Il sorriso degli Eterni

di Lilyth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** Riflesso ***
Capitolo 17: *** 15 ***
Capitolo 18: *** La sostituzione ***
Capitolo 19: *** 16 ***
Capitolo 20: *** 17 ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Non mi ero mai ritenuta una ragazza normale, se per normale si intende una persona assolutamente insapore.
No, assolutamente no.
Ero tutto tranne che normale, ero assolutamente fuori dagli schemi! Ad impatto visivo si notava immediatamente la differenza tra me ed il resto del mondo, o meglio, tra me e le altre ragazze che frequentavano la mia scuola.
Non potevo di certo essere definita una cretinetta, snob, stra-truccata , petulante, tinta e stra-tinta.
Uhmmm…forse un po’ tinta lo ero, ma non come le altre, nessun’altra infatti aveva mai avuto il coraggio di tingersi gran parte del retro testa di verde e sfoggiare quasi un metro di capelli mossi di tale sgargiante colore.
Vabbè, fatto sta, io non ero come le altre e ne ebbi la conferma la mattina del mio diciassettesimo compleanno.
So che tutti si aspetteranno una sviolinata su “quantoèbellocresceremisentograndeurràchebello” ma no,  non intendevo esattamente questo.
Diciamo che quella mattina mi svegliai strana, quasi come se non fossi io, poi capii che ero sempre io ma c’era qualcosa dentro di me che non andava…o sì, parlavo esattamente della voce nella mia testa che non era mia e che io non potevo assolutamente controllare.
Devo ammettere di aver sperato nella comparsa della coscienza, peccato che pochi secondi dopo ricollegai la voce al volto del proprietario e per poco non mi misi ad urlare sbraitando di essere diventata matta.
Ok, so che molti di voi non staranno capendo assolutamente niente, ma sappiate che è questo l’effetto che volevo ottenere, vi state immedesimando in me perché neanche io ci stavo capendo niente.
Ma torniamo alla voce.
Quella che sentivo era inconfondibilmente la voce di mio padre che si stava, come dire, impegnando a svegliarmi nel migliore dei modi in vista dell’anniversario della mia nascita.
Effettivamente il suo piano non era niente male, svegliarmi con cappuccino e cornetto caldo, gli avrei fatto i complimenti prima o poi.
Non riuscii a formulare altri pensieri che la porta della mia camera si spalancò mostrandomi mio papà nell’esatta posizione in cui l’avevo appena immaginato.
< Buon Giorno Smile!! > rimasi paralizzata con un sorriso ebete sulla faccia < buon compleanno piccola mia!! Ti ho portato la colazione > stessa posizione di prima, lui percepì che c’era qualcosa che non quadrava < ehm…Smile, tutto bene? >
Chiariamo il primo punto, chiamarmi Smile fu un grande, immenso errore.
È un nome che si da quando nasce una bambina immacolata, biondissima con gli occhi celesti ghiaccio, una bimba ridente e legiadra…ecco, a parte la parentesi sulla chioma verde, avevo detto di non essere assolutamente cosi??
Bene, lo dico ora!
Primo non ero bionda, ma mora; secondo non avevo (mio malgrado) gli occhi azzurri, ma un paio di occhi marrone chiarissimo, quasi giallo; terzo non ero, assolutamente ridente!
Quindi, beh, aver scelto Smile come nome per me fu quasi una bestialità.
Fatto sta che mi chiamavo Smile ed ero di un cinico esasperante.
Fui costretta a rispondere a mio padre prima che si auto convincesse che stessi ancora dormendo.
< papà, grazie, che bella sorpresa… > ecco, già sembravo poco credibile perché ridevo come una demente ed in più sentivo i suoi pensieri, ripeto, I SUOI PENSIERI!!
“ma perché sta facendo così…avrò sbagliato qualcosa? La mia bambina è strana” < non sono strana papà!! >
Errore, come mi era venuto in mente di rispondere a ciò che aveva appena pensato ad alta voce??
Il volto di mio padre era esterrefatto, cercai di riparare < dicevo, so che potrei sembrarti strana…ma non sono strana, sono…ecco…felice > non era affatto convinta < uao!! Cornetto posso? >
Non aspettai la risposta, lo presi e lo infilai in bocca, almeno non rischiavo di dire cose poco appropriate!
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** 1 ***


 
1
 
Nonostante l’inizio della giornata non esattamente brillante riuscii ad arrivare a scuola con una faccia quasi normale e, cosa di vitale importanza, arrivai a scuola senza sentire altra voce che la mia all’interno della mia testa!!
Giunsi davanti al vecchio edificio cadaverico un po’ più tranquilla e rilassata, pronta a godermi quel tre marzo fino in fondo.
Scorsi Laby in lontananza, stava parlando con Kay che non sembrava molto attento, o forse stava solo cercando di dormire qualche altro minuto.
Poi accadde di nuovo quella cosa, ma non era più mio padre, era Laby! O meglio, era la voce di Laby, nella mia testa!
“questa sorpresa deve riuscire a sorprenderla come mai prima!! Ma tu guarda questo cretino di Kay, sta letteralmente dormendo in piedi, ora lo sistemo io!!” poi vidi il suo sguardo posarsi su di me “o no, è già arrivata!! Non è ancora tutto perfettamente pronto!!!”
Ok, ora volevo fuggire, scappare, andare via e non tornare mai più; peccato che stavo ferma in mezzo al piazzale senza muovere un muscolo e con un viso che immaginavo ai limiti del surreale.
Laby  diede una botta a Kay che si voltò ancora mezzo addormentato, appena mi mise a fuoco sorrise salutandomi.
Laby mi corse incontro e saltandomi letteralmente addosso urlò non reagii, ero ancora scioccata, anzi, lo sarei stato ancora per lungo tempo.
Kay mi guardava interrogativo, e anche lei, la mia migliore amica, sciolto l’abbraccio, mi trafisse con occhi di ghiaccio, era chiaro che stavano aspettando delle spiegazioni da me.
Cercai di riprendermi, almeno per sembrare credibile nel momento delle spiegazioni.
< Kay, Laby, non so cosa mi stia succedendo, ma la cosa è grave…credo di essere pronta ad un ricovero in manicomio >
Kay scoppiò a ridere < beh, dimmi qualcosa che non ancora non so… > lo trafissi; Laby invece sembrava perplessa  < che intendi dire con “credo di essere pronta ad un ricovero in manicomio”?? > deglutii piano < ve lo racconto SOLO se mi promettete che non mi prenderete in giro per il resto dei miei giorni…. > i due si scambiarono un’occhiata perplessa, poi acconsentirono.
Ero convinta che raccontare ciò che mi stava accadendo sarebbe stata la cosa più difficile che avrei fatto nella mia intera vita…se avessi saputo tutto quello che avrei vissuto dopo probabilmente avrei considerato quella situazione in modo totalmente diverso.
 
 
 
< dimmi che stai scherzando… > non risposi ma lei continuò < ti prego Smy, dimmi che stai scherzando!! >
Inizia a spazientirmi il che, parlando di me, era abbastanza normale < no Laby non posso dirtelo e sai perché??? Perché non sto scherzando. IO NON STO SCHERZANDO!! >
Kay posò una mano sulla mia spalla prima di sedersi davanti a me < allora, spiegati bene, tu ci vorresti dire che puoi ascoltare i nostri pensieri?? Cioè, sei telepatica?? >
Strabuzzai gli occhi annuendo < è proprio quello che sto cercando di spiegarvi da circa un’ora…è servito fare sega a scuola per spiegarvelo senza che a Laby prendesse un attacco d’ansia… >
Lui annuì pensieroso < vabbè, se lo sei con noi dovresti esserlo con tutti…o sbaglio? > fui sul punto di mettermi ad urlare < non lo so cristo NON LO SO!! >
I due si lanciarono un’occhiata preoccupata.
“oddio, sta impazzendo…dobbiamo avvertire suo padre…” < no Laby, non dovete avvertire mio padre, e giuro che se solo ci provate sarà l’ultima cosa che avrete fatto nella vostra vita! >
Osservai lo sguardo di Laby tremare davanti a me, si alzò in piedi e iniziò ad urlare < l’ha fatto di nuovo, Kay, l’ha fatto di nuovo!! >
Mi alzai anche io con lei ed inizia a strattonarla < vedi! Te l’ho detto! TE L’HO DETTO!! >
Kay rimase seduto, quasi in preda a pensieri più grandi di lui.
Alla fine ci guardò e con voce calma disse < va bene ragazze, urlando di sicuro non risolviamo le cose, o sbaglio? >
Lo guardammo entrambe e ci sedemmo all’unisono.
Kay ci guardò serio < ragazze, io non so cosa sta accadendo a Smile, ora però direi di andare…in quarta ora ho un compito in classe e non credo che saltarlo mi farebbe bene… >
 
Entrammo a scuola in terza ora, proprio nell’istante in cui suonò la campanella della ricreazione.
Persi subito di vista Kay che si lasciò trascinare in cortile da chissà quale amico.
Laby rimase con me e iniziò a chiedermi ogni due minuti domanda a cui cercavo di non saper rispondere.
Ci fermammo in un angolo sul corridoio della nostra classe.
< cosa pensi ti stia accadendo? >
< non lo so Laby? >
< Smile ti prego dimmi che lo sai fare da sempre… >
Scossi la testa  < non è così, vorrei che fosse così anche io… >
Lo sguardo di Laby venne attirato da qualcosa alle mie spalle , mi voltai anche io e alzai gli occhi al cielo
< ecco, ci mancava solo quell’idiota di Alex Skorny > guardai Laby che stava sorridendo
< intendi dire quello stupendo idiota di Alex Skorny > scossi la testa con aria di sufficienza e lei scoppiò a ridere
< spiegami Smile, come fai a dire che è un’idiota se non ci hai mai fatto un discorso serio… >
<  o è semplice, lo so e basta e poi che mi risulti i discorsi seri con lui non si possono fare, non è in grado… >
< per me è semplicemente stupendo… >
< per me invece è solo uno che si sente l’unico uomo sulla terra…non lo posso proprio soffrire… >
Abbassò notevolmente la voce e ammiccò
< allora ti consiglierei di non voltarti… >
Capii cosa stava cercando di dirmi.
Mi senti sfiorare la schiena e non so come ebbi un flash di cosa stava per accadere.
Vidi chiaramente la sua mano a pochi millimetri dalla mia schiena.
Urlai.
< ti sconsiglio vivamente di farlo! >
Scoppiò a ridere < come fai a sapere cosa sto per fare Smiel.. >
Mi voltai di scatto < sì, era esattamente come immaginavo… >
Mi guardò sorridendo < dì, la verità…ami che io ora sia qui a parlare con te >
Non sapevo se scoppiare a ridere o iniziare ad urlare cercai di placarmi con una battutina sarcastica degna di me
< senti mister “guardatemi tutti io sono una winx” questo trucchetto non funziona da chissà quanti secoli… >
Mi guardava i denti
< dio, sei così sanguinaria che ti stanno spuntando le zanne… >
Mi pietrificai, voltandomi chiesi conferma a Laby che scosse la testa negando ogni possibilità che stese veramente accadendo una cosa del genere.
< ok Smiel, ho perso la tua attenzione a quanto vedo e non ho tempo da perdere, ci vediamo… >
Mi voltai sprezzante
< ti ho già detto di non chiamarmi così? Bene te lo dico ora… >
< ti sto salutando… >
Annuii  < sì, sto notando… >
Mi prese per le spalle e mi si avvicinò, non mossi un muscolo; si fermò anche lui < allora, mi saluti? >
Mi imposi di non tirargli uno schiaffo < ciao >
Mi lasciò, qualcuno lo chiamò da lontano, si voltò era una ragazza e non sembrava esattamente felice.
La saluto e la raggiunse mentre io tiravo Laby nella direzione opposta.
 
< Smile smettila di correre…Smile… >
Mi voltai a guardare Laby < scusa ma devo allontanarmi al più presto da quell’essere… >
< sì l’ho notato, ma ora saremo abbastanza lontane o no, siamo dall’altra parte dell’edificio… >
Rallentai il passo e lei mi si affiancò < sei adirata o sbaglio? >
Scossi la testa < non sono adirata… >
< Smile io non direi, sei nera… >
< no Laby, non capisci, nel momento in cui le sue dita hanno sfiorato la mia schiena ho visto la scena, ho visto me attraverso i suoi occhi… >
Ci sentimmo abbracciare da dietro, era Kay che tornava dal cortile
< ragazze che mi dite, ci sono novità? >
Laby annuì < sì, Smile ha avuto l’imprinting con Alex Skorny… >
Kay mi guardò < quindi, fammi capire, non ti capita solo con noi, ti capita anche con altre persone… >
Lo guardai accigliata < Kay, se lo sapessi forse non saremmo qui a parlarne, tu che dici? >
La campanella suonò per intimare agli studenti di tornare in classe, nel nostro caso di entrare.
Ci salutammo promettendoci di sentirci in serata per avere novità, anche se comunque, qualsiasi cosa fosse accaduta sarebbe servita a poco.
 
Riuscii a sfuggire da una giornata scolastica alquanto fastidiosa, forse perché riuscivo ad incontrare “mister winx” ovunque.
Quando arrivai a casa erano già le 2 del pomeriggio ed io ero stanchissima.
Era il mio compleanno ma io volevo fare tutto tranne che festeggiare quella sera stessa.
Salii in camera mia e mi lanciai letteralmente sul letto, appena chiusi gli occhi suonarono alla porta ed io non potei veramente crederci.
Scesi le scale con passo elefantino e spalancai la porta, quello che vidi mi provocò uno scompenso.
< ciao Smiel, disturbo? O meglio, disturbiamo? >
Un attimo, perché davanti alla porta di casa mia c’era Alex Skorny e con lui la ragazza che lo aveva chiamato oggi in corridoio? C’era qualcosa che non mi quadrava per niente.
< pensi di poterci far entrare o preferisci parlare qui fuori? >
< perché, da quanto tempo sai parlare? >
La ragazza che gli stava vicino scoppiò a ridere, la guardai e lei mi fissò sorridendo
< ciao Smile, scusa il disturbo, non penso che noi ci conosciamo; sono Monica Rubens >
Mi porse la mano ed io gliela strinsi < piacere, Smile Nash. >
< scusa se ci presentiamo così a casa tua ma abbiamo bisogno di parlare con te in un momento in cui non hai nessuno intorno e visto che è praticamente impossibile trovarti sola a scuola…eccoci qui. >
Mi feci coraggio e li feci entrare continuando a chiedermi che cosa potessero volere da me.
< beh, accomodatevi… > Alex mi guardò sorridendo < anche io? > < sì, ma tu per terra… >
Monica mi sorrise < so che ti starai chiedendo cosa ci facciamo qui e vorrei tanto spiegartelo io ma…lo deve fare lui… >
Guardai Alex e implorai < ti prego…che sia una cosa seria… >
< con piacere Smiel; allora, la farò breve…so cosa, anzi sappiamo, cosa ti sta accadendo:
leggi nella mente delle persone a cui vuoi bene, ti basta un contatto fisico con una persona per percepire tutto ciò che sente e beh…ti posso dire che non è finita qui ma che è normale. >
a quel punto ero veramente colpita, sorpresa e incredula.
< ma…come… > < come facciamo a saperlo? A beh, questa è falice…siamo come te. >
Lo guardai bieca
Alzò gli occhi al cielo < se aspetti te lo spiego…se vuoi fare tutto di fretta non sarò io a spiegartelo. Allora, noi siamo Eterni; tu non sei solo un’Eterna, sei la mediana…sei qui per mantenere stabile la pace tra gli Eterni ed i Bruni… >
Non ci stavo capendo niente, era lui che non si faceva capire…parlava di Eterni, Bruni, mediane…se doveva essere d’aiuto non lo era affatto.
Continuavamo a guardarmi entrambi come se si aspettassero l’esplosione che ovviamente non arrivò
< allora, spiegatemi bene…le cose che mi stanno accadendo non sono le sole cose che capiteranno nella mia vita; noi siamo Eterni, io sono anche mediana, e devo mantenere la pace tra noi e i Bruni…ma tutto ciò che vorrebbe dire?? >
Fu Monica questa volta a parlare
< beh, noi siamo i posteri di una famiglia antichissima, dotata di poteri magici; la prima comparsa degli Eterni si ha nel periodo medievale, i nostro poteri non erano visti di buon occhio dagli umani che iniziarono a perseguitarci. I Bruni sono una famiglia rivale, anche loro possiedono poteri, siamo nemici da sempre e ora che anche tu ti stai trasformando, e tu sei la mediana, i conflitti si stanno riaprendo per decidere nuovamente a distanza di secoli quale famiglia ha la superiorità sull’altra. >
Iniziavo a capire ciò che mi stava dicendo, ero diciamo tranquilla, o almeno non avevo ancora realizzato completamente la situazione.
< cosa intendete che la mia trasformazione non è ancora terminata? >
Alex scoppiò a ridere < beh, inizierai ad avere un controllo diverso sul tuo corpo, acquisirai un’agilità ed una forza fuori dal comune e soprattutto diventerai un lupo. >
Sgranai gli occhi < diventerò cosa?? >
Monica sbuffò < lascialo perdere, sta solo scherzando…Smile, grazie di aver reagito bene ora però devi permetterci di starti alle costole, sei in pericolo ora più che mai… >
< sì, insomma, avrai tutti i Bruni del paese a darti la caccia per farti tirare le cuoia…ma tranquilla, cercheremo di proteggerti nei limiti del possibile. >
Si alzarono entrambi , Alex mi si avvicinò
< ora Smiel ti lasciamo ai tuoi pensieri…ti ricordo che per quanto ti crei enorme fastidio io dovrò controllarti e aiutarti nel caso in cui avessi qualche problema…non ti fare scrupolo a chiamarmi… >
Mi diede un buffetto sulla guancia e si avviò verso la porta.
Monica lo seguì e salutandomi si chiuse la porta alle spalle.
Qualche secondo dopo ripresi controllo di me stessa, mi diressi verso il calendario appeso sopra al telefono; come immaginavo non era il 1° di Aprile e per quanto ne sapevo io ciò che mi avevano raccontato era terribilmente vero.

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Capitolo 3
*** 2 ***


Come di rituale alle 9 di quella sera Kay e Laby si presentarono a casa mia con tre teglie di pizza; mio padre gli aprì sorridente
< ragazzi, ben arrivati…andate a scuotere la vostra amica; è tutto il giorno che ha una faccia… >
Laby sorrise < recepito Josh…andiamo noi da lei, e tra due minuti scendiamo per la pizza…aspetta due minuti e te la porteremo felice e sorridente. >
Sentire i loro pensieri in quel momento non era niente male, anche perché ne Kay ne Laby erano minimamente convinti di ciò che stavano rifilando a mio padre.
Li sentii salire le scale, mi feci trovare seduta sul letto con lo sguardo fisso sulla porta.
< ben arrivati ragazzi… > Laby sorrise < Smile scendi, abbiamo le pizze… >
Sospirai < ragazzi, prima di mangiare io…dovrei raccontarvi una cosa, una cosa seria… >
Kay scosse la testa prendendomi per un braccio
< non se ne parla, la pizza si fredda…ne parliamo dopo!! >
Rimasi ferma dov’ero < ho detto che è una cosa seria! Dobbiamo parlarne, insomma…ha a che fare con tutte le cose che mi stanno accadendo… >
Si guardarono < senti Smile, un’ora non cambierà le cose…ne parliamo dopo cena se avanza del tempo. >
Non potei ribattere, mi tirarono giù di peso.
Mio padre aveva apparecchiato in salone, per quanto volessi negarlo a me stessa, avevo fame e anche tanta.
< e bravi Laby e Kay, siete riuscita a portarmela giù…ma quel sorriso tanto promesso, dov’è? >
Ricevetti due gomitate sui fianchi e dai bisbigli dei miei migliori amici capii che dovevo almeno sforzarmi di sembrare felice.
Tirai fuori il miglior sorriso che possedevo in quel momento (più che altro sembrava una smorfia) e con voce falsuccia dissi
< uao…che bella tavola…ho una fame, mangiamo? >
Papà non era molto convinto ma sentii Laby che gli sussurrava in un orecchio
< Josh, dobbiamo capirla, ha problemi di cuore…è meglio che facciamo finta di nulla… >
Mi rendevo perfettamente conto che il mio udito iniziava ad alterarsi e che in teoria non avrei dovuto sentire quell’immensa bugia, ma mi sentii in dovere di lanciare un’occhiataccia a Laby che lei interpretò alla perfezione.
Ci sedemmo a tavola ed iniziammo a mangiare.
Ok, altro che fame, stavo letteralmente morendo.
Mi sentii osservata per tutta la durata della cena, forse perché dissi in totale tre quattro parole buttate in mezzo a conversazione già iniziate e che non stavo assolutamente seguendo.
Quando mio padre si alzò per andare in bagno capii che era arrivato il momento dell’entrata trionfale della torta.
Aspettai che fosse sparito alla mia vista per guardare Laby in modo sprezzante
< e io avrei problemi di cuore?? >
Mi strattonò < non urlare o salta la copertura…e poi scusa, cosa avrei dovuto dirgli? Hai la faccia di una che ha appena visto il suo gatto morire!! >
Guardai Kay che annuì confermando la teoria di Laby.
< è uguale, non inventate altre cavolate per favore…la situazione è già difficile senza che vi ci mettiate anche voi!! >
Laby alzò lo sguardo sopra la mia testa, mi voltai, mio padre aveva in mano una torta enorme con diciassette candeline.
Iniziarono a cantare “tanti auguri a te” ed io come al solito non seppi chi guardare e cosa fare durante tutta la durata della melensa canzoncina.
 
Quando finalmente rimanemmo soli, ovvero intorno alle 11, li guardai con aria affranta.
< su Smile, ora dicci la cosa “tanto importante”siamo qui, ti ascoltiamo… >
< Laby, Kay, fate poco i simpatici e sedetevi…sarà un duro colpo… >
Alzarono entrambi gli occhi al cielo contemporaneamente e si lasciarono di peso sul letto.
In un altro momento avrei trovato la cosa carina, quasi assurda, in quel momento non riuscivo neanche lontanamente a farlo.
< allora, dobbiamo aspettare molto? > fulminai Kay e mi schiarii la voce.
< allora, oggi sono venuti qui a casa Alex e Monica e… >
Laby sgranò gli occhi < Alex è venuto qui e tu non mi dici nulla? > < Laby ho provato a parlarne prima, ma mi risulta che qui qualcuno ha ritenuto più importante scendere a mangiare!! >
Calò il silenzio ed io continuai tutto d’un fiato.
< insomma, sono venuti qui e mi hanno detto che io sono…non so, la mediana…e siamo tutti simili, tutti intendo tutti e tre noi, cioè io e loro…e loro, cioè noi, siamo degli Eterni e siamo contro i Bruni…ed io sono quella che dovrà riportare la calma ma sono in pericolo di vita perché ora i Bruni vogliono farmi fuori e…e sto cambiando!
Il mio corpo sta cambiando, la mia vista sta cambiando, la mia vita sta cambiando!! >
< hai dimenticato la parte in cui ti trasformerai in un lupo… >
Mi voltai riconoscendo la voce < Alex cosa ci fai tu qui? >
Laby si incollò alla mia schiena < già Alex che ci fai qui? > < no, più che altro come ci sei arrivato…da che parte sei entrato? >
Alex guardò Kay sorridendo < beh, se la vostra amichetta avesse capacità di sintesi vi avrebbe fatto capire che io non sono esattamente umano, e neanche lei… >
Io continuavo a guardarlo con disprezzo.
< Alex, ti ho appena chiesto cosa ci fai qui! >
Sorrise < lo avevo notato…beh, dovevo vedere in che condizione era la mia protetta… >
Quasi soffia come un gatto < non sono la tua protetta…so badare a me stessa…. >
Annuì < o lo so, ma ho questo compito che ti piaccia o no, e sappi che non fa piacere neanche a me. >
Feci una smorfia < bene > sorrise < bene >
Kay intervenne < quindi…tu non sei umana? > lo guardai < no…sono un’eterna e ora, se siete spaventati da me, se mi odiate e volete andarvene da casa mia, dalla mia vita, fate pure… >
 
Seguirono minuti di silenzio in cui io, ancora in piedi insieme ad Alex guardavo tutti e tutti guardavano me.
Laby e Kay si scambiarono un’occhiata e poi si alzarono < Smile allora noi… >
< ve ne andate? > la punta di amarezza nella mia voce non sarebbe dovuta uscire fuori, non in quel momento.
Se veramente mi avessero abbandonata non potevo farmi vedere distrutta.
< …allora noi verremmo ad abbracciarti se vuoi. >
Dire che scoppiai a piangere fu poco, per poco non affogai nelle mie stesse lacrime.
Per me era una cosa così strana piangere in pubblico che mischiai le lacrime di commozione a lacrime di rabbia per essermi fatto vedere così debole, soprattutto davanti ad Alex che mi guardava sorpreso e al contempo divertito.
Kay e Laby si strinsero attorno a me continuando a ripetermi che non mi avrebbero di certo lasciata, anche se fossi diventata realmente un lupo, il che mi fece ridere.
Appena smisi di piangere, ossia pochi secondi dopo, mi rivolsi di nuovo verso Alex.
< quindi, tu vorresti dirmi che continuerai a seguirmi ovunque vado, rimanendo fuori casa mia notte e giorno? >
Scoppiò a ridere < ora non esageriamo, passerò qualche volta per vedere se sei ancora viva, per il resto…cercherò di farmiti amica, in modo che il mio controllo darà meno nell’occhio. >
Non risposi ma credo fosse evidente che non ero esattamente entusiasta della notizia.
< beh, vorrei stare ancora un po’ qui con voi e vedere in che altro modo cambierà l’uomore di Smiel; ma credo di dover andare a casa, Monica mi sta aspettando. >
Sentii un pensiero di Laby che non mi piacque per niente, cercai di metterle una mano sulla bocca prima che riuscisse a parlare, ma non feci in tempo.
< vivi con Monica? Cioè, è la tua ragazza? >
Alex si voltò serio, poi tirò fuori un sorrisetto maligno < beh, diciamo che viviamo insieme per cause di forza maggiore e poi, le bionde non sono esattamente il mio tipo. >
Laby mi strinse un gomito, cosa che io ignorai.
< beh, ora vado veramente…auguri Smiel, ti darei un bacio ma credi che finirei per morire strangolato. >
< credi bene Alex. Ci vediamo in giro. >
Bastò che voltassi un attimo la testa ed era scomparso.
< Smile io non so se tu ti rendi conto di quello che ha appena detto Alex…ti rendi conto?!? >
La guardai, stava impazzendo.
< no Laby, non mi rendo conto e sinceramente non mi interessa più di tanto. >
Mi fulminò con lo sguardo < non dico nulla che è meglio… >
Annuii < sì, lo credo anche io >
< Smiel senti… >
Mi voltai verso Kay con sguardo assassino, tanto che lo pietrificai sul letto < ti prego, distogli lo sguardo Smile…mi sono solo sbagliato. >
< ecco, non lo fare mai più! >
Spostò lo sguardo e aggiunse < beh, volevo dirti che, sì, insomma…io ho sonno… >
Alzai un sopracciglio < vorresti già andare a dormire? Cioè, noi festeggiamo il mio compleanno ogni anno con un pigiama party per andare a dormire alle 11 di sera? >
Anche Laby lo stava guardando < però forse ha ragione, cioè, insomma, domani andiamo a scuola… >
La guardai sbigottita < ma è il mio compleanno!! >
Intuii un pensiero di Laby che preferii evitare, mi rassegnai e annuendo dissi < ok, allora Kay, entra in bagno e vatti a cambiare mentre io e Laby ci mettiamo il pigiama e non guardare… >
 
Appena rimasi sola con lei la guardai con aria di sufficienza < non dovresti dirmi qualcosa? >
La vidi indugiare < cosa? >
Alzai le spalle < o, non so, una cosa che ha a che vedere con te e Kay… >
Si infiammò < non dovresti leggere tutti i miei pensieri Smile!!! > < non ho ancora imparato a mettere i filtri, comunque, non avresti dovuto dirmelo? >
Si sedette sul letto < stavo per farlo…aspettavo di rimanere sola con te… >
Mi sedetti accanto a lei < comincia a pensare che le parole “sola” e “Smile” non saranno insieme per un bel po’…a quanto pare sono controllata >
Mi guardò < comunque, non so come sia accaduto. È accaduto e basta. E penso sia una cosa seria…è stato come svegliarmi improvvisamente da un lungo sonno e capire che io, che io ero innamorata di lui. >
Annuii < sì, capisco. >
< non dire a Kay che te l’ho detto…voglio che sia lui a raccontartelo. >
< va bene, vorrei anche io che avesse questo impellente bisogno di raccontarmi tutto, ma evidentemente non è nelle sue priorità. >
Scoppiò a ridere < Smile, è un maschio, che ti aspetti. >
Annuii < infatti >
Sentii bussare dalla porta del bagno < avete fatto? Io sono pronto da mezz’ora! >
< entra Kay >
Non sapevo se dover fare la persona seria o se mi era permesso ridere, optai per la seconda.
Kay aveva un pigiama decorato con immaginine di paperino e topolino.
Laby si unì alle mie risate che si moltiplicarono di minuto in minuto.
Lui non era esattamente entusiasta, ma sopportava.
< allora, andiamo a dormire!! >
Annuii tra le lacrime < andiamo a dormire. >

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Capitolo 4
*** 3 ***


Mi sveglia di soprassalto, la sveglia urlava letteralmente dall’altra parte della stanza, era ora di alzarsi.
Cercai di impormi una posizione eretta e scesi verso la cucina.
Avrei svegliato Laby e Kay solo dopo aver preparato la colazione.
Sbadigliai imperterrita per tutta la durata del pre- pasto.
Alle 6, 30 tornai in camera mia e buttai giù dal letto Laby e Kay che non sembrarono esattamente entusiasti della cosa.
Se qualcuno ci avesse osservato dall’esterno, saremmo parsi tre zombi intenti ad intingere biscotti nel latte con una lentezza esasperante.
Riuscii a svegliarmi solo a metà tragitto tra casa e scuola.
Guardai i miei due migliori amici, anche loro ancora intontiti
< come va ragazzi? >
Mi fissarono con occhio spento < insomma…credo di avere ancora lo stampo del cuscino su una guancia… >
< non credo che tu lo abbia Laby, in compenso hai una riga di fondotinta in fronte… >
Iniziò a strofinarsi il viso con la mano.
Kay era ancora preda del sonno e non riusciva a connettere il cervello, lo notavo dai suoi pensieri completamente senza senso.
Arrivammo davanti ai cancelli della scuola alle 7:50, notevolmente in anticipo rispetto alla nostra usuale tabella di marcia.
Trovare i gradini liberi fu un pretesto per dormire un altro po’.
Non riuscivo a ricordarmi assolutamente neanche se per quel giorno c’erano compiti, quante ore avremmo avuto e che materie, insomma, ero andata del tutto.
< sei andata da tempo. >
Alzai lo sguardo < chi altro poteva rovinarmi l’inizio della giornata se non tu. >
Sorrise < ieri sera siete stati tutti belli insieme, potevate avvertirmi, sarei rimasto volentieri. >
Tirai fuori una smorfia di disprezzo assoluto
< se non ti ho avvertito inizia a porti delle domande. >
< o sì, tranquilla, lo so che mi vuoi tutto per te… >
< o non ci sperare! >
Si sedette accanto a me < so che sotto, sotto sei terribilmente attratta da me, ti capisco, lo sarei anche io…ma devi capire che non c’è speranza; a meno che… >
Lo scostai brutalmente < tranquillo, non c’è rischio >
Mi sorrise ma io non gli risposi.
Sentii il suono della campanella, mi alzai di soprassalto urlando < Kay, Laby è ora >
Lui era scomparso, come al solito d’altronde.
Salimmo le scale di corsa senza saperne il motivo.
< mi spieghi cosa voleva Alex stamattina? >
Alzai le spalle < se lo sapessi sarei molto più contenta, si sta solo accollando >
Kay mi guardò < ha detto che ti deve controllare, lo sta solo facendo >
< senti Kay, sapeva anche che ieri sera siete rimasti a dormire da me, questo non è controllo, è stalking! >
Laby non sembrava convinta < beh, però alla fine non è poi così male, è anche figo. >
Scoppiai a ridere < figo? O certo, è il solito biondino slavato con gli occhi azzurri. >
< dimentichi il fisico da dio, non è da meno. >
La guardai leggermente seccata < cambiamo argomento, che materie avete oggi? >
< stamattina…io ho biologia… > < ehi anche io! > sorrisi < bene, allora stiamo tutti insieme…almeno questo. >
Entrammo in classe per primi e occupammo gli ultimi banchi, lo facevamo sempre, correre per l’edificio solo per occupare gli ultimi banchi e continuare il sonnellino.
Di solito passava una buona decina di minuti prima che arrivasse qualcun altro, infatti quando la porta si aprì due minuti più tardi ne fui sorpresa; vedendo che era Monica la mia sorpresa aumentò e quando la raggiunse Alex la sorpresa lasciò il posto alla seccatura più completa.
 
 
Due ore dopo uscimmo dall’aula con una faccia affranta.
< giuro, ve lo giuro, io non ci ho capito una mazza! >  sorrisi nervosamente < neanche io Kay, neanche io. >
< se magari sua signoria evitasse di guardarmi capirebbe qualcosa in più >
Mi voltai quasi ringhiando < non ti stavo guardando, eri tu che guardavi me! >
Alex scoppiò in una fragorosa e finta risata < sì, come no…e perché io ho capito tutto della lezione? >
Ok, mi stava notevolmente innervosendo, non solo mi controllava passo-passo, si permetteva anche di sostenere cose falsissime!
Era veramente troppo da sopportare, e poi c’era poco da controllare, cristo santo ero a scuola non nel Bronx!
Continuai a camminare senza degnarmi di rispondere, quell’ora avevo lezione di arte, l’unica che sembrava allettarmi un po’, non volevo arrivare in ritardo.
Ero arrabbiata, veramente arrabbiata.
Fino a quel momento ero stata al gioco, anche se un po’ infastidita, ora iniziavo a credere che la situazione ci stesse sfuggendo di mano e che tutto quel controllo fosse esagerato.
Io  e Alex non eravamo amici, non poteva permettersi certi scherzi, non poteva permettersi di mettere il naso nella mia vita senza che questo comportasse una mia reazione.
E non poteva neanche pretendere che io accettassi la situazione così com’era.
Entrai in classe furente, il prof era già seduto in cattedra, mi guardò con fare sorpreso
< signorina Nash, va tutto bene? >
Mi ripresi < sì prof, mi scusi, sono solo un po’ nervosa. >
La conversazione non continuò  perché la classe iniziò a riempirsi, fui grata per questo.
 
Per quanto arte fosse una delle mie materie preferite non riuscii minimamente a concentrarmi sulla spiegazione, rimasi un’ora e mezza a fissare il libro sfogliando meccanicamente le pagine.
La campanella suonò riportandomi alla realtà.
Presi le mie cose e mi diressi verso la porta, non riuscii neanche a varcarla che Alex mi si pose davanti fissandomi con un’aria grave che non ricordavo avergli mai visto.
< noi due dobbiamo parlare >
Lo guardai con aria di sfida < non credo >
Mi spostò dalla porta per permettere ad altri studenti di uscire
< invece credo proprio di sì e parleremo ora. >
Scostai le sue mani dalle mie spalle
< senti Alex, forse qui ti sfugge che non puoi decidere per me. Ora l’unica cosa che voglio fare è evitarti per il resto della mia giornata e penso di poterlo fare >
La sua mono espressività mi dava ai nervi, ero abituata a vederlo ridere come un demente, vederlo così serio era ancora peggio.
< ok Smile, come vuoi tu, ma ti avverto che prima o poi sarai costretta ad affrontarmi. Non finisce qui >
Se ne andò senza aggiungere altro.
Di tutto il discorso l’unica cosa che riuscii a notare era che mi aveva finalmente chiamata Smile e non Smiel.
Cercai di togliermi dalla testa l’immagine di Alex serio e cercai di trovare Laby o Kay o possibilmente entrambi.
Ero completamente sovrappensiero, non riuscivo a portare attenzione a nessuna delle cose che facevo da quella mattina.
Anche in quel momento, continuavo a camminare assorta e solo grazie ai miei nuovi sensi stra-sviluppati riuscivo ad evitare muri, porte che si aprivano e studenti in corsa verso la lezione successiva.
Mi sembrava così normale dover avanzare senza porre attenzione a niente che quando mi arrivò addosso una figura non ben identificata fui presa alla sprovvista.
Rischiai di cadere a terra, poggiai un palmo a terra e mi tirai su, peccato che tutte le mie cose erano a terra.
La persona, ovvero il ragazzo, che mi era crollato addosso mi guardava
< mi devi assolutamente scusare >
Scossi la testa < no, non c’è problema, forse dovrei guardare avanti quando cammino >
< no, non è colpa tua…sono io che andavo di corsa e non ti ho proprio vista. >
Si inchinò e raccolse la mia borsa che era ancora a terra.
< tieni >
< grazie >
Ci guardammo per qualche secondo, poi mi porse la mano
< piacere, mi chiamo Liam >
Sorrisi < piacere Liam, io sono Smile. >
Mi sorrise anche lui di risposta < sei agile Smile, non ho mai visto nessuno rialzarsi in questo modo. >
Non sapevo che dire.
< ehm…grazie Liam >
Alzò le spalle < e di che, è vero. Ora scusami ma devo scappare. Ci becchiamo Smile. >
< ciao Liam >
Rimasi a fissarlo mentre camminava a passo veloce nella direzione opposta alla mia, poi mi voltai e tornai sui miei passi.
Non avevo idea di dove trovare Laby e Kay.
Erano le 10:45, tra qualche minuto sarebbe suonata la campana della ricreazione ed io dovevo assolutamente incontrarli prima che l’intera scuola si riversasse in corridoio.
D’improvviso mi venne un’idea alquanto assurda ma che alla fin fine poteva funzionare; avrei sfruttato la mia dote di leggere nella mente dei miei migliori amici per riuscire a capire dove si trovavano.
Mi concentrai, il che era difficile da quando il mio udito si era sensibilizzato, riuscivo a sentire ogni singolo rumore dell’ambiente in cui mi trovavo.
Pensai a Laby, estraniai tutto il resto fino a quando non sentii la sua voce.
Era flebile, ma con un po’ di pazienza sarei riuscita a sentire meglio.
Ecco, stava parlando con Kay, perfetto! Due piccioni con una fava, rimaneva solo da capire dove si trovassero.
[…chi sa se lei e Alex hanno fatto pace, questa volta Smile ha esagerato…]
[no Laby, non ha esagerato; devi capire che per lei questa situazione è complicata, ha bisogno di tempo per assimilare il tutto]
Laby mi avrebbe sentita! Stava spalleggiando Alex!
[vabbè Kay, però Alex non stava dicendo niente di male, stava scherzando, ecco tutto]
[sì, ma Smile lo odia, qualsiasi cosa dice lui è sbagliato. Forse dovrebbe solo accettarlo]
Tacquero per qualche secondo
[ok, andiamo a cercarla, tra due minuti suonerà la campana e a quel punto sarà impossibile trovarla]
Sentii il rumore impercettibile di un porta che si apriva e dei passi provenire dalla mia destra.
Mi diressi in quella direzione allontanando le loro voci e concentrandomi sui loro passi.
Dopo qualche secondo li intravidi alla fine del corridoio.
Suonò la campana.
Fra noi si ammassarono più di 200 studenti, ora raggiungerci sarebbe stato difficile.

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Capitolo 5
*** 4 ***


Tornai a casa esausta. Ero ancora arrabbiata, anche se ne Alex ne Monica si erano più fatti vedere.
Papà era ancora a lavoro e probabilmente non l’avrei rivisto fino a quella sera.
Lanciai la borsa sul divano spaventando il gatto Mollica che rizzò il pelo soffiando, poi riconoscendomi mi corse incontro per farmi le fusa.
Lo presi in braccio e mi diressi in cucina.
Il frigo era pieno ma conteneva cose che dovevano essere per forza cucinate ed io avevo zero voglia di mettermi ai fornelli.
Aprii una scatoletta di tonno per Mollica e una di mais per me, mi posizionai sul divano davanti alla tv ed iniziai a mangiare.
Non so come ma mi addormentai di sasso con la scatoletta ancora in mano.
Fu Mollica a svegliarmi, stava giocando con i miei capelli.
Guardai l’orologio, erano già le 5:30 del pomeriggio ed io non avevo neanche iniziato a studiare.
Per voler essere sinceri non mi sentivo neanche un granché bene, mi poggiai un palmo sulla fronte, al tatto sembravo calda, ma non si poteva mai dire.
Andai in bagno, presi il termometro e lo misi sotto al braccio.
Ci mancava solo una bella febbre, come potevo essermi ammalata?
In realtà potevo solo essermi sbagliata, oppure era il cambiamento del mio corpo a provocarmi la febbre.
L’ultimo pensiero non mi piaceva, cercai di eliminarlo dalla mia mente.
D’improvviso sentii dei passi in lontananza, il suono proveniva dal vialetto, poteva essere mio padre.
Infatti, pochi secondi dopo, sentii la porta aprirsi.
< Smile, Smile ci sei? >
Mi affacciai sull’ingresso
< ciao papà, tutto bene? >
Annuì posando la borsa a terra
< io sì, ma tu? Ti vedo un po’ rossa… >
Il termometro squillo per indicarmi che i cinque minuti erano passati, lo tirai fuori, 37.8
< grande papà, sei un mostro. Effettivamente ho appena appurato di avere la febbre. >
Mi prese il termometro dalle mani
< sì, sono bravo modestamente. Vorrà dire che domani qualcuno non andrà a scuola. >
Mi guardò intensamente “scommetto che già si sente meglio”
< per quanto tu possa pensarlo non è che non mandarmi a scuola mi provochi un rilassamento tale da farmi sentire meglio. >
Scoppiò a ridere
< meglio così bambolina, meglio così. >
 
Dopo aver appurato che il giorno successivo sarei rimasta al caldo sotto le coperte non mi scomodai ad aprire neanche un libro.
Salii in camera mia e accesi il computer, dovevo avvertire Laby che non sarei andata.
Accedei a Facebook, avevo due richieste di amicizia.
Come volevasi dimostrare Monica e Alex non avevano perso tempo, volevano controllarmi anche lì.
Accettai Monica ma non Alex e cercai Laby in chat. La trovai.
< La>
< Smy >
< mi dispiace dovertelo dire ma domani non vengo >
< come?? E perché non verresti?? >
< febbre >
< no, la verità è che sei una chiavica!! >
Sorrisi
< non è vero! Se sto male non è colpa mia, avverti tu Kay? >
< certo certo, a proposito di Kay! Ma ti ha detto niente? >
< no ciccia, niente di niente >
< comincio a pensare di non essere importante, non è che potresti…ecco… >
< leggere nei suoi pensieri e capire cosa prova? >
<  :D  >
< no Laby, no. Non è corretto. >
< sei una pezza! Ti sto odiando! >
 
Stavo per rispondere che la odiavo anche io, poi di colpo ebbi l’istinto di alzare la testa.
Chiusi il portatile di botto e lo abbandonai sul letto alzandomi
< tu cosa ci fai qui! >
Mi guardò serio
< sembra più un’accusa che una domanda, comunque sono venuto per parlare con te >
Mi diressi verso la porta e la chiusi piano
< e non potevi, che so, aspettare fino a domani? O come minimo avvertire! >
< beh, a quanto mi risulta, dal momento che non mi accetti neanche una stupida amicizia su Facebook, non vuoi proprio aver alcun contatto con me. >
Lo guardai e lui rispose al mio sguardo in silenzio.
< va bene signor Skorny, parliamo >
Si accomodò sul letto come se niente fosse
< comincia tu. >
Rimasi in piedi sbigottita
< io? Qui dovremmo parlare tutti e due, anzi no, visto che sei tu a voler qualcosa da me, inizia tu! >
< comincia con il calmarti. Non sono qui per litigare. >
Annuii discostando lo sguardo.
< allora, da quello che è possibile intuire io non devo starti molto simpatico, o sbaglio? >
Non risposi. Era difficile rispondere ad una domanda del genere quando a portela è il diretto interessato. Se a chiedermelo fosse stato qualsiasi altro essere sulla terra avrei di sicuro risposto di sì, ma con lui davanti ad interpellarmi non riuscivo proprio a farlo.
< bene, non mi vuoi rispondere, passiamo oltre. Non ho scelto io di venirti a controllare, l’hanno scelto altri per me ancora prima che potessi capire cosa volesse dire “controllare qualcuno”, sono già tre anni che ti tengo d’occhio ed ora che hai iniziato a trasformarti non posso fare finta di niente e continuare a guardarti da lontano, devo PER FORZA STARTI VICINO, CHE TU LO VOGLIA O NO >
Annuii senza ribattere
< sai, vorrei sentire la tua voce, qualche tua opinione, chiedo troppo? >
Lo guardai
< cosa dovrei dirti? >
Alzò le spalle
< o non so, potresti parlarmi di ciò che hai mangiato oggi a pranzo...secondo te cosa voglio sapere? Voglio sapere come stai, come stai vivendo la trasformazione, se ti è già capitato di sentirti osservata da persone che non siamo io o Monica… >
Scossi la testa
< no, per ora non ho provato alcuna sensazione strana. Non mi sento osservata o cose così. Per ora ho solo la febbre. >
Si alzò in piedi e mi posò una mano sulla fronte
< sì, effettivamente sei calda, ma questo non dovrebbe essere in collegamento con il tuo cambiamento corporeo. >
Rimase immobile con la mano sul mio viso e d’improvviso sorrise
< perché ridi? >
Scosse la testa < perché è strano. >
Non riuscivo a capire < cosa è strano? >
< è strano che io ti stia toccando è che tu non mi abbia ancora staccato un braccio. Ora le potenzialità per farlo le hai. >
Cercai di trattenermi ma alla fine scoppiai a ridere.
 
Scostò la sua mano
< vedi, ridere non è poi così difficile, provaci qualche volta in più >
< non scherzare troppo con me Alex, lo sai che sono pericolosa. >
Si ributtò sul letto
< ecco un’altra bella cosa, è la prima volta che mi chiami per nome e non con un soprannome o per cognome. >
< non sentirti troppo onorato. >
< non ti illudere che io lo faccia. >
L’aria si era alleggerita, e pensare che stavamo quasi scherzando era alquanto assurdo.
 
< Smile, Smile… >
Mi immobilizzai
< è mio padre! Se ti trova qui sono morta, sei morto! >
Si alzò in piedi
< scendi prima che salga lui. Ci becchiamo. >
Aprii la porta e quando mi voltai di nuovo verso il letto era già sparito.
Scesi le scale correndo
< dimmi papà >
Stava cucinando
< mi sono dimenticato di dirti che stasera dovrebbe venire a cena un mio collega, ti crea problemi? Visto che non stai bene… >
Scossi la testa
< no ti pare papà, al massimo andrò in camera mia a dormire. >
Sorrise e riprese a cucinare.
Squillò il telefono di casa, lo cercai per rispondere.
< pronto? >
< sei proprio una stronza! Mi hai mollata in chat così! >
Era solo Laby
< se aspetti due minuti ti spiego perché ti ho mollata così, fammi solo arrivare in camera. >
Salii le scale più veloce che potevo per evitare che papà carpisse qualche informazione del tipo “c’era un ragazzo nella mia camera fino a qualche secondo fa”
< Laby, ci sono… >
< vedi di trovare una spiegazione decente!! >
< Alex è comparso nella mia camera >
Non ribatté, era in silenzio totale e per un po’ pensai che fosse caduta la linea
< Alex era in camera tua? Con tuo padre dentro casa? >
< esatto Laby, proprio così, e vorrei poterti dire che è entrato dalla porta. >
< o beh, allora questo cambia tutto. In questo caso sei perdonata. >
Mi sdraiai sul letto
< vorrei vedere, abbiamo dovuto parlare… >
< che vi siete detti? Se non sono indiscreta >
< abbiamo diciamo chiarito il fatto che lui è costretto a controllarmi e che non lo vorrebbe fare >
< solo questo? >
< sì, effettivamente solo questo. Poi mi ha chiamata papà e sono dovuta scendere. >
< uuu, allora questo vuol dire che il discorso continuerà, promette bene la cosa. >
< non farti strane idee Laby, per ora sopportiamo la nostra presenza e sarà sempre e solo così. >
< a proposito di presenze, all’uscita, dopo che sei scappata, un tizio mi ha chiesto il tuo numero di cellulare. >
< non dirmi che glielo hai dato… >
< veramente sì, era carino, e poi pensavo fosse tuo amico. >
Iniziai ad allarmarmi; visto che ora ero nel mirino della peggior gente in circolazione dovevo stare attentissima a tutti quelli che chiedevano miei dati personali in giro, soprattutto se erano carini e se andavano da Laby.
< non è che ti ricordi come si chiamava? >
< non credo mi abbia detto il nome, però mi ha fatto una descrizione perfetta di come eri vestita oggi, mi ha detto il tuo nome e allora ho pensato di dargli ciò che voleva. >
Laby era proprio senza speranza, cominciavo a pensare che dovevano tenere sotto controllo lei e non me.
< comunque tranquilla, Alex già lo sa, a una certa è arrivato come comparso dal nulla a chiedermi chi fosse il ragazzo che aveva chiesto di te, non voleva che gli dessi il tuo numero ma ormai era fatta. >
Ecco, se Alex si era allarmato ciò voleva dire che il tizio in questione poteva sembrare pericoloso.
 
Il mio cellulare si illuminò, mi alzai da letto e lo presi, era arrivato un messaggio.
Lo aprii e rimasi, come dire, sorpresa.
“ciao Smile,
so che non ti aspetti minimamente questo messaggio e soprattutto non lo aspetti da me.
Sono Liam, colui che ti ha investita oggi in pieno corridoio.
Ho chiesto il numero ad una tua amica, spero non ti dispiaccia; avrei di gran lunga preferito che a darmelo fossi stata tu, ma non sono più riuscito ad incontrarti.
Tra i miei libri ho trovato un quaderno che credo sia tuo.
Volevo chiederti un riscatto, ma non credo che accetteresti. :D
Domani ti cerco e te lo porto.
A presto. Liam”
 
< Smile, Smile ci sei? >
< sì Laby ci sono, ho appena scoperto a chi hai dato il mio numero. >
< a sì, e chi è? >
< è un ragazzo con cui mi sono scontrata oggi in corridoio, gli è rimasto un mio quaderno e domani vorrebbe riportarmelo, peccato che non verrò, senti, non è che potresti prendermelo tu e portarmelo? >
< certo! Ci mancherebbe! Allora ci vediamo domani pomeriggio, ora ti lascio perché credo sia pronta la cena. Un bacio e riprenditi presto! >
Attaccai e ripresi il cellulare.
Avrei voluto rispondere a Liam, ma non avevo soldi.
Era stato carino a chiedere il mio numero a Laby solo per riportarmi un quaderno, che poi chissà quale quaderno aveva, non mi ero accorta di aver perso qualcosa.
Lo avrei ringraziato in seguito.
< Smile, scendi. >
Il collega di mio padre doveva essere arrivato.
Lasciai il cellulare in camera, chiusi la luce e scesi a mangiare.
< eccomi papà. >
La tavola era apparecchiata in modo impeccabile, sentivo papà parlare in cucina.
Mi affacciai, un uomo era seduto sullo sgabello e sorseggiava lo spumante.
< o, ecco mia figlia. Vieni Smile. >
Mi avvicinai
< lui è il mio collega, il signor Renoir >
L’uomo sorrise
< puoi chiamarmi semplicemente Carlo. >
Sorrisi < piacere, Smile. >
< bene ragazzi, se volete, possiamo andare a mangiare. >
Mandai avanti Carlo e mi affiancai a mio padre
< non so perché, ancora penso che quando tu dica collega mi si presenti a casa una strafiga >
Mio padre mi lanciò un’occhiataccia ma sorrise spingendomi in salotto.
Da quando mia madre, circa 14 anni prima, ci aveva decisamente abbandonati per dedicarsi a pieno al suo lavoro, mio padre non aveva quasi mai provato a trovarsi un’altra donna.
All’inizio questo mi faceva piacere, poi crescendo capii che avrebbe dovuto rifarsi una vita, anche perché non era niente male, modestamente parlando.
Mi sedetti a tavola, anche se avevo fame zero e cercai di tenere banco.
Verso le 10:30 decisi di salire in camera, salutai il collega di papà e salii lentamente le scale.
Entrai in camera e accesi la luce
< è stata una lunga cena a quanto vedo >
Feci un saltò all’indietro, avevo il cuore a mille
< cristo santo Alex, pensavo che non ci saremmo rivisti fino a domani! >
Indicò la finestra
< stava per piovere, non volevo bagnarmi. >
< saresti anche potuto andare a casa… >
Annuì
< sì, effettivamente avrei potuto. >
Entrai in camera e chiusi la porta
< ti ho spaventata così tanto? Penso che ti stia per uscire il cuore dal petto. >
Alzai gli occhi al cielo
< beh, sai, di solito le persone non si fanno trovare a casa mia, nella mia camera, sul mio letto… >
Annuì
< sì, dovevo immaginare che non fossi abituata. >
Si spostò verso l’interno del letto
< vieni siediti… >
Lo guardai accigliata
< starò a distanza, tranquilla. Volevo chiederti un chiarimento su un tuo pensiero che ho intercettato prima… >
Mi sedetti tesa
< dimmi, cosa vuoi sapere… >
< tua madre… >
Feci una risatina isterica
< mia madre, beh, che dire… >
< aspetta Smiel, se non vuoi parlarmene… >
< no no, non c’è problema. È una cosa a cui sono abituata. Quando avevo 3 anni mia madre ha lasciato mio padre e me per dedicarsi alla sua vita da artista. Ci sentiamo qualche volta, lei ora ha un altro uomo, ma non ha altri figli. Teoricamente ci vediamo una volta l’anno. >
Non mi guardava
< certo, ti ha mollata a 3 anni…capisco perché sei così… >
Risi
< quanto sei scemo, non ha avuto l’affidamento. Non ha un lavoro sicuro. Mio padre è un architetto di grande prestigio, lei è un’artista di strada. Nessun giudice mi avrebbe mai data a lei, è una cosa normale. >
Mi stava guardando di nuovo
< sei arrabbiata con lei? >
Non risposi subito
< no, direi di no. Con mio padre sto bene, e poi lei l’ho conosciuta così poco da non essermi neanche potuta rendere conto di come poteva essere avere una madre. >
Lui annuì
< e poi con papà ho molte più libertà >
Mi guardò e poi scoppiò a ridere senza riuscire a fermarsi.

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Capitolo 6
*** 5 ***


Il mattino dopo mi svegliai alle 6:50 del mattino.
Maledissi il mio cervello e nascosi la testa sotto al cuscino.
Poi ripresi consapevolezza e mi tirai su di botto, quando mi ero addormentata la sera prima?
Il mio ultimo ricordo era Alex che mi raccontava qualcosa, anche se non ricordavo cosa.
Mi ero addormentata con lui in camera?
E se mio padre era entrato in camera e lui era ancora li? No, cosa impossibile, Alex aveva un sesto senso notevole, non si sarebbe mai fatto beccare da mio padre!
Fatto sta che io mi ero riuscita ad addormentare mentre lui era ancora nella mia camera.
Infatti ero ancora tutta vestita.
Mi vergognai profondamente di me stessa, non solo gli avevo permesso di stare nella mia camera seduto sul mio letto, mi ero anche addormentata in sua presenza.
A che livello ero arrivata!
Cercai di riaddormentarmi e per fortuna ci riuscii.
Riaprii gli occhi alle 10:40.
Mi sentivo ancora un po’ sconvolta, decisi di scendere per fare colazione.
Trovai Mollica sul tavolo della cucina, la sgridai
< Molly, scendi immediatamente dal tavolo! Te lo dico sempre che non ci devi stare! >
Lei miagolò e salto giù per venirsi a strusciare alle mie gambe.
La presi in braccio e la adagiai sul divano mentre con una mano bevevo il te, ormai freddo, che aveva fatto papà quella mattina.
La mia colazione poteva limitarsi anche solo a quello, da quell’indizio capii di stare ancora male, di solito avevo un appetito da paura.
 
Tornai in camera per vestirmi e trovare qualcosa da fare quando squillò il cellulare, era Laby.
< ehy Smy, buon giorno. >
< ciao Laby, ci sono novità? >
< beh, sì… >
 
Sentivo un gran macello intorno a lei, probabilmente era appena iniziata la ricreazione.
 
< dimmi, sono tutta orecchi. >
< ho appena incontrato Liam, o come si chiama; mi ha ridato il tuo quaderno. >
< a bene, allora ti aspetto oggi pomeriggio. L’hai ringraziato da parte mia? >
< certo. Però, povero ragazzo, avresti potuto avvertirlo che non saresti stata tu a recuperare il prezioso quaderno; sembrava, ecco, un po’ deluso. >
Sbuffai
< avrei voluto avvertirlo, ma non ho soldi sul telefono. >
< va bene, gli ho detto che appena torni a scuola andrai a ringraziarlo di persona. >
< sì, ok, hai fatto bene…per il resto? >
Ci pensò un po’, poi urlò
< a sì, io e Kay abbiamo messo Alex con le spalle al muro! >
< che intendi con “abbiamo messo Alex con le spalle al muro”? >
< intendo che siamo andati li con aria seria e gli abbiamo chiesto cosa ci faceva ieri sera a casa tua >
 
Ok, ero scioccata. Non solo era fastidioso che qualcuno mi controllasse, ora facevano anche le mie veci.
 
< e allora, che informazioni gli avreste estorto? >
< beh, effettivamente ci ha solo detto che stava facendo il suo dovere e di farci i fatti nostri >
< concordo a pieno >
< su cosa? >
< sul fatto che dovete farvi i fatti vostri; è già difficile sopportare che lui e Monica mi controllino passo-passo, non vi ci mettete anche tu e Kay. >
< ok, ok. Ora ti devo lasciare, la ricreazione sta per finire. Ci vediamo oggi pomeriggio. >
< ok, a dopo. >
 
Lanciai il cellulare sul letto ancora sfatto, stavo per aprire l’armadio quando sentii un rumore alla finestra.
Capii al volo che non poteva essere ne Alex ne tantomeno Monica.
D’istinto la spalancai, non c’era niente.
Non vedere niente o  meglio, nessuno, non mi rassicurava.
Ciò che mi aveva predetto Alex si stava avverando, iniziavo ad essere controllata anche da altre persone, e qualcosa mi diceva che non erano esattamente amici.
Passai il resto della mattinata con l’orecchio teso e lo sguardo attento a percepire ogni minimo movimento.
Se qualcuno fosse venuto non dovevo farmi trovare impreparata.
Non vedevo l’ora di veder arrivare Laby, almeno saremmo state in due e mi sarei distratta un po’.
Intorno alle 4:30 del pomeriggio sentii i suoi passi e quelli di un’altra persona che immaginai fosse Kay.
Corsi verso la porta e la spalancai, effettivamente ci avevo azzeccato, però oltre a loro c’era anche Alex.
Rimasi sorpresa, non avevo sentito i suoi passi.
< non puoi sentire i miei passi, so essere molto silenzioso. >
Entrarono, Laby mi lanciò letteralmente il quaderno che mi aveva restituito Liam, era proprio quello degli appunti di arte.
Alex lo stava guardando, quando si accorse del mio sguardo perplesso voltò la testa e si andò a sedere sul divano.
Mollica stava scendendo le scale saltellando.
< Laby, Kay a voi è inutile che lo dica, ma tu Alex devi essere avvertito. Mollica non è esattamente il gatto più affettuoso del mondo, ed è molto geloso di me e di mio padre. Se proverai a toccarla penso che entrerai nella sua lista nera. >
Alex mi guardò annuendo
< prenderò nota, anche se non credo che serva. >
Alzai le spalle
< beh, io ti ho avvertito, poi fai come vuoi. >
La gatta mi raggiunse, la presi in braccio e le carezzai la testa
< buona Mollica, non far del male a nessuno di loro, tranne a quello biondo e antipatico seduto sul divano. >
Alex sorrise supponente.
Mollica saltò giù dal mio abbraccio e si diresse dritta verso Alex.
Per un attimo ebbi paura che avesse capito le mie parole, poi però notai che era del tutto tranquilla.
Saltò sul divano e salì sulle ginocchia di Alex che iniziò ad accarezzarla tranquillamente fra lo stupore generale.
< dicevi Smile? >
Ero sbalordita e non riuscii a controbattere.
< allora Smy, che hai fatto tutto il giorno? Ti siamo mancati? >
Guardai Laby
< secondo te mi siete mancati? >
Scosse la testa afflitta
< come immaginavo…per noi però è stata dura. >
Kay intervenne nervosamente
< io ho avuto un compito a sorpresa di lingue arcaiche, dire che non sapevo niente è poco. Avrò preso 3! >
Guardai Alex
< e tu? Tutto bene o anche tu hai passato una giornata orrenda? >
Scosse la testa
< a me tutto bene, i prof mi adorano, le ragazze mi amano e la vita mi sorride. Non c’è nient’altro che io desideri. >
Annuii
< buon per te. >
Mi sedetti sul pouf e aspettai che qualcuno dicesse qualcosa.
< non sei forse tu a dovermi dire qualcosa? >
Lo guardai
< cosa? >
Alzò gli occhi al cielo
< sbaglio ho hai avuto, che so, la sensazione di essere osservata da qualcuno stamattina? >
Abbassai lo sguardo
< a, quello… >
< sì quello Smile, tu mi devi avvertire subito quando accadono queste cose, non puoi farle passare in cavallerie. È importante. >
Lo guardai gesticolando alterata
< beh e come avrei potuto avvertirti oggi, sentiamo…ancora non so mandare messaggi telepatici! >
Mi guardò con aria di sufficienza che si adattava perfettamente al suo carattere da stronzo completo
< ti ho salvato il mio numero sul cellulare, così dovrai solo mandarmi un messaggio. >
< beh, io non lo sapevo. >
< lo avresti saputo se ieri non ti fossi addormentata! >
Mi sentivo osservata da Kay e Laby, infatti voltandomi incontrai i loro sguardi di disappunto
< quindi, tu ti saresti addormentata con lui in camera? >
Annuii esasperata
< purtroppo sì, volete crocefiggermi per questo? >
Kay scosse la testa ridendo
< sei una cosa impossibile Smile. >
Alex sorrise
< sì, inizio a pensarlo anche io. >
 
Verso le 6 arrivò anche Monica.
Era sorpresa di trovare Alex da me, riuscii a capire perché solo ascoltando di straforo una loro conversazione.
Evidentemente quel giorno avrebbe dovuto controllarmi lei e non Alex.
Ignoravo il motivo per cui lui invece era li, ma non mi passò minimamente per la testa di chiedergli spiegazioni.
< quindi Smile, ti è sembrato di essere controllata oggi. Hai per caso intravisto qualcosa? >
Scossi la testa
< no, ho aperto di colpo la finestra ma chiunque era li ha fatto in tempo a scappare prima che io potessi vederlo. >
Alex e Monica si guardarono.
< credo sia arrivato il momento di sottoporla ad un allenamento adeguato. È goffa. >
Goffa? Aveva detto goffa? Ma se ero agilissima, silenziosa ecc.
< potresti migliorare le tue doti sai, e poi non sei per niente silenziosa. Io sono silenzioso, tu no! I tuoi passi si sentono a chilometri di distanza. >
< o mi scusi mister se mi sono trasformata solo pochi giorni fa, non ho ancora la tua pratica. >
< tutte scuse Smile, da oggi tutti i giorni ti allenerai con me e Monica. >
Monica annuì
< ha ragione Alex, è una cosa necessaria. >
Mi abbandonai alla decisione della maggioranza.
< ehm…ma noi possiamo venire ad assistere? >
Alex incollò Laby al divano con un’occhiata
< direi di no. >
Lei annuì nervosa
< sì, hai perfettamente ragione, domanda stupida. >
Poi si rivolse a me
< stasera fatti trovare pronta intorno all’una di notte, ti vengo a prendere. >
Strabuzzai gli occhi
< l’una di notte? Ma tu sei pazzo! >
< senti, hai ancora la febbre, se così la vogliam chiamare, hai tutto il tempo di dormire la mattina. E poi è l’unico momento in cui tuo padre non si accorgerebbe della tua assenza. >
Mi fissò serio
< e non ribattere. >
Strizzai gli occhi con rabbia e ingoiai le mie rispostacce.
 

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Capitolo 7
*** 6 ***


Quando la sveglia suonò alle 00.30 mi sentii male.
Avevo dormito sì e no 1 ora.
Mi alzai e spensi la sveglia prima che mio padre si svegliasse e mi chiedesse spiegazioni che non sarei stata in grado di dare.
Entrai in bagno e mi lavai i denti, avevo un volto mezzo distrutto e non essendomi struccata avevo ancora la matita intorno agli occhi che ora risultava un po’ spalmata.
Cercai di ricordarmi cosa mi avevano detto Alex e Monica…i vestiti…
Bianchi? No, bianchi era impossibile. Avevano detto neri.
Aprii l’armadio e tirai fuori i jeans neri e il maglioncino nero.
Mi vestii alla svelta, non volevo  che Alex arrivasse e mi trovasse ancora in mutande.
Finii di prepararmi con un quarto d’ora d’anticipo, mi sedetti sulla poltroncina che era accanto al letto e mio malgrado mi riaddormentai.
< Smile, Smile cavolo svegliati. >
Spalancai gli occhi di botto tirandomi in avanti. Per poco non diedi una capocciata ad Alex.
< ma sei impazzita? >
< scusa, ho avuto la percezione di cadere. >
Si tirò su e mi guardò
< beh, vuoi alzarti? Abbiamo già cinque minuti di ritardo, Monica ci starà aspettando. >
Mi alzai
< dove dovremmo andare? >
Alzò le spalle
< sinceramente non lo so, l’appuntamento è con lei a tre isolati da qui. Sbrigati, esci da questa finestra e non fare storie. >
Ero così stanca da non riuscire a controbattere, scavalcai il cornicione e montai sul tetto della casa, Alex mi seguì.
< hai già provato le tue doti di agilità? >
Lo guardai con occhio spento
< veramente no, non ne ho mai avuto l’occasione. >
< bene, ora ce l’hai. Seguimi senza fare troppo domande, sii recettiva. >
Così dicendo si lanciò giù dal tetto arrivando perfettamente in piedi nel giardino intorno alla casa.
Avevo già specificato che ero mezza rincoglionita? Bene, perché lo ero a tal punto da seguirlo senza né fare domande né avere paura di buttarmi da un’altezza di cinque metri. Lo feci e basta.
Atterrai accanto lui, anche io perfettamente in piedi, ma non me ne stupii.
< ok, bene…andiamo e fai piano. Non voglio sentire quel passo da elefante in calore. >
Lo guardai male
< e io avrei un passo da elefante in calore? >
Neanche mi guardò
< anche peggio >
 
Qualche minuto dopo incontrammo Monica nel punto stabilito.
< ciao Alex, Smile sei sveglia? >
Annuii non molto convinta
< diciamo… >
< va bene…allora, dobbiamo raggiungere le cime di quei palazzi e simulare un inseguimento. Io e lui scappiamo e tu ci insegui. >
Non avevo ben compreso ma loro erano già corsi via.
Non potei far altro che lanciarmi all’inseguimento.
Ok, erano veloci, molto veloci, ma anche io me la stavo cavando egregiamente (almeno a mia impressione),
non facevo neanche troppa fatica a stargli dietro.
Raggiungemmo il tetto del primo palazzo, li avevo quasi raggiunti quando spiccarono entrambi un salto e raggiunsero il palazzo successivo.
Rimasi sbalordita ed iniziai ad avere paura, il problema e che non riuscivo a fermarmi.
Imprecai ad alta voce e corsi ancora più velocemente prima di spiccare un salto disumano.
Se avevo sbagliato i miei calcoli sulla massa più la velocità non ci sarebbe stata una seconda volta per migliorare.
Grazie a dio in fisica non ero poi così male, atterrai dall’altra parte e continuai ad inseguirli.
Alex si voltò per vedere se ero ancora tutta intera, annuì e proseguì.
Qualche minuto dopo gli stavo ancora alle calcagna, con la differenza che forse ora avevo anche un po’ di fiatone ma li avevo praticamente presi.
Afferrai Monica per un braccio e la tirai indietro. Lei si fermò
< brava Smile ora corri, lui è più veloce di me. >
Effettivamente Alex aveva uno scatto da paura, ma dovevo assolutamente prenderlo.
Ok, non sarei mai riuscita ad avere il suo passo, allora optai per lanciarmi letteralmente sopra di lui.
Riuscì.
Rotolammo per terra e ci rialzammo uno di fronte all’altro.
< e brava Smile, ma non è finita qui. >
Non capivo cosa mi voleva dire, quando però cercò di darmi un pugno in faccia intuii a cosa voleva arrivare.
Lo schivai e lo bloccai alle spalle.
Non so come riuscì a liberarsi e mi sollevo da terra per un braccio.
(tra parentesi, mi stava anche facendo male).
Gli diedi un calcio in pieno petto, mi lasciò andare.
Il mio corpo era completamente a piede libero, faceva tutto da solo; non so come riuscii ad ottenere un perfetto calcio rotante solo alzando la gamba destra.
Alex cadde a terra.
Misi un ginocchio sul suo petto e gli poggiai una mano sul collo.
< ho vinto io. >
Non rispose, aveva qualcosa di diverso, poi capii che erano gli occhi.
Aveva gli occhi gialli, di una forma diversa da quella normale, la pupilla era dilatata quasi come fosse un cartone animato.
< hai anche tu gli stessi occhi, è normale, ti sei trasformata, guarda hai perfino  la coda. >
Mi voltai per guardare se veramente avevo la coda e gli diedi il tempo di capovolgere la situazione.
Ora ero io quella a terra e lui si era tranquillamente seduto sulla mia schiena.
Sentii Monica arrivare.
< Smile sei stata bravissima, peccato che Alex giochi sporco. >
< non è giocare sporco, si chiama “distrai il nemico”e con lei è fin troppo facile. Se fossi stato veramente pericoloso sarebbe già morta, e pensare che non mi sono neanche sforzato. >
Sì, me ne ero perfettamente resa conto.
Alex non aveva combattuto al massimo delle sue capacità, aveva scherzato.
 
Si alzò e mi tirò su.
Mi guardò il viso e mi asciugò qualcosa che colava dalla fronte
< tranquilla, è solo un po’ di sangue, ti sei fatta un taglietto. >
Mi toccai, avevo un taglio che sembrava lungo un dito sopra il sopracciglio.
< stai scherzando? Se mio padre mi vede con sto coso gli prende un colpo! Come glielo spiego? Quando sono andata a dormire non avevo un taglio in fronte. >
Mi guardò serio e mezzo e divertito, lui non aveva neanche un livido.
< raccontagli che sei caduta dal letto e hai dato una testata al comodino. Ci crederà senza troppi problemi. >
Lo spintonai con una mano
< lasciamo perdere,io torno a casa, sono già le tre del mattino. >
< Alex tu vai a casa, la accompagno io. >
Lui la guardò e annuì
< va bene, ci vediamo dopo Monica. Smile non ti far ammazzare. >
Detto questo corse via e sparì.
Monica mi accompagnò gentilmente a casa, parlò molto meno di quanto avrebbe fatto Alex e gliene fui grata, non sarei stata in grado di reggere una chiacchierata post allenamento.
Appena arrivai in camera mi tolsi le scarpe e mi buttai sul letto addormentandomi di sasso.
 
Mi sentii precipitare, all’iniziò pensai di sognare poi toccai terrà con forza e mi resi conto che era tutto vero.
Spalancai gli occhi ancora assonnata e quello che vidi non fu la mia camera.
Ero in quello che sembrava un vecchio magazzino.
Mi alzai, ora dovevo solo capire perché ero li e soprattutto come c’ero arrivata.
Sentii dei rumori alle mie spalle, mi voltai.
< o, la Mediana si è svegliata… >
Non riconoscevo la persona che avevo davanti, ma non mi diceva nulla di buono; cioè, mi aveva chiamato “Mediana”
< mi dispiace di averti trascinato qui, ma sai, da quando i tuoi Eterni contano ogni tuo passo è quasi impossibile avvicinarti >
Rimasi ferma e continuai a non rispondere
< sai, non pensavo che la Mediana potesse essere tanto stupida da lasciare la finestra spalancata…sarei entrato comunque, ma ho fatto addirittura meno fatica del previsto. >
< o insomma, si può sapere chi sei? >
Avevo quasi ruggito, primo appunto mentale, se la persona davanti a te è realmente un nemico pericoloso evitare di aggredirlo.
Non feci in tempo a realizzare cosa stesse accadendo che mi ritrovai a terra con il viso pulsante, mi aveva dato un pugno? Sì, credo proprio che l’avesse fatto.
Mi rialzai in fretta senza preoccuparmi di come potevo stare.
<  sono Lehack Morni, sono un Bruno e sono qui per ucciderti…tutto più chiaro? >
Beh, anche se non mi avesse risposto avrei capito ugualmente.
< e pensi di potermi uccidere così, come se niente fosse? >
Scoppiò a ridere
< secondo te mi potrei creare problemi? >
Trovavo la forza di essere ironica quando avrei solo dovuto avere un’immensa paura, allora ero veramente forte.
< mah, io mi creerei qualche problema, sono la Mediana, mica la prima persona passata per caso…potrei anche farti fuori. >
< dai, allora “fammi fuori” >
Era una sfida, una vera e propria sfida.
Mi feci forza ricordandomi che qualche ora prima con Alex non era poi andata troppo male, ma dovetti smettere di pensare perché il “caro” Lehack si gettò all’attacco contro di me.
 
Riuscii a schivare il primo colpo spostandomi di lato, il problema però era attaccare, non tanto il difendersi.
Gli diedi una gomitata in mezzo alle scapole che sembrò non avergli fatto nulla.
Non feci in tempo a spostarmi che mi prese per una caviglia e mi tirò a terra.
Schivai un calcio rotolando di lato e saltai in piedi.
Avevo l’impressione di non essermi ancora trasformata del tutto, non riuscivo a fargli veramente male.
Presi tante di quelle botte in pochi secondi che riuscii a rimanere in piedi a stento.
< allora Mediana, non sei stanca? Facciamola finita dai, fatti ammazzare e basta. >
Iniziava veramente a farmi arrabbiare, non solo mi stava riempiendo di ematomi, si permetteva anche di scherzare.
Me lo ritrovai davanti, mi prese per le spalle e mi tirò su.
Decisi di pensare di meno e lasciarmi guidare dall’istinto.
Sfruttai la sua presa per mollargli una capocciata in pieno viso che, dal suono, sembrò avergli rotto il setto nasale.
Mi lasciò tenendosi il viso con una mano.
Mi lanciai su di lui mirando al suo stomaco; un calcio in pieno petto, una gomitata, un pugno.
Il mio corpo faceva tutto nuovamente da solo.
L’avevo sfinito, barcollò all’indietro.
Non dovevo dargli il tempo di riprendersi, mi scagliai nuovamente contro di lui; gli strinsi una mano intorno al collo e poi…
…e poi sentii un brivido in tutto il corpo.
Il mio corpo si rigenerò di una forza che non avevo mai sentito, se solo avessi stretto la presa l’avrei ucciso;
ma non avevo la forza di uccidere una persona, anche se lui aveva tentato di fare  altrettanto con me.
Mi avvicinai al suo viso e urlai.
<  guardami! >
Continuò a tenere gli occhi stretti, forse perché in preda al dolore
< cazzo ho detto di aprire gli occhi e guardarmi! >
Li spalancò ed io inchiodai i miei occhi sui suoi.
< potrei ucciderti, lo sai vero… >
Annuì
< e avrei tutto il diritto di farlo, lo sai vero!! >
< sì, lo so… >
Volevo lasciarlo in vita, ma dovevo evitare che quella decisione potesse ritorcersi contro di me.
< di ai tuoi amici che la Mediana manda i suoi saluti. >
Lo colpii tra il collo e la spalla con la mano.
Era una mossa che vedevo spesso fare nei film, sperai che funzionasse.
Effettivamente perse conoscenza; lo lasciai a terra ed iniziai a correre verso una possibile uscita anche se non sapevo minimamente dove stessi andando.
Probabilmente il mio cervello conosceva la direzione da prendere perché qualche minuto dopo sbucai all’esterno dell’edificio.
Riconoscevo la zona, erano i magazzini generali posti nella parte est della città.
 
Non sapevo che ore fossero, ne quanto tempo fosse passato da quando avevo iniziato a correre; ora ero davanti casa mia, stava sorgendo il sole.
Sperai che mio padre non fosse entrato in camera, sperai che stesse ancora dormendo.
Mi avvicinai alla casa, feci un salto e mi appesi alla grondaia, mi tirai su ed iniziai a camminare sul tetto; raggiunsi la finestra della mia camera che era ancora aperta.
Entrai e la chiusi a dovere.
Il cellulare era sul comodino, in camera non sembrava essere entrato nessuno.
Erano le 5:55, ciò voleva dire che esattamente tra 5 minuti sarebbe suonata la sveglia di mio padre.
Dovevo mettermi  a letto prima che venisse a controllarmi.
< che fine avevi fatto? >
Rimasi immobile di spalle, i pugni stretti lungo i fianchi.
< Smile, voltati. >
Non sapevo in che condizioni ero, ne se il mio viso fosse una maschera di sangue, sinceramente avevo paura di saperlo.
Mi girai lentamente; Alex rimase paralizzato, gli occhi sgranati.
< sono in condizioni così pietose? >
Mi si avvicinò, spostandomi i capelli che mi si erano appiccicati alla fronte, erano completamente incrostati di sangue.
Mi guardò dritto negli occhi, finchè non riuscii a mantenere il suo sguardo. Scostai la testa da una parte.
< chi ti ha fatto questo? >
< credo si chiamasse Lehack, quando mi sono svegliata ero in uno dei magazzini generali nella zona commerciale est. Deve avermi stordita e portata li. Penso che sarei potuta morire. >
non riuscivo a guardarlo negli occhi, però vedevo la sua mano, era stretta a pugno abbandonata sulla gamba destra.
Tolse la sua mano dal mio viso.
< l’hai ucciso? >
Scossi la testa
< l’ho solo stordito, dicendogli che avrebbe dovuto portare quel messaggio agli altri Bruni. >
< avresti dovuto ucciderlo. >
Mi caricai nuovamente di rabbia e adrenalina
< avrei dovuto? O sì, forse avrei dovuto. Peccato che fosse la prima volta che combattevo veramente con qualcuno, peccato che ero sola, peccato che non sapevo neanche cosa cazzo fare!
Ho combattuto, ho vinto e ora eccomi qua! Sono riuscita a trasformarmi del tutto, l’ho sentito sai, ma non ho avuto la forza di ucciderlo, capito? NON HO AVUTO LA FORZA! >
 
Sentivo che da li a qualche secondo sarei scoppiata a piangere e forse l’avrei fatto se non avessi sentito i passi di mio padre raggiungere la mia camera.
Mi lanciai sul letto e mi coprii come meglio potevo, vidi Alex entrare in bagno e chiudersi la porta alle spalle proprio nel momento in cui la maniglia si abbassava e mio padre entrava in camera.
Lo sentii avvicinarsi, se mi scopriva ero veramente morta.
Grazie a dio non lo fece, mi carezzo la fronte dalla parte semi-buona, raggiunse la porta, uscì e la richiuse alle sue spalle.
Lo sentii scendere le scale ed iniziare a preparare la colazione.
< Smile. >
Sentii Alex sedersi alle mie spalle sul letto, mi poggiò una mano sulla schiena.
< Smile a parte i graffi, il sangue i probabili lividi, va tutto bene? >
Annuii
< a parte tutto quello che hai appena elencato sì, sono ancora viva e quindi va bene >
Sentii una lacrima scendere nell’incavo della guancia, la asciugai con la mano.
< vuoi che vada via? Vuoi stare da sola? >
Cercai di trattenere le lacrime
< sai Alex,  da oggi credo che non vorrò più stare da sola neanche un secondo della giornata. >
< vuoi che rimanga qui? >
< no Alex, vai. Tranquillo, ho solo bisogno di darmi una ripulita, di farmi una doccia e di “leccarmi” le ferite. >
< ok, passo tra qualche ora. >
Si alzò dal letto, pensai che già fosse andato via, poi sentii il suo fiato sul mio collo.
Mi diede un bacio su una guancia e poi andò via veramente.
Scoppiai a piangere e di brutto.
Mi sarei voluta alzare, magari per farmi una doccia, ma dovevo aspettare che papà uscisse di casa per andare a lavoro; un taglio sull’occhio avrei anche potuto giustificarlo, il viso completamente sfregiato e pieno di ematomi non avrebbe avuto scusanti.
Appena sentii la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi mi alzai ed entrai in bagno.
Mi spogliai completamente, inutile dire che avrei dovuto scrostare gli abiti da tutto quel sangue rappreso.
Trovai il coraggio specchiarmi.
A parte il graffio che già avevo sulla fronte, il labbro rotto e qualche graffio qua e la il resto era solo polvere.
Entrai sotto la doccia e cercai di sciacquare via tutto, se avessi potuto anche i ricordi.
 
Uscendo dalla doccia e specchiandomi di nuovo notai con dispiacere che sulla gota sinistra primeggiava un livido assurdo.
In qualche modo avrei dovuto coprirlo.
Indossai le prime cose che mi capitarono sotto tiro e mi sedetti sul letto stringendo le ginocchia al petto.
Mi faceva male tutto, veramente tutto; ogni singolo osso del mio corpo.
Per quanto la situazione non era poi così grave come pensavo mentre venivo massacrata da quel lurido bastardo, il mio viso era comunque tumefatto e mio padre non poteva assolutamente vedermi in quelle condizioni.
Guardai l’orologio, erano le 8:40; Alex aveva detto che sarebbe tornato nel giro di due ore, ma ancora non si vedeva e infondo una dormitina potevo anche farla.
Mi accoccolai su un fianco e chiusi gli occhi.
Sognai cose strane, anzi stranissime; persone, oggetti e stanze buie.
Mi sentii toccare le spalle e spalancai gli occhi pronta a difendermi.
< calmati Smile sono solo io. >
Era difficile da credere ma Alex mi stava coprendo con fare alquanto dolce, quasi materno.
Mi tirai su poggiando la schiena alla spalliera del letto.
< posso sedermi? >
Sbaglio o mi stava chiedendo se poteva sedersi? Ma se fino a due secondi prima si buttava sul mio letto come se fosse di sua proprietà?
Annuii piano e gli feci spazio.
< Smile mi dispiace, avrei dovuto controllarti meglio; avrei dovuto sapere che alla prima occasione sarebbero venuti a cercarti e avrebbero provato ad ucciderti. Io e Monica siamo stati così stupidi, io soprattutto. Ieri sera sarei dovuto passare a controllarti almeno un’altra volta, avrei dovuto accompagnarti io a casa, l’incarico di proteggerti è mio. >
Lo stoppai con la mano
< poco male Alex, ormai ciò che è successo è successo. Non è che puoi controllarmi ogni secondo della mia vita, il dovere alcune volte stanca e ne sono consapevole; il tuo è un compito difficile, sopportarmi. È normale che alcune volte tu decida di lasciarmi stare, ecco. >
Mi guardò
< ma questo non sarebbe dovuto accadere >
< molte cose non sarebbero dovute accadere, eppure sono accadute. Ora almeno so cosa mi aspetta ogni volta che qualcuno che non siete voi mi si avvicina con fare brusco, ora almeno so affrontare una sottospecie di combattimento, so che posso uccidere qualcuno se solo lo voglio. >
< non vado oggi a scuola, rimango qui con te. >
Scossi la testa ridendo
< Alex non ce n’è bisogno, non è che ora ogni due minuti qualcuno proverà ad uccidermi. >
Lo guardai e lui mi guardò serio, lui non rideva
< ho detto che resto qui, dentro casa o fuori casa io resto qui. >
Annuii
< va bene, per me non è un problema, oggi non lo è. >

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Capitolo 8
*** 7 ***


Il mattino dopo rientrai a scuola.
La sera prima ero riuscita a coprire la maggior parte dei graffi con una buona dose di fondotinta e mio padre non si era quasi accorto di nulla, anche se continuava a lanciarmi occhiate poco rassicuranti.
Per quanto mi fossi impegnata anche quella mattina la copertura non venne così bene;
il livido si vedeva appena ma il graffio sulla fronte e lo spacco sul labbro purtroppo si vedevano perfettamente.
Quando arrivai davanti scuola la prima cosa che vidi fu Laby che mi corse incontro.
Appena mi vide da vicino cambiò espressione
< che ti è successo? >
< Alex non ti ha detto niente? >
lei sbuffò
< Alex a noi non dice MAI niente. Parla solo con te. Monica è un po’ più loquace, ma a quanto pare non a tal punto da raccontarci che la nostra migliore amica… >
< è stata quasi uccisa. >
Lo guardai, anche lui mi guardava mi lanciò un’occhiata quasi a chiedermi come stavo, il mio viso rispondeva per me.
< SEI STATA QUASI UCCISA? > Laby urlava guardando prima me, poi Alex
< LEI E’ STATA QUASI UCCISA E TU, TU NON CI DICI NIENTE??? >
Ora puntava un dito accusatorio contro il petto di lui, che in due secondi le mise una mano sulla bocca e la incollò al muro dell’edificio
< punto primo, abbassa la voce che non c’è bisogno che lo sappia l’intera scuola;
punto secondo, sì non ve l’ho detto e non sono tenuto a farlo;
punto terzo, lei ora è qui, se vuole ti racconterà lei. >
la lasciò e poi si rivolse a me
< ci vediamo dopo Smile, per qualsiasi cosa… >
< per qualsiasi cosa ti chiamo. >
Annuì ed entrò
 
Laby non mi parlò per le prime tre ore della giornata, e non avevo ancora visto Kay, non osavo immaginare cosa sarebbe successo quando mi avrebbe visto lui.
Stavo camminando in corridoio a ricreazione quando mi sentii tamburellare su una spalla.
Mi voltai di scatto e mi trovai davanti Liam.
< ciao Smile…ehm, tutto bene? >
< Liam…o sì, tutto bene! Cosa ti fa pensare che io non stia bene?? >
Mi guardò stranito ma scosse la testa
< niente, niente. Allora, è tuo il quaderno? >
< o sì, il quaderno. Grazie Liam. Mi dispiace di non aver risposto al messaggio, ma non avevo soldi, poi non sono venuta a scuola… >
Sorrise
< tranquilla Smile, tranquilla. Sei guarita ora? >
Annuii
< sì, ora sto bene. Grazie dell’interessamento. Tu come stai? >
< bene, non potrei stare meglio, anche se questa giornata è abbastanza pesante. >
Sorrideva, e aveva un bellissimo sorriso.
< hai da fare domani pomeriggio? >
< Eh? >
Dire che ero sorpresa per quella domande era poco.
< dicevo, hai da fare domani pomeriggio? >
< SMILE! >
Mi voltai riconoscendo la voce, era ovviamente lui e stava venendo da quella parte
< Smile è un’ora che ti cerco, vieni, ti devo parlare. >
Guardai Liam
< ehm…ti faccio sapere dopo. >
sorrise di nuovo, dio che bel sorriso, non sapevo come la prima volta non ci avessi fatto caso
< ok, allora aspetto >
Alex mi tirò letteralmente via.
< Alex cosa vuoi? >
< zitta e aspetta, Monica vuole che le racconti tutto. >
Ero leggermente spazientita, mi aveva portata via da quella che poteva diventare una bellissima conversazione
< ed era necessario parlarne ora? >
Mi guardò con sguardo di ghiaccio
< certo che è necessario parlarne ora, che cavolo di domande fai? >
< almeno lasciami il braccio, so camminare da sola >
Mi mollò di colpo.
Era incredibile come cambiasse atteggiamento da un momento all’altro.
Il giorno prima era mister dolcezza, adesso si comportava da perfetto stronzo.
E poi quella lunatica dicevano che ero io!
 
Monica ci stava aspettando davanti all’aula di chimica, mi sorrise.
< Smile…in che condizioni ti hanno conciata. >
Scossi la testa
< lascia stare Monica, sono cose che capitano quando si è una Mediana giusto? >
Cercavo di essere simpatica, per quanto la situazione non fosse degna di simpatia
< quanti erano? >
< uno solo, un certo Lehack o qualcosa del genere. >
Lei annuì
< senti Smile, dopo ciò che è successo ieri credo che sia arrivato il momento di parlare con il capo degli Eterni di questa città >
Annuii, sapevo che prima o poi mi sarebbe  toccata una cosa del genere         
< va bene, ditemi solo quando e dove. >
< domani pomeriggio, a casa mia. >
Domani? Cavolo stava parlando di domani pomeriggio? Io avevo un quasi appuntamento domani pomeriggio!
< perché fai quella faccia? >
Alex storse la bocca
< perché la bambina qui presente domani aveva ricevuto un, che cos’era, un invito? >
Lo guardai male, anzi, malissimo
< va bene, dovrai rimandarlo. Domani pomeriggio alle 5 a casa mia. Via Labon 15, palazzo D 23esimo piano, interno 2 >
Stavano andando via? Cioè, dopo avermi praticamente fatto disdire il primo appuntamento degli ultimi 3 anni se ne andavano così, senza darmi una minima spiegazione su chi fosse il capo degli Eterni e su come dovessi comportarmi?
< c’è poco da spiegare Smile, non si sta parlando del “Capo degli Eterni” ma del rappresentante di questa città, è il fratello maggiore di Monica. >
Sospirai
< a, ma è tuo fratello…potevi dirlo subito… >
Lei sorrise
< sì, sarà anche mio fratello ma, fidati, non è esattamente così fraterno come dovrebbe essere. >
 
 
 
 
 
Laby non si fece vedere per tutto il giorno e neanche Kay a cui probabilmente aveva raccontato tutto.
Appena tornai a casa (con la costante presenza del mio controllore a guardarmi le spalle da lontano), la prima cosa che feci fu tirare fuori il cellulare e mandare un messaggio a Liam per avvertirlo che purtroppo il giorno seguente avevo da fare.
Ero arrabbiata, furiosa, nera.
Alex era stato categorico “non ci puoi assolutamente uscire domani! E sarebbe meglio che tu non ci uscissi mai!”
Continuavo a sentire quella frase nella mia testa vagare e sbattere contro le pareti della mia scatola cranica.
Cercai di concentrarmi per scrivere un messaggio sensato
“ciao Liam,
sono Smile; so di non averti risposto quando mi hai chiesto se domani avevo da fare. La verità è che per domani pomeriggio avrei già un impegno. Mi dispiace. Ci vediamo.”
Spinsi il pulsante invio prima di ripensarci.
Qualche secondo dopo il mio cellulare iniziò a squillare, era lui!
< pronto? >
< pronto Smile sono Liam >
< ciao Liam, hai letto il messaggio? >
< sì…capisco, mi dispiace, avrei dovuto chiedertelo prima. >
< dispiace anche a me. >
< beh, però magari potremmo fare un’altra volta. >
Sorrisi tra me e me
< sì, con piacere… >
< dopodomani? >
Lo sentivo ridere
< va bene, dopodomani. Magari ci vediamo domani a scuola per accordarci meglio. >
< ok, allora a domani >
Attaccati con un sorriso che mi arrivava da un orecchio all’altro.
Studiai finchè non sentii la porta di casa aprirsi
< Smile, tesoro sono a casa >
< ciao papà, ora scendo. >
Lasciai i libri sulla scrivani a scesi correndo dalle scale.
< come è andata oggi? >
< bene, a te? >
< tutto ok tesoro, ti devo dire una cosa. >
Mi affacciai in cucina, papà stava già cucinando
< mi hanno dato una notizia oggi al lavoro… >
Sembrava tentennante
< e cioè? >
< cioè che dovrei partire per un po’. >
Rimasi un po’ sconvolta
< che intendi dire con “un po’”? >
< intendo che mi hanno offerto un opportunità veramente unica, andare a progettare un palazzo importantissimo in Cina, dovrei stare via inizialmente una settimana per verificare i documenti, poi non so.
Però ecco Smile, io non vorrei lasciarti sola tutto questo tempo, volevo chiederti cosa ne pensavi ecco. >
Ero scioccata, lo guardavo a bocca aperta senza sapere cosa dire.
Cercai di assimilare la notizia più in fretta possibile, poi esclamai
< mica vorrai che io venga con te spero… >
Rimase colpito, poi scoppiò a ridere
< no, certo che no. Però non vorrei lasciarti sola per troppo tempo, hai solo diciassette anni. >
< ma non devi preoccuparti. So badare a me stessa. >
< no, ecco, Smile io di questo vorrei parlare. So che la cosa potrebbe non farti impazzire, ma io vorrei che, se le cose dovessero prolungarsi, tua madre venisse qui >
Non risposi, mi limitai a guardarlo con sguardo di rimprovero
< non mi fissare così, sai che non vorrei, ma è necessario. >
< possiamo parlarne quando veramente servirà? >
Annuì
< ok, ma sappi che se veramente dovrò stare via per più di due settimane sai cosa succederà  >
Ma che cavolo di proposte mi stava facendo? Di far venire mia madre a casa nostra per quanto? Un mese, due?
Ma se al massimo ci vedevamo una o due volte l’anno.
Sapevo che quel lavoro avrebbe aperto le porte a mio padre su una nuova vita lavorativa, ma mi stava chiedendo troppo.
C’avrei dovuto pensare.
 
Tornai in camera ad aspettare che la cena fosse pronta.
Ovviamente il mio letto era occupato da un ospite indesiderato.
< hai deciso di dover passare tutte le sere? No perché se devi comportarti come ti sei comportato oggi è meglio che tu vada  fuori di qui ora. >
< come mi sarei comportato oggi? >
< o, non so. Sei passato dall’essere il ragazzo più dolce del pianeta a diventare uno stronzo da paura. Solo che io non sono qui per sopportarti. >
Alzò le spalle
< sono caratterialmente così, non ci posso fare niente. >
Gli lanciai un’occhiataccia.
< allora, tuo padre dovrà stare via per parecchio a quanto ho sentito e tua madre dovrebbe venire qui. >
Mi sedetti sulla poltrona
< non me ne parlare per favore >
< puoi sempre venire da me, da noi… >
Alzai un sopracciglio
< e cioè? >
< intendo da me e Monica, sai che non ci sarebbero problemi. >
Scossi la testa
< sì, e come lo dico a mio padre? È una possibilità da eliminare a priori. >
< ok, come vuoi tu. >
Rimanemmo in silenzio qualche minuto. Io ero tutta presa dal giorno successivo; avrei incontrato Liam e ci saremmo messi d’accordo per uscire il giorno dopo.
Era la prima volta che mi sentivo così presa da un’uscita, forse perché il tizio in questione era veramente carino.
< sai, quando hai pensato a quanto sei fomentata per domani speravo parlassi dell’incontro con il fratello di Monica, non con quel tizio. >
< non capisco perché la cosa ti infastidisce tanto. >
< vorrei non dovertelo dire, ma tu non lo puoi frequentare. >
Mi alzai di botto
< che cavolo stai dicendo! >
< dico solo che molto probabilmente tu non ti rendi conto di quanto sia difficile mantenere un rapporto sentimentale con un umano. >
< cosa ci sarebbe di così difficoltoso? >
< beh, non potrai mai dirgli la verità, dovrai nascondergli la tua vera identità, senza contare che essendo tu la Mediana lo metteresti in pericolo di vita. >
Sbuffai
< posso farcela a proteggere chiunque. >
< c’è un altro piccolo particolare. >
Mi stava facendo innervosire veramente tanto
< e sarebbe? >
< sarebbe che tu forse ignori che quando un Eterno è sentimentalmente attratto da un umano gli sta facendo gentilmente capire che dovrà morire, se poi si arriva anche ad un rapporto fisico, beh…allora la cosa è ancora più veloce. >
Lo raggiunsi e mi misi davanti a lui
< che cazzate mi stai raccontando? Non serve che ti inventi ste boiate. >
< è la verità. Sono collegamenti astrali, cose antiche Smile. Quando un Eterno si innamora consuma molte più energie di una persona normale. Se ciò accade con una persona della sua stessa specie allora la richiesta di energie si bilancia, i due sopravvivono, ancora più forti di prima; se un Eterno si mette con un umano succhierà la sua linfa vitale fino all’ultimo goccio. >
Scossi la testa allontanandomi da lui
< non è vero. >
< o sì che è vero, e io non ti consiglierei di provarlo. Le prime volte non accadrà nulla, ma a lungo andare la situazione peggiorerà e un giorno…puff…morte improvvisa. >
Rimasi in silenzio a guardarlo, poi iniziai ad urlare
< fuori di qui. >
Mi guardò non capendo
< cazzo Alex esci da questa stanza ora, subito! >
Si alzò con aria di supponenza
< io ti avvertito Nash, quando poi il tuo carinissimo amico morirà lo avrai sulla coscienza. Ti saluto. >
 
Passai l’intera nottata a pensare a ciò che aveva detto Alex, come poteva essere possibile una cosa del genere?
No, sicuramente stava scherzando, era tutto un orrendo scherzo.
Io sarei uscita con Liam e avrei pensato solo ed esclusivamente a divertirmi.
Riuscii a prendere sonno solo intorno alle 3 del mattino, dimenticandomi completamente che circa due ore prima sarei dovuta essere con Alex e Monica ad allenarmi.
< Smile, amore sono le 6.50, è ora di alzarsi. >
Mi voltai dando le spalle a mio padre
< mmm altri 5 minuti… >
Rise
< non credo che tutto questo sia possibile, dai alzati che la colazione è pronta. >
Mi tirai su strofinandomi gli occhi e diedi una bottarella al cellulare che si illuminò mostrandomi un messaggio, era Alex.
“dove sei finita, sono due ore che ti aspettiamo. Ti avverto che non verrò a prenderti a casa.”
E c’era anche un altro messaggio, sempre suo
“ora basta Smile, con me hai chiuso!”
E un altro ancora
“ok, forse non hai chiuso perché non puoi chiudere; ma questa poi me la dovrai spiegare”
 Chiusi il telefono e mi alzai.
Sai quanto me ne importava di aver saltato un allenamento con lui, dopo ciò che mi aveva detto la sera prima volevo fare tutto tranne che rivederlo e farmi prendere ancora in giro.
Feci colazione e mi preparai per andare a scuola.
Quando uscii di casa mi trovai davanti Laby e Kay che mi aspettavano
< e voi cosa ci fate qui? >
Parlarono sovrapponendosi l’uno con l’altra
< volevamo scusarci con te < ieri non ci siamo fatti vedere per niente < e tu avevi bisogno di noi < siamo stati degli stupidi, ecco tutto >
Sorrisi
< tranquilli ragazzi, so che la situazione è difficile da accettare anche per voi. Ora andiamo a scuola. >
Li abbracciai e insieme ci avviammo.
A metà strada sbottai
< domani dovrei uscire con Liam >
Laby mi guardò
< con chi dovresti uscire? >
< con Liam,il ragazzo del quaderno. >
Annuì
< a sì, ora ricordo! È strano, avrei giurato che prima o poi saresti uscita con Alex. >
La guardai malissimo
< spero che tu stia scherzando. Io con Alex non ci uscirò mai, e quando dico intendo proprio MAI! >
Kay si intromise
< perché dici questo? >
< non potete capire che storia si è inventato ieri sera, ha detto che quando un Eterno si mette con un umano gli succhia via tutta la linfa vitale e alla fine lo porta alla morte. C’è è una cosa assurda. >
Laby non era convinta
< forse dovresti credergli Smile, in fondo le cose che ti ha detto fin’ora erano tutte vere. >
< ma questa è proprio assurda Laby e poi non voglio farmi condizionare da lui e dalle sue fisse. Io domani uscirò con Liam e andrà tutto bene. >
Sorrise
< se ne sei così felice allora sicuro andrà bene. >
< sì, lo penso anche io >
Quella mattina davanti scuola trovammo solo Monica ad aspettarci
< Smile ma che ti è successo? Ti aspettavamo ieri sera. >
< lo so Monica, mi devi scusare; è che mi sono completamente dimenticata dell’appuntamento e anche grazie ad Alex >
Annuì pensierosa
< sì, me lo ha detto che avete discusso. >
< a proposito, dov’è? >
Scosse la testa
< vorrei saperlo, mah, probabilmente si farà vedere intorno alle 11. Ora scusatemi ma devo andare, ci vediamo dopo. >
Entrammo anche noi.
Io in prima ora avevo lezione di Matematica, mentre Kay e Laby avrebbero avuto due intense ore di letteratura.
Teoricamente Alex sarebbe dovuto venire a lezione con me, ma come immaginavo non si fece vedere.
Perfino le due ore successive, che di solito passavo nella stessa classe, non lo si vide in giro; probabilmente sarei dovuta andare a cercarlo durante la ricreazione, ma quel giorno proprio non potevo.
 
Appena suonata la campana volai fuori dalla classe, Liam mi stava aspettando proprio li fuori, mi sorrise.
< ciao Smile. >
< ciao Liam. >
mi avvicinai a lui che si sporse in avanti per darmi un bacio su una guancia, lo assecondai tentennante.
< allora, domani dove vogliamo andare? >
< non lo so, tu mi hai invitata e tu deciderai. >
Scoppiò a ridere
< mi vuoi solo mettere in difficoltà, antipatica. >
< non è vero. Comunque deciderai tu, non voglio sapere nulla fino a domani. >
Annuì
< benissimo, allora sarà una sorpresa, facciamo così. >
< facciamo così, dimmi solo se dobbiamo andare in qualche palude che sceglierò un abbigliamento adatto. >
Sorrise
< nessuna palude, tranquilla. >
< bene >
Era proprio carino, uno dei più carini della scuola (anche se non lo avevo quasi mai visto in giro)
Con i suoi capelli castani scompigliati e i suoi occhi verdi.
Stavo diventando matta.
Mi fissava in un modo stranissimo, quasi come se fossi l’unica persona sulla terra ed era una sensazione strabiliante.
< Smile tutto ok, ti vedo pensierosa. >
Sorrisi (e io che sorridevo era veramente una cosa assurda)
< sì, tutto bene…stavo solo pensando a >
< al tipo biondo? >
Lo guardai accigliata
< intendi dire Alex? >
< sì, proprio lui. >
< perché pensi una cosa del genere? >
Alzò le spalle poggiandosi al muro
< non so, vi vedo spesso insieme. >
Scossi la testa seria
< è solo una sottospecie di amico, niente di più. >
Sorrise di nuovo
< bene, meglio così. >
Suonò la campanella di fine ricreazione, ci rimasi male, volevo rimanere un altro po’ con Liam.
< ora devo andare a lezione, ci vediamo domani. Ti manderò un messaggio per dirti l’orario. >
< ok. Allora aspetto un tuo messaggio. >
Sorrise andando via
< puoi contarci, arriverà. >
Sorrisi ebete mentre lui andava via quasi correndo.
 
Alex non si fece vedere per il resto della giornata.
Dovetti arrivare a casa di Monica da sola, grazie a dio mi ricordavo l’indirizzo.
Presi l’ascensore per 23 piani, erano veramente tanti 23 piani e non mi stupivo che loro fossero proprio all’ultimo piano.
Le porte si aprirono su un ingresso maestoso, eccola la porta di casa, 23 interno 2.
Bussai piano.
La porta si spalancò, era proprio lui.
< entra, sei in ritardo. >
Mi richiuse la porta alle spalle, solo l’ingresso della casa era grande come la mia camera.
Era una casa veramente enorme.
< che fine hai fatto oggi? >
Mi superò andandosi a sedere sul divano
< non sono affari che ti riguardano. >
< scusa per l’interessamento, chiedevo solo. >
< beh, non chiedere. >
Scostai lo sguardo e cercai di concentrarmi su qualcosa dell’arredamento.
< Smile sei arrivata. >
< ciao Monica. >
Mi si avvicinò e mi prese per un braccio
< vieni, mio fratello ti sta aspettando. >
la seguii in silenzio senza guardare Alex che invece, a quanto sentivo, mi stava fissando.
Monica mi portò in quello che sembrava uno studio, affacciato alla finestra c’era un ragazzo che immaginai avesse circa 25 anni.
< Adam, lei  è qui. >
La prima cosa che notai era che Adam era completamente l’opposto di sua sorella Monica; niente capelli biondi, niente occhi chiari, niente aria da inglesino.
Mi saluto con un sorriso
< ciao Smile, accomodati. >
mi indicò due poltrone al centro della stanza, mi sedetti su quella più vicina alla porta.
Monica si scambiò un’occhiata con il fratello, poi uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
< penso che mia sorella ti abbia accennato qualcosa sulla mia vera identità, vero? >
Annuii
< per ora so solo che sei il rappresentante degli Eterni di questa città. >
< sì, è così. Oltre ad essere una persona semi normale, come te, come loro. >
Era tranquillo, meno male. Da ciò che aveva detto Monica, sul fatto che era meno fraterno di quanto dovesse essere, mi aspettavo un tiranno, invece avevo davanti una persona calma e tranquilla (almeno all’apparenza).
< sai Smile, mi hai già stupito quando hai scelto la poltrona, non credevo avessi quest’istinto di sopravvivenza >
Ma di che stava parlando? Io mi ero semplicemente seduta.
< hai scelto la poltrona vicina alla porta e non quella bloccata tra il muro e la libreria; di solito le persone normali scelgono di sedersi nel posto che li tiene più al sicuro, che li accoglie come un nido; tu hai scelto quello che ti permette la fuga più rapida >
< e ho sbagliato? >
Ebbi l’impressione di essere diventata rossa
< no, non hai sbagliato. Si nota subito che sei un’Eterna. >
Ah, quanto ero forte. Smile 1 resto dell’universo 0.
< comunque, so che già ti sei dovuta confrontare con entità pericolose, Alex mi ha raccontato di Lehack.
E il tuo viso ancora riporta i segni della lotta. >
Annuii
< beh sì, devo dire che non credevo di uscire viva. >
< credo che non pensasse di uscirne vivo neanche lui. A quanto pare quando l’hanno trovato i nostri era sconvolto, pensava che tu l’avresti ucciso invece di stordirlo. >
< è morto? >
Rimase a guardarmi qualche secondo dritto negli occhi, mi imposi di mantenere il suo sguardo
< sì, è morto. Il resto del nostro gruppo si è adoperato a finire ciò che avevi iniziato tu. >
Forse ero un po’ delusa, l’avevo lasciato in vita perché sotto, sotto pensavo che lui fosse obbligato a cercare di uccidermi e non che lo volesse veramente.
< ha cercato di ucciderti Smile, non potevamo lasciarlo in vita. Tu sei troppo importante per gli Eterni, se il lavoro sporco non lo fai tu lo dobbiamo fare noi. >
< allora la prossima volta cercherò di finire io ciò che iniziò >
< spero non ci sia una prossima volta in cui dovrai fronteggiare un nemico da sola >
Non risposi, per quanto dovessi sentirmi sicura della protezione che mi fornivano, sapevo che prima o poi sarei stata nuovamente da sola, io e la morte.
 
Il colloquio durò meno di quanto pensassi e fu molto più tranquillo di ciò che immaginavo giungendo li.
Quando tornai in salone trovai Monica e Alex seduti sul divano a guardare la televisione.
< allora com’è andata? >
Sorrisi
< bene, niente di preoccupante. Ha detto solo che Alex verrà dilaniato per avermi lasciata sola nel momento del bisogno. >
Ok, la battuta non andò a segno, lui non sorrise, non mi guardò e continuò a fare finta che io non ci fossi.
< va bene Monica, io vado a casa. In teoria dovrei anche studiare un po’. >
Fece per alzarsi
< vuoi che ti accompagni? >
Scossi la testa
< no, tranquilla; la strada la ricordo. Ci vediamo in giro. >
Lui continuò a non salutarmi ed io ignorai il tutto, anche se mi dava enormemente fastidio.
Stavo aspettando l’ascensore quando sentii la voce di Monica in lontananza, stava parlando con Alex.
Attizzai l’orecchio
 
[è necessario non rivolgerle la parola?]
[è necessario che tu mi faccia queste domande?]
[senti Alex, per quanto tu possa ritenerti offeso, ferito e altro lei non è ha colpa! Si comporta come qualsiasi adolescente, come dovresti fare anche tu!]
[peccato che io non lo possa fare, so ciò che accade, veramente lo saprebbe anche lei ma non crede alle mie parole]
[forse avresti dovuto dirgli il tutto con un po’ più di tatto]
[io non ho tatto Monica]
Rimasero in silenzio per qualche secondo
[stasera vai tu a controllarla, io non ho intenzione di vederla ancora]
[va bene, ma ti assicuro che così facendo rovinerai tutto]
 
L’ascensore era arrivato, montai e spinsi il pulsante terra.
Quindi non sarebbe venuto lui? Si stava tirando indietro? Bene.
Bravissimo Alex, faceva  tanto l’amico; poi però appena gli passava qualcosa per l’anticamera del cervello cambiava idea, mollandomi così.
Era un’idiota, un vero e proprio idiota.
Tornai a casa infuriata, non solo lui non sarebbe venuto quella sera, ma se solo avesse cambiato idea avrebbe ottenuto un’accoglienza tutt’altro che calorosa.
Dovevo ancora studiare tutte le materie per il giorno dopo, questa storia degli Eterni mi stava rubando troppo tempo.
Il mio cellulare iniziò a vibrare, lo presi.
 
“ciao Smile,
per domani ho in mente una cosa veramente carina. Ci vediamo all’uscita di scuola.
Baci. Liam”
 
Ok, per quanto fossi arrabbiata questo mi fece sorridere.
Domani sarei uscita con lui e non avrei permesso a nessuno di rovinarmi la giornata , a nessuno!
Arrivai a casa e feci sprofondare la testa nei libri.
Per quella sera non avevo proprio scampo.

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Capitolo 9
*** 8 ***


 
La giornata tanto attesa aveva finalmente inizio!
Ero perfetta, i capelli perfetti i vestiti perfetti, il trucco perfetto!
Ok, i vestiti erano i soliti jeans con una maglietta carina pescata infondo all’armadio, però erano assolutamente perfetti!
Uscii di casa dieci minuti prima, saltellai letteralmente fino a scuola lasciando Laby a bocca aperta, avevo un sorriso veramente assurdo.
< ok, mi rendo conto che hai un appuntamento con quel figo…ma placati Smile! >
< ma che placarmi Laby, non vedo l’ora che le sei ore di oggi finiscano. Deve andare tutto bene e Alex non può rovinarmi la serata! >
Mi guardò pensierosa,
pensava troppo in questo ultimo periodo
< ieri sera è passato? >
Scossi la testa
< no, ha detto che non mi voleva vedere e ha mandato Monica al posto suo. >
< ha detto che non voleva vederti? E l’ha detto davanti a te? >
Scoppiai a ridere
< no, certo che no. Ho solo ascoltato la loro conversazione mentre aspettavo l’ascensore. Ma è ovvio che non mi fa piacere. >
Oltrepassammo il portone dirigendoci verso le scale
< gli parlerai? >
< chi io? Certo che no. Se vuole viene lui, non sarò io a fare il primo passo. >
Mi sentii prendere per le spalle
< Smile, carissima Smile. >
< Kay, cos’hai oggi? >
Rideva, sì, anche lui rideva ma molto più del dovuto
Vidi Laby annusare la giacca del suo presunto fidanzato
< ha fumato! >
Annuii, anche io avevo sentito
< sì, e anche qualcosa di meno ordinario. >
Laby lo scansò con la scusa che non voleva che i suoi vestiti puzzassero di fumo, inoltre odiava che lui fumasse.
 
Fu la giornata più lunga della mia vita, sembrava quasi che qualcuno avesse cementificato le lancette dell’orologio.
Già a ricreazione sembrava che fossero passate 9 ore e non 3.
Era esasperante dove aspettare, ma alla fine la campanella di fine giornata suonò.
Ora ero nervosa, no molto di più, avevo quasi paura.
Incrociai Laby per le scale che intuì il mio stato d’animo
< su tesoro, andrà tutto bene. Cosa mai potrebbe accadere? >
scossi la testa
< ah, non lo so. Penso che la cosa peggiore sarebbe incontrare qualcuno pronto ad uccidermi. >
< sai bene che in quel caso ci sarebbero Monica e Alex a controllarti. >
La guardai
< non credo che Alex sarebbe pronto a salvarmi la vita oggi, mi lascerebbe spulciare e nel caso rimanessi in vita verrebbe li e direbbe “te l’avevo detto io che era difficile frequentare persone normali senza metterle in pericolo” >
Uscimmo dall’edificio, per essere metà marzo c’era un sole stupendo.
Allungai lo sguardo per cercare Liam e lo intravidi al di là del marciapiede, poggiato ad un’ Harley Davidson.
< Smile cristo santissimo! Hai visto che moto ha! Hai visto! >
Ridevo nervosamente
< magari non è sua. >
< o sì che è sua! Ti porta in moto! Oddio poi mi racconti tutto. >
< m m. >
Mi prese per le spalle e incollò la fronte alla mia
< giura, giura che dopo mi racconti tutto! >
< certo che lo giuro Laby, come potrei non farlo. Ora però lasciami andare. >
Mi allontanai da lei salutandola con la mano e raggiunsi Liam che mi aveva visto e sorrideva.
< ciao carissima, pronta a volare? >
Annuii un po’ nervosa
< sì, sono pronta, anche se non so a fare cosa. >
Diede una bottarella alla moto sotto di lui
< con questa ti porto a mangiare in un posto molto bello. >
Sorrisi
< fai in modo che sia bello veramente. >
Si infilò il casco e ne porse un altro a me
< ti stupirò vedrai. >
Montai dietro di lui e mi aggrappai alla sua schiena.
Mentre metteva in moto mi sentii fulminare da uno sguardo che sapevo benissimo a chi apparteneva, mi voltai piano ed incontrai il suo sguardo, era nero.
Liam mise in moto e partì.
La mia bella giornata era finalmente iniziata.
Guidava bene, evitava di fare curve troppo profonde e andava piano per le vie della città, fui grata per questo, se dovevo morire preferivo farlo in battaglia piuttosto che cadendo da una moto.
Si fermò davanti ad un piccolo edificio in stile orientale, scesi dalla moto e gli restituii il casco.
< sei pronta per mangiare cinese come mai prima d’ora? >
Non so come aveva fatto a capirlo, ma adoravo il cibo cinese.
< certo, adoro il cibo cinese. >
< ma non hai mai provato la cucina della signora Jing, posso assicurarti che è qualcosa di sublime. >
Mi prese sotto braccio e mi condusse verso la porta
< prego signorina >
< grazie signore. >
 
Effettivamente la signora Jing cucinava in una maniera strepitosa.
Non avevo mai mangiato un riso più buono di quello, per non parlare del pollo alle mandorle, era assolutamente il più buono che io avessi mai mangiato.
< ti piace? >
< o Liam, ti assicuro di non aver mai mangiato così bene in tutta la mia vita. >
Sorrise
< immaginavo che avresti reagito così. >
< Come hai fatto a scoprire questo ristorante? Penso che sarà il mio posto preferito in assoluto. >
< sono amici di famiglia. In particolare io sono come un nipote per loro. Mi amano. >
La signora Jing ci raggiunse sorridente
< bello mio, come sta andando il pranzo? >
< benissimo Thia, i tuoi piatti sono sempre più buoni. >
Mi guardò
< e la tua amica, come si trova. >
Sorrisi
< splendidamente. Credo di non aver mai mangiato così bene in vita mia. >
< hai dei capelli stupendi, posso toccarli? >
Annuii imbarazzata mentre l’anziana signora controllava la mia chioma
< bellissimi, veramente bellissimi…anche quelli verdi. >
Liam scoppiò a ridere ed io diventai completamente rossa.
 
 
A fine pranzo ero piena come un uovo
< spero che tu sia stata bene oggi. >
< sono stata benissimo, veramente. >
A parte il mangiare stare con lui era stato fantastico, lo avevo guardato tutto il tempo, anche quando lui non se ne accorgeva e per la prima volta non avevo cercato di leggere nella sua testa per capire cosa pensava di me.
Mentre camminavamo nell’aria fresca pomeridiana mi prese per mano.
A quel punto ebbi un flash delle sue sensazioni, come capitava ogni qualvolta toccassi qualcuno.
Era felice. Sorrisi tra me e me soddisfatta di aver reso felice lui.
In realtà non mi credevo capace di rendere felice nessuno.
Tornammo alla moto dopo aver vagato per qualche parco li intorno.
Mi infilò il casco e dopo qualche minuto partimmo in direzione di casa mia.
 
Quando intravidi la mia dolce casetta non potei dire di essere felice, la giornata con lui era praticamente finita ma avrei desiderato che durasse un po’ di più.
Scesi dalla moto e sfilai il casco, feci per darglielo ma lui scosse il capo
< tienilo tu, potrebbe servirti. >
A cosa sarebbe potuto servirmi lo sapeva solo lui, ma accettai di tenerlo come ricordo della giornata.
Si sfilò anche lui il suo casco e rimase a fissarmi ancora a cavalcioni della moto.
< pensi che si potrà rifare una cosa del genere? >
< penso di sì. >
Sorrise
< sicura? >
Sorrisi anche io
< sicurissima. >
Fino a quel momento pensavo che la parte bella dell’appuntamento fosse passata, ma quando mi baciò capii che mi sbagliavo di grosso.
Cavolo mi stava baciando, al primo appuntamento!
Che poi, non si poteva proprio considerare appuntamento, cioè, era partita come un’uscita a pranzo con quello che pensavo volesse essere solo un amico.
Mi sforzai di non pensare a delle cavolate e di concentrarmi su di lui che era molto più interessante.
Si staccò sorridendo e si rinfilò il casco
< ci vediamo domani >
< a domani. >
Aspettò che fossi rientrata a casa, poi mise in moto e parti.
Ora dovevo solo chiamare Laby e raccontarle tutto come mi aveva fatto promettere.
 
< e ti ha baciata? >
< ti ho già detto di sì. >
< quindi state insieme. >
Feci finta di sembrare scocciata, poi però scoppiai a ridere
< beh, non credo proprio Laby, per ora almeno no. Un bacio non fa un fidanzamento. >
< o certo che lo fa! >
< ma in che mondo vivi! E poi non lo so, boh, ci penserò dopo. >
Era più elettrizzata lei di me
< oddio, vero che me lo presenti prima o poi? >
< anche domani se vuoi. >
< veramente? O Smile ma io ti adoro. Se non funziona con te me lo prendo io. >
Risi
< uno perché non dovrebbe funzionare, due ma non tu non stai con Kay? >
< a boh, mica riesco a capirlo se stiamo insieme o no, e per rispondere al primo punto non userò troppe parole, ma un nome, Alex. >
< tu sei impazzita. >
< non sono impazzita, dovresti osservare meglio i suoi comportamenti; tu ti limiti a guardarlo superficialmente, cerca di entrare più a contatto con il suo essere. >
< ok, è ufficiale stai fuori come un balcone. >
< sì, sì certo, nega l’evidenza. Ora devo andare, ci vediamo domani a scuola. E segui i miei consigli per favore. >
< ci proverò, ciao Laby. >
 
“ti limiti a guardarlo superficialmente, cerca di entrare più a contatto con il suo essere”, ma come gli era venuta in mente una frase del genere?
Era proprio matta, era proprio la mia migliore amica!
Non riuscivo a capire cosa stesse insinuando su Alex, lo conoscevo benissimo e i suoi comportamenti non avevano nulla di strano.
Era normale, un normalissimo stronzo.
Come al solito insomma.
Sentii la porta di casa aprirsi, erano solo le 6:30 del pomeriggio, perché papà era arrivato tanto prima?
Scesi le scale più silenziosamente possibile e mi affacciai in salone, si era proprio papà, niente di preoccupante.
< ciao papà >
< ciao Smile, oggi sono tornato prima. >
< sì notavo, ma come mai? >
Stava sistemando delle carte dentro la sua borsa
< domani devo partire, sì lo so che ti ho avvertita solamente ieri, ma è stato tutto così veloce. >
< quanto dovrai stare fuori? >
< una settimana circa, ti crea problemi amore? >
Lo guardai negli occhi
< no papà, tranquillo. E poi sai benissimo che sarò sempre insieme a Laby e Kay, questa diventerà praticamente casa loro per una settimana. >
Sorrise
< beh, meglio così, almeno so che non sarai sola. Ora vatti a preparare, stasera ti porto fuori a cena. >
Calcolando che era sabato sera tutti i ristoranti sarebbero stati pieni, ma non aveva importanza; quella era la serata dedicata al mio papà che sarebbe partito il giorno dopo, ristoranti pieni e non ci saremmo trovati bene ugualmente.
 
Mi portò in uno dei ristoranti più cari e lussuosi della città dove aveva prenotato un tavolo per due.
Mi aveva chiesto di vestirmi come volevo, ma optai ovviamente per qualcosa di elegante, anche se non troppo.
Mangiai pochissimo, ero ancora piena del pranzo con Liam e ciò non passò inosservato
< com’è non hai fame? >
< ho mangiato molto oggi a pranzo, sono ancora piena. >
Mi guardò dall’altra parte del tavolo e con voce canzonatoria disse
< con chi sei stata oggi a pranzo? >
Abbassai lo sguardo senza poter fare a meno di sorridere
< con un amico. >
< è un amico importante? >
< ancora non lo so… >
< se ha il potere di farti sorridere così, allora penso che sia importante. >
E bravo papà, non gli sfuggiva niente per quanto alcune volte non era molto presente.
Sapeva tutto, veramente tutto.
Forse le uniche cose che non sapeva era che io ero un Eterna, che ero controllata giorno e notte e che quasi tutte le sere un biondo all’apparenza molto figo si appropriava della mia camera con la scusa di dovermi controllare.
Ma quelle cose non avrebbe mai dovuto saperle, mai.

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Capitolo 10
*** 9 ***


Quella domenica mi svegliai alle 6 per salutare mio padre prima che partisse.
Mi baciò sulla fronte visibilmente preoccupato
< mi raccomando, occhi aperti. Passa meno tempo possibile da sola, studia, se c’è qualche problema chiamami, chiama tua madre, chiama qualcuno. >
< starò a tenta papà, tu preoccupati solo di diventare il miglior architetto del mondo >
< non dire così Smile, fare il genitore non è facile, soprattutto se devo lasciare mia figlia di soli 17 anni per una settimana a casa completamente da sola. >
Cercai di rendere meno grave la situazione
< beh, c’è sempre Mollica. >
Scoppiò a ridere
< stai attenta bimba mia e per qualsiasi cosa… >
< ti chiamo. >
Annuì abbracciandomi.
Sentii un clacson, il suo taxi doveva essere arrivato.
Uscì di casa continuando a guardarmi e si richiuse la porta alle spalle. Era andato.
Sarei dovuta essere preoccupata forse? Mi sarei dovuta sentire, sola, ecco?
Bene, non mi sentivo assolutamente così.
Avevo casa libera per una settimana, ero libera per una settimana; sarei stata tra le righe, ma avevo più libertà di qualunque altro adolescente nel raggio di chilometri (senza contare Monica e Alex).
Peccato che fossero solo le 6 del mattino e che per sentire Laby e organizzare qualcosa dovevo ancora aspettare circa altre 4 ore.
 
Mi lanciai sul divano a pesce e accesi la tv.
Mollica mi si accoccolò sulle gambe ed iniziò a fare le fusa mentre sceglievo un canale decente da guardare.
Optai per MTV che era in assoluto il mio preferito.
Come ogni domenica c’era only hits.
In quel momento stavano dando un vecchio video di Madonna, like a virgin.
Iniziai a canticchiarla sovrappensiero, non ero ancora del tutto sveglia.
< guarda che è virgin non vergin >
Mi volta di scatto e diedi un pungo in faccia ad Alex che mi stava dietro.
Era rimasto fermo dov’era e aveva incassato il colpo che non doveva avergli fatto troppo bene.
< oddio! Scusami, scusami non pensavo fossi tu. >
Fece una smorfia e circumnavigò il divano sedendosi sul bracciolo opposto al mio
< chi altro poteva essere? Un Bruno ti avrebbe uccisa, non ti avrebbe corretto la pronuncia. >
Sì, era piuttosto vero, peccato che il mio istinto di sopravvivenza non stava troppo attento a questi futili particolari e avevo agito d’istinto.
< se tu non mi prendessi sempre alle spalle tutto questo non accadrebbe. >
< quindi sarebbe colpa mia? >
< Senti Alex, non ti sei fatto vedere per due interi giorni e per quel poco che abbiamo parlato sei stato di un odioso insostenibile. Cosa vuoi adesso? Non sono a tua completa disposizione quando vuoi tu. >
Rimase in silenzio
< ero solo arrabbiato. >
< con me? >
Alzò le spalle
< non lo so sinceramente, fatto sta che mi sono fatto prendere la mano. >
Non lo guardai
< beh, non lo rifare, certi attacchi di pazzia non li sopporto. Se devi starmi così attaccato almeno fai la persona civile, è il tuo dovere svolgilo bene. >
 
Rimanemmo in silenzio per un bel po’;
io sinceramente ero ancora arrabbiata con lui e probabilmente lo davo molto a vedere,
lui era pensieroso.
Mollica ancora mi dormiva in braccio, mi mossi un po’ troppo e la svegliai.
Quella alzò la testolina, guardo Alex e balzò verso di lui andandosi a strusciare al suo braccio.
La guardai
< Mollica torna qui. >
Mi ignorò completamente
< è inutile che ci provi, preferisce di gran lunga me a te. >
< è la mia gatta >
< sì ma lei almeno preferisce me a chiunque altro. >
Mi rassegnai e ripresi a guardare la televisione, qualche minuto dopo Mollica tornò da me, Alex era sparito.
Guardai l’orologio, erano le 8:30.
Cominciavo a non sopportare che Alex facesse come gli pareva; arrivava, poi se ne andava, il tutto senza degnarsi di avvertirmi.
Salii in camera e mi feci una doccia.
Ancora non potevo chiamare Laby, mi avrebbe uccisa, era domenica anche per lei.
Lasciai che i capelli bagnati mi gocciolassero sulle spalle mentre mi vestivo, non sapevo assolutamente cosa avrei fatto tutto il giorno.
Intorno alle 9 suonarono alla porta di casa, scesi ad aprire, non aspettavo visite quella mattina.
< Smile >
< Liam >
Quella si che era una sorpresa.
Mi sventolò sotto il naso cornetti e cappuccini presi freschi al bar
< sei fantastico. >
< sì, lo so, me lo dicono molti. >
Lo feci entrare.
< tuo padre è già partito? >
Mi voltai stupita
< come fai a sapere che mio padre è partito? >
< l’hai scritto su Facebook l’altra sera ed io ho letto lo stato. >
Annuii
< avevo portato un cornetto anche per lui, vorrà dire che lo mangeremo a mezzi. >
Aveva portato un cornetto anche per papà?
Stava scherzando!
Era troppo carino!
 
Stavamo facendo colazione al tavolo della cucina quando Mollica iniziò a strusciarsi intorno alle mie caviglie, la presi in braccio.
<  Molly non ti azzardare a toccare il mio cornetto.  >
Liam sorrise
<  non sapevo avessi una gatta.  >
Presi una zampa di Mollica e feci finta che stesse salutando Liam
<  te la presenterei più da vicino ma di solito non sopporta di dovermi dividere con altre persone. >
Mi guardò serio
< forse con me farà un’ eccezione. >
Non feci in tempo a fermarlo che tirò in avanti le mani e la toccò.
Prevedevo un disastro, con Mollica che rizzava il pelo e lo riempiva di graffi, invece si lasciò prendere in braccio tranquillamente.
<  non mi sembra poi così tremenda come dici.  >
<  di solito è molto cattiva, dovresti vedere cosa fa con Laby e Kay…  >
Alzò un sopracciglio interrogativo
<  Laby è la ragazza a cui hai lasciato il quaderno, è la mia migliore amica mentre Kay oltre ad essere il mio migliore amico dovrebbe essere il suo nuovo ragazzo, anche se non mi sembra che stia funzionando troppo bene.  >
<  pensavo fosse Alex il tuo migliore amico.  >
Scossi la testa
<  ma quando mai. Non potrebbe mai essere il mio migliore amico. È un odioso da paura.  >
Scoppiò a ridere
<  però, come ti avevo già detto, vi vedo spesso insieme. Non sembrate poi così male. >
< o lo siamo, litighiamo un giorno si e l’altro pure. >
< di solito chi fa così si vuole veramente bene.. >
Scoppiai a ridere sarcastica
< non è il nostro caso, credimi. >
Sentii la porta di casa aprirsi e richiudersi, alzai la testa cambiando espressione, i miei muscoli si erano improvvisamente tesi e stavo quasi per rompere il bicchiere del cappuccino con la mano
< Smile sono io. >
Che cavolo ci faceva Alex un’altra volta a casa mia? E perché cavolo di motivo era passato dalla porta stavolta?
Entrò in cucina con un viso falsamente sorpreso
< a ma non sei sola. >
Liam si voltò sorridendo e gli porse una mano
< piacere, io sono Liam. >
Alex stava guardando Mollica che continuava a strusciarsi sul petto di Liam
< piacere, Alex >
Si strinsero le mani.
< beh, Alex, vorrei chiederti cosa ci fai qui ma immagino di non poterlo fare, come al solito. Siediti. >
Prese una sedia da sotto il tavolo e si accomodò davanti a noi.
 
Liam era visibilmente imbarazzato, io ero furiosa e Alex continuava a fissarmi con un mezzo sorriso
< che si dice? >
Indurii lo sguardo
< niente di nuovo, tu che hai da dire? >
Alzò le spalle
< niente di che, le solite noie… >
< come immaginavo. >
Alex si rivolse a Liam con fare tranquillo
< che hanno fai Liam? >
< faccio il quarto anno, tu invece? >
< anche io…non mi sembra di averti visto molto in giro però… >
Erano entrambi seri
< beh, viaggio spesso con i miei genitori, anche se poi casa mia è qui. Ho cambiato parecchie scuole e sono tornato solo da qualche settimana. >
Ecco perché non lo avevo quasi mai visto. Si spiegava tutto ora.
Liam continuò
< invece io ti vedo spesso in giro, sei tipo l’idolo delle ragazzine… >
Alex sorrise soddisfatto
< beh, in effetti tendo a colpire parecchio, e non solo le bambine. >
Mi guardò, occhiata a cui io non risposi.
< si raccontano parecchie storie su di te Alex Skorny , pare che tu sia lo studente più brillante della scuola, oltre ad essere il più atletico. E quanto ho sentito la festa di San Valentino della nostra scuola potrebbe anche essere intitolata a te, visto il numero di biglietti che ricevi. >
Erano dicerie che sapevo anche io.
La cosa non mi aveva mai interessata più di tanto e da quando lo conoscevo di persona mi interessava ancora meno.
Alex sorrise
< beh, sono storie vere a quanto ne so. Sarà per questo che odio la ricorrenza di San Valentino. Ogni anno sono sotterrato da biglietti. >
Odiavo sentirlo vantarsi in quel modo del suo aspetto.
Ok, era bello ma non c’era bisogno di mettere le bandiere. Tutti avevano gli occhi per guardarlo.
< allora sono ben informato su di te, pensavo che alcune fossero solo dicerie. >
Alex alzò le spalle
< beh, anche se la maggior parte delle rappresentanti del genere femminile stravede per me questo non vuol dire che chi realmente interessa a me ricambi le mie attenzioni, diciamo anche che per alcune sono meno che trasparente. >
Liam sorrise e guardò il suo orologio da polso
< sono già le 10:30, devo assolutamente andare via. Mio padre mi aspetta per andare a correre. >
Posò Mollica a terra e si alzò.
Mi prese la mano che ancora stringeva il bicchiere con il cappuccino e mi guardò
< ci sentiamo. >
Annuii
< ok. >
Mi baciò e sorridendomi si avviò alla porta.
Mi raggiunse un pensiero di Alex
“guardalo in viso, non ti sembra di vedere qualcosa di strano?”
Lo chiamò, Liam si voltò di scatto e la vidi. Aveva una ruga all’angolo destro della bocca.
Cavolo quella ruga prima non ce l’aveva.
< hai dimenticato le chiavi. >
Gliele lanciò e lui prese al volo.
< grazie Alex, ciao. >
Sentii la porta di casa richiudersi. Ero scioccata.
 
Alex mi guardava ed io evitavo di incrociare il suo sguardo
< che ti avevo detto io? Sbaglio o ti avevo avvertita quando eri ancora in tempo per evitare tutto questo? >
Non risposi
< Smile sto parlando con te. >
< cosa vuoi che ti dica? Vuoi che ti dica che avevi ragione? Vuoi questo? Ok, hai ragione, sta invecchiando a vista d’occhio. L’ho vista la ruga, l’ho vista, contento ora? >
Si alzò e mi si avvicinò
< non devi far felice me, devi salvargli la vita. >
Lo guardai negli occhi
< se gli vuoi veramente bene lo devi lasciare, salvalo finché sei in tempo o da ciò che ho visto nell’arco di 5 giorni sarà stecchito. >
Abbassai lo sguardo
< io me ne vado, io e Monica ti aspettiamo per pranzo. >
Non risposi
< ti aspettiamo vuol dire che sei costretta a venire. >
Annuii senza guardarlo, quando alzai di nuovo lo sguardo era già andato via.
Fino a quel momento avevo sperato che ciò che mi aveva raccontato era tutto finto, non poteva essere possibile che io gli stessi veramente succhiando via la vita.
Peccato che i primi segni li avevi visti e non potevo non credere ai miei stessi occhi, ne valeva della vita di Liam.
Avevo voglia di parlare con qualcuno, la prima cosa che mi venne in mente di fare era precipitarmi a casa di Kay e raccontargli tutto, e lo feci.
 
L’avevo buttato giù dal letto, ma ora era semi sveglio e mi ascoltava in silenzio.
< quindi hai visto i primi segnali. >
Annuii tristemente
< dopo averlo baciato ho visto una ruga all’angolo della sua bocca, e due minuti prima quella ruga non c’era. >
Si stiracchiò sulla sedia
< non credevo che potesse succedere veramente, sinceramente dubitavo delle parole di Alex, ma a quanto pare non stava scherzando. >
< Kay, che cavolo devo fare? >
Mi guardò serio
< l’unica cosa che puoi fare è lasciarlo andare Smile; non puoi rischiare che la tua cocciutaggine lo uccida. >
Ero veramente disperata
< lo so, ma come glielo spiego? Siamo usciti insieme solo una volta, ci frequentiamo si e no da due giorni. Che gli dico, che mi sono stancata? >
< questo è un bel problema effettivamente. >
Nascosi la testa sotto il suo cuscino
< ti prego fallo tu al posto mio. >
< non credo di poterlo fare, al massimo potrò sostenerti da lontano. >
Riemersi dalle coperte
< ma che cavolo gli dico? >
< digli che non sei pronta, che all’inizio sembrava andare bene ma che poi ti sei resa conto di non provare gli stessi sentimenti che pensi provi lui. Allontanati, lascia che sia lui a stancarsi di te. >
Mi veniva addirittura da piangere
< mi farà male. >
Mi abbracciò
< lo so, ti farà male lo devi fare se gli vuoi bene. È una cosa troppo grande da gestire e siete entrambi troppo giovani…non ce la farai a gestire il tutto Smile, rischi di vedertelo morire davanti e non poter fare niente per salvarlo. >
< non la voglio dare vinta ad Alex >
Kay sbuffò
< non è una sfida tra te e Alex, qui è in ballo la vita di Liam. Alex aveva ragione e questo glielo devi concedere, forse avrebbe dovuto impedirtelo prima, parlarti tranquillamente e non come fa lui di solito, ma aveva ragione.
E ora che sai a cosa vai incontro devi essere tu a mettere un punto a tutto ciò. >
Annuii, questa cosa mi avrebbe distrutto, ne ero sicura.
Avevo appena trovato un ragazzo che mi piaceva e a cui stranamente piacevo io, stava andando tutto bene e ora questo.
Non ero degna di una vita normale, di poter vivere le mie storielle con leggerezza, dovevo stare attenta che il mio neo ragazzo non ci lasciasse le penne.
 
< Smile io ti dovrei raccontare delle cose. >
Guardai Kay
< dimmi , ti ascolto. >
< in un certo senso so che lo sai già perché Laby te lo avrà raccontato; sì, insomma del bacio. >
Annuii
< sì, lo so da circa una settimana ma stavo aspettando che tu me lo raccontassi. >
< non so se ho fatto la cosa giusta, insomma, ora non so come comportarmi. >
Lo guardai negli occhi
< lei ti piace? >
< sì >
< veramente? >
< sì veramente, so che mi piace. >
Alzai le spalle
< allora sfrutta l’occasione visto che tra noi due tu sei quello che può permettersi di rischiare. Non fare cazzate ma buttati. >
< pensi che mi ci dovrei mettere? Seriamente intendo? >
< sì, penso di sì. Male che vada tra una settimana vi lascerete. >
Mi guardò male ma non disse niente, sapeva che stavo scherzando e sapeva anche che non volevo assolutamente che sprecasse la sua occasione con Laby in quel modo. Dove provarci e basta.
Mi presentai a casa di Monica all’una, subito dopo essere uscita da casa di Kay.
< entra, mio fratello sarebbe voluto essere qui, ma è fuori città per lavoro. >
< quindi siete soli anche voi… >
Annuì sorridendo
< già. Ti vedo scossa Smile, vuoi parlarne? >
Mi guardai intorno
< Alex è in casa? >
Annuì
< credo sia sotto la doccia. >
< va bene, l’importante è che non sia presente. >
Ci sedemmo sul divano ed io iniziai a raccontarle tutto, chi meglio di lei poteva capire come mi sentivo?
Infatti dal suo sguardo capii che era in perfetta sintonia con me, capiva ciò che provavo, forse anche a lei era capitato.
Avrei voluto chiederglielo, ma evitai di riesumare vecchi scheletri nell’armadio.
Quando finii di parlare a raffica Monica mi abbracciò
< stai per fare la cosa giusta Smile, so che fa male, ma gli salverai la vita. Lui supererà tutto questo e anche tu, ci vorrà un po’ di tempo ma ci riuscirai. >
Il suo sguardo venne catturato da qualcuno che era entrato in salone
< ho interrotto qualcosa? >
Era Alex, era appena entrato in salone in boxer come se niente fosse.
I capelli bagnati gli gocciolavano sulle spalle.
< vatti a vestire esibizionista. >
Scoppiò a ridere
< Monica, ma dove lo trovi un altro modello come me che ti fa rifare gli occhi direttamente a casa tua. >
Non lo guardai, era il solito megalomane.
 
Monica cucinava veramente bene, mangiai una cifra senza preoccuparmi minimamente di poter in qualche modo ingrassare.
< te ne dovresti iniziare a preoccupare. >
Lo guardai colpita nell’orgoglio
< dio Smile sto solo scherzando. >
Non ribattei e tornai a guardare il piatto.
< cosa fai questo pomeriggio? >
< non lo so Monica, penso che uscirò con Laby e Kay, vuoi venire con noi? >
Annuì
< sì, perché no. >
< ehehmm  >
< si Alex, è esteso anche a te l’invito. >
< mi compiaccio che ti mi consideri Smile, è un onore accompagnarti. Pensi che verrà anche Liam? >
Non lo guardai
< ho deciso di lasciar perdere con Liam; non voglio fargli del male. >
Sorrise, quasi soddisfatto
< è la prima cosa sensata che ti sento dire da tanto tempo. >
Riusciva solo a fare battutine sarcastiche, mica si rendeva conto di come stavo per quella storia.
Per lui era tutto normale, tutto facile.
Beh, per me non era facile, anzi; avrei fatto uno sforzo immane per mollare Liam, per sembrare sicura di me e soprattutto per convincerlo che in realtà non mi era mai piaciuto.
 
 
Monica ci lasciò soli per andare a lavare i patti, in realtà io insistetti per darle una mano, ma lei mi impose gentilmente di rimanere li.
Ero calcificata sul divano con le gambe accavallate e le braccia strette sul petto, Alex mi fissava dalla parte opposta della stanza.
< pensi che mi terrai il muso per molto? >
Non risposi
< dai Smile. So come ti senti, tu credi che io non abbia la più pallida idea di come si possa sentire una persona innamorata, ma lo so. >
Lo guardai con aria di sufficienza
< forse, dal momento che tu sapevi già la verità, hai evitato a priori tutte le tue possibili storie. >
Mi si sedette accanto
< anche tu sapevi a cosa andavi incontro, hai solo scelto di ignorare il tutto. >
< pensavo scherzassi. >
Mi diede una spallata
< ti pare che io scherzo? >
gli mollai un calcetto su una gamba
< anche più del dovuto, credimi. >
 
Uscimmo intorno alle 4 del pomeriggio, Laby e Kay ci aspettavano davanti al parco centrale dove si stava svolgendo la fiera di fine autunno.
A una distanza di circa 2 chilometri iniziai a sentire un forte odore di zucchero filato, noccioline tostate e crepes.
Era qualcosa di disgustoso.
< devi farci l’abitudine ora che il tuo olfatto e sovrasviluppato, concentrati su un profumo solo. >
Ci provai, improvvisamente colsi un profumo molto più dolce, ma buono; sembrava quasi una miscela tra mughetto e l’acqua di colonia inglese.
Monica mi guardò divertita
< hai trovato un profumo di tuo gradimento? >
< direi di sì. >
Lei e Alex si scambiarono un’occhiata che non capii
< o, tranquilla, se vuoi te lo spiego, il profumo che ti piace tanto è il mio. >
Inorridii
< ok, cambio profumazione...vediamo un po’... >
Alex sorrise
< guarda che non c’è bisogno di farlo, vorrà dire che saprai sempre dove sono. >
Scoppiai in una finta risata sarcastica
< come se non lo sapessi già sempre dove sei, è strano che non inciampiamo l’una nei piedi dell’altro per quanto stiamo attaccati. >
L’avevo distratto, fece sfuggire un pensiero che io acchiappai al volo, mi sapeva tanto di vendetta, una vendetta alla battuta che avevo appena fatto.
 
< finalmente sieri arrivati! È un ora che vi aspettiamo. >
Guardai male Laby, era meglio che quel giorno evitava i suoi soliti rimproveri.
Kay notò il mio sguardo e intervenne rapidamente
< ma l’importante è che ora sono qui e che ci divertiremo tanto. >
Chissà perché a me tutto quel divertimento non convinceva minimamente; sembrava più che altro una fiera per bambini a cui partecipavamo noi.
< beh, qui almeno una bambina ce l’abbiamo. >
Gli calpestai un piede e lui, con lo stesso piede, mi fece uno sgambetto che mi fece finire a faccia avanti nel prato.
< ora basta voi due, tu Alex vai con Kay, Laby prenditi Smile. >
Venimmo letteralmente separati, molto peggio che all’asilo.
Laby iniziò a trascinarmi per le bancarelle, si prese lo zucchero filato e per poco l’odore non mi fece vomitare.
Mi concentrai, mio malgrado, sul profumo di Alex che sembrava l’unica ancora di salvezza per il mio olfatto quel giorno.
< allora, che mi dici Smile? Kay mi ha raccontato un po’ cos’è successo oggi. >
Alzai le spalle
< cosa ti dovrei dire? Lo sai come sono fatta, se perdo la testa non la recupero facilmente, mi stava iniziando a piacere Liam, ma ovviamente ciò che provo io non conta. >
Mi cinse le spalle con un braccio
< su tesoro, lo sai benissimo che il tuo pensiero conta sempre;ma in questo caso forse dovresti assicurarti di salvare la vita a lui, o tra qualche giorno ti troverai a baciare un vecchietto, o peggio, un cadavere. >
< perché mai dovrebbe baciare un cadavere? >
Facemmo entrambe un salto all’indietro, tanto che il suo zucchero filato finì a terra.
Liam ci stava guardando un po’ colpito.
< tutto bene ragazze? >
Annuimmo all’unisono
< certo, tutto benissimo grazie. >
< dicevo, perché dovresti baciare un cadavere? >
Non riuscivo a rispondere, che scusa potevo inventarmi? Grazie a Dio la lingua di Laby fu più veloce della mia
< è un cortometraggio. Sta girando una scena in cui deve baciare un mezzo morto, e io le ho fatto la battuta, se non la girano in tempo dovrà veramente baciare un cadavere. >
Devo dire che l’idea non era tanto male, e a Liam sembrò piacere l’idea del cortometraggio, mi chiese addirittura se poteva venire ad assistere alle prove.
Laby mi diede una botta dietro la schiena e mi sussurrò all’orecchio
< se non lo fai ora non lo farai più. >
Annuii pronta a fare il passo più lungo della gamba quando fu lui a parlare
< Smile, io e te dobbiamo parlare. >
 
Mi portò distante da Laby, sotto un albero dove c’era una panchina.
Evitava di guardarmi dritto negli occhi il che non mi diceva niente di buono.
< Smile, so che questi tre giorni insieme sono stati una favola. >
< già >
Non poteva rendermi le cose ancora più difficili, non poteva farlo proprio quel giorno.
< tu sei una ragazza fantastica e credo di essermi veramente innamorato di te in tempi da record. >
Dovevo chiudere l’audio, non potevo ascoltare quelle sviolinate e poi lasciarlo come se niente fosse.
< però, ho paura che tutto questo non potrà durare a lungo. >
Fui sorpresa da quelle parole, anzi, un po’ mi tirarono su di morale, la parte del bastardo la stava facendo lui e non io
< eh? >
< lo so, lo so che è stato tutto così affrettato. Il problema è che i miei genitori devono partire di nuovo ed io devo lasciare la città a tempo indeterminato, non me la sento di lasciarti qui da sola legata ad un vincolo. >
Sarei dovuta essere triste, ma nella mia mente stavo ballando la macarena
< capisco Liam, non c’è bisogno che aggiungi altro, quando parti? >
Evitò di guardarmi ancora
< domani, l’ho saputo solo oggi mentre ero a correre con mio padre, hanno aspettato fino all’ultimo prima di darmi la notizia. >
Annuii cercando di sembrare almeno un pochino triste
< mi dispiace, io non so veramente che dire, ma non voglio che pensi che tutto questo sia stato una presa in giro per me. >
< non lo penso, stai tranquillo, riconosco però che ci sono cose più grandi di noi che ci impediscono di stare insieme. >
E non mi riferivo certo ai suoi genitori e ai loro viaggi di lavoro.
< amici? >
Sorrisi
< amici, senza alcun dubbio. >
Mi abbracciò e prima che riuscissi a rendermene conto mi baciò.
Ok, forse il bacio potevo anche evitarlo, ma era l’ultimo, che differenza avrebbe fatto?
< scusa per il bacio, mi sentivo di doverlo fare. >
Scossi la testa
< non ti scusare, anche io sentivo di doverlo fare. >
Non avevamo più nulla da dirci, rimanemmo in silenzio un altro po’ e guardandoci ci alzammo.
< io devo andare a fare le valigie, ti saluto Smile. Potresti continuare a ricevere delle mail da parte mia, non si sa mai. >
< Vorrà dire che le aspetterò. >
Ci salutammo con un abbraccio da buoni amici e li le nostre strade si separarono.
Era andata anche meglio di come pensavo io; mi aspettavo di dover fare la parte della strega cattiva che mollava il principe azzurro dopo averlo ingannato facendogli credere di essere la principessa.
Invece era stato lui a volermi lasciare, in realtà era da accertare se veramente stavamo insieme, cosa su cui io avevo qualche dubbio.
 
Vidi Laby da lontano e la raggiunsi saltellando.
< allora, com’è andata? >
< mi ha mollata lui. >
Mi guardò con due occhi sgranati da far paura
< stai scherzando? >
Scossi la testa
< non sto scherzando; lui deve partire domani con i suoi a tempo indeterminato e non voleva lasciarmi qui costretta da un vincolo. >
La sua espressione non cambiò
< e come mai sei così felice? >
Alzai le spalle
< sono sollevata, sì insomma, la parte della cattiva per una volta non l’ho fatta io. >
Scosse la testa amareggiata
< e pensare che avevo creduto che fossi veramente innamorata di quel ragazzo, mi accorgo solo ora di quanto tu sia priva di sentimenti che non siano il dolore e la paura. >
< ma che cavolo dici? Ok, forse non ero innamorata, ma non ho avuto neanche il tempo di esserlo. >
Lei annuì per accontentarmi e mi tirò verso un altro chiosco.
Stavamo mangiando un gelato quando Laby guardò qualcosa alle mie spalle che la incuriosì molto
Mi voltai anche io, era Alex e stava parlando con una ragazza
< sì dà da fare il ragazzo a quanto pare. >
Alzai le spalle
< a quanto pare sì, ma tanto più di così non ci può andare, è la regola. >
Ricevetti un pizzicotto sul braccio
< scommetto che ti fa molto piacere. >
<  ho detto che è la regola, se la devo rispettare io lo deve fare anche lui. >
< se è per questo allora tu sei andata ben oltre il parlare. >
Mi voltai per guardarla
< che la baciasse allora, a me non cambia mica la vita. >
Laby aveva un sorrisetto che non mi piaceva per niente
< sarà, ma sotto-sotto qualcosa bolle in pentola. >
< sì, e mamma ha fatto gli gnocchi. Laby cammina! >
Fummo raggiunte da Kay e Monica nell’esatto momento in cui stavamo discutendo sul perché Alex non avrebbe dovuto baciare quella tipa.
< bell’argomento di discussione, possiamo entrare? >
< fate pure, tanto il dibattito è finito. >
Monica era molto tranquilla
< pensò che la bacerà, lo fa sempre, arriva fino al bacio e poi sparisce. Alcune volte fornisce anche nome e cognome falsi per non farsi ritrovare dalla diretta interessata di turno. >
Mi coprii gli occhi con una mano
< ma allora è proprio senza alcuna speranza. >
< a proposito di speranza, a te com’è andata? >
Annuii
< bene, mi ha lasciata lui perché deve partire e così facendo mi ha risparmiato una gran fatica e la brutta figura. >
Pensavano tutti la stessa cosa
“ma allora non era innamorata” No che non lo ero! O almeno non avevo avuto il tempo di farlo.
Mi dispiaceva ok, ma era meglio non darlo troppo a vedere.
Sarei stata male in silenzio, con me stessa e sarebbe finito tutto così, senza mettere troppe bandiere in giro.
A cosa serviva condividere il mio dispiacere?
A niente, veramente a niente. Anche facendolo Liam non sarebbe tornato da me, anche perché mi aveva lasciata lui per un motivo ben preciso.
Quindi pace.
< già pace, lo dico sempre anche io. >
Mi voltai con fare furastico a guardarlo
< che c’è...ho detto solo pace. >

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Capitolo 11
*** 10 ***


 
Era la prima serata che passavo senza papà e la stavo trascorrendo senza nessun’altro.
Non che Laby e Kay non avessero insistito per rimanere con me, la verità è che volevo stare un po’ da sola, anche a contemplare il vuoto.
Pensavo di meritarmi un sana dose di quella beata solitudine che ultimamente mancava.
Mangiai con calma davanti alla televisione ricevendo circa cinque o sei chiamate di papà nell’arco di mezz’ora.
Non lavai i piatti, ammucchiai tutto nel lavandino e andai in camera mia.
Finestra spalancata e un gelo assurdo.
Alex probabilmente era passato, lo chiamai pensando che fosse nelle vicinanze
< so che sei qui, esci fuori dai. >
Nessuna risposta
< Alex, a che gioco stai giocando? Come se non sapessi che sei tu. >
Mi sedetti sul letto e aspettai qualche altro secondo.
Nessuno rispose.
Iniziai a preoccuparmi seriamente. C’era qualcuno in casa e non era lui.
Tirai il cellulare fuori dalla tasca e gli scrissi un messaggio
 
“ qui c’è qualcosa che non va...vieni appena puoi”
 
Spinsi il tasto invio e poggiai il telefono sul letto.
Di colpo mi sentii prendere da dietro, avevo una mano sulla bocca per non farmi urlare.
< se stai calma non accadrà nulla. >
Stare calma? Ma con che coraggio mi chiedevano di stare calma?
Feci finta di rilassarmi e appena la presa sulla mia bocca si allentò mollai una gomitata sul petto del mal capitato e saltai in piedi.
Era un ragazzo, gli potevo dare circa la mia età; era incappucciato e sembrava coperto di polvere.
< chi diamine sei? >
Si teneva la bocca dello stomaco e per poco pensai che mi avrebbe vomitato sul letto
< tu sei la Mediana vero. >
Cercai di sembrare più dura e cattiva del solito
< qui le domande le faccio io, chi sei? >
Mi guardò negli occhi
< sono un Bruno, mi chiamo Nicolas ma...NONONONO! >
Ero già in posizione di attaccò, c’è che pretendeva?
Entrava a casa mia, mi prendeva da dietro, mi diceva che era un Bruno...otteneva solo una cosa, la mia furia.
< non sono qui per farti del male, anzi... >
Vista la posizione in cui si trovava la sua battuta era molto prevedibile.
Strinsi la presa intorno al suo collo
< chi credi di poter prendere in giro? Puoi essere qui solo per un motivo...uccidermi... >
< non è vero! Lo giuro! Sono qui per metterti in guardia, ti prego ascoltami. >
Ebbi un flash delle sue sensazioni, non sembrava pericoloso, anzi, aveva paura di me.
< bel tentativo... >
Deglutì guardandomi negli occhi
< ti prego di ascoltarmi Mediana, so che puoi sentire ciò che penso e ciò che provo, so che sai che io non sto mentendo. >
Allentai un po’ la presa e lui non si mosse.
 
< SMILE NON CREDERGLI! >
Era Alex, ci guardò per qualche secondo poi mi prese di peso e mi scansò
< allontanati da qui! >
< Alex aspetta... >
< HO DETTO ALLONTANATI DA QUI ORA! >
Mi avventai contro di lui
< E IO HO DETTO DI ASPETTARE, LASCIALO ANDARE! >
Alex rimase allibito, mi guardò negli occhi e quando si rese conto che non scherzavo si alzò e lasciò libero il Bruno che si tastò la gola.
< come hai detto che ti chiami? >
< Nicolas...grazie per avermi risparmiato la vita... >
Lo guardai male
< l’ho fatto solo perché mi è parso che tu mi volessi dire qualcosa, ebbene...parla... >
Guardò prima Alex poi me
< sei in grave pericolo Mediana e non puoi assolutamente rimanere qui da sola. >
 
Scoppiai a ridere, ci voleva lui per dirmi che ero in pericolo.
< dimmi qualcosa che non so. >
Era serio
< credimi ti prego, non sto scherzando. Sanno tutto, sanno che sei qui da sola, stanno venendo. Loro, stanno venendo qui. >
Alex era furioso, lo prese per il colletto della felpa e lo tirò su
< e cosa ti fa pensare che io ti possa credere? >
Il ragazzo rimase immobile
< Eterno, so che tu non mi crederai mai e che mi uccideresti se dovessi mettere in pericolo la sua vita... >
E mi guardò
< ...ma non sto scherzando. Stanno venendo qui e sono tanti. Se scoprono che vi ho avvertiti probabilmente mi uccideranno. Andate via da qui. Al resto ci penso io. >
Alex lo mollò a terra e gli diede le spalle
< Smile andiamo, a quanto sembra dice il vero. Starai da me questa notte. >
< e lui? >
Alex mi guardò scettico
< non mi starai chiedendo di... >
< mi ha appena salvato la vita... >
Mi prese per le spalle, entrò in bagno e chiuse la porta
< stai scherzando spero, è pericoloso anche se non sembra. Lui penserà a se stesso e noi salveremo la pelle. >
< ma ci ha avvertito. >
< non è sicuro. >
Lo guardai negli occhi
< Alex, che tu lo voglia o no, Nicolas viene con noi. Glielo devo. >
Era furioso, avrebbe rotto qualcosa se solo avesse potuto.
Aprì la porta con forza e si rivolse a Nicolas che era ancora a terra
< se devi venire con noi sbrigati, ma ti avverto, niente passi falsi o sarò io con le mie mani ad ucciderti. >
 
Mi trovai nel giro di pochi secondi a saltare per tetti completamente incappucciata con Alex che continuava a pensare che ero veramente stupida e Nicolas che era colmo di gratitudine nei miei confronti.
Arrivati davanti all’edificio più grande in cui fossi mai entrata Alex mi si accostò
< portiamo su quello, avvertiamo Monica e dopodiché io te controlliamo se intorno al palazzo c’è qualcuno di sospetto. >
Uao! Aveva chiesto a me di accompagnarlo in perlustrazione, allora ero veramente forte!
< no, è solo che preferisco saperti fuori con me che dentro con lui. Monica si sa gestire molto meglio di te. >
ingoiai la delusione ed entrai nel palazzo seguita da Nicolas.
Monica spalancò la porta allarmata
< che è successo? Lui chi è? >
Alex entrò velocemente
< è un Bruno, tranquilla, sembra sia dalla nostra parte. Tienilo d’occhio, Smile ha insistito per salvargli la pelle. Io e lei scendiamo per perlustrare i perimetri del palazzo, tu fa qualche domanda a lui. >
Non feci in tempo neanche a salutarla che mi prese per un braccio e mi tirò di nuovo fuori dalla porta.
< Alex mi fai male. >
< scusa. >
Non capivo perché avevamo preso l’ascensore, saremmo stati molto più veloci a piedi
< si chiama non dare nell’occhio. Ti suona nuovo? >
< puoi evitare di leggere nei miei pensieri? >
< basterebbe che tu imparassi a controllare la tua mente come faccio io. >
lo guardai spazientita
< beh, neanche tu lo fai sempre, o sbaglio? >
Rispose passivo alle mie occhiate
< talvolta capita che mi dimentichi che ho con me una ficcanaso. >
Arrivammo finalmente al piano terra.
< mi raccomando, disinvolta. Fai la persona normale. >
Odiavo quando mi parlava come se fossi una deficiente. Lo odiavo proprio.
Mi prese per le spalle e mi tirò fuori dal palazzo, e meno male che dovevamo fare le persone normali!
Iniziammo dal giardinetto antistante l’edificio, non c’era nulla di particolare, se non si vogliono considerare le coppiette occupate a scambiarsi effusioni in pubblico.
Alex mi si avvicinò
< parliamo...dobbiamo sembrare normali. >
Annuii poco convinta
< che hai fatto oggi? >
alzai le spalle
< mah, mi sono svegliata; ho ricevuto due visite inaspettate, sono andata a pranzo da due persone, sono uscita con amici, ho lasciato il mio quasi fidanzato...cose normali. >
Non mi stava neanche guardando
< tu invece cos’hai fatto? >
< mah...mi sono introdotto in casa di una persona, ho provveduto a salvare la vita ad un tizio di cui non mi interessa minimamente, ho dovuto ricevere una tipa a pranzo, sono uscito con gente strana e ho rimorchiato una...la routine. >
Mi guardava “Smile cavolo continua a parlare”
< ehmm...allora, domani cosa fai? >
< credo che salterò la scuola... >
Lo guardai stranita
< davvero? >
< sì; sai, ho molte faccende da sbrigare e credo che per un giorno possa assentarmi dalle lezioni. Tu invece cosa conti di fare? >
< io vorrei organizzare una festa a casa mia, così, visto che sto da sola. >
avevamo ormai raggiunto il secondo palazzo e non sapevamo più di che parlare.
La verità era che noi non parlavamo se non per discutere o darci ordini.
< effettivamente noi due parliamo troppo poco. >
< già, lo penso anche io a questo punto. >
< tra di noi ci dovrebbe essere più complicità >
Evitai di fissarlo
< forse è troppo presto, infondo ci conosciamo solo da due settimane. >
< tu mi conosci da due settimane, io ti tengo d’occhio da un bel po’ più di tempo, ma questa è un’altra storia. >

Di colpo si immobilizzò e si lanciò in un cespuglio.
Lo seguii in modo molto più goffo.
< sei impazzito. >
< cristo santo stai zitta. >
sentivo dei passi, dovevano essere due persone, precisamente un uomo e una donna.
(non chiedetemi come facevo a saperlo, lo sapevo e basta)
Non parlavano, ma a quanto pare entrambi pensavano a qualcosa che riguardava l’altro.
Si fermarono alla penombra del portone.
< ci sono! È la loro prima uscita insieme! >
Erano due ragazzi, e sì, doveva essere il loro primo appuntamento.
< non sono terribilmente carini? >
Mi guardò
< carini? O sì, se ti piace il genere melenso. >
< non è melenso, si pensano a vicenda, è solo una cosa carina... >
Rimanemmo in silenzio qualche secondo ad osservarli, Alex mi sussurrò in un orecchio
< secondo te si baceranno? >
Alzai le spalle
< chi può dirlo. Sembra che entrambi stiano pensando di farlo, ma chi troverà il coraggio? >
< di sicuro lui. >
Scossi la testa
< nah, non credo. Sembra uno di quelli timidi... >
< a me non sembra affatto timido, anzi...guarda bene... >
L’aveva presa per mano
Dovevo ammettere che la mia invidia per loro stava raggiungendo livelli assurdi.
Mentre pensavo i due si avvicinarono e si baciarono, lui la sollevò addirittura da terra.
< e una storia comincia... >
Sorrisi
< già, almeno il resto del mondo se lo può permettere... >
Mi guardò serio
< anche tu puoi permettertelo se vuoi...devi solo capire come. >
< già...come... >
 
Tornammo a casa senza aver trovato nulla di rilevante.
Entrando trovammo Monica che parlava con Nicolas mentre sorseggiavano del tè, la scena era alquanto assurda.
< trovato niente voi due? >
< niente, qui come sta andando? >
Monica si voltò a guardare Alex
< stiamo parlando. >
Lui fece per unirsi a loro ma io lo presi per un braccio
“cosa vuoi Nash?”
“tu non hai tatto...lascia che sia Monica a parlare con lui. Scopriremo molte più informazioni, credimi”
Mi guardò
“e noi due che facciamo?”
“qualsiasi altra cosa sia possibile fare”
Iniziò a ridere come un deficiente e anche se quel pensiero me lo aveva oscurato capii benissimo perché lo faceva
“non quello Alex, non quello”
Monica, che intanto stava intraprendendo un’accesa conversazione, si unì a noi
“Smile ha ragione, andatevene da qui, che so, fatevi una partitina a carte...”
Alex annuì, ancora sorridente.
< beh, allora noi andiamo di la...ci vediamo dopo. >
Salutai Nicolas sorridente e seguii Alex.
Probabilmente quella in cui mi aveva portato era la sua camera.
Senza chiedere il permesso mi lanciai sul suo letto e lo guardai da li
< da fastidio? >
Scosse la testa ignorandomi
< o no, fai pure... >
Iniziai a guardarmi intorno, era una camera stranissima;  su ogni centimetro di muro primeggiavano frasi scritte a penna, pennarello, vernice...era la prima volta che vedevo una cosa del genere.
< perché tutte queste scritte? >
< mi piace fermare il tempo...sento una frase, una parola, mi piace e la scrivo; così che niente e nessuno possa portarmela via. >
Stavo imparando più cose su di lui quella sera che in due settimane di frequentazione forzata.
 
Continuavo a leggere frasi quando me lo trovai vicino
< ti dispiace se vado a farmi una doccia? >
Scossi la testa
< no, fai pure. Basta che non rientri nudo. >
Si voltò ridendo e facendo trafelare un pensiero eccessivo
“se, ti piacerebbe”
Mi alzai di colpo gridandogli dietro
< ehi, non è vero! >
Ma era già uscito.
Mi ripoggiai sul letto, aveva scritto frasi anche sul soffitto, era una cosa...carina.
Il suo comodino era pieno di fogli, foglietti e agende, in teoria non avrei mai ficcato il naso tra la sua roba, ma dal momento che sulla copertina di un’agenda vidi scritto il mio nome mi sentii in dovere di dare una controllata.
Sfilai l’agenda facendo attenzione a non far cadere tutto il resto e la aprii iniziando a leggere.
 
“giorno 1.
Avvistata la ragazza, mi chiedo come possa essere lei la Mediana, è così, così...così poco Eterna.
Ho quasi l’impressione che Adam si sia sbagliato. Non può assolutamente essere lei.”
 
“giorno 2.
Ho cercato di parlarle, è una fottuta cinica. Per poco non mi ha picchiato. Non oso pensare a cosa può succedere nel pieno della sua trasformazione”
 
Sinceramente non ricordavo di aver mai provato a picchiarlo, continuai a leggere interessata.
 
“giorno 3.
Oggi più che mai ho avuto l’impressione di notare qualcosa di diverso in lei. Sento che la trasformazione è iniziata. Vedo i cambiamenti ogni giorno che passa. Speriamo bene”
 
Andava avanti così per un bel po’ di giorni, ma ciò che mi colpì e insieme ferì di più fu il giorno 28.
Lo rilessi parecchie volte.
 
“giorno 28.
Smile è una fottutissima idiota.
Non solo non è affatto come dovrebbe essere, si permette anche di usare toni con me che non sopporto.
Non ho mai conosciuto una persona più insopportabile di lei,non  so come facciano i suoi amici a starle tanto vicino senza parlare male di lei tra loro.
Oggi ha superato ogni limite, mi ha addirittura cacciato fuori di casa perché le avevo detto la verità. È una pazza.
Qual è la verità? Il tizio con cui dovrebbe uscire ci prova con tutte dall’era dei tempi, inutile dire che per lui non fa differenza se una ragazza è bella o terribilmente brutta.
E la verità su Smile?
Non è questa bellezza, oserei dire che è brutta dentro.”
 
Dire che rimasi paralizzata con l’agenda tra le mani fu poco.
Era l’ultima cosa che Alex aveva scritto, e risaliva a pochi giorni prima, quando lo avevo cacciato dalla stanza pensando che scherzasse su ciò che sarebbe successo a Liam se la nostra  fosse continuata.
Chiusi il quaderno e lo rimisi dov’era.
Non sapevo se essere più arrabbiata o più ferita, se avere l’impellente bisogno di piangere o di urlare e spaccare tutto.
Sentii i passi di Alex raggiungere la camera.
Aprì la porta in mutande e si diresse verso l’armadio, tirò fuori i vestiti e li indossò.
Raggiunse il letto e si sedette accanto a me.
< che facciamo? >
< facciamo che io me ne vado e tu non ti fai più vedere. >
Lo guardai, e lui capì.
Guardò il quaderno che avevo rimesso a posto, mi guardò di nuovo
< Smile ti posso spiegare... >
< peccato che io non voglia più sapere niente da te. >
Mi posò una mano sulla spalla
< ti prego aspetta. >
Mi scostai bruscamente
< non ti azzardare a toccarmi di nuovo, o questa volta ti picchierò sul serio. >
Mi alzai ed uscii dalla camera.
Andai in salotto dove Monica stava ancora parlando con Nicolas, mi sentì arrivare e si voltò dopo aver letto la mia mente come fosse un libro.
< rimani tu qui, io vado di la. >
Annuii senza guardarla negli occhi.
Mi misi seduta al suo posto, Nicolas mi stava guardando.
< va tutto bene? >
Lo guardai e scoppiai a piangere.
Mi coprii gli occhi con le mani iniziando a ripetere
< scusa sono deficiente, va tutto bene, va tutto bene. >
Si avvicinò come se fosse mio amico da sempre, si inginocchiò davanti a me
< vuoi parlarmene? >
Mi asciugai gli occhi guardando in alto e scossi la testa
< no, meglio di no... >
< posso fare qualcosa per te? >
Rimasi a guardarlo continuando a ripetermi di non ricominciare a piangere, non potevo farlo, non lo dovevo fare per me stessa.
Mi abbracciò, e fu strano, essere abbracciata da una delle persone che avrebbe dovuto volermi morta.
 
Quando mi lasciò mi ero calmata
< grazie... >
Alzò le spalle
< di niente, te lo devo, mi hai salvato la vita. >
< tu l’hai salvata a me...perchè? >
Mi guardò negli occhi
< perché penso sia sbagliata questa ostilità e tu, infondo, sei colei che dovrebbe mantenere l’ordine, non quella da fare fuori. >
Annuii
< grazie di tutto allora. >
Monica rientrò in salone
< Smile... >
Mi voltai
< stasera dovresti dormire in camera di Alex, ti crea problemi? >
Annuii
< credo proprio di sì, preferirei dormire per terra circondata da tarantole. Ma se è necessario lo farò. >
Lei annuì
< lui però dovrebbe rimanere in camera... >
Mi alzai
< tranquilla farò finta che non esiste, lo dovrò fare per così tanto tempo che cominciare subito non mi farà male. >
Mi voltai verso Nicolas
< buona notte. Per qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. >
Sorrise
< anche tu. >
 
Tornai in camera di Alex, mi stava aspettando in piedi.
Puntai dritta verso il letto senza neanche guardarlo, mi ricordai di non aver preso neanche il pigiama uscendo di casa.
< puoi prendere una mia maglietta. >
“preferirei dormire con una pelliccia d’ortiche”
Sperai che il pensiero avesse raggiunto il destinatario.
< Monica, non è che potresti prestarmi una tua maglietta? >
Aspettai la risposta dalla camera accanto
< certo, te la porto subito. >
Mi lasciò sul letto una maglietta bella larga e un paio di pantaloncini, la ringraziai e mi diressi verso il bagno
< se serve esco io. >
Non gli risposi.
Dopo essermi cambiata entrai in camera, mi infilai nel letto che grazie a dio era molto distante da quello di lui e cercai di addormentarmi il più in fretta possibile, cosa che non mi riuscì affatto bene.
Chiudevo gli  occhi sperando di cadere in trans ma non accadeva nulla, i minuti passavano e diventavano ore.
Piano, piano tutte le luci della casa si spensero e venni inglobata dal buio totale.
Forse a quel punto sarei riuscita ad addormentarmi.
< dormi? >
Mi sforzai di non rispondergli male, non  parlai
< Smile lasciami spiegare. >
Cosa insisteva a fare? Cioè, cosa voleva ancora da me? Rimanevo li solo perché ero costretta a farlo, l’indomani sarei tornata a casa mia anche a costo di battermi contro tutti i Bruni del paese.
< Smile non dire stronzate e lasciami spiegare. >
Dal momento che stavo in silenzio non gli stavo mica impendendo di parlare. Che parlasse allora. Tanto a me non cambiava nulla.
< ho scritto quelle cose senza pensare, ero arrabbiato, infastidito, ferito...e non mi aspettavo di certo che tu un giorno le avresti lette. >
Ferito, e da che?
C’è, mi aveva dato in poche parole della cessa insopportabile e quello ferito era lui?
Qui qualcuno stava confondendo i ruoli, probabilmente aveva sbagliato copione e stava leggendo la mia di battuta.
< cazzo Smile, smettila di pensare ste cose. Sto parlando sul serio. >
< non sono neanche più libera di pensare? O allora la cosa è grave... >
< beh, almeno mi hai risposto... >
< non ti ci abituare. >
Lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa.
Mi stavo iniziando a fidare di lui, e un colpo così basso e di così basso livello non me lo aspettavo proprio.
< ma tu devi fidarti di me. Non penso ciò che ho scritto. >
< beh, io questo non lo so e non mi interessa saperlo ora. >
sentivo che era più vicino, probabilmente si era alzato e stava vagando per la stanza.
 
Rimanemmo in silenzio per minuti.
Lo sentivo camminare, era tutto tranne che silenzioso, sembrava...a sì, un elefante in calore.
Di botto disse
< la vuoi sapere la verità? >
< no. >
< beh io te la dico ugualmente. >
Cosa me lo chiedeva a fare se poi faceva di testa sua? Mistero.
< la verità è che tu sei la ragazza più insopportabile dell’intero universo! >
Mi alzai di botto
< senti chi parla...hai mai registrato la tua voce o ti sei mai specchiato? Sei uno stronzo come pochi! >
Tentativo di fare pace, appena fallito.
Rimanemmo entrambi a guardarci al buio, riuscivo a vedere a sua espressione arcigna
< bene! >
Mi si indurì la mascella
< bene! >
All’unisono ci demmo le spalle.

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Capitolo 12
*** 11 ***


 
Il mattino seguente aprii gli occhi al solito orario con la differenza che non ero nel mio letto ne tantomeno nella mia camera.
Avevo addosso quella strana sensazione di ovattato, quella sensazione che si sente il mattino dopo che il tuo mondo è esploso, quando sei ancora presa dal sonno e non ti rendi conto.
Poi mi resi conto, e mi salì la bile.
Di una cosa ero sicura, odiavo Alex. Lo odiavo con tutto il cuore.
E ora stava dormendo, lo sentivo respirare.
Mi alzai facendo il più piano possibile (in realtà avrei fatto correre una carovana di bisonti in quella camera solo per svegliarlo ma dovevo andare via di li senza che lui se ne accorgesse).
Presi i vestiti ed uscii dalla camera per andare in bagno a cambiarmi.
Forse stavo diventando brava; mi ero preparata senza svegliare nessuno ed ero perfino arrivata in salotto senza sentire neanche i miei passi.
mi voltai verso il divano, mi aspettavo di vedere Nicolas, ma lui non c’era.
< che ci fai qui? >
Mi voltai di soprassalto
< Nicolas...ma, cosa stai facendo? >
Mi guardò
< penso quello che stai facendo tu... >
Annuii
< scappare da tutto e da tutti...già, bella prospettiva. >
Sorrise
< tu dove vai? >
< spero a casa mia...a meno che non sia stata distrutta questa notte. >
< ti accompagno, dai andiamo. >
Uscimmo insieme dalla porta senza fare il minimo rumore e una volta fuori scendemmo le scale di corsa.
< perché te ne sei voluta andare così presto? Ieri sera è successo altro? >
Lo guardai
< è una domanda trabocchetto, lo so che si è sentito tutto, le urla e tutto ciò che ci siamo detti. >
Annuii
< sì, effettivamente si è sentito. Ma lui si meritava tutto. >
Annuii senza rispondere.
 
Arrivammo a casa intorno alle 7, sembrava tutto a posto.
Entrai dalla finestra che era rimasta aperta la sera prima e Nicolas mi seguì.
< devo controllare che sia tutto ok e che non ci siano...ma se vuoi tu puoi andare. >
alzò le spalle
< ti do una mano. Meglio in due. >
Attraversammo la casa passo, passo senza trovare niente di niente, e cosa più importante, nessuno.
Ci sedemmo sul divano,sentii Mollica miagolare dalla cucina e mi prese un rimorso da paura.
Nicolas mi guardò
< che è successo? >
< ieri sera, quando siamo andati via, non ho pensato a Molli. >
Mi guardò stranito
< Molli? >
Entrai in cucina e la trovai in un angolo, mi guardò con sguardo riprovevole, si era accorta che c’era qualcosa che non andava.
La presi in braccio ed iniziò a fare le fusa, tornai in salotto.
< lei è Mollica e ieri sera, con il trambusto che c’è stato, ho dimenticato di prenderla con me. >
Mi sedetti sul divano e lasciai che lei andasse a conoscere il nuovo arrivato.
Inizialmente pensai che gli avrebbe soffiato, insomma, era un Bruno; invece iniziò a strusciarsi sulle sue gambe come se lo conoscesse da sempre.
< che bella che è...veramente stupenda, ma come la padrona d’altronde. >
Lo guardai seria
< stai cercando di non farmi credere a ciò che ho letto ieri? >
Alzò le spalle
< in un certo senso, ma sto solo dicendo la verità. >
Mi poggiai di peso sullo schienale del divano
< non lo so, sinceramente non lo so. >
Sentivo che mi stava fissando, mi voltai ed incontrai il suo sguardo
< tu credi a lui? >
Alzai le spalle
< forse sì...insomma, è un parere come un altro. >
scosse la testa
< non è un parere come un altro Smile, è il parere di una persona che a quanto percepisco per te era importante, o quantomeno lo stava diventando. >
Non risposi, diciamo solo che quella affermazione mi colpì.
Sinceramente sì, mi aveva fatto male leggere quelle cose, ma non è che mi ero soffermata a pensare troppo a colui che le aveva scritte; avevo solo pensato ad ucciderlo, non a chiedermi il perché di tanto astio.
 
Passammo il resto della giornata chiusi in casa.
Ricevetti un paio di telefonate da Laby e Kay; Monica mi aveva scritto circa 20 messaggi solo per accertarsi che fossi io e non qualcun altro e per sapere se sarei tornata li quella sera, domanda a cui ovviamente non risposi.
Nicolas era rimasto con me tutto il giorno e, dal momento che avevo vietato ai miei due migliori amici di venirmi a trovare dal momento che la zona stava diventando troppo pericolosa, la cosa mi fece alquanto piacere.
Stavamo guardando la televisione quando improvvisamente me ne uscii con una domanda assurda
< com’è essere un Bruno? >
Mi guardò stupito
< intendo...come ci si deve comportare? >
Alzò le spalle cercando le parole esatte
< non credo ci sia niente di particolare, a parte che non rimaniamo mai troppo tempo nello stesso posto. Sai, di solito siamo perseguitati da voi. >
Mi sentii terribilmente in imbarazzo
< mi dispiace...io... >
< o, non dispiacerti. Tu rischi la vita ogni minuto che passa. So come ci si sente, fa schifo. >
Annuii
< sì, fa veramente schifo. >
 
Improvvisamente sentii una presenza dietro di me, non feci in tempo a voltarmi che finii a terra sbattendo la testa contro il tavolo.
Mi alzai, con la nausea, ma mi alzai.
Avevo davanti qualcuno che non conoscevo, qualcuno che ora stava fronteggiando Nicolas.
< togliti dai piedi ragazzo, il piano è riuscito, te ne puoi andare. >
Nicolas rimase immobile
< qui non c’era nessun piano...io non sto con voi, dovreste averlo capito ormai. >
Sentii un’altra voce
< Nicolas, vattene! E questo è un ordine. >
Non si mosse e qualche secondo dopo era a terra.
Ok, forse non erano solo due, erano tre e mi fronteggiavano, ed erano cazzi.
< eccola qui, la mediana. Ti hanno lasciata sola ragazza? >
Non risposi
< poco male, sarà una cosa veloce. >
Ecco che cominciava la parte in cui le davo e le prendevo come non mai.
Essendo in tre loro e una io era difficile che io rimanessi illesa.
Presi non so quanti pugni e quanti calci, picchiai duro anche io, ma con scarsi risultati.
Con la coda dell’occhio vidi Nicolas che si stava rialzando; uno dei tre andò verso di lui e lo bloccò, contro di me ne erano rimasti due.
Mi distrassi e diedi il tempo ad uno dei due di prendermi per il collo e sollevarmi da terra.
< preferisci una morte veloce o lenta?? >
Cazzo di domanda era!
< a, ma tranquilla, non importa. Dal momento che sei indecisa e nessuno qui vuole decidere per te, deciderò io. >
Strinse la presa, portai le mani alla gola e cercai di allentare la sua presa.
Sentii Nicolas urlare
< lasciala, ho detto di lasciarla! >
Un colpo mi disse che lo stavano stordendo alquanto pesantemente.
 D’improvviso quello mollò la presa, all’inizio non capii, poi riconobbi di sfuggita lo sguardo di Alex.
< Smiel vattene da qui! >
Lo guardai per due secondi mentre combatteva contro tutti e tre, non ce l’avrebbe mai potuta fare.
Nicolas era ancora a terra, mi avvicinai a lui e poggiai due dita sul suo collo.
Era ancora vivo.
< ehi mediana. >
Mi voltai in tempo per schivare un calcio.
Mi lanciai contro l’aggressore e dopo qualche secondo lo stordii.
Alex era ancora impegnato con gli altri due e non potevo certo dire che stesse in vantaggio.
 
Vidi Nicolas che si stava alzando da terra, mi avvicinai a lui per sorreggerlo, ma non feci neanche in tempo a raggiungerlo che sentii un tonfo assurdo.
Alex era volato contro il bancone di marmo della cucina e aveva sbattuto la testa.
Uno dei due Bruni era a terra, l’altro però si stava avvicinando a lui con fare minaccioso.
Lo sollevò da terra e lo incollò alla parete premendo il palmo della sua mano sulla sua testa, gliel’avrebbe fracassata nel giro di pochi secondi.
Non ci vidi più.
Ignorai i pensieri che mi stava trasmettendo.
Con un salto quasi felino presi il Bruno alle spalle e gli ruppi l’osso del collo con una botta secca.
Il corpo di quello scivolò a terra e con quello anche Alex.
I due compagni di quello si stavano rialzando barcollanti, mi voltai con sguardo assassino
< se non volete fare la stessa fine prendete il corpo del vostro compagno e andatevene...dite che è un messaggio che manda la mediana. >
Stranamente non se lo fecero ripetere due volte, avevo l’impressione di aver ucciso il capo della spedizione.
Mi inginocchiai vicino ad Alex, era a dir poco distrutto.
Mi stava guardando con un misto di rabbia e tenerezza che non capivo.
In teoria io dovevo essere furiosa con lui, ma in quel momento proprio non mi riusciva.
< hai qualcosa di rotto? >
< fai prima a chiedermi se ho qualcosa di intero. >
Lo aiutai ad alzarsi, Nicolas ci stava guardando dall’altra parte della stanza
< è meglio che tu vada...non sei più al sicuro qui Nicolas. Ci vediamo. >
Annuii
< grazie Smile. Ci vedremo ma mi assicurerò di non metterti nei guai. >
Se ne andò e dentro quella che non sembrava neanche più una casa rimanemmo solo io e Alex.
lo feci sedere sul divano e andai a prendere del ghiaccio e dell’alcol.
Tornai e lo trovai in piedi.
< cosa stai facendo? >
< me ne vado. Non merito tutto questo. >
 
 
Rimasi a guardarlo qualche secondo poi gli diedi una spinta e lo ributtai sul divano
< ma stai zitto... >
Si lasciò disinfettare le ferite più evidenti senza fiatare, però continuava a fissarmi il che alla lunga mi infastidiva
< smettila di fissarmi così... >
Il suo sguardo non cambiò
< così come? >
Lo guardai
< così come stai facendo, mi metti sotto pressione. >
Il fatto che non cambio nulla mi fece sorridere
< niente è, non ci arrivi... >
< non mi sembra che io mi stia comportando in modo molto diverso da ciò che faccio di solito... >
Lo guardai di nuovo, allungai una mano e gli chiusi gli occhi.
< ecco, così va molto meglio. >
A quel punto riuscii a disinfettargli anche il taglio che aveva sull’occhio senza tanti problemi.
Di colpo lo sentii tremare, mi scivolò il batuffolo di cotone.
< fa male? >
Riaprì gli occhi di colpo e mi fissò con sguardo vitreo.
Gli presi il viso tra le mani iniziando ad avere paura
< Alex, Alex che cos’hai...dimmi qualcosa, Alex... >
Ero addirittura sul punto di piangere e continuavo a ripetermi che non era possibile che stesse così, che non c’era spiegazione.
Mi prese le mani e sorrise
< stavo solo scherzando... >
Mi scivolò una lacrima nell’incavo del naso
< sei un coglione. >
 
Erano solo le 9:30 ed entrambi avevamo già rischiato di morire.
La prima cosa che facemmo fu chiamare Monica e farla venire da noi, più eravamo insieme e meglio era.
Appena arrivò ci guardò entrambi in volto
< conciati male, ma almeno avete avuto la meglio...chi ha ucciso? >
Alzai la mano e lei si accigliò
< così presto? >
Alex annuì
< la paura fa fare grandi cose... >
Monica annuì
< sì, la paura... >
Io e Alex ci guardammo senza alcun motivo apparente e Monica guardava noi
< beh, l’importante è che state bene...e il tuo amico Smile? >
Alzai le spalle
< è andato via, l’ha scampata bella. Ma qui non era di certo al sicuro. >
Annuì
< ok...allora, vogliamo rimanere qui o tornare a casa nostra? >
Li guardai entrambi
< se non vi dispiace io vorrei rimanere un po’ qui a rimettere a posto, non voglio che mio padre trovi questo casino quando torna. >
Monica stava per ribattere che non dovevo neanche pensarla una cosa del genere ma Alex intervenne
< rimango io con lei. Insieme sarà più sicuro. >
Non dissi nulla e Monica accettò.
 
Rimanemmo di nuovo soli a rimettere a posto quello che non sembrava neanche un salotto.
C’erano vetri per terra di ogni grandezza e con molte probabilità avevamo azzoppato il tavolo.
< come spiegherai questo a tuo padre? >
Scossi la testa
< la mia idea era pregare affinchè non se ne accorga proprio. >
Sorrise
< provaci, magari riesce. >
Mi lasciai scivolare a terra e mi sdraiai sulla parte già pulita di parquet
< basta, sono stanca. >
Mi si avvicinò
< se è per questo anche io...ma non possiamo mica lasciare tutto così. >
< pausa... >
Si sedette accanto a me
< vada per la pausa. >
Rimanemmo in silenzio qualche minuto; non riuscivo a credere che nel mio salotto era appena stato ucciso un uomo, Bruno, ma sempre un uomo.
Alex di tanto in tanto mi guardava ma io cercavo di non rispondere al suo sguardo, quel giorno mi metteva nervosismo.
Si sdraiò accanto a me ed iniziammo a guardare il soffitto.
< interessante, hai un bel soffitto. >
Sorrisi
< grazie... >
Dopo qualche altro minuto di silenzio Alex se ne uscì con una domanda assurda
< mi ripeti di nuovo perché mi hai salvato la vita? >
Evitai di nuovo di guardarlo
< perché ti voglio bene... >
< allora abbiamo un problema. >
a quel punto mi girai ed incontrai i suoi occhi
< quale sarebbe il problema? >
I suoi occhi erano indecifrabili.
< il problema è che mi sono innamorato di te. >
rimasi sconvolta, non dissi nulla e probabilmente gli lanciai un messaggio più che sbagliato continuando a mantenere il suo sguardo.
Mi si avvicinò e mi baciò.
Ok, non potevo dire di non provare niente, ma oltre al brivido sulla colonna vertebrale ciò che provavo era stranezza, non mi sentivo neanche io.
Anzi, non ero io.
Cazzo, stavo baciano Alex Skorny, quel Alex Skorny.
Si staccò lentamente ricominciando a fissarmi negli occhi. La mia faccia doveva essere alquanto assurda perché cambiò espressione
< che c’è? >
Scossi la testa
< niente...è solo che  >
Annuì guardando il soffitto
< è solo che è strano. >
Annuii anche se lui probabilmente non mi vide.
< ora capisci perché non sopportavo l’idea che tu uscissi con Liam... >
Sorrisi
< non era anche perché non volevi che morisse? >
Scosse la testa
< ma ti pare. >
Rimanemmo un po’ in silenzio, silenzio nel quale io evitai di pensare.
< cosa facciamo ora? >
Alzai le spalle
< direi di ricominciare a pulire... >
Sentii i suoi occhi azzurri che mi fissavano
< no, intendo, cosa facciamo con noi... >
Risposi allo sguardo
< a, quello... >
Vidi la speranza sparire nel suo sguardo a poco a poco
< non lo so Alex. Io... vorrei poterti dire che sono pronta a provare...ma in realtà non lo sono. Potremmo, beh, potremmo vedere come va e basta. >
Annuì
< ok... >
Si alzò da terra pulendosi i pantaloni
< finiamo di mettere a posto e andiamocene, questo continua a non essere un posto sicuro. >
Annuii ed iniziai ad aiutarlo.

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Capitolo 13
*** 12 ***


 
Tornammo a casa sua senza tornare sull’argomento “noi”.
Monica ci stava aspettando leggendo un libro sul divano; quando entrammo non alzò neanche la testa dalle pagine.
< è a posto la casa? >
< sì, sembra tutto ok. >
< e voi, state apposto? >
Io e lui ci guardammo, rispose
< sì, è tutto ok. Ma siamo distrutti. >
Continuò a non staccare gli occhi dal libro
< beh, tranquilli, andate pure a dormire. Non vi disturberò, tanto sono solo le 11 del mattino. Fate con comodo. >
Alex mi mise una mano dietro la schiena e mi spinse verso la porta che conduceva alle camere da letto.
< scherzavi quando dicevi che sei stanco? >
Scosse la testa
< no...sto veramente crollando. >
Effettivamente non aveva una bella cera, ma evitai di dirglielo.
< vabbè, allora magari io vado di la con Monica...riposati un po’. >
Feci per andarmene ma lui mi prese per un polso
< no aspetta, rimani un po’. >
Sinceramente non sapevo che fare
< scusa, ma che dovrei rimanere a fare? Tanto devi dormire... >
Alzò gli occhi al cielo e sorrise
< ah...Smile, Smile...blocchi ogni tipo di romanticismo. >
Probabilmente diventai rossa, lo sentivo quel calore sulle guance che per me era innaturale.
Mi lasciò la mano e si sdraio sul suo letto facendo sprofondare la testa dentro al cuscino; cercai di sembrare più disinvolta possibile.
Mi sedetti al bordo del letto, aveva gli occhi chiusi ma sapevo che era come se mi stesse guardando.
< sono sveglio sa... >
< lo so, non c’è bisogno che me lo specifichi. >
< hai una voce piacevole quando fai la cinica. >
Sorrisi
Non sapevo assolutamente comportarmi, o almeno, non sapevo comportarmi con lui.
C’era qualcosa che mi frenava, che non mi faceva venire nulla spontaneamente e ciò mi innervosiva parecchio.
< forse ti frena il fatto che io sia così bello. >
Sgranai gli occhi, lui aprì un occhio e mi guardò
< ora in teoria arriverebbe la parte in cui mi dici che sono un cretino. >
Rimasi a guardarlo
< non ci riesco...non riesco a darti del cretino. >
Si tirò su e mi si avvicinò
< che intendi dire che non ci riesci? >
< non riesco ad insultarti come faccio normalmente. Non ci riesco. Non lo so, c’è qualcosa che mi blocca. >
Sentii di essere sul punto di mettermi a piangere, il problema è che non sapevo perchè, sentivo solo le lacrime che piano, piano si avvicinavano, fino ad iniziare a scendere lungo le guance.
 
Lui mi guardava stranito, allungò una mano e mi asciugò una lacrima.
< ma perché piangi? >
scossi la testa
< non lo so. >
Lo vedevo leggermente preoccupato, ma anche io ero preoccupata di me stessa.
< mi abbracci? >
Mi cinse tra le sue braccia ed io continuai a piangere, vergognandomi tantissimo.
< che ti sta succedendo? >
< ho paura... >
< di che hai paura? >
< ho paura di non riuscire a sostenere tutto...oggi ho ucciso un uomo, un bruno...ma era comunque un essere umano. Ora, con te, ho paura che non funzioneremo, che andremo alla deriva. Che saremmo troppo presi da non riuscire a proteggerci... >
Sentii la presa stringersi
< tu devi stare tranquilla. Io sono qui per proteggerci, che noi stiamo insieme o non stiamo insieme. Non ha importanza. Io sarò qui per te comunque. >
Mi allontanai da lui e lo guardai negli occhi
< grazie. >
Mi guardò con due occhi da micio che mi si strinse lo stomaco, l’istinto fu di baciarlo mi trattenni e non seppi neanche perché
“cazzo Smiel non ti trattenere”
Ancora quello sguardo da gatto che mi spinse ad avvicinarmi a lui, a poggiare la mia bocca sulla sua.
 
Ok riuscivo a sentire la sua soddisfazione arrivare alle stelle.
Continuava a guardarmi con occhio malizioso gongolandosi tra se
< così soddisfatto?? >
< mmm..direi di sì... >
alzai un sopracciglio
< e perché, se posso chiedere... >
< non so se ti risponderò... >
Lo guardai male e lui scoppiò a ridere
< beh...hai appena ammesso che ti piaccio...c’è, mi hai baciato tu...è un passo avanti per una che è così testarda da negare anche l’evidenza.... >
< e quando l’avrei ammesso?? >
Alzò le spalle
< beh...ora... >
Scossi la testa
<  ah no, non lo dico. >
Mi guardò tranquillamente senza batter ciglio
< invece si che lo dici... >
< direi di no... >
Si alzò in piedi e mi si avvicinò
< se pensi che minacciandomi riuscirai ad ottenere ciò che vuoi ti sbagli... >
Prima che potessi evitarlo mi prese per una caviglia e mi tirò su, mi teneva con una mano sola a testa in giù
< allora...me lo dici... >
< no...è inutile... >
< ok...allora se rimango così per un quarto d’ora circa non ti crea problemi...no? >
Scoppiai a ridere
< non riuscirai a tenermi per un quarto d’ora così... >
< vedremo... >
Ci voltammo entrambi verso la porta, era Monica
< non vorrei interrompere questo allegro teatrino, ma il pranzo sarebbe pronto...sempre che qualcuno qui possa mangiare... >
Mi lasciò a terra
< arriviamo... >
Mi ritirai su e mi pulii i pantaloni
< allora non me lo vuoi proprio dire... >
< te lo devi guadagnare... >
Mi sorrise, lo precedetti in cucina.
 
 
Non mangiai nel vero senso del termine, è più esatto dire che mi strafogai come non avevo mai fatto in vita mia
< tu mi spaventi Smiel...mi spaventi... >
Lo guardai male
< ti ricordo che oggi ho ucciso un uomo, ho bisogno di energie io! >
Scosse la testa
< ecco un’altra cosa che mi spaventa...c’è, hai ucciso un uomo e ci scherzi anche. >
Rimasi immobile a fissare il piatto
< ti ricordo che se io non avessi ucciso lui quello morto saresti tu. >
Alzo le spalle in segno di resa
< effettivamente è vero. >
Monica ci osservava in silenzio, spostando lo sguardo da me a lui.
< che c’è Monica? >
< niente Alex, assolutamente niente. >
Capivo che c’era qualcosa che lei doveva dire a lui ma che io non potevo sentire.
Mi alzai urlando
< vado in bagno. >
Corsi via dal salone e mi chiusi la porta alle spalle appoggiando l’orecchio alla parete;
ok, ero uscita per permettergli di parlare, ma ciò non voleva dire che non avrei ascoltato.
 
“l’hai baciata vero...”
“cosa te lo fa pensare?”
“o...non so, forse il fatto che stai pensando a questo da tutto il pranzo??”
 
Veramente stava pensando a quello durante il pranzo? Ed io che non me ne ero minimamente accorta!
 
“ci trovi qualcosa di male Monica?”
“no, assolutamente, e lo sai bene! Sono stata io a convincerti a provare”
“sì, ma arriva alla parte di cui non sei convinta...”
“ho solo paura che entrambi resterete delusi; far convivere i rapporti personali cercando di salvare le proprie vite ogni giorno non ha nulla di romantico”
 
Ok, le davo assolutamente ragione. Però, perché non tentare?!?

“però perché non tentare?”
“infatti state tentando...spero solo che vada bene”
 
Aprii la porta e tornai in salone, mi sedetti come se nulla fosse ed iniziai a bere.
Sentivo che mi stavano fissando, alzai lo sguardo
< pensi veramente che non ci accorgiamo di quando origli le nostre conversazioni? >
Alzai un sopracciglio
< beh, stavate parlando di me. >
Monica scoppiò a ridere
< oltretutto non sei neanche un minimo in imbarazzo...o, sei una pazza. >
 Mi arrivò un calcio da sotto il tavolo, guardai male Alex
< è un gesto d’amore. >
Gli tirai un orecchio

Scoppiai a ridere notando a sua espressione, Monica si alzò
< bene, io vado a lavare i piatti. A dopo ragazzi. >
Mi alzai anche io
< il letto mi sta chiamando... >
< ehy, io non lo sento! >
< ma come no Alex...non senti? “Smile, Smile corri...” >
Saltellai fino alla camera da letto e mi lanciai sul materasso di peso
< ma come siamo leggiadri... >
< mi chiamano farfalla... >
Si sedette sul bordo del letto e mi poggio una mano sulla schiena, iniziò a tamburellare le dita, di quel passo mi sarei addormentata di botto.
< se fai così dormo subito... >
< ok, allora dormiamo insieme... >
Sì, come no. Ok, mi aveva baciata ma il letto rimaneva il mio.
< quanto sei spregevole...solo per avere il letto tutto per te. >
< già... >
Sorrise
< vabbè, un po’ ti puoi mettere vicino a me... >
Gli feci spazio, si mise accanto a me, mi baciò la fronte.
< sei proprio un Casanova...niente da fare... >
Si girò di pancia ed iniziò a guardare il soffitto
< mi pare ovvio, con la mia bellezza cos’altro potrei essere? >
mi poggia alla sua spalla
< non so, io ti vedrei bene a ripulire le spiagge... >
< intendi il bagnino...o sì, certo, vorresti vedermi in costume, sudato, con l’abbronzatura perfetta... >
Scoppiai a ridere
< sudato proprio no...chi ti toccherebbe tutto sudato... >
< ora non sono sudato è... >
Mi alzai sui gomiti
< dici? >
Girai la testa di lato
<  dico... >
sorrise, bel sorriso Alex, stava per ottenere ciò che voleva...
< cosa vorresti di preciso? >
fece finta di pensarci
< forse un bacio? >
divenni seria
< prova a chiederlo per favore... >
< mi baci per favore... >
era diventato serio anche lui.
Mi sporsi in avanti e toccai le sue labbra.
Mi abbraccio affondando i denti nel mio labbro inferiore
< fai male... >
< l’amore fa male... >
scoppiai a ridere
< cretino >
Ci staccammo sorridendo, mi poggiai su di lui e mi addormentai di sasso.
 
Mi svegliai circa due ore dopo, Alex era sveglio ma immobile per non svegliare me
< giorno... >
< giorno mostro... >
Mi tirai su
< ci facciamo i complimenti?? Allora sei uno carciofo! >
Sgranò gli occhi
< troia! >
< puttaniere! >
Mi tirò a se con così tanta foga che cademmo dal letto.
< ahia...ma quanto pesi Smiel? >
scossi la testa
< non te lo dirò mai...e non tanto visto che prima mi hai tirata su dalla caviglia... >
Eravamo diventati così dolci nell’arco di poche ore; cosa altamente improbabile per una come me.

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Capitolo 14
*** 13 ***


Il giorno dopo tornammo a scuola, dire che Laby e Kay erano furiosi sminuiva la realtà.
Non mi rivolsero la parola per mezza giornata, e la cosa si complicò quando raccontai a Laby ciò che era successo con Alex.
< e me lo dici così? Sono la tua migliore amica Smile! La tua migliore amica! >
< lo so...ma come te lo dovrei raccontare? >
< avresti dovuto chiamarmi ieri! È una cosa importante! >
< ti ricordo che quando ti sei baciata con Kay io non l’ho saputo esattamente subito... >
< sì, ma qui si tratta di te e di Alex...è un evento! Mi sento tradita ecco. >
Scossi la testa e ritornai a guardare il mio quaderno dei compiti
< e non far finta di studiare! Smile! >
Mi stava facendo alterare
< o senti Laby, ora lo sai ok?!? Ieri è stata una giornata tremenda, ho rischiato nuovamente la vita, ho ucciso un uomo e sì, io e Alex ci siamo baciati. Ma sinceramente mi sembrava la cosa meno importante! >
Rimase in silenzio a fissarmi, poi si alzò e se ne andò imbronciata.
Poggiai la schiena contro il muro del corridoio con forza, non ne combinavo una giusta.
 
< quindi, non ti sembrava una cosa importante...giusto? >
Alzai lo sguardo
< sai che non intendevo questo... >
si sedette e mi passò un braccio intorno alle spalle
< lo so, lo so. Però devi capirla, lei non è abituata a tutto questo. >
Alzai gli occhi al cielo
< perché io sì, vero... >
< tu però ci devi convivere per forza, lo devi accettare; lei si sente estranea a tutto questo e forse ti sente lontana per la prima volta in tutta la vostra amicizia. >
Annuii
< forse hai ragione. >
< io ho sempre ragione. >
Scoppiai a ridere
< non è affatto vero che hai sempre ragione. E comunque oggi non sono dell’umore giusto per sopportare i cambiamenti di umore altrui. >
Strinse la presa sulla mia spalla
< quand’è che saresti dell’umore giusto? >
Stavo per rispondergli che era un cretino quando mi sentii chiamare da lontano
< Smile! Ehi, Smile! >
Mi voltai di scatto, era Liam.
Mi allontanai da Alex per raggiungere Liam raggiante, mi abbraccio
< allora? Come stai? >
Scesi dall’abbraccio
< io bene e tu? Non saresti dovuto, ecco, partire? >
Lui sorrise annuendo
< sì però sono riuscito a convincere i miei ad aspettare la fine dell’anno, partirò a giugno. >
Questo voleva dire che sarebbe rimasto per altri 3 mesi in città.
Sentii Alex avvicinarsi, infilò la sua mano nella mia e strinse la presa
< ciao Liam, ben tornato dovrei dire...ti fermi molto? >
< già, altri 3 mesi... >
Lui sorrideva, Alex decisamente no.,
Liam non fece caso alle nostre mani unite, probabilmente era sempre del parere che io e Alex fossimo migliori amici, deduzione alquanto sbagliata.
< ora Smile devo andare, ci vediamo è. Non sprechiamo questi 3 mesi. >
Mi carezzò una guancia e se ne andò sorridendo.
Appena sparì dall’altra parte del corridoio Alex lo scimiottò
< non sprechiamo questi 3 mesi... >
< piantala Alex... >
Mi guardò
< piantarla? E perché? Forse perché il tuo ex è appena tornato in città e già pensa che può ricominciare tutto con te? >
Strabuzzai gli occhi
< non l’ha mia pensato... >
era arrabbiato
< questo lo dici tu, e di certo non è che tu gli abbia smentito il pensiero. >
< io? E ora che ho fatto io? >
Lasciò la mia mano
< ma non so, gli sei corsa incontro, l’hai abbracciato, ti sei fatta toccare... >
Feci un passo indietro
< ma tu i rapporti umani come li vedi? Cazzo ma con gli amici come ti comporti? >
< non così...non mi metto a fare così con tutte le amiche che ho, ma se vuoi comincio >
Scoppiai a ridere
< chi te lo ha mai proibito, lo puoi fare quanto vuoi. >
< bene, allora vorrà dire che comincerò. >
Lo guardai con aria di sfida come per dire “dai, voglio proprio vedere cosa fai”.
< ora vado in classe ciao. >
si girò e se ne andò.
Lo odiavo, quando faceva così lo odiavo proprio.
Anche per quel giorno avevo litigato con tutti, dal primo all’ultimo della mia lista.
 
All’uscita non incontrai nessuno, me ne tornai a casa mia, non avevo per niente voglia di andare da Alex e Monica visto come si era comportato Alex prima.
Ero quasi arrivata a casa quando mi sentii tirare per un braccio dietro ad un cespuglio sul viale.
< ehy! >
< scusa Smile, non potevo farmi vedere. >
< Nicolas! Come stai? >
Lo abbraccia, poi mi accorsi che era ricoperto di sangue
< ok, cambio domanda, che ti è successo? >
Mi guardava con occhi vitrei, mi stava mettendo l’ansia.
< io...loro...hanno capito... >
Mi svenne praticamente addosso.
E ora? Che potevo fare? Di sicuro non lasciarlo li.
Ma come avrei fatto a portarlo a casa mia in quelle condizioni? C’è ok, mancava pochissimo, riuscivo a vedere la finestra della mia camera da li, però non sarei riuscita a trasportarlo da sola e di chiamare Alex proprio non ne avevo voglia.
Cercai di richiamare i miei poteri tutti in un volta, mi concentrai e quando mi sentii pronta lo presi e spiccai un salto pauroso.
Se fossi stata da sola avrei sfondato la finestra della mia stanza, avendo con me anche il peso morto di Nicolas precipitai ad un soffio dal tetto.
Toccai terra in modo strano prendendo una storta, ma ormai ero arrivata.
Saltai appena e mi aggrappai con una mano alla grondaia, tirai su Nicolas poi montai anche io sul tetto.
Spalancai la finestra ed entrai portandomi dentro lui.
Lo trascinai fino al mio letto e cercai di capire in che condizioni era.
Aveva la maglietta completamente lacerata, le mani ricoperte di sangue, il viso macchiato di terra, un sopracciglio rotto e un ematoma mostruoso sullo zigomo destro.
Per il resto era completamente insanguinato, ma volendo poteva anche non essere sangue suo.
Strappai ciò che rimaneva della maglietta e per poco non svenni.
Sul suo petto primeggiava un singolo sanguinante, sembrava timbrato a fuoco.
Non mi soffermai a cercare di capire che simbolo si trattava, corsi in bagno, aprii l’armadietto dei medicinali ed iniziai a disinfettarlo come meglio potevo.
Dopo averlo completamente ripulito dal sangue fasciai tutte le ferite e lo lasciai riposare.
Buttai i resti lacerati della maglietta ed entrai in cucina.
La casa sembrava normale, e pensare che poche ore prima vi era morto un uomo.
Mangiai le prime cose che trovai in frigo e mi sedetti sul divano con una tazza di latte in mano.
Quanto ci avrebbe messo Nicolas per riprendersi? Non ne avevo idea.
Quanto ci avrebbe messo Alex a capire che non ero sotto la sua protezione? Mah.
Tanto ero sicura che tra poche ore sarebbe entrato in casa urlando che non mi dovevo azzardare mai più ad andarmene senza avvertirlo.
Quel cretino.
 
Circa un’oretta dopo sentii dei passi, mo voltai, Nicolas era ai piedi della scala.
Mi alzai e lo raggiunsi
< come stai? >
Era stanco e stranito, lo vedevo
< insomma... >
Mi poggiò le mani sulle spalle
< grazie, senza di te non so dove e come sarei ora. >
Mi abbraccio piano per non farsi male, lo strinsi delicatamente. Respirava zoppicante.
< io ci sarò sempre...d’altronde mi hai salvato la vita... >
< anche tu l’hai salvata a me e non una volta sola... >
Sorrisi
< gli amici non contano le volte sai... >
era già abbastanza imbarazzante, ma quando lo sentii piangere mi sentii terribilmente fuori luogo.
Mi lasciò andare dolorante
< se vuoi puoi rimanere qui...io di solito non sto qui ma se siamo in due...puoi... >
Sorrise a stento
< grazie Smile. Ti devo tutto. >
Tornò nella mia camera, quando fui sicura che si era riaddormentato mi avvicinai al divano e mi ci lanciai sopra lasciandomi scivolare sullo schienale.
< ciao. >
atterrai su Alex che si era seduto da non so quanto tempo, rimasi a fissarlo senza dire niente.
Mi passò una mano tra i capelli prima di piegarsi e poggiare la sua bocca sulla mia.
< che ti prende? >
Mi guardò serio
< senti, mi dispiace per come ho reagito...so che tu non volevi... >
Annuii
< già non volevo...ma poi sei arrivato qui, mi hai visto con Nicolas e hai pensato bene che ti conveniva fare l’uomo dolce perché lui potrebbe essere un tuo pari. >
Rimase immobile
< mi hai letto nel pensiero? >
< tu me lo hai lasciato fare... >                                                                                    
Annuì
< sei uno stupido. >
Mi guardò interrogativo
< inizio a pensare che a te non te ne freghi niente di me, ti interessa solo non essere superato da qualcun altro. >
Mi tirai su sedendomi distante da lui
< che cazzo dici? >
< dico ciò che penso...d’altronde tu con le ragazze normali non ti ci puoi mettere, non hai molta scelta...hai sotto mano me, tanto vale starci. >
Lo guardai, aveva sgranato gli occhi e stringeva un lembo della sua maglietta nel pugno
< tu non sai quello che stai dicendo. >
Annuii
< va bene, forze non ne ho la certezza...ma sappi che lo penso, lo penso da quando ti conosco, da quando hai iniziato a provarci spudoratamente. >
I suoi occhi mi stavano cercando di dire che non era vero, peccato che io continuavo a pensarlo
< come fai a dire una cosa del genere? È così... >
Alzai un sopracciglio
< assurda? O e perché sarebbe assurda? È vero che ci puoi provare solo con me. Tutte le altre le porteresti alla morte certa, come me con Liam. >
Si alzò
< bene, se la pensi così io non ho più bisogno di stare qui. >
Non lo salutai neanche, uscì dalla porta poi non sentii più i suoi passi.
Rimasi seduta dove stavo, mi lasciai scivolare di lato e credo mi addormentai.

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Capitolo 15
*** 14 ***


< Smile...Smile ci sei? >
Spalancai gli occhi con l’impressione di cadere, saltai in avanti.
< Nicolas! >
Mi guardò stranito
< tutto ok? Urlavi... >
Respirai piano
< sì, tutto ok...mi sono addormentata e, ma che ore sono? >
Guardò l’orologio appeso al muro
< circa le 6 del pomeriggio. >
Annuii pensierosa
< tu come stai? Tutto ok? >
Lui annuì
< non posso certo chiederti la stessa cosa vista la tua discussione con Alex... >
Abbassai lo sguardo
< ah...hai sentito... >
Annuì battendomi una mano su una spalla
< ho un udito alquanto sviluppato...comunque secondo me fai male a dubitare di lui...secondo me ti vuole veramente bene. >
Alzai le spalle
< non so cosa pensare, sinceramente lui non mi rende tranquilla mi rende ansiosa, e secondo me abbiamo corso troppo. >
< non è interrompendo la vostra corsa che migliorerai le cose... >
Rimasi in silenzio, silenzio che lui interpretò come un mio non voler parlare
< ok, non sono affari miei, hai ragione... >
Lo fermai con un mano
< no, Nicolas...apprezzo il fatto che tu mi stia dando dei consigli...diciamo che persone che mi consiglino senza esagerare ne ho poche intorno...grazie, veramente. >
Sorrise.
Passammo il resto della serata a guardare la tv, preparai una cena molto scrausa con ciò che avevo in frigo.
Lasciai che Nicolas dormisse nella stanza di mio padre, crollò, per quanto non me lo volesse dire non aveva ancora recuperato a pieno le forze.
Entrai nella mia camera lasciando la porta aperta  e mi sedetti sul davanzale.
Ero sicura che Alex fosse li vicino, non mi avrebbe mai lasciata a casa da sola con il rischio che correvo...almeno speravo.
Uscii sul tetto e mi sedetti con la schiena contro il muro, cercai di concentrarmi per vedere se riuscivo a captare qualche pensiero, niente.
O era così bravo da chiudermi la mente o non c’era.
Preferivo pensare la prima cosa.
Immaginai che fossimo entrambi li, l’uno di spalle all’altra a guardare lo stesso cielo, e non so, mi sentii un po’ in colpa per ciò che gli avevo detto.
Era raro che mi sentissi in colpa, che ammettessi a me stessa di aver toppato alla grande, questa volta a malincuore lo stavo facendo.
Se mi stava ascoltando, dal momento che riusciva a captare i pensieri molto meglio di me, forse mi avrebbe perdonata...ma poteva anche non farlo, volendo.
Rientrai in casa e chiusi la finestra, mi stesi sul letto e mi addormentai.
 
Sentivo il mio cellulare vibrare nella tasca dei jeans, aprii gli occhi lentamente, lo tirai fuori e risposi senza vedere chi fosse
< onto... >
< dove cazzo sei! >
Mi schiarii le idee, era la voce di Laby?
< Laby? >
< sì, cretina, Laby...dove sei? Vuoi farci spaventare a tutti noi? >
Mi alzai a sedere sul letto e misi a fuoco l’ora, le 11 del mattino.
< oddio scusa, ieri sera non ho messo la sveglia. >
< è, ma brava! Saresti potuta essere ovunque, con chiunque.... >
< non esageriamo...Alex e Monica sanno benissimo dove sono...sono sicura che >
< no, Smile, no! Alex non ti è venuto a controllare ieri sera a quanto ha detto Monica e lei lo ha scoperto solo questa mattina! Cazzo! Potevi essere morta! >
Alex non era venuto? Quindi proprio non gliene fregava niente, proprio niente.
Smentii tutti i pensieri della sera prima.
< ok, ora sapete che sono viva. A dopo. Ciao. >
< Smile aspe... >
le attaccai il telefono in faccia..cos’ero? furiosa...sì, ma anche delusa, tesa e ferita.
Mi diressi verso la camera di mio padre, Nicolas non c’era.
Scesi le scale di corsa, non era neanche giù, mi aveva lasciato un biglietto sul tavolo, lessi
 
“grazie di tutto. Mi farò vedere presto. Ti voglio bene. N”
 
Bene, era andato via anche lui.
Mi sedetti per terra.
Da sotto il divano uscì Mollica, il giorno prima non si era fatta vedere per niente, mi saltò in braccio
< ciao cara...e già, siamo di nuovo io e te sole solette. >
Miagolò di risposta.
La carezzai dietro le orecchie.
Erano le 11 ed ero a casa da sola, cosa facevo? Non ne avevo idea, senza contare che muovermi da sola era alquanto pericoloso per una come me, per la mediana.
Stavo per andare di nuovo su quando sentii un tonfo nell’armadio, mi immobilizzai.
Mi avvicinai di soppiatto e aprii piano l’anta, rimasi pietrificata.
Chiazza di sangue, Nicolas senza sensi sul fondo...ma allora...non ero sola, ero meno sola e protetta che mai.
Mi chiusi anche io nell’armadio facendo attenzione a non far male a lui.
Presi il cellulare ed inizia a scrivere un messaggio a Monica quando le ante si aprirono, non feci in tempo ad alzare lo sguardo che venni colpita alla testa e persi i sensi sul colpo.
 
Venni inondata da uno scroscio d’acqua, spalancai gli occhi di colpo e portai una mano alla fronte.
< la mediana si è svegliata... >
Facendo attenzione ai movimenti che facevo alzai la testa e notai uno che ero rinchiusa in una gabbia per animali, due che ero circondata da uomini poco rassicuranti.
< ti stai per caso chiedendo perché sei qui? >
no, non me lo stavo chiedendo, affatto!
Cercai di riconoscere qualche viso, ma non conoscevo nessuno di quel gruppo e sapevo solo una cosa; erano Bruni e mi avrebbero uccisa al più presto.
Uno si avvicinò alla gabbia e scosse le sbarre, ok, ero in trappola ma questo non faceva di me un animale.
Quasi ringhiai < cosa vuoi? >
< devi rispondere quando ti si pongono delle domande! >
Alzai un sopracciglio sarcasticamente.
Ok, ero in errore come al solito, duemila cattivi ed io che da sola facevo la stronza, sarei morta presto.
<  allora ditemi, perché sono qui? Ma se mi dovete rispondete per morire, vi prego risparmiatevelo, l’ho sentito troppo spesso negli ultimi tempi...più fantasia ragazzi. >
Non reagirono alla mia botta di spirito, anzi, scoppiarono a ridere
< no, non vogliamo ucciderti... >
se, ora non volevano uccidermi...ma se ci avevano provato già tre o quattro volte nel giro di pochi mesi.
< ...vogliamo trasformarti in una di noi. >
Li guardai in silenzio, poi mi lasciai ad una risata, cosa volevano? Farmi diventare una di loro? Follia.
< non ridere mediana, siamo più che seri. >
Mi asciugai gli occhi  che lacrimavano per il troppo ridere
< e sentiamo come vorreste fare? >
Uno ghignò
< abbiamo i nostri metodi e purtroppo nessuno, proprio nessuno potrà fare niente. >
< e sentiamo, perché nessuno potrebbe far niente? >
quello più vicino alla gabbia rispose
< beh, si dia il caso che siamo in Alaska da circa 4 giorni e nessuno si è ancora fatto vedere... >
Alaska? 4 giorni? Ma che era quella cazzata?
< non è vero. >
Venni trascinata fuori dalla gabbia, mi piazzarono davanti ad una finestra, purtroppo credo che avessero ragione...Alaska...uno di loro accese la radio, notiziario del 14 febbraio, esattamente 4 giorni dal mio presunto rapimento..era anche san Valentino.
Mi sentii sconfortata, molto sconfortata.
Venni rigettata nella gabbia
< ci credi ora? >
Annuii piano, fui quasi impercettibile.
< bene...perchè l’unica certezza che avrai da oggi sarà questa, ti hanno abbandonata mediana e tu ora sei in mano nostra. >
Con un gesto di rabbia mi fiondai sulle sbarre e urlai
< non mi avrete mai, mai come volete voi! >
Routine; pugno in faccia, sangue, risate varie, dolore lancinante.
Rimasi a terra mentre tutti lasciavano la sala, mentre rimanevo sola con il mio dolore.
Fu una lunga...notte? credevo fosse notte per la sola debole luce che filtrava dall’unica finestra della stanza; fu una notte lunghissima.
Come era cambiata la mia vita da quel maledetto giorno del mio 17esimo compleanno, quel maledetto 10 gennaio.
Era poco più di un mese e già vedevo la fine, la fine di tutto.
Non piangevo, probabilmente non ne avevo né la forza né la voglia, pensavo e basta...
Pensavo a quanto cazzo potesse far schifo la mia vita da quando quella maledetta mattina avevo capito che potevo leggere nei pensieri della gente, da quando Alex aveva deciso che doveva entrare a contatto con me, da quando avevo pensato di essere indispensabile per qualcuno.
Mi stavo auto-deprimendo, sapevo che non dovevo perché stavo facendo il loro gioco, distruzione psicologica, ma quella notte da sola riuscii a fare solo quello.
Sarei dovuta essere forte il mattino seguente, non tanto per me, quanto per mio padre e per Laby e Kay che loro malgrado non potevano fare niente per venirmi a ripescare li giù dove stavo.
Certo, avrebbero potuto fare pressing su Monica e Alex, avrebbero potuto...chissà se lo avevano già fatto o se avevano intenzione di farlo.
Mi rannicchiai su un lato e provai a prendere sonno, cosa che non mi riuscì.
 
Rimasi tutta la notte con gli occhi spalancati, non mangiavo né bevevo da 5 giorni e sì, avevo fame e sete.
Quasi sperai che qualcuno di quegli stronzi mi portasse qualcosa per sopravvivere, d’altronde se volevano che diventassi una di loro dovevano tenermi in vita...almeno speravo che servisse tenermi in vita.
Capii che era mattina quando due di quelli entro nella “mia camera” e cercarono di svegliarmi.
Per essere Bruni erano abbastanza fessi, c’è non avevo mai dormito e ora venivano a svegliarmi?
< a, sei sveglia mediana...bene.... >
Come sperato mi porsero una bottiglia d’acqua ma niente da mangiare.
Ok, sarei riuscita a resistere senza mangiare, l’importante era l’acqua.
Bevvi poco per non dargli la soddisfazione e per non sentirmi male.
< che avete intenzione di farmi? >
Mi guardarono passivi
< intendo...devo diventare una dei vostri, dal momento che io non mi lascio manipolare cosa pensavate di fare? >
uno sorrise maligno
< o, di te non ci curiamo...abbiamo i nostri metodi... >
< ad esempio? >
Smisero di ridere
< lo scoprirai presto...tranquilla...sarà doloroso quanto basta. >
Mi lasciarono di nuovo sola.
Bevvi a lungo finchè non fui piena d’acqua poi iniziai ad osservare la stanza; dovevano esserci delle telecamere da qualche parte, era improbabile che mi lasciassero da sola nella stanza senza neanche una telecamera a controllarmi.
Sforzai il mio super sguardo e riuscii a trovarle in fondo alla stanza; due vicino alle porte che non dovevano coprire un granchè di spazio e un’altra vicino alla finestra.
Sicuramente ce ne erano altre nascoste, quelle tre erano troppo poche.
Mi avvicinai al muro con nonchalance e diedi una bottarella alle mattonelle, suonavano piene, d’altra parte del muro c’era il vuoto.
Se fossi riuscita ad indebolire il muro forse sarei potuta scappare di la, volendo potevo provarci, ma non di giorno, non così alla luce del sole.
 
Qualche ora dopo venni presa e portata via, mi lanciarono letteralmente su un lettino medico completo di fibbie per legare gambe e braccia, non mi diceva nulla di buono.
Dopo avermi immobilizzata arrivò un tizio in camice che voleva fingersi medico, o meglio, piccolo chimico.
< ecco la famosa mediana... >
Quante volte avevo sentito quella frase
< sai perché sei qui? >
Scoppiai in una finta risata
< ancora non ho la sfera di cristallo, quando la avrò le farò un fischio... >
Vidi che armeggiava ad un tavolo, si avvicinò con una siringa
< quando qui avremo finito non sarai più così sarcasticamente simpatica >
Non potevo muovermi, lasciai a malincuore che mi ignettassero un liquido bianchiccio nelle vene, sentii le mie pupille dilatarsi, chiusi gli occhi.
Sentii delle altre voci intorno a me
< sta facendo effetto? >
La voce dello pseudo-dottore
< sembra di sì...altre 5 di queste e il suo dna sarà perfettamente cambiato...ci vorrà meno del previsto. >
Rimasi immobile ad occhi chiusi, dovevo sembrare senza sensi per un altro po’.
Mi alzarono di peso e mi ritrasportarono nella gabbia che poi chiusero a dovere.
Altre 5 di quelle? Il mio dna sarebbe cambiato? Bell’affare.
Dovevo riuscire a fuggire prima della 5 iniezione,il problema era riuscire a capire ogni quanto mi veniva somministrato quello schifo di farmaco.
Rimasi a terra ad occhi chiusi per non so quanto tempo, mi addormentai anche e quando riaprii gli occhi era tutto buio, di nuovo notte.
Mi attaccai alla bottiglia dell’acqua e bevvi.
Accertai che non ci fosse nessuno nella stanza, dovevo iniziare a sfondare quel cavolo di muro.
Iniziai con qualche leggera spallata, ci misi più forza.
Non sembrava muoversi di un millimetro, ok, avevo una forza sovrannaturale, ma quello era comunque un muro.
Forse non era un muro portante, però dal momento che ero in un covo di banditi con i fiocchi non potevo mica aspettarmi un muro di cartapesta.
Continuai imperterrita per tutta la notte, mi distrussi la spalla, sperai che almeno servisse a qualcosa.
 
Il giorno successivo si ripeté la solfa, di giorno pseudo- addormenta e di notte intenta a cercare di buttar gi in muro, con la piccola differenza che non mi venne somministrato alcun farmaco e fu così anche per il 3 giorno.
Il 4 giorno venni riportata in sala medica praticamente all’alba, venni nuovamente contaminata, con la differenza che questa volta mi sentii realmente drogata.
Persi i sensi per tutto il giorno e per tutta la notte, quando riaprii gli occhi penso il mattino dopo avevo il braccio di un colorito poco rassicurante, sembrava quasi fucsia.
Avevo perso una notte di lavoro, una notte in meno per preservarmi la salvezza.
 
Ora sapevo che il farmaco mi veniva somministrato in tre giorni, quindi l’avrei ripreso esattamente il 6 giorno.
Il problema era che iniziava probabilmente a fare effetto, mi sentivo malissimo, ero debole.
Mi avevano lasciato altra acqua, bevvi piano, quella notte sarei dovuta rimanere sveglia, sarei dovuta essere più forte del solito e anche la notte successiva.
Ancora nessuno che tentava di salvarmi, ma non dovevo pensarci, ora dovevo solo pensare a sopravvivere.
Mancavano 4 punture per trasformarmi completamente e dovevo sfruttare quei pochi giorni per indebolire così tanto il muro da permettermi di fuggire sul più bello.
Passai quella notte e anche quella successiva a prendere a spallate una parete, avevo un braccio livido e l’altro sempre più gonfio.
6 giorno, di nuovo la puntura, fu meno forte di quella precedente, riuscii a reggere per tre sere di fila; finalmente sentivo che qualcosa si stava incrinando; ero riuscita a creare una crepa che saliva fino al soffitto speravo solo che nessuno se fosse accorto.
9 giorno, la mia 4 puntura ne mancavano solo due, solo due.
Fu fortissima, non riuscii a riprendermi per mezza giornata per quanto ci stessi mettendo impegno ed ebbi una delle più brutte sorprese della mia vita, avevano spostato la gabbia; si erano accorti della crepa nel muro.
A quanto pare non si erano resi conto che l’avevo provocata io, ma questo non mi tirò per niente su di morale.
Passai un’intera giornata a dormire e un’intera notte a cercare di sfondare il muro.
Ero sfinita, volevo piangere ma avevo così pochi liquidi in corpo che non mi scendeva neanche una lacrima.
11 giorno, la 5 e ultima puntura che potevo permettermi.
Rimasi sveglia per due giorni, il muro rimaneva fermo sotto la mia forza, finii per farmi male veramente.
Mi uscì la spalla sinistra, per poco non urlai dal dolore, riuscii a rinfilarla con un dolore estremo.
Mi uscirono le lacrime, piansi l’intera notte, piansi tutte la lacrime che non ero riuscita a tirare fuori in quegli 11 giorni di agonia.
Il mattino dopo ero esausta e stavo sempre peggio.
< che c’è mediana, hai perso la speranza? >
Non risposi.
< rispondi. >
Non lo feci, forse avrei dovuto farlo visto che l’unica cosa che ottenni fu farmi prendere a calci violentemente.
Ecco, il 13 giorno di prigionia, la notte prima non dormii, rimasi vigile...forse avevo un piano, forse no.
All’alba vennero a prendermi, continuai a fare finta di essere addormentata.
Mi venne a prendere un solo uomo, altri due erano davanti alla porta.
Appena si richiuse la gabbia alle spalle con uno scatto di forzo lo colpii sul collo tramortendolo.
Scivolai a terra con lui, mi liberai a fatica dal suo peso.
Gli altri due stavano già correndo verso di me.
Misi a fuoco la crepa.
Li guardai, mi voltai ed inizia a correre in direzione del muro indebolito.
Speravo che si sfondasse, ebbi paura ma non mi fermai.
Quelli urlavano, sbraitavano, scoppiai a piangere.
A pochi centimetri dal muro urlai con tutta la forza che avevo in corpo
< non mi avrete mai come  volete voi. >
Ultimo scatto, mi gettai sulla parete che si ruppe sotto di me.
Precipitai giù. Cadevo, cadevo e vedevo quei due affacciati sulla crepa che mi guardavano urlando cose che non capivo con facce poco amichevoli, cadevo e mi chiedevo dove sarei finita.
Sentii l’impatto duro con la pietra, poi alberi, fronde, finalmente la terra.
Mi rialzai ed inizia a correre senza preoccuparmi di dove fossi.
Era tutto ricoperto di neve, facevo fatica a camminare ma continuai.
Forse sarei morta pochi giorni dopo, ma dovevo mettermi in salvo da quelli.
Correvo, correvo con tutta la forza che ancora avevo in corpo.
Sentivo il mio sangue scorrere lungo la colonna vertebrale, probabilmente mi ero ferita, ma non me ne preoccupavo.
Correvo e basta, correvo verso la salvezza, o qualsiasi cosa fosse, correvo e non pensavo.
Arrivai in una radura, al volo mi guardai intorno e ricominciai a correre in direzione nord-est.
Avevo sentito bene, avvistai una grotta dietro qualche ramo caduto.
Ci entrai, mi guardai intorno con il fiatone, sentivo che le gambe non avrebbero retto a lungo.
Scivolai a terra in ginocchio, poggiai una mano a terra e mi voltai verso l’entrata, non si vedeva nessuno. Con questo pensiero scivolai a terra e dormii.
 
Ripresi conoscenza grazie al freddo che mi aveva ghiacciato le ossa, sentivo che se mi fossi mossa mi sarei completamente disintegrata.
Aprii gli occhi piano, li sentivo incollati dal gelo; iniziai a muovere gambe e braccia, non dovevo lasciare che il mio corpo si assiderasse.
Mi alzai in piedi a stento, dovevo mangiare qualcosa...erano più di due settimane che non toccavo cibo ed iniziavo a sentire i crampi distruggermi lo stomaco.
Mi avvicinai all’entrata della caverna e scostai un ramo, di fuori il panorama era peggio di come lo ricordavo, completamente bianco e senza un minimo punto di riferimento.
Dovevo affidarmi al mio sesto senso da eterno, solo così potevo sperare di sopravvivere.
Uscii fuori, presi un po’ di neve e la infilai in bocca in piccoli pezzi, dovevo almeno far finta di bere qualcosa.
Iniziai a camminare per la radura coperta da un fitto manto bianco, mi sentii una stupida ma iniziai ad annusare l’aria, sentivo una leggera percezione di carne, di vivo ma capivo bene in che direzione si trovasse.
Mi poggiai ad un albero ed annusai meglio, ebbi un flash, capii dove dovevo andare.
Iniziai a camminare piano in quella direzione stando attentissima a tutto ciò che mi circondava, poi la vidi.
Mi pianse il cuore ma non potei far a meno di ascoltare il mio corpo piangere gli stenti.
Uccisi quella lepre bianca piangendo.
La portai fino a dentro la caverna e la lasciai da una parte, non sapevo se avrei trovato il coraggio di mangiarla.
Intanto dovevo trovare qualcosa con cui perlomeno cuocerla.
Strappai due qualche ramo dal ramo che copriva l’entrata, erano umidi ma speravo che prendessero fuoco ugualmente, avevo bisogno di quella lepre, avevo bisogno di calore.
Non ero mai stata un granchè come scout e non sarei mai potuta esserlo.
Iniziai a strofinare quegli stupidi ramoscelli di legno finchè non vidi qualche scintilla.
Ci volle tantissimo prima che riuscissi a dare fuoco a quella sterpaglia ma quando vidi le fiammette scoppiettare mi sentii realizzata.
Presi il leprotto e (stavo per morire) lo resi acefalo e monco.
Odiavo saper fare tutto ciò, ma ne valeva della mia sopravvivenza.
Iniziai a scaldarlo, peccato che dopo un po’ mi ricordai che aveva ancora la pelliccia.
Non ero un animale, non potevo spellarlo completamente, non potevo farlo...ma lo feci.
Mangiai, poco, ma mangiai. Mi fece schifo ma mangiai quel poco che ero riuscita a trovare,
mi ricoprii del suo sangue che si unì al mio senza problemi rendendomi ancora più trasandata di prima.
Mi pulii al meglio le mani nella neve.
Quella notte sarei rimasta li, il giorno dopo sarei dovuta andare a cercare aiuto, per quanto cercassi di essere un’ottima cacciatrice sarei presto morta congelata. Dovevo trovare un aiuto e dovevo farlo al più presto.

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Capitolo 16
*** Riflesso ***


 
Odiavo non sapere dov’era, odiavo essere impotente, odiavo il fatto che mi avessero rimosso dall’incarico, odiavo tutto.
Ed erano già quasi tre settimane che non sapevo che fine avesse fatto.
Avevo paura, non lo dicevo in giro, ma cavolo se avevo paura...avevo paura di non vederla mai più, di dovermi rimproverare per sempre di non averla protetta abbastanza.
Con Monica non parlavo quasi per niente, forse per colpa di quella mia reazione contro quel cretino di suo fratello.
Laby e Kay...niente, come se non mi conoscessero.
Ma qui i problemi erano altri, il problema era trovarla e salvarla (se era ancora viva).
Lo stomaco mi strinse in una morsa.
Quel pensiero mi tormentava, se ne andava e poi tornava insidioso nella mia mente malata.
Ancora vedevo lo sguardo di suo padre nei miei occhi, quello sguardo che mi chiedeva perché, perché proprio la sua bambina, l’unica ragione della sua vita.
Mi odiavo, mi odiavo anche per questo.
Quel giorno avevo preso coscienza di quanto facessi schifo, quanto facessi profondamente schifo.
Aveva  (forse)  fatto bene Adam a mandare me a comunicare a quel povero padre perché sua figlia non era a casa e perché non avrebbe dovuto chiamare la polizia.
Ancora vedevo l’incredulità, poi l’incertezza e la paura farsi strada in quel viso stanco e quasi invecchiato di colpo.
La cosa per cui stavo più male però era stata l’umanità di quel padre che nonostante quella notizia di merda, nonostante avesse davanti quello che aveva toppato, che aveva aiutato i Bruni a rapire sua figlia, si era preoccupato di come stavo...di come stavo io...
Mi girai verso il muro e scaricai un destro sulla parete facendomi un male cane.
< non serve prendere a pugni il muro, non è così che la ritroveremo... >
mi voltai verso la porta, era Monica, non risposi
< Alex so che ti senti colpevole ma, infondo, è un po’ colpa di tutti noi...non era solo tuo questo compito... >
abbassai lo sguardo
< sì...ma io... >
Mi si avvicinò poggiandomi una mano su una spalla, non meritavo quella solidarietà
< io... >
Alzai gli occhi ed incontrai i suoi. No, non mi vergognavo di piangere, per quanto in passato potessi pensare che fosse solo un’umiliazione; non mi vergognavo di versare quelle lacrime, quelle lacrime per lei.
< ...tu sei innamorato di lei, lo so. >
Mi allontanai da lei, sedendomi sul letto, feci sprofondare la testa tra le mani lasciando che le lacrime mi scivolassero lungo il naso.
Urlai, urlai con tutto il fiato che avevo in gola, tra i singhiozzi
< è una merda! È tutto una merda! >
Mi si sedette vicino senza toccarmi, gli fui grato per questo
< anche questa passerà e forse un giorno sarà solo un ricordo...per ora, non perdiamo le speranze. Lei è li, da qualche parte e aspetta noi. >

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Capitolo 17
*** 15 ***


Non era possibile, non era possibile che non ci fossero esseri umani nell’arco di chilometri...ma dove cazzo ero finita?
Camminavo da ore, non sapevo quanto precisamente, ma ero stanca e non potevo, non potevo fermarmi li in mezzo al nulla!
Mi poggiai ancora ad un albero e chiusi gli occhi per ascoltare i rumori.
Niente, tranne qualche piccolo fruscio animale, proprio niente!
Mi sedetti per terra sconsolata ed iniziai a battere i piedi per terra, sembravo una bambina in preda ad un attacco di isterismo, e sì, mi sentivo una bambinetta isterica pronta a scoppiare in lacrime alla prima occasione!
Mi sarei voluta concedere quel momento di pura follia, concedendomi un urlo liberatorio a pieni polmoni, poi però pensai che forse attirare troppo l’attenzione non faceva proprio caso ad una fuggitiva in pericolo di morte.
Mi calmai rimanendo seduta a terra.
Mi alzai, mi si era ghiacciato il sedere e dal momento che avevo vestiti alquanto estivi rispetto al posto in cui mi trovavo decisi di non peggiorare la situazione bagnandomi.
Ricominciai a camminare cercando di orientarmi con la posizione del sole.
La verità era che, per quanto me la volessi sentire molto “maga dei boschi” andavo puramente ad istinto, il che era molto preoccupante.
Riconobbi il sole di mezzogiorno, alto nel cielo.
Mi fermai all’ombra, perlomeno non ero in mezzo ad una tempesta di neve.
Erano, sì...forse erano più di tre settimane che mancavo da casa; tre settimane in cui mi ero fisicamente distrutta, in cui avevo mangiato appena un pezzetto di lepre cotta male, in cui avevo camminato per chilometri al freddo e al gelo.
Insomma, ero ancora viva, allora ero proprio forte.
Cercavo di non pensare a quelle carogne che consideravo quasi amici (di cui uno poteva anche diventare il mio pseudo-fidanzato), neanche si sforzavano troppo a cercarmi, neanche mi stavano controllando quando, aimè, ero stata rapita da chissà chi dentro casa mia.
Ma casa propria non dovrebbe essere il posto più sicuro dove stare?
A sì, quello era prima che scoprissi di non essere poi così umana come credevo!
Ero così persa nei miei pensieri che quando il mio super udito da super eroe malandato captò una voce ebbi una reazione così spropositata da stupirmi di me stessa.
 
Sì, esattamente.
Mi ero lanciata a terra acquattandomi contro una parete rocciosa, con il fiato mozzo e lo sguardo da animale impaurito.
Poi mi ero detta
 
“ehy Smile, cazzo, sei da sola in mezzo ai boschi e la voce che hai appena sentito potrebbe essere a chilometri da qui, ma che minchia stai facendo!!!”
 
Mi ero rialzata subito vergognandomi da sola di ciò che avevo appena fatto e non avevo perso altro tempo.
Eddai! Individuata la voce, sempre verso nord-est.
Voce maschile, età compresa tra...boh, ma che ne so...andava benissimo, tutto fuorchè fosse un Bruno.
Mi lanciai all’inseguimento di quell’emissione di corde vocali, correvo nel modo più silenzioso possibile; probabilmente Alex avrebbe detto che sembravo un elefante...ma cavolo no! Chi se ne fregava di Alex, ero in quella situazione anche per colpa sua!
Sentii la voce avvicinarsi sempre più, rallentai l’andatura e piano, piano mi fermai.
Era a pochi passi da me, parlava ma era solo...un cellulare? Beh, possibile.
Mi acquattai dietro agli arbusti ed aguzzai lo sguardo.
Non sembrava un bruno, era un ragazzone alto sulla 30, chiarissimo, con le guancione rosse per il freddo e...no, non parlava al cellulare.
Come era possibile che non ci fosse nessuno nell’arco di chilometri e il mio unico incontro era con...un matto?
Sì, ma il matto era armato.
Ok, piano.
L’avrei preso alle spalle, gli avrei fatto credere di essere armata, lo avrei stordito se serviva ma lui mi avrebbe dato ciò che mi serviva, con qualsiasi mezzo.
Mi avvicinai piano e con un passo gli fui alle spalle.
Presi coraggio e gli saltai addosso, lo atterrai.
Non so perché si lasciò immobilizzare, era a terra, sotto di me, aveva lasciato il fucile a terra.
Era proprio un matto, senza parole.
< senti amico, mi serve una mano e tu me la darai, con le buone maniere o con le cattive. >
Voltò appena la testa e mi sorrise, fuori come un balcone insomma
< ok...certo...ti aiuto... >
Scesi dalla sua schiena, e presi il fucile, in caso il matto non fosse poi così matto
< bene...abiti qui vicino? >
Annuì sorridendo
< pensi di potermi portare a casa tua e magari darmi qualcosa da mangiare? >
< certo...cibo, mia sorella cucina! >
Sorrisi annuendo
< perfetto...allora, andiamo da tua sorella. >
sperai solo che sua sorella fosse scema quanto lui.
Ci incamminammo verso il nulla, lui davanti ed io in guardia con il fucile in mano.
Piano, piano iniziai a scorgere una casetta dal cui comignolo usciva del fumo.
< quella è casa mia, vieni, vieni... >
Lo seguii seria.
Aprì la porta urlando
< Lia, Lia sono a casa...sono con un’amica. >
Da una stanza uscì una donna alta, biondissima, magra e leggermente preoccupata; sbucai da dietro le spalle del fratello con il fucile in mano, lei si spaventò
< ti prego, non farci del male...noi, noi non abbiamo niente che potrebbe servirti...non possediamo ricchezze. >
Alzai le braccia con il fucile in mano
< stai tranquilla, non sono qui per rubare niente...voglio solo da mangiare e magari un riparo per la notte...per favore... >
Lei sembrò calmarsi, ma la convinsi a pieno dandole il fucile tra le mani.
Il fratellone chiuse la porta sempre sorridendo.
Mi avvicinai alla donna e le porsi una mano
< piacere, io sono Smile. >
La strinse
< Lia...cosa ti porta qui... >
Ok, dovevo inventare una cosa alla svelta.
< è successo un casino! Eravamo in viaggio con la mia famiglia quando...quando durante una tempesta mi sono persa! Sono in viaggio da una 20 giorni circa... >
Sembrò aver abboccato
< o mio dio. E hai resistito per 20 giorni da sola qui in mezzo? >
Annuii , probabilmente il mio aspetto attuale rendeva l’idea.
< qui starai bene, puoi fare un bagno caldo e...laverò io tuoi vestiti...avrai fame immagino...lì c’è il bagno, ti preparo qualcosa...Kurt! >
Kurt doveva essere l’omone che mi aveva condotto li
< ...Kurt dai qualche asciugamano alla ragazza... >
Lui sorrise e si avviò verso una camera
< seguilo...qui sarà pronto tra poco. >
Non potevo chiedere di meglio, ero immersa in un bagno caldo, potevo mangiare qualcosa.
Finalmente ero riuscita a vedere in che condizioni ero. Oscena, semplicemente oscena.
A parte i graffi, tagli e le ferite sul resto del corpo avevo i capelli arruffati, delle brutte occhiaie e il viso smunto.
Mi asciugai a dovere negli asciugamani candidi sperando almeno di non sporcarli.
Lia mi aveva lasciato sulla sedia sei suoi abiti visto che i miei erano talmente sporchi che per poco non camminavano da soli.
Mi vestii alla svelta ed uscii dal bagno in condizioni leggermente migliori di quanto vi ero entrata.
Lia e Kurt erano seduti al tavolo della cucina, aspettavano me per mangiare.
Non guardai neanche in cosa consisteva il piatto, mangiai e basta continuando a ringraziare i due fratelli che mi guardavano sorridenti e anche un po’ preoccupati.
Dopo pranzo Lia quasi mi costrinse a dormire, non resistetti affatto.
Crollai per non so quante ore risvegliandomi per la cena.
< puoi rimanere finchè vuoi Smile... >
Alzai la testa dal piatto
< grazie ma...credo di dover ripartire... >
< sei sicura? >
Non ci pensai neanche, annuii convinta
< sì, la mia famiglia mi starà cercando...avete un telefono li per caso? >
Lei annuì e indicò il bancone della cucina.
Mi avvicinai correndo e composi il numero di casa, squillava, sembrava non ci fosse nessuno.
Poi al decimo squillo si alzò la cornetta, la voce di mio padre era stanca, afflitta
< Papà! >
Silenzio
< Papà...sono io Smile...sono io... >
Un bisbigliare, avevo sbagliato numero?
< Smile? >
< sì papà sono io! >
< Smile! Dove sei? Come stai? Chi ti ha rapita...i neri, scuri, oscuri...o come si chiamano! >
< sì loro. Ma ora sta bene...papà sono in Alaska ti prego...venitemi a prendere. >
 
Fu una lunga chiacchierata, chiacchierata in cui dovetti spiegare le coordinate esatte della casa di Lia e Kurt, momenti idi impanicamento totale, ma anche di gioia, la gioia più grande che io avessi mai provato fino ad all’ora in tutta la mia vita.
L’elicottero arrivò il mattino dopo, sopra c’era Adam che, con mio grande , grandissimo stupore, mi abbraccio.
< grazie a dio stai bene Smile! Non me lo sarei mai perdonato, mai. >
Il volo fu tranquillo, forse perché sapevo che, dopo circa un mese, stavo finalmente tornando a casa.
Ero esausta, tutte le ferite ancora aperte (e chissà quante infettate) la spalla con cui avevo sfondato il muro più livida che mai e il braccio dedito alle punture ancora gonfio e violaceo.
Ma non era il momento di pensare a come ero messa, stavo andando a casa...a casa mia! Finalmente a casa!
Da papà...papà....come avevano fatto a giustifacargli la mia assenza? Se Adam era li però ciò voleva dire che papà sapeva la verità.
Che dura verità babbino mio, una verità che fino a quel momento non mi era pesata quasi per niente ma che ora era modello macigno sulla mia schiena, pronta a schiacciarmi definitivamente alla prima occasione buona.
Poggiai la schiena al sedile morbido dell’elicottero e cercai di non pensare a niente.
Adam parlava con il pilota, ero felice che non mi facesse domande in quel momento, ma aveva già detto che appena sarei stata meglio io e lui avremmo fatto due chiacchiere molto approfondite.
 
 
 
 
Arrivammo in città quasi a mezzanotte.
Scesi dall’elicottero traballando e mi strinsi nel giaccone che Adam mi aveva portato.
< la macchina e di qua, vieni. >
lo seguii senza fiatare, montai in auto e mi lasciai portare a casa come una principessa (sì, un po’ malandata, ma sempre una principessa)
Scesi correndo nel vialetto, ero sicura che mio padre mi stesse aspettando dietro la porta.
Non feci in tempo ad arrivare che la spalancò, gli saltai in braccio.
Piangeva, lo sentivo, e anche tanto. Io non versavo neanche una lacrima, ero forte ma commossa nel più profondo del mio animo.
Salutò Adam con la mano con me ancora avvinghiata al collo, rientrammo in casa e scesi dal suo abbraccio
< Smile...come stai bambina mia... >
Mi mostrai in tutto il mio “splendore”
< così come mi vedi papà...distrutta, ma felice di essere finalmente qui. >
Mi sembrava invecchiato, chissà quanti capelli bianchi gli avevo fatto venire durante quel mese, tornava da un viaggio di lavoro e scopriva che sua figlia era sparita chissà dove con chissà chi. Che colpo.
Mangiai ancora una volta tutto quello che avevo davanti e mi lasciai medicare le ferite.
Da un certo punto di vista ero felice che mio padre sapesse tutto, però sapevo che prima o poi sarebbero arrivate le domande e benché lo sapessi, quando arrivarono fui presa alla sprovvista.
< da quanto sai di essere un’eterna? >
Feci finta di pensarci
< beh...lo so ufficialmente da due mesi circa... >
< e...cosa è cambiato di te? >
Alzai le spalle
< beh, so leggere nella mente delle persone, sono agile, posso uccidere una persona con la forza della mia sola mano... >
Smise di tamponarmi il taglio dietro al collo, colpito, poi riprese
< ah...e tu sei anche la... >
< sì, la mediana... >
Rimase in silenzio per un po’, poi aggiunse
< e com’è? >
Sentii che stavo per ridere
< vuoi la verità? >
Annuì piano
< una merda... >
Rise lui, risi anche io
< sai, guardando questi tagli, lo immaginavo. >
 
L’interrogatorio non continuò, ma ciò non voleva dire che prima o poi non sarebbero uscite fuori altre domande scomode su cosa ero e cosa dovevo fare.
Dormii, dormii tantissimo nel mio letto caldo.
Dormii in un sonno pululato di mostri strani, padroni del gelo e di muri che si mettevano sulla mia strada e di gabbie, animali e bianco...tanto bianco.
Ma non mi svegliavo, continuavo  dormire, forse perché infondo quello non era stato tanto un sogno.
Rimasi al sicuro a casa per 4 giorni, 4 giorni in cui mangiai e dormii a dismisura.
Scoprii da mio padre che solo lui e Adam sapevano del mio ritorno a casa, tutti gli altri mi sapevano ancora dispersa nel nulla.
In un certo senso mi sentii sollevata, nessuno mi stava attendendo, potevo dimenticarmi del mondo un altro po’, dare tempo al tempo.
Per la scuola ero dovuta partire con papà, un mese di assenza avrebbe giocato a mio sfavore ma infondo avrei recuperato; avevo sofferto così tanto che la scuola era diventato l’ultimo dei miei pensieri, ce l’avrei fatta ad occhi chiusi.
Fu così che la mattina del 1 aprile, ad un mese e mezzo dalla mia scomparsa mi alzai per andare a scuola.
Mio padre avrebbe voluto che la mia convalescenza durasse di più ma sia io che Adam eravamo d’accordo, potevo ricominciare a vivere normalmente.
Quella mattina non faceva poi così tanto freddo, ero stretta nel mio maglione solo per la paura, la paura di vedere tutti e non essere...cosa...calcolata? riconosciuta?
Tutto possibile.
Io mi riconoscevo a stento, il mio volto doveva ancora completamente riprendersi ed il mio corpo per quanto fosse in perfetta forma grazie alla mia seconda natura non sembrava più quello di un mese prima; era più piccolo e ossuto, quasi a sembrare fragile.
Arrivai davanti scuola stretta nelle spalle, con le mani nelle tasche ed il cuore a mille.
Li cercai con lo sguardo velato dalle lenti degli occhiali e li vidi, seduti sui gradini, come sempre a parlare.
Sembrava vuota la loro vita senza di me?
No, sembrava a posto. C’erano così tante persone con loro, una in più o una in meno non avrebbe fatto alcuna differenza.
Poi però Laby si voltò, come se si sentisse osservata e Kay la seguì.
Si fermarono su di me, come se mi avessero realmente riconosciuta, forse era veramente così.
La vidi piangere da lontano, gli occhi pieni di lacrime.
Si alzò in piedi e mi corse incontro insieme a lui, fermandosi a pochi passi da me.
< Smile... >
Mi sfilai gli occhiali e li guardai
< sappi che sei una stronza! >
E mi si gettò al collo piangendo e continuando a stringermi, Kay si unì al nostro abbraccio, anche lui con gli occhi un po’ lucidi ma senza mai perdere la sua aria da macho.
Quella volta piansi anche io.
Per loro ero qualcuno, lo ero sempre stata ma non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere bello sapere che persone che non hanno conte vincoli di sangue ti vogliono così bene.
Ci staccammo con gli occhi umidi
< come stai? >
alzai le spalle
< a parte le ferite tutto bene >
mi guardarono dalla testa ai piedi
< sei denutrita... >
Sorrisi a Kay
< diciamo che la fauna dei boschi dell’Alaska non è esattamente facile da catturare e cucinare. >
Laby strabuzzò gli occhi
< Alaska? >
annuii con calma, si amici miei, proprio Alaska; il mondo dei ghiacci.
Entrammo a scuola, non avevo ancora chiesto nulla su Alex e Monica e neanche loro mi avevano detto nulla; avevo come l’impressione che, sparita io, i quattro avessero litigato e forse la mia intuizione non era poi così sbagliata.
Seguii le prime tre ore di lezione al meglio che potevo, a ricreazione il mio unico intento era anche solo vedere quelli che erano stati i miei protettori.
 
Camminavo in corridoio con Laby quando lo vidi.
Rimasi paralizzata, capelli biondi più lunghi del solito incorniciavano un viso tranquillo, sereno, serio.
Lo sguardo era strano, quasi perso, anche se stava parlando...sì, proprio con Monica.
Non cercai di ascoltare i loro discorsi, mi avvicinai a piccoli passi anche se Laby aveva tentato di fermarmi.
Arrivai davanti a loro, mi videro.
Rimanemmo qualche secondo a fissarci poi Monica ruppe il ghiaccio e mi abbracciò
< Smile...o Smile... >
Stavo facendo commuovere un’Eterna, era un giorno storico.
Alzai lo sguardo verso Alex, era semplicemente pietrificato.
Non apriva bocca, mi guardava e basta, senza muovere un muscolo, come una statua di sale.
Tornai in classe per le ultime tre ore, per quanto Monica mi avesse tempestata di domande Alex non era riuscito a dirmi nulla, neanche bentornata.
Infondo non credevo di essergli mancata, o che realmente si era preoccupato per me; senza contare che molte volte mentre ero in Alaska avevo trovato la forza per andare avanti solo insultando il suo ricordo.
Finalmente suonò la campanella della sesta ora.
Uscii da scuola insieme a Laby e Kay quando mi sentii tirare per un braccio, era Alex.
Non mi disse nulla, mi portò solo via, lontano, verso una parte della città che non conoscevo.
Io non parlavo, neanche lui parlava, camminavamo e basta, poi d’improvviso si fermò in una piazzetta deserta alle 2 del pomeriggio.
Mi guardava serio
< Smile... >
non avevo uno sguardo esattamente dolce io
< sì... >
< tu...non puoi capire, non puoi proprio capire... >
Lo interruppi
< cosa? Quanto sono scema? Che se fossi stata più attenta tutto questo non sarebbe accaduto? Quanto vi ho fatto preoccupare? Quanto ti ho messo nei guai con la congrega? Cosa non posso capire? >
lo guardai bene e per poco non crollai, stava...stava piangendo!
< tu non puoi capire quanto cazzo mi sei mancata. >
O sì, piangeva; mi si era avvicinato continuando a parlare
< quanto cazzo mi sono sentito in colpa ogni giorno per averti lasciata sola, quanto ho sperato di poter avere tue notizie...quanto volevo dirti queste cose... >
Mi aveva preso le mani e le stringeva forte
< ...l’ho capito, o sì, l’ho capito che sono uno stronzo, un idiota, uno scemo..sì, l’ho capito a pieno. Ma ho anche capito che sono innamorato dite, o cazzo se lo sono. >
avevo seguito tutto il discorso ma sul finale ero rimasta così di stucco che non riuscii più a ricordarmi cosa volevo tanto dire.
Non ci baciammo, rimanemmo così a guardarci, a contemplarci a vicenda, nella nostra immensa stronzaggine e nella nostra particolare bellezza.
 
Mi lasciai riaccompagnare a casa da Alex.
Tutto quello che mi aveva detto mi aveva, sì, colpita, ma non per questo ero riuscita a dire le stesse cose a lui e sapevo che in cuor suo se ne era accorto.
Quando arrivammo davanti alla porta si fermò
< che fai, non entri? Ormai praticamente vivi qui... >
Scosse la testa
< no, ho una riunione da fare. Non posso fermarmi ma se vuoi ci vediamo dopo. >
Annuii
< va bene, a dopo. >
Stava per andarsene quando lo fermai
< ma Nicolas...che fine ha fatto? >
Mi guardò con aria grave
< sinceramente Smile? Non ne ho la più pallida idea. >
e così spari ai miei occhi. Rientrai in casa pensierosa, mio padre anche quel giorno non era andato a lavoro, iniziava a venirmi il dubbio  che l’avessero licenziato.
< licenziato io? >
Avevo solo fatto una domanda e la reazione era esplosiva
< stai scherzando spero! Ti ricordo che ho avuto un incarico all’estero, solo che se mia figlia scompare per un mese non possono pretendere che io parta subito. Aspetteranno. >
Mi sedetti sul divano con Mollica piagnucolante tra le braccia
< quindi parti... >
Non rispose subito
< sì...penso tra una settimana. Ma prima che io lascia questa casa fino a giugno io, te e quel gruppetto, sì gli Eterni, dobbiamo fare un discorsetto. >
era incredibile, mio padre che arrivava e comandava un gruppetto di Eterni come se niente fosse.
Era una cosa fortissima, mi divertivo tantissimo a sentire come parlava di loro.
Li considerava tutti dei bambini mentre, a parte quelli che conosceva lui, nella congrega c’erano anche membri anziani che avevano quasi 20 anni più di lui.
Stava continuando a parlare di loro quando gli uscì un’informazione che mi paralizzò
< poi tua madre verrà qui...vorrà sapere, vorrà conoscere cosa stanno facendo i suoi si... >
Si voltò verso di me, lo guardavo
< cosa stavi dicendo papà? >
Era imbarazzato
< io?che tua madre verrà qui. >
Non che quella notizia non mi avesse sconvolta però li c’era qualcosa di più
< sì, avevo capito...ma la storia sui si...si cosa? >
Non mi rispose
< non posso dirti nulla. >
Mi alzai lasciando Mollica sulla poltrona
< non costringermi a leggere nella tua mente. >
si fermò paralizzato a guardarmi, probabilmente non mi aveva mai vista come un’Eterna, ma visto che lo ero avrei potuto usare tranquillamente i miei poteri su di lui.
< ok, tu non leggi proprio niente signorina...io sono tuo padre! >
Chiusi gli occhi, entrai nella sua testa senza alcun problema, ed ecco l’informazione che cercavo.
Mi arrivò come una secchiata di acqua in faccia, da una parte fece chiarezza, dall’altra mi distrusse completamente.
< mamma è un’Eterna??? >
< hai letto nella mia mente?? Smile! Ti avevo appena detto di non farlo! >
Mi stavo iniziando a scaldare
< da quando sai che mamma è un’Eterna...papà, dimmelo! >
Rimase in silenzio e abbassò lo sguardo
< lo so da quando sei scomparsa, Adam...mi ha dovuto dire tutto è >
Lo interruppi con un gesto della mano
< a te ha dovuto dir tutto, e io? Io non valgo niente! >
Mi si avvicinò e mi prese per le spalle
< senti Smile, ora calmati. Non è vero che tu non vali niente, ma probabilmente Adam ha pensato che questa informazione dovesse rimanere in mani sicure, se tu l’avessi saputo prima saresti corsa da tua madre per farle delle domande e sai com’è fatta. >
guardavo a terra, come mi sentivo? Ah, sì, tradita.
< quando verrà qui mamma? >
< eh? >
Lo guardai negli occhi
< quando viene mamma a casa? >
Sospiro
< la prossima settimana, dal giorno della mia partenza. >
 
Aspettai ansiosa Alex quella sera.
Continuavo ad affacciarmi per vedere se scorgevo il suo profilo, ma niente, fino alle 20:30 non vidi niente tranne il buio.
Mi lanciai sul letto, tra poco sarebbe stata pronta la cena, speravo almeno che al mio ritorno lui avesse occupato la mia camera.
< Smile! È pronto, scendi. >
mi alzai contro voglia e scesi le scale a due a due.
Quando arrivai in salone per poco non mi uccisi, feci un salto all’indietro, sbattei la testa al muro e rimasi immobile a terra a guardare la scena che si offriva ai miei occhi.
Mio padre mi stava si aspettando per la cena, ma non era solo.
Nella stanza c’erano Adam, Monica, Alex e altre persone di cui mi sfuggiva il nome e il viso (probabilmente non le avevo mai neanche viste).
Mio padre mi si avvicinò
< piantala di fare queste scenate davanti ai tuoi...ehm...simili, e vieni a tavola. >
mi alzai con calma e mi avvicinai ad Adam
< com’è? >
Non rispose e mi presentò le persone mancanti alla mia lista di conoscenze
< allora, loro sono Vittoria, Michele e Amos. >
Strinsi loro le mani senza capire cosa ci facevano a casa mia, ovviamente non potei chiederlo, mi fecero sedere a forza per mangiare senza che io riuscissi ad aprire bocca.
Parlavano loro, parlava mio padre ed io stavo in silenzio.
< Smile, smettila di lamentarti, ora ti dirò perché siamo qui. >
Lo guardai seria
< sentiamo... >
Posai coltello e forchetta ai lati del piatto ed incrocia le mani sotto al mento, sembravo sicuramente odiosa.
< allora, loro sono qui per... >
Prese fiato? Prese coraggio? Pausa di suspense?
< loro sono qui per prendere il posto di Alex e Monica. >
Mi alzai in piedi di botto rovesciando il bicchiere
< cosa? No, non se ne parla proprio! >
Rimasero tutti senza fiato, tranne i diretti interessati che abbozzarono un sorriso teso
< Smile per favore... >
< per favore un corno Adam! Mi avete fatto abituare ad Alex e Monica e ora vorrò Alex e Monica.
Non potete decidere tutto voi senza almeno chiedermi cosa ne penso. Chi stai punendo... >
Mi guardò con occhio interrogativo
< non capisco di cosa pa... >
< ti ho chiesto chi stai punendo, so che un motivo sotto c’è...dimmelo! >
Si schiarì la voce e il suo sguardo volò su Alex che non lo guardava.
Scoppiai a ridere
< siamo all’asilo allora. Stiamo giocando. Bene, perché io non voglio giocare. >
Lasciai la stanza furiosa e mi chiusi in camera mia.
Restare un mese nei boschi sotto tiro dei Bruni mi aveva permesso di diventare selvaggia al punto giusto.
Forse un po’ troppo, ma avevo una fermezza che prima mi mancava.
Sentii bussare alla porta, non risposi, quella si aprì.
 
< posso? >
Era solo Alex che si sedette sul mio letto.
< senti Smile, la tua reazione non ti è sembrata un tantino esagerata? >
lo guardai malissimo, si sentì fulminare dai miei occhi
< no! >
Mi passò un braccio intorno alle spalle
< capisco che tu non voglia altri intrusi nella tua vita ma... >
< no Alex, non è che io non voglia altri intrusi, è che io voglio te e voglio Monica. >
quell’affermazione lo colpì perché strinse a pugno la mano libera
< non voglio altre persone per casa, non voglio che sia quel Michele o Amon ad entrare qui la sera per controllarmi. Quello è compito tuo! >
Passai un braccio intorno alla sua vita, uao, ero in vena di sentimentalismi quel giorno!
Rimanemmo così in silenzio.
Non so cosa mi passò per l’anticamera del cervello ma di colpo mi abbassai sotto al suo viso e lo baciai, e il fatto che l’avevo baciato io la diceva lunga su quanto fossi cambiata.
Strinse le su braccia intorno alla mia vita e sorrise.
< di la verità, tu mi vuoi qui perché sei innamorata di me... >

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Capitolo 18
*** La sostituzione ***


Eravamo così vicini quella sera che quasi non ci credevo.
Mi aveva baciato lei, cosa da non crederci.
Era cambiata, in meglio, ma era notevolmente cambiata; quel mese fuori aveva sconvolto il suo essere nel profondo.
Io avevo perso la concezione di me stesso in sua assenza, ma ora ero tornato lo stronzo arrogante di prima, e questo la faceva divertire, lo leggevo nei suoi occhi.
< di la verità, tu mi vuoi qui perché sei innamorata di me... >
Si scansò scuotendo i capelli
< non la leggerei esattamente in questo modo... >
Sentii la risata salirmi dallo stomaco, risi di gusto
< sei proprio una cretina. >
non rispose e mi tirò un orecchio.
Era una figa. Niente da dire.
Ok, non era miss mondo e su questo eravamo d’accordo entrambi ma aveva quel qualcosa di speciale che attirava tutto di me.
< cosa guardi? >
Incrociai i suoi occhi
< te, mi pare chiaro. >
la baciai io, lasciò fare.
Sapevamo entrambi che non saremmo potuti diventare quelle coppiette zucchero e miele, saremmo stati più fuco e polvere da sparo.
I nostri caratteri si scontravano alla perfezione e sicuramente non  ponevamo dei limiti al nostro insultarci.
Anche quello era un segno d’affetto infondo.
Per averla così vicina avevo dovuto aspettare che mi sparisse da sotto al naso per quasi un mese.
Mi aveva fatto stare letteralmente di merda, ma ora ero felice, almeno.
< sei un cazzone... >
Sorrisi
< e tu sei dolcissima come al solito... >
Iniziò a giocare con i miei capelli
< ti è morto il parrucchiere Alex? >
La guardai negli occhi
< stanno male? >
ci pensò un po’
< no, non stanno male...anzi...devo dire che un po’ più lunghi ti donano. >
ma qual’era il problema, io ero bello sempre.
Sarei stato bello anche pelato e con i rasta fino alle ginocchia, o i capelli viola.
Gli altri erano fighi, io ero proprio bello, c’era differenza, o sì che c’era.
mi pizzicò il collo
< la smetti di gongolarti nei tuoi pensieri...sono bello di qua, bello di la, gli altri sono fighi ma io sono bello... >
La guardai con fare ammaliatore
< potresti smentire i miei pensieri? >
Rispose al mio sguardo
< o no... >
Evvai! Complimento da lei, da scrivere sul calendario.
< in effetti sei un bello stronzo! >
Rideva, eccome se rideva. Si rotolò sul letto dalle risate e non riusciva più a smettere.
Sapevo che in questo preciso istante eravamo controllati da Adam, ma non mi interessava.
Avrebbe visto che il mio era più di un semplice lavoro, io non lavoravo quando stavo con lei, era un mio dovere morale; io le volevo bene, era diverso.
La spinsi giù dal letto.
< sei scemo o cosa? >
Annuii sorridente
< sono un bello stronzo, no? L’hai detto tu. >
Mi fece la linguaccia, ok, ero proprio cotto a puntino.

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Capitolo 19
*** 16 ***


 
Quella mattina mi svegliai prima del solito, mio padre stava per partire e non potevo non salutarlo.
Non ci saremmo visti per circa 3 mesi.
Scesi le scale correndo, stava finendo di sistemare la valigia, lo presi alle spalle.
D’impatto si immobilizzò, poi mi prese le braccia e mi tirò sulla schiena
< pa ti viene l’ernia... >
Rise
< già la ho, tranquilla. >
Scesi e lo guardai da lontano, uomo in carriera pronto a partire.
< tua madre sarà qui oggi per l’ora di pranzo, nelle 8 ore che sarai da sola non farmi preoccupare... >
< sarò a scuola papà, non sarò sola. >
annuì, il taxi era arrivato.
Mi abbraccio.
< ci vediamo via webcam e ci sentiamo tutti i giorni... >
< ok papà. >
lo abbracciai, lui si staccò e mi guardò negli occhi
< Smile, tutti i giorni...capito... >
annuii.
Altra strombazzata del taxi, mio padre uscì controvoglia e mandandomi un bacio si chiuse la porta alle spalle.
Erano le 6:30 del mattino, quella mattina a scuola avrei fatto prima del solito.
Mi preparai di tutto punto, ero leggermente elettrizzata all’idea di vedere mia madre, era tanto che non la vedevo ne sentivo e ora che avevo scoperto che era un’Eterna avevo bisogno di farle delle domande.
Alle 7:15 ero pronta per uscire di casa.
Sentii bussare alla finestra, la aprii con calma e venni investita da suo sorriso
< buongiorno. >
Sorrisi di risposta
< giorno. >
Scese dal davanzale e si sistemò i capelli
< tuo padre è partito? >
Annuii
< e tra quanto arriva mamma Nash? >
Presi lo zaino sotto la scrivania
< dovrebbe arrivare all’ora di pranzo, ma conoscendola farà tardi... >
< come la figlia... >
Lo guardai male
< non ho mai fatto tardi in vita mia! >
Uscimmo di casa insieme e ci dirigemmo verso scuola.
< è passato ieri sera Michele? >
Scossi la testa
< Alex no, ti pare che passava...ok, vi siete divisi il compito di controllarmi notte e giorno, ma praticamente con me ci sei sempre e solo tu. >
Annuì soddisfatto
< è così che deve essere. >
scoppiai a ridere
< non so perché ma mi sento violata nella mia privacy; già, già. >
mi diede una spintarella dietro la schiena
< cammina... >
Non eravamo una coppia normale, zucchero e dolcezze? O no, non esistevano.
Ok, c’erano e baci e poco più ma mai che ci facessimo un complimento o mostrassimo un minimo d’amore nei confronto dell’altro.
Mi divertivo terribilmente.
< chi ti ha vestita stamattina Nash? >
Lo guardai
< me stessa perché? >
< oggi stai bene, cosa che non si può certo dire degli altri giorni. >
gli diedi uno scappellotto dietro alla nuca
< scherzavo, scherzavo...stavo solo mostrando quanto era veritiero il tuo pensiero sul nostro non essere dolci. >
Sorrisi, immaginavo stesse ascoltando il mio flusso di pensieri, d’altronde avevo protezione zero, non avevo nulla di cui preoccuparmi (per ora).
Davanti a scuola ci aspettavano tutti gli altri.
< era ora. Siete in ritardo! >
Guardai prima l’orologio e poi Laby
< che dici, sono le 7:50! >
Guardò il suo orologio
< o, è fermo! >
Kay si stava rollando quella che speravo fosse solo una sigaretta.
Monica parlottava con Vittoria di qualcosa relativa Adam, a quanto pare Vittoria aveva un debole per il Rubens grande.
Non vedevo Amos, ma sarà stato in giro con qualche ragazza mentre Michele osservava Alex
< la sei andata a prendere a casa? >
Alex annuì
< quindi, io dovrei passare oggi intorno alle 15, poi tu per tutto il resto della serata... >
Era il ragazzo più preciso che conoscessi, con tutti quegli orari precisi che non perdeva mai di vista.
Alex praticamente non aveva il senso del tempo.
La campanella suonò maligna e ci costrinse ad entrare in classe.
Avevo 3 compiti in classe quel giorno, cosa tremenda.
Li feci tutti in modo perfetto solo perché lessi nella mente dei professori le risposte esatte che poi passai a Laby e Kay.
Alex mi passò praticamente mezzo compito di matematica e l’altro mezzo lo lessi nella mente del secchione della classe.
Era l’unico modo per recuperare il mio mese di assenza, ma non mi faceva poi così schifo, andavo una meraviglia.
Alla penultima ora avevamo buco. Mi spaparanzai sulla sedia stiracchiandomi.
< sei una scorretta. >
Diedi una spinta ad Alex che cadde a terra
< senti chi parla. >
Mi baciò su una guancia
< schifosa! >
Kay mi abbracciò facendo finta di portarmi via da Alex
< schifosa? Stai scherzando! È utilissima! Non sono mai andata così bene a scuola! >
Gli carezzai e la testa e rivolsi ad Alex uno sguardo compiaciuto.
Laby se la rideva
< avrò una A anche a questo compito! >
Alex scosse la testa amareggiato
< che amici scorretti che mi circondano. >
ci fermammo tutti a guardarlo, Kay smise di parlare e Laby di ridere, si sentì osservato
< beh? Che c’è? >
mi schiarii la voce
< beh, hai appena detto amici... >
Non cambiò espressione anche se leggevo l’imbarazzo nei suoi occhi
< non sono amici? >
Kay si alzò e gli diede una pacca sulla spalla
< grande fratello!  >
Alex sorrise rispondendo alla pacca.
Laby gli saltò praticamente addosso
< era ora che ti sciogliessi un po’, ci voleva questa cretina di Smile per farti diventare umano. >
< con lei sono meno umano di quanto credi. >
La abbracciò piano.
Erano tutti bellissimi, quel giorno mi sentivo molto potente.
 
Tornai a casa con Alex, aveva l’arduo compito di aspettare mia madre e spiegarle un po’ i cambiamenti che erano subentrati nel periodo della sua assenza.
Come immaginavo non era ancora arrivata.
Mio padre mi chiamò non appena misi piede dentro casa
< pa... >
< Smile! Mamma è arrivata? >
< no, ma lo immaginavo. Non è mai in orario papà, niente di cui stupirsi. >
Lui sbuffò sonoramente dall’altra parte della cornetta
< quella donna! Almeno non sei sola, vero? C’è Alex? >
Sorrisi
< sì, è qui vicino a me...te lo devo passare? >
lui mi guardò con aria strana
< sì, passamelo. >
gli passai il cellulare
< è mio papà... >
lo guardai parlare al telefono, si era irrigidito notevolmente e aveva tirato fuori la sua voce più seria.
Mi veniva da ridere a guardarlo.
Che dolce che era.
Mangiammo insieme guardando la televisione, i Simpson non potevano essere persi assolutamente.
A metà puntata sentii bussare alla porta.
Mi alzai ed andai ad aprire, Alex mi seguì.
Sulla soglia c’era lei, alta con quel cipiglio quasi da folle.
Era vestita stile hippie, dovevo ammetterlo, bei vestiti, le avrei rubato qualcosa nei giorni seguenti.
Mi abbracciò
< Smimmi... come stai? >
Risposi all’abbraccio
< ciao mamma, tutto bene. E tu? >
scrutò il mio viso da cima a fondo
< quel mese deve averti distrutta, la tua anima è cambiata... >
Anima? Ebbi una terribile sensazione.
Ecco! L’unica cosa che mi era sfuggita, la cosa più importante, la mia anima era cambiata ma per un motivo ben preciso.
Non mi scomposi e la feci entrare in casa con le sue tre valigie.
Lei stava osservando Alex
< tu devi essere il giovane Skorny, dico bene... >
Lui allungò la mano e lei la strinse
<  Alex signora... >
lei scoppiò a ridere esattamente come facevo io
< signora...e che ho? Settant’anni? Sono Gloria. >
Lui sorrise teso
< piacere Gloria. >
Alex aveva intuito i miei pensieri, mi strinse un braccio mentre facevo vedere  a mamma dove lasciare le cose (anche se lei la casa la conosceva benissimo).
< cos’è questa storia sull’anima? >
lo guardai grave
< dobbiamo parlare con Adam... >
Mia madre si girò sorridente
< Il piccolo Adam? O deve essere cresciuto tanto. Lo voglio assolutamente vedere. >
Alex trattenne  stento le risate, piccolo Adam, ora era un ragazzone di un metro e novantacinque con due spalle da armadio e uno sguardo poco rassicurante.
< dopo mamma, intanto sistema la tua roba, hai mangiato? >
annuì
< sì, certo...ho costretto Lorian a comprarmi un panino mentre mi portava qui... >
< Lorian? E chi sarebbe? >
si batté una mano sulla fronte
< ma certo! Che stupida, tu non sia nulla ancora. Io e quel coglione di Noa abbiamo rotto da circa 5 mesi. Ho cambiato casa ed ora convivo con un ragazzo a dir poco stupendo. >
Ragazzo? Mia madre stava con un ragazzo? O mio dio.
< ha vent’anni, è un tesoro veramente. Te lo farò conoscere prima possibile... >
Vide nei miei occhi l’orrore di scoprire che mia madre era fidanzata con un ragazzino di soli 3 anni più di me
< ma che hai capito Smile! Lorian è gay! Siamo coinquilini. >
Tirai un sospiro di sollievo molto evidente.
< allora lo conoscerò molto più volentieri. >
Lei sorrise
< bene perché credo che sarà qui stasera, appena ha saputo che venivo da mia figlia e che era un’Eterna non ha esitato a mollare tutto e a venire con me. Ora sta visitando la città. >
Alex sembrava poco convinto.
 
Mi tirò in cucina con la scusa che dovevamo lavare i piatti
< tralasciando la storia di quello che ti vuole assolutamente conoscere, che cazzo è la storia dell’anima? >
Abbassai lo sguardo
< non so come ha fatto a passarmi di mente ma mentre ero in mano a quelli sono stata sottoposta ad una cura per...per essere trasformata in un Bruno. >
Strabuzzò gli occhi
< che cosa? >
< mi hanno fatto 5 punture di non so cosa, ne mancava solo una per finire il processo ma sono riuscita a scappare prima che riuscissero a farmela... >
Tirai su la manica del braccio dedito alle punture, era normale.
< questo braccio è stato violaceo per settimane, anche se ora è normale. >
Era teso
< dobbiamo andare subito, subito da Adam. Chiama tua madre. >
< viene con noi? >
Era già sparito in salone ed era andato a cercarla lui.
Tornò poco tempo dopo con lei alle calcagna, anche la sua espressione era cambiata, le aveva già raccontato tutto.
< andiamo Smile! >
 
Quando arrivammo a casa di Monica c’erano Vittoria  e Michele ma non Amos né Adam
Alex entrò come una furia
< dov’è Adam? >
Monica alzò le spalle
< non so...dovrebbe tornare a momenti... >
Alex si spazientì
< deve essere qui il prima possibile, abbiamo un urgenza! >
Ovviamente nessuno capiva di cosa stava parlando, poi notarono la mia presenza e quella di mia madre e si, diciamo, insospettirono.
< lei chi è? >
Era ovvio che parlavano di mia madre
Lei sorrise
< Monica...come sei cresciuta...eri così piccola quando ti ho conosciuta. >
Lei non capiva
< sono Gloria, Gloria Adams...la mamma di Smile >
Monica cambiò espressione, corso incontro a mia madre e la abbraccio.
Rimasi di stucco, si conoscevano così bene?
< non sapevo fossi la madre di Smile...o, da quando non ci vediamo. >
Mia madre ci pensò
< circa 15 anni...tanto tempo è.. >
Alex si spazientì ancora di più
< Monica! Abbiamo un problema serio. A dopo i convenevoli. >
Sentii un rumore improvviso provenire dal balcone, mi girai di scatto e vidi Amos poggiato alla finestra con una mano avvolta intorno alla vita sanguinante.
Corsi verso di lui e lo sostenni mentre entrava in casa.
Venni circondata da tutti gli altri, lo aiutammo a stendersi a terra mentre Monica e Vanessa andavano a prendere dei disinfettanti e delle bende.
< Amos, cos’è successo.. >
Respirava a fatica
< hanno...hanno... >
gli strinsi la mano
< hanno preso Adam... >
Voltò la testa da una parte e...spirò.
Mi sentii morire. Continuavo a stringergli la mano con le lacrime che iniziavano a salire e piano, piano raggiungevano le ciglia.
Michele gli chiuse gli occhi in un ultimo gesto da amico, mia madre era tesa, indescrivibilmente segnata.
Alex mi tirò indietro e mi strinse a se mentre io continuavo a piangere.
Vittoria e Monica arrivarono ma capirono al volo che c’era qualcosa che non andava.
Amos era appena morto davanti ai miei occhi e Adam era stato catturato, cos’altro poteva accadere quel giorno?
Rimasi attaccata ad Alex tutto il giorno, quella sera si sarebbe svolta una riunione speciale per decidere come agire; sarebbero arrivati altri due Eterni “superiori” per darci una mano.
Monica era distrutta, tutti noi eravamo distrutti.
 
< la riunione è aperta. >
Eravamo tutti seduti intorno al tavolo del salotto di casa Rubens.
Erano appena arrivati Dorian e Tamara, mandati dai piani alti della congrega ed eravamo pronti a prendere una decisione.
Dorian si alzò in piedi
< abbiamo già cercato di rintracciare Adam, pare sia stato portato nello stesso luogo dove era rinchiusa la mediana. >
Mi guardarono tutti, sentii un brivido attraversarmi la schiena.
Monica si alzò in piedi di scatto
< dobbiamo andare a recuperare mio fratello! >
Alex le passò un braccio intorno alle spalle e la fece sedere, Dorian continuò
< io e Tamara ci stiamo mettendo in moto per organizzare una spedizione di ricerca, dobbiamo essere pronti ad un vero e proprio scontro. Non sappiamo cosa stanno facendo ad Adam. >
Mi feci coraggio e mi schiarii la voce
< io lo so... >
Mi guardarono tutti
< mentre ero, sì, in quel posto mi sono stati somministrati dei medicinali per cambiare il dna e trasformarmi in un Bruno. Bastano 6 iniezioni fatte a distanza di 2 giorni l’una dall’altra per cambiare l’anima di un Eterno. >
Tamara mi guardò
< quante te ne sono state somministrate? >
< 5...sono riuscita a scappare prima che riuscissero a bucarmi per la 6° volta. Eravamo venuto qui per avvertire Adam. >
Tutti si stavano guardando, pensavano, ragionavano, contemplavano l’idea di essere trasformati in Bruni.
Dorian e Tamara stavano scrivendo delle cose su un quaderno.
< allora, ognuno dei gruppi delle città porterà alcuni dei suoi migliori Eterni.
Per il mio gruppo porterò 5 Eterni; Tamara ne porterà 5 e per il gruppo di Adam avevamo pensato a Monica, Alex, Vanessa e Michele. >
Mi alzai in piedi
< vengo anche io! >
Alex mi si mise davanti
< non ci pensare neanche! Tu rischi più di tutti. >
< ma io conosco il posto, e inoltre stare qui da sola non mi metterà meno in pericolo! >
Dorian mi guardò
< come conosci i posti Eterna? >
Lo guardai seria
< ho vagato per tre settimane nella neve prima di trovare un essere umano disposto a farmi telefonare a casa e farmi portare via. Conosco Kurt e sua sorella Lia, potrebbero aiutarci, magari prestarci la loro casa come base di appoggio... >
Tamara mi sorrise
< lei viene con noi...ci sarà sicuramente d’aiuto. >
Alex era contrariato, lo vedevo, ma non mi interessava; avrei aiutato tutti loro a salvare Adam, a tutti i costi.
 
Ci mettemmo in viaggio quella sera stessa, mia madre venne con noi.
5 elicotteri ci stavano portando in Alaska, faceva già freddo, ma questa volta ero attrezzata per sopravvivere.
Alex mi teneva stretta a se, sentivo il suo respiro sul mio collo e da un certo punto di vista di calmava.
Mia madre era montata su un altro elicottero ed era molto meglio così, forse l’avrei sentita di troppo.
Apprezzavo il fatto che fosse voluta venire con me, ma avevo paura che le potesse succedere qualcosa.
Avrei preferito dovermi preoccupare solo di me stessa.
Alex mi baciò i capelli
< preoccupata? >
scossi la testa
< sono solo un po’ tesa... >
Mi strinse ancora più forte
< quando tutto questo sarà finito, pensi che mi permetterai di portarti fuori? >
Lo guardai
< penso di sì...quando tutto questo sarà finito. >
Non sapevo quanto tempo sarebbe servito alla squadra per recuperare Adam e portarlo in salvo, ma dovevamo sicuramente farlo prima della 6° puntura.
Dormii poggiata ad Alex per qualche ora e quando riaprii gli occhi eravamo sul punto di atterrare.
< siamo arrivati... >
Mi stiracchiai pronta a scendere.
Quando l’elicottero toccò terra saltai giù, a primo impatto non riconoscevo il luogo, poi annusai l’aria e capii di essere vicino alla caverna dove avevo passato la mia prima notte da fuggitiva.
Dorian mi urlò
< ci sei? >
Annuii piano
< ci sono...so dove siamo... >
Mi avvicinai al gruppo di che mano, mano si andava radunando.
Tamara mi mise una mano su una spalla
< allora, dov’è la casa di cui ci parlavi? >
< sempre avanti direzione nord-est per circa 2 chilometri, poi tutto ad est per circa un chilometro. >
mi misi a capo del gruppo di 17 persone.
Alex mi si affiancò.
Camminammo veloci ascoltando i rumori della radura.
Quando finalmente scorsi la casa di Lia e Kurt mi misi a correre e raggiunsi per prima la porta.
Bussai frenetica, mi aprì Kurt.
Appena mi vide sorrise e mi tirò su tra le sue braccia possenti
< Smile! >
Lia sbucò dalla cucina e mi corse incontro per abbracciarmi
< Smile! O, meno male che stai bene...cosa ti porta qui? >
Alex mi aveva raggiunta, dovevamo spiegare tutto ai due fratelli.
Grazie a dio ci penso lui mentre io andavo a recuperare il gruppo.
Grazie a dio Lia e Kurt avevano un cuore d’oro, ci ospitarono tutti come meglio potevano e per quando Dorian so offrì di pagare loro si rifiutarono di accettare qualsiasi tipo di rimborso spese.
Per preservare la loro sicurezza due persone a turno avrebbero controllato l’esterno dell’abitazione per essere sicuri che non ci fosse nessun Bruno nei paraggi.
Il primo turno lo avrebbero svolto Vittoria e uno dei ragazzi di Dorian, probabilmente quello che si chiamava Willy.
Arrivò sera quasi subito, l’indomani un gruppo di 7 persone sarebbe andato a perlustrare il territorio circostante per cercare di avvicinarsi il più possibile alla fortezza dei Bruni.
 
Alle 3:30 del mattino Alex mi svegliò, toccava a noi fare il turno di guardia.
Uscii fuori comprendoni il meglio possibile, appena fuori mi strinsi nelle spalle e avanzai piccoli passi verso la radura.
Dentro casa dormivano tutti e noi eravamo gli unici svegli.
Mi si affiancò quasi subito
< senti qualcosa? >
Scossi la testa
< niente...meglio così, preferirei fare una ronda tranquilla. >
Girammo tre volte intorno alla casa, avendo accertato che non c’era anima viva ci sedemmo sul piazzale pulito dalla neve.
< vorrei tanto che ci fosse un falò acceso... >
mi guardò nel buio
< ma se vedi benissimo al buio...e poi un falò attirerebbe l’eventuale attenzione di qualche “passante” >
Annuii, aveva ragione.
< hai freddo? >
Scossi la testa, sentivo un po’ freddino ma non era importante.
Mi prese per mano.
< lo sai che forse è la prima volta che siamo realmente da soli... >
Mi voltai verso la casa
< ti ricordo che li dentro ci sono 17 persone... >
Sorrise
< lo so, ma è come se fossimo da soli, senza nessuno che ci possa controllare, o dire qualcosa...siamo io e te e il Bruno dietro l’albero. >
Mi voltai istintivamente indurendo tutti i muscoli.
Mi abbracciò sfiorando la mia guancia con la bocca
< scherzavo scema... >
Rimanemmo un po’ in silenzio poi esordii
< parliamo... >
Evidentemente gli piacque quella proposta
< ok...parliamo...di cosa vuoi parlare? >
Alzai le spalle
< non lo so, voglio solo parlare con te come se fossimo due persone normali che si stanno conoscendo...infondo non ti conosco quasi per niente. >
< già... >
mi sciolse dall’abbraccio e mi porse una mano
< piacere, Alex... >
Stetti al gioco
< piacere, Smile... >
Scoppiò a ridere
< ma che cazzo di nome è Smile? >
Alzai gli occhi al cielo
< è un nome che non mi si addice per niente...ti sembro una ragazza gioviale, allegra e ridente? O no, non sono così...Smile era un nome per una strafiga bionda con gli occhioni azzurri e un sorrisone a tutto denti, una ragazza sempre di buon amore che piace a tutti per la sua simpatia...non sono io, ecco. >
< effettivamente non sei  bionda, non hai occhioni blu e non ridi praticamente mai...però, ecco per il resto... >
Lo guardai stupita
< per il resto? >
< beh...come fai a dire che non piaci a tutti? Come fai a dire di non essere una strafiga? >
Scoppiai a ridere
< beh, mi conosco è... >
< sì, ma forse non ti sei mai soffermata a leggere nella mente degli uomini che ti circondano. >
sicuramente divenni rosa, per fortuna era buio e avevo la sciarpa fin sul naso.
 
< tu invece? Come sei? >
< beh, io so di essere bello, me lo dicono tutte; sono di bella presenza, biondo con gli occhioni azzurri e tendo ad essere simpatico quando voglio.
Tendo a sembrar stronzo e gli altri ragazzo o mi vedono come un esempio o mi odiano per come sono.
Le ragazze di solito cadono subito ai miei piedi con un sorriso, altre sono intimorite dal mio aspetto e spesso rischiano uno svenimento solo vedendomi sorridere. Per il resto sono uno stronzo montato. >
< la parte  sullo stronzo montato la appoggio... >
Mi guardò spingendomi di lato
< cosa? >
Risi
< beh, sei stronzo, sei anche montato e non sei di certo brutto. Però forse c’è qualcosa di più in te che il bell’aspetto e il carattere di merda...c’è il fatto che sei coraggioso e altruista, cocciuto, serio.
Hai un sorriso spettacolare e un cuore d’oro e sì, all’inizio io ti odiavo a differenza delle altre ragazze che ti giravano intorno. >
sorrise
< è la cosa più bella che mi sia mai stata detta. >
sorrisi di risposta.
Mi feci più vicina a lui e mi poggiai sul di lui.
Quella notte ovviamente non dormimmo, fu però un turno di guardia piacevole, anche perché finalmente potevo dire di conoscere Alex Skorny.
 
Alle 6:30 lasciammo il posto di guardia a Monica e Michele mentre gli altri andavano in perlustrazione.
Io e Alex sprofondammo nel divano e ci addormentammo di sasso.
Sognai una cosa strana che disturbò il mio sonno; ero in una radura simile a quella su cui eravamo atterrati il giorno prima ma non ero sola, ero con una persona che io chiamavo Alex, ma non era lui.
Da lontano vedevo qualcuno che sembrava Nicolas.
Mi avvicinavo e capivo che era lui, finalmente lo vedevo, non sapevo che fine avesse fatto da quasi due mesi!
Gli correvo incontro e quando ero a due passi da lui quello si voltava ed io con orrore constatavo che non aveva volto.
Né naso, né bocca...nulla, un viso liscio, rosso sangue che sembrava guardarmi senza avere occhi.
Mi svegliai spaventata agitandomi sul divano, Alex senza aprire gli occhi mi strinse a se e facendolo lesse la mia mente.
Avvicinò il mio viso al suo e sussurrò al mio orecchio
< era solo un sogno, tranquilla... >
Riuscii a dormire per altre due ore e verso le 15 mi svegliai, Alex non era più vicino a me.
In cucina c’erano Tamara e Dorian che studiavano una cartina del posto.
< ciao ragazzi, scoperto qualcosa oggi? >
I due annuirono all’unisono
< sì, la strada è la stessa che ci avevi spiegato tu, l’entrata però è dal lato opposto.
Ci sono 5 guardie su lato del palazzo e delle telecamere coprono tutto il perimetro.
Sarà difficile avvicinarsi ma non impossibile. >
Annuii
< Alex dov’è finito? >
< è fuori con gli altri... >
mi affacciai e vidi una scena bellissima, stavano giocando a palle di neve.
Lui mi vide e si distrasse tanto da farsi prendere in faccia da Michele.
Scoppiai a ridere mentre lui si levava la neve dalla faccia e mi faceva cenno di uscire.
Sembravano persone normali, ragazzi normali, con tanta voglia di vivere e di divertirsi, chissà se dopo quella missione saremmo riusciti  a fare le persone veramente normali.
Se lo meritavano, Alex più che mai.
Da fuori poteva sembrare un ragazzo semplicemente perfetto, con una vita perfetta e una fortuna esagerata; ma io sapevo quanta dedizione metteva in ciò che faceva, quanto impegno richiedeva il suo compito e con quale fatica bisognava accettare che ogni giorno per un Eterno poteva essere l’ultimo.

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Capitolo 20
*** 17 ***


L’alba in Alaska era fredda, anzi, freddissima.
Camminavamo l’uno vicino all’altro verso Adam; dovevamo riuscire a superare la sicurezza passando inosservati , introdurci nell’edificio, salvare il nostro amico e scappare.
Bell’affare proprio.
Avevo paura, forse per la prima volta avevo paura.
Avevo paura di fallire, di lasciarci le penne insomma; ma più di tutti di vedere morire qualcuno dei miei amici più cari.
Il mio sguardo si spostò prima su Monica che camminava davanti a me, poi Alex al mio fianco.
Gli presi la mano, si voltò colpito poi la strinse.
Camminavamo stretti sotto le prime luci de sole che rischiaravano un celo nuvoloso, carico di neve.
Riuscivo già a vedere un pezzo di muro dell’edificio maledetto.
Strinsi più forte la mano di Alex, tra pochi passi ci saremmo separati.
Eravamo divisi in gruppi ed io e Alex non eravamo insieme; lui sarebbe stato nel gruppo di punta, io sarei dovuta essere più cauta, ero molto più preziosa di tutti loro a sentir dire Dorian, anche se io credevo che quelle parole fossero un tantino esagerate.
 
Dopo pochi passi ci fermammo, Dorian ci riunì.
< allora Alex, Vittoria, Michele e Tamara cercheranno di intercedere dall’entrata principale... >
Continuava a chiamare persone, ma l’unica cosa a cui riuscivo a prestare attenzione era il viso di Alex.
Aveva convinto mia madre a rimanere da Lia e Kurt, lo aveva fatto per me, aveva detto, per non crearmi altri pensieri... “ devi poter combattere a piena concentrazione, devi tirar fuori la rabbia da dentro di te...non puoi farti distrarre”
Ma io ero già distratta, c’era lui, avrei avuto la mente occupata
< ...e nell’ultimo gruppo ci saremo io, Smile e Willy...tutto chiaro? >
Mi guardò
< tutto chiaro Smile? >
Annuii pensierosa
< sì, tutto chiaro. >
< bene, allora andiamo. >
Mi voltai verso Alex e Monica.
Lei mi abbraccio prima di unirsi al suo gruppo e partire verso la loro area designata;
Alex mi si avvicinò serio, mi carezzò il viso e mi ripeté piano
< mi raccomando, mente libera. >
Non mi baciò, non lo baciai.
Ci lasciammo così, senza dimostrare a pieno quello che sentivamo veramente.
Se ne andò insieme al suo gruppo.
Seguii Dorian e Willy cercando di liberare la mente come aveva detto Alex.
< ragazzi, ora vi voglio carichi; Willy, ricordati quello che ti ho detto, occhi aperti. >
Sapevo che intendeva, lui era li espressamente per controllare che io non ci lasciassi le penne.
< Smile, tu devi fare tutto ciò che ti dico io, ok... >
Lo guardai
< ...senza ribattere, anche se non approvi, lo dovrai fare e basta, chiaro? >
Annuii.
 
Ci appostammo sul muro ad est; esattamente dietro l’angolo c’erano due guardie.
Dorian guardò l’orologio
< esattamente ora il gruppo di punta ha attaccato, tra tre minuti partiamo noi. >
Mi guardarono entrambi
< Smile...sei la nostra esca. Non esagerare, fai rumore, falli avvicinare e poi ci pensiamo noi. >
Annuii.
Al via infilai due dita in bocca e fischiai.
Le due guardie si girarono dalla mia parte e non vedendo nessuno si avvicinarono insospettiti.
Appena girarono l’angolo Dorian e Willy le stordirono.
Avanzammo attaccati al muro, avvistai una telecamera.
Con un salto la spinsi verso il muro bloccando in una sola posizione.
Dorian aveva fatto la stessa cosa con la telecamera più avanti, Willy era già sotto la finestra che avremmo dovuto forzare per entrare.
Ci fece segno di avvinarci.
< aprirla non è difficile, temo solo che ci siano degli allarmi all’apertura. >
Li guardai entrambi
< beh, dobbiamo provare...non abbiamo altra scelta. >
Non ci furono obiezioni stranamente, la finestra si lasciò aprire senza far partire nessun allarme, eravamo dentro.
Iniziammo a camminare raso muro, superammo due stanze chiuse e raggiungemmo le scale.
Dorian controllò il suo cellulare
< tutto ok, tutti i gruppi sono entrati, abbiamo il via libera, dobbiamo salire al 5 piano. >
Corremmo su il più veloce possibile, raggiungemmo il quinto piano e incontrammo gli altri.
I visi sembravano rilassati, c’era anche Alex, ma lui non mi convinceva.
Mi guardò e sentii il suo pensiero
< scappa Smile, scappa. >
Troppo tardi, mi sentii prendere alle spalle, un braccio si era avvolto intorno al mio collo e mi teneva ferma.
 
Rimasi immobile, c’erano circa 30 Bruni tutt’intorno a noi ed io ero in trappola.
Volevano sfruttare il fatto che la mediana era in pericolo per bloccare tutti gli altri.
< bene, la mediana torna e porta con se tanti amichetti...che brava che sei.. >
Era la voce di quel pazzo del medico, lo guardai con rabbia mentre mi si avvicinava
< ora non fai più la simpatica? >
Mi tirò i capelli, Alex scoppiò
< non la toccare! >
Colpo sordo, Alex a terra con una mano su un fianco.
Avrei voluto urlare ma dovevo rimanere lucida e vigile.
Tutti, eravamo tutti sotto tiro e non potevamo far altro che giocare d’astuzia.
Iniziai a divincolarmi e ad urlare
< lasciami, lasciami...Alex! Alex! >
Lui mi guardò spaventato, cercai di pensare in modo tranquillo
“stai calmo, e aspetta.”
Quello che mi teneva fu costretto a stringere la presa intorno al mio collo.
Feci finta di sentirmi male, gli diedi un morso sul braccio, ottenni solo un pugno in faccia che mi permise di fingere uno svenimento.
Rimasi a peso morto sulle braccia di quello che scoppiò in una risata rauca che non avrei dimenticato tanto in fretta
< la mediana non è poi così forte quando toccate il suo amichetto...è la tua ragazza biondino? >
Ero sicura che Alex avrebbe reagito in modo stupido, pensai il più in fretta possibile
“sono vigile, tu non fare cretinate e aspetta che mi lascino a terra.”
 
Non dovetti attendere molto. Quello che mi teneva mi lanciò a terra in modo molto sgraziato, gliela avrei fatta pagare dopo.
Il dottore continuò a parlare
< ora somministreremo a tutti una bella dose di medicinale e andrà tutto meglio... >
Aprii piano un occhio ed incontrai lo sguardo vigile di Alex
“puntate il dottore, è lui la mente”
Ricevetti una risposta veloce
“ok, tu stai attenta”
Detto fatto, Alex si gettò sul dottore che cadde a terra battendo la testa, tutti si scatenarono, i nostri e i loro.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai al dottore che era rimasto a terra reggendosi la testa; sapevo che lui non era un Bruno, o almeno non era troppo forte, gli misi una mano intorno al collo e gli ordinai
< se non ci vuoi lasciare le penne dimmi dov’è Adam... >
Quello iniziò a formulare pensieri contorti
< ti ricordo che io leggo nella tua mente, se menti ti uccido. >
Quello penso al volo alla stanza in cui era Adam, lo vedevo nella sua mente mentre gli veniva somministrata la siringa di Dna.
Sentii che dietro di me c’era qualcuno, mi abbassai di scatto e schivai un calcio.
Mollai il dottore, ormai sapevo ciò che volevo sapere.
Mentre pestavo il bruno che avevo davanti pensai
“Alex! Adam si trova in una stanza al 6°piano...io vado li”
Riuscii ad atterrare il tizio che mi stava davanti, poi mi buttai a terra fingendomi stordita e strisciai verso le scale.
Appena fui certa di non essere seguita mi alzai in piedi ed iniziai a correre, stavo arrivando.
 
Arrivai al 6° piano senza incontrare praticamente nessuno, il che mi insospettì parecchio, ma ormai non potevo fermarmi.
Mi guardai intorno, c’erano 3 porte, quale sarebbe stata quella dove era tenuto Adam?
Cercai di visualizzare i pensieri del dottore, la trovai.
Spalancai la porta con un calcio, nessuno in giro.
Avanzai di qualche passo, quel posto metteva i brividi
< bene, bene, bene... >
Riconobbi la voce, mi voltai di scatto ma caddi a terra colpita in pieno viso.
Scivolai intruppando contro un lettino che si capovolse lasciando cadere il corpo inerme di Adam.
Sputai sangue a terra e urlai
< Nicolas, che cazzo fai! >
Con rapidità mi aveva raggiunta, non feci in tempo ad alzarmi che lui, stretta una mano intorno al mio collo, mi sollevò in aria.
Respiravo a malapena, ma ero comunque abbastanza lucida da capire che non stava bene.
Sfruttai il momento per leggere nella sua mante ma non pensava, sembrava quasi...stregato.
< io mi fidavo di te.. >
Cercai di farlo calmare nel minor tempo possibile
< Nicolas...non sei in te, fermati... >
Come non detto
< io mi fidavo di te mediana ma tu mi hai tradito! >
Gli diedi un calcio, allentò la presa, poggiai i piedi sul pavimento e lo atterrai.
I suoi occhi erano vitrei, la pupilla svanita, come tutte le capacità di pensare.
Parlai piano
< Nicolas, io sono Smile e non ti ho tradito. >
Non rispose ma cercò di rifilarmi un pugno in faccia che schivai e restituii al mittente; non potevo farlo tornare in se, ma non potevo neanche permettere che intralciasse la mia missione.
Gli chiesi scusa mentalmente per quello che stavo per fare.
Botta secca della mia mano sul suo collo, chiuse gli occhi di colpo.
Cercai di sentire i battiti, c’erano, ero sicura che c’erano. Non lo avevo ucciso.
Mi alzai e raggiunsi correndo Adam che era a terra e non si era ancora svegliato.
< Adam, Adam sono Smile...siamo tutti qui, siamo venuti a salvarti. Svegliati. >
< non si sveglierà. >
Rimasi ferma di spalle, era la voce del dottore, come diamine aveva fatto a salire se al massimo riusciva a tirare un calcetto della forza di un bambino di due anni?
Ok, ero la mediana, ma forse sarei dovuta essere un tantino più furba.
Si era ovviamente portato gli amichetti che mi presero e mi gettarono a terra di testa, sentii il mio cranio rompersi, non era affatto una bella sensazione.
Ero piena di sangue, di sangue che mio, che continuava a colarmi sulla schiena.
Avevo 5 bruni intorno, 5 bruni pronti a farmi fuori, che gioia
< mica avrai pensato che sarei arrivato da solo, spero... >
Scoppiai in una risata acerba
< no, ma non pensavo di essere così temibile da doverti portare 5 uomini solo per me. >
Lo sentii camminare
< la prudenza non è mai troppa. >
Quei 5 mi fissavano maligni, dovevo riuscire a rialzarmi e a stenderne almeno 3.
“Smile! Tutto ok?”
Eccolo, il mio fedele salvatore
“Alex, sono viva ma mi servirebbe una mano.”
Sarebbe arrivato, e se veniva voleva dire che stava bene, il che mi rallegrò.
< ti hanno abbandonata mediana? Nessuno che viene a darti una mano? >
Sorrisi maligna
< funziono anche da sola, non ho bisogno di spalle... >
Ne avevo bisogno eccome, ma  mai dirlo troppo in giro.
Sentivo i passi di Alex sulle scale, per fortuna stava arrivando, appena intravidi i suoi capelli biondi saltai in piedi e con un calcio improvviso feci cadere due dei cinque energumeni davanti a me.
Scivolai di lato prima che mi prendessero e raggiunsi Alex.
 
Eravamo spalla a spalla, circondati da quei 5, sentivo i loro sguardi come pugnali sulla pelle.
Ci attaccarono tutti insieme, eravamo in netta minoranza, ma eravamo bravi, veloci e incazzati neri.
Con un occhio continuavo a controllare il dottore che era piegato su un tavolo da lavoro, stava sicuramente preparando un’altra delle sue siringhe.
Quando sì tirò su vidi che non era la stessa siringa che aveva usato con me, sentì il mio sguardo e si girò; sorrise maligno
< veleno... >
Sgranai gli occhi, Alex mi raggiunse con il pensiero
“al mio 3 vai e salva Adam...uno, due...”
Saltai di lato lasciandolo da solo contro quei 5.
Adam si era svegliato ma era immobile davanti al dottore, a pochi passi da lui Nicolas era ancora stordito.
Mi lanciai letteralmente sul pazzoide in camice e lo buttai a terra
< butti la siringa...la lasci! >
Quello non rispose, ma rise come non mai
< povera mediana! Credi a tutto quello che ti viene detto? >
Cambiai espressione
< eh? >
Lui continuò
< aspettavo solo questo, che tu ti avvicinassi abbastanza... >
Lo notai solo in quel momento, eravamo di nuovo accerchiati.
Il dottore approfittò della mia distrazione e si liberò lanciandomi addosso ad Adam, mi alzai in posizione di difesa.
 
Li guardavo e loro guardavano me.
Adam stringeva il mio braccio intimandomi di rinunciare, di arrendermi, di fallire.
Scossi la testa; no, non l’avrei mai fatto.
Feci per muovermi ma un urlo mi pietrificò sul posto
< Smile! Non farlo! >
Guardai Alex, i nostri sguardi si incastrarono prima che lui venisse atterrato da uno dei 5; tossi sangue, ero immobile
< non farlo. >
Continuò.
Fui sballottata da un bruno alle mie spalle, mi voltai e lo colpii in pieno viso scatenando la reazione degli altri.
Cercai di difendermi e anche Alex cercò di darmi una mano, ma fummo bloccati entrambi.
Mi tenevano ferma, con la testa schiacciata a terra, ad un soffio da Alex.
Il dottore si fece strada tra i suoi omoni e si piegò sul mio biondo; vidi una lama poggiarsi sul suo collo. Urlai
< NO! >
La lama spinse
< se non stai ferma, lui muore. >
Risate; risate acide, amare, putride mentre una goccia di sangue colava dalla lama del coltello lasciandomi senza fiato.
Per quanto volesse sembrare forte, lui soffriva mentre il taglio diventava sempre più profondo.
Mi guardò, lo guardai.
Volevo toccarlo, dirgli qualcosa ma sapevo solo stare ferma ed osservare i suoi occhi.
Lo vidi muovere appena le labbra, piegai lentamente il viso di lato per sentire meglio.
Fu un fruscio di parole al vento, un soffio della sua stessa vita che mi accese un barlume di speranza nel petto
< io ti amo >
Il coltello scese ancora più giù facendolo tremare per il dolore.
Non vidi più nulla; per dei lunghi istanti sentii solo i battiti del mio cuore, lenti e regolari;
poi quei battiti così perfetti divennero veloci, molto veloci, troppo veloci.
Il mio corpo iniziò a tremare completamente fuori dal mio controllo.
Mi sentii improvvisamente invincibile.
Tutte le mani che mi tenevano schiacciata a terra mollarono la presa come ustionati dalla mia stessa pelle, mi innalzai in tutta la mia potenza leggendo la paura dei loro volti.
La mediana era arrivata.
Guardai per l’ultima volta Alex a terra coperto di sangue, poi alzai la testa e non la abbassai più.
In me era nata una forza diversa da quella che avevo avuto fino a quel momento, ero sicura di essermi veramente trasformata, questa volta in modo integrale.
Con pochi gesti uccisi il primo Bruno davanti a me.
Non mi fece nessun effetto.
Gli altri indietreggiarono di qualche passo, ma non mi sarebbero scappati.
Uno dopo l’altro caddero sotto i miei colpi, le mie mani erano piene di sangue, il mio corpo si muoveva troppo veloce perché io potessi controllarlo a pieno.
Prima che riuscissi a rendermene conto rimasi sola, in piedi.
 
Mi voltai, il dottore sorridente mi batteva le mani.
< complimenti mediana...complimenti. credo di aver fatto un errore di valutazione... >
< lei dottore ha fatto solo un errore, uno solo... >
Alzò un sopracciglio divertito
< sarebbe? >
Sorrisi
< ha spezzato il cuore di una stronza assassina come me. >
Rimase in silenzio
< e si sa, quando si spezza il cuore di una stronza assassina si arriva sempre ad una resa dei conti. >
Ghignò malefico ma io fui veloce, più veloce e meno umana di lui.
Gli conficcai la sua siringa nel cuore, spingendola più giù che potevo e lo lasciai morire li, a terra, senza curarmi di dargli il colpo di grazia per non farlo soffrire.
Camminavo a passi lenti verso Alex.
Ad un passo da lui scivolai a terra, le forze iniziavano a sciamare.
Sorrisi amareggiata.
Gli sfiorai la fronte con le dita e poggiando le labbra sul suo orecchio bisbigliai
< ti amo anche io. >
Una lacrima scivolò dall’incavo del mio naso per poggiarsi su di lui, l’ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi.

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Il mio cuore batteva e non era il solo, intorno a me battevano una decina di cuori, alcuni più veloci di altri.
Sapevo che c'erano degli eterni tra quelli.
Mi sentivo osservata, ero infastidita, poi visualizzai una mano a pochi centimetri dal mio viso;
fui più veloce, la bloccai e spalancai gli occhi
< bambolina... >
il viso felice ma inorridito di mio papà mi diede il buongiorno; ero...in ospedale?
< ehy! Si è svegliata! >
Intorno al letto si ammucchiarono Laby, Kay, Monica e addirittura Adam
< cavolo si è svegliata! >
sorrisi appena, mancava qualcuno all'appello
< certo che mi sono svegliata, avevate dubbi? >
sentii passi conosciuti
< veramente io sì >
il cuore aumentò i battiti, spostai la testa e lo guardai, mi guardò
< ...d'altronde di nomina sei una pigrona >
mi fece l'occhiolino.
Il mio cuore rallentò, il viaggio era appena iniziato.



Ciao a tutti!
A quanto pare, sì, la mia storia si è conclusa. 
Non avrei mai immaginato di finirla così, ne tantomeno di farlo così in fretta, però è capitato.
Sono sicura che a molti non sarà piaciuto il modo in cui è stato sviluppato il finale, si poteva svincolare in tantissimi altri modi ma qesto mi è parso il più opportuno.
Sarei curiosa di sapere in quali altri modi le persone che hanno fino ad ora letto questa storia vorrebbero cambiare il finale (o qualsiasi altra parte del racconto, come personaggi ecc...non è detto che la storia non continui e vorrei farlo nel migliore dei modi).
Mi farebbe piacere.
Un bacio a tutti e grazie di aver seguito.

L. :)

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