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Più che altro,
è una sorta di idea che mi gira per la testa da un po’, indecisa
se trasformarla in racconto o lasciarla così, sottoforma di sfogo
drammatico della protagonista.
Che centrate voi con
tutto ciò?! ^^
Beh se vi siete
soffermati fin qui, e vi è piaciuta la trama, o comunque il genere,
volevo chiedervi se sareste così gentili da lasciarmi pure dei consigli
sul da farsi.
Un mezza ideuccia ce
l’ho, mah vediamo voi che ne
pensate! ^^
Intanto vi saluto e vi
ringrazio,
LuNaDrEaMy
Violento,
padrone, animale.
E’ il
tuo corpo, che sbatte forte, contro il mio.
Sono di nuovo
qui.
Nel tuo letto,
fra le tue lenzuola. E ci penso.
Sì ci
penso, proprio ora mentre mi sposti le gambe, con i tuoi modi rozzi, per dare il via ad uno dei tuoi giochetti erotici.
Non dovevo
trovarmi qui. L’avevo promesso a me stessa.
Ma
chissà perché, ultimamente riesco ad essere più vigliacca
che leale.
E
chissà perchè ho scelto te, per deridermi.
E quale triste
morte, fra questo finto caldo e questo falso noi, ho deciso d’arrecarmi; sono
consapevole della mia fine, ma vi sto cedendo, come sempre.
Ti guardo.
I miei occhi
sono sull’orlo delle lacrime e tu, neanche te ne accorgi.
Tu, ti svuoti
solamente.
E svuoti me,
dell’anima.
Pensi solo a
muoverti, muoverci. Sbandarci, deviarmi.
“Ti piace?”
Non ti guardo
negli occhi. Non lo faccio mai.
E le tue
parole sfuggono via, senza che io possa udirle e capirle.
“Ti ho chiesto se
ti piace!”
Mi giri il volto di prepotenza.
Premi forte
sulle mie guance. Adesso, i nostri volti sono ben allineati.
Non voglio
risponderti. Ma tu premi più forte.
“Sì.
Sì mi piace”
Sì mi
piace. Ti odio, ma mi piace farlo, con te.
Sei stato il
mio sogno. Da sempre.
Fin da
ragazzina, quando ti vedevo camminare lungo il viale della scuola.
La faccia da
sbarbatello, il corpo minuto, ma il temperamento da duro già sviluppato.
Non ti ho
visto mai abbassare lo sguardo.
Mai piangere.
E già
lo desideravo. Ti desideravo. Stare con te. Sempre.
Ma tu, non mi
degnavi di uno sguardo.
Mai un
sorriso, mai una gentilezza.
Il tempo
è passato, siamo cresciuti e adesso che ti ho, non sei mio comunque.
Beffarda
è la vita.
Io ero il tuo
sgorbio, la stupida.
Ora che sono
cresciuta, ora che le mie forme tradiscono il corpo di un’adolescente,
sono la tua tresca, la tua pupa come mi chiami tu, ma è questo la sola
cosa che ti piace.
Non sono amore,
non sono bambina, piccola mia. No.
Non lo
sarò mai.
Ed io, che ti
tengo stretto al petto, non tisentirò mai mio.
Perchè
piango?!
In fondo, ci
corro io, in questa alcova ardente.
E scotta,
brucia.
Come me, che a
forza di seguire un’illusione, brucerò all’inferno.
Dirò a
Caronte, che mi mandi tu.
E se mi
chiederà perché, risponderò che t’amo.
Io ti amo?!
Oscillo sul
tuo corpo, come una candela al vento.
Tu mi premi i
pollici, forte, sui fianchi bianchi.
Mi senti tua,
di tua proprietà.
Sai che non
voglio essere di nessun altro.
No. No. Non ti amo.
Ma non ti
guardo negli occhi. Se lo facessi, dovrei ammettere che t’amo.
Perché
amarti?!
Per i tuoi
occhi grandi e profondi?
Per la tua
bellezza rude?!
Per quel verde
d’iride, color smeraldo, dove ogni santo giorno, sogno di correre?!
Io ti amo. Ti ho sempre amato.
Ma continuo a
muovermi, dondolando più forte, come piace a te.
E a te piace.
Gemi.
Mi urli contro
il tuo desiderio, avido, egoista.
Ti interessa il piacere; godurioso,
lussurioso.
E’ il
solo modo per apprezzarti, per sentirti ancora vivo, soddisfatto e compiaciuto
della tua misera vita.
Anche tu
finirai all’inferno per questo.
E se
avrò sventura, tu ci finirai molto prima di me.
Voglio un
posto dove tu non esisti.
Ma non sarebbe
terra, cielo, mare.
Tu midai l’aria.
Ed io ti amo per questo.
L’ho
sempre fatto.
Quando ti
incontrai all’università, e tu eri abbracciato a lei. Lì,
io ti ho amato.
Quando quella
volta nel bagno pubblico, durante l’ora di buco, infilasti la tua lingua
languida nella mi bocca, lì io t’amai.
Mi hai sempre preso e ripreso, a tuo
piacimento, calpestando i sentimenti come il tappeto rosso della
celebrità a Hollywood.
Nella tua
vita, conti solo tu.
Non ti
interessa se lei adesso è a casa, che ti aspetta
per essere portata al cinema.
E non ti importa
di decidere, scegliere una volta tanto, se salvare le apparenze e quella storia
là, o tenerti la tua tresca e plasmarla alla luce del sole.
Risponderesti “perché scegliere, se
posso avere entrambe?”
Egoista.
Opportunista.
Sai che non mipriverei mai di te.
E lei, lei
è fragile come un bocciolo di una rosa, appena spuntato. La uccideresti.
Io, io sono
già morta. Lei non lo sa. Io sapevo, quando uscii da quel bagno, sapevo
di che sarei entrata in un tunnel torbido e meschino.
Meschino, come
sei tu. Come le tue parole, come le carezze che gli porgi, sul viso latteo.
Quando la
baci, pensi mai che adesso mi stringi a te?
Non pensi mai,
che le sue labbra, infondo, poggiano sulle mie?
Sei troppo
vigliacco, per farti scrupoli.
E
l’unica mediocre qui sono io. Comune, banale, come tutti gli esseri che
credono fermamente che l’amore possa cambiare le persone.
Tiho osservato a lungo, durante
questi mesi interminabili; ho provato a carpire un po’ di quella luce
buona, che ognuno di noi ha dentro di se.
E’ un
lampo. Non dai tempo per mostrarti. Oppure non ce l’hai.
Ed ho
seriamente creduto, che tu non ce l’avessi.
La luce che
brilla dai tuoi occhi, allora cos’è?!
Un bagliore
fatuo, destinato a spegnersi presto.
Come la tua
giovane essenza, se ticostringerai ancora a vivere una
vita faziosa.
Fasulla.
Come il tuo
abbraccio in questo momento.
Hai terminato
il tuo rituale e mi stringi forte e te.
Questo
è l’unico momento in cui mi sei grato di qualcosa.
Momento
fatale, corrispondente guarda caso, all’attimo più fisico fra
tutti.
Mi fai pena.
Sei talmente
vuoto che riesco a vedere cosa ti scorre dentro.
Il niente.
Allora tiabbandono. Mi scosto da te, divincolandomi da quelle braccia bugiarde.
E’ in
momenti come questi, che vorrei sputarti in faccia.
E lasciarti
solo, proprio come farai tu con me, fra poco, quando ti rivestirai.
Scapperei
lontano sì, ma solo per non farmi rincorrere dalla gioia, che la tua
morsa ha provocato in me.
Sei un vile,
frivolo, ma ti amo.
“Sei stata brava”
“E’ con te
stesso che ti stai congratulando,
io sono solo un mezzo”
Anzi no,
guardando le stelle ieri notte, ho pensato che più comunemente siamo
come loro; tusei la mia stella_non sono degna d’esserlo_ ed io sono il tuo satellite.
Resteremo
sempre così.
Ferro e calamita.
Il punto e la
sfera.
Finché
tu vivrai, io non smetterò di girartiintorno.
Sono molto felice e
onorata, di rispondere e ringraziare voi tutti, per le belle parole lasciatemi.
Procedo con ordine.
Blu tiger _ Grazie per essere passato/a nella mia storia!
Zia Esmy_
Che dire, non ho parole. Grazie per la fiducia che hai in me, mi mette di buon
umore e mi gratifica tantissimo! Questo capitolo, l’ho scritto pensandoti
^^
Spero sia degno della mia
musa ispiratrice ^^
“Apri le ali e vola” mi ha commosso cara zietta, se ci ripenso giuro mi
viene da piangere!
Mamma mia come sto
‘sto periodo, sono fragilissima ed emotiva! Grazie di tutto cuore zietta,
sei dolcissima ^^
RoWina_
curiosare fra le tue storie è un piacere immenso, come immenso è
il piacere di ritrovarti fra le mie.
Le tue recensioni sono pillole di
saggezza per me! ^^
Gli, le .. mamma mia mi
scappano sempre un po’ alla rinfusa! ^^’
Perdono .. uhauhauhauah
^^
Ilkoba_ come
vedi, ti ho accontentato!
Keyra_ allora
ti dico un po’ di più su questa storia e lo dico un po’ a
tutti voi; rappresenta una parte di me,.
La protagonista, in parte
è un po’ Luana, cioè me.
Per questo le emozioni
sono così chiare, vere.
La storia è basata
più che altro su delle sensazioni che ho vissuto, così forti da
spingermi a metterla nero su bianco, e il fatto che vi siano arrivate, forti e
chiare, mi rende particolarmente felice. Davvero.
Un bacio a tutti
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸2 ANNI PRIMA ¸.·´¯)
“Clio!”
“Noo, non ci posso
credere: Dalila! Anche tu qui?!”
Primo giorno
d’università.
Prima lezione.
Primo battito di cuore.
Primo
affacciarsi al mondo dei grandi.
Prima faccia
amica, in quel caos di voci e volti nuovi.
“Eh no? Sono una
fissata per la comunicazione, lo sai!”
“Già,
ricordo infatti…”
“Tu invece, scelta
scontata… mi ti ricordo tutta ricurva sul tuo quadernino ad appuntare
chissà cosa ti frullava in quella testolina…”
“Sono una maniaca
della scrittura. Aihmè!”
“Bene- bene sono
proprio felice d’averti ritrovato.”
Anche io.
Ma questo lo
taccio.
Sono una forte
io. Una dura.
Devo mantenere
questa facciata di sicurezza che mi sono costruita, perché se vacillassi
anche solo un po’, scapperei di qui a gambe levate.
Sono una
dannata insicura, travestita da spavalda.
Ma che lo
sappia io è un bene, che lo sappiano anche gli altri, no.
“Sei qui
sola?”
“Oh no. Te la
ricordi Valentina?”
“Uhm, no.”
“Mia cugina, la
biondina del quinto E ?”
“Liceo linguistico,
sperimentale, giusto?”
“Sì”
“Ora
ricordo!”
“Bene,
c’è lei e il suo ragazzo, Tiziano.”
Tiziano.
Ogni volta che
sento questo nome, tremo.
Mi ha
tramortito il cuore. E non certo uno stupido nome.
Ma colui che
lo portava; il ragazzo più bello della scuola media A. Balabanoff.
Un vero
diavolo, mascherato da angelo.
Mi piace
ricordarlo, come mi piace pensarlo, ogni qual volta ascolto il suo nome.
Sono passati
cinque anni, da quando lo vidi l’ultima volta.
Chissà
che fine ha fatto.
Chissà
cosa sarà, dove andrà, con chi starà.
Mah.
“Tutto in famiglia
insomma?”
“Che vuoi farci
Clio, una famiglia di geniacci!”
La guardo.
Ride.
E’ bella
Dalila, di una bellezza semplice, genuina.
Non ricordo da
quanto tempo siamo amiche.
Forse anche
troppo.
Non ricordo
nemmeno perché ci siamo perse di vista, ma tutto sommato tempo da
sprecare per scoprirlo non ne ho. E nemmeno lei, credo.
Il bello di
certe cose, sta proprio nel non chiedersi il perché.
Tanto il
destino fa il suo gioco, e a quanto pare trova sempre il modo per fregarti.
“Cosa ti aspetti dal futuro Dà?”
Le passo il
mozzicone di sigaretta, che disperatamente mi ha reclamato.
Siamo stese su
un piccolo prato, in attesa che vengano fatti i nostri nomi.
Mi guarda,
fissa, prende fiato e poi risponde.
“Voglio crescere. Mentalmente e intimamente. Tu?”
“Voglio spaccare il
mondo. Io voglio non essere più la piccola ragazza di periferia.”
“Eh, credo che il
temperamento e la voglia tu ce l’abbia!”
“Ce l’ho,
infatti. Niente e nessuno mi fermerà.”
“Brava Clio, sempre
in gamba, eh?”
Non sono una
secchiona.
Non amo
studiare.
Ma vincere le
sfide, questo mi piace.
E la mia lo
è, a tutti gli effetti.
Sono uscita
dalle superiori con un bel calcio nel sedere.
Di quelli
forti e potenti.
L’università,
era un miraggio in pieno deserto. Eppure, eccomi qua.
No, non
sarà tanto sicura di me stessa.
Ma la mia
caparbietà, quella sì, che mi farà scalare le montagne.
“Cangemi?
Cannata?”
E’ il
nostro turno.
Ci portiamo in
aula, timorose ma dannatamente eccitate.
Ed è
enorme questa stanza; spaziosa, luminosa, sul genere anfiteatro.
Le avevo viste
solo nei film, aule così.
Pesto i piedi.
Voglio essere
sicura, di calpestarla davvero.
“Vieni, ti presento
i “miei”!”
Dalila mi
trascina su per le scale, senza rendersi conto che a momenti, struscio con il
mento in terra.
Solo quando mi
lascia, capisco d’esser salva.
Ed alzo gli
occhi.
Sua cugina mi
sorride, più in là una sua amica.
Lo sguardo
intimidito, volge altrove.
E si blocca,
sul viso più familiare di tutti.
No, non ci
credo.
No, non
può essere vero.
Deglutisco. E
resto immobile, impalata su quel volto.
Tiziano.
Sembra
stupito. E ride. Ride.
Quanto
è bello. Lo è ancora.
Non so dire
cosa sia, ma non riesco a staccare lo sguardo da quel volto, quasi fosse un
miraggio, la sola cosa interessante tutto intorno.
Nei suoi
occhi, gli stessi miei occhi. Sembra una catena infinita.
Malizioso mi
scruta, le gentili forme disegnate del mio corpo, prendono senso su un sorriso
impertinente. Cosa non dice, quel sorriso…
Mi ritrovo ad
arrossire, poi fiera ed inorgoglita, gonfio il petto come un uccello in amore.
Non mi ha mai
guardata così. Anzi, non mi ha proprio mai guardata!
Cinque anni
fa, mi chiamava brutta.
Adesso i suoi
occhi, cadono anche dove non dovrebbero cadere…
“Piacere io sono
Valentina.”
E questa,
è la sua ragazza.
Bella è
bella. Ha un viso dolce, gli occhi grandi.
Oserei
paragonarla ad un’ incanto.
Certo, tutto
il mio opposto.
Ed è
sempre così, che ho immaginato la donna del suo fianco.
Deliziosa e
piacevole nei modi; qualcuna che ingentilisse, i suoi modi bruschi.
Provo invidia
in questo istante; non sono bella neanche la metà di lei, ma dentro me
avrei tutto l’amore del mondo da donargli.
Non lo ha mai
voluto. Mi ha sempre derisa e respinto.
E adesso,
adesso è davvero troppo tardi per recriminare ancora qualcosa, che non
è mai stata mia.
“Clio. Piacere mio.”
Tutta via le
sorrido, sincera. Che colpa può avere lei?
Nessuna.
Lei ha avuto
molta astuzia, un pizzico di fortuna_ perché o ci nasci bella o niente_
e buon occhio.
Magari riesco
anche ad ammirarla.
Il sol
pensiero, mi fa ridere.
Le
presentazioni, scorrono fino al suo turno.
Che cosa
ridicola, io lo conosco!
Ma allunga la
mano, attento a non concedersi troppo; bofonchia qualcosa, fa finta di
conoscermi.
Passo minuti a
chiedermi il perché, ma dura poco; durante tutta la lezione, non fa che
guardarmi, particolarmente attento a non farsi beccare dalla cara cuginetta di
Dalila.
Che stronzo!
Non è
cambiato di una virgola.
E’
impassibile, un perfetto attore.
E quella sua
aria da snob è rimasta così immutata nel tempo, che è come
se avessi la sua fotocopia formato extra, cinque anni dopo.
Non mi piace
stare in mezzo.
Il mio sguardo
lo schiva, ma ci ricasca ogni qual volta sento il suo, puntarmi.
Non mi piace.
Non sta bene.
Però…
è così irresistibile. E sentirmi il suo sguardo addosso, mi
eccita.
Se non ci fosse
di mezzo Valentina, forse potrei anche sognare di riprendermi la mia rivincita.
“Sogni ad occhi
aperti?”
Dalila attira
la mia attenzione su di se.
“No, ad occhi
chiusi. Questa lezione è pallosissima.”
“Già! Dopo
sei con noi? Pranziamo al bar dell’uni.”
“Mi piacerebbe, ma
non posso. Oggi aiuto mio padre in negozio.”
“Fa nulla. Ci
rifaremo, no?”
La guardo
profondamente, tanto da farle distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Guardo
Valentina, la sua mano delicatamente poggiata su quella di Tiziano. Imperturbabile.
“Sì,
sì, come no…”
Stavolta
c’è del falso nelle mie parole, e la mia amica se ne accorge.
Sta per dirmi
qualcosa, ma ne approfitto della lezione al termine, per dileguarmi da
lì.
Sigaretta. Ho
una voglia matta di fumarmi un sigaretta.
Apro il
pacchetto e ne fuoriesce soltanto che rimasugli di tabacco. Vuoto.
Mi mordicchio
un po’ il labbro, prima di sentirmi una mano, toccarmi una spalla.
Mi volto e lui
è là, imperioso, dinnanzi ai miei occhi, strabuzzanti.
“Ciao!”
La mia voce
tradisce il mio stato d’animo.
Cinque anni,
cinque! Aspettando questo momento.
Ho sognato di
dirgli di tutto, di fargli di tutto, e adesso che è arrivato,
l’emozione ha giocato un solo ciao!
“Ciao… certo
sei brava eh?”
“A far cosa,
scusa?”
“Mentire,
forse?”
“Ah! Io? Hai una
bella faccia tosta, sai?”
“Chi io?”
“No, la tua
ragazzina bionda.”
“Gelosa, forse?
Ahi- ahi…”
“Gelosa io?”
“No, quella tizia
là, che sta passando…”
Mi fa ridere,
sì.
E’ buffo
e la sua voce è cambiata.
Da ragazzina,
mi divertivo studiando ogni suo cambiamento; lo idolatravo.
Veneravo.
Era una specie
di guru per me. Un santo, un dio greco.
Ogni sua cosa
doveva appartenermi; a casa, ho montagne di suoi capelli rinchiusi fra le
pagine del diario segreto, e le carte delle sue caramelle, ancora giacciono in
una scatoletta ribattezzata poi “dei cimeli del dio biondo”.
Ero cotta.
Stracotta.
“Ti sbagli. Ora ti
saluto, ciao!”
Mi allontano
un po’.
Sento i suoi
passi, seguire i miei.
“Aspetta
dai.” Mi blocca il
braccio, stringendolo forte. “mi
fa piacere restare ancora un po’ con te.”
“Non credo ne
faccia molto alla tua ragazza, però…” Mi divincolo,ammonendolo
con lo sguardo.
“Ma chi Valentina?
Figurati è abituata…”
Ride
malignamente. Una risata diabolica.
Lo guardo
dall’alto al basso, spocchiosa.
“Sarai anche
bello… ma tiratela di meno, non sei che uno fra i tanti.”
Si morde il
labbro.
Ghigna un
po’.
“Stai attenta non
provocarmi…”
Mi si
avvicina, molesto.
Le ciocche dei
miei capelli, si ritrovano a scivolare fra le sue mani.
Se fossi una
corda di violino, ora vibrerei, tutta.
Ed o paura di
tremare, sotto le sue mani.
Perché
mi piace il suo tocco avido e lezioso.
Mi piace lui.
Da morire.
“Perché,
cosa mi succederebbe?”
Il mio volto,
è pericolosamente vicino al suo.
Gli ho servito
un assist perfetto.
Sorride
emblematicamente, mi prende al volo per una manica e mi trascina nella toilette
pubblica, poco distante da noi.
Non sbatte
ciglio, non dice mezza parola.
Chiude la
porta alle sue spalle e quando la serratura è ben chiusa, mi sbatte
contro il muro.
“Che ti prendo,
ecco cosa succede…”
Non ho il
tempo materiale per rispondere.
Neanche per
pensare a cosa ci faccio qua.
Dovrei essere
sull’ autobus, destinazione casa.
Errore.
Ora sono qui,
a destreggiarmi con la sua lingua che piano- piano, languida e selvaggia,
stimola la mia, alla più oscura perversione.
Lo bacio con
passione, mi aggrappo ai suoi capelli biondi, leggeri e morbidi.
Non ho le mani
piene, se non di lui.
E la mia bocca
l’accoglie, come una madre accoglierebbe un figlio di ritorno, da un viaggio
lontano.
Un bacio senza
più ritorno.
Un bacio senza
alcun ritegno.
Un bacio senza
nessun risveglio.
E voglio
restare così, anche tutta una vita, se bastasse e tenerlo con me.
E la sua
lingua m’accarezza, e i miei occhi spalancati; mi sta baciando, lo sto
baciando!
Tiziano.
E’ mio.
Ho vinto.
“Sei così bella… io ti voglio.”
Furbo. Viscido
e lecchino.
Apro gli
occhi, come lui tenta di aprire la mia camicetta.
L’istinto
di allontanarlo, vince su ogni possibile desiderio reciproco.
La sua mano,
balza via, con la mia che la getta un po’ più in là.
Impenitente,
ostinato, la rimette dov’era.
L’allontano
di nuovo.
“Ma perché
diavolo mi fermi?”
“Tu sei
pazzo.”
Il sogno
è finito.
Mi sono
svegliata.
E’ fra i
tuoi trofei che starò domattina, se non ti fermo.
“No, sono realista.
Io voglio te, tu vuoi me, perché fermarci?”
Non ti sento.
Sono sveglia,
te l’ho detto.
Adesso sento
il solo rimorso della coscienza.
E la sua voce,
la sua piccola e candida voce.
“Piacere, io sono
Valentina.”
Valentina.
Valentina.
Il suo nome mi
pulsa in testa.
I suoi occhi
innocenti, mi bucano lo stomaco.
Perché
fermarci mi stai chiedendo tu.
Guardala negli
occhi e poi con lo stesso coraggio, torna da me.
Lo ha fatto.
Lui l’ha
fatto.
L’ha
guardata, baciata, toccata, ed è tornato da me.
Blu_tiger_grazie per aver recensito ancora una volta la mia
storia! Sono molto contenta che ti piaccia!
Spero ti piaccia anche
questo capitolo ^^
Davvero ti chiami Luana? Òò
Che figata!
Non so te, ma non conosco molte ragazze con il mio nome -.-‘
Keyra_ Ciao! Mi fa molto piacere, che ti rispecchi in questa mia fan.fic! Sai credo che infondo ognuna di noi abbia un amore
impossibile alle spalle, specie del periodo dell’adolescenza, dove tendenzialmente
siamo così pure e ingenue da innamorarci alla velocità del
milionesimo di secondo, sempre della persona sbagliata … ^^’
Ma sono quelle piccole
delusioni che ti fanno crescere, complice anche l’età, che ti fa
trovare in fretta un altro amore dietro l’angolo! ^^
Zia Esmy_ cara zietta anche tu
dedichi la lettura delle f.f la sera tardi? Anche io,
e sono una masochista lo so, perché il giorno dopo mi alzo più
rincoglionita di quello che sono già ^^’
Cara, ti ribadisco che
è un piacere leggere le tue recensioni; hai carpito in pieno, il
carattere di Clio!
Cresciuta sì, ma
ancora troppo insicura e bambina, come allora.
Quindi, perfetta preda,
di un bastardo con i fiocchi!
E lei ne è
così subdola, da odiare solo se stessa, e percepirsi come unica errante.
La mia piccola Clio, è un bel pò
complicata ^^
Ok, ragazze volevo avvertirvi solo che il primo e
vero capitolo sarà questo, e che da qui, partirà la storia e il
suo decorso.
Vi abbraccio e vi bacio,
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸SILENT AGONY ¸.·´¯)
Chap n.1
Il ticchettio
tamburellante, del dito della mia vicina di banco, martella nelle mie membra.
Il professore
ha di nuovo disertato la sua lezione.
Non capisco se
sia pazzo o sia semplicemente furbo.
Siamo ancora
rintanati, in questa monotona aula polverosa.
E sono volati
tre quarti d’ora buoni, da quando ci hanno detto
d’aspettare di vedere il suo trionfale arrivo, dalla porta principale.
Odio
aspettare, come odio perder tempo.
“Basta, me ne
vado!”
Sto per
alzarmi, quando un ombra familiare mi blocca
l’uscita, addentrandosi nello stretto corridoio, per mettersi a sedere
fra me e la mia compagna.
“Proprio adesso…”Penso, sinceramente adirata.
Ero ad un
passo per schizzare via da lì.
Mi volto nella
sua direzione; voglio proprio vedere chi sia questo genio di ragazza!
A momenti, ci
resto secca.
Ancora lei.
Non è possibile.
E’ lei.
Lei- lei, sì; rigiro lo sguardo di fretta, sperando non mi abbia notato.
In
realtà, schizzo dal mio sedile, che per poco non finisco in braccio ai
compagni dell’altra balconata.
La scenetta
è piuttosto esilarante.
Ammetto
d’aver sorriso. Ahimè, sono umana anche io.
Clio sta zitta, non fiatare; forse, non ti
ha nemmeno vista.
Ma una manina
dolce e bastarda, mi picchietta la spalla, proprio dalla sua direzione.
Mi giro
piuttosto annoiata, sbuffo non tentando nemmeno di darlo a nascondere.
Mi guarda.
Che diavolo ha
mai da guardare?
E sorride.
Perché
sorride?
Come fa ad
aver dipinto, ventiquattro ore su ventiquattro, quel sorriso
bianco sul volto io proprio non lo so!
“Ciao,
Clio. Posso sedermi qui?”
Non la
sopporto, è più forte di me.
La sua voce
è un martello pneumatico nel cervello.
Anche di
notte, la sogno. Ma è un incubo.
Sembra
l’emblema della perfezione.
E la odio per
questo; riesce ad essere meravigliosa, anche quando le
fai capire chiaramente che non la vuoi intorno.
Ma lei ride,
scuote i suoi capelli color miele, e ti fa sentire dannatamente bastarda
dentro.
Non mi fido;
ultimamente me la ritrovo sempre fra i piedi, anche al bagno!
Oddio, cosa ho
mai pronunciato; bagno.
Mi viene da
vomitare.
E lei è
troppo zuccherosa; fa venire il diabete, solo a guardarla.
Non capisco,
cosa diamine centriamo l’una con l’altra.
Più la
guardo, più mi sento una miriade di costellazioni lontano da lei; mi
rifiuto di trovare, anche solo una vaga somiglianza, con questo essere
celestiale.
Mi verrebbe
voglia di spaccarle la faccia, e togliergli quel sorriso da scema che ostenta;
non solo devo sentirmi in colpa, praticamente per defraudarla ogni giorno di
ciò che suo, deve essere anche la sola persona, che riesce a farmi
sentire inferiore!
Non ho mai
temuto nessuna.
Non sono
perfetta e la mia bellezza è piuttosto particolare, lo so, ma le altre
sono solo un contorno, nella mia vita.
Tutte, tranne lei.
Lei ci si
vuole insinuare a tutti i costi, e questo mi esaspera.
Vorrei farla
sparire, con uno schiocco di dita.
Già, come
se bastasse a far tacere, quest’ansia ossessionante che ho dentro.
Il suo
fantasma è ingovernabile. La sua presenza è ovunque.
Ed io, odio
soltanto me stessa.
Odio vederla
riflessa nei suoi occhi, quando mi dice che è tardi e che lo sta aspettando.
Odio vederlo riflesso
nei suoi occhi, quando sembra che lo stia cercando nei miei.
Dubito che
sappia, ma capisco che può leggere dentro di me, la più assurda
verità.
Quando
l’ho di fronte, vorrei scoppiare. Esplodere.
Vorrei che i
miei atomi volassero via, dispersi fra il cielo.
Ma lontano di
qua.
Lontano da
lei.
“Permesso,
scusa.”
Non la degno di uno sguardo.
Come, come
potrei guardarla negli occhi.
Mi alzo,
trascinando via il mio zaino; frettolosamente, mi porto fra le gradinate
dell’aula.
Via. Via. Via.
Lontano, lontano di là.
Ma qualcosa, o
meglio qualcuno, trattiene la mia corsa.
“Clio!”
“Dalila!”
Vorrei poter
dire“finalmente una faccia amica!” ma non posso.
Dalila non
è esattamente, la persona che desidererei avere di fronte, in questo
momento.
“Dove
vai così di fretta?”
“Fuori
di qua, al più presto.”
“Tesoro, sei sconvolta. Vieni, siediti un attimo.”
“Sto
bene. E’ che non ho più l’età per fare certe
cose!”
“Cretina…”
Sono una
perfetta attrice; per un attimo, il detto “chi va con lo zoppo, impara a
zoppicare”sembra esser stato inventato, apposta
per me…
Cerco di
evadere, dal silenzio piombato fra di noi e dal suo
sguardo ispezionante.
Guardo verso
la cattedra, indicando la sedia vuota alla mia amica.
“Cosa
gli è successo stavolta, a quel vecchio pazzo?”
“Mah,
sembra non riescano a trovarlo nemmeno a casa. Meglio, niente lezione
oggi!”
“Io
vado in biblioteca, non posso permettermi di oziare come te! Scusami…”
Faccio per
alzarmi, ma Dalila attira la mia attenzione ancora una volta.
Mi sorride
sorniona, al dunque mi mordo il labbro in attesa della
cazziata in arrivo.
“Sei troppo evasiva, negli ultimi tempi. Lo sai?”
“Lo
so. Ho troppe cose per la testa. Non è propriamente un bel momento.”
“Lo
sai che con me puoi parlare. Perché scappi sempre?”
“Io
non scappo, solo cerco di non perdere tempo.”
“Fare
due chiacchiere rilassanti, non è perder tempo. Non ti riconosco
più Clio, sei diventata così sfuggente,
solitaria… te ne stai per i fatti tuoi e reputi i tuoi amici, una perdita
di tempo?”
“Mi
dispiace Dà. Te l’ho detto, ho tante cose per la testa.”
“Se
posso, voglio aiutarti.”
“Posso
aiutarmi solo da sola, credimi.”
“Perché?”
“Perché
alle volte, non tutte le verità, sono come te le aspetti. Le persone,
possono sembrarti poi, dei mostri.”
“Se
è il mio giudizio che ti spaventa, lo sai, non è proprio questo
il caso.”
“Lo
è invece. Mi odieresti, Dà. Tu mi odieresti.”
“No,
io non potrei odiarti, ti voglio troppo bene.”
Mi guarda sinceramente affranta.
E’ meglio così.
E’ meglio non sapere amica mia.
Mi odieresti.
Mi odieresti. E faresti bene.
Sono l’amante del ragazzo di tua cugina,
Dà.
Sono, sono una donna incommentabile,
ingiudicabile.
Ed io mi faccio già abbastanza schifo da
sola.
Allora ti saluto, e scappo via davvero.
“Clio, aspetta! Sabato c’è la festa
universitaria. Se vieni, mi fa molto piacere!”
“Festa
universitaria? Vorresti dire bordello messo su da quelli del terzo anno, per
adescare matricole, forse! No grazie, preferisco vivere!”
“Non
fare la guastafeste! Lo sanno tutti che sei un ninfomane!”
“Ah-
ah, non mi convinci affatto!”
“Comincio
a pensare che hai di meglio da fare. Magari con il tuo mister x? Mi chiedo quando sarà, il momento in cui me lo
presenterai!”
Il mio sguardo è perso altrove.
Presentartelo eh?
Non credo sia una bella idea.
E intanto i ragazzi, si riversano sulle gradinate
come un gregge di pecore.
Ordinato e lavoratore.
D’improvviso fra quei volti, spunta il suo.
Perfetto e bellissimo.
Sorrido. Eccolo il mio uomo.
“Guarda,
se ti concentri bene, puoi vederlo tu stessa.”
Si gira immediatamente.
Non se lo fa ripetere nemmeno la seconda volta.
Tiziano si sta avvicinando, allora prendo la palla
al balzo.
“Cretina,
stavo scherzando!”
“Sei
sempre la solita scema, Clio!”
“E
tu un’allocca!”
Mi viene vicino, abbracciandomi forte.
“Sono contenta, che almeno non hai perso il sorriso. Dai vieni sabato, fallo per me.”
Sciolgo l’abbraccio, penetrandole lo sguardo.
Mi guarda seria, un po’ triste, forse.
Oddio no, è riuscita a convincermi anche
stavolta.
“Non
lo so, dai! Poi ti chiamo…”
“Fallo!
Ciao Clio…”
“Ciao!”
Prendo a scendere i gradini, in assoluta lentezza.
Voglio godermi il suo arrivo.
Passargli accanto. E morire.
Sfiorarlo con un gomito e vedere le stelle.
Incrociando il suo cammino, ma facendo comunque
finta di ignorarlo.
Ma la sua grettezza, si forma in quel sorriso
idiota, che mi
porge.
Sto urlando. Ma è disperazione taciuta.
C’è una bestia infondo al mio cuore, e
mi
sta divorando attimo dopo attimo.
Passo dopo passo. Gli sono dietro le spalle ormai.
La folla mi inghiottisce.
Lascio che mi faccia preda, più di quanto
possa farlo questa terribile, silenziosa agonia, che mi porto dentro.
Arwis_ anche tu incasinata come Clio, eh? A quanto pare, ho scelto proprio l’argomento giusto di
cui parlare, in questa mia nuova fic ^^
Grazie per il commento e
per il complimento della scrittura^^
Spero continuerai a
seguirmi ^^
Babybutterfly_ povera valentina, eh? ^^
Ti giuro che l’ho
resa così perfetta, da odiarla io stessa ^^
A parte gli scherzi,
colei o colui che si trova dall’altra parte, è sempre un po’
sfigato e poveretto, ma la ruota gira, tocca a chiunque, l’importante
è farsi forza e risalire!
BlueTiger_Luanuccia! Visto, ora
“conosci” una Luana anche tu ^^
Che affare che hai fatto
figlia mia..uahuahua
scherzo ^_-
Ma certo che sei
speciale, ti basta pensare che sei unica, non esiste un’altra persona
uguale a te ^^
Ed è genetica mica
chissà che .. ^^
Keyra_ grazie tesoro! Grazie per l’interessante ^^
Zietta, con te sono di parte … io ti adoroooooo!
^^
Grazie per il supporto Esmuccia cara :-*
Non finirò mai di
ripetertelo! A costo di diventare ripetitiva ^^
Insomma sembra che ci sia
un po’ di Clio in ognuno di noi .. ^_-
Vi abbraccio e vi saluto
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸OSSESSIONE VALENTINA ¸.·´¯)
Chap. n.2
Mi piace la
biblioteca, l’odore di polvere pesante che vi si respira, accumulatasi
con gli anni, mi fa pensare a quanta vita e quanta storia, ogni singolo libro racchiuda in se stesso.
Così,
ogni volta che prendo un volume e do quella tipica passata leggera con la mano
sulla copertina, mi sembra di farlo tornare a respirare e battere, per
ciò che è stato creato.
Qui, trovo la
mia pace.
I libri sono
ben riposti sugli scaffali, ognuno al proprio posto, schedato ed etichettato,
con precisione meticolosa.
Mi piace
questo equilibrio delle forme e del luogo.
Mi piace,
perché è come se ne desse un po’ anche me, alla mia vita,
carente.
Starei ore,
rintanata in questo posto.
L’unico,
non ancora contaminato dal sudicio.
O
forse…sì.
“Ah, sei
qui!”
“Sì, sono qui.
Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?”
Valentina mi
ha seguito.
Fra le braccia
stringe un libro, lo fascia al seno, con premura.
“Darti questo. Lo
hai dimenticato, prima.”
“Ah, grazie.”
Glie lo sfilo
dalle mani, con disinteresse, tornando a sfogliare un interessante e folto
libro di storia contemporanea.
“Perché sei
così ostile con me?”
Credevo se ne
fosse andata.
Insomma, se
una persona non ti degna della sua attenzione, intelligentemente gira i tacchi
e sparisci!
No, lei no. E’ ostinata come un mulo.
E’…
è una kamikaze.
O
semplicemente, sono arrivata a pensare, che sia un po’ bacata
mentalmente.
Così
alzo lo sguardo, verso quella creatura gracile, ostinata allo stremo, invadente
e pedante come lo è una mosca d’estate, che ronza sul banchetto
all’aperto.
La guardo, e
affondo il coltello nell’anima.
La spazzo via,
come polvere, inutile e fastidiosa.
“Ma tu hai le pigne
nel cervello? Non capisci che voglio starmene per i fatti miei?”
“Voglio solo
esserti amica. Possibile tu non riesca ad evitare d’essere così
scontrosa?”
“Senti, ma chi ti
ha mai chiesto niente? Posso fare a meno della tua amicizia, credimi!”
“Ah certo, di
questo me ne sono accorta.”
“E allora?”
“Allora voglio
sapere perché, perché sei gentile con tutti, tranne che con la
sottoscritta.”
Ah, ma vi
sembra normale subirsi la paternale, dalla donna del vostro amante?
A me poi, che
vorrei mettere mari e monti fra di noi?
Proprio non
vuole mollarmi!
E per di
più devo anche subirmi i suoi giudizi. Sono furiosa.
“Bene. Forse
è meglio affrontare un discorsetto, miss
universo; il mondo non gira intorno a te, come te lo devo far capire che non me
ne frega niente, della tua fottuta amicizia?”
Ho urlato, lo
so.
Qualcuno si
volta a guardarmi, sbigottito e infastidito.
Sento quegli
occhi addosso, come lame taglienti.
Valentina mi
fissa, turbata da tanta violenza verbale, da una Clio
ferina, animale.
“Così, non
aggiungere altro. Ti sei spiegata da sola…”
Gira i tacchi
e sparisce di fretta.
Bene!
Se prima
dovevo sforzarmi a sorriderle falsamente, adesso
finalmente posso vomitare in tranquillità al suo passaggio.
La detesto.
E detesto me.
Detesto la persona che sono diventata.
Detesto non
trovare più un cavolo di stimolo, che mi faccia
tornare a sorridere.
Sto
invecchiando dentro.
Questa tresca
mi sta svuotando, piano- piano, mettendo al mondo una Clio,
povera ed arida.
“Arghhhh. Non è proprio giornata questa!”
Richiudo il
volume.
Umore storto
equivale a concentrazione zero.
Afferro le mie
cose, gettandomi fuori dall’università.
Mi viene da
piangere.
E
l’autobus è in ritardo come al solito.
Possibile sia
così maledettamente masochista?
Dove mi
porterà tutto ciò?
Sono passati
due anni, da quel bagno.
Da quel bacio,
quella lingua, quel contatto.
Andare venire,
entrare, uscire.
Sono passati
due anni e non è cambiato nulla.
O meglio,
l’unica cambiata sono io.
Chi era Clio?
Clio era una ragazza solare, altruista,
semplice.
Cos’è
Clio adesso?
Spenta, vuota,
menefreghista.
Ho deciso di
non pensare alla sua voce, di cancellare la sua immagine, convinta che la colpa
fosse soltanto la sua, se non riusciva a tenersi il
proprio fidanzato.
Ho creduto
davvero di pensare solo a me, che l’avrei fatta scendere in secondo
piano, ignorandola fino ad annullarla.
Ma lei
c’è.
E c’era
anche quando entrai fra le sue lenzuola, quella prima volta.
Lì, nel porta foto che lui tiene sul comodino della sua stanza.
Lei c’e.
Indossa una
maglietta rosa e sorride, come sempre.
Lui la ama.
Ed io sono
solo la sua marionetta.
“Ciao
papà.”
“Ciao Clio. Tutto bene?”
“Più o
meno.”
No
papà, sto un vero schifo.
E tento di
nascondertelo, asciugando una lacrima, che solo il mio papà, con la sua
voce gentile e il suo tatto, poteva farmi sgorgare.
Sono in
negozio.
Un piccolo
negozio d’intimo, che la mia famiglia gestisce in centro.
E’ bello
passare il tempo qui, mi rendo utile come posso, ma non so se il mio futuro
sarà fra queste quattro pareti, push up e tanga brasiliani.
Vorrei
sparire. Andare lontano.
Appena mi
laureerò, voglio fare un lungo viaggio.
Lontano da
questa gente, da questo caos.
Il cellulare
squilla; un piccolo rumore, un bagliore nel buio del camerino, e si spenge.
E’ lui,
è fuori, sta passando con la sua auto. E’ il nostro segnale.
Cm ogni
pomeriggio, la porta a scuola di danza, sorridente, con i capelli tirati su, la
borsa poggiata sulle ginocchia dove riposano il suo tutù e le scarpette
di gesso.
Alle volte mi
affaccio, solo per vederlo passare.
Ma ora non ne
ho voglia.
Alle sette
ripasserà di qui, per portarla a casa, lasciarla andare nel portone, e
volare da me.
Una volta, lo abbiamo
fatto anche qui; nel camerino, dove ora mi sistemo i capelli, aggiusto il
colletto della mia camicia nera e riparto.
Senza
rendermene conto, guardo l’orologio.
Le sette, sono
ancora lontane.
E’
presto, per godere delle briciole.
E’
presto per gli avanzi.
Ma lo voglio.
“Tesoro, ci sono
delle signore che chiedono di te.”
Il mio
papà, distrae i miei pensieri.
Lo bacio sulla
guancia, guizzando in negozio.
“Salve. Posso darle
una mano?”
“Oh sì
signorina. Sono molto indecisa, completo rosa o verde acqua? Sa ho una figlia
della sua età, lei sicuramente saprà consigliarmi per giusto.”
“Beh, direi rosa.
E’ molto in voga questo colore. E personalmente, lo trovo spiritoso, sa
è giovanile, da allegria. Sulla pelle poi sta bene, sia chiara, che
scura.”
“Mi ha già
convinta guardi. Vada per questo rosa.”
“Bene! Poi mi
faccia sapere, e per qualsiasi cosa chieda pure di me.”
“Perfetto! La
ringrazio molto.”
“Si figuri.
Dovere.”
Striscio la
carta di credito, tiro via lo scontrino, due firme, e la signora esce soddisfatta
dal negozio.
E’
questa la Clio
che amo.
Dolce, amica,
confidenziale.
Forse,
c’è ancora speranza per me.
Forse non sono
ancora del tutto in fase regressiva.
Fisso
l’orologio sulla parete; sono solo le quattro.
No, non
c’è proprio nessuna speranza.
Il pomeriggio
se ne va, lento, sospirato.
Non faccio
altro che pensarlo, minuto dopo minuto.
Sogno ad occhi
aperti il suo arrivo, ma basta chiuderli per volerli tenere per sempre
così; la sua mancanza è insopportabile, intollerabile è
rilegare a me soltanto il fuoco di due lenzuola, un emozione
che nasce al tramonto e muore ancor prima che scenda la sera.
Ma è
pur sempre il mio Dio.
E il mio
compito è venerarlo, anche quando non c’è e non si vede.
Come la fede.
C’è. Nel profondo.
Ed io gli sono
fedele.
Passano i
giorni, passano gli uomini, passano le tempeste, accompagnate dai sorrisi, poi
di nuovo la disperazione, ma lui è sempre dentro di me, come una guancia
del cuore, come lo stomaco, le viscere profonde e scure.
Perché
io non voglio altro che lui.
Perché
non posso concedermi a nessuno, che non abbia i suoi occhi, le sue labbra
sottili.
Afferro le
chiavi del negozio.
Di lui,
nemmeno l’ombra.
Mi getto in
strada, afferrando la saracinesca.
Mentre mi
piego, nel chiuderla, due braccia mi avvolgono i fianchi.
Balzo dal
posto, emettendo un gridolino spaventato.
Lui ride.
“La solita
scema…”
“Il solito
cretino…”
Borbotto,
sistemandomi la coda scomposta.
Ma lui li
scioglie, facendoli ricadere sulle spalle; mi abbraccia, baciandomi una
guancia.
Mi perdo fra
il suo profumo forte.
Che pensieri
assurdi, mi da questo odore.
Dalila ha
ragione; sono una ninfomane!
“Andiamo?”
“Dove mi porti
oggi? In quel bel ristorantino del centro, giusto? O
no, forse andiamo al cinema?”
“Clio…”
Mi piace
fargli perder la pazienza.
Mi piace
vederlo impacciato, sottomesso.
Non può
rispondere, lo stronzo.
Già,
proprio no; perché adesso mi caricherà sulla
sua micra nero fiammante, e mi porterà
nella dimora dei dannati.
All’inferno,
che però è il più dolce dei paradisi.
E non ci sono
ristoranti, cinema, passeggiate al chiaro di luna.
No.
Un bilocale
sull’Appia, è tutto ciò che
meritiamo noi poveri recidivi del sesso all’oscuro.
“Oggi ho visto Valentina.”
“Cosa
voleva?”
“Rompere. Cosa
può altro fare la tua ragazza? Te l’ho detto mille volte, devi
tenerla lontano da me.”
“Clio, glie l’ho detto di non assillarti, ma non posso
fare altro. Si potrebbe insospettire, lo sai.”
“Ah ma no,
tranquillo. C’ho già pensato io. Non credo domani le verrà
voglia di ronzarmi intorno.”
“Cosa le hai
fatto?”
Inchioda. Ha
paura.
Si vede dalle
sue mani, tremanti.
“Che
c’è? Hai paura?”
“Non guardarmi con
quella faccia da stronza, Clio!
La detesto.”
“Sì ma non
rispondi. Hai paura?”
“Devo
averne?”
“Fattelo dire da
lei no? Infondo la vedi più di quanto vedi me…”
“Clio quando fai così mi verrebbe voglia di
ammazzarti.”
“E fallo. Non ho
niente da perdere, IO.”
“Sei veramente una
piccola stronza… ma mi piaci.”
Spegne i fari,
accosta la macchina lungo la via buia, ed alza lo stereo.
Fa scivolare
una mano, lungo il sedile dove sto seduta io; con gesto secco, lo abbassa.
Rido, maliziosa.
Mi vuole,
quanto mi vuole!
E’ da
sempre così, con lui.
Più lo
maltratto, più mi vuole.
Ma potrei
riempirlo di calci tutta la notte, non mi vorrai come
vuole lei.
E questo, devo
ammetterlo, mi eccita.
Io, solo io,
posso prenderlo nel mezzo della sera, accanto a una strada polverosa fuori
città.
Solo io posso
prenderlo, nello stanzino buio di un negozio.
Io sono il suo
brivido.
Lei, non lo
sarà mai.
“Ti voglio
adesso…”
Mi alita sul
collo, sibillino.
Le mie mani
scendono sui suoi jeans, rigorosamente griffati, fino a strapparglieli da
dosso.
Lo tiro verso
me con violenza.
Più mi
maltratta, più lo voglio.
Più
è bastardo, più lo desidero.
Sono come lui.
Sì, io sono come lui.
Lo stendo
giù.
La sua maglia
nera, vola alle mie spalle.
Gli sono
sopra.
E mi muovo,
dominatrice.
Stanotte
è mio.
La mia gonna,
scivola dai fianchi. Così, gli slip.
Neri. Come la
biancheria che le piace tanto, di quel colore cupo, fosco, tenebroso.
Nero, come la
rabbia che uso per prenderlo, cullandomi violentemente sul suo membro ardente,
fervido.
Eccitato.
“Clio, Clio…”
Oh no.
Ancora quella
maledetta voce.
Ma che vuoi da
me?
Non sei qui.
Tu non sei qui.
Eppure mi
cerchi costantemente.
Tutte le
notti, tutti i momenti che sono con lui; tu ci senti, tu sai lui
dov’è.
Tu lo sai.
E torturi me.
Perché?
“Clio? Clio cos’hai?”
“Vattene! Vattene
cretina!!!”
“Clio? Clio che c’è?!”
Sto delirando.
Forse è
pazzia.
Forse, ho
superato ogni limite.
Batto i pugni
sul petto di Tiziano, piangendo.
“Clio, rispondi ti prego!”
Quegli occhi.
Li vedo.
Mi trapassano.
“Voglio solo esserti amica…”
Tiziano mi
scuote, forte.
Mi tocca la
fronte, mi tira i capelli indietro.
Mi sta tenendo
a se.
Fra le sue
braccia, io sto così bene.
Mi guarda
diversamente, da come mi ha sempre guardata.
Vorrei morire
adesso.
Non credevo
fosse capace di guardarmi così.
Allora,
ritorno in vita.
“Portami a casa, ti
prego.”
“Subito.”
Mi bacia sulla
guancia, tenendomi ancora più forte.
Tiziano non
stringermi così.
Tiziano non
farlo.
Mi abbandono
sul sedile, lasciandomi travolgere da un sonno inaspettato; d’improvviso
tutto si scurisce, i sogni scappano via e Clio, Clio vaga nell’immensità tetra e ignota.
“Eh già. Se
aspettavo te che mi chiamassi, sai le feste che mi perdevo!”
“Ops, scusa.”
Non sono stata
molto bene, negli ultimi giorni.
Sebbene
detesti le feste universitarie, questa della salute al flop,
non è una scusa.
C’è
qualcosa dentro me, qualcosa che non va.
Pensavo fosse
influenza o stanchezza, ma non è così.
Ci ho pensato
tanto, in questi giorni.
Mi sono
guardata allo specchio, e il riflesso di quella lastra argentata, mi ha
rivelato solamente lo sbiadire di una ragazza, che adesso non ha più
colori.
E adesso, non
mi va più bene.
Non mi ha
cercata.
Non uno
squillo, non un messaggio al cellulare.
Il mio cercare
un perché, mi fa sbellicare dalle risate.
Io lo so il
perchè, l’ho sempre saputo.
Ma adesso
c’è qualcosa, qualcosa che mi fa percepire lui, non più
come un Dio da sollevare sul mio Olimpo.
Non so, io per
prima rabbrividisco alla totale mancanza di smania al suo pensiero, alla
scialba sensazione che prova il mio cuore pensandolo.
Forse, mi sono
svegliata.
Di nuovo, come
dal sogno.
E lui non
è più Morfeo. Lui, non è più realtà onirica
per me.
“Sì-
sì, scusa.Ma allora che fai, vieni?”
“Chi viene?!”
Chi viene?
Equivale a
Tiziano e Valentina, ci sono?
Povera Dalila,
se sapesse che l’ho usata non poche volte, per sapere informazioni su
quei due, mi taglierebbe la gola.
Ma lei,
è da sempre il mio unico appiglio.
Mi ha salvata
tante volte, e lei nemmeno lo sa.
Povera.
E’ stata
mia complice, ed è pure ignara di tutto.
“Io, te, Francy e Barbara.”
“Uh.”
Sto per tirare
un sospiro di sollievo, ma Dalila incalza.
“Dovrebbero venire
anche Valentina e Tiziano. Ma non è certo.”
“Felicità…”
Le faccio il
verso, canticchiando un vecchio motivetto.
Sta in
silenzio un attimo, ma appena può, furba come una volpe, affila le
unghie.
“Tu mia cugina, non
la puoi proprio soffrire, eh?”
“Si vede così
tanto?”
“Troppo cara.
Troppo. Se si sapesse almeno cosa ti ha fatto…”
“Lalì, non è che ti ha chiesto lei, di farmi
venire a questa stupida festa, vero?”
“No, no.”
Sì.
Sì.
Colpito in
pieno, il centro di questo losco piano.
Adesso
comincio a sentire puzza di bruciato.
Ma poco
importa, io a quella stupida festa non ci andrò.
“Senti Lalì
io…”
“Non dirmi che non
vieni. Penserei troppo male, Clio…”
Mi ha fregata.
Se dico di no,
le offro la verità, su un piatto d’argento bello caldo.
E non ci sono
scuse plausibili, adesso da rifilare ad arte.
Batto i piedi
in terra.
Odio farmi
incartare così.
“Mai una volta che
mi fai finire di parlare, oh! Ti stavo dicendo che vengo
con la mia macchina, quindi non c’è bisogno che mi passiate a
prendere.”
“Perfetto! Io
sarò lì per le dieci.”
“Cerco di farcela anche io, per quell’ora.”
“A stasera,
tesoro.”
“Sì,
ciao.”
Bugiarde come
Giuda.
Ma stavolta lo
sappiamo entrambe, solo salviamo le apparenze.
E qualche
noia, che ci travolgerebbe se ognuna di noi, dovesse smascherarsi.
Attacco il
telefono sospirando; per un attimo, ho visto questo, come l’ultimo dei
teatrini da sopportare.
Sono stanca.
“Sono stanca. Ma ti
copro io papà, non c’è problema vai pure, resto io in
negozio.”
“Grazie tesoro.
Sabato prossimo, giornata libera per te!”
Sorrido.
Sabato
prossimo. Sembra così lontano.
Quel che mi ci
vorrebbe, sarebbe testa e cuore liberi.
Ma il mio
papà, non è che può fare miracoli.
Sorrido,
dedicandomi all’allestimento delle vetrine ormai troppo indietro di
stagione.
“Clio!”
Una voce mi
chiama. M’affaccio.
“Tu, qui?!”
Guardo
l’orologio da polso; sono appena le quattro.
E lui,
è già qui.
“Sono venuto a
vedere come stavi.”
“Ah sì, devi
avere una palla di vetro, per sapere di trovarmi qui. Sai, hanno inventato quei
fantastici congegni chiamati cellulari, per sentire apposta, come sta una
persona.”
Lascio perdere
la vetrina, e con un balzo, gli sono di fronte.
E’ ben
vestito, capello umido di gelatina e note di un profumo diverso dal solito.
Non si
è scomposto di una virgola, con quella sua freddezza omicida, si
è sistemato il colletto della camicia, ed ha continuato a parlare.
“Non ti ho visto in
università, poi passando di qui ho trovato parcheggiata la tua auto
e…”
“Tiziano, dimmi che
vuoi.”
Ride,
vagamente imbarazzato.
Ormai, lo
conosco troppo bene, per farmi fregare.
“Devi aiutarmi, Clio!”
“Cosa è
successo?”
“Devo trovare un
regalo per lei. Oggi è il nostro anniversario, lo avevo dimenticato!
Inoltre non so cosa regalarle, tu devi aiutarmi; qui qualcosa troverai!”
Il loro anniversario.
L’ho
dimenticato anche io.
Ogni anno,
quando cade questo giorno, vado in qualche pub ad ubriacarmi un po’.
Lo scorso
anno, ero in discoteca.
La mattina ero
così sbronza, non riuscire nemmeno a reggermi in piedi.
Ti odio
Tiziano.
Odio te e quello
che mi hai fatto diventare.
Ma
quest’anno no, quest’anno non ti permetterò di annientarmi
così.
“Guarda all’angolo di questa strada,
c’è un negozio di animali: comprale un bel collare per il suo
bastardo.”
Gli do una
spinta, trattenendo a stento le lacrime.
No, non
più una lacrima.
No, non
più sofferenza.
Non lo merita.
Sì, lui
non lo merita.
Lo sorpasso,
tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, che non sarà mai più duro
della sua faccia da bronzo.
“Pensi d’essere simpatica?”
Mi tira per un
braccio, voltandomi di forza.
Per un attimo,
ho paura che colga quella rugiada, dai miei occhi.
Mi batte forte
il cuore.
Ma i suoi
occhi sono così vuoti.
Non brillano
più. Spenti.
Smorzati,
soffocati da tanto egocentrismo.
No, non esisti
solo tu.
Ed io ti
guardo, forse per la prima volta, con occhi diversi.
Dove
sarà mai la tua bellezza.
Dove
l’ho vista io, tanti anni fa.
Mando
giù di forza il boccone, fissandoti, seria.
“Almeno quanto te,
che vieni qui reclamando il mio aiuto per il regalo,
alla tua donna. Come fai a non farti schifo.”
“Clio, Clio… ancora con
questa gelosia? Credevo te ne fossi fatta una ragione; io sto con Valentina, lo
sai.”
Mi accarezza un guancia.
Per lo meno,
tenta di farlo.
Perché
lo sposto via.
Mai più
una mano addosso.
Mai più
il suo alito sul mio viso.
Mai
più.
Mai più
lui.
“L’unica
ragione che mi sono fatta è che ho ragione quando
dico che sei un bastardo impenitente! Ed ora, fuori di qui! Vattene!”
Lo spingo
all’indietro, con tutta la forza che ho dentro.
Ma è
niente, in confronto alla sua mole possente.
Se volesse, mi
schiaccerebbe.
E tutto
ciò che riescofare, è scalpitare contro il niente.
Le sue mani
però, mi alzano il viso, arrossato dalla fatica, dalla rabbia.
“Tu mi hai scelto
così, ricordatelo bene.”
“Purtroppo lo
ricordo.”
“E poi, non
c’è bisogno di fare storie. Sai bene che quando lo
indosserà, non farò altro che pensare a te.”
Si avvicina,
con quelle labbra troppo rosse da scacciare.
Troppo morbide
da rifiutare.
Ma l’ho
fatto.
Lo allontano
dal mio viso, respingendolo.
Non ho mai
rifiutato un suo bacio.
Non ho mai
rifiutato lui.
Ma adesso
c’è solo collera.
Indignazione,
rammarico.
E colpa.
D’aver
gettato la vita dietro un mostro.
Probabilmente
questa sarà l’ultima volta che lo vedrò.
Non voglio
concedere altri bis.
Sghignazzo.
Per un attimo
ho ideato una piccola vendetta.
“Prendi questa.
Prima coppa B. Tanto la tua donna non ha tette.”
Gli sventolo il
primo completo che trovo nelle vicinanze.
Lo osserva.
Sembra
soddisfatto.
Senza troppi
preamboli, se lo fa incartare e imbustare.
“E
dov’è che andrete?”
“Al
“Passaparola”, quel ristorante famoso…”
“Lo conosco molto
bene.”
Non sa cosa
sto tramando nella mia testa.
Mi ha appena
dato il pass, per rovinargli la vita.
Gli consegno
tutta soddisfatta, la busta con lo scontrino, attenta a sorridere ma non
troppo.
“Grazie Clio. E tieni pure il resto.”
Mi lascia i
soldi in mano, così come se fossi una qualunque donna di strada.
Lo guardo con
quanto più odio possa nutrire nei confronti di una persona.
Se ne rende
conto, e prima di concedermi un altro ring, sparisce di fretta, senza neanche
voltarsi un istante.
Tieni pure il
resto.
Mi ha pagata,
per il silenzio.
Mi ha pagata,
per tutte le volte che le ho donato il mio corpo, senza proferire parola.
Mi ha pagata,
per tutte le volte che mi sono prostata per lui.
Mai un regalo.
Mai una
gentilezza.
Forse è
vero.
Sono solo una
donnaccia di strada.
Chissà
perché, non ne sono per niente sconvolta.
Forse, averne
certezza da me, mi fa accettare il fatto che possano vederlo anche gli altri.
Rabbrividisco.
Sono una
puttana. Mi sento una puttana.
Oh, cielo! Clio non è così!
E non si
farà forte di questo. Lei reagirà, lo farà.
E
tornerà a far splendere quel sorriso pulito, sulle labbra rosa.
L’unica
cosa che dovrà pagare, sarà il mio sfogo sul mondo.
E quando
succederà, caro il mio Tiziano, tu non sarai altro che un punto
piccolissimo, nella mia costellazione.
Ringrazio tutte le
ragazze che imperterrite continuano recensirmi.
Arwis, Blue Tiger e la new entry Fife.
Grazie davvero per I
compliemnti el ebelle parole spese.
Al prossimo
aggiornamento!
Vi saluto
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸ FORTE,
COME LA VERITA’
¸.·´¯)
Chap.n6
Capisco di
essere arrivata alla festa, non appena vedo il piazzale straboccante di
macchine.
E ragazzi,
ragazzi già strafatti, gettati sui marciapiedi.
A cosa serve
provare disgusto?
Ognuno
è padrone della sua vita.
E questa
festa, questa festa per me ha tutto un altro gusto.
Parcheggio
sorridendo, afferro il mio giubbotto chiaro ed entro in sala.
Dentro,
padroneggia musica commerciale.
Non male, almeno
non passerò l’intera serata buttata su qualche divanetto o sedia a
scelta.
Da
lontano Dalila, mi
saluta sbracciandosi.
Mi raggiunge,
con tutta la voglia, di non farmi restare seduta tutta la sera.
“Bella! Tutta
sola?”
“No, marito e figli
mi stanno raggiungendo.”
“Clio, come sei
spiritosa!”
Le sorrido, mi
passa una birra.
Do una
sorsata.
Il retrogusto
amaro mi inonda la bocca, e per un attimo mi immagino così, come la
birra; acre, aspra, ma tuttavia amata e bevuta da chiunque.
Spero di non
andare fuori di testa subito.
Ma la musica
è alta, e la voglia di non pensare niente altro che a sballarmi, anche.
Ed è proprio mentre ballo e mi agito, che da lontano intravedo
Tiziano e Valentina entrare nella sala, gremita di gente.
Istintivamente
mi giro dall’altro lato, ma quella cretina di Dalila mi costringe ad
andargli incontro.
Mi sento male.
Ho la
sudorazione a mille.
Poi li guardo.
Mi fanno pena entrambi.
Chi
più, chi meno, sono da compatire almeno quanto la sottoscritta.
“Ciao
ragazzi!”
“Ciao…”
Biascico a
mezza bocca, scocciata.
Valentina
guarda Dalila sgranocchiando gli occhi verdi, da cerbiatta alla
“anche lei qui?
Come ci sei riuscita?”
Poi guarda me,
abbozzando un finto sorriso.
Non lo
ricambio nemmeno.
Detesto
entrambi.
“Vado a prendere da
bere. Vi lascio ai vostri convenevoli.”
Non lascio ai
tre, nemmeno il tempo di rispondere, mi dileguo fra la folla agitata, uscendo
di scena.
Tiziano, mi ha
guardata di sottecchi, mandandomi un bacio nascosto.
Farai bene a
tenerti quei baci per te amico mio, o per quando ti ritroverai dinnanzi a S.
Pietro, il giorno del giudizio.
Farai vomitare
anche lui. Sicuro.
Mi verso nel
bicchiere, del liquido rosastro; una specie di cocktail preparato
amorevolmente, da una biondina appena matricolata.
Lo ha scritto
in faccia, che è stata appena ingaggiata; quelle del primo anno sono
tutte platinate, con le tette aperte almeno quanto i loro sorrisetti bianchi,
incorniciati dal solito lip gloss rosa.
Sembrano
uscite dalla Mattel, in pacchi da 20.
Il pensiero mi
mette allegria; il primo anno ero esattamente come loro.
“Anche tu non
balli?”
Un ragazzone
alto, si accosta alla mia spalla.
Sorride
indicandomi il centro della sala, dove provetti ballerini del terzo anno,
stanno dando spettacolo.
“Queste feste mi annoiano parecchio.”
“Non dirlo a me,
guarda.”
“Perché ci
vieni allora?!”
Si sposta con
la sedia, più vicino alla mia.
Ora che lo
guardo bene, è proprio un bel ragazzo; moro, scuro come piace a me.
E con gli
occhi svegli, di quelli che ti mettono allegria solo a guardarli di striscio.
“Stasera sapevo che
c’era una tipa che mi piace ed allora....
tu?!”
“Boh, non lo so
proprio che cavolo ci faccio qui!”
Mi ritrovo a
sorridere, mandando giù d’un fiato il mio cocktail.
Lui mi guarda,
allegro.
Davanti ai
nostri occhi, Dalila e un tizio ci deliziano con una piroetta; la furba mi fa
l’occhiolino, sorridendo da ebete.
“Carino il tipo che si è
rimorchiato!”
Penso, mentre
dall’altro lato, il ragazzone mi allunga una mano.
“Clio, giusto?!”
Potrei
domandargli come fa a conoscere il mio nome, ma il rossore delle sue guance
svela il mistero.
Sto per rispondere,
ma mi tira non proprio galantemente dalla sedia, invitandomi a ballare.
“Le costringi tutte
così, le ragazze che ti piacciono?”
“Perché,
forse non ti piace ballare?!”
“Così,
così.”
“Beh, possiamo far
finta di muoverci. Neanche io amo dar spettacolo!”
“Perfetto, siamo in
due allora! Comunque, posso sapere il tuo nome o è un segreto di
stato?”
“Che idiota, scusa!
Mi chiamo Leandro.”
“Leandro?!OmmioDio!”
Non riesco a
trattenere una risata, zampillante e gaia.
Lo guardo
dispiaciuta per cotanta sfacciataggine, ma è più forte di me.
“Lo so, è un
nome ridicolo, ma non l’ho scelto io!”
“No! OmmioDio,
Leandro come Leandro della legenda mitologica! Sai proprio oggi, leggevo della
sua storia! Che coincidenza!”
“Ti piace la
mitologia?!”
“Mi fa
impazzire!”
“Beh, anche ai miei
genitori doveva piacer molto…”
“Anche ai miei sai?
Non mi chiamo Clio per niente!”
“Sì, come
una delle nove muse. Ho sempre trovato il tuo nome pazzesco!”
“Ah ti lamenti,
però sotto- sotto sei informato eh!”
“Mi piacciono le
cose uniche, e le persone che le portano.”
Ammetto
d’esser sussultata.
Vuoi per le
coincidenze, vuoi per le somiglianze e le cose che ci legano, ma questo ragazzo
mi prende parecchio.
Sono contenta.
Dopo tanto
tempo, riesco a sentirmi di nuovo rilassata e serena.
Se non fosse, per quegli occhi verdi che dal fondo della sala,
sfidano il buio e la gente, venendosi a posare su di me.
E’
lì, retto su una colonna, che mi fissa.
Mi mette a
disagio, e lei non è al suo fianco.
Poco importa.
Adesso sono
fra le braccia di Leandro, mi stringe in questo lento, e non so dire con
esattezza che razza di sensazioni sto provando.
Ma mi piace.
Mi sento
pulita. E mi piace.
“Vieni con me!”
Tiziano mi
sussurra a mezza bocca, non troppo lontano da noi.
Lo invito ad
andarsene, perché non ho nessuna intenzione di staccarmi dal mio
cavaliere, simpatico e piovuto dal cielo come fresca pioggerella
d’estate.
Non demorde, resta fermo lì, mi guarda in cagnesco.
Mi urta.
E’ un
fastidio troppo grande da sopportare.
“E’ successo
qualcosa?! E’ il tuo ragazzo quello?!”
“No
figurati! Ma ti dispiace se mi assento per un po’?!”
“No problem.
T’aspetto allora.”
Gli sorrido,
annuendo.
Mi sorride di
rimando, un sorriso speranzoso, bello.
“Che diavolo vuoi?!”
“Vieni con
me.”
Mi afferra per
un braccio, trascinandomi con se, come se fossi un sacco.
Cerco di
divincolarmi, ma stringe la sua morsa ancora di più.
Sento il viso
bruciarmi dalla rabbia.
Urlare, vorrei
urlare forte.
“Non voglio venire!
Lasciami!”
Ma mi prende,
mi butta nella piccola stanza da bagno e ci chiude dentro.
Di nuovo un
bagno, di nuovo una gabbia.
No, No, No.
Non voglio
stare qui.
Non voglio.
“Strano, non dicevi così l’altra sera
in macchina.”
“Porco!”
Glie lo urlo bene in faccia.
Tanto che
è costretto ad allontanarmi.
Sono una
pistola carica. Esploderò.
“Ah- ah. E lui
cos’è? Un santo? E magari ti piace anche!”
Resto
immobile, mi spiazza.
Ma non ha
più senso ormai, quelle parole rimbalzano su di me; stasera la
farò finita, lui uscirà dalla mia vita definitivamente.
Ed allora,
prendo al balzo qualcos’altro.
“Se anche fosse?! Non è peggio di te. Nessuno è peggio di
te.”
“Dimentichi che
siamo uguali io e te… piccola puttanella. Siamo fatti della stessa
pasta.”
“Io non voglio
più somigliarti.”
“Ma tu mi ami Clio,
non puoi fare a meno di me.”
“Questo è
ancora tutto da vedere.”
“Mi stai sfidando?!”
“No, ti sto
scaricando. Addio, ciao, goodbye!”
Fa un passo
indietro, sbalordito.
Che
c’è?
Cosa
c’è?
Pensavi che
non l’avrei mai pronunciata una frase simile, eh?
Invece no.
Devo
riprendermi la mia vita, quella bella, con il sole che nasce tutte le mattine
nel cielo e che muore solo perché è finito il giorno.
Voglio tornare
a cantare di felicità, voglio tornare a vivere un amore nel pieno del
giorno.
Voglio farmi
guardare, ammirare.
Non voglio
più nascondermi nel niente.
E’ un
attimo, lui si distrae ed io schizzo via dal bagno.
Ma i suoi
riflessi, vincono su tutto.
Sull’uscio
della porta, mi riprende.
Mi tira forte
a se, abbracciandomi violento, despota, proprietario.
Sa che non
può più tenermi con se.
Sa di paura,
gliela leggo negli occhi.
Non può
fare nulla.
Qualcosa
ancora sì; mi strappa un bacio prepotente, brutale.
Chiudo forte
gli occhi, resto immobile.
Chiudo forte i
pugni, per non far risalire dallo stomaco tutta la
repulsione, il fastidio e lo schifo che in due anni ho ingoiato.
Poi mi lascia.
Si volta per
andarsene, ma resta immobile. Bianco come un cencio.
Mi giro anche
io.
Dalila ci
è di fronte.
Mi porto la
mano alla bocca, incredula.
Sto per
piangere lo sento.
Ci guarda
dall’alto al basso, con riluttanza.
Legge la
vergogna nei miei occhi.
Trova risposte
a domande sempre taciute.
Vede gli occhi
di Valentina, come ormai li stiamo vedendo tutti quanti.
“Lalì, non
è come pensi.”
Tiziano gli va
vicino, tenta di spiegarsi. Difendersi.
Vigliacco,
cosa vuoi mai spiegare.
Ecco. Ecco
l’uomo che dicevo di amare.
Dalila non si
fa dire altro, alza un braccio e gli imprime uno schiaffo sonoro sulla guancia.
Scappa via il
coniglio. Come il peggiore dei codardi, con la coda fra le gambe.
La vedo
raggiungermi minacciosa.
Ma io non ho
paura.
Ho
attraversato l’inferno, ho navigato nella solitudine, cosa vuoi che mi
faccia uno schiaffo?
Niente. Sei
lettere. Imperiose. Pronunciarle, nella mia testa, mi fa soltanto ridere.
Me lo darei io
stessa, se potessi.
Ma viene
vicino, non fiata.
Mi guarda nel
profondo, stringe forte la mia anima nelle sue mani.
“Sei solo una sciocca, piccola, puttana.”
Peem.
Parte il
colpo.
Ma mi schiva.
Niente che non
sapessi già. Arrivi tardi amica mia.
Non
starò qui a dirti che l’avevo appena lasciato,
non starò qui a chiedere perdono.
Ho sbagliato,
è giusto che paghi.
Per cui resto
qui, a fissarti, con la durezza dei tuoi occhi nei miei.
E tu non dici
altro.
Piangi, forse.
Per quello che
hai visto? Per ciò che hai fatto?
Chi lo sa.
Ma non
piangere, non farlo Dalila.
Domani ci
sveglieremo entrambe, e questo incubo sarà gettato alle nostre spalle,
stramazzato al suolo.
Vorrei
toccarti, vorrei abbracciarti, ma sono spregevole ai tuoi occhi, in questo
momento.
Indietreggi,
senza dir più niente.
Tiri su un
po’ d’aria, pesantemente, scuoti un po’ il capo e
t’allontani da lì.
Ma che fai?
Mi lasci qui?!
Sono
sconcertata.
Sognavo la mi
denigrazione, ma tu signora quale sei, te ne sei andata lasciando che sia il
silenzio a diffamarmi.
Oh, crudele.
Adesso, ora
sì,che
questo silenzio pesa sul mio cuore.
Le tue parole,
arrivano a raffica contro di me, graffiandomi.
Sto per
piangere lo so.
E scoppio,
quando dietro le tue spalle, appare la sagoma di Leandro.
Non riesco
più a trattenermi.
Lacrime.
Lacrime.
Lacrime
Avrà
visto tutto?
Avrà
sentito?
No… ti
prego, non è possibile.
“Clio! Clio
aspetta!”
Ma cosa, cosa?
Non si
può aspettare.
Proprio
ora che avevo il
coraggio per abbandonare tutto, tutto va giù a rotoli.
Ed io mi
vergogno Leandro, mi vergogno.
Allontanarsi
da qui, è l’unica cosa ragionevole da fare.
“Ma vuoi
fermarti?”
“Che vuoi da me?
Cosa vuoi anche tu?”
Mi ha
bloccata, sbattendo forte la portiera della mia auto, semiaperta.
Mi guarda
preoccupato, incerto.
Mi stringe
forte, per la manica della maglia; restiamo così, un tempo immemorabile,
rotto soltanto dai miei singhiozzi.
“Non bisogna mai
rimanere soli, in certi momenti.”
“Nemmeno con degli
sconosciuti.”
Sbotto a
ridere, senza neanche rendermi conto del perché.
Sono troppo
sveglia, per gli psicodrammi. Lo so.
Ironizzare su
di me, è da sempre stata l’arma per non perire.
Soccombere.
“Oh, questo
sì che è un bel sorriso.”
“Leandro, ma tu che
ne sai…”
“Io so. So tutto, cosa credi? Quando punto gli occhi su una ragazza che
mi piace, voglio sapere tutto di lei.”
“Ah sì, e lo
sai che sono una povera, sciocca, puttanella?”
“No, però so
che ti piacciono da impazzire le pizzette rosse del ber dell’uni.
So che quando sorridi ti si illumina il volto in modo meraviglioso, che ti
rintani per ore in biblioteca, e un mucchio di altre cose… ma non vorrei
risultare noioso.”
Quanto
è dolce questo ragazzo.
Starei ad
ascoltarlo per ore, senza contare che ha colto solo il meglio di me, come se ce
ne fosse ancora tanto.
Mi dà
speranza. Non so, è come se trovassi conforto nelle sue parole, come se
rinascessi dalle sue labbra Clio di un tempo, ormai passato.
“Mi piace, come mi
vedi.”
“Vedo solo il
meglio. Il resto non mi importa.”
“Sei
gentile.”
“Tu mi piaci Clio,
la mia è più che gentilezza.”
Ohi- ohi.
Un
fanciullesco rossore, colora le mie gote.
Non so dire se
sia la leggera brezza alzatasi, ma un brivido freddo mi ha scossa, dappertutto.
Che mi
piaccia, questo ragazzo?
Lo guardo
bene. Non è Tiziano. Eppure il cuore mi libra nel petto.
Sto debellando
la sua malattia, come ho fatto a non accorgermene prima?
Ora so cosa
fare. Sorrido.
Tiziano, si
sta eclissando.
“Scusami, ma ora
devo andare. Voglio risolvere una cosa.”
“Vai, vai. Solo
promettimi che sorriderai un po’ di più.”
“Ci
proverò.”
“Faccela! Sii degna
del nome che porti, Clio. Hai mai letto di una musa apatica?”
“A dire il vero,
no.”
“Appunto.”
“Sei del corso di
giornalismo anche tu, vero?”
“Sì.”
“Spero di
rivederti. Mi ha fatto piacere conoscerti, Leandro.”
“Contaci.
Ciao.”
Entro in
macchina, distrattamente mi infilo la cintura di sicurezza.
Accendo lo
stereo, metto in moto e gli passo dinanzi.
Mi saluta
ancora, gli sorrido di rimando, controllando la sua immagine riflessa nello
specchietto retrovisore, farsi sempre più piccina.
Non so dire
cosa provi; un misto di sensazioni sconosciute, che si fondono fra loro,
aprendomi davanti la porta della speranza.
Sono
fiduciosa.
Sono sicura.
Lo voglio
fare.
Imbocco la
tangenziale, che lenta ma scorrevole, mi porterà al
“Passaparola”.
Alzo un
po’ lo stereo, distendendo i nervi.
C’è
gente che passa flemmatica, nelle corsia attigua alla
mia; quei volti sono spezzoni di vite, situazioni, emozioni.
Mi piace
soffermare il mio pensiero, su possibili storie e situazioni.
Che piacere ritrovare le
tue parole, delicate e sincere come sempre.
Tranquilla, nessuna
colpa, alla fine contenta comunque che tu ci sia ^^
Eh già, Clio è cresciuta, è riuscita a guardare se
stessa prima che lui; la adoro, nella sua complessità, debolezza ma
incredibile forza.
Sono felice che i tre
capitoli ti siano piaciuti. ^^
Ah! Volevo dirti che sto leggendo una tua fic, appena
ho un attimo di tempo ti lascio un commentino e ovviamente di sommergerò
di complimenti!!!
Sei davvero-davvero brava
nella scrittura; hai uno stile molto delicato, sarà che ormai per me sei
così; dolce e gentile, come le parole della tua storia ^^
Arwis_ comincia ad abituarmi ai tuoi complimenti.
Con il “non ti
smentisci mai” hai colpito in centro la mia personalità piuttosto
caotica, specie nelle mie storie ^^
Mi piacciono i colpi di
scena ^^’
Fife_
hai centrato in pieno il personaggio Leandro! E’ una ficcy
sì drammatica, ma una finestra sulla speranza, non la
si chiude mai ^^
Blue tiger_ i tuoi commenti sono sempre ben graditi e
accettati! Grazie per la costanza ^^
Keyra_ Ciao tesorina! Tranquilla se non hai potuto
recensire lo scorso capitolo, non me la prendo sai ^^
Come ho detto anche alla
zia, felice comunque che alla fine ti ci sia dedicata
^^
Guarda se ti devo dire la
verità, questa storia è ispirata a una vecchia cotta che presi ai
tempi delle medie; il tipo continua ad ossessionarmi, anche a distanza di anni,
ma un contatto vero e proprio, come Clio con il
“suo” Tiziano, non l’ho mai avuto! Diciamo che
c’è del vero, mischiato alla fantasia!
E per quanto riguarda il
tipo che si trova subito dopo la batosta, ti rispondo subito; alle volte, si
perde del tempo dietro qualcosa di talmente tanto
effimero, da non accorgersi che dietro l’angolo ci può essere
davvero la felicità a portata di mano!
Certo nelle storie
è tutto più semplice, ma alle volte basta guardarsi in giro sul
serio! Te l’ho già detto una volta, forza e coraggio amica, la
vita non può che riservarti ancora un mucchio di sorprese ^^
Vi saluto con affetto
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸ UNFAITHFUL
¸.·´¯)
Chap n.6
E’ da più
o meno dieci minuti, che mi sto arrovellando il cervello, in cerca di qualcosa
da dire.
Ma niente.
Buio totale.
Ora che sono
qui, le parole muoiono dalla testa, alle labbra.
Ingoio
l’ansia, mi rigiro le mani nelle mani, sudaticce e scivolose.
Sono
parcheggiata dinnanzi al locale, della finta cena felice; la scritta nominale e
gigante, giallo fosforescente, campeggia in alto, sull’entrata.
Non so che ci
faccio poi qui.
Il frontalino
centrale della radio, illumina parte dell’abitacolo; quella luce, mi
ipnotizza, portandomi in un mondo straordinario. Tutto mio.
Dolci note, di
una canzone a me sconosciuta, cullano il mio sogno; distolgo lo sguardo dallo
stereo, gustandomi quella sinfonia in assoluta scioltezza.
Mi distendo
bene sul sedile, chiudo gli occhi, alzo un po’ il volume abbandonandomi
alla musica e le sue congetture.
Questo pezzo,
mi entra dentro.
Non so dire
perché, lo fa e basta, scavandomi nel profondo, lì dove
l’anima giace e riposa.
La sento
svegliarsi, scalpitare come un bimbo nella culla.
Unfaitful, intona il ritornello.
Eccola la
risposta.
Mi appartiene,
di diritto, mi è stata cucita addosso, sulla pelle.
awa
Story of my life
La
storia della mia vita ..
Searching for the right
In cercadelbene ..
But it keeps avoiding to me
Che continua ad evitarmi ..
Sorrow in mysoul
Tristezza
nella mia anima ..
Cause it seems that wrong
Perchè
sembra che il male ..
Really loves my company
Adori
molto la mia compagnia ..
I don't wanna
do this anymore
Non
voglio più fare così.
I don’t wannabe the reasonwhy
Non
voglio più essere la ragione del per cui ..
Every time I walk out of the door
Ogni
volta che esco dalla porta
I see him die a little more inside
Lo
vedo morire dentro di se un pò di più ..
I don’t wanna hurt him
anymore
Non
voglio più ferirlo
I don’t wanna take
away his life
Non
voglio strappargli via la vita
I don’t wannebe ..a murdered
Non voglioessere ..un’assassina.
awa
Ho il diritto
di rovinare la vita ad una ragazza, sbattendole in faccia la verità?
Ho invece il
coraggio di tacere la verità, per salvare la vita a un ragazzo senza
cuore?
Sono
crucciata.
Ma una cosa la
so.
Non voglio
più essere infedele; soprattutto con me stessa, Clio.
Tutto
d’un colpo, la verità non sembra poi così crudele come
scelta.
Ed allora mi
convinco, scendo dall’auto e con passo felino mi dirigo verso
l’entrata del ristorante.
Carino,
davvero un bel posto.
Non
c’ero mai stata, e non solo perché il bastardo non mi ci ha mai
portata.
I tavoli sono
ben ordinati, nella stanza principale c’è molta luce; il tutto
è accogliente, dando quel tocco di genuinità.
Credo proprio
ci tornerò. O forse no, meglio di no.
“Cameriere, mi
scusi?!”
“Dica, signorina.”
Un ragazzo
paffuto, mi si avvicina, con le gote ancora arrossate per la corsa ai tavoli.
Gli sorrido,
facendomi indicare il banchetto dei piccioncini.
Accenna un
punto lontano, col dito indice; seguo la traiettoria, lanciandomi nella
mischia.
Li avvisto,
non appena entro in un elegante saletta appartata;
luce soffusa, atmosfera tranquilla.
Tiziano
è di spalle. Valentina sorride. Sembra serena.
E’ lei a
vedermi per prima.
Non so dire se
il suo volto, tradisca stupore o paura.
Abbozza un
sorriso, strozzando un “ciao
anche tu qui?!”
Tiziano si
volta, incuriosito; la curiosità muore pietrificata sul suo volto, non
appena i suoi occhi si posano su di me.
Si alza di
scatto, turbato.
“Stai, stai. Passo
di fretta. Sì, anche io qui cara, ma non ti aveva detto niente,
Tiziano?”
“No nulla.”
“Tiziano vuoi spiegarmi?”
E’
preoccupata, il volto le si arrossa.
Certo, non
ride più.
“Ha invitato anche
me, doveva parlarci.”
“Non darle retta Valentina, è pazza. Vieni, andiamo via.”
Si avvicina a
lei inquieto, tirandola su per una manica.
Cominci ad
agitarti, allora?
Cominci a
sudare eh?
Lo senti
l’odore della paura, vero?
E non ti
eccita più, già non ti eccita più.
“No
aspetta; ma voi due vi conoscete, anche?”
“Sì, molto
intimamente direi. Vero Titti?”“Ma che fai, non parli
più?”
“Tu sei pazza. Sei
malata.”
Punti il muso
contro il mio, duro, minaccioso.
Credi di farmi
paura?
Oh no, non
c’è niente di meravigliosamente godurioso e pauroso, come una
vendetta.
E non è
te che temo. La vendetta, annienta l’anima.
Ma rido, arcigna, come hai fatto tu tante volte.
Questo,
è il mio momento ed io non posso e non voglio, avere pietà per
te.
“L’unico pazzo
sei tu, che hai creduto veramente di rilegarmi all’angolo. Ti sei
sbagliato.”
“Tiziano, di cosa
parla Clio?”“Siate chiari, non vi
capisco.”
“Sono la sua amante,
Valentina. Abbiamo una tresca clandestina da due anni. Ti è più
chiaro, detto così?”
I suoi occhi
da cerbiatta, si stringono ad ogni parola di più.
Scuote il capo
in modo scombinato, allarga le braccia, cercando di recepire per bene
ciò che i suoi orecchi hanno percepito.
“Non ho capito
bene, scusa vuoi ripetere?” “E tu, te ne stai lì? Non dici
niente?!”
Tiziano
è immobile, statico, attento a non tradire il minimo sentimento; ma
quella espressione tirata, quella apprensione, non sono altro che il preludio
di un crollo mentale molto vicino.
“Mente, è
una bugiarda! Tu non devi darle retta. E’ capace di
tutto questaputtanella.”
“Dico soltanto la
verità. E quella si sa, brucia un po’ a tutti, te incluso.”
“Puttanella? Oh cielo, Tiziano e il nostro anniversario?!”
Paura. La
sente molto vicina anche lei, adesso.
Farnetica, ma
sa che lui mente.
Lo legge nei
suoi occhi. Dilatati.
E da quella
smania, nelle sue parole.
E per quanto
riguarda me, io sono troppo sicura. Invalicabile.
Mi guarda
sperando che la stia prendendo in giro, che tutto ad un tratto me ne venga fuori con lo scherzetto di fine serata.
Ma non
è così. Sono forte, imperturbabile.
So che lo sa;
ne approfitto, cattiva lo so, per infierirle il colpo finale.
Perdonami
Valentina, perdonami se puoi.
“Fossi
in te, sarei felice di non scartare, l’orribile contenuto di quel
pacchetto regalo; un completo verde acqua, prima B. Non è nemmeno la tua
taglia. Tu porti una seconda C.”
Istintivamente,
si porta una mano al petto.
Poi mi guarda,
sa che le sto fornendo la prova del nove; non esita un momento, afferra il
pacco con la carta argentata, che sapientemente ho lavorato con le mie mani, e
lo scarta con violenza e frustrazione, per quell’umiliazione
ricevuta.
In un pugno,
merletti e pizzi verde acqua, giacciono.
Prima B. Il
cartellino non mente. Non è la sua taglia.
E non è
certo per quello, che mette un espressione schifata
sul volto.
Distrutta, getta
sul tavolo il suo regalo per i quattro anni, passati insieme.
Fugacemente
getta un’occhiata al suo ragazzo, che impassibile non può far
nulla dinnanzi alla verità.
Non poter fare
più niente; lo vedo perdersi con il pensiero fra un mare di scuse, che
vorrebbe inventare, ma che tardano ad arrivare, tanto sia sconvolto.
Smania, si
muove, si agita, intorno a quel tavolo come se avesse le fregole..
E mi guarda,
pazzo.
Amo vederlo
disperato.
Amo vederlo
piegato.
Valentina ha
capito.
Capisce quel
silenzio. Quegli sguardi, quell’apatia; si passa
le mani fra i capelli lunghi, inspirando ad occhi chiusi.
Non vuole
chiudere la partita qua. Lo percepisco da quel respiro disordinato.
Mi guarda,
vuole sapere ancora, vuole farsi ancora più male.
Scuoto la
testa, con gli occhi la prego di non chiedermi altro.
Ma lo fa.
“Come fai a saperle
queste cose?”
“Valentina
io…”
“Dimmi come sai, Clio.”
Le trema la
voce, socchiude gli occhi.
Vuole sentire,
ma non vuole ascoltare.
Tiziano mi
fissa, marmoreo, cereo.
Lo guardo,
prima di cominciare a sciorinare, tutta la verità.
E’ per
te, questa pallottola è per te, peggiore attimo di perdizione della mia
vita.
“Questo bastardo da
della puttana a me, ma non ha avuto neanche il buongusto di comprarti un regalo
decente, in un negozio diverso da quello in cui lavoro io. E la tua taglia, beh
quella la so, perché ho visto la tua biancheria nei comodini del suo
appartamento, sull’Appia.”.
Crolla. Colpo
secco.
Si abbandona,
sulla sedia, dove prima sorseggiava vino rose’e rideva. Ignara.
Mi guarda
sconfitta, con la testa china, le gambe aperte e gettate alla rinfusa davanti a
lei.
Le mani sono
giunte, in preghiera.
E troppe ne
dovrà recitare, per dimenticarlo.
“Ti ha portata
lì.”
Non è
una domanda, sembra più un lamento.
Ma le rispondo
lo stesso. Sì, mi ha portata là.
E si piega
ancora di più.
La vedo
diventare tutto uno, con la sedia di pelle sulla quale è delicatamente
appoggiata.
“Come hai potuto
farmi questo?! Io ti amavo, ti ho dato tutta me
stessa!”
Comincia a
delirare, sempre accovacciata su se stessa.
Non alza
più lo sguardo, chiude i piedi, fissando il pavimento.
“Non è come
pensi tu, io amo solo te.”
Le è
corso vicino, poggiandole una mano sulla spalla.
Più che
per le sue parole, l’ho odiato con tutta me stessa per la persona
meschina che è.
“E hai bisogno di
scoparti un’altra, per farmelo capire?!”
Sagace
Valentina.
Dolce
Valentina.
Vera
Valentina.
Non ho mai
udito risposta, a quella domanda.
Adesso basta.
Ancora una
lacrima, a scendere su quel viso dolce, non la sopporto più.
Mi sento un
mostro, ho i rimorsi che mi si attaccano alle gambe tirandomi giù.
Spero
capirà, un giorno.
Non mi
aspetterò certo gli omaggi, ma spero dal più profondo che sappia perdonare il mio crudele sciovinismo, di questa
serata; non mi ringrazierà mai, ma dentro se forse, quando ci
ripenserà, mi sarà grata. Lo so io e lo sai lei.
Ora è
troppo presto, per le congratulazioni.
Così
piccola, gettata su quella sedia, riesco quasi- quasi, a provare tenerezza per
lei.
So che
significa svegliarsi da un sogno, vissuto soltanto nella propria testa.
So che vuol
dire essere violentata, nel profondo dello spirito.
Le auguro ogni
bene. Spero che basti.
“Dove credi
d’andare?!”
Sto per
guadagnare l’uscita, quando Tiziano mi tira indietro.
Lo guardo con
disprezzo, voltandomi.
“Hai ancora il
coraggio di fiatare? Ho dovuto fare a pezzi lei, per la tua vigliaccheria!
Vergognati!”
“Tu non sai che
cosa hai fatto…”
“Sì che lo
so. Ci ho liberate. Da te, che sei un mostro!”
“Tornerai Clio. Tu tornerai.”
“No Tiziano
è qui che ti sbagli. Forse lei lo farà, ma io non tornerò.
Ah!”
Mi infilo le
mani in tasca, cercando sul fondo qualcosa che gli appartiene di diritto.
“Tieni il tuo
resto. Io non sono più complice del tuo delitto.”
Gli sbatto i
soldi contro il petto, quelli del suo resto nel pomeriggio in
negozio, prima di lasciarlo sbigottito e imbambolato sull’uscio
del locale, a mangiare aria dalla bocca spalancata.
Ora sì
che sono libera.
Me ne rendo
conto, entrando in macchina; è sera, la luna è al solito posto e
le stelle pure, ed io, io, sono a girovagare per le strade. Di nuovo.
Non sono
nascosta in nessun appartamento, non sono rintanata in nessuna automobile a
prendermi i rimasugli di un amore ormai calato, come questa notte, fredda ma
vincente.
Ho soltanto rischiato di gettare la mia
vita, contro un guardrail.
Correvo mamma,
correvo tanto forte, che il vento dal finestrino mi prendeva a schiaffi il
viso.
E ho pianto
tanto mamma, quanto ho pianto accidenti a me; la macchina traballava sotto alle
mie mani, il volante girava impazzito, ed io pensavo solo a te, e papà.
Sì, accidenti
a me, ho distrutto tutto il paraurti della macchina, spero non ti arrabbierai
mamma. Però sto bene. Credo.
Ahi, quanto
brucia questo graffietto sul viso mamma.
Guarda qua,
che pasticciona, ho macchiato tutto il giubbotto con il sangue; correvo mamma,
ti giuro che non ho visto schizzare via l’auto.
NO, che non lo
so il perché.
Mi sentivo
libera, così libera, da non sentire l’auto schizzare via; era in
volo con me.
Ma no non sto
male, è solo un periodo storto, passerà.
Ma mamma non
volevo suicidarmi, non con la macchina nuova almeno!
Scherzo dai,
lasciami andare, sono stanca e ho voglia di tuffarmi in una vasca piena
d’acqua.
“Poteva andare
molto peggio, non te ne rendi conto?!”
“Si vede, che
ancora non hai visto come è ridotta la macchina.”
“Clio smettila. Mi
sto preoccupando per te.”
“Non farlo, sto
bene davvero, mamma.”
E’
così mamma, e tu non puoi farci nulla; ti sfuggo sempre dalle dita, ma non
ti ho mai dato problemi, non ti ho dato mai motivo per dubitare di me.
Per questo mi
lasci andare, con il viso perplesso ma speranzoso, perché conosci tua
figlia: sai che è un leone.
E’
abituata a cacciare, non farsi cacciare.
aaa w aaa
Fisso il soffitto
da tre giorni, ormai; tanto, è il tempo passato rintanata qui nella mia
stanza.
Ho scatenato
la guerra, ho lasciato il mondo a lottare, eppure non il coraggio
d’andare a guardare. Mischiarmi, fra quel caos, di voci e volti, e magari
incontrare i loro.
Sto
così male, tanto da non sapere nemmeno io stessa il perché.
Non sono nata
per far soffrire le persone. Questo mi so
Ho preso la
mia rivincita è vero, ma l’ho rubata a quel viso mesto, dove prima
brillava il sorriso e che ora, non brilla più.
Oh cielo, mi
duole la testa.
I pensieri mi
attanagliano la mente, così tanto che quando respiro, o chiudo gli
occhi, mi sento soffocare; il loro pulsare mi asfissia, destandomi in
continuazione.
“Oh,
accidenti!”
Oggi è
un giorno come questi.
Non riesco a
stare ferma, muovendomi in continuazione.
Ammazzo il
tempo tergiversando su questa situazione piatta, come posso.
Leggo una
rivista di moda, ascolto un po’ di musica, ma i pensieri sono sempre
lì, dove li ho lasciati.
Finche non ce
la faccio più.
Mi alzo dal
letto, afferro uno specchio e controllo il graffio sul viso; il rossore si
è attenuato, il bruciore un po’ meno.
Tedioso, come
quello interno. Quello alla bocca dello stomaco, sì.
Sul comodino,
un bicchiere d’acqua e delle compresse, attendono la mia mano.
Accolgo la
loro richiesta, buttandole giù d’un fiato entrambe.
Ah. Che
piacevole disgusto.
Odio qualsiasi
medicinale, odio qualsiasi cosa chimica. Contraffatta.
Il campanello
suona.
In casa
c’è uno strano silenzio.
Faccio finta
di nulla, accoccolandomi fra le lenzuola ancora calde.
Suona ancora.
Mi volto su un
fianco, ignorando il tutto con totale disinteresse.
Che strazio,
sembra proprio una persona insistente, questa.
“Mamma, vai
tu?”
Nessuno
risponde, e il campanello suona ancora, più isterico di prima.
“Mamma,
papà?!” “Ah, che palle, ma non c’è mai nessuno
in questa casa?!”
Mi tiro su
controvoglia; le ciabatte sono infilate sotto al letto, con gesto secco le
sfilo via, sistemandomi il pigiama con le mani alla meno peggio.
Corro ad
aprire, piuttosto svogliata apro la porta dal quale, con faccia stupita almeno
quanto la mia, compare Dalila.
“Ah, sei
tu…”
Non sono nata,
per fare gli onori di casa.
Proprio no.
Vano il
tentativo di mia madre d’addomesticarmi, ma questa visita mi ha colta
totalmente di sorpresa.
E
chissà com’è, non mi rende particolarmente allegra.
Per un
istante, benedico anche d’aver preso le mie pillole; ne avrò
proprio di bisogno, per non farmi spaccare il cervello, da questa specie di
nanerottola assetata di vendetta.
E dovrò
ben difendermi, a giudicare dal suo aspetto bello carico, gli occhi grandi
ancora più spalancati e quel sorriso alla “adesso ti faccio fuori
io”.
Infatti,
scuote il capo appena finisco di fiatare, ed entra in casa, totalmente padrona
del luogo; il mazzo di fiori che stringeva nella mano destra, mi finiscono
contro il petto, con fare poco gentile.
Al bando le
carinerie, insomma.
Con il piede
richiudo la porta, poggiando i fiori sul comò all’entrata.
“Ma allora è
vero?!”
Esordisce,
ridendo.
Sembra
ironica, mi squadra dall’alto al basso.
“Cosa,
sentiamo…”
“Che hai fatto il
botto.”
Nota dell’autrice_ “Botto” in
romano significa incidente. ^^
“Sì. Sei
venuta qui a controllare se fossi abbastanza viva?!”
“Ero sicura che lo
fossi. L’erba cattiva non muore mai!”
“Ah, ora capisco
tutto. Grazie, mi ricorsola sapere che mi volete morta! Non consolerà
voi, dal momento che sono mooolto viva!”
Rido al
pensiero, vagamente preoccupata.
Vagamente
infastidita, da quel mezzo brivido di paura che per un attimo, mi ha
accarezzata, tutta.
Mai stata
superstiziosa in tutta la mia vita, ma sai com’è, un gruppo
d’amiche infervorate fanno presa più di un qualsiasi rito vodoo.
“Se ti volevo morta
cara mia, ti uccidevo con le mie stesse mani. Fidati!”
“Bene! Visita di
cortesia la tua?!”
“In realtà
non lo so nemmeno perché sono qui. Ho visto i tuoi al negozio, mi hanno
detto che non stavi bene… ed eccomi qua.”
“Vuoi farmi credere
che in tutto ciò, ti sei preoccupata per me?!”
“Sono pazza,
vero?!”
“Se sei la stessa
che mi ha dato dell’erba cattiva, sì. Un po’.”
“Lo so, lo sapevo
anche prima di mettere piede qua dentro, ma chissà com’è,
si spera sempre che ci sia del buono in tutti noi. Sarai anche una puttana, ma
sei pur sempre la mia migliore amica.”
“Ah, grazie.”
“Stupida.”
“Grazie ancora Dalila,
sei troppo gentile guarda.”
Resto a
guardarla per un po’.
Lo sappiamo
bene entrambe, perché è qui.
Lo so e lo sa
molto bene anche lei.
Vuole la
verità.
La vuoi eh?!
I tuoi occhi
mi scrutano curiosi, li fai camminare sui graffi che ho sul viso, mordendoti un
po’ il labbro; si fanno male. Tanto.
Li posi sulle
mie mani, intrecciate fra loro, come faccio da una vita, quando sono nervosa.
Non mi piace
farmi guardare, mi imbarazza; è come se con gli occhi, le persone
riuscissero a rubare qualcosa di me. La mia verità. La mia essenza.
Ora forse,
riuscirai a capire le mi fughe, i miei sguardi distratti.
“Era come questo
graffio. Sì lui per me è come una ferita, inferta al cuore. Non
marginabile.”
Alza lo
sguardo sul mio; si siede sul marmo freddo del separé in salone,
abbraccia un cuscino del divano, e resta immobile ad ascoltarmi.
“E’ dalle
medie, che sognavo farlo mio. Mi piaceva tutto di lui, le sue mani, i suoi
occhi, quel carattere freddo e distaccato. Non mi guardava mai, amavo anche
questo. Non avrei mai pensato, che mi sarei trovata fra le sue
braccia….”
Sono stata una
mezzora buona, a parlargli della mia malattia.
La malattia
Tiziano.
L’ho
vista ridere dei racconti della mia corte sfrenata, rabbuiarsi quando le ho
parlato dell’incontro in università e di Valentina, della doppia
personalità e dei dubbi attanaglianti e piangere, delle parole spese per
quelle sere a casa sua, dove ubriaca d’amore, gli concedevo tutta me
stessa.
Poi, non ce
l’ho fatta più.
Le parole sono
morte in gola, ed ora sono ferma qui, appoggiata ad un muro freddo, freddo come
il gelo dei miei ricordi.
Sto male, male
davvero.
E le mie
lacrime, non sono nostalgia.
Rimorsi. Solo
rimorsi.
Lei, scende
dal separé e mi viene incontro.
“Perché non
me lo hai detto prima?!”
“A cosa sarebbe
servito?!”
“T’avrei dato
tanti di quei calci nel sedere, che t’avrei svegliata!”
Sorrido, ne
approfitta per abbracciarmi.
Per la prima
volta da giorni, mi sento veramente meglio.
Sarà
che dopo tanto tempo, respiro aria di sincerità.
“Mi dispiace per tua
cugina”
“Si
riprenderà.”
“Lalì?!”
“Sì?”
“Perché sei
venuta oggi?!”
“Perché sei
la peggiore persona che conosco, ma anche la migliore.”
Sono bastate
poche parole, per commuovermi.
Sarà
per la mia instabilità emotiva.
Sarà
perché per tempo immemorabile sono stata soffocata da tanto male, che
adesso sentirmi attraversata dal bene, mi rende fragile. Diversa.
“Ti voglio bene
Lalì.”
“Sì, ma non
dubitare mai più, della mia amicizia.”
“Mai
più.”
“E quel cretino,
mollalo! Ti ha rubato due anni di vita, che nessuno ti ridarà mai
indietro; non permettergli di abusare di te ancora una volta.”
“Dimmi la
verità. Valentina lo ha perdonato?!”
“Non sia mai! La
uccido! Lo stesso discorso vale anche per lei; se vi becco a ronzargli ancora
intorno vi tiro il collo. A tutte e due!”
“Già. Ma non
sarà facile…”
“Tu sei sulla buona
strada, ma lei la vedo un po’ titubante. Perché non ci
parli?!”
“Io? Ti sei bevuta
il cervello?!”
“No per niente.
Secondo me, tu sei l’unica che può farle tirare fuori un po’
di carattere.”
“Non lo so…”
“Sei perfetta, te
lo dico io.”
La guardo, non
so cosa le sta frullando per la testa.
Ma se ci penso
bene, posso essere davvero l’unica, a non far ricadere Valentina nella
tela del ragno.
Io, la sua
tessitura, perfetta e ingannevole, la conosco a menadito.
E sono
sopravvissuta.
“Sì,
l’aiuterò io.”
“Bene. Ora vado, ho
lezione fra un po’.”
L’ho
accompagnata alla porta, salutandola con affetto sincero.
Grande Dalila.
Forte Dalila.
La mia
migliore amica da sempre. Anche in questa occasione, non si è risparmiata.
Perplessa ma
stranamente gioiosa, mi dirigo in camera mia.
Apro
l’armadio, tiro giù un paio di jeans con una felpa chiara, e mi
appresto nel prepararmi.
Pochi
preamboli, molta praticità, mi ritrovo sotto casa di Valentina, in poco
meno di mezzora.
Blue tiger_ cara.. per scoprirlo, non ti resta che leggerlo nel prossimo chap, capitolo conclusivo di questa fic!
^^’
Keyra_ ti ringrazio per la recensione! La
storia si evolve sì, non potevo lasciarvi a bocca asciutta ti pare! ^^
Zietta_ come non posso darti ragione, è
molto difficile buttarsi nel torbido, ma ancora più difficile avere il
coraggio di tirarsene fuori, già-già!
Valentina, da sempre l ’ossessione
di Clio; infatti come hai ben colto, in tutta la
storia non fa altro che compatirsi per la sottomissione nei confronti di
Tiziano, ma diventa una furia quando lo spettro dell’altra la riporta
alla realtà, facendole aprire gli occhi su ciò che è realmente.
D’accordo con te anche per quanto riguarda l’amicizia
e Dalila.
La verità alla fine ripaga sempre, e con il tempo piano-
piano anche la fiducia si riconquista.
Infondo l’amicizia non credo si fondi solo su sorrisi falsi
e felicità utopica; più è difficile il percorso,
più si ha la controprova di quanto sia forte e duratura.
Arwis_ giuro che quando ho letto la tua
recensione sono rimasta così àO.o
Addirittura paragonarmi a “Tre metri sopra al cielo” ?
Anzi no, giudicare la mia storia, molto più interessante?
Guarda per me è un onore, davvero! ^____^
Non solo perché comunque quel libro mi è piaciuto
molto, ma perché come hai detto tu stessa essendo molto commercializzato
e popolare, non mi ritenevo proprio all’altezza! ^^’
Non pecco di modestia assolutamente, quando scrivo sono sempre un
po’ titubante; fortuna che ci sono persone sempre pronte a dimostrarmi il
contrario e a darmi coraggio. Grazie!
Parentesi perdono: sì, è davvero molto difficile
perdonare qualcuno, di qualsiasi torto si sia macchiato.
Ma sai spesso nella vita frenetica di oggi, si è più
abituati a lasciarsi andare, cancellarsi con un colpo di spugna, darsi addosso.
Il perdono è sempre la scelta meno ovvia.
Perché è più semplice, scappare.
Qualcuno insegna, che al mondo esistono le eccezioni. Ed io mi ci
metto in mezzo, se non proprio offesa e ferita nell’animo, preferisco
sempre il perdono al rancore.
Per gli errori ortografici, ahimè non finirò mai di
scusarmi!
Molto spesso aggiorno tardi la sera, o comunque scrivo tardi,
capace qualcosa nel testo mi salti!
Grazie comunque per le annotazioni ^^
Vi lascio,
LuNaDrEaMy
(¯`·.¸
VERY VALENTINA ¸.·´¯)
Chap n.9
Sono sotto
casa sua.
Oh mamma,
quanti ricordi questo portone, suscita in me.
Tiziano, abita
poco dietro l’angolo della strada.
Ho il cuore in
gola.
“Signora,
può mandarmi giù Valentina? Sono una sua amica.”
Amica.
Gran bel
parolone.
Mi sono fatta
il suo ragazzo, non mi definirei proprio amica, ma posso aiutarla.
Lo voglio.
E allora
alcuni appellativi, possono anche andar giù lisci.
Scende in
strada, dopo un po’.
E’ ben
vestita, ha i capelli raccolti da un foulard, le guance appena-appena colorate
di rosa.
Non fa una
piega, quando mi vede.
Anzi sorride,
richiudendo il portone alle sue spalle.
“T’avrei
chiamata io, guarda.”
Rimango
stupita.
Mi ha
spiazzata.
Insomma un
colpo mortale può ben bastare, non so a cosa le servirebbe un secondo
round.
“Sì, non ti
ho lasciata il tempo per insultarmi, l’altra sera.”
“Dalila lo diceva,
che eri molto simpatica.”
“Dalila dice molte
cose giuste.”
Ride, si
scioglie un attimo.
Non serra
più i pugni, scesi sui fianchi come vecchi arbusti abbattuti dal vento.
Non sorride
più, come un robot impostato.
Ora il viso
è sereno, disteso.
“Tu invece, cosa
hai da dirmi, Clio?!”
“Scusa,
innanzitutto.”
“Scusa ?!Non ti sembra troppo, inarrivabile Clio?”
“Valentina
io… cioè per me già è difficile…”
“Lo so che è
difficile. Non è mai facile per le persone egocentriche, ammettere
d’aver sbagliato.”
“Io non sono
egocentrica.”
“Sì, tu sei
come lui, amate soltanto voi stessi.”
“E’ qui che
ti sbagli. Io l’amavo.”
Mi prende per
il gomito, portandomi verso la sua auto.
La apre di
forza.
Dal cassettino
anteriore, tira fuori un anello e un bigliettino.
“E’così
che l’amavi?!”
Me li mette in
mano, di prepotenza.
E’ una
lettera d’amore scritta di suo pugno, con la calligrafia arrotondata,
proprio da signorina; l’anello, è una fedina impreziosita dal suo
nome.
Valentina.
Nove lettere, d’oro brillante.
Rimango
basita.
Ed anche
piuttosto scossa.
“Non ho fatto in
tempo a dargliele. Non so se è un bene o no…”
E scoppia a
piangere.
Vorrebbe
trattenersi, ma poi guarda verso me; non sto meglio di lei, per questo deduco
si sia lasciata andare.
La prendo per
le spalle, scuotendola.
“Lo sai
perché non l’amavo così?!
Perché non me lo ha permesso! Ma cosa credi? Che io ero nel suo olimpo?
O che forse stavo meglio di te, gettata nell’angolo a guardare e vivere
sulla vostra felicità, come una parassita?!
Pensi lui mi abbia mai amata, come ha amato te? Pensi sia stata felice nel
sapere di te? Ma tu lo sai da quanto io gli muoio
dietro?!”
Non sa da dove
cominciare.
Ed io non la
mollo, continuo a scuoterla.
Per un attimo,
ho temuto di spezzarla; spaventata l’ho lasciata arretrare, di rimbalzo.
“Ho passato due anni di inferno, sperando che prendesse
una decisione. Non è mai arrivata, quella decisione non è mai
arrivata, Valentina. Ed ho continuato a farlo, ho continuato a devastarmi. Solo
per lui. Solo per lui.”
Sto delirando.
E piango,
maledette lacrime di frustrazione.
Credeva fossi
io la principessa.
Tse, io ho solo preso il marcio di tutto ciò
Lei almeno era
ignara, io la verità l’ho guardata ad occhi aperti. Spalancati.
“Io come faccio a
sapere come ti ha trattata, me lo spieghi? Io so solo che la verità mi
è piombata addosso, senza preavvisi, nel momento più felice della
mia vita!”
“Ecco, tu eri
felice, Tu eri sua,tu hai goduto del suo amore! Io sono stata la sua bambolina da
manovrare a piacimento,. Vuoi sapere come mi trattava?
Sette giorni su sette, mi rinchiudeva nel suo bilocale, rigorosamente dopo le
sette di sera, sempre soli, sempre a consumare un rapporto clandestino, a
svuotarsi delle frustrazioni della vita, con la convinzione che io non
l’avrei abbandonato mai. Mi ha presa, usata, rigirata, sempre in nome
della mia fedeltà. Tu almeno, hai assaggiato il buono di lui, io nemmeno
quello.”
“Perché lo
facevi? Perché ti davi a lui, se eri insoddisfatta?!”
“Perché è l’uomo più spregevole che io conosca
sulla faccia della terra, ma lo amavo. L’ho sempre fatto.”
“Anche io lo amavo.
Avete distrutto la mia vita.”
“Tu sei ancora salva, Valentina. Quella che dovrà passare le pene
dell’inferno, per il resto della vita, quella lì sono io. Ho
annullato la mia essenza, ho deriso me stessa,
vendendomi in nome di un amore immaginario. Ed io sapevo, sapevo che non ne
sarei mai venuta a capo. Eppure, imperterrita ho proseguito per la mia via.
Sai, credo che la mia anima, non tornerà mai completamente pulita.”
Piccole gocce,
bagnano le mie guance ormai arrossate dalla foga.
Potrò
liberami di lui.
Potrò
tornare ad una vita normale.
Potrò
sorridere ancora alla vita.
Ma la mia
anima, questa sì, che resterà macchiata a vita.
“Io, non potevo
immaginare tutto questo.”
“Ne sei proprio
sicura? Tu eri la sua ragazza, lo conosci meglio di me. Sai che persona
è.”
“Ho scoperto un
mostro Clio, ed io Tiziano non l’ho mai saputo
così spietato.”
“Cosa ti aspettavi?
Ristorantini? Cinema? Forse passeggiate al chiaro di
luna? No, niente di tutto ciò.”
“O persino creduto
che fossi io il motivo, dei suoi sorrisi in certi giorni, in cui sembrava non
ascoltarmi e con la mente viaggiava in una dimensione lontana da me.”
“Rideva di me,
Vale. Della mia ingenuità. Infondo sono rimasta la sciocca ragazzina di
undici anni, che gli sbavava dietro, quasi fosse una
celebrità. Ma tu sei ancora in tempo, non fare come me, non buttarne
altro. Non buttare te stessa.”
“Non lo so.”
“Ti ha richiamata,
vero?!”
Come faccio a
saperlo?
Una volta
tentai di mandarlo al diavolo.
Mi
richiamò subito.
Mi
deliziò con vane promesse.
Mi promise
cielo sulla testa e terra sotto ai piedi.
Non fece mai
nulla di tutto ciò.
Ma la mia
ossessione non si affievolì, anzi divenne ancora più forte.
Non
c’è nulla di più forte del desiderio e
dell’ostinazione, quando tutto sembra girare al contrario.
E Valentina, lei
ha lo stesso mio sguardo da vittima tentata dal peccato.
Mi guarda,
sbiancando.
E non
c’è bisogno di sua risposta, so che è così.
“Non volevo essere
invadente, scusa. Infondo che diritto ho, io proprio io, di impicciarmi dei
cavoli tuoi.”
“Nessuno, appunto.”
Le sue parole,
mi trafiggono il cuore.
Mi sento
morire.
Ma cosa hai
capito, Valentina ?
Io non voglio
portartelo via.
Non
un’altra volta.
Ero qui per
te. E per me sì certo.
Mi sto
scaricando la coscienza, lo so.
Pensavo
comunque servisse anche a te, per liberarti.
Ma tu non
vuoi.
E allora, chi
è causa del suo mal, pianga se stesso.
Non ti dico
una parola; mi volto, per andarmene via da qui.
Cammino piano,
alla rinfusa, perché adesso non so davvero dove andare o cosa fare.
Mi hai
spiazzata, piccola Valentina.
E’ la
tua puntigliosa rivincita. Brava!
“…ma so che
se non ti do retta, io ci ricasco con tutte le scarpe. Aiutami ti prego.”
Mi giro dalla
tua parte.
Sei qui, che
mi tieni per la manica della maglia e mi fissi con quegli occhi innocenti, da bambina,
verdi come un prato la mattina presto:
Annegati di
rugiada.
“Cosa vuoi che
faccia, per te?!”
“Dimmi che è
tutto vero. Che sta mentendo, che è un bugiardo, bastardo.”
“Se stai qui a
pensarci, sai che lo è! Altrimenti adesso staresti con lui ,al posto di perdere tempo qui con me.”
Si butta fra
le mie braccia, quasi come non aspettasse altro che
udire queste parole.
L’abbraccio
forte, come si stringe un figlio al proprio petto.
Oscuro mi
è il motivo.
So solo, che
non potrei mai più odiarla.
“La faresti una
cosa per me?!”
“Perché ho
paura, Valentina?!”
“Perché non
c’è niente di meglio, di un ex ragazza, e un ex amante, sul piano
di battaglia.”
Questa ragazza
è incredibile!
E perfida,
almeno quanto me!
Ma posso
capirla meglio di chiunque altro, in questa situazione; quando il silenzio e il
tempo non bastano a guarirti dall’ansia, è il momento di agire e
muoversi da sé, per liberarsi di tutto il veleno che ostruisce le
arterie.
“Sono tutta
orecchi, spara!”
Cela un
sorriso, dal viso ancora bagnato dalle lacrime.
Guarda
lontano, e piano, con voce quasi sibilante, mi sciorina tutto il suo piano
diabolico.
Che bello, quasi mi sento
libera da un peso io stessa!
Non fraintendetemi,
intendo dire che terminando questa fic, è come
se avessi detto definitivamente addio anche io, a quella vecchia storia
là. ^^
Vi ringrazio di tutto
cuore, una ad una, per le ultimi recensioni e il
supporto sempre continuo.
Grazie!
Vi ho torturato i sensi
con la canzone “Unfaithful” di Rihanna, me ne scuso, ma l’ho scritta e pensata con
codesta colonna sonora, per cui a qualcosa è
servita! ^^’
Dopo questo breve
passaggio tornerò nella sezione romantica, per completare una mia
vecchia storia lasciata a metà; se volete, ci rincontreremo presto,
sempre e comunque su questo eccezionale sito!
Godetevi il finale!
Bacio e a presto,
LuNaDrEaMy
“IL PUNTO E LA SFERA. EPILOGO, DI UNA
FINE.”
Chap n10
“Ecco brava, fermati qua! Sicura di volerlo
fare?”
“Sei tu, che
dovresti dirmelo. Per me è già passato.”
“Sì, hai
ragione. Perché è così difficile, Clio?!”
“E’ sempre
così, quando ci sono di mezzo i sentimenti.”
“Già. Dopo
che farai?!”
“Non ci ho mai
pensato veramente. Tutto quello che voglio è ricominciare.”
“Spero di avere la
tua stessa forza.”
“Ce
l’hai! Guarda dove mi hai portata!”
E’
così che ti lasci andare in una risata, Valentina.
Sotto casa del
tuo ex, intenta a chiudere la portiera della tua auto.
Va a vedere,
che la più forte fra di noi, sei proprio tu.
Hai avuto un
piano geniale.
Un po’
devastante forse, ma il tuo coraggio è da premiare.
“Tiziano?”
“Chi è?!”
“Clio. Sono sotto casa tua, apri per favore, voglio
parlarti.”
“Oh, Clio! Sì, sali!”
La sua voce
è suonata un po’ troppo mielosa, per i miei gusti.
Sorrido a
Valentina, apprestandoci a salire nell’ ascensore
che lento, ci condurrà al quarto piano, di questo palazzone grigio e
rosso.
“Allora, aspetto
che tu mi venga a chiamare.”
“Sì, ti
lascio la porta un po’ aperta, così potrai sentire meglio. Forza e
coraggio, amica mia!”
L’abbraccio
forte, prima di lasciarla seduta fra le scale, appoggiata malinconicamente al
muro. Fatti forza, cara mia.
Suono al
campanello, un po’ agitata.
Tiziano
compare sull’uscio, con il cellulare fra le mani, vestito di una sola
tuta e una felpa.
Un borsone,
lasciato in terra, poco vicino l’ingresso.
“Stavi uscendo?!”
“Ti stavo venendo a
prendere, veramente.”
“Venire a prendere,
me? Tiziano sono Clio, sveglia!”
“Stupida. Lo so
benissimo chi sei. Volevo parlarti.”
“Bene, sono qui
adesso. Mi fai entrare?”
“Sì infatti. Strana come cosa.” “Prego,
entra.”
“Lo sai… che
non posso fare a meno di te.”
I suoi occhi
s’accendono, di un verde immenso, bellissimo.
Quante di
quelle volte, mi ci sono specchiata.
Quante di
quelle volte ho desiderato averli sempre per me.
Ma ora nulla.
Ti guardo;
sì sei un bel ragazzo indubbiamente, ma dal mio cuore rimbalzi via.
Ti trascino in
casa, accorta a non spingere la porta troppo forte come promesso a Valentina, e
con fare ammaliante, ti conduco nella tua stanza da letto.
“Anche io, non
posso fare a meno di te.”
Ti sento
appena.
Parole vuote,
spente.
Non mi tocchi,
Tiziano. Non mi tocchi più.
Ti spingo sul
letto, intenta ad apparecchiare il nostro banchetto.
“No
aspetta. Stavolta voglio parlarti sul serio.”
Mi tiri
indietro, dalle spalle.
E lo fai con
assoluta convinzione, tranquillità.
Mi sconvolgi
davvero.
Hai me sul tuo letto, provocante e selvaggia come ti sono sempre
piaciuta, e mi tiri per le spalle, solo per parlare?!
Mi siedo al
tuo fianco, sistemandomi i capelli scomposti, con la mano.
Non so cosa
pensare, fisso il pavimento vagamente dubbiosa.
“Mi sei mancata
davvero tanto. In questi giorni, non ho fatto altro che pensarti, notte e
giorno.”
Ma davvero?
Quasi- quasi
mi commuovo.
O do di
stomaco. Scegli.
Vorrei
vomitarti addosso, ma non posso.
Impossibile
è darti una risposta.
Non riesco a
reagire, neanche non lo volessi per giunta!
Te ne accorgi,
ma fai finta di nulla, continuando a parlare con vena un po’ apprensiva.
“Questa cosa mi ha
fatto riflettere, come l’intera situazione. Non mi ero mai accorto di
quanto ci tenessi veramente a te; Starti lontano mi ha
fatto capire me stesso, mi ha fatto aprire gli occhi. Su di te. Ho tentato di
scacciare via il dubbio, ma non ci sono riuscito.”
“Quale dubbio,
scusa?!”
“Di essermi
innamorato di te, Clio. Esserlo sempre stato forse, e
non averlo mai capito.”
Schietto,
sincero, senza compromessi.
Sei arrivato
in diretta, senza pubblicità.
Crudele,
bastardo. Egoista, ancora una volta.
Ho aspettato
due anni, per sentirti pronunciare queste parole.
Ho pianto, non
ritenendomi all’altezza.
Ho imbruttito me stessa per queste quattro sporche parole, ed ora che le
sento pronunciare, si limitano a riecheggiare nel vuoto della stanza.
Non mi
tentano.
Non
accarezzano il mio cuore,come facevano una volta, anche
solo per dirmi i tuoi no.
No
all’amore.
No alla luce
del sole.
No alla
verità.
Ti guardo
impassibile. Fredda.
E tu non sai
che fare. Non sai che pensare.
Nei tuoi si
leggono altri dubbi, altri pensieri.
Non ho mai
goduto così tanto in vita mia, nemmeno quando
premevi le tue sporche mani contro il mio povero corpo.
Non sei
abituato a vedermi inerme, con te.
Ti ho qui, fra
le mie mani, che mi guardi con lo sguardo da cucciolo, e non provo pietà
per te, nemmeno tristezza. Sono immobile.
Nulla.
E tu sei fragile,
sei arrendevole.
Nessuno mi
darà una seconda opportunità come questa.
Valentina,
questa è per noi.
“Spogliati,
subito.”
Ubbidisci,
senza battere ciglio.
Ti levi la
felpa, appoggiandola lungo le mie gambe, che a cavalcioni,
ti cingono la vita.
Addominali
perfetti, pelle liscia e morbida.
Praticamente
l’eden, ma da sopportare e tenere a debita distanza.
Ti butto
giù, cominciando a far scorrere la mia lingua lungo
tutto il tuo corpo.
Ti ecciti,
ogni singolo movimento di più.
E ad ogni
movimento, ti ritrovi sempre più nudo.
Ma sei avido e
frettoloso, porti le tue mani su di me, tenti di spogliarmi, perché così
denudato ti senti solo, smarrito.
Ti blocco le
mani, le lego al letto con la tua stessa felpa, provocando in te ancor
più eccitazione.
“Clio?!”
“Sì,
dimmi…”
“Io ti amo.”
Ti odio.
Io ti odio
invece, con tutta me stessa.
Fasullo,
verme, ingrato.
Avevi tutto il
mio amore fra le mani, cosa ne hai fatto?
Polvere.
Aria.
Pagherai per
questo.
Piano, dondolo
su di te; lo sfrigolio dei miei jeans sulla tua pelle rosa, ti ammalia.
“Mi vuoi?!”
“Da pazzi, Clio…”
“E Valentina?!”
“Di lei, non mi
importa più nulla. E’ te che voglio.”
E’ in
quel preciso momento, che mi alzo da te.
Ti muovevi
sotto al mio corpo, ti agitavi come una foglia nel vento, ma adesso mi guardi
perplesso e scontento; adesso sai, cosa significa restare a bocca asciutta.
E godo, godo
per questo.
“Vediamo… se
hai il coraggio di dirglielo in faccia.”
La tua espressione
stupita, adesso sembra più che altro impaurita.
Mi sistemo i
vestiti, che tu sei ancora a guardarmi sul tuo letto, solo e nudo come un
verme.
E’
così che resterai. La tua sorte è già scritta.
Sto per uscire
da quella stanza, quando torno sui miei passi e mi avvicino nuovamente a te:
“Ah, io non ti
amo.”
Resti a
guardarmi immobile, così come un povero diavolo, mentre ti rubo un bacio
a fior di labbra.
L’ultimo.
E poi sorrido.
E tu muori.
Ti lascio,
esco dalla tua vita. Per sempre.
Avanti la
prossima.
Mi porto fuori
casa, Valentina è in piedi sullo stipite della porta, pronta a prendersi
la sua rivincita.
La bacio sulla
guancia, sorrido appena porgendole una mano sulla spalla; lei mi sorride,
inspirando dolorosamente.
Le do un
ultimo sguardo, prima di lasciarla andare al suo destino.
aaa w aaa
Non so a cosa
le servì, sbattersi contro il muso una verità ormai palese.
Quello che sono arrivata a pensare tempo dopo, mi fa letteralmente
pensare che infondo Valentina era un po’ come me, subdola e sottomessa al
fascino di quella sirena, ammaliante e convincente, anche in consapevolezza che
sia traditrice.
Quando si
dice, che si debba sbatterci il muso forte, insomma.
Ma è
stata forte, la piccola Vale.
Gli ha rigurgitato addosso la sua rabbia, e da quel che si
racconta fra i corridoi dell’università, sembra lo abbia
letteralmente ammanettato al letto.
Sì sì, pare che il tipo fra i suoi vari cimeli del
sesso nascosti sotto al letto, custodisse delle
luccicanti manette; troppo stupido da non ricordare che anche Valentina, lo
ricordava.
Pare sia rimasto
legato a letto un’intera pomeriggio, prima del
rincasare dei suoi genitori, visibilmente scossi dal ritrovamento.
Avrei pagato
non so quale somma, per godermi la scena!
Lei, non
l’ho più vista da quel giorno.
Beh sì,
ad eccezione all’uni, ovviamente.
Credo sia
stata una scelta molto naturale, giusta ecco.
Certe ferite
è meglio lasciarle rimarginare, in silenzio e lontananza.
Credo cha nel
momento giusto, ci ritroveremo con la stessa naturalezza, di
quando ci siamo lasciate.
Per quanto
riguarda me, ora sto bene. Sì, molto.
Ho guardato al
futuro e lo fatto nel preciso momento, in cui ho messo
piede fuori casa di Tiziano.
Una volta in
strada, ho cominciato a pensare al mio domani.
Sorridevo
dalla contentezza, estasiata da quella totale gaiezza.
Ricordo d’aver
bevuto ad una fontanella, zampillante d’acqua fresca.
Lì, mi
sono disfatta del suo sapore, una volta per tutte.
Sì
è stato come lavarmi via lo sporco. Pulirmi, dal peccato.
Tornerò
ad ispirare l’arte e l’ingegno di un altro uomo, che magari in
questo momento, mi starà anche cercando.
Sono fiduciosa,
nel domani. Sono viva, stramaledettamente viva!
E forse,
questo è il momento buono, per sfruttare il numero in rubrica, di quel
ragazzo tanto simpatico, conosciuto alla festa dell’università.
Quello con il
nome strano, mitologico…
Ora non sei più la mia ossessione.
Adesso
sì, che misento nuova. Mi sento me. Libera.
Libero
è il mio cielo.
La mia
costellazione.
E noi due non
siamo più, come il punto e la sfera.
Hai smesso di
battere piccolo puntino nell’oscuro, ma la sfera continua a girare su se
stessa, perché non c’è punto, che possa tenerla rilegata a
sé.