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innamorare del suo Blaine totalmente e
incondizionatamente;
aMary, perchè dopo cinque anni ancora ci
prova, ad insegnami qualcosa di moda;
e a Ila: grazie, tesoro! Senza di te questa
storia non sarebbe mai uscita dalla mia testa.
You’re the Kurt to my Blaine <3
Capitolo uno
“I saw you and
the world went away”
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo
davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia,
aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte
qualcosa, o qualcuno, con tanta
prepotente ovvietà da poter dire solo: ah,
eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Kurt non credeva in Dio – diciamo che per lui rappresentava
un conflitto di interessi – ma aveva sempre creduto
nel destino, in un modo o nell’altro, anche quando per lui significava qualcosa
di profondamente diverso da ciò che significava per gli altri.
Forse era per quello che amava tanto i musical, dove i
protagonisti erano romanticamente destinati ad incontrarsi, prima o poi. Erano
delle belle favole e gli piaceva pensare che nascosto là, da qualche parte, ci
fosse qualcuno che lo aspettava.
Kurt era convinto anche che il destino avesse tracciato per
lui una via molto chiara e un obiettivo ancora più cristallino.
Aveva dovuto lottare per ottenere il diritto di vivere la
sua vita come voleva, aveva sofferto e sapeva che non era finita: le difficoltà
erano dietro l’angolo. Solo che…che importanza avevano le notti spese a piangere, gli allenamenti distruttivi, tutti i sacrifici che
aveva fatto, di fronte a quello che stava succedendo?
Cosa importava, ora che era nella più squallida delle
stazioni ferroviarie dell’Ohio, pronto per partire per New York e per la NYADA?
Stava davvero per
partire.
Il destino, però, ha sempre un prezzo e spesso è troppo alto
da pagare, oppure nemmeno ci si accorge del contrappeso che si mette sulla
bilancia fino a che non è troppo tardi per tornare indietro.
Il suo contrappeso era stata Rachel.
“E mi raccomando, chiamami appena arrivi. Anzi, ci sentiamo
durante il viaggio”
Rachel gli buttò le braccia al collo, cogliendolo alla
sprovvista, e Kurt cercò di trattenersi dal piangere lì davanti a tutti quanti quando il corpo dell’amica si strinse al suo
disperatamente, trascinandolo con sé e facendogli quasi cadere il cappello
bianco che indossava.
Si era ripromesso di non crollare, di non piangere come un
idiota, e invece...
“Ti chiamerò ogni cinque minuti, ti aggiornerò su tutto.
Arriverà Natale e nemmeno ce ne saremo accorti, vedrai!” le disse con la voce
rotta.
Rachel non aveva superato il provino finale per entrare alla
NYADA. La comunicazione era arrivata un mese prima del
diploma, la tragedia era iniziata subito dopo. Kurt era stato il primo a
saperlo – persino prima di Finn – e l’aveva trovata rannicchiata in un angolino, tra le quinte del teatro della scuola.
Non stava nemmeno piangendo, almeno non fino al momento in
cui aveva notato Kurt in piedi di fronte a lei, addolorato. Allora l’aveva
preso a pugni, aveva urlato e infine era crollata sulla sua spalla,
singhiozzando senza riuscire a fermarsi.
“C-cosa farò a-adesso? Che s-senso
ha?” aveva singhiozzato mentre gli stringeva la
camicia e lo ricopriva di lacrime.
Kurt l’aveva stretta a sé per tutto il tempo e aveva pensato
che forse non valevadavvero la pena andare a New York senza Rachel, non dopo...beh,
tutto. Perchè tutto quello che avevano sognato riguardo alla Grande Mela
l’avevano sognato insieme: lasciare Rachel sarebbe stato come lasciare indietro
un pezzo di sé troppo grande per riuscire a sopravvivere senza.
Il giorno dopo, per strada, gli avevano dato di nuovo del frocio e aveva
deciso che non sarebbe rimasto in Ohio un secondo di più. Semplicemente non
poteva.
Quello non era altro che un ulteriore segno che il destino
gli stava mandando. Doveva andarsene e in fretta, anche.
“Non sarà la stessa cosa, senza di te” le sussurrò
all’orecchio per cercare di tranquillizzarla, ma Rachel iniziò a singhiozzare
sulla sua spalla senza ritegno, quindi dedusse che forse non era stata la cosa
più intelligente da dire in quel momento.
“Uh” commentò, stritolato dalla sua presa. “Ti prego, Rach, non fare così”
Ma era la verità, dannazione, e non avrebbe mai potuto
mentire.
Non sarebbe stato lo stesso, almeno per il primo anno.
Il petto gli doleva per lo sforzo di trattenere le lacrime –
laceranti fitte all’altezza del cuore – e quando alla fine alzò gli occhi su
Finn, Carole e suo padre che li osservavano lì vicino non riuscì a resistere un
secondo di più, così smise di provarci.
Mentre le lacrime bollenti gli scendevano lungo le guance e
rendevano l’universo che lo circondava nient’altro che una macchia sfocata e dolorosa Rachel esclamò:
“Torturerò quei ragazzi! Sarà come averti qui”.
Kurt emise un suono strozzato a metà tra una risata e un
singhiozzo, più per il gemito disperato di Finn che per la frase di per sé.
Dopo aver visto sfumata davanti ai suoi occhi la possibilità
di andare alla NYADA, almeno per quell’anno, Rachel
era caduta in un vortice di depressione e aveva visto la luce solo il giorno
dopo del loro diploma, quando Will li aveva convocati per una riunione finale
al Lima Bean, annunciando di avere qualcosa di
importante da dire loro.
“Emma è incinta e mi hanno scritturato per Broadway” aveva proclamato senza tanti giri di parole mentre i soliti grossi lacrimoni
si affacciavano sui suoi occhi.
Kurt non riusciva a ricordare una volta in cui il professor Shuester non si fosse commosso per
qualcosa, in effetti.
Mentre tutti lo avevano abbracciato e Puck
si era congratulato leccandogli una guancia – sempre originale, quel ragazzo – Will aveva guardato Rachel e gli aveva
sorriso tra le lacrime.
“Ecco perché ho suggerito a Figgins di assumerti come nuova
direttrice delle New Directions, Rachel. E lui ha
accettato”, aveva aggiunto come se niente fosse.
Kurt ricordava con esattezza Will Shuester
cadere a terra sotto il peso di Rachel che gli si lanciava addosso urlante e le
New Directions al completo che li sommergevano.
Così Rachel avrebbe preso il comando del Glee Club del McKinley e si sarebbe preparata a vincere le Nazionali da
direttrice, in un modo o nell’altro. Non l’aveva mai vista più determinata. Un
campionato Nazionale in più
significava una possibilità di entrare alla NYADA l’anno successivo e Kurt ci
sperava con tutta l’anima, davvero.
Si sentiva terribilmente in colpa per ciò che era successo alle
Nazionali.
In fondo al suo cuore albergava la sinistra convinzione che,
giocandosi il diritto di cantare la ballad alle
Nazionali, lui e Rachel si fossero giocati anche la possibilità di entrare alla
NYADA.
Era quindi anche colpa sua, se Rachel non era stata ammessa?
Aveva vinto l’assolo e le Nazionali, ma aveva perso Rachel?
Sì, alla fine erano riusciti a vincere, modestamente anche
grazie a lui e alla sua canzone. Spesso ripercorreva con la mente i momenti in
cui, dopo la sua ballad, aveva sollevato la coppa
sopra la sua testa e il pubblico era esploso in applausi e ovazioni, e le New
Direction erano impazzite di gioia, e c’era quel tipo che non conosceva in
prima fila che piangeva commosso...
“Hai preso tutto, tesoro?”
Anche Carole in quel momento stava piangendo a dirotto e
Kurt avrebbe tanto voluto che non lo facesse, ma non disse niente. Era già
abbastanza difficile partire e lasciarsi tutti alle spalle. Non avrebbe saputo
cosa dire, probabilmente.
Odiava vedere le cose da quel punto di vista, ma era ciò che
stava facendo. Si stava lasciando alle spalle una vita che aveva amato e un
luogo che aveva odiato, persone che aveva desiderato e persone che avrebbe voluto
veder scomparire. Odiava Lima, ma era pur sempre...beh, casa.
“Ho preso tutto, non
sono mica Finn! E anche avessi dimenticato qualcosa il treno sta per
partire, quindi non potrei certo tornare indietro a prenderlo.”
Burt fissava il figlio da tempo, ancora incapace di dire
qualcosa, probabilmente in cerca di segni di pentimento sul viso del ragazzo.
Kurt osservò suo padre di sottecchi mentre Finn
protestava, indignato, per a sua frecciatina, e
Carole gli sistemava affettuosamente il colletto della giacca, e Rachel non
sembrava intenzionata a staccarsi dal suo braccio. Gli sarebbero mancati tutti
da morire, sì, ma la persona dalla quale davvero non sopportava l’idea di
separarsi era suo padre.
Burt, che lo aveva sostenuto sempre, anche
quando la scuola era uno schifo e i bulli lo spingevano sugli armadietti; anche
quando al ballo d’inverno del terzo anno lo avevano eletto reginetta e non c’era stato nessun altro a consolarlo; anche quando
Dave si era presentato alla sua porta con un mazzo di
fiori di scuse e della cioccolata e lui non aveva saputo non perdonarlo.
Kurt sapeva di lasciarsi indietro tante persone e tante
questioni, alcune delle quali terribilmente irrisolte.
Una di queste era Dave. Ma si era ripromesso di non pensarci, così scosse la
testa per scacciare le lacrime che si erano affacciate sui suoi occhi azzurri e
si decise a salutare suo padre.
Burt lo osservò con attenzione. “Stai davvero partendo”
disse, la voce roca per via della commozione.
Kurt sorrise tra le lacrime.
“Già”, disse, strusciando i piedi a terra.
“Oh, vieni qui”
Burt si sporse in avanti e strinse Kurt in un abbraccio
stritolatore. Kurt non si lamentò, ma affondò in quell’abbraccio
profondo che sapeva di casa per un’ultima volta, più forte che poté, poi si separarono.
“Chiama appena arrivi!” gli raccomandò Carole, prendendo per
mano suo padre. Finn sorrise e gli batté una mano
sulla schiena, facendolo tossicchiare appena.
“Vedi di tornare presto, amico, che Rachel non la reggo da
solo”
Si beccò uno schiaffetto sul
gomito – probabilmente il posto più alto di lui che Rachel riusciva a
raggiungere senza salire su una pila di libri – e rise.
Kurt afferrò il manico della valigia e si mise il borsone in
spalla.
Perchè
diavolo ho portato tutta questa roba?
Carico come un mulo lanciò un’ultima occhiata alla sua
famiglia, sorrise, si voltò e camminò incontro al suo destino.
Attraversò il sottopasso trascinandosi dietro la valigia di LuisVuitton e raggiunse il
binario indicato sul tabellone degli arrivi ansimante. I suoi bagagli pesavano,
ovviamente, mezzo quintale, ed aveva ridotto di metà il suo guardaroba! Molte
cose glie le avrebbero spedite i suoi direttamente a New York, infatti.
Si sistemò meglio il cappello e controllò il proprio
riflesso di nascosto sulla vetrina del bar della stazione.
Ok, doveva ammettere che era stato
un po’ melodrammatico nella scelta dell’abbigliamento, ma stava o no andando a
New York? Non stava forse per dare inizio al suo sogno americano?
Quindi quella mattina davanti all’armadio, ormai quasi del
tutto svuotato dalle sue cose, aveva rimuginato a lungo e infine aveva deciso
di vestirsi a tema, elegante come sempre. Ora indossava, oltre al cappello
bianco, una polo rosso bordeaux e una giacca di
velluto blu notte sopra, che – a detta sua – si sposavano benissimo con i
pantaloni in cotone con un minimo risvolto all’altezza della caviglia,
naturalmente color fango; aveva poi optato per dei calzini dello stesso colore
della polo e delle scarpe eleganti, blu scuro.
A coronare il tutto, il tocco d’arte al quale aveva lavorato
per tutta la settimana prima della partenza: nel taschino della giacca vi era
infilato un fazzoletto di cotone, bianco, con una mela ricamata in cima.
Si sentiva...americano, sì.
Kurt smise di rimuginare sul suo outfit
da bandiera USA quando la voce metallica
dell’altoparlante di servizio annunciò:
“Il treno 142bisA per Pittsburgh
è in arrivo al binario nove”
Il treno che lo avrebbe portato alla sua prima tappa,
passando per Columbus, doveva essere sulla
piattaforma alle dieci e quindici, ed erano già le dieci e dieci.
Solo
cinque minuti, pensò.
Solo cinque minuti e sarebbe partito, finalmente diretto a
New York, solo. Dall’altra parte
della stazione intravedeva ancora le sagome poco chiare di Finn, Rachel, Burt e
Carole, e per non scoppiare a piangere di nuovo cercò qualcosa da fare.
Devo
distrarmi, non devo pensarci. Sto partendo per New York,
ripeté tra sé.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca e si mise a
spulciare la galleria delle foto del diploma, più nostalgico che mai.
La prima foto li ritraeva tutti insieme
nei momenti successivi alla cerimonia, proprio nell’aula di canto.
Fece scivolare lo sguardo sui suoi amici del Glee Club, la
sua seconda famiglia.
C’erano Quinn, finalmente guarita
dopo l’incidente d’auto, e Jhon, il suo nuovo
fidanzato, in piedi l’uno di fronte all’altro. Sarebbero entrambi andati a Yale e Kurt non se n’era stupito
nemmeno un po’. Quinn era bravissima.
Chissà
se hanno trovato l’appartamento che cercavano...
La foto successiva ritraeva Brittany mentre sorrideva mesta
ed era girata di tre quarti per osservare Santana;
quest’ultima chiacchierava con Mercedes, quasi
commossa mentre la sua ragazza le teneva orgogliosamente la mano. Brittany non era riuscita a diplomarsi – forse perchè aveva
portato una tesina su Lord Tubbington, chissà – e Santana aveva deciso di lavorare come cameriera al Lima Bean per un anno per poi andare a vivere con lei a Los
Angeles.
Peccato
che Lord Tubbington sia morto a luglio. Sarebbe stato
orgoglioso della dichiarazione di Santana.
Sam, proprio di fianco a
loro, stringeva Puck in un abbraccio; il labbro
tremante e le lacrime agli occhi erano perfettamente visibili anche dallo
schermo troppo piccolo del telefono. Aveva sempre sospettato che ci fosse qualche romantico aneddoto su loro due, dopotutto. Ora
Sam era tornato a vivere con i suoi genitori e stava
valutando varie offerte lavorative dalle sue parti, ma
Kurt era rimasto in contatto con lui.
Caro,
vecchio bocca di trota...
Mike, che nella foto
stringeva forte Tina e le stampava un bacio a fior di labbra, avrebbe studiato
danza alla Juliard.
Fece scorrere il pollice sullo schermo e cambiò foto: Puck compariva sfocatamente sullo
sfondo mentre si prendeva la rivincita del secolo e
baciava la madre di Rachel davanti a tutti – Dio, quanto aveva riso - , e
l’intera foto era occupata da Rachel che sventolava soddisfatta il suo cappello
del diploma. Puck si era diplomato, alla fine, anche
se nessuno sapeva davvero come ci fosse riuscito, e ora lavorava a tempo pieno
come lava-piscine, ma Kurt era sicuro che presto avrebbe trovato un lavoro
migliore. O sarebbe finito in prigione.
Tutti gli altri ragazzi del Glee che ancora frequentavano la
scuola per l’ultimo anno sarebbero probabilmente rientrati nel Glee Club.
Kurt era quasi certo che Rory o Artie avrebbero ucciso Rachel, presto o tardi.
Forse
dovrei iniziare ad organizzarmi per il suo funerale.
La figura familiare di Mercedes si
stagliava semi-sfocata sulla parte sinistra della foto, proprio di fianco a
Finn, e sorrideva verso l’obiettivo. Dopo la rottura con Sam
e con Shane era rimasta single. Ora era stata presa
alla Cameron di Boston e sarebbe partita una settimana
dopo di Kurt.
Kurt osservò malinconicamente la foto e si domandò se era quello, ciò che il destino voleva davvero
per lui. Lasciare a Lima tutto il suo passato, tutti i suoi amici, e
ricominciare la sua vita da capo a New York, solo e pieno di sogni.
Forse era per quello che pensava costantemente al destino e a
cosa voleva per sé stesso. Stava per partire, dopotutto. Quale momento più
opportuno per farsi domande sulla propria vita ma non avere le risposte?
Fece scorrere di nuovo il pollice sul telefono per cambiare
foto e gli si strinse lo stomaco quando il viso
sorridente di DaveKarofsky
gli comparve di fronte. Ricordava quando avevano
scattato quella fotografia. Era il loro primo e ultimo anniversario ed erano al
parco di Lima, felici e sorridenti. Kurt tentò di ignorare il groppo in gola
per l’ennesima volta e ripose il telefono in tasca passandosi una mano sul viso
con aria stanca.
“Il
treno per Pittsburgh, binario nove, arriverà con cinque minuti di ritardo.”, annunciò
la voce di servizio, e tanto per fare qualcosa Kurt prese ad osservare le
persone che si trovavano sul suo stesso binario e che magari avevano la sua
stessa destinazione, New York City.
C’erano due ragazze sorridenti con delle valigie stracolme
fino all’orlo, una madre con due bambini e un ragazzo proprio vicino alla
colonna, un po’ distante da lui, con i capelli ricci e neri, un borsone scuro e
la custodia di una chitarra in spalla.
Lo sguardo di Kurt scivolò tra le persone che lo circondavano
con aria assente e si riscosse solo quando il fischio
del treno in lontananza ne annunciò l’arrivo.
Oddio,
pensò, emozionato e spaventato al tempo stesso. Ci siamo.
Lanciò un ultima occhiata tremante
alle sue spalle e salutò Rachel con la mano – lei e Finn erano ancora
dall’altra parte del binario – poi voltò le spalle all’Ohio e si preparò a
salire sul treno.
Quello arrivò con uno stridio di freni e le porte si
spalancarono proprio di fronte a lui, così saltò a bordo trascinandosi dietro
la valigia e il borsone; cercò di ignorare i gridi e i saluti delle persone fuori dal finestrinoe arrancò fino al primo scompartimento, che trovò pieno e fin troppo vivace.
Quando notò che era la prima classe imprecò sottovoce e tornò indietro.
Non c’è
un maledettissimo scompartimento tranquillo?
Desideroso di silenzio attraversò tutta la prima metà del
treno per arrivare ai vagoni di seconda classe. Quello che trovò era
praticamente vuoto: c’era solo un ragazzo con dei lunghi rasta e la pelle
scura, seduto verso la metà del treno, che stava rovistando nel suo zaino.
Soddisfatto, Kurt scelse un posto vicino al finestrino e arrampicò i bagagli nell’apposito spazio prima di buttarsi
di peso sul sedile, sfiancato.
Ma
perché accidenti mi sono portato dietro tutti i numeri di Vogue dal duemilauno
ad oggi?
Un ultimo sguardo all’Ohio e il treno partì lentamente,
facendo cigolare le giunture e tremare leggermente sedili e vetri. Sembrava
quasi che volesse dargli tempo di salutare un’ultima volta casa.
Beh, era salito.
E’
fatta. Sto davvero andando a New York.
Kurt distolse lo sguardo dal finestrino
mentre il paesaggio urbano scompariva velocemente e lasciava spazio alla
campagna – non avrebbe sopportato di vedere Rachel rimanere in stazione senza di lui – e prese a guardarsi
intorno.
Il treno che lo avrebbe portato fino a Pittsburgh era un
normalissimo treno inter-regionale di quelli né troppo scomodi né estremamente
lussuosi, con grandi vetri e sedili disposti a coppie, ogni coppia una di
fronte all’altra. Non c’erano cuccette, quello era il treno che avrebbe dovuto
prendere da Harrisburgh, in Pennsylvania, a New York.
Non aveva ancora osato pensare a come sarebbe stato dormire insieme
a qualche sconosciuto in un treno scadente. E se si fosse trovato con un pazzo
maniaco? Con un gruppo di ragazzine urlanti? Con gente armata fino ai tenti?
Kurt venne distratto dai suoi
inquietanti pensieri quando la porta scorrevole si aprì scattando di lato e
qualcuno si infilò agilmente nello scompartimento.
Alzò gli occhi per osservare il ragazzo appena entrato:
aveva dei morbidi capelli scuri e ricci, e...ma era il ragazzo che aveva visto
sul binario, l’aveva riconosciuto dalla chitarra!
Probabilmente ragazzo-chitarra
– Kurt non sapeva bene come definirlo - si sentì leggermente osservato, perché
dopo essersi guardato spaesato intorno per un istante posò lo sguardo su di lui
e si irrigidì all’improvviso, spalancando appena gli occhi.
Kurt era troppo occupato a fissare la sua figura per notare
il lampo che passò nei suoi occhi, ma anche se lo avesse guardato in viso
probabilmente non se ne sarebbe accorto, perché durò solo un istante.
Quando Kurt alzò gli occhi sul suo viso, distogliendoli dalla
sua felpa azzurra, ragazzo-chitarra sorrise
timidamente e indicò con un cenno del capo il sedile di fronte al suo.
“E’ libero?” chiese.
Kurt lo fissò per un altro istante con aria intontita prima
di risvegliarsi dalla momentanea trance e esclamare: “Sì, certo!”
Si diede mentalmente dello stupido per aver avuto una
reazione del genere, ma...sembrava quasi che nello scompartimento fosse entrato
un angelo.
Si ritrovò distrattamente a sperare che sorridesse di nuovo,
perché non aveva mai visto qualcuno sorridere in quella maniera. Quando quel
ragazzo aveva timidamente alzato gli angoli della bocca, a Kurt il mondo era
sembrato improvvisamente più luminoso.
Note
dell’Autrice
Beh, ehm.
Ehilà! Ciao a tutti! Che cosa ci fa una Potterheads nel fandom di Glee, vi starete domandando? O forse non ve lo
state domandando, in effetti. Che vi importa a voi? XD
Forse mi conoscente, ma in caso mi presento.
Sono SeleneLightwood, ma potete chiamarmi Selene o Sally, e
qui sul fandom di glee per ora ho scritto solo
qualche One-Shot, tutte Klaine,
che trovate nella mia pagina autrice.
Comunque, durante un viaggio in treno – incontro
trafanwriter, roba grossa! – ho avuto questa
fulminazione improvvisa. E se Kurt e Blaine si conoscessero in treno, diretti a
New York, e si innamorassero? Perché è ovvio che la
storia, essendo una Klaine romantica, voglia andare a
parare lì, eh.
Diciamo che ho iniziato quasi per scherzo, ma la trama è
venuta fuori da sola, tutta in blocco, e quindi da
mini-long che doveva essere sono venuti fuori ventuno capitoli.
Eh boh, eccoci
qui J
Ma parliamo di questo capitolo. Lo so che è molto
descrittivo, ma ci voleva un taglio netto per illuminarvi sulla situazione di
Kurt – e anche per mettervi tanti dubbi. Cosa c’era tra lui e Dave? Cosa c’è ancora? E Blaine che tipo di vita ha avuto?
La storia prende forma da un unico grande “whatif?”: Kurt e Blaine non si
sono mai incontrati prima, poi scoprirete perché e quando sono stati ad un
passo dal farlo. Hanno vissuto le loro vite
separatamente ed ora eccoli qui, e vedremo cosa
succede.
Che altro posso dire?
Lo scoprirete solo leggendo, quindi ringrazio
anticipatamente tutti quelli che vorranno intraprendere con me, Kurt e Blaine
questo assurdo viaggio verso NY!
Cavolo,
questa frase conclusiva m’è venuta veramente bene!
Ok, la smetto di sclerale.
Baci, Selene
Ah, ecco che mi dimenticavo! Cercherò di aggiornare ogni
martedì! Se volete contattarmi per qualsiasi cosa, domande o chiacchiere, ecco
la mia pagina facebook:
Kurt si ritrovò a considerare che, effettivamente, ragazzo-sorrisopoteva
essere molto più appropriato di ragazzo-chitarra
quando anche gli occhi del suddetto si illuminarono, seguendo l’enorme sorriso
che gli era spuntato in viso. Aveva sempre trovato l’espressione “ridere con
gli occhi” piuttosto priva di senso – uno dovrebbe ridere con la bocca, a rigor
di logica – ma a quanto pare si sbagliava. E di
grosso, anche.
Sembrava che quel tipo non potesse fare a meno di incurvare
le labbra verso l’alto.
Concentrato com’era ad ammirare, nemmeno tanto velatamente, il
fisico del suo compagno di scompartimento,
non si perse nemmeno una sua mossa. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli
ricci coperti da una quantità industriale di gel e Kurt si domandò
distrattamente come facesse la sua mano a non rimanere attaccata alla testa,
con tutto quell’appiccicume.
Dopotutto se esisteva la lacca biologica, perché diavolo qualcuno avrebbe
dovuto voler impiastricciarsi i capelli con quella roba?
Ragazzo-chitarra si
guardò intorno con aria incuriosita un’ultima volta. Alla fine sembrò decretare
di aver scelto un buon posto, perché posò la chitarra sul sedile di fronte a
quello di Kurt, facendosi scivolare la cinta lungo la spalla. Prese ad
armeggiare con il borsone, dandogli lievemente le spalle, e si allungò verso
l’alto, sollevandolo per cercare di incastrarlo nel portabagaglisopra le loro teste.
Mentre si allungava la felpa azzurra che indossava si sollevò appena, rivelando
una porzione di pelle abbronzata e la pancia piatta. Kurt fece scorrere lo
sguardo dalla felpa ai Jeans chiari. Alla fine l’occhio gli cadde in via del tutto casuale sul suo sedere.
No,
Kurt,
si impose. Da un’altra parte. Guarda da
un’altra parte.
Quando fallì miseramente ringraziò il cielo che il
proprietario di quel...sorrisofosse troppo occupato nel suo intento per badargli. Il
ragazzo aveva infatti una smorfia concentrata in volto
e la lingua tra i denti mentre cercava il modo di incastrare il borsone al suo
posto. A Kurt sembrò assolutamente adorabile.
Ok, poteva succedere che si perdesse ad ammirare il fisico
di un ragazzo che non conosceva – mica era cieco! – ma dovette ammettere di
sentirsi un po’ pazzo, a sbavare così per uno sconosciuto. Che poi non è che stesse proprio sbavando. Stava semplicemente ammirando il
modo in cui quei normalissimi jeans gli stessero bene.
E il modo in cui era dannatamente carino.
E’ uno
sconosciuto, si disse, cercando di darsi un contegno. Non fare il cretino, non è che solo perché
stai andando a New York e adesso sei single – più o meno – devi guardare tutti
i ragazzi carini che incontri.
“Cazz...Ahia”
Un lieve tonfo e un gemito dopo, Kurt alzò il viso di scatto
verso il ragazzo davanti a lui, che aveva apparentemente preso in testa il
borsone scivolatogli dalle mani.
Carino
e imbranato, pensò irrazionalmente. Un cocktail micidiale.
Aspettate un momento. Ma quanto cavolo era basso quel
ragazzo?
Si sporse automaticamente verso di lui, mordendosi le labbra
per non sorridere. Non poteva passare per una persona così poco seria, andiamo.
“Serve una mano?”
Il ragazzo alzò gli occhi su di lui, socchiudendoli appena,
e Kurt avrebbe tanto voluto prendersi a schiaffi da solo per aver posto una
domanda così stupida! Ma era ovvio che gli serviva una
mano, gli era appena cascato il borsone in testa!
“Oddio, scusa, che domanda idiota!” esclamò incapace di
trattenersi. Iniziò a blaterare a
macchinetta, come ogni volta che si sentiva imbarazzato o a disagio.
“Voglio dire, è naturale che ti serva una mano, ti è appena
cascato tutto e deve pesare davvero parecchio, e oh!è davvero un ottimo colore, sai? Ma
dicevo...aspetta, ti aiuto!”
Concluse quell’insensato
aborto con il volto in fiamme per la vergogna – e per non aver
preso fiato mentre parlava – senza avere il coraggio di definirlo frase. Non potè
fare a meno di scorgere, comunque, il sorrisetto che era spuntato nuovamente
sulle labbra del ragazzo.
Vi
prego, datemi una pala. Devo sotterrarmi. Adesso.
Il ragazzo però non gli passò nessuna pala: evidentemente
non avevano ancora inventato la telepatia. Si limitò a lanciargli un’occhiata riconoscente mentre Kurt lo aiutava a incastrare il bagaglio
nel minuscolo spazio che avevano.
Ora
penserà che sono un idiota.
“Grazie, davvero” ripeté invece quello, avvicinandosi al suo
sedile e spostando la chitarra per farsi spazio. Emise un lungo sospiro e si
sedette e Kurt lo imitò, iniziando a frugare nella sua borsa per evitare di
guardarlo in faccia.
Che
figura...
Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, tanto per assicurarsi
che non lo stesse fissando inorridito.
In realtà il ragazzo stava ancora sorridendo lievemente.
Teneva gli occhi bassi e le ciglia sfioravano con delicatezza le guance un po’
rosse. Stava accarezzando pensierosamente la custodia nera della chitarra,
passando il pollice sul bordo e proseguendo per tutto il manico. Kurt seguì il
movimento della sua mano e i suoi occhi si posarono su un cartellino sul quale
era apparentemente scritto un nome, attaccato alla custodia insieme ad alcuni portachiavi che pendevano nello stesso punto.
Si sporse appena verso il finestrino fingendo di guardare
fuori e lanciò un’occhiata per vedere meglio.
B.
Riusciva a leggere solo una maledettissima lettera.
Oh, beh, meglio di niente, no?
B spostò
un po’ la chitarra, facendola passare oltre il ginocchio e posizionandosela tra
le gambe. Appoggiò il mento da un lato della custodia e iniziò a guardare fuori dal finestrino con aria pensierosa. Il cartellino
scomparì alla vista di Kurt, che si rintanò nel suo sedile, deluso.
Che poi non capiva perché avrebbe dovuto sentirsi deluso.
In fondo era solo uno sconosciuto che si era seduto davanti
a lui in treno. Certo, era anche molto carino e aveva un’aria assolutamente
adorabile, era il suo tipo ideale di ragazzo – quel test su Vogue funzionava davvero! – e...cos’altro c’era?
Sembrava gentile.
Kurt non amava molto conversare con gli sconosciuti, anzi.
Si era cercato quello scompartimento semi-vuoto per stare in pace e non essere
disturbato da troppa gente. Non si poteva mai sapere quali incontri inquietanti
ti aspettavano su un treno. Eppure quel ragazzo aveva l’aria di qualcuno con
cui doveva essere davvero piacevole parlare; qualcuno del cui sorriso non ti
stancavi mai.
Forse la svolta che stava prendendo la sua vita lo stava
condizionando un po’. Ma stava andando a vivere a New York City: che male c’era
nel voler cambiare qualcosa della sua vita? In fondo cos’era
che decretava ciò che era da lui e ciò che non lo era?
Nel frattempo B
sembrava aver perso ogni interesse per il mondo che lo circondava, troppo
impegnato a guardare fuori dal finestrino per
accorgersi di altro, così Kurt si dette dello stupido per la millesima volta
quella mattina e decise di fare altro: quell’incontro
casuale sarebbe rimasto un incontro casuale.
Niente di più di un ragazzo carino seduto davanti a lui in
treno.
Estrasse il libro che aveva infilato in borsa prima di partire
e lo aprì con fare teatrale, immergendovi la faccia. Non doveva far cadere
l’occhio sul ragazzo per nessun motivo.
Iniziò a leggere quasi svogliatamente
le prime righe, e questo era ridicolo, perché quello era il suo romanzo
preferito. B continuava a guardare fuori dal
finestrino e Kurt non riusciva a non trovare la sua aria persa terribilmente
attraente.
Cercò di riportare la
propria attenzione sul libro e lesse ben due pagine tutte d’un fiato, poi si
azzardò ad alzare leggermente lo sguardo. Nello stesso istante B lo distolse.
Ah! Lo stava guardando, allora!
Beccato, pensò
soddisfatto Kurt.
Tornò al libro sorridendo lievemente. Lesse altre due pagine
e rifece la stessa operazione. Quando alzò di nuovo
gli occhi, però, il ragazzo aveva riportato lo sgurdo
verso il paesaggio che scorreva velocemente oltre il vetro.
Che poi, di che diavolo di colore ce li aveva, gli occhi?
Erano marroni? Eppure sembravano chiari...Verdi, forse?
B si
voltò, probabilmente perché sentiva osservato, e Kurt abbassò gli occhi di scatto mentre le guance gli andavano a fuoco. Fissò pagina centosettantasette fino a che le lettere non
iniziarono a mescolarsi da sole. Quando decise che era passato abbastanza tempo
– stava diventando cieco, a forza di fissare il libro – si azzardò a buttare
l’ennesima occhiata.
L’altro ragazzo aveva ripreso a guardare fuori, appoggiato
al finestrino. La guancia sfiorava il vetro freddo e gli occhi erano socchiusi,
perché la luce del sole gli batteva direttamente in faccia, ma non ne sembrava
affatto infastidito. Sembrava più un gatto che si godeva il calore tiepido dei
raggi di fine estate, accoccolato su una poltrona.
“Sai
che la vita da ghetto non fa per te, fa per te, fa per te!”
Kurt sobbalzò sulla sua poltrona quandoqualcosa partì a palla dal fondo del
vagone. Si voltò e sbirciò verso l’unico altro passeggero: il ragazzo con i
rasta se ne stava spaparanzato sul suo sedile con l’ipod infilato nelle casse a
tutto volume, dal quale fuoriusciva il suono più fastidioso che avesse mai
sentito in tutta la sua vita.
Provò a lanciargli un’occhiataccia, ma quello non lo notò
nemmeno, visto che era relativamente lontano e comunque troppo occupato ad
ondeggiare la testa a tempo con...no, si rifiutava di definirla musica.
Tornò stizzito al suo libro e tentò di concentrarsi e leggere,
ma il volume era davvero alto e il testo era orribile.
“Forse
non sapevi che qui giriamo tutti armati, amico, ma non
preoccuparti, è la vita da ghetto, ghetto, ghetto!” gli
rimbombò nelle orecchie.
Che orrore.
Profondamente disgustato Kurt ricominciò da dove era stato
interrotto, cercando di sovrastare con la voce della mente quella del cantante.
...da
cui ebbe l’orrida visione dell’enorme ragno morto disteso sul dorso, le zampe
rannicchiate e aggrovigliate, lesse, quasi urlandoselo in
testa. Come se volesse indispettirlo, quello scempio aumentò di volume.
“Qui
nel ghetto non puoi girarti che già ti trovi un coltello nelle spalle, ghetto,
ghetto, ghetto, yo!”
Ma che diavolo...? Kurt voltò
stizzito pagina, continuando nel suo intento, gli occhi ridotti a due fessure e
la lingua tra i denti. Qualcuno vicino a lui ridacchiò sommessamente.
...che
scintillava pallida tra gli alberi, si mescolavano con la luce che dalla
finestra illuminava il corpo...,
continuò Kurt imperterrito.
“...e se vedi il
senatore, sparagli a vista, sparagli a ore, perché lui non vive nel ghetto,
ghetto, ghetto!” tuonò allegramente il cantante tramite le casse dell’ipod.
...di
Aragog sul bordo di una – e che diavolo, allora!
Kurt si voltò di nuovo per fulminare con lo sguardo quel
tipo in fondo al vagone, stringendo le labbra in una smorfia di
disapprovazione.
Lanciò l’occhiata più gelida di cui fosse
capace e continuò fino a che non sentì una risata cristallina proprio di fronte
a lui.
Si voltò ancora, ma qualsiasi cosa acida avesse da dire gli
morì sulle labbra.
Ragazzo-chitarra stava
ridendo di gusto di fronte alla sua espressione furiosa e imbarazzata insieme,
gli occhi vivaci e allegri puntati nei suoi.
E quel suono era la cosa più stupendamente spontanea e
genuina che avesse mai sentito.
“Non ti piace la musica da ghetto, eh?”
Kurt si imbambolò un secondo al suono della sua voce
divertita. Quando si rese conto che ancora non aveva dato una risposta cercò di
riscuotersi. I suoi poveri neuroni, che per quel breve istante di totale black
out avevano saltellato felicemente in giro per il suo cervello, scontrandosi tra di loro, tentarono una connessione di fortuna.
Miracolosamente, ci riuscì.
“A dire la verità proprio no. Preferisco altri tipi di
musica” commentò scuotendo lievemente la testa. Chissà, forse anche quel
ragazzo di fronte a lui era un musicista rap, o
qualsiasi cosa fosse.
“E dopo
che hai sparato al senatore, spara anche a me, perché è la vita da ghetto,
ghetto, YOH!”
Oh, non era possibile. Ma chi diavolo aveva scritto il testo
di quell’abominio?
“In effetti” concordò B con quell’adorabile
sorrisetto ancora sulle labbra. “è musica imbarazzante”.
Kurt ridacchiò e alzò le spalle.
“Beh, sono piuttosto schizzinoso in fatto di musica” spiegò,
desideroso di non passare per il criticone di turno.
B se ne uscì con un verso piuttosto buffo a metà tra un
colpo di tosse e una risata.
“Io di solito ascolto pop e rock, ma adoro anche i musical”
Kurt sorrise più ampiamente e commentò:
“Beh, alla fine il fascino del palco è sempre lo stesso, che
sia un musical o un concerto di OzzyOsbourne”
“Oh, io ci sono stato, a un concerto di OzzyOsbourne. E, fidati, è...inquietante, ecco”
Finse di rabbrividire, facendo una faccia buffissima, e Kurt
rise.
“Suoni la chitarra?” domandò. Si
rese conto di aver posto l’ennesima domanda idiota – chissà cos’altro avrebbe
dovuto farci, con una chitarra – ma B sembrò contento
che Kurt glie l’avesse chiesto, perché rispose:
“Anche. In realtà il mio strumento è il pianoforte, ma era
un po’ complicato portarlo in treno”
“Già, in effetti”
B non disse dov’era diretto e Kurt non lo chiese, anche se
moriva dalla voglia di saperlo.
Chiuse il libro che ancora stringeva tra le mani, preso
dalla conversazione, e si sporse in avanti per rispondere. Il ragazzo riccio di
fronte a lui abbassò casualmente gli occhi sulla copertina del libro e li
spalancò sorpreso.
“Harry Potter!” esclamò.
Kurt alzò un sopracciglio, interdetto.
No,
sono Kurt Hummel, avrebbe voluto rispondere. Niente cicatrice, niente amico rosso e
niente nemesi mortale senza naso, mi dispiace.
E fu esattamente quello che fece.
Il ragazzo di fronte rimase immobile per un istante e nei
suoi occhi Kurt colse sorpresa, divertimento e
qualcos’altro che non seppe decifrare. Poi B
scoppiò a ridere di gusto, tenendosi la pancia e spalmandosi addosso alla
chitarra con le lacrime agli occhi.
Kurt rise con lui, imbarazzato e divertito insieme. E’ che
la battuta gli era venuta naturale e la sua risata era
così bella che Kurt si ritrovò a sperare che ridesse di nuovo per qualcosa di
divertente detto da lui. O che ridesse e basta, ecco. B si asciugò una lacrima e si passò una mano tra i capelli,
lanciandogli un’occhiata divertita. Poi si allungò verso di lui e gli porse la
mano.
“Blaine Anderson” annunciò allegramente mentre
Kurt afferrava la mano che gli porgeva e la stringeva. “Cicatrici sì, ma non in
fronte, un sacco di amici rossi e diverse nemesi mortali, a pensarci bene.
Quasi tutte con il naso, credo.”
Blaine. Assaporò
il suono dolce di quel nome nella mente e si sciolse nella sua stretta. La mano
di Blaine era calda, praticamente bollente, e creava un netto contrasto con la
sua, che era sempre un ghiacciolo.
“Un altro fan di Harry Potter, presumo” commentò Kurt
indicando distrattamente la copertina del libro con un cenno della testa. Non
riusciva a staccare gli occhi dal volto di Blaine. Non era uno di quei ragazzi
belli da morire, quello no. Però il viso aveva una
forma armoniosa e dolce, non troppo allungata, e il taglio degli occhi li
faceva apparire sempre allegri. Kurt si stava ancora domandando di che colore
fossero – ora che erano lontani dalla luce del sole sembravano nocciola – quando Blaine ridacchiò e si sistemò meglio sul
proprio sedile, lasciandogli la mano. Dovette fare uno sforzo enorme per non
arrossire. Andiamo, non era più un cucciolo di pinguino!
“Sono un vero
fissato” rivelò, facendogli l’occhiolino. A Kurt mancò per un istante il
respiro, ma si riprese senza che l’altro lo notasse.
“Io li ho letti solo quest’estate” disse allora,
imbarazzato. Blaine spalancò gli occhi.
“Davvero?”
Dal suo tono era facilmente intuibile che vedeva
quella di Kurt come la più grave delle mancanze ma che lo considerasse
abbastanza simpatico da non meritare la lapidazione immediata.
“Beh, un mio vecchio amico mi ha tormentato per un anno
intero e alla fine ho ceduto. Ancora litighiamo per via di Harry. Non lo trovo
un personaggio molto credibile, ecco” spiegò Kurt, stringendo le mani una
nell’altra e accavallando le gambe. Il ricordo di Sam
Evans vestito da giocatore di Quidditch gli era rimasto impresso a fuoco nella
mente.
“Povero Harry! Che ti ha fatto di
male?” domandò Blaine sporgendosi in avanti.
Kurt ci pensò un istante prima di
rispondere. E se Blaine fosse stato un fan di Harry e parlandone male si fosse
offeso? Avrebbe cambiato scompartimento? Rischiava il pubblico linciaggio?
No, i fan di Harry Potter non erano così tanto suscettibili,
andiamo!
“Beh” rispose infine, scegliendo con cura le parole. “C’è
sempre qualcuno che deve corrergli dietro e salvargli la pelle. E poi il mio
personaggio preferito è la
McGranitt”
Ecco,
ottima mossa, Kurt. Distrailo con qualcos’altro.
Blaine si aprì in un altro sorriso mozzafiato e il battito
cardiaco di Kurt accelerò un po’.
“Il mio migliore amico del liceo aveva una cotta per la McGranitt” rivelò con
aria cospiratoria, annuendo solennemente e facendo ridacchiare Kurt, che si
passò una mano tra i capelli cosparsi da un quintale di lacca biologica con
fare imbarazzato.
“Beh, io non sono arrivato a livelli così tragici. Non
ancora, almeno”. Si sentiva misteriosamente le guance in fiamme.
“Oh, lui non faceva altro che tesserne le lodi a destra e
manca. Una volta ne stava parlando da un’ora, non ne potevo davvero più!
Eravamo talmente esasperati chel’abbiamo buttato fuori dalle prove
del Glee Club e…”
Aspetta
un momento. Che cosa?
Kurt spalancò gli occhi. La sua espressione sorpresa – forse
più sconvolta che altro – fece fermare Blaine, che gli lanciò quello che lui
interpretò come uno sguardo perplesso. Quei pochi neuroni rimasti avevano iniziato
a ballare la conga nella sua testa e la parte che ancora non era del tutto
andata continuava a gridargli, con la forza di una sirena d’allarme: coincidenza!
“Hai…hai detto Glee
Club?”
Blaine esitò per un istante. Aprì la bocca e la richiuse e si fissarono per un secondo piuttosto lungo.
Fu proprio lui il primo a riprendere la parola. Forse Blaine era solo stupido
della domanda. I Glee Club non erano poi così famosi, in America, doveva
sembrargli strano che Kurt li conoscesse.
“Frequentavo la DaltonAcademy” raccontò esibendo un
sorriso caldo. Kurt a quella vista si sciolse un po’. “Ho cantato negli Warblers
per…tre anni, più o meno”
Beh, ragionò mentre le sinapsi del suo cervello si sconnettevano
di botto, stecchite dalla sorpresa. Questo
sì che è destino.
Note dell’Autrice
Tah-dah!
Eccoci qui con il capitolo
due, postato con un giorno di anticipo, visto che era pronto!
Per prima cosa voglio ringraziare quelle santissime quattro
ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ma anche tutti i preferiti e
tutte le seguite. Ragazze, vi adoro, siete già così tante!
Poooi. Che ve ne pare di
questo capitolo? Blaine è adorabile, non c’è niente da fare. Sono totalmente
innamorata di lui J
Spero che anche questo capitolo vi piaccia come lo scorso J
Ah, ho una fissazione con il finire i capitoli con dei
piccoli colpi di scena, è meglio se vi ci abituate J
Questa volta la canzone che apre il capitolo è “forgood”, di Wicked,
ma sono sicura che l’avevate indovinato..!
“Oh, oh, I want some more, oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight”
“Hai fatto parte di un Glee Club”
Kurt realizzò che, a giudicare dalla sua espressione
basita, Blaine lo stava prendendo per pazzo, o per qualcuno con un grave deficit
di attenzione, dipende. Si rese conto anche del fatto che quella che aveva
posto non suonava affatto come una domanda.
Blaine annuì, apparentemente perplesso. Siccome non ci
teneva proprio a passare per matto più di quanto non facesse di norma, Kurt decise
che forse il povero disgraziato che aveva avuto la sfortuna di sedersi di
fronte a lui in treno meritasse una spiegazione, e che la meritasse subito.
“Anche…anche io! Facevo parte delle New Directions, dal
McKinley di Lima!” esclamò allora, portandosi una mano ai capelli. “Ero l’unico
contro-tenore del gruppo!”
“Sei di Lima?”
“Già”
Blaine spalancò gli occhi e anche un po’ la bocca, la
quale attirò vagamente l’attenzione di Kurt.
“Io di Westerville”
Kurt conosceva quella città, era a sole due ore da dove
abitava lui. Si costrinse a spostare lo sguardo altrove e a concentrarsi sul
motivo del suo shock. Blaine era evidentemente sorpreso quanto lui.
“Quindi hai frequentato la Dalton Academy?”
“Mi sono trasferito lì al secondo anno” disse Blaine
sorridendo timidamente e indicandosi la felpa azzurra. In effetti, notava ora
Kurt, c’era il simbolo della Dalton disegnato in bianco, contornato dal nome
della scuola in caratteri maiuscoli. “Abbiamo partecipato alle Regionali l’anno
scorso e alle provinciali quest’anno a maggio”
La mascella di Kurt stava per raggiungere il pavimento.
“Cosa?” boccheggiò. “A-anche noi!”
“Ma le
New Directions…” Blaine si portò la mano alla bocca e Kurt ebbe modo di
notare di sfuggita l’infinita serie di braccialetti al suo polso, uno più
colorato dell’altro. “hanno vinto le Nazionali, quest’anno”
Visto che nemmeno
quella era una domanda, Kurt si permise di arrossire vagamente.
“Beh, già” disse cercando di sembrare il più umile
possibile. “E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta”. In fondo l’assolo con il
quale avevano vinto le Nazionali era suo e Kurt amava da morire vantarsene, ma
non in quel momento. Non con Blaine, almeno. Non voleva che pensasse che fosse
un presuntuoso.
Aveva voglia di saltellare sul proprio sedile e si
trattenne a stento. Era incredibile! Quante possibilità c’erano di incontrare
un ex-membro di un Glee Club avversario, così carino, su un treno diretto a New
York? Kurt non era mai stato bravo in Matematica e non era un segreto, ma
avrebbe scommesso la sua intera collezione Marc by Marc Jacobs autunno-inverno
che erano davvero poche, quelle possibilità.
Poi ebbe la
fulminazione. In effetti era stato stupido ad ignorare quello che il suo
cervello gli urlava a squarciagola nell’inconscio da cinque minuti
buoni.
“Aspetta” disse. Blaine si avvicinò a lui, interessato, e
Kurt si grattò una guancia per poi prendersi il mento fra pollice e indice. “Se
la Dalton ha partecipato alle regionali, e noi abbiamo
partecipato alle regionali…”
“…abbiamo gareggiato da avversari” completò per lui
Blaine, sorridendo sempre più ampiamente.
Cavolo, aveva ragione.
“E’ vero! Mi ricordo…” Kurt strinse gli occhi azzurri e
cercò di mettere meglio a fuoco Blaine. Scavò tra i ricordi nel tentativo di
afferrarne uno in particolare, le regionali dell’anno prima. L’aveva forse già
visto da qualche parte? Capelli ricci, occhi chiari, non tanto alto…
No, non si ricordava di aver mai visto quel ragazzo
prima. Incredibile, perché quando era salito sul treno lo aveva notato eccome!
“…l’esibizione della Dalton” completò. Non poté fare a
meno di notare il sorriso speranzoso di Blaine incrinarsi appena e non riuscì a
non vedere il lampo di delusione che gli passò negli occhi; ma era
comprensibile. Sicuramente le stesse sensazioni erano riflesse sul suo viso. O
forse era tutto frutto della sua immaginazione, e quel meraviglioso ragazzo non
era davvero deluso che Kurt non si ricordasse di lui.
Quanto si erano trovati vicini senza vedersi davvero? Era
così strano...
“Non mi ricordo di averti visto, mi dispiace” si
costrinse ad aggiungere, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria affranta.
Si trattenne dal dire qualcosa come anche perché sei davvero una bella
vista. Non gli sembrava molto opportuno e quel ragazzo non
gli sembrava molto gay.
Ecco, questo era un altro bel problema. Quel ragazzo non
poteva giocare nella sua stessa squadra,
andiamo! Perché stava così spudoratamente fantasticando su uno così, se era
irraggiungibile?
Blaine sembrò sul punto di dire qualcosa, perché si
avvicinò, guardandolo dritto negli occhi. Kurt vi si perse per un secondo,
distraendosi. Aveva uno sguardo dolce e caldo, e quando assumeva quell’aria
concentrata, notò Kurt, era anche maledettamente sexy. Come se non
bastasse.
Beh, ora che la luce del sole ci batteva direttamente
aveva capito di che colore erano. Non pensava che esistessero, degli occhi
così.
Tutto questo era incredibile.
Avevano vissuto nello stesso stato per quasi vent’anni, a
sessanta chilometri di distanza. Si erano trovati a pochi passi l’uno
dall’altro, divisi solo da un palcoscenico in legno, in più di un’occasione.
Eppure Kurt non aveva mai incontrato, per strada o al caffè della città, quegli
occhi dorati. Nessuno dei due aveva mai visto l’altro.
A meno che Blaine non l’avesse notato, alle Regionali.
Il ragazzo riccio esitò per un solo istante, intento a
scavare tra i ricordi del liceo per far riemergere un volto che, chissà, magari era
noto, e una fitta di speranza colpì Kurt dritto allo stomaco.
Alla fine Blaine richiuse la bocca facendo schioccare la
lingua e ricadde indietro sul sedile con un sorriso triste. “No, nemmeno io mi
ricordo di averti visto”
Kurt non riuscì ad evitare il moto di delusione che lo
colpì. Eppure ricordava gli Warblers come gruppo, ricordava anche la loro
ultima esibizione. Forse era troppo in ansia per il suo assolo o troppo
distratto per notare Blaine. C’era anche da dire che erano diversi ragazzi, lì,
e Blaine doveva essere un membro qualsiasi degli Warblers, per essergli passato
inosservato. A pensarci bene, in mezzo a tutti gli altri, era piuttosto
semplice non notarlo. Specialmente con l’ansia della competizione addosso.
Leggermente più tranquillizzato dalla spiegazione datosi, Kurt si decise a
portare la conversazione su terreni decisamente più interessanti.
“Cosa avete cantato alle Provinciali di quest’anno? Era Glad You Came,
vero?”
Il sorriso di Blaine non se n’era affatto andato, quando
rispose.
“E Stand. Ho la registrazione sul cellulare”
Kurt posò Harry Potter e il Principe Mezzosangue di
fianco a sé e alzò un sopracciglio, piegando la testa in direzione del ragazzo
in fondo allo scompartimento, il quale non aveva ancora smesso di sentire
musica strana a tutto volume.
“Beh” disse, indicando a Blaine il sedile di fianco al
suo e sperando che cogliesse il tono di invito che celava quel gesto. “Facciamo
sentire al signor Musica Imbarazzante qualcosa di meglio?”
Si scambiarono un’occhiata complice, poi Blaine posò la
chitarra sul sedile e si buttò al suo fianco, estraendo il telefono dalla tasca
con un gesto fluido.
“Ci sto”
Dio, pensò Kurt
stupidamente e irrazionalmente, adoro il modo
in cui sorridi.
*
La prima cosa che Kurt imparò di Blaine fu riguardo alla
sua pressochè infinita parlantina. Quando il ragazzo iniziava a sproloquiare
non smetteva più, sommergendoti di parole, frasi, racconti o molto più
semplicemente qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Se la prima impressione
che Kurt aveva avuto di lui era stata quella di un ragazzo tranquillo,
addirittura timido, ora sapeva che, dopo un primo momento iniziale, Blaine
sarebbe stato capace di conversare persino con un sasso.
“E poi aver perso le Regionali è stato un duro colpo,
speravamo davvero tanto di passare il turno e riuscire ad andare a New York,
ma...non è andata” , stava raccontando Blaine, intervallando le frasi a dei
sospiri tristi.
“Sì, conosco la sensazione” ammise Kurt.
“E’ stato un colpo al cuore, davvero. Pensavamo di aver
fatto un’ottima impressione sui giudici, sai, per il fatto che cantavamo a
cappella...”
“In maniera eccezionale, tra l’altro. Mai sentiti
arrangiamenti così perfetti, ma chi li faceva?”
Blaine arrossì vistosamente. “Io. Ho arrangiato sia Glad
You Came che Stand”
Non diede tempo a Kurt di commentare alcunchè, nè di
spalancare la bocca per la sorpresa, e continuò a raccontare.
“Comunque, poi vi siete esibiti voi e avete tirato fuori
dei pezzi originali”
Stavolta fu il turno di Kurt di arrossire. Le sue guance
si tinsero di rosa mentre balbettava una risposta colpevole.
“E’ stata un’idea di Rachel, la nostra leader e diva
indiscussa, nonchè drama-queen” e qui
evitò di dire che lui stesso a volte sapeva essere melodrammatico almeno il
doppio di Rachel. “...e poi comunque...”
“Ehi”, lo tranquillizzò Blaine con un sorriso davanti al
quale anche un iceberg si sarebbe sciolto e che avrebbero dovuto dichiarare
illegale – come i jeans che portava, tra l’altro, che gli fasciavano
meravigliosamente le gambe. Ma quanto erano stretti? E Kurt ne sapeva qualcosa
di Jeans stretti, lui li indossava talmente spesso da aver sviluppato una sorta
di respirazione tramite i pori della pelle, e...
Venne riscosso dalle sue elucubrazioni mentali sulle
gambe di Blaine quando questi gli appoggiò con noncuranza la mano sul braccio,
proprio vicino al gomito.
“Siete stati fantastici, meritavate di vincere” disse con
onestà.
Lo stomaco di Kurt si contorse e lui arrossì ancora di
più, e ovvio che non era per il complimento, dannazione! La mano di Blaine era
bollente, poteva sentirlo persino attraverso i vestiti e il gesto era stato
così naturale che Kurt era rimasto...sorpreso? Scioccato?
Non ne aveva idea. Blaine lo confondeva, questa era la
verità. Era così carino e dolce e Kurt non poteva essere cotto di un tizio
incontrato in treno due ore prima, non poteva. Era il peggiore dei cliché. Assolutamente no.
Vero?
Quando Blaine spostò la mano per passarsela tra i capelli
l’incredibile assenza di calore che ne seguì fece sentire Kurt...strano. Non
svuotato, nè disperato. Solo...diverso. Meno completo. Era una sensazione che
non riusciva ad identificare bene, ma si distrasse in fretta quando Blaine
scosse la testa e sorrise lievemente, dicendo:
“Ora non prendermi per ipersensibile, ma ho pianto
durante tutta l’esibizione di...com’è che si chiamava? Get it right,
credo”
Il cuore di Kurt perse un paio di battiti e non sapeva
nemmeno perché, maledizione. Era solo un ragazzo. Cos’è, non aveva mai
incontrato altri esseri umani prima? Stava forse impazzendo?
Cos’è che diceva sempre Chanel sui ragazzi? Non riusciva
a ricordarselo, in quel momento. E questo non era da lui.
“Anche io. Quella ragazza è dannatamente brava e la
canzone era così....perfetta” disse alla fine. Era sincero. Era un periodo
molto particolare della sua vita e quella canzone sembrava calzare a pennello.
Era vero che non riusciva a farne una giusta, con Dave. O con suo padre, o con
Finn. Ma le cose ora andavano meglio, no? Beh, eccetto con Dave. Quello non era
proprio raggruppabile sotto al concetto di meglio.
“Siete stati tutti fantastici. Davvero bravissimi”
“Grazie”, mormorò allora mentre un sorriso timido gli
spuntava sulle labbra. Dov’era finito il Kurt Hummel acido e tagliente come una
lama affilata che era solito essere? Bastava un ragazzo carino per farlo
sciogliere come un inutile cubetto di ghiaccio al sole? Eppure era sicuro che
non fosse per quello. Andiamo, era andato a scuola con ragazzi oggettivamente
più belli – anche se a dirlo adesso non ne era più così sicuro – eppure non
aveva mai abbandonato la sua corazza di duro sarcarsmo con loro. Nemmeno con
Finn, per il quale aveva avuto quella ridicola cotta prima che diventasse il
suo fratellastro. Anche l’intera situazione con Dave non era mai stata così.
Quello era...complicato, ecco. Si accorse di non sentirsi nemmeno più tanto in
colpa al pensiero di Dave lontano da lui e da New York. In fondo era quello che
Dave stesso aveva voluto, no?
Blaine sembrava non aver colto affatto il suo imbarazzo
perché si strinse nelle spalle.
“Figurati. E’ la pura e sconcertante verità”. Ci pensò un
attimo, poi aggiunse con un sorrisetto che a Kurt non prognosticò niente di
buono: “Anche se ho un ricordo curioso della ragazza che ha fatto il primo
assolo, quella Rachel che dicevi, quella davvero brava”
Blaine ridacchiò tra se e Kurt si preparò a sentire il
peggio.
“Stava...saltellando in giro per le quinte,
credo? Rideva come una pazza e contemporaneamente piangeva,
blaterando riguardo a quel Golden Globe che avrebbe dovuto vincere e Barbra e
qualcosa del genere”
Kurt si sentì in imbarazzo per la propria migliore amica,
e il pensiero di Rachel gli diede una fitta di nostalgia. Forse non era il caso
di svelare a Blaine che ruolo aveva Rachel nella sua vita. Si sarebbe sentito
in colpa per averla presa un po’ in giro, o più probabilmente sarebbe scappato
a gambe levate, sapendo quanto erano amici. Sì, forse più la seconda opzione.
“Rachel è...drammatica” ripetè. Si fissarono per un
istante senza muovere un muscolo, poi Kurt non ce la fece più e scoppiarono a
ridere contemporaneamente, piegandosi l’uno sull’altro con le lacrime agli
occhi.
Che ci fosse poi di così divertente nella drammaticità di
Rachel, Kurt non lo capì mai. Semplicemente risero fino a tenersi i fianchi dal
dolore, e così fecero per qualsiasi altro discorso cheintrapresero quella mattina. Continuarono a
ridere nel loro piccolo angolo di mondo anche quando Kurt raccontò a Blaine del
giudice delle Regionali di quell’anno, travestito da vampiro, che aveva chiesto
un assaggio dalla sua carotide, o quando Blaine raccontò con entusiasmo di
quella volta in cui aveva rischiato l’espulsione dalla Dalton e il linciaggio
per aver annunciato ad un gruppo di Warblers ubriachi, durante un festino, di
volersi esibire con delle divise rosse con i bordi blu.
E pensare che mezz’ora prima Blaine si era persino
scusato dopo un ingarbugliato discorso sulla supremazia dell’ultima copertina
di Vogue rispetto a tutte le altre, dicendo che no, non era affatto
bravo con le parole.
L’istinto di Kurt – che era rimasto sopito per tutto
questo tempo e ora si era improvvisamente risvegliato come un orso a primavera,
di fronte a quegli splendidi occhi dorati – gli aveva suggerito di rispondere
“e in cosa saresti bravo, esattamente?” ma la parte ragionevole di lui che era
rimasta si era opposta con fermezza.
Ne era venuta fuori una buffa risata che Blaine non aveva
del tutto capito, ma grazie al cielo non aveva fatto domande.
Kurt aveva costretto la propria immaginazione a figurarsi
un enorme cartello attaccato al collo del suo nuovo conoscente – poteva
definirlo amico, visto il feeling che si erano ritrovati ad avere? - con su
scritto etero a caratteri cubitali. Eppure c’era quella parte
del suo cervello che resisteva, stoica. Forse per il sorriso dolce di Blaine,
forse perché in un apice di confidenza gli aveva detto di amare i cravattini in
modo quasi irrazionale – detto da uno che indossava una felpa della Dalton e
dei normalissimi Jeans era strano, credetemi – fatto sta che
Kurt non riusciva a convincersi del tutto di non avere speranze con quel
ragazzo così carino ed adorabile seduto al suo fianco, il cui gomito sfiorava
accidentalmente il suo ogni volta che si muovevano.
Kurt si era persino stufato di darsi dello stupido, ad un
certo punto dalle parti di Columbus. Sì, non era da lui comportarsi così. Ma
Blaine era carino, dolce, divertente ed un’ottima compagnia, quindi si sarebbe
goduto questo straordinario incontro fintantochè sarebbe durata.
Niente di più.
Che poi, stava ragionando Kurt mentre ascoltava
attentamente Blaine raccontargli la depressione post-perdita delle Regionali,
davvero non riusciva a capire due cose.
Primo, come fosse possibile che un normalissimo essere
umano avesse degli occhi così belli. Secondo, davvero non aveva idea di come
fosse riuscito ad intavolare una conversazione con Blaine senza balbettare o
rimanere immobile come un idiota con lo sguardo perso in quello verde-nocciola
del ragazzo di fronte a lui.
Consapevole della monotonia inquietante dei suoi pensieri
– Blaine, sorriso, etero, sorriso, Blaine, sofferenza, sorriso,
Blaine – Kurt cercò di riscuotersi. Rischiava di distrarsi, e distrarsi voleva
dire fantasticare, e fantasticare avrebbe portato a qualcosa di estremamente
stupido, come dire a Blaine – ma quante volte aveva pensato il suo nome, negli
ultimi cinque minuti? – che aveva un sedere da favola.
E quella non poteva essere una buona idea, Kurt lo capiva
anche se di relazioni non era un esperto – al pensiero si costrinse a tenere Dave
fuori dalla sua testa. Non aveva nessuna voglia di pensare a lui, in quel
momento.
In ogni caso spaventare Blaine con dei commenti sul suo
lato B non sarebbe stata una buona idea, a meno che Kurt non volesse che
l’altro smettesse di rivolgergli la parola, o che cambiasse addirittura
scompartimento, e tutto sarebbe finito. Qualsiasi cosa fosse quel “tutto” che
stavano condividendo.
“Alla fine ci siamo esibiti in concerto alla festa del
diploma” stava raccontando Blaine con gli occhi che luccicavano di entusiasmo
misto a nostalgia al ricordo.
“Dopo aver visto la tua Playlist, scommetto il mio
autografo di Patty Lupone che era un Medley di Pink”
Blaine incrociò le braccia al petto, fingendosi offeso.
Non che ci stesse riuscendo molto bene, comunque. Si vedeva lontano un miglio
che stesse cercando di non ridere. Gli angoli della bocca avevano preso una
piega buffissima e Kurt riconobbe in quell’espressione un broncio degno di un
cucciolo.
Ah, ho indovinato!
“Ci conosciamo da stamattina. Sono davvero così
prevedibile?”
No, sono io che
sono molto attento, avrebbe voluto rispondergli Kurt. Optò per una mezza
verità e disse: “Beh, no. Hai solo espresso il tuo entusiasmo per le sue
canzoni in maniera molto...ehm, sentita?”
Blaine fece uno strano verso con il naso che Kurt
interpretò come un tentativo di trattenere una risata che coincideva con un
verso esasperato. Non era la prima volta che gli usciva quel verso buffo, e
Kurt si sentì uno strano formicolio nello stomaco all’idea di aver appena scoperto
qualcosa che quel ragazzo faceva di abitudine. Gli faceva desiderare di sapere
altre cose.
“Perché le sue canzoni sono stupende!”
esclamò Blaine con entusiasmo. Kurt riconobbe nei suoi occhi la scintilla di
chi sta per lanciarsi in un’accorata difesa della sua cantante preferita.
“E’ persino meglio di...”
“Non dire Lady Gaga” proferì Kurt chiudendo gli occhi con
il suo solito fare un po’ teatrale. “Non farlo, Blaine”
Nonostante avesse gli occhi serrati, Kurt sapeva
benissimo che Blaine aveva alzato gli occhi al cielo e ora stava ghignando o
qualcosa del genere. Non potè impedire al suo stomaco di fare una buffa piccola
capriola. Il modo in cui il suo nome gli rotolava sulla lingua lo faceva
sentire ridicolmente bene. Gli faceva desiderare di chiamarlo altre dieci,
cento, mille volte.
Non poteva essersi preso una cotta per un ragazzo
incontrato sul treno. Non era possibile.
E’ridicolo, provò a dirsi Kurt.
Peccato che ormai avesse smesso di crederci anche lui.
“Stavo per dire Katy Perry, Kurt. Non oserei
mai offendere Lady Gaga”
Kurt non riuscì affatto a rilassarsi a quelle parole. Non
tanto per Katy Perry, che lui in ogni caso mal digeriva. Blaine lo aveva
chiamato per nome per la prima volta e si era accorto quanto tutto questo
avrebbe dovuto essere strano e invece suonasse maledettamente naturale. In
fondo era come fare amicizia in caffetteria o a scuola, no? Solo che erano su
un treno e con ogni probabilità non si sarebbero rivisti, dopo quel viaggio.
Aprì gli occhi. Blaine lo stava fissando con un lieve
ghigno stampato in viso e le braccia incrociate. Kurt cercò di non far cadere
lo sguardo sui muscoli delle braccia di Blaine, accentuati da quel gesto così
naturale, e ispezionò il suo cervello in cerca di una risposta sagace da
rifilargli.
Era piacevolmente sorpreso dalla facilità con cui Blaine
gli aveva dato confidenza, ma lo era ancora di più per averne data a Blaine.
Kurt non si sentiva il tipo che riusciva a fare amicizia con tutti, era molto
selettivo per puro spirito di sopravvivenza – succede, quando l’ottanta
percento della popolazione della tua città natale pensa che tu sia un abominio
– e sì, era esibizionista e teatrale fino all’inverosimile, ma non è che si
mettesse a chiacchierare con il primo sconosciuto carino a disposizione.
Solo che con Blaine sembrava così facile parlare dei
propri interessi, perché anche se era un gran chiacchierone, sapeva anche
ascoltare con entusiasmo e attenzione. Amava parlare di sè, questo era palese,
ma pareva anche così interessato a conoscere Kurt...
Sembrava così tanto se stesso che Kurt – o almeno il suo
subconscio - non potè più negarlo. Quel ragazzo gli piaceva.
Chiacchierare con Blaine era qualcosa che Kurt avrebbe
volentieri fatto da lì fino alla fine del mondo, perciò sperò che il viaggio di
Blaine durasse almeno fino in Pennsylvania. Non osava sperare addirittura fino
a New York, non era così ottimista, nè lo aveva chiesto al diretto interessato.
Non che non avesse pensato di domandarlo, certo. Ma
Blaine non gli aveva domandato dove fosse diretto, con tutti quei bagagli, così
Kurt non aveva avuto il coraggio di porre quella semplice domanda. Era strano:
non si erano domandati ciò che probabilmente sarebbe stato più ovvio chiedere,
e Kurt non capiva perché. Forse Blaine non voleva sembrare invadente. Forse non
gli interessava.
Kurt si costrinse a prendere il considerazione anche la
seconda opzione. Ma poi, in fondo, cosa poteva pretendere? Blaine non era mica
costretto a dirgli dov’era diretto!
Fu tra una chiacchierata e l’altra che si avvicinò l’ora
di pranzo. Durante quel lasso di tempo, mentre parlavano di musica, sport e
anche un po’ del liceo, Kurt notò che Blaine era un tipo piuttosto particolare.
Amava parlare e riempirti di aneddoti e allo stesso tempo era cauto nel dare
informazioni di se stesso. Era...complesso.
Per quanto riguardava la scuola aveva lasciato che fosse
Kurt a raccontargli interessanti aneddoti, senza mai sbilanciarsi con le
informazioni. Di lui Kurt aveva solo scoperto che era un Warbler, che amava la
Letteratura e che in realtà suonava il pianoforte molto meglio di quanto suonasse
la chitarra. Sembrava che Blaine morisse dalla voglia di raccontare di sé, ma
allo stesso tempo stesse cautamente cercando di capire se Kurt fosse degno
della sua fiducia. Kurt pensò che la cosa avrebbe dovuto quantomeno
imbarazzarlo, ma non fu così. Gli fece desiderare di guadagnarsela, quella
fiducia. Voleva che Blaine si fidasse di lui, voleva che gli raccontasse
qualcosa di se stesso, e non riusciva a capire perché.
Sentì solo forte e inspiegabile il desiderio di conoscere
sempre qualcosa in più di quel ragazzo. Non che lo riempisse di domande curiose
o inopportune, ovviamente. La loro conversazione aveva toccato vari temi, ma
niente di troppo impegnativo o personale.
Forse il destino stava semplicemente mandandogli un
segno. Doveva essere così, per forza.
Poi, proprio mentre parlavano di chissà cosa, la mano di
Blaine sfiorò casualmente la sua, appoggiata sul bracciolo tra di loro.
C’erano quei momenti in cui Kurt si sentiva euforico. Era una sensazione strana ma piacevole:
una scossa che partiva dallo stomaco e risaliva lungo la spina dorsale dandogli
i brividi o causandogli la pelle d’oca, per poi perdersi tra i suoi muscoli
tesi. C’era quest’euforia per l’attesa, la scoperta, e lo faceva sentire
strano. Era familiare e allo stesso tempo completamente estraneo, perché se
prima la scossa di euforia moriva dentro di lui, ora viaggiava più veloce della
luce, attirata verso un unico, grande qualcosa.
Questa olta la scossa non si perse dentro di lui, ma saettò verso Blaine e Kurt
si sentì come calamitato. Sentiva il bisogno fisico di avvicinarsi, seguire
quel sottile collegamento emotivo e perdersi nel ragazzo al suo fianco.
Il pensiero lo fece arrossire e rabbrividì ma non riuscì
ad allontanarsi da Blaine, nè a spostare la mano. Mantenne il contatto visivo e
rimasero così, l’uno voltato leggermente verso l’altro. Continuarono a parlare
e Krut raccontò a Blaine della difficile preparazione vocale per il musical dell’ultimo
anno, West Side Story.
La mano di Blaine sfiorò quella di Kurt molte altre
volte, ed ogni volta che Kurt avvertiva il tocco lieve non poteva fare a meno
di sentirsi immensamente stupido, perso ed euforico.
Ma il paesaggio iniziava al cambiare, fuori dal
finestrino, e quando Kurt percepì il treno rallentare lentamente per arrivare
in stazione a Pittsbourgh non ebbe realmente il tempo di pensare. L’altoparlante
del treno lo annunciò: mancavano meno di quindici minuti all’arrivo. Stavano
giungendo al capolinea e il suo viaggio con Blaine – o qualsiasi cosa avessero
condiviso quella mattina –si avviava
lento e inesorabile verso la fine.
La scossa di euforia si concentrò velocemente sul suo stomaco
e confluì dolorosamente verso il cuore, e lì rimase. Ma era un dolore
piacevole, e Kurt continuò a bearsi di quei pochi istanti in cui la pelle
ruvida di Blaine gli sfiorava il polso. Voleva godersi quel tempo il più
possibile.
L’agitazione di Kurt crebbe non appena le prime case di
periferia furono visibili, con i loro muri pallidi e i giardini verdi. E se
Pittsburgh, in Pennsylvania, fosse stata la meta finale di Blaine? E se Kurt
avesse voluto parlarci di più, conoscerlo
meglio? Non poteva finire tutto, non adesso! Non aveva avuto il tempo di
domandargli se gli piacesse la moda, se era mai stato a Broadway, se sarebbe
tornato a Westerville a Natale!
C’era qualcosa che lo spingeva verso Blaine, qualcosa
dentro di sè che lo supplicava di avvicinarsi, conoscerlo.
Blaine gli piaceva, dannazione.
Ecco, lo aveva ammesso. Gli piaceva.Ora il karma non
sarebbe dovuto girare dalla parte giusta?
Era strano e terribilmente assurdo e semplicemente impossibile,
ma gli piaceva.
Così quando il treno ormai era fermo in stazione e
davvero non poteva più perdere tempo si decise ad afferrare le sue cose e fece
per andarsene.
Gli tremavano le gambe.
Quand’è che sono diventato così patetico, esattamente?
Quando Blaine, continuando a conversare adorabilmente, lo
imitò e scese dal treno con lui, Kurt si sentì un inutile budino vegetale.
Poi Blaine gli tolse almeno un piccolo, grande dubbio,
perché osservò attentamente il tabellone in alto con gli orari e commentò: “Oh,
il prossimo treno è tra due ore. Io devo andare in Pennsylvania con il B16,
tu?”
Il cuore di Kurt perse almeno un battino nel sentirselo
domandare e per poco non scoppiò a ridere per il sollievo. Ecco, l’aveva fatto.
Blaine gli aveva chiesto la sua meta, o almeno una parte. Kurt sorrise e cercò
di mascherare la gioia selvaggia che gli bruciava nel petto nel rispondere.
“Anche io”
Ok, non aveva funzionato, ma il ragazzo riccio non parve
proprio notarlo, anzi. Blaine sorrise entusiasta e buttò un’occhiata anche
al grande orologio appeso al centro della stazione poco affollata.
“Beh, io sto morendo di fame” dichiarò strofinandosi
quell’adorabile, vago accenno di barba. “Ti andrebbe di fare pranzo insieme?”
Altro che budino, Kurt si sarebbe presto trasformato in gelatina.
Un’inutile, verde, moscia, felice
gelatina.
Oh mio Dio, ti prego, sì!
No, questo forse non era il caso di dirglielo.
“Sarebbe fantastico”
Ecco, così andava decisamente meglio. Quando Blaine
sorrise raggiante alla sua risposta, come se Kurt gli avesse appena annunciato
che il Natale stava arrivando con mesi di anticipo, capì finalmente cos’era
quella scossa che continuava a fare su e giù per la sua spina dorsale e quasi
ne rise.
Andiamo, Kurt. Speranza?
Note dell’autrice
Rieccomi qua, gente, incredibilmente puntuale! Ora che
siamo cresciuti in numero faccio le note con più gusto perchè almeno so di star
parlando con qualcuno! Quindi...ciaaaaao. *saltella felice*
Bene, ecco qui il terzo capitolo. Avevate chiesto più
Blaine, e più Blaine avete avuto! So che state ansiosamente(si, come no!)
aspettando il suo punto di vista su tutta la faccenda, e...beh, dovrete
aspettare ancora un po’, e sarà un pezzo piccolo, che probabilmente vi
confonderà da matti, ma avrete anche un piccolo punto di vista di Blaine J
In fondo è il mio personaggio preferito! :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ma parliamone.
Vi sembra troppo strano che Kurt si sia già reso conto che Blaine gli piace, o
quantomeno lo attira un sacco? Anche io all’inizio non ero convinta, ma poi ho
riflettuto. Nella serie telivisiva saltellano in giro per la Dalton mano nella
mano dopo sedici secondi da quando si sono conosciuti, e lo stesso Chris Colfer
– adorato, amato Chris – ha detto che per Kurt è stato amore a prima vista J
Però se c’è qualcosa che non vi quadra non esitate a farmelo notare, eh!
Bene, detto questo, un’altra questione importante. Il
rating della storia è arancione perché ho voluto avvisare fin da subito che
alla fine ci sarà qualcosa che lo renderà tale (se non addirittura rosso),
quindi siete avvisate, mie care ragazze (ci sono dei ragazzi? Battete un colpo
se ci siete!) dagli ormoni a palla a causa di questi due gran bei pezzi
di...Selene, contegno.
Bene, ho scritto più note che capitolo. Un grazie
grandissimo a tutte le seguite (abbiamo superato le cinquanta, stappate lo
champagne!), preferite e ricordate, ma soprattutto a quelle meravigliose
ragazze che hanno sprecato un minuto della loro vita a recensire. Siete
fantastiche, tutte quante!
Last but not least, un grazie infinito alla mia beta,
Ilaryf90. Tutte le “s” che mi hai corretto per questo capitolo ti ringraziano
dal più profondo del cuore. J
Ci vediamo martedì prossimo, fatemi sapere se vi piace il
capitolo!
Alle quindici stupende ragazze che hanno recensito
Alle quindici stupende ragazze che hanno recensito
lo
scorso capitolo. Voi siete matte e io vi amo!
*point
finger*
Capitolo
quattro
“Oh, oh, I want some more,
oh, oh, what are you waiting for, take
a bite of my heart tonight”
“Un’insalata light, per favore”
“Insalata? Kurt, sei serio?”
“L’alimentazione è una cosa molto importante, Blaine. Ti
farebbe davvero bene mangiare un po’ di
verdura, hai tutta l’aria di essere il tipico americano capace di infilare
l’unto in qualsiasi piatto.”
Blaine ghignò prima verso di lui, poi verso la cameriera
che stava pazientemente attendendo che ordinassero.
“Un hamburger maxi con pomodoro, patatine, formaggio,
ketchup e senape, una Coca grande e un muffin”
proferì. Kurt inarcò le sopracciglia perfette fino a farsele arrivare quasi
all’attaccatura dei capelli. “E un’insalata”
aggiunse Blaine, sorridendogli innocentemente.
Kurt sbuffò e scosse la testa, mentre la cameriera li
fissava un po’ sconvolta prendere i loro vassoi e guardarsi intorno in cerca di
alcune sedie. Blaine gli fece la linguaccia e Kurt dovette sforzarsi per non
dargliela vinta e scoppiare a ridere di gusto.
“Visto?” disse il ragazzo indicando il proprio vassoio
straripante di carboidrati e Dio solo sa quanti grassi con l’indice. “La
mangio, la verdura”
Kurt continuò a guardarsi in giro in cerca di un tavolo
libero per entrambi. Si voltò verso Blaine e gli lanciò un’occhiata divertita,
tanto per fargli capire che non era scocciato e che non voleva essere
accondiscendente nei suoi confronti solo perché non sapeva come liberarsi di
lui. Visto che poi era tutto l’opposto, Kurt pensava
di star facendo un ottimo lavoro. Blaine gli sorrideva e, etero
o no, era davvero una bella vista. Certo, aveva ammiccato a quella cameriera
bionda non appena erano entrati, ma probabilmente l’aveva fatto solo per farsi
servire il muffin più grosso e con più gocce di
cioccolato di tutta l’esposizione. Kurt se ne convinse, viste le sue esperienze
passate in fatto di uomini e muffin. Sapeva che se,
per esempio,voleva
rendere NoahPuckerman una
creatura innocua e docile, doveva corromperlo con dei muffin
ai frutti di bosco. Sapeva che suo padre non resisteva alla consistenza delle
gocce di cioccolato, e che Finn avrebbe venduto la sua Play
Station – o l’arnese del demonio, come amava chiamarla – pur di assaggiarne uno
dei suoi. Tuttavia era tutta colpa di quel muffin in
particolare se Blaine – sì, il ragazzo che aveva incontrato in treno quella
mattina e per il quale, da bravo diciannovenne idiota,
si era preso un’incomprensibile cotta – aveva fatto gli occhi dolci alla
cameriera. Contro la quale non poteva competere, e non perché era bionda,capiamoci.
Osservando Blaine, Kurt non era riuscito a determinare se
fosse gay o meno. Sarebbe stato più propenso a dire
che era etero, se Blaine non avesse
flirtato con lui la metà del tempo. Certo, non è che Kurt avesse molti termini di paragone in merito: Dave non aveva mai flirtato con lui, era più che altro
piombato nella sua vita, incasinandola dopo averla resa un inferno per troppo
tempo. E Kurt glie l’aveva lasciato fare.
Blaine lo beccò proprio mentre
era intento a guardar male il suddetto dolce incriminato, ma ovviamente non fu
in grado di risalire alla fonte della sua ira, quindi si limitò ad alzare le
spalle e commentare: “Mi piacciono i muffin”.
Kurt appuntò tutto nella sua agenda mentale, che aveva
pensato di istituire per mantenere un briciolo di sanità mentale in tutta
quella situazione ridicola – forse.
Gli piacciono i muffin. Gli
piace ammiccare alle cameriere bionde. Gli piace riempirsi di schifezze.
Sillogismo, gli piace vomitare. Passo e chiudo.
In uno slancio di autostima si convinse ad aggiungere
mentalmente anche: gli piaccio io. Perché almeno quello era
innegabile, o Blaine non sarebbe stato lì. E aggiunse: anche se non è carino
da mettere dopo la voce ‘vomitare’.
Profondamente imbarazzato dai suoi stessi pensieri Kurt
si riscosse quel tanto che bastava per lanciare a Blaine un’occhiata obliqua.
Il ragazzo stava ancora scandagliando la sala da pranzo del bar della stazione in
cerca di tavolini liberi. Peccato che fossero tutti occupati.
“Possiamo mangiare al bancone” propose Kurt sporgendosi
verso di lui per mormorarglielo in un orecchio e farsi sentire sopra al
chiacchiericcio della sala piena. Anche se voleva davvero vederlo, Blaine,
mentre divorava un Hamburger strapieno di cose untuose e colanti in
precario equilibrio su un bancone sporchissimo. Non era affatto igienico, ma cos’altro potevano fare?
Blaine non fece in tempo a rispondergli, perché vennero interrotti quando Kurt sentì che qualcosa – o meglio
qualcuno – gli stava gentilmente tirando la manica della giacca nel tentativo
di attirare la sua attenzione.
Abbassò lo sguardo per incontrare quello della persona
più anziana – e rugosa - che avesse mai visto in tutta
la sua vita. C’erano un paio di occhi vispi e azzurri, forse un po’ acquosi, su
un volto pieno di grinze al quale Kurt avrebbe consigliato un buon esfoliante, presumibilmente sorridente e
circondato da capelli grigio brillante. La signora indossava un cappellino
bordeaux con alcune piume che sembravano di canarino morto, che
però Kurt apprezzò particolarmente – se non altro per il tentativo - e
stava sorridendo proprio a lui.
Cosa che, di solito, gli anziani americani conservatori
non facevano. Sapeva di avere una sorta di pregiudizio al riguardo, ma le sue
esperienze con le persone anziane non si erano rivelate molto positive. Non
appena capivano che era gay (cosa che era piuttosto palese, visto che non
faceva nulla per nasconderlo, e Dio solo sapeva come aveva fatto Blaine a non
notarlo) smettevano di sorridergli e addirittura molti evitavano di guardarlo
negli occhi. Quindi si sentiva un po’ in soggezione, ecco.
Che poi Blaine poteva benissimo averlo notato, che era
gay, e aver fatto finta di niente e – dannazione, stava di nuovo pensando a
Blaine e al suo maledettissimo sorriso adorabile e ai suoi occhi così stupendi
e al suo muoversi così sensuale. Doveva essere un’aggressione deliberata nei
suoi confronti, quella del ragazzo al suo fianco, perché nessuno sorrideva in
modo così sensuale inconsapevolmente.
Alzò il viso dall’anziana signora – era davvero minuscola
– e lanciò un’occhiata perplessa e stupita a Blaine, che era fermo al suo
fianco con il suo vassoio di schifezze in mano e lo guardava altrettanto allibito.
“Sì?” domandò Kurt voltandosi di nuovo. Si trattenne dal
dare una gomitata a Blaine per chiedere aiuto, visto che probabilmente non
erano così in confidenza e che con una gomitata ben assestata avrebbe potuto
fargli rovesciare addosso tutti i chili di grasso sul
vassoio, che aveva evidentemente in programma di ingerire.
La vecchietta sorrise ancora più ampiamente e le labbra
si stirarono verso l’alto portandosi dietro le rughe e le pieghe del viso.
“Non vorrete mica mangiare su quel bancone pieno di
germi, spero! Sedetevi pure qui, ci sono due sedie libere!”
Kurt e Blaine abbassarono lo sguardo sul tavolo
contemporaneamente, mentre la donna lasciava la manica di Kurt e indicava loro
le sedie con entusiasmo. Il tavolo sembrava pulito, così Kurt si sentì subito
più sollevato. Almeno non avrebbero dovuto mangiare su un bancone sul quale era
successo chissà cosa…
Blaine lo guardò perplesso per un attimo, poi esibì un
sorriso tra l’imbarazzato e il divertito e scavalcò la valigia di Kurt per
sedersi per primo su una delle sedie.
Coraggio. Ce
la puoi fare.
Kurt, sempre più imbarazzato, prese
posto di fianco alla vecchietta, che roteò sulla sedia in modo da
poterli guardare entrambi.
“Ehm”
Kurt si schiarì la gola e percepì Blaine sorridere in
direzione del suo vassoio. Era quasi certo che non stesse sorridendo al muffin, quindi si permise un
pensiero molto ottimista. Se Blaine non era ancora scappato a gambe levate da
lui e da un’ipotetica anziana terrorista, doveva piacergli davvero – e
inspiegabilmente – la sua compagnia. Si azzardò a guardare oltre Blaine,
visibilmente più allegro. Seduto lì di fianco c’era quello che probabilmente
era il marito della donna. Era altrettanto vecchio e rugoso, indossava un
cappello marrone sulle ventitré e, con sommo divertimento di Blaine, dormiva
placidamente appoggiato ad un bastone da passeggio, russando di tanto in tanto.
La vecchietta seguì lo sguardo di Kurt e sorrise
amabilmente ai due ragazzi stretti l’uno contro l’altro a causa del poco
spazio. Non che a Kurt dispiacesse, comunque.
“Quello è mio marito Arnold”
disse con fare pettegolo. A Kurt stette subito simpatica, a dispetto di ciò che
aveva pensato all’inizio. Sembrava tranquilla.
“Se vuoi dirgli qualcosa puoi punzecchiarlo, ragazzo”
disse a Blaine lisciandosi la gonna con le mani e appoggiandoci sopra la
borsetta in pelle di coccodrillo per far loro un po’
più di spazio.
Blaine socchiuse gli occhi, probabilmente nel tentativo
di non scoppiare a ridere e alla fine si voltò verso la donna con il sorriso
più adorabile di sempre, di quelli per la serie: “conquisterò
i tuoi genitori, i tuoi amici e chiunque tu abbia mai incontrato. E poi
conquisterò anche te.” Kurt rabbrividì, e non di freddo. Appuntò
nella sua agenda mentale anche questo: Conquisterà anche me. E poi,
subito sotto: Troppo tardi.
“Grazie per averci fatto sedere, signora, davvero” disse
Blaine educatamente, e Kurt si sentì improvvisamente in imbarazzo. Sembrava
sempre così gentile, come se sapesse cosa dire e quando dirlo. Era tranquillo
ma carismatico, ecco.
“Oh, figurati, non potevo mica lasciarvi lì in piedi a
mangiare!” esclamò lei, afferrando con entrambe le mani quelle dei due ragazzi
e stringendole visibilmente. Kurt lasciò che la donna gli stritolasse la mano
nella sua morsa e quando la ritrasse era certo di avere almeno due dita rotte.
“Io sono Mary Prudence, ma
potete chiamarmi nonna Mary!”
Ok, questo sì che è strano.
Kurt arrossì senza sapere davvero perché – o forse lo
sapeva, visto che la situazione imbarazzante parlava da sola
– ma Blaine sembrò molto soddisfatto di questa possibilità di amicizia,
perché abbagliò di nuovo la donn....nonna Mary con
uno dei suoi migliori sorrisi. Kurt si chiese distrattamente se Blaine facesse
questo effetto su tutti gli esseri umani che incontrava.
Pareva di sì, però, perché Mary Prudence
sembrò molto soddisfatta della sua buona azione. Kurt e Blaine si scambiarono
un ultimo sguardo divertito e imbarazzato e iniziarono a mangiare.
Nonna Mary sorrise radiosa e, mentre mangiavano, chiese
con noncuranza: “Allora, da dove venite?”
Blaine addentò il suo Hamburger e lasciò che fosse Kurt a
rispondere per entrambi.
“Dall’Ohio” disse lui da sopra la sua forchettata di
insalata. Sarà anche stato un salutista, ma stava morendo di fame. Gli occhi
dell’anziana signora si illuminarono.
“Oh, siete in viaggio insieme?” domandò con fare
pettegolo. A Kurt quasi andò di traverso l’insalata, ma
Blaine non ebbe una reazione migliore, visto che a quanto pare stava soffocando
con una patatina. Rosso come un pomodoro, Kurt fissò il proprio piatto mentre Blaine tossicchiava e nonna Mary aspettava una
risposta con tranquillità, come se il fatto che due ragazzi stessero soffocando
di fronte a lei rientrasse perfettamente nella norma.
“Ci siamo incontrati sul treno a dire la verità” disse
Blaine con la voce rauca. A Kurt non sfuggì lo sguardo
che gli lanciò. Ma cosa significava? Sembrava contento, ma...cauto.
Nonna Mary andò in brodo di giuggiole a quell’affermazione, così diede una gomitata a Kurt,
che stavolta arrossì fino alla radice dei capelli. Supplicò la terra di
inghiottirlo, perchéBlaine aveva
già iniziato a incurvare le labbra verso l’alto per fare un altro dei suoi
meravigliosi sorrisi da etero, e lui non
poteva sopportarlo. Quando il pavimento rimase com’era – uno sporco ammasso di piastrelle di bassa qualità – Kurt si decise ad
affondare definitivamente la faccia nel piatto per non riemergere mai più. Se
non altro Blaine non aveva fatto nessuna faccia schifata
quando nonna Mary aveva accidentalmente insinuato che viaggiassero insieme
come una coppietta qualsiasi.
Ma lei non ha insinuato che foste una coppia, disse una voce nella sua testa che, si rese conto con
orrore, ricordava quella della CoachSylvester, l’incubo delle sue giornate. Ti fai più
film mentali di James Cameron, Porcellana.
Non è vero,
replicò Kurt alla voce, come se fosse normale. Ho solo molta fantasia e
uno sfrontato ottimismo, coach.
Il vecchio Arnold, alla destra
di Blaine, russò un po’ più forte e borbottò: “Lo sbarco, è lo sbarco!”
Questo riportò Kurt alla realtà piuttosto velocemente,
dove nessuna Sue Sylvester brandiva contro di lui una
bibita energetica a base di ormoni di procione urlando: “Innamorarsi di uno
sconosciuto, Porcellana? Ti stai mettendo in un bel guaio!”
Kurt decise saggiamente di non domandarsi cosa diavolo
intendesse, e dopo un secondo di pura perplessità che si riflesse sul suo viso
fece così anche Blaine, limitandosi a ficcare una generosa dose di Ketchup in
quello che restava del suo Hamburger, per poi divorarlo in meno di quattro secondi
netti.
“Faresti meglio a mangiare più verdura, ragazzo, quelle
schifezze fanno male al fegato!” commentò bonaria nonna Mary, facendogli poi
l’occhiolino.
Kurt avrebbe voluto piangere di gioia, ma si limitò a
lanciare uno sguardo soddisfatto a Blaine da sopra la sua insalata. Il ragazzo
riccio per tutta risposta si sporse un po’ per prendere una forchettata di
patatine e Kurt percepì la sua gamba muoversi, tanto erano vicini, e-
Merda.
No, non poteva averlo fatto appositamente. Non era
possibile.
Eppure Kurt era sicuro di non starselo sognando, il
ginocchio di Blaine che sfregava lentamente contro il suo. O la coscia che
sfiorava la sua. O la stoffa dei Jeans che scorreva sui suoi pantaloni. Durò un
paio di secondi, poi Blaine si allontanò appena, troppo per toccarlo di nuovo e
comunque non abbastanza, visto che Kurt poteva sentire chiaramente il calore
della sua gamba lì vicino. Non osò alzare il viso per guardarlo, perchéprobabilmente non ci
avrebbe trovato niente – o forse Blaine si divertiva a provocare tutti quelli
che gli capitavano a tiro. No, non sembrava proprio il tipo. Era più il tipico
ragazzo che ti scioglieva con un sorriso. Kurt cercò di tenersi lontano da
pensieri imbarazzanti, perché accidenti, chissà cosa avrebbe pensato Blaine se
avesse saputo che Kurt si stava domandando che effetto facesse passargli la
mano sulla gamba? Era decisamente meglio non scoprirlo. Non c’era uno straccio
di possibilità, Kurt ne era convinto, che Blaine fosse
gay. Non era da Kurt etichettare le persone solo in base ai gusti che avevano e
non l’avrebbe fatto nemmeno questa volta, quindi se Blaine poteva
sembrare gay non significava che lo fosse davvero. E se lo era
poteva benissimo non essere interessato a lui. O, peggio, poteva essere già
impegnato.
Sì, ma se era così allora perché stava facendo di tutto
per far sì che gli ormoni di Kurt saltassero per aria spruzzando arcobaleni e
tensione sessuale ovunque?
Nonna Mary Prudence, ignara di
tutto – o almeno Kurt sperava con tutto il cuore che lo fosse
– doveva aver capito che per il momento non sarebbe riuscita a cavare
nient’altro ai due ragazzi, così voltò la testa coperta dai ricchi grigi verso
la televisione ronzante del bar e si mise in ascolto, lasciandoli al loro
pranzo. Kurt cercò di finire la sua insalata senza ulteriori drammi tanto
imbarazzanti da fargli desiderare una morte veloce e indolore, ma evidentemente
il karma stava facendo i capricci, quel giorno, o non avrebbe incontrato uno
stupendo ragazzo non gay su un treno per New York. Ragazzo
che, nemmeno cinque minuti prima, aveva deciso di ignorare la propria
eterosessualità per strusciarsi addosso a lui come se niente fosse.
Ok, ora stava diventando un tantino drammatico, lo
sapeva. La vita era ingiusta e Kurt ne era piuttosto consapevole, ma non aveva
mai sperimentato questo lato dell’ingiustizia. E poi c’era un limite a tutto ed
era quasi certo che la gamba di Blaine che sfiorava accidentalmente la sua di
nuovo fosse pesantemente dietro quel limite. Lanciato
con una catapulta, probabilmente.
*
Kurt imparò che le cose possonosempre andare
peggio quando la giornalista in televisione, quella che ricordava come la
sciacquetta bionda del notiziario delle due,
annunciò il servizio seguente.
MarriageAct a NYC, diceva il
sottotitolo in grassetto.
Ecco, questo non andava affatto bene. Non che volesse sposare Blaine, intendiamoci. Kurt avrebbe voluto
schiaffeggiassi al solo pensiero. Si era bevuto il cervello o cosa?
Ok, stava
farneticando, ma la questione del matrimonio gay era molto delicata, riflettémentre il
servizio partiva mostrando un gay bar della grande mela, e poi Kurt non aveva
la più pallida idea di cosa pensasse il suo compagno di viaggio al riguardo.
All’inizio si era guardato attentamente dal fargli capire palesemente di essere
gay e si sentiva anche un idiota per questo. Lui che era sempre stato
orgoglioso di se stesso e di ciò che era! Ma Blaine era stato gentile con lui
fin dall'inizio, e Kurt era stato se stesso,anche se
aveva evitato commenti troppo compromettenti in un paio di occasioni. Non che
si fosse nascosto, quindi. Semplicemente aveva evitato di chiarirlo. Avrebbe
dovuto?
Poi Blaine aveva iniziato a flirtare con lui – ormai era
innegabile, visto che la sua coscia era ancora premuta contro la sua e non
sembrava avere intenzione di muoversi di lì, e ora anche le loro spalle si
toccavano delicatamente – e Kurt non sapeva davvero più cosa pensare. Aveva
paura che fosse tutto frutto della sua immaginazione e che presto si sarebbe
svegliato per esclamare “oddio, mi sono immaginato tutto”. Forse stava sognando
e si sarebbe risvegliato con Sue Sylvester che
troneggiava su di lui pronta a ricoprirlo di minacce di morte per essersi
addormentato agli allenamenti dei Cheerios.
Si sentiva strano, ecco. Blaine in quel momento stava
guardando con attenzione il servizio con un’espressione indecifrabile in viso,
perciò Kurt non sapeva davvero da dove partire per capire come avrebbe reagito quando avrebbe capito che era gay.
Perché non aveva nessuna intenzione di nascondersi,
quello no. Avrebbe trovato il modo di rendere chi era più
chiaro possibile. Anche perché Blaine prima in treno gli aveva sfiorato una
spalla, e gli aveva appoggiato la mano sul braccio, e sì, quella maledetta
gamba non si era spostata. E, accidentale o meno che fosse, era la cosa più dolce
e contemporaneamente sexy che potesse
concepire in quel momento. Se, una volta capito che
Kurt era gay, si fosse allontanato o avesse trovato una scusa per non rimanere
con lui, se ne sarebbe fatto una ragione.
Non c’era nessuna garanzia che Blaine fosse
gay, figuriamoci che fosse interessato a lui.
Kurt si stupiva di riuscire ancora a ragionare, con
Blaine così vicino e bollente. La situazione iniziava a farsi accaldata –
chi diavolo aveva acceso i riscaldamenti? – e non osava immaginare il momento
in cui sarebbero risaliti in treno.
No, ok, voleva immaginarlo. Lasciò la mente libera di
fantasticare. Poteva vedere Blaine piegarsi verso di lui e offrirgli una
cuffietta per sentire musica insieme e magari Kurt avrebbe potuto sporgersi un
po’ per sbirciare lo schermo dell’ipod per vedere se aveva indovinato la
canzone e appoggiarsi a lui. Blaine magari avrebbe spostato il braccio per
passarglielo dietro le spalle e Dio, avrebbe davvero voluto appoggiare la
guancia alla sua spalla per sentire il calore, il profumo, e –
Stai viaggiando veloce come un treno, Porcellana, disse la SueSylvester che
aveva evidentemente deciso di alloggiare tra i suoi neuroni bolliti. Rallenta,
prima di spiaccicarti al muro.
Imbarazzato, Kurt si riscosse quel tanto che bastava per
ragionare lucidamente. Con il cervello, e non con la zona Sud, tanto per
capirci.
Blaine era oggettivamentemeravigliosoe questo era innegabile. Lui aveva diciotto anni e degli
ormoni scatenati al massimo della loro potenza, dopo che le cose con Dave si erano rivelate un vero disastro. Doveva essere
normale pensare cose del genere su Blaine.
Non mi sto trasformando in Finn o Puck,
si disse con fermezza. E’ solo che Dave non si faceva
nemmeno avvicinare e ci sono stato male e ora sto solo riversando tutto l’entusiasmo
che avevo per lui in Blaine, che è carino. Bello, ok. E’ bello.
L’entusiasmo iniziale che era seguito al suo primo, vero
bacio si era smorzato molto in fretta e Kurt faceva fatica a dimenticare la
doccia gelata che erano state le parole di Dave
subito dopo, per quanto ci provasse con tutto se stesso.
“Voglio andarci piano” aveva detto. “Sai, tipo non farci
vedere in giro, per…per adesso. Magari potremmo provare ogni tanto…voglio dire,
devo abituarmici. Non…per ora non credo di essere
pronto a…rifarlo. Baciarti.”
Eppure ormai si erano diplomati e la scuola era finita.
Da cosa sentiva il bisogno di nascondersi, esattamente? Ma Kurt voleva che le
cose funzionassero perché Dave sembrava davvero
interessato a lui, anche se magari non lo era del
rapporto fisico. Non ancora, almeno. Certo, nemmeno baciarsi…
Gli aveva dato tempo, tutto il tempo del mondo, convinto
che fosse la cosa giusta. Si sentiva protettivo nei
suoi confronti, in un certo senso. Non avrebbe mai voluto che qualcun altro
passasse ciò che lui aveva sperimentato sulla propria pelle, anche se era inevitabile. Durante i due mesi in cui erano stati
insieme – se così si poteva definire – si erano baciati tre volte.
Solo tre maledettissime volte in cui Kurt si era sentito così sbagliato, perché
poi Dave era sempre fuggito a gambe levate da lui e
lui era rimasto lì, con tutto quell’amore e nessuno a cui donarlo.
Poi New York era piombata tra di
loro e tutto il suo mondo era cambiato radicalmente. Ricordava con estrema
chiarezza cosa gli aveva detto Rachel, dopo che lui si era confidato con lei
riguardo a Dave.
“Ha paura di ciò che è, Kurt” gli aveva sussurrato
l’amica, stringendolo in un abbraccio. “E non puoi aspettare che trovi se
stesso o che diventi qualcuno che non è. Ti tirerà giù con se e cadrete
entrambi”.
Kurt sapeva che aveva dannatamente ragione, lo sapeva,
eppure non aveva avuto il coraggio di lasciarlo. Dave
si era comportato in modo sempre più strano, dopo che lui gli aveva detto che
sarebbe partito per New York – all’epoca stavano insieme da un mese circa – e
lui era partito senza chiarire la situazione. Nessun “non posso più stare con
te in questo modo”, né “ci vediamo a Natale”. Niente di niente. Non si erano
lasciati, ma non stavano insieme. Era complicato.
Tornò al presente mentre il
servizio si concludeva.
“...il MarriageActverrà sottoposto a votazione
proprio questo mese e…”
Blaine non commentò in nessun modo, mantenendo la sua
espressione indecifrabile, e Kurt stava per tirare un sospiro di sollievo quando un tizio con dei baffoni ridicoli seduto al
tavolino proprio di fianco al loro si sporse verso il suo vicino, grosso e
brutto quanto lui:
“Che schifo.” commentò brandendo
un pezzo di pane e spargendo molliche ovunque.
Kurt strinse le mani a pugno, ma ovviamente non disse niente.
Cosa poteva commentare, dopotutto?
Come poteva spiegare a qualcuno così radicato nelle
proprie convinzioni che non era un abominio, quando il mondo era pieno di gente
così? Non sarebbe mai riuscito a convincerli tutti. Il mondo poteva cambiare,
ma ci sarebbe stato sempre qualcuno a pensarla in quel modo. Semplicemente non
poteva pretendere che tutti capissero.
L’altro uomo lì di fianco, texano a giudicare dal
cappello, scosse la testa, spargendo pezzi di pollo nell’aria prima di
rispondere: “Hai ragione. Certa gente dovrebbe starsene nascosta e non far
vedere la faccia in giro, invece di andare in televisione”
“Froci” fu il commento del
primo, che si pulì con noncuranza le mani sul tovagliolo.
Kurt affondò di nuovo il viso nel piatto di insalata e
desiderò non riemergere mai più. Sapeva che avrebbe trovato persone che la
pensavano come quei due persino a New York, nonostante la fama ‘libertina’
della città. Le difficoltà non sarebbero certo scomparse magicamente una volta
lasciata Lima e avrebbe dovuto continuare a lottare contro quelli
che pensavano che fosse un abominio da nascondere o eliminare del tutto per
convincerli che valeva. Che non era sbagliato.
Glie lo aveva insegnato suo padre: l’amore non era mai
sbagliato.
Eppure si sentiva uno stupido per aver sperato di avere
un po’ di respiro, almeno durante il viaggio. Una volta
arrivato sarebbe stato alla NYADA, avrebbe perfino diviso la sua stanza
nel dormitorio con qualcun altro. Magari non
sarebbe stato al sicuro dal pregiudizio, magari avrebbe trovato dolore e prese
in giro esattamente come le aveva trovate a Lima, ma sarebbe stato tra
chi lo capiva, chi aveva il suo stesso sogno.
Persone che, ognuno in un modo diverso dall’altro,
avevano probabilmente lottato per arrivare alla NYADA e avrebbero lottato
sempre. Kurt sperava di non sentirsi solo, una volta giunto
lì. Senza Rachel, senza Finn, senza Dave.
Aveva paura, ecco cos’era. Ora che era vicino, troppo
vicino alla sua meta, aveva paura che New York si rivelasse diversa da ciò che
aveva sempre sognato, da ciò che gli avevano sempre raccontato. Ma non poteva
arrendersi. Non voleva.
Aveva passato i primi anni di liceo a domandarsi perché
non avrebbe potuto camminare mano nella mano per i corridoi con la persona che
amava senza avere davvero qualcuno per cui lottare e
l’ultimo anno a cercare di capire cosa volesse da lui Dave,
il ragazzo che aveva reso la sua vita un inferno e che improvvisamente aveva
deciso di fare in modo che i bulli lo lasciassero stare.
Certo, le risposte
erano arrivate dopo il diploma, ma avevano portato con sécosì tante domande che a Kurt era sembrato di
ricominciare tutto da capo. Nonostante questo ci aveva provato. Aveva raccolto Dave quando
era caduto, dopo che i suoi ex compagni di scuola avevano scoperto della sua
omosessualità, si era preso cura di lui e probabilmente si era quasi innamorato
di lui. Voleva che le cose tra loro funzionassero, davvero. Ma Dave non era ciò che cercava e odiava essersene accorto
così tardi.
In fondo, quando gli aveva chiesto di seguirlo a New
York, Dave era andato nel panico e aveva rifiutato.
Qualcuno si mosse, di fianco a lui, eKurt si
ricordò improvvisamente della presenza di Blaine. Non aveva il coraggio di
alzare gli occhi, né di fare nessun’altra mossa, e
questo lo fece in parte arrabbiare con se stesso.
Era fiero di essere diverso. Ci aveva messo tantissimo a
capirlo, e poi aveva sofferto per tutto il liceo delle conseguenze delle sue
scelte. Ora non aveva nessuna intenzione di lasciare che due idioti incontrati
in un bar gli rovinassero quello splendido viaggio. Per quanto riguardava
Blaine, gli era sembrato un tipo a posto. Avevano parlato di musical, giornali
di moda e diete e magari un po’ meno di sport, era vero, ma il ragazzo sembrava
a suo agio.
Anche troppo, si
ricordò Kurt quando il ginocchio di Blaine sfiorò di
nuovo il suo con delicatezza. Anche troppo a suo agio.
Blaine in quel momento era voltato verso quei due tipi e
Kurt sperò con tutto se stesso che non stesse per
aggiungere qualcosa del tipo: “Ma certo, dovremmo sterminarli tutti” proprio
mentre erano così a contatto.
Fu un sollievo enorme che quasi lo fece svenire quando Blaine si voltò, scuro in volto, e borbottò
qualcosa che suonava molto come ‘incivili’. Kurt abbandonò per un attimo
gli scenari apocalittici che la sua mente aveva partorito, ma non riuscì a
distogliere lo sguardo da Blaine. Il ragazzo riccio era stato fin troppo
gentile nel definirli, Kurt sarebbe stato in grado di insultarli in modi che
nemmeno avrebbero capito.
Blaine si accorse che Kurt lo stava guardando – non
riusciva nemmeno a capire come lo stesse guardando, ma
probabilmente era un misto di ansia e adorazione, vista la sua…ehm, cotta? Come
accidenti doveva chiamarla? E poi, perché darle un nome? – e prima che potesse
distogliere lo sguardo alzò gli occhi dorati per fissarli nei suoi.
Si sorrisero timidamente, poi Blaine rischiò di
strozzarsi con le patatine per la seconda volta perché nonna Mary, che
evidentemente aveva seguito sia il servizio sia lo scambio di battute,
commentò, rivolta ai due texani: “bastardi”.
Kurt non poté fare a meno di sorridere nervosamente e
Blaine, che sembrava riuscire sempre a trovare il modo di mettere gli altri a
proprio agio, riprese a chiacchierare con nonna Mary di verdure e salumi,
lanciandogli ogni tanto qualche occhiata divertita. Kurt non vedeva l’ora di
risalire sul treno insieme a lui e vedere dove
sarebbero arrivati, di cosa avrebbero parlato, se Blaine si sarebbe seduto di
fronte a lui o di fianco, se gli avrebbe raccontato altro del suo passato, di
cosa amava e di chi era davvero. Voleva saperlo, voleva conoscere Blaine in
tutti i modi possibili e non riusciva a capire se fosse perché gli piaceva –
era attrattoda lui? probabile – o perché Blaine fosse così speciale. Alla fine
capì che probabilmente era tutto, tutto insieme.
Blaine e nonna Mary ripresero a parlare del viaggio in
treno, e l’anziana signora si raccomandò di vestirsi pesantemente, perché le
notti in treno erano particolarmente fredde, Blaine la rassicurò dicendo che
aveva un maglione nel borsone. Poi, di punto in bianco, MaryPrudence chiese:
“Ma ragazzi, allora qual è la vostra meta?”
Ok, forse avrebbe potuto evitare di girarsi di scatto, e
forse anche di spalancare la mascella come un cretino. Anche se, a pensarci
bene, si stava contenendo tantissimo, considerato che una voce dolce si era
sovrapposta alla sua mentre rispondeva, scandendo le
stesse, identiche parole.
“New York”
La grande mela, la città che non dorme mai. Il senso era
sempre lo stesso. Blaine, il suo curioso compagno di viaggio, il ragazzo
terribilmente carino e dolce e a quanto pare di larghe vedute che
aveva incontrato per puro caso sul treno e che aveva deciso di mandargli gli
ormoni a mille, stava andando a New York esattamente come ci stava andando lui.
Lo stomaco di Kurt fece una buffa capriola e il cuore
iniziò a battergli nel petto con forza mentre nonna
Mary si scioglieva in un sospiro e Blaine gli sorrideva da un orecchio
all’altro. A giudicare dai suoi bagagli Kurt non avrebbe saputo dire se si
stesse trasferendo a New York o se il suo fosse solo un viaggio breve.
Lui stesso non aveva potuto portare molte cose –
sicuramente non aveva avuto abbastanza spazio per tutte le sue creme per la
pelle – nonostante si stesse trasferendo per il College. In fondo avrebbe
passato i prossimi tre anni diviso tra le aule di
canto, danza e recitazione e i dormitori. E New York, e i provini di Broadway, e tutta una città da scoprire.
“Beh, New York è un sogno, ragazzi.” disse
nonna Mary con ancora in viso la stessa aria sognante. “Dovete assolutamente
andare a vedere Central Park, una
volta arrivati, perché…”
Ma Kurt non stava ascoltando, perché Blaine si era
voltato verso l’anziana signora con la forchetta a mezz’aria e lo sguardo più
dolce che avesse mai visto negli occhi di qualcuno. Annuiva educatamente e le
labbra erano incurvate in un minuscolo sorriso che avrebbe potuto, da solo, illuminare l’intera stanza, l’intera stazione e
infine l’interaAmerica.
Non aveva senso, Kurt lo sapeva. Eppure avrebbe voluto
sporgersi e abbracciarlo e baciarlo fino a che avesse avuto respiro. La
consapevolezza che era una cosa impossibile gli spezzò in cuore, solo un po’.
Stava sognando molto in grande, ma una nuova
consapevolezza lo colpì in pieno e si permise di pensare almeno in piccolo,
perché in un modo o nell’altro, quella notte, lui e Blaine avrebbero dormito
insieme.
Mentre Kurt era preda dei suoi pensieri qualcosa di
fianco a Blaine si mosse e il vecchio Arnold si
svegliò di soprassalto, saltando sulla sedia per quanto lesue vecchie ossa glielopermettessero. Stringendo il bastone, borbottò: “Mary Prudence, prendi il fucile, i tedeschi sono alla porta!”
Poi, così come si era svegliato, ricadde in avanti e si
riaddormentò, con la testa che ciondolava sul petto.
Beh, pensò Kurt mentre il colorito di Blaine virava verso il violaceo e
il ragazzo cercava disperatamente di non ridere. Se non altro la mia vita
non è monotona.
Note dell’Autrice
Ok, ragazze, here we are again! :D
Pubblico un giorno prima perchè il capitolo era pronto. Sono
abbastanza soddisfatta di come è venuto, alla fine, anche se mi ha fatto penare
un po’.
Aehm. Lo so che l’inizio del
capitolo non è serio xD E’
che mi è venuto così, che ci volete fare!
Per rispondere ad un po’ di domande che mi sono state fatte
nella recensione abbiamo un accenno alla situazione di Kurt e Dave, ma non
preoccupatevi, saprete molto di più molto presto, e soprattutto abbiamo un
sacco di – passatemi il francesismo, ragazze – seghe mentali di Kurt su Blaine
e la sua dubbia sessualità. Un po’ come il CrissColfer,
quindi :)
Capitelo, povero Kurt: Blaine non
è che sta facendo qualcosa per fargli capire (eccetto provarci in maniera non
proprio spudorata ma abbastanza evidente), quindi probabilmente gli manderà in
pappa il cervello. E gli ormoni.
Dunque, che altro posso dirvi?
Ah sì! Un grazie enorme alla mia adorata beta, Ilaryf90, che
sopporta tutti i miei scleri ventiquattro ore su
ventiquattro. Cosa farei senza di te? *-*
Inoltre, potete venire a rompermi le scatole/insultarmi/fare
due chiacchiere sul mio twitter, al seguente
indirizzo:
Preparatevi,
perché il prossimo capitolo è una bomba a mano. Ah, ecco, per chi l’ha chiesto
nelle recensioni: il rating salirà
sicuramente a rosso verso la fine
della storia. Ma i momenti da rating arancione non saranno solo alla fine.
In poche parole sì, avrete lo smut.
Lo so che mi state odiando, ma non posso dirvi di più per
ora, quindi portare un pochina di pazienza. Pochina pochinaJ
Il prossimo capitolo sarà online sempre di martedì, quindi
stay tuned!
Un piccolo spoiler?
Kurt cercherà di controllare gli ormoni,
ma Blaine non sembra intenzionato a collaborare. E ci sarà qualcosa che
qualcuno di voi aspettava. Spero xD
Beh, a martedì
prossimo, e mi raccomando, fatemi sapere come vi è parso il capitolo!
“There's a boy I
know, he's the one I dream of
Looks into my eyes, takes me to the clouds above
Ooh I lose control, can't seem to get enough
When I wake from dreaming, tell me is it really love”
La panchina sulla quale Kurt e Blaine si erano
seduti per finire di mangiucchiare il pranzo era illuminata dai raggi del sole
di fine estate. Era una stupenda giornata, il cielo era azzurro e l’aria
tiepida scompigliava i capelli di Kurt, che spiluccava pigramente una fetta di
pane sbriciolandola tra due dita nel suo piatto di plastica mentre
chiacchierava tranquillamente con Blaine.
“Ho sempre voluto fare una cover di Christina Aguilera” stava spiegando Blaine mentre accarezzava con la punta delle dita la
custodia della sua chitarra. Kurt aveva notato che era un gesto che faceva
spesso, come se avere lo strumento sempre a portata di mano lo facesse sentire
a suo agio; Blaine aveva anche l’abitudine di
passarsi una mano sulla nuca quando era imbarazzato, o almeno così Kurt
pensava. Spesso socchiudeva appena le labbra, quando era pensieroso, perplesso
o sorpreso.
Ecco, in particolare in quei momenti Kurt arrossiva perché la sua
attenzione veniva inevitabilmente attirata dalla bocca di Blaine,
per la quale davvero non riusciva a pensare lucidamente.
Allora si arrabbiava con il suo stupidissimo cervello che, dopo diciotto anni
di razionalità e cinismo, aveva deciso di andare in pappa per un bel paio di
occhi verde-nocciola.
Stava diventando ripetitivo, e se ne rendeva perfettamente conto. Oh, Dio,
era così patetico.
Un cliché, ecco cos’era. Un maledettissimo cliché, come se la sua vita si
fosse improvvisamente trasformata in un qualsiasi romanzo per ragazzine.
Il fatto che Blaine si comportasse in maniera
curiosa, per uno sconosciuto, non aiutava affatto. Che poi, erano ancora
sconosciuti?
Per prima cosa, Blaine sembrava a suo agio anche
quando erano molto vicini, spalla contro spalla. Cosa che, con qualsiasi altro
ragazzo, non era mai capitata. Nemmeno con Dave,
anzi. Il giocatore di football era sempre in tensione, quando si trovava vicino
a lui.
Poi Blaine l’aveva sfiorato così tante volte che
aveva perso il conto, forse anche inconsciamente. Ad esclusione dell’episodio
del pranzo, ovviamente. Kurt avrebbe fatto fatica a dimenticare la sensazione
del calore di Blaine, così vicino. E aveva il vago
sospetto – ok, era una certezza – che la gamba di Blaine
attaccata alla sua fosse una crudele quanto consapevole vendetta per aver criticato
la sua pessima alimentazione. Al di là di ciò, Blaine
l’aveva sfiorato diverse volte, sempre in punta di dita, come se fosse
distratto e toccare Kurt di tanto in tanto gli venisse perfettamente naturale.
Kurt non riusciva davvero a sentirsi infastidito o a disagio da quella
vicinanza. Se arrossiva era solo ed esclusivamente perché ogni volta il cuore
gli batteva un po’ più forte. Blaine era spontaneo e
mai invadente e quel velo di mistero che si celava dietro la sua figura non
faceva altro che incrementare la curiosità di Kurt e cancellare velocemente il
timore. Sì, perché di Blaine aveva scoperto
pochissimo e c’erano così tante cose che voleva chiedere che probabilmente non
gli sarebbe bastato un viaggio fino in Australia, per farlo.
Che avessero feeling era un dato di fatto. Anche se su alcuni argomenti
avevano opinioni diverse – come ad esempio la bibliografia non autorizzata di BarbraStreisand o l’importanza
di non riempirsi di schifezze – avevano tantissimi interessi in comune. A Blaine piacevano praticamente le stesse marche di
dopobarba, gli stessi libri e le stesse canzoni – più o meno. Avevano persino
votato la stessa migliore copertina di Vogue. Eppure Kurt non sapeva tante
altre piccole cose, come ad esempio perché Blaine
viaggiasse con una chitarra, o se stesse andando a vivere a New York come stava
facendo lui. Né se stessero scappando dall’Ohio nella stessa maniera.
Certo, non c’era niente di male a viaggiare con una chitarra, ma cos’era Blaine? Un musicista? Un importante membro di una band? Un
agente della C.I.A.? Gli erano sembrate domande forse troppo personali da fare.
Sapeva che aveva la sua stessa età, forse qualche mese di meno, che aveva
fatto parte di un Glee Club e che aveva frequentato
una scuola lussuosissima di ottima fama.
Era un ragazzo normale, non di certo perfetto, o il tipico bello
senz’anima. Era attraente, quello sì. Kurt non poteva fare a meno di
osservare la curva morbida della spalla o la linea del mento, coperto da un
quasi invisibile filo di barba, e poi finiva per immaginare di posarci
delicatamente le dita, facendo scorrere i polpastrelli lungo la guancia, poi
strofinarci il naso, le labbra e –
Per la miseria, Porcellana! Smettila o inizierai a sprizzare glitter da tutti i pori! esclamò la
Coach Sylvester nella sua testa.
Il suo stomaco si strinse in una dolorosa morsa di vergogna e tornò alla
realtà, dove Blaine stava aspettando da lui una
risposta. Da chissà quanto tempo.
Ops.
“Scusa, stavi dicendo?”
Sapeva di essere diventato viola di vergogna. Perché diavolo continuava a
fare la figura dell’idiota?
Mi uccida, coach. Sono un essere inutile, supplicò nella sua testa.
Niente da fare, visino d’angelo. Te la dovrai cavare da solo!
La coach Sylvester non era mai stata meno d’aiuto come in quel momento. Per
quanto possa essere d’aiuto una voce che senti dentro la tua testa, s’intende.
“Niente, tranquillo… stavo chiedendo del tuo Glee Club” ripeté Blaine
pazientemente. Stava palesemente trattenendo un sorrisone e Kurt si domandò
se sapesse l’effetto che gli faceva.
“Voglio dire, siete piuttosto famosi per via di quel video su You Tube dove c’è il tizio gigante che bacia la vostra
solista, quella un po’ pazza.”
Kurt ridacchiò nervosamente. C’erano certe esperienze che non dimenticavi
tanto facilmente e che ti avrebbero probabilmente tormentato per il resto dei
tuoi giorni. Santana Lopez che urla maledizioni in spagnolo è sicuramente una
di queste.
“Imbarazzante” commentò passandosi una mano sul viso. Blaine
ridacchiò addentando una patatina e aspettò che continuasse.
“C’era questo flirt” iniziò allora a raccontare Kurt. Dentro di sé ancora
sprizzava disapprovazione da tutti i pori per quell’episodio. “e Rachel – la
nostra solista – non era affatto convinta di volere Finn
– il tizio gigante – e gli aveva detto più o meno chiaramente che avrebbe
scelto la carriera, piuttosto che l’amore. Finn la
rivoleva indietro, ma c’erano di mezzo anche Quinn, la sua ex non più incinta,
e Jessie, un montatissimo idiota che era stato nei VocalAdrenaline – forse li
conosci – e…”
“Oh mio dio” lo interruppe Blaine scoppiando a
ridere di gusto. “Siete peggio di una soap opera!”
Kurt cercò di mettere su una faccia indignata, con scarsissimo successo.
Alla fine si rassegnò e sospirò.
“Sì, in effetti ci sono stati un bel po’ di accoppiamenti in almeno trenta
combinazioni diverse – non che io le abbia contate – ed eravamo tutti un po’
melodrammatici, quindi la situazione diventava insostenibile, a volte.”
“Da noi era tutto molto diverso. Difficilmente ci facevamo a pezzi per gli assoli, perché ogni cosa veniva sempre messa a votazione,
e la Dalton è una scuola maschile, così…”
“Oh.”
Quel commento demoralizzò un po’ Kurt, che però continuò a raccontare,
visto che Blaine sembrava davvero incuriosito – ah,
il modo in cui aggrottava le sopracciglia, e che curiosa forma in effetti, e
quegli occhi così…
Porcellana?
Mhm?
Concentrati.
Ah, sì.
“Beh” si riprese, trattenendosi dallo scuotere la testa per scacciare i
pensieri – e Sue. “Alla fine la competizione era molto sana – il più delle
volte, esclusa quella in cui ci siamo dopati per vincere contro le ragazze – e
ci siamo sostenuti a vicenda, visto che le cose a scuola erano un disastro”
Blaine aggrottò le
sopracciglia – e sì, erano triangolari. “In che senso?”
Ecco, ora Kurt si sentiva un tantino a disagio, come se stesse per
fare coming out una seconda
volta. E la prima volta non era stata affatto piacevole.
“Il Glee Club era, gerarchicamente, in fondo alla
catena alimentare. Mhm, c’è qualcosa più giù di ‘in fondo’? Diciamo sotto a sterco di balena”
Gli occhi di Blaine erano tondi come monete,
spalancati dallo stupore. La bocca era ovviamente semiaperta, ma Kurt cercò di
non soffermarsi su quel dettaglio.
“I soliti giocatori di football popolari, o le cheerleader, o quelli di hockey…” Kurt sbuffò. “D’accordo, praticamente per tutti
ogni scusa era buona per cercare di boicottare i nostri numeri o rendere la
nostra vita un inferno”
“Cosa? Voglio dire, è impossibile!”
Blaine sembrava davvero
sconcertato e l’elegante sopracciglio di Kurt scattò verso l’alto.
“Ho preso più granitate in faccia io negli ultimi
tre anni di quante ne avrebbe potute vendere un chiosco in trenta” disse
alzando le spalle.
“Alla Dalton era tutto completamente diverso. Cavolo, gli Warblers erano come rockstar!” esclamò Blaine,
indignato. Era evidente che non aveva idea di come andassero le cose al
McKinley.
“Beh, la scuola pubblica è un vero inferno, fidati” si sentì quindi in
dovere di precisare Kurt.
Soprattutto se sei l’unico gay dichiarato, aggiunse mentalmente.
Era ovvio che Blaine non avesse idea dell’inferno che
aveva passato, visto che aveva frequentato una rispettosissima scuola privata,
e –
“Lo so, ci ho passato il primo anno del liceo. Prima di trasferirmi alla
Dalton.”
“Ah”
Beh, magari Blaine capiva, allora. Chissà perché
si era trasferito…
“Quindi le cose non sono state una passeggiata, eh?” domandò Blaine avvicinandosi e voltandosi verso di lui
completamente.
Kurt si sforzò di sorridere.
“Ormai è passato. Voglio dire, sto andando a New York”
Sto scappando a New York, si corresse mentalmente.
Blaine aprì la bocca per
rispondere, o forse per chiedere qualcosa, ma Kurt non lo seppe mai, perché
l’altoparlante sopra le loro teste lo interruppe, gracchiando: “Il treno
per Harrisburgh è in partenza al binario sette”
Il suo cervello, troppo impegnato a contemplare Blaine,
registrò l’informazione con disarmante lentezza. Quello di Blaine,
evidentemente meno impegnato in attività ricreative che coinvolgevano parti del
corpo alle quali Kurt non aveva mai nemmeno pensato, fu molto più veloce.
In ogni caso i due ragazzi spalancarono gli occhi in contemporanea,
fissandosi inorriditi.
“Blaine” esalò Kurt con un filo di voce. “Ma non
era il binario quattro?”
Ma Blaine aveva già afferrato il borsone e si era
fatto scivolare la chitarra a tracolla con un gesto fulmineo, per poi saltare
su come un grillo. Bisognava ammetterlo, quel ragazzo aveva i riflessi pronti.
“Corri!”
Kurt scattò in piedi e quasi inciampò nella panchina nel tentativo di stare
dietro a Blaine, che, cavolo, era davvero veloce.
Quando lo raggiunse trascinandosi dietro la valigia a peso morto, Blaine si voltò verso di lui, rise e allungò la mano verso
la sua proprio mentre sfrecciavano davanti al bar dove avevano fatto pranzo.
Senza pensarci davvero Kurt afferrò la mano che Blaine
gli porgeva e accelerò. La gente si voltava a guardarli, chi ridendo chi con
curiosità. Quando passarono come due fulmini di fronte a Nonna Mary e il
vecchio Arnold, che stavano uscendo dal bagno proprio in quel momento,
l’anziana signora li salutò soddisfatta con la mano.
“Buon viaggio, ragazzi!”
Corsero a perdifiato lungo i sottopassaggi fino ad arrivare al binario
sette praticamente senza fiato. Kurt sentiva i polmoni urlare in cerca di
ossigeno da incamerare, ma non c’era tempo. Il treno stava per partire, il
capostazione aveva fischiato. Mancavano pochi passi, le porte si sarebbero
chiuse a momenti e –
Con un balzo felino assolutamente non da lui Kurt saltò sul treno,
trascinandosi dietro Blaine per mano un istante prima
che le porte si chiudessero alle loro spalle.
“Si!” esclamò Blaine con il fiatone per la corsa,
prima di accasciarsi contro la parete e chiudere gli occhi.
Quando li riaprì trovò Kurt intento a fissare con assoluto stupore le loro
mani ancora intrecciate, e il suo sguardo vagò prima sul suo petto che si
alzava e si abbassava velocemente e poi di nuovo giù.
Quando la mano di Kurt si mosse debolmente nella sua la lasciò andare di
botto.
Kurt era sicuro di star andando a fuoco, e sapeva anche che non tutta la
colpa era della corsa breve ma estenuante. Non riusciva a ragionare
lucidamente, dannazione.
Blaine l’aveva preso per mano,
con tutta la naturalezza del mondo, come se fosse assolutamente normale e
spontaneo, e probabilmente Kurt sarebbe morto d’infarto di lì a poco.
Il ragazzo riccio si guardò in giro per un secondo e individuò uno
scompartimento vuoto, così gli sorrise e Kurt capì al volo.
Il primo a sedersi fu Blaine, con un sospiro
sconvolto. Kurt si avvicinò e fissò per un istante i sedili con aria indecisa. Blaine si era sistemato vicino al finestrino, lasciando
liberi i sedili di fronte a lui e al suo fianco.
La risposta ai suoi amletici dubbi su dove sedersi arrivò velocemente
quando Blaine si sfilò la chitarra dalla spalla per
sistemarla sul sedile di fronte al suo, così Kurt non ebbe altra scelta che
buttarsi a peso morto al suo fianco.
Sentì Blaine inspirare pesantemente nel tentativo
di regolarizzare il respiro e aspettò fino a che Blaine
non si voltò verso di lui.
Si guardarono per un attimo e, proprio come poche ore prima, un istante
dopo stavano ridendo a crepapelle, tenendosi le mani davanti alla bocca per non
fare troppo rumore nonostante lo scompartimento fosse vuoto.
Perfino mentre era troppo occupato a ridere di gusto Kurt non poteva non
notare che l’intero viso di Blaine si illuminava di
tante emozioni diverse, così intense da renderlo semplicemente meraviglioso.
Così tante che Kurt desiderò ardentemente poterle interpretare tutte con calma.
L’aveva preso per mano, avevano riso insieme e lo aveva fatto ridere talmente
tante volte che aveva perso il conto.
Era davvero stupendo.
Sei stracotto, faccia da pizzichi, commentò malignamente Sue.
Ma Kurt stavolta non colse l’ironia della voce della sua coscienza.
Sì, le rispose. Mi sa di sì.
Un po’ di tempo dopo, quando finalmente le risatine si esaurirono e Kurt
smise di singhiozzare tra una risata e l’altra, scuotendo le spalle, Blaine si sistemò meglio sul suo sedile e piegò la testa
per poterlo guardare in faccia.
“Cosa stavamo dicendo prima di correre la maratona?”
“Uhm”. Kurt strinse gli occhi per pensarci un po’ su. “Il mio disastrato Glee Club e l’infernale vita da liceale” riassunse facendo
schioccare la lingua tra i denti. “E comunque non avremmo vinto, in
un’eventuale maratona. Sei troppo lento”
Blaine ignorò la sua battuta e
annuì tra sé, poi sembrò esitare, così Kurt gli sorrise nella speranza di
metterlo a suo agio.
Alla fine Blaine si decise a domandare ciò che
sembrava premergli e le parole vennero fuori cautamente.
“Prima hai detto che per te è stato più difficile, affrontare il liceo”
disse sviando appena lo sguardo sul bracciolo del sedile, dove Kurt aveva
appoggiato il braccio.
Kurt se ne uscì con un Mhmm non
molto convinto. Era arrivato il momento di dire la verità?
“Quando sei un tipo un po’ particolare e ti unisci al Club più sfigato di
tutta la scuola non puoi proprio evitare di finire nei cassonetti” iniziò a
spiegare. Non sapeva nemmeno perché lo stava raccontando proprio a Blaine. Non era una cosa della quale amava parlare, di
solito.
Perse un momento il filo alla ricerca di qualcosa da aggiungere, ma mentre
se ne stava lì sull’orlo del panico, scorse negli occhi di Blaine
un lampo di decisione mentre lui li alzava per piantarli dritti nei suoi.
“Ti capisco. Voglio dire, il mio coming out non è
stato preso molto bene da quelli del mio vecchio liceo” disse con tranquillità.
Se Kurt non fosse stato tanto sotto shock, probabilmente avrebbe pianto.
Peccato che fosse parecchio sotto shock, e la sua bocca si aprì in
una piccola, perfetta ‘o’.
Blaine sembrava davvero
soddisfatto di se stesso, ma stava ancora sostenendo coraggiosamente lo sguardo
di Kurt in attesa di un suo commento. Così Kurt si decise a dargli la prova
della sua immensa stupidità balbettando:
“Tu…tu sei gay?”
Stavolta fu Blaine ad alzare un sopracciglio.
“Pensavo fosse un tantino ovvio” disse mentre gli angoli della bocca si
incurvavano verso l’alto con molta calma. Beh, ormai era ovvio che stesse
aspettando che Kurt si spiegasse. Dal canto suo Kurt era forse troppo su di
giri per dare davvero peso a quello che stava facendo. E poi era la cosa giusta
da fare, lo sapeva. Ormai non correva più nessun rischio.
“Anche io” esalò con gli occhi spalancati. Probabilmente sembrava un matto.
Blaine finalmente sorrise e
l’intero mondo tornò di botto al suo posto.
“Pensavo che anche quello fosse un tantino ovvio”
Il ghigno che tirò fuori Blaine avrebbe dovuto
far almeno arrossire Kurt, ma tutto ciò che riusciva a pensare era che il cuore
stesse per scoppiargli nel petto.
“Ah, e così sei uno spiritoso, eh?” mormorò sorridendo, nel tentativo di
spezzare la tensione. Miracolosamente ci riuscì. Blaine
si voltò e rise di nuovo con tranquillità, lanciandogli uno sguardo carico di
divertimento.
Finalmente tranquilli si sorrisero e a Kurt quasi scappò un sospiro di
sollievo. Non poteva credere di essersi fatto tutti quei problemi quando per Blaine invece era ovvio che lui fosse gay. La
consapevolezza lo colpì come un treno in corsa.
Oh, cavolo, Blaine era gay.
Cavolo, cavolo, cavolo, cavolo.
Tanto per essere d’aiuto, la meravigliosa creatura - finalmente un po’ più
avvicinabile - seduta al suo fianco scelse proprio quel momento per commentare
con voce sarcastica: “Beh, essere spiritoso fa parte del mio fascino.”
Kurt rise della sua battuta, mentre dentro stava letteralmente
dando di matto. Poteva quasi vedere i suoi neuroni rincorrersi nudi tra le
pareti della sua scatola cranica per poi ballare la conga tutti insieme.
Poi Blaine saltò appena sul sedile e si voltò
verso di lui.
“Ah, devo farti assolutamente sentire quella canzone di Pink, non ci posso
credere che tu non l’abbia mai sentita, l’avranno data alla radio almeno
seicento volte quest’estate!”
Il veloce cambio di argomento destabilizzò Kurt solo un po’. Non che si
aspettasse una dichiarazione, a questo punto. Il fatto che Blaine
fosse gay non cambiava molto le cose. Poteva benissimo essere fidanzato, e Kurt
stesso non aveva propriamente lasciato Dave, quindi
quello sarebbe stato come tradire, tecnicamente? Era la prima volta che quel
pensiero si affacciava seriamente nella sua mente e Kurt si sentì un po’ in
colpa al riguardo. Ma poi quello che lui e Dave
avevano condiviso poteva essere chiamato ‘stare insieme’?
Blaine, che non poteva sapere
cosa accidenti passasse per la testa di Kurt in quel momento, si allungò verso
il suo borsone per cercare l’ipod e gli occhi di Kurt
caddero inevitabilmente sul minuscolo lembo di pelle che la felpa lasciò
scoperto per seguire il suo movimento, e quando Blaine
gli porse una cuffietta con il ghigno più sexy che avesse mai visto Kurt capì
che doveva per forza aver notato che lo stava mangiando con gli occhi.
E capì che Blaine poteva anche essere un bravo
ragazzo, simpatico, dolce e tremendamente bello, un musicista e un segno del
destino, ma prima di essere tutte queste cose era un maledettissimo
provocatore. Non c’era modo che Kurt uscisse vivo da quello scontro ad armi
decisamente impari.
Perché lui non era mai davvero uscito dalla fase ‘cucciolo di pinguino’
fino a quel momento, meno che mai con Dave, con il
quale tutto era così dannatamente complicato.
Mentre prendeva con circospezione l’oggetto che gli veniva porto decise che
doveva assolutamente fermare i suoi ormoni impazziti prima che fosse troppo
tardi.
Doveva fare qualcosa. Ma cosa?
*
Il gemito che gli scappò dalle labbra era decisamente troppo alto per non
essere sentito, ma al momento, in tutta sincerità, se ne fregava. C’erano cose
molto più importanti a cui pensare, come il muro freddo del bagno, contro il
quale era premuta la sua schiena nuda, o l’immenso calore che si propagava dal
suo stomaco al cuore, ai polmoni e al viso, rendendogli impossibile ragionare
con chiarezza. Si fece sfuggire un altro gemito quando quelle maledettissime
labbra salirono fino alla mascella, lasciando una serie di baci umidi
e morsi praticamente ovunque.
Ne soffocò un terzo quando Blaine passò la lingua
con lentezza disarmante sulla vena pulsante del suo collo.
Le sue mani corsero lungo il petto di Blaine per
raggiungere la nuca e intrecciarsi lì, tirandolo di più verso di sé. Gli passò
una mano tra i capelli e lo sentì mormorare di piacere.
Cavolo, era tutto così troppo.
Quando Blaine prese a mordergli il collo con
l’abilità degna di un vampiro si costrinse a spostare le mani dal suo viso ai suoi
fianchi, per stringere con forza il bordo della felpa azzurra della Dalton Academy. Perché diavolo ce l’aveva ancora addosso,
dannazione?
Controllare gli ormoni, che pessima idea! Come ci erano finiti lì?
Peccato che Blaine avesse un’idea di gran lunga
migliore, tipo passargli le mani lungo tutta la schiena seguendo il corso della
spina dorsale, facendolo tremare da capo a piedi, per poi finire direttamente
nelle tasche posteriori dei suoi jeans. Lo sollevò di peso senza il minimo
sforzo e Kurt sentì il sangue concentrarsi velocemente sul suo viso, e poi la
pressione scattò verso il basso, ed era tutto dannatamente eccitante.
Si aggrappò alle spalle di Blaine e fece leva sul
bacino per circondargli la vita con le gambe, mentre il suo cuore sembrava sul
punto di scoppiare e le labbra bollenti del ragazzo continuavano a vagare sul
suo viso, lungo la scapola, sul mento. In quel momento Blaine
gli stava baciando una spalla nuda, affondandogli le dita nei fianchi e
mormorando a bocca chiusa.
Kurt realizzò, in uno sprazzo di lucidità, che non era ancora abbastanza
vicino.
Dio, Blaine era così bollente e tutto quello che
voleva era premersi contro di lui e baciarlo fino allo sfinimento, perché
ancora non era riuscito a farlo, visto che Blaine non
si era staccato dal suo collo.
Era piuttosto sicuro che fosse un ottimo baciatore, però. Le cose che
faceva con quella lingua, e –
Mosse appena il bacino in avanti e strappò a Blaine
un mormorio più forte degli altri. Avrebbe potuto vivere di quei suoni per
l’eternità, ne era certo.
Kurt piegò la testa per baciargli il collo e arrivare fino all’orecchio,
premendoci contro le labbra.
“Dio, mi fai impazzire”
Percepì Blaine sorridere contro la sua guancia,
con quel filo di barba appena accennata che gli solleticava il volto
delicatamente, in netto contrasto con la travolgente sensazione del corpo
troppo caldo premuto quasi completamente contro il suo.
E ancora non erano abbastanza vicini, maledizione.
Spinse di nuovo il bacino contro quello di Blaine
in cerca di sollievo, stavolta con più forza, e chiuse gli occhi quando sentì
il ragazzo gemere ad un soffio dalle sue labbra, ma aveva già smesso di pensare
lucidamente da un pezzo, perché tutto ciò che riusciva a sentire in quel
momento era la sua erezione che premeva contro quella di Blaine
e tanto, tanto caldo.
Blaine spostò le labbra lungo
la sua guancia e tracciò con la lingua, lentamente, la linea della mascella
prima di raggiungere il suo orecchio.
Poteva sentire il sangue pulsare direttamente verso il basso in modo
talmente nitido e prorompente da essere quasi doloroso.
Ancora più vicino, aveva bisogno di essere ancora più vicino.
Come se gli avesse letto nel pensiero Blaine lo
accontentò, stringendogli il fondoschiena.
“Muoviti” gli soffiò in un orecchio con il respiro spezzato e la voce di
almeno due ottave più bassa.
Non sembrava un ordine quanto una supplica, e Kurt davvero non ce la faceva
più, così non se lo fece ripetere due volte e iniziò a spingere contro
l’erezione di Blaine, mentre le sue mani correvano di
nuovo tra i suoi ricci e – Dio, quanto amava quei capelli…
Blaine premette sofficemente
le labbra sul suo collo, poi salì con calma e Kurt voleva solo che appoggiasse
le labbra sulle sue per sentirne il sapore, aveva bisogno di baciarlo talmente
tanto che stava iniziando ad essere un’attesa dolorosa, e quando le labbra di Blaine furono a meno di un millimetro dalle sue –
“Qualcosa dal carrello, ragazzi?”
Un momento. Che cosa?
Kurt spalancò gli occhi di botto e rimase immobile sul suo sedile, rigido
come una statua. Era talmente rosso in viso che avrebbero benissimo potuto
cuocere una frittata sulle sue guance. Stava forse per prendere fuoco? E dove
si trovava, visto che un attimo prima era in bagno con Blaine
e stavano –
Ah. Oddio.
Un sogno. Era soltanto un sogno.
Qualcuno si schiarì la voce, da qualche parte sopra di lui, così alzò
cautamente la testa. Si sentiva il corpo addormentato e su di giri allo stesso
tempo. Ma che accidenti stava succedendo?
“Scusi?” pigolò con un filo di voce in direzione della donna che lo
sovrastava. Era una hostess del treno, non tanto giovane – poteva avere circa
cinquant’anni – e lo stava guardando con aria molto perplessa.
“Volete qualcosa dal carrello?” ripeté cortesemente. Probabilmente essere
paziente con i clienti pazzi faceva parte del suo contratto.
“N-no, grazie” balbettò senza davvero considerare
l’idea. Quando l’hostess si allontanò con uno sbuffo Kurt prese un respiro
molto profondo e cercò di concentrarsi per fare il punto della situazione.
Ed ecco che ritornava ad arrossire, accidenti!
No, doveva mantenere la calma. Aveva diciannove anni ed era una persona
matura. Doveva esserci una spiegazione logica per quello che aveva sognato –
Dio, ma che gli diceva il cervello? – e soprattutto per quello che stava
succedendo ai piani bassi e dannazione, non voleva nemmeno
pensarci, ma doveva.
Qualcosa di fianco a lui si mosse leggermente e Kurt realizzò molto
velocemente tre cose: primo, il lato destro del suo corpo era premuto contro
qualcosa di molto caldo e molto morbido; secondo, c’era davvero qualcosa di
soffice che premeva delicatamente contro il suo collo.
Terzo, aveva un’erezione pulsante tra le gambe.
Oh, santo cielo.
Merda merdamerda.
Tralasciando quest’ultimo punto – che comunque contribuì solo a farlo
arrossire ancora di più – si decise a piegare lievemente la testa per guardare
in basso e trovare una massa di ricci completamente ricoperti da un quintale di
gel proprio sotto la sua mascella.
Blaine doveva essersi
addormentato sulla sua spalla, visto che era premuto contro di lui e il suo viso
era incastrato nell’incavo del suo collo.
Il naso gli sfiorava delicatamente la pelle e sembrava assolutamente a suo
agio in quella posizione, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre
il suo respiro caldo si infrangeva sul suo collo.
Kurt non riusciva a muoversi, ma se anche avesse potuto farlo dubitava che
avrebbe voluto, visto che era inchiodato al sedile dal piccolo problema che
stava avendo.
Merda, non era certo la prima volta che gli succedeva, d’accordo, ma per un
sogno?
Quando Kurt si rese davvero conto di aver sognato quella cosa con
la persona che gli stava dormendo addosso in quel momento, si lasciò sfuggire
un lamento disperato.
Il quale, sfortunatamente, svegliò Blaine.
Il ragazzo riccio si mosse appena, mormorando qualcosa contro la sua
maglia. Kurt rimase immobile come una statua di sale, rosso in viso, in attesa
che Blaine realizzasse per conto suo di essere
spalmato su di lui come un koala. Non che Kurt si stesse lamentando, per
carità. Anzi, ora che se ne rendeva conto, quel ragazzo sotto la felpa aveva
muscoli ovunque, esattamente come nel suo sogno. Tuttavia la situazione poteva
essere un tantino equivoca, perché Blaine era gay e
stava dormendo addosso a lui come se fossero una coppietta qualsiasi e Kurt
aveva appena sognato di fare cose che non sapeva nemmeno di
conoscere.
Blaine si paralizzò nel bel
mezzo di un piccolo movimento e Kurt capì che doveva aver realizzato dove stesse
dormendo. Contro chi, soprattutto.
Guardò in basso proprio mentre Blaine alzava lo
sguardo ancora mezzo insonnolito su di lui.
Si fissarono per un millesimo di secondo in cui Kurt pensò di tutto e poi
non capì più niente, e sul viso di Blaine passarono
mille emozioni alla velocità della luce. Passò dalla sorpresa assoluta allo
sconcerto, poi alla preoccupazione, alla vergogna e alla rassegnazione. Alla
fine però le sue labbra si stirarono in un sorrisetto innocente.
Prima che Kurt potesse dire qualsiasi cosa – tipo “non sono stato io!”
oppure “spostati, prima che riprenda il sogno da dove l’ho interrotto” – Blaineghignò e disse, come se fosse la
cosa più normale del mondo: “Buongiorno”.
Era un maledetto provocatore, ecco cos’era! Blaine
se ne stava lì, con il suo sorrisetto, ancora spalmato con apparente
tranquillità, totalmente ignaro della tempesta ormonale che aveva colpito Kurt
con la potenza dell’uragano Katrina.
Kurt non riuscì nemmeno a protestare o a fissarlo inorridito. Alla fine
sorrise – premurandosi di accavallare le gambe e ringraziando in silenzio la
maglia che gli copriva il cavallo dei pantaloni – e chiese, con lo stesso tono
tranquillo: “Dormito bene?”
Blaine sviò lo sguardo,
probabilmente sorpreso dalla sua apparente mancanza di imbarazzo.
Se sapessi…
Kurt stava quasi per esultare, più o meno apertamente, quando Blaine si morse il labbro inferiore con quell’aria
adorabile.
“Sei spigoloso” rispose, intenzionato a non dargliela vinta. “ma
decisamente più comodo del finestrino”
Ora, Kurt non voleva comportarsi come una tredicenne alla sua prima cotta,
strillando come un idiota cose imbarazzanti come ‘oh mio Dio, ha detto che sono
più comodo del finestrino!”. Specialmente non dopo quello che aveva sognato. E
perché aveva diciannove anni ed era una persona matura.
Però, accidenti, aveva detto che era più comodo del finestrino!
Blaine non attese una risposta
e si staccò da lui – l’improvvisa mancanza di calore disorientò Kurt talmente
tanto che avrebbe voluto annullare di nuovo le distanze tra loro e abbracciare Blaine per non lasciarlo più andare – togliendosi una cuffietta
che ancora trasmetteva debolmente la musica.
Si stiracchiò tranquillamente sul suo sedile e Kurt dovette fare uno sforzo
immane per distogliere lo sguardo dalla pelle scoperta della pancia.
“Auch” commentò Blaine
con una smorfia, massaggiandosi la spalla indolenzita. “Vado a cercare il
bagno” dichiarò poi alzandosi in piedi e continuando a stiracchiarsi davanti a
Kurt.
Oh, ma allora ci faceva apposta!
Kurt gli sorrise dal basso del suo sedile, incrociando con molta
nonchalance le mani sopra al cavallo dei pantaloni.
“Mhm-mhm” disse, stirando le labbra in una
sorta di sorriso.
Blaine gli sorrise con aria
insonnolita un’ultima volta prima di dargli le spalle e addentrarsi nei meandri
del treno alla ricerca del bagno, scomparendo lentamente alla sua vista.
Una volta che non fu più visibile Kurt ricadde indietro sul sedile e prese
un respiro molto profondo, massaggiandosi le tempie e cercando di concentrarsi
su qualcosa che non fossero Blaine, le sue
meravigliose labbra, il suo sogno e le sue mani sul sedere.
Diversi respiri profondi dopo finalmente si calmò del tutto, nonostante la
sensazione di insoddisfazione fosse rimasta come un’ombra su di lui.
Non c’è motivo di andare nel panico, pensò Kurt con rinnovata frustrazione. Ho
solo sognato di fare… cose con un ragazzo
meraviglioso conosciuto in treno stamattina. Non c’è niente che non va. E’
tutto perfettamente nella norma.
A salvarlo dai suoi catastrofici pensieri intervenne il suo cellulare, che
vibrò pigramente nella sua tasca, segnalando l’arrivo di un messaggio.
Kurt sospirò e si allungò per tirarlo fuori, sbirciando sullo schermo. Era
da parte di Rachel.
Aprì il messaggio con una punta di nostalgia. Erano passate poche ore e
Rachel gli mancava già tantissimo.
(19:02 pm)
Come va il viaggio? Ti saluta Finn. Già ci
manchi.
Kurt lesse il messaggio e sorrise debolmente, affrettandosi a digitare la
risposta.
(19:03 pm) Anche voi mi mancate, specialmente tu, i tuoi assurdi vestiti e i tuoi
drammi da palcoscenico. Qui tutto bene, siamo ancora in aperta campagna,
parecchio lontani da Harrisburgh, e sto passando
l’intero viaggio a chiacchierare con un ragazzo molto carino. Salutami Finn.
Se c’era qualcosa che assolutamente non poteva dire a Rachel, era del suo sogno.
O del fatto che Blaine l’avesse preso per mano e poi
si fosse addormentato sulla sua spalla come un cucciolo di bradipo.
Rachel rispose in fretta.
(19:05 pm)
Lascia in pace i miei vestiti, Hummel! Piuttosto… di cosa state parlando, esattamente?
Beh, era una domanda lecita. Kurt digitò la risposta, parafrasando un po’.
(19:09 pm)
Le solite cose. Scuola, musica, moda… l’ultima
cosa che ha detto è stata che avrebbe voluto fare la tesina di diploma su Katy Perry.
Non fece nemmeno in tempo a mettere via il telefono che un nuovo messaggio
comparve sullo schermo. Sbloccò di nuovo la tastiera con uno sbuffo e lo lesse.
(19:09 pm)
Kurt?
Ecco, stava per dire qualcosa di imbarazzante o drammatico. Rispose
comunque e sperò che quella punta di acidità che ci stava mettendo seguisse il
messaggio e la fermasse, prima di dire qualcosa di stupido.
(19:12 pm)
Rachel?
Nemmeno venti secondi dopo aveva già risposto, e Kurt lesse il messaggio
con gli occhi spalancati dall’orrore.
(19:12 pm)
PROVACI.
Kurt avrebbe tanto voluto rispondere che non poteva, che c’era sempre di
mezzo Dave; oppure che sì, dannazione, l’avrebbe
fatto.
Non fece nessuna di queste cose, ma si limitò a scuotere la testa e mettere
via il telefono. Perché doveva essere tutto così complicato? Si passò una mano
sul collo, pensando a Blaine e a come, nel suo
strampalatissimo sogno, non avesse mai smesso di baciarlo, fino a che i suoi
polpastrelli non finirono su qualcosa di appiccicoso proprio sotto la
mandibola.
Quando si rese conto di cos’era si lasciò sfuggire un sorriso.
Blaine gli aveva lasciato del
gel addosso.
*
Blaine sapeva che rifugiarsi
in bagno era stata un’ottima idea, perciò si premurò di complimentarsi con se
stesso mentre si chiudeva la porta della Toilette alle spalle e si lasciava
finalmente sfuggire un sospiro di sollievo.
Ottimi riflessi, si disse.
Insomma, ne faceva una giusta e due sbagliate. Anche se non sapeva se
considerare il fatto che si era svegliato completamente avviluppato al suo
compagno di viaggio come ‘sbagliato’.
Emozionante, quello magari sì. Dannatamente eccitante, anche. Come se fosse
naturale, ecco!
Rimaneva il fatto che era stato uno shock. Dio, aveva tutta la faccia
premuta sul suo collo, e non osava immaginare cosa poteva aver pensato Kurt di
lui. Oltre al fatto che fosse un maniaco, ovviamente.
Perché non poteva essere lasciato solo per più di due ore senza che si
ficcasse in una situazione del genere? Nick e Jeff l’avrebbero sicuramente
spellato vivo, se avessero saputo.
Anche Kurt, probabilmente, quindi forse era meglio stare zitto e basta.
Il fatto di poter chiamare Kurt per nome in tutta tranquillità però lo
rendeva particolarmente allegro, quindi Blaine decise
di ignorare la parte razionale di sé che gli urlava che si stava infilando in
un macello senza precedenti e aspettò un tempo sufficientemente lungo prima di
decidere di tornare da Kurt.
Si guardò allo specchio, prima, per controllare di non essere in condizioni
pietose come invece sospettava, e quasi gemette davanti alla sua immagine
riflessa. I suoi capelli erano un vero disastro – aveva messo troppo poco gel,
lo sapeva! – ed erano tutti appiattiti dal lato che era stato spiaccicato
contro il collo di Kurt – al pensiero il suo cuore fece una capriola.
La sua espressione era tutto fuorché sensuale: sembrava più a metà tra
l’insonnolito e lo spiritato, con gli occhi stanchi e sbarrati.
Da un lato del suo viso, sulla tempia, c’era ancora l’ombra rossastra che
il contatto prolungato con la pelle di Kurt gli aveva causato.
Dovevano aver dormito per quasi quattro ore, visto che erano le sette di
sera. Il fatto che Kurt non fosse scappato a gambe levate da lui lo confortava
particolarmente. Insomma, aveva dimostrato di essere completamente pazzo, di
non avere alcun rispetto per gli spazi vitali altrui e di essere privo di
contegno. E’ che non riusciva a trattenersi dal provocarlo, dal ridere con lui
e dallo sfiorarlo delicatamente. Sì, soprattutto l’ultima.
Kurt aveva una pelle meravigliosa, diafana, liscia al tatto proprio come
l’aveva immaginata. Soprattutto, poi, Blaine non
riusciva a smettere di sbavargli addosso. Ma questo era piuttosto chiaro, visto
che Kurt era assolutamente stupendo.
Ok, doveva darsi una calmata. Prese un respiro profondo e fissò un’ultima
volta il suo riflesso, lanciandosi un’occhiata incoraggiante.
Posso farcela, si disse. Posso tornare di là e chiacchierare con lui come se non
volessi saltargli addosso. Assolutamente sì.
…O mio Dio, sono un
maniaco.
Il punto era che Kurt lo attirava come una calamita, e non solo
fisicamente. Era intelligente, simpatico, condividevano un sacco di cose senza
nemmeno saperlo…
Era che poi, fisicamente, finiva per mandare Blaine
su di giri con ogni singolo movimento. Possibile che non si accorgesse di
quanto fosse provocante quando stringeva le labbra o accavallava le gambe, o
sorrideva?
Blaine si sentì un vero
idiota. In genere la procedura era un’altra, no? Almeno nella sua testa. Si
incontra qualcuno, si esce insieme, ci si innamora. Il tassello ‘si finisce a
letto insieme’ poteva essere inserito più o meno ovunque, nella sua scaletta
mentale, anche se generalmente lo avrebbe inserito per ultimo – penultimo, al
massimo.
Il problema era che provava troppo, troppo velocemente. Tutto insieme. E la
cosa finiva sempre per confonderlo. E poi c’era il suo piccolo, innocente
segreto, e –
Qualcuno bussò alla porta del bagno, così Blaine
si decise a uscire di lì e tornare da Kurt.
Percorse il corridoio con passo deciso. Sperava con tutto se stesso che
Kurt non fosse in imbarazzo per ciò che era successo – a partire dal suo
outing, che era sembrato più una dichiarazione, per concludere in bellezza con
la sua totale mancanza di decenza umana – ma quando il ragazzo entrò nel suo
campo visivo Blaine rimase letteralmente senza fiato.
Kurt era seduto in una posizione molto simile a quella che aveva quando lo
aveva lasciato lì e si stava passando con aria pensierosa una mano sul collo.
Improvvisamente la mano si fermò, proprio sotto la mascella, e Blaine trattenne il fiato quando lo vide sorridere nella
maniera più dolce che potesse concepire.
Era stupendo.
Quando Kurt lo notò, al di là della porta a vetri, intento ad osservarlo,
semplicemente rivolse a lui il sorriso che aveva sulle labbra e arrossì appena.
Lo sguardo di Blaine scivolò quindi dai suoi
meravigliosi occhi azzurri alle labbra incurvate verso l’alto e dovette
trattenere l’impulso di spalancare la porta e baciarlo.
Allungò una mano verso la maniglia per aprire la porta, raggiungere Kurt e
sparare chissà quale idiozia che rompesse il ghiaccio, quando il treno sbandò
appena, sobbalzò un paio di volte e poi, con un lento, triste stridio di freni,
rallentò fino a fermarsi.
Note di Selene
Care ragazze, ma ciao! Sono di corsissima, perché…
sono in gita a Monaco e in realtà non sto pubblicando io, ma la mia beta super-fidata, Ilaryf90, che come al solito meriterebbe una
statua. Quindi dite ciao a Ilary!
Ciaaao, Ilary! <3
Quindi, se sto scrivendo oggi che è Sabato ma prima di Martedì voi non leggerete… Oh mio dio, STO SCRIVENDO PER IL FUTURO!!
Comunque, gente, parliamo di questo capitolo. (Che forse è meglio).
Ehm, insomma, ve lo aspettavate che fosse un sogno? Povero Kurt! XD
Per il resto, la cosa che qualcuno di voi aspettava è il piccolo punto di
vista di Blaine alla fine.
Ora, ATTENZIONE SPOILER DELL’EPISODIO siete stati avvisati. La parte finale
del capitolo è stata scritta ascoltando I havenothing. Chi vuole capire capisca. Oooh,
sto piangendo!!
La frase iniziale è tratta da “Howwill I know”, che sarà SPOILER DI NUOVO sul prossimo episodio. E anche lì giù a piangere, uff! Era perfetta, quando l’ho sentita ho cambiato subito
quella che avevo messo prima. E’ semplicemente perfetta.
Ok, a parte questo, io sarò in gita, ma avrò la connessione internet per
stare lì a languire sopra le vostre recensioni, e sono tanto in ansia perché a)
non so scrivere lime (a proposito, vi prego ditemi che non ho fatto schifo o
andrò a sotterrarmi nella buca che mi son scavata DA SOLA) e b) o mio dio il
punto di vista di Blaine.
Ma a proposito. Domanda molto importante: cosa ne pensate di Blaine? E’ ovvio che nasconda un segreto. O forse più di
uno. Ehm.
Fate le vostre supposizioni, gente!
Ora lascio la parola alla mia beta e attuale pubblicatrice del capitolo.
Note di Ilaryf90
Ehm, salve a tutti! Mentre la nostra cara Selene
se ne sta in gita a divertirsi tocca a me pubblicare il nuovo capitolo che
stavate tanto aspettando!
Capisco che non vi possa interessare ciò che ho da dire, visto che avete
appena letto questo meraviglioso capitolo e non ci capite più niente. Ho
indovinato?
Volevo solo dire un paio di cose. Ho visto “nascere” questa storia e non
posso far altro che essere felice per il suo successo! Sapevo che sarebbe
piaciuta!
Poi, vi prego, dite anche voi a Selene che ha
scritto benissimo QUELLA scena, perché se glielo dico solo io forse non mi
crede. Cioè, io non ho parole. È bellissima! Comunque spero che voi capiate il
mio sclero, anzi ne sono sicura, perché lei è stata
capace di scrivere questa storia in modo che Kurt e Blaine
siano davvero Kurt e Blaine. Ci vedo proprio loro,
sono troppo IC!
Bene, la smetto perché mi starete sicuramente odiando (se davvero qualcuno
è arrivato a leggere le note fin qui gli stringo virtualmente la mano).
my mother says when you’re gonna leave your
life right?
Kurt appoggiò la guancia al finestrino per guardare fuori
con crescente perplessità proprio mentre Blaine si
rimetteva seduto al suo fianco, ancora incredulo.
“E’ una mia impressione o il treno si è fermato nel bel
mezzo del nulla?” domandò aggrottando le sopracciglia. Kurt si voltò verso di
lui e alzò le spalle.
“Non siamo in stazione” constatò. “Siamo ancora in aperta
campagna”
“Ci sarà stato un guasto” disse Blaine sporgendosi verso di
lui per sbirciare il paesaggio.
Il sole era tramontato da poco e stava lentamente scendendo
la sera sul paesaggio spoglio. Ora che il treno era fermo si potevano sentire
le cicale frinire sul prato lì di fianco. Erano davvero finiti nel bel mezzo
del nulla; c’erano solo prati, qualche albero sparso qua e là e nessuna abitazione
in vista.
Si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Kurt si alzò in
piedi per affacciarsi in corridoio dalla porta del loro scompartimento. Proprio
mentre anche la testa di Blaine spuntava da sopra la sua spalla passò lì
davanti, con una certa fretta, una delle hostess del treno.
“Mi scusi” la chiamò Blaine. Kurt notò che la ragazza lì
squadrò da capo a piedi, prima di rivolgere loro la sua completa attenzione.
Non poteva biasimarla. Blaine attirava l’attenzione delle
ragazze molto spesso. “Che sta succedendo?”
La hostess tentò un sorriso
rassicurante, ma era visibilmente agitata. Non dovevano essere i primi ad aver
posto quella domanda.
“E’ solo un guasto momentaneo che risolveremo al più presto.
Nel frattempo vi prego di rimanere nel vostro scompartimento. Vi saranno date
ulteriori notizie non appena avremo risolto la situazione, ma è questione di
una decina di minuti” disse facendo loro cenno di tornarsene seduti.
“Grazie”
Blaine sospirò e ricacciò dentro la testa, sfiorando la
spalla di Kurt con il mento.
Kurt represse un brivido e si voltò verso di lui,
osservandolo silenziosamente mentre si ributtava sul
suo sedile e si stiracchiava.
“Ci mancava solo questa” commentò Kurt sedendosi al suo
posto con un lungo sospiro.
Blaine strinse le labbra per fargli capire che era d’accordo
e buttò un’altra occhiata fuori dal finestrino.
“Speriamo che riparta
presto” disse, inclinando la testa all’indietro sul sedile e socchiudendo gli
occhi quando la luce artificiale del treno gli illuminò il viso.
Kurt si perse un secondo ad osservarlo di sottecchi.
“Sì” disse infine. “Sarebbe un problema se dovessero
metterci più di mezz’ora. Rischiamo di perdere la coincidenza per New York”
Nonostante la preoccupazione Kurt non riusciva davvero a
dispiacersi di quell’eventualità, visto che
significava più tempo con Blaine.
“E’ solo un piccolo guasto” mormorò Blaine, sfoderando un
po’ di ottimismo. “Non ci vorrà molto.”
Un’ora e molte patatine più tardi il treno era ancora fermo
nello stesso punto, nessuno era venuto a dar loro notizie e Kurt e Blaine si
erano arresi all’eventualità di passare parecchio tempo
bloccati lì quando Blaine aveva avuto un’altra delle sue geniali
trovate. Kurt si stupì di come quel ragazzo fosse
pieno di risorse. Se non ci fosse stato Blaine a distrarlo – e ad attirare su
di sé tutta la sua attenzione – probabilmente Kurt sarebbe stato arrestato per
l’assassinio dei responsabili del guasto. Peggio: l’avrebbero rinchiuso in un
manicomio criminale per aver spellato vivi i sopraccitati responsabili e aver
poi prodotto con la loro pelle dei borselli in stile LuisVuitton.
Invece Blaine aveva sbattuto le ciglia un paio di volte,
aveva dischiuso appena le labbra, aveva fatto leva sulla sua competitività e puff!, Kurt si era
trovato coinvolto nel gioco più ridicolo del mondo. Un gioco, roba da non crederci. Si erano spalmati sui sedili,
avevano preso l’ipod di Blaine e avevano fatto partire la riproduzione casuale.
E mentre la playlist di Blaine
vantava tremilaquattrocentoventidue canzoni, trentasette video musicali e
centoventidue album, il loro obiettivo era indovinare il titolo del brano non
appena la musica partiva. Certo Kurt aveva preso in seria considerazione l’idea
di convincere Blaine a trasformare quel gioco in una sorta di Strip Musicale –
chi sbagliava toglieva un pezzo – ma quando si era reso conto di cosa aveva
pensato aveva avuto l’improvviso impulso di prendersi a padellate in testa per
la vergogna. Cosa accidenti gli stava prendendo? Per di più, a
quel pensiero, la spaventosa SueSylvester che
aveva istaurato una dittatura militare tra i suoi neuroni aveva iniziato a
prenderlo in giro, e la cosa era degenerata in fretta. Ora, appurato che nel
suo cervello succedevano cose strane, doveva tornare a concentrarsi sul gioco.
“Ihavenothing!” esclamò Kurt non appena le prime note gli
giunsero all’orecchio, prima che Blaine potesse aprire la bocca. Il ragazzo si
lasciò andare ad una sonora protesta.
“Non è giusto!” esclamò dandogli una soffice spallata
amichevole. Oh, Kurt adorava vincere, se poi ogni volta Blaine invadeva il suo
spazio vitale. L’altro ragazzo continuò a lamentarsi, apparentemente ignaro
dell’effetto che avevano su Kurt le sue ‘casuali spallate’.
“Perché partono solo canzoni che non so? Che diavolo avevo
in testa quando ho sincronizzato l’ipod?”
Kurt gli lanciò un’occhiata di superiorità. “Sono nettamente
più bravo, ammettilo”, commentò.
“Col cavolo” rispose Blaine facendogli la linguaccia. Lo
stomaco di Kurt si strinse dolorosamente a quel gesto. Aveva iniziato a
riconoscere quella sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco, e non
portava mai a niente di buono. “Il
punteggio è comunque trentatre a trentaquattro”.
Blaine estrasse una patatina dal sacchetto e la aggiunse al
mucchietto di Kurt, sul sedile di fronte al suo. Ance il
modo di tenere il punteggio di Blaine era stata una trovata geniale. Folle, sì,
ma geniale.
Certo, continuava a voler mangiare tutti i punti di Kurt –
erano fatti di patatine e quel ragazzo era un pozzo senza fondo
– ma poi Kurt era costretto a fermarlo, e questo implicava il toccarsi,
e chi era lui per lamentarsene?
Kurt fece schioccare la lingua con disapprovazione.
“Il punteggio è trentatré a trentaquattro perché non hai fatto valere le
canzoni delle competizioni dei Glee Club, Blaine”
“Beh, potevi opporti quando ho
fissato le regole, no? Ora premi play, se no a cinquanta non ci arriviamo mai”
“Tanto ti batto”
“Ah sì? Fatti sotto!”
Kurt si allungò verso l’ipod di Blaine e lanciò al ragazzo
uno sguardo di sfida, che venne prontamente
restituito. Prese un respiro profondo e si preparò alla battaglia. Molto, molto lentamente, premette play.
“Ohmiodioomiodioteenagedream!” gridò Blaine tutto d’un fiato,
battendogli una mano sulla coscia.
“Non vale, mi hai distratto!” gemette Kurt accasciandosi sul
sedile. Quando si rese conto di ciò che aveva appena detto si irrigidì, ma
Blaine era troppo occupato a festeggiare la sua momentanea vittoria per
notarlo.
“Ah!” esclamò sorridendo
sornione. “Ho recuperato, visto? Questa è la mia atroce vendetta”
Kurt alzò gli occhi al cielo con esasperazione, ma il
sorriso che cercava invano di nascondere tradiva il suo reale stato d’animo.
“Ho solo indovinato Edge of Glory prima di te!” esclamò divertito. A Blaine quello
smacco atroce proprio non era andato giù.
“Non ricordarmelo” gemette infatti
il ragazzo. “Quel momento passerà alla storia. E poi io ho indovinato Rose’s turn prima di te, quindi in un certo senso siamo pari”
Mentre bisticciavano amichevolmente in quel modo – che il realtà a Kurt sembrò molto più flirtare, ma probabilmente
era solo la sua testa che si immaginava le cose – la porta dello scompartimento
si aprì e la stessa hostess di prima si affacciò dentro con un’aria
terribilmente mortificata.
“Mi dispiace tantissimo, ma dovete prendere i vostri bagagli
e scendere per motivi di sicurezza, per favore”
Kurt e Blaine la fissarono allibiti, ancora nel bel mezzo
della loro battaglia per la supremazia musicale.
“Oh” disse Blaine. “Sì, subito”
Prese le sue cose e lanciò un’occhiata a Kurt, come ad
esortarlo a muoversi. Kurt si riscosse e lo imitò, guardando con crescente
preoccupazione la hostess.
“E’ successo qualcosa? C’è un allarme bomba? Ci sono di
terroristi a bordo?”
La hostess scosse la testa e si
affrettò a spiegare quel poco che sapeva.
“No, non si deve preoccupare, è solo un guasto al
generatore. C’è quello di emergenza, ma ci vorranno altre due, al massimo tre ore perché i tecnici riescano a portare il
treno fino a Harrisburgh, purtroppo.”
La ragazza captò lo sguardo sconvolto di Kurt. Tre ore? E
come ci arriva a New York, se ormai aveva perso la coincidenza? Quanto avrebbe
dovuto aspettare?
“Ovviamente la compagnia rimborserà i vostri biglietti” si
affrettò a spiegare. “Vi saranno date istruzioni in merito una volta arrivati
in stazione” disse tutto d’un fiato. “Stiamo facendo scendere tutti i
passeggeri per motivi di prassi e sicurezza, mentre i tecnici sistemano il
danno e sostituiscono il generatore. Potete sistemarvi nel prato. So che non è
molto, ma passerà la cameriera a distribuire bevande, e non dovrete pagarle
ovviamente, e…”
Blaine sorrise dolcemente mentre le passava vicino e la
fermò con un cenno della mano.
“Non si preoccupi, ha fatto un ottimo lavoro”
Kurt lo guardò con ammirazione, nemmeno tanto stupido dalla
sua gentilezza, mentre la hostess gli rivolgeva un
sorriso grato. Non era la prima volta che Blaine si dimostrava attento e
gentile. Anche con Mary Jane in stazione era stato
assolutamente adorabile.
“Kurt?” lo chiamò dalla porta dello scompartimento, quasi
con esitazione. Magari pensava che avrebbe dato di matto da un momento
all’altro. Ma Kurt gli sorrise dolcemente e lo
raggiunse, lanciando un sorriso anche in direzione della hostess.
“Che ne diresti di una cioccolata calda?” propose Blaine con
tranquillità quando lo vide al suo fianco.
Kurt prese un respiro profondo mentre
la hostess fingeva di non stare ascoltando la loro conversazione.
“Sto per farti una domanda che cambierà il nostro rapporto
per sempre” disse con serietà. Ignorò il sorrisetto della hostess, ma si
accorse comunque del possibile multiplo significato della sua frase. Blaine
alzò un sopracciglio. Chissà, forse l’aveva notato anche lui.
“Spara”
Kurt trattenne il fiato per un secondo, poi disse, molto
lentamente: “Bianca, fondente o al latte?”
Blaine spalancò gli occhi, ma stranamente non scoppiò a
ridere.
“La cioccolata è una cosa seria” commentò scuotendo
impercettibilmente la testa.
“Rispondi e basta”
Ci fu un momento di pausa, in cui Blaine lo guardava, la hostess
fingeva di non tenerli d’occhio con aria intenerita e Kurt aspettava. La
tensione poteva tagliarsi con un coltello.
Poi Blaine rispose tutto d’un fiato.
“Fondente”
Kurt lasciò andare l’aria che aveva trattenuto e rise di gusto.
“Ti sei salvato per un pelo, se avessi detto bianca non ti
avrei più rivolto la parola!”
Blaine lo guardò con aria vagamente sconvolta sorpassarlo e
uscire in corridoio, ma si affrettò a seguirlo.
“Posso chiederti perché fondente?” gli domandò
quando riuscì ad affiancarlo. Kurt gli sorrise
maliziosamente.
“La cioccolata fondente ha meno grassi, Blaine”
La risata cristallina che gli risuonò nelle orecchie gli
alleggerì il cuore.
*
“Lo è la strega” disse pigramente Blaine grattandosi il
mento e guardando Kurt con aria speranzosa.
“…verde?” disse Kurt alzando un sopracciglio.
Blaine sbuffò e scosse la testa.
“Le citazioni di Wicked non sono
d’aiuto, per quanto io adori quel musical” commentò sistemandosi meglio contro
il tronco dell’albero. Il movimento lo fece scivolare più vicino
a Kurt, che andò completamente a fuoco all’ulteriore contatto del fianco
di Blaine contro il suo.
Erano scesi dal treno insieme agli altri passeggeri
quando la sera era già scesa sulla campagna americana e avevano
individuato un albero contro il quale appoggiarsi, abbastanza vicino al treno
ma in un punto poco affollato. La gente aveva preferito accalcarsi intorno alle
hostess, ma loro si erano scambiati un sorriso complice.
Blaine aveva chiesto alla prima cameriera che aveva
avvistato due cioccolate calde – ovviamente fondenti – e poi si erano seduti
con le schiene contro il tronco dell’albero, in mezzo all’erba. Kurt non aveva
nemmeno protestato – sedersi a terra, sull’erba, con i vestiti che indossava?
Non era assolutamente da lui – perché Blaine aveva aperto la
zip del borsone e aveva tirato fuori una coperta non tanto grande, ma
abbastanza per entrambi, e l’aveva stesa ai piedi dell’albero.
Quando si erano seduti era venuto naturale ad entrambi
stringersi l’un l’altro per stare più comodi. Kurt non
era nemmeno arrossito. Stare vicino a Blaine lo faceva
stare bene, lo faceva sentire tranquillo.
“Comunque è magica”
disse Blaine, dandogli un piccolo colpetto con il ginocchio.
“Non ti sembra che queste parole crociate siano un po’
banali?” domandò Kurt mentre scrutava la folla di
persone. Della loro cioccolata non c’era ancora l’ombra, ma fare l’enigmistica
insieme si stava rivelando un passatempo normale e divertente. Come se si
conoscessero da una vita e passassero i pomeriggi a fare parole crociate da quando avevano cinque anni.
“Ok, una più difficile” disse allora Blaine. Si passò la
lingua sulle labbra e Kurt rimase ipnotizzato a fissargli la bocca fino a che
Blaine non esclamò: “Ecco, questa qui! Il primo assassino”
Kurt si morse un labbro, vagamente a disagio. Era certo che
si trattasse di qualcosa di religioso, ma non aveva idea di cosa. Lui non
credeva in Dio, come poteva sapere questo genere di cose? Non aveva mica letto la
Bibbia tanto per fare. Da piccolo era
andato alla scuola domenicale pochissime volte. Non appena aveva realizzato – a
soli sette anni – di non essere d’accordo con un buon ottanta percento delle
cose che dicevano, aveva supplicato sua madre di non portarcelo più. Poi lei
era morta, e lui e Burt non avevano più messo piede in una chiesa.
Gli bastava suo padre, in cui avere fede.
“Sono sicuro che si tratti di qualcosa di religioso” disse
allora a Blaine, pensieroso. “Ma non sono un esperto in materia, purtroppo”
Blaine sorrise. “Dovrebbe essere Caino” disse. Contò le caselle con il retro della penna, coperto
dal tappo, ed esultò lievemente. “Sì, ci ho preso”.
Kurt gli lanciò uno sguardo stupido, che a Blaine non
sfuggì, perché alzò le spalle e disse con naturalezza: “Sono Cristiano.
Cattolico, per la precisione”
Imbarazzato, Kurt commentò con un “Ah”.
Non andava molto d’accordo con le persone estremamente
religiose, di solito. Gli unici Cristiani con cui aveva avuto a che fare erano
i ragazzi del Glee Club come Mercedes o Quinn, e non sempre era stato un confronto ad armi pari. Specialmente
con l’ultima, che sembrava essersi convinta che una preghiera risolvesse ogni
cosa.
Poi si ricordò che Blaine giocava nella sua stessa squadra
e, insieme ad un rinnovato moto di entusiasmo, ne
arrivò uno di confusione.
“Ma sei gay” si lasciò sfuggire prima che potesse tapparsi
la bocca.
Blaine colse la sua occhiata confusa e sorrise
delicatamente, appoggiando l’enigmistica sull’erba e guardandosi le mani.
“Già. E’ complicato” disse. Alzò appena lo sguardo su Kurt,
e quando vide che sembrava volere delle spiegazioni, ma probabilmente era
restio a domandare qualcosa di così tanto personale come
la fede, continuò.
“Mia madre è di origini italiane ed è stata cresciuta con la
religione cattolica. Io anche. Quando ho capito di
essere gay…” fece una pausa, come a raccogliere i pensieri. “Non è stato un bel
momento, specialmente per la questione religiosa. Però poi ho trovato la strada
da seguire, diciamo. Nessuno mi vieta di essere gay e cattolico, ed è quello che sono.”
Era un concetto molto riassuntivo, Kurt l’aveva intuito.
Chissà che inferno ha
passato…
Lo scrutò con una buona dose di ammirazione. Blaine era una
persona ferma nelle proprie convinzioni, proprio come aveva pensato. Se il suo
essere cristiano avrebbe potuto in qualche modo infastidirlo, si rivelò tutt’altro. Quel ragazzo era un intero universo da scoprire
e più scavava nella sua personalità, più l’egoistico desiderio di sapere di più
si faceva strada il lui. Alla fine decise di porre una domanda che gli premeva
fin dall’inizio di quella strana conversazione sulla religione.
“Ma la Bibbia non dice che essere
gay è un abominio?”
Non voleva essere invadente, ma
Blaine sembrava contento di parlarne, visto che gli aveva rivelato con
tranquillità di essere cattolico, e quella era una questione che si era posto
spesso.
Così come quella sul paradiso, che – secondo la religione –
gli era precluso.
Blaine si strinse nelle spalle con nonchalance, ma Kurt
immaginava che ci fossero molta determinazione e molta sofferenza dietro alle
sue parole tranquille. Forse anche una buona dose di autoconvincimento.
“La Bibbia
dice anche che coltivare due piante diverse nello stesso orto è un abominio”
spiegò. “E poi c’è il fatto che è stata scritta troppo tempo fa, tradotta in
maniera a volte errata, e la gente tende ad interpretarla come vuole”
Kurt annuì e Blaine gli sorrise.
“Non ho la risposta, ad essere sincero. Non ho semplicemente smesso di credere
in Dio quando molti l’avrebbero fatto perché era
quello che sentivo. Poi si vedrà”
Kurt non poté fare a meno di guardarlo con dolcezza.
“Io non credo in Dio” disse allora. Il suo non era un tono
d’accusa, anzi. Voleva condividere quella cosa con qualcuno che capisse.
Dave non c’era mai stato, per
quello. A dire la verità, Dave non c’era stato per
niente.
“Non riesco davvero a capirne l’utilità. Però è bello
sentire l’opinione di qualcuno…qualcuno come te, ecco”
Blaine sorrise, e stava per rispondere qualcosa
quando una delle cameriere si avvicinò a loro con due tazze fumanti in
mano.
“Avevate ordinato della cioccolata calda?”
Kurt e Blaine si scambiarono un sorriso
prima di ricadere sul tronco dell’albero. Quell’attesa
non era poi così male, in fondo. Anzi, Kurt stava davvero iniziando a
ringraziare il karma.
Si dice che la cioccolata avvicini le persone. Così, non si
sa come, Kurt e Blaine si trovarono stesi sulla coperta a pancia all’insù, con
la cioccolata appoggiata lì di fianco e gli occhi rivolti alle prime stelle che
iniziavano a spuntare in cielo mentre la notte
scendeva lentamente sui passeggeri del treno. Erano state portate nuove notizie
dalla hostess che li aveva presi in simpatia: entro un’ora sarebbero ripartiti,
e in mezz’ora finalmente sarebbero arrivati adHarrisburgh. Cosa li attendesse
lì, però, era ancora un mistero. Non aveva idea di quando
ci sarebbe stato un altro treno per New York, ma non era preoccupato. Non
quando era steso su un prato, circondato dal frinire delle cicale, ad osservare
le stesse con un meraviglioso ragazzo al suo fianco.
Erano stati in silenzio per un po’ di tempo
mentre sorseggiavano con calma la cioccolata fumante, poi si erano stesi
e avevano preso a guardare in su, oltre i rami dell’albero, voltandosi di tanto
in tanto per sorridersi e arrossire.
Quel silenzio aveva fatto sentire Kurt a disagio sì e no per
i primi cinque secondi. Poi la strana sensazione era scomparsa, sostituita da
un’onda di tranquillità che lo aveva cullato – fino a che Blaine non aveva
iniziato a canticchiare a bocca chiusa.
Ormai era arrivato alla seconda canzone mormorata tra i
sorrisi e le occhiate e Kurt era di nuovo sul punto di perdere il controllo. I
suoi già strettissimi pantaloni erano arrivati al punto di non ritorno e
accidenti, non era possibile che Blaine fosse così attraente. Non era
semplicemente possibile.
Eppure ad ogni fugace occhiata Kurt si soffermava sulla sua
bocca, sugli occhi semichiusi, sul petto che si alzava e abbassava al ritmo del
suo respiro…
Stava andando di nuovo fuori di testa, maledizione. Doveva
darsi una calmata. Così, per distrarsi, decise di interrompere quel silenzio.
“Hai sempre vissuto a Westerville?”
La sua voce intimidita fece voltare Blaine verso di lui. Il
ragazzo gli regalò un sorriso e le preoccupazioni di Kurt sulla sua presunta
invadenza e faccia tosta si dissiparono all’istante.
“Sì, praticamente sì. Gli ultimi tre anni di scuola li ho
passati alla Dalton, avevo una stanza nel loro campus, ma i miei abitano ancora
lì” Blaine fece una pausa, pensieroso, poi chiese: “E tu? Hai sempre vissuto a
Lima?”
Kurt fece un sospiro esasperato. “Sono-fuori-dal-mondo-Lima, intendi? Purtroppo sì. Non
posso credere di aver vissuto in Ohio per diciotto anni. A pensarci mi vengono
i brividi. Non è un posto accogliente, per i giovani gay, no?”
Blaine ridacchiò piano, ma lo sguardo che gli rivolse fece
capire a Kurt che Blaine capiva. Capiva ciò che aveva passato e lo condivideva
e non era come Dave.
Con Blaine poteva parlarne senza che lui scappasse via a gambe levate.
“Decisamente ultimo nella scala dell’accoglienza, sì”
commentò Blaine stringendosi nelle spalle.
Kurt scosse la testa.
“Per fortuna mi trasferisco a New York”
La frase gli era uscita senza che ci pensasse veramente,
segno di quanto si trovasse a suo agio con Blaine, ma il ragazzo al suo fianco
si era irrigidito leggermente, colto di sorpresa. Kurt si alzò appena facendo
leva sui gomiti e gli lanciò un’occhiata perplessa.
“Tutto ok?” domandò prima di riuscire a fermarsi.
Ho detto qualcosa di
sbagliato…?
Blaine lo tranquillizzò con un sorriso un istante dopo, ma
Kurt ancora non riusciva a capire. Dopo un paio di secondi, Blaine rise e scosse
la testa, dicendo: “Tutto ok. Ero solo sorpreso dall’ennesima coincidenza”
A Kurt bastò un istante per capire al volo cosa intendesse, e il suo cervello esultò di gioia.
“Vai a vivere a New York anche tu?” domandò. Dalla sua voce
traspariva speranza, ma non se ne curò.
“Già” disse Blaine, voltandosi verso di lui e stendendosi di
lato per guardarlo meglio negli occhi. Kurt avrebbe voluto saltellare di
felicità. “Chi lo sopportava più, l’Ohio?”
“Ma è fantastico!” esclamò entusiasta Kurt, ricadendo indietro
sulla coperta. Non riusciva davvero a stare fermo. “Io sto andando alla NYADA,
e davvero non vedevo l’ora di venire via da quel posto, anche se la mia
migliore amica è rimasta a Lima, ed abbandonare la famiglia è sempre difficile,
ma…”
Il fiume di parole che stava vomitando addosso ad un Blaine
entusiasta quanto lui venne interrotto dal suo
telefono che squillava insistentemente nella sua tasca.
Blaine sbuffò divertito quando
sentì la sua suoneria, e Kurt gli lanciò un’occhiata a metà tra il rimprovero e
le scuse. Cos’ha contro BarbraStreisand, questo ragazzo?
“Scusa, è Carole – cioè, la moglie di mio padre. Devo rispondere” Di nuovo,
riusciva a parlare talmente bene con Blaine che si lasciava sfuggire cose che
il ragazzo non poteva sapere.
“Tranquillo”
Kurt si alzò in piedi, si spolverò le ginocchia e fece un
paio di passi prima portare il telefono all’orecchio e dire: “Pronto, Carole?”
Il caos esplose dall’altra parte della cornetta e si dilagò
attraverso il suo timpano sinistro, probabilmente perforandolo. C’erano almeno
quattro persone che urlavano tutte insieme, una sopra
all’altra.
“Chiedigli se è vivo!” Ecco, questa era Rachel, il suo tono
era inconfondibile.
“Se non mi spedisce un modellino del taxi di New York lo
uccido con le mie mani!”. E questo era Finn. Come aveva fatto a vivere per due
anni insieme a lui, esattamente?
“Carole, per l’amor del cielo, passami mio figlio!”. Suo padre e la sua solita iperprotettività.
“Kurt, tesoro, mi senti? Kurt? Zitti, voi, o non farò più
dei Muffin per il resto della mia vita!”
Quando il silenzio calò di botto Kurt riuscì a riavvicinare il
telefono all’orecchio – che ormai praticamente sanguinava – e a rispondere con
un flebile “Pronto?”
“Oh, Kurt, ciao! Come sta andando il viaggio?”
Kurt si grattò la nuca e lanciò prima un’occhiata al treno
fermo, poi a Blaine, steso sulla coperta e di nuovo a pancia all’insù.
“Strano”
Dall’altra parte del telefono suo padre domandò: “Cosa dice,
Carole?”, e sentì Carole zittirlo.
“Burt, sta lontano dalla pancetta! A cuccia! – Perché
strano, caro? Va tutto bene?”
Così con un sospiro Kurt gli raccontò brevemente del guasto
al treno e del fatto che ormai aveva perso la coincidenza per New York, e che
avrebbe dovuto aspettare il primo treno disponibile per ripartire. Quando finì
di raccontare, sentì Carole riportare brevemente ciò che aveva detto alle
persone che infestavano casa sua, poi udì Rachel strillare, probabilmente a
pochi centimetri dalla cornetta: “Carole, chiedigli del ragazzo carino!”
Di nuovo esplose il caos, ma questa
volta Kurt ebbe dei riflessi migliori e fece in tempo ad allontanare il
telefono dal suo orecchio prima che il suo timpano ricevesse il colpo di
grazia.
“Oh mio dio quale ragazzo carino? Che sta combinando il mio
ragazzo?”
“Ragazzo carino? Ma è gay?”
“Oh, santo cielo! Finitela!”
Di nuovo, l’urlo di Carole zittì tutti i presenti. Kurt
sentì dei passi frettolosi, poi il suono di una porta che si chiudeva. Un
istante dopo la voce di Carole tornò a rimbombare attraverso il telefono.
“Ok, mi sono chiusa in bagno. Raccontami tutto, Kurt”
“Io…”
Kurt esitò per un istante. Aveva un ottimo rapporto con
Carole, non era assolutamente quello che lo frenava dal parlarne con lei.
Il problema era, come al solito, Dave.
Aveva raccontato alla sua matrigna qualcosa sul ragazzo,
vaghi accenni ai problemi che avevano. In ogni caso, Carole sapeva che erano
stati insieme, o che sì erano frequentati. Sapeva anche che non si erano
propriamente lasciati, prima che lui partisse per New York. Quando Kurt glie ne
aveva parlato, l’aveva definita una ‘pausa di riflessione’.
Che poi, si può definire così la pausa da un rapporto praticamente inesistente?
Non era però sicuro di volerle parlare di Blaine, né
tantomeno di quello che Blaine gli faceva sentire. Perché ormai non c’erano più
dubbi e Kurt aveva anche smesso di sentirsi male al pensiero: aveva trovato
Blaine ed era stato amore a prima vista. Da parte sua, ovviamente.
Alla fine si decise a parlare. Magari raccontare la cosa a
Carole lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.
“C’è questo ragazzo davvero molto carino” iniziò quindi,
lanciando una fugace occhiata a Blaine per accertarsi che non fosse a portata d’orecchio. Quello sì che sarebbe stato
imbarazzante da spiegare. Ma Blaine aveva infilato di nuovo le cuffiette in attesa che finisse di telefonare, così quando incrociò il
suo sguardo il ragazzo gli regalò un sorriso tranquillo e inconsapevole.
“Questo l’avevo intuito” gli disse dolcemente Carole,
invitandolo a continuare.
Kurt prese un bel respiro. “Beh, è adorabile. E’ dolce,
divertente, credo sia un musicista e abbiamo tante cose in comune, è di Westerville, sta andando a vivere a New York… ed è gay”
La risatina dolce di Carole dall’altra parte del telefono lo
tranquillizzò un po’.
“Kurt, ma è meraviglioso! E ti sembra interessato? Voglio
dire, com’è che dite? – altra risatina – Ah, ci prova?”
“Carole!”
Kurt era sicuro di essere arrossito come un ragazzino di
fronte a quella domanda, ma dovette costringersi a pensarci.
“Io…no. Sì. Forse. Oddio, non lo so!”
D’accordo, era confuso. Molto confuso al riguardo, e Blaine
con il suo comportamento flirtoso non lo aiutava di
certo a pensare con chiarezza.
Carole rise di nuovo. “Beh, ti sorride spesso?” domandò con
naturalezza.
“Sì”
‘Sorriderespesso’ è un
tantino riduttivo, pensò Kurt. Blaine
ha sempre il sorriso.
“E ti fa i complimenti?”, domandò Carole suonando molto
professionale. Kurt sperò che non stesse leggendo quelle domande sull’ultimo
numero di ELLE alla sezione cose da
chiedere al tuo figliastro innamorato. Ripensò a quando
Blaine gli aveva indirettamente detto che aveva un bel fisico.
“Sì” mormorò.
“E ti sfiora come se niente fosse? Ti fa gli occhioni dolci?”
Maledizione.
“…Sì”
“Ti ha offerto da bere?”
A Kurt quasi veniva da ridere, ormai.
“Una cioccolata calda conta?” chiese al limite della
depressione.
“Più di un alcolico” gli rispose Carole. Nella sua voce
poteva già percepire un’enorme sorriso, anche se non
poteva vederlo.
“Allora sì”
“Kurt?”
“Mhm?” Aveva davvero paura di
sentire cosa carole ne pensava, e lui –
“E’ interessato”
“Oddio”, gemette
passandosi la mano libera sul viso per poi coprirsi la bocca. Per quando cercasse di nasconderlo, stava sorridendo come un idiota. Ma
non poteva, dannazione. Non poteva.
“Ehi, va tutto bene, tesoro.” gli
disse Carole, intuendo lo sconforto nella sua voce. “E’ una cosa meravigliosa!
Di cosa ti preoccupi?”
“Io…ti ricordi che ti avevo detto
di non aver proprio…insomma, lasciato Dave?
“Oh”
“Ecco”
Carole fece una pausa e Kurt attese che tirasse
fuori una qualsiasi perla di saggezza che lo salvasse da quella situazione, o
che almeno lo aiutasse a schiarirsi le idee.
“Kurt, questo ragazzo ti piace?” domandò dopo un po’. Era
difficile ammetterlo, ma ormai era chiaro come il sole, quindi che senso aveva
mentire a lei e a se stesso?
“Io…Sì. Sì, mi piace”
“E con Dave è come se vi foste lasciati?”
Ecco, erano arrivati al tasto dolente. Kurt prese un bel respiro prima di rispondere.
“E’ quello il problema. Non lo so. Abbiamo passato l’estate
a sentirci e continuava a dire che mi considerava il suo ragazzo, ma non voleva
nemmeno avvicinarsi per un abbraccio, figuriamoci…per altro.”
Oddio, stava davvero per dire bacio? Lui e Dave si erano baciati tre
volte. Quattro, se si contava quel primo bacio che gli aveva rubato a forza
negli spogliatoi. Con la mente improvvisamente più chiara, Kurt si domandò che
diavolo gli fosse passato per la testa, a dare una possibilità ad uno come Dave. “Poi è diventato
strano e scostante” continuò a raccontare a Carole. “Ma continuava a dire che
andava tutto bene e che era solo confuso. Prima che partissi
ha messo mille scuse pur di non vedermi e chiarire la situazione, Carole. Io
non so davvero più che pensare. Ovviamente non potevo rimanere a Lima ad
aspettare che decidesse cosa fare. Il treno non può mica aspettare me”
Carole prese un bel respiro prima di parlare, e quando
rispose la sua voce era dolce e materna, tanto da far venire a Kurt voglia di
piangere.
“Andrà tutto bene, Kurt. Io credo che Dave
abbia solo aspettato che partissi per New York, consapevole che in questo modo
non sarebbe stato costretto ad affrontare la situazione. Quando saresti tornato
per Natale probabilmente ti avrebbe evitato di nuovo, e tu avresti lasciato
perdere”
“Probabilmente sì” sospirò Kurt. Sapeva che Carole aveva
ragione.Era doloroso da pensare e non era giusto, ma
sapeva che era così. Dave aveva passato troppo tempo
ad evitare un chiarimento o una rottura definitiva solo per paura di
affrontarlo, ma era chiaro come il sole che non aveva intenzione di rimanere
con lui. Forse non aveva nemmeno mai voluto avvicinarsi davvero.
Faceva male rendersene conto, ma
Kurt sentì preso in giro. Aveva buttato l’intera estate dietro a Dave e ai suoi problemi, gli aveva regalato la sua fiducia
dopo tutto quello che aveva fatto, ci aveva versato
tutte le sue lacrime e gli aveva lasciato il suo primo bacio.
Improvvisamente capì di non essere disposto a perdere
nient’altro per lui. Meno che mai
Blaine.
“Kurt” lo chiamò Carole dalla cornetta.
“Ci sono” sospirò.
“Se ne avessi avuto la possibilità, avresti lasciato
definitivamente Dave prima di partire?”
Lo stomaco gli si strinse in una morsa dolorosa, perché la
risposta gli era salita alle labbra senza esitazione e si sentiva terribilmente
stupido per non averlo capito prima.
“Sì”
“Questo è importante” gli disse Carole con voce dolce e
comprensiva. “Il mio consiglio è di lasciare che le cose vadano per il loro
corso. Non devi certo dimenticarti di Dave, e non
fare cose che possano non metterti a tuo agio, ma…se questo ragazzo ti piace
così tanto dopo nemmeno una giornata dev’esserci un motivo, no? Se sono rose,
fioriranno, come si dice di solito”
“E se avesse bisogno di un concime che io non ho?” domandò
Kurt con preoccupazione. Gli sembrava impossibile che uno
come Blaine potesse interessarsi ad uno come lui, figuriamoci qualcosa di più.
Ma Carole rise con leggerezza.
“Tesoro, sei un ragazzo meraviglioso. Sono sicura che gli
piaci. Tu piaci a tutti, in un modo o nell’altro”
Kurt non ne era molto convinto, ma lasciò perdere.
“E poi” aggiunse Carole. “Anche questo ragazzo dev’essere
speciale, per averti preso così tanto. Deve avere qualcosa che Dave non ha.”
“Oddio, non hai idea, Carole. Blaine è…è meraviglioso. Non
ho mai incontrato nessuno come lui”
La risata cristallina di Carole risuonò attraverso il
telefono e gli alleggerì il cuore.
“Blaine, eh? Bel nome”
“Sì” rispose Kurt con un sorriso, riportando lo sguardo sul
suo compagno di viaggio. Blaine aveva incrociato le braccia dietro la testa e
aveva definitivamente chiuso gli occhi, ma il suo piede sinistro si muoveva a tempo con chissà quale canzone stesse ascoltando all’ipod.
Era stupendo.
“Sì,è un bel nome”
Kurt tornò da Blaine con il cuore un po’ più leggero, dopo
aver salutato Carole e averle assicurato che avrebbe fatto solo ciò che gli
diceva il cuore. In quel momento era facile capire, nonostante fosse ancora
confuso. C’era la via d’uscita, ed era un’insegna piuttosto luminosa. Gli occhi
di Blaine si erano aperti nell’istante in cui Kurt si era disteso di nuovo al
suo fianco e il ragazzo riccio era rotolato su un fianco per voltarsi verso di
lui e passargli una cuffietta con un sorriso, mentre la musica in sottofondo si
confondeva con i grilli che frinivano tra l’erba.
Kurt gli sorrise di rimando e si infilò
la cuffietta, ma quando sentì la prima parte della canzone si sciolse del
tutto. Adorava quel pezzo.
Blaine colse il suo sguardo compiaciuto, perché disse: “E’
una canzone meravigliosa”
“Assolutamente. Il testo poi è stupendo. L’ascoltavo sempre,
al liceo. E’ quel genere di canzone che è triste, sì, ma ti fa venire voglia di
andare avanti nonostante tutto”
“E’ stata una delle prime canzoni che ho imparato a fare con
la chitarra”
Kurt guardò Blaine con stupore. Era la prima volta che
parlava esplicitamente di quello che faceva, e la chitarra appoggiata al tronco
dell’albero continuava ad attirare la sua attenzione, ora che Blaine l’aveva
nominata.
Voleva saperne di più, ma non voleva chiedere e sembrare
troppo invadente. Così fece l’unica cosa che aveva davvero imparato al Glee Club in tutti quegli anni. Cercò di
esprimersi attraverso la musica.
“Blaine…?” lo chiamò esitante. Il ragazzo piantò
immediatamente gli occhi dorati nei suoi.
“Mhm?” chiese. Sembrava
tranquillo, così Kurt provò a chidere.
“Ti andrebbe di…tipo…uhm…” Ok, non stava andando molto bene.
Doveva essere più diretto e meno timido. Come poteva pensare di piacere a
Blaine se si comportava come un cucciolo di pinguino?
Prese un inesistente respiro e riprovò, cercando di tenere
la voce ferma e non parlare troppo velocemente.
“Tiandrebbedisuonarla?”
Uhm, ok, non aveva funzionato.
Blaine alzò un sopracciglio, ma stava già iniziando a
ghignare.
“Scusa” disse. “ma non ho capito una parola”
Prima che il sorriso divertito sul suo volto fosse completo, Kurt si decise a ripetere la domanda più lentamente.
“Ti… ti andrebbe di suonarla?”
Blaine spalancò gli occhi e Kurt si pentì immediatamente di
aver chiesto una cosa del genere. Ora Blaine si sarebbe sentito in imbarazzo
perché lui aveva chiesto una cosa forse troppo personale, in fondo lo sapevano
tutti che con la musica si mettono a nudo tutte le emozioni, e Blaine –
“Io…d-davvero vorresti sentirmi suonare?”
Il tono speranzoso con cui Blaine aveva posto quella domanda
gli spezzò il cuore. Era la prima volta che lo vedeva così dubbioso ed era davvero
strano.
Dio, certo che sì. Non
aspetto altro da tutto il viaggio, praticamente, pensò Kurt. Di nuovo, non
era il caso di dire una cosa del genere in maniera così…esplicita.
“Mi piacerebbe moltissimo. Solo se vuoi, ovviamente” si affrettò
a precisare, ma Blaine si era già messo seduto e si era girato per prendere la
custodia dello strumento.
Kurt si ritrovò ad osservare una semplice chitarra acustica
di legno chiaro, tenuta in perfette condizioni. Blaine se la appoggiò al petto
e fece scorrere le dita con delicatezza sulle corde, che vibrarono di musica.
Un paio di persone, non molto lontano da loro, si girarono a guardare,
incuriosite.
Blaine gli lanciò uno sguardo timido – uno dei pochi che
Kurt aveva ricevuto da lui, e improvvisamente quel rapporto strano che
condividevano gli sembrò molto più vero – e poi disse, abbassando gli occhi
sulla chitarra: “Non sono granché. Voglio dire, la so suonare, ma me la cavo
meglio con il pianoforte, questa…ehm, se fa pena non ridere, ok?”
Kurt gli lanciò un sorriso incoraggiante, e Blaine chiuse
gli occhi prima di passare di nuovo la mano sulle corde e iniziare a suonare.
Il mondo si svuotò improvvisamene di ogni altra emozione.
Intorno a Kurt non c’erano più il resto dei passeggeri del treno, la campagna o
la notte. Sembrava che Blaine stesse mettendo tutto se stesso nella musica:
cervello, cuore, anima.
C’erano solo Blaine e la sua chitarra, c’era solo la musica
che usciva quasi con timidezza, nonostante Kurt non avesse mai sentito qualcuno
suonare la chitarra così bene.
Ad occhi chiusi, Blaine cominciò a cantare la prima strofa,
e il cuore di Kurt si riempì improvvisamente di tutto.
I came home
in the middle of the night Myfathersayswhatyou
gonna do withyour
life Welldaddydearyou're stillnumber one
Oh girlstheywannahavefun
Oh girlsthey...
La voce di Blaine era meravigliosa. Kurt sapeva che era
stato un membro di un Glee Club rivale – gli Warblers
– e immaginava che fosse bravo perché era difficile credere che Blaine non sapesse
fare qualcosa. Eppure non avrebbe mai pensato che fosse così bravo.
Era eccezionale. La voce si armonizzava perfettamente con
gli accordi della canzone, e man mano che Blaine continuava a cantare, il
desiderio di Kurt di avvicinarsi e abbracciarlo aumentava a dismisura, perché capiva. Anche se non sapeva perché
Blaine tenesse tanto a quella canzone, Kurt capiva cosa provava, sapeva cosa
significasse volere solo una vita normale. Volersi solo divertire un po’ e non
poterlo fare. Sapeva cosa significava non poter vivere la vita come voleva, e
lo sapeva anche Blaine.
Senza che se ne accorgessero questo
li unì più di tutte le chiacchierate, più di tutte le volte in cui Blaine
sfiorò Kurt o Kurt sfiorò Blaine. Semplicemente Kurt iniziò a cantare quando Blaine arrivò alla parte finale della canzone
ed era incredibile come le loro voci sembrassero perfette per essere sovrapposte,
per confondersi e allo stesso tempo rimanere le stesse.
Kurt non riuscì a sentirsi stupido, quando pensò che Blaine
doveva essere l’anima gemella che, al liceo, non aveva mai trovato.
Some boys take a beautiful girl
Oh thentheyhideherawayfrom the rest of the
world Butnot me
I wannabe the one towalk in the sun Girlstheywannahavefun
Oh girlsthey...
Quando Blaine sentì la voce di Kurt unirsi alla sua
fremette, ma non aprì gli occhi e si limitò a sorridere.
Era un sorriso diverso da tutti gli altri che gli aveva
rivolto. Era dolce, spaventato e consapevole insieme. Anche Kurt aveva paura.
Dannazione, aveva una fottutissima paura di
risvegliarsi e ritrovarsi a Lima, quando New York era un sogno lontano e lui
era solo.
Ma era lì, sulla sua strada, e c’era Blaine, e qualsiasi
cosa fosse, non se lo sarebbe fatto scivolare dalle mani.
Quando le ultime note risuonarono nell’aria e le loro voci
armonizzarono l’ultima frase nessun pubblico applaudì – erano stati quasi del
tutto ignorati, in realtà. Quasi nessuno aveva fatto caso a loro
– ma Kurt era improvvisamente di fronte a Blaine, vicinissimo, e Blaine
aveva aperto gli occhi e li aveva piantati nei suoi, impedendogli di
distogliere lo sguardo.
Anche se avesse voluto, Kurt non sarebbe riuscito a guardare
da un’altra parte, perché Blaine gli stava entrando nell’anima soltanto
accarezzandolo con lo sguardo, e sembrava triste e felice allo stesso tempo,
come se si fossero appena trovati dopo essersi cercati per tutta la vita. Kurt
non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che fosse Blaine, ciò per cui si era sempre guardato intorno. Poi, proprio quando
aveva smesso di cercare, Blaine era comparso ed era entrato nella sua vita come
un uragano, come un treno in corsa. Come poteva non aprirgli il suo cuore? Come
poteva non volerlo con tutto se stesso?
In quel preciso istante, proprio lì sotto quell’albero, dopo aver cantato insieme, Kurt seppe di
essersi innamorato di Blaine.
Riusciva a vedere le ombre che proiettavano le sue ciglia
sulle guance, e ormai erano talmente vicini che poteva sentire il suo respiro
sul viso, e Blaine sapeva di menta, sapone e caffè.
Stava abbassando gli occhi, stava semplicemente aspettando
che uno dei due facesse una qualsiasi mossa. Poi Blaine si mosse
impercettibilmente in avanti, e –
“Scusatemi, ma il treno sta per ripartire”
Kurt si allontanò di botto, facendo un saltello
all’indietro. Uno degli addetti alla sicurezza del treno, o in ogni caso uno
del personale, era proprio dietro di loro e li guardava con aria disgustata.
Alle sue spalle, la gente iniziava ad alzarsi e a recuperare
i propri bagagli. Il treno stava davvero ripartendo.
Kurt maledisse in tutte le lingue
che conosceva la persona che li aveva interrotti e che, come se non bastasse,
lì aveva lasciati lì un istante dopo, tornando verso il gruppo di persone che
stava risalendo sul treno.
Blaine era ancora a terra, la chitarra tra le braccia e
l’aria a metà tra lo sbalordito e l’imbarazzato, e anche qualcos’altro che Kurt
non riusciva a decifrare bene. Sembrava…felice?
Kurt considerò l’idea di non dire nulla e recuperare
semplicemente la sua valigia, risalire sul treno e aspettare che succedesse
qualcos’altro, o che non succedesse nulla, ma la verità era che non voleva. Non
voleva che Blaine gli scivolasse tra le mani senza aver fatto niente per permettergli
di entrare nel suo cuore.
Così gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e quello che
disse gli uscì assolutamente spontaneo, così come il sorriso che ne seguì.
“Sono davvero pentito di non essere venuto a spiare gli Warblers quando il mio compagno di squadra, Puck, me l’ha suggerito”
Il sorriso dolce e sorpreso di Blaine ne valeva mille, di
frasi come quelle, e Kurt desiderò poter vedere quello spettacolo per il resto
dei suoi giorni.
Note dell’Autrice
Salve ragazze! Per prima cosa scusatemi tantissimo del
ritardo, sono un disastro, lo so! E’ che ieri avrei dovuto
finire di scrivere il capitolo, ma il pranzo del primo maggio è durato un po’
più del previsto e non ce l’ho fatta. Comunque, eccolo qui. Cosa ve ne pare?
Stavolta ho da dire poche cose.
1-Cosa
ve ne pare delle trovate geniali di Blaine? Quei pezzi si sono scritti da soli,
non li avevo programmati prima! :D
2-La
canzone cantata insieme? Anche quel pezzo è venuto fuori dal
nulla, non doveva essere qui. Credo che Blaine abbia preso possesso della
storia, ragazze. Ops!
3-Il
quasi-bacio? Ehm, lo so, mi odiate
:)
4-Lo
sguardo di Blaine quando apre gli occhi e guarda Kurt. Signore, riguardatevi
l’esibizione di Blackbird, perchéè QUELLO SGUARDO.
5-Avete
sentito la canzone? C’era il link, per chi non l’ha
notato! :D Quella è la versione che immaginavo
suonata/cantata da Blaine. Che ve ne pare?
Bene, ho finito, per stavolta J
Mi raccomando, ci tengo a sapere la vostra opinione riguardo
al capitolo! :D Fatemi sapere cosa ne pensate! :D
“You see through, right to the heart of me
You break down my walls with the strength of you love
I never knew love like I've known it with you”
Il viaggio in treno fino a Harrisburgh fu breve ma intenso.
I due ragazzi erano tornati nel loro scompartimento in
silenzio, senza tuttavia smettere di sorridersi l’un l’altro. Kurt sospettava
che fosse colpa del sorriso di Blaine, così contagioso, se non riusciva più a
distogliere lo sguardo dalla sua bocca. Aveva ormai speso un lasso di tempo
irragionevolmente lungo in quella attività, così fu estremamente grato alla
fortuna, quando Blaine parlò, perché lo costrinse a concentrarsi sulle sue
parole e non sulle sue labbra perfette.
“E così le New
Directions mandano spie nella tana del nemico, eh?”
Il cuore di Kurt accelerò quando ripensò a ciò che quella
frase in realtà celava. Aveva quasi baciato Blaine. Blaine aveva capito che
stava per baciarlo? Non riusciva a smettere di chiedersi cosa passasse per la
testa dell’altro ragazzo, visto che non si era mosso di un millimetro per tutto
il tempo.
Forse l’ho colto di
sorpresa. Di certo ho colto di sorpresa me stesso.
Cosa credeva di fare? Aveva dato al massimo cinque baci in
tutta la sua vita – se non si contavano quelli con Brittany – metà dei quali
accidentali. Blaine come minimo sarebbe scoppiato a ridere di fronte alla sua
evidente inesperienza e goffaggine. Nel peggiore dei casi lo avrebbe spinto
via, dicendo di avere un fidanzato. Cosa mi passa per la testa?
Si riscosse e cercò di formulare una frase di senso compiuto
nonostante la massiccia quantità di scenari inquietanti che gli passarono per
la mente, che includevano baci non proprio casti, bollenti memorie del sogno e
sensi di colpa soffocati a suon di sprangate.
“Sì, beh, ci hanno provato diverse volte” rispose,
gesticolando ampiamente. “Volevano spedirmi a spiarvi più per tenermi lontano
dai loro costumi di scena che altro, ma alla fine l’ho spuntata io. Certo,
siamo dovuti scendere a compromessi sulle piume di struzzo, ma nessuno di loro
si è più lamentato, dopo che abbiamo vinto la sfida della settimana”
“E questo Puck che hai nominato…”
“Noah Puckerman, lavapiscine a tempo perso e delinquente a
tempo pieno” spiegò Kurt affettuosamente. “Spesso sembravamo più un centro
sociale specializzato in sfigati che un gruppo di canto corale coreografato”
Blaine ridacchiò, appoggiandosi al bracciolo tra i loro
sedili e reggendosi la guancia con la mano.
Adorabile, pensò
Kurt facendo scorrere lo sguardo sulla fossetta al lato della sua bocca e sulle
guance arrossate. Assolutamente adorabile.
“Raccontami qualcosa di loro” mormorò con pacatezza.
Kurt rise e sprofondò nel sedile.
“Aneddoti divertenti e spaventosi o gloriosi ed epici?”
domandò scrutando il soffitto. Blaine gli appoggiò la mano sul braccio, sopra
la stoffa della maglia, e Kurt riportò lo sguardo sul suo viso.
“Metà e metà?” propose stringendosi nelle spalle.
“Ok”
Blaine si sistemò meglio sul suo sedile alla ricerca di una
posizione comoda e a Kurt sfuggì un sorriso intenerito, visto che sembrava un
bambino che si accoccolava sotto le coperte per sentire una storia.
“In tre anni siamo rimasti più o meno gli stessi membri”
iniziò a raccontare mentre giocherellava con il ciondolo che portava al collo.
Era quello a forma di stella che era appartenuto a Rachel e che lei gli aveva messo
al collo un paio di sere prima, quando lo stava aiutando a fare le valigie. Per ricordarti di me, aveva detto. Come
se potesse dimenticarla.
“Qualcuno si è aggiunto, qualcuno è mancato per un po’ di
tempo, ma alla fine siamo cresciuti insieme”
Dio, come gli mancavano. Come poteva far capire a Blaine
cosa avevano significato per lui con il solo utilizzo delle parole? Poi ebbe
un’idea.
“Aspetta”
Sotto lo sguardo incuriosito del ragazzo tirò fuori il
telefono e cercò un po’ tra le cartelle delle immagini, fino a trovare quello
che cercava.
Allo sguardo interrogativo di Blaine commentò con “Supporto
visivo”, avvicinandosi fino a sfiorarlo per mostrargli la cartella “Don’t stop
Believing” sullo schermo.
Blaine scivolò di nuovo verso di lui e inclinò la testa a
pochi centimetri dalla sua spalla, senza però appoggiarsi.
Oh, dai, spostati un
altro pochino, supplicò Kurt nella sua mente. Solo un po’.
Porcellana, il tuo
amico hobbit sta aspettando che tu apra la bocca. Hai bisogno di un integratore
alimentare?, lo prese in giro la coach Sylvester.
Kurt si riscosse e aprì l’album, perfettamente consapevole
del viso di Blaine a pochi centimetri da lui.
La prima foto raffigurava il professor Schuester e Rachel,
vicino al pianoforte della loro aula di canto, che bisticciavano per un assolo.
Finn era seduto lì vicino e si passava una mano in viso con pacata rassegnazione.
“Cominciamo bene” mormorò Kurt, ridacchiando tra sé e sé.
“Lei è Rachel, ce l’hai presente perché ne abbiamo parlato” disse
passando l’indice sopra la ragazza nella foto. Blaine annuì e i suoi ricci
ricoperti da un quintale di gel sfiorarono appena il collo di Kurt.
“Bene”
Kurt cercò di convincersi che il tremolio della sua voce non
ci fosse stato veramente, ma fosse stato una mera allucinazione.
“Lui invece è il professor Schuester, il nostro ex-direttore, nonché babysitter. Si commuove
ad ogni esibizione e ha qualche problema a capire gli adolescenti, ma è un
ballerino fantastico. Un po’ troppo fissato con la dance music, il realtà”
“Ehi” protestò Blaine voltandosi verso di lui. “Cos’hai
contro la dance?”
Risero entrambi e Kurt indicò il terzo componente della
foto.
“Finn era il co-leader del Glee Club. Quarterback un po’
tonto, era convinto di aver messo incinta la sua ragazza, la capo cheerleader
Quinn, ma il realtà il padre del bambino era il suo migliore amico, Puck – quel
Puck, sì – e lui l’ha lasciata ed è finito con Rachel. Dopo vari tira e molla,
perché anche Rachel l’ha tradito con Puck, sono tornati insieme e si sono quasi
sposati, ma Quinn – che ha lasciato la bambina alla madre naturale di Rachel,
che è stata adottata da una coppia di gay – ha avuto un incidente ed è finita
sulla sedia a rotelle e il matrimonio non si è più fatto. In ogni caso mio
padre voleva fermarlo, perché Finn è il mio fratellastro. E’ il figlio della
moglie di mio padre – Carole – e…”
“Oh santo cielo” esclamò Blaine ad occhi sgranati. “Sembra
la trama di una serie televisiva, Kurt! Dovresti prendere in considerazione
l’idea di scriverci un libro o qualcosa del genere”
Kurt ridacchiò e sorrise affettuosamente alla foto. In
effetti ci si poteva fare qualcosa. Un musical, magari…
“Già, sono terribili” disse a Blaine. “In tre anni ne sono
successe di tutti i colori, tra intrecci e drammi, ma…”
Fece una pausa, per raccogliere le idee. “Alla fine siamo
diventati una famiglia” mormorò con una punta di nostalgia e tristezza nella
voce. “E’ stata dura separarsi, ma il tempo passa anche quando cerchi di
fermarlo”
Accarezzò lo schermo del cellulare con il pollice,
strofinando la foto come se toccandola potesse ripercorrere quei momenti, e
tenne gli occhi bassi.
Blaine sospirò piano e quando Kurt sentì il suo viso premere
lentamente, leggero come una piuma, sulla sua maglia, il suo cuore perse un
battito. Blaine gli appoggiò la guancia bollente nell’incavo tra il collo e la
spalla e il suo respiro caldo gli solleticò il mento, mandandogli brividi lungo
la spina dorsale. Kurt non riusciva a pensare chiaramente, con Blaine così vicino.
Ci volle tutto l’impegno di cui disponeva per realizzare che
Blaine aveva percepito la sua tristezza e aveva agito di conseguenza,
avvicinandosi per dargli conforto con quel soffice contatto fisico.
Kurt spese fino all’ultima goccia di determinazione – quella
poca che gli era rimasta – per non lasciarsi sfuggire il sospiro di piacere che
era salito alle labbra e premeva per uscire.
Proprio quando credeva di avere più o meno la situazione
sotto controllo, ecco che Blaine lo fece sciogliere di nuovo come un ghiacciolo
al sole, sussurrando: “Sono sicuro che
troverete il modo di rivedervi presto”
Il suo tono basso non faceva altro che fargli correre
brividi di eccitazione lungo tutto il corpo. “Adesso ci sono skype o facebook
ed è decisamente più facile rimanere in contatto”
Oh. Stava davvero cercando di farlo sentire meglio. Blaine
capiva, perché probabilmente stava passando la stessa cosa – in fondo anche lui
era in viaggio da solo – e lo stava consolando nel modo più semplice e dolce
del mondo, con un tocco soffice e qualche parola mormorata, come se si
conoscessero da una vita e fosse semplicemente la milionesima volta che lo
facevano. Come se sapesse esattamente cosa fare.
La vicinanza, il calore e quella piccola bolla di felicità
che gli esplose nello stomaco lo fecero sciogliere e riprese a respirare,
rilassandosi sul sedile e allungando la spalla per permettere a Blaine di
sistemarsi meglio. Era un chiaro invito e sperava che lo cogliesse. Blaine
seguì lentamente il movimento di Kurt e la sua guancia premette con naturalezza
sulla stoffa leggera della maglia, strofinando appena alla ricerca della
posizione più comoda.
Kurt alzò gli occhi per guardare il paesaggio notturno che
scorreva velocemente e colse con la coda dell’occhio il loro riflesso sul
finestrino. Il suo cuore perse un paio di battiti ancora, saltandogli in gola:
il riflesso tremolante e confuso sul vetro sporco pareva uscito da un sogno
sbiadito e non riusciva a distogliere lo sguardo, perché sembrava tutto
talmente vero da far male.
Erano appoggiati l’uno all’altro ed era la cosa più dolce
che avesse mai visto.
Gli faceva venir voglia di piangere, ridere e baciarlo,
perché Blaine stava sorridendo e Dio,
era talmente bello da togliere il fiato.
“Quindi questa Rachel è quasi diventata tua cognata”
constatò Blaine a voce molto bassa, interrompendo i suoi pensieri.
Perfino nella sua voce attutita Kurt riusciva a percepire il
sorriso che gli illuminava il volto.
Chissà se sorride
anche quando bacia…
“E’ egocentrica, drammatica e completamente fuori di testa.”
Gli bruciavano gli occhi e si sentiva come se avesse qualcosa incastrato in
gola. Erano troppe sensazioni, tutte insieme.
Non piangere. Non
piangere, dannazione.
“E’ la mia migliore amica”
Oh, non voleva dirlo con quel tono lacrimoso…
Blaine si mosse impercettibilmente e i suoi capelli gli
sfiorarono di nuovo il mento.
Kurt, miracolosamente, riuscì a ricacciare indietro le lacrime.
Blaine era come un balsamo fresco sulla pelle scottata: un
sollievo. Con un minuscolo gesto riusciva a farlo stare meglio e Kurt era
sempre più convinto di essersi perdutamente, irreparabilmente innamorato di
lui.
“E la ragazza incinta che poi finisce sulla sedia a
rotelle?” domandò Blaine con un mezzo sorriso.
Che pettegolo.
Kurt rise debolmente e tirò su col naso.
“Oh, lei! Beh, è uscita con Sam, che però è stato con
Santana, e poi con Mercedes, e Quinn è tornata con Puck, il padre della bambina,
che però per un periodo ha avuto una storia con la madre di Rachel, e anche con
Rachel, e…”
Kurt si lanciò di nuovo nel suo racconto, Blaine ascoltò con
attenzione e risero insieme delle numerose disavventure delle New Direction,
mentre la nostalgia scivolava via silenziosamente dal suo corpo e le prime luci
della stazione di Harrisburgh si affacciavano all’orizzonte.
*
“Che cosa significa, non ci sono treni per New York?”
Kurt Hummel era solito definirsi una persona relativamente
calma – pericolosa, sì, ma calma – perciò si stupì dell’improvvisa sete di
sangue che gli ribollì nelle vene di fronte a quel cretino dall’altra parte del
vetro della biglietteria, che aveva a stento abbandonato il suo fumetto per
rivolgergli un’attenzione davvero scarsa.
In quel momento, in particolare, quel tipo lo stava
guardando mezzo annoiato e mezzo addormentato, come se non fosse affatto
toccato dal suo dramma. Il problema era che Kurt stava per ‘toccarlo’ con
qualcosa di estremamente pesante, pericoloso e contundente, come ad esempio una
mazza ferrata, se non si fosse degnato di trovare una soluzione decente.
Di fronte al suo sguardo furente, quello si stiracchiò con
calma – ma non si era accorto che stava cercando di ridurlo ad un inutile
mucchietto di cenere con una sola occhiata? – e masticò con flemma la gomma che
aveva in bocca. Kurt sperò che gli finisse nell’esofago e soffocasse, ma quando
non successe niente prese un respiro molto profondo per calmarsi – non poteva
ucciderlo, era l’unico bigliettaio che aveva – e riprovò.
“Lei mi sta dicendo che il prossimo treno per New York è
domani mattina alle nove” disse cercando di mantenere un tono di voce calmo.
Quello, per tutta risposta, fece scoppiare la bolla della
gomma con aria annoiata.
“Senti, amico, vi ho rimborsato i biglietti, ma più di così non posso fare. Se
il treno non c’è non è che posso farlo comparire dal nulla su un binario
immaginario”
Il sopracciglio di Kurt scattò verso l’alto come un fulmine.
“E cosa dovremmo fare, allora?”
Qualcuno doveva
aver notato la nota pericolosa che ribolliva nel suo tono leggermente più basso
del normale, perché una mano calda si posò sul suo gomito e Blaine si fece
avanti per sbirciare dietro al vetro che li separava dal bigliettaio.
“Ehi, amico” disse in tono cordiale. “Non è che sai dove
possiamo passare la notte, per caso? C’è una sala d’attesa?”
Quello, vagamente rincuorato dal tono amichevole di Blaine
in netto contrasto con quello assassino di Kurt, sembrò molto più
collaborativo.
“La sala d’attesa è chiusa. L’anno allagata per sbaglio”
Kurt sgranò gli occhi e perfino Blaine, dall’alto della sua
calma al limite dello zen, alzò un sopracciglio.
E’ una barzelletta.
“Però c’è un motel a cento metri da qui. Dovete solo uscire
dalla stazione e attraversare la strada”
Indicò con un gesto blando del braccio l’uscita, sulla
sinistra.
Quando il bigliettaio lanciò l’ennesima occhiata di profondo
rammarico al suo fumetto Blaine sembrò capire che era il caso di lasciar
perdere, perché sospirò e mormorò un “Grazie”, facendo un paio di passi
indietro per sedersi su una panchina lì di fianco e passarsi con aria stanca le
mani sulla nuca.
“Che si fa?” chiese, alzando gli occhi dorati su Kurt.
Ma Kurt non lo stava ascoltando, stavolta, visto che era già
partito per la tangenziale.
“Non ci posso credere” stava blaterando, misurando ad ampi
passi il pavimento della stazione, girando in tondo sempre sulle stesse sei
piastrelle, avanti e indietro. “Io non posso dormire su una panchina. In una
stazione. Sala d’attesa allagata? Io ce lo affogo! Oh, ucciderò quelli della
compagnia, mi sentiranno! Le creme. Oddio, la mia pelle non sopravviverà.
Diventerà tutta secca e – rughe. Mi
verranno delle maledette rughe”
Si prese le guance tra le mani, praticamente sull’orlo di
una crisi di nervi.
“Nessuno mi vorrà più, la mia carriera è finita ancora prima
di iniziare”
“Kurt…”
“Non arriverò mai a New York” sussurrò Kurt imperterrito,
fermandosi nel bel mezzo della stazione. “E se ci arriverò, dovrò vivere sotto
al ponte di Brooklyn, perché sono un uomo finito a soli diciott’anni”
“Kurt”
“Non voglio fare il barbone!”
“Kurt!”
Blaine si era alzato dalla panchina e si era piazzato di
fronte a lui, appoggiandogli dolcemente le mani sui gomiti per attirare la sua
attenzione.
“Non finirai sotto ad un ponte” dichiarò divertito. “Il
prossimo treno è domani mattina, quindi a meno che non vuoi andare a piedi a
New York dobbiamo trovare un posto dove dormire”
Incomprensibilmente Blaine arrossì alle ultime parole, ma
non sviò lo sguardo. Molto raramente interrompeva il contatto visivo, aveva
notato Kurt.
Una cosa di Blaine che adorava e temeva allo stesso tempo
era la sua capacità di inchiodarti sul posto con lo sguardo e guardarti come se
fosse in grado di leggerti dentro.
Il cervello di Kurt finalmente collegò le cose tra loro –
Kurt immaginò la coach Sylvester intenta a sfiancare i suoi poveri neuroni a
suon di frullati di ormoni di procione – e arrossì furiosamente.
“Ehm” mormorò, non riuscendo nemmeno a muoversi, visto che
Blaine lo teneva ancora per i gomito con delicatezza.
Forza, Kurt, puoi
farcela, si disse cercando di prendere un bel respiro. Prendi in mano la situazione.
“Non so tu, ma io
preferirei dormire su qualcosa che assomigli ad un letto, piuttosto che
rimanere a fissare le rotaie fino a domani mattina” disse.
Blaine si rilassò visibilmente, e quando si accorse di star
ancora trattenendo Kurt per le braccia abbassò lentamente le mani e sorrise.
“Magari possiamo andare a chiedere a quel motel” mormorò
tirando fuori il telefono dalla tasca e controllando l’ora. “Non è ancora
mezzanotte”
Kurt cercò di trattenere la sua fantasia, ma ormai quella era già partita al
galoppo, edificando scenari molto bollenti a tema Cenerentola, troppo per i
suoi standard – ma a quanto pare non per i suoi sogni.
“Mi sembra una buona idea” riuscì a dire nonostante la gola
secca. Di certo non aiutò il fatto che Blaine si passò inconsciamente la lingua
sul labbro inferiore.
Oddio, pensò con
un guizzo di panico. Devo controllarmi.
Non posso andare avanti così.
Blaine andò a recuperare chitarra e borsone e si voltò verso
di lui con un sorriso timido.
“Andiamo?”
Kurt annuì, cercando di simulare una tranquillità che
decisamente non possedeva.
Oh, chi voglio
prendere in giro, gemette nella sua testa. Come se non si fosse accorto che sono completamente fuori di testa.
Sono gli ormoni,
faccia da pizzichi, commentò malignamente Sue. Dopo la lunga ibernazione alla quale li hai sottoposti, ora si sono
risvegliati e sono completamente fuori controllo.
Kurt ringraziò a lungo la fortuna che impedì a Blaine di
sentire il singulto di panico che gli sfuggì dalle labbra.
Sono nella merda fino
al collo.
Il Bed&Breakfast ‘Midnight’ non era di certo un edificio
lussuoso, ma Kurt si sentì decisamente sollevato quando vide un vaso di fiori
sopra al bancone della reception e nessuna prostituta. Lui e Blaine arrancarono
dentro, trascinandosi dietro le valigie – Blaine gli aveva persino tenuto
aperta la porta. Inutile dirlo, ma Kurt si era sciolto come un ghiacciolo al
sole – e aveva giusto iniziato a guardarsi intorno con occhio critico quando
una signora paffuta sulla cinquantina spuntò fuori da sotto il bancone e regalò
ad entrambi un enorme sorriso.
“Salve!” esclamò, pulendosi le mani sul grembiule ricamato.
“Benvenuti ad Midnight! Posso fare qualcosa per voi?”
Porse loro la mano e Blaine fu il primo a stringerla.
“So che è un po’ tardi” disse con un sorriso di scuse che,
secondo Kurt, avrebbe intenerito anche il più duro dei cuori. “ma abbiamo perso
il treno e cercavamo un posto per la notte”
Ecco, fai gli occhioni
dolci. Vedrai che ci lascia l’intero edificio, pensò Kurt osservando Blaine
sbattere le ciglia.
La signora si sciolse – come volevasi dimostrare - e strinse
vigorosamente la mano anche a Kurt.
“Oh, siete fortunati!” esclamò. “Mi è rimasta una camera
doppia, ma è con letti separati. Va bene lo stesso?”
Lanciò loro un’occhiata curiosa, ma non schifata, e Kurt si
rilassò visibilmente prima di realizzare pienamente ciò che la donna aveva
appena detto.
‘Camera doppia’ equivaleva a ‘dormire con Blaine’.
Blaine, il ragazzo carino, conosciuto in treno quindici ore
prima, quello del quale si era innamorato contro ogni logica umana.
Ops.
Blaine si voltò verso di lui, esitante.
“Per te va bene se…” fece un gesto blando con la mano. Non
c’era bisogno che finisse la frase, perché Kurt l’aveva già completata nella
sua testa.
Dormiamo insieme?
Considerò la situazione molto velocemente. Era mezzanotte,
c’era una sola camera e lui aveva bisogno delle sue creme per la notte. E
Blaine era Blaine.
Cliché. La sua
vita era un grandissimo, inutile, emozionante cliché.
“Non c’è problema” disse cercando con lo sguardo qualche
segno di fastidio sul viso dell’altro. Ma non ne trovò. Anzi, Blaine sorrise
lievemente quando prese in consegna le chiavi e per tutto il tragitto fino alla
camera 14. Kurt lo seguì lungo lo stretto corridoio in silenzio.
Era una situazione assurda, ne era consapevole. Fortuna,
magari.
O uno scherzo del destino. In ogni caso c’era qualcosa, in
quello che stava succedendo, che lo attirava come una calamita. Blaine era lì,
avrebbero passato la notte nella stessa stanza – tutta la notte – e magari avrebbero parlato ancora.
Kurt non aveva dimenticato di averlo quasi baciato – se lo
ricordava anche troppo bene – ed era ora più che mai consapevole del corpo
bollente di Blaine a pochi passi da lui.
Tutta la situazione si stava caricando di aspettativa e
nonostante una parte di lui – il cucciolo di pinguino, la sua nemesi – voleva
fuggire a gambe levate da tutta quella tensione sessuale, l’altra era terribilmente
eccitata all’idea di lui, Blaine e un letto negli stessi tre metri quadrati.
Smise persino di domandarsi che cavolo stesse succedendo ai piani bassi.
Aveva ragione Sue. Aveva perso completamente il controllo
dei suoi ormoni e in quel momento non riusciva a preoccuparsene.
Blaine gli sorrise prima di infilare la chiave nella
serratura e tutto andò al posto giusto. Finché continuava a guardarlo così, il
resto non importava.
La loro stanza era carina, molto più accogliente di quanto
Kurt si fosse aspettato, nonostante fosse comunque molto piccola e modesta.
Le pareti erano di un bel verde brillante e c’era una
finestra che dava sul giardino del retro, del quale si vedeva poco a causa del
buio della notte.
I due letti erano uno a poca distanza dall’altro, divisi
semplicemente da un comodino in legno chiaro. Kurt apprezzò particolarmente le
coperte dorate: risaltavano il verde delle pareti, rendendolo in qualche modo
più bello.
La parete di sinistra era spoglia, mentre su quella di
destra, proprio al centro, c’era la porta del bagno.
Il pavimento era una semplice moquette marrone scuro, un po’
più chiara in alcuni punti, dov’era rovinata. ma nel complesso, a Kurt piacque
molto.
Non era di certo una stanza da hotel a quattro stelle, ma
era…accogliente. Kurt si costrinse a non pensare al termine ‘intima’ con Blaine
così vicino.
“Però” commentò Blaine guardandosi intorno con
soddisfazione. “Non è male”
“Sì, è davvero carina” rispose Kurt appoggiando all’angolo libero la sua
valigia. “Mi piacciono i colori, e se non altro non dobbiamo dividerla con topi
grandi come rinoceronti”
“Abbi fiducia nei motel d’america, Kurt” scherzò Blaine.
Kurt gli si affiancò e osservarono insieme la stanza per un
istante.
“Fa tanto film horror, secondo te? Voglio dire, e se la
signora della reception fosse una sorta di Serial Killer?”
Blaine ridacchiò di fronte alla sua finta espressione
preoccupata e gli diede una spallata scherzosa.
“Io non andrò di certo avanti in mutande a controllare, se sento qualche
rumore. Non ho mai capito perché la gente dei film horror sia così stupida”
rispose scuotendo la testa. “Anzi, sai che ti dico? Posso dormire sul letto più
vicino alla porta? Voglio morire per primo e non sapere come va a finire”
Tirò fuori i suoi occhi a cucciolo smarrito e Kurt stava per
dirgli che ‘certo, puoi dormire dove vuoi, anche sopra di me’ quando si rese
conto della sua profonda idiozia e si ritrovò a ridere per non piangere,
andandosi a sedere sul letto di sinistra. Quello lontano dalla porta,
ovviamente.
Blaine aveva comunque un’incredibile capacità di farti
sentire a tuo agio in ogni occasione. Con lui l’imbarazzo di Kurt durava
ridicolmente poco. Si sentiva diverso, come se con lui potesse essere… Kurt. Solo Kurt.
Blaine appoggiò cautamente la chitarra alla parete e poi il
borsone sopra al suo letto.
“Kurt?” chiamò timidamente. Kurt si voltò verso di lui,
sorpreso ma con un gran sorriso idiota stampato in viso. Adorava il modo in cui
Blaine pronunciava il suo nome ed era una cosa terribilmente ridicola.
“Mhm?” chiese stiracchiandosi.
“Ti dispiace se vado a farmi una doccia?” domandò Blaine
massaggiandosi la nuca. Aveva forse le guance rosse di imbarazzo? In effetti
anche Kurt sentiva improvvisamente molto caldo. Che fossero accesi i
riscaldamenti, nonostante fosse fine estate? “E’ stata una lunga giornata”
aggiunse Blaine, come per giustificarsi.
Kurt si ritrovò a balbettare la risposta.
“No, no, c-certo che no! T-tranquillo!” esclamò arrossendo
fino alla radice del capelli. Si voltò per dargli le spalle e fissare la parete
vuota. “Io aspetto qui. Fermo. Sul letto. Cioè, è ovvio che aspetto qui e – Sì.
Aspetto. Uhm”
Cercò disperatamente di trattenere i pensieri e di non
permettere loro di finire dove non avrebbero dovuto, ma –
Troppo tardi.
Un’immagine sfocata di Blaine sotto il getto di acqua
bollente, circondato solo dal vapore, lo colpì come un treno in corsa
lasciandolo boccheggiante lì, sul letto.
Senza che riuscisse a fermarla la sua immaginazione lo
proiettò nella stanza dall’altra parte del muro, immerso nel calore, mentre il
corpo bollente di Blaine era premuto contro il suo e le sue labbra scivolavano
sulla pelle bagnata e la mano scendeva fino allo stomaco e –
Oddio.
Kurt si portò una mano alla guancia solo per sentire la pelle
bruciare sotto al suo tocco lieve. Non che avesse bisogno di toccarsi la faccia
per sapere cosa stesse succedendo. Qualcuno, laggiù, stava di nuovo mandando brividi a tutto il corpo, alla
evidente ricerca di attenzioni.
Merdamerdamerda.
“Allora ok” mormorò Blaine timidamente a nessuno in
particolare. Senza incontrare il suo sguardo frugò un po’ nel borsone e prese
un paio di vestiti – a Kurt sembrò di intravedere con la coda dell’occhio un
paio di pantaloni della tuta e una t-shirt bianca – e si tolse le scarpe. Poi
si frugò nelle tasche, tirando fuori il cellulare e una serie di foglietti di
carta, tutti scritti. Ridacchiò nervosamente e borbottò qualcosa come “ma
perché giro con tutta questa carta?” e li appoggiò sul letto di fianco al suo
borsone.
Kurt si fissò le mani, cercando disperatamente qualcosa da
dire o da fare per impedire alla sua mente di finire sotto la doccia con
Blaine, senza vestiti, fino a che non venne distratto da un sospiro quasi
impercettibile e poi il lieve fruscio di vestiti sfilati.
Oh mio dio.
Non guardare, non
girarti, non guardare, non…
Merda.
Kurt alzò di scatto il viso da sopra la spalla solo per
trovarsi davanti Blaine, senza maglietta, voltato di spalle.
Non riuscì nemmeno a deglutire, figuriamoci a muoversi o a
distogliere lo sguardo.
Blaine aveva la pelle piuttosto scura e abbronzata e,
nonostante sembrasse molto magro, era in realtà un fascio di muscoli, a
cominciare dalle braccia per finire con l’ultima parte della schiena, dove –
Oh, Dio – c’erano delle meravigliose fossette, sopra le quali Kurt immaginò di
passare le dita. I pantaloni erano calati sui fianchi e lasciavano scoperto
l’elastico dei boxer e Kurt si ritrovò a ringraziare che li avesse ancora
addosso, o non avrebbe più risposto delle proprie azioni.
Poi notò qualcosa che gli tolse completamente il respiro. Proprio
all’altezza dei reni, giusto sopra l’elastico dei boxer, c’era una lunga
cicatrice, più chiara rispetto alla pelle, uno squarcio che gli attraversava i
fianchi da sinistra a destra per tutta la lunghezza della schiena. Kurt dovette
costringersi a rimanere fermo per trattenere l’impulso di alzarsi e passare le
dita sopra quella sottile linea rosa, con delicatezza, chiedergli come se l’era
fatta, passarci le labbra per lasciare una scia di baci…
Moriva dalla voglia di toccarlo, e se Blaine si fosse girato
–
Doveva smetterla di comportarsi da maniaco, maledizione!
Pregò ardentemente che Blaine non fosse in grado di leggere
nel pensiero, perché altrimenti avrebbe dovuto spiegare un bel po’ di cose.
Con un ultimo lieve sospiro Blaine andò verso il bagno,
senza voltarsi verso di lui né dare segno di essersi accorto che Kurt se lo
stava mangiando con gli occhi. La porta si chiuse alle sue spalle con un
soffice tonfo. Ma era troppo tardi, perché Kurt aveva scorto una porzione del
suo viso.
Ed era rosso tanto quanto il suo.
Quando sentì Blaine accendere l’acqua della doccia e il
rumore della tenda che scorreva gli giunse alle orecchie, decise che doveva
distrarsi, o avrebbe fatto qualcosa di terribilmente stupido, come fare
irruzione in bagno.
E davvero non era il caso.
Si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcosa da fare
e notò sopra al letto di Blaine la marea di foglietti e post it colorati che
aveva tirato fuori dalle tasche, neanche fosse un prestigiatore.
No, Kurt, si impose.
Non puoi farti gli affari suoi così. Se
vuoi sapere qualcosa chiedi. Non farlo. Non andare a leggerli.
Ma Kurt Hummel era una persona terribilmente curiosa, lo
sapevano tutti.
Quando la sua coscienza, con la voce di Sue Sylvester,
commentò con Se in Vietnam avessi fatto
come te ora sarei nient’altro che un mucchietto di cenere, si alzò e si
passò una mano sul viso, tirando fuori un gemito strozzato.
Oh, al diavolo!
Si avvicinò cautamente a quella marea di carta colorata,
sbirciando con fare curioso e stando bene attento al suono della doccia in
bagno.
C’erano un paio di scontrini, di cui uno del Lima Bean. Krut
lo fissò sorpreso. Quante volte era stato in quel locale? E non aveva mai
incontrato Blaine? Poi si ricordò che Blaine era di Westerville. Difficilmente
sarebbe venuto a prendere il caffè a Lima, facendosi due ore di macchina.
Doveva essere stata una visita occasionale. Non riuscì a leggere la sua
ordinazione, sfortunatamente. In quel punto di scontrino c’era l’alone che
aveva lasciato la tazza di tè o caffè che Blaine doveva averci appoggiato
sopra.
C’erano un paio di post-it verdi. Kurt spostò appena il
primo, che diceva “La cena è nel frigo” per leggere quello sotto, che invece
recitava: “Siamo andati al party del senatore Willbour. Non torniamo prima
dell’ora di pranzo, quindi dovrai andare in stazione da solo. Chiamaci quando
sei in viaggio. Mamma”.
Kurt spese un minuto a riflettere su quello che aveva appena
letto. I genitori di Blaine non dovevano essere molto attenti a loro figlio, se
non si erano nemmeno presi la briga di accompagnarlo in stazione. Kurt
ricordava di averlo visto da solo. Eppure, quando Blaine gli aveva parlato di
sua madre e della sua religione, non aveva notato rancore o cose simili.
Tuttavia, Blaine era stato con lui dall’inizio del viaggio, e Kurt non l’aveva
visto fare nessuna telefonata. Forse era solo bravo a mascherare i suoi
sentimenti.
Gli altri foglietti erano un insieme di scritte stupide di
probabili vecchi compagni di scuola, roba del tipo ‘Warbler una volta, Warbler
per sempre’ o ‘puoi pagare le mie bollette?’. Un paio di numeri di telefono
scribacchiati sul bordo di un biglietto da visita di un negozio di musica,
‘Violet Violin’, e un indirizzo, ’45° strada, Rockabilly’.
L’ultimo post-it, di un fucsia accecante, attirò
l’attenzione di Kurt più di tutti gli altri.
Lo prese delicatamente in mano e fissò la scritta fino a che
non realizzò che era un appuntamento.
Provino
13/09/2012
Ore 15
NYC
Kurt sfiorò con la punta delle dita la scritta in nero.
Quella era la calligrafia di Blaine? Era buffa, rotonda. Faceva il ricciolo
alla fine delle ‘o’, e –
Un momento.
Blaine aveva un provino? A New York? Era quello che andava a
fare, quindi? Un provino? Se andava a fare un provino, questo implicava che
andava a vivere nella Grande Mela o no?
Kurt sobbalzò quando sentì Blaine chiudere il getto d’acqua,
dall’altra parte della porta.
Rimise il foglietto dov’era, sentendosi un cretino, e cercò
di scacciare i pensieri e i sensi di colpa. Decise che farsi una bella doccia
non era poi così tanto una cattiva idea – anche se entrare nella stessa vasca
dove fino a cinque minuti prima era stato Blaine senza vestiti lo faceva sentire un pazzo – e si piegò sulla sua
valigia per tirare fuori le cose da portarsi in bagno.
Non si sarebbe mica spogliato davanti a Blaine tanto per
provocarlo, come invece aveva pensato bene di fare qualcun altro!
Ma mentre le sue mani vagavano per la valigia alla ricerca
dello scrub alle alghe notò che la zip davanti era aperta.
Infilò la mano nella tasca, perplesso, e i suoi polpastrelli
incontrarono il bordo di un foglio di carta ripiegato in malo modo.
“Ahi!”
Tirò fuori la mano e il foglio, succhiandosi l’indice con
una smorfia. Si era tagliato.
Sul foglio – un normale F4 da computer – c’era il suo nome.
Kurt lo girò, perplesso, e i suoi occhi caddero su una
lettera, scritta a mano, piena di cancellature.
Non ebbe bisogno di guardare la firma per capire, aveva
riconosciuto la calligrafia disordinata fin da subito.
Era di Dave.
Angolo dell’Autrice
Angolo di
Blaine
Salve, care lettrici di On My
Way! Qui parla Blaine Anderson! Finalmente sono riuscito ad appropriarmi ufficialmente della tastiera di Selene,
e sento il bisogno di chiedervi scusa, perché questo non è il capitolo che
doveva esserci. Esatto, ragazze, sono intervenuto con un sacco di cose inutili –
tipo togliermi la maglietta davanti a Kurt, quella sì che è stata una grande
idea – quindi se voi aspettavate delle spiegazioni su Dave, e vi assicuro che
le aspettavo anche io...beh,dovrete
aspettare martedì prossimo, perché per colpa mia questo capitolo è venuto di
tipo 5400 parole.
Scusate, mi dispiace!
In ogni caso, non prendete
questo capitolo come un capitolo di passaggio, perché sembra che Selene no dica
niente, lo so, ma in realtà dovete
leggere tra le righe. Molto attentamente, tipo con la lente diingrandimento, ma ci sono cose tra la roba che scrive, che poi vi saranno utili per capirci qualcosa
in futuro. Parola di Warbler!
Ora, prima che il capo venga a
riprendersi la tastiera, ditemi. Non sono stato adorabile con Kurt? Non sono un
cucciolo adorabilmente adorabiloso? *-* Arf!
E la canzone che introduce il
capitolo? Sì, è I have nothing! Selene ha sviluppato una morbosa fissazione per
quella canzone, pensate che continua a girare per casa in pigiama, borbottando “Who’s
Chandler?” e “Tell me you’re unhappy”. Fa paura, davvero.
Ah, c’era una cosa che volevo
dirvi prima che Selene riprenda la tastiera con la forza, riguardante i miei
segreti, ed è –
Blaine Anderson Warbler, eclissati dalla tastiera, ora!
“Regrets collect like old friends
Here to relive your darkest moments
I can see no way, I can see no way
And all of the ghouls come out to play”
Kurt amava definirsi un tipo molto attento ai dettagli.
Il perfezionismo era una caratteristica che non poteva
mancare né in moda né in musica, perché era con quello che l’outfit diventava
il migliore o l’esibizione raggiungeva il top.
Amava quel lato di sé, l’essere in grado di cogliere
tutte le sfumature, anche la più piccola.
Era l’ennesima dimostrazione della sua particolarità, del
suo essere diverso, speciale.
Per questo si soffermò per un minuto che parve infinito
ad osservare la lettera che stringeva tra le mani, senza leggerla, limitandosi
a sfiorarne i bordi stropicciati con i pollici.
Aveva bisogno di cogliere i dettagli, per capire.
Doveva essere stata infilata nella sua valigia di fretta,
probabilmente in un momento in cui non stava guardando. Ma Dave era stato a
casa sua una sola volta, più di due mesi prima.
La lettera era stata scritta a mano con inchiostro nero
ed era piena di macchie e cancellature, nessuna delle quali abbastanza profonda
da nascondere le parole che Dave aveva voluto eliminare.
Kurt distolse lo sguardo e la voltò dalla parte bianca,
prendendo un respiro profondo per calmarsi e riflettere con lucidità.
Tutto, in quelle poche righe, gridava fretta.
La calligrafia più disordinata del solito, la firma scarabocchiata in fondo,
persino il modo in cui era stata piegata in quattro con scarsa precisione
lasciavano poco spazio all’immaginazione.
Riusciva quasi a vedere Dave mentre faceva scorrere
frettolosamente la penna sulla carta, mentre si passava le mani sui capelli
corti con un gemito di frustrazione e poi ripiegava il foglio a caso, senza
avere il coraggio di guardarlo o di rileggere.
Cos’è successo, Dave? Cosa devi dirmi, adesso?
Kurt non voleva leggere. Dopo aver parlato con Carole si
era schiarito un po’ le idee, realizzando quanto la moglie di suo padre avesse
ragione.
Il passato era passato e lui voleva con tutta l’anima
lasciarsi alle spalle l’estate appena trascorsa e che ora era agli sgoccioli,
perché in nessun modo avrebbe potuto cambiare quello che era successo.
Non si poteva tornare indietro e agire diversamente, per
quanto il rimorso fosse doloroso. Poteva dimenticare, però. Chiudere tutto in
un cassetto e andare avanti. Sarebbe stato facile, no?
Non era innamorato di Dave.
Avrebbe potuto esserlo, alla lunga, se solo Dave non
fosse scappato tutte le volte in cui la situazione iniziava a sembrare reale.
Ormai però non c’era più posto per gli ‘e se...?’, e nemmeno voleva pensarci.
Sarebbe stato terribilmente semplice e indolore
accartocciare la lettera e lanciarla nel cestino.
Kurt non voleva leggere. Non voleva sapere, perché posare
gli occhi su quelle poche righe avrebbe significato essere messo di fronte alla
sua profonda stupidità.
Era stato così sciocco. Aveva fatto l’esatto contrario di
ciò che gli aveva detto suo padre tempo prima.
Avrebbe dovuto cavarsela da solo fino a che non avesse
trovato qualcuno tanto coraggioso e aperto quanto era lui, con cui dividere
gioie e difficoltà. Invece aveva trovato Dave e non aveva saputo aspettare,
perché aveva quella dannata fretta di finire nella favola che per tanto tempo
aveva cercato.
Forse era solo stanco di aspettare, di rimanere solo
mentre i suoi amici si innamoravano. Kurt voleva innamorarsi, lo voleva con
tutta l’anima.
Ma Dave era quello sbagliato. Si era accollato il suo
dolore, le sue paure, le sue preoccupazioni, ma era un peso troppo grande per
reggerlo da solo. Dave era una battaglia persa in partenza. Non voleva
davvero lui e Kurt era stato solo troppo stupido per
accorgersi che il ragazzo non avrebbe mai trovato il coraggio di essere se
stesso.
Non ce l’aveva fatta, perché era davvero una
battaglia persa in partenza.
Ogni volta che faceva un passo verso di lui, Dave ne
faceva uno indietro. Salvo ricomparire ogni tanto, giusto per rendere le cose
più complicate e dolorose. Poteva volergli bene, tenere a lui, ma Kurt non
amava Dave e l’aveva capito troppo tardi.
Ora teneva tra le mani le risposte che aveva bramato per
tutta l’estate, lo sapeva.
Non voleva più averle. Voleva lasciare Dave al suo
passato, sotterrato da qualche parte nei meandri dei ricordi fumosi dell’estate
dei suoi diciotto anni, e tuffarsi nel presente.
Perché soffrire ancora una volta? Non se lo meritava.
Il presente poteva essere complicato e doloroso, sì, ma
era diverso perché c’era Blaine, e anche se non capiva come la vita di un
ragazzo così stupendo avesse finito per intrecciarsi alla sua, stava succedendo
e non aveva nessuna intenzione di vivere nel passato e perdere quest’occasione.
Eppure Kurt sapeva che buona parte delle complicazioni e
dei dubbi che sorgevano quando era intorno a Blaine erano dovuti alle risposte
che non aveva, ma che gli venivano offerte in quel momento.
Erano lì, davanti a lui. Doveva solo girare il foglio.
Fu proprio per Blaine che prese un respiro molto profondo
e iniziò a leggere.
Era un passaggio necessario. Doveva solo leggere e
liberarsi di quel peso, per poter iniziare veramente a vivere di nuovo. Doveva
erigere un muro tra sé, David Karofsky e qualsiasi cosa avesse mai
rappresentato. L’unico modo per riuscirci era trovare il coraggio di avere le
risposte, di leggere quelle poche, disordinate righe.
Doveva trovare la forza di scoprire perché il suo
affetto, le sue lacrime e il suo primo bacio fossero stati buttati dietro ad un
fantasma.
Coraggio, Kurt.
Caro Kurt,
so che dopo che avrai letto questo mi odierai e non
vorrai più vedermi. Ti prego, perdonami, ma Non arrabbiarti
con Finn, gli ho chiesto io di metterla nella valigia quando non avresti
guardato.
Mi dispiace tantissimo dirti tutto questo per lettera,
ma a voce non ho avuto il coraggio di affrontarti non ce l’ho
fatta.
Non sono mai stato bravo a parole (in realtà anche con
le azioni faccio schifo, lo sai) ma devo dirtelo, perché meriti di
saperlote lo devo è la cosa giusta.
Il mese scorso ho incontrato un ragazzo, allo Scandal.
Se fossi venuto non sarebbe successo. Avevo
bevuto ed ero confuso perché tu volevi di più ma io nonon
con te e siamo andati a casa sua e ti giuro che mi sentivo uno
schifo dopo, non volevo tradirti ma non sono riuscito a fermarmi ma
è successo.
Volevo dirtelo subito dopo ma le cose sono andate a
rotoli e non ho avuto il coraggio perché era tutto diverso io ero
diverso e l’ho visto di nuovo. Spesso.
Con lui è diverso. Credevo di provare qualcosa per te
ma mi sbagliavo e mi dispiace tanto, Kurt. Volevo dirtelo, ma non trovavo mai
le parole, così sono scappato più lontano che ho potuto, fino a che non mi hai
chiesto di venire a New York con te. Ma non potevo. Capisci, ora?
Oddio, cosa ho fatto
Mi sono innamorato di lui e lui dice di amarmi ricambia,
credo.
So che mi odierai e me lo merito, ma se non fosse
stato per te starei ancora fingendo non avrei mai capito
nulla. Grazie, Kurt, per quello che vale.
Ora tu sarai a New York e ti dimenticherai in fretta
di me e capirò se quando tornerai non vorrai vedermi perché sono stato
un imbecille.
Mi dispiace per non aver capito prima che non
ti amavo non volevo stare con te.
Ti prego perdonami
Dio, cosa ho fatto?
Ho solo colto l’ennesima occasione per essere un
vigliacco.
Scusa.
David
Dave
Kurt non riusciva a respirare.
Continuava a fissare la lettera che teneva tra le mani,
incapace di muoversi, pensare, fare qualsiasi cosa. Semplicemente, fissò le
parole fino a che non gli si appannò la vista, e anche allora non riuscì a
distogliere lo sguardo, nonostante non riuscisse più a vederle con chiarezza.
Non che importasse.
Tanto ce le aveva impresse a fuoco nella mente.
Tradito.
C’era qualcosa che non andava nel suo cuore. Perché
altrimenti avrebbe dovuto fare così male? Aveva bisogno di aria, i polmoni si
riempivano troppo dolorosamente.
Non ero innamorato di te.
Cosa c’era di sbagliato in lui? Non riusciva più a vedere
nulla, era tutto troppo sfocato e faceva male, faceva un male cane.
Fatelo smettere, vi prego.
Scusa.
Erano tutte parole senza senso, senza senso.
Perché, però, se erano così senza senso, era così
doloroso da avergli spezzato il respiro?
Il suono cupo e sordo del suo cuore che martellava nel
petto era troppo alto. Non voleva sentire più niente.
Sfiorò la lettera senza vederla davvero. Sotto i
polpastrelli poteva sentire i solchi delle cancellature sulla carta
stropicciata come se ce li avesse incisi sulla pelle, uno ad uno.
Erano quei solchi, quelle parole non dette, che
significavano più di tutto il resto.
Il resto era un ammasso doloroso di parole senza senso.
Non sono riuscito a fermarmi.
Perché il suo cuore non riusciva a smettere di battere
così forte? Perché non si spezzava e basta? Un colpo secco. Avrebbe fatto
sicuramente meno male.
Non con te.
Kurt si guardò le mani. Quand’è che avevano iniziato a
tremare?
Ho solo colto l’ennesima occasione per essere un
vigliacco.
Chi è che lo stava scuotendo? Cos’era quel rumore sordo
che sovrastava persino i frenetici battiti che gli scuotevano il petto?
Per favore, basta. Fatelo smettere.
"Kurt?"
Era un sussurro appena accennato, troppo debole e
ovattato per arrivargli dritto al cuore; un alito di vento che gli giunse alle
orecchie come se provenisse da troppo lontano.
Sbatté le palpebre velocemente, perché ancora non
riusciva a vedere chiaramente. La lettera era solo una macchia sfocata, in
qualche modo differente.
In alcuni punti l'inchiostro sembrava sbavato. Era umida.
"Kurt."
Stavolta alzò di scatto la testa, perché con quel suono
anche tutti gli altri erano tornati improvvisamente a far parte dell'universo.
Era un'ancora alla quale cercava disperatamente di aggrapparsi perché non
voleva andare a fondo. Non poteva.
Di nuovo batté le ciglia e una figura comparve nel suo
campo visivo.
Blaine era fermo alla porta del bagno, paralizzato. Kurt
si maledisse perché non riusciva a scorgere chiaramente il suo viso, una
macchia sfocata, e la gola gli bruciava, non riusciva a parlare e - cosa
sta succedendo?
Blaine si mosse e un secondo dopo era di fronte a lui, in
ginocchio, e solo allora Kurt realizzò che non riusciva a vedere perché stava
piangendo, e non c'era nessuno che lo stava scuotendo: dalle labbra gli
sfuggivano singhiozzi talmente violenti da scuotergli il petto. Quando cercò di
strofinarsi gli occhi per scacciare le lacrime e vedere Blaine - perché
aveva uno schifoso bisogno di vederlo, di sapere che non l'aveva sognato,
maledizione - si accorse che non ci riusciva, perché le sue mani tremavano
talmente tanto che a stento riusciva a muoverle.
Qualcosa di caldo venne premuto sulla sua guancia,
asciugandogli alcune lacrime. Provò di nuovo a schiarirsi la vista e alla fine
ci riuscì. Kurt pensò che non ricordava quando era scivolato a terra, non
ricordava quando aveva iniziato a singhiozzare e tremare. Quale passaggio della
lettera era stato tanto doloroso che le ginocchia non l'avevano più sorretto?
Blaine
era accucciato di fronte a lui con l'aria più spaventata che avesse mai visto e
una mano appoggiata al suo viso. Quando incontrò i suoi occhi dorati colmi
di dolore e paura il cuore di Kurt si spezzò, finalmente, e da una parte pensò
che fosse così che doveva andare, in fondo.
Non aveva permesso a Dave di spezzargli il cuore. Era
stato Blaine, in modo completamente differente, e non riuscì a dispiacersene.
Se doveva consegnare a qualcuno i pezzi del suo cuore, non aveva dubbi su chi
sarebbe stato, ed era proprio di fronte a lui in quel momento.
Singhiozzò più forte, e il ragazzo scomparve dal suo
campo visivo abbastanza da fargli sentire la mancanza del suo calore, prima
così vicino. Non era giusto che ci fosse tanta sofferenza in quegli occhi
così belli, non era giusto.
Un istante dopo, però, Blaine l'aveva stretto a sé con
tutta la forza che aveva.
"Va tutto bene." gli sussurrò all'orecchio con voce spezzata. Ma Kurt
lo sapeva che non era così, perché continuava a tremare, a piangere e a
sentirsi distrutto, sconfitto, usato.
E ormai il cuore era a pezzi. "Va tutto bene,
ci sono io."
Perfino le lacrime che gli scorrevano lungo le guance
bruciavano - ora che poteva sentirle - ma non riusciva a smettere tanto quanto
non riusciva a respirare.
Non ricordava quando la lettera gli fosse sfuggita di mano,
scivolando sulla moquette. Sapeva solo di aver abbandonato le braccia lungo i
fianchi, ancora avvolto nell'abbraccio ma incapace di ricambiarlo - non
riesco a muovermi - mentre Blaine lo stringeva talmente forte che
forse era per quello, che non riusciva a respirare.
"Kurt, ti prego, t-tirati su." gli sussurrò.
Ogni frase era una pugnalata al cuore, perché Kurt voleva farlo, voleva
alzarsi. Ma non ci riusciva. Voleva che Blaine smettesse di soffrire, ma non
riusciva più a capire chi fosse, dei due, a tremare. Non poteva muoversi.
"Va tutto bene, Kurt! Però dammi un segno. Fammi
capire che ci sei. Va tutto bene."
"Va tutto bene, Dave?"
"Sì, perché?"
"Sembri strano."
"Sono solo stanco, Kurt."
"...d'accordo. Ci vediamo domani?"
"Uh, vedo se riesco."
Poteva fidarsi di Blaine?
"Kurt." mormorò Blaine con la voce un po' più
ferma. Aveva parlato talmente piano che a stento riusciva a sentirlo. O forse
era solo il suono dei suoi singhiozzi a coprire tutto il resto.
"Ci sono io, ok? Sono qui. Adesso ti porto sul
letto."
Prima che potesse anche solo cercare l'energia per dire
qualcosa - qualsiasi cosa - Blaine gli aveva fatto passare un braccio sotto le
ginocchia e uno dietro la schiena, sollevandolo come se fosse fatto
d'aria.
Un istante dopo l'aveva adagiato sopra le coperte del
letto di sinistra, facendo per spostarsi, e fu a quel punto che Kurt riuscì a
muoversi. Allungò debolmente il braccio e lo appoggiò sopra quello di Blaine,
cercando il suo sguardo.
In quegli occhi dorati c'era ancora quel dolore sordo che
faceva più male dei singhiozzi che non lo facevano respirare, più del cuore che
non sentiva nel petto. Più della lettera che giaceva abbandonata sulla
moquette.
Non lasciarmi da solo, ti prego.
Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non
affondare, aveva bisogno che il calore di Blaine alleviasse il dolore.
Blaine sembrava sull'orlo delle lacrime, ma i suoi occhi
verde-nocciola si accesero di determinazione.
"No, sono qui. Non vado da nessuna parte."
Oh. L'aveva detto ad alta voce, allora?
Blaine gli appoggiò le mani sui fianchi e scivolò
alle sue spalle senza mai interrompere il contatto, appoggiando la schiena
contro il cuscino. Kurt si voltò debolmente verso di lui, l'ultimo guizzo
gli orgoglio che si spegneva lentamente come fuoco sotto la pioggia. Per tutto
quel tempo non aveva voluto l'aiuto di nessuno, se non di suo padre. Anche
quando a scuola le cose facevano schifo, aveva sempre cercato di cavarsela da
solo. Ma ora aveva avuto l'assaggio di come ci si sentiva, a contare su
qualcuno che non fosse suo padre o Rachel. Aveva scoperto com'era innamorarsi
di brutto senza sapere perché, e tutto ciò che voleva era sprofondare
nell'abbraccio di Blaine, ascoltarlo sussurrargli all'orecchio. Poteva
fidarsi di Blaine. Poteva fidarsi dell'amore.
Come se gli avesse letto nel pensiero, come se sapesse,
Blaine lo tirò delicatamente a sé, facendo aderire la schiena di Kurt al suo
petto e inclinando di lato la testa, invitandolo silenziosamente ad
avvicinarsi. Kurt rimase immobile un istante mentre l'ultimo strascico di
resistenza scompariva, risucchiata dal calore del ragazzo che si stava offrendo
a lui senza riserve, senza paura, senza pensarci due volte. Era lì e da
nessun'altra parte.
Quando Blaine fece scorrere le mani dai suoi fianchi per
intrecciarle sopra il suo stomaco, Kurt si gettò con un singhiozzo soffocato di
nuovo tra le sue braccia, affondando il viso nel suo collo. Mentre Kurt
gli bagnava la t-shirt di lacrime, continuando a tremare, Blaine appoggiò a sua
volta il viso tra i suoi capelli e Kurt lo sentì prendere un respiro tremante,
prima che sussurrasse il suo nome.
E voleva piangere più forte perché, Dio, Dave l'aveva
tradito con un altro ragazzo quando non aveva nemmeno il coraggio di baciare
lui e tutto ciò di cui a Kurt importava, in quel momento, era Blaine. Cosa
c'era di sbagliato in lui?
Il tradimento di Dave faceva male, sì, ma c'era Blaine a
stringerlo come se volesse strappargli il dolore dalla pelle e prenderlo per
sé, e non era possibile che una persona così splendida fosse caduta proprio tra
le sue braccia.
Non ho fatto niente per meritarti, ma sei qui lo
stesso.
I singhiozzi si affievolirono lentamente, le lacrime
smisero di scendere e pian piano smise anche di tremare.
Per tutto il tempo, però, Blaine non smise mai di
stringerlo a sé e sussurrare il suo nome.
Quando si fu calmato i singhiozzi iniziarono a sfuggirgli
dalle labbra sporadicamente, più un riflesso involontario che altro, e riuscì a
ragionare con più chiarezza.
Non aveva una crisi di pianto così forte dal suo ballo
del penultimo anno.
"Kurt?" mormorò Blaine con voce roca. Non si
era mosso di un millimetro per tutto il tempo in cui aveva aspettato che Kurt
si calmasse, continuando a ripetere il suo nome con il naso affondato tra i
suoi capelli. Riusciva a sentire il suo cuore battere contro la sua schiena e
il suo respiro un po' irregolare.
"M-mi d-dispiace." riuscì a dire.
"Va tutto bene." disse Blaine sfiorandogli la
tempia con la guancia. "Solo..."
Kurt si irrigidì, quando Blaine esitò. Se avesse detto
che non voleva rimanere? Se l'avesse accusato di averlo messo a disagio, di
aver frainteso tutto? Se lo avesse lasciato lì, da solo?
Ma Blaine lo sorprese, come sempre.
"So che magari vuoi solo dormire e dimenticare,
io..." disse con voce esitante. "Magari vuoi solo evitare di
pensarci, ma...in caso volessi parlarne, noi - ci sono. Ci sono, se
vuoi parlarne."
Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo e Blaine gli
strinse con più energia le braccia intorno al corpo.
"Sono bravo ad ascoltare, ma non devi farlo per
forza se non vuoi, io-"
"No" disse Kurt cercando di tenere la voce
ferma. "No, voglio p-parlarne. Meriti di saperlo, perché..."
Gli sfuggì un altro singhiozzo e Blaine spostò una mano
dal suo stomaco per strofinargliela sul braccio.
"S-sempre che tu voglia ascoltare. N-non voglio
c-costringerti, Blaine, io-"
"Non dire sciocchezze" lo interruppe Blaine con
dolcezza. "Se non avessi voluto avere niente a che fare con tutto questo
sarei uscito da quella porta un'ora fa. Invece sono qui. Lo so che tutto questo
è strano, Kurt, lo so. Non ho idea di cosa sta succedendo, so solo
che non riesco a..." Che cosa, Blaine? "..a
lasciarti andare. E' assurdo, ma sta succedendo, e non ho nessuna intenzione di
scappare. Mettimi alla prova."
Fare quel discorso sembrò costargli molto, perché alla
fine sembrava che non respirasse. Kurt alzò la testa per incontrare il suo
sguardo risoluto e determinato e si sentì un po' più leggero.
Sentiva il bisogno bruciante di raccontare tutto a Blaine
e capì che era quello l'ultimo muro da abbattere per lasciarsi il passato alle
spalle. Parlarne con chi rappresentava il presente.
"E' una lunga storia, ci vorrà un po'"
sussurrò, cercando nei suoi occhi un cenno di dubbio. Ma non ne trovò. Blaine
piantò lo sguardo dorato nel suo e lo inchiodò lì, tra le sue braccia.
"Sono un ottimo ascoltatore" ripeté con
delicatezza.
C'era qualcosa, nel suo sguardo, che Kurt non riuscì a
decifrare. Sembrava preso, desideroso di sapere di più e allo stesso tempo
desideroso di raccontare.
Fu quella luce negli occhi di Blaine che gli diede la
spinta per iniziare.
Glie lo doveva. Da lì in poi Kurt non poteva più tirarsi
indietro e le cose sarebbero diventate reali e Kurt non aveva nessuna
intenzione di perdere Blaine.
"Mi sento uno stupido." sussurrò cercando di
mantenere un tono di voce calmo.
Doveva cercare di distaccarsi dal racconto, o non sarebbe
riuscito ad arrivare alla fine. Di nuovo, sapeva che, per Blaine, ne valeva la
pena.
"Ti ho raccontato che i miei ultimi due anni di
liceo sono stati peggio degli altri perché i bulli continuavano a prendermi di
mira ogni volta che ne avevano l'occasione perché ero gay."
"Sì, mi ricordo"
"C'era questo ragazzo" mormorò stringendosi le
braccia al petto. "Era diventato il mio incubo. Ogni volta che lo
incrociavo venivo insultato, o mi tirava granite addosso, o mi spingeva sugli
armadietti. E' stato così per tutto il terzo anno, dopo il mio coming
out."
I ricordi dei lividi sulla pelle chiara, dove aveva
sbattuto contro l'anta dell'armadietto o il fondo di un cassonetto, erano
impressi a fuoco nella sua memoria.
"Non sono andato al ballo del penultimo anno. Avevo
troppa paura."
Kurt rise amaramente. Dio, che vigliacco che era stato.
Eppure ammettere tutto quello con Blaine era meno doloroso di quanto avesse
pensato. Anzi, lo faceva sentire in qualche modo meno stanco, meno dolorante.
Meno spezzato.
"L'inizio dell'ultimo anno è stato un disastro
continuo. Questo ragazzo sembrava sempre più arrabbiato e io non ce la facevo
più, ero stufo di scappare. Non era giusto."
Il groppo in gola non voleva andarsene, ma Kurt non
riusciva a fermarsi, ora che aveva iniziato. Sentiva le parole premere come un
fiume in piena per uscire, così le assecondò.
"L'ho affrontato. Dopo l'ennesimo spintone, non ce
l'ho fatta più. L'ho rincorso nello spogliatoio e glie ne ho dette quattro, ha
minacciato di picchiarmi e gli ho detto..." No, doveva continuare, non
poteva fermarsi. Era arrivato il momento di lasciarsi alle spalle tutto
quanto.
"...gli ho detto di colpirmi, perché non avrebbe
cambiato ciò che ero."
Blaine trattenne il fiato.
"Mi ha baciato." sussurrò, quasi sperando che
Blaine non sentisse. "Mi ha baciato e io l'ho s-spinto via e s-sono
scappato. Io...non avrei mai potuto pensare che lui...non avevo capito..."
Blaine premette con forza il viso tra i suoi
capelli.
"Il pregiudizio è solo ignoranza, Kurt. Aveva
sentito così tante stronzate, tante voci, da essere addirittura spaventato da
se stesso."
Kurt fece un sospiro tremante.
"Ha riversato tutto su di me. Era spaventato, era
confuso e lo sapevo, e non..."
Di nuovo, la voce venne meno, ma poteva sentire con
estrema chiarezza il respiro di Blaine tra i ciuffi di capelli e il battito del
cuore attraverso la maglietta andare a tempo con l'alzarsi e abbassarsi del suo
petto, perciò chiuse gli occhi e andò avanti.
"Per due mesi non si è più avvicinato e io l'ho
evitato il più possibile. Le cose sembravano andare meglio, così quando c'è
stato il ballo d'inverno dell'ultimo anno ho pensato che valeva la pena andarci
con i miei amici, perché non avrei avuto altre occasioni e non volevo perdermi
anche quello." Kurt rise debolmente. "Indossavo un kilt, quindi in un
certo senso me la sono cercata."
Sentì la risata leggera di Blaine risuonare tra di loro.
"Sono sicuro che ti stava una meraviglia."
"Talmente una meraviglia che il resto della scuola
ha usato il voto segreto per eleggermi reginetta del ballo."
Sentì Blaine trattenere il fiato e gli occhi gli si
riempirono di lacrime, ma lottò contro l'impulso di lasciarle scendere lungo le
guance.
La storia non era ancora finita.
"Non c'è bisogno di dire chi è stato eletto re,
immagino."
Blaine sembrava paralizzato.
"Lui." disse. Non era una domanda.
Kurt strinse i denti per continuare.
"Ho preso la corona e me la sono messa in testa.
Sai, c'è il tradizionale ballo di apertura. Sono sceso sulla pista da ballo,
l'ho guardato e gli ho detto che se cercava un momento giusto per non essere un
vigliacco, beh, era quello."
Blaine lo strinse con forza. "E' scappato, non è
vero?"
Una lacrima gli sfuggì e gli rigò la guancia.
"Papà..."
"Kurt? Kurt, che succede? Ma stai piangendo?
Cos'è successo?"
"Sono fuori dalla palestra. Mi vieni a prendere? Ti prego."
"Io sono scappato dal ballo e lui si è trasferito in
un altro liceo."
Stupido, Kurt. Sei stato uno stupido. Perché non hai
capito subito che gli servivi per nascondersi? Perché credi che sia tornato da
te? Eri l'unico a sapere che era gay. Stupido.
"Poi, due giorni prima del diploma, eccolo
ricomparire davanti alla porta di casa mia con un mazzo di fiori. Dio, sono
stato così cieco, Blaine! Lui era lì, blaterando su quanto avesse capito di
aver sbagliato e quanto pensasse di essere innamorato di me e
io ho pensato che non avrei avuto un'altra occasione, che non avrei avuto
nessun altro, e-"
"Shh" sussurrò Blaine. "Qualsiasi cosa
sia, ora è finita."
Kurt prese un altro respiro interrotto da un singhiozzo.
"Quando mi ha chiesto se volevo stare con lui ho
detto di sì, ma lo sapevo, lo sapevo che non era quello che
volevo, ma è stato il m-mio p-primo bacio e..." E l'ho sempre
sentito come rubato, quel bacio. "...stava per cambiare tutto, stavo
per andare a New York e avevo una fottutissima paura di quello che sarebbe
stata la mia vita."
I singhiozzi ripresero, lenti.
"Il primo mese è andata in modo strano. Parlavamo
tantissimo, uscivamo, ma...non si lasciava avvicinare. Non si lasciava toccare.
Io...ho pensato che avesse bisogno di tempo. Così ho fatto finta di non vedere
che mi stavo facendo usare e basta, che stavamo correndo entrambi dietro al
nulla. Poi..."
Kurt si costrinse a voltare il viso per guardare Blaine
negli occhi e gli mancò il fiato alla vista di quelle iridi dorate piene di
lacrime.
"E' diventato strano, distante. Non si faceva
sentire per giorni e quel poco contatto fisico che avevo guadagnato è scomparso
nel nulla. Ho pensato che fosse perché stavo partendo per New York, visto che
mancavano due settimane, poi dieci giorni, poi una settimana...Che stupido, io
- Dio, gli ho chiesto di venire con me."
Ormai Blaine gli stava stringendo la mano talmente forte
da fargli male, ma Kurt annegò in quella stretta.
"Ha dato di matto ed è scappato a gambe levate,
ancora dicendo che non poteva, e io non capivo perché. L'ho cercato
per chiarire, ma non si è fatto trovare. Ha continuato a mettere scuse."
"Dave, sai che dobbiamo parlare. Lasciami
almeno..."
"Non posso venire a New York, Kurt! Io...scusa,
mia madre mi sta chiamando."
"Dave!"
"...ci sentiamo."
"Sono partito con tutto questo peso addosso, anche
se era ovvio che, qualsiasi chiarimento avessimo avuto, non sarei rimasto con
lui. Stavo iniziando a capire che non...non mi piaceva in quel senso, e...non
sapevo nemmeno se stessimo ancora insieme o no, quando sono partito. Sempre che
quella poteva chiamarsi relazione."
Sorrise amaramente tra le lacrime.
"Mi ha lasciato una lettera tramite mio
fratello."
Blaine non sembrò molto sorpreso. Doveva aver visto il
foglio sul pavimento e quindi intuito che era quello la causa di tutto.
Ci siamo quasi. Resisti solo un altro po', si
disse. Devi arrivare alla fine della storia. Puoi farcela, Kurt.
"Un mese fa è andato ad una serata in un locale, lo
Scandal. Da lì in poi non è più stato lo stesso, perché..."
Kurt continuò a guardare Blaine negli occhi per trovare
il coraggio di andare avanti. La voce si incrinò di nuovo, ma Blaine alzò
lentamente una mano per posargliela sulla guancia. I suoi movimenti erano lenti
e calibrati, come se avesse paura che, muovendosi troppo bruscamente, potesse
spaventarlo.
"Sulla lettera ha scritto di aver incontrato un
ragazzo, quella sera."
L'ennesimo singhiozzo gli scivolò dalle labbra prima che
potesse fermarlo.
"Ci è andato a letto. Dopo aver bevuto chissà
quanto. Mentre io sprecavo due mesi a cercare di capire lui, perché fosse così
strano, perché non volesse avvicinarsi di un millimetro a me -" la sua
voce aveva preso un tono spezzato. "lui andava a letto con un altro."
Kurt affondò di nuovo il viso nella spalla di Blaine
mentre le lacrime bollenti continuavano a rotolare lungo le guance. "Non
riesco nemmeno a capire perché sto così."
"Rabbia, delusione." mormorò Blaine
accarezzandogli i capelli. "Se provi ancora qualcosa per lui è..."
No, doveva chiarire quel punto, e doveva farlo subito,
prima che Blaine fraintendesse.
Finalmente iniziava a fare chiarezza in tutta quella
situazione, ed era tutto merito suo.
"Non sono mai stato innamorato di lui. " Dirlo
ad alta voce gli tolse un macigno dal cuore. "L'avrei lasciato prima di
partire per New York, perché avevo iniziato a capire. Lo sapevo che non era quello
giusto, Blaine, lo sapevo. E' solo che...non riesco a s-smettere di p-piangere
perché continuo a pensare c-che ho b-buttato il m-mio primo bacio con lui e - è
una cosa così stupida, lo so, ma-"
"Non è una cosa stupida" sussurrò Blaine al suo
orecchio, tornando ad intrecciare le mani con le sue.
Sembrava che non avesse nessuna intenzione di lasciarlo
andare. "E' perfettamente normale che tu sia arrabbiato, dopo tutto
questo. Kurt, una persona normale sarebbe crollata dopo il ballo scolastico, ma
tu ce l'hai fatta! E' tutto finito, ok? Ci sono io, è tutto finito."
Kurt aveva ricominciato a singhiozzare violentemente,
perché ora poteva lasciarsi andare, andava tutto bene. Perché non
importava più se con Dave era andato tutto storto. Sì, aveva sbagliato, non
avrebbe dovuto dargli fiducia fin dall'inizio, fin da quando si era presentato
a casa sua, ma ormai il passato era definitivamente alle sue spalle.
Ce l'aveva fatta, aveva ottenuto le risposte e, se era
riuscito a riemergere dal baratro, era solo perché Blaine non aveva mai smesso
di stringerlo a sé. Così continuò a piangere sulla sua spalla, ma Blaine sorrise
lievemente, intuendo la diversa natura della situazione. Non tremava più, non
era più scosso dai singhiozzi.
"Grazie." gli sussurrò ad un orecchio tra una
lacrima e l'altra. "Per tutto questo. Per non avermi permesso di
affondare."
Blaine fece scorrere il pollice sul dorso della sua mano
sinistra. "Sono...Dio, non so come dirlo. So che tutto questo è
assurdo" disse, accennando con la testa a loro due, stretti sul letto
l'uno all'altro. "ma non pensiamoci stasera, ok? Domani mattina vedremo
che succederà."
"Succederà che avrò bisogno di un caffè, e tu
anche." rispose Kurt con la voce roca per il pianto.
Blaine sospirò. "Probabile."
Si sistemò meglio e tirò la coperta sopra ad entrambi,
ancora vestiti.
Blaine spense la luce. Dopo un minuto, in cui i
singhiozzi sporadici di Kurt furono l'unica cosa a riempire il silenzio,
chiese: "Kurt?"
"Sì?" Il tono esitante che aveva usato spinse
Kurt a cercare i suoi occhi nel buio. Erano tristi.
"Come si chiama?"
Era una domanda che si era aspettato molto prima, in
effetti.
"Dave. Dave Karofsky."
Blaine chiuse gli occhi e lo strinse più forte,
avvicinando il viso al suo orecchio. Dopo qualche secondo iniziò a mormorare a
bocca chiusa una canzone, ma Kurt era troppo stanco per riuscire a riconoscerla
e dargli un nome.
Blaine iniziò a canticchiare un po’ più forte,
sfiorandogli l'orecchio con il naso.
"All
the games you played, the promises you made, can't finish what you started,
only darkness still remains..."
Stava per addormentarsi, ma era pur sempre Kurt Hummel, e
c'era una cosa che voleva sapere, prima.
"Blaine?" pigolò con la voce impastata dal
sonno e distrutta dal pianto.
"Mhm?" chiese Blaine, interrompendo il suo
mormorio.
"Che canzone è?"
La sua risata soffice e cristallina gli riempì il cuore.
Blaine gli sfiorò impercettibilmente la guancia con le labbra, prima di
rispondere.
"Candles"
sussurrò. "Degli Hey Monday."
Ma Kurt si era già addormentato.
*
Blaine si svegliò un paio d'ore prima dell'alba, quando
la stanza era ancora immersa nel buio e nel silenzio. Kurt dormiva placidamente
al suo fianco, steso a pancia in giù con il braccio incastrato non si sa come
dietro la sua schiena e una mano posata sul suo sterno.
Quando i ricordi di ciò che aveva ascoltato solo poche
ore prima si affacciarono nella sua memoria Blaine lo strinse automaticamente a
sé e cercò di scacciare il nodo allo stomaco.
Era dolorosamente sorprendente il modo in cui le loro
storie fossero simili e allo stesso tempo profondamente diverse.
Lui si era nascosto alla Dalton, dopo l'orrore del suo
ballo scolastico del primo anno. Kurt era rimasto, nonostante tutto. Certo,
Blaine era molto giovane, all'epoca, e - oh, a chi voleva darla a bere? Era un
vigliacco. L'essere scappato sarebbe rimasto il suo più grande rimorso.
Avrebbe voluto dirlo a Kurt.
C'erano così tante cose che avrebbe voluto raccontargli
per fargli capire che non era solo, ma Kurt aveva bisogno di parlare della sua,
di storia, di sfogarsi, perciò aveva lasciato che parlasse e piangesse,
limitandosi a stringerlo più forte che poteva e sperando che avrebbe capito
cosa significava, per lui.
Non ti lascerò
andare.
Con orrore crescente, aveva ascoltato Kurt raccontare con
il cuore in mano di come aveva accolto nella sua vita la persona che l'aveva
resa un inferno.
Cercò di mettersi nei panni di quel ragazzo, perché anche
lui era stato spaventato ed era scappato, ma non ci riuscì. Quel ragazzo
non amava Kurt - il che era già di per sé inconcepibile, per lui - ma che
gran bastardo! Dirgli tutto così, per lettera!
Però glie l'aveva detto. Avrebbe potuto piantarlo in asso
e scomparire nel nulla da un momento all'altro, ma non l'aveva fatto. Aveva
provato ad essere coraggioso, a modo suo.
Kurt si mosse nel sonno per stringersi di più a lui e
appoggiare il viso sul suo petto, e Blaine non riuscì a trattenere un
sorriso. Sorrideva in continuazione, quando Kurt era nei dintorni. Allungò
la mano libera per passargliela tra i capelli, facendo scorrere le dita tra i
ciuffi morbidi, dalla nuca fino a dietro l'orecchio. Kurt si lasciò scappare un
mormorio soddisfatto nel sonno, strofinando la guancia contro la sua t-shirt.
Interessante scoperta, pensò Blaine reprimendo una
risatina. A qualcuno piacciono i grattini, eh?
Kurt era così dolce, così coraggioso...come sarebbe
riuscito a non farlo scivolare via dalla sua vita? Aveva ampiamente dimostrato
di essere un disastro, nelle relazioni. Come avrebbe fatto a far durare quello
che c'era tra loro - inutile negare che qualcosa c'era - una
volta arrivato a New York?
Ma Kurt era diverso da qualsiasi altro ragazzo che avesse
mai incontrato, e Blaine l'aveva capito fin dal primo istante in cui i suoi occhi
l'avevano scorto.
Sarà un disastro. Una catastrofe.
Specialmente perché non aveva la più pallida idea di come
dire a Kurt tutto quello che non aveva avuto il coraggio - o l'occasione - di
dire.
E' che ogni volta che sto per dirgli tutto, succede
sempre qualcosa di assurdo che me lo impedisce, pensò Blaine passandosi una
mano sul viso. O il cielo mi sta dando un segno, o sono solo
ridicolmente sfortunato.
Riprese ad osservare Kurt e quel poco del suo viso che
riusciva a scorgere, dalla tempia appoggiata al suo petto alla curva dello
zigomo, fino alle labbra sottili, ora un po' più gonfie per via del pianto.
Come faccio? gemette nella sua testa. Come
glielo dico?
Ripensò a tutte le volte in cui era stato spaventosamente
vicino a raccontargli tutto e non aveva avuto il coraggio o era stato
interrotto prima che potesse anche solo cominciare.
Soprattutto quando Kurt era stato ad un passo dal
baciarlo.
Oh, Dio, Kurt
l'aveva quasi baciato. Dopo che avevano cantato insieme. Dopo che Blaine gli
aveva dormito spudoratamente addosso.
Blaine, in tutta sincerità, non sapeva se
saltellare in giro per la stanza in preda ad un raptus di folle entusiasmo o
mettersi a piangere - magari entrambe! - perché Kurt gli stava dando tutta
quella fiducia e lui non solo non gli aveva raccontato niente di se stesso, ma
aveva più segreti della CIA.
Era stato così stupido, così vigliacco! Come faceva a
dirgli tutto, ora?
I segreti continuavano ad ammucchiarsi e crescere e pesare,
accavallandosi uno sull'altro.
Non aveva idea di come e quando confessargli tutto, né di
come fargli capire quello che provava.
Non voleva spaventarlo, dannazione, ma doveva dirglielo. Doveva
raccontargli tutto ed essere sincero fino in fondo, e sperare che Kurt
rimanesse.
Perché doveva essere tutto così complicato?
Fu sul punto di svegliare Kurt, confessare tutto,
baciarlo e piangere e parlare, parlare, parlare, ma non lo fece.
Era stata una lunga nottata ed erano entrambi
esausti. Lui si era spaventato a morte dalla reazione di Kurt e non si era
ancora ripreso del tutto - specialmente dopo quello che aveva scoperto - e Kurt
non avrebbe retto un'altra chiacchierata così. Non poteva aggiungere altri
pesi sulle sue spalle, avrebbe dovuto portarli da solo per un altro po’.
Che poi non ho
scampo, pensò con una fitta allo stomaco. Non appena metterò piede alla stazione di New York verrà tutto a galla.
Tutto quanto.
Era stato doloroso vedere lo sguardo sbarrato di Kurt
mentre raccontava, era stato atroce poter quasi sentire il cuore di Kurt
spezzarsi quando aveva notato che anche lui aveva le lacrime agli occhi, eco
del suo dolore. Però sentiva il bisogno di dirgli qualcosa del suo passato. Se
non altro, raccontare di come era finito alla Dalton gli avrebbe fatto capire
che di lui poteva fidarsi, che lo capiva. Chissà, magari poteva persino
raccontargli di Sebastian.
Domani, si disse Blaine, riaccucciandosi sul letto
e tornando ad abbracciare Kurt. Domani mattina gli racconterò del
disastro che è Blaine Anderson.
Blaine non lo sapeva, ma aveva iniziato a rimettere insieme i cocci del suo
cuore e quelli del cuore di Kurt già da un pezzo.
Note dell’Autrice
Vi prego, non fatemi del male.
Ehm, dai che ve lo aspettavate, l’angst! E vi ci crogiolate,
perché in un certo senso questo ha fatto fare millemila passi avanti sia a Kurt
che a Blaine, e ora ci siamo lasciati alle spalle il problema Dave.
A proposito di Dave. Ho notato che non ci sono grandi fan
del personaggio, tra di voi. Ehm, per quanto possa essere stato uno schifoso
stronzo imbecille (Selene, modera il linguaggio!) in questa storia per evidenti
esigenze di trama, a me come personaggio piace molto, al di fuori della Klaine
(non lo shippo con Kurt, ma non vedo perché ognuno non dovrebbe avere la
propria ship) quindi siate pazienti, con lui. In fondo cosa avreste fatto, se
foste state al suo posto? Capitelo, a me è piaciuto molto entrare nella sua
testa e scrivere la lettera. Me l’ha fatto sentire più...vicino, ecco.
Per quanto riguarda la reazione di Kurt...diciamo che ci
sono passata, su una cosa simile, e posso assicurarvi che non volere le
risposte ma doverle sentire per poter finalmente metterci unapietra sopra in una situazione spinosa fa
così tanto male, sì. Da questo punto di vista, tengo moltissimo a questo
capitolo (e mi mette tanta ansia), perché molte delle sensazioni di Kurt le ho
provate io stessa. Mhm, che cosa deprimente.
Questo capitolo mi mette tanta, tanta, tanta ansia, come
dicevo tipo due righe sopra. Quindi ci terrei tantissimo a sapere cosa ne
pensate, se vi è piaciuto e se vi ha fatto commuovere, o se proprio non vi ha
fatto sentire nulla. Se avete dei dubbi su qualcosa, o qualsiasi cosa vi venga
in mente, scrivetelo, fatemelo sapere, sentiamoci su facebook, twitter, per
telefono, per piccione viaggiatore, come volete, ragazze. Davvero, una delle
cose più belle di questa ff è proprio parlare con voi tra un capitolo e un
altro, quindi tanto per sicurezza rimetto qui il link del mio account facebook,
in caso a qualcuno andasse di sclerare insieme o parlare di qualsiasi cosa.
(Tipo le fossette di Darren *sbav*)
Sappiate solo che mi rallegrate la giornata ogni volta che facciamo
due chiacchiere su facebook e che, anche se siete lettrici silenziose, vi
ringrazio dal più profondo del cuore per la fiducia che state dando alla
storia.
Ora, spoilerino
dal prossimo capitolo: Il risveglio di Kurt è molto morbido – come potrebbe non
essere così? – e ha finalmente l’occasione di conoscere qualcosa in più di
Blaine dal ragazzo stesso. Qualcosa che li farà sentire inevitabilmente vicini.
Ah, se vi interessa, questo allegrissimo capitolo è stato
scritto interamente ascoltando “Shake it out”, che hanno fatto sull’episodio
del provino per la NYADA. Se ci pensate bene, è perfetta.
“Thanks to you I got a new thing started Thanks to you I’m
not a broken hearted Thanks to you I’m
finally thinking bout me You know in the end
the day to left was just my beginning
What doesn't kill you
makes you stronger”
Kurt socchiuse gli
occhi lentamente, impiegando una manciata di secondi per abituarsi alla luce
del sole che filtrava dalle finestre.
Strano, perché di notte era solito tenere le tende chiuse per non far filtrare
i raggi di prima mattina, visto che la biografia non autorizzata di AlexanderMcQueen affermava che
dormire al buio totale faceva bene ai pori della pelle. Ma che ore sono?
Allungò debolmente un braccio verso il suo comodino in stile liberty per
cercare il telefono e controllare l'ora, ma la sua mano afferrò il nulla.
Ok, non c'è bisogno di andare nel panico, pensò con il braccio ancora a
mezz'aria. O il comodino è andato a farsi una passeggiata, o non sono nella mia
camera.
L'opzione giusta si rivelò essere la seconda: Kurt spalancò gli occhi e si
ritrovò in una stanza che non gli era affatto familiare,
troppo verde e troppo poco curata per essere la sua camera-seminterrato
di Lima.
Da lì non fu difficile ricordare improvvisamente ciò che era successo la sera -
o notte? - prima, tanto che riabbassò le palpebre con un lento sospiro.
Ad essere completamente sinceri non aveva né la forza né la voglia di pensare a
Dave e a tutto quello che era successo. La notte di
sonno aveva portato sollievo e sicuramente un po’ più di lucidità. Kurt era
fatto così: dopo un primo momento di panico, riusciva a ragionare più
chiaramente e fare il punto della situazione.
Ora che il
pensiero lo sfiorava il dolore non risaliva, ma sentiva un curioso bruciore
allo stomaco che sapeva tanto di rabbia. Si costrinse comunque
a far vagare la mente intorno ai ricordi, perché sapeva di averne bisogno, che
gli facesse piacere o meno.
Aveva avuto una reazione forse un po' esagerata - in fondo Rachel glie lo
ripeteva ogni due per tre, che era una dramaqueen -
e considerato che avrebbe comunque lasciato Dave
prima di partire, da una parte si sentì molto sollevato. La situazione, ora,
era chiusa per sempre. Non avrebbe dovuto più
preoccuparsene, né sentirsi in colpa se aveva voglia di innamorarsi di qualcun
altro, se...
A proposito.
Fu in quel momento che Kurt realizzò che l'altra metà
del letto era vuota.
Voltò lentamente la testa, appoggiando la guancia sul cuscino, e fece scorrere
la mano sul lenzuolo ancora tiepido e sgualcito. Blaine doveva essersi alzato
da poco.
Ma dov'era?
Percorse con lo sguardo la stanza: la porta del bagno era socchiusa e da lì non
proveniva alcun rumore; a terra c'era ancora la sua valigia, sul comodino -
dall'altra parte del letto - ancora il suo cellulare e i vari fogliettini che aveva tirato fuori dalla tasca la sera
prima. Kurt notò sulla moquette un foglio stropicciato.
La lettera di Dave. Allora Blaine non l'aveva
letta?
Kurt non riusciva davvero a spiegarsi come fosse possibile che proprio lui, che
non aveva mai voluto l'aiuto di nessuno, avesse permesso a Blaine di
avvicinarsi così tanto.
Cercò di fare ragionevolmente il punto della situazione, ma la faccenda
continuava a rimanere un mistero. Perché proprio Blaine, che conosceva da
appena un giorno? Solo perché era gentile, dolce e terribilmente attraente?
Eppure Kurt non si sentiva affatto il tipo da gettarsi tra le braccia del primo
ragazzo decente disponibile, né lo era mai stato. No, non era per quello.
Hai passato la notte abbracciato ad un ragazzo che
conosci appena, dopo esserti romanticamente addormentato tra le sue braccia e
aver pianto fino a disidratarti, faccia da pizzichi, venne Sue in suo aiuto. E'
vomitevole.
Kurt, una volta deciso che rispondere alla malata
proiezione della sua mente - che dava voce ai suoi pensieri nei panni di Sue Sylvester, la
Suprema - non era considerata una cosa normale, decise di
ignorarsi e concentrarsi sul pensiero di Blaine attaccato a lui per tutta la
notte. La cosa lo disturbava, sì, ma in maniera positiva.
Il bruciore allo stomaco si trasformò in una stretta piacevole e si lasciò
sfuggire un sospiro. Doveva elaborare l'accaduto, o
avrebbe continuato a sospirare per Blaine e sentirsi in colpa per Dave. E, per quest'ultimo, non ce n'era davvero motivo.
Il problema non era tanto quello che aveva fatto Dave,
quanto invece la sua reazione. Dave era andato a letto con un ragazzo conosciuto in
un locale probabilmente circa mezz'ora prima, probabilmente ubriaco,
probabilmente senza pensare a lui nemmeno per un istante.
Non solo si era buttato via così - Kurt non riusciva a non vederla in quel modo - ma, visto che tecnicamente stavano
insieme, lo aveva anche tradito. Non riusciva a credere di aver riposto la sua
fiducia in una persona così, ed era la cosa che lo faceva più arrabbiare,
probabilmente. Tutto quello che aveva dato a Dave
senza chiedere veramente qualcosa in cambio era stato buttato via così, senza
pensarci davvero.
Blaine aveva avuto ragione quando gli aveva detto che
probabilmente era arrabbiato e deluso e che era normale sentirsi in quella
maniera.
Era esattamente ciò che provava. Nient'altro. Si sentì stranamente un po'
meglio all'idea di poter dare un nome a ciò che era successo. Tradimento, scoperta, rabbia e delusione.
Ma si va avanti.
Com'è che diceva la canzone? Quello che non ti uccide, ti rende più forte. Kurt
si sentiva più forte. Si sentiva anche molto meno solo, ora.
Ripensando a come fosse possibile che avesse lasciato
che Blaine lo vedesse in quelle condizioni... Kurt ancora faceva fatica a
capire.
Forse era solo troppo stanco.
Era stata una giornata molto emotiva, aveva trattenuto le lacrime per la metà
del tempo e lasciare Finn, Rachel, suo padre e tutti gli altri a Lima per avventurarsi
da solo a New York era stato più duro e doloroso di quanto avrebbe voluto; la
lettera di Dave era stata il colpo di grazia, visto
che aveva passato tutta la giornata a farsi venire i sensi di colpa a causa
sua. Ed era una situazione che lo teneva sulle spine - e sveglio la notte - da
almeno un paio di mesi. Era normale, che fosse crollato proprio in quel
momento? Chissà, forse sì.
Probabilmente non avrebbe mai avuto la risposta; ancora una volta, sembrava che
non gli importasse più ottenerla. Era più che determinato a lasciare Dave nel suo passato, fermo a Lima.
Blaine l'aveva colto di sorpresa quando si era trovato
sul fondo del baratro e lo aveva aiutato a risalire senza dire molto,
limitandosi a tenerlo stretto.
Alla luce del giorno, in ogni caso, le cose non gli sembravano affatto
differenti, se non per un piccolo particolare: era ancora terribilmente
attratto da Blaine - non aveva dimenticato la sua schiena nuda che scompariva
dietro la porta del bagno né il fatto che stesse per baciarlo - e arrossiva
solo a guardare troppo a lungo il letto perfettamente intatto nel quale avrebbe
dovuto dormire. Solo che il senso di colpa per Dave
non grattava più sulla superficie dei suoi
pensieri.
Seppellì la questione Dave in un cassetto del suo
cervello e lo sigillò lì, sperando che ci restasse il più a lungo possibile.
Era troppo presto per dirlo, ma sperava di essersi liberato del grosso peso che
aveva portato per tutta l'estate.
Kurt posò di nuovo gli occhi sui numerosi foglietti sul comodino e gli tornò in
mente ciò che aveva scoperto la sera prima su Blaine.
Ora sapeva che sarebbe andato a vivere a New York e che avrebbe dovuto
sostenere un provino proprio il giorno successivo - Kurt si complimentò
silenziosamente per sue innate doti di investigazione - e avrebbe fatto tutto
quello che poteva per non perdere Blaine, qualsiasi cosa fosse quello che stava
nascendo tra loro.
Sentiva che era una persona speciale, qualcuno che, a prescindere da se ne fosse attratto o meno, voleva facesse parte della sua
vita. Era un pensiero particolarmente egoista e se ne rendeva conto, ma in
fondo lui era un Hummel, no? E gli Hummel, generalmente, sanno sempre cosa
vogliono. Non sempre lo ottengono, questo era vero. O avrebbe avuto nelle sue
mani la direzione di Vogue Paris già da un pezzo.
Decise che, per prima cosa, avrebbe chiesto a Blaine il numero di telefono;
magari gli avrebbe mandato un messaggio dopo essersi sistemato alla NYADA -
sempre che fosse riuscito a resistere fino a quel momento - e magari avrebbero
continuato a scambiarsi messaggi per tutta la settimana. Poi gli avrebbe
chiesto di uscire; avrebbero parlato, durante una passeggiata a Central Park, o in una caffetteria di Manhattan;
Kurt gli avrebbe raccontato della NYADA, gli avrebbe chiesto del suo provino,
del liceo, della famiglia rimasta in Ohio.
Voleva sapere tutto di Blaine: meno il ragazzo diceva, più la sua curiosità veniva scatenata.
Sperò solo che Blaine fosse altrettanto intenzionato a passare del tempo con
lui. Poteva benissimo trattarsi di un casuale incontro in treno, in fondo, e
una piccola avventura vissuta con uno strano tizio, per lui.
No, poteva farcela. Per quanto avesse ampiamente dimostrato
di essere un disastro nelle relazioni, doveva fare qualcosa.
Non poteva continuare ad aspettare che la fortuna mandasse avanti le cose da
sola. Ci voleva la firma made in Kurt
Hummel.
La porta si aprì proprio mentre Kurt si tirava a
sedere sul letto e sulla soglia comparve Blaine, sexy come non mai, con un
vassoio in bilico su un braccio e un ampio sorriso in viso.
Kurt intravide un paio di Croissant, due tazze fumanti e quelle che sembravano
essere delle fette biscottate geneticamente modificate.
"Buongiorno!" disse allegramente Blaine chiudendosi la porta alle
spalle con la mano libera.
Kurt cercò di tenere gli occhi fermi sul suo viso e non sui suoi fianchi
ondeggianti.
"Qualsiasi cosa ci sia in quelle tazze, ha un profumo meraviglioso.
Caffè" biascicò Kurt con la voce ancora impastata. "E ti hanno
lasciato portare la colazione in camera?"
"É' un Bed&Breakfast."spiegò Blaine sedendosi sul
letto e facendo così cigolare la rete del materasso. Kurt arrossì. "La
colazione dobbiamo prepararcela da soli. Stavi ancora dormendo
quando è suonata la sveglia, così ho pensato di lasciarti dormire un
altro po' e sono andato a procacciare il cibo."
Indicò con un ghigno il vassoio mentre Kurt scivolava fuori dalle coperte e si
sedeva a gambe incrociate sul materasso.
"Fette biscottate con marmellata, un cornetto alla crema e un cappuccino
per me." elencò, inspirando ad occhi chiusi da
una delle tazze - di color rosso brillante - e lasciandosi sfuggire
un’espressione beata.
Kurt lo osservò perdersi per un istante nel profumo del caffè e poi riaprire
gli occhi, improvvisamente più vispi e brillanti. Da lì intuì che Blaine doveva
aver sviluppato, nel corso degli anni, una morbosa dipendenza dalla caffeina.
"Per te invece abbiamo un misero cornetto integrale vuoto - e qui declino
ogni responsabilità - perché tutte le altre opzioni erano ad altissimo
contenuto calorico, e non sono riuscito a sedurre la cameriera per avere uno
yogurt." L'espressione sul suo viso era di pura
disapprovazione. "Ah, e ho cercato di imitare un nonfatmocha, ma visto che ho lavorato per tutta l'estate in una
caffetteria di Westerville, credo di esserci riuscito
discretamente bene."
Kurt spostò lo sguardo stupito e lusingato dal caffè al viso di Blaine.
"Sai come prendo il caffè?"
Blaine stavolta arrossì vagamente, ma fece un gesto blando con la mano per
dissipare l'attenzione di Kurt.
"L'hai detto tu ieri pomeriggio, che tipo di caffè bevi di solito. Ho una
buona memoria." Oh. Fu il turno di Kurt arrossire.
"Grazie" mormorò rivolto alla tazza di caffè. "Non solo per la
colazione. Soprattutto per - ecco, per ieri sera. Di solito non reagisco così,
io...E' stato un brutto colpo."borbottò, accelerando alla fine della frase.
Blaine nascose una parte del viso dietro al croissant che aveva attaccato.
"Sono contento di averti potuto aiutare, Kurt, davvero. Mi hai spaventato
a morte. Non sapevo come - non sapevo cosa fare. Non sono molto bravo a
consolare le persone."
Kurt non si trovava affatto d'accordo su questo punto, così prima che il
cervello potesse registrare cosa stava facendo, aveva mormorato:
"Beh, evidentemente io sono un'eccezione."
Non appena le parole lasciarono la sua bocca si sentì un grandissimo idiota, ma Blaine straordinariamente sorrise e i suoi occhi
si illuminarono, come se Kurt gli avesse fatto chissà che complimento.
"Mi sa di sì." rispose.
"Ora sto meglio. Voglio dire, bene. Mi dispiace aver reagito così male,
ma...era una vita che se ne stava tutto lì, in attesa
che scoppiassi. La l-lettera è stata solo la goccia..."
"...che ha fatto traboccare il vaso."completò Blaine per lui. "Sì, ti capisco."
Kurt sorrise e poi prese tra le mani la sua tazza - azzurro cielo - annusandola
con circospezione. Gli occhi dorati di Blaine seguirono curiosi il suo movimento mentre portava lentamente il bordo alle labbra e
prendeva una sorsata di prova. Accidenti.
Lo tenne sulle
spine per una trentina di secondi, guardandosi intorno con aria fintamente
persa, e quando sentì Blaine schiarirsi la gola non riuscì a trattenere un
sorriso.
"Sono sorpreso. Ci sai fare con il caffè, Anderson."
Kurt si meravigliò del tono scherzoso che aveva usato, ma soprattutto di quell'occhiata flirtosa che aveva
appena rivolto a Blaine. Era forse impazzito?
Ma Blaine sembrò più sexy e sorridente che mai. "Modestamente, sono
un uomo dalle mille risorse."
"Sei sicuro di non essere un serial killer o qualcosa del genere? Quali
terribili scheletri nascondi nell'armadio? Voglio dire, qualcuno che sa fare
caffè così buoni - e ha un sorriso così meraviglioso, pensò Kurt a
parte - deve per forza avere qualche oscuro segreto."
Blaine quasi si strozzò con il suo cappuccino, e Kurt fu sul punto di
avvicinarsi e dargli qualche colpetto sulle spalle per farlo tornare a
respirare come un essere umano.
Quando smise di tossicchiare, Blaine riportò lo sguardo lacrimante nel suo e
ridacchiò. "Ci sono un sacco di cose che non sai di me. Tipo..."
Il suo viso si fece pensieroso per un attimo e Kurt si sporse leggermente più
avanti.
"Detesto l'arancione, lo considero un colore inutile; non so cucinare i
pancake a colazione, è il mio più grande rimorso; i miei capelli senza gel sono
incontrollabili." Si indicò i ricci neri tenuti a
bada da una quantità di gel inferiore a quella del giorno precedente, ma sempre
assurdamente abbondante.
"Uhm" disse Kurt alzando un sopracciglio. "Ieri sera li avevi
bagnati, vero?"
Blaine ridacchiò sommessamente. "Non mi vedrai mai senza gel.
Sembro...Medusa."
Kurt resistette all'impulso di afferrare Blaine e trascinarlo in bagno per
lavar via tutto il gel, perché ormai stava morendo di curiosità, e poi
abbracciarlo, dirgli quanto fosse stupendo e
adorabile, passargli la mano tra i capelli, e- Porca miseria, Kurt. Datti una calmata. "E poi" aggiunse Blaine con un sorriso triste. "mi sa che
condividiamo la sfortuna da ballo scolastico."
"Ah sì?" domandò con curiosità. Blaine gli stava offrendo uno scorcio
sul suo passato?
"Già."rispose il
ragazzo. "Il primo - e anche l'ultimo - a cui ho
partecipato non è finito nel migliore dei modi."
Kurt gli lanciò un'occhiata comprensiva e dispiaciuta.
"Ti sei presentato in kilt anche tu?" domandò cercando di smorzare un
po' la tensione. L’altro sorrise lievemente e mordicchiò un angolo
della fetta biscottata.
"No, ma non sono passato comunque molto inosservato. Sai bene quanto me
che l'Ohio non è il posto migliore per fare coming
out a quattordici anni" Sì, Kurt ne sapeva qualcosa. "Era il mio
primo ballo e avevo appena detto a tutti che ero gay - tanto l'avevano capito
in ogni caso - e mi sono presentato con un amico. L'unico altro gay dichiarato
della scuola. Il ballo non è andato malissimo: voglio dire, non ci hanno tirato
addosso il punch coretto con la vodka e nessuno mi ha
eletto reginetta."
Fece una pausa, come a raccogliere i pensieri, e Kurt si sentì terribilmente in
ansia. Era ovvio che c'era dell'altro, ma non si
prospettava essere niente di buono. Strinse la tazza con forza
mentre Blaine ricominciava a raccontare.
"Siamo usciti per aspettare che suo padre ci venisse a prendere. Sono
arrivati questi tre ragazzi, ed erano dei senior. Era
piuttosto evidente che ce l'avessero con noi. Mi hanno
chiamato in modi che non sapevo nemmeno esistessero, e
avevano bevuto, e qualcuno di loro aveva una spranga, credo, e..."
La sua voce si incrinò per un istante e Kurt, senza pensare, fece la prima cosa
che gli venne in mente, l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento.
La sua mano andò a coprire quella di Blaine, appoggiata sul materasso, e ne
accarezzò lentamente il dorso.
Blaine non aveva ancora smesso di guardarlo negli occhi.
"Me ne sono uscito con una settimana all'ospedale e un paio di costole
rotte, più un sacco di ferite qua e là."sospirò Blaine. "Uno aveva una bottiglia di birra
rotta, credo. Non me lo ricordo."
Kurt sapeva che il suo volto rifletteva l'orrore che l'aveva colto in quel
momento, ma davvero non importava. Un sacco di cose orribili succedevano a
quelli come lui e Blaine, specialmente in posti con mentalità assurdamente
chiuse come l’Ohio. Avrebbe potuto benissimo esserci lui, al suo posto: c'era
andato molto vicino. O peggio, Blaine avrebbe anche potuto
morire, se solo uno di quei ragazzi avesse colpito un po' più forte, o da
un'altra parte.
Era disgustoso pensare che probabilmente era statofortunato.
Sfiorò con il pollice il dorso della mano di Blaine, cercando di trasmettergli
tutta la comprensione possibile attraverso gli occhi.
"E' per questo che ti sei trasferito alla Dalton Academy?"
chiese.
Blaine fece il più minuscolo dei sorrisi.
"I miei mi hanno trasferito non appena mi sono ripreso dall'incidente.
La politica anti-bullismo della Dalton era una botte
di ferro. Un gabbia dorata, in realtà. Non hanno certo dovuto insistere: non
avrei più messo piede in una scuola pubblica nemmeno sotto tortura. E' che mi
sono reso conto, con il passare del tempo, che è stata una gran vigliaccata.
Sono scappato non appena ho potuto. Non sono rimasto a combattere, come hai
fatto tu. Da una parte avrei voluto avere la possibilità di...non so, essere
coraggioso."
Kurt strinse forte la sua mano. Era strano: più cose conosceva di Blaine che lo
facevano sembrare umano ai suoi occhi, più gli piaceva da morire.
"Se non altro avevo gli Warblers. Sono stati come
una famiglia per me. Siamo un gruppo molto unito."
Kurt sorrise. "E' questo lo scopo dei Glee Club, credo."
Blaine appoggiò la tazza al vassoio, senza sottrarre la mano da quella di Kurt.
"Trovarti una seconda famiglia quando la tua è
troppo distratta per ricordarsi di te?" domandò con un sorriso triste. Lo immaginavo, pensò Kurt. Non hai un buon rapporto con i tuoi, eh?
"Una specie. Farti sentire a casa, ecco."
L'espressione di Blaine si intenerì.
"Già. Mi hanno salvato, sotto moltissimi punti di vista. Con loro ho
scoperto l'amore per la musica, per le mosse di danza ridicole e per KatyPerry. Sono diventato il
leader dopo un anno."
Kurt non rimase molto sorpreso dalla notizia, in realtà. Se lo immaginava.
Blaine sprizzava carisma da tutti i pori, e poi aveva avuto l'impressione che fosse sua la voce degli assoli
delle registrazioni degli Warblers.
"Non mi stupisce che tu sia diventato il solista. Hai una voce
meravigliosa."
Blaine arrossì, ma sembrava determinato ad andare avanti con il suo racconto.
Kurt si rese
distrattamente conto di essere irrimediabilmente cotto a puntino.
"Già, sono riuscito a mantenere il ruolo anche quando è arrivato Sebastian."
"Noto una punta di fastidio nel tuo tono."gli fece notare, felice che la conversazione ora fosse un
po' più leggera. Vedere Blaine triste era un'esperienza che non era disposto a
ripetere.
"Noti più di una punta di fastidio. Sebastian
era il tipico ragazzo ricco arrivato da Parigi con molto carisma, acidità
gratuita e il fascino di qualcuno che ha sperimentato molto più di te.
All'epoca aveva iniziato a provarci con me perché ero il leader degli
Warblers." Oh. Fantastico.
"Beh, un tipo affascinante."
"Diciamo che, più che altro, ero io che tendevo ad essere particolarmente
superficiale."commentò
Blaine con una punta di fastidio verso se stesso. "L'ho pagata
particolarmente cara, quella svista. L'ho lasciato fare, in fondo mi lusingava
e volevo...provare qualcosa di nuovo, credo. Era un periodo un po’ particolare
e Sebastian mi distraeva da tutto il resto. Non l'ho
mai lasciato avvicinare più di tanto, ma gli ho dato corda. Un venerdì sera uno
degli Warbler ha dato una festa per festeggiare le
Provinciali vinte. Nonostante la vittoria era stata una serata orribile, per me,
e ero particolarmente depresso." Ah, sì, pensò Kurt. Quelle dove abbiamo gareggiato l'uno contro
l'altro.
Blaine scosse la testa e si strinse nelle spalle. "Siccome ero davvero
molto superficiale e davvero molto triste, avevo bevuto un po'. Ok, un po' tanto.
E Sebastian era lì, e..." Oddio, no. Non dirmelo, gemette Kurt
nella sua testa.
"Mi sono risvegliato nel letto di Sebastian,
piuttosto dolorante, ricordandomi poco e niente della sera prima. Giusto come
ci ero arrivato." Merda.
Kurt non sapeva cosa dire, così non disse niente, limitandosi a non smettere di
accarezzare la mano di Blaine.
"Da quel giorno lui ha ovviamente iniziato ad evitarmi come se avessi la
peste, così non ho neanche tentato di chiarire. Non mi ci è voluto molto per
fare due più due: aveva ottenuto quello che voleva ed era passato oltre. E io
nemmeno me la ricordo, quella notte."
Kurt immaginò che doveva essere davvero doloroso, non ricordare una cosa del
genere.
"Mi dispiace." disse, tentando un sorriso.
Blaine scosse la testa.
"Come puoi notare, anche da quel punto di vista sembro sfortunato quanto
te. Da lì in poi però gli Warblers non mi hanno
mollato un attimo. Devo loro molto. Sebastian ha
semplicemente continuato a passare di letto in letto fino al diploma.
Quest'estate ci siamo visti una volta sola, ma credo che abbia messo un po' la
testa a posto, adesso."
Kurt lo osservò timidamente.
"Non sembri arrabbiato con lui."
Blaine parve pensarci un po' su. "Lo sono, ma per i motivi
sbagliati." disse, criptico.
Cercando di tirarlo un po' su, senza dimenticare l'importanza di quello che
aveva appena fatto Blaine - aprirsi così con lui come se si conoscessero da
sempre non era una cosa da tutti - Kurt disse: "Per fortuna gli Warblers, allora. Ti hanno tirato su di morale a forza
di Medley di KatyPerry?"
Blaine finalmente rise e Kurt si sentì decisamente meglio.
"Ci sei andato vicino, era un Medley dei Beatles. No, sul serio, sono
stati fantastici. Non so cosa avrei fatto se non
avessi avuto loro."
Prese a giocherellare con l'infinità di braccialetti colorati che aveva al
polso, ai quali Kurt aveva già fatto caso. Ora che li osservava da vicino,
però, notava che alcuni - quelli un po' più spessi, di plastica colorata -
erano scritti.
Blaine seguì il suo sguardo e sorrise affettuosamente.
"Oh, questi. Sì, noi Warblers tendiamo ad essere molto
teatrali nei gesti, ma forse l'avevi notato. E' usanza regalare un
canarino all'ingresso nel gruppo e un bracciale all'uscita. Questo è quello che
abbiamo tutti."
Dal resto dei bracciali ne separò uno in cui due lacci - uno rosso e uno blu - si intrecciavano.
"E' una cosa...dolce, in un certo senso. Vi rispecchia molto." commentò Kurt avvicinandosi ad osservare il polso che Blaine
gli aveva porto.
Blaine chinò la testa per avvicinarla alla sua e indicò gli altri braccialetti
colorati.
"Questo rosa è Wes. Ha cercato di disegnarci un
martelletto, che era la sua arma, ma non ce l'ha
fatta." spiegò scuotendo la testa. Kurt ridacchiò
davanti alla firma disordinata e allo scarabocchio che si presumeva fosse un
martellino.
"La sua arma?" domandò incuriosito.
"Diciamo che Wes ha militato a lungo nel
Consiglio degli Warblers. Andava in giro con quel martelletto giorno e notte,
alle riunioni, a lezione, alle feste. Perfino alle competizioni. Era diventato
il suo segno distintivo - e il nostro incubo."
"Che gente stravagante."
Blaine rise di gusto e indicò un'altro paio di
bracciali.
"Questo giallo è Nick, e questo lillà è Jeff. Sempre originali e sempre in coppia, loro. Infatti se guardi bene su di uno c'è scritto 'I'm glad' e sull'altro 'Youcame'. Ora sono a New York. Mi verranno a prendere in
stazione loro, credo. Questo invece - e indicò il bracciale verde - è David.
Essendo generalmente quello più saggio dei quattro, ha semplicemente scritto
'fidati del Karma'. Fa molto oracolo, sì. David è
fissato con questo genere di cose. Ci mancava poco che ci facesse partecipare a
qualche seduta spiritica prima delle competizioni."
Kurt rise di gusto e si perse ad osservare Blaine immerso nei ricordi del
liceo, belli o brutti che fossero. Senza pensarci troppo su si
avvicinò e gli sfiorò un polso con delicatezza, passando sofficemente i
polpastrelli tra i bracciali e la pelle liscia e morbida. Il ragazzo riccio
socchiuse gli occhi e piegò di lato la testa, un angolo della bocca ancora
inclinato verso l'alto.
In fondo, rifletté Kurt, sia lui che Blaine avevano avuto delle pessime
esperienze al liceo, ma avevano avuto degli ottimi amici a sostenerli per tutto
il tempo.
Notò inoltre che non c'era nessun bracciale con su
scritto 'Sebastian'.
Rimasero in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri, poi Kurt
allontanò la mano dal polso di Blaine - per quanto sforzo gli costasse - e se
la passò tra i capelli. Non solo Blaine non è scappato a gambe levate, pensò osservandolo di
sottecchi e sorridendogli quando alzò lo sguardo sul suo. Ma mi ha
anche raccontato del suo vecchio liceo e della sua vecchia fiamma. Stiamo
facendo progressi. A guardarsi alle spalle, sembrava impossibile che, solo due giorni prima,
Blaine non facesse parte della sua vita. Ora sembrava tutto diverso, finalmente
completo.
Kurt aveva cercato a lungo qualcuno che entrasse nella
sua vita così, stravolgendola del tutto. Pensava che non l'avrebbe mai trovato,
ormai aveva perso le speranze. Beh, si
sbagliava.
Blaine era speciale, qualcuno di completamente diverso da qualsiasi altra
persona avesse mai conosciuto. Non poteva non volerlo nella sua vita. Era un
pensiero così egoista?
"A che ora abbiamo il treno?" domandò Blaine dopo aver divorato l'ultima
fetta biscottata, strappando Kurt alle sue fantasie.
"Alle nove e trentasei, mi pare."rispose Kurt stiracchiandosi come un gatto. "Abbiamo
tempo, per fortuna. Devo davvero farmi una doccia, perché -"
Kurt si bloccò nel bel mezzo del movimento, con le braccia ancora intrecciate
dietro la schiena, e spalancò gli occhi per l'orrore. Blaine si accorse subito
della sua reazione, perché si avvicinò, spostando il vassoio, e gli appoggiò le
mani bollenti sui gomiti.
"Kurt, stai bene? Possibile che tu ti sia preso
il colpo della strega a nemmeno vent'anni?" disse, abbassandogli
lentamente le braccia lungo i fianchi.
"Blaine" pigolò Kurt, ignorando quello che aveva appena detto.
Resistette all'impulso di prenderlo per la maglia e scuoterlo. Perché diavolo non
coglieva la gravità della situazione? Che stava blaterando? "Ti
prego" supplicò senza avere il coraggio di muovere un muscolo e di
guardare. "Ti scongiuro, dimmi che non sono andato a dormire completamente
vestito."
Lo sguardo allarmato di Blaine non prometteva niente di buono.
"Oh. Ehm, non è una domanda."disse lentamente. Stava forse prendendo tempo?
"Ti prego." ripeté, cercando di rimanere
lucido. No, non poteva essere. Non lui. Kurt Hummel non andava mai a dormire
vestito con qualcosa che non fosse un pigiama di
seta.
Blaine prese un profondo respiro. "Ehm, veramente sei ancora vestito, sì.
Ieri sera ti sei addormentato subito dopo - beh, hai capito - e..."
Provò ad alzare un sopracciglio triangolare, come a domandare '...e quindi?'.
"Non è vero." Kurt chiuse gli occhi e scosse
la testa energicamente. "No, no nononono."
Percepì Blaine ridacchiare e aggiunse: "Non l'ho fatto davvero."
"Sei in fase di negazione" gli fece notare Blaine, divertito.
"E' così grave?"
Kurt aprì un occhio azzurro per incenerirlo e Blaine sembrò decidere che
assolutamente sì, era grave, perché si spostò istintivamente più indietro.
"Terribile. Peggio della fine del mondo. O peggio degli hamburger di McDonald a colazione, o di Sara Palin
ai suoi tea party."biascicò,
cercando di elaborare un piano veloce e efficace. "Ho passato la notte con
i vestiti di ieri, non ho fatto nessuna maschera facciale e la mia pelle cadrà
a pezzi nel giro di una settimana. Mi auto distruggerò come una bomba a
orologeria e sarà tutta colpa mia, perché ero troppo
occupato a farmi venire una crisi isterica perché il mio ex mi ha tradito per
ricordarmi che ho una maledettissima pelle sensibile."
"Kurt..." tentò di fermarlo Blaine. Ma ormai Kurt era in pieno
panico.
"Devo andare a farmi una doccia" proclamò, cercando di alzarsi in
piedi e barcollando, intrecciandosi con il lenzuolo. Blaine ridacchiò alla
vista. "e poi prendermi ripetutamente a schiaffi. Perché sono così
stupido? La mia pelle. La mia povera pelle..."
"Kurt!" esclamò Blaine quando quasi si
spiaccicò la faccia a terra per non essere ancora riuscito a liberare la gamba
intrecciata con il lenzuolo. Una volta ottenuta la sua attenzione, Blaine
continuò: "Ora tu vai sotto la doccia e quando esci prendiamo tutto e
andiamo in stazione a prendere il treno. Non farti prendere dal panico, la tua
meravigliosa pelle sopravvivrà."
Tutto quello che Kurt registrò, però, fu: 'pensa che ho una bella
pelle. Lo pensa davvero? Sì, l'ha detto.'
Te l'ha mai detto nessuno che sei svitato, faccia da pizzichi? obiettò
Sue. La sua faccia sta gridando 'cosa avrei dovuto fare, spogliarti io?' e
scommetto il mio trofeo delle Nazionali 2010 - che tu hai tanto
faticosamente contribuito a vincere - che non si sarebbe affatto
dispiaciuto. Il dannato problema era che Sue aveva schifosamente ragione. Blaine sembrava piuttosto indeciso se essere sconvolto o divertito, così
sembrò optare per un'espressione che era un po' una via di mezzo delle due, e
rimase a fissare Kurt.
"Vado a farmi una doccia. E uno scrub alle alghe." disse con
tutta la dignità e la calma che possedeva. Blaine lo osservò a braccia incrociate mentre rovistava nella valigia - sperando di non
trovarci altre sorprese o attacchi kamikaze - e poi, con le guance rosse
dall’imbarazzo, ne tirava fuori qualche vestito. Borbottò qualche frase
sconnessa e, sotto lo sguardo divertito di Blaine, si rifugiò in bagno, quasi
inciampando nella moquette dalla fretta di togliersi dall'imbarazzo.
Si chiuse la porta alle spalle e scivolò lungo il legno, ormai con il viso in fiamme.
Si può morire per autocombustione?Oh,
la mia vita sta diventando una soap opera.
Dall'altra parte della porta risuonò la risata leggera di Blaine. Siamo sicuri che non sia un maledetto Legilimens?
Note dell’autrice
Boh, io vi amo.
Cioè, vi rendete conto del collasso che mi è venuto quando mi sono accorta che allo scorso capitolo sono
state lasciate diciannove recensioni? Voi mi volete uccidere.
Ok, forse ancora no, ma mi vorrete uccidere molto presto. Sì,
perché il prossimo capitolo, ve lo dico già da adesso, con tutta probabilità vi
farà prendere un colpo. O vi farà desiderare di picchiarmi, dipende. Io, in
caso, ho ottenuto la residenza nel bunker
antiatomico Lieveaperché me le sono comprate con
i muffin, quindi mi rifugerò lì. Inutile spiegarvi
chi è Lievea, che tanto le conoscete tutti :D
Per quanto riguarda questo capitolo…è stato un po’ sofferto,
ma alla fine è venuto fuori.
Non scandalizzatevi per la reazione di Kurt. Mi è sempre
sembrato il tipo che da di matto e poi ragiona (vedi
ballo scolastico) e Dave…ragazze, non arrabbiatevi
con lui, dai!
Ah, per l’amor del cielo. Lo so che sto maltrattando sia Sebastian che Dave, ma ehi. Vi prometto che Sebastian
si farà perdonare. Fidatevi di me, in questa fanfiction
niente è come sembra. Oppure tutto è esattamente come sembra e se ne sono
accorti tutti, dipende XD
Il capitolo originale doveva contenere anche l’arrivo a New
York, ma queste sono cinquemila parole, e altre cinquemila sarebbero state un
po’ lunghette. Quindi martedì prossimo finalmente
sbarcheremo nella grande mela! :)
Ah, ecco! Sappiate che dal prossimo capitolo in poi si sta a
New York fino alla fine della storia, ma (e qui piccolo indizio, interpretatelo
come volete) non abbiamo ancora concluso con i mezzi di trasporto, in questa
storia.
Per tutte quelle che stanno aspettando che Blaine riveli i
suoi malvagi segreti: abbiate pazienza! *-*
Un grazie speciale a tutte le ragazze che seguono la storia
e che spesso mi fanno compagnia su facebook. Vi
adoro! Per chi ancora non l’avesse, questo è il link del mio profilo:
Amo fare due chiacchiere e in genere offro biscottini e
tanto amore *-*
Inoltre il mio grazie super-infinito
va a Ila, senza la quale non sarei qui (né da nessun’altra
parte, se non al Manicomio o in Prigione) e Fra, che è sempre un piacere far
rimanere a bocca spalancata davanti alle patatine del McDonald
(sì, non smetterò più di gongolare).
Una volta che fu sotto al getto d’acqua bollente Kurt
appoggiò la fronte alle piastrelle e cercò di riflettere senza farsi prendere
dal panico. Cosa doveva farsene, del cucciolo di pinguino?
D’accordo, a dieci anni si era preso una cotta colossale
per RickyMartin che non
era mai veramente finita e aveva fatto morire dal ridere Burt
quando aveva annunciato, in piedi sul tavolino per il tè, di voler
imparare lo spagnolo. E allora?
Finn, invece, era stato una curiosa quanto compromettente
parentesi della sua adolescenza, alla quale amava pensare come il buio periodo
di black out di Kurt Hummel; aveva desiderato baciare il suo fratellastro? Sì.
Se ne era pentito non appena l’aveva visto infilare la lingua in bocca a
Rachel? Oddio, sì. Certe cose ti segnano a vita.
C’era stata Brittany,
ovviamente. A Kurt quasi veniva da ridere a pensarci. Insomma, Brittany era sua amica e se non altro da quell’esperienza aveva imparato a baciare decentemente –
figuriamoci se quelli potessero essere considerati i
suoi primi baci.
E poi, ultimo ma non per ordine
di importanza, aveva persino ricevuto la sua curiosa opinione su come i ragazzi
sapessero di hamburger.
Eppure Kurt era certo che Blaine non sapesse di hamburger. Forse.
Certo, poteva sempre provare per accertarsene.
Con Dave…di nuovo, era
complicato. Per quanto solo a pensarci ora si sentiva un vero idiota, stare con
lui senza potersi nemmeno avvicinare o sperimentare lo aveva mandato fuori di
testa molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.
L'intera situazione doveva aver portato all’attuale struggente lotta tra i suoi
ormoni impazziti e il cucciolo di pinguino. Quest’ultimo opponeva una stoica
resistenza ogni volta che Blaine era nei paraggi – quindi ininterrottamente
dalla mattina precedente – e Kurt era finito per essere ridicolmente in bilico
tra il voler strappare i vestiti di dosso a Blaine e lo scappare a gambe levate
in preda al terrore.
Non aveva molto senso, doveva ammetterlo. Era ridicolo
voler fare cose con Blaine quando non
riusciva nemmeno a pensare alla parola ‘sesso’ senza arrossire. Stava
impazzendo?
E poi Blaine aveva sicuramente più esperienza di lui – anche se a quanto pare non se lo ricordava – e
qualsiasi cosa avesse fatto Kurt, o avesse tentato di fare, molto più
plausibile, sicuramente sarebbe sembrato ridicolo.
Che poi, cosa voleva fare esattamente? Certo, Blaine
stava ormai palesemente flirtando con lui – forse – ma non appena si sarebbe
accorto che Kurt non aveva la più pallida idea di cosa fare…oh, non ci voleva
pensare.
Nel suo iphone c’era ancora quell’imbarazzante lista delle cose da fare prima di
morire, che ad un certo punto citava ‘fare l’amore con TaylorLautnerin
un campo di lillà prima che diventi grasso’. Ecco, questo dimostrava che certi istinti li
aveva, no? Magari poteva essere troppo tardi perché il buon vecchio Taylor aveva messo su una discreta pancetta da alcolizzato,
e magari Kurt non era come Finn, che aveva bisogno di attaccarsi a Rachel come
una sanguisuga ogni mezzo secondo, ma questo non significava che non volesse avere una relazione fisica con qualcuno!
Che poi, a pensarci bene, se avesse
potuto sarebbe stato attaccato a Blaine come una sanguisuga?
In ogni caso non sapeva come fare, né da dove partire.
Ok, in realtà ‘La Chiacchierata’con suo padre – e relativi opuscoletti – era stata
piuttosto chiara al riguardo, quindi una mezza idea di dove cominciare e come ce l'aveva. Certe cose non avrebbe davvero voluto saperle,
ma altre sì, e…cavolo, era tanto sbagliato voler sperimentare qualcosa?
Era tanto sbagliato volerlo sperimentare con Blaine?
Si vergognò profondamente di quel pensiero e cercò di
pensare ad altro, perché effettivamente pensare a Blaine, sotto la doccia, non
era il modo migliore per mantenere la calma e il controllo della situazione.
Controllo che, chi vogliamo prendere in giro, aveva perso la mattina prima quando Blaine era entrato nel suo scompartimento.
L’acqua sembrò improvvisamente più calda e Kurt stava davvero soffocando –
eppure non aveva girato la manopola – ed era ridicolo che avesse le farfalle
allo stomaco solo a pensare a Blaine.
Lasciò che la sua mente facesse un tentativo, vagando tra
i ricordi di poche decine di minuti prima, fino alle labbra di Blaine,
socchiuse e così invitanti, o la linea della mascella, o la curva dei fianchi…
Qualcuno bussò delicatamente alla porta e Kurt sobbalzò,
rischiando di scivolare su una saponetta e rompersi l’osso del collo. Ed
esattamente come ci era finita la sua mano così vicina a…oh, santo cielo.
“Kurt?”
Ecco, fantastico. Tu si che sei
d’aiuto, Blaine.
La voce di Blaine giunse attutita dallo scrosciare
dell’acqua e per via del muro che li separava, e Kurt al pensiero che in fondo fossesolo un muro andò di nuovo a
fuoco.
“Lo so che sei sotto shock per aver dormito con pantaloni
e polo” disse Blaine in tono canzonatorio. “Lo so, davvero, ma farti una doccia
decontaminante come se dovessi accedere ad un bunker antiatomico ci farà
perdere il treno.”
“Ho quasi fatto” pigolò inrisposta.
Blaine non disse niente, quindi probabilmente non l’aveva
nemmeno sentito. Un lato di Kurt gioì per la normalità e il senso di
quotidianità che quella conversazione gli aveva lasciato.
Andiamo, Kurt,
cercò di farsi coraggio. Ce la puoi fare. Esci da questa maledettissima
doccia.
Spense con un sospiro il getto d’acqua e afferrò un
asciugamano per stringerselo in vita. Osservò allo specchio appannato il suo
riflesso gocciolante.
E se uscissi così dal bagno? pensò in un attacco un po’ delirante.
Già si immaginava Blaine piegato in due dalle risate.
Scosse la testa di fronte alla propria inettitudine,
domandandosi che ne fosse stato del suo cervello, un
tempo sano e funzionante.
Bruciato, completamente andato. Probabilmente lo scenario
era apocalittico: orde di neuroni rincorsi da palline rosse di ormoni fuori
controllo, e una gigantografia di Sue Sylvester a
troneggiare su tutto, come quella volta che aveva dato un mezzo party in
auditorium per essere riuscita a cacciare la coachBeiste.
Kurt si passò una mano tra i capelli zuppi d’acqua,
lasciando andare l'ennesimo sospiro sconsolato.
Forza, diamoci una parvenza di umanità.
Quarantacinque minuti e due tubetti di lacca
rigorosamente biologica dopo si poté dire soddisfatto del look che aveva
ottenuto: i capelli erano tornati ad una forma umanamente concepibile e alla
presa ferrea della lacca non sfuggiva nemmeno un capello.
Indossava un paio di Jeans chiari particolarmente
aderenti – scelta puramente casuale, ovvio – e una maglia blu a maniche lunghe
che gli lasciava scoperta la spalla.
MarcJacobs sarebbe stato fiero di
lui: attraente ma semplice, ecco il segreto. O almeno così sperava.
Infilò la catenina con il ciondolo di Rachel sotto la
maglia, si diede un’ultima controllata allo specchio per accertarsi che fosse
tutto al suo posto e poi prese un respiro profondo alla ricerca del coraggio
per uscire di lì.
Andiamo, Kurt. Va là fuori e affronta la situazione. Non
da pinguino, magari.
Abbassò la maniglia della porta con il cuore in gola e
uscì dal bagno a testa china, dirigendosi dritto verso la sua valigia.
Blaine era affacciato alla finestra e guardava fuori.
“Per fortuna che avevi quasi finito” lo prese in giro mentre si voltava. Oh, allora aveva sentito. “Non oso
immaginare quanto ci metteresti se –“
Ma si bloccò a metà frase e la bocca si schiuse leggermente mentre i suoi occhi dorati scivolavano dalla
spalla scoperta di Kurt ai suoi fianchi e poi di nuovo sul suo viso, fino ad
indugiare per un secondo di troppo sulle sue labbra.
Kurt deglutì impercettibilmente, sentendosi un tantino
esaminato. Si stava rendendo ridicolo? Stava quasi per correre in bagno di
nuovo per non uscire mai più di lì quando Blaine si
schiarì la gola e disse: “Bella maglia”
“MarcJacobs”
replicò allora Kurt a mo’ di spiegazione. Questo parve bastare a Blaine, che
disse semplicemente “Ah.”e,
con le guance adorabilmente rosse, tornò a sistemare la tracolla della
chitarra.
Kurt si lasciò scappare un sorrisetto stupito e
compiaciuto.
Incredibile: Santana aveva
sempre avuto ragione, chi l’avrebbe mai detto? Spalla in fuori e collo ben
visibile.
Scavò nella memoria alla ricerca delle Lezioni di
Seduzione Lopez per principianti e gay repressi,
come amava chiamarle l’amica quando aveva deciso di
impartirgliele tra un allenamento dei Cheerios e un
altro, assolutamente contro la sua volontà.
Cos’altro aveva
raccomandato, oltre ai jeans stretti fino all’inverosimile?
Kurt sbuffò e, sentendosi profondamente ridicolo, si
arrotolò le maniche fino ai gomiti con delicatezza mentre
Blaine sistemava qualcosa in valigia.
Bene. Qual era il consiglio successivo?
Leccarsi le labbra ed accertarsi che i suoi occhi cadano
sulla tua bocca.
No, col cavolo che lo faceva! Era imbarazzante!
Quando Blaine si avvicinò sorridente al comodino per
infilare in tasca il cellulare e gli sfiorò casualmente un braccio, Kurt
sorrise di rimando e – Oh, e va bene, maledizione!
Molto, molto lentamente si passò la lingua sul labbro
inferiore, sviando lo sguardo azzurro di lato per non guardare Blaine negli
occhi. Non osò alzare il viso e tornò alla sua valigia. Quando sbirciò, però,
notò che Blaine era un po’ rigido e un po' rosso.
Una scossa di eccitazione mista a imbarazzo gli corse lungo la spina dorsale, facendogli venire la pelle
d’oca.
Se una parte di lui si stava domandando che diavolo stesse facendo, l’altra stava zittendo la prima a
gran voce.
Però un problema c’era: come avrebbe fatto a chiedere il
numero a Blaine se arrossiva solo guardandolo in faccia?
Forse arrossiva perché guardarlo in faccia gli faceva
venire voglia di baciarlo.
Probabile.
Stava già iniziando a desiderare ardentemente di
lasciarsi quella situazione di stallo alle spalle.
Capiva che era il passaggio tra il Kurt del liceo, timido
e ambizioso, coraggioso e pieno di sogni romantici, e il Kurt del college,
magari più maturo e sempre romantico, sì, ma anche concreto.
La sua attrazione per Blaine, in ogni caso, non aveva
niente a che vedere con quel genere di crescita.
O forse sì, ma non importava.
Non era la semplice manifestazione della sua voglia di
sperimentare qualcosa con qualcuno. A Kurt piaceva davvero tanto Blaine. Era
certo che, se avesse incontrato il Blaine sedicenne, in blazer e cravatta,
assolutamente perfetto in tutte le sue imperfezioni, se ne sarebbe innamorato
fin dal primo istante.
Cosa che non andava molto lontana dalla realtà. Era solo
successo con qualche anno di ritardo.
Era un pensiero che aveva fatto capolino nella sua testa
diverse volte nella sua mente, fin da quando aveva
saputo che Blaine era di Westerville.
E se avesse incontrato Blaine prima? Se fosse andato a
spiare gli Warblers quando Puck
l’aveva suggerito? Se durante quelle competizioni in cui erano stati rivali,
anziché rimanere nel camerino e ascoltare le esibizioni degli altri gruppi dall’altoparlante,
di sfuggita, fosse stato in platea tra il pubblico?
Persino durante le premiazioni era stato troppo distratto
dalla paura e l’eccitazione per osservare attentamente gli
Warblers della Dalton Academy nelle loro eleganti
divise. Aveva fatto scivolare lo sguardo su di loro e non aveva visto Blaine.
Non lo ricordava proprio.
Non si erano mai visti nonostante fossero stati a così
poca distanza l’uno dall’altro. Questione di pochi metri. Chissà, forse persino
meno.
Magari non era destino. Oppure, semplicemente, nessuno
dei due era pronto a conoscere l’altro.
Magari non era il momento giusto. Ora sì, quindi?
Adesso che si erano incontrati, conosciuti, Kurt aveva
una seconda possibilità per far entrare nella sua vita qualcuno di così
meraviglioso?
Finì di sistemare le sue cose in valigia, scambiando di
tanto in tanto qualche parola con Blaine. Il clima era piacevole e tranquillo.
Quando entrambi si furono assicurati di aver preso tutto, si voltò verso Blaine
e sorrise nervosamente.
“Beh” disse Blaine con un sospiro. “Che stiamo
aspettando? Si va in stazione!”
*
Una volta in treno, Kurt e Blaine spesero la prima ora di
viaggio a raccontarsi divertenti aneddoti, soprattutto sulle disavventure del
liceo e dei rispettivi Glee Club.
Blaine spiegò a Kurt il funzionamento del Consiglio
Direttivo degli Warblers, gli raccontò delle loro incursioni musicali in giro
per la scuola o in terribili case di riposo, o di quella volta del GAP attack, che era servito solo per rendersi ridicolo e
far licenziare un povero commesso per aver ricevuto un’imbarazzante serenata
nel reparto calzini.
Per tirarlo su di morale Kurt gli raccontò di quando Finn aveva prodotto un costume da Lady Gaga con una tenda da doccia, o di quando si era tirato da
solo una granita in faccia per ‘salvare Finn’, e
spese ben venti minuti in racconti terrorizzati su Sue Sylvester,
l’unica e terribile.
Blaine lo guardava come se fosse appena sbarcato su
Marte.
“…e quando stavamo per partire per le prime Nazionali
alle quali abbiamo partecipato, quelle che abbiamo miseramente perso, ecco che
scopriamo che aveva dirottato un volo aereo, dio solo sa come, verso la Libia, tipo, cosicché fossimo immediatamente circondati da terroristi e mai più
rimessi in libertà.”
Gli occhi nocciola di Blaine erano grandi come lampadine
e le sue sopracciglia ormai avevano raggiunto l’attaccatura dei capelli coperti
di gel.
“Sei serio?” domandò, palesemente incredulo. Quando realizzò che Kurt non lo stava affatto prendendo in giro –
grazie anche alla sua faccia ancora mortalmente terrorizzata – rise fino ad
avere le lacrime agli occhi, trascinando Kurt con sé.
“Non so se preferisco questa” disse tra i singhiozzi. “O
quella in cui si è travestita da Grinch per rubarvi
il Natale.”
Le guance di Kurt si imporporarono. Qualsiasi cosa stava
facendo per far ridere Blaine così, doveva assolutamente continuare perché beh,
Blaine era stupendo quando rideva.
“Hai una risata meravigliosa.” si
lasciò sfuggire dalle labbra prima che potesse fermarsi o prendersi a schiaffi,
ma tutto ciò che ottenne fu un incremento del sorriso di Blaine che non avrebbe
mai creduto possibile. Il ragazzo riccio sembrò davvero compiaciuto
mentre chiedeva: “Davvero?”
Kurt cercò di salvare il salvabile
mentre adocchiava Blaine sporgere il labbro inferiore.
“Beh, i miei racconti sono uno spasso, quindi è
direttamente proporzionale, no?”
Ok, così stava peggiorando la situazione. Ma che diavolo
stava dicendo? Si era bevuto il cervello, forse?
Alzò un sopracciglio in un tentativo estremo di non
sembrare un cretino e cercò di non far scivolare lo sguardo sulle braccia
muscolose di Blaine o su qualsiasi altra parte del suo corpo.
Fissare gli occhi in quelli di Blaine non si rivelò
affatto la scelta più saggia, comunque: di nuovo quegli occhi
– improvvisamente più brillanti del solito – lo inchiodarono al sedile e Blaine
piegò leggermente la testa di lato, alzando un angolo della bocca in un mezzo
sorriso sghembo.
Non era la prima volta che lo faceva e stavolta Kurt non
poté fare a meno di domandarsi come sarebbe stato, baciarlo
mentre sorrideva così. Una piacevole scossa gli corse
lungo lo stomaco, decisamente verso il basso.
“Mi piacerebbe davvero tanto continuare a sentirli” disse
Blaine con calma. “I tuoi racconti, intendo.”
Ok, ci siamo. Forza, Kurt, puoi farcela.
“Piacerebbe tanto anche a me” disse arrossendo
furiosamente. “Voglio dire, non sentirmi raccontare le cose. Non c’è bisogno
che me le racconti da solo, le so. Nel senso…raccontarti qualcosa. Parlare.
Uhm.”
Chiedigli il numero, cretino! Che cosa stai blaterando? lo rimproverò la voce nella
sua testa. Chiediglielo, accidenti! Fallo!
“Magari potremmo vederci qualche volta a New York”
propose, cercando di mantenere un tono di voce calmo e
casuale. Mulinò un po’ un braccio, sentendosi davvero molto stupido. “Potremmo
andare a cercare un posto carino per prendere un caffè.”
Bravo, Kurt, così va meglio, si disse. Meno stalker
e più ‘sì, voglio uscire con te’.
Blaine lo abbagliò con il suo solito sorriso luminoso.
Forse era quella la sua tecnica. Ti stordiva con uno dei suoi enormi sorrisi e
poi ti trascinava nel luogo del delitto, coinvolgendoti in uno dei suoi
crimini.
Dopo quel pensiero, Kurt si rese conto di aver
completamente perso il controllo di quello che stava succedendo nella sua
testa.
“Nonfatmocha” rise Blaine iniziando a rovistarsi nelle tasche
senza apparente motivo. “Già.”
Kurt ci provò a guardare da un’altra parte,davvero, ma poi Blaine fece quella cosa strana
con i fianchi per infilarsi una mano nella tasca posteriore dei pantaloni,
scivolando appena in avanti e borbottando “ma dove accidenti…” e Kurt deglutì
rumorosamente.
Si sentiva un tantino su di giri: se da una parte non
riusciva a guardare Blaine in faccia senza diventare viola, dall’altra non
riusciva a togliere gli occhi dai suoi fianchi, che scattarono leggermente in
avanti ancora una volta.
Bisognava ammetterlo, e Kurt non aveva nessun problema a
farlo, almeno nella sua testa: Blaine era maledettamente sexy.
Poteva anche non essere un modello di Armani,
di quelli alti due metri e pieni di muscoli, ma Kurt
non riusciva a non considerarlo stupendo. Aveva quell’aria
così sicura di sé che ogni tanto si perdeva in eccessi di curiosa timidezza, e quell’espressione così dolce ogni volta che parlava dei
suoi amici, e quel modo di guardarlo come se non vedesse altro, e quel
maledetto sorrisetto divertito che gli incurvava le labbra ogni due minuti e-
dannazione, tutto quello che voleva era prenderlo per il colletto della maglia
e baciarlo fino a perdere i sensi.
Il che forse era un po’ esagerato. O forse no.
Dio, sono senza speranza. Oh, se non altro stavolta è
gay. E ne sembra sicuro. E sembra anche disponibile, visto che questo è
flirtare – credo –, e ovviamente è disponibile ammesso e concesso che non sia
ancora innamorato di quel Sebastian, e –
Oddio.
Kurt si sentì morire dentro, perché maledizione, come
aveva fatto a non capirlo prima? Era così ovvio.
Blaine era ancora innamorato di quel tipo.
Certo, sembrava che fosse interessato a lui, ma andiamo,
cosa aveva Kurt Hummel di interessante in fondo?
Si era immaginato tutto nella sua testa? Blaine stava
solo cercando di essere gentile e amichevole?
Alzò gli occhi azzurri con la gola improvvisamente secca
e tanta voglia di piangere solo per trovarsi il viso di Blaine di fronte.
Dio, che stupido che era stato. Lui, Blaine –
Blaine gli stava porgendo qualcosa con un sorriso
imbarazzato ma lo sguardo deciso, e Kurt sbatté le palpebre e impiegò un paio
di secondi per realizzare che era un cellulare.
Fece scorrere lo sguardo da Blaine al telefono e poi di nuovo
a Blaine, sentendosi come se fosse appena cascato dalle nuvole. Che cosa si
presumeva che dovesse farci, con il telefono di Blaine?
Mangiarselo e poi sprofondare nei meandri della crosta
terrestre per la vergogna? Chiamarsi l’Ufficio Igiene Mentale da solo?
Quando non si mosse, ma continuò a fissare Blaine con
quella faccia da pesce lesso, il nome Sebastian che
ancora aleggiava nella sua testa, il ragazzo riccio tirò fuori un’altra delle
sue buffe espressioni, arrossendo e ghignando allo stesso tempo.
“Non ci possiamo sentire se non mi lasci
il tuo numero.” disse alzando le spalle.
La bocca di Kurt si aprì in una piccola, perfetta ‘o’.
Porcellana, grugnì
la coachSylvester. Kurt si
domandò distrattamente se e quando si sarebbe liberato delle proiezioni della
sua mente. Pensi di aver bisogno di una rianimazione da far invidia ad
un episodio di ER o ce la fai da solo a prendere quel maledetto telefono e
lasciare a quel maledetto ragazzo il tuo maledetto numero?
Kurt ormai si sentiva le guance in fiamme. Prese il
telefono di Blaine con cautela e digitò i suoi dati e il suo numero di
telefono, indeciso se lasciargli anche l’indirizzo della sua stanza di
dormitorio alla NYADA. E magari anche le chiavi.
Poi si rese conto che in effetti
sarebbe stato un passo un po’ troppo avventato, e che in ogni caso, il suo
indirizzo, non se lo ricordava.
Restituì il telefono a Blaine con un sorriso, e il
ragazzo nel prenderlo gli sfiorò il polso con la punta delle dita.
Con un minuscolo sorriso, Kurt gli passò il suo iphone.
Blaine sembrò particolarmente contento della concessione
– come se Kurt non avesse desiderato lasciargli il suo numero fin dal primo
istante in cui l’aveva visto – e l’intera operazione risultò imbarazzante fino
a che Blaine non alzò un sopracciglio e domandò: “Devo segnarmi come quello
del treno o Blaine Warbler?”
Si fissarono per un paio di secondi e scoppiarono
entrambi a ridere mentre l’atmosfera si rilassava
visibilmente.
“Non sapevo che fosse un titolo nobiliare” scherzò Kurt
passandosi una mano sulla nuca.
Blaine per tutta risposta gli fece una linguaccia
– ma allora ci faceva apposta! – e gli restituì il cellulare.
Kurt sbirciò lo schermo prima di
salvare il numero.
Blaine. Solo Blaine.
Inspiegabilmente, la cosa lo fece sciogliere come un
ghiacciolo al sole.
Ok, Blaine gli aveva lasciato il suo numero – No, meglio,
gli aveva chiesto il suo – ma questo non significava niente.
No?
Poteva benissimo volere nient’altro che un amico con cui
parlare di Quel Sebastian,
che poi non era nemmeno stato il suo ragazzo. Se l’era solo portato a letto.
Kurt si sentì improvvisamente un completo idiota.
Quello che era successo a lui non era niente, paragonatoa quello che aveva passato Blaine.
Come poteva essere così egoista?
Decise che, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno
Blaine, che fosse un semplice amico, una spalla su cui piangere o qualcuno con
cui parlare, lui ci sarebbe stato.
Era inutile negare il legame che si era creato tra di loro. Solo che Kurt poteva benissimo averlo
frainteso.
“Allora” disse Blaine dopo aver riposto il telefono in
tasca e aver incrociato le braccia dietro la testa. A Kurt quasi venne un
infarto alla vista. “Cosa stavi dicendo sull’aereo dirottato in Libia?”
*
"Comunicazione di Servizio: avvisiamo i signori
passeggeri che l'arrivo alla Stazione Centrale di New York City è previsto per
le ore 13 e 17."
La voce metallica che diffuse il messaggio interruppe
Kurt e Blaine nel bel mezzo di un'amichevole disputa su quale fosse la migliore
esibizione dei VocalAdrenaline,
che entrambi conoscevano fin troppo bene. Kurt non aveva assistito alla
versione di Jesse-ti-rompo-le-uova-in-testa-St.
James di BohemianRhapsody,
ma se perfino Rachel, con l'orgoglio colante come tuorlo, aveva detto che era
stata schifosamente eccezionale, doveva essere per forza
così.
Blaine - che era convinto che la miglior esibizione fosse
Highway toHell, tra
l'altro - buttò un'occhiata al suo orologio e poi fuori dal
finestrino.
"Ehi, mancano dieci minuti!" esclamò.
Fu in quel momento che Kurt cadde preda del panico più
totale. In fondo c'era da aspettarselo: era perfettamente da Kurt Hummel, farsi
prendere dal panico per niente a dieci minuti dall'arrivo.
Aveva le mani strette l'una all'altra e stava sudando
freddo. Inoltre non aveva la più pallida idea di cosa fare, come farlo, dove
andare e maledizione, cosa avrebbe dovuto dire a Blaine?
Ti chiamo io? Ci sentiamo?
E se fosse sembrato troppo invadente? Forse doveva
aspettare che fosse Blaine a cercarlo.
E se Blaine non l'avesse cercato?
Kurt resistette all'impulso improvviso di passarsi le
mani tra i capelli e magari strapparsi un paio di ciuffi, già che c'era. Tanto prima o poi sarebbe diventato calvo comunque.
Si stava comportando in maniera ridicola. In realtà non
era poi così complicato. Doveva scendere dal treno, chiamare un taxi per andare
alla NYADA e salutare Blaine.
Era proprio quello il problema, non c'era neanche bisogno
di dirlo.
"Ci siamo quasi." sospirò
Kurt cercando di far passare il suo tono di voce per sollievo per la fine del
viaggio. Non che ci credesse nessuno, eh.
Blaine aveva ancora la guancia appoggiata al finestrino, quindi quando rispose la sua voce arrivò attutita dal
vetro.
"Già" disse. "E' stata un'impresa
titanica, ma ce l'abbiamo fatta."
Tanto per fare qualcosa che gli tenesse
le mani occupate - in fondo ci teneva, ai suoi capelli - Kurt tirò fuori dalla
tasca il cellulare e controllò l'ora.
Si rivelò una pessima idea.
Meno cinque minuti.
New York era davvero ad un soffio e, se doveva essere
sincero, se la stava facendo sotto dalla paura.
Rachel non c'era, Finn non c'era, e Blaine l'avrebbe
lasciato solo nel giro di dieci minuti, giusto il tempo di scendere dal treno.
E Kurt non sapeva se l'avrebbe richiamato. Aveva diciotto anni, un ex fidanzato
che non era un ex fidanzato, tra le mani una vita ancora da iniziare e di
fronte a lui un ragazzo stupendo. Cosa diavolo stava aspettando?
Eppure...
La città era così grande, il mondo era
così grande, e perché non si era accorto prima che la prospettiva di
frequentare la NYADA
senza Rachel lo spaventava?
Meno quattro minuti.
Dio, non poteva farsi prendere dal panico. Eppure era
esattamente quello che stava facendo, visto che lo stomaco gli doleva e aveva
il cuore in gola.
Blaine gli sorrise in silenzio e
Kurt decise di smettere di ignorare la voce nella sua testa che lo supplicava
di ragionare.
Meno tre minuti.
Blaine era il problema, dannazione. Perché era lì ancora per poco: presto Kurt si sarebbe ritrovato da solo a New
York. Solo, ad affrontare questa città che conosceva a malapena e una scuola
durissima, una concorrenza spietata e un sogno che, se ne
stava accorgendo ora, forse era troppo grande per reggerne il peso da
solo.
Dov'era Rachel?
Eppure, tutto quello che voleva in quel momento era
aggrapparsi a Blaine e non lasciarlo andare.
Un minuto.
Cosa credeva di fare? Alla NYADA erano tutti eccezionali,
l'avrebbero sventrato vivo, e CarmenTibideaux, una volta capito che Kurt Hummel non era una
stella brillante come tutte le altre - come Rachel Berry
- l'avrebbe spellato vivo e rispedito in Ohio a suon di gorgheggi.
Non avrebbe mai cantato a Broadway.
Come poteva pensare di farcela?
Era un sogno troppo grande, troppo irraggiungibile...
Perché era stato così stupido da pensare di poter essere
abbastanza?
"Kurt?"
La voce di Blaine lo riportò alla realtà e Kurt sobbalzò
con il cuore in gola e le mani che tremavano. Si sentiva come se stesse per
svenire da un momento all'altro.
"Stai bene?" domandò Blaine leggermente
preoccupato, scrutandolo in viso. "Sembri sul punto di vomitare."
Kurt tirò fuori una risatina nervosa. "Sto bene."mentì con voce tremante.
"Scusa, mi stavi dicendo qualcosa?"
Blaine inarcò un sopracciglio. "Siamo arrivati a New
York."
Oh, no.
No, nononono. Riportatemi
indietro. Riportatemi a casa.
Il treno era ormai fermo e la luce era diversa. La gente
intorno a loro iniziava ad alzarsi, prendere i bagagli e scendere. Dal
finestrino Kurt riusciva a vedere solo il fianco di un altro treno.
Erano arrivati.
Quando lo guardò,Blaine gli
sorrise incoraggiante, così Kurt si costrinse ad alzarsi e a prendere la sua
valigia. Strinse i denti e cercò di prendere un respiro profondo per
calmarsi.
"Andiamo" disse con un sospiro tremante.
No, vi prego. Voglio tornare a casa.
Blaine lo seguì placidamente verso l'uscita del treno e
Kurt fu costretto a socchiudere le palpebre per la luce che gli arrivò dritta
negli occhi. Un passo avanti, ed atterrò sul binario
quattordici con un saltello. La prima occhiata alla Stazione Centrale di
New York lo destabilizzò e sentì che le ginocchia
stavano per cedergli, e non sapeva se era per essere stato seduto per circa due
giorni o per la paura. Blaine fu al suo fianco meno di un istante dopo.
Entrambi spesero un attimo ad osservare la gente intorno a loro muoversi
freneticamente, i treni pronti a partire. C'erano colori ovunque,
voci, fischi, e tantissime persone, di tutte le etnie, età o sesso.
"Wow." disse sottovoce
Blaine con un sospiro. La sua voce era così bassa che Kurt lo sentì a malapena.
Intorno a loro, centinaia e centinaia di volti sconosciuti.
Kurt inclinò la testa verso Blaine e si stupì di trovarlo
intento ad osservare lui, invece che la stazione, come se fosse in attesa. Triste, quasi.
Kurt fece scivolare lo sguardo sul suo viso, sulle sue
guance rosse e sui capelli, dove un riccio era sfuggito alla morsa del gel e
gli ricadeva in fronte. Era stupendo.
Poi Blaine inclinò leggermente la testa di lato, sorrise
dolcemente e piantò gli occhi nei suoi. In qualche modo a Kurt sembrarono più
grandi, più lucidi, più dorati. E il sorriso era quasi accennato, sì, con quell'angolo della bocca lievemente inclinato verso l'alto,
ma sempre visibile, e oh, nessuno sorrideva come Blaine, questo era
certo.
Kurt stava per parlare, e anche Blaine sembrava sul punto
di dire qualcosa, o forse entrambi stavano per mollare le valigie a terra per
lanciarsi in avanti e baciarsi.
Kurt mandò al diavolo tutto e allungò una mano per
afferrare Blaine per la maglia e-
"Blaine?"
Blaine gelò sul posto quando
qualcuno alle spalle di Kurt pronunciò il suo nome con tono sorpreso. Gli occhi
spalancati, fissò oltre Kurt, che si voltò con ancora il braccio a mezz'aria
per vedere chi diavolo fosse.
"Capelli unti di gel fino all'inverosimile,
chitarra, altezza degna di un Hobbit e sedere da
paura. Sì, sei Blaine."
Di fronte a loro c'era il ragazzo con il ghigno più sexy
e bastardo che Kurt avesse mai visto.
"Sebastian?" gracchiò
Blaine alzando una mano per portarsela alla bocca e fermandosi ad un palmo
dalle labbra, paralizzato.
Sebastian, registrò Kurt come un automa, incapace di pensare
qualsiasi altra cosa mentre il respiro veniva
meno. Merda.
*
"Sebastian?" gracchiò
Blaine aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano davanti alla
bocca.
SebastianSmythe - in carne, ossa e
sorrisetto subdolo proprio lì, davanti a lui - fece scorrere lo sguardo
calcolatore da lui a Kurt, il quale non aveva più mosso un muscolo dopo essersi
voltato per capire chi avesse parlato.
Lo stupore iniziale lasciò il posto ad un guizzo di
panico. D'altronde il luccichio negli occhi di Sebastian
non gli piacque per niente. In genere quello sguardo voleva dire guai. Tanti,
tantissimi guai.
"Già, Sebastian"
commentò acidamente l'ex Warbler. "Felice di
sapere che ti ricordi come mi chiamo, Anderson. Allora, dove stai portando quel
bel sedere?"
Ah, ora sono io che non mi ricordo come ti chiami?, pensò Blaine con rabbia. Ora sono io che ti ignoro?
Sebastian non degnò Kurt di una seconda occhiata,
ma Blaine notò subito che Kurt si era irrigidito ancora di più a quelle
parole. Ed un incontro Kurt-Sebastian era davvero
l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Kurt era palesemente a disagio, se ne sarebbe accorto
anche un sasso, e Blaine cercò freneticamente un modo per uscire da quella
situazione e risparmiargli il trauma di aver conosciuto SebastianSmythe. E non solo.
Doveva allontanarsi da Sebastian
il più velocemente possibile, doveva -
"Non rispondi?" chiese Kurt, rosso in viso,
quando la sua suoneria inondò l'aria.
Maledizione.
Proprio adesso doveva squillargli il telefono?
Tirò fuori il dannato arnese dalla tasca, deciso a
tirarlo sulle rotaie, ma probabilmente l'avrebbero preso tutti per pazzo, così
avvicinò la cornetta all'orecchio e guardò Kurt negli occhi, cercando di
trasmettergli tutto il suo dispiacere e la più sincera delle scuse.
"Nick, dimmi!" gridò
al telefono.
Ma porca miseria, Nick, proprio
adesso?,pensò
nel panico.
"Dove sei, Blaine? Il treno è arrivato?" chiese
Nick dall'altro capo del telefono.
"Binario quattordici"
rispose Blaine velocemente.
Di fianco a lui, Sebastian era
tornato a guardare Kurt con il solito sorrisetto di scherno.
Gli porse una mano, dicendo "SebastianSmythe" come se si stesse dichiarando supremo
reggente dell'universo.
Blaine smise di ascoltare qualsiasi
cosa stesse dicendo Nick per piantare gli
occhi su Kurt. Il ragazzo osservò Sebastian per un
istante, un'espressione indecifrabile in viso, per poi stringergli la mano e
dire: "Kurt Hummel."
L'espressione sicura di Sebastian
vacillò per un istante soltanto, poi tornò quella di sempre, più in fretta di
quanto Blaine avrebbe pensato.
Zitto, Sebastian. Zitto e basta.
"Scusa, Nick, devo
andare" esclamò Blaine al telefono prima che
fosse troppo tardi, chiudendo la conversazione con Nick
senza nemmeno aspettare una risposta.
Kurt sostenne lo sguardo di Sebastian
quasi con fierezza, ma quando le loro mani si separarono e incontrò il suo
sguardo, Blaine poté leggervi il panico.
Oddio, no.
Era ormai sul punto di mandare al diavolo Sebastian e qualsiasi cosa ci facesse lì e andarsene con
Kurt, quando quest'ultimo parve ritrovare finalmente la voce.
"Sarà meglio che vada."
Se Blaine aveva pensato che vedere Kurt star male davanti
a lui gli avesse spezzato il cuore, dovette
ricredersi. Vedere Kurt andarsene lo aveva appena ridotto in
mille, inutili pezzettini, come se qualcuno gli avesse appena piantato un
pugnale nel petto.
Kurt aveva tenuto la voce bassa, eppure Blaine l'aveva
sentito benissimo, nonostante la confusione della stazione.
No, aspetta. Ti prego ti prego, aspetta.
Completamente nel panico, Blaine riuscì solo a dire
"Kurt, io...", ma esitò, un istante di
troppo forse, e Kurt ne approfittò per interromperlo.
"No, vado, davvero, non ti preoccupare!"
esclamò alzando la voce di almeno un'ottava, evidentemente nel panico quanto Blaine.
"Perderò il taxi, anche se in effetti non posso
perderlo perché lo chiamo io e - voglio dire, vorrai parlare con il tuo amico e
io devo assolutamente arrivare alla NYADA o non farò in tempo e - cioè, i corsi
cominciano tra due settimane, sì, ma - non voglio disturbarti più del dovuto,
davvero. Non c'è problema. Certo che non c'è problema, non devi mica... Io...Devo scappare. Scusa." disse
tutto d'un fiato senza guardarlo negli occhi, ma lanciando invece un'occhiata
terribilmente imbarazzata e umiliata a Sebastian.
"Ci sentiamo, ok?" mormorò.
Non lo guardò negli occhi e Blaine avrebbe tanto voluto
che lo facesse, perché le sue parole lo avevano paralizzato sul posto e non
riusciva a muovere un muscolo, ma se solo Kurt avesse alzato il viso, se solo
Blaine fosse riuscito a catturare il suo sguardo avrebbe potuto spiegare.
Avrebbe potuto trasmettergli con gli occhi tutto quello che non riusciva a
dire.
Aspettami, non te ne andare. Ti ho mentito. Scusa. Provo
qualcosa per te.
Solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto fermarlo e lo sapeva.
Guardami, lo
supplicò mentalmente. Per favore, Kurt. Alza gli occhi.
Ma Kurt non alzò il viso e fece un vago cenno con la
testa, per poi voltarsi e mischiarsi velocemente tra la folla.
Girati. Dio, ti scongiuro, girati.
Ed era ridicolo perché, fra tutte le cose che Kurt poteva
fraintendere, aveva frainteso quella. Come se Blaine volesse essere
da qualsiasi altra parte che non fosse il suo fianco...
Non aveva senso, perché Blaine non riusciva a parlare,
muoversi, gridare o corrergli dietro.
Con il cervello completamente svuotato e il cuore fermo,
perso chissà dove, rimase a fissare la schiena di Kurt che si allontanava fino
a scompare velocemente alla sua vista.
Fu solo quando Kurt non fu
improvvisamente più visibile che Blaine parve rendersi davvero conto che sì,
se n'era andato, e riacquistò tutte le sue capacità motorie.
Scattò in avanti, deciso a rincorrerlo, scusarsi e
baciarlo, dannazione, fregandosene di Sebastian,
quando proprio questo gli posò una mano sul gomito e lo fermò.
"No, ma continua ad ignorarmi, prego!" esclamò
stizzito.
Una parte del cervello di Blaine ricordò quanto l'ex Warblerdetestasse essere
ignorato. A tutto il resto di se stesso non importava un accidenti.
Si scrollò di dosso Sebastian con
uno strattone e lui mollò subito la presa, stupito.
"Che diavolo...?"
"Cosa vuoi, Sebastian? Che
cosa ci fai qui?" domandò, voltandosi
completamente verso di lui per fronteggiarlo. Era ora di chiudere quella storia
una volta per tutte.
Un lampo di rabbia luccicò nello sguardo di Sebastian, ma
Blaine non se ne curò.
"Adesso non posso nemmeno venire a New York?"
sibilò, facendo un gesto stizzito con la mano. "Me ne sto tornando in
Ohio, non c'è bisogno che ti fai prendere dal panico. Non voglio di certo infilarmi
nelle tue mutande di nuovo."
La frase lo colpì dritto al cuore e qualcosa nel suo
stomaco si mosse. Oh, ok, era furioso.
"Mi sbagliavo, non sei migliorato di una virgola."disse amaramente.
Sebastian rise. "Quale diavolo è il tuo problema, Blaine?"
"Il mio problema?" sussurrò Blaine, stupito e
arrabbiato. E sì, anche un po' ferito, perché Sebastiannon
capiva e non aveva mai capito. "Sei solo un idiota menefreghista.
Il mio problema è che vorrei che scomparissi dalla faccia della terra per non
ricordarmi di aver fatto con te la cazzata più grossa
della mia vita! Ah, aspetta, è vero! Il problema non c'è, perché non me la
ricordo! Ero ubriaco!"
Ecco, l'aveva detto. Dopo mesi a rimuginarci sopra,
l'aveva detto. L'assenza di Kurt non fece altro che spingere più a fondo il
pugnale.
Sebastian aveva l'aria di uno che aveva appena preso uno schiaffo
in pieno viso.
"Il problema è il tuo amico, che ti ha mollato qui
non appena ne ha avuto l'occasione!" sputò fuori con rabbia, cogliendo al
volo l'intera situazione. Fece un cenno con la testa in direzione di dove Kurt
era scomparso. Blaine si irrigidì a quelle parole. A Sebastian
erano bastati due minuti per intuire che ci fosse
qualcosa tra lui e Kurt. "E non incolpare me per averlo fatto scappare
via, è scappato da te,perché tu non
hai idea di come tenere qualcuno nella tua vita tanto quanto non ce l'ho
io!"
Blaine stava per rispondergli, urlargli contro,
picchiarlo, magari, perché dannazione, aveva ragione, aveva schifosamente
ragione. Kurt era scappato perché lui, Blaine, era stato un vero imbecille. Se
fosse stato sincero fin dall'inizio, anche se magari non su tutto,
probabilmente ora Kurt sarebbe ancora lì.
Ma era stato stupido, così stupido!
Prima che potesse anche solo muovere un muscolo, però,
qualcuno alle sue spalle esclamò "Blaine!"
Blaine si voltò di scatto, quasi spezzandosi l'osso del
collo, ma era tutto inutile, perché aveva riconosciuto la voce e non era Kurt.
Era Nick, con un sguardo particolarmente preoccupato puntato su di lui, e
pochi passi dietro c'era Jeff, con un caffè in
mano.
Blaine abbandonò le braccia lungo i fianchi e Nick finalmente notò anche Sebastian.
"Sebastian?" esclamò
sorpreso.
La maschera di impassibile stronzaggine
tornò sul viso di Sebastian come un elastico.
"Duvall" sputò fuori.
"Qualcun'altro che si ricorda il mio nome, fantastico. Cos'è, una riunione
di Warblers in pensione?"
Blaine lanciò a Sebastian uno
sguardo vuoto. Spento.
Non riusciva nemmeno a pensare con chiarezza. Voleva
solo...soloandare a casa.
Fortunatamente intervenne Jeff,
comparso in quel momento di fianco a Nick.
"Che ne dici di toglierti di mezzo, Smythe?" propose con fermezza, notando l'espressione
vuota di Blaine e lo sguardo preoccupato di Nick.
Blaine non se ne preoccupò. Si limitò ad abbandonare
le braccia lungo i fianchi e guardare da un'altra parte. Avevano attirato, con
il loro litigio, l'attenzione di qualche passante, ma nulla più.
E Kurt se n'era andato.
Sebastian li squadrò per un lungo istante. Quando parve capire di
essere in netta minoranza alzò il mento con fare altezzoso e il suo sguardo si
indurì. Senza degnarli di un'ulteriore parola, girò i tacchi e salì sul
treno.
Nick e Jeff si voltarono quasi
contemporaneamente verso Blaine.
"Blaine, stai bene?" domandò Nick con un sospiro.
"Io...non lo so."
Sì che lo sapeva. Dio, era un grandissimo bugiardo. Ma la
risposta era no, e non era ancora pronto a spiegare tutto. Jeff scosse la testa e scrutò il treno come se quest'ultimo
potesse dargli le risposte che cercava.
"Cosa ti ha detto?" domandò infine il ragazzo
biondo con tono preoccupato.
Blaine sentì la rabbia scivolare via dal suo corpo come
se fosse acqua di fronte ai visi preoccupati dei suoi amici. Solo che, una
volta eliminata la rabbia, rimase il dolore, e quel groppo alla gola che non
voleva andarsene, e il pugnale che premeva sempre più a fondo.
"E' sempre il solito Sebastian"
rispose, tirando fuori il suo migliore tono monocorde.
"Peggio di quando l'abbiamo incontrato quest'estate,
il giorno del tuo compleanno?" insistette Jeff.
Blaine chiuse gli occhi per un istante, cercando di
tenere il pensiero fuori dalla sua testa, quando Nick intervenne, pensieroso. "Eppure pensavo che fosse
migliorato, dopo quello che abbiamo visto quella
sera."
Blaine stava cercando di non annegare nella
preoccupazione e nell'angoscia, così non rispose.
"Ehi" disse Jeff con
cautela, sfiorandogli un gomito. Anche se non sapeva cos'avesse,
aveva comunque intuito che c'era qualcosa che non andava, e che era qualcosa di
grosso.
"Vieni, andiamo a casa" disse Nick con tono dolce ma fermo, e Blaine avrebbe tanto voluto
abbracciarlo e scoppiare in lacrime sulla sua spalla, perché Nick sapeva.
Nick era l'unico che aveva sempre saputo tutto.
Uscirono dalla stazione in silenzio e Nick
non abbandonò il suo fianco nemmeno per un istante, mentre Jeff
li seguiva a ruota.
Blaine scrutò il marciapiede fuori
dalla stazione con un doloroso moto di speranza, che però si dissolse in
fretta, lasciandogli una nota dolorosa in fondo al petto.
Di Kurt non c'era l'ombra, e si sentì uno stupido anche
solo per averci sperato. Era impossibile non trovare un taxi a New York City,
di fronte alla Stazione Centrale.
Non si era nemmeno accorto di star piangendo, fino a che Nick non lo avvolse in un
abbraccio per nascondergli il viso e Jeff gli posò
una mano sulla spalla.
"Va tutto bene, Blaine" gli mormorò Nick mentre
Blaine gli affondava il viso nella spalla, cercando di asciugarsi le lacrime
senza farsi vedere. Doveva loro delle spiegazioni - Dio, doveva a tutti delle
spiegazioni - e non aveva idea di come fare.
Non andava tutto bene.
New York era sempre New York, troppo grande e troppo viva
per affrontarla da solo. Sebastian era sempre Sebastian, e urlargli contro non aveva cambiato quello che
era successo. Blaine non ricordava niente.
L'unica cosa che era cambiata, era che Kurt non c'era.
Il pugnale affondò
fino al cuore e rimase lì, a ricordargli quanto dannatamente stupido era stato.
Note dell’Autrice
Salve ragazze! Oggi sarò breve, che devo scappare di
corsa! Non uccidetemi, vi prego, vi prometto che si sistemerà tutto e li
amerete! :D Sì, anche Sebastian.
E’ uno stronzo, lo so, ma ha le sue motivazioni, che scoprirete. Insomma, prima
o poi scoprirete tutto in questa ff, ve lo prometto xD
Che devo dirvi? Ah sì! Spero che questo capitolo vi
piaccia come gli altri tanto quanto io ho amato scriverlo. Si sono scambiati i
numeri, state tranquille xD
Per quanto riguarda la reazione di Kurt…è praticamente da quando ho iniziato a scrivere la storia che ci penso, e
dopo una bella chiacchierata al McDonald con Medea00
e Ilaryf90 (che non smetterò MAI di ringraziare xD)
siamo giunte a questa conclusione: ci è parso piuttosto normale che Kurt
reagisca così, perché in fondo il numero di Blaine ce l’ha, e si è fatto
prendere dal panico (cosa che evita da due giorni, ma prima o poi doveva
scoppiare!), quindi blatera come fa sempre e scappa via. Voi cosa ne pensate? :) Fatemi sapere la vostra opinione!
Ok, ho finito di blaterare. Credo. xD
Grazie infinite a tutte le ragazze che seguono la storia,
e a tutte quelle che continuano a farmi compagnia su facebook!
Vi ricordo che potete trovarmi qui:
“You can get addicted to a certain kind of
sadness”
Kurt si pentì di essere scappato nell’esatto istante in
cui diede le spalle a Blaine per confondersi tra la folla. Sentiva le lacrime
premere per uscire e la gola dolergli nel tentativo di trattenersi, ma strinse
i denti e continuò a camminare in fretta, a testa bassa, come se mettere un
piede davanti all’altro non gli costasse alcuna fatica.
Stronzate.
Ogni passo in avanti era un passo più lontano da Blaine.
Perfino il suo maledetto orgoglio si era arreso all’evidenza: voleva tornare
indietro.
Allora perché continuo a camminare?
Non si girò per guardarsi indietro, come di solito
succede nei film.
Girarsi avrebbe significato arrendersi, e lui non poteva
permetterselo. Evidentemente l’orgoglio non era così facile da domare come
aveva inizialmente pensato.
Una volta fuori dalla stazione fu facile chiamare un
taxi. Alzò una mano ed un’automobile gialla si accostò al marciapiede nel giro
di un istante. In condizioni normali si sarebbe emozionato per essere riuscito
a fermare il suo primo taxi, ma tutto quello che sentì fu il pungente desiderio
di girarsi e scherzarci su con Blaine.
Ma Blaine non c’era.
In quel momento, mentre il tassista – un uomo di circa
cinquant’anni con dei ridicoli baffi e la maglia macchiata di burro d’arachidi
– caricava la sua valigia nel portabagagli, Kurt esitò.
Si voltò indietro e, prima che potesse impedirlo, la
speranza si fece pericolosamente strada in lui come un fiume in piena. E se
Blaine lo avesse rincorso?
Ma Blaine non comparve dalla porta per corrergli
incontro, gettare le valigie a terra e baciarlo, dimostrazione evidente del più
grande cliché dell’umanità: la vita non è un film. La gola di Kurt, già chiusa
in quella morsa dolorosa, bruciava dallo sforzo di trattenersi.
“Allora? Possiamo andare?” domandò il tassista con aria
annoiata, appoggiato allo sportello del guidatore con i gomiti.
Kurt si costrinse a distogliere lo sguardo dall’entrata
della Stazione Centrale e sentì l’improvvisa e dolorosa necessità di andarsene
di lì, scappare a gambe levate, nonostante stesse maledicendo l’insensibilità
del genere umano, nello specifico i guidatori di taxi sudaticci.
Aveva bisogno di andarsene, di mettere un po’ di distanza
tra lui e Blaine, tra se stesso e gli avvenimenti degli ultimi due giorni.
Era troppo da sopportare, aveva bisogno di stare un po’
da solo e riflettere.
Salì nel taxi con il cuore a pezzi e il viso tirato ma ancora
miracolosamente asciutto, nonostante gli occhi fossero già rossi.
Ma non stava piangendo. Non poteva, non di nuovo.
Il tassista lo scrutò dallo specchietto con le folte
sopracciglia inarcate. “Dove la porto?”
Kurt abbassò gli occhi e controllò le note sul telefono,
prima di dire: “Quarantacinquesima strada, Rockabilly” con voce stanca.
Il tassista annuì senza parlare e mise in moto, facendo
partire anche il tachimetro, che iniziò a picchiettare piano vicino al
contachilometri.
La Stazione Centrale scomparve dietro l’angolo
lentamente, e New York si sarebbe rivelata un po’ alla volta ai suoi occhi, se
solo Kurt non li avesse tenuti puntati in basso, sulle sue mani
intrecciate in grembo.
Probabilmente fu per questo che non vide Blaine uscire
dalla stazione e scrutare il marciapiede con uno sguardo talmente disperato da
spezzare il cuore.
Poco male: il suo, di cuore, sembrava pieno di schegge.
*
Arrivarono alla New York Academy of Dramatic Arts in
mezz’ora, un po’ più rispetto al tempo preventivato, a causa del traffico e un
incidente tra un camion e una moto all’angolo tra la quarantesima e la
trentanovesima strada. Kurt immaginò che fosse la routine tipica della Grande
Mela: incidenti ad ogni angolo e automobili ferme ovunque. Eppure, di quel poco
che aveva guardato dal finestrino, New York gli era sembrata spaventosamente
estranea. Magica, sì, ma era come se fosse troppo lontana per essere raggiunta.
Forse era perché aveva sempre immaginato di affrontarla con Rachel e Finn al
suo fianco – e, negli ultimi due giorni, anche con Blaine, fin troppe volte –
ed ora che era solo gli sembrava quasi…irraggiungibile.
Qualcuno tossicchiò alle sue spalle, così pagò il
tassista senza dire una parola e quello scaricò la sua valigia sul marciapiede
e si allontanò altrettanto silenziosamente.
Beh, eccoci qui.
L’enorme edificio che aveva di fronte era in stile
liberty, con la facciata bianca e imponente tenuta in perfette condizioni ed
una breve scalinata che conduceva ad un portone di legno ed una porta a vetri
più interna.
Vista in foto faceva molto meno paura.
Kurt strinse gli occhi, prese la sua valigia per il
manico e, facendosi coraggio, percorse la scalinata per entrare.
L’interno del palazzo era caldo ed accogliente, con le
pareti in velluto bordeaux e un ampio bancone in fondo ad una sala molto
luminosa, eppure Kurt non riuscì a godere appieno del brivido di eccitazione
che gli corse lungo la spina dorsale. Anzi, svanì in fretta così com’era
arrivato, lasciandolo solo più stanco e triste che mai. Poche volte, nella sua
vita, si era sentito così solo.
Raggiunse la reception pallido in volto, inciampando nel
tappeto persiano e stringendo la valigia fino a farsi male.
Dietro al bancone in mogano scuro c’era una ragazza che
poteva avere sì e no la sua età, con degli enormi occhi azzurri e capelli neri
liscissimi stretti in una coda alta. Indossava una camicia nera piuttosto
semplice, ma Kurt riconobbe subito la firma: Alexander McQueen. Un altro
dettaglio che avrebbe dovuto scatenare il gay entusiasta e modaiolo in lui, ma
che non ebbe nessun effetto. Registrò l’informazione e passò oltre.
La ragazza gli lanciò una lunga occhiata, studiandolo, e
quando gli sorrise cordialmente Kurt immaginò di aver appena superato il primo
dei tanti esami ai quali sarebbe stato sottoposto nei quattro anni a venire.
“Posso aiutarti? Sono Amy, la nuova segretaria.”
Il sorriso a trentadue denti della ragazza era aperto e
sincero e Kurt non voleva davvero pensare chi gli ricordava, perciò
ricambiò con meno entusiasmo di quanto avrebbe voluto.
“Kurt Hummel” si presentò, allungando la mano verso di
lei.
La ragazza – Amy, si corresse – glie la
strinse con allegria.
“Sono uno dei nuovi studenti” aggiunse Kurt a mo’ di
spiegazione, anche se doveva sembrare piuttosto ovvio.
Il volto di Amy si illuminò.
“Quello di Lima, vero? Ho sbirciato sulla lista candidati
che mi ha passato mia zia” esclamò con entusiasmo. “Ti ho visto su You Tube,
speravo che ti prendessero. Sei davvero eccezionale!”
Kurt arrossì e abbassò gli occhi. “E tua zia sarebbe…?”
“Carmen Tibideaux” disse Amy stringendosi nelle spalle
timidamente. “Sono la figlia adottiva di sua sorella.”
Kurt sorrise stancamente alla ragazza. Per quanto amasse
le lodi, quello non era il momento giusto.
Amy però parve notare la sua stanchezza, perché si batté
una mano in fronte e spalancò gli occhioni azzurri.
“Oddio, scusa, starai morendo di stanchezza! Ecco, la tua
stanza è la numero quattordici, questa è la chiave”
Il ragazzo si ritrovò l’oggetto di pesante ottone tra le
mani e prima che potesse muoversi o aprire bocca per ringraziarla Amy era
sgusciata fuori dal bancone, posizionando vicino al campanello un cartello con
su scritto ‘Torno subito’.
“Tanto sono arrivate solo due ragazze dal Nord Carolina
giusto ieri e sono nell’altro edificio dove c’è il dormitorio femminile. Non è
che mi stanno molto simpatiche” spiegò con una scrollata di spalle. “Vieni, ti
accompagno e ti faccio fare un giro del dormitorio.”
Kurt la seguì docilmente lungo un corridoio non troppo
largo. Ad un certo punto svoltarono a sinistra e finirono in una stanza molto
ampia e luminosa, con una libreria piena di riviste e libri, una televisione e
diversi divani.
“Questa è una specie di sala comune” spiegò Amy indicando
la stanza con un gesto. “Ci ritroviamo tutti qui per chiacchierare o litigare e
tirarci addosso gli spartiti, di solito”
“Anche tu frequenti la NYADA?” domandò Kurt stupito.
Amy gli lanciò una lunga occhiata inquisitoria, poi fece
un gran sorriso.
“Mi piaci” dichiarò, lasciando Kurt di stucco. “Non hai
pensato subito che io sia entrata alla NYADA grazie a mia zia.”
Kurt non sapeva che dire, perché in effetti il pensiero
non l’aveva proprio sfiorato, così si limitò ad arrossire. Di nuovo.
“Comunque sì, sono al secondo anno.” chiarì Amy
allegramente, prima di guidarlo verso un altro corridoio sulla destra.
“Ecco, queste sono le stanze. La tua è l’ultima prima
della cucina, che è dietro quella porta in fondo.”
Amy lo guidò fino alla porta segnata con il numero
quattordici in ottone, in tinta con la maniglia.
“Beh, eccoci qui” disse la ragazza mora. “Io devo tornare
al lavoro, però spero di vederti di nuovo in giro, Kurt. Ah, fino all’inizio
dei corsi dobbiamo cucinarci da soli, anche perché molta gente arriva la sera
prima dell’inizio delle lezioni. La cucina è aperta a tutte le ore del giorno e
della notte ed è fornitissima, ma puoi portare qualcosa di tuo, se vuoi.”
Kurt riuscì a tirare fuori un vero sorriso. “Grazie”
disse. Sperò che bastasse.
Amy gli strizzò l’occhio prima di incamminarsi lungo il
corridoio.
“E’ stato un piacere!” esclamò. Poi girò l’angolo e sparì.
Kurt chiuse gli occhi per un attimo, cercando di calmarsi
e non scoppiare a piangere lì davanti alla porta. Quando si sentì nient’altro
che uno stupido, fermo davanti alla porta con la valigia in mano, si decise ad
infilare la chiave nella serratura ed abbassare la maniglia per entrare.
Quella che sarebbe stata la sua stanza per i successivi
quattro anni – quasi tremò al pensiero – era una camera grande e molto
luminosa, con le pareti color verde chiaro, quasi pastello, e due ampie
finestre a davanzale che davano sulla strada.
Sul lato sinistro Kurt intravide, dalla porta di legno
chiaro socchiusa, un bagno piuttosto spazioso, abbastanza da contenere una
doccia enorme. Proprio lì di fianco c’era una lunga scrivania sovrastata da una
libreria completamente vuota.
C’era un letto a castello attaccato alla parete opposta,
e sparsi in giro c’erano anche una lampada piuttosto alta, due poltrone e un
tavolino. Tra le due finestre, infine, c’era una cabina armadio dello stesso
legno chiaro della porta.
La stanza era inequivocabilmente per due persone, ma era
vuota, e questo significava due cose. Uno, Kurt avrebbe avuto un coinquilino;
due, non era ancora arrivato alla NYADA.
In quel momento non aveva davvero la forza di
preoccuparsene, quindi si limitò a sperare che non avesse nessun problema con i
gay e che il suo senso estetico non lasciasse a desiderare.
La testa gli doleva e tutto quello che avrebbe voluto
fare era mettersi a letto e sfogarsi, e piangere fino a consumarsi la faccia,
ma non poteva. Non voleva, dannazione.
Il pensiero di Blaine non l’aveva abbandonato neanche un
istante per tutto il tempo, una costante dolorosa nella sua mente, ma doveva
resistere. Doveva tenersi occupato con qualcosa.
Così appoggiò la valigia a terra – dove c’era una
moquette color verde muschio – e spalancò le finestre.
Diamoci da fare.
Le due ore successive le passò a svuotare completamente
la valigia sopra al letto, ripulire l’armadio da cima a fondo con uno straccio
trovato in bagno, tra i prodotti per la pulizia, e sistemarci dentro tutti i
suoi vestiti, lasciandone metà libera per il suo futuro coinquilino.
Mise in ordine l’intero bagno, che era comunque già
pulito e splendente, e allineò tutte le sue creme per il trattamento di
idratazione della pelle in ordine di utilizzo su una delle mensole libere.
Poi svuotò di nuovo l’armadio, non soddisfatto, e
risistemò tutto dentro una seconda volta, dividendo i capi per colore.
Aveva appena appoggiato il portatile sopra alla scrivania
e sistemato i libri che si era portato dietro nella libreria, non riuscendo a
riempirla nemmeno di un decimo. Fortunatamente suo padre gli avrebbe spedito il
resto della sua roba a breve.
Sudato e con l’odore della polvere sulla pelle, si
accinse a controllare un’ultima volta la sua valigia prima di farsi una doccia
che cancellasse la stanchezza, la sporcizia e magari anche il dolore sordo che
non era riuscito del tutto ad ignorare. Frugò un’ultima volta nelle tasche
della sua valigia, controllando di aver tirato fuori tutto, e quando
infilò la mano nella tasca davanti, le sue dita sfiorarono della carta
stropicciata.
Kurt tirò fuori il foglio con circospezione, senza
guardare, e si andò a sedere sul letto con un sospiro tremante.
Quando finalmente trovò il coraggio, guardò. Era la
lettera di Dave, ripiegata con cura.
Blaine doveva averla raccolta e messa in valigia al posto
suo, incredibilmente consapevole del fatto che Kurt non avrebbe voluto
rivederla, ma nemmeno lasciarla lì a terra.
Fu in quel momento che, finalmente, scoppiò a piangere.
*
La porta dell’appartamento di Nick e Jeff si aprì
cigolando e Blaine li seguì dentro, trascinandosi dietro borsone e chitarra.
Nick accese la luce, e tutti e tre scrutarono la casa per un istante.
Il loro bilocale non era grande o spazioso, ma era
l’ideale per due studenti ricchi che vivono insieme a New York: aveva una
cucina, due camere da letto, due bagni e un soggiorno piuttosto grande con un
angolo libreria davvero invidiabile.
“Beh” fece Jeff, accompagnando le parole con un gesto
della mano. “Casa.”
Blaine non riuscì a trovare nulla da commentare di
diverso da ‘è carina’, che gli sembrava una cosa orribile da dire, perché
figuriamoci se a Nick e Jeff importava dell’arredamento, così diede la colpa
alla gola secca e si limitò a tacere e tentare un sorriso.
Nick – che non lo aveva perso di vista nemmeno per un
secondo da quando l’aveva trovato in stazione – gli appoggiò una mano sulla
spalla con fare fraterno.
“Ti abbiamo preparato il divano, ti toccherà dormire lì.”
gli disse con un sorriso di incoraggiamento.
“Grazie” rispose Blaine con voce roca, trovando un
po’ di energia per rispondergli, cercando di trasmettergli tutta la gratitudine
di cui fosse capace. “Per ospitarmi e tutto. Voglio dire, se è un problema
posso andare a–“
Ma Nick non gli fece nemmeno concludere la frase,
colpendolo sul braccio e strappandogli un lamento. Proprio come ai vecchi tempi,
solo che lui non si sentiva affatto il vecchio Blaine.
“Non ci pensare nemmeno, Anderson.” lo minacciò
scherzosamente. “Non ci vediamo dal tuo compleanno! Tu fino al provino non ti
muovi di qui, a costo di inchiodarti al termosifone”
Blaine, suo malgrado, stirò le labbra nel più minuscolo
dei sorrisi.
Nick e Jeff si erano trasferiti nella Grande Mela non
appena era finita la scuola, ed erano tornati a Lima solo per festeggiare il
suo compleanno: il primo aveva fretta di iniziare l’apprendistato all’ Hospital
Trade Center di New York, mentre l’altro lavorava alla caffetteria all’angolo
in attesa che iniziassero i corsi della facoltà di Economia.
Lanciò ad entrambi un’occhiata riconoscente, sperando che
bastasse. Era importante che capissero quanto significasse per lui la loro
presenza nella sua vita.
Nick gli fece strada fino al soggiorno per mostrargli il
divano e lo stomaco di Blaine fu scosso da una fitta quando si rese conto che,
per quanto Nick e Jeff sapessero di casa, famiglia e calore, era
nel posto sbagliato. L’aveva saputo fin da quando aveva varcato la soglia.
*
Kurt aveva saltato la cena – aveva la nausea e nessuna
voglia di mettersi a cucinare – e aveva ripetuto il trattamento post-doccia di
idratazione della pelle due volte. Ora se ne stava lì, con gli occhi ancora
rossi di pianto, seduto su una delle poltrone.
Il cellulare era appoggiato al suo ginocchio e Kurt
continuava a far vagare lo sguardo dallo schermo buio alla finestra, incapace
di fissarsi su una sola cosa. Certo, guardare il telefono come se potesse
improvvisamente prendere vita e dirti quanto zuccone tu sia stato rispecchiava
particolarmente il suo stato d’animo, ma era un po’ improbabile che accadesse
davvero.
Così si risolse con l’insultarsi da solo per la sua
profonda inettitudine.
Perché diavolo era scappato in quel modo, lasciando lì
Blaine? Solo pensare il suo nome gli faceva stringere lo stomaco.
Perché sei così stupido, Kurt?, si domandò. Stupido
stupido stupido.
Il cellulare sul suo ginocchio si illuminò di colpo e
vibrò, facendogli perdere almeno dieci anni di vita tutti in un solo colpo, e
Kurt, sentendosi improvvisamente più vecchio – e di dieci anni più vicino alla
morte - sobbalzò sulla poltrona. Afferrò l’oggetto con le mani che tremavano,
ma non poté evitare di farsi scappare un gemito deluso quando vide che non era
un messaggio da parte di Blaine, come aveva spudoratamente sperato, ma di
Rachel.
Si fece coraggio e si decise ad aprirlo.
(20:27 p.m.)
Skype?
In effetti moriva dalla voglia di distrarsi un po’, e
parlare con la sua migliore amica era qualcosa che avrebbe potuto aiutarlo
anche a fare chiarezza, così accese velocemente il portatile e attese il login di
Skype, sedendosi sul letto di sopra a gambe incrociate e accendendo la lampada
per farsi più luce. Nemmeno un minuto dopo il viso sorridente di Rachel
comparve sullo schermo.
“Ehi” fece lei salutandolo con la mano. Ci fu un
po’ di trambusto e Kurt notò che ora era stesa a pancia in giù sul suo letto.
“Ehi” rispose debolmente, cercando di tirar fuori un
sorriso e pregando silenziosamente che lei non si accorgesse dei suoi occhi
gonfi e rossi di pianto.
Ma a Rachel Berry non sfuggiva mai niente.
“Sono appena tornata da casa tua e – Kurt, stai bene?”
A che serviva mentire?
Kurt abbassò gli occhi prima di rispondere: “Non lo so.
No.” talmente piano che pensò che Rachel non l’avesse nemmeno sentito.
“Cos’è successo?” chiese lei preoccupata. L’aveva
sentito eccome. “Ti trovi male? Gli altri studenti sono stronzi? Hai
dimenticato le creme a casa?”
Kurt scosse lentamente la testa e il viso di Rachel si
illuminò di comprensione.
“E’ per quel ragazzo, quel Blaine che hai conosciuto
sul treno, non è vero? Che cos’è successo, Kurt?”
E Kurt non ce la fece più a resistere, così raccontò
tutto quanto a Rachel, che lo osservava sempre più basita attraverso lo schermo
del portatile. Le raccontò di come aveva conosciuto Blaine, di cosa avevano
parlato e cosa avevano fatto; le disse del sogno, arrossendo violentemente, e
del quasi bacio quando il treno si era fermato. La parte più dura fu
raccontarle di Dave e della notte passata tra le braccia di Blaine. Rachel lo
interruppe solo per inveire per cinque minuti buoni contro Finn, inconsapevole
complice. Quando arrivò all’arrivo in stazione, era distrutto ed erano già le
dieci di sera.
“Kurt dimmi che non ti sei fatto prendere dal panico, come tuo solito, e sei
corso via. O, se l’hai fatto davvero, dimmi che ti ha rincorso.” mormorò
Rachel massaggiandosi le tempie.
“C’era il suo ex – o quello che è – in stazione, quel
Sebastian Smythe, e io – non so cosa mi sia preso, ma dovevi vederlo, Rach.
Blaine era praticamente paralizzato e quel tipo è…non lo so, non mi piace
affatto. Mi sono fatto prendere dal panico, sì, e sono scappato a gambe levate,
dicendogli qualcosa tipo ‘ci sentiamo’. Blaine è rimasto lì, comunque. Non ha
detto niente.” concluse con un sospiro tremante. Aveva di nuovo le lacrime agli
occhi.
“Probabilmente l’hai spiazzato” disse Rachel con
un tono di voce che evidentemente lei reputava saggio. Kurt mugugnò qualcosa di
indefinito.
“Kurt, io…devo proprio chiedertelo, o tu non te lo
chiederai mai. Quanto…quanto ti piace questo Blaine?”
“Non è una questione di quanto mi piace” esclamò Kurt
diventando rosso in zona orecchie. “ma di quanto io sia stato infinitamente
stupido e immaturo e-“
“Invece sì, è proprio una questione di quanto ti
piace.” lo interruppe Rachel.
Kurt fissò lo schermo del portatile per un lungo istante.
“Io – tanto. Ok, tanto. Contenta?”
Rachel aprì la bocca per rimproverarlo, quando il
cellulare di Kurt, appoggiato sulla mensola, prese a vibrare e illuminarsi,
mentre la suoneria – Single Ladies, messa appositamente per il contatto di
Blaine in un attacco di follia – invadeva la stanza.
Rachel esclamò “Oh mamma, è lui?!” sporgendosi
verso la telecamera come se potesse uscire fuori dallo schermo e assalire Kurt,
che nel frattempo si era lanciato sopra al telefono con uno scatto felino.
Quando lesse il nome sullo schermo il cuore iniziò a
battergli all’impazzata nel petto, quasi volesse schizzargli fuori.
Chiamata in arrivo da:
Blaine.
Merda.
“E’ Blaine” sussurrò con voce tremante e più alta del normale,
fissando il telefono senza avere il coraggio di rispondere alla chiamata. Cosa
avrebbe dovuto dirgli? Oddio, come faceva a spiegargli che non sarebbe voluto
scappare e che era solo panico e – Oh, dio.
“No, no, no. Non posso farlo!” strillò Kurt, stringendo
il telefono tra le mani mentre quello continuava a squillare. Se non fosse
stato sull’orlo di una crisi di nervi, la scena gli sarebbe sembrata perfino
comica.
“Kurt Elizabeth Hummel, non ci provare!” esclamò
irata Rachel dal computer. “Rispondi a quel maledetto telefono!”
Kurt chiuse gli occhi e scosse freneticamente la testa a
destra e sinistra.
“Non posso” gemette. “Come faccio? Che gli dico?”
“Porca Barbra, Kurt, non costringermi a volare a New
York seduta stante!”
Il viso di Rachel ormai occupava interamente lo schermo
del portatile.
Con un ultimo squillo, il telefono di Kurt smise di
suonare e la nuvoletta di chiamata persa: Blaine comparve
sullo schermo.
Quando le prime lacrime si affacciarono sui suoi occhi e
strinse il telefono al petto sentì Rachel sospirare e mormorare: “Oh, Kurt.”
*
Non ha risposto.
Blaine rimase a fissare lo schermo vuoto con un turbine
di domande in testa e nessuna risposta. Di certo il suo telefono non poteva
dargliele.
Perché Kurt non aveva risposto? Perché era scappato, in
stazione?
Il cellulare rimase silenzioso tra le sue mani.
Forse Kurt non aveva sentito squillare il suo telefono.
Magari era sotto la doccia.
Forse non ha voluto rispondere, si intromise una
vocina maligna nella sua testa.
Chi voleva prendere in giro?
Quello che era successo alla Stazione Centrale doveva
aver spaventato Kurt, e lui non l’aveva nemmeno rincorso. Idiota,
Blaine, idiota.
Blaine appoggiò il cellulare sopra agli spartiti che
teneva sulle ginocchia e si passò una mano sul viso.
La tazza di caffè che teneva nell’altra mano si inclinò
pericolosamente e un paio di gocce caddero sui fogli pieni di note e musica con
i quali aveva cercato di distrarsi prima di chiamare Kurt. Aveva passato tutto
il pomeriggio con la musica a tutto volume nelle orecchie, fingendo di
esercitarsi per il provino nel tentativo di evitare di dover raccontare tutto a
Nick e Jeff; o meglio, ad aspettare una telefonata o un messaggio. Poi aveva
speso tutta la sera davanti al telefono a cercare il coraggio di chiamare Kurt.
Maledizione, sapeva che avrebbe dovuto mandargli un
messaggio per scusarsi e magari iniziare una conversazione, ma sul momento
chiamare era sembrata la cosa più intelligente da fare, e anche la più giusta.
Ma ora…
“Blaine?”
Nick era fermo sulla porta del soggiorno, appoggiato allo
stipite a braccia conserte, con un sorriso sereno in viso.
Blaine si sentì un po’ meglio per via della familiarità
della situazione: aveva condiviso la stanza con Nick per tre anni, alla Dalton.
“A che ora hai il provino, domani?” chiese il ragazzo,
avvicinandosi al divano dov’era rannicchiato Blaine.
“Alle tre di pomeriggio” mormorò indicando inutilmente
gli spartiti macchiati e tentando un sorriso.
Tutto quello che riusciva a pensare, però, era ‘non
ha risposto’.
“Hai intenzione di mangiare qualcosa?” mormorò Nick di
rimando, facendosi spazio tra i fogli pieni di annotazioni e note e sedendosi
sul bracciolo del divano. “Abbiamo dei biscotti.”
Blaine gli lanciò un’occhiata riconoscente, ma scosse la
testa.
“Ho ancora lo stomaco chiuso.”
Nick lo osservò per un lungo istante, poi sospirò e
indicò con un cenno della testa il telefono di Blaine.
“C’entra quello?”
Blaine esitò, poi annuì.
Nick si voltò verso di lui e lo costrinse a guardarlo
negli occhi scuri.
“Ne vuoi parlare?” propose con calma.
Blaine sentì gli occhi pizzicargli, e non aveva nessuna
intenzione di piangere di nuovo davanti a Nick, se non altro per non farlo
preoccupare. In stazione aveva avuto un piccolo momento di debolezza, tutto qui.
Sapeva fin dall’inizio che le cose sarebbero potute andare in quella direzione,
e sapeva anche che c’era una sola soluzione a tutto quello. Forse era quella
consapevolezza, che lo spaventava tanto.
Nick stava ancora aspettando speranzoso una risposta, perciò
scosse debolmente la testa.
“Possiamo…domani? Oppure – non adesso, ti prego. Io – Io
– ho bisogno di riflettere un po’”.
L’amico sospirò, ma gli batté una mano sulla spalla e
sorrise mestamente.
“Quando vuoi, lo sai.”
Si alzò dal divano, stiracchiandosi, e Blaine chiese con
tono noncurante: “Jeff?”
Nick si irrigidì leggermente, ma cercò di non darlo a
vedere. “In camera sua. Credo stia già dormendo.”
Blaine non disse niente, perché ovviamente era l’ultima
persona che potesse dare quel genere di consigli, ma sapeva che Nick stava
reprimendo i suoi sentimenti da tanto, tantissimo tempo.
L’ex Warbler fece per andare verso la sua camera, ma a
metà strada si fermò, voltandosi di nuovo.
“Blaine?” lo chiamò con voce soffice.
Blaine alzò gli occhi dorati e tristi su di lui.
“Andrà tutto bene” gli disse sorridendo. Lui si ritrovò
ad annuire, suo malgrado.
Nick era ormai arrivato alla porta quando lo richiamò
sottovoce.
“Nick?”
“Sì?”
“Grazie.” sussurrò Blaine con le lacrime che premevano
per uscire.
Il sorriso rassicurante di Nick lo fece sentire un po’
meno un relitto, nonostante il telefono nella sua mano non squillò mai.
*
La sveglia luminosa che aveva appoggiato alla mensola del
letto di sopra segnava l’una e mezza di notte e Kurt era ancora sveglio a
fissare il soffitto verde chiaro senza riuscire a chiudere occhio.
La stanchezza sembrava scomparsa nel nulla, risucchiata
dall’ansia, dallo sconforto e da una buona dose di sottile fastidio verso se
stesso.
Forse un po’ più di sottile, ok. Diciamo che
era furioso per essere stato così stupido.
Aveva chiuso la conversazione con Rachel poco dopo la
chiamata di Blaine – solo a pensare al fatto che non aveva risposto avrebbe
voluto prendere una rivoltella e spararsi un colpo in fronte – e l’amica gli
aveva raccomandato di riposarsi e pensarci bene una volta fatta una bella
dormita, prima di fare cavolate. Eppure non riusciva a dormire.
Decise di alzarsi e andare in cucina a farsi qualcosa di
caldo da bere – latte o qualcosa del genere – e riflettere un po’.
La cucina era deserta, così accese la luce e frugò un po’
tra le mensole e i cassetti fino a trovare qualcosa di suo gradimento, e mise
su l’acqua.
Di fronte ad una tazza di tisana fumante - emolliente, ai
frutti di bosco - Kurt riuscì a recuperare un po' di energie. Così, mentre
sfiorava con il pollice lo schermo del telefono, dal quale faceva capolino la
chiamata persa di Blaine, iniziò a riflettere.
*
Il treno ad alta velocità sfrecciava silenziosamente
attraverso la campagna dell’Ohio occidentale sotto gli occhi stanchi di
Sebastian.
Il blackberry di ultima generazione che teneva tra le
mani segnava le tre di mattina. Si rigirò tra le mani l’oggetto con fare
pensieroso.
Aveva sbollito la rabbia dell’incontro con Blaine e
quegli altri due da un pezzo, e tutto quello che era rimasto era una profonda
sensazione di disagio che non aveva fatto altro che innervosirlo. Cos’è, si era
trasformato in una mammoletta? Solo perché aveva capito un paio di cose – tipo
cosa significava prendersi un’enorme sbandata per l’ultima persona che pensavi
ti sarebbe interessata sulla faccia della terra – non significava certo che non
era più Sebastian Smythe.
Il vecchio Sebastian avrebbe mandato al diavolo Blaine
Anderson e le sue paranoie da verginella, avrebbe rimesso il telefono in tasca
e avrebbe lasciato perdere l’intera situazione per farla marcire da qualche
parte in un cassetto del suo straordinario cervello.
Allora perché non riusciva a scacciare l’idea di mandare
un messaggio a Blaine per dirgli che non avevano fatto sesso perché era troppo
ubriaco per rimanere sveglio, ma che erano comunque arrivati, come si suol
dire, un bel pezzo avanti?
In fondo poteva risparmiarselo, visto che avrebbe
significato ammettere di aver fatto cilecca. E quel cretino di Blaine non era
mai venuto a chiederlo, quindi era giustificato se aveva pensato che non gli
importasse un accidenti.
Certo, ora aveva un vago sospetto sul perché Blaine non
era piombato davanti a lui domandando ‘allora, l’abbiamo fatto, Sebastian?
Perché non mi ricordo un cazzo’; oltre al fatto che fosse stupido, ovviamente.
Doveva dirgli la verità, nonostante il modo in cui
l’aveva trattato? Ma ormai non importava più, faceva parte del passato, no?
Eppure sentiva di volerlo fare.
Il treno rallentò con uno stridio di freni e la stazione
di Lima-sono-un-buco-nel-nulla, Ohio, comparve davanti a lui, deserta.
Fatta eccezione per una figura un po’ in penombra, appoggiata
ad una delle colonne nel bel mezzo della stazione.
Sebastian sorrise lievemente a quella vista.
Dio mio, quando sono diventato così patetico?
Eppure, quando il ragazzo uscì dalla penombra e sorrise
timidamente, Sebastian non riuscì a trattenersi e colmò la distanza che li
separava a grandi passi, prendendogli il viso tra le mani e catturando la sua
bocca in un bacio.
Quand’è che si era innamorato senza accorgersene? E
quando, esattamente, avrebbe smesso di farsi questa domanda?
Quando si separarono Sebastian ricordò improvvisamente
una cosa molto, molto importante.
“Ho incontrato Blaine alla stazione di New York” disse
sottovoce. L’altro ragazzo lo osservò per un istante, poi chiese: “Quel
Blaine?”
Preparati, sto per lanciarti la bomba a mano.
“Quel Blaine. Con un certo Kurt Hummel.”
Note dell’Autrice
Vi prego non fatemi del male, io voglio tanto bene! Ho anche
aggiornato prima, come promesso! J
Ok, ancora non si sono rincontrati, ma dovete avere
pazienza. E’ rimasto pochino pochino pochino :D
So che questo è un capitolo un po’ di passaggio, ma fa da
base a tutto quello che verrà e introduciamo un nuovo personaggio, Amy,
che...boh, in pratica si è scritta da sola, e presto fangirlizzerà per Kurt e
Blaine quanto noi :)
Per quanto riguarda il fatto che Kurt non risponde al
telefono a Blaine...io avrei fatto la stessa identica cosa; anzi, mi è successo
un paio di volte, quindi mi sono basata su quello.
Ora, non prendeteva con Sebastian, visto che non è poi così
tanto cattivo?
Saprete tutto, saprete tutto. Presto, giuro :)
Ah, io direi di far partire le scommesse: chi sarà questo
misterioso ragazzo che è riuscito a rabbonire Sebastian Smythe? E perché? E
come? *-* Mi state odiando, lo so.
Ci si vede martedì, ragazze :)
Ecco, forse martedì mi odierete un po’ di più! :D
Ah, so che non ho risposto a molte recensioni ultimamente –
faccio schifo, lo so! – ma le leggo e rileggo in continuazione, e presto mi
metterò in pari! Che ci volete fare, gli esami di maturità cominciano tra venti
giorni xD
Spoilerino del
prossimo capitolo? Kurt visita New York. Che non è poi così grande come pensa. Solo che ancora non lo sa.
A Ilaryf90, per il suo primo anniversario su EFP, perché,
A Ilaryf90, per il suo primo
anniversario su EFP, perché,
anche se lei non lo sa,
continuo a benedire il momento in cui
ha scoperto che scrivevo fanfiction.
Se sono qui è tutto merito suo,
quindigrazie.
Capitolo
dodici
“New
York Concrete jungle where dreams are made of There's nothin' you
can't do Now you're in New
York”
La sveglia suonò alle sette in punto,
fastidiosa e micidiale come sempre. Kurt le brontolò contro, ancora
mezzo insonnolito, e cercò debolmente di colpirla, fino a che4 minutesnon arrivò alla seconda strofa.
Quando il malvagio strumento del demonio non si spense al
suo comando vocale – decisamente l’oggetto non era così tecnologicamente
avanzato, o il suo mugugno era troppo basso per essere sentitoda unasveglia– affondò la faccia nel cuscino e
decise di ignorarla cordialmente.
Almeno fino a che non si ricordò di essere a New York.
Saltò a sedere sul letto e si voltò verso la finestra con
uno scatto che avrebbe potuto staccargli la testa dal collo, per quanto era
stato fulmineo.
Sì, la
Città Che Non Dorme Mai era davvero
lì, proprio fuori dalla sua finestra. Non era un sogno.
Di certo il suo primo risveglio non era stato come se l’era immaginato; neanche la sua prima notte, a voler essere
puntigliosi.
Il riflesso dello specchio attaccato al muro rimandò
indietro l’immagine del solito Kurt Hummel di prima mattina, con i capelli
scarmigliati e gli occhi rossi e gonfi di sonno. Non che avesse sempre pensato
che la gente di New York si svegliasse già in giacca e cravatta con il caffè in
mano, sulla via per la metropolitana, però…aveva pensato che si sarebbe sentito
diverso quando invece non era affatto così.
Non aveva nemmeno recuperato un po’ di sonno, visto che
aveva passato una notte a piangere tra le braccia di Blaine e l’altra a
riflettere, seduto ad un tavolino nel bel mezzo di una cucina sconosciuta, sul sopraccitato
ragazzo. In totale facevano due notti insonni e tanti dubbi.
Era tutto così diverso da come se l’era
aspettato. Lui e Rachel avevano passato pomeriggi interi a fantasticare su
mille scenari diversi ma, ora che era lì, si rendeva conto che nessuno di
quelli si avvicinava alla realtà.
Rachel.
Ecco cosa c’era di diverso. E anche Finn, suo padre,
Carole, tutti i suoi amici.
La differenza stava nel fatto che loro non erano lì con
lui. Gli mancavano da morire e l’assenza della sua migliore amica, che in quel
momento sarebbe dovuta essere lì, pesava come un macigno sul suo cuore.
Solo che, rifletté
Kurt,è
ora di affrontare la realtà.
Rachel era rimasta a Lima. Non era stata presa alla NYADA
e non c’era niente che Kurt potesse fare per cambiare le cose.
La sua vita a New York era cominciata la notte prima,
magari non nel modo che avrebbe voluto, magari in modo strano, ma era
cominciata.
Eppure Kurt aveva l’impressione di non essersenedavveroreso conto.
L’assenza delle persone che amava rendeva il suo sogno
meno brillante o meno desiderato? No. Semplicemente, non avrebbe mai pensato di
trovarcisi di fronte da solo.
A proposito di persone che amava...
La sera prima – notte, in realtà, visto che era andato a
dormire alle tre e mezza – aveva cercato di prendere una decisione riguardo a
cosa fare con Blaine, finendo per essere più confuso di prima.
Come avrebbe dovuto comportarsi?
Nonostante conoscesse Blaine da pochissimo tempo non
riusciva a pensare di lasciarlo semplicemente andare. Aveva provato a prendere
in considerazione l’idea, ma gli era sembrata decisamente stupida, alla fine.
Si stava innamorando, e allora? Non c’era niente di male.
Blaine non era lì in quel momento, ma
Kurt sapeva benissimo cos’era successo. Lo chiamavano colpo di fulmine, no?
Aveva visto Blaine e aveva pensato che in lui ci fosse qualcosa di speciale. Lo
aveva conosciuto e aveva capito che voleva una persona così nella sua vita. Era
il più terribile dei cliché, ma le cose stavano così. Cosa poteva farci?
Era quello che aveva sempre cercato, in fondo: qualcuno
che piombasse nella sua vita come un uragano, sconvolgendola in bene e in male,
trascinandolo in un vortice di emozioni e dolcezza, spingendolo a liberarsi
delle sue preoccupazioni e a superare i suoi limiti, a desiderare, amare e
sfiorare senza averne davvero paura.
Tuttavia ne aveva ancora, di paura, ovviamente. Più di
quanta volesse ammettere. Eppure Blaineeratutto quello che voleva: come poteva
pensare di essere abbastanza forte da lasciarlo andare?
Solo perché era troppo vigliacco per rispondere ad una
telefonata? No, avrebbe rimediato, in qualche modo. È che ancora non sapeva
come...
Kurt si stiracchiò come un gatto, leggermente più
tranquillo rispetto al giorno precedente, e mugugnò
quando la sua schiena si distese scricchiolando come una scala di legno.
Maledisse il
materasso nuovo, il giorno di viaggio in treno e la scomodità del dormire su un
letto decisamente non suo. Ovviamente si rifiutò di considerare anche il fatto
che aveva dormito parecchio bene, tra le braccia di Blaine.
Non era affatto il caso di svegliarsi con un pensiero del
genere in mente, specialmente quando, proprio la
mattina, lazona sudnon era poi così tranquilla.
Oh, doveva essere sempre così ridicolmente imbarazzato
per quel genere di cose? Qual era il suo problema nel pensare le parole ‘mezza
erezione di prima mattina'? Ecco, l'aveva fatto. Era
forse crollato il soffitto?
Il preoccupante dualismo dei suoi pensieri, in perfetto
stileDr Jekyll
e MrHyde,lo convinse a scendere dal letto
tramite la scaletta in ferro e a ficcarsi sotto la doccia il più in fretta
possibile.
Ovviamente il pensiero di Blaine non lo abbandonò nemmeno
una volta che fu al sicuro sotto al getto d’acqua calda. Il problema era che
non era uscito dalla sua testa neanche per un istante da
quando Kurt aveva lasciato la stazione.
Il suo stomaco continuò a brontolare senza sosta a causa
del digiuno forzato della sera prima. Si passò il bagnoschiuma sugli addominali
appena accennati, frutto di sangue, sudore, lacrime e tanto esercizio fisico
nella privacy della sua stanza, e decise di fare colazione e poi visitare un
po’ la città.
Aveva due settimane prima che
iniziassero le lezioni, e aveva intenzione di utilizzare quel tempo per fare
della NYADA – e di New York – la sua casa.
E poi avrebbe comunque avuto la mente particolarmente
occupata a pensare a Blaine e a come trovare il coraggio di richiamarlo o
mandargli un messaggio, quindi sperava di distrarsi un po'.
Si prospettava una bella giornata, almeno per quel poco
che aveva visto fuori dalla finestra: il sole era già
alto nel cielo e l’aria era tiepida. New York era così: la fine dell'estate era
sempre molto calda, sicuramente più dell'Ohio, e l'autunno si colorava di
rosso, giallo e arancione.
Avrebbe approfittato della sua seconda giornata per
rivedere i luoghi di New York che già conosceva, come Broadway
o Tiffany&Co, e magari farsi un giro del
quartiere per cercare qualche posto carino al quale affezionarsi o eleggere a nuovo Lima Bean, tipo una bella
caffetteria che fosse in grado di fare deinonfatmochada favola.
Il pensiero del caffè gli fece tornare in mente Blaine, e
si domandò distrattamente perché diavolo pensasse a lui soprattutto
quando era sotto la doccia, così decise di venire fuori di lì ed
adoperarsi per far sembrare i suoi capelli quantomeno decenti. Con i ciuffi
finalmente tutti al loro posto, del caffè nelle vene e l’intera New York a
disposizione, di certo avrebbe trovato il modo per farsi perdonare da Blaine
per averlo lasciato in stazione e non avergli risposto quando l’aveva chiamato.
Una volta che la piega fu esattamente come doveva essere
– ciuffo in su, dal quale non sfuggiva nemmeno un
capello – rimase a fissare l’armadio, le solite parole che gli vorticavano in
testa tutte le mattine.
“Non ho niente da mettermi!” esclamò guardando di
traverso le numerosissime magliette piegate con cura. Quando quelle non risposero
alla sua provocazione, Kurt iniziò a rovistare in mezzo a quell’ordine
cromatico, maledicendo i servizi di posta, fin troppo lenti nel consegnare
consistenti pacchi di vestiti in giro per l’America.
Devo indossare qualcosa che non mi faccia
sembrare un provincialotto o un turista giapponese, pensò grattandosi il mento di fronte alla moltitudine
pressoché infinita di vestiti.Ma
cosa?
Alla fine se ne uscì con una camicia bianca dall’aspetto
arioso, con le maniche arrotolate sofficemente fino ai gomiti, infilata in
jeans chiari talmente stretti che avrebbero potuto
essere cuciti direttamente sulla sua pelle. Al posto della cinta aveva infilato
un foulard azzurro – in tinta con i suoi occhi, anche se era restio ad
ammetterlo – e degli stivali bianchi.
Si guardò un’ultima volta allo specchio del bagno,
mormorò un soddisfatto “niente male, Hummel”, e si decise ad andare a mettere
qualcosa sotto i denti per placare i morsi della fame.
Il suo stomaco non smise di brontolare fino a che non
buttò giù un bel po' di succo d'arancia e un paio di biscotti integrali salvati
dal dimenticatoio di una credenza. Evidentemente, alla NYADA, nessuno era
davvero a dieta.
Era a metà del terzo bicchiere quandoAmy fece irruzione nella stanza con l'energia di un
piccolo uragano, iniziando a frugare tra i cassetti in cerca di chissà cosa.
"Buongiorno!" gli disse allegramente
mentre infilava la testolina nera in uno degli sportelli della credenza."Passato
una buona nottata?"
Kurt mandò giù l'aranciata e osservò la schiena della
ragazza, decidendo velocemente di mentire. O meglio, omettere di dire che aveva
passato la notte insonne a pensare ad un ragazzo.
"Tutto bene" disse, forzando un po' troppo la
nota allegra nella sua voce. Inzuppò un biscotto nell'aranciata, tanto per
avere le mani occupate con qualcosa.
Amy passò al cassetto successivo, frugando fra quelle che
sembravano tazze e borbottando: "Ma dove diavolo è finita?"
Kurt, curioso per natura, si sporse un po' per sbirciare
da sopra la spalla della ragazza.
"Cosa stai cercando?"
Chissà, forse Amy nascondeva
una scorta segreta di schifezze tra le fette biscottate.
"Ah-ah!" esclamò lei in risposta, scostando un paio di pentole - facendo tra
l'altro un rumore infernale - e sventolando sotto al naso di Kurt un vasetto
che sembrava contenere crema marrone dall'aria particolarmentegrassa.
Kurt sollevò un sopracciglio, perplesso.
"Crema spalmabile al cioccolato e nocciola,
direttamente dall'europa. Si chiama Nutella, ed è...tedesca, credo? O italiana, non so." spiegò Amy con evidente
entusiasmo, continuando a sventolare il barattolo.
“Amy” disse pazientemente.
“Cosa ti fa credere che io non sappia cos’è la Nutella?
Ho vissuto in Ohio, non nella foresta amazzonica. E soprattutto, perché diavolo
ti abbuffi con quella roba?"
"Perché è buonissima" disse pazientemente lei,
aprendo il tappo e osservando amorevolmente la crema marrone scuro, come se fosse una figlia per la quale avrebbe dato la vita.
"È grassa" ripeté Kurt. Arricciò il naso quandoAmy affondò il
cucchiaino e ne tirò su una quantità industriale, infilandosela in bocca con
espressione beata.
Un mormorio soddisfatto le sfuggì dalle labbra e Kurt non
poté più trattenere una risata.
"Sembri uno scoiattolo che ha cercato di infilarsi
troppe noccioline in bocca" disse prima che potesse rendersi conto che
magari Amy poteva offendersi. Ma la ragazza sorrise
raggiante, neanche le avesse detto che assomigliava ad una delle modelle di
Vera Wong, e replicò: "mi
piacciono gli scoiattoli. E anche le noccioline. E la cioccolata."
Kurt si sentì terribilmente sollevato dalla presenza di Amy: nonostante né Finn, né Rachel, né Blaine fossero lì
con lui - e voleva davvero con tutto il cuore che ci fossero - non si sentiva
poi così tanto solo. Amy sembrava davvero un'ottima
compagnia.
"Allora," esalò la
ragazza con ancora il cucchiaino in bocca. "Cosa pensi di fare della tua
prima giornata a New York?"
Kurt si fece pensieroso. "Non saprei" rispose
giocherellando con il bordo della tovaglia. Tutto ad un tratto si sentiva un
po' disorientato. New York era così...grande. "Sono stato qui una
volta sola e ho visto pochissimo. Pensavo di...beh, rivedere Broadway, sai. E magari fare un giro per il quartiere e
conoscerlo un po' meglio."
Amy colse la sua esitazione e gli lanciò un sorriso che
avrebbe fatto tornare la vista ad un cieco.
"Sei stato qui solo una volta? Sul serio? Ma che razza di americano sei?" lo prese in giro
amichevolmente.
Kurt strinse le labbra per nascondere il sorriso.
"Vengo dall'Ohio. Cosa ti aspettavi?"
Ma Amy era già partita in
quarta. "Sei mai stato sull'Empire State Building? E Manhattan?
E Central Park? Dai, almeno Central
Park, Kurt! E-"
"Ok, piano, non riesco a starti dietro!"
esclamò Kurt portando le mani in avanti come a difendersi dall'uragano-Amy.
Amygli sorrise, stavolta
timidamente. "Scusa. Quando mi emoziono straparlo."
"Anche io. Anche se di solito mi porta più guai che
altro."disse Kurt con
una buffa espressione a metà tra il divertito e il rassegnato. Ed ecco che
tornava a ripensare a Blaine.
Amy rise e brandì contro di lui il cucchiaino sporco di
cioccolata.
"Problemi con i ragazzi, eh?"
Come?
"C-come, scusa?"
chiese esitante.
Amy alzò un sopracciglio, come se stesse considerando una
sua possibile sordità. In effetti non era affatto
sicuro di aver sentito bene.
"Ho detto: problemi con i ragazzi? E mi sento di
aggiungere anche 'ti capisco, Kurt'."
Kurt la fissò senza dire niente fino a che Amy non inorridì.
"Dimmi che sei gay e non ho fatto una figura
talmente brutta da non poter far più vedere la mia faccia in giro."supplicò con gli occhi
lucidi.
"Oddio. No, io- Sì, cioè, sono gay. È che...sono
stupito, tutto qui." balbettò Kurt. Ed era vero: Amy non si era affatto posta
il problema: aveva capito che Kurt era gay e non aveva nemmeno sentito il
bisogno di specificarlo. Kurt aveva agognato persone come lei, acasa.
Amy era confusa.
"E allora perché-
oh." Ecco, ora aveva capito. "Ohio, giusto. Sono di mentalità così
chiusa come si dice in giro?" domandò piegando la testa in un modo che gli
ricordava tantoqualcuno.
Kurt sospirò. "Non tutti. Ma la maggior parte sì,
purtroppo."
Non era il caso di raccontare di nuovo la storia della
sua vita ad una persona appena conosciuta, per quanto Amysembrasse assolutamente adorabile. Doveva smetterla di
ricoprire di racconti angosciosi del suo passato tutte
le persone che incontrava e con cui poi socializzava.
Così optò per tutt'altro tipo
di domanda.
"Tu sei sempre vissuta qui a New York?" chiese,
sperando di non sembrare invadente.
Amy però aveva semplicemente rituffato
il cucchiaino nel cioccolato del demonio con fare tranquillo e gli aveva
risposto allegramente.
"Sono stata in Canada fino a tre anni, poi sono
stata adottata e portata qui a New York. La mia famiglia era canadese, credo."
A Kurt sembrò scortese esclamare cose tipo 'non sai chi sono i tuoi genitori?', così si limitò a stare zitto e
finire il suo succo mentre la ragazza si versava un po’ di latte in una tazza.
Amy lo guardava timidamente da sopra il bordo di ceramica,
ora, e aveva tutta l'aria di voler chiedere qualcosa, così Kurt aspettò e -
"Se non ti va di fare un giro da solo posso
accompagnarti. Il mio turno, oggi, inizia alle sei di pomeriggio."proposeAmy
tutto d'un fiato. Kurt rilasciò andare l'aria dai polmoni tutto in un unico
respiro. No che non voleva starsene per conto suo. In effetti
avrebbe voluto avere Blaine lì, se non altro per chiarire le cose o sistemare
qualsiasi cosa ci fosse da sistemare tra loro. Però era molto incuriosito da Amy: sembrava il genere di ragazza che avrebbe potuto
adorare e convincere a mettere un vestito stupendo per qualche festa o
tagliarsi i capelli o magari parlare di ragazzi. Magari parlare di Blaine.
Sarebbe mai riuscito a far uscire il pensiero di Blaine
dalla sua testolina bacata? No, certo che no.
Lo colse una fitta di nostalgia, ma si ricordò che Amy stava ancora aspettando la sua risposta.
Così cercò di far tornare indietro il vecchio Kurt.
La squadrò da capo a piedi, registrando attentamente i
pantaloni della tuta che indossava alla maglietta con scritto "Scegli
un'arma."
Quando incontrò gli occhi azzurri di Amy,
le sorrise. "Andiamo a cercarti qualcosa di carino da mettere. Non si sale
sull'Empire State Building in tuta, te lo vieto."
Lei saltò in piedi e batté le mani con entusiasmo. "Yay, si va in giro per New York!"
Kurt Hummel è tornato,
pensò con un filo in più di felicità.Vorrei
solo che Blaine fosse qui.
Ci risiamo, Porcellana?
Oh, coach. Per favore. Anche
lei no.
*
Alla fine, trovare qualcosa da far indossare ad Amy fu piuttosto semplice: la ragazza, come Kurt aveva già
avuto modo di notare, non sembrava particolarmente interessata alla moda.
Tuttavia, come buona parte dei newyorkesi,
aveva almeno un Gucci nell'armadio.
Kurt era rimasto a bocca aperta di fronte alla stanza di Amy. Non che fosse diversa dalla sua: di base c'erano lo
stesso letto a castello, le stesse finestre con il davanzale in
marmo e le stesse pareti verde pastello. Era il modo in cui sembravavissutaa sconvolgerlo. Sparsi in giro
c'erano milioni e milioni di libri, sul letto, sulla scrivania, persino
appoggiati alla vasca da bagno - l'unica differenza con la sua stanza. Amy si rivelò disordinatissima e molto colorata: la metà
delle sue magliette erano arancioni o blu elettrico,
aveva praticamente solo jeans e sembrava non andare d'accordo con i capelli
sciolti, nonostante Kurt pensasse che la sua chioma nera e liscia fosse
meravigliosa.
Ma la cosa che lo sorprese più di tutti fu la quantità
impressionante di piante, fiori e vasi sparsi in giro per la stanza. Ovunque si
girasse, c'era del verde. Tanto, tantissimo verde.
Amy si era giustificata dicendo che la sua coinquilina, Ellie - che sarebbe arrivata tra una settimana emammamia, Kurt, devi assolutamente
conoscerla, la adorerai-
aveva un'insana passione per le piante grasse ed un ottimo rapporto con il
giardinaggio in generale.
Una volta trovato
qualcosa di decente da far indossare ad Amy, Kurt si
preparò ad affrontare New York. Ovviamente non si è mai abbastanza preparati,
per questo genere di cose.
Il quartiere dov’era situata la NYADA era a dir poco
stupendo e si stupì di non averlo notato prima, troppo distratto com'era dal
pensiero di Blaine. Ogni casa aveva un giardino e c'erano diversi negozi di
vestiti dentro ai quali trascinò Amy
a dare un'occhiata. Dopo mezz'ora Kurt aveva già individuato due caffetterie
preferite e quattro negozi nei quali sarebbe assolutamente tornato a fare
shopping: a quel punto Amy scuoteva la testa con tanto
vigore che qualche ciuffo era sfuggito dalla coda perfetta.
Kurt amò ogni istante di quella mattinata, nonostante la
nostalgia che giocava ai confini del suo cervello, ricordandogli costantemente
quanto desiderasse che Rachel fosse lì con loro, quanto
volesse afferrare il telefono e chiamare Blaine. Si ripromise di tirare fuori
il coraggio e chiamarlo quella sera stessa, dopo cena. Ricordava che il suo
misterioso provino si sarebbe tenuto quel pomeriggio.
Sì, poteva farcela.
A pranzo si fermarono in una delle caffetterie che Kurt
aveva catalogato come "Tornare assolutamente", visto che era anche
una tavola calda: nulla a che vedere con il Lima Bean
o il Bel grissino. Quella era New York, si ricordò. C'era qualcosa di...magico,
nell'aria. Speciale.
Non abbastanza, comunque.Se solo Blaine fosse qui...
Appena finito di mangiare chiamò velocemente suo padre e
ebbe la sfortunata idea di parlare con lui davanti ad Amy.
Fu così che scoprì che la ragazza si commuoveva con una facilità spaventosa,
visto che aveva captato suo padre al telefono che diceva che era orgoglioso di
lui e aveva iniziato a piangere.
Aveva tentato di tirarla su offrendogli il suo fazzoletto
e per poco non era scoppiato a piangere lui stesso, quando Burt aveva detto
"Tua madre sarebbe fiera di te, Kurt."
E sperava che fosse così. Gli mancava così tanto...
Il resto del pomeriggio passò in fretta: visitarono Central Park, a soli due isolati dalla NYADA, e Kurt si
perse nella semplicità del parco di New York: l'ultima volta ci aveva passato
pochissimo tempo e lo ricordava appena.
Anche lì riuscì a trovare il suo posto preferito: c'era una panchina vicino ad
un laghetto, giusto di fianco ad uno dei cancelli, con quel lampione un po'
storto ad un passo. Era perfetto.
Videro da lontano l'Empire State Building, e poi Manhattan, il ponte di Brooklyn e
Ground Zero. Dove una volta sorgevano le torri
gemelle, ora c'era il cantiere della futura Liberty Tower:
la zona era completamente recintata con barriere di legno alte diversi metri e
Kurt avrebbe voluto sedersi sulle gradinate di fronte
al cantiere per un po’ ma Amy gli sorrise gentilmente
e lo prese per il gomito. Visitarono un palazzo lì di fronte, con vetrate molto
ampie che si affacciavano all’interno dell’area chiusa, permettendo ai passanti
di vedere cosa c’era oltre la barriera. Quando tornarono sulla scalinata, un
artista di strada tirò fuori la chitarra ed intonò Into the fire.
Per l'ennesima volta quel giorno, Kurt si ritrovò con le
lacrime agli occhi.
Si sentiva così spaventosamente piccolo e insignificante,
in confronto alla città, e avrebbe tanto voluto poterla già considerare casa, ma c'era qualcosa nel fondo del
suo stomaco che gli impediva di stare davvero
bene. Non sapeva dire cosa fosse: c'era qualcosa chemancava.
Erano quasi le quattro quando
Kurt realizzò che c'era un ultimo posto che voleva vedere, quel giorno. Non
appena lo disse ad Amy lei gli fece un sorrisone e chiamò un taxi in fretta.
Quando arrivarono e scesero dall'auto gialla, Kurt prese
un bel respiro e si sentì un po' meglio. Broadway era
stupenda esattamente come la ricordava. Era caotica, era colorata, eraarte.
Si sentì un po' più nel posto giusto, ma ancora non era -
ancora non eracasa.
Vagò un po' per la famosa strada, con Amy
che saltellava al suo fianco e gli raccontava di tutti i Musical che era stata
a vedere a teatro e dei modi migliori per accaparrarsi un biglietto a poco
prezzo - "arriva la mattina e dì a tutti che è il tuo battesimo da
palcoscenico. Ti lasceranno passare avanti e prendere il biglietto!" - e
si guardò attentamente intorno, esaminando i
cartelloni:Rent,
West Side Story, Wicked, The LionKing, The Phantom of the
Opera...tutti musical famosi che moriva dalla voglia di vedere. E l'avrebbe
fatto.
Era a New York City, ora, ed era lì perviverci. Ce
l'aveva fatta.
Fu tentato di andare a sbirciare vicino ai teatri, maAmy lo prese per la
manica con aria triste.
"Dovrei tornare indietro, il traffico di New York è terribile e non posso
arrivare tardi per il mio turno alla Reception. Se
vuoi rimanere posso darti le indicazioni per come tornare alla NYADA."
Kurt ci pensò su per un istante. Non era affatto pratico
della città: si sarebbe perso nel giro di mezz'ora. Forse meno.
"No, tranquilla, torno in
dormitorio anche io. Mi faccio una bella doccia e inizio a fantasticare su
quanto vorrei incontrare BradPitt
in giro per il Queens" le rispose con un
sorriso.
Stavolta fu Kurt a fermare un taxi, ed era
particolarmente impegnato a festeggiare silenziosamente questo grande traguardo
raggiunto, perciò non vide una testa riccia spuntare fuori da
una porta sul retro di uno dei teatri e guardarsi intorno.
*
Blaine sudava sempre tantissimo, quando era agitato. Dire
che era un bagno di sudore, mentre aspettava ansiosamente che arrivasse il suo
turno, sarebbe stato un eufemismo. La paura - neanche tanto irrazionale - per
quel benedetto provino gli aveva persino fatto dimenticare Kurt. Giusto un attimo,
però.
Il pensiero del ragazzo era tornato prepotentemente nella
sua mente e ora eraancora più
agitato.
Fantastico.
Quando una delle assistenti gli si avvicinò, strinse con
forza gli spartiti che aveva in mano, spiegazzandoli tutti.
Oddio. Aiuto, gemette
nella sua testa.
"Blaine Anderson?" fece gentilmente la donna,
notando il suo stato pietoso.
Blaine riuscì solo a fare un cenno affermativo con la
testa.
"Tocca a te. In bocca al lupo."
Ormai era lì e non poteva più tirarsi indietro. Fu
improvvisamente contento che quello fosse il piano B. Non aveva idea di cosa
avrebbe fatto se non avesse avuto qualcos'altro a cui
aggrapparsi in caso di esito negativo.
Arrivò fin dietro le quinte
probabilmente spinto da qualche forza sovrannaturale, perché le sue
gambe non volevano proprio smetterla di tremare ed aveva il cuore in gola, e
batteva talmente forte che avrebbe fatto fatica a sentire la sua voce.
Cercò di prendere un respiro molto profondo per calmarsi ma fu tutto inutile. Il viso sorridente di Kurt comparve
di nuovo nella sua mente e Blaine deglutì. Era ora di prendere in mano la sua
vita.
Così scosse la testa e si mosse verso il centro del
palco, uscendo alla luce dei fari del teatro.
"Salve, sono Blaine Anderson e sono qui per fare il
provino per la parte di Tony. CanteròSomething'sComing."
*
Kurt e Amy erano appena rientrati
alla NYADA ed Amy era inciampata nel tappeto del
corridoio delle stanze dei ragazzi, rischiando di finire stesa a terra e
facendo quasi soffocare Kurt dal ridere. Alla fine si erano fermati di nuovo in
caffetteria a prendere qualcosa da mangiare per cena, non avendo nessunissima voglia di cucinare, e l'avevano sistemata nel
frigorifero della cucina comune.
In quel momento si trovavano davanti alla porta della
stanza di Kurt e Amy stava stordendo il ragazzo con i
racconti della NYADA e della famigerata competitività dei suoi allievi.
"Scherzi? Qui la gente si mastica viva per ottenere gli
assoli. Aspetta che inizieranno i provini per lo
spettacolo di Natale e vedrai! Se non riesci a tenere testa a Madison Harris, ti farà a fette."
"Cercherò di ricordarmi il nome e tenermene alla
larga. E poi io sono un controtenore: sono un ragazzoeposso
raggiungere note che molti mezzosoprani si sognano" protestò Kurt fingendo
un po' di sana altezzosità.
Amy stava per ribattere, probabilmente per prenderlo in giro
come aveva fatto tutto il giorno - Kurt l'aveva già detto che la adorava? -
quando il campanello della reception trillò e
richiamò l'attenzione della ragazza.
Amy scattò sull'attenti con un sorriso smagliante. "Il
lavoro mi chiama!" esclamò. "Ci vediamo domani, Kurt!"
Gli scoccò un bacio sulla guancia, che il ragazzo accettò
con una punta di perplessità, e saltellò via.
Kurt aprì la porta della sua stanza con un sospiro. Era
esattamente come l'aveva lasciata: un po' vuota, non del tutto familiare e non
ancora veramente sua.
Correre da una parte all'altra della città per stare al
passo con l'energia da uragano di Amy era stato
sfiancante e Kurt si sentiva sudato e fondamentalmente un relitto, quindi
decise di farsi una bella doccia per rilassarsi. Poi avrebbe mandato un
messaggio a Blaine.
Reso improvvisamente attivo dalla decisione appena presa
- perché ci aveva messo tutto il giorno a decidere, se Blaine era stato
costantemente nei suoi pensieri? - Kurt si infilò sotto al getto d'acqua calda
e ci rimase per meno di dieci minuti. Si vestì in bagno - dei semplicissimi
pantaloni della tuta ed una maglietta bianca, per quanto potesse suonare
incredibile accostare i termini 'tuta' e 'Kurt Hummel'
nella stessa frase - e si mise alla ricerca della spazzola con cui di solito si
asciugava i capelli.
Ma niente, in bagno non c'era.
Tornò in camera e cercò un po' tra i cassetti. Eppure era
sicuro di averla lasciata sul lavandino!
I suoi capelli erano ancora grondanti d'acqua e se non li
avesse asciugati in fretta non solo si sarebbe
preso un colossale raffreddore, ma sarebbero stati un assoluto disastro.
"Ma dove cavolo- "
La sua imprecazione fu interrotta da una chiave che veniva infilata nella serratura, dall'altra parte della
porta.
"Merda" borbottò a
mezza voce, cercando di darsi una sistemata. Non c'era possibilità che fosseAmy, lei non aveva la chiave
della sua stanza. Doveva essere il suo nuovo coinquilino, appena arrivato da chissà
dove. Kurt sperò con tutto se stesso di stargli simpatico, o non avrebbe retto
quattro anni di vita gomito a gomito con qualcuno che non sopportava.
Non posso farmi vedere dal mio futuro coinquilino
conciato così, pensò irrazionalmente
mentre una mano correva ai capelli bagnati e sparati in tutte le
direzioni.
Chiunque ci fosse dall'altra
parte, litigò per un istante con la serratura. Kurt fece un passo avanti per
aprire la porta, quando questa finalmente si
spalancò.
Il suo cuore perse un battito e la mano che aveva tra i
capelli scivolò fino alla bocca, portando con sé alcune gocce d'acqua.
Kurt sbarrò gli occhi.
"Non è possibile."
Note dell'Autrice
*scappa nel bunker anti-atomico e butta la chiave*
(voce
dall'oltretomba)
Ragazze, non ammazzatemi. Lo so, mi odiate. Ma non fatemi
fuori, o non saprete mai come va a finire xD
Che poi l'avrete sicuramente capito
quindi stiamo qui a pettinare le giraffe. Lo so, amo i cliffhanger.
Amo scriverli, più che altro.
Dal prossimo capitolo in poi rimarrò chiusa nel bunker
fino alla fine della storia, quindi altri tipo
quindici capitoli xD
Che devo dire? Ah.
Eh, ragazze. Fate le vostre supposizioni, ditemi cosa
sospettate e se pensate di aver indovinato, fatemi sapere cosa pensate del
capitolo e...boh, potete
anche insultarmi, basta che non mi fate male fisicamente, che non posso
arrivare agli esami di maturità con le stampelle!
I pomodori sono nella cassa alla vostra destra XD
Oh, insomma. Chissà chi è appena entrato nella stanza di
Kurt.......
...lo scopriremo nella prossima puntata! XD
Un grazie speciale
va a SereILU, che ogni tanto mi offre i suoi servigi
da super-beta, praticamente fin da quando scrivevamo su Harry Potter (oh, bei
tempi!) e che oggi ha meticolosamente betato il
capitolo DUE VOLTE e mi ha preso a randellate figurative in testa per le mie
assurde frasi senza senso. Inoltre tutte le informazioni sulla Nutella e New York vengono da lei, e non smetterò mai di
ringraziarla o volerle fare una statuetta di pongo per questo. E ovviamente grazie
infinite anche a Fra e Ila, che mi ascoltano sempre
quando ho bisogno di dare di matto o sono in crisi. Grazie, ragazze!
E poi, lastbutnotleast, un grazie
immenso a voi e alla fiducia che state dando alla storia e a me, grazie per la
compagnia che mi tenete su facebook e per gli scleri che condividiamo! Grazie a chi mi ha fatto gli
auguri di compleanno nelle recensioni e chi mi ha lasciato un messaggio su facebook, chi ha sclerato con me
e chi me ne dice di tutti i colori per i miei finali del cavolo :)Grazie.
<3
A martedì prossimo,
Selene (che vi vuole tanto bene e vorrebbe arrivare viva
almeno fino alla fine della storia) <3
via dalla panchina quando ha scoperto l’epilogo di questa
storia.
Ti devo del VoltarenxD
Capitolo tredici
"I won't let you close enough to hurt me"
La vita è fatta di attimi. Insignificanti scarti di tempo
talmente brevi che muoiono prima ancora di iniziare. Ti colpiscono con la
velocità di un fulmine e se ne vanno così come sono arrivati: in un
battito di ciglia.
Cogliere un attimo è impossibile: è troppo veloce, troppo
sfuggente. Non si è mai abbastanza rapidi ad allungare una mano e ad afferrare
un istante.Così come non si può
manipolare il tempo.
Si possono fermare le lancette dell'orologio, magari, o impedire alla sabbia di
una clessidra di scendere, ma è una mera illusione. La verità è che non lo si può fermare, perché scorre veloce come il battito di
un cuore o lento come un giorno d'estate. E’ semplicemente fuori
dal nostro controllo.
Se avesse potuto, Kurt avrebbe tolto le pile all'orologio
e si sarebbe fermato a pensare.
Avrebbe inclinato la clessidra per impedire alla sabbia di scendere e, una
volta che tutto intorno a lui si fosse congelato, avrebbe pensatoho i capelli
fuori posto. Ci avrebbe riflettuto su e se ne sarebbe fatto una
ragione.
Poi avrebbe pensatofa
qualcosa, Kurt. Quello èdavveroBlaine.
E solo allora avrebbe agito, perchél'attimo
era fermo e poteva sfiorarlo con le dita e farlo suo.
Ma Kurt non aveva un orologio cui togliere le pile e,a dirla tutta,nemmeno una clessidra. Kurt non aveva
un momento da afferrare perché era già passato e luinon aveva fatto in tempo.
Magari era vero quello che dicevano in giro: che basta un
minuto per farsi piacere una persona, un'ora per affezionarsi, un giorno per innamorarsene,
ma non basta una vita intera per dimenticarla.Kurt
non ci aveva mai creduto, in realtà. Ce ne aveva messo di tempo per prendersi
una cotta per Finn e l’aveva dimenticato – fortunatamente – in fretta. Però, ora, quel modo di dire
assumeva un significato nuovo, ai suoi occhi. Non credeva ai colpi di fulmine,
certo. Però, chissà, forse con Blaine era diverso.
Tuttavia,Kurt non aveva gli
istanti, ma aveva i minuti, le ore e i giorni. Aveva una vita intera.
Così non aveva colto l'attimo in cui Blaine aveva fatto un passo avanti, si era
sfilato la chitarra dalla spalla e l’aveva appoggiata al muro; non aveva coltoquello in cui i suoi occhi dorati si erano posati nei
suoi e nemmeno quello in cui la porta si era chiusa alle sue spalle con un
tonfo sordo. Poi Blaine aveva mormorato il suo nome ma
Kurt non aveva colto nemmeno quello, di attimo. Li aveva lasciati scivolare e
li aveva persi tutti, perché cogliere un attimo è impossibile. Però aveva fattoun rapido passo avanti, poi un altro, fino a che le sue
mani nonavevano afferratola maglietta bianca di Blaine per
attirarlo a sé.
E aveva capito che non aveva bisogno di fermare il tempo: l'unico modo per far
suo quel momento era lasciarlo andare.
Così, l’istante successivo, le sue labbra premettero con forza contro quelle di Blaine.
*
Quando le labbra bollenti di Kurt si scontrarono con le
sue il cervello di Blaine smise di funzionare correttamente. il
cuore gli batteva talmente forte da coprire qualsiasi altro suono. Si irrigidì
contro il corpo del ragazzo e sentì Kurt trattenere rumorosamente il respiro mentre nessuno dei due osava muovere un muscolo.
Tuttavia non ebbe il tempo di formulare un pensiero
concreto del tipo‘non si
sta domandando cosa ci faccio qui?’, perché era troppo impegnato a
svegliarsi di botto e attivare di nuovo le funzioni motorie perse chissà dove.
Lasciò la presa sul borsone, che cadde a terra con un tonfo sordo, e avvolse le
braccia intorno al corpo di Kurtpremendogli le mani sulla
schiena per avvicinarlo il più possibile.
Kurt sospirò sulla sua bocca e Blaine si allontanò appena
per guardarlo in viso.
Sembrava stordito, ma Blaine stesso era sicuro di avere
l’aria di uno che aveva appena preso una botta in testa.
Incontrò il baglioreazzurro
e verde dei suoi occhi e sentì le palpebre abbassarsi e il suo respiro caldo
solleticargli il mentoper un
istante soltanto, perché poi le labbra soffici di Kurt scivolarono di nuovo
sulle sue e Blaine si sciolse contro il suo corpo caldo, decidendo che
qualsiasi spiegazione poteva attendere, almeno per il momento, perché Kurt lo
stava baciando e lui non aveva ancora fatto praticamenteniente.
Se il primo bacio era stato più un’aggressione deliberata
– non che se ne sarebbe lamentato, in futuro – Blaine si perse nella morbidezza
del secondo chiudendo lentamente gli occhi.
La bocca di Kurt era quasi cauta mentre
si muoveva sulla sua e le sue mani si spostarono sui suoi fianchi con
delicatezza. Blaine non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo ma le azioni che seguirono gli vennero naturali come
respirare, come se avesse sempre saputo come baciare Kurt.
Kurt lasciò la presa sulla sua maglia, salendo ad
intrecciare le dita dietro la sua nuca easolleticare i
capelli tenuti a bada dal gel. Il brivido che lo
percorse fu talmente forte che Blaine era certo che perfino Kurt se ne fosse
accorto. Il ragazzo, infatti, emise un soffice mormorio di apprezzamento e
dischiuse appena la bocca in un muto invito. Blaine sperò di averlo
interpretato nella maniera giusta e un istante dopo fece scivolare la lingua a
tracciare il contorno del suo labbro inferiore.
Di nuovo il suo cervello si scollegò di botto
quando Kurt emise un gemito soffocato. Il suono lo investì come un treno
in corsa e si ritrovò con il viso bollente di Kurt tra le mani e il corpo del
ragazzo che sembrava prendere vita sotto il suo tocco. Non pensava che avrebbe
mai provato niente di altrettanto devastante e meraviglioso: la sola sensazione
di avere Kurt tra le braccia gli toglieva il respiro.
Lasciò che Kurt lo spingesse leggermente indietro fino a
che non sentì la porta contro le scapole. Il ragazzo si premette di più contro
di lui e Blaine accolse il suo invitante calore facendogli scorrere le mani
lungo i fianchi, appoggiandosi al legno chiaro e trascinando Kurt con sé.
Questa volta fu la lingua dell’altro a sfiorare le sue labbra, così dischiuse
la bocca e lasciò che si intrecciasse alla sua.
Menta. Kurt sapeva
di menta e burro cacao e la cosa, chissà perché, non lo stupiva affatto. Era
come se una parte di lui l’avesse sempre saputo.
Le sue mani continuarono a vagare lungo la schiena di
Kurt, tracciando il corso della sua spina dorsale con la punta delle dita, dal
collo, dove la pelleera ancora
bagnata, fino all’elastico dei pantaloni della tuta. Lo sentì rabbrividire al
suo tocco mentre continuavano a baciarsi senza nemmeno
fermarsi a respirare. Kurt spinse la lingua contro la sua con un po’ più di
forza e il movimento languido gli strappò un sospiro tremante.
Blaine sentiva il cuore di Kurt battere sotto la
maglietta e contro il suo petto, quasi come se cercasse di seguire il tempo del
suo respiro spezzato.
Allontanò le labbra dalla bocca di Kurt per prendere
fiato e il ragazzo dagli occhi azzurri gli baciò lo zigomo, sfiorandogli la
tempia con la punta del naso, per poi lasciare dei lievi baci lungo la linea
della mascella. Blaine lo sentì sorridere contro la sua guancia. Probabilmente
l’accenno di barba a contatto con le sue labbra gli stava facendo il solletico.
Al pensiero fu costretto a reprimere un brivido di eccitazione.
Kurt gli prese il viso tra le mani e gli posò un altro
languido bacio sulle labbra semichiuse e Blaine sollevò appena le palpebre per
cercare di intravedere il suo viso attraverso le ciglia.
Il ragazzo si allontanò di un centimetro dalla sua bocca
e Blaine sospirò quando Kurt gli fece scivolare le
mani dal viso lungo il petto fino a posarle sui suoi fianchi per attirarlo più
vicino. Fu quando i loro bacini si sfiorarono che,
incredibilmente, Blaine recuperò parte della sua lucidità.
Abbastanza da rendersi conto che non poteva fare tutto
questo con una serie di cose non dette che pesavano tra di
loro. Doveva fermarsi prima che fosse troppo tardi, perché non poteva
continuare a baciare Kurt e tenergli nascoste cose così importanti. Non ce la
faceva più a tenersi tutto dentro, ormai.
“Aspetta.”
Il suo sussurro era stato talmente basso chepensò cheprobabilmente Kurt non l’aveva nemmeno
sentito.
Ora o mai più, Blaine.E’ qui, tra le tue
braccia. Ti ha baciato. Fallo adesso.
Kurt parve rendersi conto solo in quel momento di cosa
stava facendo, perché scattò indietro e quasi scivolò via dalla sua presa,
portandosi le mani alla bocca. I suoi occhi azzurri erano lucidi e spalancati
per la sorpresa.
“Oh mio Dio, Oh mio Dio. Scusa, io- dopo il modo in cui sono scappato l’altro giorno, tu- e il telefono, mi
dispiace, non-“ balbettò. Prima che sorgesse
l’ennesima incomprensioneBlainelo zittì, tirandolo di nuovo a sé e
appoggiando la fronte alla sua.
“Ehi” sussurrò in tono rassicurante. “Va tutto bene.”
Gli lanciò un sorriso timido e Kurt rispose arrossendo e
alzando un angolo della bocca in una smorfia poco convinta. Blaine si sentiva
stordito dalla vicinanza dell’altro ragazzoeda quello che era appena
successo – Kurt l’aveva baciato! L’aveva baciatodavvero! – ma sapeva quanto fosse importante spiegarglitutto quanto.
“Mi dispiace essere scappato, in stazione! E oraquesto... Sono
stato un po’ avventato, io-“ riprese a blaterare Kurt.
“Niente affatto”lo interruppe
Blaine. “Cioè, mi hai sorpreso, sì, ma non è che mi sia dispiaciuto.Questo.”
Ok, doveva mettersi a fare l’idiota proprio adesso?
Certo, era il suo assurdo modo di fare: fingi che il problema non esista
scherzandoci su e quello scomparirà magicamente!
Doveva dire tutto a Kurt, e doveva farlosubito.
Kurt arrossì sotto al suo sguardo e Blaine prese un
respiro profondo. Non sapeva nemmeno da dove cominciare.
L’altro ragazzo, però, lo anticipò lasciandolo
completamente di stucco.
“Volevo farlo da quando abbiamo
cantato insieme” ammise debolmente, abbassando lo sguardo azzurro per fissare
un punto imprecisato tra i loro corpi che si sfioravano.
Blaine non resistette più. Gli alzò delicatamente il
mento con due dita per guardarlo negli occhi.
“Sono contento che tu l’abbia fatto.”
Volevo farlo anche io. Da tanto, tanto tempo.
Kurt sorrise e i suoi occhi si illuminarono. Poi si fece
perplesso per un istante, e Blaine sapeva cosa stava per chiedere. Anzi, era
stupito che non se ne fosse reso conto prima.
“Scusa se te lo chiedo, ma… cosa ci fai qui?” domandò infatti Kurt aggrottando le sopracciglia. “Non che io non
ne sia felice” precisò con un inconsapevole sorriso malizioso.
Fallo, Blaine. Diglielo.
“Sono uno dei nuovi studenti della NYADA” buttò fuori
tutto d’un fiato. Quando Kurt rispose sbattendo le ciglia, probabilmente sotto
shock, aggiunse: “E il tuo nuovo coinquilino, a detta della ragazza alla reception.”
Kurt sembrò impiegarci diversi secondi per metabolizzare
la notizia, e i suoi occhi azzurri erano così confusi che Blaine gli lasciò il
viso per andare a stringergli le mani.
“Quando hai detto che avresti frequentato la NYADA io – non ho fatto in
tempo a farenulla, perché hai risposto al telefono
prima che potessi dirti ‘ehi, anche io!’, e quando sei tornato sono
successe così tante cose e sono stato così stupido, non ti ho detto niente, mi-
mi dispiace, e…” incespicò con le parole mentre gli occhi di Kurt si facevano
sempre più lucidi, animati da qualcosa che Blaine non riusciva ad interpretare.
Non aveva idea di come la stesse prendendo.
Ed è solo la punta dell’iceberg.
Blaine racimolò tutto il coraggio di cui disponeva. Non
era pronto ma sapeva benissimo che non lo sarebbe mai
stato, perciò era inutile continuare ad aspettare.
“Ci sono delle cose che non ti ho detto, Kurt, e che
invece avresti davvero dovuto sapere. Avrei dovuto
spiegarti tutto fin dall’inizio, ma le cose si sono incasinate e ho perso il
controllo della situazione”, sussurrò evitando di guardarlo negli occhi.
Ho avuto paura e ho perso Dio solo sa quante occasioni.
Kurt trattenne rumorosamente il respiro. “Beh, magari ci
sono state delle incomprensioni. E devo ammettere di essermi fatto delle
domande su alcune cose, ma…” esitò, dubbioso.
Adesso.Diglielo, Blaine.
“Cos’è che dovrei sapere?” domandò alla fine Kurt.
Blaine non riusciva a guardarlo, quindi non aveva idea di
cosa avrebbe trovato sul viso di Kurt se avesse alzato lo sguardo. Non riusciva
nemmeno ad intuire il suo stato d’animo dal suo tono di voce.
Prese un respiro tremante e si decise ad alzare gli occhi
in quelli di Kurt. Quando lo sguardo azzurro di Kurt si fermò nel suo gli si
spezzò il cuore.Alloragli prese il viso tra le mani e lo
avvicinò fino a che i loro nasi non si sfiorarono.
“Avrei voluto dirtelo. Dio, non sai quanto, ma- ma non
sapevo come fare”ripeté piano. “Come potevo spiegarti…”
Le parole gli si bloccarono in gola. Vedeva gli occhi di
Kurt farsi sempre più lucidi, quasi spaventati.
Diglielo.
Quando parlò la sua voce era ridotta ad un sussurro quasi
inesistente, talmente debole che il battito del suo cuore ne copriva il suono
quasi del tutto. Questo non impedì alle parole di aleggiare tra loro.
“Credo di provare qualcosa per te fin dal primo istante
in cui ti ho visto” confessò.
Kurt spalancò involontariamente la bocca e forse
stava per dirgli qualcosa, però Blaine doveva – luidovevafinire.
“Ma…” esitò per un momento soltanto, poi chiuse gli
occhi, spezzando il contatto con quelli di Kurt. “…non è stato su quel treno.”
Quando li riaprì, l’incredulità sul viso dell’altro lo
colpì come uno schiaffo in pieno viso. Kurt era evidentemente sconvolto. Blaine
si domandò se se l’aspettasse, almeno un po’. Se per
un attimo ci avesse addirittura sperato.
“C-cosa?”
Quando Kurt si decise finalmente a parlare cercò
immediatamente i suoi occhi per una conferma. Blaine lasciò che quel mare
azzurro e verde lo cullasse per un istante, prima di rispondergli.
“La prima volta che ti ho visto è stata alle Provinciali.
Ti ho vistodavvero, ti
ho sentito cantare con le New Directions. Non
riuscivo a toglierti gli occhi di dosso”.
Kurt spalancò la mascella e Blaine riuscì a sorridergli
debolmente, nonostante il suo stomaco fosse chiuso in una morsa d’acciaio.
“Non è successo solo alle Provinciali…ci siamo incontrati
diverse volte, ma tu sembravi non vedermi mai. Non hai idea di quanto ho
sperato che tu ti ricordassi di me, sul treno” ammise a bassa voce.
Kurt non riuscì nemmeno a distogliere lo sguardo. “Mi
dispiace” sussurrò.
“Non è colpa tua.” Blaine sapeva che Kurt era sincero:
poteva leggerglielo negli occhi. “E non è mia intenzione farti sentire in colpa
per questo. Ho sprecato troppe occasioni negli ultimi due anni: sarei potuto
venire a parlarti o cercarti e non – non l’ho mai fatto” si rimproverò.
Kurt era ancora immobile come una statua davanti a lui ma non aveva lasciato le sue mani per dargli dello stalker e cacciarlo, quindi Blaine lo interpretò come un
buon segno. Una debole speranza si accese nel suo cervello.
“Perché non sei venuto a parlarmi dopo le Provinciali? O
le altre volte” chiese Kurt timidamente. “Hai detto che ci siamo visti ancora…
Perché non mi hai mai cercato?”
Perché sono un idiotaedun vigliacco.
“Io...”
Che cosa avrebbe dovuto dirgli?
Non ti sei mai accorto di me, Kurt. Ed io ho sempre
trovato una scusa per non cercarti perché questa cosa mi spaventava ed ero uno
stupido orgoglioso. Prima Jeremiah, poi la vittoria, Sebastian...
“È complicato” disse invece, cercando di trattenere
l’impulso di posargli una mano sulla guancia. Come al
solito, il contatto visivo tra di loro era fondamentale, quasi costituisse una
conversazione a sé, cento volte più profonda di quella che stavano avendo. “La
notte in cui ci siamo fermati in hotel stavo per dirti tutto, davvero. Dopo quello che è successo adesso...” esitò. Il bacio che si
erano scambiati poco prima era un chiaro segno che Kurt provavaqualcosa per lui.
Doveva dirgli la verità una volta per tutte. “Vorrei averlo fatto quella sera,
ma...”
Gli si bloccarono di nuovo le parole in gola e strinse le
labbra, frustrato. Come avrebbe dovuto spiegarglielo? Come si spiega una cosa
del genere?
Sapeva che sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto
traboccare il vaso.
“Ma...?” chiese Kurt con un filo
di voce. Non staccò gli occhi dai suoi e Blaine vi lesse tutta la paura che lo
animava, tutta la speranza, la confusione.
“Hai trovato quella lettera e mi hai raccontato che il
tuo ex ragazzo ti aveva tradito con qualcuno allo Scandals”
Blaine cercò di prendere fiato, ma lo sguardo spaventato di Kurt gli bloccò il
respiro in gola. Si sentiva soffocare mentre dietro
quegli occhi azzurri la paura sembrava addensarsi. “Mi hai detto che il tuo
ragazzo si chiamava Dave. David Karofsky.
Io-“
Gli occhi di Kurt si spalancarono e il dolore si riversò
sul suo viso angelico.
“Ero là” disse allora Blaine tutto d'un fiato,
stringendogli le mani. “AlloScandals. Il giorno del mio compleanno.”
Ricordava bene come Nick aveva
pronunciato quel nome e quando l'aveva sentito uscire dalla bocca di Kurt si
era sentito come se l'avessero appena preso a schiaffi. Una coincidenza davvero
molto strana, tanto da pensare che il destino gli stesse
giocando davvero un brutto scherzo.
Kurt impallidì e s'irrigidì di colpo.
“Tu...conosci Dave?” pigolò, lo
sguardo ferito. “Tu...Lui – Oddio. Oh mio Dio, tu –“
“No!” esclamò Blaine, intuendo che Kurt aveva frainteso
tutto nel peggior modo possibile. “No, non con me! Non avrei mai potuto...”
“Alloracosa?
Che cosa è successo, Blaine?” sussurròKurtcon
gli occhi lucidi, immobile nella sua stretta.
Mi odierà, ma devo dirglielo. Merita di sapere la verità.
“Ti ricordi di quando ti ho
parlato di Sebastian?”
Kurt annuì debolmente. Erano talmente vicini che Blaine
vedeva con estrema chiarezza alcune lacrime aggrappate alle sue ciglia.
“C’era anche lui, quella sera.”
La comprensione colpì Kurt alla velocità della luce.
Blaine poteva quasi vederla farsi strada come veleno nel suo cervello.
Mi dispiace. Mi dispiace così tanto, Kurt.
Non c’era bisogno di aggiungere altro, a quanto pareva.
Kurt aveva capito tutto.
“Come lo sai?”
Il suo tono spento affondò ancora di più il pugnale nel
petto di Blaine.
“Nick, uno dei Warblers che era
lì con me, li ha sentiti parlare per sbaglio mentre
andava in bagno” rispose con voce roca. “Loro erano lì e ha sentito David
presentarsi a Sebastian. Quando è tornato ci ha
raccontato che Sebastian aveva trovato l’ennesimo
ragazzo ubriaco da...”si
bloccò al lampo di dolore che passò negli occhi di Kurt. “Quando sono passati
davanti a me, però, Sebastian lo stava aiutando ad
uscire, perché barcollava un – un po’, e... sembrava diverso dal solito Sebastian.”
Il viso di Kurt era pallido e tirato, ma non disse una
parola.
“Volevo spiegarti tutto. Quando mi hai raccontato cosa ti
era successo, quella notte, e ho fatto il collegamento tra te, Sebastian e quel ragazzo di cui sapevo solo il nome e che
ho visto di sfuggita... stavo per spiegarti tutto, ma tu stavi così male e non
volevo ferirti ancora di più. Non sapevo come fare e poi Sebastian
è spuntato fuori in stazione e tu sei scappato... e quando sono arrivato qua ci
siamo baciati eDio,
non potevo cominciare questa cosa, qualsiasi cosa sia,
con una bugia.”
“Avresti dovuto dirmelo!” esplose Kurt a voce alta,
sgusciando via dalla sua presa. “Ho passato tutto il tempo a chiedermi – e tulo sapevi! Hai sempre saputo
tutto!” esclamò con aria ferita.
“Mi dispiace!”disseBlaine di rimando. “Lo so, avrei dovuto dirtelo,
maledizione, ma come facevo a spiegarti?”
Kurt voltò la testa rifiutandosi di incontrare il suo
sguardo, e quello ferì Blaine più di ogni altra cosa.
“Che cosa avrei dovuto fare?” chiese allora Blaine con
voce spezzata. “Svegliarti nel cuore della notte e dirti ‘ehi, frequenterò
anch'io la NYADA,
ho una cotta per te da quando ho sedici anni e tu non
ti ricordi nemmeno di avermi mai visto’.” Ormai stava
quasi urlando. “Ah, dimenticavo! Il tipo con cui sono andato a letto è lo
stesso con cui ti ha tradito il tuo ragazzo!”
Kurt sussultò e Blaine si pentì immediatamente di quello
che aveva detto. Così finiva per allontanarlo ancora di più. Si passò una mano
tra i capelli, facendo un passo verso Kurt per cercare di guardarlo in faccia.
Quando Kurt alzò il viso, Blaine venne paralizzato sul
posto dal suo sguardo spaventato e dalla mascella tesa.
“Ho bisogno di stare da solo” mormorò Kurt con gli occhi
rossi. Si guardò intorno, tremando come una foglia, in cerca di qualcosa.
Afferrò una chiave da sopra la scrivania – quella della
loro stanza, intuì Blaine – e si passò una mano tra i capelli ancora umidi.
“Aspetta” Blaine si avvicinò di un passo. Ma Kurt ormai
l’aveva tagliato fuori. Era lontano anni luce, irraggiungibile.
“Ho bisogno di riflettere” ripeté Kurt con tono spento,
evitando attentamente di guardarlo in viso.
Spalancò la porta e se la chiuse alle spalle con un tonfo
senza voltarsi indietro.
“Kurt, aspetta!” gridò Blaine alla porta chiusa.
Ti prego.
Ma Kurt se n’era andato. Di nuovo.
*
La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo e le
parole di Blaine gli rimbombarono in testa confusamente, lottando l’una con
l’altra per farsi sentire.
Non è stato su quel treno.
Kurt non riusciva a crederci. Era impossibile. Passò
davanti alla reception senza sentire davvero Amy che gridava il suo nome preoccupata.
... una cotta per te da quando ho sedici anni.
Che cosa stava succedendo? Perché era così felice e
confuso e dolorante allo stesso tempo?
Il tipo con cui sono andato a letto è lo stesso con cui
ti ha tradito il tuo ragazzo.
Correre via, doveva correre via. Aveva bisogno di stare
da solo, riflettere e capire. Non voleva sentire più niente.
Corse per due isolati interi, sbattendo contro i passanti
senza nemmeno voltarsi per scusarsi, con il fiato corto, le lacrime agli occhi
e i capelli umidi che svolazzavano all’aria fresca della sera.
Corse fino a che i cancelli di Central
Park non accolsero la sua figura e il sole non tramontò sulla sua confusione.
*
Fracassarsi le nocche contro il muro non l’avrebbe
aiutato a risolvere la situazione e Blaine lo sapeva. Questo, tuttavia,non gli
impedì di prendere a pugni la parete vicino alla porta fino a che non perse la
sensibilità della mano sinistra.
“Merda.”
Blaine appoggiò la frontecontro ilmuro,
chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo per schiarirsi le idee. Aveva
combinato un bel disastro e non sapeva se Kurt l’avrebbe mai perdonato.
Perché era stato così stupido da non raccontargli tutto
quanto subito?
Si voltò e appoggiò la schiena alla porta, scivolando
lungo il legno fino a sedersi. Si portò le ginocchia fin sotto al mento esiavvolse
le gambe con un braccio.
Doveva parlarne con qualcuno e chiedere un consiglio. Era
ora di tirare fuori tutto quanto e poi-
E poi non lo sapeva. Ma avrebbe trovato un modo, questo
era certo. Non aveva nessuna intenzione di lasciar andare Kurt senza
combattere. Non dopo quel bacio. Non dopo che quel meraviglioso ragazzo aveva
fatto silenziosamente avanti e indietro nella sua vita per due anni.
Blaine tirò fuori
il telefono dalla tasca e compose il numero velocemente. Si portò l’oggetto
all’orecchio e attese.
“Pronto?”
La voce squillante dall'altro capo del cellulare gli fece
quasi venire voglia di piangere, ma cercò di darsi un contegno. Non poteva
continuare a piangersi addosso.
“Nick” sospirò pesantemente,
sbattendo le palpebre.
“…Blaine? Blaine, che succede? Non sei alla NYADA?”
domandò Nick, il tono di voce perplesso che virava di
botto al preoccupato.
“Possiamo vederci?” chiese
Blaine con voce roca, stringendosi di più le ginocchia contro il petto.
“Sta bene, cred- sì, Blaine,
siamo al bar di Jeff, sulla trentaseiesima. Zitto, Jeff, non so cos- Blaine, ci sei? Che cos’è successo?”
La confusione dall’altra parte della linea indicava che Nick era con Jeff, in un posto
non troppo affollato.
Blaine non rispose ma prese un
altro profondo respiro.
“Blaine!” esclamò Nick al
telefono.
“Sono un imbecille, Nick”
mormorò sperando che capisse.
Nick rimase in silenzio per un attimo.
“Ora tu porti il tuo sedere scultoreo al CosmopolitanCafè e ci racconti
tutto –tutto quanto,
Blaine. Ne parliamo e troviamo una soluzione. Non costringermi a mandare Jeff a prenderti di peso” disse poi in tono autoritario ma
affettuoso.
Blaine sospirò.
“Mezz’ora e sono lì.”
Note dell’Autrice
Ok, ragazze, voi non avete idea di quanta ansia mi metta questo capitolo. E’ uno dei più importanti dell’intera
ff, il punto di svolta assoluto. Quindi spero davvero
che non vi abbia deluso, ecco.
Era piuttosto scontato che il nuovo compagno di stanza di
Kurt fosse Blaine. Nella mia testa, almeno. Talmente scontato che nessuna di
voi ci ha creduto veramente fino a…beh, adesso Xd
Molte di voi si staranno domandando: e il provino di Blaine? @_@
Niente panico, tutte le risposte – e
stavolta davvero tutte – si trovano nel prossimo capitolo!
Sappiate che non mi sono chiusa nel bunker anti-atomico
perché in realtà è successo che sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo.
Allora, siete contente che è Blaine? *-*
Le reazioni di Kurt sono sempre un po’…esagerate, ma:
1-E’ una dramaqueen, lo sappiamo bene
2-Diverse volte ha fatto la fuga nel telefilm per
poi rimuginarci sopra. Tipo al ballo scolastico! Cose strane succedono e lui
fugge, ci pensa e torna. Con questo non è che voglio spoilerarvi
niente, ovvio xD
Blaine…è un cretino, lo so. Abbiate pazienza con lui. Nel
prossimo capitolo racconterà tutta la storia – TUTTA – e sono sicura che
capirete meglio perché non ha detto tutto subito a Kurt. Io non avrei avuto il
coraggio, per esempio. E li capisco entrambi: diciamo che, dal mio punto di
vista, hanno entrambi ragione :D
Vi starete domandando perché Kurt non ha chiesto a Blaine: “ma tu non avevi il provino?”
Non so se ve lo ricordate, ma Kurt ha sbirciato tra i
foglietti di Blaine. Quindi in teoria non dovrebbe saperlo xD
Qualcuna di voi aveva azzeccato il fatto che l’indirizzo sul
foglietto di Blaine e quello che da Kurt al tassista era lo stesso. Cento
punti, ragazze! :)
Per chi non ama la Karofskastian (?).
Insomma, Dave e Sebastian
insieme.
Li vedremo appena nei flashback del prossimo capitolo (pochino pochino) e poi ricomparirà
giusto una volta Sebastian, sempre a modo suo. Quindi
non ci saranno shipwar da metter su, mi dispiace :)
Come al solito devo ringraziare
infinitamente SereILU che ha betato
il capitolo (ragazza, tu l’hai SALVATO!), e Ila e Fra, che ci sono sempre
quando ho bisogno di consigli o devo dare di matto sulla trama della storia :)
Ila, tra un po’ ti chiamerò di notte per vomitarti addosso pezzi di trama. Scusa xD
Ah, ecco cosa devo dire!
La fine di questa storia vi lascerà a bocca aperta. E c’è il lieto fine, tanto per essere chiari, quindi non
preoccupatevi. Forse.
Central Park al tramonto era davvero stupenda. Eppure Kurt
non riusciva ad apprezzarne la bellezza mozzafiato: aveva troppi pensieri per
la testa.
La rabbia era
lentamente scivolata via dalle sue membra insieme alla calura del giorno.
Mentre la tipica afa estiva newyorkese cedeva
pigramente il passo alla freschezza della sera, Kurt aveva iniziato a
rimuginare.
Si era seduto su
una delle panchine di fronte al ConservatoryPond e aveva provato a svuotare la mente da tutti i
pensieri e da tutte le preoccupazioni, una alla volta, come era solito fare
prima di salire sul palco per esibirsi.
Avrebbe detto che,
dopo anni di pratica, fosse ormai in grado di controllare le proprie emozioni.
Tuttavia, qualsiasi sforzo facesse, davanti a Blaine crollava come un castello
di carte al minimo alito di vento. In quel momento, però, non si trovava dietro
le quinte in attesa di calcare la scena ed assaporare
l’odore del palcoscenico, pronto a perdersi nello scroscio degli applausi o a
bearsi del calore delle luci di scena sul viso: era seduto su una delle mille
panchine del parco di New York a sbollire la rabbia e a cercare di capire cosa accidentifosse successo nella sua stanza.
Perché, anche se
le rivelazioni di Blaine l’avevano gettato nella confusione più nera, di una
cosa era assolutamente certo: baciarlo era stata la miglior decisione avventata
della sua intera esistenza.
*
Prima di entrare Blaine
osservò distrattamente il proprio riflesso sulla vetrina del Cosmopolitan Café. Aveva l’aria stravolta, il viso tirato e
gli occhi lucidi ed arrossati. Si passò stancamente una mano sul viso nel
tentativo di ricomporsi – con scarso successo - e non sembraredisperato.Un riccio sfuggì alla presa ferrea del
gel e rimase dritto al centro della sua testa; sembrava quasi che si stesse
prendendo gioco di lui.
Non provò nemmeno
a tirarlo giù per appiattirlo e farlo tornare al suo posto. Non che non ne
avesse voglia; semplicemente, una volta che i suoi capelli si ribellavano non
c’era modo di tenerli a bada. Prendevano vita e facevano il loro comodo.
Sospirò con
rassegnazione e spinse la pesante porta in vetro, rabbrividendo
quando l’aria condizionata del locale lo investì.
Blaine non era mai
stato al CosmopolitanCafé, maNick gliene aveva parlato appena era arrivato. Era il
locale più tranquillo di tutta New York: era gestito da una cinquantenne di Brooklyn ed era solitamente frequentato da avvocati in
cerca di un pranzo veloce, studenti della NYU e, naturalmente, Nick e Jeff.
Jeff aveva trovato lavoro al Cosmo, come erano soliti
chiamarlo tra loro, il secondo giorno della loro permanenza a New York. Da
allora Nick aveva iniziato a fermarsi a pranzo lì,
invece che a casa, per tenergli un po’ compagnia e ad aspettare, seduto al
solito tavolino di fianco alla vetrina, l’inizio del suo turno in ospedale.
Jeff pareva molto soddisfatto del suo lavoro – Caroline, la proprietaria, l’aveva preso particolarmente in
simpatia – e il Cosmo si era lentamente insinuato nella loro routine.
Blaine salutò Nick, che se ne stava seduto ad uno dei tavolini, con un
debole cenno della mano. Scivolò su una delle sedie di plastica e attese che
l’amico parlasse, pronto ad ascoltare i suoi
rimproveri.
“Mi hai fatto
preoccupare.”
Infatti.
“Mi dispiace”
mormorò allora, abbozzando un sorriso. Nick non
sembrava arrabbiato con lui, anche se Blaine era certo che avrebbe colto
l’occasione per dargli una bella strigliata. Fra loro, era Nick
quello che si era rivelato il più maturo. Ad esclusione di quando si parlava di
quello che provava per Jeff, naturalmente. In quei
casi si tappava le orecchie con le dita e si rifiutava di ascoltare Blaine.
“Hai intenzione di
spiegarmi che cosa stai combinando? Ho i miei sospetti ma
sono talmente assurdi che sento il bisogno di sentire tutta la storiada te” disse Nick incrociando le gambe sotto al tavolino e scansando la
sua tazza ormai vuota.
Prima che Blaine potesse domandargli che sospetti avesse – e soprattutto
verificare quanto fossero fondati – Jeff comparve
alle sue spalle e gli porse con aria professionale una tazza di caffè.
Blaine gli sorrise con gratitudine e lui gli fece l’occhiolino.
“Ciao, mister
depressione. Sei venuto a vuotare il sacco?” domandò scuotendo la zazzera
bionda e lasciandosi ricadere il ciuffo sugli occhi.
Nick, vicino a lui, gli lanciò un’occhiataccia.
“Jeff, ti è caduto il tatto nella tazza di Blaine?” lo
rimproverò inarcando le sopracciglia.
Blaine, però,
abbozzò un’altra risata e inspirò pesantemente l’aroma del caffè per cercare di
tirarsi un po’ su.
Decise di
stroncare il litigio sul nascere – Nick e Jeff avrebbero potuto bisticciareper ore– alzando una mano in segno di resa.
“È una storia
lunga e un po’ assurda, in realtà” confessò stringendosi nelle spalle. “E Nick conosce già la prima metà”
A quelle parole Jeff si esibì nella migliore espressione offesa del suo collaudatissimo repertorio.
“Fammi capire
bene” sibilò puntandogli il dito contro con fare accusatorio. “Hai raccontato
il dramma segreto della tua vitaa
Nicke
non a me?”
Nick ridacchiò sotto i baffi cercando di camuffare il tutto
in un colpo di tosse e Blaine si sentì un po’ meglio. Con i suoi amici al suo
fianco la prospettiva di affrontare l’intera situazione faceva molta meno
paura.
“Ho mezz’ora di
pausa tra cinque minuti” dichiarò Jeff brandendo
contro di lui il contenitore dei tovaglioli da cambiare. “Preparati
psicologicamente, Anderson, perché quando torno mi siedo con voi e non mi alzo
fino a che non mi hai raccontatotutto”
Enfatizzò l’ultima
parola colpendolo in testa con il portatovaglioli e
girò i tacchi, diretto al bancone.
Nick sospirò e guardò Blaine negli occhi.
“Sei sicuro di
volerlo fare?” domandò a bassa voce.
“Sì” confermò
Blaine con determinazione. Strinse tra le mani la tazza di caffè e scosse la
testa. “Non posso continuare a tenermi tutto dentro e ho bisogno di parlarne
con voi. Non so cosa fare.”
Nick annuì e gli posò la mano sul polso.
“Vedrai che il
problema è molto meno grave di quello che pensi. Sai che tendi ad essere... melodrammatico.”
Blaine sorrise
mestamente. Non era colpa sua se la sua vita si era trasformata in un film per
adolescenti, no?
Jeff tornò al loro tavolo dopo cinque minuti esatti e si
lasciò cadere di peso sulla sedia borbottando su quanto fosse stancante fare da babysitter a lui e a Nick.
Quest’ultimo ignorò volutamente la frecciatina e
Blaine lo vide trattenersi dal rispondergli per le rime come al
solito.
Era rassicurante
vedere che Nick e Jeff
erano sempre gli stessi anche fuori dal blazer della
Dalton e con un diploma in mano. In qualche modo, avere loro due lì lo faceva
sentire meno perso. Era per quello che aveva pensato subito a loro quando aveva capito di aver bisogno di un consiglio su
Kurt, di un occhio esterno che fosse in grado di vedere la situazione in
maniera un po’ più distaccata e obiettiva. E poi, anche volendo, a chi altro
avrebbe potuto parlarne? A Sebastian? A sua madre?
Forse aveva solo
bisogno di raccontare la storia a qualcuno perché non riusciva più a tenersi
tutto dentro. Magari parlandone sarebbe riuscito a venire a capo dell’intera
faccenda.
“Allora” esordì Jeff intrecciando le mani sopra al tavolo.
Blaine alzò gli
occhi dalla sua tazza di caffè rigirandosi distrattamente una bustina tra le
dita.
“Non so da
dove iniziare” ammise giocherellando con lo zucchero di canna. Jeff alzò le spalle e si mise comodo sulla sedia.
“Che ne dici di cominciaredall’inizio?” suggerì con
un’alzata di spalle. Nick cercò di sferrargli un
calcio da sotto al tavolo ma prese in pieno Blaine,
che mugolò dal dolore.
“Ok, non c’è
bisogno di picchiarmi!” esclamò lanciando a Nick la
bustina che aveva in mano e mancandolo di molto. D’accordo, non aveva mai avuto
una buona mira, e allora?
I suoi amici
ridacchiarono e l’onda di tranquillità e familiarità che lo colpì lo convinse
definitivamente a raccontar loro di Kurt.
Prese un bel
respiro profondo prima di cominciare.
Ora non si
torna più indietro.
“Ti ricordi quando abbiamo partecipato alle Provinciali, due
anni fa?” chiese a Jeff. Il ragazzo biondo lanciò
un’occhiata perplessa a Nick, che annuì
incoraggiante.
“Sì che me lo
ricordo. Abbiamo gareggiato contro le New Directions
e abbiamo pareggiato.”
Blaine si morse il
labbro inferiore.
“Esatto. Ti
ricordi che stavamo uscendo dal palco e ci sono passati vicini per andare ad
esibirsi? C’era questo ragazzo che…”
“Un bell’applauso per gli Warblers,
dalla Dalton Academy! Che esibizione fantastica!”
Blaine si passa
il dorso della mano sulla fronte imperlata di sudore e uno degli Warbler – Trent – gli da una
pacca sulla spalla.
“Ben fatto,
amico!”
Sono ormai
scivolati via dal palco e le New Directions si stanno
preparando ad entrare, ammassandosi tra i teli delle quinte. Blaine spera
davvero che non siano bravi come si dice, o gli
Warblers non hanno davvero possibilità di farcela.
Se solo non
avesse sbagliato quel passo alla seconda strofa…
Fa per seguire
i suoi amici ai posti riservati per loro in platea ma
qualcosa lo blocca.
C’è un ragazzo
un po’ in disparte, vestito con la stessa camicia bordeaux dei ragazzi del
Liceo McKinley, che si tormenta le mani. Il suo viso
ansioso ha qualcosa di particolare: la pelle è molto chiara, i lineamenti sono
eleganti e ha un adorabile naso all’insù. La cosa che però attira di più
l’attenzione di Blaine sono gli occhi. Azzurri? Verdi? Da quella distanza non
riesce a capirlo.
Fa un cauto
passo avanti senza sapere bene perché – forse per osservare meglio, incuriosito
– quando una mano si posa sulla sua spalla.
“Blaine, che
stai facendo?” sussurra Thad perplesso. “Dovremmo
essere in platea”
Blaine
distoglie lo sguardo dal ragazzo e scuote la testa.
“Sì, scusa,
arrivo”
“Per la miseria, Thad!” esclamò Jeff battendo un
pugno sul tavolo. “Perché ho il sospetto che avesse appena interrotto il tuo
colpo di fulmine?”
Blaine sorrise
mestamente. “Tanto ho avuto tutto il tempo, dopo, visto che…”
“…sono
bravissimi!” esclamano quasi in contemporanea Wes e
David, seduti di fianco a lui. Blaine ha il sospetto che Wesstia per vomitare. Non si volta per accertarsene,
però. La sua attenzione è tutta per quel ragazzo che ha visto dietro le quinte,
quello con l’adorabile nasino all’insù. Sembra aver perso tutta l’ansia che il
suo viso ha mostrato dietro le quinte: si muove sul palcoscenico come se fosse
semplicemente nato per starci, nonostante non abbia nessun assolo. Peccato,
pensa Blaine. È sicuro che abbia una voce eccezionale. Non sa da dove arrivi
questa certezza. In fondo non lo conosce mica. Eppure si ritrova a domandarsi
se è simpatico, se gli piacciono i musical. Di che colore sono davvero i suoi
occhi.
Quando anche
l’esibizione di Valerie finisce, lo segue con lo
sguardo fino a che non scompare dietro al sipario.
“Ecco, questa
parte non me la ricordavo, per esempio” lo interruppe Nick
sorseggiando il tè che aveva ordinato.
“Che hanno cantato
Valerie?” domandò Jeff
ingenuamente.
“No, che Blaine
non riusciva a staccargli gli occhi di dosso” disse Nick
con un sorriso sornione.
“Ehi!” protestò
Blaine alzando il viso dalla sua tazza di caffè, di nuovo
piena fino all’orlo. “Non è vero! Solo che…”
Blaine si rende
conto che non riesce a togliergli gli occhi di dosso.
Insomma, si
sente particolarmente ridicolo, perché è un ragazzo che non conosce, né ha mai
visto prima. Della squadra avversaria, addirittura. Eppure mentre salgono sul
palco per la premiazione e si posiziona al centro esatto degli Warblers non fa
che lanciare occhiate verso le New Directions,
sperando di incontrare il suo sguardo.
D’accordo, lo
trova carino. Molto carino, per l’esattezza. Il suo modo di muoversi sul palco
l’ha ipnotizzato tanto quanto la sua insicurezza aveva attirato la sua
attenzione dietro le quinte.
Ma il ragazzo
non guarda mai dalla sua parte. Se ne sta lì a stringere la mano ad una delle
sue compagne, quella di colore – chissà, la fidanzata? – e tiene gli occhi
serrati per l’ansia.
“Ecco cosa stavi
guardando!” esclamò Jeff puntandogli contro il dito
accusatore. Nick scosse la testa con fare rassegnato.
“E io che pensavo che stessi studiando il nemico!”
“Jeff” esordì pazientemente Nick.
“Blainestavastudiando il nemico. Solo non come
pensavi tu.”
Blaine è
talmente distratto dalla figura a meno di dieci metri da lui che quasi non
sente le grida dei suoi compagni fino a che una marea blu e rossa non lo
sommerge. Pareggio!,continuano a gridare gli Warblers.Il direttore delle New Directions si avvicina per stringergli la mano e Blaine
ricambia la stretta automaticamente, stordito. Il ragazzo è scomparso tra i
suoi compagni di squadra in quel mare di bordeaux e tutti stanno gridando,
saltando e festeggiando.
Lo intravede
per un attimo e quasi spera che lui lo noti, lì in quell’orda
caotica di Warblers.
Quasi quasi va a fargli i complimenti per la vittoria, così sente
la sua voce. Sfacciato, da parte sua, ma qualcosa gli dice che non se ne
pentirebbe.
Il ragazzo però
passa oltre con lo sguardo, senza vederlo, poi un’altra ragazza – mora e con un
naso enorme – gli si butta tra le braccia, scoppiando in lacrime.
Un playboy,
fantastico.
“Blaine,
muoviti, andiamo a festeggiare!” gli gridano Wes e
David, scatenati. Molti Warblers stanno già organizzando il party di vittoria
nei dormitori. Blaine guarda un’ultima volta le New Directons
– in realtà si fissa di nuovo sulla figura snella di quel ragazzo – e poi segue
gli altri Warblers giù per la platea e verso l’uscita. Ha appena realizzato che rivedrà i ragazzi del McKinley
alle Regionali.
“E se questo
ragazzo avesse lasciato il Glee Club della sua scuola prima delle Regionali?”
domandò Jeff perplesso.
Blaine lo guardò
confuso. “Se ci pensi molto attentamente, ho solo visto un ragazzo molto carino
esibirsi su un palco. Ho pensato che avesse un bel fisico e mi sono accorto che in qualche modo attirava la mia attenzione.
Quindi all’epoca non mi sono posto il problema” ragionò a voce alta. “E poi non
è che potevo fargli una dichiarazione d’amore così, su due piedi.”
“Ma…”
“Oh, andiamo, Jeff” lo rimproverò Nick. “Metti
per un attimo da parte il tuo lato romantico e ascolta Blaine.”
Ogni tanto
Blaine pensa a quel ragazzo che ha visto alle Provinciali. Si domanda che fine
abbia fatto, se frequenta ancora il McKinley e se lo rivedrà davvero alle Regionali.
È nella sua
stanza, alla Dalton, ed è steso sul letto a pancia in su.
Nick è sotto la doccia, così approfitta di quei pochi
minuti di pace e tranquillità per infilarsi le cuffiette dell’ipod nelle
orecchie e sentire un po’ di musica.
Dovrebbe
studiare per quel test di Matematica Applicata 301 ma
non ha voglia. Ultimamente si sente strano.
Inserisce la
riproduzione casuale e canticchia distrattamente fino a che non si blocca,
colpito da una parte del testo.
…and I don’t even know your name.
Blaine sospira
e si passa le mani sul viso. La sua amata KatyPerry, in questi casi, non è affatto d’aiuto.
“In effetti mi eri sembrato strano, in quel periodo” gli fece
notare Nick osservandolo attentamente. “Certo, KatyPerry è la Profetessa, come la
chiami tu”
Blaine alzò le spalle. “Continuava a tornarmi in mente il suo viso. Ci ho
pensato per tutto il mese successivo alle Provinciali.”
“E poi?” domandò Jeff sporgendosi verso di lui.
“E poi per un po’
sono riuscito a non pensare a lui.”
Blaine ce l’aveva quasi fatta. La scuola lo aveva sommerso di
preoccupazioni, le prove degli Warblers erano sempre più estenuanti in vista
delle Regionali ed era persino uscito un paio di volte con un commesso di GAP, Jeremiah, un po’ più grande di lui. Aveva finito per
dimenticare quel ragazzo dagli occhi azzurri. O meglio… il suo viso gli saltava
in mente solo ogni tanto. E solo perché aveva destato la sua curiosità.
Era
completamente uscito dalla sua testa.
Fino a quel
momento.
Blaine
sprofonda ancora di più nella sua poltrona ma è certo
cheluinon l’abbia visto.
È con una delle
ragazze delle New Directions, quella con il naso
enorme e l’aria esaltata, e gli è appena passato vicino per sedersi tre file
più avanti. Stavolta Blaine ha visto i suoi occhi solo di sfuggita, ma non gli
sono sembrati né azzurri né verdi. Grigi, semmai. E brillano di eccitazione.
Thad, seduto vicino a lui, continua a guardarlo
male, ignaro del suo disagio.
“Spero che
questo Rent non mi faccia addormentare” mugugna.
Blaine non
risponde.
Si sta
domandando come mai abbia rivisto quel ragazzo proprio ora che pensava di
averlo dimenticato. E se sia normale che lo trovi ancora più bello della prima
volta in cui l’ha visto. La cosa lo mette un po’ a disagio. Perché si sente
così?
Alla fine Thad si addormenta e Blaine se ne va prima della fine dello
spettacolo, trascinandolo fino alla macchina.Lui,
ovviamente, non si volta né lo vede uscire. Blaine ha il sospetto che abbia passato l’intera proiezione a ripetere a memoria le
battute insieme alla sua amica. Cosa che ha fatto anche lui, tra l’altro.
Quella
sera non richiama Jeremiah. Né le sere successive.
Non sa perché ma non lo richiamapiù.
“Come sei
romantico” gli soffiò Jeff da sopra il menù.
“Jeff” intimò Nick all’amico. “Sta
zitto.”
“L’avevi quasi
dimenticato ed ecco che salta fuori di nuovo!” esclamò Jeff
ignorandolo. “È stato amore a prima vista, è meraviglioso”
Blaine era troppo
preso dai ricordi per concentrarsi davvero su quello che gli stava dicendo Jeff.
“Già…” mormorò.
Il palco delle Regionali fa molta più paura di quello delle
Provinciali. Forse è solo la pressione. Anche stavolta si esibiscono per primi
– anche stavolta le New Directions sono nei camerini
ad attendere il loro turno. Blaine non vuole pensare a loro – alui– almeno stavolta. Tanto non
è in platea a guardarlo. Vuole salire sul palco e offrire la migliore
esibizione della sua vita. Da quando l’ha visto a teatro, ha pensato a lui
parecchie volte, più di quanto non voglia ammettere.
Canta Misery e RaiseYourGlass in modo praticamente
perfetto. Gli Warblers sono sincronia, ritmo, musica pura. Non possono perdere.
Esce dalle
quinte velocemente e si infila al suo posto in platea.
Quando le New Directions salgono sul palco Blaine capisce che gli Warblers non hanno speranze.
Quelle sono
canzoni originali. La ragazza che ha il primo assolo l’ha già vista – è quella
che era a vedere Rent conlui– ed è dannatamente brava. Si
domanda come mai non abbia avuto un pezzo tutto per lei anche alle Provinciali,
se la sua voce è così perfetta.
La loro seconda
canzone è un inno. È speciale, in un certo senso.
Lui– Blaine deve ammettere che muore
dalla voglia di sapere come si chiama – nemmeno stavolta ha un assolo, eppure
si muove come se da quel palco dipendesse la sua stessa vita. Lo osserva come
ipnotizzato dalle sue movenze. Ha solo un ruolo marginale, eppure per Blaine è
chiaro come il vetro: quel ragazzo è nato per stare su un palcoscenico. Forse è
questo che lo affascina così tanto.
Gli occhi
sono tornati azzurri, da quel poco che riesce a vedere da quella distanza.
Blaine spera
che, almeno stavolta, sialuia notarlo.
Non succede.
Gli
Warblers perdono e le New Directions sono troppo
impegnate a festeggiare. Blaine stringe di nuovo la mano al loro insegnante e
se ne va a testa bassa senza guardare verso dilui.
La sconfitta è
una delusione troppo cocente per avere altri pensieri per la testa.
Jeff sbuffò sonoramente, eppure Blaine notò che il suo
sguardo era in qualche modo più serio.
Si rese conto di
sapere cosa stesse per obiettare l’amico, così decise di precederlo.
“Lo so” mormorò a
voce bassa. “Avrei potuto andare a parlarci,
salutarlo, farequalcosa. È
che… credo che l’idea di essermi preso una cotta per uno sconosciuto mi
spaventasse un po’. Era molto più semplice fare finta di niente, immagino.”
Nickgli sorrise e gli appoggiò
una mano sulla spalla. “Però l’hai raccontato a me. Qualcosa significava, per
te.”
“Sì” sussurrò
Blaine. “Ma solo dopo quella volta al Lima Bean.”
Blaine non è
mai stato a Lima, così quando Nick, Jeff, Thad, Wes
e David gli propongono una gita fuori porta un sabato
pomeriggio qualsiasi di inizio aprile, acconsente senza pensarci troppo.
Pensa che gli farà
bene uscire. Dopo la sconfitta, gli Warblers non
sembrano più gli stessi. Un’uscita di gruppo non può che risollevare il morale.
Non ha fatto i
conti con il destino, però, – o meglio, con la provvidenziale nuvola nera che
lo segue ovunque.
Si fermano in
una caffetteria dall’aspetto tranquillo, il Lima Bean,
per prendere un caffè. Blaine è piuttosto tranquillo. È con i suoi amici, in
fondo la sconfitta l’ha digerita. Ora è tutto ok.
Peccato che in
fila alla cassa ci sia il ragazzo delle New Directions.
Blaine pensa
che non può essere vero, non può continuare ad incontrarlo ovunque.
Suo malgrado,
ne ammira da lontano la figura sinuosa fino a che David non richiama la sua
attenzione. Hanno trovato un tavolo libero lì di fianco, così Blaine si siede
nel posto con la visuale migliore, sentendosi il peggiore degli stalker, e si nasconde dietro al menù per sentirsi meno in
colpa. Il ragazzo ha un’aria diversa rispetto alle altre volte che l’ha visto.
Sembra più serio. Forse ha problemi con gli amici o con la famiglia.
Blaine non sa
nemmeno da dove gli vengano fuori queste idee. Escono
e basta.
Mentre osserva
il ragazzo ordinare – a giudicare dalla faccia scocciata della cameriera, deve
trattarsi di un’ordinazione assurda o estremamente complessa – gli Warblers intorno a lui fanno confusione, come loro
solito, con i menù.
La porta della
caffetteria si apre ed un ragazzo enorme infila dentro la testa, scrutando la
folla.
“Kurt!” lo
sente esclamare. “Sbrigati o non arriveremo in tempo!”
Incredibilmente,luisi gira. Si limita a fare un
cenno d’assenso verso il ragazzo – un altro membro delle New Directions, gli pare di ricordare – prende il suo
bicchiere, paga e se ne va velocemente.
In un attimo è
scomparso, lasciando Blaine con il vivido suono di un nome.
Kurt.
Blaine ne
assapora il suono sulla lingua.
Si tiene
lo scontrino del Lima Bean.
Quella
sera, in camera sua, si sente terribilmente patetico.
Quando Nick esce dal bagno dopo la solita doccia, lo trova sul
letto a fissarsi le mani con aria persa. Così Blaine gli racconta tutto. Gli
dice che gli piace un ragazzo che nemmeno conosce e che fa male come avere un
coltello piantato nello stomaco, perché non sa che fare.
Gli dice di
volersi distrarre e non pensarci.
Jeff era ammutolito.
“Mi ricordo quella
sera come se fosse ieri” disse Nick con voce dolce.
“Sembravi così perso, Blaine, e io mi sentivo così… inadeguato! Non sapevo
nemmeno come consolarti.”
“Non dire
stupidaggini, mi hai aiutato tantissimo” lo rimproverò Blaine. “Ti ricordo che
eri con me, quando mi intestardii a voler vedere il video delle Nazionali.”
“Non so se è
una buona idea, Blaine” gli dice Nick con aria
perplessa, fissando lo schermo del computer. “Non avevi detto di non voler
pensare a lui?”
“Infatti non lo faccio per vedere lui” risponde cautamente
Blaine. “Voglio solo vedere che canzoni hanno fatto, così l’anno prossimo
possiamo batterli.”
Blaine sa che Nick ha capito che sta mentendo. Ma non sa nemmeno perché
vuole vedere quel video, in realtà. Forse perché è già giugno e lui non ha idea
di come siano andate le Nazionali.
Forse perché
non ha più incontrato Kurt – anche se poter pensare il
suo nome è in qualche modo confortante. Lo fa sembrare reale.
“Come vuoi”
dice Nick, sedendosi al suo fianco e facendo
ondeggiare il materasso. Blaine vorrebbe abbracciarlo, perché Nick c’è sempre. Ogni volta che si sente giù di morale o
finisce per rimuginare troppo su Kurt e su quanto siacuriosoche continui a saltare fuori
qua e là, lui trova il modo di distrarlo e tirarlo su.
Il video parte:
ancora una volta le New Directions hanno portato
canzoni originali. Blaine si ritrova a fissare sconcertato lo schermo quando il tizio enorme – proprio quello che ha visto
al Lima Bean – bacia la sua compagna di duetto – la
presunta fidanzata di Kurt.
O forseamica, a giudicare dalla faccia
comica che riesce a vedere sul viso del ragazzo dagli occhi azzurri.
La qualità del
video è bassa, eppure Kurt sembra sul punto di ridere o di vomitare, o forse
tutte e due insieme. Blaine non riesce a trattenere le
risate e continua a singhiozzare fino a che non si rende conto che sta
piangendo e che in tutto quello c’è qualcosa che non va.
Le braccia di Nick sono intorno a lui immediatamente e Blaine si sente
uno stupido perché non sa perché sta piangendo.
O forse lo sa ma non vuole ammettere a se stesso che ha sedici anni ed
è innamorato di qualcuno che non sa nemmeno della sua esistenza.
“Non so nemmeno
perché mi ha fatto quell’effetto, sai? Avrei dovuto
darti retta e non guardare quel video” borbottò Blaine a Nick
rigirandosi la tazza tra le mani.
“Invece no” gli
rispose Nick pazientemente guardandolo come
guarderebbe un fratello. “Avresti trovato un altro modo per tormentarti, lo
sai. Provi troppo tutto insieme e questo non è necessariamente un male, ma
nemmeno un bene. Ti è successa questacosae ti ha un po’ scombussolato
la vita, Blaine, ma non è stata la fine del mondo. Sei sempre stato… te
stesso. Solo che ogni tanto eri triste perché qualsiasi ragazzo vedevi non
reggevamaiil confronto, nella tua testa.”
Blaine si passò
una mano sull’accenno di barba sulla guancia.È
così anche adesso, avrebbe voluto rispondere.Nessuno regge il confronto. Perché?
“Sì, lo so. È che poi, quell’estate, è stato davvero
il colmo.”
L’estate è
ormai agli sgoccioli e Blaine può dire di aver passato uno dei periodi più
belli della sua vita. Ormai gli Warblers sono
diventati come una famiglia per lui. Hanno passato ogni singolo giorno insieme.
In quel momento infatti sta aspettando davanti al negozio di dischi di Westerville che Wes lo passi a
prendere per andare tutti insieme a bere qualcosa – di alcolico, magari.
Controlla
distrattamente l’ora sul cellulare, perché sono già le cinque e sette e Wes non è mai in ritardo. Sta per riporlo, quando una voce
dietro di lui lo fa sobbalzare.
“Scusa, sai
dirci dove possiamo trovare Dress&Mode?”
È una ragazza e
Blaine non fatica a riconoscerla perché l’ha vista diverse volte.
È la solista
delle New Directions.
A poca distanza
da loro c’è un’altra ragazza il cui viso gli è familiare. È di colore e sta
sbraitando al telefono.
“Sì, Kurt, ci
siamo perse, e allora? Sei lì davanti? Ragazzo, quanta fatica ci stai facendo
fare!”
Blaine
impallidisce di colpo. Ha sentito bene o è stata un’allucinazione auditiva?
“Allora?”
Una cosa è
certa: è stato troppo distratto ad ascoltare la conversazione telefonica – stalker! – per rendersi conto di non aver risposto alla
solista, che ora lo guarda come se fosse matto.
“S-sì” balbetta frastornato. Che diavolo è successo al vero
Blaine Anderson, quello carismatico che non si vergogna di niente? “Sì, è in
fondo alla via.”
Lei gli sorride
e lo ringrazia, prendendo l’amica sottobraccio.
“Quindi?” la
sente domandare. “Kurt è già là?”
Blaine pensa
che potrebbe morire sul momento.
L’aveva
dimenticato. Col passare dell’estate avevadavverodimenticato quel ragazzo con
gli occhi azzurri e il viso così delicato per il quale provava inspiegabilmente
un’attrazione molto scomoda.
Ed ora ecco
spuntare le sue amiche. E lui è a Westerville per –
per fare shopping?
Blaine si rende
conto di non essersi mai posto il problema della sessualità. Il suo gay-radar
non smette mai di suonare all’impazzata ogni volta che ha a che fare con lui, e
tanto gli basta.
Segue le due
ragazze con lo sguardo e le vede fermarsi proprio davanti a Dress&Mode.
C’è un ragazzo che le aspetta appoggiato distrattamente alla parete, e Blaine
lo osserva fare qualche passo.
Prima di poter
fare qualche stupidaggine, tipo decidere che gli servono un paio di camicie
nuove, afferra il cellulare e chiama Wes.
“Dove cavolo sei?” domanda.
Non pensa di
potercela fare. Non seluicontinua a comparire così.
Questa cosadeve finire.
“Certo che sei un
po’ melodrammatico, Blaine” lo rimproverò Jeff.
“Volevo solo… dimenticarmi
di lui. Per un po’ l’ho odiato” confessò Blaine passandosi stancamente una mano
sugli occhi. “Non capivo perché continuasse a tornarmi in mente, non volevo
crederci. Non… non poteva piacermi qualcuno con cui non avevo nemmeno mai
parlato. Avevo sedici anni, dannazione”
“E quella volta che
siamo andati a vedere West Side Story? C’era anche lui, se non sbaglio.”domandòNick
cautamente.
Blaine è stufo.
Non pensava che
farsi piacere qualcuno fosse così complicato e fastidioso. Lui, Nick e Jeff sono nel teatro del McKinley e Blaine si sente un grandissimo cretino perché Nick continua a lanciargli occhiate preoccupate.
Non capisce
perché mai abbia insistito tanto per venire a vedere questo spettacolo,
convincendo Nick e Jeff ad
accompagnarlo, se ha deciso di dimenticarelui.
È una cosa
stupida e sa che se ne pentirà. Venire nella sua scuola… come gli è
saltato in mente? Eppure quando ha visto il volantino non è riuscito a
resistere. Chissà, magari lui è tra il pubblico.
Kurt non
è tra il pubblico. È sul palco e interpreta un ruolo secondario di cui a
nessuno importa davvero.
Nonostante
tutto, brilla come una stella e Blaine capisce che può provare a toglierselo dalla testa altre cento volte: lui tornerà sempre, in un
modo o nell’altro. Forse è destino.
Blaine
non ci crede affatto, nel destino.
Così, quando
tornano alla Dalton, decide che non c’è niente di male se SebastianSmythe, il nuovo Warbler,
quello arrivato da Parigi, ci prova con lui. Magari può dargli corda.
Almeno lui è
reale. Almeno lui l’ha notato.
“È per questo che
hai iniziato a flirtare con Sebastian?” domandò Jeff ad occhi spalancati. “Io pensavo… voglio dire,
sembrava che ti piacesse”
Blaine sospirò
stancamente bevendo l’ultimo sorso di caffè. “Mi piaceva, infatti. È che… non
lo so, più cercavo di non pensare a Kurt e più mi veniva in mente, e Sebastian me lo faceva dimenticare. Per un po’, almeno.”
Nick gli lanciò uno sguardo dolce.
“Ma nessuno èlui,
giusto?”
Note dell’Autrice
Ma…finisce qui? Ebbene sì, ragazze, perché questa è la prima
parte. La seconda parte, come ho già annunciato su facebook,
sarà postata domenica 24. Almeno spero.
In caso dovessi avere problemi –
leggi “gli esami di maturità dovessero uccidermi” – provvederò ad avvisarvi
dall’oltretomba. Scherzi a parte, spero davvero che questo capitolo vi sia
piaciuto.
Ormai ho perso il controllo anche degli Warblers, che sanno
sempre come tirarsi su di morale (e come tirare bustine di zucchero a Blaine);
Kurt c’è praticamente per niente, lo so! Torneremo prestissimo da lui, no panic! :D
Ma soprattutto…come vi sembra questo capitolo? Fatemi
sapere!
Ah, qualcuna di voi si è ricordata della cicatrice di Blaine…quella
è un’altra storia, e presto se ne ricorderà anche Kurt, tranquille :D
Io scappo a finire la tesina, ma spero davvero che il
capitolo vi piaccia :)
Un grazie infinito a SereILU, che
l’ha meticolosamente betato, e a
Fra e Ila, che mi hanno fatto passare un fine settimana da barzelletta
:D Love ya, girls <3
“È per questo che hai iniziato a flirtare conSebastian?”
domandòJeffad
occhi spalancati. “Io pensavo… voglio dire, sembrava che ti piacesse”
Blaine sospirò stancamente bevendo
l’ultimo sorso di caffè. “Mi piaceva, infatti. È che… non lo so, più cercavo di
non pensare a Kurt e più mi veniva in mente, eSebastianme lo faceva dimenticare. Per un po’,
almeno.”
Nickgli lanciò
uno sguardodolce. “Manessuno
èlui, giusto?”
Blaine pensa che le
provinciali non siano state un vero disastro, dopotutto.
Affidare l’assolo di Stand a Sebastian è stato
allo stesso tempo un bene ed un male: la canzone non è esattamente nelle sue
corde, ma l’ultimo arrivato tra gli Warblers ha
carisma e apparentemente anche un’ottima presenza scenica. Inoltre per una
volta Blaine non si sente infastidito dal fatto che il pezzo da solista sia
andato a qualcun altro: non gli importa granché. Vuole vincere, certo, ma si
rende conto che le possibilità per gli Warblers sono
poche. Onestamente, le New Directions sono
insuperabili e a lui quasi non importa.
Stavolta evita di
assistere all’esibizione dei ragazzi del liceo McKinley
di persona. Ascolta i loro pezzi dall’altoparlante del camerino degli Warblers mentre bisticcia con Sebastian
per la solita stupidaggine e si nega con decisione la possibilità di rivedere
Kurt. In fondo non è che il ragazzo abbia mai ricambiato il suo sguardo, no?
E poi non era
importante. A Blaine non importava nulla di lui.
Durante la premiazione,
mentre è immobile sul palco, riesce a non guardare dalla sua parte nemmeno una
volta e si sente schifosamente fiero di se stesso. E’ al centro della massa di
ragazzi in divisa, sente di star mettendo la parola fine a quella ridicola
storia e sa che non avrà rimpianti. Lui è Blaine Anderson, il carismatico primo
solista degli Warblers: non c’è verso che si prenda una cotta per il primo
ragazzino dai lineamenti delicati che gli capita sotto agli occhi.
Perdono le provinciali
– in fondo se lo aspettava – e addirittura permette a Sebastian
di baciarlo nel bel mezzo di un litigio in corridoio, interrompendo l’ennesima
frase velenosa che Blaine aveva intenzione di sputargli addosso.
Lo lascia fare perché
in fondo non ha nessuna voglia di pensare a niente – né a Kurt, né a quella
frase che gli rimbomba nella testa da mesi. Perché me? Perché lui?
Dio, è davvero passato
un anno dalla prima volta che ha visto Kurt? Ma non gli importa davvero, no?Lascia
fare Sebastian perché non ha niente da perdere,
davvero.
I suoi occhi verdi
pieni di malizia e soddisfazione non sono ciò che veramente desidera, ma può
accontentarsi.
Nick rivolse lo sguardo triste
verso la vetrina e finse di osservare i passanti che si affrettavano sul marciapiede, ma Blaine sapeva che la sua mente era lontana,
persa nei ricordi del loro ultimo anno di scuola. In quel periodo Jeff aveva iniziato ad uscire con una ragazza di Lima e Nick era stato intrattabile per ben due mesi, fino a che il
biondo non l’aveva mollata annunciando agli Warblers – ed a Nick
che ostentava indifferenza – che le donne non facevano proprio per lui.
Blaine continuò a raccontare. Dopotutto non si poteva certo considerare
la persona adatta a dare consiglio sentimentali a Nick e Jeff.
“Questa festa è una
palla, Anderson” gli sta urlando Sebastian in un orecchio.
Il bicchiere di Bourbon che ha in mano è pericolosamente inclinato verso il pavimento ma Blaine non si prende nemmeno la briga di
farglielo notare.
Dopo i quattro
bicchieri di vodka che ha bevuto gli importa poco se
il lucido pavimento di marmo diventa un appiccicaticcio ammasso di stupido
liquore francese e impronte di scarpe.
Al quinto bicchiere di
vodka decide che Sebastian è sexy. L’ha notato anche
altre volte prima, già da quando il ragazzo lo ha baciato a forza la sera che
hanno perso le Provinciali – non che l’abbia esattamente respinto, in effetti.
Allora perché ora gli importa?E’
perché ha bevuto? Non è così tanto ubriaco. Vero?
Sta mandando giù il
settimo bicchiere di quel liquido trasparente quandoSebastian sembra decidere che anche Blaine è sexy, perché
si avvicina di soppiatto – per quanto sia possibile ad uno che ha buttato giù
tre Bourbon e mezzo come se fossero latte – e si piega su di lui per
sussurrargli in un orecchio: “Camera tua?”
Blaine quella sera non
ha nessuna voglia di pensare alle conseguenze: annuisce e un istante dopo
barcollano entrambi lungo il corridoio, poi contro la porta della camera di
Blaine e infine verso il letto.
Gli gira la testa da
matti ed ha la nausea – tanta, tantissima nausea. Quando Sebastian
si piega su di lui per sfilargli la camicia senza delicatezza, decisamente più
che brillo, ha un capogiro più forte degli altri.
Le labbra fredde del
ragazzo si posano avidamente sul suo collo e sono l’ultima cosa che ricorda.
La mattina dopo si
risveglia con il peggior mal di testa della storia, il letto vuoto, la carta
lucida ed argentata di un preservativo sul comodino e solo un paio di boxer
addosso.
Si sente a pezzi, un
vero schifo: sente dolore praticamente ovunque.
Capisce in fretta che
non c’è modo di fraintendere cosa è successo la notte prima. Il problema è un
altro: di quella che sembra a tutti gli effetti la sua prima volta, Blaine non
ricorda nulla.
Jeff lo stava guardando con le lacrime agli
occhi, il ciuffo biondo distrattamente tirato all’indietro a dargli un’aria più
giovane e sbarazzina.
“Mi dispiace” disse dopo un po’, giocherellando con il
tovagliolo.
Blaine si ritrovò ad alzare le spalle e sorridere
debolmente. “Non importa. È acqua passata ormai”
Nickgli sorrise
orgogliosamente, così aggiunse anche “e poi ci siete stati voi ad aiutarmi”.
Blaine non ha idea di
come riesce a riemergere dal baratro dopo l’episodio della festa – argomento
che si rifiuta categoricamente di affrontare con i suoi amici, persino con Nick – ma
ci riesce.
Forse è vero che il
tempo aggiusta le cose. La verità è che lui ci riesce solo grazie agli
Warblers, probabilmente.
I ragazzi del Glee
Club della Dalton gli sono vicini come non mai e fortunatamente ha tante altre
cose a cui pensare, come ad esempio il college.
La NYADA è perfetta per lui perché sembra essere tutto
ciò che ha sempre voluto e i suoi genitori non hanno opposto molta resistenza.
Il provino è andato bene, o almeno così spera: Carmen Tibideaux
non ha lasciato l’auditorium della Dalton a metà del suo pezzo – Something’sComing, ovviamente – ed è già un grandissimo passo
avanti.
La lettera con i risultati
arriverà a breve – è solo questione di due semplici parole: ammesso, oppure no.
Sebastian non l’ha più guardato in faccia e Blaine ha
continuato a fare finta di niente perché se non ci pensa, non è successo
davvero. Non ha buttato via la sua prima volta in quel modo.
“Non abbiamo fatto niente di straordinario” gli ricordò Nick con un sorriso timido.
“Non dire stronzate, Nick. Se non fosse stato per voi…”
Non terminò la frase. Come sarebbe, ora?
Non ha più pensato a Kurt.
Sa solo che le New Directions sono arrivate fino alle
Nazionali anche quest’anno, sbaragliando tutti gli avversari, perché ha sentito
gli Warblers parlarne tra di loro circa un mesetto
prima, durante una riunione extra, ma ha finto di non interessarsene nonostante
Nick gli stesse perforando la nuca con lo sguardo.
L’idea di sbirciare il
video delle Nazionali di Chicago però gli ronza in testa in continuazione, da
qualche giorno a questa parte. Sta morendo di curiosità e in effetti
non vede Kurt dalle Provinciali.
Una sera di metà
giugno decide di aprire You Tube e cercare quel
dannato video.
Capisce immediatamente
di aver fatto un errore del quale si pentirà per tutta l’estate. Kurt ha
ottenuto un assolo – Blaine nemmeno sapeva che il tema per le Nazionali di
quest’anno fosse 30% Musical – e sta cantando Not the
boy nextdoor come se ci
stesse mettendo l’anima. Non l’aveva mai nemmeno sentito, un vero controtenore.
La voce di Kurt è
meravigliosa. Lui è meraviglioso.
Chiude il video prima
della fine della canzone e sa di essere fregato perché ora non riuscirà più a toglierselo dalla testa.
“Il solito, melodrammatico Blaine” commentò Jeff cercando di alleggerire un po’ l’atmosfera. “Voglio
proprio vederlo, questo Kurt. E spero che sia carino e che ne sia valsa la
pena, di fare tutto questo macello per lui”
Lanciò un’occhiata a Nick in cerca
di conferma. Il ragazzo moro alla fine alzò le braccia in segno di resa e
borbottò “Sì, è carino. Molto angelico. Ma l’ho visto solo una volta e per di
più di sfuggita, quindi non fare quella faccia, Jeff.”
Tutti i suoi amici
sono riuniti nella sua stanza, alla Dalton, uno degli ultimi giorni di scuola.
Se ne stanno stipati tra la porta del bagno e il suo letto e lo fissano. Nick si sta addirittura mordicchiando il dorso della mano
ansiosamente.
“Allora?” lo
rimprovera David. “Ti decidi ad aprirla?”
La busta che tiene tra
le mani è indirizzata a lui, viene dalla New York Academy
of DramaticArts e,
ovviamente, contiene il risultato del provino che ha fatto un
mese prima.
Strappa la carta con
mani tremanti, tirando fuori una lettera piuttosto breve e concisa e gli Warblers trattengono rumorosamente il fiato in un tutt’uno – dopotutto sono un coro, no?
Blaine alza gli occhi
su di loro, leggermente sotto shock, e pigola “ammesso”.
Un istante dopo una
massa di ragazzi in divisa gli è addosso per atterrarlo.
Ammesso. Ammessoammessoammesso,
continua a pensare. Ce l’ha fatta.
Nick si massaggiò la spalla con
una smorfia.
“Sì” borbottò mentreJeff ridacchiava. “Quello me lo ricordo bene, visto che Trent e Thad mi sono caduti sopra”.
È il suo diciottesimo
compleanno e Blaine può dire di sentirsi davvero ridicolo. Quando ha detto a Nick e Jeff di voler passare una
serata tranquilla in compagnia di loro due – tutti gli altri Warblers sono sparsi per l’America, visto che molti si sono diplomati
a fine giugno – non intendeva certo dire “Nick, Jeff, trascinatemi in un gay bar”.
Peccato che è
esattamente quello che Nick e Jeff
hanno fatto.
Lo Scandals
tuttavia non è come se lo aspettava. Niente di
spaventoso: un posto piacevole.
Fino a che non gli
passa davanti SebastianSmythe.
L’occhiataccia che
lancia a Jeff non è abbastanza eloquente, perché il
suo biondissimo amico alza le braccia in segno di totale innocenza. “Non sapevo
che fosse qui, giuro!”
Blaine segue con gli
occhi Sebastian che va verso il bagno con un ragazzo
un po’ corpulento e particolarmente barcollante. Un giocatore di football,
sicuro. Ubriaco. Tipico di Sebastian, insomma,
trovarsi ragazzi sbronzi con cui fare sesso. Lui ne sa qualcosa, anche se non
se lo ricorda.
La sua presenza non
gli fa più nemmeno tanta rabbia, ormai.
Nick si assenta per andare in bagno, e quando
torna non ha l’aria stupita.
“Sebastian
è con un tizio ubriaco. Un certo DaveKarofsky. Il nome non mi suona nuovo, frequenta il liceo
pubblico Davonshire?”
Jeff alza le spalle. “Non ne ho idea” gli
risponde stizzito. Non ha mai sopportato Sebastian.
“Dovrebbe interessarci?”
“Certo che no” gli risponde Nick. A Blaine non sfugge l’occhiata
obliqua che gli lancia, ma Jeff sembra non notarlo, perché
si limita a mettere una mano sulla spalla di Nick e
dire:“Bene, allora balliamo”.
Blaine fa per alzarsi,
ma Sebastian gli passa davanti in quel momento
tagliandogli la strada e sorreggendo il ragazzo con cui l’ha visto andare via.
Deve aver percepito il suo sguardo su di sé perché si volta e i due si
scambiano una lunga occhiata.
E’ strano, pensa
Blaine osservando la delicatezza con cui Sebastian
aiuta quel tipo ad uscire dal locale parlandogli all’orecchio. Blaine coglie
solo le parole “casa mia”.
In qualche modo, Sebastian gli sembra diverso.
“Chissà che fine ha fatto quel tipo che si è portato a casa.
Sono sicuro di averli visti almeno altre due volte a Westerville, quest’estate” commentò Nick
distrattamente. Blaine fu quasi tentato di raccontar loro che quel tipo era l’e
di Kurt, ma alla fine decise di tacere e tenere quel dettaglio per sé. Dopotutto
non stava a lui raccontare quella storia.
Dopo la serata allo Scandals l’estate passa in un baleno.
Blaine cerca di avere
sempre qualcosa da fare per tenersi occupato, ma ci sono dei momenti in cui è
solo senza far niente e finisce per riflettere sulla sua vita. Si sente strano
al riguardo.
Non vede più Kurt per
il resto dell’estate – non lo vede di persona dalle Provinciali, in realtà, ed
ogni volta che ci pensa si sente solo più triste, ma piano piano
il ragazzo esce dalla sua mente.
Ogni tanto Blaine
ripensa al suo viso o al suo modo di muoversi così a suo agio sul palco, ma è
tutto lì. Non c’è altro.
Dopotutto presto
partirà per New York ed abbandonerà per sempre l’Ohio - se tutto va secondo i
suoi piani. Non rivedrà Kurt mai più, tanto vale mettersi l’anima in pace.
Blaine si rese conto di essere stato davvero un idiota. Non
aveva mai dimenticato Kurt: il ragazzo continuava a piombare tra i suoi
pensieri e visitare i suoi sogni, talvolta, e si era semplicemente rassegnato.
Invece di fare qualcosa per cercarlo si era arreso. Era stato così stupido…
Eppure il destino – o chi per lui – gli aveva dato l’ennesima
possibilità. Chi era lui per sprecarla?
Blaine sa che
continuare a fissare quel punto della stazione finirà per farlo impazzire, ma
non riesce a distogliere lo sguardo, perché Kurt è lì.
Insomma, a meno che
non sia una allucinazione dovuta alla stanchezza – ha
passato la notte in bianco – il ragazzo dagli occhi azzurri è davvero a pochi
metri da lui, con una valigia in mano e l’aria di uno che sta per salire sul
treno. Proprio come lui.
Blaine non ha idea di
come comportarsi perché proprio non se l’aspettava. Non più, almeno, dato che
non lo vedeva più dalle Provinciali.
Si è domandato spesso
come sarebbe stata la sua vita se avesse avuto il coraggio di andare da lui e
dire una cavolata qualsiasi per iniziare una conversazione stupida. Chiedere il
suo numero e poi offrirgli un caffè o il pranzo. Conoscerlo e farlo innamorare
di sé.
Quando Kurt si guarda
intorno con gli occhi arrossati – ha pianto, forse? – decide che non importa
dove diavolo è diretto. Lui è lì e
stavolta non perderà l’occasione che gli viene
offerta.
Dopotutto è lì per
iniziare una nuova vita, no? Il nuovo Blaine Anderson può anche essere
coraggioso e fare quel maledetto passo avanti: deve smetterla di domandarsi ‘come
sarebbe stato se’. E’ ora di agire.
“Non ci posso credere” esclamò Nick
spalancando gli occhi incredulo. “Immaginavo che lui
avesse qualcosa a che fare con la tua depressione, ma non pensavo –“
“Che cosa è successo dopo, Blaine?” lo interruppe Jeff con un’espressione avidamente curiosa. “È salito sul
tuo stesso treno?” Blaine sospirò pesantemente.
“Già”.
Blaine entra nello
scompartimento trattenendo il fiato, fingendo di guardarsi intorno con aria un
po’ persa, ma quando finalmente abbassa lo sguardo su Kurt non riesce a
trattenersi dall’irrigidirsi. Lui lo sta guardando. E non sta semplicemente osservando
gli Warblers senza vederlo davvero, o una platea buia
in un teatro pieno. Lo sta guardando dritto negli occhi.
Spera di non esserselo
immaginato, il lampo nel suo sguardo, perché sembra quasi che l’abbia
riconosciuto.
Tiprego, si ritrova a supplicare nella sua testa. Dimmi
che mi riconosci. Dimmi ‘ehi, tu sei quell’idiota del
solista degli Warblers’. Andrebbe bene lo stesso.
Kurt non lo fa.
Non lo riconosce quando Blaine gli chiede gentilmente se può
sedersi davanti a lui, né quando lo aiuta a sistemare il borsone, né quando
iniziano a chiacchierare – Blaine non sa nemmeno come, accidenti. Non ci sta
capendo più nulla.
Neanche quando Blaine
si lascia sfuggire le parole ‘Glee Club’per sbaglio.
Kurt è stupito, tutto
qui.
Dice “Mi ricordo…” e
Blaine si sporge verso di lui con la speranza che, è sicuro, è palese sul suo
viso. “…l’esibizione degli Warblers” conclude Kurt. “Non mi ricordo di te”
aggiunge con aria sinceramente dispiaciuta.
Blaine pondera per un
folle attimo di rispondere Io invece sì.
Fallo, gli sta urlando
una vocina a pieni polmoni. Fallo, Blaine!
“No” gli risponde
infine con un sorriso un po’ triste e un po’ finto. “Nemmeno io mi ricordo di
averti visto.”
Bugiardo.
Kurt ha acconsentito a
pranzare con lui. Ad esclusione di una brutta avventura con un paio di omofobi e uno strano incontro con un’anziana donna
particolarmente curiosa, Blaine sente che le cose stanno andando alla grande.
Kurt sta andando a New York e, a giudicare dai suoi bagagli, si sta trasferendo
lì.
Si ritrova ad
osservarlo con la coda dell’occhio mentre mangiucchia
in silenzio e le loro gambe si sfiorano, mandandogli brividi in tutto il corpo.
Non vuole metterlo a
disagio chiedendo ulteriori informazioni sulla sua destinazione, così tace anche se sta morendo di curiosità.
Kurt non è affatto
come lo aveva immaginato. No, è cento, mille volte
meglio.
Ha un carattere forte,
è coraggioso, è dolce e divertente e soprattutto è inequivocabilmente gay.
Quando salgono di
nuovo sul treno è anche molto a disagio nel parlare
dei problemi del suo Glee Club a scuola e Blaine non ci mette molto a capire
perché. Kurt non deve aver passato un bel periodo per via della sua sessualità.
Dopotutto chi può dirlo meglio di Blaine Anderson, che il liceo pubblico è un
inferno?
Così prende coraggio e
riferisce con molta nonchalance a Kurt di essersi
trasferito alla Dalton proprio dopo il suo disastroso coming
out.
A Kurt quasi cade la
macella a terra e Blaine non può fare a meno di trovarlo la creatura più
adorabile sulla faccia della terra.
Non ha idea di quand’è
esattamente che ha iniziato ad avere voglia di baciare Kurt.
Quando si è
addormentato su di lui in treno, sicuramente. Forse anche prima. Quando hanno
iniziato quello stupido gioco con le canzoni è stato vicinissimo a farlo
davvero. Non riesce a smettere di toccarlo, in ogni caso.
Ma ora, con il viso a
così poca distanza, dopo aver cantato insieme come se fosse qualcosa che fanno
da una vita, Blaine sente che non resisterà un secondo di più, se Kurt non si
sposta.
Il problema è che Kurt
non sembra intenzionato a muoversi tanto quanto non lo è lui.
Ovviamente vengono interrotti – come poteva sperare altrimenti? – e
Blaine si ritrova a riflettere su quanto il karma sembri avercela con lui. Dev’essere
stato un serial killer in qualche vita precedente, perché il telefono di Kurt
ha iniziato a squillare proprio nel momento in cui il ragazzo dagli occhi
azzurri ha annunciato di star andando a vivere a New York per frequentare la NYADA, e questo è troppo
perfino per il karma. Qualcuno lassù lo odia. Dev’essere una maledizione.
Kurt non può aver
sentito il cuore di Blaine fermarsi a quella semplice frase. Non può aver visto
le sue mani tremare prima di aprire bocca per esclamare “NYADA? Anch’io!”
perché sta rispondendo a quel dannato telefono e Blaine non fa in tempo a dire
nulla.
Quando Kurt torna
Blaine semplicemente non trova il coraggio. Si sente uno stupido perché
maledizione, si ritroveranno nella stessa scuola e poi come farà, esattamente?
Vigliacco, continua a
dirsi. Vigliacco.
Tuttavia tace e il
perché, alla fine, non lo sa nemmeno lui.
Blaine pensa di essere
pericolosamente sull’orlo del precipizio, oltre che assolutamente senza
speranza, perché se Kurt gli piaceva prima di conoscerlo, ora è certo di
provare qualcosa di molto, molto più profondo.
Kurt è fantastico e non
è affatto come lo aveva immaginato, anzi: sotto molti
aspetti è l’esatto opposto e questo non fa che incrementare la già di per sé
forte attrazione che Blaine prova per lui. Tuttavia capisce che si sta ormai
prendendo una grandissima sbandata per quel ragazzo quando
Kurt gli sorride timidamente e dice: “Sono davvero
pentito di non essere venuto a spiare gli Warblers
quando il mio compagno di squadra, Puck,
me l’ha suggerito.”, fermandogli definitivamente il cuore.
Blaine pensa che potrebbe anche morire in quel momento. In
senso molto positivo, ovviamente.
Dormire insieme?
Blaine sapeva che sarebbe finita male, eppure l’ha proposto lo stesso.
Certo, non pensava che
Kurt avrebbe trovato una lettera dove il suo ex gli diceva di averlo tradito,
né avrebbe mai potuto immaginare che quell’ex fosse
proprio David Karofsky, che lui aveva visto di
persona, visto che beh, l’aveva tradito con Sebastian.
Il suo ex-non-esattamente-ex,
ma quello è un dettaglio.
Non ha tempo per
pensare che sia una presa in giro dall’alto; si premura di abbracciare Kurt per
tutta la notte perché è l’unica cosa che vuole davvero, stringerlo a sé e
cercare di farlo stare un po’meglio.
Incredibilmente ci
riesce, ma non riesce a confessargli tutto: quello proprio no.
Eppure, nonostante
vedere Kurt così distrutto sia devastante, Blaine si sente utile; per una volta
sa di aver fatto qualcosa di dannatamente buono nella vita, perché Kurt sembra
volersi appoggiare a lui e Blaine sente di essere in grado di reggere tutto
quel dolore.
Non legge la lettera ma la raccoglie da terra e la mettevi nuovo nella
valigia di Kurt, limitandosi a cullare il ragazzo fino a che non si addormenta tra
le sue braccia.
Quasi non ci crede quando si sente dire “Se non
avessi voluto avere niente a che fare con tutto questo sarei uscito da quella
porta un'ora fa. Invece sono qui. Lo so che tutto questo è strano, Kurt,lo so.
Non ho idea di cosa sta succedendo, so solo che non riesco alasciarti andare. E' assurdo, ma sta succedendo, e non ho
nessuna intenzione di scappare. Mettimi alla prova.”
Eppure Kurt lo fa: si appoggia a lui, racconta e si sfoga e
Blaine continua ad abbracciarlo, semplicemente.
Forse è questo che lo
fa innamorare giusto un altro po’.
Blaine si sente un
vigliacco, perché ha raccontato a Kurt di Sebastian ma non ha avuto il coraggio di dirgli della NYADA, né del
fatto che sa di Dave.
Soprattutto non ha
avuto il coraggio di dirgli che ha una cotta per lui da
quando ha sedici anni.
Ormai è piuttosto
ovvio – non gli è mai veramente passata, quella cotta, o non sarebbe qui a
deglutire pesantemente perché Kurt ha la spalla di fuori, o a sentirsi
avvampare perché maledizione, si è appena leccato le labbra? Non baciarlo. Non
baciarlo. Non si può, Blaine.
E’ un bel disastro. E,
soprattutto, teme che si stia trasformando in qualcosa di più.
Il bel disastro gli
sembra nulla in confronto a quello che ha davanti adesso: Sebastian
è in stazione e potrebbe benissimo dire qualcosa di compromettente perché sa
della NYADA e vede ancora quel David, quindi ha il potere di far scoppiare una
catastrofe. Blaine ha il numero di Kurt, certo, ma è nel panico più totale e il
ragazzo dagli occhi azzurri sembra molto più nel panico di lui, perché ha un’espressione
spaventata che Blaine non sa come interpretare.
Lo capisce
quando Kurt scappa via – non può davvero biasimarlo, dopotutto – e riesce
a sentire distintamente il rumore del suo cuore che si spezza.
Quando quella sera
stessa Kurt non risponde alla sua chiamata Blaine non si prende nemmeno la
briga di raccoglierne i frammenti.
La strada da Broadway alla NYADA è breve, nemmeno mezz’ora di taxi,
perciò alle sei in punto è già davanti alla Reception,
pronto – più o meno - ad affrontare il suo destino.
Ci ha pensato a lungo
ed è giunto alla conclusione di dover parlare con Kurt e vuotare il sacco: non
importa se passerà i successivi tre anni a farsi odiare da lui, deve dirgli
tutto quanto.
Certo non si aspetta
di spalancare la porta della sua stanza e trovarselo davanti.
Né si aspetta che Kurt
lo baciasse o che finissero per urlarsi contro subito
dopo.
Ma dopotutto era
quello il bello, no? Kurt era terribilmente imprevedibile.
“Vi siete baciati!”
esclamò Nick, strappandolo al suo racconto con un gridolino da ragazzina. “Oddio, vi siete baciati veramente!”
Blaine era tentato di fargli notare che lo sapeva, visto che
lui c’era, in quel momento, e soprattutto che non c’era davvero bisogno di
strillare e mettere l’intero Cosmopolitan al corrente
della sua vita privata, ma la verità era che non riusciva a prestare attenzione
agli schiamazzi di Nick e Jeff,
perché c’era un qualcosa che gli ronzava in testa.
Aveva appena avuto la rivelazione del secolo, vero? Come
aveva fatto ad essere così stupido da non capirlo prima?
Kurt voleva solo che fosse sincero con lui. Ed era
esattamente ciò che gli avrebbe dato.
Si alzò dal tavolo facendo sobbalzare sia Nick che Jeff, che lo guardavano
ora con aria allibita.
“Devo andare” disse soltanto. Jeff
continuava a guardarlo come se fosse impazzito, ma Nick
sorrideva: doveva aver intuito le sue intenzioni.
“Qualcuno ha capito di essere innamorato, eh?” disse
dolcemente, regalandogli un sorriso triste.
Blaine sorrise di rimando, frugandosi in tasca e
allungandogli una banconota da due dollari.
“Per il caffè. E comunque sì. Devo solo trovarlo e – oddio,
dirglielo.”
“Niente panico, Blaine. Hai il suo numero, no?” lo
incoraggiò Nick. “Vai e conquistalo, tigre.”
Blaine sorrise con gratitudine ai due ragazzi e si diresse
verso l’uscita del locale, per poi fare dietro front e fare l’occhiolino a Nick. “Non è mai troppo tardi per agire, vero?” gli chiese eloquentemente.
Nick gli lanciò un’occhiata triste
e scosse la testa. “No, non è troppo tardi.”
Che significava Sì, lo
so che ti riferisci anche a me. No, non posso farlo, e Blaine decise che
una volta sistemate le cose con Kurt, qualsiasi piega prendessero, avrebbe
preso Nick per il colletto della camicia e lo avrebbe
convinto a darsi una svegliata, perché Jeff teneva
davvero a lui. Meglio: provava qualcosa
per Nick, dannazione, e tutti dovevano avere la possibilità di essere felici.
“Vado” ripeté risoluto, afferrando la giacca e tirando fuori
il telefono dalla tasca. In realtà stava morendo d’ansia, ora che aveva capito
cosa fare e come farlo: gli tremavano addirittura le gambe, ma si costrinse ad
uscire il strada ed essere coraggioso, per una
dannatissima volta.
Aveva una mezza idea di come trovare Kurt; doveva solo
sperare che il ragazzo rispondesse al telefono.
Note dell’Autrice
Ok, ecco la seconda parte dei flashback. Dal prossimo
capitolo si torna a Kurt (YAY!).
Sto praticamente morendo di stanchezza, gli esami mi stanno
uccidendo. Non so come sia venuto fuori questo robo,
sinceramente.
Spero solo che non vi faccia tanto pena.
Lo scorso capitolo aveva qualcosa che non andava? Non so, le
recensioni sono state un terzo e diciamo che ho attribuito la cosa al caldo e
agli esami e al caldo, però se c’è
qualcosa che non va o non vi piace, fatemelo sapere, che non mi offendo mica! :)
Scappo a finire di ripassare (che tanto mi addormenterò
sopra al libro tra cinque minuti.)
Kurt aveva passato le ultime tre ore ad iperanalizzare tutto
quello che era successo nella sua stanza. Era stato persino troppo distratto
per ammirare nella sua interezza la bellezza di Central Park al tramonto, dove
il lago di fronte a lui rifletteva placidamente gli ultimi raggi di sole ed una
brezza lieve scompigliava le foglie degli alberi tinte di rosso, arancione ed
oro: i tipici colori dell'autunno newyorkese, che in un altro momento lo
avrebbero lasciato senza fiato e dei quali, adesso,
non gli importava proprio.
Il Kurt che era partito da Lima non sarebbe mai riuscito a farsi bastare quella
vista meravigliosa, mentre il Kurt del presente - più vecchio solo di pochi
giorni - avrebbe tanto voluto non essere lì da solo ma con un certo ragazzo con
i capelli ricci e gli occhi color miele. Eccolo il fattore che a quanto pare faceva la differenza: Blaine.
Kurt represse un brivido al pensiero di ciò che era arrivato a
significare per lui in così poco tempo. Il venticello fresco tornò a
scompigliargli i capelli ormai non più umidi di doccia e decise di alzarsi
dalla panchina dove si era piantato tre ore prima.
Non riesco nemmeno a
stare fermo, pensò con amarezza. Dio,
che cretino che sono stato.
Doveva ammettere che quel lasso di tempo che aveva passato
seduto sulla panchina ad osservare la calma del lago di fronte a sé era stato veramente utile, in fondo.
Una volta che si era calmato - la rabbia era scivolata via
insieme alla calura del giorno e aveva lasciato spazio ad un bruciante senso di
colpa - era stato piuttosto semplice ragionare.
Sapeva di essere fatto così: aveva bisogno di pensare a mente
fredda perché era una persona assurdamente
emotiva.
Osservò per un minuto il viavai di persone che ancora
affollavano quella zona del parco nonostante il sole stesse
tramontando, passandosi una mano sul viso nel tentativo di scacciare la
stanchezza.
Naturalmente si era
pentito di aver urlato addosso a Blaine nell'istante in cui si era chiuso la
porta della sua stanza alle spalle, ma di nuovo era stato troppo stupido e
troppo orgoglioso per tornare indietro.
Se da una parte era stata la cosa migliore perché la
solitudine gli aveva permesso di sbollire la rabbia ingiustificata,
metabolizzare le rivelazioni di Blaine e sviluppare un orribile senso di colpa,
dall'altra si sentiva uno stupido per essere scappato.
Di nuovo, precisò la
fastidiosa proiezione della sua mente che aveva assunto le temibili fattezze di
Sue Sylvester.
Non si sarebbe mai liberato delle voci nella sua testa, vero?
Il problema era che la sua coscienza aveva perfettamente
ragione e la cosa lo infastidiva parecchio: la consapevolezza di avere torto
marcio non faceva altro che incrementare il suo senso di colpa.
Come ho potuto mollare
lì Blaine da solo dopo che lui mi ha detto - quelle cose?, gemette Kurt nella sua testa. Ora mi odierà.
Si guardò attentamente intorno e decise di muoversi di lì, non
riuscendo più a stare fermo. Imboccò la strada per gli StrawberryFields un po’ soprappensiero, forse nella speranza
che Jhon Lennon portasse consiglio.
Camminare lo aiutò a schiarirsi le idee abbastanza da poter
fare il punto della situazione, così individuò un'altra panchina, illuminata
dal lampione acceso da poco, e si sedette nuovamente, accavallando le gambe e
prendendosi la testa tra le mani.
Ho baciato Blaine e lui
ha risposto al bacio.
Ecco, quello era il punto giusto dove iniziare, nonostante il
solo pensarci gli faceva battere il cuore tanto velocemente da rischiare
l'infarto.
Blaine non l'aveva respinto, il che poteva significare solo
due cose: non era riuscito a staccarsi Kurt di dosso, o aveva ricambiato il
bacio perché lo voleva tanto quanto lui.
Per quanto la scarsa autostima di Kurt lo spingesse
verso la prima opzione c'era quella piccola parte di lui, che ricordava con
estrema chiarezza le labbra di Blaine muoversi sulle sue, le sue mani premute
sulla schiena e sui fianchi, o il battito impazzito del suo cuore contro la
maglietta leggera, che era una piccola parte, sì. ma sapeva
che Blaine lo voleva con la stessa disperata intensità.
Da quel punto di vista, le parole del ragazzo lo confermavano.
Non posso credere di non
essermi mai accorto di lui, pensò Kurt giocherellando con la punta della scarpa
sul selciato. È sempre stato così vicino
ed io non l'ho mai visto.
Forse non era ancora il momento. Magari era una cosa positiva,
che Kurt non avesse mai visto Blaine. Eppure stentava
a crederci; era davvero stato così distratto? Eppure in treno Blaine aveva
attirato subito la sua attenzione. Anche troppo, in realtà.
Dopo quello
che gli ho detto - urlato - non vorrà più vedermi. Dio, quanto sono stupido.
Smettila di farti questi
problemi, Porcellana, lo
rimproverò Sue con tono annoiato. Falla
finita e torna dall'hobbit. Parlaci, così poi potrete
tornare tranquillamente a pomiciare.
Lo stomaco di Kurt fece una capriola, quando ripensò alle
labbra di Blaine sulle sue e si domandò da dove avesse tirato fuori tuta quella
intraprendenza, così all'improvviso, anche se probabilmente era a causa della
bellezza mozzafiato del ragazzo che si era trovato davanti alla porta, il quale
apparentemente aveva il potere di sciogliere tutte le sue inibizioni. O quasi.
Caso volle che il suo cellulare scelse
proprio quel momento per squillare, vibrando incessantemente nella tasca
posteriore dei suoi jeans, e Kurt saltò sul posto dalla sorpresa.
Oh, Dio. No, sta calmo,
Kurt, pensò, estraendo febbrilmente il telefono senza avere il coraggio di
guardare da chi provenisse la chiamata. Non può essere Blaine. Non dopo tutte quelle
cose orribili che gli hai detto.
Voltò velocemente il telefono e rimase a fissare con aria
ebete lo schermo per un secondo, dove il nome di Blaine lampeggiava con
chiarezza sotto ala scritta 'chiamata in arrivo'.
Merda.
Rispondi, cretino!, gridò Sue dall'angolino nella sua testa.
Senza avere nemmeno il tempo di prendere un respiro profondo,
Kurt premette il tasto di risposta e si portò il telefono all'orecchio.
"P-pronto?" balbettò
alzandosi in piedi e appoggiandosi con la schiena al lampione.
La risposta si fece attendere per un paio di secondi, durante
i quali la mente di Kurt si figurò i peggiori scenari apocalittici, e il
ragazzo sfiorò la morte per infarto.
"Ehi" fu tutto quello che disse Blaine alla fine.
Kurt rimase paralizzato dal suo tono; sembrava stupito, come se non si
aspettasse una risposta da Kurt, ma anche preoccupato e tanto, tanto dolce.
"Ehi" mormorò Kurt a sua volta, sentendosi
estremamente stupido.
Non ti sta urlando
contro, si disse, cercando di farsi forza. È già un passo avanti.
Dall'altro capo del telefono sentì Blaine tirare un sospiro di
sollievo, prima che il ragazzo riccio dicesse: "Hai risposto".
Non era una domanda, Kurt lo sapeva bene, eppure sentiva in
ogni caso il bisogno di confermare a Blaine che sì, Dio, come poteva non rispondere? Era lui, Kurt, che avrebbe
dovuto cercarlo e scusarsi, perché si era comportato da idiota, e gli
dispiaceva cosi tanto...
Prima che potesse fare una qualsiasi
di queste cose, però, Blaine riprese a parlare.
"Kurt, dove sei?" domandò con un tono di voce che
stavolta Kurt non seppe interpretare. "Per favore, voglio spiegarti tutto.
I-io..." si bloccò e
Kurt lo sentì emettere un verso frustrato. In sottofondo c'erano il rumore del
traffico e il suono di passi.
Non c'è bisogno che mi
racconti tutto, avrebbe voluto rispondere Kurt. Vorrei solo che mi perdonassi per essere stato così stupido, Blaine.
Sapeva di non poter dare quella risposta per un semplice
motivo: se voleva far funzionare le cose con Blaine, o almeno fare sì che non
lo odiasse, dovevano lasciarsi il passato alle spalle, e l'unico modo era
parlarne. Insieme.
"Sono a Central Park" si ritrovò a rispondere con
voce malferma. "StrawberryFields,
ma non so se sai dov'è. Sotto -uhm, sotto uno dei lampioni, vicino ad una
panchina"
Blaine respirò rumorosamente.
"È vicino alla NYADA. Perfetto." rispose
con tono speranzoso. "Tra mezz'ora sono lì"
Fu a quel punto che Kurt non ce la fece più e le parole che
aveva trattenuto fino a quel momento si riversarono dalle sue labbra come un
fiume in piena.
"Mi dispiace!" esclamò con voce rotta. "Blaine,
m-mi dispiace per c-come ho reagito, non-"
"Shhh" lo zittì Blaine.
Kurt rimase in silenzio, scioccato dal suo tono dolce. "Non importa. Ne parliamo quando arrivo, davvero. Ho solo bisogno -"
Si interruppe di nuovo e Kurt trattenne il fiato, temendo il
peggio.
Ora dice 'di chiudere
con te per sempre. Oddio, ora lo dice.
"...di vederti" terminò Blaine con tono di voce
basso. "Ci vediamo tra poco"
"Ok" riuscì a rispondere Kurt con voce flebile.
"Io-ok."
Blaine fece una pausa e Kurt pensò che avesse già chiuso la
chiamata, ma alla fine la sua voce tornò ad inondare il telefono.
"Kurt?" domandò quasi sottovoce con tono speranzoso.
"Sì?" rispose Kurt passandosi inconsciamente una
mano sulle labbra.
"Non scappare, stavolta. Ti prego."
La domanda, pronunciata con così tanta dolcezza, ebbe il
potere di spezzargli il cuore, perché nonostante tutto quello che aveva fatto e
quanto fosse stato stupido, Blaine c'era ancora.
Quando rispose, il suo tono fu un po' più fermo.
"Non vado da nessuna parte"
Spero soltanto che non
te ne andrai tu.
Kurt continuò a lanciare occhiate preoccupate all'ora segnalata dal display del suo telefono per tutta la
mezz'ora successiva, percorrendo ansiosamente gli stessi tre metri in circolo,
tanto che prima o poi avrebbe lasciato un solco nel terreno a forza di passarci
sopra.
È una scena patetica,
rimuginò calciando via un sassolino. Mi
dirà che non vuole più avere niente a che fare con me.
Ti ha baciato, Faccia da
Pizzichi, gli ricordò pazientemente Sue. Vorrà pur dire qualcosa, no?
Ma Kurt non era così tanto ottimista.
Una figura scura scelse quel momento per svoltare l'angolo e
Kurt, che catturò il movimento con la coda dell'occhio, lo riconobbe subito:
era Blaine.
Rimase paralizzato in piedi di fianco alla panchina,
improvvisamente troppo agitato per muovere anche solo un muscolo, mentre Blaine
si guardava intorno con aria persa.
Quando posò gli occhi sulla sua figura e lo riconobbe sussultò
e alzò timidamente una mano per fargli un cenno. A quella vista Kurt non riuscì
a trattenersi e si lasciò scappare un sorriso, seppur nervoso. Nella sua stanza
non aveva avuto la prontezza di spirito di notarlo, ma ora vedeva chiaramente
che Blaine indossava dei jeans scuri che gli fasciavano perfettamente le gambe,
una t-shirt bianca e una giacca di pelle nera.
Wow, pensò in un
guizzo di irrazionalità. Solo…wow.
Mentre Blaine si avvicinava Kurt continuò a guardarlo in modo
forse un po' troppo famelico, tormentandosi il labbro inferiore tra i denti.
Stai calmo, si disse
con decisione. E dì qualcosa di
intelligente, per l'amor del cielo.
Blaine si fermò di fronte a lui con il fiato corto, come se
avesse appena corso la maratona di New York, e Kurt osservò rapito per un
istante il petto del ragazzo riccio alzarsi ed abbassarsi velocemente prima di
aprire bocca e dire la prima assurdità che gli era passata per la mente.
"Metti troppo gel"
Oh mio Dio - non l'ho
detto davvero.
Blaine spalancò gli occhi ambrati - era evidente che tutto si
sarebbe aspettato tranne quel
commento - e Kurt represse l'istinto di malmenarsi violentemente per la sua
stupidità.
Fortunatamente Blaine sembrò prendere il suo commento idiota -
e la sua cretinaggine - per un buon segno, perché
sorrise in un modo che fece sciogliere Kurt come gelatina e rise leggermente.
"Sì, lo so" si limitò a rispondere con un mezzo
sorriso ad incurvargli le labbra.
Kurt cercò di ignorare l'istinto, che in quel momento gli
stava gridando di mettere momentaneamente da parte le spiegazioni, prendere il
viso di Blaine tra le mani e baciarlo, e decise di prendere in mano la situazione
prima che fosse troppo tardi.
"Mi dispiace per quello che è successo prima. Tu- mi hai
colto un po' di sorpresa, ecco. Con la storia di Dave e tutto il resto."
Blaine aveva già iniziato a scuotere la testa, guardandolo con
quegli occhi dolci, dispiaciuti e spaventati, così Kurt continuò a parlare.
"Avevo torto marcio e nessun diritto di pretendere che
tu- voglio dire, non eri tenuto a dirmi tutto se- se
non volevi, e io- io- ho detto cose che non pensavo e mi dispiace, Blaine, non
sai quanto. Non eri obbligato a-"
"Avrei dovuto dirtelo in modo meno sconvolgente"
mormorò Blaine abbassando lo sguardo. "Ma la situazione era diventata
davvero complicata e ho trovato il modo e il momento sbagliato' io- tu avevi
tutto il diritto di sapere di Sebastian, della NYADA e di- di
m-me, davvero".
Stavolta fu il turno di Kurt scuotere la testa; avrebbe
preferito che Blaine lo guardasse negli occhi, perché il contatto visivo
sembrava l'unico modo tramite il quale far capire a Blaine che ci teneva, a
lui, e dovette resistere all'impulso di alzargli il viso con una carezza.
Fermo, Kurt. Adesso non
è proprio il caso.
"Lasciamo stare Dave e Sebastian, ok? Per me è una storia
chiusa. A mente fredda...non so se avrei voluto
saperlo, in realtà" disse, cercando di far capire a Blaine che voleva solo
lasciarsi quell'orribile litigata alle spalle e andare avanti. "Il
resto...erano affari tuoi e capisco perché non me l'hai detto. I-io non ci sarei riuscito, al tuo posto"
Blaine annuì semplicemente, lo sguardo sempre basso.
"Ok" mormorò. "Se- Io..."
Fece una pausa, probabilmente in cerca delle parole giuste, e
Kurt attese pazientemente.
"Vorrei raccontarti tutto quanto, sai?" disse infine
alzando lo sguardo e puntandolo negli occhi di Kurt. Tuttavia, notò Kurt, gli
occhi nocciola di Blaine indugiarono per un istante sulle sue labbra.
"Sempre che tu voglia - sempre che ti vada di sentire,
ecco".
Kurt sorrise e si morse il labbro inferiore.
"Sì. Credo che farebbe bene a tutti e due."
Il lampo di sollievo negli occhi di Blaine portò Kurt ad un
orribile sospetto e poi ad un'atroce conclusione: Blaine...lui pensava forse
che Kurt non fosse interessato?
Oh, lui non era interessato, ovviamente. Era già passato alla
fase 'sono cotto di te'.
Si ripromise di trovare un modo per farglielo capire.
Perché la situazione doveva essere così complessa?
"Però..." Blaine scrutò attentamente il suo viso, prima
di sorridere con il suo solito charme. "Che ne dici se torniamo in
dormitorio? Qui inizia a fare freddo".
Oh. Beh, questo è un
problema, pensò Kurt, mentre annuiva e seguiva Blaine verso l'uscita del
parco. Come faccio a stare nella sua
stessa stanza e contemporaneamente tenere a bada gli ormoni?
Accidenti.
Il tragitto da Central Park alla NYADA non fu particolarmente
breve e fu accompagnato da un imbarazzato silenzio, ma a Kurt andava bene così.
Il braccio di Blaine continuava a sfiorare il suo mentre
camminavano fianco a fianco, mandandogli brividi in tutto il corpo, ed era
certo che Blaine avesse qualcosa in mente, perché continuava a lanciargli
occhiate indecise e sorrisini imbarazzati.
In effetti, Kurt si sentiva per un certo aspetto molto più tranquillo; se Blaine non avesse voluto più avere
niente a che fare con lui non l'avrebbe di certo cercato o raggiunto a Central
Park.
Una parte di sé, comunque, fremeva d'aspettativa: ormai moriva
dalla voglia di conoscere tutta la storia e il non sapere cosa sarebbe successo
dopo - cosa avrebbero deciso di fare insieme - lo stava uccidendo.
"Beh, eccoci qui"
La voce calda e familiare di Blaine lo strappò ai suoi
pensieri per catapultarlo nel mondo reale. Erano già arrivati alla NYADA:
Blaine aveva, apparentemente, un senso dell'orientamento migliore del suo.
Ormai erano le dieci passate di sera, quindi la Reception
era chiusa ed il turno di Amy doveva essere terminato
da un pezzo. Passando davanti al bancone Kurt si ripromise di ringraziare Amy per aver involontariamente fatto sì che Blaine finisse
- letteralmente - di nuovo tra le due braccia.
Graziegraziegraziegrazie.
Quando arrivarono davanti alla porta di legno chiaro della
stanza - la loro stanza, si rese
conto Kurt con un guizzo di eccitazione - Blaine sfoderò le chiavi e il suo
solito sorriso timido, facendo sì che Kurt si sciogliesse come gelato al sole.
Possibile che questo
ragazzo riesca ad essere dolce e sensuale allo stesso tempo? Come diavolo fa?
Entrarono a passo felpato e Kurt si prese un minuto per posare
la sua copia delle chiavi sopra alla scrivania ed osservare la stanza. Il
borsone di Blaine era ancora pieno ed appoggiato su un angolo, segno che il
ragazzo aveva avuto altro cui pensare, piuttosto che riporre i vestiti.
Blaine svuotò le tasche ed appoggiò il contenuto vicino alle
chiavi di Kurt, per poi togliersi la giacca di pelle ed abbandonarla su una
delle sedie con noncuranza.
Il silenzio che era sceso su di loro iniziava a farsi opprimente, così Kurt decise di rompere il ghiaccio,
esordendo con: "Allora."
Blaine alzò gli occhi nei suoi con determinazione e si
avvicinò lentamente a Kurt, che era troppo sorpreso per fare un passo indietro,
e in ogni caso non avrebbe voluto farlo comunque, perché Blaine finì per
prenderlo per mano e sedersi sul letto in basso, invitandolo con un cenno a
fare altrettanto senza allentare la presa.
Kurt si sedette silenziosamente e Blaine prese il più profondo
dei respiri.
"Allora" disse abbassando lo sguardo sulle loro mani
intrecciate. "Sicuro di voler sapere tutta la storia?"
"Sì" disse Kurt senza esitare. "Sicuro di
volermela raccontare?"
"No" rispose Blaine con onestà. "Ma devo farlo perché
ne abbiamo bisogno tutti e due"
Kurt stava per ribattere che non era obbligato a farlo se non
se la sentiva, che avrebbe capito comunque, ma Blaine continuò.
"La verità è che mi piaci, Kurt" mormorò strofinando
il pollice sul dorso della sua mano. "E so che l'unico modo per sbloccare
questa situazione è lasciarmi questa cosa alle spalle, perché - perché negli
ultimi due anni non ho mai colto l'occasione per venire a parlarti, chiederti
il numero o strapparti un appuntamento per un caffè... e sono stato davvero
stupido, perché nell'esatto istante in cui…nel momento in cui ti ho conosciuto
di persona ho pensato 'ehi, eccoti qui. Cerco uno come te da una vita'. E
conoscerti è stata una delle migliori cose che mi siano mai successe. Spero
solo che..."
Esitò, probabilmente distratto dagli occhi lucidi che Kurt sapeva di avere, e lo tirò leggermente
verso di sé, portandosi le loro mani intrecciate alle labbra. Kurt lo lasciò
fare, socchiudendo gli occhi e lasciandosi scappare un sorriso lacrimoso, così
Blaine continuò, rincuorato.
"Spero solo che una volta che saprai tutto, tu - io -
ricominciamo da capo, ti va?"
Sorrise e gli lasciò la mano prima di afferrarla di nuovo e
stringerla vigorosamente.
"Piacere, Blaine Anderson" disse scherzosamente, mentre
Kurt ridacchiava. "Frequenteremo la NYADA insieme e siamo compagni di stanza. Non ti
ricordi di me, ma io ti ho già visto due anni fa. Ti ho trovato sexy fin da
subito"
Kurt arrossì vistosamente e Blaine sorrise raggiante.
"È una lunga storia. Ti conviene metterti comodo"
disse a bassa voce, spostandosi appena per appoggiare la schiena al cuscino,
facendo cenno a Kurt di raggiungerlo.
Senza pensarci due volte Kurt scivolò verso di lui e si
appoggiò a Blaine, spalla contro spalla. Il ragazzo riccio riprese possesso
della sua mano e iniziò a tracciare disegni immaginari sul suo palmo,
riflettendo per una manciata di secondi.
Kurt attese pazientemente e Blaine si strinse un po' di più a
lui prima di iniziare a raccontare.
Gli disse tutto, partendo dalle prime Provinciali alle quali
avevano partecipato insieme, quando Blaine l'aveva visto per la prima volta,
fino all' incontro in stazione, e poi tutto quello che
aveva pensato durante quel momenti insieme.
Man mano che il racconto di Blaine andava avanti Kurt si
avvicinava sempre di più a lui, fino a che, mentre Blaine raccontava con
qualche difficoltà di Sebastian e Dave, gli appoggiò la testa sulla spalla.
Alla fine rimasero in silenzio per qualche minuto, entrambi
intenti a metabolizzare gli ultimi avvenimenti.
Quando finalmente Blaine parlò, il suo tono tranquillo
nascondeva una punta d'ansia, come se fosse preoccupato che per Kurt potesse
essere tutto un po' troppo.
"Beh, ecco tutta la storia. Assurdo, lo so.
Commenti?"
Kurt sorrise della nota di insicurezza che trapelava da Blaine
e spostò la testa dalla sua spalla per guardarlo in faccia. Blaine però non lo
stava guardando: teneva lo sguardo basso sulle loro mani intrecciate ed
appoggiate sul suo ginocchio.
Prima di poter rendersi conto di ciò che stava facendo Kurt si
mosse, posando due dita sotto il mento di Blaine per alzargli il viso e
incontrare i suoi occhi dorati.
"Ehi" sussurrò, sorridendo con dolcezza.
"Guardami".
Blaine strinse le labbra in una sorta di sorriso mesto e Kurt
resistette all'impulso di baciarlo fino a non avere più fiato. Si domandò
distrattamente da dove venisse fuori tutta questa sicurezza quand'era con
Blaine. Perché si sentiva così tanto a suo agio a toccarlo, quando in genere si
teneva fisicamente a distanza dalle persone?
"Piacere, Kurt Hummel" sussurrò, spostando una mano
per accarezzargli una guancia. "Spero che tu sia un compagno di stanza
ordinato, perché il disordine è bandito da questo luogo. E, per la cronaca,
anche io ti ho trovato sexy fin da subito".
Blaine ridacchiò, voltando appena il viso per affondarlo nella
sua spalla, finalmente tranquillo, e Kurt sbadigliò sonoramente, facendolo
ridere ancora di più.
"Stai crollando dal sonno" commentò con un sorriso
insonnolito. "Sarà meglio andare a dormire. Al resto ci pensiamo domani
mattina".
Kurt mugugnò qualcosa che poteva assomigliare ad un assenso e
fece per spostarsi e arrampicarsi sul letto di sopra, ma Blaine gli appoggiò
una mano sulla schiena per fermarlo.
"Mi ero arreso, sai? Quando non ti ho più incontrato per
l'intera estate..."mormorò
avvicinando il viso al suo per poter strofinare la guancia contro quella di
Kurt e sussurrargli direttamente in un orecchio. "Pensavo che non ti avrei
rivisto mai più e non sapevo che avresti frequentato
la mia stessa università, così avevo deciso di lasciarmi tutto alle spalle. E
poi..." rise leggermente, un suono basso e
vibrante che colpì Kurt dritto al cuore. "Eccoti spuntare in stazione,
diretto alla NYADA... in quel momento ho deciso che non avrei perso un'altra
occasione. Non quella volta"
Kurt non sapeva se stava per piangere, ridere o mettersi a
saltare per la stanza in un attacco di folle felicità, così sorrise e si spostò
per guardare Blaine negli occhi.
Si stupì della sua audacia solo dopo, ma sul momento sapeva
che era tutto ciò che voleva.
Si chinò sul viso di Blaine per posargli un bacio a fior di
labbra con il cuore che batteva all'impazzata, per poi staccarsi e sussurrare,
sotto il suo sguardo incredulo: "Buonanotte, Blaine".
Note dell'Autrice
Sono troppo stanca per sopravvivere a queste note, quindi la
faccio breve perché sto tipo morendo. Era ora che quei due cretini si dessero
una svegliata, eh? Ora dovrete aspettare il prossimo cap per sapere cosa
porterà la luce del giorno!
A martedì!
Selene
P.S: Sere, stavolta ho ricontrollato le È cento volte xD
La mattina seguente Kurt si svegliò con un atroce mal di
schiena e quello che sembrava a tutti gli effetti il principio di un
raffreddore; si stiracchiò ma ricadde quasi subito tra
le coperte, gemendo sommessamente quando gli arti indolenziti protestarono per
il movimento azzardato.
Che cretino, si
rimproverò con un sospiro. Come mi è
venuto in mente di uscire con i capelli bagnati, ieri sera? Ora mi beccherò il
peggior raffreddore di sempre, mi si arrosserà il naso e sarò inguardabile.
Avrebbe volentieri continuato a lamentarsi per il resto della
mattinata, ponderando seriamente di rimanere nascosto sotto un accampamento di
coperte fino a che il raffreddore non fosse passato - tempo di incubazione
prevista: ventiquattro ore - e stava giusto per andare a prendere martello e
picchetti quando la Sue
che viveva sotto la sua corteccia cerebrale decise di riportare un po' di
buonsenso nella sua testolina tanto modaiola quanto bacata.
Mia cara MegRyan, disse pazientemente
la Sylvester,
brandendo contro di lui un altrettanto immaginario integratore alimentare per
polli. Non credo che sarebbe stato molto
chic dire al tuo riccioluto amico 'ehi, aspetta. Prima di arrabbiarmi
ingiustamente con te devo farmi la messinpiega.' Sarebbe stato solo molto gay.
Kurt, piccato, stava per risponderle che lui beh, era
gay, quando si ricordò di qualcosa di notevolmente più importante.
Oh santissima Gaga,
gemette con un moto di orrore, saltando di nuovo a sedere sul letto e facendo
cigolare tutte le molle. Blaine!
Il suo nuovo coinquilino - oh
mio dio, non sta succedendo davvero - stava ancora dormendo profondamente
nel letto sotto al suo, russando piano. Ogni tanto le sue coperte frusciavano,
segno che probabilmente si stava rigirando nel sonno, e per un attimo Kurt odiò
i letti a castello e chiunque avesse avuto la brillante idea di inventarli.
Ok, non c'era motivo di andare nel panico. Il ragazzo che
aveva baciato la sera prima e per il quale aveva una cotta, incredibilmente
ricambiata, dormiva a meno di un metro da lui. Tutto qui.
Oddio.
Sentendosi il peggiore degli stalker, ma troppo curioso per
resistere, Kurt si sporse dal bordo del suo materasso e si affacciò
appendendosi a testa in giù come un pipistrello e azzardando un'occhiata verso
la cosa avviluppata tra le coperte che si presumeva fosse Blaine
Anderson.
Il ragazzo, raggomitolato su se stesso in un allucinante
intreccio di lenzuola, gambe e coperte, gli dava le spalle e aveva il viso
affondato nel cuscino; Kurt si soffermò ad osservare la sua nuca per poi
spostare lo sguardo su oh mio dio, cos'è successo ai suoi capelli?
C'era una massa informe di ricci sparpagliata a raggiera sul
cuscino, talmente intrecciata da poter ospitare un nido di quaglie, di quel
genere di labirinto cutaneo dal quale non saresti mai riuscito a liberare la
mano.
Ma quando l'ha lavato
via, il gel?
Blaine si mosse lievemente, mugugnando qualcosa di indefinito,
e Kurt si tirò su di scatto, nascondendo il viso improvvisamente rosso di
vergogna tra le mani, preda di un lieve giramento di testa.
Si era alzato troppo in fretta e doveva smetterla di
saltare i pasti per correre via di qua e di la. Gli sembrava di essere finito
nel film Se scappi ti sposo, con la differenza che, a lui, scarpe da
tennis e vestito da sposa sarebbero stati da schifo.
Ok, in realtà doveva smetterla di scappare da Blaine e basta.
Vi siete baciati, vi siete baciati, vi siete baciati,
cantilenò con allegria una voce da qualche parte nel suo cervello,
sospettosamente somigliante a quella di Rachel.
No, pensò Kurt con una punta di disperazione. Posso
sopportare Sue Sylvester e posso sopportare Rachel Berry - se ingerita a
piccole dosi - ma insieme no. Per l'amor di Dio, no.
Cercò di ignorare il jingle che avevano intonato i suoi
neuroni - tipico di Rachel Berry, la donna capace di far passare My headband per una ballad, dirigere un
coro di cellule cerebrali impazzite - e finì per chiedersi se, a guidare la
sommossa in atto tra i suoi ormoni, ci fosse Puck.
Perché spiegherebbe un
sacco di cose.
Non che si lamentasse dell'improvvisa dipartita del cucciolo
di pinguino, quello mai, ma non
riusciva a spiegarsi dove diavolo avesse trovato il coraggio – gli attributi – per baciare Blaine.
Lo stesso Blaine che, prima di lasciarsi baciare, non solo
aveva confessato di avere una cotta per lui da due anni, con quel Mi piaci da togliere il fiato, ma era
anche rimasto.
E che ora si stava lentamente svegliando, a giudicare dagli
sbadigli rumorosi provenienti da un punto imprecisato sotto di Kurt.
Ops.
Kurt prese un bel respiro per raccogliere il coraggio e si sporse
per scendere le scale ed atterrare sulla moquette con eleganza, cercando di
mantenere una certa decenza e di non andare in iperventilazione.
Trovò gli occhi di Blaine, semi aperti ed ancora annebbiati
dal sonno, intenti a scrutare la sua sagoma.
Kurt si dondolò da un piede ad un altro per dieci secondi, poi
Blaine sembrò abbastanza sveglio da riconoscerlo, perché gli sorrise raggiante
e prese a stropicciarsi gli occhi. Kurt sorrise di rimando, improvvisamente un
po’ più a suo agio. Era una delle tante qualità che sembrava possedere Blaine:
riusciva a scacciare l’imbarazzo con un sorriso.
"Mhm" mugugnò Blaine, storcendo il naso mentre
cercava di districarsi dalle lenzuola intrecciate intorno alle gambe e
sbadigliare contemporaneamente. "...mpfgiorno".
"Buongiorno".
Ok, andava tutto bene. Non c'era motivo di andare in paranoia.
Certo, era in piagiama e aveva i capelli un disastro di fronte al
ragazzo dei suoi sogni ma era un trauma che poteva superare. Vero?
"...bagno, Kurt?"
Eh?
Kurt realizzò con orrore di essere rimasto a fissare Blaine
seduto sul letto per chissà quanto tempo, mentre il ragazzo gli stava dicendo
qualcosa che lui non stava ascoltando, troppo impegnato a innamorarsi della sua
versione assonnata e mattutina.
"Come?" pigolò mordendosi il labbro inferiore,
imbarazzato.
Blaine ridacchiò ma non commentò la sua sbadataggine, cosa di
cui Kurt fu estremamente grato. Si grattò una guancia prima di ripetere la
frase che Kurt si era perso.
"Stavo dicendo che se vuoi puoi usare il bagno per
primo" disse, riuscendo finalmente a liberarsi dal groviglio di stoffa. Si
alzò e prese a stiracchiarsi molto lentamente, stirando le braccia sopra la
testa con naturalezza. Kurt seguì il movimento fino a quando la canottiera di
Blaine non si alzò leggermente scoprendogli lo stomaco. A quel punto si arrese
alla faccia in fiamme e sviò lo sguardo verso cose meno provocanti, come ad
esempio il pavimento.
Che moquette
interessante.
"Sì, va bene. Cercherò di essere veloce, perché magari ti
serve e...sì, vado".
Evviva, pensò Kurt senza
entusiasmo. Sono un idiota. Non che
dovessi invitarlo a fare la doccia con me, per carità, però potrei anche
comportarmi meno da ragazzina. Oh, mio dio, non mi toglierò più l'immagine di
Blaine sotto la docia dallla testa. Stupido. Stupido, Kurt.
Fece un passo avanti per oltrepassare Blaine e andare in bagno
ad affogarsi nella vasca - che non avevano; forse
poteva accontentarsi del water - ma la mano calda dell'altro si posò sul suo
braccio con delicatezza, fermandolo. Kurt alzò su di lui lo sguardo incuriosito,
indeciso se inarcare o meno un sopracciglio per esternare la sorpresa, ma Blaine
si limitò a sollevare un angolo della bocca in un sorriso sghembo; poi, senza
alcun preavviso - o forse fu il fatto che Kurt gli sorrise timidamente di
rimando - la mano di Blaine si spostò dal suo braccio al suo fianco ed infine
alla sua schiena e Kurt si ritrovò ad affondare nel suo abbraccio, premuto
delicatamente contro il suo petto.
Kurt impiegò solo un secondo a realizzare cosa stava
succedendo e lasciarsi andare: si sciolse tra le braccia di Blaine, assaporando
con una capriola allo stomaco quella magnifica esperienza che era abbracciare
Blaine Anderson.
Il ragazzo appoggiò il mento alla sua spalla, sospirando
leggermente, e Kurt percepì il suo petto alzarsi ed abbassarsi quando prese
aria. Il cuore di Blaine batteva contro la sua maglietta, all'altezza dello
sterno di Kurt, e il controtenore sentì le farfalle allo stomaco
quando gli giunse all'orecchio la voce di Blaine, attutita dal fatto che
la sua mascella - oh dio - fosse
realmente premuta contro l'incavo tra il collo e la spalla.
"Grazie per ieri sera" mormorò Blaine con voce
tranquilla. "Per essere rimasto."
Kurt lo strinse di rimando, premendo la guancia contro un lato
del suo viso e ridacchiando vagamente. Non era un suono nervoso, anzi. Ora che
si trovava tra le braccia di Blaine si sentiva tranquillo. Finalmente a casa.
Con Dave non era mai successo.
"Sono contento di averlo fatto" rispose in un
sussurro, cercando di trasmettere comunque a Blaine tutto ciò che stava
rimanendo non detto tra loro. Avrebbe tanto voluto guardarlo negli occhi ma ehi, anche così andava bene. Non si
sarebbe certo lamentato. "Davvero".
"Siamo ok, allora?" chiese Blaine in tono
speranzoso, come se temesse che la luce del giorno potesse aver fatto cambiare
idea a Kurt sul suo conto. Come se fosse
possibile.
Kurt sapeva cosa nascondeva quella domanda in realtà, ed era
contento che uno di loro due l'avesse posta: Blaine stava domandando se era
tutto a posto tra loro, se stavano ricominciando da capo e allo stesso tempo
riprendendo da dove si erano fermati.
"Sì" rispose aggrappandosi un po' di più alle spalle
di Blaine. "Direi di sì".
Sciolsero l'abbraccio lentamente, entrambi restii a staccarsi.
"Vado" disse Kurt passandosi una mano tra i capelli.
Si vedono così tanto le guance rosse?
Blaine gli lanciò il più raggiante dei sorrisi.
"Ti va di fare colazione fuori, dopo?" propose
abbassando gli occhi. "Conosco un posto carino e non troppo rumoroso a tre
isolati da qui che fa dei nonfat mocha da paura."
Uscire. Appuntamento per
colazione. Mi sta chiedendo un appuntamento per colazione?
"Mi stai chiedendo un appuntameno per colazione?" si
lasciò sfuggire prima di potersi fermare - o prendere a padellate in testa. Oh, mio Dio, Kurt.Ti sei bevuto il cervello?
"Uhm" commentò, boccheggiando lievemente senza
sapere cosa dire. Ma Blaine, come al solito, sorrise ancora di più.
"Mi stai dicendo di sì?" scherzò Blaine con un
ghigno sospetto sulle labbra e - oh santo
cielo, mi ha appena fatto l'occhiolino. Non puoi essere reale, Blaine. Non
puoi.
"S-sì" esalò Kurt. Oh mio dio, sì. Si schiarì la voce e cercò di darsi un contegno.
"Cioè, va bene. Bella. Uhm. Vado ad affogarmi, eh? Sono un macello"
Lo so che pensi che io
sia un imbranato, sai? Oddio, sono un disastro.
"In realtà" esordì Blaine con un sorriso sincero.
"Io ti trovo adorabile."
No. No, non sei affatto reale.
*
Kurt era seduto da circa dieci minuti su una delle poltrone,
intento a mandare un messaggio a Rachel con la promessa di un'email che avrebbe
spiegato tutto - visto che su skype non potevano parlare, perché beh, ecco, lui
e Blaine vivevano insieme.
Il sopracitato ragazzo era chiuso in bagno da almeno quindici
minuti e Kurt ne aveva approfittato per raccogliere le idee e cercare di
mantenere un certo contegno. Infatti non riusciva a
smettere di sorridere come se Versace l'avesse nominato suo erede universale e
si era persino spalmato su letto di Blaine, constatando quanto fosse più morbido e quanto
piacevole fosse l'odore di Blaine mschiato a quello del bucato. Quando si era reso conto di quanto
maniacale suonasse tutto ciò si era costretto sulla poltrona e non si era più
mosso da lì ed ora stava aspettando che Blaine venisse fuori dal bagno, sperando
febbrilmente che l'outfit che aveva scelto accuratamente, un paio di pantaloni
bianchi aderenti e una camicia, fossero adatti.
La porta del bagno si aprì con un cigolio e finalmente emerse
Blaine, cosa che portò Kurt a trattere il fiato e rimanere a fissarlo di nuovo
con sguardo incantato.
Indossava un semplicissimo paio di jeans ed una maglietta con
scollo a V, che naturalmente era verde e risaltava quella sfumatura color smeraldo
nei suoi occhi, e i capelli erano quasi privi di gel - o meglio erano meno
ingellati di quanto Kurt avesse mai visto - ed era assolutamente meraviglioso
mente si dondolava vicino alla porta, reggendo l'occhiata famelica di Kurt.
"Scusa, ci ho messo una vita" disse Blaine iniziando
a girare per la stanza in cerca di qualcosa. Frugò nel suo borsone e tirò fuori
dalle tasche della giacca una copia delle chiavi della loro stanza. "Ok, sono
pronto".
"Porti meno gel" gli fece notare Kurt mentre uscvano
fianco a fianco, richiudendosi la porta alle spalle. "Stai bene così".
Ok, Kurt. Sei riuscito a
fargli un complimento. Fantastico. Un passetto per volta. Non guardare le sue
labbra e andrà tutto bene.
Kurt notò con la coda dell'occhio che le guance di Blaine si erano
tinte appena di rosso alle sue parole e decise che adorava far imbarazzare Blaine
con un complimento forse quanto adorava i suoi occhi.
"Grazie" rispose Blaine svoltando a destra in
direzione della Reception. "Allora, qual è il piano? Colazione e...?"
C'è un post-colazione?
Ok, manteniamo la calma.
"Che ne dici di fare un giro per New York, dopo? Cerchiamo
un market e facciamo un po' di spesa, magari, visto che dobbiamo cucinarci da
soli e no, non ti farò ordinare cinese tutte le sere, Blaine, non guardarm
così, e-"
"Kurt Hummel, dove diavolo eri finito?"
La voce familiarmente squillante di Amy lo fece sobbalzare e
sia lui che Blaine si voltarono di scatto per ritrovarsi davanti la nipote di
Carmen Tibideaux, armata di cucchiaino sporco di quella che assomigliava spaventosamente a Nutella e con
un'espressione arrabbiata che li fece indietreggiare entrambi di un passo.
Amy marciò verso di loro fino a trovarsi ad una spanna dal
petto di Kurt. Gli puntò il cucchiaino contro e gli lanciò un'occhiataccia.
"Ieri mi hai fatto venire un infarto! Si può sapere dove sei stato? E
perché accidenti sei scappato dalla NYADA come se fossi inseguito da un piatto
di carboidrati?"
Kurt assunse l'aria più colpevole, dispiaciuta e contrita che
gli riuscisse. "M dispiace" disse sinceramente. "È
successo-" lanciò uno sguardo a Blaine, che osservava Amy con aria
curiosa, prima di continuare. "Ti racconterò, promesso. A cena?"
Amy spostò lo sguardo sospettoso da lui a Blaine, ignorando
momentaneamente la proposta di Kurt.
"C'entri tu, non è vero? Prega di non averlo infastidito,
perché è il mio protetto e lo rimpiangeresti un sacco, hobbit".
"Amy!" la rimproverò Kurt, battendosi mentalmente
una mano in fronte. Ci mancava solo la
reincarnazione di Santana.
Blaine non perse l'aria tranquilla e curiosa, abbagliando Amy
con il migliore dei suoi sorrisi.
"Nossignora.
Cioè, sì, c'entro, ma...in modo positivo. Spero." lanciò
un'occhiata dubbiosa a Kurt, improvvisamente insicuro, e il controtenore decise
di porre fine a quell'imbarazzante incontro.
"Molto positivo" disse velocemente per evitare lo
scoppio di disordini civili. "Che ne dite di fare cena insieme, allora?
Amy, lui è Blaine. Blaine, Amy."
"Vada per la cena" disse la ragazza, ancora intenta
a guardar male Blaine, che invece sorrideva angelicamente. "Oggi arriva
Ellie, la mia coinquilina, e devi assolutamente conoscerla, Kurt."
"È Nutella, quella?" chiese invece Blaine ad Amy,
indicando il cucchiaino che ancora spostava tra loro due a mo' di arma.
Amy gli lanciò uno sguardo sospettoso. "Stai lontano
dalla mia Nutella, Frodo" brontolò nascondendo il cucchiaino dietro alla
schiena.
Ma certo, pensò Kurt
con disperazione. Con chi altro Blaine avrebbe potuto contendersi i cibo
spazzatura, dopotutto?
"Ok, noi andiamo" esclamò, afferrando la mano di Blaine
e trascinandolo verso l'uscita. "A stasera, Amy. Fai la brava e mettiti
qualcosa di decente."
"È stato un piacere conoscerti!" esclamò Blaine
ghignando vagamente e salutandola con la mano.
Una volta fuori dalla NYADA - e arrivati dall'altra parte del
marciapiede, per sicurezza - Kurt si voltò verso Blaine, che aveva iniziato a
ridere a crepapelle, e disse: "Non pensare di sfuggire alla cena di
stasera, perché vieni anche tu".
"Va bene, va bene" disse Blaine tra le risate.
"Ora però andiamo a mettere qualcosa nello stomaco, sto morendo di
fame" .
Strinse la presa sulla sua mano - davvero erano stati mano
nella mano per tutto quel tempo? - e iniziò a camminare verso sinistra,
trascinandosi Kurt dietro.
"Vedrai, ti piacerà da matti".
*
Se a Kurt, un anno prima, avessero detto che sarebbe entrato
in un bar di New York per fare colazione mano nella mano con un ragazzo - un
ragazzo veramete carino - non ci avrebbe di cetto creduto.
Peccato che fosse esattamente quello che stava succedendo; il
Cosmopolitan era una tavola calda davvero carina, che gli ricordava un po' il Lima
Bean, e soprattutto i cinque clienti seduti ai tavolini non avevano fatto una
piega di fronte a due giovani ragazzi mano nella mano che erano appena entrati.
Potrei persino baciare
Blaine nel bel mezzo del locale e nessuno direbbe niente, pensò Kurt. La
constatazione lo rese giusto un po' più euforico.
Si sedettero ad un tavolino con un'adorabile tovaglietta a
fiori e Kurt ne sfiorò il bordo con la punta delle dita prima di domandare
qualcosa che si chiedeva, in effetti, dalla sera prima.
"Posso farti una domanda?" esordì, cercando lo
sguardo di Blaine.
"Certo" disse il ragazzo, sporgendosi in avanti e
appoggiandosi con i gomiti sul tavolo.
"Non vorrei sembrare invadente, sono solo curioso,
ma-"
"Kurt". Blaine gli lanciò un'occhiata di rimprovero.
"Abbiamo già superato la fase 'sono restio a fare domande' ieri sera,
ricordi? Puoi chiedermi qualsiasi cosa, ok? Mi piacerebbe, se sapessi tutto di
me".
Kurt arrossì vistosamente, perché beh, quello riduceva di molto il confine che c'era tra loro e la
cosa non gli dispiaceva affatto.
"Mi domandavo dove fossi stato fino a che non sei
arrivato alla NYADA, visto che beh, a New York ci siamo arrivati insieme"
chiese timidamente.
Blaine ridacchiò e si grattò una guancia."Giusto, non te
l'ho detto. Sono stato a casa di due vecchi Warblers, Nick e Jeff". Fece
una pausa per indicare i bracciali con i due nomi. "Tra l'altro Jeff lavora
qui, ma oggi è il suo giorno libero. Peccato, perché lo adoreresti".
Vuole presentarmi i suoi
amici. Perché è così adorabile?
"Comunque" riprese Blaine con un gesto blando della
mano. "Ho sostenuto un provino per una parte in West Side Story a
Broadway".
"Oh mio dio" esclamò Kurt spalancando gli occhi.
"Davvero?"
Imbroglione, lo
rimproverò Sue dai meandri della sua testa.
Ehi, protestò Kurt. Non sapevo che fosse West Side Story!
"Cavolo, Blaine, è magnifico!" disse prendendogli la
mano per stringerla nelle sue. "Quando saprai i risultati?"
"Tra tre settimane" rispose Blaine con un mezzo sorriso.
"Non mi hanno preso di sicuro, ma ehi, vedremo."
"Sono più agitato io di te" scherzò Kurt,
ringraziando la cameriera per il caffé che gli porgeva. “Ci aspettano delle tre
settimane estenuanti. A partire da oggi, mi sa. A proposito, cosa hai intenzione di metterti per cena?"
Blaine lo guardò per un istante prima
di scuotere la testa e ridacchiare. “Ti adoro, lo sai?”
Oh, pensò Kurt facendo
cadere lo sguardo sulle labbra di Blaine. Anche
io.
Note dell'Autrice
Di nuovo in punto di morte pubblico il capitolo. Lo so che è
corto, ma non disperate! Il prossimo arriverà sabato!
Kurt e
Blaine passarono il resto della mattinata a chiacchierare e a raccontarsi a
vicenda dei vari provini ai quali avevano partecipato – decisamente più Blaine
di Kurt – quando al controtenore venne in mente una
cosa che aveva dimenticato di domandare a Blaine la sera prima.
“Ora che ci
penso” esordì mentre Blaine giocherellava con i
rimasugli di caffè sul fondo della sua tazza. “Se ti prendono per il provino-“
“Cosa che
non succederà mai” lo interruppe Blaine, alzando lo sguardo con un sorriso un
po’ triste. “C’erano ragazzi con il doppio della mia esperienza, perché dovrebbero prendereme?”
“Ci vuole un
po’ di ottimismo” lo riprese Kurt, scuotendo la testa vigorosamente.
Figuriamoci,
lo prendono sicuro,pensò con un pelo di invidia. Lui è
così...così...Blaine.
“Però mi
domandavo…come farai a conciliare le prove di West
Side Story con gli orari della NYADA? Le lezioni saranno distruttive, non è un
po’ troppo da reggere?”
Blaine gli
lanciò un’occhiata perplessa.
“Beh, il
programma della NYADA assicura orari flessibili da concordare in Segreteria,
naturalmente presentando dei documenti, per casi come il mio – che non sono
nemmeno rari, tra parentesi, da quello che ho sentito" rispose con
un'alzata di spalle. "È tutto scritto sul sito.”
“Oh” fece
Kurt facendosi improvvisamente pensieroso. Ma certo, come aveva fatto a non
pensarci prima?
Non ho
spulciato molto bene il sito, in realtà” confessò con un pelo di vergogna
dandosi mentalmente dell'irresponsabile. “Ha fatto tutto Rachel per poi vomitarmi
addosso tutte le informazioni ininterrottamente,
giorno e notte”.
Quella sì
che era stata un’impresa: sopportare Rachel Berry e i
suoi seminari sulla NYADA.
“Rachel la solista?” domandò Blaine con curiosità,
spazzolando via un po' di briciole dal tavolo. “Ha fatto anche lei il provino
per l’Accademia e-”
“E non è
stata presa" completò per lui Kurt con aria mesta. “Ora dirige il Glee
Club del McKinley, mi pare di avertelo raccontato in
treno”.
“Sì, mi
ricordo” annuì l'altro sporgendosi appena verso di lui per osservarlo meglio in
viso.
“Ehi” disse
preoccupato Blaine, posando una mano sopra alla sua. Kurt rabbrividì
all'improvviso calore del contatto e alzò gli occhi in quelli di Blaine. “Sei
diventato triste. Succede ogni volta che parli di lei” gli fece notare.
Fece una
pausa, prima di domandare: “Ti manca?”
Kurt sospirò
pesantemente per cercare di scacciare il groppo in gola che gli veniva ogni
volta che pensava a Rachel e riabbassò lo sguardo, sfiorando con la punta delle
dita della mano libera il bordo di ceramica della sua tazza.
“Sì” disse
infine.”Ma non è solo quello, io…”
Come poteva
spiegare a Blaine il suo legame con Rachel in poche parole? Come poteva fargli
capirequantosi sentisse
in colpa?
“Lei era
sicura di ottenere l’assolo per le Nazionali”.
Blaine stava
ascoltando attentamente, senza spostare la mano dalla sua. “Dopo il nostro
primo provino per la NYADA
ha invitato Carmen Tibideaux a vederla, ma l’assolo
l’ho ottenuto io.”
In effetti faceva
ancora un po’ fatica a mettere insieme tutti i pezzi del racconto di Blaine.
Chissà, magari col tempo gli sarebbe venuto del tutto naturale. Per ora doveva
limitarsi ad arrossire ogni volta.
“Scusa, non
volevo interromperti. Continua”.
“Beh, ho
avuto io la parte da solista perché il professor Shue
voleva mettere in mostra l’unico controtenore che aveva”.
Kurt fece
una lunga pausa, socchiudendo gli occhi quando Blaine
iniziò a strofinare lentamente il pollice sul dorso della sua mano nel
tentativo di confortarlo un po’. I polpastrelli ruvidi che scivolavano sulla
sua pelle sembravano risvegliare tutte le terminazioni nervose che possedesse e ben presto si ritrovò a doversi concentrare per
non far tremare la mano.
Come
riusciva Blaine a farlo sentirecosìcon un semplice tocco?
“Mi sento
come se- come se fosse colpa mia, Blaine" esalò alla fine a voce bassa.
"Ècolpa mia se non è
stata presa alla NYADA, perché Carmen Tibideaux era
venuta per vedere lei, ma ha trovato me sul palco. E ha presome”.
Blaine gli
strinse forte la mano, intrecciando le dita con le sue.
“Ehi” disse,
cercando il suo sguardo con gli occhi. “Kurt, tu-“ esitò, forse indeciso se
dire o meno ciò che pensava. Alla fine sembrò optare
per esternare quello che gli passava per la testa, a giudicare dal suo sguardo
deciso. “Capisco perché la pensi così, davvero, ma tu hai una vocestraordinaria. Ti
avrebbero preso lo stesso, con o senza assolo alle Nazionali, e tu lo sai. E
sono sicuro che lo sa anche Rachel”.
Kurt alzò lo
sguardo su Blaine e gli sorrise lievemente.
“Grazie”
mormorò, scrutando il viso di Blaine. Come faceva ad essere così perfetto?
“Ho solo
detto la verità”.
Ci fu un
momento di silenzio durante il quale si osservarono attentamente e a Kurt cadde
l’occhio sulle loro mani, ancora intrecciate.
Poi lo
stomaco di Blaine brontolò, rompendo l'atmosfera ma permettendo a Kurt di
innamorarsi giusto un altro po' di lui.
“Non è
possibile”. Kurt iniziò a ridacchiare, trascinando con sé anche Blaine. “Dai,
ma hai sempre fame?”
“Ehi!Guarda
che è quasi ora di pranzo!" cercò di giustificarsi Blaine, alzando le mani
in aria. "E poi non è colpa mia se sono piccolo econcentratoe ho bisogno di energie”.
Non ridere,
Kurt. Non ridere.
“Stai
ridendo di me?” domandò Blaine con finto tono oltraggiato
quando Kurt diventò viola nel tentativo di trattenere le risate. “Ok,
sono ufficialmente offeso”. Incrociò le braccia al petto con un’espressione a
metà tra una smorfia e un sorriso malizioso.
“Ehi, ehi,
no, ok, scusa!” esclamò Kurt quasi senza fiato. Prese un respiro profondo per
calmarsi e lanciò un’occhiata giocosa a Blaine.
“Cosa posso
fare per farmi perdonare?”
Il sorriso
malizioso di Blaine si allargò e Kurt deglutì quando
realizzò quando fosse ambigua la sua frase.
Rispondi
‘Baciami’ e ti sposo, Anderson.
“Beh” fece
Blaine passandosi la mano lungo la mascella con una finta aria pensierosa. “Ci
sarebbe questo Sushi Bar a meno di un isolato da qui…”
Come
non detto.
Kurt era
sicuro che la faccia sconvolta di Blaine fosse appena diventata una delle sue
cose preferitein assoluto.
“Ok, dove
hai imparato a tenere le bacchette così bene?”
Lo sguardo
invidioso e sorpreso che gli stava lanciando il ragazzo riccio in quel momento
era imperdibile e Kurt si adoperò per stamparselo ben
bene in testa.
“Una delle
numerosissime doti naturali, Blaine. Dì la verità, non te l’aspettavi
quando hai proposto di mangiare Sushi” gli rispose canzonatorio,
sventolando la mano che reggeva le bacchette perfettamente sotto al suo naso.
Blaine gli lanciò un’occhiata torva, voltandosi per cercare di nascondere il
fatto che in realtà stava sorridendo.
Adorabile,pensò Kurt. Avrebbe volentieri passato il resto dei suoi
giorni con le bacchette in mano, se questo significava
che Blaine avrebbe avuto sempre quell'espressione.
Potrei
vomitare, commentò
Sue con una smorfia.
“E cos’altro
sapresti fare, sentiamo?" lo canzonò Blaine, esaminando il suo piatto di
zuppa di alghe. "Parlare giapponese?”
“Arigatoo” rispose Kurt alla cameriera, appena
arrivata a portare loro delwasabisu
un piattino.
Gli occhi
dorati di Blaine ormai avevano raggiunto la dimensione di due mandarini e
saettavano dal sorriso malizioso di Kurt – che continuava a domandarsi se fosse il caso di cercare il cadavere del cucciolo di
pinguino da qualche parte, visto che si stava comportando in modo piuttosto
malizioso enon era da lui– alla povera donna in kimono che,
sorpresa e lusingata, stava facendo un profondo inchino.
“Non è possibile”
mormorò Blaine tra sé, alzando le spalle con aria sconfitta. "Tutta
fortuna".
“Non vorrei
sembrarti presuntuoso, ma ehi, so anche cucinare
discretamente Sushi, con gli strumenti adatti”.
Blaine batté
le palpebre un paio di volte, prima di guardarlo negli occhi e dire, con l’aria
più seria che Kurt gli avesse mai visto: “Ok, sei
l’uomo della mia vita”.
Non puoi
dire queste cose e pretendere che io non ti salti addosso nel bel mezzo di un
ristorante giapponese. Sei un terrorista, ecco cosa sei.
Se continuavano a provocarsi così a vicenda, avrebbero fatto
saltare per aria mezza New York, poco ma sicuro.
“Mi sento
particolarmente patetico, adesso. Questicosi– ed indicò le bacchette – sono arnesi
del demonio”
Kurt rise e
si avvicinò appena per aiutarlo a tenere correttamente le bacchette. Ok,
stavano flirtando, vero?Oddio,
stavano flirtando.
“Non è
giusto” insistette Blaine quando riuscì a tenere nella
maniera giusta i due bastoncini di legno. Kurt lasciò la sua mano e la
sensazione di calore che l'aveva avvolto quando aveva
iniziato il contatto scomparve, lasciandolo un po' più vuoto.
“Sembro
comunque paraplegico" si lamentò Blaine. "Pretendo di sapere qualcosa
di imbarazzante su di te per compensare”.
Kurt sorrise
e alzò le spalle.
“Mai. Non esistono cose imbarazzanti su di me e se sono mai esistite ho
cancellato le prove e mi sono sbarazzato dei testimoni. Io sono Kurt Hummel”
disse scherzosamente, puntando contro di lui unonigiriinzuppato di wasabi. “Erede naturale di Lady Gaga,
l’unico essere umano in grado di organizzare unaBarbraventionin un centro commerciale dell’Ohio e
uscirne illeso”.
Blaine
rimase in silenzio per un attimo e Kurt ne approfittò per portarsi alla bocca
le bacchette con il suo pezzo di sushi, in attesa di
una risposta.
Poi Blaine
ghignò ed arrossì contemporaneamente, con l’espressione di chi sa di star per fare tombola al bingo
per anziani.
“Io ho fatto
una serenata al commesso di GAP, a sedici anni”.
A Kurt andò
semplicemente di traverso il salmone.
*
“Per la
centesima volta, Blaine” stava dicendo Kurt in quel momento, brandendo contro
di lui il portamonete a mo’ di mazza ferrata. Erano appena usciti dal Sushi Bar
e si erano incamminati verso il loro quartiere in cerca di un supermercato dove
fare un po’ di spesa. “Non c’era bisogno che mi placcassi stilewrestlerper pagarmi il pranzo”.
“Zitto” gli
rispose Blaine lanciandogli un’occhiata divertita per il battibecco fin troppo flirtoso, a giudicare dal modo in cui erano vicini e le
loro spalle si toccavano. “Ti ho chiesto io di uscire,quinditi pago il pranzo, visto che non
mi hai lasciato pagare la colazione. Peggio, hai aspettato che andassi in bagno
e l’hai pagata tu a tradimento”.
“Ma ho
propostoioil pranzo!” ribatté Kurt inarcando un
sopracciglio e riponendo il portafogli nella tracolla.
“Maioho scelto il ristorante!”
“Manon ha senso!”
Continuarono
su questa linea per un altro centinaio di metri, mentre i passanti non si
curavano di loro e il caos di New York si rivelava in tutto il suo splendore.
“La prossima
volta ti offrirò la cena” si arrese alla fine Kurt, dando una spallata
amichevole a Blaine. Il ragazzo riccio si appoggiò contro di lui e scosse la
testa con fare rassegnato. Il contatto tra loro mandò i brividi lungo la spina
dorsale di Kurt, e il suo cuore perse un paio di battiti
quando la mano di Blaine scivolò esitante nella sua.
Kurt alzò lo
sguardo stupito su di lui e Blaine fece per ritirare la mano, ma lui la strinse
più forte per fargli capire che erapiù
che oke il braccio di Blaine
si rilassò.
Meglio di
così non poteva davvero andare.
“Sono
contento che ci sarà una prossima volta” disse Blaine e Kurt quasi sfiorò
l’autocombustione.
“Sì, beh,
l’idea era quella”.
Blaine lo
abbagliò con il suo solito sorriso e Kurt stava per dire qualcos’altro quando il suo telefono prese a squillare.
Lo estrasse
velocemente dalla tasca e inorridì quando lesse il
nome lampeggiante sul display.
Con la
faccia di un condannato a morte fece un cenno a Blaine e rallentò il passo,
portandosi il cellulare all’orecchio, non prima di aver premuto il tasto di
risposta alla chiamata.
Un secondo
dopo la voce di Rachel Berry uscì fuori talmente
forte da perforargli il timpano permanentemente.
“Kurt
Elizabeth Hummel!”
Sì, va
bene. Albus PercivalWulfric
Brian Silente,brontolò mentalmente preparandosi alla sfuriata.
“Comeosimandarmi un messaggio con scritto ‘Va
tutto bene, Rachel, ti spiegherò tutto ma ora non
posso parlare via Skype perché sai, vivo con
Blaine.’? Come sarebbe,vivo
con Blaine?!”
Kurt prese
un respiro profondo e avvampò, sperando che il sopracitato
ragazzo non fosse in grado di sentire i toni soavi di Rachel, che non era un soprano a caso.
“Rachel,
quale parte dinon posso
parlare adessonon hai
recepito?”
“Me ne
frego, Hummel! Io e Carole vogliamo sapere!”
Ah, c'era lo
zampino della sua Matrigna!
“Non ho nessunissima intenzione di parlare di-“
“Stronzate. Sputa il rospo, ragazzo. Èsuccesso qualcosa tra
di voi?” lo interruppe Rachel con voce ferma.
Sì, sputa
il rospo, Porcellana, lo canzonò Sue.Ti sfido a raccontarle davanti a
Blaine che gli sei praticamente saltato addosso non appena l'hai rivisto.
Oddio, pensò Kurt in uno sprazzo di follia.Ma l'ho fatto davvero!
Kurt sapeva
che non aveva motivo di mentire, soprattutto se poi avrebbe dovuto dirle la
verità in ogni caso, così prese un bel respiro prima
di rispondere, premurandosi di lanciare un'occhiata a Blaine che in quel
momento stava facendo del suo meglio per far finta di non star ascoltando.
“Sì” disse
semplicemente, sperando che Rachel capisseperchénon poteva parlare in quel preciso
momento.
“Oh mio- Oh
mio dio! Chi sei andato a letto? Ma prima dovevi- il Tony-“
“Cos-No!Sei impazzita?”.
“Beh” si
giustificò Rachel, un po’ più calma. “Ho cercato le foto sul loro annuario –
non fare domande e non ti mentirò – ed è veramente carino! E sexy! Ho sempre
voluto dei figli euroasiatici!”
Kurt si
fermò di botto, lanciando un'occhiata disperata a Blaine, che si limitò a
sorridergli innocentemente.
Oh sì, stava
ascoltando tutto, il bastardo.
Quando però
Kurt realizzò anche cos'aveva detto Rachel - figli? Euroasiatici? - perse la pazienza.
“Tu sei
pazza" le disse senza tante cerimonie. "E non hail’equipaggiamentoadatto, Rachel”.Per rubarmi il ragazzo dei miei
sogni, aggiunse mentalmente.Perché
Blaine è - fortunatamente - gay.
“Sì
invece" rispose lei stizzita, con voce sapiente. "E si chiamautero. E ti servirà
quando vorrai un surrogato”.
Un surro- aspetta, cosa?
“Sto per
avere un infarto” pigolò con voce flebile, passandosi una mano sulla faccia. Il
sorriso di Blaine si incrinò un po' e il ragazzo lo osservò attentamente, come
se temesse che stesse per svenire da un momento all'altro.
In effetti Kurt era
certo di essere sbiancato e di non sentirsi affatto bene.
“Sai che
sarò la madre biologica dei tuoi figli, vero?” aggiunse Rachel con noncuranza,
come se passasse le giornate a pianificare il momento
in cui avrebbe tenuto in grembo il figlio del suo migliore amicogay.
Il pensiero
gli fece diventare le gambe come gelatina, perché se era gay un motivoc'era, e includeva anche il non
dover avere figli con Rachel Berry.
“Oh mio dio” disse senza fiato.
“Kurt, ti
senti bene?” sussurrò quasi preoccupato Blaine, vedendolo impallidire.
Sfortunatamente,
Rachel lo sentì.
“Oh, è lui?”
cinguettò tutta contenta. “Ha una voce meravigliosa! Pensa a che voce avranno i
nostri figli! Siete insieme?”
“Rachel”
disse Kurt con un tono che voleva essere minaccioso o qualcosa di simile, ma
venne fuori solo tremante.
“Kurt”
rispose lei con tono innocente.
“Rachel”
“Kurt?”
“Ok, per
l’amor di dio,ok!
Basta! Sì, è qui!" esplose Kurt, cercando di tenere comunque la voce bassa
per non spaventare Blaine - che in realtà oraghignava- e tutti i passanti. "E no,
Rachel, non sarai la madre dei miei figli. Il folle gene della tua discendenza
ebraica morirà soffocato dai geni goffi di Finn e per nessun motivo al mondo
mischierò il mio pool genetico con il tuo”.
“Ne
riparleremo” disse testardamente Rachel, come se fosse normale proporsi come madre surrogato. Per i suoi figli.Con Blaine.“Vado a raccontare queste scialbe,
insipide e deludenti informazioni a Carole e Mercedes,
ma sappi che voglio un resoconto completo di tutta la storia nella mia casella
mail entro ventiquattro ore, o piomberò a New York e tu sarai un controtenore
morto”.
“Sì,mamma”.
“E Kurt?”
“Mhm?”
“Voglio i
dettagli sconci”.
“Non ci sono
dettagli sconci, Rachel!”
“Ehi, chi è
che cerca i dettagli sconci?” ghignò Blaine da sopra
la sua spalla.
Rachel
squittì di nuovo – cos’era, un criceto? Uno
scoiattolo? Una maledettissimacavia
da laboratorio? Ok, Kurt sentiva di star perdendo la lucidità – e chiuse la
chiamata, lasciandolo come un idiota a rimuginare su uteri, dettagli
compromettenti e roditori di piccola taglia.
“Allora?”
Kurt avvampò
e si coprì il viso con le mani prima di rispondere, sbirciando tra le dita il
sorriso divertito e rilassato di Blaine.
“Rachel”
disse semplicemente, sperando che capisse.
“Oh” disse infatti Blaine. “Sembra un tipo difficile da gestire. Mi
sono perso, perché vuole essere la madre biologica dei tuoi figli?”
“Ti prego”
pigolò Kurt strizzando gli occhi e riprendendo a camminare. Blaine prese
agilmente possesso della sua mano ancora una volta e Kurt pensò che
probabilmente non si sarebbe mai abituato all'esplosione nucleare che scatenava
nel suo petto ogni volta che lo toccava. “Ho bisogno di comprare cibo
vegetariano per dimenticare che la mia migliore amica ha proposto il suo utero
e metà dei suoi geni per crescere un bambino”.
Blaine
ridacchiò, poi si voltò verso di lui e gli tirò delicatamente il braccio per
attirare la sua attenzione. Kurt si voltò verso di lui e si trovò davanti due
occhi dorati spalancati ed un’espressione da cucciolo abbandonato che avrebbe
sciolto persino Sue Sylvester.
Non
esageriamo, Porcellana.
“D’accordo”
acconsentì allora. “Cibo vegetarianoequalche schifezza per te. Ora andiamo,
prima che supplichi il marciapiede di aprirsi in una voragine e risucchiarmi.”
*
Fare la
spesa al supermercato con Blaine Anderson si rivelò più divertente del
previsto. Kurt cercò di convincerlo in tutti i modi a non infilare nel carrello
qualsiasi cosa gli passasse tra le mani - tra cui
quindi degli stuzzicadenti piramidali a forma di sirena, un set di saponette
che profumavano di pino selvatico ed uno scopino per il bagno con i pesciolini
- e iniziò ad istruirlo sull'avere una alimentazione varia che comprendesse
anche cose come verdure, che Blaine giurò e spergiurò di non aver mai mangiato
in vita sua, se non dentro unkebabo
un hamburger.
Ora si
trovavano in coda per la cassa, sfoggiando un carrello pieno di compromessi: un
pacco di patatine per un cestino di insalata, del burro per mezzo chilo di
zucchine, la marmellata a bassi contenuti di zuccheri e così via. L'unica cosa
su cui si erano trovati d'accordo senza dover scendere a trattativa era stato
un cestino di fragole. Kurt sospettava che Blaine avesse
abilmente omesso di aver intenzione di inzupparle in cioccolata, panna o
chissà cos'altro, ma non aveva prove per dimostrarlo, così fu costretto a
tacere.
“Sei sicuro
che funzionerà?” domandò Kurt con fare perplesso quando
finalmente fu il loro turno e iniziarono a passare i prodotti sulla cassa
automatica.
Blaine
sorrise e gli sventolò sotto il naso il barattolo di Nutella.
“È
un’offerta di pace. Fidati di me, iolo
so”.
"Non
avevo dubbi".
Vuole
corrompere Amy regalandole della Nutella.
Credo di amarlo.
“Comunque
stavo pensando che magari la prossima volta potremmo andare a mangiare in
qualche ristorante francese” propose Kurt ad un certo punto, alzando le spalle
per simulare noncuranza. Lanciò un'occhiata a Blaine e notò che aveva il viso
strizzato in una smorfia, che probabilmente non era dovuta
agli Yogurt al limone che aveva tra le mani. O forse sì?
Cos'ho
detto di sbagliato? Oh, magari non vuole...e io...cavolo.
“Non lo so”
disse il ragazzo riccio, passandosi una mano sulla nuca con fare imbarazzato.
“L’ultima volta ho avuto una brutta esperienza con leEscargot.”
Ah.
Allora il problema non sono io, ma il cibo francese.
“Sono
lumache” gli fece notare Kurt.
“Appunto.
Chi diavolo mangerebbe delle lumache?” borbottò Blaine
passandogli dal carrello il sacchetto di pisellini
surgelati.
“I
francesi?”
“Masono lumache!”
"Mi
passi le rape? E comunque possiamo sempre mangiare in un posto normale. Ocucinaree mangiare alla NYADA" disse
Kurt, iniziando a ridacchiare per via delle reazioni spropositate di Blaine.
"Suona
molto casalingo" commentò quello, studiando la scadenza del pomodoro in
scatola sul tappo del barattolo. Alzò gli occhi ambrati e gli fece
l'occhiolino. "Mi piace".
Anche a
me,pensò Kurt sognante.
Una volta
pagata la spesa - stavolta fecero davvero a metà, da bravicoinquilini- uscirono in strada sotto il sole del
pomeriggio, diretti alla NYADA.
Stavano
tranquillamente camminando per strada, sfortunatamente non mano nella mano a
causa delle borse della spesa, quando Blaine inchiodò di botto, alzando lo
sguardo sull'edificio di fronte a loro.
Kurt sbirciò
da sopra la sua spalla, incuriosito.
"Blaine,
cos-"
"Ehi,
ma quello è-" esclamò Blaine, bloccandosi e sollevando un sopracciglio. Poi
le sue labbra si distesero in un sorriso meraviglioso.
"Quello cosa?Chi?"domandò
Kurt, guardando bene Blaine in faccia per assicurarsi che non ci fossero
problemi o che non fosse del tutto impazzito.
Ma Blainesembravadel tutto impazzito, visto che un
secondo dopo era scattato in avanti affrettandosi verso l'entrata del palazzo
chiaro lì di fronte, lasciandolo con un semplice: "Corri!"
Quando Kurt
lo raggiunse - sfinito a causa delle borse della spesa - Blaine lo stava
aspettando sulla porta di una libreria, Shakespeare&Co,
con un sorriso compiaciuto in volto.
"Non ci
credo che non l'hai riconosciuta!" esclamò entrando. Kurt lo seguì e
salirono insieme una rampa di scale, mentre il suo cervello lavorava a
mille.
Cosa avrebbe
dovuto riconoscere, esattamente?
"Blaine, ma cos-"
"Aspetta"
Kurt si
bloccò, ridacchiando e lanciando un'occhiata perplessa a Blaine mentre quello
appoggiava vicino a lui le borse della spesa e si piazzava dietro di lui,
appoggiandogli le mani sulle spalle.
Non fece
nemmeno in tempo a rabbrividire per il contatto e il viso di Blaine così vicino
che quello gli sussurrò all'orecchio con fare cospiratorio: "Pss,Sally! C'è uno che ti fissa da
Psicanalisi e donne".
Ma cos-oh.
"Oh mio
dio, è - è lei?"
"La
libreria diHarry ti presento
Sally, dici? Eh già".
Blaine gli sorrise raggiante e andò ad appoggiarsi allo scaffale di
fronte a lui, estraendo Sessuologia Avanzata e facendo avvampare Kurt. Aprì il
libro a caso e fece un cenno a Kurt.
"Lo so
che la sai a memoria, Kurt.Dai"
lo supplicò.
"Oh mio
dio, è così...così...e va bene". Si prese un istante per osservare Blaine,
elegantemente appoggiato allo scaffale di legno, prima
di recitare a memoria la parte di Sally. "Lo conosco! Ti piacerebbe, è
sposato"
Blaine
ridacchiò, così Kurt tagliò la parte centrale e andò a qualche battuta
dopo.
"Un
uomo sgradevole" disse con tono annoiato. Blaine alzò gli occhi dal
libro e li fissò nei suoi. Kurt notò che brillavano di divertimento, malizia e
qualcos'altro. "Inoltre non mi riconosce mai" aggiunse,
consapevole di cosa sarebbe venuto dopo.
Infatti Blaine si
staccò dallo scaffale ed esclamò: "Sally!"
Un paio di
clienti si voltarono, perplessi, e Kurt ridacchiò.
"Ciao,
Harry!" disse Kurt fingendo un viso sorpreso e un po' scocciato.
"Mi
sembravi tu" rispose Blaine a memoria, avvicinandosi di un passo. Una
signora anziana dall'altra parte dello scaffale sorrise alla loro performance
improvvisata.Almenonon stavano cantando, considerati i precedenti penali di entrambi.
"Già"
"Come
stai?" domandò Blaine facendogli l'occhiolino ed avvicinandosi di un
altro passo.
"Bene"
rispose Kurt annuendo.
"E
come sta John?"
"Bene"
rispose allargando il sorriso quando Blaine arrivò
esattamente di fronte a lui. "Credo stia bene" aggiunse dopo
una pausa, con un tempismo perfetto.
Si fissarono
negli occhi per un istante per poi scoppiare a ridere e tornare alla realtà.
Mentre guardava Blaine ridere e piegarsi a prendere di nuovo le borse della
spesa Kurt desiderò ardentemente poterlo baciare.
Si piegò
sulle ginocchia per portarsi all'altezza di Blaine, che alzò il viso ancora
sorridente e piantò gli occhi dorati nei suoi. Stavolta Kurt si permise di
ammirarne ogni sfumatura, da quelle color nocciola a
quelle verdi, mentre Blaine sussurrava, vicinissimo: "Non simulerai un
orgasmo a cena, vero?"
"No"
mormorò Kurt, abbassando lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. "Vuoi
far prendere un infarto ad Amy?"
Non ce la
faccio più.
"Non sia ma-" iniziò a rispondere Blaine, ma non riuscì a
finire la frase, perché Kurt semplicementenon
ce la faceva più e si sporse in avanti, appoggiandogli una mano sulla
guancia prima di tirarlo verso di sé e posare le labbra sulle sue.
"Mpf" sussurrò Blaine sulla sua bocca. Kurt la
interpretò come una risata soffocata e fece scorrere le labbra su quelle
morbide del ragazzo per un altro paio di secondi prima di realizzare
che -
Sto
baciando Blaine.In una libreria. Con dei clienti.
Che stanno guardando.
Arrossì
violentemente e si tirò su di scatto insieme a Blaine. Si guardarono intorno preoccupati,
ma nessuno stava facendo caso a loro, ad eccezione di una ragazza allo scaffale
Fantasy e Manga, che li guardava con gli occhi a
forma di cuore, praticamente.
Non è
successo niente, pensò Kurt cercando di
trattenere l'urletto liberatorio che stava per sfuggirgli dalle labbra.
Blaine gli sorrise raggiante e non poté fare a meno di sentirsi più
completo che mai.
"Dì la verità" lo canzonò il ragazzo. Kurt notò che
aveva il fiato corto. "Ti piace baciarmi all'improvviso".
"Ci sto
prendendo gusto, sì" ammise Kurt, stupendosi di come quella risposta un
po' maliziosa fosse uscita dalle sue labbra senza il
minimo imbarazzo.
Aveva
baciato Blaine e non erano stati aggrediti, cacciati o additati! Dio, quanto
amava New York!
Blaine gli sorrise un'ultima volta prima di piegarsi a raccogliere
le sue borse e indicare con un cenno l'uscita.
"Non
credo che me ne lamenterò".
Oh,
Blaine. Dove sei stato, per tutta la mia vita?
*
Una volta tornati
alla NYADA - fortunatamente Amy non era di turno in Reception - impiegarono una buona mezz'ora per riporre la
spesa, visto che Blaine sembrava turbato e distratto dopo aver ricevuto per la
strada un messaggio da un misterioso mittente e continuava a mettere i piselli
congelati nel microonde spento anziché nel freezer.
Forse ha
avuto un problema a casa, o con i suoi genitori. Qualche parente che sta male,
magari? O forse gli mancano gli amici...
"Va
tutto bene?" gli chiese ad un certo punto Kurt, quando notò che Blaine, al
terzo messaggio ricevuto, si era accigliato e fissava il telefono come se
volesse incenerirlo. Da quando erano entrati in cucina avevano scambiato un
paio di parole, ma nulla di più.
Blaine alzò
gli occhi e si riscosse immediatamente, sorridendo. Solo che, notò Kurt, il suo
sorriso non gli illuminò gli occhi come al solito.
"Sì,
tutto bene" rispose alzando le spalle. Guardò Kurt per un altro istante,
poi sospirò ed indicò il telefono. "I miei migliori amici tendono ad
essere dei cretini, tutto qui".
Kurt ripose
l'ultimo yogurt in frigo e chiuse l'anta.
Oh.
Almeno non è niente di grave.
"C'è
qualcosa che posso fare per aiutarti?" propose mentre
tornavano in camera. Aprì la porta e buttò le chiavi sopra la scrivania all'angolo mentre Blaine ridacchiava leggermente, in apparenza
più rilassato.
"A meno
che tu non conosca metodi poco consoni per convincere Jeff
- e alzò il cellulare - che non è il caso di mandare un messaggio a Nick domandandogli 'ehi, hai una cotta per me?', allora
no".
"Una
botta in testa?" propose Kurt appoggiandosi al bordo della scrivania.
"Testa
dura"
"Togligli
il telefono"
"Glie
lo chiederebbe a voce"
"Mhm. Ok, mi arrendo" rise Kurt, alzando le mani al
cielo.
"Così
presto?" lo prese in giro Blaine avvicinandosi e appoggiandosi vicino a
lui. "Quanto sono cretini" aggiunse dopo aver risposto ad un altro
messaggio.
"Cos'è
successo tra loro, esattamente?" chiese Kurt incuriosito.
Blaine si
incupì, riponendo il telefono in tasca e borbottando 'idiota, l'ha fatto davvero'.
"In
realtà non è successo un bel niente" spiegò a Kurt dopo essersi tolto la
giacca ed averla appoggiata sulla poltrona lì di fianco. "Nick è innamorato di lui dal primo anno, ma sono sempre
stati migliori amici e Jeff non ha mai propriamente
espresso il suo amore per l'altra sponda, quindi Nick
non ha fatto un bel niente. Adesso Jeff si sveglia
con il sospetto che Nick possa effettivamente provare
qualcosa per lui, e che fa? Glie lo chiede! Bel modo di utilizzare il tuo
giorno libero, davvero".
"Quindi
Jeff non è gay?" domandò Kurt, ripensando alla
sua imbarazzante cotta per Finn.
Blaine si
appoggiò appena alla sua spalla e scosse la testa.
"Sì che
è gay. Solo che non crede nelle etichette,quindisi rifiuta di ammetterlo. So che
prova qualcosa per Nick,lo so"
Kurt sospirò
e Blaine lanciò un'occhiata fuori dalla finestra.
"Dovranno
cavarsela da soli, stavolta io non posso fare niente. A parte dire a Jeff che è un idiota e che se continua così farà solo
soffrire Nick".
Rimasero in
silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri. In particolare, Kurt si
stava domandando esattamentecosafossero lui e Blaine. Si erano
baciati - più di una volta, oh mio dio - ma non
stavano insieme. O sì?
Doveva
chiederglielo? Doveva aspettare che Blaine tirasse fuori l'argomento?
Doveva solo
continuare a baciarlo?
L'ultima
ipotesi è quella più entusiasmante, Faccia da Pizzichi, commentò Sue.Dacci
dentro.
"Vado a
farmi una doccia" disse Blaine dopo un po', spostandosi e sorridendo a
Kurt quasi maliziosamente.
Non posso
rispondere 'vengo anche io', vero?
Oh, mio
dio, pensò subito dopo.E questa da dove mi è uscita?
Kurt attese
di sentire il rumore dell'acqua della doccia prima di afferrare il portatile e
iniziare a scrivere una lunga email a Rachel, in cui
spiegava più o meno dettagliatamente quello che era successo - limitandosi ad
unl'ho baciato, invece
chegli sono saltato addosso,
con grande disappunto di Sue - e aveva quasi finito di scrivere
quando la porta del bagno si aprì con un cigolio sinistro e lui si
voltò.
Inutile dire
che quello che vide gli bloccò il respiro in gola e non riuscì nemmeno ad avere
la prontezza di riflessi - o la decenza - di distogliere lo sguardo.
Perché no,
non era possibile, eppure Blaine era appena entrato nella stanza che
condividevano con solo un asciugamano legato in vita, bagnato fradicio, con un
sorrisetto imbarazzato e sensuale insieme.
Kurt si
domandòcome fosse possibile che
un ragazzo potesse essere così - così - oh, non lo sapeva nemmeno lui, come.
Sapeva solo
che c'era Blaine mezzo nudo in camera, e che non era sicuro di essere psicologicamente
pronto per questo.
"Ho
dimenticato i vestiti" disse Blaine a voce bassa, come se si sentisse in
imbarazzo.
Kurt batté
le palpebre e si sforzò di alzare gli occhi sul suo viso - non poteva
continuare a fissargli gli addominali o le ossa sporgenti dei fianchi - e notò
distrattamente che Blaine era rosso in viso e si mordeva un labbro.
"Oh"
esalò distogliendo lo sguardo di botto per fissarsi le mani. "Uhm,
ok".
Non lo guardò mentre rovistava tra le sue cose, né quando imprecò
inciampando nella poltrona -ditemi
che non gli è cascato l'asciugamano, supplicò Kurt - ma diede una
sbirciatina nel momento in cui Blaine si voltò per tornarsene in bagno a
mettersi qualcosa addosso.
I suoi occhi
vagarono velocemente dai capelli bagnati alla schiena, altrettanto ricoperta di
gocce d'acqua che scivolavano fino a perdersi oltre il bordo dell'asciugamano -Kurt, non fissargli il sedere! Oh,
fossette! - ma si soffermò con un sussulto sulla cicatrice che solcava
i fianchi di Blaine da parte a parte, vecchia e con i bordi sbiaditi dal
tempo.
Un lampo a ciel sereno, letteralmente.
E, mentre
Blaine si chiudeva la porta alle spalle con delicatezza, Kurt non poté fare a
meno di domandarsi di nuovo come e perché Blaine avesse una ferita di quelle
dimensioni ad attraversargli la schiena.
*
La cena nella
cucina comune con Amy e la sua coinquilina, Ellie, trascorse tranquillamente dal momento in cui Blaine
- propriamente vestito, stavolta - sventolò il barattolo di Nutella
sotto il naso della nipote di Carmen Tibideaux con
gli occhi dorati luccicanti e il sorriso più convincente del suo repertorio.
Naturalmente
Amy capitolò subito a quella vista, anche se cercò di
non darlo a vedere borbottando: “Per stavolta passi, ma fai uno sgarro e ti
rispedisco nella contea”.
Lo sforzo
che stava facendo Blaine per farsi piacere dall’unica amica che Kurt aveva
trovato a New York era notevole e il controtenore finì per domandarsi fino a
che punto Blaine fosse in grado di farlo innamorare.
Quando il
ragazzo si sporse per toglierli una briciola dall’angolo
della bocca decise che non c’era di certo un limite. E se c’era, Blaine
era perfettamente in grado di superarlo.
Perché si
trattava di questo, in fondo. C’era questo ragazzo un po’ folle, stupendo e
dolce che – per quando suonasse incredibile nella sua
testa – era interessato a lui.
E Kurt era
stracotto sin dal primo istante in cui Blaine era piombato nel suo
scompartimento, che l’avesse fatto di proposito o meno. Perché Blaine non
sapeva che Kurt avrebbe frequentato la
NYADA e non sapeva di Dave e Sebastian e Kurt era certo che,
in un modo o nell’altro, Blaine sarebbe piombato nella sua vita lo stesso per
renderla meravigliosamente un casino.
Ehi, ma chi
era lui per lamentarsi?
Fu mentre sfiorava
il ginocchio di Blaine con il suo, durante la cena, che realizzò una cosa:
Blaine era cotto di lui. Lui era cotto di Blaine.
E allora cosa diavolo state aspettando, Porcellana?, strillò Sue. Quando
tornate in camera saltagli addosso, che è la tua specialità!
Note dell’Autrice
Ok,
sono una carogna e ne sono perfettamente consapevole.
Doveva
esserci anche il pezzo in cui andavano in camera ma
non l’ho messo perché lo metterò nel prossimo capitolo xD
Stavolta
sono un po’ più viva, quindi ne approfitto per dirvi che il 24 luglio parto per
andare tre settimane a lavorare a Dublino e tornerò il 15 agosto.
No,
mettete via le accette, non vi lascio senza capitoli! :D
:D
Pubblicherà
la mia fidata Ilaryf90 dal mio account, visto che le lascerò i capitoli. Tra l’altro
quelli particolarmente…mhm, arancioni?
XD
Ok,
me ne sto zitta! Non dico altro se non: mi mancherete! :D
Pubblicherò il prossimo capitolo giovedì, e poi cercherò di farmi viva quando
sarò su a Dublino! :)
Nel prossimo capitolo: Blaine e Kurt tornano in camera. Più o meno. xD
“Fatemi capire bene”
disse Amy, inarcando elegantemente un sopracciglio. “Voi due vi siete
conosciuti sul treno per arrivare a New York, da Lima”. I suoi occhi azzurri
brillarono per un istante di malizia e Kurt semplicemente seppe che Amy stava
indovinando più di quanto loro avessero rivelato – la versione riveduta e
corretta della storia di Kurt e Blaine, come l’aveva
definita nella sua testa – eppure non riuscì a preoccuparsene perché,
dannazione, Kurt e Blaine suonava davvero bene.
Quando hai finito di
comportarti da quattordicenne preda degli ormoni, Hummel,
saresti così gentile da riportare l’attenzione nel mondo dei vivi?
Recluse la fastidiosa
voce della coach Sylvester in un angolino della sua mente per concentrarsi
sulle tre persone con cui stava camminando lungo la hall, le quali avevano
decisamente notato il suo momentaneo trasferimento mentale su Marte.
“Già” assentì Blaine al posto suo, notando la sua distrazione. Kurt gli
lanciò un brevissimo sguardo di gratitudine. “E senza saperlo vi siete
ritrovati compagni di stanza qui alla NYADA” completò Ellie
sgranando gli enormi occhi marrone scuro.
“Curioso, eh?” disse
Kurt con un sorriso. Aveva trovato in Ellie una
ragazza estremamente piacevole; all’inizio l’aveva scambiata per la sua vecchia
compagna di Glee Club Quinn nel suo periodo skunk, a
dire la verità, visto che la ragazza aveva i capelli corti di un bel rosa
shocking, dei grandi occhi verde chiaro e indossava vestiti che Kurt non
avrebbe mai osato nemmeno prendere in considerazione; ma se ad un primo impatto
poteva fare un po’ impressione, in realtà era una ragazza timida e dolce.
L’esatto opposto di ciò che si sarebbe aspettato e ciò la diceva lunga su
quanto fosse sbagliato giudicare qualcuno dall’aspetto.
“Non ci credo” soffiò
Amy alzando le spalle e allargando le braccia con aria incredula. Erano ormai
arrivati davanti al portone e le ragazze sarebbero dovute uscire per
attraversare la strada e raggiungere i dormitori femminili, nel palazzo di
fronte. “L’ho messo io in stanza con te perché era palesemente gay e anche
molto sexy!”
Kurt arrossì
violentemente sotto lo sguardo ora entusiasta di Amy – dannazione, ora aveva
capito – e Blaine sollevò un sopracciglio,
borbottando un “Grazie?” vagamente perplesso.
“Prego” rispose Amy
senza guardarlo in viso, come se fosse scontato quello che aveva fatto.
Magari era pure
illegale!
"Fico, ho aiutato
il destino!” esclamò sorridendo raggiante agli altri tre. Ellie
sbuffò esasperata e alzò gli occhi al cielo.
“Amy, comportati bene”.
“Eddai,
guardali! Sono adorabili!”
“Ok, questo discorso è
imbarazzante” borbottò Kurt mettendo una mano sulla schiena di Blaine con l’intento di trascinarlo via, anche di peso se
necessario.
“Sto morendo di sonno”.
Finse uno sbadiglio nella maniera più ridicola che gli riuscì e sentì i muscoli
della schiena di Blaine tendersi mentre cercava di
non ridere. “Credo che andrò a dormire”.
Amy lo guardò malissimo,
ma si limitò a stringersi nelle spalle.
“E va bene” concesse
puntandogli contro l’indice. “Ma domani mattina si fa colazione tutti insieme,
quindi non scappate. Non accetterò un no e veniamo noi qui, visto che di là ci
sono Le Oche”.
Il viso di Ellie si adombrò a quelle parole. “Sono già arrivate?”
chiese con tono di voce basso e infastidito. Il netto cambiamento colpì Kurt,
che si appuntò mentalmente di chiedere spiegazioni a Amy non appena se ne fosse
presentata l’occasione.
“D’accordo, d’accordo”
disse Kurt, alzando le mani in segno di resa. “Colazione da noi. Però vi
avviso, niente Nutella”.
"Scordatelo!”
esclamarono contemporaneamente sia Amy, Blaine e Ellie.
"Tre contro uno” si
ritrovò a borbottare Kurt scuotendo la testa mentre gli altri tre lo ignoravano
e si davano il cinque. “Meraviglioso, davvero meraviglioso”.
Si diedero la buonanotte
davanti al bancone della Reception – Amy ammiccò nella sua direzione con
talmente tanto entusiasmo che Kurt fu costretto a domandarle a denti stretti se
si sentisse bene – e lui e Blaine aspettarono che le
ragazze furono arrivate dall’altra parte del marciapiede prima di chiudersi il
portone alle spalle e dirigersi verso il corridoio che portava alla loro
stanza. La loro stanza, cosa che ricordava a Kurt che lui e Blaine
Anderson vivevano insieme, si erano baciati, non avevano chiarito la situazione
e avrebbero dormito insieme per i successivi quattro anni.
Ok. Non c’è motivo di
dare di matto. Mantieni la calma, Kurt.
Perso nei suoi pensieri
com’era, non poté fare a meno di trasalire quando la mano di Blaine scivolò lungo il suo polso e il palmo bollente
premette contro il suo, prima che Blaine intrecciasse
le dita alle sue, esitante. Kurt alzò lo sguardo su di lui e lo trovò intento a
guardare il muro; notò però con una punta di divertimento che Blaine era rosso in viso tanto quanto lui, e forse era davvero
ora che la smettessero con questa cosa dell’imbarazzo perché, accidenti, si
erano baciati e ora si stavano tenendo per mano come una qualsiasi coppietta.
Ed era la sensazione più bella del mondo.
“Sei veramente stanco?”
domandò Blaine con tono esitante, arricciando le
labbra pensieroso. Kurt ridacchiò e scosse la testa. “In realtà no. Stavo solo
cercando di evitare un discorso imbarazzante”. Esitò per un attimo, indeciso,
poi aggiunse: “Sarebbe troppo presuntuoso da parte mia dire che volevo passare
un po’ di tempo con te?”.
Blaine si voltò verso di lui con il sorriso più bello di sempre. “Affatto”
sussurrò prima di sorridere. I suoi occhi si illuminarono. “Aspetta, ho
un’idea. Tu aspettami in camera, ok?”.
Prima ancora che Kurt
potesse fare qualsiasi cosa diede un’ultima stretta alla sua mano e lo lasciò
davanti alla porta della loro stanza, sgusciando via verso la cucina.
“O-ok”
balbettò Kurt alla sua schiena. Blaine si voltò
appena e gli sorrise rassicurante, così Kurt si decise a infilare la chiave nella
toppa ed abbassare lentamente la maniglia, perso di nuovo nei suoi pensieri.
Era così grave pensare che ‘Aspettami in camera’ non era poi tanto differente
da ‘aspettami a letto’? Avrebbero dovuto rinchiuderlo anche solo per il fatto
che il suo stomaco fece una capriola al pensiero.
Ok, non pensarci, si
disse arrampicandosi sulla scaletta e sedendosi sul suo letto con le gambe a
penzoloni verso la porta.
Va tutto bene.
Blaine tornò una decina di minuti dopo con due tazze fumanti in mano e l’aria
estremamente soddisfatta.
“Ehi” lo chiamò Kurt
dall’alto del suo letto. “Cosa c’è lì dentro?”.
Blaine lo notò arrampicato lassù e gli fece l’occhiolino, avvicinandosi per
passargli le tazze.
"Tè caldo” disse
orgogliosamente, afferrando la scaletta con entrambe le mani per issarsi sul
letto di Kurt. Si sedette a gambe incrociate sul materasso morbido e Kurt lo
imitò, passandogli la sua tazza e portando la sua alle labbra.
"Mhm” mugugnò quando il liquido caldo gli sfiorò la lingua.
“Frutti di bosco?”
"Era l’unica cosa
rimasta” disse Blaine con tono di scuse.
"E’ buonissimo” lo
rassicurò Kurt.
Rimasero così, in
silenzio a sorseggiare tè bollente, per un paio di minuti, fino a che Kurt non
si decise a rompere il ghiaccio. “Inizia a fare freddo” commentò osservando Blaine rabbrividire per la finestra aperta. Gli occhi
dorati del ragazzo si alzarono nei suoi e Kurt pensò che fossero semplicemente
stupendi.
"Oh, sì, ti
piacerà.” disse Blaine avvicinandosi un po’ a lui.
“L’autunno a New York è-“
"Meraviglioso”
concluse Kurt. Non sapeva nemmeno se si stava riferendo alla stagione o a Blaine. No, probabilmente la seconda.
Arrossirono entrambi e
Kurt, non sapendo bene cosa dire o cosa fare, afferrò il cellulare sopra la
mensola e controllò lo schermo.
“Aspetti una chiamata?”
domandò Blaine, ora tornato tranquillo. Kurt si
rigirò il telefono in mano per un istante.
“No, è solo… mio padre ancora non mi ha chiamato”.
Blaine colse il suo tono preoccupato e gli sorrise rassicurante. “Che rapporto
hai con i tuoi?” domandò con curiosità.
Oh. Ecco, quello era il
momento in cui solitamente Kurt si infastidiva per la pietà che scorgeva negli
occhi degli altri quando rispondeva a quella domanda.
“Mia madre è morta
quando avevo nove anni” buttò lì, scrutando il viso di Blaine
da sopra la sua tazza per osservare le sue reazioni. Ma Blaine
non assunse nessuna aria impietosita, ne balbettò i soliti ‘oh mio dio, mi
dispiace tanto’ di cortesia che Kurt tanto odiava. I suoi occhi ambrati si
intristirono e si fecero un po’ più lucidi, prima che domandasse qualcosa che
nessun altro aveva mai chiesto.
“Ti manca?”
Blaine era diverso, semplicemente. Nonostante si conoscessero da pochissimo aveva
capito che Kurt detestava lasciar trapelare segni di debolezza e mal sopportava
la pietà altrui e aveva fatto l’unica cosa che Kurt aveva voluto che facesse:
tentare di capirlo.
“Sì” mormorò abbassando
gli occhi e scrutando il fondo della sua tazza, ormai vuota. “Voglio dire,
ricordo poco di lei, però mi manca molto. Con mio padre ho un ottimo rapporto,
non avrei potuto chiedere un genitore migliore, ma… a
volte semplicemente non capiva. Lei avrebbe – lei avrebbe capito”.
Blaine gli sorrise dolcemente e si sporse verso di lui per appoggiare la tazza
vuota sopra alla mensola, dove un istante dopo finì anche quella di Kurt.
“E Carole?” domandò Blaine avvicinandosi un altro po’ a Kurt, che fu
sinceramente sorpreso dal fatto che Blaine si
ricordasse il nome della sua matrigna dopo avergliela sentita nominare meno di
tre volte in tutto; eppure Blaine era sempre stato
così attento, così interessato a qualsiasi cosa Kurt avesse da dire che, a
pensarci bene, Kurt non avrebbe dovuto essere così stupito.
“Carole è dolce” disse
sorridendo lievemente. “È perfetta per mio padre ed è meravigliosa. Troppo
fissata con i gilet in jeans, ma ci stiamo lavorando", aggiunse alla fine,
per alleggerire un po’ l’atmosfera. Blaine ridacchiò
e allungò la mano per appoggiarla proprio lì, davanti a lui, in un chiaro
invito.
Kurt si fece coraggio e
la prese tra le sue, strofinandogli il pollice contro il palmo liscio.
“E tu?” domandò
curiosamente. “Ti manca casa?”
Blaine, inaspettatamente, fece una smorfia che scatenò in Kurt l’impulso di
allungarsi verso di lui e baciarlo per cancellarla dal suo viso. Sembrava
turbato.
“È un discorso
complicato” disse infatti, sviando lo sguardo come per soppesare le parole
prima di parlare. Kurt attese pazientemente che Blaine
si spiegasse.
“Mio padre…”
iniziò il ragazzo riccio esitante. “Lui ci ha messo un po’ ad accettare il
fatto che mi piacessero i ragazzi, ecco. Continuava a portarmi alle partite di
football o a farmi riparare macchine nella speranza che tornassi etero, in
realtà, e solo dopo il diploma ha capito che… che era
una cosa piuttosto definitiva. Vivendo alla Dalton tornavo a casa pochissimo e
ci siamo allontanati parecchio. Più di quanto non avessi voluto in realtà, e
tra l’altro il mio coming out non è stato proprio dei
migliori. Mia madre semplicemente è troppo impegnata con gli affari d’alta
società per passare del tempo con me”.
Sì, Kurt ricordava di
aver sbirciato tra i post-it di Blaine e di aver
tratto una conclusione molto simile. “Ho un fratello più grande che finge di
saper fare l’attore e che in realtà è un cretino, quindi lo sento poco. E i
miei migliori amici vivono qui, perciò… non mi manca
una casa vuota, ecco”.
Si strinse nelle spalle,
tirando appena verso di sé Kurt con quel gesto. Kurt si guardò intorno,
dispiaciuto.
“Beh, io ho sparso le
mie cose ovunque, quindi forse dovresti fare lo stesso. Così in effetti non è
molto accogliente, questa stanza. È un po’ vuota”.
Blaine lo avvicinò a sé con un lieve sorriso ad increspargli le labbra e gli
sfiorò lo zigomo con la mano libera, mandandogli il battito cardiaco a mille.
“Beh, abbiamo quattro
anni per farla diventare casa, no?”
E forse fu il modo
speranzoso con cui Blaine enfatizzò la parola ‘casa’,
o i suoi occhi dorati colmi di affetto, o tutto insieme, ma Kurt non ce la fece
più. Si sporse in avanti con uno slancio di coraggio che non sapeva di avere e
le loro labbra si scontrarono in un bacio un po’ goffo, che però crebbe
velocemente di intensità quando Kurt sentì Blaine
sorridere sulle sue labbra e – oh mio dio, è la cosa più sexy che abbia mai
fatto.
“L’hai fatto di nuovo”
sussurrò Blaine sulle sue labbra, sfiorandogli il
collo con la mano. "Cogliermi di sorpresa, intendo".
"Scusa” rispose
Kurt divertito e per niente pentito, tornando ad accarezzare le sue labbra in
un bacio decisamente meno goffo. Blaine gli passò la
lingua contro il labbro inferiore e Kurt dischiuse la bocca per approfondire il
bacio, lasciando che l’altro spingesse la lingua contro la sua, accarezzandogli
il palato e prendendogli il viso tra le mani. Si separarono dopo un istante e
Kurt si sentiva semplicemente troppo stordito per pensare qualsiasi altra cosa
che non riguardasse strettamente Blaine o le labbra
così vicine alle sue.
“E questo per cos’era,
se posso chiedere?” domandò Blaine con voce divertita
e un po’ roca, mandandogli brividi lungo tutta la schiena.
Dio, mi fai impazzire.
“Mi fai impazzire”.
Oh, l’ho detto a voce
alta?
A giudicare dallo sguardo
famelico che gli lanciò Blaine sì, l’aveva detto
davvero.
“Faccio schifo nelle
cose romantiche” confessò Blaine, lo sguardo fisso
sulle sue labbra. “Non ho idea di cosa – che si fa in questi casi?”
Zitto e baciami,
vorrebbe rispondere Kurt, ma stavolta riesce a mettere un filtro tra il suo
cervello e la sua bocca ed evita di dire anche questa cavolata.
“Non lo so” rispose
sinceramente. Mentre mosse le labbra per parlare quelle sfiorarono di nuovo quelle
di Blaine, cosa che non contribuì affatto a mantenere
la concentrazione.
“Stiamo insieme?” si
decise finalmente a chiedere, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva. Blaine boccheggiò per un secondo, allontanandosi di un
centimetro per poterlo guardare meglio in viso.
“Io - oddio, non ti ho
chiesto – magari dovrei fare una proposta - dovrei - vuoi -“ finì per
balbettare Blaine, negli occhi un lampo di panico.
“Aspetta” mormorò Kurt
allacciandogli le braccia dietro al collo. Blaine si
zittì di botto e i suoi occhi domandarono una spiegazione.
“È che…
ci serve davvero una proposta?” mugugnò Kurt imbarazzato. “È…
non ti suonerebbe strano?”
Blaine gli sorrise, titubante. Stavano decidendo di stare insieme, quindi?
“Potremmo -“ iniziò a
dire il ragazzo riccio, ma si bloccò. “Potremmo continuare così” propose dopo
aver preso un respiro profondo. “E vedere dove va”.
"Ok” mormorò Kurt
tremante sulle sue labbra.
Blaine annullò la distanza tra loro ed entrambi si rilassarono in quel bacio così
dolce e tranquillizzante.
“Quindi stiamo insieme?”
Stavolta Kurt ridacchiò con leggerezza, perché Blaine
davvero non riusciva a stare zitto per più di tre secondi e dedicarsi ad
attività più interessanti – tipo baciarsi – e aveva posto la domanda che
aleggiava tra loro da quando si erano baciati per la prima volta, circa.
“Non riesci proprio a
trattenerti, eh?” lo prese in giro Kurt, avvicinandosi ancora di più fino a far
aderire il petto contro quello di Blaine, che
ridacchiò a sua volta e lo baciò sulla guancia.
“È quello che vuoi?”
domandò allora Kurt ad un soffio dalle sue labbra, passandogli le mani lungo i
fianchi. Il viso di Blaine si fece improvvisamente
bollente contro il suo.
"Sarebbe troppo stalker da parte mia dire ‘fin dal primo momento in cui ti
ho visto’?”
Kurt si spostò appena,
guardando Blaine in viso con incredulità mista a
felicità.
“Davvero?” domandò con
un evidente tono di sorpresa nella voce.
“Certo, sciocco” lo
prese in giro Blaine. Gli posò un languido bacio
all’angolo della bocca.
“Sei”, glie ne posò un
altro sullo zigomo, leggero come le ali di una farfalla. “La creatura”
continuò, spostando le labbra per baciargli il naso. “Più bella” sussurrò sulle
sue labbra prima di baciarlo lievemente. “Che io abbia mai visto”, concluse.
Kurt arrossì
violentemente e Blaine ne approfittò per prenderlo un
po’ in giro.
“Dovremmo fare un po’ di
pratica” disse accarezzandogli la guancia.
“Pensavo che lo stessimo
già facendo” riuscì a dire Kurt in un sussurro spezzato, prima di andare
completamente a fuoco perché ehi, si era appena lanciato di nuovo sulle labbra
di Blaine, facendo scivolare la lingua fino a
incontrare quella dell’altro, cingendogli la vita con le braccia ed attirandolo
verso di sé.
Non aveva però calcolato
il peso di Blaine, che si sbilanciò in avanti con
entusiasmo e finirono senza sapere bene come semi-sdraiati uno sopra all’altro,
con Blaine che si reggeva sulle ginocchia e sui palmi
delle mani per non pesargli sopra e Kurt che, con la schiena contro il cuscino
leggermente rialzato, faceva vagare le mani lungo la schiena di Blaine, contro la stoffa soffice della sua maglietta,
mentre continuavano a baciarsi con crescente foga. Blaine
spostò le labbra dalla sua bocca al suo collo e passò la lingua lungo un angolo
in particolare, proprio sotto il suo orecchio, che gli mandò una scossa di
piacere attraverso tutto il corpo.
“A-aspetta”
ansimò mentre il ragazzo riccio incollava le labbra al suo mento. Cercando di
essere leggermente più convincente gli passò una mano tra i capelli per poi
posargliela sulla spalla. Blaine si staccò
immediatamente, voltandosi ad incontrare i suoi occhi con preoccupazione.
“Mi dispiace, io-“
“Shh”
sussurrò Kurt posandogli le dita sulle labbra. Gli occhi di Blaine
si addolcirono al suo tocco leggero.
“Voglio solo – possiamo
andare con calma?”
Blaine spostò la sua mano e si avvicinò per baciarlo con dolcezza sulle labbra.
“Andremo anche in
retromarcia, se vuoi” sussurrò dolcemente. Kurt rise appena, interrompendo il
bacio, e gli prese di nuovo il viso tra le mani.
“Voglio fare cose. Con
te. Davvero, Blaine, però…
ho bisogno di non correre. Sta succedendo tutto troppo-“
“In fretta. Sì, lo so”
disse Blaine con sguardo deciso. “Mi dispiace, non volevo… spingere troppo oltre. Ho bisogno anche io di
prendere le cose con calma”.
Kurt si avvicinò di
nuovo, sorridente, e gli lasciò un languido bacio.
"Che ne dici se
andiamo a dormire e al resto ci pensiamo domani mattina?” propose passandogli
una mano sulla nuca.
Dio, quando avrebbe
voluto vederlo senza tutto quel gel in testa.
Blaine non rispose, riprendendo a baciarlo con rinnovata passione. Kurt affondò
le dita nella sua schiena e si lasciò sfuggire un sospiro quando Blaine si staccò da lui e posò la fronte nell’incavo tra la
sua spalla e il collo.
“Ti prego” sussurrò
talmente piano che in un primo momento Kurt pensò di esserselo immaginato.
“Dimmi che non scomparirai da un momento all’altro”.
“Non vado da nessuna
parte” mormorò Kurt, il viso affondato tra i suoi capelli. Blaine
alzò il volto per incontrare i suoi occhi e Kurt vi lesse un velo di speranza.
“Dormi con me, stanotte”
esalò. Non era una domanda e Kurt lo sapeva, eppure non riuscì a trovare
nessuna buona motivazione per dirgli di no. Lui voleva dormire con Blaine.
Così annuì con un
sorriso nervoso e tirò Blaine verso di sé,
accoccolandosi sul suo petto e tirando il lenzuolo sopra ad entrambi. Un
istante dopo Blaine aveva appoggiato la fronte contro
la sua guancia, mormorando a bocca chiusa qualcosa di incomprensibile, e Kurt
aveva desiderato ardentemente potersi addormentare così per il resto della sua
vita.
Note di Ilaryf90
Ehm, dunque, salve a
tutti.
Come sapete Selene è volata in Irlanda quindi toccherà a me postare i
nuovi capitoli per le prossime tre settimane!
Non pensate che Kurt e Blaine in questo capitolo siano adorabili? Ho gli occhi a
cuoricino!
Scusate torno in me, anzi… prima vi racconto cosa mi ha confessato Selene poche ore fa, prima di salutarci, parlando dei
prossimi capitoli… Testuali parole:”Non so dove
fargli mettere le mani!”.
Credo che voi possiate
tranquillamente trovare una soluzione a questo “problema”… Poi io ancora mi
chiedo dove sta il problema… Bene, un po’ di
contegno!!!
Se avete saltato queste
note avete fatto soltanto bene, evitando i miei scleri!
La mattina successiva Kurt si svegliò privo di sensibilità al braccio sinistro,
con il solito crick al collo e con Blaine
piacevolmente abbarbicato a mo' di koala alla sua schiena.
Sarebbe stato tutto molto dolce - da diabete, in effetti - se non fosse stato
per i fianchi bollenti del ragazzo premuti contro il suo fondoschiena e la
mezza erezione mattutina che era lì a ricordargli che Blaine
era un ragazzo davvero molto sexy.
Ilsuoragazzo molto sexy, bisognerebbe
aggiungere.
Come diavolo fosse arrivato al punto di avere un ragazzocosìsexy sarebbe stato un mistero, e se
non la smetteva di pensare la parolasexynon sarebbe uscito vivo da quella
situazione, poco ma sicuro.
Kurt sapeva perfettamente che andare nel panico non sarebbe servito ad un bel
niente, perciò fu proprio quello che fece: i successivi sette minuti e
trentasei secondi - quando hai un'erezione in aumento e Blaine
Anderson attaccato alla schiena potresti contare persino i millesimi di secondo
- li passò a vergognarsi di se stesso, arrossire e cercare di rimanere
completamente immobile, mentre la sua mente lavorava frenetica su un possibile
scenario che coinvolgeva lui, Blaine e molti meno
vestiti. Cavolo,Hummel,commentò Sue con tono sorpreso.Questasìcheèrobavietataaiminori!
Kurt non aveva davvero il tempo per inquietarsi per la presenza della coach
Sylvester persino nei meandri più oscuri della sua mente, come una sorta di gollum immaginario appostato tra le pareti cerebrali; era
troppo occupato con -oh,dio,chissàcheeffettofannolesuemanilì. Blaine si mosse appena, probabilmente infastidito
dalla luce che filtrava dalle finestre e che lo colpiva dritto in faccia, e
trovò il modo per scivolare ancora più vicino a Kurt, avvolgendolo con le
braccia -bicipiti.Bicipitiovunque-e strusciando i fianchi contro il suo
sedere per sistemarsi meglio e -Oh.
Apparentemente Kurt non era l'unico ad avere un problema. Facaldo.Chièl'idiotachehaaccesoiriscaldamenti?Moriròperautocombustione.
"Mhpf" mormorò Blaine
da qualche parte dietro di lui. Kurt poteva sentire i suoi muscoli tendersi e
rilassarsi e il battito del suo cuore accelerare: si stava svegliando.
Kurt deglutì a vuoto, perché se non riusciva a resistere ad un Blaine addormentato, figuriamoci alla sua versione sveglia.
Il ragazzo riccio espirò dal naso direttamente contro il collo di Kurt,
facendogli scorrere un brivido lungo la spina dorsale. Mormorò qualcos'altro di
incomprensibile a bocca chiusa e spostò le braccia fino a circondare i fianchi
di Kurt, per poi strofinare il naso contro la sua nuca. Ok, èsveglio.
"Buongiorno" mormorò Blaine con la voce
impastata dal sonno, continuando a tracciare con la punta del naso una linea
immaginaria contro la sua nuca.
Kurt fece leva sulla propria spalla per voltarsi leggermente verso Blaine e rimase quasi senza fiato: era vicinissimo, i suoi
meravigliosi capelli ricci erano spiattellati da un lato e gonfi dall'altro e
sulle labbra aveva il sorriso insonnolito più bello che avesse mai visto.
Era meraviglioso.
Si voltò di nuovo e si rilassò tra le braccia di Blaine,
affondando il viso nel cuscino e beandosi del calore emanato dal corpo dietro
al suo. Blaine sbadigliò e fece scorrere una mano
lungo la sua pancia fino a raggiungere il suo polso. Kurt si godette la
sensazione del sospiro che sfuggì dalle labbra del ragazzo contro la sua pelle
e delle dita che si intrecciavano alle sue.
Era una situazione talmente quotidiana e familiare da fargli girare la testa:
avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi svegliare così tutte le mattine per il
resto della sua vita.
Non ebbe molto tempo per riflettere su quanto velocemente e quanto
profondamente si stesse innamorando di Blaine, però,
perché proprio in quel momento il suddetto sembrava determinato ad attirare la
sua attenzione e i suoi metodi si stavano rivelando piuttosto efficienti. Kurt
rabbrividì quando le labbra di Blaine, semiaperte,
presero a scorrere sul suo collo e lungo la spalla, grazie a quella porzione di
pelle candida lasciata scoperta dalla maglietta; dopo un paio di minuti stava
quasi tremando e dovette mordersi un labbro per trattenere il gemito che
cercava di sfuggirgli dalle labbra.
Sul momento l'idea di voltarsi per mantenere una parvenza di controllo e
impedire l'attentato al suo collo gli parve geniale, nonostante la sua
riluttanza a separarsi dal calore di Blaine.
Naturalmente si sbagliava: non appena si girò tra le braccia di Blaine la bocca del ragazzo fu sulla sua, calda e
bisognosa, e Kurt buttò alle ortiche qualsiasi progetto avesse fatto per quella
mattina. C'era Blaine nel suo letto, New York poteva
aspettare.
Sì, pensò mentre Blaine si piegava su di lui per
mordergli il labbro inferiore con delicatezza. È una sensazione meravigliosa.
Quando il suono acuto della sveglia interruppe il silenzio Blaine
si staccò dalle sue labbra con un mugolio di protesta e si sporse per spegnerla
- o magari lanciarla contro il muro - ma finì per rotolare con tutto il corpo
sopra Kurt, premendo contro il rigonfiamento ormai piuttosto evidente a livello
dei suoi fianchi. Dannazione.Comefaadesserecosìfantastico? Blaine avvampò e cercò di spostarsi, balbettando una
scusa, ma l'intera situazione doveva aver fatto impazzire Kurt, perché affondò
il viso nella curva della sua spalla e gli avvolse la vita con le braccia,
mormorando "Resta" talmente piano che per un attimo pensò che Blaine non l'avesse sentito. Blaine,
però, sospirò - più un suono di sollievo che di resa - e si appoggiò con tutto
il suo peso al corpo di Kurt, scivolando sui suoi fianchi e riprendendo
possesso delle sue labbra quasi con disperazione.
Naturalmente finirono per passare così l'intera mattinata, a parlare, baciarsi
e scoprire che la sensazione dei loro corpi uno sull'altro era qualcosa alla
quale nessuno dei due sembrava disposto a rinunciare.
Verso
mezzogiorno Amy tentò di fare irruzione nella loro camera armata di estintore -
rubato, a quanto pareva, dalla cassetta anti-incendio - fermamente convinta che
Blaine avesse fatto secco Kurt per sbarazzarsi della
concorrenza e allo stesso tempo impossessarsi di tutta la Nutella.
Kurt pensò che dopotutto c'era da aspettarselo, che lui e Blaine
si sarebbero ricordati dell'appuntamento mattutino con le ragazze solo dopo un
attacco terroristico progettato da Amy e proprio mentre le labbra di Blaine avevano deciso di esplorare la pelle del suo petto
lasciata scoperta dalla maglia - dato che il collo l'avevano esplorato per bene
- e le mani di Kurt si erano finalmente fatte strada tra il cespuglio di ricci. Non preoccuparti, Porcellana: alla playlist per il
funerale del cucciolo di pinguino ci penso io.
Kurt scoprì che Ellie ci aveva provato, a fermare Amy
che avanzava a grandi falcate verso la loro stanza come se fosse una sorta di
moderno Attila. Aveva tentato con il discorso 'lascia loro un po’ di privacy,
hai visto come si guardano' e con 'Amy, rispetta i loro spazi', ma senza
successo.
L'ultima frase che disse Ellie suonò spaventosamente
come "Blaine non ruberà tutta la Nutella, è
troppo carino per farlo", poi entrambe ammutolirono quando Kurt aprì la
porta.
Indossava il pigiama e aveva i capelli tutti arruffati perchéqualcunoci aveva passato le mani,
un'espressione a metà tra il contrito e il disperato - proprio perché un
istante prima le labbra di Blaine erano incollate
alla sua clavicola e dio, stavano davvero succhiando la pelle - e Blaine ancora incollato alle sue spalle. Niente di
compromettente, nel complesso, ma per qualche strana ragione a lui ignota Ellie arrossì fino alla radice dei capelli rosa quando posò
gli occhi su Blaine che sfoggiava i ricci sparati in
tutte le direzioni, le labbra rosse e umide e il sorriso più sensuale del suo
repertorio.
Amy, invece, scannerizzò la stanza in un'unica, lunga occhiata inquisitrice, in
cerca di chissà cosa. Residui bellici? Nutella? Lubrificante?,suggerì Sue
malignamente. Kurt inorridì quando si rese conto che Sue aveva ragione - per
quanto dar ragione alla voce della propria coscienza fosse normale: gli occhi
azzurri della ragazza si posarono sul letto e sollevò un sopracciglio fin quasi
all'attaccatura dei capelli. Ecco cosa sta cercando. Prove.
Prima che lui o Blaine potessero dire qualsiasi cosa
per giustificare il fatto che uno dei letti era sfatto e l'altro era stato
evidentemente ignorato da entrambi per tutta la notte Amy scoppiò in una risata
inquietante ed esclamò: "Voi due andate a letto insieme, non è vero? Ellie, mi devi dieci dollari!"
Il viso di Blaine rifletté come uno specchio la sua
faccia inorridita ed Ellie protestò, le guance in
fiamme: "Ehi, erano cinque!"
"Ma cos- No!" gridò Kurt con voce più acuta del solito. Questo non significa che non vorresti, insinuò Sue con convinzione. Blaine, alle sue spalle, taceva, forse troppo
sconvolto per dire qualsiasi cosa, e Kurt mise a tacere con stizza la voce
della sua coscienza. A quello ci penso dopo, le rispose.Un
passo alla volta.
Prima che Amy potesse fare altre insinuazioni - del tutto veritiere, fondate e
giustificate - o magari persino domandare cose imbarazzanti come 'chi di voi
due è l'attivo?' Kurt esclamò: "Doccia! Facciamo pranzo insieme, Amy? Sì,
ok, scusaci!" e buttò entrambe fuori dalla stanza senza tante cerimonie.
Da dietro la porta chiusa si alzò un coro di proteste, segno che Ellie non era poi così tanto innocente come pensava, e Blaine iniziò a ridacchiare senza un minimo di contegno.
Kurt si coprì il volto con le mani, imbarazzato e deciso a sotterrarsi nella
prima fossa disponibile, e iniziò a girare per la stanza alla cieca,
borbottando una serie di 'oddio' infinita, fino a che qualcuno non lo acciuffò
da dietro per cingergli i fianchi con le braccia muscolose e - oh. Blaine.
"Ehi' mormorò il suo ragazzo, appoggiando il mento alla sua spalla. 'Credo
che andròdavveroa farmi una doccia -tanto ormai siamo stati
interrotti, aggiunse mentalmente Kurt - visto che i miei capelli sono un
disastro. Tu però non rimanere qui a borbottare e autocommiserarti".
Kurt si irrigidì tra la sue braccia. Cosa intendeva, esattamente? Blaine probabilmente percepì Kurt immobilizzarsi e i suoi
muscoli tendersi dalla sorpresa, perché si spostò per alzare il viso e
guardarlo negli occhi. E se c'era una cosa che aveva imparato, in quel breve
periodo, su Blaine Anderson, era che rimanere
impassibile di fronte a quello sguardo fiducioso, sincero e color oro era
impossibile. Per lui, almeno.
"Kurt" lo prese in giro scherzosamente una volta vista la sua faccia
allarmata e allibita. "Non ti stavo proponendo di fare la doccia con
me". Oh. Blaine ridacchiò e lo fece voltare tra le sue braccia
per posargli un bacio a fior di labbra, apparentemente mai sazio del suo
sapore, e gli sussurrò contro lo zigomo: "Stavo solo dicendo che dovresti
rilassarti". Le sue mani presero a scorrere lungo la sua schiena in una
sorta di massaggio e Kurt pensò che rilassarsi non era proprio possibile, specialmente
se Blaine continuava ad usare quel tono basso e
sensuale.
"Penso che dovremmo dirlo alle ragazze. Che stiamo insieme. Almeno Amy non
si mette strane idee in testa" buttò lì Blaine
lanciandogli un'occhiata dubbiosa. Kurt sorrise e annuì, sfiorandogli il petto
con le mani.
"Per me non ci sono problemi, anzi. Non - non voglio essere il segreto di
nessuno".
Le labbra di Blaine sfiorarono la sua tempia con
delicatezza.
"Lo so", disse, e significava tantoDave è stato un idiota."Sai che non lo farei mai".
Kurt si fidava di Blaine come non si era mai fidato
di nessun altro, e per uno come lui la fiducia era un dono prezioso e qualcosa
di fondamentale, da custodire con cautela.
"Nemmeno io" rispose Kurt piano, e negli occhi di Blaine
lesse che anche lui aveva capito il significato profondo che nascondeva la sua
frase.Non sono Sebastian.
Puoi fidarti di me.
La loro conversazione silenziosa lo portò a riflettere su quanto il loro
rapporto fosse sceso su un piano più profondo ed intimo, e questo finì per portare
a Sue che faceva battutine su quanto Kurt volesseconoscere meglio Blaine. Non c'è niente di male,pensò
Kurt, piccato.È il mio
ragazzo ed è meraviglioso. Non vedo perché non dovrei voler farecose.
Si vergognava solo a sentire i termini 'doccia' e 'insieme' nello stesso
contesto di 'Io e Blaine', sì, ma la verità era che
c'era qualcosa in Blaine che lo attirava come una
calamita. Lo stesso qualcosa che gli faceva venire le farfalle allo stomaco
ogni volta che Blaine lo toccava e che lo faceva
sorridere come un cretino quando sentiva il suo sguardo su di sé. Mi sto innamorando di lui.
Per qualche strano motivo, però, la cosa lo preoccupava un po'. In fondo Blaine non aveva propriamente detto di amarlo. E se
conoscendolo Blaine avesse cambiato idea su di lui? Ti fai troppi problemi, Porcellana.
Ad un certo punto perse il controllo della sua immaginazione, che volò ad un
paio di corpi caldi e nudi che scivolavano l'uno contro l'altro sotto al getto
d'acqua bollente. Va tutto bene,si disse
Kurt, deglutendo rumorosamente.Non
è un Legilimens. Non può sapere cosa stai pensando.
Però Blaine era estremamente attraente - diciamo che
Kurt continuava a sbavargli addosso e che lui non rendeva le cose più facili,
andando in giro per la stanza mezzo svestito, facendo oscillare i fianchi e
catturando inevitabilmente l'attenzione di Kurt. Perciò quello che stava
pensando era piuttosto legittimo, visto che Blaine
era il suo ragazzo. È normale volergli saltare addosso, no? Oh mio dio. È il mio ragazzo. Mio.
Ragazzo. Non respiro.
Magari stava essendo un po' melodrammatico. In fondo Blaine
sembrava molto a suo agio con la faccenda dei baci e beh, tutto il resto. Datti una mossa, Hummel, o il tuo piccolo amico
penserà che non vuoi fare sesso con lui,lo
sgridò Sue.
Kurt rischiò di soffocare per aver trattenuto il fiato troppo velocemente e
probabilmente Blaine lo notò, perché iniziò a
ridacchiare senza contegno contro il suo collo eoh, dio, fallo di nuovo.
*
Kurt scoprì che amava quel clima così familiare
che si era creato tra loro nonostante la tensione sessuale che c'era nell'aria.
Con Blaine poteva parlare di qualsiasi cosa, ed ogni
volta che lo sfiorava il suo corpo reagiva in modi curiosi che non vedeva l'ora
di sperimentare.
Fu in questo modo che passarono le prime due settimane: entrarono lentamente
uno nella routine dell'altro, abituandosi alla convivenza gomito a gomito;
girarono New York insieme, continuarono a dormire nello stesso letto e si
svegliarono tutte le mattine in un groviglio morbido e caldo che sapeva tanto
di famiglia, con Kurt che semplicemente affondava nell'abbraccio di Blaine durante il sonno.
La prima volta che Kurt ebbe l'onore di vedere i ricci di Blaine
liberi dalla loro solita prigione gelatinosa e tossica fu la mattina del
settimo giorno di convivenza: Blaine si era svegliato
molto prima di Kurt e ne aveva approfittato per farsi una doccia. Quando era
uscito dal bagno - vestito,fortunatamente
-non si era accorto subito
di aver dimenticato di ingellarsi i capelli. Solo
dopo aver notato lo sguardo sconvolto di Kurt aveva realizzato il tutto ed era
quasi fuggito a gambe levate verso il bagno. Quasi.Non aveva fatto in
tempo nemmeno ad arrivare alla porta, in realtà. Kurt si era ripreso dallo shock
piuttosto velocemente e lo aveva placcato sulla porta del bagno, saltandogli
letteralmente addosso e premendo il su corpo caldo contro il muro. Passare le
mani tra quei ricci era una sensazione stupenda, e passarono la seguente
mezz'ora a baciarsi contro la parete verde chiaro, fino a che Blaine non aveva sospirato sulla sua bocca e lo aveva
tirato su di peso, ribaltando le loro posizioni: Kurt si era appoggiato con la
schiena al muro e aveva circondato i fianchi di Blaine
con le gambe, lasciandosi sfuggire un mugolio sommesso quando il bacino di Blaine si era scontrato con il suo.
Da allora Blaine sembrò semplicemente dimenticare il
gel tutte le mattine.
*
In quei
giorni avevano parlato soprattutto dell'inizio delle lezioni, visto che Blaine continuava a chiedere a Kurt se pensava che Carmen Tibideaux li avrebbe appesi a testa in giù fin dalla prima
mattina, e del provino che il ragazzo aveva sostenuto per la parte di Tony per
West Side Story a Broadway.
Kurt era riuscito, alla fine, a fargli ammettere di essere preoccupato e in
ansia al riguardo; Blaine si scoraggiava ogni volta
che ne parlavano e di solito dopo un paio di obiezioni di Kurt si sporgeva per
baciarlo e zittire le sue proteste - ed evitare l'argomento.
La mattina dell'ultimo giorno di vacanza iniziò come al solito: Kurt si svegliò
con il gomito di Blaine incastrato nelle costole e
Amy interruppe la loro sessione mattutina di baci bussando come una forsennata
alla porta.
Kurt e Blaine dovettero districarsi dall'intreccio di
braccia, gambe e coperte che erano diventati per andare ad aprire.
"Cos'è successo stavolta?" chiese Kurt esasperato trovandosi davanti
il ghigno di Amy e l'espressione contrita da 'scusaci, scusaci tanto. Lo so che
abbiamo interrotto qualcosa' di Ellie. Non avrebbe
saputo dire quale delle due fosse peggiore, in ogni caso.
"Non l'ho finita io, la Nutella!" gridò Blaine
dal letto impossessandosi di tutte le coperte e arrotolandocisi
come un involtino primavera.
"Kurt" si lamentò poi. "Fa freddo, torna qui!" Fantastico,pensò Kurt
esasperato mentre il ghigno di Amy si allargava in maniera esponenziale.Complimenti, Blaine.
Continua pure a servirle occasioni per fare battutine sconce su piatti
d'argento con tanto di contorno di patate.
Il fatto che il suo stomaco avesse fatto una capriola a quel pensiero era un
dettaglio insignificante.
"Scusa" disse Amy indicando Blaine
l'involtino con un cenno della testa. "Vi lascio subito soli così potete
tornare a rotolarvi sotto le coperte - sempre che Blaine
te ne abbia lasciate. Volevamo solo sapere se stasera vi andrebbe di venire
alla Karaoke Night qui dietro al Costa Coffee. Certo che vi va, siete Kurt e Blaine. Alle 8 qui davanti. E non costringetemi a venirvi a
cercare in camera".
"È tradizione" spiegò Ellie con un sorriso
di scuse per i soliti metodi poco ortodossi di Amy. Da sotto le coperte emerse
la voce di Blaine.
"Ci stiamo" esclamò con entusiasmo prima che Kurt potesse gridareoh mio dio sì."Ora torna alla tua colazione
e rispedisci qui il mio ragazzo, Amy, o farò un falò con la scorta segreta di
caramelle gommose che tieni nascoste dietro alla carta igienica".
"Non oseresti" lo sfidò Amy stringendo gli occhi. In ogni caso non
sembrava intenzionata a metterlo alla prova, perché acciuffò Ellie e uscì camminando all'indietro.
"Ti tengo d'occhio, Frodo".
"Aspetta
un momento" mormorò Kurt una volta tornato tra le braccia calde di Blaine, ancora tremante per il fatto che lui l'avesse definito
'il suo ragazzo'. "Come sapevi che tiene la sua scorta di caramelle dietro
la carta igienica?"
"Non lo sapevo" rispose Blaine con tono
innocente, soffiandogli in un orecchio e facendolo rabbrividire. Le sue labbra
erano ad un centimetro dal suo viso. "È solo che anche io la tengo
lì".
"Aspetta, tu tieni cosa-"
Kurt cercò di protestare, davvero, ma Blaine
ridacchiò contro la sua guancia e scese a baciargli il collo, le labbra semi
aperte che scorrevano lentamente lungo la pelle candida e un soffice mormorio
in gola, e- oh, al diavolo.
Stava sviluppando una serissima dipendenza dalle labbra di Blaine,
o più che altro da Blaine in generale.
Kurt si accoccolò meglio contro di Blaine, che
continuò a mormorare a bocca chiusa mentre faceva scorrere le labbra lungo la
linea della sua mascella. Quando arrivò ad un millimetro dalle sue labbra
socchiuse gli occhi e Kurt intuì che stava canticchiando una canzone, perché le
parole gli vennero soffiate sulle labbra. "Pretty
pretty please, don't you ever ever feel, like you're
less than, less than perfect to me". Kurt si sentiva come se stesse per avere un
infarto, tanto il cuore gli si era gonfiato nel petto. Gli veniva quasi da
piangere al pensiero che Blaine era lì. Aveva trovato
ciò che aveva cercato così a lungo, finalmente.
Forse fu quello a convincerlo a lasciarsi andare, forse fu il fatto che sapeva
di potersi fidare ciecamente di Blaine, nonostante
tutto. Forse semplicemente il ragazzo tra le sue braccia era troppo bello per
poter resistere.
Gli passò le mani lungo il petto fino a cingergli la vita con i fianchi e,
prima di poterci davvero riflettere e cambiare idea, fece leva sulla sua spalla
per mettersi a cavalcioni sopra di lui. Oddio, l'ho fatto davvero. Blaine spalancò gli occhi dalla sorpresa ma Kurt non
gli diede tempo di fare alcunché: piegò la testa di lato e iniziò a baciargli
il collo e la spalla, per quel poco che la t-shirt del ragazzo permettesse.
"Kurt, cos-oh"cercò di dire Blaine,
ma si bloccò a metà strada quando le mani di Kurt, tremanti, si insinuarono
sotto la sua maglietta per accarezzargli le scapole.
"Kurt" riprovò Blaine, ma la sua voce era
talmente flebile che fu una fortuna se la sentì. "Non devi farlo solo
perchè-"
"Shhh" lo zittì Kurt di nuovo, spostandosi
appena più avanti. Il corpo di Blaine era bollente
sotto al suo e il ragazzo catturò la sua bocca in un bacio appassionato
talmente intenso che Kurt dovette stringere le mani sul lenzuolo per non lasciarsi
sfuggire un gemito. Blaine non sembrava porsi lo stesso problema, però.
Non appena Kurt gli morse il labbro superiore gemette direttamente nella sua
bocca e strusciò i fianchi contro i suoi, premendo l'evidente rigonfiamento
contro la sua coscia. Cazzo.
Le mani di Kurt si mossero in automatico, come se avesse inserito il pilota automatico,
e finirono ai bordi della maglietta di Blaine.
"Posso...?" domandò con il fiato corto, tirandola delicatamente per
ribadire il concetto. Blaine non disse niente, ma si limitò a tirarsi su
quel tanto che bastava a Kurt per sfilargli la maglietta e piantò gli occhi,
più scuri del solito, dritti nei suoi. Blaine senza maglietta era la cosa più bella che Kurt
avesse mai visto, e questo fu tutto quello che riuscì a pensare mentre si
chinava a baciargli la clavicola, la schiena di Blaine
si inarcava leggermente sotto al suo tocco e il ragazzo mugolava piano ogni
volta che la bocca di Kurt finiva sulla sua gola.
Dopo un bacio particolarmente mozzafiato che li lasciò entrambi un po' storditi
Blaine si appoggiò al materasso e cinse i fianchi di
Kurt con le braccia, ribaltando di nuovo le loro posizioni per finire sopra di
lui e finalmente strappargli un gemito. Kurt fece vagare le mani lungo la sua
schiena mentre si baciavano e premette i fianchi contro quelli di Blaine, facendo scontrare le loro erezioni. Fu in quel
momento che le sue dita passarono, leggere, sulla cicatrice di Blaine.
Il ragazzo si irrigidì e si staccò da lui trattenendo il fiato e guardandolo
negli occhi. Ci fu un momento di silenzio, in cui fu certo che Blaine poté sentire il suo cervello lavorare, poi allungò
una mano per accarezzargli una guancia e Blaine
chiuse gli occhi al contatto.
"Posso- posso chiedere come te la sei fatta, Blaine?"
Note di Ilaryf90
Sono
molto contenta che la scorsa settimana la mia proposta sia stata accolta con
molto entusiasmo da parte vostra! Comunicherò a Selene
tutti i vostri suggerimenti…
Scusate
per il ritardo dell’aggiornamento ma Selene ha molto
da fare in Irlanda e ci è voluto un po’ per inviarmi il capitolo, tra i suoi
impegni e la connessione che non ci è d’aiuto.
Spero che
il capitolo vi sia piaciuto (a me sì!). Sappiate che riporto tutti i vostri
commenti all’autrice, quindi recensite pure e preparatevi a sopportarmi per
altre due settimane, poi tornerà la nostra cara Selene!
Blaine, quel
giorno, riuscì ad evitare la sua domanda. Kurt ne rimase segretamente ferito, ma
evitò di farglielo notare. Dopotutto Blaine era riuscito
a sfuggire alla situazione così scomoda perché il suo amico Nick aveva pensato bene
di chiamarlo in quel momento per una consulenza flash. Blaine
si era scusato infinitamente, aveva baciato Kurt con più intensità del solito, era
corso a vestirsi ed era uscito in fretta e furia per incontrare Nick al Cosmopolitan; Kurt era rimasto a letto a mordersi il labbro
e rimuginare per almeno un paio d'ore prima che Ellie
bussasse timidamente alla porta per fare due chiacchiere, visto che Amy era di turno
in Reception. Era riuscito a distrarsi un po', fino al ritorno di Blaine.
Il ragazzo
era rientrato poco prima delle sei, con le spalle basse e un'espressione triste
dipinta in volto. Kurt gli era letteralmente volato addosso, rischiando di far cadere
entrambi mentre lo baciava con trasporto. Dopotutto era il periodo più lungo che
avevano passato separati da quando stavano insieme e, anche se Kurt si sentiva un
idiota, era preoccupato per Blaine, che sembrava ancora
più turbato di quando era uscito di casa.
Quando Kurt
l'aveva finalmente lasciato respirare Blaine gli aveva
raccontato del disastro che era successo con i suoi amici Nick e Jeff: a quanto
pareva Jeff sarebbe dovuto uscire con una ragazza, ma aveva finito per litigare
con Nick che si comportava in maniera strana e quest'ultimo gli aveva urlato contro
che era perché era innamorato di lui dal liceo. Naturalmente, come se non bastasse,
Nick era scappato via senza aspettare una risposta.
La cosa sembrava
rendere Blaine terribilmente triste, perciò Kurt decise
di accantonare momentaneamente le sue domande sulla cicatrice in favore di coccole
e baci.
Il tempo
passò molto più velocemente di quanto avesse pensato, un po' per l'inizio delle
lezioni alla NYADA, che portava via a lui e Blaine buona
parte della giornata, un po' per via del clima familiare nel quale vivevano e che
Kurt imparò presto ad amare.
L'occasione
di parlare di nuovo della cicatrice arrivò solo quando ormai era già metà ottobre.
Blaine era appena rientrato a casa dopo una corsetta a
Central Park con Nick ed era volato immediatamente sotto
la doccia, dopo aver lanciato a Kurt, che stava studiando seduto a gambe incrociate
sul letto, un bacio al volo. Quando era uscito dal bagno a torso nudo con solo i
pantaloni della tuta addosso Kurt aveva trattenuto rumorosamente il respiro.
La cicatrice
era lì, in bella mostra. Blaine notò che Kurt la stava
fissando e si limitò a sospirare.
Blaine si
mise a sedere sul letto e aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza sapere bene
cosa dire, e Kurt iniziò a maledirsi mentalmente per aver posto una domanda tanto
personale da turbarlo, quasi un mese prima. Evidentemente quella cicatrice riportava
a galla ricordi dolorosi che Blaine preferiva tenere sotterrati.
Possibile che la sua stupida curiosità dovesse sempre rovinare tutto?
Idiota. Sei un idiota, Kurt.
"Non
pensavo l'avessi notata" mormorò infine Blaine, abbassando
lo sguardo. Nel suo tono di voce non c'era solo tristezza, ma anche sorpresa.
Non essere sciocco, pensò Kurt osservandolo con tenerezza. Io ho notato tutto di te.
Prima che
potesse rendersene conto, le parole gli sfuggirono dalle labbra.
"L'avevo
notata la prima notte in cui abbiamo dormito insieme, in realtà" si ritrovò
a confessare. Blaine alzò appena lo sguardo, osservandolo
da sotto quelle ciglia impossibilmente lunghe, e a Kurt
venne improvvisamente un atroce sospetto.
"Non
ti sei autoconvinto che questa è una relazione a senso
unico e che non mi importa nulla di te, vero?"
Il silenzio
colpevole che ne seguì gli fece venire voglia di picchiare Blaine
e poi baciarlo fino a togliergli il fiato, ma invece di fare una di queste due cose
si costrinse a parlare.
"Lo
so che ti pesa il fatto che in due anni non ti ho mai notato" sussurrò con
dolcezza, chiudendo delicatamente le dita intorno al suo polso per spostare la sua
mano da davanti al suo viso. "E non sai quanto mi dispiace, Blaine, ma voglio recuperare tutto quello che mi sono perso
- praticamente una vita intera. Voglio sapere tutto di te o non riuscirò mai a convincermi
che sei reale, meraviglioso e qui, tra le mie braccia, e-"
Blaine non
gli lasciò nemmeno il tempo di finire la frase: gli prese il viso tra le mani e
lo baciò con forza, sospirando sulle sue labbra. Kurt si sciolse tra le sue braccia,
lasciando che la dolcezza di quel bacio lo cullasse per un po', limitandosi a strofinare
le labbra sulle sue e accarezzandogli la nuca. Dopo diverso tempo Blaine si staccò da lui e gli diede le spalle, sedendosi dall'altra
parte del letto.
Kurt, che
aveva quasi dimenticato com'era iniziata la loro conversazione, ci mise un momento
a capire che Blaine si era voltato per esporre la cicatrice
alla sua vista.
Allungò una
mano per sfiorarne i contorni lisci e quasi sobbalzò quando Blaine
riprese a parlare, un sussurro appena udibile.
"È stata
una bottiglia di vetro. Spaccata su un muretto, forse un cassonetto, non ne sono
sicuro".
Per un istante
Kurt pregò di aver sentito male, sperò persino che stesse scherzando, qualsiasi cosa, perché non poteva essere,
semplicemente. Se fosse stato vero, avrebbe significato che Blaine
era stato aggredito.
Non può essere.
"Se
osservi bene si vede che la cicatrice è irregolare. C'è una seconda linea, sopra".
Kurt aveva
la nausea e non voleva guardare, ma i suoi occhi volarono alla linea chiara che
attraversava la parte bassa della schiena del ragazzo di fronte a lui senza che
potesse fermarsi e trattenne il fiato perché era vero. Era tutto vero.
"Cos'è
successo?" ripeté a bassa voce, cercando di scacciare dalla sua mente l'immagine
del vetro frastagliato che incideva la pelle.
Blaine tirò
su col naso, ancora voltato di spalle, e Kurt avrebbe tanto voluto abbracciarlo
e dirgli che andava tutto bene, che ormai era passato, ma non riusciva a muoversi.
Tutto quello che riusciva a fare era fissare con orrore la schiena di Blaine.
"Avevo
quattordici anni, avevo appena fatto coming out a scuola
e non avevo idea di quanto il mondo potesse far schifo" iniziò a raccontare
Blaine con voce inspiegabilmente piatta. "C'era questo
ballo scolastico al quale volevo assolutamente andare, ma non potevo certo invitare
una ragazza, perché lo sapevano tutti che ero gay, e andarci da solo..." rise
amaramente e si voltò verso Kurt con una smorfia in viso. "Ero già abbastanza
sfigato. Un vero nerd. Così ho chiesto all'altro unico gay dichiarato della scuola,
un mio amico, di andarci insieme. Ho pensato cosa c'è di male, in fondo? Non diamo fastidio a nessuno".
Si accorse
che Blaine aveva iniziato a tremare: le spalle erano scosse
da brividi e Kurt voleva fare qualcosa, ma non riusciva a muoversi; non riusciva
a respirare.
"Illuso"
mormorò Blaine inclinando il viso in modo che Kurt non
riuscisse a guardarlo negli occhi.
Fa qualcosa.
"Blaine, non-"
"Io
e Joey stavamo aspettando che suo padre ci venisse a prendere,
fuori dalla palestra". La voce di Blaine era poco
più di un sussurro spezzato. "Un gruppo di senior ci aveva tirato del punch
addosso appena arrivati. Ero rimasto in camicia e ricordo che faceva un freddo cane".
Fece una pausa e Kurt si ritrovò a trattenere il respiro in attesa che continuasse.
"C-ci hanno seguito fuori. Erano- uhm. Ubriachi,
credo? Uno di loro aveva questa bottiglia e-"
La voce gli
si spezzò e tutto quello che uscì fu un rantolo. Fu quello che finalmente riattivò
le funzioni motorie di Kurt. Si piegò verso Blaine e gli
circondò la vita con le braccia, trascinandolo verso il cuscino per abbracciarlo
stretto e accarezzargli i capelli in un tentativo di conforto.
"Va
tutto bene" gli sussurrò all'orecchio baciandogli la tempia. Sapeva di non
essere d'aiuto, ma non aveva idea di cos'altro fare. "È finita, ok? È passata
ormai. Siamo a New York, lontano da Lima, Westerville
o l'Ohio. Ce ne siamo andati, Blaine".
Incredibilmente
le sue parole riuscirono a calmarlo abbastanza da andare avanti.
"In
realtà non ricordo molto" disse Blaine con un filo
di voce. "Le urla, il dolore, il vetro... qualcuno continuava a gridare che
eravamo un abominio. Ti risparmio i dettagli; il padre di Joey
ci ha trovato svenuti, a terra, coperti di sangue. Mi sono risvegliato in ospedale
e mio padre mi ha chiesto se era vero che ero gay mentre mia madre se ne stava da
una parte a singhiozzare. Mi hanno convinto a non sporgere denuncia promettendomi
che mi avrebbero cambiato scuola e avrei potuto scegliere dove. Così sono andato
a nascondermi alla Dalton e fine della storia".
Kurt non
poteva credere alle sue orecchie. Burt non avrebbe mai permesso una cosa del genere,
anzi: avrebbe messo a ferro e fuoco l'intero Ohio pur di trovare i colpevoli. Improvvisamente
si sentì molto, molto fortunato.
Blaine affondò
il viso nell'incavo tra il suo collo e la spalla.
"È il
mio più grande rimorso" disse, la voce ridotta ad un sussurro. "Non sono
rimasto ad affrontare i miei problemi e mi sono accorto solo dopo di quanto vigliacco
fossi stato. Ho lasciato che vincessero. Mi sono arreso".
A Kurt Blaine non sembrava affatto qualcuno che si era arreso e sentiva
la necessità di farglielo capire, ma non sapeva come. C'erano troppe cose che gli
frullavano per la testa.
"Nessuno
dovrebbe essere lasciato da solo ad affrontare i propri problemi. Avevi quattordici
anni, Blaine, cosa ti aspettavi da te stesso? Di piazzarti
davanti ai bastardi che ti hanno picchiato a sangue e dire 'ehi, sono fiero di ciò
che sono'?" mormorò Kurt prendendolo per le spalle
per guardarlo in viso. Blaine si sedette sul bordo del
letto e gli diede le spalle, lo sguardo basso.
"Ci
ho messo anni ad essere fiero di ciò che sono, ma ancora oggi sobbalzo quando sento
un vetro che si rompe o mi cade un bicchiere, e mi sento come se avessero rovinato
una parte di me perché- perché glie l'ho lasciato fare" mormorò rivolto al
muro.
Non hanno rovinato niente, pensò Kurt facendo scorrere lo sguardo
sulla sua schiena nuda, lungo la spina dorsale, fino alla cicatrice. Tutto quello che vedo io è un ragazzo meraviglioso.
Si avvicinò
a Blaine e gli alzò delicatamente il mento con due dita
in modo da poterlo guardare in viso e perdersi in quegli occhi color oro così tristi.
"Non
c'è niente che non va in te, in noi o in quello che proviamo l'uno per l'altro"
scandì lentamente ad un soffio dalle sue labbra. Blaine
chiuse gli occhi e lo baciò lentamente.
"Lo
so" rispose Blaine accarezzandogli una guancia. "Dio,
lo so".
Kurt piegò
la testa e in un lampo d'ispirazione scese a baciargli il collo, poi le spalle,
lungo la spina dorsale, e dalla gola di Blaine uscì un
suono basso e vibrante che quasi gli fece girare la testa. Quando le sue labbra
arrivarono al bordo della cicatrice, all'altezza del fianco di Blaine, baciò anche quella.
Il gesto
sembrò risvegliare qualcosa in Blaine, che si lasciò sfuggire
un sospiro e si voltò verso Kurt, catturando le sue labbra in un bacio. Kurt semplicemente
si lasciò andare a quel contatto, facendo scorrere la lingua lungo il labbro inferiore
di Blaine, che aprì lentamente la bocca per approfondire
il bacio.
"Mi
dispiace non avertelo raccontato prima" mormorò con voce soffocata tra un bacio
ed un altro. "Non l'ho fatto perché mi sentivo un vigliacco, non perché non
mi fido. Mi fido ciecamente di te, Kurt".
Quelle parole
lo colpirono direttamente al cuore e la realizzazione che ebbe subito dopo in realtà
non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto, perché in fondo era così ovvio: si era innamorato di Blaine.
Non era una
semplice cotta e allo stesso tempo era qualcosa che andava oltre la pura attrazione
fisica. Kurt non aveva mai sentito più forte il bisogno di essere toccato, baciato;
non riusciva a smettere di desiderare di sentire il peso di Blaine
su di sé, le sue labbra sulle sue, le sue mani tra i capelli, e non era dovuto agli
ormoni. Lo desiderava perché desiderava Blaine.
Quello che
successe in seguito fu la cosa più naturale del mondo.
Blaine mormorò
qualcosa sulla sua gola, lo tirò sopra di sé, stendendosi sul materasso, e le sue
mani scesero lentamente lungo i suoi fianchi, accarezzando la pelle nuda fino a
raggiungere il bordo dei pantaloni del suo pigiama. Non si fermarono lì, in ogni
caso. Scivolarono a stringergli il fondoschiena per avvicinare il bacino al suo
e oh. Non sono l'unico ad aver perso il controllo,
a quanto pare.
Le sue mani
vagarono sul petto di Blaine mentre si baciavano, spingendosi
sempre più in basso. Quando però provò a spingere in avanti i fianchi per strusciare
la sua erezione - inutile negarlo - contro quella di Blaine,
il ragazzo si lasciò sfuggire un gemito sommesso e spostò le mani per afferrargli
delicatamente i polsi, fermandolo.
Kurt ci mise
un nanosecondo a farsi prendere dal panico, perché e se ho esagerato? Oddio, gli sono letteralmente saltato addosso e magari
lui non vuole e ho esagerato e penserà che sono-
"Kurt" sussurrò Blaine con il fiato corto, pericolosamente vicino alle sue labbra.
"Se non vuoi che- fermami adesso, ok? Perché altri due minuti e non risponderò
più delle mie azioni".
Ah.
Non hai nessuna intenzione di farlo
smettere, vero, Porcellana?
"Di
qualcosa, ti prego" mormorò Blaine con le mani ancora
strette intorno ai suoi polsi.
Ti voglio era tutto quello che Kurt riusciva
a pensare in quel momento. Non sarebbe mai riuscito a dire una cosa del genere ad
alta voce, perciò si limitò a dimostrarlo: si avvicinò per baciare Blaine e il ragazzo riccio esitò solo per un istante prima di
sciogliere la presa sui suoi polsi per riprendere ad accarezzargli la curva del
fianco, la coscia e infine sistemarsi sul fondoschiena per tirarlo verso di sé.
Stavolta
riuscì a sentire chiaramente Blaine contro di sé e si
lasciò sfuggire un gemito, non preoccupandosi nemmeno più di imbarazzarsi.
Le sue mani
scesero verso l'erezione di Blaine con lentezza quasi
esasperante, scivolando lungo lo stomaco e tentennando una volta raggiunto l'elastico
dei pantaloni della tuta di Blaine. Esitò, senza sapere
bene cosa fare, e stava per rinunciare al suo intento quando Blaine gli morse delicatamente il lobo dell'orecchio, sussurrando
con voce spezzata il suo nome.
"Kurt".
Non c'era
modo di fermarsi, non dopo aver sentito Blaine mormorare
il suo nome con quel tono.
Non appena
la sua mano scivolò oltre l'elastico fin dentro ai boxer e si chiuse esitante intorno
alla sua crescente erezione Blaine inarcò la schiena con
uno scatto e un gemito sommesso gli sfuggì dalle labbra semiaperte. Solo aver scatenato
in lui una reazione del genere fece scorrere una scossa di adrenalina pura lungo
la spina dorsale di Kurt, che nonostante tutto sorrise e catturò le labbra di Blaine nell'ennesimo, travolgente bacio.
"K-Kurt" ansimò Blaine dopo un
paio di secondi, facendo scorrere le mani lungo la sua coscia e strappandogli un
gemito con un movimento particolarmente audace del bacino. Infilò due dita oltre
il bordo dei suoi pantaloni e mormorò: "T-troppi
vestiti."
"Mhm" Mormorò Kurt scendendo a mordergli delicatamente la
clavicola. Blaine rabbrividì e Kurt si chiese perché accidenti
nessuno gli avesse detto che fare certe cose era così divertente.
"Posso?"
domandò inutilmente Blaine piegandosi per succhiare il
labbro inferiore di Kurt, che pensava di aver reso piuttosto chiare le proprie intenzioni
dal momento in cui la sua mano era finita nei boxer dell'altro.
"Blaine" si ritrovò a gemere ad un passo dalle sue labbra.
Al ragazzo
sembrò bastare, perché un momento dopo la sua mano stava abbassando i pantaloni
di Kurt ed entrambi persero il controllo della situazione.
Ogni nuovo
contatto con la pelle dell'altro finiva per strappar loro un gemito e Kurt iniziò
a muovere la mano senza nemmeno rendersene conto, beandosi di tutti i gemiti di
Blaine e di tutte le volte in cui il suo nome gli sfuggì
dalle labbra; dopo un paio di minuti Blaine iniziò a muovere
il bacino per assecondare i movimenti della sua mano e Kurt si staccò dalle sue
labbra per osservare rapito il bellissimo ragazzo tra le sue braccia arrendersi
così, semplicemente, al suo tocco. Si stava innamorando di ogni dettaglio e cercò
di imprimersi nella memoria i suoi capelli arruffati, le labbra dischiuse rosse
e gonfie di baci, il viso accaldato e le sue mani bollenti che lo accarezzavano.
Sapeva che
non sarebbe durato ancora a lungo. Bastarono un altro paio di tocchi, una torsione
del polso e venne soffocando l'ennesimo gemito sulla bocca di Blaine, che lo seguì poco dopo, affondando i denti nella sua
spalla quando l'orgasmo lo colse.
Nessuno dei
due aprì bocca per i successivi tre minuti, entrambi ancora troppo storditi e insonnoliti
per parlare. Alla fine a rompere il silenzio fu Blaine
che, dopo aver ripulito il disastro che avevano fatto con il lenzuolo, si accoccolò
contro Kurt e sussurrò contro la pelle del suo collo: "Tutto bene? Non- non
ho esagerato, vero?"
La preoccupazione
nella sua voce fece fare l'ennesima capriola al cuore di Kurt.
"Oh"
fece Blaine alzando appena la testa per lanciare un'occhiata
preoccupata al morso sulla palla di Kurt. Lo sfiorò con la punta delle dita. "Questo
è stato un incidente di percorso. Non volevo- uhm. Morderti."
Oh, andiamo, come si fa a non
trovarlo adorabile?
Kurt cercò
di dissipare la nebbia che aveva circondato il suo cervello per dire qualcosa di
intelligente, ma tutto quello che uscì fu: "Io l'ho trovato molto sexy".
Ok, nota
a se stesso. Il post orgasmo mi fa dire
cose idiote ma vere.
Blaine mormorò
qualcosa, che però venne soffocato dalla sua spalla, e sbadigliò sonoramente.
"Sonno"
mugugnò contro la sua pelle. Kurt capì che stava per addormentarsi e si prese un
momento per osservarlo, così stupendo tra le sue braccia.
"Sei
adorabile quando sei insonnolito, sai?" gli sussurrò all'orecchio.
Blaine si
mosse appena, ma ormai era quasi addormentato e -
"Mhm" sussurrò Blaine lasciandogli
un bacio sul collo. "Ti amo, lo sai?"
Kurt rimase
paralizzato al suo posto, gli occhi spalancati e tutti i muscoli tesi.
Non l'ha detto sul serio. L'ha detto
sul serio?
Kurt si sporse
appena verso Blaine, cercando di chiudere la mascella
che si era spalancata per la sorpresa, e- no. Blaine stava
già dormendo.
Probabilmente
non si era nemmeno reso conto di quello che aveva detto.
Mi ama. Ha detto che mi ama.
Naturalmente
provava la stessa cosa, ma cosa avrebbe dovuto fare, svegliarlo e dirglielo? No,
non poteva. Doveva farglielo capire in qualche modo e ci voleva un'idea, ma cosa-
Forse fu
lo shock delle parole di Blaine, forse tutto quello che
aveva accumulato in quei due mesi, forse semplicemente la voglia di urlare al mondo
che era innamorato, ma l'idea perfetta lo investì in pieno e si addormentò abbracciando
Blaine stretto e certo che presto lo avrebbe fatto molto,
molto felice. O almeno lo sperava.
Note di
Ilaryf90
Salve a
tutti!
Vi siete
ripresi dal capitolo? Spero di sì, perché ho un’importante comunicazione di
servizio da parte dell’autrice. Visto che l’hanno chiesto in molti, Selene mi ha detto di farvi sapere che per la fine della
storia rimangono due capitoli più l’epilogo =(.
Eh sì,
questa storia sta per giungere alla fine. Ma non pensiamoci ora e godiamoci
questo e gli altri capitoli rimanenti!
Io vi
saluto, mercoledì tornerà Selene e il mio compito è
terminato!
Naturalmente le
cose non andarono come Kurt aveva programmato. Con l’inizio delle lezioni –
estenuanti, faticose, meravigliose lezioni – né lui né Blaine
ebbero molti momenti liberi, ad eccezione delle sere, durante le quali erano
comunque troppo stanchi per girare per New York e quindi si limitavano a
poltrire in camera o al massimo attraversare la strada per andare da Amy ed Ellie per sanguinarie gare
di karaoke da musical.
Amy sembrava aver preso Blaine in simpatia in un modo tutto suo, per cui nella sua
testa cercare di soffocarlo con un cuscino mentre si esibiva in Love neverdies– dall’omonimo, inutile musical – era la
dimostrazione d’affetto più grande che potesse esistere. Inutili, ovviamente,
erano le proteste di Kurt e Ellie, l’una decisamente
contro l’omicidio e l’altro preoccupato che Amy
potesse assassinare con un cuscino il ragazzo perfetto.
Gli insegnanti della NYADA erano estremamente severi ed
esigenti, Madame Tibideaux li terrorizzava a morte e
l’insegnante di danza non aveva preso molto in simpatia Blaine
e spesso lo costringeva a rimanere dopo le lezioni a provare e riprovare passi
impossibili.
Fu così che, tra un impegno e l’altro, l’idea di Kurt passò
momentaneamente in secondo piano per tutto l’autunno, mentre New York si
trasformava lentamente in un tripudio di colori e lui si innamorava di Blaine ogni istante di più.
Il problema era che Blaine, dopo
quella sera in cui, al confine tra sonno e veglia, aveva sussurrato di amarlo,
non aveva più detto niente al riguardo. C’erano state volte in cui, abbracciati
sul divano o sul letto, intenti a baciarsi come se fosse l’ultima notte al
mondo, Blaine gli era parso sul punto di farsi
sfuggire di nuovo quelle parole dalle labbra.
Ti amo, lo sai?
Era un semplice luccichio nelle sue iridi nocciola, un
sorriso più dolce del solito, una carezza in una marea di baci: eppure ogni
volta Blaine si mordeva il labbro e socchiudeva gli
occhi, nascondendo l’oro alla sua vista, e riprendeva a baciarlo.
Kurt aveva paura che Blaine non
provasse davvero ciò che aveva accidentalmente confessato, aveva paura che
tutto ciò che stessero costruendo fosse semplicemente finto. Eppure non poteva essere così: ogni volta che lo guardava
negli occhi sapeva di aver trovato
qualcuno per cui, semplicemente, valesse la pena.
Blaine era speciale. Non riusciva
a trovare altro modo per dirlo, e non ce n’era nemmeno bisogno. Era,
semplicemente, tutto ciò che Kurt aveva sempre voluto senza nemmeno saperlo. Blaine era…Blaine.
Quel meraviglioso ragazzo che era accidentalmente entrato
nel suo scompartimento quella mattina, su quel viaggio di sola andata per New
York, con una chitarra in spalla, che aveva catturato il suo cuore e non l’aveva
più lasciato andare, era suo. Poteva
essere giustificato, se aveva paura, no?
Dovresti darti una
mossa, Hummel, suggerì Sue. Sul serio.
Ma, per quanto ogni volta che Blaine
era a meno di dieci metri da lui le parole gli salissero alle labbra in modo spontaneo
– Ti amo, dio quanto ti amo –
finivano sempre per bloccarglisi in gola. Perché Blaine
l’aveva detto, sì, ma non lo ricordava nemmeno e Kurt aveva paura. Era
rischioso, significava mettersi in gioco definitivamente e aveva solo diciotto
anni. Non era poi così ansioso di avere il cuore spezzato.
Andarono avanti così, tra baci languidi e carezze sempre più
spinte, e quelle maledette parole sulle labbra, senza che nessuno dei due
avesse il coraggio di sputarle fuori e fare quel passo avanti che li avrebbe
portati ad essere davvero, definitivamente Kurt
e Blaine.
Solo Kurt e Blaine.
*
Natale arrivò ad una velocità sorprendente: le vacanze si
avvicinavano sempre di più e sia Kurt che Blaine
riuscirono ad andare avanti solo grazie a questa consapevolezza. La sera,
quando si ritrovavano in camera da soli, finivano per stringersi sullo stesso
letto e raccontarsi la loro giornata, o magari insultare quella vecchia megera
che costringeva Blaine a ore ed ore di prove in più
di danza, oppure sospirare ognuno sulle labbra dell’altro quando
inevitabilmente finivano per baciarsi e poi spogliarsi.
Non erano mai andati oltre, in realtà. Blaine
sembrava più che felice di baciarlo fino a togliergli tutta l’aria dai polmoni
ed esplorare ogni centimetro del suo corpo, quasi volesse mandarlo a
memoria.Kurt, semplicemente, voleva Blaine ogni volta di più. Sapeva che presto sarebbe
esploso. Se doveva essere completamente sincero, non vedeva l’ora.
La sera del quindici dicembre, quando le loro vacanze erano
ormai a meno di una settimana di distanza e New York iniziava a riempirsi di
decorazioni natalizie, luci e colori, Kurt si trovava spalmato sul divano dopo
una lezione particolarmente sfiancante di ballo e canto combinati, troppo
stanco e dolorante per muovere più di qualche muscolo. Blaine
non era ancora tornato: era stato – ovviamente – trattenuto dall’insegnante di
ballo perché dio, Anderson, a te quello
sembrava un passo di danza?
Kurt non pensava che Blaine avesse
bisogno di ore extra di prove: non aveva mai visto qualcuno muoversi con la sua
sensualità. Beh, la sua forse era un
opinione un po’ di parte, però Blaine rimaneva un
ballerino eccezionale. Un baciatore eccezionale, anche. E –
La porta della loro stanza si aprì e si richiuse con un
tonfo e Kurt mugugnò un incomprensibile saluto in quella direzione. Dopo
qualche istante Blaine comparve nel suo campo visivo,
il volto stanco ma adornato da un lieve sorriso.
“Quella donna è una strega” commentò con un filo di voce
mentre si buttava sul divano di fianco a Kurt e gli accarezzava la schiena con
una mano. “Sto morendo di fame, mangiamo qualcosa?”
Kurt si mise a sedere con un mugolio dolorante e stiracchiò
le gambe, sbilanciandosi e finendo addosso a Blaine,
che aprì le braccia per accoglierlo in un abbraccio.
Kurt però, schizzò via quasi subito, arricciando il naso.
“Blaine, sei tutto sudato” mugugnò
in segno di protesta, mentre Blaine ridacchiava e si
faceva più vicino per abbarbicarsi a lui. “Che schifo, dai!”
“Oh, andiamo!” lo prese in giro Blaine
cercando di avvicinarsi nonostante Kurt gli avesse posato le mani sulle spalle
per tenerlo alla larga. “Non ti lamenti così tanto quando siamo a letto e le
mie mani sudate sono su-”
Kurt arrossì visibilmente e gli diede uno schiaffetto sulla
spalla. “Sono troppo concentrato per lamentarmi” lo interruppe prima che
potesse finire la frase. Da quando Blaine era
diventato così provocatore? Forse dal momento in cui passavano tute le notti a
dormire nello stesso letto e si svegliavano tutte le mattine abbracciati,
chissà.
“O troppo distratto” rise Blaine,
appoggiandoglile mani sui fianchi e
riuscendo sporgersi abbastanza da lasciargli un bacio a fior di labbra. Kurt
rabbrividì sotto al suo tocco, ma continuò a spingerlo via giocosamente.
“Vai a farti una doccia!” lo rimproverò con un sorriso
malizioso. Blaine, però, fece leva sul suo ginocchio
e se lo tirò sopra, facendo combaciare i loro corpi in ogni punto possibile.
“Blaine…” iniziò a dire Kurt,
divertito, ma la voce gli si bloccò in gola quando Blaine
iniziò a baciargli il collo delicatamente, lasciando una scia di baci fino alla
spalla.
Kurt non poté fare nulla per fermare il sospiro che gli
sfuggì dalle labbra, e le mani di Blaine si
spostarono sulla sua schiena, fino a fermarsi sulla curva del suo sedere per
spingerlo direttamente contro il propri fianchi. Kurt spostò appena il
ginocchio alla ricerca di una posizione più confortevole e finì per trovarsi
cavalcioni sopra Blaine, intrappolandolo sul divano.
Blaine socchiuse gli occhi e Kurt
ebbe una fugace visuale delle sue iridi solitamente dorate, ora scure di
lussuria.
Oh. Oh.
“Dovresti davvero f-farti – ah - una doccia” riuscì a mormorare sulle sue labbra mentre Blaine gli accarezzava con fermezza il sedere.
“Mhmpf” mugugnò Blaine mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Vieni
con me”.
Kurt si irrigidì tra le sue braccia, stupito dalla
richiesta.
“C-come?”
“Vieni a fare la doccia con me”.
Aprì gli occhi e trovò Blaine
sotto di lui, gli occhi lucidi semi aperti e un sorriso dolce sulle labbra
rosse e gonfie di baci. Era bellissimo.
Non ci fu bisogno di dire niente, in realtà. Gli bastò
leggere l’amore negli occhi del suo ragazzo per sapere di star facendo la cosa
giusta. Non aveva detto che lo amava. E allora? Dopotutto, con chi altro
avrebbe voluto avere un’esperienza del genere?
Lui voleva Blaine.
Annuì impercettibilmente e Blaine
sorrise, e quello, semplicemente, bastò.
Il ragazzo riprese a baciarlo appassionatamente,
sollevandolo quel tanto che bastava ad entrambi per alzarsi dal divano senza
che le loro labbra fossero costrette a separarsi. Continuarono a stringersi
anche durante il breve tragitto per il bagno; Blaine
riuscì ad aprire la porta con una mano, ed una volta oltrepassato lo stipite
sollevò la maglietta di Kurt con entrambe le mani fino a sfilargliela dalla
testa.
“L’ho mai detto che adoro spogliarti?”
Kurt invertì le loro posizioni e lo spinse con veemenza
contro il muro del bagno. Blaine piegò la testa
mentre attaccava le labbra alla sua spalla – anche la sua maglietta era finita
da qualche parte a terra – e gemette con voce roca sulle sue labbra proprio
mentre Kurt mormorava: “Ti voglio”.
Tutto quello che successe dopo fu qualcosa di cui Kurt non
avrebbe mai, mai potuto pentirsi.
Non riuscì a capire come – e nemmeno gli importava, in
realtà - ma un istante dopo si trovò sotto al getto bollente della doccia, con Blaine che lo premeva delicatamente contro le mattonelle
bagnate per baciarlo con intensità. I vestiti erano finiti chissà dove, eppure
non si sentiva in imbarazzo: ogni centimetro della sua pelle raggiunto dalle
mani di Blaine o dalle sue labbra pareva prendere
fuoco e ben presto Kurt si ritrovò ad ansimare, con il viso premuto sulla
spalla di Blaine, una mano tra i suoi ricci e una che
massaggiava con decisione l’erezione del ragazzo mentre l’acqua gli scorreva
sulla nuca, lungo la schiena, sulle braccia. Blaine
aveva gettato la testaall’indietro,
aveva le palpebre socchiuse e dalle sue labbra uscivano i suoni più
meravigliosi che Kurt avesse mai sentito.
Le mani del suo ragazzo vagavano sul suo corpo
distrattamente, come se non riuscisse a smettere di toccarlo nonostante non
riuscisse a rimanere concentrato: vederlo arrendersi così sotto le sue mani non
fece altro che portare anche Kurt al limite. Il primo a raggiungere l’orgasmo
fu Blaine: alzò il viso di Kurt appoggiandogli una
mano sulla guancia e lo baciò con disperazione, premendosi contro di lui per
inchiodarlo alle piastrelle bagnate e incontrando i movimenti della sua mano
con i fianchi, mentre i suoi gemiti venivano soffocati dalle labbra di Kurt
sulle sue.
Quando Blaine riuscì a riprendersi
dalla nebbia di piacere alzò gli occhi nei suoi in una muta richiesta, che –
sorprendentemente – Kurt colse al volo. Blaine si
inginocchiò davanti a lui e lo osservò per un istante da sotto le ciglia impossibilmente lunghe.
“P-posso?”
“Dio, sì”
Tutto il resto fu un ricordo molto nebbioso che sfumava
insieme all’acqua che scendeva nello scarico. Nonostante tutto, le labbra di Blaine non abbandonarono il suo corpo nemmeno per un
istante.
*
A cinque giorni dalla vigilia di Natale Kurt scoprì che Blaine sarebbe rimasto a New York da solo, perché i suoi
genitori sarebbero andati ad un party in cima alla Tour Eiffel.
“Sei serio?” gli domandò non appena Blaine
se ne uscì con quella confessione, borbottata sulle sue labbra nella speranza
che Kurt non la sentisse davvero.Ma
Kurt, quando si trattava di Blaine, aveva sempre un
ottimo udito.
“Sì, sono serio. Vigilia, Natale e Capodanno a Parigi. Senza
il loro molto omosessuale e molto artistico figlio”.
Lui aveva programmato di tornare in Ohio, in realtà, per
passare le vacanze con Burt, Carole, Finn e Rachel. Era certo che anche Blaine
sarebbe tornato dalla sua famiglia, tanto che non aveva nemmeno intavolato
l’argomento. In fondo chi è che passa il Natale da solo a nemmeno vent’anni?
Eppure non era così: Blaine si
aggirava per la loro stanza più triste che mai e i suoi occhi dorati vagavano
sulla sua figura sempre più spesso, in perfetto stile cucciolo abbandonato.
Kurt sapeva che non era un atteggiamento intenzionale: Blaine
non gli aveva chiesto di rimanere e Kurt era certo che non l’avrebbe fatto.
Eppure l’idea che aveva avuto un paio di mesi prima, che era rimasta assopita
nella sua mente per tutto quel tempo, gli balzò davanti agli occhi senza che
potesse fermarla. E la sua giornata si illuminò perché, con un po’ di
organizzazione, era realizzabile.
Dio, perché allora era terrorizzato? Ti amo, lo sai?
Convincere Blaine a tornare in
Ohio per passare il Natale con lui e la sua famiglia, tuttavia, sarebbe stata
una vera impresa.
La sera prima della partenza di Kurt, lui e Blaine erano appena usciti dal bagno dopo l’ennesima doccia
insieme, ormai diventata un’abitudine. Quando Blaine
cercava di scherzarci su con battutine sconce – aveva i suoi momenti da maschio
idiota, dopotutto – Kurt lo prendeva in giro dicendo che lo faceva solo per
risparmiare tempo ed avere uno schiavo che gli passasse il balsamo sui capelli.
In genere finivano sempre per litigare scherzosamente fino a
che Blaine non lo baciava – o meglio, gli saltava
letteralmente addosso – e lo gettava sul letto. A quel punto smettere di
baciarsi e accarezzarsi diventava particolarmente difficile.
Quella sera non fece eccezione, con la differenza che quando
Blaine lo spinse delicatamente contro il cuscino per
mordicchiargli la mascella, sembrò più triste del solito.
Fu allora, di fronte a quegli occhi così dolci e tristi, che
Kurt si decise a proporre l’improponibile.
“Torna in Ohio con me”.
Blaine smise quasi subito di
baciarlo per staccarsi e lanciargli un’occhiata attonita.
“Come?”.
Ok, non è niente. Puoi
farcela, Kurt.
“N-non puoi passare le vacanze da solo qui, Blaine. Perché non vieni con me? Passiamo la vigilia di
Natale dai miei e poi andiamo da qualche parte o torniamo a New York. Hai detto
che i tuoi amici sono tornati a Westerville, no? E alla
NYADA non ci sarà nessuno”. Kurt arrossì furiosamente sotto lo sguardo intenso
di Blaine. “E poi a- a mio padre piacerebbe
conoscerti.”
Blaine non disse nulla, si limitò
a guardarlo con quell’espressione indecisa e spaventata negli occhi, e Kurt si
fece prendere dal panico.
“Non sei obbligato, naturalmente!” esclamò con voce acuta,
prendendogli il viso tra le mani. “Voglio dire, muoio dalla voglia di passare
il Natale con te e-e volevo presentarti
la mia famiglia, ma se non vuoi posso – posso rimanere io. Non importa, magari
torno a casa durante le vacanze di pasqua o-“
“No” mormorò Blaine scuotendo la
testa. “Devi tornare da tuo padre, lo so che ti manca da morire, Kurt. Ho
sentito la telefonata di ieri”. Kurt arrossì vagamente.
“Allora vieni con me” sussurrò lasciandogli un languido
bacio a fior di labbra. Blaine sembrò ancora più
indeciso.
“Non preoccuparti per me, starò bene. E poi non voglio
intromettermi nella festa di famiglia”.
I suoi occhi erano così tristi che Kurt non poté fare a meno
di insultare mentalmente i genitori del suo ragazzo per averlo abbandonato
proprio a Natale per Parigi.
“Blaine” mormorò baciandolo
dolcemente. Ora o mai più, Kurt. Coraggio.
“Tu sei la mia famiglia. Io – io
tengo tantissimo a te” Ti amo. “Non
ti lascerò da solo a New York la Vigilia di Natale. Volevo proportelo un mese
fa, quando ho deciso di tornare a Lima per le vacanze, ma non ho avuto il
coraggio perché sapevo che avresti reagito così.”
Lo baciò di nuovo, cercando di cancellare la smorfia
scettica e spaventata sulle sue labbra. “Ti prego. Fidati di me”.
“Io- dio” mormorò Blaine gettando indietro la testa quando le labbra di Kurt
scesero a baciargli il collo. “V-va bene” disse infine. “D’accordo.”
Kurt esultò, dando mentalmente il cinque alla Sylvester, che
stava dando un party tra le sue cellule celebrali.
Si prospettava una magnifica vigilia di Natale. Oh, se solo Blaine avesse saputo cos’aveva in mente in realtà…
“Kurt?” domandò Blaine timidamente
dopo un paio di minuti passati a baciarsi fino a togliersi il fiato. “Sei
sicuro che tuo padre non abbia il porto d’armi?”
La sua risata cristallina invase la stanza e finì per
coinvolgere anche Blaine, fino a che entrambe non si
spensero sulle sue labbra.
Ti amo. Dio, quanto ti
amo.
*
Il viaggio di ritorno verso l’Ohio fu piuttosto tranquillo,
se paragonato al viaggio d’andata che li aveva portati a New York. Blaine se ne stette tranquillo con la testa appoggiata alla
sua spalla e la mano intrecciata alla sua fino a che non superarono le campagne
di Columbus. Al che iniziò a farsi prendere dal panico, blaterando su padri
iperprotettivi, armi da fuoco e giubbetti anti-proiettile fino a che Kurt non
lo zittì premendo le labbra sulle sue e strappando un’esclamazione scioccata
alla donna seduta a qualche metro da loro.
Ma non importava, potevano scandalizzarsi quanto volevano;
era innamorato, che male c’era?
Scendere alla stazione di Lima fu un po’ più complesso,
visto che Blaine sembrava voler rimanere abbracciato
al suo sedile, sul treno; il peggio però non arrivò mai, perché non appena
misero piede sul binario Carole si buttò su di loro e li abbracciò entrambi
come se fossero i suoi figli appena tornati dal fronte, e Blaine
sembrò rilassarsi visibilmente. Con la mano stretta alla sua nonostante fossero
in Ohio Kurt riuscì a presentarlo a
suo padre senza che uno dei due scappasse via a gambe levate e Burt sembrò
essere semplicemente soddisfatto dall’evidente felicità che entrambi emanavano.
Certo, all’ora di cena, tutti riuniti intorno alla tavola,
se ne uscì con un: “Spero che tu stia trattando bene il mio ragazzo”, che
implicò uno sguardo di rimprovero da parte di Carole, un calcio da parte di
Kurt da sotto il tavolo, Finn improvvisamente
cianotico e Blaine bianco come un cadavere.
Ad eccezione di quello, però, nient’altro andò storto. Blaine
adorava la sua famiglia e la sua famiglia adorava Blaine.
Cos’altro poteva chiedere?
Un po’ di coraggio per
confessare di essere innamorato di lui senza svenire, magari.
*
Appena finita la cena Kurt notò che Blaine
sembrava sul punto di crollare dal sonno, così lo staccò dalle grinfie di Finn – che sembrava avesse ricevuto il miglior regalo di
Natale di sempre, un nuovo amico con cui parlare di Football – per mostrargli
la camera degli ospiti. Era, in effetti, la prima notte in cui dormivano
separati da molto, molto tempo, ma Kurt aveva pensato bene di non testare
troppo la fragile salute di suo padre. Non era il caso di causargli un altro
infarto.
“Mi mancherai, stanotte” sussurrò Kurt abbracciando Blaine stretto. Il ragazzo ricambiò la sua stretta e gli
posò un bacio sulla guancia.
“Io-“ esitò un istante, poi gli prese il viso tra le mani.
“Grazie. Per tutto questo. E’ stata la vigilia di Natale migliore da – da un
sacco di anni a questa parte”.
Kurt sorrise e cercò con tutto sé stesso di trattenere le
lacrime, perché proprio non era il momento.
“Te l’ho detto, Blaine. T-tu sei la mia famiglia”. Troppo tardi,
accidenti.
“Oh, andiamo, non piangere! Non hai ancora aperto il mio
regalo, aspetta di piangere lì!” scherzò Blaine con
dolcezza, asciugandogli le lacrime con il dorso della mano.
“Scusa” mormorò Kurt strofinandosi l’altra guancia. “Anche
il mio regalo è favoloso, comunque”.
Nel sorriso di Blaine, però, c’era
qualcosa di diverso. Era nascosto anche in fondo ai suoi occhi, e se Kurt non
avesse imparato a conoscere ogni singola sfumatura del suo umore, se non si
fosse innamorato di lui così profondamente, con tutta probabilità non l’avrebbe
notato.
Eppure c’era. Ed assomigliava terribilmente a tristezza.
Blaine lo lasciò andare e gli posò
un delicato bacio a fior di labbra.
“Vado a dormire, è meglio. Sarai stanco anche tu” sussurrò delicatamente
socchiudendo gli occhi. “Buonanotte”.
Kurt si staccò da lui e fece per voltarsi, confuso e forse
anche un po’ ferito, sì, ma Blaine gli afferrò
delicatamente il polso e lo tirò di nuovo verso di sé, facendolo scontrare con
le sue labbra, improvvisamente disperate e bisognose.
“Buon Natale”.
E allora Kurt sorrise, perché Blaine
era la creatura più bella che avesse avuto la fortuna di incontrare e, per
motivi a lui incomprensibili, sembrava volere lui.
“Buon Natale anche a te”.
*
Kurt si richiuse la porta della sua stanza alle spalle e ci
si appoggiò contro con la sensazione di essere nel posto sbagliato.
Osservò il suo vecchio letto e la sua vecchia stanza, così
accuratamente decorata quando aveva sedici anni, e capì immediatamente cosa
c’era che non andava in tutto quello: Blaine non
c’era.
E se Blaine non c’era, come poteva,
quella, essere considerata davvero casa?
Possibile che le cose fossero cambiate così a fondo? Possibile che lo amasse
così tanto?
Si sedette sul letto, facendo cigolare le molle del vecchio
materasso, e sondò la stanza con lo sguardo alla ricerca della forza di volontà
necessaria a non fare irruzione nella stanza di Blaine,
spingerlo sul letto e baciarlo con tutte le sue forze.
Non la trovò.
Si alzò e aprì la porta più silenziosamente possibile,
mentre in corridoio risuonava i rumore della televisione al piano di sotto. Suo
padre e Finn erano incollati davanti ad una partita e
Carole era sicuramente in cucina.
Percorse la strada fino alla porta della camera degli ospiti
in punta di piedi, maledicendo l’asse di legno che cigolò sotto al suo peso,
con il cuore che batteva a mille nel petto, e stava per abbassare la maniglia e
fare irruzione, mandando al diavolo la sua idea folle per confessare a Blaine che lo amava, punto,
quando la voce di Blaine giunse fino a lui con
chiarezza attraverso la porta socchiusa.
“-e non credo che sia possibile, Nick. No, non lo so, non me
ne ha parlato. Dovreste chiarire voi due. Vai da lui e digli cosa provi e
fatela finita, perché siete stracotti l’uno dell’altro e non posso certo
mettermi in mezzo per farvelo capire”.
Kurt non voleva origliare, visto che evidentemente erano
affari di Blaine e dei suoi amici – a quanto pareva
ancora in crisi tra di loro – ma poi sentì il suo nome, e prima che potesse
impedirselo aveva appoggiato la guancia al legno della porta.
Vergognati, Hummel!, lo sgridò Sue. Una vera spia ora starebbe origliando appesa a testa in giù dal
soffitto, o mimetizzata nella pianta grassa all’angolo della stanza. Sei un
novellino.
Non era il momento per ascoltare le voci nella sua testa,
però, perché a quanto pareva -
“No, non ho detto nulla a Kurt”.
Ma di cosa stava parlando?
“Nick, lo sai che non posso. Non ha detto niente dopo quella
sera in cui mi sono lasciato sfuggire da bravo idiota che ehi, lo amo!, e ora sono qui in Ohio con la sua famiglia, che è
adorabile, e tutto quello che riesco a pensare è che sono terrorizzato perché-
perché ho paura che non mi ami quanto lo amo io. E mi sento un cretino”.
Un momento. Blaine pensava che…?
“Nick” sospirò Blaine, ed il
rumore dei suoi passi si interruppe. “Non è la stessa cosa. Devo farmene una
ragione e basta. No, non posso dirglielo. L’ho già detto e ha fatto finta di
niente. Preferisco così, che perderlo”. Una pausa, piuttosto lunga. “Certo che
lo amo, cretino. Lo amo da una vita”.
Allora te lo ricordi…
Quello erail momento adatto per mettere in
pratica il suo piano, non c’era ombra di dubbio.
Sei nei pasticci, Hummel. L’hobbit pensa che tu non
sia stracotto di lui.
Oh, andiamo, come può
essere così idiota?, ribatté Kurt, chiaramente rivolto alla voce nella sua
testa. Certo che lo amo.
E allora diglielo!, esclamò
Sue, irata. Si può sapere che diavolo
aspetti?
E Kurt stava per farlo, stava per spalancare la porta della
camera, buttarsi su Blaine, baciarlo e dirgli che lo
amava, lo amava così tanto che aveva
paura. Ma non era così che voleva che succedesse: non in risposta ad una
conversazione telefonica che non avrebbe mai dovuto sentire.
Quando sarà il momento
lo saprò.
Così staccò la guancia dalla porta e si allontanò in
silenzio per tornare in camera sua e osservarsi allo specchio. Le differenze
con il Kurt sedicenne, spaventato e tormentato dai bulli erano semplicemente
troppo ovvie per non notarle: c’era decisamente più durezza nei suoi tratti, e
la luce di fierezza negli occhi non aveva fatto altro che accentuarsi; il
sorriso, però, era diverso. Più dolce, più consapevole. E quando pensava a Blaine i suoi occhi si illuminavano di felicità e nei suoi
tratti poteva scorgere solo dolcezza.
Non era certo un mistero cosa fosse cambiato nella sua vita:
aveva incontrato Blaine e dal momento in cui i suoi
occhi avevano incrociato lo sguardo del ragazzo sapeva che non sarebbe più
riuscito a guardare da un’altra parte. Ci aveva messo solo un po’ a capirlo.
*
La mattina di Natale si lanciò nella stanza di Blaine per trovarlo con i capelli umidi di doccia, una
vecchia t-shirt della Dalton e i pantaloni della tuta, seduto sul letto a
fissare con aria incredula il cellulare.
“Ehi” esclamò sedendosi di fianco a lui e scrutando il suo
viso con aria preoccupata. “Va tutto bene?”
Blaine alzò gli occhi nei suoi e,
dopo averlo osservato per un istante, scoppiò a ridere di gusto, mettendogli
tra le mani il cellulare e buttandosi sul letto, continuando a sghignazzare e a
tenersi la pancia.
Kurt, dopo un momento di indecisione, fece scorrere lo
sguardo sul messaggio che faceva bella mostra di sé sul telefono del suo
ragazzo.
Da: Sebastian Smythe, ore 7:45
“Caro Anderson. Non abbiamo
fatto sesso. Ero troppo ubriaco. E tu troppo poco attraente mentre vomitavi
anche l’anima dentro al cassetto del mio comodino. Dì a quella ragazzina che ti
porti dietro che non deve preoccuparsi di dover raggiungere i miei alti
standard. Spero che tu ti diverta e che alla NYADA ti facciano saltare sui
mobili come facevano alla Dalton. Buon Natale. Il tuo incubo peggiore,
Sebastian.”
Kurt alzò lo sguardo su Blaine,
che si stava asciugando le lacrime dagli occhi.
“Letto? E non è finito! Leggi quello dopo!”
Kurt non se lo fece ripetere due volte. Fece scorrere il
pollice sullo schermo e comparve il secondo messaggio.
Da: Sebastian Smythe, ore 7:48
“Post scriptum (e
magari nemmeno sai cosa significa): Dico sul serio. E mi dispiace. Buon Natale”
Kurt aprì la bocca per ribattere, ma Blaine
si gettò sulle sue labbra con un sorriso enorme e prese a baciarlo praticamente
ovunque.
“Ehi” ridacchiò Kurt, colpito da tutto quell’entusiasmo. “Buon
Natale anche a te”.
“Non ho fatto sesso” rispose Blaine
con il più largo dei sorrisi. “Non è meraviglioso?”
“Come dovrei rispondere a questa domanda, Blaine?”
“Oh, sta zitto e vieni qui”.
Gli prese il viso tra le mani e fece scorrere lo sguardo
dalle sue labbra ai suoi occhi. “Sarebbe un buon momento per darti il mio
regalo di Natale” sussurrò Kurt ad un centimetro dalle sue labbra.
Gli occhi di Blaine si illuminarono
di tutta una nuova luce.
“Aspetta” disse. “Prima il mio”.
Gli porse un pacchettino non troppo grande, sottile, e Kurt
lo osservò con circospezione prima di scartare delicatamente l’involucro.
Si ritrovò tra le mani un lungo pezzo di carta.
“Blaine” mormorò, la voce
improvvisamente roca per l’emozione. “Questo- questo è un biglietto per la
nuova produzione di The Phantom of the Opera. A Broadway”.
Non era una domanda. Blaine
continuava a fissarlo, carico d’aspettativa. “Guarda meglio” sussurrò
accarezzandogli una guancia.
Kurt aveva il cuore in gola. “Prima fila. E- uhm, con Daniel
Rowen, Lisa Strentford e-
e- Blaine Anderson e- cosa?”
Alzò di scatto il viso per trovarsi ad un millimetro da
quello di Blaine, vicinissimo.
“So che volevi tanto andare a vedere la versione con la
nuova produzione perché The Phantom of the Opera è uno dei tuoi musical preferiti”
iniziò Blaine, la voce incrinata di felicità. “La
settimana scorsa è- è arrivata la telefonata da Broadway e- e- non mi hanno
preso per West Side Story. Troppo
basso. Uhm. Però mi hanno detto di presentarmi il venti gennaio per le prove,
perché avevo ottenuto la parte di Raoul nella nuova produzione del Phantom.”
Blaine quasi non fece in tempo a
finire di parlare, che Kurt gli aveva già gettato le braccia al collo e lo
stava baciando appassionatamente.
“Sono-” sussurrò sulle sue labbra, baciandolo con forza. “così-”.
Un altro bacio. “Fiero di te”.
“Kurt, io-“
“Shh” lo zittì Kurt, posandogli un
dito sulle labbra. “Sei una persona straordinaria, Blaine
Anderson. Sono davvero fiero di essere il tuo ragazzo”.
Il sorriso sulle labbra di Blaine
valeva molto più di qualsiasi regalo di Natale avesse mai potuto ricevere.
*
Blaine rimase di sasso quando
Kurt, con un sorrisetto malizioso, gli comunicò che il suo regalo di Natale era
a due ore di distanza da Lima. Rimase ancora più sorpreso quando, dopo un’ora
abbondante di macchina, Kurt accostò al lato della strada e lo baciò a lungo,
per poi coprirgli gli occhi con una sciarpa pesante.
“Non sbirciare” lo rimproverò prima di baciarlo languidamente
sulle labbra ancora una volta. E, dannazione, non credeva che baciare Blaine bendato avesse questo effetto su di lui. Ma aveva
ben altro a cui pensare.
“Non vuoi portarmi in un posto sperduto e isolato e farmi
fuori per poi seppellirmi nel tuo meraviglioso giardino, vero?” pigolò Blaine con un finto tono spaventato. Kurt gli pizzicò un
fianco e Blaine prese a ridere.
“Ok, ok! Sto zitto!”
In realtà, per il resto del viaggio, non smisero mai di
parlare. Kurt rimproverò Blaine per almeno quindici
minuti di fila perché gli aveva tenuto nascosto per una settimana di essere
diventato parte del cast del Phantom of the Opera,
e Blaine gli raccontò tutti i dettagli,
giustificandosi con “Ehi, altrimenti che sorpresa sarebbe stata?”.
Ha ragione, cretino.
Grazie, coach,
rispose acidamente Kurt. Lei sì che è d’aiuto.
“Non sbirciare” ripeté Kurt svoltando verso il grande
edificio in fondo alla strada. “Ok, siamo arrivati”.
Parcheggiò nell’ampio spazio di fronte al palazzo e spense
il motore, per poi voltarsi verso Blaine e
sorridergli raggiante, nonostante questi non potesse vederlo.
“Posso guardare, adesso?” fece Blaine
con impazienza, allungando una mano a tentoni fino a posarla delicatamente
sulla guancia di Kurt. Il ragazzo si piegò in avanti e lo baciò di nuovo,
facendo scivolare la lingua ad accarezzare la sua.
“Ancora no” sussurrò con il cuore il gola. Manca poco. Oddio, starà facendo la cosa
giusta?
“Mhm” mormorò Blaine
mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Dì la verità. Ci stai prendendo
gusto a baciarmi mentre sono bendato”.
“Cretino” ridacchiò Kurt nervosamente, spingendolo indietro
delicatamente. Blaine colse l’ansia nella sua voce.
“Va tutto bene?” chiese, e Kurt era certo che, sotto alla
sciarpa, ci fosse il suo solito sguardo preoccupato.
Kurt non rispose ma lo baciò un ultima volta e sgusciò fuori
dall’auto per aiutarlo a scendere senza capitombolare a terra o andare a
sbattere contro qualcosa. Risero insieme dell’imbranataggine di Blaine e Kurt lo guidò fino all’entrata, poi lungo uno
stretto corridoio, tra la platea e infine su per poche scale.
Il cuore gli batteva talmente forte che sembrava volergli
uscire dal petto e schizzare via terrorizzato, tanto non aveva idea di cosa
stava facendo.
Tuttavia, nonostante la paura gli gridasse di scappare a
gambe levate al sicuro, dove non c’era il rischio che il suo cuore finisse per
spezzarsi al solo mettersi in gioco, si strinse a Blaine
e prese un respiro profondo prima di passargli delicatamente le mani lungo i
fianchi e risalire sulle spalle, il collo, fino al viso. Sciolse con
delicatezza i nodi della sciarpa e quella scivolò lungo il collo di Blaine e cadde a terra, rivelando il viso del ragazzo. Gli
occhi di Blaine erano già piantati nei suoi, la
sfumatura dorata più evidente che mai grazie alla luce del riflettore puntato
da qualche parte dietro di loro, e il cervello di Kurt registrò solo una cosa:
anziché guardarsi intorno, il suo sguardo era rimasto fisso nel suo senza
vacillare nemmeno un attimo.
Kurt si rese conto di avere le mani che tremavano solo
quando Blaine le prese tra le sue e se le portò alle
labbra per baciarne il dorso. Poi, lentamente, il suo sguardo scivolò sul
teatro alle loro spalle e si illuminò di comprensione.
L’aveva riconosciuto.
Si allontanò appena, giusto un passo, per permettere a Blaine di osservare il palco, la platea buia e vuota, la
polvere sul sipario.Gli occhi di Blaine si andavano via via sgranando e quando tornarono sui
suoi erano lucidi e spalancati.
“È- questo è davvero- oh, dio” mormorò Blaine
con voce spezzata, facendo saettare lo sguardo da Kurt al palco. “È il teatro
dove- dove abbiamo fatto le Provinciali, vero?”
Kurt deglutì pesantemente e sentì una scarica di adrenalina
percorrergli tutto il corpo. Ora o mai
più.
“Sì, io-“ provò a rispondere, ma si bloccò e non riuscì più a
continuare. Blaine era lì, lo guardava come se non
stesse capendo più niente e non volesse altro che una misera spiegazione ed
improvvisamente le parole gli mancavano perché non sapeva cosa dire, non sapeva
come dirlo.
Allora, semplicemente, iniziò a cantare. Così, a cappella, senza
musica sotto, probabilmente un paio di toni più basso di quanto non dovesse,
con voce tremante come non gli era mai successo. Eppure tutto quello che voleva
dire – tutto ciò che non aveva mai detto – era in una canzone.
“Made a wrong turn,
once or twice, dug my way out blood and fire, bad decisions, that’s alright,
welcome to my silly life”.
Man mano che continuava a cantare, tutto acquistava
significato, persino negli occhi di Blaine. Blaine che era perfetto per lui, Blaine
che non sembrava curarsi delle pessime scelte che aveva fatto in passato, Blaine che c’era. C’era sempre, c’era sempre stato.
Quando finì di cantare, con voce tremante dall’emozione
e gli occhi lucidi, Blaine era ancora immobile al suo
posto e lo guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Le parole, finalmente, gli scivolarono fuori dalle
labbra come un fiume in piena.
“Non lo so se ha senso, tutto questo” sussurrò,
facendo un ampio gesto con il braccio per indicare il teatro. Non riuscendo a
guardare in faccia Blaine mentre parlava, abbassò gli
occhi per fissarsi le scarpe. “Non ti ho visto quel giorno alle Provinciali e
probabilmente è uno dei rimorsi più grandi della mia vita. E tu ci sei sempre
stato, in un modo o nell’altro, e ho – ho pensato c-che questo poteva essere il
mio modo per d-dirti che-“ che ti amo,
dannazione. “-che mi dispiace e che dio, sono così contento di averti
incontrato su quel treno. Sono così contento di essere finito per sbaglio sulla
tua strada ancora una volta, e…e…io-“
“Ti amo”.
Kurt alzò il viso con uno scatto, ma prima che il suo
cervello potesse assimilare le parole di Blaine,
nient’altro che un sussurro, il ragazzo era già volato verso di lui e oh, lo
stava baciando.
Rispose al bacio con disperazione, felicità e tutto l’amore
che riuscì ad infonderci e presto le mani di Blaine
furono sul suo viso, tra i suoi capelli, ovunque. Quando si separarono, le
guance di Kurt erano rigate dalle lacrime, ma Blaine
sorrideva.
“Se anche non ci fossimo incontrati su quel treno, era
destino che succedesse, prima o poi. La NYADA. Una serata Karaoke nello stesso
bar, il viaggio di ritorno, Natale a New York, Central Park, a teatro… Non mi
interessa se non mi hai notato quando l’ho fatto io, Kurt. Sono contento che tu
non l’abbia fatto, a sedici anni ero un casino. Avrei rovinato tutto. Ora,
invece…” fece una pausa, cercando nei suoi occhi una risposta, che
evidentemente trovò, perché sorrise e lo baciò di nuovo. “Ora so che sono in
grado di amarti fino a che me lo permetterai”.
Kurt rise tra le lacrime e appoggiò la fronte alla
sua. “In caso questo regalo fallisse, ti ho comprato anche un set di papillon”
mormorò facendo scoppiare a ridere Blaine.
Insieme uscirono dal teatro senza guardarsi indietro,
stretti l’uno all’altro.
Fuori, straordinariamente, i primi fiocchi di neve
avevano iniziato a scendere sofficemente dal cielo. Kurt alzò il viso e uno gli
si posò sulla punta del naso. Quando riabbassò gli occhi notò che Blaine lo stava osservando. Stava semplicemente sorridendo,
niente di più.
“Blaine?”
Il ragazzo si avvicinò e appoggiò la testa alla sua
spalla. “Mhm?”
Kurt sorrise lievemente, osservando la neve che cadeva
dal cielo.
“Ti amo anch’io”.
Inspiegabilmente, non faceva più paura: Blaine alzò appena il viso e sorrise raggiante, strofinando
il naso sulla sua spalla.
“Kurt, io-“
Kurt si spostò appena, quasi infastidito dal cupo
ronzio che aveva in testa. Ma cos’era? Blaine
continuava a star stretto a lui, con la testa appoggiata nell’incavo tra il
collo e la spalla, ma era pesante e leggero allo stesso tempo. Stava parlando,
ma Kurt non riusciva a sentirlo. C’era qualcosa che non andava.
Chiuse e riaprì gli occhi più volte, scorgendo un
ultimo fiocco di neve, un ultimo lampo dorato, mentre il terreno dava l’impressione
di volerlo inghiottire.
I suoni gli giungevano ovattati,
poi di nuovo quel ronzio
cupo,
e
l’ultima cosa che sentì
fu
Blaine
che
sussurrava il suo nome.
Quando riaprì gli occhi,
lo scompartimento vuoto del treno che percorreva la tratta Lima-New York era
tutto ciò che lo circondava.
Note dell’Autrice
…dico solo una cosa. Vi prego, aspettate l’epilogo.
Non è come pensate. Più o meno.
Quando riaprì gli occhi, lo scompartimento vuoto del treno
che percorreva la tratta Lima-New York era tutto ciò che lo circondava.
Epilogo
Kurt alzò il
viso con uno scatto e si voltò per guardarsi intorno con aria frastornata e
spaventata, affondando le unghie nel sedile di stoffa.
Non un suono
proveniva dal treno in corsa attraverso le campagne dell’Ohio, né lo
sferragliare delle rotaie, né il tremolio dei finestrini, né voci. Solo un
cupo, spaventoso silenzio.
Cercò di
prendere un respiro profondo per calmarsi, ma gli mancava l’aria e i polmoni,
semplicemente, sembravano vuoti. Cosa stava succedendo? Dov’era Blaine? Perché si trovava nuovamente all’inizio del suo
viaggio, quando ancora- quando ancora-
Blaine.
Era stato
davvero tutto un sogno? Non aveva mai conosciuto Blaine?
Non c’era mai stato niente?
Solo. Sei solo. Solosolosolo.
Kurt si
voltò verso il finestrino, ma fuori non riusciva a vedere nulla; voleva gridare
ed aprì la bocca per farlo, ma non ne uscì alcun suono. Tutto era immerso nel
cupo silenzio, fino a che l’unico rumore in quel mare di nulla non lo costrinse
a voltarsi verso la porta dello scompartimento.
Successero
più cose contemporaneamente: qualcuno mormorò il suo nome da molto, molto
lontano, fece giusto in tempo a scorgere una massa di capelli ricci e la
custodia di una chitarra e poi, semplicemente, cadde nel vuoto, risucchiato dal
nulla.
Kurt
spalancò gli occhi con il cuore che batteva all’impazzata e si tirò a sedere di
scatto, finendo per andare a sbattere violentemente contro qualcosa di molto
morbido, caldo e soprattutto molto vivo.
“Ahi!”
esclamò qualcuno da un punto imprecisato alla sua sinistra; la superficie
morbida su cui Kurt era steso sobbalzò e cigolò pigramente.
Un letto.
Qualcuno si era appena ributtato – o meglio schiantato – a peso morto su un
letto.
Ma che
diavolo stava succedendo?
Una mano gli
artigliò la maglia del pigiama e l’essere al suo fianco vi fece leva per
tirarsi su ed accendere la lampada del comodino.
“Kurt, che
diavolo succede? Mi hai quasi fratturato il setto nasale”
Oh. Avrebbe
potuto riconoscere quella voce tra mille.
“Blaine?” domandò cautamente, il cuore che ancora batteva
forsennato nel petto e la confusione che gli annebbiava la mente.
“E chi
altri, se no, Barbra?” rispose quello divertito,
comparendo nel suo campo visivo.
Kurt si
prese un momento per osservare il viso del ragazzo, facendo scorrere lo sguardo
sui ricci disordinati, gli occhi ambrati socchiusi di stanchezza e
preoccupazione, la linea della mascella.
Dopo di che,
gli buttò le braccia al collo e scoppiò a piangere.
“Ma che-
Kurt, cos’hai?” esclamò Blaine, accogliendolo tra le
sue braccia e stringendolo a sé, mentre le sue mani gli accarezzavano
lentamente la schiena e i capelli in un tentativo di conforto.
Quando Kurt
riprese il controllo di se stesso, e il suo pianto disperato non divenne altro
che una serie di radi singhiozzi, si staccò lentamente da Blaine
per ridere debolmente e asciugarsi il viso.
Una fugace
occhiata alla stanza intorno a lui lo riportò bruscamente alla realtà. Era nel
suo appartamento a New York, Blaine era lì. Andava
tutto bene.
“Io- ho
fatto un sogno assurdo” cercò di spiegare sotto lo sguardo attento e
preoccupato del ragazzo. “Noi non ci conoscevamo, o meglio tu mi avevi visto
alle provinciali ma io no, e non ero mai venuto a spiare la Dalton, ma poi ci
incontravamo sul treno per New York e mi innamoravo di te e tu di me, e Sebastian
– il tuo ex – andava a letto con Dave – il mio ex, e Nick e Jeff avevano una tresca, Blaine, pensa!, e Rachel offriva
il suo utero per i nostri figli e sentivo la voce di Sue Sylvester nella testa
e- e-“ Kurt fece un respiro profondo nel tentativo di riprendere fiato, visto
che Blaine continuava a fissarlo allibito e non aveva
l’aria di volerlo interrompere. “E tu venivi preso per The Phantom of the Opera, maledetto
traditore! E facevamo sesso, più o meno. Ah, addirittura frequentavamo entrambi
la NYADA, assurdo, e-e- ti facevo una
sorpresa. Per natale. Stava nevicando e improvvisamente mi svegliavo ed ero di
nuovo in treno e niente, niente di tutto questo era mai successo. Tu non- non
eri mai esistito, eri stato tutto un sogno, e-e-“
Kurt non
riuscì più a continuare, frastornato dall’enormità di ciò che la sua testa
bacata aveva prodotto. Che razza di sogno era?
Blaine lo
fissò per un altro istante, prima di aprire la bocca e poi richiuderla. Alla fine
ricadde sul cuscino al suo fianco in modo piuttosto melodrammatico.
“Oh, no”
disse con tono lamentoso. “Ieri sera ci siamo ubriacati di nuovo?”
Quando Kurt
non rispose, però, si voltò su un fianco per poterlo guardare e lo avvicinò a
sé passandogli una mano dietro alla schiena.
“Ok”
mormorò, affondando il viso sul suo collo e inspirando a pieni polmoni. Il suo
respiro caldo gli solleticò la pelle e Kurt represse un brivido. “Dai, Kurt, va
tutto bene. Era solo un sogno. Sono qui, non vado da nessuna parte, né sono
frutto della tua mente. Figuriamoci se ti permetto di liberarti di me così
facilmente. Ehi. Sono qui”.
Nonostante
Kurt stesse cercando di non piangere di nuovo, una lacrima scese a rigargli la
guancia.
“Lo so. Solo
che- che-“
Blaine
sospirò e si avvicinò per baciarlo delicatamente sulle labbra, calde e morbide
come lo erano sempre state.
“Siamo Kurt
e Blaine e viviamo insieme da quattro mesi in un
minuscolo monolocale dell’Upper West Side” sussurrò
ad un soffio dalle sue labbra, un lieve sorriso ad illuminargli il volto. “Ci
siamo lasciati tre volte nel corso del mio ultimo anno di liceo al McKinley; la
prima perché tu sei venuto a New York ed io ero un idiota, la seconda perché io
non volevo più venire a New York ed ero un idiota, la terza perché Sebastian mi
ha baciato nel bel mezzo di Lima e lui
era un idiota. Mi sono trasferito da te ad agosto dopo la dichiarazione più
assurdamente romantica che la mia mente potesse concepire – non negarlo,
piangevi come un bambino – e ora frequento la NYADA con Rachel
Berry la pazza, che ancora non ha offerto il suo utero per i nostri figli”
Fece una
pausa per scendere a baciargli la mascella, poi la punta del naso.
“Tu sei una
sorta di stregone-apprendista-tuttofare alla redazione di Vogue ed il tuo capo
è un vero incubo, tanto che abbiamo costruito insieme una bambolina vodoo con le sue sembianze. Abbiamo fatto sesso quattordici
volte negli scorsi quindici giorni, ogni tanto ancora indossi il mio anello
fatto di carta di caramelle, ti ho fatto i cookies proprio ieri mattina e ti amo da morire. Stiamo insieme da
quando abbiamo sedici anni perché mi hai fermato su quella scalinata e io da
allora ho avuto occhi solo per te e tra una settimana andremo ad adottare un
gatto da viziare come se fosse un figlio ”.
Stavolta fu
Kurt ad avvicinarsi per baciare Blaine, facendo
scivolare la lingua nella sua bocca e stringendolo a sé.
Quando
respirare divenne di nuovo necessario e furono costretti a separarsi, Kurt
sorrise debolmente, ancora un po’ scosso, e si accoccolò sul suo petto.
“Kurt?”
domandò Blaine, il tono di voce improvvisamente
preoccupato. “Non hai dimenticato gli ultimi quattro anni della nostra
relazione, vero? Perché sarebbe un problema”.
Il suono
della risata leggera di Kurt venne attutito dalla maglietta di Blaine; Kurt piegò appena il viso per baciargli la
clavicola.
“Difficile
scordarsi come ti commuovi per un uccellino morto, o i tuoi enormi occhioni
dorati che mi guardano mentre decoro una minuscola bara” lo prese in giro con
dolcezza. “Oh, eccoti qui! Cercavo uno così-“
“-da una
vita” completò Blaine per lui baciandogli i capelli. “E
non fare il cretino, tu adori i miei occhioni dorati”.
Rimasero
così per un po’, sdraiati su quel letto matrimoniale ancora nuovo e non abbastanza
usato. Il primo a riprendere il discorso fu Blaine.
“Quindi”
esordì, tirandosi meglio a sedere e trascinando Kurt con sé. “Ci conoscevamo su
questo treno e alla fine tu ti svegliavi di nuovo lì? Come se tutto il sogno
non fosse mai avvenuto? Un sogno nel sogno, come – com’è che si chiamava quel
film? Inception?”
Kurt annuì,
poi alzò gli occhi e gli lanciò un’occhiata maliziosa. “Non abbiamo mai finito
di vederlo, vero?”
Blaine
nascose un sorrisino furbo tra i suoi capelli. “No. Ti sono saltato addosso
verso metà”.
Kurt si
sporse per baciarlo e quando si staccò sussurrò: “In ogni caso, appena prima di
svegliarmi qui, credo di averti
visto. Sul treno, intendo. Stavi per entrare nello scompartimento”.
Blaine alzò
gli occhi al cielo. “Chissà, magari la storia sarebbe ricominciata da capo all’infinito!”
“Un po’
cliché, non trovi?” obiettò Kurt scivolando verso di lui per stare più comodo.
Blaine sembrò
prendere la domanda più seriamente del previsto. Kurt lo osservò rifletterci
per qualche istante prima di sorridergli dolcemente. “No, in realtà no. Non è
una curiosa dimostrazione di come non ti liberesti di me nemmeno in un’altra
vita?”
Kurt assecondò
la vocina nella sua testa che gli gridava “bacialo, quel ragazzo è perfetto!”
con estremo piacere. Blaine rise sulle sue labbra e
gli fece scorrere la lingua lungo il labbro inferiore.
“In effetti
sì” sospirò infine, appoggiando la fronte a quella di Blaine.
“Sono sicuro che, in un modo o nell’altro, saresti finito sulla mia strada
comunque”.
Blaine
sbadigliò sonoramente. “Sì, beh. Ringraziamo comunque Puck per averti spedito
da me per posta prioritaria”. Kurt sorrise e si gettò di nuovo sulle sue
labbra, scivolando sotto di lui in modo da ribaltare le loro posizioni e
trovarsi sopra al suo ragazzo.
“Mhm” si lamentò Blaine senza
troppa convinzione, mentre Kurt attaccava fermamente le labbra al suo collo. “Ma
è l’alba, Kurt”. Gli appoggiò le mani sul bacino e lo tirò di nuovo tra le
coperte, dritto tra le sue braccia.
Kurt si
lasciò sfuggire un rantolo dalle labbra e socchiuse gli occhi quando Blaine gli sbadigliò in faccia.
“Hai ragione”
mormorò il controtenore affondando la faccia nel cuscino di fianco al viso del
suo ragazzo. “Dovremmo tornare a dormire”.
Blaine
grugnì e gli fece scorrere languidamente il palmo della mano lungo la schiena.
“Veramente”
sussurrò avvicinandosi al suo orecchio per poi mordicchiargli delicatamente il
lobo. “stavo per suggerire qualcosa come vieni
a fare la doccia con me”. Il suo tono si era fatto inequivocabilmente più
roco e basso all’ultima frase, e Kurt lasciò che il familiare brivido di
adrenalina gli scorresse per tutto il corpo.
Tuttavia, un
ricordo gli salì in mente e scattò a sedere sul letto, osservando Blaine dall’alto in basso.
“Ehi, un momento! Lo dicevi anche nel sogno!”
Blaine si
limitò ad inarcare elegantemente un sopracciglio triangolare e scrutarlo in
viso, prima di annunciare con una scrollata di spalle: “L’avevo detto io che sei tu quello che fa
sogni sconci”.
Kurt scosse
la testa e si piegò per afferrare il suo ragazzo per la maglietta.
“Perciò hanno
inventato la masturbazione?” commentò ad un soffio dalle sue labbra, alzando
gli occhi per lanciargli uno sguardo malizioso. Blaine
si avvicinò quel tanto che bastava per sfiorare il suo naso con il proprio.
“Vedo che
ricordi tutti i dettagli della nostra relazione” lo provocò, scivolando sotto
di lui.
“Non potrei
mai dimenticarti” rispose Kurt,
enfatizzando appositamente l’ultima sillaba.
Blaine si
lasciò sfuggire un sorriso. “E io sono sicuro che anche se non ci fossimo
conosciuti a Lima ci saremmo trovati, prima o poi. Come nel tuo sogno”
Kurt non
rispose, troppo occupato a baciarlo, al momento; stava giusto per staccarlo su
di peso e trascinarlo sotto la doccia, quando una voce molto familiare si
insinuò nella sua testa.
Fammi capire bene, Hummel, sibilò la coach Sylvester, glaciale. Io avrei passato tutto il tempo ad istruirti sui segreti dell’universo
e tu stavi sognando?
Kurt sorrise
sulle labbra di Blaine.
Ma coach, le rispose divertito mentre le mani
di Blaine scivolavano accidentalmente sul suo sedere.
La realtà mi sembra molto, molto meglio.
Non udì la
risposta dell’insegnante, tuttavia, o forse lei non rispose affatto, perché
ehi, Blaine lo stava davvero trascinando verso il
bagno e le sue labbra, il suo viso e il suo sorriso erano tutto ciò di cui gli
importava davvero.
“Blaine?”
“Mhm?”
“Ti amo, lo
sai?”
The end
Note dell’Autrice
Io non lo so
se si capisce, ma uhm. Sì, Kurt si è sognato tutto. Ma non il Kurt dell’inizio
della storia. E’ sempre stato quello vero, quello di Glee.
Quindi quello che segue la storyline di Glee scritta dal vecchio pelatone& Co.
E’ un lieto
fine, ma non è il lieto fine dei miei Kurt e Blaine.
(Che comunque, se rileggete l’ultimo capitolo ed escludete le ultime tre righe,
il loro lieto fine l’hanno avuto lo stesso <3 ).
E’ il lieto
fine dei “veri” Kurt e Blaine. Quelli post-quarta
stagione, per intenderci. Quindi chi ha sognato tutto è il Kurt che HA
CONOSCIUTO BLAINE FIN DALL’INIZIO bla bla bla.
QUESTO in
caso non si fosse capito.
Ora, i
ringraziamenti li lascio per ultimi perché prima vorrei dire una cosa di
estrema importanza.
Questo è
stato l’epilogo di On My Way non fin dall’inizio, è vero, ma dal tipo settimo
capitolo in poi. L’idea del sogno. Dal momento in cui mi è entrata in testa ho
capito che non ci sarebbe mai stato un altro finale all’altezza di questo, per me, e così l’ho lasciato. Ora,
questa è la prima e l’ultima volta che scrivo una cosa del genere perché ha
messo l’angoscia anche a me, ehi, quindi per le mie prossime long siete in una
botte di ferro, fidatevi.
In ogni
caso, che il finale vi sia piaciuto o meno, l’importante è che me lo fate
sapere. Vi prego, anche a costo di massacrarmi di insulti, ma ditemi cosa ne
pensate. Sono apertissima a tutte le critiche perché ok, che gran bastardata,
ma spero che il finale un po’ più diverso del solito vi sia piaciuto lo stesso.
In caso
contrario…peccato, mi rifarò con la prossima storia, spero!
E ora, i
ringraziamenti!
A Fra, che non mi ha abbandonato mai
nonostante le mie infinite pare mentali, che c’è sempre quando ho bisogno di
sclerare e che è semplicemente unica.
E
naturalmente che dovreste tutti ringraziare, perché se non fosse stato per il
fatto che siamo andate a trovarla ad Arezzo, io non avrei mai avuto l’idea di
On My Way in treno. No, aspetta. Forse dovreste prendervela con lei, è colpa
sua xD
Sei
fantastica anche se hai venduto l’anima alla Seblaine,
donna <3
A SereILU, che ha betato una parte di questa storia. Grazie, grazie infinite.
Se la mia prossima storia non farà stilisticamente schifo sarà solo merito tuo.
A Anise, che mi ha
tenuto compagnia nei momenti bui di questa storia tra facebook,
chat e recensioni. Ti devo la vita, visto che le tue recensioni mi hanno sempre
tirato su quando stavo per mollare tutto. Grazie.
A tutte le
ragazze che ho su facebook e che ogni volta
scleravano con me, ridevano con me e piangevano con me. Non avrei mai avuto la
forza di andare avanti, se non fosse stato per tutte voi. Non ho nemmeno la
possibilità di nominarvi tutte, e dimenticherei di sicuro qualcuno, ma…grazie.
Grazie dal più profondo del cuore.
E…beh, come
potevo non lasciarla per ultima?
Ila, lo sai che sei l’altra metà del mio universo folle.
Tu mi hai trascinato qui e tu affondi con il Titanic e il suo capitano, insomma
xD Inutile che mi dilungo in come senza di te non
sarei Selene, o come senza di te non ci sarebbe On My Way. Il problema è che
senza di te non ci sarebbe Elena, punto. Quindi grazie per essere finita sulla mia strada insieme alla tua bassezza, la
tua gatta, il tuo Kurt e la tua follia. Grazie.
Boh, ste
note me stanno facendo piange. Ragazze, ci si rivede alla prossima storia!