No Time Like The Present ( tradotta da Nonna Minerva )

di Lady Bracknell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


No Time Like the Present

Beh, eccomi di nuovo... Vi avevo promesso che avrei pubblicato non appena fossi arrivata in fondo al capitolo e...

In realtà speravo di finire prima e pubblicare in serata... Volevo tirare un po’ su di morale la mia Coccia, visto che oggi ( beh, ieri ormai... ) ha avuto una giornataccia, così questo capitolo è tutto per lei...

 

Per chi non ha idea di che cosa trattino le 5 pagine qui sotto, facciamo un piccolo riassuntino:

avete presente la storia di Lady Bracknell che ho iniziato a pubblicare poco tempo fa, The Werewolf Who Stole Christmas?

No??? Beh, che fate ancora qui? Correte a leggerla!!

A parte scherzi...

Qualche giorno dopo aver pubblicato il primo capitolo tradotto, Lady Bracknell ha iniziato a pubblicare una specie di prologo...

Il fatto è, che a lei non cambia niente, visto che ha all’attivo 16 capitoli pubblicati, mentre se io l’avessi saputo avei pubblicato il prologo ed il primo capitolo e non viceversa...

O forse no.

Comunque, tralasciando le mie opinioni sui tempi di pubblicazioni della nostra amata autrice, vi lascio leggere.

 

Forse dai miei vaneggiamenti non si è capito, ma quello che segue è il prologo di quella storia.

O almeno il primo capitolo ( saranno al massimo tre ).

 

Mi farò sentire presto.

 

Nonna Minerva.

 

No Time Like the Present

 

I regali di Natale erano sempre stati per Remus un’impresa titanica.

 

A Hogwarts, Sirius aveva sempre i soldi per regali esagerati. Nonostante i rapporti tesi con la sua famiglia, i suoi genitori si assicuravano sempre che avesse Galeoni a sufficienza per comprare regali costosi ai suoi amici – desiderando che mantenesse almeno le apparenze – ed anche James non era mai a corto di denaro, anche se per differenti motivi. Persino Peter a Natale spendeva più di quello che poteva permettersi, e Remus si chiedeva spesso se Peter temeva che gli altri l’avrebbero disprezzato se non avesse tenuto il passo, quando in realtà non era affatto così.

 

Remus non aveva mai avuto tutti quei soldi, ma non si era mai sentito a disagio per quello. Saltava sempre fuori con cose che sperava ai suoi amici sarebbero piaciute – cose che solo lui avrebbe potuto pensare di prendere per loro. Con Lily aveva iniziato a prendere nota mentalmente di chi aveva detto che desiderava cosa durante le uscite a Hogsmeade, di chi aveva visto qualcosa che avrebbe voluto da Zonko, a chi si erano illuminati gli occhi al pensiero delle Gomme Bollose ai gusti esotici, o ad un nuovo tipo di dolce. Spesso inventava incantesimi o nuovi scherzi che sapeva loro avrebbero apprezzato, cose che richiedevano più tempo ed applicazione che denaro.

 

Non aveva mai avuto la sensazione che ciò che faceva non fosse abbastanza.

Fino ad ora.

 

Era in piedi di fronte alla vetrina della gioielleria, e squadrava la vasta selezione di ciondoli disposti su elegante velluto blu, chiedendosi come mai le monete che aveva in tasca apparissero improvvisamente così pesanti, ed allo stesso tempo così leggere ed inconsistenti mentre fissava le targhette dei prezzi.

 

Gli era sempre piaciuta Hogsmeade in inverno – gli alberi spogli si stagliavano neri contro il cielo della sera, ma scintillavano di ghiaccio, apparendo troppo magici per essere reali, nonostante sapesse che lo erano, e le strade ghiacciate, spruzzate di neve fresca ed i tetti bianchi ed i negozi erano idilliaci, come fossero appena usciti da una cartolina. Tuttavia tutta questa atmosfera ora gli ricordava malignamente quanti giorni mancavano a Natale, e quanto poco tempo gli fosse rimasto per trovare qualcosa che andasse bene, il regalo perfetto che avrebbe fatto intuire a Tonks – indirettamente, ma senza lasciar dubbi – quello che provava per lei.

 

Era rimasto lì in piedi sul marciapiede ghiacciato per così tanto che aveva i piedi intorpiditi e non riusciva più a sentirsi le dita. E ancora, non aveva deciso.

 

C’era un articolo che avrebbe potuto permettersi...

 

Ma era troppo fuori moda, troppo semplice, troppo... qualcosa.

 

Pensò fugacemente che forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di Molly e scriverle invece una poesia, ma la scartò immediatamente, perché era semplicemente impossibile trovare qualcosa che facesse rima con ‘Tonks’ ed avesse il giusto tono romantico. Si spostò di qualche passo sui piedi ghiacciati, fissando un altro punto della vetrina sperando di trovarvi quello che un minuto prima non c’era – il perfetto paio di orecchini, il braccialetto perfetto, il perfetto qualcosa...

 

“Ehilà!”

 

Remus fece un salto.

 

Si portò una mano al cuore, scivolò leggermente sul marciapiede ghiacciato mentre atterrava e due occhi scintillanti incrociavano i suoi.

 

Tonks gli sorrideva allegramente da sotto un berretto verde acido, il collo avvolto da una sciarpa dello stesso colore, il naso dello stesso rosa delle ciocche di capelli che spuntavano da sotto il berretto. 

“Shopping Natalizio?” chiese.

 

“Mmh,” mormorò, il cuore che gli batteva forte per la sorpresa e per qualcos’altro di completamente differente.

 

“Visto niente che ti piaccia?” gli domandò. “Sei lì da secoli. Riuscivo a vederti da sopra la collina.”

 

Imbarazzato, Remus spostò il peso da un piede all’altro, schiarendosi la gola. Di tutte le persone che potevano sorprenderlo a fissare dentro la vetrina della gioielleria...

“No,” rispose, suonando molto più calmo di quanto in realtà si sentisse. “Non ancora.”

 

“Sono una frana in queste cose,” ammise Tonks, accigliandosi al pensiero. “Non so mai cosa regalare alle persone.”

 

“No?” chiese, era certo che chiunque avrebbe adorato un suo regalo, per il semplice fatto che l’aveva preso lei.

 

“Credo mi manchino un paio di geni femminili.” Affermò, sfregando le mani fra di loro. “Quello dello shopping, e quello per riordinare le cose senza scatenare un uragano.”

 

 Remus ridacchiò e dalla sua bocca uscì una nuvoletta azzurrina che fluttuò verso di lei. Tonks fece lo stesso e, per un istante, condivisero un sorriso, i loro respiri che si mescolavano, gli sguardi incatenati, senza rompere il contatto, trasmettendo qualcosa che lui non poteva decifrare.

 

Oppure poteva, ma non ne era certo.

 

Certe volte, quando si erano attardati a chiacchierare la sera, oppure bloccati insieme per una missione da qualche parte, aveva pensato che lei stesse flirtando con lui – sedendosi un po’ più vicino a lui di quanto avrebbe fatto un’amica, lasciando che la sua mano sfiorasse la sua nel passargli una tazza di tè o nell’offrirgli un biscotto. A volte pensava che fosse soltanto una sua impressione, che per nessun motivo una come Tonks avrebbe potuto essere interessata ad una patetica anima in pena lamentosa come lui, ma quei dubbi duravano fino a quando la vedeva di nuovo, e lei inciampava nel vederlo, oppure nei suoi occhi brillava una scintilla quando incontravano i suoi, o si sedeva più vicino a lui con un fare che era appena oltre l’amichevole, e lui si convinceva che non era solo un’impressione, che qualcosa sarebbe avvero potuto accadere.

 

Se ne avesse avuto il coraggio.

 

Se avesse trovato il regalo perfetto.

 

Se non fosse morto assiderato prima di riuscire a comprare qualcosa.

 

Voleva prenderle qualcosa di significativo, qualcosa che esprimesse più di quelle serate a far tardi bevendo cioccolata e chiacchierando amichevolmente, qualcosa che significasse davvero qualcosa per lei, ma ogni volta che cercava di coglierla di sorpresa chiedendole cosa si aspettava di ricevere per Natale, lei si era rivelata maledettamente evasiva, affermando che sarebbe stata felice di trovare un dolcetto ed un topo di zucchero sotto l’albero, e nessuno di due gli sembrava particolarmente romantico.

 

Tonks accennò con la testa alla vetrina.

“Stai cercando qualcosa di particolare?” chiese. “Sono una frana, ma se ti serve un consiglio...”

 

“Oh,” mormorò Remus, cercando di non suonare troppo scosso per il suggerimento. “Ehm... sì. Stavo pensando ad un braccialetto con dei ciondoli...”

 

“Devi fare un regalo ad un amico nudista calvo?” domandò e lui scosse la testa, leggermente spiazzato riguardo al tipo di amici che lei credeva avesse. “Allora me ne terrei alla larga.”

 

“Oh.”

 

“Magari sono solo io,” spiegò, “Ma i ciondoli mi si impigliano sempre nei capelli o nella manica e cose così.”

 

“Oh. Grazie,” disse, eliminando il braccialetto dalla sua lista mentale. “Oppure pensavo a degli orecchini, ma...” si interruppe con una scrollata di spalle, indicando la vetrina, “Non so da dove iniziare.”

 

Tonks gli sorrise brevemente e poi fece un passo avanti, appoggiando la fronte alla vetrina del negozio e sbirciando dentro, il suo respiro che appannava il vetro. Ispezionò gli oggetti esposti per un attimo, stringendo le labbra mentre pensava ed i suoi occhi scorrevano lungo l’assortimento di gemme di ogni colore, collane di ogni tipo, anelli di tutte le dimensioni e forme immaginabili.

“L’antico anello con zaffiro rosa è carino,” disse infine. “Li hai novecento Galeoni?”

 

Incrociò il suo sguardo, sorridendo, e lui scosse la testa.

“Forse dovrei fare un salto a Grimmauld Place e guardare sul divano.” Disse.

 

“Io non lo farei,” lo avvertì, fingendo un tono serio. “C’è di tutto là dentro. Rischi di perderci un dito.”

 

“Mmh,” mormorò, mentre l’espressione compita di lei lasciava lentamente spazio ad un sorriso che avrebbe definito timido, se non fosse che ‘timido’ era una parola che difficilmente avrebbe associato a Tonks.

 

“Per chi è, comunque?” gli chiese, inarcando un sopracciglio.

 

“Mia madre,” rispose, leggermente sorpreso per quanto poco la sua mente ci avesse messo a trovare una scusa.

 

“Oh,” esclamò, sorpresa. “Non sapevo avessi una madre.”

 

Aveva a malapena notato la sua gaffe, quando Tonks sussultò, arrossì violentemente, più di quanto non lo fosse già per via del freddo, richiamando ancora più attenzione su quello che aveva appena detto. “Voglio dire... è ovvio che tu hai una, perché, sai, tutti ce l’hanno,” farfugliò velocemente, alzando gli occhi al cielo per la sua stupidità in un modo che lui non poté fare a meno di trovare estremamente attraente. “E’ solo... non ne parli mai.”

 

“Per un attimo, poco fa,” le sussurrò avvicinandosi leggermente, ed abbassando la testa in modo da guardarla attraverso un ciuffo di capelli scomposti, “Temevo che sarei stato costretto a tirarti da una parte e mandare all’aria le tue convinzioni, rivelandoti che i bambini non nascono dai cavoli.” Terminò, e lei rise.

 

“Vuoi dire che non è vero?” domandò , mettendo su un’espressione scioccata che era davvero molto convincente.

 

“No,” rispose. “Vedi, Tonks, quando due persone si amano davvero tanto...”

 

Lei ridacchiò e gli diede un colpetto di avvertimento, ma facendo così perse l’equilibrio e scivolò sul marciapiede ghiacciato, il sedere all’indietro e la testa in avanti, rischiando di andare a sbattere contro Remus. Le mani di lui scattarono di loro accordo, afferrandola per le braccia ed interrompendo la sua caduta, tenendola ferma, stabile, sicura. L’espressione confusa di Tonks si trasformò in qualcosa che poteva essere sollievo, ma non ne era sicuro, incrociando lo sguardo di lui con speranzosa prudenza che faceva fare le capriole al suo stomaco.

 

E per un istante che sembrò un’eternità rimasero lì, semplicemente a guardarsi.

 

Lei si morse il labbro.

 

Il cuore di Remus accelerò i battiti.

 

Ringraziò la sua stella fortunata per i marciapiedi ghiacciati.

 

“Grazie,” mormorò, e la sua voce era meravigliosamente, deliziosamente, dolce.

 

“Tutto bene?” le chiese, stabilizzandola e poi lasciando riluttante la presa.

 

Tonks deglutì e annuì, e Remus si chiese se fosse tempo, il momento giusto per dirle che gli piaceva; Che gli

piaceva più di un’amica, una compagna di lavoro, qualcuno con cui fai quattro risate; dirle che, se lei l’avesse voluto, lui sarebbe sempre stato al suo fianco nel caso pavimenti ghiacciati avessero preso il sopravvento.

 

Lei sorrise, e Remus dimenticò all’istante quello che stava pensando.

“La spilla è carina,” disse infine, tornando a guardare la vetrina. “Si abbina con sciarpe e cose del genere. Le starà molto bene se ha la tua stessa carnagione.”

 

“Pensavo ti mancassero un paio di geni femminili

!” le disse con dolcezza.

 

Tonks rise brevemente scacciando le ultime tracce di gelo dal suo corpo infreddolito.

“Forse quello ce l’ho.” Scherzò con una scintilla negli occhi che fecero accelerare il suo respiro.

 

L’orologio dell’Ufficio Postale batté le ore e Tonks sussultò.

“Merlino, sono in ritardo!” esclamò, tirandosi il cappello sulle orecchie. “Devo incontrare un amico ai Tre Manici di Scopa,” aggiunse, con un sorriso di scusa mentre indicava il pub in fondo alla strada. “Ma se vuoi resto a darti una mano.”

 

“Facciamo un’altra volta?” suggerì. “Ho ancora un paio di commissioni da fare prima di Natale.”

 

“Mmh,” acconsentì Tonks, sorridendogli in un modo che lo faceva vibrare di aspettativa e speranza. “Sono certa che... beh... ci vedremo in giro.”

 

Lui annuì, sperando di non mostrare troppo entusiasmo all’idea – che era difficile quando il suo stomaco dentro di lui stava facendo un per nulla tranquillo balletto.

“E’ meglio che vada.” Disse la ragazza.

 

“Certo.”

 

Lo salutò calorosamente e quindi si incamminò verso i Tre Manici di Scopa, lasciando Remus con i piedi insensibili per il freddo, ma completamente conscio del sangue che gli pulsava nelle vene, del cuore che batteva forte, e di quella bellissima sensazione allo stomaco.

."e quello ce l'

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


No Time Like The present 2

Scusate il ritardo, mi è partita la connessione e devo aspettare di connettermi da scuola per pubblicare...

Venerdì dovrei riuscire comunque, al massimo il nuovo capitolo arriverà sabato.

Buona settimana.

 

 

 

 

 

 

Remus sedeva a tavola, pensando intensamente.

 

Mancavano solo tre giorni a Natale – si domandò fugacemente se per questo la si poteva definire la Vigilia della Vigilia della Vigilia di Natale.

 

Se non si dava una mossa, tutto quello che avrebbe avuto da offrire sarebbe stato il suo cuore – e per quanto poetico e romantico fosse, non era certo il tipo di regalo che avrebbe potuto incartare e mettere sotto l’albero.

 

La porta si aprì, e Sirius fece la sua entrata in cucina, ebbro di spirito natalizio e di qualcos’altro molto più tangibile. Lo sguardo di Remus si fissò sulla bottiglia mezza vuota di Whiskey Incendiario che teneva in mano.

“Ti stai ancora tormentando per Tonks?” chiese Sirius, sedendosi su una sedia accanto al fuoco e appoggiando la bottiglia sulle ginocchia.

 

“No. Io non- Non sto- ” protestò Remus. Poi sospirò. Era inutile protestare, e non ne aveva proprio la forza. “Sì.” Disse poi, appoggiando la testa ad una mano e Sirius ridacchiò.

 

Indicò la bottiglia di Whiskey con una mano, e quando Remus annuì, chiamò a sé un bicchiere e lo riempì. Remus si avvicinò e appoggiò il bicchiere alla bottiglia.

“Salute.”

 

“Buon Natale,” rispose Sirius.

 

“Sembri essere di umore festivo,” osservò Remus, bevendo un sorso di Whiskey e facendo ruotare il resto nel bicchiere, guardando come il fuoco faceva brillare il liquido, dandogli l’impressione di avere davvero del fuoco nel bicchiere.

 

“Mmmh,” borbottò Sirius, “E’ bello avere Harry – tutti – qui. Vorrei che le circostanze fossero diverse, ovviamente,” aggiunse, ed il suo volto si rabbuiò leggermente. Remus mormorò qualcosa in assenso. “Allora,” esclamò, battendo le mani e facendo sussultare appena l’amico. “Non hai ancora deciso cosa comprarle?”

 

“E conlei’ intendi...?”

 

“Non giocare con me, Moony,” lo ammonì Sirius. “Lo so che hai una sola donna in testa da mesi, per cui non credo proprio ci sia bisogno di dirlo ad alta voce.”

 

Remus ridacchiò sommessamente fra sé e distolse lo sguardo. Avrebbe dovuto immaginare che Sirius avrebbe capito nonostante tutti i suoi sforzi per nasconderlo.

 

“Naturalmente se vuoi che lo dica, è n-i-n-f  oh no, aspetta f-a?” Sirius parve adorabilmente perplesso per un attimo, poi accantonò con un gesto della mano la sua incapacità di sillabare. “Comunque. Hai capito chi intendo. Capelli rosa, occhi scuri, magliette aderenti...

 

Remus lanciò a Sirius un’occhiataccia e questi rise, ma grazie al cielo non continuò. Remus si passò una mano sul viso ed emise un lungo sospiro.

“Ti posso assicurare che ho preso tutti i regali di Natale, tutti tranne uno.

 

E quell’unico che ti manca è il più importante?”

 

“Naturalmente,” rispose Remus.

 

“Sai già cosa le prenderai?”

 

“Quasi,” disse, accigliandosi al pensiero.

 

“Beh, è un progresso,

 

“Mmmh,” mormorò l’amico, per nulla convinto.

 

“Lo è,  lo corresse Sirius. “Quando te l’ho chiesto ieri, mi hai risposto che non ne avevi la minima idea… ci stiamo avviando verso una soluzione.”

 

“Avviando,” disse Remus, “Speriamo di arrivare in tempo, quest’anno, eh?”

 

Remus bevve un altro sorso del suo Whiskey Incendiario, lasciando che l’alcool lo scaldasse e fissando le fiamme nel caminetto, sperando di ricevere qualche divina ispirazione natalizia per un regalo.

 

“Lo sai cosa le piacerebbe davvero per Natale?” chiese Sirius.

 

“Un giorno di ferie e una bella dormita?” tentò Remus, e l’altro alzò gli occhi al cielo con un sorrisino.

 

“C’è il vischio nel corridoio.”

 

“Cosa di cui sono perfettamente al corrente,” commentò Remus, “Dal momento che la maggior parte l’ho evocato io.”

 

Perché non ne fai buon uso allora?” esclamò Sirius esasperato. “Un bel bacio sarebbe un regalo perfetto – se giochi bene le tue carte – e sono sicuro che non ti chiederebbe la ricevuta.

 

Remus mormorò di nuovo qualcosa, e anche se non poteva negare che l’idea di baciare Tonks – sotto il vischio o meno – era certamente nella sua lista delle cose da fare questo Natale, pensava veramente che avrebbe dovuto comperarle qualcosa, qualcosa di tangibile, qualcosa che non sarebbe sembrato fuori luogo se presentato di fronte ai ragazzi e Molly Weasley.

 

Alzò lo sguardo ed incrociò quello di Sirius. Questi inarcò un sopracciglio speranzoso, e Remus in risposta aggrottò la fronte.

“Non ti attira questa idea,” commentò Sirius, “Ok, continuiamo a riflettere. Cos’avevi pensato fino adesso?”

 

“Pensavo... ad essere onesti avevo pensato ad un gioiello.”

 

“Sei sicuro di volerle prendere qualcosa di così... Sirius assunse un’espressione pensierosa, “Come si può dire...”

 

“Costoso?” Offrì Remus, ma l’amico scosse la testa. “Femminile?” tentò, ma Sirius fece un altro cenno negativo col capo. Remus cercò di pensare ad un aggettivo che potesse associarsi ad un gioiello, anche se la sua mente era a corto di parole. “Ehm... lucente?” offrì, più speranzoso che convinto, alla ricerca di quella parola che Sirius non trovava.

 

“No,” sbottò Sirius, allontanando i suoi suggerimenti agitando la mano.  Continuò a pensare intensamente, la fronte aggrottata in concentrazione, le rughe sulla fronte sempre più evidenti man mano che il tempo passava, e poi disse: “Fisso.”

 

Remus rimase un momento a pensare – a chiedersi se Sirius non si fosse mangiato mezza parola, ma non riusciva a pensare ad altro che avesse senso.

“Fisso?” chiese. “Non cap...”

 

“Beh, continua a cambiare, no?” spiegò Sirius. “Hai intenzione di prenderle qualcosa che si abbini con il rosa, oppure col rosso festivo che sfoggia ultimamente? E ci sono delle volte che i suoi capelli sono – hai capito – del colore dei capelli, ma altre volte sono verdi, giusto? E tu sai come sono fatte le donne e tutte le loro storie sugli abbinamenti.

 

Remus tacque, scosso. Certo non aveva tutti i torti.

 

Si passò una mano fra i capelli.

 

Era di nuovo al punto di partenza. Aveva pensato che fosse già abbastanza difficile restringere il campo dal concetto astratto di ‘gioiello’ a qualcosa di più specifico, ma ora era di nuovo al punto in cui tutti i regali erano possibili e nessuno quello giusto.

 

Sospirò. Magari il suo cuore non sarebbe apparso tanto brutto una volta impacchettato, dopo tutto...

 

Sospirò di nuovo vuotando il suo bicchiere, esasperato per il fatto che il suo cervello non riuscisse a saltar fuori con un’idea decente, ma nel momento in cui Sirius si inclinò verso di lui per riempirgli di nuovo il bicchiere, il vago fantasma di un’idea si affacciò alla sua mente.

 

Cercò di non forzarla, di non spaventarla, e lasciò che si formasse da sola, di proprio accordo.

 

Poi sorrise.

 

Non era semplicemente una buona idea – era un’idea grandiosa, difficile da realizzare nel poco tempo disponibile, ma non avrebbe più potuto chiamarsi Malandrino se avesse rifiutato una sfida.

 

Perché sorridi?” domandò Sirius. “Credevo fossimo depressi.”

 

“Lo eravamo.” Lo corresse Remus. “Ma ora non lo siamo più.”

 

Riusciva a malapena a contenere la sua eccitazione, quindi non ci provò nemmeno. Si alzò dalla sua sedia e piazzò un bacio esagerato sulla fronte di Sirius, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

E quello per cosa era?” domandò, accasciandosi di nuovo sulla sedia, asciugandosi la fronte col dorso della mano.

 

“Perché tu, Sirius Black, sei un maledetto genio,” rispose Remus, allontanandosi dal tavolo ed imboccando le scale.

 

“Sul serio?” urlò Sirius e sorrise, “Beh, suppongo che lo dicano spesso...

 

“Torno fra un minuto,” urlò Remus di rimando, “Per favore non svenire mentre sono via – c’è la possibilità che mi serva la tua esperienza.”

 

__________________________________________________________________________

 

 

La biblioteca era deserta e Remus osservò attentamente le mensole. Durante i mesi trascorsi lì aveva imparato a conoscerle come il palmo della sua mano, e la madre di Sirius era stata molto meticolosa riguardo alla sistemazione dei libri, raggruppandoli per argomento e poi alfabeticamente per autore. Fece scorrere il dito lungo la mensola centrale, che ospitava libri di vario argomento, passando Il veleno dell’avvelenatore ed una selezione di volumi che combattevano e miglioravano la sicurezza, ma trovando un’altra mezza dozzina di libri che erano perfetti per il suo scopo. Raccolse la pila di volumi e torno di sotto.

 

Sirius sorseggiava Whiskey Incendiario dove Remus l’aveva lasciato, e quando vide la pila di libri che l’amico teneva in mano, alzò gli occhi al cielo.

“Lo sapevo che avrei dovuto fingere di essere addormentato finché non riuscivo a capire cos’avevi in mente,” disse.

 

“Non sai ancora cos’ho in mente,” replicò Remus.

 

“Ne so abbastanza.” Si lamentò Sirius, indicando la torre di libri, “So che ci sono dei maledetti compiti da fare.

 

Remus soffocò una risata, optando per uno sguardo truce e posò i libri sul tavolo con un tonfo tetro. Sirius bevve un sorso di Whiskey e poi si alzò in piedi, facendo il giro della tavola e leggendo i titolo argentato sulla copertina in pelle del primo volume.

 

L’Almanacco dell’Alchimista?”

 

“Uh huh.”

 

Sirius aggrottò la fronte.

“Hai intenzione di imparare l’alchimia in due giorni così da permetterti di comprarle un regalo?” chiese. “Lo so che non sei per niente lento nell’apprendere, Moony, ma non pensi di voler imparare qualcosa a cui molti non arrivano nemmeno nell’arco di una vita intera?”

 

Remus sospirò.

“Non voglio imparare l’alchimia, ho solo pensato che potrebbe esserci qualcosa di utile qui dentro.”

 

Sirius prese in mano uno dei volumi e soffio via la polvere dalla copertina, tossendo leggermente alla nuvoletta di polvere e Merlino sa cos’altro che si era alzata. Pulì la copertina con la manica finché il titolo non fu visibile.

Incantare le Pietre per Profitto e per Piacere. Lesse. Fissò il titolo perplesso per un istante, e poi sembrò realizzare. “Devo pensare che a noi interessa più il piacere che il profitto?”

 

“Beh, lo spero,” mormorò Remus. “Pensavo che avremmo potuto iniziare da questo.

 

Alzò Pietre preziose e Semi-preziose e la loro adeguatezza nelle Maledizioni e batté leggermente sulla copertina, prima di sedersi a tavola ed aprire il libro all’indice, scorrendo con il dito l’elenco dei capitoli alla ricerca di qualcosa di promettente.

 

Sirius scostò una sedia e si sedette sul lato opposto della tavola trascinando le gambe sul pavimento.

“Non ho ancora ben capito che cosa stiamo facendo,” disse, sedendosi con uno sbadiglio.

 

“Beh, è come hai detto tu,” spiegò, alzando lo sguardo dal volume polveroso. “Deve essere abbastanza frustrante per lei avere delle cose così fisse, così ho intenzione di incantare una pietra che obbedisca ai suoi comandi,” disse, e Sirius spalancò gli occhi, segno che era più che impressionato. “Così la può trasformare in qualsiasi pietra lei voglia – in modo che si abbini ai suoi capelli o vestiti, ovviamente, ma potrebbe anche proteggerla – le basterebbe cambiarla in qualsiasi pietra protettiva le serva sul lavoro.”

 

Sirius sorrise, ma lui lo conosceva abbastanza per dire che era compiaciuto, o impressionato dalla sua ingenuità.

“Hai ragione,” affermò, confermando i sospetti di Remus. “Sono un maledetto genio.”

 

Remus gli lanciò Il Compendio delle Gemme.

“Bene allora,” disse. “Inizia a leggere.”

 

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Saltò fuori che incantare una pietra per profitto o per piacere ere un processo relativamente facile.

 

Beh, non facile  nel senso stretto della parola, pensò Remus. Molte persone, rifletté – persone normali – avrebbero pensato che stare in piedi fino all’alba a studiare teoria, concedersi due ore di sonno e quindi fiondarsi a Hogsmeade per essere lì non appena i negozi avessero aperto, restando una buona mezzora fuori a congelarsi, senza la compagnia di un affascinante Auror dai capelli rosa a distrarli dai piedi e mani intorpidite mentre pensavano a quale pendente scegliere, tornare indietro, incantare la pietra e quindi trascorrere le tredici ore successive a insegnarle tutte le pietre che c’erano in Compendio delle Gemme e  Pietre preziose e Semi-preziose e la loro adeguatezza nelle Maledizioni, fosse in effetti una montagna di lavoro.

 

Comunque, pensò, dalla prospettiva di uno che, in gioventù, era rimasto in piedi settantadue ore cercando di perfezionare un incantesimo punitivo da usare contro il bastardo che gli aveva fregato la ragazza, non era un’impresa poi così difficile, e mentre sedeva a tavola, gli occhi un po’ arrossati e la testa pesante per la mancanza di sonno, osservando il pendente a goccia sul palmo della sua mano, pensò che ne valeva assolutamente la pena.

 

Nonostante avesse testato la pietra per tutto il giorno, non resistette alla tentazione di provarla un’ultima volta, vedere che funzionava, e non era uno scherzetto della sua mente assonnata.

 

Ematite, pensò, immaginando come la pietra sarebbe stata bene con gli occhi scintillanti di Tonks. La pietra divenne di un nero argentato nel palmo della sua mano e  Remus sorrise.

 

Zaffiro rosa, pensò, immaginando in parte quella che avevano visto nella vetrina del gioielliere, in parte il colore dei capelli di Tonks quando si erano incrociati a Hogsmeade. Era così perso nel suo sogno ad occhi aperti, che non notò la pietra cambiare.

 

Provò un paio di altre trasformazioni – pietre oscure che credeva nessuno conoscesse al di fuori dell’autore del libro sulle sue ginocchia, e quindi, soddisfatto della tenuta dell’incantesimo, chiamò a sé una scatola di velluto rosso dal balcone, e vi adagiò dentro la collana, sistemando la catenina nella carta, finché non fu contento della sistemazione.

 

La incartò con cura, evocando un nastro verde e qualche foglia finta di agrifoglio da aggiungere al fiocco, e poi osservò la scatola sul tavolo di fronte a lui.

Appariva perfetta.

 

Adesso tutto quello che doveva fare era trovare il momento perfetto per dargliela.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


No Time Like the Present

Non so se dovete adorarmi a vita o tirarmi dietro pomodori e verdure.

Ho fatto tutto un po’ in fretta per riuscire a pubblicare oggi come promesso.

È probabile però che giovedì lo posti di nuovo. Ciao.

 

No Time Like the Present.

 

Remus si era appena messo in tasca il regalo per Tonks e deciso di andarsene a dormire quando sentì qualcuno muoversi di sopra. Si accigliò, guardando l’orologio e chiedendosi cosa diavolo uno dei ragazzi – o Molly – ci facesse in piedi a quell’ora. Specialmente dopo una tazza del vino speziato si Sirius, avrebbero dovuto essere tutti fuori gioco per ore.

 

Si alzò, pensando che forse Sirius aveva smaltito in parte la sbornia ed avesse bisogno di assistenza, così andò ad indagare, anche se offrire il suo aiuto ad un Sirius ancora mezzo ubriaco era decisamente l’ultimo dei suoi progetti per quell’ora della notte.

 

Ma invece di Sirius accasciato da qualche parte, che gemeva chiedendo aiuto, Remus trovò Tonks. Era in piedi accanto alla porta d’ingresso, fra le braccia un’enorme scatola traboccante di decorazioni,  il viso contratto in una smorfia, perché ogni volta che posava il piede per terra, le assi del pavimento scricchiolavano terribilmente e la Signora Black inspirò profondamente, preparandosi, dietro le sue tendine parzialmente chiuse.

 

Tonks incrociò il suo sguardo, guardandolo con un misto di gratitudine e imbarazzo, e Remus le sorrise per farle capire che aveva capito la situazione, il suo stomaco che faceva le capriole al pensiero che lei era molto più divertente da aiutare rispetto a suo cugino quando era ubriaco. Arrivò di fronte al ritratto della Signora Black e prese in mano le tendine, pronto, quindi fece un cenno a Tonks perché tornasse indietro dalla parte dove era venuta. Tonks mosse un passo verso la porta, e quando il pavimento scricchiolò sotto i suoi piedi,fece una smorfia nello stesso momento in cui la fece lei.

 

Ma l’invettiva della Signora Black sui mostri mezzosangue e i mutaforma n arrivò mai, e mentre Tonks si spostava di lato, infilando le scale, soppesando attentamente ogni passo e mordendosi leggermente il labbro mentre appoggiava il piede, Remus chiuse meglio le tendine di fronte al ritratto, e quindi seguì Tonks su per le scale.

 

Una volta che furono entrambi salvi in salotto, Tonks diede un profondo sospiro di sollievo.

“Grazie,” disse. “Pensavo – beh, un passo falso e avrei svegliato tutta la casa.”

 

Remus ne dubitava. Il vino speziato di Sirius era abbastanza potente da mandare tutti nel mondo dei sogni per un bel po’.

 

I suoi occhi si soffermarono sul viso di lei, notando le sue festive ciocche rosse che in qualche modo – contro tutte le leggi del buonsenso e della ragione – le stavano bene, ed i suoi occhi scuri ed invitanti che scintillavano più del solito nella penombra della stanza.

“Sei arrivata tardi,” disse Remus, sorridendole, accendendo il fuoco con la bacchetta, mandando ombre danzanti per la stanza, sull’albero di natale e le decorazioni, la luce delle fiamme che faceva scintillare le palle sull’albero e sottolineando la dolcezza dell’espressione di Tonks.

 

Tonks alzò gli occhi al cielo.

“Mmh,” mormorò, “Non l’ho fatto apposta – avrei dovuto finire alle otto in teoria, a c’erano un sacco di cose che andavano finite in modo da poter fare una vacanza come si deve.”

 

Lui mormorò qualcosa in assenso e si chiese se fosse quello il momento per dirle quello che provava – la luce del fuoco ed il Natale imminente erano entrambi ottimi per un’atmosfera romantica – ed il regalo nella sua tasca gli punzecchiava la gamba, cercando di spronarlo affinché glielo desse.

 

Tonks cercava di tenere la scatola in equilibrio fra le braccia, ed il rumore attirò la sua attenzione.

“Oh, lascia che ti aiuti,” disse, prendendo la scatola e togliendogliela dalle mani, posandola sulla credenza. Accennò vagamente alla scatola e incontrò il suo sguardo inarcando un sopracciglio. “Voglia di un po’ di spirito natalizio portatile?” chiese, ridacchiando.

 

“No,” rispose. “Avevo tutta questa roba nel mio appartamento, ma non ci passerò molto tempo nei prossimi giorni, così ho pensato di portarla qui, magari viene usata.”

 

Inarcò entrambe le sopracciglia ed annuì in approvazione, cercando di scacciare dalla mente l’idea ma senza riuscirci, che era tutta una scusa per vederlo. Tonks fece spallucce.

“Ho pensato che a Sirius avrebbe fatto piacere,” disse. “Mettere su le decorazioni natalizie sembra avergli tirato su il morale.”

 

“Mmh,” mormorò lui, guardandola ed incontrando il suo sguardo con un sorriso, che lei ricambiò.

 

“Dov’è lui, in ogni caso?”

 

“Dorme. Noi – ehm – beh, abbiamo fatto un po’ tardi ieri sera, e poi ci ha offerto un po’ di vino speziato che era più alcolico del previsto...”

 

“Oh,” disse Tonks, realizzando con un sorriso. “Quindi questo manda all’aria tutti i miei progetti.”

 

Remus deglutì guardando alternativamente la scatola di decorazioni, poi la sua espressione delusa ed allo stesso tempo stoica quindi di nuovo la scatola. Gli si stava presentando la perfetta occasione per trascorrere del tempo con lei, l’occasione di trovare, forse, il momento giusto per darle il suo regalo, o indirizzarsi lentamente al dirle – o mostrarle quello che provava.

 

Decise di non sprecare quella opportunità, e un proverbio sulla fortuna che aiuta gli audaci gli balenò per la testa.

“Beh, non necessariamente,” disse. “Se ne hai ancora voglia...” indicò la scatola di decorazioni e poi vagamente la stanza. “Sono sempre disponibile a decorare la stanza – a meno che tu non preferisca aspettare?”

 

“No,” rispose Tonks, sorridendo. “Adesso va benissimo.”

 

“Sono d’accordo,” acconsentì, facendo un paio di respiri profondi per cercare di calmare i battiti forsennati del suo cuore.

 

Remus si voltò verso la vasta selezione di decorazioni che Tonks aveva portato, afferrando con nonchalance l’estremità di una striscia di un color rosso acceso e cercando di estrarla dalla scatola. Un po’ di decorazioni, pensò, avrebbero creato la giusta atmosfera. Tenne fra le mani quello che era riuscito a tirare fuori, cercando l’altra estremità della striscia.

 

Ma la decorazione continuava.

 

Tirò più forte, e ne emerse sempre di più, e poi ancora finché non si ammucchiò ai suoi piedi e lui iniziò a domandarsi se non fosse un qualche nuovo tipo di decorazione infinita che lei gli aveva portato per fargli uno scherzo.

“Che cosa...?” domandò, cercando il suo sguardo con quello che sperava sembrasse un cipiglio severo. Tonks ridacchiò dietro le dita.

 

“E’ extra lunga,” disse, “L’ho comprata l’hanno scorso per sistemare tutta la stanza con una sola.”

 

“Oh,” mormorò Remus, continuando a combattere con l’ammasso infinito che gli si stava ammucchiando fra le mani.

 

Alla fine trovò l’altro capo della decorazione e fece un sospiro di sollievo, sospiro che si rivelò essere prematuro, visto che l’estremità era annodata per bene all’estremità di una nuova decorazione, ed altre ancora attorno a questa. Quando diede uno strattone alla striscia rossa, si ritrovò con un altro paio di strisce in mano – una blu con piccole stelline argentate ed un’altra oro splendente – attaccate saldamente alla rossa, e Tonks rise mentre lui tentava di districarle, e quelle gli scivolavano fra le dita, facendone cadere a terra più di quelle che riusciva a tenere in mano e finendo a formare un mucchietto che gli arrivava fino alle ginocchia. Doveva sembrare uno di quegli inetti prestigiatori Babbani, cui non era riuscito uno dei suoi trucchi. Sbuffò divertito, prima di rinunciare e lasciar cadere il tutto per terra in una intricata massa scintillante.

“Lo sai di cosa abbiamo bisogno?” annunciò.

 

“Di una Giratempo così posso tornare all’anno scorso e rimettere via le decorazioni ordinatamente?” suggerì Tonks, e lui rise.

 

“Quella magari potrebbe essere utile,” concordò, cercando di uscire dall’intrico di strisce che si era creato ai suoi piedi con tutta la dignità e delicatezza che gli riuscivano, “Ma io stavo pensando ad una bella tazza di vino speziato. Dovrebbe esserne rimasto.”

 

Inarcò un sopracciglio in attesa di una risposta, Tonks annuì, e dopo essersi districato dai minacciosi tentacoli delle decorazioni, Remus scese di sotto per riempire due tazze di quel vino rosso che profumava di cannella e chiodi di garofano.

 

Ne era rimasto un sacco – pensò che Sirius dovesse aver sopravalutato le capacità di resistenza di ognuno come quelle di se stesso – e scelse una tazza che portava la scritta “tazza bah uhm” per Tonks e per sé prese quella dei Cannoni di Chudley. Non poteva fare a meno di stupirsi di quanto si sentisse stanco poco prima, mentre ora che lei era lì era di nuovo attivo e sveglio.

 

Era un effetto a cui si era abituato – diverse volte dopo una missione che li aveva tenuti fuori fino a sera era riuscita in qualche modo a farlo restare in piedi un’ora in più a parlare, o ridere e persino il semplice darsi la buonanotte a volte richiedeva almeno venti minuti. Era una delle ragioni per cui gli piaceva. Lo faceva sentire – non sapeva nemmeno lui quale fosse la parola giusta.

 

Quando lei era nei paraggi si sentiva eccitato, e nervoso – in effetti lo faceva sentire come tutti quei mesi trascorsi in biblioteca a Hogwarts a scambiarsi occhiate furtive e di desiderio con Olivia Crosby, anche se sperava di cavarsela un po’ meglio con le ragazze rispetto ad allora.

 

Fece una smorfia al pensiero che la scena con le decorazioni di poco prima provava tutto il contrario, ma si consolò pensando poi che Tonks non era il genere di ragazza da usare la sua inettitudine contro di lui.

 

Tornò indietro, porgendo a Tonks la sua tazza e bevendo un sorso di vino. Tonks si portò la tazza alle labbra, bevve un sorso a sua volta e sgranò gli occhi.

“Oh, mio...” disse, la voce leggermente strozzata. “E’ forte ‘sta roba.”

 

“Mmh,” mormorò lui. “Sospetto che più di due tazze potrebbero mandare ko un ippogrifo.”

 

“Questo spiega cosa è successo a Sirius allora,” mormorò, incontrando il suo sguardo con un largo sorriso e soffiando sulla sua tazza.

 

“A dir la verità,” disse Remus, “ E’ riuscito a farne fuori sei prima di ritirarsi.”

 

“Tu a quante sei arrivato?”

 

“Solo una,” rispose, “Ma mi sento un po’ brillo lo stesso, a dire il vero.”

 

Tonks rise.

“Tranquillo,” disse. “Non ti arresterò perché decori in stato di ebbrezza.”

 

“Grazie.”

 

Tonks sorrise e c’era qualcosa di intossicante e timido in quel sorriso.

“Com’è andata a finire poi l’altro giorno?” chiese. “Sei riuscito a trovare qualcosa per tua madre?”

 

“Sì,” rispose Remus, “Lampo d’ispirazione.”

 

“Bene,” mormorò Tonks, bevendo un altro sorso di vino. “Sono felice che tu abbia trovato qualcosa che le piacerà.”

 

“Beh, qualcosa che spero le piacerà.”

 

Tonks inarcò un sopracciglio.

“Solo speri?” disse. “Non è moralmente obbligata ad adorare qualsiasi cosa tu le prenda?”

 

“Sì,” concordò lui, “Ma sarebbe carino se la sua espressione nell’aprire il regalo fosse sincera e non di circostanza.”

 

Lei sorrise.

“Questo è vero.” Concesse. “Nessuno vuole finta gratitudine. Ti smonta tutto lo spirito natalizio.”

 

“Esatto.”

 

“Sono certa che le piacerà moltissimo.”

 

“Sembri molto sicura,” commentò, nascondendo un sorriso dietro il bordo della sua tazza mentre bevevo un sorso di vino.

 

“Mmh,” mormorò, “Beh, sembri il genere di persona che riesce sempre a prendere alla gente qualcosa che di sicuro piacerà.”

 

“Sul serio?”

 

“Mmh,” rispose, e lui si chiese se fosse solo il fuoco o se stesse veramente arrossendo. “Comunque,” esordì, mettendo più enfasi nella parola di quanta ne meritasse, “Ci mettiamo al lavoro?”

 

posarono le tazze e si sedettero per terra accanto al mucchietto scintillante di decorazioni che lui aveva così abilmente liberato dalla scatola, concordando entrambi sul fatto che avrebbero dovuto mettersi all’opera fintanto che erano ancora svegli e ragionevolmente sobri.

 

Gli ci volle un po’ per districare le singole strisce – più a lungo, Remus sospettava, di quanto fosse strettamente necessario, perché ogni volta che le loro mani si sfioravano, i loro sguardi si incrociavano ed era come se il mondo avesse smesso di girare. E poi uno di loro si metteva a ridere, o mormorava qualcosa riguardo le decorazioni irritanti o scherzava sul fatto che erano appiccicose e poi continuavano a cercare di districarle finché non succedeva di nuovo.

 

Alla fine però, ognuno di loro ebbe in mano un’estremità della striscia, ma nessuna idea su dove metterla.

“Credo di avere trovato una pecca nel nostro piano,” osservò Remus, alzandosi in piedi e accennando vagamente alla stanza che già traboccava di decorazioni. “L’unica cosa qui dentro che non è appropriatamente festiva siamo noi.”

 

Tonks ridacchiò.

“Beh, a questo si può facilmente rimediare,” disse, e prese la bacchetta, fissandovi l’estremità della striscia che teneva con un incantesimo ed arrotolandola attorno al collo di lui come un boa di piume.

 

Lui inarcò un sopracciglio nella sua direzione e lei sorrise maliziosa.

“Cosa ne pensi?” chiese. “Il rosso è il mio colore?”

 

“Sembri una dama,” rispose, coprendosi la bocca con la mano e ridendo dietro le dita.

 

“Cosa?”

 

“Sai, dalle pantomime,” spiegò, “La mia nonna Gabbana mi ci portava ogni anno – la dama è un tipo che si veste come una donna di mezza età. In genere si prende tutte le battute migliori.”

 

“Oh, lo so chi è una dama,” disse, buttandosi dietro le spalle un capo dello striscione come fosse una balza del vestito. “Ero solo scioccato che tu osassi fare un paragone del genere quando chiaramente non indosso abiti femminili.”

 

Tonks rise di nuovo e poi prese la sua tazza di vino speziato, bevendone un altro po’.

“Ci andavo ogni anno anch’io,” disse Remus, “I miei nonni erano Babbani.”

 

“Oh,” mormorò Tonks, sgranando gli occhi sorpresa. “Non sapevo avessi...”

 

si interruppe, mordendosi il labbro e sorridendogli timidamente. Lui inarcò un sopracciglio.

“L’altro giorno eri sorpresa che io avessi una madre e ora ti stupisci che io abbia dei nonni,” disse, “Penso davvero si arrivato il momento di fare quella discussione sui cavoli e sulle cicogne.”

 

Gli diede un colpetto di avvertimento sulla spalla.

“Smetterai mai di rinfacciarmela?” chiese.

 

“Non in questa vita.” Rispose, prendendo la sua bacchetta e avvolgendo la decorazione blu e argento che Tonks reggeva attorno al collo di lei, mentre la ragazza rideva.

 

“Che ne pensi?” domandò, piegando la testa da un lato e indicando la sciarpa che lui gli aveva procurato e poi quella di lui. “Meglio così?”

 

“E’ indubbiamente festivo,” acconsentì. Tonks giocherellò con la striscia che aveva al collo in modo estremamente adorabile.

 

“Stona un po’ però,” disse pigramente.

 

“Hai ragione.”

 

Con riluttanza, si liberarono entrambi delle decorazioni e, accordandosi silenziosamente, si scambiarono, in modo da aggiungere quella rossa all’albero e la blu al caminetto.

“Allora, quel era il tuo preferito?” chiese Tonks e Remus la guardò con espressione interrogativa. “Nelle pantomime.” Spiegò.

 

“Cenerentola.” Rispose, chiedendosi se non fosse una cosa strana da ammettere, “Anche se confesso di aver sempre desiderato mandar fuori a calci il Principe Azzurro e fare il tifo per la sorellastra.”

 

Tonks rise.

“Cosa c’è?” domandò Remus. Per non pensare al rossore che gli stava imporporando le guance, concentrò la sua attenzione sulla decorazione del caminetto. “La sorellastra e Cenerentola sono una combinazione molto migliore di lei e il Principe Azzurro – voglio dire, l’unica cosa che il Principe effettivamente conosce di lei è che ha i piedi piccoli. Non è una buona base per una relazione duratura.”

 

“Suppongo che facessi il tifo anche per Aladdin e il Genio allora?” chiese lei, la sua voce che vibrava divertita.

 

Remus le lanciò uno sguardo oltre la spalla con un sopracciglio inarcato.

“A dire la verità mi è sempre piaciuto pensare che il Genio avesse un debole per Trilli.” La corresse, ricacciando indietro una risata.

 

“Sul serio?”

 

“Oh, sì,” rispose, voltandosi di nuovo verso il caminetto e sistemando invano le decorazioni.

 

La risatina di Tonks fu quasi – ma non del tutto – smorzata dal fruscio della sua striscia rossa, mentre lei ruotava attorno all’albero, posizionandola.

“Qual era il tuo preferito, invece?”

 

“Dick Whittington,” disse.

 

Aprì la bocca per dire che anche a lui quell personaggio era sempre piaciuto un sacco, ma non ne ebbe la possibilità.

“E preferirei che tu non rovinassi i miei ricordi di bambina insinuando che Dick aveva un debole per il suo gatto,” lo ammonì.

 

Si portò la mano al petto, fingendosi offeso e lei rise.

“Non stavo assolutamente insinuando niente del genere,” disse, “La cosa è già di per sé chiaramente evidente...”

 

Tonks alzò gli occhi al cielo, ma ridacchiò comunque, terminando di sistemare la sua decorazione con una piroetta. Lo aiutò a coprire la piccola libreria nell’albero con la striscia dorata, ed alla fine Remus si appoggiò alla credenza, osservando la loro opera. Tonks lo raggiunse, dandogli un colpetto sul fianco con il suo.

“Che ne pensi?” le domandò.

 

“Penso che stava meglio su di te che non fa sull’albero,” commentò, accennando alla striscia rossa che scintillava fra i rami dell’abete.

 

“Pensi davvero?” chiese, voltandosi leggermente verso di lei.

 

“Mmh,” mormorò, “Ti stava bene.”

 

I loro sguardi si incontrarono.

 

Lei si morse il labbro.

 

Il respiro di lui si fece più pesante.

 

Erano molto vicini – più vicini di quanto stessero due amici, ed entrambi lo sapevano.

 

Alla luce del fuoco, con tutto il scintillio delle decorazioni attorno a loro, Tonks appariva decisamente attraente, e lui seppe che era quella, la perfetta occasione per baciarla. Lei gli sorrise, e nel suo sguardo gli sembrò di cogliere qualcosa che sembrava attesa, e deglutì.

 

Il cuore gli batteva forte – ma da un angolino remoto, non richiesti, i dubbi cominciarono ad assalirlo.

 

E se quello che credeva di aver visto nei suoi occhi non era affatto speranzosa attesa? E se era soltanto uno scintillio amichevole, accentuato dall’alcool? E se il bagliore delle decorazioni lo stava traendo in inganno, facendogli vedere quello che voleva vedere, invece di quello che effettivamente c’era?

 

Un peso gli calò sul cuore. Non aveva cero record stellari in questo genere di cose – in effetti, pensò che per trovare un uomo con meno esperienza romantica di lui bisognasse tornare indietro all’antica Roma.

 

Ma il modo in cui lo stava guardando...

 

Quello che gli serviva era una ragione per baciarla.

 

Una ragione diversa dal semplice fatto che desiderava farlo.

 

Una ragione diversa dal pensiero che forse lei voleva che lui lo facesse.

 

Una ragione diversa dal fatto che l’idea di baciarla era così spesso nei suoi pensieri ultimamente che difficilmente riusciva a pensare ad altro.

 

Quello di cui aveva bisogno, pensò, era l’aiuto della tradizione: aveva bisogno del vischio.

 

E in quel caso, se avesse avuto torto, lei avrebbe pensato che stava solo rispettando le tradizioni – o che aveva bevuto troppo vino speziato – e non ce l’avrebbe avuta con lui. E se non si era sbagliato e lei ricambiava i suoi sentimenti – le sue ginocchia cedettero leggermente al pensiero – avrebbe approfittato dell’occasione e lui avrebbe saputo, allora, quello che lei provava.

 

Il vischio era assolutamente la soluzione.

 

La casa era piena di quella roba, e tuttavia sapeva – visto che la maggior parte l’aveva evocata lui – che non ce n’era da nessuna parte, vicino al posto dove stavano loro.

 

Pensò, momentaneamente, di tentare a condurla verso l’entrata, dove ne aveva collocato un bel cespuglio, ma una soluzione molto più semplice al suo problema gli si presentò istantaneamente.

 

Con molta attenzione, prese la bacchetta, e mentre sosteneva il suo sguardo per distrarla, evocò un mazzetto di vischio proprio sopra le loro teste.

 

Guarda su, guarda su, pensò.

 

Tonks non distolse lo sguardo dal suo.

 

Maledizione, pensò.

 

Gli istanti passavano. Sperò di nuovo silenziosamente che lei guardasse in alto, arrivò persino a far frusciare leggermente il mazzetto con un movimento impercettibile della bacchetta. Ma i suoi grandi occhi scuri rimanevano fissi sui suoi – cosa che in altre circostanze avrebbe fatto sì che nel suo stomaco avesse piantato le tende una colonia di farfalle, ma adesso era solo tremendamente deluso.

 

Alla fine Tonks si schiarì la gola.

 

“Beh,” disse, con quella che lui volle credere fosse allegria forzata. “Si sta facendo tardi.”

 

Remus si diede mentalmente dello stupido. Si era lasciato sfuggire l’occasione perfetta.

“Mmh,” mormorò lui, pensando che era una risposta tremendamente inadeguata e che non risolveva la sua stupidità. Non era nemmeno una parola.

 

“Buonanotte allora,” disse lei.

 

“Ok,” rispose. E infine, sentendo come se le dovesse qualcosa aggiunse, “E’ stato bello.”

 

Stava ancora sperando con tutto se stesso che alzasse lo sguardo e vedesse il vischio.

 

Ma non lo fece. Gli fece solo un sorriso che mandò sottosopra il suo stomaco e mormorò qualcosa in risposta.

“Buonanotte,” disse dolcemente e lui le rispose con ancora più dolcezza.

 

E quando sparì oltre la porta, Remus sbatté la testa contro la porta con un leggero ‘tunk’ e poi un altro paio di volte, che tanto non guastava.

 

Idiota.

 

Prese mentalmente nota di stare più attento alle dimensioni del vischio in futuro.

 

Sospirò e raccolse le tazze, portandole in cucina per lavarle.

 

Le lavò senza porre attenzione a quello che faceva, perso in un sogno ad occhi aperti su Tonks, il vischio e su quanto era bella alla luce del fuoco, dopodiché se ne andò a letto.

 

Sfiorò il regalo che aveva in tasca.

 

I regali di Natale erano sempre stati un’ impresa per lui, ma questo era stato il più difficile di tutti, perché non gli era mai importato così tanto che il suo regalo piacesse.

 

Cercò di non essere troppo deluso per il fatto di non aver fatto progressi con Tonks quella sera. Dopo tutto, mancavano ancora un paio di giorni a Natale,e quello significava, sperava, un mare di occasioni di trovare il momento perfetto per darle il suo regalo, il momento perfetto per farle capire – implicitamente, ma senza lasciarle dubbi – che anche se non aveva incartato il suo cuore e l’aveva messo sotto l’albero, il suo cuore era sempre lì che la aspettava.

 

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