Palpiti di Shinalia (/viewuser.php?uid=68696)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - The End ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Voi
direte... ma non hai già un numero considerevole di storie
in corso...? ehm.. ebbene si, ma a mia discolpa devo dire che questa
era conservata in un file stipato nel mio pc! XD l'ho scritta tempo fa
e sono stati abbozzati già i primi capitoli... :)
é una storia abbastanza sciocca... ma mi andava di
postarla.Baci baci
Poteva
un cuore morto e freddo
spezzarsi? Mi sembrò che il mio potesse farlo.
Lei
era lì, tra le sue braccia. Quella che un tempo
consideravo alla stregua di una sorellina minore.
I
nostri clan avevano stretto rapporti ormai più di
cinquant’anni addietro, e fu allora che la conobbi. La
creatura più bizzarra
che avessi mai visto. Una mezza vampira!
Prima
di incontrarla non avrei mai immaginato che potesse
esistere una razza tanto strana, benché di leggende me ne
avessero raccontate
spesso. Non potevo certo credere all’idea che un vampiro
potesse procreare!?
Ma
andiamo…
roba da pazzi visionari, alla stregua di Alice! Mi
dicevo.
Ed
invece lei era la prova vivente che le mie supposizioni
fossero più che errate.
Il
capo del clan di Denali si era innamorato di un’umana,
Carmen, e con lei avevano concepito la piccola Bella. Quando la conobbi
non era
nulla più che uno scricciolo dagli occhi color cioccolato ed
un sorrisetto
sempre dipinto in volto. Aveva solo qualche mese, eppure dimostrava
poco più di
un anno.
Ci
eravamo recati da loro per portare le nostre
congratulazioni ai novelli genitori, ma spinti soprattutto
dall’immensa
curiosità che l’evento ci aveva indotto.
La
crescita accelerata di Bella – diminutivo di Isabella
–
aveva destato non poche preoccupazioni nella sua famiglia e per tale
motivo ci
stabilimmo presso di loro per svariati anni, permettendo a Carlisle di
svolgere
le dovute ricerche. Ciò che scoprimmo tempo dopo
allietò i nostri animi: a
quanto pareva le creature come lei arrestavano il loro sviluppo ad
un’età
apparente di diciotto anni, per affrontare
l’eternità da esseri immortali.
Mai
una notizia riuscii ad arrecarmi più gioia. In quegli
anni mi ero affezionato a quella piccola bambina, continua fonte di
disastri e
di sorprese. Per quanto fosse metà vampira era dotata di un
equilibrio carente
ed una sbadataggine colossale. In compenso possedeva la bellezza di un
qualunque vampiro, accentuata da quei tratti umani, come le gote
costantemente
arrossate e quel cuoricino palpitante, che la rendevano ancora
più splendida.
Per non parlare dell’immenso calore che infondeva al contatto
con il suo corpo.
Il
suo sguardo era in grado di ammaliare chiunque ed io non
ero che la sua vittima preferita. Era perfettamente consapevole di
avere su di
me il totale controllo, un piccolo insignificante broncio o una sola
lacrima mi
avrebbero condotto a compiere le azioni più folli.
E
con la sua crescita le cose non erano che peggiorate!
Era
diventata una ragazza, una bellissima ragazza ...
Ed
io, mi scoprii follemente ed incondizionatamente
innamorato di lei ... troppo tardi!
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
All’epoca
non comprendevo cosa fosse realmente l’amore. Ero certo che
una creatura
dannata come me non potesse aspirare a tanto. Con il tempo sarei stato
costretto a ricredermi, rammentandomi scioccamente quanto, le palesi
dimostrazioni, fossero state per quasi un secolo dinanzi ai miei occhi.
Vivendo
tra coppie innamorate avrei dovuto essere consapevole che un simile
sentimento
potesse sorgere anche nel cuore di un vampiro ma, forse, il reale
problema era
la mia incapacità di accettare quella natura che mi era
stata imposta.
Sospirai
sommessamente, gettando uno
sguardo all’orologio. «
Bells,
datti una mossa! »
urlai contrariato. Erano ormai passate le sette e di lei nemmeno
l’ombra.
Le
avevo promesso di accompagnarla ed essere il suo sostegno in quella
prima
giornata di scuola, proteggendola dalla marmaglia di studenti che non
avrebbe
esitato ad infastidirla. Negli ultimi giorni, nelle loro menti, avevo
notato il
visibilio e la curiosità per la prospettiva di una nuova
studentessa, colei che
poteva essere il passaporto per gli inavvicinabili Cullen. Erano state
numerose
le ipotesi sorte ed il vorticare dell’immagine fittizia nello
loro menti era
stato per me un vero martirio.
Come
se
loro potessero in qualche modo avere l’ardire di sperare di
fare la sua
conoscenza. Non l’avrei permesso…
Dovevo
proteggere o no, la mia sorellina?
Quella
piccolo peste dagli occhi color cioccolato, un delizioso visetto a
cuore e
dalle labbra sempre imbronciate.
Sorrisi.
La mia piccola Bells.
7:50.
Dannazione.
«
Bells!? » urlai, nuovamente, iniziando ad irritarmi.
Quando
dorme non funzionano neanche le cannonate… l’unica
che in quella casa poteva
godere di un sonno ristoratore, non faceva che approfittare di quel suo
vantaggio. Ancora mi domandavo se realmente gli esseri umani dormissero
con una
tale frequenza… era preoccupante.
Notai
la figura di Carmen venir fuori dalla cucina, ponendo il vassoio della
colazione, per la sua bambina, sul tavolo del salone.
«
Tua
figlia non si sveglia. »
«
Sai
che novità. » commentò ridacchiando,
prima di allontanarsi. « Ti conviene
svegliarla, o farete tardi. E non voglio tu corra troppo, in auto,
quando sei
con Bella. » mi ammonì, rivolgendomi
un’occhiataccia di rimprovero.
Come
se
potessi avere un incidente con le mie capacità da vampiro!
Alzai gli occhi al
cielo palesando la mia esasperazione. Oltretutto non avrei mai fatto
nulla in
grado di porre in pericolo la mia piccola Isabella, ero più
che consapevole
della sua fragilità.
«
Non
preoccuparti. » mormorai.
8:00.
Ok,
eravamo decisamente in ritardo.
Decisi
di
compiere un’incursione nella sua stanza, maledicendo il suo
sonno profondo. Ero
certo fosse ancora avvolta nel tepore del suo letto, incurante delle
mie urla e
della sveglia che, ad intervalli regolari, continuava a trillare
esasperata.
Aprii
la porta, dopo aver bussato leggermente, onde evitare di invadere la
sua
privacy e, non avendo ottenuto risposte, entrai nel suo piccolo regno.
Era
una
stanza graziosa, colorata in toni di viola e stracolma di libri. Da
quando
aveva iniziato a leggere, era divenuta una vera mania. Ancora
rammentavo con
calore le volte che, prima di allora, si avvicinava a me porgendomi un
qualche
volume. Quando ciò avveniva la conducevo nel mio rifugio nel
bosco, una radura
deliziosa, accanto alla cascata e trascorrevamo le ore immersi in
qualche
favola o romanzo.
Così
tremendamente
dolce.
Quei
pensieri avevamo la capacità di intenerirmi, peccato che
quella piccola
creatura dalle guance rosse si fosse trasformata in una pestifera
adolescente.
Scuotendo
il capo con un sorriso dipinto in volto, osservai la scena dinanzi ai
miei
occhi.
Lei
era
lì, avvolta in una coperta ancora nel mondo dei sogni. Le
labbra erano piegate
in un tenue sorriso e la sua espressione rilassata riuscii ad
imbambolarmi per
qualche istante. Almeno sino a quando le risa mentali di mio fratello
Emmett
non ruppero l’idillio.
*Eddy
Eddy, se non fossi certo che le droghe su noi vampiri non possano
funzionare,
darei per scontato tu fossi sotto l’effetto di qualcosa di
molto potente*
Sbuffai
irritato non degnandolo nemmeno di una risposta. Dopo quasi un secolo o
si
imparava ad ignorarlo oppure si metteva a punto un piano per cucirgli
la bocca
una volta per tutte. Non che non avessi ponderato la seconda ipotesi,
ma Esme
non me lo avrebbe mai permesso.
La
mia
dolce mamma, troppo magnanima.
Mi
avvicinai al letto lentamente per godermi ancora per qualche attimo
quella
stupenda visione. Avevo sempre considerato Bella una splendida ragazza,
ma
quando era ancora assorta nel mondo dei sogni il suo viso era
indescrivibile.
8:10.
Meglio
darsi una mossa.
«
Bella, su svegliati ... »
sussurrai in tono carezzevole, lasciando scivolare con dolcezza una
carezza sul
suo volto. Odiava essere svegliata in malo modo, l’ultima
volta che era
accaduto Jasper era stato letteralmente scagliato dall’altro
capo della stanza,
dove aveva lasciato un’impronta piuttosto evidente.
Personalmente io avrei
provveduto ad eliminarla, ma la piccola mezza vampira aveva deciso di
lasciare
ai posteri un monito eloquente.
D’altro
canto non aveva avuto torto… ormai nessuno era disposto ad
avvicinarsi a lei e
disturbare il suo sonno, se non in casi eccezionali. Delle volte mi
pareva di
dimenticare che la sua forza era di poco inferiore a quella di noi
vampiri,
osservandola la sua immagine trasmetteva solo fragilità.
La
sua
pelle pallida, il tenue rossore delle sue guance, il suo sguardo basso
ed
imbarazzato in presenza di ogni estraneo.
Così
tenera e ingenuamente inconsapevole della sua capacità di
incantare chiunque.
Sorrisi
intenerito. «
Bells, siamo in ritardo »
ripetei nuovamente, accarezzandole i
capelli. Al mio ennesimo richiamo i suoi occhietti assonnati si
aprirono
lentamente e la vidi più volte sbattere le palpebre con
evidente confusione.
Le
sorrisi incoraggiante deliziandomi di quella sua espressione adorabile
di cui
potevo bearmi raramente. Odiava quando mi intrufolavo nella sua stanza
durante
le sue ore di sonno, a quanto pareva era consapevole delle interessanti
conversazioni a cui si dilettava nell’incoscienza. E, forse
timorosa di ciò che
avrebbe potuto inavvertitamente rivelare, mi aveva letteralmente
bandito dalla
sua camera, privandomi di uno dei miei migliori passatempi.
Sin
da
quando eravamo giunti in Alaska ero sempre stato affascinato dalle
numerose
espressioni che si disegnavano sul suo viso mentre la sua mente
viaggiava nei
meandri del mondo onirico. Avevo trascorso con lei ogni notte della sua
infanzia, trascinando con me quell’abitudine anche in
seguito.
Sospirai
sommessamente chiudendo gli occhi, avrei tanto desiderato poter entrare
nella
sua mente per comprendere il motivo della sua esitazione. Ormai eravamo
come
fratelli da anni e a detta sua non c’era nulla che mi
nascondesse, eppure... «
È ora di alzarsi. »
borbottai infastidito dai miei stessi
pensieri.
Mi
irritava la consapevolezza che mi celasse qualcosa. Sentivo il bisogno
di
conoscere ogni cosa di lei... tutto! Come avrei mai potuto proteggerla
senza
essere a conoscenza di ciò che poteva turbarla? Come avrei
potuto aiutarla? Ma,
purtroppo per me, lei era più che lieta della presenza del
suo scudo e della
sua capacità di eludere il mio potere.
Piccola
peste.
Avvertii
il calore di una mano sfiorarmi la guancia ed aprii gli occhi di
scatto,
annegando in quelle due pozze di cioccolato e, senza comprendere come,
percepii
le sue labbra sulle mie.
Non
fu
che un leggero sfiorarsi, tanto delicato quanto rapido. Percepii il
prorompente
calore del suo corpo e mi ritrovai stordito a fissare la figura di
Bella
nuovamente addormentata.
«
Che diamine ...? »
sussurrai sconvolto.
La
miriade di emozioni che mi avevano invaso in quell’istante mi
aveva confuso
come mai prima di allora. Perché? Cosa era accaduto? Il mio
petto fu colmato da
una vampata di calore che ebbe il potere di stordirmi, completamente.
Così, non
mi premurai di nulla, fuggì da quella stanza ad una
velocità tutt’altro che
umana, correndo nel fitto bosco che circondava la casa.
______________________
Erano
due giorni che mi aggiravo per la foresta cercando di trovare una
giusta
spiegazione a tutto ciò che avevo avvertito. Ma, purtroppo
per me, nessuna tesi
riusciva ad essere abbastanza convincente. Con l’ausilio del
mio potere avevo
abilmente evitato qualsiasi incontro con i membri della mia famiglia,
almeno
sino a quell’istante.
«
Edward, smettila di andare avanti e indietro! Mi fai venire mal di
testa! »
borbottò Alice che, seduta a gambe
incrociate su di un masso, continuava a fissarmi tentando di
comprendere le
origini dei miei deliri.
Fortunatamente
per me non aveva avuto modo di vedere cosa era accaduto nella stanza di
Isabella. La natura per metà umana di quest’ultima
le impediva di visionare il
suo futuro.
Sia
ringraziato il cielo!
«
Sei
una vampira, non puoi soffrire di emicranie! »
ribattei mesto ed in tono leggermente acido.
Alzò
gli occhi al cielo con evidente irritazione, ma evitò di
rispondere alla mia
provocazione. «
Sembri un animale in gabbia. A casa sono tutti preoccupati …
»
Annuii
distrattamente, non dando realmente peso alle sue parole.
Avevo
ben altri pensieri per la testa. Il disagio permeava completamente ogni
parte
del mio essere al solo pensiero di incrociare nuovamente lo sguardo di
Isabella. Rammentava cosa era accaduto? Ricordava quel fugace bacio?
Ero
frastornato, impensierito, depresso… maledettamente confuso.
Avrei
voluto correre da lei, cercando una spiegazione logica, ben conscio che
presa
dai sogni doveva aver agito senza alcuna consapevolezza. Forse
immaginava fossi
qualcun altro o con…
…
Qualcun
altro!? Ma stiamo scherzando? Spero per lei non fosse così.
Se scopro chi…
«
Maledizione. » ringhiai, esasperato dai miei stessi pensieri.
Notando
la mia disattenzione Alice si indispettì
«
Bella
si è divertita moltissimo a scuola! - squittì
pregustandosi la mia reazione. –
Anche se era parecchio irritata dal fatto che tu non fossi con lei
durante il
suo primo giorno al liceo. »
Come
previsto mi volta di scatto fulminandola. «
È andata a scuola senza di me? »
ringhiai furente. La
mia sorellina aveva
passato la giornata circondata da umani molesti senza la mia protezione?
Lei
rise divertita. «
Guarda che non è più una bambina! Pian piano in
lei si risveglieranno desideri
e sentimenti tutt’altro che infantili. »
ghignò maliziosa.
Strabuzzai
gli occhi allibito. «
Smettila di dire idiozie, piccola pazza! »
ringhiai.
Scosse
il capo ghignando. «
Delle volte sei proprio esagerato, tanto che mi viene da pensare che tu
sia … »
Si
bloccò, strabuzzando gli occhi e fissandomi con uno sguardo
misto tra il
sorpreso e lo sconvolto.
E
adesso
che le prende?
«
Che hai? »
domandai incuriosito, non comprendendo la sua reazione.
Non
che
fosse una novità… seguire i ragionamenti di Alice
era sempre complesso. La sua
mente era come un immenso buco nero, in grado di risucchiare qualsiasi
forma di
ragionevolezza.
«
Sei geloso. »
bisbigliò lasciandomi impietrito. «
Ora capisco il motivo di un tale attaccamento e dei ringhi sommessi
ogniqualvolta un uomo si avvicina a lei più del lecito. »
continuò imperterrita, incurante della mia espressione
eloquente.
Ok…
è assodato, è completamente
impazzita.
«
Certo che sono geloso, è la mia sorellina, io devo
proteggerla. »
sottolineai, consapevole della follia
delle sue parole.
Come
potesse
anche solo giungere ad una simile conclusione mi era oscuro. In casa
non ero l’unico
a preservare sempre l’incolumità di Bella. Eravamo
tutti ben attenti alle sue
frequentazioni, ai suoi bisogni ed a tenere lontani coloro che osavano
tentare
di approcciarsi con lei con qualche secondo fine, riprovevole.
Cosa
la
sorprendeva?
Alice
scosse il capo in senso di diniego. «
Eddy, c’è una palese differenza tra la gelosia per
una sorellina minore e
quella che tu ostenti con Bella. »
spiegò pacata.
«
Non dire idiozie. »
sibilai. Le sue parole non erano che i deliri di una piccola pazza. Per
Bella
non provavo che affetto fraterno, nulla di più.
L’istinto di protezione era il
risultato della fragilità insita in quella piccola creatura.
Era cresciuta
tanto in fretta e del mondo conosceva ben poco. Il suo sviluppo
accelerato non
le aveva permesso di frequentare molte persone, nessuno al di fuori
della
famiglia avrebbe potuto comprendere come una bambina di soli sette anni
potesse
avere l’aspetto di una bellissima diciottenne.
Lo
sguardo di Alice si assottigliò. «
Nemmeno tu sei convinto delle tue parole. –
proferì certa. – ed inizio a
sospettare che ci sia un preciso motivo dietro la tua inquietudine di
questi
giorni. »
Sobbalzai.
Possibile che mia sorella pur senza il suo potere fosse tanto acuta.
«
Edward! »
borbottò perentoria. « Smettila con le stronzate e
dimmi la verità. » ordinò.
La
fissai con palese indecisione. Confessare ad Alice ciò che
era accaduto e
soprattutto le sensazioni che mi avevano invaso successivamente al
bacio poteva
essere piuttosto rischioso. La piccola pazza soffriva di manie di
controllo, il
che poteva condurre a risultati catastrofici quando decideva di
intraprendere
una delle sue missioni.
Eppure
ero più che cosciente che quello stato di confusione non
fosse che nocivo, non
potevo certo rifiutarmi di avvicinarmi a Bella per il resto
dell’eternità. Non
avrei mai lasciato la mia piccola sorellina priva della mia protezione,
ma
soprattutto non mi sarei mai privato della sua compagnia.
Ero
fin
troppo egoista per poter sopportare una simile rinuncia. Quei giorni
lontano da
lei erano stati esasperanti, la mia mente era continuamente immersa
invasa
dalle sue immagini e da preoccupazioni, per lei e per la sua salute.
Per non
parlare della consapevolezza di quanto potesse essere furiosa nei miei
confronti… la mia scomparsa improvvisa doveva di certo
averla irritata a morte,
soprattutto per la mia promessa infranta.
Mi
stavo
comportando come un perfetto idiota.
Sbuffai
sommessamente, facendomi coraggio. «
Ero andato a svegliarla, ma qualcosa è andato storto. »
Mi
fece
cenno con la mano di proseguire.
«
Diciamo che ha aperto gli occhi, ma sono certo fosse ancora immersa nel
mondo
dei sogni, perché – esitai appena. – mi
ha baciato. »
«
E perché sei scappato? »
domandò senza alcuna enfasi. Stranamente rimase composta,
seduta su quel
piccolo masso con un’espressione guardinga e per nulla
esaltata.
Già
immaginavo le sue urla e le sue risate di scherno, invece…
nulla!
«
Credo… è stato strano. - mormorai confuso.
– cioè lo sai che non ho mai provato
attrattiva per nessuna ragazza in particolare, nonostante ci siano
molte le
vampire che desidererebbero approfondire la mia conoscenza. Quindi non
sono
solito avere questi… incontri ravvicinati!? »
ammisi imbarazzato. Fare certi discorsi con mia sorella mi arrecava non
poco
disagio, sebbene il poter spaziare nella sua mente, come in quella dei
miei
fratelli, avrebbe dovuto rendere questo discorso per nulla
difficoltoso, avendo
assistito più volte alle loro intime effusioni.
Uno
dei
problemi relativi al mio dono di lettore del pensiero. Per quanto
tentassi di
evitare di invadere la loro privacy, non sempre i miei tentativi
andavano a
buon fine.
«
E allora? Ti è piaciuto? »
«
No, certo che no. – sbottai,
passandomi una mano tra i capelli. – Cioè sarebbe
una specie di incesto se
fosse così, per non parlare del fatto che lei è
una bambina. »
Già!
Una creatura tanto fragile e
perfetta, come potevo anche solo pensare… cioè io
non potevo minimamente
immaginare. Ero sconvolto, ma solo per la sorpresa e per
l’imbarazzo che quel
gesto mi aveva causato, non per altro.
Non
mi sfuggì il suo sbuffo
contrariato. « Lei non è una bambina, il suo
sviluppo non è semplicemente
esteriore e fisico, ma anche intellettuale. È a tutti gli
effetti una
diciottenne. Per quanto riguarda il problema “ incesto
“ – mimò le virgolette,
enfatizzando la parola. – è inesistente. Voi non
siete fratelli di sangue e
oltretutto lei non è nemmeno una Cullen. Per quanto tu le
sia stato accanto
durante la sua infanzia, questo non fa di te suo fratello. »
In
fin dei conti non aveva tutti i torti.
Ma, se anche fossi stato realmente interessato a lei in quel senso, il
solo
pensare ad un rapporto differente mi incuteva un certo timore e non
solo. Avvertivo
una sensazione di… disgusto verso me stesso.
Come
potevo pensare a lei in un modo
differente? Aveva trascorso la sua infanzia appollaiata sulle mie gambe
mentre
suonavo il piano o le spiegavo la disposizione delle note e dei tasti.
Ero
stato io ad insegnarle a leggere e a scrivere.
«
Io… non lo so. » ammisi sconsolato.
La
confusione regnava sovrana nella mia
mente, impedendomi di elaborare alcun pensiero realmente coerente.
Alice
saltellò verso di me con la sua
solita grazia, accarezzando la mia guancia con dolcezza. «
Fratellino, non
credo sia il caso di crucciarti troppo. – mormorò
accorata. – Torna a casa con
me e rifletti con calma su quello che desideri e quello che provi.
»
«
Ma... »
Alzò
le mani interrompendomi mesta. «
Nessun “ma”. A casa sono tutti preoccupati e sono
certa tu non voglia
impensierire Bella. »
Ed
ecco il tasto dolente…
Annuii
titubante. « Andiamo! »
|
Lau_twilight [Contatta] |
Segnala
violazione
|
18/06/10,
ore 16:53 - Capitolo 1: Prologo |
*____________*
hihihi la storia non sarà lunghissima, credo
durerà non più di cinque capitoli... inizialmente
voleva essere solo una one-shot... ma le mie capacità di
sintesi sono partite per le hawai insieme al mio cervello ahahahah :)
cmq grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima. kiss
|
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ELLAPIC [Contatta] |
Segnala
violazione
|
18/06/10,
ore 13:28 - Capitolo 1: Prologo |
Iahahaha
la mia ispirazione va e viene... tutte queste mini storie nascono come
modo per distrarmi e farmi tornare l'ispirazione per TRadimenti e
bugie.... cmq sarà una storia breve, giusto 4 o 5 capitoli!
:)
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Bella_kristen [Contatta] |
Segnala
violazione
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18/06/10,
ore 07:55 - Capitolo 1: Prologo |
ahahah
non so ancora chi sarà l'altro ahahahha... devo decidere,
anche se avevo pensato a Jemes ahaha non so! sono indecisa. cmq grazie
per i complimenti, spero ti sia piaciuto anche questo primo capitolo,
in cui si inquadra un pò meglio la storia e il rapporto di
Bella ed Edward. Baciotti.
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simo87 [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 22:59 - Capitolo 1: Prologo |
Il
prologo è posto un pò più avanti,
rispetto a questo primo capitolo! XD hihihi devo ammettere che sono
ancora molto indecisa sul proseguo... come avviene per ogni storia che
scrivo, del resto! XD
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LadySile [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 18:34 - Capitolo 1: Prologo |
ahaha
si si, quello era solo un prologo. ^^ infatti fa anche riferimento ad
avvenimenti che in questo capitolo non erano ancora accaduti.
:)
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xsemprenoi [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 18:13 - Capitolo 1: Prologo |
ahahahah
XD ma ciao, ragazze! ahahaha adoro le vostre recensioni unificate
ahahahahah
Cmq hei, non è mica colpa mia se Eddino è
leggermente tonto?! U,U è lui che non capisce nulla...
ahahhaha
tra parentesi non so neanche cosa accadrà nel seguito di
questa storiellina, doveva essere una one-shot, ma suppongo che
avrà almeno 4 o cinque capitoli... chissà XD
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vanderbit [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 17:57 - Capitolo 1: Prologo |
Grazieee
per i complimenti!! ^_____^ sei gentilissima. Cmq si, Bella
è una mezza vampira e Carlisle ha fatto trasferire tutta la
famiglia in alaska perchè voleva seguire personalmente la
crescita di Bella, visto quanto era accelerata. Ma alla fine, si sono
affezionati a loro e alla piccoletta e si sono trasferiti lì
per un pò... qui infatti Eddy fa spesso riferimenti
all'infanzia di lei hihihn
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eliza1755 [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 17:04 - Capitolo 1: Prologo |
ahahahahah
grazie!! sono felice che le mie storie un pò strambe ti
piacciano ahahah ammetto che ne scrivo sempre troppe... tutta colpa
dello studio, pur di non studiare la mia mente si mette a pensare alle
cose da scrivere ahahahah un vero disastro! ahahah
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alerita90 [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/06/10,
ore 16:56 - Capitolo 1: Prologo |
Siiii,
la frase è quella. Questa storia avevo inziaio a scriverla
per un contest e dovevamo ispirarci ad una frase. Io avevo scelto
quella...
nonostante non sia riuscita a terminare in tempo per un contest ho
pensato di continuarla... e ho deciso di lasciare la frase che l'ha
ispirata! *____*
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Salveeee! eccomi con il nuovo
capitolo! *O* volevo lasciarvi i link delle tre one-shot e mini storie
che sto scrivendo in questo periodo... per ora ho trattato tre coppie:
Rosalie/
Emmett. Bella/Edward
e Jasper/Alice. Fanno parte della
serie di Essere
genitori.
A
fine pagina troverete le risposte alle vostre recensioni! *O*
Grazie mille
volevo chiedervi se qualcuno sarebbe disposto gentilmente a crearmi una
cover per questa storiella... =^,^= purtroppo io non so usare
photoshop!! Ok adesso smetto di rompere. Un bacione ♥
Quando
tornammo a casa non mi furono
risparmiati ammonimenti per il mio comportamento. Tutti erano curiosi
di
ascoltare la mia spiegazione che naturalmente non avrebbero mai
ottenuto e
Alice, stranamente, non parve voler specificare il motivo del mio
tormento.
Bella,
tra tutti, si mostrò la più
furiosa, indignata per la mia sparizione e per il mio mancato appoggio
durante
il suo primo giorno di scuola. Si rifiutò di parlarmi e non appena ne
ebbe la
possibilità si rintanò nella sua stanza, preferendo la reclusione alla
mia
compagnia.
Male…
molto male.
«
Avevo solo bisogno di una pausa. »
mormorai per l’ennesima volta, sotto gli sguardi guardinghi della mia
famiglia.
Non era mia abitudine agire in un simile modo, senza curarmi di creare
disagi,
lasciandomi guidare solo dall’impulso. Purtroppo per me in quei giorni
la
lucidità mi aveva completamente abbandonato ed io stesso avevo perso di
vista quel
briciolo di lucidità che avrebbe potuto risparmiarmi tanti problemi.
«
Tesoro, dal tuo sguardo non si
direbbe. – sospirò Esme accorata. Come ogni brava madre riusciva a
comprendere
i suoi figli con un solo sguardo. – Se qualcosa ti turba noi siamo qui.
»
Le
sorrisi riconoscente, annuendo
mesto. « Ok! – esclamai, pur sapendo che non avrei mai rivelato la
verità a nessuno
di loro. – Ma ora credo sia opportuno vada a porgere le mie scuse ad
Isabella.
» asserii voltando lo sguardo per le scale.
Senza
aspettare risposta mi avviai
verso il piano superiore. La camera di Bella si trovava al primo piano,
accanto
a quella dei suoi genitori. Bussai debolmente per palesare la mia
presenza,
benché non fosse necessario. I suoi sensi erano naturalmente più
sviluppati di
quelli di qualsiasi umano e, anche se non quanto quelli di un normale
vampiro,
aveva di certo già percepito il mio odore.
«
Non ci sono! » un borbottio stizzito
giunse alle mie orecchie, facendomi inevitabilmente sorridere.
Immaginavo
il delizioso broncio dipinto
sul suo viso, i suoi occhietti socchiusi in uno sguardo torvo ed il
mento
all’insù, nella sua classica posa di sfida.
Maledettamente
adorabile.
«
E allora come hai fatto a rispondermi?
» replicai schernendola, soffocando una risata. Il desiderio di
stuzzicarla era
completamente fuori luogo in quella situazione, ma non riuscii ad
evitarlo.
Avvertii
il suo sbuffo contrariato. «
Semplice, non ci sono per te! » sentenziò senza alcuna esitazione,
indice del
suo stato d’animo. Lei, con quel carattere tanto buono, sempre accorta
a non
ferire i sentimenti altrui, doveva essere a dir poco adirata con me,
per non
mostrare alcuna premura.
Me
lo merito.
Presi
un respiro profondo e afferrai la
maniglia aprendo la porta, smettendo di tergiversare, bisognoso del suo
perdono. Non riuscivo a sopportare l’idea che lei potesse essere in
collera con
me. Feci scorrere lo sguardo sull’ampia stanza dai colori pastello,
soffermandomi infine sulla sua figura scapigliata, adagiata
scompostamente sul
letto.
«
Non mi sembra di averti dato il permesso
di entrare. » sbottò stringendo maggiormente il suo peluche preferito
tra le
braccia. Un lupo dal pelo fulvo a cui aveva attribuito il nome di Jake.
Strano
nome per un pupazzo.
Non
che “Pone” fosse meglio, diminutivo
di Napoleone, ovviamente. Ovvero il tacchino di peluche, che mi aveva
espressamente
richiesto come regalo di Natale, qualche mese prima, e che in quel
momento troneggiava
sulla scrivania, fissandomi con i suoi occhietti spiritati.
Non
avevo mai compreso la sua strana
fissazione per i tacchini. Ma pareva adorarli.
Presi
l’ennesimo respiro profondo,
tentando di farmi coraggio. « Lasciami spiegare. » tentai, sedendomi ai
piedi
del suo letto, nonostante l’occhiata di puro biasimo che mi rivolse.
Non
intendevo demordere, in un modo o
nell’altro avrei ottenuto il suo perdono. « Non volevo scappare in quel
modo,
ma… » esitai, incapace di spiegarle le origini dei miei tormenti. Non
intendevo
farle parola del bacio, timoroso della sua reazione e degli imbarazzi
che
avrebbe potuto far insorgere tra di noi. Non volevo mi evitasse per
qualcosa di
cui lei non aveva alcuna colpa o consapevolezza.
«
No. – ribatté infervorata, voltando
il suo capo verso di me. – Ero spaventata, sei svanito nel nulla senza
avvisare. »
«
Ma avevo le mie buone ragioni. »
tentai sulla difensiva.«E poi Alice poteva rassicurarvi sulla mia
salute. »
«
Non è questo il punto, e lo sai bene.
» si impuntò, corrugò la fronte, affatto convinta, percependo
l’incertezza nel
mio tono. « Dimmi perché sei scappato. » ordinò perentoria.
«
Non credo sia il caso … » tentennai a
disagio. Come avrei potuto confessarle che un suo bacio era stato in
grado di
mandarmi in visibilio. Come avrei potuto ammettere che benché la
razionalità mi
imponesse di guardare a lei come una sorella, una parte di me non
riuscisse più
a definirla tale.
Mia
sorella aveva ragione. Ormai Bella
era diventata una donna, una bellissima ragazza che ben poco conservava
dell’ingenua bambina dei miei primi ricordi. Le guanciotte rosse ed il
corpicino infantile avevano lasciato posto ad un corpo decisamente ben
fatto ed
a un viso la cui delicata sensualità avrebbe condotto sull’orlo della
follia
anche il più assennato degli uomini. Ed io non ero poi tanto diverso.
Benchè
il disprezzo insorgesse in me per
quel desiderio impuro che vedevo nascere in me, di minuto in minuto, da
quella
maledetta mattina, la situazione non pareva voler cambiare. Quel bacio
mi era
piaciuto, così come il calore delle sue labbra.
Meschino
da parte mia lasciarmi
irretire da un puro desiderio fisico, soprattutto verso di lei… ma
impossibile
da negare.
«
Ti chiedo scusa. » mormorai pentito e
amareggiato. « Ho mancato una promessa, ma non accadrà più. »
Ignorò
bellamente le mie parole.
Si
alzò di scatto dal letto,
abbandonando la sua posizione e gettando il pupazzo per aria con
malcelata
rabbia. « Se ci fossi stata io al tuo posto?- sbottò furibonda. – Se io
fossi
sparita senza lasciare traccia e senza avvisarti? Come avresti reagito?
»
Increspai
le labbra in una smorfia. « È
diverso… » quale idea balorda. Dove avrebbe potuto rifugiarsi lei?
Umana e
fragile, con i suoi bisogni e necessità estranei ad un vampiro come me.
La
mia affermazione parve accendere
ulteriormente la sua furia, che vidi
fiammeggiare
nei suoi occhi ardenti. « Dannazione Edward, cosa sarebbe diverso?
Cosa? Non
sono più una bambina. » sentenziò indicando il suo corpo, sottolineando
le sue
curve tutt’altro che infantili.
Come
se per me non fosse palese.
Sospirai
sommessamente, chinando il
capo, per celare la brama che avvertivo montare dentro di me. Uno
smodato
desiderio, inadeguato e spregevole. « Bella, cerca di capirmi! Ti ho
visto
nascere, ti ho vista crescere da quando eri poco più che un fagottino
e… »
«
Fuori da questa stanza. » sentenziò,
prendendosi il volto tra le mani. L’odore salmastro di lacrime venne
immediatamente percepito dal mio olfatto facendomi irrigidire.
Dannazione.
«
Stai piangendo? » domandai stupefatto,
per quella reazione a parer mio eccessiva. Certo avevo sbagliato a
svanire nel
nulla, ma negli anni erano accadute cose ben peggiori e mai Bella aveva
reagito
in tal modo.
Perché?
«
Per favore vattene. » fu poco più di
un sussurro il suo e probabilmente avrei insistito per comprendere cosa
celasse
dietro quelle lacrime, ma il repentino ingresso di Eleazar mi impedì di
procedere, costringendomi ad assecondare il volere di Bella.
«Edward,
esci. » mormorò riluttante,
accompagnandomi alla porta, ed io non potei che obbedire.
Fu
così che mi trovai al di là della
sua stanza, immobile in un’espressione dolente, osservando la madre di
Bella,
tanto simile a lei, fissarmi a disagio.
«
Io non volevo. » mormorai mortificato
ed al contempo ansioso. Non ero mai stato la causa delle sue lacrime.
Mai. Io
ero colui che la consolava
Eleazar,
accanto a me, sospirò
pensieroso. Nella sua mente potei notare l’imbarazzo per quella
situazione
alquanto strana. Una figlia nel pieno dell’adolescenza era piuttosto
complicata
da gestire e lui, in quanto uomo, comprendeva ben poco dei dilemmi di
quell’età, ma soprattutto del mondo femminile. Quindi, quando notò la
figura di
sua moglie avvicinarsi, si rasserenò sperando che lei in qualche modo
potesse
risolvere la situazione.
Ma
a me questo non bastava.
Provai
inutilmente ad intrufolarmi
nella mente di Carmen alla ricerca di una spiegazione, ma i suoi
pensieri momentaneamente
dirottati altrove, non mi permisero di comprendere la realtà dei fatti.
«
Tu sai il perché della sua reazione,
vero? » domandai senza poterlo evitare. La curiosità mi stava
letteralmente
divorando.
Annuì
mesta. « Credo che voi maschietti
dovreste allontanarvi. E tu Edward cerca di non sbirciare nella mia
mente… sono
questioni private. » mi ammonì con uno sguardo che non ammetteva
repliche.
«
Ma, cosa può esserci che io non posso
sapere? – soffiai, stringendo i pugni. Era inaccettabile che non
volessero
concedermi alcuna delucidazione, non quando la creatura a me più cara
era chiusa
in una stanza, singhiozzante. – Bella mi
ha sempre parlato di tutto! »
Lei
si era sempre confidata con me. Sin
da bambina, quando sgambettava da una stanza all’altra, trascinando
qualche
enorme bambola malconcia, era da me che correva per invocare soccorso,
quando
Alice la tormentava con i suoi cambi d’abito, quando Emmett la
spaventava con
qualche scherzo… o quando accidentalmente urtava uno dei preziosi
ninnoli di
sua madre.
Era
da me che correva.
Carmen
scosse il capo rassegnata,
mentre un leggero sorriso di condiscendenza piegava le sue labbra. «
Per le
questioni di cuore non credo saresti il più adatto. » sentenziò
lasciandomi
sbigottito.
Questioni
di cuore?
E
questo cosa voleva dire?
Raggelai.
« Co... cosa? » balbettai
terrorizzato.
Che
Bella si fosse innamorata? Che a
scuola avesse conosciuto qualcuno?
Mi
si mozzò il respiro a quel pensiero
e probabilmente la mia espressione e quella di Eleazar dovevano essere
piuttosto simili perché non mi sfuggì il risolino divertito di Carmen.
«
Ora siete pregati di lasciarmi fare
il mio lavoro. » ordinò indicandoci le scale, con uno sguardo
intimidatorio.
________________________________________
Per
un’ora e tre quarti Bella rimase
chiusa in stanza con sua madre, mentre i miei pensieri gravitavano
attorno ad
ogni possibilità ed a ogni probabile interpretazione riguardo
l’affermazione di
Carmen. Non potevo assolutamente accettare che Bella si fosse
innamorata di
qualcuno, era una prospettiva oltremodo inconcepibile. Alice non mi
aveva fatto
parola di ciò e nei suoi pensieri avevo avuto modo solo di comprendere
l’ansia
di Bells per la mia scomparsa.
Forse
quello era tutto ciò che
desiderava mostrarmi, per spronarmi a tornare a casa, ed il pensiero
che avesse
occultato i suoi ricordi, in merito ai suoi subdoli scopi, non mi
apparve una
possibilità tanto remora. Tutt’altro…
Eppure…
poteva davvero essere accaduto
tutto tanto in fretta. Dalle menti degli alunni della Forks Hight
School,
adolescenti preda degli ormoni, l’innamoramento non era poi la
maturazione di un
sentimento covato a lungo ed alimentato dalla reciproca conoscenza.
Al
contrario… spesso, non era una
semplice infatuazione, originata da un unico e mesto sguardo,generava i
più
assurdi timori e le più estenuanti notti insonni, atte a rammentarsi il
volto
della persona amata, cercando reconditi significati anche nel più
futile gesto
o parola.
Bella
era anch’essa tanto superficiale?
Così poco le era bastato per riempire il suo cuore?
Dopo
anni di reclusione, lontana da
coloro che non fossero la sua famiglia, forse aveva scambiato quei
semplici ed
ingenui sentimenti per qualcosa di più profondo e radicato…
In
fin dei conti non sarebbe stato
tanto anormale, eppure… al pensiero di veder realizzata quell’atroce
prospettiva, avvertivo una morsa lacerante stringermi lo stomaco,
contorto dall’ansia.
Orrore…
all’idea delle mani di qualcuno
che scorrono sul suo corpo, puro.
Sbigottimento
ed incredulità… data
dall’immaginare gli occhi di lei ridenti e colmi d’amore osservare
qualcuno
all’infuori di me.
Sofferenza…
alla consapevolezza che non
sarebbe più corsa da me, nei momenti di bisogno, per cercare conforto.
Deglutii
a fatica, sommerso dall’angoscia.
Come potevo permettere che una simile disgrazia si verificasse?
«
Edward, per carità vuoi calmati? » mi
ammonì Jasper alterato.
Il
mio ringhio sommesso parve sorprenderlo,
così come le mie altalenanti emozioni.
Alice
alzò gli occhi al cielo,
palesemente scocciata dal mio atteggiamento, a parer suo patetico. Come
se lei
potesse capire… « Lascia perdere il nostro Romeo. – sentenziò,
sorridendo
sorniona. – Che si lambicchi il cervello, visto che è tutta colpa sua. »
Lo
sguardo di mio fratello si fece più
attento. « Romeo? »
«
Per favore, non iniziare anche tu.
Bastano i deliri di quella pazza di tua moglie a farmi venire i mal di
testa. »
Lei
parve seriamente offesa dal mio
commento e, increspando le labbra in un broncio, alzò il volto di
scatto,
incrociando i miei occhi, mentre un guizzo di puro sadismo attraversava
il suo
sguardo.« Bene, quindi non ti interesserà sapere delle visite che
riceveremo
domani. »
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eliza1755 [Contatta] |
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violazione
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25/06/10, ore 16:36 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
Io
direi + che l'hobby di Alice è far impazzire il fratello ahhahaha
piccolo folletto bastardo che non è altro XD ha deciso di farlo
rosolare nel suo brodo ahahahah lasciandolo esasperare tra mille
pensieri. XD intanto Bella si danna l'anima, per colpa di quel tonto
che la definisce una bambina ahahahahha
*O* grazie per i complimenti!!!
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simo87 [Contatta] |
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25/06/10, ore 15:45 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahahah
Alice ha anche annunciato una visita del nuovo amico d Bella ahahah
poverino, mi dispiace per lui... far fronte ad un vampiro geloso non è
il massimo! @__@ quando poi il vampiro in questione non capisce nemmeno
cosa detta la sua gelosia, la situazione non migliora affatto.
Eddno è proprio tonto.
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Lau_twilight [Contatta] |
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violazione
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25/06/10, ore 11:25 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
Tutti
state giudicando Bella una furbetta XD che ha finto di dormire ahahahha
poverinaaa... pensate tutti fosse in malafede ahahahahahah
ammetto che non so nemmeno io se bella dormiva o meno ahahah dipende
dalla storia e da come procederà! XD se Edward non impazzisce prima
forse si scoprirà tutto.. ma non prometto nulla XD
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JessikinaCullen [Contatta] |
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violazione
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25/06/10, ore 02:39 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahahahaha
povero Edward, diciamo che in parte la sua riluttanza è comprensibile,
considerando che l'ha vista crescere... se la figura ancora bambina,
quella piccola pargoletta che gli chiedeva di leggere qualche libro.
Peccato, o forse no, che le cose cambiano.. e lui deve solo accettarlo!
*O* sono felice che la storia ti piacciaaaa, grazie per aver
recensitooo!
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grepattz [Contatta] |
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violazione
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24/06/10, ore 16:45 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
*O*
povero Eddino, credo di essere un pò cattiva descrivendolo così
impantanato nei suoi sentimenti, ma ammetto che è una cosa che mi
diverte hihihhihihihi Tanto poi c'è la piccola e sadica Alice che si
intromette, tentando di farlo ragionare... o forse tormentarlo! XD
dipende...
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Little_dreamer93 [Contatta] |
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violazione
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24/06/10, ore 15:18 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahahhaahh
senza Alice tutti sarebbero persi! ahahahahh meno male che tiene lei le
redini del gioco, perchè lasciare tutto tra le mani di edward poterebbe
alla rovina >.<
che vampiro tonto.
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ANNALISACULLEN [Contatta] |
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violazione
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24/06/10, ore 13:38 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
Ti
ringrazio per i complimenti *O* ahahahh diciamo che eddy è un
adolescente alla prima cotta.
dalla descrizione della meyer non pareva avesse mai goduto della sua
adolescenza... prima di incontrare bella...
quindi niente spasmi d'amore e via dicendo.. bhe mi è parso giusto
vederlo subire le pare mentali di quella fase della vita tanto
traumatica per noi comuni mortali... nonchè una delle fasi più belle e
spensierate della crescita! XD
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Frafra9 [Contatta] |
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violazione
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24/06/10, ore 13:19 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahahhaha
lui la teneva in braccio quando era piccina, la cullava, le raccontava
le favole ahahahah immagina poi a trovarsi ad avere di punto in bianco
la stessa età, almeno nell'aspetto, anche se non nelle esperienze...
bhe... deve essere piuttosto inquietante ahahahah poveraccio... lui poi
è pure complessato, quindi di bene in meglio! XD
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Sognatrice85 [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10, ore 12:43 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahahha
altro che emicrania, quello impazzisce del tutto! ahahahha io credo che
essendo stato trasmormato da adolescente ed essendo stato sempre
descritto uno che dell'adolescenz ha goduto poco e niente, trovarlo
confuso e impaziente come un vero ragazzino sia adeguato ahahahahha
tutti noi dobbiamo subire i drammi adolescenziali U,U quindi se li
becchi anche il nostro bel vampirozzo ahahahahhahahaha (ok, sto
delirando)
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Bella_kristen [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10, ore 11:37 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
Povero
Eddino, dopo il bacio il suo cervello è andato in fumo ahahahahahahhaha
poi lui è pure paranoico di suo e questo non migliora la situazione, al
contrario! XD a breve lo porteranno in un manicomio e lo rinchiuderanno
lì, soprattutto se Bella continua con i suoi comportamenti sibilini,
sebbene siano incomprensibili solo agli occhi di eddy!
gli uomini sono in genere un pò tonti! >.<'''
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vanderbit [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10, ore 11:27 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
XD
ammetto che non ho ancora riflettuto in pieno sulla piega della storia
e non sono sicura che Bella ricordi del bacio, in compenso è ferita dal
comportamento stupido di Edward. dalla sua sparizione, ma anche dal suo
considerarla sempre una bambina, nonostante non lo sia + XD ma eddino è
abbastanza "capa tosta" ahahahah quindi bisognerà fargli capire
veramente quello che sta succedendo ahahah
cmq ti ringrazio tantissimo per i compliementi!!!! *___*
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LadySile [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10, ore 11:01 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
Diciamo
che averla vista crescere ha influenzato la sua percezione e la cosa
non mi sorprende... lei era quella a cui lui badava, deve essere strano
percepirla come una donna... soprattutto considerando che gli anni in
cui ha compiuto il suo sviluppo sono solo 7 (+ o -) ... credo che per
lui considerarla grande è un bello sforzo XD
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Semolina81 [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10, ore 10:55 - Capitolo
2: Capitolo 1 |
ahahhahah
si si, diciamo che questa Bella ha molti meno problemi di quella del
libro della Meyer, la natura metà vampira le permette un altro genere
di rapporto con Edward, ma il vampiro è ugualmente paranoico, quindi se
i problemi non ci sono lui se li crea lo stesso XD
ahhaah ammetto che non so se Bella era sveglia o meno... devo ancora
decidere, credo che dipenderà dalla piega che prenderà la storia man
mano.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Salvee! eccomi con un nuovo capitolo di questa ff. Mi
dispiace non poter rispondere alle recensioni, ma sono connessa dalla
pennina, perchè sono in vacanza, e ho preparato il codice, da inserire
su efp, off-line!! Naturalmente vi ringrazio tantissimo e vi auguro
buone vacanze! *O* baciii
Palpiti
«
Bene, quindi non ti
interesserà sapere delle visite che riceveremo domani. »
Arcuai
un
sopracciglio fissando mia sorella con palese scetticismo. « Di che
parli? »
ringhiai, per nulla rincuorato dalle sue parole. Se c’era una cosa che
Alice
era sempre in grado di fare era snocciolare informazioni nel momento
meno
opportuno.
Piccola
arpia!
Lei
scrollò le spalle
con indifferenza, quasi come se quella conversazione fosse senza alcuna
rilevanza e probabilmente per lei non ne aveva, ma per me… bhe, per me
era
tutta un’altra storia.
«
Amici di Carmen,
verranno a trovarli. » ribatté, iniziando a sfogliare distrattamente
una
rivista di moda.
Un’immagine
nitida
giunse come un flash alla mia mente, attraverso i pensieri di mia
sorella. Un
gruppetto di vampiri, i cui occhi rossi non lasciavano alcuno spazio a
fraintendimenti.
Non
è possibile!
Esalai
un respiro
tremulo, non riuscendo a reprimere il panico che mi attanagliava lo
stomaco. «
Non sono vegetariani. » sentenziai accorato, attirando anche
l’attenzione di
Jasper, ugualmente impensierito.
Mio
fratello drizzò
il capo, volgendosi verso la sua metà, incredulo.« Verranno qui? »
Che
bello, di tanto in tanto qualcuno
mi capisce.
Alice
scrollò il capo
con noncuranza, ignorando entrambi. « Non vedo dove sia il problema… »
Come
al solito lei
era l’unica a non farsi affliggere dalle comuni preoccupazioni.
«
Bella è per metà
umana. » precisai, sottolineando l’ovvietà della mia contestazione.
Peccato che
con lei nulla era mai scontato o ovvio. Con mia sorella tutto seguiva
una
logica contorta e astrusa che difficilmente una persona sana di mente
sarebbe
riuscita a cogliere, senza rimanerne imbrigliata.
Personalmente,
ci
avevo rinunciato da anni.
Infatti,
come
previsto alzò lo sguardo su di me, accigliandosi visibilmente. « Hanno
già
avuto modo di vederla, poco tempo dopo il parto, prima del nostro
arrivo. » puntualizzò
pacata. « Non corre alcun pericolo. »
«
Vorrei ben dire. » borbottai
acidamente, incrociando le braccia al petto. « Non permetterei mai le
accadesse
qualcosa. » a costo di rapirla, infilarla
in un sacco, e portarla in un luogo sicuro.
Jasper
scosse il
capo, travolgendomi con un’ondata di calma innaturale che rilassò
immediatamente i miei muscoli e le mie membra.
«
Smettila. » digrignai
i denti, irritato. « Non sopporto quando cerci di manipolarmi. »
«
Ultimamente sei un
po’ troppo stressato. – mi rimbeccò sbuffando contrariato. Detestava
quando mi
rivolgevo a sua moglie in tono stizzito e, avvalendosi del suo dono,
era sempre
pronto ad intervenire in soccorso della piccola pazza. – Inizi a farmi
venire
mal di testa. »
«
Magari fosse
possibile. » bofonchiai, ricevendo in risposta un’occhiataccia. «
Magari… »
________________________________
La
giornata trascorse
particolarmente lenta ed io, in isolamento forzato con il mio
pianoforte, non
potei far altro che suonare le numerose composizioni che negli anni
avevo
scritto in onore di Bella, sperando in tal modo di trasmetterle il mio
pentimento. Le note dolci e melodiose si alternavano, creando una
sinfonia
struggente proprio come quel sentimento che lei mi ispirava.
Malinconica, in
alcuni tratti, la mia mano si abbandonava sulla miriade di morbidi
tasti che
obbedivano ad ogni mio comando, assecondando il mio volere,
riproducendo i
suoni che nella mia mente vorticavano impazziti, esprimendosi
attraverso le mie
dita.
Bells,
perché devi essere sempre così
testarda?
Un
applauso mi
costrinse a riaprire gli occhi ed un sorriso sincero increspò le mie
labbra
notando Carmen osservarmi con ammirazione.
«
Grazie. » mormorai
in un sospiro e, benché il pesante macigno sul mio stomaco premesse per
chiederle informazioni, non proferii parola. Ero sin troppo consapevole
dell’evidente ossessione che mi legava a Bella e forse non era il caso
di
lasciarla intravedere agli altri abitanti della casa. Per quanto le
rassicurazioni di Alice fossero riuscite a lenire in parte il mio senso
di
colpa, l’innaturalità del mio desiderio trascinava con sé un forte
disagio,
impossibile da reprimere.
«
Una bellissima
melodia. » constatò, accomodandosi sul bordo del divano, accanto a me.
« Sono
sicura che Bella l’ha apprezzata. »
Il
suo tentativo di
consolami non andò a buon fine ed io mi ritrovai ancor più vulnerabile,
dinanzi
a quello sguardo attento e vigile. La sensazione che anche Carmen fosse
a
conoscenza dei miei sentimenti diveniva ogni giorno più acuta.
Lei
sa.
«
Conoscendola in
questo momento pur di non ascoltarmi si è infilata dei tappi nelle
orecchie. » mugugnai,
scuotendo il capo avvilito. Sarebbe stato tipico di lei…
«
Lasciale il suo
tempo, Edward. »
Sospirai
sommessamente, chiudendo di scatto il piano. « Io non capisco cosa le
prende. –
sbottai irrequieto. – Ho mancato una promessa e me ne vergogno, ma in
quel
momento ero piuttosto turbato e avevo bisogno di restare solo. Dovrebbe
provare
a capirmi.»
«
Non è stata solo la
promessa. Lei era molto preoccupata per te. – mi ammonì dolcemente,
stringendo
la mia mano nella sua, per confortarmi. – Sei sempre così attento alle
sue
esigenze che non si aspettava di essere abbandonata in quello che
riteneva un
momento del bisogno. »
Abbandonata.
Avvertii
una fitta
allo stomaco, rimuginando ostinatamente su quella parola. Non era mia
intenzione abbandonarla, non avrei mai potuto. Ma, in quell’istante,
starle
vicino sarebbe stato impossibile senza compiere una sciocchezza!
Io
ero fuggito per
questo… per preservare la nostra amicizia, il nostro bellissimo
rapporto, dai
miei deliri.
Sono
un idiota, un maledetto idiota.
«
Forse però è stato
giusto così. » quello di Carmen fu solo un sussurro, appena udibile, ma
quelle
parole mi trafissero come lame, lasciandomi boccheggiante.
Mi
voltai incredulo
verso di lei, incapace di contenere il mio disagio. « Che intendi? »
mormorai deglutendo
a fatica. Che anche lei considerasse il mio attaccamento morboso come
qualcosa
di negativo, come qualcosa da estirpare come le erbacce in un prato
dall’indiscusso
splendore, capaci di avvelenarne la purezza?
«
Edward… »
Alzai
lo sguardo su
di lei, temendo di scorgere nei suoi occhi lo sdegno per quei miei
sentimenti,
per quei desideri che credevo di essere stato in grado di celare,
eppure sul
suo viso non esprimeva altro che la solita materna dolcezza.
Io
non capisco.
«
Lei dipende molto
da te. »
«
Non direi. »
replicai aspramente, chinando il capo.
Ormai
non sono altro che quel
fratellone che la coccolava e viziava, quando era in fasce. Qualcuno
che sarà
presto sostituito da un uomo, in grado di divenire il suo compagno, il
suo
amante, il suo protettore.
Sospirò
pesantemente,
pronunciando il mio nome con una tale enfasi, che fui costretto a
voltarmi
verso di lei. « Edward. Tu sei sempre
stato
il suo sostegno, ma quando ti sarai allontanato come farà lei? »
«
Io non ho
intenzione di allontanarmi. » ribattei mesto, inconsapevolmente
inorridito alla
sola prospettiva.
«
Un giorno potrà
accadere e tutta questa dipendenza che avete l’uno dall’altro vi farà
soffrire.
»
Come
se in quel
momento fossero tempi lieti e felici. Mi dannavo l’anima, ormai
perduta,
tentando di comprendere il motivo della furia di Bella, del significato
delle
parole di Carmen, ma soprattutto per reprimere quel desiderio che
provavo per
lei, consapevole di non poter essere altro che il suo fratellone.
Nulla
di più.
E
quando troverà un uomo? Cosa farò
quando questo accadrà? Saprò accettare in silenzio?
Mi
passai la mano sul
volto, palesando la stanchezza. « Tutto è tremendamente complicato.
Vorrei che mi
perdonasse, così da poter parlare di tutto ciò. »
«
Ha solo bisogno di
riflettere un po’ per conto suo, tutti noi alla sua età abbiamo
attraversato
quella fase adolescenziale, piena di conflitti e titubanze. »
sentenziò. Ed in
fin dei conti, tra tutti, lei era l’unica ad averne un ricordo più
vivo. Io
della mia adolescenza non rammentavo che poco, momenti offuscati dalla
fitta
nebbia del tempo.
«
Lei non mi ha mai
escluso da nulla. »
«
C’è sempre una
prima volta! – esclamò con vigore, esitando appena. – Questo week-end
ci
raggiungeranno alcuni amici, hanno affittato una casa non molto lontana
e… »
Corrugai
la fronte,
in attesa di delucidazioni.« E? »
«
Io, Bella ed
Eleazar abbiamo deciso di trascorrere il fine settimana presso di loro.
– mi
comunicò senza preamboli. – La stanze di questa casa ormai sono tutte
occupate
e credo che qualche giorno di lontananza tra te e Bella non possa farvi
male. »
______
Pov
Bella
Bofonchiando
aspramente riposi nel borsone i miei ultimi indumenti, ponendo come di
consueto
poca attenzione. Avevo accettato quella partenza con insolito
entusiasmo, come
la possibilità di una boccata d’aria da quelle giornate, di reclusione,
divenute
ormai un vero inferno.
«
Sicura di voler
andare? »
Sbuffai
contrariata. «
Ti hanno mai detto che si bussa prima di entrare in camera di qualcuno?
–
sbottai, senza neanche voltarmi. In quella casa la privacy era un
oscuro
concetto, troppo astruso anche solo per essere concepito. – se facessi
lo
stesso con te? »
«
Non credo ti
piacerebbe scoprire me e Jasper in atteggiamenti equivoci. » asserì
abbandonandosi ad una fragorosa risata, forse per l’espressione di puro
orrore
dipinta sul mio viso. Mi era bastato imbattermi accidentalmente in
Emmett e
Rose, qualche anno prima.
Ero
rimasta impalata
sulla porta con gli occhi strabuzzati sino a quando Edward non era
corso in mio
soccorso, strappandomi da quello spettacolo indecente.
Già,
Eward.
Quel
momentaneo
allontanamento si prospettava la migliore soluzione in assoluto. Al
solo
pensiero di imbattermi nuovamente nella sua faccia da schiaffi montava
in me
un’ira incontrollata. Come potesse ancora considerarmi solo
una bambina era un vero e proprio mistero, qualcosa che
difficilmente avrei mai compreso.
Razza
di babbuino lobotomizzato.
Era
assodato che il
mio sviluppo accelerato non fosse esclusivamente fisico, quello mentale
era
stato altrettanto repentino e, considerando i miei sentimenti per lui,
avere
conferma dei miei peggiori dubbi, era stata una pugnalata.
La
parte razionale di
me mi ammoniva per quella reazione infantile, fatta di pianti e
isterismi,
rammentandomi che in fin dei conti Edward mi aveva vista crescere,
ponendomi al
centro delle sue attenzioni solo perché in me vedeva una creatura
fragile, a
cui non poteva esimersi di prestare soccorso.
Eppure,
la parte
puramente emotiva, bruciava d’ira al pensiero di non avere alcuna
speranza, di
non poter aspirare a nulla di più.
Da
mesi ormai avevo
compreso che il rapporto che mi legava a lui aveva perso quel velo di
innocenza
che lo connotava, negli anni trascorsi. Quando da bambina trascorrevo
sulle sue
ginocchia ore ed ore per apprendere i segreti del pianoforte e del
solfeggio,
non avrei mai pensato di considerarlo come qualcosa di distinto dal mio
fratellone, eppure era accaduto.
Mia
madre dava la
colpa alla totale inesperienza in cui avevo vissuto. L’assenza di
contatto con
persone della mia età, in tutti quegli anni, secondo lei poteva avermi
indotta
a ritenere quel vago sentimento che covavo per Edward erroneamente come
qualcosa di più di una semplice amicizia. Ma io ero consapevole che le
cose
erano ben più complesse.
Quella
psicologia
spicciola mi dava poche risposte.
Che
la mia poteva
essere stata inizialmente una semplice infatuazione, era probabile, ma
quegli
ultimi mesi, la mia affezione ed il mio attaccamento si erano
accentuati,
trasformandosi in una vera e propria dipendenza, dalla quale mi era
impossibile
rifuggire.
Ogni
cosa di lui mi
attraeva.
Apprezzavo
il suo
carattere, dolce e mite, ma ossessivamente protettivo nei miei
confronti. La
sua intelligenza, il suo modo di scherzare, la sua indole così buona,
nonostante
i continui ed incessanti tormenti che lo turbavano.
Ciò
che lui non
riusciva a vedere, per me era invece cristallino.
Era
sempre stato
certo di essere una creatura riprovevole, condannandosi per qualcosa
sulla
quale non aveva controllo. Era solito dire che il suo cuore era stato
congelato
al momento della sua morte, per risorgere come vampiro centenario,
senza anima.
Non
era così…
Le
premure verso la
sua famiglia, verso di me, erano indice di un cuore vivo e docile, più
di
quello di molti umani o altre creature.
Probabilmente
non smetterà mai di
condannarsi e, sino ad allora, non sarà mai in grado di vedere nulla
oltre il
suo naso, troppo preoccupato dalle conseguenze di ogni sua azione.
«
Bells. » la voce di
Alice interruppe le mie elucubrazioni, riportandomi al presente. Mi
voltai
verso di lei, tentando di reprimere le lacrime di delusione che
attendevano in
agguato per trovare sfogo.
Si,
ero delusa.
Mortalmente
delusa.
La
realtà dei fatti
deprimente si era palesata dinanzi ai miei occhi in modo tanto brusco
da
togliermi il respiro. Se, per il futuro, avevo covato qualche speranza,
la sua
affermazione aveva infranto ciò che il buon senso ancora non era
riuscito ad
estirpare, complice delle illusioni.
«
Non so cosa fare… »
le confessai. Tempo addietro le avevo accennato della mia attrazione
per
Edward, sebbene con un tono leggero con il quale le imponevo di tener
per sé i
suoi giudizi.
Ma
soprattutto le sue
visioni future.
Eppure…
in
quell’istante. « Cosa devo fare? » domandai in un tono supplichevole
che quasi
non riconobbi come mio.
Il
sorriso dolce che
increspò le sue labbra fu quasi un colpo di grazia. Vi vidi quella
compassione
che comprendevo non potesse covare alcuna buona notizia, così le feci
mesta il
cenno di tacere, pentendomi per la mia morbosa curiosità che come di
consueto
non aveva condotto a nulla di buono.
Rivolsi
stancamente
le mie attenzioni alla cerniera del borsone, forzandola per
richiuderla,
nonostante il carico eccessivo.
«
C’è un vampiro in
quel clan che credo ti piacerà moltissimo. »
Trattenni
a stento un
ringhio. Se c’era una cosa che non avevo mai tollerato era la pietà. «
Non devi
spingermi tra le braccia di un altro per consolarmi. – sentenziai
aspra. – Se
tuo fratello non mi vuole me ne farò una ragione. »
«
Non è quello che ho
detto. » replicò, ostentando la sua solita espressione scaltra che
tanto mi
invogliava al pestaggio.
Dannata
saputella.
Presi
un profondo
respiro, per placare l’ira. In fin dei conti non era lei l’origine dei
miei
drammi. « Come vuoi. » l’assecondai, sventolando la mano in segno di
resa.
Mi
allontanai dalla
stanza, a passo svelto, rivolegendole un veloce cenno di saluto.
«
Matthias ti
piacerà. »
Fu
questo ciò che
udii prima di avvertire la porta della sua stanza richiudersi con uno
scatto
secco, lasciandomi per l’ennesima volta preda di mille dubbi.
Matthias…
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Hola!
ecco il nuovo capitolo! é diviso in due parti, una con il
pov edward e uno con il pov Bella. Grazie tanto a chi mi
segue, a chi legge, a chi commenta, chi mi ha inserito tra gli autori
preferiti. Grazie mille! Chi segue più di una mia storia
avrà notato la sparizione del mio gruppo e del blog... per
motivi miei ho infatti deciso di rallentare gli aggiornamenti e tutto
quello che ha a che fare con il mio scribacchiare. Gli aggiornamenti
naturalmente procederanno fino alla conclusione delle storie in
corso... ma non oltre, con grande probabilità. Tutto
dipende...
Bhe non dico altro e vi
lascio al capitolo! Un bacione ♥
Sono trascorse 3 ore
e 20 minuti.
Osservai
distrattamente l’orologio per poi accasciarmi penosamente
sulla poltrona,
conscio della mia dipendenza. Di Isabella non avevo notizie. Carmen ed
Eleazar,
prima di partire, mi avevano intimato di non importunarla con assurde
telefonate ed apprensioni, per permetterle così di sbollire
la rabbia nei miei
confronti. Purtroppo la cosa era ben più penosa di quanto
loro potessero mai
supporre. Stavo letteralmente impazzendo al pensiero della mia piccola
Bells
circondata da vampiri avvezzi al sangue umano.
Non va affatto bene.
Sono trascorse 3 ore
e 40 minuti?
Ma stiamo
scherzando?
Imprecai
visibilmente, consapevole che resistere due giorni sarebbe stata
un’ardua
impresa. Il tempo sembrava volersi beffare di me, rallentando e
dilatandosi a
dismisura. Sarei stato costretto a chiedere ad Alice di tenere sotto
controllo
le mie decisioni, onde evitare gesti sconsiderati.
Di male in peggio.
L’idea di
affidarmi
a quella piccola pazza manipolatrice aveva del masochistico, ma a me
non
restavano che tentativi estremi. Se realmente desideravo il perdono di
Isabella, non potevo fare altrimenti. In qualche modo le mie parole e
le mie
azioni l’avevano ferita, ma nessuno era consapevole quanto me
della facilità
con cui la sua rabbia sbolliva.
Non mi restava quindi che attendere
in silenzio,
senza fomentare la sua ira.
Perché
è tanto complicato?
Sospirai
beandomi del silenzio della casa vuota, unica mia consolazione, quella
giornata. La mia famiglia era partita per una battuta di caccia sui
confini del
Canada, approfittando dell’assenza di Bella e dei suoi
genitori. Avrebbero
voluto mi unissi a loro, tentandomi con l’idea di qualche
puma, ma la
desolazione che mi invadeva aveva impedito potessi considerare
allettante
quella prospettiva. Necessitavo solo di un po’ di pace, in
quella casa che
ormai da anni era divenuta anche mia. Il frequente trasferirci da una
città ad
un’altra non mi aveva mai permesso di affezionarmi ad un
luogo sino a
considerarlo la mia casa. Ma lì era diverso, lo era sempre
stato.
Da quando avevo
incrociato due occhi color cioccolata, con il loro calore
disinteressato e la
loro dolcezza, il mio animo si era acquietato. Avevo trovato qualcosa
da
proteggere, qualcuno da cui tornare.
Con Alice, Rose
o i miei fratelli, nonostante lo stretto legame, non avevo mai covato
un tale
sentimento di protezione. Loro erano sempre stati in grado di badare
alla loro
salute.
Bella no! Per quanto solo
metà del suo sangue
fosse umano, in lei risiedeva una fragilità estrema, una
dolcezza ed un’anima
di candida purezza che desideravo preservare. La sua presenza era
l’unica in
grado di acquietare il mio tormento.
Inspirai
profondamente, turbato dai miei stessi pensieri, quando in un lampo
un’idea
malsana balenò nella mia mente.
Il suo profumo.
Avvertivo quella
meravigliosa fragranza, l’odore di fresia, che aleggiava
nella casa divenire
sempre più labile, con il trascorrere delle ore. Sempre più distante.
Mi alzai di
scatto, dirigendomi verso l’unico luogo dove ero certo di
poter avvertire in
qualche modo la sua presenza, illudendomi forse di averla accanto a me,
al
sicuro.
La sua stanza.
Entrai
osservando quel luogo in cui avevo trascorso intere giornate, in sua
compagnia.
Un posto che era cresciuto con lei, maturando ed evolvendosi ad una
velocità
impressionante. Tutto troppo in fretta.
La tappezzeria
rosa, decorata con orsacchiotti stilizzati, tipicamente infantile, era
stata
sostituita da un viola pastello, mentre le cornici contenenti foto e i
poster
di qualche rock band avevano preso il posto dei puzzle della disney.
L’unica
nota
rimasta invariata erano la miriade di pupazzi che si ostinava a
custodire
gelosamente, di ogni forma e dimensione, riempivano due degli angoli
della
stanza, riversandoli anche su qualche mensola. Numerosi quasi quanto i
suoi
libri, una passione, quest’ultima, che aveva coltivato sin
dall’infanzia.
Sospirando
sommessamente,
mi poggiai sul suo letto, ispirando a pieni polmoni
quell’inconfondibile
profumo che ormai percepivo come parte di me. Qualcosa a cui non avrei
mai
potuto rifiutare volontariamente.
Io le sarei
stato accanto fino a quando lei me lo avrebbe concesso. Sarei stato la
sua spalla,
il suo supporto, quell’amico pronto a tutto per lei, a
proteggerla e a
consolarla se necessario, sino a quando, qualcuno più degno
di me non fosse
sopraggiunto. A quel punto mi sarei fatto da parte.
Già…
Un dolore sordo
mi strinse il petto a quel pensiero e alla consapevolezza che quel
giorno
sarebbe sopraggiunto sin troppo presto.
Sono
egoista… maledettamente egoista.
Il mio desiderio
di godere della sua compagnia, della sua mente brillante, della
dolcezza del
suo sguardo e dell’amorevole apprensione
che manifestava sempre nei miei confronti, andava ben
oltre il lecito. Superava
quella soglia di ragionevolezza, quel normale languore che avrebbe
dovuto
emergere dentro di me, se per me fosse stata alla pari di Alice o Rose.
Certo anche
la loro lontananza sarebbe stata dolorosa, ma… lo strazio
che mi sopraffaceva
quando pensavo a Bella, era terrificante per la sua
intensità.
Tutto sbagliato!
Fu così
che
trascorsi quei pochi giorni che a me parvero infiniti. Rifugiandomi
nella sua
stanza, avvertendo il suo odore divenire una fragranza sempre
più labile e
lontana, ricoperta dalla mia presenza. Malinconica fu
l’attesa, ma ancor peggio
fu avvertire le ruote dell’auto sul vialetto e scoprire la
realtà.
« Non
è possibile. »
____________________________________
Due giorni prima
« Bells,
siamo
arrivati. »
La voce di mamma
infranse il mondo dei miei sogni, costringendomi a riaprire gli occhi.
Li
stropicciai, accecata dalla luce, richiudendoli immediatamente.
Eh che palle!
Mugugnai
infastidita, voltandomi dal lato opposto. Ero immersa nel mio magico
mondo
onirico, dove il mio Edward non era quello spocchioso e sciocco vampiro
che era
nella realtà e dove io non dovevo preoccuparmi costantemente
di tutte quelle
sciocche smorfiose, sempre pronte a fargli gli occhi dolci. Il mondo perfetto.
Lasciatemi qui per
pietà, la realtà è troppo
deludente.
« Che
sballo,
dorme davvero!»
Oh porca paletta.
Mi drizzai a
sedere immediatamente, riaprendo gli occhi di scatto, notando solo
allora la
miriade di vampiri che mi osservava con un misto di stupore e
meraviglia. Ed ecco a voi il fenomeno da
baraccone di
nome: Isabella Swan.
« Salve.
»
incespicai a disagio, schiarendomi forzatamente la gola. «
Ehm, io… » tentennai
incapace di proseguire.
« Credo
che sia
opp
ortuno fare le
presentazioni in casa, cosa ne dite? » intervenne mio padre
notando divertito il mio disagio. Immaginavo avesse tentato di
svegliarmi in
tutti i modi, onde evitare una simile situazione, probabilmente gli
avevo anche
rifilato qualche pugno involontariamente. Non sarebbe stata una
novità.
Ok, inizio a
pentirmi già di questo folle
viaggio, forse avrei dovuto ascoltare quel minimo di
razionalità che mi è
rimasta. Purtroppo quando si tratta di Edward divento sempre
assurdamente
impulsiva.
Sospirai
sommessamente
facendomi coraggio ed uscii dall’auto accettando la mano che
mi veniva porta da
uno dei vampiri del gruppo. Sembrava seriamente incuriosito, fissandomi
con un
misto di stupore e meraviglia. Una reazione che ero solita risvegliare
in molti
essendo uno dei pochi esemplari della mia razza.
Mezza umana, mezza
vampira.
A metà
tra due mondi tanto diversi.
Avevo sempre
detestato quel genere di attenzioni, consapevole fossero la conseguenza
della
mia diversità, ma per quella volta decisi di mordermi la
lingua e non lasciar
trasparire la mia irritazione.
Sono amici di
famiglia, non posso far
fare una figuraccia ai miei se non voglio che inizino a trattarmi
nuovamente
come una poppante.
Porta pazienza
Bella, porta pazienza.
Inspirando
pesantemente
camminai a passo spedito verso l’enorme casa stile
vittoriano, color panna. Lanciai
una rapida occhiata al vampiro accanto a me, che ancora non si decideva
a
distogliere lo sguardo.
Davvero educato!
Decisi di
ignorarlo e probabilmente ci sarei riuscita se non avessi avvertito il
tocco
delicato delle sue dita a contatto con la mia guancia. Sobbalzai.
No! Questo
è decisamente troppo…
Lo osservai a
disagio. « Ehi. » bofonchiai, allontanandomi di
scatto. « Non è il caso di
toccare! » lo ammonii, con un tono indignato. Percepivo un
intenso calore
salire al mio volto, colorandone le gote e non potei evitarlo. Ecco un altro dei problemi del mio essere
metà umana…
« Scusa.
–
mormorò grattandosi il capo imbarazzato. – Solo
che non immaginavo potessi
arrossire. È una cosa piuttosto bizzarra. »
Figurarsi…
passerò i prossimi giorni
sotto i riflettori, osservata e studiata da tutti. Che meraviglia. Pensai
ironicamente.
Trattenni a
stento uno sbuffo contrariato, decisa a non iniziare quella conoscenza
con il
piede sbagliato. In fin dei conti quelli erano amici dei miei genitori
ed era
opportuno io tenessi un comportamento quanto meno decoroso. O almeno fu
quello
che mi ribadii per la seconda volta per evitare di sclerare.
« Bhe, non
toccarmi lo stesso, mi infastidisce. - borbottai tagliente. –
E adesso andiamo.
»
Mi parve di
vedere l’ombra di un sorriso piegare le sue labbra ma,
irritata com’ero, mi
voltai avanzando il passo, pur di non dare a vedere il mio imbarazzo.
Ero
cresciuta circondata dalle mura della mia casa, evitando quasi ogni
contatto
con l’esterno. Se per qualche giorno avevo avuto
l’opportunità di frequentare
la scuola dovevo anche ammettere che gli umani, per quanto affascinati
da me,
mantenevano comunque una distanza tale da evitare ogni tipo di contatto
fisico…
una scoperta che non potevo non apprezzare.
Purtroppo i
vampiri non manifestavano questa stessa riluttanza a quanto pareva.
Quelle
attorno a me erano i primi con cui entravo in contatto oltre ai miei
genitori e
i Cullen, che comunque potevo considerare parte della mia famiglia.
« Aspetta.
– il
ragazzo si parò fulmineo dinanzi a me, porgendomi la mano
con un sorriso irriverente
e, con mio rammarico dovetti ammettere, anche tremendamente sensuale. - Non mi sono ancora
presentato. Io sono
Matthias. »
Quasi non
soffocai udendo quel nome.
“Matthias
ti piacerà.” Non
era questo che
aveva detto Alice, prima di allontanarsi?
Inebetita lasciai
scorrere lo sguardo sul mio interlocutore,
dagli occhi cremisi. Il volto diafano, dai lineamenti delicati, era
incorniciato da capelli lisci color onice che esaltavano ancora di
più il suo
pallore. Il corpo, perfettamente proporzionato, dalla muscolatura
appena
accennata, era avvolto in un maglioncino di cachemire color latte e un
paio di
jeans scoloriti. Doveva avere non più di
vent’anni.
«
Isabella… - mormorai, distogliendo lo sguardo dopo
l’accurata
radiografia. Capperi… -
ma
tutti mi chiamano Bella. »
« Piacere
di conoscerti. »
« Matt non
tenere la nostra ospite tutta per te, anche noi
vogliamo conoscerla. »
L’urlo
divertito infranse la nostra piccola
bolla, riportandoci al presente. Non mi voltai verso la porta, ma
avvertii
distintamente gli sguardi dei miei genitori perforarmi la schiena.
Dannazione.
« Andiamo?
»
domandò lui, infilando le mani in tasca.
Annuii e con un
sospiro arrendevole lo seguii. Sarebbero stati giorni tremendamente
stressanti.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Salveee! Eccomi con
il nuovo capitolo! ^^ Inanzitutto *O* Buongiorno e Buona
festa di Ognissanti !! Come và? A me più o meno
bene, ho deciso di riprendere a scrivere con una certa
assiduità, motivo per il quale ho iniziato nuove storie e
aperto una pagina su FB, per gli spoiler e le info sulle mie storielle!
Non mi dilungherò troppo, ma voglio ringraziarvi per il
vostri commenti, e anche per chi mi segue in silenzio. Grazie mille,
davvero. ♥
A fine pagina
troverete le risposte alle recensioni.
Link
mia pagina su FB
Link nuove storie.
L'abitudine
- Storia Originale/Romantica
Sueño
- Storia Originale/ Romantica (fantasy)
Lei
- Storia sulla saga della Confraternita del pugnale nero (conclusa)
Capitolo
5
« State
scherzando, spero. » ripetei per l’ennesima volta,
considerando inconcepibili le loro parole.
Bella, la mia
piccola, indifesa e timida Bella, aveva
arbitrariamente deciso di trascorrere ancora qualche giorno presso dei
vampiri
sconosciuti?
Impossibile.
Improponibile.
« Edward
smettila di comportarti come un bambino. – mi
ammonì Carmen, mentre disfaceva tranquillamente il suo
bagaglio. Ero appostato
fuori la sua camera da letto, con le braccia conserte ed
un’espressione di
eloquente scetticismo. – Ti ripeto, è stata lei a
chiederlo.»
« Non
può aver espresso il desiderio di restare lì. Non
capisco. »
« I nostri
amici sono estremamente cordiali. Non comprendo
cosa ci sia di tanto strano nel voler frequentare altri vampiri. La mia
bambina
è sempre stata qui con noi, è naturale che adesso
mostri della curiosità per il
mondo esterno. » replicò ragionevole. Ormai erano
oltre venti minuti che
procedeva questo insensato botta e risposta, nel quale io tentavo
invano di
attribuire un senso alle sue parole.
L’unica
spiegazione plausibile era che non mi avesse
perdonato. Infuriata per il mio atteggiamento doveva aver preferito
tenermi
ancora sulle spine, consapevole dell’apprensione che
ciò avrebbe risvegliato in
me.
Una punizione,
nient’altro che una punizione.
Sospirai
sommessamente, passandomi una mano tra i capelli
arruffati. «Non sono vegetariani!» le rammentai.
Come se non fosse ovvio, poi.
Non mi sarei mai aspettato da Carmen un comportamento tanto
sconsiderato.
«Smettila
Edward, nessuno le farà del male. Ti rammento
oltretutto che in lei scorre anche sangue vampiro, nonostante tu tenda
a
dimenticare questo dettaglio. – obiettò seriamente
irritata. – Bella non è
fragile come appare.»
Stavo per replicare
quando qualcuno ebbe la folgorante idea
di porre fine a quell’idilliaco scambio di opinione con la
solita delicatezza
che l’aveva sempre caratterizzata.
Chi non altro se non
la piccola veggente?
«
Com’è Matthias? Carino come nelle mie visioni?
» gongolò entusiasta.
Eh?
Il cipiglio sul
volto di Carmen e la sua espressione colma
di disappunto furono la prima cosa che ebbi modo di notare, ancor prima
di
assimilare il significato recondito di quella frase.
« Chi
diamine è Matthias?» ringhiai, facendo scorrere lo
sguardo dall’una all’altra, soppesando il sorrisino
serafico di Alice e la
smorfia di Carmen.
Nessuna delle due
premetteva nulla di buono, su questo non
avevo alcun dubbio. Non mi restava che cercare di comprendere
l’estensione dei
danni.
«Allora?»
le esortai concitato.
« Il nuovo
amico di Bella, ovviamente. – rispose
candidamente mia sorella, pur essendo ben consapevole del peso che
quelle
parole potevano avere sul sottoscritto. - A
quanto pare sei stato sostituito. »
sentenziò ghignando scaltra prima di saltellare via verso la
sua stanza.
Nuovo
amico?
Sostituito?
Mi gelai sul posto,
fulminato da una prospettiva che in cuor
mio non ero pronto ad accettare. Ero consapevole che prima o poi
ciò sarebbe
accaduto; Isabella era una ragazza bellissima, perspicace, provvista di
senso
dell’umorismo, estremamente intelligente… insomma,
era dotata di tutte le
caratteristiche desiderabili per qualsiasi uomo assennato.
Io ero il primo ad
aver ceduto al suo fascino e potevo ben
comprendere quanto ciò potesse essere facile. Nel mio caso
era paragonabile
allo scivolone su di un impervio pendio… tanto
semplice quanto doloroso.
…
È
troppo presto. Fu tutto
ciò che la mia mente riuscì a metabolizzare.
Come osava quel
miserabile tentare di portarmi via la mia
Bella?
Un ringhio si
levò dal mio petto, prima che potessi anche
solo comprendere quello che la mia mente mi suggeriva. Sarebbe accaduto
prima o
poi?
Ma
anche no! Non lo avrei
permesso, non avrei concesso ad uno
sbarbatello qualsiasi di portarmi via ciò su cui avevo
vegliato, su cui avevo
riposto il mio amore e le mie premure…
Bella
è mia!
«Carmen,
cosa significa tutto questo? » sbottai, fremente,
stringendo i pugni nel vano tentativo di controllare la mia furia.
Inutile… la
facilità con cui la mia mente riusciva ad elaborare diversi
pensieri
contemporaneamente in quell’istante si rivelò una
vera e propria maledizione.
In essa si proiettarono scenari tutt’altro che lieti che
illustravano i modi
con cui quel bastardo si relazionava con la mia Bella.
Naturalmente non ero
l’unico ad essere fortemente alterato,
perché l’eloquente risposta di Carmen fu una porta
sbattuta ad un palmo dal mio
naso.
Grandioso.
Scuotendo il capo
decisi di cercare altrove le informazione
che agognavo, e chi più della piccola e pestifera veggente
poteva aiutarmi nel
mio intento. Ciò che era da discutere era il prezzo delle
sue informazioni.
L’ultima
volta era stata una macchina, quella prima una
borsa con il valore di una
macchina,
la volta prima… preferivo non rammentarlo.
Alice aveva una
percezione dell’utile e del denaro a dir
poco distorta, nonché una mania ossessiva per lo shopping.
Quello era il suo punto debole.
Mi poggiai allo
stipite della porta, incrociando le braccia
al petto.
« Non te
lo dirò! » esclamò sorridendo serafica,
mentre
lasciava scorrere la spazzola nei suoi capelli perfettamente in ordine.
Arcuai le
sopracciglia, scettico. « Sono pronto a
contrattare.» proposi placidamente, non distogliendo lo
sguardo dal suo
riflesso nello specchio.
I lineamenti dolci,
le labbra piene e quei grandi occhi
color oro che mi scrutavano astutamente, soppesando le mie espressioni,
le mie
intenzioni, dando senso al cruccio dipinto sul mio volto.
«Mi devi
un favore e sarai al mio completo servizio, per un
giorno intero, quando lo riterrò opportuno.»
sentenziò senza alcuna incertezza.
Nella sua mente il
futuro era limpido e chiaro, sapeva che
avrei accettato. Era consapevole che non avevo altra scelta se non
chinare il
capo dinanzi alla sua assurda richiesta.
Personalmente avrei
preferito di gran lunga prosciugare la
mia carta di credito, ma sapevo che discutere non avrebbe condotto a
nulla.
Quella sua scelta, sebbene potesse apparire il contrario, era il frutto
di una
qualche ponderata riflessione. Dopo aver scrutato il futuro e le sue
possibilità come i pezzi di un puzzle da far combaciare,
aveva escogitato la
richiesta nel modo più conveniente per raggiungere il suo
fine.
Quale poi fosse
l’obiettivo non mi era dato saperlo.
Trattare con lei era
un vero e proprio gioco d’azzardo e, in
quel momento, nella mia mano non avevo che carte alla rinfusa, di alcun
valore.
Non potevo che
arrendermi.
Annuii, sospirando
sommessamente. «Parlami di lui.»
Bingo!
Sorrise, incurvando
le labbra in quella smorfietta saccente
che avevo imparato a detestare. «Bel ragazzo, occhi profondi
color vinaccia,
labbra sensuali e un corpo da favola.» decretò
mentre un guizzo malizioso
attraversava il suo sguardo.
Alzai gli occhi al
cielo, disgustato. « Il suo codice
fiscale?»
« Non era
rilevante. Ti assicuro che non è una cosa che
notiamo noi ragazze… Preferiamo valutare un bel
sedere.»
«Sei
sempre la solita.- sbuffai
esasperato. - Non è questo che sono
venuto a chiederti e…»
«Bhe
chiedi a Bella se quella non è una delle prime cose che
ha notato in Matthias.»
Un ringhio si
levò dal mio petto, mentre il mio labbro si
arricciava scoprendo pericolosamente i canini affilati.
«Bella non è come te!»
«Bella
è una donna, nonostante il tuo insensato tentativo di
ignorare questo dettaglio. In compenso non tutti sono lenti come
te.»
«Che
intendi dire?» proferii quelle parole con lentezza,
mentre i miei occhi si scurivano per la rabbia crescente.
«Che
Matthias, a differenza tua, non si farà molti
scrupoli.»
_______________________
«Matt, per
favore.» lo pregai, congiungendo le mani e
sfoderando il mio miglior sguardo da cucciolo bastonato.
« Sei
sicura che questa roba non ti farà male.»
mormorò,
increspando le labbra in una smorfia. Detestava non essere a conoscenza
delle
abitudini di noi metà vampiri, o meglio degli umani.
Bhe…
del suo cibo insomma.
La situazione era
alquanto bizzarra. Non potevo dirmi
propriamente lieta del suo stile di vita, considerando non solo quella
metà di
me che non avrei mai potuto sopprimere, ma anche per
l’educazione che la mia
famiglia mi aveva sempre impartito.
Loro erano
l’effettiva dimostrazione che uccidere non era
necessario. Nonostante l’evidente fatica e i sacrifici che
ciò comportava, era
ugualmente una strada percorribile.
Con Matthias avevo
discusso spesso di questo, soprattutto i
primi giorni del mio soggiorno presso casa sua, tentando di persuaderlo
ad
accettare quel metodo di nutrimento alternativo. Comprendevo che fosse
nella
natura vampira sia la caccia che il desiderio di sangue umano, ma ero
ugualmente consapevole di quanto preziosa fosse la vita e di come,
nutrirsi di
loro, avesse delle conseguenze.
Il
risultato? Un atroce mal di
testa e una fugace promessa a mezza bocca:
tenterò.
Per il momento era
trascorso poco tempo dalla sua ultima
caccia e si dichiarava abbastanza sazio da poter resistere, ma qualcosa
mi lasciava
presupporre che la sua ostinazione a non nutrirsi derivasse soprattutto
dalla
mia proposta di accompagnarlo in una caccia al puma, il prima
possibile.
Personalmente
preferivo una bella barretta di cioccolato
bianco alle nocciole. Uno dei vantaggi della mia umanità?
Decisamente il
cioccolato.
« Ragiona,
cosa può farmi? – domandai retorica, mentendo
spudoratamente. – In fin dei conti sono o non sono una
vampira?»
«Solo per
metà, ecco perché vuoi ingurgitare certe
schifezze.» precisò.
E come dargli torto.
Disgustato
adocchiò il carrello stracolmo di leccornie di
ogni genere. Bastoncini di liquirizia rossa, bon bon, bibite gassate,
patatine,
pop corn , gelato a menta e cioccolato e una miriade di altre scatole
dal
contenuto ignoto e potenzialmente letale, se ingerito insieme al resto.
Tutte
cose che mia madre mi avrebbe categoricamente proibito e questo, in fin
dei
conti, Matthias lo aveva capito.
Proprio per tale
motivo la sua compagnia si era rivelata più
piacevole del previsto. Per il cameratismo che si era creato tra noi.
L’inizio
non era stato affatto promettente. Spaesata dai
suoi modi diretti, dai sorrisi maliziosi che mi rivolgeva e
dall’enfasi con la
quale cercava di coinvolgermi nelle discussioni e nei suoi programmi,
tentavo
di rifuggire da qualsiasi contatto. Ma, man mano, mi ero arresa
all’idea che
era abbastanza ostinato da pedinarmi per l’intera giornata ed
io non ero altrettanto
ingegnosa per ideare il numero sufficiente di scuse per quarantotto ore.
Cosa ne era
conseguito? Gli avevo concesso un’opportunità,
che lui aveva sfruttato magistralmente.
Si era rivelato una
personalità interessante, carismatico,
allegro e spensierato. Quello di cui avevo sempre avvertito la
mancanza: un amico, in grado di
comprendere le mie
esigenze e che non si ponesse su di un piedistallo, in virtù
dei suoi secoli
vissuti.
Qualcuno che non
mi reputasse semplicemente una bambina.
Ciò che
maggiormente mi aveva colpito era stato proprio il
suo modo di relazionarsi a me. Nella mia famiglia tutti, compreso
Edward,
manifestavano una certa apprensione ogniqualvolta venivo coinvolta
anche nelle
attività più semplici.
Una sorta di
ansietà che si estendeva ad ogni situazione,
pericolosa o meno che fosse. Io ero quella fragile, la mezza vampira,
quella
con bisogni e delle esigenze.
Una fonte costante
di preoccupazioni e a cui dispensare
premure.
Bhe, se tutto
ciò poteva avere i suoi risvolti positivi,
vedersi rammentare costantemente le proprie debolezze e inettitudini
non aveva
nulla di piacevole.
Avevo invano tentato
di far comprendere loro quanto tutto
ciò mi infastidisse e come detestassi essere trattata alla
stregua di una ragazzina,
e forse proprio questo ero stata colta di sorpresa nel notare con
quanta
tranquillità Matt si rivolgeva a me. Nel suo sguardo non
coglievo nulla oltre
il divertimento che si palesava nello stuzzicarmi o
dell’attrazione che
manifestava per la sottoscritta.
Avevamo cacciato
insieme, ed era stato insolitamente
rilassante.
Quando era Edward ad
accompagnarmi si appostava nell’angolo
più vicino, pronto ad intervenire, se qualcosa fosse andato
storto. Inducendo
in me, inevitabilmente, il terrore di sbagliare e fare una figuraccia.
Con lui era tutto
troppo… complicato.
Ovviamente avvertivo
la sua mancanza come una costante fitta
al petto. Dimenticare sarebbe stato impossibile ed altrettanto
sostituirlo. Ma quello
strano fine settimana mi aveva regalato una nuova prospettiva e la
consapevolezza che, nonostante tutto, nulla sarebbe cambiato.
Ed mi aveva vista
crescere e, per quanto mi turbasse
ammetterlo, questo avrebbe sempre inciso sul nostro rapporto. Forse
sarebbero
trascorsi secoli prima che lui riuscisse a guardare oltre tutto
ciò, vedendo in
me la donna che stavo diventando.
Ma io sarei riuscita
a pazientare tanto?
Probabilmente si, ma
non sarei mai riuscita a stargli
vicino, come sorella, ancora a lungo. Sarei fuggita, mi sarei
allontanata da
lui, dalla sofferenza che mi arrecava la sua vicinanza.
Dalla sensazione di
impotenza, mista al fremente desiderio di
un contatto che agognavo da troppo, ma al quale non potevo aspirare.
«Bells.»
una voce preoccupata infranse i miei pensieri,
catapultandomi nuovamente al centro del supermercato.
Alzai gli occhi su
Matt, percependo la delicata carezza del
suo sguardo e sorrisi. «
Tutto bene?»
Annuii, sospirando
sommessamente, scacciando dalla mia mente
Edward, decisa più che mai a non farmi opprimere dal
fantasma della sua presenza.
Ancora per qualche giorno… ancora per qualche ora.
«
Perfettamente! – esclamai, palesando una noncuranza che
non mi apparteneva. – Muoviamoci, oppure rischiamo che la
videoteca chiuda. »
Fu così
che, chiacchierando, ci allontanammo dal
supermercato. Noleggiammo uno splatter sicuramente disgustoso, sui
vampiri
ovviamente, ghignando come due stupidi davanti alla cassa, sotto gli
sguardi
perplessi del povero commesso.
In
quell’istante non eravamo il ritratto della
maturità, ma
io avvertivo una sensazione di leggerezza stupefacente.
Ovviamente la pace
non poteva durare per sempre, e ne ebbi
il primo sentore quando incrociati lo sguardo malizioso di Velia, con i
suoi
occhioni da cerbiatta e la cascata di capelli color grano.
« Avresti
dovuto dirci di avere un amico così avvenente. »
Corrugai la fronte
perplessa. « Cosa?»
Fu allora che lo
percepii… il suo profumo.
_________________________________________________________ ♫
Bella_kristen [Contatta] |
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violazione
|
28/09/10,
ore 19:00 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Ciaooooo!!!!!
*O* ti capisco ti capisco, anche io sono super indietro con la lettura
degli aggiornamenti! Che drammaaaa non ho proprio il tempo di leggerli
tutti, infatti sono stata costretta a togliere un pò di
storie dalle seguite ç_ç
Grazie mille per i complimenti *O* sei sempre gentilissima... cmq si,
Matt è decisamente un rivale del nostro Eddino aahhaha che
mi sa che non ha apprezzato nemmeno un pò la concorrenza, ma
almeno questo lo ha indotto a rivedere un pò i suoi punti di
vista. Lo stesso vale per Bella, inizia anche lei a capire che
c'è altro al di là della sua famiglia e che forse
si è fatta condizionare molto da loro in passato. hihihihi
|
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_Miss_ [Contatta] |
Segnala
violazione
|
19/09/10,
ore 09:19 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Ciauuuuuu!
Grazieeeee
ahahah povero Matt, lui non combina nulla... la colpa è
tutta di quel provolone di Edward che non si rende conto di quello che
ha... anche se in questo capitolo inizia a comprendere la reale portata
del problema e si industria per cercare una soluzione. In compenso
considero la migliore sempre e solo Alice, con la sua machiavellica
astuzia ahahhah
|
|
eliza1755 [Contatta] |
Segnala
violazione
|
18/09/10,
ore 15:02 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Ciaoooo!!
alla fine in ques'ultimo mese sono cambiate un pò di cose..
e ho deciso di riprendere a scrive, anche se maggiormente nella sezione
delle originali. Ammetto che Twilight mi ha stancata, preferisco di
gran lunga muovere personaggi miei *O* lo trovo molto più
stimolante. Oltretutto nelle storie di TRwiligh i giudizi sui
personaggi sono sempre vincolati a quella che è la coppia
bella-edward e alle idee pregresse che si hanno su essa. XD
ahahahah per quanto riguarda il capitolo noterai che ad Edward
è quasi venuto un colpo, tutto grazie alla sadica alice che
adora dargli il tormento, anche se a fin di bene! Sapeva come avrebbe
reagito e soprattutto come questo avrebbe inciso su di un'eventuale
presa di consapevolezza. I vampiri sono estremamente territoriali,
quindi è logico che risvegli il suo essere possessivo
saperla accanto ad un altro...
fino a quel momento il rischio che ciò avvenisse non si era
mai verificato, gli unici brevi contatti erano stati con gli umani, ma
inconsapevolmente lui non li aveva temuti come rivali. Un vampiro
invece.. diciamo che la situazione diventa più scottante
ahahahahah
kiss
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Frafra9 [Contatta] |
Segnala
violazione
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18/09/10,
ore 10:56 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Ciaooooo
Fra!!!!! *O* Matt è partito alla carica e Edward sta x fare
una strage ahahah poverino, le notizie che Alice gli ha comunicato non
gli sono piaciute granchè!
e come dargli torto... hihihihi
|
|
vanderbit [Contatta] |
Segnala
violazione
|
17/09/10,
ore 22:12 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Ciaooo!
si si alla fine l'ho cancellato il blog, e non lo riaprirò
O.O anche se ho nuovamente una pagina su fb terrò solo
quella. Il blog era un pò noioso da aggiornare... poi si
incasinata sempre la pagina al primo cambiamento ecc
Fb in questo è estremamente più semplice
nell'utilizzo.
Cmq Graziee sono felice che il capitolo ti sia piaciuto... qui
finalmente Edward inizia a reagire meno da bravo ragazzo e
più da vampiro, territoriale e possessivo ♥
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Giulia_Cullen [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/09/10,
ore 17:39 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
Grazieee!
6 gentilissimaaaa *O*
hihihi Come vedi in questo chappy bella non è proprio
tornata a casa ahahah e la sua è stata un'ottima scelta. In
questo modo ha posto edward dinanzi a prospettive che non aveva mai
seriamente considerato XD poveraccio...avrà un bel
pò di lavoro da fare ahahahahah
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LadySile [Contatta] |
Segnala
violazione
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17/09/10,
ore 17:21 - Capitolo 5: Capitolo
4 |
ahahaha
Edward si merita tutto quello che sta succedendo! Il suo comportamento
ossessivo e la sua noncuranza, per certi versi, stavano ferendo bella
ed è logico che lei, vista anche la sua giovane
età, desideri poter vivere con una maggiore leggerezza. Il
peso della sua famiglia, delle loro paure, della sua parziale
umanità... ma soprattutto di quell'amore non corrisposto la
stavano esasperando e Matt, per il momento, è la risposta ai
suoi problemi! XD ovviamente Edward non gradirà affatto
tutto questo ahahahahah |
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Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Eccomi
con il nuovo capitolo!!! Scritto tutto in un giorno ahahah che
faticata! Provvedo imemdiatamente a rispondere alle vostre recensioni
tramite il nuovo sistema di efp *O* perchè lo trovo
estremamente comodo! Vi lascio anche i link delle mie nuove storie, se
per caso vi va di leggerle e anche il link del mio gruppo su fb, dove
informo degli aggiornamenti ed inserisco gli spoiler.
Grazie infinitamente a tutti voi che mi seguite e commentate,
nonostante i miei disastrosi ritardi. Tramite il mio gruppo su fb
potete anche aggiungermi come amica al vostro profilo se vi va! *O* per
poter scambiare 4 chiacchiere. Detto questo vi saluto! kiss kiss
Capitolo 6
«
Che diamine ci fai qui!?» esordii attirando su di me le
occhiate curiose dei
presenti.
«
Che bella accoglienza. – commentò ostentando quel
sorriso studiato che celava
ben altro. Non potei non notare l’occhiata che
riservò a Matthias, poco dietro
di me. Doveva aver scoperto il perché della mia decisione, o
almeno aver
intuito qualcosa. Il suo sguardo era sin troppo consapevole.
– Carmen era
preoccupata perché avevi con te pochi vestiti e io mi sono
offerto di portarti
il necessario.» spiegò serafico, mostrandomi la
sacca che stringeva tra le
mani.
In
realtà avevo sin troppi vestiti e mia madre difficilmente
sarebbe ricorsa a
lui, conscia che era proprio da Ed che tentavo invano di allontanarmi.
Bastardo!
Mi
morsi la lingua per non ribattere e non rischiare di impelagarmi in una
lite
nel salone di quella casa, non nostra, circondati da persone che non
conoscevano il mio rapporto con Edward e la sua asfissiante gelosia
fraterna.
Già…
fraterna. Esclusivamente fraterna.
Una
stretta allo stomaco mi colse rimuginando su quella parola.
Avevo
allungato il mio soggiorno in quella landa sperduta con lo scopo di
acquietare
il mio malessere e godermi un po’ di tempo lontano da lui e
dai pensieri che mi
affliggevano in sua presenza. La consapevolezza di essere considerata
alla
stregua di una sorella, sul medesimo piano di Alice o Rosalie, mi
destabilizzava.
Volevo
qualcosa che non potevo avere, al quale non potevo aspirare, e ne
soffrivo.
Ma
lui questo non lo capiva, o almeno non voleva capirlo. Ero certa fosse
consapevole
del mio bisogno di allontanarmi momentaneamente da lui e forse, se solo
non
fosse stato tanto cieco, avrebbe compreso il motivo di tale desiderio.
Edward
si affidava sin troppo al suo potere. Leggere nel pensiero gli
permetteva di
giungere dove altri non avrebbero mai potuto, ma senza di esso
brancolava nel
buio. Negli anni avevo amato enormemente la mia capacità di
eludere il suo dono,
lieta di poter tenere per me i pensieri più intimi e i miei
reconditi desideri.
Lui
ovviamente non era del medesimo parere.
Ma
forse l’origine del problema era un’altra: non
comprendeva il mio malumore perché
non poteva considerarlo plausibile.
Già…
io non sono che una bambina.
Fremendo
mi avvicinai a lui a passo svelto strappando con violenza la sacca
dalle sue
mani, ben attenta ad esprimere con il mio sguardo tutto il dissenso per
quella
assurda sceneggiata che aveva montato. « Mille grazie,
fratellino. – sibilai caustica.
- Ora che hai compiuto il tuo dovere puoi tornare a casa, alle tue
faccende.»
Si
schiarì la gola, reprimendo una risata che non prometteva
nulla di buono. « In
realtà… »
«L’abbiamo
invitato a restare. – esordì una voce alle mie
spalle, intromettendosi. –
Adoriamo avere ospiti e sono sicura che la sua presenza ti
farà sentire più a
tuo agio presso di noi.»
Più
a mio agio?
Ironico
direi visto che avevo perduto tutta la mia tranquillità in
un battito di
ciglia, non appena avevo percepito il suo profumo.
Con
lui era sempre così… in sua presenza le emozioni
mi sovrastavano, mi
avvolgevano scuotendomi nel profondo, rendendomi schiava di lui, dei
suoi occhi
color oro, del suo odore… nella speranza di una sua parola
gentile, di ottenere
la sua approvazione, la sua attenzione.
Perché
l’amore è anche questo: sofferenza, quando si
comprende di essere al centro di
una tormenta, quando si è consapevoli che per quanto si
possa tentare di
scappare, lei ti raggiungerà, trascinandoti nelle sue spire.
Non
c’è via di scampo.
Il
mio sguardo scivolò su Velia, che mi scrutava speranzosa con
i suoi occhi color
cremisi puntati su di me. Diamine, non serviva un genio per comprendere
le sue
intenzioni e soprattutto il suo interesse per nulla velato, cosa di cui
ovviamente Edward era a conoscenza.
«Io
sono perfettamente a mio agio. – ribattei ostentando la mia
espressione più
innocente. – Non vorrei creare ulteriore disturbo e poi sono
certa che lui avrà
le sue commissioni da fare, non credo sia giusto trattenerlo.»
Non
lo volevo lì, non sotto lo sguardo irretito di Velia, sotto
le sue attenzioni e
la palpabile attrazione che provava per lui.
Non
quando lei poteva essere quello a cui io non potevo aspirare.
No.
«In
verità mi sono detto ben lieto di accettare
quest’invito, sperando presto di
ricambiare la cortesia molto presto. »
No…
______________________
Pov Edward
L’avevo
fatto.
Avevo
recuperato pochi indumenti, gettandoli alla rinfusa in un borsone e mi
ero
recato a casa di questi sconosciuti, che in qualche modo avevano
attirato
l’attenzione della mia Bella. Le parole di Alice avevano
aperto dentro di me
una voragine, facendo breccia nella mia mente onnubilata
dall’odio per me
stesso e alimentando il mio terrore più grande: perderla.
Non
potevo permettermi errori.
Avevo
scioccamente ritenuto che quando fosse giunto il momento sarei stato in
grado
di pormi da parte, di darle la possibilità di costruirsi una
vita, lontana da
me.
Avevo
ipotizzato che tra svariati anni sarebbe stato inevitabile.
Anni… non
settimane, non giorni.
Non
potevo accettare accadesse tutto tanto in fretta. Non potevo permettere
che uno
sbarbatello qualsiasi entrasse nella sua vita, allontanandola da me a
solo
poche ore di conoscenza.
Era
folle.
Era
sbagliato.
Era
ingiusto.
Come
potevo rinunciare a lei senza aver provato? E come quel Matthias poteva
essere
migliore di me, se ancora si nutriva di innocenti umani?
In
passato mi ero ribellato alle ferree convinzioni di Carlisle,
commettendo
abominevoli atti che mi avrebbero perseguitato in eterno. Ma con il
tempo avevo
deciso di redimermi, di rinnegare la mia natura per tentare di essere
migliore,
non di espiare il mio peccato… non avrei mai potuto. Quelle
vite, benché
luride, erano state strappate dalle mie mani e nulla mi avrebbe mai
assolto.
Ma
io non perseveravo in quell’errore. Lui
si.
Come
potevo definirlo più degno di me? Come poteva Bella
considerarlo migliore di
me?
Era
inaccettabile.
Così,
senza comprendere come, mi ero ritrovato fuori la porta di
quell’antico
edificio, senza un piano, ma almeno con una misera scusa a giustificare
la mia
presenza.
Alice,
con un sorriso scaltro stampato in volto, mi aveva porto una sacca con
degli
indumenti per Bella, persuadendomi a soggiornare lì. Sapeva
che mi avrebbero
proposto di restare presso di loro.
Lo
aveva visto.
Secondo
lei tentare di convincere Bella a tornare a casa non avrebbe prodotto
alcun
risultato positivo, se non spronarla ad allontanarsi da me, ancora di
più.
Le
domandai il motivo per il quale sembrava essere decisa ad aiutarmi,
quando era
stata lei stessa a spingerla tra le braccia di quel Matthias.
Ovviamente
l’unica risposta che ottenni fu una risatina e uno sguardo
colmo di
condiscendenza.
Quella
piccola peste e la sua mente machiavellica erano incomprensibili anche
a me,
nonostante il dono che potevo vantare.
Tralasciando
le sue follie, montato in auto, mi diressi senza indugi verso la mia
destinazione. Avevo ripetuto nella mia mente frasi fatte, discorsi
lunghi e
poco proficui che avrei potuto rivolgere a Bella, ma nulla di adeguato.
Il
reale problema era che neanche io sapevo bene cosa fare.
L’indecisione
mi logorava.
Volevo
portarla lontana da quel vampiro, impedendole di avere con lui un
qualsiasi
tipo di rapporto. Volevo preservare la sua innocenza da qualsiasi
bastardo
avesse potuto avere delle mire su di lei.
Avrei
voluto permettermi di amarla, persuadendola a scegliere me.
Avrei
voluto, pur consapevole di non esserne in grado. O
forse si?
Sospirando
sommessamente bussai, dipingendomi in viso un’espressione
affabile, sino a
quando non mi scontrai con i pensieri meravigliati della vampira
dinanzi a me.
Era
una bella ragazza, probabilmente trasformata quando non aveva
più di
venticinque anni. Una massa di capelli color grano le ricadevano sulle
spalle,
in morbidi ricci, circondando il volto diafano.
Era
davvero molto bella… Velia.
Una
delle componenti di quella famiglia.
Le
porsi la mano, cercando di ignorare i pensieri che scorrevano frenetici
nella
sua mente. Aveva notato il colore dei miei occhi, e la somiglianza con
quelli
di Carmen e del suo compagno, intuendo la mia provenienza.
Sicuramente un
Cullen.
«Piacere,
sono Edward, un amico di Bella.» mi presentai, accennando un
sorriso,
sospirando internamente.
Fortunatamente
per me non era a conoscenza del mio dono, permettendomi di insinuarmi
nella sua
mente senza impedimenti. Eleazar, nonostante la loro vecchia amicizia,
aveva
preferito mantenere un certo riserbo sui poteri della mia famiglia e
Bella
discorreva mal volentieri di me.
Doveva
essere ancora furiosa per la nostra lite. Non vi erano altre
spiegazioni.
«
Piacere mio, io sono Velia. – rispose mesta, facendosi
immediatamente da parte.
– Accomodati. Bella è in giro con Matthias, ma
saranno di ritorno a breve. Non
siamo abituati ai suoi bisogni umani quindi non possediamo in casa
alcun tipo
di cibo.» mormorò in tono di scuse.
Per
loro Isabella era una creatura insolita, ma l’alone di
affetto che vorticava
attorno alla sua immagine, mi stupì.
A quanto
pareva tra lei e questo presunto Matt, era scoccata immediatamente la
scintilla. Erano stati sorpresi da quanta familiarità
quest’ultimo manifestava
verso quella sconosciuta, ma soprattutto erano allibiti dal constatare
quanto
apparisse tranquillo.
La
sua natura inquieta, tipicamente adolescenziale, mal si accordava con
quell’atteggiamento.
Ma soprattutto a stupire era la consapevolezza di quanto difficilmente
ricercava nuove amicizie. Era stato trasformato, secoli prima, da una
persona
che riteneva amica e che invece aveva visto in lui solo un nuovo
burattino da
poter manovrare, ai fini di una guerra senza speranza. Tempo addietro
alcuni
ribelli avevano creato eserciti di vampiri neonati, per assecondare le loro mire di
conquista,
distruggendo migliaia di vite senza alcuna remora.
Matthias
era una di quelle giovani vite strappate al mondo umano.
Così, scottato,
evitava contatti non desiderati ormai da tempo, eppure Bella lo aveva
incuriosito sin da subito.
Velia
non era certa di quale fosse la reale motivazione di quel cambiamento
di umore,
ma ne era lieta, e quello era tutto ciò che le interessava
per il momento.
«Zac,
Marien, Luke, abbiamo visite. » annunciò,
sporgendosi verso l’ampia scala che conduceva
al piano superiore. Avvertii pensieri confusi provenire da quelle
camere ma non
vi badai, seguendo la mia interlocutrice che chiacchierava affabilmente.
In
realtà i suoi pensieri mostravano una certa sorpresa.
«Mentre
gli altri ci raggiungono ti presenterò Matilda.»
mi annunciò sorridendo.
Si
umettò le labbra, lasciando scorrere lo sguardo su di me,
domandandosi perché Bella
non le avesse mai parlato di me, o almeno il perché non mi
avesse descritto
come meritavo.
Ipotizzò
che considerandomi un fratello Isabella non vedeva in me nulla di
attraente,
proprio come accadeva a lei con Zac o Matt. Semplici fratelli, qualcuno
con cui
scherzare o litigare, da voler bene, ma nulla di più.
Devo assolutamente
rimproverarla, con
un simile scapolo nella sua casa, avrebbe dovuto organizzarmi un
incontro con
lui. Che fortuna abbia deciso di raggiungerla.
Quel
pensiero non mi piacque, conscio di quanto fosse vicino al vero. Per
Bella non
ero altro che un fratello scapolo, particolarmente pedante e se non mi
aveva
condotto lì era certamente perché la mia
fastidiosa gelosia le sarebbe stata di
intralcio.
«Sarò
lieto di fare la sua conoscenza. – mormorai stampandomi in
volto un sorriso di
circostanza. – Carmen e Eleazar mi hanno parlato molto di voi
e con grande
entusiasmo. Sono felice di aver avuto una scusa per potervi incontrare,
finalmente.»
Mentii.
Il mio unico desiderio, in quell’istante, era convincere
Bella a tornare a casa
con me, prima potesse essere troppo tardi.
Mi
lasciai condurre in un ampio salone, al cospetto di un’altra
vampira all’apparenza
molto giovane, sebbene potesse contare più di tre secoli di
vita. Matilda.
«
Buongiorno. Mi duole disturbarvi ma sono qui per una piccola consegna.
Carmen
era preoccupata per i pochi vestiti di Bella e temeva che i maglioni
potessero
non bastare per tenerla al caldo. » mentii con noncuranza,
scoprendo solo in
quell’istante il dono della donna seduta dinanzi a me. Ripose
il suo libro
sorridendomi scaltra, fiutando la mia misera menzogna.
«La
mia amica mi ha parlato molto di te!» esclamò,
lasciando scorrere nella sua
mente le immagini della loro conversazione, nella quale le parlava del
mio potere
e del mio rapporto con Bella. Le aveva confessato che a causa mia
Isabella
aveva deciso di allontanarsi da casa per un po’, accogliendo
di buon grado l’invito
di Matthias.
Questo
aveva contrariato Eleazar che non accettava di allontanarsi dalla sua
bambina,
ma per motivi che in quel momento non compresi, lei era lieta della
scelta di
sua figlia.
La
voleva lontana da me.
Perché?
La
osservai in silenzio, scosso da quello che mi aveva mostrato, mentre
parte
della mia mente era proiettata sulla conversazione incamerata da Velia.
Carmen
si fidava ciecamente di quella Matilda, che era sua amica da tempo
immemore. Aveva
vissuto presso la sua famiglia per svariati anni e ormai la considerava
alla
stregua di una sorella.
Non
avrebbe tradito la mia bugia, almeno non con i presenti, ma questo non
le
avrebbe impedito di studiarmi e sondare le mie parole.
Conversammo
e dopo un po’ fummo raggiunti dagli altri membri del clan.
Nonostante le loro
abitudini alimentari, che potevo considerare discutibili, la loro
compagnia era
piacevole.
Erano
una famiglia, non tanto diversa dalla nostra.
Tentai
di non badare a Velia che cercava di attirare come poteva la mia
attenzione,
convogliando su di sé gli sguardi divertiti dei presenti.
Era una brava ragazza
e non era mia intenzione creare imbarazzi.
Purtroppo
non avevo tenuto conto della mancanza di delicatezza di suo fratello.
«Nostra
sorella in presenza di un bel ragazzo perde completamente il senno.
– ghignò Zac,
abbandonato contro lo schienale della poltrona, con la sua compagna
seduta in
grembo. - Ti posso assicurare che non è sempre
così.»
Se
Velia avesse potuto avrebbe di certo assunto una colorazione purpurea.
Fortunatamente
la sua natura di vampira la preservava da quel genere di inconveniente,
pur non
potendola sottrarre del tutto all’imbarazzo.
Gli
altri, dal canto loro, tentarono invano di reprimere le risate
divertite,
mentre Marien schiaffeggiava bonariamente la spalla del suo compagno,
ammonendolo. «Li metti in imbarazzo.»
soffiò fingendosi contrariata, sebbene
nella sua mente concordasse apertamente.
Bhe, non potevo
dargli torto.
«A
Zac piace scherzare, Edward. Non dar peso alle sue parole!»
esclamò Velia stizzita,
torcendosi nervosamente una ciocca di capelli.
Sorrisi
intenerito, fingendo di non notare l’occhiata irosa che gli
rivolse.
Forse
non sarebbe stato così tremendo soggiornare presso di loro
per qualche giorno.
Li avevo giudicati
male! Tanto
ero preoccupato per Bella che avevo espresso giudizi inopportuni su
persone
invece estremamente cordiali. Avrei dovuto immaginare che Carmen non
avrebbe
mai permesso a sua figlia di recarsi in un luogo potenzialmente
pericoloso.
Eppure…
quando si trattava di Bella la logica inoppugnabile di cui solitamente
potevo vantarmi,
svaniva, schiacciata dalle emozioni.
Tutto
assumeva una connotazione diversa.
Nel
mondo in cui Isabella mi aveva catapultato alla sua nascita
c’era la paura, c’era
la gioia, c’era l’amore.
Sensazioni
che per quasi un secolo mi erano state sconosciute e che avevo
riscoperto man
mano.
Sensazioni
che adesso guidavano la mia vita, stringendomi tra le loro spire,
costringendomi a fare il conto con una parte di me che mi era estranea,
che
prima non avevo mai avuto modo di sperimentare.
Amare qualcuno tanto
da sentirsi
annientato, tanto da sentirsi sopraffare.
Tanto da non
riconoscersi.
Perché
l’amore ti cambia… anche se
talvolta non ti rende migliore.
Egoista…
per non voler condividere l’oggetto
del proprio amore.
Spaventato…
per la paura di perderlo.
«Edward
spiega anche tu alla mia sorellina che hai notato il suo palese
interesse,
almeno dopo non mi accuserà di averti detto qualcosa che non
sapevi.»
Le
parole di Zac mi risvegliarono dalle mie elucubrazioni e sorridendo
forzatamente cercai di mettere da parte quegli inutili pensieri.
Non è il
momento.
«Sono
abituato a persone a cui piace scherzare. Mio fratello Emmett
è un bambinone
senza peli sulla lingua.»
Fintamente
indignato si portò le mani al petto, cercando con uno sforzo
di volontà di
trattenere le risa. «Io non sono un bambinone.»
replicò Zac, mesto.
La
sua compagna sogghignò, scuotendo il capo. «Hai la
coda di paglia?»
«
Un pochino.» le rispose, chinandosi a baciarle dolcemente le
labbra. «Sarà che
mi definisci un bambinone più o meno cento volte al
giorno.»
Distolsi
lo sguardo un po’ a disagio, controllando
l’orologio. Era trascorsa quasi un’ora
dal mio arrivo.
«Il
supermercato non è vicino, sono sicura che torneranno a
breve.» Matilda mi
sorrise bonariamente, con una consapevolezza in quello sguardo a cui
non ebbi
il coraggio di rispondere.
Percepii
la sua voce non appena la macchina giunse sul vialetto. La vidi,
attraverso i
pensieri di quel Matthias, che le era tanto vicino. Troppo vicino.
Sondai
la sua mente costatando il vago interesse che nutriva per lei, ma non
riuscii a
cogliere molto perché in breve tempo la
sua mente mi fu occultata da un potere che ben conoscevo.
Bella
doveva essere consapevole della mia presenza e a quanto pare non era
affatto
deliziata dell’idea che io potessi scandagliare i pensieri
del suo amico.
Dannazione.
Entrò
come una furia.
Osservai
le sue guance arrossarsi per l’irritazione, le labbra
serrarsi in una smorfia
ed il luccichio sinistro nei suoi occhi color cioccolato.
Era
oltremodo furibonda, probabilmente per quella mia incursione
immotivata. Ovviamente
non accolse di buon grado la mia spudorata bugia ma non volle
ugualmente
smascherarla, probabilmente per evitare di apparire in qualche modo
paranoica
dinanzi al mio gesto innocuo.
Ed
io… da egoista qual’ero, decisi di approfittarne.
In fin dei conti,
l’amore rende
egoisti.
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
«Io
lo ammazzo!» esclamai, stringendo i denti, stizzita.
«Non
credi di esagerare? – mormorò ironico Matthias, disteso supino sul mio
letto. –
Il suo potrebbe essere definito un atto gentile.»
«Non
essere ingenuo. È qui per controllarmi, ovviamente.» sentenzia
caustica. Dopo
una conversazione imbarazzante avuta in soggiorno con una scusa mi ero
defilata
nella mia camera insieme al mio amico, abbandonandomi ad esclamazioni
poco
gentili nei confronti di Edward.
Naturalmente
ad alimentare la mia acredine era lo sguardo da pesce lesso di Velia,
della
bellissima e biondissima Velia. Di quella vampira adulta che poteva
offrirgli
quello di cui aveva bisogno, e che lui non reputava solo una bambina da
dover
accudire.
«Io
lo ammazzo.» ripetei nuovamente, ancor più convinta della necessità di
punirlo
per tutto ciò che stava causando. Possibile che mia mamma gli avesse
permesso
di raggiungermi? Non era lei a biasimare la mia infatuazione
reputandola nulla
più di una cotta? Mi era parsa così lieta quando le avevo comunicato di
voler
allungare il mio soggiorno presso i suoi amici… perché aveva
acconsentito alla
decisione di Ed? Non riuscivo a comprendere.
Lei sapeva…
Sbuffai
mentre Matthias ridacchiava, divertito dalla veemenza delle mie parole
e
probabilmente anche dallo sguardo truce che le accompagnava. Proprio
non capiva
il mio dramma…
«Spiegagli
semplicemente quello che pensi e mandalo via.» mi suggerì pacato,
giocando con
una ciocca dei miei capelli. Come se fosse tanto facile. Come se non
avessi
tentato più volte di parlargli, di lasciargli intendere l’origine del
problema…
a nulla erano valse le mie parole e le miei insinuazioni.
Non c’è
peggior sordo di colui che non
vuol sentire.
Sbuffai,
poggiando la testa sul suo petto, mugugnando scontenta. «Si vede che
non lo
conosci.»
«Da
quanto ho capito non credo voglia farti stare male, al contrario.»
«Peccato
che è a causa sua se…» mi interruppi, respirando a fondo, per
recuperare un po’
di contegno. Lamentarmi come una mocciosa isterica non avrebbe che
confermato
le sue teorie. «Lascia perdere Matt. - mormorai imbronciata. – Non ha
importanza, tra qualche giorno tornerò a casa e tutto sarà come prima.»
«Stai
scappando di nuovo.» sentenziò mesto.
Non
replicai. La sua non era un critica o una lamentela, ma una semplice e
genuina
constatazione, e forse per questo faceva più male. Aveva ragione. La
fuga era
diventata in mio modus operandi nelle situazioni stressanti, l’unica
soluzione
che balenava nella mia mente, soprattutto quando Edward era coinvolto.
Forse
il mio non era che un meccanismo di difesa, dopo gli ultimi anni
trascorsi a
mostrarmi matura, tentando di dimostrargli che io potevo essere altro
oltre
alla piccola Bella.
Ma
ero stanca di combattere una guerra senza speranza, era avvilente e
poco
produttivo, ed io ero decisamente stanca.
«Credi
sia geloso di me?» domandò d’un tratto, infrangendo il silenzio e le
mie
elucubrazioni mentali.
«Si.»
«Credi
sia qui per questo?»
Il
suo tono si trasformò in un bisbiglio appena percettibile. Inarcai un
sopracciglio studiando la sua espressione stranamente concentrata,
prima di
rispondere in tono altrettanto basso. «Si.»
Chissà perché
se una persona sussurra
si tende a rispondere con un sussurro, pur non comprendendone il
motivo. In
compenso, in quel suo sguardo cospiratorio c’era qualcosa di realmente
buffo.
«Potremmo
dargli un motivo per essere realmente geloso, magari comprenderà che
non sei
solo una bambina ed inizierà a lasciarti il tuo spazio. – tentò,
volgendo il
suo volto su di me, con un sorriso che non prometteva nulla di buono. Che diamine ha in mente? - Sino a quando
ti vedrà dipendente dalla tua famiglia, da lui, non riuscirà mai ad
abituarsi
all’idea che sei cresciuta e che puoi desiderare altro. »
Puntellai
i gomiti sulla bella trapunta color panna, ascoltando con interesse il
suo
discorso. «Cosa proponi?»
«Propongo
un passo alla volta verso la tua libertà.» replicò sibillino, mentre
un’ombra
di soddisfazione velava il suo sguardo.
Poteva
essere una buona idea. In fin dei conti Matthias non aveva torto, avevo
trascorso la mia vita protetta nella bolla di cristallo che tutti loro
avevano
costruito per me, preservandomi dai pericoli, ma anche dal mondo.
Ancora oggi
in me non vedevano che una creatura debole.
Forse
Alice era l’unica ad aver notato in me dei mutamenti.
Probabilmente
ciò dipendeva dal suo molesto potere che le permetteva di osservare il
futuro e
di conseguenza leggere il presente secondo una diversa prospettiva; o con maggior probabilità è solo pazza.
Non
avrei mai saputo dire qual’era il reale motivo, ma in fin dei conti
neanche mi
interessava.
«Ovvero…?»lo
esortai a continuare.
«Annunceremo
a tutti che stiamo insieme e nel periodo in cui alloggerà qui ci
comporteremo
come una vera coppia. – asserì senza esitazioni. - Tanto tutti sono
quasi
convinti che abbiamo una relazione.»
«Io
e te non stiamo insieme.» obiettai sbuffando. Detestavo l’idea che
nessuno
trovasse plausibile l’amicizia uomo donna, senza vedere in essa
qualcosa di
più. Assurdo.
«Lo
so… è per questo che parlavo di finzione. – precisò sorridendo
sornione. – Il
tuo amico sarà costretto a vederci insieme e qui in casa mia non potrà
far
valere le sue proteste, perché ovviamente la mia famiglia sarà più che
lieta
della novità e...»
Non se ne
parla!
«Io
voglio che Edward vada via.» lo interruppi bruscamente, alzando il capo
dal suo
torace.
Non
gli avrei permesso di trascorrere del tempo qui, accanto a Velia,
rischiando di
vederlo cedere alle sue avance. Non lo avrei sopportato.
Non
dinanzi a me, non a causa mia e della mia fuga.
«Perché?»
chiese in tono così dannatamente perplesso da mettermi a disagio. Ok,
forse era
davvero una pretesa infantile, ma io non avrei mai avuto la forza di
sopportare
tutta quella situazione senza battere ciglio, senza rimostranze, ma
soprattutto
senza palesare l’afflizione che tutto ciò mi avrebbe causato.
Semplicemente
non potevo.
Arrossii,
distogliendo lo sguardo, imbarazzata. «Voglio solo vada via.»
biascicai, per
nulla disposta a rendermi ancor più ridicola. Peccato che Matthias
fosse
maledettamente perspicace.
«Per
Velia? - domandò costringendomi ad
alzare il viso per fissarlo in volto. – Lei è una brava ragazza ed è
molto
bella, ma è anche molto ostinata. Se ritiene Edward una possibile
preda, se
pensa di poter averlo come compagno, non dubito che troverà una scusa
per
recarsi a casa tua e trascorrere con lui del tempo, anche quando si
sarà
allontanato da qui.»
«Co..sa?
- balbettai incredula. – Credi lo voglia come compagno?»
Scosse
il capo. «Non lo so, ma sembra interessata a lui e… - esitò appena,
umettandosi
le labbra. - Se individua la sua preda non se la lascia scappare.»
«Questo
non mi rincuora.» mi lagnai, sospirando sommessamente.
Cosa ho
combinato?
Avvertii
le lacrime pungermi gli occhi. Avevo dato inizio ad un disastro; mi ero
allontanata da casa per sfuggire ad Edward ed ora mi ritrovavo a dover
osservare inerme il suo flirtare con un’altra. Di bene in
meglio…
«Non
era mia intenzione rincuorarti, Bella. –
asserì con dolcezza, scostandomi una ciocca di capelli dal viso ed
accarezzandomi la guancia arrossata. - Ma solo spiegarti come stanno le
cose.»
Annuii
avvilita, senza ribattere. Che altro avrei potuto dire? Cosa avrei
potuto fare?
Mi
presi il volto tra le mani, sospirando sommessamente. Ho
bisogno di una soluzione, potrei chiamare Alice, potrei chiedere il
suo aiuto…
Lei sa sempre
cosa fare in questi casi,
ma se nel futuro tutto ciò fosse previsto?
Se fosse
Velia la persona che Edward ha
atteso per tanto tempo? Se avessi innescato… se io…
La
confusione assediò la mia mente, mentre frammenti di ipotesi, pensieri
e
speranze si affollavano soffocando completamente la mia lucidità. Il
desiderio
di prendere i miei pochi vestiti e correre verso casa pulsava,
maledettamente
allettante. Ma a che scopo?
«Dannazione.-
imprecai a denti stretti. – Cosa facciamo?»
Matthias
esalò un sospirò teatrale, prima di ribattere con una tale noncuranza
da
lasciarmi spiazzata. «Adesso dovremmo allenarci con i baci.» tentò per
sdrammatizzare, mentre un sorriso malizioso tornava a piegare le sue
labbra.
Sempre il
solito. Questa
era una delle cose che apprezzavo maggiormente lui: affrontava ogni
problema
con una prontezza di spirito incredibile, riusciva a sorridere sempre e
stranamente era in grado di indurre anche me a fare altrettanto. Forse
per
questo mi piaceva, con lui non era finzione, con lui non era necessario
mostrarmi matura, ostentare quella serietà e quel giudizio che non
concernevano
alla mia età; a differenza di Edward.
Con
lui era tutto tremendamente difficile.
Mi
sfuggì una risata nervosa, accantonando quei pensieri fuorvianti,
decisa ad
assecondare il gioco del mio amico. «Stai scherzando?»
Scrollò
le spalle, svogliatamente. «Questo è il mio prezzo per assecondarti in
questa
follia.»
«Devo
rammentarti che la follia, come la definisci, è una tua idea?»
replicai,
scuotendo il capo divertita.
«Nessuno
fa nulla per nulla.» mormorò ed il suo tono fu tanto risoluto da
permettermi di
comprendere che quella sua affermazione non era tesa semplicemente a
sdrammatizzare.
«Aspetta!
Fai sul serio? – domandai allibita. - Matthias.» lo rimproverai
indignata, vedendolo
annuire tranquillamente.
«Non
capisco dove sia il problema… sono solo baci.»
Per
l’ennesima volta in quella dannata discussione non potei fare a meno di
arrossire. Determinati argomenti erano già di per sé difficili da
trattare, ma
quando si discute della propria imbarazzante e soprattutto inesistente
esperienza nel campo delle relazioni con un ragazzo… bhe, si tocca
decisamente
il fondo.
«Non
ho mai baciato nessuno.» pigolai lasciandomi sfuggire quella ridicola
confessione. E come avrei potuto? Vivevo in una casa circondata da
vampiri iper
protettivi e con manie di controllo. Avevo frequentato la scuola per
non più di
una settimana e ovviamente gli umani non si erano mai avvicinati a me
tanto da
poter aspirare ad un bacio, non che intendessi concedere tanto ad uno
di loro.
Avevo
idee ben diverse in merito.
Matthias
non si scompose, si limitò ad annuire in silenzio, probabilmente perché
in fin
dei conti non era tanto inaspettata, considerando la situazione.
Nonostante
tutto non rise, non mi sbeffeggiò, non mi punzecchiò con una delle sue
sciocche
battutine… almeno non subito. «Bhe,
motivo in più per farlo. Starai mica aspettando il principe azzurro?»
Gonfiai
le guance stizzita. «Non sono una bambina.»
Sorrise,
per nulla offeso dinanzi al mio palese rifiuto. «Allora cosa ti turba?
Non ti
piaccio?»
«Sai
perfettamente che non è questo il problema, semplicemente non sei tu
quello che
voglio baciare.»
«Di
questo passo diventerai una vampira pluri-centenaria, vergine e che
vive ancora
a casa con i suoi.» obiettò piegando le labbra in una smorfia a metà
tra la
disapprovazione e una risata mal trattenuta.
Bastardo.
Ovviamente
gli scoccai un’occhiataccia, per nulla incline ad accettare le sue
baggianate. «Anche
tu vivi con i tuoi. - gli rammentai aspra. – Loro ormai ti considerano
un
figlio e ti trattano come tale.»
«Io
ho avuto le mie esperienze e non mi lamento della mia vita. Nessuno mi
considera un bambino, al massimo uno svitato con ancora un po’ troppi
ormoni in
circolo, ma sono stato trasformato piuttosto giovane.»
Sbuffai.
«Dovrei dare via il mio primo bacio per una ripicca?»
«Nessuno
ti costringe a farlo, ma sarà difficile dimostrare che stiamo insieme
se
neanche ci sfioriamo, non credi?»
Logica
inoppugnabile, maledizione.
Increspai
le labbra una smorfia, messa alle strette. In fin dei conti cosa
diamine stavo
aspettando? Che Edward una mattina si svegliasse dal suo sonno
catartico
vedendomi finalmente per quella che ero diventata? Che
idiozia. «Ok.» acconsentii, non propriamente convinta.
In
fin dei conti Matt non aveva tutti i torti, attendere che Edward
comprendesse
la verità senza forzature era come pretendere di non far sorgere il
sole al
mattino, con la sola forza di volontà. Una cazzata di proporzioni
catastrofiche.
Oltretutto
se realmente desideravo una possibilità, se una potesse realmente
esserci, era
necessario scrollarlo ed indurlo ad accettare la realtà. Cos’ho
da perdere?
Non lo
lascerò nelle mani di Velia
senza combattere, senza aver tentato il tutto per tutto.
«Procediamo!»
esclamai, battendo le mani, per incoraggiarmi.
Seduta
a gambe incrociate sul mio letto attesi la sua mossa, studiando i suoi
movimenti, mentre si poneva in una posizione specchio della mia. Non
appariva a
disagio né turbato, era semplicemente tranquillo. Bhe, la mia faccia
non doveva
trasmettere altrettanto.
«Non
essere così tesa, rilassati.»
«Per
te è facile parlare.» bofonchiai. «Vediamo di muoverci. Strappiamo il
cerotto e
togliamoci il pensiero.»
«Tu
si che sai come invogliare un uomo. - ribattè, scuotendo il capo
divertito. - Non
stai per ingaggiare una lotta contro un grizzly ed anche in quel caso
essere
così rigida ti servirebbe a poco. – mormorò, con il volto ad un palmo
dal mio
naso. Percepivo il suo respiro freddo sulla mia pelle, sfiorarmi le
guance.
Aveva un buon profumo, dolce e muschiato… piacevole. -
respira!» mi ordinò perentorio, iniziando ad
inspirare ed espirare lentamente inducendomi a seguire il suo ritmo.
Sbattei
le palpebre, annuendo.
Espirai,
inspirai, espirai, inspirai… placando
i battiti del mio cuore che procedeva a ritmo furioso.
Mi
sentivo imbarazzata, maledettamente nervosa, irritata per le mie
aspettative
deluse. Nei miei sogni ad occhi aperti ad Edward avrei concesso il mio
primo
bacio.
Non sta
andando come avevo previsto,
per nulla.
«Chiudi
gli occhi, sarà più semplice.»
«Ma…»
«Bella.»
sentenziò, con un tono che non prevedeva obiezioni.
Sbuffai
ed obbedii riluttante, tentando di restare immobile e non
indietreggiare,
assecondando il mio istinto. Almeno sino a quando non percepii il tocco
delle
sue labbra, lieve ed esitante, sfiorarmi appena. Mi irrigidii
involontariamente, indecisa sul da farsi, una parte di me era
spaventata ed il
suo unico impulso era quello di alzarsi e fuggire via. Era quella parte
insicura, quella consapevole dell’errore che stavo commettendo, ma
soprattutto
quella che preservava nella sua mente ancora i sogni infantili e
romantici.
L’altra,
quella curiosa, emotiva e bisognosa di conferme voleva affermarsi,
voleva
crescere, dimostrare anche a se stessa di poter andare avanti. Era
quella parte
di me che voleva davvero credere che Edward fosse solo una cotta
adolescenziale, quella stanca di perder tempo dietro ai suoi malumori,
alla sua
gelosia fraterna.
Quella
parte che forse con quel bacio voleva porre da parte le riluttanze e i
sogni
passati e voleva smettere di sperare in qualcosa che non aveva futuro.
Fu
quest’ultima che vinse.
Scelse
di ricambiare Matt, assaporando le sue labbra dapprima con titubanza e
poi con
maggiore convinzione. Gli andò incontro, lasciando che lui la guidasse
in
quella nuova esperienza tanto strana, ma effettivamente piacevole. Si
dischiuse
per lui, si avvicinò, lasciandosi esplorare e assecondando la sua
stessa
curiosità.
Ci
staccammo, entrambi con il respiro corto, mentre le mie guance andavano
a
fuoco. Sul suo viso, ancora a pochi centimetri dal mio, era dipinto un
sorriso
stranamente dolce, ma forse quella era solo la mia impressione. Ero
stordita, un
po’ turbata, ma piacevolmente sorpresa e… «Wow.»
Nota:
*O*
Salveeee eccomi con il nuovo capitolo.
In
questo non c’è un pov Edward, ho preferito concentrare tutto il chappy
su Bella
alle prese con questa nuova esperienza. C’è da dire che lei è
un’adolescente e
che quindi i suoi pensieri e i suoi gesti, per certi versi,
rispecchiano
quell’età e le convinzioni ad essa legate. Il suo personaggio va quindi
contestualizzato in quella precisa fase di vita.
Detto
ciò vi ringrazio come sempre dei vostri commenti, sempre graditissimi.
Non
finirò mai di ribadire che sono in grado di spronarmi sempre a
scrivere, anche
quando la mia insicurezza riemerge spingendomi a cancellare quella
cartella sul
mio desktop, dove conservo le mie storielline. Quindi grazie a tutte
voi.
Vi
lascio il link del mio gruppo su fb, per gli spoiler:
Vi
lascio anche il link della mia ultima originale. Mi piacerebbe avere
pareri
sinceri su quest’ultima, quindi mi farebbe piacere se ci facesse un
salto.
L'abitudine
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Nuovo capitolo, vi ho fatto
aspettare un pò, ma purtroppo non voleva proprio venire fuori! O.o
maledetto chappy! Non mi dilungo troppo perchè sono a lavoro e sto
postando al volo :) Vi ringrazio cmq per le vostre bellissime
recensioni, per tutte le persone che hanno aggiunto questa storia tra
preferiti, seguite e ricordate.
Piccolo annuncio... molte persone
mi hanno chiesto il blog perchè non hanno fb e non possono accedere al
gruppo per leggere gli spoiler dei capitoli. Purtroppo non avrei il
tempo di gestire anche il blog, quindi se volete gli spoiler basta che
me lo dite e io ve lo invierò per posta!! *O* ok!? Un bacioneee
Capitolo 8
I
vari abitanti della casa si erano allontanati, ognuno con una diversa
scusa
atta a lasciare a me e a Velia l’intimità giusta, e permettere così una
conoscenza.
In
questo non mi appariva poi tanto
differente dalla mia famiglia, o forse da qualsiasi famiglia… tutte
sempre ben
predisposte a combinare matrimoni su base casuale.
Tutti
tranne Alice, ovviamente, per lei nulla era casuale.
Repressi
un sorriso, ripensando a mia sorella e ai suoi machiavellici piani.
C’era
sempre una nota d’affetto quando i miei pensieri scivolavano su di lei,
era
inevitabile.
Quel
piccolo tornado dai capelli neri era tra tutti quella persona che per
me più si
avvicinava ad una sorella, nonostante li adorassi tutti… con le loro
stravaganze, con i loro pregi e difetti, bhe
Alice era sempre Alice.
«Perché
Bella è tanto arrabbiata con te?» domandò Velia, accomodata sull’ampia
poltrona
del salone, in una posa volutamente rilassata. Mi stava studiando,
aveva notato
l’acredine di Bells nei miei confronti, le sue occhiate per nulla
benevoli ed
il sorriso compiaciuto e divertito di suo fratello, che a quanto pareva
era a
conoscenza di qualcosa che a lei era oscuro.
In
realtà mi premeva non poco scoprire cosa sapesse e cosa Bella gli
avesse
rivelato.
Era
un ragazzo carino, sebbene non fossi il miglior giudice per valutare la
bellezza maschile, ma mi fidavo abbastanza dei gusti di Alice e lei
pareva
averlo apprezzato notevolmente.
Aveva
parlato poco e con i suoi pensieri protetti potevo affidarmi solo al
suo
atteggiamento per comprenderlo, o a ciò che potevo cogliere nella mente
della
sua famiglia.
L’affiatamento
tra lui e Bella era palese a tutti ed ero stato costretto a far forza
su di me,
per non seguirli, quando con una scusa lo aveva trascinato al piano
superiore, nella
sua camera.
Loro
due… soli.
Scrollai
le spalle con finta non curanza, sebbene lo stomaco si torcesse al
pensiero
della mia Isabella sola in stanza con quel tizio. Una parte di me era
quasi
tentata a raggiungerla, facendo irruzione, ma la parte più ragionevole
era
perfettamente consapevole che un simile comportamento avrebbe avuto
ripercussioni negative.
Non
potevo imporle la mia presenza, almeno non eccessivamente.
L’essermi
autoinvitato in quella casa era già più che sufficiente per irritarla a
morte
per le seguenti settimane.
«Allora?»
Sprofondai
contro lo schienale della poltrona, senza staccare gli occhi da lei.
«Crede che
io sia qui per controllarla.»
«Ed
è vero?»
Accennai
un sorriso colpevole. «Forse.»
Mi
scrutò vagamente perplessa, mentre le sue sopracciglia di flettevano
creando
una deliziosa ruga tra di esse. Era una bella ragazza, sebbene ai miei
occhi
per nulla paragonabile a Bella, anche se forse non secondo una
percezione
obiettiva. L’amore offusca la vista
tramutando anche le piccole imperfezioni in deliziosi particolari,
ed io
amavo di Isabella anche quel suo labbro inferiore leggermente più pieno
del suo
gemello, così come ero in grado di deliziarmi del rossore delle sue
guance che
lei detestava.
Ribadiva
costantemente quanto fosse infastidita da quel suo tratto tanto umano,
che io
invece adoravo.
«Perché
vorresti controllarla? Sai che Carmen non l’avrebbe mai lasciata da noi
se non
si fidasse sia di lei che della nostra famiglia. Adora la sua bambina.»
«Ne
sono consapevole.»
«Matthias
è un bravo ragazzo.» continuò, alla ricerca del motivo che potesse
spingermi ad
invadere la loro casa, solo per controllarla. Lei non poteva
comprendere,
nessuno poteva.
«Non
metto in dubbio neanche questo.» benché non potessi dirmi lieto di
saperla
circondata da vampiri avvezzi al sangue umano. Ma non mi diedi pena di
sottolineare quel particolare dettaglio.
Mi
scrutò, in silenzio, mentre il suo sopracciglio si arcuava per la
perplessità.
La sua mente iniziò a vagliare le possibilità, tentando di spiegare
quello che
considerava uno strano comportamento, ma con scarso risultato.Iniziava
un po’
ad irritarsi per quel mio atteggiamento e per il suo essere costretta a
cavarmi
ogni parola da bocca, in quel gioc0 di botta e risposta quantomeno
sfiancante.
«Allora
perché sei qui?»
Lasciai
scivolare lo sguardo verso la porta dalla quale si intravedevano le
scale che
conducevano al piano superiore, dove era lei. «Non mi piace il pensiero
che… -
esitai, sospirando sommessamente, cercando di ammettere con qualcuno
quella
verità che io stesso tendevo a voler sopprimere. Ma negarlo a cosa
avrebbe
condotto? Dovevo parlarne, con qualcuno che fosse abbastanza estraneo
alla mia
famiglia, qualcuno a cui potessi esporre la forza dei miei sentimenti,
del mio
bisogno, della mia ossessione senza sentirmi giudicato. Forse non tutti
avrebbero compreso quanto potesse dolermi serbare i miei sentimenti,
sempre ben
attento a non ostentarli, a celargli. Un tormento. – Non credo di
considerarla
semplicemente una sorella.» sentenziai, riluttante.
«Intendi
dire che… ti piace?» azzardò, inclinando il capo mal celando lo stupore.
Almeno non
sembra disgustata.
«Credo
di essere anche oltre il semplice piacere.» la corressi mesto,
increspando le
labbra in una smorfia.
«Perché
continui a ripetere “credo”?»
Sorrisi.
«Perché così mi sembra meno reale la mia colpa.»
«Tu…
l’hai forzata a fare qualcosa che non voleva, per questo ti senti in
colpa?»
Impallidii.
«Oh mio Dio, no! – esclamai indignato. – Non potrei mai farle del male,
la amo
troppo, l’unica cosa che conta per me è la sua felicità, non le ho mai
detto
nulla di quello che provo, anche perché sono stato tanto impegnato a
rinnegarlo.»
Il
suo viso si rilassò immediatamente ed io continuai, incoraggiato dalla
sua reazione.
«Ma averla vista con Matthias mi ha reso mortalmente geloso e mi ha
dato modo
di comprendere che non posso perderla e non posso permettere a nessuno
di
portamela via.»
Mi
passai stancamente una mano tra i capelli, sbuffando.
Non l’avrei
permesso, pur non avendo la
minima idea di come fare.
Portarla
via di peso non era un’opzione contemplazione, sebbene allettante.
Sbuffai
nuovamente, sotto lo sguardo sempre più divertito di Velia.
«
Sei assurdo. – mormorò addolcendo il tono della voce. – L’adori e
questo è
palese, non hai motivo di provare colpa per i tuoi sentimenti, anche
perché non
ci sarebbe nulla di male.»
«L’ho
vista crescere e lei è una bambina.»
«Lei
non è una bambina. – obiettò con forza. – Questo lo capirebbe anche un
cieco, e
ti assicuro che Matthias non la reputa tale.»
Increspai
le labbra in una smorfia. Come se non lo avessi notato. «Non stanno
insieme
vero?» domandai senza riuscire a celare
la nota ansiosa nella mia voce.
«Non
credo, ma lui è molto riservato e non mi sorprenderebbe se non ci
avesse resi
partecipi della cosa. – commentò guardando il soffitto accigliata. –
però le
interessa. Di questo sono sicura.»
Rividi
nella sua mente gli sguardi che quel ragazzo lanciava a Bella, i suoi
sorrisi,
gli scherzi ed il suo modo di giocare con lei, sin troppo intimo, anche
secondo
coloro che lo conoscevano bene.
Sospirai
sommessamente, richiudendo la mia mente, per non osservare oltre. Ogni
suo
sorriso che lei ricambiava, ogni scherzo che assecondava erano per me
una
pugnalata al cuore, che acuiva l’atroce sospetto che tra loro potesse
esserci
più che semplice e disinteressata amicizia.
Che
lui potesse essere giunto dove io avevo invece fallito, senza neanche
tentare.
«Forse
dovremmo proporgli una caccia. – asserii, giocando distrattamente con
il nastro
rosa che portavo sempre accanto alle chiavi dell’auto. Era di Bella, di
quando
era solo una bambina pronta a scambiare qualsiasi cosa per un pacchetto
di
caramelle. - Qui intorno ho notato una rigogliosa vegetazione.»
Sorrise,
facendo balenare i canini aguzzi, in un’espressione oltremodo
divertita. «Per
noi caccia non equivale ad un giro per la foresta, in cerca di
animali.» mi
rammentò senza alcun imbarazzo.
Dannazione.
Ero
così assorto in quella nostra conversazione e così tranquillizzato dai
suoi
modi da aver completamente dimenticato quel particolare per nulla
trascurabile.
«Mi
dispiace.» mi scusai, sorridendo mortificato. «Per me è una questione
di
abitudine.»
Scrollò
le spalle disinvolta, in un gesto che compiuto da lei parve stranamente
elegante. «In fin dei conti una volta potremmo provare, Bella ha già
cercato di
convincere Matt a tentare questa nuova strada, anche se lui mi è parso
piuttosto riluttante.»
«Su
cosa dovrei essere riluttante?» la voce dell’interessato ci interruppe,
mentre
lui e Bella facevano il loro ingresso nel salone.
Chiusi
gli occhi, prendendo un profondo respiro.
Devo restare
calmo.
«Una
caccia a base di animali.» replicò mesta Velia, sorridendo ai nuovi
arrivati.
Sospirando
sommessamente mi voltai verso di loro, pronto a scontrarmi con lo
sguardo
accusatorio di Bella, ma non fu quello ad attrarre la mia attenzione.
Le loro mani
intrecciate.
Le
mani della mia Bells intrecciate a quelle di quel… tizio.
Trattenni
un ringhio, arricciando le labbra in una smorfia.
«Edward,
tutto bene?»
La
mano di Velia saettò immediatamente sul mio avambraccio, cercando di
placarmi.
Aveva notato la mia reazione ed i suoi pensieri erano oscurati da una
leggera
preoccupazione.
È
nella natura vampira essere possessivi con ciò che si brama o a cui si
aspira
di possedere ed io non ero un’eccezione.
Bella
era mia.
Mi
alzai di scatto dalla poltrona, senza staccare gli occhi da quelle mani
ostinatamente legate. Nessuno dei due sembrava minimamente turbato
dalla mia
palese irritazione, al contrario sostenevano il mio sguardo risoluti,
entrambi.
Lui sa. Ormai
ne ero certo.
«Vieni
con me.» sibilai, ponendomi dinanzi a lei che mi osservava guardinga.
«No.»
«Bella.»
«Edward.»
ripetè con il mio stesso tono, volutamente risentito.
Dannazione
a lei e alla sua cocciutaggine.
«Ho
bisogno di parlarti.»
Incrociò
le braccia sotto il seno, più che decisa a non assecondarmi. Testarda.«Ed io non voglio parlare con
te.»
«Amore
forse è importante.» Matthias ci interruppe e purtroppo per lui quel
commento
non poté che fomentare la mia ira.
I miei
occhi si scurivano, mentre un ringhio lacerava il mio petto.
Amore…
amore…. Amore.
Quella
parola, pronunciata da lui risvegliava il sapore pungente della
gelosia, pronta
ad avvelenarmi mente e corpo.
Pronta
a corrodermi e dilaniarmi.
Ad
abbattermi.
O a spingermi
a combattere.
«Amore?
- ripetei sprezzante. – Razza di moccioso come osi…»
«Edward,
smettila di comportarti come uno sciocco. – Isabella, mi ammonì
furente,
ponendosi tra me e il suo amico, amplificando il mio bisogno di
vendetta pur
senza saperlo. – Matthias è il mio ragazzo e ha il diritto di parlarmi
come
diamine gli pare.»
«Tuo
padre lo sa?»
Arcuò
un sopracciglio, palesando il suo scetticismo. Probabilmente era ben
consapevole che non sarebbe stato Eleazar a dare di matto, o almeno non
più di
me, ma tacque, decisa ad assecondarmi, piegando le labbra in quel
sorriso furbo
che in più di un’occasione era stato la mia rovina.
«Non
avrà problemi, conosce Matt e si fida di lui. - mormorò
scrollando le spalle. – e anche mamma
sarà sicuramente d’accordo. Se vuoi possiamo chiamarli ora e
comunicargli la
bella notizia. »
Strinsi
i denti irritato.
«Andiamo
a caccia!» la voce di Velia ci richiamò all’attenzione, decisa a
distoglierci
quanto prima da quella discussione spinosa. La ringraziai mentalmente
per
quella scappatoia. Avevo bisogno di riflettere, di sfogarmi, di
allontanarmi da
quel luogo chiuso dove il profumo di Bells mi stordiva, dove il mio
unico
desiderio era quello di abbandonarmi all’irrazionalità, alla foga del
mostro
dentro di me. «Il bosco vicino casa è
ottimo e io sono curiosa di provare. Sono abbastanza vanitosa da
decidere di
cambiare dieta solo per avere anche io quegli occhi dorati.»
Annuii,
senza aspettare risposta, dirigendomi verso la porta, con un unico
pensiero a
riecheggiare nella mia mente:
Sono patetico.
_____________________________
Ci
recammo al limitare del bosco. Bella, entusiasta, si adoperò a spiegare
a Velia
e Matthias come cacciare, mentre io mi crogiolavo nel mio ostinato
silenzio.
Con lo sguardo rivolto all’orizzonte mi estraniai, inspirando a pieni
polmoni i
profumi familiari della foresta, tentando di schiarirmi le idee.
«Edward,
noi andiamo!» Velia si avvicinò, sorridendomi comprensiva. «La nostra
istruttrice ci ha dato il via.»
Annuii
piegando le labbra in un sorriso tirato. «Buon divertimento.» le
augurai, prima
di vederla scattare nel folto della vegetazione, probabilmente attirata
da
qualche traccia.
Matthias
si mosse poco dopo, lasciandomi nello spiazzo solo con Bella.
Basta
tergiversare.
Le
afferrai il braccio, costringendola a fermarsi prima che potesse
seguirli. «Che
stai facendo?» domandai, tentando invano di celare la rabbia nella mia
voce.
«Cacciando.»
Sei così
arrabbiata anche tu, perché?
Perché non
vuoi che io ti protegga?
Perché mi
respingi?
«Bella.
– l’ammonii. Perché?. – Sai benissimo
a cosa mi riferisco.»
«E
tu sai benissimo che questi non sono affari tuoi.» replicò mesta,
strattonando
il braccio per sottrarsi alla mia presa. «Questa è la mia vita.»
«Amore…
tesoro… - ripetei piegando le labbra in una smorfia. -
Bella, questa non sei tu.»
Le
rammentai. Lei era quella che guardando un film romantico rideva per
ogni
scena, quella che storceva il naso dinanzi alle dichiarazioni smielate
degli
attori, quella che nascondeva gli scadenti romanzi d’amore di Rosalie
perché
desiderosa di farle leggere qualcosa di più appropriato.
Dov’era
la mia Bella? «Non riesco a credere che
sia cambiato tutto in un paio di giorni.»
«Non
puoi saperlo.»
«Quel
tizio neanche lo conosci.»
Sbuffò
indispettita, scostando con un gesto secco una ciocca di capelli che le
ricadeva sul viso. «Non tutti mi hanno vista crescere, dovresti fartene
una
ragione.»
Già…
purtroppo quella era una mia prerogativa. Mai come in quell’istante
rimpiansi
il giorno in cui ci trasferimmo a Denali, quando tutto iniziò.
Se
fossero trascorsi anni, se avessi avuto modo di conoscerla ormai adulta.
… forse si…
O forse no.
Il
mostro dentro di me sarebbe stato un ulteriore ostacolo, una realtà
impossibile
da mutare.
Troppo
ripugnante per potersi solo accostare a lei, alla sua fragilità, alla
sua
umanità.
Nulla sarebbe
cambiato.
Mi
passai esasperato una mano tra i capelli. Eppure io la conoscevo, in
tutte le
sue sfumature. L’avevo assecondata nei suoi capricci infantili, le
avevo
permesso di mangiare cioccolata a colazione, avevo ceduto, sotto il suo
sguardo
da cerbiatta, ad ogni sua richiesta. Ero stato con lei, sempre. Come
un’ombra,
come un fratello, che ormai non era più in grado di accontentarsi di
quel
rapporto e che assurdamente desiderava di più. «Io ti ho vista crescere
e so
cosa è bene per te.» Io stesso non sarei stato un bene per lei, ma quel
ragazzetto non sarebbe stato certo più adeguato. No.
Lui non la
conosce.
Non sa nulla
di Bella, della vera
Bella.
Lui osserva
la sua superfice, è
affascinato da quella creatura particolare. Da quelle guance che
possono
arrossire, da quella pelle che può scaldare, da quella forza così
abilmente
celata in quel corpo minuto e all’apparenza fragile come il vetro.
«Perché
io sono la tua sorellina, vero?» il tono iroso e colmo di disgusto con
il quale
pronunciò quelle parole mi ferì.
Perché?
«Bella.»
mormorai dolente. Non comprendevo, dannazione, non riuscivo a capire
cosa la
turbasse, cosa la rendesse tanto ostile verso di me.
Non
poteva trattarsi esclusivamente della mia improvvisa comparsa a casa
dei suoi
amici.
Perché?
«Bella
un corno! – obiettò, stringendo i pugni. – Tu credi di conoscermi, ma
sono
tantissime le cose di me che non sai.»
Un
sorriso ironico piegò le mie labbra. Già.
«Delle
volte mi piacerebbe leggere nella tua mente.» ammisi, lasciandomi
cadere sul
terreno, con il volto tra le mani.
Perché?
Dannazione perché?
«Consolati
con il fatto che molto di quello che vedresti non ti piacerebbe.» sentenziò e con uno scatto si allontanò di
corsa.
Lontana da me.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
CAPITOLO
9
Corsi
via, con il cuore che batteva a mille, e la fronte imperlata di
sudore mentre un senso di agitazione mi logorava lo stomaco.
Perchè?
Perché
Edward non riusciva a comprendere quanto quella sua asfissiante
gelosia fosse deleteria? Quanto le false speranze che i suoi gesti
risvegliavano in me fossero esasperanti e dolorose….
La mia
mente continuava a dovermi rammentare che ogni sua carezza, ogni sua
pretesa su di me non era che in virtù del legame fraterno che lui si
ostinava a vedere tra noi.
Brutto...
sciocco... stupido...
Nella
mia mente si alternavano gli epiteti più vari, mentre mi ribellavo
alla ricerca di uno sfogo. Il vento sferzava tra i miei capelli, i
rametti e le foglie secche scricchiolavano sotto i miei piedi e per
una volta desiderai poter mutare la mia esistenza radicalmente,
desiderai poter divenire finalmente consapevole dello stato di cose
che mi circondava.
Volevo
per una volta essere capace di scegliere ciò che sarebbe stato il
meglio per me, non lasciandomi trasportare tra futili fantasie.
Ma…
ciò che il cuore desidera, per quanto la mente possa non
condividerlo, avrà su di noi un lampante controllo.
Perché
il cervello può comprendere il giusto, ma non quanto meraviglioso
possa essere amare.
Un
sentimento, un’emozione avranno quella forza che la ragione non
possiederà. Risveglieranno in noi un calore ed una forza che nessun
pensiero razionale potrà mai sviluppare. Si avvilupperanno a noi,
scuotendoci, motivandoci, rafforzandoci…
Perché
l’amore è il sentimento dei folli.
Illude e
sprona a percorrere anche quelle vie impervie dove non vi è
speranza, lasciando intravedere un barlume di luce dove solo la mente
di un pazzo vedrebbe più del buio.
Avvertii
d’improvviso un ringhio ed arrestai il mio passo alla ricerca
dell’origine di quel suono sinistro, voltandomi e scorgendo
un’immagine tutt’altro che rassicurante.
Gli
occhi rossi di Matt mi fissavano rapaci, i suoi muscoli tesi fino
allo spasimo erano pronti a scattare ad ogni mio impercettibile
movimento.
Ero la
sua preda.
Scioccamente,
presa dalle mie elucubrazioni avevo trascurato un per nulla effimero
dettaglio. Se disturbare uno dei miei familiari durante una caccia
poteva essere pericoloso, nel caso di un vampiro non vegetariano le
implicazioni erano peggiori.
Dentro
di me scorreva sangue umano.
Dannazione.
Deglutii
a vuoto, umettandomi le labbra, facendo scorrere frenetica lo sguardo
attorno a me, alla ricerca di una via di fuga adeguata che potesse
consentirmi di sfuggire a quella creatura dall’aspetto ferino.
Come se
fosse possibile, mi rammentai internamente.
Per
quanto fossi in parte vampiro, il mio lato umano mi rendeva più
lenta, meno capace di contare sui miei sensi. Ero una macchina meno
perfetta, più fragile per quanto la mia pelle dura come il marmo
potesse essere definita tale.
Rispetto
ad un umano potevo essere indistruttibile, rispetto ad un vampiro
potevo essere piegata come un fuscello.
A metà
tra due mondi… inadatta per entrambi.
Le mie
capacità erano limitate.
Un solo
passo e lui mi sarebbe balzato alla gola.
La fuga,
dunque, non era una soluzione.
Lasciai
il mio cervello lavorare frenetico alla ricerca di una qualunque
possibilità di salvezza, senza che questo ne ricavasse un ragno da
un buco. Avrei potuto tentare di indurre la consapevolezza, cercare
un barlume di raziocinio in quello sguardo famelico, ma le mie parole
si sarebbero perse nel vento.
Quello
stesso maledetto vento che in quell’istante trasportava verso di
lui il mio odore. Lo vidi inspirare con forza, senza che staccasse
gli occhi da me.
Nessuna
distrazione.
«Matt,
sono io: Bella.» mormorai in tono volutamente calmo, forzando me
stessa a reprimere i tremiti del mio corpo e della mia voce.
Ma la
mia morte, apparentemente inconsapevole delle mie parole, fece un
passo verso di me. Mi studiava, comprendendo forse che al minimo
errore sarei fuggita con una possibilità di salvezza. Scarsa, ma pur
sempre una possibilità.
Un
barlume di eccitazione attraversò il suo sguardo. Voleva la caccia,
l’ebbrezza di una corsa sfrenata, l’odore pungente della paura
della sua vittima consapevole della fine incombente.
Talvolta
una parte di me tendeva a dimenticare il lato prettamente animale dei
vampiri, forse perché io, un po’ per natura un po’ per
educazione, avevo represso quella parte di me.
Soffocai
un singulto, mentre il panico mi assaliva.
«Matthias,
ti prego.» sussurrai nuovamente, avvertendo le lacrime pungermi gli
occhi, mentre un urlo mi serrava la gola.
Sarei
morta lì, dissanguata da un vampiro, dopo una lite con Edward. Avrei
portato con me, nella tomba, il suo logorante senso di colpa per non
avermi protetta, avrei distrutto con me quell’umanità che aveva
conquistato con le unghie e con i denti.
La mia
morte lo avrebbe distrutto.
Quei
pensieri non erano egocentriche affermazioni, ma la pura
consapevolezza che, nonostante gli screzi degli ultimi tempi,
l’affetto che lo legava a me era profondo. Probabilmente non
paragonabile all’amore che io nutrivo per lui, ma un sentimento
comunque intenso.
Sollevai
lo sguardo velato di lacrime su quel viso amico, trasformato dalla
fame.
Volevo
renderlo più umano.
Volevo
renderlo più simile a me.
È quello
che faccio sempre, mi dissi,
desidero che tutti si adeguino
a me, perché non sono abbastanza, perché mi è impossibile seguire
i loro passi.
Giuro che
se uscirò da questa situazione smetterò di pretendere che tutto
segua i miei desideri. Smetterò di sperare in un amore che non
esiste e che è solo frutto della mia fantasia e terminerò con quei
folli tentativi di sgretolare la mia amicizia con Edward.
Basta.
Tentai
nuovamente invano di penetrare la sua coscienza, presa dalla
disperazione più acuta, che mi attanagliava le viscere. «
Matty per favore. – bisbigliai, per l’ultima volta, mandando al
diavolo il contegno. Tremavo dalla paura, dannazione, e ne avevo
tutti i motivi. Sperai che le lacrime potessero smuovere qualcosa
dentro di lui, inducendolo ad arrestarsi. Ma non fu così. – Tu sai
chi sono, non vuoi farmi del male.»
Il suo
incedere non sembrò mutare, si avvicinava a passi lenti e misurati,
con il corpo teso pronto a balzare non appena avessi tentato un
qualunque tipo di scatto. Voleva giocare, ero la sua preda e lui
desiderava giocare.
Voleva
scappassi, tremassi di paura, urlassi in cerca di aiuto.
Ma,
qualunque cosa avessi fatto, non mi avrebbe salvata.
Quell’equilibrio
precario su cui ci stavamo muovendo non stava che prolungando
l’attesa di qualche manciata di minuti.
Un passo
avanti di Matt.
Un mio
passo indietro.
Un suo
passo avanti.
Un mio
passo indietro.
Lo
osservai alzare il mento ed inspirare l’aria con un cipiglio in
volto, prima che un ringhio feroce si levasse dal suo petto. Non ne
compresi il motivo, almeno non fino a quando la figura indistinta di
Edward non si catapultò con
un balzo su Matthias, scaraventandolo al suolo prima che questo
potesse solo pensare di reagire. Un intreccio di gambe e braccia si
mossero nel caos dei loro corpi che si combattevano scompostamente,
mentre io osservavo impietrita la scena a poca distanza.
Le urla
si fecero eco, così come i ringhi colmi di furia mentre l’odore
del sangue aleggiava nell’aria.
Fu
quello a risvegliarmi, la consapevolezza che uno dei due o forse
entrambi non si sarebbero rialzati dal suolo.
Non fui
così sciocca da gettarmi tra di loro per dividerli, non sarei mai
riuscita in un’impresa simile ed avrei inevitabilmente peggiorato
la situazione.
Così
urlai, urlai con tutto il fiato che avevo in gola, cercando al
contempo di attirare l’attenzione di Velia e quella dei due vampiri
che si combattevano con ostinata risolutezza, senza riserve, pronti a
sottomettere l’altro .
Urlai
fino a quando la mia voce poté, fino a quando i colpi di tosse non
scossero il mio petto, ma continuai ad urlare.
_________________________
pov
Edward
Puoi
cercare di negare ciò che desideri.
Puoi
fingere di non comprendere i tuoi stessi sentimenti.
Puoi
provare a sperare che chiudendo gli occhi, ciò che temi, svanisca.
Come quando si è bambini e si serrano gli occhi temendo l’uomo
nero o il mostro sotto il letto, ma arriverà sempre un momento in
cui la consapevolezza vincerà le tue riserve.
Puoi
solo sperare che non sia troppo tardi.
Osservai
Bella correre lontano da me, furiosa, percependo l’odore salmastro
delle lacrime che scivolavano pigre sul suo bel viso arrossato. Con
una morsa allo stomaco mi resi conto di essere stato nuovamente causa
di sofferenza per lei. Stranamente maggiori erano i miei tentativi
di avvicinarmi a lei maggiore era il divario che si frapponeva tra di
noi.
Forse
Alice non aveva torto quando mi rammentava che le mie pretese di
conoscenza erano più vacue di quanto io fossi consapevole.
Credevo
di conoscere Bella, i suoi bisogni, i suoi sentimenti… e
probabilmente era stato così in passato. Quella che conoscevo era
una bambina dalle guance rosse e i boccoli castani.
Ma la
ragazza che stava correndo via da me, in quel momento? No, di lei non
sapevo nulla.
Umettandomi
le labbra osservai il bosco che si estendeva attorno a me, con la
vegetazione rigogliosa ed i suoni familiari in sottofondo.
Probabilmente avrei dovuto darle il tempo di sbollire la rabbia, mi
dissi, permettendole di calmarsi, di asciugare le lacrime e
recuperare il contegno.
Bella
detestava lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Per lei
era l’ennesima dimostrazione del suo lato umano, quello che avrebbe
desiderato sopprimere, senza comprendere quanto in realtà anche
quello la rendesse speciale.
Era la
perfetta incarnazione di ciò che c’era di meglio in due razze
tanto diverse quanto simili.
Ciò che
la accomunava ad entrambe le permetteva di vivere adeguandosi
perfettamente in entrambi i luoghi.
Non
avrei dovuto seguirla, lo sapevo, ma lo feci ugualmente.
Iniziai
a correre per la foresta con i sensi all’erta per seguire la sua
scia. Per me, il migliore cacciatore del mondo, l’incarnazione
della forza e delle caratteristiche dei grandi predatori, trovare
Bella sarebbe stato semplice.
Il suo
odore floreale mi invase le narici, riempiendomi i polmoni fino a far
vorticare i miei pensieri, persi tra le immagini più varie.
Avrei
per una volta desiderato spingere il viso tra i suoi capelli,
lasciandomi inebriare da quella fragranza.
Avrei
voluto bearmi del suo sapore, per quanto ributtante mi sentissi anche
solo a pensarlo.
Avrei…
i pensieri si interruppero immediatamente quando captai un singulto e
delle parole strascicate. Il ringhio di un animale, l’odore
pungente della paura, il silenzio innaturale della foresta, immobile
nel terrore.
Non ci
fu momento per pensare o per riflettere, corsi fino allo spasimo
seguendo quella scia familiare, sintonizzandomi sui battiti del suo
cuore impazzito, che batteva anche per me.
L’immagine
che mi si palesò dinanzi sarebbe rimasta impressa in eterno nella
mia mente, per quello che sarebbe potuto accadere, per quello che
avrei perso, che avrei causato, per le lacrime che non avrei potuto
versare sul suo corpo non più caldo.
Per
quelle labbra che non avrei mai potuto baciare.
Forse fu
quello l’istante in cui capii, probabilmente indotto dallo
stravolgimento e dal terrore, ma compresi quanto vigliacco ero stato
nei confronti di Bella, nei miei confronti.
Voltavo
il viso altrove per non permetterle di scorgere i miei sentimenti,
temendo un rifiuto. Mi rifugiavo nelle folli affermazioni di una sua
presunta inesperienza, del suo essere ancora una bambina…
Tutte
bugie.
Tutte
futili bugie atte a proteggermi, perché quando un vampiro si
innamora il suo mondo muta.
Non vi è
altro centro, per i suoi pensieri e per la sua esistenza, all’infuori
di lei.
E Bella
per me era questo, lo era sempre stata… anche se in modi diversi.
Crescendo,
divenendo la donna che ormai era, anche i miei sentimenti erano
mutati, palesandosi nella loro forma più scura e torbida.
Non
c’era più solo affetto.
Non più
solo amore infantile.
No…
c’era quell’amore passionale e forte che mi legava a lei
inesorabilmente, c’erano i desideri che scuotevano la mia mente ed
il mio corpo quando ero in sua compagnia. C’era molto, troppo,
tanto a sconvolgermi.
Ed io
ero scappato, consapevole che dinanzi ad un suo rifiuto sarei stato
costretto ad allontanarmi.
Sciocche
le frasi che parlano di capacità di reprimere i propri sentimenti
verso la persona amata, la capacità di limitarsi ad osservare a
distanza mentre trova l’amore altrove.
Impossibile.
La
sofferenza sarebbe tale, la gelosia così furiosa che nessun amicizia
potrebbe mai reggere.
Il mio
amore per lei era troppo forte e folle per poter sopportare una
simile prospettiva.
Dinanzi
ad un suo rifiuto avrei abbandonato con lei le mie speranze, cercando
in un altro luogo una parvenza di pace.
Mi sarei
allontano dai suoi occhi e dai miei desideri non condivisi, ma almeno
non avrei rimpianto più di aver osservato in silenzio il
distruggersi di ogni possibilità.
Sarebbe
stato più giusto per entrambi.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Salve. XD
Non sono affondata in un pozzo, anche se forse qualcuno lo ha pensato.
Torno qui, dopo mesi... quasi un anno, tentando di ripostare qualcosa.
Un tentativo di scrivere qualcosa di decente... probabilmente vano, perchè ormai è da tempo che mi sembra
di scrivere solo cose "vuote". Ammetto che è piuttosto deprimente. Ho
riaperto e chiuso word tanto spesso da averne avuto la nausea. XD
Eppure il pensiero di queste storie interrotte mi crea un profondo
dispiacere, forse perchè nonnostante tutto a me scribacchiare piace.
Bhe, spero che il capitolo non sia tanto penoso. E' il meglio che sono
riuscita a fare XD
La furia
mi
pervase, trascinandomi in quella lotta, senza esclusione di colpi. E
mentirei
se non ammettessi che, in parte, la gelosia mi rese ancor più violento,
mescolata com’era al terrore. Perché la mia Bella aveva ceduto a quel
vampiro,
che sarebbe stato pronto ad affondare in lei i suoi canini, a
strapparle ciò
che io avevo protetto, sin dalla sua nascita. Cosa lui poteva avere più
di me?
Perché quei sorrisi e quella complicità che a me aveva ormai negato, da
tempo? Perché
lui? Perché non io? Ero incapace di comprenderlo, accecato da quel
senso di
perdita e sconfitta che, in quell’istante, sfogavo su Matt; godendo di
ogni
grugnito di dolore che abbandonava le sue labbra, ignorando le grida di
Bella,
il suo terrore che potevo percepire distintamente nell’aria. Proprio
come il
mio nemico, distratto dal profumo floreale della mia mezza vampira.
Mia.
Perché Bella
lo era sempre stata, malgrado io mi rifiutassi di ammetterlo anche a me
stesso.
Avevo chiuso gli occhi per non scorgere ciò che era palese a tutti.
Avevo
disseminato la mia strada di trappole, per impedire a me stesso di
avvicinarmi
realmente a lei, giustificando la mia folle gelosia; sebbene agli occhi
di
tutti fosse palese la realtà. Ma lei, cosa aveva potuto pensare?
Aveva scorto
in me il noioso fratello maggiore, che tentava di privarla della sua
libertà?
Oppure aveva
compreso ciò che io avevo tentato di nascondere, goffamente?
Non ne avevo
idea ed in quell’istante non me ne curai, affondando i canini nella
spalla del
vampiro, nel tentativo di stordirlo, privandolo della sua linfa vitale,
abbastanza da rallentarlo. Ma non fu necessario. Percepii
immediatamente il
profumo dolce del sangue saturare l’aria, quando una carcassa di un
cervo
crollò accanto ai nostri corpi avvinti, costringendo entrambi ad alzare
il
capo. Pur consci che una qualsiasi distrazione sarebbe stata fatale,
inebriati
dalla lotta, il sangue ci attirò come delle falene ad una lampada,
permettendo
a Velia di dirottare la nostra attenzione lontano dallo scontro.
La baruffa
continuò, ancora per qualche istante, mentre entrambi tentavamo di
allontanarci, aggrappandoci a quell’istinto di sopravvivenza, insito
nella
nostra razza.
Perché sono un mostro,
sempre e solo un
mostro. Un mostro che si aggrappa ad una parvenza di civiltà. – mi ripetei, per l’ennesima volta, nuovamente
faccia a faccia con quella realtà che tentavo tanto spesso di ignorare.
Perché
fingere
di non scorgere la verità è molto più semplice che accettare una
consapevolezza
dolorosa.
O forse io sono
semplicemente un vigliacco.
Tornai in me
solo dopo essermi nutrito di una creatura dei boschi, sotto lo sguardo
colmo di
disapprovazione della vampira, assalito dai suoi pensieri confusi. Non
la
biasimai quando scorsi nella sua mente quello che credeva essere il
motivo di
quello scontro: Bella, le tue attenzioni, il suo cuore. Non sottolineai
quanto
fosse in errore, almeno sino a quando non fu un afflitto Matthias a
rivelare l’origine
dello scontro, con quelle parole cariche di tensione che abbandonarono
le sue
labbra esangui. Potevo distintamente percepire il disgusto che provava,
verso
se stesso. La delusione, la sensazione opprimente che comprimeva il suo
petto.
E rividi attraverso i suoi ricordi il volto cereo di Bella, la paura
che
trasudava dalle sue parole, il panico e le lacrime che avevano solcato
il suo
viso delicato. Rivissi tutto, stringendo i pugni, per costringermi a
non
scagliarmi nuovamente su di lui. Osservai ognuna di quelle immagini,
conscio
fosse in parte colpa mia. Io l’avevo spinta a fuggire, con il mio
atteggiamento
oppressivo. Io l’avevo resa incauta.
«E’ stato un
incidente.» mormorai, sorprendendo i miei due silenziosi compagni e
anche me
stesso.
Non avrei
voluto dimostrarmi tanto indulgente Una parte di me avrebbe voluto
assalirlo,
ribadirgli quanto fosse inadatto a Bella, a causa del suo scarso
controllo, di
quella sua natura che probabilmente non avrebbe mai mutato. Si nutriva
di
umani, no? Eppure come avrei potuto? Io stesso non avevo indugiato in
quel
comportamento riprovevole, per anni, prima di accettare di seguire
Carlisle?
Prima di scorgere il mostro che si celava al di là delle mie apparenti
umane
fattezze? Fu per tale motivo che non fiatai, aggrappandomi alla
consapevolezza
che avrei ben presto trascinato Bella lontana da quella casa, da quello
sciocco
ragazzetto. Sarebbe bastato narrare ciò che era accaduto, per avere il
consenso
della mia famiglia. Nessuno avrebbe potuto biasimarmi.
Nessuno ad
eccezione di Bella.
«Dovremo
fare ritorno a casa. Non vorrei si preoccupasse.» commentai atono,
conscio di
quanto testarda ed ostinata lei potesse essere. Ed infatti, quando
avevo
recuperato il controllo di me la meraviglia aveva preso il sopravvento,
una
volta appurata la sua assenza. Si era allontanata, esortata da Velia,
forse
conscia di essere una tentazione ed uno stimolo a quella lotta, con il
delizioso profumo del suo sangue. Ma come avrebbe reagito a tutto ciò?
Avrei tanto
desiderato saperlo.
________________________
Pov Bella
Tremante
osservavo l’imbocco della foresta, con i palmi sudati e quella
sensazione oppressione
al petto, che non pareva volermi abbandonare, in alcun modo. Le
immagini
riecheggiavano nella mia mente, condite da quei ringhi furiosi,
dall’eco delle
mie stesse urla, dal mio terrore. Un terrore che, anche in quel
maledetto
istante, non pareva volersi dissipare, malgrado la consapevolezza che
Velia
avrebbe certamente risolto ogni cosa.
Ero stata
così sciocca, così avventata ed anche così dannatamente spaventata.
Non avevo
mai pensato alla mia morte, forse conscia dell’immortalità che
contraddistingue
la mia natura. Protetta dalla mia famiglia avevo sempre dato per certo
che
nulla avrebbe potuto ferirmi, che loro avrebbero vegliato su di me; che
sarebbero sempre accorsi in mio aiuto.
Ed io mi ero
aggrappata a quella pretesa di autonomia, senza mai prendere realmente
le distanze,
affidandomi a loro, come una bambina nel buio, consolata dalla presenza
dei
suoi genitori, a cui non può fare a meno di tendere la mano, quando la
paura si
fa largo nella sua mente.
Ero stata
così ingenua a credere di bastare a me stessa.
Così
infantile.
Se solo…
Alzai il
viso di scatto, puntando i miei occhi scuri sulle tre figure che si
avvicinavano meste, lasciando scivolare lo sguardo su ognuno di loro,
indugiando su Edward e su Matt che, coperti di terra e sangue,
apparivano più
mal ridotti di quanto non fossero in realtà. Ma non fu questo a
turbarmi o a
soffocare nella mia gola quel sospiro di sollievo che mi stava
sfuggendo. Fu il
volto inespressivo di Edward ed il dolore che distorceva i tratti di
Matthias.
Una delusione per uno, una sofferenza per l’altro.
Bel colpo Bella.
«State…
bene?» mormorai, con voce gracchiante, pronunciando quelle parole così
vacue e
scontate da vergognarmi, mentre tentavo di frenare i miei piedi, per
impedirmi
di correre loro in contro, tuffandomi nelle braccia di Eddi, inspirando
il suo
profumo, che avrebbe certamente domato i tremiti nel mio corpo scosso.
Perché per
quanto mi sarebbe piaciuto negarlo, quella sarebbe sempre stata la mia
reazione.
Il mio
sguardo si sarebbe sempre puntato su di lui, anche in una stanza
affollata.
I miei occhi
lo avrebbero cercato.
Le mie
orecchie avrebbero sempre riconosciuto il timbro melodioso della sua
voce.
Il suo
profumo mi avrebbe sempre guidata verso di lui.
In quel
momento mi chiesi se sarei mai riuscita ad allentare la presa che lui
aveva su
di me. Se mi sarei mai liberata della sua presenza ingombrante che, pur
non
volendo, era divenuto l’incontrastato possessore del mio cuore.
Perché non
era questo ciò che lui desiderava.
Mi volevo
bene, certo. Non avevo mai dubitato di questo.
Ma non era
quel tipo di affetto che io cercavo. Non era quel tipo di affetto che
ottenebrava la mia mente, che mi strappava quelle lacrime versate nel
silenzio
della mia camera.
«Stanno
bene. – confermò Velia, con un sorriso stentato, probabilmente
imbarazzata
dall’accaduto e preoccupata per Matt, che continuava a fissare il
suolo, quasi
in attesa di scorgere la voragine che avrebbe potuto inghiottirlo.
Eludeva il
mio sguardo, ben attento a non incrociare i miei occhi, forse temendo
il
biasimo che avrebbe potuto leggere in essi. Il terrore. Ed io… bhe, non
sapevo
cosa provare per lui. Paura? Riluttanza? Comprensione? Dio, non ne
avevo la
minima idea. – Ci daremo una ripulita in casa e poi discuteremo di
tutto questo
con calma. Magari davanti ad una tazza di thè caldo. » continuò lei,
impacciata,
con quell’espressione apprensiva che pareva dubitare della mia
stabilità. Che
temesse potessi scoppiare in singhiozzi, da un istante ad un altro? O
forse uno
svenimento? Io avrei scommesso sul secondo, considerando quella
sensazione di
vuoto, dovuto allo shock, che attanagliava la mia mente.
Ero confusa.
Frastornata.
Scossa.
E desiderosa
di un caldo e rassicurante abbraccio.
Sono proprio una bambina.
– mi ammonii, mentre il mio sguardo speranzoso
scivolava su Edward che, con le labbra serrate, pareva essere sul punto
di
esplodere.
«Noi
torniamo a casa.»
Quelle
parole pronunciate improvvisamente riecheggiarono nell’aria, riempiendo
l’improvviso
silenzio, calato su di noi. Avrei dovuto immaginarlo. – mi dissi,
battendo le
palpebre, ugualmente sorpresa. Almeno sino a quando il mio cervello non
decise
di collaborare, riportando a galla quella latente ostilità che, negli
ultimi
anni, caratterizzava le mie conversazioni con Edward. Quella ostilità
alla
quale mi aggrappavo, per celare i sentimenti ben diversi che dentro di
me si
agitavano. Una tattica infantile, forse.
«Come?» gracchiai, assottigliando gli occhi, sfidandolo a
ripetersi.
«Io e Bella
torniamo a casa. – ribadì, senza alcuna riluttanza, imperturbabile,
anche dinanzi
all’aria ferita di Matthias o le mie labbra dischiuse in una posa
palesemente
indignata. Ma non se ne curò, deciso ad ignorarmi, quasi io non fossi
altro che
un patto da riportare a destinazione. – Inutili salamelecchi non
cambieranno
nulla. E’ stato un incidente, ciò non toglie che non ho intenzione di
assistere
a nulla di simile. C’è mancato poco, dannatamente poco.» brontolò cupo,
serrando il pugno con forza e mi parve quasi di poter percepire il suo
desiderio di voltarsi e sferrare un colpo contro l’albero. O, con
maggiori
probabilità, contro il mio amico.
Il mio amico.
Matthias.
Lui che mi aveva supportata e coccolata.
Lui che mi aveva sorriso e teso la mano, malgrado
le nostre differenze delle nostre nature.
Mi aveva
quasi attaccata, stravolto dalla fame.
Aveva
aggredito il mio Eddy, in risposta alla sua intrusione.
Aveva perso
il controllo.
Eppure, in
quell’istante, non mi era mai parso tanto umano, scosso dal rimorso.
Bisogno di
rassicurazioni che non avrei mai potuto negargli.
Perché
l’amicizia
è anche questo, sebbene il nostro fosse un caso piuttosto atipico.
Perdonare
gli errori.
Comprendere.
Talvolta
chiudere gli occhi ed accettare ciò che non si può mutare. E, bhe, io
non avrei
mai potuto cambiare Matthias o la sua natura. Ma gli avevo sorriso, la
prima
volta, ben conscia di cosa vi fosse al di là di quell’espressione
allegra.
Quella creatura ferina che era presente anche in me, sebbene solo in
parte.
Che era
presente in tutte le persone che amavo, compreso l’uomo che avrei
desiderato al
mio fianco per l’eternità.
Perché per i
vampiri l’amore è eterno.
Il fulcro
della loro lunga esistenza. Quella mano tesa, sempre.
Quella
passione bruciante.
Quella
presenza costante.
Ciò al quale
io tendevo, invano. – rimuginai, ignorando il groppo nella mia gola,
consapevole fosse inutile indugiare in simili pensieri, soprattutto in
quell’istante.
Forse non
avrei mai potuto ottenere da Edward ciò di cui avevo bisogno.
Forse avrei
dovuto rinunciare a lui e alla sua presenza, che avrebbe
inesplicabilmente portato
a galla quei sentimenti.
O forse un
giorno mi sarei presentata alla sua porta, vestita solo della mia
pelle, per
costringerlo ad accettare che, dinanzi a sé, non aveva più una
ragazzina.
Molti forse,
poche certezze.
Ma di una
cosa ero più che sicura. Non gli avrei permesso di allontanarmi da
Matthias o
infangare la nostra amicizia.
«Edward, non
essere infantile. Non intendo scappare come una bambina, scattando al
tuo
ordine.»
«Avrei
dovuto immaginarlo. – sibilò a mezza bocca, rivolgendomi un’occhiata
truce, che
mi permise di comprendere che mi avrebbe trascinata via anche con la
forza, se
necessario. – Ma i tuoi genitori credo non sarebbero felici di saperti
qui.
Dopo ciò che è accaduto.» concluse, sorridendo stranamente perfido,
compiaciuto
delle sue certezze.
Troppo
compiaciuto per i miei gusti.
Fu quella
sua espressione ghignante ad istigare quella parte di me tutt’altro che
matura.
E fu quello
a strapparmi quelle parole che, in altra occasione, non avrei mai
pronunciato.
Fu il mio
desiderio di pareggiare i conti, da sciocca bambina vendicativa quale
ero, ad
alimentare quei dubbi che costantemente lo affiggevano.
«Se
mi fossi ferita, in un bosco, cacciando
insieme a te… anche tu mi avresti aggredita.»
Fu la mia
stupidità ad allontanare Edward, per quello che mi parve un tempo
infinito…
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Salveee! Eccomi qui con il nuovo capitolo, questa volta postato
in un tempo ragionevole.
Vi ringrazio per le vostre bellissime recensioni, che sono sempre uno
sprono a scrivere ed alle quali ho risposto con il nuovo sistema di efp.
Grazie a tutti!
Di seguito inserisco i link delle storie che sto portando avanti ora e
che sto aggiornando:
Tradimenti
e Bugie. (Twilight)
Write me
(Originale romantico)
Bus Stop
(Originale romantico)
Capitolo 11
Due mesi.
Due mesi senza una parola. Due mesi trascorsi nella consapevolezza di
aver
errato e di non poter in alcun modo rimediare al mio sbaglio. Due mesi
a
domandarmi perchè avevo pronunciato quelle parole sprezzanti. Perchè il
mio
infantilismo aveva prevalso. Perchè non avevo compreso, sul momento,
quanto
fosse grave la situazione.
Avevo scorto
la delusione e l'angoscia irrigidire i tratti del suo viso. Avevo
osservato la
tristezza trasudare dal suo sguardo, mentre i pugni si chiudevano,
serrandosi
sino a far sbiancare le nocche; ed avevo rammentato il reverenziale
timore con
il quale a me si avvicinava, tanto spesso. Talvolta avevo la sensazione
mi
reputasse alla stregua di una bambola di cristallo… un oggetto tanto
prezioso
quanto fragile. Perché non dubitavo di essere preziosa per lui, benchè
non lo
fossi nel modo in cui avrei voluto. Eppure l’affetto che lo legava a me
era
sempre stato sincero, proprio come la vergogna per la sua natura, che
tenatava
di celarmi.
Il disagio,
al ritorno da una caccia. Il suo bisogno di eludere il mio sguardo, di
mostrarsi impeccabile, tanto da avere, sempre con sé, un cambio d’abiti
nella
sua auto, di cui non mi aveva mai parlato. Lo avevo accidentalmente
trovato,
riposto sotto il sedile della sua Volvo, qualche mese prima, grazie ad
una
delle interferenze di Alice, che poi si era premurata di minimizzare,
prima di
trascinarmi con sé al centro commerciale.
Non voleva
che io scorgessi in lui quel mostro dal quale era ossessionato.
Non voleva
che io temessi la sua natura, benchè essa fosse in parte anche mia.
Se solo
fosse stato in grado di guardare oltre le apparenze e l’odio per sé
stesso,
forse avrebbe compreso quanto amore trasudava dal mio sguardo e quali
sentimenti mi legassero a lui, sin da quando i miei occhi si erano
posati sul
suo volto.
Sin da
quando, da bambina, allungavo le dita verso di lui, desiderosa di
protezione e
contatto.
Perché
Edward era il mio eroe, il mio principe dalla scintillante armatura.
Il mio
principe, fuggito in sella al suo bianco destriero.
Mi ero detta
che tutto si sarebbe risolto, rassicurandomi come la bambina che ero;
con vacue
speranze e quelle parole che, come un mantra, vorticavano nella mia
mente
confusa ed annebbiata dal senso di colpa; incapace di accettare quanto
quella
mia sciocca frase avesse potuto ferirlo. Forse perchè in parte era
quello il
mio scopo: punirlo per ciò che non era in grado di darmi. Per
quell'asfissiante
comportamento che nei miei confronti esibiva, per quella deleteria
gelosia che
dietro di sè non celava nulla, se non il fraterno affetto. Illudendomi,
schernendomi. Perchè, per quanto una consapevolezza possa essere forte,
la
mente umana si aggrappa ad ogni appiglio, ad ogni speranza, seppur
vacua. Ed io
mi ero aggrappata a lui, in quegli anni, semplicemente desiderando di
avere
un'unica possibilità, sino a quando anche quella non mi era parsa nulla
più che
una follia.
Perchè non
si può negare la realtà in eterno.
Eppure mi
pentii all'istante di quelle parole sfuggite con rabbia e risentimento
mentre
osservavo la maschera di impassibilità dipingersi sul suo volto,
adombrando il
suo sguardo solo per un istante.
«Perfetto.
Ti aspetto in auto.» mormorò, con voce inflessibile e le labbra tese
per lo
sforzo di non urlare ed io semplicemente annuii, incapace di proferir
verbo. Probabilmente
perchè avevo già detto abbastanza, forse perchè ero spaventata da
quegli occhi
freddi che mi fissavano, senza alcuna traccia di calore. Senza quella
tenerezza
che aveva sempre addolcito il suo sguardo.
Quello stesso
sguardo che sempre mi rivolgeva, anche durante una qualche lite.
Ma non in
quel momento.
Così lo
osservai, mentre si allontanava, con il passo svelto e la postura
rigida. Lo
conoscevo abbastanza per sapere cosa celasse, una furia mal contenuta,
che
tratteneva, per non riversarla su di me. Sulla piccola sciocca che
attese
immobile, per un tempo che le parve indefinito, di vedere quel suo capo
voltarsi; pregando per un unico misero sguardo. Elemosinando
quell'occhiata che
lui mi rifiutò, procedendo oltre sino a quando non scomparve alla mia
vista.
Se solo
avessi saputo la realtà, sarei corsa da lui, senza alcuna esitazione.
Ma la mia
vigliaccheria prevalse, scegliendo per me la strada sbagliata.
«Matt...»
sussurrai, in un sospiro sommesso, facendo forza su me stessa per
distogliere
la mia mente da quei vacui pensieri e da quell’orizzonte ormai privo di
interesse.
«Ho
sbagliato e lui ha ragione. - mormorò, passandosi stancamente una mano
sul viso
contratto, ben attento a non incrociare il mio sguardo.
- Dovresti raggiungerlo.»
«Dobbiamo
chiarire.» ribattei risoluta, serrando le labbra in una smorfia,
dinanzi al suo
tentativo di chiudersi. Dinanzi al muro eretto tra di noi e dietro il
quale si
celava, fremendo per allontanarsi. Bisognoso di allontanarsi, proprio
come lo
ero io; sebbene per ragioni differenti.
Lui voleva sfuggire al biasimo ed al senso di colpa, che sulle sue
spalle
gravava... ed io, dovevo raggiungere Edward; chiedere scusa. Tentare di
ottenere il suo perdono, contrita, pronta ad implorarlo se necessario.
Peccato che
non sempre il nostro volere abbia una qualche importanza. Talvolta
possiamo
rassicurarci, ingannarci di avere tempo, di avere una qualche
possibilità,
senza curarci che non tutto dipende da noi e che, spesso, dobbiamo
chinare il
capo, accettando semplicemente le conseguenze delle nostre azioni.
Non a tutto
si può porre rimedio, una lezione che avrei appreso molto presto e che,
in
quell’istante, ignoravo.
«E’ stato un
incidente.» ripetei, passandomi stancamente una mano tra i capelli
aggrovigliati, domandandomi quale aspetto mostruoso avessi; stravolta e
probabilmente pallida come un cencio.
«Lo so. Non
avrei
mai tentato di farti del male volontariamente. – replicò, in un
sussurro appena
udibile, abbandonando la schiena contro il tronco di un massiccio
albero, ben
attento abbandonandosi a quel sospiro tremulo che mi strinse il cuore.
– Ciò non
toglie che Edward aveva ragione. Le mie
abitudini sono diverse dalle vostre e, come hai ribadito tu stessa,
anche nel
suo caso la possibilità di farti del male non è remota. Siamo mostri.»
«Delle volte
sembra quasi che tutti dimentichiate che per metà sono come voi. –
sbottai, in
tono stridulo ed irritato dal dover udire costantemente quella stessa
solfa. Non
sarei mai stata forte come loro, mai abbastanza veloce, ma mai neppure
indifesa, come volevano credermi. – Non sono una bambina, non sono
umana. E
neppure voi siete invulnerabili, malgrado vi affannate a voler
affermare il
contrario. E, per quanto riguarda ciò che ho detto ad Edward… - esitai
e la mia
voce si spense, per un istante, mentre i denti si serravano con forza
sul mio
labbro. Nervosa, ansiosa, conscia della mia colpevolezza. – Erano
parole
dettate dalla rabbia.» ammisi, compiendo qualche passo verso di lui,
colmando
quella distanza che aveva posto tra noi, ignorando la tensione che
sembravo
alimentare, nel suo corpo, con la mia vicinanza.
«Matt, siamo
amici. – continua, tentennando appena. - Siamo ottimi amici e tu sai
cosa provo
e sai quanto detesto quella sua mania di controllo. Quelle parole mi
sono
sfuggite, alimentate dalla rabbia. » sussurrai, allungando le dita
verso il suo
volto tirato, accarezzando dolcemente la sua guancia.
Non volevo
perderlo.
La nostra
conoscenza non era radicata in un passato comune e, in fin dei conti,
era
recente. Eppure, in quelle settimane, avevo incontrato finalmente
qualcuno con
cui parlare, qualcuno che mi avrebbe ascoltata senza alcun preconcetto.
Qualcuno che non mi era stato accanto sin dalla mia nascita, che non
aveva
assistito alla mia crescita e che si sarebbe preoccupato per me,
rammentando le
mie guance paffute e quella bambina che correva, per casa, agitando i
pugnetti.
No, Matthias
apprezzava me, quella ragazza timida e schiva, che arricciava il naso,
per il
disgusto, dinanzi alle sue battute volgari. Quella che ascoltava le sue
paranoie su Velia ed i suoi tentativi di approccio miseramente falliti,
a causa
della sua tendenza a scherzare, quando era in imbarazzo. Si celava al
di là
della velata ironia, per nascondere i suoi sentimenti.
Forse per
l’insicurezza.
Forse
semplicemente per paura.
«Sei il mio
primo vero amico. Non voglio perderti, ho bisogno di te. – commentai,
addolcendo il mio tono, scorgendo l’esitazione sul suo viso. – Le cose
più
belle portano sempre con loro un rischio. La vita stessa lo è. E, delle
volte,
bisogna rischiare e lottare, per ciò che si desidera, per ciò che vale
la pena
di combattere. Per me la nostra amicizia vale questo piccolo rischio.»
Notai la sua
mascella serrarsi, con veemente, e le dita scivolare tra i suoi capelli
con un
gesto nervoso e apprensivo, mentre il mio nome abbandonava le sue
labbra quasi
come una supplica. «Bella.»
«Matt,
eviteremo di andare a caccia insieme. – incalzai, permettendo alla
speranza di
sbocciare dentro di me. – Questo è stato il primo e l’unico incidente
in
settimane. Ti prego.»
Il suo
sospiro arrendevole, colmò il teso silenzio calato su di noi,
strappandomi finalmente
un sorriso, che non potei trattenere, alleggerita da quel penso, benchè
la mia
mente fosse tutt’altro che libera. Perché nella mia mente il volto
addolorato
di Edward non svaniva.
Rivedevo i
suoi occhi spenti, la rabbia mescolata a quel pressante senso di colpa,
alla
delusione. Alla sofferenza di cui io ero stata la causa, per l’ennesima
volta.
Chiariremo.
Abbiamo
sempre chiarito. – mi ripetei, tentando di rassicurarmi, aggrappandomi
a quella
debole consapevolezza, perché non avevo che quella.
Otterrò il
suo pedono.
«Ti voglio
bene , Matt… ti chiamo domani!» esclamai, scoccandogli un bacio sulla
guancia,
correndo via, prima di concedergli il tempo di replicare e cambiare
idea. Era
giunto il momento di appianare la situazione con Edward, scusandomi per
il mio
errore e per le mie parole.
Lo avrei
ringraziato come avrei dovuto fare.
Lo avrei
supplicato di ascoltarmi.
Avrei… avrei
voluto poter fare molte cose; ma i miei piani di rivelarono ben presto
futili.
Perché Edward
non era lì.
Non c'era.
Non un
messaggio.
Non una
promessa.
Non una
rassicurazione.
Nulla... se
non Alice, che mi avrebbe ricondotta a casa.
_____________________________
To:
Edward
Affido le
mie parole ad un foglio di carta, perché è tutto ciò di cui dispongo.
Alice non
mi ha assicurato che ti verrà recapitata ma, enigmatica e manipolatrice
come al
solito, mi ha concesso questa flebile speranza, alla quale mi aggrappo.
Sono una
bambina.
Sono una
sciocca.
Ma una
bambina sciocca che ha bisogno di te e di nessun altro.
Non perderò
tempo a giustificare quelle parole pronunciate. Ero arrabbiata, sono
arrabbiata, con me stessa, con te… perché sembriamo incapaci, ormai, di
coesistere, senza azzuffarci, senza ferirci.
Io ho
tentato di ferirti, spesso.
E so che è
infantile, ma la parte più egoista e meschina d me voleva procurarti lo
stesso
dolore che tu mi arrecavi, illudendomi. Perché è questo che hai fatto,
anche se
sono consapevole che mai di proposito hai compiuto un atto del genere.
Per te
sono quella bambina dalle guance paffute di un tempo, quella che volevi
proteggere da tutto e da tutti, anche da te stesso.
Peccato che
io non sia più quella bambina, Edward.
Il tempo mi
ha resa un’adolescente.
Il tempo mi
ha resa una donna, forse con la mente di una bambina, spesso. Ma pur
sempre una
donna.
Una donna
che ha bisogno di te, in modo diverso.
Una che
soffriva, vedendosi rivolgere quelle premure, che tu le riservavi con
lo
sguardo di un fratello.
Un fratello
incapace di guardare oltre il suo naso, oltre le sue idee.
L’amore non
si controlla, Edward.
L’amore ti
afferra, ti strattona, ti costringe a fare i conti anche con sentimenti
che
vorresti respingere, per rendere tutto più semplice.
Perché
l’amore
complica la vita.
E la mia
esistenza è divenuta contorta, da quando determinate emozioni si sono
destate.
Trasformate dall’affetto infantile, a quell’amore che nutro per te, in
silenzio, ormai da un tempo che mi pare infinito.
Assurdo,
considerando che questi anni dovrebbero essere per me alla stregua di
granelli
di sabbia. Una piccola manciata di giorni, in quella spiaggia che è la
mia
eternità.
Eppure ogni
istante è stato pregnante, doloroso, dolce, angosciante, meraviglioso…
perché l’ho
condiviso con te, facendo i conti con i tuoi rifiuti ignari, con la tua
tenerezza, con il tuo bisogno di proteggermi che, mi ha sostenuta e
illusa, al
contempo.
Perché ho
preferito covare quella speranza, che accettare quella realtà.
E quando
quella maledetta speranza veniva infranta, da un tuo gesto e da una tua
parola,
il mio cuore andava in pezzi con essa ed io mi nascondevo al di là di
quella
rabbia, con la quale ti ho ferito tanto spesso.
Mi dispiace.
Affidare ad
una lettera, queste confessioni, è molto più semplice.
Forse da
vigliacchi, ma mi consolo con l’idea che non avrei potuto fare
altrimenti. Perché
non so dove tu sia e neppure se prima o poi tornerai. Non so se stai
bene,
benchè Alice mi appaia piuttosto tranquilla e questo mi fa ben sperare.
Ma la
tua mancanza grava su di noi, su tutti noi, che non desideriamo altro
che
riabbracciarti.
Con questa
confessione io non ti chiedo nulla, se non di comprendermi.
Non voglio
il tuo amore.
Cioè… vorrei
il tuo amore, ma so di non poterlo pretendere. Quindi mi limito a
donarti
queste parole, con l’imbarazzo che in me destano, semplicemente per
permetterti
di capire il perché di molte mie azioni,
sebbene questo non giustifichi l’infantilismo dei miei gesti.
E’ stato
difficile, è difficile.
Lo è stato
il non poter parlare a te, di ciò che provavo, erigendo tra di noi quel
muro
necessario. Quella maschera che mi avrebbe permesso di preservarmi, di
salvarmi
da una delusione che non volevo affrontare, comunicandoti ciò che
sentivo per
te.
Ma ora a
cosa può servirmi nascondermi, se tu non sei qui?
Preferirei
venire a patti con la consapevolezza che tra noi non ci sarà altro che
fraterno
amore, ma poterti avere comunque al mio fianco, come quella sorellina
che sono
per te.
Mi basta
questo.
Tua Bella.
Deglutii a
fatica, osservando la lacrima scivolata sul foglio, su quelle parole
frettolosamente scritte ora macchiate dalla mia debolezza, dalla
vulnerabilità
che avvertivo e che tentava di soffocarmi. Mi sentivo sciocca a
rileggere
quella lettera, quelle frasi incapaci di trasmettere la mia angoscia,
la paura
che mi attanagliava lo stomaco, la consapevolezza Edward avrebbe potuto
desiderare di non essere più parte della mia vita. Di me.
Avrebbe
potuto abbandonarmi per sempre e, per chi gode dell’eternità, il “per
sempre” è
un tempo troppo lungo. Ed io sarei stata costretta a portare su di me i
segni
di quelle ferite che non si sarebbero mai rimarginate. Avrei sempre
atteso,
forse invano, il suo ritorno, illudendomi di scorgere la sua figura al
di là
della finestra. Il rombo della sua auto, quella Volvo parcheggiata in
garage
dalla sua fuga. Il suo profumo, quello dolce e rassicurante che mi
circondava
al mio risveglio, quando ero solo una bambina.
E quelle
parole avrebbero potuto solo peggiorare la situazione.
Avrebbero
potuto condannare tutte le mie speranze in un soffio. O almeno questo è
ciò che
mi ripetei, mentre ripiegavo il foglio, con cura, convincendomi della
follia
che sarebbe stata, affidare ad Alice quella confessione. Edward sarebbe
stato a
conoscenza del mio amore.
Ma cosa
avrei fatto se, pur sapendo, avesse deciso di non fare ritorno?
Come avrei
potuto sopportare tutto questo?
Semplice,
non avrei potuto.
Ed è per
questo che portai nuovamente il mio sguardo contrito su quella lettera
che non
avrei mai consegnato e che mi limitai a riporre in un cassetto, al di
sotto
della montagna di appunti e quaderni di scuola.
Quella
stessa lettera che, il giorno seguente, era svanita nel nulla.
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Capitolo 12
Pov
Edward.
Il limite.
Qual è il
limite di un uomo innamorato? Era una domanda che mi ero posto spesso,
sin da
quando avevo compreso quanto affetto mi legasse a Bella e cosa
rischiassi,
trascorrendo con lei ogni istante. Osservandola crescere. Permettendo
al mio
sguardo di soffermarsi sul suo viso dai lineamenti acerbi dapprima e
sulla
delicata bellezza sbocciata, quando era maturata, sotto il mio sguardo
ormai
bramoso. Ma avevo soffocato quei sentimenti, tentando di mettere a
tacere ciò
che sentivo, ciò che ero consapevole non sarebbe mai stato giusto e
neppure
opportuno.
Avevo
tentato.
Lottato.
Sperato.
Eppure non
avevo mai avuto il coraggio di allontanarmi da lei e non avevo mai
compreso per
quale motivo; se nella speranza di un mutamento nei miei sentimenti, o
più probabilmente
nei suoi sentimenti.
Ma cosa
importava, ormai?
Ero fuggito,
correndo per le strade sconosciute, celando la mia presenza agli umani,
grazie
alla fitta boscaglia, tentando invano di scaricare l’amarezza ed il
dolore, separandomi
da lei.
Correvo per
sottrarmi alla presa di quelle parole.
Correvo per
sfuggire alla realtà, conscio che ai suoi occhi non ero stato che un
mostro
inaffidabile.
Una
consapevole che avevo negato, sino all’ultimo istante.
Eppure ognuno
di quei passi compiuti non era che un colpo al mio cuore muto. Un cuore
morto
che non avrebbe dovuto provare dolore, ma che invece agonizzante
doleva,
serrandosi in una stretta e angosciante morsa.
Un mostro
con dei sentimenti e delle emozioni inopportune. Ironico, vero?
La risata
amara che sfuggì alle mie labbra riecheggiò nel silenzio di quella
foresta
attorno a me, mentre i miei piedi si muovevano sempre più veloci, per
sfuggire
a quella sofferenza che mi tallonava, tenendo il mio passo.
Perché
potevo scappare da lei, ma non da quell’amore che avvelenava la mia
mente ed il
mio cuore.
________________________
Dieci
giorni.
Quanto
possono apparire eterni dieci miseri giorni, quando nulla conta e nulla
vale?
Quando non
si ha nulla per cui sorridere.
Nulla per
riaprire gli occhi, al mattino, immerso in quel finto sonno.
Perché un reale oblio, tra le braccia di Morfeo, era una fortuna di cui
non
avrei mai potuto beneficiare.
Avrei voluto,
lo avevo desiderato mentre, disteso sul mio letto, in una cittadina
desolata
dell’Alaska, mi limitavo ad osservare il soffitto umido e macchiato di
muffa,
senza però realmente vederlo.
I rumori
della strada mi apparivano ovattati e distanti, soffocati dal ruggito
assordante che riecheggiava nella mia mente e che tentava invano di
portare la
mia attenzione sulla fame logorante, che mi premuravo di ignorare.
Assurdo e
assolutamente
irresponsabile, considerando quanto il mio controllo fosse divenuto
sempre più
labile, di giorno in giorno, sino a quando solo la stanchezza mi
tratteneva
dall’avventarmi sulla fonte di quelle pulsazioni che spesso percepivo
al di là
della porta della mia camera.
Era un
vecchio modelle cadente, dove ben poche persone azzardavano ad
avventurarsi.
Qualche
turista sfortunato, qualche coppietta anziana, le cui risa come pugnali
affilati mi rammentavano la mia solitudine, ad ogni ora del giorno.
Mi
ricordavano ciò al quale non avrei mai dovuto aspirare e verso il quale
aveva
egoisticamente allungato la mia mano. Sciocco.
Uno sciocco
che volontariamente si affamava.
Ma forse era
altro a spingermi ad agire così, a non nutrirmi, non solo il disgusto
per me
stesso e per la mia condizione. No. La consapevolezza di essere un
mostro, di
esserlo sempre stato, anche quando ostentando una civilità ed
un’umanità che
rappresentava solo una misera facciata. Una maschera le cui crepe
mostravano la
realtà che avrei desiderato celare, ma invano.
Allora perché
non abbandonarmi del tutto a quella natura?
Perché non
cedere a quegli impulsi che erano sempre stati parte di me e che mi ero
ostinato a sopprimere, per una finzione priva di valore?
Erano quelle
le domande che mi tormentavano, che avvelenavano la mia mente,
alimentate da
quella fame persistente, che mi strappava ogni barlume di razionalità,
lasciandomi annegare in quegli oscuri e dolorosi pensieri; l’unico
appiglio per
sfuggire ai ricordi.
Per recidere
quel legame che ancora mi legava ad essi, compiendo quell’ultimo passo
che lei
non mi avrebbe mai perdonato.
Peccato che
la mia memoria volesse persuadermi a scacciare quegli intenti,
rammentandomi
quegli insegnamenti che avevano nutrito la mia mente, per secoli. Ma
soprattutto quel viso paffuto e quel corpo caldo, troppo umano. Come
avrei mai
potuto affondare i canini godendomi il sangue stillante, nella mia
bocca,
quando quel calore e quel dolce sapore mi avrebbe ricordato la mia
piccola
Bella?
Come avrei potuto strappare la vita a qualcuno, rammentando i suoi
caldi occhi
color cioccolato ed immaginando l’orrore riflettersi in essi?
Non avrei
potuto, semplicemente.
La memoria,
quale maledizione.
Quale atroce
tormento, essere capaci di rievocare anche il più effimero dettaglio.
Il suo
profumo, un dolce sorriso, la sensazione che anche un misero contatto
casuale
poteva destare in me.
Uno
sfioramento.
Un bacio
fraterno.
Dita sottili
che giocavano con le ciocche dei miei capelli, tentato di dare un garbo
a
quella massa informe.
Piccoli
ricordi, di un quotidiano che rimpiangevo, malgrado la consapevolezza
di quanto
quella rinuncia fosse necessiaria.
Eppure
benchè la mente possa essere ormai certa di dove risieda la ragione ed
il
giusto, il cuore non segue sempre le vie e le strade dell’intelletto.
Perché
esso si inoltra in impervi cammini, aggrappandosi ad una ragionevolezza
sua,
fatta del calore dei sentimenti, dei bisogni e delle necessità che
divengono
primarie, come il respiro.
Ed il mio
cuore non aveva compreso, tantomeno accettato quella decisione, quella
lontananza, che avrebbe gravato su di me in eterno.
Perché la
memoria di un’immortale, come lui, non si piega alle intemperie del
tempo.
______________________
Un mese
Logorato
dalla lontananza, dal senso di colpa, dai timori e da quelle domande
prive di
risposta, vagavo per le strade di una città conosciuta, circondato dal
candore
della neve, che sembrava ricoprire ogni dove, con il suo gelido manto.
Ed io mi
paragonavo a quella terra brulla, soffocato dal ghiaccio, che serrava
la mia
mente ed il mio cuore. O forse questo è ciò che avrei desiderato.
Avrei voluto
anestetizzare con il freddo ogni mio caldo sentimento, sfuggendo così
al
tormento ed a quei quesiti, senza risposta, che come un tarlo
riecheggiavano
dentro di me.
Bella
era tornata a casa? Era con Matt?
Avevano chiarito? Lo aveva perdonato?
Probabilmente
si… non nutrivo alcun dubbio su quell’ultimo punto, conscio della
natura
caritatevole della mia Isabella.
Mia.
Solo nei
miei sogni; in quelli che la mia natura immortale non mi concedeva.
Il sorriso
amaro sulle mie labbra strappò l’ennesimo sospiro alla mia
accompagnatrice, che
aveva insistito per accompagnarmi, quel giorno, nella mia consueta
passeggiata.
Peccato che quelle ore, trascorse nel totale isolamento delle natura,
erano
dettate dal mio bisogno di solitudine, al quale quel giorno mi ero
visto
costretto a rinunciare.
«Dovresti
accettare la realtà ed andare avanti. » mi rammentò, posando una mano
guantata
sulla mia spalla, tentando di concedermi quella consolazione che le sue
dita
fredde non potevano donarmi.
Avrei voluto
poter chiudere gli occhi, percepire il calore irradiarsi sulla mia
pelle,
attraverso quel lieve contatto, anche attraverso la stoffa, illudendomi
che
fossero le dita di Bella a sfiorarmi, provando a risollevarmi. Ed
invece…
Ed invece
non ero che il solito sciocco, che tentava di crogiolarsi in vane
fantasie, che
lo avrebbero condotto sempre più a fondo, in quel baratro tetro che lo
stava inghiottendo.
Che mi stava inghiottendo. – mi corressi, scrollando la spalla, per
sottrarmi a
quella delicata presa, che non faceva altro che alimentare i miei
cattivi
pensieri. «Io accetto la realtà, se non fosse così sarei da lei, a
combattere
per qualcosa di impossibile.»
«Forse non
la ami abbastanza per combattere. – mi pungolò Tanya, fermandosi nel
bel mezzo
di quella stradina, puntano i suoi occhi dorati su di me, con
quell’espressione
di biasimo che ormai conoscevo sin troppo bene. – Sai benissimo che il
mio
interesse va ben oltre la semplice amicizia e che la tua presenza, qui,
non può
far altro che rendermi felice. Perché, nonostante tu ora mi rifiuti, il
tempo
potrebbe mutare la tua decisione e mostrarti ciò che potrei donarti.
Quidi puoi
immaginare quanto mi sia difficile rivolgerti queste parole. »
continuò,
esitando appena, mordendosi quelle labbra tumide, arrossate a causa del
vento
che sferzava sui nostri volti.
Scossi il
capo,
portandomi le mani sul viso, strofinando con forza, tutt’altro che
intenzionato
ad ascoltare tutto ciò. In un momento come quello non potevo fare i
conti con i
sentimenti di Tanya, non quando avevo già abbastanza problemi con i
miei, con
quelle emozioni che non ero in grado di controllare. Ero consapevole
che lei
sarebbe stata la scelta più opportuna, assolutamente la più giusta, per
quelle
innumerevoli qualità che in lei avevo sempre apprezzato, ma non solo.
Ma sarebbe
stata una farsa, proprio come quella in cui avevo vissuto, sino ad
allora. E la
mia amica non meritava certamente quel fittizio amore, che sarei stato
in grado
di donarle, conscio che il mio cuore sarebbe sempre stato altrove. «
Non è
necessario.» protestai, con voce soffocata e smorta, ricevendone in
risposta
solo uno schiocco di labbra deciso ed un’occhiata pungente.
«Tu non hai
combattuto e ti stai semplicemente aggrappando a delle parole che, sai
benissimo, erano state pronunciate dalla rabbia. Dall’esasperazione. –
continuò, ignorando la mia interruzione, pronunciando quelle frasi con
sempre
maggiore veemenza. – Dio, io vi osservati insieme, più di quanto avrei
mai
voluto ed ho notato quanto potevi essere impossibile, con le tue
soffocanti
pretese, con le tue premure, completamente fuori luogo, perché non più
rivolte
ad una bambina, ma ad una donna. Bella è una donna. » continuò,
scandendo
quelle parole con estenuante lentezza, quasi fosse lì a parlare con un
moccioso, cosa per altro non totalmente errata, pensai, mentre
osservavo me
stesso attraverso i suoi ricordi. Scorgevo quelle figure sconosciute,
seguendo
quei battibecchi assurdi che mi strapparono un sommesso sorriso,
malgrado la
morsa al mio cuore sempre più salda.
«Le parole
fanno male, possono ferire più di quanto non si voglia. – sussurrò,
avvicinandosi a me, accarezzando con dolcezza la mia guancia, con i
suoi caldi
occhi color caramello nei miei e le sue labbra piegate in una triste
smorfia. –
Tu non sei scappato solo da lei, ma anche dai tuoi demoni, dalle tue
paure, dal
tuo timore di essere un mostro. Stai scappando da te stesso e sino a
quando non
comprenderai questo, sino a quando non ti accetterai, non sarai mai in
grado di
capire lei e ciò che vuole. » concluse, stranamente criptica, celandomi
i suoi
pensieri oltre una colte di futili immagini, prima di posare la sua
bocca
tumida sulla mia, in un bacio appena accennato.
Un leggero
sfiorarsi, un impalpabile contatto, prima che i miei occhi potessero
seguire la
figura di Tanya, che ripercorreva il sentiero, verso casa.
______________________________________
Due mesi.
Lo scorrere
lento del tempo, l’alito caldo del vento, in quella cittadina
sconosciuta, dove
avevo deciso di alloggiare, per qualche tempo. Avevo abbandonato
l’Alaska,
deciso ad affrontare i miei personali demoni, la mia natura, spronato
forse
dalle parole di Tanya, sebbene una parte di me trovasse inutile anche
solo
provarci. Quale sarebbe stato il premio per i miei sforzi? Una pacca
sulla
spalla e la pace interiore? Dubitavo su quest’ultima, considerando il
tumulto
dei miei pensieri e la sensazione di perdita che gravava sul mio cuore,
nonostante il trascorrere incessante dei giorni.
Avrebbe
dovuto affievolirsi quel sordo dolore al petto.
Avrebbe… -
rimuginai, passandomi stancamente una mano tra i capelli, osservando le
mura
spoglie di quella casa. Era stata Alice ad indirizzarmi verso quel
luogo, con
una telefonata, la settimana precedente. L’avevo ignorata, deciso a non
fidarmi
di lei, conscio della sua natura di subdola manipolatrice ma qualcosa,
come al
solito, mi aveva indotto a cedere.
Forse non
era il luogo più accogliente che avrei mai potuto desiderare, ma era
questo ciò
di cui avevo bisogno. Un mondo isolato, nel quale tentare di ritrovare
quella
parte di me perduta. Quel mio essere che si era sgretolato, giorno dopo
giorno,
dall’arrivo di Bella nella mia vita. Avevo perso parti di me, preso da
lei, da
quelle guance rosse, da quello sguardo sveglio, da quella boccuccia
rosea, che
aveva rappresentato per me un tormento, negli ultimi anni.
Ma, in fin
dei conti, forse era stato giusto così, naturale questo brusco
allontanamento. Perché
si può amare, ma quale amore può essere quando ci si annulla
completamente, per
l’altra persona? Non è amore quello che ci porta a rinnegarci, a
sopprimere
parti di noi. Non è amore quello che ci esorta a dimenticare chi siamo,
cosa
siamo, trasformandoci, mutandoci. Giusto è crescere insieme, limare il
proprio
carattere, maturare.
Io invece,
avevo soffocato quella la mia natura, forzandomi in schemi che non mi
appartenevano, per essere più simile a lei, per essere degno di lei,
senza comprendere
quanto folle fosse il mio atteggiamento e quale frustrazione ciò
alimentasse.
Una frustrazione che su di lei sfogavo, inconsciamente consapevole di
quanto i
miei sforzi sarebbero andati in contro semplicemente al fallimento.
Il mio
totale e completo fallimento. – precisai, mentalmente, abbandonandomi
all’ennesimo
profondo sospiro, nello stesso istante in cui il fruscio della carta,
al di
sotto della porta, attirò il mio sguardo, sulla mia possibilità di
essere
felice, sotto forma di una variopinta busta da lettere.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 - The End ***
Salvee!
Ed ecco a voi l'ultimo capitolo di questa fanfiction. Ringrazio tutte voi che mi avete seguita, nonostante gli aggiornamenti spesso in ritardo, soprattutto nell'ultimo periodo.
Mi dispiace per il blocco che ho avuto e per la mia incapacità di scrivere. Mi dispiace per la scarsa presenza, eppure sono lieta di aver finalmente concluso una di queste mi storie in corso e non posso far altro che sperare di porre termine anche alle altre ancora aperte.
In quanto a voi, non vi ringrazierò mai abbastanza per la vostra pazienza.
Grazie, grazie davvero.
*Avvertivo il fruscio
della carta, un sospiro
sommesso infrangersi, al di là dell’uscio. Mi sembrava quasi di poter
scorgere
i suoi occhi sgranati, le dita tremanti ed il rossore che, se fosse
stato
umano, avrebbe imporporato le sue guance. Ed io, in attesa, mi
torturavo le
mani, rannicchiate in grembo, con lo sguardo puntato su quella
maledetta porta
e la consapevolezza di aver compiuto una follia che alimentava la mia
ansia, ad
ogni istante, ad ogni attimo. Eppure ero lì, dinanzi a quella squallida
stanza
di motel, nel quale alloggiava, semplicemente in attesa di quel
verdetto. Era
avvenuto tutto improvvisamente. La lettera svanita nel nulla, il
sorriso
sornione sul volto di Alice che la sventola, noncurante del mio folle
imbarazzo
e della mia preoccupazione, dinanzi al gesto che avrebbe potuto
compiere. Per
un momento avevo quasi temuto l’avesse inviata, senza attendere il mio
consenso.
Un consenso che
certamente non avrebbe mai ottenuto,
se non avesse agito come poi aveva fatto, raggirandomi senza alcuna
esitazione
e ponendomi dinanzi ai miei tormentosi dubbi.
Senza
scampo.
In trappola, costretta ad
ascoltare il
ricatto, pronunciato da quelle labbra tumide, pronte a mettere in
pratica le
sue minacce, con la collaborazione di Emmett che, dietro di lei,
attendeva solo
un suo ordine. Inutile sperare non avesse letto quelle parole
personali,
destinate ad Edward.
Inutile sperare che il
sogghigno, sul volto
dei due, non fosse rivolto alla sottoscritta ed alle smielate frasi
incise
sulla carta, di quella lettera, che sarebbe stata difficile da
contestare.
Ciò nonostante… in un
modo o nell’altro,
sarebbe giunta nelle mani del “brontolone dai capelli rossi”, come lo
aveva
definito Alice. Anche se è opportuno sorvolare, invece, sull’epiteto
con il
quale si era riferito a lui Emmett, sempre più volgare e meno incline a
controllare la sua lingua. Quest’ultimo si era offerto di rintracciare
lui
stesso il fratello in fuga, grazie alle doti di veggente della
piccoletta,
pronto a metterlo al corrente di ciò che avrebbe dovuto sapere da
tempo.
Ovviamente nessuna delle
mie implorazioni o
delle lacrime erano state ascoltate. Al contrario il tutto era stato
liquidato
con una semplice affermazione:
Sarà per il
tuo bene.
E come contraddire una
matta che vede il
futuro ed un energumeno ragionevole come un bambino dell’asilo?
Semplicemente non si può.
Ed io mi ero arresa,
esalando quel sospiro
sommesso che aveva rappresentato la mia condanna e scatenato urla di
giubilo
che non avevo affatto condiviso e che erano il motivo per il quale mi
trovavo,
fuori dalla porta, in attesa che Edward leggesse una copia della mia
lettera,
che io stesso gli avevo consegnato. Non desideravo comportarmi da
vigliacca ed
una parte di me aveva quasi pensato di pronunciare quelle parole,
dinanzi a
lui, magari leggendo io stessa ciò che avevo scritto. Ma il timore di
abbandonarmi all’imbarazzo ed alla conseguente ira, che questo destava
in me,
mi aveva fatta desistere dai miei intenti. Preferivo lasciarmi
considerare una
bambina, poco coraggiosa nell’ammettere i suoi stessi sentimenti,
piuttosto che
causare un ulteriore fuga di Edward.
Avevo già fatto
abbastanza. – mi rammentai,
rievocando le immagini che mi avevano tormentato negli ultimi mesi. Il
suo
volto desolato, afflitto da quelle parole da me pronunciate, in un
impeto di
rabbia. Follie e menzogne che erano ben lontane dalla verità; perché
come avrei
mai potuto temerlo? Come avrei mai potuto nutrire paura verso di lui,
che era
stato il mio protettore, in ogni fase della mia vita? Lui che mi aveva
donato
un amore fraterno, un’assoluta devozione che io avevo ripagato con
disprezzo ed
astio, perché incapace di affrontare ciò che invece avrei dovuto:
Quel tumulto di emozioni
che gonfiavano il
mio petto, quando lui mi era accanto.
Quelle che le note della
mia ninna nanna
risvegliavano in me.
Quelle che le sue carezze
ed i suoi sorrisi
gentili ridestavano.
Tutto in lui sembrava
sempre capace di
attrarmi, di rendermi schiava anche di quei semplici gesti che in altri
non
avrei neppure notato. Ma che, compiuti da lui, acquisivano un diverso
significato.
Ed io avevo conservato il
ricordo di ognuno
di quegli istanti, nella mia mente, nel mio cuore, facendone tesoro,
nutrendomene con una disperazione che era data solo da quell’amore, non
ricambiato.
Un amore di cui ero
pronta a renderlo
partecipe, per porre finalmente termine a quel suo vagabondaggio,
permettendogli di comprendere ciò che aveva mosso le mie azioni, negli
ultimi
anni. Ero ormai pronta a ricevere quel rifiuto, dalla quale ero
fuggita, per
lungo tempo.
Ero ormai pronta a fare i
conti con quella
parte della mia vita, che doveva
essere conclusa e con essa quella mia prima “cotta” infantile; come era
solita
definirla mia madre, benché a me apparisse una definizione sin troppo
riduttiva.
Ma in fin dei conti
dovrebbe essere usuale,
fraintendere ciò che si prova, dinanzi alle prime esperienze? Gonfiare
il
proprio cuore di un amore illusorio, vacuo e pronto a svanire in un
soffio. Un
amore al quale io mi ero spasmodicamente aggrappata, troppo spaventata
dall’idea
di rinunciarvi.
- Avrò
quello che merito. Avrò ciò di cui ho bisogno ed incontrerò un uomo
capace di
far battere il mio cuore, solo per lui. Un uomo in grado di lenire le
ferite
del mio giovane cuore. Un uomo che non sia Edward. – mi ripetei, per l’ennesima
volta, con il
respiro spezzato e le lacrime pronte a scivolare sulla mia pelle nivea,
accarezzandone le gote arrossate.
Non sono più
una bambina.
I rumori attutiti,
provenienti dall’interno
della camera, mi costrinsero ad alzare lo sguardo, infrangendo le mie
elucubrazioni, quando la porta si aprì dinanzi al mio volto dai
lineamenti
tesi.
«Bella! » l’espressione
affannosa sul viso di
Edward mi parve gratificante. Certo, pareva sul punto di crollare,
preda di un
colpo apoplettico, ma non sembrava disgustato, dalle parole che aveva
letto su
quella lettera.
Una lettera scritta da
quella che lui aveva
sempre considerato una sorella e che, scioccamente anche se per
costrizione, si
era ritrovata ad aprirgli il suo cuore, attendendo il suo giudizio in
silenzio.
Un atteggiamento
assolutamente insolito per
me che, con lui, non sembravo mai in grado di mitigare le mie reazioni.
Eppure
era forse l’imbarazzo ad impedirmi di replicare con una frase
sprezzante,
indugiando in quel comportamento assurdo che avevo da tempo nei suoi
confronti.
Sin da quando avevo compreso la profondità dei miei sentimenti. Quegli
stessi
sentimenti che mi avevano terrorizzata e che avevano destato in me il
bisogno
di allontanarmi.
Avevo rimproverato
Edward, per molte cose, in
quel periodo.
In parte lo avevo
considerato la causa di
quell’allontanamento tra di noi, malgrado fossi stata io la prima a frapporre quella distanza, semplicemente
perché non lo ritenevo capace di ricambiare quell’amore che avevo
compreso di
provare per lui.
Non gli avevo concesso
alcuna possibilità.
Non gli avevo permesso di
comprendere ciò che
mi aveva cambiata, costringendolo a prendere atto della mia ostilità,
ma non di
porvi rimedio.
Perché come avrebbe
potuto? – mi domandai,
ironicamente, osservando la punta delle mie scarpe, ossessionata da
quelle
elucubrazioni che erano state le mie compagne, durante quel lungo
viaggio in
aereo, che mi aveva condotta lì. Da lui.
Eppure, in quell’istante,
ero lì a concedere
ad entrambi quella possibilità che ci avevo negato, anche se
probabilmente in
ritardo.
«Non sembri molto in
forma.» mormorai, con il
capo chino ed il labbro stretto tra i denti, segno del mio palese
nervosismo.
Scorgevo il bordo di quella lettera color malva, ancora stretta tra le
sue
mani, ed ero comunque incapace di pronunciare qualcosa di sensato.
Qualsiasi cosa.
Talvolta, però, le parole
sono superflue.
__________________
Un sogno. Un sogno ad
occhi aperti. Il frutto
del mio corpo debilitato, della stanchezza e della spossatezza che
avevano
attanagliato la mia mente, a causa di quel torpore nel quale avevo
trovato
rifugio. Perché il trascorrere dei giorni era un tormento, una condanna
che non
potevo combattere. Qualcosa alla quale avrei desiderato porre rimedio,
ma
impossibilitato a farlo, per il bene della mia famiglia, conscio che
Alice
avrebbe assistito ad ogni gesto folle che avrei potuto compiere. Così
mi ero
abbandonato all’immobilità di quella vita priva di significato,
semplicemente in
attesa.
Ma in attesa di cosa?
Probabilmente di quella
lettera che mi era
stata recapitata. Uno scherzo, una punizione per i miei pensieri
impuri, per i
miei desideri, per quel bisogno che neppure la lontananza sembrava in
grado di
sopire. Se non avessi riconosciuto la scrittura confusionaria e
arrotondata di
Bella avrei riso, nervosamente, dinanzi a quel foglio di carta color
malva,
intriso del suo dolce profumo.
Forse avrei stracciato
quel pezzo di carta,
preda dell’ira, se non avessi percepito il battito frenetico di un
cuore, al di
là della porta. Quel ritmo cadenzato e dolce, che mi aveva cullato
durante ogni
notte trascorsa nella mia casa, quello al quale mi ero aggrappato, per
trovar
pace, anche negli istanti più bui della mia esistenza. Perché mi
bastava
saperla lì, separata da me solo da qualche misera parete, avvolta tra
le
braccia di Morfeo, calda e morbida. Viva. Mia.
Mia solo nella mia mente,
solo nei miei
desideri.
Mia sorella.
La mia famiglia.
Una parte di me, forse la
migliore.
La mia metà mancante,
quell’anima a me
affine.
Colei che mi attendeva,
al di là di quella
dannata porta, che non avevo il coraggio di aprire. E così avevo
permesso ai
miei occhi di abbeverarsi di quelle frasi, incise sulla carta,
nutrendosi della
speranza che esse sembravano voler insinuare in me.
Una confessione e neppure
un accenno del
biasimo che ero ben conscio di meritare. Nessun rimprovero, ma solo
un’assoluzione
e… amore?
Come avrei mai potuto
ritenere possibile, una
simile meravigliosa possibilità, rammentando ciò che ci aveva diviso,
negli
ultimi anni?
Come avrei mai potuto
accettare il
significato sotteso a quelle parole, senza posare lo sguardo sul volto
di lei,
per trovarvi conferma?
Ed era stato questo ad
esortarmi ad allungare
le dita verso la maniglia di quella porta, che mi era improvvisamente
parsa più
pesante di quanto avrebbe mai potuto essere, per un vampiro. Forse
perché al di
là di essa si celava quella risposta che avevo agognato per anni o
forse l’infrangersi
di ogni mia illusione.
Forse perché è la verità
ad essere pesante,
anche quanto essa può apparire meravigliosa, perché può permetterci di
comprendere quanto i sentimenti ci soggioghino, troppo spesso,
annullando ogni
raziocinio. Preda di essi ci trasformiamo in creature insicure,
talvolta
stolte, sciocche e, semplicemente, umane.
Perché è umano amare.
E’ umano sperare.
E’ umano vivere.
Ti amo, come
il respiro che l’immortalità mi ha sottratto, ma al quale non sono in
grado di
rinunciare.
Ti amo, come
quel cuore che temevo di aver perduto e che tu nuovamente mi hai donato.
Ti amo,
perché
mi hai permesso di comprendere quanto vuota fosse la mia esistenza,
priva di un
reale sentimento. Di questo calore che ora riscalda il mio corpo freddo
e la mia
mente ed i miei occhi, che si abbeverano della tua figura, della
dolcezza che
il tuo sguardo basso non può celare. Del timore, probabilmente riflesso
anche sul
mio stesso viso. La paura del rifiuto, l’angoscia dell’attesa.
E tante le parole che
indugiavano sulle mie
labbra immobili e che avrei dovuto pronunciare
Tante le emozioni palesi
sul mio volto, che
probabilmente mai avrei potuto adeguatamente esprimere.
Perché le
parole sono solo parole.
Ed allora, per la prima
volta, fu il mio
istinto a guidarmi, esortandomi a posare le labbra sulle sue.
Il nostro
primo vero bacio.
The End
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