10 Things I Didn't Give To You

di Writer96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. I'm broken, do you hear me? ***
Capitolo 3: *** 2. Just to know your name ***
Capitolo 4: *** 3. I'll be there, yeah, I know it, to fix you with love ***
Capitolo 5: *** 4. It hurts me to think that you ever cried ***
Capitolo 6: *** 5. I Should Have Kissed You ***
Capitolo 7: *** 6. I keep palying inside my mind all that you said to me ***
Capitolo 8: *** 7. So sorry so confused ***
Capitolo 9: *** 8. But I see you, with him, slow dancing ***
Capitolo 10: *** 9. Now that I'm with somebody else, you tell me you love me ***
Capitolo 11: *** 10. It's like I'm finally awake And you're just a beautiful mistake ***
Capitolo 12: *** 11. If I love you too ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Hope she gave you things that I didn't give to you.
Adele- Someone Like You



-Sei la mia migliore amica, dovresti capirmi...- mormorò lui, guardandomi dall’alto verso il basso e tentando di convincermi della sua buona fede.
-No, sono la tua psicologa occasionale e mi chiami solo quando sei nei casini più totali...- borbottai, scompigliandogli i capelli castani e premendogli giocosamente un dito sul naso.

Da che lo conoscevo, era sempre stato così.
Lui era il ragazzo incredibile, quello bello e dolce e divertente che faceva impazzire le ragazze e che si faceva adorare dagli amici.
Io era una ragazza più o meno come tutte, fatta eccezione per la mia smodata passione per i libri e la capacità di risultare goffa e incredibilmente timida in qualunque situazione.
E puntualmente mi ritrovavo ad ascoltarlo ogni volta che ne combinava qualcuna delle sue.

-Non è vero. Ti chiamo sempre.- ribattè lui, fingendosi offeso e ridendo arricciando il naso attorno al mio dito. Come ci riuscisse, era sempre stato un mistero per me, ma del resto la maggior parte di ciò che faceva lui era un mistero per me.

-Questo è perché sei sempre nei casini...- sbuffai lei, concedendogli un sorriso e staccando il mio dito dal suo naso leggermente lentigginoso.
-Perché mi tratti male?- mi domandò, piagnucoloso, prima di darmi una botta sul fianco per farsi fare spazio su una minuscola panchina ombreggiata del parco giochi che stavamo occupando, osservando i bambini che giocavano a palla tra loro.
-Perché mi usi come psicanalista e io vorrei almeno essere pagata.- sbuffai, facendolo ridere. Mi poggiò la testa sulla spalla sinistra, facendomi sussultare.

-Mi dica che cosa le ho fatto mancare, miss Hayley Core...- mi disse, guardandomi con gli occhi spalancati e la testa ancora accomodata sulla mia spalla.
-Oh, mr Payne, potrei elencarle addirittura dieci cose che non mi ha mai... dato.- dissi, borbottando nervosa e facendolo raddrizzare all’improvviso.

-Allora avanti, su...- mi sfidò, facendomi la linguaccia e poggiando comodamente un braccio accanto al collo, col gomito che toccava il bordo della panchina e la mano che penzolava mollemente davanti a me, un anellino di metallo che scintillava grazie alla luce del sole.

-Oh beh...- iniziai, alzando il mento.

Ancora non sapevo di aver dato inizio a qualcosa di... beh. Decisamente assurdo.




















MySpace
Taadaa.
Dopo secoli, eccomi che ricomincio una nuova long.
Volevo completarla prima di pubblicare?
Campa cavallo.
Per ora mi limito ad essere all'ottavo capitolo, ecco.

E' la prima volta che faccio emergere questo lato di Writ nelle mie storie.
Quello timido, orribilmente insicuro.
Quello che si trova a suo agio solo con la persona giusta.
E qui è Liam, la persona giusta.

Il prologo è veramente corto, ma prometto che gli altri capitoli saranno molto più lunghi.
La lunghezza media è, per ora, 2500 parole.
Direi che può bastare, no?
Spero vi piaccia.
Un beso
Writ

Ps. Mi piacerebbe fare un banner per la storia, ma ovviamente non sono capace.
Qualche misericordioso in grado di aiutarmi?

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Capitolo 2
*** 1. I'm broken, do you hear me? ***


"I'm broken, do you hear me?"
More Than This, One Direction



Guardai la luce che si rifletteva tra le foglie verdastre e mi lascia sfuggire un respiro un po’ più pesante del solito. Avevo sempre adorato il sole tra le foglie.
Mi piaceva come cadeva sui volti della gente e vi creava strani disegni, evidenziando i tratti più caratteristici.
Continuai a guardare in alto, mentre sentivo il respiro regolare di Liam e vedevo con la coda dell’occhio la punta delle sue dita che se ne stavano mollemente abbandonate vicino a me.
-Credo che la prima cosa sia.. la prima cosa... non mi hai mai dato la tua parte di buoni sconti per il cinema che dovevamo sommare ai miei per i biglietti gratis.- dissi, alla fine, socchiudendo gli occhi e appoggiandomi soddisfatta alla panchina.

Anche senza vederlo, era certa che fosse arrossito. Non tanto, solo lievemente, appena sotto gli zigomi.
Liam era particolare pure nell’arrossire, al contrario di me che non ero neanche capace di farlo.
Il mio massimo era abbassare gli occhi, in maniera timida, quando ricevevo un complimento. Era strano, ma avevo sempre paura di leggere qualcosa di sbagliato negli occhi della persona davanti a me, qualcosa che compromettesse quello che mi aveva appena detto.
Avevo bisogno delle mie piccole certezze.

-Ne abbiamo già parlato...- provò a dire lui, ma quando aprii gli occhi, vidi che le sue dita si erano irrigidite e mi venne da sorridere.
-Lo so, lo so, sono stati sacrificati per una causa superiore...- borbottai, accondiscendente. La verità era che mi ero arrabbiata quella volta, ma lui non l’aveva mai saputo, o meglio, non del tutto.
-Mi servivano per il cinema con Elizabeth, lo sai. Voglio dire, il nostro primo appuntamento! Avevo dimenticato il portafogli a casa...- si lagnò lui, cominciando a gesticolare. Gli concessi un sorriso, mentre ripensavo ad Elizabeth.

La storica ragazza di Liam. La meravigliosa ragazza di Liam.
Era assolutamente ovvio che io, al sua migliore amica, fossi gelosa della sua fidanzata.
Non gelosa marcia. Solo quella punta di fastidio che mi prendeva ogni volta che lui parlava di lei con aria sognante, lasciandosi sfuggire qualche piccolo sospiro.
Era anche romantico, Liam.
La cosa più buffa è che nonostante non mi piacesse Elizabeth per come l’aveva trattato durante i primi due anni di liceo, non mi ero fatta scrupoli a convincerla che Liam era quello giusto.
Ero stata felice almeno in parte quando erano usciti insieme per la prima volta, avevo guardato con gioia sincera gli occhi di Liam che si illuminavano mentre me lo diceva, ma poi era iniziata l’angoscia.
Sarei stata lasciata da sola?
La risposta era stata no, me n’ero accorta con il tempo.
Ma la paura non era passata e nemmeno il fastidio.
Solo Liam era rimasto quello di sempre, solo leggermente più impegnato e più felice.
Ed io me l’ero tenuto stretto.

-Solo tu sei capace di fare queste cose...- brontolai, alzando però una mano per fermare la sua, che ormai si muoveva frenetica. Mi portai il suo braccio sulle spalle, cercando di evitare la timidezza che come sempre mi pugnalava nei momenti meno opportuni, e mi buttai addosso a lui sorridendo soddisfatta.
-Lo sai com’è fatta Elizabeth, no? Si arrabbia sempre per piccole cose.- disse, stringendo le labbra e iniziando a darmi leggeri colpi con il mento sulla testa.

Adoravo quando faceva così.
Quando non doveva avere un’aria intelligente o ammaliante, ma quando faceva l’idiota e basta, perché si comportava così solo con me e, talvolta, anche con Zayn.
Zayn, Hayley e Liam, detti anche l’allegra combriccola.
Volevo bene a Zayn, ma non era uno dei miei migliori amici, piuttosto uno dei pochi ragazzi con cui riuscissi ad avere un rapporto normale, confidenziale.
Liam era, chiaramente, il collante della situazione, quello che ci regalava serenità.
Se non fosse stato il mio migliore amico, probabilmente l’avrei davvero trovato irritante.

-Liam. Basta. Elimina Elizabeth da questa conversazione. Concentrati sul casino di oggi..- gli dissi, dandogli una botta sul mento di rimando.
Il discorso Elizabeth era stato off-limits per abbastanza tempo.
Liam non mi aveva mai detto per quale ragione l’avesse lasciata, semplicemente un giorno, qualche settimana prima, mi aveva chiamato dicendo che si era dovuto allontanare da qualcuno che gli faceva più male che bene.
E io non gli avevo chiesto niente, avevo semplicemente preso la macchina e parcheggiato sul vialetto di casa sua, prima di correre dentro e stare lì a non fare niente per tutto il giorno.
Smettemmo di darci botte e mi accorsi che stava lievemente sorridendo.
-Non mi ricordo neanche più qual è...- ammise, stringendo la presa sulle mie spalle. Scossi la testa e mi appoggiai a lui, prima di balzare in piedi con una luce entusiasta negli occhi.

-E allora sai che c’è? Che ti porto al cinema. Ce ne andiamo io e te, come ai vecchi tempi, a vederci uno di quei film che nessuno considera mai e ne approfittiamo per mangiarci dei popcorn.. e magari, per farti perdonare, mi paghi anche il biglietto.- conclusi, ridacchiando. Lo guardai scuotere la testa, come ad allontanare la tristezza che l’aveva attanagliato fino a quel momento.
-A volte ti odio.- disse, prendendo la giacca e iniziando a giocare con le chiavi della macchina, ma poi mi si avvicinò e mi permise di prenderlo a braccetto, come mi divertivo a fare per dargli fastidio.
-Io, invece, pensa un po’, ti voglio bene sempre...- brontolai, mettendo un piede davanti al suo per farlo inciampare.
Amavo la nostra piccola fisicità segreta, quei gesti che non facevamo mai quando eravamo con altre persone.
Amavo stare con il mio Liam.

Ed adoravo andarci insieme al cinema, soprattutto se poi pagava lui.
 

-Come sempre hai scelto un film che  faceva schifo, Core...- si lamentò lui, parcheggiando davanti a casa mia. Risi, prendendo l’ultimo popcorn del pacchetto e lanciandoglielo.
-Ricordati di non insultarmi, o la mia lista potrebbe allungarsi..- lo presi in giro, aprendo la portiera per scendere. Julie, la mia coinquilina, non c’era, ma del resto era normale visto che passava i tre quarti del suo tempo a casa di Harry, facendomi vivere praticamente da sola.
-Certo, certo. Ti chiamo domani, eh?- mi disse Liam, allungandomi la borsa e avvicinandosi per farsi abbracciare.
Gli diedi un bacio su una guancia, alzandomi sulle punte per raggiungere la sua guancia, e corsi verso casa, facendo tintinnare le chiavi contro il portachiavi a forma di pecora.
Erano le due, o forse le tre, quando mi arrivò un messaggio.
Lo lessi sbattendo gli occhi per abituarmi alla luce del display, prima di riaddormentarmi con una strana aria soddisfatta.
“Quei buoni sarebbero stati decisamente meglio spesi se li avessi tenuti per occasioni come queste. Dormi, scusa se ti ho svegliata. E, ricordati. Sono 10... ce la farai?”



Writ's Corner

Eccoci qui.
Parliamo due secondi del capitolo.
Il titolo si riferisce a Liam e a Elizabeth (che ritornerà più avanti nella storia e anche in un qualche Spin Off), ma chi dovrebbe sentire altri non è che la nostra Hayley.
Sì, lo ammetto.
Ho rubato nome e faccia a un'altra ragazza, che io amo moltissimo.
Se vi dico "Hayley William, Paramore", capite di chi parlo?
Ecco. Certo, questa Hayley è rossa e la mia è mora, ma sono dettagli.
Ultime cosette sul capitolo.
Questo è ancora della serie "brutto e corto", ma i prossimi saranno se non altro lunghi.
Almeno qualcosa di positivo ci sarà, no?
Aggiornerò penso settimanalmente, quindi dovrei tornare martedì prossimo, ma non state a fidarvi troppo...
Grazie a chi ha commentato o inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate.
Un bacione
Writ

Ps. Vi richiedo una mano con il banner. E' troppo?

Hayley:


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Capitolo 3
*** 2. Just to know your name ***


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"And I'm dying just to know your name"

One Thing, One Direction




Mi piaceva andare a scuola, ma evitavo di dirlo in giro.
Era logico che non mi dispiacesse, visto l’impegno che ci mettevo, ma cercavo di non andare in giro urlando “Io amo la scuola”.
Non era vero, innanzitutto.
Non la amavo, ma mi piaceva. Sospiravo sconfitta quando i miei compagni, nonostante ci conoscessimo da cinque anni, si ostinavano a chiamarmi secchiona.
Liam aveva provato a farlo un paio di volte, scherzoso, ma si era ricreduto davanti al mio rifiuto di ridere.
Aveva capito il mio disagio.
Perché lui, nonostante tutto, mi capiva sempre.

Stavo pensando a lui mentre la professoressa di biologia ci ridava i compiti in classe della settimana prima.
Per una volta non sentivo i consueti crampi allo stomaco e la leggera nausea, che mi assalivano ogni volta che ero preoccupata o che stavo per essere giudicata.
Sorrisi impercettibilmente e Julie, seduta vicino a me, si girò, quasi avvertendo la mia serenità inusuale.

-Cos’ha combinato Liam stavolta?- mi sussurrò, lanciando solo un’occhiata veloce al suo compito, sul quale campeggiava una C+ rossastra. Lo diceva sempre, lei, che era stanca ormai, che non vedeva l’ora di arrivare alla fine dell’anno e poi mi guardava, pronta a raccontarmi qualcosa.
Per molto tempo non avevo considerato Julie la mia migliore amica, ritenendola solo una compagna di classe molto simpatica. Ero più legata a Sam, amica d’infanzia che mi era sempre stata accanto. Ma aveva due anni più di me e si era trasferita a Oxford per l’università, impedendomi di comprare con lei il mio primo appartamento.
Julie era stata un’ottima... sostituta. No, non sostituta, odiavo quella parola. Più che altro, era stata lei a farmi capire che oltre a Sam c’era anche qualcun altro che mi voleva abbastanza bene da mettersi in gioco per me.
A volte la guardavo e non potevo evitare di abbracciarla, pensando a quanto l’affetto delle persone potesse cambiarti la vita. Mi sentivo un po’ idiota in quei momenti, come se fossi uscita da un romanzetto rosa o da una di quelle pubblicità di giornali per ragazze, ma non ci badavo, infischiandomene, per una volta, dell’essere seria o comunque di quello che avrebbero potuto pensare gli altri.

-Liam?- chiesi, colta alla sprovvista dalla domanda di Julie. La professoressa posò il mio compito sul banco, ed io tentai di ignorare con nonchalance la A= fiammeggiante in cima alla pagina.
Avevo smesso di sorridermi e di compiacermi “in pubblico” già da tempo, quando mi ero accorta che le battutine sul mio essere secchiona erano sempre in crescita.
Non che non mi volessero bene. Semplicemente, non capivano.

 -Andiamo. La tua gamba non ha fatto su e giù per tutto il tempo e non hai nemmeno tentato di uccidere l’angolo del tuo quaderno per l’ansia. Solo una cosa ha il potere di calmarti, e quella cosa si chiama Liam Payne e sta nell’aula proprio di fronte alla nostra...- concluse, con un sorrisetto e una strizzata d’occhio.
Sbuffai, puntandole un dito contro, dopo essermi interessata del voto di qualche amica o amico, che sorridevano tutti contenti.

-Cosa vorrebbe significare quel ghigno che è appena apparso sul tuo dolce visino?- le chiesi, scuotendo la testa. In quel momento la campanella suonò, distraendomi per qualche istante.

-Ricreazione...- esclamò lei, angelica e contenta. La vidi ravvivarsi i ricci chiari e prendere il cellulare per specchiarsi sullo schermo nero, per poi alzarsi e salutarmi con un bacio volante mentre se ne andava alla ricerca di Harry.
Stavano insieme da qualche mese e non avevo mai visto Julie così... interessata a qualcosa. Harry Styles aveva un anno meno di noi, ma aveva due occhi che la facevano impazzire e un sorriso che contagiava chiunque altro. Faceva battute squallide, ma sapeva anche essere tremendamente simpatico e dolce.
Non era romantico, ma si vedeva che teneva realmente a Julie e io, benchè lo frequentassi poco, non avevo nulla da ridire su di lui.
Il pensiero di Elizabeth mi tornò alla mente in fretta e lo scacciai con uno scuotimento di testa, mentre mi alzavo pure io ed uscivo dalla classe.
Sapevo già dove avrei trovato Liam, perché era lì dove lo trovavo sempre, seduto sulle scalinate del cortile con i gomiti poggiati sugli scalini di ferro.
Avanzai nella sua direzione lentamente, guardandomi intorno nel caso ci fosse stato qualcuno che avrei potuto disturbare. La ricreazione era mia e di Liam, o almeno la prima parte, e i suoi amici sembravano averlo imparato senza fare troppe domande.

Liam era lì, gli occhi socchiusi e il volto proteso in avanti a catturare il sole. Mi sedetti accanto a lui e gli diedi un bacio scherzoso sulla guancia destra, facendogli aprire gli occhi di scatto.
-Salve, miss Core.- brontolò, facendomi un po’ di spazio e lasciando il braccio appoggiato allo scalino appena sopra, appena dietro di me.
-Buongiorno anche a te...- gli dissi, addentando un pezzo della sua pizza, tenuta inconsciamente a poca distanza da me.
-Ma non hai altro da fare che scroccarmi la merenda, tu?- mi chiese, fingendosi scocciato e regalandomi un sorriso felice. Chiusi gli occhi e arricciai le labbra, spingendo il mento in alto per sembrare un’aristocratica offesa.
-Effettivamente no, quindi continuerei con piacere...- lo presi in giro, allungandomi per staccare un altro morso di quella pizza meravigliosa. Lui fu più veloce e mi tappò la bocca con una mano, facendomi mugugnare scontenta.
-Sei di buon umore, oggi. Non avrai niente da rinfacciarmi, spero...- disse, senza staccare la mano dalla mia faccia. Avrei sbuffato, se avessi potuto, ma non volevo sembrargli eccessivamente... niente.
Semplicemente non volevo sbuffare.
Fui costretta ad allontanargli la mano per potergli rispondere e lui reagì portando il braccio sul gradino di prima, facendomi una linguaccia.

-A dire il vero me n’è venuta in mente un’altra... non mi hai mai dato il permesso di trovarti un soprannome...- dissi e lo sentii gemere senza sorprendermi.
Lui odiava i soprannomi.
Li trovava stupidi ed era l’unico a chiamarmi semplicemente Core quando il mio nome intero era troppo lungo da pronunciare. In generale odiavo essere chiamata per cognome, ma a Liam perdonavo tutto.
In effetti, gli perdonavo sempre tutto.

-Lo sai che li trovo delle cose inutili..- provò a ribattere, beccandosi una mia gomitata tra le costole.
-Ho detto trovare, non usare. Non sarà così difficile, no?- gli dissi, girandomi nella sua direzione e osservando la sua smorfia. Poco più avanti di noi c’era un gruppetto di ragazzine del primo anno che lo indicavano sussurrando e ridacchiando tra di loro.
Mi concessi una breve risata, quando mi accorsi che lui non le aveva neanche viste.
Ingenuo Liam. Dolce Liam.

Non mi rispose, così m arrovellai per trovare qualcosa di carino ed originale.
-Potrebbe essere Lim...- provai a dire, ma lo vidi scuotere la testa con scarso entusiasmo.
-Andiamo, è inutile una cosa così. Lim.. aggiungici una a e poi hai il mio nome normale. Che cosa risparmi, nel togliere una lettera?- protestò e toccò a me scuotere la testa, perché era davvero sfiancante quando ci si metteva.
-Ok. Allora... Lilo?- provai, sentendolo ridere in risposta.
-Lilo è una bambina, Hayley. Una bambina che ha un cane alieno. Per quanto possano piacermi i cartoni animati, non penso che mi piacerebbe essere chiamato così...- borbottò lui, dandomi una botta sulla spalla sinistra e facendomi scuotere ancora con più forza la testa.

Liam era così. Pragmatico, ma anche sognatore. Alternava momenti in cui avresti voluto abbracciarlo ad attimi in cui saresti voluto solo scappare a gambe levate.
La prima volta che avevamo fatto un discorso del genere io ero finita con una crisi isterica e lui con un’aria affranta che si adattava comunque alla sua faccia. Non ricordavo neanche più perché mi avesse fatto impazzire, sapevo solo che era stato qualcosa di assurdamente stupido e assurdamente... irritante.

-Va bene, allora ci riprovo. Lilli. Ti ci chiamerei solo io, sarebbe una cosa scherzosa...- tentai di nuovo, allungando una gamba e studiando la punta delle mie Adidas mezze distrutte.
Sapevo che stava sorridendo scocciato.
Lo sapevo, eppure mi girai lo stesso per constatare se avessi ragione.
-Lilli è una cosa da femmine, Core. Capisco che tu possa mettere in dubbio la mia virilità, ma credimi, sono ancora un ragazzo.- sospirò, poggiando la testa sopra la mia.
Ero sicura che, se fossi stata un’altra persona, sarei arrossita. Ma si trattava di me, perciò mi limitai ad alzare la testa fingendomi scocciata.
-Elle, allora. Fa molto Gossip Girl, ma è bello. Tu potresti chiamarmi Acca. Sarebbe figo. Molto alla gangsta.- dissi, soddisfatta. Un’ombra arrivò a coprirmi, prima che Liam potesse rispondermi ancora una volta con la sua solita aria strafottente e buffa.

Alzai lo sguardo e vidi Zayn che mi salutava, dicendo qualcosa che poteva essere sia un “Ehi Hay!” sia “Hay, Ehi!” e battendo su una spalla a Liam.
Zayn adorava giocare sul mio nome e su come potesse sembrare un saluto e gli piaceva particolarmente farmi impazzire nel tentativo di capire cosa stesse dicendo.
-Che cosa fate, a parte tubare?- chiese, beccandosi un calcio da parte mia e una risata da parte di Liam, che continuava a giocherellare con la cucitura della mia felpa tenendomi un braccio dietro le spalle.
Provavo la fastidiosa sensazione di imbarazzo che mi prendeva quando non sapevo come comportarmi.
Ma Liam era tranquillo, e così pure Zayn, perciò decisi anche io di ignorare il mio stomaco che reclamava il prezzo della mia timidezza e mi misi ad ascoltarli.
Mi sarei alzata dopo poco e sarei andata via, salutandoli con la manina come i bambini piccoli e sarei andata a passare il resto della ricreazione chiacchierando con qualche amica.

-Sta cercando di trovarmi un soprannome, Zayn! Capisci? E continua a proporre cose da ragazza. Dici che ha scoperto della nostra relazione?- stava dicendo Liam, facendo ridere a crepapelle Zayn. Mi alzai, pulendomi i jeans dalla polvere e tentando di guardarli male senza ridere.
-Sfotti Payne, sì, mi raccomando, sfottimi insieme a Malik. Vedrai quando riuscirò nella mia impresa...- dissi, scompigliando i capelli di Liam e dando un pugno davvero debole e poco convinto sul braccio di Zayn.
Liam si alzò e mi diede un bacio su una guancia, sorprendendo me e Zayn, e mi sussurrò all’orecchio “Hai tempo fino a mezzanotte, Miss...”
E’ inutile dire che passai la giornata ad arrovellarmi.
Scrissi ovunque il suo nome e cambiai le lettere di posto tra loro una decina di volte, senza risultato. Provai ad associarlo ad altre parole, ma senza risultato. Coinvolsi anche Julie, che continuava a sorridere e a picchiettarmi con la penna sul braccio con fare eloquente.
Non ci fu niente da fare.
Liam aveva ragione.
Il suo nome era perfettocosì com’era.

“Ehi, amica dei soprannomi...” mi salutò così quando risposi al cellulare quella sera mentre stavo cenando. Mi alzai da tavola, facendo un segno a Julie affinchè mi aspettasse e mi chiusi in bagno, seduta sul bordo della vasca a gambe incrociate.
“Ehi, uomo senza soprannomi...”
“Allora... hai nuove idee?”
“Quanto godi nel farmi soffrire così?” protestai, iniziando a giocherellare con un asciugamano. Ero sicura che stesse ridendo silenziosamente dall’altro lato del telefono.
“Tanto, Hayley, sai che godo tanto...”
“Ok. Che ne dici di Willie?
Lo sentii tossire e poi scoppiare a ridere fragorosamente.
“Tu sei tutta scema. Ti voglio bene anche così, però.”
“Ok, allora Will...”
“Perché Will?”
William...”
Silenzio. Potevo sentirlo rantolare nel tentativo di non ridermi in faccia.
“La mia vita sarebbe noiosa senza di te, lo sai?”
“Lo so. Anche tu potresti sforzarti. Potresti trovarmi tu un soprannome.”
“Io?”
“Potrebbe essere la terza cosa. Non mi hai mai dato un soprannome.
“Sarebbe ripetitiva come cosa, non trovi? Voglio metterti più in difficoltà...” ridacchiò.
Toccò a me ridere, questa volta.
“E poi, ti chiamo già Miss...” continuò, senza sentirmi rispondere.
“Liam?”
“Sì?”
“Lascia stare. Ora vado, stavo cenando...”
“Ok. E... Ehi.”
“Hay?”
“Ehi, il saluto. Stavo per finire la frase...”
“Ci avevo sperato, maledizione.”
“Ti voglio bene anche io.”
“E’ la seconda volta che me lo dici, hai carenze d’affetto?”
“Mi mancano le tue stupidaggini.”
“Liam. Posa quelle bottiglie di birra e vai a dormire.”
Lo sentii ridere ed ebbi la voglia improvvisa di correre lì ed abbracciarlo.
“Buonanotte, Hayley Core.”
“Buonanotte, Lilli.”

Chiusi prima che potesse rispondermi ed uscii dal bagno con espressione soddisfatta.
Finsi di non vedere il sorrisino di Julie, che stava iniziando pericolosamente a diventarmi familiare.






Writ's Corner.
Woooha.
Rieccomi.
Ho una connessione pessima, quindi è stata un'epopea inserire anche solo il banner. (Sono fiera di me... :') )
Che dire del capitolo?
E' l'ultimo corto, lo prometto. Gli altri saranno lunghi lunghi.
Si incomincia a capire qualcosa, ma niente di che.
Si definisce il rapporto e la quotidianità dei due.
Ecco, la cosa importante.
Forse, andando avanti, vi sembrerà che Hay sia debole, una sorta di Bella Swan stile New Moon. Niente del genere. NIENTE del genere.
Hay è forte, anche se non lo sa. E il bisogno di Liam è quella di una persona insicura che ha trovato un appiglio sicuro, ecco.
Pubblicherò martedì prossimo di nuovo, ma solo se avrò almeno cinque recensioni. 
CINQUE.

Love Ya.
Writ

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Capitolo 4
*** 3. I'll be there, yeah, I know it, to fix you with love ***


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"I'll be there yeah, I know it, to fix you with love"
Stand Up, One Direction




Quando quella mattina mi svegliai c’era troppa calma.
Non che mi desse fastidio, ma, insomma, era una cosa inusuale per me svegliarmi rilassata e riposata e in una casa silenziosa.
La sera spesso mi addormentavo tardi, dopo aver passato un’oretta più o meno a ripensare alla mia giornata e a contare i momenti in cui avrei voluto comportarmi diversamente.
Le rare volte in cui ricordavo i miei sogni, capivo che a popolarli erano le stesse persone e le stesse situazioni dalle quali avrei voluto fuggire nella vita reale.
Spesso c’era anche Liam e insieme a lui Julie e talvolta Harry. Sapevo di averli sognati quando la mattina non avevo i muscoli indolenziti dai crampi o due occhiaie troppo profonde.
Non so perché sognassi Harry e non Zayn, che era mio amico e tutte queste cose qui.
Forse si trattava solo del fatto che Harry tranquillizzava Julie e Julie, nelle sue strane manie e nei suoi strani commenti, tranquillizzava me.
Poi c’era Liam, ma lui era un caso a parte.

Liam era la mia ancora di salvezza.

Mi alzai dal letto leggermente indolenzita, ma non stanca e stetti a guardarmi le punte dei piedi in silenzio, persa tra riflessioni poco degne di nota.
Julie non c’era, ovviamente era da Harry, oppure lui l’era già passata a prendere prima di andare a scuola.
Da quando quel ragazzo aveva la patente, Julie non mi usava più come tassista.
Stavo già sospirando soddisfatta, quando un pensiero che aveva continuato ad affacciarsi ai bordi della mia mente prese il sopravvento e fu con grande orrore che presi la sveglia dal comodino realizzando perché fossi così rilassata e riposata.
Erano le sette e tre quarti e io avevo esattamente venti minuti prima di arrivare a scuola.
Imprecai, cosa che non facevo spesso, mentre mi accorgevo con ancora più orrore che Julie aveva preso la mia macchina per andare da Harry e poi l’aveva lasciata a casa sua.
Mentre tentavo contemporaneamente di lavarmi i denti e di spazzolarmi presi il cellulare dal comodino e composi il numero che ormai sapevo digitare senza neanche guardare.
“Ho trovato la terza cosa che non mi hai mai dato...”
“Hayley, ti fa male quella lista...”
“No, Liam, io farò male a te se tu non mi darai uno strappo a scuola entro cinque minuti”
Il silenzio dall’altro lato del telefono mi fece seriamente preoccupare.
Liam abitava praticamente attaccato a scuola e si alzava sempre dieci minuti prima di entrare, prendendosela assolutamente comoda.
Dovevo averlo svegliato, decisi, ma mi attaccai il telefono all’orecchio per captare un’eventuale risposta.
“Liam?”
“Scendi, sono lì tra due minuti...”
Chiusi il telefono, dedicando mentalmente una statua al mio migliore amico, e mi precipitai in camera afferrando i primi vestiti che trovai.
Nel giro di tre minuti esatti ero di sotto con la felpa in mano, oltre che ai trucchi vari.
Non che mi truccassi tanto di solito, solo quello che bastava a farmi sentire.. beh, a farmi sentire minimamente carina per giusto i primi cinque minuti.
Avevo un’autostima strana.
Potevo passare dal sentirmi decente e abbastanza soddisfatta di me al non avere neanche un minimo di autostima nel giro di cinque secondi.
Liam diceva che mi mortificavo troppo e per troppo poco, ma parlava lui, che la vita l’aveva vista sempre come la perfezione assoluta.
Per me la vita era tutta un’altra cosa.
Era cercare di affermarmi e di ottenere il mio posto senza cattiveria, senza lotte, cercando di non avere troppi nemici. Era un tentare di far capire al mondo che, no, non ero la peggiore delle secchione e, no, non avrei passato il mio compito solo per sentirmi parte del gruppo.
Non avevo un vero e proprio gruppo di amici, piuttosto le mie amicizie erano come un arcipelago, scomposte e locate in vari luoghi.

Ma a me bastava quello.

Il clacson di Liam mi fece sorridere, radiosa, e mi precipitai in macchina, sbattendo lo zaino davanti ai miei piedi.
-Liam. Ti amo ufficialmente..- borbottai, cercando di non pensare a quello che dicevo.
Lui rise, allungando una mano per scompigliarmi i capelli e scendendo poi lungo la mia guancia con la punta delle dita gelate.
-Oh, Hayley, ti amo anche io per avermi fatto svegliare cinque minuti prima del solito e per avermi costretto a fare un giro assurdamente lungo per venire a salvarti...- disse, continuando a tenere la mano vicina al mio viso.
Io stavo cercando di non ficcarmi un mascara nell’occhio, ma era difficile, visto che quell’idiota del mio migliore amico non sapeva nemmeno cosa volesse dire guidare senza prendere tutte le buche.

-Sei sporca qui...- sussurrò a un tratto, pulendomi con il pollice sotto l’occhio e provocando in me un nuovo spasmo, che fece finire il mascara anche sulla sua mano.
-Payne, sei tu che porti sfiga...- decretai, buttando tutto nell’astuccio e controllandomi nello specchietto del parasole.
-Ho messo una felpa vecchia e brutta e questi jeans sono troppo stretti, mi fanno un sedere enorme...- mi lamentai, notando ancora una volta quanto fossi incapace di fare le cose per bene e velocemente.
Ero veloce solo quando correvo in pista le rare volte che mi trascinavo allo stadio di atletica e quando avevo tra le mani un libro che mi prendeva troppo, impedendomi di staccare gli occhi dalla pagina.
Non mi avevano mai dato della solitaria solo perché, nonostante la mia timidezza, riuscivo a star simpatica alla gente grazie a quelle piccole e stupide battute che mi facevano sentire –solo per qualche istante- simile alle mie eroine preferite.
Tuttavia mi ostinavo ad evitare le feste piene di gente e preferivo passare un sabato sera in casa a guardare un film con Julie o Liam piuttosto che andarmene al pub con Zayn o Harry o le altre mie amiche.
-...niente...- concluse Liam, distraendomi e facendomi voltare verso di lui. Eravamo arrivati ad un semaforo, che sembrava ridersene di me e dell’orologio che ticchettava decretando il mio ritardo.
-Come?- mi girai verso di lui, cercando di capire cosa avesse detto e scusandomi con un sorriso.
-Dicevo che non ti stanno male per niente, invece. E poi mi piacciono le felpe grigie, stanno bene con i tuoi capelli...- disse lui e io abbassai gli occhi, ancora una volta grata del fatto che non riuscissi ad arrossire.

Presi le punte dei miei capelli castani e le studiai, avvicinandole alla manica della felpa. No, Liam era solo un idiota che non ne capiva niente di accostamenti.
La gente invidiava i miei capelli, o almeno nei primi tempi. Tentavano di farmi parlare e di farmi dire quale piastra usassi per rendere un liscio così perfetto, ma quando scoprivano che se ne stavano giù e molli senza che gli facessi niente smettevano di tirarli in ballo, continuando invece ad elogiare le loro piastre.
A volte avevo paura che i miei capelli mi rispecchiassero e che fossi anche io così, paralizzata nelle mie convinzioni, incapace di cambiare.
Alzai lo sguardo non appena entrammo nel parcheggio e con sollievo constatai che ero in orario. Liam parcheggiò perfettamente e scendemmo anche con una discreta tranquillità.
-Se non mi costringesse ad alzarmi prima, ti direi che potrei portarti sempre a scuola io...- disse e io in risposta gli andai addosso, facendo cozzare i nostri fianchi.
Risi, mentre mi sistemavo meglio lo zaino sulle spalle ed entravo sotto lo sguardo vigile della bidella e di un paio di ragazze che dovevano fare il 3H e che chiaramente mi vedevano come un impedimento all’ammirazione della fulgida e splendente figura di Liam.
Salimmo le scale in silenzio, dondolando le braccia e facendole toccare ogni volta, come facevamo ogni volta che camminavamo vicini.
-Ok. Allora... buona giornata..- dissi, davanti alla porta della mia classe e mi sporsi per dare un bacio sulla guancia a Liam, che però fece la stessa mossa nello stesso istante, facendoci quasi... cozzare.

Mossi la testa all’ultimo secondo e lo salutai impacciata, cercando di non pensare alla meravigliosa figura appena fatta.
Il professore non aveva ancora fatto l’appello e mi fece entrare senza fare storie. Mi sedetti accanto a Lise, che mi salutò amichevolmente e mi chiese qualcosa sui compiti del giorno prima. Presi appunti durante tutta la lezione, sentendo ogni tanto il mio stomaco che si stringeva e vedendo le facce mie e di Liam così vicine.
Non che avessi qualche problema con lui. Ci conoscevamo da ormai cinque anni ed eravamo abituati l’uno al corpo dell’altra. Eravamo andati al mare insieme ed era anche capitato che uno di noi entrasse nella camera dell’altro... beh, nel momento sbagliato.

Fu al cambio dell’ora che tutto ebbe una svolta. Nel senso che Julie, afferratami per il colletto della maglietta mi fece voltare verso di lei e scacciò in malo modo il suo compagno di banco, facendomi sedere vicino a lei.
-Ho visto te e Liam che venivate in macchina insieme...- disse, sorridendo in quella maniera che aveva ormai da un paio di giorni ogni volta che nominavo Liam.
-Sì. Qualcuno si è portato via la mia macchina e questa mattina non mi è suonata la sveglia, quindi ho chiamato Liam...- dissi, cercando di sostenere il suo sguardo. Avevo una sorta di presentimento, come quando, prima di un compito, sapevo che ci sarebbe stata la domanda bastarda a cui non avrei saputo rispondere.
-Ah, mm, sì. Scusa migliore?- chiese lei, guardandomi interrogativa.
Lanciai un’occhiata al prof di francese, che però stava ignorando la classe, interrogando uno sfortunato Eddy che chiaramente non aveva studiato. Le ore di francese erano di totale relax il più delle volte perché il professore tendeva ad iniziare a fare una cosa all’inizio dell’ora per non fermarsi più fino al suono della campanella, ignorando il resto della classe.
L’unica che odiasse seriamente francese era Alice che il più delle volte si rassegnava a chiamarmi chiedendomi di tentare di spiegarle l’argomento. Eravamo in buoni rapporti io e lei e spesso veniva da me e Julie a prendere un tè o a guardare un film di Jhonny Depp, suo grandissimo amore.
-Scusa migliore? Non è una scusa, seriamente, Ju...- provai a dire, incontrando di nuovo il suo sorrisino irritante. Sbuffai e incrociai le braccia sul petto, guardandola con rimprovero.
-Che vorresti dire?- chiesi, ma lei, in tutta risposta, si allungò e toccò il mio zigomo, esattamente dove mi aveva tentato di pulire Liam.
-Sei sporca qui..- annunciò, seria, mentre mi strofinava con energia. Sospirai di nuovo e aggiunsi la mia mano alla sua per tentare di ripulirmi.
-Lo so... ha provato a togliermela anche Liam, questa macchia, senza successo. Lascia stare. Sopravvivrò...- le dissi, rinunciando a pulirmi e iniziando a disegnare ghirigori sul banco.
-Liam, eh?- chiese, alzando eloquente un sopracciglio.
-Sì, Liam. Sai, il mio migliore amico, hai presente? Mi ha accompagnata in macchina e quando mi sono quasi cavata un occhio con il mascara mi ha aiutata, inutilmente, a ripulirmi...- protestai, aggiungendo un nuovo decoro al banco di formica grigio.
Adoravo disegnare cose senza senso, semplicemente dettate dalla fantasia. Erano fiori o cuori storti, ma anche macchinine, tavolozze di colori, cani, cavalli e chi più ne ha più ne metta. Erano il mio modo di evadere dalla realtà, se così si può dire.
-Il tuo migliore amico, sì. Hay, apri i tuoi occhioni e cerca di capire cosa sto cercando di dirti.- disse lei, togliendomi dalle mani la matita e guardandomi seria. Scossi la testa, incapace di capire.

-Hayley, la gente ha il brutto vizio di parlare nonostante non sappia le cose. Ma qui si tratta di altro, qui si tratta di gente che parla e conosce gli antefatti.- sospirò, enigmatica. La mia spiacevole sensazione stava iniziando a diventare una vera e propria nausea, fastidiosa fino allo sfinimento. Era sempre così. Era un modo del mio corpo che mi diceva “Hayley, ti sto dando una scusa per scappare, fallo ora prima che sia troppo tardi...”
-Di cosa parla la gente, Juls?- mi rassegnai a chiederle, sotto il suo sguardo serio.
-Di te e di Liam, Hay. Del vostro rapporto che non è quello fra due amici normali. Del fatto che siete sempre lì a parlare l’uno dell’altro e del fatto che passate ogni ricreazione insieme a non fare niente.- mi disse, tenendo gli occhi bassi e picchiettando sul banco con le dita dallo smalto rovinato. La mia nausea aveva raggiunto dimensioni impossibili e stavo seriamente pensando di andare a vomitare quando il tocco fresco delle dita di Liam sulla mia guancia mi tornò in mente.
Scossi la testa, arrabbiata e frustrata e mi concentrai su Julie.
-Io non piaccio a Liam e lui non piace a me...- protestai, nuovamente, sostenendo lo sguardo della mia migliore amica.
-Ne sei sicura? Perché a me non sembra. Spiegami perché ogni volta che stai male pensi a lui e tutto fila liscio. Spiegami perché ti alzi da tavola per parlare con lui e sorridi come se avessi appena vinto le elezioni. Spiegami perché ti arrabbiavi ogni volta che usciva fuori Elizabeth e spiegami perché basta che lui ti dica “Vieni qui” e tu corri, senza dire niente.- terminò, guardandomi negli occhi e costringendomi ad allontanarmi leggermente con la sedia.
Ogni sua parola mi era passata per il solco tracciato dalle dita del mio migliore amico sulla mia guancia e si era posizionata sulla bocca del mio stomaco. Ero certa di essere impallidita e potevo sentire il mio cuore battere più forte.
-Oh, ma non è finita. Non credere che ne sia esente anche lui, Hay. Si vede che si illumina ogni volta che incrocia il tuo sguardo, si vede come ignora le altre quando ci sei tu in giro. Voi non ve ne accorgete, ma noi sì e credimi, dovreste accorgervene e capire, perché questa è una cosa che fa male ad entrambi.- terminò, poggiandomi una mano sul braccio. Io non mi ritrassi e non rimasi immobile né la ignorai.
Scossi la testa con forza e mossi le dita della mano sinistra al ritmo di una canzone di qualche anno prima.
-Julie, seriamente. Non c’è niente che non sia una grande amicizia tra di noi. Credimi. Gli voglio un bene dell’anima, ma non penso che potrei pensare di amarlo, non potrei davvero. Amare è una cosa diversa e, soprattutto, amare comporta un amore che può finire. Credi davvero che io potrei lasciarmi andare a un sentimento che potrebbe comportare la fine di Hayley e Liam? Non voglio Liam in altri modi. Lo voglio come amico, come la spalla alla quale appoggiarmi, come quello da ascoltare e rimproverare, come quello da prendere in giro per le ragazze che gli girano intorno. Io e lui... siamo io e Liam. Non certo una coppietta.- dissi, aggrottando gli occhi come se ogni altra idea fosse assurda.

E la cosa buffa era che per me ogni altra idea era davvero assurda. Non avevo mai pensato a me e a Liam in altre maniere e non avrei mai voluto farlo.
E volevo che anche Julie mi capisse.
La nausea non era diminuita e anzi, era più forte che mai. Probabilmente c’entrava anche il fatto che avessi mancato la colazione, ma non ne ero del tutto sicura.
Sapevo solo che volevo scappare da lì e dalle parole di Julie.
Era un modo come un altro per essere giudicata e io reagivo sempre così quando succedeva.
Probabilmente c’era anche qualche patologia strana alle spalle di questo mio comportamento, ma non mi ero mai informata.
Julie mi guardò ed annuì, prima di sfiorarmi la fronte e dirmi “Tu stai male, Hayley. Ma male male. Sei pallida come un cencio. Lo sapevo, lo sapevo, che dovevo farti questo discorso in un momento più tranquillo e dopo un pasto...- cominciò a dire lei, ma le sorrisi cercando di tranquillizzarla.
Magari non stavo così male.
Il pensiero di Liam, degli occhi di Julie e di qualcosa che somigliava a una brioche presero il sopravvento e sentii che da un momento all’altro avrei vomitato sul serio.
-Professore, mi sento male. Potrei uscire?- chiesi, alzandomi e cercando di calmare i battiti così stupidi del mio cuore. Lui annuì e io uscii dall’aula, che era troppo calda e troppo stretta.

La porta si chiuse piano alle mie spalle e io mi lasciai scivolare vicino al muro, tenendo la testa tra le ginocchia.
Pensavo solo a una colazione, una bella colazione e a degli zuccheri.
E a Liam.
Avevo bisogno del suo pensiero, dovevo tranquillizzarmi con lui.
Avevo bisogno del mio migliore amico.
Barcollai fino alla finestra aperta e misi fuori la testa, respirando con la bocca per evitare eventuali conati.
Julie aveva torto. La gente –poteva sapere tutti gli antefatti che voleva, per quanto mi riguardava- aveva torto.
Io e Liam eravamo due amici, due fratelli.
Avevo bisogno di lui perché senza di lui sarei crollata molte volte e non osavo pensare a cosa avrebbe potuto portare un eventuale crollo dovuto a lui.
Mi presi la testa fra le mani e sentii che il cuore batteva più piano e che il mondo girava di meno. Appoggiai la fronte al davanzale freddo e con una mano mi frugai nelle tasche dei jeans in cerca di qualche monetina.
E poi sentii i suoi passi che risuonavano alle mie spalle e tutto, tutto, parve andare meglio.

-Hay....- lo sentii dire e il mio cuore non ebbe nessun tuffo preoccupante, nessuna perdita di battiti.
Rimase lì, più tranquillo del solito.
Eccolo.
Liam Payne era venuto a salvarmi.
-Finisci la frase, Liam...- gli proposi e capii che stava sorridendo mentre continuava ad avvicinarsi.
-Non era un “Ehi”... era un “Hay.” Non sai quanto mi sono dovuto sforzare per dirlo...- disse, arrivando alle mie spalle e poggiando la fronte contro la mia nuca.
-Non sto per morire, Payne, tranquillo. Ho solo... molta ansia addosso, troppa ansia. E ho bisogno di fare colazione.- sussurrai, inclinando la testa così da creare una sorta di simbolo dell’infinito con i nostri corpi.
Lui staccò la testa dalla mia e mi lasciò una carezza tra i capelli, porgendomi i resti di una barretta al cioccolato con l’altra mano.
Ero di spalle, ma sapevo benissimo che faccia avesse, leggermente preoccupata e allo stesso tempo sicura che non mi sarei fatta del male, non del tutto.
Morsi la barretta e sentii un nuovo calore all’interno che mi stabilizzò.
Lontana da Julie, lontana dalla fame e vicina a Liam mi sembrava di essere al centro perfetto della perfezione.
Era questo che eravamo io e lui, insomma, no?
Perfetti nel nostro rapporto diverso.
E non capivo perché Julie sostenesse che dovesse cambiare qualcosa.



Writ's Corner
MI SI ERA CANCELLATO TUTTO, MA PORCA  MISERIA!
D:
Disperazione.

Eccoci qui al terzo (o quarto?) capitolo.
Quello a cui tengo di più e che smaniavo di pubblicare.
Quello che ho fatto betare ad Alyx e che ha ricevuto anche un piccolo cammeo.
(Quella adorabile amante del francese, indovinate chi è? <3 )

Questo capitolo è quello che sento più vicino e che mi racconta meglio.
Che parla della mia nausea dovuta allo stress, alle parole degli altri che mi spaventano, al mio bisogno di qualcuno di speciale.
Le parole della gente che sa e che quindi sputa sentenze mi feriscono sempre, più di quelle delle persone che non sanno.
Ringrazio il Cielo per avere amici come Julie e più o meno come Liam anche nella vita reale.

La scena della macchina è stata una delle prime a cui ho pensato e... beh.
Voi direte che non è originale nè niente, ma per me è stata un'immane fatica scriverla.

Grazie a chi ha letto, commentato, messo nelle preferite/seguite/ricordate.
La regola delle cinque recensioni vale anche qui, però. 
u.u


Un beso
Dalla vostra Writ, che vi ama tantissimo.

Al prossimo martedì!


Ps: per qualunque cose, mi trovate su twitter (@Writ96) o su facebook.
Guardate la mia presentazione nel caso voleste più informazioni! :D

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Capitolo 5
*** 4. It hurts me to think that you ever cried ***


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"It hurts me to think that you ever cried"
Stand Up, One Direction





Chiusi la porta del bagno alle mie spalle, sospirando piano.
Aprii l’acqua della doccia in velocità, tirando indietro il braccio all’ultimo momento e schizzandomi la maglietta con delle gocce che mi avevano intrappolato la mano.
Sospirai di nuovo, perché erano le sei di mattina e perché avrei solo voluto continuare a dormire.
Mi tolsi il pigiama, reprimendo un brivido nonostante non fosse più inverno e il freddo fosse ormai passato e ignorai lo specchio e la mia immagine pallida e gonfia di sonno, scostandomi con irritazione i capelli sporchi dagli occhi.
Quando il getto della doccia mi colpì espirai, come se avessi trattenuto il fiato fino a quel momento.
Scivolai, facendo aderire la mia schiena contro le piastrelle fredde e mi concentrai solo sul ritmo dell’acqua che mi batteva sulla testa.

Pace.

Probabilmente era davvero questa la mia idea di pace.
Qualcosa di caldo e accogliente, che ti circondava senza appiccicarsi eccessivamente a te.
Qualcosa che cambiava di ritmo, ma che era capace di mantenere la sua melodia.
Mi insaponai i capelli, ricordandomi come da piccola mia madre mi avesse insegnato a lavarli da sola.

“Insaponali bene e poi con le dita, come se fossi un piccolo gattino che tira fuori gli artigli..”
“Ma mi faccio male con gli artigli, mamma!”
“Non dire sciocchezze. Tu sei un gattino dolce. Ti faresti del male da sola?”


Mi sarei fatta del male da sola?
Dire di non aver più ripensato alle parole di Julie sarebbe stato un’assurdità.
Erano impossibili da dimenticare e forse lei l’aveva fatto apposta a dirmelo così, senza tanti giri di parole.
Maledissi la gente, la gente che parlava e che non stava zitta, che non si ascoltava mai.
Era sempre stato così, fin da quando ero più piccola.
Avevo paura che la gente mi dicesse che mi piaceva qualcuno.
Non c’era niente di male, e lo sapevo.
Ma allo stesso tempo mi sentivo vulnerabile, una preda facile.
Il buffo era che quando mi piaceva qualcuno era facile capirlo.

Cambiavo polo attrattivo e mi concentravo solo su di lui, facendo gesti studiati in maniera da sembrare casuali.
Non dicevo niente a nessuno, ma tutti mi capivano.
Liam era l’unico che se ne accorgeva solo dopo un po’.
O forse faceva finta, per non mettermi in difficoltà.
Io mi ero accorta subito di Elizabeth, dei movimenti del mio migliore amico e dei suoi gesti.
Avevo capito e l’avevo aiutato.
Ecco, avrei dovuto portare questa cosa a sostegno della mia tesi se il discorso fosse ricapitato con Julie.
Ma ero sicura che non sarebbe ricapitato.

Non avrei mai avuto le forze o il coraggio di allontanarmi da Liam solo per smentire delle voci di corridoio.
Avrei sofferto come un cane e probabilmente quelle sarebbero solo aumentate.
Avrei continuato a fare tutto normalmente.
Come se non avessi saputo niente.
Come se avessi avuto le idee chiare in testa.
 
Il test di Letteratura davanti a me sembrava non riuscire a contenere le parole che uscivano dalla mia penna e faticavo io stessa a stare dietro ai miei pensieri.
Amavo quella materia e nonostante tutto, i test che ci davano erano i meno pesanti di tutti per me.
Alzai lo sguardo per un secondo, sgranchendomi la mano e girando il foglio delle domande ed incrociai lo sguardo divertito di Liam.
Era l’unico corso che frequentassimo insieme ed era sempre stato così dal primo anno.

Avevamo fatto amicizia in primo liceo durante una di quelle gite noiose ed inutili che non avevano alcuno scopo realmente didattico.
Eravamo finiti vicini in autobus e avevamo iniziato a scherzare abbastanza facilmente.
Di solito non sopportavo le persone che fin da subito cercavano un contatto con me, che cercavano di avvicinarsi troppo e con troppa foga, ma con Liam era stato diverso.
Lui si era avvicinato piano, quasi chiedendomi il permesso di diventare mio amico ed io avevo accettato senza rendermene conto.
Era successa una cosa simile con Zayn, solo che si era creato un legame meno profondo.
Vidi che anche lui aveva la testa inclinata dalla mia parte, senza realmente vedermi, cercando di concentrarsi sulla risposta del compito.
Era buffo Zayn, ogni volta che studiavamo insieme sembrava sempre alla ricerca di un qualche dettaglio in più, come se non fosse mai soddisfatto. In realtà studiava lo stretto indispensabile, ma quando ci si metteva puntava sempre a qualcosa di più, sempre al meglio che lui potesse ottenere.
E la cosa me lo rendeva assolutamente simpatico.

Consegnai il compito alla professoressa, lanciando un’occhiata quasi affettuosa ai versi di Shakespeare riportati per descrivere le travagliate vicende di Giulietta e Romeo.
Li apprezzavo e li ritenevo coraggiosi, ma io non sarei mai riuscita a condurre una vita così.
Nel mio essere complicata, agognavo alla semplicità.
Uscii dall’aula e mi appoggiai allo stipite della porta, guardando un paio di studenti che fumavano nel cortile interno e che discutevano amaramente. Scossi la testa, cominciando a congetturare sulle ipotesi del loro litigio.
Magari lei era la sua ragazza e si era arrabbiata perché lui non le aveva fatto nessun regalo di compleanno, oppure lui era suo fratello che le diceva di non immischiarsi nella sua vita.
O forse lei era la sua migliore amica, che si intestardiva a fargli capire qualcosa di importante.

Vidi due mani diverse spuntare dalla curva dei miei gomiti e mi girai verso Liam e Zayn che sghignazzavano davanti alla mia aria sorpresa.
-Che vi ridete, voi?- chiesi, spingendoli allegramente mentre loro chiudevano la porta dell’aula alle loro spalle.
Era una nostra vecchia abitudine, consegnare due o tre minuti prima per potercene stare un po’ insieme e riposarci mentalmente.
-Ti mancava solo un binocolo e poi potevi tranquillamente essere presa per la stalker di uno di quei due là fuori..- rise Zayn, sfilando la mano dall’incavo del mio braccio e sedendosi su una sedia mezza rotta lasciata lì dagli ultimi colloqui con gli insegnanti.
-Tu ti vedi troppi polizieschi, Zayn, oppure troppe soap opera con tua zia....- dissi, togliendo le mani dalle tasche e alzandole in aria, costringendo Liam a sfilare la sua come aveva fatto Zayn poco prima.
-Di’ la verità, trovi quel tizio molto carino e speri che quella sia la sua ragazza, con la quale sta rompendo...- continuò lui, facendomi allargare ancora di più le braccia.
Stranamente Liam non ridacchiò come al suo solito, concedendosi solo uno sbuffo divertito nella mia direzione.
-Mi correggo, elimina i polizieschi Zayn. Tu vedi decisamente troppe  soap opera. Difendimi, Willie!- esclamai, colpendo Liam sul braccio, che parve riscuotersi e mi guardò annuendo distrattamente.
-Willie! Hayley, o inventi soprannomi davvero orribili oppure tu e Liam non me la raccontate tutta giusta...- continuò Zayn, sempre ridendo. Scossi la testa, abbassando le braccia, sconfitta, mentre una Julie immaginaria cominciava a deridermi per poi tornare seria e ripetere esattamente le stesse parole del ragazzo davanti a me.
-Anche tu no...- borbottai, facendo voltare Liam e costringendo Zayn a trasformare la sua risatina in un’espressione alquanto corrucciata. Avrei voluto tapparmi la bocca con le mani, oppure lasciarmi andare ad un commento sarcastico su quanto Julie e il mio amico lì presente fossero dei pettegoli, ma preferii cercare di rimanere immobile e di far lavorare il mio cervello alla ricerca di una scusa plausibile.

Di un sotterfugio.

-Anche lui cosa?- chiese Liam, con un angolo della bocca bloccato nella risatina di prima e un’aria curiosa negli occhi. Non sostenni il suo sguardo, ma mi girai verso di lui, preferendo guardare il piccolo stemma che aveva sul maglioncino piuttosto che il suo viso.
-Anche lui dice che questo soprannome fa schifo...- mi lagnai e in quel momento suonò la campanella, salvandomi e permettendomi di avere una scusa plausibile per tornare in classe a cercare le chiavi della macchina, che, come mio solito, avevo lasciato sotto il banco, dopo aver salutato Zayn con un pugno sulla spalla e Liam con un abbraccio.
Mi attardai a guardarmi intorno, beandomi della momentanea solitudine.

Presto, troppo presto, sarei tornata a casa e non sarei sfuggita a Julie e ai suoi interrogatori.

Aprii anche le finestre e buttai un paio di cartacce, con la scusa di aiutare la bidella, in realtà cercando di avere solo un altro momento per me.
Me ne andai quando mi sentii soddisfatta, giocando con il portachiavi a forma di stella marina che mi aveva regalato Sam prima di partire.
Avevo pianto, quel momento, ma poi la cosa era passata e a volte mi sorprendevo a pensare ai momenti passati con la mia amica-sorella solo con la leggera malinconia di chi guarda alle belle esperienze del passato, conscio che si trovano dall’altro lato di un vetro infrangibile e che non si potranno più raggiungere.
Mi aspettavo di essere sola nei corridoi, ma la cosa che mi spiazzò fu quella di trovarmi davanti una ragazza del primo anno dai capelli rossicci che mi guardava con intensità.

-Tu sei la ragazza di Payne?- chiese e io spalancai gli occhi, cercando se non altro di non aprire anche la bocca per non avere un’aria ancora più stupida.
Mi sembrò di sentire la stessa nausea di qualche giorno prima, quella della fatidica lezione di inglese, ma riuscii a controllarmi e mi limitai a fissarla così, immobile, in mezzo al corridoio.
-Veramente sono una sua...amica..- mi difesi e lei sembrò esserne sollevata, visto che sospirò e fece un passo nella mia direzione.
-Quindi lui è single.- affermò, guardandomi negli occhi alla ricerca di un consenso. Non rimpiansi di non aver detto di essere la sua migliore amica, anche perché sapevo dove voleva andare a parare e la cosa non mi piaceva per niente. Ero sempre infastidita quando la gente si avvicinava a me solo per avere una possibilità con lui.

La gente non capiva niente.

-Frena, ragazzina. Se è single o no, non sono affari miei. Chiedilo a lui, se vuoi. Io adesso devo andare, devo studiare per un compito. Fammi sapere poi com’è andata...- dissi, senza cercare di essere simpatica. Ero irritata e assonnata e di nuovo irritata e quella ragazza, che ora mi fissava quasi rassegnata, non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.
Entrai in macchina e tirai fuori il cellulare, sorpresa dalla presenza di un messaggio a quell’ora.

“Ti chiamo appena penso che tu possa essere a casa. Vedi di sbrigarti, affibbia-soprannomi.”
Scagliai il telefono sul sedile del passeggero e guidai quasi con rabbia fino all’appartamento mio e di Julie, maledicendo un po’ tutto il mondo.
Entrai e trovai la mia coinquilina e Harry che si sbaciucchiavano davanti alla TV e non potei non sorridere, entrando in cucina senza fare rumore.
Mi sedetti su una sedia e sfogliai un giornale trovato lì, tenendomi a debita distanza dai fornelli.
Come sapevano bene sia Julie che Liam, era poco consigliabile mettermi a cucinare.
Il telefono nella mia tasca squillò e io ringraziai mentalmente di avere il silenzioso.

Mi alzai e riattraversai di nuovo il soggiorno, notando con un ghigno quanto Julie e Harry fossero concentrati su loro stessi per badare a me e mi chiusi ancora una volta in bagno.
“Ehi..”
“Payne, adesso sembri tu lo stalker..”
“Così mi offendi, Miss. Sappi che se vuoi chiudo e ti lascio lì da sola...”
Avrei voluto chiedergli di fare così, ma potevo vedermelo davanti, il BalckBerry incastrato tra la testa e l’orecchio e le labbra socchiuse, mentre cercava di fare sette cose contemporaneamente.
Lo conoscevo così bene.
“Non ci provare. Ho troppo sonno e sono troppo stanca, se smettessi di parlare cadrei nella vasca da bagno e mi spaccherei la testa...”
“Questa cosa mi fa paura.”
Risi, scuotendo la testa e sospirando piano.
“Volevo sapere come stavi. Oggi sembravi davvero stanca..”
“Ho dormito qualcosa come cinque ore e basta questa notte. Non penso di poter reggere ancora...”
Sospirai di nuovo, guardandomi la punta del piede e roteando la caviglia.
“Peccato, perché volevo chiederti di fare qualcosa insieme oggi. Per tirarti su. E poi perché voglio sapere qual è la quarta cosa che non ti ho mai dato...”
“Payne, sei ossessivo. Peggio di me.”
Stavolta toccò a lui ridere come un matto, facendo sorridere anche me.
“Dai. Non dirmi che non ci hai pensato...”
Mi stava provocando, e lo sapeva. Sapeva di aver sempre fatto di tutto per me, così come avevo fatto io per lui, ma si divertiva così. Ghignai e picchiettai sulla copertina del cellulare, quasi a dargli dei colpetti in testa.
“Ok. Non mi hai mai dato una mano con quei due scatoloni di cianfrusaglie che io e Julie non abbiamo mai svuotato.”
Rimase in silenzio solo per qualche secondo, prima di rispondere, allegro come al solito.
“Perfetto. Sono da te alle quattro.”

Rimasi con il telefono in mano, guardandolo sconvolta. Lo rimisi in tasca, facendo penzolare l’apetta fatta di brillantini fuori dalla tasca e aprii la porta, scendendo di sotto e trovando Julie e Harry che confabulavano, le teste vicine.
-Fate paura, sappiatelo..- dissi e loro si voltarono, sorridendomi contenti. Harry era il solito sfacciato, ma mi era simpatico anche perché era così, anticonformista nel suo essere conforme al branco di ragazzotti che adoravano divertirsi e basta.
-Ehi, Hayley... cucini tu?- chiese lui, sorridendomi ancora e passando un braccio intorno alle spalle di Julie, che stava fissando il ciondolino del mio cellulare che i muoveva ancora.
Sia io che lei scoppiammo a ridere e la vidi passargli una mano tra i capelli, commentando con un laconico “Styles, devi fare ancora tanta strada nel conoscere Hayley Core...” mentre si alzava.
-Quindi cucini tu, coinquilina amata...- dissi, stiracchiando mi e buttandomi sul divano né vicina né lontana da Harry, che la guardava con aria confusa.
Julie annuì e sparì in cucina, sbuffando e urlandomi che avrei dovuto iniziare a capirci qualcosa di cucina, anche se elementare.
-Come mai non puoi cucinare?- mi chiese Harry, facendomi sorridere nel voltarmi verso di lui.
-Ho quasi mandato all’ospedale me, lei e Liam una volta. Sono pericolosa...- ammisi, raccogliendo una gamba contro il mio petto. La stanchezza non era passata, ma il malumore sì e la cosa mi stupì parecchio.
-Liam... Payne. Sì, Julie me ne ha parlato. Siete tipo fratello e sorella, vero?- mi domandò ed ebbi un moto di affetto nei suoi confronti. Aveva detto bene.
Fratello e sorella.
-Sì, è il mio migliore amico...- commentai, facendolo sorridere in risposta.
-Julie dice un’altra cosa, eh?- continuò, facendomi gelare. Provai l’impulso di scappare, ma mi trattenni e mi limitai a deglutire silenziosamente.
-Julie ha un modo distorto di vedere la realtà, a volte.- risposi, e lui sembrò soddisfatto, perché si alzò e seguì la sua ragazza in cucina, urlandole dietro le spalle e facendola trasalire.
Pranzammo tranquillamente, parlando del più e del meno e scherzando tra di noi.
Fu mentre lavavamo i piatti che io e Julie ci ritrovammo da sole. Ci eravamo viste a Francese a scuola, ma poi io avevo avuto due ore di compito e lei era uscita un’ora prima, perciò non avevamo avuto occasione di parlare o di fare qualunque altra cosa.
-Più tardi arriva Liam... Gli ho chiesto di aiutarmi con i famosi scatoloni delle cianfrusaglie. Ti dispiace?- le chiesi e la vidi immobilizzarsi, ma abbassai subito lo sguardo per non vedere il suo solito sorrisetto.
Aspettai che parlasse prima di respirare di nuovo e ritornare a muovermi.
-Gli scatoloni! Hayley, sei un genio... Lo dicevo, io, che avremmo dovuto fare qualcosa per quei cosi... Vi diamo una mano io ed Harry, ti va?- mi chiese e io annuii, strofinando un bicchiere e mettendolo capovolto sul lato del lavandino.

Lo guardai qualche istante, osservando la manopola del lavandino che si deformava dietro il vetro smerigliato.
Il vetro sarebbe dovuto essere trasparente e, secondo la fisica, un materiale trasparente permette alla luce di passare senza ostacoli.
Ma quel vetro no, era leggermente deformato e allora la luce passava in maniera distorta, cambiando forma alle cose.
Scossi la testa, un gesto che stavo iniziando a fare troppo spesso e che alla fine non portava mai a niente, perché i pensieri rimanevano lì e non si muovevano, non scappavano dalla mia testa.
Come invece avrei voluto fare io.
Il campanello suonò e io lasciai per un istante la presa sul piatto che avevo in mano, facendolo scivolare nel lavandino. Julie mi guardò alzando un sopracciglio e io deglutii, mentre borbottavo un debole “Vado ad aprire”.
Non mi chiesi perché avessi reagito così.
Era più che normale che uno si spaventasse al suono del campanello, no?
Stranamente, la cosa mi suonava come una scusa.
Mentre giravo le chiavi nella serratura rimpiansi di aver guardato con aria di superiorità Giulietta e Romeo.

Mi sentivo più simile a loro di quanto non dovessi.






Writ's Corner.
Sì, so che è lunedì. E io aggiorno di martedì. Non prendetemi per scema, è solo che domani non avrei potuto aggiornare e così lo faccio oggi, diciamo sul tardi.
Anche questo è un capitolo che sento molto vicino. Soprattutto il pezzo riguardo la gente che piace ad Hayley.
E' una brutta sensazione, quella di sentirsi sotto accusa per qualcosa di naturale.
Romeo e Giulietta... a me piacciono eppure non li amo nè li considero modelli da imitare.
Ma con tutte le scuse che uno trova in ogni situazione, non sono forse simili a noi?
La parte del bicchiere, invece, è fisica applicata al "guazzabuglio del cuore umano".
E penso si spieghi da sola con la parola "Liam".

Ecco.
Vi ringrazio perchè mi recensite e siete con me, seguendomi e facendomi tutti quei complimenti.
Mi piacerebbe che più persone recensissero, ma giuro che amo ognuno di voi.
Grazie, a chi leggerà e mi dirà che assomiglia ad Hayley.
Grazie a chi mi dirà che Hayley è patetica.
Grazie a chi non dirà nulla, ma arriverà a leggere questo ringraziamento.
Baci
Writ.


Ps: Avete notato che il banner è sempre lo stesso?
Ne ho un altro paio pronti, ditemi se volete che lo cambi o no...
e... qualcuno che si inventi un nome carino per Hayley e Liam? :3
Avevo pensato ad Haylyam, ma è brutto. u.u

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Capitolo 6
*** 5. I Should Have Kissed You ***


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"I can't believe I let you walk away when I should have kissed you"

I should have kissed you, One Direction




Nei libri si legge spesso di personaggi che, in una particolare situazione, hanno un’illuminazione o, se sono sfortunati, hanno solo una sorta di campanello d’allarme nella loro testa che li avverte che qualcosa non va.
A ripensarci bene, col senno di poi, mi rendo conto che in quell’occasione di campanelli dovevano esserne suonati due, ma probabilmente non me n’ero accorta o non me n’ero voluta accorgere.
Avevo solo notato qualcosa di strano, ma non mi ero soffermata a pensarci.
Di solito pensavo tanto, troppo, ma quella volta forse scelsi di non farlo.
Scelsi di non preoccuparmi per la faccia che fece Liam quando aprii la porta.

Harry aveva sentito il campanello ed era venuto a vedere chi fosse, piantando in asso la puntata dei Simpson che stava guardando in TV e mettendosi alle mie spalle.
Vidi il sorriso di Liam sparire per qualche istante quando vide che dietro di me c’era Harry, che si affacciava sorridente e curioso.
Guardai il mio migliore amico con aria interrogativa, piegando la testa di lato e avvicinandomi per salutarlo. Stava lì, lui, fermo, a guardare Harry con la mascella contratta e quasi non si accorse di me, fino a quando non sentimmo Julie urlare dalla cucina.
-Harry, vieni qui! Ho bisogno di te! Oh ciao Liam! Sei in anticipo...- concluse, mentre Harry trotterellava nella sua direzione salutando Liam con uno sguardo sorpreso. Liam si rilassò e rispose al mio abbraccio, posando le labbra sulla mia testa e staccandosi solo dopo qualche secondo, lasciando però il braccio intorno alla mia vita.
-Sembra che tu abbia visto un fantasma, lo sai, sì?- gli dissi sorridendo mentre chiudevo la porta alle nostre spalle. Lui sorrise sornione e agitò l’altra mano come a dire “Non è niente”, come faceva ogni volta che non voleva farmi preoccupare.
-Sono abituato ai fantasmi. Ti ho vista struccata un paio di volte...- mi rispose, scoppiando a ridere di fronte alla mia aria scandalizzata. Mi presi la faccia tra le mani e continuai a camminare, allontanandomi leggermente dal suo abbraccio.
Non che mi dispiacesse. Mi piaceva il contatto fisico con le persone, anche se di solito me ne stavo in disparte, con la paura di fare qualche gesto che le persone potessero fraintendere.
Potevano dire quello che volevano, ma tutti, tutti, tendono sempre a pensare troppo davanti alle cose semplici. Tipo un abbraccio.

-Ehi, Mister Payne. Com’è che sei in anticipo? Di solito per farti arrivare in orario ci vuole una bomba atomica...- gli disse Julie, asciugandosi le mani sullo strofinaccio e sorridendogli con il solito sorrisino, che giustamente Liam non poteva conoscere.
Mi trattenni dallo sbuffare, perché c’era Harry che ci guardava e temevo di sembrare un’idiota.
Il fatto che lo fossi realmente non mi spingeva certo ad essere masochista.
-Oh, Hayley è una calamita irresistibile...- commentò lui, picchiettandomi sulla spalla con un dito. Alzai le sopracciglia e mi voltai leggermente dall’altro lato, in imbarazzo senza un reale motivo, come ogni volta che qualcuno mi faceva un complimento o mi diceva qualcosa di carino.
Julie tossicchiò e Harry face un altro dei suoi sorrisi, che prese però una piega maliziosa.
-Doveva essere un complimento?- domandai, cercando di ridacchiare e di non sembrare oca per diminuire la tensione che si era creata. In tutto quel circolo di pensieri che volevano andare oltre le parole, Liam sembrava essere rimasto l’unico sicuro della sua realtà e di ciò che vedeva.
Il mio migliore amico ruotò la testa e mi scompigliò i capelli, conscio che il suo metro e settantotto gli permetteva di prendersi gioco del mio metro e settanta scarso, facendomi finire una serie di ciocche in bocca. Strinsi gli occhi, mentre aspettavo che l’attacco-Liam finisse.

Era strano che si comportasse così e lo sapevo benissimo.

Di solito non dimostrava in maniera così spiccata il suo affetto nei miei confronti, preferendo piccoli gesti oppure facendo cose del genere solo quando eravamo io, lui e Zayn o io, lui e Julie.
La presenza di Harry non mi era completamente estranea, ma era estranea a lui e in qualche modo era questo il suo modo di reagire.
-Comunque, io sono Harry. Harry Styles, il ragazzo di Julie...- si presentò lui, porgendo la mano a Liam che smise di tentare di soffocarmi con i miei stessi capelli e gliela strinse, sorridendo in risposta.
-Liam Payne...- disse, stringendo la mano di Harry per qualche istante.
Julie li fissò con la fronte aggrottata e poi battè le mani, come colta da una rivelazione improvvisa.
-Beh? Gli scatoloni? Li ignoriamo così? E se si offendessero?- esclamò, facendomi alzare le sopracciglia ed annuire contemporaneamente. Mi alzai dalla sedia sulla quale mi ero seduta tenendo lo schienale tra le ginocchia ed aprii la porta dello sgabuzzino dove c’erano, impilati l’uno sull’altro un paio di scatoloni minacciosamente pieni e coperti di polvere.
-Da quanto è che vivete qui, scusa?- mi chiese Harry, facendo ridere Julie, che catturò la sua attenzione su di sé con un “Oh, eeeehm” particolarmente sonoro.
-Diciamo da abbastanza tempo perché sia vergognoso che quelle due scatole siano ancora lì...- continuò lei, passandosi una mano tra i ricci e mordendosi il labbro inferiore in una smorfia comica. Era l’esposizione troppo prolungata ad Harry, pensai, che la faceva comportare così.
Liam si offrì per portare uno dei due scatoloni e Harry fece altrettanto, con la conseguenza che lasciarono me e Julie a raccogliere tutte le varie scope e scatolette cadute nello spostare i due pacchi. Mi girai verso di lei e la vidi sorridere in maniera fintamente provocante, mentre sbatteva le ciglia.

-Siamo sole, Miss Core...- disse, con una voce talmente finta da farmi chiedere che cosa avesse messo nel suo piatto di insalata. Sbattei le ciglia anche io, sentendomi terribilmente ridicola e non osai neppure per un istante mettere le labbra a cuore smonco per simulare chissà cosa.
Non ero tagliata per quel genere di azioni.
Risultavo goffa e inappropriata e non facevo ridere nessuno.
O facevo troppo poco, o facevo troppo, diventando semplicemente un’orribile caricatura di una caricatura stessa.
Liam apparve sulla porta in quell’istante, ma me ne accorsi solo dopo che lo sentii sbuffare in direzione delle occhiate stupide che io e Julie avevamo preso a lanciarci. Mi girai verso di lui con uno scatto, facendo cadere sulla mia testa una serie di strofinacci che sembravano non essersi mai mossi di lì.
Ebbi subito la sensazione di qualcosa che mi camminava sulla schiena, un paio di ragni forse, o magari anche qualche scorpione, e rabbrividii, imponendomi di rimanere ferma. Incassai la testa tra le spalle e allungai una mano verso i miei capelli per rimuovere gli strofinacci senza pensare ad eventuali inquilini.

Liam fu più veloce di me e fu con sollievo che vidi che due semplici straccetti di stoffa caduti per terra davanti a me. Alzai lo sguardo verso di lui per ringraziarlo e lo trovai considerevolmente vicino.
Insomma, non vicino come quando nei film lui sta per baciare lei ed è a un soffio dalle sue labbra oppure le sta sfiorando il naso.
C’erano una ventina di centimetri tra la mia fronte e la sua, ma io lo percepivo vicino lo stesso.
Le voci di Zayn e Julie mi riecheggiarono nella mente e mi fecero sussultare e osservare come effettivamente era la scena.
C’era qualcosa di dannatamente sbagliato in tutto ciò.
Anche Julie, quella vera, non quella che si era stanziata nella mia testa e che rompeva le scatole tutto il tempo, parve pensarla così, perché si chinò a prendere gli strofinacci e poi si rivolse a me a voce alta.

-Hay, non c’è niente degno di Superman in questo ammasso di stoffa, tranquilla. Puoi smettere di tremare...- mi sbeffeggiò, con il duplice effetto di far stringere le labbra sia a me che a Liam.
-E io che già temevo qualche pericolosa tarantola...- borbottai, rivolgendole un sorriso, mentre uscivo dallo sgabuzzino ed andavo in soggiorno.
Casa nostra non era grande, era una delle tante villette a schiere della periferia di Londra, ma a me in quel momento quel salottino parve la cosa più immensa che avessi visto, in netto contrasto con la privatezza claustrofobica dello stanzino.
Harry mi fissava curioso e io agitai una mano, come aveva fatto Liam con me quando era entrato.
Sbattei gli occhi un paio di volte, in un modo che ritenni essere un buon sostituto per lo scuotimento di testa, e smisi di pensare a lui.
Gli scatoloni erano più piccoli di quanto pensassi, ma erano così pieni che rischiavano di vomitarci addosso una quantità di oggetti industriale.
Sotto gli sguardi di Harry e Liam io e Julie tirammo fuori una lampada a forma di panda che un tempo cambiava colore ma che ora rimaneva fissa su un inquietante blu, una serie di cinturini di orologi da polso che apparteneva a una mia vecchia collezione di quando ero bambina e quello che avrei potuto definire un decimetro cubo di figurine dei calciatori, che Harry adocchiò subito, molto interessato.

Ci aiutarono a dividere le cose in tre categorie, Riutilizzabile, Assolutamente da scartare e Rifiuto Nucleare.
Alla fine l’ultima pila era decisamente la più nutrita, mentre la prima contava solo il mazzo di figurine, un paio di modellini di Topolino usciti da qualche Ovetto Kinder e una serie di foto di me e Sam o di me, Sam e Julie o di me e Liam che risalivano al primo anno di liceo.
Liam ne prese una dove aveva dei capelli ridicolamente corti nella quale io sorridevo come un’ebete avvolta in un maglione di circa tre taglie più grandi. Non ricordavo nemmeno più in quale occasione fosse stata scattata, ma fu un piacevole tuffo al cuore vedere come il rapporto mio e di Liam non fosse mutato negli anni. C’era sempre quel leggerissimo ma costante contatto e quel modo di stare insieme naturalmente che è alla base di ogni bel rapporto e che aveva sempre caratterizzato il nostro.
Vidi che anche lui sorrideva mentre la mostrava ad un curioso Harry, che derise immediatamente la mia faccia e il taglio di Liam.
-Amico, posso dirti con orgoglio che questa foto batte perfino quella mia e di mia sorella Gemma dopo una notte passata all’aeroporto di qualche anno fa...- disse Harry, facendo rizzare una sonnolenta Julie, che fino a quel momento era stata appoggiata alle sue ginocchia, gli occhi chiusi e l’aria particolarmente soddisfatta, anche grazie alle carezze che il ragazzo le faceva in continuazione tra i capelli.
-Devo vederla assolutamente...- si lagnò, alzandosi in piedi per sedersi accanto a lui sulla poltrona. Li guardai intenerita, mentre riponevo le cose da buttare in uno scatolone.

Fu quando Harry la baciò nel bel mezzo di una risata che ripensai alla presenza di Liam accanto a me.
Sobbalzai e repressi il tentativo di afferrarmi la testa tra le mani, mentre mi ripetevo che era tutta colpa di Zayn e di Julie e che stavo diventando paranoica.
Mi voltai verso Liam quasi involontariamente e vidi che anche lui mi stava fissando, le sopracciglia leggermente aggrottate e la mascella un poco contratta, come faceva ogni volta che era concentrato su qualcosa. Non riuscivo a guardarlo, non riuscivo a staccare il mio sguardo dal suo, non riuscivo a fare niente.
Il mio cervello si era congelato e, nonostante sapessi che tutto quello che mi sembrava un’eternità era in realtà una manciata di secondi, pensai che se non avessi respirato subito sarei morta per asfissia.
Uno dei cinturini degli orologi crollò da in cima alla pila e mi cadde sulla caviglia, facendomi voltare di scatto.
Lo presi tra le mani prima di gettare un’occhiata a Harry e a Julie, che sembravano non volersi staccare.
Sbuffai, pensando a quella situazione così dannatamente tragi-comica.

Fu Liam a salvarmi, ancora una volta. Mi toccò una spalla ed indicò con il mento la cucina, sorridendo come se io fossi stata una bambina che durante i film gridava “Che schifo!” durante il bacio dei protagonisti.
Mi alzai, afferrando la foto che avevo iniziato a guardare prima e lo seguii, sedendomi poi sulla stessa sedia di prima. Lui si sedette sul tavolo, facendo dondolare i piedi, stando sempre in silenzio.
-Posso?- mi chiese, indicando la foto che avevo in mano. Annuii e poggiai la fronte sullo schienale della sedia, piena di una stanchezza che derivava dall’imbarazzo e dai miei troppi pensieri.
-Questa è Sam?- chiese lui, indicandomi la chioma rossiccia accanto alla mia. Annuii, sorridendo malinconica davanti all’immagine di quelle due bambine con un grembiule che doveva essere bianco, ma che era pieno di cioccolata dal colletto fino all’ultimo bottone.
-Avevamo appena tentato di cucinare una torta....- dissi, indicando la patacca sulla mia pancia e trattenendo una risata. Lui rise apertamente, poggiando la foto vicino al bordo del tavolo e guardandola pensieroso.
-Non sei cambiata di una virgola. Cioè, sì, insomma, non sei più una bambina, ma, ecco, eri una bellissima bambina, e adesso, beh, ora hai quasi diciannove anni, e voglio dire, non sapevi cucinare, però eri contenta lo stesso e...- farfugliò, leggermente in confusione. Abbassai lo sguardo e socchiusi gli occhi, sorridendo affettuosamente.
Eccolo lì il mio Liam. Quello che conoscevo.

Il mio porto sicuro.

-Ho capito. Non ti inviterò più a cena, sei contento?- gli chiesi, retorica e lo vidi aprire la bocca, con fare minaccioso. Si abbassò fino alla mia altezza e di nuovo provai quella sorta di immobilità forzata che mi prendeva ogni volta.
Non aveva nessun profumo meraviglioso che mi stordisse. Ero abituata al profumo di Liam, ne avevo addosso costantemente. Ero abituata al suo sguardo dolce e al suo naso perfetto che sfiorava la mia guancia. Conoscevo come le sue labbra potessero premermi sulla guancia con tenerezza e sapevo anche quanto fossero adorabili i suoi capelli, perché mi divertivo a scompigliarglieli.

Ma la sua vicinanza in quella maniera così... diretta, così frontale mi immobilizzava.
Come un predatore che blocca la sua preda guardandola negli occhi.
L’unica differenza era che lui non era un cacciatore ed io non ero una preda.
Ero la sua migliore amica.
Ero stizzita di non riuscire a controllarmi, di non riuscire ad oppormi a lui e alla sua vicinanza.
Ero stizzita perché, nonostante tutto, ne godevo.
-Non penso che ci riusciresti...- brontolò, arricciando il naso come faceva quando era contrariato.
Non ebbi il tempo di rispondere, perché Julie entrò in tempo per vederlo che mi posava un bacio sulla punta del naso e si rialzava con un gemito, tenendosi una mano sulla schiena.
-Per colpa tua, Hayley, diventerò artritico prima del dovuto tempo...- mi rinfacciò, sotto lo sguardo vigile di Julie che seguiva ogni secondo della scena con un’aria di superiorità che stava per mandarmi in una crisi di panico.
-Juls! Harry si ferma a cena?- domandai, dando una gomitata a Liam e appoggiandomi comodamente alla sua gamba. Provai, dico sul serio, a non essere imbarazzata, ma non ce la feci.
Eppure  rimasi lì, perché era dove dovevo stare.
Ne andava della mia salute mentale.
Julie annuì, tutta felice e sentii Liam che si agitava.
-Se ti dico che sai cucinare a meraviglia sei disposta a sfamare un povero affamato?- mi chiese lui, allargando gli occhi e tentando di avere una smorfia commovente.
In pratica, sembrava un coniglio in punto di soffocare.
-Sì, Payne. Solo perché sei il mio migliore amico e perché hai detto che ero una bambina carina, intendiamoci.- gli risposi e fui certa che si fosse illuminato, perché iniziò ad accarezzarmi i capelli e ad attorcigliarseli attorno alle dita.

Julie ci fece apparecchiare e fu comico vedere Harry e Liam che si sfidavano a colpi di forchettate nel tentativo di dire se il galateo voleva il coltello a destra o a sinistra. Alla fine si arresero a guardare su internet dal cellulare di Liam mentre io portavo piatti e bicchieri.
Fu una cena allegra e Harry non smise un secondo di sfottere me e Julie per la lampada a forma di panda, mentre Liam mi chiese a più riprese se fossi sicura di non volere anche il cinturino del suo orologio.
Ma c’era qualcosa che stonava.
Liam seduto davanti a me che sfiorava il mio ginocchio con il suo per quel dannato tic alla gamba che lo prendeva ogni volta che era euforico.
Il suo modo di passarmi la ciotola dei pomodori, quello sfiorarmi con le sue dita fredde.
Il modo che avevo di vedere queste cose, forzatamente obiettivo, come un koala costretto a staccarsi dal suo ramo preferito, che mi faceva male perché avrei voluto continuare a guardarle con i miei occhi.

Fu quando Liam ed Harry andarono via che capii definitivamente cosa ci fosse stato di sbagliato.
Il modo in cui, per tutto il tempo, il mio naso avesse continuato a bruciare al ricordo delle labbra del mio migliore amico.

E quando Julie mi parlò, poco prima di iniziare a lavarsi i denti, con un’espressione decisamente seria, capii che l’aveva capito anche lei.
-Liam ha portato via la foto di voi due da piccoli...- disse.
Ma io sapevo che quello che lei voleva realmente dire era solo un “Dobbiamo parlare.”.
Avrei dovuto smettere di nascondermi dentro alla mia testa.






Writ's Corner

E rieccola, per una volta nella sua vita, puntuale.
La vostra Writ è qui!
Ok, bando alle ciance. Spieghiamo un po' la situazione.
Si crea imbarazzo. Ovvio che se ne crei. Il campanello di cui parlo all'inizio non suona mai. Lo so per esperienza, purtroppo.
La foto di Sam e Hay è qualcosa che amo, di mio. Amo le foto che ho con le mie amiche da piccole. E amo le loro, quindi.
Il prossimo capitolo sarà.. decisivo.
Ma non vorrei svelarvi niente, assolutamente niente.
Ok. Penso non ci sia altro da dire, se non grazie alle otto belle persone che hanno recensito lo scorso capitolo.
Grazie di cuore.
Un bacione
Writ


Ps. Dopo secoli, ho riaggiornato Click. Se qualcuno di voi la conosce, saprà che è un evento. ;)

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Capitolo 7
*** 6. I keep palying inside my mind all that you said to me ***


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"I keep playing inside my mind all that you said to me"
I Should Have Kissed You, One Direction





Fu quando Liam ed Harry andarono via che capii definitivamente cosa ci fosse stato di sbagliato.
Il modo in cui, per tutto il tempo, il mio naso avesse continuato a bruciare al ricordo delle labbra del mio migliore amico.

E quando Julie mi parlò, poco prima di iniziare a lavarsi i denti, con un’espressione decisamente seria, capii che l’aveva capito anche lei.
-Liam ha portato via la foto di voi due da piccoli...- disse.

Ma io sapevo che quello che lei voleva realmente dire era solo un “Dobbiamo parlare.”.
Avrei dovuto smettere di nascondermi dentro la mia testa.
 
Riuscii ad evitare il terribile discorso per una notte intera.
Mi ero ficcata sotto le coperte e avevo finto di dormire, respirando più tranquillamente che potevo e rannicchiandomi come ogni volta che dormivo profondamente e l’avevo sentita indugiare sulla porta prima di andare via.
Avevo finto. Finto disgustosamente per tutta la notte di dormire.
Avevo finto di non vedere la faccia di Liam così vicina, finto di non irrigidirmi ogni volta che pensavo a lui.
Avevo finto di pensare che non si sarebbe accorto delle mie occhiaie.
Come sentivo vicini Giulietta e Romeo e tutti i loro sotterfugi per stare insieme.
Io facevo il contrario, ma l’effetto era quello.
Cercavo scuse, scappatoie, per non affrontare quel discorso che sapevo prima o poi avrei dovuto fare con me stessa.
E intanto, mi addormentavo, sognando ancora una volta la presenza tranquillizzante di Liam.
 
Quando scesi a colazione c’era silenzio. Forse troppo. Sapevo che Julie c’era, perché la mia macchina era ancora qui e Harry aveva chiaramente detto che quel giorno non sarebbe andato a scuola.
Guardai la punta delle mie pantofole e mi feci una coda con un elastico trovato chissà dove, lasciando però che la frangia coprisse in parte le mie occhiaie.
Non avevo voglia di andare in bagno e di truccarmi e vestirmi come se avessi passato una notte riposante e rinforzante.
Non volevo fingere ancora.
La trovai con una tazza di caffè tra le mani e i capelli raccolti da una molletta. Era ancora in pigiama e mi scrutava da dietro un paio di occhiali da lettura che usava solo di tanto in tanto.
Non sarei fuggita, questa volta.
-Buongiorno...- sbadigliai e incontrai solo il suo sguardo preoccupato. Lei inclinò la testa e mi indicò la tazza di tè alla vaniglia della Twinings  di cui ero solita bere quantità assurde, guardandomi mentre mi sedevo vicino a lei.
Rimanemmo in silenzio, sedute vicine a bere ognuna dalla sua tazza come se fossimo troppo prese dai nostri pensieri.
Per me era così.
Ero di nuovo bloccata, di nuovo paralizzata e mi torturavo il labbro inferiore con i denti, tormentando piccole pellicine che avrebbero provocato tagli mediamente profondi se non avessi smesso subito.
Non che avessi in mente pensieri precisi, sia chiaro.
Avevo iniziato a ripensare a tutte le figuracce che avevo fatto, che ricordavo con estrema chiarezza. Gli altri le dimenticavano subito, segno che non erano cose importanti, ma io no, me le tenevo in mente e mi aggrappavo in qualche modo ad esse per avere una scusa convincente nel caso mi fosse servita.
Mi stavo iniziando a rendere conto che mi ero sempre trincerata dietro a bugie più o meno grandi per sfuggire a me stessa e la cosa non mi piaceva.
Se fino a due giorni prima avrei sostenuto che nel rapporto mio e di Liam non c’era assolutamente niente di strano e che era qualcosa di chiaro, limpido e trasparente, ora lo vedevo così com’era, come quel vetro smerigliato di un bicchiere.

-Vi siete quasi baciati due volte...- esordì Julie, facendomi sussultare.
Gettai un’occhiata all’orologio e pensai che quel giorno non mi sarebbe mancato andare a scuola.
Continuai a guardare l’orologio come se fossi assolutamente interessata al movimento ritmico delle lancette, ma la verità era che non le vedevo neanche e quando distolsi lo sguardo non avrei saputo dire se fossero passati dieci secondi, quindici minuti o un paio d’ore.
-Non ci siamo quasi baciati due volte...- sussurrai, sperando che cogliesse il senso delle mie parole, ma la vedevo difficile perché, effettivamente, non ero in grado di coglierlo nemmeno io. Lei alzò un sopracciglio con aria eloquente e si morse le labbra dall’interno, facendomi intravedere solo la sottilissima linea della bocca.
-No, in effetti no. E’ venuto, ti ha tolto uno strofinaccio da sopra la testa e stava lì a guardarti negli occhi. Se non ci fossi stata io vi sareste saltati addosso, fidati di me, bimba. E quando sono entrata non aveva l’aria di essere uno che vuole solo darti un bacio sul naso dopo averti spettinato i capelli...- mi rimproverò, calcando su quel bimba come a dire che avrei dovuto ascoltarla per bene, perché lei ne sapeva più di me.
Sospirai e abbassai gli occhi, prendendo un biscotto che intinsi nel tè.
Me lo portai alla bocca, sgocciolandomi leggermente sui pantaloni del pigiama.
Guardai la macchiolina che diventava pian piano più chiara e solo quando fui certa che non sarebbero rimaste tracce della sua esistenza decisi di rispondere a Julie.

-Intendevo dire, non ci siamo quasi baciati... due volte.- ripetei, calcando sul “due volte” per farle capire. E lei capì, anche se leggermente in ritardo sulla nostra tabella di marcia.
-Quando altro è successo?- mi domandò, prendendo un biscotto come avevo fatto io poco prima. Mi stava studiando, stava osservando le mie reazioni. E benchè in parte fossi capace di controllare la mia mente, non ero mai stata realmente padrona del mio corpo. Sentii il battito accelerare di poco ed ebbi il disperato bisogno di deglutire. Se avessi parlato, se le avessi detto davvero che a me sembrava un vero quasi-bacio anche quel mezzo scontro, mi sarei rivelata e messa a nudo, in qualche maniera.
Non avrei più avuto possibili bugie come difese.
-Un po’ di tempo fa, a scuola. Ma non è stato niente di che, ci siamo voltati per salutarci nello stesso momento e ci siamo quasi scontrati...- mi rifiutai di ripetere la parola “baciati”, sarebbe stato troppo mettere quella situazione e quella parola nella stessa frase.
Ma del resto, non era così che mi ero sentita?
Come quella volta in cui Jimmy Fake mi aveva baciata dopo una festa e io ero stata in ansia per tutto il tempo, continuando ad arrovellarmi su quale fosse stato il significato reale di quel bacio.
In questo caso, si trattava di una sorta di coincidenza, ma l’effetto che aveva provocato in me era lo stesso dovuto a un bacio vero.
Perché era coinvolto Liam, e come mi suggeriva spesso Julie, quando parlavo di lui tendevo a perdere obiettività.
-Hay. Dimmi che stai seriamente pensando al fatto che tra voi due non c’è niente di definibile con un niente di che. Ascoltami bene. Se quello scontro, come lo chiami tu, fosse stato qualcosa da niente non te ne saresti ricordata, né me ne avresti parlato.- disse, guardandomi negli occhi. Presi un morso del mio biscotto, ormai molto simile ad una strana poltiglia e masticai in silenzio, sentendomi molto simile ad una di quelle mucche che sembrano sempre essere pensierose.
-Infatti all’inizio non te ne ho parlato...- mi difesi. Lei non sembrava pensarla come me e del resto anche io mi sentivo mediamente ridicola.
-All’inizio, appunto. Ma ora sì. Hayley, dimmi che stai capendo. Dimmi che non stai innescando di nuovo quel maledetto meccanismo di auto-difesa nella tua testa e che stai cercando di capire la situazione. Dimmi che stai capendo che fra te e Liam non è tutto come voi due pensate. O, mi sembra di capire, come solo tu ormai pensi.- concluse, facendomi sputacchiare alcune briciole.
Il mio tè aveva smesso di fumare minaccioso e così ebbi una buona scusa per berne un lungo sorso.

-Ieri una ragazzina è venuta a chiedermi se fossi la ragazza di Liam. Le ho detto di no e lei mi ha chiesto se sapessi se era fidanzato. Le ho detto che non erano affari né miei né suoi
e che avrebbe dovuto chiedere a lui, se proprio ci teneva.- commentai e la vidi strabuzzare gli occhi mentre appoggiava la sua tazza di caffè ormai freddo sul tavolo.
Aspettavo l’onda.
Aspettavo il famoso campanello d’allarme.
Aspettavo una mia reazione.
Vennero tutte insieme nell’esatto momento in cui il mio biscotto, tenuto troppo tempo nel tè si arrese alla forza di gravità e a metà strada cadde nel liquido, schizzandomi tutta la manica.
Ecco.
Era esattamente così che mi sentivo.

Mi ero rotta, avevo ceduto.

Sentii quei brividi sulle gambe che mi prendevano solo nei momenti più importanti o commoventi e fissai il biscotto ad occhi spalancati sperando inconsciamente che tornasse su, urlando “Scherzetto” e si ricongiungesse all’altra metà.
Ma lui non faceva che affondare sempre di più, uccidendo ogni possibile schema mentale nella mia testa e ogni possibile scusa.
-Julie, sto combinando un disastro?- sarebbe dovuta essere un’affermazione, ma non ne ero capace.
Avevo bisogno della mia incertezza.

E benchè avessi capito perfettamente qual era la situazione, dentro di me continuavo ad aggrapparmi a piccoli barlumi di razionalità.
Ero stata gelosa di Elizabeth, vero, ma perché lei lo aveva trattato male e lui l’aveva amata comunque e io invece ero costretta ad essere solo un’inutile spettatrice della loro improvvisa felicità e di quella di molta altra gente.
Ero stata scortese con quella ragazza, vero, ma perché mi ero stufata di gente che andava dietro Liam senza neanche conoscerlo.
Avrei voluto baciarlo – me ne rendevo conto alla perfezione in quel momento – ma si trattava di una reazione romantica alle situazioni.
Eppure, tutto questo sembrava aver perso importanza, sembrava sbiadire, di fronte alle immagini colorate di me e Liam abbracciati e vicini.
-Stai combinando qualcosa che le persone non paranoiche chiamano amore.- mi rispose e si avvicinò per abbracciarmi, posando il suo mento sopra la mia testa e accarezzandomi i capelli, da brava mamma.

Quando ci staccammo puntai subito in direzione della mensola dei DVD.
Ne presi un paio di Johnny Depp, passione che condividevano sia Alice che Julie, e li posai accanto alla Tv, buttandomi poi sul mio angolo di divano preferito.
Julie mise su il suo preferito tra i due e venne accanto a me, posando la testa sulla mia spalla.
Passammo la mattinata così, a guardare film che non rivedevamo da secoli.
Ogni tanto Julie mi chiedeva cosa avessi pensato in una particolare situazione, e altre volte io le chiedevo spiegazioni su alcuni miei comportamenti precedenti alla quasi-rivelazione.
Le risposte si assomigliavano tutte e non sapevo se esserne contenta o se esserne spaventata.
Fu quando mi arrivò un messaggio che la situazione degenerò leggermente.
Tirai fuori lo Smartphone, guardando la faccia di Liam che mi sorrideva accanto all’icona del suo messaggio.

“Di’ la verità, ieri sera hai cucinato tu. Oggi non sono andato a scuola nemmeno io e Zayn mi ha detto (a dire il vero penso fosse anche abbastanza arrabbiato) che è stato tutto il giorno da solo perché non c’eravate né tu, né Julie, né Harry...”
Julie prese il telefono dalle mie mani e scrisse una risposta, mentre io mi lamentavo per paura di ciò che avrebbe potuto fare. Quando me lo mostrò, sembrava abbastanza fiera di sé.
-Questo è quello che dovresti mandargli. Ovviamente, tu non lo inviare ma sii diplomatica.- mi disse, mentre leggevo la sua ipotetica risposta trattenendo un sorriso.
“Sarà stata colpa dei tuoi troppi quasi-baci.”
Sbuffai, mentre digitavo in fretta una risposta che non mostrai a Julie.
Non per cattiveria.
Semplicemente, non volevo diventare una di quelle ragazze che sono anche isteriche oltre che innamorate.
“Capra. Sempre pronto a darmi la colpa, tu.”
Aspettai che rispondesse, ignorando del tutto il film alla televisione.
Rispose dopo qualche secondo, battendo qualsiasi record di velocità.
Qualche anno prima avevamo organizzato una gara si scrittura di messaggi ed avevo vinto io per un qualche centesimo di secondo. Lui aveva dovuto offrirmi il pranzo per una settimana e io per una volta non mi ero sentita in colpa nello scroccargli continuamente la merenda.
“Ti darò lezioni di cucina...”
Scoppiai a ridere e feci leggere a Julie il messaggio.
Lei non rise come me, ma si limitò a guardarmi con aria contenta, tirandomi uno dei ciuffetti scampati alla coda.
-Vai tigre.- disse, senza una particolare ragione.
Mi hai fatto venire un’idea. Sai cosa non mi hai mai dato, invece? Lezioni di chitarra.”

Adoravo quando Liam suonava la chitarra. Si concentrava e abbassava le testa, un piede che si muoveva a ritmo e le parole sussurrate a mezza voce.
Era capitato che passassimo tutto il pomeriggio io a canticchiare e lui a suonare, aiutandomi anche con la sua voce.
Mi sentivo stonata. Sempre.
Per quanto avessi fatto parte del coro della scuola per qualche anno, non mi ritenevo né intonata né brava, ma mi piaceva far parte del mondo musicale del mio migliore amico.
“Se riesci a smuovere il tuo catorcio, a me va bene anche se vieni tu qui da me...”
Deglutii e sorrisi di nuovo, limitandomi a digitare una risposta affermativa. Mostrai tutta la conversazione a Julie e lei parve essere soddisfatta della piega che avevano preso le cose.

-Sai, Core, direi che quasi ci stai provando con il tuo migliore amico....- disse e io quasi mi strozzai con la mia stessa saliva, assumendo un colorito rossastro che non c’entrava niente con l’arrossire.
Mi battè sulle spalle e poi scoppiò a ridere.
-Stavo scherzando! E muoviti, vai a vestirti, che il principe azzurro sennò mica ti fa entrare in casa sua...- esclamò, quasi cacciandomi di sopra.
Lei ogni tanto chiamava Liam “il principe azzurro” per come le ragazze in genere parlottavano concitate dopo che lui era passato.
Anche lei aveva riconosciuto, in più occasioni, la sua bellezza, ma con una strizzata d’occhio mi aveva anche detto che preferiva i tipi assolutamente ricci.
Non mi vestii con chissà quale cura stratosferica.

Una felpa dell’università che mi aveva mandato Sam per Natale, un paio di jeans scuri e le Converse bianche che io e Liam avevamo comprato insieme.
Non sciolsi la coda, la lasciai così com’era, un po’ sbilenca, e cercai di truccarmi in una maniera tale che non sembrassi una reduce da una notte in bianco.
Speranza vana.
Afferrai la borsa e uscii, salutando Julie con un bacio sulla testa e dicendole di non distruggermi la casa insieme ad Harry mentre ero via.
Sperai che avesse capito il concetto.

Casa di Liam mi piaceva da morire, perché era semplicissima, ma adorabile.
Più grande di quella mia e di Julie, ma allo stesso tempo più disordinata.
Liam l’aveva condivisa per un po’ di tempo con un suo amico, ma poi i genitori dell’altro ragazzo gli avevano “tagliato i viveri” e lui era stato costretto a trovare un’altra sistemazione.
Adesso era Zayn che ci passava più tempo di tutti. Era sempre lì e probabilmente, se né lui né Liam avessero deciso di trasferirsi per l’università, avrebbero iniziato a dividerla come due bravi coinquilini.
Anche io e Julie pensavamo di fare così.
Nessuna delle due poteva permettersi rette tali da farci andare a Oxford o Cambridge, quindi avevamo deciso di iscriverci all’università migliore che le vicinanze di Londra potevano offrirci, cercando di alternare lavoro e studio.
La casa che avevamo ora era stata comprata da entrambe, con un’equa divisione dei soldi e quindi, a parte bollette e cose simili, le spese erano minime.
I miei genitori avevano messo subito in chiaro che l’università sarebbe stata un’altra cosa e del resto ero stata io ad offrirmi di lavorare per pagare la retta.
Contenti tutti, così.
Sempre che anche Zayn e Liam fossero rimasti, ovviamente.

Suonai alla porta e mi venne ad aprire Liam, sorridente come sempre.
Sembrava solo un po’ più pallido del solito, ma non scottava, come constatai quando lo salutai baciandolo sulla guancia.
Niente febbre, dunque.
-Come mai non sei andato a scuola, tu?- gli chiesi, buttando la giacca e la borsa sopra una poltrona già piena di vestiti di Zayn, che doveva aver lasciato l’ultima volta che era venuto. O magari, erano lì perché Zayn era lì.
Mi inizia a sentire sempre più stupida nel fare questi pensieri e nel constatare che non avevo voglia, in quel momento, di vedere Zayn.
-Non mi sentivo tanto bene, quindi sono rimasto a casa. Ma probabilmente era solo sonno, stanotte ho dormito poco....- commentò, mettendomi un braccio sulle spalle. Io annuii, mentre mi guardavo in giro alla ricerca della chitarra per le lezioni.
-Sì, anche io ho dormito poco...- borbottai, appoggiandogli la testa sul collo, gli occhi chiusi e l’espressione che doveva sembrare rilassata e mezza addormentata. Lo sentii ridacchiare e mi costrinsi ad aprire gli occhi.
Era insopportabile, davvero, l’idea che io potessi stare bene in quel momento in una maniera così diversa da come ero stata bene sempre.
Mi piaceva farmi abbracciare da Liam.
Ma quel giorno mi sembrava la cosa migliore del mondo, e questo mi infastidiva.

-Bene, maestro. Sono pronta alle sue lezioni!- esclamai ridendo. Lui mi mise una mano sulla schiena e mi mostrò orgoglioso la sua chitarra classica color mogano, lucida eppure piena di graffietti superficiali.
Mi fece sedere su una sedia, spiegandomi bene come mettere le gambe e come ruotarmi.
Ogni volta che avvertivo il suo sguardo che passava addosso alla mia figura nel tentativo di decidere se fossi in una posizione decente o meno mi sembrava di rivedere al rallentatore lo stesso biscotto di quella mattina che cadeva e mi inondava il pigiama di tè.
Ecco. Ero inondata dalla presenza di Liam.

Quando cercò di insegnarmi gli accordi basilari mi prese le mani con naturalezza, guidandole insieme alle sue. Questa volta mi controllai, impedendomi di concentrarmi su Liam e preferendo pensare alla melodia che dovevo creare.
Riuscì ad insegnarmi una melodia brevissima, che io riuscivo ad eseguire come un robot metallico e che invece, quando finiva tra le sue mani, sembrava la ninnananna più dolce del pianeta.
-Come fai, me lo spieghi?- borbottai, guardandolo in cagnesco, dopo che aveva suonato di nuovo come se le note fosse lui stesso a pensarle
Lui rise e mi porse la chitarra, guardandomi negli occhi.
-Pensa a qualcosa di bello. Ad un bel ricordo. A qualcosa di dolce.- mi consigliò, senza staccare il suo sguardo dal mio. Ed eccola lì, di nuovo, la paralisi, che forse era solo la timidezza per paura che Liam vedesse il battito del mio cuore che cambiava ritmo.
Il fatto che io non avessi ancora deciso cosa pensare non garantiva anche un’indecisione da parte del mio corpo, come mi suggeriva il leggerissimo tremolio della mia gamba.
Non interruppi il contatto con Liam mentre provavo a suonare di nuovo.

Liam ebbe l’effetto di sempre su di me. La tranquillità che riusciva a trasmettermi con ogni singolo gesto e la capacità di farmi credere che andasse tutto bene semplicemente guardandomi negli occhi.
Quello che venne fuori non sembrò solo un cigolio stonato come aveva fatto prima, ma, anzi, sembrò quasi orecchiabile.
-Mi hai trasformato da un robot in via di decomposizione a un robot mediamente oleato. Sei un mago, Payne...- sussurrai, dopo aver suonato per un tempo che ritenevo essere abbastanza.
Liam mi sorrise e la sua mano si avvicinò alla mia frangia, che stava coprendo tutto l’occhio sinistro, per spostarla.
Stavo iniziando a paragonare la mia vita ad un film fin troppo spesso, ma in quel momento non potei evitare di pensare che di solito il protagonista maschile non rischia di cavarti un occhio nel tentativo di fare un gesto carino.
Sorrisi, mentre Liam si mordeva il labbro in segno di scuse.
Ed eccoci di nuovo lì.

Se fossi stata in Julie avrei detto che stavo perdendo il conto di tutte le volte che ero andata vicina alla paralisi permanente per colpa di Liam.
Ma io, in fondo, ero soltanto Hayley.
Timida, goffa e studiosa, una vita semplice e amici che adoravo.
E, seguendo la buona tradizione dei peggiori clichè, stavo iniziando a rendermi conto di essermi innamorata del mio migliore amico.
 









Writ's corner
Tadààà!
Ed eccolo, il capitolo più lungo tra quelli scritti.
Quello in cui succede una marea di cose.
Quello che prepara, più o meno, allo tsunami del prossimo.
Hay si rende conto di ciò che sente e di ciò che prova e, di conseguenza, è un gran casino per lei e per tutti.
Interrompo volontariamente la scena così, con quella frase da clichè (amo proprio quetsi clichè, eh?) che sospende tutto.
Scappo, nonostante io sappia che dovrei aggiungere milioni di cose.
Grazie, intanto, per le 10 recensioni dello scorso capitolo. u.u

Una sola domanda: non so se scrivere undici capitoli più prologo ed epilogo, o dodici (ma con gli ultimi due più brevi).
COme preferireste voi? Un bacione
Writ

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Capitolo 8
*** 7. So sorry so confused ***


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"I'm so sorry, I'm so confused, just tell me: am I out of time?"

I Should Have Kissed You, One Direction






Liam era ancora lì, la faccia vicina alla mia e una mano tra i miei capelli.
Mentirei se dicessi che volevo che quel momento durasse per sempre.
Era terribile, in realtà.
Era sospeso per aria, indeciso, totalmente fuori controllo.
Mi avrebbe mandata in bestia quella situazione, se solo non fossi stata così ansiosa di sapere che cosa sarebbe successo dopo.
La chitarra iniziava a pesarmi sulle ginocchia e io stavo cominciando a muovere il piede su e giù, quasi nel panico.
Mi chiesi davvero, per la prima volta, come sarebbe stato avere le labbra di Liam sulle mie invece che sulla mia guancia e quasi trasalii quando mi resi conto che la risposta altro non era che un banale “Sarebbe stato meraviglioso”. Volevo fare qualcosa, scuotere la testa, chiudere gli occhi, sospirare, allontanarmi o avvicinarmi di più, ma rimasi immobile, studiando ciò che passava negli occhi di Liam.
Erano calmi e non c’era traccia di quel tormento interiore alla Edward Cullen che Julie aveva sognato tempo prima. Erano i suoi soliti occhi, dolci e lievissimamente preoccupati, che mi fissavano come si può fissare un bambino addormentato dentro ad una coperta.
Avevo bisogno fisico di Liam, realizzai.
Non quel bisogno spasmodico che aveva Julie di Harry e che finiva sempre in un bacio, no, avevo bisogno di un contatto che mi dimostrasse che era tutto a posto.
Tutto calmo.
Tutto tranquillo.

Il campanello –quello reale, non quello che avrei dovuto sentire nella mia testa di fronte a Liam- squillò con forza, al ritmo di una canzoncina per bambini.
Solo una persona poteva fare una cosa del genere per suonare alla porta, pensai, mentre Liam si allontanava da me controvoglia, dandomi di nuovo la possibilità di controllare le mie azioni e di muovermi.
Zayn Malik lo salutò con un sorriso enorme, a discapito della faccenda dell’essere arrabbiato e tutto il resto, e quando mi vide mimò un saluto militare, fingendo di scattare sull’attenti.
Sbuffai e mi avvicinai a lui e a Liam con le sopracciglia inarcate, trattenendo una risata davanti alla maglietta giallo fluo che Zayn si era messo con l’evidente intento di non passare inosservato.

-Ciao, cartello stradale ambulante...- mormorai, alzandomi sulle punte per baciarlo sulla guancia.
Questa volta il campanello nella mia testa scattò abbastanza in fretta, facendomi notare come Liam, nonostante tutto, mi stesse tenendo una mano sulla schiena come aveva fatto quando ero entrata.
-Tu, brutta malata, fai pigiama-party dove cucini tu e vieni ad imboscarti a casa diciamo più o meno mia e non mi dici niente?- mi chiese, facendo sì che iniziassi a pizzicarmi con il pollice e l’indice la pelle appena sopra al naso.
Liam ridacchiò e ci scostammo per farlo passare.

Zayn, a sorpresa, si spostò di lato, rivelando la presenza di qualcuno dietro le sue spalle. Capelli biondi dalle radici castane e due occhi azzurri che non ispiravano di certo freddezza, il nuovo arrivato sembrava essere più a disagio di me quando Liam stava per... stava vicino a me prima, ecco.
Zayn continuava a tenere le mani alzate di lato, somigliando ad uno di quei presentatori del circo che annunciano l’arrivo del leone e del suo addestratore.
L’altro ragazzo sembrava avere poco in comune con un leone, ma sorrise educatamente sia a me che a Liam, chinando la testa di lato.
-Liam, Hayley, questo è Niall. Niall, questi sono gli idioti di cui ti parlavo prima...- ci presentò Zayn, guardando negli occhi Liam con intensità come a comunicargli qualcosa.

Da bambine io e Sam pensavamo di avere i superpoteri e di poter comunicare telepaticamente, così passavamo ore intere a strizzare gli occhi e a sbuffare cercando di inviarci un qualche pensiero .
Una volta indovinai cosa stava pensando e andammo in giro per una settimana parlando con aria di superiorità del nostro linguaggio segreto, prima di stufarci e passare ad altro.

-Ciao.... ehm, bella casa...- disse Niall, guardandosi intorno, chiaramente in imbarazzo. Mi chiesi cosa avesse lui da spartire con quel pazzo di Zayn, ma preferii non farmi troppe domande.
-Comunque sia, interrompo... le vostre faccende per poco. Siamo venuti qui per invitarvi alla sua festa, sabato. Una cosa carina, per non troppe persone. Mi ha suggerito di invitare qualcuno di simpatico e ho subito pensato a voi...- disse Zayn, sorridendomi e strizzandomi un occhio.
Decisi che doveva essere impazzito del tutto anche lui, prima di girarmi verso Liam.
Lui mi sorrise in una maniera tale che mi costrinse a deglutire nella speranza che nessuno se ne accorgesse e mi limitai a alzare le spalle e a sussurrare un “Perché no?” abbastanza convinto.

-Sentito? Altri due invitati. Horan, di questo passo la tua festa diventerà epica...- commentò Zayn, tornando indietro e riaprendo la porta che aveva accostato solo qualche secondo prima. Io e Niall ci scambiammo uno sguardo che sapeva di scuse e io gli sorrisi, in preda ad un forte slancio d’affetto.
Mi sembrava di vedermi allo specchio, la stessa aria cordialmente spaesata e il modo istintivo di sorridere in risposta all’imbarazzo.
Solo che lui era decisamente più carino.
Non rispecchiava i canoni di bellezza comune, ma sapevo che doveva essere uno di quelli che scatenano l’effetto materno delle ragazze in maniera assoluta.
Con me, funzionava così.
Avrei voluto dirgli di non preoccuparsi, che eravamo esattamente sulla stessa barca, che nella timidezza non era solo.
Ma rimasi attaccata a Liam, perché era il mio scudo e perché non potevo fare altro.
-Avevi detto che si sarebbe trattato di una cosa carina, per non troppe persone...- rinfacciò Liam a Zayn, ma lui aveva già iniziato a cercare le chiavi della macchina e si era interrotto solo per mandarmi un bacio volante e chiamare Niall con un gesto perentorio della mano.
Quest’ultimo mi sorrise di nuovo e io gli porsi la mano, in un attacco imprecisato di educazione e simpatia. Liam gliela strinse subito dopo e commentò con un “Ci saremo sicuramente” convinto all’esclamazione di Niall che diceva di volerci vedere davvero alla sua festa.

-Solo amico tuo può essere uno che porta magliette color evidenziatore e che trascina amici a casa di sconosciuti per invitarli ad una festa...- sgridai Liam, ricevendo in risposta il suo braccio intorno alle spalle.
-Veramente, è amico nostro...- disse lui, facendomi scoppiare a ridere. Non resistetti all’impulso e lo abbracciai, incastrandomi sotto il suo collo.
Stavo imparando a capire, pian piano, quali fossero le cose che erano in grado di farmi sentire bene come poche volte, e questo abbraccio era una di quelle.
Liam ricambiò la mia stretta, portandomi entrambe le braccia alla base della vita e io mi alzai sulle punte, desiderosa di un contatto maggiore, bisognosa del mio Liam.
Lo sentii staccare la testa dalla mia, e ci ritrovammo a guardarci negli occhi, pericolosamente vicini.
Se fossi stata una persona coraggiosa, probabilmente l’avrei baciato oppure gli avrei detto di essere confusa, ma non ero coraggiosa, nonostante mi sforzassi di pensare il contrario.
Ero indecisa, preda di quella smania di fare e quel terrore di fare troppo che mi contraddistingueva.

Fu il caso, diciamo, a decidere per noi.

Mi voltai nello stesso istante in cui lo fece lui, facendo cozzare i nostri nasi e portando le nostre bocche fin troppo vicine.
Quando ci appoggiammo l’uno all’altra, fu solo per un breve istante, nulla di più.
Un bacio a stampo, di quelli che ti costringono a dare quando fai il gioco della bottiglia.
Mi staccai subito, forzandomi, perché non era giusto né per me né per lui, che tutto questo avvenisse in un momento in cui entrambi, o perlomeno io, eravamo confusi, in preda a delle novità assolute.
E non importava quanto sentissi forte il bisogno di appoggiarmi di nuovo a lui e di baciarlo sul serio.
Dovevo resistere, in nome della correttezza.

-Hayley, io... mi.. mi.. dispiace, davvero, è solo che eravamo vicini e... io... non sono sicuro di capirci molto, ecco.- farfugliò Liam quando fummo a distanza di sicurezza. Lo vidi deglutire, a disagio, ma la mia mente non toccò minimamente la possibilità che si fosse pentito di ciò che era successo.
-Tranquillo, nemmeno io ci capisco molto, insomma. E’ solo che... niente. Niente. E’ tutto ok...- borbottai e gli sorrisi subito dopo, mentre lui annuiva, una mano dietro alla nuca e l’aria imbarazzata.
-Ci penseremo... quando... quando sarà il momento. Per ora, devi ancora finire di spiegarmi come funziona quell’altro accordo là e poi aiutarmi con un esercizio di chimica che non ho capito molto bene...- dissi, prendendo la chitarra dal divano, dove l’avevo lasciata prima.

Fu così che passammo il pomeriggio, un po’ lezioni di chitarre e un po’ di compiti, che nessuno dei due aveva voglia di fare. Ogni volta che ci sfioravamo era come se un esercito di porcospini mi camminasse sulla pancia, ferendomi ovunque e facendomi contorcere lo stomaco.
Lentamente riuscii a riacquistare fermezza e una certa tranquillità, tanto che alla fine riuscii a salutare Liam con un bacio su una guancia e un abbraccio.
Ovviamente, ignorando i crampi allo stomaco.
 
-Sono tornata...- dissi, a una Julie che stava finendo di studiare in quel momento. Mi sorrise, con quella faccia  estremamente eccitata che voleva significare “Ho una notizia grandiosa”.
-Ho una notizia meravigliosa!- esordì.
Ecco. Per l’appunto.
-E’ passato Zayn, prima, ti cercava, era con un biondino, Nill, o Naill, no,no, Niall, per invitarti alla sua festa. E siccome non c’eri, ha invitato anche me e Harry. Ma ha detto che poi sarebbe passato da Liam, anche, no? Quindi ci andiamo!- esclamò lei, saltellando eccitata. Io annuii e lei quasi mi strozzò nel saltarmi al collo.
A Julie piacevano da morire le feste, anche quelle di persone sconosciute, a differenza mia che mi ero vergognata come pochi anche solo alla festa di Harry. Notai che si era messa i jeans e una felpa, segno che Harry doveva essere passato.
Sorrisi, mentre lei si staccava da me.
-E voi, che avete combinato?- mi domandò, studiandomi e alzando le sopracciglia quando aprii la bocca senza riuscire a parlare.
Mi avrebbe uccisa.
Oppure avrebbe strillato.

-Abbiamo suonato un po’, abbiamo fatto i compiti e ci siamo baciati. A stampo. Per due secondi, però.- aggiunsi, nel vederla iniziare a tossire. Mi avvicinai a lei e le diedi dei colpetti sulla schiena, facendola sedere su una sedia e guardandola preoccupata mentre tornava di un colore normale.
-E me lo dici così? Così? Oh, io ti ammazzo. E che avete detto, poi? Cioè, state insieme? Vi siete chiariti? Oh, lo sapevo che Zayn diceva la verità, lo sapevo...- strillò lei, facendomi inorgoglire per le mie abilità da indovina.
-Cosa c’entrerebbe Zayn, scusa? E comunque no. Abbiamo detto che siamo solo un po’ confusi e che dovremmo continuare come prima. Almeno fino a quando non capiremo qualcosa.- ammisi e la vidi scuotere la testa con disapprovazione.
Julie mi aveva sempre detto di osare di più.
Di lanciarmi, di non preoccuparmi più di tanto delle conseguenze di ciò che facevo.
Ma era maledettamente difficile e lei lo sapeva benissimo.
-Ha detto che... sarebbe venuto ad interrompere qualcosa di importante.- disse, ma io sapevo che non era tutta la verità. Non glielo feci notare, perché sennò lei avrebbe iniziato a chiedermi del bacio e tutto.
E volevo ancora tenere per me lo tsunami interno che aveva provocato in me quel gesto.
Avevo detto che Liam mi inondava.
Sarebbe stato più corretto dire che ero ormai in balia di tutte le sue azioni.


 
Sabato arrivò troppo in fretta, cogliendomi assolutamente impreparata.
I giorni precedenti avevo avuto altri pensieri per la testa.
Tanto per citarne uno, il bacio mio e di Liam.
Dopo aver stabilito che effettivamente mi faceva disintegrare lo stomaco ogni volta che ci pensavo e che mi rendeva più nervosa di quanto normalmente non fossi, decisi che se Liam non gli dava importanza, non gliene avrei data neanche io.
Avevo la tendenza a decidere cose impossibili, quindi sapevo già in partenza che non ci sarei riuscita.
Ogni volta che la mia testa si avvicinava a quella di Liam sentivo lo stesso fortissimo impulso che quel giorno mi aveva spinto a cercare il suo abbraccio.
Sembrava lottare anche lui quando, dopo un abbraccio, lasciava il suo braccio lì, dietro la mia schiena, deciso a non muoversi.
Era quella, insomma, che la gente definisce una situazione ambigua.
Era facile capire perché avessi completamente dimenticato la festa di Niall, dunque.

Mi era capitato di incontrarlo un paio di volte, quando Zayn se lo trascinava dietro all’uscita di scuola e mi ero resa conto che l’iniziale simpatia provata per lui era azzeccata.
A volte lo guardavo presentarsi alle ragazze che Zayn gli faceva conoscere e ogni volta arrossiva terribilmente, con la mano perennemente infilata tra i capelli biondi.
Mi ricordava me e in qualche maniera mi faceva sentire meno sola di quanto mi sentissi di solito.
-Hayley, che cosa ti metti stasera per la festa?- mi domandò Julie, comparendo in cucina con un asciugamano sulla testa mentre io stavo bevendo il mio tè e rileggevo per la terza volta L’ombra del vento di Zafòn. Sobbalzai e saltai in piedi, afferrando il cellulare e guardando sconvolta l’ora.
-La festa!- urlai, lasciando la tazza sul tavolo con uno schiocco e poggiando il libro a testa in giù, prima di correre come una dannata fino in camera, inciampando su per le scale.
Sentii Julie ridere al piano di sotto e mi imposi di rimanere seria mentre aprivo l’armadio e lo guardavo con aria terrorizzata. Non avevo mai fatto come le protagoniste dei film che aprono i loro guardaroba giganteschi e buttano tutto alla rinfusa sul letto prima di decidere.
Avevo bisogno di pensare anche nel fare questo.

Identificai i leggins e ne afferrai un paio bianco insieme a un cardigan dello stesso colore.
Mi guardai intorno, infilando la testa tra i pantaloni appesi, alla ricerca di qualcosa di mediamente elegante.
Ringraziai mentalmente Sam per quel vestito che aveva lasciato da me e che non si era mai ripresa quando trovai un semplice vestito a palloncino blu a pois bianchi.
Li poggiai sul letto, calciando via le scarpe e saltellando per togliermi i calzini, prima di correre in bagno ed aprire spasmodicamente l’acqua della doccia.
Ero indecisa se mettermi ad imprecare o se sedermi per terra ed iniziare a dondolare avanti e indietro con un cuscino tra le braccia con aria da manicomio e rifiutarmi di uscire.
Alla fine, lo scrosciare dell’acqua ebbe la meglio e io continuai a saltellare facendo tintinnare la cintura contro il pavimento. Julie era apparsa sulla porta e rideva senza ritegno, mentre stava aggrappata alla maniglia della porta per non cadere.
Mi concessi una risata anche io quando le strillai di cercarmi delle maledette ballerine con aria isterica.
Neanche l’acqua della doccia mi fece calmare e, anzi, provocò in me l’ennesimo attacco d’ansia quando mi resi conto che ci stavo mettendo troppo e che non avrei fatto in tempo.
Il pensiero di Liam mi sfiorò per qualche istante e mi fece contorcere e premere la mano sullo stomaco. Ero passata alla fase del dolore fisico, quel mal di pancia alla bocca dello stomaco che rischiava di farmi vomitare da un momento all’altro.
Mi arrabbiai con me stessa quando mi resi conto che Liam aveva smesso definitivamente di essere il mio porto sicuro.
Stavo... crescendo, in un certo senso.

Mi stavo allontanando dalle figure protettrici e mi stavo rendendo conto che non sempre sarebbe bastata una presenza confortante a tirarmi su.
Anche se non ero sicura che crescere fosse sinonimo di rendersi conto di provare qualcosa per il proprio migliore amico dopo cinque fottutissimi anni.
La stizza che mi provocò questo pensiero mi fece catapultare fuori, con l’accappatoio storto e un asciugamano che mi cadeva sugli occhi. Rischiai di scivolare un paio di volte, ma mi salvò Julie che entrò nell’esatto momento in cui stavo per schiantarmi contro la porta, facendo cadere le scarpe con il tacco che aveva in mano.
Le sorrisi riconoscente e continuai a correre, frizionandomi i capelli istericamente.
Mi vestii cercando di non cadere di nuovo e pensai con gratitudine alle ballerine che Julie doveva aver scovato tra le sue decine di paia di scarpe. Davanti allo specchio mi vedevo diversa, più adulta, eppure più bambina, con le guance arrossate e gli occhi che lacrimavano a causa dello shampoo.
Julie aspettò che mi asciugassi i capelli prima di darmi il colpo di grazia, presentandomi con un sorriso smagliante le scarpe di prima, un paio di decolté blu scuro con un tacco basso ma comunque minaccioso.
Non avevo nemmeno la forza di arrabbiarmi con lei. Le infilai rassegnata, guardandola con invidia mentre camminava con disinvoltura nel suo tubino viola, perfettamente cosciente del suo corpo e di ciò che la circondava. Julie non era una delle tipiche ragazze che fanno voltare tutti al loro passaggio, ma aveva quell’energia che alla fine attirava tutti.

Il campanello mi fece sobbalzare e io posai il pennello del fard sul ripiano del bagno prima di correre di sotto, ignorando lo specchio.
Harry era sulla porta, splendente e sorridente.
E accompagnato da Liam.







Writ's corner

L'avevo detto, io, che era qualcosa di spinoso.
Bene. 
Il bacio c'è stato.
Peccato che io abbia voluto fare l'alternativa e mi sia messa in testa di renderlo qualcosa di così... semplice. Timido.
Come primo bacio forse ci sarebbe voluto qualcosa di più, lo ammetto.
Ma volevo essere più "IC" possibile e penso che nessuno dei due avrebbe fatto chissà cosa in una situazione del genere.
Ok, niente da dire.
L'unico che manca, come entrata in scena, è Lou.
Ma lui arriverà, tranquille (Capito, ACE?)

Aggiorno prima perchè domani non avrei potuto ed è meglio l'anticipo che il ritardo.. :3
Un bacione e grazie a tutte!
Writ

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Capitolo 9
*** 8. But I see you, with him, slow dancing ***


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"But I see you, with him, slow dancing"
I Wish, One Direction




A volte, quando succede qualcosa di imprevisto, la prima reazione che si ha è quella di ridere.
Nessuno sa spiegarsene il motivo, forse la causa è solo quella sorta di masochismo crudele insito in ognuno di noi che tende a mescolarsi con l’autoironia nei momenti più improponibili e che ci costringe a fare ciò che non faremmo mai.
Ridere perché la situazione è tragica.

La mia tragedia era, certo, quella di una semplice ragazza di neanche vent’anni, che si trovava la fonte della sua confusione mentale nonché migliore amico sulla porta, che la guardava con una sorta di orgoglio misto a qualcosa di non definito, senza avere idea del perché fosse finito lì.
Julie mi aveva detto che sarebbe venuto Harry a prenderci e a me stava benissimo così.
Mi ero sentita sollevata al pensiero di non vedere Liam per tutto il tragitto macchina-casa della festa e avevo sperato, inconsciamente, di non trovarlo nemmeno lì a causa del casino e del rumore.
Ma ovviamente, le cose erano andate diversamente e io ero lì, in quel momento, con l’irrefrenabile voglia di ridere e di scappare di sopra, chiudendomi nella mia camera in attesa dell’allontanarsi della macchina di Harry con dentro tutti quanti.

Deglutii e sorrisi in direzione dei due, cogliendo al volo l’occasione di salutare Harry prima che lui salutasse Julie. Mi slanciai verso di lui e lo baciai sulla guancia, sentendo lo sguardo di Liam che mi perforava la schiena, confuso e stupefatto. Harry rispose al mio saluto con enfasi, per poi dedicarsi a Julie e lasciandomi di fronte a Liam, che aveva inclinato la testa e aperto un poco le braccia.
Lo abbracciai, poggiandogli la testa contro il mento e annusando il suo profumo, una fragranza di Hermès che adoravo e che gli avevo regalato per Natale. Sorrisi soddisfatta quando riuscii a controllarmi e impedii alle mie gambe di tremare, anche grazie ad una potente contrazione dei muscoli, uno dei rimasugli di sei anni di pallavolo.
-Cosa ci fai qui?- gli chiesi, staccandomi da lui per aprire la porta d’ingresso. Lui non rispose, preferendo guardarmi mentre prendevo il cappotto e la borsa. Julie lo salutò con entusiasmo e con una strizzata d’occhi e prese Harry a braccetto, costringendolo a scortarla fuori da bravo cavaliere.
Io affiancai Liam e insieme guardammo Harry aprire la portiera con aria sconfitta a Julie, che salì in macchina atteggiandosi come una grande diva. Risi e non guardai verso Liam, temendo che fraintendesse quel mio gesto e si sentisse obbligato a fare altrettanto e aprii la portiera del sedile posteriore con un gesto secco, che fece traballare me e le mie scarpe.
-Hai messo dei tacchi...- commentò lui una volta salito, guardandomi i piedi che avevo messo scompostamente di lato, per colpa del sedile di Harry tirato eccessivamente indietro. Sorrisi e gli puntai un dito contro con aria di finta accusa.
-Io ti chiedo che ci fai qui e tu mi parli dei miei tacchi...- dissi e sentii Julie sghignazzare, probabilmente a causa di uno dei commentino sussurrati di Harry contro le ragazze con i tacchi.
Per quanto ne sapevo, una volta una tipa gli aveva quasi rotto un dito del piede pestandoglielo con il suo tacco a spillo di dodici centimetri.
-Scusa, è che è strano vederti con un vestito. Mi stavo godendo l’esperienza... E comunque serviva un passaggio anche a me. Zayn si è fregato la mia macchina..- mi rispose e io stavo già per annuire comprensiva, quando registrai le sue parole. Mi stavo godendo l’esperienza non era qualcosa che Liam avrebbe detto solitamente. Era troppo da spaccone, troppo da persona sicura di sé.
-Com’è che usi tutte queste frasi da duro, Payne?- dissi e sentii le mie gambe vibrare, segno che o Harry mi stava ascoltando e aveva frainteso tutto o che Julie aveva svelato una vena particolarmente umoristica quella sera.

Guardai Liam negli occhi e poi passai a valutarne la figura intera, compresa la felpa grigia che gli calzava a pennello e i jeans neri che aveva comprato un giorno con me e Julie e non potei non pensare al dolore sordo che avevo allo stomaco che non mi aveva abbandonata neppure per un istante da quando avevo iniziato a pensare a lui. Odiavo quella situazione e ancora di più odiavo pensare a come avevo reagito, a quello che avevo fatto... dopo quello che era successo.
Odiavo il fatto che, nonostante tutto, avessi avuto la possibilità di cambiare qualcosa per poi sprecarla, limitandomi a rimanere un’amica.
La migliore amica confusa.
Ecco. Odiavo anche quella frase.

-E’ colpa di Zayn. Di come parla alle ragazze di solito e della maniera in cui le conquista al primo istante. E’ tutta colpa della sua influenza negativa. Chiedo venia, mi è accordata, Miss? E comunque sia, stai bene davvero.- mi disse e io abbassai gli occhi, guardandomi la punta delle scarpe, che sapevo si sarebbe sporcata in un battibaleno.
C’era ancora qualcosa di sbagliato in ciò che aveva detto. Quella cosa sul conquistare le ragazze, che non c’entrava niente con la situazione. O forse c’entrava, e Liam preferiva provare una cosa simile con me, che ero la sua migliore amica e che al massimo l’avrei mandato amorevolmente a quel paese, prima di farlo con una sconosciuta alla festa di Niall.
Mi imposi di distrarmi e di smetterla di farmi tutte queste paranoie.
Almeno questo l’avevo capito.
Era inutile fare le ipotesi più assurde solo per accontentare il proprio ego o il proprio cuore.
Per quanto ne sapevo io, nella realtà non cambiava mai niente solo perché qualcuno aveva deciso che qualcosa doveva cambiare e spesso dietro alle azioni c’erano molti meno problemi di quanto uno si immaginasse.
Non avevo mai considerato, in quel tormentato pezzo di settimana, il fatto che Liam si potesse essere messo con Elizabeth solo per rendermi gelosa, perché sapevo che non era andata così, nonostante mi sarebbe, inconsciamente penso, piaciuto.
Mi ero controllata, come facevo sempre.
E anche lì, in quel momento, seduta in macchina con Liam che mi guardava sorridente, mi rifiutavo di pensare che in realtà volesse semplicemente provarci con me.

Quando il motore si spense aprii con gratitudine la portiera e guardai ammirata la villa dove si svolgeva la festa, dalla quale proveniva una musica non eccessivamente truzza e nemmeno troppo fastidiosa, e dalla quale uscivano e poi rientravano tantissime persone che sorseggiavano cocktail dai colori non troppo improbabili.
Niente di eccessivamente sfrenato, niente di esagerato.
Per quanto poco conoscessi Niall, sapevo che quella festa era decisamente nel suo stile.
Mentre mi avvicinavo piano al portone mi accorsi della presenza di Liam al mio fianco e non potei non sorridere quando, passando davanti a un gruppo di ragazze mediamente ubriache che lo guardavano civettuole, poggiò il suo braccio sulle mie spalle e continuò a camminare quasi incurante. Dentro la musica era più forte e il calore mi si schiaffò in faccia prima ancora della vista di un centinaio di persone che ballavano scatenate a ritmo di Sorry For Party Rockin’. Mi separai da Liam perché ormai il pericolo oche era passato e dunque non c’era più motivo di rimanere in quella posizione, per quanto mi sarebbe piaciuto poterlo fare.
Vidi Niall da lontano che parlava con una ragazza dai capelli rossi e dall’aria simpatica e lo salutai con una mano, per non interrompere quella che aveva l’aria di essere una conversazione molto piacevole.
Zayn si avvicinò a me e a Liam velocemente, con un bicchiere in mano e con alle spalle una ragazza con aria delusa, e ci salutò con felicità, urlandoci nelle orecchie per farsi sentire.
Per quanto potesse essere pazzo, non amava ubriacarsi o fare chissà cosa durante le feste, e fu un piacere scoprire che neanche quella volta stava facendo un eccezione. Con Liam parlò più a lungo e più concitatamente, facendo dei gesti con la mano che sembravano incitare l’amico a seguirlo, ma senza successo.
Zayn si allontanò con un sorriso malizioso e io sospirai quando lo vidi tornare dalla ragazza di poco prima, che sembrava essere particolarmente felice del suo ritorno.

Ero a disagio, perciò iniziai a ballicchiare sul posto mentre Liam si avvicinava al tavolo delle bevande. Vi rimase due o tre minuti, durante i quali io continuai a muovermi a ritmo di musica e fissai Julie ed Harry che si gettavano a ballare, contenti e allegri. Mi tolsi il cardigan e lo poggiai sopra la borsa insieme al giacchetto e mi guardai intorno senza uno scopo preciso, in attesa spasmodica di Liam.
Arrivò, quasi evocato dal mio pensiero, con due bicchieri in mano e me ne porse uno, che io guardai con diffidenza, a causa del mio mal sopportare le bevande alcoliche.
Ma poi la consapevolezza che neanche Liam ne bevesse mi invase e io sorseggiai con più tranquillità.
Si trattava di tè alla pesca, ma probabilmente qualcuno doveva aver tentato di correggerlo, perché quando mi scese in gola mi lasciò una spiacevole sensazione di bruciore che mi fece storcere la bocca. Liam mi vide e annuì, comprensivo, mentre indicava il guardaroba con un dito.
Una volta lasciati i vestiti cercammo una zona non troppo piena di gente e individuammo un divanetto dall’aria comoda, sul quale ci sedemmo con gratitudine.

-Scusa se ci ho messo tanto, ma tu non sai la fatica che ho fatto per trovare qualcosa di non alcolico...- mi disse nell’orecchio e io annuii, appoggiandomi un po’ a lui e un po’ allo schienale mentre pensavo a cosa fare. Avrei voluto parlare di quello che era successo, chiarire e poi decidere il da farsi, ma avevo abbastanza neuroni per capire che una festa non era il momento adatto.
-Mi daresti.... l’onore di questo ballo?- gli chiesi a un certo punto, riconoscendo le prime note di Tonight we are young, canzone che adoravo con tutte le mie forze. Lui rise e poi si alzò, avvicinandosi al mio orecchio per dirmi qualcosa.
-Lo mettiamo nella lista delle dieci cose anche questo, allora?- domandò e io annuii, cantando il testo della canzone e iniziando a spostare il peso da un piede all’altro muovendo i polsi e le braccia a fianco del corpo. Eravamo ancora vicini quando la canzone finì e iniziò una serie di bussi che nel giro di quattro o cinque secondi mi avrebbe dato sicuramente sui nervi, ma nessuno di noi due si spostò di un centimetro. Sorrisi e sbuffai insieme e lui se ne accorse perché fece la stessa cosa, facendo toccare le nostre fronti.
-Volevo parlarti dell’altro giorno, ma poi mi sono scordata, è che ecco, mi ero scordata anche della festa e quindi non ci stavo molto con il cervello, ma insomma...- cominciai a blaterare nel tentativo di rendere la situazione meno intensa o comunque meno imbarazzante.
Non mi staccai da lui e non feci nessun gesto, semplicemente aspettai una sua reazione.
-Tranquilla. E’ tutto ok. So che non ne abbiamo parlato perché avevi altro per la testa, ti conosco, sei la mia migliore amica e...- disse, facendo una smorfia poco convinta a quelle parole.
Ma io non lo ascoltavo già più.

Il mio cuore aveva fatto uno strano suono, una sorta di stridore, prima di aumentare i propri battiti e di cadere giù a terra, frantumandosi letteralmente.
Ero la sua migliore amica.
Lui aveva le idee chiare, a differenza mia, che invece ero sempre più confusa e mi rifiutavo di allontanarmi da lui, dal suo volto, dalla sua presenza.
Mi chiesi perché non mi fossi resa conto prima di come sarebbero dovute andare le cose, ma non c’era una risposta, perché le risposte precise esistono solo per le domande precise e io non sapevo neanche come sarebbero dovute andare le cose.
-...ma è diverso. Ora... cambia tutto. E io non ci capisco più niente, perché sei la mia migliore amica, ma allo stesso tempo non lo sei.- concluse, facendo timidamente rialzare alcuni frammenti del mio cuore.
Alzai lo sguardo verso di lui, verso il suo naso e poi verso le sue labbra e automaticamente morsi le mie, con così tanta forza che sentii un pezzetto di pelle scivolare lentamente via, mentre il sapore rugginoso del sangue mi invadeva la bocca.
Le mie riflessioni cambiarono, ma non del tutto. Un po’ come quando uno mette e poi toglie gli occhiali da sole, le cose rimasero le stesse, ma io le guardai in maniera diversa.

Capii che Liam aveva ragione, tutto stava cambiando e non era un bene, o forse lo era, ma solo trasversalmente.
Capii che mi stavo innamorando di lui, silenziosamente ed implacabilmente.
Capii che sarei peggiorata, che avrei dovuto smetterla di fare liste di cose che capivo e concentrarmi su come uscire da quella situazione.
Capii che avrebbe dovuto e forse anche voluto baciarmi, se solo in quel momento non fosse apparso uno scompigliato Harry.

-Hay, Hay, devi venire, c’è Julie che sta male. Io... è successo un casino!- ansimò e io e Liam ci allontanammo di scatto, guardandolo con sorpresa. Lui si avvicinò e mi prese per mano, costringendolo a seguirmi. Io afferrai il braccio di Liam e come una sorta di assurdo trenino ci dirigemmo verso l’uscita, dove trovammo Julie che stava appoggiata al muro, la faccia pallida e una mano sullo stomaco.
Harry si fermò a un paio di metri di distanza e si passò una mano tra i capelli, preoccupato.
-E’ arrivata la tizia che parlava con Niall, quella rossa, carina, che mi ha chiesto dove fosse. Mi ha messo una mano sul braccio per richiamare la mia attenzione e Julie l’ha vista e non sentendo quello che ci dicevamo ha pensato chissà cosa ed è corsa via e ha preso un bicchiere di qualcosa a caso, ma era troppo forte, lo sai che non regge l’alcol, e ora sta male e non vuole che mi avvicini!- disse tutto d’un fiato e io mi avvicinai per calmarlo, ma mi ricordai in tempo  del fatto che se Julie mi avesse vista si sarebbe arrabbiata anche con me.
Strinsi la sua mano prima di lasciarla e annuii, sapendo benissimo cosa avrei dovuto fare, e mi diressi verso Julie, senza abbandonare la presa sul braccio di Liam. Avevo bisogno di lui, della sua presenza.

-Juls? Tesoro, stai bene?- domandai non appena fui abbastanza vicina. Lei scosse la testa e strinse i denti e gli occhi, prima di borbottare qualcosa che interpretai come “Lo odio. Figlio di....” e poi un colpo di tosse.
Respirai profondamente e le dissi solo:- Andiamo a casa, Ju.-
Mi voltai verso Liam, che in mano aveva le chiavi della macchina che doveva avergli dato Harry e lui si allontanò correndo, trafficando con i pulsanti per aprirla e avvicinarsi a noi.
Guardai Julie e la abbracciai, incurante del fatto che avrebbe potuto vomitarmi addosso.
Aveva bisogno di me, e io sapevo più o meno quello che dovevo fare, perché tante volte avevo visto Liam fare lo stesso con me.
Non dissi niente, ma lasciai che si aggrappasse al mio vestito e mi piangesse sulle spalle nude. Vidi Harry che tornava fuori con in mano le borse mie e di Julie e il cappotto di Liam e gli sorrisi mentre lui tornava dentro con aria terribilmente affranta.
Il clacson mi fece sobbalzare, ma sciolsi l’abbraccio di Julie e corsi a prendere le borse, per poi farla salire in macchina sotto gli sguardi preoccupati di me e Liam.
-E’ tutta colpa di Harry...- biascicò ad un certo punto. Io mi misi le mani sul viso e mi massaggiai le tempie, cominciando a sentire gli effetti di tutta la serata.
-Quella rossa, accidenti. Era carina, ma niente di che. Gli ha parlato in un orecchio e ha sorriso, lo capisci? E poi aveva quella fottuta mano sul suo braccio e non si staccavano. E io lo odio, perché poi lui non ha fatto niente, non l’ha seguita, ma è tornato da me e ha detto qualcosa su Niall. Io non lo ascoltavo, perché lo odio, tanto, perché mi piace, e perché non lo capisco...- continuò, e io deglutii, posandole una mano sul braccio. Non era il caso di dirle qualcosa ora.
Sapevo come era fatta e sapevo come avrebbe reagito in quel caso.
Avrei solo voluto essere anche io come lei, in grado di dire le cose così come stavano.

-Lo sapevo io che era troppo bello. Ma è sempre così, lo sanno tutti. Le sfigate o le brutte ragazze stanno con i ragazzi brutti o sfigati. Le ragazze fighe o belle da paura stanno con i fighi e i belli da paura. I ragazzi normali o semplicemente carini vanno in cerca delle fighe. E così le ragazze normali, quelle carine, se ne restano da sole.  Io sono così... triste e rendo triste pure te, e invece tu dovresti essere ancora lì a divertirti...– esclamò ad un certo punto, sospirando di rabbia. Io mi drizzai all’improvviso e la guardai spaventata, perché il discorso, lo sapevo, sarebbe andato a parare dalla parte sbagliata.
Julie non si era accorta della presenza di Liam i macchina e sembrava non curarsi del fatto che non dovevamo essere sole, ma io sì, e lo vedevo benissimo guardare avanti con concentrazione per spostare lo sguardo su di me solo ogni tanto, in preda alla preoccupazione. Mi sorrise, in quel momento, perché ai suoi occhi dovevo essere buffa e pure parecchio, ma ai miei ero semplicemente terrorizzata da ciò che Julie avrebbe potuto dire poi.

- Perché tu eri con Liam e lo vedevo. Vedevo come vi sorridevate quando siete entrati, lo sai? Io vi vedo e vi invidio, perché siete fuori dagli schemi. E voi non lo capite, perché siete due stupidi “migliori amici” e vi nascondete dietro a questa cosa.- sospirò infine e io abbassai gli occhi, nonostante sentissi lo sguardo di Liam che mi cercava attraverso lo specchietto.
Quando vidi casa mia e di Julie sospirai di sollievo e non appena Liam spense il motore scesi per portare Julie dentro. Liam rimase in macchina e aspettò pazientemente che io facessi sedere Julie sul divano per permettermi di tornare indietro a salutarlo.
-Grazie, Liam, davvero. Mi dispiace aver portato via anche te, ma...- provai a dire, ma mi si bloccarono le parole in gola. Lui mi sorrise, ma era distratto da qualcosa e forse nemmeno mi ascoltava.
Mi pervase la rabbia, perché non reagiva e non faceva niente, ma mi controllai e lo fissai, in attesa di una risposta. Lui si voltò all’improvviso e mi fissò con intensità.
-Sai che ti voglio tanto bene, Hayley. Qualunque cosa faccia per te va bene. Qualunque cosa tu faccia va bene. Perché sei la mia stupida migliore amica. E dovresti tornare da Julie, mi sembra che stia per vomitare...- disse, strizzandomi un occhio e dandomi un bacio sulla punta del naso. Io gli accarezzai i capelli e tornai dentro, giusto in tempo per seguire Julie che correva in bagno a vomitare.
Lei avrebbe avuto tempo per stare meglio e chiarire con Harry.
Io ne avrei voluto di più per poter parlare con Liam.
 






Writ's corner
Ollallà. Per la prima volta nella mia vita, sono puntuale.
Questa storia mi cambia in meglio. :')
Qualcosa sul capitolo.
Bene. Non succede niente di particolarmente significativo, niente di sconcertante, a parte quel discorso che ho voluto anticipare. In molte storie che leggo, la parte del "ma sono confuso e sento che dovrebbe cambiare... ecc" avviene poco prima di un bacio significativo. Qui il bacio non c'è, ma piuttosto c'è una gran confusione. Ecco. Sì.
Anche la lista di cose che Hay capisce non vuole ricalcare lo stile di Twilight, assolutamente.
So che lo tiro fuori spesso, il fatto è che ho paura che questa sembri una storia depressa di una ragazza depressa e debole. Cosa che Hay non è, almeno nella mia testa.
Un discorso al quale tengo tantissimo è quello di Julie più o meno ubriaca. L'abbiamo fatto io e delle mie amiche una sera, dopo aver visto un film d'amore al cinema. Ebbene, più o meno è così che vanno le cose, pessimisticamente parlando. A parte le eccezioni. ;)
Tornerò martedì prossimo.

Attualmente ho scritto tutti i capitoli fino al decimo (più prologo), scriverò l'undicesimo e poi l'epilogo.
Purtroppo, finiremo in fretta.
Mi piacerebbe che almeno qui alla fine il numero di recensioni aumentasse.... ;)
Un bacione

Writ


Ps: questo è Hayley alla festa!

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Capitolo 10
*** 9. Now that I'm with somebody else, you tell me you love me ***


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"And now that I'm with somebody else, you tell me you love me"
Taken, One Direction





A volte l’universo sembra scordarsi di noi, preferendo far continuare le vite di ognuno come se nulla fosse.
All’epoca lo odiavo, seriamente.
Odiavo vedere come le cose andassero avanti e macinassero il tempo, sottraendone a chi ne aveva bisogno reale.
Odiavo vedere come io potessi andare avanti e rimanere statica, come i cattivi di certi film che nonostante tutto non cambiano mai.

Passò una settimana.
Julie ed Harry fecero pace, anche grazie al fatto che un giorno Niall venne a scuola accompagnato dalla ragazza dai capelli rossi e la presentò a tutti come la sua ragazza ufficiale.
Io e Liam tornammo quelli di sempre.
A volte si creava dell’imbarazzo tra di noi, ma io fingevo di non farci caso, di non notare come a ricreazione riuscissi ad appoggiarmi al petto di Liam e a rimanere in quella posizione per un paio di minuti buoni, consapevole del suo sguardo fisso su di me.
Fingevo di non notare come Liam si incupisse ogni volta che uscivo da una classe dove avevo lezione con Zayn al mio fianco e del resto lui fingeva di non vedere come le ragazzine sussurrassero ogni volta che passavamo insieme.
Entrambi, forse, fingevamo di non dare ascolto a quello che gli uomini chiamano cuore e che io chiamavo semplicemente macchinario delle torture.
Fu mentre rimuginavo su una cosa del genere tormentando il mio povero plum-cake che davvero non aveva colpa, che Julie distrusse il mio delicato equilibrio psicologico.
Non le avevo raccontato di ciò che aveva detto a me e a Liam la sera della festa. Lei si era concentrata su Harry e basta e su quanto fosse stata stupida e non aveva più calcolato quelli che lei stessa aveva definito assolutamente stupidi.
Meglio per me, meglio per lei.

-So che non accetterai volentieri, ma ti prego. Ho bisogno che tu faccia questa cosa per me...- mi disse, facendomi sobbalzare e facendo terminare la vita del mio povero dolcetto contro il pavimento di pietra. Sbuffai e sentii le mie spalle che si abbassavano, mentre annuivo per spingerla a parlare.
-C’è un mio amico che ti ha vista alla festa. Insomma, ha detto che sei carina e... miaestoichietieggiscicolui.- buttò fuori, tutto d’un fiato. Mi venne da ridere, lì per lì, ripensando al pezzo di Harry Potter e il Calice di Fuoco dove lui cerca di invitare al ballo Cho Chang, ma poi realizzai che dovevo anche avere la stessa faccia di quella ragazza e mi affrettai a riportare le sopracciglia al loro posto consueto.
-Come?-
-Mi ha chiesto di chiederti se oggi esci con lui.- brontolò per poi guardarmi sorridente un paio di secondi dopo. Battei gli occhi, mentre registravo le sue parole cercando di non fare caso alla strana grammatica da lei usata.

Questa era buffa.
Un ragazzo che non mi conosceva che mi chiedeva di uscire non di persona, ma tramite la mia migliore amica.
La mia sensazione di essere finita in un filmetto americano si stava pian piano concretizzando sempre di più.

Guardai Julie che aspettava con ansia la mia risposta, appollaiata sul bordo della sedia con uno dei laccetti della felpa che era spropositatamente lungo rispetto all’altro.
Di norma avrei sbuffato e cercato di sapere di più su quel misterioso tizio.
Avrei detto che non sapevo quanto fosse il caso e le avrei chiesto di controllare la scorta di spray al peperoncino. Oppure mi sarei fatta creare un alibi meraviglioso da Liam che giustificasse il mio non voler andare.
Ma non quella volta. Era quella che la gente chiama voglia di non pensare, quel bisogno di fare qualcosa senza troppo impegno. Praticamente, quello che io non facevo mai.
-Si può fare. Dove devo incontrarlo?- le chiesi e la vidi sorridere soddisfatta, contenta in un certo senso.
-E Liam?- domandò, senza smettere di sorridere.
Da quello che ne sapevo io, E Liam non corrispondeva al nome di nessuno dei locali che frequentavo, perciò supposi che la mia risposta doveva averla stupita parecchio.
-Liam non è il mio ragazzo, Julie. Può fare quello che vuole e io posso fare quello che voglio. Nei limiti del ragionevole, certo.- risposi, ignorando volutamente la sensazione familiare di nausea che accompagnava ogni volta l’affermazione Liam non è il mio ragazzo. A dire il vero, quella sensazione c’era semplicemente ogni volta che le parole Liam,non mio erano nella stessa frase.
-Alla Rosewood Gallery, alle cinque e mezza...- mi disse dopo qualche istante di silenzio che era stato occupato solo dal suo sorriso che da scherzoso era diventato triste. Nonostante stessi diventando sempre più brava a ignorare le cose e a far finta di niente, ero sicura di non riuscire a nascondere neanche una minima emozione alle persone che mi erano vicine.
Ed era questo il motivo per cui dovevo uscire con questo chiunque fosse. Perché, per una volta, la mia testa fosse silenziosa e i miei gesti più veri.
-Grazie...- mormorai e lei alzò un pollice in risposta, tornando allegra e felice come se niente fosse successo.

Mi feci una doccia e lavai accuratamente i capelli e mi accorsi solo in quel momento che la domanda su chi fosse il misterioso ragazzo non mi aveva sfiorata neanche per sbaglio.
Questo acuì la nausea che, zitta zitta, era stata lì di sottofondo per tutto il tempo.
Mi sentivo una persona orribile, disposta ad usare gli altri per dimenticare la mia solitudine.
Chissà, forse avrei dovuto fondare davveroCuori Solitari (e)Anonimi.
Alle quattro ero ancora in balia del mio accappatoio, mentre continuavo a guardare il mio armadio, forse sperando che si aprisse il fondo e che Narnia mi accogliesse sorridente. Il senso di colpa era aumentato sempre di più mentre i miei pensieri si rivolgevano costantemente a Liam, alla reazione di Liam, all’eventuale faccia che Liam avrebbe fatto davanti ad un mio ragazzo, ad un’ipotetica scenata di gelosia – che ero sicura non sarebbe mai avvenuta- da parte di Liam nei miei confronti...
Decisi di chiamarlo per quello, per egoismo.
Perché avevo bisogno di lui, nonostante non sapessi più distinguere il bisogno di prima dal bisogno di adesso.

“Payne!”
“Core?” Risi, sentendo il suo tono sorpreso, la voce calda deformata dal vivavoce del telefono. Non avevo resistito ed ero corsa di sotto, rischiando di slogarmi una caviglia inciampando in fondo alle scale, per prendere quel maledetto cordless.
“Ho bisogno di te.” Esitai e presi una maglietta, avvicinandomela alle spalle. Rosa, a righine viola e bianche, sottile e abbastanza nuova. Niente di che, ma era la prima cosa che mi soddisfaceva abbastanza.
“Dimmi”
“Non mi hai mai dato consigli prima di un appuntamento al buio. E’ giunta l’ora che tu lo faccia!” Provai a ridere, ma mi limitai a deglutire, sentendo il silenzio dall’altro capo del telefono.
“Esci con qualcuno?”
Non volevo illudermi che fosse geloso. Lui non era geloso, non lo era mai. Non sarebbe stato geloso di me e, soprattutto, non lo sarebbe stato perché uscivo con qualcuno.
“Sì. Un amico di Julie...”
“Che devo fare?”
“Dirmi cosa devo fare io...” provai, tirando fuori i pantaloni bianchi, studiandoli con attenzione e lanciando un’occhiata alle Coq che un tempo erano bianche e che ormai erano di un semplice grigetto slavato.
“Hayley...”
Sospirò e io iniziai a vestirmi, lanciando l’accappatoio sul piumone senza rimpianti. Potevo vedere Liam che si concentrava, la lingua intrappolata tra i denti e la mascella contratta. Potevo sentire il suo respiro che si fermava, all’inseguimento delle idee.
Potevo sentire il mio che si bloccava nel ricordare il breve contatto delle sue labbra sulle mie.
“Dovresti metterti qualcosa di comodo. Perché sei più rilassata e poi sei più bella. E non devi ridacchiare, ma devi aprire la bocca e spiazzarlo. Ma solo dopo un po’... e... Hay. Poi chiamami e dimmi com’è andata.”

Tutto lì. Tutto quello che Liam poteva dirmi era lì, tutti i suoi consigli e il suo affetto erano racchiusi in una quarantina di parole scarse, parole dette freddamente, quasi, con apprensione finale.
La scarpa destra mi cadde di mano, lasciando in bella vista il mio calzino immacolato.
Ma la mia bocca rimase serrata, mentre il mio cervello macinava parole e risposte che non avrei avuto il coraggio di dare.
Fu il mio cuore che, ancora una volta, si ribellò a quei vincoli di vene e arterie e provò a raggiungere la scarpa lì sul pavimento.

“Grazie Liam. Mi è sempre piaciuto il tuo essere logorroico.”

Chiusi il telefono con rabbia, facendolo scivolare sul pavimento con un tonfo. Avrei voluto riprenderlo e chiamare di nuovo, dirgli che già non ero più arrabbiata, che andava tutto bene, che non sarei uscita con quel tizio, chiunque lui fosse, e che in realtà volevo solo sentire la sua voce.
Ma non lo feci, rimanendo invece lì a fissare il telefono sul pavimento come se fosse stata tutta colpa sua.
-Hayley, non vorrei metterti fretta, ma, tesoro, direi che dovresti andare...- mi disse Julie, sbucando con la testa e vedendomi lì accucciata sul pavimento, il telefono e una scarpa davanti e l’aria di chi vorrebbe solo nascondersi da qualche parte facendo finta che il resto del mondo non esista.
-Hayley.... chi era al telefono?- mi domandò, già conoscendo la risposta. Fu per questo che non dissi niente, limitandomi a fissarla con gli occhi spalancati e facendo respiri profondi che sopperissero alla mia mancanza di cuore.
-Voglio uscire lo stesso. Perché Liam è un maledettissimo bastardo.- brontolai, alzandomi e infilando la scarpa controvoglia, prendendo mascara e matita e truccandomi continuando a borbottare. Julie mi seguiva come un’ombra, gli occhi puntati sui miei capelli e il respiro mozzo di chi non sa esattamente cosa dire.
Mi guardai allo specchio, né soddisfatta né delusa dal mio aspetto e mi voltai verso di lei, quasi inciampando. Il mio Smartphone era nella tasca dei pantaloni, un laccio ribelle usciva da un lato della scarpa e la frangia aveva deciso di andare da tutte le parti. Ero pronta per non essere più Hayley.

-...Liam Payne è un maledettissimo bastardo, ma è anche il mio migliore amico ed è anche la persona della quale sono stata innamorata per anni senza avere il coraggio di ammetterlo. Bene. Sono pronta ad uno sfolgorante pomeriggio insieme ad un ragazzo che non conosco. Julie, un giorno ci rideremo sopra, spero. Perché ora ho solo voglia di piangere e di rovinare tutto il trucco.- urlai, prendendo la borsa e le chiavi e facendo una di quelle uscite di scena ad effetto che avevo sempre sognato di fare.
Peccato che avessi detto frasi sconnesse, patetiche e lamentose.
Un tuono approvò il mio pensiero e mi fece sobbalzare, stizzita.
Evidentemente non era così: il mondo finge di dimenticarsi di te, anche lui è solo un gran bugiardo, ma in realtà aspetta solo il momento migliore per colpirti.
Nella mia grande uscita di scena, mi ero dimenticata anche l’ombrello.

 
Guidai sbuffando fino a che non trovai un parcheggio decente vicino alla gelateria. Julie mi aveva mandato una decina di messaggi minatori, supplichevoli, dolci e rabbiosi e io avevo risposto solo con un semplice “Quando torno ti spiego. Non ce l’ho con te. Scusa”.
Scendendo dalla macchina, una goccia d’acqua mi precipitò nel colletto, scivolandomi sulla schiena e facendomi strillare con ancor più rabbia. Una risata fece sì che mi spiaccicassi una mano sul volto, rovinando quel trucco che avevo tentato di preservare impedendomi di piangere. Mi voltai, incontrando lo sguardo azzurro e divertito di un ragazzo dai capelli lisci e castani con una curiosa felpa verde smeraldo.
-Sono felice di vedere come le amiche di Julie le assomiglino nei modi di fare. Spero solo che tu sia meno paranoica...- mi disse, porgendomi una mano e osservando divertito la mia aria scettica.
-Paragonarmi a Julie non è stata una grande mossa, sai? Non se mi spiego, ma dirmi che assomiglio ad una ragazza che si spaventa quando passa davanti alle porte di un negozio con un vestito temendo che le dicano che l’ha rubato non mi sembra una grande idea...- brontolai, concedendomi un sorriso quando lo vidi ridere allegramente. Si muoveva come un bambino, esagerando i gesti e facendo espressioni tipiche di chi sa di essere costantemente osservato.
-Ricordami di fare un monumento a Julie per averti fatto uscire con me, ragazza che dovrebbe chiamarsi...- finse di grattarsi la testa, sollevando la felpa e mostrandomi il bordo di una maglia a righe blu e verdi sotto di essa. Sbuffai, ridacchiando incerta davanti alla sua reazione.
-Hayely. Mi chiamo Hayley Core e non so nemmeno chi diavolo sei tu...- dissi, concedendogli un sorriso, perché, nonostante tutto, quel ragazzo mi era simpatico.
Come Liam, aveva avuto la capacità di entrare nel mio cuore senza chiedere il permesso.
Come Liam, ogni suo sorriso sembrava avere una sfumatura diversa.
Ma a differenza di Liam non riusciva a farmi seccare la bocca ogni volta che pensavo a lui.

-Temo di aver dimenticato il mio nome. Potresti guardare sulla mia carta d’identità, per cortesia?- me la porse, mentre io rimanevo ancora lì, immobile davanti a lui, le chiavi della macchina in mano e la sgradevole sensazione di bagnato che mi pervadeva la schiena. Doveva essere uno scherzo, organizzato perfettamente da Julie ed Harry, o magari da Zayn, perché un ragazzo del genere non poteva esistere.
Era la personificazione dello spirito di un pagliaccio.
-Dimmi che stai scherzando...- supplicai, senza prendere la tesserina e osservandolo mentre tornava serio. Si lasciò sfuggire un sorriso sghembo e scosse la testa, rimettendo la carta d’identità in tasca e porgendomi solo la mano.
-Sì, sto scherzando. Mi chiamo Louis Tomlison e per oggi sarai costretta a cercare di interpretare i miei comportamenti.- esclamò, cominciando a camminare subito dopo avermi stretto vigorosamente la mano.
Avevo voglia di ridere, perché quel Louis era forte, forte come mi era parso Zayn le prime volte.
-Ottimo. Sappi che ancora non mi sono laureata in psicologia, quindi potrei anche spingerti al suicidio senza neanche saperlo.- dissi e lui mi strizzò un occhio, accorciando le falcate ed adeguandosi al mio passo. I suoi piedi andavano ad un ritmo diverso dal mio e sembravano essere scollegati dal resto del corpo, forse infagottati in quel paio di Nike enormi e chiaramente slacciate.
-Non mi ispira il suicidio. Guarda- disse,  indicandomi il ponte e sorridendo – Potresti mai pensare di buttarti da una cosa così carina, rischiando di deturparla con barelle e squadre di soccorsi?-
Spalancai la bocca, stupita dal suo ragionamento così infantile eppure così profondo.
Mi sarebbe piaciuto conoscere Louis da piccolo.
-Meraviglioso. Non avevo voglia di dire alla polizia che non ti ho buttato di sotto per qualche strana ragione.- annuì anche lui alle mie parole e mi indicò una panchina che si affacciava non sul parco ma sulla strada trafficata. Non molto romantico, a dire il vero, ma ci si accontentava.
Nonostante tutti i miei buoni propositi, non ero in vena di romanticismi.
Louis non mi ispirava romanticismo, era inutile negarlo: era più uno di quei ragazzi compagnoni che sono in grado di prenderti in giro davanti a tutti solo per poterti abbracciare e dirti che ti vuole bene.
-Non ti ho portato a prendere il gelato perché, sai, mi sembravi più che altro un gattino spaventato quando ti è caduta l’acqua addosso...- scherzò e io sorrisi, lievemente in imbarazzo ma divertita.
-Detesto il freddo, se devo essere sincera. Il problema è che a volte sembro fredda alle persone, capisci?- domandai retoricamente, facendolo corrugare eccessivamente le sopracciglia. Giunse le mani e tamburellò la punta delle dita, con l’aria di chi vuole fare una parodia mal riuscita di uno psicologo.
Avrei voluto raccontare a Louis la mia vita, sfogarmi e dirgli ciò che pensavo seriamente, ciò che mi affliggeva e ciò che mi preoccupava, al diavolo il fatto che lo conoscessi da dieci minuti.
Mi fermai, però, perché non sarebbe stato educato parlare, durante un appuntamento, della mia travagliata non-storia con il mio migliore amico.

-Perciò posso evitare di chiederti se vuoi andare a fare un giretto al reparto surgelati del supermercato, giusto? Che peccato, mi piace portarci le ragazze. Sai, stile Shining...- esclamò, facendomi tossire e ridere allo stesso tempo.
Shining era uno dei film più assurdi che avessi mai visto, checché ne dicesse la critica e la popolazione mondiale. Chi mai avrebbe accettato di stare sei mesi, d’inverno, senza collegamenti in un albergo deserto?
Arcuai le sopracciglia, esprimendo il mio disappunto.
-Quindi vorresti chiudermi in una dispensa dopo avermi colpito con una mazza da baseball in testa?- domandai, allungando il collo e arricciando le labbra. Lui avvicinò il suo viso al mio, costringendomi a sforzarmi di rimanere ferma e di non ritrarmi davanti a quella vicinanza improvvisa.
-Mmm, no. Preferivo l’idea di io-e-te-soli-nella-tempesta-di-neve...- cercò di essere suadente, ma poi scoppiò a ridere da solo, senza allontanarsi troppo da me. Risi anche io, perché non era esattamente la scena più romantica che potessi vedere nella mia testa.
-Ok, eliminiamo l’idea. C’è anche il bambino che parla con il suo dito...- disse, amareggiato, e scossi la testa anche io, sospirando, eccessivamente delusa.

Mi stavo divertendo, al contrario di ogni aspettativa.
Louis era pazzo, imprevedibile e probabilmente affetto da qualche malattia mentale ancora non conosciuta, ma era una buona compagnia.
E non era Liam.
Avrei voluto ribattere, allegra, ma qualcosa mi fermò.

Lo squillo del mio cellulare interruppe la mia risposta e lo tirai fuori, guardando Louis con aria di scuse.
“Liam?” domandai, rispondendo, senza evitare quel tono amareggiato che avevo avuto quando gli avevo chiuso in faccia.
“Hayley, penso di dover parlare con te. Credo che la mia confusione... sia... si sia chiarita. Ma non nella maniera che forse speravo. Hayley, pensò che ci sia qualcos’altro che provo per te.”







Writ's corner
Woohooo.
Questo è uno dei miei capitoli preferiti e per una volta sono mediamente soddisfatta del mio lavoro. 
Mi sono divertita a scriverlo, al di là di tutto.
Mi ha divertito Lou, che è un pazzo e che è adorabile (sì, Ali, mi hai contagiata un po', non gongolare...) e io sono sempre più convinta di volere un amico come lui.
La parte di Shining è stata un'improvvisata. Quando ho scritto il capitolo, mi è venuto in mente e ce l'ho ficcato dentro. Sia ben chiaro, io su quel film sono scettica. Sono scettica nei confronti di tutti gli horror, ma, accidenti. Era surreale (Non c'entra niente, lo so, lo so..)
Anche la parte sul suicidio è tratta dalla mia mente. Sarà la felicità di questi giorni, sarà tutto, ma la penso così.
Non prendetevela con Hay se ha accettato un appuntamento al buio. 
Uno, ha ammesso i suoi sentimenti.
Due, non sapevo come metterci Tomlison
Tre, a volte vedere come una persona NON ci faccia effetto ci serve per capire meglio CHI ci fa effetto
Quattro, volevo scrivere di un'uscita di scena disastrosa.

Ok. Immagino di voler dire altre cose, ma momentaneamente me ne sono dimenticata.. ^^"
UNa cosa molto carina.
Finita la storia, ho intenzione di scrivere dei Missing Moments ispirati a questa.
Perciò, per comunicarmi le vostre idee,"aggiungetemi" su Twitter.
Sono @Wirt96
Comunicate tutte le idee che avete, care.

Baci Baci
Writ

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Capitolo 11
*** 10. It's like I'm finally awake And you're just a beautiful mistake ***


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"It's like I'm finally awake and you're just a beautiful mistake"
Taken, One Direction

 
Di poche cose ero stata sicura, nella mia vita.
Una era sicuramente che il gelato al cioccolato andasse mangiato solamente in caso di situazioni tragiche. Per potersi tirare su in caso di sconforto e per poter far ridere gli amici davanti ad una bocca completamente marrone.
Un’altra era che qualcuno avrebbe dovuto prendere i Green Day, metterli su un palco e ricoprirli di premi, includendo nel mucchio anche tale Logan Lerman.
L’ultima, la più concreta e semplice, era che il mio nome fosse Hayley Core.

Fu per questo che mi stupii in maniera quasi esagerata –imitando uno di quei personaggi dei manga giapponesi che riuscivano a farsi arrivare le sopracciglia oltre i capelli- quando mi ritrovai a chiedermi se Hayley fosse effettivamente il mio nome o se invece Liam avesse semplicemente sbagliato numero.
Deglutii, mentre dall’altro capo del telefono sentivo il respiro di Liam che solleticava il microfono, senza farmi fretta o interrompere i miei ragionamenti.
Mi voltai a guardare Louis, che era ancora in piedi, fermo, davanti alla panchina, con un accenno di sorriso sulle labbra sorpassato da un’ombra di confusione.

“Bene?” chiesi, stupidamente, voltando le spalle al ragazzo dietro di me e iniziando a camminare nervosamente lungo il marciapiede, picchiettando sul bordo del cellulare con l’indice e sentendo l’anellino di metallo che graffiava, inevitabilmente, la cover.
“Hayley?” mi domandò Liam, probabilmente stupito dalla mia... reazione?
La cosa più buffa era che non stavo esattamente reagendo. Insomma, qualunque cosa avesse spinto Liam a chiamarmi nel bel mezzo di un appuntamento per dirmi che aveva fatto chiarezza su noi due doveva essere estremamente pericolosa o urgente.
Per esempio, una Julie che sapeva e parlava troppo.
Mi sarei aspettata di essere arrabbiata, o forse offesa, ma non era così.
Per anni avevo sperato, inconsapevolmente, che qualcuno mi aiutasse senza dirmi niente, rimanendo in silenzio e nell’ombra. E ora che Julie mi aveva dimostrato di avermi capita prima che io potessi anche solo sperare di arrivare alla fine di un pensiero, mi sentivo sollevata.
“Perdonami, ero sottopensiero...” dissi, scuotendo poi violentemente la testa al suono della risata incerta di Liam. Ecco. Era questo che intendevo, con cose pericolose per la salute mentale. Un migliore amico che fa esattamente ciò che ti aspetti che faccia, colpendoti comunque perché lo fa con una dolcezza nuova.
“Sovrappensiero, semmai...”
“No, volevo dire proprio sotto. Insomma, i miei neuroni non stanno andando granchè bene, sai?”
Rise di nuovo, uccidendomi lentamente, mentre l’immagine di Louis svaniva da davanti ai miei occhi. Era Liam, il mio solito Liam, che prendeva il controllo della mia mente, pretendendo con dolcezza il suo solito posto in primo piano tra i miei pensieri. L’idea di aver anche solo provato ad accantonarlo mi pareva in quel momento così ripugnante che avrei voluto solo insultarmi o ferirmi.
E fu esattamente quello che feci.
“Dimmi dove sei. Sto arrivando.”
 
 
 
Avevo lasciato Louis con un’occhiata triste ed un sorriso canzonatorio nei miei confronti. Lui mi aveva dato un bacio su una guancia e mi aveva rassicurato, dicendo che sapeva cosa volesse dire amare la persona sbagliata. In macchina, lungo tutto il percorso che separava me e il parchetto vicino a casa, avevo ripensato con intensità alle sue parole ed ero giunta a sorridere al pensiero di esse.
Perché l’avevo detto io stessa, che la coppia Liam-Hayley era perfetta.
A meno di non tirare in ballo il cuore.
Liam era lì, in piedi, che guardava la strada lungo la quale passava ogni tanto qualche persona che preferiva occuparsi delle proprie tasche o dei propri documenti piuttosto che di un paio di ragazzi che cercavano di guardarsi ed evitarsi allo stesso tempo. Respirai profondamente, mentre cercavo di ripetermi le parole che Julie aveva urlato prima della sua prima uscita con Harry.

Sei una donna, ogni mese sopporti sbalzi d’umore, mal di pancia, mal di testa e mal di vita a causa di stupidi ormoni. Vuoi non essere in grado di sopportare le stesse cose per
provare ad accontentare il tuo cuore?


Chissà come, dette da lei sembravano più convincenti e più rassicuranti. Nella mia testa, sembravano solo le vuote parole di un allenatore di boxe che guarda il proprio campione trascinarsi da un lato all’altro del ring con l’unica speranza di essere steso senza avere troppo male.

Quando finalmente fui abbastanza vicina da poter vedere con chiarezza l’accenno di barba lungo la sua mascella, l’aria mi mancò per qualche secondo, mentre il mio istinto da animale erbivoro e vigliacco mi suggeriva di scappare. Rimasi ferma, però, aspettando che parlasse e preferisse occuparsi di me piuttosto che di qualche anonimo passante.
-Non mi hai mai dato una spiegazione seria sul perché tu ed Elizabeth vi siete lasciati...- sussurrai, riuscendo finalmente ad attirare la sua attenzione. Non aveva gli occhi tormentati, o pieni d’amore, o di rabbia come accade nei romanzi rosa o nei sogni della gente. Liam Payne aveva sempre la stessa aria, dolcemente confusa e allo stesso tempo tranquillizzante, gli stessi capelli che gli cadevano sulla fronte disordinatamente e gli stessi occhi marrone chiaro dalla forma obliqua.
Ero io, però, a vederlo diversamente. Notavo come la sua fronte si corrugasse e spianasse ogni due secondi, mentre cercava le parole giuste, muovendo le labbra screpolate e scure.
Notavo che sulla punta del naso era sporco, forse di penna, e che il collo era teso, permettendomi di vedere chiaramente le sfumature bluastre delle vene in contrasto con la pelle chiara.
Era il mio Liam, ma io aspettavo da lui una risposta che avrebbe cambiato radicalmente buona parte della mia vita.

-Stavamo insieme da abbastanza tempo da poter essere definiti una coppia estremamente affiatata. Insomma, una di quelle coppiette che tutti invidiano e dicono essere perfette. E’ buffo, ma tutte le volte che c’è una coppia ritenuta meravigliosa si viene poi a scoprire che in realtà non lo è affatto. E’ stata colpa mia, sarò sincero, se è iniziato il processo auto-distruttivo. Mi sono accorto di non dare ad Elizabeth tutto l’amore che meritava, perché stavo spendendo il mio nei confronti di qualcun’altra. Anche lei l’aveva capito, mi aveva sorpreso un giorno a rileggere un messaggio che non aveva niente di speciale se non l’essere stato mandato dalla persona che, contro ogni logica, mi stava prendendo sempre di più.- fece una pausa, passandosi una mano tra i capelli e sospirando piano, sconfitto dalle sue stesse parole. – Non ho nemmeno provato a negare, sai? Le ho detto chiaramente che mi stavo innamorando di un’altra. E lei si è rifiutata di lasciarmi, nel suo egoismo. Ha detto che se fossi rimasto con lei nonostante i miei sentimenti, saremmo stati entrambi male e forse la cosa ci avrebbe riavvicinati. L’ho lasciata tre mesi dopo, da gran vigliacco. L’ho lasciata quando tu, per la prima volta, mi hai abbracciato e mi hai detto che la solitudine che avevi dentro non si colmava neppure con i sogni.-

Annuii, mentre mentalmente applaudivo  Liam per il suo brillante discorso. Avevo capito che parlava di me dalla prima frase, da quando aveva ripreso le parole che io stessa gli avevo detto durante un pomeriggio di nullafacenza. Avevo capito, ma l’avevo lasciato parlare perché fosse lui stesso a mettere ordine nella sua vita.

-Siamo già arrivati a otto, Liam. Otto cose che non mi hai mai dato, otto cose che avrei voluto facessi ma che non hai mai fatto.- commentai, amaramente, mentre sentivo una goccia d’acqua atterrarmi sul naso.
Lo vidi abbassare gli occhi, preso probabilmente da una sorta di vergogna interiore mista a rabbia.
Feci un altro passo, consapevole del fatto che il mio equilibrio mentale era ormai andato a farsi fottere e grazie tante, e gli posai una mano sul braccio, tenendo solo la punta delle dita appoggiate ad esso.
-Ce ne sono tante che avrei dovuto fare per te, sai? Cose che tu non immagini. Avrei dovuto presentarti a mio cugino, quello americano venuto l’estate scorsa, ma non l’ho fatto, perché sapevo che avresti preso qualunque cosa sarebbe successa sul serio, soffrendo profondamente. Ancora non lo capivo, Hayley, ma avevo bisogno che tu fossi solo mia...- provò a dire, interrotto dallo spostarsi delle mie dita dal suo braccio.
-Un po’ egoistico come discorso, non ti sembra, Payne? Tu sei stato per circa due anni con una ragazza mentre io non potevo neanche avere un flirt estivo con un tuo cugino. E’ buffo, hai ragione tu. Sembravamo la coppia di amici perfetti, e invece guardaci. Guarda come siamo ridotti, Liam. Guarda cosa ci stiamo facendo. Ti pare normale la quantità di discorsi da soap opera che è uscita fuori in questi trenta secondi?- urlai, facendo voltare una mamma che portava una bambina in braccio con aria stanca. Ero stanca anche io, arrabbiata e terribilmente innamorata del mio migliore amico. Ero stanca di essere costantemente in bilico, preda dell’ansia da prestazione.

I miei buoni propositi di passare una giornata senza pensare se n’erano andati tutti, cacciati dalla smania di capire cosa stesse succedendo.
Liam mi guardava con intensità, una mano che teneva il braccio nel punto dove fino a poco prima c’erano state le mie dita. Espirai violentemente, portandomi le mani al viso e massaggiandomi le tempie.
-Te l’ho detto, sono stato stupido. Stupido perché mi sono rifiutato di capire quello che succedeva tra di noi, stupido perché non ti ho baciata davvero quando avrei dovuto, stupido perché Julie aveva ragione ma io ho avuto troppa paura per poterlo ammettere. Stupido perché non ti ho chiesto di uscire con me, ma ti ho rovinato un appuntamento che meritavi invece con tutta te stessa. E’ questo, Hayley, allora, che devo fare? Dirti che sono stato stupido, implorando il tuo perdono? Ma non ci arrivi?- continuò lui, sullo stesso tono che avevo avuto io, con la voce forzatamente bassa e un movimento involontario delle dita.
Mi passò un brivido lungo la schiena mentre l’effetto delle sue parole mi colpiva, incidendo la mia carne come tanti pugnali affilati. Cosa pretendevo, in fondo? Che mi dicesse che solo lui era stato stupido e che io invece mi ero comportata perfettamente, come al solito? Anche io avevo le mie colpe e questa volta la timidezza non era una scusante, così come non lo era l’amicizia che mi legava a Liam.
-Mi dispiace. Non avrei dovuto dirti così. La mia parte d’idiozia ce l’ho messa anche io, lo ammetto. E’ solo che... ho tanta rabbia, dentro, Liam. Rabbia perché avrei voluto accorgermi prima di quello che ci stava succedendo e perché avrei voluto non averti aggredito. Ma non sono brava ad esternare la mia rabbia, lo sai benissimo. Perché mi dici queste cose ora, Liam?- domandai e mi avvicinai di nuovo, iniziando a giocherellare con l’anello e cercando di afferrare con la punta delle dita la chiusura del braccialetto che avevo al polso.

Ricordavo la mia prima cotta ed ero sicura che non fosse stata così sconvolgente e folgorante. Mi ero invaghita di un ragazzo di due anni più grande, che passava per i corridoi tenendo il mondo in mano e un braccio intorno a qualche ragazza perfetta. Un giorno avevo deciso di chiedere a Sam di parlarci, ma all’ultimo secondo mi ero bloccata e avevo lasciato che mi scordassi, pian piano, di lui. Aveva un nome strano, Joshua, forse, e i capelli scuri. Gli altri dettagli erano sfocati e confusi nella mia mente e tendevo a confondere i miei film mentali con la realtà.
Come al solito, anche per vivere una possibile storia d’amore avevo preferito rifugiarmi dentro la mia testa.

-Perché... avevo pensato a qualcosa di bello, a qualcosa di pittoresco. Avevo in mente di chiamarti, uno di questi giorni, e chiederti di venire al parco con me, per parlare un po’. Era una cosa davvero scenografica e sconvolgente, giuro. Ma poi mi hai chiamato tu e io sono andato nel panico. Vorrei dirti di aver deciso autonomamente, ma devo ammettere che Julie fa delle minacce piuttosto efficaci, sai?- ammise e io sorrisi, mentre scrollavo le spalle e infilavo una mano in tasca.
Anche Liam mi sorrise, in risposta, e per un attimo mi sembrò di essere tornata al passato, quando era ancora tutto semplice e lui mi ringraziava perché avevo parlato bene di lui ad Elizabeth.
-Sì, conoscevo questo talento di Julie. Girano voci che lei si sia messa con Harry proprio grazie alla sua capacità di persuasione...- sussurrai, con fare cospiratorio e lo vidi ridacchiare prima di mettersi una mano davanti alla bocca e sussurrarmi in risposta.
-Deve aver minacciato i suoi ricci, allora. “Tu non uscire con me, e ti ritrovi con uno scalpo di ricci invece che di pelliccia per fare il bordino del cappotto...”- disse, imitando la voce di Julie e facendomi scoppiare a ridere.
Mi sentivo lunatica, strana, esaltata. Ero ancora arrabbiata, forse, ma l’unica cose che sentivo in me era una sorta di euforia che premeva ovunque, costringendomi a sorridere senza che potessi controllarmi.
Cercai di mettermi nei panni di qualcuno che ci avesse visti da fuori, ma potevo solo immaginare una coppia di ragazzi che si evitavano, si urlavano contro e poi sussurravano tra loro ridendo.
-Ma che idee ti vengono, Payne? Sai che sei più malato di Julie, vero?- domandai, retorica, mentre lui si fingeva offeso.
-Ah, ecco. Parla la sua coinquilina che beve litri e litri di the e legge libri invece che uscire con gli amici...- mi prese in giro lui, e fu il mio turno di essere scandalizzata.
Aprii la bocca, avvicinandomi a lui per dargli una botta sul braccio.

Che coraggio, Hay. Finchè scherzate e riesci a tenere il discorso lontano dal vostro poter diventare una coppia, sei tutta felice e contenta. Ma voglio vederti, poi.

 -Preferiresti che fossi come tutte le altre ragazze, che pensano solo a scarpe, vestiti e trucchi vari? Insomma, nella mia testa c’è spazio anche per altro, dai!- dissi, senza togliere la mano dal suo braccio.
Mi vergognavo, a dire il vero, perché non parlavo di ciò che avrei voluto ma prendevo in giro la mia migliore amica. Ma anche Liam stava facendo la stessa cosa e sinceramente preferivo questo all’urlarci contro come due ossessi.

-No.- la sua voce si fece improvvisamente seria e più bassa – No, non preferirei nessun’altra ragazza. Era questo che dicevo prima, Hayley. Ho bisogno di te, come tu hai bisogno di me. Ho bisogno di sapere che sei diversa, che sei speciale, che sei la mia Hayley. Non penso che riuscirei mai a cambiarti con qualche altra ragazza. Non penso che riuscirei mai a cambiarti e basta.-
Aveva concluso il suo discorso guardandomi negli occhi e avvicinandosi ancora. Non tentai nemmeno di deglutire, ma rimasi lì, immobile, a studiarlo e sorridendo leggermente.

Un’altra goccia di pioggia mi colpì il naso, facendomi sobbalzare all’improvviso.
Alzai lo sguardo, mentre un’altra, poi altre due e infine un’intera pioggia torrenziale la seguivano, precipitandomi addosso. Studiai il cielo, consapevole che Liam mi stava osservando e che il mio cuore stava battendo furiosamente.

-Piove...- sussurrai, guardando di nuovo Liam davanti a me. Lui rise, a bassa voce.
-Sagace, complimenti. Sapevo che il tuo voto a fisica era tutto meritato...- commentò, ricevendo in risposta una linguaccia da parte mia. Tornammo a sorridere, come due idioti, mentre l’acqua aumentava e ci bagnava completamente, infierendo sull’assenza del mio povero ombrello.
-C’è un’altra cosa che non ti ho mai dato, sai?- domandò all’improvviso Liam, poggiando la fronte sulla mia.
-Una cosa che non ti ho mai dato e che invece avrei voluto darti prima...-
Presi fiato velocemente, mentre un paio di gocce mi cadevano lungo la schiena, mescolandosi con i brividi.
-Che cosa, Liam?-
Era vicino, ormai. Vedevo le gocce d’acqua tra i suoi capelli e le ciglia leggermente bagnate.
Vedevo Liam, e sentivo nelle orecchie il suono sordo del mio cuore.

-Un bacio sotto la pioggia.-






Writ's Corner
Poche parole. Questo è un capitolo fondamentale, nonchè il penultimo (se non contiamo l'epilogo).
Aggiorno oggi, perchè la settimana prossima non ci sarò e quindi il prossimo aggiornamento sarà martedì 3 luglio...
Finalmente si sono mossi, i nostri tesorini.
E.. niente.
Continuate a scrivermi suggerimenti per i Missing Moments.


Baci,
Writ.


Godetevi questa settimana e fatevi trovare numerosi nelle recensioni. <3

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Capitolo 12
*** 11. If I love you too ***


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"If I love you too"
I Want, One Direction




A Londra essere lunatici era frequente.
Erano lunatici gli imprenditori, gli insegnanti, i baristi, i commessi della Starbucks.
Era  lunatico anche il tempo.
Mi era capitato numerose volte di ritrovarmi a camminare in mezzo alla strada ed essere investita improvvisamente da uno scroscio d’acqua, da un temporale improvviso, destinato a finire nel giro di due minuti. Avevo giusto il tempo di ritirarmi sotto la tettoia di una panetteria prima di vedere la grandine cadere con forza e rimbalzare ovunque, infiltrandosi tra i ciottoli e scivolando nei canaletti di scolo. Finiva tutto nel giro di due o tre minuti e non rimaneva nessuna traccia della tempesta appena avvenuta, se non la grandine così simile alla neve che riempiva la strada.
Ero abituata, eppure, ogni volta che l’acqua mi colpiva senza preavviso, sobbalzavo e rimanevo per qualche istante immobile, in balia di ciò che stava succedendo intorno a me.

Quando le labbra di Liam toccarono le mie, ebbi poco tempo per riflettere sulla pioggia o per pensare all’essere lunatici a Londra. A dire il vero non riuscii proprio a riflettere o a pensare in generale.
Se l’altro bacio mi aveva sconvolta e aveva prodotto nella mia testa una confusione che aveva rischiato di farmi impazzire, questo stava pian piano uccidendo tutti i miei neuroni. E quando dico tutti, intendo dire tutti.
Baciare quello che fino a qualche giorno prima era stato il mio migliore amico era la cosa più bella che potessi fare. Non era come nei film o nei libri, le nostre labbra non sembravano fatte per incastrarsi alla perfezione, piuttosto si sfioravano delicatissimamente. Ero terrorizzata all’idea di sembrare una pazza isterica, perciò ci misi un po’ per concepire il pensiero che se lui mi aveva baciato e detto tutte quelle cose –tutte quelle cose, porca miseria!- forse non dovevo proprio fargli schifo.
Posai una mano sulla sua spalla e mi alzai sulle punte per avvicinarmi maggiormente a lui.
Era quel bisogno che avevo provato anche l’altra volta, ma la confusione che mi aveva ottenebrato la mente nella prima occasione sembrava essersi dissolta, lasciando spazio ad un vuoto confortevole.
Il mio corpo era allungato, teso, eppure ero sicura che non sarei mai crollata o caduta a terra. A sostegno della mia tesi c’erano le braccia di Liam, agganciate dietro alla mia schiena, che mi stringevano delicatamente, la punta delle dita che sfiorava la mia colonna vertebrale.
Inclinai la testa e la mia mano trovò la base del collo di Liam, dove una leggerissima peluria mi solleticava le dita.

Ero così concentrata, così felice, così immersa nella mia bolla di amore che fu decisamente uno shock il percepire chiaramente una goccia d’acqua che scendeva, correndo all’impazzata, lungo la mia schiena, dopo essersi fatta strada nello spazio tra il colletto e il mio collo.
Mi staccai da Liam con un sussulto e strinsi i denti, cercando di non imprecare, perché decisamente una cosa del genere non sarebbe stata particolarmente romantica.
-Hayley?- chiese Liam e io mugugnai qualcosa in risposta, mentre scuotevo la maglia cercando di far scendere definitivamente quel pezzetto di ghiaccio liquido che mi stava uccidendo.
-Acqua. Lungo la schiena...- brontolai, e sospirai dopo che mi fui accertata che non correvo il pericolo di un secondo shock nel riappoggiarmi la maglia alla schiena. Certo, anche quella era fradicia, come me, come i miei capelli e come Liam, ma del resto avevo raggiunto una sorta di temperatura di equilibrio, perciò non soffrivo più di tanto.
Liam scoppiò a ridere, così forte che temetti dovesse avere un infarto nel giro di poco. Esattamente cinque secondi dopo, ero di nuovo attaccata a lui, stretta fra le sue braccia e con il suo mento appoggiato comodamente alla mia testa. Le mie braccia erano premute tra il mio petto e il suo e fu con una certa difficoltà che le districai, allacciandole poi dietro al suo collo.
-Perdonami, giuro che non lo faccio più..- dissi e in risposta trovai le labbra di Liam che baciavano con prepotenza le mie, mentre percepivo il formarsi di un altro sorriso sul suo volto.
Questa volta fu lui a staccarsi per primo, con dolcezza e lasciando sempre la fronte appoggiata alla mia.

-Mi prenderesti per un pazzo maniaco se ti facessi notare che abbiamo due macchine nelle quali potremmo entrare invece che rimanere qui a rischiare una polmonite?- chiese, le
guance tinte leggermente di rosso e un labbro tra i denti. Era così dannatamente Liam in quel momento che mi chiesi perché ci avessi messo tanto tempo per capire che era cambiato qualcosa tra di noi. Era il Liam di sempre, quello dolce, adorabile e timido, eppure in quel momento il mio cuore stava battendo così forte che pensavo sarebbe scoppiato.
-Ti prendo già per pazzo maniaco, quindi non c’è motivo di preoccuparsi...- sussurrai e presi abbastanza coraggio da essere io a baciarlo per prima, giusto per qualche istante, prima di prenderlo per mano e andare in direzione della mia macchina.
L’abitacolo era caldo, accogliente e, soprattutto, asciutto perciò fu un piacere accoccolarci lì, come avevamo fatto tante volte, la mia testa posata sulla sua spalla e un suo braccio che mi circondava le spalle.
L’unica sostanziale differenza erano le nostre mani che si sfioravano e i baci che ci davamo ogni tanto, inframmezzati da discorsi timidi all’inizio e poi sempre più rilassati.

-Grazie. Ora mi devo trovare un nuovo migliore amico. Sai cosa diavolo vuol dire, questo?- brontolai ad un certo punto. Liam rise e il suo abbraccio si intensificò tanto da farmi ritrovare appiccicata a lui, la faccia schiacciata contro la sua spalla e il braccio storto in una maniera assurda.
-Vuol dire che ti darò una mano. Ma trovatene uno brutto. O ancora meglio, uno gay. Così non ci sono rischi.- disse e io tentati di ridere, ma la mia mascella sembrava aver perso completamente sensibilità. Lo allontanai con una mano, spingendo contro la sua cassa toracica e riuscendo ad ottenere abbastanza spazio per parlare, ma senza provare a sciogliere l’abbraccio.
-Sei già geloso, Payne. Bambino precoce...- scherzai e mi allungai per strofinare il naso contro la sua guancia. Passò qualche secondo prima che rispondesse e io temetti di aver osato troppo, di essermi spinta troppo in là.
-Sono sempre stato geloso di te, Core. Solo che tu non te ne sei mai accorta, ecco qual è il problema...- sussurrò e la mia faccia si fece completamente sconvolta, prima che riuscissi a fare niente.
Prima che Julie si mettesse con Harry, lei era terribilmente cotta di lui e terribilmente pessimista. Mi aveva chiesto di darle un pugno, un pizzicotto o qualunque altra cosa non appena mi fossi accorta che lei stava fantasticando su cose che riteneva impossibili. Avevo fatto più o meno la stessa cosa da sola ripensando a me e a Liam, quindi ero sempre riuscita ad evitare illusioni dolorose.
In quel momento sentii lo stomaco che si torceva e prima che potessi rendermene conto avevo preso il viso di Liam tra le mani e l’avevo baciato con dolcezza, quasi limitandomi a sfiorarlo.
-Mi ucciderai, prima o poi. E a quel punto potrai ritrovarti in un qualche casino...- dissi, riacquistando una certa dignità e posando il petto contro il suo, sincronizzando i nostri respiri e guardando fuori dal parabrezza, godendomi una gara tra due gocce d’acqua che agognavano la libertà.
-Tu mi hai già ucciso, Hay. Quindi saremmo pari...- esclamò, ma non c’era rabbia, risentimento o cose simili nel suo tono.
Era il tono che aveva quando parlava con Elizabeth. Quello delicato, quello che sapeva di respiro lasciato sulla guancia dopo un bacio rubato.
Era il tono di Liam che amava.
E in quel momento, fui più che certa che sarei morta d’infarto.
 
 
 
-Julie, io ti.. ammazzo?! Julie, per favore, vieni qui. Julie, sto diventando isterica, se non porti immediatamente le tue gambe anoressiche in salotto giuro che comincio a strillare!-
-Hayley, stai già strillando. Quindi, non vedo il motivo di avere fretta.-
-Julie, vuoi muoverti? O devo procedere alla sistematica distruzione di ogni oggetto presente in questa stanza?-
-Hayley, perché quando sei contenta hai manie di distruzione?- domandò Sua Signoria, degnandomi della sua presenza e ponendo fine al mio attacco isterico. Rigiravo tra le mani il portachiavi della macchina e cercavo di lottare con i miei stessi muscoli facciali per non avere un’espressione troppo ebete. Ero tornata da neanche cinque minuti a casa, dopo aver passato due ore con Liam chiusi in macchina a guardare la pioggia fuori e a parlare più o meno di tutto.
Julie tirò fuori dal mio abbraccio il cuscino giallo che stavo tentando di stritolare e si concesse una breve risata alla vista della mia faccia contratta, a metà tra l’isterico e l’estasiato.
-Non ho manie di distruzione. Era per farti venire di qua. Perché tu e Liam capite sempre le cose più stupide in tutto il mio discorso, che magari è anche compiuto, logico e profondo?- domandai e acchiappai una coperta che giaceva da qualche parte abbandonata sul bracciolo del divano. Non sapevo da dove venisse fuori tutto quel bisogno spasmodico di stringere qualcosa tra le braccia, sapevo solo che mi sentivo vuota senza l’abbraccio di Liam.
-Sai, dalla faccia che hai sembra che tu abbia appena vinto al Gratta&Vinci. Dal tuo atteggiamento sembra che il tuo ragazzo ti abbia appena lasciato. Dai tuoi discorsi sembra che tu non riesca a fare altro che a pensare a... qualcuno. – disse Julie, buttandosi a sedere accanto a me e incrociando le gambe. Sbuffai, posando la coperta e mi buttai all’indietro.
-Ho appena vissuto uno dei pomeriggi più belli della mia vita. Ho, diciamo, lasciato un migliore amico e non riuscirei neanche volendo a smettere di pensare a ciò che ho guadagnato. Quindi, la tua analisi era assolutamente azzeccata.- brontolai e Julie si sporse in avanti, i capelli che scivolavano da dietro le orecchie e gli occhi che brillavano. Adoravo quando faceva così, quando si rendeva assolutamente partecipe di ciò che sentivo, di ciò che provavo.
-Voglio sapere esattamente cosa è successo.- esordì lei, dopo qualche istante di silenzio.
-Come se già non lo sapessi...- la presi in giro, strizzandole un occhio e tornando a guardare il portachiavi, che ancora era appeso al mio indice sinistro. Iniziai a farlo roteare e quasi mi persi la risposta della mia migliore amica.
-Io so solo quello che Liam avrebbe dovuto dirti, non quello che poi ti ha realmente detto. E non so nemmeno perché diavolo sei così... fradicia.- rise, persa in una sua qualche battuta mentale che non volevo sforzarmi di capire. Mi misi una mano tra i capelli e li trovai ancora più fradici e spettinati del solito.
-Va bene. Prendi qualcosa da mangiare, io ho fame.- esclamai e lei rise di nuovo, facendomi strabuzzare gli occhi di fronte a tanta ilarità. Non avevo idea di cosa le fosse preso, ma del resto, se era felice almeno un quarto di quanto lo ero io non potevo non pensare che fosse impossibile contenersi.
La mia espressione mediamente seria era frutto di anni e anni di forzato autocontrollo, ma nonostante ciò sentivo lo stesso l’impulso fortissimo di ridere per ogni cosa.
-Eh, lo sappiamo tutti, baciare è un’attività assai stancante...- disse e riuscì ad abbassarsi giusto in tempo per schivare il mio cuscino. Iniziammo a ridere, sempre di più, fino a tenerci la pancia per il dolore. Quando Julie rialzò il viso, si poteva benissimo vedere un alone nero sotto al suo occhio, i resti del povero trucco trascinato dalle lacrime.
-A parte gli scherzi, ho davvero fame...- ripresi a dire io e lei annuì, alzandosi e dirigendosi in cucina. Una vibrazione nella tasca dei miei pantaloni mi fece emettere uno squittio di sorpresa, e subito mi iniziai a contorcere per tirare fuori lo smartphone.

“Brutta, ho dimenticato il cappellino in macchina tua... <3”
Mi venne da tossire e per poco non mi affogai nel tentativo di mantenere un respiro normale. Dopo un paio di colpi di tosse e qualche anno di vita in meno, riuscii ad inviare la mia risposta.
“Tu non avevi un cappellino, oggi pomeriggio... <3”
Rispose dopo davvero pochissimo tempo, riuscendo ad uccidere definitivamente ogni mio possibile neurone sopravvissuto.
“Era per poterti sentire, dovresti appoggiarmi... “
Altro colpo di tosse.
Allora ti appoggio. Va bene se ci vediamo lunedì, prima di scuola e così te lo riporto?”
Stavo andando in iperventilazione, lo sapevo. Mi sarei presa a pugni, ma le mie mani erano troppo impegnate a tentare di non far cadere il telefono per terra per occuparsi di me, quindi cercai di calmarmi e presi a rileggere tutti i messaggi che ci eravamo mandati. Non una gran mossa, certamente, ma almeno mi evitava un esaurimento nervoso mentre Julie sembrava essersi persa nei meandri del frigorifero.
“Mi sveglierò presto solo per te. Voglio una ricompensa..<3”
Presi un respiro profondo e pensai che forse mi ci sarei potuta anche abituare, in fondo.
“Tu zitto e alzati. Alla ricompensa ci pensiamo poi. <3”
Un colpo di tosse, stavolta non mio.
Julie mi fissava dalla porta della cucina e rideva di gusto, una mano sulla pancia e i capelli che le erano finiti un po’ in bocca.

-Hayley Core, sei appena diventata il film comico più comico che io abbia mai visto. Dovevi vedere la tua espressione. Era qualcosa della serie Muoio. Ah no, aspetta, se muoio poi dopo come faccio a stare con Liam? Eri meravigliosa...- esclamò, tra una risata e un’altra. Le feci una linguaccia e posai il cellulare, stendendomi definitivamente e osservando il soffitto con il sorriso tra le labbra.
-Ti perdono solo se hai cibo.-
-Smetto di ridere solo se mi fai vedere i vostri messaggi...- ribattè e io aggrottai le sopracciglia, illuminandomi non appena udii un’altra vibrazione da parte del cellulare. La smorfia di Julie fu piuttosto eloquente, mentre si sedeva e mi porgeva un pacchetto di biscotti.
-Sappi che vedrai questa faccia spesso.-
Ne ero abbastanza sicura.
 
 


-Voglio un premio meraviglioso, hai capito? Sono le sette e tre quarti, non so, rendo l’idea..- disse qualcuno alle mie spalle, mentre stavo appoggiata al cofano della macchina e guardavo verso l’edificio di mattoni rossi. Sussultai, ma accettai di buon grado le braccia che mi presero per i fianchi e i capelli che mi pizzicarono le orecchie quando una testa si avvicinò alla mia.
Mi voltai e potei osservare con minuzia quasi eccessiva ogni piccola imperfezione della pelle del volto di Liam, tanto lui era vicino. Sorrisi e poggiai la fronte alla sua, arricciando il naso.
Mi allontanai di scatto prima che lui potesse baciarmi e osservai per qualche istante la sua espressione confusa.
-Mi è venuto in mente che mancava la decima cosa della lista, ce l’hai presente? Ecco. Allora.... non mi hai mai dato un bacio di prima mattina...- volevo dirlo prima che lo facesse, per una mia semplice soddisfazione personale. Liam sorrise e si avvicinò di nuovo, rimanendo comunque ad una certa distanza dalle mie labbra.
-Stavo pensando anche ad un’altra cosa, in verità.- sussurrò e questa volta fu la mia la faccia confusa.
-In teoria- continuò, con un sorriso malandrino che gli avevo visto poche volte – è inutile pensare ancora a questa lista. Insomma, abbiamo una nuova.. beh, una nuova vita davanti ed è piena di cose che non abbiamo mai fatto, insomma, tutta una novità... e quindi..-

Non lo lasciai finire. Fu il mio turno di baciarlo senza preavviso.
Non che le mie paure fossero passate, intendiamoci. Non sarebbero passate mai e nemmeno sarei mai stata in grado di essere sicura, di non nascondermi dietro a scherzi improvvisati e dietro a nausee da stress.

Eppure, avevo Julie, una migliore amica pazza, ma che mi sarebbe sempre stata vicina. Avevo Zayn, con cui stavo stringendo un legame che diventava mano a mano più profondo. Avevo Harry, Alice e anche Louis che stavano pian piano entrando nel mio cuore.
E avevo Liam.
Mentre camminavamo verso la scuola con le dita intrecciate e un sorriso compiaciuto sulle labbra, mi sentivo in grado di conquistare il mondo.
Lo dissi a Liam, che rise e mi abbracciò di scatto, prima di osservarmi.

-Sai, Hay? Sei un po’ arrossita...-




Writ's Corner
Ed eccoci qui.
Ultimo capitolo, a parte l'epilogo.
I ringraziamenti li metterò nel prossimo, non temete, belle fanciulle.
Vi ringrazierò per bene e vi amerò alla follia.
Sono abbastanza triste, in questo momento. Triste ma felice, perchè ripenso agli inizi, a quando questa storia era solo un'immagine sfocata nella mia testa.
E' la prima long-fic che completo, che vedo finire.
mi mancherà da morire aggiornare di martedì e scrivervi "passate, ho aggiornato".
Ma tornerò con altre storie e altri progetti, lo prometto.

Ve lo rivelo qui, anche se non è l'ultimo capitolo.
Penso di creare una raccolta di one-shot romantiche originali, visto che due le ho già imbastite e per un po' andrò avanti con quelle.
Poi ci sono i Missing Moments, per i quali mi state dando tante meravigliose idee.

Quindi.. niente.
Ci vediamo sabato, bellissime.


ps: la battuta finale è riferita al primo capitolo, dove Hayley dice di non essere in grado di arrossire. Il fatto che ci "riesca" indica un cambiamento abbastanza profondo in lei. <3

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


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"It's gotta be you, only you"

Gotta be you, One Direction





-Che poi, quella Katie, tutti la detestavano, no? E invece ora è diventata una presentatrice e tutte queste cose qui... Magari ho una speranza anche io...-
-Veramente, ho come l'impressione che nessuno si scorderà mai del tuo epico litigio con la commessa di Accessorize..-
-Voleva vendermi una fascetta per capelli per cinque sterline! Cinque! Roba che se la compro al mercato la pago novantanove centesimi..- 

Le voci di Julie e Harry mi arrivano forti e chiare e insieme a loro anche la risata di Alice, che sembra essere sul punto di collassare per il troppo ridere. Apro pigramente un occhio e la trovo stesa di pancia sulla sabbia, il costume viola ormai pieno di sabbia, che si contorce mentre Julie gesticola animatamente. Sorrido e torno alla mia posizione iniziale, gli occhi chiusi e le gambe allungate, con solo l'alluce sinistro che sfiora l'ombra dell'ombrellone quando muovo il piede, e una mano che periodicamente afferra un po' di sabbia calda e se la fa scivolare tra le dita. 
Mi sento diversa rispetto alla Hayley di qualche mese fa, assurdamente meno matura, meno persa nei contorcimenti mentali del mio cervello e più concentrata sulla mia vita. È come se fossi una sorta di Benjamin Burton, torno indietro mano a mano che il tempo passa. Potrebbe essere preso come una sorta di peggioramento, se solo non fosse che per la prima volta nella mia vita mi sento realizzata o, quanto meno, sicura di essere giusta. Allungo un po' la mano e trovo le dita di Liam, che se ne stanno anche loro lì, pigramente piegate in modo da essere ricoperte dalla sabbia fino a metà dell'unghia. Le sento muoversi al contatto con le mie e poco dopo le sento afferrare il mio polso e tirarmi nella loro direzione. Mi sollevo pigramente dall'asciugamano e guardo il sorriso malandrino di Liam, che contagia i suoi occhi e lo rende la copia perfetta di un bambino che ha in mente un qualche piano malefico.

-Allora, cosa ne dici della richiesta di una povera commessa di cinque sterline per una fascia per capelli?- domanda e io sbuffo, alzandomi e sciogliendo la presa delle nostre mani per trascinare il mio asciugamano vicino al suo e buttarmici sopra ancora una volta. Subito il braccio di Liam sfiora la mia testa e io mi sollevo quel tanto che basta a farmi usare il suo avambraccio come cuscino. Sorrido e non rispondo subito, preferendo perdermi nel guardare e riguardare questa scena, che mi appare perfetta in ognuna delle sue sfaccettature. È buffa la velocità con cui sono riuscita ad abituarmi alla mia nuova routine che condivido con Liam, eppure a volte mi sorprendo ancora a chiedermi cosa io possa aver fatto per aver potuto ottenere tutto ciò. Mi sono sempre ritenuta la persona più fortunata del mondo ad avere Liam come migliore amico, ma ora che è addirittura qualcosa di più sono perennemente in attesa della vendetta di un possibile karma. Mi stiracchio e mi concedo ancora qualche attimo di silenzio e rintontimento generale prima di rispondere, preferendo allungare la punta del piede alla ricerca della morbidezza della sabbia.
-Un gran furto. Anche perché io avevo comprato una fascetta uguale un anno fa e mi si è rotta dopo due mesi..- biascico, rigirandomi su un fianco e trovando vicinissimo a me il viso di Liam, ancora disteso in un sorriso. È abbronzato e si possono vedere le leggerissime lentiggini che gli attraversano il naso, coperte di tanto in tanto da qualche ciuffo di capelli schiariti dal sole. Sono abituata alla sua bellezza, ma non al fatto che, in qualche modo, sia mia.
-Sarebbe considerato un furto anche chiederti un bacio?- butta lì lui, attentando alla mia logica e alla mia razionalità. Sbatto le palpebre, imponendomi di non balbettare di non fare la figura della bambina. Sorrido di nuovo e alzo una mano, posandogliela sulla spalla.
-Chiuderò un occhio, per questa volta...-sussurro, prima di avvicinarmi e permettergli di premere le labbra sulle mie, con dolcezza. È quasi sempre lui quello che colma le distanze prima di un bacio o che mi dice il "Ti amo" che mi libera dalle mie solite paure, eppure non me lo rinfaccia mai, continuando a prendersi cura di me e delle mie insicurezze con la pazienza di un vecchio cane che sostiene un bambino mentre impara a camminare.
Ogni bacio che mi scambio con Liam è un etto di felicità guadagnata e spesso dico a Julie che prima o poi diventerò una botte che non entrerà nei suoi vestiti per colpa del suo ragazzo. Lei ride e mi dice che neanche nei primi mesi di relazione lei e Harry erano così sdolcinati, ma del resto lei ha sempre avuto una concezione e un'esperienza riguardo all'amore molto diversa dalle mie.

Le braccia di Liam mi si intrecciano dietro la schiena e le sento premere per sbaglio sulla scottatura che mi sono provocata addormentandomi sotto al sole, costringendomi ad un involontario guizzo. Lui si stacca da me e ride, continuando  a guardarmi mentre sbuffo e ritorno ad accoccolarmi contro di lui, ignorando i trentacinque, forse trentasei gradi che devono esserci qui intorno. Sono niente in confronto al calore che c’è dentro di me, che esplode e mi lascia per un attimo cieca quando bacio di nuovo Liam e mi stacco, lasciando che il mio naso continui a sfiorare il suo, imitando il movimento delle onde del mare con la risacca.
Anche qualcos’altro imita il movimento delle onde ed è il contenuto di un secchiello da bambini che mi si rovescia addosso, infradiciandomi completamente e facendomi strillare mentre salto per aria, boccheggiando. La risata di Louis è troppo forte e troppo vicina, per cui ne deduco che deve essere caduto a terra nel vedere la perfetta riuscita del suo scherzo.
-Dovevi... vedere... la...tua...faccia...- ansima e io mi rigiro verso di lui, schiaffandomi una ciocca di capelli bagnati sul naso e facendomi ringhiare ancora di più. Inaspettatamente anche Liam scoppia a ridere, mentre si asciuga l’acqua che gli è atterrata su una spalla e io mi volto nella sua direzione, sembrando chiaramente un pesce spastico che boccheggia fuori dall’acqua. Nel frattempo anche Alice, Julie e Harry si sono avvicinati, attirati dai miei strilli e dagli ululati di Louis.
-Ti prego, dimmi che non l’hai fatto davvero...- dice Alice, mettendosi una mano sugli occhi per non vedere Louis che sta ancora ridendo e che se ne sta pancia all’aria con una striscia di lacrime che spicca sulle guance piene di sabbia. Julie si avvicina e mi porge un asciugamano, dentro al quale mi avviluppo prima di girarmi a fulminare Liam con lo sguardo.
-Tu..tu...- balbetto, mentre anche Alice viene a soccorrermi e mi abbraccia, mormorandomi che manderà Louis in astinenza, oh altro che se lo farà, perché lui non può farmi una cosa del genere e sperare che la sua dolce ragazza non reagisca. Sorrido, mentre una mia mano emerge dall’asciugamano di spugna per batterle sul braccio e dirle che è tutto a posto: non vorrei mai che per uno scherzo lei e Louis fossero costretti ad uscire dalla loro bolla di perfezione e amore nella quale si sono rintanati da un paio di mesetti.
-Hayley-sono-un-telefono-Core, qual è il tuo problema con questi bellissimi ragazzi?- mi chiede Louis, indicando se stesso e Liam con veemenza. Strabuzzo gli occhi, prima di scuotere la testa e allargare le braccia per sciogliermi dalla presa dell’asciugamano, che ormai sta diventando troppo stretta e calda per i miei gusti.
Peccato che io non ci riesca.
Mentre Julie e Alice continuano ad abbracciarmi iniziando a sghignazzare, Liam e Louis si rialzano in piedi e mi sollevano, ignorando i miei sessanta chili di peso e le mie proteste.

E’ così che volo in acqua, dopo aver attraversato tutta la spiaggia tenuta in braccio come se fossi uno skateboard urlando insulti privi di senso. Il mare mi afferra con una presa abbastanza salda e decisamente fredda, mentre affondo nell’acqua alta appena un metro a causa dell’asciugamano di spugna ormai fradicio. Nel riemergere, riesco a sentire chiaramente gli ululati prodotti dai miei amici e i singhiozzi di Liam e Louis, che sono ancora vicini a me e mi guardano come se fossi un qualche strano personaggio uscito da un film dell’orrore.
Mi concedo una risata anche io, nonostante abbia il bisogno cocente di respirare, perché mi sento leggera, così leggera che potrei mettermi a saltare e arrivare direttamente in cima all’albergo di dodici piani che getta ombra sul lato opposto della strada. Mi è capitato raramente di sentirmi così, eppure ora l’euforia mi riempie terribilmente, lasciandomi pochissimo spazio nel cuore per ammirare lo spettacolo di un Liam in costume davanti a me. Mi sento una bambina, e questo non c’entra con il fatto che ho finito le scuole superiori ed ora mi attende un’intensa vita universitaria. E’ più un concentrato di vecchia Hayley che se va, evaporando come acqua sotto il sole e nuova Hayley che torna come gocce d’acqua salata. Non mi sento rinata. Mi sento semplicemente più leggera. Julie dice che è l’amore, ma lei dice tante cavolate e ne dice tante tanto spesso che ormai stento a crederle, anche se forse è davvero così.
Le mie riflessioni si interrompono grazie all’ennesimo spruzzo d’acqua che mi arriva in faccia e mi bastano cinque secondi per capire che Zayn è appena atterrato addosso a Liam e che ora si contorcono nell’acqua, dimenandosi peggio di due bambini. Tomlison è ancora lì, a fissarli inebetito, con un sorriso sulla faccia che non lascia spazio a buoni propositi e così mi trovo costretta a fermarlo prima che combini qualcos’altro.
Mi avvento contro le sue gambe e lo faccio cadere con il sedere sul fondo dell’acqua, producendo una serie di schizzi non indifferenti. Alice arriva, ridendo beatamente e gli salta addosso, scivolando però sulla sua schiena bagnata e finendo addosso a me, seguita a ruota da Julie che sta trascinando un Harry deciso a proteggere a tutti i costi il suo nuovo cellulare, che gli è rimasto nella tasca del costume. Quando la sua dolce metà gli prende il telefono e lo fa volare direttamente sotto l’ombrellone con una forza che non sarei mai riuscita ad associarle, anche lui capisce che è la fine e si fa trascinare sott’acqua di buon grado.

Due braccia mi afferrano da dietro e io mi appoggio a Liam con la sensazione di essere in pace con il mondo, anche se a vedermi sembro più che altro reduce da una guerra lampo. Il suo respiro contro i miei capelli bagnati è affrettato e irregolare e ogni tanto interrotta da una risatina isterica, ma è comunque la cosa più bella che io abbia mai sentito. Mi giro e lo sfioro con la fronte, guardandolo negli occhi mentre il suo mento si avvicina al mio, così come le sue labbra e tutto il suo intero essere. Non fermerei mai questo momento. Mi fa sentire in bilico, in pericolo, quella  mezza vicinanza che ancora non si è colmata. Liam lo sa, ma aspetta comunque, continuando a respirarmi addosso fino a quando non sono io a baciarlo, a stampo, per pochi secondi, giusto il tempo per alzare le mie mani fino sopra alla sua nuca e spingerlo verso il basso, inesorabilmente con la testa sotto l’acqua salata.
Rido di nuovo e quando lui riemerge è costretto a ridere a sua volta, mentre si allontana quando cerco di abbracciarlo, fingendosi spaventato e inciampando nei propri piedi a causa di un’onda prepotente.
Guardo Liam che riemerge sputacchiando e mi sembra di rivedere me stessa qualche mese fa, quando era Liam che semplicemente con la sua presenza mi sommergeva e mi affogava, costringendomi a lottare per poter prendere fiato. Me l’ha detto, una volta, che io gli facevo un effetto simile anche quando non stavamo insieme, anche quando sentiva semplicemente la mia voce al telefono. Non siamo una di quelle coppie passionali, fatte di baci e di carezze continue. Siamo semplicemente Liam ed Hayley, che hanno scoperto di essere perfetti anche così, anche nello stare insieme più approfonditamente.
Usciamo tutti dall’acqua barcollando e io tiro l’asciugamano bagnato addosso a Zayn, che mi guarda scandalizzato e si avvicina per abbracciarmi subito dopo. Si è evoluto anche il nostro rapporto, è cambiato ed è diventato sempre più stretto. Non sarà mai come quello che avevo con Liam prima di questo, ma del resto non sarebbe neanche giusto. Harry adora Louis e penso potrebbe passare con lui intere giornate, se solo non ci fosse Julie a minacciarlo come si deve e un’Alice che potrebbe provare a decapitarlo nel caso la privasse delle uscite con il suo ragazzo. Mi sento un po’ come una di quelle protagoniste dei romanzi ottocenteschi che alla fine trovano il loro vero amore e tutto sembra aggiustarsi ed andare per il verso giusto e ho paura che tutto questo possa finire. Poi però Liam mi bacia, Zayn mi chiama, Julie e Alice mi cospargono di cioccolata il naso per scherzare e Harry e Louis si azzuffano sul mio divano e mi dico che se non altro avrò qualcosa di bellissimo da ricordare, quando e se tutto questo finirà.

Mentre appoggio la testa sul petto di Liam, che si è sostituito al mio asciugamano una volta tornati dal nostro bagno improvvisato, vengo presa da un moto d’orgoglio.
Ho sempre avuto la felicità vicina e mi sono sempre sforzata di sfiorarla e basta, pensando che non toccasse a me riceverla. Ora sono riuscita ad afferrarla, a farla mia, semplicemente allungando di più le dita.
Liam ride e mi accarezza i capelli, guardando un pallone che vola sopra le nostre teste e colpisce con precisione la nuca di Zayn, che sta flirtando con una ragazza con un bikini nero. Io sollevo la testa e aggrotto le sopracciglia, mentre seguo il suo sguardo che si sposta da Zayn, alla palla, alla ragazza che ha una faccia contrariata.
-Payne, chiariamo una cosa. Solo perché ti ho minacciato di morte, non vuol dire che ti devi già trovare un’altra ragazza.- borbotto, ribadendo il concetto sollevando il busto e girandomi in modo da avere la testa appoggiata contro il suo collo. Lui ride, di nuovo, e continua a spostarmi i capelli da un lato all’altro, apparentemente indifferente.
-Non sono intenzionato a farlo, Miss. Non troverò mai nessuna ragazza con dei capelli facilmente spostabili come i tuoi...- fa, e mentre lo dice premo il naso contro la sua mascella.
Afferrando la felicità, ho potuto anche annusarla e sentire la sua esatta fragranza.
E sa di crema solare, di acqua salata e di Liam Payne.









Writ's Corner
E' finita.
Finita questa 10 Things, che mi mancherà, voi solo sapete quanto.
I Missing Moments saranno la cura, vero, ma mi mancherà comunque da morire. <3
Vi lascio con due notizie, dunque.
La prima: ho deciso di aprire una pagina fb per 10 Things.
Questo è l'indirizzo: 
http://www.facebook.com/10ThingsIDidntGiveToYou
Passateci e commentate, chidete quello che volete, suggerite. Non ci sono limiti. <3
La seconda: subito dopo questo capitolo, pubblicherò il primo Missing Moment.
Continuate a suggerirmene altri, in tanti, mi raccomando.
O via Efp, o via Twitter (sono @Writ96)

Una cosa sul capitolo, che devo dire alla mia Ace adorata.
Come ti dicevo, sei la mia piccola Cassandra.
E non morire, voglio ancora leggere le tue storie e le tue recensioni. <3

E ora, i ringraziamenti.

A: 
Lily_FrayZaynSunshinegoldsil93Trich Alyx __CrazyHeart nali Me4ever,  __Rache,   Hayley 29 Hailstorm Sole_The Directioner _aciredeF Overseas arrowgirl6,  TrixieFly Marty Rossa Ari_Love1DChiare_skyscraper
Che hanno recensito e che hanno permesso a questa storia di entrare tra le quaranta storie con più parole per recensione del fandom. <3

Alle 27 persone che hanno messo la storia tra le Preferite, alle 5 che l'hanno ricordata e alle 35 che l'hanno preferita.

A chi ha sopportato i miei scleri e le mie insicurezze (vedi, nali e Alyx)

A chi mi ha fatto conoscere gli One Direction (vedi GiOia)

A chi mi fa scrivere e sopporta comunque i miei scleri (vedi la Zucca, o UzKaNt)

A chi è rimasto con me fin proprio alla fine (cito zia Row, perchè la amo e basta.)



Sperando di trovarvi tra i Missing Moments, baci
Writ

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