Vita, cuore & morte

di Eloise_elle91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


                           
Salve a tutti! Questa è la mia prima fan fiction su The Hunger Games e ho scelto la coppia Katniss/Gale perchè li adoro troppo insieme <3
Poichè non ho avuto la possibilità di leggere i libri, ma prometto di farlo presto, per il momento mi sono ispirata al film cercando di metterci anche qualcosa di mio e di personale :)
La vicenda è narrata tutta dal punto di vista di Katniss che revoca i suoi momenti PRIMA, DURANTE E DOPO i giochi. Infatti ci sarà proprio questa serie di articolazioni ^^
Bene , vi lascio alla lettura, spero che vi piaccia e che recensirete :)








                                                                                        Vita, cuore e morte.

POV Katniss

 
Il mio nome è Katniss Everdeen, ho sedici anni e potrei definirmi un’adolescente normale se non vivessi nel Distretto12, il più povero di tutta Panem. Ho una sorella più piccola, Prim, della quale mi occupo in quanto mia madre non è mai stata emotivamente pronta a crescere due figlie.
Io sono cresciuta da sola e da quando è morto mio padre ho imparato a sopravvivere cacciando, ho imparato ad usare un’arma e a trattare con i Pacificatori con la speranza che il mio nome ne quello di Prim venga mai estratto per partecipare gli Hunger Games.
Questa era la mia vita fino a poco tempo fa e oggi sono qui per raccontarvi come mi sono sentita prima, durante e dopo i giochi. Sono Katniss Everdeen, la prima volontaria del Distretto 12.

                                                                                         PRIMA

Ero solita andare per i boschi di prima mattina per cacciare sperando di trovare un cervo o uno scoiattolo da vendere al mercato per racimolare un po’ di soldi per comprare il pane o il latte. A volte passavo giorni interi senza cibo e i morsi della fame si sentivano.
Non era permesso andare oltre la recinzione, ma da anni avevo trovato il modo di attraversarla senza essere vista e avventurarmi in quegli spazi verdi lasciando per una o due ore lontano da me tutti i problemi che mi circondavano. Avevo un’arma, sapevo usarla, sapevo difendermi, ero brava anche a nascondermi, ma c’era sempre qualcuno che riusciva a scovarmi: Gale. Era il mio migliore amico, sono cresciuta con lui e gli volevo bene. Era molto alto, occhi azzurri e capelli marroni; Prim mi diceva sempre che Gale era innamorato di me...

Di me? No!Lui non poteva neanche guardarmi, insomma ero un tale maschiaccio! Eppure tutte le volte che incrociavo il suo sguardo qualcosa dentro di me cambiava, improvvisamente mi sentivo bene, felice, rassicurata e protetta. Noi parlavamo di tutto, anche della possibilità di offrirci volontari agli Hunger Games, ma era l’ipotesi più assurda perché tutte le volte la paura regnava sovrana nei nostri cuori.

“Potremmo farlo, sai?” mi diceva sempre.

“Cosa?” io gli rispondevo.

“Andare via di qui, vivere nella foresta, tu e io.”

“Non riusciremmo a fare più di cinque miglia.”

“Io le faccio ogni giorno.”

“Ci prenderanno e poi io ho Prim e tu i tuoi fratelli.”

E come sempre calava il silenzio tra noi due. Tutte le volte che mi parlava così mi faceva una tenerezza assoluta e non nego che in tanti dei suoi discorsi ho intravisto la possibilità di piacergli di più di una semplice amica. Lui era davvero bellissimo qualunque espressione assumesse il suo viso. In quell’attimo di solitudine nella mia mente affiorò il pensiero di una mia vita futura assieme a lui, lontano dal Distretto 12, magari in una campagna con dei bambini bellissimi come lui e cocciuti e testardi come me. Quella però era pura fantasia, non mi ci vedevo con nessun altro al di fuori di lui, ma non volevo rovinargli la vita.

“Non avrò mai dei figli” gli dicevo sempre e lui ogni volta guardando di fronte a lui mi rispondeva:

“Io li vorrei se non vivessi qui.”

Ecco, era arrivato al suo scopo: voleva andare via, ma non aveva il coraggio di farlo da solo, voleva che io andassi via con lui, ma io non potevo permettermi di essere così egoista. Per quanto ci tenessi a vivere il resto dei miei giorni con un ragazzo meraviglioso, quale era Gale, non potevo fare un torto simile a mia sorella Prim lasciandola da sola.
“Ma tu vivi qui.”

                                                                                            ***

Il giorno della mietitura era quello più temuto da tutti i ragazzi compresi tra i 12 e i 18 anni e tra loro c’ero anche io, ma quell’anno dovevo essere la più forte perché per Prim era la prima volta e io dovevo rassicurarla che non l’avrebbero scelta in quanto il suo nome era li dentro per la prima volta.
Ogni anno ci dividevano, le ragazze da un lato e i ragazzi dall’altro; io e Gale eravamo nella stessa fila parallela, i nostri sguardi si incontravano ogni volta che io mi giravo verso di lui e lui non la smetteva un attimo di guardarmi. Quel giorno mi sentivo bella ai suoi occhi, avevo un vestito azzurro e i capelli raccolti in lunghe trecce che formavano una sorta di corona sulla mia testa, anche se qualche ciuffo ribelle davanti non me lo toglieva nessuno.
Arrivò subito quella stupida di Effi, tutta agghindata e pronta ad infilare le sue lunghissime unghie nella palla dove vi erano tutti i nomi dei ragazzi e delle ragazze del Distretto 12.

“Benvenuti, benvenuti, è giunto il momento di scegliere i coraggiosi ragazzi che avranno l’onore di rappresentare il Distretto 12 alla 74esima edizione degli Hunger Games.”

Onore? La “sfortuna” forse, perché in quei giochi mai nessuno del Distretto 12 ne usciva vivo, anzi moriva nei modi peggiori. Io ogni anno mi auguravo di non essere mai scelta e fino a quel momento la buona sorte era sempre stata a mio favore.

“Primrose Everdeen!”

Mi si gelò il cuore quando sentii pronunciare il nome di mia sorella. La prima cosa che feci fu cercare lo sguardo di Gale, sconvolto quanto me, mi guardò negli occhi e appena capì le mie intenzioni disse di no col capo, i suoi occhi mi supplicavano di non farlo, ma non potevo, non avevo altra scelta. Avevo deciso, non gli avrei mai detto quanto lo desiderassi. Mi feci largo tra le ragazze in fila e chiamai Prim. I Pacificatori provarono a fermarmi, ma riuscii a divincolarmi dalle loro prese e gridai:

“Mi offro volontaria! Mi offro volontaria per il tributo!”

A quel punto non sapevo se avrebbero accettato la mia offerta, ma quando vidi che nessuno opponeva resistenza, corsi ad abbracciare mia sorella e a rassicurarla anche se lei non aveva la minima intenzione di lasciarmi. Arrivò Gale, per fortuna, che la prese in braccio e la portò lontano da me, mentre io salivo su quella pedana che mi avrebbe condotta verso una morte certa.
Il Tributo maschio era Peeta Mallark, un ragazzo della mia stessa età che una volta mi salvò la vita lanciandomi un pezzo di pane.

Volevo rivedere Prim e Gale un ultima volta per dirgli addio come si deve, ma fecero entrare prima mia madre e mia sorella, che in lacrime corse da me ad abbracciarmi. Non voleva proprio lasciarmi andare e mi diede la spilla della ghiandaia imitatrice che le avevo regalato io quella mattina.

“Puoi farcela” mi disse con la sua vocina rotta dalle lacrime “sai cacciare!”

“Ce la metterò tutta ok?” le dissi prima di rivolgermi a mia madre e dirle:

“Non farlo di nuovo. Lei ha solo te come punto di riferimento. Non piangere.”

Un Pacificatore poi le portò via da me, per sempre. All’improvviso la porta si riaprì e apparve Gale: lo abbracciai subito, riversando in quella stretta tutta la mia paura di non rivederlo mai più e augurandomi che avesse percepito il mio messaggio mi staccai da lui.

“Tu sei più forte di loro. Prendi un arco, se non c’è costruiscilo e fai vedere quello che sai fare! Vogliono solo un bello spettacolo da vedere...”

“Siamo in 24 Gale e solo uno di noi torna indietro.”

“E sarai tu” mi disse prendendomi la testa tra le mani e infondendomi speranza con il suo dolce sguardo. In quel momento avrei tanto voluto dargli un bacio e rivelargli quello che sentivo per lui, ma qualcosa mi impedì di parlare in quell’ultimo abbraccio prima che il Pacificatore lo portasse via da me. Ero pronta al fatto che non lo avrei rivisto mai più.


 Continua...

Angolo Autrice:
Hey tu! Grazie per aver letto questo primo capitolo, domani pubblicherò il secondo che tratterà dei pensieri di Katniss durante i giochi e dopo;
Grazie a chi legge in silenzio e non lascia recensioni, grazie a chi metterà la storia tra le seguite, preferite, ricordate ed altro... Grazie a chi si prenderà 5 minuti di tempo per recensire questo mia prima piccola operetta su questo genere <3
A domani con la seconda parte!
Ely

ua 

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Capitolo 2
*** 2. ***


                                                         
Salve salvino! Rieccomi qui, questa è la seconda parte del missing moments di Katniss!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo! Grazie di vero cuore *.*
E ringrazio tutti coloro che hanno letto in silenzio e inserito la storia nelle seguite, ricordate ecc...
Ogni tanto vedreti dei passaggi dal passato al presente: non vi spaventate è tutto normale, è stata una mia scelta stilistica e chi leggerà spero che mi capirà :)
Non vi trattengo più!

Buona lettura!







                                                                      DURANTE   

Quando arrivai a Capitol City avevo già dimenticato cosa volesse dire far parte del Distretto 12. La folla fuori ci acclamava e Peeta li salutava con la mano, ma io non ne avevo la minima voglia. Non ero molto brava a farmi amare dagli altri e in quel momento avevo solo bisogno di restare concentrata per cercare di sopravvivere il più a lungo possibile. Mi portarono in una specie di laboratorio dove mi fecero un sacco di cose ai capelli e al viso, poi mi portarono in una stanza e li rimasi sola ad aspettare Cinna lo stilista che mi avrebbe resa indimenticabile agli occhi di tutti per ben due volte.
La prima fu la sera della cerimonia d’apertura degli Hunger Games; ero emozionata non perché non perché avevo del fuoco finto che avvolgeva il corpo dalle spalle in giù formando una scia infuocata e luminosa, non perché avevo timore di sfilare davanti a tutte quelle strambe persone. La mia era un emozione negativa dettata dalla voglia di scendere nell’arena e dimostrare a quegli idioti di Capitol City che potevo farcela, che non sarei morta al primo step, che avrei potuto vincere.
A Cinna bastò una mia occhiata per capirmi al volo, era l’unico che mi trattava con rispetto e non come un fenomeno da baraccone, l’unico che cercava di trasmettermi la sicurezza necessaria per affrontare quella sfida. Devo ammettere che l’idea del fuoco fu davvero eccezionale! Tutti rimasero a bocca aperta e in breve mi soprannominarono “la ragazza di fuoco”. Sapevo di essermi messa contro gli altri Tributi, soprattutto quelli dei Distretti 1 e 2; ce ne era uno in particolare che mi guardava sempre male, Cato era il suo nome. Era molto carino, se non avesse avuto quella puzza sotto il naso per tutta la durata dei giochi. Rappresentavo una minaccia per lui?

Il giorno dopo la sfilata era previsto il primo addestramento e quando arrivammo io e Peeta gli altri Tributi non riuscivano a toglierci gli occhi di dosso. Ci venne spiegato che durante l’addestramento era proibito litigare, che durante i giochi potevamo formare delle alleanze, ma che comunque alla fine solo uno di noi sarebbe sopravvissuto. Non avevo paura, ero pronta a morire, ma ero pronta anche a combattere fino alla fine per la mia vita.
Una ragazzina svelta attirò la mia attenzione: aveva appena rubato il coltello di Cato e quello stupido se la stava prendendo con la persona sbagliata, minacciandolo di ucciderlo nell’arena al primo colpo. Quanta crudeltà c’era in lui? Non potei fare a meno di sorridere, tanto grosso e presuntuoso tanto da considerarsi il migliore e poi alla fine si era fatto fare fesso da una ragazzina di dodici anni appena. La ragazzina si chiamava Rue e proveniva dal Distretto 11, era di una tenerezza smisurata ed era bravissima ad arrampicarsi; ottenne un punteggio di 7 dagli Strateghi, gente infame e malata, spesso autori di innumerevoli morti atroci durante i giochi.

Peeta ottenne 8, mentre io superai tutti con 11! Cosa che sembrò agitare ancora di più gli altri Tributi.
La sera prima dell’inizio dei giochi tutti i Tributi venivano intervistati uno alla volta e quando arrivò il mio turno mi applaudirono tutti e mi dissero che ero bellissima. Era vero, avevo un vestito rosso e ogni volta che facevo una giravolta si destavano delle lunghe lingue di fuoco rosse. Ero la ragazza di fuoco e in quel momento pensai a tutte le risate che si stava facendo Gale vedendomi conciata in quel modo. Forse gli sarei sembrata carina, ma a rovinare quel poco di felicità ci pensò Peeta rivelando davanti a tutti che si era innamorato di me. Mi arrabbiai, ma la sera in camera gli chiesi scusa perché in fondo non aveva fatto nulla di male. Il suo sguardo a volte mi faceva pena.
Arrivò anche il fatidico giorno e quando salii nell’arena nella mia mente tamburellavano tutti i consigli del mio mentore. “Sta lontana dalla Cornucopia” “bagno di sangue” e “lontano dai Distretti 1 e 2”, cosa, quest’ultima, che non fece Peeta. Si alleò con loro, ma presto avrebbe capito che aveva fatto male, perché il loro obiettivo era far fuori me, perché ero forte, più forte di loro.

Io ero nel mirino di Cato, il capo banda di quella massa di galline che presto sarebbero state tutte sgozzate da lui nel peggiore dei modi. Il suono dei cannoni annunciava che eravamo già morti in 13, eravamo pochi e tutti nascosti: nessuno si fidava di nessuno. Io dormivo sopra agli alberi più alti, negli anni avevo imparato ad arrampicarmi, ma quando mi feci male alla gamba (maledetti Strateghi!) quel gruppetto di galline stridule me lo ritrovai alle calcagna e non potevo scendere dall’albero sul quale mi ero rifugiata. Aspettavano che io scendessi ( tze!), ma non lo avrei mai fatto, neanche quando mi arrivò la cura: dovevo prima trovare un modo per svignarmela senza farmi notare, cosa un po’ difficile visto che erano cinque contro uno! Avevo bisogno d’aiuto ed eccola sull’albero di fronte al mio, la piccola Rue che mi indicò un alveare da tagliare e gettare a terra esattamente dove dormivano quegli imbecilli. Nel tagliare la corteccia che teneva l’alveare lo sciame mi punse un po’ e dopo averlo scaraventato su di loro scivolai dall’albero. Feci in tempo a prendere l’arco e frecce di Glimmer, che si contorceva a terra e poi corsi fino a quando persi i sensi.
A salvarmi fu la piccola Rue, da allora diventai sua amica e fu un enorme dolore quando Marvel la uccise, ero così arrabbiata che lo uccisi con un colpo di freccia dritto alla gola; quello del Distretto 1 fu la mia prima vittima, ma niente da quel momento riuscì a colmare l’enorme vuoto per la perdita della piccola Rue, così dolce...

“Devi vincere” mi disse con quegli occhioni pieni di lacrime, che si univano ai miei, colmi anch’essi.

“Puoi cantarmi qualcosa?” mi chiese prima di addormentarsi per sempre e io la accontentai, mi piaceva cantare, così le cantai una ninna nanna dolce per renderle quel terribile momento il più sereno possibile. La cullai tra le mie braccia fino a quando il suo cuore smise di battere e i suoi occhi di guardarmi.
Dovevo vincere per lei e per tutti i bambini che avevano perso la vita nel corso dei giochi. Ero sfinita, ero disperata, avevo fame e sete e fu allora che arrivò l’annuncio che potevano vincere due dello stesso Distretto. Corsi al fiume a cercare Peeta, lo trovai ferito ad una gamba e aveva la febbre, più volte mi disse di andarmene via, ma io non volli abbandonarlo neanche un secondo. Avevo un piano e forse poteva aiutarci a vincere. Il bacio che ci scambiammo era programmato da parte mia in quanto quella sceneggiata speravo che mi avrebbe garantito il ritorno a casa, anche se avevo fatto soffrire due persone per me importanti e alle quali tenevo: Gale, l’amore della mia vita e Peeta, incosciente che quella era solo una tattica di gioco, sinceramente innamorato di me com’era. Per me era un amico, ma nulla di più...

“Lui però ti ama!”cantava una voce nella mia testa.

“Io no!”rispondevo a me stessa, ma alla fine ho dovuto mentire e grazie alla mia bugia e al suo sincero sentimento abbiamo vinto.

 
                                                                                              DOPO

La fine dei giochi per me significava la fine di un incubo, per la prima volta in settantaquattro edizioni era stata una coppia a vincere, per di più provenienti dallo stesso Distretto.
Davanti all’intera Capitol City io e Peeta ci stringevamo la mano come due felici innamorati; non avevo ancora trovato il coraggio di dirgli che non lo amavo veramente, ma lo avrei fatto al ritorno a casa. Sapevo che il mio gesto avrebbe portato a delle grandi conseguenze per la gestione dei giochi, anche perché il presidente Snow non sembrava entusiasta della nostra vittoria, ma non mi importava perché anche se non lo amavo non volevo che morisse e se tutta quella sceneggiata serviva a salvarci la pelle decisi di rischiare e nel peggiore dei casi mi sarei uccisa subito dopo.

Avevo ottenuto l’effetto contrario però, avevo immesso nella testa di Peeta la falsa speranza di vivere insieme  per sempre. Insomma io non ero pronta! Avevo sedici anni e la mia vita era cambiata in una sola botta. Mi ero offerta volontaria per partecipare, avevo dato dimostrazione di saper combattere, sopravvivere da sola e uccidere se necessario. Avevo dimostrato di amare, avevo dimostrato la mia rabbia e la mia frustrazione. Queste sono le qualità che mi hanno permesso di vincere, la mia forza e la mia capacità. Forse dovevo ucciderlo? Ma l’unica qualità che mi manca è proprio il coraggio di annientare un’altra persona, soprattutto se la conosco.
Il viaggio di ritorno a casa fu abbastanza piacevole anche se per Peeta ogni occasione era buona per attaccarsi a me e questa cosa mi dava un po’ sui nervi! Quando arrivammo a casa la folla ci acclamava e urlava il nostro nome. Non ero mai stata così felice di rivedere il Distretto 12. Lo avevo odiato per così tanto tempo che ora non riuscirei ad immaginare la mia vita altrove.
In mezzo a tutte quelle persone c’era mia madre, poi vidi Gale e sulle sue spalle Prim. Sorrisi a loro due in particolare e quando i miei occhi si incontrarono con quelli di Gale, il mio sorriso si allargò ancora di più. Peeta se ne accorse e prese la mia mano, la strinse e la sollevò in aria assieme alla sua.
La prima cosa che feci dopo, fu correre ad abbracciare Prim, le disse quanto mie era mancata e quanto l’avevo pensata durante il corso dei giochi. Poi abbracciai Gale, lo strinsi forte e lui ancora di più, sussurrandomi:

“Lo sapevo che ce l’avresti fatta!”

Quando mi staccai per guardarlo negli occhi sapevo che gli avevo inferto il dolore più grande della sua vita e tutto ciò che riuscì a dirgli fu:

“Mi dispiace”


Fine.

Angolo Autrice:
Sei sei arrivato fino alla fine di questa piccola storia, ti ringrazio! Se mi lasci un commentino ne sarei altrettanto felice :)
Scriverò ancora su questo genere sicuramente, anzi ho già in programma qualcosa :)
Vorrei invitarvi a fare un salto anche alle altre mie storie:
-Dopplegnager Petrova, le origini, fantasy sulla storia della prima Petrova fino ad Elena Gilbert!
-The Vampire Diaries, Petrova's fire, continuo di quella si sopra, un fantasy delena con tantissime misteri!
-Per Sempre, la mia Klaroline <3
-Se bacio fosse stato, la mia Delena <3
Baci e a presto!
Ely

 

 

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