Ren

di its_cinnamon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo #1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo #2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo #3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo #4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo #5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo #6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo #7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo #8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo #9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo #10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo #1 ***


Capitolo 1
~

-Fannie, sbrigati! Altrimenti ti lascio qui!
Dopo pochissimi attimi la ragazza si trovò nel vialetto di casa dove sua madre l’aspettava contrariata con le braccia incrociate sul petto.
-Ma perché ci metti così tanto ogni volta?!
-Non trovavo una scarpa. – rise la ragazza aprendo una delle portiere posteriori della macchina – Tutto qui.
Sua madre mandò gli occhi al cielo e con un gesto rapido entrò in macchina.
Rose si era già seduta sul sedile d’avanti, non sopportava stare seduta dietro. Era un po’ una forma di altezzosità la sua: voleva sentirsi importante a tutti i costi. Alle sue spalle invece c’era Fannie, la sua sorellina, che era tutta intenta a cingersi per bene il collo con una morbida sciarpa dalle tonalità del blu.
Un rumore immediato. Il motore fremette: la macchina partì.
 
Fannie si guardò intorno evitando di sbattere contro un gruppo di vecchiette: il centro commerciale era un’idea impraticabile sotto le vacanze di Natale. Gente che andava e veniva senza prestare attenzione a nulla furchè alle vetrine luminose che straripavano di oggetti vari ed eventuali.
Perse d’occhio per un attimo sua madre e sua sorella, che poi raggiunse in pochi secondi poco più avanti nel grosso ingresso del centro commerciale.
Entrambe avevano un’aria entusiasta: anche Fannie sarebbe stata entusiasta se non ci fossero stati una marea di carrozzini, di bambini urlanti, la musica natalizia che, si era bella e tutto, ma era troppo forte, e poi l’ondata di persone che con un flusso continuo entravano ed uscivano avrebbero potuto comodamente  travolgendoti se non avessi avuto i piedi ben saldi a terra.
-Fannie! Guarda! –Rose tirò la povera ragazza per un braccio trascinandola davanti ad una vetrina piena di vestitini per neonati – Non sono un amore?!
Fannie si girò a guardare sua sorella che non staccava gli occhi luminosi dalla vetrina.
-Ehm..già.. –rispose Fannie con tono poco convincente.
 
Dopo una decina di minuti lei, Rose e la loro madre, avevano già passato in rassegna una decina di vetrine. “Quasi un record direi: dieci vetrine in dieci minuti!” – pensò tra sé Fannie mentre sua sorella già la strattonava per mostrarle un paio di scarpe nella vetrina accanto.
La ragazza si sentiva stonata, quasi rimbambita da quel bombardamento di immagini e luci che, a colori intermittenti, incorniciavano la maggior parte delle vetrine tirate a lucido.
-Io..ehm.. - Fannie guardandosi intorno alla ricerca della scusa si avvicinò all’orecchio di sua madre per farsi sentire - … io …io devo andare a comprare un profumo per una mia compagna di classe!
La sua voce era praticamente impercettibile nel trambusto del centro commerciale, così ripeté la frase praticamente urlando a sua madre che, placida, si girò tutta sorridente verso la figlia:
-Cosa?
-Vado un attimo in profumeria!
La donna cominciò a guardarsi intorno scrutando le facce dei passanti:
-Non la vedo la zia Maria!
Fannie scoppiò a ridere e ripeté nuovamente la frase, facendo degli ampi gesti sperando che almeno capisse una mezza parola.
Sua madre fece segno di si con la testa, poi la sua attenzione tornò su un’altra vetrina.
La ragazza così, quasi di corsa, girò le spalle e si diresse verso la profumeria che, con la porta spalancata, lasciava fuoriuscire un forte odore nato da una mistura di svariati profumi diversi.
Una volta raggiunta l’entrata, però, Fannie deviò la sua rotta: entrò nella libreria accanto.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo #2 ***


Capitolo 2
~

Quando mise piede dentro, un campanellino dall’alto della porta tintinnò e quest’ultima si richiuse alle sue spalle.
Lì era tutto diverso. Era come se il tempo fosse fermo. La forte musica che c’era fuori, da lì si udiva lontana, attutita dalla vetrata della porta.
 La ragazza si incamminò tra le lunghe e quiete corsie di libri. Ogni tanto compariva qualcuno dall’aria concentrata che stringeva un libro fra le mani.
Fannie sfogliò qualche libro. Lesse qualche trama, ma non prestò più di tanta attenzione a nulla.
Voleva godersi la pace.
Leggicchiando la trama di uno spesso libro dalla copertina bianca e cartonata, la sua attenzione fu catturata da una strana figura davanti a se.
C’era un ragazzo che con aria distratta faceva scivolare il dito indice sul dorso dei libri che, ordinati, se ne stavano buoni buoni sulla mensola di legno.
Era un ragazzo abbastanza alto per la sua età, avrà avuto si e no diciassette anni. I capelli di un biondo platino raccolti dietro in una specie di coda, sul davanti, invece, cascavano delicati sulla fronte con una frangia liscia.
Fannie non riuscì a vederlo bene in faccia, perciò tornò a leggere la trama del librone che teneva fra le mani.
Dopo un po’ decise che sarebbe arrivato il momento di abbandonare quel paradiso così silenzioso per tornare ad immergersi fra le canzoncine di natale e per sorbirsi come minimo un’altra cinquantina di vetrine.
Stava quasi per varcare la soglia, quando sentì due tocchi leggeri su una spalla. Si girò.
-T-ti è caduto questo… - il ragazzo che poco prima aveva attirato la sua attenzione, le sorrideva timidamente porgendole l’iPod che doveva essergli caduto mentre camminava per la libreria.
-Uh, grazie! – la ragazza sorrise di risposta – Io…io non me ne ero neppure accorta.
Il ragazzo sorrise di nuovo, poi lasciò cadere lo sguardo sul piccolo lettore musicale. Se lo girò nel palmo della mano. Notò l’adesivo sul retro che portava scritto “Big Bang”:
-Sono forti! – riprese il ragazzo indicando l’adesivo sull’iPod – Piacciono anche a me!
Fannie sorrise entusiasta e riprese il lettore musicale dalla mano del ragazzo. Notò che la sua voce era così dolce, quasi da sembrare femminile.
-Si! Mi piacciono un sacco!
I due ragazzi uscirono dalla libreria tornando nel trambusto del centro commerciale e continuarono a parlottare da buoni amici. Chiunque li avesse visti, a primo impatto avrebbe detto che si conoscevano da una vita.
Alcune persone gli passavano di fianco e squadravano quel ragazzo da capo a piedi, non prestando la minima attenzione a Fannie che rideva alle sue battute.
Forse la gente lo  fissava in quella maniera per colpa dei capelli, o forse per i suoi lineamenti così delicati, che davvero lo si scambiava per una ragazza, ma era un ragazzo così dolce. E poi il modo in cui si scostava i capelli dal viso era adorabile.
-Perdonami, - sorrise con dolcezza allungando la mano destra che aveva una passata di smalto nero e argentato  alle unghie del mignolo e dell’anulare – io sono Ren.

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Capitolo 3
*** Capitolo #3 ***


Capitolo 3
~

Passò con quel ragazzo tutto il pomeriggio e al diavolo le spese di Natale. Era bello passare il tempo con lui. Era diverso dagli altri, però non sembrava che ci stesse provando con Fannie, affatto, sembrava che si parlassero come fanno due buoni amici.
-Uh! – il ragazzo si aprì in un sorriso – Che ne dici di farci una foto?
Fannie si girò perplessa e alle sue spalle si ritrovò una macchinetta automatica per le fototessere:
-Perché no …
Quando Ren e Fannie furono dentro cominciarono a ridere quasi a crepapelle, poiché prima di entrare la sciarpa di Ren si era impigliata in una crepa e lui non se n’era accorto. Così quando fece un passo per entrare nella macchinetta, mancava poco e si sarebbe strozzato.
-Ma come hai fatto?! – domandò la ragazza fra le risate.
-Io..non lo so!
Ren insistette per mettere di tasca sua le due monetine, e Fannie dovette arrendersi.
Selezionarono il tipo di foto e poi bene o male si sedettero sul piccolo sgabello della cabina.
Click.
Prima foto andata. Entrambi sorridevano, però c’era un non so che di impacciato.
Click.
Nella seconda Ren cacciava la lingua e Fannie faceva gli occhi storti. Davvero carina come foto.
Click.
Terza foto. Sembravano due pesciolini rossi: entrambi con le guanciotte piene d’aria e le labbra serrate.
Click.
Ultima foto scattata: linguaccia a tutto spiano.
In pochi secondi le due strisce di foto vennero giù, e le risate furono inevitabili.
-Ok – aggiunse Ren tenendo fra le mani la sua striscia di foto – nella prima sembriamo due testimonial di un dentifricio …
-A me piace un sacco la seconda – poi guardò il ragazzo che sorrideva guardando le foto. Forse non è che le piaceva un sacco la foto, forse era il soggetto.
-Sono tutte bellissime invece. – il ragazzo alzò lo sguardo e le sorrise. I suoi occhi nerissimi avevano un’espressione davvero dolce, andavano a completare il quadro di quel visino troppo delicato per essere maschile.
-Penso che dovrei andare alla ricerca di mia madre e mia sorella adesso – riprese la ragazza cercando di non si vedesse che stava arrossendo – come minimo torneranno a casa con una trentina di pacchi regalo.
Il ragazzo rise.
-Allora ti lascio libera. – le sorrise di nuovo.
-Aspetta, facciamo un patto – il ragazzo si mise all’ascolto – se mi dai il tuo numero io ti do il mio …
Ren rise divertito, poi portandosi una mano alla tasca dei Jeans tirò fuori il cellulare:
-Affare fatto!
 
L’aver conosciuto quel ragazzo aveva reso migliore la giornata di Fannie.
Sua madre seduta al posto di guida aveva un aria concentratissima sulla strada, ma di certo era entusiasta di tutte le spese che aveva fatto che, vi assicuro, non erano poche.
-Dove sei stata tutto questo tempo?
-Ehm  … uhm … - gli occhi di Rose dal sedile anteriore la scrutavano da cima a fondo per carpire informazioni inedite -  Ma no, niente, sono stata un po’ i libreria – poi cercando di sviare il discorso – voi che avete comprato?
-Per papà abbiamo preso un tris di cravatte, sicuramente gli piacerà perché si abbinano alle scarpe, poi alla zia Margaret ho preso un vaso di quelli belli e dipinti a mano, di certo se lo mette nel soggiorno starà bene, si, si, ce lo vedo proprio bene. – forse quello era uno dei difetti di sua madre: parlare troppo e troppo velocemente.
In quel caso, però non era un problema,anzi, era un vero e proprio dono divino: Fannie non voleva sapere davvero cosa avessero comprato per gli zii ed i parenti vari, voleva solo che un qualcosa occupasse quel silenzio che altrimenti sua sorella avrebbe rotto cominciando a fare domande sul pomeriggio di Fannie, e sua madre, pur non sapendo di esserlo, era un tappa silenzi con i fiocchi.

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Capitolo 4
*** Capitolo #4 ***


Capitolo 4
~

La mattina seguente Fannie venne svegliata dall’odiosa suoneria dei messaggi.
“Prima o poi giuro che la cambio …”
Ancora con gli occhi socchiusi dal sonno, prese il cellulare dal comodino. Se lo rigirò varie volte fra le mani prima di capire quale fosse il verso giusto, poi premette sul pulsante al centro due volte:
“Buongiorno Fannie :D Mi porteresti la nostra ricerca di biologia per favore, io non posso muovermi di casa: mia zia mi ha lasciato di nuovo a fare da babysitter a mio cugino D: Grazie sei un amore.”
Era un messaggio di Sophie.
Era una compagna di classe con cui aveva legato molto, ma non la riusciva a definire per davvero come “migliore amica”.  Però le voleva davvero bene, era una ragazza dolcissima dai modi un po’ bruschi a volte, ma indossava sempre un sorriso in tutte le occasioni.
Si alzò dal letto rabbrividendo: l’aria era congelata. Per chissà quale arcano motivo in casa sua di mattina non si accendevano mai i termosifoni.
Infilò in fretta le pantofole per non toccare il pavimento freddo e ciabattando rumorosamente arrivò in cucina, dove sua sorella Rose era già vestita truccata e improfumata, neppure dovesse andare ad un colloquio di lavoro.
-Ti sembra l’ora di alzarsi?
- Boh, forse … - Fannie le sbadigliò letteralmente in faccia, cosa che infastidì a morte sua sorella che con lo sguardo sveglio e pimpante lasciava capire che era in piedi già da più di un ora. – Per caso è finito il latte?
 
Giù in strada non tirava vento, ma l’aria era tagliente.
Per le strade non c’era molta gente, d'altronde era periodo di vacanze per tutti, chi non ne avrebbe approfittato per una dormita extra.
Con il grosso malloppo di fogli stretto in una mano, Fannie si incamminò verso casa di Sophie che in fondo non distava neppure tanto da casa sua. L’unico grosso ostacolo da superare era l’enorme piazza che divideva le due abitazioni, e credetemi sul fatto che era “enorme” perché era davvero uno spiazzo immenso! C’erano due grosse fontane sui lati ed una ancora più grande nel centro, oltre ciò non c’era nulla, solo alberi e panchine, il che rendeva il tutto assumere delle dimensioni a dir poco esagerate.
Si fece coraggio e, nonostante il freddo di dicembre passo dopo passo raggiunse la piazza.
Una donna passeggiava spensierata tenendo per mano la sua bimbetta che felice saltellava.
- Fannilicious!
La ragazza si girò immediatamente ridendo:
-Aronnilicious!
Un ragazzo si avvicinò a Fannie che sorridente lo guardava divertita. Il ragazzo aveva i capelli corti e scuri e teneva entrambe le mani nelle tasche del cappotto nero che, chiuso fin sotto il mento, dava una sensazione di calore solo a guardarlo.
-Dovremmo cambiare i nostri nomi in codice …
-Si, - rispose il ragazzo ironico – perché poi sono molto in codice. Davvero nessuno li capirebbe, sa?!
La ragazza rise: quello era Aron. Si conoscevano da quando erano bambini, erano stati vicini di casa per un po’ , ma poi il ragazzo si dovette trasferire pochi isolati più avanti. La sorpresa più bella per Fannie, però, fu fatto che al liceo se lo ritrovò nella stessa classe e da allora divennero sempre più amici. Diciamo che Fannie riconosceva più lui come fratello che Rose.
-Dove stai andando? – domandò il ragazzo indicando la grossa tesina di biologia.
-Stavo portando la ricerca di biologia a Sophie.
-Oh! Ma quella ragazza è una lagna continua! Studia anche durante le vacanze?!
Fannie rise.
- Aron, non siamo tutti come te che non studi e vai bene a scuola. Fai rabbia sai?
La ragazza diede una spintarella ad una spalla del ragazzo che rise di risposta.
- Fannie! - si sentì chiamare .
Era una voce conosciuta, ma non riuscì a capire chi fosse.
Aron la guardava incuriosito.
Poi eccolo arrivare di corsa: Ren.
-C..ciao. – gli sorrise la ragazza sotto gli occhi di Aron che scrutavano il ragazzo da capo a piedi.
- … ciao – sorrise timidamente il biondino scostandosi una ciocca di capelli dal viso – Ieri sera ho provato a chiamarti, ma a casa mia non c’è mai campo. Io..io volevo darti questo.
Le porse un piccolo foglietto azzurro con su stampate delle scritte.
Fannie lo guardò in cerca di spiegazioni.
-Questa sera un mio amico ha organizzato una festa, e vuole che ci venga più gente possibile. – fece una pausa – Se vi va di fare un salto …
Estese l’invito anche ad Aron che rispose con un semplice sorriso.
-Va bene – rispose la ragazza – Magari ci vediamo stasera allora.
Ren sorrise di nuovo, poi salutò e corse via proprio come era arrivato.

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Capitolo 5
*** Capitolo #5 ***


Capitolo 5
~

Una volta che Ren si fu allontanato, Fannie guardò Aron negli occhi.
-Che c’è?! – sbottò la ragazza.
-Ma lo hai visto? – Aron rideva sotto i baffi.
-Che?
-No, ti prego, dimmi che stai scherzando ...
Fannie aveva già capito a cosa faceva riferimento Aron …
-E’ un ragazzo delicato … - rispose Fannie leggendo senza attenzione le stampe del foglietto azzurro.
-Delicato … - ripeté Aron a metà tra l’incredulo e il divertito – Tu lo definisci “delicato”?!
-Si, - Fannie prese le difese di Ren – è un ragazzo dolce, non devi giudicarlo dall’aspetto fisico.
-Per me gli piacciono i ragazzi.
- Aron!
-Che c’è?! E’ una mia opinione …
La ragazza si impegnò per guardarlo male.
- Ahhh – aggiunse il ragazzo punzecchiandola – ora ho capito!  - Quando Aron “capiva” … capiva per davvero! E quando il soggetto da capire era anche la sua migliore amica Fannie, il lavoro era anche più semplice. -Ti piace!
-C..cosa? I..io..NO
Il ragazzo le sorrise malizioso.
-Oh, Aron smettila! Sei odioso!
-Sai che ti dico ragazza mia? – il ragazzo tolse una mano dalla tasca del giubbino e con il braccio cinse le spalle di Fannie in stile amico di lunga data – Questa sera ci aspetta una bella festa!
 
Fannie ci aveva messo quasi un ora a prepararsi, di solito ci avrebbe messo si e no dieci minuti, ma quella sera era diverso.
Aron l’aspettava giù in strada.
Insieme facevano davvero una bella figura, ma era inutile: nessuno dei due pensava all’altro come un probabile pretendente.
Gironzolarono un po’ a vuoto prima di raggiungere il locale.
Era un grosso pub a due piani con un lungo piano bar e si riusciva a vedere qualche tavolino sui lati. La musica era talmente forte che il trambusto del centro commerciale a confronto era una melodia dolce e soave. All’entrata c’era una marea di ragazzi che si accalcava per entrare, se Fannie si fosse trovata da sola se ne sarebbe tornata di corsa a casa, tutto quello la spaventava, però con lei c’era Aron che si faceva spazio fra la folla rendendo più facile il passaggio alla sua amica che lo seguiva come un ombra.
-Non è male qui! – disse Aron avvicinandosi all’orecchio di Fannie sperando di riuscire a farsi capire nonostante la forte musica.
-La musica è un po’ troppo forte però!
Aron rise:
-Andiamo al bar!
 
Una volta che ci avevi fatto l’abitudine, la musica non ti sembrava poi tanto forte, l’unico problema era la gente che ti ballava attorno senza neppure accorgersi di te, ma anche a quello ci si faceva l’abitudine.
-Che vi servo?
-Due “All Shook Up”, grazie! - Aron si girò a guardare Fannie che lo fissava interdetta.
-Subito! – rispose il barman già intento a prendere ghiaccio e bicchieri.
-Aron, aspetta! – lo chiamò la ragazza indicando il bancone – Io non bevo alcolici, questo lo sai?
Il ragazzo le sorrise con aria furbetta e le fece segno di aspettare.
Lo scattante barman in pochi minuti servì i due cocktail ai ragazzi e Aron pagò. Poi prese entrambi i bicchieri e ne porse uno a Fannie.
La ragazza guardò con aria perplessa il liquido trasparente e rossastro che tra un cubetto di ghiaccio e l’altro si trovava nel bicchiere.
Aron fece un primo sorso, senza mai smettere di guardare divertito Fannie che non sapeva che fosse un cocktail analcolico.
La ragazza incerta fece un primo sorso.
-Uh… - disse sorpresa – ma è buono!
Aron rise di gusto:
-Credevi che ti avrei rifilato un super alcolico?! – fece un altro sorso – Fragola, lampone, miele  e acqua di rose. Non c’è una goccia di alcol!
La ragazza nonostante la musica trapanante riuscì a capire le parole dell’amico.
Una volta finito il cocktail, si allontanarono dal bancone ridendo e scherzando.
Dopo aver conquistato pochi passi Fannie si inchiodò a terra. Le si spense il sorriso sulle labbra.
Lei era andata li per lui, e adesso se lo ritrovava davanti a baciarsi con questa ragazza che avrà avuto anche il doppio dei suoi anni.
-Ren … lo chiamò la ragazza.
Ma lui non fece nulla. Continuò a baciare quella donna. Non sembrava lui. Non sembrava quel ragazzo dolce con cui aveva trascorso tutto il pomeriggio precedente. Era uno spettacolo orribile. Sembrava quasi vedere la lingua di quella sgualdrina che si insinuava nella bocca del ragazzo.
Fannie sentì lo stomaco contorcersi, ma non si mosse. Rimase lì, ferma.
Aron la raggiunse poco dopo.
-Hai capito al ragazzo delicato …! – esclamò il ragazzo non appena vide Ren intento in quel bacio troppo passionale.
Ren aprì appena un occhio e vide Fannie che lo guardava con gli occhi pieni di delusione. Si staccò da quella ragazza, senza prestarle neppure attenzione. Guardò prima Aron e poi Fannie. Non stava capendo nulla. Gli sembrò come se la sala stesse girando vorticosamente.
-Fatemi scendere … - esclamò con un filo di voce portandosi, poi, un mano ad una tempia. – Fatemi scendere … - ripeté.
Fannie non ce la faceva a tenerlo davanti agli occhi. Si era illusa. Corse via.
Aron rimase ancora qualche attimo a guardare quel ragazzo che si guardava intorno con un’ aria confusa e con lo sguardo assente: si vedeva lontano un miglio che doveva aver bevuto molto.
-L’hai combinata grossa mi sa … - Aron gli diede una pacca su una spalla e corse nella direzione dove aveva visto scappare Fannie. Sperava almeno di riuscire a consolarla in qualche modo.

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Capitolo 6
*** Capitolo #6 ***


Capitolo 6
~

- Fannie … - La ragazza rimase raggomitolata su quel cassonetto dell’immondizia con il viso nascosto tra le mani. Non si mosse.
Aron la scrutò: non sapeva cosa dirle, non era mai stato un granché a parole. Però vide che tremava. Ricordò che si era tolta il giubbino all’entrata, lasciandolo nel guardaroba del pub, lui chissà per quale motivo, invece, lo aveva ancora addosso.
Si sfilò la giacca e l’ appoggiò sulle spalle della ragazza.
Si  appoggiò silenzioso con le spalle al muro.
Si guardò intorno e dedusse che fosse il retro del locale, lì c’era silenzio, ma si continuava a sentire la musica che attutita dalle pareti palpitava monotona all’interno del pub.
Fannie alzò lentamente la testa:
- … grazie … - disse sottovoce tirando su con il naso.
Aron si girò a guardarla: aveva il trucco sciolto intorno agli occhi e i dorsi delle mani sporchi di mascara.
Allora  quel ragazzo le piaceva per davvero?!
- … dai, non pensare a lui. – Aron si sedette sul cassonetto accanto alla ragazza – E’un ragazzo, i ragazzi non ci pensano a quello che fanno …
- No … lui … lui non è come gli altri! – la voce di Fannie suonava così debole. Tirò di nuovo su col naso. – I..ieri non era così. Ren è diverso!
-Perdonalo … - Aron cercava di essere il meno brusco possibile- … ha bevuto tanto.
Fannie rimase a fissare il suo amico. Si riusciva quasi a rispecchiare nei suoi occhi così neri e limpidi.
Il  ragazzo le sorrise con dolcezza, lei fece lo stesso.
- Guarda che in una tasca della giacca ci sono i fazzoletti. – continuò Aron cercando di tirarle su il morale – Pulisciti gli occhi, che altrimenti ti scambiano per un panda.
-Va bene – rise appena la ragazza – grazie.
-Che dici – Aron scese dal cassonetto con un salto – ci andiamo a fare un giro?
 
Fannie contro volontà rientrò nel locale per recuperare il suo cappotto.
Camminava spedita senza guardare in faccia nessuno, temeva che da un momento all’altro spuntasse Ren e forse non sarebbe resistita a trattenere le lacrime.
Aron si faceva strada proprio alle sue spalle: sapere che lui era con lei le faceva una grande forza.
Preso il giubbino, Fannie, uscì praticamente di corsa.
Non voleva più starci in quel posto, doveva solo aspettare che il tempo passasse e portasse via quel brutto ricordo, ma per il momento voleva uscire e non pensare più a nulla. Non pensare più a Ren.
La strada era semi deserta.  Ogni tanto una macchina sfrecciava sull’asfalto freddo producendo un rumore metallico.
Fannie e Aron si incamminarono verso il molo.
Lì la zona era davvero deserta. Non c’era anima viva nel raggio di cinquanta metri.
Aron corse verso il pontile che galleggiava placido  sull’acqua. Si fermò non appena, alzando lo sguardo verso il cielo cupo della notte, si ritrovò l’imponente faro che svettava alto verso le stelle. Si sedette lì a terra.
La ragazza lo raggiunse a passo incerto. Si sedette accanto a lui.
Rabbrividì al contatto dei jeans con il legno freddo del pontile che, in balia all’impercettibile moto ondoso, traballava leggero.
-Aah,  uffa! – esordì il ragazzo fissando l’acqua scura – Non vedo l’ora che arrivi l’estate!
-Si, evviva la prova costume!- rise ironica.
-A chi importa della prova costume?! Tanto alla fine che il costume ti sta bene o no, sono problemi tuoi, agli altri non credo che importi più di tanto.
- Come fai ad essere sempre così … così … semplice - Fannie appoggiò stancamente la testa sulla spalla del ragazzo. – me lo spieghi?
Aron rise.
-In che senso?
-Nel senso che vedi le cose come stanno davvero. Non pensi a come potrebbero essere. Pensi solo a quello che sono …
- … perché tu no?
La ragazza si mise dritta. Lo guardò dritto negli occhi.
- … no …
E la vicenda di Ren ne era la testimonianza.

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Capitolo 7
*** Capitolo #7 ***


Capitolo 7
~

 - Aron!
-Che c’è?
Fannie continuava a tastarsi le tasche: non era possibile, aveva perso le chiavi di casa!
-Spero solo non mi siano cadute dal pontile … - I due ragazzi balzarono in piedi. Poi Fannie continuando a svuotarsi le tasche – Oh, ma è una giornata meravigliosa questa!
Aron trattenne una risata:
-Non è che ti sono cadute nella cabina dei cappotti, prima al pub?
La ragazza si irrigidì, poi guardo Aron con aria grave:
-E’ possibile … spero siano lì. Se ci tornassimo un attimo? - la ragazza sembrava volersi convincere da sola – Forse la festa e finita e non incontriamo nessuno
Percorsero tutta la strada a ritroso accelerando il passo mano a mano che si avvicinavano al locale.
C’era silenzio, dall’esterno non si udiva più la musica che palpitava all’interno del pub.
Aron e Fannie si guardarono perplessi: forse aveva già chiuso, però era strano, non era molto tardi. Sarà stata si e no mezza notte, mezza notte e mezza.
- Fannie, la porta è aperta.
Il ragazzo si addentrò nel locale semi buio. Fannie lo raggiunse velocemente: aveva paura a restare sola in quel postaccio desolato.
Il locale era illuminato appena da una luce soffusa. Non c’era più nessuno a parte un tizio che armeggiava con il piano da DJ.
-Mi scusi – irruppe Aron dietro al quale si nascondeva Fannie – Ho dimenticato il mio …
-Si si – lo interruppe bruscamente – fa quello che vuoi, tanto siamo in chiusura.
-Ok. - Il ragazzo si girò verso Fannie e le fece segno di andare verso la cabina armadio.
 
Era buia e non c’era più nessun cappotto. Soltanto qualcuno doveva essersi dimenticato una sciarpa che se ne stava appesa tutta sola soletta ad uno degli attaccapanni.
-Eccole!  - Fannie si inginocchiò e raccolse le chiavi dal pavimento: erano finite quasi in un angolo, tra la polvere. Ringraziò il cielo di averle trovate, altrimenti come avrebbe spiegato a sua madre che sua figlia sedicenne aveva perso le chiavi di casa andando ad una festa della quale lei non era al corrente? Non ci sarebbe stato il modo si uscirne vivi- Ora possiamo tornare.
Fannie seguì il ragazzo infilandosi le chiavi in una tasca con fare quasi trionfante.
Si fermò. Aron si girò a guardarla, poi guardò su uno dei divanetti posizionato su un lato della sala ormai completamente vuota e buia.
Disteso sulla morbida pelle nera del divano, c’era Ren. Immobile.
Fannie rimase a guardarlo, immobile.
Gli occhi del ragazzo erano chiusi, il viso angelico di Ren aveva assunto un’espressione rilassata.
-Non possiamo lasciarlo qui … - Aron esaminò il buoi che lo circondava accertandosi che realmente non ci fosse più nessuno.
Fannie era divisa: se da una parte avrebbe voluto lasciarlo lì al suo destino e fargli pagare la sofferenza che le aveva provocato, dall’ altra non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa.
-E dove lo portiamo? – la ragazza non era pienamente cosciente della situazione: era tutto così strano. Anormale.
-Cominciamo a portarlo di fuori – riprese il ragazzo avviandosi verso il corpo dormiente di Ren – Penso che a momenti verrà il proprietario del pub a chiudere. Non possono mica lasciare il locale aperto di notte!?
La ragazza annuì poco convinta, ma raggiunse anche lei il morbido e freddo divanetto.
-Su, su, svegliati! – Aron cominciò a smuovere una spalla di Ren con fare poco delicato.
Il ragazzo aprì gli occhi in una fessura. Biascicò qualcosa, poi aggiunse:
-La festa … io … prima ero … dove sono?
Aron non gli diede peso più di tanto e lo alzò prendendolo sotto braccio:
-E’ ora di andare!
Ren oppose una minima resistenza alla presa, poi si alzò barcollando.
“Chissà quanto hai bevuto …” pensò tra se Fannie osservando i movimenti incerti del ragazzo. Si vedeva che gli tremavano le ginocchia, e non riusciva a tenere gli occhi aperti, si vedeva che non era un ragazzo che reggeva bene l’alcol.  
-Io … mi gira la testa … - Ren parlava a bassa voce, facendosi capire appena.
Dopo pochi minuti i tre ragazzi raggiunsero l’uscita.
Fuori faceva freddo e il vento freddo di dicembre era tornato a fare capolino per le strade della deserta città.
Aron fece sedere Ren su un muretto basso e liscio.
Il biondo si portò una mano alla fronte, e la intromise fra la pelle e la frangia che gli cascava fin sopra gli occhi.
Il suo sguardo stanco si posò su Fannie che lo guardava in preda alla tenerezza: non riusciva a guardarlo in quelle condizioni.
- Fannie! – esclamò Ren con lo sguardo liquido e stanco – tu … allora non sei arrabbiata con me! C … credevo di averti delusa … io non volevo … io … io … non …
Non poté finire la frase che corse via con le ginocchia molli, fino a raggiungere un cespuglio, lì appoggiò una mano ad un albero, e cominciò a rimettere tutto l’alcol che aveva in corpo.
Lo stomaco gli si stringeva e la gola gli bruciava, sentiva che tutto intorno a se girava vorticosamente e che le luci erano sempre troppo forti per i suoi occhi.
Aron e Fannie si guardarono.
La ragazza guardò l’ora: era tardissimo. Sarebbe dovuta essere a casa per mezzanotte e mezza al massimo, e invece era l’una e mezza passata: sua madre l’avrebbe uccisa di certo.
Ren tornò indietro dai due ragazzi barcollando e si sedette di nuovo.
La testa gli pulsava ad ogni battito del cuore, in bocca aveva un saporaccio assurdo, gli faceva male lo stomaco e in più aveva freddo.
Aron tornò di nuovo al pub, sperando di trovare il proprietario, o almeno qualcuno a cui avrebbe potuto affidare quel ragazzo.
Ren tremava. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e lasciò che il viso gli scivolasse fra le mani.
- … sono stato un cretino … io … n … non so che mi ha preso … io ti … io ti ho delusa – le lacrime cominciarono a solcare il viso delicato del ragazzo.
Fannie lo guardava scioccata.
- … q … quella non sapevo neppure chi fosse! – Ren si girò per guardare Fannie negli occhi. Aveva gli occhi gonfi dalle lacrime. Singhiozzava. Tremava. – Scusami!
Sarebbe stato inutile cominciare a prendersela con lui, dirgli che lei ci aveva sofferto molto, che era stato un deficiente: Ren già stava male di suo.
Fannie si arrese e gli sorrise con  dolcezza:
- Lo so … sta tranquillo.
Il ragazzo tornò con il viso fra le mani e continuò a singhiozzare: aveva sbagliato tutto quella sera!
Fannie gli rimase accanto ad accarezzargli la schiena sperando che si tranquillizzasse.
L’unica cosa buona che aveva fatto l’alcol, era stato fargli dire le cose com’erano andate, senza che potesse nascondere nulla. Se non mi sbaglio In vino veritas.
 
Quando Aron fu di ritorno, Ren aveva smesso di piangere, anche se aveva un aria davvero distrutta, e con lui c’era un ragazzo alto e biondo: era l’amico di Ren che aveva organizzato la festa.
- Ren, - aveva esordito avvicinandosi al ragazzo – te lo avevo detto di non bere!
Ren rimase muto.
Dopo si appoggiò stancamente alla spalla dell’amico che ringraziò Aron e Fannie per essersi presi cura di lui, poi barcollanti si allontanarono nel buio della strada.
 
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo #8 ***


Capitolo 8
~

I giorni passarono lunghi e freddi, e, quella sera, a casa di Fannie fervevano i preparativi: era abitudine che la sera della vigilia di Natale, fossero presenti lì a cena tutti gli zii ed i parenti.
La casa era sempre traboccante di persone, che ridenti e spensierate si godevano il cenone che la madre di Fannie aveva cominciato a preparare giorni prima.
Rose era come al solito impeccabile, indossava con eleganza una maglia turchese e dei pantaloni neri ed aderenti: di sicuro aveva deciso come vestirsi già da una settimana almeno.
Fannie guardò la sua immagine nello specchio: non era affatto come sua sorella.
Indossava un paio di jeans e un cardigan grigio e morbido che copriva una maglietta color crema, si diede una spazzolata veloce ai capelli e andò in sala da pranzo per dare una mano ad apparecchiare l’interminabile tavola.
A mano a mano i parenti cominciarono ad approdare portando con se buste e buste di regali che non sarebbero stati aperti prima di mezza notte.
Aveva dovuto salutare tutti e forzarsi ad un sorriso da festa per accoglierli in casa.
I cuginetti erano già schizzati via a rincorrersi per casa, le tre zie si erano fiondate in cucina per avere un esclusiva a proposito della cena, i nonni non appena erano arrivati si erano piazzati nello studio di suo padre, mentre sua nonna era intenta a passare di qua e di la e intromettersi in ogni discorso.
Fannie ne approfittò di quel momento in cui nessuno desiderava la sua presenza per nascondersi nella camera dei suoi genitori.
A differenza del resto della casa, lì faceva fresco, come se i termosifoni non riscaldassero a dovere.
Un brivido percorse la pelle della ragazza per tutta la schiena.
Ring Ding Dong.
Il cellulare tremò isterico nella tasca della ragazza, che già si predisponeva mentalmente ad una risposta da dare agli auguri di Sophie.
Rimase sorpresa nello scoprire che si sbagliava, che non era un messaggio della sua amica.
 “Ciao … sono nella piazza grande, mi chiedevo se puoi raggiungermi. Non ti ruberò molto tempo, te lo prometto. Ren.”
Fece un lungo respiro.
Guardò l’orologio: mancava una buona mezz’ora alla cena.
Era indecisa: non sapeva ne come reagire ne come agire.
Un altro respiro profondo.
Se fosse sparita per un po’ non ne avrebbe sofferto nessuno, no?
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo #9 ***


Capitolo 9
~

La piazza era una landa fredda e desolata. Tutti i negozio chiusi. Nessuna voce a graffiare il silenzio. Nulla.
Arrivò trafelata e lui era già lì, con le spalle appoggiate alla saracinesca di un negozio chiuso e lo sguardo rivolo verso il basso.
Quando la vide, fu preso dal panico, glie lo si leggeva negli occhi.
Fannie gli sorrise dolcemente in lontananza e gli fece segno con una mano.
-Ciao. – esordì la ragazza fingendosi tranquilla: non sapeva come comportarsi, non sapeva se dire nulla a proposito del loro ultimo incontro o riguardo all’accaduto. – Come stai?
-Io … uhm … bene. – La voce del ragazzo sembrava timida, come se le parole facessero fatica ad uscire dalla bocca. Fece un respiro profondo. – Io, io volevo dirti che mi dispiace ...
Fannie rimase in ascolto senza interrompere il contatto visivo con gli occhi scuri del ragazzo.
Per un attimo calò il silenzio.
-Mi dispiace se ti ho fatto soffrire quella sera, se ti ho delusa. - il ragazzo prese fiato – Se adesso dirai di odiarmi, ti capirei …
-Ren …
-No aspetta ... – la interruppe. Parlava velocemente, ma i battiti del cuore erano addirittura più veloci della  parola – Io quella sera ti stavo aspettando, poi è arrivata quella ragazza. Mi ha offerto un bicchiere, e io come uno stupido l’ho accettato. Poi l’ha riempito di nuovo e di nuovo. Non ci ho capito più nulla.
-Ren …
-Aveva detto che mi dovevo sciogliere, che ero troppo teso …
-Ren …
-Io non volevo fare nulla di male, non sapevo che poi mi sarebbe saltata addosso.
-Ren – lo chiamò con fermezza – stai tranquillo. Non è successo nulla.
Gli occhi del ragazzo trasmettevano sincerità e un vero senso di colpa: era davvero dispiaciuto, non avrebbe mai voluto che una persona avesse potuto soffrire per colpa sua.
La ragazza fece un passo verso Ren. Il cuore le batteva veloce. Fu un attimo. Non decise: agì.
Lasciò che le sue labbra accarezzassero lievi le labbra del ragazzo avvolgendole con una sensazione di calore e dolcezza. Ren accarezzò una guancia infreddolita della ragazza.
Poco dopo si allontanarono quel tanto che permettesse a Ren di continuare a sentire il respiro caldo e regolare della ragazza sulla sua pelle.
-Ren, l’importante è che non lo fai più …
-Promesso … - E poi le labbra del ragazzo presero l’iniziativa con quelle della ragazza che si lasciarono cullare da quella delicatezza che sapeva di amore.

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Capitolo 10
*** Capitolo #10 ***


Capitolo 10
~

Quella mattina Fannie si svegliò per le undici. Già la distruggeva il solo pensiero che, una volta arrivata in cucina, l’avrebbero aspettata pile e pile di piatti sporchi e incrostati, reduci  dalla sera prima, mentre invece la casa era già splendente e pulita da cima a fondo.
Rose stava seduta sul divano, stranamente ancora in pigiama che bazzicava con il telecomando del televisore. Fannie stava per raggiungerla, quando non irruppe sua madre.
- Tesoro, - le porse un piccolo scatolino ricoperto da una carta da regalo bianca abbellita da delicati pois azzurri – una persona è passata questa mattina e ti ha lasciato questo.
La ragazza guardò incuriosita sua madre in cerca di altre spiegazioni: non era mai stata un gran che in fatto di intuito e le cose non erano di certo migliori in quel momento, che si era svegliata da poco.
-Non so chi fosse, a dire il vero non ti so dire neppure se era una ragazza o un ragazzo. Aveva i capelli molto curati, questo sì, ma aveva un fisco che non sembrava tanto femminile.
Detto ciò, Fannie capì subito, e, trattenendo un sorriso corse in camera sua.
Ren.
Chiuse la porta e si sedette sul letto.
Scartò il pacchettino con una delicatezza unica, e con in cuore che le batteva forte lo aprì.
Non poté fare a meno di sorridere, quando prese fra le mani il contenuto del pacchetto: era un piccolo panda di peluche, morbido e dal pelo caldo e liscio.
Gli aveva parlato del suo amore per i panda quando trascorsero quel pomeriggio insieme al centro commerciale, chi se lo sarebbe ami immaginato che aveva fatto attenzione alle sue parole.
Lo scrutò su ogni millimetro di pelo, finché non si accorse che teneva impigliato sotto una zampetta un foglietto ripiegato due volte.
Si sentiva felice. Forse per la prima volta in vita sua.
Stringendo il piccolo cucciolo di pelo in una mano, aprì il piccolo foglio.
“Un giorno di questi ti va di andarci a fare un giro al centro commerciale? Buon Natale. Ren”
 

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