Non so se dovete adorarmi a vita o tirarmi dietro pomodori e
verdure.
Ho fatto tutto un po’ in fretta per riuscire a pubblicare oggi
come promesso.
È probabile però che giovedì lo posti di nuovo. Ciao.
No Time Like the Present.
Remus si era appena messo in tasca il regalo per Tonks e
deciso di andarsene a dormire quando sentì qualcuno muoversi di sopra. Si
accigliò, guardando l’orologio e chiedendosi cosa diavolo uno dei ragazzi – o
Molly – ci facesse in piedi a quell’ora. Specialmente dopo una tazza del vino
speziato si Sirius, avrebbero dovuto essere tutti fuori gioco per ore.
Si alzò, pensando che forse Sirius aveva smaltito in
parte la sbornia ed avesse bisogno di assistenza, così andò ad indagare, anche
se offrire il suo aiuto ad un Sirius ancora mezzo ubriaco era decisamente
l’ultimo dei suoi progetti per quell’ora della notte.
Ma invece di Sirius accasciato da qualche parte, che
gemeva chiedendo aiuto, Remus trovò Tonks. Era in piedi accanto alla porta
d’ingresso, fra le braccia un’enorme scatola traboccante di decorazioni, il viso contratto in una smorfia, perché
ogni volta che posava il piede per terra, le assi del pavimento scricchiolavano
terribilmente e la Signora Black inspirò profondamente, preparandosi, dietro le
sue tendine parzialmente chiuse.
Tonks incrociò il suo sguardo, guardandolo con un misto
di gratitudine e imbarazzo, e Remus le sorrise per farle capire che aveva
capito la situazione, il suo stomaco che faceva le capriole al pensiero che lei
era molto più divertente da aiutare rispetto a suo cugino quando era ubriaco.
Arrivò di fronte al ritratto della Signora Black e prese in mano le tendine,
pronto, quindi fece un cenno a Tonks perché tornasse indietro dalla parte dove
era venuta. Tonks mosse un passo verso la porta, e quando il pavimento
scricchiolò sotto i suoi piedi,fece una smorfia nello stesso momento in cui la
fece lei.
Ma l’invettiva della Signora Black sui mostri mezzosangue
e i mutaforma n arrivò mai, e mentre Tonks si spostava di lato, infilando le
scale, soppesando attentamente ogni passo e mordendosi leggermente il labbro
mentre appoggiava il piede, Remus chiuse meglio le tendine di fronte al
ritratto, e quindi seguì Tonks su per le scale.
Una volta che furono entrambi salvi in salotto, Tonks
diede un profondo sospiro di sollievo.
“Grazie,” disse. “Pensavo – beh, un passo falso e avrei
svegliato tutta la casa.”
Remus ne dubitava. Il vino speziato di Sirius era
abbastanza potente da mandare tutti nel mondo dei sogni per un bel po’.
I suoi occhi si soffermarono sul viso di lei, notando le
sue festive ciocche rosse che in qualche modo – contro tutte le leggi del
buonsenso e della ragione – le stavano bene, ed i suoi occhi scuri ed invitanti
che scintillavano più del solito nella penombra della stanza.
“Sei arrivata tardi,” disse Remus, sorridendole,
accendendo il fuoco con la bacchetta, mandando ombre danzanti per la stanza,
sull’albero di natale e le decorazioni, la luce delle fiamme che faceva
scintillare le palle sull’albero e sottolineando la dolcezza dell’espressione
di Tonks.
Tonks alzò gli occhi al cielo.
“Mmh,” mormorò, “Non l’ho fatto apposta – avrei dovuto
finire alle otto in teoria, a c’erano un sacco di cose che andavano finite in
modo da poter fare una vacanza come si deve.”
Lui mormorò qualcosa in assenso e si chiese se fosse
quello il momento per dirle quello che provava – la luce del fuoco ed il Natale
imminente erano entrambi ottimi per un’atmosfera romantica – ed il regalo nella
sua tasca gli punzecchiava la gamba, cercando di spronarlo affinché glielo
desse.
Tonks cercava di tenere la scatola in equilibrio fra le
braccia, ed il rumore attirò la sua attenzione.
“Oh, lascia che ti aiuti,” disse, prendendo la scatola e
togliendogliela dalle mani, posandola sulla credenza. Accennò vagamente alla
scatola e incontrò il suo sguardo inarcando un sopracciglio. “Voglia di un po’
di spirito natalizio portatile?” chiese, ridacchiando.
“No,” rispose. “Avevo tutta questa roba nel mio
appartamento, ma non ci passerò molto tempo nei prossimi giorni, così ho
pensato di portarla qui, magari viene usata.”
Inarcò entrambe le sopracciglia ed annuì in approvazione,
cercando di scacciare dalla mente l’idea ma senza riuscirci, che era tutta una
scusa per vederlo. Tonks fece spallucce.
“Ho pensato che a Sirius avrebbe fatto piacere,” disse.
“Mettere su le decorazioni natalizie sembra avergli tirato su il morale.”
“Mmh,” mormorò lui, guardandola ed incontrando il suo
sguardo con un sorriso, che lei ricambiò.
“Dov’è lui, in ogni caso?”
“Dorme. Noi – ehm – beh, abbiamo fatto un po’ tardi ieri
sera, e poi ci ha offerto un po’ di vino speziato che era più alcolico del
previsto...”
“Oh,” disse Tonks, realizzando con un sorriso. “Quindi
questo manda all’aria tutti i miei progetti.”
Remus deglutì guardando alternativamente la scatola di
decorazioni, poi la sua espressione delusa ed allo stesso tempo stoica quindi
di nuovo la scatola. Gli si stava presentando la perfetta occasione per
trascorrere del tempo con lei, l’occasione di trovare, forse, il momento giusto
per darle il suo regalo, o indirizzarsi lentamente al dirle – o mostrarle
quello che provava.
Decise di non sprecare quella opportunità, e un proverbio
sulla fortuna che aiuta gli audaci gli balenò per la testa.
“Beh, non necessariamente,” disse. “Se ne hai ancora
voglia...” indicò la scatola di decorazioni e poi vagamente la stanza. “Sono
sempre disponibile a decorare la stanza – a meno che tu non preferisca
aspettare?”
“No,” rispose Tonks, sorridendo. “Adesso va benissimo.”
“Sono d’accordo,” acconsentì, facendo un paio di respiri
profondi per cercare di calmare i battiti forsennati del suo cuore.
Remus si voltò verso la vasta selezione di decorazioni
che Tonks aveva portato, afferrando con nonchalance l’estremità di una striscia
di un color rosso acceso e cercando di estrarla dalla scatola. Un po’ di
decorazioni, pensò, avrebbero creato la giusta atmosfera. Tenne fra le mani
quello che era riuscito a tirare fuori, cercando l’altra estremità della
striscia.
Ma la decorazione continuava.
Tirò più forte, e ne emerse sempre di più, e poi ancora
finché non si ammucchiò ai suoi piedi e lui iniziò a domandarsi se non fosse un
qualche nuovo tipo di decorazione infinita che lei gli aveva portato per fargli
uno scherzo.
“Che cosa...?” domandò, cercando il suo sguardo con
quello che sperava sembrasse un cipiglio severo. Tonks ridacchiò dietro le
dita.
“E’ extra lunga,” disse, “L’ho comprata l’hanno scorso
per sistemare tutta la stanza con una sola.”
“Oh,” mormorò Remus, continuando a combattere con
l’ammasso infinito che gli si stava ammucchiando fra le mani.
Alla fine trovò l’altro capo della decorazione e fece un
sospiro di sollievo, sospiro che si rivelò essere prematuro, visto che
l’estremità era annodata per bene all’estremità di una nuova decorazione, ed
altre ancora attorno a questa. Quando diede uno strattone alla striscia rossa,
si ritrovò con un altro paio di strisce in mano – una blu con piccole stelline
argentate ed un’altra oro splendente – attaccate saldamente alla rossa, e Tonks
rise mentre lui tentava di districarle, e quelle gli scivolavano fra le dita,
facendone cadere a terra più di quelle che riusciva a tenere in mano e finendo
a formare un mucchietto che gli arrivava fino alle ginocchia. Doveva sembrare
uno di quegli inetti prestigiatori Babbani, cui non era riuscito uno dei suoi
trucchi. Sbuffò divertito, prima di rinunciare e lasciar cadere il tutto per
terra in una intricata massa scintillante.
“Lo sai di cosa abbiamo bisogno?” annunciò.
“Di una Giratempo così posso tornare all’anno scorso e
rimettere via le decorazioni ordinatamente?” suggerì Tonks, e lui rise.
“Quella magari potrebbe essere utile,” concordò, cercando
di uscire dall’intrico di strisce che si era creato ai suoi piedi con tutta la
dignità e delicatezza che gli riuscivano, “Ma io stavo pensando ad una bella
tazza di vino speziato. Dovrebbe esserne rimasto.”
Inarcò un sopracciglio in attesa di una risposta, Tonks
annuì, e dopo essersi districato dai minacciosi tentacoli delle decorazioni,
Remus scese di sotto per riempire due tazze di quel vino rosso che profumava di
cannella e chiodi di garofano.
Ne era rimasto un sacco – pensò che Sirius dovesse aver
sopravalutato le capacità di resistenza di ognuno come quelle di se stesso – e
scelse una tazza che portava la scritta “tazza bah uhm” per Tonks e per sé
prese quella dei Cannoni di Chudley. Non poteva fare a meno di stupirsi di
quanto si sentisse stanco poco prima, mentre ora che lei era lì era di nuovo
attivo e sveglio.
Era un effetto a cui si era abituato – diverse volte dopo
una missione che li aveva tenuti fuori fino a sera era riuscita in qualche modo
a farlo restare in piedi un’ora in più a parlare, o ridere e persino il
semplice darsi la buonanotte a volte richiedeva almeno venti minuti. Era una
delle ragioni per cui gli piaceva. Lo faceva sentire – non sapeva nemmeno lui
quale fosse la parola giusta.
Quando lei era nei paraggi si sentiva eccitato, e nervoso
– in effetti lo faceva sentire come tutti quei mesi trascorsi in biblioteca a
Hogwarts a scambiarsi occhiate furtive e di desiderio con Olivia Crosby, anche
se sperava di cavarsela un po’ meglio con le ragazze rispetto ad allora.
Fece una smorfia al pensiero che la scena con le
decorazioni di poco prima provava tutto il contrario, ma si consolò pensando
poi che Tonks non era il genere di ragazza da usare la sua inettitudine contro
di lui.
Tornò indietro, porgendo a Tonks la sua tazza e bevendo
un sorso di vino. Tonks si portò la tazza alle labbra, bevve un sorso a sua
volta e sgranò gli occhi.
“Oh, mio...” disse, la voce leggermente strozzata. “E’
forte ‘sta roba.”
“Mmh,” mormorò lui. “Sospetto che più di due tazze
potrebbero mandare ko un ippogrifo.”
“Questo spiega cosa è successo a Sirius allora,” mormorò,
incontrando il suo sguardo con un largo sorriso e soffiando sulla sua tazza.
“A dir la verità,” disse Remus, “ E’ riuscito a farne
fuori sei prima di ritirarsi.”
“Tu a quante sei arrivato?”
“Solo una,” rispose, “Ma mi sento un po’ brillo lo
stesso, a dire il vero.”
Tonks rise.
“Tranquillo,” disse. “Non ti arresterò perché decori in
stato di ebbrezza.”
“Grazie.”
Tonks sorrise e c’era qualcosa di intossicante e timido
in quel sorriso.
“Com’è andata a finire poi l’altro giorno?” chiese. “Sei
riuscito a trovare qualcosa per tua madre?”
“Sì,” rispose Remus, “Lampo d’ispirazione.”
“Bene,” mormorò Tonks, bevendo un altro sorso di vino.
“Sono felice che tu abbia trovato qualcosa che le piacerà.”
“Beh, qualcosa che spero le piacerà.”
Tonks inarcò un sopracciglio.
“Solo speri?” disse. “Non è moralmente obbligata ad
adorare qualsiasi cosa tu le prenda?”
“Sì,” concordò lui, “Ma sarebbe carino se la sua
espressione nell’aprire il regalo fosse sincera e non di circostanza.”
Lei sorrise.
“Questo è vero.” Concesse. “Nessuno vuole finta gratitudine.
Ti smonta tutto lo spirito natalizio.”
“Esatto.”
“Sono certa che le piacerà moltissimo.”
“Sembri molto sicura,” commentò, nascondendo un sorriso
dietro il bordo della sua tazza mentre bevevo un sorso di vino.
“Mmh,” mormorò, “Beh, sembri il genere di persona che
riesce sempre a prendere alla gente qualcosa che di sicuro piacerà.”
“Sul serio?”
“Mmh,” rispose, e lui si chiese se fosse solo il fuoco o
se stesse veramente arrossendo. “Comunque,” esordì, mettendo più enfasi nella
parola di quanta ne meritasse, “Ci mettiamo al lavoro?”
posarono le tazze e si sedettero per terra accanto al
mucchietto scintillante di decorazioni che lui aveva così abilmente liberato
dalla scatola, concordando entrambi sul fatto che avrebbero dovuto mettersi
all’opera fintanto che erano ancora svegli e ragionevolmente sobri.
Gli ci volle un po’ per districare le singole strisce –
più a lungo, Remus sospettava, di quanto fosse strettamente necessario, perché
ogni volta che le loro mani si sfioravano, i loro sguardi si incrociavano ed
era come se il mondo avesse smesso di girare. E poi uno di loro si metteva a
ridere, o mormorava qualcosa riguardo le decorazioni irritanti o scherzava sul
fatto che erano appiccicose e poi continuavano a cercare di districarle finché non
succedeva di nuovo.
Alla fine però, ognuno di loro ebbe in mano un’estremità
della striscia, ma nessuna idea su dove metterla.
“Credo di avere trovato una pecca nel nostro piano,”
osservò Remus, alzandosi in piedi e accennando vagamente alla stanza che già
traboccava di decorazioni. “L’unica cosa qui dentro che non è appropriatamente
festiva siamo noi.”
Tonks ridacchiò.
“Beh, a questo si può facilmente rimediare,” disse, e
prese la bacchetta, fissandovi l’estremità della striscia che teneva con un incantesimo
ed arrotolandola attorno al collo di lui come un boa di piume.
Lui inarcò un sopracciglio nella sua direzione e lei
sorrise maliziosa.
“Cosa ne pensi?” chiese. “Il rosso è il mio colore?”
“Sembri una dama,” rispose, coprendosi la bocca con la mano
e ridendo dietro le dita.
“Cosa?”
“Sai, dalle pantomime,” spiegò, “La mia nonna Gabbana mi
ci portava ogni anno – la dama è un tipo che si veste come una donna di mezza
età. In genere si prende tutte le battute migliori.”
“Oh, lo so chi è una dama,” disse, buttandosi dietro le
spalle un capo dello striscione come fosse una balza del vestito. “Ero solo
scioccato che tu osassi fare un paragone del genere quando chiaramente non
indosso abiti femminili.”
Tonks rise di nuovo e poi prese la sua tazza di vino
speziato, bevendone un altro po’.
“Ci andavo ogni anno anch’io,” disse Remus, “I miei nonni
erano Babbani.”
“Oh,” mormorò Tonks, sgranando gli occhi sorpresa. “Non
sapevo avessi...”
si interruppe, mordendosi il labbro e sorridendogli
timidamente. Lui inarcò un sopracciglio.
“L’altro giorno eri sorpresa che io avessi una madre e
ora ti stupisci che io abbia dei nonni,” disse, “Penso davvero si arrivato il
momento di fare quella discussione sui cavoli e sulle cicogne.”
Gli diede un colpetto di avvertimento sulla spalla.
“Smetterai mai di rinfacciarmela?” chiese.
“Non in questa vita.” Rispose, prendendo la sua bacchetta
e avvolgendo la decorazione blu e argento che Tonks reggeva attorno al collo di
lei, mentre la ragazza rideva.
“Che ne pensi?” domandò, piegando la testa da un lato e
indicando la sciarpa che lui gli aveva procurato e poi quella di lui. “Meglio
così?”
“E’ indubbiamente festivo,” acconsentì. Tonks giocherellò
con la striscia che aveva al collo in modo estremamente adorabile.
“Stona un po’ però,” disse pigramente.
“Hai ragione.”
Con riluttanza, si liberarono entrambi delle decorazioni
e, accordandosi silenziosamente, si scambiarono, in modo da aggiungere quella
rossa all’albero e la blu al caminetto.
“Allora, quel era il tuo preferito?” chiese Tonks e Remus
la guardò con espressione interrogativa. “Nelle pantomime.” Spiegò.
“Cenerentola.” Rispose, chiedendosi se non fosse una cosa
strana da ammettere, “Anche se confesso di aver sempre desiderato mandar fuori
a calci il Principe Azzurro e fare il tifo per la sorellastra.”
Tonks
rise.
“Cosa c’è?” domandò Remus. Per non pensare al rossore che
gli stava imporporando le guance, concentrò la sua attenzione sulla decorazione
del caminetto. “La sorellastra e Cenerentola sono una combinazione molto
migliore di lei e il Principe Azzurro – voglio dire, l’unica cosa che il
Principe effettivamente conosce di lei è che ha i piedi piccoli. Non è una
buona base per una relazione duratura.”
“Suppongo che facessi il tifo anche per Aladdin e il
Genio allora?” chiese lei, la sua voce che vibrava divertita.
Remus le lanciò uno sguardo oltre la spalla con un
sopracciglio inarcato.
“A dire la verità mi è sempre piaciuto pensare che il
Genio avesse un debole per Trilli.” La corresse, ricacciando indietro una risata.
“Sul serio?”
“Oh, sì,” rispose, voltandosi di nuovo verso il caminetto
e sistemando invano le decorazioni.
La risatina di Tonks fu quasi – ma non del tutto –
smorzata dal fruscio della sua striscia rossa, mentre lei ruotava attorno
all’albero, posizionandola.
“Qual era il tuo preferito, invece?”
“Dick
Whittington,” disse.
Aprì la bocca per dire che anche a lui quell personaggio
era sempre piaciuto un sacco, ma non ne ebbe la possibilità.
“E preferirei che tu non rovinassi i miei ricordi di
bambina insinuando che Dick aveva un debole per il suo gatto,” lo ammonì.
Si portò la mano al petto, fingendosi offeso e lei rise.
“Non stavo assolutamente insinuando niente del genere,”
disse, “La cosa è già di per sé chiaramente evidente...”
Tonks alzò gli occhi al cielo, ma ridacchiò comunque,
terminando di sistemare la sua decorazione con una piroetta. Lo aiutò a coprire
la piccola libreria nell’albero con la striscia dorata, ed alla fine Remus si
appoggiò alla credenza, osservando la loro opera. Tonks lo raggiunse, dandogli
un colpetto sul fianco con il suo.
“Che ne pensi?” le domandò.
“Penso che stava meglio su di te che non fa sull’albero,”
commentò, accennando alla striscia rossa che scintillava fra i rami dell’abete.
“Pensi davvero?” chiese, voltandosi leggermente verso di
lei.
“Mmh,” mormorò, “Ti stava bene.”
I loro sguardi si incontrarono.
Lei si morse il labbro.
Il respiro di lui si fece più pesante.
Erano molto vicini – più vicini di quanto stessero due
amici, ed entrambi lo sapevano.
Alla luce del fuoco, con tutto il scintillio delle
decorazioni attorno a loro, Tonks appariva decisamente attraente, e lui seppe
che era quella, la perfetta occasione per baciarla. Lei gli sorrise, e nel suo
sguardo gli sembrò di cogliere qualcosa che sembrava attesa, e deglutì.
Il cuore gli batteva forte – ma da un angolino remoto,
non richiesti, i dubbi cominciarono ad assalirlo.
E se quello che credeva di aver visto nei suoi occhi non
era affatto speranzosa attesa? E se era soltanto uno scintillio amichevole,
accentuato dall’alcool? E se il bagliore delle decorazioni lo stava traendo in
inganno, facendogli vedere quello che voleva vedere, invece di quello che
effettivamente c’era?
Un peso gli calò sul cuore. Non aveva cero record
stellari in questo genere di cose – in effetti, pensò che per trovare un uomo
con meno esperienza romantica di lui bisognasse tornare indietro all’antica
Roma.
Ma il modo in cui lo stava guardando...
Quello che gli serviva era una ragione per baciarla.
Una ragione diversa dal semplice fatto che desiderava
farlo.
Una ragione diversa dal pensiero che forse lei voleva che
lui lo facesse.
Una ragione diversa dal fatto che l’idea di baciarla era
così spesso nei suoi pensieri ultimamente che difficilmente riusciva a pensare
ad altro.
Quello di cui aveva bisogno, pensò, era l’aiuto della
tradizione: aveva bisogno del vischio.
E in quel caso, se avesse avuto torto, lei avrebbe
pensato che stava solo rispettando le tradizioni – o che aveva bevuto troppo
vino speziato – e non ce l’avrebbe avuta con lui. E se non si era
sbagliato e lei ricambiava i suoi sentimenti – le sue ginocchia cedettero
leggermente al pensiero – avrebbe approfittato dell’occasione e lui avrebbe
saputo, allora, quello che lei provava.
Il vischio era assolutamente la soluzione.
La casa era piena di quella roba, e tuttavia sapeva –
visto che la maggior parte l’aveva evocata lui – che non ce n’era da nessuna
parte, vicino al posto dove stavano loro.
Pensò, momentaneamente, di tentare a condurla verso
l’entrata, dove ne aveva collocato un bel cespuglio, ma una soluzione molto più
semplice al suo problema gli si presentò istantaneamente.
Con molta attenzione, prese la bacchetta, e mentre
sosteneva il suo sguardo per distrarla, evocò un mazzetto di vischio proprio
sopra le loro teste.
Guarda su, guarda su, pensò.
Tonks non distolse lo sguardo dal suo.
Maledizione, pensò.
Gli istanti passavano. Sperò di nuovo silenziosamente che
lei guardasse in alto, arrivò persino a far frusciare leggermente il mazzetto
con un movimento impercettibile della bacchetta. Ma i suoi grandi occhi scuri
rimanevano fissi sui suoi – cosa che in altre circostanze avrebbe fatto sì che
nel suo stomaco avesse piantato le tende una colonia di farfalle, ma adesso era
solo tremendamente deluso.
Alla fine Tonks si schiarì la gola.
“Beh,” disse, con quella che lui volle credere fosse
allegria forzata. “Si sta facendo tardi.”
Remus si diede mentalmente dello stupido. Si era lasciato
sfuggire l’occasione perfetta.
“Mmh,” mormorò lui, pensando che era una risposta
tremendamente inadeguata e che non risolveva la sua stupidità. Non era nemmeno
una parola.
“Buonanotte allora,” disse lei.
“Ok,” rispose. E infine, sentendo come se le dovesse
qualcosa aggiunse, “E’ stato bello.”
Stava ancora sperando con tutto se stesso che alzasse lo
sguardo e vedesse il vischio.
Ma non lo fece. Gli fece solo un sorriso che mandò
sottosopra il suo stomaco e mormorò qualcosa in risposta.
“Buonanotte,” disse dolcemente e lui le rispose con
ancora più dolcezza.
E quando sparì oltre la porta, Remus sbatté la testa
contro la porta con un leggero ‘tunk’ e poi un altro paio di volte, che tanto
non guastava.
Idiota.
Prese mentalmente nota di stare più attento alle
dimensioni del vischio in futuro.
Sospirò e raccolse le tazze, portandole in cucina per
lavarle.
Le lavò senza porre attenzione a quello che faceva, perso
in un sogno ad occhi aperti su Tonks, il vischio e su quanto era bella alla
luce del fuoco, dopodiché se ne andò a letto.
Sfiorò il regalo che aveva in tasca.
I regali di Natale erano sempre stati un’ impresa per
lui, ma questo era stato il più difficile di tutti, perché non gli era mai
importato così tanto che il suo regalo piacesse.
Cercò di non essere troppo deluso per il fatto di non
aver fatto progressi con Tonks quella sera. Dopo tutto, mancavano ancora un
paio di giorni a Natale,e quello significava, sperava, un mare di occasioni di
trovare il momento perfetto per darle il suo regalo, il momento perfetto per
farle capire – implicitamente, ma senza lasciarle dubbi – che anche se non
aveva incartato il suo cuore e l’aveva messo sotto l’albero, il suo cuore era
sempre lì che la aspettava.