – e si piegò sulla sua valigia per tirare fuori le cose da portarsi in bagno.

Non si sarebbe mica spogliato davanti a Blaine tanto per provocarlo, come invece aveva pensato bene di fare qualcun altro!

Ma mentre le sue mani vagavano per la valigia alla ricerca dello scrub alle alghe notò che la zip davanti era aperta.

Infilò la mano nella tasca, perplesso, e i suoi polpastrelli incontrarono il bordo di un foglio di carta ripiegato in malo modo.

“Ahi!”

Tirò fuori la mano e il foglio, succhiandosi l’indice con una smorfia. Si era tagliato.

Sul foglio – un normale F4 da computer – c’era il suo nome.

Kurt lo girò, perplesso, e i suoi occhi caddero su una lettera, scritta a mano, piena di cancellature.

Non ebbe bisogno di guardare la firma per capire, aveva riconosciuto la calligrafia disordinata fin da subito.

Era di Dave.

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice

 

Angolo di Blaine

 

 

Salve, care lettrici di On My Way! Qui parla Blaine Anderson! Finalmente sono riuscito ad appropriarmi ufficialmente della tastiera di Selene, e sento il bisogno di chiedervi scusa, perché questo non è il capitolo che doveva esserci. Esatto, ragazze, sono intervenuto con un sacco di cose inutili – tipo togliermi la maglietta davanti a Kurt, quella sì che è stata una grande idea – quindi se voi aspettavate delle spiegazioni su Dave, e vi assicuro che le aspettavo anche io...beh,  dovrete aspettare martedì prossimo, perché per colpa mia questo capitolo è venuto di tipo 5400 parole.

Scusate, mi dispiace!

In ogni caso, non prendete questo capitolo come un capitolo di passaggio, perché sembra che Selene no dica niente, lo so, ma in realtà dovete leggere tra le righe. Molto attentamente, tipo con la lente di ingrandimento, ma ci sono cose tra la roba che scrive, che poi vi saranno utili per capirci qualcosa in futuro. Parola di Warbler!

Ora, prima che il capo venga a riprendersi la tastiera, ditemi. Non sono stato adorabile con Kurt? Non sono un cucciolo adorabilmente adorabiloso? *-* Arf!

E la canzone che introduce il capitolo? Sì, è I have nothing! Selene ha sviluppato una morbosa fissazione per quella canzone, pensate che continua a girare per casa in pigiama, borbottando “Who’s Chandler?” e “Tell me you’re unhappy”. Fa paura, davvero.

Ah, c’era una cosa che volevo dirvi prima che Selene riprenda la tastiera con la forza, riguardante i miei segreti, ed è –

 

 

Blaine Anderson Warbler, eclissati dalla tastiera, ora!

 

 

Ops. Ok, magari ve lo dico la prossima volta!

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


A Ilaria, che deve sentire

 i miei scleri riguardo questa storia

ventidue ore su ventiquattro

(perché almeno due ore a notte le dormo).

Grazie. Sei la mia salvezza <3

 

Capitolo otto

 

 

“Regrets collect like old friends
Here to relive your darkest moments
I can see no way, I can see no way
And all of the ghouls come out to play”

 

 

Kurt amava definirsi un tipo molto attento ai dettagli.

Il perfezionismo era una caratteristica che non poteva mancare né in moda né in musica, perché era con quello che l’outfit diventava il migliore o l’esibizione raggiungeva il top.

Amava quel lato di sé, l’essere in grado di cogliere tutte le sfumature, anche la più piccola.

Era l’ennesima dimostrazione della sua particolarità, del suo essere diverso, speciale.

Per questo si soffermò per un minuto che parve infinito ad osservare la lettera che stringeva tra le mani, senza leggerla, limitandosi a sfiorarne i bordi stropicciati con i pollici.

Aveva bisogno di cogliere i dettagli, per capire.

Doveva essere stata infilata nella sua valigia di fretta, probabilmente in un momento in cui non stava guardando. Ma Dave era stato a casa sua una sola volta, più di due mesi prima.

 

La lettera era stata scritta a mano con inchiostro nero ed era piena di macchie e cancellature, nessuna delle quali abbastanza profonda da nascondere le parole che Dave aveva voluto eliminare.

Kurt distolse lo sguardo e la voltò dalla parte bianca, prendendo un respiro profondo per calmarsi e riflettere con lucidità.

 

Tutto, in quelle poche righe, gridava fretta. La calligrafia più disordinata del solito, la firma scarabocchiata in fondo, persino il modo in cui era stata piegata in quattro con scarsa precisione lasciavano poco spazio all’immaginazione.

Riusciva quasi a vedere Dave mentre faceva scorrere frettolosamente la penna sulla carta, mentre si passava le mani sui capelli corti con un gemito di frustrazione e poi ripiegava il foglio a caso, senza avere il coraggio di guardarlo o di rileggere.

 

Cos’è successo, Dave? Cosa devi dirmi, adesso?

 

Kurt non voleva leggere. Dopo aver parlato con Carole si era schiarito un po’ le idee, realizzando quanto la moglie di suo padre avesse ragione.

Il passato era passato e lui voleva con tutta l’anima lasciarsi alle spalle l’estate appena trascorsa e che ora era agli sgoccioli, perché in nessun modo avrebbe potuto cambiare quello che era successo.

Non si poteva tornare indietro e agire diversamente, per quanto il rimorso fosse doloroso. Poteva dimenticare, però. Chiudere tutto in un cassetto e andare avanti. Sarebbe stato facile, no?

 Non era innamorato di Dave.

Avrebbe potuto esserlo, alla lunga, se solo Dave non fosse scappato tutte le volte in cui la situazione iniziava a sembrare reale. Ormai però non c’era più posto per gli ‘e se...?’, e nemmeno voleva pensarci.

Sarebbe stato terribilmente semplice e indolore accartocciare la lettera e lanciarla nel cestino.

 

Kurt non voleva leggere. Non voleva sapere, perché posare gli occhi su quelle poche righe avrebbe significato essere messo di fronte alla sua profonda stupidità.

Era stato così sciocco. Aveva fatto l’esatto contrario di ciò che gli aveva detto suo padre tempo prima.

Avrebbe dovuto cavarsela da solo fino a che non avesse trovato qualcuno tanto coraggioso e aperto quanto era lui, con cui dividere gioie e difficoltà. Invece aveva trovato Dave e non aveva saputo aspettare, perché aveva quella dannata fretta di finire nella favola che per tanto tempo aveva cercato.

Forse era solo stanco di aspettare, di rimanere solo mentre i suoi amici si innamoravano. Kurt voleva innamorarsi, lo voleva con tutta l’anima.

Ma Dave era quello sbagliato. Si era accollato il suo dolore, le sue paure, le sue preoccupazioni, ma era un peso troppo grande per reggerlo da solo. Dave era una battaglia persa in partenza. Non voleva davvero lui e Kurt era stato solo troppo stupido per accorgersi che il ragazzo non avrebbe mai trovato il coraggio di essere se stesso.

Non ce l’aveva fatta, perché era davvero una battaglia persa in partenza.

Ogni volta che faceva un passo verso di lui, Dave ne faceva uno indietro. Salvo ricomparire ogni tanto, giusto per rendere le cose più complicate e dolorose. Poteva volergli bene, tenere a lui, ma Kurt non amava Dave e l’aveva capito troppo tardi.

 

Ora teneva tra le mani le risposte che aveva bramato per tutta l’estate, lo sapeva.

Non voleva più averle. Voleva lasciare Dave al suo passato, sotterrato da qualche parte nei meandri dei ricordi fumosi dell’estate dei suoi diciotto anni, e tuffarsi nel presente.

Perché soffrire ancora una volta? Non se lo meritava.

Il presente poteva essere complicato e doloroso, sì, ma era diverso perché c’era Blaine, e anche se non capiva come la vita di un ragazzo così stupendo avesse finito per intrecciarsi alla sua, stava succedendo e non aveva nessuna intenzione di vivere nel passato e perdere quest’occasione.

Eppure Kurt sapeva che buona parte delle complicazioni e dei dubbi che sorgevano quando era intorno a Blaine erano dovuti alle risposte che non aveva, ma che gli venivano offerte in quel momento.

Erano lì, davanti a lui. Doveva solo girare il foglio.

 

Fu proprio per Blaine che prese un respiro molto profondo e iniziò a leggere.

 Era un passaggio necessario. Doveva solo leggere e liberarsi di quel peso, per poter iniziare veramente a vivere di nuovo. Doveva erigere un muro tra sé, David Karofsky e qualsiasi cosa avesse mai rappresentato. L’unico modo per riuscirci era trovare il coraggio di avere le risposte, di leggere quelle poche, disordinate righe.

Doveva trovare la forza di scoprire perché il suo affetto, le sue lacrime e il suo primo bacio fossero stati buttati dietro ad un fantasma.

 Coraggio, Kurt.

 

 

 

Caro Kurt,

so che dopo che avrai letto questo mi odierai e non vorrai più vedermi. Ti prego, perdonami, ma Non arrabbiarti con Finn, gli ho chiesto io di metterla nella valigia quando non avresti guardato.

Mi dispiace tantissimo dirti tutto questo per lettera, ma a voce non ho avuto il coraggio di affrontarti non ce l’ho fatta.

Non sono mai stato bravo a parole (in realtà anche con le azioni faccio schifo, lo sai) ma devo dirtelo, perché meriti di saperlo te lo devo è la cosa giusta.

Il mese scorso ho incontrato un ragazzo, allo Scandal.

Se fossi venuto non sarebbe successo. Avevo bevuto ed ero confuso perché tu volevi di più ma io no non con te  e siamo andati a casa sua e ti giuro che mi sentivo uno schifo dopo, non volevo tradirti ma non sono riuscito a fermarmi ma è successo.

Volevo dirtelo subito dopo ma le cose sono andate a rotoli e non ho avuto il coraggio perché era tutto diverso io ero diverso e l’ho visto di nuovo. Spesso.

Con lui è diverso. Credevo di provare qualcosa per te ma mi sbagliavo e mi dispiace tanto, Kurt. Volevo dirtelo, ma non trovavo mai le parole, così sono scappato più lontano che ho potuto, fino a che non mi hai chiesto di venire a New York con te. Ma non potevo. Capisci, ora?

Oddio, cosa ho fatto

Mi sono innamorato di lui e lui dice di amarmi ricambia, credo.

So che mi odierai e me lo merito, ma se non fosse stato per te starei ancora fingendo non avrei mai capito nulla. Grazie, Kurt, per quello che vale.

Ora tu sarai a New York e ti dimenticherai in fretta di me e capirò se quando tornerai non vorrai vedermi perché sono stato un imbecille.

Mi dispiace per non aver capito prima che non ti amavo  non volevo stare con te.

Ti prego perdonami

Dio, cosa ho fatto?

Ho solo colto l’ennesima occasione per essere un vigliacco.

Scusa.

 

David

Dave

 

 

 

 

Kurt non riusciva a respirare.

Continuava a fissare la lettera che teneva tra le mani, incapace di muoversi, pensare, fare qualsiasi cosa. Semplicemente, fissò le parole fino a che non gli si appannò la vista, e anche allora non riuscì a distogliere lo sguardo, nonostante non riuscisse più a vederle con chiarezza. Non che importasse.

Tanto ce le aveva impresse a fuoco nella mente.

Tradito.

C’era qualcosa che non andava nel suo cuore. Perché altrimenti avrebbe dovuto fare così male? Aveva bisogno di aria, i polmoni si riempivano troppo dolorosamente.

 Non ero innamorato di te.

Cosa c’era di sbagliato in lui? Non riusciva più a vedere nulla, era tutto troppo sfocato e faceva male, faceva un male cane.

Fatelo smettere, vi prego.

 Scusa.

Erano tutte parole senza senso, senza senso.

Perché, però, se erano così senza senso, era così doloroso da avergli spezzato il respiro?

Il suono cupo e sordo del suo cuore che martellava nel petto era troppo alto. Non voleva sentire più niente.

 

Sfiorò la lettera senza vederla davvero. Sotto i polpastrelli poteva sentire i solchi delle cancellature sulla carta stropicciata come se ce li avesse incisi sulla pelle, uno ad uno.

 

Erano quei solchi, quelle parole non dette, che significavano più di tutto il resto.

Il resto era un ammasso doloroso di parole senza senso.

 

Non sono riuscito a fermarmi.

Perché il suo cuore non riusciva a smettere di battere così forte? Perché non si spezzava e basta? Un colpo secco. Avrebbe fatto sicuramente meno male.

 

Non con te.

Kurt si guardò le mani. Quand’è che avevano iniziato a tremare?

 

Ho solo colto l’ennesima occasione per essere un vigliacco.

Chi è che lo stava scuotendo? Cos’era quel rumore sordo che sovrastava persino i frenetici battiti che gli scuotevano il petto?

Per favore, basta. Fatelo smettere.

 

"Kurt?"

Era un sussurro appena accennato, troppo debole e ovattato per arrivargli dritto al cuore; un alito di vento che gli giunse alle orecchie come se provenisse da troppo lontano. 

Sbatté le palpebre velocemente, perché ancora non riusciva a vedere chiaramente. La lettera era solo una macchia sfocata, in qualche modo differente.

In alcuni punti l'inchiostro sembrava sbavato. Era umida.

 

"Kurt."

Stavolta alzò di scatto la testa, perché con quel suono anche tutti gli altri erano tornati improvvisamente a far parte dell'universo. Era un'ancora alla quale cercava disperatamente di aggrapparsi perché non voleva andare a fondo. Non poteva.  

Di nuovo batté le ciglia e una figura comparve nel suo campo visivo. 

Blaine era fermo alla porta del bagno, paralizzato. Kurt si maledisse perché non riusciva a scorgere chiaramente il suo viso, una macchia sfocata, e la gola gli bruciava, non riusciva a parlare e - cosa sta succedendo?

Blaine si mosse e un secondo dopo era di fronte a lui, in ginocchio, e solo allora Kurt realizzò che non riusciva a vedere perché stava piangendo, e non c'era nessuno che lo stava scuotendo: dalle labbra gli sfuggivano singhiozzi talmente violenti da scuotergli il petto. Quando cercò di strofinarsi gli occhi per scacciare le lacrime e vedere Blaine - perché aveva uno schifoso bisogno di vederlo, di sapere che non l'aveva sognato, maledizione - si accorse che non ci riusciva, perché le sue mani tremavano talmente tanto che a stento riusciva a muoverle.

 Qualcosa di caldo venne premuto sulla sua guancia, asciugandogli alcune lacrime. Provò di nuovo a schiarirsi la vista e alla fine ci riuscì. Kurt pensò che non ricordava quando era scivolato a terra, non ricordava quando aveva iniziato a singhiozzare e tremare. Quale passaggio della lettera era stato tanto doloroso che le ginocchia non l'avevano più sorretto?

 Blaine era accucciato di fronte a lui con l'aria più spaventata che avesse mai visto e una mano appoggiata al suo viso. Quando incontrò i suoi occhi dorati colmi di dolore e paura il cuore di Kurt si spezzò, finalmente, e da una parte pensò che fosse così che doveva andare, in fondo. 

Non aveva permesso a Dave di spezzargli il cuore. Era stato Blaine, in modo completamente differente, e non riuscì a dispiacersene. Se doveva consegnare a qualcuno i pezzi del suo cuore, non aveva dubbi su chi sarebbe stato, ed era proprio di fronte a lui in quel momento. 

 

Singhiozzò più forte, e il ragazzo scomparve dal suo campo visivo abbastanza da fargli sentire la mancanza del suo calore, prima così vicino. Non era giusto che ci fosse tanta sofferenza in quegli occhi così belli, non era giusto.

Un istante dopo, però, Blaine l'aveva stretto a sé con tutta la forza che aveva.


"Va tutto bene." gli sussurrò all'orecchio con voce spezzata. Ma Kurt lo sapeva che non era così, perché continuava a tremare, a piangere e a sentirsi distrutto, sconfitto, usato. 

E ormai il cuore era a pezzi. "Va tutto bene, ci sono io."

Perfino le lacrime che gli scorrevano lungo le guance bruciavano - ora che poteva sentirle - ma non riusciva a smettere tanto quanto non riusciva a respirare. 

Non ricordava quando la lettera gli fosse sfuggita di mano, scivolando sulla moquette. Sapeva solo di aver abbandonato le braccia lungo i fianchi, ancora avvolto nell'abbraccio ma incapace di ricambiarlo - non riesco a muovermi - mentre Blaine lo stringeva talmente forte che forse era per quello, che non riusciva a respirare. 

"Kurt, ti prego, t-tirati su." gli sussurrò. Ogni frase era una pugnalata al cuore, perché Kurt voleva farlo, voleva alzarsi. Ma non ci riusciva. Voleva che Blaine smettesse di soffrire, ma non riusciva più a capire chi fosse, dei due, a tremare. Non poteva muoversi.

"Va tutto bene, Kurt! Però dammi un segno. Fammi capire che ci sei. Va tutto bene."

 

"Va tutto bene, Dave?"

"Sì, perché?" 

"Sembri strano."

"Sono solo stanco, Kurt."

"...d'accordo. Ci vediamo domani?"

"Uh, vedo se riesco."

 

Poteva fidarsi di Blaine? 

 

"Kurt." mormorò Blaine con la voce un po' più ferma. Aveva parlato talmente piano che a stento riusciva a sentirlo. O forse era solo il suono dei suoi singhiozzi a coprire tutto il resto. 

"Ci sono io, ok? Sono qui. Adesso ti porto sul letto."

Prima che potesse anche solo cercare l'energia per dire qualcosa - qualsiasi cosa - Blaine gli aveva fatto passare un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena, sollevandolo come se fosse fatto d'aria. 

Un istante dopo l'aveva adagiato sopra le coperte del letto di sinistra, facendo per spostarsi, e fu a quel punto che Kurt riuscì a muoversi. Allungò debolmente il braccio e lo appoggiò sopra quello di Blaine, cercando il suo sguardo. 

In quegli occhi dorati c'era ancora quel dolore sordo che faceva più male dei singhiozzi che non lo facevano respirare, più del cuore che non sentiva nel petto. Più della lettera che giaceva abbandonata sulla moquette. 

Non lasciarmi da solo, ti prego.  

 

Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non affondare, aveva bisogno che il calore di Blaine alleviasse il dolore. 

Blaine sembrava sull'orlo delle lacrime, ma i suoi occhi verde-nocciola si accesero di determinazione. 

"No, sono qui. Non vado da nessuna parte."

Oh. L'aveva detto ad alta voce, allora?

 Blaine gli appoggiò le mani sui fianchi e scivolò alle sue spalle senza mai interrompere il contatto, appoggiando la schiena contro il cuscino. Kurt si voltò debolmente verso di lui, l'ultimo guizzo gli orgoglio che si spegneva lentamente come fuoco sotto la pioggia. Per tutto quel tempo non aveva voluto l'aiuto di nessuno, se non di suo padre. Anche quando a scuola le cose facevano schifo, aveva sempre cercato di cavarsela da solo. Ma ora aveva avuto l'assaggio di come ci si sentiva, a contare su qualcuno che non fosse suo padre o Rachel. Aveva scoperto com'era innamorarsi di brutto senza sapere perché, e tutto ciò che voleva era sprofondare nell'abbraccio di Blaine, ascoltarlo sussurrargli all'orecchio. Poteva fidarsi di Blaine. Poteva fidarsi dell'amore.

Come se gli avesse letto nel pensiero, come se sapesse, Blaine lo tirò delicatamente a sé, facendo aderire la schiena di Kurt al suo petto e inclinando di lato la testa, invitandolo silenziosamente ad avvicinarsi. Kurt rimase immobile un istante mentre l'ultimo strascico di resistenza scompariva, risucchiata dal calore del ragazzo che si stava offrendo a lui senza riserve, senza paura, senza pensarci due volte. Era lì e da nessun'altra parte. 

Quando Blaine fece scorrere le mani dai suoi fianchi per intrecciarle sopra il suo stomaco, Kurt si gettò con un singhiozzo soffocato di nuovo tra le sue braccia, affondando il viso nel suo collo. Mentre Kurt gli bagnava la t-shirt di lacrime, continuando a tremare, Blaine appoggiò a sua volta il viso tra i suoi capelli e Kurt lo sentì prendere un respiro tremante, prima che sussurrasse il suo nome.

E voleva piangere più forte perché, Dio, Dave l'aveva tradito con un altro ragazzo quando non aveva nemmeno il coraggio di baciare lui e tutto ciò di cui a Kurt importava, in quel momento, era Blaine. Cosa c'era di sbagliato in lui?

Il tradimento di Dave faceva male, sì, ma c'era Blaine a stringerlo come se volesse strappargli il dolore dalla pelle e prenderlo per sé, e non era possibile che una persona così splendida fosse caduta proprio tra le sue braccia. 

Non ho fatto niente per meritarti, ma sei qui lo stesso

 

I singhiozzi si affievolirono lentamente, le lacrime smisero di scendere e pian piano smise anche di tremare. 

Per tutto il tempo, però, Blaine non smise mai di stringerlo a sé e sussurrare il suo nome. 

 

 

Quando si fu calmato i singhiozzi iniziarono a sfuggirgli dalle labbra sporadicamente, più un riflesso involontario che altro, e riuscì a ragionare con più chiarezza. 

Non aveva una crisi di pianto così forte dal suo ballo del penultimo anno. 

"Kurt?" mormorò Blaine con voce roca. Non si era mosso di un millimetro per tutto il tempo in cui aveva aspettato che Kurt si calmasse, continuando a ripetere il suo nome con il naso affondato tra i suoi capelli. Riusciva a sentire il suo cuore battere contro la sua schiena e il suo respiro un po' irregolare.

"M-mi d-dispiace." riuscì a dire. 

"Va tutto bene." disse Blaine sfiorandogli la tempia con la guancia. "Solo..."

Kurt si irrigidì, quando Blaine esitò. Se avesse detto che non voleva rimanere? Se l'avesse accusato di averlo messo a disagio, di aver frainteso tutto? Se lo avesse lasciato lì, da solo? 

Ma Blaine lo sorprese, come sempre.

"So che magari vuoi solo dormire e dimenticare, io..." disse con voce esitante. "Magari vuoi solo evitare di pensarci, ma...in caso volessi parlarne, noi - ci sono. Ci sono, se vuoi parlarne."

Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo e Blaine gli strinse con più energia le braccia intorno al corpo. 

"Sono bravo ad ascoltare, ma non devi farlo per forza se non vuoi, io-"

"No" disse Kurt cercando di tenere la voce ferma. "No, voglio p-parlarne. Meriti di saperlo, perché..."

Gli sfuggì un altro singhiozzo e Blaine spostò una mano dal suo stomaco per strofinargliela sul braccio. 

"S-sempre che tu voglia ascoltare. N-non voglio c-costringerti, Blaine, io-"

"Non dire sciocchezze" lo interruppe Blaine con dolcezza. "Se non avessi voluto avere niente a che fare con tutto questo sarei uscito da quella porta un'ora fa. Invece sono qui. Lo so che tutto questo è strano, Kurt, lo so. Non ho idea di cosa sta succedendo, so solo che non riesco a..." Che cosa, Blaine?  "..a lasciarti andare. E' assurdo, ma sta succedendo, e non ho nessuna intenzione di scappare. Mettimi alla prova."

Fare quel discorso sembrò costargli molto, perché alla fine sembrava che non respirasse. Kurt alzò la testa per incontrare il suo sguardo risoluto e determinato e si sentì un po' più leggero. 

Sentiva il bisogno bruciante di raccontare tutto a Blaine e capì che era quello l'ultimo muro da abbattere per lasciarsi il passato alle spalle. Parlarne con chi rappresentava il presente. 

"E' una lunga storia, ci vorrà un po'" sussurrò, cercando nei suoi occhi un cenno di dubbio. Ma non ne trovò. Blaine piantò lo sguardo dorato nel suo e lo inchiodò lì, tra le sue braccia. 

"Sono un ottimo ascoltatore" ripeté con delicatezza. 

C'era qualcosa, nel suo sguardo, che Kurt non riuscì a decifrare. Sembrava preso, desideroso di sapere di più e allo stesso tempo desideroso di raccontare. 

Fu quella luce negli occhi di Blaine che gli diede la spinta per iniziare. 

Glie lo doveva. Da lì in poi Kurt non poteva più tirarsi indietro e le cose sarebbero diventate reali e Kurt non aveva nessuna intenzione di perdere Blaine. 

"Mi sento uno stupido." sussurrò cercando di mantenere un tono di voce calmo. 

Doveva cercare di distaccarsi dal racconto, o non sarebbe riuscito ad arrivare alla fine. Di nuovo, sapeva che, per Blaine, ne valeva la pena. 

"Ti ho raccontato che i miei ultimi due anni di liceo sono stati peggio degli altri perché i bulli continuavano a prendermi di mira ogni volta che ne avevano l'occasione perché ero gay."

"Sì, mi ricordo"

"C'era questo ragazzo" mormorò stringendosi le braccia al petto. "Era diventato il mio incubo. Ogni volta che lo incrociavo venivo insultato, o mi tirava granite addosso, o mi spingeva sugli armadietti. E' stato così per tutto il terzo anno, dopo il mio coming out."

I ricordi dei lividi sulla pelle chiara, dove aveva sbattuto contro l'anta dell'armadietto o il fondo di un cassonetto, erano impressi a fuoco nella sua memoria. 

"Non sono andato al ballo del penultimo anno. Avevo troppa paura."

Kurt rise amaramente. Dio, che vigliacco che era stato. Eppure ammettere tutto quello con Blaine era meno doloroso di quanto avesse pensato. Anzi, lo faceva sentire in qualche modo meno stanco, meno dolorante. Meno spezzato. 

"L'inizio dell'ultimo anno è stato un disastro continuo. Questo ragazzo sembrava sempre più arrabbiato e io non ce la facevo più, ero stufo di scappare. Non era giusto."

Il groppo in gola non voleva andarsene, ma Kurt non riusciva a fermarsi, ora che aveva iniziato. Sentiva le parole premere come un fiume in piena per uscire, così le assecondò. 

"L'ho affrontato. Dopo l'ennesimo spintone, non ce l'ho fatta più. L'ho rincorso nello spogliatoio e glie ne ho dette quattro, ha minacciato di picchiarmi e gli ho detto..." No, doveva continuare, non poteva fermarsi. Era arrivato il momento di lasciarsi alle spalle tutto quanto. 

"...gli ho detto di colpirmi, perché non avrebbe cambiato ciò che ero." 

Blaine trattenne il fiato. 

"Mi ha baciato." sussurrò, quasi sperando che Blaine non sentisse. "Mi ha baciato e io l'ho s-spinto via e s-sono scappato. Io...non avrei mai potuto pensare che lui...non avevo capito..."

Blaine premette con forza il viso tra i suoi capelli. 

"Il pregiudizio è solo ignoranza, Kurt. Aveva sentito così tante stronzate, tante voci, da essere addirittura spaventato da se stesso."

Kurt fece un sospiro tremante. 

"Ha riversato tutto su di me. Era spaventato, era confuso e lo sapevo, e non..." 

Di nuovo, la voce venne meno, ma poteva sentire con estrema chiarezza il respiro di Blaine tra i ciuffi di capelli e il battito del cuore attraverso la maglietta andare a tempo con l'alzarsi e abbassarsi del suo petto, perciò chiuse gli occhi e andò avanti.

"Per due mesi non si è più avvicinato e io l'ho evitato il più possibile. Le cose sembravano andare meglio, così quando c'è stato il ballo d'inverno dell'ultimo anno ho pensato che valeva la pena andarci con i miei amici, perché non avrei avuto altre occasioni e non volevo perdermi anche quello." Kurt rise debolmente. "Indossavo un kilt, quindi in un certo senso me la sono cercata."

Sentì la risata leggera di Blaine risuonare tra di loro. "Sono sicuro che ti stava una meraviglia."

"Talmente una meraviglia che il resto della scuola ha usato il voto segreto per eleggermi reginetta del ballo."

Sentì Blaine trattenere il fiato e gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma lottò contro l'impulso di lasciarle scendere lungo le guance. 

La storia non era ancora finita. 

"Non c'è bisogno di dire chi è stato eletto re, immagino."

Blaine sembrava paralizzato. 

"Lui." disse. Non era una domanda.

Kurt strinse i denti per continuare. 

"Ho preso la corona e me la sono messa in testa. Sai, c'è il tradizionale ballo di apertura. Sono sceso sulla pista da ballo, l'ho guardato e gli ho detto che se cercava un momento giusto per non essere un vigliacco, beh, era quello."

Blaine lo strinse con forza. "E' scappato, non è vero?"

Una lacrima gli sfuggì e gli rigò la guancia. 

 

"Papà..."

"Kurt? Kurt, che succede? Ma stai piangendo? Cos'è successo?"
"Sono fuori dalla palestra. Mi vieni a prendere? Ti prego."

 

"Io sono scappato dal ballo e lui si è trasferito in un altro liceo."

Stupido, Kurt. Sei stato uno stupido. Perché non hai capito subito che gli servivi per nascondersi? Perché credi che sia tornato da te? Eri l'unico a sapere che era gay. Stupido.

"Poi, due giorni prima del diploma, eccolo ricomparire davanti alla porta di casa mia con un mazzo di fiori. Dio, sono stato così cieco, Blaine! Lui era lì, blaterando su quanto avesse capito di aver sbagliato e quanto pensasse di essere innamorato di me e io ho pensato che non avrei avuto un'altra occasione, che non avrei avuto nessun altro, e-"

"Shh" sussurrò Blaine. "Qualsiasi cosa sia, ora è finita."

Kurt prese un altro respiro interrotto da un singhiozzo.

"Quando mi ha chiesto se volevo stare con lui ho detto di sì, ma lo sapevo, lo sapevo che non era quello che volevo, ma è stato il m-mio p-primo bacio e..." E l'ho sempre sentito come rubato, quel bacio. "...stava per cambiare tutto, stavo per andare a New York e avevo una fottutissima paura di quello che sarebbe stata la mia vita."

I singhiozzi ripresero, lenti. 

"Il primo mese è andata in modo strano. Parlavamo tantissimo, uscivamo, ma...non si lasciava avvicinare. Non si lasciava toccare. Io...ho pensato che avesse bisogno di tempo. Così ho fatto finta di non vedere che mi stavo facendo usare e basta, che stavamo correndo entrambi dietro al nulla. Poi..." 

Kurt si costrinse a voltare il viso per guardare Blaine negli occhi e gli mancò il fiato alla vista di quelle iridi dorate piene di lacrime.

"E' diventato strano, distante. Non si faceva sentire per giorni e quel poco contatto fisico che avevo guadagnato è scomparso nel nulla. Ho pensato che fosse perché stavo partendo per New York, visto che mancavano due settimane, poi dieci giorni, poi una settimana...Che stupido, io - Dio, gli ho chiesto di venire con me."

Ormai Blaine gli stava stringendo la mano talmente forte da fargli male, ma Kurt annegò in quella stretta. 

"Ha dato di matto ed è scappato a gambe levate, ancora dicendo che non poteva, e io non capivo perché. L'ho cercato per chiarire, ma non si è fatto trovare. Ha continuato a mettere scuse."

 

"Dave, sai che dobbiamo parlare. Lasciami almeno..."

"Non posso venire a New York, Kurt! Io...scusa, mia madre mi sta chiamando."

"Dave!"

"...ci sentiamo."

 

"Sono partito con tutto questo peso addosso, anche se era ovvio che, qualsiasi chiarimento avessimo avuto, non sarei rimasto con lui. Stavo iniziando a capire che non...non mi piaceva in quel senso, e...non sapevo nemmeno se stessimo ancora insieme o no, quando sono partito. Sempre che quella poteva chiamarsi relazione."

Sorrise amaramente tra le lacrime.

"Mi ha lasciato una lettera tramite mio fratello."

Blaine non sembrò molto sorpreso. Doveva aver visto il foglio sul pavimento e quindi intuito che era quello la causa di tutto. 

Ci siamo quasi. Resisti solo un altro po', si disse. Devi arrivare alla fine della storia. Puoi farcela, Kurt.

"Un mese fa è andato ad una serata in un locale, lo Scandal. Da lì in poi non è più stato lo stesso, perché..." 

Kurt continuò a guardare Blaine negli occhi per trovare il coraggio di andare avanti. La voce si incrinò di nuovo, ma Blaine alzò lentamente una mano per posargliela sulla guancia. I suoi movimenti erano lenti e calibrati, come se avesse paura che, muovendosi troppo bruscamente, potesse spaventarlo.

"Sulla lettera ha scritto di aver incontrato un ragazzo, quella sera."

L'ennesimo singhiozzo gli scivolò dalle labbra prima che potesse fermarlo. 

"Ci è andato a letto. Dopo aver bevuto chissà quanto. Mentre io sprecavo due mesi a cercare di capire lui, perché fosse così strano, perché non volesse avvicinarsi di un millimetro a me -" la sua voce aveva preso un tono spezzato. "lui andava a letto con un altro."

Kurt affondò di nuovo il viso nella spalla di Blaine mentre le lacrime bollenti continuavano a rotolare lungo le guance. "Non riesco nemmeno a capire perché sto così."

"Rabbia, delusione." mormorò Blaine accarezzandogli i capelli. "Se provi ancora qualcosa per lui è..."

No, doveva chiarire quel punto, e doveva farlo subito, prima che Blaine fraintendesse. 

Finalmente iniziava a fare chiarezza in tutta quella situazione, ed era tutto merito suo.

"Non sono mai stato innamorato di lui. " Dirlo ad alta voce gli tolse un macigno dal cuore. "L'avrei lasciato prima di partire per New York, perché avevo iniziato a capire. Lo sapevo che non era quello giusto, Blaine, lo sapevo. E' solo che...non riesco a s-smettere di p-piangere perché continuo a pensare c-che ho b-buttato il m-mio primo bacio con lui e - è una cosa così stupida, lo so, ma-"

"Non è una cosa stupida" sussurrò Blaine al suo orecchio, tornando ad intrecciare le mani con le sue. 

Sembrava che non avesse nessuna intenzione di lasciarlo andare. "E' perfettamente normale che tu sia arrabbiato, dopo tutto questo. Kurt, una persona normale sarebbe crollata dopo il ballo scolastico, ma tu ce l'hai fatta! E' tutto finito, ok? Ci sono io, è tutto finito."

Kurt aveva ricominciato a singhiozzare violentemente, perché ora poteva lasciarsi andare, andava tutto bene. Perché non importava più se con Dave era andato tutto storto. Sì, aveva sbagliato, non avrebbe dovuto dargli fiducia fin dall'inizio, fin da quando si era presentato a casa sua, ma ormai il passato era definitivamente alle sue spalle. 

Ce l'aveva fatta, aveva ottenuto le risposte e, se era riuscito a riemergere dal baratro, era solo perché Blaine non aveva mai smesso di stringerlo a sé. Così continuò a piangere sulla sua spalla, ma Blaine sorrise lievemente, intuendo la diversa natura della situazione. Non tremava più, non era più scosso dai singhiozzi. 

"Grazie." gli sussurrò ad un orecchio tra una lacrima e l'altra. "Per tutto questo. Per non avermi permesso di affondare."

Blaine fece scorrere il pollice sul dorso della sua mano sinistra. "Sono...Dio, non so come dirlo. So che tutto questo è assurdo" disse, accennando con la testa a loro due, stretti sul letto l'uno all'altro. "ma non pensiamoci stasera, ok? Domani mattina vedremo che succederà."

"Succederà che avrò bisogno di un caffè, e tu anche." rispose Kurt con la voce roca per il pianto.

Blaine sospirò. "Probabile."

Si sistemò meglio e tirò la coperta sopra ad entrambi, ancora vestiti. 

Blaine spense la luce. Dopo un minuto, in cui i singhiozzi sporadici di Kurt furono l'unica cosa a riempire il silenzio, chiese: "Kurt?"

"Sì?" Il tono esitante che aveva usato spinse Kurt a cercare i suoi occhi nel buio. Erano tristi. 

"Come si chiama?"

Era una domanda che si era aspettato molto prima, in effetti. 

"Dave. Dave Karofsky."

Blaine chiuse gli occhi e lo strinse più forte, avvicinando il viso al suo orecchio. Dopo qualche secondo iniziò a mormorare a bocca chiusa una canzone, ma Kurt era troppo stanco per riuscire a riconoscerla e dargli un nome.

Blaine iniziò a canticchiare un po’ più forte, sfiorandogli l'orecchio con il naso.

"All the games you played, the promises you made, can't finish what you started, only darkness still remains..."

Stava per addormentarsi, ma era pur sempre Kurt Hummel, e c'era una cosa che voleva sapere, prima.

"Blaine?" pigolò con la voce impastata dal sonno e distrutta dal pianto.

"Mhm?" chiese Blaine, interrompendo il suo mormorio.

"Che canzone è?"

La sua risata soffice e cristallina gli riempì il cuore. Blaine gli sfiorò impercettibilmente la guancia con le labbra, prima di rispondere.

"Candles" sussurrò. "Degli Hey Monday."

Ma Kurt si era già addormentato.

*

Blaine si svegliò un paio d'ore prima dell'alba, quando la stanza era ancora immersa nel buio e nel silenzio. Kurt dormiva placidamente al suo fianco, steso a pancia in giù con il braccio incastrato non si sa come dietro la sua schiena e una mano posata sul suo sterno.

Quando i ricordi di ciò che aveva ascoltato solo poche ore prima si affacciarono nella sua memoria Blaine lo strinse automaticamente a sé e cercò di scacciare il nodo allo stomaco.

Era dolorosamente sorprendente il modo in cui le loro storie fossero simili e allo stesso tempo profondamente diverse. 

Lui si era nascosto alla Dalton, dopo l'orrore del suo ballo scolastico del primo anno. Kurt era rimasto, nonostante tutto. Certo, Blaine era molto giovane, all'epoca, e - oh, a chi voleva darla a bere? Era un vigliacco. L'essere scappato sarebbe rimasto il suo più grande rimorso.

 Avrebbe voluto dirlo a Kurt. 

C'erano così tante cose che avrebbe voluto raccontargli per fargli capire che non era solo, ma Kurt aveva bisogno di parlare della sua, di storia, di sfogarsi, perciò aveva lasciato che parlasse e piangesse, limitandosi a stringerlo più forte che poteva e sperando che avrebbe capito cosa significava, per lui. 

Non ti lascerò andare

Con orrore crescente, aveva ascoltato Kurt raccontare con il cuore in mano di come aveva accolto nella sua vita la persona che l'aveva resa un inferno. 

Cercò di mettersi nei panni di quel ragazzo, perché anche lui era stato spaventato ed era scappato, ma non ci riuscì. Quel ragazzo non amava Kurt - il che era già di per sé inconcepibile, per lui - ma che gran bastardo! Dirgli tutto così, per lettera!

Però glie l'aveva detto. Avrebbe potuto piantarlo in asso e scomparire nel nulla da un momento all'altro, ma non l'aveva fatto. Aveva provato ad essere coraggioso, a modo suo. 

Kurt si mosse nel sonno per stringersi di più a lui e appoggiare il viso sul suo petto, e Blaine non riuscì a trattenere un sorriso. Sorrideva in continuazione, quando Kurt era nei dintorni. Allungò la mano libera per passargliela tra i capelli, facendo scorrere le dita tra i ciuffi morbidi, dalla nuca fino a dietro l'orecchio. Kurt si lasciò scappare un mormorio soddisfatto nel sonno, strofinando la guancia contro la sua t-shirt.

Interessante scoperta, pensò Blaine reprimendo una risatina. A qualcuno piacciono i grattini, eh? 

Kurt era così dolce, così coraggioso...come sarebbe riuscito a non farlo scivolare via dalla sua vita? Aveva ampiamente dimostrato di essere un disastro, nelle relazioni. Come avrebbe fatto a far durare quello che c'era tra loro - inutile negare che qualcosa c'era - una volta arrivato a New York?

Ma Kurt era diverso da qualsiasi altro ragazzo che avesse mai incontrato, e Blaine l'aveva capito fin dal primo istante in cui i suoi occhi l'avevano scorto. 

Sarà un disastro. Una catastrofe.

Specialmente perché non aveva la più pallida idea di come dire a Kurt tutto quello che non aveva avuto il coraggio - o l'occasione - di dire.

E' che ogni volta che sto per dirgli tutto, succede sempre qualcosa di assurdo che me lo impedisce, pensò Blaine passandosi una mano sul viso. O il cielo mi sta dando un segno, o sono solo ridicolmente sfortunato. 

Riprese ad osservare Kurt e quel poco del suo viso che riusciva a scorgere, dalla tempia appoggiata al suo petto alla curva dello zigomo, fino alle labbra sottili, ora un po' più gonfie per via del pianto. 

Come faccio? gemette nella sua testa. Come glielo dico?

Ripensò a tutte le volte in cui era stato spaventosamente vicino a raccontargli tutto e non aveva avuto il coraggio o era stato interrotto prima che potesse anche solo cominciare.

Soprattutto quando Kurt era stato ad un passo dal baciarlo.

Oh, Dio, Kurt l'aveva quasi baciato. Dopo che avevano cantato insieme. Dopo che Blaine gli aveva dormito spudoratamente addosso.

 Blaine, in tutta sincerità, non sapeva se saltellare in giro per la stanza in preda ad un raptus di folle entusiasmo o mettersi a piangere - magari entrambe! - perché Kurt gli stava dando tutta quella fiducia e lui non solo non gli aveva raccontato niente di se stesso, ma aveva più segreti della CIA. 

Era stato così stupido, così vigliacco! Come faceva a dirgli tutto, ora?

I segreti continuavano ad ammucchiarsi e crescere e pesare, accavallandosi uno sull'altro.

Non aveva idea di come e quando confessargli tutto, né di come fargli capire quello che provava. 

Non voleva spaventarlo, dannazione, ma doveva dirglielo. Doveva raccontargli tutto ed essere sincero fino in fondo, e sperare che Kurt rimanesse.

Perché doveva essere tutto così complicato?

 Fu sul punto di svegliare Kurt, confessare tutto, baciarlo e piangere e parlare, parlare, parlare, ma non lo fece.

 Era stata una lunga nottata ed erano entrambi esausti. Lui si era spaventato a morte dalla reazione di Kurt e non si era ancora ripreso del tutto - specialmente dopo quello che aveva scoperto - e Kurt non avrebbe retto un'altra chiacchierata così. Non poteva aggiungere altri pesi sulle sue spalle, avrebbe dovuto portarli da solo per un altro po’. 

Che poi non ho scampo, pensò con una fitta allo stomaco. Non appena metterò piede alla stazione di New York verrà tutto a galla. Tutto quanto.

Era stato doloroso vedere lo sguardo sbarrato di Kurt mentre raccontava, era stato atroce poter quasi sentire il cuore di Kurt spezzarsi quando aveva notato che anche lui aveva le lacrime agli occhi, eco del suo dolore. Però sentiva il bisogno di dirgli qualcosa del suo passato. Se non altro, raccontare di come era finito alla Dalton gli avrebbe fatto capire che di lui poteva fidarsi, che lo capiva. Chissà, magari poteva persino raccontargli di Sebastian. 

Domani, si disse Blaine, riaccucciandosi sul letto e tornando ad abbracciare Kurt. Domani mattina gli racconterò del disastro che è Blaine Anderson. 



Blaine non lo sapeva, ma aveva iniziato a rimettere insieme i cocci del suo cuore e quelli del cuore di Kurt già da un pezzo.

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Vi prego, non fatemi del male.

Ehm, dai che ve lo aspettavate, l’angst! E vi ci crogiolate, perché in un certo senso questo ha fatto fare millemila passi avanti sia a Kurt che a Blaine, e ora ci siamo lasciati alle spalle il problema Dave.

A proposito di Dave. Ho notato che non ci sono grandi fan del personaggio, tra di voi. Ehm, per quanto possa essere stato uno schifoso stronzo imbecille (Selene, modera il linguaggio!) in questa storia per evidenti esigenze di trama, a me come personaggio piace molto, al di fuori della Klaine (non lo shippo con Kurt, ma non vedo perché ognuno non dovrebbe avere la propria ship) quindi siate pazienti, con lui. In fondo cosa avreste fatto, se foste state al suo posto? Capitelo, a me è piaciuto molto entrare nella sua testa e scrivere la lettera. Me l’ha fatto sentire più...vicino, ecco.

 

Per quanto riguarda la reazione di Kurt...diciamo che ci sono passata, su una cosa simile, e posso assicurarvi che non volere le risposte ma doverle sentire per poter finalmente metterci una  pietra sopra in una situazione spinosa fa così tanto male, sì. Da questo punto di vista, tengo moltissimo a questo capitolo (e mi mette tanta ansia), perché molte delle sensazioni di Kurt le ho provate io stessa. Mhm, che cosa deprimente.

 

Questo capitolo mi mette tanta, tanta, tanta ansia, come dicevo tipo due righe sopra. Quindi ci terrei tantissimo a sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto e se vi ha fatto commuovere, o se proprio non vi ha fatto sentire nulla. Se avete dei dubbi su qualcosa, o qualsiasi cosa vi venga in mente, scrivetelo, fatemelo sapere, sentiamoci su facebook, twitter, per telefono, per piccione viaggiatore, come volete, ragazze. Davvero, una delle cose più belle di questa ff è proprio parlare con voi tra un capitolo e un altro, quindi tanto per sicurezza rimetto qui il link del mio account facebook, in caso a qualcuno andasse di sclerare insieme o parlare di qualsiasi cosa. (Tipo le fossette di Darren *sbav*)

 

http://www.facebook.com/profile.php?id=100002618776119

 

Sappiate solo che mi rallegrate la giornata ogni volta che facciamo due chiacchiere su facebook e che, anche se siete lettrici silenziose, vi ringrazio dal più profondo del cuore per la fiducia che state dando alla storia.

 

Ora, spoilerino dal prossimo capitolo: Il risveglio di Kurt è molto morbido – come potrebbe non essere così? – e ha finalmente l’occasione di conoscere qualcosa in più di Blaine dal ragazzo stesso. Qualcosa che li farà sentire inevitabilmente vicini.

 

 

Ah, se vi interessa, questo allegrissimo capitolo è stato scritto interamente ascoltando “Shake it out”, che hanno fatto sull’episodio del provino per la NYADA. Se ci pensate bene, è perfetta.

 

 

A martedì prossimo, ragazze!

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Capitolo nove

Capitolo nove

 

“Thanks to you I got a new thing started
Thanks to you I’m not a broken hearted
Thanks to you I’m finally thinking bout me
You know in the end the day to left was just my beginning

What doesn't kill you makes you stronger” 



Kurt socchiuse gli occhi lentamente, impiegando una manciata di secondi per abituarsi alla luce del sole che filtrava dalle finestre. 
Strano, perché di notte era solito tenere le tende chiuse per non far filtrare i raggi di prima mattina, visto che la biografia non autorizzata di Alexander McQueen affermava che dormire al buio totale faceva bene ai pori della pelle. 
Ma che ore sono? 
Allungò debolmente un braccio verso il suo comodino in stile liberty per cercare il telefono e controllare l'ora, ma la sua mano afferrò il nulla.
Ok, non c'è bisogno di andare nel panico, pensò con il braccio ancora a mezz'aria. O il comodino è andato a farsi una passeggiata, o non sono nella mia camera.
L'opzione giusta si rivelò essere la seconda: Kurt spalancò gli occhi e si ritrovò in una stanza che non gli era affatto familiare, troppo verde e troppo poco curata per essere la sua camera-seminterrato di Lima. 
Da lì non fu difficile ricordare improvvisamente ciò che era successo la sera - o notte? - prima, tanto che riabbassò le palpebre con un lento sospiro.
Ad essere completamente sinceri non aveva né la forza né la voglia di pensare a Dave e a tutto quello che era successo. La notte di sonno aveva portato sollievo e sicuramente un po’ più di lucidità. Kurt era fatto così: dopo un primo momento di panico, riusciva a ragionare più chiaramente e fare il punto della situazione.

Ora che il pensiero lo sfiorava il dolore non risaliva, ma sentiva un curioso bruciore allo stomaco che sapeva tanto di rabbia. Si costrinse comunque a far vagare la mente intorno ai ricordi, perché sapeva di averne bisogno, che gli facesse piacere o meno. 
Aveva avuto una reazione forse un po' esagerata - in fondo Rachel glie lo ripeteva ogni due per tre, che era una drama queen - e considerato che avrebbe comunque lasciato Dave prima di partire, da una parte si sentì molto sollevato. La situazione, ora, era chiusa per sempre. Non avrebbe dovuto più preoccuparsene, né sentirsi in colpa se aveva voglia di innamorarsi di qualcun altro, se...
A proposito.
Fu in quel momento che Kurt realizzò che l'altra metà del letto era vuota.
Voltò lentamente la testa, appoggiando la guancia sul cuscino, e fece scorrere la mano sul lenzuolo ancora tiepido e sgualcito. Blaine doveva essersi alzato da poco. 
Ma
dov'era?
Percorse con lo sguardo la stanza: la porta del bagno era socchiusa e da lì non proveniva alcun rumore; a terra c'era ancora la sua valigia, sul comodino - dall'altra parte del letto - ancora il suo cellulare e i vari fogliettini che aveva tirato fuori dalla tasca la sera prima. Kurt notò sulla moquette un foglio stropicciato. 
La lettera di Dave. Allora Blaine non l'aveva letta? 
Kurt non riusciva davvero a spiegarsi come fosse possibile che proprio lui, che non aveva mai voluto l'aiuto di nessuno, avesse permesso a Blaine di avvicinarsi così tanto. 
Cercò di fare ragionevolmente il punto della situazione, ma la faccenda continuava a rimanere un mistero. Perché proprio Blaine, che conosceva da appena un giorno? Solo perché era gentile, dolce e terribilmente attraente? Eppure Kurt non si sentiva affatto il tipo da gettarsi tra le braccia del primo ragazzo decente disponibile, né lo era mai stato. No, non era per quello.
Hai passato la notte abbracciato ad un ragazzo che conosci appena, dopo esserti romanticamente addormentato tra le sue braccia e aver pianto fino a disidratarti, faccia da pizzichi, venne Sue in suo aiuto. E' vomitevole.
Kurt, una volta deciso che rispondere alla malata proiezione della sua mente - che dava voce ai suoi pensieri nei panni di Sue Sylvester, la Suprema - non era considerata una cosa normale, decise di ignorarsi e concentrarsi sul pensiero di Blaine attaccato a lui per tutta la notte. La cosa lo disturbava, sì, ma in maniera positiva.
Il bruciore allo stomaco si trasformò in una stretta piacevole e si lasciò sfuggire un sospiro. Doveva elaborare l'accaduto, o avrebbe continuato a sospirare per Blaine e sentirsi in colpa per Dave. E, per quest'ultimo, non ce n'era davvero motivo.
Il problema non era tanto quello che aveva fatto Dave, quanto invece la sua reazione. 
Dave era andato a letto con un ragazzo conosciuto in un locale probabilmente circa mezz'ora prima, probabilmente ubriaco, probabilmente senza pensare a lui nemmeno per un istante.
Non solo si era buttato via così - Kurt non riusciva a non vederla in quel modo - ma, visto che tecnicamente stavano insieme, lo aveva anche tradito. Non riusciva a credere di aver riposto la sua fiducia in una persona così, ed era la cosa che lo faceva più arrabbiare, probabilmente. Tutto quello che aveva dato a Dave senza chiedere veramente qualcosa in cambio era stato buttato via così, senza pensarci davvero.
Blaine aveva avuto ragione quando gli aveva detto che probabilmente era arrabbiato e deluso e che era normale sentirsi in quella maniera.
Era esattamente ciò che provava. Nient'altro. Si sentì stranamente un po' meglio all'idea di poter dare un nome a ciò che era successo. 
Tradimento, scoperta, rabbia e delusione. Ma si va avanti. 
Com'è che diceva la canzone? Quello che non ti uccide, ti rende più forte. Kurt si sentiva più forte. Si sentiva anche molto meno solo, ora.
Ripensando a come fosse possibile che avesse lasciato che Blaine lo vedesse in quelle condizioni... Kurt ancora faceva fatica a capire. 
Forse era solo troppo stanco.
Era stata una giornata molto emotiva, aveva trattenuto le lacrime per la metà del tempo e lasciare Finn, Rachel, suo padre e tutti gli altri a Lima per avventurarsi da solo a New York era stato più duro e doloroso di quanto avrebbe voluto; la lettera di Dave era stata il colpo di grazia, visto che aveva passato tutta la giornata a farsi venire i sensi di colpa a causa sua. Ed era una situazione che lo teneva sulle spine - e sveglio la notte - da almeno un paio di mesi. Era normale, che fosse crollato proprio in quel momento? Chissà, forse sì.
Probabilmente non avrebbe mai avuto la risposta; ancora una volta, sembrava che non gli importasse più ottenerla. Era più che determinato a lasciare Dave nel suo passato, fermo a Lima. 
Blaine l'aveva colto di sorpresa quando si era trovato sul fondo del baratro e lo aveva aiutato a risalire senza dire molto, limitandosi a tenerlo stretto. 
Alla luce del giorno, in ogni caso, le cose non gli sembravano affatto differenti, se non per un piccolo particolare: era ancora terribilmente attratto da Blaine - non aveva dimenticato la sua schiena nuda che scompariva dietro la porta del bagno né il fatto che stesse per baciarlo - e arrossiva solo a guardare troppo a lungo il letto perfettamente intatto nel quale avrebbe dovuto dormire. Solo che il senso di colpa per Dave non grattava più sulla superficie dei suoi pensieri. 
Seppellì la questione Dave in un cassetto del suo cervello e lo sigillò lì, sperando che ci restasse il più a lungo possibile. Era troppo presto per dirlo, ma sperava di essersi liberato del grosso peso che aveva portato per tutta l'estate.

Kurt posò di nuovo gli occhi sui numerosi foglietti sul comodino e gli tornò in mente ciò che aveva scoperto la sera prima su Blaine.
Ora sapeva che sarebbe andato a vivere a New York e che avrebbe dovuto sostenere un provino proprio il giorno successivo - Kurt si complimentò silenziosamente per sue innate doti di investigazione - e avrebbe fatto tutto quello che poteva per non perdere Blaine, qualsiasi cosa fosse quello che stava nascendo tra loro. 
Sentiva che era una persona speciale, qualcuno che, a prescindere da se ne fosse attratto o meno, voleva facesse parte della sua vita. Era un pensiero particolarmente egoista e se ne rendeva conto, ma in fondo lui era un Hummel, no? E gli Hummel, generalmente, sanno sempre cosa vogliono. Non sempre lo ottengono, questo era vero. O avrebbe avuto nelle sue mani la direzione di Vogue Paris già da un pezzo.
Decise che, per prima cosa, avrebbe chiesto a Blaine il numero di telefono; magari gli avrebbe mandato un messaggio dopo essersi sistemato alla NYADA - sempre che fosse riuscito a resistere fino a quel momento - e magari avrebbero continuato a scambiarsi messaggi per tutta la settimana. Poi gli avrebbe chiesto di uscire; avrebbero parlato, durante una passeggiata a Central Park, o in una caffetteria di Manhattan; Kurt gli avrebbe raccontato della NYADA, gli avrebbe chiesto del suo provino, del liceo, della famiglia rimasta in Ohio. 
Voleva sapere tutto di Blaine: meno il ragazzo diceva, più la sua curiosità veniva scatenata.
Sperò solo che Blaine fosse altrettanto intenzionato a passare del tempo con lui. Poteva benissimo trattarsi di un casuale incontro in treno, in fondo, e una piccola avventura vissuta con uno strano tizio, per lui. 
No, poteva farcela. Per quanto avesse ampiamente dimostrato di essere un disastro nelle relazioni, doveva fare qualcosa.
Non poteva continuare ad aspettare che la fortuna mandasse avanti le cose da sola. Ci voleva la firma made in Kurt Hummel.

La porta si aprì proprio mentre Kurt si tirava a sedere sul letto e sulla soglia comparve Blaine, sexy come non mai, con un vassoio in bilico su un braccio e un ampio sorriso in viso. 
Kurt intravide un paio di Croissant, due tazze fumanti e quelle che sembravano essere delle fette biscottate geneticamente modificate.
"Buongiorno!" disse allegramente Blaine chiudendosi la porta alle spalle con la mano libera. 
Kurt cercò di tenere gli occhi fermi sul suo viso e non sui suoi fianchi ondeggianti.
"Qualsiasi cosa ci sia in quelle tazze, ha un profumo meraviglioso. Caffè" biascicò Kurt con la voce ancora impastata. "E ti hanno lasciato portare la colazione in camera?"
"É' un Bed&Breakfast." spiegò Blaine sedendosi sul letto e facendo così cigolare la rete del materasso. Kurt arrossì. "La colazione dobbiamo prepararcela da soli. Stavi ancora dormendo quando è suonata la sveglia, così ho pensato di lasciarti dormire un altro po' e sono andato a procacciare il cibo."
Indicò con un ghigno il vassoio mentre Kurt scivolava fuori dalle coperte e si sedeva a gambe incrociate sul materasso.
"Fette biscottate con marmellata, un cornetto alla crema e un cappuccino per me." elencò, inspirando ad occhi chiusi da una delle tazze - di color rosso brillante - e lasciandosi sfuggire un’espressione beata.
Kurt lo osservò perdersi per un istante nel profumo del caffè e poi riaprire gli occhi, improvvisamente più vispi e brillanti. Da lì intuì che Blaine doveva aver sviluppato, nel corso degli anni, una morbosa dipendenza dalla caffeina.
"Per te invece abbiamo un misero cornetto integrale vuoto - e qui declino ogni responsabilità - perché tutte le altre opzioni erano ad altissimo contenuto calorico, e non sono riuscito a sedurre la cameriera per avere uno yogurt." L'espressione sul suo viso era di pura disapprovazione. "Ah, e ho cercato di imitare un nonfat mocha, ma visto che ho lavorato per tutta l'estate in una caffetteria di Westerville, credo di esserci riuscito discretamente bene."
Kurt spostò lo sguardo stupito e lusingato dal caffè al viso di Blaine.
"Sai come prendo il caffè?"
Blaine stavolta arrossì vagamente, ma fece un gesto blando con la mano per dissipare l'attenzione di Kurt.
"L'hai detto tu ieri pomeriggio, che tipo di caffè bevi di solito. Ho una buona memoria."
Oh. Fu il turno di Kurt arrossire.
"Grazie" mormorò rivolto alla tazza di caffè. "Non solo per la colazione. Soprattutto per - ecco, per ieri sera. Di solito non reagisco così, io...E' stato un brutto colpo." borbottò, accelerando alla fine della frase.
Blaine nascose una parte del viso dietro al croissant che aveva attaccato.
"Sono contento di averti potuto aiutare, Kurt, davvero. Mi hai spaventato a morte. Non sapevo come - non sapevo cosa fare. Non sono molto bravo a consolare le persone."
Kurt non si trovava affatto d'accordo su questo punto, così prima che il cervello potesse registrare cosa stava facendo, aveva mormorato: 
"Beh, evidentemente io sono un'eccezione."
Non appena le parole lasciarono la sua bocca si sentì un grandissimo idiota, ma Blaine straordinariamente sorrise e i suoi occhi si illuminarono, come se Kurt gli avesse fatto chissà che complimento.
"Mi sa di sì." rispose.
"Ora sto meglio. Voglio dire, bene. Mi dispiace aver reagito così male, ma...era una vita che se ne stava tutto lì, in attesa che scoppiassi. La l-lettera è stata solo la goccia..."
"...che ha fatto traboccare il vaso." completò Blaine per lui. "Sì, ti capisco."
Kurt sorrise e poi prese tra le mani la sua tazza - azzurro cielo - annusandola con circospezione. Gli occhi dorati di Blaine seguirono curiosi il suo movimento mentre portava lentamente il bordo alle labbra e prendeva una sorsata di prova.
Accidenti

Lo tenne sulle spine per una trentina di secondi, guardandosi intorno con aria fintamente persa, e quando sentì Blaine schiarirsi la gola non riuscì a trattenere un sorriso.
"Sono sorpreso. Ci sai fare con il caffè, Anderson." 
Kurt si meravigliò del tono scherzoso che aveva usato, ma soprattutto di quell'occhiata flirtosa che aveva appena rivolto a Blaine. Era forse impazzito?
Ma
Blaine sembrò più sexy e sorridente che mai. "Modestamente, sono un uomo dalle mille risorse."
"Sei sicuro di non essere un serial killer o qualcosa del genere? Quali terribili scheletri nascondi nell'armadio? Voglio dire, qualcuno che sa fare caffè così buoni - e ha un sorriso così meraviglioso, pensò Kurt a parte - deve per forza avere qualche oscuro segreto."
Blaine quasi si strozzò con il suo cappuccino, e Kurt fu sul punto di avvicinarsi e dargli qualche colpetto sulle spalle per farlo tornare a respirare come un essere umano.
Quando smise di tossicchiare, Blaine riportò lo sguardo lacrimante nel suo e ridacchiò. "Ci sono un sacco di cose che non sai di me. Tipo..."
Il suo viso si fece pensieroso per un attimo e Kurt si sporse leggermente più avanti.
"Detesto l'arancione, lo considero un colore inutile; non so cucinare i pancake a colazione, è il mio più grande rimorso; i miei capelli senza gel sono incontrollabili." Si indicò i ricci neri tenuti a bada da una quantità di gel inferiore a quella del giorno precedente, ma sempre assurdamente abbondante. 
"Uhm" disse Kurt alzando un sopracciglio. "Ieri sera li avevi bagnati, vero?"
Blaine ridacchiò sommessamente. "Non mi vedrai mai senza gel. Sembro...Medusa."
Kurt resistette all'impulso di afferrare Blaine e trascinarlo in bagno per lavar via tutto il gel, perché ormai stava morendo di curiosità, e poi abbracciarlo, dirgli quanto fosse stupendo e adorabile, passargli la mano tra i capelli, e-
Porca miseria, Kurt. Datti una calmata.
"E poi" aggiunse Blaine con un sorriso triste. "mi sa che condividiamo la sfortuna da ballo scolastico."
"Ah sì?" domandò con curiosità. Blaine gli stava offrendo uno scorcio sul suo passato?
"Già." rispose il ragazzo. "Il primo - e anche l'ultimo - a cui ho partecipato non è finito nel migliore dei modi."
Kurt gli lanciò un'occhiata comprensiva e dispiaciuta.
"Ti sei presentato in kilt anche tu?" domandò cercando di smorzare un po' la tensione.
L’altro sorrise lievemente e mordicchiò un angolo della fetta biscottata.
"No, ma non sono passato comunque molto inosservato. Sai bene quanto me che l'Ohio non è il posto migliore per fare coming out a quattordici anni" Sì, Kurt ne sapeva qualcosa. "Era il mio primo ballo e avevo appena detto a tutti che ero gay - tanto l'avevano capito in ogni caso - e mi sono presentato con un amico. L'unico altro gay dichiarato della scuola. Il ballo non è andato malissimo: voglio dire, non ci hanno tirato addosso il punch coretto con la vodka e nessuno mi ha eletto reginetta."
Fece una pausa, come a raccogliere i pensieri, e Kurt si sentì terribilmente in ansia. Era ovvio che c'era dell'altro, ma non si prospettava essere niente di buono. Strinse la tazza con forza mentre Blaine ricominciava a raccontare.
"Siamo usciti per aspettare che suo padre ci venisse a prendere. Sono arrivati questi tre ragazzi, ed erano dei senior. Era piuttosto evidente che ce l'avessero con noi. Mi hanno chiamato in modi che non sapevo nemmeno esistessero, e avevano bevuto, e qualcuno di loro aveva una spranga, credo, e..."
La sua voce si incrinò per un istante e Kurt, senza pensare, fece la prima cosa che gli venne in mente, l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento. La sua mano andò a coprire quella di Blaine, appoggiata sul materasso, e ne accarezzò lentamente il dorso. 
Blaine non aveva ancora smesso di guardarlo negli occhi.
"Me ne sono uscito con una settimana all'ospedale e un paio di costole rotte, più un sacco di ferite qua e là." sospirò Blaine. "Uno aveva una bottiglia di birra rotta, credo. Non me lo ricordo." 
Kurt sapeva che il suo volto rifletteva l'orrore che l'aveva colto in quel momento, ma davvero non importava. Un sacco di cose orribili succedevano a quelli come lui e Blaine, specialmente in posti con mentalità assurdamente chiuse come l’Ohio. Avrebbe potuto benissimo esserci lui, al suo posto: c'era andato molto vicino. O peggio, Blaine avrebbe anche potuto morire, se solo uno di quei ragazzi avesse colpito un po' più forte, o da un'altra parte.
Era disgustoso pensare che probabilmente era stato fortunato.
Sfiorò con il pollice il dorso della mano di Blaine, cercando di trasmettergli tutta la comprensione possibile attraverso gli occhi. 
"E' per questo che ti sei trasferito alla Dalton Academy?" chiese.
Blaine fece il più minuscolo dei sorrisi.
"I miei mi hanno trasferito non appena mi sono ripreso dall'incidente. La politica anti-bullismo della Dalton era una botte di ferro. Un gabbia dorata, in realtà. Non hanno certo dovuto insistere: non avrei più messo piede in una scuola pubblica nemmeno sotto tortura. E' che mi sono reso conto, con il passare del tempo, che è stata una gran vigliaccata. Sono scappato non appena ho potuto. Non sono rimasto a combattere, come hai fatto tu. Da una parte avrei voluto avere la possibilità di...non so, essere coraggioso."
Kurt strinse forte la sua mano. Era strano: più cose conosceva di Blaine che lo facevano sembrare umano ai suoi occhi, più gli piaceva da morire.
"Se non altro avevo gli Warblers. Sono stati come una famiglia per me. Siamo un gruppo molto unito."
Kurt sorrise. "E' questo lo scopo dei Glee Club, credo."
Blaine appoggiò la tazza al vassoio, senza sottrarre la mano da quella di Kurt.
"Trovarti una seconda famiglia quando la tua è troppo distratta per ricordarsi di te?" domandò con un sorriso triste.
Lo immaginavo, pensò Kurt. Non hai un buon rapporto con i tuoi, eh?
"Una specie. Farti sentire a casa, ecco."
L'espressione di Blaine si intenerì. 
"Già. Mi hanno salvato, sotto moltissimi punti di vista. Con loro ho scoperto l'amore per la musica, per le mosse di danza ridicole e per Katy Perry. Sono diventato il leader dopo un anno."
Kurt non rimase molto sorpreso dalla notizia, in realtà. Se lo immaginava. Blaine sprizzava carisma da tutti i pori, e poi aveva avuto l'impressione che fosse sua la voce degli assoli delle registrazioni degli Warblers. 
"Non mi stupisce che tu sia diventato il solista. Hai una voce meravigliosa."
Blaine arrossì, ma sembrava determinato ad andare avanti con il suo racconto.

Kurt si rese distrattamente conto di essere irrimediabilmente cotto a puntino.
"Già, sono riuscito a mantenere il ruolo anche quando è arrivato Sebastian."
"Noto una punta di fastidio nel tuo tono." gli fece notare, felice che la conversazione ora fosse un po' più leggera. Vedere Blaine triste era un'esperienza che non era disposto a ripetere.
"Noti più di una punta di fastidio. Sebastian era il tipico ragazzo ricco arrivato da Parigi con molto carisma, acidità gratuita e il fascino di qualcuno che ha sperimentato molto più di te. All'epoca aveva iniziato a provarci con me perché ero il leader degli Warblers."
Oh. Fantastico. 
"Beh, un tipo affascinante."
"Diciamo che, più che altro, ero io che tendevo ad essere particolarmente superficiale." commentò Blaine con una punta di fastidio verso se stesso. "L'ho pagata particolarmente cara, quella svista. L'ho lasciato fare, in fondo mi lusingava e volevo...provare qualcosa di nuovo, credo. Era un periodo un po’ particolare e Sebastian mi distraeva da tutto il resto. Non l'ho mai lasciato avvicinare più di tanto, ma gli ho dato corda. Un venerdì sera uno degli Warbler ha dato una festa per festeggiare le Provinciali vinte. Nonostante la vittoria era stata una serata orribile, per me, e ero particolarmente depresso."
Ah, sì, pensò Kurt. Quelle dove abbiamo gareggiato l'uno contro l'altro.
Blaine scosse la testa e si strinse nelle spalle. "Siccome ero davvero molto superficiale e davvero molto triste, avevo bevuto un po'. Ok, un po' tanto. E Sebastian era lì, e..."
Oddio, no. Non dirmelo, gemette Kurt nella sua testa. 
"Mi sono risvegliato nel letto di Sebastian, piuttosto dolorante, ricordandomi poco e niente della sera prima. Giusto come ci ero arrivato."
Merda.
Kurt non sapeva cosa dire, così non disse niente, limitandosi a non smettere di accarezzare la mano di Blaine.
"Da quel giorno lui ha ovviamente iniziato ad evitarmi come se avessi la peste, così non ho neanche tentato di chiarire. Non mi ci è voluto molto per fare due più due: aveva ottenuto quello che voleva ed era passato oltre. E io nemmeno me la ricordo, quella notte."
Kurt immaginò che doveva essere davvero doloroso, non ricordare una cosa del genere. 
"Mi dispiace." disse, tentando un sorriso. Blaine scosse la testa. 
"Come puoi notare, anche da quel punto di vista sembro sfortunato quanto te. Da lì in poi però gli Warblers non mi hanno mollato un attimo. Devo loro molto. Sebastian ha semplicemente continuato a passare di letto in letto fino al diploma. Quest'estate ci siamo visti una volta sola, ma credo che abbia messo un po' la testa a posto, adesso."
Kurt lo osservò timidamente. 
"Non sembri arrabbiato con lui."
Blaine parve pensarci un po' su. "Lo sono, ma per i motivi sbagliati." disse, criptico.
Cercando di tirarlo un po' su, senza dimenticare l'importanza di quello che aveva appena fatto Blaine - aprirsi così con lui come se si conoscessero da sempre non era una cosa da tutti - Kurt disse: "Per fortuna gli Warblers, allora. Ti hanno tirato su di morale a forza di Medley di Katy Perry?"
Blaine finalmente rise e Kurt si sentì decisamente meglio. 
"Ci sei andato vicino, era un Medley dei Beatles. No, sul serio, sono stati fantastici. Non so cosa avrei fatto se non avessi avuto loro."
Prese a giocherellare con l'infinità di braccialetti colorati che aveva al polso, ai quali Kurt aveva già fatto caso. Ora che li osservava da vicino, però, notava che alcuni - quelli un po' più spessi, di plastica colorata - erano scritti. 
Blaine seguì il suo sguardo e sorrise affettuosamente. 
"Oh, questi. Sì, noi Warblers tendiamo ad essere molto teatrali nei gesti, ma forse l'avevi notato. E' usanza regalare un canarino all'ingresso nel gruppo e un bracciale all'uscita. Questo è quello che abbiamo tutti."
Dal resto dei bracciali ne separò uno in cui due lacci - uno rosso e uno blu - si intrecciavano. 
"E' una cosa...dolce, in un certo senso. Vi rispecchia molto." commentò Kurt avvicinandosi ad osservare il polso che Blaine gli aveva porto. 
Blaine chinò la testa per avvicinarla alla sua e indicò gli altri braccialetti colorati. 
"Questo rosa è Wes. Ha cercato di disegnarci un martelletto, che era la sua arma, ma non ce l'ha fatta." spiegò scuotendo la testa. Kurt ridacchiò davanti alla firma disordinata e allo scarabocchio che si presumeva fosse un martellino. 
"La sua arma?" domandò incuriosito.
"Diciamo che Wes ha militato a lungo nel Consiglio degli Warblers. Andava in giro con quel martelletto giorno e notte, alle riunioni, a lezione, alle feste. Perfino alle competizioni. Era diventato il suo segno distintivo - e il nostro incubo." 
"Che gente stravagante."
Blaine rise di gusto e indicò un'altro paio di bracciali. 
"Questo giallo è Nick, e questo lillà è Jeff. Sempre originali e sempre in coppia, loro. Infatti se guardi bene su di uno c'è scritto 'I'm glad' e sull'altro 'You came'. Ora sono a New York. Mi verranno a prendere in stazione loro, credo. Questo invece - e indicò il bracciale verde - è David. Essendo generalmente quello più saggio dei quattro, ha semplicemente scritto 'fidati del Karma'. Fa molto oracolo, sì. David è fissato con questo genere di cose. Ci mancava poco che ci facesse partecipare a qualche seduta spiritica prima delle competizioni."
Kurt rise di gusto e si perse ad osservare Blaine immerso nei ricordi del liceo, belli o brutti che fossero. Senza pensarci troppo su si avvicinò e gli sfiorò un polso con delicatezza, passando sofficemente i polpastrelli tra i bracciali e la pelle liscia e morbida. Il ragazzo riccio socchiuse gli occhi e piegò di lato la testa, un angolo della bocca ancora inclinato verso l'alto. 
In fondo, rifletté Kurt, sia lui che Blaine avevano avuto delle pessime esperienze al liceo, ma avevano avuto degli ottimi amici a sostenerli per tutto il tempo. 
Notò inoltre che non c'era nessun bracciale con su scritto 'Sebastian'.
Rimasero in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri, poi Kurt allontanò la mano dal polso di Blaine - per quanto sforzo gli costasse - e se la passò tra i capelli. 
Non solo Blaine non è scappato a gambe levate, pensò osservandolo di sottecchi e sorridendogli quando alzò lo sguardo sul suo. Ma mi ha anche raccontato del suo vecchio liceo e della sua vecchia fiamma. Stiamo facendo progressi. 
A guardarsi alle spalle, sembrava impossibile che, solo due giorni prima, Blaine non facesse parte della sua vita. Ora sembrava tutto diverso, finalmente completo. 
Kurt aveva cercato a lungo qualcuno che entrasse nella sua vita così, stravolgendola del tutto. Pensava che non l'avrebbe mai trovato, ormai aveva perso le speranze. Beh, si sbagliava. 
Blaine era speciale, qualcuno di completamente diverso da qualsiasi altra persona avesse mai conosciuto. Non poteva non volerlo nella sua vita. Era un pensiero così egoista?
"A che ora abbiamo il treno?" domandò Blaine dopo aver divorato l'ultima fetta biscottata, strappando Kurt alle sue fantasie.
"Alle nove e trentasei, mi pare." rispose Kurt stiracchiandosi come un gatto. "Abbiamo tempo, per fortuna. Devo davvero farmi una doccia, perché -" 
Kurt si bloccò nel bel mezzo del movimento, con le braccia ancora intrecciate dietro la schiena, e spalancò gli occhi per l'orrore. Blaine si accorse subito della sua reazione, perché si avvicinò, spostando il vassoio, e gli appoggiò le mani bollenti sui gomiti.
"Kurt, stai bene? Possibile che tu ti sia preso il colpo della strega a nemmeno vent'anni?" disse, abbassandogli lentamente le braccia lungo i fianchi.
"Blaine" pigolò Kurt, ignorando quello che aveva appena detto. Resistette all'impulso di prenderlo per la maglia e scuoterlo. Perché diavolo non coglieva la gravità della situazione? Che stava blaterando? "Ti prego" supplicò senza avere il coraggio di muovere un muscolo e di guardare. "Ti scongiuro, dimmi che non sono andato a dormire completamente vestito."
Lo sguardo allarmato di Blaine non prometteva niente di buono. 
"Oh. Ehm, non è una domanda." disse lentamente. Stava forse prendendo tempo? 
"Ti prego." ripeté, cercando di rimanere lucido. No, non poteva essere. Non lui. Kurt Hummel non andava mai a dormire vestito con qualcosa che non fosse un pigiama di seta. 
Blaine prese un profondo respiro. "Ehm, veramente sei ancora vestito, sì. Ieri sera ti sei addormentato subito dopo - beh, hai capito - e..."
Provò ad alzare un sopracciglio triangolare, come a domandare '...e quindi?'.
"Non è vero." Kurt chiuse gli occhi e scosse la testa energicamente. "No, no no no no no."
Percepì Blaine ridacchiare e aggiunse: "Non l'ho fatto davvero."
"Sei in fase di negazione" gli fece notare Blaine, divertito. "E' così grave?"
Kurt aprì un occhio azzurro per incenerirlo e Blaine sembrò decidere che assolutamente sì, era grave, perché si spostò istintivamente più indietro.
"Terribile. Peggio della fine del mondo. O peggio degli hamburger di McDonald a colazione, o di Sara Palin ai suoi tea party." biascicò, cercando di elaborare un piano veloce e efficace. "Ho passato la notte con i vestiti di ieri, non ho fatto nessuna maschera facciale e la mia pelle cadrà a pezzi nel giro di una settimana. Mi auto distruggerò come una bomba a orologeria e sarà tutta colpa mia, perché ero troppo occupato a farmi venire una crisi isterica perché il mio ex mi ha tradito per ricordarmi che ho una maledettissima pelle sensibile."
"Kurt..." tentò di fermarlo Blaine. Ma ormai Kurt era in pieno panico.
"Devo andare a farmi una doccia" proclamò, cercando di alzarsi in piedi e barcollando, intrecciandosi con il lenzuolo. Blaine ridacchiò alla vista. "e poi prendermi ripetutamente a schiaffi. Perché sono così stupido? La mia pelle. La mia povera pelle..."
"Kurt!" esclamò Blaine quando quasi si spiaccicò la faccia a terra per non essere ancora riuscito a liberare la gamba intrecciata con il lenzuolo. Una volta ottenuta la sua attenzione, Blaine continuò: "Ora tu vai sotto la doccia e quando esci prendiamo tutto e andiamo in stazione a prendere il treno. Non farti prendere dal panico, la tua meravigliosa pelle sopravvivrà."
Tutto quello che Kurt registrò, però, fu: 'pensa che ho una bella pelle. Lo pensa davvero? Sì, l'ha detto.'
Te l'ha mai detto nessuno che sei svitato, faccia da pizzichi? 
obiettò Sue. La sua faccia sta gridando 'cosa avrei dovuto fare, spogliarti io?' e scommetto il mio trofeo delle Nazionali 2010  - che tu hai tanto faticosamente contribuito a vincere - che non si sarebbe affatto dispiaciuto. 
Il dannato problema era che Sue aveva schifosamente ragione.
Blaine sembrava piuttosto indeciso se essere sconvolto o divertito, così sembrò optare per un'espressione che era un po' una via di mezzo delle due, e rimase a fissare Kurt.
"Vado a farmi una doccia. E uno scrub alle alghe." disse con tutta la dignità e la calma che possedeva. Blaine lo osservò a braccia incrociate mentre rovistava nella valigia - sperando di non trovarci altre sorprese o attacchi kamikaze - e poi, con le guance rosse dall’imbarazzo, ne tirava fuori qualche vestito. Borbottò qualche frase sconnessa e, sotto lo sguardo divertito di Blaine, si rifugiò in bagno, quasi inciampando nella moquette dalla fretta di togliersi dall'imbarazzo. 
Si chiuse la porta alle spalle e scivolò lungo il legno, ormai con il viso in fiamme. 

Si può morire per autocombustione?Oh, la mia vita sta diventando una soap opera.
Dall'altra parte della porta risuonò la risata leggera di Blaine. 
Siamo sicuri che non sia un maledetto Legilimens?

 

 

Note dell’autrice

 

Boh, io vi amo.

Cioè, vi rendete conto del collasso che mi è venuto quando mi sono accorta che allo scorso capitolo sono state lasciate diciannove recensioni? Voi mi volete uccidere.

Ok, forse ancora no, ma mi vorrete uccidere molto presto. Sì, perché il prossimo capitolo, ve lo dico già da adesso, con tutta probabilità vi farà prendere un colpo. O vi farà desiderare di picchiarmi, dipende. Io, in caso, ho ottenuto la residenza nel bunker antiatomico Lievea perché me le sono comprate con i muffin, quindi mi rifugerò lì. Inutile spiegarvi chi è Lievea, che tanto le conoscete tutti :D

Per quanto riguarda questo capitolo…è stato un po’ sofferto, ma alla fine è venuto fuori.

Non scandalizzatevi per la reazione di Kurt. Mi è sempre sembrato il tipo che da di matto e poi ragiona (vedi ballo scolastico) e Dave…ragazze, non arrabbiatevi con lui, dai!

 

Ah, per l’amor del cielo. Lo so che sto maltrattando sia Sebastian che Dave, ma ehi. Vi prometto che Sebastian si farà perdonare. Fidatevi di me, in questa fanfiction niente è come sembra. Oppure tutto è esattamente come sembra e se ne sono accorti tutti, dipende XD

 

Il capitolo originale doveva contenere anche l’arrivo a New York, ma queste sono cinquemila parole, e altre cinquemila sarebbero state un po’ lunghette. Quindi martedì prossimo finalmente sbarcheremo nella grande mela! :)

Ah, ecco! Sappiate che dal prossimo capitolo in poi si sta a New York fino alla fine della storia, ma (e qui piccolo indizio, interpretatelo come volete) non abbiamo ancora concluso con i mezzi di trasporto, in questa storia.

 

Per tutte quelle che stanno aspettando che Blaine riveli i suoi malvagi segreti: abbiate pazienza! *-*

 

Un grazie speciale a tutte le ragazze che seguono la storia e che spesso mi fanno compagnia su facebook. Vi adoro! Per chi ancora non l’avesse, questo è il link del mio profilo:

 

http://www.facebook.com/profile.php?id=100002618776119

 

Amo fare due chiacchiere e in genere offro biscottini e tanto amore *-*

 

Inoltre il mio grazie super-infinito va a Ila, senza la quale non sarei qui (né da nessun’altra parte, se non al Manicomio o in Prigione) e Fra, che è sempre un piacere far rimanere a bocca spalancata davanti alle patatine del McDonald (sì, non smetterò più di gongolare).

 

Beh, direi che ho ciarlato anche troppo!

A martedì prossimo!

 

Selene

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Capitolo dieci

Capitolo dieci

 

 “Now you’re just somebody that

I used to know”

 

Una volta che fu sotto al getto d’acqua bollente Kurt appoggiò la fronte alle piastrelle e cercò di riflettere senza farsi prendere dal panico. Cosa doveva farsene, del cucciolo di pinguino?

D’accordo, a dieci anni si era preso una cotta colossale per Ricky Martin che non era mai veramente finita e aveva fatto morire dal ridere Burt quando aveva annunciato, in piedi sul tavolino per il tè, di voler imparare lo spagnolo. E allora?

Finn, invece, era stato una curiosa quanto compromettente parentesi della sua adolescenza, alla quale amava pensare come il buio periodo di black out di Kurt Hummel; aveva desiderato baciare il suo fratellastro? Sì. Se ne era pentito non appena l’aveva visto infilare la lingua in bocca a Rachel? Oddio, sì. Certe cose ti segnano a vita.

C’era stata Brittany, ovviamente. A Kurt quasi veniva da ridere a pensarci. Insomma, Brittany era sua amica e se non altro da quell’esperienza aveva imparato a baciare decentemente – figuriamoci se quelli potessero essere considerati i suoi primi baci. 

E poi, ultimo ma non per ordine di importanza, aveva persino ricevuto la sua curiosa opinione su come i ragazzi sapessero di hamburger. 

Eppure Kurt era certo che Blaine non sapesse di hamburger. Forse

Certo, poteva sempre provare per accertarsene.

 

Con Dave…di nuovo, era complicato. Per quanto solo a pensarci ora si sentiva un vero idiota, stare con lui senza potersi nemmeno avvicinare o sperimentare lo aveva mandato fuori di testa molto più di quanto fosse disposto ad ammettere. L'intera situazione doveva aver portato all’attuale struggente lotta tra i suoi ormoni impazziti e il cucciolo di pinguino. Quest’ultimo opponeva una stoica resistenza ogni volta che Blaine era nei paraggi – quindi ininterrottamente dalla mattina precedente – e Kurt era finito per essere ridicolmente in bilico tra il voler strappare i vestiti di dosso a Blaine e lo scappare a gambe levate in preda al terrore.

Non aveva molto senso, doveva ammetterlo. Era ridicolo voler fare cose con Blaine quando non riusciva nemmeno a pensare alla parola ‘sesso’ senza arrossire. Stava impazzendo?

E poi Blaine aveva sicuramente più esperienza di lui – anche se a quanto pare non se lo ricordava – e qualsiasi cosa avesse fatto Kurt, o avesse tentato di fare, molto più plausibile, sicuramente sarebbe sembrato ridicolo.

Che poi, cosa voleva fare esattamente? Certo, Blaine stava ormai palesemente flirtando con lui – forse – ma non appena si sarebbe accorto che Kurt non aveva la più pallida idea di cosa fare…oh, non ci voleva pensare.

Nel suo iphone c’era ancora quell’imbarazzante lista delle cose da fare prima di morire, che ad un certo punto citava ‘fare l’amore con Taylor Lautner  in un campo di lillà prima che diventi grasso’. Ecco, questo dimostrava che certi istinti li aveva, no? Magari poteva essere troppo tardi perché il buon vecchio Taylor aveva messo su una discreta pancetta da alcolizzato, e magari Kurt non era come Finn, che aveva bisogno di attaccarsi a Rachel come una sanguisuga ogni mezzo secondo, ma questo non significava che non volesse avere una relazione fisica con qualcuno!

Che poi, a pensarci bene, se avesse potuto sarebbe stato attaccato a Blaine come una sanguisuga?

In ogni caso non sapeva come fare, né da dove partire.

Ok, in realtà ‘La Chiacchierata con suo padre – e relativi opuscoletti – era stata piuttosto chiara al riguardo, quindi una mezza idea di dove cominciare e come ce l'aveva. Certe cose non avrebbe davvero voluto saperle, ma altre sì, e…cavolo, era tanto sbagliato voler sperimentare qualcosa?

Era tanto sbagliato volerlo sperimentare con Blaine?

Si vergognò profondamente di quel pensiero e cercò di pensare ad altro, perché effettivamente pensare a Blaine, sotto la doccia, non era il modo migliore per mantenere la calma e il controllo della situazione. Controllo che, chi vogliamo prendere in giro, aveva perso la mattina prima quando Blaine era entrato nel suo scompartimento. L’acqua sembrò improvvisamente più calda e Kurt stava davvero soffocando – eppure non aveva girato la manopola – ed era ridicolo che avesse le farfalle allo stomaco solo a pensare a Blaine.

Lasciò che la sua mente facesse un tentativo, vagando tra i ricordi di poche decine di minuti prima, fino alle labbra di Blaine, socchiuse e così invitanti, o la linea della mascella, o la curva dei fianchi…

Qualcuno bussò delicatamente alla porta e Kurt sobbalzò, rischiando di scivolare su una saponetta e rompersi l’osso del collo. Ed esattamente come ci era finita la sua mano così vicina a…oh, santo cielo.

“Kurt?”

Ecco, fantastico. Tu si che sei d’aiuto, Blaine.

La voce di Blaine giunse attutita dallo scrosciare dell’acqua e per via del muro che li separava, e Kurt al pensiero che in fondo fosse solo un muro andò di nuovo a fuoco. 

“Lo so che sei sotto shock per aver dormito con pantaloni e polo” disse Blaine in tono canzonatorio. “Lo so, davvero, ma farti una doccia decontaminante come se dovessi accedere ad un bunker antiatomico ci farà perdere il treno.

“Ho quasi fatto” pigolò in risposta.

Blaine non disse niente, quindi probabilmente non l’aveva nemmeno sentito. Un lato di Kurt gioì per la normalità e il senso di quotidianità che quella conversazione gli aveva lasciato.

Andiamo, Kurt, cercò di farsi coraggio. Ce la puoi fare. Esci da questa maledettissima doccia.

Spense con un sospiro il getto d’acqua e afferrò un asciugamano per stringerselo in vita. Osservò allo specchio appannato il suo riflesso gocciolante.

E se uscissi così dal bagno? pensò in un attacco un po’ delirante.

Già si immaginava Blaine piegato in due dalle risate.

Scosse la testa di fronte alla propria inettitudine, domandandosi che ne fosse stato del suo cervello, un tempo sano e funzionante.

Bruciato, completamente andato. Probabilmente lo scenario era apocalittico: orde di neuroni rincorsi da palline rosse di ormoni fuori controllo, e una gigantografia di Sue Sylvester a troneggiare su tutto, come quella volta che aveva dato un mezzo party in auditorium per essere riuscita a cacciare la coach Beiste.

Kurt si passò una mano tra i capelli zuppi d’acqua, lasciando andare l'ennesimo sospiro sconsolato.

Forza, diamoci una parvenza di umanità.

 

 

Quarantacinque minuti e due tubetti di lacca rigorosamente biologica dopo si poté dire soddisfatto del look che aveva ottenuto: i capelli erano tornati ad una forma umanamente concepibile e alla presa ferrea della lacca non sfuggiva nemmeno un capello.

Indossava un paio di Jeans chiari particolarmente aderenti – scelta puramente casuale, ovvio – e una maglia blu a maniche lunghe che gli lasciava scoperta la spalla.

Marc Jacobs sarebbe stato fiero di lui: attraente ma semplice, ecco il segreto. O almeno così sperava.

Infilò la catenina con il ciondolo di Rachel sotto la maglia, si diede un’ultima controllata allo specchio per accertarsi che fosse tutto al suo posto e poi prese un respiro profondo alla ricerca del coraggio per uscire di lì.

Andiamo, Kurt. Va là fuori e affronta la situazione. Non da pinguino, magari.

Abbassò la maniglia della porta con il cuore in gola e uscì dal bagno a testa china, dirigendosi dritto verso la sua valigia.

Blaine era affacciato alla finestra e guardava fuori.

“Per fortuna che avevi quasi finito” lo prese in giro mentre si voltava. Oh, allora aveva sentito. “Non oso immaginare quanto ci metteresti se –“

Ma si bloccò a metà frase e la bocca si schiuse leggermente mentre i suoi occhi dorati scivolavano dalla spalla scoperta di Kurt ai suoi fianchi e poi di nuovo sul suo viso, fino ad indugiare per un secondo di troppo sulle sue labbra.

Kurt deglutì impercettibilmente, sentendosi un tantino esaminato. Si stava rendendo ridicolo? Stava quasi per correre in bagno di nuovo per non uscire mai più di lì quando Blaine si schiarì la gola e disse: “Bella maglia”

Marc Jacobs” replicò allora Kurt a mo’ di spiegazione. Questo parve bastare a Blaine, che disse semplicemente “Ah. e, con le guance adorabilmente rosse, tornò a sistemare la tracolla della chitarra.

Kurt si lasciò scappare un sorrisetto stupito e compiaciuto.

Incredibile: Santana aveva sempre avuto ragione, chi l’avrebbe mai detto? Spalla in fuori e collo ben visibile.

Scavò nella memoria alla ricerca delle Lezioni di Seduzione Lopez per principianti e gay repressi, come amava chiamarle l’amica quando aveva deciso di impartirgliele tra un allenamento dei Cheerios e un altro, assolutamente contro la sua volontà.

Cos’altro aveva raccomandato, oltre ai jeans stretti fino all’inverosimile?

Avambracci scoperti, gambe elegantemente incrociate.

Kurt sbuffò e, sentendosi profondamente ridicolo, si arrotolò le maniche fino ai gomiti con delicatezza mentre Blaine sistemava qualcosa in valigia.

Bene. Qual era il consiglio successivo?

Leccarsi le labbra ed accertarsi che i suoi occhi cadano sulla tua bocca.

No, col cavolo che lo faceva! Era imbarazzante!

Quando Blaine si avvicinò sorridente al comodino per infilare in tasca il cellulare e gli sfiorò casualmente un braccio, Kurt sorrise di rimando e – Oh, e va bene, maledizione!

Molto, molto lentamente si passò la lingua sul labbro inferiore, sviando lo sguardo azzurro di lato per non guardare Blaine negli occhi. Non osò alzare il viso e tornò alla sua valigia. Quando sbirciò, però, notò che Blaine era un po’ rigido e un po' rosso.

Una scossa di eccitazione mista a imbarazzo gli corse lungo la spina dorsale, facendogli venire la pelle d’oca.

Se una parte di lui si stava domandando che diavolo stesse facendo, l’altra stava zittendo la prima a gran voce.

Però un problema c’era: come avrebbe fatto a chiedere il numero a Blaine se arrossiva solo guardandolo in faccia?

Forse arrossiva perché guardarlo in faccia gli faceva venire voglia di baciarlo.

Probabile.

Stava già iniziando a desiderare ardentemente di lasciarsi quella situazione di stallo alle spalle.

Capiva che era il passaggio tra il Kurt del liceo, timido e ambizioso, coraggioso e pieno di sogni romantici, e il Kurt del college, magari più maturo e sempre romantico, sì, ma anche concreto.

La sua attrazione per Blaine, in ogni caso, non aveva niente a che vedere con quel genere di crescita.

O forse sì, ma non importava.

Non era la semplice manifestazione della sua voglia di sperimentare qualcosa con qualcuno. A Kurt piaceva davvero tanto Blaine. Era certo che, se avesse incontrato il Blaine sedicenne, in blazer e cravatta, assolutamente perfetto in tutte le sue imperfezioni, se ne sarebbe innamorato fin dal primo istante.

Cosa che non andava molto lontana dalla realtà. Era solo successo con qualche anno di ritardo.

Era un pensiero che aveva fatto capolino nella sua testa diverse volte nella sua mente, fin da quando aveva saputo che Blaine era di Westerville.

E se avesse incontrato Blaine prima? Se fosse andato a spiare gli Warblers quando Puck l’aveva suggerito? Se durante quelle competizioni in cui erano stati rivali, anziché rimanere nel camerino e ascoltare le esibizioni degli altri gruppi dall’altoparlante, di sfuggita, fosse stato in platea tra il pubblico?

Persino durante le premiazioni era stato troppo distratto dalla paura e l’eccitazione per osservare attentamente gli Warblers della Dalton Academy nelle loro eleganti divise. Aveva fatto scivolare lo sguardo su di loro e non aveva visto Blaine. Non lo ricordava proprio.

Non si erano mai visti nonostante fossero stati a così poca distanza l’uno dall’altro. Questione di pochi metri. Chissà, forse persino meno.

Magari non era destino. Oppure, semplicemente, nessuno dei due era pronto a conoscere l’altro.

Magari non era il momento giusto. Ora sì, quindi?

Adesso che si erano incontrati, conosciuti, Kurt aveva una seconda possibilità per far entrare nella sua vita qualcuno di così meraviglioso?

 

Finì di sistemare le sue cose in valigia, scambiando di tanto in tanto qualche parola con Blaine. Il clima era piacevole e tranquillo. Quando entrambi si furono assicurati di aver preso tutto, si voltò verso Blaine e sorrise nervosamente.

“Beh” disse Blaine con un sospiro. “Che stiamo aspettando? Si va in stazione!”

 

 

*

 

Una volta in treno, Kurt e Blaine spesero la prima ora di viaggio a raccontarsi divertenti aneddoti, soprattutto sulle disavventure del liceo e dei rispettivi Glee Club.

Blaine spiegò a Kurt il funzionamento del Consiglio Direttivo degli Warblers, gli raccontò delle loro incursioni musicali in giro per la scuola o in terribili case di riposo, o di quella volta del GAP attack, che era servito solo per rendersi ridicolo e far licenziare un povero commesso per aver ricevuto un’imbarazzante serenata nel reparto calzini.

Per tirarlo su di morale Kurt gli raccontò di quando Finn aveva prodotto un costume da Lady Gaga con una tenda da doccia, o di quando si era tirato da solo una granita in faccia per ‘salvare Finn’, e spese ben venti minuti in racconti terrorizzati su Sue Sylvester, l’unica e terribile.

Blaine lo guardava come se fosse appena sbarcato su Marte.

“…e quando stavamo per partire per le prime Nazionali alle quali abbiamo partecipato, quelle che abbiamo miseramente perso, ecco che scopriamo che aveva dirottato un volo aereo, dio solo sa come, verso la Libia, tipo, cosicché fossimo immediatamente circondati da terroristi e mai più rimessi in libertà.”

Gli occhi nocciola di Blaine erano grandi come lampadine e le sue sopracciglia ormai avevano raggiunto l’attaccatura dei capelli coperti di gel.

“Sei serio?” domandò, palesemente incredulo. Quando realizzò che Kurt non lo stava affatto prendendo in giro – grazie anche alla sua faccia ancora mortalmente terrorizzata – rise fino ad avere le lacrime agli occhi, trascinando Kurt con sé.

“Non so se preferisco questa” disse tra i singhiozzi. “O quella in cui si è travestita da Grinch per rubarvi il Natale.

Le guance di Kurt si imporporarono. Qualsiasi cosa stava facendo per far ridere Blaine così, doveva assolutamente continuare perché beh, Blaine era stupendo quando rideva.

“Hai una risata meravigliosa.” si lasciò sfuggire dalle labbra prima che potesse fermarsi o prendersi a schiaffi, ma tutto ciò che ottenne fu un incremento del sorriso di Blaine che non avrebbe mai creduto possibile. Il ragazzo riccio sembrò davvero compiaciuto mentre chiedeva: “Davvero?”

Kurt cercò di salvare il salvabile mentre adocchiava Blaine sporgere il labbro inferiore.

“Beh, i miei racconti sono uno spasso, quindi è direttamente proporzionale, no?”

Ok, così stava peggiorando la situazione. Ma che diavolo stava dicendo? Si era bevuto il cervello, forse?

Alzò un sopracciglio in un tentativo estremo di non sembrare un cretino e cercò di non far scivolare lo sguardo sulle braccia muscolose di Blaine o su qualsiasi altra parte del suo corpo.

Fissare gli occhi in quelli di Blaine non si rivelò affatto la scelta più saggia, comunque: di nuovo quegli occhi – improvvisamente più brillanti del solito – lo inchiodarono al sedile e Blaine piegò leggermente la testa di lato, alzando un angolo della bocca in un mezzo sorriso sghembo.

Non era la prima volta che lo faceva e stavolta Kurt non poté fare a meno di domandarsi come sarebbe stato, baciarlo mentre sorrideva così. Una piacevole scossa gli corse lungo lo stomaco, decisamente verso il basso.

“Mi piacerebbe davvero tanto continuare a sentirli” disse Blaine con calma. “I tuoi racconti, intendo.

Ok, ci siamo. Forza, Kurt, puoi farcela.

“Piacerebbe tanto anche a me” disse arrossendo furiosamente. “Voglio dire, non sentirmi raccontare le cose. Non c’è bisogno che me le racconti da solo, le so. Nel senso…raccontarti qualcosa. Parlare. Uhm.”

Chiedigli il numero, cretino! Che cosa stai blaterando? lo rimproverò la voce nella sua testa. Chiediglielo, accidenti! Fallo!

“Magari potremmo vederci qualche volta a New York” propose, cercando di mantenere un tono di voce calmo e casuale. Mulinò un po’ un braccio, sentendosi davvero molto stupido. “Potremmo andare a cercare un posto carino per prendere un caffè.

Bravo, Kurt, così va meglio, si disse. Meno stalker e più ‘sì, voglio uscire con te’.

Blaine lo abbagliò con il suo solito sorriso luminoso. Forse era quella la sua tecnica. Ti stordiva con uno dei suoi enormi sorrisi e poi ti trascinava nel luogo del delitto, coinvolgendoti in uno dei suoi crimini.

Dopo quel pensiero, Kurt si rese conto di aver completamente perso il controllo di quello che stava succedendo nella sua testa.

Nonfat mocha” rise Blaine iniziando a rovistarsi nelle tasche senza apparente motivo. “Già.”

Kurt ci provò a guardare da un’altra parte, davvero, ma poi Blaine fece quella cosa strana con i fianchi per infilarsi una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, scivolando appena in avanti e borbottando “ma dove accidenti…” e Kurt deglutì rumorosamente.

Si sentiva un tantino su di giri: se da una parte non riusciva a guardare Blaine in faccia senza diventare viola, dall’altra non riusciva a togliere gli occhi dai suoi fianchi, che scattarono leggermente in avanti ancora una volta.

Bisognava ammetterlo, e Kurt non aveva nessun problema a farlo, almeno nella sua testa: Blaine era maledettamente sexy.

Poteva anche non essere un modello di Armani, di quelli alti due metri e pieni di muscoli, ma Kurt non riusciva a non considerarlo stupendo. Aveva quell’aria così sicura di sé che ogni tanto si perdeva in eccessi di curiosa timidezza, e quell’espressione così dolce ogni volta che parlava dei suoi amici, e quel modo di guardarlo come se non vedesse altro, e quel maledetto sorrisetto divertito che gli incurvava le labbra ogni due minuti e- dannazione, tutto quello che voleva era prenderlo per il colletto della maglia e baciarlo fino a perdere i sensi.

Il che forse era un po’ esagerato. O forse no.

Dio, sono senza speranza. Oh, se non altro stavolta è gay. E ne sembra sicuro. E sembra anche disponibile, visto che questo è flirtare – credo –, e ovviamente è disponibile ammesso e concesso che non sia ancora innamorato di quel Sebastian, e –

Oddio.

Kurt si sentì morire dentro, perché maledizione, come aveva fatto a non capirlo prima? Era così ovvio.

Blaine era ancora innamorato di quel tipo.

Certo, sembrava che fosse interessato a lui, ma andiamo, cosa aveva Kurt Hummel di interessante in fondo?

Si era immaginato tutto nella sua testa? Blaine stava solo cercando di essere gentile e amichevole?

Alzò gli occhi azzurri con la gola improvvisamente secca e tanta voglia di piangere solo per trovarsi il viso di Blaine di fronte.

Dio, che stupido che era stato. Lui, Blaine –

Blaine gli stava porgendo qualcosa con un sorriso imbarazzato ma lo sguardo deciso, e Kurt sbatté le palpebre e impiegò un paio di secondi per realizzare che era un cellulare.

Fece scorrere lo sguardo da Blaine al telefono e poi di nuovo a Blaine, sentendosi come se fosse appena cascato dalle nuvole. Che cosa si presumeva che dovesse farci, con il telefono di Blaine?

Mangiarselo e poi sprofondare nei meandri della crosta terrestre per la vergogna? Chiamarsi l’Ufficio Igiene Mentale da solo?

Quando non si mosse, ma continuò a fissare Blaine con quella faccia da pesce lesso, il nome Sebastian che ancora aleggiava nella sua testa, il ragazzo riccio tirò fuori un’altra delle sue buffe espressioni, arrossendo e ghignando allo stesso tempo.

“Non ci possiamo sentire se non mi lasci il tuo numero.” disse alzando le spalle.

La bocca di Kurt si aprì in una piccola, perfetta ‘o’.

Porcellana, grugnì la coach Sylvester. Kurt si domandò distrattamente se e quando si sarebbe liberato delle proiezioni della sua mente. Pensi di aver bisogno di una rianimazione da far invidia ad un episodio di ER o ce la fai da solo a prendere quel maledetto telefono e lasciare a quel maledetto ragazzo il tuo maledetto numero?

Kurt ormai si sentiva le guance in fiamme. Prese il telefono di Blaine con cautela e digitò i suoi dati e il suo numero di telefono, indeciso se lasciargli anche l’indirizzo della sua stanza di dormitorio alla NYADA. E magari anche le chiavi.

Poi si rese conto che in effetti sarebbe stato un passo un po’ troppo avventato, e che in ogni caso, il suo indirizzo, non se lo ricordava.

Restituì il telefono a Blaine con un sorriso, e il ragazzo nel prenderlo gli sfiorò il polso con la punta delle dita.

Con un minuscolo sorriso, Kurt gli passò il suo iphone.

Blaine sembrò particolarmente contento della concessione – come se Kurt non avesse desiderato lasciargli il suo numero fin dal primo istante in cui l’aveva visto – e l’intera operazione risultò imbarazzante fino a che Blaine non alzò un sopracciglio e domandò: “Devo segnarmi come quello del treno o Blaine Warbler?”

Si fissarono per un paio di secondi e scoppiarono entrambi a ridere mentre l’atmosfera si rilassava visibilmente.

“Non sapevo che fosse un titolo nobiliare” scherzò Kurt passandosi una mano sulla nuca.

Blaine per tutta risposta gli fece una linguaccia – ma allora ci faceva apposta! – e gli restituì il cellulare.

Kurt sbirciò lo schermo prima di salvare il numero.

Blaine. Solo Blaine.

Inspiegabilmente, la cosa lo fece sciogliere come un ghiacciolo al sole.

 

Ok, Blaine gli aveva lasciato il suo numero – No, meglio, gli aveva chiesto il suo – ma questo non significava niente. No?

Poteva benissimo volere nient’altro che un amico con cui parlare di Quel Sebastian, che poi non era nemmeno stato il suo ragazzo. Se l’era solo portato a letto.

Kurt si sentì improvvisamente un completo idiota.

Quello che era successo a lui non era niente, paragonato a quello che aveva passato Blaine. Come poteva essere così egoista?

Decise che, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno Blaine, che fosse un semplice amico, una spalla su cui piangere o qualcuno con cui parlare, lui ci sarebbe stato.

Era inutile negare il legame che si era creato tra di loro. Solo che Kurt poteva benissimo averlo frainteso.

“Allora” disse Blaine dopo aver riposto il telefono in tasca e aver incrociato le braccia dietro la testa. A Kurt quasi venne un infarto alla vista. “Cosa stavi dicendo sull’aereo dirottato in Libia?”

 

*

 

"Comunicazione di Servizio: avvisiamo i signori passeggeri che l'arrivo alla Stazione Centrale di New York City è previsto per le ore 13 e 17."

La voce metallica che diffuse il messaggio interruppe Kurt e Blaine nel bel mezzo di un'amichevole disputa su quale fosse la migliore esibizione dei Vocal Adrenaline, che entrambi conoscevano fin troppo bene. Kurt non aveva assistito alla versione di Jesse-ti-rompo-le-uova-in-testa-St. James di Bohemian Rhapsody, ma se perfino Rachel, con l'orgoglio colante come tuorlo, aveva detto che era stata schifosamente eccezionale, doveva essere per forza così. 

Blaine - che era convinto che la miglior esibizione fosse Highway to Hell, tra l'altro - buttò un'occhiata al suo orologio e poi fuori dal finestrino.

 

"Ehi, mancano dieci minuti!" esclamò. 

Fu in quel momento che Kurt cadde preda del panico più totale. In fondo c'era da aspettarselo: era perfettamente da Kurt Hummel, farsi prendere dal panico per niente a dieci minuti dall'arrivo.

Aveva le mani strette l'una all'altra e stava sudando freddo. Inoltre non aveva la più pallida idea di cosa fare, come farlo, dove andare e maledizione, cosa avrebbe dovuto dire a Blaine? 

Ti chiamo io? Ci sentiamo?

E se fosse sembrato troppo invadente? Forse doveva aspettare che fosse Blaine a cercarlo. 

E se Blaine non l'avesse cercato?

 

Kurt resistette all'impulso improvviso di passarsi le mani tra i capelli e magari strapparsi un paio di ciuffi, già che c'era. Tanto prima o poi sarebbe diventato calvo comunque. 

Si stava comportando in maniera ridicola. In realtà non era poi così complicato. Doveva scendere dal treno, chiamare un taxi per andare alla NYADA e salutare Blaine.

Era proprio quello il problema, non c'era neanche bisogno di dirlo. 

"Ci siamo quasi." sospirò Kurt cercando di far passare il suo tono di voce per sollievo per la fine del viaggio. Non che ci credesse nessuno, eh.

Blaine aveva ancora la guancia appoggiata al finestrino, quindi quando rispose la sua voce arrivò attutita dal vetro. 

"Già" disse. "E' stata un'impresa titanica, ma ce l'abbiamo fatta."

Tanto per fare qualcosa che gli tenesse le mani occupate - in fondo ci teneva, ai suoi capelli - Kurt tirò fuori dalla tasca il cellulare e controllò l'ora. 

Si rivelò una pessima idea. 

Meno cinque minuti. 

New York era davvero ad un soffio e, se doveva essere sincero, se la stava facendo sotto dalla paura. 

Rachel non c'era, Finn non c'era, e Blaine l'avrebbe lasciato solo nel giro di dieci minuti, giusto il tempo di scendere dal treno. E Kurt non sapeva se l'avrebbe richiamato. Aveva diciotto anni, un ex fidanzato che non era un ex fidanzato, tra le mani una vita ancora da iniziare e di fronte a lui un ragazzo stupendo. Cosa diavolo stava aspettando?

Eppure... 

La città era così grande, il mondo era così grande, e perché non si era accorto prima che la prospettiva di frequentare la NYADA senza Rachel lo spaventava? 

Meno quattro minuti.

Dio, non poteva farsi prendere dal panico. Eppure era esattamente quello che stava facendo, visto che lo stomaco gli doleva e aveva il cuore in gola. 

Blaine gli sorrise in silenzio e Kurt decise di smettere di ignorare la voce nella sua testa che lo supplicava di ragionare. 

Meno tre minuti. 

Blaine era il problema, dannazione. Perché era lì ancora per poco: presto Kurt si sarebbe ritrovato da solo a New York. Solo, ad affrontare questa città che conosceva a malapena e una scuola durissima, una concorrenza spietata e un sogno che, se ne stava accorgendo ora, forse era troppo grande per reggerne il peso da solo.

Dov'era Rachel?

Eppure, tutto quello che voleva in quel momento era aggrapparsi a Blaine e non lasciarlo andare. 

Un minuto.

Cosa credeva di fare? Alla NYADA erano tutti eccezionali, l'avrebbero sventrato vivo, e Carmen Tibideaux, una volta capito che Kurt Hummel non era una stella brillante come tutte le altre - come Rachel Berry - l'avrebbe spellato vivo e rispedito in Ohio a suon di gorgheggi.

Non avrebbe mai cantato a Broadway. Come poteva pensare di farcela? 

Era un sogno troppo grande, troppo irraggiungibile...

Perché era stato così stupido da pensare di poter essere abbastanza?

"Kurt?"

La voce di Blaine lo riportò alla realtà e Kurt sobbalzò con il cuore in gola e le mani che tremavano. Si sentiva come se stesse per svenire da un momento all'altro.

"Stai bene?" domandò Blaine leggermente preoccupato, scrutandolo in viso. "Sembri sul punto di vomitare."

Kurt tirò fuori una risatina nervosa. "Sto bene." mentì con voce tremante. "Scusa, mi stavi dicendo qualcosa?"

Blaine inarcò un sopracciglio. "Siamo arrivati a New York."

Oh, no.

No, nononono. Riportatemi indietro. Riportatemi a casa.

Il treno era ormai fermo e la luce era diversa. La gente intorno a loro iniziava ad alzarsi, prendere i bagagli e scendere. Dal finestrino Kurt riusciva a vedere solo il fianco di un altro treno. 

 

Erano arrivati. 

 

Quando lo guardò,Blaine gli sorrise incoraggiante, così Kurt si costrinse ad alzarsi e a prendere la sua valigia. Strinse i denti e cercò di prendere un respiro profondo per calmarsi. 

"Andiamo" disse con un sospiro tremante. 

No, vi prego. Voglio tornare a casa. 

 

Blaine lo seguì placidamente verso l'uscita del treno e Kurt fu costretto a socchiudere le palpebre per la luce che gli arrivò dritta negli occhi. Un passo avanti, ed atterrò sul binario quattordici con un saltello. La prima occhiata alla Stazione Centrale di New York lo destabilizzò e sentì che le ginocchia stavano per cedergli, e non sapeva se era per essere stato seduto per circa due giorni o per la paura. Blaine fu al suo fianco meno di un istante dopo. Entrambi spesero un attimo ad osservare la gente intorno a loro muoversi freneticamente, i treni pronti a partire.  C'erano colori ovunque, voci, fischi, e tantissime persone, di tutte le etnie, età o sesso.  

"Wow." disse sottovoce Blaine con un sospiro. La sua voce era così bassa che Kurt lo sentì a malapena. Intorno a loro, centinaia e centinaia di volti sconosciuti. 

Kurt inclinò la testa verso Blaine e si stupì di trovarlo intento ad osservare lui, invece che la stazione, come se fosse in attesa. Triste, quasi. 

Kurt fece scivolare lo sguardo sul suo viso, sulle sue guance rosse e sui capelli, dove un riccio era sfuggito alla morsa del gel e gli ricadeva in fronte. Era stupendo.

 

Poi Blaine inclinò leggermente la testa di lato, sorrise dolcemente e piantò gli occhi nei suoi. In qualche modo a Kurt sembrarono più grandi, più lucidi, più dorati. E il sorriso era quasi accennato, sì, con quell'angolo della bocca lievemente inclinato verso l'alto, ma sempre visibile, e oh, nessuno sorrideva come Blaine, questo era certo. 

Kurt stava per parlare, e anche Blaine sembrava sul punto di dire qualcosa, o forse entrambi stavano per mollare le valigie a terra per lanciarsi in avanti e baciarsi. 

Kurt mandò al diavolo tutto e allungò una mano per afferrare Blaine per la maglia e-

"Blaine?"

Blaine gelò sul posto quando qualcuno alle spalle di Kurt pronunciò il suo nome con tono sorpreso. Gli occhi spalancati, fissò oltre Kurt, che si voltò con ancora il braccio a mezz'aria per vedere chi diavolo fosse.

"Capelli unti di gel fino all'inverosimile, chitarra, altezza degna di un Hobbit e sedere da paura. Sì, sei Blaine."

Di fronte a loro c'era il ragazzo con il ghigno più sexy e bastardo che Kurt avesse mai visto. 

"Sebastian?" gracchiò Blaine alzando una mano per portarsela alla bocca e fermandosi ad un palmo dalle labbra, paralizzato.

Sebastian, registrò Kurt come un automa, incapace di pensare qualsiasi altra cosa mentre il respiro veniva meno. Merda

 

 

*

 

 

"Sebastian?" gracchiò Blaine aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano davanti alla bocca. 

Sebastian Smythe - in carne, ossa e sorrisetto subdolo proprio lì, davanti a lui - fece scorrere lo sguardo calcolatore da lui a Kurt, il quale non aveva più mosso un muscolo dopo essersi voltato per capire chi avesse parlato.

Lo stupore iniziale lasciò il posto ad un guizzo di panico. D'altronde il luccichio negli occhi di Sebastian non gli piacque per niente. In genere quello sguardo voleva dire guai. Tanti, tantissimi guai.

"Già, Sebastian" commentò acidamente l'ex Warbler. "Felice di sapere che ti ricordi come mi chiamo, Anderson. Allora, dove stai portando quel bel sedere?"

Ah, ora sono io che non mi ricordo come ti chiami?, pensò Blaine con rabbia. Ora sono io che ti ignoro?

Sebastian non degnò Kurt di una seconda occhiata, ma Blaine notò subito che Kurt si era irrigidito ancora di più a quelle parole. Ed un incontro Kurt-Sebastian era davvero l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento. 

Kurt era palesemente a disagio, se ne sarebbe accorto anche un sasso, e Blaine cercò freneticamente un modo per uscire da quella situazione e risparmiargli il trauma di aver conosciuto Sebastian Smythe. E non solo. 

Doveva allontanarsi da Sebastian il più velocemente possibile, doveva -

"Non rispondi?" chiese Kurt, rosso in viso, quando la sua suoneria inondò l'aria.

 

Maledizione. Proprio adesso doveva squillargli il telefono?

Tirò fuori il dannato arnese dalla tasca, deciso a tirarlo sulle rotaie, ma probabilmente l'avrebbero preso tutti per pazzo, così avvicinò la cornetta all'orecchio e guardò Kurt negli occhi, cercando di trasmettergli tutto il suo dispiacere e la più sincera delle scuse. 

"Nick, dimmi!" gridò al telefono. 

Ma porca miseria, Nick, proprio adesso?, pensò nel panico.

"Dove sei, Blaine? Il treno è arrivato?" chiese Nick dall'altro capo del telefono. 

"Binario quattordici" rispose Blaine velocemente.

Di fianco a lui, Sebastian era tornato a guardare Kurt con il solito sorrisetto di scherno. 

Gli porse una mano, dicendo "Sebastian Smythe" come se si stesse dichiarando supremo reggente dell'universo. 

Blaine smise di ascoltare qualsiasi cosa stesse dicendo Nick per piantare gli occhi su Kurt. Il ragazzo osservò Sebastian per un istante, un'espressione indecifrabile in viso, per poi stringergli la mano e dire: "Kurt Hummel."

L'espressione sicura di Sebastian vacillò per un istante soltanto, poi tornò quella di sempre, più in fretta di quanto Blaine avrebbe pensato. 

Zitto, Sebastian. Zitto e basta

"Scusa, Nick, devo andare" esclamò Blaine al telefono prima che fosse troppo tardi, chiudendo la conversazione con Nick senza nemmeno aspettare una risposta. 

Kurt sostenne lo sguardo di Sebastian quasi con fierezza, ma quando le loro mani si separarono e incontrò il suo sguardo, Blaine poté leggervi il panico. 

Oddio, no.

Era ormai sul punto di mandare al diavolo Sebastian e qualsiasi cosa ci facesse lì e andarsene con Kurt, quando quest'ultimo parve ritrovare finalmente la voce.

"Sarà meglio che vada." 

Se Blaine aveva pensato che vedere Kurt star male davanti a lui gli avesse spezzato il cuore, dovette ricredersi. Vedere Kurt andarsene lo aveva appena ridotto in mille, inutili pezzettini, come se qualcuno gli avesse appena piantato un pugnale nel petto.

Kurt aveva tenuto la voce bassa, eppure Blaine l'aveva sentito benissimo, nonostante la confusione della stazione.

No, aspetta. Ti prego ti prego, aspetta. 

Completamente nel panico, Blaine riuscì solo a dire "Kurt, io...", ma esitò, un istante di troppo forse, e Kurt ne approfittò per interromperlo. 

"No, vado, davvero, non ti preoccupare!" esclamò alzando la voce di almeno un'ottava, evidentemente nel panico quanto Blaine. "Perderò il taxi, anche se in effetti non posso perderlo perché lo chiamo io e - voglio dire, vorrai parlare con il tuo amico e io devo assolutamente arrivare alla NYADA o non farò in tempo e - cioè, i corsi cominciano tra due settimane, sì, ma - non voglio disturbarti più del dovuto, davvero. Non c'è problema. Certo che non c'è problema, non devi mica... Io...Devo scappare. Scusa." disse tutto d'un fiato senza guardarlo negli occhi, ma lanciando invece un'occhiata terribilmente imbarazzata e umiliata a Sebastian

"Ci sentiamo, ok?" mormorò. 

Non lo guardò negli occhi e Blaine avrebbe tanto voluto che lo facesse, perché le sue parole lo avevano paralizzato sul posto e non riusciva a muovere un muscolo, ma se solo Kurt avesse alzato il viso, se solo Blaine fosse riuscito a catturare il suo sguardo avrebbe potuto spiegare. Avrebbe potuto trasmettergli con gli occhi tutto quello che non riusciva a dire.  

Aspettami, non te ne andare. Ti ho mentito. Scusa. Provo qualcosa per te.  

Solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto fermarlo e lo sapeva. 

Guardami, lo supplicò mentalmente. Per favore, Kurt. Alza gli occhi. 

Ma Kurt non alzò il viso e fece un vago cenno con la testa, per poi voltarsi e mischiarsi velocemente tra la folla. 

Girati. Dio, ti scongiuro, girati. 

Ed era ridicolo perché, fra tutte le cose che Kurt poteva fraintendere, aveva frainteso quella. Come se Blaine volesse essere da qualsiasi altra parte che non fosse il suo fianco...

Non aveva senso, perché Blaine non riusciva a parlare, muoversi, gridare o corrergli dietro.

Con il cervello completamente svuotato e il cuore fermo, perso chissà dove, rimase a fissare la schiena di Kurt che si allontanava fino a scompare velocemente alla sua vista.

Fu solo quando Kurt non fu improvvisamente più visibile che Blaine parve rendersi davvero conto che sì, se n'era andato, e riacquistò tutte le sue capacità motorie. 

Scattò in avanti, deciso a rincorrerlo, scusarsi e baciarlo, dannazione, fregandosene di Sebastian, quando proprio questo gli posò una mano sul gomito e lo fermò.

"No, ma continua ad ignorarmi, prego!" esclamò stizzito.

Una parte del cervello di Blaine ricordò quanto l'ex Warbler detestasse essere ignorato. A tutto il resto di se stesso non importava un accidenti. 

Si scrollò di dosso Sebastian con uno strattone e lui mollò subito la presa, stupito.

"Che diavolo...?"

"Cosa vuoi, Sebastian? Che cosa ci fai qui?" domandò, voltandosi completamente verso di lui per fronteggiarlo. Era ora di chiudere quella storia una volta per tutte. 

Un lampo di rabbia luccicò nello sguardo di Sebastian, ma Blaine non se ne curò.

"Adesso non posso nemmeno venire a New York?" sibilò, facendo un gesto stizzito con la mano. "Me ne sto tornando in Ohio, non c'è bisogno che ti fai prendere dal panico. Non voglio di certo infilarmi nelle tue mutande di nuovo."

La frase lo colpì dritto al cuore e qualcosa nel suo stomaco si mosse. Oh, ok, era furioso.

"Mi sbagliavo, non sei migliorato di una virgola." disse amaramente.

Sebastian rise. "Quale diavolo è il tuo problema, Blaine?"

"Il mio problema?" sussurrò Blaine, stupito e arrabbiato. E sì, anche un po' ferito, perché Sebastian non capiva e non aveva mai capito. "Sei solo un idiota menefreghista. Il mio problema è che vorrei che scomparissi dalla faccia della terra per non ricordarmi di aver fatto con te la cazzata più grossa della mia vita! Ah, aspetta, è vero! Il problema non c'è, perché non me la ricordo! Ero ubriaco!"

Ecco, l'aveva detto. Dopo mesi a rimuginarci sopra, l'aveva detto. L'assenza di Kurt non fece altro che spingere più a fondo il pugnale. 

Sebastian aveva l'aria di uno che aveva appena preso uno schiaffo in pieno viso.

"Il problema è il tuo amico, che ti ha mollato qui non appena ne ha avuto l'occasione!" sputò fuori con rabbia, cogliendo al volo l'intera situazione. Fece un cenno con la testa in direzione di dove Kurt era scomparso. Blaine si irrigidì a quelle parole. A Sebastian erano bastati due minuti per intuire che ci fosse qualcosa tra lui e Kurt. "E non incolpare me per averlo fatto scappare via, è scappato da te, perché tu non hai idea di come tenere qualcuno nella tua vita tanto quanto non ce l'ho io!"

Blaine stava per rispondergli, urlargli contro, picchiarlo, magari, perché dannazione, aveva ragione, aveva schifosamente ragione. Kurt era scappato perché lui, Blaine, era stato un vero imbecille. Se fosse stato sincero fin dall'inizio, anche se magari non su tutto, probabilmente ora Kurt sarebbe ancora lì. 

Ma era stato stupido, così stupido!

Prima che potesse anche solo muovere un muscolo, però, qualcuno alle sue spalle esclamò "Blaine!"

Blaine si voltò di scatto, quasi spezzandosi l'osso del collo, ma era tutto inutile, perché aveva riconosciuto la voce e non era Kurt.

 

Era Nick, con un sguardo particolarmente preoccupato puntato su di lui, e pochi passi dietro c'era Jeff, con un caffè in mano. 

Blaine abbandonò le braccia lungo i fianchi e Nick finalmente notò anche Sebastian.

"Sebastian?" esclamò sorpreso.

La maschera di impassibile stronzaggine tornò sul viso di Sebastian come un elastico.

"Duvall" sputò fuori. "Qualcun'altro che si ricorda il mio nome, fantastico. Cos'è, una riunione di Warblers in pensione?"

Blaine lanciò a Sebastian uno sguardo vuoto. Spento. 

Non riusciva nemmeno a pensare con chiarezza. Voleva solo...solo andare a casa. 

Fortunatamente intervenne Jeff, comparso in quel momento di fianco a Nick

"Che ne dici di toglierti di mezzo, Smythe?" propose con fermezza, notando l'espressione vuota di Blaine e lo sguardo preoccupato di Nick.

Blaine non se ne preoccupò. Si limitò ad abbandonare le braccia lungo i fianchi e guardare da un'altra parte. Avevano attirato, con il loro litigio, l'attenzione di qualche passante, ma nulla più. 

E Kurt se n'era andato.

Sebastian li squadrò per un lungo istante. Quando parve capire di essere in netta minoranza alzò il mento con fare altezzoso e il suo sguardo si indurì. Senza degnarli di un'ulteriore parola, girò i tacchi e salì sul treno. 

Nick e Jeff si voltarono quasi contemporaneamente verso Blaine. 

"Blaine, stai bene?" domandò Nick con un sospiro.

"Io...non lo so." 

Sì che lo sapeva. Dio, era un grandissimo bugiardo. Ma la risposta era no, e non era ancora pronto a spiegare tutto. Jeff scosse la testa e scrutò il treno come se quest'ultimo potesse dargli le risposte che cercava. 

"Cosa ti ha detto?" domandò infine il ragazzo biondo con tono preoccupato.

Blaine sentì la rabbia scivolare via dal suo corpo come se fosse acqua di fronte ai visi preoccupati dei suoi amici. Solo che, una volta eliminata la rabbia, rimase il dolore, e quel groppo alla gola che non voleva andarsene, e il pugnale che premeva sempre più a fondo.

"E' sempre il solito Sebastian" rispose, tirando fuori il suo migliore tono monocorde.

"Peggio di quando l'abbiamo incontrato quest'estate, il giorno del tuo compleanno?" insistette Jeff.

Blaine chiuse gli occhi per un istante, cercando di tenere il pensiero fuori dalla sua testa, quando Nick intervenne, pensieroso. "Eppure pensavo che fosse migliorato, dopo quello che abbiamo visto quella sera."

Blaine stava cercando di non annegare nella preoccupazione e nell'angoscia, così non rispose.

"Ehi" disse Jeff con cautela, sfiorandogli un gomito. Anche se non sapeva cos'avesse, aveva comunque intuito che c'era qualcosa che non andava, e che era qualcosa di grosso. 

"Vieni, andiamo a casa" disse Nick con tono dolce ma fermo, e Blaine avrebbe tanto voluto abbracciarlo e scoppiare in lacrime sulla sua spalla, perché Nick sapeva. 

Nick era l'unico che aveva sempre saputo tutto.

Uscirono dalla stazione in silenzio e Nick non abbandonò il suo fianco nemmeno per un istante, mentre Jeff li seguiva a ruota. 

 

Blaine scrutò il marciapiede fuori dalla stazione con un doloroso moto di speranza, che però si dissolse in fretta, lasciandogli una nota dolorosa in fondo al petto. 

Di Kurt non c'era l'ombra, e si sentì uno stupido anche solo per averci sperato. Era impossibile non trovare un taxi a New York City, di fronte alla Stazione Centrale.

 

Non si era nemmeno accorto di star piangendo, fino a che Nick non lo avvolse in un abbraccio per nascondergli il viso e Jeff gli posò una mano sulla spalla. 

"Va tutto bene, Blaine" gli mormorò Nick mentre Blaine gli affondava il viso nella spalla, cercando di asciugarsi le lacrime senza farsi vedere. Doveva loro delle spiegazioni - Dio, doveva a tutti delle spiegazioni - e non aveva idea di come fare.

Non andava tutto bene. 

New York era sempre New York, troppo grande e troppo viva per affrontarla da solo. Sebastian era sempre Sebastian, e urlargli contro non aveva cambiato quello che era successo. Blaine non ricordava niente. 

L'unica cosa che era cambiata, era che Kurt non c'era.

Il pugnale affondò fino al cuore e rimase lì, a ricordargli quanto dannatamente stupido era stato.

 

 

 

Note dell’Autrice

Salve ragazze! Oggi sarò breve, che devo scappare di corsa! Non uccidetemi, vi prego, vi prometto che si sistemerà tutto e li amerete! :D Sì, anche Sebastian. E’ uno stronzo, lo so, ma ha le sue motivazioni, che scoprirete. Insomma, prima o poi scoprirete tutto in questa ff, ve lo prometto xD

Che devo dirvi? Ah sì! Spero che questo capitolo vi piaccia come gli altri tanto quanto io ho amato scriverlo. Si sono scambiati i numeri, state tranquille xD

Per quanto riguarda la reazione di Kurt…è praticamente da quando ho iniziato a scrivere la storia che ci penso, e dopo una bella chiacchierata al McDonald con Medea00 e Ilaryf90 (che non smetterò MAI di ringraziare xD) siamo giunte a questa conclusione: ci è parso piuttosto normale che Kurt reagisca così, perché in fondo il numero di Blaine ce l’ha, e si è fatto prendere dal panico (cosa che evita da due giorni, ma prima o poi doveva scoppiare!), quindi blatera come fa sempre e scappa via. Voi cosa ne pensate? :) Fatemi sapere la vostra opinione!

Ok, ho finito di blaterare. Credo. xD

Grazie infinite a tutte le ragazze che seguono la storia, e a tutte quelle che continuano a farmi compagnia su facebook! Vi ricordo che potete trovarmi qui:

http://www.facebook.com/selene.lightwoodefp

 

Ah, a proposito (?): ho visto la puntata ed ero molto WTF. Non credo di essermi ancora ripresa dal trauma xD

Va bene, vi lascio che ho sproloquiato anche troppo!

Piccolo spoiler dal prossimo capitolo: avremo punti di vista alternati tra Kurt, Blaine e….rullo di tamburi…Sebastian!

A martedì prossimo (o lunedì, vediamo!)

 

Baci,

Selene

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Capitolo undici

 

You can get addicted to a certain kind of sadness

 

Kurt si pentì di essere scappato nell’esatto istante in cui diede le spalle a Blaine per confondersi tra la folla. Sentiva le lacrime premere per uscire e la gola dolergli nel tentativo di trattenersi, ma strinse i denti e continuò a camminare in fretta, a testa bassa, come se mettere un piede davanti all’altro non gli costasse alcuna fatica.

Stronzate.

Ogni passo in avanti era un passo più lontano da Blaine. Perfino il suo maledetto orgoglio si era arreso all’evidenza: voleva tornare indietro.

Allora perché continuo a camminare?

Non si girò per guardarsi indietro, come di solito succede nei film.  

Girarsi avrebbe significato arrendersi, e lui non poteva permetterselo. Evidentemente l’orgoglio non era così facile da domare come aveva inizialmente pensato.

Una volta fuori dalla stazione fu facile chiamare un taxi. Alzò una mano ed un’automobile gialla si accostò al marciapiede nel giro di un istante. In condizioni normali si sarebbe emozionato per essere riuscito a fermare il suo primo taxi, ma tutto quello che sentì fu il pungente desiderio di girarsi e scherzarci su con Blaine.

Ma Blaine non c’era.

 

In quel momento, mentre il tassista – un uomo di circa cinquant’anni con dei ridicoli baffi e la maglia macchiata di burro d’arachidi – caricava la sua valigia nel portabagagli, Kurt esitò.

Si voltò indietro e, prima che potesse impedirlo, la speranza si fece pericolosamente strada in lui come un fiume in piena. E se Blaine lo avesse rincorso?

Ma Blaine non comparve dalla porta per corrergli incontro, gettare le valigie a terra e baciarlo, dimostrazione evidente del più grande cliché dell’umanità: la vita non è un film. La gola di Kurt, già chiusa in quella morsa dolorosa, bruciava dallo sforzo di trattenersi.

 

“Allora? Possiamo andare?” domandò il tassista con aria annoiata, appoggiato allo sportello del guidatore con i gomiti.

Kurt si costrinse a distogliere lo sguardo dall’entrata della Stazione Centrale e sentì l’improvvisa e dolorosa necessità di andarsene di lì, scappare a gambe levate, nonostante stesse maledicendo l’insensibilità del genere umano, nello specifico i guidatori di taxi sudaticci.

Aveva bisogno di andarsene, di mettere un po’ di distanza tra lui e Blaine, tra se stesso e gli avvenimenti degli ultimi due giorni.

Era troppo da sopportare, aveva bisogno di stare un po’ da solo e riflettere.

Salì nel taxi con il cuore a pezzi e il viso tirato ma ancora miracolosamente asciutto, nonostante gli occhi fossero già rossi.

Ma non stava piangendo. Non poteva, non di nuovo.

 

Il tassista lo scrutò dallo specchietto con le folte sopracciglia inarcate. “Dove la porto?”

Kurt abbassò gli occhi e controllò le note sul telefono, prima di dire: “Quarantacinquesima strada, Rockabilly” con voce stanca.

Il tassista annuì senza parlare e mise in moto, facendo partire anche il tachimetro, che iniziò a picchiettare piano vicino al contachilometri.

La Stazione Centrale scomparve dietro l’angolo lentamente, e New York si sarebbe rivelata un po’ alla volta ai suoi occhi, se solo Kurt non li avesse tenuti puntati in basso, sulle sue mani intrecciate in grembo.

 

Probabilmente fu per questo che non vide Blaine uscire dalla stazione e scrutare il marciapiede con uno sguardo talmente disperato da spezzare il cuore.

Poco male: il suo, di cuore, sembrava pieno di schegge.

 

*

 

Arrivarono alla New York Academy of Dramatic Arts in mezz’ora, un po’ più rispetto al tempo preventivato, a causa del traffico e un incidente tra un camion e una moto all’angolo tra la quarantesima e la trentanovesima strada. Kurt immaginò che fosse la routine tipica della Grande Mela: incidenti ad ogni angolo e automobili ferme ovunque. Eppure, di quel poco che aveva guardato dal finestrino, New York gli era sembrata spaventosamente estranea. Magica, sì, ma era come se fosse troppo lontana per essere raggiunta. Forse era perché aveva sempre immaginato di affrontarla con Rachel e Finn al suo fianco – e, negli ultimi due giorni, anche con Blaine, fin troppe volte – ed ora che era solo gli sembrava quasi…irraggiungibile.

Qualcuno tossicchiò alle sue spalle, così pagò il tassista senza dire una parola e quello scaricò la sua valigia sul marciapiede e si allontanò altrettanto silenziosamente.

 

Beh, eccoci qui.

L’enorme edificio che aveva di fronte era in stile liberty, con la facciata bianca e imponente tenuta in perfette condizioni ed una breve scalinata che conduceva ad un portone di legno ed una porta a vetri più interna.

Vista in foto faceva molto meno paura.

Kurt strinse gli occhi, prese la sua valigia per il manico e, facendosi coraggio, percorse la scalinata per entrare.

 

L’interno del palazzo era caldo ed accogliente, con le pareti in velluto bordeaux e un ampio bancone in fondo ad una sala molto luminosa, eppure Kurt non riuscì a godere appieno del brivido di eccitazione che gli corse lungo la spina dorsale. Anzi, svanì in fretta così com’era arrivato, lasciandolo solo più stanco e triste che mai. Poche volte, nella sua vita, si era sentito così solo.

Raggiunse la reception pallido in volto, inciampando nel tappeto persiano e stringendo la valigia fino a farsi male.

Dietro al bancone in mogano scuro c’era una ragazza che poteva avere sì e no la sua età, con degli enormi occhi azzurri e capelli neri liscissimi stretti in una coda alta. Indossava una camicia nera piuttosto semplice, ma Kurt riconobbe subito la firma: Alexander McQueen. Un altro dettaglio che avrebbe dovuto scatenare il gay entusiasta e modaiolo in lui, ma che non ebbe nessun effetto. Registrò l’informazione e passò oltre.

La ragazza gli lanciò una lunga occhiata, studiandolo, e quando gli sorrise cordialmente Kurt immaginò di aver appena superato il primo dei tanti esami ai quali sarebbe stato sottoposto nei quattro anni a venire.

“Posso aiutarti? Sono Amy, la nuova segretaria.”

Il sorriso a trentadue denti della ragazza era aperto e sincero e Kurt non voleva davvero pensare chi gli ricordava, perciò ricambiò con meno entusiasmo di quanto avrebbe voluto.

“Kurt Hummel” si presentò, allungando la mano verso di lei.

La ragazza – Amy, si corresse – glie la strinse con allegria.

“Sono uno dei nuovi studenti” aggiunse Kurt a mo’ di spiegazione, anche se doveva sembrare piuttosto ovvio.

Il volto di Amy si illuminò.

“Quello di Lima, vero? Ho sbirciato sulla lista candidati che mi ha passato mia zia” esclamò con entusiasmo. “Ti ho visto su You Tube, speravo che ti prendessero. Sei davvero eccezionale!”

Kurt arrossì e abbassò gli occhi. “E tua zia sarebbe…?”

“Carmen Tibideaux” disse Amy stringendosi nelle spalle timidamente. “Sono la figlia adottiva di sua sorella.”

Kurt sorrise stancamente alla ragazza. Per quanto amasse le lodi, quello non era il momento giusto.

Amy però parve notare la sua stanchezza, perché si batté una mano in fronte e spalancò gli occhioni azzurri.

“Oddio, scusa, starai morendo di stanchezza! Ecco, la tua stanza è la numero quattordici, questa è la chiave”

Il ragazzo si ritrovò l’oggetto di pesante ottone tra le mani e prima che potesse muoversi o aprire bocca per ringraziarla Amy era sgusciata fuori dal bancone, posizionando vicino al campanello un cartello con su scritto ‘Torno subito’.

“Tanto sono arrivate solo due ragazze dal Nord Carolina giusto ieri e sono nell’altro edificio dove c’è il dormitorio femminile. Non è che mi stanno molto simpatiche” spiegò con una scrollata di spalle. “Vieni, ti accompagno e ti faccio fare un giro del dormitorio.”

Kurt la seguì docilmente lungo un corridoio non troppo largo. Ad un certo punto svoltarono a sinistra e finirono in una stanza molto ampia e luminosa, con una libreria piena di riviste e libri, una televisione e diversi divani.

“Questa è una specie di sala comune” spiegò Amy indicando la stanza con un gesto. “Ci ritroviamo tutti qui per chiacchierare o litigare e tirarci addosso gli spartiti, di solito”

“Anche tu frequenti la NYADA?” domandò Kurt stupito.

Amy gli lanciò una lunga occhiata inquisitoria, poi fece un gran sorriso.

“Mi piaci” dichiarò, lasciando Kurt di stucco. “Non hai pensato subito che io sia entrata alla NYADA grazie a mia zia.”

Kurt non sapeva che dire, perché in effetti il pensiero non l’aveva proprio sfiorato, così si limitò ad arrossire. Di nuovo.

“Comunque sì, sono al secondo anno.” chiarì Amy allegramente, prima di guidarlo verso un altro corridoio sulla destra.

“Ecco, queste sono le stanze. La tua è l’ultima prima della cucina, che è dietro quella porta in fondo.”

Amy lo guidò fino alla porta segnata con il numero quattordici in ottone, in tinta con la maniglia.

“Beh, eccoci qui” disse la ragazza mora. “Io devo tornare al lavoro, però spero di vederti di nuovo in giro, Kurt. Ah, fino all’inizio dei corsi dobbiamo cucinarci da soli, anche perché molta gente arriva la sera prima dell’inizio delle lezioni. La cucina è aperta a tutte le ore del giorno e della notte ed è fornitissima, ma puoi portare qualcosa di tuo, se vuoi.”

Kurt riuscì a tirare fuori un vero sorriso. “Grazie” disse. Sperò che bastasse.

Amy gli strizzò l’occhio prima di incamminarsi lungo il corridoio. 
“E’ stato un piacere!” esclamò. Poi girò l’angolo e sparì.

 

Kurt chiuse gli occhi per un attimo, cercando di calmarsi e non scoppiare a piangere lì davanti alla porta. Quando si sentì nient’altro che uno stupido, fermo davanti alla porta con la valigia in mano, si decise ad infilare la chiave nella serratura ed abbassare la maniglia per entrare.

Quella che sarebbe stata la sua stanza per i successivi quattro anni – quasi tremò al pensiero – era una camera grande e molto luminosa, con le pareti color verde chiaro, quasi pastello, e due ampie finestre a davanzale che davano sulla strada.

Sul lato sinistro Kurt intravide, dalla porta di legno chiaro socchiusa, un bagno piuttosto spazioso, abbastanza da contenere una doccia enorme. Proprio lì di fianco c’era una lunga scrivania sovrastata da una libreria completamente vuota.

C’era un letto a castello attaccato alla parete opposta, e sparsi in giro c’erano anche una lampada piuttosto alta, due poltrone e un tavolino. Tra le due finestre, infine, c’era una cabina armadio dello stesso legno chiaro della porta.

La stanza era inequivocabilmente per due persone, ma era vuota, e questo significava due cose. Uno, Kurt avrebbe avuto un coinquilino; due, non era ancora arrivato alla NYADA.

In quel momento non aveva davvero la forza di preoccuparsene, quindi si limitò a sperare che non avesse nessun problema con i gay e che il suo senso estetico non lasciasse a desiderare.

La testa gli doleva e tutto quello che avrebbe voluto fare era mettersi a letto e sfogarsi, e piangere fino a consumarsi la faccia, ma non poteva. Non voleva, dannazione.

Il pensiero di Blaine non l’aveva abbandonato neanche un istante per tutto il tempo, una costante dolorosa nella sua mente, ma doveva resistere. Doveva tenersi occupato con qualcosa.

Così appoggiò la valigia a terra – dove c’era una moquette color verde muschio – e spalancò le finestre.

Diamoci da fare.

 

Le due ore successive le passò a svuotare completamente la valigia sopra al letto, ripulire l’armadio da cima a fondo con uno straccio trovato in bagno, tra i prodotti per la pulizia, e sistemarci dentro tutti i suoi vestiti, lasciandone metà libera per il suo futuro coinquilino.

Mise in ordine l’intero bagno, che era comunque già pulito e splendente, e allineò tutte le sue creme per il trattamento di idratazione della pelle in ordine di utilizzo su una delle mensole libere.

Poi svuotò di nuovo l’armadio, non soddisfatto, e risistemò tutto dentro una seconda volta, dividendo i capi per colore.

Aveva appena appoggiato il portatile sopra alla scrivania e sistemato i libri che si era portato dietro nella libreria, non riuscendo a riempirla nemmeno di un decimo. Fortunatamente suo padre gli avrebbe spedito il resto della sua roba a breve.

Sudato e con l’odore della polvere sulla pelle, si accinse a controllare un’ultima volta la sua valigia prima di farsi una doccia che cancellasse la stanchezza, la sporcizia e magari anche il dolore sordo che non era riuscito del tutto ad ignorare. Frugò un’ultima volta nelle tasche della sua valigia, controllando di aver tirato fuori tutto, e  quando infilò la mano nella tasca davanti, le sue dita sfiorarono della carta stropicciata.

 

Kurt tirò fuori il foglio con circospezione, senza guardare, e si andò a sedere sul letto con un sospiro tremante.

Quando finalmente trovò il coraggio, guardò. Era la lettera di Dave, ripiegata con cura.

Blaine doveva averla raccolta e messa in valigia al posto suo, incredibilmente consapevole del fatto che Kurt non avrebbe voluto rivederla, ma nemmeno lasciarla lì a terra.

Fu in quel momento che, finalmente, scoppiò a piangere.

 

 

*

 

 

La porta dell’appartamento di Nick e Jeff si aprì cigolando e Blaine li seguì dentro, trascinandosi dietro borsone e chitarra. Nick accese la luce, e tutti e tre scrutarono la casa per un istante.

Il loro bilocale non era grande o spazioso, ma era l’ideale per due studenti ricchi che vivono insieme a New York: aveva una cucina, due camere da letto, due bagni e un soggiorno piuttosto grande con un angolo libreria davvero invidiabile.

“Beh” fece Jeff, accompagnando le parole con un gesto della mano. “Casa.”

Blaine non riuscì a trovare nulla da commentare di diverso da ‘è carina’, che gli sembrava una cosa orribile da dire, perché figuriamoci se a Nick e Jeff importava dell’arredamento, così diede la colpa alla gola secca e si limitò a tacere e tentare un sorriso.

Nick – che non lo aveva perso di vista nemmeno per un secondo da quando l’aveva trovato in stazione – gli appoggiò una mano sulla spalla con fare fraterno.

“Ti abbiamo preparato il divano, ti toccherà dormire lì.” gli disse con un sorriso di incoraggiamento.

 “Grazie” rispose Blaine con voce roca, trovando un po’ di energia per rispondergli, cercando di trasmettergli tutta la gratitudine di cui fosse capace. “Per ospitarmi e tutto. Voglio dire, se è un problema posso andare a–“

Ma Nick non gli fece nemmeno concludere la frase, colpendolo sul braccio e strappandogli un lamento. Proprio come ai vecchi tempi, solo che lui non si sentiva affatto il vecchio Blaine.

“Non ci pensare nemmeno, Anderson.” lo minacciò scherzosamente. “Non ci vediamo dal tuo compleanno! Tu fino al provino non ti muovi di qui, a costo di inchiodarti al termosifone”

Blaine, suo malgrado, stirò le labbra nel più minuscolo dei sorrisi.

Nick e Jeff si erano trasferiti nella Grande Mela non appena era finita la scuola, ed erano tornati a Lima solo per festeggiare il suo compleanno: il primo aveva fretta di iniziare l’apprendistato all’ Hospital Trade Center di New York, mentre l’altro lavorava alla caffetteria all’angolo in attesa che iniziassero i corsi della facoltà di Economia.

Lanciò ad entrambi un’occhiata riconoscente, sperando che bastasse. Era importante che capissero quanto significasse per lui la loro presenza nella sua vita.

Nick gli fece strada fino al soggiorno per mostrargli il divano e lo stomaco di Blaine fu scosso da una fitta quando si rese conto che, per quanto Nick e Jeff sapessero di casa, famiglia e calore, era nel posto sbagliato. L’aveva saputo fin da quando aveva varcato la soglia.

 

*

 

Kurt aveva saltato la cena – aveva la nausea e nessuna voglia di mettersi a cucinare – e aveva ripetuto il trattamento post-doccia di idratazione della pelle due volte. Ora se ne stava lì, con gli occhi ancora rossi di pianto, seduto su una delle poltrone.

Il cellulare era appoggiato al suo ginocchio e Kurt continuava a far vagare lo sguardo dallo schermo buio alla finestra, incapace di fissarsi su una sola cosa. Certo, guardare il telefono come se potesse improvvisamente prendere vita e dirti quanto zuccone tu sia stato rispecchiava particolarmente il suo stato d’animo, ma era un po’ improbabile che accadesse davvero.

Così si risolse con l’insultarsi da solo per la sua profonda inettitudine.

Perché diavolo era scappato in quel modo, lasciando lì Blaine? Solo pensare il suo nome gli faceva stringere lo stomaco.

Perché sei così stupido, Kurt?, si domandò. Stupido stupido stupido.

 

Il cellulare sul suo ginocchio si illuminò di colpo e vibrò, facendogli perdere almeno dieci anni di vita tutti in un solo colpo, e Kurt, sentendosi improvvisamente più vecchio – e di dieci anni più vicino alla morte - sobbalzò sulla poltrona. Afferrò l’oggetto con le mani che tremavano, ma non poté evitare di farsi scappare un gemito deluso quando vide che non era un messaggio da parte di Blaine, come aveva spudoratamente sperato, ma di Rachel.

Si fece coraggio e si decise ad aprirlo.

 

(20:27 p.m.)

Skype?

 

 

In effetti moriva dalla voglia di distrarsi un po’, e parlare con la sua migliore amica era qualcosa che avrebbe potuto aiutarlo anche a fare chiarezza, così accese velocemente il portatile e attese il login di Skype, sedendosi sul letto di sopra a gambe incrociate e accendendo la lampada per farsi più luce. Nemmeno un minuto dopo il viso sorridente di Rachel comparve sullo schermo.

Ehi” fece lei salutandolo con la mano. Ci fu un po’ di trambusto e Kurt notò che ora era stesa a pancia in giù sul suo letto.

“Ehi” rispose debolmente, cercando di tirar fuori un sorriso e pregando silenziosamente che lei non si accorgesse dei suoi occhi gonfi e rossi di pianto.

Ma a Rachel Berry non sfuggiva mai niente.

Sono appena tornata da casa tua e – Kurt, stai bene?”

A che serviva mentire?

Kurt abbassò gli occhi prima di rispondere: “Non lo so. No.” talmente piano che pensò che Rachel non l’avesse nemmeno sentito.

Cos’è successo?” chiese lei preoccupata. L’aveva sentito eccome. “Ti trovi male? Gli altri studenti sono stronzi? Hai dimenticato le creme a casa?”

Kurt scosse lentamente la testa e il viso di Rachel si illuminò di comprensione.

E’ per quel ragazzo, quel Blaine che hai conosciuto sul treno, non è vero? Che cos’è successo, Kurt?”

E Kurt non ce la fece più a resistere, così raccontò tutto quanto a Rachel, che lo osservava sempre più basita attraverso lo schermo del portatile. Le raccontò di come aveva conosciuto Blaine, di cosa avevano parlato e cosa avevano fatto; le disse del sogno, arrossendo violentemente, e del quasi bacio quando il treno si era fermato. La parte più dura fu raccontarle di Dave e della notte passata tra le braccia di Blaine. Rachel lo interruppe solo per inveire per cinque minuti buoni contro Finn, inconsapevole complice. Quando arrivò all’arrivo in stazione, era distrutto ed erano già le dieci di sera. 
Kurt dimmi che non ti sei fatto prendere dal panico, come tuo solito, e sei corso via. O, se l’hai fatto davvero, dimmi che ti ha rincorso.” mormorò Rachel massaggiandosi le tempie.

“C’era il suo ex – o quello che è – in stazione, quel Sebastian Smythe, e io – non so cosa mi sia preso, ma dovevi vederlo, Rach. Blaine era praticamente paralizzato e quel tipo è…non lo so, non mi piace affatto. Mi sono fatto prendere dal panico, sì, e sono scappato a gambe levate, dicendogli qualcosa tipo ‘ci sentiamo’. Blaine è rimasto lì, comunque. Non ha detto niente.” concluse con un sospiro tremante. Aveva di nuovo le lacrime agli occhi.

Probabilmente l’hai spiazzato” disse Rachel con un tono di voce che evidentemente lei reputava saggio. Kurt mugugnò qualcosa di indefinito.

Kurt, io…devo proprio chiedertelo, o tu non te lo chiederai mai. Quanto…quanto ti piace questo Blaine?”

“Non è una questione di quanto mi piace” esclamò Kurt diventando rosso in zona orecchie. “ma di quanto io sia stato infinitamente stupido e immaturo e-“

“Invece sì, è proprio una questione di quanto ti piace.” lo interruppe Rachel.

Kurt fissò lo schermo del portatile per un lungo istante.

“Io – tanto. Ok, tanto. Contenta?”

Rachel aprì la bocca per rimproverarlo, quando il cellulare di Kurt, appoggiato sulla mensola, prese a vibrare e illuminarsi, mentre la suoneria – Single Ladies, messa appositamente per il contatto di Blaine in un attacco di follia – invadeva la stanza.

Rachel esclamò “Oh mamma, è lui?!” sporgendosi verso la telecamera come se potesse uscire fuori dallo schermo e assalire Kurt, che nel frattempo si era lanciato sopra al telefono con uno scatto felino.

Quando lesse il nome sullo schermo il cuore iniziò a battergli all’impazzata nel petto, quasi volesse schizzargli fuori.

 

Chiamata in arrivo da:

Blaine.

 

Merda.

“E’ Blaine” sussurrò con voce tremante e più alta del normale, fissando il telefono senza avere il coraggio di rispondere alla chiamata. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Oddio, come faceva a spiegargli che non sarebbe voluto scappare e che era solo panico e – Oh, dio.

“No, no, no. Non posso farlo!” strillò Kurt, stringendo il telefono tra le mani mentre quello continuava a squillare. Se non fosse stato sull’orlo di una crisi di nervi, la scena gli sarebbe sembrata perfino comica.

Kurt Elizabeth Hummel, non ci provare!” esclamò irata Rachel dal computer. “Rispondi a quel maledetto telefono!

Kurt chiuse gli occhi e scosse freneticamente la testa a destra e sinistra.

“Non posso” gemette. “Come faccio? Che gli dico?”

Porca Barbra, Kurt, non costringermi a volare a New York seduta stante!”

Il viso di Rachel ormai occupava interamente lo schermo del portatile.

Con un ultimo squillo, il telefono di Kurt smise di suonare e la nuvoletta di chiamata persa: Blaine comparve sullo schermo.

Quando le prime lacrime si affacciarono sui suoi occhi e strinse il telefono al petto sentì Rachel sospirare e mormorare: “Oh, Kurt.”

 

 

*

 

Non ha risposto.

Blaine rimase a fissare lo schermo vuoto con un turbine di domande in testa e nessuna risposta. Di certo il suo telefono non poteva dargliele.

Perché Kurt non aveva risposto? Perché era scappato, in stazione?

Il cellulare rimase silenzioso tra le sue mani.

Forse Kurt non aveva sentito squillare il suo telefono. Magari era sotto la doccia.

Forse non ha voluto rispondere, si intromise una vocina maligna nella sua testa.

Chi voleva prendere in giro?

Quello che era successo alla Stazione Centrale doveva aver spaventato Kurt, e lui non l’aveva nemmeno rincorso. Idiota, Blaine, idiota.

Blaine appoggiò il cellulare sopra agli spartiti che teneva sulle ginocchia e si passò una mano sul viso.

La tazza di caffè che teneva nell’altra mano si inclinò pericolosamente e un paio di gocce caddero sui fogli pieni di note e musica con i quali aveva cercato di distrarsi prima di chiamare Kurt. Aveva passato tutto il pomeriggio con la musica a tutto volume nelle orecchie, fingendo di esercitarsi per il provino nel tentativo di evitare di dover raccontare tutto a Nick e Jeff; o meglio, ad aspettare una telefonata o un messaggio. Poi aveva speso tutta la sera davanti al telefono a cercare il coraggio di chiamare Kurt.

Maledizione, sapeva che avrebbe dovuto mandargli un messaggio per scusarsi e magari iniziare una conversazione, ma sul momento chiamare era sembrata la cosa più intelligente da fare, e anche la più giusta. Ma ora…

“Blaine?”

Nick era fermo sulla porta del soggiorno, appoggiato allo stipite a braccia conserte, con un sorriso sereno in viso.

Blaine si sentì un po’ meglio per via della familiarità della situazione: aveva condiviso la stanza con Nick per tre anni, alla Dalton.

“A che ora hai il provino, domani?” chiese il ragazzo, avvicinandosi al divano dov’era rannicchiato Blaine.

“Alle tre di pomeriggio” mormorò indicando inutilmente gli spartiti macchiati e tentando un sorriso.

Tutto quello che riusciva a pensare, però, era ‘non ha risposto’.

“Hai intenzione di mangiare qualcosa?” mormorò Nick di rimando, facendosi spazio tra i fogli pieni di annotazioni e note e sedendosi sul bracciolo del divano. “Abbiamo dei biscotti.”

Blaine gli lanciò un’occhiata riconoscente, ma scosse la testa.

“Ho ancora lo stomaco chiuso.”

Nick lo osservò per un lungo istante, poi sospirò e indicò con un cenno della testa il telefono di Blaine.

“C’entra quello?”

Blaine esitò, poi annuì.

Nick si voltò verso di lui e lo costrinse a guardarlo negli occhi scuri.

“Ne vuoi parlare?” propose con calma.

Blaine sentì gli occhi pizzicargli, e non aveva nessuna intenzione di piangere di nuovo davanti a Nick, se non altro per non farlo preoccupare. In stazione aveva avuto un piccolo momento di debolezza, tutto qui. Sapeva fin dall’inizio che le cose sarebbero potute andare in quella direzione, e sapeva anche che c’era una sola soluzione a tutto quello. Forse era quella consapevolezza, che lo spaventava tanto.

Nick stava ancora aspettando speranzoso una risposta, perciò scosse debolmente la testa.

“Possiamo…domani? Oppure – non adesso, ti prego. Io – Io – ho bisogno di riflettere un po’”.

L’amico sospirò, ma gli batté una mano sulla spalla e sorrise mestamente.

“Quando vuoi, lo sai.”

Si alzò dal divano, stiracchiandosi, e Blaine chiese con tono noncurante: “Jeff?”

Nick si irrigidì leggermente, ma cercò di non darlo a vedere. “In camera sua. Credo stia già dormendo.”

Blaine non disse niente, perché ovviamente era l’ultima persona che potesse dare quel genere di consigli, ma sapeva che Nick stava reprimendo i suoi sentimenti da tanto, tantissimo tempo.

L’ex Warbler fece per andare verso la sua camera, ma a metà strada si fermò, voltandosi di nuovo.

“Blaine?” lo chiamò con voce soffice.

Blaine alzò gli occhi dorati e tristi su di lui.

“Andrà tutto bene” gli disse sorridendo. Lui si ritrovò ad annuire, suo malgrado.

Nick era ormai arrivato alla porta quando lo richiamò sottovoce.

“Nick?”

“Sì?”

“Grazie.” sussurrò Blaine con le lacrime che premevano per uscire.

Il sorriso rassicurante di Nick lo fece sentire un po’ meno un relitto, nonostante il telefono nella sua mano non squillò mai.

 

*

 

La sveglia luminosa che aveva appoggiato alla mensola del letto di sopra segnava l’una e mezza di notte e Kurt era ancora sveglio a fissare il soffitto verde chiaro senza riuscire a chiudere occhio.

La stanchezza sembrava scomparsa nel nulla, risucchiata dall’ansia, dallo sconforto e da una buona dose di sottile fastidio verso se stesso.

Forse un po’ più di sottile, ok. Diciamo che era furioso per essere stato così stupido.

Aveva chiuso la conversazione con Rachel poco dopo la chiamata di Blaine – solo a pensare al fatto che non aveva risposto avrebbe voluto prendere una rivoltella e spararsi un colpo in fronte – e l’amica gli aveva raccomandato di riposarsi e pensarci bene una volta fatta una bella dormita, prima di fare cavolate. Eppure non riusciva a dormire.

Decise di alzarsi e andare in cucina a farsi qualcosa di caldo da bere – latte o qualcosa del genere – e riflettere un po’.

La cucina era deserta, così accese la luce e frugò un po’ tra le mensole e i cassetti fino a trovare qualcosa di suo gradimento, e mise su l’acqua.

 

Di fronte ad una tazza di tisana fumante - emolliente, ai frutti di bosco - Kurt riuscì a recuperare un po' di energie. Così, mentre sfiorava con il pollice lo schermo del telefono, dal quale faceva capolino la chiamata persa di Blaine, iniziò a riflettere.

 

*

 

Il treno ad alta velocità sfrecciava silenziosamente attraverso la campagna dell’Ohio occidentale sotto gli occhi stanchi di Sebastian.

Il blackberry di ultima generazione che teneva tra le mani segnava le tre di mattina. Si rigirò tra le mani l’oggetto con fare pensieroso.

Aveva sbollito la rabbia dell’incontro con Blaine e quegli altri due da un pezzo, e tutto quello che era rimasto era una profonda sensazione di disagio che non aveva fatto altro che innervosirlo. Cos’è, si era trasformato in una mammoletta? Solo perché aveva capito un paio di cose – tipo cosa significava prendersi un’enorme sbandata per l’ultima persona che pensavi ti sarebbe interessata sulla faccia della terra – non significava certo che non era più Sebastian Smythe.

Il vecchio Sebastian avrebbe mandato al diavolo Blaine Anderson e le sue paranoie da verginella, avrebbe rimesso il telefono in tasca e avrebbe lasciato perdere l’intera situazione per farla marcire da qualche parte in un cassetto del suo straordinario cervello.

Allora perché non riusciva a scacciare l’idea di mandare un messaggio a Blaine per dirgli che non avevano fatto sesso perché era troppo ubriaco per rimanere sveglio, ma che erano comunque arrivati, come si suol dire, un bel pezzo avanti?

In fondo poteva risparmiarselo, visto che avrebbe significato ammettere di aver fatto cilecca. E quel cretino di Blaine non era mai venuto a chiederlo, quindi era giustificato se aveva pensato che non gli importasse un accidenti.

Certo, ora aveva un vago sospetto sul perché Blaine non era piombato davanti a lui domandando ‘allora, l’abbiamo fatto, Sebastian? Perché non mi ricordo un cazzo’; oltre al fatto che fosse stupido, ovviamente.

Doveva dirgli la verità, nonostante il modo in cui l’aveva trattato? Ma ormai non importava più, faceva parte del passato, no?

Eppure sentiva di volerlo fare.

 

Il treno rallentò con uno stridio di freni e la stazione di Lima-sono-un-buco-nel-nulla, Ohio, comparve davanti a lui, deserta.

Fatta eccezione per una figura un po’ in penombra, appoggiata ad una delle colonne nel bel mezzo della stazione.

Sebastian sorrise lievemente a quella vista.

Dio mio, quando sono diventato così patetico?

Eppure, quando il ragazzo uscì dalla penombra e sorrise timidamente, Sebastian non riuscì a trattenersi e colmò la distanza che li separava a grandi passi, prendendogli il viso tra le mani e catturando la sua bocca in un bacio.

Quand’è che si era innamorato senza accorgersene? E quando, esattamente, avrebbe smesso di farsi questa domanda?

Quando si separarono Sebastian ricordò improvvisamente una cosa molto, molto importante.

“Ho incontrato Blaine alla stazione di New York” disse sottovoce. L’altro ragazzo lo osservò per un istante, poi chiese: “Quel Blaine?”

Preparati, sto per lanciarti la bomba a mano.

“Quel Blaine. Con un certo Kurt Hummel.”

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Vi prego non fatemi del male, io voglio tanto bene! Ho anche aggiornato prima, come promesso! J

Ok, ancora non si sono rincontrati, ma dovete avere pazienza. E’ rimasto pochino pochino pochino :D

So che questo è un capitolo un po’ di passaggio, ma fa da base a tutto quello che verrà e introduciamo un nuovo personaggio, Amy, che...boh, in pratica si è scritta da sola, e presto fangirlizzerà per Kurt e Blaine quanto noi :)

Per quanto riguarda il fatto che Kurt non risponde al telefono a Blaine...io avrei fatto la stessa identica cosa; anzi, mi è successo un paio di volte, quindi mi sono basata su quello.

Ora, non prendeteva con Sebastian, visto che non è poi così tanto cattivo?

Saprete tutto, saprete tutto. Presto, giuro :)

 

 

Ah, io direi di far partire le scommesse: chi sarà questo misterioso ragazzo che è riuscito a rabbonire Sebastian Smythe? E perché? E come? *-* Mi state odiando, lo so.

Ci si vede martedì, ragazze :)

Ecco, forse martedì mi odierete un po’ di più! :D

Ah, so che non ho risposto a molte recensioni ultimamente – faccio schifo, lo so! – ma le leggo e rileggo in continuazione, e presto mi metterò in pari! Che ci volete fare, gli esami di maturità cominciano tra venti giorni xD

 

Spoilerino del prossimo capitolo? Kurt visita New York. Che non è poi così grande come pensa. Solo che ancora non lo sa.

 

A martedì, gente!

Baci,

 

Selene

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


A Ilaryf90, per il suo primo anniversario su EFP, perché,

A Ilaryf90, per il suo primo anniversario su EFP, perché,

anche se lei non lo sa, 

continuo a benedire il momento in cui 

ha scoperto che scrivevo fanfiction

Se sono qui è tutto merito suo, quindi grazie.

 

 

Capitolo dodici

 

New York 
Concrete jungle where dreams are made of 
There's nothin' you can't do 
Now you're in New York



La sveglia suonò alle sette in punto, fastidiosa e micidiale come sempre. Kurt le brontolò contro, ancora mezzo insonnolito, e cercò debolmente di colpirla, fino a che 4 minutes non arrivò alla seconda strofa.

Quando il malvagio strumento del demonio non si spense al suo comando vocale – decisamente l’oggetto non era così tecnologicamente avanzato, o il suo mugugno era troppo basso per essere sentito da una sveglia – affondò la faccia nel cuscino e decise di ignorarla cordialmente.

Almeno fino a che non si ricordò di essere a New York.

 

Saltò a sedere sul letto e si voltò verso la finestra con uno scatto che avrebbe potuto staccargli la testa dal collo, per quanto era stato fulmineo.

Sì, la Città Che Non Dorme Mai era davvero lì, proprio fuori dalla sua finestra. Non era un sogno.

 

Di certo il suo primo risveglio non era stato come se l’era immaginato; neanche la sua prima notte, a voler essere puntigliosi.

Il riflesso dello specchio attaccato al muro rimandò indietro l’immagine del solito Kurt Hummel di prima mattina, con i capelli scarmigliati e gli occhi rossi e gonfi di sonno. Non che avesse sempre pensato che la gente di New York si svegliasse già in giacca e cravatta con il caffè in mano, sulla via per la metropolitana, però…aveva pensato che si sarebbe sentito diverso quando invece non era affatto così.

Non aveva nemmeno recuperato un po’ di sonno, visto che aveva passato una notte a piangere tra le braccia di Blaine e l’altra a riflettere, seduto ad un tavolino nel bel mezzo di una cucina sconosciuta, sul sopraccitato ragazzo. In totale facevano due notti insonni e tanti dubbi. 

 

Era tutto così diverso da come se l’era aspettato. Lui e Rachel avevano passato pomeriggi interi a fantasticare su mille scenari diversi ma, ora che era lì, si rendeva conto che nessuno di quelli si avvicinava alla realtà.

Rachel.

Ecco cosa c’era di diverso. E anche Finn, suo padre, Carole, tutti i suoi amici.

La differenza stava nel fatto che loro non erano lì con lui. Gli mancavano da morire e l’assenza della sua migliore amica, che in quel momento sarebbe dovuta essere lì, pesava come un macigno sul suo cuore.

Solo che, rifletté Kurt, è ora di affrontare la realtà.

 

Rachel era rimasta a Lima. Non era stata presa alla NYADA e non c’era niente che Kurt potesse fare per cambiare le cose.

La sua vita a New York era cominciata la notte prima, magari non nel modo che avrebbe voluto, magari in modo strano, ma era cominciata.

Eppure Kurt aveva l’impressione di non essersene davvero reso conto.

L’assenza delle persone che amava rendeva il suo sogno meno brillante o meno desiderato? No. Semplicemente, non avrebbe mai pensato di trovarcisi di fronte da solo.

A proposito di persone che amava...

La sera prima – notte, in realtà, visto che era andato a dormire alle tre e mezza – aveva cercato di prendere una decisione riguardo a cosa fare con Blaine, finendo per essere più confuso di prima.

Come avrebbe dovuto comportarsi?

Nonostante conoscesse Blaine da pochissimo tempo non riusciva a pensare di lasciarlo semplicemente andare. Aveva provato a prendere in considerazione l’idea, ma gli era sembrata decisamente stupida, alla fine. Si stava innamorando, e allora? Non c’era niente di male.

Blaine non era lì in quel momento, ma Kurt sapeva benissimo cos’era successo. Lo chiamavano colpo di fulmine, no? Aveva visto Blaine e aveva pensato che in lui ci fosse qualcosa di speciale. Lo aveva conosciuto e aveva capito che voleva una persona così nella sua vita. Era il più terribile dei cliché, ma le cose stavano così. Cosa poteva farci?

Era quello che aveva sempre cercato, in fondo: qualcuno che piombasse nella sua vita come un uragano, sconvolgendola in bene e in male, trascinandolo in un vortice di emozioni e dolcezza, spingendolo a liberarsi delle sue preoccupazioni e a superare i suoi limiti, a desiderare, amare e sfiorare senza averne davvero paura.

Tuttavia ne aveva ancora, di paura, ovviamente. Più di quanta volesse ammettere. Eppure Blaine era tutto quello che voleva: come poteva pensare di essere abbastanza forte da lasciarlo andare?

Solo perché era troppo vigliacco per rispondere ad una telefonata? No, avrebbe rimediato, in qualche modo. È che ancora non sapeva come...

 

Kurt si stiracchiò come un gatto, leggermente più tranquillo rispetto al giorno precedente, e mugugnò quando la sua schiena si distese scricchiolando come una scala di legno.

Maledisse il materasso nuovo, il giorno di viaggio in treno e la scomodità del dormire su un letto decisamente non suo. Ovviamente si rifiutò di considerare anche il fatto che aveva dormito parecchio bene, tra le braccia di Blaine.

Non era affatto il caso di svegliarsi con un pensiero del genere in mente, specialmente quando, proprio la mattina, la zona sud non era poi così tranquilla.

Oh, doveva essere sempre così ridicolmente imbarazzato per quel genere di cose? Qual era il suo problema nel pensare le parole ‘mezza erezione di prima mattina'? Ecco, l'aveva fatto. Era forse crollato il soffitto?

 

Il preoccupante dualismo dei suoi pensieri, in perfetto stile Dr Jekyll e Mr Hyde, lo convinse a scendere dal letto tramite la scaletta in ferro e a ficcarsi sotto la doccia il più in fretta possibile.

Ovviamente il pensiero di Blaine non lo abbandonò nemmeno una volta che fu al sicuro sotto al getto d’acqua calda. Il problema era che non era uscito dalla sua testa neanche per un istante da quando Kurt aveva lasciato la stazione.

Il suo stomaco continuò a brontolare senza sosta a causa del digiuno forzato della sera prima. Si passò il bagnoschiuma sugli addominali appena accennati, frutto di sangue, sudore, lacrime e tanto esercizio fisico nella privacy della sua stanza, e decise di fare colazione e poi visitare un po’ la città.

 

Aveva due settimane prima che iniziassero le lezioni, e aveva intenzione di utilizzare quel tempo per fare della NYADA – e di New York – la sua casa.

E poi avrebbe comunque avuto la mente particolarmente occupata a pensare a Blaine e a come trovare il coraggio di richiamarlo o mandargli un messaggio, quindi sperava di distrarsi un po'.

Si prospettava una bella giornata, almeno per quel poco che aveva visto fuori dalla finestra: il sole era già alto nel cielo e l’aria era tiepida. New York era così: la fine dell'estate era sempre molto calda, sicuramente più dell'Ohio, e l'autunno si colorava di rosso, giallo e arancione. 

Avrebbe approfittato della sua seconda giornata per rivedere i luoghi di New York che già conosceva, come Broadway o Tiffany&Co, e magari farsi un giro del quartiere per cercare qualche posto carino al quale affezionarsi o eleggere a nuovo Lima Bean, tipo una bella caffetteria che fosse in grado di fare dei nonfat mocha da favola.

Il pensiero del caffè gli fece tornare in mente Blaine, e si domandò distrattamente perché diavolo pensasse a lui soprattutto quando era sotto la doccia, così decise di venire fuori di lì ed adoperarsi per far sembrare i suoi capelli quantomeno decenti. Con i ciuffi finalmente tutti al loro posto, del caffè nelle vene e l’intera New York a disposizione, di certo avrebbe trovato il modo per farsi perdonare da Blaine per averlo lasciato in stazione e non avergli risposto quando l’aveva chiamato.

 

Una volta che la piega fu esattamente come doveva essere – ciuffo in su, dal quale non sfuggiva nemmeno un capello – rimase a fissare l’armadio, le solite parole che gli vorticavano in testa tutte le mattine.

“Non ho niente da mettermi!” esclamò guardando di traverso le numerosissime magliette piegate con cura. Quando quelle non risposero alla sua provocazione, Kurt iniziò a rovistare in mezzo a quell’ordine cromatico, maledicendo i servizi di posta, fin troppo lenti nel consegnare consistenti pacchi di vestiti in giro per l’America.

Devo indossare qualcosa che non mi faccia sembrare un provincialotto o un turista giapponese, pensò grattandosi il mento di fronte alla moltitudine pressoché infinita di vestiti. Ma cosa?

Alla fine se ne uscì con una camicia bianca dall’aspetto arioso, con le maniche arrotolate sofficemente fino ai gomiti, infilata in jeans chiari talmente stretti che avrebbero potuto essere cuciti direttamente sulla sua pelle. Al posto della cinta aveva infilato un foulard azzurro – in tinta con i suoi occhi, anche se era restio ad ammetterlo – e degli stivali bianchi.

Si guardò un’ultima volta allo specchio del bagno, mormorò un soddisfatto “niente male, Hummel”, e si decise ad andare a mettere qualcosa sotto i denti per placare i morsi della fame. 

 

 

Il suo stomaco non smise di brontolare fino a che non buttò giù un bel po' di succo d'arancia e un paio di biscotti integrali salvati dal dimenticatoio di una credenza. Evidentemente, alla NYADA, nessuno era davvero a dieta.

Era a metà del terzo bicchiere quando Amy fece irruzione nella stanza con l'energia di un piccolo uragano, iniziando a frugare tra i cassetti in cerca di chissà cosa.

"Buongiorno!" gli disse allegramente mentre infilava la testolina nera in uno degli sportelli della credenza."Passato una buona nottata?"

Kurt mandò giù l'aranciata e osservò la schiena della ragazza, decidendo velocemente di mentire. O meglio, omettere di dire che aveva passato la notte insonne a pensare ad un ragazzo.

"Tutto bene" disse, forzando un po' troppo la nota allegra nella sua voce. Inzuppò un biscotto nell'aranciata, tanto per avere le mani occupate con qualcosa.

Amy passò al cassetto successivo, frugando fra quelle che sembravano tazze e borbottando: "Ma dove diavolo è finita?"

Kurt, curioso per natura, si sporse un po' per sbirciare da sopra la spalla della ragazza. 

"Cosa stai cercando?"

Chissà, forse Amy nascondeva una scorta segreta di schifezze tra le fette biscottate. 

"Ah-ah!" esclamò lei in risposta, scostando un paio di pentole - facendo tra l'altro un rumore infernale - e sventolando sotto al naso di Kurt un vasetto che sembrava contenere crema marrone dall'aria particolarmente grassa.

Kurt sollevò un sopracciglio, perplesso. 

"Crema spalmabile al cioccolato e nocciola, direttamente dall'europa. Si chiama Nutella, ed è...tedesca, credo? O italiana, non so." spiegò Amy con evidente entusiasmo, continuando a sventolare il barattolo.

Amy” disse pazientemente. “Cosa ti fa credere che io non sappia cos’è la Nutella? Ho vissuto in Ohio, non nella foresta amazzonica. E soprattutto, perché diavolo ti abbuffi con quella roba?"

"Perché è buonissima" disse pazientemente lei, aprendo il tappo e osservando amorevolmente la crema marrone scuro, come se fosse una figlia per la quale avrebbe dato la vita.

"È grassa" ripeté Kurt. Arricciò il naso quando Amy affondò il cucchiaino e ne tirò su una quantità industriale, infilandosela in bocca con espressione beata.

Un mormorio soddisfatto le sfuggì dalle labbra e Kurt non poté più trattenere una risata. 

"Sembri uno scoiattolo che ha cercato di infilarsi troppe noccioline in bocca" disse prima che potesse rendersi conto che magari Amy poteva offendersi. Ma la ragazza sorrise raggiante, neanche le avesse detto che assomigliava ad una delle modelle di Vera Wong, e replicò: "mi piacciono gli scoiattoli. E anche le noccioline. E la cioccolata."

Kurt si sentì terribilmente sollevato dalla presenza di Amy: nonostante né Finn, né Rachel, né Blaine fossero lì con lui - e voleva davvero con tutto il cuore che ci fossero - non si sentiva poi così tanto solo. Amy sembrava davvero un'ottima compagnia.

"Allora," esalò la ragazza con ancora il cucchiaino in bocca. "Cosa pensi di fare della tua prima giornata a New York?" 

Kurt si fece pensieroso. "Non saprei" rispose giocherellando con il bordo della tovaglia. Tutto ad un tratto si sentiva un po' disorientato. New York era così...grande. "Sono stato qui una volta sola e ho visto pochissimo. Pensavo di...beh, rivedere Broadway, sai. E magari fare un giro per il quartiere e conoscerlo un po' meglio."

Amy colse la sua esitazione e gli lanciò un sorriso che avrebbe fatto tornare la vista ad un cieco. 

"Sei stato qui solo una volta? Sul serio? Ma che razza di americano sei?" lo prese in giro amichevolmente. 

Kurt strinse le labbra per nascondere il sorriso. "Vengo dall'Ohio. Cosa ti aspettavi?"

Ma Amy era già partita in quarta. "Sei mai stato sull'Empire State Building? E Manhattan? E Central Park? Dai, almeno Central Park, Kurt! E-"

"Ok, piano, non riesco a starti dietro!" esclamò Kurt portando le mani in avanti come a difendersi dall'uragano-Amy.

Amy gli sorrise, stavolta timidamente. "Scusa. Quando mi emoziono straparlo."

"Anche io. Anche se di solito mi porta più guai che altro." disse Kurt con una buffa espressione a metà tra il divertito e il rassegnato. Ed ecco che tornava a ripensare a Blaine.

Amy rise e brandì contro di lui il cucchiaino sporco di cioccolata. 

"Problemi con i ragazzi, eh?"

Come?

"C-come, scusa?" chiese esitante.

Amy alzò un sopracciglio, come se stesse considerando una sua possibile sordità. In effetti non era affatto sicuro di aver sentito bene. 

"Ho detto: problemi con i ragazzi? E mi sento di aggiungere anche 'ti capisco, Kurt'."

Kurt la fissò senza dire niente fino a che Amy non inorridì.

"Dimmi che sei gay e non ho fatto una figura talmente brutta da non poter far più vedere la mia faccia in giro." supplicò con gli occhi lucidi.

"Oddio. No, io- Sì, cioè, sono gay. È che...sono stupito, tutto qui." balbettò Kurt. Ed era vero: Amy non si era affatto posta il problema: aveva capito che Kurt era gay e non aveva nemmeno sentito il bisogno di specificarlo. Kurt aveva agognato persone come lei, a casa.

Amy era confusa. 

"E allora perché- oh." Ecco, ora aveva capito. "Ohio, giusto. Sono di mentalità così chiusa come si dice in giro?" domandò piegando la testa in un modo che gli ricordava tanto qualcuno.

Kurt sospirò. "Non tutti. Ma la maggior parte sì, purtroppo."

Non era il caso di raccontare di nuovo la storia della sua vita ad una persona appena conosciuta, per quanto Amy sembrasse assolutamente adorabile. Doveva smetterla di ricoprire di racconti angosciosi del suo passato tutte le persone che incontrava e con cui poi socializzava. 

Così optò per tutt'altro tipo di domanda. 

"Tu sei sempre vissuta qui a New York?" chiese, sperando di non sembrare invadente. 

Amy però aveva semplicemente rituffato il cucchiaino nel cioccolato del demonio con fare tranquillo e gli aveva risposto allegramente. 

"Sono stata in Canada fino a tre anni, poi sono stata adottata e portata qui a New York. La mia famiglia era canadese, credo."

A Kurt sembrò scortese esclamare cose tipo 'non sai chi sono i tuoi genitori?', così si limitò a stare zitto e finire il suo succo mentre la ragazza si versava un po’ di latte in una tazza.

Amy lo guardava timidamente da sopra il bordo di ceramica, ora, e aveva tutta l'aria di voler chiedere qualcosa, così Kurt aspettò e -

"Se non ti va di fare un giro da solo posso accompagnarti. Il mio turno, oggi, inizia alle sei di pomeriggio." propose Amy tutto d'un fiato. Kurt rilasciò andare l'aria dai polmoni tutto in un unico respiro. No che non voleva starsene per conto suo. In effetti avrebbe voluto avere Blaine lì, se non altro per chiarire le cose o sistemare qualsiasi cosa ci fosse da sistemare tra loro. Però era molto incuriosito da Amy: sembrava il genere di ragazza che avrebbe potuto adorare e convincere a mettere un vestito stupendo per qualche festa o tagliarsi i capelli o magari parlare di ragazzi. Magari parlare di Blaine.

Sarebbe mai riuscito a far uscire il pensiero di Blaine dalla sua testolina bacata? No, certo che no. 

Lo colse una fitta di nostalgia, ma si ricordò che Amy stava ancora aspettando la sua risposta. 

Così cercò di far tornare indietro il vecchio Kurt.

La squadrò da capo a piedi, registrando attentamente i pantaloni della tuta che indossava alla maglietta con scritto "Scegli un'arma."

Quando incontrò gli occhi azzurri di Amy, le sorrise. "Andiamo a cercarti qualcosa di carino da mettere. Non si sale sull'Empire State Building in tuta, te lo vieto."

Lei saltò in piedi e batté le mani con entusiasmo. "Yay, si va in giro per New York!"

Kurt Hummel è tornato, pensò con un filo in più di felicità. Vorrei solo che Blaine fosse qui.

Ci risiamo, Porcellana? 

Oh, coach. Per favore. Anche lei no.

 

 

*

 

Alla fine, trovare qualcosa da far indossare ad Amy fu piuttosto semplice: la ragazza, come Kurt aveva già avuto modo di notare, non sembrava particolarmente interessata alla moda.  Tuttavia, come buona parte dei newyorkesi, aveva almeno un Gucci nell'armadio. 

Kurt era rimasto a bocca aperta di fronte alla stanza di Amy. Non che fosse diversa dalla sua: di base c'erano lo stesso letto a castello, le stesse finestre con il davanzale in marmo e le stesse pareti verde pastello. Era il modo in cui sembrava vissuta a sconvolgerlo. Sparsi in giro c'erano milioni e milioni di libri, sul letto, sulla scrivania, persino appoggiati alla vasca da bagno - l'unica differenza con la sua stanza. Amy si rivelò disordinatissima e molto colorata: la metà delle sue magliette erano arancioni o blu elettrico, aveva praticamente solo jeans e sembrava non andare d'accordo con i capelli sciolti, nonostante Kurt pensasse che la sua chioma nera e liscia fosse meravigliosa. 

Ma la cosa che lo sorprese più di tutti fu la quantità impressionante di piante, fiori e vasi sparsi in giro per la stanza. Ovunque si girasse, c'era del verde. Tanto, tantissimo verde. 

Amy si era giustificata dicendo che la sua coinquilina, Ellie - che sarebbe arrivata tra una settimana e mammamia, Kurt, devi assolutamente conoscerla, la adorerai - aveva un'insana passione per le piante grasse ed un ottimo rapporto con il giardinaggio in generale.

Una volta trovato qualcosa di decente da far indossare ad Amy, Kurt si preparò ad affrontare New York. Ovviamente non si è mai abbastanza preparati, per questo genere di cose. 

Il quartiere dov’era situata la NYADA era a dir poco stupendo e si stupì di non averlo notato prima, troppo distratto com'era dal pensiero di Blaine. Ogni casa aveva un giardino e c'erano diversi negozi di vestiti dentro ai quali trascinò Amy a dare un'occhiata. Dopo mezz'ora Kurt aveva già individuato due caffetterie preferite e quattro negozi nei quali sarebbe assolutamente tornato a fare shopping: a quel punto Amy scuoteva la testa con tanto vigore che qualche ciuffo era sfuggito dalla coda perfetta. 

 

Kurt amò ogni istante di quella mattinata, nonostante la nostalgia che giocava ai confini del suo cervello, ricordandogli costantemente quanto desiderasse che Rachel fosse lì con loro, quanto volesse afferrare il telefono e chiamare Blaine. Si ripromise di tirare fuori il coraggio e chiamarlo quella sera stessa, dopo cena. Ricordava che il suo misterioso provino si sarebbe tenuto quel pomeriggio. 

Sì, poteva farcela. 

 

A pranzo si fermarono in una delle caffetterie che Kurt aveva catalogato come "Tornare assolutamente", visto che era anche una tavola calda: nulla a che vedere con il Lima Bean o il Bel grissino. Quella era New York, si ricordò. C'era qualcosa di...magico, nell'aria. Speciale. 

Non abbastanza, comunque. Se solo Blaine fosse qui...

Appena finito di mangiare chiamò velocemente suo padre e ebbe la sfortunata idea di parlare con lui davanti ad Amy. Fu così che scoprì che la ragazza si commuoveva con una facilità spaventosa, visto che aveva captato suo padre al telefono che diceva che era orgoglioso di lui e aveva iniziato a piangere.

Aveva tentato di tirarla su offrendogli il suo fazzoletto e per poco non era scoppiato a piangere lui stesso, quando Burt aveva detto "Tua madre sarebbe fiera di te, Kurt."

E sperava che fosse così. Gli mancava così tanto...

Il resto del pomeriggio passò in fretta: visitarono Central Park, a soli due isolati dalla NYADA, e Kurt si perse nella semplicità del parco di New York: l'ultima volta ci aveva passato pochissimo tempo e lo ricordava appena. Anche lì riuscì a trovare il suo posto preferito: c'era una panchina vicino ad un laghetto, giusto di fianco ad uno dei cancelli, con quel lampione un po' storto ad un passo. Era perfetto.

Videro da lontano l'Empire State Building, e poi Manhattan, il ponte di Brooklyn e Ground Zero. Dove una volta sorgevano le torri gemelle, ora c'era il cantiere della futura Liberty Tower: la zona era completamente recintata con barriere di legno alte diversi metri e Kurt avrebbe voluto sedersi sulle gradinate di fronte al cantiere per un po’ ma Amy gli sorrise gentilmente e lo prese per il gomito. Visitarono un palazzo lì di fronte, con vetrate molto ampie che si affacciavano all’interno dell’area chiusa, permettendo ai passanti di vedere cosa c’era oltre la barriera. Quando tornarono sulla scalinata, un artista di strada tirò fuori la chitarra ed intonò Into the fire.

Per l'ennesima volta quel giorno, Kurt si ritrovò con le lacrime agli occhi. 

Si sentiva così spaventosamente piccolo e insignificante, in confronto alla città, e avrebbe tanto voluto poterla già considerare casa, ma c'era qualcosa nel fondo del suo stomaco che gli impediva di stare davvero bene. Non sapeva dire cosa fosse: c'era qualcosa che mancava

Erano quasi le quattro quando Kurt realizzò che c'era un ultimo posto che voleva vedere, quel giorno. Non appena lo disse ad Amy lei gli fece un sorrisone e chiamò un taxi in fretta.

 

Quando arrivarono e scesero dall'auto gialla, Kurt prese un bel respiro e si sentì un po' meglio. Broadway era stupenda esattamente come la ricordava. Era caotica, era colorata, era arte

Si sentì un po' più nel posto giusto, ma ancora non era - ancora non era casa.

Vagò un po' per la famosa strada, con Amy che saltellava al suo fianco e gli raccontava di tutti i Musical che era stata a vedere a teatro e dei modi migliori per accaparrarsi un biglietto a poco prezzo - "arriva la mattina e dì a tutti che è il tuo battesimo da palcoscenico. Ti lasceranno passare avanti e prendere il biglietto!" - e si guardò attentamente intorno, esaminando i cartelloni: Rent, West Side Story, Wicked, The Lion King, The Phantom of the Opera...tutti musical famosi che moriva dalla voglia di vedere. E l'avrebbe fatto. 

Era a New York City, ora, ed era lì per viverci. Ce l'aveva fatta. 

Fu tentato di andare a sbirciare vicino ai teatri, ma Amy lo prese per la manica con aria triste. 
"Dovrei tornare indietro, il traffico di New York è terribile e non posso arrivare tardi per il mio turno alla Reception. Se vuoi rimanere posso darti le indicazioni per come tornare alla NYADA."

Kurt ci pensò su per un istante. Non era affatto pratico della città: si sarebbe perso nel giro di mezz'ora. Forse meno. 

"No, tranquilla, torno in dormitorio anche io. Mi faccio una bella doccia e inizio a fantasticare su quanto vorrei incontrare Brad Pitt in giro per il Queens" le rispose con un sorriso. 

Stavolta fu Kurt a fermare un taxi, ed era particolarmente impegnato a festeggiare silenziosamente questo grande traguardo raggiunto, perciò non vide una testa riccia spuntare fuori da una porta sul retro di uno dei teatri e guardarsi intorno. 

 

 

*

 

 

Blaine sudava sempre tantissimo, quando era agitato. Dire che era un bagno di sudore, mentre aspettava ansiosamente che arrivasse il suo turno, sarebbe stato un eufemismo. La paura - neanche tanto irrazionale - per quel benedetto provino gli aveva persino fatto dimenticare Kurt. Giusto un attimo, però. 

Il pensiero del ragazzo era tornato prepotentemente nella sua mente e ora era ancora più agitato

Fantastico.

Quando una delle assistenti gli si avvicinò, strinse con forza gli spartiti che aveva in mano, spiegazzandoli tutti. 

Oddio. Aiuto, gemette nella sua testa.

"Blaine Anderson?" fece gentilmente la donna, notando il suo stato pietoso. 

Blaine riuscì solo a fare un cenno affermativo con la testa. 

"Tocca a te. In bocca al lupo."

Ormai era lì e non poteva più tirarsi indietro. Fu improvvisamente contento che quello fosse il piano B. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto se non avesse avuto qualcos'altro a cui aggrapparsi in caso di esito negativo. 

Arrivò fin dietro le quinte probabilmente spinto da qualche forza sovrannaturale, perché le sue gambe non volevano proprio smetterla di tremare ed aveva il cuore in gola, e batteva talmente forte che avrebbe fatto fatica a sentire la sua voce.

Cercò di prendere un respiro molto profondo per calmarsi ma fu tutto inutile. Il viso sorridente di Kurt comparve di nuovo nella sua mente e Blaine deglutì. Era ora di prendere in mano la sua vita. 

Così scosse la testa e si mosse verso il centro del palco, uscendo alla luce dei fari del teatro. 

"Salve, sono Blaine Anderson e sono qui per fare il provino per la parte di Tony. Canterò Something's Coming." 

 

 

*

 

 

Kurt e Amy erano appena rientrati alla NYADA ed Amy era inciampata nel tappeto del corridoio delle stanze dei ragazzi, rischiando di finire stesa a terra e facendo quasi soffocare Kurt dal ridere. Alla fine si erano fermati di nuovo in caffetteria a prendere qualcosa da mangiare per cena, non avendo nessunissima voglia di cucinare, e l'avevano sistemata nel frigorifero della cucina comune. 

In quel momento si trovavano davanti alla porta della stanza di Kurt e Amy stava stordendo il ragazzo con i racconti della NYADA e della famigerata competitività dei suoi allievi. 

"Scherzi? Qui la gente si mastica viva per ottenere gli assoli. Aspetta che inizieranno i provini per lo spettacolo di Natale e vedrai! Se non riesci a tenere testa a Madison Harris, ti farà a fette."

"Cercherò di ricordarmi il nome e tenermene alla larga. E poi io sono un controtenore: sono un ragazzo e posso raggiungere note che molti mezzosoprani si sognano" protestò Kurt fingendo un po' di sana altezzosità. 

Amy stava per ribattere, probabilmente per prenderlo in giro come aveva fatto tutto il giorno - Kurt l'aveva già detto che la adorava? - quando il campanello della reception trillò e richiamò l'attenzione della ragazza. 

Amy scattò sull'attenti con un sorriso smagliante. "Il lavoro mi chiama!" esclamò. "Ci vediamo domani, Kurt!"

Gli scoccò un bacio sulla guancia, che il ragazzo accettò con una punta di perplessità, e saltellò via. 

 

Kurt aprì la porta della sua stanza con un sospiro. Era esattamente come l'aveva lasciata: un po' vuota, non del tutto familiare e non ancora veramente sua.

Correre da una parte all'altra della città per stare al passo con l'energia da uragano di Amy era stato sfiancante e Kurt si sentiva sudato e fondamentalmente un relitto, quindi decise di farsi una bella doccia per rilassarsi. Poi avrebbe mandato un messaggio a Blaine. 

 

Reso improvvisamente attivo dalla decisione appena presa - perché ci aveva messo tutto il giorno a decidere, se Blaine era stato costantemente nei suoi pensieri? - Kurt si infilò sotto al getto d'acqua calda e ci rimase per meno di dieci minuti. Si vestì in bagno - dei semplicissimi pantaloni della tuta ed una maglietta bianca, per quanto potesse suonare incredibile accostare i termini 'tuta' e 'Kurt Hummel' nella stessa frase - e si mise alla ricerca della spazzola con cui di solito si asciugava i capelli. 

Ma niente, in bagno non c'era. 

Tornò in camera e cercò un po' tra i cassetti. Eppure era sicuro di averla lasciata sul lavandino! 

I suoi capelli erano ancora grondanti d'acqua e se non li avesse asciugati in fretta non solo si sarebbe preso un colossale raffreddore, ma sarebbero stati un assoluto disastro. 

"Ma dove cavolo- "

La sua imprecazione fu interrotta da una chiave che veniva infilata nella serratura, dall'altra parte della porta. 

"Merda" borbottò a mezza voce, cercando di darsi una sistemata. Non c'era possibilità che fosse Amy, lei non aveva la chiave della sua stanza. Doveva essere il suo nuovo coinquilino, appena arrivato da chissà dove. Kurt sperò con tutto se stesso di stargli simpatico, o non avrebbe retto quattro anni di vita gomito a gomito con qualcuno che non sopportava. 

Non posso farmi vedere dal mio futuro coinquilino conciato così, pensò irrazionalmente mentre una mano correva ai capelli bagnati e sparati in tutte le direzioni. 

Chiunque ci fosse dall'altra parte, litigò per un istante con la serratura. Kurt fece un passo avanti per aprire la porta, quando questa finalmente si spalancò. 

Il suo cuore perse un battito e la mano che aveva tra i capelli scivolò fino alla bocca, portando con sé alcune gocce d'acqua. 

Kurt sbarrò gli occhi. 

"Non è possibile."

 

 

 

Note dell'Autrice

 

*scappa nel bunker anti-atomico e butta la chiave*

 

(voce dall'oltretomba) 

Ragazze, non ammazzatemi. Lo so, mi odiate. Ma non fatemi fuori, o non saprete mai come va a finire xD

Che poi l'avrete sicuramente capito quindi stiamo qui a pettinare le giraffe. Lo so, amo i cliffhanger. Amo scriverli, più che altro. 

Dal prossimo capitolo in poi rimarrò chiusa nel bunker fino alla fine della storia, quindi altri tipo quindici capitoli xD

Che devo dire? Ah.

Eh, ragazze. Fate le vostre supposizioni, ditemi cosa sospettate e se pensate di aver indovinato, fatemi sapere cosa pensate del capitolo e...boh, potete anche insultarmi, basta che non mi fate male fisicamente, che non posso arrivare agli esami di maturità con le stampelle! 

I pomodori sono nella cassa alla vostra destra XD

Oh, insomma. Chissà chi è appena entrato nella stanza di Kurt.......

 

...lo scopriremo nella prossima puntata! XD

 

Un grazie speciale va a SereILU, che ogni tanto mi offre i suoi servigi da super-beta, praticamente fin da quando scrivevamo su Harry Potter (oh, bei tempi!) e che oggi ha meticolosamente betato il capitolo DUE VOLTE e mi ha preso a randellate figurative in testa per le mie assurde frasi senza senso. Inoltre tutte le informazioni sulla Nutella e New York vengono da lei, e non smetterò mai di ringraziarla o volerle fare una statuetta di pongo per questo. E ovviamente grazie infinite anche a Fra e Ila, che mi ascoltano sempre quando ho bisogno di dare di matto o sono in crisi. Grazie, ragazze!

 

E poi, last but not least, un grazie immenso a voi e alla fiducia che state dando alla storia e a me, grazie per la compagnia che mi tenete su facebook e per gli scleri che condividiamo! Grazie a chi mi ha fatto gli auguri di compleanno nelle recensioni e chi mi ha lasciato un messaggio su facebook, chi ha sclerato con me e chi me ne dice di tutti i colori per i miei finali del cavolo :) Grazie. <3

 

A martedì prossimo, 

 

Selene (che vi vuole tanto bene e vorrebbe arrivare viva almeno fino alla fine della storia) <3

 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Non uccidetemi, vi prego

Non uccidetemi, vi prego.

 

A Ila, che è atleticamente saltata

via dalla panchina quando ha scoperto l’epilogo di questa storia.

Ti devo del Voltaren xD

 

Capitolo tredici

 

"I won't let you close enough to hurt me" 

La vita è fatta di attimi. Insignificanti scarti di tempo talmente brevi che muoiono prima ancora di iniziare. Ti colpiscono con la velocità di un fulmine e se ne vanno così come sono arrivati: in un battito di ciglia.

Cogliere un attimo è impossibile: è troppo veloce, troppo sfuggente. Non si è mai abbastanza rapidi ad allungare una mano e ad afferrare un istante. Così come non si può manipolare il tempo.
Si possono fermare le lancette dell'orologio, magari, o impedire alla sabbia di una clessidra di scendere, ma è una mera illusione. La verità è che non lo si può fermare, perché scorre veloce come il battito di un cuore o lento come un giorno d'estate. E’ semplicemente fuori dal nostro controllo. 

Se avesse potuto, Kurt avrebbe tolto le pile all'orologio e si sarebbe fermato a pensare.
Avrebbe inclinato la clessidra per impedire alla sabbia di scendere e, una volta che tutto intorno a lui si fosse congelato, avrebbe pensato ho i capelli fuori posto. Ci avrebbe riflettuto su e se ne sarebbe fatto una ragione.

Poi avrebbe pensato fa qualcosa, Kurt. Quello è davvero Blaine.
E solo allora avrebbe agito, perché l'attimo era fermo e poteva sfiorarlo con le dita e farlo suo. 
Ma Kurt non aveva un orologio cui togliere le pile e, a dirla tutta, nemmeno una clessidra. Kurt non aveva un momento da afferrare perché era già passato e lui non aveva fatto in tempo.

Magari era vero quello che dicevano in giro: che basta un minuto per farsi piacere una persona, un'ora per affezionarsi, un giorno per innamorarsene, ma non basta una vita intera per dimenticarla. Kurt non ci aveva mai creduto, in realtà. Ce ne aveva messo di tempo per prendersi una cotta per Finn e l’aveva dimenticato – fortunatamente – in fretta. Però, ora, quel modo di dire assumeva un significato nuovo, ai suoi occhi. Non credeva ai colpi di fulmine, certo. Però, chissà, forse con Blaine era diverso.

Tuttavia, Kurt non aveva gli istanti, ma aveva i minuti, le ore e i giorni. Aveva una vita intera.
Così non aveva colto l'attimo in cui Blaine aveva fatto un passo avanti, si era sfilato la chitarra dalla spalla e l’aveva appoggiata al muro; non aveva colto
 quello in cui i suoi occhi dorati si erano posati nei suoi e nemmeno quello in cui la porta si era chiusa alle sue spalle con un tonfo sordo. Poi Blaine aveva mormorato il suo nome ma Kurt non aveva colto nemmeno quello, di attimo. Li aveva lasciati scivolare e li aveva persi tutti, perché cogliere un attimo è impossibile. Però aveva fatto un rapido passo avanti, poi un altro, fino a che le sue mani non avevano afferrato la maglietta bianca di Blaine per attirarlo a sé. 
E aveva capito che non aveva bisogno di fermare il tempo: l'unico modo per far suo quel momento era lasciarlo andare. 
Così, l’istante successivo, le sue labbra premettero con forza contro quelle di Blaine.

 

*

 

Quando le labbra bollenti di Kurt si scontrarono con le sue il cervello di Blaine smise di funzionare correttamente. il cuore gli batteva talmente forte da coprire qualsiasi altro suono. Si irrigidì contro il corpo del ragazzo e sentì Kurt trattenere rumorosamente il respiro mentre nessuno dei due osava muovere un muscolo. 

Tuttavia non ebbe il tempo di formulare un pensiero concreto del tipo ‘non si sta domandando cosa ci faccio qui?’, perché era troppo impegnato a svegliarsi di botto e attivare di nuovo le funzioni motorie perse chissà dove. Lasciò la presa sul borsone, che cadde a terra con un tonfo sordo, e avvolse le braccia intorno al corpo di Kurt  premendogli le mani sulla schiena per avvicinarlo il più possibile.

Kurt sospirò sulla sua bocca e Blaine si allontanò appena per guardarlo in viso.

Sembrava stordito, ma Blaine stesso era sicuro di avere l’aria di uno che aveva appena preso una botta in testa.

Incontrò il bagliore azzurro e verde dei suoi occhi e sentì le palpebre abbassarsi e il suo respiro caldo solleticargli il mento per un istante soltanto, perché poi le labbra soffici di Kurt scivolarono di nuovo sulle sue e Blaine si sciolse contro il suo corpo caldo, decidendo che qualsiasi spiegazione poteva attendere, almeno per il momento, perché Kurt lo stava baciando e lui non aveva ancora fatto praticamente niente.

Se il primo bacio era stato più un’aggressione deliberata – non che se ne sarebbe lamentato, in futuro – Blaine si perse nella morbidezza del secondo chiudendo lentamente gli occhi.

La bocca di Kurt era quasi cauta mentre si muoveva sulla sua e le sue mani si spostarono sui suoi fianchi con delicatezza. Blaine non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo ma le azioni che seguirono gli vennero naturali come respirare, come se avesse sempre saputo come baciare Kurt.

Kurt lasciò la presa sulla sua maglia, salendo ad intrecciare le dita dietro la sua nuca e a solleticare i capelli tenuti a bada dal gel. Il brivido che lo percorse fu talmente forte che Blaine era certo che perfino Kurt se ne fosse accorto. Il ragazzo, infatti, emise un soffice mormorio di apprezzamento e dischiuse appena la bocca in un muto invito. Blaine sperò di averlo interpretato nella maniera giusta e un istante dopo fece scivolare la lingua a tracciare il contorno del suo labbro inferiore.

 

Di nuovo il suo cervello si scollegò di botto quando Kurt emise un gemito soffocato. Il suono lo investì come un treno in corsa e si ritrovò con il viso bollente di Kurt tra le mani e il corpo del ragazzo che sembrava prendere vita sotto il suo tocco. Non pensava che avrebbe mai provato niente di altrettanto devastante e meraviglioso: la sola sensazione di avere Kurt tra le braccia gli toglieva il respiro.

Lasciò che Kurt lo spingesse leggermente indietro fino a che non sentì la porta contro le scapole. Il ragazzo si premette di più contro di lui e Blaine accolse il suo invitante calore facendogli scorrere le mani lungo i fianchi, appoggiandosi al legno chiaro e trascinando Kurt con sé. Questa volta fu la lingua dell’altro a sfiorare le sue labbra, così dischiuse la bocca e lasciò che si intrecciasse alla sua.

Menta. Kurt sapeva di menta e burro cacao e la cosa, chissà perché, non lo stupiva affatto. Era come se una parte di lui l’avesse sempre saputo.

Le sue mani continuarono a vagare lungo la schiena di Kurt, tracciando il corso della sua spina dorsale con la punta delle dita, dal collo, dove la pelle era ancora bagnata, fino all’elastico dei pantaloni della tuta. Lo sentì rabbrividire al suo tocco mentre continuavano a baciarsi senza nemmeno fermarsi a respirare. Kurt spinse la lingua contro la sua con un po’ più di forza e il movimento languido gli strappò un sospiro tremante.

Blaine sentiva il cuore di Kurt battere sotto la maglietta e contro il suo petto, quasi come se cercasse di seguire il tempo del suo respiro spezzato.

Allontanò le labbra dalla bocca di Kurt per prendere fiato e il ragazzo dagli occhi azzurri gli baciò lo zigomo, sfiorandogli la tempia con la punta del naso, per poi lasciare dei lievi baci lungo la linea della mascella. Blaine lo sentì sorridere contro la sua guancia. Probabilmente l’accenno di barba a contatto con le sue labbra gli stava facendo il solletico. Al pensiero fu costretto a reprimere un brivido di eccitazione.

Kurt gli prese il viso tra le mani e gli posò un altro languido bacio sulle labbra semichiuse e Blaine sollevò appena le palpebre per cercare di intravedere il suo viso attraverso le ciglia.

Il ragazzo si allontanò di un centimetro dalla sua bocca e Blaine sospirò quando Kurt gli fece scivolare le mani dal viso lungo il petto fino a posarle sui suoi fianchi per attirarlo più vicino. Fu quando i loro bacini si sfiorarono che, incredibilmente, Blaine recuperò parte della sua lucidità.

Abbastanza da rendersi conto che non poteva fare tutto questo con una serie di cose non dette che pesavano tra di loro. Doveva fermarsi prima che fosse troppo tardi, perché non poteva continuare a baciare Kurt e tenergli nascoste cose così importanti. Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, ormai.

“Aspetta.”

Il suo sussurro era stato talmente basso che pensò che probabilmente Kurt non l’aveva nemmeno sentito.

Ora o mai più, Blaine. E’ qui, tra le tue braccia. Ti ha baciato. Fallo adesso.

Kurt parve rendersi conto solo in quel momento di cosa stava facendo, perché scattò indietro e quasi scivolò via dalla sua presa, portandosi le mani alla bocca. I suoi occhi azzurri erano lucidi e spalancati per la sorpresa.

“Oh mio Dio, Oh mio Dio. Scusa, io- dopo il modo in cui sono scappato l’altro giorno, tu- e il telefono, mi dispiace, non-“ balbettò. Prima che sorgesse l’ennesima incomprensione Blaine lo zittì, tirandolo di nuovo a sé e appoggiando la fronte alla sua.

“Ehi” sussurrò in tono rassicurante. “Va tutto bene.

Gli lanciò un sorriso timido e Kurt rispose arrossendo e alzando un angolo della bocca in una smorfia poco convinta. Blaine si sentiva stordito dalla vicinanza dell’altro ragazzo e da quello che era appena successo – Kurt l’aveva baciato! L’aveva baciato davvero! – ma sapeva quanto fosse importante spiegargli tutto quanto.

 “Mi dispiace essere scappato, in stazione! E ora questo... Sono stato un po’ avventato, io-“ riprese a blaterare Kurt.

“Niente affatto” lo interruppe Blaine. “Cioè, mi hai sorpreso, sì, ma non è che mi sia dispiaciuto. Questo.”

Ok, doveva mettersi a fare l’idiota proprio adesso? Certo, era il suo assurdo modo di fare: fingi che il problema non esista scherzandoci su e quello scomparirà magicamente!

Doveva dire tutto a Kurt, e doveva farlo subito.

Kurt arrossì sotto al suo sguardo e Blaine prese un respiro profondo. Non sapeva nemmeno da dove cominciare.

L’altro ragazzo, però, lo anticipò lasciandolo completamente di stucco.

“Volevo farlo da quando abbiamo cantato insieme” ammise debolmente, abbassando lo sguardo azzurro per fissare un punto imprecisato tra i loro corpi che si sfioravano.

Blaine non resistette più. Gli alzò delicatamente il mento con due dita per guardarlo negli occhi.

“Sono contento che tu l’abbia fatto.

Volevo farlo anche io. Da tanto, tanto tempo.

Kurt sorrise e i suoi occhi si illuminarono. Poi si fece perplesso per un istante, e Blaine sapeva cosa stava per chiedere. Anzi, era stupito che non se ne fosse reso conto prima.

“Scusa se te lo chiedo, ma… cosa ci fai qui?” domandò infatti Kurt aggrottando le sopracciglia. “Non che io non ne sia felice” precisò con un inconsapevole sorriso malizioso.

 Fallo, Blaine. Diglielo.

“Sono uno dei nuovi studenti della NYADA” buttò fuori tutto d’un fiato. Quando Kurt rispose sbattendo le ciglia, probabilmente sotto shock, aggiunse: “E il tuo nuovo coinquilino, a detta della ragazza alla reception.

Kurt sembrò impiegarci diversi secondi per metabolizzare la notizia, e i suoi occhi azzurri erano così confusi che Blaine gli lasciò il viso per andare a stringergli le mani.

“Quando hai detto che avresti frequentato la NYADA io – non ho fatto in tempo a fare nulla, perché hai risposto al telefono prima che potessi dirti ‘ehi, anche io!’, e quando sei tornato sono successe così tante cose e sono stato così stupido, non ti ho detto niente, mi- mi dispiace, e…” incespicò con le parole mentre gli occhi di Kurt si facevano sempre più lucidi, animati da qualcosa che Blaine non riusciva ad interpretare.

Non aveva idea di come la stesse prendendo.

Ed è solo la punta dell’iceberg.

Blaine racimolò tutto il coraggio di cui disponeva. Non era pronto ma sapeva benissimo che non lo sarebbe mai stato, perciò era inutile continuare ad aspettare.

“Ci sono delle cose che non ti ho detto, Kurt, e che invece avresti davvero dovuto sapere. Avrei dovuto spiegarti tutto fin dall’inizio, ma le cose si sono incasinate e ho perso il controllo della situazione”, sussurrò evitando di guardarlo negli occhi.

Ho avuto paura e ho perso Dio solo sa quante occasioni.

Kurt trattenne rumorosamente il respiro. “Beh, magari ci sono state delle incomprensioni. E devo ammettere di essermi fatto delle domande su alcune cose, ma…” esitò, dubbioso.

Adesso. Diglielo, Blaine.

“Cos’è che dovrei sapere?” domandò alla fine Kurt.

Blaine non riusciva a guardarlo, quindi non aveva idea di cosa avrebbe trovato sul viso di Kurt se avesse alzato lo sguardo. Non riusciva nemmeno ad intuire il suo stato d’animo dal suo tono di voce.

Prese un respiro tremante e si decise ad alzare gli occhi in quelli di Kurt. Quando lo sguardo azzurro di Kurt si fermò nel suo gli si spezzò il cuore. Allora gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò fino a che i loro nasi non si sfiorarono.

“Avrei voluto dirtelo. Dio, non sai quanto, ma- ma non sapevo come fare”ripeté piano. “Come potevo spiegarti…”

Le parole gli si bloccarono in gola. Vedeva gli occhi di Kurt farsi sempre più lucidi, quasi spaventati.

Diglielo.

Quando parlò la sua voce era ridotta ad un sussurro quasi inesistente, talmente debole che il battito del suo cuore ne copriva il suono quasi del tutto. Questo non impedì alle parole di aleggiare tra loro.

“Credo di provare qualcosa per te fin dal primo istante in cui ti ho visto” confessò.

 Kurt spalancò involontariamente la bocca e forse stava per dirgli qualcosa, però Blaine doveva – lui doveva finire.

“Ma…” esitò per un momento soltanto, poi chiuse gli occhi, spezzando il contatto con quelli di Kurt. “…non è stato su quel treno.

 

Quando li riaprì, l’incredulità sul viso dell’altro lo colpì come uno schiaffo in pieno viso. Kurt era evidentemente sconvolto. Blaine si domandò se se l’aspettasse, almeno un po’. Se per un attimo ci avesse addirittura sperato.

C-cosa?”

Quando Kurt si decise finalmente a parlare cercò immediatamente i suoi occhi per una conferma. Blaine lasciò che quel mare azzurro e verde lo cullasse per un istante, prima di rispondergli.

“La prima volta che ti ho visto è stata alle Provinciali. Ti ho visto davvero, ti ho sentito cantare con le New Directions. Non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso”.

Kurt spalancò la mascella e Blaine riuscì a sorridergli debolmente, nonostante il suo stomaco fosse chiuso in una morsa d’acciaio.

“Non è successo solo alle Provinciali…ci siamo incontrati diverse volte, ma tu sembravi non vedermi mai. Non hai idea di quanto ho sperato che tu ti ricordassi di me, sul treno” ammise a bassa voce.

Kurt non riuscì nemmeno a distogliere lo sguardo. “Mi dispiace” sussurrò.

“Non è colpa tua.” Blaine sapeva che Kurt era sincero: poteva leggerglielo negli occhi. “E non è mia intenzione farti sentire in colpa per questo. Ho sprecato troppe occasioni negli ultimi due anni: sarei potuto venire a parlarti o cercarti e non – non l’ho mai fatto” si rimproverò.

Kurt era ancora immobile come una statua davanti a lui ma non aveva lasciato le sue mani per dargli dello stalker e cacciarlo, quindi Blaine lo interpretò come un buon segno. Una debole speranza si accese nel suo cervello.

“Perché non sei venuto a parlarmi dopo le Provinciali? O le altre volte” chiese Kurt timidamente. “Hai detto che ci siamo visti ancora… Perché non mi hai mai cercato?”

Perché sono un idiota ed un vigliacco.

“Io...”

Che cosa avrebbe dovuto dirgli?

Non ti sei mai accorto di me, Kurt. Ed io ho sempre trovato una scusa per non cercarti perché questa cosa mi spaventava ed ero uno stupido orgoglioso. Prima Jeremiah, poi la vittoria, Sebastian...

“È complicato” disse invece, cercando di trattenere l’impulso di posargli una mano sulla guancia. Come al solito, il contatto visivo tra di loro era fondamentale, quasi costituisse una conversazione a sé, cento volte più profonda di quella che stavano avendo. “La notte in cui ci siamo fermati in hotel stavo per dirti tutto, davvero. Dopo quello che è successo adesso...” esitò. Il bacio che si erano scambiati poco prima era un chiaro segno che Kurt provava qualcosa per lui. Doveva dirgli la verità una volta per tutte. “Vorrei averlo fatto quella sera, ma...

Gli si bloccarono di nuovo le parole in gola e strinse le labbra, frustrato. Come avrebbe dovuto spiegarglielo? Come si spiega una cosa del genere?

Sapeva che sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.

“Ma...?” chiese Kurt con un filo di voce. Non staccò gli occhi dai suoi e Blaine vi lesse tutta la paura che lo animava, tutta la speranza, la confusione.

“Hai trovato quella lettera e mi hai raccontato che il tuo ex ragazzo ti aveva tradito con qualcuno allo Scandals” Blaine cercò di prendere fiato, ma lo sguardo spaventato di Kurt gli bloccò il respiro in gola. Si sentiva soffocare mentre dietro quegli occhi azzurri la paura sembrava addensarsi. “Mi hai detto che il tuo ragazzo si chiamava Dave. David Karofsky. Io-“

Gli occhi di Kurt si spalancarono e il dolore si riversò sul suo viso angelico.

“Ero là” disse allora Blaine tutto d'un fiato, stringendogli le mani.  “Allo Scandals. Il giorno del mio compleanno.

Ricordava bene come Nick aveva pronunciato quel nome e quando l'aveva sentito uscire dalla bocca di Kurt si era sentito come se l'avessero appena preso a schiaffi. Una coincidenza davvero molto strana, tanto da pensare che il destino gli stesse giocando davvero un brutto scherzo.

Kurt impallidì e s'irrigidì di colpo.

“Tu...conosci Dave?” pigolò, lo sguardo ferito. “Tu...Lui – Oddio. Oh mio Dio, tu –“

“No!” esclamò Blaine, intuendo che Kurt aveva frainteso tutto nel peggior modo possibile. “No, non con me! Non avrei mai potuto...

“Allora cosa? Che cosa è successo, Blaine?” sussurrò Kurt con gli occhi lucidi, immobile nella sua stretta.

Mi odierà, ma devo dirglielo. Merita di sapere la verità.

“Ti ricordi di quando ti ho parlato di Sebastian?”

Kurt annuì debolmente. Erano talmente vicini che Blaine vedeva con estrema chiarezza alcune lacrime aggrappate ­alle sue ciglia.

“C’era anche lui, quella sera.

La comprensione colpì Kurt alla velocità della luce. Blaine poteva quasi vederla farsi strada come veleno nel suo cervello.

Mi dispiace. Mi dispiace così tanto, Kurt.

Non c’era bisogno di aggiungere altro, a quanto pareva. Kurt aveva capito tutto.

“Come lo sai?”

Il suo tono spento affondò ancora di più il pugnale nel petto di Blaine.

Nick, uno dei Warblers che era lì con me, li ha sentiti parlare per sbaglio mentre andava in bagno” rispose con voce roca. “Loro erano lì e ha sentito David presentarsi a Sebastian. Quando è tornato ci ha raccontato che Sebastian aveva trovato l’ennesimo ragazzo ubriaco da... si bloccò al lampo di dolore che passò negli occhi di Kurt. “Quando sono passati davanti a me, però, Sebastian lo stava aiutando ad uscire, perché barcollava un – un po’, e... sembrava diverso dal solito Sebastian.

Il viso di Kurt era pallido e tirato, ma non disse una parola.

“Volevo spiegarti tutto. Quando mi hai raccontato cosa ti era successo, quella notte, e ho fatto il collegamento tra te, Sebastian e quel ragazzo di cui sapevo solo il nome e che ho visto di sfuggita... stavo per spiegarti tutto, ma tu stavi così male e non volevo ferirti ancora di più. Non sapevo come fare e poi Sebastian è spuntato fuori in stazione e tu sei scappato... e quando sono arrivato qua ci siamo baciati e Dio, non potevo cominciare questa cosa, qualsiasi cosa sia, con una bugia.”

“Avresti dovuto dirmelo!” esplose Kurt a voce alta, sgusciando via dalla sua presa. “Ho passato tutto il tempo a chiedermi – e tu lo sapevi! Hai sempre saputo tutto!” esclamò con aria ferita.

“Mi dispiace!” disse Blaine di rimando. “Lo so, avrei dovuto dirtelo, maledizione, ma come facevo a spiegarti?”

Kurt voltò la testa rifiutandosi di incontrare il suo sguardo, e quello ferì Blaine più di ogni altra cosa.

“Che cosa avrei dovuto fare?” chiese allora Blaine con voce spezzata. “Svegliarti nel cuore della notte e dirti ‘ehi, frequenterò anch'io la NYADA, ho una cotta per te da quando ho sedici anni e tu non ti ricordi nemmeno di avermi mai visto’.” Ormai stava quasi urlando. “Ah, dimenticavo! Il tipo con cui sono andato a letto è lo stesso con cui ti ha tradito il tuo ragazzo!”

Kurt sussultò e Blaine si pentì immediatamente di quello che aveva detto. Così finiva per allontanarlo ancora di più. Si passò una mano tra i capelli, facendo un passo verso Kurt per cercare di guardarlo in faccia. Quando Kurt alzò il viso, Blaine venne paralizzato sul posto dal suo sguardo spaventato e dalla mascella tesa.

“Mi dispiace. Lasciami spiegare.” Sussurrò. “Ti dirò tutto. Io-“

“Ho bisogno di stare da solo” mormorò Kurt con gli occhi rossi. Si guardò intorno, tremando come una foglia, in cerca di qualcosa.

Afferrò una chiave da sopra la scrivania – quella della loro stanza, intuì Blaine – e si passò una mano tra i capelli ancora umidi.

“Aspetta” Blaine si avvicinò di un passo. Ma Kurt ormai l’aveva tagliato fuori. Era lontano anni luce, irraggiungibile.

“Ho bisogno di riflettere” ripeté Kurt con tono spento, evitando attentamente di guardarlo in viso.

Spalancò la porta e se la chiuse alle spalle con un tonfo senza voltarsi indietro.

“Kurt, aspetta!” gridò Blaine alla porta chiusa.

Ti prego.

Ma Kurt se n’era andato. Di nuovo.

 

 

*

 

La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo e le parole di Blaine gli rimbombarono in testa confusamente, lottando l’una con l’altra per farsi sentire.

Non è stato su quel treno.

Kurt non riusciva a crederci. Era impossibile. Passò davanti alla reception senza sentire davvero Amy che gridava il suo nome preoccupata.

... una cotta per te da quando ho sedici anni.

Che cosa stava succedendo? Perché era così felice e confuso e dolorante allo stesso tempo?

Il tipo con cui sono andato a letto è lo stesso con cui ti ha tradito il tuo ragazzo.

Correre via, doveva correre via. Aveva bisogno di stare da solo, riflettere e capire. Non voleva sentire più niente.

Corse per due isolati interi, sbattendo contro i passanti senza nemmeno voltarsi per scusarsi, con il fiato corto, le lacrime agli occhi e i capelli umidi che svolazzavano all’aria fresca della sera.

Corse fino a che i cancelli di Central Park non accolsero la sua figura e il sole non tramontò sulla sua confusione.

 

 

*

 

Fracassarsi le nocche contro il muro non l’avrebbe aiutato a risolvere la situazione e Blaine lo sapeva. Questo, tuttavia, non gli impedì di prendere a pugni la parete vicino alla porta fino a che non perse la sensibilità della mano sinistra.

Merda.”

Blaine appoggiò la fronte contro il muro, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo per schiarirsi le idee. Aveva combinato un bel disastro e non sapeva se Kurt l’avrebbe mai perdonato.

Perché era stato così stupido da non raccontargli tutto quanto subito?

Si voltò e appoggiò la schiena alla porta, scivolando lungo il legno fino a sedersi. Si portò le ginocchia fin sotto al mento e si avvolse le gambe con un braccio.

Doveva parlarne con qualcuno e chiedere un consiglio. Era ora di tirare fuori tutto quanto e poi-

E poi non lo sapeva. Ma avrebbe trovato un modo, questo era certo. Non aveva nessuna intenzione di lasciar andare Kurt senza combattere. Non dopo quel bacio. Non dopo che quel meraviglioso ragazzo aveva fatto silenziosamente avanti e indietro nella sua vita per due anni.

Blaine tirò fuori il telefono dalla tasca e compose il numero velocemente. Si portò l’oggetto all’orecchio e attese.

“Pronto?” 

La voce squillante dall'altro capo del cellulare gli fece quasi venire voglia di piangere, ma cercò di darsi un contegno. Non poteva continuare a piangersi addosso.

Nick” sospirò pesantemente, sbattendo le palpebre. 

 “…Blaine? Blaine, che succede? Non sei alla NYADA?” domandò Nick, il tono di voce perplesso che virava di botto al preoccupato.

“Possiamo vederci?” chiese Blaine con voce roca, stringendosi di più le ginocchia contro il petto.

“Sta bene, cred- sì, Blaine, siamo al bar di Jeff, sulla trentaseiesima. Zitto, Jeff, non so cos- Blaine, ci sei? Che cos’è successo?”

La confusione dall’altra parte della linea indicava che Nick era con Jeff, in un posto non troppo affollato.

Blaine non rispose ma prese un altro profondo respiro.

“Blaine!” esclamò Nick al telefono.

“Sono un imbecille, Nick” mormorò sperando che capisse.

Nick rimase in silenzio per un attimo.

“Ora tu porti il tuo sedere scultoreo al Cosmopolitan Cafè e ci racconti tutto – tutto quanto, Blaine. Ne parliamo e troviamo una soluzione. Non costringermi a mandare Jeff a prenderti di peso” disse poi in tono autoritario ma affettuoso.

Blaine sospirò.

“Mezz’ora e sono lì.”

 

 

 

Note dell’Autrice

Ok, ragazze, voi non avete idea di quanta ansia mi metta questo capitolo. E’ uno dei più importanti dell’intera ff, il punto di svolta assoluto. Quindi spero davvero che non vi abbia deluso, ecco.

Era piuttosto scontato che il nuovo compagno di stanza di Kurt fosse Blaine. Nella mia testa, almeno. Talmente scontato che nessuna di voi ci ha creduto veramente fino a…beh, adesso Xd Molte di voi si staranno domandando: e il provino di Blaine? @_@

Niente panico, tutte le risposte – e stavolta davvero tutte – si trovano nel prossimo capitolo!

Sappiate che non mi sono chiusa nel bunker anti-atomico perché in realtà è successo che sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo.

Allora, siete contente che è Blaine? *-*

Le reazioni di Kurt sono sempre un po’…esagerate, ma:

1-     E’ una drama queen, lo sappiamo bene

2-     Diverse volte ha fatto la fuga nel telefilm per poi rimuginarci sopra. Tipo al ballo scolastico! Cose strane succedono e lui fugge, ci pensa e torna. Con questo non è che voglio spoilerarvi niente, ovvio xD

 

Blaine…è un cretino, lo so. Abbiate pazienza con lui. Nel prossimo capitolo racconterà tutta la storia – TUTTA – e sono sicura che capirete meglio perché non ha detto tutto subito a Kurt. Io non avrei avuto il coraggio, per esempio. E li capisco entrambi: diciamo che, dal mio punto di vista, hanno entrambi ragione :D

Vi starete domandando perché Kurt non ha chiesto a Blaine: “ma tu non avevi il provino?”

Non so se ve lo ricordate, ma Kurt ha sbirciato tra i foglietti di Blaine. Quindi in teoria non dovrebbe saperlo xD

Qualcuna di voi aveva azzeccato il fatto che l’indirizzo sul foglietto di Blaine e quello che da Kurt al tassista era lo stesso. Cento punti, ragazze! :)

 

Per chi non ama la Karofskastian (?). Insomma, Dave e Sebastian insieme.

Li vedremo appena nei flashback del prossimo capitolo (pochino pochino) e poi ricomparirà giusto una volta Sebastian, sempre a modo suo. Quindi non ci saranno shipwar da metter su, mi dispiace :)

 

Come al solito devo ringraziare infinitamente SereILU che ha betato il capitolo (ragazza, tu l’hai SALVATO!), e Ila e Fra, che ci sono sempre quando ho bisogno di consigli o devo dare di matto sulla trama della storia :)

Ila, tra un po’ ti chiamerò di notte per vomitarti addosso pezzi di trama. Scusa xD

 

Ah, ecco cosa devo dire!

La fine di questa storia vi lascerà a bocca aperta. E c’è il lieto fine, tanto per essere chiari, quindi non preoccupatevi. Forse.

E poi cioè, ventitré recensioni? MA IO VI AMO!

 

 

A lunedì prossimo!

Selene <3

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


Capitolo quattordici

Capitolo quattordici

 

 

When you’re too in love to let it go,

but if you never try you’ll never know

just what you worth

 

 

Central Park al tramonto era davvero stupenda. Eppure Kurt non riusciva ad apprezzarne la bellezza mozzafiato: aveva troppi pensieri per la testa.

La rabbia era lentamente scivolata via dalle sue membra insieme alla calura del giorno. Mentre la tipica afa estiva newyorkese cedeva pigramente il passo alla freschezza della sera, Kurt aveva iniziato a rimuginare.

Si era seduto su una delle panchine di fronte al Conservatory Pond e aveva provato a svuotare la mente da tutti i pensieri e da tutte le preoccupazioni, una alla volta, come era solito fare prima di salire sul palco per esibirsi.

Avrebbe detto che, dopo anni di pratica, fosse ormai in grado di controllare le proprie emozioni. Tuttavia, qualsiasi sforzo facesse, davanti a Blaine crollava come un castello di carte al minimo alito di vento. In quel momento, però, non si trovava dietro le quinte in attesa di calcare la scena ed assaporare l’odore del palcoscenico, pronto a perdersi nello scroscio degli applausi o a bearsi del calore delle luci di scena sul viso: era seduto su una delle mille panchine del parco di New York a sbollire la rabbia e a cercare di capire cosa accidenti fosse successo nella sua stanza.

Perché, anche se le rivelazioni di Blaine l’avevano gettato nella confusione più nera, di una cosa era assolutamente certo: baciarlo era stata la miglior decisione avventata della sua intera esistenza. 

*

Prima di entrare Blaine osservò distrattamente il proprio riflesso sulla vetrina del Cosmopolitan Café. Aveva l’aria stravolta, il viso tirato e gli occhi lucidi ed arrossati. Si passò stancamente una mano sul viso nel tentativo di ricomporsi – con scarso successo - e non sembrare disperato. Un riccio sfuggì alla presa ferrea del gel e rimase dritto al centro della sua testa; sembrava quasi che si stesse prendendo gioco di lui.

Non provò nemmeno a tirarlo giù per appiattirlo e farlo tornare al suo posto. Non che non ne avesse voglia; semplicemente, una volta che i suoi capelli si ribellavano non c’era modo di tenerli a bada. Prendevano vita e facevano il loro comodo.

Sospirò con rassegnazione e spinse la pesante porta in vetro, rabbrividendo quando l’aria condizionata del locale lo investì.

Blaine non era mai stato al Cosmopolitan Café, ma Nick gliene aveva parlato appena era arrivato. Era il locale più tranquillo di tutta New York: era gestito da una cinquantenne di Brooklyn ed era solitamente frequentato da avvocati in cerca di un pranzo veloce, studenti della NYU e, naturalmente, Nick e Jeff.  

Jeff aveva trovato lavoro al Cosmo, come erano soliti chiamarlo tra loro, il secondo giorno della loro permanenza a New York. Da allora Nick aveva iniziato a fermarsi a pranzo lì, invece che a casa, per tenergli un po’ compagnia e ad aspettare, seduto al solito tavolino di fianco alla vetrina, l’inizio del suo turno in ospedale.

Jeff pareva molto soddisfatto del suo lavoro – Caroline, la proprietaria, l’aveva preso particolarmente in simpatia – e il Cosmo si era lentamente insinuato nella loro routine. 

Blaine salutò Nick, che se ne stava seduto ad uno dei tavolini, con un debole cenno della mano. Scivolò su una delle sedie di plastica e attese che l’amico parlasse, pronto ad ascoltare i suoi rimproveri.

“Mi hai fatto preoccupare.”

Infatti.

“Mi dispiace” mormorò allora, abbozzando un sorriso. Nick non sembrava arrabbiato con lui, anche se Blaine era certo che avrebbe colto l’occasione per dargli una bella strigliata. Fra loro, era Nick quello che si era rivelato il più maturo. Ad esclusione di quando si parlava di quello che provava per Jeff, naturalmente. In quei casi si tappava le orecchie con le dita e si rifiutava di ascoltare Blaine.

“Hai intenzione di spiegarmi che cosa stai combinando? Ho i miei sospetti ma sono talmente assurdi che sento il bisogno di sentire tutta la storia da te” disse Nick incrociando le gambe sotto al tavolino e scansando la sua tazza ormai vuota.

Prima che Blaine potesse domandargli che sospetti avesse – e soprattutto verificare quanto fossero fondati – Jeff comparve alle sue spalle e gli porse con aria professionale una tazza di caffè.

Blaine gli sorrise con gratitudine e lui gli fece l’occhiolino.

“Ciao, mister depressione. Sei venuto a vuotare il sacco?” domandò scuotendo la zazzera bionda e lasciandosi ricadere il ciuffo sugli occhi.

Nick, vicino a lui, gli lanciò un’occhiataccia.

Jeff, ti è caduto il tatto nella tazza di Blaine?” lo rimproverò inarcando le sopracciglia.

Blaine, però, abbozzò un’altra risata e inspirò pesantemente l’aroma del caffè per cercare di tirarsi un po’ su.

Decise di stroncare il litigio sul nascere – Nick e Jeff avrebbero potuto bisticciare per ore – alzando una mano in segno di resa.

“È una storia lunga e un po’ assurda, in realtà” confessò stringendosi nelle spalle. “E Nick conosce già la prima metà”

A quelle parole Jeff si esibì nella migliore espressione offesa del suo collaudatissimo repertorio.

“Fammi capire bene” sibilò puntandogli il dito contro con fare accusatorio. “Hai raccontato il dramma segreto della tua vita a Nick e non a me?”

Nick ridacchiò sotto i baffi cercando di camuffare il tutto in un colpo di tosse e Blaine si sentì un po’ meglio. Con i suoi amici al suo fianco la prospettiva di affrontare l’intera situazione faceva molta meno paura.

“Ho mezz’ora di pausa tra cinque minuti” dichiarò Jeff brandendo contro di lui il contenitore dei tovaglioli da cambiare. “Preparati psicologicamente, Anderson, perché quando torno mi siedo con voi e non mi alzo fino a che non mi hai raccontato tutto

Enfatizzò l’ultima parola colpendolo in testa con il portatovaglioli e girò i tacchi, diretto al bancone.

Nick sospirò e guardò Blaine negli occhi.

“Sei sicuro di volerlo fare?” domandò a bassa voce.

“Sì” confermò Blaine con determinazione. Strinse tra le mani la tazza di caffè e scosse la testa. “Non posso continuare a tenermi tutto dentro e ho bisogno di parlarne con voi. Non so cosa fare.

Nick annuì e gli posò la mano sul polso.

“Vedrai che il problema è molto meno grave di quello che pensi. Sai che tendi ad essere... melodrammatico.

Blaine sorrise mestamente. Non era colpa sua se la sua vita si era trasformata in un film per adolescenti, no?

Jeff tornò al loro tavolo dopo cinque minuti esatti e si lasciò cadere di peso sulla sedia borbottando su quanto fosse stancante fare da babysitter a lui e a Nick. Quest’ultimo ignorò volutamente la frecciatina e Blaine lo vide trattenersi dal rispondergli per le rime come al solito.

Era rassicurante vedere che Nick e Jeff erano sempre gli stessi anche fuori dal blazer della Dalton e con un diploma in mano. In qualche modo, avere loro due lì lo faceva sentire meno perso. Era per quello che aveva pensato subito a loro quando aveva capito di aver bisogno di un consiglio su Kurt, di un occhio esterno che fosse in grado di vedere la situazione in maniera un po’ più distaccata e obiettiva. E poi, anche volendo, a chi altro avrebbe potuto parlarne? A Sebastian? A sua madre?

Forse aveva solo bisogno di raccontare la storia a qualcuno perché non riusciva più a tenersi tutto dentro. Magari parlandone sarebbe riuscito a venire a capo dell’intera faccenda.

“Allora” esordì Jeff intrecciando le mani sopra al tavolo.

Blaine alzò gli occhi dalla sua tazza di caffè rigirandosi distrattamente una bustina tra le dita.

 “Non so da dove iniziare” ammise giocherellando con lo zucchero di canna. Jeff alzò le spalle e si mise comodo sulla sedia.

“Che ne dici di cominciare dall’inizio?” suggerì con un’alzata di spalle. Nick cercò di sferrargli un calcio da sotto al tavolo ma prese in pieno Blaine, che mugolò dal dolore.

“Ok, non c’è bisogno di picchiarmi!” esclamò lanciando a Nick la bustina che aveva in mano e mancandolo di molto. D’accordo, non aveva mai avuto una buona mira, e allora?

I suoi amici ridacchiarono e l’onda di tranquillità e familiarità che lo colpì lo convinse definitivamente a raccontar loro di Kurt.

Prese un bel respiro profondo prima di cominciare.

Ora non si torna più indietro.

“Ti ricordi quando abbiamo partecipato alle Provinciali, due anni fa?” chiese a Jeff. Il ragazzo biondo lanciò un’occhiata perplessa a Nick, che annuì incoraggiante.

“Sì che me lo ricordo. Abbiamo gareggiato contro le New Directions e abbiamo pareggiato.

Blaine si morse il labbro inferiore.

“Esatto. Ti ricordi che stavamo uscendo dal palco e ci sono passati vicini per andare ad esibirsi? C’era questo ragazzo che…”

 

“Un bell’applauso per gli Warblers, dalla Dalton Academy! Che esibizione fantastica!”

Blaine si passa il dorso della  mano sulla fronte imperlata di sudore e uno degli WarblerTrent – gli da una pacca sulla spalla.

“Ben fatto, amico!”

Sono ormai scivolati via dal palco e le New Directions si stanno preparando ad entrare, ammassandosi tra i teli delle quinte. Blaine spera davvero che non siano bravi come si dice, o gli Warblers non hanno davvero possibilità di farcela.

Se solo non avesse sbagliato quel passo alla seconda strofa…

Fa per seguire i suoi amici ai posti riservati per loro in platea ma qualcosa lo blocca.

C’è un ragazzo un po’ in disparte, vestito con la stessa camicia bordeaux dei ragazzi del Liceo McKinley, che si tormenta le mani. Il suo viso ansioso ha qualcosa di particolare: la pelle è molto chiara, i lineamenti sono eleganti e ha un adorabile naso all’insù. La cosa che però attira di più l’attenzione di Blaine sono gli occhi. Azzurri? Verdi? Da quella distanza non riesce a capirlo.

Fa un cauto passo avanti senza sapere bene perché – forse per osservare meglio, incuriosito – quando una mano si posa sulla sua spalla.

“Blaine, che stai facendo?” sussurra Thad perplesso. “Dovremmo essere in platea”

Blaine distoglie lo sguardo dal ragazzo e scuote la testa.

“Sì, scusa, arrivo”

 

“Per la miseria, Thad!” esclamò Jeff battendo un pugno sul tavolo. “Perché ho il sospetto che avesse appena interrotto il tuo colpo di fulmine?”

Blaine sorrise mestamente. “Tanto ho avuto tutto il tempo, dopo, visto che…”

 

“…sono bravissimi!” esclamano quasi in contemporanea Wes e David, seduti di fianco a lui. Blaine ha il sospetto che Wes stia per vomitare. Non si volta per accertarsene, però. La sua attenzione è tutta per quel ragazzo che ha visto dietro le quinte, quello con l’adorabile nasino all’insù. Sembra aver perso tutta l’ansia che il suo viso ha mostrato dietro le quinte: si muove sul palcoscenico come se fosse semplicemente nato per starci, nonostante non abbia nessun assolo. Peccato, pensa Blaine. È sicuro che abbia una voce eccezionale. Non sa da dove arrivi questa certezza. In fondo non lo conosce mica. Eppure si ritrova a domandarsi se è simpatico, se gli piacciono i musical. Di che colore sono davvero i suoi occhi.

Quando anche l’esibizione di Valerie finisce, lo segue con lo sguardo fino a che non scompare dietro al sipario.

 

“Ecco, questa parte non me la ricordavo, per esempio” lo interruppe Nick sorseggiando il tè che aveva ordinato.

“Che hanno cantato Valerie?” domandò Jeff ingenuamente.

“No, che Blaine non riusciva a staccargli gli occhi di dosso” disse Nick con un sorriso sornione.

“Ehi!” protestò Blaine alzando il viso dalla sua tazza di caffè, di nuovo piena fino all’orlo. “Non è vero! Solo che…”

 

Blaine si rende conto che non riesce a togliergli gli occhi di dosso.

Insomma, si sente particolarmente ridicolo, perché è un ragazzo che non conosce, né ha mai visto prima. Della squadra avversaria, addirittura. Eppure mentre salgono sul palco per la premiazione e si posiziona al centro esatto degli Warblers non fa che lanciare occhiate verso le New Directions, sperando di incontrare il suo sguardo.

D’accordo, lo trova carino. Molto carino, per l’esattezza. Il suo modo di muoversi sul palco l’ha ipnotizzato tanto quanto la sua insicurezza aveva attirato la sua attenzione dietro le quinte.

Ma il ragazzo non guarda mai dalla sua parte. Se ne sta lì a stringere la mano ad una delle sue compagne, quella di colore – chissà, la fidanzata? – e tiene gli occhi serrati per l’ansia.

 

“Ecco cosa stavi guardando!” esclamò Jeff puntandogli contro il dito accusatore. Nick scosse la testa con fare rassegnato. “E io che pensavo che stessi studiando il nemico!”

Jeff” esordì pazientemente Nick. “Blaine stava studiando il nemico. Solo non come pensavi tu.

 

Blaine è talmente distratto dalla figura a meno di dieci metri da lui che quasi non sente le grida dei suoi compagni fino a che una marea blu e rossa non lo sommerge. Pareggio!, continuano a gridare gli Warblers. Il direttore delle New Directions si avvicina per stringergli la mano e Blaine ricambia la stretta automaticamente, stordito. Il ragazzo è scomparso tra i suoi compagni di squadra in quel mare di bordeaux e tutti stanno gridando, saltando e festeggiando.

Lo intravede per un attimo e quasi spera che lui lo noti, lì in quell’orda caotica di Warblers.

Quasi quasi va a fargli i complimenti per la vittoria, così sente la sua voce. Sfacciato, da parte sua, ma qualcosa gli dice che non se ne pentirebbe.

Il ragazzo però passa oltre con lo sguardo, senza vederlo, poi un’altra ragazza – mora e con un naso enorme – gli si butta tra le braccia, scoppiando in lacrime.

Un playboy, fantastico.

“Blaine, muoviti, andiamo a festeggiare!” gli gridano Wes e David, scatenati. Molti Warblers stanno già organizzando il party di vittoria nei dormitori. Blaine guarda un’ultima volta le New Directons – in realtà si fissa di nuovo sulla figura snella di quel ragazzo – e poi segue gli altri Warblers giù per la platea e verso l’uscita. Ha appena realizzato che rivedrà i ragazzi del McKinley alle Regionali.

 

“E se questo ragazzo avesse lasciato il Glee Club della sua scuola prima delle Regionali?” domandò Jeff perplesso.

Blaine lo guardò confuso. “Se ci pensi molto attentamente, ho solo visto un ragazzo molto carino esibirsi su un palco. Ho pensato che avesse un bel fisico e mi sono accorto che in qualche modo attirava la mia attenzione. Quindi all’epoca non mi sono posto il problema” ragionò a voce alta. “E poi non è che potevo fargli una dichiarazione d’amore così, su due piedi.

“Ma…”

“Oh, andiamo, Jeff” lo rimproverò Nick. “Metti per un attimo da parte il tuo lato romantico e ascolta Blaine.

 

Ogni tanto Blaine pensa a quel ragazzo che ha visto alle Provinciali. Si domanda che fine abbia fatto, se frequenta ancora il McKinley e se lo rivedrà davvero alle Regionali.

È nella sua stanza, alla Dalton, ed è steso sul letto a pancia in su. Nick è sotto la doccia, così approfitta di quei pochi minuti di pace e tranquillità per infilarsi le cuffiette dell’ipod nelle orecchie e sentire un po’ di musica.

Dovrebbe studiare per quel test di Matematica Applicata 301 ma non ha voglia. Ultimamente si sente strano.

Inserisce la riproduzione casuale e canticchia distrattamente fino a che non si blocca, colpito da una parte del testo.

…and I don’t even know your name.

Blaine sospira e si passa le mani sul viso. La sua amata Katy Perry, in questi casi, non è affatto d’aiuto.

 

In effetti mi eri sembrato strano, in quel periodo” gli fece notare Nick osservandolo attentamente. “Certo, Katy Perry è la Profetessa, come la chiami tu”
Blaine alzò le spalle. “Continuava a tornarmi in mente il suo viso. Ci ho pensato per tutto il mese successivo alle Provinciali.

“E poi?” domandò Jeff sporgendosi verso di lui.

“E poi per un po’ sono riuscito a non pensare a lui.

 

Blaine ce l’aveva quasi fatta. La scuola lo aveva sommerso di preoccupazioni, le prove degli Warblers erano sempre più estenuanti in vista delle Regionali ed era persino uscito un paio di volte con un commesso di GAP, Jeremiah, un po’ più grande di lui. Aveva finito per dimenticare quel ragazzo dagli occhi azzurri. O meglio… il suo viso gli saltava in mente solo ogni tanto. E solo perché aveva destato la sua curiosità.

Era completamente uscito dalla sua testa.

Fino a quel momento.

 Blaine sprofonda ancora di più nella sua poltrona ma è certo che lui non l’abbia visto.

È con una delle ragazze delle New Directions, quella con il naso enorme e l’aria esaltata, e gli è appena passato vicino per sedersi tre file più avanti. Stavolta Blaine ha visto i suoi occhi solo di sfuggita, ma non gli sono sembrati né azzurri né verdi. Grigi, semmai. E brillano di eccitazione.

Thad, seduto vicino a lui, continua a guardarlo male, ignaro del suo disagio.

“Spero che questo Rent non mi faccia addormentare” mugugna.

Blaine non risponde.

Si sta domandando come mai abbia rivisto quel ragazzo proprio ora che pensava di averlo dimenticato. E se sia normale che lo trovi ancora più bello della prima volta in cui l’ha visto. La cosa lo mette un po’ a disagio. Perché si sente così?

Alla fine Thad si addormenta e Blaine se ne va prima della fine dello spettacolo, trascinandolo fino alla macchina. Lui, ovviamente, non si volta né lo vede uscire. Blaine ha il sospetto che abbia passato l’intera proiezione a ripetere a memoria le battute insieme alla sua amica. Cosa che ha fatto anche lui, tra l’altro.

 Quella sera non richiama Jeremiah. Né le sere successive. Non sa perché ma non lo richiama più.

 

“Come sei romantico” gli soffiò Jeff da sopra il menù.

Jeff” intimò Nick all’amico. “Sta zitto.

“L’avevi quasi dimenticato ed ecco che salta fuori di nuovo!” esclamò Jeff ignorandolo. “È stato amore a prima vista, è meraviglioso”

Blaine era troppo preso dai ricordi per concentrarsi davvero su quello che gli stava dicendo Jeff.

“Già…” mormorò.

 

Il palco delle Regionali fa molta più paura di quello delle Provinciali. Forse è solo la pressione. Anche stavolta si esibiscono per primi – anche stavolta le New Directions sono nei camerini ad attendere il loro turno. Blaine non vuole pensare a loro – a lui – almeno stavolta. Tanto non è in platea a guardarlo. Vuole salire sul palco e offrire la migliore esibizione della sua vita. Da quando l’ha visto a teatro, ha pensato a lui parecchie volte, più di quanto non voglia ammettere.

Canta Misery e Raise Your Glass in modo praticamente perfetto. Gli Warblers sono sincronia, ritmo, musica pura. Non possono perdere.

Esce dalle quinte velocemente e si infila al suo posto in platea.

Quando le New Directions salgono sul palco Blaine capisce che gli Warblers non hanno speranze.

Quelle sono canzoni originali. La ragazza che ha il primo assolo l’ha già vista – è quella che era a vedere Rent con lui – ed è dannatamente brava. Si domanda come mai non abbia avuto un pezzo tutto per lei anche alle Provinciali, se la sua voce è così perfetta.

La loro seconda canzone è un inno. È speciale, in un certo senso.

Lui – Blaine deve ammettere che muore dalla voglia di sapere come si chiama – nemmeno stavolta ha un assolo, eppure si muove come se da quel palco dipendesse la sua stessa vita. Lo osserva come ipnotizzato dalle sue movenze. Ha solo un ruolo marginale, eppure per Blaine è chiaro come il vetro: quel ragazzo è nato per stare su un palcoscenico. Forse è questo che lo affascina così tanto.

 Gli occhi sono tornati azzurri, da quel poco che riesce a vedere da quella distanza.

Blaine spera che, almeno stavolta, sia lui a notarlo.

Non succede.

 Gli Warblers perdono e le New Directions sono troppo impegnate a festeggiare. Blaine stringe di nuovo la mano al loro insegnante e se ne va a testa bassa senza guardare verso di lui.

La sconfitta è una delusione troppo cocente per avere altri pensieri per la testa.

 

Jeff sbuffò sonoramente, eppure Blaine notò che il suo sguardo era in qualche modo più serio.

Si rese conto di sapere cosa stesse per obiettare l’amico, così decise di precederlo.

“Lo so” mormorò a voce bassa. “Avrei potuto andare a parlarci, salutarlo, fare qualcosa. È che… credo che l’idea di essermi preso una cotta per uno sconosciuto mi spaventasse un po’. Era molto più semplice fare finta di niente, immagino.

Nick gli sorrise e gli appoggiò una mano sulla spalla. “Però l’hai raccontato a me. Qualcosa significava, per te.

“Sì” sussurrò Blaine. “Ma solo dopo quella volta al Lima Bean.

 

Blaine non è mai stato a Lima, così quando Nick, Jeff, Thad, Wes e David gli propongono una gita fuori porta un sabato pomeriggio qualsiasi di inizio aprile, acconsente senza pensarci troppo.

Pensa che gli farà bene uscire. Dopo la sconfitta, gli Warblers non sembrano più gli stessi. Un’uscita di gruppo non può che risollevare il morale.

Non ha fatto i conti con il destino, però, – o meglio, con la provvidenziale nuvola nera che lo segue ovunque.

Si fermano in una caffetteria dall’aspetto tranquillo, il Lima Bean, per prendere un caffè. Blaine è piuttosto tranquillo. È con i suoi amici, in fondo la sconfitta l’ha digerita. Ora è tutto ok.

Peccato che in fila alla cassa ci sia il ragazzo delle New Directions.

Blaine pensa che non può essere vero, non può continuare ad incontrarlo ovunque.

Suo malgrado, ne ammira da lontano la figura sinuosa fino a che David non richiama la sua attenzione. Hanno trovato un tavolo libero lì di fianco, così Blaine si siede nel posto con la visuale migliore, sentendosi il peggiore degli stalker, e si nasconde dietro al menù per sentirsi meno in colpa. Il ragazzo ha un’aria diversa rispetto alle altre volte che l’ha visto. Sembra più serio. Forse ha problemi con gli amici o con la famiglia.

Blaine non sa nemmeno da dove gli vengano fuori queste idee. Escono e basta.

Mentre osserva il ragazzo ordinare – a giudicare dalla faccia scocciata della cameriera, deve trattarsi di un’ordinazione assurda o estremamente complessa – gli Warblers intorno a lui fanno confusione, come loro solito, con i menù.

La porta della caffetteria si apre ed un ragazzo enorme infila dentro la testa, scrutando la folla.

“Kurt!” lo sente esclamare. “Sbrigati o non arriveremo in tempo!”

Incredibilmente, lui si gira. Si limita a fare un cenno d’assenso verso il ragazzo – un altro membro delle New Directions, gli pare di ricordare – prende il suo bicchiere, paga e se ne va velocemente.

In un attimo è scomparso, lasciando Blaine con il vivido suono di un nome.  

Kurt.

Blaine ne assapora il suono sulla lingua.

 Si tiene lo scontrino del Lima Bean.

 Quella sera, in camera sua, si sente terribilmente patetico.

Quando Nick esce dal bagno dopo la solita doccia, lo trova sul letto a fissarsi le mani con aria persa. Così Blaine gli racconta tutto. Gli dice che gli piace un ragazzo che nemmeno conosce e che fa male come avere un coltello piantato nello stomaco, perché non sa che fare.

Gli dice di volersi distrarre e non pensarci.

 

Jeff era ammutolito. 

“Mi ricordo quella sera come se fosse ieri” disse Nick con voce dolce. “Sembravi così perso, Blaine, e io mi sentivo così… inadeguato! Non sapevo nemmeno come consolarti.

“Non dire stupidaggini, mi hai aiutato tantissimo” lo rimproverò Blaine. “Ti ricordo che eri con me, quando mi intestardii a voler vedere il video delle Nazionali.

 

“Non so se è una buona idea, Blaine” gli dice Nick con aria perplessa, fissando lo schermo del computer. “Non avevi detto di non voler pensare a lui?”

Infatti non lo faccio per vedere lui” risponde cautamente Blaine. “Voglio solo vedere che canzoni hanno fatto, così l’anno prossimo possiamo batterli.

Blaine sa che Nick ha capito che sta mentendo. Ma non sa nemmeno perché vuole vedere quel video, in realtà. Forse perché è già giugno e lui non ha idea di come siano andate le Nazionali.

Forse perché non ha più incontrato Kurt – anche se poter pensare il suo nome è in qualche modo confortante. Lo fa sembrare reale.

“Come vuoi” dice Nick, sedendosi al suo fianco e facendo ondeggiare il materasso. Blaine vorrebbe abbracciarlo, perché Nick c’è sempre. Ogni volta che si sente giù di morale o finisce per rimuginare troppo su Kurt e su quanto sia curioso che continui a saltare fuori qua e là, lui trova il modo di distrarlo e tirarlo su.

Il video parte: ancora una volta le New Directions hanno portato canzoni originali. Blaine si ritrova a fissare sconcertato lo schermo quando il tizio enorme – proprio quello che ha visto al Lima Bean – bacia la sua compagna di duetto – la presunta fidanzata di Kurt. 

O forse amica, a giudicare dalla faccia comica che riesce a vedere sul viso del ragazzo dagli occhi azzurri.

La qualità del video è bassa, eppure Kurt sembra sul punto di ridere o di vomitare, o forse tutte e due insieme. Blaine non riesce a trattenere le risate e continua a singhiozzare fino a che non si rende conto che sta piangendo e che in tutto quello c’è qualcosa che non va.

Le braccia di Nick sono intorno a lui immediatamente e Blaine si sente uno stupido perché non sa perché sta piangendo.

O forse lo sa ma non vuole ammettere a se stesso che ha sedici anni ed è innamorato di qualcuno che non sa nemmeno della sua esistenza.

 

“Non so nemmeno perché mi ha fatto quell’effetto, sai? Avrei dovuto darti retta e non guardare quel video” borbottò Blaine a Nick rigirandosi la tazza tra le mani.

“Invece no” gli rispose Nick pazientemente guardandolo come guarderebbe un fratello. “Avresti trovato un altro modo per tormentarti, lo sai. Provi troppo tutto insieme e questo non è necessariamente un male, ma nemmeno un bene. Ti è successa questa cosa e ti ha un po’ scombussolato la vita, Blaine, ma non è stata la fine del mondo. Sei sempre stato… te stesso. Solo che ogni tanto eri triste perché qualsiasi ragazzo vedevi non reggeva mai il confronto, nella tua testa.

Blaine si passò una mano sull’accenno di barba sulla guancia. È così anche adesso, avrebbe voluto rispondere. Nessuno regge il confronto. Perché? 
“Sì, lo so. È che poi, quell’estate, è stato davvero il colmo.

 

L’estate è ormai agli sgoccioli e Blaine può dire di aver passato uno dei periodi più belli della sua vita. Ormai gli Warblers sono diventati come una famiglia per lui. Hanno passato ogni singolo giorno insieme.

In quel momento infatti sta aspettando davanti al negozio di dischi di Westerville che Wes lo passi a prendere per andare tutti insieme a bere qualcosa – di alcolico, magari.

Controlla distrattamente l’ora sul cellulare, perché sono già le cinque e sette e Wes non è mai in ritardo. Sta per riporlo, quando una voce dietro di lui lo fa sobbalzare.

“Scusa, sai dirci dove possiamo trovare Dress&Mode?”

È una ragazza e Blaine non fatica a riconoscerla perché l’ha vista diverse volte.

È la solista delle New Directions.

A poca distanza da loro c’è un’altra ragazza il cui viso gli è familiare. È di colore e sta sbraitando al telefono.

“Sì, Kurt, ci siamo perse, e allora? Sei lì davanti? Ragazzo, quanta fatica ci stai facendo fare!”

Blaine impallidisce di colpo. Ha sentito bene o è stata un’allucinazione auditiva?

“Allora?”

Una cosa è certa: è stato troppo distratto ad ascoltare la conversazione telefonica – stalker! – per rendersi conto di non aver risposto alla solista, che ora lo guarda come se fosse matto.

S-sì” balbetta frastornato. Che diavolo è successo al vero Blaine Anderson, quello carismatico che non si vergogna di niente? “Sì, è in fondo alla via.

Lei gli sorride e lo ringrazia, prendendo l’amica sottobraccio.

“Quindi?” la sente domandare. “Kurt è già là?”

Blaine pensa che potrebbe morire sul momento.

L’aveva dimenticato. Col passare dell’estate aveva davvero dimenticato quel ragazzo con gli occhi azzurri e il viso così delicato per il quale provava inspiegabilmente un’attrazione molto scomoda.

Ed ora ecco spuntare le sue amiche. E lui è a Westerville per – per fare shopping?

Blaine si rende conto di non essersi mai posto il problema della sessualità. Il suo gay-radar non smette mai di suonare all’impazzata ogni volta che ha a che fare con lui, e tanto gli basta.

Segue le due ragazze con lo sguardo e le vede fermarsi proprio davanti a Dress&Mode. C’è un ragazzo che le aspetta appoggiato distrattamente alla parete, e Blaine lo osserva fare qualche passo.

Prima di poter fare qualche stupidaggine, tipo decidere che gli servono un paio di camicie nuove, afferra il cellulare e chiama Wes.

“Dove cavolo sei?” domanda.

Non pensa di potercela fare. Non se lui continua a comparire così. Questa cosa deve finire.

 

“Certo che sei un po’ melodrammatico, Blaine” lo rimproverò Jeff.

“Volevo solo… dimenticarmi di lui. Per un po’ l’ho odiato” confessò Blaine passandosi stancamente una mano sugli occhi. “Non capivo perché continuasse a tornarmi in mente, non volevo crederci. Non… non poteva piacermi qualcuno con cui non avevo nemmeno mai parlato. Avevo sedici anni, dannazione”

“E quella volta che siamo andati a vedere West Side Story? C’era anche lui, se non sbaglio. domandò Nick cautamente.

 

Blaine è stufo.

Non pensava che farsi piacere qualcuno fosse così complicato e fastidioso. Lui, Nick e Jeff sono nel teatro del McKinley e Blaine si sente un grandissimo cretino perché Nick continua a lanciargli occhiate preoccupate.

Non capisce perché mai abbia insistito tanto per venire a vedere questo spettacolo, convincendo Nick e Jeff ad accompagnarlo, se ha deciso di dimenticare lui.

È una cosa stupida e sa che se ne pentirà.   Venire nella sua scuola… come gli è saltato in mente? Eppure quando ha visto il volantino non è riuscito a resistere. Chissà, magari lui è tra il pubblico.

 Kurt non è tra il pubblico. È sul palco e interpreta un ruolo secondario di cui a nessuno importa davvero.

Nonostante tutto, brilla come una stella e Blaine capisce che può provare a toglierselo dalla testa altre cento volte: lui tornerà sempre, in un modo o nell’altro. Forse è destino.

 Blaine non ci crede affatto, nel destino.

Così, quando tornano alla Dalton, decide che non c’è niente di male se Sebastian Smythe, il nuovo Warbler, quello arrivato da Parigi, ci prova con lui. Magari può dargli corda.

Almeno lui è reale. Almeno lui l’ha notato.

 

“È per questo che hai iniziato a flirtare con Sebastian?” domandò Jeff ad occhi spalancati. “Io pensavo… voglio dire, sembrava che ti piacesse”

Blaine sospirò stancamente bevendo l’ultimo sorso di caffè. “Mi piaceva, infatti. È che… non lo so, più cercavo di non pensare a Kurt e più mi veniva in mente, e Sebastian me lo faceva dimenticare. Per un po’, almeno.

Nick gli lanciò uno sguardo dolce. 
“Ma
nessuno è lui, giusto?”

 

 

 

Note dell’Autrice

Ma…finisce qui? Ebbene sì, ragazze, perché questa è la prima parte. La seconda parte, come ho già annunciato su facebook, sarà postata domenica 24. Almeno spero.

In caso dovessi avere problemi – leggi “gli esami di maturità dovessero uccidermi” – provvederò ad avvisarvi dall’oltretomba. Scherzi a parte, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Ormai ho perso il controllo anche degli Warblers, che sanno sempre come tirarsi su di morale (e come tirare bustine di zucchero a Blaine); Kurt c’è praticamente per niente, lo so! Torneremo prestissimo da lui, no panic! :D

Ma soprattutto…come vi sembra questo capitolo? Fatemi sapere!

Ah, qualcuna di voi si è ricordata della cicatrice di Blaine…quella è un’altra storia, e presto se ne ricorderà anche Kurt, tranquille :D

 

Io scappo a finire la tesina, ma spero davvero che il capitolo vi piaccia :)

Un grazie infinito a SereILU, che l’ha meticolosamente betato, e a Fra e Ila, che mi hanno fatto passare un fine settimana da barzelletta :D Love ya, girls <3

 

A domenica!

Selene

 

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Dov’eravamo rimaste

Dov’eravamo rimaste? Ah, sì!

 

 

Capitolo quindici

 

“If I could find a way to see this

straight I’d run away”

 

 

 

[…]

 

“È per questo che hai iniziato a flirtare con Sebastian?” domandò Jeff ad occhi spalancati. “Io pensavo… voglio dire, sembrava che ti piacesse”

Blaine sospirò stancamente bevendo l’ultimo sorso di caffè. “Mi piaceva, infatti. È che… non lo so, più cercavo di non pensare a Kurt e più mi veniva in mente, e Sebastian me lo faceva dimenticare. Per un po’, almeno.

Nick gli lanciò uno sguardo dolce. 
“Ma
 nessuno è lui, giusto?”

 

 

Blaine pensa che le provinciali non siano state un vero disastro, dopotutto.

Affidare l’assolo di Stand a Sebastian è stato allo stesso tempo un bene ed un male: la canzone non è esattamente nelle sue corde, ma l’ultimo arrivato tra gli Warblers ha carisma e apparentemente anche un’ottima presenza scenica. Inoltre per una volta Blaine non si sente infastidito dal fatto che il pezzo da solista sia andato a qualcun altro: non gli importa granché. Vuole vincere, certo, ma si rende conto che le possibilità per gli Warblers sono poche. Onestamente, le New Directions sono insuperabili e a lui quasi non importa.

Stavolta evita di assistere all’esibizione dei ragazzi del liceo McKinley di persona. Ascolta i loro pezzi dall’altoparlante del camerino degli Warblers mentre bisticcia con Sebastian per la solita stupidaggine e si nega con decisione la possibilità di rivedere Kurt. In fondo non è che il ragazzo abbia mai ricambiato il suo sguardo, no?

E poi non era importante. A Blaine non importava nulla di lui.

 

Durante la premiazione, mentre è immobile sul palco, riesce a non guardare dalla sua parte nemmeno una volta e si sente schifosamente fiero di se stesso. E’ al centro della massa di ragazzi in divisa, sente di star mettendo la parola fine a quella ridicola storia e sa che non avrà rimpianti. Lui è Blaine Anderson, il carismatico primo solista degli Warblers: non c’è verso che si prenda una cotta per il primo ragazzino dai lineamenti delicati che gli capita sotto agli occhi.

 

Perdono le provinciali – in fondo se lo aspettava – e addirittura permette a Sebastian di baciarlo nel bel mezzo di un litigio in corridoio, interrompendo l’ennesima frase velenosa che Blaine aveva intenzione di sputargli addosso.

Lo lascia fare perché in fondo non ha nessuna voglia di pensare a niente – né a Kurt, né a quella frase che gli rimbomba nella testa da mesi. Perché me? Perché lui?

Dio, è davvero passato un anno dalla prima volta che ha visto Kurt? Ma non gli importa davvero, no?Lascia fare Sebastian perché non ha niente da perdere, davvero.

 

I suoi occhi verdi pieni di malizia e soddisfazione non sono ciò che veramente desidera, ma può accontentarsi.

 

 

Nick rivolse lo sguardo triste verso la vetrina e finse di osservare i passanti che si affrettavano sul marciapiede, ma Blaine sapeva che la sua mente era lontana, persa nei ricordi del loro ultimo anno di scuola. In quel periodo Jeff aveva iniziato ad uscire con una ragazza di Lima e Nick era stato intrattabile per ben due mesi, fino a che il biondo non l’aveva mollata annunciando agli Warblers – ed a Nick che ostentava indifferenza – che le donne non facevano proprio per lui.

Blaine continuò a raccontare. Dopotutto non si poteva certo considerare la persona adatta a dare consiglio sentimentali a Nick e Jeff.

 

 

“Questa festa è una palla, Anderson” gli sta urlando Sebastian in un orecchio. Il bicchiere di Bourbon che ha in mano è pericolosamente inclinato verso il pavimento ma Blaine non si prende nemmeno la briga di farglielo notare.

Dopo i quattro bicchieri di vodka che ha bevuto gli importa poco se il lucido pavimento di marmo diventa un appiccicaticcio ammasso di stupido liquore francese e impronte di scarpe.

Al quinto bicchiere di vodka decide che Sebastian è sexy. L’ha notato anche altre volte prima, già da quando il ragazzo lo ha baciato a forza la sera che hanno perso le Provinciali – non che l’abbia esattamente respinto, in effetti. Allora perché ora gli importa?E’ perché ha bevuto? Non è così tanto ubriaco. Vero?

Sta mandando giù il settimo bicchiere di quel liquido trasparente quando Sebastian sembra decidere che anche Blaine è sexy, perché si avvicina di soppiatto – per quanto sia possibile ad uno che ha buttato giù tre Bourbon e mezzo come se fossero latte – e si piega su di lui per sussurrargli in un orecchio: “Camera tua?”

 

Blaine quella sera non ha nessuna voglia di pensare alle conseguenze: annuisce e un istante dopo barcollano entrambi lungo il corridoio, poi contro la porta della camera di Blaine e infine verso il letto.

 

Gli gira la testa da matti ed ha la nausea – tanta, tantissima nausea. Quando Sebastian si piega su di lui per sfilargli la camicia senza delicatezza, decisamente più che brillo, ha un capogiro più forte degli altri.

Le labbra fredde del ragazzo si posano avidamente sul suo collo e sono l’ultima cosa che ricorda.

 

La mattina dopo si risveglia con il peggior mal di testa della storia, il letto vuoto, la carta lucida ed argentata di un preservativo sul comodino e solo un paio di boxer addosso.

Si sente a pezzi, un vero schifo: sente dolore praticamente ovunque.

Capisce in fretta che non c’è modo di fraintendere cosa è successo la notte prima. Il problema è un altro: di quella che sembra a tutti gli effetti la sua prima volta, Blaine non ricorda nulla.

 


Jeff lo stava guardando con le lacrime agli occhi, il ciuffo biondo distrattamente tirato all’indietro a dargli un’aria più giovane e sbarazzina.

“Mi dispiace” disse dopo un po’, giocherellando con il tovagliolo.

Blaine si ritrovò ad alzare le spalle e sorridere debolmente. “Non importa. È acqua passata ormai”

Nick gli sorrise orgogliosamente, così aggiunse anche “e poi ci siete stati voi ad aiutarmi”.

 

 

Blaine non ha idea di come riesce a riemergere dal baratro dopo l’episodio della festa – argomento che si rifiuta categoricamente di affrontare con i suoi amici, persino con Nick – ma ci riesce.

Forse è vero che il tempo aggiusta le cose. La verità è che lui ci riesce solo grazie agli Warblers, probabilmente.

I ragazzi del Glee Club della Dalton gli sono vicini come non mai e fortunatamente ha tante altre cose a cui pensare, come ad esempio il college.

La NYADA è perfetta per lui perché sembra essere tutto ciò che ha sempre voluto e i suoi genitori non hanno opposto molta resistenza. Il provino è andato bene, o almeno così spera: Carmen Tibideaux non ha lasciato l’auditorium della Dalton a metà del suo pezzo – Something’s Coming, ovviamente – ed è già un grandissimo passo avanti.

La lettera con i risultati arriverà a breve – è solo questione di due semplici parole: ammesso, oppure no.

 

Sebastian non l’ha più guardato in faccia e Blaine ha continuato a fare finta di niente perché se non ci pensa, non è successo davvero. Non ha buttato via la sua prima volta in quel modo.

 

 

“Non abbiamo fatto niente di straordinario” gli ricordò Nick con un sorriso timido.

“Non dire stronzate, Nick. Se non fosse stato per voi…”

Non terminò la frase. Come sarebbe, ora?

 

 

Non ha più pensato a Kurt. Sa solo che le New Directions sono arrivate fino alle Nazionali anche quest’anno, sbaragliando tutti gli avversari, perché ha sentito gli Warblers parlarne tra di loro circa un mesetto prima, durante una riunione extra, ma ha finto di non interessarsene nonostante Nick gli stesse perforando la nuca con lo sguardo.

 

L’idea di sbirciare il video delle Nazionali di Chicago però gli ronza in testa in continuazione, da qualche giorno a questa parte. Sta morendo di curiosità e in effetti non vede Kurt dalle Provinciali.

Una sera di metà giugno decide di aprire You Tube e cercare quel dannato video.

 

Capisce immediatamente di aver fatto un errore del quale si pentirà per tutta l’estate. Kurt ha ottenuto un assolo – Blaine nemmeno sapeva che il tema per le Nazionali di quest’anno fosse 30% Musical – e sta cantando Not the boy next door come se ci stesse mettendo l’anima. Non l’aveva mai nemmeno sentito, un vero controtenore.

La voce di Kurt è meravigliosa. Lui è meraviglioso.

Chiude il video prima della fine della canzone e sa di essere fregato perché ora non riuscirà più a toglierselo dalla testa.

 

 

“Il solito, melodrammatico Blaine” commentò Jeff cercando di alleggerire un po’ l’atmosfera. “Voglio proprio vederlo, questo Kurt. E spero che sia carino e che ne sia valsa la pena, di fare tutto questo macello per lui”

Lanciò un’occhiata a Nick in cerca di conferma. Il ragazzo moro alla fine alzò le braccia in segno di resa e borbottò “Sì, è carino. Molto angelico. Ma l’ho visto solo una volta e per di più di sfuggita, quindi non fare quella faccia, Jeff.

 

 

Tutti i suoi amici sono riuniti nella sua stanza, alla Dalton, uno degli ultimi giorni di scuola. Se ne stanno stipati tra la porta del bagno e il suo letto e lo fissano. Nick si sta addirittura mordicchiando il dorso della mano ansiosamente.

“Allora?” lo rimprovera David. “Ti decidi ad aprirla?”

La busta che tiene tra le mani è indirizzata a lui, viene dalla New York Academy of Dramatic Arts e, ovviamente, contiene il risultato del provino che ha fatto un mese prima.

Strappa la carta con mani tremanti, tirando fuori una lettera piuttosto breve e concisa e gli Warblers trattengono rumorosamente il fiato in un tutt’uno – dopotutto sono un coro, no?

Blaine alza gli occhi su di loro, leggermente sotto shock, e pigola “ammesso”.

Un istante dopo una massa di ragazzi in divisa gli è addosso per atterrarlo.

Ammesso. Ammessoammessoammesso, continua a pensare. Ce l’ha fatta.

 

 

Nick si massaggiò la spalla con una smorfia.

“Sì” borbottò mentre Jeff ridacchiava. “Quello me lo ricordo bene, visto che Trent e Thad mi sono caduti sopra”.

 

 

È il suo diciottesimo compleanno e Blaine può dire di sentirsi davvero ridicolo. Quando ha detto a Nick e Jeff di voler passare una serata tranquilla in compagnia di loro due – tutti gli altri Warblers sono sparsi per l’America, visto che molti si sono diplomati a fine giugno – non intendeva certo dire “Nick, Jeff, trascinatemi in un gay bar”.

Peccato che è esattamente quello che Nick e Jeff hanno fatto.

Lo Scandals tuttavia non è come se lo aspettava. Niente di spaventoso: un posto piacevole.

 

Fino a che non gli passa davanti Sebastian Smythe.

L’occhiataccia che lancia a Jeff non è abbastanza eloquente, perché il suo biondissimo amico alza le braccia in segno di totale innocenza. “Non sapevo che fosse qui, giuro!”

Blaine segue con gli occhi Sebastian che va verso il bagno con un ragazzo un po’ corpulento e particolarmente barcollante. Un giocatore di football, sicuro. Ubriaco. Tipico di Sebastian, insomma, trovarsi ragazzi sbronzi con cui fare sesso. Lui ne sa qualcosa, anche se non se lo ricorda.

 

La sua presenza non gli fa più nemmeno tanta rabbia, ormai.

Nick si assenta per andare in bagno, e quando torna non ha l’aria stupita.

Sebastian è con un tizio ubriaco. Un certo Dave Karofsky. Il nome non mi suona nuovo, frequenta il liceo pubblico Davonshire?”

Jeff alza le spalle. “Non ne ho idea” gli risponde stizzito. Non ha mai sopportato Sebastian. “Dovrebbe interessarci?”

 “Certo che no” gli risponde Nick. A Blaine non sfugge l’occhiata obliqua che gli lancia, ma Jeff sembra non notarlo, perché si limita a mettere una mano sulla spalla di Nick e dire:“Bene, allora balliamo”.

Blaine fa per alzarsi, ma Sebastian gli passa davanti in quel momento tagliandogli la strada e sorreggendo il ragazzo con cui l’ha visto andare via. Deve aver percepito il suo sguardo su di sé perché si volta e i due si scambiano una lunga occhiata.

E’ strano, pensa Blaine osservando la delicatezza con cui Sebastian aiuta quel tipo ad uscire dal locale parlandogli all’orecchio. Blaine coglie solo le parole “casa mia”.

In qualche modo, Sebastian gli sembra diverso.

 

 

“Chissà che fine ha fatto quel tipo che si è portato a casa. Sono sicuro di averli visti almeno altre due volte a Westerville, quest’estate” commentò Nick distrattamente. Blaine fu quasi tentato di raccontar loro che quel tipo era l’e di Kurt, ma alla fine decise di tacere e tenere quel dettaglio per sé. Dopotutto non stava a lui raccontare quella storia.

 

 

Dopo la serata allo Scandals l’estate passa in un baleno.

Blaine cerca di avere sempre qualcosa da fare per tenersi occupato, ma ci sono dei momenti in cui è solo senza far niente e finisce per riflettere sulla sua vita. Si sente strano al riguardo.

 

Non vede più Kurt per il resto dell’estate – non lo vede di persona dalle Provinciali, in realtà, ed ogni volta che ci pensa si sente solo più triste, ma piano piano il ragazzo esce dalla sua mente.

Ogni tanto Blaine ripensa al suo viso o al suo modo di muoversi così a suo agio sul palco, ma è tutto lì. Non c’è altro.

 

Dopotutto presto partirà per New York ed abbandonerà per sempre l’Ohio - se tutto va secondo i suoi piani. Non rivedrà Kurt mai più, tanto vale mettersi l’anima in pace.

 

 

 

Blaine si rese conto di essere stato davvero un idiota. Non aveva mai dimenticato Kurt: il ragazzo continuava a piombare tra i suoi pensieri e visitare i suoi sogni, talvolta, e si era semplicemente rassegnato. Invece di fare qualcosa per cercarlo si era arreso. Era stato così stupido…

Eppure il destino – o chi per lui – gli aveva dato l’ennesima possibilità. Chi era lui per sprecarla?

 

 

Blaine sa che continuare a fissare quel punto della stazione finirà per farlo impazzire, ma non riesce a distogliere lo sguardo, perché Kurt è lì.

Insomma, a meno che non sia una allucinazione dovuta alla stanchezza – ha passato la notte in bianco – il ragazzo dagli occhi azzurri è davvero a pochi metri da lui, con una valigia in mano e l’aria di uno che sta per salire sul treno. Proprio come lui.

Blaine non ha idea di come comportarsi perché proprio non se l’aspettava. Non più, almeno, dato che non lo vedeva più dalle Provinciali.

 

Si è domandato spesso come sarebbe stata la sua vita se avesse avuto il coraggio di andare da lui e dire una cavolata qualsiasi per iniziare una conversazione stupida. Chiedere il suo numero e poi offrirgli un caffè o il pranzo. Conoscerlo e farlo innamorare di sé.

 

Quando Kurt si guarda intorno con gli occhi arrossati – ha pianto, forse? – decide che non importa dove diavolo è diretto. Lui è lì e stavolta non perderà l’occasione che gli viene offerta.

Dopotutto è lì per iniziare una nuova vita, no? Il nuovo Blaine Anderson può anche essere coraggioso e fare quel maledetto passo avanti: deve smetterla di domandarsi ‘come sarebbe stato se’. E’ ora di agire.

 

 

 

“Non ci posso credere” esclamò Nick spalancando gli occhi incredulo. “Immaginavo che lui avesse qualcosa a che fare con la tua depressione, ma non pensavo –“

“Che cosa è successo dopo, Blaine?” lo interruppe Jeff con un’espressione avidamente curiosa. “È salito sul tuo stesso treno?” Blaine sospirò pesantemente.

“Già”.

 

 

 

Blaine entra nello scompartimento trattenendo il fiato, fingendo di guardarsi intorno con aria un po’ persa, ma quando finalmente abbassa lo sguardo su Kurt non riesce a trattenersi dall’irrigidirsi. Lui lo sta guardando. E non sta semplicemente osservando gli Warblers senza vederlo davvero, o una platea buia in un teatro pieno. Lo sta guardando dritto negli occhi.

Spera di non esserselo immaginato, il lampo nel suo sguardo, perché sembra quasi che l’abbia riconosciuto.

Ti prego, si ritrova a supplicare nella sua testa. Dimmi che mi riconosci. Dimmi ‘ehi, tu sei quell’idiota del solista degli Warblers’. Andrebbe bene lo stesso.

 

Kurt non lo fa.

Non lo riconosce quando Blaine gli chiede gentilmente se può sedersi davanti a lui, né quando lo aiuta a sistemare il borsone, né quando iniziano a chiacchierare – Blaine non sa nemmeno come, accidenti. Non ci sta capendo più nulla.

Neanche quando Blaine si lascia sfuggire le parole ‘Glee Club’ per sbaglio.

 

Kurt è stupito, tutto qui.

Dice “Mi ricordo…” e Blaine si sporge verso di lui con la speranza che, è sicuro, è palese sul suo viso. “…l’esibizione degli Warblers” conclude Kurt. “Non mi ricordo di te” aggiunge con aria sinceramente dispiaciuta.

Blaine pondera per un folle attimo di rispondere Io invece sì.

Fallo, gli sta urlando una vocina a pieni polmoni. Fallo, Blaine!

“No” gli risponde infine con un sorriso un po’ triste e un po’ finto. “Nemmeno io mi ricordo di averti visto.”

Bugiardo.

 

 

Kurt ha acconsentito a pranzare con lui. Ad esclusione di una brutta avventura con un paio di omofobi e uno strano incontro con un’anziana donna particolarmente curiosa, Blaine sente che le cose stanno andando alla grande. Kurt sta andando a New York e, a giudicare dai suoi bagagli, si sta trasferendo lì.

Si ritrova ad osservarlo con la coda dell’occhio mentre mangiucchia in silenzio e le loro gambe si sfiorano, mandandogli brividi in tutto il corpo.

Non vuole metterlo a disagio chiedendo ulteriori informazioni sulla sua destinazione, così tace anche se sta morendo di curiosità.

Kurt non è affatto come lo aveva immaginato. No, è cento, mille volte meglio.

Ha un carattere forte, è coraggioso, è dolce e divertente e soprattutto è inequivocabilmente gay.

 

Quando salgono di nuovo sul treno è anche molto a disagio nel parlare dei problemi del suo Glee Club a scuola e Blaine non ci mette molto a capire perché. Kurt non deve aver passato un bel periodo per via della sua sessualità. Dopotutto chi può dirlo meglio di Blaine Anderson, che il liceo pubblico è un inferno?

Così prende coraggio e riferisce con molta nonchalance a Kurt di essersi trasferito alla Dalton proprio dopo il suo disastroso coming out.

A Kurt quasi cade la macella a terra e Blaine non può fare a meno di trovarlo la creatura più adorabile sulla faccia della terra.

 

 

 

Non ha idea di quand’è esattamente che ha iniziato ad avere voglia di baciare Kurt.

Quando si è addormentato su di lui in treno, sicuramente. Forse anche prima. Quando hanno iniziato quello stupido gioco con le canzoni è stato vicinissimo a farlo davvero. Non riesce a smettere di toccarlo, in ogni caso.

Ma ora, con il viso a così poca distanza, dopo aver cantato insieme come se fosse qualcosa che fanno da una vita, Blaine sente che non resisterà un secondo di più, se Kurt non si sposta.

Il problema è che Kurt non sembra intenzionato a muoversi tanto quanto non lo è lui.

Ovviamente vengono interrotti – come poteva sperare altrimenti? – e Blaine si ritrova a riflettere su quanto il karma sembri avercela con lui. Dev’essere stato un serial killer in qualche vita precedente, perché il telefono di Kurt ha iniziato a squillare proprio nel momento in cui il ragazzo dagli occhi azzurri ha annunciato di star andando a vivere a New York per frequentare la NYADA, e questo è troppo perfino per il karma. Qualcuno lassù lo odia. Dev’essere una maledizione.

Kurt non può aver sentito il cuore di Blaine fermarsi a quella semplice frase. Non può aver visto le sue mani tremare prima di aprire bocca per esclamare “NYADA? Anch’io!” perché sta rispondendo a quel dannato telefono e Blaine non fa in tempo a dire nulla.

Quando Kurt torna Blaine semplicemente non trova il coraggio. Si sente uno stupido perché maledizione, si ritroveranno nella stessa scuola e poi come farà, esattamente?

Vigliacco, continua a dirsi. Vigliacco.

Tuttavia tace e il perché, alla fine, non lo sa nemmeno lui.

 

 

 

Blaine pensa di essere pericolosamente sull’orlo del precipizio, oltre che assolutamente senza speranza, perché se Kurt gli piaceva prima di conoscerlo, ora è certo di provare qualcosa di molto, molto più profondo.

Kurt è fantastico e non è affatto come lo aveva immaginato, anzi: sotto molti aspetti è l’esatto opposto e questo non fa che incrementare la già di per sé forte attrazione che Blaine prova per lui. Tuttavia capisce che si sta ormai prendendo una grandissima sbandata per quel ragazzo quando Kurt gli sorride timidamente e dice: “Sono davvero pentito di non essere venuto a spiare gli Warblers quando il mio compagno di squadra, Puck, me l’ha suggerito.”, fermandogli definitivamente il cuore.

Blaine pensa che potrebbe anche morire in quel momento. In senso molto positivo, ovviamente.

 

 

 

 

Dormire insieme? Blaine sapeva che sarebbe finita male, eppure l’ha proposto lo stesso.

Certo, non pensava che Kurt avrebbe trovato una lettera dove il suo ex gli diceva di averlo tradito, né avrebbe mai potuto immaginare che quell’ex fosse proprio David Karofsky, che lui aveva visto di persona, visto che beh, l’aveva tradito con Sebastian. Il suo ex-non-esattamente-ex, ma quello è un dettaglio.

Non ha tempo per pensare che sia una presa in giro dall’alto; si premura di abbracciare Kurt per tutta la notte perché è l’unica cosa che vuole davvero, stringerlo a sé e cercare di farlo stare un po’  meglio.

Incredibilmente ci riesce, ma non riesce a confessargli tutto: quello proprio no.

Eppure, nonostante vedere Kurt così distrutto sia devastante, Blaine si sente utile; per una volta sa di aver fatto qualcosa di dannatamente buono nella vita, perché Kurt sembra volersi appoggiare a lui e Blaine sente di essere in grado di reggere tutto quel dolore.

 

Non legge la lettera ma la raccoglie da terra e la mettevi nuovo nella valigia di Kurt, limitandosi a cullare il ragazzo fino a che non si addormenta tra le sue braccia.

Quasi non ci crede quando si sente dire “Se non avessi voluto avere niente a che fare con tutto questo sarei uscito da quella porta un'ora fa. Invece sono qui. Lo so che tutto questo è strano, Kurt, lo so. Non ho idea di cosa sta succedendo, so solo che non riesco a lasciarti andare. E' assurdo, ma sta succedendo, e non ho nessuna intenzione di scappare. Mettimi alla prova.

Eppure Kurt lo fa: si appoggia a lui, racconta e si sfoga e Blaine continua ad abbracciarlo, semplicemente.

Forse è questo che lo fa innamorare giusto un altro po’.

 

 

 

Blaine si sente un vigliacco, perché ha raccontato a Kurt di Sebastian ma non ha avuto il coraggio di dirgli della NYADA, né del fatto che sa di Dave.

Soprattutto non ha avuto il coraggio di dirgli che ha una cotta per lui da quando ha sedici anni.

Ormai è piuttosto ovvio – non gli è mai veramente passata, quella cotta, o non sarebbe qui a deglutire pesantemente perché Kurt ha la spalla di fuori, o a sentirsi avvampare perché maledizione, si è appena leccato le labbra? Non baciarlo. Non baciarlo. Non si può, Blaine.

E’ un bel disastro. E, soprattutto, teme che si stia trasformando in qualcosa di più.

 

 

 

Il bel disastro gli sembra nulla in confronto a quello che ha davanti adesso: Sebastian è in stazione e potrebbe benissimo dire qualcosa di compromettente perché sa della NYADA e vede ancora quel David, quindi ha il potere di far scoppiare una catastrofe. Blaine ha il numero di Kurt, certo, ma è nel panico più totale e il ragazzo dagli occhi azzurri sembra molto più nel panico di lui, perché ha un’espressione spaventata che Blaine non sa come interpretare.

Lo capisce quando Kurt scappa via – non può davvero biasimarlo, dopotutto – e riesce a sentire distintamente il rumore del suo cuore che si spezza.

Quando quella sera stessa Kurt non risponde alla sua chiamata Blaine non si prende nemmeno la briga di raccoglierne i frammenti.

 

 

 

La strada da Broadway alla NYADA è breve, nemmeno mezz’ora di taxi, perciò alle sei in punto è già davanti alla Reception, pronto – più o meno - ad affrontare il suo destino.

Ci ha pensato a lungo ed è giunto alla conclusione di dover parlare con Kurt e vuotare il sacco: non importa se passerà i successivi tre anni a farsi odiare da lui, deve dirgli tutto quanto.

Certo non si aspetta di spalancare la porta della sua stanza e trovarselo davanti.

Né si aspetta che Kurt lo baciasse o che finissero per urlarsi contro subito dopo.

Ma dopotutto era quello il bello, no? Kurt era terribilmente imprevedibile.

 

 

 “Vi siete baciati!” esclamò Nick, strappandolo al suo racconto con un gridolino da ragazzina. “Oddio, vi siete baciati veramente!”

Blaine era tentato di fargli notare che lo sapeva, visto che lui c’era, in quel momento, e soprattutto che non c’era davvero bisogno di strillare e mettere l’intero Cosmopolitan al corrente della sua vita privata, ma la verità era che non riusciva a prestare attenzione agli schiamazzi di Nick e Jeff, perché c’era un qualcosa che gli ronzava in testa.

 

Aveva appena avuto la rivelazione del secolo, vero? Come aveva fatto ad essere così stupido da non capirlo prima?

 

Kurt voleva solo che fosse sincero con lui. Ed era esattamente ciò che gli avrebbe dato.

 

Si alzò dal tavolo facendo sobbalzare sia Nick che Jeff, che lo guardavano ora con aria allibita.

“Devo andare” disse soltanto. Jeff continuava a guardarlo come se fosse impazzito, ma Nick sorrideva: doveva aver intuito le sue intenzioni.

 

“Qualcuno ha capito di essere innamorato, eh?” disse dolcemente, regalandogli un sorriso triste.

 

Blaine sorrise di rimando, frugandosi in tasca e allungandogli una banconota da due dollari.

“Per il caffè. E comunque sì. Devo solo trovarlo e – oddio, dirglielo.”

“Niente panico, Blaine. Hai il suo numero, no?” lo incoraggiò Nick. “Vai e conquistalo, tigre.

 

Blaine sorrise con gratitudine ai due ragazzi e si diresse verso l’uscita del locale, per poi fare dietro front e fare l’occhiolino a Nick. “Non è mai troppo tardi per agire, vero?” gli chiese eloquentemente.

Nick gli lanciò un’occhiata triste e scosse la testa. “No, non è troppo tardi.

Che significava Sì, lo so che ti riferisci anche a me. No, non posso farlo, e Blaine decise che una volta sistemate le cose con Kurt, qualsiasi piega prendessero, avrebbe preso Nick per il colletto della camicia e lo avrebbe convinto a darsi una svegliata, perché Jeff teneva davvero a lui. Meglio: provava qualcosa per Nick, dannazione, e tutti dovevano avere la possibilità di essere felici.

“Vado” ripeté risoluto, afferrando la giacca e tirando fuori il telefono dalla tasca. In realtà stava morendo d’ansia, ora che aveva capito cosa fare e come farlo: gli tremavano addirittura le gambe, ma si costrinse ad uscire il strada ed essere coraggioso, per una dannatissima volta.

 

Aveva una mezza idea di come trovare Kurt; doveva solo sperare che il ragazzo rispondesse al telefono.

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Ok, ecco la seconda parte dei flashback. Dal prossimo capitolo si torna a Kurt (YAY!).

Sto praticamente morendo di stanchezza, gli esami mi stanno uccidendo. Non so come sia venuto fuori questo robo, sinceramente.

Spero solo che non vi faccia tanto pena.

Lo scorso capitolo aveva qualcosa che non andava? Non so, le recensioni sono state un terzo e diciamo che ho attribuito la cosa al caldo e agli esami e al caldo, però se c’è qualcosa che non va o non vi piace, fatemelo sapere, che non mi offendo mica! :)

 

Scappo a finire di ripassare (che tanto mi addormenterò sopra al libro tra cinque minuti.)

 

A martedì prossimo!

 

Selene

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***


Capitolo sedici

Capitolo sedici

 

 

 

"I won't run, I won't fly,

I will never make it by without you"

 

 

 

Kurt aveva passato le ultime tre ore ad iperanalizzare tutto quello che era successo nella sua stanza. Era stato persino troppo distratto per ammirare nella sua interezza la bellezza di Central Park al tramonto, dove il lago di fronte a lui rifletteva placidamente gli ultimi raggi di sole ed una brezza lieve scompigliava le foglie degli alberi tinte di rosso, arancione ed oro: i tipici colori dell'autunno newyorkese, che in un altro momento lo avrebbero lasciato senza fiato e dei quali, adesso, non gli importava proprio.

Il Kurt che era partito da Lima non sarebbe mai riuscito a farsi bastare quella vista meravigliosa, mentre il Kurt del presente - più vecchio solo di pochi giorni - avrebbe tanto voluto non essere lì da solo ma con un certo ragazzo con i capelli ricci e gli occhi color miele. Eccolo il fattore che a quanto pare faceva la differenza: Blaine.

Kurt represse un brivido al pensiero di ciò che era arrivato a significare per lui in così poco tempo. Il venticello fresco tornò a scompigliargli i capelli ormai non più umidi di doccia e decise di alzarsi dalla panchina dove si era piantato tre ore prima.

Non riesco nemmeno a stare fermo, pensò con amarezza. Dio, che cretino che sono stato.

Doveva ammettere che quel lasso di tempo che aveva passato seduto sulla panchina ad osservare la calma del lago di fronte a sé era stato veramente utile, in fondo.

Una volta che si era calmato - la rabbia era scivolata via insieme alla calura del giorno e aveva lasciato spazio ad un bruciante senso di colpa - era stato piuttosto semplice ragionare.

Sapeva di essere fatto così: aveva bisogno di pensare a mente fredda perché era una persona assurdamente emotiva.

Osservò per un minuto il viavai di persone che ancora affollavano quella zona del parco nonostante il sole stesse tramontando, passandosi una mano sul viso nel tentativo di scacciare la stanchezza.

 

Naturalmente si era pentito di aver urlato addosso a Blaine nell'istante in cui si era chiuso la porta della sua stanza alle spalle, ma di nuovo era stato troppo stupido e troppo orgoglioso per tornare indietro.

Se da una parte era stata la cosa migliore perché la solitudine gli aveva permesso di sbollire la rabbia ingiustificata, metabolizzare le rivelazioni di Blaine e sviluppare un orribile senso di colpa, dall'altra si sentiva uno stupido per essere scappato.

Di nuovo, precisò la fastidiosa proiezione della sua mente che aveva assunto le temibili fattezze di Sue Sylvester.

Non si sarebbe mai liberato delle voci nella sua testa, vero?

Il problema era che la sua coscienza aveva perfettamente ragione e la cosa lo infastidiva parecchio: la consapevolezza di avere torto marcio non faceva altro che incrementare il suo senso di colpa.

Come ho potuto mollare lì Blaine da solo dopo che lui mi ha detto - quelle cose?, gemette Kurt nella sua testa. Ora mi odierà.

 

Si guardò attentamente intorno e decise di muoversi di lì, non riuscendo più a stare fermo. Imboccò la strada per gli Strawberry Fields un po’ soprappensiero, forse nella speranza che Jhon Lennon portasse consiglio.

Camminare lo aiutò a schiarirsi le idee abbastanza da poter fare il punto della situazione, così individuò un'altra panchina, illuminata dal lampione acceso da poco, e si sedette nuovamente, accavallando le gambe e prendendosi la testa tra le mani.

Ho baciato Blaine e lui ha risposto al bacio. 

Ecco, quello era il punto giusto dove iniziare, nonostante il solo pensarci gli faceva battere il cuore tanto velocemente da rischiare l'infarto.

Blaine non l'aveva respinto, il che poteva significare solo due cose: non era riuscito a staccarsi Kurt di dosso, o aveva ricambiato il bacio perché lo voleva tanto quanto lui.

Per quanto la scarsa autostima di Kurt lo spingesse verso la prima opzione c'era quella piccola parte di lui, che ricordava con estrema chiarezza le labbra di Blaine muoversi sulle sue, le sue mani premute sulla schiena e sui fianchi, o il battito impazzito del suo cuore contro la maglietta leggera, che era una piccola parte, sì. ma sapeva che Blaine lo voleva con la stessa disperata intensità.

Da quel punto di vista, le parole del ragazzo lo confermavano.

Non posso credere di non essermi mai accorto di lui, pensò Kurt giocherellando con la punta della scarpa sul selciato. È sempre stato così vicino ed io non l'ho mai visto.

Forse non era ancora il momento. Magari era una cosa positiva, che Kurt non avesse mai visto Blaine. Eppure stentava a crederci; era davvero stato così distratto? Eppure in treno Blaine aveva attirato subito la sua attenzione. Anche troppo, in realtà.

Dopo quello che gli ho detto - urlato - non vorrà più vedermi. Dio, quanto sono stupido.

Smettila di farti questi problemi, Porcellana, lo rimproverò Sue con tono annoiato. Falla finita e torna dall'hobbit. Parlaci, così poi potrete tornare tranquillamente a pomiciare.

Lo stomaco di Kurt fece una capriola, quando ripensò alle labbra di Blaine sulle sue e si domandò da dove avesse tirato fuori tuta quella intraprendenza, così all'improvviso, anche se probabilmente era a causa della bellezza mozzafiato del ragazzo che si era trovato davanti alla porta, il quale apparentemente aveva il potere di sciogliere tutte le sue inibizioni. O quasi.

Caso volle che il suo cellulare scelse proprio quel momento per squillare, vibrando incessantemente nella tasca posteriore dei suoi jeans, e Kurt saltò sul posto dalla sorpresa.

Oh, Dio. No, sta calmo, Kurt, pensò, estraendo febbrilmente il telefono senza avere il coraggio di guardare da chi provenisse la chiamata. Non può essere Blaine. Non dopo tutte quelle cose orribili che gli hai detto.

Voltò velocemente il telefono e rimase a fissare con aria ebete lo schermo per un secondo, dove il nome di Blaine lampeggiava con chiarezza sotto ala scritta 'chiamata in arrivo'.

Merda.

Rispondi, cretino!, gridò Sue dall'angolino nella sua testa.

Senza avere nemmeno il tempo di prendere un respiro profondo, Kurt premette il tasto di risposta e si portò il telefono all'orecchio.

"P-pronto?" balbettò alzandosi in piedi e appoggiandosi con la schiena al lampione.

La risposta si fece attendere per un paio di secondi, durante i quali la mente di Kurt si figurò i peggiori scenari apocalittici, e il ragazzo sfiorò la morte per infarto.

"Ehi" fu tutto quello che disse Blaine alla fine. Kurt rimase paralizzato dal suo tono; sembrava stupito, come se non si aspettasse una risposta da Kurt, ma anche preoccupato e tanto, tanto dolce.

"Ehi" mormorò Kurt a sua volta, sentendosi estremamente stupido.

Non ti sta urlando contro, si disse, cercando di farsi forza. È già un passo avanti.

Dall'altro capo del telefono sentì Blaine tirare un sospiro di sollievo, prima che il ragazzo riccio dicesse: "Hai risposto".

Non era una domanda, Kurt lo sapeva bene, eppure sentiva in ogni caso il bisogno di confermare a Blaine che sì, Dio, come poteva non rispondere? Era lui, Kurt, che avrebbe dovuto cercarlo e scusarsi, perché si era comportato da idiota, e gli dispiaceva cosi tanto...

Prima che potesse fare una qualsiasi di queste cose, però, Blaine riprese a parlare.

"Kurt, dove sei?" domandò con un tono di voce che stavolta Kurt non seppe interpretare. "Per favore, voglio spiegarti tutto. I-io..." si bloccò e Kurt lo sentì emettere un verso frustrato. In sottofondo c'erano il rumore del traffico e il suono di passi.

Non c'è bisogno che mi racconti tutto, avrebbe voluto rispondere Kurt. Vorrei solo che mi perdonassi per essere stato così stupido, Blaine.

Sapeva di non poter dare quella risposta per un semplice motivo: se voleva far funzionare le cose con Blaine, o almeno fare sì che non lo odiasse, dovevano lasciarsi il passato alle spalle, e l'unico modo era parlarne. Insieme.

"Sono a Central Park" si ritrovò a rispondere con voce malferma. "Strawberry Fields, ma non so se sai dov'è. Sotto -uhm, sotto uno dei lampioni, vicino ad una panchina"

Blaine respirò rumorosamente.

"È vicino alla NYADA. Perfetto." rispose con tono speranzoso. "Tra mezz'ora sono lì"

Fu a quel punto che Kurt non ce la fece più e le parole che aveva trattenuto fino a quel momento si riversarono dalle sue labbra come un fiume in piena.

"Mi dispiace!" esclamò con voce rotta. "Blaine, m-mi dispiace per c-come ho reagito, non-"

"Shhh" lo zittì Blaine. Kurt rimase in silenzio, scioccato dal suo tono dolce. "Non importa. Ne parliamo quando arrivo, davvero. Ho solo bisogno -"

Si interruppe di nuovo e Kurt trattenne il fiato, temendo il peggio.

Ora dice 'di chiudere con te per sempre. Oddio, ora lo dice.

"...di vederti" terminò Blaine con tono di voce basso. "Ci vediamo tra poco"

"Ok" riuscì a rispondere Kurt con voce flebile. "Io-ok."

Blaine fece una pausa e Kurt pensò che avesse già chiuso la chiamata, ma alla fine la sua voce tornò ad inondare il telefono.

"Kurt?" domandò quasi sottovoce con tono speranzoso.

"Sì?" rispose Kurt passandosi inconsciamente una mano sulle labbra.

"Non scappare, stavolta. Ti prego."

La domanda, pronunciata con così tanta dolcezza, ebbe il potere di spezzargli il cuore, perché nonostante tutto quello che aveva fatto e quanto fosse stato stupido, Blaine c'era ancora.

Quando rispose, il suo tono fu un po' più fermo.

"Non vado da nessuna parte"

Spero soltanto che non te ne andrai tu.

 

 

 

Kurt continuò a lanciare occhiate preoccupate all'ora segnalata dal display del suo telefono per tutta la mezz'ora successiva, percorrendo ansiosamente gli stessi tre metri in circolo, tanto che prima o poi avrebbe lasciato un solco nel terreno a forza di passarci sopra.

È una scena patetica, rimuginò calciando via un sassolino. Mi dirà che non vuole più avere niente a che fare con me.

Ti ha baciato, Faccia da Pizzichi, gli ricordò pazientemente Sue. Vorrà pur dire qualcosa, no?

Ma Kurt non era così tanto ottimista.

 

Una figura scura scelse quel momento per svoltare l'angolo e Kurt, che catturò il movimento con la coda dell'occhio, lo riconobbe subito: era Blaine.

Rimase paralizzato in piedi di fianco alla panchina, improvvisamente troppo agitato per muovere anche solo un muscolo, mentre Blaine si guardava intorno con aria persa.

Quando posò gli occhi sulla sua figura e lo riconobbe sussultò e alzò timidamente una mano per fargli un cenno. A quella vista Kurt non riuscì a trattenersi e si lasciò scappare un sorriso, seppur nervoso. Nella sua stanza non aveva avuto la prontezza di spirito di notarlo, ma ora vedeva chiaramente che Blaine indossava dei jeans scuri che gli fasciavano perfettamente le gambe, una t-shirt bianca e una giacca di pelle nera.

Wow, pensò in un guizzo di irrazionalità. Solo…wow.

Mentre Blaine si avvicinava Kurt continuò a guardarlo in modo forse un po' troppo famelico, tormentandosi il labbro inferiore tra i denti.

Stai calmo, si disse con decisione. E dì qualcosa di intelligente, per l'amor del cielo.

Blaine si fermò di fronte a lui con il fiato corto, come se avesse appena corso la maratona di New York, e Kurt osservò rapito per un istante il petto del ragazzo riccio alzarsi ed abbassarsi velocemente prima di aprire bocca e dire la prima assurdità che gli era passata per la mente.

"Metti troppo gel"

Oh mio Dio - non l'ho detto davvero.

Blaine spalancò gli occhi ambrati - era evidente che tutto si sarebbe aspettato tranne quel commento - e Kurt represse l'istinto di malmenarsi violentemente per la sua stupidità.

Fortunatamente Blaine sembrò prendere il suo commento idiota - e la sua cretinaggine - per un buon segno, perché sorrise in un modo che fece sciogliere Kurt come gelatina e rise leggermente.

"Sì, lo so" si limitò a rispondere con un mezzo sorriso ad incurvargli le labbra.

Kurt cercò di ignorare l'istinto, che in quel momento gli stava gridando di mettere momentaneamente da parte le spiegazioni, prendere il viso di Blaine tra le mani e baciarlo, e decise di prendere in mano la situazione prima che fosse troppo tardi.

"Mi dispiace per quello che è successo prima. Tu- mi hai colto un po' di sorpresa, ecco. Con la storia di Dave e tutto il resto."

Blaine aveva già iniziato a scuotere la testa, guardandolo con quegli occhi dolci, dispiaciuti e spaventati, così Kurt continuò a parlare.

"Avevo torto marcio e nessun diritto di pretendere che tu- voglio dire, non eri tenuto a dirmi tutto se- se non volevi, e io- io- ho detto cose che non pensavo e mi dispiace, Blaine, non sai quanto. Non eri obbligato a-"

"Avrei dovuto dirtelo in modo meno sconvolgente" mormorò Blaine abbassando lo sguardo. "Ma la situazione era diventata davvero complicata e ho trovato il modo e il momento sbagliato' io- tu avevi tutto il diritto di sapere di Sebastian, della NYADA e di- di m-me, davvero".

Stavolta fu il turno di Kurt scuotere la testa; avrebbe preferito che Blaine lo guardasse negli occhi, perché il contatto visivo sembrava l'unico modo tramite il quale far capire a Blaine che ci teneva, a lui, e dovette resistere all'impulso di alzargli il viso con una carezza.

Fermo, Kurt. Adesso non è proprio il caso.

"Lasciamo stare Dave e Sebastian, ok? Per me è una storia chiusa. A mente fredda...non so se avrei voluto saperlo, in realtà" disse, cercando di far capire a Blaine che voleva solo lasciarsi quell'orribile litigata alle spalle e andare avanti. "Il resto...erano affari tuoi e capisco perché non me l'hai detto. I-io non ci sarei riuscito, al tuo posto"

Blaine annuì semplicemente, lo sguardo sempre basso.

"Ok" mormorò. "Se- Io..."

Fece una pausa, probabilmente in cerca delle parole giuste, e Kurt attese pazientemente.

"Vorrei raccontarti tutto quanto, sai?" disse infine alzando lo sguardo e puntandolo negli occhi di Kurt. Tuttavia, notò Kurt, gli occhi nocciola di Blaine indugiarono per un istante sulle sue labbra.

"Sempre che tu voglia - sempre che ti vada di sentire, ecco".

Kurt sorrise e si morse il labbro inferiore.

"Sì. Credo che farebbe bene a tutti e due."

Il lampo di sollievo negli occhi di Blaine portò Kurt ad un orribile sospetto e poi ad un'atroce conclusione: Blaine...lui pensava forse che Kurt non fosse interessato?

Oh, lui non era interessato, ovviamente. Era già passato alla fase 'sono cotto di te'.

Si ripromise di trovare un modo per farglielo capire.

Perché la situazione doveva essere così complessa?

"Però..." Blaine scrutò attentamente il suo viso, prima di sorridere con il suo solito charme. "Che ne dici se torniamo in dormitorio? Qui inizia a fare freddo".

Oh. Beh, questo è un problema, pensò Kurt, mentre annuiva e seguiva Blaine verso l'uscita del parco. Come faccio a stare nella sua stessa stanza e contemporaneamente tenere a bada gli ormoni?

Accidenti.

 

 

 

Il tragitto da Central Park alla NYADA non fu particolarmente breve e fu accompagnato da un imbarazzato silenzio, ma a Kurt andava bene così. Il braccio di Blaine continuava a sfiorare il suo mentre camminavano fianco a fianco, mandandogli brividi in tutto il corpo, ed era certo che Blaine avesse qualcosa in mente, perché continuava a lanciargli occhiate indecise e sorrisini imbarazzati.

In effetti, Kurt si sentiva per un certo aspetto molto più tranquillo; se Blaine non avesse voluto più avere niente a che fare con lui non l'avrebbe di certo cercato o raggiunto a Central Park.

Una parte di sé, comunque, fremeva d'aspettativa: ormai moriva dalla voglia di conoscere tutta la storia e il non sapere cosa sarebbe successo dopo - cosa avrebbero deciso di fare insieme - lo stava uccidendo.

"Beh, eccoci qui"

La voce calda e familiare di Blaine lo strappò ai suoi pensieri per catapultarlo nel mondo reale. Erano già arrivati alla NYADA: Blaine aveva, apparentemente, un senso dell'orientamento migliore del suo.

Ormai erano le dieci passate di sera, quindi la Reception era chiusa ed il turno di Amy doveva essere terminato da un pezzo. Passando davanti al bancone Kurt si ripromise di ringraziare Amy per aver involontariamente fatto sì che Blaine finisse - letteralmente - di nuovo tra le due braccia.

Graziegraziegraziegrazie.

Quando arrivarono davanti alla porta di legno chiaro della stanza - la loro stanza, si rese conto Kurt con un guizzo di eccitazione - Blaine sfoderò le chiavi e il suo solito sorriso timido, facendo sì che Kurt si sciogliesse come gelato al sole.

Possibile che questo ragazzo riesca ad essere dolce e sensuale allo stesso tempo? Come diavolo fa?

Entrarono a passo felpato e Kurt si prese un minuto per posare la sua copia delle chiavi sopra alla scrivania ed osservare la stanza. Il borsone di Blaine era ancora pieno ed appoggiato su un angolo, segno che il ragazzo aveva avuto altro cui pensare, piuttosto che riporre i vestiti.

Blaine svuotò le tasche ed appoggiò il contenuto vicino alle chiavi di Kurt, per poi togliersi la giacca di pelle ed abbandonarla su una delle sedie con noncuranza.

Il silenzio che era sceso su di loro iniziava a farsi opprimente, così Kurt decise di rompere il ghiaccio, esordendo con: "Allora."

Blaine alzò gli occhi nei suoi con determinazione e si avvicinò lentamente a Kurt, che era troppo sorpreso per fare un passo indietro, e in ogni caso non avrebbe voluto farlo comunque, perché Blaine finì per prenderlo per mano e sedersi sul letto in basso, invitandolo con un cenno a fare altrettanto senza allentare la presa.

Kurt si sedette silenziosamente e Blaine prese il più profondo dei respiri.

"Allora" disse abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate. "Sicuro di voler sapere tutta la storia?"

"Sì" disse Kurt senza esitare. "Sicuro di volermela raccontare?"

"No" rispose Blaine con onestà. "Ma devo farlo perché ne abbiamo bisogno tutti e due"

Kurt stava per ribattere che non era obbligato a farlo se non se la sentiva, che avrebbe capito comunque, ma Blaine continuò.

"La verità è che mi piaci, Kurt" mormorò strofinando il pollice sul dorso della sua mano. "E so che l'unico modo per sbloccare questa situazione è lasciarmi questa cosa alle spalle, perché - perché negli ultimi due anni non ho mai colto l'occasione per venire a parlarti, chiederti il numero o strapparti un appuntamento per un caffè... e sono stato davvero stupido, perché nell'esatto istante in cui…nel momento in cui ti ho conosciuto di persona ho pensato 'ehi, eccoti qui. Cerco uno come te da una vita'. E conoscerti è stata una delle migliori cose che mi siano mai successe. Spero solo che..."

Esitò, probabilmente distratto dagli occhi lucidi che Kurt sapeva di avere, e lo tirò leggermente verso di sé, portandosi le loro mani intrecciate alle labbra. Kurt lo lasciò fare, socchiudendo gli occhi e lasciandosi scappare un sorriso lacrimoso, così Blaine continuò, rincuorato.

"Spero solo che una volta che saprai tutto, tu - io - ricominciamo da capo, ti va?"

Sorrise e gli lasciò la mano prima di afferrarla di nuovo e stringerla vigorosamente.

"Piacere, Blaine Anderson" disse scherzosamente, mentre Kurt ridacchiava. "Frequenteremo la NYADA insieme e siamo compagni di stanza. Non ti ricordi di me, ma io ti ho già visto due anni fa. Ti ho trovato sexy fin da subito"

Kurt arrossì vistosamente e Blaine sorrise raggiante.

"È una lunga storia. Ti conviene metterti comodo" disse a bassa voce, spostandosi appena per appoggiare la schiena al cuscino, facendo cenno a Kurt di raggiungerlo.

Senza pensarci due volte Kurt scivolò verso di lui e si appoggiò a Blaine, spalla contro spalla. Il ragazzo riccio riprese possesso della sua mano e iniziò a tracciare disegni immaginari sul suo palmo, riflettendo per una manciata di secondi.

Kurt attese pazientemente e Blaine si strinse un po' di più a lui prima di iniziare a raccontare.

 

Gli disse tutto, partendo dalle prime Provinciali alle quali avevano partecipato insieme, quando Blaine l'aveva visto per la prima volta, fino all' incontro in stazione, e poi tutto quello che aveva pensato durante quel momenti insieme.

Man mano che il racconto di Blaine andava avanti Kurt si avvicinava sempre di più a lui, fino a che, mentre Blaine raccontava con qualche difficoltà di Sebastian e Dave, gli appoggiò la testa sulla spalla.

 

Alla fine rimasero in silenzio per qualche minuto, entrambi intenti a metabolizzare gli ultimi avvenimenti.

Quando finalmente Blaine parlò, il suo tono tranquillo nascondeva una punta d'ansia, come se fosse preoccupato che per Kurt potesse essere tutto un po' troppo.

"Beh, ecco tutta la storia. Assurdo, lo so. Commenti?"

Kurt sorrise della nota di insicurezza che trapelava da Blaine e spostò la testa dalla sua spalla per guardarlo in faccia. Blaine però non lo stava guardando: teneva lo sguardo basso sulle loro mani intrecciate ed appoggiate sul suo ginocchio.

Prima di poter rendersi conto di ciò che stava facendo Kurt si mosse, posando due dita sotto il mento di Blaine per alzargli il viso e incontrare i suoi occhi dorati.

"Ehi" sussurrò, sorridendo con dolcezza. "Guardami".

Blaine strinse le labbra in una sorta di sorriso mesto e Kurt resistette all'impulso di baciarlo fino a non avere più fiato. Si domandò distrattamente da dove venisse fuori tutta questa sicurezza quand'era con Blaine. Perché si sentiva così tanto a suo agio a toccarlo, quando in genere si teneva fisicamente a distanza dalle persone?

"Piacere, Kurt Hummel" sussurrò, spostando una mano per accarezzargli una guancia. "Spero che tu sia un compagno di stanza ordinato, perché il disordine è bandito da questo luogo. E, per la cronaca, anche io ti ho trovato sexy fin da subito".

Blaine ridacchiò, voltando appena il viso per affondarlo nella sua spalla, finalmente tranquillo, e Kurt sbadigliò sonoramente, facendolo ridere ancora di più.

"Stai crollando dal sonno" commentò con un sorriso insonnolito. "Sarà meglio andare a dormire. Al resto ci pensiamo domani mattina".

Kurt mugugnò qualcosa che poteva assomigliare ad un assenso e fece per spostarsi e arrampicarsi sul letto di sopra, ma Blaine gli appoggiò una mano sulla schiena per fermarlo.

"Mi ero arreso, sai? Quando non ti ho più incontrato per l'intera estate..." mormorò avvicinando il viso al suo per poter strofinare la guancia contro quella di Kurt e sussurrargli direttamente in un orecchio. "Pensavo che non ti avrei rivisto mai più e non sapevo che avresti frequentato la mia stessa università, così avevo deciso di lasciarmi tutto alle spalle. E poi..." rise leggermente, un suono basso e vibrante che colpì Kurt dritto al cuore. "Eccoti spuntare in stazione, diretto alla NYADA... in quel momento ho deciso che non avrei perso un'altra occasione. Non quella volta"

Kurt non sapeva se stava per piangere, ridere o mettersi a saltare per la stanza in un attacco di folle felicità, così sorrise e si spostò per guardare Blaine negli occhi.

Si stupì della sua audacia solo dopo, ma sul momento sapeva che era tutto ciò che voleva.

Si chinò sul viso di Blaine per posargli un bacio a fior di labbra con il cuore che batteva all'impazzata, per poi staccarsi e sussurrare, sotto il suo sguardo incredulo: "Buonanotte, Blaine".

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Sono troppo stanca per sopravvivere a queste note, quindi la faccio breve perché sto tipo morendo. Era ora che quei due cretini si dessero una svegliata, eh? Ora dovrete aspettare il prossimo cap per sapere cosa porterà la luce del giorno!

 

A martedì!

Selene

 

 

P.S: Sere, stavolta ho ricontrollato le È cento volte xD

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***


Capitolo diciassette

Capitolo diciassette

 

 

La mattina seguente Kurt si svegliò con un atroce mal di schiena e quello che sembrava a tutti gli effetti il principio di un raffreddore; si stiracchiò ma ricadde quasi subito tra le coperte, gemendo sommessamente quando gli arti indolenziti protestarono per il movimento azzardato.

Che cretino, si rimproverò con un sospiro. Come mi è venuto in mente di uscire con i capelli bagnati, ieri sera? Ora mi beccherò il peggior raffreddore di sempre, mi si arrosserà il naso e sarò inguardabile.

Avrebbe volentieri continuato a lamentarsi per il resto della mattinata, ponderando seriamente di rimanere nascosto sotto un accampamento di coperte fino a che il raffreddore non fosse passato - tempo di incubazione prevista: ventiquattro ore - e stava giusto per andare a prendere martello e picchetti quando la Sue che viveva sotto la sua corteccia cerebrale decise di riportare un po' di buonsenso nella sua testolina tanto modaiola quanto bacata.

Mia cara Meg Ryan, disse pazientemente la Sylvester, brandendo contro di lui un altrettanto immaginario integratore alimentare per polli. Non credo che sarebbe stato molto chic dire al tuo riccioluto amico 'ehi, aspetta. Prima di arrabbiarmi ingiustamente con te devo farmi la messinpiega.' Sarebbe stato solo molto gay.

Kurt, piccato, stava per risponderle che lui beh, era gay, quando si ricordò di qualcosa di notevolmente più importante.

Oh santissima Gaga, gemette con un moto di orrore, saltando di nuovo a sedere sul letto e facendo cigolare tutte le molle. Blaine!

Il suo nuovo coinquilino - oh mio dio, non sta succedendo davvero - stava ancora dormendo profondamente nel letto sotto al suo, russando piano. Ogni tanto le sue coperte frusciavano, segno che probabilmente si stava rigirando nel sonno, e per un attimo Kurt odiò i letti a castello e chiunque avesse avuto la brillante idea di inventarli.

Ok, non c'era motivo di andare nel panico. Il ragazzo che aveva baciato la sera prima e per il quale aveva una cotta, incredibilmente ricambiata, dormiva a meno di un metro da lui. Tutto qui.

Oddio.

Sentendosi il peggiore degli stalker, ma troppo curioso per resistere, Kurt si sporse dal bordo del suo materasso e si affacciò appendendosi a testa in giù come un pipistrello e azzardando un'occhiata verso la cosa avviluppata tra le coperte che si presumeva fosse Blaine Anderson.

Il ragazzo, raggomitolato su se stesso in un allucinante intreccio di lenzuola, gambe e coperte, gli dava le spalle e aveva il viso affondato nel cuscino; Kurt si soffermò ad osservare la sua nuca per poi spostare lo sguardo su oh mio dio, cos'è successo ai suoi capelli?

C'era una massa informe di ricci sparpagliata a raggiera sul cuscino, talmente intrecciata da poter ospitare un nido di quaglie, di quel genere di labirinto cutaneo dal quale non saresti mai riuscito a liberare la mano.

Ma quando l'ha lavato via, il gel?

Blaine si mosse lievemente, mugugnando qualcosa di indefinito, e Kurt si tirò su di scatto, nascondendo il viso improvvisamente rosso di vergogna tra le mani, preda di un lieve giramento di testa.

Si era alzato troppo in fretta e doveva smetterla di saltare i pasti per correre via di qua e di la. Gli sembrava di essere finito nel film Se scappi ti sposo, con la differenza che, a lui, scarpe da tennis e vestito da sposa sarebbero stati da schifo.

Ok, in realtà doveva smetterla di scappare da Blaine e basta.

Vi siete baciati, vi siete baciati, vi siete baciati, cantilenò con allegria una voce da qualche parte nel suo cervello, sospettosamente somigliante a quella di Rachel.

No, pensò Kurt con una punta di disperazione. Posso sopportare Sue Sylvester e posso sopportare Rachel Berry - se ingerita a piccole dosi - ma insieme no. Per l'amor di Dio, no.

Cercò di ignorare il jingle che avevano intonato i suoi neuroni - tipico di Rachel Berry, la donna capace di far passare My headband per una ballad, dirigere un coro di cellule cerebrali impazzite - e finì per chiedersi se, a guidare la sommossa in atto tra i suoi ormoni, ci fosse Puck.

Perché spiegherebbe un sacco di cose.

Non che si lamentasse dell'improvvisa dipartita del cucciolo di pinguino, quello mai, ma non riusciva a spiegarsi dove diavolo avesse trovato il coraggio – gli attributi – per baciare Blaine.

Lo stesso Blaine che, prima di lasciarsi baciare, non solo aveva confessato di avere una cotta per lui da due anni, con quel Mi piaci da togliere il fiato, ma era anche rimasto.

E che ora si stava lentamente svegliando, a giudicare dagli sbadigli rumorosi provenienti da un punto imprecisato sotto di Kurt.

Ops.

Kurt prese un bel respiro per raccogliere il coraggio e si sporse per scendere le scale ed atterrare sulla moquette con eleganza, cercando di mantenere una certa decenza e di non andare in iperventilazione.

Trovò gli occhi di Blaine, semi aperti ed ancora annebbiati dal sonno, intenti a scrutare la sua sagoma.

Kurt si dondolò da un piede ad un altro per dieci secondi, poi Blaine sembrò abbastanza sveglio da riconoscerlo, perché gli sorrise raggiante e prese a stropicciarsi gli occhi. Kurt sorrise di rimando, improvvisamente un po’ più a suo agio. Era una delle tante qualità che sembrava possedere Blaine: riusciva a scacciare l’imbarazzo con un sorriso.

"Mhm" mugugnò Blaine, storcendo il naso mentre cercava di districarsi dalle lenzuola intrecciate intorno alle gambe e sbadigliare contemporaneamente. "...mpfgiorno".

"Buongiorno".

Ok, andava tutto bene. Non c'era motivo di andare in paranoia. Certo, era in piagiama e aveva i capelli un disastro di fronte al ragazzo dei suoi sogni ma era un trauma che poteva superare. Vero?

"...bagno, Kurt?"

Eh?

Kurt realizzò con orrore di essere rimasto a fissare Blaine seduto sul letto per chissà quanto tempo, mentre il ragazzo gli stava dicendo qualcosa che lui non stava ascoltando, troppo impegnato a innamorarsi della sua versione assonnata e mattutina.

"Come?" pigolò mordendosi il labbro inferiore, imbarazzato.

Blaine ridacchiò ma non commentò la sua sbadataggine, cosa di cui Kurt fu estremamente grato. Si grattò una guancia prima di ripetere la frase che Kurt si era perso.

"Stavo dicendo che se vuoi puoi usare il bagno per primo" disse, riuscendo finalmente a liberarsi dal groviglio di stoffa. Si alzò e prese a stiracchiarsi molto lentamente, stirando le braccia sopra la testa con naturalezza. Kurt seguì il movimento fino a quando la canottiera di Blaine non si alzò leggermente scoprendogli lo stomaco. A quel punto si arrese alla faccia in fiamme e sviò lo sguardo verso cose meno provocanti, come ad esempio il pavimento.

Che moquette interessante.

"Sì, va bene. Cercherò di essere veloce, perché magari ti serve e...sì, vado".

Evviva, pensò Kurt senza entusiasmo. Sono un idiota. Non che dovessi invitarlo a fare la doccia con me, per carità, però potrei anche comportarmi meno da ragazzina. Oh, mio dio, non mi toglierò più l'immagine di Blaine sotto la docia dallla testa. Stupido. Stupido, Kurt.

Fece un passo avanti per oltrepassare Blaine e andare in bagno ad affogarsi nella vasca - che non avevano; forse poteva accontentarsi del water - ma la mano calda dell'altro si posò sul suo braccio con delicatezza, fermandolo. Kurt alzò su di lui lo sguardo incuriosito, indeciso se inarcare o meno un sopracciglio per esternare la sorpresa, ma Blaine si limitò a sollevare un angolo della bocca in un sorriso sghembo; poi, senza alcun preavviso - o forse fu il fatto che Kurt gli sorrise timidamente di rimando - la mano di Blaine si spostò dal suo braccio al suo fianco ed infine alla sua schiena e Kurt si ritrovò ad affondare nel suo abbraccio, premuto delicatamente contro il suo petto.

Kurt impiegò solo un secondo a realizzare cosa stava succedendo e lasciarsi andare: si sciolse tra le braccia di Blaine, assaporando con una capriola allo stomaco quella magnifica esperienza che era abbracciare Blaine Anderson.

Il ragazzo appoggiò il mento alla sua spalla, sospirando leggermente, e Kurt percepì il suo petto alzarsi ed abbassarsi quando prese aria. Il cuore di Blaine batteva contro la sua maglietta, all'altezza dello sterno di Kurt, e il controtenore sentì le farfalle allo stomaco quando gli giunse all'orecchio la voce di Blaine, attutita dal fatto che la sua mascella - oh dio - fosse realmente premuta contro l'incavo tra il collo e la spalla.

"Grazie per ieri sera" mormorò Blaine con voce tranquilla. "Per essere rimasto."

Kurt lo strinse di rimando, premendo la guancia contro un lato del suo viso e ridacchiando vagamente. Non era un suono nervoso, anzi. Ora che si trovava tra le braccia di Blaine si sentiva tranquillo. Finalmente a casa. Con Dave non era mai successo.

"Sono contento di averlo fatto" rispose in un sussurro, cercando di trasmettere comunque a Blaine tutto ciò che stava rimanendo non detto tra loro. Avrebbe tanto voluto guardarlo negli occhi ma ehi, anche così andava bene. Non si sarebbe certo lamentato. "Davvero".

"Siamo ok, allora?" chiese Blaine in tono speranzoso, come se temesse che la luce del giorno potesse aver fatto cambiare idea a Kurt sul suo conto. Come se fosse possibile.

Kurt sapeva cosa nascondeva quella domanda in realtà, ed era contento che uno di loro due l'avesse posta: Blaine stava domandando se era tutto a posto tra loro, se stavano ricominciando da capo e allo stesso tempo riprendendo da dove si erano fermati.

"Sì" rispose aggrappandosi un po' di più alle spalle di Blaine. "Direi di sì".

Sciolsero l'abbraccio lentamente, entrambi restii a staccarsi.

"Vado" disse Kurt passandosi una mano tra i capelli. Si vedono così tanto le guance rosse?

Blaine gli lanciò il più raggiante dei sorrisi.

"Ti va di fare colazione fuori, dopo?" propose abbassando gli occhi. "Conosco un posto carino e non troppo rumoroso a tre isolati da qui che fa dei nonfat mocha da paura."

Uscire. Appuntamento per colazione. Mi sta chiedendo un appuntamento per colazione?

"Mi stai chiedendo un appuntameno per colazione?" si lasciò sfuggire prima di potersi fermare - o prendere a padellate in testa. Oh, mio Dio, Kurt.Ti sei bevuto il cervello?

"Uhm" commentò, boccheggiando lievemente senza sapere cosa dire. Ma Blaine, come al solito, sorrise ancora di più.

"Mi stai dicendo di sì?" scherzò Blaine con un ghigno sospetto sulle labbra e - oh santo cielo, mi ha appena fatto l'occhiolino. Non puoi essere reale, Blaine. Non puoi.

"S-sì" esalò Kurt. Oh mio dio, sì. Si schiarì la voce e cercò di darsi un contegno. "Cioè, va bene. Bella. Uhm. Vado ad affogarmi, eh? Sono un macello"

Lo so che pensi che io sia un imbranato, sai? Oddio, sono un disastro.

"In realtà" esordì Blaine con un sorriso sincero. "Io ti trovo adorabile."

No. No, non sei affatto reale.

 

*

 

Kurt era seduto da circa dieci minuti su una delle poltrone, intento a mandare un messaggio a Rachel con la promessa di un'email che avrebbe spiegato tutto - visto che su skype non potevano parlare, perché beh, ecco, lui e Blaine vivevano insieme.

Il sopracitato ragazzo era chiuso in bagno da almeno quindici minuti e Kurt ne aveva approfittato per raccogliere le idee e cercare di mantenere un certo contegno. Infatti non riusciva a smettere di sorridere come se Versace l'avesse nominato suo erede universale e si era persino spalmato su letto di Blaine, constatando quanto fosse più morbido e quanto piacevole fosse l'odore di Blaine mschiato a quello del bucato. Quando si era reso conto di quanto maniacale suonasse tutto ciò si era costretto sulla poltrona e non si era più mosso da lì ed ora stava aspettando che Blaine venisse fuori dal bagno, sperando febbrilmente che l'outfit che aveva scelto accuratamente, un paio di pantaloni bianchi aderenti e una camicia, fossero adatti.

La porta del bagno si aprì con un cigolio e finalmente emerse Blaine, cosa che portò Kurt a trattere il fiato e rimanere a fissarlo di nuovo con sguardo incantato.

Indossava un semplicissimo paio di jeans ed una maglietta con scollo a V, che naturalmente era verde e risaltava quella sfumatura color smeraldo nei suoi occhi, e i capelli erano quasi privi di gel - o meglio erano meno ingellati di quanto Kurt avesse mai visto - ed era assolutamente meraviglioso mente si dondolava vicino alla porta, reggendo l'occhiata famelica di Kurt.

"Scusa, ci ho messo una vita" disse Blaine iniziando a girare per la stanza in cerca di qualcosa. Frugò nel suo borsone e tirò fuori dalle tasche della giacca una copia delle chiavi della loro stanza. "Ok, sono pronto".

"Porti meno gel" gli fece notare Kurt mentre uscvano fianco a fianco, richiudendosi la porta alle spalle. "Stai bene così".

Ok, Kurt. Sei riuscito a fargli un complimento. Fantastico. Un passetto per volta. Non guardare le sue labbra e andrà tutto bene.

Kurt notò con la coda dell'occhio che le guance di Blaine si erano tinte appena di rosso alle sue parole e decise che adorava far imbarazzare Blaine con un complimento forse quanto adorava i suoi occhi.

"Grazie" rispose Blaine svoltando a destra in direzione della Reception. "Allora, qual è il piano? Colazione e...?"

C'è un post-colazione? Ok, manteniamo la calma.

"Che ne dici di fare un giro per New York, dopo? Cerchiamo un market e facciamo un po' di spesa, magari, visto che dobbiamo cucinarci da soli e no, non ti farò ordinare cinese tutte le sere, Blaine, non guardarm così, e-"

"Kurt Hummel, dove diavolo eri finito?"

La voce familiarmente squillante di Amy lo fece sobbalzare e sia lui che Blaine si voltarono di scatto per ritrovarsi davanti la nipote di Carmen Tibideaux, armata di cucchiaino sporco di quella che assomigliava spaventosamente a Nutella e con un'espressione arrabbiata che li fece indietreggiare entrambi di un passo.

Amy marciò verso di loro fino a trovarsi ad una spanna dal petto di Kurt. Gli puntò il cucchiaino contro e gli lanciò un'occhiataccia. "Ieri mi hai fatto venire un infarto! Si può sapere dove sei stato? E perché accidenti sei scappato dalla NYADA come se fossi inseguito da un piatto di carboidrati?"

Kurt assunse l'aria più colpevole, dispiaciuta e contrita che gli riuscisse. "M dispiace" disse sinceramente. "È successo-" lanciò uno sguardo a Blaine, che osservava Amy con aria curiosa, prima di continuare. "Ti racconterò, promesso. A cena?"

Amy spostò lo sguardo sospettoso da lui a Blaine, ignorando momentaneamente la proposta di Kurt.

"C'entri tu, non è vero? Prega di non averlo infastidito, perché è il mio protetto e lo rimpiangeresti un sacco, hobbit".

"Amy!" la rimproverò Kurt, battendosi mentalmente una mano in fronte. Ci mancava solo la reincarnazione di Santana.

Blaine non perse l'aria tranquilla e curiosa, abbagliando Amy con il migliore dei suoi sorrisi.

"Nossignora. Cioè, sì, c'entro, ma...in modo positivo. Spero." lanciò un'occhiata dubbiosa a Kurt, improvvisamente insicuro, e il controtenore decise di porre fine a quell'imbarazzante incontro.

"Molto positivo" disse velocemente per evitare lo scoppio di disordini civili. "Che ne dite di fare cena insieme, allora? Amy, lui è Blaine. Blaine, Amy."

"Vada per la cena" disse la ragazza, ancora intenta a guardar male Blaine, che invece sorrideva angelicamente. "Oggi arriva Ellie, la mia coinquilina, e devi assolutamente conoscerla, Kurt."

"È Nutella, quella?" chiese invece Blaine ad Amy, indicando il cucchiaino che ancora spostava tra loro due a mo' di arma.

Amy gli lanciò uno sguardo sospettoso. "Stai lontano dalla mia Nutella, Frodo" brontolò nascondendo il cucchiaino dietro alla schiena.

Ma certo, pensò Kurt con disperazione. Con chi altro Blaine avrebbe potuto contendersi i cibo spazzatura, dopotutto?

"Ok, noi andiamo" esclamò, afferrando la mano di Blaine e trascinandolo verso l'uscita. "A stasera, Amy. Fai la brava e mettiti qualcosa di decente."

"È stato un piacere conoscerti!" esclamò Blaine ghignando vagamente e salutandola con la mano.

Una volta fuori dalla NYADA - e arrivati dall'altra parte del marciapiede, per sicurezza - Kurt si voltò verso Blaine, che aveva iniziato a ridere a crepapelle, e disse: "Non pensare di sfuggire alla cena di stasera, perché vieni anche tu".

"Va bene, va bene" disse Blaine tra le risate. "Ora però andiamo a mettere qualcosa nello stomaco, sto morendo di fame" .

Strinse la presa sulla sua mano - davvero erano stati mano nella mano per tutto quel tempo? - e iniziò a camminare verso sinistra, trascinandosi Kurt dietro.

"Vedrai, ti piacerà da matti".

 

*

 

Se a Kurt, un anno prima, avessero detto che sarebbe entrato in un bar di New York per fare colazione mano nella mano con un ragazzo - un ragazzo veramete carino - non ci avrebbe di cetto creduto.

Peccato che fosse esattamente quello che stava succedendo; il Cosmopolitan era una tavola calda davvero carina, che gli ricordava un po' il Lima Bean, e soprattutto i cinque clienti seduti ai tavolini non avevano fatto una piega di fronte a due giovani ragazzi mano nella mano che erano appena entrati.

Potrei persino baciare Blaine nel bel mezzo del locale e nessuno direbbe niente, pensò Kurt. La constatazione lo rese giusto un po' più euforico.

Si sedettero ad un tavolino con un'adorabile tovaglietta a fiori e Kurt ne sfiorò il bordo con la punta delle dita prima di domandare qualcosa che si chiedeva, in effetti, dalla sera prima.

"Posso farti una domanda?" esordì, cercando lo sguardo di Blaine.

"Certo" disse il ragazzo, sporgendosi in avanti e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo.

"Non vorrei sembrare invadente, sono solo curioso, ma-"

"Kurt". Blaine gli lanciò un'occhiata di rimprovero. "Abbiamo già superato la fase 'sono restio a fare domande' ieri sera, ricordi? Puoi chiedermi qualsiasi cosa, ok? Mi piacerebbe, se sapessi tutto di me".

Kurt arrossì vistosamente, perché beh, quello riduceva di molto il confine che c'era tra loro e la cosa non gli dispiaceva affatto.

"Mi domandavo dove fossi stato fino a che non sei arrivato alla NYADA, visto che beh, a New York ci siamo arrivati insieme" chiese timidamente.

Blaine ridacchiò e si grattò una guancia."Giusto, non te l'ho detto. Sono stato a casa di due vecchi Warblers, Nick e Jeff". Fece una pausa per indicare i bracciali con i due nomi. "Tra l'altro Jeff lavora qui, ma oggi è il suo giorno libero. Peccato, perché lo adoreresti".

Vuole presentarmi i suoi amici. Perché è così adorabile?

"Comunque" riprese Blaine con un gesto blando della mano. "Ho sostenuto un provino per una parte in West Side Story a Broadway".

"Oh mio dio" esclamò Kurt spalancando gli occhi. "Davvero?"

Imbroglione, lo rimproverò Sue dai meandri della sua testa.

Ehi, protestò Kurt. Non sapevo che fosse West Side Story!

"Cavolo, Blaine, è magnifico!" disse prendendogli la mano per stringerla nelle sue. "Quando saprai i risultati?"

"Tra tre settimane" rispose Blaine con un mezzo sorriso. "Non mi hanno preso di sicuro, ma ehi, vedremo."

"Sono più agitato io di te" scherzò Kurt, ringraziando la cameriera per il caffé che gli porgeva. “Ci aspettano delle tre settimane estenuanti. A partire da oggi, mi sa. A proposito, cosa hai intenzione di metterti per cena?"

Blaine lo guardò per un istante prima di scuotere la testa e ridacchiare. “Ti adoro, lo sai?”

Oh, pensò Kurt facendo cadere lo sguardo sulle labbra di Blaine. Anche io.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

Di nuovo in punto di morte pubblico il capitolo. Lo so che è corto, ma non disperate! Il prossimo arriverà sabato!

 

A presto!

Selene

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***


Capitolo diciotto

Capitolo diciotto

 

 

 

Kurt e Blaine passarono il resto della mattinata a chiacchierare e a raccontarsi a vicenda dei vari provini ai quali avevano partecipato – decisamente più Blaine di Kurt – quando al controtenore venne in mente una cosa che aveva dimenticato di domandare a Blaine la sera prima.

“Ora che ci penso” esordì mentre Blaine giocherellava con i rimasugli di caffè sul fondo della sua tazza. “Se ti prendono per il provino-“

“Cosa che non succederà mai” lo interruppe Blaine, alzando lo sguardo con un sorriso un po’ triste. “C’erano ragazzi con il doppio della mia esperienza, perché dovrebbero prendere me?”

“Ci vuole un po’ di ottimismo” lo riprese Kurt, scuotendo la testa vigorosamente.

Figuriamoci, lo prendono sicuro, pensò con un pelo di invidia. Lui è così...così...Blaine.

“Però mi domandavo…come farai a conciliare le prove di West Side Story con gli orari della NYADA? Le lezioni saranno distruttive, non è un po’ troppo da reggere?”

Blaine gli lanciò un’occhiata perplessa.

“Beh, il programma della NYADA assicura orari flessibili da concordare in Segreteria, naturalmente presentando dei documenti, per casi come il mio – che non sono nemmeno rari, tra parentesi, da quello che ho sentito" rispose con un'alzata di spalle. "È tutto scritto sul sito.

“Oh” fece Kurt facendosi improvvisamente pensieroso. Ma certo, come aveva fatto a non pensarci prima?

Non ho spulciato molto bene il sito, in realtà” confessò con un pelo di vergogna dandosi mentalmente dell'irresponsabile. “Ha fatto tutto Rachel per poi vomitarmi addosso tutte le informazioni ininterrottamente, giorno e notte”.

Quella sì che era stata un’impresa: sopportare Rachel Berry e i suoi seminari sulla NYADA.

Rachel la solista?” domandò Blaine con curiosità, spazzolando via un po' di briciole dal tavolo. “Ha fatto anche lei il provino per l’Accademia e-”

“E non è stata presa" completò per lui Kurt con aria mesta. “Ora dirige il Glee Club del McKinley, mi pare di avertelo raccontato in treno”.

“Sì, mi ricordo” annuì l'altro sporgendosi appena verso di lui per osservarlo meglio in viso.

“Ehi” disse preoccupato Blaine, posando una mano sopra alla sua. Kurt rabbrividì all'improvviso calore del contatto e alzò gli occhi in quelli di Blaine. “Sei diventato triste. Succede ogni volta che parli di lei” gli fece notare. 

Fece una pausa, prima di domandare: “Ti manca?”

Kurt sospirò pesantemente per cercare di scacciare il groppo in gola che gli veniva ogni volta che pensava a Rachel e riabbassò lo sguardo, sfiorando con la punta delle dita della mano libera il bordo di ceramica della sua tazza.

“Sì” disse infine.”Ma non è solo quello, io…”

Come poteva spiegare a Blaine il suo legame con Rachel in poche parole? Come poteva fargli capire quanto si sentisse in colpa?

“Lei era sicura di ottenere l’assolo per le Nazionali”. 

Blaine stava ascoltando attentamente, senza spostare la mano dalla sua. “Dopo il nostro primo provino per la NYADA ha invitato Carmen Tibideaux a vederla, ma l’assolo l’ho ottenuto io.

“Lo so” lo interruppe Blaine, arrossendo adorabilmente. “L’ho visto su YouTube. Te l’ho raccontato ieri sera, ricordi?”

“Oh, giusto”.

In effetti faceva ancora un po’ fatica a mettere insieme tutti i pezzi del racconto di Blaine. Chissà, magari col tempo gli sarebbe venuto del tutto naturale. Per ora doveva limitarsi ad arrossire ogni volta.

“Scusa, non volevo interromperti. Continua”.

“Beh, ho avuto io la parte da solista perché il professor Shue voleva mettere in mostra l’unico controtenore che aveva”.

Kurt fece una lunga pausa, socchiudendo gli occhi quando Blaine iniziò a strofinare lentamente il pollice sul dorso della sua mano nel tentativo di confortarlo un po’. I polpastrelli ruvidi che scivolavano sulla sua pelle sembravano risvegliare tutte le terminazioni nervose che possedesse e ben presto si ritrovò a doversi concentrare per non far tremare la mano.

Come riusciva Blaine a farlo sentire così con un semplice tocco?

“Mi sento come se- come se fosse colpa mia, Blaine" esalò alla fine a voce bassa. "È colpa mia se non è stata presa alla NYADA, perché Carmen Tibideaux era venuta per vedere lei, ma ha trovato me sul palco. E ha preso me”.

Blaine gli strinse forte la mano, intrecciando le dita con le sue. 

“Ehi” disse, cercando il suo sguardo con gli occhi. “Kurt, tu-“ esitò, forse indeciso se dire o meno ciò che pensava. Alla fine sembrò optare per esternare quello che gli passava per la testa, a giudicare dal suo sguardo deciso. “Capisco perché la pensi così, davvero, ma tu hai una voce straordinaria. Ti avrebbero preso lo stesso, con o senza assolo alle Nazionali, e tu lo sai. E sono sicuro che lo sa anche Rachel”.

Kurt alzò lo sguardo su Blaine e gli sorrise lievemente.

“Grazie” mormorò, scrutando il viso di Blaine. Come faceva ad essere così perfetto?

“Ho solo detto la verità”.

Ci fu un momento di silenzio durante il quale si osservarono attentamente e a Kurt cadde l’occhio sulle loro mani, ancora intrecciate. 

Poi lo stomaco di Blaine brontolò, rompendo l'atmosfera ma permettendo a Kurt di innamorarsi giusto un altro po' di lui.

“Non è possibile”. Kurt iniziò a ridacchiare, trascinando con sé anche Blaine. “Dai, ma hai sempre fame?”

“Ehi!Guarda che è quasi ora di pranzo!" cercò di giustificarsi Blaine, alzando le mani in aria. "E poi non è colpa mia se sono piccolo e concentrato e ho bisogno di energie”.

Non ridere, Kurt. Non ridere.

“Stai ridendo di me?” domandò Blaine con finto tono oltraggiato quando Kurt diventò viola nel tentativo di trattenere le risate. “Ok, sono ufficialmente offeso”. Incrociò le braccia al petto con un’espressione a metà tra una smorfia e un sorriso malizioso.

“Ehi, ehi, no, ok, scusa!” esclamò Kurt quasi senza fiato. Prese un respiro profondo per calmarsi e lanciò un’occhiata giocosa a Blaine.

“Cosa posso fare per farmi perdonare?”

Il sorriso malizioso di Blaine si allargò e Kurt deglutì quando realizzò quando fosse ambigua la sua frase.

Rispondi ‘Baciami’ e ti sposo, Anderson.

“Beh” fece Blaine passandosi la mano lungo la mascella con una finta aria pensierosa. “Ci sarebbe questo Sushi Bar a meno di un isolato da qui…”

 Come non detto.

 

 

 

 

 

Kurt era sicuro che la faccia sconvolta di Blaine fosse appena diventata una delle sue cose preferite in assoluto.

“Ok, dove hai imparato a tenere le bacchette così bene?”

Lo sguardo invidioso e sorpreso che gli stava lanciando il ragazzo riccio in quel momento era imperdibile e Kurt si adoperò per stamparselo ben bene in testa.

“Una delle numerosissime doti naturali, Blaine. Dì la verità, non te l’aspettavi quando hai proposto di mangiare Sushi” gli rispose canzonatorio, sventolando la mano che reggeva le bacchette perfettamente sotto al suo naso. Blaine gli lanciò un’occhiata torva, voltandosi per cercare di nascondere il fatto che in realtà stava sorridendo.

Adorabile, pensò Kurt. Avrebbe volentieri passato il resto dei suoi giorni con le bacchette in mano, se questo significava che Blaine avrebbe avuto sempre quell'espressione.

Potrei vomitare, commentò Sue con una smorfia.

“E cos’altro sapresti fare, sentiamo?" lo canzonò Blaine, esaminando il suo piatto di zuppa di alghe. "Parlare giapponese?”

Arigatoo” rispose Kurt alla cameriera, appena arrivata a portare loro del wasabi su un piattino.

Gli occhi dorati di Blaine ormai avevano raggiunto la dimensione di due mandarini e saettavano dal sorriso malizioso di Kurt – che continuava a domandarsi se fosse il caso di cercare il cadavere del cucciolo di pinguino da qualche parte, visto che si stava comportando in modo piuttosto malizioso e non era da lui – alla povera donna in kimono che, sorpresa e lusingata, stava facendo un profondo inchino.

“Non è possibile” mormorò Blaine tra sé, alzando le spalle con aria sconfitta. "Tutta fortuna".

“Non vorrei sembrarti presuntuoso, ma ehi, so anche cucinare discretamente Sushi, con gli strumenti adatti”.

Blaine batté le palpebre un paio di volte, prima di guardarlo negli occhi e dire, con l’aria più seria che Kurt gli avesse mai visto: “Ok, sei l’uomo della mia vita”.

Non puoi dire queste cose e pretendere che io non ti salti addosso nel bel mezzo di un ristorante giapponese. Sei un terrorista, ecco cosa sei.

Se continuavano a provocarsi così a vicenda, avrebbero fatto saltare per aria mezza New York, poco ma sicuro.

“Mi sento particolarmente patetico, adesso. Questi cosi – ed indicò le bacchette – sono arnesi del demonio”

Kurt rise e si avvicinò appena per aiutarlo a tenere correttamente le bacchette. Ok, stavano flirtando, vero? Oddio, stavano flirtando.

“Non è giusto” insistette Blaine quando riuscì a tenere nella maniera giusta i due bastoncini di legno. Kurt lasciò la sua mano e la sensazione di calore che l'aveva avvolto quando aveva iniziato il contatto scomparve, lasciandolo un po' più vuoto. 

“Sembro comunque paraplegico" si lamentò Blaine. "Pretendo di sapere qualcosa di imbarazzante su di te per compensare”.

Kurt sorrise e alzò le spalle. 
“Mai. Non esistono cose imbarazzanti su di me e se sono mai esistite ho cancellato le prove e mi sono sbarazzato dei testimoni. Io sono Kurt Hummel” disse scherzosamente, puntando contro di lui un onigiri inzuppato di wasabi. “Erede naturale di Lady Gaga, l’unico essere umano in grado di organizzare una Barbravention in un centro commerciale dell’Ohio e uscirne illeso”.

Blaine rimase in silenzio per un attimo e Kurt ne approfittò per portarsi alla bocca le bacchette con il suo pezzo di sushi, in attesa di una risposta.

Poi Blaine ghignò ed arrossì contemporaneamente, con l’espressione di chi sa di star per fare tombola al bingo per anziani.

“Io ho fatto una serenata al commesso di GAP, a sedici anni”.

A Kurt andò semplicemente di traverso il salmone.

 

 

*

 

 

“Per la centesima volta, Blaine” stava dicendo Kurt in quel momento, brandendo contro di lui il portamonete a mo’ di mazza ferrata. Erano appena usciti dal Sushi Bar e si erano incamminati verso il loro quartiere in cerca di un supermercato dove fare un po’ di spesa. “Non c’era bisogno che mi placcassi stile wrestler per pagarmi il pranzo”.

“Zitto” gli rispose Blaine lanciandogli un’occhiata divertita per il battibecco fin troppo flirtoso, a giudicare dal modo in cui erano vicini e le loro spalle si toccavano. “Ti ho chiesto io di uscire, quindi ti pago il pranzo, visto che non mi hai lasciato pagare la colazione. Peggio, hai aspettato che andassi in bagno e l’hai pagata tu a tradimento”.

“Ma ho proposto io il pranzo!” ribatté Kurt inarcando un sopracciglio e riponendo il portafogli nella tracolla.

“Ma io ho scelto il ristorante!”

“Ma non ha senso!”

Continuarono su questa linea per un altro centinaio di metri, mentre i passanti non si curavano di loro e il caos di New York si rivelava in tutto il suo splendore. 

“La prossima volta ti offrirò la cena” si arrese alla fine Kurt, dando una spallata amichevole a Blaine. Il ragazzo riccio si appoggiò contro di lui e scosse la testa con fare rassegnato. Il contatto tra loro mandò i brividi lungo la spina dorsale di Kurt, e il suo cuore perse un paio di battiti quando la mano di Blaine scivolò esitante nella sua.

Kurt alzò lo sguardo stupito su di lui e Blaine fece per ritirare la mano, ma lui la strinse più forte per fargli capire che era più che ok e il braccio di Blaine si rilassò.

Meglio di così non poteva davvero andare.

“Sono contento che ci sarà una prossima volta” disse Blaine e Kurt quasi sfiorò l’autocombustione.

“Sì, beh, l’idea era quella”.

Blaine lo abbagliò con il suo solito sorriso e Kurt stava per dire qualcos’altro quando il suo telefono prese a squillare.

Lo estrasse velocemente dalla tasca e inorridì quando lesse il nome lampeggiante sul display. 

Con la faccia di un condannato a morte fece un cenno a Blaine e rallentò il passo, portandosi il cellulare all’orecchio, non prima di aver premuto il tasto di risposta alla chiamata.

Un secondo dopo la voce di Rachel Berry uscì fuori talmente forte da perforargli il timpano permanentemente.

“Kurt Elizabeth Hummel!”

Sì, va bene. Albus Percival Wulfric Brian Silente, brontolò mentalmente preparandosi alla sfuriata.

“Come osi mandarmi un messaggio con scritto ‘Va tutto bene, Rachel, ti spiegherò tutto ma ora non posso parlare via Skype perché sai, vivo con Blaine.’? Come sarebbe, vivo con Blaine?!”

Kurt prese un respiro profondo e avvampò, sperando che il sopracitato ragazzo non fosse in grado di sentire i toni soavi di Rachel, che non era un soprano a caso.

“Rachel, quale parte di non posso parlare adesso non hai recepito?”

“Me ne frego, Hummel! Io e Carole vogliamo sapere!”

Ah, c'era lo zampino della sua Matrigna! 

“Non ho nessunissima intenzione di parlare di-“

Stronzate. Sputa il rospo, ragazzo. È successo qualcosa tra di voi?” lo interruppe Rachel con voce ferma.

Sì, sputa il rospo, Porcellana, lo canzonò Sue. Ti sfido a raccontarle davanti a Blaine che gli sei praticamente saltato addosso non appena l'hai rivisto.

Oddio, pensò Kurt in uno sprazzo di follia. Ma l'ho fatto davvero!

Kurt sapeva che non aveva motivo di mentire, soprattutto se poi avrebbe dovuto dirle la verità in ogni caso, così prese un bel respiro prima di rispondere, premurandosi di lanciare un'occhiata a Blaine che in quel momento stava facendo del suo meglio per far finta di non star ascoltando.

“Sì” disse semplicemente, sperando che Rachel capisse perché non poteva parlare in quel preciso momento.

“Oh mio- Oh mio dio! Chi sei andato a letto? Ma prima dovevi- il Tony-“

“Cos- No! Sei impazzita?”.

“Beh” si giustificò Rachel, un po’ più calma. “Ho cercato le foto sul loro annuario – non fare domande e non ti mentirò – ed è veramente carino! E sexy! Ho sempre voluto dei figli euroasiatici!”

Kurt si fermò di botto, lanciando un'occhiata disperata a Blaine, che si limitò a sorridergli innocentemente.

Oh sì, stava ascoltando tutto, il bastardo.

Quando però Kurt realizzò anche cos'aveva detto Rachel - figli? Euroasiatici? - perse la pazienza.

“Tu sei pazza" le disse senza tante cerimonie. "E non hai l’equipaggiamento adatto, Rachel”. Per rubarmi il ragazzo dei miei sogni, aggiunse mentalmente. Perché Blaine è - fortunatamente - gay.

“Sì invece" rispose lei stizzita, con voce sapiente. "E si chiama utero. E ti servirà quando vorrai un surrogato”.

Un surro- aspetta, cosa?

“Sto per avere un infarto” pigolò con voce flebile, passandosi una mano sulla faccia. Il sorriso di Blaine si incrinò un po' e il ragazzo lo osservò attentamente, come se temesse che stesse per svenire da un momento all'altro. 

In effetti Kurt era certo di essere sbiancato e di non sentirsi affatto bene.

“Sai che sarò la madre biologica dei tuoi figli, vero?” aggiunse Rachel con noncuranza, come se passasse le giornate a pianificare il momento in cui avrebbe tenuto in grembo il figlio del suo migliore amico gay.

Il pensiero gli fece diventare le gambe come gelatina, perché se era gay un motivo c'era, e includeva anche il non dover avere figli con Rachel Berry.
“Oh mio dio” disse senza fiato.

“Kurt, ti senti bene?” sussurrò quasi preoccupato Blaine, vedendolo impallidire.

Sfortunatamente, Rachel lo sentì.

“Oh, è lui?” cinguettò tutta contenta. “Ha una voce meravigliosa! Pensa a che voce avranno i nostri figli! Siete insieme?”

“Rachel” disse Kurt con un tono che voleva essere minaccioso o qualcosa di simile, ma venne fuori solo tremante.

“Kurt” rispose lei con tono innocente.

“Rachel”

“Kurt?”

“Ok, per l’amor di dio, ok! Basta! Sì, è qui!" esplose Kurt, cercando di tenere comunque la voce bassa per non spaventare Blaine - che in realtà ora ghignava - e tutti i passanti. "E no, Rachel, non sarai la madre dei miei figli. Il folle gene della tua discendenza ebraica morirà soffocato dai geni goffi di Finn e per nessun motivo al mondo mischierò il mio pool genetico con il tuo”.

“Ne riparleremo” disse testardamente Rachel, come se fosse normale proporsi come madre surrogato. Per i suoi figli. Con Blaine. “Vado a raccontare queste scialbe, insipide e deludenti informazioni a Carole e Mercedes, ma sappi che voglio un resoconto completo di tutta la storia nella mia casella mail entro ventiquattro ore, o piomberò a New York e tu sarai un controtenore morto”.

“Sì, mamma”.

“E Kurt?”

Mhm?”

“Voglio i dettagli sconci”.

“Non ci sono dettagli sconci, Rachel!”

“Ehi, chi è che cerca i dettagli sconci?” ghignò Blaine da sopra la sua spalla.

Rachel squittì di nuovo – cos’era, un criceto? Uno scoiattolo? Una maledettissima cavia da laboratorio? Ok, Kurt sentiva di star perdendo la lucidità – e chiuse la chiamata, lasciandolo come un idiota a rimuginare su uteri, dettagli compromettenti e roditori di piccola taglia.

 

“Allora?”

Kurt avvampò e si coprì il viso con le mani prima di rispondere, sbirciando tra le dita il sorriso divertito e rilassato di Blaine.

“Rachel” disse semplicemente, sperando che capisse.

“Oh” disse infatti Blaine. “Sembra un tipo difficile da gestire. Mi sono perso, perché vuole essere la madre biologica dei tuoi figli?”

“Ti prego” pigolò Kurt strizzando gli occhi e riprendendo a camminare. Blaine prese agilmente possesso della sua mano ancora una volta e Kurt pensò che probabilmente non si sarebbe mai abituato all'esplosione nucleare che scatenava nel suo petto ogni volta che lo toccava. “Ho bisogno di comprare cibo vegetariano per dimenticare che la mia migliore amica ha proposto il suo utero e metà dei suoi geni per crescere un bambino”.

Blaine ridacchiò, poi si voltò verso di lui e gli tirò delicatamente il braccio per attirare la sua attenzione. Kurt si voltò verso di lui e si trovò davanti due occhi dorati spalancati ed un’espressione da cucciolo abbandonato che avrebbe sciolto persino Sue Sylvester.

Non esageriamo, Porcellana.

“D’accordo” acconsentì allora. “Cibo vegetariano e qualche schifezza per te. Ora andiamo, prima che supplichi il marciapiede di aprirsi in una voragine e risucchiarmi.

 

 

*

 

Fare la spesa al supermercato con Blaine Anderson si rivelò più divertente del previsto. Kurt cercò di convincerlo in tutti i modi a non infilare nel carrello qualsiasi cosa gli passasse tra le mani - tra cui quindi degli stuzzicadenti piramidali a forma di sirena, un set di saponette che profumavano di pino selvatico ed uno scopino per il bagno con i pesciolini - e iniziò ad istruirlo sull'avere una alimentazione varia che comprendesse anche cose come verdure, che Blaine giurò e spergiurò di non aver mai mangiato in vita sua, se non dentro un kebab o un hamburger.

Ora si trovavano in coda per la cassa, sfoggiando un carrello pieno di compromessi: un pacco di patatine per un cestino di insalata, del burro per mezzo chilo di zucchine, la marmellata a bassi contenuti di zuccheri e così via. L'unica cosa su cui si erano trovati d'accordo senza dover scendere a trattativa era stato un cestino di fragole. Kurt sospettava che Blaine avesse abilmente omesso di aver intenzione di inzupparle in cioccolata, panna o chissà cos'altro, ma non aveva prove per dimostrarlo, così fu costretto a tacere.  

 

“Sei sicuro che funzionerà?” domandò Kurt con fare perplesso quando finalmente fu il loro turno e iniziarono a passare i prodotti sulla cassa automatica.

Blaine sorrise e gli sventolò sotto il naso il barattolo di Nutella.

“È un’offerta di pace. Fidati di me, io lo so”.

"Non avevo dubbi".

Vuole corrompere Amy regalandole della Nutella. Credo di amarlo.

“Comunque stavo pensando che magari la prossima volta potremmo andare a mangiare in qualche ristorante francese” propose Kurt ad un certo punto, alzando le spalle per simulare noncuranza. Lanciò un'occhiata a Blaine e notò che aveva il viso strizzato in una smorfia, che probabilmente non era dovuta agli Yogurt al limone che aveva tra le mani. O forse sì?

Cos'ho detto di sbagliato? Oh, magari non vuole...e io...cavolo.

“Non lo so” disse il ragazzo riccio, passandosi una mano sulla nuca con fare imbarazzato. “L’ultima volta ho avuto una brutta esperienza con le Escargot.

Ah. Allora il problema non sono io, ma il cibo francese.

“Sono lumache” gli fece notare Kurt.

“Appunto. Chi diavolo mangerebbe delle lumache?” borbottò Blaine passandogli dal carrello il sacchetto di pisellini surgelati.

“I francesi?” 

“Ma sono lumache!”

"Mi passi le rape? E comunque possiamo sempre mangiare in un posto normale. O cucinare e mangiare alla NYADA" disse Kurt, iniziando a ridacchiare per via delle reazioni spropositate di Blaine.

"Suona molto casalingo" commentò quello, studiando la scadenza del pomodoro in scatola sul tappo del barattolo. Alzò gli occhi ambrati e gli fece l'occhiolino. "Mi piace".

Anche a me, pensò Kurt sognante

 

Una volta pagata la spesa - stavolta fecero davvero a metà, da bravi coinquilini - uscirono in strada sotto il sole del pomeriggio, diretti alla NYADA. 

Stavano tranquillamente camminando per strada, sfortunatamente non mano nella mano a causa delle borse della spesa, quando Blaine inchiodò di botto, alzando lo sguardo sull'edificio di fronte a loro. 

Kurt sbirciò da sopra la sua spalla, incuriosito.

"Blaine, cos-"

"Ehi, ma quello è-" esclamò Blaine, bloccandosi e sollevando un sopracciglio. Poi le sue labbra si distesero in un sorriso meraviglioso. 

"Quello cosa? Chi?"domandò Kurt, guardando bene Blaine in faccia per assicurarsi che non ci fossero problemi o che non fosse del tutto impazzito.

Ma Blaine sembrava del tutto impazzito, visto che un secondo dopo era scattato in avanti affrettandosi verso l'entrata del palazzo chiaro lì di fronte, lasciandolo con un semplice: "Corri!"

Quando Kurt lo raggiunse - sfinito a causa delle borse della spesa - Blaine lo stava aspettando sulla porta di una libreria, Shakespeare&Co, con un sorriso compiaciuto in volto. 

"Non ci credo che non l'hai riconosciuta!" esclamò entrando. Kurt lo seguì e salirono insieme una rampa di scale, mentre il suo cervello lavorava a mille. 

Cosa avrebbe dovuto riconoscere, esattamente?

"Blaine, ma cos-"

"Aspetta"

Kurt si bloccò, ridacchiando e lanciando un'occhiata perplessa a Blaine mentre quello appoggiava vicino a lui le borse della spesa e si piazzava dietro di lui, appoggiandogli le mani sulle spalle. 

Non fece nemmeno in tempo a rabbrividire per il contatto e il viso di Blaine così vicino che quello gli sussurrò all'orecchio con fare cospiratorio: "Pss, Sally! C'è uno che ti fissa da Psicanalisi e donne".

Ma cos- oh.

"Oh mio dio, è - è lei?"

"La libreria di Harry ti presento Sally, dici? Eh già".

Blaine gli sorrise raggiante e andò ad appoggiarsi allo scaffale di fronte a lui, estraendo Sessuologia Avanzata e facendo avvampare Kurt. Aprì il libro a caso e fece un cenno a Kurt.

"Lo so che la sai a memoria, Kurt. Dai" lo supplicò.

"Oh mio dio, è così...così...e va bene". Si prese un istante per osservare Blaine, elegantemente appoggiato allo scaffale di legno, prima di recitare a memoria la parte di Sally. "Lo conosco! Ti piacerebbe, è sposato"

Blaine ridacchiò, così Kurt tagliò la parte centrale e andò a qualche battuta dopo. 

"Un uomo sgradevole" disse con tono annoiato. Blaine alzò gli occhi dal libro e li fissò nei suoi. Kurt notò che brillavano di divertimento, malizia e qualcos'altro. "Inoltre non mi riconosce mai" aggiunse, consapevole di cosa sarebbe venuto dopo. 

Infatti Blaine si staccò dallo scaffale ed esclamò: "Sally!"

Un paio di clienti si voltarono, perplessi, e Kurt ridacchiò.

"Ciao, Harry!" disse Kurt fingendo un viso sorpreso e un po' scocciato. 

"Mi sembravi tu" rispose Blaine a memoria, avvicinandosi di un passo. Una signora anziana dall'altra parte dello scaffale sorrise alla loro performance improvvisata. Almeno non stavano cantando, considerati i precedenti penali di entrambi.

"Già

"Come stai?" domandò Blaine facendogli l'occhiolino ed avvicinandosi di un altro passo. 

"Bene" rispose Kurt annuendo. 

"E come sta John?"

"Bene" rispose allargando il sorriso quando Blaine arrivò esattamente di fronte a lui. "Credo stia bene" aggiunse dopo una pausa, con un tempismo perfetto. 

Si fissarono negli occhi per un istante per poi scoppiare a ridere e tornare alla realtà. Mentre guardava Blaine ridere e piegarsi a prendere di nuovo le borse della spesa Kurt desiderò ardentemente poterlo baciare. 

Si piegò sulle ginocchia per portarsi all'altezza di Blaine, che alzò il viso ancora sorridente e piantò gli occhi dorati nei suoi. Stavolta Kurt si permise di ammirarne ogni sfumatura, da quelle color nocciola a quelle verdi, mentre Blaine sussurrava, vicinissimo: "Non simulerai un orgasmo a cena, vero?"

"No" mormorò Kurt, abbassando lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. "Vuoi far prendere un infarto ad Amy?" 

Non ce la faccio più

"Non sia ma-" iniziò a rispondere Blaine, ma non riuscì a finire la frase, perché Kurt semplicemente non ce la faceva più  e si sporse in avanti, appoggiandogli una mano sulla guancia prima di tirarlo verso di sé e posare le labbra sulle sue. 

"Mpf" sussurrò Blaine sulla sua bocca. Kurt la interpretò come una risata soffocata e fece scorrere le labbra su quelle morbide del ragazzo per un altro paio di secondi prima di realizzare che - 

Sto baciando Blaine. In una libreria. Con dei clienti. Che stanno guardando.

Arrossì violentemente e si tirò su di scatto insieme a Blaine. Si guardarono intorno preoccupati, ma nessuno stava facendo caso a loro, ad eccezione di una ragazza allo scaffale Fantasy e Manga, che li guardava con gli occhi a forma di cuore, praticamente. 

Non è successo niente, pensò Kurt cercando di trattenere l'urletto liberatorio che stava per sfuggirgli dalle labbra. 

Blaine gli sorrise raggiante e non poté fare a meno di sentirsi più completo che mai. 

"Dì la verità" lo canzonò il ragazzo. Kurt notò che aveva il fiato corto. "Ti piace baciarmi all'improvviso".

"Ci sto prendendo gusto, sì" ammise Kurt, stupendosi di come quella risposta un po' maliziosa fosse uscita dalle sue labbra senza il minimo imbarazzo. 

Aveva baciato Blaine e non erano stati aggrediti, cacciati o additati! Dio, quanto amava New York!

Blaine gli sorrise un'ultima volta prima di piegarsi a raccogliere le sue borse e indicare con un cenno l'uscita. 

"Non credo che me ne lamenterò".

Oh, Blaine. Dove sei stato, per tutta la mia vita?

 

 

 

*

 

 

 

Una volta tornati alla NYADA - fortunatamente Amy non era di turno in Reception - impiegarono una buona mezz'ora per riporre la spesa, visto che Blaine sembrava turbato e distratto dopo aver ricevuto per la strada un messaggio da un misterioso mittente e continuava a mettere i piselli congelati nel microonde spento anziché nel freezer.

Forse ha avuto un problema a casa, o con i suoi genitori. Qualche parente che sta male, magari? O forse gli mancano gli amici...

"Va tutto bene?" gli chiese ad un certo punto Kurt, quando notò che Blaine, al terzo messaggio ricevuto, si era accigliato e fissava il telefono come se volesse incenerirlo. Da quando erano entrati in cucina avevano scambiato un paio di parole, ma nulla di più. 

Blaine alzò gli occhi e si riscosse immediatamente, sorridendo. Solo che, notò Kurt, il suo sorriso non gli illuminò gli occhi come al solito.

"Sì, tutto bene" rispose alzando le spalle. Guardò Kurt per un altro istante, poi sospirò ed indicò il telefono. "I miei migliori amici tendono ad essere dei cretini, tutto qui".

Kurt ripose l'ultimo yogurt in frigo e chiuse l'anta. 

Oh. Almeno non è niente di grave.

"C'è qualcosa che posso fare per aiutarti?" propose mentre tornavano in camera. Aprì la porta e buttò le chiavi sopra la scrivania all'angolo mentre Blaine ridacchiava leggermente, in apparenza più rilassato.

"A meno che tu non conosca metodi poco consoni per convincere Jeff - e alzò il cellulare - che non è il caso di mandare un messaggio a Nick domandandogli 'ehi, hai una cotta per me?', allora no".

"Una botta in testa?" propose Kurt appoggiandosi al bordo della scrivania. 

"Testa dura"

"Togligli il telefono"

"Glie lo chiederebbe a voce"

"Mhm. Ok, mi arrendo" rise Kurt, alzando le mani al cielo. 

"Così presto?" lo prese in giro Blaine avvicinandosi e appoggiandosi vicino a lui. "Quanto sono cretini" aggiunse dopo aver risposto ad un altro messaggio. 

"Cos'è successo tra loro, esattamente?" chiese Kurt incuriosito. 

Blaine si incupì, riponendo il telefono in tasca e borbottando 'idiota, l'ha fatto davvero'.

"In realtà non è successo un bel niente" spiegò a Kurt dopo essersi tolto la giacca ed averla appoggiata sulla poltrona lì di fianco. "Nick è innamorato di lui dal primo anno, ma sono sempre stati migliori amici e Jeff non ha mai propriamente espresso il suo amore per l'altra sponda, quindi Nick non ha fatto un bel niente. Adesso Jeff si sveglia con il sospetto che Nick possa effettivamente provare qualcosa per lui, e che fa? Glie lo chiede! Bel modo di utilizzare il tuo giorno libero, davvero".

"Quindi Jeff non è gay?" domandò Kurt, ripensando alla sua imbarazzante cotta per Finn. 

Blaine si appoggiò appena alla sua spalla e scosse la testa. 

"Sì che è gay. Solo che non crede nelle etichette, quindi si rifiuta di ammetterlo. So che prova qualcosa per Nick, lo so

Kurt sospirò e Blaine lanciò un'occhiata fuori dalla finestra. 

"Dovranno cavarsela da soli, stavolta io non posso fare niente. A parte dire a Jeff che è un idiota e che se continua così farà solo soffrire Nick".

Rimasero in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri. In particolare, Kurt si stava domandando esattamente cosa fossero lui e Blaine. Si erano baciati - più di una volta, oh mio dio - ma non stavano insieme. O sì? 

Doveva chiederglielo? Doveva aspettare che Blaine tirasse fuori l'argomento?

Doveva solo continuare a baciarlo? 

L'ultima ipotesi è quella più entusiasmante, Faccia da Pizzichi, commentò Sue. Dacci dentro.

"Vado a farmi una doccia" disse Blaine dopo un po', spostandosi e sorridendo a Kurt quasi maliziosamente. 

Non posso rispondere 'vengo anche io', vero? 

Oh, mio dio, pensò subito dopo. E questa da dove mi è uscita? 

 

 

Kurt attese di sentire il rumore dell'acqua della doccia prima di afferrare il portatile e iniziare a scrivere una lunga email a Rachel, in cui spiegava più o meno dettagliatamente quello che era successo - limitandosi ad un l'ho baciato, invece che gli sono saltato addosso, con grande disappunto di Sue - e aveva quasi finito di scrivere quando la porta del bagno si aprì con un cigolio sinistro e lui si voltò.

Inutile dire che quello che vide gli bloccò il respiro in gola e non riuscì nemmeno ad avere la prontezza di riflessi - o la decenza - di distogliere lo sguardo. 

Perché no, non era possibile, eppure Blaine era appena entrato nella stanza che condividevano con solo un asciugamano legato in vita, bagnato fradicio, con un sorrisetto imbarazzato e sensuale insieme. 

Kurt si domandò come fosse possibile che un ragazzo potesse essere così - così - oh, non lo sapeva nemmeno lui, come.

Sapeva solo che c'era Blaine mezzo nudo in camera, e che non era sicuro di essere psicologicamente pronto per questo.

"Ho dimenticato i vestiti" disse Blaine a voce bassa, come se si sentisse in imbarazzo. 

Kurt batté le palpebre e si sforzò di alzare gli occhi sul suo viso - non poteva continuare a fissargli gli addominali o le ossa sporgenti dei fianchi - e notò distrattamente che Blaine era rosso in viso e si mordeva un labbro. 

"Oh" esalò distogliendo lo sguardo di botto per fissarsi le mani. "Uhm, ok".

Non lo guardò mentre rovistava tra le sue cose, né quando imprecò inciampando nella poltrona - ditemi che non gli è cascato l'asciugamano, supplicò Kurt - ma diede una sbirciatina nel momento in cui Blaine si voltò per tornarsene in bagno a mettersi qualcosa addosso. 

I suoi occhi vagarono velocemente dai capelli bagnati alla schiena, altrettanto ricoperta di gocce d'acqua che scivolavano fino a perdersi oltre il bordo dell'asciugamano - Kurt, non fissargli il sedere! Oh, fossette! - ma si soffermò con un sussulto sulla cicatrice che solcava i fianchi di Blaine da parte a parte, vecchia e con i bordi sbiaditi dal tempo. 

Un lampo a ciel sereno, letteralmente. 

E, mentre Blaine si chiudeva la porta alle spalle con delicatezza, Kurt non poté fare a meno di domandarsi di nuovo come e perché Blaine avesse una ferita di quelle dimensioni ad attraversargli la schiena.

 

 

 

*

 

 

La cena nella cucina comune con Amy e la sua coinquilina, Ellie, trascorse tranquillamente dal momento in cui Blaine - propriamente vestito, stavolta - sventolò il barattolo di Nutella sotto il naso della nipote di Carmen Tibideaux con gli occhi dorati luccicanti e il sorriso più convincente del suo repertorio.

Naturalmente Amy capitolò subito a quella vista, anche se cercò di non darlo a vedere borbottando: “Per stavolta passi, ma fai uno sgarro e ti rispedisco nella contea”.

Lo sforzo che stava facendo Blaine per farsi piacere dall’unica amica che Kurt aveva trovato a New York era notevole e il controtenore finì per domandarsi fino a che punto Blaine fosse in grado di farlo innamorare.

Quando il ragazzo si sporse per toglierli una briciola dall’angolo della bocca decise che non c’era di certo un limite. E se c’era, Blaine era perfettamente in grado di superarlo.

Perché si trattava di questo, in fondo. C’era questo ragazzo un po’ folle, stupendo e dolce che – per quando suonasse incredibile nella sua testa – era interessato a lui.

E Kurt era stracotto sin dal primo istante in cui Blaine era piombato nel suo scompartimento, che l’avesse fatto di proposito o meno. Perché Blaine non sapeva che Kurt avrebbe frequentato la NYADA e non sapeva di Dave e Sebastian e Kurt era certo che, in un modo o nell’altro, Blaine sarebbe piombato nella sua vita lo stesso per renderla meravigliosamente un casino.

Ehi, ma chi era lui per lamentarsi?

 

Fu mentre sfiorava il ginocchio di Blaine con il suo, durante la cena, che realizzò una cosa: Blaine era cotto di lui. Lui era cotto di Blaine.

E allora cosa diavolo state aspettando, Porcellana?, strillò Sue. Quando tornate in camera saltagli addosso, che è la tua specialità!

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Ok, sono una carogna e ne sono perfettamente consapevole.

Doveva esserci anche il pezzo in cui andavano in camera ma non l’ho messo perché lo metterò nel prossimo capitolo xD

Stavolta sono un po’ più viva, quindi ne approfitto per dirvi che il 24 luglio parto per andare tre settimane a lavorare a Dublino e tornerò il 15 agosto.

 

No, mettete via le accette, non vi lascio senza capitoli! :D :D

Pubblicherà la mia fidata Ilaryf90 dal mio account, visto che le lascerò i capitoli. Tra l’altro quelli particolarmente…mhm, arancioni? XD

 

Ok, me ne sto zitta! Non dico altro se non: mi mancherete! :D Pubblicherò il prossimo capitolo giovedì, e poi cercherò di farmi viva quando sarò su a Dublino! :)

 

Nel prossimo capitolo: Blaine e Kurt tornano in camera. Più o meno. xD

 

 

 

Selene

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***


Capitolo diciannove

 

 

 

 

“Fatemi capire bene” disse Amy, inarcando elegantemente un sopracciglio. “Voi due vi siete conosciuti sul treno per arrivare a New York, da Lima”. I suoi occhi azzurri brillarono per un istante di malizia e Kurt semplicemente seppe che Amy stava indovinando più di quanto loro avessero rivelato – la versione riveduta e corretta della storia di Kurt e Blaine, come l’aveva definita nella sua testa – eppure non riuscì a preoccuparsene perché, dannazione, Kurt e Blaine suonava davvero bene.

 

Quando hai finito di comportarti da quattordicenne preda degli ormoni, Hummel, saresti così gentile da riportare l’attenzione nel mondo dei vivi?

 

Recluse la fastidiosa voce della coach Sylvester in un angolino della sua mente per concentrarsi sulle tre persone con cui stava camminando lungo la hall, le quali avevano decisamente notato il suo momentaneo trasferimento mentale su Marte.

 

“Già” assentì Blaine al posto suo, notando la sua distrazione. Kurt gli lanciò un brevissimo sguardo di gratitudine. “E senza saperlo vi siete ritrovati compagni di stanza qui alla NYADA” completò Ellie sgranando gli enormi occhi marrone scuro.

 

“Curioso, eh?” disse Kurt con un sorriso. Aveva trovato in Ellie una ragazza estremamente piacevole; all’inizio l’aveva scambiata per la sua vecchia compagna di Glee Club Quinn nel suo periodo skunk, a dire la verità, visto che la ragazza aveva i capelli corti di un bel rosa shocking, dei grandi occhi verde chiaro e indossava vestiti che Kurt non avrebbe mai osato nemmeno prendere in considerazione; ma se ad un primo impatto poteva fare un po’ impressione, in realtà era una ragazza timida e dolce. L’esatto opposto di ciò che si sarebbe aspettato e ciò la diceva lunga su quanto fosse sbagliato giudicare qualcuno dall’aspetto.

 

“Non ci credo” soffiò Amy alzando le spalle e allargando le braccia con aria incredula. Erano ormai arrivati davanti al portone e le ragazze sarebbero dovute uscire per attraversare la strada e raggiungere i dormitori femminili, nel palazzo di fronte. “L’ho messo io in stanza con te perché era palesemente gay e anche molto sexy!”

 

Kurt arrossì violentemente sotto lo sguardo ora entusiasta di Amy – dannazione, ora aveva capito – e Blaine sollevò un sopracciglio, borbottando un “Grazie?” vagamente perplesso.

“Prego” rispose Amy senza guardarlo in viso, come se fosse scontato quello che aveva fatto.

Magari era pure illegale!

 

"Fico, ho aiutato il destino!” esclamò sorridendo raggiante agli altri tre. Ellie sbuffò esasperata e alzò gli occhi al cielo.

“Amy, comportati bene”.

Eddai, guardali! Sono adorabili!”

“Ok, questo discorso è imbarazzante” borbottò Kurt mettendo una mano sulla schiena di Blaine con l’intento di trascinarlo via, anche di peso se necessario.

“Sto morendo di sonno”. Finse uno sbadiglio nella maniera più ridicola che gli riuscì e sentì i muscoli della schiena di Blaine tendersi mentre cercava di non ridere. “Credo che andrò a dormire”.

Amy lo guardò malissimo, ma si limitò a stringersi nelle spalle.

“E va bene” concesse puntandogli contro l’indice. “Ma domani mattina si fa colazione tutti insieme, quindi non scappate. Non accetterò un no e veniamo noi qui, visto che di là ci sono Le Oche”.

Il viso di Ellie si adombrò a quelle parole. “Sono già arrivate?” chiese con tono di voce basso e infastidito. Il netto cambiamento colpì Kurt, che si appuntò mentalmente di chiedere spiegazioni a Amy non appena se ne fosse presentata l’occasione.

“D’accordo, d’accordo” disse Kurt, alzando le mani in segno di resa. “Colazione da noi. Però vi avviso, niente Nutella”.

 

"Scordatelo!” esclamarono contemporaneamente sia Amy, Blaine e Ellie.

"Tre contro uno” si ritrovò a borbottare Kurt scuotendo la testa mentre gli altri tre lo ignoravano e si davano il cinque. “Meraviglioso, davvero meraviglioso”.

 

Si diedero la buonanotte davanti al bancone della Reception – Amy ammiccò nella sua direzione con talmente tanto entusiasmo che Kurt fu costretto a domandarle a denti stretti se si sentisse bene – e lui e Blaine aspettarono che le ragazze furono arrivate dall’altra parte del marciapiede prima di chiudersi il portone alle spalle e dirigersi verso il corridoio che portava alla loro stanza. La loro stanza, cosa che ricordava a Kurt che lui e Blaine Anderson vivevano insieme, si erano baciati, non avevano chiarito la situazione e avrebbero dormito insieme per i successivi quattro anni.

Ok. Non c’è motivo di dare di matto. Mantieni la calma, Kurt.

 

Perso nei suoi pensieri com’era, non poté fare a meno di trasalire quando la mano di Blaine scivolò lungo il suo polso e il palmo bollente premette contro il suo, prima che Blaine intrecciasse le dita alle sue, esitante. Kurt alzò lo sguardo su di lui e lo trovò intento a guardare il muro; notò però con una punta di divertimento che Blaine era rosso in viso tanto quanto lui, e forse era davvero ora che la smettessero con questa cosa dell’imbarazzo perché, accidenti, si erano baciati e ora si stavano tenendo per mano come una qualsiasi coppietta. Ed era la sensazione più bella del mondo.

 

“Sei veramente stanco?” domandò Blaine con tono esitante, arricciando le labbra pensieroso. Kurt ridacchiò e scosse la testa. “In realtà no. Stavo solo cercando di evitare un discorso imbarazzante”. Esitò per un attimo, indeciso, poi aggiunse: “Sarebbe troppo presuntuoso da parte mia dire che volevo passare un po’ di tempo con te?”.

Blaine si voltò verso di lui con il sorriso più bello di sempre. “Affatto” sussurrò prima di sorridere. I suoi occhi si illuminarono. “Aspetta, ho un’idea. Tu aspettami in camera, ok?”.

Prima ancora che Kurt potesse fare qualsiasi cosa diede un’ultima stretta alla sua mano e lo lasciò davanti alla porta della loro stanza, sgusciando via verso la cucina.

O-ok” balbettò Kurt alla sua schiena. Blaine si voltò appena e gli sorrise rassicurante, così Kurt si decise a infilare la chiave nella toppa ed abbassare lentamente la maniglia, perso di nuovo nei suoi pensieri. Era così grave pensare che ‘Aspettami in camera’ non era poi tanto differente da ‘aspettami a letto’? Avrebbero dovuto rinchiuderlo anche solo per il fatto che il suo stomaco fece una capriola al pensiero.

Ok, non pensarci, si disse arrampicandosi sulla scaletta e sedendosi sul suo letto con le gambe a penzoloni verso la porta.

Va tutto bene.

 

Blaine tornò una decina di minuti dopo con due tazze fumanti in mano e l’aria estremamente soddisfatta.

“Ehi” lo chiamò Kurt dall’alto del suo letto. “Cosa c’è lì dentro?”.

Blaine lo notò arrampicato lassù e gli fece l’occhiolino, avvicinandosi per passargli le tazze.

"Tè caldo” disse orgogliosamente, afferrando la scaletta con entrambe le mani per issarsi sul letto di Kurt. Si sedette a gambe incrociate sul materasso morbido e Kurt lo imitò, passandogli la sua tazza e portando la sua alle labbra.

"Mhm” mugugnò quando il liquido caldo gli sfiorò la lingua. “Frutti di bosco?”

"Era l’unica cosa rimasta” disse Blaine con tono di scuse.

"E’ buonissimo” lo rassicurò Kurt.

 

Rimasero così, in silenzio a sorseggiare tè bollente, per un paio di minuti, fino a che Kurt non si decise a rompere il ghiaccio. “Inizia a fare freddo” commentò osservando Blaine rabbrividire per la finestra aperta. Gli occhi dorati del ragazzo si alzarono nei suoi e Kurt pensò che fossero semplicemente stupendi.

"Oh, sì, ti piacerà.” disse Blaine avvicinandosi un po’ a lui. “L’autunno a New York è-“

"Meraviglioso” concluse Kurt. Non sapeva nemmeno se si stava riferendo alla stagione o a Blaine. No, probabilmente la seconda.

Arrossirono entrambi e Kurt, non sapendo bene cosa dire o cosa fare, afferrò il cellulare sopra la mensola e controllò lo schermo.

“Aspetti una chiamata?” domandò Blaine, ora tornato tranquillo. Kurt si rigirò il telefono in mano per un istante.

“No, è solo… mio padre ancora non mi ha chiamato”.

Blaine colse il suo tono preoccupato e gli sorrise rassicurante. “Che rapporto hai con i tuoi?” domandò con curiosità.

Oh. Ecco, quello era il momento in cui solitamente Kurt si infastidiva per la pietà che scorgeva negli occhi degli altri quando rispondeva a quella domanda.

“Mia madre è morta quando avevo nove anni” buttò lì, scrutando il viso di Blaine da sopra la sua tazza per osservare le sue reazioni. Ma Blaine non assunse nessuna aria impietosita, ne balbettò i soliti ‘oh mio dio, mi dispiace tanto’ di cortesia che Kurt tanto odiava. I suoi occhi ambrati si intristirono e si fecero un po’ più lucidi, prima che domandasse qualcosa che nessun altro aveva mai chiesto.

“Ti manca?”

Blaine era diverso, semplicemente. Nonostante si conoscessero da pochissimo aveva capito che Kurt detestava lasciar trapelare segni di debolezza e mal sopportava la pietà altrui e aveva fatto l’unica cosa che Kurt aveva voluto che facesse: tentare di capirlo.

“Sì” mormorò abbassando gli occhi e scrutando il fondo della sua tazza, ormai vuota. “Voglio dire, ricordo poco di lei, però mi manca molto. Con mio padre ho un ottimo rapporto, non avrei potuto chiedere un genitore migliore, ma… a volte semplicemente non capiva. Lei avrebbe – lei avrebbe capito”.

Blaine gli sorrise dolcemente e si sporse verso di lui per appoggiare la tazza vuota sopra alla mensola, dove un istante dopo finì anche quella di Kurt.

“E Carole?” domandò Blaine avvicinandosi un altro po’ a Kurt, che fu sinceramente sorpreso dal fatto che Blaine si ricordasse il nome della sua matrigna dopo avergliela sentita nominare meno di tre volte in tutto; eppure Blaine era sempre stato così attento, così interessato a qualsiasi cosa Kurt avesse da dire che, a pensarci bene, Kurt non avrebbe dovuto essere così stupito.

“Carole è dolce” disse sorridendo lievemente. “È perfetta per mio padre ed è meravigliosa. Troppo fissata con i gilet in jeans, ma ci stiamo lavorando", aggiunse alla fine, per alleggerire un po’ l’atmosfera. Blaine ridacchiò e allungò la mano per appoggiarla proprio lì, davanti a lui, in un chiaro invito.

Kurt si fece coraggio e la prese tra le sue, strofinandogli il pollice contro il palmo liscio.

“E tu?” domandò curiosamente. “Ti manca casa?”

Blaine, inaspettatamente, fece una smorfia che scatenò in Kurt l’impulso di allungarsi verso di lui e baciarlo per cancellarla dal suo viso. Sembrava turbato.

“È un discorso complicato” disse infatti, sviando lo sguardo come per soppesare le parole prima di parlare. Kurt attese pazientemente che Blaine si spiegasse.

“Mio padre…” iniziò il ragazzo riccio esitante. “Lui ci ha messo un po’ ad accettare il fatto che mi piacessero i ragazzi, ecco. Continuava a portarmi alle partite di football o a farmi riparare macchine nella speranza che tornassi etero, in realtà, e solo dopo il diploma ha capito che… che era una cosa piuttosto definitiva. Vivendo alla Dalton tornavo a casa pochissimo e ci siamo allontanati parecchio. Più di quanto non avessi voluto in realtà, e tra l’altro il mio coming out non è stato proprio dei migliori. Mia madre semplicemente è troppo impegnata con gli affari d’alta società per passare del tempo con me”.

 

Sì, Kurt ricordava di aver sbirciato tra i post-it di Blaine e di aver tratto una conclusione molto simile. “Ho un fratello più grande che finge di saper fare l’attore e che in realtà è un cretino, quindi lo sento poco. E i miei migliori amici vivono qui, perciò… non mi manca una casa vuota, ecco”.

Si strinse nelle spalle, tirando appena verso di sé Kurt con quel gesto. Kurt si guardò intorno, dispiaciuto.

 

“Beh, io ho sparso le mie cose ovunque, quindi forse dovresti fare lo stesso. Così in effetti non è molto accogliente, questa stanza. È un po’ vuota”.

Blaine lo avvicinò a sé con un lieve sorriso ad increspargli le labbra e gli sfiorò lo zigomo con la mano libera, mandandogli il battito cardiaco a mille.

“Beh, abbiamo quattro anni per farla diventare casa, no?”

 

E forse fu il modo speranzoso con cui Blaine enfatizzò la parola ‘casa’, o i suoi occhi dorati colmi di affetto, o tutto insieme, ma Kurt non ce la fece più. Si sporse in avanti con uno slancio di coraggio che non sapeva di avere e le loro labbra si scontrarono in un bacio un po’ goffo, che però crebbe velocemente di intensità quando Kurt sentì Blaine sorridere sulle sue labbra e – oh mio dio, è la cosa più sexy che abbia mai fatto.

 

“L’hai fatto di nuovo” sussurrò Blaine sulle sue labbra, sfiorandogli il collo con la mano. "Cogliermi di sorpresa, intendo".

"Scusa” rispose Kurt divertito e per niente pentito, tornando ad accarezzare le sue labbra in un bacio decisamente meno goffo. Blaine gli passò la lingua contro il labbro inferiore e Kurt dischiuse la bocca per approfondire il bacio, lasciando che l’altro spingesse la lingua contro la sua, accarezzandogli il palato e prendendogli il viso tra le mani. Si separarono dopo un istante e Kurt si sentiva semplicemente troppo stordito per pensare qualsiasi altra cosa che non riguardasse strettamente Blaine o le labbra così vicine alle sue.

“E questo per cos’era, se posso chiedere?” domandò Blaine con voce divertita e un po’ roca, mandandogli brividi lungo tutta la schiena.

Dio, mi fai impazzire.

“Mi fai impazzire”.

Oh, l’ho detto a voce alta?

 

A giudicare dallo sguardo famelico che gli lanciò Blaine sì, l’aveva detto davvero.

“Faccio schifo nelle cose romantiche” confessò Blaine, lo sguardo fisso sulle sue labbra. “Non ho idea di cosa – che si fa in questi casi?”

 

Zitto e baciami, vorrebbe rispondere Kurt, ma stavolta riesce a mettere un filtro tra il suo cervello e la sua bocca ed evita di dire anche questa cavolata.

 

“Non lo so” rispose sinceramente. Mentre mosse le labbra per parlare quelle sfiorarono di nuovo quelle di Blaine, cosa che non contribuì affatto a mantenere la concentrazione.

“Stiamo insieme?” si decise finalmente a chiedere, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva. Blaine boccheggiò per un secondo, allontanandosi di un centimetro per poterlo guardare meglio in viso.

“Io - oddio, non ti ho chiesto – magari dovrei fare una proposta - dovrei - vuoi -“ finì per balbettare Blaine, negli occhi un lampo di panico.

“Aspetta” mormorò Kurt allacciandogli le braccia dietro al collo. Blaine si zittì di botto e i suoi occhi domandarono una spiegazione.

“È che… ci serve davvero una proposta?” mugugnò Kurt imbarazzato. “È… non ti suonerebbe strano?”

Blaine gli sorrise, titubante. Stavano decidendo di stare insieme, quindi?

 

“Potremmo -“ iniziò a dire il ragazzo riccio, ma si bloccò. “Potremmo continuare così” propose dopo aver preso un respiro profondo. “E vedere dove va”.

"Ok” mormorò Kurt tremante sulle sue labbra.

Blaine annullò la distanza tra loro ed entrambi si rilassarono in quel bacio così dolce e tranquillizzante.

 

“Quindi stiamo insieme?” Stavolta Kurt ridacchiò con leggerezza, perché Blaine davvero non riusciva a stare zitto per più di tre secondi e dedicarsi ad attività più interessanti – tipo baciarsi – e aveva posto la domanda che aleggiava tra loro da quando si erano baciati per la prima volta, circa.

“Non riesci proprio a trattenerti, eh?” lo prese in giro Kurt, avvicinandosi ancora di più fino a far aderire il petto contro quello di Blaine, che ridacchiò a sua volta e lo baciò sulla guancia.

“È quello che vuoi?” domandò allora Kurt ad un soffio dalle sue labbra, passandogli le mani lungo i fianchi. Il viso di Blaine si fece improvvisamente bollente contro il suo.

"Sarebbe troppo stalker da parte mia dire ‘fin dal primo momento in cui ti ho visto’?”

Kurt si spostò appena, guardando Blaine in viso con incredulità mista a felicità.

“Davvero?” domandò con un evidente tono di sorpresa nella voce.

“Certo, sciocco” lo prese in giro Blaine. Gli posò un languido bacio all’angolo della bocca.

“Sei”, glie ne posò un altro sullo zigomo, leggero come le ali di una farfalla. “La creatura” continuò, spostando le labbra per baciargli il naso. “Più bella” sussurrò sulle sue labbra prima di baciarlo lievemente. “Che io abbia mai visto”, concluse.

 

Kurt arrossì violentemente e Blaine ne approfittò per prenderlo un po’ in giro.

“Dovremmo fare un po’ di pratica” disse accarezzandogli la guancia.

“Pensavo che lo stessimo già facendo” riuscì a dire Kurt in un sussurro spezzato, prima di andare completamente a fuoco perché ehi, si era appena lanciato di nuovo sulle labbra di Blaine, facendo scivolare la lingua fino a incontrare quella dell’altro, cingendogli la vita con le braccia ed attirandolo verso di sé.

Non aveva però calcolato il peso di Blaine, che si sbilanciò in avanti con entusiasmo e finirono senza sapere bene come semi-sdraiati uno sopra all’altro, con Blaine che si reggeva sulle ginocchia e sui palmi delle mani per non pesargli sopra e Kurt che, con la schiena contro il cuscino leggermente rialzato, faceva vagare le mani lungo la schiena di Blaine, contro la stoffa soffice della sua maglietta, mentre continuavano a baciarsi con crescente foga. Blaine spostò le labbra dalla sua bocca al suo collo e passò la lingua lungo un angolo in particolare, proprio sotto il suo orecchio, che gli mandò una scossa di piacere attraverso tutto il corpo.

A-aspetta” ansimò mentre il ragazzo riccio incollava le labbra al suo mento. Cercando di essere leggermente più convincente gli passò una mano tra i capelli per poi posargliela sulla spalla. Blaine si staccò immediatamente, voltandosi ad incontrare i suoi occhi con preoccupazione.

“Mi dispiace, io-“

Shh” sussurrò Kurt posandogli le dita sulle labbra. Gli occhi di Blaine si addolcirono al suo tocco leggero.

“Voglio solo – possiamo andare con calma?”

Blaine spostò la sua mano e si avvicinò per baciarlo con dolcezza sulle labbra.

“Andremo anche in retromarcia, se vuoi” sussurrò dolcemente. Kurt rise appena, interrompendo il bacio, e gli prese di nuovo il viso tra le mani.

“Voglio fare cose. Con te. Davvero, Blaine, però… ho bisogno di non correre. Sta succedendo tutto troppo-“

“In fretta. Sì, lo so” disse Blaine con sguardo deciso. “Mi dispiace, non volevo… spingere troppo oltre. Ho bisogno anche io di prendere le cose con calma”.

 

Kurt si avvicinò di nuovo, sorridente, e gli lasciò un languido bacio.

"Che ne dici se andiamo a dormire e al resto ci pensiamo domani mattina?” propose passandogli una mano sulla nuca.

Dio, quando avrebbe voluto vederlo senza tutto quel gel in testa.

Blaine non rispose, riprendendo a baciarlo con rinnovata passione. Kurt affondò le dita nella sua schiena e si lasciò sfuggire un sospiro quando Blaine si staccò da lui e posò la fronte nell’incavo tra la sua spalla e il collo.

 

“Ti prego” sussurrò talmente piano che in un primo momento Kurt pensò di esserselo immaginato. “Dimmi che non scomparirai da un momento all’altro”.

“Non vado da nessuna parte” mormorò Kurt, il viso affondato tra i suoi capelli. Blaine alzò il volto per incontrare i suoi occhi e Kurt vi lesse un velo di speranza.

“Dormi con me, stanotte” esalò. Non era una domanda e Kurt lo sapeva, eppure non riuscì a trovare nessuna buona motivazione per dirgli di no. Lui voleva dormire con Blaine.

Così annuì con un sorriso nervoso e tirò Blaine verso di sé, accoccolandosi sul suo petto e tirando il lenzuolo sopra ad entrambi. Un istante dopo Blaine aveva appoggiato la fronte contro la sua guancia, mormorando a bocca chiusa qualcosa di incomprensibile, e Kurt aveva desiderato ardentemente potersi addormentare così per il resto della sua vita.

 

 

 

 

Note di Ilaryf90

 

Ehm, dunque, salve a tutti.

Come sapete Selene è volata in Irlanda quindi toccherà a me postare i nuovi capitoli per le prossime tre settimane!

Non pensate che Kurt e Blaine in questo capitolo siano adorabili? Ho gli occhi a cuoricino!

Scusate torno in me, anzi… prima vi racconto cosa mi ha confessato Selene poche ore fa, prima di salutarci, parlando dei prossimi capitoli… Testuali parole:”Non so dove fargli mettere le mani!”.

Credo che voi possiate tranquillamente trovare una soluzione a questo “problema”… Poi io ancora mi chiedo dove sta il problema… Bene, un po’ di contegno!!!

Se avete saltato queste note avete fatto soltanto bene, evitando i miei scleri!

A martedì prossimo,

 

Ilaryf90

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo venti ***


Capitolo Venti

 

 


La mattina successiva Kurt si svegliò privo di sensibilità al braccio sinistro, con il solito crick al collo e con Blaine piacevolmente abbarbicato a mo' di koala alla sua schiena. 
Sarebbe stato tutto molto dolce - da diabete, in effetti - se non fosse stato per i fianchi bollenti del ragazzo premuti contro il suo fondoschiena e la mezza erezione mattutina che era lì a ricordargli che Blaine era un ragazzo davvero molto sexy.
Il suo ragazzo molto sexy, bisognerebbe aggiungere.
Come diavolo fosse arrivato al punto di avere un ragazzo così sexy sarebbe stato un mistero, e se non la smetteva di pensare la parola sexy non sarebbe uscito vivo da quella situazione, poco ma sicuro. 
Kurt sapeva perfettamente che andare nel panico non sarebbe servito ad un bel niente, perciò fu proprio quello che fece: i successivi sette minuti e trentasei secondi - quando hai un'erezione in aumento e Blaine Anderson attaccato alla schiena potresti contare persino i millesimi di secondo - li passò a vergognarsi di se stesso, arrossire e cercare di rimanere completamente immobile, mentre la sua mente lavorava frenetica su un possibile scenario che coinvolgeva lui, Blaine e molti meno vestiti.
Cavolo, Hummel, commentò Sue con tono sorpreso. Questa  che è roba vietata ai minori! 
Kurt non aveva davvero il tempo per inquietarsi per la presenza della coach Sylvester persino nei meandri più oscuri della sua mente, come una sorta di gollum immaginario appostato tra le pareti cerebrali; era troppo occupato con - oh, dio, chissà che effetto fanno le sue mani lì.
Blaine si mosse appena, probabilmente infastidito dalla luce che filtrava dalle finestre e che lo colpiva dritto in faccia, e trovò il modo per scivolare ancora più vicino a Kurt, avvolgendolo con le braccia - bicipiti. Bicipitiovunque - e strusciando i fianchi contro il suo sedere per sistemarsi meglio e - Oh. Apparentemente Kurt non era l'unico ad avere un problema.
Fa caldo. Chi è l'idiota che ha acceso i riscaldamenti? Morirò per autocombustione.
"Mhpf" mormorò Blaine da qualche parte dietro di lui. Kurt poteva sentire i suoi muscoli tendersi e rilassarsi e il battito del suo cuore accelerare: si stava svegliando. 
Kurt deglutì a vuoto, perché se non riusciva a resistere ad un Blaine addormentato, figuriamoci alla sua versione sveglia. Il ragazzo riccio espirò dal naso direttamente contro il collo di Kurt, facendogli scorrere un brivido lungo la spina dorsale. Mormorò qualcos'altro di incomprensibile a bocca chiusa e spostò le braccia fino a circondare i fianchi di Kurt, per poi strofinare il naso contro la sua nuca. 
Ok, è sveglio.
"Buongiorno" mormorò Blaine con la voce impastata dal sonno, continuando a tracciare con la punta del naso una linea immaginaria contro la sua nuca. 
Kurt fece leva sulla propria spalla per voltarsi leggermente verso Blaine e rimase quasi senza fiato: era vicinissimo, i suoi meravigliosi capelli ricci erano spiattellati da un lato e gonfi dall'altro e sulle labbra aveva il sorriso insonnolito più bello che avesse mai visto.
Era meraviglioso.
Si voltò di nuovo e si rilassò tra le braccia di Blaine, affondando il viso nel cuscino e beandosi del calore emanato dal corpo dietro al suo. Blaine sbadigliò e fece scorrere una mano lungo la sua pancia fino a raggiungere il suo polso. Kurt si godette la sensazione del sospiro che sfuggì dalle labbra del ragazzo contro la sua pelle e delle dita che si intrecciavano alle sue.
Era una situazione talmente quotidiana e familiare da fargli girare la testa: avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi svegliare così tutte le mattine per il resto della sua vita. 
Non ebbe molto tempo per riflettere su quanto velocemente e quanto profondamente si stesse innamorando di Blaine, però, perché proprio in quel momento il suddetto sembrava determinato ad attirare la sua attenzione e i suoi metodi si stavano rivelando piuttosto efficienti. Kurt rabbrividì quando le labbra di Blaine, semiaperte, presero a scorrere sul suo collo e lungo la spalla, grazie a quella porzione di pelle candida lasciata scoperta dalla maglietta; dopo un paio di minuti stava quasi tremando e dovette mordersi un labbro per trattenere il gemito che cercava di sfuggirgli dalle labbra.
Sul momento l'idea di voltarsi per mantenere una parvenza di controllo e impedire l'attentato al suo collo  gli parve geniale, nonostante la sua riluttanza a separarsi dal calore di Blaine.
Naturalmente si sbagliava: non appena si girò tra le braccia di Blaine la bocca del ragazzo fu sulla sua, calda e bisognosa, e Kurt buttò alle ortiche qualsiasi progetto avesse fatto per quella mattina. C'era Blaine nel suo letto, New York poteva aspettare.
Sì, pensò mentre Blaine si piegava su di lui per mordergli il labbro inferiore con delicatezza. È una sensazione meravigliosa. 
Quando il suono acuto della sveglia interruppe il silenzio Blaine si staccò dalle sue labbra con un mugolio di protesta e si sporse per spegnerla - o magari lanciarla contro il muro - ma finì per rotolare con tutto il corpo sopra Kurt, premendo contro il rigonfiamento ormai piuttosto evidente a livello dei suoi fianchi. 
Dannazione. Come fa ad essere così fantastico?
Blaine avvampò e cercò di spostarsi, balbettando una scusa, ma l'intera situazione doveva aver fatto impazzire Kurt, perché affondò il viso nella curva della sua spalla e gli avvolse la vita con le braccia, mormorando "Resta" talmente piano che per un attimo pensò che Blaine non l'avesse sentito. Blaine, però, sospirò - più un suono di sollievo che di resa - e si appoggiò con tutto il suo peso al corpo di Kurt, scivolando sui suoi fianchi e riprendendo possesso delle sue labbra quasi con disperazione. 
Naturalmente finirono per passare così l'intera mattinata, a parlare, baciarsi e scoprire che la sensazione dei loro corpi uno sull'altro era qualcosa alla quale nessuno dei due sembrava disposto a rinunciare.

Verso mezzogiorno Amy tentò di fare irruzione nella loro camera armata di estintore - rubato, a quanto pareva, dalla cassetta anti-incendio - fermamente convinta che Blaine avesse fatto secco Kurt per sbarazzarsi della concorrenza e allo stesso tempo impossessarsi di tutta la Nutella. 
Kurt pensò che dopotutto c'era da aspettarselo, che lui e Blaine si sarebbero ricordati dell'appuntamento mattutino con le ragazze solo dopo un attacco terroristico progettato da Amy e proprio mentre le labbra di Blaine avevano deciso di esplorare la pelle del suo petto lasciata scoperta dalla maglia - dato che il collo l'avevano esplorato per bene - e le mani di Kurt si erano finalmente fatte strada tra il cespuglio di ricci.
Non preoccuparti, Porcellana: alla playlist per il funerale del cucciolo di pinguino ci penso io.
Kurt scoprì che Ellie ci aveva provato, a fermare Amy che avanzava a grandi falcate verso la loro stanza come se fosse una sorta di moderno Attila. Aveva tentato con il discorso 'lascia loro un po’ di privacy, hai visto come si guardano' e con 'Amy, rispetta i loro spazi', ma senza successo.
L'ultima frase che disse Ellie suonò spaventosamente come "Blaine non ruberà tutta la Nutella, è troppo carino per farlo", poi entrambe ammutolirono quando Kurt aprì la porta.
Indossava il pigiama e aveva i capelli tutti arruffati perché qualcuno ci aveva passato le mani, un'espressione a metà tra il contrito e il disperato - proprio perché un istante prima le labbra di Blaine erano incollate alla sua clavicola e dio, stavano davvero succhiando la pelle - e Blaine ancora incollato alle sue spalle. Niente di compromettente, nel complesso, ma per qualche strana ragione a lui ignota Ellie arrossì fino alla radice dei capelli rosa quando posò gli occhi su Blaine che sfoggiava i ricci sparati in tutte le direzioni, le labbra rosse e umide e il sorriso più sensuale del suo repertorio.
Amy, invece, scannerizzò la stanza in un'unica, lunga occhiata inquisitrice, in cerca di chissà cosa. Residui bellici? Nutella?
Lubrificante?, suggerì Sue malignamente. Kurt inorridì quando si rese conto che Sue aveva ragione - per quanto dar ragione alla voce della propria coscienza fosse normale: gli occhi azzurri della ragazza si posarono sul letto e sollevò un sopracciglio fin quasi all'attaccatura dei capelli. 
Ecco cosa sta cercando. Prove. 
Prima che lui o Blaine potessero dire qualsiasi cosa per giustificare il fatto che uno dei letti era sfatto e l'altro era stato evidentemente ignorato da entrambi per tutta la notte Amy scoppiò in una risata inquietante ed esclamò: "Voi due andate a letto insieme, non è vero? Ellie, mi devi dieci dollari!" 
Il viso di Blaine rifletté come uno specchio la sua faccia inorridita ed Ellie protestò, le guance in fiamme: "Ehi, erano cinque!"
"Ma cos- No!" gridò Kurt con voce più acuta del solito.
Questo non significa che non vorresti, insinuò Sue con convinzione.
Blaine, alle sue spalle, taceva, forse troppo sconvolto per dire qualsiasi cosa, e Kurt mise a tacere con stizza la voce della sua coscienza.
A quello ci penso dopo, le rispose. Un passo alla volta.
Prima che Amy potesse fare altre insinuazioni - del tutto veritiere, fondate e giustificate - o magari persino domandare cose imbarazzanti come 'chi di voi due è l'attivo?' Kurt esclamò: "Doccia! Facciamo pranzo insieme, Amy? Sì, ok, scusaci!" e buttò entrambe fuori dalla stanza senza tante cerimonie. Da dietro la porta chiusa si alzò un coro di proteste, segno che Ellie non era poi così tanto innocente come pensava, e Blaine iniziò a ridacchiare senza un minimo di contegno. 
Kurt si coprì il volto con le mani, imbarazzato e deciso a sotterrarsi nella prima fossa disponibile, e iniziò a girare per la stanza alla cieca, borbottando una serie di 'oddio' infinita, fino a che qualcuno non lo acciuffò da dietro per cingergli i fianchi con le braccia muscolose e - oh. Blaine.
"Ehi' mormorò il suo ragazzo, appoggiando il mento alla sua spalla. 'Credo che andrò davvero a farmi una doccia - tanto ormai siamo stati interrotti, aggiunse mentalmente Kurt - visto che i miei capelli sono un disastro. Tu però non rimanere qui a borbottare e autocommiserarti".
Kurt si irrigidì tra la sue braccia. Cosa intendeva, esattamente? Blaine probabilmente percepì Kurt immobilizzarsi e i suoi muscoli tendersi dalla sorpresa, perché si spostò per alzare il viso e guardarlo negli occhi. E se c'era una cosa che aveva imparato, in quel breve periodo, su Blaine Anderson, era che rimanere impassibile di fronte a quello sguardo fiducioso, sincero e color oro era impossibile. Per lui, almeno.
"Kurt" lo prese in giro scherzosamente una volta vista la sua faccia allarmata e allibita. "Non ti stavo proponendo di fare la doccia con me".
Oh.
Blaine ridacchiò e lo fece voltare tra le sue braccia per posargli un bacio a fior di labbra, apparentemente mai sazio del suo sapore, e gli sussurrò contro lo zigomo: "Stavo solo dicendo che dovresti rilassarti". Le sue mani presero a scorrere lungo la sua schiena in una sorta di massaggio e Kurt pensò che rilassarsi non era proprio possibile, specialmente se Blaine continuava ad usare quel tono basso e sensuale. 
"Penso che dovremmo dirlo alle ragazze. Che stiamo insieme. Almeno Amy non si mette strane idee in testa" buttò lì Blaine lanciandogli un'occhiata dubbiosa. Kurt sorrise e annuì, sfiorandogli il petto con le mani. 
"Per me non ci sono problemi, anzi. Non - non voglio essere il segreto di nessuno".
Le labbra di Blaine sfiorarono la sua tempia con delicatezza.
"Lo so", disse, e significava tanto Dave è stato un idiota. "Sai che non lo farei mai".
Kurt si fidava di Blaine come non si era mai fidato di nessun altro, e per uno come lui la fiducia era un dono prezioso e qualcosa di fondamentale, da custodire con cautela.
"Nemmeno io" rispose Kurt piano, e negli occhi di Blaine lesse che anche lui aveva capito il significato profondo che nascondeva la sua frase. Non sono Sebastian. Puoi fidarti di me.
La loro conversazione silenziosa lo portò a riflettere su quanto il loro rapporto fosse sceso su un piano più profondo ed intimo, e questo finì per portare a Sue che faceva battutine su quanto Kurt volesse conoscere meglio Blaine.
Non c'è niente di male, pensò Kurt, piccato. È il mio ragazzo ed è meraviglioso. Non vedo perché non dovrei voler fare cose.
Si vergognava solo a sentire i termini 'doccia' e 'insieme' nello stesso contesto di 'Io e Blaine', sì, ma la verità era che c'era qualcosa in Blaine che lo attirava come una calamita. Lo stesso qualcosa che gli faceva venire le farfalle allo stomaco ogni volta che Blaine lo toccava e che lo faceva sorridere come un cretino quando sentiva il suo sguardo su di sé.
Mi sto innamorando di lui.
Per qualche strano motivo, però, la cosa lo preoccupava un po'. In fondo Blaine non aveva propriamente detto di amarlo. E se conoscendolo Blaine avesse cambiato idea su di lui? 
Ti fai troppi problemi, Porcellana.
Ad un certo punto perse il controllo della sua immaginazione, che volò ad un paio di corpi caldi e nudi che scivolavano l'uno contro l'altro sotto al getto d'acqua bollente. 
Va tutto bene, si disse Kurt, deglutendo rumorosamente. Non è un Legilimens. Non può sapere cosa stai pensando.
Però Blaine era estremamente attraente - diciamo che Kurt continuava a sbavargli addosso e che lui non rendeva le cose più facili, andando in giro per la stanza mezzo svestito, facendo oscillare i fianchi e catturando inevitabilmente l'attenzione di Kurt. Perciò quello che stava pensando era piuttosto legittimo, visto che Blaine era il suo ragazzo.
È normale volergli saltare addosso, no? Oh mio dio. È il mio ragazzo. Mio. Ragazzo. Non respiro.
Magari stava essendo un po' melodrammatico. In fondo Blaine sembrava molto a suo agio con la faccenda dei baci e beh, tutto il resto. 
Datti una mossa, Hummel, o il tuo piccolo amico penserà che non vuoi fare sesso con lui, lo sgridò Sue.
Kurt rischiò di soffocare per aver trattenuto il fiato troppo velocemente e probabilmente Blaine lo notò, perché iniziò a ridacchiare senza contegno contro il suo collo e oh, dio, fallo di nuovo.

 

*

 

Kurt scoprì che amava quel clima così familiare che si era creato tra loro nonostante la tensione sessuale che c'era nell'aria. Con Blaine poteva parlare di qualsiasi cosa, ed ogni volta che lo sfiorava il suo corpo reagiva in modi curiosi che non vedeva l'ora di sperimentare. 
Fu in questo modo che passarono le prime due settimane: entrarono lentamente uno nella routine dell'altro, abituandosi alla convivenza gomito a gomito; girarono New York insieme, continuarono a dormire nello stesso letto e si svegliarono tutte le mattine in un groviglio morbido e caldo che sapeva tanto di famiglia, con Kurt che semplicemente affondava nell'abbraccio di Blaine durante il sonno. 
La prima volta che Kurt ebbe l'onore di vedere i ricci di Blaine liberi dalla loro solita prigione gelatinosa e tossica fu la mattina del settimo giorno di convivenza: Blaine si era svegliato molto prima di Kurt e ne aveva approfittato per farsi una doccia. Quando era uscito dal bagno - vestito, fortunatamente - non si era accorto subito di aver dimenticato di ingellarsi i capelli. Solo dopo aver notato lo sguardo sconvolto di Kurt aveva realizzato il tutto ed era quasi fuggito a gambe levate verso il bagno.
Quasi. Non aveva fatto in tempo nemmeno ad arrivare alla porta, in realtà. Kurt si era ripreso dallo shock piuttosto velocemente e lo aveva placcato sulla porta del bagno, saltandogli letteralmente addosso e premendo il su corpo caldo contro il muro. Passare le mani tra quei ricci era una sensazione stupenda, e passarono la seguente mezz'ora a baciarsi contro la parete verde chiaro, fino a che Blaine non aveva sospirato sulla sua bocca e lo aveva tirato su di peso, ribaltando le loro posizioni: Kurt si era appoggiato con la schiena al muro e aveva circondato i fianchi di Blaine con le gambe, lasciandosi sfuggire un mugolio sommesso quando il bacino di Blaine si era scontrato con il suo.
Da allora Blaine sembrò semplicemente dimenticare il gel tutte le mattine.

 

*

 

In quei giorni avevano parlato soprattutto dell'inizio delle lezioni, visto che Blaine continuava a chiedere a Kurt se pensava che Carmen Tibideaux li avrebbe appesi a testa in giù fin dalla prima mattina, e del provino che il ragazzo aveva sostenuto per la parte di Tony per West Side Story a Broadway.
Kurt era riuscito, alla fine, a fargli ammettere di essere preoccupato e in ansia al riguardo; Blaine si scoraggiava ogni volta che ne parlavano e di solito dopo un paio di obiezioni di Kurt si sporgeva per baciarlo e zittire le sue proteste - ed evitare l'argomento.
La mattina dell'ultimo giorno di vacanza iniziò come al solito: Kurt si svegliò con il gomito di Blaine incastrato nelle costole e Amy interruppe la loro sessione mattutina di baci bussando come una forsennata alla porta. 
Kurt e Blaine dovettero districarsi dall'intreccio di braccia, gambe e coperte che erano diventati per andare ad aprire. 
"Cos'è successo stavolta?" chiese Kurt esasperato trovandosi davanti il ghigno di Amy e l'espressione contrita da 'scusaci, scusaci tanto. Lo so che abbiamo interrotto qualcosa' di Ellie. Non avrebbe saputo dire quale delle due fosse peggiore, in ogni caso.
"Non l'ho finita io, la Nutella!" gridò Blaine dal letto impossessandosi di tutte le coperte e arrotolandocisi come un involtino primavera. 
"Kurt" si lamentò poi. "Fa freddo, torna qui!"
Fantastico, pensò Kurt esasperato mentre il ghigno di Amy si allargava in maniera esponenziale. Complimenti, Blaine. Continua pure a servirle occasioni per fare battutine sconce su piatti d'argento con tanto di contorno di patate.
Il fatto che il suo stomaco avesse fatto una capriola a quel pensiero era un dettaglio insignificante.
"Scusa" disse Amy indicando Blaine l'involtino con un cenno della testa. "Vi lascio subito soli così potete tornare a rotolarvi sotto le coperte - sempre che Blaine te ne abbia lasciate. Volevamo solo sapere se stasera vi andrebbe di venire alla Karaoke Night qui dietro al Costa Coffee. Certo che vi va, siete Kurt e Blaine. Alle 8 qui davanti. E non costringetemi a venirvi a cercare in camera".
"È tradizione" spiegò Ellie con un sorriso di scuse per i soliti metodi poco ortodossi di Amy. Da sotto le coperte emerse la voce di Blaine. 
"Ci stiamo" esclamò con entusiasmo prima che Kurt potesse gridare oh mio dio sì. "Ora torna alla tua colazione e rispedisci qui il mio ragazzo, Amy, o farò un falò con la scorta segreta di caramelle gommose che tieni nascoste dietro alla carta igienica".
"Non oseresti" lo sfidò Amy stringendo gli occhi. In ogni caso non sembrava intenzionata a metterlo alla prova, perché acciuffò Ellie e uscì camminando all'indietro.
"Ti tengo d'occhio, Frodo".

"Aspetta un momento" mormorò Kurt una volta tornato tra le braccia calde di Blaine, ancora tremante per il fatto che lui l'avesse definito 'il suo ragazzo'. "Come sapevi che tiene la sua scorta di caramelle dietro la carta igienica?"
"Non lo sapevo" rispose Blaine con tono innocente, soffiandogli in un orecchio e facendolo rabbrividire. Le sue labbra erano ad un centimetro dal suo viso. "È solo che anche io la tengo lì".
"Aspetta, tu tieni cosa-" 
Kurt cercò di protestare, davvero, ma Blaine ridacchiò contro la sua guancia e scese a baciargli il collo, le labbra semi aperte che scorrevano lentamente lungo la pelle candida e un soffice mormorio in gola, e- oh, al diavolo.
Stava sviluppando una serissima dipendenza dalle labbra di Blaine, o più che altro da Blaine in generale. 
Kurt si accoccolò meglio contro di Blaine, che continuò a mormorare a bocca chiusa mentre faceva scorrere le labbra lungo la linea della sua mascella. Quando arrivò ad un millimetro dalle sue labbra socchiuse gli occhi e Kurt intuì che stava canticchiando una canzone, perché le parole gli vennero soffiate sulle labbra. 
"Pretty pretty please, don't you ever ever feel, like you're less than, less than perfect to me".
Kurt si sentiva come se stesse per avere un infarto, tanto il cuore gli si era gonfiato nel petto. Gli veniva quasi da piangere al pensiero che Blaine era lì. Aveva trovato ciò che aveva cercato così a lungo, finalmente.
Forse fu quello a convincerlo a lasciarsi andare, forse fu il fatto che sapeva di potersi fidare ciecamente di Blaine, nonostante tutto. Forse semplicemente il ragazzo tra le sue braccia era troppo bello per poter resistere. 
Gli passò le mani lungo il petto fino a cingergli la vita con i fianchi e, prima di poterci davvero riflettere e cambiare idea, fece leva sulla sua spalla per mettersi a cavalcioni sopra di lui.
Oddio, l'ho fatto davvero.
Blaine spalancò gli occhi dalla sorpresa ma Kurt non gli diede tempo di fare alcunché: piegò la testa di lato e iniziò a baciargli il collo e la spalla, per quel poco che la t-shirt del ragazzo permettesse. 
"Kurt, cos- oh" cercò di dire Blaine, ma si bloccò a metà strada quando le mani di Kurt, tremanti, si insinuarono sotto la sua maglietta per accarezzargli le scapole. 
"Kurt" riprovò Blaine, ma la sua voce era talmente flebile che fu una fortuna se la sentì. "Non devi farlo solo perchè-"
"Shhh" lo zittì Kurt di nuovo, spostandosi appena più avanti. Il corpo di Blaine era bollente sotto al suo e il ragazzo catturò la sua bocca in un bacio appassionato talmente intenso che Kurt dovette stringere le mani sul lenzuolo per non lasciarsi sfuggire un gemito.
Blaine non sembrava porsi lo stesso problema, però. Non appena Kurt gli morse il labbro superiore gemette direttamente nella sua bocca e strusciò i fianchi contro i suoi, premendo l'evidente rigonfiamento contro la sua coscia.
Cazzo.
Le mani di Kurt si mossero in automatico, come se avesse inserito il pilota automatico, e finirono ai bordi della maglietta di Blaine.
"Posso...?" domandò con il fiato corto, tirandola delicatamente per ribadire il concetto.
Blaine non disse niente, ma si limitò a tirarsi su quel tanto che bastava a Kurt per sfilargli la maglietta e piantò gli occhi, più scuri del solito, dritti nei suoi. 
Blaine senza maglietta era la cosa più bella che Kurt avesse mai visto, e questo fu tutto quello che riuscì a pensare mentre si chinava a baciargli la clavicola, la schiena di Blaine si inarcava leggermente sotto al suo tocco e il ragazzo mugolava piano ogni volta che la bocca di Kurt finiva sulla sua gola.
Dopo un bacio particolarmente mozzafiato che li lasciò entrambi un po' storditi Blaine si appoggiò al materasso e cinse i fianchi di Kurt con le braccia, ribaltando di nuovo le loro posizioni per finire sopra di lui e finalmente strappargli un gemito. Kurt fece vagare le mani lungo la sua schiena mentre si baciavano e premette i fianchi contro quelli di Blaine, facendo scontrare le loro erezioni. Fu in quel momento che le sue dita passarono, leggere, sulla cicatrice di Blaine.
Il ragazzo si irrigidì e si staccò da lui trattenendo il fiato e guardandolo negli occhi. Ci fu un momento di silenzio, in cui fu certo che Blaine poté sentire il suo cervello lavorare, poi allungò una mano per accarezzargli una guancia e Blaine chiuse gli occhi al contatto.
"Posso- posso chiedere come te la sei fatta, Blaine?"

 

 

 

Note di Ilaryf90

Sono molto contenta che la scorsa settimana la mia proposta sia stata accolta con molto entusiasmo da parte vostra! Comunicherò a Selene tutti i vostri suggerimenti…

Scusate per il ritardo dell’aggiornamento ma Selene ha molto da fare in Irlanda e ci è voluto un po’ per inviarmi il capitolo, tra i suoi impegni e la connessione che non ci è d’aiuto.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto (a me sì!). Sappiate che riporto tutti i vostri commenti all’autrice, quindi recensite pure e preparatevi a sopportarmi per altre due settimane, poi tornerà la nostra cara Selene!

 

Alla prossima,

 

Ilaryf90

 

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Capitolo 21
*** Capitolo ventuno ***


Capitolo ventuno

 

 

 

 

 

 

Blaine, quel giorno, riuscì ad evitare la sua domanda. Kurt ne rimase segretamente ferito, ma evitò di farglielo notare. Dopotutto Blaine era riuscito a sfuggire alla situazione così scomoda perché il suo amico Nick aveva pensato bene di chiamarlo in quel momento per una consulenza flash. Blaine si era scusato infinitamente, aveva baciato Kurt con più intensità del solito, era corso a vestirsi ed era uscito in fretta e furia per incontrare Nick al Cosmopolitan; Kurt era rimasto a letto a mordersi il labbro e rimuginare per almeno un paio d'ore prima che Ellie bussasse timidamente alla porta per fare due chiacchiere, visto che Amy era di turno in Reception. Era riuscito a distrarsi un po', fino al ritorno di Blaine.

Il ragazzo era rientrato poco prima delle sei, con le spalle basse e un'espressione triste dipinta in volto. Kurt gli era letteralmente volato addosso, rischiando di far cadere entrambi mentre lo baciava con trasporto. Dopotutto era il periodo più lungo che avevano passato separati da quando stavano insieme e, anche se Kurt si sentiva un idiota, era preoccupato per Blaine, che sembrava ancora più turbato di quando era uscito di casa.

Quando Kurt l'aveva finalmente lasciato respirare Blaine gli aveva raccontato del disastro che era successo con i suoi amici Nick e Jeff: a quanto pareva Jeff sarebbe dovuto uscire con una ragazza, ma aveva finito per litigare con Nick che si comportava in maniera strana e quest'ultimo gli aveva urlato contro che era perché era innamorato di lui dal liceo. Naturalmente, come se non bastasse, Nick era scappato via senza aspettare una risposta.

La cosa sembrava rendere Blaine terribilmente triste, perciò Kurt decise di accantonare momentaneamente le sue domande sulla cicatrice in favore di coccole e baci.

 

Il tempo passò molto più velocemente di quanto avesse pensato, un po' per l'inizio delle lezioni alla NYADA, che portava via a lui e Blaine buona parte della giornata, un po' per via del clima familiare nel quale vivevano e che Kurt imparò presto ad amare.

L'occasione di parlare di nuovo della cicatrice arrivò solo quando ormai era già metà ottobre. Blaine era appena rientrato a casa dopo una corsetta a Central Park con Nick ed era volato immediatamente sotto la doccia, dopo aver lanciato a Kurt, che stava studiando seduto a gambe incrociate sul letto, un bacio al volo. Quando era uscito dal bagno a torso nudo con solo i pantaloni della tuta addosso Kurt aveva trattenuto rumorosamente il respiro.

La cicatrice era lì, in bella mostra. Blaine notò che Kurt la stava fissando e si limitò a sospirare.

Blaine si mise a sedere sul letto e aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza sapere bene cosa dire, e Kurt iniziò a maledirsi mentalmente per aver posto una domanda tanto personale da turbarlo, quasi un mese prima. Evidentemente quella cicatrice riportava a galla ricordi dolorosi che Blaine preferiva tenere sotterrati. Possibile che la sua stupida curiosità dovesse sempre rovinare tutto?

 

Idiota. Sei un idiota, Kurt.

 

"Non pensavo l'avessi notata" mormorò infine Blaine, abbassando lo sguardo. Nel suo tono di voce non c'era solo tristezza, ma anche sorpresa.

Non essere sciocco, pensò Kurt osservandolo con tenerezza. Io ho notato tutto di te.

 

Prima che potesse rendersene conto, le parole gli sfuggirono dalle labbra.

"L'avevo notata la prima notte in cui abbiamo dormito insieme, in realtà" si ritrovò a confessare. Blaine alzò appena lo sguardo, osservandolo da sotto quelle ciglia impossibilmente lunghe, e a Kurt venne improvvisamente un atroce sospetto.

"Non ti sei autoconvinto che questa è una relazione a senso unico e che non mi importa nulla di te, vero?"

Il silenzio colpevole che ne seguì gli fece venire voglia di picchiare Blaine e poi baciarlo fino a togliergli il fiato, ma invece di fare una di queste due cose si costrinse a parlare.

 

"Lo so che ti pesa il fatto che in due anni non ti ho mai notato" sussurrò con dolcezza, chiudendo delicatamente le dita intorno al suo polso per spostare la sua mano da davanti al suo viso. "E non sai quanto mi dispiace, Blaine, ma voglio recuperare tutto quello che mi sono perso - praticamente una vita intera. Voglio sapere tutto di te o non riuscirò mai a convincermi che sei reale, meraviglioso e qui, tra le mie braccia, e-"

 

Blaine non gli lasciò nemmeno il tempo di finire la frase: gli prese il viso tra le mani e lo baciò con forza, sospirando sulle sue labbra. Kurt si sciolse tra le sue braccia, lasciando che la dolcezza di quel bacio lo cullasse per un po', limitandosi a strofinare le labbra sulle sue e accarezzandogli la nuca. Dopo diverso tempo Blaine si staccò da lui e gli diede le spalle, sedendosi dall'altra parte del letto.

Kurt, che aveva quasi dimenticato com'era iniziata la loro conversazione, ci mise un momento a capire che Blaine si era voltato per esporre la cicatrice alla sua vista.

Allungò una mano per sfiorarne i contorni lisci e quasi sobbalzò quando Blaine riprese a parlare, un sussurro appena udibile.

"È stata una bottiglia di vetro. Spaccata su un muretto, forse un cassonetto, non ne sono sicuro".

 

Per un istante Kurt pregò di aver sentito male, sperò persino che stesse scherzando, qualsiasi cosa, perché non poteva essere, semplicemente. Se fosse stato vero, avrebbe significato che Blaine era stato aggredito.

Non può essere.

 

"Se osservi bene si vede che la cicatrice è irregolare. C'è una seconda linea, sopra".

Kurt aveva la nausea e non voleva guardare, ma i suoi occhi volarono alla linea chiara che attraversava la parte bassa della schiena del ragazzo di fronte a lui senza che potesse fermarsi e trattenne il fiato perché era vero. Era tutto vero.

"Cos'è successo?" ripeté a bassa voce, cercando di scacciare dalla sua mente l'immagine del vetro frastagliato che incideva la pelle.

Blaine tirò su col naso, ancora voltato di spalle, e Kurt avrebbe tanto voluto abbracciarlo e dirgli che andava tutto bene, che ormai era passato, ma non riusciva a muoversi. Tutto quello che riusciva a fare era fissare con orrore la schiena di Blaine.

"Avevo quattordici anni, avevo appena fatto coming out a scuola e non avevo idea di quanto il mondo potesse far schifo" iniziò a raccontare Blaine con voce inspiegabilmente piatta. "C'era questo ballo scolastico al quale volevo assolutamente andare, ma non potevo certo invitare una ragazza, perché lo sapevano tutti che ero gay, e andarci da solo..." rise amaramente e si voltò verso Kurt con una smorfia in viso. "Ero già abbastanza sfigato. Un vero nerd. Così ho chiesto all'altro unico gay dichiarato della scuola, un mio amico, di andarci insieme. Ho pensato cosa c'è di male, in fondo? Non diamo fastidio a nessuno".

 

Si accorse che Blaine aveva iniziato a tremare: le spalle erano scosse da brividi e Kurt voleva fare qualcosa, ma non riusciva a muoversi; non riusciva a respirare.

 

"Illuso" mormorò Blaine inclinando il viso in modo che Kurt non riuscisse a guardarlo negli occhi.

Fa qualcosa.

"Blaine, non-"

"Io e Joey stavamo aspettando che suo padre ci venisse a prendere, fuori dalla palestra". La voce di Blaine era poco più di un sussurro spezzato. "Un gruppo di senior ci aveva tirato del punch addosso appena arrivati. Ero rimasto in camicia e ricordo che faceva un freddo cane". Fece una pausa e Kurt si ritrovò a trattenere il respiro in attesa che continuasse. "C-ci hanno seguito fuori. Erano- uhm. Ubriachi, credo? Uno di loro aveva questa bottiglia e-"

La voce gli si spezzò e tutto quello che uscì fu un rantolo. Fu quello che finalmente riattivò le funzioni motorie di Kurt. Si piegò verso Blaine e gli circondò la vita con le braccia, trascinandolo verso il cuscino per abbracciarlo stretto e accarezzargli i capelli in un tentativo di conforto.

"Va tutto bene" gli sussurrò all'orecchio baciandogli la tempia. Sapeva di non essere d'aiuto, ma non aveva idea di cos'altro fare. "È finita, ok? È passata ormai. Siamo a New York, lontano da Lima, Westerville o l'Ohio. Ce ne siamo andati, Blaine".

Incredibilmente le sue parole riuscirono a calmarlo abbastanza da andare avanti.

"In realtà non ricordo molto" disse Blaine con un filo di voce. "Le urla, il dolore, il vetro... qualcuno continuava a gridare che eravamo un abominio. Ti risparmio i dettagli; il padre di Joey ci ha trovato svenuti, a terra, coperti di sangue. Mi sono risvegliato in ospedale e mio padre mi ha chiesto se era vero che ero gay mentre mia madre se ne stava da una parte a singhiozzare. Mi hanno convinto a non sporgere denuncia promettendomi che mi avrebbero cambiato scuola e avrei potuto scegliere dove. Così sono andato a nascondermi alla Dalton e fine della storia".

 

Kurt non poteva credere alle sue orecchie. Burt non avrebbe mai permesso una cosa del genere, anzi: avrebbe messo a ferro e fuoco l'intero Ohio pur di trovare i colpevoli. Improvvisamente si sentì molto, molto fortunato.

Blaine affondò il viso nell'incavo tra il suo collo e la spalla.

 

"È il mio più grande rimorso" disse, la voce ridotta ad un sussurro. "Non sono rimasto ad affrontare i miei problemi e mi sono accorto solo dopo di quanto vigliacco fossi stato. Ho lasciato che vincessero. Mi sono arreso".

 

A Kurt Blaine non sembrava affatto qualcuno che si era arreso e sentiva la necessità di farglielo capire, ma non sapeva come. C'erano troppe cose che gli frullavano per la testa.

"Nessuno dovrebbe essere lasciato da solo ad affrontare i propri problemi. Avevi quattordici anni, Blaine, cosa ti aspettavi da te stesso? Di piazzarti davanti ai bastardi che ti hanno picchiato a sangue e dire 'ehi, sono fiero di ciò che sono'?" mormorò Kurt prendendolo per le spalle per guardarlo in viso. Blaine si sedette sul bordo del letto e gli diede le spalle, lo sguardo basso.

"Ci ho messo anni ad essere fiero di ciò che sono, ma ancora oggi sobbalzo quando sento un vetro che si rompe o mi cade un bicchiere, e mi sento come se avessero rovinato una parte di me perché- perché glie l'ho lasciato fare" mormorò rivolto al muro.

Non hanno rovinato niente, pensò Kurt facendo scorrere lo sguardo sulla sua schiena nuda, lungo la spina dorsale, fino alla cicatrice. Tutto quello che vedo io è un ragazzo meraviglioso.

Si avvicinò a Blaine e gli alzò delicatamente il mento con due dita in modo da poterlo guardare in viso e perdersi in quegli occhi color oro così tristi.

"Non c'è niente che non va in te, in noi o in quello che proviamo l'uno per l'altro" scandì lentamente ad un soffio dalle sue labbra. Blaine chiuse gli occhi e lo baciò lentamente.

"Lo so" rispose Blaine accarezzandogli una guancia. "Dio, lo so".

Kurt piegò la testa e in un lampo d'ispirazione scese a baciargli il collo, poi le spalle, lungo la spina dorsale, e dalla gola di Blaine uscì un suono basso e vibrante che quasi gli fece girare la testa. Quando le sue labbra arrivarono al bordo della cicatrice, all'altezza del fianco di Blaine, baciò anche quella.

Il gesto sembrò risvegliare qualcosa in Blaine, che si lasciò sfuggire un sospiro e si voltò verso Kurt, catturando le sue labbra in un bacio. Kurt semplicemente si lasciò andare a quel contatto, facendo scorrere la lingua lungo il labbro inferiore di Blaine, che aprì lentamente la bocca per approfondire il bacio.

"Mi dispiace non avertelo raccontato prima" mormorò con voce soffocata tra un bacio ed un altro. "Non l'ho fatto perché mi sentivo un vigliacco, non perché non mi fido. Mi fido ciecamente di te, Kurt".

 

Quelle parole lo colpirono direttamente al cuore e la realizzazione che ebbe subito dopo in realtà non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto, perché in fondo era così ovvio: si era innamorato di Blaine.

Non era una semplice cotta e allo stesso tempo era qualcosa che andava oltre la pura attrazione fisica. Kurt non aveva mai sentito più forte il bisogno di essere toccato, baciato; non riusciva a smettere di desiderare di sentire il peso di Blaine su di sé, le sue labbra sulle sue, le sue mani tra i capelli, e non era dovuto agli ormoni. Lo desiderava perché desiderava Blaine.

 

Quello che successe in seguito fu la cosa più naturale del mondo.

 

Blaine mormorò qualcosa sulla sua gola, lo tirò sopra di sé, stendendosi sul materasso, e le sue mani scesero lentamente lungo i suoi fianchi, accarezzando la pelle nuda fino a raggiungere il bordo dei pantaloni del suo pigiama. Non si fermarono lì, in ogni caso. Scivolarono a stringergli il fondoschiena per avvicinare il bacino al suo e oh. Non sono l'unico ad aver perso il controllo, a quanto pare.

 

Le sue mani vagarono sul petto di Blaine mentre si baciavano, spingendosi sempre più in basso. Quando però provò a spingere in avanti i fianchi per strusciare la sua erezione - inutile negarlo - contro quella di Blaine, il ragazzo si lasciò sfuggire un gemito sommesso e spostò le mani per afferrargli delicatamente i polsi, fermandolo.

 

Kurt ci mise un nanosecondo a farsi prendere dal panico, perché e se ho esagerato? Oddio, gli sono letteralmente saltato addosso e magari lui non vuole e ho esagerato e penserà che sono-

"Kurt" sussurrò Blaine con il fiato corto, pericolosamente vicino alle sue labbra. "Se non vuoi che- fermami adesso, ok? Perché altri due minuti e non risponderò più delle mie azioni".

 

Ah.

Non hai nessuna intenzione di farlo smettere, vero, Porcellana?

 

"Di qualcosa, ti prego" mormorò Blaine con le mani ancora strette intorno ai suoi polsi.

 

Ti voglio era tutto quello che Kurt riusciva a pensare in quel momento. Non sarebbe mai riuscito a dire una cosa del genere ad alta voce, perciò si limitò a dimostrarlo: si avvicinò per baciare Blaine e il ragazzo riccio esitò solo per un istante prima di sciogliere la presa sui suoi polsi per riprendere ad accarezzargli la curva del fianco, la coscia e infine sistemarsi sul fondoschiena per tirarlo verso di sé.

Stavolta riuscì a sentire chiaramente Blaine contro di sé e si lasciò sfuggire un gemito, non preoccupandosi nemmeno più di imbarazzarsi.

Le sue mani scesero verso l'erezione di Blaine con lentezza quasi esasperante, scivolando lungo lo stomaco e tentennando una volta raggiunto l'elastico dei pantaloni della tuta di Blaine. Esitò, senza sapere bene cosa fare, e stava per rinunciare al suo intento quando Blaine gli morse delicatamente il lobo dell'orecchio, sussurrando con voce spezzata il suo nome.

"Kurt".

Non c'era modo di fermarsi, non dopo aver sentito Blaine mormorare il suo nome con quel tono.

Non appena la sua mano scivolò oltre l'elastico fin dentro ai boxer e si chiuse esitante intorno alla sua crescente erezione Blaine inarcò la schiena con uno scatto e un gemito sommesso gli sfuggì dalle labbra semiaperte. Solo aver scatenato in lui una reazione del genere fece scorrere una scossa di adrenalina pura lungo la spina dorsale di Kurt, che nonostante tutto sorrise e catturò le labbra di Blaine nell'ennesimo, travolgente bacio.

"K-Kurt" ansimò Blaine dopo un paio di secondi, facendo scorrere le mani lungo la sua coscia e strappandogli un gemito con un movimento particolarmente audace del bacino. Infilò due dita oltre il bordo dei suoi pantaloni e mormorò: "T-troppi vestiti."

"Mhm" Mormorò Kurt scendendo a mordergli delicatamente la clavicola. Blaine rabbrividì e Kurt si chiese perché accidenti nessuno gli avesse detto che fare certe cose era così divertente.

"Posso?" domandò inutilmente Blaine piegandosi per succhiare il labbro inferiore di Kurt, che pensava di aver reso piuttosto chiare le proprie intenzioni dal momento in cui la sua mano era finita nei boxer dell'altro.

 

"Blaine" si ritrovò a gemere ad un passo dalle sue labbra.

Al ragazzo sembrò bastare, perché un momento dopo la sua mano stava abbassando i pantaloni di Kurt ed entrambi persero il controllo della situazione.

Ogni nuovo contatto con la pelle dell'altro finiva per strappar loro un gemito e Kurt iniziò a muovere la mano senza nemmeno rendersene conto, beandosi di tutti i gemiti di Blaine e di tutte le volte in cui il suo nome gli sfuggì dalle labbra; dopo un paio di minuti Blaine iniziò a muovere il bacino per assecondare i movimenti della sua mano e Kurt si staccò dalle sue labbra per osservare rapito il bellissimo ragazzo tra le sue braccia arrendersi così, semplicemente, al suo tocco. Si stava innamorando di ogni dettaglio e cercò di imprimersi nella memoria i suoi capelli arruffati, le labbra dischiuse rosse e gonfie di baci, il viso accaldato e le sue mani bollenti che lo accarezzavano.

Sapeva che non sarebbe durato ancora a lungo. Bastarono un altro paio di tocchi, una torsione del polso e venne soffocando l'ennesimo gemito sulla bocca di Blaine, che lo seguì poco dopo, affondando i denti nella sua spalla quando l'orgasmo lo colse.

 

Nessuno dei due aprì bocca per i successivi tre minuti, entrambi ancora troppo storditi e insonnoliti per parlare. Alla fine a rompere il silenzio fu Blaine che, dopo aver ripulito il disastro che avevano fatto con il lenzuolo, si accoccolò contro Kurt e sussurrò contro la pelle del suo collo: "Tutto bene? Non- non ho esagerato, vero?"

La preoccupazione nella sua voce fece fare l'ennesima capriola al cuore di Kurt.

"Oh" fece Blaine alzando appena la testa per lanciare un'occhiata preoccupata al morso sulla palla di Kurt. Lo sfiorò con la punta delle dita. "Questo è stato un incidente di percorso. Non volevo- uhm. Morderti."

Oh, andiamo, come si fa a non trovarlo adorabile?

 

Kurt cercò di dissipare la nebbia che aveva circondato il suo cervello per dire qualcosa di intelligente, ma tutto quello che uscì fu: "Io l'ho trovato molto sexy".

Ok, nota a se stesso. Il post orgasmo mi fa dire cose idiote ma vere.

Blaine mormorò qualcosa, che però venne soffocato dalla sua spalla, e sbadigliò sonoramente.

"Sonno" mugugnò contro la sua pelle. Kurt capì che stava per addormentarsi e si prese un momento per osservarlo, così stupendo tra le sue braccia.

"Sei adorabile quando sei insonnolito, sai?" gli sussurrò all'orecchio.

Blaine si mosse appena, ma ormai era quasi addormentato e -

"Mhm" sussurrò Blaine lasciandogli un bacio sul collo. "Ti amo, lo sai?"

Kurt rimase paralizzato al suo posto, gli occhi spalancati e tutti i muscoli tesi.

Non l'ha detto sul serio. L'ha detto sul serio?

Kurt si sporse appena verso Blaine, cercando di chiudere la mascella che si era spalancata per la sorpresa, e- no. Blaine stava già dormendo.

Probabilmente non si era nemmeno reso conto di quello che aveva detto.

 

Mi ama. Ha detto che mi ama.

 

Naturalmente provava la stessa cosa, ma cosa avrebbe dovuto fare, svegliarlo e dirglielo? No, non poteva. Doveva farglielo capire in qualche modo e ci voleva un'idea, ma cosa-

Forse fu lo shock delle parole di Blaine, forse tutto quello che aveva accumulato in quei due mesi, forse semplicemente la voglia di urlare al mondo che era innamorato, ma l'idea perfetta lo investì in pieno e si addormentò abbracciando Blaine stretto e certo che presto lo avrebbe fatto molto, molto felice. O almeno lo sperava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Ilaryf90

 

 

Salve a tutti!

 

Vi siete ripresi dal capitolo? Spero di sì, perché ho un’importante comunicazione di servizio da parte dell’autrice. Visto che l’hanno chiesto in molti, Selene mi ha detto di farvi sapere che per la fine della storia rimangono due capitoli più l’epilogo =(.

Eh sì, questa storia sta per giungere alla fine. Ma non pensiamoci ora e godiamoci questo e gli altri capitoli rimanenti!

Io vi saluto, mercoledì tornerà Selene e il mio compito è terminato!

Alla prossima,

 

Ilaryf90

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Capitolo 22
*** Capitolo ventidue ***


Capitolo ventidue

 

So let’s set the world on fire, we can burn

brighter than the sun”

 

Naturalmente le cose non andarono come Kurt aveva programmato. Con l’inizio delle lezioni – estenuanti, faticose, meravigliose lezioni – né lui né Blaine ebbero molti momenti liberi, ad eccezione delle sere, durante le quali erano comunque troppo stanchi per girare per New York e quindi si limitavano a poltrire in camera o al massimo attraversare la strada per andare da Amy ed Ellie per sanguinarie gare di karaoke da musical.

Amy sembrava aver preso Blaine in simpatia in un modo tutto suo, per cui nella sua testa cercare di soffocarlo con un cuscino mentre si esibiva in Love never dies – dall’omonimo, inutile musical – era la dimostrazione d’affetto più grande che potesse esistere. Inutili, ovviamente, erano le proteste di Kurt e Ellie, l’una decisamente contro l’omicidio e l’altro preoccupato che Amy potesse assassinare con un cuscino il ragazzo perfetto.

Gli insegnanti della NYADA erano estremamente severi ed esigenti, Madame Tibideaux li terrorizzava a morte e l’insegnante di danza non aveva preso molto in simpatia Blaine e spesso lo costringeva a rimanere dopo le lezioni a provare e riprovare passi impossibili.

Fu così che, tra un impegno e l’altro, l’idea di Kurt passò momentaneamente in secondo piano per tutto l’autunno, mentre New York si trasformava lentamente in un tripudio di colori e lui si innamorava di Blaine ogni istante di più.

Il problema era che Blaine, dopo quella sera in cui, al confine tra sonno e veglia, aveva sussurrato di amarlo, non aveva più detto niente al riguardo. C’erano state volte in cui, abbracciati sul divano o sul letto, intenti a baciarsi come se fosse l’ultima notte al mondo, Blaine gli era parso sul punto di farsi sfuggire di nuovo quelle parole dalle labbra.

Ti amo, lo sai?

Era un semplice luccichio nelle sue iridi nocciola, un sorriso più dolce del solito, una carezza in una marea di baci: eppure ogni volta Blaine si mordeva il labbro e socchiudeva gli occhi, nascondendo l’oro alla sua vista, e riprendeva a baciarlo.

Kurt aveva paura che Blaine non provasse davvero ciò che aveva accidentalmente confessato, aveva paura che tutto ciò che stessero costruendo fosse semplicemente finto. Eppure non poteva essere così: ogni volta che lo guardava negli occhi sapeva di aver trovato qualcuno per cui, semplicemente, valesse la pena.

Blaine era speciale. Non riusciva a trovare altro modo per dirlo, e non ce n’era nemmeno bisogno. Era, semplicemente, tutto ciò che Kurt aveva sempre voluto senza nemmeno saperlo. Blaine era…Blaine.

Quel meraviglioso ragazzo che era accidentalmente entrato nel suo scompartimento quella mattina, su quel viaggio di sola andata per New York, con una chitarra in spalla, che aveva catturato il suo cuore e non l’aveva più lasciato andare, era suo. Poteva essere giustificato, se aveva paura, no?

Dovresti darti una mossa, Hummel, suggerì Sue. Sul serio.

Ma, per quanto ogni volta che Blaine era a meno di dieci metri da lui le parole gli salissero alle labbra in modo spontaneo – Ti amo, dio quanto ti amo – finivano sempre per bloccarglisi in gola. Perché Blaine l’aveva detto, sì, ma non lo ricordava nemmeno e Kurt aveva paura. Era rischioso, significava mettersi in gioco definitivamente e aveva solo diciotto anni. Non era poi così ansioso di avere il cuore spezzato.

Andarono avanti così, tra baci languidi e carezze sempre più spinte, e quelle maledette parole sulle labbra, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di sputarle fuori e fare quel passo avanti che li avrebbe portati ad essere davvero, definitivamente Kurt e Blaine.

Solo Kurt e Blaine.

 

*

 

Natale arrivò ad una velocità sorprendente: le vacanze si avvicinavano sempre di più e sia Kurt che Blaine riuscirono ad andare avanti solo grazie a questa consapevolezza. La sera, quando si ritrovavano in camera da soli, finivano per stringersi sullo stesso letto e raccontarsi la loro giornata, o magari insultare quella vecchia megera che costringeva Blaine a ore ed ore di prove in più di danza, oppure sospirare ognuno sulle labbra dell’altro quando inevitabilmente finivano per baciarsi e poi spogliarsi.

Non erano mai andati oltre, in realtà. Blaine sembrava più che felice di baciarlo fino a togliergli tutta l’aria dai polmoni ed esplorare ogni centimetro del suo corpo, quasi volesse mandarlo a memoria.  Kurt, semplicemente, voleva Blaine ogni volta di più. Sapeva che presto sarebbe esploso. Se doveva essere completamente sincero, non vedeva l’ora.

 

La sera del quindici dicembre, quando le loro vacanze erano ormai a meno di una settimana di distanza e New York iniziava a riempirsi di decorazioni natalizie, luci e colori, Kurt si trovava spalmato sul divano dopo una lezione particolarmente sfiancante di ballo e canto combinati, troppo stanco e dolorante per muovere più di qualche muscolo. Blaine non era ancora tornato: era stato – ovviamente – trattenuto dall’insegnante di ballo perché dio, Anderson, a te quello sembrava un passo di danza?

Kurt non pensava che Blaine avesse bisogno di ore extra di prove: non aveva mai visto qualcuno muoversi con la sua sensualità. Beh, la sua forse era un opinione un po’ di parte, però Blaine rimaneva un ballerino eccezionale. Un baciatore eccezionale, anche. E –

La porta della loro stanza si aprì e si richiuse con un tonfo e Kurt mugugnò un incomprensibile saluto in quella direzione. Dopo qualche istante Blaine comparve nel suo campo visivo, il volto stanco ma adornato da un lieve sorriso.

“Quella donna è una strega” commentò con un filo di voce mentre si buttava sul divano di fianco a Kurt e gli accarezzava la schiena con una mano. “Sto morendo di fame, mangiamo qualcosa?”

Kurt si mise a sedere con un mugolio dolorante e stiracchiò le gambe, sbilanciandosi e finendo addosso a Blaine, che aprì le braccia per accoglierlo in un abbraccio.

Kurt però, schizzò via quasi subito, arricciando il naso.

Blaine, sei tutto sudato” mugugnò in segno di protesta, mentre Blaine ridacchiava e si faceva più vicino per abbarbicarsi a lui. “Che schifo, dai!”

“Oh, andiamo!” lo prese in giro Blaine cercando di avvicinarsi nonostante Kurt gli avesse posato le mani sulle spalle per tenerlo alla larga. “Non ti lamenti così tanto quando siamo a letto e le mie mani sudate sono su-”

Kurt arrossì visibilmente e gli diede uno schiaffetto sulla spalla. “Sono troppo concentrato per lamentarmi” lo interruppe prima che potesse finire la frase. Da quando Blaine era diventato così provocatore? Forse dal momento in cui passavano tute le notti a dormire nello stesso letto e si svegliavano tutte le mattine abbracciati, chissà.

“O troppo distratto” rise Blaine, appoggiandogli  le mani sui fianchi e riuscendo sporgersi abbastanza da lasciargli un bacio a fior di labbra. Kurt rabbrividì sotto al suo tocco, ma continuò a spingerlo via giocosamente.

“Vai a farti una doccia!” lo rimproverò con un sorriso malizioso. Blaine, però, fece leva sul suo ginocchio e se lo tirò sopra, facendo combaciare i loro corpi in ogni punto possibile.

Blaine…” iniziò a dire Kurt, divertito, ma la voce gli si bloccò in gola quando Blaine iniziò a baciargli il collo delicatamente, lasciando una scia di baci fino alla spalla.

Kurt non poté fare nulla per fermare il sospiro che gli sfuggì dalle labbra, e le mani di Blaine si spostarono sulla sua schiena, fino a fermarsi sulla curva del suo sedere per spingerlo direttamente contro il propri fianchi. Kurt spostò appena il ginocchio alla ricerca di una posizione più confortevole e finì per trovarsi cavalcioni sopra Blaine, intrappolandolo sul divano.

Blaine socchiuse gli occhi e Kurt ebbe una fugace visuale delle sue iridi solitamente dorate, ora scure di lussuria.

Oh. Oh.

“Dovresti davvero f-farti – ah - una doccia” riuscì a mormorare sulle sue labbra mentre Blaine gli accarezzava con fermezza il sedere.

Mhmpf” mugugnò Blaine mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Vieni con me”.

Kurt si irrigidì tra le sue braccia, stupito dalla richiesta.

“C-come?”

“Vieni a fare la doccia con me”.

Aprì gli occhi e trovò Blaine sotto di lui, gli occhi lucidi semi aperti e un sorriso dolce sulle labbra rosse e gonfie di baci. Era bellissimo.

Non ci fu bisogno di dire niente, in realtà. Gli bastò leggere l’amore negli occhi del suo ragazzo per sapere di star facendo la cosa giusta. Non aveva detto che lo amava. E allora? Dopotutto, con chi altro avrebbe voluto avere un’esperienza del genere?

Lui voleva Blaine.

Annuì impercettibilmente e Blaine sorrise, e quello, semplicemente, bastò.

Il ragazzo riprese a baciarlo appassionatamente, sollevandolo quel tanto che bastava ad entrambi per alzarsi dal divano senza che le loro labbra fossero costrette a separarsi. Continuarono a stringersi anche durante il breve tragitto per il bagno; Blaine riuscì ad aprire la porta con una mano, ed una volta oltrepassato lo stipite sollevò la maglietta di Kurt con entrambe le mani fino a sfilargliela dalla testa.

“L’ho mai detto che adoro spogliarti?”

Kurt invertì le loro posizioni e lo spinse con veemenza contro il muro del bagno. Blaine piegò la testa mentre attaccava le labbra alla sua spalla – anche la sua maglietta era finita da qualche parte a terra – e gemette con voce roca sulle sue labbra proprio mentre Kurt mormorava: “Ti voglio”.

Tutto quello che successe dopo fu qualcosa di cui Kurt non avrebbe mai, mai potuto pentirsi.

Non riuscì a capire come – e nemmeno gli importava, in realtà - ma un istante dopo si trovò sotto al getto bollente della doccia, con Blaine che lo premeva delicatamente contro le mattonelle bagnate per baciarlo con intensità. I vestiti erano finiti chissà dove, eppure non si sentiva in imbarazzo: ogni centimetro della sua pelle raggiunto dalle mani di Blaine o dalle sue labbra pareva prendere fuoco e ben presto Kurt si ritrovò ad ansimare, con il viso premuto sulla spalla di Blaine, una mano tra i suoi ricci e una che massaggiava con decisione l’erezione del ragazzo mentre l’acqua gli scorreva sulla nuca, lungo la schiena, sulle braccia. Blaine aveva gettato la testa  all’indietro, aveva le palpebre socchiuse e dalle sue labbra uscivano i suoni più meravigliosi che Kurt avesse mai sentito.

Le mani del suo ragazzo vagavano sul suo corpo distrattamente, come se non riuscisse a smettere di toccarlo nonostante non riuscisse a rimanere concentrato: vederlo arrendersi così sotto le sue mani non fece altro che portare anche Kurt al limite. Il primo a raggiungere l’orgasmo fu Blaine: alzò il viso di Kurt appoggiandogli una mano sulla guancia e lo baciò con disperazione, premendosi contro di lui per inchiodarlo alle piastrelle bagnate e incontrando i movimenti della sua mano con i fianchi, mentre i suoi gemiti venivano soffocati dalle labbra di Kurt sulle sue.

Quando Blaine riuscì a riprendersi dalla nebbia di piacere alzò gli occhi nei suoi in una muta richiesta, che – sorprendentemente – Kurt colse al volo. Blaine si inginocchiò davanti a lui e lo osservò per un istante da sotto le ciglia impossibilmente lunghe.

“P-posso?”

“Dio, sì”

Tutto il resto fu un ricordo molto nebbioso che sfumava insieme all’acqua che scendeva nello scarico. Nonostante tutto, le labbra di Blaine non abbandonarono il suo corpo nemmeno per un istante.

 

*

 

A cinque giorni dalla vigilia di Natale Kurt scoprì che Blaine sarebbe rimasto a New York da solo, perché i suoi genitori sarebbero andati ad un party in cima alla Tour Eiffel.

“Sei serio?” gli domandò non appena Blaine se ne uscì con quella confessione, borbottata sulle sue labbra nella speranza che Kurt non la sentisse davvero.  Ma Kurt, quando si trattava di Blaine, aveva sempre un ottimo udito.

“Sì, sono serio. Vigilia, Natale e Capodanno a Parigi. Senza il loro molto omosessuale e molto artistico figlio”.

Lui aveva programmato di tornare in Ohio, in realtà, per passare le vacanze con Burt, Carole, Finn e Rachel. Era certo che anche Blaine sarebbe tornato dalla sua famiglia, tanto che non aveva nemmeno intavolato l’argomento. In fondo chi è che passa il Natale da solo a nemmeno vent’anni?

Eppure non era così: Blaine si aggirava per la loro stanza più triste che mai e i suoi occhi dorati vagavano sulla sua figura sempre più spesso, in perfetto stile cucciolo abbandonato. Kurt sapeva che non era un atteggiamento intenzionale: Blaine non gli aveva chiesto di rimanere e Kurt era certo che non l’avrebbe fatto. Eppure l’idea che aveva avuto un paio di mesi prima, che era rimasta assopita nella sua mente per tutto quel tempo, gli balzò davanti agli occhi senza che potesse fermarla. E la sua giornata si illuminò perché, con un po’ di organizzazione, era realizzabile.

Dio, perché allora era terrorizzato? Ti amo, lo sai?

Convincere Blaine a tornare in Ohio per passare il Natale con lui e la sua famiglia, tuttavia, sarebbe stata una vera impresa.

 

La sera prima della partenza di Kurt, lui e Blaine erano appena usciti dal bagno dopo l’ennesima doccia insieme, ormai diventata un’abitudine. Quando Blaine cercava di scherzarci su con battutine sconce – aveva i suoi momenti da maschio idiota, dopotutto – Kurt lo prendeva in giro dicendo che lo faceva solo per risparmiare tempo ed avere uno schiavo che gli passasse il balsamo sui capelli.

In genere finivano sempre per litigare scherzosamente fino a che Blaine non lo baciava – o meglio, gli saltava letteralmente addosso – e lo gettava sul letto. A quel punto smettere di baciarsi e accarezzarsi diventava particolarmente difficile.

Quella sera non fece eccezione, con la differenza che quando Blaine lo spinse delicatamente contro il cuscino per mordicchiargli la mascella, sembrò più triste del solito.

Fu allora, di fronte a quegli occhi così dolci e tristi, che Kurt si decise a proporre l’improponibile.

“Torna in Ohio con me”.

Blaine smise quasi subito di baciarlo per staccarsi e lanciargli un’occhiata attonita.

“Come?”.

Ok, non è niente. Puoi farcela, Kurt.

“N-non puoi passare le vacanze da solo qui, Blaine. Perché non vieni con me? Passiamo la vigilia di Natale dai miei e poi andiamo da qualche parte o torniamo a New York. Hai detto che i tuoi amici sono tornati a Westerville, no? E alla NYADA non ci sarà nessuno”. Kurt arrossì furiosamente sotto lo sguardo intenso di Blaine. “E poi a- a mio padre piacerebbe conoscerti.”

Blaine non disse nulla, si limitò a guardarlo con quell’espressione indecisa e spaventata negli occhi, e Kurt si fece prendere dal panico.

“Non sei obbligato, naturalmente!” esclamò con voce acuta, prendendogli il viso tra le mani. “Voglio dire, muoio dalla voglia di passare il Natale con te e-  e volevo presentarti la mia famiglia, ma se non vuoi posso – posso rimanere io. Non importa, magari torno a casa durante le vacanze di pasqua o-“

“No” mormorò Blaine scuotendo la testa. “Devi tornare da tuo padre, lo so che ti manca da morire, Kurt. Ho sentito la telefonata di ieri”. Kurt arrossì vagamente.

“Allora vieni con me” sussurrò lasciandogli un languido bacio a fior di labbra. Blaine sembrò ancora più indeciso.

“Non preoccuparti per me, starò bene. E poi non voglio intromettermi nella festa di famiglia”.

I suoi occhi erano così tristi che Kurt non poté fare a meno di insultare mentalmente i genitori del suo ragazzo per averlo abbandonato proprio a Natale per Parigi.

Blaine” mormorò baciandolo dolcemente. Ora o mai più, Kurt. Coraggio. “Tu sei la mia famiglia. Io – io tengo tantissimo a te” Ti amo. “Non ti lascerò da solo a New York la Vigilia di Natale. Volevo proportelo un mese fa, quando ho deciso di tornare a Lima per le vacanze, ma non ho avuto il coraggio perché sapevo che avresti reagito così.”

Lo baciò di nuovo, cercando di cancellare la smorfia scettica e spaventata sulle sue labbra. “Ti prego. Fidati di me”.

“Io- dio” mormorò Blaine gettando indietro la testa quando le labbra di Kurt scesero a baciargli il collo. “V-va bene” disse infine. “D’accordo.”

Kurt esultò, dando mentalmente il cinque alla Sylvester, che stava dando un party tra le sue cellule celebrali.

Si prospettava una magnifica vigilia di Natale. Oh, se solo Blaine avesse saputo cos’aveva in mente in realtà…

“Kurt?” domandò Blaine timidamente dopo un paio di minuti passati a baciarsi fino a togliersi il fiato. “Sei sicuro che tuo padre non abbia il porto d’armi?”

La sua risata cristallina invase la stanza e finì per coinvolgere anche Blaine, fino a che entrambe non si spensero sulle sue labbra.

Ti amo. Dio, quanto ti amo.

 

*

 

Il viaggio di ritorno verso l’Ohio fu piuttosto tranquillo, se paragonato al viaggio d’andata che li aveva portati a New York. Blaine se ne stette tranquillo con la testa appoggiata alla sua spalla e la mano intrecciata alla sua fino a che non superarono le campagne di Columbus. Al che iniziò a farsi prendere dal panico, blaterando su padri iperprotettivi, armi da fuoco e giubbetti anti-proiettile fino a che Kurt non lo zittì premendo le labbra sulle sue e strappando un’esclamazione scioccata alla donna seduta a qualche metro da loro.

Ma non importava, potevano scandalizzarsi quanto volevano; era innamorato, che male c’era?

Scendere alla stazione di Lima fu un po’ più complesso, visto che Blaine sembrava voler rimanere abbracciato al suo sedile, sul treno; il peggio però non arrivò mai, perché non appena misero piede sul binario Carole si buttò su di loro e li abbracciò entrambi come se fossero i suoi figli appena tornati dal fronte, e Blaine sembrò rilassarsi visibilmente. Con la mano stretta alla sua nonostante fossero in Ohio Kurt riuscì a presentarlo a suo padre senza che uno dei due scappasse via a gambe levate e Burt sembrò essere semplicemente soddisfatto dall’evidente felicità che entrambi emanavano.

Certo, all’ora di cena, tutti riuniti intorno alla tavola, se ne uscì con un: “Spero che tu stia trattando bene il mio ragazzo”, che implicò uno sguardo di rimprovero da parte di Carole, un calcio da parte di Kurt da sotto il tavolo, Finn improvvisamente cianotico e Blaine bianco come un cadavere.

Ad eccezione di quello, però, nient’altro andò storto. Blaine adorava la sua famiglia e la sua famiglia adorava Blaine.

Cos’altro poteva chiedere?

Un po’ di coraggio per confessare di essere innamorato di lui senza svenire, magari.

 

*

 

Appena finita la cena Kurt notò che Blaine sembrava sul punto di crollare dal sonno, così lo staccò dalle grinfie di Finn – che sembrava avesse ricevuto il miglior regalo di Natale di sempre, un nuovo amico con cui parlare di Football – per mostrargli la camera degli ospiti. Era, in effetti, la prima notte in cui dormivano separati da molto, molto tempo, ma Kurt aveva pensato bene di non testare troppo la fragile salute di suo padre. Non era il caso di causargli un altro infarto.

“Mi mancherai, stanotte” sussurrò Kurt abbracciando Blaine stretto. Il ragazzo ricambiò la sua stretta e gli posò un bacio sulla guancia.

“Io-“ esitò un istante, poi gli prese il viso tra le mani. “Grazie. Per tutto questo. E’ stata la vigilia di Natale migliore da – da un sacco di anni a questa parte”.

Kurt sorrise e cercò con tutto sé stesso di trattenere le lacrime, perché proprio non era il momento.

“Te l’ho detto, Blaine. T-tu sei la mia famiglia”. Troppo tardi, accidenti.

“Oh, andiamo, non piangere! Non hai ancora aperto il mio regalo, aspetta di piangere lì!” scherzò Blaine con dolcezza, asciugandogli le lacrime con il dorso della mano.

“Scusa” mormorò Kurt strofinandosi l’altra guancia. “Anche il mio regalo è favoloso, comunque”.

Nel sorriso di Blaine, però, c’era qualcosa di diverso. Era nascosto anche in fondo ai suoi occhi, e se Kurt non avesse imparato a conoscere ogni singola sfumatura del suo umore, se non si fosse innamorato di lui così profondamente, con tutta probabilità non l’avrebbe notato.

Eppure c’era. Ed assomigliava terribilmente a tristezza.

Blaine lo lasciò andare e gli posò un delicato bacio a fior di labbra.
“Vado a dormire, è meglio. Sarai stanco anche tu” sussurrò delicatamente socchiudendo gli occhi. “Buonanotte”.

Kurt si staccò da lui e fece per voltarsi, confuso e forse anche un po’ ferito, sì, ma Blaine gli afferrò delicatamente il polso e lo tirò di nuovo verso di sé, facendolo scontrare con le sue labbra, improvvisamente disperate e bisognose.
“Buon Natale”.

E allora Kurt sorrise, perché Blaine era la creatura più bella che avesse avuto la fortuna di incontrare e, per motivi a lui incomprensibili, sembrava volere lui.

“Buon Natale anche a te”.

 

*

 

Kurt si richiuse la porta della sua stanza alle spalle e ci si appoggiò contro con la sensazione di essere nel posto sbagliato.

Osservò il suo vecchio letto e la sua vecchia stanza, così accuratamente decorata quando aveva sedici anni, e capì immediatamente cosa c’era che non andava in tutto quello: Blaine non c’era.

E se Blaine non c’era, come poteva, quella, essere considerata davvero casa? Possibile che le cose fossero cambiate così a fondo? Possibile che lo amasse così tanto?

Si sedette sul letto, facendo cigolare le molle del vecchio materasso, e sondò la stanza con lo sguardo alla ricerca della forza di volontà necessaria a non fare irruzione nella stanza di Blaine, spingerlo sul letto e baciarlo con tutte le sue forze.

Non la trovò.

Si alzò e aprì la porta più silenziosamente possibile, mentre in corridoio risuonava i rumore della televisione al piano di sotto. Suo padre e Finn erano incollati davanti ad una partita e Carole era sicuramente in cucina.

Percorse la strada fino alla porta della camera degli ospiti in punta di piedi, maledicendo l’asse di legno che cigolò sotto al suo peso, con il cuore che batteva a mille nel petto, e stava per abbassare la maniglia e fare irruzione, mandando al diavolo la sua idea folle per confessare a Blaine che lo amava, punto, quando la voce di Blaine giunse fino a lui con chiarezza attraverso la porta socchiusa.

“-e non credo che sia possibile, Nick. No, non lo so, non me ne ha parlato. Dovreste chiarire voi due. Vai da lui e digli cosa provi e fatela finita, perché siete stracotti l’uno dell’altro e non posso certo mettermi in mezzo per farvelo capire”.

Kurt non voleva origliare, visto che evidentemente erano affari di Blaine e dei suoi amici – a quanto pareva ancora in crisi tra di loro – ma poi sentì il suo nome, e prima che potesse impedirselo aveva appoggiato la guancia al legno della porta.

Vergognati, Hummel!, lo sgridò Sue. Una vera spia ora starebbe origliando appesa a testa in giù dal soffitto, o mimetizzata nella pianta grassa all’angolo della stanza. Sei un novellino.

Non era il momento per ascoltare le voci nella sua testa, però, perché a quanto pareva -

“No, non ho detto nulla a Kurt”.

Ma di cosa stava parlando?

“Nick, lo sai che non posso. Non ha detto niente dopo quella sera in cui mi sono lasciato sfuggire da bravo idiota che ehi, lo amo!, e ora sono qui in Ohio con la sua famiglia, che è adorabile, e tutto quello che riesco a pensare è che sono terrorizzato perché- perché ho paura che non mi ami quanto lo amo io. E mi sento un cretino”.

Un momento. Blaine pensava che…?

“Nick” sospirò Blaine, ed il rumore dei suoi passi si interruppe. “Non è la stessa cosa. Devo farmene una ragione e basta. No, non posso dirglielo. L’ho già detto e ha fatto finta di niente. Preferisco così, che perderlo”. Una pausa, piuttosto lunga. “Certo che lo amo, cretino. Lo amo da una vita”.

Allora te lo ricordi…

Quello era il momento adatto per mettere in pratica il suo piano, non c’era ombra di dubbio.

Sei nei pasticci, Hummel. L’hobbit pensa che tu non sia stracotto di lui.

Oh, andiamo, come può essere così idiota?, ribatté Kurt, chiaramente rivolto alla voce nella sua testa. Certo che lo amo.

E allora diglielo!, esclamò Sue, irata. Si può sapere che diavolo aspetti?

E Kurt stava per farlo, stava per spalancare la porta della camera, buttarsi su Blaine, baciarlo e dirgli che lo amava, lo amava così tanto che aveva paura. Ma non era così che voleva che succedesse: non in risposta ad una conversazione telefonica che non avrebbe mai dovuto sentire.

Quando sarà il momento lo saprò.

Così staccò la guancia dalla porta e si allontanò in silenzio per tornare in camera sua e osservarsi allo specchio. Le differenze con il Kurt sedicenne, spaventato e tormentato dai bulli erano semplicemente troppo ovvie per non notarle: c’era decisamente più durezza nei suoi tratti, e la luce di fierezza negli occhi non aveva fatto altro che accentuarsi; il sorriso, però, era diverso. Più dolce, più consapevole. E quando pensava a Blaine i suoi occhi si illuminavano di felicità e nei suoi tratti poteva scorgere solo dolcezza.

Non era certo un mistero cosa fosse cambiato nella sua vita: aveva incontrato Blaine e dal momento in cui i suoi occhi avevano incrociato lo sguardo del ragazzo sapeva che non sarebbe più riuscito a guardare da un’altra parte. Ci aveva messo solo un po’ a capirlo.

 

*

 

La mattina di Natale si lanciò nella stanza di Blaine per trovarlo con i capelli umidi di doccia, una vecchia t-shirt della Dalton e i pantaloni della tuta, seduto sul letto a fissare con aria incredula il cellulare.

“Ehi” esclamò sedendosi di fianco a lui e scrutando il suo viso con aria preoccupata. “Va tutto bene?”

Blaine alzò gli occhi nei suoi e, dopo averlo osservato per un istante, scoppiò a ridere di gusto, mettendogli tra le mani il cellulare e buttandosi sul letto, continuando a sghignazzare e a tenersi la pancia.

Kurt, dopo un momento di indecisione, fece scorrere lo sguardo sul messaggio che faceva bella mostra di sé sul telefono del suo ragazzo.

Da: Sebastian Smythe, ore 7:45

Caro Anderson. Non abbiamo fatto sesso. Ero troppo ubriaco. E tu troppo poco attraente mentre vomitavi anche l’anima dentro al cassetto del mio comodino. Dì a quella ragazzina che ti porti dietro che non deve preoccuparsi di dover raggiungere i miei alti standard. Spero che tu ti diverta e che alla NYADA ti facciano saltare sui mobili come facevano alla Dalton. Buon Natale. Il tuo incubo peggiore, Sebastian.

Kurt alzò lo sguardo su Blaine, che si stava asciugando le lacrime dagli occhi.

“Letto? E non è finito! Leggi quello dopo!”

Kurt non se lo fece ripetere due volte. Fece scorrere il pollice sullo schermo e comparve il secondo messaggio.

Da: Sebastian Smythe, ore 7:48

Post scriptum (e magari nemmeno sai cosa significa): Dico sul serio. E mi dispiace. Buon Natale

Kurt aprì la bocca per ribattere, ma Blaine si gettò sulle sue labbra con un sorriso enorme e prese a baciarlo praticamente ovunque.

“Ehi” ridacchiò Kurt, colpito da tutto quell’entusiasmo. “Buon Natale anche a te”.

“Non ho fatto sesso” rispose Blaine con il più largo dei sorrisi. “Non è meraviglioso?”

“Come dovrei rispondere a questa domanda, Blaine?”

“Oh, sta zitto e vieni qui”.

Gli prese il viso tra le mani e fece scorrere lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi. “Sarebbe un buon momento per darti il mio regalo di Natale” sussurrò Kurt ad un centimetro dalle sue labbra.

Gli occhi di Blaine si illuminarono di tutta una nuova luce.

“Aspetta” disse. “Prima il mio”.

Gli porse un pacchettino non troppo grande, sottile, e Kurt lo osservò con circospezione prima di scartare delicatamente l’involucro.

Si ritrovò tra le mani un lungo pezzo di carta.

Blaine” mormorò, la voce improvvisamente roca per l’emozione. “Questo- questo è un biglietto per la nuova produzione di The Phantom of the Opera. A Broadway”.

Non era una domanda. Blaine continuava a fissarlo, carico d’aspettativa. “Guarda meglio” sussurrò accarezzandogli una guancia.

Kurt aveva il cuore in gola. “Prima fila. E- uhm, con Daniel Rowen, Lisa Strentford e- e- Blaine Anderson e- cosa?”

Alzò di scatto il viso per trovarsi ad un millimetro da quello di Blaine, vicinissimo.

“So che volevi tanto andare a vedere la versione con la nuova produzione perché The Phantom of the Opera è uno dei tuoi musical preferiti” iniziò Blaine, la voce incrinata di felicità. “La settimana scorsa è- è arrivata la telefonata da Broadway e- e- non mi hanno preso per West Side Story. Troppo basso. Uhm. Però mi hanno detto di presentarmi il venti gennaio per le prove, perché avevo ottenuto la parte di Raoul nella nuova produzione del Phantom.”

Blaine quasi non fece in tempo a finire di parlare, che Kurt gli aveva già gettato le braccia al collo e lo stava baciando appassionatamente.

“Sono-” sussurrò sulle sue labbra, baciandolo con forza. “così-”. Un altro bacio. “Fiero di te”.

“Kurt, io-“

Shh” lo zittì Kurt, posandogli un dito sulle labbra. “Sei una persona straordinaria, Blaine Anderson. Sono davvero fiero di essere il tuo ragazzo”.

Il sorriso sulle labbra di Blaine valeva molto più di qualsiasi regalo di Natale avesse mai potuto ricevere.

 

*

 

Blaine rimase di sasso quando Kurt, con un sorrisetto malizioso, gli comunicò che il suo regalo di Natale era a due ore di distanza da Lima. Rimase ancora più sorpreso quando, dopo un’ora abbondante di macchina, Kurt accostò al lato della strada e lo baciò a lungo, per poi coprirgli gli occhi con una sciarpa pesante.

“Non sbirciare” lo rimproverò prima di baciarlo languidamente sulle labbra ancora una volta. E, dannazione, non credeva che baciare Blaine bendato avesse questo effetto su di lui. Ma aveva ben altro a cui pensare.

“Non vuoi portarmi in un posto sperduto e isolato e farmi fuori per poi seppellirmi nel tuo meraviglioso giardino, vero?” pigolò Blaine con un finto tono spaventato. Kurt gli pizzicò un fianco e Blaine prese a ridere.

“Ok, ok! Sto zitto!”

In realtà, per il resto del viaggio, non smisero mai di parlare. Kurt rimproverò Blaine per almeno quindici minuti di fila perché gli aveva tenuto nascosto per una settimana di essere diventato parte del cast del Phantom of the Opera, e Blaine gli raccontò tutti i dettagli, giustificandosi con “Ehi, altrimenti che sorpresa sarebbe stata?”.

Ha ragione, cretino.

Grazie, coach, rispose acidamente Kurt. Lei sì che è d’aiuto.

“Non sbirciare” ripeté Kurt svoltando verso il grande edificio in fondo alla strada. “Ok, siamo arrivati”.

Parcheggiò nell’ampio spazio di fronte al palazzo e spense il motore, per poi voltarsi verso Blaine e sorridergli raggiante, nonostante questi non potesse vederlo.

“Posso guardare, adesso?” fece Blaine con impazienza, allungando una mano a tentoni fino a posarla delicatamente sulla guancia di Kurt. Il ragazzo si piegò in avanti e lo baciò di nuovo, facendo scivolare la lingua ad accarezzare la sua.

“Ancora no” sussurrò con il cuore il gola. Manca poco. Oddio, starà facendo la cosa giusta?

Mhm” mormorò Blaine mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Dì la verità. Ci stai prendendo gusto a baciarmi mentre sono bendato”.

“Cretino” ridacchiò Kurt nervosamente, spingendolo indietro delicatamente. Blaine colse l’ansia nella sua voce.

“Va tutto bene?” chiese, e Kurt era certo che, sotto alla sciarpa, ci fosse il suo solito sguardo preoccupato.

Kurt non rispose ma lo baciò un ultima volta e sgusciò fuori dall’auto per aiutarlo a scendere senza capitombolare a terra o andare a sbattere contro qualcosa. Risero insieme dell’imbranataggine di Blaine e Kurt lo guidò fino all’entrata, poi lungo uno stretto corridoio, tra la platea e infine su per poche scale.

Il cuore gli batteva talmente forte che sembrava volergli uscire dal petto e schizzare via terrorizzato, tanto non aveva idea di cosa stava facendo.

Tuttavia, nonostante la paura gli gridasse di scappare a gambe levate al sicuro, dove non c’era il rischio che il suo cuore finisse per spezzarsi al solo mettersi in gioco, si strinse a Blaine e prese un respiro profondo prima di passargli delicatamente le mani lungo i fianchi e risalire sulle spalle, il collo, fino al viso. Sciolse con delicatezza i nodi della sciarpa e quella scivolò lungo il collo di Blaine e cadde a terra, rivelando il viso del ragazzo. Gli occhi di Blaine erano già piantati nei suoi, la sfumatura dorata più evidente che mai grazie alla luce del riflettore puntato da qualche parte dietro di loro, e il cervello di Kurt registrò solo una cosa: anziché guardarsi intorno, il suo sguardo era rimasto fisso nel suo senza vacillare nemmeno un attimo.

Kurt si rese conto di avere le mani che tremavano solo quando Blaine le prese tra le sue e se le portò alle labbra per baciarne il dorso. Poi, lentamente, il suo sguardo scivolò sul teatro alle loro spalle e si illuminò di comprensione.

L’aveva riconosciuto.

Si allontanò appena, giusto un passo, per permettere a Blaine di osservare il palco, la platea buia e vuota, la polvere sul sipario.  Gli occhi di Blaine si andavano via via sgranando e quando tornarono sui suoi erano lucidi e spalancati.

È- questo è davvero- oh, dio” mormorò Blaine con voce spezzata, facendo saettare lo sguardo da Kurt al palco. “È il teatro dove- dove abbiamo fatto le Provinciali, vero?”

Kurt deglutì pesantemente e sentì una scarica di adrenalina percorrergli tutto il corpo. Ora o mai più.

“Sì, io-“ provò a rispondere, ma si bloccò e non riuscì più a continuare. Blaine era lì, lo guardava come se non stesse capendo più niente e non volesse altro che una misera spiegazione ed improvvisamente le parole gli mancavano perché non sapeva cosa dire, non sapeva come dirlo.

Allora, semplicemente, iniziò a cantare. Così, a cappella, senza musica sotto, probabilmente un paio di toni più basso di quanto non dovesse, con voce tremante come non gli era mai successo. Eppure tutto quello che voleva dire – tutto ciò che non aveva mai detto – era in una canzone.

Made a wrong turn, once or twice, dug my way out blood and fire, bad decisions, that’s alright, welcome to my silly life”.

Man mano che continuava a cantare, tutto acquistava significato, persino negli occhi di Blaine. Blaine che era perfetto per lui, Blaine che non sembrava curarsi delle pessime scelte che aveva fatto in passato, Blaine che c’era. C’era sempre, c’era sempre stato.

Quando finì di cantare, con voce tremante dall’emozione e gli occhi lucidi, Blaine era ancora immobile al suo posto e lo guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

Le parole, finalmente, gli scivolarono fuori dalle labbra come un fiume in piena.

“Non lo so se ha senso, tutto questo” sussurrò, facendo un ampio gesto con il braccio per indicare il teatro. Non riuscendo a guardare in faccia Blaine mentre parlava, abbassò gli occhi per fissarsi le scarpe. “Non ti ho visto quel giorno alle Provinciali e probabilmente è uno dei rimorsi più grandi della mia vita. E tu ci sei sempre stato, in un modo o nell’altro, e ho – ho pensato c-che questo poteva essere il mio modo per d-dirti che-“ che ti amo, dannazione. “-che mi dispiace e che dio, sono così contento di averti incontrato su quel treno. Sono così contento di essere finito per sbaglio sulla tua strada ancora una volta, e…e…io-“

“Ti amo”.

Kurt alzò il viso con uno scatto, ma prima che il suo cervello potesse assimilare le parole di Blaine, nient’altro che un sussurro, il ragazzo era già volato verso di lui e oh, lo stava baciando.

Rispose al bacio con disperazione, felicità e tutto l’amore che riuscì ad infonderci e presto le mani di Blaine furono sul suo viso, tra i suoi capelli, ovunque. Quando si separarono, le guance di Kurt erano rigate dalle lacrime, ma Blaine sorrideva.

“Se anche non ci fossimo incontrati su quel treno, era destino che succedesse, prima o poi. La NYADA. Una serata Karaoke nello stesso bar, il viaggio di ritorno, Natale a New York, Central Park, a teatro… Non mi interessa se non mi hai notato quando l’ho fatto io, Kurt. Sono contento che tu non l’abbia fatto, a sedici anni ero un casino. Avrei rovinato tutto. Ora, invece…” fece una pausa, cercando nei suoi occhi una risposta, che evidentemente trovò, perché sorrise e lo baciò di nuovo. “Ora so che sono in grado di amarti fino a che me lo permetterai”.

Kurt rise tra le lacrime e appoggiò la fronte alla sua. “In caso questo regalo fallisse, ti ho comprato anche un set di papillon” mormorò facendo scoppiare a ridere Blaine.

Insieme uscirono dal teatro senza guardarsi indietro, stretti l’uno all’altro.

Fuori, straordinariamente, i primi fiocchi di neve avevano iniziato a scendere sofficemente dal cielo. Kurt alzò il viso e uno gli si posò sulla punta del naso. Quando riabbassò gli occhi notò che Blaine lo stava osservando. Stava semplicemente sorridendo, niente di più.

 Blaine?”

Il ragazzo si avvicinò e appoggiò la testa alla sua spalla. “Mhm?”

Kurt sorrise lievemente, osservando la neve che cadeva dal cielo.

“Ti amo anch’io”.

Inspiegabilmente, non faceva più paura: Blaine alzò appena il viso e sorrise raggiante, strofinando il naso sulla sua spalla.

“Kurt, io-“

Kurt si spostò appena, quasi infastidito dal cupo ronzio che aveva in testa. Ma cos’era? Blaine continuava a star stretto a lui, con la testa appoggiata nell’incavo tra il collo e la spalla, ma era pesante e leggero allo stesso tempo. Stava parlando, ma Kurt non riusciva a sentirlo. C’era qualcosa che non andava.

Chiuse e riaprì gli occhi più volte, scorgendo un ultimo fiocco di neve, un ultimo lampo dorato, mentre il terreno dava l’impressione di volerlo inghiottire.

I suoni gli giungevano ovattati,

poi di nuovo quel ronzio cupo,

e l’ultima cosa che sentì

fu Blaine

che sussurrava il suo nome.

 

Quando riaprì gli occhi, lo scompartimento vuoto del treno che percorreva la tratta Lima-New York era tutto ciò che lo circondava.

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

…dico solo una cosa. Vi prego, aspettate l’epilogo. Non è come pensate. Più o meno.

*Non uccidetemi, sono coccolosa*

 

 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Quando riaprì gli occhi, lo scompartimento vuoto del treno che percorreva la tratta Lima-New York era tutto ciò che lo circondava.

 

Epilogo

 

 

Kurt alzò il viso con uno scatto e si voltò per guardarsi intorno con aria frastornata e spaventata, affondando le unghie nel sedile di stoffa.

Non un suono proveniva dal treno in corsa attraverso le campagne dell’Ohio, né lo sferragliare delle rotaie, né il tremolio dei finestrini, né voci. Solo un cupo, spaventoso silenzio.

Cercò di prendere un respiro profondo per calmarsi, ma gli mancava l’aria e i polmoni, semplicemente, sembravano vuoti. Cosa stava succedendo? Dov’era Blaine? Perché si trovava nuovamente all’inizio del suo viaggio, quando ancora- quando ancora-

Blaine.

Era stato davvero tutto un sogno? Non aveva mai conosciuto Blaine?

Non c’era mai stato niente?

Solo. Sei solo. Solosolosolo.

Kurt si voltò verso il finestrino, ma fuori non riusciva a vedere nulla; voleva gridare ed aprì la bocca per farlo, ma non ne uscì alcun suono. Tutto era immerso nel cupo silenzio, fino a che l’unico rumore in quel mare di nulla non lo costrinse a voltarsi verso la porta dello scompartimento.

Successero più cose contemporaneamente: qualcuno mormorò il suo nome da molto, molto lontano, fece giusto in tempo a scorgere una massa di capelli ricci e la custodia di una chitarra e poi, semplicemente, cadde nel vuoto, risucchiato dal nulla.

 

 

Kurt spalancò gli occhi con il cuore che batteva all’impazzata e si tirò a sedere di scatto, finendo per andare a sbattere violentemente contro qualcosa di molto morbido, caldo e soprattutto molto vivo.

“Ahi!” esclamò qualcuno da un punto imprecisato alla sua sinistra; la superficie morbida su cui Kurt era steso sobbalzò e cigolò pigramente.

Un letto. Qualcuno si era appena ributtato – o meglio schiantato – a peso morto su un letto.

Ma che diavolo stava succedendo?

Una mano gli artigliò la maglia del pigiama e l’essere al suo fianco vi fece leva per tirarsi su ed accendere la lampada del comodino.

“Kurt, che diavolo succede? Mi hai quasi fratturato il setto nasale”

Oh. Avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille.

Blaine?” domandò cautamente, il cuore che ancora batteva forsennato nel petto e la confusione che gli annebbiava la mente.

“E chi altri, se no, Barbra?” rispose quello divertito, comparendo nel suo campo visivo.

Kurt si prese un momento per osservare il viso del ragazzo, facendo scorrere lo sguardo sui ricci disordinati, gli occhi ambrati socchiusi di stanchezza e preoccupazione, la linea della mascella.

Dopo di che, gli buttò le braccia al collo e scoppiò a piangere.

“Ma che- Kurt, cos’hai?” esclamò Blaine, accogliendolo tra le sue braccia e stringendolo a sé, mentre le sue mani gli accarezzavano lentamente la schiena e i capelli in un tentativo di conforto.

Quando Kurt riprese il controllo di se stesso, e il suo pianto disperato non divenne altro che una serie di radi singhiozzi, si staccò lentamente da Blaine per ridere debolmente e asciugarsi il viso.

Una fugace occhiata alla stanza intorno a lui lo riportò bruscamente alla realtà. Era nel suo appartamento a New York, Blaine era lì. Andava tutto bene.

“Io- ho fatto un sogno assurdo” cercò di spiegare sotto lo sguardo attento e preoccupato del ragazzo. “Noi non ci conoscevamo, o meglio tu mi avevi visto alle provinciali ma io no, e non ero mai venuto a spiare la Dalton, ma poi ci incontravamo sul treno per New York e mi innamoravo di te e tu di me, e Sebastian – il tuo ex – andava a letto con Dave – il mio ex, e Nick e Jeff avevano una tresca, Blaine, pensa!, e Rachel offriva il suo utero per i nostri figli e sentivo la voce di Sue Sylvester nella testa e- e-“ Kurt fece un respiro profondo nel tentativo di riprendere fiato, visto che Blaine continuava a fissarlo allibito e non aveva l’aria di volerlo interrompere. “E tu venivi preso per The Phantom of the Opera, maledetto traditore! E facevamo sesso, più o meno. Ah, addirittura frequentavamo entrambi la NYADA, assurdo, e-e- ti facevo una sorpresa. Per natale. Stava nevicando e improvvisamente mi svegliavo ed ero di nuovo in treno e niente, niente di tutto questo era mai successo. Tu non- non eri mai esistito, eri stato tutto un sogno, e-e-“

Kurt non riuscì più a continuare, frastornato dall’enormità di ciò che la sua testa bacata aveva prodotto. Che razza di sogno era?

Blaine lo fissò per un altro istante, prima di aprire la bocca e poi richiuderla. Alla fine ricadde sul cuscino al suo fianco in modo piuttosto melodrammatico.

“Oh, no” disse con tono lamentoso. “Ieri sera ci siamo ubriacati di nuovo?”

Quando Kurt non rispose, però, si voltò su un fianco per poterlo guardare e lo avvicinò a sé passandogli una mano dietro alla schiena.

“Ok” mormorò, affondando il viso sul suo collo e inspirando a pieni polmoni. Il suo respiro caldo gli solleticò la pelle e Kurt represse un brivido. “Dai, Kurt, va tutto bene. Era solo un sogno. Sono qui, non vado da nessuna parte, né sono frutto della tua mente. Figuriamoci se ti permetto di liberarti di me così facilmente. Ehi. Sono qui”.

Nonostante Kurt stesse cercando di non piangere di nuovo, una lacrima scese a rigargli la guancia.

“Lo so. Solo che- che-“

Blaine sospirò e si avvicinò per baciarlo delicatamente sulle labbra, calde e morbide come lo erano sempre state.

“Siamo Kurt e Blaine e viviamo insieme da quattro mesi in un minuscolo monolocale dell’Upper West Side” sussurrò ad un soffio dalle sue labbra, un lieve sorriso ad illuminargli il volto. “Ci siamo lasciati tre volte nel corso del mio ultimo anno di liceo al McKinley; la prima perché tu sei venuto a New York ed io ero un idiota, la seconda perché io non volevo più venire a New York ed ero un idiota, la terza perché Sebastian mi ha baciato nel bel mezzo di Lima e lui era un idiota. Mi sono trasferito da te ad agosto dopo la dichiarazione più assurdamente romantica che la mia mente potesse concepire – non negarlo, piangevi come un bambino – e ora frequento la NYADA con Rachel Berry la pazza, che ancora non ha offerto il suo utero per i nostri figli”

Fece una pausa per scendere a baciargli la mascella, poi la punta del naso.

“Tu sei una sorta di stregone-apprendista-tuttofare alla redazione di Vogue ed il tuo capo è un vero incubo, tanto che abbiamo costruito insieme una bambolina vodoo con le sue sembianze. Abbiamo fatto sesso quattordici volte negli scorsi quindici giorni, ogni tanto ancora indossi il mio anello fatto di carta di caramelle, ti ho fatto i cookies proprio ieri mattina e ti amo da morire. Stiamo insieme da quando abbiamo sedici anni perché mi hai fermato su quella scalinata e io da allora ho avuto occhi solo per te e tra una settimana andremo ad adottare un gatto da viziare come se fosse un figlio ”.

Stavolta fu Kurt ad avvicinarsi per baciare Blaine, facendo scivolare la lingua nella sua bocca e stringendolo a sé.

Quando respirare divenne di nuovo necessario e furono costretti a separarsi, Kurt sorrise debolmente, ancora un po’ scosso, e si accoccolò sul suo petto.

“Kurt?” domandò Blaine, il tono di voce improvvisamente preoccupato. “Non hai dimenticato gli ultimi quattro anni della nostra relazione, vero? Perché sarebbe un problema”.

Il suono della risata leggera di Kurt venne attutito dalla maglietta di Blaine; Kurt piegò appena il viso per baciargli la clavicola.

“Difficile scordarsi come ti commuovi per un uccellino morto, o i tuoi enormi occhioni dorati che mi guardano mentre decoro una minuscola bara” lo prese in giro con dolcezza. “Oh, eccoti qui! Cercavo uno così-“

“-da una vita” completò Blaine per lui baciandogli i capelli. “E non fare il cretino, tu adori i miei occhioni dorati”.

Rimasero così per un po’, sdraiati su quel letto matrimoniale ancora nuovo e non abbastanza usato. Il primo a riprendere il discorso fu Blaine.

“Quindi” esordì, tirandosi meglio a sedere e trascinando Kurt con sé. “Ci conoscevamo su questo treno e alla fine tu ti svegliavi di nuovo lì? Come se tutto il sogno non fosse mai avvenuto? Un sogno nel sogno, come – com’è che si chiamava quel film? Inception?”

Kurt annuì, poi alzò gli occhi e gli lanciò un’occhiata maliziosa. “Non abbiamo mai finito di vederlo, vero?”

Blaine nascose un sorrisino furbo tra i suoi capelli. “No. Ti sono saltato addosso verso metà”.

Kurt si sporse per baciarlo e quando si staccò sussurrò: “In ogni caso, appena prima di svegliarmi qui, credo di averti visto. Sul treno, intendo. Stavi per entrare nello scompartimento”.

Blaine alzò gli occhi al cielo. “Chissà, magari la storia sarebbe ricominciata da capo all’infinito!”

“Un po’ cliché, non trovi?” obiettò Kurt scivolando verso di lui per stare più comodo.

 Blaine sembrò prendere la domanda più seriamente del previsto. Kurt lo osservò rifletterci per qualche istante prima di sorridergli dolcemente. “No, in realtà no. Non è una curiosa dimostrazione di come non ti liberesti di me nemmeno in un’altra vita?”

Kurt assecondò la vocina nella sua testa che gli gridava “bacialo, quel ragazzo è perfetto!” con estremo piacere. Blaine rise sulle sue labbra e gli fece scorrere la lingua lungo il labbro inferiore.

“In effetti sì” sospirò infine, appoggiando la fronte a quella di Blaine. “Sono sicuro che, in un modo o nell’altro, saresti finito sulla mia strada comunque”.

Blaine sbadigliò sonoramente. “Sì, beh. Ringraziamo comunque Puck per averti spedito da me per posta prioritaria”. Kurt sorrise e si gettò di nuovo sulle sue labbra, scivolando sotto di lui in modo da ribaltare le loro posizioni e trovarsi sopra al suo ragazzo.

Mhm” si lamentò Blaine senza troppa convinzione, mentre Kurt attaccava fermamente le labbra al suo collo. “Ma è l’alba, Kurt”. Gli appoggiò le mani sul bacino e lo tirò di nuovo tra le coperte, dritto tra le sue braccia.

Kurt si lasciò sfuggire un rantolo dalle labbra e socchiuse gli occhi quando Blaine gli sbadigliò in faccia.

“Hai ragione” mormorò il controtenore affondando la faccia nel cuscino di fianco al viso del suo ragazzo. “Dovremmo tornare a dormire”.

Blaine grugnì e gli fece scorrere languidamente il palmo della mano lungo la schiena.

“Veramente” sussurrò avvicinandosi al suo orecchio per poi mordicchiargli delicatamente il lobo. “stavo per suggerire qualcosa come vieni a fare la doccia con me”. Il suo tono si era fatto inequivocabilmente più roco e basso all’ultima frase, e Kurt lasciò che il familiare brivido di adrenalina gli scorresse per tutto il corpo.

Tuttavia, un ricordo gli salì in mente e scattò a sedere sul letto, osservando Blaine dall’alto in basso.
“Ehi, un momento! Lo dicevi anche nel sogno!”

Blaine si limitò ad inarcare elegantemente un sopracciglio triangolare e scrutarlo in viso, prima di annunciare con una scrollata di spalle:  “L’avevo detto io che sei tu quello che fa sogni sconci”.

Kurt scosse la testa e si piegò per afferrare il suo ragazzo per la maglietta.

“Perciò hanno inventato la masturbazione?” commentò ad un soffio dalle sue labbra, alzando gli occhi per lanciargli uno sguardo malizioso. Blaine si avvicinò quel tanto che bastava per sfiorare il suo naso con il proprio.

“Vedo che ricordi tutti i dettagli della nostra relazione” lo provocò, scivolando sotto di lui.

“Non potrei mai dimenticarti” rispose Kurt, enfatizzando appositamente l’ultima sillaba.

Blaine si lasciò sfuggire un sorriso. “E io sono sicuro che anche se non ci fossimo conosciuti a Lima ci saremmo trovati, prima o poi. Come nel tuo sogno”

Kurt non rispose, troppo occupato a baciarlo, al momento; stava giusto per staccarlo su di peso e trascinarlo sotto la doccia, quando una voce molto familiare si insinuò nella sua testa.

Fammi capire bene, Hummel, sibilò la coach Sylvester, glaciale. Io avrei passato tutto il tempo ad istruirti sui segreti dell’universo e tu stavi sognando?

Kurt sorrise sulle labbra di Blaine.

Ma coach, le rispose divertito mentre le mani di Blaine scivolavano accidentalmente sul suo sedere. La realtà mi sembra molto, molto meglio.

Non udì la risposta dell’insegnante, tuttavia, o forse lei non rispose affatto, perché ehi, Blaine lo stava davvero trascinando verso il bagno e le sue labbra, il suo viso e il suo sorriso erano tutto ciò di cui gli importava davvero.

Blaine?”

Mhm?”

“Ti amo, lo sai?”

 

 

The end

 

 

 

Note dell’Autrice

Io non lo so se si capisce, ma uhm. Sì, Kurt si è sognato tutto. Ma non il Kurt dell’inizio della storia. E’ sempre stato quello vero, quello di Glee. Quindi quello che segue la storyline di Glee scritta dal vecchio pelatone  & Co.

E’ un lieto fine, ma non è il lieto fine dei miei Kurt e Blaine. (Che comunque, se rileggete l’ultimo capitolo ed escludete le ultime tre righe, il loro lieto fine l’hanno avuto lo stesso <3 ).

E’ il lieto fine dei “veri” Kurt e Blaine. Quelli post-quarta stagione, per intenderci. Quindi chi ha sognato tutto è il Kurt che HA CONOSCIUTO BLAINE FIN DALL’INIZIO bla bla bla.

QUESTO in caso non si fosse capito.

Ora, i ringraziamenti li lascio per ultimi perché prima vorrei dire una cosa di estrema importanza.

Questo è stato l’epilogo di On My Way non fin dall’inizio, è vero, ma dal tipo settimo capitolo in poi. L’idea del sogno. Dal momento in cui mi è entrata in testa ho capito che non ci sarebbe mai stato un altro finale all’altezza di questo, per me, e così l’ho lasciato. Ora, questa è la prima e l’ultima volta che scrivo una cosa del genere perché ha messo l’angoscia anche a me, ehi, quindi per le mie prossime long siete in una botte di ferro, fidatevi.

In ogni caso, che il finale vi sia piaciuto o meno, l’importante è che me lo fate sapere. Vi prego, anche a costo di massacrarmi di insulti, ma ditemi cosa ne pensate. Sono apertissima a tutte le critiche perché ok, che gran bastardata, ma spero che il finale un po’ più diverso del solito vi sia piaciuto lo stesso.

In caso contrario…peccato, mi rifarò con la prossima storia, spero!

 

E ora, i ringraziamenti!

A Fra, che non mi ha abbandonato mai nonostante le mie infinite pare mentali, che c’è sempre quando ho bisogno di sclerare e che è semplicemente unica.

E naturalmente che dovreste tutti ringraziare, perché se non fosse stato per il fatto che siamo andate a trovarla ad Arezzo, io non avrei mai avuto l’idea di On My Way in treno. No, aspetta. Forse dovreste prendervela con lei, è colpa sua xD

Sei fantastica anche se hai venduto l’anima alla Seblaine, donna <3

 

A SereILU, che ha betato una parte di questa storia. Grazie, grazie infinite. Se la mia prossima storia non farà stilisticamente schifo sarà solo merito tuo.

 

A Anise, che mi ha tenuto compagnia nei momenti bui di questa storia tra facebook, chat e recensioni. Ti devo la vita, visto che le tue recensioni mi hanno sempre tirato su quando stavo per mollare tutto. Grazie.

 

A tutte le ragazze che ho su facebook e che ogni volta scleravano con me, ridevano con me e piangevano con me. Non avrei mai avuto la forza di andare avanti, se non fosse stato per tutte voi. Non ho nemmeno la possibilità di nominarvi tutte, e dimenticherei di sicuro qualcuno, ma…grazie. Grazie dal più profondo del cuore.

E…beh, come potevo non lasciarla per ultima?

Ila, lo sai che sei l’altra metà del mio universo folle. Tu mi hai trascinato qui e tu affondi con il Titanic e il suo capitano, insomma xD Inutile che mi dilungo in come senza di te non sarei Selene, o come senza di te non ci sarebbe On My Way. Il problema è che senza di te non ci sarebbe Elena, punto. Quindi grazie per essere finita sulla mia strada insieme alla tua bassezza, la tua gatta, il tuo Kurt e la tua follia. Grazie.

 

 

Boh, ste note me stanno facendo piange. Ragazze, ci si rivede alla prossima storia!

 

Un mare di baci,

Elena

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