Il punto.E la sfera.

di Luna_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 2 anni prima ***
Capitolo 3: *** Silent Agony ***
Capitolo 4: *** Ossessione Valentina ***
Capitolo 5: *** Non ho piu'. Te. ***
Capitolo 6: *** Forte, come la verità ***
Capitolo 7: *** Unfaithful ***
Capitolo 8: *** Inaspettata Gioia ***
Capitolo 9: *** Very Valentina ***
Capitolo 10: *** Ilpunto e la sfera. Epilogo, di una fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


(¯`•

(¯`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

Salve a tutti.

Questa è la mia nuova fan-fiction. Più o meno.

Più che altro, è una sorta di idea che mi gira per la testa da un po’, indecisa se trasformarla in racconto o lasciarla così, sottoforma di sfogo drammatico della protagonista.

Che centrate voi con tutto ciò?! ^^

Beh se vi siete soffermati fin qui, e vi è piaciuta la trama, o comunque il genere, volevo chiedervi se sareste così gentili da lasciarmi pure dei consigli sul da farsi.

Un mezza ideuccia ce l’ho,  mah vediamo voi che ne pensate! ^^

Intanto vi saluto e vi ringrazio,

LuNaDrEaMy

 

 

 

Violento, padrone, animale.

E’ il tuo corpo, che sbatte forte, contro il mio.

Sono di nuovo qui.

Nel tuo letto, fra le tue lenzuola. E ci penso.

Sì ci penso, proprio ora mentre mi sposti le gambe, con i tuoi  modi rozzi, per dare il via ad uno dei tuoi  giochetti erotici.

Non dovevo trovarmi qui. L’avevo promesso a me stessa.

Ma chissà perché, ultimamente riesco ad essere più vigliacca che leale.

E chissà perchè ho scelto te, per deridermi.

E quale triste morte, fra questo finto caldo e questo falso noi, ho deciso d’arrecarmi; sono consapevole della mia fine, ma vi sto cedendo, come sempre.

 

Ti guardo.

I miei occhi sono sull’orlo delle lacrime e tu, neanche te ne accorgi.

Tu, ti  svuoti solamente.

E svuoti me, dell’anima.

Pensi solo a muoverti, muoverci. Sbandarci, deviarmi.

 

“Ti piace?”

 

Non ti guardo negli occhi. Non lo faccio mai.

E le tue parole sfuggono via, senza che io possa udirle e capirle.

 

“Ti ho chiesto se ti piace!”

 

Mi  giri il volto di prepotenza.

Premi forte sulle mie guance. Adesso, i nostri volti sono ben allineati.

Non voglio risponderti. Ma tu  premi più forte.

 

“Sì. Sì mi piace”

 

Sì mi piace. Ti odio, ma mi piace farlo, con te.

Sei stato il mio sogno. Da sempre.

Fin da ragazzina, quando ti vedevo camminare lungo il viale della scuola.

La faccia da sbarbatello, il corpo minuto, ma il temperamento da duro già sviluppato.

Non ti ho visto mai abbassare lo sguardo.

Mai piangere.

E già lo desideravo. Ti  desideravo. Stare con te. Sempre.

Ma tu, non mi degnavi di uno sguardo.

Mai un sorriso, mai una gentilezza.

Il tempo è passato, siamo cresciuti e adesso che ti ho, non sei mio comunque.

Beffarda è la vita.

Io ero il tuo sgorbio, la stupida.

Ora che sono cresciuta, ora che le mie forme tradiscono il corpo di un’adolescente, sono la tua tresca, la tua pupa come mi chiami tu, ma è questo la sola cosa che ti  piace.

Non sono amore, non sono bambina, piccola mia. No.

Non lo sarò mai.

Ed io, che ti tengo stretto al petto, non ti  sentirò mai mio.

 

Perchè piango?!

In fondo, ci corro io, in questa alcova ardente.

E scotta, brucia.

Come me, che a forza di seguire un’illusione, brucerò all’inferno.

Dirò a Caronte, che mi mandi tu.

E se mi chiederà perché, risponderò che t’amo.

 

Io ti amo?!

 

Oscillo sul tuo corpo, come una candela al vento.

Tu mi premi i pollici, forte, sui fianchi bianchi.

Mi senti tua, di tua proprietà.

Sai che non voglio essere di nessun altro.

 

No. No. Non ti amo.

 

Ma non ti guardo negli occhi. Se lo facessi, dovrei ammettere che t’amo.

Perché amarti?!

Per i tuoi occhi grandi e profondi?

Per la tua bellezza rude?!

Per quel verde d’iride, color smeraldo, dove ogni santo giorno, sogno di correre?!

 

Io ti  amo. Ti  ho sempre amato.

 

Ma continuo a muovermi, dondolando più forte, come piace a te.

E a te piace. Gemi.

Mi urli contro il tuo desiderio, avido, egoista.

Ti  interessa il piacere; godurioso, lussurioso.

E’ il solo modo per apprezzarti, per sentirti ancora vivo, soddisfatto e compiaciuto della tua misera vita.

Anche tu finirai all’inferno per questo.

E se avrò sventura, tu ci finirai molto prima di me.

Voglio un posto dove tu non esisti.

Ma non sarebbe terra, cielo, mare.

Tu mi  dai l’aria.

 

Ed io ti amo per questo.

 

L’ho sempre fatto.

Quando ti incontrai all’università, e tu eri abbracciato a lei. Lì, io ti ho amato.

Quando quella volta nel bagno pubblico, durante l’ora di buco, infilasti la tua lingua languida nella mi bocca, lì io t’amai.

Mi  hai sempre preso e ripreso, a tuo piacimento, calpestando i sentimenti come il tappeto rosso della celebrità a Hollywood.

Nella tua vita, conti solo tu.

Non ti interessa se lei  adesso è a casa, che ti aspetta per essere portata al cinema.

E non ti importa di decidere, scegliere una volta tanto, se salvare le apparenze e quella storia là, o tenerti la tua tresca e plasmarla alla luce del sole.

 

Risponderesti  “perché scegliere, se posso avere entrambe?”

 

Egoista. Opportunista.

Sai che non mi  priverei mai di te.

E lei, lei è fragile come un bocciolo di una rosa, appena spuntato. La uccideresti.

Io, io sono già morta. Lei non lo sa. Io sapevo, quando uscii da quel bagno, sapevo di che sarei entrata in un tunnel torbido e meschino.

Meschino, come sei tu. Come le tue parole, come le carezze che gli porgi, sul viso latteo.

Quando la baci, pensi mai che adesso mi  stringi a te?

Non pensi mai, che le sue  labbra, infondo, poggiano sulle mie?

Sei troppo vigliacco, per farti scrupoli.

E l’unica mediocre qui sono io. Comune, banale, come tutti gli esseri che credono fermamente che l’amore possa cambiare le persone.

 

Ti  ho osservato a lungo, durante questi mesi interminabili; ho provato a carpire un po’ di quella luce buona, che ognuno di noi ha dentro di se.

E’ un lampo. Non dai tempo per mostrarti. Oppure non ce l’hai.

Ed ho seriamente creduto, che tu non ce l’avessi.

La luce che brilla dai tuoi occhi, allora cos’è?!

Un bagliore fatuo, destinato a spegnersi presto.

Come la tua giovane essenza, se ti  costringerai ancora a vivere una vita faziosa.

 

Fasulla.

 

Come il tuo abbraccio in questo momento.

Hai terminato il tuo rituale e mi stringi forte e te.

Questo è l’unico momento in cui mi  sei grato di qualcosa.

Momento fatale, corrispondente guarda caso, all’attimo più fisico fra tutti.

 

Mi fai pena.

 

Sei talmente vuoto che riesco a vedere cosa ti scorre dentro.

Il niente.

Allora ti  abbandono. Mi scosto da te, divincolandomi da quelle braccia bugiarde.

E’ in momenti come questi, che vorrei sputarti in faccia.

E lasciarti solo, proprio come farai tu con me, fra poco, quando ti rivestirai.

 

Scapperei lontano sì, ma solo per non farmi rincorrere dalla gioia, che la tua morsa ha provocato in me.

Sei un vile, frivolo, ma ti  amo.

 

Sei stata brava”

“E’ con te stesso che ti  stai congratulando, io sono solo un mezzo”

 

Anzi no, guardando le stelle ieri notte, ho pensato che più comunemente siamo come loro; tu  sei la mia stella  _non sono degna d’esserlo_  ed io sono il tuo satellite.

Resteremo sempre così.

Ferro e calamita.

 

Il punto e la sfera.

 

Finché tu vivrai, io non smetterò di girarti  intorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2 anni prima ***


(¯`•

(¯`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

Mamma mia, quale onore cari ragazzi!

Sono molto felice e onorata, di rispondere e ringraziare voi tutti, per le belle parole lasciatemi.

Procedo con ordine.

Blu tiger _ Grazie per essere passato/a nella mia storia!

Zia Esmy_ Che dire, non ho parole. Grazie per la fiducia che hai in me, mi mette di buon umore e mi gratifica tantissimo! Questo capitolo, l’ho scritto pensandoti ^^

Spero sia degno della mia musa ispiratrice ^^

“Apri le ali e vola” mi ha commosso cara zietta, se ci ripenso giuro mi viene da piangere!

Mamma mia come sto ‘sto periodo, sono fragilissima ed emotiva! Grazie di tutto cuore zietta, sei dolcissima ^^

RoWina_ curiosare fra le tue storie è un piacere immenso, come immenso è il piacere di ritrovarti fra le mie.

 Le tue recensioni sono pillole di saggezza per me! ^^

Gli, le .. mamma mia mi scappano sempre un po’ alla rinfusa! ^^’

Perdono .. uhauhauhauah ^^

Ilkoba_ come vedi, ti ho accontentato!

Keyra_ allora ti dico un po’ di più su questa storia e lo dico un po’ a tutti voi; rappresenta una parte di me,.

La protagonista, in parte è un po’ Luana, cioè me.

Per questo le emozioni sono così chiare, vere.

La storia è basata più che altro su delle sensazioni che ho vissuto, così forti da spingermi a metterla nero su bianco, e il fatto che vi siano arrivate, forti e chiare, mi rende particolarmente felice. Davvero.

Un bacio a tutti

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

  (¯`·.¸  2 ANNI PRIMA ¸.·´¯)

 

 

“Clio!”

“Noo, non ci posso credere: Dalila! Anche tu qui?!”

 

Primo giorno d’università.

Prima lezione. Primo battito di cuore.

Primo affacciarsi al mondo dei grandi.

Prima faccia amica, in quel caos di voci e volti nuovi.

 

“Eh no? Sono una fissata per la comunicazione, lo sai!”

“Già, ricordo infatti…”

“Tu invece, scelta scontata… mi ti ricordo tutta ricurva sul tuo quadernino ad appuntare chissà cosa ti frullava in quella testolina…”

“Sono una maniaca della scrittura. Aihmè!”

“Bene- bene sono proprio felice d’averti ritrovato.”

 

Anche io.

Ma questo lo taccio.

Sono una forte io. Una dura.

Devo mantenere questa facciata di sicurezza che mi sono costruita, perché se vacillassi anche solo un po’, scapperei di qui a gambe levate.

Sono una dannata insicura, travestita da spavalda.

Ma che lo sappia io è un bene, che lo sappiano anche gli altri, no.

 

“Sei qui sola?”

“Oh no. Te la ricordi Valentina?”

“Uhm, no.”

“Mia cugina, la biondina del quinto E ?”

“Liceo linguistico, sperimentale, giusto?”

“Sì”

“Ora ricordo!”

“Bene, c’è lei e il suo ragazzo, Tiziano.”

 

Tiziano.

Ogni volta che sento questo nome, tremo.

Mi ha tramortito il cuore. E non certo uno stupido nome.

Ma colui che lo portava; il ragazzo più bello della scuola media A. Balabanoff.

Un vero diavolo, mascherato da angelo.

Mi piace ricordarlo, come mi piace pensarlo, ogni qual volta ascolto il suo nome.

Sono passati cinque anni, da quando lo vidi l’ultima volta.

Chissà che fine ha fatto.

Chissà cosa sarà, dove andrà, con chi starà.

Mah.

 

“Tutto in famiglia insomma?”

“Che vuoi farci Clio, una famiglia di geniacci!”

 

La guardo. Ride.

E’ bella Dalila, di una bellezza semplice, genuina.

Non ricordo da quanto tempo siamo amiche.

Forse anche troppo.

Non ricordo nemmeno perché ci siamo perse di vista, ma tutto sommato tempo da sprecare per scoprirlo non ne ho. E nemmeno lei, credo.

Il bello di certe cose, sta proprio nel non chiedersi il perché.

Tanto il destino fa il suo gioco, e a quanto pare trova sempre il modo per fregarti.

 

Cosa ti aspetti dal futuro Dà?”

 

Le passo il mozzicone di sigaretta, che disperatamente mi ha reclamato.

Siamo stese su un piccolo prato, in attesa che vengano fatti i nostri nomi.

Mi guarda, fissa, prende fiato e poi risponde.

 

Voglio crescere. Mentalmente e intimamente. Tu?”

“Voglio spaccare il mondo. Io voglio non essere più la piccola ragazza di periferia.”

“Eh, credo che il temperamento e la voglia tu ce l’abbia!”

“Ce l’ho, infatti. Niente e nessuno mi fermerà.”

“Brava Clio, sempre in gamba, eh?”

 

Non sono una secchiona.

Non amo studiare.

Ma vincere le sfide, questo mi piace.

E la mia lo è, a tutti gli effetti.

Sono uscita dalle superiori con un bel calcio nel sedere.

Di quelli forti e potenti.

L’università, era un miraggio in pieno deserto. Eppure, eccomi qua.

No, non sarà tanto sicura di me stessa.

Ma la mia caparbietà, quella sì, che mi farà scalare le montagne.

 

“Cangemi? Cannata?”

 

E’ il nostro turno.

Ci portiamo in aula, timorose ma dannatamente eccitate.

Ed è enorme questa stanza; spaziosa, luminosa, sul genere anfiteatro.

Le avevo viste solo nei film, aule così.

Pesto i piedi.

Voglio essere sicura, di calpestarla davvero.

 

“Vieni, ti presento i “miei”!”

 

Dalila mi trascina su per le scale, senza rendersi conto che a momenti, struscio con il mento in terra.

Solo quando mi lascia, capisco d’esser salva.

Ed alzo gli occhi.

Sua cugina mi sorride, più in là una sua amica.

Lo sguardo intimidito, volge altrove.

 

E si blocca, sul viso più familiare di tutti.

 

No, non ci credo.

No, non può essere vero.

Deglutisco. E resto immobile, impalata su quel volto.

 

Tiziano.

 

Sembra stupito. E ride. Ride.

Quanto è bello. Lo è ancora.

Non so dire cosa sia, ma non riesco a staccare lo sguardo da quel volto, quasi fosse un miraggio, la sola cosa interessante tutto intorno.

Nei suoi occhi, gli stessi miei occhi. Sembra una catena infinita.

Malizioso mi scruta, le gentili forme disegnate del mio corpo, prendono senso su un sorriso impertinente. Cosa non dice, quel sorriso…

Mi ritrovo ad arrossire, poi fiera ed inorgoglita, gonfio il petto come un uccello in amore.

Non mi ha mai guardata così. Anzi, non mi ha proprio mai guardata!

Cinque anni fa, mi chiamava brutta.

Adesso i suoi occhi, cadono anche dove non dovrebbero cadere…

 

“Piacere io sono Valentina.”

 

E questa, è la sua ragazza.

Bella è bella. Ha un viso dolce, gli occhi grandi.

Oserei paragonarla ad un’ incanto.

Certo, tutto il mio opposto.

Ed è sempre così, che ho immaginato la donna del suo fianco.

Deliziosa e piacevole nei modi; qualcuna che ingentilisse, i suoi modi bruschi.

Provo invidia in questo istante; non sono bella neanche la metà di lei, ma dentro me avrei tutto l’amore del mondo da donargli.

Non lo ha mai voluto. Mi ha sempre derisa e respinto.

E adesso, adesso è davvero troppo tardi per recriminare ancora qualcosa, che non è mai stata mia.

 

“Clio. Piacere mio.”

 

Tutta via le sorrido, sincera. Che colpa può avere lei?

Nessuna.

Lei ha avuto molta astuzia, un pizzico di fortuna_ perché o ci nasci bella o niente_ e buon occhio.

Magari riesco anche ad ammirarla.

Il sol pensiero, mi fa ridere.

 

Le presentazioni, scorrono fino al suo turno.

Che cosa ridicola, io lo conosco!

Ma allunga la mano, attento a non concedersi troppo; bofonchia qualcosa, fa finta di conoscermi.

Passo minuti a chiedermi il perché, ma dura poco; durante tutta la lezione, non fa che guardarmi, particolarmente attento a non farsi beccare dalla cara cuginetta di Dalila.

Che stronzo!

Non è cambiato di una virgola.

E’ impassibile, un perfetto attore.

E quella sua aria da snob è rimasta così immutata nel tempo, che è come se avessi la sua fotocopia formato extra, cinque anni dopo.

Non mi piace stare in mezzo.

Il mio sguardo lo schiva, ma ci ricasca ogni qual volta sento il suo, puntarmi.

Non mi piace. Non sta bene.

Però… è così irresistibile. E sentirmi il suo sguardo addosso, mi eccita.

Se non ci fosse di mezzo Valentina, forse potrei anche sognare di riprendermi la mia rivincita.

 

“Sogni ad occhi aperti?”

 

Dalila attira la mia attenzione su di se.

 

“No, ad occhi chiusi. Questa lezione è pallosissima.”

“Già! Dopo sei con noi? Pranziamo al bar dell’uni.”

“Mi piacerebbe, ma non posso. Oggi aiuto mio padre in negozio.”

“Fa nulla. Ci rifaremo, no?”

 

La guardo profondamente, tanto da farle distogliere lo sguardo dai miei occhi.

Guardo Valentina, la sua mano delicatamente poggiata su quella di Tiziano. Imperturbabile.

 

“Sì, sì, come no…”

 

Stavolta c’è del falso nelle mie parole, e la mia amica se ne accorge.

Sta per dirmi qualcosa, ma ne approfitto della lezione al termine, per dileguarmi da lì.

 

Sigaretta. Ho una voglia matta di fumarmi un sigaretta.

Apro il pacchetto e ne fuoriesce soltanto che rimasugli di tabacco. Vuoto.

Mi mordicchio un po’ il labbro, prima di sentirmi una mano, toccarmi una spalla.

Mi volto e lui è là, imperioso, dinnanzi ai miei occhi, strabuzzanti.

 

“Ciao!”

 

La mia voce tradisce il mio stato d’animo.

Cinque anni, cinque! Aspettando questo momento.

Ho sognato di dirgli di tutto, di fargli di tutto, e adesso che è arrivato, l’emozione ha giocato un solo ciao!

 

“Ciao… certo sei brava eh?”

“A far cosa, scusa?”

“Mentire, forse?”

“Ah! Io? Hai una bella faccia tosta, sai?”

“Chi io?”

“No, la tua ragazzina bionda.”

“Gelosa, forse? Ahi- ahi…”

“Gelosa io?”

“No, quella tizia là, che sta passando…”

 

Mi fa ridere, sì.

E’ buffo e la sua voce è cambiata.

Da ragazzina, mi divertivo studiando ogni suo cambiamento; lo idolatravo.

Veneravo.

Era una specie di guru per me. Un santo, un dio greco.

Ogni sua cosa doveva appartenermi; a casa, ho montagne di suoi capelli rinchiusi fra le pagine del diario segreto, e le carte delle sue caramelle, ancora giacciono in una scatoletta ribattezzata poi “dei cimeli del dio biondo”.

Ero cotta. Stracotta.

 

“Ti sbagli. Ora ti saluto, ciao!”

 

Mi allontano un po’.

Sento i suoi passi, seguire i miei.

 

“Aspetta dai.” Mi blocca il braccio, stringendolo forte. “mi fa piacere restare ancora un po’ con te.”

“Non credo ne faccia molto alla tua ragazza, però…” Mi divincolo, ammonendolo con lo sguardo.

“Ma chi Valentina? Figurati è abituata…”

 

Ride malignamente. Una risata diabolica.

Lo guardo dall’alto al basso, spocchiosa.

 

“Sarai anche bello… ma tiratela di meno, non sei che uno fra i tanti.”

 

Si morde il labbro.

Ghigna un po’.

 

“Stai attenta non provocarmi…”

 

Mi si avvicina, molesto.

Le ciocche dei miei capelli, si ritrovano a scivolare fra le sue mani.

Se fossi una corda di violino, ora vibrerei, tutta.

Ed o paura di tremare, sotto le sue mani.

Perché mi piace il suo tocco avido e lezioso.

Mi piace lui. Da morire.

 

“Perché, cosa mi succederebbe?”

 

Il mio volto, è pericolosamente vicino al suo.

Gli ho servito un assist perfetto.

Sorride emblematicamente, mi prende al volo per una manica e mi trascina nella toilette pubblica, poco distante da noi.

Non sbatte ciglio, non dice mezza parola.

Chiude la porta alle sue spalle e quando la serratura è ben chiusa, mi sbatte contro il muro.

 

“Che ti prendo, ecco cosa succede…”

 

Non ho il tempo materiale per rispondere.

Neanche per pensare a cosa ci faccio qua.

Dovrei essere sull’ autobus, destinazione casa.

Errore.

Ora sono qui, a destreggiarmi con la sua lingua che piano- piano, languida e selvaggia, stimola la mia, alla più oscura perversione.

Lo bacio con passione, mi aggrappo ai suoi capelli biondi, leggeri e morbidi.

Non ho le mani piene, se non di lui.

E la mia bocca l’accoglie, come una madre accoglierebbe un figlio di ritorno, da un viaggio lontano.

Un bacio senza più ritorno.

Un bacio senza alcun ritegno.

Un bacio senza nessun risveglio.

E voglio restare così, anche tutta una vita, se bastasse e tenerlo con me.

E la sua lingua m’accarezza, e i miei occhi spalancati; mi sta baciando, lo sto baciando!

 

Tiziano.

 

E’ mio. Ho vinto.

 

Sei così bella… io ti voglio.”

 

Furbo. Viscido e lecchino.

Apro gli occhi, come lui tenta di aprire la mia camicetta.

L’istinto di allontanarlo, vince su ogni possibile desiderio reciproco.

La sua mano, balza via, con la mia che la getta un po’ più in là.

Impenitente, ostinato, la rimette dov’era.

L’allontano di nuovo.

 

“Ma perché diavolo mi fermi?”

“Tu sei pazzo.”

 

Il sogno è finito.

Mi sono svegliata.

E’ fra i tuoi trofei che starò domattina, se non ti fermo.

 

“No, sono realista. Io voglio te, tu vuoi me, perché fermarci?”

 

Non ti sento.

Sono sveglia, te l’ho detto.

Adesso sento il solo rimorso della coscienza.

E la sua voce, la sua piccola e candida voce.

 

“Piacere, io sono Valentina.”

 

Valentina. Valentina.

Il suo nome mi pulsa in testa.

I suoi occhi innocenti, mi bucano lo stomaco.

Perché fermarci mi stai chiedendo tu.

Guardala negli occhi e poi con lo stesso coraggio, torna da me.

 

 

Lo ha fatto.

Lui l’ha fatto.

L’ha guardata, baciata, toccata, ed è tornato da me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Silent Agony ***


(¯`•

`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

Blu_tiger_  grazie per aver recensito ancora una volta la mia storia! Sono molto contenta che ti piaccia!

Spero ti piaccia anche questo capitolo ^^

Davvero ti chiami Luana? Òò

Che figata! Non so te, ma non conosco molte ragazze con il mio nome -.-‘

Keyra_ Ciao! Mi fa molto piacere, che ti rispecchi in questa mia fan.fic! Sai credo che infondo ognuna di noi abbia un amore impossibile alle spalle, specie del periodo dell’adolescenza, dove tendenzialmente siamo così pure e ingenue da innamorarci alla velocità del milionesimo di secondo, sempre della persona sbagliata … ^^’

Ma sono quelle piccole delusioni che ti fanno crescere, complice anche l’età, che ti fa trovare in fretta un altro amore dietro l’angolo! ^^

Zia Esmy_ cara zietta anche tu dedichi la lettura delle f.f la sera tardi? Anche io, e sono una masochista lo so, perché il giorno dopo mi alzo più rincoglionita di quello che sono già ^^’

Cara, ti ribadisco che è un piacere leggere le tue recensioni; hai carpito in pieno, il carattere di Clio!

Cresciuta sì, ma ancora troppo insicura e bambina, come allora.

Quindi, perfetta preda, di un bastardo con i fiocchi!

E lei ne è così subdola, da odiare solo se stessa, e percepirsi come unica errante.

La mia piccola Clio, è un bel complicata ^^

 

Ok, ragazze volevo avvertirvi solo che il primo e vero capitolo sarà questo, e che da qui, partirà la storia e il suo decorso.

Vi abbraccio e vi bacio,

LuNaDrEaMy

 

 

 

  `·.¸   SILENT AGONY ¸.·´¯)

             Chap n.1

 

Il ticchettio tamburellante, del dito della mia vicina di banco, martella nelle mie membra.

Il professore ha di nuovo disertato la sua lezione.

Non capisco se sia pazzo o sia semplicemente furbo.

Siamo ancora rintanati, in questa monotona aula polverosa.

E sono volati tre quarti d’ora buoni, da quando ci hanno detto d’aspettare di vedere il suo trionfale arrivo, dalla porta principale.

Odio aspettare, come odio perder tempo.

 

“Basta, me ne vado!”

 

Sto per alzarmi, quando un ombra familiare mi blocca l’uscita, addentrandosi nello stretto corridoio, per mettersi a sedere fra me e la mia compagna.

 

“Proprio adesso…”  Penso, sinceramente adirata.

 

Ero ad un passo per schizzare via da lì.

Mi volto nella sua direzione; voglio proprio vedere chi sia questo genio di ragazza!

A momenti, ci resto secca.

Ancora lei. Non è possibile.

E’ lei. Lei- lei, sì; rigiro lo sguardo di fretta, sperando non mi abbia notato.

In realtà, schizzo dal mio sedile, che per poco non finisco in braccio ai compagni dell’altra balconata.

La scenetta è piuttosto esilarante.

Ammetto d’aver sorriso. Ahimè, sono umana anche io.

 

Clio sta zitta, non fiatare; forse, non ti ha nemmeno vista.

Ma una manina dolce e bastarda, mi picchietta la spalla, proprio dalla sua direzione.

Mi giro piuttosto annoiata, sbuffo non tentando nemmeno di darlo a nascondere.

Mi guarda.

Che diavolo ha mai da guardare?

E sorride.

Perché sorride?

Come fa ad aver dipinto, ventiquattro ore su ventiquattro, quel sorriso bianco sul volto io proprio non lo so!

 

“Ciao, Clio. Posso sedermi qui?”

 

Non la sopporto, è più forte di me.

La sua voce è un martello pneumatico nel cervello.

Anche di notte, la sogno. Ma è un incubo.

Sembra l’emblema della perfezione.

E la odio per questo; riesce ad essere meravigliosa, anche quando le fai capire chiaramente che non la vuoi intorno.

Ma lei ride, scuote i suoi capelli color miele, e ti fa sentire dannatamente bastarda dentro.

Non mi fido; ultimamente me la ritrovo sempre fra i piedi, anche al bagno!

Oddio, cosa ho mai pronunciato; bagno.

Mi viene da vomitare.

E lei è troppo zuccherosa; fa venire il diabete, solo a guardarla.

 

Non capisco, cosa diamine centriamo l’una con l’altra.

Più la guardo, più mi sento una miriade di costellazioni lontano da lei; mi rifiuto di trovare, anche solo una vaga somiglianza, con questo essere celestiale.

Mi verrebbe voglia di spaccarle la faccia, e togliergli quel sorriso da scema che ostenta; non solo devo sentirmi in colpa, praticamente per defraudarla ogni giorno di ciò che suo, deve essere anche la sola persona, che riesce a farmi sentire inferiore!

Non ho mai temuto nessuna.

Non sono perfetta e la mia bellezza è piuttosto particolare, lo so, ma le altre sono solo un contorno, nella mia vita.

Tutte, tranne lei.

Lei ci si vuole insinuare a tutti i costi, e questo mi esaspera.

Vorrei farla sparire, con uno schiocco di dita.

Già, come se bastasse a far tacere, quest’ansia ossessionante che ho dentro.

Il suo fantasma è ingovernabile. La sua presenza è ovunque.

 

Ed io, odio soltanto me stessa.

 

Odio vederla riflessa nei suoi occhi, quando mi dice che è tardi e che lo sta aspettando.

Odio vederlo riflesso nei suoi occhi, quando sembra che lo stia cercando nei miei.

Dubito che sappia, ma capisco che può leggere dentro di me, la più assurda verità.

Quando l’ho di fronte, vorrei scoppiare. Esplodere.

Vorrei che i miei atomi volassero via, dispersi fra il cielo.

Ma lontano di qua.

Lontano da lei.

 

“Permesso, scusa.”

 

Non la degno di uno sguardo.

Come, come potrei guardarla negli occhi.

Mi alzo, trascinando via il mio zaino; frettolosamente, mi porto fra le gradinate dell’aula.

 

Via. Via. Via. Lontano, lontano di là.

 

Ma qualcosa, o meglio qualcuno, trattiene la mia corsa.

 

Clio!”

“Dalila!”

 

Vorrei poter dire  “finalmente una faccia amica!” ma non posso.

Dalila non è esattamente, la persona che desidererei avere di fronte, in questo momento.

 

“Dove vai così di fretta?”

“Fuori di qua, al più presto.”

Tesoro, sei sconvolta. Vieni, siediti un attimo.”

“Sto bene. E’ che non ho più l’età per fare certe cose!”

“Cretina…”

 

Sono una perfetta attrice; per un attimo, il detto “chi va con lo zoppo, impara a zoppicare”  sembra esser stato inventato, apposta per me…

Cerco di evadere, dal silenzio piombato fra di noi e dal suo sguardo ispezionante.

Guardo verso la cattedra, indicando la sedia vuota alla mia amica.

 

“Cosa gli è successo stavolta, a quel vecchio pazzo?”

“Mah, sembra non riescano a trovarlo nemmeno a casa. Meglio, niente lezione oggi!”

“Io vado in biblioteca, non posso permettermi di oziare come te! Scusami…”

 

Faccio per alzarmi, ma Dalila attira la mia attenzione ancora una volta.

Mi sorride sorniona, al dunque mi mordo il labbro in attesa della cazziata in arrivo.

 

Sei troppo evasiva, negli ultimi tempi. Lo sai?”

“Lo so. Ho troppe cose per la testa. Non è propriamente un bel momento.”

“Lo sai che con me puoi parlare. Perché scappi sempre?”

“Io non scappo, solo cerco di non perdere tempo.

“Fare due chiacchiere rilassanti, non è perder tempo. Non ti riconosco più Clio, sei diventata così sfuggente, solitaria… te ne stai per i fatti tuoi e reputi i tuoi amici, una perdita di tempo?”

“Mi dispiace Dà. Te l’ho detto, ho tante cose per la testa.

“Se posso, voglio aiutarti.”

“Posso aiutarmi solo da sola, credimi.”

“Perché?”

“Perché alle volte, non tutte le verità, sono come te le aspetti. Le persone, possono sembrarti poi, dei mostri.

“Se è il mio giudizio che ti spaventa, lo sai, non è proprio questo il caso.

“Lo è invece. Mi odieresti, Dà. Tu mi odieresti.”

“No, io non potrei odiarti, ti voglio troppo bene.

 

Mi guarda sinceramente affranta.

E’ meglio così.

E’ meglio non sapere amica mia.

Mi odieresti.

Mi odieresti. E faresti bene.

Sono l’amante del ragazzo di tua cugina, Dà.

Sono, sono una donna incommentabile, ingiudicabile.

Ed io mi faccio già abbastanza schifo da sola.

Allora ti saluto, e scappo via davvero.

 

Clio, aspetta! Sabato c’è la festa universitaria. Se vieni, mi fa molto piacere!”

“Festa universitaria? Vorresti dire bordello messo su da quelli del terzo anno, per adescare matricole, forse! No grazie, preferisco vivere!”

“Non fare la guastafeste! Lo sanno tutti che sei un ninfomane!”

“Ah- ah, non mi convinci affatto!”

“Comincio a pensare che hai di meglio da fare. Magari con il tuo mister x? Mi chiedo quando sarà, il momento in cui me lo presenterai!”

 

Il mio sguardo è perso altrove.

Presentartelo eh?

Non credo sia una bella idea.

 

E intanto i ragazzi, si riversano sulle gradinate come un gregge di pecore.

Ordinato e lavoratore.

D’improvviso fra quei volti, spunta il suo.

Perfetto e bellissimo.

Sorrido. Eccolo il mio uomo.

 

“Guarda, se ti concentri bene, puoi vederlo tu stessa.

 

Si gira immediatamente.

Non se lo fa ripetere nemmeno la seconda volta.

Tiziano si sta avvicinando, allora prendo la palla al balzo.

 

“Cretina, stavo scherzando!”

“Sei sempre la solita scema, Clio!”

“E tu un’allocca!”

 

Mi viene vicino, abbracciandomi forte.

 

Sono contenta, che almeno non hai perso il sorriso. Dai vieni sabato, fallo per me.”

 

Sciolgo l’abbraccio, penetrandole lo sguardo.

Mi guarda seria, un po’ triste, forse.

Oddio no, è riuscita a convincermi anche stavolta.

 

“Non lo so, dai! Poi ti chiamo…”

“Fallo! Ciao Clio…”

“Ciao!”

 

Prendo a scendere i gradini, in assoluta lentezza.

Voglio godermi il suo arrivo.

Passargli accanto. E morire.

Sfiorarlo con un gomito e vedere le stelle.

Incrociando il suo cammino, ma facendo comunque finta di ignorarlo.

 

Ma la sua grettezza, si forma in quel sorriso idiota, che mi porge.

Sto urlando. Ma è disperazione taciuta.

C’è una bestia infondo al mio cuore, e mi sta divorando attimo dopo attimo.

Passo dopo passo. Gli sono dietro le spalle ormai.

La folla mi inghiottisce.

Lascio che mi faccia preda, più di quanto possa farlo questa terribile, silenziosa agonia, che mi porto dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Ossessione Valentina ***


(¯`•

`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

Due nuove recensitrici!

Che piacere per me!

Arwis_ anche tu incasinata come Clio, eh? A quanto pare, ho scelto proprio l’argomento giusto di cui parlare, in questa mia nuova fic ^^

Grazie per il commento e per il complimento della scrittura^^

Spero continuerai a seguirmi ^^

Babybutterfly_ povera valentina, eh? ^^

Ti giuro che l’ho resa così perfetta, da odiarla io stessa ^^

A parte gli scherzi, colei o colui che si trova dall’altra parte, è sempre un po’ sfigato e poveretto, ma la ruota gira, tocca a chiunque, l’importante è farsi forza e risalire!

BlueTiger_ Luanuccia! Visto, ora “conosci” una Luana anche tu ^^

Che affare che hai fatto figlia mia.. uahuahua scherzo ^_-

Ma certo che sei speciale, ti basta pensare che sei unica, non esiste un’altra persona uguale a te ^^

Ed è genetica mica chissà che .. ^^

Keyra_ grazie tesoro! Grazie per l’interessante ^^

Zietta, con te sono di parte … io ti adoroooooo! ^^

Grazie per il supporto Esmuccia cara :-*

Non finirò mai di ripetertelo! A costo di diventare ripetitiva ^^

Insomma sembra che ci sia un po’ di Clio in ognuno di noi .. ^_-

Vi abbraccio e vi saluto

LuNaDrEaMy

 

 

  `·.¸   OSSESSIONE VALENTINA ¸.·´¯)

 

Chap. n.2

 

Mi piace la biblioteca, l’odore di polvere pesante che vi si respira, accumulatasi con gli anni, mi fa pensare a quanta vita e quanta storia, ogni singolo libro racchiuda in se stesso.

Così, ogni volta che prendo un volume e do quella tipica passata leggera con la mano sulla copertina, mi sembra di farlo tornare a respirare e battere, per ciò che è stato creato.

Qui, trovo la mia pace.

I libri sono ben riposti sugli scaffali, ognuno al proprio posto, schedato ed etichettato, con precisione meticolosa.

Mi piace questo equilibrio delle forme e del luogo.

Mi piace, perché è come se ne desse un po’ anche me, alla mia vita, carente.

Starei ore, rintanata in questo posto.

L’unico, non ancora contaminato dal sudicio.

O forse…sì.

 

“Ah, sei qui!”

“Sì, sono qui. Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?”

 

Valentina mi ha seguito.

Fra le braccia stringe un libro, lo fascia al seno, con premura.

 

“Darti questo. Lo hai dimenticato, prima.”

“Ah, grazie.”

 

Glie lo sfilo dalle mani, con disinteresse, tornando a sfogliare un interessante e folto libro di storia contemporanea.

 

“Perché sei così ostile con me?”

 

Credevo se ne fosse andata.

Insomma, se una persona non ti degna della sua attenzione, intelligentemente gira i tacchi e sparisci!

No, lei no. E’ ostinata come un mulo.

E’… è una kamikaze.

O semplicemente, sono arrivata a pensare, che sia un po’ bacata mentalmente.

Così alzo lo sguardo, verso quella creatura gracile, ostinata allo stremo, invadente e pedante come lo è una mosca d’estate, che ronza sul banchetto all’aperto.

La guardo, e affondo il coltello nell’anima.

La spazzo via, come polvere, inutile e fastidiosa.

 

“Ma tu hai le pigne nel cervello? Non capisci che voglio starmene per i fatti miei?”

“Voglio solo esserti amica. Possibile tu non riesca ad evitare d’essere così scontrosa?”

“Senti, ma chi ti ha mai chiesto niente? Posso fare a meno della tua amicizia, credimi!”

“Ah certo, di questo me ne sono accorta.”

“E allora?”

“Allora voglio sapere perché, perché sei gentile con tutti, tranne che con la sottoscritta.

 

Ah, ma vi sembra normale subirsi la paternale, dalla donna del vostro amante?

A me poi, che vorrei mettere mari e monti fra di noi?

Proprio non vuole mollarmi!

E per di più devo anche subirmi i suoi giudizi. Sono furiosa.

 

“Bene. Forse è meglio affrontare un discorsetto, miss universo; il mondo non gira intorno a te, come te lo devo far capire che non me ne frega niente, della tua fottuta amicizia?”

 

Ho urlato, lo so.

Qualcuno si volta a guardarmi, sbigottito e infastidito.

Sento quegli occhi addosso, come lame taglienti.

Valentina mi fissa, turbata da tanta violenza verbale, da una Clio ferina, animale.

 

“Così, non aggiungere altro. Ti sei spiegata da sola…”

 

Gira i tacchi e sparisce di fretta.

Bene!

Se prima dovevo sforzarmi a sorriderle falsamente, adesso finalmente posso vomitare in tranquillità al suo passaggio.

La detesto.

E detesto me. Detesto la persona che sono diventata.

Detesto non trovare più un cavolo di stimolo, che mi faccia tornare a sorridere.

Sto invecchiando dentro.

Questa tresca mi sta svuotando, piano- piano, mettendo al mondo una Clio, povera ed arida.

 

Arghhhh. Non è proprio giornata questa!”

 

Richiudo il volume.

Umore storto equivale a concentrazione zero.

Afferro le mie cose, gettandomi fuori dall’università.

Mi viene da piangere.

E l’autobus è in ritardo come al solito.

Possibile sia così maledettamente masochista?

Dove mi porterà tutto ciò?

Sono passati due anni, da quel bagno.

Da quel bacio, quella lingua, quel contatto.

Andare venire, entrare, uscire.

Sono passati due anni e non è cambiato nulla.

O meglio, l’unica cambiata sono io.

Chi era Clio?

Clio era una ragazza solare, altruista, semplice.

Cos’è Clio adesso?

Spenta, vuota, menefreghista.

 

Ho deciso di non pensare alla sua voce, di cancellare la sua immagine, convinta che la colpa fosse soltanto la sua, se non riusciva a tenersi il proprio fidanzato.

Ho creduto davvero di pensare solo a me, che l’avrei fatta scendere in secondo piano, ignorandola fino ad annullarla.

Ma lei c’è.

E c’era anche quando entrai fra le sue lenzuola, quella prima volta.

Lì, nel porta foto che lui tiene sul comodino della sua stanza. Lei c’e.

Indossa una maglietta rosa e sorride, come sempre.

Lui la ama.

Ed io sono solo la sua marionetta.

 

“Ciao papà.”

“Ciao Clio. Tutto bene?”

“Più o meno.”

 

No papà, sto un vero schifo.

E tento di nascondertelo, asciugando una lacrima, che solo il mio papà, con la sua voce gentile e il suo tatto, poteva farmi sgorgare.

Sono in negozio.

Un piccolo negozio d’intimo, che la mia famiglia gestisce in centro.

E’ bello passare il tempo qui, mi rendo utile come posso, ma non so se il mio futuro sarà fra queste quattro pareti, push up e tanga brasiliani.

Vorrei sparire. Andare lontano.

Appena mi laureerò, voglio fare un lungo viaggio.

Lontano da questa gente, da questo caos.

 

Il cellulare squilla; un piccolo rumore, un bagliore nel buio del camerino, e si spenge.

E’ lui, è fuori, sta passando con la sua auto. E’ il nostro segnale.

Cm ogni pomeriggio, la porta a scuola di danza, sorridente, con i capelli tirati su, la borsa poggiata sulle ginocchia dove riposano il suo tutù e le scarpette di gesso.

Alle volte mi affaccio, solo per vederlo passare.

Ma ora non ne ho voglia.

Alle sette ripasserà di qui, per portarla a casa, lasciarla andare nel portone, e volare da me.

Una volta, lo abbiamo fatto anche qui; nel camerino, dove ora mi sistemo i capelli, aggiusto il colletto della mia camicia nera e riparto.

Senza rendermene conto, guardo l’orologio.

Le sette, sono ancora lontane.

E’ presto, per godere delle briciole.

E’ presto per gli avanzi.

Ma lo voglio.

 

“Tesoro, ci sono delle signore che chiedono di te.

 

Il mio papà, distrae i miei pensieri.

Lo bacio sulla guancia, guizzando in negozio.

 

“Salve. Posso darle una mano?”

“Oh sì signorina. Sono molto indecisa, completo rosa o verde acqua? Sa ho una figlia della sua età, lei sicuramente saprà consigliarmi per giusto.

“Beh, direi rosa. E’ molto in voga questo colore. E personalmente, lo trovo spiritoso, sa è giovanile, da allegria. Sulla pelle poi sta bene, sia chiara, che scura.

“Mi ha già convinta guardi. Vada per questo rosa.”

“Bene! Poi mi faccia sapere, e per qualsiasi cosa chieda pure di me.

“Perfetto! La ringrazio molto.”

“Si figuri. Dovere.”

 

Striscio la carta di credito, tiro via lo scontrino, due firme, e la signora esce soddisfatta dal negozio.

E’ questa la Clio che amo.

Dolce, amica, confidenziale.

Forse, c’è ancora speranza per me.

Forse non sono ancora del tutto in fase regressiva.

Fisso l’orologio sulla parete; sono solo le quattro.

No, non c’è proprio nessuna speranza.

 

Il pomeriggio se ne va, lento, sospirato.

Non faccio altro che pensarlo, minuto dopo minuto.

Sogno ad occhi aperti il suo arrivo, ma basta chiuderli per volerli tenere per sempre così; la sua mancanza è insopportabile, intollerabile è rilegare a me soltanto il fuoco di due lenzuola, un emozione che nasce al tramonto e muore ancor prima che scenda la sera.

Ma è pur sempre il mio Dio.

E il mio compito è venerarlo, anche quando non c’è e non si vede.

Come la fede. C’è. Nel profondo.

Ed io gli sono fedele.

Passano i giorni, passano gli uomini, passano le tempeste, accompagnate dai sorrisi, poi di nuovo la disperazione, ma lui è sempre dentro di me, come una guancia del cuore, come lo stomaco, le viscere profonde e scure.

Perché io non voglio altro che lui.

Perché non posso concedermi a nessuno, che non abbia i suoi occhi, le sue labbra sottili.

 

Afferro le chiavi del negozio.

Di lui, nemmeno l’ombra.

Mi getto in strada, afferrando la saracinesca.

Mentre mi piego, nel chiuderla, due braccia mi avvolgono i fianchi.

Balzo dal posto, emettendo un gridolino spaventato.

Lui ride.

 

“La solita scema…”

“Il solito cretino…”

 

Borbotto, sistemandomi la coda scomposta.

Ma lui li scioglie, facendoli ricadere sulle spalle; mi abbraccia, baciandomi una guancia.

Mi perdo fra il suo profumo forte.

Che pensieri assurdi, mi da questo odore.

Dalila ha ragione; sono una ninfomane!

 

“Andiamo?”

“Dove mi porti oggi? In quel bel ristorantino del centro, giusto? O no, forse andiamo al cinema?”

Clio…”

 

Mi piace fargli perder la pazienza.

Mi piace vederlo impacciato, sottomesso.

Non può rispondere, lo stronzo.

Già, proprio no; perché adesso mi caricherà sulla sua micra nero fiammante, e mi porterà nella dimora dei dannati.

All’inferno, che però è il più dolce dei paradisi.

E non ci sono ristoranti, cinema, passeggiate al chiaro di luna.

No.

Un bilocale sull’Appia, è tutto ciò che meritiamo noi poveri recidivi del sesso all’oscuro.

 

Oggi ho visto Valentina.”

“Cosa voleva?”

“Rompere. Cosa può altro fare la tua ragazza? Te l’ho detto mille volte, devi tenerla lontano da me.

Clio, glie l’ho detto di non assillarti, ma non posso fare altro. Si potrebbe insospettire, lo sai.”

“Ah ma no, tranquillo. C’ho già pensato io. Non credo domani le verrà voglia di ronzarmi intorno.

“Cosa le hai fatto?”

 

Inchioda. Ha paura.

Si vede dalle sue mani, tremanti.

 

“Che c’è? Hai paura?”

“Non guardarmi con quella faccia da stronza, Clio! La detesto.”

“Sì ma non rispondi. Hai paura?”

“Devo averne?”

“Fattelo dire da lei no? Infondo la vedi più di quanto vedi me…”

Clio quando fai così mi verrebbe voglia di ammazzarti.

“E fallo. Non ho niente da perdere, IO.”

“Sei veramente una piccola stronza… ma mi piaci.”

 

Spegne i fari, accosta la macchina lungo la via buia, ed alza lo stereo.

Fa scivolare una mano, lungo il sedile dove sto seduta io; con gesto secco, lo abbassa.

Rido, maliziosa.

Mi vuole, quanto mi vuole!

E’ da sempre così, con lui.

Più lo maltratto, più mi vuole.

Ma potrei riempirlo di calci tutta la notte, non mi vorrai come vuole lei.

E questo, devo ammetterlo, mi eccita.

Io, solo io, posso prenderlo nel mezzo della sera, accanto a una strada polverosa fuori città.

Solo io posso prenderlo, nello stanzino buio di un negozio.

Io sono il suo brivido.

Lei, non lo sarà mai.

 

“Ti voglio adesso…”

 

Mi alita sul collo, sibillino.

Le mie mani scendono sui suoi jeans, rigorosamente griffati, fino a strapparglieli da dosso.

Lo tiro verso me con violenza.

Più mi maltratta, più lo voglio.

Più è bastardo, più lo desidero.

Sono come lui. Sì, io sono come lui.

Lo stendo giù.

La sua maglia nera, vola alle mie spalle.

Gli sono sopra.

E mi muovo, dominatrice.

Stanotte è mio.

La mia gonna, scivola dai fianchi. Così, gli slip.

Neri. Come la biancheria che le piace tanto, di quel colore cupo, fosco, tenebroso.

Nero, come la rabbia che uso per prenderlo, cullandomi violentemente sul suo membro ardente, fervido.

Eccitato.

 

Clio, Clio…”

 

Oh no.

Ancora quella maledetta voce.

Ma che vuoi da me?

Non sei qui. Tu non sei qui.

Eppure mi cerchi costantemente.

Tutte le notti, tutti i momenti che sono con lui; tu ci senti, tu sai lui dov’è.

Tu lo sai.

E torturi me. Perché?

 

Clio? Clio cos’hai?”

“Vattene! Vattene cretina!!!

Clio? Clio che c’è?!

 

Sto delirando.

Forse è pazzia.

Forse, ho superato ogni limite.

Batto i pugni sul petto di Tiziano, piangendo.

 

Clio, rispondi ti prego!”

 

Quegli occhi.

Li vedo.

Mi trapassano.

 

“Voglio solo esserti amica…”

 

Tiziano mi scuote, forte.

Mi tocca la fronte, mi tira i capelli indietro.

Mi sta tenendo a se.

Fra le sue braccia, io sto così bene.

Mi guarda diversamente, da come mi ha sempre guardata.

Vorrei morire adesso.

Non credevo fosse capace di guardarmi così.

Allora, ritorno in vita.

 

“Portami a casa, ti prego.”

“Subito.”

 

Mi bacia sulla guancia, tenendomi ancora più forte.

Tiziano non stringermi così.

Tiziano non farlo.

Mi abbandono sul sedile, lasciandomi travolgere da un sonno inaspettato; d’improvviso tutto si scurisce, i sogni scappano via e Clio, Clio vaga nell’immensità tetra e ignota.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Non ho piu'. Te. ***


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`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

“NON HO PIU’. TE”

Chap.n. 5

 

 

Clio!”

“Chi parla?”

“Pronto!? Sono Dalila Clio, chi altri!”

Ommiodio, ma è sabato?”

“Eh già. Se aspettavo te che mi chiamassi, sai le feste che mi perdevo!”

Ops, scusa.”

 

Non sono stata molto bene, negli ultimi giorni.

Sebbene detesti le feste universitarie, questa della salute al flop, non è una scusa.

C’è qualcosa dentro me, qualcosa che non va.

Pensavo fosse influenza o stanchezza, ma non è così.

Ci ho pensato tanto, in questi giorni.

Mi sono guardata allo specchio, e il riflesso di quella lastra argentata, mi ha rivelato solamente lo sbiadire di una ragazza, che adesso non ha più colori.

E adesso, non mi va più bene.

 

Non mi ha cercata.

Non uno squillo, non un messaggio al cellulare.

Il mio cercare un perché, mi fa sbellicare dalle risate.

Io lo so il perchè, l’ho sempre saputo.

Ma adesso c’è qualcosa, qualcosa che mi fa percepire lui, non più come un Dio da sollevare sul mio Olimpo.

Non so, io per prima rabbrividisco alla totale mancanza di smania al suo pensiero, alla scialba sensazione che prova il mio cuore pensandolo.

Forse, mi sono svegliata.

Di nuovo, come dal sogno.

E lui non è più Morfeo. Lui, non è più realtà onirica per me.

 

“Sì- sì, scusa.Ma allora che fai, vieni?”

“Chi viene?!

 

Chi viene?

Equivale a Tiziano e Valentina, ci sono?

Povera Dalila, se sapesse che l’ho usata non poche volte, per sapere informazioni su quei due, mi taglierebbe la gola.

Ma lei, è da sempre il mio unico appiglio.

Mi ha salvata tante volte, e lei nemmeno lo sa.

Povera.

E’ stata mia complice, ed è pure ignara di tutto.

 

“Io, te, Francy e Barbara.”

“Uh.”

 

Sto per tirare un sospiro di sollievo, ma Dalila incalza.

 

“Dovrebbero venire anche Valentina e Tiziano. Ma non è certo.”

“Felicità…”

 

Le faccio il verso, canticchiando un vecchio motivetto.

Sta in silenzio un attimo, ma appena può, furba come una volpe, affila le unghie.

 

“Tu mia cugina, non la puoi proprio soffrire, eh?”

“Si vede così tanto?”

“Troppo cara. Troppo. Se si sapesse almeno cosa ti ha fatto…”

Lalì, non è che ti ha chiesto lei, di farmi venire a questa stupida festa, vero?”

“No, no.”

 

Sì. Sì.

Colpito in pieno, il centro di questo losco piano.

Adesso comincio a sentire puzza di bruciato.

Ma poco importa, io a quella stupida festa non ci andrò.

 

Senti Lalì io…”

“Non dirmi che non vieni. Penserei troppo male, Clio…”

 

Mi ha fregata.

Se dico di no, le offro la verità, su un piatto d’argento bello caldo.

E non ci sono scuse plausibili, adesso da rifilare ad arte.

Batto i piedi in terra.

Odio farmi incartare così.

 

“Mai una volta che mi fai finire di parlare, oh! Ti stavo dicendo che vengo con la mia macchina, quindi non c’è bisogno che mi passiate a prendere.”

“Perfetto! Io sarò lì per le dieci.”

 “Cerco di farcela anche io, per quell’ora.

“A stasera, tesoro.”

“Sì, ciao.”

 

Bugiarde come Giuda.

Ma stavolta lo sappiamo entrambe, solo salviamo le apparenze.

E qualche noia, che ci travolgerebbe se ognuna di noi, dovesse smascherarsi.

Attacco il telefono sospirando; per un attimo, ho visto questo, come l’ultimo dei teatrini da sopportare.

Sono stanca.

 

 

“Sono stanca. Ma ti copro io papà, non c’è problema vai pure, resto io in negozio.

“Grazie tesoro. Sabato prossimo, giornata libera per te!”

 

Sorrido.

Sabato prossimo. Sembra così lontano.

Quel che mi ci vorrebbe, sarebbe testa e cuore liberi.

Ma il mio papà, non è che può fare miracoli.

Sorrido, dedicandomi all’allestimento delle vetrine ormai troppo indietro di stagione.

 

Clio!”

 

Una voce mi chiama. M’affaccio.

 

“Tu, qui?!

 

Guardo l’orologio da polso; sono appena le quattro.

E lui, è già qui.

 

“Sono venuto a vedere come stavi.”

“Ah sì, devi avere una palla di vetro, per sapere di trovarmi qui. Sai, hanno inventato quei fantastici congegni chiamati cellulari, per sentire apposta, come sta una persona.

 

Lascio perdere la vetrina, e con un balzo, gli sono di fronte.

E’ ben vestito, capello umido di gelatina e note di un profumo diverso dal solito.

Non si è scomposto di una virgola, con quella sua freddezza omicida, si è sistemato il colletto della camicia, ed ha continuato a parlare.

 

“Non ti ho visto in università, poi passando di qui ho trovato parcheggiata la tua auto e…”

“Tiziano, dimmi che vuoi.”

 

Ride, vagamente imbarazzato.

Ormai, lo conosco troppo bene, per farmi fregare.

 

“Devi aiutarmi, Clio!”

“Cosa è successo?”

“Devo trovare un regalo per lei. Oggi è il nostro anniversario, lo avevo dimenticato! Inoltre non so cosa regalarle, tu devi aiutarmi; qui qualcosa troverai!”

 

Il loro anniversario.

L’ho dimenticato anche io.

Ogni anno, quando cade questo giorno, vado in qualche pub ad ubriacarmi un po’.

Lo scorso anno, ero in discoteca.

La mattina ero così sbronza, non riuscire nemmeno a reggermi in piedi.

 

Ti odio Tiziano.

Odio te e quello che mi hai fatto diventare.

Ma quest’anno no, quest’anno non ti permetterò di annientarmi così.

 

Guarda all’angolo di questa strada, c’è un negozio di animali: comprale un bel collare per il suo bastardo.

 

Gli do una spinta, trattenendo a stento le lacrime.

No, non più una lacrima.

No, non più sofferenza.

Non lo merita.

Sì, lui non lo merita.

Lo sorpasso, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, che non sarà mai più duro della sua faccia da bronzo.

 

“Pensi d’essere simpatica?”

 

Mi tira per un braccio, voltandomi di forza.

Per un attimo, ho paura che colga quella rugiada, dai miei occhi.

Mi batte forte il cuore.

Ma i suoi occhi sono così vuoti.

Non brillano più. Spenti.

Smorzati, soffocati da tanto egocentrismo.

No, non esisti solo tu.

Ed io ti guardo, forse per la prima volta, con occhi diversi.

Dove sarà mai la tua bellezza.

Dove l’ho vista io, tanti anni fa.

Mando giù di forza il boccone, fissandoti, seria.

 

“Almeno quanto te, che vieni qui reclamando il mio aiuto per il regalo, alla tua donna. Come fai a non farti schifo.”

Clio, Clio… ancora con questa gelosia? Credevo te ne fossi fatta una ragione; io sto con Valentina, lo sai.

 

Mi accarezza un guancia.

Per lo meno, tenta di farlo.

Perché lo sposto via.

Mai più una mano addosso.

Mai più il suo alito sul mio viso.

Mai più.

Mai più lui.

 

“L’unica ragione che mi sono fatta è che ho ragione quando dico che sei un bastardo impenitente! Ed ora, fuori di qui! Vattene!”

 

Lo spingo all’indietro, con tutta la forza che ho dentro.

Ma è niente, in confronto alla sua mole possente.

Se volesse, mi schiaccerebbe.

E tutto ciò che riesco  fare, è scalpitare contro il niente.

Le sue mani però, mi alzano il viso, arrossato dalla fatica, dalla rabbia.

 

“Tu mi hai scelto così, ricordatelo bene.

“Purtroppo lo ricordo.”

“E poi, non c’è bisogno di fare storie. Sai bene che quando lo indosserà, non farò altro che pensare a te.

 

Si avvicina, con quelle labbra troppo rosse da scacciare.

Troppo morbide da rifiutare.

Ma l’ho fatto.

Lo allontano dal mio viso, respingendolo.

Non ho mai rifiutato un suo bacio.

Non ho mai rifiutato lui.

Ma adesso c’è solo collera.

Indignazione, rammarico.

E colpa.

D’aver gettato la vita dietro un mostro.

Probabilmente questa sarà l’ultima volta che lo vedrò.

Non voglio concedere altri bis.

Sghignazzo.

Per un attimo ho ideato una piccola vendetta.

 

“Prendi questa. Prima coppa B. Tanto la tua donna non ha tette.”

 

Gli sventolo il primo completo che trovo nelle vicinanze.

Lo osserva.

Sembra soddisfatto.

Senza troppi preamboli, se lo fa incartare e imbustare.

 

“E dov’è che andrete?”

“Al “Passaparola”, quel ristorante famoso…”

“Lo conosco molto bene.”

 

Non sa cosa sto tramando nella mia testa.

Mi ha appena dato il pass, per rovinargli la vita.

Gli consegno tutta soddisfatta, la busta con lo scontrino, attenta a sorridere ma non troppo.

 

“Grazie Clio. E tieni pure il resto.”

 

Mi lascia i soldi in mano, così come se fossi una qualunque donna di strada.

Lo guardo con quanto più odio possa nutrire nei confronti di una persona.

Se ne rende conto, e prima di concedermi un altro ring, sparisce di fretta, senza neanche voltarsi un istante.

 

Tieni pure il resto.

Mi ha pagata, per il silenzio.

Mi ha pagata, per tutte le volte che le ho donato il mio corpo, senza proferire parola.

Mi ha pagata, per tutte le volte che mi sono prostata per lui.

Mai un regalo.

Mai una gentilezza.

Forse è vero.

Sono solo una donnaccia di strada.

Chissà perché, non ne sono per niente sconvolta.

Forse, averne certezza da me, mi fa accettare il fatto che possano vederlo anche gli altri.

Rabbrividisco.

Sono una puttana. Mi sento una puttana.

Oh, cielo! Clio non è così!

E non si farà forte di questo. Lei reagirà, lo farà.

E tornerà a far splendere quel sorriso pulito, sulle labbra rosa.

 

L’unica cosa che dovrà pagare, sarà il mio sfogo sul mondo.

E quando succederà, caro il mio Tiziano, tu non sarai altro che un punto piccolissimo, nella mia costellazione.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Forte, come la verità ***


(¯`•

`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

Ringrazio tutte le ragazze che imperterrite continuano recensirmi.

Arwis, Blue Tiger e la new entry Fife.

Grazie davvero per I compliemnti el ebelle parole spese.

Al prossimo aggiornamento!

Vi saluto

LuNaDrEaMy

 

 

 

`·.¸ FORTE, COME LA VERITA¸.·´¯)

Chap.n6

 

Capisco di essere arrivata alla festa, non appena vedo il piazzale straboccante di macchine.

E ragazzi, ragazzi già strafatti, gettati sui marciapiedi.

A cosa serve provare disgusto?

Ognuno è padrone della sua vita.

E questa festa, questa festa per me ha tutto un altro gusto.

Parcheggio sorridendo, afferro il mio giubbotto chiaro ed entro in sala.

Dentro, padroneggia musica commerciale.

Non male, almeno non passerò l’intera serata buttata su qualche divanetto o sedia a scelta.

 

Da lontano Dalila, mi saluta sbracciandosi.

Mi raggiunge, con tutta la voglia, di non farmi restare seduta tutta la sera.

 

“Bella! Tutta sola?”

“No, marito e figli mi stanno raggiungendo.

“Clio, come sei spiritosa!”

 

Le sorrido, mi passa una birra.

Do una sorsata.

Il retrogusto amaro mi inonda la bocca, e per un attimo mi immagino così, come la birra; acre, aspra, ma tuttavia amata e bevuta da chiunque.

Spero di non andare fuori di testa subito.

Ma la musica è alta, e la voglia di non pensare niente altro che a sballarmi, anche.

Ed è proprio mentre ballo e mi agito, che da lontano intravedo Tiziano e Valentina entrare nella sala, gremita di gente.

Istintivamente mi giro dall’altro lato, ma quella cretina di Dalila mi costringe ad andargli incontro.

Mi sento male.

Ho la sudorazione a mille.

Poi li guardo.

Mi fanno pena entrambi.

Chi più, chi meno, sono da compatire almeno quanto la sottoscritta.

 

“Ciao ragazzi!”

“Ciao…”

 

Biascico a mezza bocca, scocciata.

Valentina guarda Dalila sgranocchiando gli occhi verdi, da cerbiatta alla

“anche lei qui? Come ci sei riuscita?”

Poi guarda me, abbozzando un finto sorriso.

Non lo ricambio nemmeno.

Detesto entrambi.

 

“Vado a prendere da bere. Vi lascio ai vostri convenevoli.”

 

Non lascio ai tre, nemmeno il tempo di rispondere, mi dileguo fra la folla agitata, uscendo di scena.

Tiziano, mi ha guardata di sottecchi, mandandomi un bacio nascosto.

Farai bene a tenerti quei baci per te amico mio, o per quando ti ritroverai dinnanzi a S. Pietro, il giorno del giudizio.

Farai vomitare anche lui. Sicuro.

 

Mi verso nel bicchiere, del liquido rosastro; una specie di cocktail preparato amorevolmente, da una biondina appena matricolata.

Lo ha scritto in faccia, che è stata appena ingaggiata; quelle del primo anno sono tutte platinate, con le tette aperte almeno quanto i loro sorrisetti bianchi, incorniciati dal solito lip gloss rosa.

Sembrano uscite dalla Mattel, in pacchi da 20.

Il pensiero mi mette allegria; il primo anno ero esattamente come loro.

 

“Anche tu non balli?”

 

Un ragazzone alto, si accosta alla mia spalla.

Sorride indicandomi il centro della sala, dove provetti ballerini del terzo anno, stanno dando spettacolo.

 

Queste feste mi annoiano parecchio.”

“Non dirlo a me, guarda.”

“Perché ci vieni allora?!

 

Si sposta con la sedia, più vicino alla mia.

Ora che lo guardo bene, è proprio un bel ragazzo; moro, scuro come piace a me.

E con gli occhi svegli, di quelli che ti mettono allegria solo a guardarli di striscio.

 

“Stasera sapevo che c’era una tipa che mi piace ed allora.... tu?!”

“Boh, non lo so proprio che cavolo ci faccio qui!”

 

Mi ritrovo a sorridere, mandando giù d’un fiato il mio cocktail.

Lui mi guarda, allegro.

Davanti ai nostri occhi, Dalila e un tizio ci deliziano con una piroetta; la furba mi fa l’occhiolino, sorridendo da ebete.

 

“Carino il tipo che si è rimorchiato!”

 

Penso, mentre dall’altro lato, il ragazzone mi allunga una mano.

 

“Clio, giusto?!

 

Potrei domandargli come fa a conoscere il mio nome, ma il rossore delle sue guance svela il mistero.

Sto per rispondere, ma mi tira non proprio galantemente dalla sedia, invitandomi a ballare.

 

“Le costringi tutte così, le ragazze che ti piacciono?”

“Perché, forse non ti piace ballare?!

“Così, così.”

“Beh, possiamo far finta di muoverci. Neanche io amo dar spettacolo!”

“Perfetto, siamo in due allora! Comunque, posso sapere il tuo nome o è un segreto di stato?”

“Che idiota, scusa! Mi chiamo Leandro.”

“Leandro?!OmmioDio!”

 

Non riesco a trattenere una risata, zampillante e gaia.

Lo guardo dispiaciuta per cotanta sfacciataggine, ma è più forte di me.

 

“Lo so, è un nome ridicolo, ma non l’ho scelto io!”

“No! OmmioDio, Leandro come Leandro della legenda mitologica! Sai proprio oggi, leggevo della sua storia! Che coincidenza!”

“Ti piace la mitologia?!

“Mi fa impazzire!”

“Beh, anche ai miei genitori doveva piacer molto…”

“Anche ai miei sai? Non mi chiamo Clio per niente!”

“Sì, come una delle nove muse. Ho sempre trovato il tuo nome pazzesco!”

“Ah ti lamenti, però sotto- sotto sei informato eh!”

“Mi piacciono le cose uniche, e le persone che le portano.

 

Ammetto d’esser sussultata.

Vuoi per le coincidenze, vuoi per le somiglianze e le cose che ci legano, ma questo ragazzo mi prende parecchio.

Sono contenta.

Dopo tanto tempo, riesco a sentirmi di nuovo rilassata e serena.

Se non fosse, per quegli occhi verdi che dal fondo della sala, sfidano il buio e la gente, venendosi a posare su di me.

E’ lì, retto su una colonna, che mi fissa.

Mi mette a disagio, e lei non è al suo fianco.

Poco importa.

Adesso sono fra le braccia di Leandro, mi stringe in questo lento, e non so dire con esattezza che razza di sensazioni sto provando.

Ma mi piace.

Mi sento pulita. E mi piace.

 

“Vieni con me!”

 

Tiziano mi sussurra a mezza bocca, non troppo lontano da noi.

Lo invito ad andarsene, perché non ho nessuna intenzione di staccarmi dal mio cavaliere, simpatico e piovuto dal cielo come fresca pioggerella d’estate.

Non demorde, resta fermo lì, mi guarda in cagnesco.

Mi urta.

E’ un fastidio troppo grande da sopportare.

 

“E’ successo qualcosa?! E’ il tuo ragazzo quello?!

No figurati! Ma ti dispiace se mi assento per un po’?!

“No problem. T’aspetto allora.”

 

Gli sorrido, annuendo.

Mi sorride di rimando, un sorriso speranzoso, bello.

 

“Che diavolo vuoi?!

“Vieni con me.”

 

Mi afferra per un braccio, trascinandomi con se, come se fossi un sacco.

Cerco di divincolarmi, ma stringe la sua morsa ancora di più.

Sento il viso bruciarmi dalla rabbia.

Urlare, vorrei urlare forte.

 

“Non voglio venire! Lasciami!”

 

Ma mi prende, mi butta nella piccola stanza da bagno e ci chiude dentro.

Di nuovo un bagno, di nuovo una gabbia.

No, No, No.

Non voglio stare qui.

Non voglio.

 

Strano, non dicevi così l’altra sera in macchina.

“Porco!”

 

Glie lo urlo bene in faccia.

Tanto che è costretto ad allontanarmi.

Sono una pistola carica. Esploderò.

 

“Ah- ah. E lui cos’è? Un santo? E magari ti piace anche!”

 

Resto immobile, mi spiazza.

Ma non ha più senso ormai, quelle parole rimbalzano su di me; stasera la farò finita, lui uscirà dalla mia vita definitivamente.

Ed allora, prendo al balzo qualcos’altro.

 

“Se anche fosse?! Non è peggio di te. Nessuno è peggio di te.”

“Dimentichi che siamo uguali io e te… piccola puttanella. Siamo fatti della stessa pasta.”

“Io non voglio più somigliarti.”

“Ma tu mi ami Clio, non puoi fare a meno di me.

“Questo è ancora tutto da vedere.”

“Mi stai sfidando?!

“No, ti sto scaricando. Addio, ciao, goodbye!”

 

Fa un passo indietro, sbalordito.

Che c’è?

Cosa c’è?

Pensavi che non l’avrei mai pronunciata una frase simile, eh?

Invece no.

Devo riprendermi la mia vita, quella bella, con il sole che nasce tutte le mattine nel cielo e che muore solo perché è finito il giorno.

Voglio tornare a cantare di felicità, voglio tornare a vivere un amore nel pieno del giorno.

Voglio farmi guardare, ammirare.

Non voglio più nascondermi nel niente.

 

E’ un attimo, lui si distrae ed io schizzo via dal bagno.

Ma i suoi riflessi, vincono su tutto.

Sull’uscio della porta, mi riprende.

Mi tira forte a se, abbracciandomi violento, despota, proprietario.

Sa che non può più tenermi con se.

Sa di paura, gliela leggo negli occhi.

Non può fare nulla.

Qualcosa ancora sì; mi strappa un bacio prepotente, brutale.

 

Chiudo forte gli occhi, resto immobile.

Chiudo forte i pugni, per non far risalire dallo stomaco tutta la repulsione, il fastidio e lo schifo che in due anni ho ingoiato.

Poi mi lascia.

Si volta per andarsene, ma resta immobile. Bianco come un cencio.

Mi giro anche io.

 

Dalila ci è di fronte.

 

Mi porto la mano alla bocca, incredula.

Sto per piangere lo sento.

Ci guarda dall’alto al basso, con riluttanza.

Legge la vergogna nei miei occhi.

Trova risposte a domande sempre taciute.

Vede gli occhi di Valentina, come ormai li stiamo vedendo tutti quanti.

 

“Lalì, non è come pensi.”

 

Tiziano gli va vicino, tenta di spiegarsi. Difendersi.

Vigliacco, cosa vuoi mai spiegare.

Ecco. Ecco l’uomo che dicevo di amare.

Dalila non si fa dire altro, alza un braccio e gli imprime uno schiaffo sonoro sulla guancia.

Scappa via il coniglio. Come il peggiore dei codardi, con la coda fra le gambe.

 

La vedo raggiungermi minacciosa.

Ma io non ho paura.

Ho attraversato l’inferno, ho navigato nella solitudine, cosa vuoi che mi faccia uno schiaffo?

Niente. Sei lettere. Imperiose. Pronunciarle, nella mia testa, mi fa soltanto ridere.

Me lo darei io stessa, se potessi.

 

Ma viene vicino, non fiata.

Mi guarda nel profondo, stringe forte la mia anima nelle sue mani.

 

Sei solo una sciocca, piccola, puttana.”

 

Peem.

Parte il colpo.

Ma mi schiva.

Niente che non sapessi già. Arrivi tardi amica mia.

Non starò qui a dirti che l’avevo appena lasciato, non starò qui a chiedere perdono.

Ho sbagliato, è giusto che paghi.

Per cui resto qui, a fissarti, con la durezza dei tuoi occhi nei miei.

E tu non dici altro.

Piangi, forse.

Per quello che hai visto? Per ciò che hai fatto?

Chi lo sa.

Ma non piangere, non farlo Dalila.

Domani ci sveglieremo entrambe, e questo incubo sarà gettato alle nostre spalle, stramazzato al suolo.

Vorrei toccarti, vorrei abbracciarti, ma sono spregevole ai tuoi occhi, in questo momento.

Indietreggi, senza dir più niente.

Tiri su un po’ d’aria, pesantemente, scuoti un po’ il capo e t’allontani da lì.

 

Ma che fai?

Mi lasci qui?!

Sono sconcertata.

Sognavo la mi denigrazione, ma tu signora quale sei, te ne sei andata lasciando che sia il silenzio a diffamarmi.

Oh, crudele.

Adesso, ora sì,  che questo silenzio pesa sul mio cuore.

Le tue parole, arrivano a raffica contro di me, graffiandomi.

Sto per piangere lo so.

E scoppio, quando dietro le tue spalle, appare la sagoma di Leandro.

 

 

Non riesco più a trattenermi.

Lacrime.

Lacrime.

Lacrime

 

Avrà visto tutto?

Avrà sentito?

No… ti prego, non è possibile.

 

“Clio! Clio aspetta!”

 

Ma cosa, cosa?

Non si può aspettare.

Proprio ora che avevo il coraggio per abbandonare tutto, tutto va giù a rotoli.

Ed io mi vergogno Leandro, mi vergogno.

Allontanarsi da qui, è l’unica cosa ragionevole da fare.

 

“Ma vuoi fermarti?”

“Che vuoi da me? Cosa vuoi anche tu?”

 

Mi ha bloccata, sbattendo forte la portiera della mia auto, semiaperta.

Mi guarda preoccupato, incerto.

Mi stringe forte, per la manica della maglia; restiamo così, un tempo immemorabile, rotto soltanto dai miei singhiozzi.

 

“Non bisogna mai rimanere soli, in certi momenti.

“Nemmeno con degli sconosciuti.”

 

Sbotto a ridere, senza neanche rendermi conto del perché.

Sono troppo sveglia, per gli psicodrammi. Lo so.

Ironizzare su di me, è da sempre stata l’arma per non perire.

Soccombere.

 

“Oh, questo sì che è un bel sorriso.”

“Leandro, ma tu che ne sai…”

“Io so. So tutto, cosa credi? Quando punto gli occhi su una ragazza che mi piace, voglio sapere tutto di lei.

“Ah sì, e lo sai che sono una povera, sciocca, puttanella?”

“No, però so che ti piacciono da impazzire le pizzette rosse del ber dell’uni. So che quando sorridi ti si illumina il volto in modo meraviglioso, che ti rintani per ore in biblioteca, e un mucchio di altre cose… ma non vorrei risultare noioso.

 

Quanto è dolce questo ragazzo.

Starei ad ascoltarlo per ore, senza contare che ha colto solo il meglio di me, come se ce ne fosse ancora tanto.

Mi dà speranza. Non so, è come se trovassi conforto nelle sue parole, come se rinascessi dalle sue labbra Clio di un tempo, ormai passato.

 

“Mi piace, come mi vedi.”

“Vedo solo il meglio. Il resto non mi importa.”

“Sei gentile.”

“Tu mi piaci Clio, la mia è più che gentilezza.

 

Ohi- ohi.

Un fanciullesco rossore, colora le mie gote.

Non so dire se sia la leggera brezza alzatasi, ma un brivido freddo mi ha scossa, dappertutto.

Che mi piaccia, questo ragazzo?

Lo guardo bene. Non è Tiziano. Eppure il cuore mi libra nel petto.

Sto debellando la sua malattia, come ho fatto a non accorgermene prima?

Ora so cosa fare. Sorrido.

Tiziano, si sta eclissando.

 

“Scusami, ma ora devo andare. Voglio risolvere una cosa.”

“Vai, vai. Solo promettimi che sorriderai un po’ di più.

“Ci proverò.”

“Faccela! Sii degna del nome che porti, Clio. Hai mai letto di una musa apatica?”

“A dire il vero, no.”

“Appunto.”

“Sei del corso di giornalismo anche tu, vero?”

“Sì.”

“Spero di rivederti. Mi ha fatto piacere conoscerti, Leandro.”

“Contaci. Ciao.”

 

Entro in macchina, distrattamente mi infilo la cintura di sicurezza.

Accendo lo stereo, metto in moto e gli passo dinanzi.

Mi saluta ancora, gli sorrido di rimando, controllando la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore, farsi sempre più piccina.

Non so dire cosa provi; un misto di sensazioni sconosciute, che si fondono fra loro, aprendomi davanti la porta della speranza.

Sono fiduciosa.

Sono sicura.

Lo voglio fare.

 

Imbocco la tangenziale, che lenta ma scorrevole, mi porterà al “Passaparola”.

Alzo un po’ lo stereo, distendendo i nervi.

C’è gente che passa flemmatica, nelle corsia attigua alla mia; quei volti sono spezzoni di vite, situazioni, emozioni.

Mi piace soffermare il mio pensiero, su possibili storie e situazioni.

E’ un giochetto che mi rilassa.

Ed ora, ho bisogno di tutta la calma del mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Unfaithful ***


(¯`•

`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

Zietta !

Bentornata nella mia fic ^^

Che piacere ritrovare le tue parole, delicate e sincere come sempre.

Tranquilla, nessuna colpa, alla fine contenta comunque che tu ci sia ^^

Eh già, Clio è cresciuta, è riuscita a guardare se stessa prima che lui; la adoro, nella sua complessità, debolezza ma incredibile forza.

Sono felice che i tre capitoli ti siano piaciuti. ^^

Ah! Volevo dirti che sto leggendo una tua fic, appena ho un attimo di tempo ti lascio un commentino e ovviamente di sommergerò di complimenti!!!

Sei davvero-davvero brava nella scrittura; hai uno stile molto delicato, sarà che ormai per me sei così; dolce e gentile, come le parole della tua storia ^^

Arwis_ comincia ad abituarmi ai tuoi complimenti.

Con il “non ti smentisci mai” hai colpito in centro la mia personalità piuttosto caotica, specie nelle mie storie ^^

Mi piacciono i colpi di scena ^^’

Fife_ hai centrato in pieno il personaggio Leandro! E’ una ficcy sì drammatica, ma una finestra sulla speranza, non la si chiude mai ^^

Blue tiger_ i tuoi commenti sono sempre ben graditi e accettati! Grazie per la costanza ^^

Keyra_ Ciao tesorina! Tranquilla se non hai potuto recensire lo scorso capitolo, non me la prendo sai ^^

Come ho detto anche alla zia, felice comunque che alla fine ti ci sia dedicata ^^

Guarda se ti devo dire la verità, questa storia è ispirata a una vecchia cotta che presi ai tempi delle medie; il tipo continua ad ossessionarmi, anche a distanza di anni, ma un contatto vero e proprio, come Clio con il “suo” Tiziano, non l’ho mai avuto! Diciamo che c’è del vero, mischiato alla fantasia!

E per quanto riguarda il tipo che si trova subito dopo la batosta, ti rispondo subito; alle volte, si perde del tempo dietro qualcosa di talmente tanto effimero, da non accorgersi che dietro l’angolo ci può essere davvero la felicità a portata di mano!

Certo nelle storie è tutto più semplice, ma alle volte basta guardarsi in giro sul serio! Te l’ho già detto una volta, forza e coraggio amica, la vita non può che riservarti ancora un mucchio di sorprese ^^

Vi saluto con affetto

LuNaDrEaMy

 

 

 

`·.¸ UNFAITHFUL ¸.·´¯)

Chap n.6

 

E’ da più o meno dieci minuti, che mi sto arrovellando il cervello, in cerca di qualcosa da dire.

Ma niente. Buio totale.

Ora che sono qui, le parole muoiono dalla testa, alle labbra.

Ingoio l’ansia, mi rigiro le mani nelle mani, sudaticce e scivolose.

Sono parcheggiata dinnanzi al locale, della finta cena felice; la scritta nominale e gigante, giallo fosforescente, campeggia in alto, sull’entrata.

Non so che ci faccio poi qui.

Il frontalino centrale della radio, illumina parte dell’abitacolo; quella luce, mi ipnotizza, portandomi in un mondo straordinario. Tutto mio.

Dolci note, di una canzone a me sconosciuta, cullano il mio sogno; distolgo lo sguardo dallo stereo, gustandomi quella sinfonia in assoluta scioltezza.

Mi distendo bene sul sedile, chiudo gli occhi, alzo un po’ il volume abbandonandomi alla musica e le sue congetture.

Questo pezzo, mi entra dentro.

Non so dire perché, lo fa e basta, scavandomi nel profondo, lì dove l’anima giace e riposa.

La sento svegliarsi, scalpitare come un bimbo nella culla.

 

Unfaitful, intona il ritornello.

 

Eccola la risposta.

Mi appartiene, di diritto, mi è stata cucita addosso, sulla pelle.

 

   awa

 

Story of my life

La storia della mia vita ..

Searching for the right

In cerca del bene ..

But it keeps avoiding to me

Che continua ad evitarmi ..

Sorrow in my soul

Tristezza nella mia anima ..

Cause it seems that wrong

Perchè sembra che il male ..

Really loves my company

Adori molto la mia compagnia ..

 

I don't wanna do this anymore

Non voglio più fare così.

I don’t wanna be the reason why

Non voglio più essere la ragione del per cui ..

Every time I walk out of the door

Ogni volta che esco dalla porta

I see him die a little more inside

Lo vedo morire dentro di se un di più ..

I don’t wanna hurt him anymore

Non voglio più ferirlo

I don’t wanna take away his life

Non voglio strappargli via la vita

I don’t wanne be .. a murdered

Non voglio essere .. un’assassina.

                   

awa

 

Ho il diritto di rovinare la vita ad una ragazza, sbattendole in faccia la verità?

Ho invece il coraggio di tacere la verità, per salvare la vita a un ragazzo senza cuore?

Sono crucciata.

Ma una cosa la so.

Non voglio più essere infedele; soprattutto con me stessa, Clio.

Tutto d’un colpo, la verità non sembra poi così crudele come scelta.

Ed allora mi convinco, scendo dall’auto e con passo felino mi dirigo verso l’entrata del ristorante.

 

Carino, davvero un bel posto.

Non c’ero mai stata, e non solo perché il bastardo non mi ci ha mai portata.

I tavoli sono ben ordinati, nella stanza principale c’è molta luce; il tutto è accogliente, dando quel tocco di genuinità.

Credo proprio ci tornerò. O forse no, meglio di no.

 

“Cameriere, mi scusi?!

“Dica, signorina.”

 

Un ragazzo paffuto, mi si avvicina, con le gote ancora arrossate per la corsa ai tavoli.

Gli sorrido, facendomi indicare il banchetto dei piccioncini.

Accenna un punto lontano, col dito indice; seguo la traiettoria, lanciandomi nella mischia.

Li avvisto, non appena entro in un elegante saletta appartata; luce soffusa, atmosfera tranquilla.

Tiziano è di spalle. Valentina sorride. Sembra serena.

E’ lei a vedermi per prima.

Non so dire se il suo volto, tradisca stupore o paura.

Abbozza un sorriso, strozzando un “ciao anche tu qui?!

Tiziano si volta, incuriosito; la curiosità muore pietrificata sul suo volto, non appena i suoi occhi si posano su di me.

Si alza di scatto, turbato.

 

“Stai, stai. Passo di fretta. Sì, anche io qui cara, ma non ti aveva detto niente, Tiziano?”

“No nulla.” “Tiziano vuoi spiegarmi?”

 

E’ preoccupata, il volto le si arrossa.

Certo, non ride più.

 

“Ha invitato anche me, doveva parlarci.”

“Non darle retta Valentina, è pazza. Vieni, andiamo via.”

 

Si avvicina a lei inquieto, tirandola su per una manica.

 

Cominci ad agitarti, allora?

Cominci a sudare eh?

Lo senti l’odore della paura, vero?

E non ti eccita più, già non ti eccita più.

 

No aspetta; ma voi due vi conoscete, anche?”

“Sì, molto intimamente direi. Vero Titti?”  “Ma che fai, non parli più?”

“Tu sei pazza. Sei malata.”

 

Punti il muso contro il mio, duro, minaccioso.

Credi di farmi paura?

Oh no, non c’è niente di meravigliosamente godurioso e pauroso, come una vendetta.

E non è te che temo. La vendetta, annienta l’anima.

Ma rido, arcigna, come hai fatto tu tante volte.

Questo, è il mio momento ed io non posso e non voglio, avere pietà per te.

 

“L’unico pazzo sei tu, che hai creduto veramente di rilegarmi all’angolo. Ti sei sbagliato.”

“Tiziano, di cosa parla Clio?”  “Siate chiari, non vi capisco.”

“Sono la sua amante, Valentina. Abbiamo una tresca clandestina da due anni. Ti è più chiaro, detto così?”

 

I suoi occhi da cerbiatta, si stringono ad ogni parola di più.

Scuote il capo in modo scombinato, allarga le braccia, cercando di recepire per bene ciò che i suoi orecchi hanno percepito.

 

“Non ho capito bene, scusa vuoi ripetere?” “E tu, te ne stai lì? Non dici niente?!

 

Tiziano è immobile, statico, attento a non tradire il minimo sentimento; ma quella espressione tirata, quella apprensione, non sono altro che il preludio di un crollo mentale molto vicino.

 

“Mente, è una bugiarda! Tu non devi darle retta. E’ capace di tutto questa puttanella.”

“Dico soltanto la verità. E quella si sa, brucia un po’ a tutti, te incluso.

Puttanella? Oh cielo, Tiziano e il nostro anniversario?!

 

Paura. La sente molto vicina anche lei, adesso.

Farnetica, ma sa che lui mente.

Lo legge nei suoi occhi. Dilatati.

E da quella smania, nelle sue parole.

E per quanto riguarda me, io sono troppo sicura. Invalicabile.

Mi guarda sperando che la stia prendendo in giro, che tutto ad un tratto me ne venga fuori con lo scherzetto di fine serata.

Ma non è così. Sono forte, imperturbabile.

So che lo sa; ne approfitto, cattiva lo so, per infierirle il colpo finale.

 

Perdonami Valentina, perdonami se puoi.

 

Fossi in te, sarei felice di non scartare, l’orribile contenuto di quel pacchetto regalo; un completo verde acqua, prima B. Non è nemmeno la tua taglia. Tu porti una seconda C.”

 

Istintivamente, si porta una mano al petto.

Poi mi guarda, sa che le sto fornendo la prova del nove; non esita un momento, afferra il pacco con la carta argentata, che sapientemente ho lavorato con le mie mani, e lo scarta con violenza e frustrazione, per quell’umiliazione ricevuta.

In un pugno, merletti e pizzi verde acqua, giacciono.

Prima B. Il cartellino non mente. Non è la sua taglia.

E non è certo per quello, che mette un espressione schifata sul volto.

Distrutta, getta sul tavolo il suo regalo per i quattro anni, passati insieme.

Fugacemente getta un’occhiata al suo ragazzo, che impassibile non può far nulla dinnanzi alla verità.

Non poter fare più niente; lo vedo perdersi con il pensiero fra un mare di scuse, che vorrebbe inventare, ma che tardano ad arrivare, tanto sia sconvolto.

Smania, si muove, si agita, intorno a quel tavolo come se avesse le fregole..

E mi guarda, pazzo.

Amo vederlo disperato.

Amo vederlo piegato.

 

Valentina ha capito.

Capisce quel silenzio. Quegli sguardi, quell’apatia; si passa le mani fra i capelli lunghi, inspirando ad occhi chiusi.

 

Non vuole chiudere la partita qua. Lo percepisco da quel respiro disordinato.

 

Mi guarda, vuole sapere ancora, vuole farsi ancora più male.

Scuoto la testa, con gli occhi la prego di non chiedermi altro.

Ma lo fa.

 

“Come fai a saperle queste cose?”

“Valentina io…”

“Dimmi come sai, Clio.”

 

Le trema la voce, socchiude gli occhi.

Vuole sentire, ma non vuole ascoltare.

Tiziano mi fissa, marmoreo, cereo.

Lo guardo, prima di cominciare a sciorinare, tutta la verità.

 

E’ per te, questa pallottola è per te, peggiore attimo di perdizione della mia vita.

 

“Questo bastardo da della puttana a me, ma non ha avuto neanche il buongusto di comprarti un regalo decente, in un negozio diverso da quello in cui lavoro io. E la tua taglia, beh quella la so, perché ho visto la tua biancheria nei comodini del suo appartamento, sull’Appia.”.

 

Crolla. Colpo secco.

Si abbandona, sulla sedia, dove prima sorseggiava vino rose’ e rideva. Ignara.

Mi guarda sconfitta, con la testa china, le gambe aperte e gettate alla rinfusa davanti a lei.

Le mani sono giunte, in preghiera.

E troppe ne dovrà recitare, per dimenticarlo.

 

“Ti ha portata lì.”

 

Non è una domanda, sembra più un lamento.

Ma le rispondo lo stesso. Sì, mi ha portata là.

E si piega ancora di più.

La vedo diventare tutto uno, con la sedia di pelle sulla quale è delicatamente appoggiata.

 

“Come hai potuto farmi questo?! Io ti amavo, ti ho dato tutta me stessa!”

Comincia a delirare, sempre accovacciata su se stessa.

Non alza più lo sguardo, chiude i piedi, fissando il pavimento.

 

“Non è come pensi tu, io amo solo te.”

 

Le è corso vicino, poggiandole una mano sulla spalla.

Più che per le sue parole, l’ho odiato con tutta me stessa per la persona meschina che è.

 

“E hai bisogno di scoparti un’altra, per farmelo capire?!

 

Sagace Valentina.

Dolce Valentina.

Vera Valentina.

Non ho mai udito risposta, a quella domanda.

 

Adesso basta.

Ancora una lacrima, a scendere su quel viso dolce, non la sopporto più.

Mi sento un mostro, ho i rimorsi che mi si attaccano alle gambe tirandomi giù.

Spero capirà, un giorno.

Non mi aspetterò certo gli omaggi, ma spero dal più profondo che sappia perdonare il mio crudele sciovinismo, di questa serata; non mi ringrazierà mai, ma dentro se forse, quando ci ripenserà, mi sarà grata. Lo so io e lo sai lei.

Ora è troppo presto, per le congratulazioni.

Così piccola, gettata su quella sedia, riesco quasi- quasi, a provare tenerezza per lei.

So che significa svegliarsi da un sogno, vissuto soltanto nella propria testa.

So che vuol dire essere violentata, nel profondo dello spirito.

Le auguro ogni bene. Spero che basti.

 

“Dove credi d’andare?!

 

Sto per guadagnare l’uscita, quando Tiziano mi tira indietro.

Lo guardo con disprezzo, voltandomi.

 

“Hai ancora il coraggio di fiatare? Ho dovuto fare a pezzi lei, per la tua vigliaccheria! Vergognati!”

“Tu non sai che cosa hai fatto…”

“Sì che lo so. Ci ho liberate. Da te, che sei un mostro!”

“Tornerai Clio. Tu tornerai.”

“No Tiziano è qui che ti sbagli. Forse lei lo farà, ma io non tornerò. Ah!”

 

Mi infilo le mani in tasca, cercando sul fondo qualcosa che gli appartiene di diritto.

 

“Tieni il tuo resto. Io non sono più complice del tuo delitto.

 

Gli sbatto i soldi contro il petto, quelli del suo resto nel pomeriggio in negozio, prima di lasciarlo sbigottito e imbambolato sull’uscio del locale, a mangiare aria dalla bocca spalancata.

 

Ora sì che sono libera.

 

Me ne rendo conto, entrando in macchina; è sera, la luna è al solito posto e le stelle pure, ed io, io, sono a girovagare per le strade. Di nuovo.

Non sono nascosta in nessun appartamento, non sono rintanata in nessuna automobile a prendermi i rimasugli di un amore ormai calato, come questa notte, fredda ma vincente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Inaspettata Gioia ***


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`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

`·.¸ INASPETTATA GIOIA ¸.·´¯)

Chap n.8

 

 

“Oh cielo! Clio, che cosa hai fatto?”

“Nulla mamma, sto bene dai fammi passare!”

 

Non ho fatto nulla mamma.

Sto bene. Almeno credo.

 

 Ho soltanto rischiato di gettare la mia vita, contro un guardrail.

 

Correvo mamma, correvo tanto forte, che il vento dal finestrino mi prendeva a schiaffi il viso.

E ho pianto tanto mamma, quanto ho pianto accidenti a me; la macchina traballava sotto alle mie mani, il volante girava impazzito, ed io pensavo solo a te, e papà.

Sì, accidenti a me, ho distrutto tutto il paraurti della macchina, spero non ti arrabbierai mamma. Però sto bene. Credo.

Ahi, quanto brucia questo graffietto sul viso mamma.

Guarda qua, che pasticciona, ho macchiato tutto il giubbotto con il sangue; correvo mamma, ti giuro che non ho visto schizzare via l’auto.

 

NO, che non lo so il perché.

Mi sentivo libera, così libera, da non sentire l’auto schizzare via; era in volo con me.

Ma no non sto male, è solo un periodo storto, passerà.

Ma mamma non volevo suicidarmi, non con la macchina nuova almeno!

Scherzo dai, lasciami andare, sono stanca e ho voglia di tuffarmi in una vasca piena d’acqua.

 

“Poteva andare molto peggio, non te ne rendi conto?!”

“Si vede, che ancora non hai visto come è ridotta la macchina.”

“Clio smettila. Mi sto preoccupando per te.”

“Non farlo, sto bene davvero, mamma.”

 

E’ così mamma, e tu non puoi farci nulla; ti sfuggo sempre dalle dita, ma non ti ho mai dato problemi, non ti ho dato mai motivo per dubitare di me.

Per questo mi lasci andare, con il viso perplesso ma speranzoso, perché conosci tua figlia: sai che è un leone.

E’ abituata a cacciare, non farsi cacciare.

 

aaa w aaa

 

Fisso il soffitto da tre giorni, ormai; tanto, è il tempo passato rintanata qui nella mia stanza.

Ho scatenato la guerra, ho lasciato il mondo a lottare, eppure non il coraggio d’andare a guardare. Mischiarmi, fra quel caos, di voci e volti, e magari incontrare i loro.

Sto così male, tanto da non sapere nemmeno io stessa il perché.

Non sono nata per far soffrire le persone. Questo mi so

Ho preso la mia rivincita è vero, ma l’ho rubata a quel viso mesto, dove prima brillava il sorriso e che ora, non brilla più.

Oh cielo, mi duole la testa.

I pensieri mi attanagliano la mente, così tanto che quando respiro, o chiudo gli occhi, mi sento soffocare; il loro pulsare mi asfissia, destandomi in continuazione.

 

“Oh, accidenti!”

 

Oggi è un giorno come questi.

Non riesco a stare ferma, muovendomi in continuazione.

Ammazzo il tempo tergiversando su questa situazione piatta, come posso.

Leggo una rivista di moda, ascolto un po’ di musica, ma i pensieri sono sempre lì, dove li ho lasciati.

Finche non ce la faccio più.

Mi alzo dal letto, afferro uno specchio e controllo il graffio sul viso; il rossore si è attenuato, il bruciore un po’ meno.

Tedioso, come quello interno. Quello alla bocca dello stomaco, sì.

Sul comodino, un bicchiere d’acqua e delle compresse, attendono la mia mano.

Accolgo la loro richiesta, buttandole giù d’un fiato entrambe.

Ah. Che piacevole disgusto.

Odio qualsiasi medicinale, odio qualsiasi cosa chimica. Contraffatta.

 

Il campanello suona.

In casa c’è uno strano silenzio.

Faccio finta di nulla, accoccolandomi fra le lenzuola ancora calde.

Suona ancora.

Mi volto su un fianco, ignorando il tutto con totale disinteresse.

Che strazio, sembra proprio una persona insistente, questa.

 

“Mamma, vai tu?”

 

Nessuno risponde, e il campanello suona ancora, più isterico di prima.

 

“Mamma, papà?!” “Ah, che palle, ma non c’è mai nessuno in questa casa?!”

 

Mi tiro su controvoglia; le ciabatte sono infilate sotto al letto, con gesto secco le sfilo via, sistemandomi il pigiama con le mani alla meno peggio.

Corro ad aprire, piuttosto svogliata apro la porta dal quale, con faccia stupita almeno quanto la mia, compare Dalila.

 

“Ah, sei tu…”

 

Non sono nata, per fare gli onori di casa.

Proprio no.

Vano il tentativo di mia madre d’addomesticarmi, ma questa visita mi ha colta totalmente di sorpresa.

E chissà com’è, non mi rende particolarmente allegra.

Per un istante, benedico anche d’aver preso le mie pillole; ne avrò proprio di bisogno, per non farmi spaccare il cervello, da questa specie di nanerottola assetata di vendetta.

E dovrò ben difendermi, a giudicare dal suo aspetto bello carico, gli occhi grandi ancora più spalancati e quel sorriso alla “adesso ti faccio fuori io”.

Infatti, scuote il capo appena finisco di fiatare, ed entra in casa, totalmente padrona del luogo; il mazzo di fiori che stringeva nella mano destra, mi finiscono contro il petto, con fare poco gentile.

Al bando le carinerie, insomma.

Con il piede richiudo la porta, poggiando i fiori sul comò all’entrata.

 

“Ma allora è vero?!”

 

Esordisce, ridendo.

Sembra ironica, mi squadra dall’alto al basso.

 

“Cosa, sentiamo…”

“Che hai fatto il botto.”

 

Nota dell’autrice_ “Botto” in romano significa incidente. ^^

 

“Sì. Sei venuta qui a controllare se fossi abbastanza viva?!”

“Ero sicura che lo fossi. L’erba cattiva non muore mai!”

“Ah, ora capisco tutto. Grazie, mi ricorsola sapere che mi volete morta! Non consolerà voi, dal momento che sono mooolto viva!”

 

Rido al pensiero, vagamente preoccupata.

Vagamente infastidita, da quel mezzo brivido di paura che per un attimo, mi ha accarezzata, tutta.

Mai stata superstiziosa in tutta la mia vita, ma sai com’è, un gruppo d’amiche infervorate fanno presa più di un qualsiasi rito vodoo.

 

“Se ti volevo morta cara mia, ti uccidevo con le mie stesse mani. Fidati!”

“Bene! Visita di cortesia la tua?!”

“In realtà non lo so nemmeno perché sono qui. Ho visto i tuoi al negozio, mi hanno detto che non stavi bene… ed eccomi qua.”

“Vuoi farmi credere che in tutto ciò, ti sei preoccupata per me?!”

“Sono pazza, vero?!”

“Se sei la stessa che mi ha dato dell’erba cattiva, sì. Un po’.”

“Lo so, lo sapevo anche prima di mettere piede qua dentro, ma chissà com’è, si spera sempre che ci sia del buono in tutti noi. Sarai anche una puttana, ma sei pur sempre la mia migliore amica.”

“Ah, grazie.”

“Stupida.”

“Grazie ancora Dalila, sei troppo gentile guarda.”

 

Resto a guardarla per un po’.

Lo sappiamo bene entrambe, perché è qui.

Lo so e lo sa molto bene anche lei.

Vuole la verità.

La vuoi eh?!

I tuoi occhi mi scrutano curiosi, li fai camminare sui graffi che ho sul viso, mordendoti un po’ il labbro; si fanno male. Tanto.

Li posi sulle mie mani, intrecciate fra loro, come faccio da una vita, quando sono nervosa.

Non mi piace farmi guardare, mi imbarazza; è come se con gli occhi, le persone riuscissero a rubare qualcosa di me. La mia verità. La mia essenza.

Ora forse, riuscirai a capire le mi fughe, i miei sguardi distratti.

 

“Era come questo graffio. Sì lui per me è come una ferita, inferta al cuore. Non marginabile.”

 

Alza lo sguardo sul mio; si siede sul marmo freddo del separé in salone, abbraccia un cuscino del divano, e resta immobile ad ascoltarmi.

 

“E’ dalle medie, che sognavo farlo mio. Mi piaceva tutto di lui, le sue mani, i suoi occhi, quel carattere freddo e distaccato. Non mi guardava mai, amavo anche questo. Non avrei mai pensato, che mi sarei trovata fra le sue braccia….”

 

Sono stata una mezzora buona, a parlargli della mia malattia.

La malattia Tiziano.

L’ho vista ridere dei racconti della mia corte sfrenata, rabbuiarsi quando le ho parlato dell’incontro in università e di Valentina, della doppia personalità e dei dubbi attanaglianti e piangere, delle parole spese per quelle sere a casa sua, dove ubriaca d’amore, gli concedevo tutta me stessa.

Poi, non ce l’ho fatta più.

Le parole sono morte in gola, ed ora sono ferma qui, appoggiata ad un muro freddo, freddo come il gelo dei miei ricordi.

Sto male, male davvero.

E le mie lacrime, non sono nostalgia.

Rimorsi. Solo rimorsi.

Lei, scende dal separé e mi viene incontro.

 

“Perché non me lo hai detto prima?!”

“A cosa sarebbe servito?!”

“T’avrei dato tanti di quei calci nel sedere, che t’avrei svegliata!”

 

Sorrido, ne approfitta per abbracciarmi.

Per la prima volta da giorni, mi sento veramente meglio.

Sarà che dopo tanto tempo, respiro aria di sincerità.

 

“Mi dispiace per tua cugina”

“Si riprenderà.”

“Lalì?!”

“Sì?”

“Perché sei venuta oggi?!”

“Perché sei la peggiore persona che conosco, ma anche la migliore.”

 

Sono bastate poche parole, per commuovermi.

Sarà per la mia instabilità emotiva.

Sarà perché per tempo immemorabile sono stata soffocata da tanto male, che adesso sentirmi attraversata dal bene, mi rende fragile. Diversa.

 

“Ti voglio bene Lalì.”

“Sì, ma non dubitare mai più, della mia amicizia.”

“Mai più.”

“E quel cretino, mollalo! Ti ha rubato due anni di vita, che nessuno ti ridarà mai indietro; non permettergli di abusare di te ancora una volta.”

“Dimmi la verità. Valentina lo ha perdonato?!”

“Non sia mai! La uccido! Lo stesso discorso vale anche per lei; se vi becco a ronzargli ancora intorno vi tiro il collo. A tutte e due!”

“Già. Ma non sarà facile…”

“Tu sei sulla buona strada, ma lei la vedo un po’ titubante. Perché non ci parli?!”

“Io? Ti sei bevuta il cervello?!”

“No per niente. Secondo me, tu sei l’unica che può farle tirare fuori un po’ di carattere.”

“Non lo so…”

“Sei perfetta, te lo dico io.”

 

La guardo, non so cosa le sta frullando per la testa.

Ma se ci penso bene, posso essere davvero l’unica, a non far ricadere Valentina nella tela del ragno.

Io, la sua tessitura, perfetta e ingannevole, la conosco a menadito.

E sono sopravvissuta.

 

“Sì, l’aiuterò io.”

“Bene. Ora vado, ho lezione fra un po’.”

 

L’ho accompagnata alla porta, salutandola con affetto sincero.

Grande Dalila.

Forte Dalila.

La mia migliore amica da sempre. Anche in questa occasione, non si è risparmiata.

Perplessa ma stranamente gioiosa, mi dirigo in camera mia.

Apro l’armadio, tiro giù un paio di jeans con una felpa chiara, e mi appresto nel prepararmi.

 

Pochi preamboli, molta praticità, mi ritrovo sotto casa di Valentina, in poco meno di mezzora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Very Valentina ***


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`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

Blue tiger_ cara.. per scoprirlo, non ti resta che leggerlo nel prossimo chap, capitolo conclusivo di questa fic! ^^’

Keyra_ ti ringrazio per la recensione! La storia si evolve sì, non potevo lasciarvi a bocca asciutta ti pare! ^^

Zietta_ come non posso darti ragione, è molto difficile buttarsi nel torbido, ma ancora più difficile avere il coraggio di tirarsene fuori, già-già!

Valentina, da sempre lossessione di Clio; infatti come hai ben colto, in tutta la storia non fa altro che compatirsi per la sottomissione nei confronti di Tiziano, ma diventa una furia quando lo spettro dell’altra la riporta alla realtà, facendole aprire gli occhi su ciò che è realmente.

D’accordo con te anche per quanto riguarda l’amicizia e Dalila.

La verità alla fine ripaga sempre, e con il tempo piano- piano anche la fiducia si riconquista.

Infondo l’amicizia non credo si fondi solo su sorrisi falsi e felicità utopica; più è difficile il percorso, più si ha la controprova di quanto sia forte e duratura.

Arwis_ giuro che quando ho letto la tua recensione sono rimasta così à O.o

Addirittura paragonarmi a “Tre metri sopra al cielo” ?

Anzi no, giudicare la mia storia, molto più interessante?

Guarda per me è un onore, davvero! ^____^

Non solo perché comunque quel libro mi è piaciuto molto, ma perché come hai detto tu stessa essendo molto commercializzato e popolare, non mi ritenevo proprio all’altezza! ^^’

Non pecco di modestia assolutamente, quando scrivo sono sempre un po’ titubante; fortuna che ci sono persone sempre pronte a dimostrarmi il contrario e a darmi coraggio. Grazie!

Parentesi perdono: sì, è davvero molto difficile perdonare qualcuno, di qualsiasi torto si sia macchiato.

Ma sai spesso nella vita frenetica di oggi, si è più abituati a lasciarsi andare, cancellarsi con un colpo di spugna, darsi addosso.

Il perdono è sempre la scelta meno ovvia.

Perché è più semplice, scappare.

Qualcuno insegna, che al mondo esistono le eccezioni. Ed io mi ci metto in mezzo, se non proprio offesa e ferita nell’animo, preferisco sempre il perdono al rancore.

Per gli errori ortografici, ahimè non finirò mai di scusarmi!

Molto spesso aggiorno tardi la sera, o comunque scrivo tardi, capace qualcosa nel testo mi salti!

Grazie comunque per le annotazioni ^^

Vi lascio,

LuNaDrEaMy

 

 

 

`·.¸ VERY VALENTINA ¸.·´¯)

Chap n.9

 

Sono sotto casa sua.

Oh mamma, quanti ricordi questo portone, suscita in me.

Tiziano, abita poco dietro l’angolo della strada.

Ho il cuore in gola.

 

“Signora, può mandarmi giù Valentina? Sono una sua amica.”

 

Amica.

Gran bel parolone.

Mi sono fatta il suo ragazzo, non mi definirei proprio amica, ma posso aiutarla.

Lo voglio.

E allora alcuni appellativi, possono anche andar giù lisci.

Scende in strada, dopo un po’.

E’ ben vestita, ha i capelli raccolti da un foulard, le guance appena-appena colorate di rosa.

Non fa una piega, quando mi vede.

Anzi sorride, richiudendo il portone alle sue spalle.

 

“T’avrei chiamata io, guarda.”

 

Rimango stupita.

Mi ha spiazzata.

Insomma un colpo mortale può ben bastare, non so a cosa le servirebbe un secondo round.

 

“Sì, non ti ho lasciata il tempo per insultarmi, l’altra sera.

“Dalila lo diceva, che eri molto simpatica.

“Dalila dice molte cose giuste.”

 

Ride, si scioglie un attimo.

Non serra più i pugni, scesi sui fianchi come vecchi arbusti abbattuti dal vento.

Non sorride più, come un robot impostato.

Ora il viso è sereno, disteso.

 

“Tu invece, cosa hai da dirmi, Clio?!

“Scusa, innanzitutto.”

“Scusa ?!Non ti sembra troppo, inarrivabile Clio?”

“Valentina io… cioè per me già è difficile…”

“Lo so che è difficile. Non è mai facile per le persone egocentriche, ammettere d’aver sbagliato.

“Io non sono egocentrica.”

“Sì, tu sei come lui, amate soltanto voi stessi.”

“E’ qui che ti sbagli. Io l’amavo.”

 

Mi prende per il gomito, portandomi verso la sua auto.

La apre di forza.

Dal cassettino anteriore, tira fuori un anello e un bigliettino.

 

“E’così che l’amavi?!

 

Me li mette in mano, di prepotenza.

E’ una lettera d’amore scritta di suo pugno, con la calligrafia arrotondata, proprio da signorina; l’anello, è una fedina impreziosita dal suo nome.

Valentina. Nove lettere, d’oro brillante.

Rimango basita.

Ed anche piuttosto scossa.

 

“Non ho fatto in tempo a dargliele. Non so se è un bene o no…”

 

E scoppia a piangere.

Vorrebbe trattenersi, ma poi guarda verso me; non sto meglio di lei, per questo deduco si sia lasciata andare.

La prendo per le spalle, scuotendola.

 

“Lo sai perché non l’amavo così?! Perché non me lo ha permesso! Ma cosa credi? Che io ero nel suo olimpo? O che forse stavo meglio di te, gettata nell’angolo a guardare e vivere sulla vostra felicità, come una parassita?! Pensi lui mi abbia mai amata, come ha amato te? Pensi sia stata felice nel sapere di te? Ma tu lo sai da quanto io gli muoio dietro?!”

 

Non sa da dove cominciare.

Ed io non la mollo, continuo a scuoterla.

Per un attimo, ho temuto di spezzarla; spaventata l’ho lasciata arretrare, di rimbalzo.

 

Ho passato due anni di inferno, sperando che prendesse una decisione. Non è mai arrivata, quella decisione non è mai arrivata, Valentina. Ed ho continuato a farlo, ho continuato a devastarmi. Solo per lui. Solo per lui.”

 

Sto delirando.

E piango, maledette lacrime di frustrazione.

Credeva fossi io la principessa.

Tse, io ho solo preso il marcio di tutto ciò

Lei almeno era ignara, io la verità l’ho guardata ad occhi aperti. Spalancati.

 

“Io come faccio a sapere come ti ha trattata, me lo spieghi? Io so solo che la verità mi è piombata addosso, senza preavvisi, nel momento più felice della mia vita!”

“Ecco, tu eri felice, Tu eri sua,  tu hai goduto del suo amore! Io sono stata la sua bambolina da manovrare a piacimento,. Vuoi sapere come mi trattava? Sette giorni su sette, mi rinchiudeva nel suo bilocale, rigorosamente dopo le sette di sera, sempre soli, sempre a consumare un rapporto clandestino, a svuotarsi delle frustrazioni della vita, con la convinzione che io non l’avrei abbandonato mai. Mi ha presa, usata, rigirata, sempre in nome della mia fedeltà. Tu almeno, hai assaggiato il buono di lui, io nemmeno quello.

“Perché lo facevi? Perché ti davi a lui, se eri insoddisfatta?!

“Perché è l’uomo più spregevole che io conosca sulla faccia della terra, ma lo amavo. L’ho sempre fatto.”

“Anche io lo amavo. Avete distrutto la mia vita.”

“Tu sei ancora salva, Valentina. Quella che dovrà passare le pene dell’inferno, per il resto della vita, quella lì sono io. Ho annullato la mia essenza, ho deriso me stessa, vendendomi in nome di un amore immaginario. Ed io sapevo, sapevo che non ne sarei mai venuta a capo. Eppure, imperterrita ho proseguito per la mia via. Sai, credo che la mia anima, non tornerà mai completamente pulita.

 

Piccole gocce, bagnano le mie guance ormai arrossate dalla foga.

Potrò liberami di lui.

Potrò tornare ad una vita normale.

Potrò sorridere ancora alla vita.

Ma la mia anima, questa sì, che resterà macchiata a vita.

 

“Io, non potevo immaginare tutto questo.”

“Ne sei proprio sicura? Tu eri la sua ragazza, lo conosci meglio di me. Sai che persona è.

“Ho scoperto un mostro Clio, ed io Tiziano non l’ho mai saputo così spietato.

“Cosa ti aspettavi? Ristorantini? Cinema? Forse passeggiate al chiaro di luna? No, niente di tutto ciò.”

“O persino creduto che fossi io il motivo, dei suoi sorrisi in certi giorni, in cui sembrava non ascoltarmi e con la mente viaggiava in una dimensione lontana da me.

“Rideva di me, Vale. Della mia ingenuità. Infondo sono rimasta la sciocca ragazzina di undici anni, che gli sbavava dietro, quasi fosse una celebrità. Ma tu sei ancora in tempo, non fare come me, non buttarne altro. Non buttare te stessa.”

“Non lo so.”

“Ti ha richiamata, vero?!

 

Come faccio a saperlo?

Una volta tentai di mandarlo al diavolo.

Mi richiamò subito.

Mi deliziò con vane promesse.

Mi promise cielo sulla testa e terra sotto ai piedi.

Non fece mai nulla di tutto ciò.

Ma la mia ossessione non si affievolì, anzi divenne ancora più forte.

Non c’è nulla di più forte del desiderio e dell’ostinazione, quando tutto sembra girare al contrario.

E Valentina, lei ha lo stesso mio sguardo da vittima tentata dal peccato.

Mi guarda, sbiancando.

E non c’è bisogno di sua risposta, so che è così.

 

“Non volevo essere invadente, scusa. Infondo che diritto ho, io proprio io, di impicciarmi dei cavoli tuoi.

“Nessuno, appunto.”

 

Le sue parole, mi trafiggono il cuore.

Mi sento morire.

Ma cosa hai capito, Valentina ?

Io non voglio portartelo via.

Non un’altra volta.

Ero qui per te. E per me sì certo.

Mi sto scaricando la coscienza, lo so.

Pensavo comunque servisse anche a te, per liberarti.

Ma tu non vuoi.

E allora, chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

 

Non ti dico una parola; mi volto, per andarmene via da qui.

Cammino piano, alla rinfusa, perché adesso non so davvero dove andare o cosa fare.

Mi hai spiazzata, piccola Valentina.

E’ la tua puntigliosa rivincita. Brava!

 

“…ma so che se non ti do retta, io ci ricasco con tutte le scarpe. Aiutami ti prego.”

 

Mi giro dalla tua parte.

Sei qui, che mi tieni per la manica della maglia e mi fissi con quegli occhi innocenti, da bambina, verdi come un prato la mattina presto:

Annegati di rugiada.

 

“Cosa vuoi che faccia, per te?!

“Dimmi che è tutto vero. Che sta mentendo, che è un bugiardo, bastardo.

“Se stai qui a pensarci, sai che lo è! Altrimenti adesso staresti con lui ,al posto di perdere tempo qui con me.”

 

Si butta fra le mie braccia, quasi come non aspettasse altro che udire queste parole.

L’abbraccio forte, come si stringe un figlio al proprio petto.

Oscuro mi è il motivo.

So solo, che non potrei mai più odiarla.

 

“La faresti una cosa per me?!

“Perché ho paura, Valentina?!

“Perché non c’è niente di meglio, di un ex ragazza, e un ex amante, sul piano di battaglia.

 

Questa ragazza è incredibile!

E perfida, almeno quanto me!

Ma posso capirla meglio di chiunque altro, in questa situazione; quando il silenzio e il tempo non bastano a guarirti dall’ansia, è il momento di agire e muoversi da sé, per liberarsi di tutto il veleno che ostruisce le arterie.

 

“Sono tutta orecchi, spara!”

 

Cela un sorriso, dal viso ancora bagnato dalle lacrime.

Guarda lontano, e piano, con voce quasi sibilante, mi sciorina tutto il suo piano diabolico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Ilpunto e la sfera. Epilogo, di una fine ***


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`•.¸ IL PUNTO. E LA SFERA ¸.•´¯)

 

 

 

Ragazze mie, eccoci alla fine!

Che bello, quasi mi sento libera da un peso io stessa!

Non fraintendetemi, intendo dire che terminando questa fic, è come se avessi detto definitivamente addio anche io, a quella vecchia storia là. ^^

Vi ringrazio di tutto cuore, una ad una, per le ultimi recensioni e il supporto sempre continuo.

Grazie!

Vi ho torturato i sensi con la canzone “Unfaithful” di Rihanna, me ne scuso, ma l’ho scritta e pensata con codesta colonna sonora, per cui a qualcosa è servita! ^^’

Dopo questo breve passaggio tornerò nella sezione romantica, per completare una mia vecchia storia lasciata a metà; se volete, ci rincontreremo presto, sempre e comunque su questo eccezionale sito!

Godetevi il finale!

Bacio e a presto,

LuNaDrEaMy

 

 

 

IL PUNTO E LA SFERA. EPILOGO, DI UNA FINE.”

Chap n10

 

Ecco brava, fermati qua! Sicura di volerlo fare?”

“Sei tu, che dovresti dirmelo. Per me è già passato.”

“Sì, hai ragione. Perché è così difficile, Clio?!

“E’ sempre così, quando ci sono di mezzo i sentimenti.

“Già. Dopo che farai?!

“Non ci ho mai pensato veramente. Tutto quello che voglio è ricominciare.”

“Spero di avere la tua stessa forza.”

Ce l’hai! Guarda dove mi hai portata!”

 

E’ così che ti lasci andare in una risata, Valentina.

Sotto casa del tuo ex, intenta a chiudere la portiera della tua auto.

Va a vedere, che la più forte fra di noi, sei proprio tu.

Hai avuto un piano geniale.

Un po’ devastante forse, ma il tuo coraggio è da premiare.

 

“Tiziano?”

“Chi è?!

Clio. Sono sotto casa tua, apri per favore, voglio parlarti.

“Oh, Clio! Sì, sali!”

 

La sua voce è suonata un po’ troppo mielosa, per i miei gusti.

Sorrido a Valentina, apprestandoci a salire nell’ ascensore che lento, ci condurrà al quarto piano, di questo palazzone grigio e rosso.

 

“Allora, aspetto che tu mi venga a chiamare.

“Sì, ti lascio la porta un po’ aperta, così potrai sentire meglio. Forza e coraggio, amica mia!”

 

L’abbraccio forte, prima di lasciarla seduta fra le scale, appoggiata malinconicamente al muro. Fatti forza, cara mia.

Suono al campanello, un po’ agitata.

Tiziano compare sull’uscio, con il cellulare fra le mani, vestito di una sola tuta e una felpa.

Un borsone, lasciato in terra, poco vicino l’ingresso.

 

“Stavi uscendo?!

“Ti stavo venendo a prendere, veramente.”

“Venire a prendere, me? Tiziano sono Clio, sveglia!”

“Stupida. Lo so benissimo chi sei. Volevo parlarti.

“Bene, sono qui adesso. Mi fai entrare?”

“Sì infatti. Strana come cosa.” “Prego, entra.”

“Lo sai… che non posso fare a meno di te.

 

I suoi occhi s’accendono, di un verde immenso, bellissimo.

Quante di quelle volte, mi ci sono specchiata.

Quante di quelle volte ho desiderato averli sempre per me.

Ma ora nulla.

Ti guardo; sì sei un bel ragazzo indubbiamente, ma dal mio cuore rimbalzi via.

Ti trascino in casa, accorta a non spingere la porta troppo forte come promesso a Valentina, e con fare ammaliante, ti conduco nella tua stanza da letto.

 

“Anche io, non posso fare a meno di te.”

 

Ti sento appena.

Parole vuote, spente.

Non mi tocchi, Tiziano. Non mi tocchi più.

Ti spingo sul letto, intenta ad apparecchiare il nostro banchetto.

 

No aspetta. Stavolta voglio parlarti sul serio.”

 

Mi tiri indietro, dalle spalle.

E lo fai con assoluta convinzione, tranquillità.

Mi sconvolgi davvero.

Hai me sul tuo letto, provocante e selvaggia come ti sono sempre piaciuta, e mi tiri per le spalle, solo per parlare?!

Mi siedo al tuo fianco, sistemandomi i capelli scomposti, con la mano.

Non so cosa pensare, fisso il pavimento vagamente dubbiosa.

 

“Mi sei mancata davvero tanto. In questi giorni, non ho fatto altro che pensarti, notte e giorno.

 

Ma davvero?

Quasi- quasi mi commuovo.

O do di stomaco. Scegli.

Vorrei vomitarti addosso, ma non posso.

Impossibile è darti una risposta.

Non riesco a reagire, neanche non lo volessi per giunta!

Te ne accorgi, ma fai finta di nulla, continuando a parlare con vena un po’ apprensiva.

 

“Questa cosa mi ha fatto riflettere, come l’intera situazione. Non mi ero mai accorto di quanto ci tenessi veramente a te; Starti lontano mi ha fatto capire me stesso, mi ha fatto aprire gli occhi. Su di te. Ho tentato di scacciare via il dubbio, ma non ci sono riuscito.

“Quale dubbio, scusa?!

“Di essermi innamorato di te, Clio. Esserlo sempre stato forse, e non averlo mai capito.

 

Schietto, sincero, senza compromessi.

Sei arrivato in diretta, senza pubblicità.

Crudele, bastardo. Egoista, ancora una volta.

Ho aspettato due anni, per sentirti pronunciare queste parole.

Ho pianto, non ritenendomi all’altezza.

Ho imbruttito me stessa per queste quattro sporche parole, ed ora che le sento pronunciare, si limitano a riecheggiare nel vuoto della stanza.

Non mi tentano.

Non accarezzano il mio cuore,  come facevano una volta, anche solo per dirmi i tuoi no.

No all’amore.

No alla luce del sole.

No alla verità.

 

Ti guardo impassibile. Fredda.

E tu non sai che fare. Non sai che pensare.

Nei tuoi si leggono altri dubbi, altri pensieri.

Non ho mai goduto così tanto in vita mia, nemmeno quando premevi le tue sporche mani contro il mio povero corpo.

Non sei abituato a vedermi inerme, con te.

Ti ho qui, fra le mie mani, che mi guardi con lo sguardo da cucciolo, e non provo pietà per te, nemmeno tristezza. Sono immobile.

Nulla.

E tu sei fragile, sei arrendevole.

 

Nessuno mi darà una seconda opportunità come questa.

 

Valentina, questa è per noi.

 

 

“Spogliati, subito.”

 

Ubbidisci, senza battere ciglio.

Ti levi la felpa, appoggiandola lungo le mie gambe, che a cavalcioni, ti cingono la vita.

Addominali perfetti, pelle liscia e morbida.

Praticamente l’eden, ma da sopportare e tenere a debita distanza.

Ti butto giù, cominciando a far scorrere la mia lingua lungo tutto il tuo corpo.

Ti ecciti, ogni singolo movimento di più.

E ad ogni movimento, ti ritrovi sempre più nudo.

Ma sei avido e frettoloso, porti le tue mani su di me, tenti di spogliarmi, perché così denudato ti senti solo, smarrito.

Ti blocco le mani, le lego al letto con la tua stessa felpa, provocando in te ancor più eccitazione.

 

Clio?!”

“Sì, dimmi…”

“Io ti amo.”

 

Ti odio.

Io ti odio invece, con tutta me stessa.

Fasullo, verme, ingrato.

Avevi tutto il mio amore fra le mani, cosa ne hai fatto?

Polvere.

Aria.

Pagherai per questo.

 

Piano, dondolo su di te; lo sfrigolio dei miei jeans sulla tua pelle rosa, ti ammalia.

 

“Mi vuoi?! 

“Da pazzi, Clio…”

“E Valentina?!

“Di lei, non mi importa più nulla. E’ te che voglio.

 

E’ in quel preciso momento, che mi alzo da te.

Ti muovevi sotto al mio corpo, ti agitavi come una foglia nel vento, ma adesso mi guardi perplesso e scontento; adesso sai, cosa significa restare a bocca asciutta.

E godo, godo per questo.

 

“Vediamo… se hai il coraggio di dirglielo in faccia.

 

La tua espressione stupita, adesso sembra più che altro impaurita.

Mi sistemo i vestiti, che tu sei ancora a guardarmi sul tuo letto, solo e nudo come un verme.

E’ così che resterai. La tua sorte è già scritta.

Sto per uscire da quella stanza, quando torno sui miei passi e mi avvicino nuovamente a te:

 

“Ah, io non ti amo.”

 

Resti a guardarmi immobile, così come un povero diavolo, mentre ti rubo un bacio a fior di labbra.

L’ultimo.

E poi sorrido. E tu muori.

Ti lascio, esco dalla tua vita. Per sempre.

 

Avanti la prossima.

Mi porto fuori casa, Valentina è in piedi sullo stipite della porta, pronta a prendersi la sua rivincita.

La bacio sulla guancia, sorrido appena porgendole una mano sulla spalla; lei mi sorride, inspirando dolorosamente.

Le do un ultimo sguardo, prima di lasciarla andare al suo destino.

 

 

aaa w aaa

 

Non so a cosa le servì, sbattersi contro il muso una verità ormai palese.

Quello che sono arrivata a pensare tempo dopo, mi fa letteralmente pensare che infondo Valentina era un po’ come me, subdola e sottomessa al fascino di quella sirena, ammaliante e convincente, anche in consapevolezza che sia traditrice.

Quando si dice, che si debba sbatterci il muso forte, insomma.

Ma è stata forte, la piccola Vale.

Gli ha rigurgitato addosso la sua rabbia, e da quel che si racconta fra i corridoi dell’università, sembra lo abbia letteralmente ammanettato al letto.

, pare che il tipo fra i suoi vari cimeli del sesso nascosti sotto al letto, custodisse delle luccicanti manette; troppo stupido da non ricordare che anche Valentina, lo ricordava.

Pare sia rimasto legato a letto un’intera pomeriggio, prima del rincasare dei suoi genitori, visibilmente scossi dal ritrovamento.

Avrei pagato non so quale somma, per godermi la scena!

Lei, non l’ho più vista da quel giorno.

Beh sì, ad eccezione all’uni, ovviamente.

Credo sia stata una scelta molto naturale, giusta ecco.

Certe ferite è meglio lasciarle rimarginare, in silenzio e lontananza.

Credo cha nel momento giusto, ci ritroveremo con la stessa naturalezza, di quando ci siamo lasciate.

Per quanto riguarda me, ora sto bene. Sì, molto.

Ho guardato al futuro e lo fatto nel preciso momento, in cui ho messo piede fuori casa di Tiziano.

Una volta in strada, ho cominciato a pensare al mio domani.

Sorridevo dalla contentezza, estasiata da quella totale gaiezza.

Ricordo d’aver bevuto ad una fontanella, zampillante d’acqua fresca.

Lì, mi sono disfatta del suo sapore, una volta per tutte.

Sì è stato come lavarmi via lo sporco. Pulirmi, dal peccato.

Tornerò ad ispirare l’arte e l’ingegno di un altro uomo, che magari in questo momento, mi starà anche cercando.

Sono fiduciosa, nel domani. Sono viva, stramaledettamente viva!

E forse, questo è il momento buono, per sfruttare il numero in rubrica, di quel ragazzo tanto simpatico, conosciuto alla festa dell’università.

Quello con il nome strano, mitologico…

 

 

 Ora non sei più la mia ossessione.

Adesso sì, che mi  sento nuova. Mi sento me. Libera.

Libero è il mio cielo.

La mia costellazione.

E noi due non siamo più, come il punto e la sfera.

 

Hai smesso di battere piccolo puntino nell’oscuro, ma la sfera continua a girare su se stessa, perché non c’è punto, che possa tenerla rilegata a sé.

 

 

 

 

 

 

 

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