When Sebastian meets Eric (A Just... Complicated Interlude)

di lievebrezza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When Sebastian meets Eric (A Just... Complicated Interlude) - Parte Uno ***
Capitolo 2: *** When Sebastian meets Eric (A Just... Complicated Interlude) - Parte Due ***



Capitolo 1
*** When Sebastian meets Eric (A Just... Complicated Interlude) - Parte Uno ***


Piccola introduzione veloce: premetto che è una stupidata nata un po' per caso, esattamente come la ff da cui è uscita, quindi leggetela prendendola per quello che è. Questa è una OS che racconta come è avvenuto l'incontro tra Sebastian ed Eric nella fanfiction Just...complicated (se non l'avete letta e magari questa OS vi invoglia a farlo, il link è qui). E' qualcosa che avevo scritto da un po', ma che non avevo messo nella storia perchè non era importante ai fini della trama. Dato che però qualcuno si è affezionato a quel marpione di Eric ed era un pochino interessato a sapere come ha preso Sebastian per le mutande, ho pensato di riaggiustarla un po' e pubblicarla.

Spero che vi piaccia.

Ovviamente non possiedo Glee, né tantomeno Sebastian, ma almeno Eric è mio!

 

When Sebastian meets Eric

(A Just... Complicated Interlude)

 

 

“Sebastian, perchè non riordini un poco la cucina, mentre sono a scuola? Oggi consegnano la spesa e ci sono talmente tante cianfrusaglie in giro che non ho idea di dove ficcare tutto quello che mi hai fatto ordinare.” Blaine, con il cappotto già addosso e la valigetta in una mano, era sulla soglia di casa pronto per uscire; Sebastian era invece sprofondato sul divano con le gambe appoggiate sul tavolino e una ciotola di cereali in grembo. Con i capelli in disordine, gli occhi impastati di sono e una vecchia felpa di Harvard, Sebastian non assomigliava affatto a quegli studenti dai capelli impomatati che sorridevano sulle brochures di una delle università più prestigiose d'America. Piuttosto, sembrava uno studente delle superiori che approfittava dell'assenza dei genitori per mangiare schifezze e passare la giornata davanti alla televisione.

“Riordinare? No.” rispose senza staccare gli occhi dallo schermo e portandosi il cucchiaio alle labbra. Masticò rumorosamente, ignorando lo sbuffo esasperato di Blaine.

“Ma è assurdo, non vuoi mai alzare un dito in questa casa, e passi più tempo qui che ad Harvard! Non puoi aiutarmi, una volta tanto?” sbottò stringendosi la sciarpa al collo e controllandosi nello specchio appeso in ingresso. A quelle parole, Sebastian poggiò i piedi a terra e la ciotola sul tavolino, poi si voltò verso Blaine, guardandolo dispiaciuto. L'altro ricambiò lo sguardo con soddisfazione, pronto a ricevere una scusa e magari anche una promessa di maggiore impegno.

“Blaine, tesoro... non è che non posso. Io non voglio. È diverso.” disse infine, guadagnandosi un'occhiataccia dall'amico, che pur conoscendolo da anni non si aspettava una simile risposta. La sfacciataggine e la pigrizia di Sebastian sarebbero diventati leggenda, lo sapeva.

“Al diavolo! Almeno degnati di riporre nel freezer i surgelati, ok?” Blaine alzò gli occhi al cielo e uscì dall'appartamento sbattendo la porta con aria drammatica. Rimasto solo, Sebastian buttò di nuovo i piedi sul tavolino e riprese a fare zapping masticando con soddisfazione.

Tre ore più tardi, quando suonò il campanello, era seduto sul tappeto, con il joystick della Playstation stretto tra le mani e una bottiglia di Coca Cola sgasata appoggiata poco distante; con un grugnito infastidito si alzò in piedi e si strascinò fino al citofono.

“Chi è?” biascicò scocciato, premendo il bottone della comunicazione. Tra i cartoni animati del mattino, la doccia e due intense ore di Tomb Raider, si era completamente dimenticato di quello che Blaine gli aveva detto prima di andare al lavoro.

“Sono il ragazzo della spesa.” rispose una voce allegra, disturbata appena dal rumore di auto che sfrecciavano nella strada di fronte al palazzo.

“Quinto piano, prendi l'ascensore, Ragazzo della Spesa.”

Eric, al piano terra, afferrò i sacchetti e aprì la porta dell'androne con un calcio, poi si avviò verso la pulsantiera dell'ascensore; si chiese chi fosse lo sconosciuto che gli aveva risposto. Non sembrava la voce di Blaine Anderson, inoltre non era la prima volta che veniva in questo appartamento a consegnare la spesa... che bisogno c'era di precisargli a quale piano salire? Entrò nella cabina incuriosito, dato che nelle settimane precedenti Blaine gli aveva sempre dato l'impressione di vivere da solo; bilanciò tutte le buste tra le braccia e aspettò che il sonoro ping dell'ascensore lo avvisasse dell'apertura delle porte. Era talmente carico che non vedeva nemmeno dove stava andando.

Nel frattempo, Sebastian aveva lasciato il portone socchiuso e si era rituffato sul divano, preparandosi mentalmente a prendersi gioco dell'adolescente mingherlino e brufoloso che avrebbe fatto il suo ingresso carico di borse e con addosso qualche divisa ridicola. Era annoiato a morte e sarebbe stato una buona distrazione, almeno finchè Blaine non sarebbe rientrato; Lima era così noiosa e fiacca, davvero non capiva perchè l'amico avesse accettato quel lavoro. In fondo, il New Mexico era terribilmente vicino al vero Messico: lì si sarebbero divertiti molto di più. O almeno, Sebastian avrebbe avuto qualcosa di più da fare mentre Blaine lavorava, anziché marcire sul divano e giocare a videogames con donne tettone in pantaloncini.

Non che l'idea di studiare lo sfiorasse minimamente.

Con un sospiro, infilò entrambe le mani sotto la testa e aspettò: poco dopo, il ragazzo si annunciò con un rumoroso tramestìo di sacchetti, un'imprecazione mormorata a bassa voce e un deciso bussare alla porta.

“E' aperto!” disse afferrando il telecomando e spegnendo la televisione. Con un balzo, scese dal divano e gli andò incontro quando vide che, per qualche strano motivo, nessuno stava facendo la sua apparizione all'interno. Si trovò davanti un paio di gambe e un muro di sacchetti di carta marrone, stracolmi di prodotti: nessuna chance di scrutare il viso del ragazzo, completamente nascosto alla vista. A terra, alcune lattine di birra stavano rotolando lungo il corridoio e Sebastain capì il motivo dell'imprecazione udita poco prima.

“Mi scusi, uno dei sacchetti si è rotto.” La stessa voce che aveva parlato nel citofono ora proveniva, soffocata, da un punto indistinto dietro quella muraglia. Esasperato, gli strappò dalle mani uno dei sacchetti più grandi e rientrò in casa; il ragazzo lo seguì in silenzio, con le scarpe da ginnastica umide di neve che sgocciolavano sul pavimento. Eric approfittò dell'occasione per guardare chi gli avesse aperto la porta: era certo che quello non fosse Blaine Anderson, il ragazzo che solitamente lo aspettava fuori dall'ascensore, lo aiutava con i sacchetti più pesanti e non si dimenticava mai di offrirgli qualcosa da bere. Senza contare gli immancabili cinque dollari di mancia, che a Eric facevano sempre comodo.

Mentre seguiva l'estraneo in cucina, buttò un occhio anche sul suo fondoschiena, decisamente degno di nota. Si annotò mentalmente di informarsi circa l'identità di quel ragazzo, sempre che voltandosi non si rivelasse un cesso; era ben conscio della rarirà che delle belle chiappe accompagnassero un viso apprezzabile. Ma forse era la sua giornata fortunata.

Quando quello sbattè sgraziamente la spesa sul tavolo e finalmente si girò, Eric evidenziò in rosso quella nota mentale formulata poco prima e l'accompagnò con un'altra. Ossia scoprire se fosse gay, libero e... interessato a un ragazzo di provincia con tanta, tanta voglia di cavalcarlo a morte. Si chiese fino a che punto, esattamente, si spingessero le lentiggini che gli decoravano il collo. E che gusto avrebbero avuto, quando le avrebbe leccate.

L'immaginazione di Eric sapeva essere davvero fervida, se stimolata nel modo giusto; si leccò le labbra e giocherellò con il pensiero di riuscire davvero a sedurre un ragazzo così.

“Posso appoggiarla qui?” chiese sollevando i sacchetti con aria interrogativa. Il ragazzo scrollò le spalle disinteressato, ma poi sembrò improvvisamente ricordarsi di qualcosa.

“Dobbiamo prendere i surgelati. Altrimenti si... sciolgono, o qualcosa del genere.” disse allungando la mano verso uno dei sacchetti che già giaceva mezzo rovesciato sul tavolo.

Dobbiamo? Non credo.” domandò Eric ironico, aggrottando la fronte. Non era pagato per aiutare anche a riporre la spesa, lo faceva solo se sentiva l'odore di una buona mancia e se gli veniva chiesto gentilmente di dare una mano; non aveva intenzione di farlo gratis e senza ricevere almeno un briciolo di gratitudine. E il tipo in questione era figo, ma non abbastanza per farlo sgobbare giusto per la gloria. Niente per niente, questo era il motto di Eric.

Quel tono di voce irritò Sebastian, che alzò lo sguardo dai sacchetti sorpreso, guardandolo con attenzione; fu in quel momento che si accorse che il Ragazzo della Spesa non era un adolescente e che non era affatto brufoloso. Piuttosto, sembrava avere la sua età, o forse un anno in meno. Non che questo lo autorizzasse a rispondergli con quel tono.

Soprattutto con addosso un piumino che sembrava appena fuggito da una vendita di beneficenza e quell'aria da compagnolo.

“Sì, dobbiamo. Blaine mi ucciderà, se mi dimentico di farlo.” sbottò infastidito, come se quella spiegazione fosse sufficiente a far scattare l'altro sull'attenti e mettersi al lavoro. Aprì il freezer e lo osservò perplesso, sforzandosi di decifrare i simboli che decoravano ogni cassetto; ricordò che a volte Blaine congelava la carne, ma non era sicuro di doverlo fare anche in questo caso.

“Ok. Buona fortuna, allora.” Eric si sistemò le maniche della giacca e fece per voltarsi, scocciato per la mancata mancia. E soprattutto perchè l'incontro si stava rivelando meno promettente di quanto le chiappe di quel tizio avressero sussurrato in principio, quando gli erano sballonzolate davanti agli occhi. Peccato, avrebbe flirtato volentieri almeno un pochino.

“Maledizione, non puoi aiutarmi?” A quelle parole, che non suonavano affatto come una domanda, ma piuttosto come un ordine, Eric si fermò. Avrebbe rimesso al suo posto quel maleducato, poco importava che fosse amico di Blaine, che invece era sempre stato gentile. E al diavolo la scopata che già si era pregustato.

“Mi dispiace... non è che non posso. E' solo che non voglio. E' diverso, capisci?” si strinse nelle spalle, fingendosi dispiaciuto. Non era molto bravo a recitare e per Sebastian fu palese che lo stava prendendo per i fondelli; e nessuno poteva prendere per i fondelli uno Smythe.

“Ti diverti? Scommetto che il problema è la mancia. Aspetta.” Sebastian ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta, poi in quelle della felpa. Eric lesse la scritta Harvard, che attraversava il petto del ragazzo, e capì che doveva essere un compagno di università di Blaine. In visita, forse. Si perse un'istante in quei pensieri, finchè una banconota non gli sventolò davanti agli occhi; istintivamente l'afferrò, per scoprire con sorpresa che si trattava di ben cinquanta dollari. Alzò lo sguardo e vide che lo studente stava riponendo il portafogli; aveva sganciato quella cifra senza battere ciglio.

“Allora?” domandò sbrigativo, indicando un cenno del capo il frigorifero. Eric tornò a guardare il denaro, insicuro se accettarlo o meno.

“Fai così con tutti i ragazzi che ti dicono di no?” domandò ironico, e forse un poco malizioso, alzando la banconota stringendola tra due dita. La tentazione di riaprire i giochi era troppo forte, per non essere colta.

“Ti posso assicurare che in certi contesti non si è mai reso necessario allungare cinquanta dollari per ottenere qualcosa. Al più, ho dovuto pagare perchè i più insistenti mi lasciassero stare. Il treno Sebastian passa solo una volta, ti fa vedere il paradiso e poi sparisce all'orizzonte. Non si fanno prigionieri.” rispose senza pensarci troppo. Eric si tolse il piumino e lo appoggiò su una sedia, poi mise la banconota sul tavolo. Al diavolo l'orgoglio, quel tizio non aveva battuto ciglio alla sua allusione, se c'era una minima chance che fosse gay, aveva intenzione di coglierla al volo.

Anche aiutandolo a riporre la spesa.

Ora si trattava solo di capire se fosse in qualche modo legato a Blaine. Cosa che tuttavia non lo avrebbe scoraggiato troppo.

“Sebastian, dunque.” commentò spostandosi accanto a lui e cominciando metodicamente a estrarre i surgelati dai sacchetti, dividendoli per tipo. L'aveva fatto un sacco di volte per le clienti più anziane, ma questa volta sarebbe stato più interessante.

“Già. Ragazzo della Spesa, dunque.” Sebastian lo guardò di sottecchi mentre cercava di imitarne i movimenti, ammucchiando le verdure e dividendole dal resto. Il ragazzo sembrava aver fatto una frecciatina ben mirata, trasformandosi immediatamente in un'appetitosa distrazione: era ancora annoiato e nonostante non fosse propriamente il suo ideale di uomo, a volte era disposto ad abbassare di un poco i suoi standard in favore di divertimento immediato.

“Eric.” lo corresse, ora in piedi davanti allo sportello del freezer. Sebastian ne approfittò per un'ultima occhiata: non era certo un modello, ma quell'aria sana e un po' provinciale ora sembrava attirarlo comunque. C'era qualcosa, dietro quelle frasi pungenti, che lo stava divertendo e attirando insieme: un qualcosa di accattivante, che gli stava facendo venire voglia di giocare. Forse era il contrasto tra il suo aspetto esteriore e quella sottile vena di malizia in ogni parola, ma Sebastian era intrigato.

“Eric, dunque. Dimmi un po', Eric... Ti capita spesso di fare delle sottili avances ai tuoi clienti, mentre riponi i loro piselli surgelati? Blaine non mi aveva accennato a nulla del genere. O magari devo pagare un extra per il servizio?” disse malizioso, passandogli una confezione di gelato. Eric non battè ciglio.

“No, non mi capita spesso. Ma a mia discolpa, sono davvero pochi i ventenni che abitano da soli e che si fanno ancora consegnare la spesa. E ancora meno sono quelli che hanno dei conquilini terribilmente fastidiosi, ma abbastanza carini da essere sopportati e guardagnarsi delle avances.”

“Abbastanza carini? Beh, suppongo che sia lusinghiero, ti ringrazio.” commentò Sebastian, facendosi più vicino. Eric chiuse di scatto lo sportello e si voltò beffardo, con il viso a pochi centrimetri da quello dell'altro.

“Mi ringrazi? Ma io non ho mai detto che era il tuo caso. Ho solo detto è molto, molto, molto raro. Un vero peccato non incontrare mai un ragazzo degno di nota.” Disse nascondendo il nodo allo stomaco che la vicinanza di Sebastian sembrava avergli immediatamente causato: “Mancano solo un paio di settimane a Natale. Chissà, magari potrei trovarlo sotto l'albero.”

“O magari potresti trovarlo ora, se solo guardassi con più attenzione.” Sussurrò con il più collaudato dei suoi sensuali toni di voce. Le loro gambe praticamente si sfioravano, e la schiena di Eric era contro lo sportello del frigorifero; Sebastian non si lasciò sfuggire l'occasione di intrappolarlo del tutto, appoggiando una mano sul muro. Era sempre divertente, quel momento di finta seduzione che precedeva una scopata veloce e un po' anonima: anche sulla pista da ballo, quando la musica era assordante e poteva sentire l'erezione della sua ultima conquista premergli contro il fianco, a Sebastian piaceva sempre giocare un po' al gatto e al topo, prima di passare al sodo.

A quella allusione non troppo velata, Eric non rispose, sorpreso che quel ragazzo potesse davvero essere interessato a lui. Deglutì, rischiando di arrossire come un novellino.

“Oppure potresti divertirti un po' con me, mentre aspetti di trovarlo. Non ho mai biasimato nessuno per essere ceduto al fascino di un piacere immediato.” Aggiunse strizzandogli l'occhio e rincarando la dose. A quella distanza, sentiva l'odore della neve sui capelli di Eric, il profumo del suo dopobarba e quello della benzina del furgone del supermercato: era ufficiale, Sebastian Smythe era eccitato. E non rimaneva mai a bocca asciutta.

Non quando decideva che voleva passare ai fatti.

Dall'altro lato, Eric non era affatto indifferente alla situazione, ma sentiva che le cose gli stavano un poco sfuggendo di mano: era abituato a essere lui il tipo intraprendente, quello che dettava le regole e spingeva gli altri in un angolo. Ora si ritrovava bloccato davanti a questo splendido ragazzo, senza il minimo controllo della piega che le cose stavano prendendo; decise di tirarsi indietro, prima di perdere il controllo. Si sentiva smarrito e terribilmente provinciale, se confrontava le sue goffe tecniche di seduzione a quelle di questo navigato, sfacciato e bellissimo ragazzo, di cui ogni fattezza e ogni movimento sembrava gridare: ottimo liceo, ottima università, ottima famiglia... Niente a che spartire con la grigia e banale vita di Eric, divisa tra un'università di seconda categoria, un patrigno manesco e un lavoretto in un supermercato; probabilmente, avrebbe finito per deluderlo anche a letto, guadagnandosi qualche bella presa in giro. Eppure si era sempre sentito così sicuro di sè... bah, forse era il camminare su un terreno inesplorato che lo agitava, ma se davvero decideva di andare fino in fondo, non poteva comunque infrangere la sua regola principale: sesso sicuro, sempre.

Nessuno l'aveva mai preso in giro per questo, allo Scandals, né in alcuni dei locali che frequentava: erano tutti abbastanza coscienziosi da prendere sul serio perfino il sesso occasionale. Ma questo ragazzo... gli avrebbe riso in faccia. Ed Eric onestamente era sorpreso che fosse davvero intenzionato a portarselo a letto, dato che si sentiva evidentemente fuori dalla sua portata: meglio tirarsene fuori subito.

“Allora, Ragazzo della Spesa, che ne dici?” Sebastian era ancora lì, ma cominciava a sembrare spazientito. O forse era solo una sua impressione, perchè Sebastian più che altro era incuriosito dal suo improvviso tentennamento.

“Meglio di no. Devo tornare al lavoro.” Eric scivolò fuori dalle sue braccia e afferrò il giubbotto, poi uscì dalla cucina.

“Ehi, aspetta!” Lo seguì verso l'ingresso, dove lo raggiunse e lo afferrò per un polso, ma con delicatezza. “Ho detto qualcosa di sbagliato, qualcosa che ti ha offeso? Stavo scherzando, pensavo fosse... chiaro. Che fossimo interessati tutti e due a un po' di sano divertimento.”

E di nuovo, si ritrovarono vicini. Eric deglutì, resistendo alla tentazione di mandare all'aria tutto quanto: niente complicazioni, nella sua vita non aveva tempo per queste cose.

“No, non hai detto niente. Ma io devo tornare al lavoro.” ripetè. Non era vero, il suo turno finiva alle undici e a casa lo aspettavano solamente Stu ubriaco marcio, una decina di lattine di birra vuote e le bollette da pagare. Un po' di sesso avrebbe certamente migliorato la sua giornata. Ma forse poteva accontentarsi di qualcos'altro, almeno per tenersi stretto il ricordo di questo ragazzo dall'aria sofisticata, perfino con addosso una tuta da ginnastica.

Sarebbe stato come fare un giro su una Ferrari: ti fa impazzire, ma sai di non potertela permettere, né di essere il tipo di persona che guida una macchina del genere, ma, seduto su quei sedili di pelle, per qualche istante sogni di poterlo essere, prima di tornare alla vita di tutti i giorni. Prima di scendere e lasciare le chiavi a qualcuno che sappia davvero guidarla e portarla al massimo. Qualcuno con i denti più bianchi dei tuoi, dei vestiti più costosi e un conto corrente a sei zeri, qualcuno all'altezza di una macchina del genere.

“Oh. Ok.” La delusione di Sebastian fu più intensa di quanto si aspettasse; da quando un rifiuto riusciva a infastidirlo tanto? Poi improvvisamente il ragazzo lo afferrò per la felpa e lo tirò verso di sé, baciandolo con forza; fu inaspettato e Sebastian impiegò diversi secondi prima di ricambiare. Eric si stava tirando indietro, convinto di aver fatto una sciocchezza e ferito dall'immobilità delle labbra di Sebastian contro le sue, quando l'altro lo afferrò per la nuca e lo costrinse a rimanere fermo, continuando il bacio. Aprì appena la bocca, lasciando che la lingua di Eric lambisse la sua, accarezzandola incerta.

Ma per Sebastian raramente un bacio non era solo un bacio: di fronte a quella conferma dell'interesse dell'altro, alzò le mani verso la zip del suo piumino, arretrando contemporaneamente verso il divano e cercando di portare l'altro con sé.

Mordicchiò lentamente il labbro inferiore di Eric, per poi baciarlo di nuovo; fu un bacio disordinato, in cui era evidente quanto per ciascuno dei due i movimenti dell'altro fossero nuovi e imprevedibili. Il fatto che poi Eric rifiutasse di essere tirato verso il salotto rendeva tutto più difficile. Quando si allontanò del tutto, avevano entrambi il fiato corto e le pupille dilatate.

“Meglio che vada.” disse con un soffio di fiato.

“Hai lasciato i soldi sul tavolo.” rispose Sebastian, cercando una scusa qualunque per farlo rimanere. Nemmeno capiva perchè gli interessasse farlo restare, dopotutto.

“Li prenderò la prossima volta.” Eric gli strizzò l'occhio, poi abbandonò l'appartamento, lasciandolo in piedi davanti all'ingresso, con le labbra rosse, lucide di saliva e un'insoddisfatta erezione al di sotto della cintura.

Sebastian imprecò, poi camminò avanti e indietro per la sala un paio di volte, giusto per sbollire l'eccitazione; infine afferrò il telefono, la rubrica telefonica e sedette al tavolo della cucina, spingendo di lato la spesa.

“Buongiorno, parlo con il servizio clienti del LiMarket? Sono Blaine Anderson, vorrei ordinare alcuni prodotti... sì, da consegnare domani mattina al mio appartamento, sempre allo stesso indirizzo. Se possibile, vorrei che venisse lo stesso ragazzo che me l'ha portata oggi... è stato tanto gentile ad aiutare la mia anziana nonna a riporre la spesa, ora lei non fa che chiedere di lui. Grazie mille, lei è davvero gentilissima.”

 

Nessuno dice di no a Sebastian Smythe.

Soprattutto quando è annoiato e ha davvero tanto tempo libero.

 

 

 

 

Nda

La storia non finisce qui, era troppo lunga e l'ho divisa in due parti. Martedì o mercoledì pubblicherò anche la seconda parte.

 

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Capitolo 2
*** When Sebastian meets Eric (A Just... Complicated Interlude) - Parte Due ***


When Sebastian meets Eric

(A Just... Complicated Interlude)

Parte Seconda


Con le sopracciglia corrugate, Blaine stava osservando perplesso l'interno di uno degli sportelli della cucina: non si ricordava di aver comprato così tanti biscotti ripieni.

Nè del cioccolato bianco.

Nè una bottiglia di tequila.

Confuso, afferrò i biscotti deciso senza preoccuparsene troppo, poi aprì il frigorifero, intenzionato a versarsi un bicchiere di latte e sprofondare sul divano con la compagnia di un buon libro; accanto al latte, trovò una confezione di panna spray. Esattamente come per il cioccolato e i biscotti, non gli sembrava di averla acquistata recentemente.

“Sebastian, hai riempito tu la cucina di dolci e di alcolici?” domandò ad alta voce quando lo sguardo gli cadde su un barattolo di cioccolato spalmabile appoggiato sul bancone, vicino al lavandino. Sebastian, seduto a terra sul tappeto del salotto, non gli rispose immediatamente; così Blaine chiuse il frigorifero e si avviò nell'altra stanza con il suo spuntino stretto tra le mani e una copia di un vecchio libro di Follett incastrata sotto il braccio.

“Allora?” disse interrogativo mentre passava accanto all'amico, che non sembrava minimamente interessato alla sua domanda. A quel punto, notò che Sebastian aveva le cuffie dell'Ipod nelle orecchie e stava canticchiando sottovoce una canzone dei Beatles mentre sfogliava un manuale di economia. Blaine alzò gli occhi al cielo e si buttò sul divano, poi attirò la sua attenzione pungolandolo al fianco con uno spigolo del libro; Sebastian sussultò e si sfilò gli auricolari, borbottando scocciato: “Che vuoi?”

“Biscotti, cioccolato e panna spray. Rum e tequila. Ti dicono nulla? C'è la cucina piena di roba che non ricordo di aver comprato. Se hai intenzione di ingozzarti di cibo spazzatura, abbi la decenza di avvisarmi, almeno posso prepararmi psicologicamente a resistere alla tentazione... non voglio diventare uno di quei professori che cercano di nascondere la pancetta con i gilet.” gli disse Blaine, sottolineando il concetto ficcandosi un biscotto in bocca.

“Non ho idea di che cosa tu stia parlando.” fu la sorprendente risposta di Sebastian, che riprese ad ascoltare la musica senza fare una piega, lasciando Blaine di stucco. Aiutandosi con un sorso di latte per ingoiare l'enorme boccone di biscotto, si chiese se davvero fosse stato lui ad acquistare tutta quella roba senza ricordarsene; ci pensò per poco, poi fece spallucce e aprì il suo libro. In quel periodo aveva altro cui pensare e la spesa era proprio l'ultimo dei suoi problemi; quando i sensi di colpa per la sua disordinata alimentazione ebbero la meglio, Blaine si decise a schiodarsi dal divano e uscire per un'ora di jogging intenso.

Blaine non era ancora uscito dall'ascensore e Sebastian era già al telefono: “Buongiorno, LiMarket? Sono Blaine Anderson, vorrei ordinare un altro paio di cose, che necessito assolutamente per domani mattina... Sì, lo so che ho telefonato anche ieri, non ho bisogno che me lo ricordi.”

Erano passati un paio di giorni dal suo primo incontro con Eric e ancora non era riuscito a decifrarlo, nonostante fosse riuscito a farlo tornare ben due volte a casa sua con la scusa della spesa da consegnare. Il ragazzo si era presentato sorridente sulla soglia, aveva appoggiato i sacchetti sul tavolo della cucina e aveva risolutamente ignorato i cinquanta dollari di mancia che già la prima volta si era rifiutato di prendere. Puntuale come un orologio, aveva sottilmente flirtato con Sebastian, per poi lasciarlo a bocca asciutta: evidentemente, ordinare panna spray e offrirsi maliziosamente di leccarla direttamente dalla sua pelle non era un'avance sufficientemente convincente, per i suoi standard.

Era riuscito solo a strappargli un altro paio di baci, che Eric stesso aveva a fatica interrotto prima di scappare via dall'appartamento. A questo punto, Sebastian era decisamente intrigato e se cioccolata spalmabile con panna non erano allusioni adatte a stimolare la libido di Eric, non aveva nessun problema a giocare più pesante.

Era solo questione di tempo, prima che Eric capitolasse. Esattamente come tutti gli altri prima di lui, anche se stava facendo il difficile. Nessuno poteva dirgli di no.

“Confido nella riservatezza e nella professionalità del vostro personale. La ringrazio infinitamente.” terminò di elencare i prodotti di doveva fingere necessità, poi chiuse la conversazione e accese la televisione, saltando distrattamente da un canale all'altro. Il suo unico pensiero era riuscire a infilarsi nei pantaloni di quel ragazzo. Stavolta Eric doveva per forza reagire, in un modo o nell'altro; Sebastian sorrise e si pregustò il momento mentre guardava un programma idiota, sdraiato sul divano.



 “Sono il ragazzo della spesa.” La voce allegra del commesso giunse gradita a Sebastian, che lo stava aspettando seduto in cucina, fingendo di studiare per un esame; mentiva perfino a se stesso, non riuscendo ad ammettere che quell'incontro sarebbe stato il momento saliente della sua giornata.

“Sali, Eric.” rispose schiacciando il pulsante che apriva il portone d'ingresso. Si aggiustò i jeans e il maglione, passò una mano tra i capelli e ingollò velocemente una mentina: aveva un'aria casual appositamente studiata per l'occasione. Non voleva dare l'impressione di possedere solo tute da ginnastica e felpe sformate.

Il leggero bussare alla porta interruppe i suoi tentativi di far sembrare casuale il suo improvviso cambio di look: Eric entrò senza attendere nessun cenno di permesso, con un sacchetto stretto al petto e un'espressione divertita in viso. Era evidentemente incuriosito e non si preoccupava di nasconderlo.

“Stavolta non ci sono surgelati. Posso lasciare direttamente a te la spesa o vuoi una mano per riporla?” commentò allusivo, indicando con un cenno della testa quello che teneva tra le mani.

“Quello che vorrei io è una mano a usarla. O anche solo una mano, se capisci quello che intendo.” rispose Sebastian, malizioso.

“Lieto di sapere che almeno con questi prodotti hai una mezza idea su come adoperarli. Spiegare come ordinare i surgelati è un conto, ma sarebbe imbarazzante dover fare lo stesso anche con questo genere di... articoli.”

Ancora una volta, Eric riusciva a farlo divertire: in ogni sua parola non s'intravedeva un briciolo di vergogna. Riusciva a stare in piedi in mezzo all'ingresso con venti confezioni di preservativi e dieci flaconi di lubrificante alla ciliegia stretti tra le braccia senza il minimo cenno di disagio.

Confezioni famiglia.

Confezioni formato extra-large.

Poi aggiunse qualcosa che sorprese Sebastian.

“Blaine è un ragazzo fortunato.” gli strizzò l'occhio e gli allungò il sacchetto, che Sebastian afferrò senza pensarci troppo, colpito com'era da quello che Eric gli stava dicendo. Pensava davvero che lui e Blaine fossero una coppia o lo stava dicendo solo per avere una conferma?

“Io e Blaine siamo solo amici.” commentò piatto, inclinando la testa per osservare meglio la reazione di Eric. “Se è questo che vuoi sapere. E se questo che ti impedisce di salire sul treno Smythe per un giro completo.”

L'altro si strinse nelle spalle, facendo una smorfia poco convinta: “Se fosse stato un problema, te l'avrei chiesto due giorni fa, prima di ficcarti la lingua in gola. Non ti ho chiesto di sposarmi, quindi perchè dovrebbe interessarmi se fai le corna o meno al tuo fidanzato? Meglio così, comunque. Blaine mi sembra un bravo ragazzo.”

Sebastian corrugò le sopracciglia e appoggiò la spesa sul tavolino del salotto, poi si passò una mano tra i capelli con un sospiro, indeciso su come rispondere; Eric lo guardò in silenzio, spostando il peso da un piede all'altro, improvvisamente un po' a disagio. Come già era accaduto nei giorni precedenti, consegnata la spesa e consumate le battute maliziose, tra di loro si stava insinuando ancora un sottile imbarazzo.

La verità era che Eric era lusingato dalle continue avance di Sebastian, via via più sfacciate, ed era divertito dalla sua personalità brillante e sopra la righe, ma continuava a sentirsi terribilmente provinciale all'idea di mostrargli i suoi esami del sangue e chiedergli di fare altrettanto. Moriva dalla voglia di saltargli addosso, eppure la paura di essere preso in giro lo frenava.

“Ascolta, io stavo guardando la televisione. Vuoi rimanere?” A quella proposta, Eric spalancò gli occhi, decisamente sorpreso. Poteva gestire le battute e gli approcci più allusivi, ma non aveva idea di che cosa Sebastian nascondesse dietro una domanda apparentemente tanto innocente. Prima che potesse aprire la bocca per rispondere, il suo sguardo cadde involontariamente sulla montagna di preservativi che sbucava dal bordo del sacchetto.

“Non abuserò di te, tranquillo.” Lo rassicurò Sebastian, quando notò dove stava guardando. La sua intenzione era più che altro studiare quel ragazzo e capire esattamente che cosa lo stesse frenando: non era etero, non sembrava indifferente al suo aspetto fisico, dall'atteggiamento con cui rispondeva alle sue battute sembrava piuttosto disincantato sul sesso e sapeva che Sebastian era single. Perchè diavolo stavano ancora parlando, anziché scopare?

“Ok.” Eric tolse il piumino, afferrò il telecomando e si lasciò cadere sul divano. “Però guardiamo un documentario. A casa mia non ho la pay-tv.”

Arrivarono circa a metà di un interessante servizio sui leoni, prima di lasciar perdere completamente il programma e dedicare tutta la loro attenzione alle labbra dell'altro. Quando Sebastian infilò la mano sotto il maglione di Eric, che era seduto sulle sue gambe e gli stava facendo quello che si sarebbe poi rivelato un succhiotto leggendario, l'altro sussultò solo dopo diversi minuti. A quel punto, la mano di Sebastian non era più sulla sua schiena, ma si stava facendo lentamente strada dentro i suoi boxer.

Eric si sottrasse al suo tocco, per poi alzarsi e afferrare la giacca. Tutto, nei suoi movimenti, sembrava gridare il suo desiderio di rimanere, ma qualcosa lo stava costringendo ad andarsene; Sebastian non aveva idea di cosa fosse.

“Io... meglio che vada, ok?” disse rosso in viso, con un segno rosso sul collo più evidente che mai. L'altro, con il fiato corto e i capelli in disordine, lo guardò appena disperato, ma trovò la forza di rispondergli: “Ci vediamo domani.”

Fu solo quando la porta si chiuse e udì i passi di Eric allontanarsi che capì di aver appena fissato un appuntamento. O qualcosa di pericolosamente simile.

Non era tanto quello a spaventarlo, dal momento che Sebastian aveva avuto compagni di scopate con cui era visto più e più volte; a preoccuparlo era la totale assenza di insofferenza all'idea di stare di nuovo con lui. Sebastian, con il respiro affannato e le dita che pungevano solo al pensiero di toccarlo di nuovo, non vedeva l'ora che fosse domani per partire di nuovo all'attacco. Afferrò il telefono e chiamò il servizio clienti del LiMarket per la quarta volta in quattro giorni.

Non si era mai preso tanta briga per qualcuno con cui non faceva nemmeno sesso.

O che aveva un'insana passione per i documentari.

 


 

Il balletto andò avanti ancora per alcuni giorni, meno nel weekend, perchè Blaine era a casa e Sebastian non aveva ancora voglia di dirgli di Eric. Che ogni volta gli scivolava via tra le dita non appena le cose si facevano più bollenti: sembrava non aspettare altro che lanciarsi addosso a Sebastian, eppure non succedeva nulla. E lui era sempre più confuso.

Non che l'avesse sfiorato il pensiero di chiedergli direttamente quale fosse il problema. Non voleva sembrare disperato, anche se Eric si era rivelato terribilmente simpatico, con un senso dell'umorismo spontaneamente ricco di doppi sensi, molto intelligente e particolarmente abile con la lingua. Al'alba del decimo incontro, Sebastian lo aspettava più per passare del tempo con lui che per cercare di entrargli nei pantaloni. Vederlo sembrava rendere le giornate più interessanti, anche se non lo considerava più una mera distrazione.

Lo comprese quando venerdì mattina arrivò a inventare una scusa pur di buttare Blaine, che non aveva lezione, fuori casa ed essere solo all'arrivo di Eric. Che alle undici, puntuale come sempre, suonò il campanello.

“Sono Eric.”

“Sali, tra due minuti comincia il documentario sui calamari giganti.” gli rispose Sebastian, godendosi la risata con cui l'altro aveva reagito a quell'avvertimento. Ovviamente, Sebastian non aveva controllato online la programmazione del canale preferito di Eric; sarebbe stato da fallito e lui certe cose non le faceva. Così come non preparava uno stupido plaid sul bracciolo del divano, perchè Eric una volta di era lamentato di avere freddo, mentre gli sfilava il pile della divisa.

Quando bussò e Sebastian aprì la porta, si trovò davanti una sorpresa. Eric non aveva addosso la giacca del supermercato e soprattutto non aveva nulla tra le mani, a eccezione di una enorme scatola di cartone, che sembrava contenere una pizza.

Rimase a fissarlo per qualche istante, senza farlo entrare.

“Dov'è la spesa?” domandò perplesso Sebastian.

“Ieri non hai telefonato al supermercato.” commentò piatto Eric, sollevando un sopracciglio.

“Ah.” Sebastian non si mosse di un millimetro. Era vero, non aveva telefonato, aveva completamente dimenticato che era solo per le sue telefonate che Eric veniva ogni giorno al suo appartamento carico di sacchetti.

“E io questo venerdì non lavoro.” aggiunse, ora con una punta di nervosismo.

“Ah.”

“Così ho pensato che magari potevamo mangiare una pizza e guardare un po' la televisione insieme senza preoccuparci dell'orario, ecco. Ora però mi rendo conto che è stata un'idea stupida.” Eric fece per voltarsi e andarsene, sentendosi un perfetto idiota per aver pensato che Sebastian volesse vederlo; in fondo, era chiaro a entrambi che quello che succedeva su quel divano non aveva alcuna importanza. Era solo un divertimento, di cui oggi Sebastian non aveva voglia, altrimenti avrebbe telefonato al supermercato.

Ma allora perchè gli aveva detto di sbrigarsi, altrimenti avrebbe perso l'inizio del documentario?

“Aspetta!” Già a metà del corridoio, Eric si fermò, per voi voltarsi lentamente con la pizza ancora stretta tra le mani e le guance che bruciavano d'imbarazzo. Sebastian aveva fatto un passo fuori dalla porta e lo stava guardando; almeno all'apparenza, sembrava imbarazzato e confuso quanto lui.

Eric rimase in silenzio, aspettando di sapere perchè gli aveva chiesto di fermarsi.

“Se te ne vai, ti perderai il documentario. E io mi sentirei un perfetto idiota a guardarlo da solo. In più, quella pizza ha un profumo davvero... invitante. Perciò tagliamola corta e rimani, va bene?” Si scansò dalla porta e gli indicò di entrare con un rapido cenno della mano. Eric lo seguì all'interno senza dire una parola e rimase finchè Blaine non chiamò per chiedere a Sebastian cosa voleva per cena.

Erano rimasti sul divano per ore, mangiando la pizza, parlando dei colleghi di Eric, delle nottate folli allo Scandals e degli esami universitari che stavano preparando. Il tutto arricchito da numerose pause sdraiati uno addosso all'altro: incredibilmente, Sebastian si trovò ad apprezzare quei momenti, anche ora che sapeva non sarebbero sfociati in nulla di più... concreto. Eric baciava bene e gli aveva appena spiegato una formula di statistica su cui aveva delle difficoltà insormontabili.

Forse il sesso poteva attendere.

Ancora un paio di giorni.



 

Lunedì, quando la situazione giunse finalmente a una svolta, Eric era sdraiato sul divano, senza la maglietta e con i pantaloni calati fino a metà coscia, mentre Sebastian era sopra di lui con nient'altro che un paio di boxer. Non appena infilò le dita sotto l'elastico degli slip di Eric, l'altro si irrigidì e disse che era tardi, che doveva andare.

Sebastian non si mosse, ma allontanò la mano di buon grado; impedì comunque a Eric di alzarsi.

“Mi piaci.” disse di punto in bianco. Forse Eric era un tipo da complimenti, forse era per quello che non gli permetteva di andare oltre. Ma Sebastian non era molto bravo con le parole gentili.

“Ehm... grazie. Anche tu mi piaci.” rispose, confuso da quell'affermazione un po' infantile. E un po' ovvia. Non era evidente che si piacevano, dato che erano mezzi nudi e nel bel mezzo di un pomiciamento decisamente bollente?

“Ok. Quindi ti piaccio. E sei gay.” commentò Sebastian, meditabondo.

“Direi di sì.” confermò, come se fosse necessario. Gli stava venendo da ridere.

“Sei vergine?” domandò secco l'altro.

“Dio, no!” A quel punto, Eric cominciò a sghignazzare di gusto.

“E allora perchè accidenti non ti lasci scopare? Maledizione, sono due settimane che andiamo avanti così!” sbottò, frustrato. Questo stupido ragazzo gli piaceva davvero, ma Sebastian non era un tipo paziente, soprattutto se anche l'altro gli mandava dei segnali positivi  che finivano in nulla.

Eric si appoggiò sui gomiti, sfuggendo allo sguardo di Sebastian, ormai prossimo alla disperazione. Non disse nulla, reticente all'idea di concedere spiegazioni, ma smise di ridere. La conversazione che rimandava da un po' era pericolosamente vicina.

“Cazzo, Eric! Mi piaci davvero, facciamo un sacco di cose strane insieme, come guardare la televisione, o parlare... ma davvero io... perchè non mi vuoi?” aggiunse, incespicando con le parole. L'altro bofonchiò qualcosa, che non capì.

“Cos'hai detto?”

Con un sospiro, Eric incastrò il braccio tra i loro due corpi, ancora incollati uno all'altro e prese il portafogli che teneva nella tasca posteriore dei pantaloni, arrotolati all'altezza delle sue ginocchia. Lo aprì ed estrasse un foglio, che porse a Sebastian. Il ragazzo guardò quel foglio stropicciato e lo aprì lentamente, dopo essersi messo seduto; Eric si tirò su i pantaloni e rimase a guardarlo, accoccolato accanto a lui. Stava tenendo il fiato.

“Io... non capisco.” disse leggendo. Erano i risultati di un esame del sangue.

HIV negativo

Epatite A negativo

Epatite B negativo

Lesse e rilesse quelle parole, sempre più confuso; poi notò che la data risaliva a pochi giorni prima. Esattamente al giorno successivo al loro primo incontro.

“Ho anche quello della gonorea... è negativo anche quello. E quello della Chlamydia.” aggiunse Eric, balbettando appena. Non poteva sapere che l'espressione di Sebastian era sorpresa dalla sua onestà e non da altro; stava ripensando a François, alle bugie che gli aveva detto, alle pillole che aveva trovato nell'armadio, la paura che aveva avuto nei mesi successivi. E questo ragazzo teneva delle analisi spiegazzate nel portafogli da giorni.

“Perchè non me li hai mostrati subito? Ti ho proposto di fare sesso praticamente dieci minuti dopo averti conosciuto.” disse voltando il foglio e ripiegandolo con cura, sforzandosi di comprendere il motivo per cui Eric gli aveva nascosto di essere perfettamente sano.

“Non volevo sembrarti un novellino. O un provincialotto.” rispose Eric, arrossendo. “Uso sempre il preservativo, ma preferisco fare anche gli esami. Mi sento più tranquillo nel fare anche tutto il resto, così. Ora puoi prendermi in giro, se vuoi.”

Non aspettò la risposta di Sebastian, che continuava a fissarlo incredulo; afferrò la maglia che avevano gettato a terra una ventina di minuti prima e se la infilò. Quando si alzò per cercare anche il maglione, Sebastian lo afferrò per una mano e lo tirò di nuovo sul divano, costringendolo a guardarlo in viso.

“Non ti prenderò in giro. Non su questo. Forse potrei prenderti in giro per il fatto che sei gay e mangi solo pizza con la salsiccia o perchè hai un piumino arancione che probabilmente si vede anche dalla stazione orbitante della Nasa, ma non su questo.” Sebastian era serio, mentre lo teneva per le spalle.

“Domani andrò a fare gli esami e dopodomani... se lo vorrai ancora, e spero davvero di sì, faremo l'amore.” Eric fece un sorriso malizioso all'idea e lo baciò sulle labbra, concedendosi un piccolo ghigno di vittoria.

"Ok.  Va bene." disse senza allontanarsi dal viso di Sebastian.

Fu dopo aver parlato che Sebastian si rese conto che non era più sesso, quello che stavano rimandando da giorni. Forse all'inizio, ma ora non più. Non si vergognò di pensarlo, né di dirlo.

In quel momento non voleva altri che Eric, nel suo letto. O meglio, sul suo divano.

Avrebbe fatto tutto quello che gli chiedeva, poi l'avrebbe spogliato lentamente e l'avrebbe fatto sdraiare sotto di lui. Avrebbe baciato ogni lentiggine sulle sue guance e avrebbero fatto l'amore.

“Ma non sono innamorato.” si disse mentalmente. “Non di un ragazzo con la pancetta, un pessimo gusto per i vestiti, un'educazione pubblica e un pessimo taglio di capelli.”

Poi guardò Eric, i suoi occhi allegri che guardavano Sebastian colmi di divertimento, complicità e malizia, e capì che era solo questione di tempo.

Non era innamorato.

Non ancora.

 

 

 

Nda

 

E siamo giunti al termine anche di questa storiella. Non ho mai scritto storie tanto brevi, spero di essere riuscita a raccontare con efficacia i momenti salienti. Grazie per aver letto!

LieveB

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