Babe, you're a Rocket Queen.

di 48crash
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Out in the rain. ***
Capitolo 2: *** Here I am. ***
Capitolo 3: *** I see you standin', standin' on your own. ***
Capitolo 4: *** I've had everything that's tangible, honey, you'd be suprised. ***
Capitolo 5: *** I might be a little young but I ain't naive. ***
Capitolo 6: *** To know that I care. ***
Capitolo 7: *** You'll do whatever I like. ***
Capitolo 8: *** I hate to see you walkin' out there. ***
Capitolo 9: *** I'll be here standing until the bitter end. ***
Capitolo 10: *** I'm a sexual innuendo. ***
Capitolo 11: *** Don't ever leave me. ***
Capitolo 12: *** If you need a shoulder, or if you need a friend. ***
Capitolo 13: *** A sweet switchblade knife. ***
Capitolo 14: *** I can't say these things to you. ***
Capitolo 15: *** I can't say these things to you. (part 2) ***
Capitolo 16: *** So don't chastise me, or think I, I mean you harm. ***



Capitolo 1
*** Out in the rain. ***


Fuori. Sotto la pioggia. Aspettando un autobus che forse non sarebbe arrivato.
Barbi si girò verso l'alto, a guardare la finestra della camera d'hotel da cui era appena uscita. Ovviamente, accadde l'ultima cosa che voleva accadesse: lo sguardo di William, affacciato alla finestra a fissarla, incrociò il suo.
“Oh, cazzo” pensò, distogliendo lo sguardo come se si fosse scottata.
Lui invece non lo distoglieva.
E lei, beh, s'era scottata davvero.

Era arrivata tre mesi prima, come il vento. Era finita per caso nello studio di registrazione, ossia un vecchio magazzino chiamato “Hellhouse”, e lo sguardo di lui si era posato su di lei.
Così, casualmente.
Gli erano subito piaciuti i suoi capelli biondi, quasi incorporei, mossi e spettinati. I suoi occhi blu oceano, con le ciglia lunghe, che strizzava quando sorrideva. Era così delicata. Non aveva mai avuto una donna così, sempre e solo ragazzacce.
Lei, invece, non aveva mai avuto un ragazzo, dato che era sempre in casa a studiare. Aveva frequentato, e solo superficialmente, alcuni rampolli di famiglie prestigiose amiche dei suoi. Suo padre, il signor Von Grief, la voleva avvocato. L'anno dopo si sarebbe diplomata, e lui la voleva far ammettere a tutti i costi in una delle più prestigiose scuole del paese.
Quando aveva visto lui, le erano tremate le gambe. Era la fine dell'agosto del 1985, e lui girava in pantaloncini e a petto scoperto per quella specie di garage, con i capelli rossi svolazzanti. La fissava con la sua espressione da cattivo ragazzo, cosa che la intrigava oltremodo.
<< Scusa, ma chi sei tu? >> le aveva chiesto un po' irritato un tipo riccio seduto su una sedia sgangherata con in mano una chitarra, e che aveva tutta l'aria di essere fatto del tutto.
<< Ehi! >> aveva protestato il rosso, prima che lei potesse rispondere. << Le tratti così, le ragazze?! Cazzo, ma datti una regolata! >> E poi, rivolgendosi a lei: << Ehi, ciao, come ti chiami? Io sono William, in arte Axl, come posso esserti utile, bellezza? >>
Le parole di quello sconosciuto la fecero sussultare. Qualcosa le disse di tenersi alla larga. Ma quando lo guardò negli occhi e vi lesse quello sguardo strafottente e ribelle, seppe che non c'era niente da fare. Era andata.

Alla fine, il giorno dopo era tornata. E quello dopo ancora. E quello ancora dopo.
Dopo due settimane i ragazzi si erano abituati ad avercela intorno. E William (o Axl, come preferiva farsi chiamare), nel letto.

Era proprio in un letto d'albergo che erano finiti quella notte, a novembre inoltrato, in periferia, dove tutto era sgangherato, e soltanto per fuggire al padre di lei. Lui, ovviamente, non sapeva che stava andando a letto con un aspirante cantante, accompagnandosi con la sua banda di amici strafatti, e prendendo parte alla vita dei locali più rock e ribelli di Los Angeles: lei si inventava sempre scuse, vado a studiare con Kelly, sto a dormire da Sophia, e via dicendo; quella volta non ricordava neppure cosa si fosse inventata. William accettava di buon grado che lei gli chiedesse di andare a stare nei posti più introvabili (e più malfamati) pur di non essere trovati. Gli importava solo di stare con lei.

Ad ogni modo, non andava bene. Si stava bagnando completamente, il pullman non c'era, e lei si stava rendendo sempre più conto del fatto che non aveva intenzione di fare l'avvocato, non aveva mai avuto un rapporto con suo padre (né tanto meno con sua madre), e la sua vita, fino all'incontro con i Guns, non aveva avuto molto senso. E non aveva ancora detto a William che suo padre la faceva uscire sempre più spesso con un figlio di papà con il quale probabilmente le stava combinando un matrimonio.
Ogni volta che avevano fatto l'amore negli ultimi giorni, aveva pensato di dirglielo, ma non era mai il momento giusto.
E la pioggia continuava a scorrere.

Lui, invece, la fissava da lontano. Lei lo sapeva, e lui sapeva che nonostante sapesse che lo stava facendo non si voleva girare verso di lui. Sapeva che gli stava nascondendo qualcosa, lo percepiva quando la toccava, quando la guardava.
Ma non voleva che lei fosse così lontano. Voleva che saltasse le lezioni ancora una volta e tornasse a letto con lui, voleva che lo accompagnasse al magazzino. Voleva solo lei.

Guardò giù...e vide che lei non c'era.
La cercò rapidamente e vide che si stava allontanando, visto che il pullman tardava.
Afferrò la prima cosa che gli capitava in mano, non era nemmeno vestito, e se la infilò addosso. Poi prese il suo giubbotto e corse giù, dietro di lei, per buttarglielo sulle spalle.

Appena si sentì qualcosa di asciutto addosso, Barbi si girò. Con sua immensa sorpresa, gli occhi azzurri di William la stavano fissando, stesso sorriso ribelle che lei adorava, un po' malinconico.
<< Vieni su, Barbi >>.
Lei lo fissò. “Sei scemo” dicevano i suoi occhi.
<< Perchè te ne vuoi sempre andare, qual'è il problema? >>
Lei scosse la testa e si rigirò.
Lui le afferrò le spalle e la fece girare per guardarla negli occhi. << Ti ho detto tutto, Barbi. E so che non mi vuoi dire niente. Cosa credi, che non mi accorga che mentre sei sopra di me piangi? >>
Barbi cercò di trattenere le lacrime, ma sapeva che quello aveva capito tutto. Era pazzo, era senza regole, ma era un genio. Aveva capito tutto senza che lei dicesse niente. Aveva capito che lei non poteva tornare a casa quel giorno.
<< Vieni a casa con me, tesoro. Mi fai vedere le stelle. Stavolta ti farò sedere sulle mie ginocchia, come se fossi tuo padre, e potrai piangere sulla mia spalla quanto vuoi >>.
Lei affondò il viso nella sua spalla fradicia. Era un sì. Lui lo sapeva.

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Capitolo 2
*** Here I am. ***


William stava seduto per terra, nel suo appartamento, con Barbi seduta fra le sue gambe. Lei piangeva a dirotto, con la testa appoggiata nell'incavo della sua spalla, senza dirgli il perché. Lui le accarezzava i capelli e le spalle, senza dire niente. Non servivano parole per commentare quello che stava succedendo. La pioggia, fuori, continuava a cadere.
Jeffrey aveva finito di fare i suoi lavori part-time ed era tornato a casa. Si era messo a bussare, confidando nel fatto che il suo amico fosse in casa.
<< William! >>urlava. << Lo so che sei lì, aprimi! >>
William si voltò verso la porta e gli rispose: << Vattene via, adesso sono occupato! >>
L'altro, fuori dalla porta, sbuffò. << Cazzo, Bill, dove vado adesso?! >> Però, alla fine, se ne andò.
Barbi alzò gli occhi e sorrise debolmente. << Grazie. Potevi anche farlo entrare >>.
<< Per fargli vedere te che piangi? >>rispose lui. << Ti ho detto che non l'avrei detto a nessuno, e io mantengo le promesse, Barbi >>.

                                                                                                                                                                                        ***
 
<< William? >>
Jeffrey aveva ormai rinunciato a suonare e piantato la chitarra per terra, accanto alla sedia mezza scassata.
<< Eeeeehi! Terra chiama Billy Bailey. >>
William si girò seccato verso l'amico. << E piantala di chiamarmi con quel nome, idiota! >>ruggì.
Quando faceva così, era assolutamente intrattabile, e gli altri quattro lo sapevano perfettamente.
<< Va bene, basta >>esclamò Saul appoggiando la chitarra al muro e stiracchiandosi. << Rollami una canna, Steve >>.
<< Quando ci vuole ci vuole! >>esclamò Duff, passando a Steven quello che gli serviva. << A quello là niente? >>aggiunse accennando a William.
<< Non tocchiamolo, è meglio >>asserì Jeff. << Se ne vuole, chiederà lui >>.
Lui non ne voleva però. Non era proprio in vena. Aspettava qualcuno che, lo sapeva, non sarebbe mai arrivato.
 
<< Barbi? >>
Lo sguardo perso fuori dalla finestra, assente, il mento appoggiato nell'incavo della mano, l'aria malinconica. Barbi non c'era con la testa, e Jane, sua amica d'infanzia, aveva rinunciato a capirla.
Sapeva solo che era partita.
<< Barbi Lilian Von Grief, potresti rispondere? La Smith non ti perdonerà se vai avanti a non ascoltarla, già fai un sacco di assenze. Barbi! >>sibilò.
<< Mh? >>mugugnò lei, degnando l'amica di un mezzo sguardo spento, come chi s'è appena svegliato.
<< Non fare così, cretina! Lo sai che non si può continuare in questa maniera >>.
<< Come così? Ah, già...>>biascicò Barbi.
Non stava pensando a ciò che pensava Jane, ovvio che no. Lei pensava a un ragazzo con i capelli rossi, a cui piaceva cantare, drogarsi, e farsi cavalcare da lei nella periferia di Los Angeles. Un ragazzo complicato, che le aveva raccontato un sacco di cose dolorose sul suo passato. Il ragazzo a cui aveva dato il suo corpo e il suo cuore. Un ragazzo che non vedeva da più di una settimana, e che non poteva chiamare per dirgli che le mancava perché le tenevano controllato il telefono e che non poteva vedere solo per via della scuola.
 
                                                                                                                                                                                  ***
 
<< È che...va beh, mi hai rotto, deficiente >>fece William tralasciando le spiegazioni sul suo stato d'animo all'amico d'infanzia che sghignazzava e afferrando la bottiglia di Jack Daniel's.
<< No, dai, continua... >>lo implorò Jeff con le lacrime agli occhi per le risa.
<< Io invece ti consiglio di finirla se non vuoi questo pugno infilato in bocca e qualche dente in meno >>gli rispose secco l'altro scolandosi tutto il Jack Daniel's in un sorso e alzandosi per andare a infilare la bottiglia nel lavandino.
<< Dai, era così divertente vederti perso per una ragazza...te le sei sempre fatte e basta! >>
<< Vaffanculo >>.
William se ne andò nell'altra stanza, sbattendo la porta, e lasciando l'amico lì a chiedersi cosa fare.
 
Barbi era sulla macchina di suo padre, al volante. Guidava come una matta. La scusa di stavolta era il nervosismo prima di un test, aveva bisogno di farsi un giro sulla Rolls Royce, senza autista, e uscire da Los Angeles. Solo guidare per un po' l'avrebbe distratta.
Suo padre non era in casa, sarebbe tornato tardi quella sera per via del lavoro. L'aveva detto a sua madre, che le aveva risposto con un cenno d'assenso, mentre parlava con una sua amica, forse nemmeno l'aveva ascoltata.
Aveva due ore al massimo, e non le voleva sprecare.
Arrivò davanti all'edificio fatiscente al cui piano inferiore si trovava Hellhouse, mentre a quello superiore abitavano William e il suo amico d'infanzia Jeffrey. Frenò sgommando e balzò giù al volo, ricordandosi a malapena di chiudere l'auto.
La porta d'entrata dell'edificio era sempre aperta, perché la serratura aveva abbandonato il proprietario alcuni anni prima, ma i ragazzi non si lamentavano: affitto un po' più basso e nessuno obbligato ad andare giù ad aprire ai visitatori, bastava chiudere bene la porta del magazzino dove provavano e tenevano gli strumenti e quella del buco che cadeva a pezzi che rappresentava il loro appartamento.
Anche a Barbi andava bene, non doveva aspettare nessuno che venisse ad aprirle mentre pioveva a dirotto.
 
Toc. Toc.
<< Mh? >>. Jeff, sentendo bussare alla porta, sollevò il capo dal tavolo su cui si era momentaneamente appisolato.
Toc. Toc.
“Bene, allora non ho le allucinazioni...il fumo non è mai troppo” si complimentò fra sé e sé, andando ad aprire.
Quello che invece gli fece credere di averle davvero fu il vedere un'altolocata, tale Barbi Von Grief, mezza disfatta, con l'adrenalina nelle vene e l'aria di chi è scappato di casa.
<< Devo vedere William >>disse lei senza preamboli, quasi scostandolo per entrare mentre lui restava lì imbambolato a chiedersi cosa stesse facendo.
Si piantò davanti alla porta della stanza di William, mentre Jeff la guardava sempre più esterrefatto. Bussò un paio di volte.
<< JEFF! Quante volte ti devo dire di non rompermi le palle?! Vattene!! >>tuonò William aprendo la porta. Aveva un'espressione tanto irata che quasi Barbi si spaventò, per poi illuminarsi vedendolo addolcirsi e schiudere le labbra in un sorriso. << Ciao, Barbi >>disse sorpreso.
Jeff alzò gli occhi al cielo. << Va bene, esco >>disse voltandosi a prendere la giacca.
 
Gli altri due non lo ascoltavano.
Barbi aveva cominciato a parlare a raffica, per impiegare il minor tempo possibile, mentre lui la fissava sempre più divertito. << William. Sono venuta. Per più di una settimana non ho potuto muovermi, mi controllavano, volevo chiamarti ma non potevo, non sapevo cosa fare, e mi mancavi un sacco, e adesso sono scappata di casa, mio padre non lo sa, mia madre...non so, e abbiamo solo due... >>
Lui la interruppe baciandola sulle labbra. Quando si staccò le sussurrò: << Due ore, non sprechiamole >>. E ricominciò a baciarla.
Barbi gli allacciò le braccia intorno al collo e le gambe intorno ai fianchi, mentre lui le afferrava le cosce per non farla cadere e se la portava in camera, chiudendo la porta con un piede.
 
<< Che ore sono? >>chiese Barbi voltandosi per vedere l'orologio andato appeso al muro. Calcolò la differenza di orario tra quell'orologio e uno normale e alla fine decretò: << Manca solo un quarto d'ora alle sette, le nostre due ore sono finite >>.
Fece per alzarsi ma William l'afferrò per un polso. << Ancora una volta, dai... >>la implorò con occhi supplicanti.
Lei si voltò e rise. << Ancora una volta cosa? >>
<< Lo sai cosa! >>rispose lui tirandola di nuovo nel letto. << Se mi devi lasciare di nuovo a secco per più di una settimana, potresti almeno darmi il contentino! >>
Lei lo baciò. << Puoi sempre fartene un'altra >>.
<< Non credere che non ci abbia provato...Non riesco a pensare ad altro che a te >>.

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Capitolo 3
*** I see you standin', standin' on your own. ***


Ogni volta, tornava a casa svuotata.
Non era colpa di nessuno, solo sua che non sapeva amare. Ma forse nemmeno sua, nessuno si era mai preso la briga di insegnarglielo, in fondo.
Non aveva mai amato i suoi genitori, troppo occupati e persi nel vortice delle apparenze, troppo presi dal lavoro e dalle ambizioni, troppo preoccupati che la loro figlia non diventasse una lady come loro desideravano. Le sue “amiche”, non le amava veramente: non aveva nemmeno mai avuto il tempo per coltivare un rapporto vero con loro, superficiali ricche ambiziose e vuote che non erano altro. Anche Jane, l'unica per la quale provasse un affetto sincero, non  poteva capire quello che provava lei, e lei non poteva raccontarglielo.
Solo ora, ora che aveva conosciuto il mondo fuori dai quartieri alti così per caso, poteva dire di sapere ciò che le sarebbe piaciuto. Solo ora che aveva trovato un ragazzo vero, uno che non si preoccupa delle apparenze, uno che deve lottare per quello che vuole, aveva capito cosa voglia dire “amare”.
Con quel ragazzo, aveva capito che amava il rock 'n' roll, che non gliene fregava niente delle serate mondane dove si era sempre annoiata, e che avrebbe buttato tutto all'aria se solo lui le avesse detto di andare a stare con lui nella sua catapecchia, senza piani per il futuro se non stare insieme.
Sapeva anche che lui, nonostante non glielo avesse mai detto apertamente, la poteva capire. Anche lui, anche se in maniera diversa e molto più pesante, era stato maltrattato dal “padre” in passato. Lui era lì a Los Angeles per dimenticarselo, infatti, e per dimostrare che lui era più forte di quello che il patrigno e tutti gli altri a Lafayette, il paese da cui proveniva, credevano.
Era sicuramente forte. Ma lei non era così. Non aveva il coraggio di ribellarsi, di scappare, di dire a suo padre che lei si era stancata di dover andare a messa tutte le domeniche per salvare le apparenze, di dover andare al college per studiare legge come voleva lui, di doversi ritrovare quell'insipido Scott appiccicato addosso a tutte le feste mondane solo perché andava a genio a lui.
In verità Scott era solo un cretino. Non aveva idee sue, si limitava a ripetere quelle di suo padre, il signor Beverley, o quelle del padre di Barbi, che per lei erano ancora più insopportabili da ascoltare.
Nessuno voleva capire che lei non voleva più quei burattini, che la pensavano tutti allo stesso modo.  Soprattutto, lei non voleva diventare uno di loro: voleva pensare a modo suo, e voleva al suo fianco qualcun altro che pensasse col proprio cervello.
Forse, il ragazzo che si era scelta non era proprio un esempio perfetto di ragazzo pulito, ma in fondo era questo che l'attraeva tanto: il suo sorriso ammiccante, a volte un po' malinconico, il suo sguardo limpido che si illuminava vedendola, il suo modo di prenderla e farla sua, come se fosse la cosa più normale del mondo, quando invece era la cosa più complicata. Il fatto che a lui non importava cosa lei sembrasse, ma cosa lei fosse veramente. Quel modo geniale che aveva di guardarle attraverso l'anima, come quando una settimana prima se l'era portata in casa e l'aveva abbracciata mentre lei piangeva a dirotto, senza domandarle il motivo. Lui era stato il primo a toglierle la maschera, quella maschera d'indifferenza che il mondo l'aveva costretta a indossare, quello che l'aveva sempre costretta a ubbidire al volere del padre, studiando di continuo per passare test di cui non le importava niente, quella sorta d'istinto che la spingeva a rispondere “Tutto bene” qualora le avessero chiesto come stava, piuttosto che mettersi a urlare che odiava quella gabbia dorata dov'era rinchiusa da sempre, come avrebbe invece desiderato fare.
 
<< Allora, sei pronta? >>l'urlo di sua madre, dal piano di sotto, risvegliò Barbi dai suoi pensieri.
<< Lo so che domani hai un test, Barbi, ma adesso scendi. È ora di cena. Ho capito che anche oggi sei andata da Sophia per chiederle gli appunti e hai guidato tutto il tempo, sarai anche stanca, ma stasera abbiamo la festa a casa degli Harrison, e tu non puoi saltarla! >>
Barbi, al piano superiore, si guardò allo specchio un'ultima volta e grugnì. Orribile, come solo le mise scelte da sua madre potevano essere.
“Dio, quanto è osceno!”pensò fra sé e sé, e avrebbe voluto urlarlo. Era orrendo come solo un tubino rosso al ginocchio, un po' svasato e informe, condito con una collana di perle di media lunghezza, un paio di scarpe grigie antiche con un'orribile fibbia sul davanti e dei capelli raccolti in una crocchia potevano essere. Il mix perfetto per sembrare una signorina bene, e, nel caso di Barbi, per odiare la propria immagine allo specchio.
“Sembra che io abbia già più di trent'anni”si scandalizzò. “E chissà se mi vedesse William. Si metterebbe a ridere, penserebbe di essere andato a letto con una frustrata dell'alta società che si cerca un amante perché il marito non la soddisfa più. Ritratto perfetto, Barbi”. Ma poi le sovvenne che lui i vestiti non li guardava, li toglieva. E scacciò immediatamente quel pensiero dalla testa.
<< Barbi! Vieni o no? >>urlò di nuovo sua madre.
<< Arrivo! >>gridò lei.
Poi si guardò di nuovo. “Chi sei veramente, Barbi Von Grief? Sei la ragazza di William Rose, una ribelle, una brava ragazza, un futuro avvocato, o semplicemente una che finge con tutti e non sa chi è davvero?”

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Capitolo 4
*** I've had everything that's tangible, honey, you'd be suprised. ***


William se ne stava disteso sul letto, a fissare il cielo fuori dal lucernario sudicio posto nel mezzo del soffitto della sua stanza. Sul cuscino c'era ancora il profumo di Barbi, aleggiava in tutta la stanza. L'avrebbe potuto riconoscere ovunque, quel profumo. Solo lei l'aveva.
O forse, più semplicemente, era lui che solo ora si accorgeva di un particolare come quello. Tante ragazze avano condiviso il letto con lui prima di Barbi, ma nessuno prima di lei era riuscito a scuoterlo così tanto. Quando la vedeva, sentiva un brivido. Quando non la vedeva, sentiva il bisogno di vederla. Lui la voleva, la voleva incessantemente. Anche solo per parlarle.
Inspirò profondamente il profumo che lei aveva lasciato tra le lenzuola. Lavanda, talco, muschio bianco. Con qualcos'altro. Qualcosa che solo lei aveva. Lui non sapeva bene dire che cosa, ma sapeva che se si fosse messo a cercare per tutto il mondo, non avrebbe trovato una ragazza con quello stesso profumo. Sentiva il bisogno fisico di averla accanto.
Gli era mancata in quella settimana e mezza. Ogni giorno aveva svolto i suoi soliti lavori in giro per la città, provato con i ragazzi, cantato in qualche pub scadente alla sera, o almeno a aveva provato. Si era drogato, ubriacato, aveva mandato tutti a fare in culo come al solito.
Soltanto quando cantava davanti a un pubblico si sentiva realizzato. Si sentiva a un passo dal suo sogno. E solo questo, per qualche momento, poteva fargli scordare lei.
Stava male al pensiero di averla fatta soffrire, cosa che in qualsiasi momento avrebbe potuto succedere. Perché lei sapeva, come gli aveva detto, che lui avrebbe potuto portarsi a letto con estrema facilità qualsiasi ragazza dell'ambiente. Ma forse non aveva capito che lui non scherzava, quando aveva detto che da quando era stato con lei la prima volta non era più riuscito ad andare a letto con nessun'altra.
Anche quando Mandy, una ragazza sui 20 anni con cui era già stato dopo qualche sua esibizione nei localetti dei dintorni, qualche sera prima gli si era infilata nel bagno, si era visto costretto a mandarla fuori. Quando fino ad alcuni mesi prima, non avrebbe sprecato un'occasione simile.
 
Così, l'amore esisteva anche per lui. Era in grado di fregare anche William Axl Rose. Fregava davvero chiunque.
Lui lo aveva sempre rifuggito, credendolo inutile. O forse, più semplicemente, non gliene era mai importato. Ma stavolta non aveva potuto non innamorarsi di lei, trascinandola nella sua vita disastrata, perché, lui lo sentiva sotto la pelle, loro due erano uguali, in fondo.
Lei non gli diceva mai che lo amava, ma lui sapeva che era così. E lui non le diceva mai che aveva bisogno di lei vicino per stare bene, ma lei sapeva che era così.
Sospirò e affondò il viso nel cuscino, respirando di nuovo quella fragranza.
 
Jeff girò le chiavi nella toppa un paio di volte prima di riuscire ad aprire la porta. Erano le nove di sera, ed era pronto a scommettere che William non aveva ancora mangiato. Anzi, era pronto a scommettere che l'altro si fosse completamente dimenticato del concerto che avrebbero dovuto tenere quella sera a un isolato di distanza, al Blueberries, e che se ne stesse ancora beatamente a letto con la sua bella.
Entrò in casa e lasciò le scarpe fradicie accanto alla porta, e  la giacca sull'attaccapanni.
<< William! Wiiiiiilliam! >>chiamò forte. << Ehi, Bill, sei pronto? Gli altri ci aspettano fra un'ora! >>
Poi, sentendo che l'altro non rispondeva, e soprattutto che non lo mandava a quel paese, andò verso la sua camera. Non gli importava di trovarlo con Barbi, ormai tra di loro era una consuetudine: non importava con quante ragazze fosse o cosa stesse facendo l'altro, se uno dei due sapeva che c'era un impegno più importante. Così spinse la porta ed entrò.
Non trovò quello che si aspettava. William era steso sul letto, nudo, e dormiva, da solo.
<< Sto scemo >>commentò Jeff a bassa voce. << Si addormenta così, senza coprirsi, con i riscaldamenti che ci abbandonano >>.
Gli tirò le coperte fin sopra la testa e uscì dalla stanza, piano. Quella sera, i Guns N' Roses avrebbero dato forfait.

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Capitolo 5
*** I might be a little young but I ain't naive. ***


<< E finalmente anche oggi è andata! >>urlò soddisfatta Sophia, passandosi una mano tra i  capelli ondulati color caramello mentre scendeva i gradini dell'entrata del liceo.
Barbi e le altre, subito dietro di lei, tirarono un sospiro di sollievo. << Grazie a Dio! >>esclamò Kelly, piccola e magra, quasi correndo per star dietro alle altre. << Non ne potevo più, e il test era difficilissimo! Almeno oggi non piove, magari vedo Jim >>.
<< Ma non facciamo qualcosa tutte assieme? >>chiese Corinne, girandosi verso le altre.
<< Meglio se vado a casa >>ribatté Barbi guardando in basso. << Vado a studiare per il test di settimana prossima >>.
<< Oh, Barbi! >>sbottò Sophia. << Quanto sei noiosa! Sempre a studiare sei! >>
<< E sarai l'unica a cui il test di oggi sarà andato bene! >>le fece coro Corinne.
<< Io vorrei sapere come fai >>rispose Kelly, lanciandole uno sguardo d'invidia.
<< Niente di speciale, ragazze >>disse Barbi, abbassando ancora di più il viso per nascondere un sorrisetto, e ripensando all'intenso pomeriggio “di studio” del giorno prima.
 
Intanto, William, avendo terminato i suoi lavoretti in giro per la città, aveva pensato bene di andare ad aspettarla fuori da scuola. Doveva vederla, così si sarebbe caricato per l'esibizione di quella sera. Niente di importante, ma voleva comunque essere al meglio, e lei era la sua principale fonte di ispirazione, in quel periodo.
Sapendo che nessuno era a conoscenza della loro storia, si mise un po' distante dall'edificio principale e seminascosto, in modo da passare inosservato da tutti, tranne che da lei.
Infatti, appena Barbi alzò lo sguardo da terra, come prima cosa notò la macchina con un faro andato e la portiera dietro il sedile del guidatore di un colore differente dalle altre, e, immediatamente dopo, l'autista, un giovane sui vent'anni con i capelli lunghi e rosso-arancio e gli occhiali da sole, anche se il cielo era coperto, che aveva tutta l'aria di stare aspettando qualcuno.
“E che diavolo ci fa lui qui?!”si domandò, senza però poter negare di essere estremamente contenta nel vederlo.
Resisté all'impulso di correre verso la macchina, e si limitò a girarsi verso le altre, che si erano fermate ad aspettarla vedendola rimanere indietro a guardare qualcosa di indefinito. << Scusatemi un attimo >>gridò loro, tornando indietro. << Devo controllare una cosa >>.
Si diresse verso la macchina e guardò nel finestrino, preoccupandosi di non essere vista.
Lui, tranquillo, tirò giù il finestrino cigolante, facendo attenzione a non staccare la manovella. << Ehi, bellezza >>fece con tono disarmante.
<< Will! Cosa diavolo ci fai qui?! >>sibilò lei.
<< Mi sono iscritto a questa scuola di recente, mi può guidare fino ai dormitori? >>rispose lui sarcasticamente, con il sorriso ammiccante che la lasciava sempre senza parole. << Ma secondo te?! >> aggiunse subito dopo. << Sono venuto a prenderti, mi mancavi >>.
La schiettezza delle sue parole la lasciò di sasso. Lei non sarebbe mai riuscita a dirgli una cosa simile così, su due piedi. Questo le fece subito pensare che avrebbe fatto tutto quello che voleva lui, ma doveva trovare un modo.
<< Will, lo sai che non posso... >>cominciò, più per convincere se stessa.
<< Io so che non hai test domani, me l'hai detto tu stessa ieri >>ribatté lui categorico.
<< Non ricordo di avertelo detto >>rispose lei aggrottando la fronte.
<< Eri così in estasi che non te lo puoi ricordare >>disse lui allargando il sorriso. << Dai, ti supplico! Almeno una sveltina... >>
Lei alzò gli occhi al cielo e sospirò, fingendosi scocciata. << E va bene! Però dammi due minuti per inventarmi una scusa con loro >>aggiunse indicando le compagne col pollice.
<< Te li do volentieri, se significa che starai da me un po' di più >>.
Lei gli fece l'occhiolino e corse verso le altre, che l'aspettavano.
<< Scusate ragazze >>disse. << Ma c'è un altro motivo per non venire con voi, non posso proprio. C'è mio cugino Herbert parcheggiato là dietro, non mi ricordavo che doveva venire a prendermi per una riunione di famiglia. Chiedo perdono >>.
<< Nooooo! Pure il cugino ci si mette! >>esclamò Kelly. << Povera te, non ti invidio >>.
<< Beh, allora vai >>le accordò il permesso Sophia. << Buona riunione! >>
<< Grazie! >>esclamò lei, rimettendosi a correre, un po' troppo felice per essere una ragazza appena diciottenne costretta a partecipare a una riunione di famiglia. << A domani! >>
 
Saltò in macchina rapidissimamente e chiuse la portiera così di colpo che William si lamentò del fatto che quella macchina era di Jeff, e che se gliel'avesse rotta, l'amico l'avrebbe fatto a pezzi.
Poi si allungò verso di lei e la baciò sulla guancia e sul collo, spostando la sciarpa con il naso. << Ti ho già detto che sei come una droga per me? Potrei quasi smettere con l'erba >>sussurrò.
Lei sentì un brivido lungo la schiena. << No, non me l'avevi ancora detto >>replicò sorridendo.
<< Adesso lo sai... >>bisbigliò lui continuando a baciarle il collo.
Lei, con l'ultimo briciolo di buon senso rimasto, lo spinse via. << Abbi un attimo di pazienza, Rose! Almeno allontaniamoci da qui >>.
<< Ai suoi ordini, miss Von Grief >>fece lui ammiccandole e girando le chiavi della macchina.
La macchina, dopo un paio di tentativi partì, e William cominciò a guidare come un pazzo per le vie sconosciute di Los Angeles, fino a casa sua, l'unico posto dove loro due erano al sicuro.
 
Entrarono correndo, senza preoccuparsi del fatto che Duff e Steven erano dentro al magazzino a provare un po' per conto loro tra una birra e l'altra. Lei corse su per le scale, con lui dietro, ma non aprirono neanche la porta, perché ci finirono contro, con le mani di lui aggrappate alla sua schiena, e quelle di lei infilate tra i suoi capelli rossi.
Fu Jeff, che dal suo letto, dove stava cercando di dormire ignorando il rumore dei due di sotto, sentì che qualcuno, probabilmente Duff mezzo ubriaco, era finito contro la porta. Si alzò imprecando e l'aprì, trovandosi immediatamente dopo Barbi sdraiata ai suoi piedi, con William sopra, che alzava la testa facendogli un mezzo sorriso  da bambino innocente.
<< Dai, Bill >>lo rimproverò Jeff scuotendo la testa e scoppiando a ridere sorpreso. << Ma ti pare il caso, lì sul pavimento? Questa qui è una dei quartieri alti, portala almeno a letto! >> fece ammiccando a  Barbi, che ormai stava ridacchiando.
<< Vaaaa beeeene >>rispose William aiutando Barbi ad alzarsi. << Sarà fatto >>.
<< Ecco, io me ne vado a “dormire” con qualcuna di quelle puttane del locale >>annunciò Jeff prendendo un paio di pantaloni dal pavimento e infilandoseli, e andando alla ricerca di una maglietta.
<< Fatti Mandy, le va! >>gli urlò l'altro dalla camera, mentre spogliava Barbi.
Jeff armeggiò un po' in giro per casa e poi uscì, lasciandoli soli.
Allora William si aggrappò a Barbi, sapendo che solo lei poteva portarlo via dai suoi demoni, sapendo che aveva bisogno di lei, e che se il mondo fosse crollato e lui non fosse mai diventato ciò che voleva, lei sarebbe stata lì per lui. << Ti amo, Barbi >>le sussurrò un attimo prima di riuscire a sfilarle anche le mutande.
Lei non rispose e lo strinse forte, affondando il viso nella sua spalla.
 
“Ti amo, Will”pensò Barbi, girandosi a guardare l'uomo che dormiva beatamente al suo fianco. Ma ovviamente non poteva dirglielo.
Appoggiò la testa sulla spalla di lui e gli sfiorò il contorno del viso con una mano. Poi scese e gli accarezzò il torace.
Rimase per un attimo a osservare il suo petto che si spostava con il respiro e i suoi capelli rossi scomposti sul cuscino, quasi a formare un'aureola. Sorrise, per l'ironia del paragone.
Si soffermò sugli occhi, capaci di lanciare sguardi così penetranti che avrebbe potuto farla svenire; poi sulla bocca, che usava per urlare improperi o per baciarla, due usi così opposti che solo lui poteva combinarli. Ripensò a quando quelle belle labbra l'avevano toccata per la prima volta, mesi prima.
 
 
Erano soli, nel magazzino. Era la prima volta che rimaneva completamente sola con William, mentre i ragazzi erano in giro per la città a fare compere e i soliti lavori. Aveva già provato a rimanere sola con qualcuno degli altri, specialmente con Saul, che chissà perché aveva sempre tempo da spendere lì a Hellhouse, col quale aveva costruito in quelle occasioni un ottimo rapporto. Si divertiva a stare lì con lui, che continuava a fare battute con la sua voce grossa. Da uno così non te lo saresti mai aspettato.
Invece con William era diverso, anche se le stava molto simpatico ed era gentilissimo, non si sentiva a suo agio con lui, non completamente. Forse perché sentiva l'attrazione che c'era tra loro, ma intendeva negarla. Andava bene la ribellione contro suo padre, il frequentare quel posto e quei ragazzi che lui non avrebbe mai accettato se lo avesse saputo, ma niente di più. Non doveva succedere niente di più. Lei non ne era all'altezza.
William, al contrario, pareva perfettamente a suo agio mentre rimetteva in ordine il magazzino chiacchierando amabilmente con lei. Lei non poteva negare che lo aiutava volentieri.
Era solo metà settembre, e faceva ancora abbastanza caldo, soprattutto lì dentro, e loro stavano sudando nel riordinare.
<< Accidenti, che caldo >>fece William passandosi una mano sulla fronte e sedendosi su una poltrona con l'imbottitura mezza fuori. << Vado su a prendere da bere. Ti va una vodka? >>
Lei si girò a fulminarlo con lo sguardo. << Ma perché bevi così tanto e ti cali tutta quella robaccia? >>gli chiese. Era seriamente curiosa.
Lui alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi in quelli di lei, schietto. << Perché devo dimenticare. Devo dimenticare tutto quello da cui sono scappato, altrimenti non potrò andare avanti. E poi, devo fottermi totalmente il cervello per scrivere qualcosa di decente, perché quando il cervello è partito non può più parlare, si ascolta soltanto il cuore, per forza >>.
Lei lo fissò, e sentì una sorta di brivido lungo la schiena che la costrinse a distogliere lo sguardo dagli occhi di lui. La sofferenza di quell'uomo era chiaramente percepibile, andava ben oltre a  quello che lasciava apparire. Si nascondeva forse anche meglio di lei.
Poi lui si alzò, e procedette a passo spedito verso la porta. << Allora, ne prendi un sorso? >>domandò salendo le scale.
<< Va bene >>rispose lei, voltandosi a sistemare.
Nel giradischi c'era un vinile dei Queen, “A Day At The Races”, che andava. Fece appena in tempo a perdersi sulle note di “Tie Your Mother Down”, e William era già rientrato, con una bottiglia piena di vodka e due bicchieri in mano. Si sedette sul pavimento e la invitò a sedersi con lui, poi versò nei bicchieri. Lei si mise a tossire dopo il primo sorso, l'alcool non lo reggeva proprio, non c'era abituata, lui nel frattempo si era già versato il secondo bicchiere.
<< Si vede che dalle tue parti voialtri bevete solo champagne alle feste >>commentò lui sarcastico mentre la osservava.
<< Già >>commentò lei con amarezza. << Si nota così tanto? >>
<< Anche di più >>rispose lui con il suo sorrisetto. << E sì che avresti l'età giusta per bere, no? Quanti anni hai, Barbi? >>
Lei sorrise. << Diciotto stamattina >>.
<< E perché non me l'hai detto? Ti avrei portato un regalo! >>rispose lui.
<< Lascia stare, William >>.
<< Bisognerebbe festeggiare >>continuò lui allungandosi verso di lei per baciarla.
Barbi accettò il bacio, e le mani di lui appoggiate dietro la nuca, mentre i bicchieri rotolavano via sul pavimento. Nessuno l'aveva mai baciata, o almeno non in quel modo, forse soltanto un paio di baci a stampo alle medie. Non c'era mai stato tempo per uomini che non fossero suo padre e i suoi soci nella sua vita. Sicuramente quel bacio, anche per ciò che rappresentava per lei, le faceva piacere.
William spinse via la bottiglia di vodka, e si avvicinò a lei. Cominciò ad armeggiare con la cintura dei suoi jeans mentre continuava a baciarla.
A quel punto, Barbi scattò in piedi. Non aveva intenzione di andare oltre, o l'avrebbero  uccisa. << William, non posso >>sbottò.
Lui si alzò e le afferrò le mani. << Perché no? >>
<< Perché...sono vergine >>.
Lui scoppiò a ridere, abbracciandola. << Ma vuoi? >>disse con il viso sprofondato nei suoi capelli.
Lei ci pensò un attimo, e tutti i suoi buoni propositi di non fare caso all'attrazione tra loro crollarono. “Chessenefrega”pensò.
<< Va bene, facciamolo >>disse.
Lui le guardò negli occhi, lo sguardo più malizioso che lei avesse mai visto. << Scelta giusta, bellezza. Basta che sia uno dei due a sapere cosa sta facendo >>.
La fece sdraiare sulla batteria di Steven, cominciando a sfilarle i pantaloni. Lei lo fermò di nuovo puntandogli le mani sul petto nudo per allontanarlo.
<< Ma cosa c'è, di nuovo?! >>chiese lui, cominciando a spazientirsi.
Barbi aveva deciso. Se prima si era solo fatta soltanto trasportare dal momento, adesso la sua scelta di fare sesso con quel ragazzo era qualcosa di totalmente razionale. Il simbolo della sua presa di posizione contro al mondo materiale dei suoi genitori. A lei quel ragazzo piaceva davvero, e non voleva perderselo. Anche se al momento non sapeva se era innamorata o no, voleva la sua responsabilità in tutto quello. Voleva fargli capire che, qualsiasi cosa fosse successa, era soltanto merito (o colpa) sua, e lui non centrava. Era una sua scelta.
<< Faccio io >>disse sfilandosi la maglietta, e poi il resto, senza farsi toccare finché non fu completamente nuda.
E si lasciò possedere, lo lasciò entrare dentro al suo corpo e vibrare dentro la sua anima, mentre la canzone il disco era passato a “You Take My Breath Away”.
 
Quando ebbero finito, lui le porse i suoi vestiti. Pareva quasi imbarazzato, ma felice. << Vuoi farti una doccia? >>chiese.
<< No, grazie >>disse lei, sorridendo. << Se non ti spiace, io andrei >>aggiunse raccogliendo la sua borsa dalla sedia sulla quale l'aveva appoggiata.
<< Non mi dispiace, se torni >>rispose lui con il sorriso più carico di doppi sensi che lei avrebbe mai visto in vita sua. Poi si avvicinò fino a poggiarle le labbra sul lobo dell'orecchio. << Buon compleanno, Barbi >>.
Lei arrossì e si voltò per andarsene.
Mentre stava uscendo, William la richiamò. << Barbi? >>
<< Sì? >>rispose lei girandosi e appoggiandosi allo stipite della porta.
<< Non dire a Steve che l'abbiamo fatto sulla sua batteria >>. Le fece l'occhiolino. << Potrebbe uccidermi >>.
Lei scoppiò a ridere e uscì.
 
 
Barbi sorrise ancora una volta pensando a quel ricordo. Poi si puntellò su un gomito e si sollevò per baciarlo sulle labbra.
<< Ti amo, Will >>sussurrò. Era sicura che lui stesse dormendo. << Sono giovane, grazie a Dio non innocente >>.
Scivolò fuori dal letto, sorridendo e continuando a guardarlo dormire. Si rivestì e uscì piano dalla porta, con le scarpe e lo zaino della scuola in mano.
Mentre chiudeva la porta della camera, William la sentì e socchiuse gli occhi. Si girò su un fianco e ascoltò i suoi passi mentre scendeva le scale. << Meno male non sei innocente! >>commentò a bassa voce, passandosi una mano tra i capelli.






Grazie a chi sta seguendo questa fanfic, sono veramente felice che stia piacendo a qualcuno oltre che a me.
Soprattutto, un ringraziamento speciale a Icegirl46 e Orange_RocketQueen, che continuano a seguire e recensire, incoraggiandomi a continuare.
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 6
*** To know that I care. ***


<< No, ragazze, non posso venire con voi. Devo andare da mia nonna >>.
Un'altra volta, una altro giorno. Barbi stava scappando di nuovo, senza preavviso. La scusa era già pronta, la stessa del giorno prima, “mi fermo in biblioteca a studiare, che sono più tranquilla”, e il posto dove invece sarebbe andata a finire in realtà era sempre lo stesso. Oggi la sorpresa doveva fargliela lei.
Si avvolse più stretta la sciarpa al collo, visto che il freddo impervistava, e si strinse nella giacca. Poi cercò di rassettarsi la gonna, che come sempre non era al suo posto.
Odiava la gonna dell'uniforme scolastica, fin dal primo giorno di scuola. Era scomoda, di un tessuto orribile, e faceva sembrare le gambe di tutte le ragazze come dei sacchi di patate. Senza contare che andava portata con le calze fino al ginocchio, anche in inverno, e faceva prendere un sacco di freddo.
Le altre ragazze non sembravano avere lo stesso problema, o almeno non lo davano a vedere.
<< Dai, Barbi! >>esclamò Sophia. << Ci abbandoni anche oggi? Siamo così vicini alle vacanze di Natale, e noi volevamo andare a prendere i regali per i ragazzi, ci saremmo divertite assieme! >>
<< Direi di no, invece >>replicò lei. << Cosa sarei venuta a fare con voi mentre cercate il regalo per  il vostro ragazzo?! Ogni anno siamo alle solite. Quest'anno vi lascio. Ve la potete cavare da sole, credo >>.
<< Dai, Barbi, non fare così! >>ribatté Kelly. << Un giorno lo troverai anche tu un ragazzo. Che ne diresti di quello là che fa chimica con noi? Non è male, e ti fissa sempre >>.
Sophia, Corinne e Jane ridacchiarono.
<< No, ragazze, basta >>si affrettò a smentire Barbi. << Non è vero che mi guarda, e non mi interessa. Tenetevelo voi, io sono già abbastanza in ritardo >>.
Detto questo, la ragazza si affrettò verso la fermata dell'autobus diretto in periferia, lasciando indietro le amiche urlanti.
<< Dai!! Non ti offendere, Barbi! Vieni con noi, ti presentiamo qualcuno! >>
Barbi sollevò la mano in segno di saluto, o forse per far capire che non importava, erano perdonate. Non c'era tempo per parlare.
Non aveva bisogno di qualche cretino che si credeva intelligente solo perché andava al liceo, né di flirtare con ragazzi che non le piacevano solo per non essere etichettata come “la santarellina di turno”. Lei aveva una sorpresa da fare.
 
<< Tieniti il tuo Jack, imbecille. Possiamo andare avanti? Jeeeff?! >>. Era così, e gli altri avevano imparato a sopportarlo. Anche se era fatto o mezzo ubriaco, William era testardo fino all'inverosimile quando ci si metteva, e non li avrebbe lasciati andare fino a che non fossero giunti a una conclusione.
<< Basta, abbiamo capito >>protestò Jeff. << Ma pensi che funzionerà? È da un po' che non la proviamo, e l'ultima volta che l'abbiamo suonata al pub abbiamo fatto schifo. Te pareva che ti stessi strozzando!>>
<< Io canto quella, e punto. Non voglio sentire ragioni, secondo me ci viene benissimo. L'ultima volta era l'acustica che faceva cagare >>.
<< Senti, Mr. Axl Rose, non puoi cantare senza di noi >>sentenziò Steven alla fine. << Però mi spiace, ma sono d'accordo con lui. Welcome To The Jungle si fa. Piuttosto leviamo It's So Easy
stavolta >>aggiunse subito dopo, frenando William che stava cominciando a guardarlo in cagnesco.
<< Allora ci conviene tagliare questa pausa e andare giù a provare, il concerto è stasera >>tagliò corto Jeff, mentre si alzava per mettere i bicchieri nel lavandino. << Sparite, arrivo fra un attimo >>.
Gli altri obbedirono e si alzarono, con in testa un William piuttosto gongolante perché, come al solito, le sue intuizioni erano quelle giuste.
Ma quando aprì la porta, si trovò davanti lei. Sorridente, con i capelli biondi scomposti, evanescenti, come la prima volta che era capitata lì per caso. Gli occhi blu più felici del mondo lo fissavano, socchiusi, gli dicevano “Sorpresa!”.
<< Barbi! >>urlò, abbracciandola.
<< Ecco che ci risiamo, qui non si prova più >>commentò Duff sollevando un sopracciglio in direzione di Steven.
William, per tutta risposta baciò il collo di Barbi e le sussurrò: << Mi dispiace così tanto avere qui tutti loro oggi, devo provare. Ma tu resta. Resta almeno per sentirti dire quanto sei sexy con l'uniforme... >>
Lei lo allontanò, un po' imbarazzata. << Vai a provare, gli altri hanno già sceso le scale >>.
Lui scese le scale tenendola per mano, quasi preoccupato di poterla perdere. Era contento del fatto che lei ci fosse, era il suo portafortuna. E lei adorava vederlo cantare.
Le prove andarono avanti per due ore buone, poi William dichiarò con un urlo che avevano finito.
<< Bravi! Stasera saremo i migliori, altroché! >>annunciò. << E adesso io direi che abbiamo finito, così posso andare su con la mia donna, e lasciare voi ai vostri affari >>. Si avvicinò a Barbi e la baciò sulla punta del naso. << Sempre bellissima, tesoro. Sei la mia fan numero uno >>.
<< Giusto, non ne potevo più. Vengo a usare il tuo telefono, devo sentire Janet >>fece Saul, riponendo la chitarra nella custodia. Janet, la nuova ragazza di Saul. Sembrava cotto.
<< Vai, vai >>risposero in coro William e Jeff. Saul cominciò a salire le scale, seguito immediatamente da William, che si era caricato in spalla Barbi e ad ogni passo rischiava di schiantarsi su un muro.
<< Ehi Bill! Non è la fiera di paese e neanche la corsa con i sacchi qui! >>gli urlò Jeff dal piano di sotto. << Finiscila di fare il coglione che la casa va già a pezzi! >>
Gli altri risero e proposero di uscire a farsi una birra per distendersi prima del concerto, così da lasciare i due “amanti clandestini” da soli.
Barbi e William si infilarono in camera, ridendo.
<< Senti, sbrighiamoci che ho poco tempo >>disse Barbi maliziosa.
<< Non mi lasci nemmeno il tempo di spogliarmi? Un attimo di pazienza! >>rispose William spingendola sul letto e buttandolesi sopra subito dopo.
<< E finalmente via la divisa! >>
<< Ma se ti sta così bene! >>. William le slacciò i primi bottoni della camicetta in un lampo e le baciò tutto il collo, mentre lei lo supplicava di continuare.
<< Diavolo, Bill! >>tuonò Saul battendo un pugno sulla porta. << Datti una calmata, cazzo! Non voglio che la mia donna senta il casino che fai con la tua mentre parliamo al telefono! >>
Barbi gettò il capo all'indietro e rise forte. << Scusaci, Saul! Faremo meno casino adesso! >>
 
<< Barbi? >>. La voce sensuale di William le carezzò le orecchie mentre lui sollevava il capo dal suo petto, dov'era appoggiato.
<< Sì, Will? >>. Barbi sollevò la mano che gli stava passando tra i capelli e contrasse leggermente le gambe, tra le quali lui stava steso.
<< Stavo pensando... Come passi Natale? >>
La domanda, buttata lì all'improvviso, la fece sobbalzare. Si tirò seduta facendolo scivolare con la testa nel suo grembo, al che lui si puntellò sui gomiti e la guardò stupito e un po' innervosito.
<< Che ti è preso?! >>
<< No. Niente. È che...lo passo sempre sola, a casa. Ogni tanto si ferma la governante. I miei se ne vanno ai Caraibi fino alla festa dell'ultimo dell'anno >>.
William la scrutò e vide la tristezza nei suoi occhi. La tristezza di una bambina lasciata da sola quando avrebbe avuto bisogno di una madre ad abbracciarla, di un'adolescente senza nessuno che l'amasse. Di una donna ormai cresciuta, anche troppo in fretta, un'anima matura e solitaria intrappolata in quel corpo ancora troppo giovane per soffrire così.
L'abbracciò, appoggiando la testa al suo seno. << Non volevo farti soffrire, Barbi. Scusami >>.
<< Non importa, Will. Non sei tu. Dimmelo lo stesso, cosa volevi fare a Natale >>rispose rimettendosi nella posizione di prima, così che lui potesse tornare comodo.
Lui continuò a tenere la testa appoggiata al petto di lei, il corpo mollemente abbandonato sopra quello di lei, gli occhi chiusi. << Volevo che lo passassimo insieme. Se tu sei sola ti farò compagnia. Che ne pensi? >>
<< Penso che sono d'accordo >>rispose lei spostandogli i capelli per baciarlo sulla fronte. << E pure che abbiamo bisogno di una doccia, prima che io vada a casa. Se mi vede conciata così, con questi capelli, mia mamma mi ammazza >>. Barbi si sfilò da sotto il corpo di William e si infilò una sua maglietta che giaceva per terra da un paio di giorni, che a lei arrivava sotto il sedere.
<< Abbiamo? >>rispose lui girandosi su un fianco e appoggiando la tempia sul palmo della mano.
<< Sì, abbiamo. Puzziamo come due capre, e io non posso tornare a casa combinata così. Se mi vuoi seguire... >>
<< E me lo chiedi?! >>esclamò lui alzandosi e gettandosi su di lei, facendo aderire i loro corpi.
 
Sotto la doccia, Barbi sentiva il corpo di William vicino al suo, muoversi allo stesso ritmo, con l'acqua calda che le scorreva addosso, lavando via tutti i suoi dubbi e le sue paure. Aveva paura, era terrorizzata all'idea di amarlo, da qualche parte dentro di sé. Terrorizzata dalla paura di perderlo. Però lui sentiva sotto le sue dita il corpo di una donna che lo voleva con tutta se stessa, e aveva intenzione di aiutare l'anima ferita di quella donna con tutte le sue forze.
<< Verrò da te a Natale, d'ora in poi non lo passerai più da sola >>le sussurrò mentre la sua voce si confondeva con i gemiti di lei, e con l'acqua che scorreva.
 

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Capitolo 7
*** You'll do whatever I like. ***


Barbi uscì dal bagno avvolgendosi nel soffice accappatoio di spugna. L'acqua calda l'aveva in parte rigenerata dallo stress accumulato in quegli ultimi tre giorni.
Camminò con passo felpato fino al grande letto ovale e si lanciò su di esso, allargando gambe e braccia. Alzò lo sguardo sull'alto soffitto intarsiato, che si tingeva d'arancio alla luce del tramonto, e seguì con gli occhi i disegni di luce e d'ombra che il sole ricamava sull'intonaco. Il lampadario di cristallo, immerso nella luce, pareva carico di gocce d'oro pronte a caderle sulla testa, cosa che negli ultimi giorni aveva desiderato ardentemente. Tutta la camera era invasa da una luce rosa e rossastra, mentre il cielo, in lontananza, s'infuocava.
E lei desiderava immergersi in quella luce, e perdere tempo per un po', per non pensare alla sua libertà mancata.
Di sotto, i suoi genitori discutevano tranquillamente davanti al camino. Niente quadretti romantici, quelli lei avrebbe potuto sopportarli, ma loro non si amavano. La loro era una riunione d'affari, per congratularsi di quello appena concluso e per organizzare un party di festeggiamento per quest'ultimo. Sua madre, da patita di feste alla moda qual era, appena l'affare di suo padre si era risolto nel migliore dei modi, aveva cominciato a programmarne una. Ora, stavano scegliendo gli invitati.
Barbi lanciò lo sguardo oltre il vetro della finestra, pensando a quanto fosse ironica la situazione. Aveva sempre desiderato che i suoi genitori stessero un po' di più in casa, anche solo per conoscerli meglio. Aveva sempre creduto che, se loro fossero stati più presenti, lei avrebbe potuto essere molto più felice. La cosa incredibile era il fatto che, non appena si era accorta che loro erano profondamente diversi da lei, e che non avrebbero mai potuto appoggiarla né aiutarla in niente, loro sembravano essere molto più presenti e molto più preoccupati per la loro figlia che credevano ancora una bambina. Ora, dopo tutto, non servivano più, come non erano mai serviti prima. Adesso erano solo d'intralcio per lei, erano l'unica cosa che la tenesse ancorata a casa Von Grief.
Dopo aver vagato un po' nel cielo infiammato, Barbi tornò a concentrarsi sull'interno della stanza, più precisamente sull'ammasso di libri che giaceva sulla scrivania. Altra cosa ironica: se prima quei libri erano l'unica cosa che la costringesse a vivere nel quotidiano, il suo unico motivo per andare avanti, ora erano solo qualcosa che odiava, perché rappresentavano il volere di suo padre, e il suo allontanamento da William.
Inspirò profondamente un paio di volte, sentendo pronunciare a sua madre i nomi degli invitati più insulsi mai sentiti, poi decise finalmente di alzarsi e di provare a studiare.

***

<< Bill...Cazzo, Bill, ti svegli o no?! >>
La voce di Jeff, persistente, continuava a chiamarlo. << Dai, siamo già in ritardo, al negozio ci aspettano! >>
William si sporse dal letto e guardò fuori dalla camera, dove Jeff stava probabilmente ripulendo dopo la serata precedente. Grugnì. << Che ore sono? >>
<< Le otto. Però è ora che ti alzi, bello addormentato, o qui ci licenziano >>.
<< Che palle. Dimmi che non mi sono portato a letto nessuna ragazzina ieri sera... >>
<< Non ti sei portato a letto nessuna, tranquillo. Neanche quella con cui hai dovuto fare il leccaculo in quel posto per liceali fighetti ieri pomeriggio. Nemmeno quando eri ubriaco, come promesso te l'ho impedito >>.
<< ...Almeno una cosa la sai fare bene, Jeff >>.

<< Almeno non sei in ritardo, Barbi. Stamattina sei perfettamente in orario, e la prof non avrà da dire >>si complimentò Kelly con un sorriso. << Sono le otto spaccate >>.
<< Se decido di venire vengo, Kelly >>replicò la ragazza con un sorriso. << Fammi prendere...i libri... >>proseguì componendo i numeri del codice del suo armadietto. << Ma...non ci riesco...come se...pare che abbiano scassinato la serratura! >>
<< Sul serio?? No, non può essere possibile! >>. Kelly si avvicinò subito all'amica e provò a tirare l'antina con forza. << Ma non viene davvero...! >>
Alla fine, a forza di tirare, l'armadietto si spalancò con tanta forza che quasi esplose. Barbi fermò l'anta con la mano prima che si scontrasse contro la superficie dell'armadietto accanto.
<< Grazie, Kelly. Speriamo non manchi niente... >>
Si mise subito a controllare che tutto fosse a posto. << Sì, qui pare ci sia tutto... >>farfugliò mentre frugava nell'armadio. << Ma...! >>
Barbi si bloccò all'improvviso, vedendo qualcosa di insolito nell'armadietto. Posata tra i libri, c'era una busta bianca un po' spiegazzata con qualche chiazza sopra. Puzzava di alcool.
<< Che c'è? >>fece subito Kelly, sporgendosi da dietro l'antina.
<< No, niente! >>si affrettò a rispondere l'altra, infilandosi prontamente la busta nella giacca. << Mi pareva che mancasse qualcosa, ma non è vero! Non manca niente >>.
<< Va bene >>disse Kelly guardandola storto. << Raggiungiamo le altre, ci staranno aspettando >>.
Barbi lasciò camminare avanti l'amica e ne approfittò per tirare fuori la busta e girarla. “Dolcezza, questa è per te” c'era scritto. La scritture comprensibile ma un po' confusa era inconfondibile, e la dedica lo era ancora di più.
La ragazza fece scorrere le dita sull'inchiostro, quasi immaginando di farle scorrere sul corpo di chi le aveva lasciato quel biglietto. “William”pensò, certa che fosse giusto.
<< Barbi! Allora? >>le urlò Kelly dalla fine del corridoio, dove le altre l'avevano raggiunta per salutarsi prima di dividersi nuovamente per le lezioni.
<< Arrivo! >>rispose lei, stringendosi la lettera al petto.

 

SORPRESA! Ci sei rimasta, vero? Scommetto che ti è piaciuto...
Comunque, lo sai che non sono il tipo da lettere e cose sdolcinate, quindi non so cosa scrivere. E Jeff mi ha già insultato perché sa che poi sarà lui ad accompagnarmi alla tua scuola per “consegnarla”.
Quindi non mi dilungo.
Ho bisogno di vederti. Trova una scusa per venire da me stanotte, ho un paio di sorpresine che ti piaceranno di certo. Più la solita.
A stasera, spero di vederti.

Mentre leggeva il testo della lettera tenendola sotto al banco per non farsi vedere, le scappò un sorriso. Pensò a William, probabilmente fatto, mentre buttava giù quelle righe solo per lei. Mentre si faceva insultare dal suo migliore amico e lo pregava per andare a “consegnarla”. Mentre, chissà come, corrompeva la preside perché lo lasciasse entrare e la convinceva a rivelare a lui e a Jeff quale fosse l'armadietto della sua ragazza, e mentre, infine, lo scassinava e ci infilava la lettera ormai stropicciata.
Scosse la testa intenerita e infilò la lettera nella borsa.
Fortunatamente, nessuna delle sue amiche aveva in comune quel corso con lei. Non avrebbe dovuto dare spiegazioni a nessuno.

***

Jeff lanciò uno sguardo all'orologio appeso al muro. Segnava le nove e mezza di sera, e anche se non era tanto convinto del suo funzionamento, la conclusione era quella. Barbi non sarebbe venuta, nemmeno quella sera.
<< Dai, Bill, vattene a letto >>implorò l'amico, che invece si ostinava a restarsene seduto in cucina ad aspettare la sua ragazza.
<< Io ti assicuro che verrà >>.
<< Sì, com'è venuta le altre sere >>.
William si voltò con uno sguardo d'odio profondo verso l'amico. << Io ti dico che stavolta verrà >>.
<< E va bene, aspettala da solo. Io esco >>.
<< Vai pure dove vuoi. Tanto quando me la starò scopando non avrò bisogno del terzo incomodo >>commentò acidamente William, mentre Jeff, abbastanza assonnato, si infilava il cappotto e usciva sbattendo la porta.
Appena l'altro fu uscito, però, si sentì solo. Completamente solo. Come quando, da bambino, veniva maltrattato dal suo patrigno e non sapeva cosa fare, se dirlo a qualcuno o no. E alla fine si teneva tutto dentro, combinando solo casini fuori.
Come se non bastasse, aveva anche sonno. Colpa, forse di qualche birretta di troppo durante le prove di quel pomeriggio. Saul sapeva sempre corromperlo. E lui era tutto meno che un uomo incorruttibile.
Sentiva il capo sempre più pesante, così lo appoggiò a una mano. Le palpebre cominciarono a calare, e lui non fece nulla per riaprirle. Il sonno si stava facendo strada nella sua mente, e lui non l'avrebbe fermato.

<< Will! Dove diavolo sei?! WILLIAM! >>
Dei colpi alla porta e una voce femminile sempre più innervosita lo svegliarono. Era chiaro che non fosse né Jeff né un altro dei suoi amici a chiamarlo. E solo una donna al mondo lo chiamava Will. Barbi.
Si alzò subito e corse alla porta. Anche se mezzo addormentato, le mostrò il suo miglior sorriso, e lei ricambiò.
Si sporse per baciarla. << Lo sapevo che saresti venuta >>.
<< E come potevo rifiutare un invito così galante? >>
<< Spiritosa >>commentò lui ammiccando. << Dai vieni in camera e svegliami un po' >>continuò trascinandosela in camera.
<< Aspetta un attimo, e la sorpresa? >>
<< Te la faccio vedere dopo, prima ne ho un'altra... >>sussurrò sfilandosi i pantaloni.
<< Sei veramente tremendo! >>esclamò lei scuotendo la testa e gettandoglisi al collo.

<< Guarda che bello il cielo stanotte, Barbi >>.
Barbi alzò la testa dal petto di William dov'era appoggiata per guardare fuori dal lucernario sul soffitto. Il cielo era così blu da far paura, punteggiato da poche e luminosissime stelle. Niente luna, quella notte.
<< Blu come i tuoi occhi. Non c'è nemmeno la luna a guardarci, nessuno sa che sei qui >>disse lui accarezzandole la spalla.
<< A quest'ora inizi a vaneggiare, Will. Comunque no, non lo sa nessuno. Sono arrivata così tardi solo per non farmi beccare >>.
<< Però non mi piace che viaggi con quei bus, non vorrei che incontrassi qualche maniaco >>.
<< Ma smettila! Chi vuoi che incontri? >>
<< Non lo so, comunque ti faccio venire a prendere da Jeff la prossima volta. Tanto non ha mai niente da fare >>.
<< Va bene >>mormorò accondiscendente lei.
Lui aveva lo sguardo perso nel cielo stellato, perso in chissà quali ricordi lontani.
E Barbi amava quello sguardo triste. Amava quegli occhi azzurri e verdi quando il cielo scuro si rifletteva in quelle iridi maliziose. Amava il gioco di ombre che la luna creava sul suo bellissimo viso. Pareva dipinto.
Poi lui scattò all'improvviso, interrompendo la sua contemplazione.
<< Cosa succede? >>chiese sorpresa Barbi.
<< La tua sorpresa! >>rispose lui, precipitandosi verso il suo armadio. Lo aprì e si piegò a frugarci dentro per un po', finché non ne tirò fuori un pacchetto avvolto nella carta velina. Allora si avvicinò al letto, dove Barbi lo aspettava inginocchiata, e glielo porse.
<< Scartalo, bellezza. Sono sicuro che ti piacerà >>.
Barbi lo aprì senza esitare. Erano un paio di pantaloni di pelle uguali a quelli che su di lui adorava, ma con un taglio femminile, un giubbetto di jeans e una maglietta dei Queen.
<< Will, non dovevi, non hai neanche i soldi per... >>
Non fece in tempo a finire perché lui la interruppe poggiandole un dito sulle labbra. << Zitta. Aspetta la seconda parte >>fece con un sorrisetto, il viso a pochi centimetri da quello di lei. << Hai anche l'occasione per indossarli, se siamo ancora in tempo >>. Si girò per vedere che ore fossero al suo orologio sbilenco. << Ok, dovevamo cominciare alle undici, dopo quelli là...ce la facciamo >>decretò infine.
Lei sgranò gli occhi mentre lo vedeva alzarsi e cominciare a vestirsi. << Will... Non dirmi che avevi un concerto stasera?! >>
<< Sì, ce l'ho tuttora, dolcezza. Vestiti che ti spiego la seconda parte della sorpresa >>.
Barbi sospirò. Le sembrava da matti stare lì a fare l'amore e a guardare le stelle fino a un attimo prima di un concerto. Però lui era William, e lei lo amava perché era fottutamente pazzo. Non si faceva domande.
<< Andiamo? Te la senti? >>le chiese William mentre si infilava una canottiera trovata in giro per la stanza.
Lei gli sorrise e si alzò. Si infilò i pantaloni di pelle con un movimento fluido e un sorriso malizioso, mentre lui la osservava meditando di toglierglieli. << Certo che andiamo! Non me lo perderei per niente al mondo. Poi lo sai che alla fine faccio qualsiasi cosa tu voglia >>.




Mi scuso con chi si apettava di meglio, se devo essere sincera questo capitolo non è piaciuto molto nemmeno a me. Mi pare che la storia stia diventando sempre più sdolcinata e stucchevole, cosa che io odio, quindi cercherò di rimediare nei prossimi capitoli. Come ho detto, questo mi fa schifo, ma era funzionale al resto della storia. Nel prossimo cercherò di sitemare un po' meglio le cose, senza andare "fuori traccia". Perciò, aggiornerò tra un po'.
Al prossimo capitolo!
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Lucy :*** 

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Capitolo 8
*** I hate to see you walkin' out there. ***


William lanciò uno sguardo obliquo a Saul, che si era fermato per riprendere fiato e spostarsi i capelli dal collo sudato. L'altro, scostatosi qualche ricciolo dagli occhi scuri, gli rispose con un cenno affermativo. Steven, da dietro la batteria, sorrise vedendo Duff e Jeff che si giravano contemporaneamente per fargli vedere i pollici alzati. Era il momento.
 << Prima di cantare questa canzone, che molti di voi già conoscono dopo averci visti all'opera più volte, vorrei farvi un annuncio >>urlò William nel microfono, una volta accertatosi che tutti fossero pronti.
Barbi saltò sulla sedia. Un annuncio?!
<< Cosa diavolo dirà questa volta? >>mormorò una bionda ossigenata con una ricrescita scura inguardabile alle sue spalle.
<< Sarà troppo fatto anche solo per capire come si chiama >>rispose una ragazza dai lunghi capelli scuri seduta al suo fianco.
Barbi sentì questo commento, e fu tentata di girarsi e rispondere alle due. Ma se doveva essere sincera, non avrebbe saputo cosa dire. Non poteva negare che il suo ragazzo si drogasse abbastanza  spesso, e non sapeva cosa stesse per dire. Ma qualcosa le faceva credere con assoluta sicurezza che quella volta lui sapesse esattamente cosa stesse dicendo, e che fosse qualcosa di buono.
<< Vorrei dire a tutti voi, sia chi ci conosce sia chi ci sente per la prima volta, che stiamo per spiccare il balzo... >>proseguì il rosso scostandosi i capelli dal viso. Duff, che si trovava alle sue spalle e stava bevendo una birra per rinfrescarsi, mosse la mano come a dire di non esagerare, e lui si girò per fargli vedere il medio alzato.
<< E se il mio amico qui non fosse così coglione, potrei anche dirvi che il primo concerto del 1986 lo faremo al Cocaine >>.
A quel punto, tutti, o quasi, si alzarono, applaudirono e urlarono. Sì, effettivamente pensare di “fare il balzo” così in fretta era un po' eccessivo, ma sicuramente il Cocaine era un pub molto più grande di tutti quelli in cui i ragazzi avevano suonato fino a quel momento, e in ogni caso sarebbero stati visti da molta più gente, magari anche da qualcuno che contasse.
Barbi corse verso la zona dove i ragazzi stavano suonando, e William si sporse per baciarla sulle labbra. << Piaciuta la sorpresa? >>le sussurrò mentre lei lo abbracciava, incurante del fatto che  fosse completamente fradicio di sudore. Lei affondò il viso nella sua spalla nuda e sussurrò un debole << Non avrei potuto aspettarmi di meglio >>, lasciando che una lacrima le scorresse, inosservata, su una guancia. Poi tornò a sedersi.
Sì, William lo avrebbe fatto quel balzo. Non importava cosa pensasse la gente, cosa avrebbero fatto. Lei sapeva che lui ce l'avrebbe fatta. E sapeva che il Cocaine era solo il primo passo.
Il primo passo che lo allontanava da lei.
 
<< Take me down to the paradise city, where the grass is green and the girls are pretty... >>
Nella stanzina sul retro del locale, William canticchiava ancora mentre si rinfrescava nel piccolo lavandino. Gli altri si rivestivano e progettavano cosa fare del resto della serata.
<< Io adesso vado di là e mi scolo una bottiglia della prima cosa che mi capita a tiro >>annunciò Steven passandosi una mano tra i soffici capelli biondi.
<< Veleno per topi, direi >>fece Jeff tirandogli una maglietta.
<< Ma vaffanculo, sono stanco! Io lavoro, mica come te, Isbell >>gli rispose l'altro prendendola al volo e infilandosela.
<< Dai, di là allora, vi offro da bere >>disse Duff mettendo via il suo basso.
<< Io non posso, devo stare con Janet >>disse velocemente Saul, quasi senza che gli altri capissero, con un mezzo sorriso che voleva dire solo una cosa. Innamorato perso.
Duff sbuffò. << Che palle di questi piccioncini. Bill, tu vieni? >>
<< Io no, ho un paio di cose da... >>
Da dietro di lui si levò un coro di urletti.
<< Sì, dacci dentro! >>urlò Duff con un movimento abbastanza ambiguo dei fianchi. << Jeff, di' un po', come fai a sopportarli? >>
<< Non me lo chiedere, sono più le volte che mi chiude fuori di casa ultimamente >>.
<< Abbiamo visto, sei sempre da noi! >>
<< Ma non dite cazzate! >>
<< Dai, Bill, non cercare di dissimulare...lo sappiamo tutti che sei una macchina del sesso, ti abbiamo visto tutti con quelle là! Anche più di una alla volta! >>rispose il biondo dandogli una pacca sulla spalla.
Il rosso alzò gli occhi al cielo. << Finitela, e andatevene fuori, coglioni >>. Anche se stava ridendo, era completamente inflessibile.
<< Sarà meglio che lo lasciamo qui, davvero >>consigliò Jeff alzandosi. << Niente scherzi, prima a casa a momenti mi pestava >>.
Gli altri finirono di raccogliere le loro cose e uscirono dallo stanzino. Jeff uscì per ultimo, passando al fianco di William.
Gli strizzò l'occhio. << Dacci dentro. Lo so che stavolta è diversa dalle altre, anche se stento a crederci, leiè diversa. Ci vediamo più tardi >>.
William sorrise e annuì, poi si sedette su una sedia lì vicino.
Barbi arrivò qualche minuto dopo, vedendo gli altri arrivare senza di lui. Appena la vide, lui sfoderò il suo sorriso migliore, come sempre.
<< Oddio, Will >>sussurrò lei con la voce emozionata gettandoglisi al collo. << Mi hai fatto prendere un colpo con quel cazzo di annuncio! >>
Lui la strinse a sé e inspirò il so profumo, con il viso nei capelli di lei.
<< Poi, un attimo prima di Paradise City>>disse lei.
Lui sorrise maliziosamente. << Sapevo che è la tua preferita, mi pareva il momento più adatto. E poi, io un giorno raggiungerò quel posto >>affermò con convinzione.
Lei sorrise a sua volta e lo baciò.
Poi lui avvicinò le labbra al suo orecchio, facendola rabbrividire. << Perché non mi ci porti tu, a Paradise City, stasera? >>
 
 
Barbi si alzò dal letto ancora assonnata. Si stiracchiò e lanciò la maglietta dei Clash che aveva  rubato a William sul letto. Sapeva che c'era molto da fare, e con questa consapevolezza era stata sveglia la maggiorparte della notte.
Dopo notte del concerto, non aveva visto William per qualche giorno, poi i suoi erano partiti e lei aveva avuto via libera. Quando non aveva test e lui non doveva lavorare, fingeva di uscire per andare a scuola per andare da lui. Facevano l'amore tutta la mattina e poi lui la portava a casa con la macchina semidistrutta di Jeff. Quando invece avevano altro da fare o lui aveva dei concerti, lei aspettava che la domestica che dormiva al piano di sotto si addormentasse per sgattaiolare fuori, dove l'automobile la aspettava dietro l'angolo.
Ma oggi non era un giorno come gli altri.
Aveva dato alla domestica, costretta a stare lì per farle compagnia, un paio di giorni di ferie da passare con i suoi, a partire dalla sera precedente, dicendole lei li avrebbe passati con un'amica. Non aveva paura a restare in casa da sola: William e i ragazzi l'avrebbero raggiunta a breve.
Entrò in bagno e accese la doccia. Aveva bisogno di un po' d'acqua calda per svegliarsi.
Guardò il termostato fuori dalla finestra. 15 gradi. Non male per essere il giorno di Natale.
 
<< Come sono? Jeff, come sono?! >>
<< Sei sclerato, Bill >>.
<< Ma va' a cagare! >>
William sparì di nuovo nel bagno, per rivestirsi.
Saul, sdraiato sul divano, sopirò forte. << Sì, ma non si può... >>
<< E' la sua prima volta nei quartieri alti, lascialo fare >>rispose Duff accendendosi una sigaretta. << Basta che si muova! >>urlò poi rivolto all'amico, che era tornato in camera.
<< Mi muovo, mi muovo. Volevo trovarmi dei vestiti decenti, ma non li ho, volevo sembrare meno drogato, ma... >>
<< Ma con tutto quello che si è calato ieri sera non si può di certo >>commentò sarcasticamente a bassa voce Saul. La maggiorparte di quello che William aveva preso gliel'aveva passata lui.
<< Non importa! Io vengo con i miei vestiti, e fanculo a tutti >>.
William finalmente uscì dalla sua stanza, con i jeans stracciati, una canottiera e una giacca.
<< Fregatene e andiamo, bravo! >>disse Jeff spalancando la porta.
 
Alle undici e mezza precise, i cinque erano di fronte a casa Von Grief. Scesero dalla macchina e si diressero a passo spedito verso il cancellino, che Barbi aveva lasciato aperto per loro. Entrarono e suonarono alla porta.
Quella che si ritrovarono davanti, era una ragazza abbastanza interessante. Gonna a vita alta, aderente, scarpe nere col tacco, camicia. Elegante ma non troppo. Con una faccia tremendamente stanca.
William fece un sorrisetto ironico.
<< Cosa ridi?! >>gli urlò lei dandogli un colpo sulla spalla. << Voi venite dentro, ragazzi >>.
William rimase per ultimo, in modo da riuscire a strappare un bacio alla ragazza, quando lei chiuse la porta. << Sempre bellissima >>le disse.
<< Cretino >>. Barbi si voltò e andò a far strada agli altri, che si erano avviati commentando la casa enorme, mentre lui, al suo fianco, allungava una mano sul suo sedere. Lei, mentre gridava ai ragazzi da che parte girare, infilò la sua nella tasca dietro dei jeans di lui.
<< Accomodatevi pure lì, al tavolo >>.
I ragazzi si sedettero, ubbidienti, al grande tavolo ovale che occupava il centro del salone.
<< Hai cucinato tu, Barbi? >>urlò Steven un po' sarcastico dall'altro capo del tavolo.
<< Ma figurati, Steve! William non vi ha detto che non so neanche cucinare un uovo? Non mi fanno avvicinare alla cucina, i miei >>.
<< E allora? >>
<< Mi sono fatta preparare l'arrosto ieri, lo devo solo scaldare >>.
Un sospiro di sollievo si allargò fra i ragazzi, che avevano temuto di non mangiare, mentre William, in piedi accanto a Barbi, sorrideva come un ebete.
<< Io vengo ad aiutarti di là, dolcezza. Non si sa mai, magari non sei capace nemmeno di scaldarlo... >>disse ironico.
<< Dici? Non so scaldare le cose, e con te come ho fatto? >>rispose lei senza perder tempo.
Gli altri applaudirono. << Sei forte, Barbi! Stendilo! >>
Lei rise per un attimo, poi si voltò e andò in cucina, seguita a razzo da William.
Non fece nemmeno in tempo ad accendere il forno, che lui era già dietro di lei, con le mani sui suoi fianchi, e la baciava sul collo spostando i capelli ricci.
<< Dai! Dobbiamo dare da mangiare a quei quattro, non c'è tempo per queste cose! >>sibilò lei ridendo.
<< Dai! >>ripeté lui facendole il verso. << Solo un bacetto o due... >>
Lei piegò la testa all'indietro, appoggiandola sulla sua spalla. << Non tentarmi, Will >>.
<< Va bene, non ti tento. Non così, almeno: lo farò con questo! >>rispose lui, estraendosi un sacchettino dalla tasca e mettendolo davanti agli occhi di Barbi.
<< Ma...di nuovo?! Basta con le sorprese, Will, non ne ho bisogno e lo sai! >>. si voltò senza nemmeno aver aperto il pacchetto e baciò il ragazzo con passione, legandogli le gambe intorno alla vita e lasciandosi appoggiare sul bancone di granito.
<< Aprilo, prima che mi vengano strane idee >>sussurrò William tra un bacio e l'altro.
 
Alla fine, l'arrosto riuscì a entrare in forno e, soprattutto, arrivò sulla tavola sano e salvo. I ragazzi se lo videro servito da un William felice come una pasqua e da una Barbi ancora più felice, con un braccialetto d'acciaio con ciondoli a forma di lettere che componevano la scritta “You're a Rocket Queen”, che loro non notarono. Mangiarono di gusto complimentandosi con la cuoca di quel ben di Dio, e dicendo che non avevano mai mangiato nulla di così buono. Poi Barbi servì la torta, che mangiò seduta sulle ginocchia di William, mentre Janet, che nel frattempo li aveva raggiunti, era seduta su quelle di Saul.
<< Comunque, c'è una cosa che non riesco ancora a capire >>esclamò Duff a metà di un discorso. << William innamorato cotto >>.
Barbi arrossì violentemente e chinò la testa. William cercò di cambiare discorso. << Io non sono così cotto, se mi paragoni a Saul >>replicò.
Gli altri, Janet compresa, scoppiarono a ridere.
<< Lui poi! Si vede chiaramente che Janet gli fa fare tutto quello che vuole! >>esclamò Jeff.
<< Non si può non fare quello che dice una donna così bella >>sentenziò Steven agitando la forchetta a mezz'aria.
Barbi le lanciò un'occhiata, di certo non la prima. Era innegabilmente bellissima: proveniva da una famiglia di ex coloni irlandesi, e suo padre aveva sposato una ragazza di colore, da questo derivavano la sua pelle perfetta color caffellatte e i suoi capelli ricci e scuri, quasi come quelli di Saul, ma dalle sue origini irlandesi derivavano due bellissimi occhi color azzurro ghiaccio che stregavano; in più era alta, e aveva un fisico perfetto. Barbi ogni volta che la guardava impallidiva, vedendo se stessa, bassina e magra, con poco seno, i capelli biondi che non stavano mai al loro posto e un insicurezza che l'attanagliava dal profondo dell'anima. William la vedeva impallidire, e ogni volta la stringeva più forte. Lui non  voleva nessuno che non fosse lei.
<< Che poi, dove l'avrà trovata Saul una così non lo sa nessuno! >>esclamò Duff. << Non abbiamo nemmeno capito quando ha cominciato a seguirla! >>
<< Ma non ho mica cominciato io, deficiente! >>protestò Saul. << E' stata lei >>.
Gli altri sgranarono gli occhi e spostarono lo sguardo da Saul a Janet. Lei annuì con un sorriso, come per rispondere alla loro domanda silenziosa.
<< E' così >>rispose semplicemente con la sua voce dolce.
Gli altri spalancarono gli occhi ancora di più, e alla fine lei dovette raccontar loro tutta la storia. Nei minimi dettagli, il che fece capire a tutti che le dovevano un paio di favori.
In pratica, aveva visto Saul la prima volta mentre si esibivano in un pub della zona, il June, dove lei serviva ai tavoli, e l'aveva attratta da subito. Però non se l'era sentita di pedinarlo o fare qualcosa di simile, così aveva semplicemente chiesto al proprietario del locale, che era suo amico e sul quale esercitava un certo ascendente, di chiamare i Guns N' Roses a suonare lì di nuovo. Non era un posto molto grande, ma almeno potevano essere visti. Così era andata avanti a farli chiamare a loro insaputa per un po' di tempo. Finché una sera aveva fatto chiamare solo lui.
Saul, che quella sera non doveva suonare con i ragazzi, aveva onorato la chiamata un po' perplesso, portandosi dietro la sua chitarra. Ma Janet non era interessata a quella, e quando lui era andato nello stanzino sul retro che di solito era riservato a lui e agli altri quando suonavano lì, ci aveva trovato lei. Seduta a gambe incrociate, con i pantaloni di pelle e una maglietta argentata senza spalline che risaltavano la sua carnagione scura, lo fissava con un mezzo sorriso dalla penombra.
<< Ciao, Saul >>gli aveva detto con voce sexy.
<< Ciao >>aveva risposto lui sorpreso. Non era da lui tirarsi indietro davanti a una donna, ma di solito loro non sapevano il suo nome prima che si presentasse.
<< Lo sai perché sei qui? >>aveva chiesto lei.
<< Sinceramente no >>.
<< E vuoi che te lo dica? >>
<< Se lo sai >>. Il sorrisetto malizioso, stavolta l'aveva fatto anche lui.
Lei gli aveva raccontato tutto.
E poi, era finita come le altre volte. In un letto al piano di sopra. Ma stavolta lui era assurdamente lucido e assolutamente convinto di quello che faceva.
<< Ma davvero? >>commentò Duff. << Cioè, significa che...anche noi ti dobbiamo qualcosa? >> aggiunse poi con tono lascivo.
<< Quel genere di ricompensa lasciatelo perdere! >>esclamò Saul mentre gli altri scoppiavano a ridere.
<< Lasciate stare, ragazzi, mi accontento se mi lasciate Saul di tanto in tanto >>.
<< Sicuro, zucchero >>sorrise Steven. << Noi non ce ne facciamo niente di quel capellone >>.
A questo punto William scostò i capelli di Barbi dal suo collo e le sussurrò nell'orecchio qualcosa. Lei rise dolcemente reclinando il capo all'indietro e si alzò, mentre lui la imitava.
<< Io e Barbi ce ne andiamo di sopra >>fece lui con naturalezza. << Non so voi, ma io sbavo solo a guardarla >>.
Lei diventò rossa e cominciò ad arrotolarsi i capelli attorno a un dito visibilmente a disagio.
<< Fate con comodo. Si può fumare qui? >>chiese Duff.
<< Sì, basta che non lasciate in giro niente >>disse Barbi, contenta del fatto che non avesse infierito sull'argomento sesso.
<< Tranquilla, bellezza. Con tutti gli spinelli che ci facciamo senza farci beccare da Bill! >>rispose Jeff schiacciando l'occhio a Duff.
<< Che bastardi >>commentò William con un sorrisetto. << A forza di fumarvi il cervello non vi trovate mai una donna che sia una! >>
<< Sarai tu il bastardo! >>gli urlò Duff cercando di centrarlo con un tovagliolo mentre l'altro saliva le scale fra le risa degli altri.
Prima di chiudere la porta dietro di loro, William e Barbi sentirono Saul che gridava un << Ha ragione, dovreste finirla di farvi le canne e poi farvi ragazze a caso! >>, e un << Guarda che anche tu e lui lo facevate fino a poco fa, cazzone! >>di risposta.
 
<< Finalmente io e te da soli. Non sopportavo più quei quattro coglioni >>disse William spingendo Barbi contro la porta e premendo le sue labbra su quelle di lei, mentre le sue mani esperte le slacciavano i primi bottoni della camicetta.
<< Siete veramente comici insieme, mi fate ricordare perché sono tornata a Hellhouse dopo la prima volta >>.
<< Ma pensavo che fossi tornata per me! >>
Lei rise e si divincolò dal suo abbraccio, precipitandosi sul letto, dove strisciò invitandolo con lo sguardo.
Quando lui si buttò sopra di lei, però, sentirono il campanello al piano di sotto.
Non ci fu nemmeno il tempo di capire cosa succedesse. Barbi sbatté William giù dal letto facendolo quasi ammazzare e poi lo scavalcò per raggiungere la porta. Si infilò due scarpe, una delle quali non era sua, e corse al piano di sotto senza nemmeno allacciarsi la camicia.
<< Tu non ti muovere da lì! >>urlò al ragazzo mentre usciva come un fulmine.
Gli altri, intanto, si erano alzati e si erano nascosti in cucina, chiudendo la porta.
<< Fate silenzio >>intimò Barbi infilando la testa nella stanza. << Ci metterò poco, spero >>.
Si allontanò e si precipitò alla porta, chiedendosi chi diavolo fosse a quell'ora del giorno di Natale.
Ovviamente, il suo livello di sorpresa raggiunse le stelle quando vide che era Scott.
<< Buongiorno, Barbi >>le disse lui con un sorriso smielato porgendole un mazzo di fiori.
<< Buongiorno, Scott >>rispose lei balbettando e guardandosi i piedi, che vide infilati in due scarpe totalmente diverse. << Grazie dei fiori >>. Sollevò di nuovo lo sguardo prima che anche lui le notasse.
<< Ehm... che ci fai qui? >>buttò lì.
<< Secondo te? Sono qui per farti gli auguri! >>
<< Ah >>rispose lei, guardando altrove.
<< Che c'è? Ah, scusa, il tuo regalo! >>
<< C'è anche un regalo?! >>esclamò lei quasi seccata. << Ah, ops, non dovevi disturbarti >>si affrettò ad aggiungere.
Lui la guardò un po' stupito e le diede un pacchetto.
Lei lo prese, ma non lo aprì. Si voltò e lo appoggiò con i fiori su un cassettone lì accanto. << Grazie mille. Auguri anche a te >>.
<< Ma non lo apri? >>
<< E' che...ho in programma di aprire tutto da un'amica stasera! >>si affrettò ad inventare lei.
<< Ah. Quindi adesso che fai? >>
<< Niente, mi stavo preparando per andare dalla mia amica >>. Gli rivolse il sorriso più dolce e convincente che riuscisse a fare, sperando che lo invitasse a sparire.
<< Sei strana oggi...qualcosa non va? E cos'è quest'odore, fumo? >>chiese lui annusando l'aria.
<< NO! >>strillò lei. << Ehm, mi è bruciato l'arrosto prima. Ti va di uscire? Forse è meglio >>. Strisciò fuori e chiuse la porta dietro di sé, sempre sorridendogli. Cominciò a girare per il giardino, con lui dietro, mentre William e gli altri li osservavano dalle finestre. I ragazzi, in cucina, avevano il fiato sospeso, il rosso, di sopra, ribolliva di rabbia. Avrebbe voluto andare giù e picchiare quel tipo che non sapeva chi fosse. Non sopportava di vedere la sua Barbi camminare al suo fianco, con quel sorriso che lui sapeva essere finto, e che la faceva solo soffrire, continuando a scavare quella voragine che si spalancava sempre di più dentro di lei, quella voragine che solo lui sapeva colmare e della quale tutto il resto del mondo ignorava l'esistenza. Voleva dire a quel cretino che quella era la sua ragazza, e lui non la doveva toccare.
Si avvicinò un paio di volte alla porta, indeciso sul da farsi. Poi ci ripensò e si sdraiò sul letto.
Se lui fosse intervenuto, non avrebbe più potuto rivederla.
Alzò gli occhi al soffitto, sospirando. Sarebbe rimasto lì ad aspettarla, non c'era altro da fare. Sapeva che lui e Barbi non avrebbero mai potuto amarsi alla luce del sole, per quanto si amassero. Ma mai gli era stato così chiaro come in quel momento.

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Capitolo 9
*** I'll be here standing until the bitter end. ***


Sorriso radioso, espressione dolce. Se solo lui avesse fatto più attenzione, si sarebbe accorto che non passava agli occhi, però. Quelli restavano di un blu incorruttibile, intaccato. Come una lastra di vetro, piatti e inespressivi. Forse, solo in fondo, vi si poteva leggere una nota d'odio, straordinariamente ben camuffata.
<< Beh, io direi che devo andare >>.
<< Di già? >>chiese Scott con disappunto.
<< Sì, la mia amica mi aspetta, stasera >>confermò lei dirigendosi verso la porta. Sapeva che i ragazzi erano usciti dal retro, circa mezz'ora prima. E temeva che anche Will fosse andato con loro.
Lui la seguì fino alla porta. Non voleva che se ne andasse: non sapeva se per dovere verso ciò che gli avevano imposto i suoi genitori e quelli di lei o se perché ne era preso realmente, ma era attratto da quella strana ragazza.
<< Mi dispiace che tu debba andartene. Se avessi saputo prima che eri qui da sola... >>
<< No, tranquillo >>lo interruppe lei. << C'era la domestica, a farmi compagnia >>.
<< Sì, ma... >>
<< Mi ha fatto compagnia, tranquillo >>. Sorriso di circostanza, l'ennesimo.
Lui sorrise a suo volta, un sorriso un po' tonto. << Avrei voluto essere al suo posto >>.
Lei indietreggiò impercettibilmente in maniera istintiva e aprì la porta dietro si sè, mentre lui si piegava verso il suo viso, probabilmente per baciarla.
Strizzò gli occhi. "Lo puoi sopportare, Barbi, hai sopportato di peggio".
<< No, non...non posso >>mormorò con la voce un po' incrinata ma ferma, mettendogli una mano davanti alle labbra.
Lui guardò con espressione interrogativa.
<< Sono in ritardo >>si giustificò recuperando il sorriso finto. Poi si voltò ed entrò in casa, chiudendo la porta alle sue spalle e lasciandolo lì a chiedersi cosa avesse sbagliato.
Non appena la porta fu chiusa a doppia mandata alle sue spalle e lei fu sicura che lui non sentisse, si accasciò per terra con le ginocchia al petto e appoggiò la testa all'indietro sul legno spesso della porta. Sospirò un paio di volte.
Qualcosa di caldo e graffiante le scese lungo la guancia, che si toccò con le dita. Una lacrima.
Stava piangendo di nuovo, senza nemmeno volerlo. Si odiava per questo.
 
William sentì un rumore provenire dalla porta alla sua sinistra, e voltò la testa per vedere di cosa si trattasse. La vide entrare a testa bassa, silenziosa, strascicando i piedi, con due scarpe una diversa dall'altra in mano.
Si mise seduto sul letto. Odiava vederla così.
<< Barbi? >>. Quasi non la riconosceva.
Lei non rispose. Procedette col passo deciso verso il letto, dove salì e si mise in ginocchio. Si slacciò la camicetta e se la sfilò, poi la buttò da parte.
Lui la guardava spogliarsi senza riuscire a muovere un muscolo. Non era lei: sembrava sotto l'effetto di un droga. Non era la sua Barbi.
<< Barbi? >>ripeté.
<< Riprendiamo dal punto in cui eravamo, Will >>. Gli sorrise, cercando di convincerlo, ma con la consapevolezza che non sarebbe riuscita. Lui era troppo diverso dalle persone che conosceva per lasciarsi fregare.
Lui la scrutò. Lo stava facendo anche con lui, adesso. Quel sorriso finto, lo stava usando di nuovo. Quando sapeva che con lui non era obbligata a fingere.
Vedeva i segni lasciati dalle lacrime sulle sue guance, gli occhi arrossati. Credeva davvero di ingannarlo così?
E nonostante tutto, William sapeva di non poterla fermare. Era la sua scelta, quella di allontanarsi. E lui non poteva impedirglielo.
Non era la sua Barbi. Era la Barbi che tutti conoscevano, non quella vera.
Lei gli afferrò le spalle e premette le labbra sulle sue. Non disse una parola. Sapeva che lui non poteva resistergli, non aspettava altro.
 
Mentre erano abbracciati, pelle contro pelle, e lui era dentro di lei, William capiva che c'era qualcosa di sbagliato. Era come suonare un pianoforte scordato. Le emozioni che gli arrivavano erano solo frustrazione, rabbia e tristezza. E non riusciva seguirla, nel posto in cui stava andando. Qualcosa in lei aveva una vibrazione sbagliata, quel giorno. E lui non poteva sentirla così. Non era la sua Barbi.
Alzò lo sguardo e cercò i suoi occhi. Non li trovò. Erano coperti dai suoi capelli biondi e spettinati.
Allungò la mano per scostarli, ma vide qualcosa che lei sperava di nascondere. Non lo guardava in viso, come faceva sempre, per paura che lui vedesse che piangeva.
Lui le passò le braccia intorno alle spalle e la strinse forte, mentre il loro movimento si sincronizzava.
La accarezzò dolcemente, e baciò le sue palpebre umide. << Non piangere, Barbi >>.
Lei, per tutta risposta, smise di fingere e cominciò a singhiozzare sempre più forte.
<< Ci sono qui io, tesoro. Sarò qui fino alla fine >>le sussurrò William mentre la cullava tra le lenzuola di seta.
 
Quando aprì gli occhi, Barbi si trovò ancora legata nell'abbraccio del rosso. Guardò il viso sereno di lui mentre dormiva e sorrise, dal profondo del cuore. Poi lo strinse di nuovo e appoggiò la testa al suo petto.
<< Buon Natale, ragazza >>disse lui senza aprire gli occhi.
<< Eri sveglio, allora >>.
<< Già. Come stai? >>
<< Meglio. Grazie >>. Sorrise di nuovo, baciandolo sulla guancia. L'unica persona al mondo con cui non poteva fingere era lì accanto a lei. << Buon Natale anche a te, Will >>.
 



Capitolo un po'  breve, ma (spero) intenso. Ho cercato di sottolineare un po' la differenza tra la Barbi "di Will" e la Barbi che tutti conoscono. Spero di esserci riuscita.
Tutte le novità e quello che anticiperà i capitoli futuri (almeno in parte) sarà nel prossimo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se c'è qualcosa che non va.
Un bacio :)
Lucy :**

P.S. Grazie mille a Flaviana che continua ad approvare la mia ff. Ti voglio vedere con la maglietta con scritto "I'm a Rocket Queen" ;)

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Capitolo 10
*** I'm a sexual innuendo. ***


Non poteva resistere e lo sapeva. Il viso di William, nella tiepida luce della sera, era così perfetto da non sembrare umano. Sentiva il bisogno di imprimersi quell'immagine nella mente in modo così impellente da star male se non l'avesse fatto.
Si alzò piano per non svegliarlo e scivolò fuori dal grande letto. Si infilò la maglia dei Clash che aveva abbandonato sulla sedia quella mattina e un paio di slip e prese a rovistare in un cassetto della scrivania. Tirò fuori tutto fino ad arrivare al doppio fondo abilmente celato dive nascondeva il blocco di fogli e le matite, prese tutto e si accovacciò sulla scrivania.
Sperò ardentemente che lui non fosse sveglio o che non si svegliasse mentre lo disegnava.

<< Buongiorno, dolcezza >>.
Le braccia di William le cinsero i fianchi da dietro, mentre lei stava armeggiando ai fornelli.
<< Buongiorno >>. Barbi sorrise istintivamente e si voltò per accettare il bacio che sapeva sarebbe arrivato.
<< Che cucini di buono? >>
<< Metto su un caffè, di più non posso fare >>rise lei.
<< E questo si sa >>. Le baciò il collo cercando di distrarla, e lei cercò di scrollarlo via.
<< Vai a sederti! >>gli ordinò.
<< Solo se mi spieghi una cosa... >>
<< Cosa? >>
<< Perché stamattina ti ho trovata che dormivi sulla scrivania >>. William sorrideva ironico, segno che probabilmente sapeva già il motivo.
Barbi impallidì e sgranò gli occhi. Deglutì.
<< E'...difficile da spiegare >>tagliò corto senza voltarsi. Era imbarazzatissima.
<< Non per farmi i fatti tuoi, ma ho visto i disegni >>continuò lui, sempre sorridente.
Lei aspettava il verdetto finale stringendo nervosamente una presina.
<< ...e sono bellissimi >>.
<< Che?! >>. Si voltò a guardarlo esterrefatta.
<< Sono bellissimi. Davvero >>. Allargò il sorriso, come a conferma di ciò che aveva appena detto.
Sorrise anche lei. << Sul serio? >>
<< Sì. Perché non fai una scuola d'arte? >>
Barbi abbassò subito lo sguardo.
Già, una scuola d'arte. Lei aveva sempre voluto frequentarne una, ma sapeva che non era fattibile. Suo padre la voleva avvocato, da sempre. E sua madre non aveva nessuna aspirazione particolare per la figlia tale da fargli cambiare idea. E lei, fin da bambina, non aveva mai osato dire ai genitori di questa sua passione, o opporsi al loro volere. Aveva cominciato a dipingersi sul volto quel falso sorriso, e a rispondere “Mi piacerebbe diventare avvocato” a chi le chiedeva cosa volesse fare da grande.
E lui la capiva. Era proprio contro quello che si aspettavano da lui che si era ribellato per tutta la vita. Erano uguali, solo che avevano modi diversi di affrontare la questione.
<< Ehi, baby. Stai tranquilla >>disse abbracciandola.
Dopo una attimo, lei ricambiò il suo abbraccio.
<< Stavo pensando di farmi aiutare da te a creare un logo per la band >>propose lui.

 

<< Sei sveglia, Barbi? >>
Barbi si voltò verso di lui sbadigliando. << E' già ora di andare? >>
<< Eh sì. Jeff è già passato a rompere le palle un paio di volte e gli altri stanno già scassando la minchia di là. Sono le sette e mezza, e anche se non abbiamo dormito molto stanotte, adesso dobbiamo andare: io e gli altri dobbiamo lavorare e tu hai quello sfigato che ti porta all'aeroporto a prendere i tuoi >>.
Barbi rise. Quando si fermava da William la notte, le risultava sempre divertentissimo vedere Jeff che si alzava al mattino prima di loro e poi andava a chiamarli, litigando puntualmente con William perché lui non voleva alzarsi. E poi, condivideva pienamente il nomignolo che William aveva affibbiato a Scott: gli stava a pennello, anche se William non lo conosceva.
<< E va bene >>disse strascicando la voce e allungandosi per baciarlo su una tempia, per poi scavalcarlo e scendere dal letto.
Lui la seguì e le disse di andare in bagno per prima mentre lui preparava la colazione. << E se c'è dentro Jeff, sbattilo fuori >>.
Lei rise e si avviò con indosso solo una maglietta larghissima e i vestiti in mano.
William uscì dalla camera e si infilò nel cucinino, dove trovò gli altri quattro ragazzi seduti al tavolo.
<< Ehi, Bill! >>lo salutò Duff agitando la bottiglia di birra che aveva in mano. << Ti sei divertito stanotte, eh? >>
<< Sì, infatti >>rispose il rosso sarcasticamente, prendendo una scatola di biscotti dall'armadio.
<< Certo che vedere tutte le tue grazie già di prima mattina è un po' traumatico >>commentò Saul fulminando con lo sguardo il ragazzo, che indossava solo un paio di boxer.
<< Non sei mica obbligato a guardarmi, cretino. E poi, nessuno si è mai lamentato delle mie grazie finora >>.
<< Grazie al cazzo, quella di là te la scopi, lo credo che non si lamenta >>.
<< Vuoi prenderle già di mattina, Hudson? >>
<< Ehi, fermi! >>esclamò Jeff interrompendo gli altri due. << E tu, Steven, piantala di berti il latte scaduto >>.
<< Ah, ecco chi l'aveva finito >>commentò William, che stava scrutando l'interno del frigo.
<< Barbi! >>esclamò Steven sorridendo.
<< Ciao ragazzi >>salutò lei andando a sedersi su uno sgabello accanto a Steven. << Che ci fate svegli? >>
<< Beh. Con il casino che fate è impossibile dormire. Così abbiamo deciso di decidere dove andare all'ultimo dell'anno >>spiegò Duff accendendosi una sigaretta. << Cosa che potremmo fare, se il tuo ragazzo qui non fosse il solito frocio egocentrico >>.
Barbi arrossì. Sì, forse aveva urlato un po' troppo quella notte.
<< Parla per te, McKagan >>rispose l'altro sedendosi sul bancone. << Che non sono frocio lo capite pure da soli, l'hai appena detto. E la prossima volta andiamo in albergo >>.
Sicuramente, non li sopportava più. Cioè, voleva molto bene ai ragazzi, ma non si era ancora abituato ad averceli tutti lì in casa ventiquattro ore su ventiquattro. Solo che non avevano soldi e da poco meno di un mese a quella parte, si erano riuniti tutti nell'appartamento sopra Hellhouse. Né Willam né Barbi si erano ancora abituati alla loro presenza costante, specialmente al mattino.
<< Ah, Barbi, ti accompagno io a casa >>aggiunse il rosso indicandola con un cucchiaino.
<< Va bene >>.
<< E, a proposito dell'ultimo dell'anno...devo proprio andare a quella festa? >>
<< Che festa? >>saltò su Steven, sperando di trovare una nuova occasione per rimorchiare.
<< Ah, niente di importante, Steve. Sono quelle cose orribili progettate da mia madre. E, Will, ci devo proprio andare. Anzi, ieri mi hanno chiamato dicendo che dovranno mettere fuori dei volantini per cercare personale, non ne hanno abbastanza >>spiegò Barbi passandosi una mano tra i capelli tra un sorso e l'altro del caffè che le aveva preparato Jeff. << Jeff, ma che cosa hai messo nel caffè? Ha un sapore strano... >>
In tre si girarono a fulminare il ragazzo con lo sguardo: William, Steven e Duff.
<< Ti giuro che se ci hai messo la coca che ho comprato ieri ti ammazzo, Isbell >>lo minacciò William.
<< E io ti aiuto >>approvò Duff stringendo il collo della bottiglia vuota con una mano e sbattendola sempre più forte sul palmo dell'altra mano.
<< Solo un cucchiaino, ragazzi... >>si giustificò Jeff brandendo un coltello. << E poi, siete voi gli sfigati: non potete lasciarmela in giro così, la roba! Se passasse qualcuno, ci infilerebbero tutti in prigione! >>
<< E io infatti non la lascio in giro! La metto nel barattolo dello zucchero, scemo >>precisò William.
<< Certo, cretino. E lo zucchero dove lo metti allora?! >>
<< Fanculo, Isbell. Sai che quello è un problema tuo >>.
<< Ma vaffanculo tu! Quando non sai più cosa dire è colpa mia. E voi finitela di fissarmi così, siamo tutti fatti alla stessa maniera: un errore me lo potreste perdonare! >>
Gli altri alzarono gli occhi al cielo. Sì, lo potevano anche perdonare. In fondo, lì in casa faceva tutto lui, era normale che fosse un po' partito.

<< Ciao, tesoro! >>esclamò Vivianne, abbracciando la figlia. Un abbraccio pomposo, il suo; composto, con niente di vero; solo attento alle apparenze.
<< Ciao, mamma >>rispose la figlia con un sorriso. Ovviamente finto come pochi. << Ciao, papà. Com'è andata la vacanza? >>
Il signor Von Grief non abbracciò la figlia, si limitò a metterle una mano su una spalla con l'atteggiamento di chi vuole avere tutto sotto controllo. Poi strinse la mano a Scott, che aspettava in disparte osservando la scena.
<< Com'è andata qui a casa? >>chiese al ragazzo senza rispondere alla figlia.
<< Bene, signor Von Grief. Io e Barbi abbiamo passato insieme il giorno di Natale >>.
<< Ah, sì? >>si intromise Vivianne guardando Barbi, come sempre pettegola e interessata a questi affari.
<< Già >>disse lei abbassando lo sguardo.
<< Oh, che bello. Allora sarete felici di passare assieme anche l'ultimo dell'anno! >>
Barbi inorridì. << Ci sono anche loro? >>chiese cercando di mascherare lo scontento crescente. Poteva sopportare un party noioso mentre il suo ragazzo si dava alla pazza gioia senza di lei, poteva sopportare le domande dei parenti e degli amici di famiglia, ma non poteva sopportare una cosa: Scott appiccicato addosso tutta la sera.
<< Sì, cara. Dovevano partire, ma ieri mi hanno fatto sapere che hanno cambiato idea, e patiranno più avanti. Contenta della sorpresa? >>
“Certo. Contentissima. Mai stata più felice di vedermi un bellimbusto edulcorato in giro per casa sia l'ultima che la prima notte dell'anno”commentò sarcasticamente dentro di sé la ragazza.

<< Ehi, figli di puttana, io ho un'idea! >>esclamò William entrando in casa seguito da Jeff.
Duff era stravaccato sul divano con il basso appoggiato sulle ginocchia e una birra in mano, e Steven era sdraiato per terra, probabilmente troppo fatto per rispondere. Li squadrarono con sguardo assente.
<< Bill, te l'ho già detto: non si può fare, cazzo! Poi, guarda questi due, non puoi portarli in un posto simile >>affermò Jeff categorico.
<< Ma se loro cercano personale...basta che si diano una ripulita! >>
<< Come se fosse facile! Dai, Bill, ne abbiamo già parlato. E quando Saul arriverà dal lavoro sarà anche più conciato, vedrai >>.
Gli altri due ora li guardavano più interessati, chiedendosi di cosa stessero parlando.
<< Se vi dicessi che ho trovato un lavoro per noi cinque? >>chiese William sorridendo. Quando ci si metteva era la persona più testarda della terra.
Jeff si sbatté il palmo della mano sulla fronte, scuotendo la testa con fare rassegnato. << Io non ci sto >>disse sparendo nel bagno.
William lo mandò a quel paese, per il momento. Tanto alla fine anche lui avrebbe fatto quello che voleva il rosso, sapeva come convincerlo.
<< Parla, Rose >>disse Duff appoggiando il basso sul divano sfasciato accanto a sé.
<< Calmo, Michael >>. William fece segno con le mani di andare piano, e Duff sbuffò, riappoggiandosi allo schienale sbrindellato. Non lo chiamavano Michael dalle medie, se non di più.
<< Vi avverto che dovrete lavorare all'ultimo, però >>annunciò.
Steven alzò leggermente la testa e aprì gli occhi per fissarlo. << Cosa?! >>
<< Ehi, Adler, datti una calmata anche tu! Non ci vuole molto, cazzo. È veramente semplice, e poi si tratta di servire a una festa: troverai una ragazza che potrai farti anche lì, e con ogni probabilità sarà una dei quartieri alti >>.
<< Già mi piace di più >>rispose Steven sdraiandosi di nuovo. Non aveva capito, probabilmente.
<< Quartieri alti?! >>esclamò invece Duff balzando in piedi, inciampando e quasi cadendo su Steven, che si alzò a sua volta imprecando.
<< Ah-ah >>. Sorriso sornione, sguardo perso, fiero di sé. Li aveva incuriositi, un punto a suo favore.
<< Ehi, Rose, non scherzare! Hai detto proprio così, “quartieri alti”, dove cazzo ci vuoi portare? >>. Si precipitò verso di lui e lo prese per le spalle, iniziando a scuoterlo.
William lo spinse via. << Hai presente la festa di Barbi? Ecco, andiamo a servire lì >>.
<< Bailey sei un coglione! Non sperare che io venga! >>. Un urlo dal bagno li fece spaventare.
<< E non venire, sfigato. Stai qui a sperare che qualcuno ti faccia compagnia. Quel qualcuno non saremo né io né loro >>ribatté William accendendosi una sigaretta.
<< No, un minuto >>lo interruppe Duff. << Ci terrei a precisare che, guardando come siamo ridotti, non ci prenderanno mai. Ma hai visto quella casa? >>
<< Ogni stanza >>replicò l'altro con aria maliziosa.
Duff alzò gli occhi al cielo. << Va bene. Posso essere fatto quanto vuoi, ma non cercare di comprare il mio consenso con questi giri di parole >>.
Steven, seduto per terra, si grattò la testa. << Il problema non è quello. Quanto ci pagano? >>
William fece un salto e si precipitò ad abbracciare il batterista. << Tu sì che sei intelligente, Adler! Mica come lo spilungone e quel cretino di là! Il punto è quello: seicento dollari a testa, per una serata. Senza contare l'alcool che possiamo portare via senza che ci vedano e tutte le ragazze frustrate e pronte a una sveltina che ci saranno a disposizione >>.
Steven se lo levò di dosso con un movimento rapido e si voltò a guardare Duff, come a dirgli “Sei pazzo?”. << Io ci sto, McKagan. Tu fai quello che vuoi >>.
Duff alzò gli occhi al cielo, prendendo una sigaretta dal pacchetto sul tavolino. << Va bene. Per qualche soldo, verrò anche io >>sospirò.
Dopo aver sentito la frase, Jeff, ancora bagnato, scapicollò nella stanza con una salvietta legata intorno ai fianchi che teneva ferma con una mano. << Vuoi dire che ci state? Ma sul serio assecondate Billie?? >>
William si piegò un po', in modo da appoggiare il gomito sul bordo del divano e il mento nel palmo della mano. Poi alzò lo sguardo da sotto la visiera della coppola e lo puntò sfacciatamente in faccia a Jeff, con un sorriso compiaciuto stampato sulle labbra. Non ci fu nemmeno bisogno di dire a Jeff di non chiamarlo Billie, tanto aveva vinto lui.
<< Che farai, Jeffrey? >>

***

Il giorno dopo, domenica 29 dicembre 1985, cinque capelloni tirati a lucido per quanto potevano si presentarono davanti a casa Von Grief, pur essendo a conoscenza della disapprovazione che il signor Von Grief provava nei confronti della gente come loro. Non era molto chiaro come avessero convinto Saul a spuntarsi i capelli, anche se di poco, né dove avessero trovato qualcosa di simile ad abiti quasi decenti. Indossavano camicie e niente pantaloni di pelle o jeans stracciati. E avevano tutti i capelli legati.
William, alla testa del gruppo, si avviò per il vialetto con passo sicuro. << Niente volgarità, niente sigarette >>ammonì gli altri. << Isbell, anche tu >>.
Jeff sbuffò e lanciò lontano la sigaretta a metà. Niente lo scocciava di più del dover piantare a metà una sigaretta: forse solo piantare a metà una canna.
<< E suona quel cazzo di campanello, che io poi ho da fare >>si lagnò Saul sistemandosi la camicia.
William suonò il citofono.
<< Sì? >>rispose la domestica, Jeanne.
<< Sono... John Wood. Sono di un'impresa di camerieri. Io e i miei ragazzi abbiamo sentito dire che cercate qualcuno per servire ad un party, volevamo vedere un po' di cosa avete bisogno >>sparò il ragazzo su due piedi.
Jeff ridacchiò. John Wood. Pareva quasi vero. William era ancora bravo a mentire come una volta, come quando al liceo a lui trovavano addosso l'erba e il suo compare si inventava qualcosa per dargli il tempo di scappare. O quando li beccavano a marinare le lezioni in giro per Lafayette. Era sempre lo stesso.
<< Ok, venite. Vi chiamo la signora >>annunciò un po' sorpresa la donna aprendo il cancelletto.
<< Bene, la prima parte è andata >>si complimentò Duff.
Entrarono fingendo di non conoscere il posto e si piazzarono davanti alla porta.
<< Barbi, apri tu >>disse una voce di donna dall'interno.
<< Vado >>rispose la voce di una ragazza che i cinque conoscevano anche fin troppo bene.
<< Buongior... >>. Si interruppe vedendo chi erano “gli addetti dell'impresa di camerieri” e sgranò gli occhi.
<< Buongiorno signorina >>esclamò William facendole l'occhiolino. << Ci fa accomodare? >>
<< Con...con piacere >>replicò lei riuscendo finalmente a recuperare un'espressione presentabile.
Si voltò e li guidò nel salotto, dove sua madre stava organizzando gli ultimi inviti. Vivianne alzò lo sguardo dalla busta che stava sigillando, mostrando un viso maturo ma attraente e gli stessi occhi di Barbi. << Oh, buongiorno >>disse un po' sorpresa per l'aspetto dei suoi possibili dipendenti. << Accomodatevi pure >>aggiunse indicando il divano e la poltrona lì di fronte. << Barbi, tu puoi anche andare >>.
Barbi reclinò leggermente il capo e sparì oltre la soglia.
<< Bene >>cominciò la signora Von Grief. << Sapete già più o meno cosa dovrete fare? >>
<< No >>rispose Saul.
<< Sì! >>esclamò William pestandogli un piede.
Il riccio si morse la lingua per non insultarlo.
<< Allora è tutto ok per voi, prezzo, carico di lavoro...? >>
<< Tutto perfetto >>confermò lui.
<< Non mi sembra vero aver trovato qualcuno subito: abbiamo messo l'annuncio all'ultimo minuto, e sono già tutti occupati >>commentò felice la donna. << Forse...dovremo darvi dei vestiti >> azzardò poi guardandoli da capo a piedi. Il suo sguardo si fermò sul biondo ossigenato dalle gambe incredibilmente lunghe che quasi non ci stava sul divano. Lui le ammiccò e strizzò l'occhio e lei ebbe un sussulto. Li avrebbe presi di sicuro.
<< Vivienne, ma chi è? >>. Una voce burbera arrivò dal corridoio, seguita dalla figura corpulenta del marito della donna. Appena arrivato nel salottino, fissò con disprezzo i cinque arrivati.
<< E chi diavolo sono questi hippies? >>chiese con tono non propriamente gentile.
<< Quelli che hanno risposto all'annuncio >>rispose lei sorridendo.
<< Mandali via. Non ce li voglio in casa >>. Detto questo, l'uomo girò i tacchi e sparì di nuovo in corridoio.
<< Un momento solo >>si scusò la signora Von Grief alzandosi e seguendolo.
I ragazzi li sentirono confabulare, senza capire esattamente cosa dicessero.
<< Ho capito da chi ha ereditato il temperamento >>commentò Duff ammiccando a William.
<< Non provare a scoparti la madre della mia ragazza >>ringhiò il rosso. << E mantieni un po' di serietà >>.
<< Se lui se la scopa, noi siamo dentro >>ribatté Jeff, calcolatore come sempre. << E siamo anche fin troppo lucidi stamattina >>.
Non fece quasi in tempo a finire di parlare che Vivianne era dentro la stanza. << Tutto a posto >> annunciò gentilmente. << Vi abbiamo presi. Se ci poteste fornire un recapito telefonico... >>
<< Sì, certo >>rispose prontamente “John”. << Mi scusi, non ho biglietti da visita con me: mi potrebbe dare un foglio e una penna? >>
<< Sì, vada di là e chieda a Jeanne. Jeanne! >>
I ragazzi si alzarono e Jeanne comparve prontamente alla porta. << Seguitemi >>.
Li lasciò soli nel corridoio mentre William scarabocchiava il loro numero di casa su un foglietto chino sul cassettone. Non appena se ne fu andata, Barbi comparve al loro fianco.
<< William! >>sibilò.
<< Sì, dolcezza? >>rispose lui senza alzare lo sguardo.
<< Ma cosa ti è venuto in mente? >>
<< Ce lo chiediamo tutti cosa ronza nella testa di 'sto rosso, bellezza >>commentò acidamente Saul.
<< Vengo a farti compagnia all'ultimo, bella. E tu vieni stanotte, mi trovi dietro l'angolo ad aspettarti >>disse William con distacco porgendole il foglietto. << Questo è per tua madre, adesso sono vostro dipendente >>. Sorrise e si voltò. << Ci accompagna alla porta, miss? >>
<< Con piacere >>rispose lei meccanicamente. Aprì loro la porta e li congedò sorridendo.
Quando stava per chiuderla, William, sicuro di non essere visto, le rubò un bacio. << A stasera, Rocket Queen >>.




Questo capitolo ero indecisa se postarlo così o andare avanti un po'. Ma alla fine se fossi andata avanti chissà quando l'avrei postato, così ho deciso di metterlo com'era.
Qui ci ho messo più parti comiche, ho anticipato (un po') quello che succederà nel prossimo capitolo, e ho scoperto un altri risvolti della personalità di Barbi.

Ah, già. Il titolo del capitolo. E' preso come gli altri dal testo di
Rocket Queen, ma, mentre tutti gli altri sono generalmente riferiti a William o Barbi, ho deciso di riferirlo a Duff, facendo partiolare attenzione allo sguardo che rivolge a Vivianne.

Bene. Buona lettura e grazie a chi mi segue.
E soprattutto grazie a Axl Rose che ha scritto questa canzone magnifica ma l'ha lasciata un po' in sospeso, dandomi così la possibilità di scriverci sopra ;)

Baci (e buona notte)
Lucy :**

 

 

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Capitolo 11
*** Don't ever leave me. ***


Il concerto era stato fantastico. Il June non era grandissimo, ma un buon esito valeva anche se era stato ottenuto lì.
William si rivestì e raccattò le sue cose nello stanzino che riservavano ai Guns N' Roses quando suonavano lì. Sorrise fra sé e sé: solo una cosa gli piaceva di più dei concerti, i dopo-concerti. E aveva già prenotato una stanza lì sopra.
Quando comparve nel locale, gli altri erano seduti attorno a un tavolino e ridevano. Sicuramente, il caro vecchio Jeff aveva rollato qualche canna per tutti. Come le rollava lui non le rollava nessuno, e su questo non ci pioveva. Anche a Lafayette era sempre stato il migliore.
Barbi era seduta in mezzo agli altri, e chiacchierava con disinvoltura sorseggiando una birra.
William procedette a passo spedito verso di lei, le arrivò da dietro e le spostò i capelli piegandosi per baciarla sul collo, cogliendola di sorpresa. << Ehi, buonasera, bellezza >>commentò lascivo.
Lei si voltò e quasi gli rovesciò addosso la birra. Poi si illuminò nel vederlo. << Buonasera, signor Frontman >>.

Qualche minuto dopo, avevano già chiesto le chiavi della stanza e avevano salito le scale. La porta si era aperta senza opporre resistenza e loro non avevano nemmeno raggiunto il letto, schiantandosi contro una scrivania rosicchiata dai tarli.
<< Stasera è stato bellissimo >>commentò Barbi. << Voglio proprio vedere se sarai fantastico anche qui... >>. Gli sfilò la maglietta scoprendo il fisico pallido e scolpito e avvicinò le labbra alle sue.
<< Certo che lo sarò, hai ancora dubbi su di me? >>le sussurrò lui mordicchiandole il lobo dell'orecchio.
<< Niente dubbi, William >>. Gli fece correre le mani sulla schiena, mentre lui le slacciava il reggiseno con un mano sola. Anni di pratica senza dubbio, visto che a momenti non lo sapeva fare nemmeno lei.
Sentendo il legno della scrivania emettere uno schiocco sordo, Barbi guardò William perplessa, fermandosi per un attimo.
<< Mai sfondata una scrivania, Von Grief? >>chiese lui col suo sorriso malizioso.

Verso le cinque, William si alzò dal letto canticchiando qualche strofa di Somebody to Love. Barbi sorrise: non era affatto uguale alla versione originale, cantata dalla voce graffiante di William, ma altrettanto dolce sentita in quel momento.
<< Each morning I get up I die a little, can barely stand on my feet. Take a look in the mirror and cry, Lord what you're doing to me. I have spent all my years in believing you, but I just can't get no relief,   Lord! >>
William intanto si era infilato qualche vestito ed era strisciato di nuovo sul letto accanto a lei. La baciò sulla punta del naso.
<< Credo che all'ultimo al tuo sfigato dispiacerà vederti a letto con me >>sussurrò.
<< Questo lo credo anche io >>replicò lei con una risatina, poi si protese verso di lui per baciarlo.
<< Però adesso alzati. Non mi tentare a tornare a letto con te, perché sai che lo farei. Ma se non ti riporto a casa ora, non ti ci riporto più. E abbiamo una festa da organizzare >>. William ammiccò in direzione di Barbi mentre si legava la bandana in testa guardandosi allo specchio.
Lei sbuffò. << Lo sai che non ho proprio voglia? È già così tardi da dover andare subito, non c'è tempo per altro? >>
<< Io adesso ti riporto a casa. Non dirmi niente, che altrimenti ti salto addosso >>.
Alla fine, controvoglia, Barbi si alzò e si rivestì, raccolse le sue cose e saltò in macchina mentre William pagava, per l'ennesima volta, il conto dell'albergo. Nonostante lei insistesse ogni volta per pagare, visto che aveva sicuramente disponibilità economica più elevata, lui era irremovibile. “Va bene tutto, ma dovrà cadere il mondo prima che io mi faccia pagare il conto da una donna!”ripeteva sempre, facendola arrendere inesorabilmente.
Si misero in moto abbastanza velocemente, per gli standard dell'auto di Jeff. William premette l'acceleratore a tavoletta, e Barbi si aggrappò al sedile e si legò il più stretto possibile la cintura di sicurezza, che non era poi tanto sicura, come al solito.
<< Ma devi sempre guidare come se stessimo gareggiando?! >>chiese ridendo, per l'ennesima volta da quando saliva su quella macchina con lui al volante.
<< Non gareggerei con un catorcio simile >>replicò lui con un sorrisetto.
Però, nonostante rischiassero di schiantarsi su un muro o contro a un'altra macchina ogni volta che William guidava, riuscivano sempre ad arrivare in tempo, per qualsiasi cosa.
Il rosso parcheggiò a una decina di metri dalla casa di Barbi, per essere sicuro che non lo vedessero, e scese per aprirle la portiera.
<< Come mai così servizievole oggi, Will? >>
<< Devo allenarmi a fare il cameriere >>. Sorriso sfacciato, che fece quasi prendere un colpo alla ragazza, che si era quasi scordata del suo nuovo “lavoretto”.
<< Ti dovrai anche vestire elegante >>aggiunse sarcastica, pregustando il momento in cui lo avrebbe visto in smoking, e chiedendosi se sarebbe riuscita a non scoppiare a ridere.
<< Chiamami tu oggi per parlarmi delle prove degli abiti >>disse lui senza scomporsi. << Non ho mai sentito la tua voce al telefono >>.
<< Consideralo già fatto >>.

<< Allora...tira su...no, va bene, non tirare su niente. Certo che il tuo amico non poteva vere un'idea migliore? >>
<< Dillo a me! Vi avevo detto che la cazzata più grossa che ha sparato l'ha sparata volendo farci fare questo lavoro! E io non ci volevo venire >>. Jeff si alzò dal divano dov'era seduto con la sua chitarra in braccio e si chiuse nel bagno. << Mi faccio una doccia, con voi non ci vengo >>.
<< Jeff, cazzo. Non mi puoi abbandonare! >>urlò William uscendo dalla camera, dove stava provando almeno a rintracciare dei vestiti presentabili. << Già non sapevo dove dirgli di portarceli, quei vestiti. In questa topaia non li potevo fare entrare! E tu mi avevi detto che saresti venuto, io c'ero quando ti trovavano l'erba addosso! >>
<< Numero uno >>cominciò Jeff categorico mettendo la testa fuori dalla porta del bagno. << Se questo posto fa schifo, è colpa tua. Tua e degli altri tre coglioni che non fanno altro che scoparsi le spogliarelliste e le rimandano a casa senza nemmeno restituirgli le mutande. Numero due. Io non ci vengo, a ritirare i vestiti da sfigato. Mi farò andare bene quello che c'è, non voglio essere visto in giro con quei cosi in mano. Fine della questione >>.
Jeff richiuse la porta, lasciando l'altro a strepitare mentre attraversava l'appartamento a grandi falcate con Duff, ancora appoggiato al muro a bere birra, a fissarlo.
<< Non posso tirarmi indietro io, eh, Bill? >>
Non aspettò la risposta per dire che stava scherzando, perché sapeva che il rosso gli avrebbe tirato qualcosa.

Alla fine, i due si presentarono in perfetto orario al bar designato dalla signora Von Grief. Lei li attendeva seduta a un tavolo di marmo rotondo al centro della stanza ben illuminata, vestita in maniera impeccabile e truccata di tutto punto. Quando li vide arrivare, sorrise amabilmente e fece segno di accomodarsi.
I due si sedettero guardandosi intorno spaesati.
<< Volete da bere? >>
<< Una bi... >>
Prima che Duff riuscisse a finire la frase, aveva già uno stinco distrutto.
<< Niente, grazie >>disse William con un sorriso.
<< Allora vi do subito i vestiti, sarete molto occupati in questo periodo dell'anno >>si affrettò a dire Vivienne indugiando un attimo sulle occhiaie di William.
<< Già, molto >>confermò lui, cercando di non fare caso all'occhiolino di Duff.
“Se sapesse come me le sono fatte queste occhiaie...!”.
La donna prese un sacchetto e lo poggiò sul tavolo di fronte ai due.
<< Dentro ci sono cinque smoking, taglia standard. Chiamatemi prima di sera per dirmi se vanno bene perché non ho molto tempo per farveli cambiare altrimenti >>.
In fondo, sperava che non andassero bene. Già aveva voluto venire lei stessa al “colloquio” con i due ragazzi, piuttosto che mandarci la governante come faceva sempre, e vederli un'altra volta prima di sera non le sarebbe spiaciuto. Specialmente per quanto riguardava il biondo.
<< Bene, grazie >>approvò William alzandosi e prendendo il sacchetto. << Se non le dispiace, noi andiamo. Abbiamo molto da fare. Le faremo sapere, e la chiameremo in giornata domani per sapere l'orario in cui dobbiamo presentarci >>.
La verità era che aveva fretta di andarsene. Odiava quei posti, così falsi. Sembravano un paradiso, ma in verità erano l'inferno. Era per colpa di quegli ambienti edulcorati che Barbi era costretta a fingere ogni giorno di essere diversa da quello che era. E lui, in quei posti non sapeva come muoversi.
<< Va bene >>. Vivienne si alzò in piedi per stringere la mano ai due, sempre sorridendo. << Allora a domani sera, se non dovessero esserci problemi >>.
<< A domani! >>esclamarono i due, praticamente già fuori dalla porta.

<< Vanno bene? >>
<< Per un cazzo. Io di qui non esco >>.
William sospirò. Jeff, quando ci si metteva, era anche più testardo di lui. E pensare che aveva convinto Duff e Steven (che ad ogni modo erano più attratti dalla prospettiva di tutte le donne che avrebbero potuto incontrare alla festa che ad altro), e addirittura Saul a provarsi quei vestiti e farsi un giro per casa con quelli addosso! La sua capacità di persuasione riusciva sempre a sorprendere lui in prima persona, peccato non riuscisse a smuovere il suo migliore amico.
<< Dai Jeff! Apri quella cazzo di porta e facci vedere come ti sta! >>
Gli altri, intanto, si stavano sbellicando dalle risate stravaccati sul divano.
<< La finite di ridere? Di certo non mi aiutate! >>
Si voltò e si guardò intorno. Il pavimento era disseminato di bottiglie di Jack Daniel's e mozziconi di sigarette e canne. Certo, logico che non la finissero di ridere.
<< Va bene... >>. Il mugugnare di Jeff fu seguito immediatamente dal cigolio della porta scassata della sua camera che si apriva, e in meno che non si dica il ragazzo cacciò fuori la testa senza alzare lo sguardo dal pavimento e uscì strascicando i piedi.
William fece una specie di salto come ad indicare la sua vittoria, per poi guardare l'amico...e scoppiare a ridere, mentre gli altri facevano altrettanto.
<< Ecco! Io lo sapevo che non dovevo uscire! >>urlò Jeff facendo per tornare a chiudersi in camera a rimettersi le sue camicie a fiori anni '70 e i jeans strappati.
William fu più veloce. Nonostante il numero di Jack e di canne che si fosse fatto quel giorno, aveva ancora i riflessi abbastanza pronti per placcarlo.
<< Non vai da nessuna parte, Jeff. Vai benissimo così, amico. Per domani allora siamo tutti a posto, giusto? >>
Gli altri annuirono, poi proposero di togliere quei vestiti a Jeff, rollare qualcosa anche a lui (ammesso che non se lo fosse già rollato da solo), e andare giù al bar. E su questo erano tutti d'accordo.

<< Allora, ti hanno chiamato i camerieri per farti sapere dei vestiti? >>
Vivienne guardò con disappunto la figlia, che pareva esagitata, cosa che non capitava spesso, e la stava peraltro interrompendo nella sua pausa pomeridiana in cui si concedeva alla lettura dei suoi romanzi rosa.
<< Perché tutta questa fretta, Barbi? >>
<< Ehm, niente >>si affrettò a rispondere la ragazza. << E' che...vorrei che fosse tutto...perfetto, ecco >>.
<< Sì, anche io >>commentò la madre con perplessità crescente. << Stai tranquilla, ci ha parlato prima Jeanne. Dicono che va tutto bene e che saranno qui domani per le sei e mezza nel pomeriggio >>.
<< Ah >>.
Barbi risalì le scale fingendosi non troppo interessata alla faccenda, già si era scoperta troppo chiedendo di cose che di solito non la riguardavano.
In verità non era tranquilla per niente: non sapeva cosa sarebbe successo la sera dopo, e un po' temeva di scoprirlo. Con gli ospiti era sempre calma e posata, ma vedendo William tra tutte quelle persone, non sapeva come avrebbe potuto reagire. E chissà se i quattro compari del ragazzo sarebbero stati presentabili. E chissà cosa avrebbero combinato. Lei non si era persa lo sguardo che sua madre aveva lanciato a Duff il giorno prima, e capiva perfettamente che non solo lei era interessata più del normale a quei cinque.
 

***
 

Erano le otto passate, ormai, e gli invitati invadevano, numerosissimi, il salone enorme. Le luci, calde e avvolgenti, accoglievano tutti i presenti, stordendoli leggermente, insieme ai fiumi di vino e champagne che venivano versati. Il locale era pieno di uomini in smoking e donne di ogni età vestite in modo tremendamente impeccabile, come i ragazzi non erano abituati a vedere. Anche se William non aveva occhi che per Barbi, che si muoveva con grazia, fasciata dal suo abito frusciante lungo fino ai piedi color pesca, in bilico su quei sandali un po' troppo alti. Moriva dalla voglia di avvicinarla da quel pomeriggio, ma lo avevano sempre tenuto occupato con altri lavori, spedendo lei in chissà quale locale di quella cosa che pareva infinita.
Mentre Saul e Jeff prendevano il loro lavoro anche fin troppo sul serio (senza che gli altri capissero fino a che punto fosse la droga a farli agire), Steven e Duff scommettevano su chi si sarebbero portati a letto per primo, chiedendo di continuo a William se lui, che stava al banco degli alcolici, avesse visto un po' di Night Train o di Jack. << Niente da fare, ragazzi. A parte il fatto che dovreste mantenervi puliti per stasera, qui c'è solo roba poco alcolica per fottutissimi ricchi! >>ribatteva il rosso dal suo banco, azzittendosi nel vedere arrivare qualcuno che voleva essere servito.

<< Mi scusi, vorrei un bicchiere di vino >>.
<< Non devi darmi del lei, non ci vede nessuno >>.
La ragazza alzò gli occhi e incontrò quelli maliziosi di lui, che, se non altro, le facevano sempre venire alla mente strani pensieri. Sorrisero entrambi.
<< Ma lo dai, questo vino, o no? >>
<< Ti do anche qualcos'altro, se aspetti >>sussurrò lui allontanandosi per servire una signora alquanto sovrappeso e suo marito.
Lei sorrise discretamente, il solito “sorriso di cortesia”, cercando di mascherare la risata maliziosa che di solito faceva alle sue battute provocanti.
<< Sono tutto tuo, adesso >>disse ritornando. << Che ne dici se... ? Non ti posso più guardare con quel vestito addosso >>.
<< Qui? >>esclamò lei sgranando gli occhi.
<< Non sul tavolo! Sotto al tavolo >>.
Barbi alzò gli occhi al cielo. Talvolta si chiedeva se la canzone You're Crazy non se la fosse scritta lui da solo.
<< Aspetta >>.
William uscì velocemente da dietro il tavolo e andò a chiamare Steven.
<< Mi fai un favore? Coprimi le spalle, tanto abbiamo capito che non ti si fila nessuna. E poi lì agli alcolici puoi bere >>.
Steven non era molto felice di fare da palo, certo, ma perlomeno, su sei bicchieri che serviva, uno riusciva a berselo, non come con le tartine, che, oltretutto, gli facevano schifo. Seguì l'amico dietro al tavolo, per poi vederlo infilarcisi sotto con disinvoltura.
Barbi lo guardò, come a chiedergli “Scusa, e io che dovrei fare?”, e lui rispose scrollando le spalle e guardandosi intorno, per poi darle il segnale di via libera. Tanto, in giro per la casa c'erano almeno trenta camerieri: uno in meno non avrebbe fatto differenza.
La ragazza si infilò a sua volta sotto il tavolo, trovandosi praticamente sopra a William.
Lui sorrise e socchiuse gli occhi. << Paradossale >>commentò. << Mai trovato in una situazione così paradossale >>.
Lei sorrise a sua volta, mentre lui si slacciava la cerniera dei pantaloni, e si tirò un po' su la gonna mentre gli si sistemava meglio sopra.
<< Un momento, le mutande? >>chiese lui un po' sorpreso da questo modo di fare così diretto.
<< Non le ho nemmeno messe, sapendo che saresti stato nei paraggi >>replicò con un sorriso netto e sfacciato.
Lui ridacchiò. << Sempre più provocatoria >>.
<< Ho avuto un bravo maestro >>.
<< Il migliore, puoi dire >>.
William si lasciò coccolare un po' prima di cominciare a fare sul serio.
<< Scusi, mi potrebbe dare un po'... >>
La voce di Scott fece sussultare Barbi, che si fermò di colpo.
<< Ancora quello sfigat...! >>. William non terminò nemmeno la frase, visto che lei gli stava tappando la bocca quasi soffocandolo.
<< Grazie. Mi potrebbe dire ancora una cosa? Sto cercando la mia ragazza, non tanto alto, biondina, con un vestito lungo...l'ha vista? >>
Steven tossì e diede un calcio a William sotto al tavolo. << Mi spiace, ma ce ne sono un sacco di biondine con vestiti eleganti, non so come aiutarla >>disse prendendo tempo.
Era evidente che lì sotto al tavolo non sarebbero riusciti a combinare niente.
<< Cosa diavolo facciamo? >>sibilò William guardando Barbi negli occhi, una volta liberatosi della sua mano davanti alla bocca.
<< Ho io un posto >>disse lei baciandolo per impedirgli di parlare.
E non appena Steven riuscì a distrarre Scott indirizzandolo altrove, i due scivolarono fuori e si diressero verso le porte della cucina sul retro, che usavano solo i domestici che ora erano chissà dove confusi con gli invitati a far festa quando avrebbero dovuto rimanere lì in cucina tutta la notte, e poi via per il giardino, diretti alla dependance.
Soltanto quando entrarono nel salottino intimo arredato in stile semplice e accogliente di quest'ultima, Barbi lasciò finalmente la mano di William.
<< Vieni con me >>disse con un sorriso cospiratorio guidandolo in una stanza subito accanto.
Dietro la porta, la stanza, non troppo grande, era dominata da un grande letto con lenzuola e copriletti in seta rosa pallido, e completato da grandi cuscini.
<< Lo so che sotto sotto hai una passione per i letti dei quartieri alti >>.
Lui sorrise, entrando a sua volta. << Sono gli unici che non si smontano quando ci entro con qualcuno >>sospirò.
Lei si mise in piedi accanto al letto, e si piegò per slacciarsi i sandali. Quando si rialzò, William era già dietro di lei ad armeggiare con l'allacciatura del suo complicato vestito.
<< Spiegami solo una cosa: come si slaccia >>.
Lei allontanò le mani di lui dal suo collo e si slacciò l'abito, che le scivolò addosso finendo per terra in un luccichio di strass, lasciandola completamente nuda.
Si arrampicò sul grande letto, appoggiandosi sui cuscini come la modella per un quadro, mentre William finiva di spogliarsi per raggiungerla. Quando si accomodò accanto a lei le sorrise, e cominciò a farle scorrere le mani ovunque, come solo lui sapeva fare. Lei si morse un labbro per non urlare, ottenendo come risultato solo quello di farlo eccitare ancora di più.
Mentre l'accarezzava e rideva, lei si mordeva le labbra e mordeva anche quelle di lui, fino a farle sanguinare, congiungendo di nuovo quel binomio amore-sangue che nella sua mente era pericolosamente presente da quando aveva letto Romeo e Giulietta per la prima volta, anni addietro.
Alla fine, stanca del tira e molla, allacciò le gambe ai fianchi magri di lui e gli premette le mani sulla schiena, congiungendo le labbra con le sue, spingendolo a unirsi a lei in una cosa sola, come avevano fatto molte volte prima.
Quando lui l'accontentò, lo fece con tanta forza che lei dovette di nuovo controllarsi per evitare qualche gemito troppo forte. Lui le sorrise, di nuovo, muovendosi sempre più malizioso, quasi intenzionato a farsi scoprire. Lei si lasciò portare le braccia sopra la testa, stringendogli le mani e esplorando un millimetro della sua bocca, respirando il suo profumo, con la consapevolezza che, anche stavolta, a dispetto di ogni cosa e prima di ogni altra cosa, loro erano insieme.
Mentre si stringeva sempre di più al suo corpo, sempre più presa dal movimento coinvolgente, sentirono un rumore dietro la porta, come di qualcuno che ci si schiantava contro.
William si lasciò cadere a peso morto su Barbi, seppellendo il suo viso nei suoi capelli e nel lenzuolo: sapeva che se qualcuno avesse beccato la figlia del proprietario di tutto quel ben di Dio a fare sesso con il cameriere nella dependance li avrebbero cacciati tutti a pedate, a meno che ad entrare non fosse qualcuno la cui presenza in quel posto risultasse ancora più compromettente, cosa peraltro molto difficile.
Barbi si ritrovò in un minuto un fiotto di capelli rossi in bocca, ma non si lamentò nonostante stesse soffocando, al corrente del rischio che correvano.
Quando la porta si aprì, però, William vide una scena che avrebbe tirato fuori ridendo negli anni a venire. Duff, girato verso di loro, con Vivienne attaccata al collo, che gli sbottonava la camicia e la giacca come una forsennata leccandogli il collo e, fortunatamente, dando loro le spalle, mentre guidava il biondo dentro la stanza. Entrambi sgranarono gli occhi nel vedersi, visibilmente imbarazzati.
<< Va' via! >>sibilò William facendo segni con le mani.
L'espressione di Duff gli fece capire che era abbastanza in difficoltà.
<< Ehm... >>azzardò. << Io...vorrei...che andassimo di là sul divano. Mi...eccita di più >>.
<< Dove vuoi >>ansimò lei in risposta. << Basta che lo facciamo subito... >>
Duff riuscì alla fine a trascinarla fuori di lì, chiudendo la porta alle loro spalle, attento a non farle vedere la stanza già occupata.
Quando la porta si richiuse, William tirò un sospiro di sollievo.
<< Quella era mia madre? >>chiese Barbi ansante riemergendo con la testa da sotto il lenzuolo e i capelli.
<< Temo proprio di sì, dolcezza >>. William sbuffò, pronto ad andare in bianco l'ultima notte dell'anno.
Invece, dopo un minuto di sconforto, Barbi decise di non pensarci. Premette ogni centimetro del suo corpo contro a quello di William, seccata per l'intrusione, e lo baciò di nuovo: in quel momento, preferiva l'orgasmo ai drammi esistenziali.

Intanto, stava arrivando il countdown finale.
<< Dieci, nove, otto...>>
Le voci giungevano indistinte dal giardino, dove delle persone specializzate si stavano prodigando per far esplodere i migliori fuochi d'artificio della zona.
<< Sette, sei, cinque... >>
La madre di Barbi, a cavalcioni di Duff sul divano, si univa all'urlo collettivo, godendosi momenti che con suo marito non aveva da anni.
<< Quattro, tre, due... >>
William sussurrava all'orecchio di Barbi, senza capire bene a cosa mancasse così poco.
<< ...uno, zero! >>
Tutta Los Angeles urlò l'inizio del tanto agognato 1986.
E ai due ragazzi che facevano l'amore tra le lenzuola di seta, rubandosi baci in segreto, non importava niente. Avevano raggiunto il loro nirvana, quella notte.
<< Buon anno, Barbi. Chi fa sesso all'inizio dell'anno, lo fa per tutto l'anno >>esclamò con malizia il rosso, sorridendo sornione.
<< Buon anno, Will. Dammi il primo bacio dell'anno adesso >>.





Siamo già a unidici!
Questo capitolo è stato una sofferenza, davvero. Non l'ho neanche riletto, perdonatemi gli eventuali errori ma a quest'ora non ragiono più! Senza contare che ora della fine mi immedesimavo moltissimo con Barbi, e chi non lo farebbe? xD
Ad ogni modo, questo è il mio regalo per Pasqua, visto che ora per un po' non mi connetterò più. Spero ve lo godiate come si deve ;)
Allora, in questo capitolo ho citato come al solito un po' di tutto, Per prima cosa, come era logico che fosse, i Guns N' Roses, che ringrazio per come si "prestano" alla storia. Nelle prime righe, poi, ho citato una canzone che sicuramente conoscerete, dei Queen, che amo oltre ogni cosa e che costituiscono da sempre la mia più grande fonte d'ispirazione. Poi, in questo capitolo, siccome non ce la facevo proprio più, ho buttato dentro anche Shakespeare, a cui chiedo umilmente perdono!
Direi basta poi.
Non sono troppo soddisfatta della fine, che mi pare un po' in sospeso. Ma forse il bello sta proprio lì, in quel "Promettimi che ci sarai sempre" detto senza usare le parole da questi due.
Ringrazio Flaviana, che continua a insistere per farmi continuare, e che si sta impegnando a commentare ogni cosa che scrivo. Grazie mille :D
Adesso, dopo aver completato quest'opera "titanica", me ne vado finalmente a dormire!
Buona notte e buona Pasqua :)
Lucy :***

 

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Capitolo 12
*** If you need a shoulder, or if you need a friend. ***


<< Figa quella sul palco eh? >>
<< Vista così sì, ma in verità fa pena! >>
<< Non dirmi che te la sei scopata! >>
Steven annuì compiaciuto davanti alle facce esterrefatte degli altri ragazzi seduti attorno al tavolo.
<< Non ti crede nessuno, Adler! >>commentò Duff ridendo, seguito da tutta l'allegra combriccola. Tutti tranne William. Lui se ne stava lì, con lo sguardo perso fuori dalla finestra gocciolante, girando il dito sul bordo del suo bicchiere, da quando erano entrati nel locale. Nemmeno lo strip lo tirava su quando aveva periodacci come quello.
<< Ehi, Bill >>fece Jeff in direzione dell'amico, sempre attento ai suoi cambi d'umore, sapendo bene che erano vitali per qualsiasi attività dei Guns.
L'altro si girò, vedeva solo Jeff di tutte le persone che erano intorno a lui e parlavano cercando di attirare la sua attenzione, o forse nemmeno lui. Lo fissò con sguardo interrogativo. Sì, almeno lui lo vedeva.
<< Bill. Cos'hai? >>chiese a bruciapelo con la sua voce calma, fissandolo negli occhi azzurro-verde un po' sperduti.
<< Oh, niente >>.
<< Ah >>.
Rispondeva sempre così, ultimamente. A nessuno pareva importare: lo conoscevano, sapevano che era fatto così e che nei momenti no era meglio non indagare, ma non Jeff. Per lui era sempre lo stesso ragazzino, e voleva sempre sapere cosa pensasse. Ma ora chissà che aveva in testa, quel rosso.
<< Bill? >>
<< Che c'è? >>esclamò spazientito l'altro. Cattivo segno, ma Jeff non demordeva, e lo sapevano entrambi. Forse per questo erano rimasti amici tutti quegli anni, e lo sarebbero rimasti anche dopo.
<< Andiamo fuori a farci una sigaretta, Bill >>rispose il moro prendendolo da parte e conducendolo alla porta mentre tirava fuori il pacchetto e un accendino da una tasca dei pantaloni. Come ben sapevano entrambi, era solo una scusa.
<< Jeff, dai...non fare il bambino, sto bene così...>>protestò William cercando di opporre resistenza. Alla fine, però, si lasciò spingere fuori dalla porta del locale zeppo di fumo.
Non appena Jeff chiuse i battenti dietro di loro, lo fissò con disappunto, che pian piano si trasformava in qualcosa di simile all'irritazione. << Perché lo stai facendo? >>gli chiese senza smettere di guardarlo negli occhi scuri semicoperti da ciocche di capelli ancora bagnate dalla pioggia che avevano preso venendo verso il locale.
<< Bill, lo sai anche tu che devi parlare >>rispose l'altro evasivo, guardando altrove e accendendosi una sigaretta.
Bill gliene prese una dal pacchetto e l'avvicinò alla punta di quella dell'amico per accenderla prima di infilarsela tra le labbra. << Di cosa dovrei parlare? >>domandò seccato appoggiandosi al muro umido mentre tirava una boccata di fumo.
<< Dimmelo tu, Bill. Io non lo so >>rispose Jeff sostenuto appoggiandosi al muro accanto all'amico.
Bill emise una sorta di grugnito, altro cattivo segno. Un altro passo nella direzione sbagliata, e Jeff si sarebbe ritrovato col setto nasale deviato, cosa già successa in passato.
<< Non c'è niente da dire, Jeff >>.
<< Certo che c'è >>. Jeff sollevò di nuovo lo sguardo e lo puntò dritto negli occhi del rosso, illuminati da un lampione che andava a fasi alterne e si era acceso proprio in quel momento.
<< E va bene, c'è. Ma perché diavolo dovrei dirtelo? >>
<< Perché io sono io, Bill. E tu mi hai sempre detto come stavano le cose >>rispose con un sorriso. Di solito non aveva questo atteggiamento, e tendeva a lasciare che l'attenzione di tutti si concentrasse altrove, ma quando si comportava così, come si comportava il rosso, l'altro sapeva che era inflessibile.
<< Da dove comincio? >>
<< Da dove preferisci >>.
<< Portami una bottiglia di Jack Daniel's prima >>.
Non appena Jeff fu tornato con ciò che il rosso gli aveva chiesto, quello si attaccò alla bottiglia e ne tracannò un quarto abbondante.
<< Vediamo se indovino il problema... >>cominciò Jeff restando in piedi a fissare l'amico, che mentre lo aspettava si era accovacciato a terra.
<< Barbi >>dissero contemporaneamente.
Il rosso fece un sorriso fulmineo, Jeff indovinava sempre. << Proprio lei, amico >>.
<< Parla >>fece calmo sedendosi accanto a William.
<< Ma...non è che sia così grave... >>cominciò il rosso, scrollando le spalle e stringendosi nel suo chiodo di pelle. << E' che... Non riesco a farne a meno >>.
Jeff sgranò gli occhi. Non era la prima volta che sentiva dire all'amico queste parole rivolte a quella ragazza, l'unica che fosse riuscita veramente a fare breccia nel suo cuore, o che almeno aveva intuito questo suo sentimento, ma non poteva evitare di restare sorpreso ogni volta.
<< Jeff, dai, non mi guardare così! >>esclamò Bill assestandogli un pugno su una spalla.
Mentre l'altro, dolorante, si sfregava la botta lamentandosi e prendendo un altro sorso d Jack, William alzò gli occhi verso la luna, buttando fuori il fumo della sigaretta.
<< Senti, cretino, adesso piantala. O non parlo più >>affermò furioso. << Mi vergogno tantissimo ad ammetterlo, non lo credevo possibile. Sono innamorato, Jeff >>.
Gli occhi del moro si spalancarono così tanto che William temette che gli sarebbero caduti fuori dalle orbite a breve. Non tanto per il contenuto di quella bizzarra confessione (quello per lui era ovvio già da tempo), ma quanto per il fatto stesso che William avesse avuto il coraggio di fare una confessione simile.
<< E...da cosa l'hai capito? >>si decise alla fine a chiedere, più che spiazzato.
<< Non lo so, Jeff... Mi manca, ecco. Quando non c'è mi manca. E quando c'è la guardo e mi chiedo come faccia una così a stare con uno come me. Cioè, Jeff, la vedi?! Lei farà l'avvocato, cazzo, e io sono uno spiantato! Uno spiantato con i capelli rossi che non riesce nemmeno a tirare la fine del mese e vive con quattro capelloni! E sto con lei, una specie di aristocratica >>.
Jeff alzò un sopracciglio, poi l'altro. << In effetti... >>
William fece un'espressione come a dirgli “Visto che ho ragione io?”
<< Ma da quando non ti piacciono più i tuoi capelli? >>chiese Jeff rivoltando il coltello nella piaga.
<< Finiscila, l'ho detto così per dire! Il punto è che... >>
<< Che tu, William Bruce Rose, sei innamorato. Per la prima volta >>.
<< L'ultima volta che è stata la mia prima volta in qualcosa è stato un sacco di anni fa >>rispose sarcastico il rosso. << Non mi ricordo più come ci si deve comportare, alle prime volte >>aggiunse poi.
L'altro ridacchiò ignorando l'irritazione di Bill nel sentirsi chiamare con tutto il suo nome di battesimo. << Dai, Bill, non è così male in fondo, no? >>
<< No >>ammise lui. << Ma a volte mi chiedo se voglia davvero tutto questo o se lo faccia solo per ribellione. Insomma, sappiamo entrambi cosa si prova: a volte fai qualcosa solo perché te lo impediscono, e alla fine ti ritrovi col culo per terra, facendo qualcosa che non ti attirava minimamente, e l'hai fatto solo per ribellarti a qualcuno che forse poteva aver ragione >>.
<< Tuo padre aveva ragione? >>. Questo lo avrebbe sorpreso, nel caso di una risposta affermativa.
<< NO! Non sto dicendo questo, sto solo dicendo che noi ci siamo invischiati in un sacco di casini solo per ribellarci, ma che il più delle volte non lo volevamo davvero. Ecco tutto >>.
<< Bill. Lei non lo fa per ribellione >>disse il moro appoggiandogli una mano sulla spalla.
<< Ma come lo sai?! Dai, Jeff, non siamo alle elementari, non mi puoi inventare una balla su due piedi e pensare che io ci creda. Come io non posso credere di essermi innamorato. Ma sul serio? Ma come diavolo avrà fatto, come fa a essere così...così...così bella >>.
Jeff gli diede una pacca sulla schiena e si alzò, portando via la bottiglia di Jack ormai vuota e osservando la distesa di mozziconi che li circondava. << Benvenuto, Bill >>.
<< Ma che cazz...? >>
<< Mi sentivo così, quando ho scritto Think About You >>.





Finalmente! Dopo secoli di assenza, sono finalmente riuscita a scrivere un capitolo di questa fanfiction! Yeeah!
Anche se non è proprio come la volevo, devo dire che ci sono abbastanza affezionata. xD
Sono abbastanza dispiaciuta per la brevità di quest'ultimo capitolo, ma non riesco a scrivere più di tanto. Oltretutto, più che a
Rocket Queen, questo capitolo si rifà parecchio a So Fine: lo volevo con un tono intimo e un po' malinconico, e oltretutto anche Axl si fa la stessa domanda della canzone.
Spero vi sia piaciuto, e ringrazio in anticipo chi ha letto (ossia chi ha avuto il coraggio di seguirmi fino a qui!) e chi commenterà. ;)
Alla prossima.
Baci, Lucy. :**



 

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Capitolo 13
*** A sweet switchblade knife. ***


Vivianne Von Grief sedeva nel bel mezzo del salotto e spuntava una lista di invitati (il suo solito vizio) quelli che aveva già avvisato appoggiandosi al tavolo in legno scuro. Sua figlia, Barbi, stava seduta di fronte a lei e la guardava scrivere annoiandosi a morte. In verità avrebbe dovuto essere lì per aiutarla, ma sua madre sapeva già occuparsi da sola di tutti i suoi invitati assolutamente insopportabili.
<< Beh, i signori Hallen, già fatto. Ah, oddio, la signora Harrison! Sono cugini, non me la devo dimenticare... >>
Barbi alzò gli occhi al cielo. Ogni volta si chiedeva come potesse sua madre provare tutto quel divertimento e quell'eccitazione nell'organizzare feste di società. Lei quell'eccitazione la provava solo ai concerti dei ragazzi che suonavano al Cathouse o nei locali simili. E per fortuna sua madre non sapeva che lei ne avesse visto qualcuno.
<< Ah, saranno via, no, forse riusciremo ad avere anche... >>continuò Vivienne ruotando elegantemente la stilografica tra le sue mani eleganti.
Barbi la guardò mentre sembrava la donna più aggraziata del mondo anche solo scrivendo su un foglio. Certe volte si stupiva di essere sua figlia. Sua madre era bellissima, elegante, moglie esemplare (o almeno lo sembrava, anche se non più ai suoi occhi), lei era spettinata, ribelle, appena poteva si toglieva le gonne orribili che lei e la scuola la costringevano ad indossare, e ora aveva pure le calze spaiate, una più lunga dell'altra. Fortunatamente le sue gambe stavano sotto al tavolo.
<< Ah. Dove abbiamo il numero di telefono di quei ragazzi? >>chiese all'improvviso la donna interrompendo i suoi pensieri.
<< Quei ....chi? >>fece Barbi spalancando gli occhi. Non potevano essere loro.
<< Quelli che sono venuti all'ultimo dell'anno...ricordi? A parte il fatto che hanno ancora gli smoking, erano veramente bravi >>.
Barbi per poco non si soffocò con la sua stessa saliva. Dopo un paio di colpi di tosse per dissimulare riuscì finalmente a sputare un << Sì, davvero bravi. Credo che lo abbiamo conservato, da qualche parte >>. Sua madre, soddisfatta, tornò alla sua lista raccomandandole di ricordarle di chiamarli, mentre Barbi pensava sarcastica "Veramente bravi davvero. Se Duff è come Will lo credo bene".
<< No, anzi! Perché non lo fai tu? Mi risparmi un po' di tempo se non altro >>propose Vivianne alla figlia, rischiando di farla soffocare di nuovo.
Mentre la ragazza tossiva di nuovo (portandosi educatamente la mano davanti alla bocca) e sua madre pensava di portarla da un medico credendola ammalata, il signor Von Grief entrò in salotto.
<< Vivianne, stai per caso spuntando la gente dalla lista? Chi chiami per i rinfreschi, questa volta? >>chiese con voce severa. << Barbara, perché tossisci a quel modo? >>aggiunse poi seccato. << Fatti portare un bicchiere d'acqua! >>
Barbi annuì, come sempre seccata dal tono imperioso di suo padre, e chiamò la governante perchè le portasse dell'acqua.
<< Io pensavo di chiamare quei ragazzi dell'altra volta... >>cominciò a spiegare la signora Von Grief guardando negli occhi il marito.
<< Che?! >>esclamò invece lui. << Vivienne, erano degli incompetenti. Metà della roba è sparita, e non servivano per niente bene. Pensa che uno di quei pazzi l'ho interrotto io, ci ha provato tutta la sera con la figlia di uno dei miei soci! Adesso per favore, io torno di là. E quando torno, sul serio, vorrei che tu avessi trovato un'alternativa seria a quegli hippies >>sentenziò infine.
Mentre si allontanava, Barbi sorseggiava irata il suo bicchiere d'acqua. “Maledetto lui e tutti i suoi pregiudizi. Se non sei come lui fai schifo, chissà se sapesse che sua figlia va a letto da mesi col capo di quei 'pazzi', e sua moglie all'ultimo dell'anno se n'è scopata uno”.
<< Guarda, ho ritrovato il numero. Beh, allora chiamali comunque e di' loro di riportarci quegli smoking. Sai com'è tuo padre >>sospirò Vivienne rassegnata porgendole un foglietto con scritto il nome fittizio di William e il suo numero di telefono.
<< Va bene >>rispose Barbi accondiscendente afferrando il foglio e uscendo dalla stanza senza sembrare troppo euforica.
<< Ah, Barbi? >>fece sua madre poco prima che infilasse decisivamente la porta.
Barbi trattenne il respiro pensando a tutte le cose che poteva aver scoperto e al perché avesse scelto proprio quel momento per fargliele notare.
<< Hai le calze spaiate >>disse sua madre sottolineando le parole con cura.
Barbi guardò in basso, poi si finse sorpresa e tirò un sospiro di sollievo. << Telefono e vado cambiarle! >>disse mentre usciva precipitosamente.

<< Pronto? >>. Voce impastata, sbadiglio, Barbi riusciva a vedersi Jeff mentre si passava una mano tra i capelli scarmigliati cercando di svegliarsi, ancora in mutande appena sceso dal letto. Probabilmente la sera prima avevano fatto tardi.
<< Pronto? Jeff? >>disse abbassando notevolmente la voce pronunciando il suo nome.
<< Barbi?? >>rispose ancora più incredulo il ragazzo dall'altra parte del telefono.
<< Sì >>.
<< Non puoi parlare? >>
<< Non molto >>rispose la ragazza accertandosi che non passasse nessuno nelle vicinanze che potesse sentire i suoi discorsi.
<< Perché chiami ora? >>
<< Volevo informarla che lei e i suoi collaboratori dovreste restituirci gli abiti che vi abbiamo prestato per servire qui, la notte dell'ultimo dell'anno >>annunciò Barbi nel suo tono più formale sentendo dei passi nel corridoio.
<< Che abiti? >>domandò il ragazzo sconvolto.
<< Gli smoking >>.
<< Ah, già! Oddio, chissà che fine hanno fatto...la camicia di Duff aveva macchie di rossetto che non sono più andate via poi... >>
Barbi soffocò un risolino nel sentire quest'ultima affermazione.
<< Che c'è? >>chiese Jeff preoccupato per la sorte degli smoking e sorpreso dalla risatina.
<< Niente, niente >>assicurò Barbi.
<< Non ci vuole nemmeno dire chi gliele ha fatte...Comunque, che facciamo? Quando li troviamo verrai a prenderli tu? Dimmi di sì, perché il signorino sta andando in crisi di astinenza direi >>.
Barbi sorrise. Jeff le faceva tenerezza. << Sì, verrò io. Stasera alle sei al... >>
<< Posto dove è venuta mia madre la scorsa volta, vorresti dire? Sì, insomma, vediamoci al Cathouse >>taglio corto Jeff ridacchiando.
<< Perfetto, alle sei lì >>approvò Barbi. << A stasera >>.
Non appena riappoggiò il ricevitore, sua madre sbucò dalla porta del salotto chiedendo cos'avessero detto. Barbi le comunicò che non avevano protestato, e che sarebbe andata lei a recuperare gli smoking quella sera, poi salì le scale per andare a cambiarsi le maledette calze.
<< Barbi >>la chiamò sua madre mentre stava per svoltare nel corridoio.
<< Che c'è? >>rispose lei voltandosi.
<< Ricordi che la festa si terrà sabato sera, vero? Non devi studiare, giusto? Perché Scott ci sarà sicuramente, e altrimenti non so come... >>
Barbi sgranò gli occhi. No, non se lo ricordava. E sabato c'era il concerto dei Guns, il primo concerto dell'anno, il primo concerto serio, al Cocaine. E lei non aveva la più pallida idea di come dirlo a William, che non ci sarebbe andata.
<< Ah >>riuscì a sputare fuori dopo un po'. << Ehm, sì, lo ricordavo >>.
Mentre Vivienne tornava nel salotto, Barbi si infilò nella sua stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Stesa sul letto con gli occhi puntati sul soffitto, pensò a tutte le volte che lui c'era stato. Era diverso da chiunque le fosse mai stato vicino prima, eppure era vero. Nessuno gli aveva chiesto di stare lì, al suo fianco, lui stesso le aveva detto più di una volta come era solito a trattare le donne, eppure c'era. E anche quando non era lì materialmente lei lo sentiva vicino.
Ora, invece, lei doveva annunciargli che, l'unica volta in cui lui avrebbe desiderato con tutto se stesso di averla al suo fianco, lei non ci sarebbe stata. Non sarebbe mai riuscita a raggiungerlo. Come poteva farlo?

***

Alle sei in punto, Barbi entrò nel locale fumoso che costituiva il corpo del Cathouse. Si guardò un attimo intorno a disagio, con l'orribile gonna a pieghe tanto adorata da sua madre e la camicetta sgualcita dall'essersi addormentata mentre aspettava l'orario per uscire, prima di vedere chi la stava aspettando. Jeff e Will stavano stravaccati sulle panche attorno ad un tavolo pieno di piatti sporchi, bottiglie vuote e mozziconi. Probabilmente erano lì da tutto il pomeriggio, e non si accorsero di lei finché non fu accanto al tavolo.
<< Ehi Barbi >>disse William illuminandosi non appena la vide. Le allacciò un braccio attorno alla vita e la spinse a sedersi in braccio a lui.
<< Ciao, ragazzi >>rispose lei, felice di vederli.
Jeff agitò la mano con un mezzo sorriso un po' sconcertante, nella penombra del locale.
<< Wow, quanto sei bella così vestita... >>commentò William giocherellando con l'orlo della gonna di Barbi.
Lei prese la mano di lui e la spinse via ridendo. << Dai...! Lo sai che questa gonna mi fa schifo! >>protestò.
Lui le posò le labbra sul collo. << Abbiamo gli smoking in macchina. Tutti e cinque. Se esci con me ti aiuto a spostarli nella tua macchina... >>
<< Okay... >>rispose Barbi sollevando la spalla per scacciarlo. Si alzò e guardò Jeff con disappunto, trattenendo William per una manica della giacca. << E lui? >>
William lo guardò senza afferrare il punto del discorso.
<< Oh, io resto qui >>rispose semplicemente il ragazzo, sollevando leggermente le visiera della sua coppola per guardarli in viso. << C'è Saul da qualche parte >>.
William gli fece segno che si sarebbero visti più tardi ed uscì prendendo Barbi sotto braccio. Usciti dal locale, le fece girare l'angolo e la portò di fronte alla sua auto scassata. Litigò con la portiera e infine l'aprì con un calcio.
<< Benvenuta sulla mia umile vettura, mia cara... >>disse invitandola ad entrare con un inchino. << Io direi che se vuole i suoi smoking, deve dare un premio al conducente... >>
<< Ah sì? >>fece Barbi ironica. Appena William si alzò, lei premette il suo corpo contro il suo e avvicinò le labbra al suo orecchio. << Prima di ricevere il pagamento, devi dare un premio alla datrice di lavoro... >>sussurrò.
<< A quello ci ha già pensato il mio bassista >>rispose lui cercando di far fronte alla crescente eccitazione.
<< Dammi un passaggio >>rispose lei con una risata.

Non appena le labbra di lui si staccarono dalle sue, si sentì di nuovo persa. Non appena il corpo di lui si allontanò dal suo, sentì freddo.
Mentre William si riallacciava i pantaloni e si allungava recuperare le mutande di lei sul cruscotto, le ammiccò.
<< Mi immagino la faccia che farebbe mio padre a vedermi fare sesso in un vicolo con uno come te >>commentò lei ammiccando a sua volta.
<< Mi piacerebbe vederlo >>rispose lui ridacchiando. << Sei diventata una ragazza dei bassi fondi ormai >>.
<< Già. Che ore sono? Mi sa che sono già in ritardo, ridammi gli smoking >>. Barbi si voltò e cominciò a ripescare gli abiti cercando di stropicciarli il meno possibile...Sempre che fosse possibile ridurli peggio di quanto già non fossero conciati. Jeff si era impegnato, ma nelle lavanderie pubbliche non si poteva fare più di tanto.
<< Oh, non ti voglio lasciare andare. Poi non ti rivedrò fino alla sera del concerto >>si lagnò lui avvicinandosi a lei e cominciando a baciarle il collo.
Lei si irrigidì. Non doveva più lasciarsi distrarre. Doveva dirgli che lei non poteva esserci.
<< Will... >>cominciò con la voce poco convinta.
<< Sì? >>grugnì lui risalendo verso la sua bocca.
<< William, ti prego. Ti devo parlare >>.
Lui si staccò e la guardò negli occhi. << Cosa succede? >>
Lei boccheggiò un paio di volte. Odiava dovergli dare una notizia simile. Alla fine riuscì a prendere coraggio e parlò.
<< Io non...Non potrò venire, sabato. Quella festa orrenda >>.
Lui spalancò gli occhi, ma non rispose.
<< Perdonami Will >>disse mentre sentiva le lacrime che cominciavano a spingerle sotto le palpebre. Si sarebbe presa a schiaffi.
Aprì la portiera e scese, prendendo gli smoking.
<< Mi dispiace davvero, Will. Ti prego perdonami >>ripeté di nuovo mentre si allontanava. << Questa volta non c'è soluzione, non posso mancare >>.










Salveee!
E' da tantissimo che ho questo capitolo semi-pronto, e da ancora più tempo che non pubblico niente, così stasera, stanca di cincischiare, mi sono decisa a finirlo e a postare! Sono fiera di me! Un po' meno del capitolo, che fa schifo, ma vi dovrete accontentare.
Il titolo è scelto su due piedi, e stavolta è riferito a Barbi, che fa la "lama a doppio taglio" in questo capitolo. Il capitolo è buttato giù su due piedi in vari momenti da una pazza prossima all'esaurimento nervoso e nemmeno riletto quindi sarà illogico. Non so, ditemi voi! ;)
Un bacio a tutte quelle che arriveranno alla fine e una grazie a chi commenterà!
Lucy :***

 

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Capitolo 14
*** I can't say these things to you. ***


Luce.

Abbagliante, polverosa, onnipresente. Dietro le quinte, sul piccolo palco, in giro per il pub. I ragazzi ne erano abbagliati. La sensazione più bella provata fino ad allora.

Jeffrey continuava a saltellare nei “camerini”, che non erano il massimo, ma ai ragazzi piacevano tantissimo. Saul provava ossessivamente i pezzi, mischiandoli assieme in una cacofonia incomprensibile. Duff e Steven continuavano a scolarsi bottiglie di rum, per scaricare il nervosismo.

William, invece, se ne stava seduto in disparte, guardandosi in giro. Ce l'aveva sempre fatta da solo, ma ora non era convinto che stavolta ce l'avrebbe fatta. Da un po' di tempo, ormai, si era abituato ad avere nel pubblico, anche se esiguo, una persona in particolare, una persona che quella sera non c'era. E che lui desiderava disperatamente.

<< Allora, Bill, sei pronto? >>domandò Jeff infilando la testa nella porta.

<< Sì, dammi solo due minuti >>rispose lui. << Ce la posso fare >>.

<< Mh. Non è che hai tirato troppa coca prima? >>continuò preoccupato e poco convinto l'altro.

<< Tranquillo, ho fatto solo un tiro. Gli altri come sono messi? >>

<< Tutti sclerati. Ma stanno bene. Dopo staranno meglio >>. E sorrise.

William alzò la testa e lo guardò. Gli faceva tenerezza. Anche lui da qualche parte era euforico, ma  al momento non riusciva a concentrarsi su niente che non fosse Barbi, che non era con lui.

Jeff lo guardò. Anche a lui William faceva tenerezza. Non l'aveva mai visto così.

Andò verso di lui e si inginocchiò per abbracciarlo. << Dai, Billie, fra poco sarà il tuo momento di gloria, non ci pensare >>gli sussurrò.

William gli diede una pacca su una spalla, poi un pugno nello stomaco che lo stese.

<< Ahi! Demente, perché lo hai fatto?! >>esclamò l'altro, comunque divertito.

L'altro sfoderò il suo sorriso più sfacciato e disarmante. << Lo sai che odio essere chiamato Billie, non sono una ragazza. Non te ne approfittare della mia depressione >>.

L'altro sorrise a sua volta. Probabilmente, conoscendo William, stava macchinando qualcosa, ma poco importava. Adesso era felice.


 

***

 

Luce.

Nel salone le luci erano abbaglianti. Tutto, dai calici di cristallo pregiatissimo ai pavimenti tirati a lucido, brillava di luce propria, quasi accecandola. Il tavolo dove all'ultima festa c'era stato William a servire e dal quale l'aveva adescata quell'ultima sera dell'anno 1985 ora era pieno di benestanti benpensanti ricchi e viziati. Barbi era completamente disorientata, non sapeva più dove guardare.

...Anche perché, ovunque si girasse, c'era sempre quello Scott tra i piedi.

Lei non poteva pensare ad altro se non al fatto che aveva abbandonato William quando lui ne aveva più bisogno, la sera del suo primo concerto in un locale di grandezza considerevole, e ora doveva sorbirsi pure questo cretino, oltre che i sensi di colpa. E doveva anche cercare di rispondere sensatamente alle sue domande, oltretutto! Anche se questo, in fin dei conti, non era un problema vero e proprio, considerato il fatto che non capiva niente.

Tutti la chiamavano, tutti la cercavano, tutti si volevano complimentare anche con lei per l'affare del padre recentemente ben concluso.

Mentre lei ringraziava per i complimenti e sorrideva a tutti, dentro si sentiva cadere a pezzi. Scott le chiese con la sua voce flautata se doveva andare a prenderle qualcosa. Lei pensò subito alla voce simile ad un nastro rotto di William mentre cantava, che non poteva fare a meno di trovare irresistibile.

<< Sì, grazie >>pigolò con un sorriso. << Prendimi qualcosa da bere >>. Perlomeno se ne starebbe stato cinque minuti fuori dai piedi.

Quando lui tornò, lei era nel bel mezzo di quella che si definisce “amabile” conversazione con un magnate dell'ambiente. Non lo sopportava, era quasi meglio Scott, che almeno non aveva opinioni con cui scontrarsi ed era abbastanza maneggiabile.

<< Oh, ma adesso ti lascio con il tuo fidanzato! >>esclamò quello, vedendo arrivare il ragazzo. Poi, rivolgendosi a lui a bassa voce e dandogli leggere pacche sulle spalle: << Dacci dentro, che è un bel bocconcino! Portatela fuori, adesso: al buio... >>aggiunse poi ammiccando.

Barbi sentì il commento, e ne rimase disgustata, ma decise di far finta di niente. In fondo, preferiva che Scott seguisse il consiglio, così almeno avrebbe potuto respirare un po', non parlare con la gente che c'era dentro, e vedere le stelle, pensando a quando le vedeva dal lucernario in camera di William.

"Chissà se anche lui, prima di cominciare, starà guardando le stelle..." Temeva invece che senza di lei ad appoggiarlo e soprattutto a distrarlo, William stesse tirando di coca. Sicuramente in un locale con un nome simile, se ne trovava.

Scott, lasciato da parte il viscido signore di poco prima, si era avvicinato a lei, porgendole un calice di champagne. << Ecco da bere >>, le sorrise. << Usciamo un po'? >>

Lei annuì, contenta della prima idea decente della serata. Andarono all'entrata dove presero le giacche, e uscirono nel grande giardino di casa Von Grief.

I cancelli erano spalancati, per via della gente che arrivava in continuazione, e i lampioni illuminavano il sentiero lastricato che si snodava per tutta la proprietà. Mentre sorseggiavano i loro champagne, i due ragazzi si incamminarono sul sentiero.

<< Sono molto interessanti, queste feste >>commentò gentilmente Scott dopo un attimo, con tutta l'aria di chi non sa di preciso cosa dire.

<< Mh >>fu la risposta di Barbi.

<< Si scoprono molte cose nuove >>aggiunse lui.

“Sì, per esempio quanto può essere maniaco un vecchio socio in affari di tuo padre! Che gran scoperta!”commentò sarcastica Barbi fra sé e sé.

<< Già >>si limitò a dire poi.

<< Potrei scoprire molto anche su di te, stasera >>azzardò lui.

“Col cazzo! Sappi che questo vestito ce l'ho ancorato addosso, caro. E tu prova a togliermelo e ti staccherò le mani io, poi credo che passerà William a tagliarti le palle”.

<< E anche io su di te, spero >>affermò con tono zuccheroso e il sorriso più convincente che riusciva a fare.

Intanto il sentiero stava deviando, verso il perimetro del giardino. Il freddo si faceva sempre più pungente, ma Barbi non l'avrebbe mai ammesso, piuttosto si sarebbe ammazzata, temendo che lui le dicesse di avvicinarsi a lui per scaldarsi.

<< A che pensi? Ti vedo assente, Barbi >>.

“Ma se potessi dirti cosa penso, non credi che ti avrei già mandato a quel paese?! Sto pensando che l'ho lasciato lì, l'ho lasciato lì quando ne aveva bisogno, quando voleva me! Sto pensando che sono qui a sprecar tempo con un cretino mentre l'unico uomo di cui mi importa qualcosa sta facendo un concerto importante senza di me”.

<< No, sono solo un po' stanca >>.

<< Vuoi entrare? >>

In quel momento, una macchina mezza smontata entrò sgommando nel vialetto. Barbi e Scott trasalirono: nessuno guidava così nella Los Angeles "bene". Frenò di botto proprio di fronte a loro, e finalmente Barbi riuscì, dopo aver riconosciuto la vettura, a riconoscerne l'autista. Era lui.

<< Will! >>esclamò correndogli incontro mentre lui scendeva dalla macchina.

<< Dolcezza >>rispose lui infilandole una mano tra i capelli, scompigliandoglieli, e reclinandole la testa all'indietro per baciarla. Barbi sentì sulla lingua quel sapore di sigaretta misto ad alcool, e nelle narici quell'odore di marijuana e colonia rubata chissà dove che tanto le piaceva, mentre le dita di William le affondavano nei capelli. Scott li fissò, e pensò che non avrebbe mai avuto il coraggio di infilare la lingua in bocca a una ragazza così, senza preavviso, e con uno spettatore.

Le gambe di Barbi stavano già cedendo per la sorpresa e per il piacere. << Aspettiamo almeno il dopo concerto >>sussurrò William al suo orecchio.

<< Salgo in macchina >>rispose lei con un sorriso, il primo vero della serata.

William invece non salì subito, ma andò verso Scott, che era rimasto lì imbambolato. Era di un bel pezzo più basso di lui, ma non era per nulla intimorito, sapeva cosa stava facendo.

<< E tu >>gli sibilò, << sappi che se provi a dire a qualcuno con chi era, non la passi liscia >>.

L'altro, che non aveva mai ricevuto minacce simili, si ritrovò spiazzato mentre William girava i tacchi per salire in macchina. << E cosa dovrei dire, se me lo chiedono?! >>

<< Quello che vuoi, scemo >>rispose William con un sorriso laconico. << Inventa. In questa società sono tutti molto bravi a fingere. Ma nessuno deve sapere che io sono stato qui, né che lei è venuta con me >>.

 

Pochi minuti dopo, Barbi e William correvano a tutta velocità sulle strade di Los Angeles, con una cassetta del Queen infilata nel lettore. Wiliam sorrideva, mentre guardava la strada.

<< Meno male che sono venuto io >>affermò ironico. << Come hai fatto a sopportare quel bellimbusto tutta la serata? >>

<< Non lo so! >>rise lei. Non le importava se guidava come un pazzo, nemmeno se si fossero schiantati da un momento all'altro, era così felice di essergli accanto.

Lui le lanciava qualche occhiata fugace di tanto in tanto, quasi temesse che fosse un'allucinazione. << Adesso andiamo a divertirci, bellezza. Ma come diavolo sei conciata?! Pensavo di averti vista male al buio, ma forse alla luce preferisco non vederti! >>

<< Ma che gran bastardo! >>esclamò lei tirandogli qualcosa in faccia.

Lui se lo tolse e capì che erano le mutande. << Già mi piace di più, ora >>fece ammiccando.

Lei rise piegando la testa all'indietro. << A parte gli scherzi, non posso venire conciata così >>.

<< Infatti >>approvò lui.

<< Che facciamo? >>

<< Spogliati >>.

Lei lo fissò sorpresa. << Ma sei fuori?! Cosa vuoi fare?! >>

<< Adesso accosto, poi vedrai...>>ammiccò lui mentre accostava.

Lei era sempre più preoccupata, poi vide che lui scendeva dalla macchina e prendeva qualcosa dal baule, per po risalire. << Tranquilla, niente sesso prima delle esibizioni, non adesso almeno: i ragazzi mi staranno già maledicendo. Prendi qui >>fece passandole un sacchetto mentre si sedeva.

Lei lo aprì, e ci trovò una maglietta e una sciarpa, un paio di pantaloni di pelle e una giacca di jeans.

<< Metti quelli >>disse lui. << Vanno bene? Sono quelli che lasci a casa mia quando torni a fare la brava ragazza >>.

Lei si accostò e lo baciò sulle labbra. << Sei incredibile. Stai ritardando al tuo primo concerto serio solo per me >>.

<< Vestiti, non perdiamo tempo. Ti amo anche io, Barbi Lilian Von Grief >>.

 

Pochi minuti dopo, grazie alla guida spericolata di William, erano al pub. I ragazzi li avevano aspettati, sotto consiglio di Jeff, anche perché con Duff insolitamente mezzo ubriaco e Steven che si era chiuso in bagno con una ragazza non avrebbero potuto fare niente comunque.

Quando William e Barbi entrarono dal retro, Jeff li accolse allargando le braccia e stringendoli entrambi. << Era ora, ragazzi! Considerati un ospite di riguardo, senza di te non partiva niente qui >>disse sorridendo. << E tu, Bill, ti consiglio di svegliarti, che devi cantare >>aggiunse prendendo una bottiglia di rum da un tavolino e passandola all'amico.

Quello se la scolò in un fiato e andò a provare qualche pezzo con Saul, mentre Jeffrey, prima di raggiungerli, faceva accomodare Barbi a un tavolo in prima fila al centro del locale.

Barbi si sedette, vicino a altre ragazze con le quali aveva già parlato ad altre esibizioni dei ragazzi, ma senza far caso a loro. Non aspettava nient'altro che l'arrivo di William sul palco. Voleva dargli tutti il suo sostegno, e fargli capire che lei ci sarebbe stata, qualsiasi cosa fosse successa. Lui aveva bisogno di lei, e lei lo sapeva.

Dopo una ventina di minuti uscì Jeff, il quale si diresse subito a passo spedito verso il microfono, destando la sorpresa di tutti i presenti che avessero già sentito i Guns in qualche altro locale sgangherato. Prese il microfono in mano e cominciò a presentare le proprie scuse al pubblico, dicendo che c'era stato un contrattempo e che ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo perchè il resto del gruppo fosse pronto.

Barbi sorrise, pensando che non era mai stata definita "contrattempo", ma che quella era di gran lunga la definizione migliore che avesse ricevuto.

 

Il concerto fu fantastico. I ragazzi, sempre più sudati, invasati e sul punto di esplodere, davano tutto ciò che potevano. William, chissà come mai, era più carico del solito, e continuava a saltare. Quando cantò “Welcome to the Jungle”, a Barbi sembrò che si muovesse come quando erano a letto, e le lanciava occhiate che le avrebbero strappato i vestiti di dosso. Lei cantò ogni canzone assieme a lui, urlando con lui, sperando che lui la sentisse e capisse che gli era vicina.

 

A concerto finito, William si infilò nello sgabuzzino tirato a lucido in modo da sembrare un camerino rispettabile per cambiarsi. Barbi lo raggiunse subito dopo, e i ragazzi non la seguirono, anche se il camerino era anche il loro, per lasciare ai due un po' di tempo per parlare.

Quando la ragazza aprì la porta, William crollò in ginocchio davanti a lei, e le appoggiò la testa in grembo, abbracciandola. << Se dico a tutti che non ho bisogno di nessuno, questo non posso certo dirlo a te >>sussurrò.

Lei gli accarezzava i capelli fiammanti guardando altrove. << Se dico a tutti che va sempre tutto bene, non posso dire la stessa cosa a te >>.

Sapevano entrambi che non c'era bisogno di guardarsi, non c'era nemmeno bisogno di altre parole. Erano così felici di essere insieme, erano così fieri di come era andata la serata, eppure così sconoslati. Sapevano che non c'era posto per loro e il loro amore clandestino, sapevano che non c'era nessuno nei loro rispettivi mondi che potesse capirli bene come si capivano l'un l'altra.












Buona sera!
Questa volta, come promesso, non ho aspettato così tanto. ;) Sono così fiera di me!!
Bando alle ciance, questo capitolo l'avevo scritto mesi fa, quando ho cominciato a scrivere la storia, da brava narratrice onniscente. Così oggi ho dovuto solo rivederlo (al posto di studiare, così prenderò 2, mi odio!) e aggiungere qui e là alcuni pezzi. Per fortuna, perchè mi ero un po' distaccata da Barbi, William e compagnia bella, e non vedevo l'ora di pubblicare di nuovo!
E poi, sono felice perchè il capitolo mi fa meno schifo del precedente. :)
Ringrazio subito chi continua a seguirmi nonostante i miei sbalzi d'umore e le mie pubblicazioni tutt'altro che regolari, e avviso tutti che la storia, come avrete capito, sta arrivando al capolinea. Sono veramente grata a tutte voi che mi avete letto e recensito, ma soprattutto alle canzoni che mi hanno accompagnato e ai personaggi, perchè anche grazie a loro sono cresciuta come "scrittrice". E ora che sto provando a scrivere un libro serio (per questo sono impegnatissima e non posto mai, perdonatemi :P), la pratica che ho fatto con loro mi sta tornando veramente utile.
"Cosa ce ne frega?!" vi starete chiedendo se siete arrivati a leggere fino a qui.
E vi direi anche che avete ragione! Che sono una sclerata e che sarà meglio che mi ritiri, o che passi a miglior vita prima di domani. xD
A presto!
Un bacio, Lucy. :***

 

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Capitolo 15
*** I can't say these things to you. (part 2) ***


La festa era finita, gran parte degli invitati era tornate alla propria abitazione lasciando il vuoto in casa Von Grief.
<< Dov'è Barbi? >>
Vivianne si guardò intorno per il salone dopo aver salutato un gruppo di ospiti che uscivano dal salone scortati da Jeanne. La frase rimase sospesa nell'aria, nessuno rispose, per mancanza di conoscenza o semplicemente di voglia di cercare la risposta corretta.
<< Sì, la prossima serata da voi, con molto piacere, Mildred >>.
Vivianne non fece caso a Scott che, visibilmente nervoso, chiacchierava in una angolo con un altro ospite rigirandosi tra le mani un bicchiere di champagne, probabilmente l'ultimo di una lunga serie, quella serata.
Non vedendo sua figlia, Vivianne decise almeno di andare a cercare suo marito, che forse avrebbe anche potuto rintracciare l'oggetto della sua ricerca. Facendosi strada tra gli ospiti rimasti con un sorriso stampato in viso (mai mostrare agli altri la tua difficoltà, di qualsiasi cosa si tratti), raggiunse il coniuge, occupato a discutere con un socio in affari della prossima mossa.
<< Caro, ti dovrei parlare >>annunciò con un sorriso smielato toccandogli leggermente il braccio. << Si tratta di una questione abbastanza urgente, ma ti porterò via solo due minuti >>. Altro sorriso smielato, questa volta al fantomatico socio in affari, che annuì concessivo, e finalmente suo marito si voltò verso di lei.
<< Non vedo nostra figlia da un po', ed è passata mezzanotte >>spiegò diretta non appena si furono allontanati dagli altri e fu certa di non essere udita.
L'uomo guardò l'arcata rosso fuoco delle sue labbra, nette e ben disegnate, curvarsi a pronunciare quelle fatidiche parole che temeva un giorno di sentire. La guardò con aria interrogativa.
<< Non c'è? >>
<< Non c'è. L'ho persa di vista qualche ora fa e non ho idea di dove sia andata >>confermò la donna.
<< Con chi era l'ultima volta che l'hai vista? >>chiese lui recuperando il tono autoritario.
<< Con Scott, credo >>.

***

Al Cocaine la festa sarebbe continuata, tra l'alcool, la droga e il sesso facile, fino al mattino seguente. Dopo il loro piccolo momento di riunione, William e Barbi si erano uniti agli altri nei festeggiamenti, e ora sedevano intorno ad un tavolo dove i compagni del rosso si stavano dilettando in una gara a chi beveva di più tra le risate generali. Nessuno dei due pensava al mondo fuori dal locale, o alle ore che passavano, e si accontentavano di restare lì, abbracciati sulla panchina.
Ormai erano le quattro e la maggior parte di coloro che avevano partecipato giaceva da qualche parte, stremata, fatta, o ubriaca, o faceva sesso in qualche angolino buio. Barbi e William si erano addormentati, stanchi e sudati, con le schiene appoggiate al muro e le teste appoggiate l'una all'altro. Ad un certo punto però, un pensiero ricorrente strisciò nei sogni di Barbi, facendola svegliare.
Con gli occhi spalancati nella penombra del locale, si accorse che qualcosa non andava. Lei non avrebbe dovuto essere lì. Non più, a quell'ora, qualunque ora fosse.
<< William. William! >>sibilò scuotendolo per le spalle.
Lui protestò poi si voltò a guardarla, improvvisamente vigile. << Barbi, che c'è? >>biascicò poco convinto.
<< Will, è tardissimo, e io non sono a casa >>scandì la ragazza.
William scattò in piedi quasi rovesciando per terra Barbi e un tipo del tutto partito che stava accoccolato vicino a loro infagottato nel suo giubbotto sdrucito, che poi scoprirono essere Jeff. Si infilò rapidamente la giacca e controllò di avere nella tasca le chiavi dell'auto, e corse fuori facendosi largo a spallate tra le persone che affollavano il locale trascinandosi dietro la ragazza tenendola per un polso. Un attimo dopo erano in macchina, e lui girava le chiavi nel quadro forsennatamente.
<< Mi ammazzano...si saranno sicuramente accorti che manco...e quell'idiota gli avrà detto... >>cominciò Barbi allarmata.
<< Cazzo, non parte >>.
Con una semplice affermazione, William interruppe il filo logico dei suoi pensieri. Si voltò a guardarla disperato.
<< Ti ci porto anche a piedi, in braccio se vuoi, se ne hai bisogno rubo una moto, ma se ti devono far fuori io non ci sto. Sei sicura di voler tornare a casa, Barbi? >>
Barbi lo guardò negli occhi, senza sapere cosa rispondere, con un nodo in gola che cominciava a crescere. Sarebbe rimasta con lui senza pensarci due volte, ma non poteva e non sapeva come dirgli che non ci riusciva.
<< Sono intrattabile, lo so, e io e i miei amici siamo ubriachi e fatti la maggior parte del tempo, ma ti amo. È l'unica cosa di cui sono certo. E farei di tutto per stare con te, se ce ne fosse bisogno. Se tu mi dici di sì, vieni a vivere da me. Non so cosa faremo, ma se mi dici di sì, farò di tutto, per te >>.
Il suo sorriso la rasserenava, sempre. I suoi occhi le entravano dentro, riparavano le sue ferite. Gli avrebbe detto di sì in qualsiasi momento, ma sapeva di non potere. Non poteva perché la verità era che non si era mai aperta con nessuno, non gli aveva mai detto di amarlo, non sarebbe scappata dal suo mondo falso di sole apparenze, solo perché lei, Barbi Von Grief, temeva di essere abbandonata. Temeva di aprirsi troppo, fino ad esporsi, e di soffrire poi.
Distolse lo sguardo.
<< No, William. Non posso. Non ora, almeno >>disse con gli occhi che le si riempivano di lacrime.
Lui la guardò, sentendo una fitta al cuore. Non poteva fare più di così. Sapeva di amarla e che lei lo ricambiava, ma non poteva aiutarla. Lei non gli apparteneva del tutto.
<< Va bene, Barbi. Riprovo ancora una volta e poi se non funziona trovo un altro modo >>disse con gli occhi fissi sul quadro mentre girava le chiavi.
Fortunatamente, la macchina si avviò al secondo tentativo, e William ingranò la marcia e partì a massima velocità.
Mentre Barbi si cambiava rapidamente non parlarono, non riuscirono a dir nulla fino all'arrivo a villa Von Grief. Lì, William si sporse ad aprire la portiera di Barbi passando col corpo sopra di lei e causandole un brivido.
<< Vai, Barbi. Non importa se non sei pronta per me, ti capisco. Vai ora. Solo, vieni subito da me se c'è qualsiasi problema. Se ti trattano male, se ti fanno qualsiasi cosa, contattami subito, in qualsiasi modo, e io verrò a prenderti. È chiaro? >> Solo sull'ultima frase alzò gli occhi verso di lei, e per un attimo fugace, nel buio, si osservarono.
<< Sì, chiaro >>rispose lei annuendo.
Corse su per il vialetto sentendo l'ansia crescere all'udire il rumore del motore dell'auto del ragazzo allontanarsi, scomparendo gradualmente.
Dentro ai cancelli, in fondo al viale, la macchina di Scott. Barbi trasalì alla sua vista. Se era lì, era perché stava dicendo ai suoi che lei se n'era andata, che se n'era andata con un tizio poco raccomandabile, per di più.

Nel salotto della villa, i signori Von Grief sedevano sul divano di fronte ad uno sconvolto e nervoso Scott. Alcune ore prima, alla domanda su dove fosse la loro unica figlia, aveva risposto che non lo sapeva, che l'aveva persa quando gli aveva detto che sarebbe andata al bagno. Solo dopo svariate insistenze da parte di Vivianne e della sua stessa madre, che dopo un'ora aveva abbandonato la residenza Von Grief per una forte emicrania, aveva confessato di averla vista andare via. Aveva sostenuto di non aver visto bene l'uomo che l'aveva portata con sé, ma l'aveva descritto come un poco più che ventenne, non molto alto, magro e con i capelli lunghi e lisci, vestito di pelle, e ora era rimasto sotto consiglio dei genitori ad attendere con i Von Grief l'arrivo della polizia.
Quando Barbi arrivò davanti alla porta di casa, già immaginava tutto questo. Rimase un attimo sulla porta, indecisa sul da farsi: in fondo, era ancora in tempo per correre via da quella gabbia di matti.
Alla fine però non se la sentì di venir meno alle sue responsabilità. Prese un respiro e girò le chiavi nella toppa.
<< Barbi! Sei tu? >>
L'urlo di sua madre giunse dal salotto mentre la donna le correva incontro ad abbracciarla con gli occhi pieni di lacrime.
Dietro di lei, Barbi intravide suo padre con il viso contorto dalla disapprovazione e Scott, che si torceva le mani guardando il pavimento. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, e Barbi vide negli occhi di Scott il terrore e il senso di colpa. Lui distolse lo sguardo immediatamente.
Gliel'aveva detto. I suoi genitori sapevano quando e con chi si era allontanata dalle loro insulsa festa.
Si sentì mancare il respiro, e la forza di stare a sentire quello che le avrebbero detto subito dopo.
<< Vivianne >>. La voce ferma di suo padre, il leggero tocco sulla spalla di sua madre, segnavano il passaggio dal momento dei convenevoli a quello del vero rientro a casa.
Sua madre, premendosi sugli occhi un fazzoletto preso chissà dove, si allontanò di qualche passo da Barbi, in lacrime. << Scott, tu puoi andare a casa >>mormorò. << Ti ringraziamo >>.
<< Non c'è di che, signora >>rispose prontamente lui avvicinandosi alla porta. << Signore >>salutò con un cenno del capo. << Barbi >>.
Barbi si voltò come scossa da un brivido elettrico. Non aveva mai provato tutto quell'odio in una volta sola. Nonostante ciò, ebbe la forza di voltarsi e nascondere la sua ira dietro ad uno sguardo freddo e distaccato, mentre con un cenno del capo lo salutava sdegnosamente. Lui non alzò nemmeno gli occhi a guardarla, sapeva che avrebbe visto solo una maschera di ghiaccio.
Un minuto dopo, lui era fuori dalla loro casa, e suo padre la fissava con astio.
<< Dove sei stata, Barbara? >>
Sentire il suo nome pronunciato a quel modo, storpiato dalla rabbia e dall'alcool ingurgitato durante la festa e l'attesa, le fece gelare il sangue nelle vene.
<< Dimmelo >>.
Barbi scosse la testa. Anche volendo, non avrebbe saputo rispondere.
<< Perché...? >>singhiozzò sua madre. << Cosa c'è che non va in te, Barbi? >>
Suo padre la mise a tacere con un cenno della mano. Da lì in poi di sua madre si udirono solo i singhiozzi sommessi.
<< Barbara Lilian Von Grief. Pretendo una spiegazione da te, adesso >>.
Barbi alzò gli occhi, muta e fiera, di nuovo la maschera di ghiaccio. Se non altro, non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla ammettere che aveva sbagliato. Anzi, se aveva fatto una cosa giusta nella sua vita vuota era stata quella di conoscere William.
Vedendo la fierezza nei suoi occhi, l'uomo non fece che infuriarsi di più.
<< Non c'è più bisogno che parli oramai. I tuoi occhi mi dicono tutto >>affermò quasi contrito.
<< E così, te ne vai lasciando qui il povero Scott da solo, per fuggire con qualche scapestrato con i capelli lunghi? >>insinuò adirato. << Cos'hai che non va, Barbara? Perché hai questa insana passione per i casi umani? Cosa ti importa dei poveracci? Il tuo posto è qui, a casa Von Grief, e un giorno diventerai avvocato e sposerai Scott, e poi vivrete assieme, fine della storia. Non pensare che una notte ti cambi la vita >>.
Invece la vita di Barbi era cambiata, e da tempo, e non poteva più stare a sentire quelle fandonie.
<< La mia vita è cambiata da mesi, papà >>affermò stringendo gli occhi, senza distogliere lo sguardo da quello del suo genitore.
<<
Cosa? >>sibilò lui.
<< Hai capito benissimo. Io non farò l'avvocato, non sposerò Scott, non farò la schiera di figli che speri possano ereditare il tuo impero. Non me ne frega un cazzo di tutta questa roba. Non me ne frega un cazzo di voi. Scott è un coglione. Le vostre feste da ricchi sono solo spettacoli orditi per farvi ammirare da quel branco di deficienti di cui vi attorniate. E io, per tua informazione, con quel
poveraccio idiota scapestrato con i capelli lunghi ci scopo. Anche da un bel po'. E non c'è nulla di così eccitante come farsi sbattere da un musicista mentre voi credete che io sia a scuola >>.
Tirò un respiro più forte degli altri, cercando di testare calma. Non era pentita, solo non voleva mostrare la sua rabbia. Solo
farla sentire. Voleva solo che i suoi genitori capissero, per una volta. Da lì in poi, doveva solo vedere come avrebbero reagito.
Da lì in poi, si scatenò l'inferno.
Sua madre, sentendo le ultime frasi si portò una mano alla fronte e si lasciò cadere, sorretta prontamente da Jeanne, che prevedendo scene di questo tipo si era piazzata nelle vicinanze e la scortò immediatamente in salotto.
Suo padre, dopo aver visto la moglie andarsene, si voltò di nuovo verso di lei, con gli occhi iniettati di sangue. << Questa volta, Barbara, non avrai il mio perdono >>.
<< Non l'ho mai avuto >>replicò lei gelida.
Senza nemmeno togliersi gli anelli, suo padre tirò indietro il braccio e la colpì. Barbi non aveva mai sentito una sensazione tanto sgradevole come le nocche che cozzano contro le ossa spaccando la carne, e sentì il sangue affluire al viso. Però rimase lì a guardare suo padre, a vedere fino a che punto sarebbe arrivato, con le lacrime che le salivano dagli occhi ma che non scendevano, e il sangue che le colava lungo il collo.
Senza una parola, suo padre la colpì di nuovo, facendole piegare la testa all'indietro. Ancora, e ancora.
A Barbi mancava il respiro, voleva cedere, ma non l'avrebbe fatto. La testa le girava vorticosamente, le gambe non reggevano più. Sarebbe rimasta fino in fondo.
Solo quando vide tutto quel sangue, e vide che dopo ogni colpo lei si rimetteva in piedi e lo fissava con quegli occhi blu profondi come il mare, senza un minimo segno di cedimento, lui smise. Si voltò, ed entrò in salotto. << Vattene in camera tua, Barbara. E guai a te se esci. Resterai in questa casa fino al mio ordine, anche se domani ricominciano i corsi >>.
Nessuno dei due avrebbe mollato. Senza una parola, Barbi salì le scale ed entrò in camera chiudendo a chiave la porta dietro di sé. Entro nel suo bagno e riempì la vasca, dove si lasciò cadere poco dopo. Non voleva il loro perdono. Non gliene poteva importare di meno. Non le importava più di nulla, ormai. Voleva solo una cosa. Voleva lui.
<< Va tutto bene, tornate indietro >>sentì dire a suo padre ali poliziotti che erano arrivati. << Grazie mille >>.
Eh no, non andava bene per un cazzo.














E' un momento un po' difficile anche per me, ma più è dura più l'ispirazione esce. In un attimo di pausa dallo studio vi regalo questo capitolo. Non l'ho nemmeno letto e spero vi piaccia.
Ringrazio ancora tutte quelle che mi appoggiano, mi seguono, mi recensiscono. Grazie di cuore!
Un bacio,
Lucy

 

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Capitolo 16
*** So don't chastise me, or think I, I mean you harm. ***


I suoi genitori erano andati a letto, e nessuno di loro era passato a darle la buonanotte. Suo padre per ripicca e sua madre per timore di guardarla negli occhi. Aveva sentito i suoi passi fuori dalla porta, il suo respiro affranto, e s'era addirittura immaginata la sua espressione e la sua posizione mentre restava lì, indecisa se bussare o meno. Però poi aveva desistito, e a Barbi non era dispiaciuto affatto. Non avrebbe desiderato guardarla negli occhi per stare a sentire qualsiasi idiozia avrebbe avuto da dirle. Aveva sentito i passi dei genitori e dei domestici per la grande casa, e poi aveva sentito solo il silenzio, segno che ormai erano tutti a letto.
E ora dormivano tutti e lei aveva preso la sua decisione.
Con un movimento rapido, si alzò dal letto, dove si era sdraiata senza nemmeno vestirsi dopo che era uscita dalla vasca da bagno, e scivolò verso la seggiola accanto alla scrivania, dove c'erano posati i vestiti che aveva addosso quando era arrivata a casa. Sollevò la maglietta e la fissò: impossibile indossarla, con la macchia di sangue attorno al colletto, così la abbandonò lì. Infilò un paio di mutande e i pantaloni, poi prese da sotto il cuscino la maglia dei Clash che ormai usava per dormire. Coprì tutto con la giacca di pelle di William e se l'allacciò fino al collo, prese la borsa che usava per andare a scuola e infilò dentro il suo album di disegni, un astuccio, l'abbonamento del pullman, qualche soldo e una copia del Romeo e Giulietta di Shakespeare. Non le sarebbe servito altro. Poi aprì la finestra e si affacciò sulla notte in procinto di finire.
Con la borsa a tracolla, si issò sul bordo della finestra e appoggiò i piedi fuori, sulla tettoia del portico al piano inferiore. Scivolando sulle tegole e attenta a fare il minor rumore possibile, arrivò fino ad appoggiarsi all'albero il cui tronco sfiorava la tettoia e compì il passo decisivo. Aggrappandosi ad un grosso ramo, salì con i piedi al ramo immediatamente sotto e cominciò, tenendosi stretta al tronco, a calarsi giù dall'albero. Il viso le faceva un male terribile e si graffiò le mani, ma non le importava. Ormai era libera.
Guardandosi indietro per essere certa che nessuno si fosse accorta della sua fuga si mise a correre. E corse a perdifiato, lungo le strade di Los Angeles, fino ad arrivare lì, dove voleva arrivare, a Hellhouse. La gente per la strada la fissava, guardava quella ragazza correre con i capelli bagnati e il sangue che continuava a colarle lungo il viso, ma a lei non importava. Non voleva proteggere suo padre, non gliene fregava niente. Che lo vedessero che animale era, nonostante la bella facciata.
Alla fine arrivò lì, sotto casa sua, e le pareva un sogno mentre guardava su verso le finestre ancora illuminate. Spinse la porta d'ingresso certa di trovarla aperta, e salì le scale velocemente. Arrivò come un fulmine e bussò furiosamente.
Mancava poco all'alba e William e Jeffrey erano tornati a casa e si erano addormentati sul divano, uno ubriaco fradicio e l'altro abbastanza depresso con una siringa ancora infilata nel braccio. Non aspettavano di certo il suo arrivo.
Barbi bussò un'altra volta. Più forte. Sapeva che probabilmente non era cosciente, ma dalla luce accesa indovinava che c'era qualcuno dentro. Chiamò il suo nome, anche se forse non era lui quello che si stava alzando inciampando più volte per venire ad aprirle.
Fu Jeff ad affacciarsi alla porta e a vederla per primo, strabuzzando gli occhi per lo spettacolo che gli stava offrendo. Lui non era ancora del tutto cosciente, con le gambe traballanti per via del troppo alcool ingerito, i capelli sudati appiccicati alla fronte e la camicia semiaperta e mezzo scivolata addosso, ma lei era nettamente sconvolgente. Le mani graffiate e i fili tirati dei pantaloni non erano nulla in confronto al sangue incrostato dei suoi capelli sciolti che continuava a colarle lungo il collo e al segno violaceo che le copriva lo zigomo sinistro, l'occhio e parte della guancia, né in confronto al labbro superiore spaccato e gonfio. Il respiro affannato della ragazza faceva capire chiaramente quanto avesse corso per arrivare fin lì.
<< Jeff, ho bisogno di... >>ansimò, senza riuscire a finire la frase. Sapeva che avrebbe pianto, se avesse continuato.
Jeff si scostò e la fece entrare. << È lì sul divano, siediti accanto a lui. Fermati pure qui >>.
William nel frattempo si era accorto della sua presenza, e aveva spalancato gli occhi strappandosi la siringa dal braccio e gettandola a terra. << Barbi! Chi ti ha...? >>esclamò. << Siediti, ci penso io >>tagliò corto poi, correndo verso la cucina e iniziando a frugare negli armadi. Non servivano molte parole per spiegare.
Jeff si sedette al fianco della ragazza sul divano distrutto dall'umidità, col suo solito cipiglio silenzioso. La guardò negli occhi spaventati e sorrise. << Tranquilla, è tutto finito. William arriva subito >>.
Lei gli si gettò al collo riempiendolo di sangue e di lacrime, e lui ricambiò l'abbraccio. Certe volte può fare di più l'abbraccio di un ubriaco che la presenza di tuo padre.
La lasciò un attimo dopo, quando William si presentò con un pacchetto di cotone e una bottiglia impolverita trovata chissà dove di qualche liquore ad alta percentuale alcolica che avrebbe utilizzato come disinfettante, e si sedette sul lato opposto del divano. Quando avvicinò il cotone imbevuto al viso di Barbi, lei si ritrasse istintivamente finendo in braccio a Jeff, che le tenne le spalle ferme con le sue mani grandi.
<< Barbi, non ti voglio fare del male >>le disse William con voce suadente. << Stai calma. Sai quante volte sono arrivato io a casa conciato così? Qualcosa ne so >>.
Barbi annuì, e si avvicinò a lui un po' timorosa, spinta da Jeff.
<< Quando eravamo a Lafayette sono tornato a casa sanguinante tantissime volte. E a casa le prendevo di nuovo, anche più forte, e senza potermi difendere. Sai quante volte ho fatto a botte laggiù? Almeno un milione di volte, Jeff può confermare. Da quando mi conosce, abbiamo perso il conto delle volte in cui si è messo nei casini per aiutarmi >>.
Le parole scorrevano, addomesticando pian piano Barbi, che finalmente si lasciava toccare e medicare, senza pensare più al bruciore che le invadeva il viso. Jeff sogghignava alle sue spalle. << Le abbiamo prese un sacco di volte per colpa tua, rosso! >>ridacchiò.
<< Sì, ma anche date! >>rispose William avvicinando il viso a Barbi per vedere meglio cosa stesse facendo. << Ero una vera testa calda. Lasciati guardare, so quel che faccio >>.
E man mano, più William parlava, più l'istinto di Barbi di voltarsi e chiudersi in se stessa di nuovo scemava, e lei si lasciava bruciare la pelle già distrutta con il disinfettante, e asciugare le lacrime di rabbia che le fluivano dai condotti lacrimali che secondo lei dovevano aver subito un danno, per dover continuare a restare aperti senza disidratarsi.
Quando William finì con la sua faccia, disse a Jeff che poteva andare a dormire, mentre si alzava per buttare via il cotone.
Jeff si alzò ed uscì dalla stanza. << Allora io vado, buonanotte. A domani, Barbi. Trattala bene, Bill >>.
Appena fu uscito, William si sedette accanto alla ragazza, circondando le sue spalle esili con un braccio. Lei non si ritrasse, ma non poteva nascondere il disagio provocato dal contatto, così lui si staccò.
Si voltò e prese dal bracciolo del divano un pacchetto di sigarette. Se ne accese una. << Cos'è successo? >>chiese dolcemente cercando i suoi occhi con li sguardo. Immaginava la risposta.
Lei non rispose, continuando a guardare altrove. Non voleva che lui leggesse la sua anima, come sempre. Attese qualche minuto, senza sapere se parlare o no.
<< È stato mio padre >>disse infine a bassa voce.
<< Cosa?! >>esclamò lui alzandosi in piedi e spegnando la sigaretta sotto ad un piede. << Quello stronzo, lo ucciderò con le mie mani, come ha potuto toccarti? Anche il mio lo faceva, ma non era il mio vero padre, non credevo che... >>. William si fermò, vedendo che Barbi continuava a tenere gli occhi bassi, stringendosi le ginocchia con le mani. << Scusami, Barbi >>le disse cadendo in ginocchio davanti a lei e ritrovando finalmente i suoi occhi. << Scusami, se ti fa più male. Non voglio ricordarti quello che è successo, non voglio costringerti a parlarne. In realtà, sapevo che sarebbe finita così. Sono un coglione, sempre troppo occupato a fare cazzate per dirti ciò che conta. In fondo, tu ti sei ribellata a lui, no? Era chiaro che non ti avrebbe lasciato fare senza dire niente. Alla fine ha capito chi sei veramente. Non era questo che volevi, Barbi? >>
Lei non staccò lo sguardo dagli occhi di lui, anche se lottava disperatamente per farlo. Per quale motivo lui sapeva sempre quello che stava pensando, anche se era annebbiato dall'alcool o da chissà cos'altro? Perché lui? Sentiva che le lacrime stavano per ricominciare a scorrere.
Quando lui la strinse, ricominciò a piangere davvero, singhiozzando sulla spalla dell'unica persona al mondo che non l'avrebbe abbandonata.
<< Cazzo, quanto sei complicata >>scherzò lui senza stringerla troppo, quasi avesse il timore di romperla. << Non piangere adesso, guarda che ce l'hai fatta. Adesso hai ottenuto quello che volevi, loro sanno con chi hanno a che fare >>. Sorrise e si staccò da lei, mentre la ragazza rideva e piangeva assieme. Abbassò di nuovo gli occhi e tornò a sedersi composta.
<< Coraggio, Barbi. Sei libera, adesso >>le disse continuando a tenere la mano sulla sua spalla e gli occhi nei suoi occhi.
Lei annuì con un mezzo sorriso.
William si alzò e si diresse verso la sua camera. Le lanciò il pacchetto di sigarette e un accendino, che lei afferrò stupita. << Io comincio ad andare a letto, tesoro. Quelle le lascio a te. Se fumi, senti meno il dolore fisico. Per l'altro dolore, passa da me più tardi >>le disse, a metà tra l'intenerito e il malizioso.













Author's corner:
Hola! Siamo già al 16, non credevo di averne pubblicati così tanti.
Comunque, se vi fa piacere saperlo, non sono morta. Eh sì, pubblico ancora. Non vi libererete di me fino alla fine di questa long, almeno. Pare che manchi poco, se vi consola, e questo capitolo devo dire che fa anche più schifo degli altri. xD Sarà contenta solo JeffreyCROW, che almeno riuscirà a vedere come continua la storia (e che ringrazio per aver letto i precedenti orrori). :D
Ringrazio chi mi segue e non ha deciso di darsi alla macchia intanto che io non pubblicavo. xD
E ringrazio i Guns che mi ispirano, anche se stanno diventando sempre più OOC.
Spero che vi sia piaciuto, grazie in anticipo a chi recensirà.
Alla prossima!
Lucy

 

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