Palpiti

di Shinalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - The End ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Voi direte... ma non hai già un numero considerevole di storie in corso...? ehm.. ebbene si, ma a mia discolpa devo dire che questa era conservata in un file stipato nel mio pc! XD l'ho scritta tempo fa e sono stati abbozzati già i primi capitoli... :) é una storia abbastanza sciocca... ma mi andava di postarla.Baci baci


Poteva un cuore morto e freddo spezzarsi? Mi sembrò che il mio potesse farlo.

 

Lei era lì, tra le sue braccia. Quella che un tempo consideravo alla stregua di una sorellina minore.

I nostri clan avevano stretto rapporti ormai più di cinquant’anni addietro, e fu allora che la conobbi. La creatura più bizzarra che avessi mai visto. Una mezza vampira!

Prima di incontrarla non avrei mai immaginato che potesse esistere una razza tanto strana, benché di leggende me ne avessero raccontate spesso. Non potevo certo credere all’idea che un vampiro potesse procreare!?

Ma andiamo… roba da pazzi visionari, alla stregua di Alice! Mi dicevo.

Ed invece lei era la prova vivente che le mie supposizioni fossero più che errate.

Il capo del clan di Denali si era innamorato di un’umana, Carmen, e con lei avevano concepito la piccola Bella. Quando la conobbi non era nulla più che uno scricciolo dagli occhi color cioccolato ed un sorrisetto sempre dipinto in volto. Aveva solo qualche mese, eppure dimostrava poco più di un anno.

Ci eravamo recati da loro per portare le nostre congratulazioni ai novelli genitori, ma spinti soprattutto dall’immensa curiosità che l’evento ci aveva indotto.

La crescita accelerata di Bella – diminutivo di Isabella – aveva destato non poche preoccupazioni nella sua famiglia e per tale motivo ci stabilimmo presso di loro per svariati anni, permettendo a Carlisle di svolgere le dovute ricerche. Ciò che scoprimmo tempo dopo allietò i nostri animi: a quanto pareva le creature come lei arrestavano il loro sviluppo ad un’età apparente di diciotto anni, per affrontare l’eternità da esseri immortali.

Mai una notizia riuscii ad arrecarmi più gioia. In quegli anni mi ero affezionato a quella piccola bambina, continua fonte di disastri e di sorprese. Per quanto fosse metà vampira era dotata di un equilibrio carente ed una sbadataggine colossale. In compenso possedeva la bellezza di un qualunque vampiro, accentuata da quei tratti umani, come le gote costantemente arrossate e quel cuoricino palpitante, che la rendevano ancora più splendida. Per non parlare dell’immenso calore che infondeva al contatto con il suo corpo.

Il suo sguardo era in grado di ammaliare chiunque ed io non ero che la sua vittima preferita. Era perfettamente consapevole di avere su di me il totale controllo, un piccolo insignificante broncio o una sola lacrima mi avrebbero condotto a compiere le azioni più folli.

E con la sua crescita le cose non erano che peggiorate!

Era diventata una ragazza, una bellissima ragazza ...

Ed io, mi scoprii follemente ed incondizionatamente innamorato di lei ... troppo tardi!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***





All’epoca non comprendevo cosa fosse realmente l’amore. Ero certo che una creatura dannata come me non potesse aspirare a tanto. Con il tempo sarei stato costretto a ricredermi, rammentandomi scioccamente quanto, le palesi dimostrazioni, fossero state per quasi un secolo dinanzi ai miei occhi. Vivendo tra coppie innamorate avrei dovuto essere consapevole che un simile sentimento potesse sorgere anche nel cuore di un vampiro ma, forse, il reale problema era la mia incapacità di accettare quella natura che mi era stata imposta.

Sospirai sommessamente, gettando uno sguardo all’orologio. « Bells, datti una mossa! » urlai contrariato. Erano ormai passate le sette e di lei nemmeno l’ombra.

Le avevo promesso di accompagnarla ed essere il suo sostegno in quella prima giornata di scuola, proteggendola dalla marmaglia di studenti che non avrebbe esitato ad infastidirla. Negli ultimi giorni, nelle loro menti, avevo notato il visibilio e la curiosità per la prospettiva di una nuova studentessa, colei che poteva essere il passaporto per gli inavvicinabili Cullen. Erano state numerose le ipotesi sorte ed il vorticare dell’immagine fittizia nello loro menti era stato per me un vero martirio.

Come se loro potessero in qualche modo avere l’ardire di sperare di fare la sua conoscenza. Non l’avrei permesso…

Dovevo proteggere o no, la mia sorellina?

Quella piccolo peste dagli occhi color cioccolato, un delizioso visetto a cuore e dalle labbra sempre imbronciate.

Sorrisi. La mia piccola Bells.

7:50. Dannazione.

« Bells!? » urlai, nuovamente, iniziando ad irritarmi. 

Quando dorme non funzionano neanche le cannonate… l’unica che in quella casa poteva godere di un sonno ristoratore, non faceva che approfittare di quel suo vantaggio. Ancora mi domandavo se realmente gli esseri umani dormissero con una tale frequenza… era preoccupante.

Notai la figura di Carmen venir fuori dalla cucina, ponendo il vassoio della colazione, per la sua bambina, sul tavolo del salone.

« Tua figlia non si sveglia. »

« Sai che novità. » commentò ridacchiando, prima di allontanarsi. « Ti conviene svegliarla, o farete tardi. E non voglio tu corra troppo, in auto, quando sei con Bella. » mi ammonì, rivolgendomi un’occhiataccia di rimprovero.

Come se potessi avere un incidente con le mie capacità da vampiro! Alzai gli occhi al cielo palesando la mia esasperazione. Oltretutto non avrei mai fatto nulla in grado di porre in pericolo la mia piccola Isabella, ero più che consapevole della sua fragilità.

« Non preoccuparti. » mormorai.

8:00.

Ok, eravamo decisamente in ritardo.

Decisi di compiere un’incursione nella sua stanza, maledicendo il suo sonno profondo. Ero certo fosse ancora avvolta nel tepore del suo letto, incurante delle mie urla e della sveglia che, ad intervalli regolari, continuava a trillare esasperata.

Aprii la porta, dopo aver bussato leggermente, onde evitare di invadere la sua privacy e, non avendo ottenuto risposte, entrai nel suo piccolo regno.

Era una stanza graziosa, colorata in toni di viola e stracolma di libri. Da quando aveva iniziato a leggere, era divenuta una vera mania. Ancora rammentavo con calore le volte che, prima di allora, si avvicinava a me porgendomi un qualche volume. Quando ciò avveniva la conducevo nel mio rifugio nel bosco, una radura deliziosa, accanto alla cascata e trascorrevamo le ore immersi in qualche favola o romanzo.

Così tremendamente dolce.

Quei pensieri avevamo la capacità di intenerirmi, peccato che quella piccola creatura dalle guance rosse si fosse trasformata in una pestifera adolescente.

Scuotendo il capo con un sorriso dipinto in volto, osservai la scena dinanzi ai miei occhi.

Lei era lì, avvolta in una coperta ancora nel mondo dei sogni. Le labbra erano piegate in un tenue sorriso e la sua espressione rilassata riuscii ad imbambolarmi per qualche istante. Almeno sino a quando le risa mentali di mio fratello Emmett non ruppero l’idillio.

*Eddy Eddy, se non fossi certo che le droghe su noi vampiri non possano funzionare, darei per scontato tu fossi sotto l’effetto di qualcosa di molto potente*

Sbuffai irritato non degnandolo nemmeno di una risposta. Dopo quasi un secolo o si imparava ad ignorarlo oppure si metteva a punto un piano per cucirgli la bocca una volta per tutte. Non che non avessi ponderato la seconda ipotesi, ma Esme non me lo avrebbe mai permesso.

La mia dolce mamma, troppo magnanima.

Mi avvicinai al letto lentamente per godermi ancora per qualche attimo quella stupenda visione. Avevo sempre considerato Bella una splendida ragazza, ma quando era ancora assorta nel mondo dei sogni il suo viso era indescrivibile.

8:10.

Meglio darsi una mossa.

« Bella, su svegliati ... » sussurrai in tono carezzevole, lasciando scivolare con dolcezza una carezza sul suo volto. Odiava essere svegliata in malo modo, l’ultima volta che era accaduto Jasper era stato letteralmente scagliato dall’altro capo della stanza, dove aveva lasciato un’impronta piuttosto evidente. Personalmente io avrei provveduto ad eliminarla, ma la piccola mezza vampira aveva deciso di lasciare ai posteri un monito eloquente.

D’altro canto non aveva avuto torto… ormai nessuno era disposto ad avvicinarsi a lei e disturbare il suo sonno, se non in casi eccezionali. Delle volte mi pareva di dimenticare che la sua forza era di poco inferiore a quella di noi vampiri, osservandola la sua immagine trasmetteva solo fragilità.

La sua pelle pallida, il tenue rossore delle sue guance, il suo sguardo basso ed imbarazzato in presenza di ogni estraneo.

Così tenera e ingenuamente inconsapevole della sua capacità di incantare chiunque.

Sorrisi intenerito. « Bells, siamo in ritardo » ripetei nuovamente, accarezzandole i capelli. Al mio ennesimo richiamo i suoi occhietti assonnati si aprirono lentamente e la vidi più volte sbattere le palpebre con evidente confusione.

Le sorrisi incoraggiante deliziandomi di quella sua espressione adorabile di cui potevo bearmi raramente. Odiava quando mi intrufolavo nella sua stanza durante le sue ore di sonno, a quanto pareva era consapevole delle interessanti conversazioni a cui si dilettava nell’incoscienza. E, forse timorosa di ciò che avrebbe potuto inavvertitamente rivelare, mi aveva letteralmente bandito dalla sua camera, privandomi di uno dei miei migliori passatempi.

Sin da quando eravamo giunti in Alaska ero sempre stato affascinato dalle numerose espressioni che si disegnavano sul suo viso mentre la sua mente viaggiava nei meandri del mondo onirico. Avevo trascorso con lei ogni notte della sua infanzia, trascinando con me quell’abitudine anche in seguito.

Sospirai sommessamente chiudendo gli occhi, avrei tanto desiderato poter entrare nella sua mente per comprendere il motivo della sua esitazione. Ormai eravamo come fratelli da anni e a detta sua non c’era nulla che mi nascondesse, eppure...   « È ora di alzarsi. » borbottai infastidito dai miei stessi pensieri.

Mi irritava la consapevolezza che mi celasse qualcosa. Sentivo il bisogno di conoscere ogni cosa di lei... tutto! Come avrei mai potuto proteggerla senza essere a conoscenza di ciò che poteva turbarla? Come avrei potuto aiutarla? Ma, purtroppo per me, lei era più che lieta della presenza del suo scudo e della sua capacità di eludere il mio potere.

Piccola peste.

Avvertii il calore di una mano sfiorarmi la guancia ed aprii gli occhi di scatto, annegando in quelle due pozze di cioccolato e, senza comprendere come, percepii le sue labbra sulle mie.

Non fu che un leggero sfiorarsi, tanto delicato quanto rapido. Percepii il prorompente calore del suo corpo e mi ritrovai stordito a fissare la figura di Bella nuovamente addormentata.

« Che diamine ...? » sussurrai sconvolto.

La miriade di emozioni che mi avevano invaso in quell’istante mi aveva confuso come mai prima di allora. Perché? Cosa era accaduto? Il mio petto fu colmato da una vampata di calore che ebbe il potere di stordirmi, completamente. Così, non mi premurai di nulla, fuggì da quella stanza ad una velocità tutt’altro che umana, correndo nel fitto bosco che circondava la casa.

______________________

 

Erano due giorni che mi aggiravo per la foresta cercando di trovare una giusta spiegazione a tutto ciò che avevo avvertito. Ma, purtroppo per me, nessuna tesi riusciva ad essere abbastanza convincente. Con l’ausilio del mio potere avevo abilmente evitato qualsiasi incontro con i membri della mia famiglia, almeno sino a quell’istante.

« Edward, smettila di andare avanti e indietro! Mi fai venire mal di testa! » borbottò Alice che, seduta a gambe incrociate su di un masso, continuava a fissarmi tentando di comprendere le origini dei miei deliri.

Fortunatamente per me non aveva avuto modo di vedere cosa era accaduto nella stanza di Isabella. La natura per metà umana di quest’ultima le impediva di visionare il suo futuro.

Sia ringraziato il cielo!

« Sei una vampira, non puoi soffrire di emicranie! » ribattei mesto ed in tono leggermente acido.

Alzò gli occhi al cielo con evidente irritazione, ma evitò di rispondere alla mia provocazione. « Sembri un animale in gabbia. A casa sono tutti preoccupati … »

Annuii distrattamente, non dando realmente peso alle sue parole.

Avevo ben altri pensieri per la testa. Il disagio permeava completamente ogni parte del mio essere al solo pensiero di incrociare nuovamente lo sguardo di Isabella. Rammentava cosa era accaduto? Ricordava quel fugace bacio?

Ero frastornato, impensierito, depresso… maledettamente confuso.

Avrei voluto correre da lei, cercando una spiegazione logica, ben conscio che presa dai sogni doveva aver agito senza alcuna consapevolezza. Forse immaginava fossi qualcun altro o con…

Qualcun altro!? Ma stiamo scherzando? Spero per lei non fosse così. Se scopro chi…

« Maledizione. » ringhiai, esasperato dai miei stessi pensieri.

Notando la mia disattenzione Alice si indispettì  « Bella si è divertita moltissimo a scuola! - squittì pregustandosi la mia reazione. – Anche se era parecchio irritata dal fatto che tu non fossi con lei durante il suo primo giorno al liceo. »

Come previsto mi volta di scatto fulminandola. « È andata a scuola senza di me? »  ringhiai furente. La mia sorellina aveva passato la giornata circondata da umani molesti senza la mia protezione?

Lei rise divertita. « Guarda che non è più una bambina! Pian piano in lei si risveglieranno desideri e sentimenti tutt’altro che infantili. » ghignò maliziosa.

Strabuzzai gli occhi allibito. « Smettila di dire idiozie, piccola pazza! » ringhiai.

Scosse il capo ghignando. « Delle volte sei proprio esagerato, tanto che mi viene da pensare che tu sia … »

Si bloccò, strabuzzando gli occhi e fissandomi con uno sguardo misto tra il sorpreso e lo sconvolto.

E adesso che le prende?

« Che hai? » domandai incuriosito, non comprendendo la sua reazione.

Non che fosse una novità… seguire i ragionamenti di Alice era sempre complesso. La sua mente era come un immenso buco nero, in grado di risucchiare qualsiasi forma di ragionevolezza.

« Sei geloso. » bisbigliò lasciandomi impietrito. « Ora capisco il motivo di un tale attaccamento e dei ringhi sommessi ogniqualvolta un uomo si avvicina a lei più del lecito. » continuò imperterrita, incurante della mia espressione eloquente.

Ok… è assodato, è completamente impazzita.

« Certo che sono geloso, è la mia sorellina, io devo proteggerla. » sottolineai, consapevole della follia delle sue parole.

Come potesse anche solo giungere ad una simile conclusione mi era oscuro. In casa non ero l’unico a preservare sempre l’incolumità di Bella. Eravamo tutti ben attenti alle sue frequentazioni, ai suoi bisogni ed a tenere lontani coloro che osavano tentare di approcciarsi con lei con qualche secondo fine, riprovevole.

Cosa la sorprendeva?

Alice scosse il capo in senso di diniego. « Eddy, c’è una palese differenza tra la gelosia per una sorellina minore e quella che tu ostenti con Bella. » spiegò pacata.

« Non dire idiozie. » sibilai. Le sue parole non erano che i deliri di una piccola pazza. Per Bella non provavo che affetto fraterno, nulla di più. L’istinto di protezione era il risultato della fragilità insita in quella piccola creatura. Era cresciuta tanto in fretta e del mondo conosceva ben poco. Il suo sviluppo accelerato non le aveva permesso di frequentare molte persone, nessuno al di fuori della famiglia avrebbe potuto comprendere come una bambina di soli sette anni potesse avere l’aspetto di una bellissima diciottenne.

Lo sguardo di Alice si assottigliò. « Nemmeno tu sei convinto delle tue parole. – proferì certa. – ed inizio a sospettare che ci sia un preciso motivo dietro la tua inquietudine di questi giorni. »

Sobbalzai. Possibile che mia sorella pur senza il suo potere fosse tanto acuta.

« Edward! » borbottò perentoria. « Smettila con le stronzate e dimmi la verità. » ordinò.

La fissai con palese indecisione. Confessare ad Alice ciò che era accaduto e soprattutto le sensazioni che mi avevano invaso successivamente al bacio poteva essere piuttosto rischioso. La piccola pazza soffriva di manie di controllo, il che poteva condurre a risultati catastrofici quando decideva di intraprendere una delle sue missioni.

Eppure ero più che cosciente che quello stato di confusione non fosse che nocivo, non potevo certo rifiutarmi di avvicinarmi a Bella per il resto dell’eternità. Non avrei mai lasciato la mia piccola sorellina priva della mia protezione, ma soprattutto non mi sarei mai privato della sua compagnia.

Ero fin troppo egoista per poter sopportare una simile rinuncia. Quei giorni lontano da lei erano stati esasperanti, la mia mente era continuamente immersa invasa dalle sue immagini e da preoccupazioni, per lei e per la sua salute. Per non parlare della consapevolezza di quanto potesse essere furiosa nei miei confronti… la mia scomparsa improvvisa doveva di certo averla irritata a morte, soprattutto per la mia promessa infranta.

Mi stavo comportando come un perfetto idiota.

Sbuffai sommessamente, facendomi coraggio. « Ero andato a svegliarla, ma qualcosa è andato storto. »

Mi fece cenno con la mano di proseguire.

« Diciamo che ha aperto gli occhi, ma sono certo fosse ancora immersa nel mondo dei sogni, perché – esitai appena. – mi ha baciato. »

« E perché sei scappato? » domandò senza alcuna enfasi. Stranamente rimase composta, seduta su quel piccolo masso con un’espressione guardinga e per nulla esaltata.

Già immaginavo le sue urla e le sue risate di scherno, invece… nulla!

« Credo… è stato strano. - mormorai confuso. – cioè lo sai che non ho mai provato attrattiva per nessuna ragazza in particolare, nonostante ci siano molte le vampire che desidererebbero approfondire la mia conoscenza. Quindi non sono solito avere questi… incontri ravvicinati!? » ammisi imbarazzato. Fare certi discorsi con mia sorella mi arrecava non poco disagio, sebbene il poter spaziare nella sua mente, come in quella dei miei fratelli, avrebbe dovuto rendere questo discorso per nulla difficoltoso, avendo assistito più volte alle loro intime effusioni.

Uno dei problemi relativi al mio dono di lettore del pensiero. Per quanto tentassi di evitare di invadere la loro privacy, non sempre i miei tentativi andavano a buon fine.

« E allora? Ti è piaciuto? »

« No, certo che no. – sbottai, passandomi una mano tra i capelli. – Cioè sarebbe una specie di incesto se fosse così, per non parlare del fatto che lei è una bambina. »

Già! Una creatura tanto fragile e perfetta, come potevo anche solo pensare… cioè io non potevo minimamente immaginare. Ero sconvolto, ma solo per la sorpresa e per l’imbarazzo che quel gesto mi aveva causato, non per altro.

Non mi sfuggì il suo sbuffo contrariato. « Lei non è una bambina, il suo sviluppo non è semplicemente esteriore e fisico, ma anche intellettuale. È a tutti gli effetti una diciottenne. Per quanto riguarda il problema “ incesto “ – mimò le virgolette, enfatizzando la parola. – è inesistente. Voi non siete fratelli di sangue e oltretutto lei non è nemmeno una Cullen. Per quanto tu le sia stato accanto durante la sua infanzia, questo non fa di te suo fratello. »

In fin dei conti non aveva tutti i torti. Ma, se anche fossi stato realmente interessato a lei in quel senso, il solo pensare ad un rapporto differente mi incuteva un certo timore e non solo. Avvertivo una sensazione di… disgusto verso me stesso.

Come potevo pensare a lei in un modo differente? Aveva trascorso la sua infanzia appollaiata sulle mie gambe mentre suonavo il piano o le spiegavo la disposizione delle note e dei tasti. Ero stato io ad insegnarle a leggere e a scrivere.

« Io… non lo so. » ammisi sconsolato.

La confusione regnava sovrana nella mia mente, impedendomi di elaborare alcun pensiero realmente coerente.

Alice saltellò verso di me con la sua solita grazia, accarezzando la mia guancia con dolcezza. « Fratellino, non credo sia il caso di crucciarti troppo. – mormorò accorata. – Torna a casa con me e rifletti con calma su quello che desideri e quello che provi. »

« Ma... »

Alzò le mani interrompendomi mesta. « Nessun “ma”. A casa sono tutti preoccupati e sono certa tu non voglia impensierire Bella. »

Ed ecco il tasto dolente…

Annuii titubante. « Andiamo! »



 _Miss_ [Contatta] Segnala violazione
 18/06/10, ore 21:10 - Capitolo 1: Prologo
Ciaooo! Grazie mille... spero che il continuo ti piaccia XD
 Lau_twilight [Contatta] Segnala violazione
 18/06/10, ore 16:53 - Capitolo 1: Prologo
*____________* hihihi la storia non sarà lunghissima, credo durerà non più di cinque capitoli... inizialmente voleva essere solo una one-shot... ma le mie capacità di sintesi sono partite per le hawai insieme al mio cervello ahahahah :) cmq grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima. kiss
 Frafra9 [Contatta] Segnala violazione
 18/06/10, ore 14:12 - Capitolo 1: Prologo
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!*____________________*
 ELLAPIC [Contatta] Segnala violazione
 18/06/10, ore 13:28 - Capitolo 1: Prologo
Iahahaha la mia ispirazione va e viene... tutte queste mini storie nascono come modo per distrarmi e farmi tornare l'ispirazione per TRadimenti e bugie.... cmq sarà una storia breve, giusto 4 o 5 capitoli! :)
 Bella_kristen [Contatta] Segnala violazione
 18/06/10, ore 07:55 - Capitolo 1: Prologo
ahahah non so ancora chi sarà l'altro ahahahha... devo decidere, anche se avevo pensato a Jemes ahaha non so! sono indecisa. cmq grazie per i complimenti, spero ti sia piaciuto anche questo primo capitolo, in cui si inquadra un pò meglio la storia e il rapporto di Bella ed Edward. Baciotti.
 simo87 [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 22:59 - Capitolo 1: Prologo
Il prologo è posto un pò più avanti, rispetto a questo primo capitolo! XD hihihi devo ammettere che sono ancora molto indecisa sul proseguo... come avviene per ogni storia che scrivo, del resto! XD
 Little_dreamer93 [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 21:24 - Capitolo 1: Prologo
Grazieeeeeeeeeeeeee!! *__________*
 LadySile [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 18:34 - Capitolo 1: Prologo
ahaha si si, quello era solo un prologo. ^^ infatti fa anche riferimento ad avvenimenti che in questo capitolo non erano ancora accaduti. :) 
 xsemprenoi [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 18:13 - Capitolo 1: Prologo
ahahahah XD ma ciao, ragazze! ahahaha adoro le vostre recensioni unificate ahahahahah
Cmq hei, non è mica colpa mia se Eddino è leggermente tonto?! U,U è lui che non capisce nulla... ahahhaha
tra parentesi non so neanche cosa accadrà nel seguito di questa storiellina, doveva essere una one-shot, ma suppongo che avrà almeno 4 o cinque capitoli... chissà XD
 valinacullen89 [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 18:01 - Capitolo 1: Prologo
Ciao!!!! Grazie *_______* mi fa poacere che tu abbia trovato interessante questo prologo... spero che il capitolo non sia da meno! *___* baciotti
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 17:57 - Capitolo 1: Prologo
Grazieee per i complimenti!! ^_____^ sei gentilissima. Cmq si, Bella è una mezza vampira e Carlisle ha fatto trasferire tutta la famiglia in alaska perchè voleva seguire personalmente la crescita di Bella, visto quanto era accelerata. Ma alla fine, si sono affezionati a loro e alla piccoletta e si sono trasferiti lì per un pò... qui infatti Eddy fa spesso riferimenti all'infanzia di lei hihihn
 eliza1755 [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 17:04 - Capitolo 1: Prologo
ahahahahah grazie!! sono felice che le mie storie un pò strambe ti piacciano ahahah ammetto che ne scrivo sempre troppe... tutta colpa dello studio, pur di non studiare la mia mente si mette a pensare alle cose da scrivere ahahahah un vero disastro! ahahah
 alerita90 [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 16:56 - Capitolo 1: Prologo
Siiii, la frase è quella. Questa storia avevo inziaio a scriverla per un contest e dovevamo ispirarci ad una frase. Io avevo scelto quella...
nonostante non sia riuscita a terminare in tempo per un contest ho pensato di continuarla... e ho deciso di lasciare la frase che l'ha ispirata! *____*
 ANNALISACULLEN [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 16:45 - Capitolo 1: Prologo
Grazieee!! *____________* spero che il continuo di piaccia. Baci
 bella_blond [Contatta] Segnala violazione
 17/06/10, ore 16:43 - Capitolo 1: Prologo
Grazieeee!!! ^___^

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Salveeee! eccomi con il nuovo capitolo! *O* volevo lasciarvi i link delle tre one-shot e mini storie che sto scrivendo in questo periodo... per ora ho trattato tre coppie:
Rosalie/ Emmett.     Bella/Edward    e   Jasper/Alice.     Fanno parte della serie di  Essere genitori.
A fine pagina troverete le risposte alle vostre recensioni! *O* Grazie mille
volevo chiedervi se qualcuno sarebbe disposto gentilmente a crearmi una cover per questa storiella... =^,^= purtroppo io non so usare photoshop!! Ok adesso smetto di rompere. Un bacione ♥



Quando tornammo a casa non mi furono risparmiati ammonimenti per il mio comportamento. Tutti erano curiosi di ascoltare la mia spiegazione che naturalmente non avrebbero mai ottenuto e Alice, stranamente, non parve voler specificare il motivo del mio tormento.

Bella, tra tutti, si mostrò la più furiosa, indignata per la mia sparizione e per il mio mancato appoggio durante il suo primo giorno di scuola. Si rifiutò di parlarmi e non appena ne ebbe la possibilità si rintanò nella sua stanza, preferendo la reclusione alla mia compagnia.


Male… molto male.

« Avevo solo bisogno di una pausa. » mormorai per l’ennesima volta, sotto gli sguardi guardinghi della mia famiglia. Non era mia abitudine agire in un simile modo, senza curarmi di creare disagi, lasciandomi guidare solo dall’impulso. Purtroppo per me in quei giorni la lucidità mi aveva completamente abbandonato ed io stesso avevo perso di vista quel briciolo di lucidità che avrebbe potuto risparmiarmi tanti problemi.

« Tesoro, dal tuo sguardo non si direbbe. – sospirò Esme accorata. Come ogni brava madre riusciva a comprendere i suoi figli con un solo sguardo. – Se qualcosa ti turba noi siamo qui. »

Le sorrisi riconoscente, annuendo mesto. « Ok! – esclamai, pur sapendo che non avrei mai rivelato la verità a nessuno di loro. – Ma ora credo sia opportuno vada a porgere le mie scuse ad Isabella. » asserii voltando lo sguardo per le scale.

Senza aspettare risposta mi avviai verso il piano superiore. La camera di Bella si trovava al primo piano, accanto a quella dei suoi genitori. Bussai debolmente per palesare la mia presenza, benché non fosse necessario. I suoi sensi erano naturalmente più sviluppati di quelli di qualsiasi umano e, anche se non quanto quelli di un normale vampiro, aveva di certo già percepito il mio odore.

« Non ci sono! » un borbottio stizzito giunse alle mie orecchie, facendomi inevitabilmente sorridere.

Immaginavo il delizioso broncio dipinto sul suo viso, i suoi occhietti socchiusi in uno sguardo torvo ed il mento all’insù, nella sua classica posa di sfida.

Maledettamente adorabile.

« E allora come hai fatto a rispondermi? » replicai schernendola, soffocando una risata. Il desiderio di stuzzicarla era completamente fuori luogo in quella situazione, ma non riuscii ad evitarlo.

Avvertii il suo sbuffo contrariato. « Semplice, non ci sono per te! » sentenziò senza alcuna esitazione, indice del suo stato d’animo. Lei, con quel carattere tanto buono, sempre accorta a non ferire i sentimenti altrui, doveva essere a dir poco adirata con me, per non mostrare alcuna premura.

Me lo merito.

Presi un respiro profondo e afferrai la maniglia aprendo la porta, smettendo di tergiversare, bisognoso del suo perdono. Non riuscivo a sopportare l’idea che lei potesse essere in collera con me. Feci scorrere lo sguardo sull’ampia stanza dai colori pastello, soffermandomi infine sulla sua figura scapigliata, adagiata scompostamente sul letto.

« Non mi sembra di averti dato il permesso di entrare. » sbottò stringendo maggiormente il suo peluche preferito tra le braccia. Un lupo dal pelo fulvo a cui aveva attribuito il nome di Jake.

Strano nome per un pupazzo.

Non che “Pone” fosse meglio, diminutivo di Napoleone, ovviamente. Ovvero il tacchino di peluche, che mi aveva espressamente richiesto come regalo di Natale, qualche mese prima, e che in quel momento troneggiava sulla scrivania, fissandomi con i suoi occhietti spiritati.

Non avevo mai compreso la sua strana fissazione per i tacchini. Ma pareva adorarli.

Presi l’ennesimo respiro profondo, tentando di farmi coraggio. « Lasciami spiegare. » tentai, sedendomi ai piedi del suo letto, nonostante l’occhiata di puro biasimo che mi rivolse.

Non intendevo demordere, in un modo o nell’altro avrei ottenuto il suo perdono. « Non volevo scappare in quel modo, ma… » esitai, incapace di spiegarle le origini dei miei tormenti. Non intendevo farle parola del bacio, timoroso della sua reazione e degli imbarazzi che avrebbe potuto far insorgere tra di noi. Non volevo mi evitasse per qualcosa di cui lei non aveva alcuna colpa o consapevolezza.

« No. – ribatté infervorata, voltando il suo capo verso di me. – Ero spaventata, sei svanito nel nulla senza avvisare. »

« Ma avevo le mie buone ragioni. » tentai sulla difensiva.«E poi Alice poteva rassicurarvi sulla mia salute. »

« Non è questo il punto, e lo sai bene. » si impuntò, corrugò la fronte, affatto convinta, percependo l’incertezza nel mio tono. « Dimmi perché sei scappato. » ordinò perentoria.

« Non credo sia il caso … » tentennai a disagio. Come avrei potuto confessarle che un suo bacio era stato in grado di mandarmi in visibilio. Come avrei potuto ammettere che benché la razionalità mi imponesse di guardare a lei come una sorella, una parte di me non riuscisse più a definirla tale.

Mia sorella aveva ragione. Ormai Bella era diventata una donna, una bellissima ragazza che ben poco conservava dell’ingenua bambina dei miei primi ricordi. Le guanciotte rosse ed il corpicino infantile avevano lasciato posto ad un corpo decisamente ben fatto ed a un viso la cui delicata sensualità avrebbe condotto sull’orlo della follia anche il più assennato degli uomini. Ed io non ero poi tanto diverso.

Benchè il disprezzo insorgesse in me per quel desiderio impuro che vedevo nascere in me, di minuto in minuto, da quella maledetta mattina, la situazione non pareva voler cambiare. Quel bacio mi era piaciuto, così come il calore delle sue labbra.

Meschino da parte mia lasciarmi irretire da un puro desiderio fisico, soprattutto verso di lei… ma impossibile da negare.

« Ti chiedo scusa. » mormorai pentito e amareggiato. « Ho mancato una promessa, ma non accadrà più. »

Ignorò bellamente le mie parole.

Si alzò di scatto dal letto, abbandonando la sua posizione e gettando il pupazzo per aria con malcelata rabbia. « Se ci fossi stata io al tuo posto?- sbottò furibonda. – Se io fossi sparita senza lasciare traccia e senza avvisarti? Come avresti reagito? »

Increspai le labbra in una smorfia. « È diverso… » quale idea balorda. Dove avrebbe potuto rifugiarsi lei? Umana e fragile, con i suoi bisogni e necessità estranei ad un vampiro come me.

La mia affermazione parve accendere ulteriormente la sua furia, che  vidi fiammeggiare nei suoi occhi ardenti. « Dannazione Edward, cosa sarebbe diverso? Cosa? Non sono più una bambina. » sentenziò indicando il suo corpo, sottolineando le sue curve tutt’altro che infantili.

Come se per me non fosse palese.

Sospirai sommessamente, chinando il capo, per celare la brama che avvertivo montare dentro di me. Uno smodato desiderio, inadeguato e spregevole. « Bella, cerca di capirmi! Ti ho visto nascere, ti ho vista crescere da quando eri poco più che un fagottino e… »

« Fuori da questa stanza. » sentenziò, prendendosi il volto tra le mani. L’odore salmastro di lacrime venne immediatamente percepito dal mio olfatto facendomi irrigidire.

Dannazione.

« Stai piangendo? » domandai stupefatto, per quella reazione a parer mio eccessiva. Certo avevo sbagliato a svanire nel nulla, ma negli anni erano accadute cose ben peggiori e mai Bella aveva reagito in tal modo.

Perché?

« Per favore vattene. » fu poco più di un sussurro il suo e probabilmente avrei insistito per comprendere cosa celasse dietro quelle lacrime, ma il repentino ingresso di Eleazar mi impedì di procedere, costringendomi ad assecondare il volere di Bella.

«Edward, esci. » mormorò riluttante, accompagnandomi alla porta, ed io non potei che obbedire.

Fu così che mi trovai al di là della sua stanza, immobile in un’espressione dolente, osservando la madre di Bella, tanto simile a lei,  fissarmi a disagio.

« Io non volevo. » mormorai mortificato ed al contempo ansioso. Non ero mai stato la causa delle sue lacrime. Mai. Io ero colui che la consolava

Eleazar, accanto a me, sospirò pensieroso. Nella sua mente potei notare l’imbarazzo per quella situazione alquanto strana. Una figlia nel pieno dell’adolescenza era piuttosto complicata da gestire e lui, in quanto uomo, comprendeva ben poco dei dilemmi di quell’età, ma soprattutto del mondo femminile. Quindi, quando notò la figura di sua moglie avvicinarsi, si rasserenò sperando che lei in qualche modo potesse risolvere la situazione.

Ma a me questo non bastava.

Provai inutilmente ad intrufolarmi nella mente di Carmen alla ricerca di una spiegazione, ma i suoi pensieri momentaneamente dirottati altrove, non mi permisero di comprendere la realtà dei fatti.

« Tu sai il perché della sua reazione, vero? » domandai senza poterlo evitare. La curiosità mi stava letteralmente divorando.

Annuì mesta. « Credo che voi maschietti dovreste allontanarvi. E tu Edward cerca di non sbirciare nella mia mente… sono questioni private. » mi ammonì con uno sguardo che non ammetteva repliche.

« Ma, cosa può esserci che io non posso sapere? – soffiai, stringendo i pugni. Era inaccettabile che non volessero concedermi alcuna delucidazione, non quando la creatura a me più cara era chiusa in una stanza, singhiozzante.  – Bella mi ha sempre parlato di tutto! »

Lei si era sempre confidata con me. Sin da bambina, quando sgambettava da una stanza all’altra, trascinando qualche enorme bambola malconcia, era da me che correva per invocare soccorso, quando Alice la tormentava con i suoi cambi d’abito, quando Emmett la spaventava con qualche scherzo… o quando accidentalmente urtava uno dei preziosi ninnoli di sua madre.

Era da me che correva.

Carmen scosse il capo rassegnata, mentre un leggero sorriso di condiscendenza piegava le sue labbra. « Per le questioni di cuore non credo saresti il più adatto. » sentenziò lasciandomi sbigottito.

Questioni di cuore?

E questo cosa voleva dire?

Raggelai. « Co... cosa? » balbettai terrorizzato.

Che Bella si fosse innamorata? Che a scuola avesse conosciuto qualcuno?

Mi si mozzò il respiro a quel pensiero e probabilmente la mia espressione e quella di Eleazar dovevano essere piuttosto simili perché non mi sfuggì il risolino divertito di Carmen.

« Ora siete pregati di lasciarmi fare il mio lavoro. » ordinò indicandoci le scale, con uno sguardo intimidatorio.

 

________________________________________

Per un’ora e tre quarti Bella rimase chiusa in stanza con sua madre, mentre i miei pensieri gravitavano attorno ad ogni possibilità ed a ogni probabile interpretazione riguardo l’affermazione di Carmen. Non potevo assolutamente accettare che Bella si fosse innamorata di qualcuno, era una prospettiva oltremodo inconcepibile. Alice non mi aveva fatto parola di ciò e nei suoi pensieri avevo avuto modo solo di comprendere l’ansia di Bells per la mia scomparsa.

Forse quello era tutto ciò che desiderava mostrarmi, per spronarmi a tornare a casa, ed il pensiero che avesse occultato i suoi ricordi, in merito ai suoi subdoli scopi, non mi apparve una possibilità tanto remora. Tutt’altro…

Eppure… poteva davvero essere accaduto tutto tanto in fretta. Dalle menti degli alunni della Forks Hight School, adolescenti preda degli ormoni, l’innamoramento non era poi la maturazione di un sentimento covato a lungo ed alimentato dalla reciproca conoscenza.

Al contrario… spesso, non era una semplice infatuazione, originata da un unico e mesto sguardo,generava i più assurdi timori e le più estenuanti notti insonni, atte a rammentarsi il volto della persona amata, cercando reconditi significati anche nel più futile gesto o parola.

Bella era anch’essa tanto superficiale? Così poco le era bastato per riempire il suo cuore?

Dopo anni di reclusione, lontana da coloro che non fossero la sua famiglia, forse aveva scambiato quei semplici ed ingenui sentimenti per qualcosa di più profondo e radicato…

In fin dei conti non sarebbe stato tanto anormale, eppure… al pensiero di veder realizzata quell’atroce prospettiva, avvertivo una morsa lacerante stringermi lo stomaco, contorto dall’ansia.

Orrore… all’idea delle mani di qualcuno che scorrono sul suo corpo, puro.

Sbigottimento ed incredulità… data dall’immaginare gli occhi di lei ridenti e colmi d’amore osservare qualcuno all’infuori di me.

Sofferenza… alla consapevolezza che non sarebbe più corsa da me, nei momenti di bisogno, per cercare conforto.

Deglutii a fatica, sommerso dall’angoscia. Come potevo permettere che una simile disgrazia si verificasse?

« Edward, per carità vuoi calmati? » mi ammonì Jasper alterato.

Il mio ringhio sommesso parve sorprenderlo, così come le mie altalenanti emozioni.

Alice alzò gli occhi al cielo, palesemente scocciata dal mio atteggiamento, a parer suo patetico. Come se lei potesse capire… « Lascia perdere il nostro Romeo. – sentenziò, sorridendo sorniona. – Che si lambicchi il cervello, visto che è tutta colpa sua. »

Lo sguardo di mio fratello si fece più attento. « Romeo? »

« Per favore, non iniziare anche tu. Bastano i deliri di quella pazza di tua moglie a farmi venire i mal di testa. »

Lei parve seriamente offesa dal mio commento e, increspando le labbra in un broncio, alzò il volto di scatto, incrociando i miei occhi, mentre un guizzo di puro sadismo attraversava il suo sguardo.« Bene, quindi non ti interesserà sapere delle visite che riceveremo domani. »


 Lion E Lamb [Contatta] Segnala violazione
 23/07/10, ore 12:16 - Capitolo 2: Capitolo 1
Ciauuuu! XD si si Emmett è emmett
e Alice... è una piccola pazza sadica ♥ io l'adoro ahahahah
in tutto questo chi ci rimette è sempre eddino! O.O
 eliza1755 [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 16:36 - Capitolo 2: Capitolo 1
Io direi + che l'hobby di Alice è far impazzire il fratello ahhahaha piccolo folletto bastardo che non è altro XD ha deciso di farlo rosolare nel suo brodo ahahahah lasciandolo esasperare tra mille pensieri. XD intanto Bella si danna l'anima, per colpa di quel tonto che la definisce una bambina ahahahahha
*O* grazie per i complimenti!!!
 simo87 [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 15:45 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahah Alice ha anche annunciato una visita del nuovo amico d Bella ahahah poverino, mi dispiace per lui... far fronte ad un vampiro geloso non è il massimo! @__@ quando poi il vampiro in questione non capisce nemmeno cosa detta la sua gelosia, la situazione non migliora affatto.
Eddno è proprio tonto.
 Lau_twilight [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 11:25 - Capitolo 2: Capitolo 1
Tutti state giudicando Bella una furbetta XD che ha finto di dormire ahahahha poverinaaa... pensate tutti fosse in malafede ahahahahahah
ammetto che non so nemmeno io se bella dormiva o meno ahahah dipende dalla storia e da come procederà! XD se Edward non impazzisce prima forse si scoprirà tutto.. ma non prometto nulla XD
 JessikinaCullen [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 02:39 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahahaha povero Edward, diciamo che in parte la sua riluttanza è comprensibile, considerando che l'ha vista crescere... se la figura ancora bambina, quella piccola pargoletta che gli chiedeva di leggere qualche libro.
Peccato, o forse no, che le cose cambiano.. e lui deve solo accettarlo! *O* sono felice che la storia ti piacciaaaa, grazie per aver recensitooo!
 grepattz [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 16:45 - Capitolo 2: Capitolo 1
*O* povero Eddino, credo di essere un pò cattiva descrivendolo così impantanato nei suoi sentimenti, ma ammetto che è una cosa che mi diverte hihihhihihihi Tanto poi c'è la piccola e sadica Alice che si intromette, tentando di farlo ragionare... o forse tormentarlo! XD dipende...
 _Miss_ [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 15:50 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahahaah XD anche a me piace edward in versione geloso... lo trovo molto dolce XD
 Little_dreamer93 [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 15:18 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahhaahh senza Alice tutti sarebbero persi! ahahahahh meno male che tiene lei le redini del gioco, perchè lasciare tutto tra le mani di edward poterebbe alla rovina >.<
che vampiro tonto.
 ANNALISACULLEN [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 13:38 - Capitolo 2: Capitolo 1
Ti ringrazio per i complimenti *O* ahahahh diciamo che eddy è un adolescente alla prima cotta.
dalla descrizione della meyer non pareva avesse mai goduto della sua adolescenza... prima di incontrare bella...
quindi niente spasmi d'amore e via dicendo.. bhe mi è parso giusto vederlo subire le pare mentali di quella fase della vita tanto traumatica per noi comuni mortali... nonchè una delle fasi più belle e spensierate della crescita! XD
 Frafra9 [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 13:19 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahhaha lui la teneva in braccio quando era piccina, la cullava, le raccontava le favole ahahahah immagina poi a trovarsi ad avere di punto in bianco la stessa età, almeno nell'aspetto, anche se non nelle esperienze... bhe... deve essere piuttosto inquietante ahahahah poveraccio... lui poi è pure complessato, quindi di bene in meglio! XD
 Sognatrice85 [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 12:43 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahahha altro che emicrania, quello impazzisce del tutto! ahahahha io credo che essendo stato trasmormato da adolescente ed essendo stato sempre descritto uno che dell'adolescenz ha goduto poco e niente, trovarlo confuso e impaziente come un vero ragazzino sia adeguato ahahahahha tutti noi dobbiamo subire i drammi adolescenziali U,U quindi se li becchi anche il nostro bel vampirozzo ahahahahhahahaha (ok, sto delirando)
 Bella_kristen [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 11:37 - Capitolo 2: Capitolo 1
Povero Eddino, dopo il bacio il suo cervello è andato in fumo ahahahahahahhaha poi lui è pure paranoico di suo e questo non migliora la situazione, al contrario! XD a breve lo porteranno in un manicomio e lo rinchiuderanno lì, soprattutto se Bella continua con i suoi comportamenti sibilini, sebbene siano incomprensibili solo agli occhi di eddy!
gli uomini sono in genere un pò tonti! >.<'''
 kandy_angel [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 11:34 - Capitolo 2: Capitolo 1
Grazieeeeeeeeeeeee *O*
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 11:27 - Capitolo 2: Capitolo 1
XD ammetto che non ho ancora riflettuto in pieno sulla piega della storia e non sono sicura che Bella ricordi del bacio, in compenso è ferita dal comportamento stupido di Edward. dalla sua sparizione, ma anche dal suo considerarla sempre una bambina, nonostante non lo sia + XD ma eddino è abbastanza "capa tosta" ahahahah quindi bisognerà fargli capire veramente quello che sta succedendo ahahah
cmq ti ringrazio tantissimo per i compliementi!!!! *___*
 LadySile [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 11:01 - Capitolo 2: Capitolo 1
Diciamo che averla vista crescere ha influenzato la sua percezione e la cosa non mi sorprende... lei era quella a cui lui badava, deve essere strano percepirla come una donna... soprattutto considerando che gli anni in cui ha compiuto il suo sviluppo sono solo 7 (+ o -) ... credo che per lui considerarla grande è un bello sforzo XD
Semolina81 [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 10:55 - Capitolo 2: Capitolo 1
ahahhahah si si, diciamo che questa Bella ha molti meno problemi di quella del libro della Meyer, la natura metà vampira le permette un altro genere di rapporto con Edward, ma il vampiro è ugualmente paranoico, quindi se i problemi non ci sono lui se li crea lo stesso XD
ahhaah ammetto che non so se Bella era sveglia o meno... devo ancora decidere, credo che dipenderà dalla piega che prenderà la storia man mano.
 Stella Cullen [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 10:52 - Capitolo 2: Capitolo 1
Grazie milleeeeee *O* spero che questo secondo capitolo ti sia piaciuto. kiss


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Salvee! eccomi con un nuovo capitolo di questa ff. Mi dispiace non poter rispondere alle recensioni, ma sono connessa dalla pennina, perchè sono in vacanza, e ho preparato il codice, da inserire su efp, off-line!! Naturalmente vi ringrazio tantissimo e vi auguro buone vacanze! *O* baciii
Palpiti

« Bene, quindi non ti interesserà sapere delle visite che riceveremo domani. »

Arcuai un sopracciglio fissando mia sorella con palese scetticismo. « Di che parli? » ringhiai, per nulla rincuorato dalle sue parole. Se c’era una cosa che Alice era sempre in grado di fare era snocciolare informazioni nel momento meno opportuno.

Piccola arpia!

Lei scrollò le spalle con indifferenza, quasi come se quella conversazione fosse senza alcuna rilevanza e probabilmente per lei non ne aveva, ma per me… bhe, per me era tutta un’altra storia.

« Amici di Carmen, verranno a trovarli. » ribatté, iniziando a sfogliare distrattamente una rivista di moda.

Un’immagine nitida giunse come un flash alla mia mente, attraverso i pensieri di mia sorella. Un gruppetto di vampiri, i cui occhi rossi non lasciavano alcuno spazio a fraintendimenti.

Non è possibile!

Esalai un respiro tremulo, non riuscendo a reprimere il panico che mi attanagliava lo stomaco. « Non sono vegetariani. » sentenziai accorato, attirando anche l’attenzione di Jasper, ugualmente impensierito.

Mio fratello drizzò il capo, volgendosi verso la sua metà, incredulo.« Verranno qui? »

Che bello, di tanto in tanto qualcuno mi capisce.

Alice scrollò il capo con noncuranza, ignorando entrambi. « Non vedo dove sia il problema… »

Come al solito lei era l’unica a non farsi affliggere dalle comuni preoccupazioni.

« Bella è per metà umana. » precisai, sottolineando l’ovvietà della mia contestazione. Peccato che con lei nulla era mai scontato o ovvio. Con mia sorella tutto seguiva una logica contorta e astrusa che difficilmente una persona sana di mente sarebbe riuscita a cogliere, senza rimanerne imbrigliata.

Personalmente, ci avevo rinunciato da anni.

Infatti, come previsto alzò lo sguardo su di me, accigliandosi visibilmente. « Hanno già avuto modo di vederla, poco tempo dopo il parto, prima del nostro arrivo. » puntualizzò pacata. « Non corre alcun pericolo. »

« Vorrei ben dire. » borbottai acidamente, incrociando le braccia al petto. « Non permetterei mai le accadesse qualcosa. » a costo di rapirla, infilarla in un sacco, e portarla in un luogo sicuro.

Jasper scosse il capo, travolgendomi con un’ondata di calma innaturale che rilassò immediatamente i miei muscoli e le mie membra.

« Smettila. » digrignai i denti, irritato. « Non sopporto quando cerci di manipolarmi. »

« Ultimamente sei un po’ troppo stressato. – mi rimbeccò sbuffando contrariato. Detestava quando mi rivolgevo a sua moglie in tono stizzito e, avvalendosi del suo dono, era sempre pronto ad intervenire in soccorso della piccola pazza. – Inizi a farmi venire mal di testa. »

« Magari fosse possibile. » bofonchiai, ricevendo in risposta un’occhiataccia. « Magari… »

________________________________

La giornata trascorse particolarmente lenta ed io, in isolamento forzato con il mio pianoforte, non potei far altro che suonare le numerose composizioni che negli anni avevo scritto in onore di Bella, sperando in tal modo di trasmetterle il mio pentimento. Le note dolci e melodiose si alternavano, creando una sinfonia struggente proprio come quel sentimento che lei mi ispirava. Malinconica, in alcuni tratti, la mia mano si abbandonava sulla miriade di morbidi tasti che obbedivano ad ogni mio comando, assecondando il mio volere, riproducendo i suoni che nella mia mente vorticavano impazziti, esprimendosi attraverso le mie dita.

Bells, perché devi essere sempre così testarda?

Un applauso mi costrinse a riaprire gli occhi ed un sorriso sincero increspò le mie labbra notando Carmen osservarmi con ammirazione.

« Grazie. » mormorai in un sospiro e, benché il pesante macigno sul mio stomaco premesse per chiederle informazioni, non proferii parola. Ero sin troppo consapevole dell’evidente ossessione che mi legava a Bella e forse non era il caso di lasciarla intravedere agli altri abitanti della casa. Per quanto le rassicurazioni di Alice fossero riuscite a lenire in parte il mio senso di colpa, l’innaturalità del mio desiderio trascinava con sé un forte disagio, impossibile da reprimere.

« Una bellissima melodia. » constatò, accomodandosi sul bordo del divano, accanto a me. « Sono sicura che Bella l’ha apprezzata. »

Il suo tentativo di consolami non andò a buon fine ed io mi ritrovai ancor più vulnerabile, dinanzi a quello sguardo attento e vigile. La sensazione che anche Carmen fosse a conoscenza dei miei sentimenti diveniva ogni giorno più acuta.

Lei sa.

« Conoscendola in questo momento pur di non ascoltarmi si è infilata dei tappi nelle orecchie. » mugugnai, scuotendo il capo avvilito. Sarebbe stato tipico di lei…

« Lasciale il suo tempo, Edward. »

Sospirai sommessamente, chiudendo di scatto il piano. « Io non capisco cosa le prende. – sbottai irrequieto. – Ho mancato una promessa e me ne vergogno, ma in quel momento ero piuttosto turbato e avevo bisogno di restare solo. Dovrebbe provare a capirmi.»

« Non è stata solo la promessa. Lei era molto preoccupata per te. – mi ammonì dolcemente, stringendo la mia mano nella sua, per confortarmi. – Sei sempre così attento alle sue esigenze che non si aspettava di essere abbandonata in quello che riteneva un momento del bisogno. »

Abbandonata.

Avvertii una fitta allo stomaco, rimuginando ostinatamente su quella parola. Non era mia intenzione abbandonarla, non avrei mai potuto. Ma, in quell’istante, starle vicino sarebbe stato impossibile senza compiere una sciocchezza!

Io ero fuggito per questo… per preservare la nostra amicizia, il nostro bellissimo rapporto, dai miei deliri.

Sono un idiota, un maledetto idiota.

« Forse però è stato giusto così. » quello di Carmen fu solo un sussurro, appena udibile, ma quelle parole mi trafissero come lame, lasciandomi boccheggiante.

Mi voltai incredulo verso di lei, incapace di contenere il mio disagio. « Che intendi? » mormorai deglutendo a fatica. Che anche lei considerasse il mio attaccamento morboso come qualcosa di negativo, come qualcosa da estirpare come le erbacce in un prato dall’indiscusso splendore, capaci di avvelenarne la purezza?

« Edward… »

Alzai lo sguardo su di lei, temendo di scorgere nei suoi occhi lo sdegno per quei miei sentimenti, per quei desideri che credevo di essere stato in grado di celare, eppure sul suo viso non esprimeva altro che la solita materna dolcezza.

Io non capisco.

« Lei dipende molto da te. »

« Non direi. » replicai aspramente, chinando il capo.

Ormai non sono altro che quel fratellone che la coccolava e viziava, quando era in fasce. Qualcuno che sarà presto sostituito da un uomo, in grado di divenire il suo compagno, il suo amante, il suo protettore.

Sospirò pesantemente, pronunciando il mio nome con una tale enfasi, che fui costretto a voltarmi verso di lei.  « Edward. Tu sei sempre stato il suo sostegno, ma quando ti sarai allontanato come farà lei? »

« Io non ho intenzione di allontanarmi. » ribattei mesto, inconsapevolmente inorridito alla sola prospettiva.

« Un giorno potrà accadere e tutta questa dipendenza che avete l’uno dall’altro vi farà soffrire. »

Come se in quel momento fossero tempi lieti e felici. Mi dannavo l’anima, ormai perduta, tentando di comprendere il motivo della furia di Bella, del significato delle parole di Carmen, ma soprattutto per reprimere quel desiderio che provavo per lei, consapevole di non poter essere altro che il suo fratellone.

Nulla di più.

E quando troverà un uomo? Cosa farò quando questo accadrà? Saprò accettare in silenzio?

Mi passai la mano sul volto, palesando la stanchezza. « Tutto è tremendamente complicato. Vorrei che mi perdonasse, così da poter parlare di tutto ciò. »

« Ha solo bisogno di riflettere un po’ per conto suo, tutti noi alla sua età abbiamo attraversato quella fase adolescenziale, piena di conflitti e titubanze. » sentenziò. Ed in fin dei conti, tra tutti, lei era l’unica ad averne un ricordo più vivo. Io della mia adolescenza non rammentavo che poco, momenti offuscati dalla fitta nebbia del tempo.

« Lei non mi ha mai escluso da nulla. »

« C’è sempre una prima volta! – esclamò con vigore, esitando appena. – Questo week-end ci raggiungeranno alcuni amici, hanno affittato una casa non molto lontana e… »

Corrugai la fronte, in attesa di delucidazioni.« E? »

« Io, Bella ed Eleazar abbiamo deciso di trascorrere il fine settimana presso di loro. – mi comunicò senza preamboli. – La stanze di questa casa ormai sono tutte occupate e credo che qualche giorno di lontananza tra te e Bella non possa farvi male. »

 

______

Pov Bella

Bofonchiando aspramente riposi nel borsone i miei ultimi indumenti, ponendo come di consueto poca attenzione. Avevo accettato quella partenza con insolito entusiasmo, come la possibilità di una boccata d’aria da quelle giornate, di reclusione, divenute ormai un vero inferno.

« Sicura di voler andare? »

Sbuffai contrariata. « Ti hanno mai detto che si bussa prima di entrare in camera di qualcuno? – sbottai, senza neanche voltarmi. In quella casa la privacy era un oscuro concetto, troppo astruso anche solo per essere concepito. – se facessi lo stesso con te? »

« Non credo ti piacerebbe scoprire me e Jasper in atteggiamenti equivoci. » asserì abbandonandosi ad una fragorosa risata, forse per l’espressione di puro orrore dipinta sul mio viso. Mi era bastato imbattermi accidentalmente in Emmett e Rose, qualche anno prima.

Ero rimasta impalata sulla porta con gli occhi strabuzzati sino a quando Edward non era corso in mio soccorso, strappandomi da quello spettacolo indecente.

Già, Eward.

Quel momentaneo allontanamento si prospettava la migliore soluzione in assoluto. Al solo pensiero di imbattermi nuovamente nella sua faccia da schiaffi montava in me un’ira incontrollata. Come potesse ancora considerarmi solo una bambina era un vero e proprio mistero, qualcosa che difficilmente avrei mai compreso.

Razza di babbuino lobotomizzato.

Era assodato che il mio sviluppo accelerato non fosse esclusivamente fisico, quello mentale era stato altrettanto repentino e, considerando i miei sentimenti per lui, avere conferma dei miei peggiori dubbi, era stata una pugnalata.

La parte razionale di me mi ammoniva per quella reazione infantile, fatta di pianti e isterismi, rammentandomi che in fin dei conti Edward mi aveva vista crescere, ponendomi al centro delle sue attenzioni solo perché in me vedeva una creatura fragile, a cui non poteva esimersi di prestare soccorso.

Eppure, la parte puramente emotiva, bruciava d’ira al pensiero di non avere alcuna speranza, di non poter aspirare a nulla di più.

Da mesi ormai avevo compreso che il rapporto che mi legava a lui aveva perso quel velo di innocenza che lo connotava, negli anni trascorsi. Quando da bambina trascorrevo sulle sue ginocchia ore ed ore per apprendere i segreti del pianoforte e del solfeggio, non avrei mai pensato di considerarlo come qualcosa di distinto dal mio fratellone, eppure era accaduto.

Mia madre dava la colpa alla totale inesperienza in cui avevo vissuto. L’assenza di contatto con persone della mia età, in tutti quegli anni, secondo lei poteva avermi indotta a ritenere quel vago sentimento che covavo per Edward erroneamente come qualcosa di più di una semplice amicizia. Ma io ero consapevole che le cose erano ben più complesse.

Quella psicologia spicciola mi dava poche risposte.

Che la mia poteva essere stata inizialmente una semplice infatuazione, era probabile, ma quegli ultimi mesi, la mia affezione ed il mio attaccamento si erano accentuati, trasformandosi in una vera e propria dipendenza, dalla quale mi era impossibile rifuggire.

Ogni cosa di lui mi attraeva.

Apprezzavo il suo carattere, dolce e mite, ma ossessivamente protettivo nei miei confronti. La sua intelligenza, il suo modo di scherzare, la sua indole così buona, nonostante i continui ed incessanti tormenti che lo turbavano.

Ciò che lui non riusciva a vedere, per me era invece cristallino.

Era sempre stato certo di essere una creatura riprovevole, condannandosi per qualcosa sulla quale non aveva controllo. Era solito dire che il suo cuore era stato congelato al momento della sua morte, per risorgere come vampiro centenario, senza anima.

Non era così…

Le premure verso la sua famiglia, verso di me, erano indice di un cuore vivo e docile, più di quello di molti umani o altre creature.

Probabilmente non smetterà mai di condannarsi e, sino ad allora, non sarà mai in grado di vedere nulla oltre il suo naso, troppo preoccupato dalle conseguenze di ogni sua azione.

« Bells. » la voce di Alice interruppe le mie elucubrazioni, riportandomi al presente. Mi voltai verso di lei, tentando di reprimere le lacrime di delusione che attendevano in agguato per trovare sfogo.

Si, ero delusa.

Mortalmente delusa.

La realtà dei fatti deprimente si era palesata dinanzi ai miei occhi in modo tanto brusco da togliermi il respiro. Se, per il futuro, avevo covato qualche speranza, la sua affermazione aveva infranto ciò che il buon senso ancora non era riuscito ad estirpare, complice delle illusioni.

« Non so cosa fare… » le confessai. Tempo addietro le avevo accennato della mia attrazione per Edward, sebbene con un tono leggero con il quale le imponevo di tener per sé i suoi giudizi.

Ma soprattutto le sue visioni future.

Eppure… in quell’istante. « Cosa devo fare? » domandai in un tono supplichevole che quasi non riconobbi come mio.

Il sorriso dolce che increspò le sue labbra fu quasi un colpo di grazia. Vi vidi quella compassione che comprendevo non potesse covare alcuna buona notizia, così le feci mesta il cenno di tacere, pentendomi per la mia morbosa curiosità che come di consueto non aveva condotto a nulla di buono.

Rivolsi stancamente le mie attenzioni alla cerniera del borsone, forzandola per richiuderla, nonostante il carico eccessivo.

« C’è un vampiro in quel clan che credo ti piacerà moltissimo. »

Trattenni a stento un ringhio. Se c’era una cosa che non avevo mai tollerato era la pietà. « Non devi spingermi tra le braccia di un altro per consolarmi. – sentenziai aspra. – Se tuo fratello non mi vuole me ne farò una ragione. »

« Non è quello che ho detto. » replicò, ostentando la sua solita espressione scaltra che tanto mi invogliava al pestaggio.

Dannata saputella.

Presi un profondo respiro, per placare l’ira. In fin dei conti non era lei l’origine dei miei drammi. « Come vuoi. » l’assecondai, sventolando la mano in segno di resa.

Mi allontanai dalla stanza, a passo svelto, rivolegendole un veloce cenno di saluto.

« Matthias ti piacerà. »

Fu questo ciò che udii prima di avvertire la porta della sua stanza richiudersi con uno scatto secco, lasciandomi per l’ennesima volta preda di mille dubbi.

Matthias…

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Hola! ecco il nuovo capitolo! é diviso in due parti, una con il pov edward e uno con il pov Bella.  Grazie tanto a chi mi segue, a chi legge, a chi commenta, chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. Grazie mille! Chi segue più di una mia storia avrà notato la sparizione del mio gruppo e del blog... per motivi miei ho infatti deciso di rallentare gli aggiornamenti e tutto quello che ha a che fare con il mio scribacchiare. Gli aggiornamenti naturalmente procederanno fino alla conclusione delle storie in corso... ma non oltre, con grande probabilità. Tutto dipende... 

Bhe non dico altro e vi lascio al capitolo! Un bacione ♥

Sono trascorse 3 ore e 20 minuti.

Osservai distrattamente l’orologio per poi accasciarmi penosamente sulla poltrona, conscio della mia dipendenza. Di Isabella non avevo notizie. Carmen ed Eleazar, prima di partire, mi avevano intimato di non importunarla con assurde telefonate ed apprensioni, per permetterle così di sbollire la rabbia nei miei confronti. Purtroppo la cosa era ben più penosa di quanto loro potessero mai supporre. Stavo letteralmente impazzendo al pensiero della mia piccola Bells circondata da vampiri avvezzi al sangue umano.

Non va affatto bene.

Sono trascorse 3 ore e 40 minuti?

Ma stiamo scherzando?

Imprecai visibilmente, consapevole che resistere due giorni sarebbe stata un’ardua impresa. Il tempo sembrava volersi beffare di me, rallentando e dilatandosi a dismisura. Sarei stato costretto a chiedere ad Alice di tenere sotto controllo le mie decisioni, onde evitare gesti sconsiderati.

Di male in peggio.

L’idea di affidarmi a quella piccola pazza manipolatrice aveva del masochistico, ma a me non restavano che tentativi estremi. Se realmente desideravo il perdono di Isabella, non potevo fare altrimenti. In qualche modo le mie parole e le mie azioni l’avevano ferita, ma nessuno era consapevole quanto me della facilità con cui la sua rabbia sbolliva.

Non mi  restava quindi che attendere in silenzio, senza fomentare la sua ira.

Perché è tanto complicato?

Sospirai beandomi del silenzio della casa vuota, unica mia consolazione, quella giornata. La mia famiglia era partita per una battuta di caccia sui confini del Canada, approfittando dell’assenza di Bella e dei suoi genitori. Avrebbero voluto mi unissi a loro, tentandomi con l’idea di qualche puma, ma la desolazione che mi invadeva aveva impedito potessi considerare allettante quella prospettiva. Necessitavo solo di un po’ di pace, in quella casa che ormai da anni era divenuta anche mia. Il frequente trasferirci da una città ad un’altra non mi aveva mai permesso di affezionarmi ad un luogo sino a considerarlo la mia casa. Ma lì era diverso, lo era sempre stato.

Da quando avevo incrociato due occhi color cioccolata, con il loro calore disinteressato e la loro dolcezza, il mio animo si era acquietato. Avevo trovato qualcosa da proteggere, qualcuno da cui tornare.

Con Alice, Rose o i miei fratelli, nonostante lo stretto legame, non avevo mai covato un tale sentimento di protezione. Loro erano sempre stati in grado di badare alla loro salute.

Bella no! Per quanto solo metà del suo sangue fosse umano, in lei risiedeva una fragilità estrema, una dolcezza ed un’anima di candida purezza che desideravo preservare. La sua presenza era l’unica in grado di acquietare il mio tormento.

Inspirai profondamente, turbato dai miei stessi pensieri, quando in un lampo un’idea malsana balenò nella mia mente.

Il suo profumo.

Avvertivo quella meravigliosa fragranza, l’odore di fresia, che aleggiava nella casa divenire sempre più labile, con il trascorrere delle ore. Sempre più distante.

Mi alzai di scatto, dirigendomi verso l’unico luogo dove ero certo di poter avvertire in qualche modo la sua presenza, illudendomi forse di averla accanto a me, al sicuro.

La sua stanza.

Entrai osservando quel luogo in cui avevo trascorso intere giornate, in sua compagnia. Un posto che era cresciuto con lei, maturando ed evolvendosi ad una velocità impressionante. Tutto troppo in fretta.

La tappezzeria rosa, decorata con orsacchiotti stilizzati, tipicamente infantile, era stata sostituita da un viola pastello, mentre le cornici contenenti foto e i poster di qualche rock band avevano preso il posto dei puzzle della disney.

L’unica nota rimasta invariata erano la miriade di pupazzi che si ostinava a custodire gelosamente, di ogni forma e dimensione, riempivano due degli angoli della stanza, riversandoli anche su qualche mensola. Numerosi quasi quanto i suoi libri, una passione, quest’ultima, che aveva coltivato sin dall’infanzia.

Sospirando sommessamente, mi poggiai sul suo letto, ispirando a pieni polmoni quell’inconfondibile profumo che ormai percepivo come parte di me. Qualcosa a cui non avrei mai potuto rifiutare volontariamente.

Io le sarei stato accanto fino a quando lei me lo avrebbe concesso. Sarei stato la sua spalla, il suo supporto, quell’amico pronto a tutto per lei, a proteggerla e a consolarla se necessario, sino a quando, qualcuno più degno di me non fosse sopraggiunto. A quel punto mi sarei fatto da parte.

Già…

Un dolore sordo mi strinse il petto a quel pensiero e alla consapevolezza che quel giorno sarebbe sopraggiunto sin troppo presto.

Sono egoista… maledettamente egoista.

Il mio desiderio di godere della sua compagnia, della sua mente brillante, della dolcezza del suo sguardo e dell’amorevole apprensione  che manifestava sempre nei miei confronti, andava ben oltre il lecito. Superava quella soglia di ragionevolezza, quel normale languore che avrebbe dovuto emergere dentro di me, se per me fosse stata alla pari di Alice o Rose. Certo anche la loro lontananza sarebbe stata dolorosa, ma… lo strazio che mi sopraffaceva quando pensavo a Bella, era terrificante per la sua intensità.

Tutto sbagliato!

Fu così che trascorsi quei pochi giorni che a me parvero infiniti. Rifugiandomi nella sua stanza, avvertendo il suo odore divenire una fragranza sempre più labile e lontana, ricoperta dalla mia presenza. Malinconica fu l’attesa, ma ancor peggio fu avvertire le ruote dell’auto sul vialetto e scoprire la realtà.

« Non è possibile. »

____________________________________

Due giorni prima

 

« Bells, siamo arrivati. »

La voce di mamma infranse il mondo dei miei sogni, costringendomi a riaprire gli occhi. Li stropicciai, accecata dalla luce, richiudendoli immediatamente.

Eh che palle!

Mugugnai infastidita, voltandomi dal lato opposto. Ero immersa nel mio magico mondo onirico, dove il mio Edward non era quello spocchioso e sciocco vampiro che era nella realtà e dove io non dovevo preoccuparmi costantemente di tutte quelle sciocche smorfiose, sempre pronte a fargli gli occhi dolci. Il mondo perfetto.

Lasciatemi qui per pietà, la realtà è troppo deludente.

« Che sballo, dorme davvero!»

Oh porca paletta.

Mi drizzai a sedere immediatamente, riaprendo gli occhi di scatto, notando solo allora la miriade di vampiri che mi osservava con un misto di stupore e meraviglia. Ed ecco a voi il fenomeno da baraccone di nome: Isabella Swan.

« Salve. » incespicai a disagio, schiarendomi forzatamente la gola. « Ehm, io… » tentennai incapace di proseguire.

« Credo che sia opp

ortuno fare le presentazioni in casa, cosa ne dite? » intervenne mio padre notando divertito il mio disagio. Immaginavo avesse tentato di svegliarmi in tutti i modi, onde evitare una simile situazione, probabilmente gli avevo anche rifilato qualche pugno involontariamente. Non sarebbe stata una novità.

Ok, inizio a pentirmi già di questo folle viaggio, forse avrei dovuto ascoltare quel minimo di razionalità che mi è rimasta. Purtroppo quando si tratta di Edward divento sempre assurdamente impulsiva.

Sospirai sommessamente facendomi coraggio ed uscii dall’auto accettando la mano che mi veniva porta da uno dei vampiri del gruppo. Sembrava seriamente incuriosito, fissandomi con un misto di stupore e meraviglia. Una reazione che ero solita risvegliare in molti essendo uno dei pochi esemplari della mia razza.

Mezza umana, mezza vampira.

A metà tra due mondi tanto diversi.

Avevo sempre detestato quel genere di attenzioni, consapevole fossero la conseguenza della mia diversità, ma per quella volta decisi di mordermi la lingua e non lasciar trasparire la mia irritazione.

Sono amici di famiglia, non posso far fare una figuraccia ai miei se non voglio che inizino a trattarmi nuovamente come una poppante.

Porta pazienza Bella, porta pazienza.

Inspirando pesantemente camminai a passo spedito verso l’enorme casa stile vittoriano, color panna. Lanciai una rapida occhiata al vampiro accanto a me, che ancora non si decideva a distogliere lo sguardo.

Davvero educato!

Decisi di ignorarlo e probabilmente ci sarei riuscita se non avessi avvertito il tocco delicato delle sue dita a contatto con la mia guancia. Sobbalzai.

No! Questo è decisamente troppo…

Lo osservai a disagio. « Ehi. » bofonchiai, allontanandomi di scatto. « Non è il caso di toccare! » lo ammonii, con un tono indignato. Percepivo un intenso calore salire al mio volto, colorandone le gote e non potei evitarlo. Ecco un altro dei problemi del mio essere metà umana…

« Scusa. – mormorò grattandosi il capo imbarazzato. – Solo che non immaginavo potessi arrossire. È una cosa piuttosto bizzarra. »

Figurarsi… passerò i prossimi giorni sotto i riflettori, osservata e studiata da tutti. Che meraviglia. Pensai ironicamente.

Trattenni a stento uno sbuffo contrariato, decisa a non iniziare quella conoscenza con il piede sbagliato. In fin dei conti quelli erano amici dei miei genitori ed era opportuno io tenessi un comportamento quanto meno decoroso. O almeno fu quello che mi ribadii per la seconda volta per evitare di sclerare. « Bhe, non toccarmi lo stesso, mi infastidisce. - borbottai tagliente. – E adesso andiamo. »

Mi parve di vedere l’ombra di un sorriso piegare le sue labbra ma, irritata com’ero, mi voltai avanzando il passo, pur di non dare a vedere il mio imbarazzo. Ero cresciuta circondata dalle mura della mia casa, evitando quasi ogni contatto con l’esterno. Se per qualche giorno avevo avuto l’opportunità di frequentare la scuola dovevo anche ammettere che gli umani, per quanto affascinati da me, mantenevano comunque una distanza tale da evitare ogni tipo di contatto fisico… una scoperta che non potevo non apprezzare.

Purtroppo i vampiri non manifestavano questa stessa riluttanza a quanto pareva. Quelle attorno a me erano i primi con cui entravo in contatto oltre ai miei genitori e i Cullen, che comunque potevo considerare parte della mia famiglia.

« Aspetta. – il ragazzo si parò fulmineo dinanzi a me, porgendomi la mano con un sorriso irriverente e, con mio rammarico dovetti ammettere, anche tremendamente sensuale.  - Non mi sono ancora presentato. Io sono Matthias. »

Quasi non soffocai udendo quel nome.

“Matthias ti piacerà.”  Non era questo che aveva detto Alice, prima di allontanarsi?

Inebetita lasciai scorrere lo sguardo sul mio interlocutore, dagli occhi cremisi. Il volto diafano, dai lineamenti delicati, era incorniciato da capelli lisci color onice che esaltavano ancora di più il suo pallore. Il corpo, perfettamente proporzionato, dalla muscolatura appena accennata, era avvolto in un maglioncino di cachemire color latte e un paio di jeans scoloriti. Doveva avere non più di vent’anni.

« Isabella… - mormorai, distogliendo lo sguardo dopo l’accurata radiografia. Capperi…  -  ma tutti mi chiamano Bella. »

« Piacere di conoscerti. »

« Matt non tenere la nostra ospite tutta per te, anche noi vogliamo conoscerla. »

 L’urlo divertito infranse la nostra piccola bolla, riportandoci al presente. Non mi voltai verso la porta, ma avvertii distintamente gli sguardi dei miei genitori perforarmi la schiena. Dannazione.

« Andiamo? » domandò lui, infilando le mani in tasca.

Annuii e con un sospiro arrendevole lo seguii. Sarebbero stati giorni tremendamente stressanti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Salveee! Eccomi con il nuovo capitolo! ^^ Inanzitutto *O* Buongiorno e  Buona festa di Ognissanti !! Come và? A me più o meno bene, ho deciso di riprendere a scrivere con una certa assiduità, motivo per il quale ho iniziato nuove storie e aperto una pagina su FB, per gli spoiler e le info sulle mie storielle! Non mi dilungherò troppo, ma voglio ringraziarvi per il vostri commenti, e anche per chi mi segue in silenzio. Grazie mille, davvero. ♥

A fine pagina troverete le risposte alle recensioni.

Link mia pagina su FB

Link nuove storie.

L'abitudine - Storia Originale/Romantica

Sueño - Storia Originale/ Romantica (fantasy)

Lei - Storia sulla saga della Confraternita del pugnale nero (conclusa)

Capitolo 5

« State scherzando, spero. » ripetei per l’ennesima volta, considerando inconcepibili le loro parole.

Bella, la mia piccola, indifesa e timida Bella, aveva arbitrariamente deciso di trascorrere ancora qualche giorno presso dei vampiri sconosciuti?

Impossibile.

Improponibile.

« Edward smettila di comportarti come un bambino. – mi ammonì Carmen, mentre disfaceva tranquillamente il suo bagaglio. Ero appostato fuori la sua camera da letto, con le braccia conserte ed un’espressione di eloquente scetticismo. – Ti ripeto, è stata lei a chiederlo.»

« Non può aver espresso il desiderio di restare lì. Non capisco. »

« I nostri amici sono estremamente cordiali. Non comprendo cosa ci sia di tanto strano nel voler frequentare altri vampiri. La mia bambina è sempre stata qui con noi, è naturale che adesso mostri della curiosità per il mondo esterno. » replicò ragionevole. Ormai erano oltre venti minuti che procedeva questo insensato botta e risposta, nel quale io tentavo invano di attribuire un senso alle sue parole.

L’unica spiegazione plausibile era che non mi avesse perdonato. Infuriata per il mio atteggiamento doveva aver preferito tenermi ancora sulle spine, consapevole dell’apprensione che ciò avrebbe risvegliato in me.

Una punizione, nient’altro che una punizione.

Sospirai sommessamente, passandomi una mano tra i capelli arruffati. «Non sono vegetariani!» le rammentai. Come se non fosse ovvio, poi. Non mi sarei mai aspettato da Carmen un comportamento tanto sconsiderato.

«Smettila Edward, nessuno le farà del male. Ti rammento oltretutto che in lei scorre anche sangue vampiro, nonostante tu tenda a dimenticare questo dettaglio. – obiettò seriamente irritata. – Bella non è fragile come appare.»

Stavo per replicare quando qualcuno ebbe la folgorante idea di porre fine a quell’idilliaco scambio di opinione con la solita delicatezza che l’aveva sempre caratterizzata.

Chi non altro se non la piccola veggente?

« Com’è Matthias? Carino come nelle mie visioni? » gongolò entusiasta.

Eh?

Il cipiglio sul volto di Carmen e la sua espressione colma di disappunto furono la prima cosa che ebbi modo di notare, ancor prima di assimilare il significato recondito di quella frase.

« Chi diamine è Matthias?» ringhiai, facendo scorrere lo sguardo dall’una all’altra, soppesando il sorrisino serafico di Alice e la smorfia di Carmen.

Nessuna delle due premetteva nulla di buono, su questo non avevo alcun dubbio. Non mi restava che cercare di comprendere l’estensione dei danni.

«Allora?» le esortai concitato.

« Il nuovo amico di Bella, ovviamente. – rispose candidamente mia sorella, pur essendo ben consapevole del peso che quelle parole potevano avere sul sottoscritto. -  A quanto pare sei stato sostituito. » sentenziò ghignando scaltra prima di saltellare via verso la sua stanza.

Nuovo amico?

Sostituito?

Mi gelai sul posto, fulminato da una prospettiva che in cuor mio non ero pronto ad accettare. Ero consapevole che prima o poi ciò sarebbe accaduto; Isabella era una ragazza bellissima, perspicace, provvista di senso dell’umorismo, estremamente intelligente… insomma, era dotata di tutte le caratteristiche desiderabili per qualsiasi uomo assennato.

Io ero il primo ad aver ceduto al suo fascino e potevo ben comprendere quanto ciò potesse essere facile. Nel mio caso era paragonabile allo scivolone su di un impervio pendio… tanto semplice quanto doloroso.

 

 

È troppo presto. Fu tutto ciò che la mia mente riuscì a metabolizzare.

Come osava quel miserabile tentare di portarmi via la mia Bella?

Un ringhio si levò dal mio petto, prima che potessi anche solo comprendere quello che la mia mente mi suggeriva. Sarebbe accaduto prima o poi?

Ma anche no! Non lo avrei permesso, non avrei concesso ad uno sbarbatello qualsiasi di portarmi via ciò su cui avevo vegliato, su cui avevo riposto il mio amore e le mie premure…

Bella è mia!

«Carmen, cosa significa tutto questo? » sbottai, fremente, stringendo i pugni nel vano tentativo di controllare la mia furia. Inutile… la facilità con cui la mia mente riusciva ad elaborare diversi pensieri contemporaneamente in quell’istante si rivelò una vera e propria maledizione. In essa si proiettarono scenari tutt’altro che lieti che illustravano i modi con cui quel bastardo si relazionava con la mia Bella.

Naturalmente non ero l’unico ad essere fortemente alterato, perché l’eloquente risposta di Carmen fu una porta sbattuta ad un palmo dal mio naso.

Grandioso.

Scuotendo il capo decisi di cercare altrove le informazione che agognavo, e chi più della piccola e pestifera veggente poteva aiutarmi nel mio intento. Ciò che era da discutere era il prezzo delle sue informazioni.

L’ultima volta era stata una macchina, quella prima una borsa con il valore di una macchina, la volta prima… preferivo non rammentarlo.

Alice aveva una percezione dell’utile e del denaro a dir poco distorta, nonché una mania ossessiva per lo shopping. Quello era il suo punto debole.

Mi poggiai allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto.

« Non te lo dirò! » esclamò sorridendo serafica, mentre lasciava scorrere la spazzola nei suoi capelli perfettamente in ordine.

Arcuai le sopracciglia, scettico. « Sono pronto a contrattare.» proposi placidamente, non distogliendo lo sguardo dal suo riflesso nello specchio.

I lineamenti dolci, le labbra piene e quei grandi occhi color oro che mi scrutavano astutamente, soppesando le mie espressioni, le mie intenzioni, dando senso al cruccio dipinto sul mio volto.

«Mi devi un favore e sarai al mio completo servizio, per un giorno intero, quando lo riterrò opportuno.» sentenziò senza alcuna incertezza.

Nella sua mente il futuro era limpido e chiaro, sapeva che avrei accettato. Era consapevole che non avevo altra scelta se non chinare il capo dinanzi alla sua assurda richiesta.

Personalmente avrei preferito di gran lunga prosciugare la mia carta di credito, ma sapevo che discutere non avrebbe condotto a nulla. Quella sua scelta, sebbene potesse apparire il contrario, era il frutto di una qualche ponderata riflessione. Dopo aver scrutato il futuro e le sue possibilità come i pezzi di un puzzle da far combaciare, aveva escogitato la richiesta nel modo più conveniente per raggiungere il suo fine.

Quale poi fosse l’obiettivo non mi era dato saperlo.

Trattare con lei era un vero e proprio gioco d’azzardo e, in quel momento, nella mia mano non avevo che carte alla rinfusa, di alcun valore.

Non potevo che arrendermi.

Annuii, sospirando sommessamente. «Parlami di lui.»

Bingo!

Sorrise, incurvando le labbra in quella smorfietta saccente che avevo imparato a detestare. «Bel ragazzo, occhi profondi color vinaccia, labbra sensuali e un corpo da favola.» decretò mentre un guizzo malizioso attraversava il suo sguardo.

Alzai gli occhi al cielo, disgustato. « Il suo codice fiscale?»

« Non era rilevante. Ti assicuro che non è una cosa che notiamo noi ragazze… Preferiamo valutare un bel sedere.»

«Sei sempre la solita.-  sbuffai esasperato. - Non è questo che sono venuto a chiederti e…»

«Bhe chiedi a Bella se quella non è una delle prime cose che ha notato in Matthias.»

Un ringhio si levò dal mio petto, mentre il mio labbro si arricciava scoprendo pericolosamente i canini affilati. «Bella non è come te!»

«Bella è una donna, nonostante il tuo insensato tentativo di ignorare questo dettaglio. In compenso non tutti sono lenti come te.»

«Che intendi dire?» proferii quelle parole con lentezza, mentre i miei occhi si scurivano per la rabbia crescente.

«Che Matthias, a differenza tua, non si farà molti scrupoli.»

_______________________

 

«Matt, per favore.» lo pregai, congiungendo le mani e sfoderando il mio miglior sguardo da cucciolo bastonato.

« Sei sicura che questa roba non ti farà male.» mormorò, increspando le labbra in una smorfia. Detestava non essere a conoscenza delle abitudini di noi metà vampiri, o meglio degli umani.

Bhe… del suo cibo insomma.

La situazione era alquanto bizzarra. Non potevo dirmi propriamente lieta del suo stile di vita, considerando non solo quella metà di me che non avrei mai potuto sopprimere, ma anche per l’educazione che la mia famiglia mi aveva sempre impartito.

Loro erano l’effettiva dimostrazione che uccidere non era necessario. Nonostante l’evidente fatica e i sacrifici che ciò comportava, era ugualmente una strada percorribile.

Con Matthias avevo discusso spesso di questo, soprattutto i primi giorni del mio soggiorno presso casa sua, tentando di persuaderlo ad accettare quel metodo di nutrimento alternativo. Comprendevo che fosse nella natura vampira sia la caccia che il desiderio di sangue umano, ma ero ugualmente consapevole di quanto preziosa fosse la vita e di come, nutrirsi di loro, avesse delle conseguenze.

Il risultato? Un atroce mal di testa e una fugace promessa a mezza bocca: tenterò.

Per il momento era trascorso poco tempo dalla sua ultima caccia e si dichiarava abbastanza sazio da poter resistere, ma qualcosa mi lasciava presupporre che la sua ostinazione a non nutrirsi derivasse soprattutto dalla mia proposta di accompagnarlo in una caccia al puma, il prima possibile.

Personalmente preferivo una bella barretta di cioccolato bianco alle nocciole. Uno dei vantaggi della mia umanità? Decisamente il cioccolato.

« Ragiona, cosa può farmi? – domandai retorica, mentendo spudoratamente. – In fin dei conti sono o non sono una vampira?»

«Solo per metà, ecco perché vuoi ingurgitare certe schifezze.» precisò.

E come dargli torto.

Disgustato adocchiò il carrello stracolmo di leccornie di ogni genere. Bastoncini di liquirizia rossa, bon bon, bibite gassate, patatine, pop corn , gelato a menta e cioccolato e una miriade di altre scatole dal contenuto ignoto e potenzialmente letale, se ingerito insieme al resto. Tutte cose che mia madre mi avrebbe categoricamente proibito e questo, in fin dei conti, Matthias lo aveva capito.

Proprio per tale motivo la sua compagnia si era rivelata più piacevole del previsto. Per il cameratismo che si era creato tra noi.

L’inizio non era stato affatto promettente. Spaesata dai suoi modi diretti, dai sorrisi maliziosi che mi rivolgeva e dall’enfasi con la quale cercava di coinvolgermi nelle discussioni e nei suoi programmi, tentavo di rifuggire da qualsiasi contatto. Ma, man mano, mi ero arresa all’idea che era abbastanza ostinato da pedinarmi per l’intera giornata ed io non ero altrettanto ingegnosa per ideare il numero sufficiente di scuse per quarantotto ore.

Cosa ne era conseguito? Gli avevo concesso un’opportunità, che lui aveva sfruttato magistralmente.

Si era rivelato una personalità interessante, carismatico, allegro e spensierato. Quello di cui avevo sempre avvertito la mancanza: un amico, in grado di comprendere le mie esigenze e che non si ponesse su di un piedistallo, in virtù dei suoi secoli vissuti.

Qualcuno che non mi reputasse semplicemente una bambina.

Ciò che maggiormente mi aveva colpito era stato proprio il suo modo di relazionarsi a me. Nella mia famiglia tutti, compreso Edward, manifestavano una certa apprensione ogniqualvolta venivo coinvolta anche nelle attività più semplici.

Una sorta di ansietà che si estendeva ad ogni situazione, pericolosa o meno che fosse. Io ero quella fragile, la mezza vampira, quella con bisogni e delle esigenze.

Una fonte costante di preoccupazioni e a cui dispensare premure.

Bhe, se tutto ciò poteva avere i suoi risvolti positivi, vedersi rammentare costantemente le proprie debolezze e inettitudini non aveva nulla di piacevole.

Avevo invano tentato di far comprendere loro quanto tutto ciò mi infastidisse e come detestassi essere trattata alla stregua di una ragazzina, e forse proprio questo ero stata colta di sorpresa nel notare con quanta tranquillità Matt si rivolgeva a me. Nel suo sguardo non coglievo nulla oltre il divertimento che si palesava nello stuzzicarmi o dell’attrazione che manifestava per la sottoscritta.

Avevamo cacciato insieme, ed era stato insolitamente rilassante.

Quando era Edward ad accompagnarmi si appostava nell’angolo più vicino, pronto ad intervenire, se qualcosa fosse andato storto. Inducendo in me, inevitabilmente, il terrore di sbagliare e fare una figuraccia.

Con lui era tutto troppo… complicato.

Ovviamente avvertivo la sua mancanza come una costante fitta al petto. Dimenticare sarebbe stato impossibile ed altrettanto sostituirlo. Ma quello strano fine settimana mi aveva regalato una nuova prospettiva e la consapevolezza che, nonostante tutto, nulla sarebbe cambiato.

Ed mi aveva vista crescere e, per quanto mi turbasse ammetterlo, questo avrebbe sempre inciso sul nostro rapporto. Forse sarebbero trascorsi secoli prima che lui riuscisse a guardare oltre tutto ciò, vedendo in me la donna che stavo diventando.

Ma io sarei riuscita a pazientare tanto?

Probabilmente si, ma non sarei mai riuscita a stargli vicino, come sorella, ancora a lungo. Sarei fuggita, mi sarei allontanata da lui, dalla sofferenza che mi arrecava la sua vicinanza.

Dalla sensazione di impotenza, mista al fremente desiderio di un contatto che agognavo da troppo, ma al quale non potevo aspirare.

«Bells.» una voce preoccupata infranse i miei pensieri, catapultandomi nuovamente al centro del supermercato.

Alzai gli occhi su Matt, percependo la delicata carezza del suo sguardo e sorrisi. « Tutto bene?»

Annuii, sospirando sommessamente, scacciando dalla mia mente Edward, decisa più che mai a non farmi opprimere dal fantasma della sua presenza. Ancora per qualche giorno… ancora per qualche ora.

« Perfettamente! – esclamai, palesando una noncuranza che non mi apparteneva. – Muoviamoci, oppure rischiamo che la videoteca chiuda. »

Fu così che, chiacchierando, ci allontanammo dal supermercato. Noleggiammo uno splatter sicuramente disgustoso, sui vampiri ovviamente, ghignando come due stupidi davanti alla cassa, sotto gli sguardi perplessi del povero commesso.

In quell’istante non eravamo il ritratto della maturità, ma io avvertivo una sensazione di leggerezza stupefacente.

Ovviamente la pace non poteva durare per sempre, e ne ebbi il primo sentore quando incrociati lo sguardo malizioso di Velia, con i suoi occhioni da cerbiatta e la cascata di capelli color grano.

« Avresti dovuto dirci di avere un amico così avvenente. »

Corrugai la fronte perplessa. « Cosa?»

Fu allora che lo percepii… il suo profumo.

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 Bella_kristen [Contatta] Segnala violazione
 28/09/10, ore 19:00 - Capitolo 5: Capitolo 4
Ciaooooo!!!!! *O* ti capisco ti capisco, anche io sono super indietro con la lettura degli aggiornamenti! Che drammaaaa non ho proprio il tempo di leggerli tutti, infatti sono stata costretta a togliere un pò di storie dalle seguite ç_ç
Grazie mille per i complimenti *O* sei sempre gentilissima... cmq si, Matt è decisamente un rivale del nostro Eddino aahhaha che mi sa che non ha apprezzato nemmeno un pò la concorrenza, ma almeno questo lo ha indotto a rivedere un pò i suoi punti di vista. Lo stesso vale per Bella, inizia anche lei a capire che c'è altro al di là della sua famiglia e che forse si è fatta condizionare molto da loro in passato. hihihihi
 _Miss_ [Contatta] Segnala violazione
 19/09/10, ore 09:19 - Capitolo 5: Capitolo 4
Ciauuuuuu! Grazieeeee
ahahah povero Matt, lui non combina nulla... la colpa è tutta di quel provolone di Edward che non si rende conto di quello che ha... anche se in questo capitolo inizia a comprendere la reale portata del problema e si industria per cercare una soluzione. In compenso considero la migliore sempre e solo Alice, con la sua machiavellica astuzia ahahhah
 eliza1755 [Contatta] Segnala violazione
 18/09/10, ore 15:02 - Capitolo 5: Capitolo 4
Ciaoooo!!
alla fine in ques'ultimo mese sono cambiate un pò di cose.. e ho deciso di riprendere a scrive, anche se maggiormente nella sezione delle originali. Ammetto che Twilight mi ha stancata, preferisco di gran lunga muovere personaggi miei *O* lo trovo molto più stimolante. Oltretutto nelle storie di TRwiligh i giudizi sui personaggi sono sempre vincolati a quella che è la coppia bella-edward e alle idee pregresse che si hanno su essa. XD
ahahahah per quanto riguarda il capitolo noterai che ad Edward è quasi venuto un colpo, tutto grazie alla sadica alice che adora dargli il tormento, anche se a fin di bene! Sapeva come avrebbe reagito e soprattutto come questo avrebbe inciso su di un'eventuale presa di consapevolezza. I vampiri sono estremamente territoriali, quindi è logico che risvegli il suo essere possessivo saperla accanto ad un altro...
fino a quel momento il rischio che ciò avvenisse non si era mai verificato, gli unici brevi contatti erano stati con gli umani, ma inconsapevolmente lui non li aveva temuti come rivali. Un vampiro invece.. diciamo che la situazione diventa più scottante ahahahahah
kiss

 Frafra9 [Contatta] Segnala violazione
 18/09/10, ore 10:56 - Capitolo 5: Capitolo 4
Ciaooooo Fra!!!!! *O* Matt è partito alla carica e Edward sta x fare una strage ahahah poverino, le notizie che Alice gli ha comunicato non gli sono piaciute granchè!
e come dargli torto... hihihihi
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 17/09/10, ore 22:12 - Capitolo 5: Capitolo 4
Ciaooo! si si alla fine l'ho cancellato il blog, e non lo riaprirò O.O anche se ho nuovamente una pagina su fb terrò solo quella. Il blog era un pò noioso da aggiornare... poi si incasinata sempre la pagina al primo cambiamento ecc
Fb in questo è estremamente più semplice nell'utilizzo.
Cmq Graziee sono felice che il capitolo ti sia piaciuto... qui finalmente Edward inizia a reagire meno da bravo ragazzo e più da vampiro, territoriale e possessivo ♥
 Giulia_Cullen [Contatta] Segnala violazione
 17/09/10, ore 17:39 - Capitolo 5: Capitolo 4
Grazieee! 6 gentilissimaaaa *O*
hihihi Come vedi in questo chappy bella non è proprio tornata a casa ahahah e la sua è stata un'ottima scelta. In questo modo ha posto edward dinanzi a prospettive che non aveva mai seriamente considerato XD poveraccio...avrà un bel pò di lavoro da fare ahahahahah
 LadySile [Contatta] Segnala violazione
 17/09/10, ore 17:21 - Capitolo 5: Capitolo 4
ahahaha Edward si merita tutto quello che sta succedendo! Il suo comportamento ossessivo e la sua noncuranza, per certi versi, stavano ferendo bella ed è logico che lei, vista anche la sua giovane età, desideri poter vivere con una maggiore leggerezza. Il peso della sua famiglia, delle loro paure, della sua parziale umanità... ma soprattutto di quell'amore non corrisposto la stavano esasperando e Matt, per il momento, è la risposta ai suoi problemi! XD ovviamente Edward non gradirà affatto tutto questo ahahahahah

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Eccomi con il nuovo capitolo!!! Scritto tutto in un giorno ahahah che faticata! Provvedo imemdiatamente a rispondere alle vostre recensioni tramite il nuovo sistema di efp *O* perchè lo trovo estremamente comodo! Vi lascio anche i link delle mie nuove storie, se per caso vi va di leggerle e anche il link del mio gruppo su fb, dove informo degli aggiornamenti ed inserisco gli spoiler.
Grazie infinitamente a tutti voi che mi seguite e commentate, nonostante i miei disastrosi ritardi. Tramite il mio gruppo su fb potete anche aggiungermi come amica al vostro profilo se vi va! *O* per poter scambiare 4 chiacchiere. Detto questo vi saluto! kiss kiss

Capitolo 6

 
« Che diamine ci fai qui!?» esordii attirando su di me le occhiate curiose dei presenti.
« Che bella accoglienza. – commentò ostentando quel sorriso studiato che celava ben altro. Non potei non notare l’occhiata che riservò a Matthias, poco dietro di me. Doveva aver scoperto il perché della mia decisione, o almeno aver intuito qualcosa. Il suo sguardo era sin troppo consapevole. – Carmen era preoccupata perché avevi con te pochi vestiti e io mi sono offerto di portarti il necessario.» spiegò serafico, mostrandomi la sacca che stringeva tra le mani.
In realtà avevo sin troppi vestiti e mia madre difficilmente sarebbe ricorsa a lui, conscia che era proprio da Ed che tentavo invano di allontanarmi.
Bastardo!
Mi morsi la lingua per non ribattere e non rischiare di impelagarmi in una lite nel salone di quella casa, non nostra, circondati da persone che non conoscevano il mio rapporto con Edward e la sua asfissiante gelosia fraterna.
Già… fraterna. Esclusivamente fraterna.
Una stretta allo stomaco mi colse rimuginando su quella parola.
Avevo allungato il mio soggiorno in quella landa sperduta con lo scopo di acquietare il mio malessere e godermi un po’ di tempo lontano da lui e dai pensieri che mi affliggevano in sua presenza. La consapevolezza di essere considerata alla stregua di una sorella, sul medesimo piano di Alice o Rosalie, mi destabilizzava.
Volevo qualcosa che non potevo avere, al quale non potevo aspirare, e ne soffrivo.
Ma lui questo non lo capiva, o almeno non voleva capirlo. Ero certa fosse consapevole del mio bisogno di allontanarmi momentaneamente da lui e forse, se solo non fosse stato tanto cieco, avrebbe compreso il motivo di tale desiderio.
Edward si affidava sin troppo al suo potere. Leggere nel pensiero gli permetteva di giungere dove altri non avrebbero mai potuto, ma senza di esso brancolava nel buio. Negli anni avevo amato enormemente la mia capacità di eludere il suo dono, lieta di poter tenere per me i pensieri più intimi e i miei reconditi desideri.
Lui ovviamente non era del medesimo parere.
Ma forse l’origine del problema era un’altra: non comprendeva il mio malumore perché non poteva considerarlo plausibile.
Già… io non sono che una bambina.
Fremendo mi avvicinai a lui a passo svelto strappando con violenza la sacca dalle sue mani, ben attenta ad esprimere con il mio sguardo tutto il dissenso per quella assurda sceneggiata che aveva montato. « Mille grazie, fratellino. – sibilai caustica. - Ora che hai compiuto il tuo dovere puoi tornare a casa, alle tue faccende.»
Si schiarì la gola, reprimendo una risata che non prometteva nulla di buono. « In realtà… »
«L’abbiamo invitato a restare. – esordì una voce alle mie spalle, intromettendosi. – Adoriamo avere ospiti e sono sicura che la sua presenza ti farà sentire più a tuo agio presso di noi.»
Più a mio agio?
Ironico direi visto che avevo perduto tutta la mia tranquillità in un battito di ciglia, non appena avevo percepito il suo profumo.
Con lui era sempre così… in sua presenza le emozioni mi sovrastavano, mi avvolgevano scuotendomi nel profondo, rendendomi schiava di lui, dei suoi occhi color oro, del suo odore… nella speranza di una sua parola gentile, di ottenere la sua approvazione, la sua attenzione.
Perché l’amore è anche questo: sofferenza, quando si comprende di essere al centro di una tormenta, quando si è consapevoli che per quanto si possa tentare di scappare, lei ti raggiungerà, trascinandoti nelle sue spire.
Non c’è via di scampo.
Il mio sguardo scivolò su Velia, che mi scrutava speranzosa con i suoi occhi color cremisi puntati su di me. Diamine, non serviva un genio per comprendere le sue intenzioni e soprattutto il suo interesse per nulla velato, cosa di cui ovviamente Edward era a conoscenza.
«Io sono perfettamente a mio agio. – ribattei ostentando la mia espressione più innocente. – Non vorrei creare ulteriore disturbo e poi sono certa che lui avrà le sue commissioni da fare, non credo sia giusto trattenerlo.»
Non lo volevo lì, non sotto lo sguardo irretito di Velia, sotto le sue attenzioni e la palpabile attrazione che provava per lui.
Non quando lei poteva essere quello a cui io non potevo aspirare.
No.
«In verità mi sono detto ben lieto di accettare quest’invito, sperando presto di ricambiare la cortesia molto presto. »
No…
 
______________________ Pov Edward
 
L’avevo fatto.
Avevo recuperato pochi indumenti, gettandoli alla rinfusa in un borsone e mi ero recato a casa di questi sconosciuti, che in qualche modo avevano attirato l’attenzione della mia Bella. Le parole di Alice avevano aperto dentro di me una voragine, facendo breccia nella mia mente onnubilata dall’odio per me stesso e alimentando il mio terrore più grande: perderla.
Non potevo permettermi errori.
Avevo scioccamente ritenuto che quando fosse giunto il momento sarei stato in grado di pormi da parte, di darle la possibilità di costruirsi una vita, lontana da me.
Avevo ipotizzato che tra svariati anni sarebbe stato inevitabile.
Anni… non settimane, non giorni.
Non potevo accettare accadesse tutto tanto in fretta. Non potevo permettere che uno sbarbatello qualsiasi entrasse nella sua vita, allontanandola da me a solo poche ore di conoscenza.
Era folle.
Era sbagliato.
Era ingiusto.
Come potevo rinunciare a lei senza aver provato? E come quel Matthias poteva essere migliore di me, se ancora si nutriva di innocenti umani?
In passato mi ero ribellato alle ferree convinzioni di Carlisle, commettendo abominevoli atti che mi avrebbero perseguitato in eterno. Ma con il tempo avevo deciso di redimermi, di rinnegare la mia natura per tentare di essere migliore, non di espiare il mio peccato… non avrei mai potuto. Quelle vite, benché luride, erano state strappate dalle mie mani e nulla mi avrebbe mai assolto.
Ma io non perseveravo in quell’errore. Lui si.
Come potevo definirlo più degno di me? Come poteva Bella considerarlo migliore di me?
Era inaccettabile.
Così, senza comprendere come, mi ero ritrovato fuori la porta di quell’antico edificio, senza un piano, ma almeno con una misera scusa a giustificare la mia presenza.
Alice, con un sorriso scaltro stampato in volto, mi aveva porto una sacca con degli indumenti per Bella, persuadendomi a soggiornare lì. Sapeva che mi avrebbero proposto di restare presso di loro.
Lo aveva visto.
Secondo lei tentare di convincere Bella a tornare a casa non avrebbe prodotto alcun risultato positivo, se non spronarla ad allontanarsi da me, ancora di più.
Le domandai il motivo per il quale sembrava essere decisa ad aiutarmi, quando era stata lei stessa a spingerla tra le braccia di quel Matthias.
Ovviamente l’unica risposta che ottenni fu una risatina e uno sguardo colmo di condiscendenza.
Quella piccola peste e la sua mente machiavellica erano incomprensibili anche a me, nonostante il dono che potevo vantare.
Tralasciando le sue follie, montato in auto, mi diressi senza indugi verso la mia destinazione. Avevo ripetuto nella mia mente frasi fatte, discorsi lunghi e poco proficui che avrei potuto rivolgere a Bella, ma nulla di adeguato.
Il reale problema era che neanche io sapevo bene cosa fare.
L’indecisione mi logorava.
Volevo portarla lontana da quel vampiro, impedendole di avere con lui un qualsiasi tipo di rapporto. Volevo preservare la sua innocenza da qualsiasi bastardo avesse potuto avere delle mire su di lei.
Avrei voluto permettermi di amarla, persuadendola a scegliere me.
Avrei voluto, pur consapevole di non esserne in grado. O forse si?
 
 
Sospirando sommessamente bussai, dipingendomi in viso un’espressione affabile, sino a quando non mi scontrai con i pensieri meravigliati della vampira dinanzi a me.
Era una bella ragazza, probabilmente trasformata quando non aveva più di venticinque anni. Una massa di capelli color grano le ricadevano sulle spalle, in morbidi ricci, circondando il volto diafano.
Era davvero molto bella… Velia.
Una delle componenti di quella famiglia.
Le porsi la mano, cercando di ignorare i pensieri che scorrevano frenetici nella sua mente. Aveva notato il colore dei miei occhi, e la somiglianza con quelli di Carmen e del suo compagno, intuendo la mia provenienza.
Sicuramente un Cullen.
«Piacere, sono Edward, un amico di Bella.» mi presentai, accennando un sorriso, sospirando internamente.
Fortunatamente per me non era a conoscenza del mio dono, permettendomi di insinuarmi nella sua mente senza impedimenti. Eleazar, nonostante la loro vecchia amicizia, aveva preferito mantenere un certo riserbo sui poteri della mia famiglia e Bella discorreva mal volentieri di me.
Doveva essere ancora furiosa per la nostra lite. Non vi erano altre spiegazioni.
« Piacere mio, io sono Velia. – rispose mesta, facendosi immediatamente da parte. – Accomodati. Bella è in giro con Matthias, ma saranno di ritorno a breve. Non siamo abituati ai suoi bisogni umani quindi non possediamo in casa alcun tipo di cibo.» mormorò in tono di scuse.
Per loro Isabella era una creatura insolita, ma l’alone di affetto che vorticava attorno alla sua immagine, mi stupì.
A quanto pareva tra lei e questo presunto Matt, era scoccata immediatamente la scintilla. Erano stati sorpresi da quanta familiarità quest’ultimo manifestava verso quella sconosciuta, ma soprattutto erano allibiti dal constatare quanto apparisse tranquillo.
La sua natura inquieta, tipicamente adolescenziale, mal si accordava con quell’atteggiamento. Ma soprattutto a stupire era la consapevolezza di quanto difficilmente ricercava nuove amicizie. Era stato trasformato, secoli prima, da una persona che riteneva amica e che invece aveva visto in lui solo un nuovo burattino da poter manovrare, ai fini di una guerra senza speranza. Tempo addietro alcuni ribelli avevano creato eserciti di vampiri neonati, per  assecondare le loro mire di conquista, distruggendo migliaia di vite senza alcuna remora.
Matthias era una di quelle giovani vite strappate al mondo umano. Così, scottato, evitava contatti non desiderati ormai da tempo, eppure Bella lo aveva incuriosito sin da subito.
Velia non era certa di quale fosse la reale motivazione di quel cambiamento di umore, ma ne era lieta, e quello era tutto ciò che le interessava per il momento.
«Zac, Marien, Luke, abbiamo visite. » annunciò, sporgendosi verso l’ampia scala che conduceva al piano superiore. Avvertii pensieri confusi provenire da quelle camere ma non vi badai, seguendo la mia interlocutrice che chiacchierava affabilmente.
In realtà i suoi pensieri mostravano una certa sorpresa.
«Mentre gli altri ci raggiungono ti presenterò Matilda.» mi annunciò sorridendo.
Si umettò le labbra, lasciando scorrere lo sguardo su di me, domandandosi perché Bella non le avesse mai parlato di me, o almeno il perché non mi avesse descritto come meritavo.
Ipotizzò che considerandomi un fratello Isabella non vedeva in me nulla di attraente, proprio come accadeva a lei con Zac o Matt. Semplici fratelli, qualcuno con cui scherzare o litigare, da voler bene, ma nulla di più.
Devo assolutamente rimproverarla, con un simile scapolo nella sua casa, avrebbe dovuto organizzarmi un incontro con lui. Che fortuna abbia deciso di raggiungerla.
Quel pensiero non mi piacque, conscio di quanto fosse vicino al vero. Per Bella non ero altro che un fratello scapolo, particolarmente pedante e se non mi aveva condotto lì era certamente perché la mia fastidiosa gelosia le sarebbe stata di intralcio.
«Sarò lieto di fare la sua conoscenza. – mormorai stampandomi in volto un sorriso di circostanza. – Carmen e Eleazar mi hanno parlato molto di voi e con grande entusiasmo. Sono felice di aver avuto una scusa per potervi incontrare, finalmente.»
Mentii. Il mio unico desiderio, in quell’istante, era convincere Bella a tornare a casa con me, prima potesse essere troppo tardi.
Mi lasciai condurre in un ampio salone, al cospetto di un’altra vampira all’apparenza molto giovane, sebbene potesse contare più di tre secoli di vita. Matilda.
« Buongiorno. Mi duole disturbarvi ma sono qui per una piccola consegna. Carmen era preoccupata per i pochi vestiti di Bella e temeva che i maglioni potessero non bastare per tenerla al caldo. » mentii con noncuranza, scoprendo solo in quell’istante il dono della donna seduta dinanzi a me. Ripose il suo libro sorridendomi scaltra, fiutando la mia misera menzogna.
«La mia amica mi ha parlato molto di te!» esclamò, lasciando scorrere nella sua mente le immagini della loro conversazione, nella quale le parlava del mio potere e del mio rapporto con Bella. Le aveva confessato che a causa mia Isabella aveva deciso di allontanarsi da casa per un po’, accogliendo di buon grado l’invito di Matthias.
Questo aveva contrariato Eleazar che non accettava di allontanarsi dalla sua bambina, ma per motivi che in quel momento non compresi, lei era lieta della scelta di sua figlia.
La voleva lontana da me.
Perché?
La osservai in silenzio, scosso da quello che mi aveva mostrato, mentre parte della mia mente era proiettata sulla conversazione incamerata da Velia.
Carmen si fidava ciecamente di quella Matilda, che era sua amica da tempo immemore. Aveva vissuto presso la sua famiglia per svariati anni e ormai la considerava alla stregua di una sorella.
Non avrebbe tradito la mia bugia, almeno non con i presenti, ma questo non le avrebbe impedito di studiarmi e sondare le mie parole.
Conversammo e dopo un po’ fummo raggiunti dagli altri membri del clan. Nonostante le loro abitudini alimentari, che potevo considerare discutibili, la loro compagnia era piacevole.
Erano una famiglia, non tanto diversa dalla nostra.
Tentai di non badare a Velia che cercava di attirare come poteva la mia attenzione, convogliando su di sé gli sguardi divertiti dei presenti. Era una brava ragazza e non era mia intenzione creare imbarazzi.
Purtroppo non avevo tenuto conto della mancanza di delicatezza di suo fratello.
«Nostra sorella in presenza di un bel ragazzo perde completamente il senno. – ghignò Zac, abbandonato contro lo schienale della poltrona, con la sua compagna seduta in grembo. - Ti posso assicurare che non è sempre così.»
Se Velia avesse potuto avrebbe di certo assunto una colorazione purpurea. Fortunatamente la sua natura di vampira la preservava da quel genere di inconveniente, pur non potendola sottrarre del tutto all’imbarazzo.
Gli altri, dal canto loro, tentarono invano di reprimere le risate divertite, mentre Marien schiaffeggiava bonariamente la spalla del suo compagno, ammonendolo. «Li metti in imbarazzo.» soffiò fingendosi contrariata, sebbene nella sua mente concordasse apertamente.
Bhe, non potevo dargli torto.
«A Zac piace scherzare, Edward. Non dar peso alle sue parole!» esclamò Velia stizzita, torcendosi nervosamente una ciocca di capelli.
Sorrisi intenerito, fingendo di non notare l’occhiata irosa che gli rivolse.
Forse non sarebbe stato così tremendo soggiornare presso di loro per qualche giorno.
Li avevo giudicati male! Tanto ero preoccupato per Bella che avevo espresso giudizi inopportuni su persone invece estremamente cordiali. Avrei dovuto immaginare che Carmen non avrebbe mai permesso a sua figlia di recarsi in un luogo potenzialmente pericoloso.
Eppure… quando si trattava di Bella la logica inoppugnabile di cui solitamente potevo vantarmi, svaniva, schiacciata dalle emozioni.
Tutto assumeva una connotazione diversa.
Nel mondo in cui Isabella mi aveva catapultato alla sua nascita c’era la paura, c’era la gioia, c’era l’amore.
Sensazioni che per quasi un secolo mi erano state sconosciute e che avevo riscoperto man mano.
Sensazioni che adesso guidavano la mia vita, stringendomi tra le loro spire, costringendomi a fare il conto con una parte di me che mi era estranea, che prima non avevo mai avuto modo di sperimentare.
Amare qualcuno tanto da sentirsi annientato, tanto da sentirsi sopraffare.
Tanto da non riconoscersi.
Perché l’amore ti cambia… anche se talvolta non ti rende migliore.
Egoista… per non voler condividere l’oggetto del proprio amore.
Spaventato… per la paura di perderlo.
 
«Edward spiega anche tu alla mia sorellina che hai notato il suo palese interesse, almeno dopo non mi accuserà di averti detto qualcosa che non sapevi.»
Le parole di Zac mi risvegliarono dalle mie elucubrazioni e sorridendo forzatamente cercai di mettere da parte quegli inutili pensieri.
Non è il momento.
«Sono abituato a persone a cui piace scherzare. Mio fratello Emmett è un bambinone senza peli sulla lingua.»
Fintamente indignato si portò le mani al petto, cercando con uno sforzo di volontà di trattenere le risa. «Io non sono un bambinone.» replicò Zac, mesto.
La sua compagna sogghignò, scuotendo il capo. «Hai la coda di paglia?»
« Un pochino.» le rispose, chinandosi a baciarle dolcemente le labbra. «Sarà che mi definisci un bambinone più o meno cento volte al giorno.»
Distolsi lo sguardo un po’ a disagio, controllando l’orologio. Era trascorsa quasi un’ora dal mio arrivo.
«Il supermercato non è vicino, sono sicura che torneranno a breve.» Matilda mi sorrise bonariamente, con una consapevolezza in quello sguardo a cui non ebbi il coraggio di rispondere.
 
 
Percepii la sua voce non appena la macchina giunse sul vialetto. La vidi, attraverso i pensieri di quel Matthias, che le era tanto vicino. Troppo vicino.
Sondai la sua mente costatando il vago interesse che nutriva per lei, ma non riuscii a cogliere molto perché in breve tempo la  sua mente mi fu occultata da un potere che ben conoscevo.
Bella doveva essere consapevole della mia presenza e a quanto pare non era affatto deliziata dell’idea che io potessi scandagliare i pensieri del suo amico.
Dannazione.
Entrò come una furia.
Osservai le sue guance arrossarsi per l’irritazione, le labbra serrarsi in una smorfia ed il luccichio sinistro nei suoi occhi color cioccolato.
Era oltremodo furibonda, probabilmente per quella mia incursione immotivata. Ovviamente non accolse di buon grado la mia spudorata bugia ma non volle ugualmente smascherarla, probabilmente per evitare di apparire in qualche modo paranoica dinanzi al mio gesto innocuo.
Ed io… da egoista qual’ero, decisi di approfittarne.
In fin dei conti, l’amore rende egoisti.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
 
«Io lo ammazzo!» esclamai, stringendo i denti, stizzita.
«Non credi di esagerare? – mormorò ironico Matthias, disteso supino sul mio letto. – Il suo potrebbe essere definito un atto gentile.»
«Non essere ingenuo. È qui per controllarmi, ovviamente.» sentenzia caustica. Dopo una conversazione imbarazzante avuta in soggiorno con una scusa mi ero defilata nella mia camera insieme al mio amico, abbandonandomi ad esclamazioni poco gentili nei confronti di Edward.
Naturalmente ad alimentare la mia acredine era lo sguardo da pesce lesso di Velia, della bellissima e biondissima Velia. Di quella vampira adulta che poteva offrirgli quello di cui aveva bisogno, e che lui non reputava solo una bambina da dover accudire.
«Io lo ammazzo.» ripetei nuovamente, ancor più convinta della necessità di punirlo per tutto ciò che stava causando. Possibile che mia mamma gli avesse permesso di raggiungermi? Non era lei a biasimare la mia infatuazione reputandola nulla più di una cotta? Mi era parsa così lieta quando le avevo comunicato di voler allungare il mio soggiorno presso i suoi amici… perché aveva acconsentito alla decisione di Ed? Non riuscivo a comprendere.
Lei sapeva…
Sbuffai mentre Matthias ridacchiava, divertito dalla veemenza delle mie parole e probabilmente anche dallo sguardo truce che le accompagnava. Proprio non capiva il mio dramma…
«Spiegagli semplicemente quello che pensi e mandalo via.» mi suggerì pacato, giocando con una ciocca dei miei capelli. Come se fosse tanto facile. Come se non avessi tentato più volte di parlargli, di lasciargli intendere l’origine del problema… a nulla erano valse le mie parole e le miei insinuazioni.
Non c’è peggior sordo di colui che non vuol sentire.
Sbuffai, poggiando la testa sul suo petto, mugugnando scontenta. «Si vede che non lo conosci.»
«Da quanto ho capito non credo voglia farti stare male, al contrario.»
«Peccato che è a causa sua se…» mi interruppi, respirando a fondo, per recuperare un po’ di contegno. Lamentarmi come una mocciosa isterica non avrebbe che confermato le sue teorie. «Lascia perdere Matt. - mormorai imbronciata. – Non ha importanza, tra qualche giorno tornerò a casa e tutto sarà come prima.»
«Stai scappando di nuovo.» sentenziò mesto.
Non replicai. La sua non era un critica o una lamentela, ma una semplice e genuina constatazione, e forse per questo faceva più male. Aveva ragione. La fuga era diventata in mio modus operandi nelle situazioni stressanti, l’unica soluzione che balenava nella mia mente, soprattutto quando Edward era coinvolto.
Forse il mio non era che un meccanismo di difesa, dopo gli ultimi anni trascorsi a mostrarmi matura, tentando di dimostrargli che io potevo essere altro oltre alla piccola Bella.
Ma ero stanca di combattere una guerra senza speranza, era avvilente e poco produttivo, ed io ero decisamente stanca.
«Credi sia geloso di me?» domandò d’un tratto, infrangendo il silenzio e le mie elucubrazioni mentali.
«Si.»
«Credi sia qui per questo?»
Il suo tono si trasformò in un bisbiglio appena percettibile. Inarcai un sopracciglio studiando la sua espressione stranamente concentrata, prima di rispondere in tono altrettanto basso. «Si.»
Chissà perché se una persona sussurra si tende a rispondere con un sussurro, pur non comprendendone il motivo. In compenso, in quel suo sguardo cospiratorio c’era qualcosa di realmente buffo.
«Potremmo dargli un motivo per essere realmente geloso, magari comprenderà che non sei solo una bambina ed inizierà a lasciarti il tuo spazio. – tentò, volgendo il suo volto su di me, con un sorriso che non prometteva nulla di buono. Che diamine ha in mente? - Sino a quando ti vedrà dipendente dalla tua famiglia, da lui, non riuscirà mai ad abituarsi all’idea che sei cresciuta e che puoi desiderare altro. »
Puntellai i gomiti sulla bella trapunta color panna, ascoltando con interesse il suo discorso. «Cosa proponi?»
«Propongo un passo alla volta verso la tua libertà.» replicò sibillino, mentre un’ombra di soddisfazione velava il suo sguardo.
Poteva essere una buona idea. In fin dei conti Matthias non aveva torto, avevo trascorso la mia vita protetta nella bolla di cristallo che tutti loro avevano costruito per me, preservandomi dai pericoli, ma anche dal mondo. Ancora oggi in me non vedevano che una creatura debole.
Forse Alice era l’unica ad aver notato in me dei mutamenti.
Probabilmente ciò dipendeva dal suo molesto potere che le permetteva di osservare il futuro e di conseguenza leggere il presente secondo una diversa prospettiva; o con maggior probabilità è solo pazza.
Non avrei mai saputo dire qual’era il reale motivo, ma in fin dei conti neanche mi interessava.
«Ovvero…?»lo esortai a continuare.
«Annunceremo a tutti che stiamo insieme e nel periodo in cui alloggerà qui ci comporteremo come una vera coppia. – asserì senza esitazioni. - Tanto tutti sono quasi convinti che abbiamo una relazione.»
«Io e te non stiamo insieme.» obiettai sbuffando. Detestavo l’idea che nessuno trovasse plausibile l’amicizia uomo donna, senza vedere in essa qualcosa di più. Assurdo.
«Lo so… è per questo che parlavo di finzione. – precisò sorridendo sornione. – Il tuo amico sarà costretto a vederci insieme e qui in casa mia non potrà far valere le sue proteste, perché ovviamente la mia famiglia sarà più che lieta della novità e...»
Non se ne parla!
«Io voglio che Edward vada via.» lo interruppi bruscamente, alzando il capo dal suo torace.
Non gli avrei permesso di trascorrere del tempo qui, accanto a Velia, rischiando di vederlo cedere alle sue avance. Non lo avrei sopportato.
Non dinanzi a me, non a causa mia e della mia fuga.
«Perché?» chiese in tono così dannatamente perplesso da mettermi a disagio. Ok, forse era davvero una pretesa infantile, ma io non avrei mai avuto la forza di sopportare tutta quella situazione senza battere ciglio, senza rimostranze, ma soprattutto senza palesare l’afflizione che tutto ciò mi avrebbe causato.
Semplicemente non potevo.
Arrossii, distogliendo lo sguardo, imbarazzata. «Voglio solo vada via.» biascicai, per nulla disposta a rendermi ancor più ridicola. Peccato che Matthias fosse maledettamente perspicace.
«Per Velia?  - domandò costringendomi ad alzare il viso per fissarlo in volto. – Lei è una brava ragazza ed è molto bella, ma è anche molto ostinata. Se ritiene Edward una possibile preda, se pensa di poter averlo come compagno, non dubito che troverà una scusa per recarsi a casa tua e trascorrere con lui del tempo, anche quando si sarà allontanato da qui.»
«Co..sa? - balbettai incredula. – Credi lo voglia come compagno?»
Scosse il capo. «Non lo so, ma sembra interessata a lui e… - esitò appena, umettandosi le labbra. - Se individua la sua preda non se la lascia scappare.»
«Questo non mi rincuora.» mi lagnai, sospirando sommessamente.
Cosa ho combinato? Avvertii le lacrime pungermi gli occhi. Avevo dato inizio ad un disastro; mi ero allontanata da casa per sfuggire ad Edward ed ora mi ritrovavo a dover osservare inerme il suo flirtare con un’altra. Di bene in meglio…
«Non era mia intenzione rincuorarti, Bella.  – asserì con dolcezza, scostandomi una ciocca di capelli dal viso ed accarezzandomi la guancia arrossata. - Ma solo spiegarti come stanno le cose.»
Annuii avvilita, senza ribattere. Che altro avrei potuto dire? Cosa avrei potuto fare?
Mi presi il volto tra le mani, sospirando sommessamente. Ho bisogno di una soluzione, potrei chiamare Alice, potrei chiedere il suo aiuto…
Lei sa sempre cosa fare in questi casi, ma se nel futuro tutto ciò fosse previsto?
Se fosse Velia la persona che Edward ha atteso per tanto tempo? Se avessi innescato… se io…
La confusione assediò la mia mente, mentre frammenti di ipotesi, pensieri e speranze si affollavano soffocando completamente la mia lucidità. Il desiderio di prendere i miei pochi vestiti e correre verso casa pulsava, maledettamente allettante. Ma a che scopo?
«Dannazione.- imprecai a denti stretti. – Cosa facciamo?»
Matthias esalò un sospirò teatrale, prima di ribattere con una tale noncuranza da lasciarmi spiazzata. «Adesso dovremmo allenarci con i baci.» tentò per sdrammatizzare, mentre un sorriso malizioso tornava a piegare le sue labbra.
Sempre il solito. Questa era una delle cose che apprezzavo maggiormente lui: affrontava ogni problema con una prontezza di spirito incredibile, riusciva a sorridere sempre e stranamente era in grado di indurre anche me a fare altrettanto. Forse per questo mi piaceva, con lui non era finzione, con lui non era necessario mostrarmi matura, ostentare quella serietà e quel giudizio che non concernevano alla mia età; a differenza di Edward.
Con lui era tutto tremendamente difficile.
Mi sfuggì una risata nervosa, accantonando quei pensieri fuorvianti, decisa ad assecondare il gioco del mio amico. «Stai scherzando?»
Scrollò le spalle, svogliatamente. «Questo è il mio prezzo per assecondarti in questa follia.»
«Devo rammentarti che la follia, come la definisci, è una tua idea?» replicai, scuotendo il capo divertita.
«Nessuno fa nulla per nulla.» mormorò ed il suo tono fu tanto risoluto da permettermi di comprendere che quella sua affermazione non era tesa semplicemente a sdrammatizzare.
«Aspetta! Fai sul serio? – domandai allibita. - Matthias.» lo rimproverai indignata, vedendolo annuire tranquillamente.
«Non capisco dove sia il problema… sono solo baci.»
Per l’ennesima volta in quella dannata discussione non potei fare a meno di arrossire. Determinati argomenti erano già di per sé difficili da trattare, ma quando si discute della propria imbarazzante e soprattutto inesistente esperienza nel campo delle relazioni con un ragazzo… bhe, si tocca decisamente il fondo.
«Non ho mai baciato nessuno.» pigolai lasciandomi sfuggire quella ridicola confessione. E come avrei potuto? Vivevo in una casa circondata da vampiri iper protettivi e con manie di controllo. Avevo frequentato la scuola per non più di una settimana e ovviamente gli umani non si erano mai avvicinati a me tanto da poter aspirare ad un bacio, non che intendessi concedere tanto ad uno di loro.
Avevo idee ben diverse in merito.
Matthias non si scompose, si limitò ad annuire in silenzio, probabilmente perché in fin dei conti non era tanto inaspettata, considerando la situazione. Nonostante tutto non rise, non mi sbeffeggiò, non mi punzecchiò con una delle sue sciocche battutine… almeno non subito. «Bhe, motivo in più per farlo. Starai mica aspettando il principe azzurro?»
Gonfiai le guance stizzita. «Non sono una bambina.»
Sorrise, per nulla offeso dinanzi al mio palese rifiuto. «Allora cosa ti turba? Non ti piaccio?»
«Sai perfettamente che non è questo il problema, semplicemente non sei tu quello che voglio baciare.»
«Di questo passo diventerai una vampira pluri-centenaria, vergine e che vive ancora a casa con i suoi.» obiettò piegando le labbra in una smorfia a metà tra la disapprovazione e una risata mal trattenuta.
Bastardo.
Ovviamente gli scoccai un’occhiataccia, per nulla incline ad accettare le sue baggianate. «Anche tu vivi con i tuoi. - gli rammentai aspra. – Loro ormai ti considerano un figlio e ti trattano come tale.»
«Io ho avuto le mie esperienze e non mi lamento della mia vita. Nessuno mi considera un bambino, al massimo uno svitato con ancora un po’ troppi ormoni in circolo, ma sono stato trasformato piuttosto giovane.»
Sbuffai. «Dovrei dare via il mio primo bacio per una ripicca?»
«Nessuno ti costringe a farlo, ma sarà difficile dimostrare che stiamo insieme se neanche ci sfioriamo, non credi?»
Logica inoppugnabile, maledizione.
Increspai le labbra una smorfia, messa alle strette. In fin dei conti cosa diamine stavo aspettando? Che Edward una mattina si svegliasse dal suo sonno catartico vedendomi finalmente per quella che ero diventata? Che idiozia. «Ok.» acconsentii, non propriamente convinta.
In fin dei conti Matt non aveva tutti i torti, attendere che Edward comprendesse la verità senza forzature era come pretendere di non far sorgere il sole al mattino, con la sola forza di volontà. Una cazzata di proporzioni catastrofiche.
Oltretutto se realmente desideravo una possibilità, se una potesse realmente esserci, era necessario scrollarlo ed indurlo ad accettare la realtà. Cos’ho da perdere?
Non lo lascerò nelle mani di Velia senza combattere, senza aver tentato il tutto per tutto.
«Procediamo!» esclamai, battendo le mani, per incoraggiarmi.
Seduta a gambe incrociate sul mio letto attesi la sua mossa, studiando i suoi movimenti, mentre si poneva in una posizione specchio della mia. Non appariva a disagio né turbato, era semplicemente tranquillo. Bhe, la mia faccia non doveva trasmettere altrettanto.
«Non essere così tesa, rilassati.»
«Per te è facile parlare.» bofonchiai. «Vediamo di muoverci. Strappiamo il cerotto e togliamoci il pensiero.»
«Tu si che sai come invogliare un uomo. - ribattè, scuotendo il capo divertito. - Non stai per ingaggiare una lotta contro un grizzly ed anche in quel caso essere così rigida ti servirebbe a poco. – mormorò, con il volto ad un palmo dal mio naso. Percepivo il suo respiro freddo sulla mia pelle, sfiorarmi le guance. Aveva un buon profumo, dolce e muschiato… piacevole.  - respira!» mi ordinò perentorio, iniziando ad inspirare ed espirare lentamente inducendomi a seguire il suo ritmo.
Sbattei le palpebre, annuendo.
Espirai, inspirai, espirai, inspirai… placando i battiti del mio cuore che procedeva a ritmo furioso.
Mi sentivo imbarazzata, maledettamente nervosa, irritata per le mie aspettative deluse. Nei miei sogni ad occhi aperti ad Edward avrei concesso il mio primo bacio.
Non sta andando come avevo previsto, per nulla.
«Chiudi gli occhi, sarà più semplice.»
«Ma…»
«Bella.» sentenziò, con un tono che non prevedeva obiezioni.
Sbuffai ed obbedii riluttante, tentando di restare immobile e non indietreggiare, assecondando il mio istinto. Almeno sino a quando non percepii il tocco delle sue labbra, lieve ed esitante, sfiorarmi appena. Mi irrigidii involontariamente, indecisa sul da farsi, una parte di me era spaventata ed il suo unico impulso era quello di alzarsi e fuggire via. Era quella parte insicura, quella consapevole dell’errore che stavo commettendo, ma soprattutto quella che preservava nella sua mente ancora i sogni infantili e romantici.
L’altra, quella curiosa, emotiva e bisognosa di conferme voleva affermarsi, voleva crescere, dimostrare anche a se stessa di poter andare avanti. Era quella parte di me che voleva davvero credere che Edward fosse solo una cotta adolescenziale, quella stanca di perder tempo dietro ai suoi malumori, alla sua gelosia fraterna.
Quella parte che forse con quel bacio voleva porre da parte le riluttanze e i sogni passati e voleva smettere di sperare in qualcosa che non aveva futuro.
Fu quest’ultima che vinse.
Scelse di ricambiare Matt, assaporando le sue labbra dapprima con titubanza e poi con maggiore convinzione. Gli andò incontro, lasciando che lui la guidasse in quella nuova esperienza tanto strana, ma effettivamente piacevole. Si dischiuse per lui, si avvicinò, lasciandosi esplorare e assecondando la sua stessa curiosità.
Ci staccammo, entrambi con il respiro corto, mentre le mie guance andavano a fuoco. Sul suo viso, ancora a pochi centimetri dal mio, era dipinto un sorriso stranamente dolce, ma forse quella era solo la mia impressione. Ero stordita, un po’ turbata, ma piacevolmente sorpresa e… «Wow.»
 
 Nota:
*O* Salveeee eccomi con il nuovo capitolo.
In questo non c’è un pov Edward, ho preferito concentrare tutto il chappy su Bella alle prese con questa nuova esperienza. C’è da dire che lei è un’adolescente e che quindi i suoi pensieri e i suoi gesti, per certi versi, rispecchiano quell’età e le convinzioni ad essa legate. Il suo personaggio va quindi contestualizzato in quella precisa fase di vita.
Detto ciò vi ringrazio come sempre dei vostri commenti, sempre graditissimi. Non finirò mai di ribadire che sono in grado di spronarmi sempre a scrivere, anche quando la mia insicurezza riemerge spingendomi a cancellare quella cartella sul mio desktop, dove conservo le mie storielline. Quindi grazie a tutte voi.
Vi lascio il link del mio gruppo su fb, per gli spoiler:


Vi lascio anche il link della mia ultima originale. Mi piacerebbe avere pareri sinceri su quest’ultima, quindi mi farebbe piacere se ci facesse un salto.
L'abitudine

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Nuovo capitolo, vi ho fatto aspettare un pò, ma purtroppo non voleva proprio venire fuori! O.o maledetto chappy! Non mi dilungo troppo perchè sono a lavoro e sto postando al volo :) Vi ringrazio cmq per le vostre bellissime recensioni, per tutte le persone che hanno aggiunto questa storia tra preferiti, seguite e ricordate.
Piccolo annuncio... molte persone mi hanno chiesto il blog perchè non hanno fb e non possono accedere al gruppo per leggere gli spoiler dei capitoli. Purtroppo non avrei il tempo di gestire anche il blog, quindi se volete gli spoiler basta che me lo dite e io ve lo invierò per posta!! *O* ok!? Un bacioneee


Capitolo 8

 
I vari abitanti della casa si erano allontanati, ognuno con una diversa scusa atta a lasciare a me e a Velia l’intimità giusta, e permettere così una conoscenza.
In questo  non mi appariva poi tanto differente dalla mia famiglia, o forse da qualsiasi famiglia… tutte sempre ben predisposte a combinare matrimoni su base casuale.
Tutti tranne Alice, ovviamente, per lei nulla era casuale.
Repressi un sorriso, ripensando a mia sorella e ai suoi machiavellici piani. C’era sempre una nota d’affetto quando i miei pensieri scivolavano su di lei, era inevitabile.
Quel piccolo tornado dai capelli neri era tra tutti quella persona che per me più si avvicinava ad una sorella, nonostante li adorassi tutti… con le loro stravaganze, con i loro pregi e difetti, bhe Alice era sempre Alice.
«Perché Bella è tanto arrabbiata con te?» domandò Velia, accomodata sull’ampia poltrona del salone, in una posa volutamente rilassata. Mi stava studiando, aveva notato l’acredine di Bells nei miei confronti, le sue occhiate per nulla benevoli ed il sorriso compiaciuto e divertito di suo fratello, che a quanto pareva era a conoscenza di qualcosa che a lei era oscuro.
In realtà mi premeva non poco scoprire cosa sapesse e cosa Bella gli avesse rivelato.
Era un ragazzo carino, sebbene non fossi il miglior giudice per valutare la bellezza maschile, ma mi fidavo abbastanza dei gusti di Alice e lei pareva averlo apprezzato notevolmente.
Aveva parlato poco e con i suoi pensieri protetti potevo affidarmi solo al suo atteggiamento per comprenderlo, o a ciò che potevo cogliere nella mente della sua famiglia.
L’affiatamento tra lui e Bella era palese a tutti ed ero stato costretto a far forza su di me, per non seguirli, quando con una scusa lo aveva trascinato al piano superiore, nella sua camera.
Loro due… soli.
Scrollai le spalle con finta non curanza, sebbene lo stomaco si torcesse al pensiero della mia Isabella sola in stanza con quel tizio. Una parte di me era quasi tentata a raggiungerla, facendo irruzione, ma la parte più ragionevole era perfettamente consapevole che un simile comportamento avrebbe avuto ripercussioni negative.
Non potevo imporle la mia presenza, almeno non eccessivamente.
L’essermi autoinvitato in quella casa era già più che sufficiente per irritarla a morte per le seguenti settimane.
«Allora?»
Sprofondai contro lo schienale della poltrona, senza staccare gli occhi da lei. «Crede che io sia qui per controllarla.»
«Ed è vero?»
Accennai un sorriso colpevole. «Forse.»
Mi scrutò vagamente perplessa, mentre le sue sopracciglia di flettevano creando una deliziosa ruga tra di esse. Era una bella ragazza, sebbene ai miei occhi per nulla paragonabile a Bella, anche se forse non secondo una percezione obiettiva. L’amore offusca la vista tramutando anche le piccole imperfezioni in deliziosi particolari, ed io amavo di Isabella anche quel suo labbro inferiore leggermente più pieno del suo gemello, così come ero in grado di deliziarmi del rossore delle sue guance che lei detestava.
Ribadiva costantemente quanto fosse infastidita da quel suo tratto tanto umano, che io invece adoravo.
«Perché vorresti controllarla? Sai che Carmen non l’avrebbe mai lasciata da noi se non si fidasse sia di lei che della nostra famiglia. Adora la sua bambina.»
«Ne sono consapevole.»
«Matthias è un bravo ragazzo.» continuò, alla ricerca del motivo che potesse spingermi ad invadere la loro casa, solo per controllarla. Lei non poteva comprendere, nessuno poteva.
«Non metto in dubbio neanche questo.» benché non potessi dirmi lieto di saperla circondata da vampiri avvezzi al sangue umano. Ma non mi diedi pena di sottolineare quel particolare dettaglio.
Mi scrutò, in silenzio, mentre il suo sopracciglio si arcuava per la perplessità. La sua mente iniziò a vagliare le possibilità, tentando di spiegare quello che considerava uno strano comportamento, ma con scarso risultato.Iniziava un po’ ad irritarsi per quel mio atteggiamento e per il suo essere costretta a cavarmi ogni parola da bocca, in quel gioc0 di botta e risposta quantomeno sfiancante.
«Allora perché sei qui?»
Lasciai scivolare lo sguardo verso la porta dalla quale si intravedevano le scale che conducevano al piano superiore, dove era lei. «Non mi piace il pensiero che… - esitai, sospirando sommessamente, cercando di ammettere con qualcuno quella verità che io stesso tendevo a voler sopprimere. Ma negarlo a cosa avrebbe condotto? Dovevo parlarne, con qualcuno che fosse abbastanza estraneo alla mia famiglia, qualcuno a cui potessi esporre la forza dei miei sentimenti, del mio bisogno, della mia ossessione senza sentirmi giudicato. Forse non tutti avrebbero compreso quanto potesse dolermi serbare i miei sentimenti, sempre ben attento a non ostentarli, a celargli. Un tormento. – Non credo di considerarla semplicemente una sorella.» sentenziai, riluttante.
«Intendi dire che… ti piace?» azzardò, inclinando il capo mal celando lo stupore.
Almeno non sembra disgustata.
«Credo di essere anche oltre il semplice piacere.» la corressi mesto, increspando le labbra in una smorfia.
«Perché continui a ripetere “credo”?»
Sorrisi. «Perché così mi sembra meno reale la mia colpa.»
«Tu… l’hai forzata a fare qualcosa che non voleva, per questo ti senti in colpa?»
Impallidii. «Oh mio Dio, no! – esclamai indignato. – Non potrei mai farle del male, la amo troppo, l’unica cosa che conta per me è la sua felicità, non le ho mai detto nulla di quello che provo, anche perché sono stato tanto impegnato a rinnegarlo.»
Il suo viso si rilassò immediatamente ed io continuai, incoraggiato dalla sua reazione. «Ma averla vista con Matthias mi ha reso mortalmente geloso e mi ha dato modo di comprendere che non posso perderla e non posso permettere a nessuno di portamela via.»
Mi passai stancamente una mano tra i capelli, sbuffando.
Non l’avrei permesso, pur non avendo la minima idea di come fare.
Portarla via di peso non era un’opzione contemplazione, sebbene allettante.
Sbuffai nuovamente, sotto lo sguardo sempre più divertito di Velia.
« Sei assurdo. – mormorò addolcendo il tono della voce. – L’adori e questo è palese, non hai motivo di provare colpa per i tuoi sentimenti, anche perché non ci sarebbe nulla di male.»
«L’ho vista crescere e lei è una bambina.»
«Lei non è una bambina. – obiettò con forza. – Questo lo capirebbe anche un cieco, e ti assicuro che Matthias non la reputa tale.»
Increspai le labbra in una smorfia. Come se non lo avessi notato. «Non stanno insieme vero?»  domandai senza riuscire a celare la nota ansiosa nella mia voce.
«Non credo, ma lui è molto riservato e non mi sorprenderebbe se non ci avesse resi partecipi della cosa. – commentò guardando il soffitto accigliata. – però le interessa. Di questo sono sicura.»
Rividi nella sua mente gli sguardi che quel ragazzo lanciava a Bella, i suoi sorrisi, gli scherzi ed il suo modo di giocare con lei, sin troppo intimo, anche secondo coloro che lo conoscevano bene.
Sospirai sommessamente, richiudendo la mia mente, per non osservare oltre. Ogni suo sorriso che lei ricambiava, ogni scherzo che assecondava erano per me una pugnalata al cuore, che acuiva l’atroce sospetto che tra loro potesse esserci più che semplice e disinteressata amicizia.
Che lui potesse essere giunto dove io avevo invece fallito, senza neanche tentare.
«Forse dovremmo proporgli una caccia. – asserii, giocando distrattamente con il nastro rosa che portavo sempre accanto alle chiavi dell’auto. Era di Bella, di quando era solo una bambina pronta a scambiare qualsiasi cosa per un pacchetto di caramelle. - Qui intorno ho notato una rigogliosa vegetazione.»
Sorrise, facendo balenare i canini aguzzi, in un’espressione oltremodo divertita. «Per noi caccia non equivale ad un giro per la foresta, in cerca di animali.» mi rammentò senza alcun imbarazzo.
Dannazione.
Ero così assorto in quella nostra conversazione e così tranquillizzato dai suoi modi da aver completamente dimenticato quel particolare per nulla trascurabile.
«Mi dispiace.» mi scusai, sorridendo mortificato. «Per me è una questione di abitudine.»
Scrollò le spalle disinvolta, in un gesto che compiuto da lei parve stranamente elegante. «In fin dei conti una volta potremmo provare, Bella ha già cercato di convincere Matt a tentare questa nuova strada, anche se lui mi è parso piuttosto riluttante.»
«Su cosa dovrei essere riluttante?» la voce dell’interessato ci interruppe, mentre lui e Bella facevano il loro ingresso nel salone.
Chiusi gli occhi, prendendo un profondo respiro.
Devo restare calmo.
«Una caccia a base di animali.» replicò mesta Velia, sorridendo ai nuovi arrivati.
Sospirando sommessamente mi voltai verso di loro, pronto a scontrarmi con lo sguardo accusatorio di Bella, ma non fu quello ad attrarre la mia attenzione.
Le loro mani intrecciate.
Le mani della mia Bells intrecciate a quelle di quel… tizio.
Trattenni un ringhio, arricciando le labbra in una smorfia.
«Edward, tutto bene?»
La mano di Velia saettò immediatamente sul mio avambraccio, cercando di placarmi. Aveva notato la mia reazione ed i suoi pensieri erano oscurati da una leggera preoccupazione.
È nella natura vampira essere possessivi con ciò che si brama o a cui si aspira di possedere ed io non ero un’eccezione.
Bella era mia.
Mi alzai di scatto dalla poltrona, senza staccare gli occhi da quelle mani ostinatamente legate. Nessuno dei due sembrava minimamente turbato dalla mia palese irritazione, al contrario sostenevano il mio sguardo risoluti, entrambi.
Lui sa. Ormai ne ero certo.
«Vieni con me.» sibilai, ponendomi dinanzi a lei che mi osservava guardinga.
«No.»
«Bella.»
«Edward.» ripetè con il mio stesso tono, volutamente risentito.
Dannazione a lei e alla sua cocciutaggine.
«Ho bisogno di parlarti.»
Incrociò le braccia sotto il seno, più che decisa a non assecondarmi. Testarda.«Ed io non voglio parlare con te.»
«Amore forse è importante.» Matthias ci interruppe e purtroppo per lui quel commento non poté che fomentare la mia ira.
I miei occhi si scurivano, mentre un ringhio lacerava il mio petto.
Amore… amore…. Amore.
Quella parola, pronunciata da lui risvegliava il sapore pungente della gelosia, pronta ad avvelenarmi mente e corpo.
Pronta a corrodermi e dilaniarmi.
Ad abbattermi.
O a spingermi a combattere.
«Amore? - ripetei sprezzante. – Razza di moccioso come osi…»
«Edward, smettila di comportarti come uno sciocco. – Isabella, mi ammonì furente, ponendosi tra me e il suo amico, amplificando il mio bisogno di vendetta pur senza saperlo. – Matthias è il mio ragazzo e ha il diritto di parlarmi come diamine gli pare.»
«Tuo padre lo sa?»
Arcuò un sopracciglio, palesando il suo scetticismo. Probabilmente era ben consapevole che non sarebbe stato Eleazar a dare di matto, o almeno non più di me, ma tacque, decisa ad assecondarmi, piegando le labbra in quel sorriso furbo che in più di un’occasione era stato la mia rovina.
«Non avrà problemi, conosce Matt e si fida di lui. -  mormorò scrollando le spalle. – e anche mamma sarà sicuramente d’accordo. Se vuoi possiamo chiamarli ora e comunicargli la bella notizia. »
Strinsi i denti irritato.
«Andiamo a caccia!» la voce di Velia ci richiamò all’attenzione, decisa a distoglierci quanto prima da quella discussione spinosa. La ringraziai mentalmente per quella scappatoia. Avevo bisogno di riflettere, di sfogarmi, di allontanarmi da quel luogo chiuso dove il profumo di Bells mi stordiva, dove il mio unico desiderio era quello di abbandonarmi all’irrazionalità, alla foga del mostro dentro di me.  «Il bosco vicino casa è ottimo e io sono curiosa di provare. Sono abbastanza vanitosa da decidere di cambiare dieta solo per avere anche io quegli occhi dorati.»
Annuii, senza aspettare risposta, dirigendomi verso la porta, con un unico pensiero a riecheggiare nella mia mente:
Sono patetico.
_____________________________
 
Ci recammo al limitare del bosco. Bella, entusiasta, si adoperò a spiegare a Velia e Matthias come cacciare, mentre io mi crogiolavo nel mio ostinato silenzio. Con lo sguardo rivolto all’orizzonte mi estraniai, inspirando a pieni polmoni i profumi familiari della foresta, tentando di schiarirmi le idee.
«Edward, noi andiamo!» Velia si avvicinò, sorridendomi comprensiva. «La nostra istruttrice ci ha dato il via.»
Annuii piegando le labbra in un sorriso tirato. «Buon divertimento.» le augurai, prima di vederla scattare nel folto della vegetazione, probabilmente attirata da qualche traccia.
Matthias si mosse poco dopo, lasciandomi nello spiazzo solo con Bella.
Basta tergiversare.
Le afferrai il braccio, costringendola a fermarsi prima che potesse seguirli. «Che stai facendo?» domandai, tentando invano di celare la rabbia nella mia voce.
«Cacciando.»
Sei così arrabbiata anche tu, perché?
Perché non vuoi che io ti protegga?
Perché mi respingi?
«Bella. – l’ammonii. Perché?. – Sai benissimo a cosa mi riferisco.»
«E tu sai benissimo che questi non sono affari tuoi.» replicò mesta, strattonando il braccio per sottrarsi alla mia presa. «Questa è la mia vita.»
«Amore… tesoro… - ripetei piegando le labbra in una smorfia. -  Bella, questa non sei tu.»
Le rammentai. Lei era quella che guardando un film romantico rideva per ogni scena, quella che storceva il naso dinanzi alle dichiarazioni smielate degli attori, quella che nascondeva gli scadenti romanzi d’amore di Rosalie perché desiderosa di farle leggere qualcosa di più appropriato.
Dov’era la mia Bella?  «Non riesco a credere che sia cambiato tutto in un paio di giorni.»
«Non puoi saperlo.»
«Quel tizio neanche lo conosci.»
Sbuffò indispettita, scostando con un gesto secco una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso. «Non tutti mi hanno vista crescere, dovresti fartene una ragione.»
Già… purtroppo quella era una mia prerogativa. Mai come in quell’istante rimpiansi il giorno in cui ci trasferimmo a Denali, quando tutto iniziò.
Se fossero trascorsi anni, se avessi avuto modo di conoscerla ormai adulta.
… forse si…
O forse no.
Il mostro dentro di me sarebbe stato un ulteriore ostacolo, una realtà impossibile da mutare.
Troppo ripugnante per potersi solo accostare a lei, alla sua fragilità, alla sua umanità.
Nulla sarebbe cambiato.
Mi passai esasperato una mano tra i capelli. Eppure io la conoscevo, in tutte le sue sfumature. L’avevo assecondata nei suoi capricci infantili, le avevo permesso di mangiare cioccolata a colazione, avevo ceduto, sotto il suo sguardo da cerbiatta, ad ogni sua richiesta. Ero stato con lei, sempre. Come un’ombra, come un fratello, che ormai non era più in grado di accontentarsi di quel rapporto e che assurdamente desiderava di più. «Io ti ho vista crescere e so cosa è bene per te.» Io stesso non sarei stato un bene per lei, ma quel ragazzetto non sarebbe stato certo più adeguato. No.
Lui non la conosce.
Non sa nulla di Bella, della vera Bella.
Lui osserva la sua superfice, è affascinato da quella creatura particolare. Da quelle guance che possono arrossire, da quella pelle che può scaldare, da quella forza così abilmente celata in quel corpo minuto e all’apparenza fragile come il vetro.
«Perché io sono la tua sorellina, vero?» il tono iroso e colmo di disgusto con il quale pronunciò quelle parole mi ferì.
Perché?
«Bella.» mormorai dolente. Non comprendevo, dannazione, non riuscivo a capire cosa la turbasse, cosa la rendesse tanto ostile verso di me.
Non poteva trattarsi esclusivamente della mia improvvisa comparsa a casa dei suoi amici.
Perché?
«Bella un corno! – obiettò, stringendo i pugni. – Tu credi di conoscermi, ma sono tantissime le cose di me che non sai.»
Un sorriso ironico piegò le mie labbra. Già.
«Delle volte mi piacerebbe leggere nella tua mente.» ammisi, lasciandomi cadere sul terreno, con il volto tra le mani.
Perché? Dannazione perché?
«Consolati con il fatto che molto di quello che vedresti non ti piacerebbe.»  sentenziò e con uno scatto si allontanò di corsa.
Lontana da me.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9



Corsi via, con il cuore che batteva a mille, e la fronte imperlata di sudore mentre un senso di agitazione mi logorava lo stomaco.
Perchè?
Perché Edward non riusciva a comprendere quanto quella sua asfissiante gelosia fosse deleteria? Quanto le false speranze che i suoi gesti risvegliavano in me fossero esasperanti e dolorose….
La mia mente continuava a dovermi rammentare che ogni sua carezza, ogni sua pretesa su di me non era che in virtù del legame fraterno che lui si ostinava a vedere tra noi.
Brutto... sciocco... stupido...
Nella mia mente si alternavano gli epiteti più vari, mentre mi ribellavo alla ricerca di uno sfogo. Il vento sferzava tra i miei capelli, i rametti e le foglie secche scricchiolavano sotto i miei piedi e per una volta desiderai poter mutare la mia esistenza radicalmente, desiderai poter divenire finalmente consapevole dello stato di cose che mi circondava.
Volevo per una volta essere capace di scegliere ciò che sarebbe stato il meglio per me, non lasciandomi trasportare tra futili fantasie.
Ma… ciò che il cuore desidera, per quanto la mente possa non condividerlo, avrà su di noi un lampante controllo.
Perché il cervello può comprendere il giusto, ma non quanto meraviglioso possa essere amare.
Un sentimento, un’emozione avranno quella forza che la ragione non possiederà. Risveglieranno in noi un calore ed una forza che nessun pensiero razionale potrà mai sviluppare. Si avvilupperanno a noi, scuotendoci, motivandoci, rafforzandoci…
Perché l’amore è il sentimento dei folli.
Illude e sprona a percorrere anche quelle vie impervie dove non vi è speranza, lasciando intravedere un barlume di luce dove solo la mente di un pazzo vedrebbe più del buio.

Avvertii d’improvviso un ringhio ed arrestai il mio passo alla ricerca dell’origine di quel suono sinistro, voltandomi e scorgendo un’immagine tutt’altro che rassicurante.
Gli occhi rossi di Matt mi fissavano rapaci, i suoi muscoli tesi fino allo spasimo erano pronti a scattare ad ogni mio impercettibile movimento.
Ero la sua preda.
Scioccamente, presa dalle mie elucubrazioni avevo trascurato un per nulla effimero dettaglio. Se disturbare uno dei miei familiari durante una caccia poteva essere pericoloso, nel caso di un vampiro non vegetariano le implicazioni erano peggiori.
Dentro di me scorreva sangue umano.
Dannazione.
Deglutii a vuoto, umettandomi le labbra, facendo scorrere frenetica lo sguardo attorno a me, alla ricerca di una via di fuga adeguata che potesse consentirmi di sfuggire a quella creatura dall’aspetto ferino.
Come se fosse possibile, mi rammentai internamente.
Per quanto fossi in parte vampiro, il mio lato umano mi rendeva più lenta, meno capace di contare sui miei sensi. Ero una macchina meno perfetta, più fragile per quanto la mia pelle dura come il marmo potesse essere definita tale.
Rispetto ad un umano potevo essere indistruttibile, rispetto ad un vampiro potevo essere piegata come un fuscello.
A metà tra due mondi… inadatta per entrambi.
Le mie capacità erano limitate.
Un solo passo e lui mi sarebbe balzato alla gola.
La fuga, dunque, non era una soluzione.
Lasciai il mio cervello lavorare frenetico alla ricerca di una qualunque possibilità di salvezza, senza che questo ne ricavasse un ragno da un buco. Avrei potuto tentare di indurre la consapevolezza, cercare un barlume di raziocinio in quello sguardo famelico, ma le mie parole si sarebbero perse nel vento.
Quello stesso maledetto vento che in quell’istante trasportava verso di lui il mio odore. Lo vidi inspirare con forza, senza che staccasse gli occhi da me.
Nessuna distrazione.
«Matt, sono io: Bella.» mormorai in tono volutamente calmo, forzando me stessa a reprimere i tremiti del mio corpo e della mia voce.
Ma la mia morte, apparentemente inconsapevole delle mie parole, fece un passo verso di me. Mi studiava, comprendendo forse che al minimo errore sarei fuggita con una possibilità di salvezza. Scarsa, ma pur sempre una possibilità.
Un barlume di eccitazione attraversò il suo sguardo. Voleva la caccia, l’ebbrezza di una corsa sfrenata, l’odore pungente della paura della sua vittima consapevole della fine incombente.
Talvolta una parte di me tendeva a dimenticare il lato prettamente animale dei vampiri, forse perché io, un po’ per natura un po’ per educazione, avevo represso quella parte di me.
Soffocai un singulto, mentre il panico mi assaliva.
«Matthias, ti prego.» sussurrai nuovamente, avvertendo le lacrime pungermi gli occhi, mentre un urlo mi serrava la gola.
Sarei morta lì, dissanguata da un vampiro, dopo una lite con Edward. Avrei portato con me, nella tomba, il suo logorante senso di colpa per non avermi protetta, avrei distrutto con me quell’umanità che aveva conquistato con le unghie e con i denti.
La mia morte lo avrebbe distrutto.
Quei pensieri non erano egocentriche affermazioni, ma la pura consapevolezza che, nonostante gli screzi degli ultimi tempi, l’affetto che lo legava a me era profondo. Probabilmente non paragonabile all’amore che io nutrivo per lui, ma un sentimento comunque intenso.
Sollevai lo sguardo velato di lacrime su quel viso amico, trasformato dalla fame.
Volevo renderlo più umano.
Volevo renderlo più simile a me.
È quello che faccio sempre, mi dissi, desidero che tutti si adeguino a me, perché non sono abbastanza, perché mi è impossibile seguire i loro passi.
Giuro che se uscirò da questa situazione smetterò di pretendere che tutto segua i miei desideri. Smetterò di sperare in un amore che non esiste e che è solo frutto della mia fantasia e terminerò con quei folli tentativi di sgretolare la mia amicizia con Edward.
Basta.
Tentai nuovamente invano di penetrare la sua coscienza, presa dalla disperazione più acuta, che mi attanagliava le viscere. « Matty per favore. – bisbigliai, per l’ultima volta, mandando al diavolo il contegno. Tremavo dalla paura, dannazione, e ne avevo tutti i motivi. Sperai che le lacrime potessero smuovere qualcosa dentro di lui, inducendolo ad arrestarsi. Ma non fu così. – Tu sai chi sono, non vuoi farmi del male.»
Il suo incedere non sembrò mutare, si avvicinava a passi lenti e misurati, con il corpo teso pronto a balzare non appena avessi tentato un qualunque tipo di scatto. Voleva giocare, ero la sua preda e lui desiderava giocare.
Voleva scappassi, tremassi di paura, urlassi in cerca di aiuto.
Ma, qualunque cosa avessi fatto, non mi avrebbe salvata.
Quell’equilibrio precario su cui ci stavamo muovendo non stava che prolungando l’attesa di qualche manciata di minuti.
Un passo avanti di Matt.
Un mio passo indietro.
Un suo passo avanti.
Un mio passo indietro.
Lo osservai alzare il mento ed inspirare l’aria con un cipiglio in volto, prima che un ringhio feroce si levasse dal suo petto. Non ne compresi il motivo, almeno non fino a quando la figura indistinta di Edward non si catapultò con un balzo su Matthias, scaraventandolo al suolo prima che questo potesse solo pensare di reagire. Un intreccio di gambe e braccia si mossero nel caos dei loro corpi che si combattevano scompostamente, mentre io osservavo impietrita la scena a poca distanza.
Le urla si fecero eco, così come i ringhi colmi di furia mentre l’odore del sangue aleggiava nell’aria.
Fu quello a risvegliarmi, la consapevolezza che uno dei due o forse entrambi non si sarebbero rialzati dal suolo.
Non fui così sciocca da gettarmi tra di loro per dividerli, non sarei mai riuscita in un’impresa simile ed avrei inevitabilmente peggiorato la situazione.
Così urlai, urlai con tutto il fiato che avevo in gola, cercando al contempo di attirare l’attenzione di Velia e quella dei due vampiri che si combattevano con ostinata risolutezza, senza riserve, pronti a sottomettere l’altro .
Urlai fino a quando la mia voce poté, fino a quando i colpi di tosse non scossero il mio petto, ma continuai ad urlare.


_________________________

pov Edward


Puoi cercare di negare ciò che desideri.
Puoi fingere di non comprendere i tuoi stessi sentimenti.
Puoi provare a sperare che chiudendo gli occhi, ciò che temi, svanisca. Come quando si è bambini e si serrano gli occhi temendo l’uomo nero o il mostro sotto il letto, ma arriverà sempre un momento in cui la consapevolezza vincerà le tue riserve.
Puoi solo sperare che non sia troppo tardi.

Osservai Bella correre lontano da me, furiosa, percependo l’odore salmastro delle lacrime che scivolavano pigre sul suo bel viso arrossato. Con una morsa allo stomaco mi resi conto di essere stato nuovamente causa di sofferenza per lei. Stranamente maggiori erano i miei tentativi di avvicinarmi a lei maggiore era il divario che si frapponeva tra di noi.
Forse Alice non aveva torto quando mi rammentava che le mie pretese di conoscenza erano più vacue di quanto io fossi consapevole.
Credevo di conoscere Bella, i suoi bisogni, i suoi sentimenti… e probabilmente era stato così in passato. Quella che conoscevo era una bambina dalle guance rosse e i boccoli castani.
Ma la ragazza che stava correndo via da me, in quel momento? No, di lei non sapevo nulla.
Umettandomi le labbra osservai il bosco che si estendeva attorno a me, con la vegetazione rigogliosa ed i suoni familiari in sottofondo. Probabilmente avrei dovuto darle il tempo di sbollire la rabbia, mi dissi, permettendole di calmarsi, di asciugare le lacrime e recuperare il contegno.
Bella detestava lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Per lei era l’ennesima dimostrazione del suo lato umano, quello che avrebbe desiderato sopprimere, senza comprendere quanto in realtà anche quello la rendesse speciale.
Era la perfetta incarnazione di ciò che c’era di meglio in due razze tanto diverse quanto simili.
Ciò che la accomunava ad entrambe le permetteva di vivere adeguandosi perfettamente in entrambi i luoghi.
Non avrei dovuto seguirla, lo sapevo, ma lo feci ugualmente.
Iniziai a correre per la foresta con i sensi all’erta per seguire la sua scia. Per me, il migliore cacciatore del mondo, l’incarnazione della forza e delle caratteristiche dei grandi predatori, trovare Bella sarebbe stato semplice.
Il suo odore floreale mi invase le narici, riempiendomi i polmoni fino a far vorticare i miei pensieri, persi tra le immagini più varie.
Avrei per una volta desiderato spingere il viso tra i suoi capelli, lasciandomi inebriare da quella fragranza.
Avrei voluto bearmi del suo sapore, per quanto ributtante mi sentissi anche solo a pensarlo.
Avrei… i pensieri si interruppero immediatamente quando captai un singulto e delle parole strascicate. Il ringhio di un animale, l’odore pungente della paura, il silenzio innaturale della foresta, immobile nel terrore.
Non ci fu momento per pensare o per riflettere, corsi fino allo spasimo seguendo quella scia familiare, sintonizzandomi sui battiti del suo cuore impazzito, che batteva anche per me.

L’immagine che mi si palesò dinanzi sarebbe rimasta impressa in eterno nella mia mente, per quello che sarebbe potuto accadere, per quello che avrei perso, che avrei causato, per le lacrime che non avrei potuto versare sul suo corpo non più caldo.
Per quelle labbra che non avrei mai potuto baciare.
Forse fu quello l’istante in cui capii, probabilmente indotto dallo stravolgimento e dal terrore, ma compresi quanto vigliacco ero stato nei confronti di Bella, nei miei confronti.
Voltavo il viso altrove per non permetterle di scorgere i miei sentimenti, temendo un rifiuto. Mi rifugiavo nelle folli affermazioni di una sua presunta inesperienza, del suo essere ancora una bambina…
Tutte bugie.
Tutte futili bugie atte a proteggermi, perché quando un vampiro si innamora il suo mondo muta.
Non vi è altro centro, per i suoi pensieri e per la sua esistenza, all’infuori di lei.
E Bella per me era questo, lo era sempre stata… anche se in modi diversi.
Crescendo, divenendo la donna che ormai era, anche i miei sentimenti erano mutati, palesandosi nella loro forma più scura e torbida.
Non c’era più solo affetto.
Non più solo amore infantile.
No… c’era quell’amore passionale e forte che mi legava a lei inesorabilmente, c’erano i desideri che scuotevano la mia mente ed il mio corpo quando ero in sua compagnia. C’era molto, troppo, tanto a sconvolgermi.
Ed io ero scappato, consapevole che dinanzi ad un suo rifiuto sarei stato costretto ad allontanarmi.
Sciocche le frasi che parlano di capacità di reprimere i propri sentimenti verso la persona amata, la capacità di limitarsi ad osservare a distanza mentre trova l’amore altrove.
Impossibile.
La sofferenza sarebbe tale, la gelosia così furiosa che nessun amicizia potrebbe mai reggere.
Il mio amore per lei era troppo forte e folle per poter sopportare una simile prospettiva.
Dinanzi ad un suo rifiuto avrei abbandonato con lei le mie speranze, cercando in un altro luogo una parvenza di pace.
Mi sarei allontano dai suoi occhi e dai miei desideri non condivisi, ma almeno non avrei rimpianto più di aver osservato in silenzio il distruggersi di ogni possibilità.

Sarebbe stato più giusto per entrambi.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Salve. XD
Non sono affondata in un pozzo, anche se forse qualcuno lo ha pensato.
Torno qui, dopo mesi... quasi un anno, tentando di ripostare qualcosa. Un tentativo di scrivere qualcosa di decente... probabilmente vano, perchè ormai è da tempo che mi sembra di scrivere solo cose "vuote". Ammetto che è piuttosto deprimente. Ho riaperto e chiuso word tanto spesso da averne avuto la nausea. XD Eppure il pensiero di queste storie interrotte mi crea un profondo dispiacere, forse perchè nonnostante tutto a me scribacchiare piace.
Bhe, spero che il capitolo non sia tanto penoso. E' il meglio che sono riuscita a fare XD







La furia mi pervase, trascinandomi in quella lotta, senza esclusione di colpi. E mentirei se non ammettessi che, in parte, la gelosia mi rese ancor più violento, mescolata com’era al terrore. Perché la mia Bella aveva ceduto a quel vampiro, che sarebbe stato pronto ad affondare in lei i suoi canini, a strapparle ciò che io avevo protetto, sin dalla sua nascita. Cosa lui poteva avere più di me? Perché quei sorrisi e quella complicità che a me aveva ormai negato, da tempo? Perché lui? Perché non io? Ero incapace di comprenderlo, accecato da quel senso di perdita e sconfitta che, in quell’istante, sfogavo su Matt; godendo di ogni grugnito di dolore che abbandonava le sue labbra, ignorando le grida di Bella, il suo terrore che potevo percepire distintamente nell’aria. Proprio come il mio nemico, distratto dal profumo floreale della mia mezza vampira.
Mia.
Perché Bella lo era sempre stata, malgrado io mi rifiutassi di ammetterlo anche a me stesso. Avevo chiuso gli occhi per non scorgere ciò che era palese a tutti. Avevo disseminato la mia strada di trappole, per impedire a me stesso di avvicinarmi realmente a lei, giustificando la mia folle gelosia; sebbene agli occhi di tutti fosse palese la realtà. Ma lei, cosa aveva potuto pensare?
Aveva scorto in me il noioso fratello maggiore, che tentava di privarla della sua libertà?
Oppure aveva compreso ciò che io avevo tentato di nascondere, goffamente?
Non ne avevo idea ed in quell’istante non me ne curai, affondando i canini nella spalla del vampiro, nel tentativo di stordirlo, privandolo della sua linfa vitale, abbastanza da rallentarlo. Ma non fu necessario. Percepii immediatamente il profumo dolce del sangue saturare l’aria, quando una carcassa di un cervo crollò accanto ai nostri corpi avvinti, costringendo entrambi ad alzare il capo. Pur consci che una qualsiasi distrazione sarebbe stata fatale, inebriati dalla lotta, il sangue ci attirò come delle falene ad una lampada, permettendo a Velia di dirottare la nostra attenzione lontano dallo scontro.
La baruffa continuò, ancora per qualche istante, mentre entrambi tentavamo di allontanarci, aggrappandoci a quell’istinto di sopravvivenza, insito nella nostra razza.
Perché sono un mostro, sempre e solo un mostro. Un mostro che si aggrappa ad una parvenza di civiltà. – mi ripetei, per l’ennesima volta, nuovamente faccia a faccia con quella realtà che tentavo tanto spesso di ignorare.
Perché fingere di non scorgere la verità è molto più semplice che accettare una consapevolezza dolorosa.
O forse io sono semplicemente un vigliacco.
Tornai in me solo dopo essermi nutrito di una creatura dei boschi, sotto lo sguardo colmo di disapprovazione della vampira, assalito dai suoi pensieri confusi. Non la biasimai quando scorsi nella sua mente quello che credeva essere il motivo di quello scontro: Bella, le tue attenzioni, il suo cuore. Non sottolineai quanto fosse in errore, almeno sino a quando non fu un afflitto Matthias a rivelare l’origine dello scontro, con quelle parole cariche di tensione che abbandonarono le sue labbra esangui. Potevo distintamente percepire il disgusto che provava, verso se stesso. La delusione, la sensazione opprimente che comprimeva il suo petto. E rividi attraverso i suoi ricordi il volto cereo di Bella, la paura che trasudava dalle sue parole, il panico e le lacrime che avevano solcato il suo viso delicato. Rivissi tutto, stringendo i pugni, per costringermi a non scagliarmi nuovamente su di lui. Osservai ognuna di quelle immagini, conscio fosse in parte colpa mia. Io l’avevo spinta a fuggire, con il mio atteggiamento oppressivo. Io l’avevo resa incauta.
«E’ stato un incidente.» mormorai, sorprendendo i miei due silenziosi compagni e anche me stesso.
Non avrei voluto dimostrarmi tanto indulgente Una parte di me avrebbe voluto assalirlo, ribadirgli quanto fosse inadatto a Bella, a causa del suo scarso controllo, di quella sua natura che probabilmente non avrebbe mai mutato. Si nutriva di umani, no? Eppure come avrei potuto? Io stesso non avevo indugiato in quel comportamento riprovevole, per anni, prima di accettare di seguire Carlisle? Prima di scorgere il mostro che si celava al di là delle mie apparenti umane fattezze? Fu per tale motivo che non fiatai, aggrappandomi alla consapevolezza che avrei ben presto trascinato Bella lontana da quella casa, da quello sciocco ragazzetto. Sarebbe bastato narrare ciò che era accaduto, per avere il consenso della mia famiglia. Nessuno avrebbe potuto biasimarmi.
Nessuno ad eccezione di Bella.
«Dovremo fare ritorno a casa. Non vorrei si preoccupasse.» commentai atono, conscio di quanto testarda ed ostinata lei potesse essere. Ed infatti, quando avevo recuperato il controllo di me la meraviglia aveva preso il sopravvento, una volta appurata la sua assenza. Si era allontanata, esortata da Velia, forse conscia di essere una tentazione ed uno stimolo a quella lotta, con il delizioso profumo del suo sangue. Ma come avrebbe reagito a tutto ciò?
Avrei tanto desiderato saperlo.
 
 
________________________
Pov Bella
 
Tremante osservavo l’imbocco della foresta, con i palmi sudati e quella sensazione oppressione al petto, che non pareva volermi abbandonare, in alcun modo. Le immagini riecheggiavano nella mia mente, condite da quei ringhi furiosi, dall’eco delle mie stesse urla, dal mio terrore. Un terrore che, anche in quel maledetto istante, non pareva volersi dissipare, malgrado la consapevolezza che Velia avrebbe certamente risolto ogni cosa.
Ero stata così sciocca, così avventata ed anche così dannatamente spaventata.
Non avevo mai pensato alla mia morte, forse conscia dell’immortalità che contraddistingue la mia natura. Protetta dalla mia famiglia avevo sempre dato per certo che nulla avrebbe potuto ferirmi, che loro avrebbero vegliato su di me; che sarebbero sempre accorsi in mio aiuto.
Ed io mi ero aggrappata a quella pretesa di autonomia, senza mai prendere realmente le distanze, affidandomi a loro, come una bambina nel buio, consolata dalla presenza dei suoi genitori, a cui non può fare a meno di tendere la mano, quando la paura si fa largo nella sua mente.
Ero stata così ingenua a credere di bastare a me stessa.
Così infantile.
Se solo…
Alzai il viso di scatto, puntando i miei occhi scuri sulle tre figure che si avvicinavano meste, lasciando scivolare lo sguardo su ognuno di loro, indugiando su Edward e su Matt che, coperti di terra e sangue, apparivano più mal ridotti di quanto non fossero in realtà. Ma non fu questo a turbarmi o a soffocare nella mia gola quel sospiro di sollievo che mi stava sfuggendo. Fu il volto inespressivo di Edward ed il dolore che distorceva i tratti di Matthias. Una delusione per uno, una sofferenza per l’altro.
Bel colpo Bella.
«State… bene?» mormorai, con voce gracchiante, pronunciando quelle parole così vacue e scontate da vergognarmi, mentre tentavo di frenare i miei piedi, per impedirmi di correre loro in contro, tuffandomi nelle braccia di Eddi, inspirando il suo profumo, che avrebbe certamente domato i tremiti nel mio corpo scosso.
Perché per quanto mi sarebbe piaciuto negarlo, quella sarebbe sempre stata la mia reazione.
Il mio sguardo si sarebbe sempre puntato su di lui, anche in una stanza affollata.
I miei occhi lo avrebbero cercato.
Le mie orecchie avrebbero sempre riconosciuto il timbro melodioso della sua voce.
Il suo profumo mi avrebbe sempre guidata verso di lui.
In quel momento mi chiesi se sarei mai riuscita ad allentare la presa che lui aveva su di me. Se mi sarei mai liberata della sua presenza ingombrante che, pur non volendo, era divenuto l’incontrastato possessore del mio cuore.
Perché non era questo ciò che lui desiderava.
Mi volevo bene, certo. Non avevo mai dubitato di questo.
Ma non era quel tipo di affetto che io cercavo. Non era quel tipo di affetto che ottenebrava la mia mente, che mi strappava quelle lacrime versate nel silenzio della mia camera.
«Stanno bene. – confermò Velia, con un sorriso stentato, probabilmente imbarazzata dall’accaduto e preoccupata per Matt, che continuava a fissare il suolo, quasi in attesa di scorgere la voragine che avrebbe potuto inghiottirlo. Eludeva il mio sguardo, ben attento a non incrociare i miei occhi, forse temendo il biasimo che avrebbe potuto leggere in essi. Il terrore. Ed io… bhe, non sapevo cosa provare per lui. Paura? Riluttanza? Comprensione? Dio, non ne avevo la minima idea. – Ci daremo una ripulita in casa e poi discuteremo di tutto questo con calma. Magari davanti ad una tazza di thè caldo. » continuò lei, impacciata, con quell’espressione apprensiva che pareva dubitare della mia stabilità. Che temesse potessi scoppiare in singhiozzi, da un istante ad un altro? O forse uno svenimento? Io avrei scommesso sul secondo, considerando quella sensazione di vuoto, dovuto allo shock, che attanagliava la mia mente.
Ero confusa.
Frastornata.
Scossa.
E desiderosa di un caldo e rassicurante abbraccio.
Sono proprio una bambina. – mi ammonii, mentre il mio sguardo speranzoso scivolava su Edward che, con le labbra serrate, pareva essere sul punto di esplodere.
«Noi torniamo a casa.»
Quelle parole pronunciate improvvisamente riecheggiarono nell’aria, riempiendo l’improvviso silenzio, calato su di noi. Avrei dovuto immaginarlo. – mi dissi, battendo le palpebre, ugualmente sorpresa. Almeno sino a quando il mio cervello non decise di collaborare, riportando a galla quella latente ostilità che, negli ultimi anni, caratterizzava le mie conversazioni con Edward. Quella ostilità alla quale mi aggrappavo, per celare i sentimenti ben diversi che dentro di me si agitavano. Una tattica infantile, forse.  «Come?» gracchiai, assottigliando gli occhi, sfidandolo a ripetersi.
«Io e Bella torniamo a casa. – ribadì, senza alcuna riluttanza, imperturbabile, anche dinanzi all’aria ferita di Matthias o le mie labbra dischiuse in una posa palesemente indignata. Ma non se ne curò, deciso ad ignorarmi, quasi io non fossi altro che un patto da riportare a destinazione. – Inutili salamelecchi non cambieranno nulla. E’ stato un incidente, ciò non toglie che non ho intenzione di assistere a nulla di simile. C’è mancato poco, dannatamente poco.» brontolò cupo, serrando il pugno con forza e mi parve quasi di poter percepire il suo desiderio di voltarsi e sferrare un colpo contro l’albero. O, con maggiori probabilità, contro il mio amico.
Il mio amico.
Matthias. Lui che mi aveva supportata e coccolata.
Lui  che mi aveva sorriso e teso la mano, malgrado le nostre differenze delle nostre nature.
Mi aveva quasi attaccata, stravolto dalla fame.
Aveva aggredito il mio Eddy, in risposta alla sua intrusione.
Aveva perso il controllo.
Eppure, in quell’istante, non mi era mai parso tanto umano, scosso dal rimorso. Bisogno di rassicurazioni che non avrei mai potuto negargli.
Perché l’amicizia è anche questo, sebbene il nostro fosse un caso piuttosto atipico.
Perdonare gli errori.
Comprendere.
Talvolta chiudere gli occhi ed accettare ciò che non si può mutare. E, bhe, io non avrei mai potuto cambiare Matthias o la sua natura. Ma gli avevo sorriso, la prima volta, ben conscia di cosa vi fosse al di là di quell’espressione allegra. Quella creatura ferina che era presente anche in me, sebbene solo in parte.
Che era presente in tutte le persone che amavo, compreso l’uomo che avrei desiderato al mio fianco per l’eternità.
Perché per i vampiri l’amore è eterno.
Il fulcro della loro lunga esistenza. Quella mano tesa, sempre.
Quella passione bruciante.
Quella presenza costante.
Ciò al quale io tendevo, invano. – rimuginai, ignorando il groppo nella mia gola, consapevole fosse inutile indugiare in simili pensieri, soprattutto in quell’istante.
Forse non avrei mai potuto ottenere da Edward ciò di cui avevo bisogno.
Forse avrei dovuto rinunciare a lui e alla sua presenza, che avrebbe inesplicabilmente portato a galla quei sentimenti.
O forse un giorno mi sarei presentata alla sua porta, vestita solo della mia pelle, per costringerlo ad accettare che, dinanzi a sé, non aveva più una ragazzina.
Molti forse, poche certezze.
Ma di una cosa ero più che sicura. Non gli avrei permesso di allontanarmi da Matthias o infangare la nostra amicizia.
«Edward, non essere infantile. Non intendo scappare come una bambina, scattando al tuo ordine.»
«Avrei dovuto immaginarlo. – sibilò a mezza bocca, rivolgendomi un’occhiata truce, che mi permise di comprendere che mi avrebbe trascinata via anche con la forza, se necessario. – Ma i tuoi genitori credo non sarebbero felici di saperti qui. Dopo ciò che è accaduto.» concluse, sorridendo stranamente perfido, compiaciuto delle sue certezze.
Troppo compiaciuto per i miei gusti.
Fu quella sua espressione ghignante ad istigare quella parte di me tutt’altro che matura.
E fu quello a strapparmi quelle parole che, in altra occasione, non avrei mai pronunciato.
Fu il mio desiderio di pareggiare i conti, da sciocca bambina vendicativa quale ero, ad alimentare quei dubbi che costantemente lo affiggevano.
 «Se mi fossi ferita, in un bosco, cacciando insieme a te… anche tu mi avresti aggredita.»
Fu la mia stupidità ad allontanare Edward, per quello che mi parve un tempo infinito…


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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Salveee!  Eccomi qui con il nuovo capitolo, questa volta postato in un tempo ragionevole.
Vi ringrazio per le vostre bellissime recensioni, che sono sempre uno sprono a scrivere ed alle quali ho risposto con il nuovo sistema di efp.
Grazie a tutti!

Di seguito inserisco i link delle storie che sto portando avanti ora e che sto aggiornando:
Tradimenti e Bugie. (Twilight)
Write me (Originale romantico)
Bus Stop (Originale romantico)





Capitolo 11

 
Due mesi. Due mesi senza una parola. Due mesi trascorsi nella consapevolezza di aver errato e di non poter in alcun modo rimediare al mio sbaglio. Due mesi a domandarmi perchè avevo pronunciato quelle parole sprezzanti. Perchè il mio infantilismo aveva prevalso. Perchè non avevo compreso, sul momento, quanto fosse grave la situazione.
Avevo scorto la delusione e l'angoscia irrigidire i tratti del suo viso. Avevo osservato la tristezza trasudare dal suo sguardo, mentre i pugni si chiudevano, serrandosi sino a far sbiancare le nocche; ed avevo rammentato il reverenziale timore con il quale a me si avvicinava, tanto spesso. Talvolta avevo la sensazione mi reputasse alla stregua di una bambola di cristallo… un oggetto tanto prezioso quanto fragile. Perché non dubitavo di essere preziosa per lui, benchè non lo fossi nel modo in cui avrei voluto. Eppure l’affetto che lo legava a me era sempre stato sincero, proprio come la vergogna per la sua natura, che tenatava di celarmi.
Il disagio, al ritorno da una caccia. Il suo bisogno di eludere il mio sguardo, di mostrarsi impeccabile, tanto da avere, sempre con sé, un cambio d’abiti nella sua auto, di cui non mi aveva mai parlato. Lo avevo accidentalmente trovato, riposto sotto il sedile della sua Volvo, qualche mese prima, grazie ad una delle interferenze di Alice, che poi si era premurata di minimizzare, prima di trascinarmi con sé al centro commerciale.
Non voleva che io scorgessi in lui quel mostro dal quale era ossessionato.
Non voleva che io temessi la sua natura, benchè essa fosse in parte anche mia.
Se solo fosse stato in grado di guardare oltre le apparenze e l’odio per sé stesso, forse avrebbe compreso quanto amore trasudava dal mio sguardo e quali sentimenti mi legassero a lui, sin da quando i miei occhi si erano posati sul suo volto.
Sin da quando, da bambina, allungavo le dita verso di lui, desiderosa di protezione e contatto.
Perché Edward era il mio eroe, il mio principe dalla scintillante armatura.
Il mio principe, fuggito in sella al suo bianco destriero.
 
 
Mi ero detta che tutto si sarebbe risolto, rassicurandomi come la bambina che ero; con vacue speranze e quelle parole che, come un mantra, vorticavano nella mia mente confusa ed annebbiata dal senso di colpa; incapace di accettare quanto quella mia sciocca frase avesse potuto ferirlo. Forse perchè in parte era quello il mio scopo: punirlo per ciò che non era in grado di darmi. Per quell'asfissiante comportamento che nei miei confronti esibiva, per quella deleteria gelosia che dietro di sè non celava nulla, se non il fraterno affetto. Illudendomi, schernendomi. Perchè, per quanto una consapevolezza possa essere forte, la mente umana si aggrappa ad ogni appiglio, ad ogni speranza, seppur vacua. Ed io mi ero aggrappata a lui, in quegli anni, semplicemente desiderando di avere un'unica possibilità, sino a quando anche quella non mi era parsa nulla più che una follia.
Perchè non si può negare la realtà in eterno.
Eppure mi pentii all'istante di quelle parole sfuggite con rabbia e risentimento mentre osservavo la maschera di impassibilità dipingersi sul suo volto, adombrando il suo sguardo solo per un istante.
«Perfetto. Ti aspetto in auto.» mormorò, con voce inflessibile e le labbra tese per lo sforzo di non urlare ed io semplicemente annuii, incapace di proferir verbo. Probabilmente perchè avevo già detto abbastanza, forse perchè ero spaventata da quegli occhi freddi che mi fissavano, senza alcuna traccia di calore. Senza quella tenerezza che aveva sempre addolcito il suo sguardo.
Quello stesso sguardo che sempre mi rivolgeva, anche durante una qualche lite.
Ma non in quel momento.
Così lo osservai, mentre si allontanava, con il passo svelto e la postura rigida. Lo conoscevo abbastanza per sapere cosa celasse, una furia mal contenuta, che tratteneva, per non riversarla su di me. Sulla piccola sciocca che attese immobile, per un tempo che le parve indefinito, di vedere quel suo capo voltarsi; pregando per un unico misero sguardo. Elemosinando quell'occhiata che lui mi rifiutò, procedendo oltre sino a quando non scomparve alla mia vista.
Se solo avessi saputo la realtà, sarei corsa da lui, senza alcuna esitazione.
Ma la mia vigliaccheria prevalse, scegliendo per me la strada sbagliata.
«Matt...» sussurrai, in un sospiro sommesso, facendo forza su me stessa per distogliere la mia mente da quei vacui pensieri e da quell’orizzonte ormai privo di interesse.
«Ho sbagliato e lui ha ragione. - mormorò, passandosi stancamente una mano sul viso contratto, ben attento a non incrociare il mio sguardo.  - Dovresti raggiungerlo.»
«Dobbiamo chiarire.» ribattei risoluta, serrando le labbra in una smorfia, dinanzi al suo tentativo di chiudersi. Dinanzi al muro eretto tra di noi e dietro il quale si celava, fremendo per allontanarsi. Bisognoso di allontanarsi, proprio come lo ero io; sebbene per ragioni differenti.
Lui voleva sfuggire al biasimo ed al senso di colpa, che sulle sue spalle gravava... ed io, dovevo raggiungere Edward; chiedere scusa. Tentare di ottenere il suo perdono, contrita, pronta ad implorarlo se necessario.

Peccato che non sempre il nostro volere abbia una qualche importanza. Talvolta possiamo rassicurarci, ingannarci di avere tempo, di avere una qualche possibilità, senza curarci che non tutto dipende da noi e che, spesso, dobbiamo chinare il capo, accettando semplicemente le conseguenze delle nostre azioni.
Non a tutto si può porre rimedio, una lezione che avrei appreso molto presto e che, in quell’istante, ignoravo.
«E’ stato un incidente.» ripetei, passandomi stancamente una mano tra i capelli aggrovigliati, domandandomi quale aspetto mostruoso avessi; stravolta e probabilmente pallida come un cencio.
«Lo so. Non avrei mai tentato di farti del male volontariamente. – replicò, in un sussurro appena udibile, abbandonando la schiena contro il tronco di un massiccio albero, ben attento abbandonandosi a quel sospiro tremulo che mi strinse il cuore. – Ciò non toglie che Edward aveva ragione.  Le mie abitudini sono diverse dalle vostre e, come hai ribadito tu stessa, anche nel suo caso la possibilità di farti del male non è remota. Siamo mostri.»
«Delle volte sembra quasi che tutti dimentichiate che per metà sono come voi. – sbottai, in tono stridulo ed irritato dal dover udire costantemente quella stessa solfa. Non sarei mai stata forte come loro, mai abbastanza veloce, ma mai neppure indifesa, come volevano credermi. – Non sono una bambina, non sono umana. E neppure voi siete invulnerabili, malgrado vi affannate a voler affermare il contrario. E, per quanto riguarda ciò che ho detto ad Edward… - esitai e la mia voce si spense, per un istante, mentre i denti si serravano con forza sul mio labbro. Nervosa, ansiosa, conscia della mia colpevolezza. – Erano parole dettate dalla rabbia.» ammisi, compiendo qualche passo verso di lui, colmando quella distanza che aveva posto tra noi, ignorando la tensione che sembravo alimentare, nel suo corpo, con la mia vicinanza.
«Matt, siamo amici. – continua, tentennando appena. - Siamo ottimi amici e tu sai cosa provo e sai quanto detesto quella sua mania di controllo. Quelle parole mi sono sfuggite, alimentate dalla rabbia. » sussurrai, allungando le dita verso il suo volto tirato, accarezzando dolcemente la sua guancia.
Non volevo perderlo.
La nostra conoscenza non era radicata in un passato comune e, in fin dei conti, era recente. Eppure, in quelle settimane, avevo incontrato finalmente qualcuno con cui parlare, qualcuno che mi avrebbe ascoltata senza alcun preconcetto. Qualcuno che non mi era stato accanto sin dalla mia nascita, che non aveva assistito alla mia crescita e che si sarebbe preoccupato per me, rammentando le mie guance paffute e quella bambina che correva, per casa, agitando i pugnetti.
No, Matthias apprezzava me, quella ragazza timida e schiva, che arricciava il naso, per il disgusto, dinanzi alle sue battute volgari. Quella che ascoltava le sue paranoie su Velia ed i suoi tentativi di approccio miseramente falliti, a causa della sua tendenza a scherzare, quando era in imbarazzo. Si celava al di là della velata ironia, per nascondere i suoi sentimenti.
Forse per l’insicurezza.
Forse semplicemente per paura.
«Sei il mio primo vero amico. Non voglio perderti, ho bisogno di te. – commentai, addolcendo il mio tono, scorgendo l’esitazione sul suo viso. – Le cose più belle portano sempre con loro un rischio. La vita stessa lo è. E, delle volte, bisogna rischiare e lottare, per ciò che si desidera, per ciò che vale la pena di combattere. Per me la nostra amicizia vale questo piccolo rischio.»
Notai la sua mascella serrarsi, con veemente, e le dita scivolare tra i suoi capelli con un gesto nervoso e apprensivo, mentre il mio nome abbandonava le sue labbra quasi come una supplica. «Bella.»
«Matt, eviteremo di andare a caccia insieme. – incalzai, permettendo alla speranza di sbocciare dentro di me. – Questo è stato il primo e l’unico incidente in settimane. Ti prego.»
Il suo sospiro arrendevole, colmò il teso silenzio calato su di noi, strappandomi finalmente un sorriso, che non potei trattenere, alleggerita da quel penso, benchè la mia mente fosse tutt’altro che libera. Perché nella mia mente il volto addolorato di Edward non svaniva.
Rivedevo i suoi occhi spenti, la rabbia mescolata a quel pressante senso di colpa, alla delusione. Alla sofferenza di cui io ero stata la causa, per l’ennesima volta.
Chiariremo.
Abbiamo sempre chiarito. – mi ripetei, tentando di rassicurarmi, aggrappandomi a quella debole consapevolezza, perché non avevo che quella.
Otterrò il suo pedono.
«Ti voglio bene , Matt… ti chiamo domani!» esclamai, scoccandogli un bacio sulla guancia, correndo via, prima di concedergli il tempo di replicare e cambiare idea. Era giunto il momento di appianare la situazione con Edward, scusandomi per il mio errore e per le mie parole.
Lo avrei ringraziato come avrei dovuto fare.
Lo avrei supplicato di ascoltarmi.
Avrei… avrei voluto poter fare molte cose; ma i miei piani di rivelarono ben presto futili.
Perché Edward non era lì.
Non c'era.
Non un messaggio.
Non una promessa.
Non una rassicurazione.
Nulla... se non Alice, che mi avrebbe ricondotta a casa.
 
 
 
_____________________________
To: Edward
 
Affido le mie parole ad un foglio di carta, perché è tutto ciò di cui dispongo. Alice non mi ha assicurato che ti verrà recapitata ma, enigmatica e manipolatrice come al solito, mi ha concesso questa flebile speranza, alla quale mi aggrappo.
Sono una bambina.
Sono una sciocca.
Ma una bambina sciocca che ha bisogno di te e di nessun altro.
Non perderò tempo a giustificare quelle parole pronunciate. Ero arrabbiata, sono arrabbiata, con me stessa, con te… perché sembriamo incapaci, ormai, di coesistere, senza azzuffarci, senza ferirci.
Io ho tentato di ferirti, spesso.
E so che è infantile, ma la parte più egoista e meschina d me voleva procurarti lo stesso dolore che tu mi arrecavi, illudendomi. Perché è questo che hai fatto, anche se sono consapevole che mai di proposito hai compiuto un atto del genere. Per te sono quella bambina dalle guance paffute di un tempo, quella che volevi proteggere da tutto e da tutti, anche da te stesso.
Peccato che io non sia più quella bambina, Edward.
Il tempo mi ha resa un’adolescente.
Il tempo mi ha resa una donna, forse con la mente di una bambina, spesso. Ma pur sempre una donna.
Una donna che ha bisogno di te, in modo diverso.
Una che soffriva, vedendosi rivolgere quelle premure, che tu le riservavi con lo sguardo di un fratello.
Un fratello incapace di guardare oltre il suo naso, oltre le sue idee.
 
L’amore non si controlla, Edward.
L’amore ti afferra, ti strattona, ti costringe a fare i conti anche con sentimenti che vorresti respingere, per rendere tutto più semplice.
Perché l’amore complica la vita.
E la mia esistenza è divenuta contorta, da quando determinate emozioni si sono destate. Trasformate dall’affetto infantile, a quell’amore che nutro per te, in silenzio, ormai da un tempo che mi pare infinito.
Assurdo, considerando che questi anni dovrebbero essere per me alla stregua di granelli di sabbia. Una piccola manciata di giorni, in quella spiaggia che è la mia eternità.
Eppure ogni istante è stato pregnante, doloroso, dolce, angosciante, meraviglioso… perché l’ho condiviso con te, facendo i conti con i tuoi rifiuti ignari, con la tua tenerezza, con il tuo bisogno di proteggermi che, mi ha sostenuta e illusa, al contempo.
Perché ho preferito covare quella speranza, che accettare quella realtà.
E quando quella maledetta speranza veniva infranta, da un tuo gesto e da una tua parola, il mio cuore andava in pezzi con essa ed io mi nascondevo al di là di quella rabbia, con la quale ti ho ferito tanto spesso.
Mi dispiace.
Affidare ad una lettera, queste confessioni, è molto più semplice.
Forse da vigliacchi, ma mi consolo con l’idea che non avrei potuto fare altrimenti. Perché non so dove tu sia e neppure se prima o poi tornerai. Non so se stai bene, benchè Alice mi appaia piuttosto tranquilla e questo mi fa ben sperare. Ma la tua mancanza grava su di noi, su tutti noi, che non desideriamo altro che riabbracciarti.
Con questa confessione io non ti chiedo nulla, se non di comprendermi.
Non voglio il tuo amore.
Cioè… vorrei il tuo amore, ma so di non poterlo pretendere. Quindi mi limito a donarti queste parole, con l’imbarazzo che in me destano, semplicemente per permetterti di capire  il perché di molte mie azioni, sebbene questo non giustifichi l’infantilismo dei miei gesti.
E’ stato difficile, è difficile.
Lo è stato il non poter parlare a te, di ciò che provavo, erigendo tra di noi quel muro necessario. Quella maschera che mi avrebbe permesso di preservarmi, di salvarmi da una delusione che non volevo affrontare, comunicandoti ciò che sentivo per te.
Ma ora a cosa può servirmi nascondermi, se tu non sei qui?
Preferirei venire a patti con la consapevolezza che tra noi non ci sarà altro che fraterno amore, ma poterti avere comunque al mio fianco, come quella sorellina che sono per te.
Mi basta questo.
 
Tua Bella.
 
 
Deglutii a fatica, osservando la lacrima scivolata sul foglio, su quelle parole frettolosamente scritte ora macchiate dalla mia debolezza, dalla vulnerabilità che avvertivo e che tentava di soffocarmi. Mi sentivo sciocca a rileggere quella lettera, quelle frasi incapaci di trasmettere la mia angoscia, la paura che mi attanagliava lo stomaco, la consapevolezza Edward avrebbe potuto desiderare di non essere più parte della mia vita. Di me.
Avrebbe potuto abbandonarmi per sempre e, per chi gode dell’eternità, il “per sempre” è un tempo troppo lungo. Ed io sarei stata costretta a portare su di me i segni di quelle ferite che non si sarebbero mai rimarginate. Avrei sempre atteso, forse invano, il suo ritorno, illudendomi di scorgere la sua figura al di là della finestra. Il rombo della sua auto, quella Volvo parcheggiata in garage dalla sua fuga. Il suo profumo, quello dolce e rassicurante che mi circondava al mio risveglio, quando ero solo una bambina.
E quelle parole avrebbero potuto solo peggiorare la situazione.
Avrebbero potuto condannare tutte le mie speranze in un soffio. O almeno questo è ciò che mi ripetei, mentre ripiegavo il foglio, con cura, convincendomi della follia che sarebbe stata, affidare ad Alice quella confessione. Edward sarebbe stato a conoscenza del mio amore.
Ma cosa avrei fatto se, pur sapendo, avesse deciso di non fare ritorno?
Come avrei potuto sopportare tutto questo?
Semplice, non avrei potuto.
Ed è per questo che portai nuovamente il mio sguardo contrito su quella lettera che non avrei mai consegnato e che mi limitai a riporre in un cassetto, al di sotto della montagna di appunti e quaderni di scuola.
Quella stessa lettera che, il giorno seguente, era svanita nel nulla.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12



 
Pov Edward.
 
Il limite.
Qual è il limite di un uomo innamorato? Era una domanda che mi ero posto spesso, sin da quando avevo compreso quanto affetto mi legasse a Bella e cosa rischiassi, trascorrendo con lei ogni istante. Osservandola crescere. Permettendo al mio sguardo di soffermarsi sul suo viso dai lineamenti acerbi dapprima e sulla delicata bellezza sbocciata, quando era maturata, sotto il mio sguardo ormai bramoso. Ma avevo soffocato quei sentimenti, tentando di mettere a tacere ciò che sentivo, ciò che ero consapevole non sarebbe mai stato giusto e neppure opportuno.
Avevo tentato.
Lottato.
Sperato.
Eppure non avevo mai avuto il coraggio di allontanarmi da lei e non avevo mai compreso per quale motivo; se nella speranza di un mutamento nei miei sentimenti, o più probabilmente nei suoi sentimenti.
Ma cosa importava, ormai?
Ero fuggito, correndo per le strade sconosciute, celando la mia presenza agli umani, grazie alla fitta boscaglia, tentando invano di scaricare l’amarezza ed il dolore, separandomi da lei.
Correvo per sottrarmi alla presa di quelle parole.
Correvo per sfuggire alla realtà, conscio che ai suoi occhi non ero stato che un mostro inaffidabile.
Una consapevole che avevo negato, sino all’ultimo istante.
Eppure ognuno di quei passi compiuti non era che un colpo al mio cuore muto. Un cuore morto che non avrebbe dovuto provare dolore, ma che invece agonizzante doleva, serrandosi in una stretta e angosciante morsa.
Un mostro con dei sentimenti e delle emozioni inopportune. Ironico, vero?
La risata amara che sfuggì alle mie labbra riecheggiò nel silenzio di quella foresta attorno a me, mentre i miei piedi si muovevano sempre più veloci, per sfuggire a quella sofferenza che mi tallonava, tenendo il mio passo.
Perché potevo scappare da lei, ma non da quell’amore che avvelenava la mia mente ed il mio cuore.
________________________
 
 
Dieci giorni.
Quanto possono apparire eterni dieci miseri giorni, quando nulla conta e nulla vale?
Quando non si ha nulla per cui sorridere.
Nulla per riaprire gli occhi, al mattino, immerso in quel finto sonno.
Perché un reale oblio, tra le braccia di Morfeo, era una fortuna di cui non avrei mai potuto beneficiare.

Avrei voluto, lo avevo desiderato mentre, disteso sul mio letto, in una cittadina desolata dell’Alaska, mi limitavo ad osservare il soffitto umido e macchiato di muffa, senza però realmente vederlo.
I rumori della strada mi apparivano ovattati e distanti, soffocati dal ruggito assordante che riecheggiava nella mia mente e che tentava invano di portare la mia attenzione sulla fame logorante, che mi premuravo di ignorare.
Assurdo e assolutamente irresponsabile, considerando quanto il mio controllo fosse divenuto sempre più labile, di giorno in giorno, sino a quando solo la stanchezza mi tratteneva dall’avventarmi sulla fonte di quelle pulsazioni che spesso percepivo al di là della porta della mia camera.
Era un vecchio modelle cadente, dove ben poche persone azzardavano ad avventurarsi.
Qualche turista sfortunato, qualche coppietta anziana, le cui risa come pugnali affilati mi rammentavano la mia solitudine, ad ogni ora del giorno.
Mi ricordavano ciò al quale non avrei mai dovuto aspirare e verso il quale aveva egoisticamente allungato la mia mano. Sciocco.
Uno sciocco che volontariamente si affamava.
Ma forse era altro a spingermi ad agire così, a non nutrirmi, non solo il disgusto per me stesso e per la mia condizione. No. La consapevolezza di essere un mostro, di esserlo sempre stato, anche quando ostentando una civilità ed un’umanità che rappresentava solo una misera facciata. Una maschera le cui crepe mostravano la realtà che avrei desiderato celare, ma invano.
Allora perché non abbandonarmi del tutto a quella natura?
Perché non cedere a quegli impulsi che erano sempre stati parte di me e che mi ero ostinato a sopprimere, per una finzione priva di valore?
Erano quelle le domande che mi tormentavano, che avvelenavano la mia mente, alimentate da quella fame persistente, che mi strappava ogni barlume di razionalità, lasciandomi annegare in quegli oscuri e dolorosi pensieri; l’unico appiglio per sfuggire ai ricordi.
Per recidere quel legame che ancora mi legava ad essi, compiendo quell’ultimo passo che lei non mi avrebbe mai perdonato.
Peccato che la mia memoria volesse persuadermi a scacciare quegli intenti, rammentandomi quegli insegnamenti che avevano nutrito la mia mente, per secoli. Ma soprattutto quel viso paffuto e quel corpo caldo, troppo umano. Come avrei mai potuto affondare i canini godendomi il sangue stillante, nella mia bocca, quando quel calore e quel dolce sapore mi avrebbe ricordato la mia piccola Bella?
Come avrei potuto strappare la vita a qualcuno, rammentando i suoi caldi occhi color cioccolato ed immaginando l’orrore riflettersi in essi?

Non avrei potuto, semplicemente.
La memoria, quale maledizione.
Quale atroce tormento, essere capaci di rievocare anche il più effimero dettaglio.
Il suo profumo, un dolce sorriso, la sensazione che anche un misero contatto casuale poteva destare in me.
Uno sfioramento.
Un bacio fraterno.
Dita sottili che giocavano con le ciocche dei miei capelli, tentato di dare un garbo a quella massa informe.
Piccoli ricordi, di un quotidiano che rimpiangevo, malgrado la consapevolezza di quanto quella rinuncia fosse necessiaria.
Eppure benchè la mente possa essere ormai certa di dove risieda la ragione ed il giusto, il cuore non segue sempre le vie e le strade dell’intelletto. Perché esso si inoltra in impervi cammini, aggrappandosi ad una ragionevolezza sua, fatta del calore dei sentimenti, dei bisogni e delle necessità che divengono primarie, come il respiro.
Ed il mio cuore non aveva compreso, tantomeno accettato quella decisione, quella lontananza, che avrebbe gravato su di me in eterno.
Perché la memoria di un’immortale, come lui, non si piega alle intemperie del tempo.
 
 
______________________
 
Un mese
 
Logorato dalla lontananza, dal senso di colpa, dai timori e da quelle domande prive di risposta, vagavo per le strade di una città conosciuta, circondato dal candore della neve, che sembrava ricoprire ogni dove, con il suo gelido manto.
Ed io mi paragonavo a quella terra brulla, soffocato dal ghiaccio, che serrava la mia mente ed il mio cuore. O forse questo è ciò che avrei desiderato.
Avrei voluto anestetizzare con il freddo ogni mio caldo sentimento, sfuggendo così al tormento ed a quei quesiti, senza risposta, che come un tarlo riecheggiavano dentro di me.
 Bella era tornata a casa? Era con Matt? Avevano chiarito? Lo aveva perdonato?
Probabilmente si… non nutrivo alcun dubbio su quell’ultimo punto, conscio della natura caritatevole della mia Isabella.
Mia.
Solo nei miei sogni; in quelli che la mia natura immortale non mi concedeva.
Il sorriso amaro sulle mie labbra strappò l’ennesimo sospiro alla mia accompagnatrice, che aveva insistito per accompagnarmi, quel giorno, nella mia consueta passeggiata. Peccato che quelle ore, trascorse nel totale isolamento delle natura, erano dettate dal mio bisogno di solitudine, al quale quel giorno mi ero visto costretto a rinunciare.
«Dovresti accettare la realtà ed andare avanti. » mi rammentò, posando una mano guantata sulla mia spalla, tentando di concedermi quella consolazione che le sue dita fredde non potevano donarmi.
Avrei voluto poter chiudere gli occhi, percepire il calore irradiarsi sulla mia pelle, attraverso quel lieve contatto, anche attraverso la stoffa, illudendomi che fossero le dita di Bella a sfiorarmi, provando a risollevarmi. Ed invece…
Ed invece non ero che il solito sciocco, che tentava di crogiolarsi in vane fantasie, che lo avrebbero condotto sempre più a fondo, in quel baratro tetro che lo stava inghiottendo. Che mi stava inghiottendo. – mi corressi, scrollando la spalla, per sottrarmi a quella delicata presa, che non faceva altro che alimentare i miei cattivi pensieri. «Io accetto la realtà, se non fosse così sarei da lei, a combattere per qualcosa di impossibile.»
«Forse non la ami abbastanza per combattere. – mi pungolò Tanya, fermandosi nel bel mezzo di quella stradina, puntano i suoi occhi dorati su di me, con quell’espressione di biasimo che ormai conoscevo sin troppo bene. – Sai benissimo che il mio interesse va ben oltre la semplice amicizia e che la tua presenza, qui, non può far altro che rendermi felice. Perché, nonostante tu ora mi rifiuti, il tempo potrebbe mutare la tua decisione e mostrarti ciò che potrei donarti. Quidi puoi immaginare quanto mi sia difficile rivolgerti queste parole. » continuò, esitando appena, mordendosi quelle labbra tumide, arrossate a causa del vento che sferzava sui nostri volti.
Scossi il capo, portandomi le mani sul viso, strofinando con forza, tutt’altro che intenzionato ad ascoltare tutto ciò. In un momento come quello non potevo fare i conti con i sentimenti di Tanya, non quando avevo già abbastanza problemi con i miei, con quelle emozioni che non ero in grado di controllare. Ero consapevole che lei sarebbe stata la scelta più opportuna, assolutamente la più giusta, per quelle innumerevoli qualità che in lei avevo sempre apprezzato, ma non solo. Ma sarebbe stata una farsa, proprio come quella in cui avevo vissuto, sino ad allora. E la mia amica non meritava certamente quel fittizio amore, che sarei stato in grado di donarle, conscio che il mio cuore sarebbe sempre stato altrove. « Non è necessario.» protestai, con voce soffocata e smorta, ricevendone in risposta solo uno schiocco di labbra deciso ed un’occhiata pungente.
«Tu non hai combattuto e ti stai semplicemente aggrappando a delle parole che, sai benissimo, erano state pronunciate dalla rabbia. Dall’esasperazione. – continuò, ignorando la mia interruzione, pronunciando quelle frasi con sempre maggiore veemenza. – Dio, io vi osservati insieme, più di quanto avrei mai voluto ed ho notato quanto potevi essere impossibile, con le tue soffocanti pretese, con le tue premure, completamente fuori luogo, perché non più rivolte ad una bambina, ma ad una donna. Bella è una donna. » continuò, scandendo quelle parole con estenuante lentezza, quasi fosse lì a parlare con un moccioso, cosa per altro non totalmente errata, pensai, mentre osservavo me stesso attraverso i suoi ricordi. Scorgevo quelle figure sconosciute, seguendo quei battibecchi assurdi che mi strapparono un sommesso sorriso, malgrado la morsa al mio cuore sempre più salda.
«Le parole fanno male, possono ferire più di quanto non si voglia. – sussurrò, avvicinandosi a me, accarezzando con dolcezza la mia guancia, con i suoi caldi occhi color caramello nei miei e le sue labbra piegate in una triste smorfia. – Tu non sei scappato solo da lei, ma anche dai tuoi demoni, dalle tue paure, dal tuo timore di essere un mostro. Stai scappando da te stesso e sino a quando non comprenderai questo, sino a quando non ti accetterai, non sarai mai in grado di capire lei e ciò che vuole. » concluse, stranamente criptica, celandomi i suoi pensieri oltre una colte di futili immagini, prima di posare la sua bocca tumida sulla mia, in un bacio appena accennato.
Un leggero sfiorarsi, un impalpabile contatto, prima che i miei occhi potessero seguire la figura di Tanya, che ripercorreva il sentiero, verso casa.
 
______________________________________
 
 
Due mesi.
Lo scorrere lento del tempo, l’alito caldo del vento, in quella cittadina sconosciuta, dove avevo deciso di alloggiare, per qualche tempo. Avevo abbandonato l’Alaska, deciso ad affrontare i miei personali demoni, la mia natura, spronato forse dalle parole di Tanya, sebbene una parte di me trovasse inutile anche solo provarci. Quale sarebbe stato il premio per i miei sforzi? Una pacca sulla spalla e la pace interiore? Dubitavo su quest’ultima, considerando il tumulto dei miei pensieri e la sensazione di perdita che gravava sul mio cuore, nonostante il trascorrere incessante dei giorni.
Avrebbe dovuto affievolirsi quel sordo dolore al petto.
Avrebbe… - rimuginai, passandomi stancamente una mano tra i capelli, osservando le mura spoglie di quella casa. Era stata Alice ad indirizzarmi verso quel luogo, con una telefonata, la settimana precedente. L’avevo ignorata, deciso a non fidarmi di lei, conscio della sua natura di subdola manipolatrice ma qualcosa, come al solito, mi aveva indotto a cedere.
Forse non era il luogo più accogliente che avrei mai potuto desiderare, ma era questo ciò di cui avevo bisogno. Un mondo isolato, nel quale tentare di ritrovare quella parte di me perduta. Quel mio essere che si era sgretolato, giorno dopo giorno, dall’arrivo di Bella nella mia vita. Avevo perso parti di me, preso da lei, da quelle guance rosse, da quello sguardo sveglio, da quella boccuccia rosea, che aveva rappresentato per me un tormento, negli ultimi anni.
Ma, in fin dei conti, forse era stato giusto così, naturale questo brusco allontanamento. Perché si può amare, ma quale amore può essere quando ci si annulla completamente, per l’altra persona? Non è amore quello che ci porta a rinnegarci, a sopprimere parti di noi. Non è amore quello che ci esorta a dimenticare chi siamo, cosa siamo, trasformandoci, mutandoci. Giusto è crescere insieme, limare il proprio carattere, maturare.
Io invece, avevo soffocato quella la mia natura, forzandomi in schemi che non mi appartenevano, per essere più simile a lei, per essere degno di lei, senza comprendere quanto folle fosse il mio atteggiamento e quale frustrazione ciò alimentasse. Una frustrazione che su di lei sfogavo, inconsciamente consapevole di quanto i miei sforzi sarebbero andati in contro semplicemente al fallimento.
Il mio totale e completo fallimento. – precisai, mentalmente, abbandonandomi all’ennesimo profondo sospiro, nello stesso istante in cui il fruscio della carta, al di sotto della porta, attirò il mio sguardo, sulla mia possibilità di essere felice, sotto forma di una variopinta busta da lettere.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - The End ***


Salvee! Ed ecco a voi l'ultimo capitolo di questa fanfiction. Ringrazio tutte voi che mi avete seguita, nonostante gli aggiornamenti spesso in ritardo, soprattutto nell'ultimo periodo. Mi dispiace per il blocco che ho avuto e per la mia incapacità di scrivere. Mi dispiace per la scarsa presenza, eppure sono lieta di aver finalmente concluso una di queste mi storie in corso e non posso far altro che sperare di porre termine anche alle altre ancora aperte. In quanto a voi, non vi ringrazierò mai abbastanza per la vostra pazienza. Grazie, grazie davvero.







*Avvertivo il fruscio della carta, un sospiro sommesso infrangersi, al di là dell’uscio. Mi sembrava quasi di poter scorgere i suoi occhi sgranati, le dita tremanti ed il rossore che, se fosse stato umano, avrebbe imporporato le sue guance. Ed io, in attesa, mi torturavo le mani, rannicchiate in grembo, con lo sguardo puntato su quella maledetta porta e la consapevolezza di aver compiuto una follia che alimentava la mia ansia, ad ogni istante, ad ogni attimo. Eppure ero lì, dinanzi a quella squallida stanza di motel, nel quale alloggiava, semplicemente in attesa di quel verdetto. Era avvenuto tutto improvvisamente. La lettera svanita nel nulla, il sorriso sornione sul volto di Alice che la sventola, noncurante del mio folle imbarazzo e della mia preoccupazione, dinanzi al gesto che avrebbe potuto compiere. Per un momento avevo quasi temuto l’avesse inviata, senza attendere il mio consenso.

Un consenso che certamente non avrebbe mai ottenuto, se non avesse agito come poi aveva fatto, raggirandomi senza alcuna esitazione e ponendomi dinanzi ai miei tormentosi dubbi.
Senza scampo.
In trappola, costretta ad ascoltare il ricatto, pronunciato da quelle labbra tumide, pronte a mettere in pratica le sue minacce, con la collaborazione di Emmett che, dietro di lei, attendeva solo un suo ordine. Inutile sperare non avesse letto quelle parole personali, destinate ad Edward.
Inutile sperare che il sogghigno, sul volto dei due, non fosse rivolto alla sottoscritta ed alle smielate frasi incise sulla carta, di quella lettera, che sarebbe stata difficile da contestare.
Ciò nonostante… in un modo o nell’altro, sarebbe giunta nelle mani del “brontolone dai capelli rossi”, come lo aveva definito Alice. Anche se è opportuno sorvolare, invece, sull’epiteto con il quale si era riferito a lui Emmett, sempre più volgare e meno incline a controllare la sua lingua. Quest’ultimo si era offerto di rintracciare lui stesso il fratello in fuga, grazie alle doti di veggente della piccoletta, pronto a metterlo al corrente di ciò che avrebbe dovuto sapere da tempo.
Ovviamente nessuna delle mie implorazioni o delle lacrime erano state ascoltate. Al contrario il tutto era stato liquidato con una semplice affermazione:
Sarà per il tuo bene.
E come contraddire una matta che vede il futuro ed un energumeno ragionevole come un bambino dell’asilo?
Semplicemente non si può.
Ed io mi ero arresa, esalando quel sospiro sommesso che aveva rappresentato la mia condanna e scatenato urla di giubilo che non avevo affatto condiviso e che erano il motivo per il quale mi trovavo, fuori dalla porta, in attesa che Edward leggesse una copia della mia lettera, che io stesso gli avevo consegnato. Non desideravo comportarmi da vigliacca ed una parte di me aveva quasi pensato di pronunciare quelle parole, dinanzi a lui, magari leggendo io stessa ciò che avevo scritto. Ma il timore di abbandonarmi all’imbarazzo ed alla conseguente ira, che questo destava in me, mi aveva fatta desistere dai miei intenti. Preferivo lasciarmi considerare una bambina, poco coraggiosa nell’ammettere i suoi stessi sentimenti, piuttosto che causare un ulteriore fuga di Edward.
Avevo già fatto abbastanza. – mi rammentai, rievocando le immagini che mi avevano tormentato negli ultimi mesi. Il suo volto desolato, afflitto da quelle parole da me pronunciate, in un impeto di rabbia. Follie e menzogne che erano ben lontane dalla verità; perché come avrei mai potuto temerlo? Come avrei mai potuto nutrire paura verso di lui, che era stato il mio protettore, in ogni fase della mia vita? Lui che mi aveva donato un amore fraterno, un’assoluta devozione che io avevo ripagato con disprezzo ed astio, perché incapace di affrontare ciò che invece avrei dovuto:
Quel tumulto di emozioni che gonfiavano il mio petto, quando lui mi era accanto.
Quelle che le note della mia ninna nanna risvegliavano in me.
Quelle che le sue carezze ed i suoi sorrisi gentili ridestavano.
Tutto in lui sembrava sempre capace di attrarmi, di rendermi schiava anche di quei semplici gesti che in altri non avrei neppure notato. Ma che, compiuti da lui, acquisivano un diverso significato.
Ed io avevo conservato il ricordo di ognuno di quegli istanti, nella mia mente, nel mio cuore, facendone tesoro, nutrendomene con una disperazione che era data solo da quell’amore, non ricambiato.
Un amore di cui ero pronta a renderlo partecipe, per porre finalmente termine a quel suo vagabondaggio, permettendogli di comprendere ciò che aveva mosso le mie azioni, negli ultimi anni. Ero ormai pronta a ricevere quel rifiuto, dalla quale ero fuggita, per lungo tempo.
Ero ormai pronta a fare i conti con quella parte della mia vita, che doveva essere conclusa e con essa quella mia prima “cotta” infantile; come era solita definirla mia madre, benché a me apparisse una definizione sin troppo riduttiva.
Ma in fin dei conti dovrebbe essere usuale, fraintendere ciò che si prova, dinanzi alle prime esperienze? Gonfiare il proprio cuore di un amore illusorio, vacuo e pronto a svanire in un soffio. Un amore al quale io mi ero spasmodicamente aggrappata, troppo spaventata dall’idea di rinunciarvi.
- Avrò quello che merito. Avrò ciò di cui ho bisogno ed incontrerò un uomo capace di far battere il mio cuore, solo per lui. Un uomo in grado di lenire le ferite del mio giovane cuore. Un uomo che non sia Edward. – mi ripetei, per l’ennesima volta, con il respiro spezzato e le lacrime pronte a scivolare sulla mia pelle nivea, accarezzandone le gote arrossate.
Non sono più una bambina.
I rumori attutiti, provenienti dall’interno della camera, mi costrinsero ad alzare lo sguardo, infrangendo le mie elucubrazioni, quando la porta si aprì dinanzi al mio volto dai lineamenti tesi.
«Bella! » l’espressione affannosa sul viso di Edward mi parve gratificante. Certo, pareva sul punto di crollare, preda di un colpo apoplettico, ma non sembrava disgustato, dalle parole che aveva letto su quella lettera.
Una lettera scritta da quella che lui aveva sempre considerato una sorella e che, scioccamente anche se per costrizione, si era ritrovata ad aprirgli il suo cuore, attendendo il suo giudizio in silenzio.
Un atteggiamento assolutamente insolito per me che, con lui, non sembravo mai in grado di mitigare le mie reazioni. Eppure era forse l’imbarazzo ad impedirmi di replicare con una frase sprezzante, indugiando in quel comportamento assurdo che avevo da tempo nei suoi confronti. Sin da quando avevo compreso la profondità dei miei sentimenti. Quegli stessi sentimenti che mi avevano terrorizzata e che avevano destato in me il bisogno di allontanarmi.
Avevo rimproverato Edward, per molte cose, in quel periodo.
In parte lo avevo considerato la causa di quell’allontanamento tra di noi, malgrado fossi stata io la prima  a frapporre quella distanza, semplicemente perché non lo ritenevo capace di ricambiare quell’amore che avevo compreso di provare per lui.
Non gli avevo concesso alcuna possibilità.
Non gli avevo permesso di comprendere ciò che mi aveva cambiata, costringendolo a prendere atto della mia ostilità, ma non di porvi rimedio.
Perché come avrebbe potuto? – mi domandai, ironicamente, osservando la punta delle mie scarpe, ossessionata da quelle elucubrazioni che erano state le mie compagne, durante quel lungo viaggio in aereo, che mi aveva condotta lì. Da lui.
Eppure, in quell’istante, ero lì a concedere ad entrambi quella possibilità che ci avevo negato, anche se probabilmente in ritardo.
«Non sembri molto in forma.» mormorai, con il capo chino ed il labbro stretto tra i denti, segno del mio palese nervosismo. Scorgevo il bordo di quella lettera color malva, ancora stretta tra le sue mani, ed ero comunque incapace di pronunciare qualcosa di sensato. Qualsiasi cosa.
Talvolta, però, le parole sono superflue.
 
__________________
 
Un sogno. Un sogno ad occhi aperti. Il frutto del mio corpo debilitato, della stanchezza e della spossatezza che avevano attanagliato la mia mente, a causa di quel torpore nel quale avevo trovato rifugio. Perché il trascorrere dei giorni era un tormento, una condanna che non potevo combattere. Qualcosa alla quale avrei desiderato porre rimedio, ma impossibilitato a farlo, per il bene della mia famiglia, conscio che Alice avrebbe assistito ad ogni gesto folle che avrei potuto compiere. Così mi ero abbandonato all’immobilità di quella vita priva di significato, semplicemente in attesa.
Ma in attesa di cosa?
Probabilmente di quella lettera che mi era stata recapitata. Uno scherzo, una punizione per i miei pensieri impuri, per i miei desideri, per quel bisogno che neppure la lontananza sembrava in grado di sopire. Se non avessi riconosciuto la scrittura confusionaria e arrotondata di Bella avrei riso, nervosamente, dinanzi a quel foglio di carta color malva, intriso del suo dolce profumo.
Forse avrei stracciato quel pezzo di carta, preda dell’ira, se non avessi percepito il battito frenetico di un cuore, al di là della porta. Quel ritmo cadenzato e dolce, che mi aveva cullato durante ogni notte trascorsa nella mia casa, quello al quale mi ero aggrappato, per trovar pace, anche negli istanti più bui della mia esistenza. Perché mi bastava saperla lì, separata da me solo da qualche misera parete, avvolta tra le braccia di Morfeo, calda e morbida. Viva. Mia.
Mia solo nella mia mente, solo nei miei desideri.
Mia sorella.
La mia famiglia.
Una parte di me, forse la migliore.
La mia metà mancante, quell’anima a me affine.
Colei che mi attendeva, al di là di quella dannata porta, che non avevo il coraggio di aprire. E così avevo permesso ai miei occhi di abbeverarsi di quelle frasi, incise sulla carta, nutrendosi della speranza che esse sembravano voler insinuare in me.
Una confessione e neppure un accenno del biasimo che ero ben conscio di meritare. Nessun rimprovero, ma solo un’assoluzione e… amore?
Come avrei mai potuto ritenere possibile, una simile meravigliosa possibilità, rammentando ciò che ci aveva diviso, negli ultimi anni?
Come avrei mai potuto accettare il significato sotteso a quelle parole, senza posare lo sguardo sul volto di lei, per trovarvi conferma?
Ed era stato questo ad esortarmi ad allungare le dita verso la maniglia di quella porta, che mi era improvvisamente parsa più pesante di quanto avrebbe mai potuto essere, per un vampiro. Forse perché al di là di essa si celava quella risposta che avevo agognato per anni o forse l’infrangersi di ogni mia illusione.
Forse perché è la verità ad essere pesante, anche quanto essa può apparire meravigliosa, perché può permetterci di comprendere quanto i sentimenti ci soggioghino, troppo spesso, annullando ogni raziocinio. Preda di essi ci trasformiamo in creature insicure, talvolta stolte, sciocche e, semplicemente, umane.
Perché è umano amare.
E’ umano sperare.
E’ umano vivere.
 
Ti amo, come il respiro che l’immortalità mi ha sottratto, ma al quale non sono in grado di rinunciare.
Ti amo, come quel cuore che temevo di aver perduto e che tu nuovamente mi hai donato.
Ti amo, perché mi hai permesso di comprendere quanto vuota fosse la mia esistenza, priva di un reale sentimento. Di questo calore che ora riscalda il mio corpo freddo e la mia mente ed i miei occhi, che si abbeverano della tua figura, della dolcezza che il tuo sguardo basso non può celare. Del timore, probabilmente riflesso anche sul mio stesso viso. La paura del rifiuto, l’angoscia dell’attesa.
E tante le parole che indugiavano sulle mie labbra immobili e che avrei dovuto pronunciare
Tante le emozioni palesi sul mio volto, che probabilmente mai avrei potuto adeguatamente esprimere.
Perché le parole sono solo parole.
Ed allora, per la prima volta, fu il mio istinto a guidarmi, esortandomi a posare le labbra sulle sue.
Il nostro primo vero bacio.
 
 
 
The End

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