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Autore: lievebrezza    19/05/2012    17 recensioni
Esattamente... come si sono conosciuti Sebastian ed Eric?
E che diavolo hanno fatto sopra il plaid di Blaine?
E perchè Sebastian si è innamorato di Eric?
Se leggendo "Just...complicated" vi è capitato di farvi queste domande, questa OS potrebbe fornirvi le risposte.
JUST... COMPLICATED VERSE (ho copiato le americane, ihihihih...)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Piccola introduzione veloce: premetto che è una stupidata nata un po' per caso, esattamente come la ff da cui è uscita, quindi leggetela prendendola per quello che è. Questa è una OS che racconta come è avvenuto l'incontro tra Sebastian ed Eric nella fanfiction Just...complicated (se non l'avete letta e magari questa OS vi invoglia a farlo, il link è qui). E' qualcosa che avevo scritto da un po', ma che non avevo messo nella storia perchè non era importante ai fini della trama. Dato che però qualcuno si è affezionato a quel marpione di Eric ed era un pochino interessato a sapere come ha preso Sebastian per le mutande, ho pensato di riaggiustarla un po' e pubblicarla.

Spero che vi piaccia.

Ovviamente non possiedo Glee, né tantomeno Sebastian, ma almeno Eric è mio!

 

When Sebastian meets Eric

(A Just... Complicated Interlude)

 

 

“Sebastian, perchè non riordini un poco la cucina, mentre sono a scuola? Oggi consegnano la spesa e ci sono talmente tante cianfrusaglie in giro che non ho idea di dove ficcare tutto quello che mi hai fatto ordinare.” Blaine, con il cappotto già addosso e la valigetta in una mano, era sulla soglia di casa pronto per uscire; Sebastian era invece sprofondato sul divano con le gambe appoggiate sul tavolino e una ciotola di cereali in grembo. Con i capelli in disordine, gli occhi impastati di sono e una vecchia felpa di Harvard, Sebastian non assomigliava affatto a quegli studenti dai capelli impomatati che sorridevano sulle brochures di una delle università più prestigiose d'America. Piuttosto, sembrava uno studente delle superiori che approfittava dell'assenza dei genitori per mangiare schifezze e passare la giornata davanti alla televisione.

“Riordinare? No.” rispose senza staccare gli occhi dallo schermo e portandosi il cucchiaio alle labbra. Masticò rumorosamente, ignorando lo sbuffo esasperato di Blaine.

“Ma è assurdo, non vuoi mai alzare un dito in questa casa, e passi più tempo qui che ad Harvard! Non puoi aiutarmi, una volta tanto?” sbottò stringendosi la sciarpa al collo e controllandosi nello specchio appeso in ingresso. A quelle parole, Sebastian poggiò i piedi a terra e la ciotola sul tavolino, poi si voltò verso Blaine, guardandolo dispiaciuto. L'altro ricambiò lo sguardo con soddisfazione, pronto a ricevere una scusa e magari anche una promessa di maggiore impegno.

“Blaine, tesoro... non è che non posso. Io non voglio. È diverso.” disse infine, guadagnandosi un'occhiataccia dall'amico, che pur conoscendolo da anni non si aspettava una simile risposta. La sfacciataggine e la pigrizia di Sebastian sarebbero diventati leggenda, lo sapeva.

“Al diavolo! Almeno degnati di riporre nel freezer i surgelati, ok?” Blaine alzò gli occhi al cielo e uscì dall'appartamento sbattendo la porta con aria drammatica. Rimasto solo, Sebastian buttò di nuovo i piedi sul tavolino e riprese a fare zapping masticando con soddisfazione.

Tre ore più tardi, quando suonò il campanello, era seduto sul tappeto, con il joystick della Playstation stretto tra le mani e una bottiglia di Coca Cola sgasata appoggiata poco distante; con un grugnito infastidito si alzò in piedi e si strascinò fino al citofono.

“Chi è?” biascicò scocciato, premendo il bottone della comunicazione. Tra i cartoni animati del mattino, la doccia e due intense ore di Tomb Raider, si era completamente dimenticato di quello che Blaine gli aveva detto prima di andare al lavoro.

“Sono il ragazzo della spesa.” rispose una voce allegra, disturbata appena dal rumore di auto che sfrecciavano nella strada di fronte al palazzo.

“Quinto piano, prendi l'ascensore, Ragazzo della Spesa.”

Eric, al piano terra, afferrò i sacchetti e aprì la porta dell'androne con un calcio, poi si avviò verso la pulsantiera dell'ascensore; si chiese chi fosse lo sconosciuto che gli aveva risposto. Non sembrava la voce di Blaine Anderson, inoltre non era la prima volta che veniva in questo appartamento a consegnare la spesa... che bisogno c'era di precisargli a quale piano salire? Entrò nella cabina incuriosito, dato che nelle settimane precedenti Blaine gli aveva sempre dato l'impressione di vivere da solo; bilanciò tutte le buste tra le braccia e aspettò che il sonoro ping dell'ascensore lo avvisasse dell'apertura delle porte. Era talmente carico che non vedeva nemmeno dove stava andando.

Nel frattempo, Sebastian aveva lasciato il portone socchiuso e si era rituffato sul divano, preparandosi mentalmente a prendersi gioco dell'adolescente mingherlino e brufoloso che avrebbe fatto il suo ingresso carico di borse e con addosso qualche divisa ridicola. Era annoiato a morte e sarebbe stato una buona distrazione, almeno finchè Blaine non sarebbe rientrato; Lima era così noiosa e fiacca, davvero non capiva perchè l'amico avesse accettato quel lavoro. In fondo, il New Mexico era terribilmente vicino al vero Messico: lì si sarebbero divertiti molto di più. O almeno, Sebastian avrebbe avuto qualcosa di più da fare mentre Blaine lavorava, anziché marcire sul divano e giocare a videogames con donne tettone in pantaloncini.

Non che l'idea di studiare lo sfiorasse minimamente.

Con un sospiro, infilò entrambe le mani sotto la testa e aspettò: poco dopo, il ragazzo si annunciò con un rumoroso tramestìo di sacchetti, un'imprecazione mormorata a bassa voce e un deciso bussare alla porta.

“E' aperto!” disse afferrando il telecomando e spegnendo la televisione. Con un balzo, scese dal divano e gli andò incontro quando vide che, per qualche strano motivo, nessuno stava facendo la sua apparizione all'interno. Si trovò davanti un paio di gambe e un muro di sacchetti di carta marrone, stracolmi di prodotti: nessuna chance di scrutare il viso del ragazzo, completamente nascosto alla vista. A terra, alcune lattine di birra stavano rotolando lungo il corridoio e Sebastain capì il motivo dell'imprecazione udita poco prima.

“Mi scusi, uno dei sacchetti si è rotto.” La stessa voce che aveva parlato nel citofono ora proveniva, soffocata, da un punto indistinto dietro quella muraglia. Esasperato, gli strappò dalle mani uno dei sacchetti più grandi e rientrò in casa; il ragazzo lo seguì in silenzio, con le scarpe da ginnastica umide di neve che sgocciolavano sul pavimento. Eric approfittò dell'occasione per guardare chi gli avesse aperto la porta: era certo che quello non fosse Blaine Anderson, il ragazzo che solitamente lo aspettava fuori dall'ascensore, lo aiutava con i sacchetti più pesanti e non si dimenticava mai di offrirgli qualcosa da bere. Senza contare gli immancabili cinque dollari di mancia, che a Eric facevano sempre comodo.

Mentre seguiva l'estraneo in cucina, buttò un occhio anche sul suo fondoschiena, decisamente degno di nota. Si annotò mentalmente di informarsi circa l'identità di quel ragazzo, sempre che voltandosi non si rivelasse un cesso; era ben conscio della rarirà che delle belle chiappe accompagnassero un viso apprezzabile. Ma forse era la sua giornata fortunata.

Quando quello sbattè sgraziamente la spesa sul tavolo e finalmente si girò, Eric evidenziò in rosso quella nota mentale formulata poco prima e l'accompagnò con un'altra. Ossia scoprire se fosse gay, libero e... interessato a un ragazzo di provincia con tanta, tanta voglia di cavalcarlo a morte. Si chiese fino a che punto, esattamente, si spingessero le lentiggini che gli decoravano il collo. E che gusto avrebbero avuto, quando le avrebbe leccate.

L'immaginazione di Eric sapeva essere davvero fervida, se stimolata nel modo giusto; si leccò le labbra e giocherellò con il pensiero di riuscire davvero a sedurre un ragazzo così.

“Posso appoggiarla qui?” chiese sollevando i sacchetti con aria interrogativa. Il ragazzo scrollò le spalle disinteressato, ma poi sembrò improvvisamente ricordarsi di qualcosa.

“Dobbiamo prendere i surgelati. Altrimenti si... sciolgono, o qualcosa del genere.” disse allungando la mano verso uno dei sacchetti che già giaceva mezzo rovesciato sul tavolo.

Dobbiamo? Non credo.” domandò Eric ironico, aggrottando la fronte. Non era pagato per aiutare anche a riporre la spesa, lo faceva solo se sentiva l'odore di una buona mancia e se gli veniva chiesto gentilmente di dare una mano; non aveva intenzione di farlo gratis e senza ricevere almeno un briciolo di gratitudine. E il tipo in questione era figo, ma non abbastanza per farlo sgobbare giusto per la gloria. Niente per niente, questo era il motto di Eric.

Quel tono di voce irritò Sebastian, che alzò lo sguardo dai sacchetti sorpreso, guardandolo con attenzione; fu in quel momento che si accorse che il Ragazzo della Spesa non era un adolescente e che non era affatto brufoloso. Piuttosto, sembrava avere la sua età, o forse un anno in meno. Non che questo lo autorizzasse a rispondergli con quel tono.

Soprattutto con addosso un piumino che sembrava appena fuggito da una vendita di beneficenza e quell'aria da compagnolo.

“Sì, dobbiamo. Blaine mi ucciderà, se mi dimentico di farlo.” sbottò infastidito, come se quella spiegazione fosse sufficiente a far scattare l'altro sull'attenti e mettersi al lavoro. Aprì il freezer e lo osservò perplesso, sforzandosi di decifrare i simboli che decoravano ogni cassetto; ricordò che a volte Blaine congelava la carne, ma non era sicuro di doverlo fare anche in questo caso.

“Ok. Buona fortuna, allora.” Eric si sistemò le maniche della giacca e fece per voltarsi, scocciato per la mancata mancia. E soprattutto perchè l'incontro si stava rivelando meno promettente di quanto le chiappe di quel tizio avressero sussurrato in principio, quando gli erano sballonzolate davanti agli occhi. Peccato, avrebbe flirtato volentieri almeno un pochino.

“Maledizione, non puoi aiutarmi?” A quelle parole, che non suonavano affatto come una domanda, ma piuttosto come un ordine, Eric si fermò. Avrebbe rimesso al suo posto quel maleducato, poco importava che fosse amico di Blaine, che invece era sempre stato gentile. E al diavolo la scopata che già si era pregustato.

“Mi dispiace... non è che non posso. E' solo che non voglio. E' diverso, capisci?” si strinse nelle spalle, fingendosi dispiaciuto. Non era molto bravo a recitare e per Sebastian fu palese che lo stava prendendo per i fondelli; e nessuno poteva prendere per i fondelli uno Smythe.

“Ti diverti? Scommetto che il problema è la mancia. Aspetta.” Sebastian ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta, poi in quelle della felpa. Eric lesse la scritta Harvard, che attraversava il petto del ragazzo, e capì che doveva essere un compagno di università di Blaine. In visita, forse. Si perse un'istante in quei pensieri, finchè una banconota non gli sventolò davanti agli occhi; istintivamente l'afferrò, per scoprire con sorpresa che si trattava di ben cinquanta dollari. Alzò lo sguardo e vide che lo studente stava riponendo il portafogli; aveva sganciato quella cifra senza battere ciglio.

“Allora?” domandò sbrigativo, indicando un cenno del capo il frigorifero. Eric tornò a guardare il denaro, insicuro se accettarlo o meno.

“Fai così con tutti i ragazzi che ti dicono di no?” domandò ironico, e forse un poco malizioso, alzando la banconota stringendola tra due dita. La tentazione di riaprire i giochi era troppo forte, per non essere colta.

“Ti posso assicurare che in certi contesti non si è mai reso necessario allungare cinquanta dollari per ottenere qualcosa. Al più, ho dovuto pagare perchè i più insistenti mi lasciassero stare. Il treno Sebastian passa solo una volta, ti fa vedere il paradiso e poi sparisce all'orizzonte. Non si fanno prigionieri.” rispose senza pensarci troppo. Eric si tolse il piumino e lo appoggiò su una sedia, poi mise la banconota sul tavolo. Al diavolo l'orgoglio, quel tizio non aveva battuto ciglio alla sua allusione, se c'era una minima chance che fosse gay, aveva intenzione di coglierla al volo.

Anche aiutandolo a riporre la spesa.

Ora si trattava solo di capire se fosse in qualche modo legato a Blaine. Cosa che tuttavia non lo avrebbe scoraggiato troppo.

“Sebastian, dunque.” commentò spostandosi accanto a lui e cominciando metodicamente a estrarre i surgelati dai sacchetti, dividendoli per tipo. L'aveva fatto un sacco di volte per le clienti più anziane, ma questa volta sarebbe stato più interessante.

“Già. Ragazzo della Spesa, dunque.” Sebastian lo guardò di sottecchi mentre cercava di imitarne i movimenti, ammucchiando le verdure e dividendole dal resto. Il ragazzo sembrava aver fatto una frecciatina ben mirata, trasformandosi immediatamente in un'appetitosa distrazione: era ancora annoiato e nonostante non fosse propriamente il suo ideale di uomo, a volte era disposto ad abbassare di un poco i suoi standard in favore di divertimento immediato.

“Eric.” lo corresse, ora in piedi davanti allo sportello del freezer. Sebastian ne approfittò per un'ultima occhiata: non era certo un modello, ma quell'aria sana e un po' provinciale ora sembrava attirarlo comunque. C'era qualcosa, dietro quelle frasi pungenti, che lo stava divertendo e attirando insieme: un qualcosa di accattivante, che gli stava facendo venire voglia di giocare. Forse era il contrasto tra il suo aspetto esteriore e quella sottile vena di malizia in ogni parola, ma Sebastian era intrigato.

“Eric, dunque. Dimmi un po', Eric... Ti capita spesso di fare delle sottili avances ai tuoi clienti, mentre riponi i loro piselli surgelati? Blaine non mi aveva accennato a nulla del genere. O magari devo pagare un extra per il servizio?” disse malizioso, passandogli una confezione di gelato. Eric non battè ciglio.

“No, non mi capita spesso. Ma a mia discolpa, sono davvero pochi i ventenni che abitano da soli e che si fanno ancora consegnare la spesa. E ancora meno sono quelli che hanno dei conquilini terribilmente fastidiosi, ma abbastanza carini da essere sopportati e guardagnarsi delle avances.”

“Abbastanza carini? Beh, suppongo che sia lusinghiero, ti ringrazio.” commentò Sebastian, facendosi più vicino. Eric chiuse di scatto lo sportello e si voltò beffardo, con il viso a pochi centrimetri da quello dell'altro.

“Mi ringrazi? Ma io non ho mai detto che era il tuo caso. Ho solo detto è molto, molto, molto raro. Un vero peccato non incontrare mai un ragazzo degno di nota.” Disse nascondendo il nodo allo stomaco che la vicinanza di Sebastian sembrava avergli immediatamente causato: “Mancano solo un paio di settimane a Natale. Chissà, magari potrei trovarlo sotto l'albero.”

“O magari potresti trovarlo ora, se solo guardassi con più attenzione.” Sussurrò con il più collaudato dei suoi sensuali toni di voce. Le loro gambe praticamente si sfioravano, e la schiena di Eric era contro lo sportello del frigorifero; Sebastian non si lasciò sfuggire l'occasione di intrappolarlo del tutto, appoggiando una mano sul muro. Era sempre divertente, quel momento di finta seduzione che precedeva una scopata veloce e un po' anonima: anche sulla pista da ballo, quando la musica era assordante e poteva sentire l'erezione della sua ultima conquista premergli contro il fianco, a Sebastian piaceva sempre giocare un po' al gatto e al topo, prima di passare al sodo.

A quella allusione non troppo velata, Eric non rispose, sorpreso che quel ragazzo potesse davvero essere interessato a lui. Deglutì, rischiando di arrossire come un novellino.

“Oppure potresti divertirti un po' con me, mentre aspetti di trovarlo. Non ho mai biasimato nessuno per essere ceduto al fascino di un piacere immediato.” Aggiunse strizzandogli l'occhio e rincarando la dose. A quella distanza, sentiva l'odore della neve sui capelli di Eric, il profumo del suo dopobarba e quello della benzina del furgone del supermercato: era ufficiale, Sebastian Smythe era eccitato. E non rimaneva mai a bocca asciutta.

Non quando decideva che voleva passare ai fatti.

Dall'altro lato, Eric non era affatto indifferente alla situazione, ma sentiva che le cose gli stavano un poco sfuggendo di mano: era abituato a essere lui il tipo intraprendente, quello che dettava le regole e spingeva gli altri in un angolo. Ora si ritrovava bloccato davanti a questo splendido ragazzo, senza il minimo controllo della piega che le cose stavano prendendo; decise di tirarsi indietro, prima di perdere il controllo. Si sentiva smarrito e terribilmente provinciale, se confrontava le sue goffe tecniche di seduzione a quelle di questo navigato, sfacciato e bellissimo ragazzo, di cui ogni fattezza e ogni movimento sembrava gridare: ottimo liceo, ottima università, ottima famiglia... Niente a che spartire con la grigia e banale vita di Eric, divisa tra un'università di seconda categoria, un patrigno manesco e un lavoretto in un supermercato; probabilmente, avrebbe finito per deluderlo anche a letto, guadagnandosi qualche bella presa in giro. Eppure si era sempre sentito così sicuro di sè... bah, forse era il camminare su un terreno inesplorato che lo agitava, ma se davvero decideva di andare fino in fondo, non poteva comunque infrangere la sua regola principale: sesso sicuro, sempre.

Nessuno l'aveva mai preso in giro per questo, allo Scandals, né in alcuni dei locali che frequentava: erano tutti abbastanza coscienziosi da prendere sul serio perfino il sesso occasionale. Ma questo ragazzo... gli avrebbe riso in faccia. Ed Eric onestamente era sorpreso che fosse davvero intenzionato a portarselo a letto, dato che si sentiva evidentemente fuori dalla sua portata: meglio tirarsene fuori subito.

“Allora, Ragazzo della Spesa, che ne dici?” Sebastian era ancora lì, ma cominciava a sembrare spazientito. O forse era solo una sua impressione, perchè Sebastian più che altro era incuriosito dal suo improvviso tentennamento.

“Meglio di no. Devo tornare al lavoro.” Eric scivolò fuori dalle sue braccia e afferrò il giubbotto, poi uscì dalla cucina.

“Ehi, aspetta!” Lo seguì verso l'ingresso, dove lo raggiunse e lo afferrò per un polso, ma con delicatezza. “Ho detto qualcosa di sbagliato, qualcosa che ti ha offeso? Stavo scherzando, pensavo fosse... chiaro. Che fossimo interessati tutti e due a un po' di sano divertimento.”

E di nuovo, si ritrovarono vicini. Eric deglutì, resistendo alla tentazione di mandare all'aria tutto quanto: niente complicazioni, nella sua vita non aveva tempo per queste cose.

“No, non hai detto niente. Ma io devo tornare al lavoro.” ripetè. Non era vero, il suo turno finiva alle undici e a casa lo aspettavano solamente Stu ubriaco marcio, una decina di lattine di birra vuote e le bollette da pagare. Un po' di sesso avrebbe certamente migliorato la sua giornata. Ma forse poteva accontentarsi di qualcos'altro, almeno per tenersi stretto il ricordo di questo ragazzo dall'aria sofisticata, perfino con addosso una tuta da ginnastica.

Sarebbe stato come fare un giro su una Ferrari: ti fa impazzire, ma sai di non potertela permettere, né di essere il tipo di persona che guida una macchina del genere, ma, seduto su quei sedili di pelle, per qualche istante sogni di poterlo essere, prima di tornare alla vita di tutti i giorni. Prima di scendere e lasciare le chiavi a qualcuno che sappia davvero guidarla e portarla al massimo. Qualcuno con i denti più bianchi dei tuoi, dei vestiti più costosi e un conto corrente a sei zeri, qualcuno all'altezza di una macchina del genere.

“Oh. Ok.” La delusione di Sebastian fu più intensa di quanto si aspettasse; da quando un rifiuto riusciva a infastidirlo tanto? Poi improvvisamente il ragazzo lo afferrò per la felpa e lo tirò verso di sé, baciandolo con forza; fu inaspettato e Sebastian impiegò diversi secondi prima di ricambiare. Eric si stava tirando indietro, convinto di aver fatto una sciocchezza e ferito dall'immobilità delle labbra di Sebastian contro le sue, quando l'altro lo afferrò per la nuca e lo costrinse a rimanere fermo, continuando il bacio. Aprì appena la bocca, lasciando che la lingua di Eric lambisse la sua, accarezzandola incerta.

Ma per Sebastian raramente un bacio non era solo un bacio: di fronte a quella conferma dell'interesse dell'altro, alzò le mani verso la zip del suo piumino, arretrando contemporaneamente verso il divano e cercando di portare l'altro con sé.

Mordicchiò lentamente il labbro inferiore di Eric, per poi baciarlo di nuovo; fu un bacio disordinato, in cui era evidente quanto per ciascuno dei due i movimenti dell'altro fossero nuovi e imprevedibili. Il fatto che poi Eric rifiutasse di essere tirato verso il salotto rendeva tutto più difficile. Quando si allontanò del tutto, avevano entrambi il fiato corto e le pupille dilatate.

“Meglio che vada.” disse con un soffio di fiato.

“Hai lasciato i soldi sul tavolo.” rispose Sebastian, cercando una scusa qualunque per farlo rimanere. Nemmeno capiva perchè gli interessasse farlo restare, dopotutto.

“Li prenderò la prossima volta.” Eric gli strizzò l'occhio, poi abbandonò l'appartamento, lasciandolo in piedi davanti all'ingresso, con le labbra rosse, lucide di saliva e un'insoddisfatta erezione al di sotto della cintura.

Sebastian imprecò, poi camminò avanti e indietro per la sala un paio di volte, giusto per sbollire l'eccitazione; infine afferrò il telefono, la rubrica telefonica e sedette al tavolo della cucina, spingendo di lato la spesa.

“Buongiorno, parlo con il servizio clienti del LiMarket? Sono Blaine Anderson, vorrei ordinare alcuni prodotti... sì, da consegnare domani mattina al mio appartamento, sempre allo stesso indirizzo. Se possibile, vorrei che venisse lo stesso ragazzo che me l'ha portata oggi... è stato tanto gentile ad aiutare la mia anziana nonna a riporre la spesa, ora lei non fa che chiedere di lui. Grazie mille, lei è davvero gentilissima.”

 

Nessuno dice di no a Sebastian Smythe.

Soprattutto quando è annoiato e ha davvero tanto tempo libero.

 

 

 

 

Nda

La storia non finisce qui, era troppo lunga e l'ho divisa in due parti. Martedì o mercoledì pubblicherò anche la seconda parte.

 

   
 
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