Scommettiamo. Ti piace giocare?

di _Des
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Il mio pensiero. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Un amico è così. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro: Lightweight ***
Capitolo 5: *** Capitolo tre: One in a Milion. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque: Per amore. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei: Dipendenza Fisica. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette: One Love. ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto: Mad. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove: Be Alright ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci: I Sentimenti. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici: Quando si è innamorati. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici: Give me love. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici: Dove si Vola. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici: We Found Love. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici: Tanto il resto cambia. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici: Tanto il resto cambia. (II) ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette: They don't know about us. ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto: Turn your face. ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove: Two worlds collide. ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti: Because of you. ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno: Truly, Madly, Deeply. ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue: Next to you. ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitre: I wish. ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattro: Waiting for you. - The Final. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
 
"Scommettiamo. Ti piace giocare?"
 
Sam Wilson è buffa, la classica imbranata.
Talmente imbranata da prendere una sbronza ad una delle innumerevoli feste collegiali e perdere la memoria di quella così bizzarra serata.
Sam Wilson vive d’ansia.
Questa la coinvolge al punto tale da trascorrere mesi alla ricerca della verità.
Ma Sam Wilson è anche una combattente.
Tanto combattente da tener testa persino al cuore.
Ed è innamorata.
Ma sappiamo quanto l’amore giochi scherzi di pessimo gusto.
Specie se al principio dovesse esserci una scommessa.
 
Sequel di "Scommettiamo. Ti piace giocare?" : 20 Cigarettes 


 
Personaggi:

Lily Collins come Sam Wilson. 

Zayn Malik come se stesso.

Diana Agron come Juliette Payne. 

Liam Payne come se stesso.

Jade Thirlwall come Hayley Steven.

Niall Horan come se stesso.

Miley Cyrus come Francesca Jefferson. 


Louis Tomlinson come se stesso.

Harry Styles come se stesso.

Logan Lerman come André


 



“L’amore è composto da un’unica anima che abita in due corpi.”
Aristotele
 
“Le sue mani sul mio sedere.
Svelta sfilo il vestito con velocità innaturale.
Mi bacia con passione, faccio altrettanto. L’alcool nelle vene.
Confusione.                                  
Ed ancora il suo tocco lungo il mio corpo ormai quasi totalmente privo di vestiti.
Il pudore va al diavolo mentre lo libero dei suoi indumenti, al buio indistinguibili.
L’oscurità viene infranta da un fascio di luce lunare, penetra dai vetri della finestra e c’illumina. Non so definire i tratti del ragazzo in questione.
Ne scorgo i soli capelli corvini.
La paura è svanita. L’alcool nelle vene.
- “ Pronta? “ – un suo sussurro, seguito da un ennesimo bacio.
Biascico. La mia deve essere una risposta affermativa perché l’istante successivo le sue mani sfilano l’unico intimo a coprirmi.
La luna infrange il buio.
E noto un tatuaggio risaltare sul suo polso, lo osservo nel dettaglio. Sorrido.
- “ Bel tatuaggio. “ – sospiro, prima di lasciarmi andare ad un immenso piacere.”
 
 
Primo giorno di vacanze natalizie, appena le 7,00 del mattino ed avvertivo già la testa pulsare, mentre mi dimenavo con fare frenetico nei corridoi del college.
Confusione. Ricordi sfocati, quasi inesistenti della notte a precedere. Unica certezza: ero stata con qualcuno ed era stata per me questa la prima volta.  
Bussai sfinita alla porta della mia stanza, un attimo prima di scivolare lungo lo stipite, per evitare un’irrefrenabile caduta. Colpa della testa che pulsava, quasi stesse per scoppiare, mentre la paura s’impossessava di me.
Quando poi, d’improvviso, la porta si spalancò e da questa si affacciò Hayley. Mi fu sufficiente scoccarle un’occhiata davvero rapida per maledirmi ancora, nell’arco di qualche secondo: volto in fiamme, espressione disorientata, preoccupazione ovunque.
- “ Sam! Dove diavolo eri finita? “ – stavolta mi costrinsi ad osservarla. Profonde occhiaie violacee solcavano il suo viso, avrei potuto scommettere un milione di sterline che non fossero dovute solo alle ore piccole. Rifiutavo l’idea di raccontarle cos’era avvenuto quella notte, ma dovevo.
Avvertii allora un peso all’altezza del petto: temevo. Temevo che lei non mi avrebbe più accettata, che considerasse il mio un gesto da incosciente. La pregai con lo sguardo affinché mi lasciasse entrare, ottenendo in cambio un cenno del capo, ad indicare l’interno della camera, per poi fiondar visi, evitando con attenzione di domandare ulteriormente.
Mi concessi una doccia veloce, prima che l’interrogatorio avesse inizio. Dopo aver legato i capelli in una crocchia scombinata, indossato un paio di pantaloncini ed una maglia a mezza manica extralarge che utilizzavo come pigiama, mi sedetti sul letto e mi guardai un po’ attorno. Mancava qualcosa o meglio qualcuno.
- “ Dov’è Juliette? “ – domandai in un sussurro.
- “ Ha passato la notte da Niall. “ – solo al quel punto espirai. Sapere che Juliette non fosse a conoscenza di quanto accaduto, mi tranquillizzava.
- “ Devo raccontarti qualcosa..”- iniziai. –“..ma giura che non farai un fiato, specie con Juliette.” – tono che non ammette scuse. Lei mimò un giuramento, ponendo una mano sul cuore.
Juliette doveva rimanere all’oscuro di tutto, persino del minimo dettaglio o sapevo sarebbe andata in escandescenza. E non conveniva a nessuno che mia cugina alias una delle mie migliori amiche avesse una crisi di nervi.
Presi un respiro profondo. Sapevamo entrambe che si sarebbe svolto un processo in cui io era l’imputata e lei il giudice, ma il racconto doveva avere inizio.
 
- “ Stai scherzando, spero?! “ – proruppe la rossa, sollevandosi dal letto candido.
Mi fu impossibile frenare un sorrisino compiaciuto, notando come ero stata in grado di prevedere la sua reazione. Forse per questo ero pronta a subire un sornione senza capo né coda, di cui conoscevo ogni aspetto, ogni punto, probabilmente anche ogni parola.
Hayley non me l’avrebbe fatta passare liscia, specie perché avevo la tendenza a cacciarmi nei guai, pur avendo una buona media, non fossi di certo una ladra, né una spacciatrice.
A ciò si poteva aggiungere quanto odiassi la violenza fisica. Ero propensa a pensare che con le mani non ci si trasformasse in super eroi, né tanto meno in celebrità. Magari in carcerati, niente di più niente di me.
- “La tua prima volta con un completo sconosciuto?” – continuò esterrefatta.
- “ Be’, non proprio con uno sconosciuto. Era un invitato alla festa. “ – tentai, forzando un sorrisino imbarazzato. La festa, esatto. Quella che Liam ed il resto della squadra di football avevano realizzato per festeggiare le svariate vittorie che essi stavano ottenendo nei vari tornei ed il sopraggiungere delle vacanze natalizie.
- “ Oh, certo! “ – borbottò con fare ironico. Rabbia indomabile nella sua voce.
- “ Forse un amico di Liam. “ – supposi che Hayley fosse basita in particolar modo da quel mio fare pacato e non conscio della gravita delle mie azioni. In verità non volevo dare l’idea di essere turbata, ma lo ero. Panico totale.
- “Erano tutti amici di Liam! “ – sbottò, passandosi una mano tra i capelli con fare frustrato.
Pareva l’avessi combinata grossa ed in effetti era così, ma ricordavo come quel ragazzo mi avesse incantata durante un lento. Va pur detto che ero strafatta di alcool e bevande corrette, che la sottoscritta, non essendo abituata all’alcool, non reggeva minimamente. Ma qualcosa nel suo tocco, durante quel lento, mi aveva del tutto rapita.
Parole, forse dolcezza. 
- “ Lui non deve sapere nulla, intese?! “ – mi riferii a Liam, anticipando qualsiasi sua mossa, prima che lei, la quale poco convinta annuì, mi costringesse a parlarne con mio cugino.
- “ Sicura di non ricordare assolutamente nulla di quel tizio? “ – tornò in tema.
Riflettei sulla domanda.
Tutto vago. Nemmeno il suo nome, che mi sarebbe stato d’aiuto, tornava alla mente.
Solo un particolare era rimasto impresso in me:
- “ Ricordo un suo tatuaggio.“ –
- “ Del tipo? “ – chiese ancora.
- “ Un simbolo: lo Yin e lo Yang. “ – 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno: Il mio pensiero. ***


“E adesso che sei dovunque sei,
chissà se ti arriva il mio pensiero.
Chissà se ne ridi o se ti fa piacere.”
Ligabue-Il mio pensiero

 
Nome: Samanta Destiny Wilson, anche detta Sam.
Età: 18enne.
Capelli: scuri, cadenti in dolci boccoli.
Occhi: marroni, piuttosto scuri, di forma allungata e con lunghe ciglia a contornarli.
Labbra: rosee.
Altezza: un metro e settanta o poco più.
Corporatura: magra non eccessivamente.
Carattere: tipo di ragazza che a primo impatto appare sicura di sé, forse troppo, ma che in realtà nasconde un’immensa sensibilità.
Se mi fossi dovuta descrivere, questa sarebbe stata sicuramente la descrizione più dettagliata che sarei stata capace di dare di me stessa.
Del mondo che mi circondava, al contrario, sarei stata capace di riportare tutto ciò che avevo osservato e che mi sembrava dovesse essere di estrema importanza, anche il dettaglio che ad occhi altrui sarebbe risultato futile.
E se mi avessero chiesto di scrivere sopra un foglio bianco i nomi corrispondenti alle persone più importanti della mia vita e di descrivere , anche in poche righe, come loro mi apparivano, io lo avrei fatto senza alcun tipo di ostacolo.
 
 
Liam: 19enne, capitano della squadra di football, single. Alto, muscoloso, capelli corti del colore del miele. Occhi scuri, identici ai miei. Labbra più scure e sottili.
Secchione non dichiarato, dolce, romantico e atletico.
La perfezione fatta persona.
Tra l’altro sa cantare.. come la mettiamo?!
 
Juliette: capitano delle cheerleader, una delle ragazze più ambite della scuola, nonché sorella del capitano della squadra di football. Alta, con corpo perfetto, capelli biondi e occhi color nocciola, a contrasto con quelli miei e di Liam, ereditati dai Payne. Aveva la mia stessa età e forse proprio per questo avevamo un rapporto stupendo. Era fidanzata con un componente della squadra, migliore amico di Liam. Voleva davvero bene a quel ragazzo e ormai facevano coppia fissa dall’inizio dell’anno scolastico.
 
A tal proposito il suo nome era Niall Horan: ragazzo irlandese, con un sorriso pazzesco, playboy, finto biondo, in tinta con gli occhi azzurri.
Aveva una pelle color latte che, magicamente, d’estate diventava scurissima. Conviveva con la fama di essere uno dei ragazzi più belli della scuola.
Era impegnato seriamente con mia cugina Juliette e ciò mi rendeva fiera di lui. Specie perché  tra di noi c’era un rapporto particolare.
Eravamo amici sin da piccolissimi e sapevo che tipo di ragazzo fosse. Uno apposto, in parole povere.
 
Avrei potuto definire Liam, Juliette e Niall come quel genere di persone rinomate nella scuola che comunque non avevano perso la testa perché mai se l’erano montata.
 
Poi c’era Hayley.. Hayley Steven: migliore amica mia e di Juliette sin dai tempi dell’elementari e nostra compagna di stanza al college. Aveva lunghi capelli rossi, talmente lisci da causare struggenti dilemmi a qualsiasi parrucchiere nel momento in cui gli si richiedeva di arricciarli, quando per lei era un vero gioco da ragazzi dargli la piega che più desiderava. Ma erano gli occhi profondi a farle fare colpo.
Hayley era quel tipo di ragazza con il sorriso perennemente sulle labbra. Unica. Spesso insicura, non cosciente del fatto che agli altri appariva la perfezione fatta persona. Credo fosse questo il suo vero punto di forza.
 
Infine, ma non meno importante, c’era Louis William Tomlinson, detto più comunemente Tommo: 19enne dai capelli lisci castani, morbidi, gli occhi azzurri come l’oceano e uno spiccato senso dell’originalità.
Vestiva sempre di bretelle e maglie a righe e se queste ultime fossero state arancioni o tendenti al rosso, non sarebbe stata una sorpresa. Amava quei colori ed era giusto ammettere che gli stavano una meraviglia.
Era un po’ puttaniere il mio migliore amico, ma mai aveva osato farmi soffrire. Eravamo sempre lui ed io. Nei campetti da calcio, con un pallone usato, quasi del tutto distrutto, convinti di poterne fare il giocattolo più bello al mondo.
Eravamo io e lui. Nel teatro della scuola, presi a lanciarci palline di carta per il puro gusto di far trovare l’altro nei guai e poi salvarlo dalle grinfie dei prof, per sentirsi eroi o per passare un pomeriggio in punizione assieme.
Eravamo lui ed io. Io e lui. Niente contava, tranne noi.
 
Uscii da casa Payne e immediatamente sentii il freddo pungere la mia pelle.
Nonostante abitassi a Londra da sempre, mai mi ero abituata al freddo impossibile che si abbatteva sulla città durante l’inverno.
Tenevo strette nelle mani le uniche due valigie che avevo portato con me dal college e che in quel momento stavo posizionando ancora una volta nell’auto dello zio Payne, Brian, per far ritorno tra le mura della stanza del college.
Finite le vacanze natalizie che, come al solito, avevo passato con i miei genitori, con gli zii e con Liam e Juliette in qualche paese nelle vicinanze fino al capodanno, stavo facendo ritorno al college, accompagnata dai fratelli Payne.
- “ Agitata? “ – domandò mia madre. Era a conoscenza della mia abile capacità di mascherare i sentimenti in presenza di altri, per non destare preoccupazione. Soprattutto, sapeva che al ritorno in qualsiasi scuola avevo la tremarella. Sciocca paura.
- “ A dire il vero.. sì. “ – ammisi, più a me stessa che a lei. Avevo passato l’intera mattina stessa e la giornata precedente, facendo credere a chiunque mi stesse vicino che non ero affatto preoccupata per il rientro dalle vacanze.. in realtà quel natale era stato traumatico per me.
- “ Devi semplicemente stare calma. Tutto si risolverà per il meglio.” – cara dolce mamma. Solo lei era a conoscenza del vero perché della mia insicurezza. Paura differente dagli anni precedenti.
Se prima temevo il rientro per la svogliatezza, quella volta era diverso. Avevo paura di rientrare per avvenimenti poco precedenti al Natale.
- “ Ho commesso una cazzata, mamma.”  - sospirai.
- “ Sì, l’hai commessa. Proprio per questo sarai più giudiziosa. “ – sorrisi. Riusciva a comprendermi anche quando mi trovavo nel torto. Amavo mia madre. – “ E se avrai bisogno, io sarò pronta ad aiutarti. “ – aggiunse poi, abbracciandomi forte. Ci saremo lasciate ancora e spesso avevo nostalgia di lei e di casa.
- “ Ti voglio bene. “ – sussurrai, stretta tra le sue braccia.
- “ Anch’io bambina mia. “ – le stampai un bacio veloce sulla guancia, prima di avvicinarmi al papà che mi attendeva a braccia aperte poco più in là. Salutai anche lui, poi la zia e mi avviai in auto.
Liam e Juliette attendevano solo me, proprio in macchina a causa del freddo.
- “ Sempre l’ultima, eh. “ – ribadì Liam, scherzando. Peccato che io non fossi in vena di scherzi.
- “ Sempre rompi palle, eh. “ – lui sorrise, poi mi strinse tra le sue braccia, preparandosi al viaggio. Volevo un bene particolare a mio cugino.. era il fratello che mai avevo avuto, il fratello maggiore con precisione.
- “ Mi fate sentire un imbecille, qui davanti da sola. “ – lagnò Juliette, dal posto passeggeri al fianco del guidatore.
- “ Mi spiace, ma qui siamo al completo..” – rispose Liam. Juliette lo fulminò dallo specchietto retrovisore, osservando scrupolosamente i due posti liberi che circondavano me e Liam, uno a testa.
Stava per aggiungere altro, ma scaltri io e Liam ci allungammo in modo tale che non rimanesse spazio nemmeno per una sola persona. Eravamo maligni, lo ammetto.
- “ Bastardi.. qui da sola, mi fanno stare. “ – sbraitò la mia migliore amica, fulminandomi con lo sguardo. Da Liam c’era d’aspettarselo, da me non proprio. O forse sì. Io e Liam eravamo fin troppo complici in qualsiasi tipo di situazione.
- “ Ci sono io, piccola.” – esordì zio Brian, salendo in auto.
Ancora, io e Liam ci guardammo e frenammo le risate, mentre sentivamo Juliette mugugnare qualcosa.
Che il divertimento avesse inizio.
 
Aprii la porta della camera del college e rimasi dinanzi la soglia, impalata, intenta a fissarne ogni particolare. Tutto era al suo posto: i poster della Lovato, di Rihanna e di Beyonce attaccati sulla parete a destra, quelli di Jay Z ed Eminem contendevano la parete a sinistra, foto dell’infanzia mia, di Juliette di Hayley, insieme, risaltavano sulla parete centrale.
I tre letti, disposti l’uno al fianco dell’altro, erano rimasti intatti e le loro lenzuola pulite emanavano odore di lavanda.
I mobili erano stranamente in ordine, come lasciati alla partenza.
Quella era casa mia.
- “ Vuoi deciderti ad entrare..? “ – domandò Juliette, dandomi qualche bottarella per passare con le valigie. A differenza mia ne aveva portate con sé parecchie.. era maniaca del look, ma l’amavo così com’era.
- “ Si. “ – risposi appena, battendo la porta alle mie spalle. Giravo su me stessa, osservando ogni cosa con estrema attenzione. Ero confusa ancora, dopo aver passato quasi un mese lontano dalla scuola per via delle vacanze.
- “ Sei strana. “ – affermò mia cugina, osservandomi. – “ Prima di partire per le vacanze lo eri e lo sei anche ora che siamo tornate. “ – annuii, distrattamente. La verità era che non potevo svelarle cosa realmente mi passava per la testa.
L’avrei solo fatta arrabbiare, lo sapevo bene.
- “ Sono solo stanca. “ – mormorai.
- “ Di già? “ – chiese, ridendo. Feci altrettanto, accennando un sì poco convincente. Cominciammo a sistemare la nostra roba, nell’attesa che Hayley arrivasse. Le lezioni sarebbero ricominciate due giorni più tardi e per non avere problemi avevamo programmato, come molti altri alunni, di tornare il venerdì, trascorrere il week-end nel college e riabituarci all’ambiente per la ripresa delle lezioni del lunedì.
«Chissà se tra loro c’è anche lui.»pensai, alludendo ad una persona in particolare tra la massa di studenti che era tornata quel giorno stesso.
Quel ‘lui’ mi tormentava da settimane, oramai.
Non fisicamente.. intendo, il suo ricordo mi perseguitava ed io ne soffrivo.
Avevo il bisogno petulante di sfogarmi con qualcuno che non fosse parte della famiglia, che non fosse stata una delle mie migliori amiche.
In realtà avrei potuto parlare della mia situazione scomoda con chiunque, purché non facesse parte di quel college, non abitasse a Londra, anzi in Gran Bretagna, non parlasse inglese e non capisse nemmeno una virgola del monologo a cui avrei dato inizio.
Teoricamente avrei potuto parlarne con chiunque, praticamente con nessuno.
I miei pensieri vennero interrotti dal cigolio della porta che veniva aperta e spalancata nell’istante successivo. Un sorriso comparve sul mio volto. Lei era arrivata.
Mi voltai di scatto e la vidi: Hayley indossava un cappellino nero stile francesina, che le copriva appena la massa di capelli rossi. Una sciarpa intonata a perfezione con il capellino, in lana. Ed una giacca nera che, contrariamente al suo solito look, nulla aveva di casual.
Era proprio stata in Francia.
- “ Hayley! “ – urlai, correndo ad abbracciarla. Feci cadere tutto quel che in mano aveva, portando automaticamente su di noi lo sguardo di ogni passante nel dormitorio. E ne aveva di roba, sembravano più regali.
Fu tanto il rumore che Juliette si precipitò fuori dal bagno, mentre sistemava i suoi amati cosmetici, da considerarsi un miracolo!
- “ Ciao Tesoro. Sì anch’io sono contenta di vederti. Però lasciami respirare.. “ – disse la rossa stretta tra le mie abbraccia.
- “ Assolutamente no, mi sei mancata! “ – affermai ancora, con voce da bimba.
- “ E se poi soffoco e muoio come te lo do il nuovo cd della Lovato? “ – domandò, consapevole che per Demi tutto avrei fatto, persino distaccarmi da lei, cosa che avvenne in un millesimo di secondo.
- “ Non mi stai mentendo. “ – le puntai un dito contro, giusto per intimarle la verità.
- “ Ti sembro il tipo che mente?! “ – ridendo, ammisi che aveva ragione. Hayley salutò Juliette che, come me, era entusiasta del suo ritorno dalla Francia. Non averla tra i piedi quell’anno, per le vacanze natalizie, fu un colpo al cuore.
E chi mi conosceva bene, intuiva che quando scherzando ripetevo quelle stesse parole –è un colpo al cuore- in chiave ironica, in fin dei conti non scherzavo affatto.
- “ Avete già iniziato? “ – la rossa indicò il mucchio delle nostre valigie. E con nostre valigie intendo le valigie di Juliette visto che le mie erano due, in confronto alle sue. Un numero a caso: cinque.
Annuimmo alla sua domanda.
- “ Ma da poco. “ – aggiunsi poi io.
- “ Bene, pupe. Diamoci dentro! “ – esclamò quella matta di una coinquilina che ci ritrovavamo io e Juliette, la stessa coinquilina che sfilò dalla borsa a tracolla un ipod da collegare allo stereo, per ascoltare una compilation di canzoni, forse non proprio a caso. 


my space: 
MA CIAAAAAAAAAAO.
Eccomi con un nuovo capitolo. 
Diciamo che, essendo solo l'inizio, non c'è ancora
nulla di sostanzioso, ma non vi deluderò. 
Abbiate pazienza, la storia si evolverà 
tra non molto. ;) 

Ho deciso in quali giorni postare. 
Ogni Martedì e Sabato sera. 
In questo modo non dovrò avvisarvi
di passare per ogni capitolo e lo
saprete da voi.  (: 

In sostanza, spero che il primo 
vero capitolo sia stato di vostro gradimento e.. 
ALLA PROSSIMA, PEPI. 

P.S. Grazie per ogni recensione lasciata. Ringrazio
anche chi ha messo la storia tra 
le preferite.ricordate.seguite. 
Vi voglio bene, ragazze. 

-Desy. 
Follow me on twitter: xthirlwallsbow

Juliette. 

Hayley. 

Sam. 

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Capitolo 3
*** Capitolo due: Un amico è così. ***


“Non chiederà nè il come nè il perché
Ti ascolterà e si baterà per te
E poi tranquillo ti sorriderà
Un amico è così.”
Laura Pausini-Un Amico è Così

 
Stesa nel mio letto, tentavo di prendere sonno, invano.
Ero ritornata lì dove sapevo dovesse esserci anche lui o almeno speravo. Già, speravo ci fosse qualcuno in particolare che non conoscevo, non sapevo riconoscere e di cui ricordavo vagamente solo quegli occhi scuri, dal taglio orientale.
Volete sapere cosa accadde di preciso prima delle vacanze natalizie? Sono disposta a raccontare una verità banale, schizzata, senza un senso vero e proprio.
La cosiddetta verità è che l’ultimo giorno prima delle vacanze venne organizzata una festa nella palestra da basket. Avevo voglia di divertirmi, colsi quindi al volo l’occasione.
Bevevo e ballavo, con chiunque.
Non avevo il preciso obiettivo di fare sesso con qualcuno o di rimorchiare a palate.
Pretendevo solo del sano divertimento. Con ciò intendevo ballare, bere, ballare, poi ancora bere, bere, bere, bere e ancora ballare e se fosse stato necessario persino rimettere in uno dei WC della palestra, allestita per quella specie di party. Sarebbe stato uno spasso per il semplice fatto che volevo provare l’effetto di una sbronza, perché mai lo avevo fatto e perché credevo che, una volta tanto dimenticare che in questo schifo di mondo l’unico hobby in cui la gente riceve soddisfazioni, è quello d’infamare le persone come può, blaterando, sfottendo, non fosse poi tanto male.
E né Liam, né Louis né tanto meno le mie migliori amiche si costrinsero a fermarmi, credendo che non sarei andata tanto oltre. Sbagliavano.
Ricordo che un ragazzo in particolare mi aveva puntata. E non mi soffermai più del dovuto a pensare, per la verità non mi riflettei nemmeno un minuto. Ebbi con lui la mia prima volta.
Ma per essermi fidata in quel modo, qualcosa doveva avermi spinto.
Non so.
 
Il sabato successivo venni svegliata dal mio cellulare... tutte e tre venimmo svegliate dal mio cellulare, cosa che Juliette e Hayley mi fecero notare costantemente per l’intera mattinata.
- “ Pronto? “ – risposi, scorbutica.
- “ Questa è la segreteria di Louis William Tomlinson anche detto ‘sono un figo e ne sono consapevole’. Per qualsiasi cosa lasciare un messaggio. “ – guardai più volte il cellulare, cercando di capire se quello fosse uno scherzo idiota e perché me lo stessero tirando. Quando poi il mio cervello cominciò a funzionare e il sonno andò a farsi una passeggiatina, cominciai a sbraitare soprattutto a causa dell’ora:
- “ Ti odio, sai?! Sono le 7,30 di sabato mattina e hai il coraggio di svegliarmi a quest’ora? Ma perché non vai a farti fott..” – le mie urla vennero interrotte  da un rumore simile a ‘tu tu tu’.
Sbuffai. Louis aveva l’abitudine di attaccare la chiamata, mentre parlavo, quando per dispetto la mattina chiamava fin troppo presto. Sapeva che l’odiavo, nonostante tutto continuava a farlo e se lo rimproveravo buttava giù e continuava a torturarmi per messaggi, sapendo che la mia voglia di scrivergli era pari a zero.
- “ E mi messaggerà fra tre, due, uno..” – il cellulare squillò, come predetto. Juliette rise.
Aveva ascoltato tutti i miei insulti, inevitabilmente, pur continuando a tenere gli occhi chiusi. Sospirai pesantemente, prima di accingermi ad aprire il messaggio e leggerne il contenuto.
«Volevo solo dirti che sono arrivato..»sbarrai gli occhi. Ok, forse avevo esagerato. Lo dimostrava il fatto che nel suo messaggio non c’era traccia di battutine o di prese per il culo. Non c’erano accenni di provocazioni. Era serio e l’avevo trattato eccessivamente male.
- “ Porca miseria! “ – esclamai, battendo una mano sulla fronte, mentre mi scaraventavo verso il bagno.
- “ Che succede? “ – urlò Juliette che oramai non riusciva più a prendere sonno. Hayley, al contrario, ero crollata ancora.. aveva il sonno pesante la ragazza, ma in quel modo di beava delle sue poche ore di relax.
- “ E’ arrivato Louis. “ – le risposi dal bagno, nel frattempo che mi scapicollavo per darmi una rapida lavata e per indossare qualcosa di decente.
- “ Lo dovevo immaginare. “ – mormorò, rimettendosi sotto le coperte.
- “ Perché? “ – tornai in camera e infilai, quanto più veloce possibile, un paio di jeans stretti e chiari, i primi che trovai, una felpa dell’adidas azzurra con lo stemma bianco, ed un paio di converse basse intonate alla felpa.
Lei mi osservava, mi stavo vestendo con una tale fretta che chiunque sarebbe rimasto impressionato.
- “ Hey.. Perché? “ – ripetei.
- “ Tutte le volte che si parla di Louis scatti. “ – le tirai un’occhiataccia attraverso lo specchio dal quale mi osservavo nel disperato tentativo di legare i capelli in una coda alta.
- “ E’ il mio migliore amico. “ – mi giustificai.
- “ Proprio..” – mugugnò lei, cercando di non farsi sentire. Non avevo voglia di discutere, lasciai quindi correre il discorso.
Alla fine ci rinunciai, legai i capelli un po’ come capitava e, dopo aver afferrato il cellulare, mi fiondai da Louis. Chiusi la porta della camera alle mie spalle, guardandomi attorno. Nel dormitorio misto c’era movimento: non essendoci stati reparti maschili o femminili, ognuno poteva passare da una camera all’altra, fregandosene altamente persino del coprifuoco.
Svoltai l’angolo ed ecco, avevo la stanza davanti agli occhi.
Bussai una volta appena, per poi dare una sistemata alla felpa azzurra. Sentii il rumore della porta che si apriva, ma non appena alzai lo sguardo non incontrai l’unico paio di occhi che mi aspettavo si trovasse all’interno di quella stanza.
Ad aprirmi venne una ragazza bionda tinta, snob.
Indossava un vestitino che di contenuto non aveva nulla, dico letteralmente. Le sue cosce fuoriuscivano provocando in me ribrezzo, a causa della cellulite ben visibile e se non fosse stato per le calze che la bionda indossava, ero certa che persino il di dietro le sarebbe calato.
Il suo seno prorompente esplodeva nella parte superiore del vestito ed un conato di vomito mi percosse, quando notai il reggiseno in pizzo, messo in mostra con fierezza.
Allyson era il nome della ragazza. E anche solo dal nome, la tipa mi dava l’idea di una poco di buono, una facile, ecco tutto.
La squadrai per bene, fin quando, arrivata ai suoi occhi –ardua impresa riconoscerli in quel mare di trucco che la rendeva squallida ai miei occhi- la fulminai con lo sguardo fin quando non mi decisi a sferrarle una battutina molto simpatica:
- “ Niente scopa amico questa mattina, Ally? “ – intravidi il suo sorriso, sempre che quello non fosse il naso, non avrei saputo differenziarli.
- “ Chiedi al tuo amichetto. “ – pura allusione a Louis che si trovava all’interno della stanza e che potevo scorgere perfettamente, mentre c’ignorava, intento a trafficare con una racchetta ed una pallina da ping pong, sul suo letto… che poi non aveva neppure un tavolino per poter giocare.
- “ Dovrei chiedergli del perché non abbia voluto farsi una scopata con te? Piccola, ingenua Ally, non è tanto difficile pensare che probabilmente Louis sia leggermente schifato dalla tua presenza, sai? “ – dapprima la lasciai senza parole, non che mi fossi impegnata per ottenere un risultato simile, bastava davvero poco per zittire Allyson Dowson. Ma tutta tette e niente cervello sforzò l’unico neurone che le rimaneva, credendo di riuscire a piegarmi:
- “ Ti ricordo che io e Lou siamo stati insieme una volta. Non credo che con te sia successo lo stesso. “ – senza nemmeno riflettere su ciò che le avrei dovuto rispondere, mi lasciai condurre dall’istinto e dall’impulso di metterla a tacere, prima che uno dei suoi tacchi dodici le si conficasse accidentalmente in un seno, sgonfiandolo.
- “ E chi ti da questa certezza? “ – lei spalancò la bocca in una ‘O’, amareggiata, mentre io soddisfatta, le sbattei la porta davanti quello che sarebbe dovuto essere il suo naso, ma che, per quanto mi riguardava, sarebbe potuto essere persino il suo orecchio. Davvero, non riconoscevo i suoi connotati e non perché soffrissi di una particolare dislessia, ma perché tanto era il trucco a coprirla che tutto diventava uguale su quel viso.
- “ Sempre detto che tette troppo grosse e trucco male usato causano problemi mentali. “ – schioccai la lingua, prima di gettarmi pesantemente su Louis che se la rideva sotto i baffi. Furbo lui, non aveva preso le mie parti pur di gustarsi lo spettacolino.  
- “ ‘E chi ti da questa certezza?’ “ – mi canzonò, sbottando in una risata sentita.
- “ Ora mi sfotti, ragazzo carota? “ – presi a fargli il solletico, Louis si contorceva sia per quel dolore fisico che inizialmente doveva trovare piuttosto piacevole, sia per il battibecco tra me e Allyson che, va ammesso, era quella facile della scuola ed era preda di tutta la squadra di football, essendo una cheerleader.
- “ Non sarai mica gelosa? “ – domandò ad un tratto il castano, trattenendomi per i polsi. Lo guardai in malo modo, temendo davvero che quella ragazza avesse distrutto i pochi neuroni sani che Louis possedeva.
Tentai di dimenarmi una o due volte, invano, prima di decidermi a rispondergli:
- “ Ti piacerebbe, bello mio. “ – Louis rise, divertito dal mio modo di fare.. o forse perché mi trovava assurda. Un’opzione vale l’altra.
- “ E comunque, cosa voleva l’irriconoscibile? “ – ancora, lo sentii ridere. Amavo il suono della sua risata. Era così dolce e allo stesso tempo buffa. Induceva ad altre risate, e ancora ad altre, e ad altre, ad altre, ad altre, altre ancora.. induceva a risate, fine.
- “ Ti facevo più furba Wilson. Ti ci vuole un atlante per capire cosa voleva Allyson? “ – lo guardai accigliata, prima di sfilare in modo molto brutale il cuscino da sotto la sua nuca, sferrarglielo contro per una buona diecina di volte ed infine rispondergli:
- “ E io facevo più intelligente te: L’ATLANTE SERVE AD INDIVIDUARE COSE COME FIUMI, LAGHI.. “ – avrei potuto rifilargli una lunga lista di elementi geografici se non avesse fatto una delle sue sparate:
- “ Mangiar carote in tutti i modi, in tutti luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo, l’universo..” – e cantò il tutto a perfezione, cosa che mi stupì e non poco. Lo guardai, stavolta esterrefatta, prima di alzarmi di scatto dal suo letto e mimare un crocifisso con le dita, impaurita:
- “ ESCI DA QUESTO CORPO! “ – gridai, in preda al panico. Gli occhi di Louis s’illuminarono, segno che un’idea folle quanto bizzarra era balenata nel suo cervellino, così piccolo e fragile che con poco avremmo potuto veder fumare ed infine sbriciolarsi in un trilione di pezzi.
Dapprima mise le scarpe, i suoi amatissimi mocassini rossi, poi si avvicinò furtivamente e mi sollevò in spalla, quasi pesassi tre kili e fossi paragonabile ad un sacco di patate.. ero capace di assomigliare persino a quest’ultimo nei miei giorni no.
Ci condusse entrambi fuori la sua stanza, poi lungo l’intero corridoio già in movimento.
- “ Louis, razza di demente, mettimi giù o giuro che do fuoco alla tua carota orologio. Intesi? “ – le mie parole volarono con il vento che non trapelava in quell’edificio. Quindi ora, mi chiedo con cosa volarono quelle parole. A meno che Louis non avesse emesso “per sbaglio” qualche tipo di odore corporeo e fisiologico, per creare “semplice” aria.
I miei pensieri vennero placati, dalla sua risata a cui seguì come risposta un:
- “ Non ne saresti capace. “ – mi zittì completamente, solo perché avevo davvero paura di aver inalato rutti e robe varie senza volere.
 
Mi sedetti in un tavolino del bar che si trovava all’esterno del college e che era parte di questo, nell’attesa che Louis tornasse con la colazione. Lo spiritato voleva fare colazione così aveva deciso di “trasportarmi con eleganza” al bar.
Avevo sonno ed era evidente, specie per le occhiaie che risaltavano nella parte inferiore dei miei occhi.
Mi poggiai o meglio distesi sul tavolo e formulai due pensieri:
Il primo: Louis doveva spiegarmi ancora perché Allyson si trovava in camera sua.
Il secondo: Il tizio con la passione per le righe sapeva della mia prima volta.
Finalmente avrei potuto parlarne con qualcuno che non fosse stata Hayley.
Lei e Louis erano gli unici due a sapere, gli unici di cui mi potevo fidare in quel momento.
Sentii lo schiocco di un bacio sopra una delle mie guance e ritornai subito sul pianeta terra, alzando la testa e aprendo gli occhi di getto.
- “ Stavi per addormentarti, non è così? “ – ridacchiò Louis, sedendosi al mio fianco. Era stato proprio lui a darmi un soffice bacio sulla guancia.
- “ No, tentavo di capire se ad occhi chiusi si possa vedere oltre le palpebre. “ – ribattei, snervata.
Lui rise. Il suo sorriso era qualcosa di.. di sensazionale. Mozzava il fiato a chiunque, chiunque non c’avesse fatto l’abitudine come me. Nonostante tutto provavo ancora un vortice d’emozioni osservandolo.
- “ Sembra quasi che tu non sia contenta di vedermi. “ – constatò.
- “ Certo che sono contenta di vedere te e.. la cervellona. “ – ancora udii la sua dolce risata farsi sentire.
- “ Ammetti di essere gelosa, Sam. “ – dalle mie labbra mai sarebbe stata pronunciata una confessione simile, specie perché non era vera.. Ok, forse sì in parte. Ma dall’altra avevo paura che lui soffrisse ancora. Allyson lo aveva già usato per notti di fuoco, per poi liquidarlo con un ‘è stato bello, ma finisce qui.’ e non volevo ritrovarmi ancora a dover consolare il mio migliore amico, a doverlo spingere a reagire, a non lasciarsi abbattere da Allyson tutta-tette-niente-cervello.
Lui doveva togliersela dalla testa. Diceva di averlo fatto, ma non riuscivo a credergli.
- “ Mi dispiace, ma di una sola cosa io sono gelosa ed è il baratto di nutella che nascondo nella valigia. “ – schioccai le labbra, lanciandogli un bacio volante che stava più per una presa per il culo che per un segno di affetto.
- “ E comunque ancora non so che cosa volesse. “ – ripetei.
- “ Scopare, Samantha. Cosa pensi volesse? “ – risi della sua schiettezza. In effetti, non credevo che quella ragazza potesse addirittura andare nella camera di un ragazzo e pregarlo per provare una qualche emozione, lontanamente paragonabile all’amore. Era caduta in basso.
- “ E perché non l’hai accettata? “ – dovevo indagare per bene, da migliore amica che si rispetti.
- “ Perché non avevo voglia di stare con lei e poi dovevi venire tu. “ – alzai gli occhi al cielo, certa che prima o poi avrei dovuto fargli una statuina. Era un mito con le scuse.
- “ Potevi mandarmi un messaggio se volevi passare la mattinata con lei..” – lo incastrai.
- “ Già, potevo. Ma non era con lei che volevo passare la mattinata. “ – mi fece un occhiolino che lasciava intendere tutto e niente.
Ma leggendo tra le righe e notando il sorriso beffardo, con il quale ripuliva per bene tra le sue labbra il cucchiaino del cappuccino, potevo riconoscere che la ragazza con cui voleva trascorrere del tempo ero io.
Sorrisi, abbassando lo sguardo.
Ero convinta che nessuno potesse avere un migliore amico come il mio. 

 

my space: 
SCIIIIIIIIIIIAO BELLA GENTE. 
COME PROCEDONO LE VACANZE? 
SPERO BENE. 
LUNEDì SARA' IL MIO COMPLEANNO
QUINDI SONO PIUTTOSTO CONTENTA. :3
LO SO, NON V'INTERESSA GRANCHE'.
LOL 

COMUNQUE, IL CAPITOLO DA ACCENNI 
DELL'AMICIZIA TRA LOUIS E SAM, CHE E'
FORTE, ALLO STESSO TEMPO FRAGILE, COME 
VEDRETE IN SEGUITO, MA NON SOLO.
SI PARLA DI ALLYSON CHE SARA' UN 
PERSONAGGIO "PORTA SCOMPIGLIO" 
ALL'INTERNO DELLA STORIA. 

NOW, SPERO VI PIACCIA PIU' 
O MENO COME L'HO IMPOSTATO.
VOLEVO INIZIARE CON UNA TRAMA 
ALLEGRA, SEBBENE SAM ABBIA TANTI
PENSIERI TRA LA TESTA. 
QUESTO DOVREBBE FARVI CAPIRE CHE LEI 
E' UNA TOSTA. :'D 

NEL PROSSIMO CAPITOLO COMPARIRANNO
TUTTI E CINQUE I FAMOSI ONE DIRECTION
CHE NELLA STORIA, COME AVETE INTESO, 
NON ESISTONO. (povere noi.) 
MA NON POSTERO' DI SABATO, SOLO DI
MARTEDì, PERCHE' HO NOTATO CHE 
SABATO SERA NON SONO RIUSCITA A FARLO. 

TRA L'ALTRO HO RICEVUTO POCHISSIME 
RECENSIONI PER LO SCORSO CAPITOLO. 
QUINDI SE LA TRAMA NON 
VI PIACE, FATEMELO SAPERE. 
PER LO MENO NON CONTINUO A SCRIVERE
A VUOTO. 
SE INVECE VI PIACE, POTRESTE LASCIARMI
UNA PICCOLA RECENSIONE? 
RISPONDERO' A TUTTE. :D 

SE VOLETE FARMI LEGGERE QUALCHE FF, BASTA
CHIEDERE COMUNQUE. 
E SE HO DIMENTICATO DI FARLO CON QUALCUNA, 
FATEMELO NOTARE. :'D

BEH, COME AL SOLITO 
GRAZIE DI TUTTO. 
VI VOGLIO BENE E.. 
SIETE STUPENDE. 

Twitter: @xthirlwallsbow

 Louis.                 

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro: Lightweight ***


“Sono un peso leggero, sarebbe meglio se stessi attento a quello che dici
con ogni parola volo via
Tu hai il controllo del mio cuore.”
Demi Lovato-Lightweight

Chiusi con forza la porta della camera.
Ero nervosa. Ero sempre nervosa il lunedì mattina, ma non appena mettevo piede sul marciapiede della scuola, mi rinfrancavo, sapendo che non sarei stata sola, che avrei alternato momenti di noia a momenti che avrei ricordato come i migliori, trascorsi con persone speciali.. e no, non mi riferivo a quella pazza della prof. di matematica, la Brown.
Non la sopportavo. 
Come al mio solito, camminavo con passo lento per osservare un po’ quel che mi circondava.
Dirigendomi al bar della scuola, scorsi l’enorme insegna frontale alla scuola: Art High School of London.
Già, la mia era una scuola dedicata alle arti, di qualsiasi genere: scrittura, musica, ballo, sport (con le svariate categorie), fotografia per arrivare anche all’arte della scultura, pittura, disegno e chi più ne ha, più ne metta.
Era una scuola normalissima: si studiavano le materie principali come l’inglese, la matematica, una lingua straniera, la storia e la geografia. A ciò si aggiungevano tre corsi a nostra scelta, soprattutto in base alle qualità e le passioni che spiccavano in noi.
Io avevo scelto scrittura, musica (che comprendeva il canto e l’apprendimento di uno o più strumenti, più la storia della musica) e ballo.
L’ultimo corso, più che per passione, l’avevo scelto per curiosità, ma poi era diventato fondamentale. Amavo unire passi di danza a musica da me composta. Ero un genio in quel genere di cose.
La scrittura era il mio amore nascosto.
Scrivevo di tutto, manipolavo e rendevo poesia per canzoni anche le cose più banali o semplicemente scrivevo per sfogare tutto quello che con una tastiera e corde vocali non mi era possibile fare.
In quella scuola c’erano tutti artisti, nessuno era migliore di nessuno, anche se determinati elementi erano più conosciuti rispetto ad altri. Juliette e Liam, ad esempio. Fratelli, osannati nell’intera scuola. Liam era un asso in tutti gli sport, Juliette era considerata la più abile tra le cheerleader, nonché capo del gruppo.
Il gruppetto di Liam, altro esempio, era rispettato da tutti per la popolarità.
Per il resto, come ho già detto, era una scuola normalissima.
 
Chiusi l’armadietto e sussultai. Hayley si trovava al mio fianco e non l’avevo affatto notata.
- “ Se volevi farmi venire un infarto, t’informo che non ci sei riuscita. “ – affermai subito, ironica. Lei rise. Amavo la sua risata, era contagiosa.
- “ Può darsi. “ – rispose, passandomi un braccio intorno al collo. Alla prima ora avevamo entrambe storia della musica quindi, come sempre, ci dirigevamo insieme verso la stessa aula.
- “ Allora.. pronta per il primo giorno dopo le vacanze? “ – domandò, scuotendo una ciocca di capelli che, essendo fin troppo lunga, le impediva la vista.
- “ Non si vede?” – la rossa sorrise, sapendo fin troppo bene quanto poco fossi entusiasta della ripresa, non per la scuola, ma per determinati ricordi che mi allertavano.
- “ E cos’hai in programma per il fine settimana? “ – domandò a seguire.
- “ Siamo appena rientrate, Hay. “ – le lanciai uno sguardo ovvio, ma lei con il suo mi fece intendere che voleva saperne di più. – “ Controlliamo l’agenda..” – sospirai. Hayley partì in quarta con le risate. Conosceva fin troppo bene la mia risposta. Estrassi il cellulare dai pantaloni e lessi quel che c’era scritto. – “..finire tesina sull’America, completare nuova canzone, mixare musica per la lezione di martedì prossimo, provare musica mixata, ascol..” – mi fermò.
Credo non fosse neppure minimamente sconvolta dal fatto che avessi una baraonda di compiti arretrati, mentre sapere che avrei passato il finesettimana in camera, l’aveva lasciata senza fiato.
- “ Ok, ora tu t’impegni perché questo sabato sera usciamo. “ –
- “ Per andare dove? “ – nella mia domanda non c’era un reale interesse, ma per non essere ineducata, gliela porsi comunque.  
- “ Pub. Lo dirò a tutti..” – con tutti già sapevo a chi si riferisse. E di avere Malik tra i piedi, dopo la scommessa idiota che avevo accettato, non ne avevo voglia.
- “ Passo. “ – decisi, infine.
- “ Perché? “ – sbuffò, credo fosse preparata a quel genere di risposta.
- “ Non voglio vedere certe facce. “ –
- “ Paura che Malik vinca la scommessa? “ - risi, sembrava mi stesse sfottendo. Non sembrava, ERA così.
- “ Non parlerei fossi in te. Sei cotta di Liam.“ – le sue guancie bianche divennero per un momento rosee e, da quel minimo dettaglio, capii che Hayley aveva davvero una cotta per Liam e che la mia non era una semplice supposizione.
Era ora di dare una svolta alla situazione e l’avrei fatto io per lei.
- “ Non è vero. “ – mormorò a testa chinata.
- “ Davvero Hay. Dici sul serio? “ – le bastò un mio sguardo per sputare a raffica tutta la verità su Liam, su quanto le piacesse e sul fatto che la cotta andasse avanti già da un paio di mesi, ma che lui sembrava non accorgersene.
- “ Venerdì pomeriggio shopping e sabato sera si esce! “ – decretai, orgogliosa del piano che avevo organizzato mentalmente.
- “ Cos’hai in testa? “ – chiese, sbarrando gli occhi.
- “ Stai a vedere. “ – entrammo in classe e la conversazione terminò lì, solo per il momento. Liam e Hayley erano fatti per stare insieme e qualcosa mi diceva che Liam non avrebbe disdegnato Hayley.
Già sapevo cosa fare.
 
Sfrecciai fuori dall’aula. Negli ultimi minuti di lezione stavo per collassare. Odiavo la matematica, era la materia che più mi dava filo da torcere, nonostante tutto era anche la materia che meno mi ostinavo a seguire.
Mi diressi verso l’armadietto. Dovevo solo lasciare dei quaderni, durante la pausa pranzo.
In pochissimo mi ci ritrovai davanti, cercando disperatamente di aprirlo. Nulla. Inserivo la combinazione, spingevo appena e tiravo di nuovo verso di me, ma quel fottuto armadietto non aveva intenzione di aprirsi.
- “ Fanculo! “ – sbottai, colpendolo appena con il pugno.
- “ Sei proprio imbranata, Wilson. “ – bastarono quella voce e la capacità della persona che la possedeva di aprire l’armadietto dinanzi i miei occhi sbarrati, per rimettermi in sesto.
- “ Farei poco la spavalda, Jefferson.  “- risposi, prima di andarle vicino e abbracciarla. Francesca Jefferson, una delle mie amiche più care, nonché compagna di avventure. Era una delle poche in grado di farmi irritare, poi sorridere, poi ancora irritare e infine cimentarmi in grasse risate. Era la migliore.
Amavo follemente i suoi capelli biondi, che s’intonavano a perfezione con gli occhi azzurri. L’avrei definita principessa se non fosse stata schietta e spesso “tamarra”, ma tremendamente dolce.
- “ Allarme abbracci! Scommetto che l’ora di matematica ti ha fuso il cervello. “ – tipico, mi sfotteva sempre dopo una lezione con “la materia che preferivo in assoluto”.
- “ Puoi dirlo forte! “ – posai libri e quaderni che per il resto della giornata non mi sarebbero serviti e ci dirigemmo in mensa. Era gremito di gente, come sempre, e come sempre ci ritrovammo a girovagare per l’enorme sala alla ricerca di Hayley e di Juliette.
- “ Ciao Cugina.” – disse Juliette, quando ci vide arrivare.
Era seduta in un tavolo insieme a Niall che attendeva il nostro arrivo, prima di correre via. Indossava la divisa da football, probabile quindi che avesse qualche allenamento extra per il ritorno.
Stampai un bacio sulla guancia di Juls, accennandole un sorriso che le fu sufficiente come saluto.
- “ Liam? “ – non porsi la domanda ad una persona con precisione, mi bastava rispondesse una delle due ragazze sedute nel mio stesso tavolo.  
- “ Allenamenti con la squadra..” – ovviamente, fu Juliette a rispondere, dandomi persino poca importanza, troppo impegnata con un libro di storia.
Presunsi quindi che fosse rimasto in qualche palestra della scuola per allenarsi, ma con Liam tutto era possibile. Anche ritrovarlo raggomitolato nel bagno della scuola con libri e quaderni di algebra tra le mani, intento a fare pesi.
Alzai appena in tempo lo sguardo per veder arrivare Hayley. Camminava svelta tra i tavoli, con aria sicura, sorridendo di tanto in tanto alla vista di volti familiare. Dopo pochi secondi me la ritrovai seduta affianco.
Salutò tutti, prima di lanciarmi un occhiata e domandare:
- “ Matematica? “ – annuì appena, prima di percepire una sua risposta: - “ Ti capisco. “ – scoppiarono di nuovo tutte in risate. Ero sicura di non riuscire a toccare cibo, mi sarei sfamata di risate, come succedeva sempre in loro compagnia. 
 
 
Dopo pranzo passammo tutte e quattro davanti l’uscita che conduceva ai campi di calcio e alle palestre, uscita davanti la quale si appostavano giocatori di football, di basket, cheerleader e sportivi. Ed era per questo che era stata ribattezzata “porta degli sportivi”. Mi sentii strattonare, per poi essere trascinata fuori dalla porta. Non mi spaventai, sapevo bene con chi avrei dovuto discutere, soprattutto, l’espressioni delle altre non erano affatto preoccupate, seguendomi, non avevo quindi motivo per esserlo io.
- “ Liam, quante volte ti avrò detto di non stressarmi di lunedì? “ – Liam mi voltò verso di sé, non appena lo ripresi. Era un rituale. Lui attendeva che passassi prima o poi davanti la porta degli sportivi per poter fare due chiacchiere.
E sinceramente, amavo la complicità che c’era in noi.  
- “ Fammi pensare.. due o tre? “ – rispose.
- “ …mila! Due o tre mila volte! “ – lo ripresi ridendo, per poi abbracciarlo.
Sussurrai in un suo orecchio un «come stai» a cui lui rispose un «bene.» sincero, stringendomi più forte, se possibile, tra le sue braccia.
Mi accorsi poco dopo che erano presenti praticamente tutti quelli che potevo avere il lusso di chiamare amici. Liam, Niall, Louis, Hayley, Juliette, Francesca e.. Styles e Malik.
«Quei due stanno sempre in mezzo ai piedi!» pensai, indispettita.
- “ Sabato sera. Pub. “ – informai tutti, distaccandomi da Liam.
- “ Io ci sto. “ – accettò Juliette.
- “ Io pure. “ – rispose a ruota Niall. E così fecero tutti gli altri, tranne Malik e Liam. Del primo poco m’interessava. La presenza del secondo, invece, era fondamentale.
- “ Tu vieni, cugino? “ – chiesi, guardandolo con occhi da cerbiatto.
- “ Devo proprio? “ – lanciai un’occhiata a Hayley e notai il suo viso infranto, immaginando già che Liam ci avrebbe dato buca. Ma lei non lo conosceva tanto quanto lo conoscevo io. Sapevo che quella di Liam era pura finzione.
- “ Certo, pucci pucci. “ – risposi. Lui ridacchiò e subito annuì, segno che sarebbe venuto.
- “ Eh bene. Per qualsiasi informazione..” – indicai con gli indici Hayley. – “ ..chiedete alla rossa. “ – e mi allontanai di poco, sentendo il cellulare squillare.
Mi avvicinai ai campi da calcio per poter restare sola. Erano deserti, quindi mi affrettai a rispondere.
Mia madre mi tenne al telefono un paio di minuti, giusto per sapere se tutto fosse okay e se avessi superato con tranquillità la prima giornata di scuola che, tanto per la cronaca, non era ancora terminata.
Non appena agganciai, sentii un paio di mani con presa delicata avvolgermi la vita. Sbiancai, forse colta di sorpresa o per paura di sapere chi fosse stato.
- “ Finito con la mamma? “ – sospirai. Zayn. Quel ragazzo cercava rogna.
- “ E tu hai finito di tormentarmi? “ –
- “ Non posso, devo farvi innamorare di me. “ – ridetti. Lo disse con un tono principesco, muovendosi proprio come avrebbe fatto un vero principe.
E lo immaginavo su un cavallo bianco, vestito di calzamaglia azzurra. Sarebbe stato perfetto. Quei pensieri mi sbalordivano.
- “ Arrendetevi. Non ci riuscirete. “ – questa volta fu lui a ridere, ma ignorò quasi totalmente la mia battuta, per potermi chiedere il numero di telefono.
- “ Cosa dovresti farci? “ – chiesi curiosa.
- “ Forse chiamarti? “ – strinse le mie mani nelle sue, ma io con la cosiddetta ‘faccia da culo’, gli sorrisi e disciolsi la presa. Troppa confidenza, c’era una scommessa in corso e sarei dovuta essere io la vincitrice, anche perché rischiavo d’innamorarmi di lui e non volevo cadere nella sua ragnatela.
Presi una penna dalla borsa e, scrivendogli il mio numero sul braccio, lo avvisai:
- “ Sono offlimits dall’una di notte fino alle sette del mattino. A tutte le altre oltre potresti trovarmi reperibile. “ – cercavo un pretesto qualunque pur di disturbarlo, pur di non fargli credere che, con me, tutto sarebbe stato rose e fiori.
In fin dei conti, avevo sempre professato di non sopportarlo.
Perché avrei dovuto cambiare idea da un momento ad un altro?
- “ Potrei? “ – ribatté, accigliato.
- “ Già..” – di nuovo, la presa delle sue mani avvolse la mia vita che avvicinò alla sua, facendo così avvicinare il mio corpo al suo, sprofondare i miei occhi nei suoi, sfiorare le mie labbra con le sue.
Mantenere la calma era una delle poche cose che mi riusciva.
Apparivo di ghiaccio, inferibile. Ma se solo si portava insistentemente lo sguardo su di me, osservando ogni mio minimo gesto, allora era facile scovare un’altra me. Una me che non aveva niente a che fare con la forza e la resistenza.
Ero fragile. Bastava un soffio di vento per trascinarmi via, un piccolo colpo per ridurmi in tanti, infiniti, piccoli pezzi.
Ero diversa. Ma gli altri non potevano notarlo.
Eppure qualcosa mi diceva che lui mi aveva scorto e smascherato.
Lui mi aveva vista per la ragazza sensibile che ero e sapeva sfruttare a suo vantaggio questa mia debolezza.
Ero spaventata.
- “ Io sono Zayn Jawaad Malik, dolcezza. Arriverai a desiderare che io ti chiami 24 ore su 24. “ – parlando, le sue labbra toccavano quasi impercettibilmente le mie, ma io le sentivo premere con forza contro la mia bocca.
Anche solo sfiorarci per me equivaleva essergli troppo vicina.
Anche solo sfiorarci faceva pervadere in me la paura di poter desiderare lui e la sua bocca rosea non a causa di una semplice cotta passeggera.
Non dovevo innamorarmi. Non avrei potuto accettarlo.
- “ Fai il bravo, Malik. “ – dissi, ad un tratto, distaccandomi con lentezza da lui. Lo guardai, astuta, muovendomi in modo sensuale.
Non che fossi una pantera, non sapevo neppure quali fossero le cosiddette mosse rimorchiatrici. Volevo sentirmi donna, non una donna qualunque.
Una di quelle definite “sexy”. Pretendevo che impazzisse non con me, ma per me.
Dopotutto, c’era una scommessa in corso. E l’avrei dovuta vincere.
 
Mi avvolsi in un enorme accappatoio azzurro, non appena fui fuori dalla doccia.
Intrappolai la massa folta di capelli mossi e scuri in un asciugamano di dimensioni minori e cominciai ad osservarmi allo specchio.
Vedevo in me una ragazza normale. Ma non mi sentivo normale.
Sarà stato per il posto, per le abitudini.
Sarà stato per il mio essere diversa dalle altre ragazze del college. Diversa persino da Juls o da Hayley.
Desideravo sentirmi apprezzata, ma sul serio e non come accade tra ragazzi per pochi mesi o addirittura settimane. Volevo amare e sentirmi amata.
Quella era la mia unica certezza, dall’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
Indossai, svelta, l’intimo e tornai in camera decisa ad indossare il mio comodo pigiama, prima di svolgere un po’ di quei compiti arretrati che dovevo togliere di mezzo per l’uscita di sabato sera. Ero sola quella sera, motivo in più per concentrarmi sullo studio.
Feci appena in tempo ad accomodarmi sul letto, prima di sentire il cellulare squillare. Il sol pensiero di dovermi alzare per prenderlo, essendo poggiato sulla scrivania, mi portava a maledire chiunque mi stesse chiamando.
Accettai la chiamata senza tanto indugio, pur non conoscendo quel numero.
- “ Pronto? “ – una voce calda mi rispose dall’altro capo del telefono. O almeno, chi possedeva quella voce aveva tentato di farla apparire calda e sensuale, ma se anche avesse c’entrato il suo obbiettivo, mai l’avrei ammesso.
- “ A quanto pare ti ho trovata reperibile. “ – sorrisi, ma non lo diedi a vedere. Malik non doveva avere quel tipo di soddisfazioni.
- “ Solo perché non sapevo che questo fosse il tuo numero. “ – la sua risata echeggiò nella mia testa. Avrei voluto detestarla, ma qualcosa m’impediva di farlo.
- “ O forse stavi attendendo una mia chiamata. “ – guardai il cellulare, indecisa se buttar giù la chiamata e fargli intendere che poteva anche andare a.. a giocare a carte con la nonna, già.
- “ O forse, spiegazione più plausibile, avevo immaginato fossi tu e non volevo scoraggiarti fin da subito, stupidino di uno Zayn. “ – prenderlo in giro era un mio passatempo preferito. Chissà se sarebbe divenuto il mio passatempo preferito.
- “ Avanti Wilson, non fare la dura se non lo sei. “ – rimasi senza parole. Il mio sguardo era puntato nel vuoto assoluto, le mie labbra si erano schiuse involontariamente. Ero rimasta immobile, disorientata.
Lui mi aveva scoperta e ne potevo essere più che certa.
Lui aveva capito che, se anche mi mostravo forte, non lo ero. E avere la certezza che proprio Zayn fosse riuscito a denudare la mia anima, portava scompiglio in me.
- “ Hey.. Sam. Ci sei? “ –
- “ Devo andare. “ - balbettando, risposi in modo fin troppo frenetico persino per i miei gusti prima di attaccare senza dargli alcuna spiegazione.
La mia paura diventava realtà.
Lancia il cellulare in qualche punto del letto, facendoci poco caso, afferrai l’ipod e il computer, decisa a mixare della roba per avvantaggiarmi dei compiti. Non avevo la testa per concentrarmi su tesine e compiti del genere. Sentivo lo stomaco sotto sopra.
 
Posai il computer sulla scrivania e lo spensi, prima di fare lo stesso con la luce. Ero ancora sola ed il sonno stava avendo la meglio.
Ero più calma. La musica aveva quello strano, potente effetto curativo su di me.
Mi distesi nel letto, tra le lenzuola che profumavano di lavanda e respirai a fondo quell’odore. La mente ormai stava per cadere in preda alle braccia di Morfeo, come qualsiasi altra parte del corpo, quando il vibrare di un oggetto mi rispedii sul pianeta terra.
Il vibro proveniva da sotto la mia testa, cioè da sotto il cuscino. Ovviamente si trattava del cellulare, lo tirai velocemente a me e notai un messaggio ricevuto:
 «Mi hai lasciato come un coglione. Bella mossa, Wilson. Notte dolcezza.» sorrisi distrattamente, sentendo ancora qualcosa aggrovigliarsi nello stomaco. Era una sensazione piacevole la mia.
Quindi, anche lui aveva poteri curativi su di me. Bizzarro? Probabile.
 

my space: 
SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE.
SO CHE AVREI DOVUTO POSTARE IERI,
MA HO AVUTO PROBLEMI.. 
NON VI DICO DI CHE GENERE,
NON CI CREDERESTE NEMMENO
VOI. 

SIAMO AL QUARTO CAPITOLO, 
SPERO DI RICEVERE PIU' DI 
QUATTRO RECENSIONI. LOL
SO CHE AVEVO DETTO DI CANCELLARE
LA STORIA, MA VOGLIO TENTARE 
ANCORA CON QUALCHE 
ALTRO CAPITOLO. 
#NeverGiveUp #lol

FATEMI SAPERE CHE 
NE PENSATE E... 
DITE GIF. 

*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF* 

 Francesca. (Amo la Cyrus bvicjdbnohsfd)                Sam.
 

Liam James, sei un cretino. #muchlove




Jawaad. ditemi se non sembra un principe per davvero. 

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Capitolo 5
*** Capitolo tre: One in a Milion. ***


 “Tutte le ragazze con cui sono stato
Le cose che ho visto, ci vuole molto per impressionarmi
Ma sono sicuro che la tua anima ti fa distinguere da tutto il resto.”
Ne Yo-One in a Milion.

 

Quel sabato, dopo l’arrivo di Niall sonounfigo Horan, decidemmo che, avendo a disposizione ancora due giorni di vacanza, avremo potuto pranzare in un fastfood, concedendoci al freddo di Londra.
Girammo l’intera città a piedi.
In alto nel cielo risplendeva un sole i cui raggi erano evidentemente inesperti e ancora troppo fragili, ma necessari perché sui nostri volti comparissero sorrisi piccoli, ma appagati.
Pranzammo in un Nando’s, consapevoli che con la ripresa delle lezioni non avremo avuto tempo per panini, bevande gassate e tanti, troppi grassi.
Guardandoci, provavo uno strano senso di perfezione.
Lì al mio fianco c’erano tutte le persone a cui più tenevo e che da anni facevano parte della mia vita rendendola certamente non perfetta ad occhi altrui, ma la migliore per me.
Louis, Liam, Hayley, Juliette e Niall.
Persone con le quali avevo instaurato grandi amicizie sin da quando ero una marmocchia e con le quali mai avrei creduto di poter passare gli anni migliori della mia vita.
Il braccio di Louis intorno alla mia spalla, le occhiate con Hayley, le risatine trattenute e complici con Juliette, i piani contorti con Liam, le prese in giro con Niall. Ecco cosa amavo. E credevo che mai nessuno sarebbe stato in grado di distaccarmi da ciò che più trovavo bello nella mia vita.
 
Infagottati nei nostri cappotti, seduti sulla scalinata esterna alla scuola, deserta se non per la nostra presenza, trascorrevamo il pomeriggio.
Chiacchieravamo degli argomenti più assurdi, spesso dei gossip interni al college, sfottendo chi ne era protagonista.
Ma con precisione, stavamo attendendo l’arrivo di qualcuno. Louis era restio in tema. Non voleva assolutamente dirmi chi stesse per arrivare e, come me, neppure Juliette e Hayley conoscevano l’identità di chi stavamo aspettando con impazienza.
Gli altri tre, invece, spesso parlavano in codice, evitando di farsi capire da noi altre. Quel loro atteggiamento mi fece intuire che ci fossero buone probabilità che le persone attese fossero amici comuni a tutti e tre e che non fossero poi tanto apprezzate da me, Juliette e Hayley.
Ma non volevo tirare conclusioni affrettate, perciò evitai d’indagare e mi limitai a trascorrere un pomeriggio invidiabile, sistemata sulla spalla del mio migliore amico.
Fu un messaggino che ricevette Louis a capovolgere la situazione.
«Woho, stiamo arrivando macho.» Louis lesse il messaggio e si fermò a guardarci uno ad uno, contenendo l’entusiasmo che traspariva in ogni angolo del suo viso.
- “ Non sto nella pelle! “ – esclamò Niall che non riusciva più a controllarsi.
- “ Sta arrivando un circolo di spogliarelliste? “ – domandai, non capendo la loro euforia.
- “ Meglio..” – rispose Louis, prima che fosse Niall a farlo. Questo infatti avrebbe spifferato la verità da un momento all’altro, se Liam non l’avesse trattenuto, ponendogli una mano davanti alla bocca.
- “ Svegliatemi quando questa sceneggiata sarà finita. “ – sbottai all’improvviso, distendendomi sopra un gradino ad occhi chiusi. Percepii delle risate che scaturirono un sorriso in me, ma evitai di mostrarlo.
Trascorsero una manciata di secondi e sussultai a causa di grida di benvenuto, mentre al mio fianco, Louis si alzava rapido per avvicinarsi agli arrivati.
- “ Sono arrivati? “ – chiesi alle ragazze al mio fianco.
- “ E non immagini chi è arrivato! “ – sussurrò Hayley. Aprii appena un occhio per dare un’occhiata a Juliette, che se la rideva sotto i baffi, e ad Hayley che avrebbe dato di matto in meno di un minuto.
Le loro facce m’intimorirono e non potei fare a meno di esclamare:
- “ Ma chi..” – voltandomi, desiderai non averlo mai fatto.
Mi ritrovai ad osservare Harry Styles e Zayn Malik, entrambi migliori amici di Louis, Liam e Niall, entrambi parte della squadra di football, entrambi ambiti, entrambi puttanieri.
Li detestavo, non tanto Styles, quanto Malik.
Il primo era compagno di stanza di Louis e mai ci eravamo rivolti la parola, se non per salutarci, quando eravamo messi alle strette.
Possedeva una bellezza sconvolgente: occhi verde mare, capelli ricci e tremendamente suadenti, sorriso smagliante e piccole fossette ai lati della bocca ogni qual volta un sorriso si faceva largo sul suo viso.
Eppure, non mi era mai parso così simpatico.
Specialmente perché preferiva una puttanella qualunque, ad una ragazza comune.
Consideravo il secondo uno spaccone perché, a differenza del primo, parlavo spesso con lui. Più che parlare, discutevamo o battibeccavamo fin quando non ce ne dicevamo di tutti i colori, provocandomi un irritante fastidio alla bocca dello stomaco.
C’era qualcosa in quei suoi occhi così scuri che generava in me una strana sensazione, sensazione piacevole e odiabile.  
Per questo, se e quando mi era possibile, evitavo Zayn Malik.
L’unico hobby di quel ragazzo consisteva nel tormentarmi con battutine, spesso squallide, nel prendersi gioco di me e di chiunque lo circondasse e non fosse ritenuto all’altezza del grande Malik.
Odiarlo non richiedeva una laurea, quindi per me era un gioco da ragazzi mostrargli quanto poco fosse gradevole e simpatico il suo modo di fare e non perdevo occasione di farglielo notare, quelle tante volte in cui avevo voglia di non lasciargliela passare. A suo favore andava il suo apparire un dio dell’olimpo ai miei occhi.
La sua pelle era ambrata, i suoi occhi scuri come la notte e i capelli spiccavano per il taglio che avevo sempre definito idiota proprio come il suo proprietario.
In generale, era dichiarato che Zayn e Harry fossero i puttanieri più influenti del college. Non si trovava ragazza con la quale non avessero passato almeno una notte, tranne la sottoscritta e poche altre tra cui Hayley e Juliette.
Forse eravamo le uniche tre a tenere loro testa e ciò ci rendeva orgogliose di noi stesse.
Il problema, in quel momento, era un altro. Louis, come Liam e Niall, sapeva quanto odiassi quei due. Se Juliette e Hayley riuscivano a trattenersi nei loro confronti, io non ne ero capace, per questo avevano mantenuto il segreto fino alla fine.
Però, a vederli, quei cinque formavano un bel quintetto. Difficilmente ero stata spettatrice di amicizie simili alla loro, sentivo quindi il cuore scaldarsi alla vista degli abbracci che scambiavano tra di loro.
Se poi consideravo i singoli elementi, allora permanevano i pregiudizi.
Non che gli ultimi due arrivati avessero una cattiva media scolastica o la reputazione di mentecatti. Insomma, erano stati spediti per l’intero mese precedente alle vacanze natalizie in un viaggio di studio in Spagna per essere tra gli allievi che più spiccavano in diverse discipline, ritornando giusto in tempo per l’ultima festa.
Con sincerità, non sapevo cos’altro studiassero, oltre che frequentare i corsi di football. Ma poco m’importava.
La realtà era che quel quintetto era rispettato da chiunque perché a chiunque incutevano timore.
La realtà era che se non li avessi conosciuti, li avrei potuti definire bulli. Ma non lo erano, almeno non tutti e cinque.. Liam e Louis erano i più bonaccioni, Niall era una mina vagante, basta poco per renderlo felice, altrettanto poco per farlo esplodere. Tra i due restanti c’era poca differenza, tranne per il fatto che Malik era decisamente più propenso alla lotta, se non era servito e riverito.
La realtà era che la vera essenza di quei cinque, era presente solo a loro cinque. Per gli altri potevano apparire, bulli, puttanieri, a volte bravi ragazzi oppure studenti modello.
Ma, come già detto, il loro vero essere era conosciuto solo in quel quintetto.
 
I ragazzi erano concentrati nei loro saluti. Li osservavo in silenzio, prevedendo una ritirata in pochissimi secondi. Conoscendo Malik, ero certa che gli sarebbero bastati altrettanti pochissimi secondi per far nascere in me una voglia matta di prenderlo a sberle.
Sarebbe bastato un “Ciao Samantha” con l’aggiunta di qualcuna delle sue battutine, ritenute da lui stesso formidabili, per me inutili proprio come la sua esistenza, per dare inizio alle mie urla e alle sue risate.
Era divenuta un’abitudine. Un’abitudine senza la quale non vivevo nemmeno più.
Portai per un attimo lo sguardo esclusivamente su di lui e lo trovai intento a fissarmi.
Non un sorriso, non una smorfia.
Mi osservava in silenzio, atteggiamento assai strano per Zayn fammilargoneltuoletto Malik.
Ipotizzai si fosse incantato, mentre ragionava del più e del meno. Quel ragazzo non poteva davvero avere una chissà quale capacità intellettiva, per ragionare dei grandi problemi del mondo, come il riscaldamento globale, la siccità o le piogge acide.
Nella mia mente si formulavano i più svariati pensieri che nella testa di Malik avrebbero potuto avere un posto d’onore.
«Chissà se la Benson stasera è libera.»
«Devo depilarmi le gambe o il bosco di Hansel e Gretel spaventerà tutti i ragazzi in campo.»
«Woho, quella tipa è proprio una sventola.» E andai avanti per minuti e minuti, immobile, seduta ancora sulla scalinata con la schiena poggiata al muro, osservandolo incerta su quanto stesse pensando.
Di tanto in tanto spostava lo sguardo, quando uno dei suoi amici lo richiamava all’appello, per poi riportarlo proprio su di me.
Sentivo le guancie andare a fuoco e non era normale che fossi io ad arrossire.. non con lui.
All’improvviso lo vidi avvicinarsi, con estrema lentezza, alla scalinata, lasciando tutti di stucco non perché stesse per salirla, ma perché lo stesse facendo per dirigersi verso di me.
- “ Hey, emm.. ciao. “ – mi salutò. Un attimo.. mi aveva salutata?! Cioè.. perché?
E sembrava fosse imbarazzato visto il suo portare la mano dietro la nuca che grattava con insistenza.
Ci guardavano tutti in silenzio, sorpresi. E lo ero anche io. Non perché mi stesse salutando, ma perché lo facesse con garbo.
- “ Tutto ok? “ – chiese poi, tentando di sbloccare la situazione, notando che io non avevo ancora accennato ad un saluto anche minimo.
- “ Le scopate con le spagnole ti hanno fuso il cervello, Malik? “ – feci sbottare un po’ tutti in risatine. Lui stesso sembrò più rilassato della mia reazione.
Io non ero calma. Dentro di me un uragano aveva preso il sopravvento, non era affatto normale che Zayn Malik si rivolgesse a me con quei toni e maniere.
- “ Non proprio. “ – ed era ancora più strano che lui non ribattesse come era solito fare. Non che non mi piacesse, ma non gli si addicevano le vesti da bravo ragazzo.
- “ Oh, non dirmi che la mamma ti ha costretto alla cintura di castità.” – lo ammetto, questa era crudele.
Ma di Malik non c’era da fidarsene, ero certa che prima o poi sarebbe venuto fuori il vero motivo per il quale si dimostrava umano, parola che nel suo vocabolario non esisteva. Quindi perché scomodarsi per essere gentile con uno come lui? Non mi piacevano i tipi come lui. Trovavo sciocchi i tipi come lui. Detestavo i tipi come lui.
- “ E alla tua è preso un colpo, sapendo che sei ancora una verginella senza speranze? “ – lo guardai e sorrisi contro ogni mia volontà. Una parte di me mascherava quel sorriso, ripetendosi che aveva finalmente scovato il veroZayn, quello che tutti conoscevano. L’altra, invece, rifletteva su quanto fossero belli i suoi occhi.
Erano pensieri sfusi, insoliti. Ma ero solita farne di questo genere su qualunque ragazzo mi capitasse a tiro. Avevo sempre pensato che bastasse osservare i suoi occhi, per capire se un ragazzo fosse apposto o meno. E se s’intravedeva un pizzico di dolcezza in questi, seppur nascosta, allora il suo animo era buono.
In Malik vedevo tutto ciò, eppure la mia opinione su di lui non cambiava, anzi peggiorava di giorno in giorno. Non riuscivo, forse non volevo, capire sé quella fosse una mia costrizione o se fosse la semplice, dolorosa verità.
- “ Ora ti riconosco! “ – affermai, fiera. Sul mio viso comparve un sorrisino fanatico, stile ‘io posso, tu no.’ perché ero stata capace di scatenare la parte di lui che mi ostinavo a conoscere. Chiusi gli occhi e tornai a poggiarmi con la schiena contro il muro delle scale, ancora con quell’aria superficiale che non mi si addiceva.
- “ Tu non ti stanchi mai, Wilson? “ – la freddezza nella sua voce, mi costrinse ad aprire gli occhi e a ritornare in me.
- “ Di fare cosa? “ – chiesi con maniera, proprio a lui.
- “ Di discutere.. con me. “ – questa volta fui io a ridere e non lo facevo perché mi sentivo colpita, ma più che altro presa in giro.
- “ Mai, Malik. “ – stetti ad un gioco che probabilmente solo a me sembrava esserlo.
- “ E se fossi io ad essermi stancato? “ – si chinò per avvicinarsi più del dovuto al mio viso, ai miei occhi. Potetti osservarli così a fondo che scrutai del buono per miglia e miglia, buono che confondevo con bastardaggine.
Sentii le sue mani posarsi sulle mie spalle per stringermi e avvicinarmi ancora di più a se. Ed eravamo talmente vicini che involontariamente le mie narici inalavano il suo profumo e il mio corpo s’inebriava di questo.
Eravamo talmente vicini da non poter abbassare lo sguardo, per non doverlo calare sulle sue labbra che trovavo perfette, maledicendomi per quel pensiero che ritenevo sconcio e inappropriato se in riferimento a Zayn.
Eravamo talmente vicini ed era inevitabile che io sentissi il suo respiro farsi corto a causa di non so cosa, ed il suo cuore palpitare più forte e veloce del dovuto.
Percepii una scossa, perdendomi nei suoi occhi.
Stavo impazzendo, in quel momento ne avevo la certezza. E ne ebbi prova quando pochi istanti a seguire una scena si proiettò nei miei occhi come nella mia mente:
 
“- “ Cerchi qualcuno? “ – un tizio ha posato un braccio lungo la mia vita e, con un sussurro, è riuscito a provocarmi una scarica di brividi.
Mi volto e trovo i suoi occhi, tremendamente belli, scuri, un taglio orientale.”
 
Per un attimo li ricordai. Ma poi subito quell’immagine si dissolse nel nulla.
Rivedevo quel taglio orientale, negli occhi che stavo osservando da due minuti scarsi, senza proferir parola, pensando ancora a come fosse possibile che fossero neppure simili.. ma identici agli occhi del tipo della festa.
- “ P-probabilmente ti sei innamorato. “ – risposi balbettante.
- “ Di te? “ – domandò, accennando un sorriso irritante. – “ Pensi che potrei mai farlo?” – annuii poco convinta. Secondo quanto riportavano le mie pagine e pagine di critiche su di lui, Malik non aveva cuore per innamorarsi davvero. Era un tipo da ‘se ti concedo una notte dovresti solo che accontentarti.’
- “ Non potresti, tu sei innamorato. “ – ribattei, con un po’ di quella mia strafottenza che sperperavo con lui, per poi non averne in casi più critici del suo.
- “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora.
M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai, qualità che mi avrebbe fatto perdere qualsiasi scommessa già in partenza.
- “ Si? “ –
- “ Allora facciamo un gioco: parliamo al telefono, usciamo insieme, ridiamo e scherziamo..” – si fermò proprio sul più bello, lo guardai ancora perplessa per poi chiedergli:
- “ E poi? “ – lui sorrise quasi con dolcezza, una dolcezza differente dalle altre. Posò una mano sopra una delle mie guancie e rispose, quasi fosse la risposta più logica al mondo:
- “ E poi niente, il primo che s’innamora perde. “ – sbarrai gli occhi, fissandolo.
Era serio.
Credeva di vincere?
Credeva che sarebbe stato così facile conquistarmi?
O forse credeva che fossi già innamorata di lui?
- “ E chi s’innamorerà per primo cosa farà? “ – chiesi, infine, troppo coinvolta in quella storia.
- “ Semplicemente, lo dirà all’altro e metterà fine al gioco. “ –
- “ Alla scommessa. “ – lo ripresi.
- “ E’ uguale. Allora, ci stai? “ -  mi tese una mano che guardai con attenzione. Stringerla avrebbe significato dare inizio ad una serie di emozioni, di sensazioni nuove. Avrebbe significato dare vita ad un gioco più grande di me, di noi.
Rifiutarla avrebbe significato rimanere nell'incertezza, senza sapere cosa sarebbe accaduto se l’avessi accettata.
Quindi tra le due optai per la più rischiosa, quella che più suonava nuova alle mie orecchie.
Strinsi quella mano. E non me ne pentii affatto, sapevo a cosa andavo incontro.
Ma non sapevo a quale gioco stessi giocando.
 
Narratore esterno:
La ragazza dagli occhi pungenti strinse la mano di Zayn. Quello sorrise ancora, compiaciuto. C’era riuscito.
Era sicuro di vincere, proprio come programmato.
Era sicuro di avere finalmente una copertura, come programmato.
Si allontanò e le lanciò un occhiolino di cui presunse la ragazza non avesse capito il reale significato. In fin dei conti non l’aveva compreso neppure lui.
Si avvicino al gruppo di amici che lo guardava esterrefatto, avendo sentito ogni singola parola del discorso fra i due.
Liam, in particolare, sarebbe stato capace d’incenerirlo con lo sguardo severo che gli rivolgeva. Ma a Zayn non interessava.
Aspettò che le ragazze si alzassero per entrare e che si formasse del chiacchiericcio per coprire la sua voce. Quando anche Liam si fu allontanato con Niall, chiamato da Juliette, il moro si decise a sussurrare poche parole a Harry, consapevole che Louis fosse lì con loro e che, da migliore amico quale era, non avrebbe fatto un fiato con nessuno, specie con Liam o Samantha.
- “ Prepara le cento sterline. “ – il moro batté una mano sul petto del riccio che lo osservava, convinto che il piano del suo amico sarebbe andato a puttane.
- “ Tu prepara a rimanerci scottato. “ – a Louis bastò uno sguardo del riccio per capire l’intera situazione e immediatamente portò una mano sul viso che fece passare sulla sua superficie, preparandosi psicologicamente al peggio.
Ricapitolando: Zayn aveva proposto una scommessa alla sua peggior nemica. Chi prima si sarebbe innamorato avrebbe perso. Sapeva di avere la vittoria in tasca, ma il peggio era che prima di quella scommessa, ne aveva aperta un’altra con il riccio: se la mora si fosse innamorata, Harry gli avrebbe dovuto cento sterline.
La situazione stava degenerando.
- “ Taci, riccio. “ – lo avvertì il moro, con un tocco di divertimento nel tono.
Nulla lo avrebbe fermato.
Nulla gli avrebbe impedito di riprovare ancora quelle sensazioni.
Nulla, tranne un gioco sleale da parte dei suoi amici. Un gioco simile al suo, ma di cui nessuno era stato messo al corrente.
Louis ed Harry si avviarono su per le scale, decisi a dirigersi nella loro stanza.
E Zayn li seguì, ma prima diede uno sguardo al polso: sentiva la manica del giacchetto rigonfiata. L’alzo e vi trovò la manica della felpa rialzata.
Osservò ciò che si nascondeva dietro quella manica, prima di abbassarla repentinamente, impaurito che qualcuno vedesse.
Lo Yin e lo Yang avrebbero fatto brutti scherzi, ma questo lui non lo sapeva. 

 

my space:
ECCOCI. :D 
OGGI HO POSTATO QUALCHE ORA 
PRIMA, PERCHE' QUESTA
SERA NON AVRO' IL MIO COMPUTER. ç.ç
ANCHE SE NON CREDO 
CHE CALCOLERETE IN MOLTE
QUESTO CAPITOLO, MA 
VABBE'.. 

SE NON CI SARANNO 
PROPRIO RECENSIONI NEI CAPITOLI
SUCCESSIVI, CANCELLERO' 
LA STORIA. (: 
E POSTERO' IMMEDIATAMENTE
QUELLA NUOVA. 
(sperando vi piaccia. lol) 

Ringrazio quelle poche che 
hanno recensito, che hanno 
messo la storia tra le preferite,
seguite e ricordate. :') 
Siete dolcissime. 

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P.S. nel testo è presente una citazione dal film: Sette Anime.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque: Per amore. ***


“Non peccano affatto coloro che peccano per amore.”
Oscar Wilde.

Pausa pranzo.
Amavo la pausa pranzo. No, non per il cibo scotto e insapore che serviva la scuola, ma per il modo in cui ci ritrovavamo tutti casualmente in un tavolo della caffetteria.
Uscii dall’aula di storia e cercai attorno a me visi familiari. Non ne scorsi nessuno, fin quando non sentii un paio di mani calde posarsi sui miei occhi.
- “ Chi sono? “ – chiunque mi avesse posto quella domanda, aveva camuffato la voce. Ma ero fin troppo brava in quello genere di scherzi, smascheravo tutti senza problemi.
- “ Forse.. Superman? “ – stavo tirando il gioco per le lunghe. In realtà conoscevo l’identità della persona che mi copriva la vista.
- “ Errato. “ – rispose la voce.
- “ Beh, allora sei Peter Pan. Io amo Peter Pan. “ – il paio di mani si sollevò dai miei occhi e mi comparve davanti un ragazzo con pantaloni rossi, maglia bianca a righe sottili nere e un paio di scarpe che s’intonavano a perfezione con la maglia. Però furono  i suoi occhi a rapirmi.
- “ Esatto! “ – esclamò Louis. Ridendo, mi attirò a se per abbracciarmi forte, come sapeva piacermi.
- “ Come stai, vecchio rompi scatole? “ – gli chiesi.
- “ Non chiamarmi vecchio, mi offendi! “ – cominciammo così a discutere sul perché lui potesse sentirsi offeso.
La sua scusante era una risposta simile a ‘Mi sento un deficiente che frequenta ancora l’ultimo anno.’ non potevo credergli. A Louis non interessava il parere della gente, non ne aveva mai tenuto conto perché considerava necessario che solo le persone realmente importanti nella sua vita avessero una buona considerazione di lui.
- “ Non ci credo. E’ una balla. “ – continuai a ripete quest’ultima frase ogni qual volta Louis tentò di opporsi.
Stavamo per entrare nella mensa, quando Francesca mi saltò addosso. Adoravo quella ragazza.
- “ Hi guys! “ – salutò, imitando un accento vagamente familiare a quello americano.
- “ Ritenta, Fra. “ – le consigliai. La sua risata allegra fece sorridere sia me che Louis, in particolare notai su quest’ultimo uno strano luccichio negli occhi, mentre la guardava.
Diedi poco peso al gesto, ma avevo già intuito che presto avrei dovuto subirmi ore ed ore di «E se non le piaccio, cosa farò?».
Ci addentrammo nella mensa, paragonabile al delirio universale.
Assicurai a Francesca che l’avrei trovata e raggiunta al nostro tavolo, per poi accompagnare Louis al suo. «Pranzo con la squadra» aveva detto, di conseguenza nemmeno quel giorno avremo potuto pranzare insieme.
Mi consolavo, ripetendomi che l’anno scolastico era ancora lungo e che di tempo da trascorrere insieme ne avevamo.
Raggiungemmo un tavolo numeroso, in cui intravidi la testa di Liam e quella spiccante, per il colore, di Niall. Ma non lo notai solo per il colore dei loro capelli, sempre curati quasi fossero donne di mezza età. Ad attirare la mia attenzione fu il fatto che il loro tavolo era composto di soli uomini, senza comprendere cheerleader o ragazze dei giocatori.
- “ Acclamatemi, sono arrivato! “ – Louis si annuncio e prevedibilmente dopo pochissimo lo persi di vista. Il perché? A quanto pare fiondarsi su Harry imieiriccioliballano Styles era il massimo per lui.
Ai miei occhi sembravano così diversi, eppure erano così uguali.  
Rimasi immobile a qualche passo di distanza dal tavolo, fin quando Liam non mi fece un cenno per avvicinarmi. Mi ritenevo stupida.
Io ero Samantha Wilson e non una ragazzina smemorata e timorosa. Non avevo mai avuto paura di avvicinarmi a quel tavolo.
Quel giorno però accadde.
Feci come chiesto per poi ritrovarmi stretta tra le braccia di mio cugino. Alla destra di Liam c’era Niall, seguito da Zayn. Alla sua sinistra c’era un posto vuoto, riservato a Louis che avrebbe preso posto vicino ad Harry. Il resto della squadra era piazzato casualmente.
- “ Hey Wilson, perché non rimani a pranzo con noi? “ – la domanda di Niall mi spiazzò. Spesso mi era capitato di pranzare con alcuni componenti, ma mai con l’intera squadra. E tra l’altro c’era lui.
- “ E’ un pranzo riservato alla squadra. “ – mi giustificai.
- “ Ma tu sei sempre ben accetta tra di noi. “ – nemmeno le parole di Liam riuscivano a convincermi. La verità era che io non volevo rimanere a pranzo con loro. Certo, amavo la compagnia di quei ragazzi, amavo ricevere scherzi e farne, ma un motivo mi frenava. Un solo motivo ed era Zayn Malik.
- “ Non credo. “ – ribattei. Abbassai il tono della voce nello straziante tentativo di farmi sentire solo da Liam, ma a quanto pare non riuscii nel mio intento. Come lo capii? Perché persino Harry sentì quello che avevo detto:
- “ Hey! Sei Sam Wilson! Non Louis Tomlinson! Tu sì che sei ben accetta. “ – commentò il riccio che mi sorrise.
Fu quella la prima volta che lo vidi sorridermi.
Fu quella la prima volta che mi rivolse parola davvero e non per chiedermi una matita o per dirmi un semplice ciao controvoglia.
E non capivo quel suo atteggiamento.
Nonostante tutto, sentii la guancie arrossire. Forse erano le fossette che spuntavano non appena sorrideva o forse accadeva tutto a causa di quegli occhi perfetti, di un colore misto fra il verde mare e l’oceano.
Ma l’osservavo e vedevo in lui un ipotetico e futuro.. amico?
- “ Stai forse dicendo che io sono uno scassa palle? “ – domandò Louis, rizzando in piedi. No, non era stato seduto sulla sua sedia. Sedeva con tranquillità sulle gambe di Harry. L’avevo sempre detto: quel ragazzo era l’originalità fatta persona.
- “ Esattamente. “ – rispose il riccio, sorridendomi un ennesima volta. Io non c’entravo poi tanto in tutta quella faccenda.
Eppure lui si voltava e mi sorrideva, rendendomi partecipe delle loro finte liti “matrimoniali”.
- “ Ti lascio, Styles. Hai sentito? Non provare a chiamarmi mai più. “ – 
- “ Credimi, non lo farò. “ – alla risposta di Harry, si levò una risata generale.
Risata a cui io presi parte entusiasmata. Quei due erano da considerarsi un solo portento. Riflettendo, mi accorsi che l’unico a non avermi rivolto parola era stata proprio l’unica persona dalla quale mi aspettavo almeno una presa in giro.. o per lo meno un saluto, contraddittoriamente. Fu quel pensiero che mi spinse a portare lo sguardo proprio verso di lui. Sorrideva. Mi stava fissando.
Divenni impassibile. Perché mi faceva quell’effetto? Perché mi sentivo sempre nuda quando il suo sguardo si posava su di me?
Scossi la testa. Non dovevo creare strane paranoie.
- “ Beh, allora io vado. “ – esclamai, alzando una mano. Ma a quanto pare, quel saluto molto semplice non per tutti era esaustivo.
- “ Hey, Sam. Io voglio un saluto decente. “ – lagnò Louis. Mi avvicinai e gli stampai un fine bacio sulla guancia, per poi sorridergli.
- “ Ciao Splendore. “ – sorrisi ad Harry, ma non andai oltre. Lui, per me, rimaneva sempre e comunque il nemico.  
- “ Saluto molto originale, Styles. Utilizzarlo con tutte le tue prede, fa diventare un onore sentirselo dire. “ – cantilenai, una volta allontanatami da lui.
- “ Vieni qua! “ – due minuscole parole ed una presa conosciuta, mi bastarono per capire che era Liam ad avvicinarmi ancora a sé. Il ragazzo si era addirittura alzato per rapirmi da quella massa di matti e salutarmi come solo lui poteva e sapeva fare.
- “ Ciao principessa. “ – mi sussurrò. Lo abbracciai forte. Il bene che provavo per mio cugino batteva ogni limite. Esistevamo solo lui ed io e ciò non accadeva perché Liam fosse un gran bel ragazzo o perché io potessi contare solo su di lui.
Ma Liam era la mia sicurezza, tutta quella sicurezza che in relazioni passate con i ragazzi era andata a farsi benedire. Le scottature da adolescenti sono palesi, ma una volta subite se non si ha qualcuno su cui contare e che aiuti a raffreddare quelle scottature.. beh, è difficile tornare a sorridere con serenità.
Senza tener conto degli altri, stampai un bacio sulla guancia di Liam e me ne andai.
Le ragazze mi aspettavano.
 
Narratore Esterno:
La ragazza si allontanò dal tavolo e i due, il riccio ed il moro, non poterono fare a meno di scambiarsi qualche occhiata.
C’era qualcosa d’insolito nell’aria che non sfuggì a Liam, ma il capitano era fin troppo loro amico ed ingenuo per poter capire cosa stessero tramano quei due.
Louis, dal canto suo, manteneva il silenzio. Era troppa l’amicizia che lo stringeva sia a Zayn che a Liam. Muovendosi in una delle due direzioni, avrebbe fatto un torto all’altro e non era ciò che voleva.
Rimaneva Niall, il dolce e apparentemente calmo irlandese a cui Louis aveva svelato tutto, durante uno sfogo.
Proprio lui era l’unico ad avere le idee chiare in quel momento. Chissà perché, però, nemmeno Niall aveva intenzione di rivelare la verità.
 
Il moro la scorse, mentre usciva sola dalla caffetteria.
Era il momento. Aveva desiderato almeno un momento da poter passare solo con lei. Aveva tanti dubbi nella testa. Non capiva perché avesse troncato la telefonata all’improvviso, la sera precedente. Non capiva nulla, in realtà. Neppure sé stesso.
Sapeva solo che aveva una voglia terribile di guardarla negli occhi e rivivere in parte quei momenti che lui era certo lei non ricordasse.
Era stato Louis a rivelarglielo e ne aveva avuto prova con certi suoi atteggiamenti.
- “ Devo posare dei libri. Ci si becca dopo. “ – esclamò, rendendosi conto solo in seguito di non avere con sé niente altro che la sacca da football.
E sapeva che Harry ne avrebbe fatto motivo per sfottere, ma in quel momento lei era la priorità.
Corse nel corridoio. Non c’era già più.
Considerando che mancava all’incirca un quarto d’ora alla fine della pausa, erano poche le possibilità: avrebbe potuto trovarla in classe, nel bagno delle donne, nel cortile o al suo armadietto.
Le prime due erano da scartarsi. Non conosceva il suo orario, né poteva intrufolarsi nel bagno delle donne. Per quanto riguardava le uniche due opzioni rimaste, bastò un piccolo sforzo per ricordare che il suo armadietto si trovava al secondo piano, nel primo corridoio a destra, davanti la fontanella.
Corse più veloce che poté, sperando che le sue intuizioni fossero le più esatte. Corse, tirando su ogni due per tre il cavallo dei pantaloni, forse fin troppo abbassati, ma che sapeva renderlo sexy.
Salì le scale, corse ancora pochi tratti e svoltò a destra, fermandosi di scatto. Lei era lì, davanti al suo armadietto. I capelli più ricci del solito le ricadevano sul viso contemplante un libro di musica.
Riprese fiato prima di avvicinarsi con cautela a lei e porsi davanti all’armadietto che affiancava il suo. Ci si appoggiò con le spalle, incrociò le braccia e la guardò con uno dei suoi sguardi “hot”, ma che con lei non funzionavano praticamente mai.
- “ Cosa leggi? “ – lei sobbalzò. Non fu proprio la reazione sperata, ma lo fece sorridere lo stesso.
- “ Ok, ne ho la conferma. Il tuo hobby è torturarmi. “ – lui rise. Ma poi si fermò, notando i muscoli del suo corpo irrigidirsi. Cosa c’era che non andava? Che lei ricordasse?
- “ No, preferisco il football, ma tu vieni subito dopo. “ – il moro ammiccò, facendole alzare gli occhi al cielo. In realtà amava farla irritare, ma non poteva farsi scoprire.
- “ Sono occupata, Malik. Vedi di smammare. “ – di solito Sam non metteva fine tanto presto ad un “duello”. In lei stava avvenendo un cambiamento e Zayn lo aveva notato.
- “ Perché sei sempre così.. così..” – conoscendola, Zayn era certo che non avrebbe dovuto sforzarsi per farle continuare ciò che lui voleva dire.
- “ ..acida? Noiosa? Diversa? Non lo so, Zayn. Dimmelo tu. “ – gli lanciò uno sguardo con cui lo avrebbe volentieri incenerito e chiuse violentemente il suo armadietto, cominciando a camminare verso un’aula qualsiasi, stanca di starlo a sentire.
No, a dirla tutta voleva sembrare stanca. Non lo era.
Voleva sembrare disinteressata. Non lo era.
Voleva sembrare acida. Non lo era.
Era solo spaventata da lui e da quello che poteva vedere in lei.
- “ Stavo per dire suscettibile, ma va bene lo stesso. “ – lei inchiodò i piedi a terra, guardandolo. Trovava quel ragazzo.. strano.
Le scappò una flebile risatina, era buffo starlo a guardare. Sembrava che davvero lui tentasse di farla sorridere. Ed aveva capito bene.
- “ Il modo in cui aumenti la mia autostima è indescrivibile. “ – rispose, ironica.
- “ Se mi lasciassi parlare ogni tanto, sapresti cosa penso di te. “ –
Sam non aveva paura di conoscere la verità, a spaventarla era il risultato che si aveva raccontandola.
Lo osservò qualche secondo incerta, mentre sentiva il cuore battere forse fin troppo forte a causa di quegli occhi scuri che Zayn teneva puntati nei suoi.
- “ E cosa pensi di me? “ – chiese, avvicinandosi con fare sicuro al ragazzo.
Con aria altrettanto sicura, anche il moro compì qualche passo, in modo che i loro corpi si sfiorassero, che lui potesse passare con il pollice ogni lineamento del viso angelico della ragazza. Angelico solo in apparenza.
- “ Potrei dirtelo, mangiando un gelato. “ – Sam dovette trattenersi dal non ridere. Zayn non se n’era reso conto, ma aveva appena commesso una gaff enorme.
- “ Un gelato..? D’inverno..? A Londra..? “ – lui abbassò appena il capo, prendendo coscienza del suo sbaglio, poi cominciò a muovere la mano, agitandola come per far intendere che quelle fossero solo parole.
- “ Dettagli, dettagli. “ - puntò ancora gli occhi scuri in quelli altrettanto scuri di Sam che si sentì avvampare. – “ Allora, che ne dici? “ –
- “ Mi stai invitando ad uscire? “ – sorrise.
- “ Proprio così. “ –
La ragazza voleva farsi desiderare, fece perciò per qualche minuto la sostenuta, consapevole che lui avrebbe comunque insistito fino allo sfinimento.
Alla fine chiese:
- “ E dove mi porteresti? “ -  
- “ Starbucks? “ – tentò il moro. Sam finse di rifletterci, anche se la sua risposta era più che scontata.
- “ Ci vediamo domani, alle quattro, davanti all’entrata del dormitorio. “ – fece un occhiolino al ragazzo a cui non sfuggì affatto il sorriso sghembo che Samantha tratteneva sul suo viso, allontanandosi.
La reputava stupenda e non sapeva cosa ci fosse in lei a rapirlo tanto, ma c’era.
Restò qualche minuto immobile, ripensando al suo sorriso e al dolce profumo che indossava. Fin quando non sentì il cellulare squillare nella tasca dei pantaloni.
Un messaggio:Harry.
«Com’è andata con la Wilson?» questa fu la sua volta di sorridere in modo sghembo. Poteva pavoneggiarsi agli occhi del riccio e dei suoi amici, già al corrente del finale della storia: lei innamorata, lui vittorioso di due scommesse e gli altri.. sorpresi da lui.
«Prepara le cento sterline. Un paio di giorni e cadrà ai miei piedi.»
Bravo Malik, molto convincente.
Ma sei sicuro di non esser tu a fare quella fine?

 

my space: 

GRAAAAAAAZIE. 

GRAZIE MILLE A TUTTE 

QUELLE CHE HANNO RECENSITO,

MESSO LA STORIA TRA I PREFERITI,

SEGUITE, RICORDATE.

VI AMO. 


Sì, HO INIZIATO IN MODO 
DIFFERENTE, 
MA CI TENEVO A DIRVI QUANTO
MI ABBIATE FATTA FELICE. 
GRAZIE. 

POI, NON SO SE VI PIACE
IL CAPITOLO. 
E' SOLO DI PASSAGGIO, 
MA E' IMPORTANTE 
PER IL CONTINUO. 
AVEVO QUASI VOGLIA DI 
AGGIORNARE PIU' 
VOLTE QUESTA SETTIMANA, 
CREDO DI RIFARLO IN 
SETTIMANA, 
PERCHE' TRA POCO INIZIA
LA SCUOLA E INIZIERO' 
AD AVERE PROBLEMI. LOL

COMUNQUE, ORA VI LASCIO...
COSA? NON HO SENTITO?
VOLETE DEI GRILL?
DELLE GRIF?
AAAAH, UN GRAFFITO!
NO? 
CAPITO. 
DITE GIF.
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF* 


Non sono stupendi? #LarryMoment


Malik quanto puoi essere demente. lol


Sam e Zayn. 
Lui non gli assomiglia tanto e lei
non è alta quanto dovrebbe. 
Ma la foto è tenerissima. 


CHE BELLA QUESTA GIF. NDJKBFKHDBVDVNSL
La trovo rivelatrice.
Nella storia tutti reggono il gioco a Zayn, specialmente
Louis, che ha saputo della scommessa, e 
Niall, con cui Louis si è confidato.
NCJDVCFBDSLJCBSCD AMATEMI PER AVERLA TROVATA.
BYE PEPIII.

 



 

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Capitolo 7
*** Capitolo sei: Dipendenza Fisica. ***


“Mi piace perderti
poi riprenderti, eccedere,
alla voglia che ho di te.”
Noemi-Dipendenza Fisica.

 
Anche quella sera, non appena percepii le palpebre calare, il mio cellulare squillò. Avevo quasi perso le speranze, ma quando il cellulare vibrò, al di sotto del mio cuscino, pur trovandomi nel dormiveglia, sorrisi.
Sapevo che lui non mi avrebbe delusa.
Afferrai svelta il cellulare e lessi il contenuto del messaggio ricevuto:
«Agitata per domani? Dovresti. LOL
Notte, piccola. Sognami perché io lo farò.» Sorrisi. Mi aveva chiamata piccola, che detto da Mr. Malik non era niente altro che un soprannome più dolce del solito o usato in un momento in cui il vero nome della ragazza con cui stava parlando, gli sfuggiva di mente.
Non sapevo se rispondere o fare la sostenuta, dopotutto mi trovavo in preda al sonno. Ma, di quel passo, non sarei stata io a vincere quella scommessa. E non doveva accadere.
Capovolsi velocemente il cellulare e digitai qualcosa d’insolito:
«’Sognami perché io lo farò.’ Quindi ti sognerai, Malik?»
«No, piccola. Non ho bisogno di sognarmi, so già di essere un gran figo.
Intendevo che, solo per questa notte, ti sognerò.» sorrisi ancora, ma non me ne resi conto. Fu un gesto istintivo. Lui, tutte quelle illusioni.. sapevo che le sue erano solo parole, ma comunque mi sentivo apprezzata.
«Dì la verità: continui a chiamarmi piccola perché hai dimenticato il mio nome.»
«Assolutamente no, piccola ;)» decisi di metterlo alla prova.
Alla peggio, sarebbe passato per demente, non ricordandosi il nome della ragazza con cui flirtava e aveva una scommessa in corso.
«Oh, e allora come mi chiamo?»
« » rimasi di stucco, non ricordava il mio nome! E a dire che io conoscevo persino il suo secondo nome.
«..sei un coglione. -.-“» 
«E tu sempre molto gentile, SAM. -.-»
«Bello schifo, te lo sarai fatto dire da Liam.» in effetti, loro erano compagni di stanza insieme a Niall, il che rendeva forte l’intera situazione: Niall era il ragazzo di Juls, a Hayley piaceva Liam e io e Zayn.. eravamo “amici”. In quel momento sperai con tutta me stessa di non diventare la sua scopa amica, sarebbe stato imbarazzante!
«Tuo cugino dorme.» sì e io era la regina Elisabetta.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze delle mie azioni, infilai un paio di ciabatte con su disegnati dei porcellini rosa e, facendo attenzione affinché le mie coinquiline non si svegliassero, mi diressi al di fuori della stanza, lungo il corridoio.
Erano le dieci e mezza e le luci nei corridoi sarebbero state spente alle undici, precise. Avrei impiegato pochi minuti per accertarmi che Liam dormisse e sapevo bene cosa fare.
«Se lo dici tu.» risposi, giusto per non creare sospetti.
La loro stanza si trovava sul mio stesso piano, tre corridoi dopo quello in cui si trovava la mia.
Cercai di non dare nell’occhio, anche se era pochissima la gente ancora in giro.
«Non ti fidi?» domandò lui.
Giunsi proprio davanti la loro stanza, quando mi arrivò il suo messaggio. Ancora una volta, con estrema velocità, risposi:
«Dovrei?»  accostai l’orecchio alla porta e attesi di sentire qualcosa, qualsiasi cosa che mi desse prova della sua “innocenza”.
Ma percepii delle risate soffocate, precedute dalla canzoncina di un cellulare. Segno che aveva ricevuto il messaggio e che ne avevano riso.
Sapevo che di Malik non ci si poteva fidare.
«Dovresti.»
Altre risate che mi spinsero a bussare alla loro porta, con un sorriso maligno stampato sul viso. Ero decisa a farmi valere. Detestavo il modo in cui si prendeva gioco di me, credendo che con poco sarei caduta ai suoi piedi.
Non aveva inteso che sarebbe stato lui a fare quella fine.
Si sentì solo silenzio, fin quando un Malik in bermuda e petto nudo, aprì la porta.
Notò il mio sorriso maligno e mi scrutò con un enorme punto interrogativo sul volto.
«Fottiti.» pensai, bastarda.
Mi feci largo, scansando Zayn malamente ed entrai in camera.
Trovai Niall sul suo letto, intento a giocare con una PSP che appariva nuova di zecca e che rideva per un nonnulla. Liam dormiva beato nel suo letto. Infine c’era il letto di Zayn, disfatto su cui giaceva il suo cellulare.
Mi sentii in completo imbarazzo.
- “ Te lo avevo detto che dormiva. “ – incalzò lui, notando il mio rossore. – “ Devi fidarti, piccola. “ – disse ancora, prima di stamparmi un bacio sulla guancia che prese ancora più colore.
Il mio respiro si spezzò, diventando irregolare e lui ancora se ne accorse. Quindi, posò con delicatezza inaudita, le mani lungo i miei fianchi, stringendomi da dietro. La mia schiena ed il suo petto combaciavano. Potevo sentire a perfezione il suo cuore battere, il suo respiro sulla mia pelle farsi irregolare. Inspiravo il suo profumo.
In un lampo, un ricordo.
 
“Percepisco solo il suo tocco angelico lungo il mio corpo ormai quasi totalmente privo di vestiti, tranne che di intimo nella sua parte inferiore.”
 
Gemetti, allontanandomi da Zayn.
C’era qualcosa in lui che mi faceva impazzire.
- “ Te lo avrà ricordato Niall. “ – ribattei per riscattarmi.
- “ Prova a parlargli. “ – disse, incrociando le braccia al petto con sicurezza.
Lo feci. Lo chiamai circa una decina di volte, ricevendo da lui come risposta dei versi strani. Grugniti o forse lamenti, non saprei definirli, troppo concentrato sul suo gioco.
- “ Ora mi credi? “ – domandò, voltandomi verso di sé ed avvicinandomi ancora al suo petto nudo.
Deglutii rumorosamente. Cosa diamine mi prendeva?
- “ Forse. “ – Zayn posò una mano sulla mia guancia per poi accarezzarla. Notai che il polso, in corrispondenza della mano con cui mi accarezzava, era coperto con un polsino nero. Mi domandai che senso avesse tenere un polsino persino la notte, ma subito venni distratta dal suo continuo avvicinamento.
Sarei potuta svenire, se non mi avesse tenuta per la vita.
Avvicinava con lentezza il mio viso al suo, facendomi sentire stupida.
Stavo cadendo nella sua trappola, di già?
Mancava davvero pochissimo perché mi baciasse, ma il battere di nocche sulla porta ci richiamò all’attenti. Sbarrai gli occhi.
Non dovevo trovarmi lì.
L’unica persona che, teoricamente, poteva “disturbare” degli alunni a quell’ora era Jenna, il controllore del nostro piano, una tipa tosta che sapeva metterci di buon umore, come farci rigare dritti.
- “ Nasconditi! “ – mormorò Zayn, anche lui agitato. E Niall, che non ci aveva rifilato nemmeno un’occhiata, tutt’un tratto si risvegliò dal suo gioco e balzò in piedi.
- “ Nel bagno.” – suggerì.
- “ No, lì potrebbe trovarla. Sotto il letto. “ – il moro mi spinse sotto, senza lasciarmi obbiettare, e il biondo mi aiutò a nascondere le gambe.
Si percepirono ancora battiti sulla porta. Le luci si spensero, Niall si fiondò nel letto e finse di dormire, mentre Malik andò ad aprire la porta, con fare teatrale.
- “ Stavo dormendo. “ – disse duro, a chiunque ci avesse disturbati.
- “ Controllavo che non avesse organizzato altri festini notturni, Signor Malik. Le ricordo che questo è il dormitorio di un college rinomato. Non un ritrovo per il sesso.” – come presunsi era la voce di Jenna.
E proprio ascoltando il controllore, mi resi conto che in quella stanza ne erano successe di tutti i colori. Fu per quello che, alzando lo sguardo verso la parte del letto confinante con il muro, ritrovai un perizoma rosso fuoco che giaceva intatto.
Ebbi un conato di vomito che dovetti trattenere, sentendo i due ancora discutere, mentre Zayn rassicurava Jenna su come lui fosse un bravo ragazzo.
Non appena chiuse la porta, la luce venne riaccesa e io balzai fuori dal mio nascondiglio.
- “ Vado via. “ – dissi, sistemandomi il pigiama sgualcito.
- “ Non puoi. Jenna si aggira nel corridoio. “ – il moro mi fermò per il polso. Quell’azione m’irritò parecchio. Forse perché pensare che con quelle stesse mani aveva sfilato il perizoma rosso che si trovava sotto il letto, mi faceva ribrezzo.
- “ Me la so cavare! “ – sbottai, nervosa.
Lanciai un’occhiata sia a lui che a quella sorta di mutande che s’intravedeva dal pavimento e feci per uscire.
- “ Ah, una cosa. “ – iniziai, aprendo la porta. – “ Togli quel perizoma da sotto il letto, se non vuoi che Jenna pensi che tu sia più puttaniere di quanto già sei. “ – detto ciò, me ne andai, battendo la porta.
Non capivo lui. Non capivo me stessa. Non capivo la mia reazione.
Una cosa era certa: non poteva prendersi gioco di me e nel frattempo farsela con altre mille ragazze.
Non l’accettavo.
 
- “ Hai trovato un perizoma sotto il suo letto? “ – quello di Hayley fu più che altro un urlo. E fu inevitabile che io la guardassi in malo modo, mentre infilavo alcuni libri nel mio armadietto.
- “ No, ma dico. Urla più forte che in Antartide non ti hanno sentita. “ – mi lanciò un’occhiataccia, quasi fossi stata io quella che aveva urlato.
- “ Non pensavo fosse così..” – si sforzava nell’inutile tentativo di trovare un aggettivo da poter attribuire a quel ragazzo, ma niente era abbastanza per Zayn Malik.
- “ ..schifoso non basta. “ – risi della sua spontaneità.
In fondo, noi conoscevamo Malik per il puttaniere che si era sempre dimostrato ed era da stupidi illudersi che lui potesse cambiare.
- “ Hey. “ – s’intromise Juls, sbucando dall’aula di inglese. – “ Di che parlavate? “ – le spiegai in breve dell’accaduto, ma lei a differenza di Hayley non poté fare a meno di trattenere le risate.
Juls conosceva Zayn sicuramente meglio di me e insisteva dicendo che, pur sforzandosi di apparire un sempliciotto, era più profondo di qualsiasi altro ragazzo frequentante quella scuola.
Ridevo del suo credere Zayn un saggio. Quel ragazzo viveva per portare nel suo letto il maggior numero di ragazze possibile.
Eravamo condotte tutte e tre verso l’aula di scrittura per l’ultima ora di lezione, prima del pranzo.
Passammo davanti la solita “porta degli sportivi”. Era come sempre affollata.
Non ero stata mai interessata a riconoscere i soggetti che vi si accalcavano. Ma quella mattina fu diverso.
Voltai lo sguardo e incontrai il suo.
Mi guardò, trattenne un sorriso. Lo trattenne, non me lo regalò.
Trovai scontato il suo comportamento. La sera precedente lo avevo trattato nel peggior modo sperabile.  
Ero rapita da quegli occhi, mentre lui sprofondava nei miei.
Lo guardai per una manciata di secondi, poi lo superai accompagnata dalle mie amiche.
- “ Ti ha guardata. “ – esclamò Hayley.
- “ E sorriso! “ – ribatté Juls.
Riuscii soltanto a mettere su un sorriso, sognante.
Era tutto così maledettamente folle. Era tutto come doveva essere.
 
Sbuffai.
Erano le quattro e venti e mi trovavo ancora in camera, incerta se presentarmi all’appuntamento con Malik o meno.
A dire la verità ero pronta, ma volevo vedere per quanto mi avrebbe attesa.
Le lancette dell’orologio ticchettavano, insistenti, mettendomi pressione. Volevo andare, ma una vocina nella testa mi consigliava di rimanermene in camera. Più che un consiglio, assomigliava ad un ordine, vista la paura che mi aveva infuso.
Ma io volevo andare a quel maledetto appuntamento, volevo sfidare la sorte, volevo sputtanarmi e sputtanarlo come peggio potevo.
Volevo sentirmi potente, certa che prima o poi sarei riuscita a farlo innamorare di me.
Afferrai il cellulare e la borsa nella quale infilai le chiavi della stanza, una volta chiusa.
Il dormitorio era gremito di gente, cosa che mi faceva passare inosservata, proprio come volevo.
Avevo un’assurda paura di farmi vedere dal mondo.. con Malik. Paura di essere giudicata perché per una santissima volta non tutto circolava come da regolamento, perché un giocatore di football deve limitarsi alle sue sgualdrine e una ragazza con la passione per la musica non deve farsi abbindolare dal bell’imbusto, più comunemente conosciuto come puttaniere, della scuola.
Il corso naturale della vita stava mutando, eravamo noi a mutarlo. E questo intimoriva in molti, ma in pochi come me avevano la sana presunzione di volerlo affrontare.
 
Arrivai davanti l’entrata e vidi Zayn seduto sul muretto, spazientito. Fumava una sigaretta con insistenza, mentre osservava un punto del pavimento in marmo, esterno, che non riuscivo ad identificare.
«Brava cogliona, non hai fatto altro che fargli girare le palle. Ma quanto sei stupida.» mi ripetevo, perfettamente consapevole di ciò che mi sarebbe accaduto.
Zayn sapeva essere violento, non che picchiasse le ragazze, ma sicuramente mi avrebbe messo al mio posto.
Mi avvicinai in estremo silenzio, tenendo le mani nelle tasche del giacchetto. Ricordavo un idiota, devo ammettere che in quelle vesti calzavo a perfezione. Era perso nei suoi pensieri, ma mi notò comunque. Mi riconobbe, senza rivolgermi neppure uno sguardo.
- “ Guarda chi mi degna della sua presenza. “ – disse ironico.
- “ Ciao, Malik. Niente scopata oggi? “ – lui sogghignò, mi piaceva il modo in cui rialzava appena l’angolo destro della bocca, a mo’ di sorriso. Saperlo, mi metteva ancora più in soggezione.
- “ Ammettilo, Wilson. Il discorsetto di ieri sera di Jena ti ha sconvolto a tal punto da dover fare la viziatella e arrivare con ben venticinque minuti di ritardo alla nostra uscita. Non male, Wilson. Non male. “ – rimasi ferma, a pochi passi da lui, con le braccia conserte e lo sguardo alterato, puntato sulla sua persona che m’ignorava con estrema tranquillità.
- “ Ah, davvero? E cosa avrebbe dovuto sconvolgermi di preciso? “ – domandai.
- “ Non so. Forse sapere che ho scopato con circa una decina di ragazze nello stesso tempo, nella mia stanza. O forse è stato il perizoma rosso.. sì, è sicuramente colpa del perizoma.”  - mi stava letteralmente prendendo il culo e io lo lasciavo fare perché diceva la verità. Ero stata talmente bambina da rimanerci dannatamente male, sapendo che in quella stanza ne aveva combinate davvero tante e che in lui non esisteva un lato buono. Era solo un puttaniere, un fottuto puttaniere con cui avevo una scommessa in corso.
- “ Non credi che il tuo enorme ego ti porti a sparare delle cavolate? “ – sorrise ancora, ma questa volta mi rivolse uno sguardo che mi lasciò scioccata. Era così rilassato e sicuro di sé, da farmi sentire idiota.
- “ No, affatto. “ – buttò a terra la sigaretta che schiacciò subito con il piede, mettendosi in piedi. Poi si avvicinò e con fare sensuale mi stampò un bacio sulla fronte sussurrando: - “ Vai a giocare con le barbie, verginella. “ – il sangue nelle vene mi si congelò.
Non ero vergine e lui, presunsi involontariamente, aveva toccato l’argomento su cui ero più vulnerabile. Zayn era capace di denudarmi con un semplice sguardo, una parola, un gesto, il più semplice possibile.
Sì allontanò di poco, varcò appena l’entrata, ma poi compì un solo passo che gli permise di arrivare alle mie spalle e sussurrare in un mio orecchio:
- “ Comunque una scopata in programma ce l’avevo.. ed eri tu. “ –

 my space: 
HOLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA. 
COME VA L'ULTIMA SETTIMANA DI VACANZA?
LA MIA MALE, TRA COMPITI
ARRETRATI E TEMPO CHE 
FA PIETA', MA SORVOLIAMO.. cwc

HO POSTATO PRIMA E CONTINUERO'
A POSTARE MARTEDì, COME PROMESSO.
ORA, PENSAVO. 
SE VOI RIUSCISTE A LASCIARMI 
QUALCHE RECENSIONE, TIPO 7/8
ENTRO DOMANI MATTINA 
IO POTREI POSTARE UN ALTRO CAPITOLO
NEL POMERIGGIO. :'D
#proudofme
PENSATECI EH. 

QUESTO E' UNO DEI MIEI CAPITOLI
PREFERITI. C'E' PIU' AZIONE ED E' 
L'INIZIO DEI VERI "GUAI", DICIAMO.
NON CHE CE NE SARANNO ORA..
MA DICIAMO CHE AVERE AMICI 
IN COMUNE CON MALIK PORTA 
PREGI E DIFETTI. 
E AVERE UNA SCOMMESSA IN CORSO
CON LUI NE PORTA ANCORA DI PIU'.
E NEL PROSSIMO CAPITOLO
POTRESTE TROVARE UN BACIO..
NON VI ANTICIPO NULLA. LOL

DELUCIDAZIONI: 
LIAM NON SA DELLA SCOMMESSA
PERSONALE TRA ZAYN ED HARRY.
NESSUNO DEGLI AMICI DI ZAYN 
LA SA, TRANNE LOUIS.
NELLO SCORSO CAPITOLO VI HO DETTO CHE
LOUIS SI CONFIDA CON NIALL
E GLI RACCONTA ANCHE DI QUELL.
QUINDI, POI, LIAM RIMANE L'UNICO
A NON SAPERE.. SAPRETE 
A LUNGO ANDARE IL PERCHE' NEL DETTAGLIO.
ANCHE SE, CREDO, VI BASTI SAPERE
CHE SAM E' SUA CUGINA. #capitanovvio
HARRY FA IL CARINO CON 
SAM PERCHE' TUTTI LE SONO AMICI
E PERCHE' INFONDO GLI STA SIMPATICA.
IN SEGUITO LE COSE CAMBIERANNO.. :')

AND NOOOOOOOOOOOOOOW. 
THIS IS THE MOMENT OF THE MOMENTS. (?)
(di solito non uso (?) mi sa tanto di cretinismo, 
ma mi sto gasando, quindi lo metto. lol)
IF YOU SAY 'GIF', I SAY.. OK. YEAH, OK. 
WELL, SAY GIF. 
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF.*
GOOD GUYS. 

BYE PEPI. 

 

 Sam.                                                         Zayn in pigiama. lol
Ho capito che questa era la foto perfetta per descriverla, quando ho notato
che con le mani così messe ricorda un'agente segreto. lol


Si, dicevamo.. emm.. insom.. MALIK, BASTA CAZZO.
*scusalafinezza*

 

       
Sam mentre pensa ad una scusa per i suoi venti minuti di ritardo.lol
I CAPELLI NDJBVFDEJKFND                                     

    

                                                                                                         Lei è Sam. E' la prima foto in cui si vede il volto che vi  mostro di lei. La trovo bellissima, ecco perche' ho deciso
                                                                                                        di metterla. Scusate se è praticamente nuda, ma su  weheartit non ne ho trovate altre. Comunque, non è 
bellissima? :')

 

                                                     

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

VOGLIO FARVI UN PICCOLO REGALO.
TADAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN.


         

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Capitolo 8
*** Capitolo sette: One Love. ***


Mi rifiuto di rinunciare, mi rifiuto di cedere.
Tu sei il mio tutto.
Non voglio rinunciare, non voglio cedere.

Blue-One Love

 Lo detestavo, mi aveva zittita come nessuno era stato in grado di fare.
Pensavo e ripensavo alle scena. Quella sera non dormii bene, le sue parole infastidivano il mio povero sonno.
 
‘Il discorsetto di ieri sera di Jena ti ha sconvolto a tal punto da dover fare la viziatella.’
‘Ho scopato con circa una decina di ragazze nello stesso tempo.’
‘..verginella.’
‘Comunque una scopata in programma ce l’avevo.. ed eri tu.’
 
Il mattino successivo decisi che non era il caso di dare importanza alle parole di Zayn faccioilfigoelosono Malik. Svelta, mi preparai e mi recai fuori dal dormitorio, accompagnata dalle altre due matte che definivo migliori amiche.
- “ Ho sonno. “ – mi lamentai, stropicciando gli occhi privi di alcun trucco che quella mattina avevo evitato. Amavo sbizzarrirmi con trucchi e robe del genere, ma non ne facevo un abbondante uso poiché un po’ tutti mi ribadivano quanto amassero i miei occhi al naturale e perché anche io ero della medesima opinione.
- “ Perché? “ – chiese Juls, scrollando i lunghi capelli lisci. Osservandola, mi accorsi di come, anche di buon ora, lei fosse perfetta. I capelli biondi e composti le ricadevano lungo le spalle e le contornavano il viso, migliorato da piccoli accenni di trucco. La invidiavo in un certo senso, ma non le rinfacciavo quel suo essere sempre conforme al posto in cui si trovava.
- “ Non ho chiuso occhio. “ – risposi, sbadigliando.
- “ Malik ti perseguita anche in sonno? “ – la rossa mi prese in giro, ma aveva del tutto ragione. Percepii le risate sue e quelle di Juliette a cui seguirono delle mie occhiatacce ad intendere che quella era la verità.
- “ Non devi preoccuparti di quello che dice o che fa Zayn. E’ solo uno stronzetto con la passione per le donne. “ – mi ammonì Hayley.
Stavo per ribattere con una battuta fin troppo pesante, ma mi resi conto che era in perfetto stile Malik, fu per quello che mantenni un silenzio che non faceva parte di me e di cui le mie amiche si preoccuparono.
Ma feci come al solito finta di nulla. Non volevo allarmismi, l’avrei fatta pagare a Malik, anche a costo d’innamorarmi io stessa.
 
Seduta su una panchina degli spalti del campo da football, chiacchieravo con Louis prima del suo allenamento.
Passava in quel campo la maggior parte della sua giornata e mai lo avevo sentito lamentarsi, amava davvero tanto il football, specie perché lo aveva portato ad essere popolare ed acclamato in città.
La professoressa Gray, insegnante di storia, era assente quella mattina di conseguenze avevo a disposizione due ore libere, da poter adoperare come meglio credevo. Non avevo un piano preciso, intendevo solo svagare la mente ed il modo migliore per farlo, ero certa si ricollegasse a Louis.
- “ E quindi con Malik, come va? “ – azzardò, dopo minuti di risate, stroncate da quella da domanda. L’osservai con un sopracciglio rialzato, aspettando un suo continuo che si prodigava per giungere a destinazione. Louis, anzi, evitava di portare il suo sguardo anche solo nella mia stessa direzione.
- “ Va al punto, Tomlinson. “ – lo ripresi.
- “ Insomma.. c’è una scommessa tra di voi. “ – quando Louis si faceva serio, bisognava allertarsi e, in quel caso, Louis era molto più che serio.
- “ Già. “ – ammisi. – “ Sei preoccupato, Tommo? “ – era evidentemente indeciso sul tipo di risposta da darmi, ma alla fine optò per la verità e, scuotendo la testa, annuì. Fu forse la tenerezza del suo gesto che mi spinse a stringermi a lui, come in genere fanno due fratelli.
- “ Puoi stare tranquillo. “ – mormorai, sorridendogli.
- “ Non posso.” – ribatté, guardando il campo che cominciava a riempirsi a causa dell’arrivo dei suoi compagni di squadra.
I tratti del suo viso s’indurirono per lasciare spazio ad una mascella contratta, occhi fissanti un punto qualsiasi, purché non si rivolgessero ai miei, labbra contorte tra di loro. In anni di amicizia, avevo visto più volte Louis in versione preoccupata, ma non erano state mai troppe le occasioni e c’è d’aggiungere che quell’ansia assassina durava su per giù qualche ora.
- “ Che intendi? “ – il silenzio s’impossessò del mio migliore amico. Louis celava un segreto e quel suo silenzio ne era solo la dimostrazione. Stava rivelando, indirettamente, verità, segreti, misteri da cui ero stata tenuta all’oscuro.
Mi stava dicendo ciò che in realtà non volevo sentirmi dire.
O forse ero io ad essere paranoica e a crearmi strani film.
In qualsiasi caso, una pulce era stata introdotta in un mio orecchio e nel giro di pochissimo avrei ricollegato l’intera situazione, si sperava.
 
Narratore Esterno.
- “ Conosco Zayn e.. non s’innamorerebbe mai. Non intendo di te, ma in generale. E’ un tipo tosto. Lui è il mio migliore amico e proprio per questo ti consiglio di stare attenta, Sam. Non voglio che sia tu a bruciarti. “ – il ragazzo dai capelli castani stampò un bacio veloce sulla fronte dell’amica, sconvolta, al suo fianco. Poi si alzò, sentendo alcuni dei compagni chiamarlo all’appello, e scese gli spalti.
Puntò Zayn con lo sguardo e provò una punta di rabbia. Era il suo migliore amico, ma non poteva accettare che, per lui, Sam soffrisse. Era convinto che, da un momento all’altro, avrebbe perso entrambi in qualsiasi caso, specie se Zayn era deciso a giocare sporco con Samantha.
Quando si ritrovò circondato da divise e scarpini di vari colori, l’allenamento ebbe inizio e l’intera squadra cominciò lo stretching. Liam si trovava alla sua destra, Harry alla sua sinistra e Zayn e Niall davanti ai suoi occhi.
Tenne duro, nell’esasperante tentativo di mantenere la concentrazione focalizzata sull’allenamento, ma la pressione che l’opprimeva era troppa.
Fissava Sam seduta sugli spalti con sguardo perso. Zayn le avrebbe fatto del male, come al suo solito con tutte le ragazze.
E non appena la vide andarsene, rizzò in piedi dal suo esercizio e fece fare lo stesso al moro che lo guardò snervato. Zayn era molto più piazzato rispetto a lui, era quello che, nel gruppo, sbrigava le liti insieme a Liam che, pur sembrando tanto calmo, non era pacato quando si commetteva un torto nei suoi confronti.
Non era da meno Harry, neppure Niall.
Si riteneva l’anello debole, ma non lo dava a vedere.
- “ Hey, Lou. Che ti prende? “ – domandò il capitano, Liam.
- “ Devo parlare con Zayn..” – si giustificò, dando importanza soltanto al mister. – “ ..in privato.”  - il moro lo guardò confuso, prima di seguirlo negli spogliatoi. Zayn fece appena in tempo a chiudere la porta alle spalle che la voce di Louis rimbombò tra le pareti dell’enorme spazio riservato alla squadra.
- “ Chiudi la questione. “ –
- “ Cosa? “ – domandò il moro visibilmente disorientato.
- “ La scommessa.. metti una fine alla scommessa, senza terminarla. “ – Zayn lo guardò interdetto. Nessuno doveva dargli ordini, nessuno doveva osare. In fin dei conti tutti facevano scommesse e sempre, persino Louis ne faceva. Perché lui non poteva?
- “ Come scusa? “ –
- “ Hai capito bene. Sam è la mia migliore amica, cugina di Liam, nostro migliore amico, e di Juliette, ragazza di Niall. Spaccheresti il gruppo a metà per una cazzata del genere. “ –
- “ Hey.. si tratta solo di una scommessa. “ – ribatté Zayn che sapeva perfettamente non esserlo. Quella era una copertura, la sua, nessuno sapeva quanto lui volesse provare ancora certe emozioni con Sam.
Ma non poteva rivelare le sue vere intenzioni, nessuno avrebbe capito. Specialmente i suoi amici.
- “ Per te. Per lei no.” – si ricordò di averli visti sugli spalti parlare, sperò vivamente che lei già fosse innamorata di lui, nonostante il poco tatto della sera precedente.
- “ Stai vaneggiando. “ – rispose, ridendo.
- “ No, Zayn. Sei tu che non vuoi vedere le cose come stanno. “ – il tono della voce di Louis era aumentato in modo notevole, lasciando Zayn senza parole.
Non motivava quella reazione da parte dell’amico.
Il moro non proferiva parola, tutto il coraggio e la spavalderia che gli appartenevano non si facevano vivi. Louis, dal canto suo, pensò bene di calmarsi, prima di continuare un qualsiasi discorso. Alzare la voce non avrebbe portato a nulla di buono.
- “ Sai come finirà questa storia: lei illusa e innamorata, tu fiero e vincitore di ben due scommesse, con centro sterline in tasca. “ –
- “ Ha diciotto anni, può decidere della sua vita! “ – sbottò Zayn, irritandosi e non poco.
- “ Avanti Zayn, sai perfettamente che lei non riuscirà a resisterti. Nessuna ci riesce.” - 
- “ Lei è diversa.. “ – sospirò Zayn.
- “ Lo so, ma anche lei ha un cuore, amico mio. “ – il moro passò una mano nei lunghi capelli scuri, fregandosene se questi si sarebbero scompigliati.
Samantha era un suo pensiero costante, avrebbe potuta definirla “una tortura” se non avesse provato un certo piacere nel pensare senza sosta a lei, ai suoi occhi così profondi. Nessuno poteva averne una minima idea, perché dai lineamenti di Zayn, così impenetrabili, non si scorgevano emozioni né sensazioni di alcun tipo.
- “ Giusto, sono tuo amico. Mi conosci.. “ – Louis non lo fece terminare. Posò una mano sulla sua spalla e subito lo interruppe:
- “ Proprio perché ti conosco, so che farai il coglione. “ – Lo sguardo di Zayn divenne impassibile. Se Louis, uno dei suoi migliori amici, credeva che lui l’avrebbe resa infelice a tal punto da spingersi a parlarne con il diretto interessato, non riusciva ad immaginare cosa pensassero Liam, Niall ed Harry.
Che razza di persona credevano fosse?
- “ Non mi conosci affatto, se pensi questo. Credi mi spingerei davvero a tanto se non fosse importante? “ – sbraitò, continuando a torturare quei poveri capelli.
- “ E’ solo una scopata come tante. “ – puntualizzò Louis.
- “ No, non lo è. E non si tratta della scopata. “ – ribatté deciso Zayn.
- “ E allora di cosa? “ – il moro ebbe un attimo di esitazione.
Avrebbe detto la verità? Avrebbe deciso di togliersi quel peso all’altezza dello stomaco e di svelare tutto all’unico che sapeva sarebbe rimasto imparziale in quella storia?
Era la cosa più giusta?
- “ Quel ragazzo di cui mi hai parlato, quel ragazzo con cui lei è stata la sera della festa, lo stesso con cui ha avuto la sua prima volta, beh quel ragazzo.. sono io.” –
 
-Sam
Ultima ora prima del pranzo.
Avevo lasciato Louis circa un ora prima per gli allenamenti con la squadra ed in quel momento mi trovavo sola sotto un albero del cortile del college, tremante a causa del freddo che quella mattina era più fastidioso del solito.
Mi stringevo nel giubbotto nero, provando il solfeggio di una canzone sulla quale l’interrogazione era assicurata. Muovevo agilmente le dita, canticchiando a volte il testo, altre la musica e sorridevo di tanto in tanto per i progressi che notavo in me stessa.
Troppo presa dalla canzone, non percepii una presenza sedersi al mio fianco e ascoltarmi con molta attenzione.
Solo a fine esercizio, quasi fui colpita da un infarto quando constatai che si trattava di Zayn.
Sempre detto che quel ragazzo amava torturarmi.
- “ Sei brava. “ – disse con poca enfasi. Non aveva lo stesso atteggiamento spavaldo che solitamente attuava, sembrava anzi turbato, cosa assai strana per uno come Zayn.
- “ Sai com’è.. studio musica. “ – risposi, ovvia.
- “ Sei nervosa? “ –
- “ Non si vede? “ - Lui alzò gli occhi al cielo, gesto che mi colpì parecchio. Non era mai infastidito dal tono acido che mettevo in pratica con lui o dalle risposte antipatiche che gli riservavo.
All’improvviso, invece, appariva irritato da qualsiasi mio atteggiamento.
- “ Con te è impossibile parlare. “ –
- “ E chi ti ha detto di parlarmi. “ – rimase in silenzio, un silenzio in cui potevo sentire tutte le risposte che avrebbe potuto rifilarmi, ma che rimasero adagiate tra i suoi pensieri, perché probabilmente l’unica vera risposta che avrebbe voluto darmi non riusciva a venire allo scoperto.
Lo osservai per qualche istante, convinta che prima o poi lo avrei visto sorridermi e riprendere a punzecchiarmi. Non fu quello il caso.
Rimaneva imbambolato, guardava davanti a sé, mentre fumava una sigaretta che non gli avrebbe portato altro che malattie. Non era da lui quell’atteggiamento.
Ero preoccupata, cosa mai accaduta prima per Zayn Malik.
- “ Zayn.. è tutto apposto? “ – gli chiesi con premura.
- “ No. “ – neppure sentirlo rispondere a monosillabi, era normale.
Lo fissai ancora: stringeva quella sigaretta prima tra le dita, poi tra le labbra con talmente tanta forza da spaventarmi. Avrebbe dato in escandescenza da un momento all’altro.
Tratteneva un istinto animale solo perché io ero lì con lui. Dovevo fare qualcosa, anche se questo voleva dire rischiare la pelle.
Mi catapultai in ginocchio proprio davanti al moro, al quale sfilai brutalmente la sigaretta dalle mani, ricevendo di conseguenza un’occhiataccia, posai le mani sulle sue spalle e avvicinandomi di poco a lui dissi:
- “ Cosa c’è che non va? “ –
- “ Tutto. “ – mormorò. Stette in silenzio qualche secondo, tentando di controllarsi, ma non trovò un modo qualificabile che lo inducesse a calmarsi. – “ Dammi quella sigaretta. “ – provò a sfilarla dalle mie mani, ma repentinamente la schiacciai per poi gettarla nell’erba.
- “ Parla, urla. Se ti è necessario sfogati contro di me, ma non fumare. Ti fai solo del male. “ – mi osservò. Fu quella la prima volta in cui, tutto quel buono che intravedevo tra le iridi marroni dei suoi occhi, venne allo scoperto.
E mi sentii grata di aver scoperto quella bontà nascosta.
Fu un attimo e ritrovai le sue mani sul mio volto e il suo viso vicino al mio per potermi schioccare un bacio in prossimità delle labbra.
Un bacio prolungato che mandò in tilt il mio cervello e non solo.
Quell’organo pompa sangue al centro del petto si faceva sentire all’impazzata. Ero certa che lui l’avesse sentito e che non mantenesse le distanze di sicurezza proprio per questo.
Ma per una volta lo percepii anche io. Sentii il suo cuore battere forte. Azzardai un gesto bizzarro: posai con delicatezza una mano sul suo petto, per poter sentire il cuore battere contro la sua gabbia toracica.
Lentamente, Zayn si distaccò, mi guardò ancora una volta, facendo sprofondare i suoi occhi nei miei, per poi andare via, voltandosi di tanto in tanto a guardarmi.
Non capivo nulla.
Era lui a non farmi capire nulla.
O forse ero io a non voler capire.
 
Il pomeriggio stesso decisi di uscire, avevo bisogno di riflettere e stare rintanata nel dormitorio non mi avrebbe di certo aiutata.
Londra minacciava un forte temporale, ma poco m’importava. Non temevo la tempesta. Era la tempesta a dover temere me.
Infilai un paio di Nike a stivaletto bianche, sicura che al mio ritorno non lo sarebbero più state.
Indossai una felpa, afferrai una borsa a tracolla che nascosi al di sotto del giubbotto scuro.
Intrappolai i capelli pettinati poco prima, ma pur sempre in disordine, sotto il cappuccio e mi affrettai ad uscire.
Volevo sgattaiolare senza essere vista da Juliette che si trovava in camera.
- “ Dove vai? “ – ti pare, mai una volta che un mio desiderio si avverasse.
- “ Dove vuoi che vada.. in giro. “ – non era la verità o meglio lo era solo in parte. Io avevo una meta ben precisa, l’unica in cui volevo trovarmi in quel momento.
- “ Con questo tempo? “ – la guardai sfregarsi le mani con agilità, segno che stava spalmando della crema idratante. Quando poi la gente mi ripeteva continuamente quanto lei fosse bella, io rispondevo che quella era sì tutta bellezza naturale, ma che il suo portafoglio soffriva di solitudine: Juls era continuamente al verde per comprare trucchi e creme varie, ciò significava che il suo portafoglio era sempre vuoto.
- “ Ed è una novità? Viviamo con un tempo simile 11 mesi e mezzo all’anno. “ – lei sorrise. Era raro poter vantare bel tempo in Gran Bretagna, specie a Londra.
- “ Non farmi stare in pensiero.”  - cedette, sorridendomi per poi rientrare nel bagno.
- “ Non lo farò. “ – risposi, ricambiando un sorriso.
Juliette aveva la tendenza ad essere premurosa nei miei confronti e viceversa, quasi fossimo sorelle. In realtà lei per me lo era.
E se soffriva, era inevitabile che lo facessi anch’io.
Misi piede fuori dal dormitorio e una folata di vento per poco non mi trascinò via. Di andare fino alla mia meta a piedi non ne avevo voglia, anche se non distava poi tanto.
Aspettai quindi l’arrivo di un bus, uno qualsiasi che passasse di lì che mi portasse almeno in prossimità del centro commerciale, il posto in cui mi volevo dirigere. No, non volevo fare shopping. Non era quello il metodo perfetto per alleviare la tensione, nel mio caso.
Preferivo sempre e comunque la musica.
Un bus passò per la via pochi minuti dopo. Nella parte anteriore lampeggiava la sua destinazione: Centre Mall of London.
Sorrisi, sentendomi fortunata.
Con quel mezzo arrivai in pochissimo al Centre Mall e rapida mi diressi al suo interno.
Era gremito di gente, non potevo aspettarmi altrimenti. D’inverno la gente si rifugiava negli Starbucks e nei centri commerciali, perché il cattivo tempo non permetteva attività diverse.
Mi precipitai al primo piano, tentando di sistemare i capelli che, a causa del vento, avevano preso una strana piega.
Attraversai il piano per metà, fermandomi solo quando scorsi l’unico negozio in cui, entrando, ricevevo vere soddisfazioni. Si trattava di un negozio di musica ben fornito, il più grande di Londra, in cui era possibile trovare qualsiasi genere di strumento, attrezzo musicale o cd.
Capitava spesso che, nei momenti in cui non mi capacitavo di certe mie scelte o azioni, mi rifugiassi al suo interno e non ne uscissi per ore intere.
Quella volta era diverso. Quella volta non volevo riflettere, neppure dimenticare, volevo trovare pace con me stessa, con i miei sentimenti.
Avevo deciso che avrei ascoltato almeno una canzone di tutti gli artisti che più apprezzavo. Se fosse stato necessario mi sarei trattenuta maggiormente su cd che apprezzavo in modo particolare.
Ero alla ricerca della tranquillità.  
Entrando, salutai André, il cassiere. Un ragazzo perdutamente romantico, particolare che per i miei gusti metteva in evidenza troppo spesso, specie con me.
Amavamo la stessa musica, quindi per noi era facile intraprendere conversazioni che non avevano mai una fine. Ma sapevo che quello era solo un argomento, probabilmente l’unico, utilizzato per intavolare conversazione con la sottoscritta. Lui aveva un’immensa cotta per me ed io, essendone lusingata, non mi tiravo di certo indietro quando m’invitava ad aspettarlo per una passeggiata alla fine del suo turno, ma da tempo questa storia mi stava stretta, da poco prima del natale.
A suo vantaggio andava il fatto che fosse davvero un bel ragazzo: 18enne, alto, non troppo piazzato, occhi azzurri e capelli scuri e folti che raccoglieva con del gel in un ciuffo abbastanza alto. Ma ciò che più di tutto mi colpiva era il suo sorriso.. spettacolare.
Gli sorrisi appena, senza fermarmi a salutare, notando tutto il lavoro che doveva sbrigare. Era una banale scusa, quella, con cui mi ponevo delle giustificazioni, visto il mio volerlo evitare.
Percepii i muscoli del corpo irrigidirsi, quando lui ammiccò, facendo intendere che avrebbe trovato del tempo per me.
Non avevo mai tentato d’illuderlo, alimentando i suoi sogni con false speranze. Lo consideravo semplicemente un amico, cosa che con mio evidente stupore lui non aveva compreso.
Arrossii senza volerlo.
Mi avvicinai allo scaffale del soul sicura che la mia scelta non sarebbe variata di tanto se avessi optato per Aretha Franklin o Stevie Wonder. Amavo la voce di entrambi, quindi mi sarebbe stata bene una qualsiasi delle loro canzoni.
Passato un quarto d’ora mi decisi per Amy Winehouse, con Back to Black.
Ricordo che la volta in cui seppi della sua morte rimasi basita. Lei era uno dei pilastri fondamentali della musica, ed ero certa che lo sarebbe rimasta a vita.
Nessuno sarebbe stato in grado di dimenticare quel timbro black.
Senza un motivo, mi ritrovai a passare da Eminem a Sean Paul, per finire a Demi Lovato e ai Coldplay.  
Mi risvegliai da un sonno profondo ad occhi aperti, non appena un paio di mani si posarono lungo i miei fianchi, costringendo la mia schiena a scontrarsi con un petto muscoloso ed un profumo dolce alle mie narici prese possesso di me.
- “ Bella scelta. “ – sussurrò, passando le labbra lungo il lobo di un mio orecchio, facendomi divenire una pietra. Troppa confidenza.
Osservava la compilation dei Coldplay che stringevo tra le mani talmente forte da far mutare colore alle nocche, passando da una tonalità rosata al bianco.
André mi metteva a disagio, in modo negativo.
- “ Grazie. “ – sussurrai, senza nemmeno voltarmi. Sapevo fosse lui.
- “ Mi attendevi? “ – domandò con voce profonda. Solo allora mi volsi a guardarlo, ritrovandomi a fissare degli occhi azzurri. Il colore opposto a quello che avrei voluto davvero trovare, voltandomi.
Non risposi, lo fissai sorridendo appena per l’imbarazzo.
Vedevo i suoi occhi brillare proprio come i miei, con la differenza che nei miei si celava spavento, nei suoi voglia di andare fino in fondo.
Tagliava le distanze, con molta lentezza.
Non volevo un suo bacio, ma ritrovare quelle labbra proprio davanti le mie, fece sì che una molla momentanea scattasse in me.
Probabilmente non bramavo nient’altro che le sue labbra perfette sulle mie.
Eppure bastò uno schizzo di flashback per farmi andare nel pallone.
 
“Zayn posò una mano sulla mia guancia per poi accarezzarla.
Sarei potuta svenire, se non mi avesse tenuta per la vita.
Avvicinava con lentezza il mio viso al suo, facendomi sentire stupida.
Stavo cadendo nella sua trappola, di già?
Mancava davvero pochissimo perché mi baciasse, ma il battere di nocche sulla porta ci richiamò all’attenti.”
 
Sospirai, tirandomi indietro quando le nostre labbra si erano ormai sfiorate. Non potevo, non ci riuscivo. Quel dannato ragazzo tormentava ogni mio attimo, persino il più atteso e indimenticabile.
- “ Scusa.. io non posso..” – solita frase, soliti modi di fare, solito tono. E come al solito lo liquidai in quel modo, sentendomi stupida.
- “ Non preoccuparti. “ – era scosso, potevo averne conferma grazie alla mascella contratta del suo viso.
Ci guardammo per pochissimi istanti negli occhi, istanti che mi parvero anni, prima che venisse richiamato alla cassa per mezzo dell’alto parlante.
- “Torno subito. Non scappare. “ – diminuì ancora una volta le distanze, alzando con le dita il mio viso verso il suo, per stampare un bacio in prossimità delle labbra, proprio dove Zayn aveva lasciato un’impronta la mattina stessa. Rimasi pietrificata, ancora.
Avevo la certezza che André avesse pensato che quella reazione, da considerarsi buona, fosse avvenuta a causa sua.
Lui sorrideva, io gelavo.
Mi sentii stupida, più stupida di quanto generalmente io fossi. Fu quel pensiero a consigliarmi di tornare alla ricerca della tranquillità interna che avevo disperso. Ricominciai quindi ad ascoltare musica, decidendo quale canzone dei Coldplay avrei ascoltato. Optai per Paradise.
Ero concentrata nell’ascoltare ogni parola e riconoscere ogni accordo, quando sentii ancora un paio di mani posarsi lungo i miei fianchi, un petto muscoloso scontrarsi con la mia schiena, ma il profumo che le mie narici inalarono fu differente dal precedente.
 
“La sua bocca lascia sulla mia un sapore amarognolo.. sicuramente anche lui ha bevuto come me.”
 
«E’ lui.»


 

my space: 
BOINSOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOIR. 
SI, LO SO. E' ANCORA POMERIGGIO, MA
FA NIENTE. lol
MI SCUSO PER IL TREMENDO RITARDO. 
NON PRENDETEVELA CON ME, MA
E' RICOMINCIATA LA SCUOLA 
ED E' STATO DIFFICILE CONNETTERSI.
PERCIO' MI SPIACE ANCHE SE NON HO
RISPOSTO SUBITO ALLE RECENSIONI, 
COSA CHE FARO' IMMEDIATAMENTE. 

POI, CHE NE DITE DEL CAPITOLO? 
SINCERAMENTE? MI FA CAGARE.
DICO SUL SERIO, 
RILEGGENDOLO HO SPARATO.. 
'PUZZETTE' A TUTTA PASSATA. 
AHAHAHAHAHAHAHAHA 
PERDONATEMI, SE PROPRIO 
NON VI PIACE NE POSTERO' UN
ALTRO STASERA O DOMANI, 
DIPENDE DAI COMPITI. 

NEL COMPLESSO, ZAYN 
COME VI SEMBRA? 
INNAMORATO/CONFUSO/DOPPIOGIOCHISTA 
SAPPIATE CHE IL PROSSIMO
CAPITOLO SARA' UNA VERA E PROPRIA FOLLIA.
FBRHJDVBNFVKNFDV IL PROSSIMO 
PIACE PURE A ME. :') 

GRAZIE MILLE PER TUTTO. 
VI VOGLIO UN BENE INFINITO. 
DI CONSEGUENZA HO DEI 
REGALI PER VOI. 

FORZA, AL MIO TRE. 
UNO..
...DUE...
...TR..
..E...
...TREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE...
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

 

                                   Andrè.                  

 La faccia di Louis. AHAHAHAHA                                 SBAAAAV. 

                  Sam  nel negozio di musica.           

                                                   
Siete bncjdfhvnmdgvfd. Okay? Okay.                                                                                                                               Manca solo che uno dei due dica: 'Swaaaaaaaaaaaag'. 

  La faccia di Zayn. AHAHAHAHA 
Ricorda il loro allenamento? NON PENSATE COSE SCONCE, PERVERTITE. 


fate 'ciao ciao' con la manina. :'D

 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto: Mad. ***


“Nessuno parla, perche si tramuterebbe in un litigio
Adesso sto gridando verso di lei e lei sta gridando contro di me
Tutto ciò significa che nessuno di noi due sta ascoltando
E peggio ancora, non ci ricordiamo perchè stiamo discutendo.”
Ne Yo-Mad

 
Il suo respiro accarezzava la pelle del mio collo, provocandomi eterni brividi sull’intero corpo. Mi ripetevo continuamente di stare calma, che le probabilità che la stessa persona che avvolgeva le mie spalle con il suo petto, fosse la stessa dell’immagine che si presentava nella mia mente, fossero davvero poche. O forse non ce n’erano.
Eppure quel profumo era familiare alle mie narici. Riuscivo a ricollegarlo ad una sola persona e, in un certo senso, speravo di non sbagliarmi.
- “ Hai il fidanzatino e non me lo dici? “ – sorrisi. Mi maledissi subito dopo per averlo fatto, ma era stato un impulso fin troppo incisivo da poter essere soffocato.
- “ Dovrei rendere conto a te, dopo i festini notturni organizzati nella tua camera, Malik? “ – non fui io a voltarmi, fu lui che con presa decisa fece volgere il mio corpo in direzione del suo. Ed ancora mi fu inevitabile sorridere. Quella vicinanza tra noi mi piaceva. Avevo bisogno di quella vicinanza, necessitavo ancora delle sue labbra in prossimità delle mie.
Mi aveva confusa ed era bastato pochissimo. Ma ciò non voleva dire che lui mi piacesse, contenevo in me solo tanta curiosità, qualità che spesso ritenevo un difetto anziché un pregio.
- “ Non soltanto notturni. “ – mormorò, per poi far finta di mordersi la lingua. Il suo era uno sporco tentativo di farmi saltare i nervi. Ma, guarda caso, non ci sarebbe riuscito, non in quel posto.
- “ Sai, non sono qui per sapere quante volte scopi al giorno. “ – con ironia, avevo sbattuto in faccia al moro la verità. Ero lì per rilassarmi, per schiarirmi quelle idee che proprio lui aveva scombinato, intrecciato ed in fine confuso. In un certo qual modo, ero lì per mantenere le distanze da Zayn, ma non potevo sapere che solo passando del tempo con lui, sarei riuscita a riportare ordine nella testa e di conseguenza nel cuore.
Mi allontanai con disinvoltura dal suo corpo, per guardarmi un po’ intorno. Dovevo distrarmi, l’unico modo era ignorare Malik e concentrarmi su un genere musicale differente.
- “ Hai ragione. Sei qui per il fidanzatino. “ – lasciai andare una risatina nervosa.
- “ Geloso, Malik? “ – a giudicare l’espressione divertita che assunse, avevo sparato una stupidaggine. Dovevo provarci comunque, non mi sarei lasciata andare per vinta.
- “ E tu perché sei qui? “ – domandai.
- “ Per il tuo stesso motivo. “ – se credeva fossi lì per incontrare André, lui doveva incontrare un’ipotetica “qualcuna” che magari sarebbe stata alta, bionda, con una quarta di seno ben messa in evidenza e con lunghe gambe dai tratti invitanti. Il mio opposto, pensai. Ero certa che lui amasse quel genere di ragazze, non la semplicità fatta persona che stava scrutando, ovvero me. Mi finsi indifferente, alla presa di conoscenza delle sue intenzioni. Non volevo dimostrarmi delusa, quando invece lo ero.
- “ Io sono qui per la musica, Malik. “ – mormorai. Controllavo il mio tono di voce per non permettergli d’intuire un mio qualsiasi stato d’animo, cosa che mi risultava difficile, vista la mia grande passione per le liti con il moretto.
- “ Io sono qui per una ragazza. “ – mi guardò sorridendo, maliziosamente. Non quel tipo di malizia che avrebbe dovuto irritarmi. Sembrava volesse farmi sentire speciale, ma non intendevo illudermi, credendo di poter essere io quella ragazza.
- “ Ti chiederei di chi si tratta, ma poi sembrerei interessata e, puoi fidarti, non lo sono. “ – cominciai a scrutare uno scaffale più in là. Scorsi uno dei miei cd preferiti in assoluto: Adele 21. Lo afferrai immediatamente, cominciando a leggerne le tracce, indecisa su quale avessi più voglia di ascoltare.
- “ Come ti senti? “ – chiesi. Giustificai la mia domanda, ripetendomi che non dovevo apparire ineducata visto che avevo due genitori assai severi in tema di educazione. Ma sapevo che la realtà era un’altra: m’interessava davvero sapere se il suo stato d’animo era evoluto dalla mattinata stessa.
- “ Meglio. Sono uscito per distrarmi. “ – ancora sorrisi, pensando che entrambi eravamo in quel posto per lasciare alle spalle i problemi.
- “ Contenta per te. “ – gli rivolsi un’occhiata tranquilla, non appena lo notai in avvicinamento. Appoggiò la schiena ed uno dei piedi contro lo scaffale davanti la quale mi trovavo. Percepivo il suo sguardo percorrere il mio corpo. Mi sentivo nuda dinanzi a lui. E non mi spiegavo il suo atteggiamento, ma non avrei certamente chiesto nulla.
- “ Dici di non volerlo sapere, ma io te lo dico comunque. La ragazza per cui sono qui, sei tu.” – mi colse del tutto alla sprovvista, perciò arrossii. Le sue parole mi avevano spiazzata.
Doveva avermi seguita per sapere dove potermi trovare. A nessuno avevo riferito la mia destinazione, prima di lasciare il dormitorio. E non mi ritenevo poi così prevedibile da poter tirare a caso.
- “ Perché io? “ – Zayn scrollò le spalle, quasi non ci fosse un vero perché.
- “ Avevo voglia di vederti. “ – il modo in cui mi sorrise, mi fece rabbrividire.
- “ E come mi hai trovata? “ –
- “ Ti ho vista uscire dal dormitorio. “ – il suo ragionamento aveva una logica, non osai obiettare. A quel punto, data una risposta ad ogni dubbio, inserii il cd nell’apposito stereo per poterne ascoltare qualche traccia. Nel mentre, mi proposi di compiere una buona azione e di dire la verità a Zayn, una volta tanto.
- “ Non è il mio ragazzo. “ – non alzai lo sguardo, per paura di poter scorgere una faccia da “lo sapevo.” che mi facesse intendere quante poche chance potessi avere io, con qualsiasi uomo.
- “ Visto che non lo è, ti marchio. “ – sbarrai gli occhi, cogliendo un doppio senso alquanto stupido nella frase. Con marchio cosa intendeva?
Afferrò l’interno del mio polso, lì dove si scorgono vene verdi, di tanto in tanto blu. Dapprima stampò proprio su queste un dolce bacio, per il quale rabbrividii, sorridendo. Poi lo vidi trafficare un po’ con uno dei suoi polsi, dal quale sfilò un bracciale che mi parse d’oro bianco e che legò al mio.
Mi permise di ammirarlo e notai una piccola incisione al suo interno. Era riportata una parola in arabo e al suo fianco ‘Zayn’, quasi ne indicasse la traduzione.
- “ Cosa significa? “ – indicai la scritta in arabo e per tutta risposta, Zayn confermò la mia tesi. Quello era il suo nome in arabo.
- “ E’ un regalo di mio padre. “ – spiegò, sorridendo. – “ E ora voglio che lo tenga tu. “ – terminò.
- “ Oh, no. Non posso accettare. “ – dissi, subito. Cercai di sfilarlo, ma lui mi fermò. Capii che dovevo tenerlo. Che quello non era un gesto del momento. Che quello era il suo modo per dimostrarsi gentile, propenso forse ad un’amicizia “normale”.
- “ Ritienilo un prestito.  Quando sentirai la mia mancanza, mi troverai al tuo fianco. “ – ed indicò il bracciale. Sorrisi per l’ennesima volta, sfiorando quel bracciale che ai miei occhi sembrava il più prezioso al mondo.
Caricai il cd e inserii una canzone. La prima fu Set Fire to the Rain.
Indossai delle enormi cuffie bianche appena in tempo per l’inizio della canzone. Canticchiai fin da subito, osservando Zayn e rivolgendogli qualche sorriso, ormai in preda al buon umore.
 
« But I set fire to the rain,
Watch it pour as I touched your face,
Let it burn while I cry,
Cause I heard it screaming at your name, your name.» 
 
I nostri occhi s’incontrarono per l’ennesima volta, spingendo quindi Zayn ad afferrare l’altro paio di cuffie, poste sulla radio, e ad ascoltare quella canzone che, a quanto pareva, era la prima passione che scoprivamo avere in comune.
 
«You and me together, nothing is better.
Cause there’s a side to you that I never, never knew.»
 
Fu lui a cantare quelle poche frasi. Il sangue raggelò nelle mi vene non appena una sua mano fu unita ad una delle mie.
E non seppi motivarmi perché, cantando, aveva penetrato la mia anima con quel paio di occhi scuri, dal taglio orientale che sfidavo chiunque a non invidiargli.
Possedeva una voce magnifica. Non credevo potesse apparirmi perfetto anche in una categoria in cui ero io “l’esperta”. Non si trattava di sport. Si trattava di un’arte del tutto differente. Un’arte in cui era necessario impiegare cuore, emozioni ed esperienze.
Per poter cantare e trasmettere un messaggio, non basta un buon testo, non basta una vocalità straordinaria. Bisogna saper trasmettere qualcosa che in quel momento lui mi aveva dato, per la primissima volta.
 
«And I feel lost into the…
Cause I knew that was the last time
The last time, oh.»
 
Cantando quell’ultimo pezzo, sciolsi la stretta delle nostre mani. C’era incertezza nel mio gesto. Non volevo lasciarlo andare, al contempo non desideravo illusioni. Ed uno strano vortice misto di dubbi e sensazioni nuove marciò dentro me.
Lo guardavo, balbettante.
In quei momenti in cui cantavamo dei pezzi, dedicandoceli forse incoscientemente, qualcosa era scattata. Ed ora avevo paura di scoprire cosa fosse quel qualcosa.
- “ Vieni con me. “ – sussurrò, stringendo nuovamente la mia mano. Scossi la testa, impaurita. Non potevo accettare, era un gesto folle.
- “ Dove? “ – sorrise. Lui non lo sapeva, ma bastò quel gesto perché io cedessi.
- “ Fidati di me. “ – volli fidarmi, volli dargli una possibilità, una sola. Volevo solo vivere il momento, se fosse stato un atto ingenuo e ne avessi sofferto, sarebbero stati problemi sorti in seguito e a cui badare poi. Ma in quel preciso istante m’interessava solo lui, incoerentemente.
Mi trascinò, al suo seguito, fuori da quel negozio, passando proprio davanti alla cassa, cioè ad André. Zayn volto appena in tempo il visto per rivolgergli un sorrisetto antipatico e soddisfatto, prima di dargli il ben servito con poche e semplici parole:
- “ Non hai speranze. La ragazza è impegnata. “ – pura allusione alla sottoscritta che teneva per mano.
- “ Con chi? “ – tra i due scoccò uno sguardo di sfida che m’intimorì. Diamine, sembrava volessero incenerirsi con delle occhiate. Zayn mollò per un attimo la mia mano, per avvicinarsi alla cassa e al viso di André. Lo guardò fisso negli occhi, prima di rispondere a denti stretti.
- “ Con me. E non starmi tra le palle. Intesi? “ – ero esterrefatta, certamente sollevata di non dovermi più preoccupare di André il quale non tentò neppure di opporsi alle minacce di Zayn, pur continuando a guardarlo con sguardo fisso.
Un’ultima occhiata e Zayn riafferrò la mia mano, portandomi via con sé. Tanto andava veloce che non ebbi tempo di sussurrare nemmeno un ‘ciao’ frettoloso al cassiere.
- “ Perché hai avuto quella reazione? “ – domandai, tentando di mantenere la calma.
- “ Perché quel tipo non mi piace. Ti sta troppo addosso. “ – cercavo i suoi occhi che evitavano attentamente di incontrare i miei. Bastava quel suo tirarsi indietro davanti ai problemi, per farmi giungere a conclusioni non proprio affrettate: Zayn nascondeva un segreto. Uno di quei segreti che mai si vorrebbero svelare, per i quali non si trova mai l’attimo più azzeccato per parlarne e confessarli.
Uno di quei segreti che inducono chiunque a vivere nel timore.
- “ Si è solo ingelosito. “ – sbuffai.
- “ E con questo? Non sei di sua proprietà. “ – Mi domandavo di chi lo fossi. Per nessuno provavo un bene talmente forte e determinato da potermi definire di sua proprietà, tanto meno esisteva qualcuno a cui facessi battere il cuore anche accennando un minimo sorriso.
La solitudine diventata solo una piccola porta dinanzi ad un immenso portone, in quella storia.
- “ E di chi lo sarei? “ – chiesi, snervata. Capii che non ero infastidita da lui o dal suo gesto che, ancora in modo contraddittorio, mi aveva resa felice di potermi sentire fintamente speciale per qualcuno.
Era colpa mia e della solitudine che, rinchiusa tra le pareti di un piccolissimo scrigno all’interno del cuore, mi rendeva suscettibile e vulnerabile ogni qual volta qualcuno intuiva il nascondiglio della sua chiave, per poterlo aprire.
Zayn non rispondeva alla mia domanda, facendo aumentare un certo nervosismo in me. Mi spinsi forse un po’ troppo oltre i limiti, ponendogli ancora una volta l’ennesima domanda:
- “ Di chi lo sarei? Rispondimi. “ – con uno scatto si voltò verso di me, imprigionando il mio sguardo nel suo, come tanto avevo desiderato, tanto da permettermi d’intravedere il nervosismo che ci accumunava. Mi strinse tra le sue braccia e, selvaggio, urlò facendomi tremare.
- “ MIA. “ – e capii che sarei voluta essere sua, se non ci fosse stata una stupida scommessa fra noi.
Mi guardò per pochissimi altri secondi ed infine se ne andò, lasciandomi sola in quell’enorme centro commerciale.
Lasciandomi sola con le mie sensazioni, emozioni e nuove convinzioni.
Lasciandomi sola, ecco.
 
Quella sera non riuscivo a prendere sonno e sapevo con certezza che il giorno seguente, l’ultimo della settimana, non sarei stata in grado di partecipare ad una lezione, senza crollare.
Pensavo e ripensavo a Zayn, al fatto che mi avesse lasciato in un centro commerciale, da sola, dopo aver discusso per me con un tizio che neppure conosceva. Dopo aver cantato frasi di una canzone, guardandomi negli occhi. Dopo avermi “prestato” un suo bracciale. A quel proposito, erano le due del mattino e tenevo gli occhi ben aperti, mentre rigiravo quel bracciale tre i polpastrelli, tentando in qualche modo di sentire il proprietario più al mio fianco.
Quella sera non avevo ricevuto un suo messaggino di buona notte, facendomi provare per la prima volta un’immensa voglia di uscire dalla mia stanza, dirigermi nella sua e abbracciarlo, quasi senza un perché.
Avevo trascorso ore con il cellulare tra le mani, attivandolo ogni cinque secondi circa, per verificare che mi avesse inviato alcun messaggio o che mi avesse chiamato e non avessi sentito la suoneria, troppo presa dai pensieri.
Mi detestavo per ben tre motivi. Il primo: non capivo cos’avessi potuto fare di tanto sbagliato, da poterlo allontanare in modo così cruciale da me.
Il secondo: non capivo perché questo suo comportamento provocasse in me del dolore.
Il terzo: non comprendevo il mio atteggiamento. Lo odiavo, poi poco dopo sentivo di potergli volere bene.
Presa dai pensieri, scossi la testa, convinta che una passeggiata lungo il dormitorio mi avrebbe fatto bene. Se non altro avrei messo da parte per pochi minuti tutti quei tormentosi pensieri che opprimevano ogni angolo del mio corpo e ogni essenza del mio animo. Infilai, veloce, un paio di ciabatte e mi trascinai fuori la stanza, facendo attenzione perché le mie due coinquiline non si svegliassero e dessero vita ad un interminabile interrogatorio. Non ne avevo voglia.
Chiusi la porta alle mie spalle e respirai profondamente. Dovevo farcela.
Camminai lentamente lungo l’intero corridoio, fin quando non arrivai davanti l’ampio balcone sul quale era possibile uscire, oltrepassando una porta in vetro scorrevole.
Uscii e respirai a fondo, ancora una volta. M’incamminai verso il muretto e sedetti su di esso, evitando con cura di guardare al di sotto per paura di cadere, trovandomi al secondo piano.
Restai immobile, continuando a giocherellare con quel bracciale.
Mi sentivo stupida, allo stesso tempo persa. Il peggio era che ne capivo il perché, ma non volevo ammetterlo.
Fissai il cielo e per un istante mi sentii osservata, ma diedi poca importanza al fatto.
Avrei voluto solo guardare quel cielo stellato e realmente perfetto con l’unica persona che trovavo fintamente imperfetta. Lui.
 
-Narratore Esterno.
Zayn sospirò, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
Aveva pensato che fumare una, due al massimo tre sigarette lo avrebbe aiutato nell’addormentarsi, quella notte.
Eppure in quel momento, camminando tra i corridoi del dormitorio e osservando scrupolosamente il pacchetto delle sigarette, non capiva come aveva potuto pensare di fumare. A tarda ora, la nicotina provocava uno strano effetto su di lui che lo rendeva più attivo del solito.
Sbuffò. Tutti quei pensieri lo rendevano insonne. E la colpa di chi era? No, non sua. Ma di quella ragazza che spesso riteneva anche fin troppo saputella per i suoi gusti, ma che lo stava letteralmente mandando al manicomio.
Desiderava conoscerla, bramava di avere anche una sola possibilità per sentirla di nuovo sua, senza però dover mentire in seguito. Il problema consisteva nel fatto che quel pomeriggio aveva capito di provare qualcosa di più forte per quella ragazza dai lunghi capelli carichi di boccoli.
Il suo era un sentimento ben differente dall’attrazione fisica. Certo, quella permaneva, ma non solo. E più rifletteva, più non capiva cosa lo attraeva di lei. Non si trattava solo delle notte di fuoco avuta la notte prima dell’inizio delle vacanze.
C’era qualcosa in Samantha che da sempre lo rendeva vulnerabile e ciò gli piaceva. Ma se la osservava fisicamente, poteva ben notare che lei non possedeva alcuna delle caratteristiche fisiche che cercava in una ragazza per una notte e via.
Non aveva una quarta di seno, le sue gambe erano lunghe ma non smisurate, non vestiva con abiti succinti, che avvolgessero e mostrassero in modo esplicito le sue forme. Non utilizzava trucco eccessivo, anzi non ne usava, fatta eccezione per mascara, matita per occhi o lucidalabbra.
Era una ragazza.. normale, ma non comune.
Strisciò i piedi, fin quando non giunse dinanzi il balcone, enorme, del suo piano. Fece per aprire la portare in vetro, ma si fermò. Osservava con occhi sbarrati Sam che giocava con il braccialetto da lui stesso datole quel pomeriggio e lo fissava con malinconia. E per la prima volta si sentì un emerito coglione.
La vide osservare il cielo, accennare un sorriso, anch’esso nostalgico, poi riportare la sua attenzione sul bracciale in oro bianco.
«Cazzo faccio, ora.» pensò, passandosi una mano tra i lunghi capelli neri.
Una parte di sé gli ordinava di andarsene, l’altra di andarle incontro.. magari baciarla come non aveva fatto quel pomeriggio. Si trovava in conflitto con due parti del suo essere, rispettivamente l’orgoglio e l’amore.
E alla fine si decise a dar ascolto alla seconda, perché con esperienze precedenti aveva intuito che con la prima non avrebbe concluso nulla.
Svogliatamente, aprì quella porta e le si diresse incontro, senza però catturare il suo sguardo, puntato su quel bracciale per il quale sorrideva, muovendolo.
- “ Ciao. “ – sussurrò Zayn, accennando un sorriso forzato.
Sam sussultò. Credeva che a quell’ora chiunque dormisse. A quanto pare aveva torto.
- “ Ciao. “ – bisbigliò lei, facendosi da parte per permettergli di sedersi. Smise per un attimo di dare il tomento a quel povero bracciale, evitando però di portare ancora lo sguardo sul moro.
Erano bastati pochissimi secondi per poter ammettere ancora una volta, tra sé e sé, che quel ragazzo fosse il più bello che lei avesse mai scorto, persino alle due del mattino.
Dal canto suo Zayn, fremeva dalla voglia di porle domande su domande, ma qualcosa lo frenava, rendendolo nervoso.
Ignorò completamente tutti i ragionamenti fatti in precedenza sul perché non dovesse fumare a quell’ora e sfilò una sigaretta dal pacchetto quasi del tutto vuoto. Tra la mattina, il pomeriggio e la sera era riuscito a consumare un intero pacchetto. Sbuffò. Era un caso disperato, pensò.
Inspirò una sola volta, ma lo fece talmente a lungo da rendersi conto di aver praticamente terminato la sigaretta con un solo respiro. Non ne poteva più.
Giunse al culmine quando qualcuno gli sfilò di mano il mozzicone rimasto e lo schiacciò con veemenza sul pavimento in pietra.
- “ Non devi fumare. “ – disse Sam, minacciosa. E lo scrutò con attenzione negli occhi perché lui capisse che fosse sbagliato.
- “ Faccio quello che mi pare. Hai capito? “ – rispose, avvicinandosi a cattivo muso.
- “ Non se rischi di rovinarti le corde vocali, avere un tumore e non poter più giocare a football. “ – ringhiò lei a sua volta.
- “ Mi spieghi cosa cazzo te ne frega di cosa rischio o non rischio io? Mi detesti, l’hai sempre detto. “ – la ragazza rimase inerme, alla risposta di Zayn.
Lei aveva sempre confessato di odiarlo, ma il suo non era odio, solo finta antipatia. Dopotutto, lui non l’aveva mai trattata con garbo, se non da quando erano riprese le lezioni.
Avrebbe voluto dirgli di quanto lei tenesse a lui in realtà, ma sapeva che quell’azione avrebbe voluto dire sputtanarsi e no, non ci teneva.
- “ M’interessa. Hai una bella voce. “ – ammise in un sussurro, raccogliendo le gambe verso il petto e portando lo sguardo all’orizzonte, impaurita dai suoi occhi.
- “ Ma per favore..” –
Lo guardò ancora interdetta, mentre lui sfilava un’altra sigaretta, l’ultima, deciso a fumarla proprio davanti agli occhi della ragazza, perché s’infastidisse.
Non era disposta a sentirsi umiliare da Zayn sonounostronzo Malik, solo perché avrebbe voluto instaurare un’amicizia con lui.
Fece quindi per andare e fu a quel punto che lo sentì dire:
- “ Scappi? Quindi mi sbagliavo.. sei come tutte le altre. “ – si fermò rimanendo di spalle, non sapendo come agire. Era nervosa e le parole di Zayn la torturavano maggiormente.
Ma non si sarebbe arresa, non se lui non lo voleva.
Corse via e si rifugiò in camera. Estrasse dal minifrigo una vaschetta di gelato, la sua, alla nutella e panna, accompagnata da due cucchiai.
Uscì di nuovo, per correre verso il balcone dove trovò Zayn, seduto al suo posto, con le gambe che sporgevano verso l’esterno.
Il ragazzo rifletteva, non fumava perché non ne aveva nemmeno più voglia. Si sentiva in colpa, poiché l’aveva allontanata ancora quando l’unica cosa che voleva in quel momento era poterla stringere fra le sue braccia e chiederle di essere compreso.
Si sentì picchiettare su una spalla e fece per voltarsi proprio in quella direzione. E la vide, con una vaschetta di gelato tra le mani, due cucchiai e un minuscolo sorriso sul viso.
- “ Gelato? “ – domandò, sedendosi al suo fianco e aprendo la vaschetta. Gli porse un cucchiaio e impugnando l’altro, continuò: - “ Non fare complimenti. “ – le sorrise. Non aveva affatto sbagliato.
Mangiarono quel gelato, tra le risate. Quella fu la prima volta sia per Zayn che per Sam che, dimenticando i doppi fini, si trovarono tanto bene con una persona che non potevano reputare ancora così amica.
Parlarono di loro, confidandosi segreti che probabilmente l’uno mai avrebbe pensato di rivelare all’altro.
Zayn non capiva come lei potesse renderlo così completo con una semplice risata o l’accenno di un sorriso. Trovava tutto così sopra le righe: Zayn Malik e Sam Wilson che parlavano senza discutere, né lanciare frecciatine. Sarebbe arrivata di lì a poco la fine del mondo, pensò tra sé Zayn.
Sam, invece, sperava che quella notte non trovasse mai fine.
Lì con lui la solitudine prendeva il largo, spaventata. Si sentiva al sicuro, forse protetta. Ed era sicura che mai prima le fosse capitato di provare sensazioni anche solo lontanamente simili a quelle che l’assalivano e la rendevano sé stessa, dinanzi al moro.
- “ Facciamo un gioco.” – esclamò d’un tratto Zayn, posando il suo cucchiaio in plastica all’interno della vaschetta di gelato ormai vuota.
- “ Oh, no. Basta giochi. L’ultima volta che me ne hai proposto uno, ho finito per accettare una tua scommessa che, tra parentesi, vincerò. “ – Zayn rise, capendo l’ironia della ragazza.
- “ Contaci. “ – la risata di Zayn si amalgamò a quella di Sam, creando un suono che apparse melodioso al sensibile udito di Sam. Poi questa restò ad ascoltarlo, sapendo di poter sempre rifiutare se quel gioco non fosse stato di suo gradimento.
- “ Raccontiamoci in terza persona, come se un amico parlasse di noi ad altri. “ –la sua idea spiazzò un bel po’ Sam che lo guardò stralunata. Era bizzarro come gioco e non capiva perché non potesse raccontarsi in prima persona.  
- “ Se vuoi sapere qualcosa su di me, basta chiedere. “ – rispose, ridendo. Lui fece lo stesso.
- “ Non credo riusciresti ad aprirti davvero. “ – lì per lì, Samantha rimase sulle sue. Si chiese com’era possibile che lui fosse arrivato alla conclusione che non sarebbe riuscita ad aprirsi a lui con facilità, capendo quindi com’era complicata in quel genere di cose. L’aveva studiata, doveva essere un mago, un alieno o più semplicemente un bravo osservatore. Anche Sam sapeva di esserlo ma, a differenza di Zayn, non era ancora riuscita a scorgere una vera parte del ragazzo.
Alla fine, tolse il cucchiaio dalla bocca e gesticolando con esso, cominciò a raccontarsi:
- “ Il suo nome è Samantha Destiny Wilson, chiamata semplicemente Sam. Ha 18 anni, vive in Inghilterra e ama la musica. Non vive senza un ipod e un paio di cuffiette. Deve poter comporre musica e, non solo, sempre, in qualsiasi momento.
Se le porgete un pianoforte, anche il più scassato, lei è in grado di riprodurre note dolcissime.. non perché sia brava. Sì, forse lo è. Ma la realtà un'altra: lei ama quel pianoforte. E’ la sua vita. Quindi, cerca di renderlo speciale come può.
Scrive. Lo fa per passione, spesso scrive cavolate, spesso storie. Altre volte scrive componimenti che in pochi attimi prendono vita, diventando musica.
Balla. Se sente poche note scorrerle tra le vene, da il via alle danze e smette solo quando anche l’ultima delle note si è dissolta nel suo sangue.
In poche parole, vive di musica, con la musica e per la musica. “ – constatò tra sé e sé che mai aveva avuto tanto coraggio per descriversi così nel dettaglio, mai era stata così precisa e veritiera con sé stessa e con gli altri. Era lui, lui a farla sentire perfetta.
- “ Continua. “ – la incitò, mettendosi a sedere per bene sul muretto.
Riprese a parlare, stavolta in prima persona. Ci stava facendo l’abitudine e le piaceva sfogarsi.
- “ Vivo con i miei genitori in una casa che sinceramente non mi dispiace. Non ho fratelli di sangue, ma Liam e Juliette è come se lo fossero. Siamo cresciuti insieme, ho compiuto i miei primi passi con loro, quando il mio primo dentino è caduto mi trovavo nel bagno della loro casa. La prima cotta l’ho svelata a Liam perché Juliette si trovava ad un corso di danza classica. E quando ho dato il mio primo bacio, si trovavano entrambi nascosti dietro un cespuglio del parco in cui mi trovavo, per sorvegliarmi. “ – ridette di quei pensieri, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime derivanti dalla gioia. Lanciava occhiate a Zayn che la osservava di rimando privo di parole, accennando sorrisi sinceri e rimanendo in ascolto. – “ Quando poi ho ricevuto la prima delusione d’amore, ricordo di aver passato la serata stretta tre le braccia di Juliette e che lei piangeva con me.
Diciamo che ho dato loro un po’ da fare. “ – ridacchiò. Ripensava a tutti quei momenti trascorsi con Juls e Liam, rendendosi finalmente conto che loro erano state le uniche due persone, tralasciando i suoi genitori, con cui aveva attraversato ogni fase della vita fino ad allora. – “ E credo di averli delusi. “ – aggiunse poco dopo. Zayn le rivolse uno sguardo che la ragazza tradusse come dubbi.
Lui non poteva sapere, pensò Sam. L’unica a non sapere era lei. Con quello sguardo, Zayn si maledisse mentalmente poiché il suo primo pensiero fu di essere stato scoperto. Aveva intuito che con quell’ultima affermazione Sam, si riferiva all’accaduto della festa.
- “ Perché avresti dovuto? “ – chiese con un certo tatto, per non sembrare poco educato, come credeva che lei lo ritenesse, ma mantenendo una certa indifferenza che da sempre lo contraddistingueva e che aveva messo in pratica, quella volta, per non apparirle coinvolto nella vicenda.
- “ Non vuoi saperlo veramente. “ – mormorò la ragazza. Zayn sapeva che lei aveva bisogno di parlare dei suoi problemi e, tra l’altro, quello era il momento perfetto per sapere cosa lei ricordasse di preciso.
- “ Non te lo avrei chiesto se non mi fosse interessato. “ – ribatté, sorridendole. Sam non accennava a volerne parlare, perciò lui le tese una mano, aspettando che lei intrappolasse una delle sue in quella mano che aveva compiuto un gesto più unico che raro per trattarsi Zayn Malik.
- “ Ecco. Ho combinato un casino. “ – iniziò, congiungendo le loro dita. – “ Sai della festa dell’ultima sera al college, prima della chiusura natalizia, no? “ – Zayn annuì, senza aggiungere altro per permetterle di aprirsi con tranquillità. – “ Quella sera avevo voglia di divertirmi, di fare qualche pazzia. Ma.. giuro.. non avrei mai pensato di arrivare a fare quel che ho fatto.  “ – stava arrivando al punto con molta tranquillità. Ma Zayn fremeva d’impazienza, sapendo cosa sarebbe uscito di lì a poco dalle labbra rosee di Samantha. – “ In realtà ricordo poco e niente di quella sera. Ero lì con Louis, stavamo commentando la sua nuova preda, abbiamo cominciato a bere e, non so come, sono finita su un letto di una camera con uno sconosciuto e.. abbiamo fatto sesso. “ – disse quell’ultima frase tentando di farla sembrare una cosa da nulla, quasi divertente. Si sentii sollevata quando Zayn le sorrise, senza apparirle sconvolto come si aspettava. Ma dopotutto lui era famoso per essere un puttaniere, aveva molte di quelle esperienze, precisò Samantha tra sé e sé.
- “ Cosa c’è di tanto tragico? “ – domandò lui, sghignazzando.
- “ Era la mia prima volta. “ – all’udire di quelle parole, il moro emise un forte colpo di tosse a causa della saliva che gli era andata di traverso. Era stata talmente brava, quella notte, da non fargli dubitare minimamente che quella fosse la sua priva volta. E non aveva neppure dato uno sguardo sotto le coperte, all’alba del giorno dopo, per trovare tracce di sangue, preso dalla fretta.
- “ Davvero era..? Insomma.. non avevi mai..? A diciotto anni..” – Sam lo osservava divertita, trattenendo le risate. Non le sembrava una cosa tanto sbagliata attendere per perdere la verginità.
- “ Volevo avvenisse con una persona speciale. Ma non è stato così. “ – sospirò, demotivata. Aveva davvero combinato un casino.
- “ Non puoi dirlo. Probabilmente questa persona è più importante per te di quanto tu creda. “ – tentò Zayn. Voleva farsi vedere di buon occhio.
- “ Non penso. Ma c’è comunque di peggio. Tranne Hayley, Louis e, adesso, tu nessuno sa cos’è accaduto. E se Liam e Juliette lo scoprissero, s’infurierebbero. Sono solita a ficcarmi nei guai, la scommessa con te è solo un banale esempio, ne combino di molto peggio. Non faccio certo del male.. ma là dove c’è una rissa, io sono sempre spettatrice, pronta ad incitare e provocare. “ -  entrambi ridettero, constatando quanto le parole di Sam fossero veritiere. – “ Ma questa volta l’ho combinata grossa. “ – sospirò.
- “ E la camera in cui ti sei svegliata..? “ – chiese Zayn all’improvviso, sapendo che quella non era la sua stanza. Voleva solo accertarsi che lei non fosse giunta a conclusioni affrettate.
- “ Era la 464. Che poi vorrei sapere come quel tizio facesse ad averne la chiave.. è disabitata. “ – Sam aveva ragione. Quella stanza era disabitata da anni, poiché il suo pernottamento non era consentito a causa delle temperature: troppo fredda d’inverno, troppo calda d’estate. Era la posizione a sfavorirne l’abitazione e la direzione del college non aveva intenzione di comprare una qualsiasi attrezzatura adattabile alla stanza. C’erano problemi più urgenti ed importanti da dover risolvere.
Intanto Zayn si compiaceva. Era riuscito ad afferrare, scaltro, le chiavi della 464 dal mobile in cui erano riposte, in un momento di distrazione di Jenna.
- “ E non ricordi assolutamente nulla di lui? “ -  
- “ Beh sì.. un piccolo particolare. Ma nulla d’importante. “ – rispose, imbarazzata. Non voleva entrare nei particolari con Malik, dopotutto quel particolare l’aveva interessata durante un momento d’intimità.
- “ No, dai dimmi. “ – le impose, forse troppo interessato per i gusti della ragazza. – “ Sono curioso. “ – aggiunse, notando il suo sguardo.
- “ Un tatuaggio. “ – rispose con estrema calma.
- “ Dove? “ – lei tentò di ricordare esattamente il punto poi, afferrandogli il polso sinistro, tentò d’indicarglielo.
- “ Proprio su questo polso.. in questo punto. “ – si accorse del polsino che Zayn teneva su quel polso in quel punto, facendola rimanere di sasso.
- “ Perché porti un polsino? “ – domandò, tentando di calmare il cuore che batteva ad una velocità non calcolabile. E ricordò che portava lo stesso polsino anche poche sere prima, nella sua stanza.
- “ Beh.. ecco.. ho una ferita, già. Preferisco non farla vedere. “ – Zayn abbassò lo sguardo, colpevole, senza però lasciar vedere la sua preoccupazione.
Lei non doveva sapere.
-“ Capisco. “ – mormorò la ragazza. L’osservò un po’, mentre con sguardo basso, le appariva pensieroso.
Il moro era di una bellezza sconvolgente e quasi non le sembrava vero di essersi sfogata proprio con l’unica persona con cui credeva di non poter avere un minimo legame.
Ed era stato, oltre che un ottimo ascoltatore, anche un bravo consigliere.
- “ Credo che tu non debba avere paura. E’ normale fare stupidaggini, ma se ancora ci pensi probabilmente non lo è stata. “ – fu questo il consiglio che le diede e che la lasciò di stucco. Era proprio quello che aveva bisogno di sentirsi dire.
- “ Tu credi? “ –
- “ Certo. “ – il ragazzo alzò lo sguardo, trovando quello di Sam che rimase ancora una volta senza fiato.
 
“- “ Cerchi qualcuno? “ – un tizio ha posato un braccio lungo la mia vita e, con un sussurro, è riuscito a provocarmi una scarica di brividi.
Mi volto e trovo i suoi occhi, tremendamente belli, scuri, un taglio orientale.”
 
- “ Sai.. “ – l’imbarazzo che le stava tra i piedi, cominciando quel discorso, le sembrava aumentare a dismisura di minuto in minuto. – “ Io non so perché.. sì insomma è stupido.. eppure.. i tuoi occhi mi ricordano sempre pochi attimi di quella sera con lo sconosciuto. “ – ridette, agitata. Zayn rimase di sasso istintivamente, ma subito corresse la sua reazione.
- “ Gli assomiglio? “ – domandò con fare innocente.
- “ Beh.. se fosse come te non credo sarebbe un male. Insomma.. non sei così brutto. “ – il ragazzo rialzò un sopracciglio. Lo stava definendo “discreto”? Lui era Zayn Malik, gente. Non un tipo qualunque.
- “ Intendevo dire che sei un bel ragazzo. “ – concluse lei, veloce. Ridette per l’ennesima volta, prima di decidere che per quella sera era abbastanza. Zayn si mise in piedi, per poi aiutare Samantha a fare lo stesso, prendendola per mano. L’accompagnò fino alla sua stanza, in cui le coinquiline della ragazza dormivano senza sospettare nulla.
Si guardarono per qualche momento, indecisi sul come salutarsi. Alla fine fu lei a radunare tutto il coraggio posseduto e a stampargli un veloce bacio sulla guancia, prima di arrossire come mai.
- “ Grazie della chiacchierata. “ – gli sorrise, osservando l’imbarazzo che si dipingeva sul suo volto, mentre il ragazzo portava una mano dietro al nuca per poterla grattare, puro segno di disaggio.
Stava per entrare in camera, quando percepii una stretta sul suo polso. Voltò il volto appena in tempo per vedere Zayn che la stringeva a sé, tra le braccia possenti.
S’irrigidì, in un primo momento, ma poi rispose all’abbraccio con emozione.
- “ Grazie a te. “ – Sam non capì a cosa fosse dovuto quel grazie. Forse si trattava di semplice gratitudine. Forse erano parole dovute a tanto altro.
Mascherò un sorriso compiaciuto, prima di distaccarsi e fare ritorno in camera, nel suo letto, tra i suoi dubbi e le sue incertezze. Credeva che sarebbe stata tormentata ancora, ma no. Non fu così. Non appena poggiò la testa sul guanciale, lanciò uno sguardo forse fin troppo sdolcinato al bracciale di Zayn, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare al mondo dei sogni, con l’immagine del suo proprietario ben impressa nella mente. 


my space: 
*Let's go crazy, crazy, crazy till we see the sun
I know we only met but let's pretend it's love
And never, never, never stop for anyone
Tonight let's get some and live while we're young 
And live while we're young
Tonight let's get some 
And live while we're young* *canticchia*

CAZZAROLA E' STUPENDA. 
SCUSATEMI IL FRANCESISMO, MA
NON POSSO FARE A MENO DI ASCOLTARLA.
NIALL HA UN ASSOLO, LOUIS ASSOLO E ACUTO. 
POI VABBE', LIAM E' PERFETTO,
HARRY CON QUEI RICCIOLI CHE SI VANNO 
POCO VIVI, ZAYN CHE CREDE DI ESSERE
UN GRAN FIGO (giustamente). 
SI', SONO I MIEI RAGAZZI. :') 

Ok, now. 
Dovete dirmi se il capitolo 
vi è piaciuto almeno un po'. QUESTO 
è uno dei miei preferiti. Discutono, poi fanno pace.
Lui che la definisce "sua", che la marchia. 
Sono morta, scrivendolo. 

Vorrei dedicare questo capitolo a VOI. 
Voi che mi seguite costantemente 
e che mi caricate, incoraggiate. 
Che mi riempite di complimenti, ben accetti
ma credo poco realistici. 
a VOI che per me siete davvero 
spettacolari e importanti. 
Vi voglio bene. 

SO, PER FESTEGGIARE L'USCITA
DI LWWY E QUESTO CAPITOLO DEDICATO
A VOI, VI HO FATTO UN PICCOLO REGALO. 

forza, ditelo. 
Tre, due, uno.. 
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF* 

   

 

                                                                     

 

                                          


   

                                                                               



                                                                                                


 

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Capitolo 10
*** Capitolo nove: Be Alright ***


"And for you, I would walk a thousand miles
to be in your arms, holding my heart
I, Oh I.. I love you."
Justin Bieber-Be Alright

 
-Sam                                                                                                                    
Aprii l’armadietto con estrema facilità, cosa che diede a notare quanto il buon umore incidesse sulle mie giornate.
Scaraventai al suo interno una massa incontrollabile di libri e sospirai, contenta che tra massimo un paio di ore anche quella giornata scolastica sarebbe arrivata al termine, permettendo al week-end di fare il suo ingresso. E proprio di sabato sera ci saremmo visti tutti al pub per un serata tra amici.
I giorni a seguire si prospettavano buoni.
Sul mio viso padroneggiava un radioso sorriso e, per mia sfortuna, sapevo bene a chi fosse dovuto e perché.
- “ Buongiorno. “ – percepii un paio di labbra posarsi veloci sulla mia guancia e schioccare sonore. Avvertii persino un lieve odore di tabacco, quasi totalmente sovrastato da un profumo che attribuivo a Gucci. Anzi, visto il soggetto, si trattava sicuramente di una fragranza targata Gucci.
- “ Bonjour. “ – esclamai, voltandomi a guardare Mr. Malik in persona che quella mattina aveva deciso di salutarmi. Risaltava in lui un non so ché di diverso.
Forse era variato il mio modo di guardarlo, andavo oltre l’apparenza. E mi resi conto di poter scorgere le sue emozioni, differentemente dai giorni precedenti.
Quella era la vera vittoria, la mia.
- “ Sei di buon umore. “ – affermò, chiudendo l’armadietto per me.
- “ Sì, lo sono. “ – sorrisi. Ero nuovamente felice, dopo strane settimane passate nell’angoscia. Non m’importava più di aver perso la verginità con un estraneo. Mi ripetevo le parole di Zayn, in modo petulante, capendo che non tutto era perduto come pensavo.
 
«Credo che tu non debba avere paura. E’ normale fare stupidaggini, ma se ancora ci pensi probabilmente non lo è stata.»
 
- “ Il motivo? “ – domandò, avvicinandosi appena. Primeggiava sul suo volto un sorriso sghembo che però mi pareva dolce. Riuscivo a scovare il suo vero essere e la cosa mi piaceva alquanto.
- “ Parlare con qualcuno mi ha fatto bene. Ho capito che non devo temere un errore, perché probabilmente non lo è. “ – il suo sorriso andò allargandosi, facendo di me una sua preda. Ero del tutto rapita dallo splendore che emanava quel mattino.
- “ Sai che anch’io sono contento? “ – supposi che mi stesse dicendo una cosa simile, perché ne volesse parlare. Quindi subito domandai:
- “ E perché? “ –
- “ Parlare con qualcuno mi ha fatto bene.” – mi imitò. –“ Ho scoperto che spesso le apparenze ingannano e che.. vorrei essere tuo amico. “ – il cuore perse un battito, ma poco ci badai. Ero persa in un mix tra le sue parole, i suoi occhi, il suo sorriso e le mie emozioni. Emozioni che da tempo non provavo più e che solo ultimamente, da quando lui aveva voluto scavalcare quel muro che io stessa avevo innalzato, riuscivo a sentire vive dentro me.
Lo guardavo inerme, capendo fin troppo tardi che attendeva una risposta di qualsiasi genere.  
- “ Oh, Zayn. Tu lo sei già. “ – dissi il tutto con un particolare tono soave che per lui calzava sicuramente in modo insolito su di me. – “ Ma se vuoi potremo diventare “buoni amici” che mi pare meglio. “ – lui ridette ed io lo imitai spensierata.
- “ Allora.. potremo uscire. “ – propose con un filo d’imbarazzo. Desideravo sul serio diventare sua amica, era ovvio che aspirassi a molto di più, ma per il momento mi sarei accontenta di potergli stare vicina senza sentirmi in soggezione.
- “ Certo. Non ti darò buca. “ – lo sfottei, divertita quanto lui.
- “ Non oserai. “ – mi schernì Zayn, provocando mie risa. – “ Che ne dici di oggi pomeriggio? “ – annuii. Non avevo impegni per il resto della giornata. Preferivo quindi un pomeriggio con Zayn Malik che con una vaschetta di gelato, nemica e amica del mio corpo a periodi alterni.
Ero inconsapevole, però, che avrei scelto sempre e comunque Zayn Malik, se ne avessi avuto l’opportunità.
- “ Alle cinque davanti l’entrata del dormitorio. Non farmi attendere, piccola. “ – mi stampò un ennesimo bacio, mentre io, spazientita dal nomignolo, mi dimenavo.
- “ Non chiamarmi in quel modo. “ – sbraitai, osservandolo in lontananza. Si stava dirigendo verso la classe di chimica.«Povero lui» pensai.
- “ Non ti piace? “ – prese a camminare all’indietro, diminuendo il passo per guadagnare tempo. Mai Zayn Malik aveva preso le somiglianze di un orsetto di peluche, ai miei occhi. Solo allora scorgevo in lui dell’innocenza che con tutte le probabilità era davvero poca, ma esistente.
- “ Non è che non mi piace. Sono sicura che lo affibbi a tutte. “ – quel sorriso sghembo fece ancora la sua apparizione, stordendomi.
- “ Da oggi, allora, non chiamerò più nessuna in quel modo. Sarai solo tu la mia piccola. “ – tornò sui suoi passi, congedandosi con un occhiolino. Custodivo quell’immagine tra i ricordi, provando gelosia per chiunque tentasse di estorcerla da quell’angolo immenso di mente che le era stato riservato.
Se io ero una sua proprietà, doveva valere anche per lui.
Sentivo che quello sarebbe stato solo l’inizio di molto altro.
 
Osservavo la mia immagine riflessa nello specchio della stanza, indecisa su come definirmi.
Non riuscivo a vedermi bella, né tanto meno pessima. C’erano dettagli, dell’abbigliamento scelto, che adoravo con tutta me stessa, altri che detestavo ma che non sapevo come cambiare.
Storcevo la bocca in smorfie che, a loro volta, non avevano un significato preciso. Ritenevo di essere un enorme punto interrogativo vivente, se persino il look mi creava problemi.
- “ Sei bellissima.” – mi voltai verso Juliette che, appoggiata allo spigolo della porta d’entrata, mi guardava a braccia conserte. Indossava ancora il cappotto, evidentemente era ritornata da pochissimo e non me n’era accorta, assorta nelle mie riflessioni.
- “ Non dire cretinate. Mi sento un vero e proprio cesso! “ – sbuffai, lasciandomi andare sul mio letto.
- “ Con chi devi uscire? “ – domandò con il tono di chi la sa lunga.
 - “ Prova a tirare a caso. “ – bastò un mio sguardo per insospettirla e tentare proprio il fatidico nome. Mi distesi sul letto, lasciandole modo di tirare delle conclusioni.
- “ Non mi dirai che.. Malik? “ – annuii flebilmente, ritornando alla valanga di problemi che mi affliggevano. – “ Oh santo cielo! “ – esclamò. E con un paio di secondi me la ritrovai schiacciata sull’addome che in un millesimo di secondo si contrasse, provocandomi un forte male.
- “ Ma cosa sei! “ – sbraitai allontanandola, per contorcermi di dolore.
- “ Un fottuto genio! “ – urlò Juliette che prese a ballare una conga affiatata.
Nel frattempo qualcuno (io) gemeva. La botta ricevuta era stata piuttosto forte, scaturendo in me voglia di vendetta.
- “ Sei una cogliona, altro che genio! “ – sbraitai, massaggiandomi la pancia. – “ A momenti mi sbudellavi! “ – mia cugina ridette. Il suono della sua risata da sempre era contagioso, se non fosse stato per il dolore, affievolito, che continuava a darmi fastidio, l’avrei di sicuro accompagnata con la mia.
- “ So cosa puoi mettere! “ – Solo allora capii il perché del suo definirsi genio. Sapevo cosa mi avrebbe costretto ad indossare. Io non ero come lei, non credevo di potermi permettere vestitini attillati, tacchi alti ed importanti, trucco sfavillante.
Ero piuttosto semplice, sotto quel punto di vista. Eppure mi ritrovai a pensare che per tutto e per tutti esiste una prima volta, che per Zayn avrei indossato le buste della spesa, se fosse stato necessario.
In qualunque caso, ritenevo eccessivo un abbigliamento troppo raffinato per un uscita casual.
- “ Non sono una modella! Non puoi farmi indossa i tuoi capi. “ – mormorai, demoralizzata.
- “ Primo: tu sei una modella, eccome se lo sei. Lo sanno tutti, tranne te. “ – le lanciai un’occhiata per zittirla, che ovviamente non funzionò. – “ Secondo: tu puoi indossare questo ed altro. “ – ritentai con un’occhiata più insistente, alla quale rispose con sguardo altrettanto determinato. – “ Terzo: Zayn ti accetterebbe più volentieri in intimo. Ma sono certa che di questi..” – ed estrasse dall’armadio vestiti su vestiti. – “..potrebbe accontentarsi. “ – la assecondai con una rapida occhiata che alla fine si dilungò, scorgendo gli indumenti che come per magia aveva tirato fuori dal suo armadio.
- “ Provali. “ – sussurrò, schioccandomi un bacio sulla guancia. Se non fosse stato per quel mio continuo sminuirmi, mi avrebbe convinta fin da subito.
- “ Ma è un’uscita casual..” – protestai.
- “ E tu non sarai elegante. Fidati della tua caaaara cugina. “ – scrutai lei, poi i vestiti che stringevo fra le mani, prima di ricevere una bottarella sul sedere che mi costrinse a fiondarmi nel bagno.
Indossai un paio di pantaloni di jeans, aderenti. Sarei morta al loro interno, ne ero più che sicura. Poi afferrai la maglia piegata e la aprii del tutto per rivolgerle uno sguardo. Era una t-shirt bianca, con una semplice croce nera disegnata sulla parte anteriore. Infine sollevai una lunga giacca di un verde particolare che, con la mia “innata” capacità di osservazione e descrizione, avrei definito scuro.
L’avrei indossata in seguito altrimenti sarei annegata in un mare di sudore ed io, a quell’appuntamento, volevo esserci.
Uscii e mi ritrovai ad osservare Juliette e Hayley, prese a trafficare rispettivamente nella scarpiera e nell’armadio. Avevano un non so ché di buffo che fin da subito procurò in me un piccolo sorriso, tempestato di buon umore.
- “ Trovati! “ – esclamarono all’unisono. Tenevano in mano chi dei mocassini, chi un paio di rayban neri e una borsetta molto fine. Hayley, che non sapevo da dove fosse apparsa, mi porse gli ultimi due accessori. Dopo averli girati e rigirati per bene tra le mani, appoggiai la giacca sul mio letto, decisa ad indossare il tutto prima di uscire.
Juliette, invece, mi costrinse ad infilare un paio di mocassini neri con rifiniture in oro che, seppure li amassi, trovavo scomodi, forse perché i piedi di Juls avevano forme più delicate rispetto ai miei.
A quel punto, i due capi lottarono per imporre le proprie idee sull’acconciatura da sfoggiare quel pomeriggio. Juliette proponeva qualcosa di chic, come una treccia laterale o alta. Hay insisteva invece dicendo che cotonare i capelli sarebbe stato l’ideale.
Controllai l’orologio e mi resi conto che non avrei fatto in tempo a preparare nessuna delle loro creazioni, vista la tarda ora. E in qualsiasi caso, non volevo nulla di chic né di ideale. Preferivo rimanere me stessa  con quei lunghi capelli ricoperti di boccoli scuri. Mi piacevano e sarei rimasta convinta di ciò.
Dando, quindi, poco conto alle due che ancora discutevano, indossai la giacca, sistemai la borsa, nella quale avevo posto lo stretto necessario, sulla spalla e, dandomi un’ultima occhiata fiera allo specchio, stampai un bacio a testa alle due bisbetiche e corsi via, prima che potessero ribattere o capire a chi stessi sfuggendo: loro.
Se durante la settimana, a quell’ora, il dormitorio era gremito di gente, quel giorno era impossibile passare. Il venerdì, da sempre, i corridoi s’affollavano perché per la maggior parte di noi era arrivato il momento di tornare a casa per una visita lampo di al massimo due giorni e una notte o scampagnate fuori città.. l’importante era allontanarsi dal college. C’era di buono che il sabato e la domenica era possibile organizzare feste, festini e divertimenti di ogni tipo perché persino preside, vicepreside e collaboratori vari tornavano nelle proprie abitazioni. Avendo diciotto anni eravamo indipendenti.
Arrivata all’ingresso del dormitorio, vidi Zayn seduto nello stesso punto in cui poche sere prima lo avevo trovato, non sembrava arrabbiato, ma forse un po’ teso.
- “ Zayn, ciao. Scusami il ritardo! E’ che, lo sai, i corridoi si riempiono di gente e..” – parlavo a manetta, senza rendermi conto che lui mi osservava incantato. E solo quando mi abbracciò di sorpresa, mi costrinse al silenzio, senza neppure volerlo. Oppure era quello l’effetto desiderato..? Bah, fa lo stesso.
- “ Sei stupenda. “ – sussurrò in un mio orecchio.
- “ Dici davvero? “ – mormorai, distaccandomi per guardarlo negli occhi e scorgere onestà.
- “ Assolutamente. “ – sorrisi, lui lo fece di rimando, prima di prendermi per mano e trascinarmi al suo seguito. Non sapevo dove fossimo condotti, ma dovunque andava bene, pur di restare insieme.
- “ Dove mi porta, mio cavaliere? “ – chiesi, sorridendo.
- “ Aspetti e vedrà, mia dolce donzella. “ – lasciai andare alcune risate. Certo, era inconsueto vedere me e Zayn Malik ridere e scherzare di cuore, quasi fossimo amici di vecchia data, ma con sincerità non m’interessava più il giudizio della gente.
Volevo vivere.. con lui, di lui e per lui.
Mi condusse lungo il parcheggio posto davanti il dormitorio e si fermò solo quando arrivammo davanti ad una Porsche nera. La fissai per qualche istante, il tempo di connettere il cervello ed intuire che probabilmente i genitori di Zayn avevano soldi a palate, talmente tanti soldi da vederglieli uscire dappertutto.
- “ E’ tua? “ – chiesi un secondo prima che lui sfilasse dai pantaloni le chiavi dell’auto e l’aprisse.
- “ Secondo te? “ – rispose, sghignazzando. – “ Salta su. “ – continuò, entrando in auto. Restai impalata davanti l’auto, con la bocca spalancata.
Non ero mai stata su un auto di quella portata e mi sarei sicuramente sentita in difetto dinanzi a lui.
- “ Aspetti babbo natale? “ – chiese, notandomi in difficoltà. Portai il mio sguardo nel suo e mi bastò incrociare quegli occhi scuri, profondi, per mettere da parte ogni sorta di problema.
- “ Vengo. “ – gli rivolsi un sorriso e, dopo essermi avvicinata ed aver aperto lo sportello, salii.
 
L’auto si fermò e Zayn spense il motore rombante della Porsche. Mi fece segno di scendere e subito feci come chiesto, guardandomi bene attorno.
Davanti a noi s’innalzava una grande villa bianca a più piani che a colpo d’occhio sembravano tre. Tanto verde circondava quella che io avrei chiamato reggia e che lo sembrava realmente. C’erano giardinieri ovunque e vedevo donne in divisa grigia fare su e giù per le scale, rendendo ogni cosa perfetta.
- “ E’ la residenza estiva della regina? “ – chiesi. Per tutta risposta, Zayn ridette lasciandomi interdetta.
- “ Non esattamente. Vieni. “ – mi afferrò ancora una delle mani e mi condusse fin sopra le scale esterne della villa, per poi arrivare al portone sul quale Zayn bussò.
Ad aprirci venne quella che in seguito scoprii essere una domestica. Mi chiesi in che razza di posto mi avesse portato, ma soprattutto perché al suo interno venisse utilizzata ancora la servitù.
Guardavo chiunque con diffidenza, nascondendomi dietro le possenti spalle del moro che, al contrario mio, camminava sicuro nella “casa”, quasi gli fosse familiare.
- “ Ma guarda te cosa mi tocca sentire! “ – la voce di una donna anziana rimbombò nella grandissima sala d’aspetto in cui attendevamo.
- “ Mi serve un set nuovo di fucili, Odette. E mi accompagnerai domani stesso.”  - un’altra voce, questa volta maschile, ma pur sempre matura, rimbombò tra le pareti. Mi guardavo attorno spaesata, fermandomi solo quando notavo un certo sorrisino divertito sul viso di Zayn.
- “ Puoi andarci benissimo con uno dei tuoi aiutati, Arthur. “ – e feci appena in tempo a localizzare la voce che vidi due signori di età avanzata scendere le scale, conducenti al piano superiore, e venirci incontro. La donna era di una bellezza strabiliante. Folti capelli biondi, corti, le contornavano il viso e i suoi occhi erano del colore della terra bagnata. Scuri e profondi. Vestiva un tubino bianco ed elegante, ma che per lei doveva sembrare ottimo per una cena informale. Aveva una siluette da far paura ed ero certa che non avesse meno di sessant’anni.
L’uomo invece aveva un bel viso se pur intralciato da qualche ruga del tempo, con capelli brizzolati, non proprio folti, a donargli un’aria distinta, insieme al portamento da vero militare.
Indossava anche lui abiti che parevano eleganti a tutti, tranne che a loro. A coprire le gambe c’erano dei pantaloni beige, poi vestiva con una camicia rossa, più cravatta  e maglioncino  blu che rendevano il tutto perfetto.
Avrei dato ad entrambi sessantacinque anni, ma ne dimostravano sicuramente di meno.
- “ Oh, Jawaad sei arrivato finalmente. Fatti abbracciare. “ – esclamò la donna. Dal portamento e dal linguaggio, avrei potuto dire ad occhi chiusi che quei due fossero aristocratici.
- “ Ciao nonna. “ – disse lui, andandola ad abbracciare.
L’aveva chiamata davvero nonna? Ma se.. insomma, non sembrava neppure sua nonna.
Rimasi in disparte, provando disaggio. Non facevo parte di quel mondo.
- “ Hey nonno, come va? “ –
- “ Non c’è male, giovanotto. E tu? “ –
- “ Alla grande. “ – i due signori si guardarono, trattenendo le risate. Non sembravano parenti a prima vista. Ma c’era un certo legame a stringerli ed era sicuramente una strana parentela.
- “ Perché non sono stupita dal sentirti parlare come un ragazzaccio? “ – domandò nonna Odette, nome grazioso.
- “ Oh, perché lui è un ragazzaccio.”  - prese a sfotterlo il nonno, ridendo. La nonna manteneva un profilo più serio. Se solo loro avessero saputo…
- “ In realtà sto cercando di cambiare. “ – Zayn si voltò verso di me e i nostri sguardi s’incontrarono, facendoci sorridere allo stesso tempo.
Quindi io lo avrei cambiato? Lo credeva sul serio?
- “ E chi è quella bella ragazza? “ – chiese Odette, facendo cenno al nipote di farle fare conoscenza. E che il calvario avesse inizio, pensai.
- “ Lei è una mia amica. “ – cominciò, tendendomi una mano perché io capissi che dovevo sbarazzarmi della vergogna ed avvicinarmi, per stringerlo a me e conoscere due “aristocratici”.
- “ Il suo nome è Samantha.”  - mi lasciò modo di porgere la mano alla nonna, poi in seguito ad Arthur.
- “ Che bel nome. “ – esclamò quest’ultimo.
- “ E che bella ragazza. “ – commentò Odette, facendomi ribollire il sangue nelle guance.
- “ Grazie mille.” – mormorai, accennando un sorriso.
- “ Suvvia, non mordiamo. Facciamo solo parte dell’alta aristocrazia. “ – era ufficiale che, in qualche modo, Odette stesse tentando di mettermi a disaggio o alla prova e che mi stesse prendendo per il culo.
Ma non perché aveva una baraonda di soldi, mi sarei lasciata trattare in quel modo.
- “ Non perché fate parte dell’aristocrazia, ho paura di voi. “ – sorrisi cordiale. Uno di quei sorrisi da: “te l’ho fatta sotto il naso, bella mia.” Tanto che, persino la nonna si decise a riporre le armi e a guardarmi con un certo tono.
- “ Sei intelligente. “ – affermò, scrutandomi per poi sorridere.
-“ La sua era una prova. “ – aggiunse poi Zayn.
- “ Che?!? “ – non capivo che motivo potesse spingere una donna ricca a mettere alla prova una ragazza come me, la cui unica colpa era quella di avere in comune con quella famiglia uno strano bene per Zayn, loro membro.
- “ Odette mette alla prova qualunque ragazza Zayn porti in questa casa. Non sono state molte, forse una o due.. e nessuna è riuscita a tenere testa a mia moglie neppure con una semplice esclamazione, come quella rivoltati prima. “ – mi sentii fiera di me stessa. L’avevo sempre detto che la violenza non serviva a nulla, se non a sbattere in prigione persone su persone e che sapersi difendere a parole era molto più gratificante.
- “ In realtà le portavo qui per sbarazzarmi di loro. “ – aggiunse Zayn, ridendo seguito dai suoi parenti. – “ Non è il tuo caso. “ – si affrettò a sussurrarmi poco dopo.
Sospirai. Sarebbe stato un lungo pomeriggio.
 

my space: 
BUONA SERATA A TUTTE. :')
INDOVINATE COSA STO FACENDO
(oltre a pubblicare un nuovo capitolo)? 
SI, STO GUARDANDO UP
ALL NIGHT 
SU NICKELODEON. 
CE L'HO ANCHE IN DVD, MA VEDERLO
IN TV, SAPENDO CHE ALTRI MILIONI 
DI RAGAZZE LO STANNO VEDENDO
E'.. JFNHGFMVBGFNKJVGF. 

E' APPENA TERMINATA
UP ALL NIGHT E IO STO
PIANGENDO A DIROTTO. :')
COMUNQUE.. 
MI DOVETE SCUSARE, PERCHE'
NON HO POTUTO PUBBLICARE
MAI IN QUESTA SETTIMANA.
SCUOLA, COMPITI,USCITE,
COMPITI, COMPITI E COMPITI.
CAPITEMI. U.U

IL CAPITOLO NON E' NIENTE
DI CHE, MA SPERO VI PIACCIA.
E' DI TRANSITO, IL PROSSIMO 
SARA' FNBGFJKVNF
E SPERO DI POSTARE 
MOLTO PRESTO. 

VI RINGRAZIO PER TUTTE LE 
RENCENSIONI, SIETE 
DOLCISSIME. 
VI VOGLIO BENE, DAVVERO.

AND NOW.
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

 

 il look di Sam.      

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci: I Sentimenti. ***


“La libertà è una giustificazione.
Cambiare donna la tua soluzione.”
Noemi-I sentimenti
 

Dopo aver conversato con i nonni di Zayn, capii quanto lui potesse cambiare e sembrare un ragazzo di buona famiglia quando voleva.
E mi ricredetti riguardo i ricchi: alcuni di loro, come nel caso di Odette e Arthur, non erano poi così pessimi. Certo, il loro essere ricchi differenziava i nostri modi di pensare, ma fin da subito si mostrarono premurosi nei miei confronti, facendomi sentire a casa.
Non appena Odette mi propose un giro turistico della casa, assieme a Zayn, fui felice. Avrei avuto del tempo per stare sola con lui.
E avrei potuto sfotterlo allegramente per quel suo essere così garbato, modo di fare che davvero non riuscivo a rivedere in lui.
Quindi ci recammo al piano superiore e non appena fummo certi di essere soli, esclamai:
- “Quindi tu saresti un aristocratico! “ –
- “ Solo un discendente. “ – mi corresse.
- “ Non ti ci vedo in giacca e cravatta, in una villa simile, sai? “ – lui distorse le mie parole, per arrivare ad un concetto differente da quello che volevo esprimere ossia che non riuscivo a focalizzare in lui una persona di fama, con servitù e collaboratori di minore importanza.
- “ Sono un figo in giacca e cravatta. “ –
- “ Perché non mi stupisce sapere che non hai capito? “ – ridacchiai.
- “ Perché tu mi credi stupido, anche se non lo sono? “ –
- “ Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda! “ – evidenziai, fingendomi snervata.
- “ Ma io sono Zayn Malik, piccola. “ – lo guardai, torva, prima di superarlo nel lungo corridoio che si prostrava davanti ai nostri piedi.
- “ Non hai mai detto di essere ricco. “ – puntualizzai.
- “ Perché non lo sono.. “ – lo interruppi, ridendo. Voleva farmi credere di non vivere nel lusso, quando quella casa ne era la prova?
- “ Ma se hai addirittura una Porsche! Come hai recuperato i soldi? Te li ha portati la cicogna?! “ –
- “ Tipo. Me l’hanno comprata i vecchi. “ – wow, aveva molta considerazione dei suoi nonni. – “ Loro sono davvero degli aristocratici. Ma la mia famiglia non è ricca.. siamo gente normale. “ – sorrisi, involontariamente. Lui che si definiva normale, quello era un evento epico.
Giravamo nel corridoio, buttando occhiate qua e là, prestando davvero poca attenzione alle camere da letto che apparivano tutte uguali ed estremamente fini per noi, semplici ragazzi.
- “ Non capisco il perché di un regalo così.. esagerato. “ – rivelai.
- “ Vogliono comprarmi. Tentano in tutti i modi di farmi seguire le loro orme, a differenza di mia madre, loro figlia. “ – spiegò, dandomi poca importanza.
- “ E tu? Vuoi seguire le loro orme? “ – domandai, incerta. Avevo paura che potesse prendermi per una ficcanaso. Mi guardò, fermandosi.
Forse avevo commesso un errore, ma dal suo sguardo non lo avrei dedotto.
- “ No, io non voglio far parte di questo mondo. “ – e mi sentii fiera di Zayn che avrebbe potuto vivere di lussi, quando preferiva una vita normale, probabilmente meno monotona di una vita agiata.
Mi prese per mano e continuammo a camminare lungo il corridoio, fin quando non giungemmo al terzo piano, per terminare persino quel piano e arrivare ad esplorarne un ennesimo, l’ultimo.
Era ricco di fiori e addobbi. Quel posto era certamente il più bello che avessi visitato in quella casa. Ricordava un vero e proprio giardino, con confini artificiali creati da mura. Vi si trovavano fiori di tutte le specie, anche le più improbabili, qualche albero piantato in enormi vasi che in seguito sarebbero sicuramente stati spostanti nel vero giardino o in qualche riserva.
C’era tranquillità in quel posto. E per un momento riuscii a sentirmi me stessa, sentivo di poter riflettere con calma e ammettere finalmente che la mia vita stava andando puttane e che solo una persona era riuscita, inconsapevolmente, a risollevarla. Lui.
- “ E’ bellissimo. “ – sussurrai, stupefatta.
- “ Già. E’ il mio posto. “ – commentò. – “ E tu sei la prima a cui lo mostro.”  - rimasi del tutto priva di parole, specie perché non ero propensa a pensare che Zayn non avesse portato lì prima di allora ragazze, migliori di me, per rapire il loro cuore, usarlo, poi gettarlo nei rifiuti della spazzatura.
- “ Sicuro? “ – domandai, atteggiandomi. – “ Sei certo di non averci portato qualcuna delle tue… sveltine?” – Zayn proruppe in risate che m’indussero un sorriso. Un sorriso che non riuscii a trattenere, né tanto meno a mascherare.
Era un effetto strano, quello che esercitava su di me. E non volevo neppure che lui tornasse ad essere lo stesso ragazzo di pochi giorni prima, ma trovavo tutto così maledettamente.. strano.
- “ Gelosa, eh? “ – sospirai. Ecco come rovinare con una parola ed un sospiro, attimi di riflessioni a suo favore.
- “ Per niente. “ – schioccai la lingua e m’incamminai un po’ ovunque, lasciandomi dietro Malik, che non credo mi seguii. Non fu un male, avevo bisogno di svagare la mente che come al solito era stracolma di pensieri, spesso futili.
Adocchiavo dei fiori e sorridevo, come investita da un’improvvisa ventata di buon umore.
Poi mi soffermai su una pianta di rose rosse. Avvicinai il mio volto ad una di loro, chiusi gli occhi e ne ispirai il profumo.
Con un attimo ebbi un flashback:
 
“Percepisco solo il suo tocco angelico lungo il mio corpo ormai quasi totalmente privo di vestiti, tranne che di intimo nella sua parte inferiore.”
 
E l’immagine di Zayn che mi porge il suo bracciale in oro bianco prende il sopravvento:
 
“Afferrò l’interno del mio polso, lì dove si scorgono vene verdi, di tanto in tanto blu. Dapprima stampò proprio su queste un dolce bacio, per il quale rabbrividii, sorridendo. Poi lo vidi trafficare un po’ con uno dei suoi polsi, dal quale sfilò un bracciale che mi parse d’oro bianco e che legò al mio.
Mi permise di ammirarlo e notai una piccola incisione al suo interno. Era riportata una parola in arabo e al suo fianco ‘Zayn’, quasi ne indicasse la traduzione.
- “ Cosa significa? “ – indicai la scritta in arabo e per tutta risposta, Zayn confermò la mia tesi. Quello era il suo nome in arabo.
- “ E’ un regalo di mio padre. “ – finì, sorridendo.
- “ Oh, no. Non posso accettare. “ – dissi, subito dopo. Cercai di sfilarlo, ma lui mi fermò. Capii che dovevo tenerlo. Che quello non era un gesto del momento. Che quello era il suo modo per dimostrarsi gentile, propenso forse ad un’amicizia “normale”.
- “ Ritienilo un prestito.  Quando sentirai la mia mancanza, mi troverai al tuo fianco. “ –“
 
Un tocco delicato sulla mia vita.
Fu questo a risvegliarmi da toccanti flashback ad occhi chiusi.
E era lo stesso tocco che, poche sere prima, aveva afferrato il mio polso. Con mia grande sorpresa sembrava anche lo stesso tocco che, la notte della festa, mi aveva privata di vestiti.
E quel tocco riportava ad una sola persona: Zayn.
Spalancai gli occhi, realizzando quei pensieri.
- “ A cosa pensi? “ – sussurrò il moro, in un mio orecchio.
- “ A.. a nulla. “ – balbettai, voltandomi verso di lui.
Zayn mi osservò con scrupolosità negli occhi, prima di allungare una mano verso la pianta di rose alle mie spalle e ricavarne un petalo. Me lo mostrò, prima di passarlo lungo il mio collo, provocandomi una schiera infinita di brividi.
Poi lo avvicinò alle sue narici e, il tutto senza smettere di cercare il mio sguardo, che prontamente trovò, annusò il petalo.
- “ Ora odora di te. “ – non riuscii a compiere alcun gesto, neppure un semplice cenno con il capo. Inerme davanti a Zayn, lo osservavo, deglutivo rumorosamente e respiravo con affanno.
Lui, lui mi ricordava in modo brutale e pauroso il tipo della festa, il tipo della mia prima volta. Lui, lui era la stessa persona che sembrava nascondere un enorme segreto.
Tentò di avvicinare quel petalo a me, ma non appena percepii le nocche delle sue mani sfiorare al mio viso, mi scansai, brusca.
Zayn non si scompose, fu quasi una sorpresa per me.
Invece di preoccuparsi, si avvicinò ancora una volta e, legando le sue mani attorno la mia vita, domandò:
- “ Cos’è che ti turba? “ – ero sicura che di lì a poco avrei dato di matto oppure sarei scoppiata in lacrime. E, tra le due, era più scontata la seconda.
Non sarei riuscita a trattenermi, poiché era così frequente avere flashback con lui, che niente e nessuno sarebbe stato in grado di togliermi la pulce dall’orecchio.
- “ Io.. non so, è stupido. “ – esclamai, stringendo gli occhi per cacciare la lacrime al loro interno. – “ ..il tizio della festa. “ – rivelai poco dopo.
- “ Quello con cui hai..” – annuii subito per impedirgli di continuare la frase. Non doveva pronunciare niente, assolutamente nulla che potesse indurmi a riviverlo ancora in lui.
- “ Non ne posso più. Vorrei solo sapere chi è. “ – sospirai.
Zayn mi osservava in silenzio, un silenzio che mi tormentava. Non poter ricevere parole di conforto da lui, mi demoralizzava.
- “ Prima o poi lo saprai..” – tentò, vago. Gli concessi un’occhiata dubbiosa e poco convinta, per spingerlo a dirmi di più. – “ Ti aiuterò. “ – aggiunse.
Accadde poi, spinta dall’istinto, che lo abbracciai. Avevo bisogno di sentire le sue braccia calde stringermi a sé. Avevo bisogno di protezione, di sentirmi al sicuro.
E lui, con una semplice stretta, ci riuscì.
 
Restammo nella casa dei nonni fino all’ora di cena. Alla fine, stanchi, ci catapultammo ad un fastfood ed ordinammo di tutto.
Divorai ogni portata velocemente e appena terminammo, ci ritrovammo a girovagare con la sua Porsche per Londra.
Tornammo al college a tarda ora, circa verso mezzanotte.
Ero stravolta, eppure felice. Avevo passato una giornata con Zayn Malik, il ché era da reputare incredibile.
Parcheggiammo l’auto e entrammo nel dormitorio.
C’era un silenzio fittissimo, spezzato solo dalle nostre continua risate.
Ero sicura che le stanze fossero quasi del tutto disabitate, almeno sul nostro piano, quindi poco mi ponevo il problema di dover fare attenzione, continuavo a divertirmi solo grazie al moro al mio fianco.
Giunti dinanzi la porta della mia camera, le risate divennero dapprima flebili poi cessarono per lasciare spazio a sorrisi contenti.
- “ Grazie per il pomeriggio. E’ stato.. divertente. “ – trattenni l’entusiasmo per puro orgoglio, ma in realtà l’avevo giudicato più che divertente.
- “ Sì, lo è stato.”  - sorvolò lui, scrollando le spalle. A quel punto non sapevo in che genere di modo salutarlo, se con un bacio sulla guancia: mossa azzardata. Con un abbraccio: sarei risultata pesante. Un ciao: troppo semplice. Un sorriso? Sì, poteva starci.
Quindi gli sorrisi, sentendomi speciale quando notai un certo luccichio nei suoi occhi, e feci per entrare. Prima di poterlo fare però, lui mi attirò a sé.
Ci speravo, a dirla tutta. Quando, quindi, mi ritrovai stretta tra le sue braccia e potei inspirare ancora una volta quel profumo targato gucci, mi sentii in paradiso.
Un paradiso abitato semplicemente da me, da lui, da noi.
- “ Sognami. “ – sussurrò.
- “ Fallo anche tu… con me.”  -
- “ Contro la mia volontà, lo farei comunque. “ – trattenni il respiro. Sì, lui era capace di mandarmi fuori di testa con pochissimo, ma quella frase aveva un significato ben preciso.
- “ Contro la tua volontà? “ – domandai, distaccandomi. Volevo guardare i suoi occhi. Zayn accennò un sorrisetto, poi si decise a lasciarmi andare, divertito, senza però avermi dato una vera e propria risposta.
- “ A domani sera. “ – lo salutai, sorridendo.
- “ A domani, piccola. “ – enfatizzò talmente tanto quell’ultima parola, da farmi arrossire. E capitava davvero di rado che io arrossissi.
Mi fiondai in camera. Juls e Hayley dormivano, perciò con estrema velocità infilai il pigiama e mi accoccolai tra le lenzuola.
Chiusi gli occhi e respirai a fondo quel profumo di lavanda.
Poi un bip.
 
“La giornata più bella di tutta la mia vita. Grazie, piccola. –Zayn”
 
Narratore Esterno.
Posò il cellulare sul comodino, prima di passarsi una mano nella lunga cresta corvina. Si voltò a guardare i suoi coinquilini, sospirando. Entrambi dormivano e se anche avesse voluto, non sarebbe mai stato talmente meschino da svegliare almeno uno tra loro per alcuni suoi disaggi personali.
Percepiva il bisogno di parlare con Liam, di rilassarsi udendo la risata di Niall, non appena lui avrebbe cominciato il suo racconto.
Aveva riletto il messaggio inviatole almeno una ventina di volte di seguito, per poi soffermarsi e riflettere su quanto fossero belli gli occhi della ragazza, mentre le rivelava che l’avrebbe sognata contro la sua volontà.
E si diceva che non solo i suoi occhi erano belli. In lei tutto era bello.
E chiudeva di colpo gli occhi, serrando la mascella, rendendosi conto di aver formulato pensieri simili.
Non doveva innamorarsi. Quella, per lui, era una copertura. Doveva riuscire a farla innamorare di sé, a provare nuovamente l’emozione di una notte assieme a lei. Doveva vincere tre scommesse: quella con Harry, per assicurarsi 100 sterline. Quella con Samantha, per conquistare il suo cuore. E la sua scommessa personale: non innamorarsi, pur avendo la consapevolezza di provare qualcosa di forte per quella ragazza.
Eppure non riusciva a smettere di rivedere Sam nella sua mente, di immaginare il suo profumo e di assaporare le sue labbra.
I sensi di colpa lo stavano divorando. Era consapevole della sofferenza che le stava lacerando l’anima a causa di quella notte e del presunto “sconosciuto”. E non riusciva nemmeno più a reggere la pressione che s’infieriva da sé.
Si alzò di scatto dal letto e accese la abat-jour che teneva sul comodino. Afferrò un paio di pantaloni lì nelle vicinanze e una maglia il cui colore non si abbinava per niente, alle scarpe che infilò un momento dopo e al paio di pantaloni scelti. Ma non gli interessava.
L’importante era sbrigarsi. Doveva rimuovere ogni traccia di sentimentalismo, di sensi di colpa o di bene, prima che fosse troppo tardi.
Mise le chiavi della stanza in tasca e, dopo aver spento la luce, uscì ancora nel corridoio. Non sapeva dove andare di preciso, doveva farsi venire un’idea alla svelta. E la prima, forse la più stupida, a cui pensò fu di andare dall’unica persona con cui era certo di potersela intendere, senza farsi scrupoli: Allyson.
Arrivò al terzo piano e trascinò le gambe iperattive fin davanti una porta in legno, uguale a tutte le altre, e bussò senza indugiare. Non ricevette risposta. Bussò ancora e ancora. Fin quando una ragazza, che gli parse orribile, spuntò dall’interno della stanza e lo guardò, assonnata.
- “ Sei sola? “ – domandò con tono duro.
- “ Sì, Jade è.. “ – non le lasciò modo di replicare, si fiondò immediatamente sulle sue labbra e la spinse all’interno della stanza. Ricordavano un canotto, più che un paio di labbra, constatò.
Allyson prese a baciarlo con foga, senza porsi un minimo perché. Portarsi a letto Zayn Malik non era cosa da tutti e soprattutto da tutti i giorni. Voleva, quindi, avere l’onore di “sperimentare” quelle parti del moro che a lei erano ancora sconosciute e che desiderava poter vantare durante gli allenamenti con la squadra delle cheerleader.
Zayn spinse la bionda verso il letto. La stanza era ricoperta di oscurità, se non per la luce che proveniva dalla finestra. Non appena percepì le lenzuola sfiorare alcuni angoli delle sue dita, cominciò a spogliarsi e a spogliare la ragazza che si lasciava toccare.
«Troia.» pensò.
Ma poco si soffermò su quanto lei potesse essere facile, visto che lui stesso era andato a cercarla per intrufolarsi nella sua intimità.
Riuscì a spogliarla di qualsiasi indumento, fatta eccezione per l’intimo. Si avventò così, tra un bacio e l’altro, verso i seni che liberò dal reggiseno, finendo così per sentirsi soffocato dalla grandezza di ciascuno di questi.
Non provava nulla in quel momento. Voleva solo divertirsi, svagare la mente. E se anche stesse tentando di farlo con la sempliciotta rinomata della scuola, non riusciva a dimenticare.
Divenne così più aggressivo, senza quasi rendersene conto. La sentiva gemere sotto di sé, talvolta chiamare il suo nome, cercando una scusante che lo inducesse ad allentare la presa, a fermarsi, poiché stava diventando davvero troppo oppressivo.
Ma Zayn non aveva intensione di fermarsi, andò spogliandosi del tutto, fin quando non sentì il bisogno di farla sua. Arrivò quindi a sfiorarle con il membro l’interno coscia ed infine, dopo aver aperto le gambe della ragazza con davvero poca eleganza, penetrò al suo interno, facendola gemere e respirare profondamente.
Non provava emozioni del tipo ‘amore’ o ‘bene’. Provava voglia, tanta voglia di divertirsi senza darsi un contegno. Ne aveva bisogno.
Le spinte nella ragazza furono fin da subito forti, non le diede nemmeno il tempo di abituarsi alla sua presenza, non ero quello il momento di fare del romanticismo.
E dopo minuti e minuti, quando venne, si accasciò sul seno di lei, in preda a respiri profondi.
Probabilmente avrebbe terminato lì, non si sarebbe spinto oltre, ma dopo qualche istante, venne sbalzato tra le lenzuola e Allyson, la bionda che da sempre trovava poco attraente per quel suo modo di porsi, invertì le posizioni, dimenandosi perché lui si eccitasse ancora una volta e potessero provare entrambi del piacere.
Andarono avanti così per l’intera notte, senza pensare che tutto ciò fosse malsano, ingiusto. Che fosse contro ogni logica, in base a tutto quello che era accaduto durante la giornata.
L’una godeva per sé stessa, l’altro tentava di non pensare.
Ma quando all’alba del giorno seguente si svegliò per poter lasciare la stanza, un sospirò di rammarico sfuggì al ragazzo: nonostante tutto,
l’aveva sognata.

my space: 
HOLA GENTE. 
SCUSATE SE HO PUBBLICATO 
DAVVERO MOOOLTO TARDI. 
MA HO RICEVUTO SOLO DUE RECENSIONI
NELLO SCORSO CAPITOLO
E VOLEVO TENTARE DI RICEVERNE
QUALCUNA IN PIU'. 
PROBABILMENTE QUELLO PRIMA
NON VI E' PIACIUTO, 
QUINDI HO TENTATO DI RENDERE
UN PO' PIU' MOVIMENTATO 
QUESTO. :'D

IN REALTA'  L'ANDARE
 A LETTO CON ALLYSON DI ZAYN, 
SARA' L'INPUT AL CAOS. 
MUHAHAHAHAHAHAHAHA 
SONO CRUDELE. 
MA C'E' BISOGNO DI CREARE UN PO'
DI SUSPANCE. LOL

COMUNQUE, PENSAVO..
SE NON VI PIACE LA DINAMICA 
DELLA STORIA, DITEMELO. 
PER LO MENO LA MODIFICO O CANCELLO
LA STORIA, A MALINCUORE, E
NE PUBBLICO UNA NUOVA 
(CHE GIA' CHE STO PROGGETTANDO 
SARA' STUPENDA c:).

POI.. NIENTE. 
FATEMI SAPERE COME STATE.
E' DA TANTO CHE NON VI FATE 
SENTIRE. 
SE VOLETE PARLARE CON ME 
SEGUITEMI SU TWITTER: 


DITEMI CHI SIETE QUI SU
EFP E VI SEGUO E RISPONDO. :D
ANDDDDD NOOOOOOOOOW.
VI LASCIO GIUSTO QUALCHE GIF 
VADO NELLO SPECIFICO PER OGNI
PERSONAGGIO PRESENTE NEL CAPITOLO
E LE SITUAZIONI. 
NON ASPETTATEVI GRANDI BELLEZZE. 
MUHAHAHAHAHAHAHA 
ZONO CATTVIZIMA. lol

 

 Sam.    Zayn. 
Spiego: la ragazza in foto mima delle "corna". In un certo senso, nella storia, zayn le mette                  
a Sam, anche se non stanno insieme o robe del genere. AHAHAHAHA                                                  

 Zayn e Liam. 
Spiego: Tralasciando le pose sexy (Liam AHAHAHAHAHA), non volevo mettervi questa                                  PROVOCATORE. 
gif bellissima, perchè ho promesso di essere cattiviZZima, ma è troppo significativa. AHAHAHA
Sinceramente, Zayn nel capito ha bisogno di Liam. Quindi una loro gif non ci sta male. 

 



BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE. 

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Capitolo 12
*** Capitolo undici: Quando si è innamorati. ***


“Quando si è innamorati, si comincia sempre con l’ingannare se stessi
e si finisce sempre con l’ingannare gli altri.
Questo è ciò che il mondo chiama una ‘storia d’amore’.”
Oscar Wilde

 
Un tonfo e aprii gli occhi.
Il mio fondoschiena aderiva ad una superficie gelata e una leggera brezza mi scompigliava i capelli.
Misi a fuoco la vista e mi accorsi di essere finita a terra, la finestra era aperta e da questa proveniva del vento lieve. Dovevo essere caduta da letto a giudicare dalle condizioni in cui mi trovavo.
Percepii, in seguito, delle risatine che si fecero sempre più intese, provenire dalla stanza stessa. Mi guardai bene attorno per poi localizzare Hayley stesa sul suo letto, intenta a reggere la pancia con le mani, a causa delle tante risate, e Juliette, appoggiata vicino alla sua parte d’armadio in cui, evidentemente, stava rovistando fino a poco prima.
Il perché delle loro risate era a me sconosciuto. E più le osservavo, più aumentava lo strano dubbio che quella reazione fosse dovuta a me, forse alla mia caduta, ma non credevo fosse stata talmente esilarante.
- “ Il motivo di tanto ridere? “ – domandai, mettendomi in piedi e massaggiando quelle parti del corpo che avevano subìto colpi maggiori.
- “ Tu. “ – rispose Hay, prendendo aria.
- “ Cos’ho fatto? “ – le due si lanciarono sguardi maliziosi che io, come al solito, non compresi e che fin da subito maledissi. Poi Hayley si decise a prendere le redini della situazione e a raccontare cosa mi fosse capitato:
 - “ Diciamo che ti agitavi nel sonno, nominando qualcuno in particolare. “ –
- “ Chi? “ – chiesi, stralunata.
- “ E sorridevi, persino. Sembravi.. innamorata. “ – intervenne Juliette. Sulle prime, ridetti di quel loro racconto di così pura finzione. Ma quando le vidi serie, scrutarmi, capii che forse non mentivano.
- “ Posso sapere almeno chi chiamavo così animatamente? “ – ancora quegli sguardi, ancora risatine ed infine, all’unisono, svelarono il tanto atteso nome:
- “ Zayn. “ – e non potei farne a meno. Scoppiai ancora in risate, davvero sentite. Era illogico, improbabile e inutile che fossi proprio io a sognarlo.
- “ Non stiamo scherzando, Sam. Lo chiamavi sul serio. “ – mi ammonì Juliette, incrociando le braccia.
- “ E sei persino caduta dal letto, ad un punto, tanto ti agitavi. “ – aggiunse Hayley.
- “ Non ci credo. “ – terminai, alzandomi dal letto. Misi appena in tempo un piede a terra, prima di ritrovarmi nuovamente a sedere sul letto, con occhi sbarrati, presa da un ricordo:
 
“- “ Sam io.. ti amo. “ – bisbiglia un tizio dalla cresta nera che riconosco essere sua.
- “ Dici sul serio? Insomma, non mi stai tirando uno scherzo, giusto? “ – chiedo, sentendo la labbra diventare secche.
- “ Sì. Credo di essermi innamorato di te..” – e pian piano lo vedo in avvicinamento. Afferra la mia vita con una mano, l’altra la pone sulla mia guancia e fa sprofondare i nostri sguardi l’uno nell’altro.
- “ Anzi, non lo credo. Ne sono convinto. “ – sento le sue labbra poggiarsi sulle mie che riacquistano colore.
- “ Ma non dirlo a nessuno, sarebbe sbagliato. “ – sono le sue ultime parole.”
 
- “ OH, CAZZO. L’HO SOGNATO! “ – sbraito, alzandomi in piedi. Sia Juliette che Hayley non ridono, anzi. Si preoccupano della mia reazione e del sogno fatto che subito riporto ad entrambe.
Speravo fosse uno scherzo. Un sogno simile poteva significare una sola cosa: pre-cotta.
Ma i minuti passavano, con questi le ore e prendevo sempre più consapevolezza dell’accaduto.
- “ Vi prego, aiutatemi! “ – lagnai, circa un’ora e mezza dopo, quando oramai ero stanca persino di parlarne.
- “ Non devi pensarci, altrimenti finiresti col convincerti. “ – mi suggerì Hayley.
Rimasi per un minimo istante in silenzio, prima di ammettere:
- “ Credo di averlo già fatto. “ – e fu solo a quel punto che entrambe si scapicollarono perché io mi distraessi e dimenticassi Zayn. Sì, perché, se non si fosse capito, avevo sognato proprio lui. L’unica persona con cui non avrei dovuto avere nessun tipo di coinvolgimento.
- “ Ok, calmati. “ – mi dissero, quando mi videro entrare in uno strano vortice di lamenti, lacrime e grida.
- “ No, non posso. Non devo innamorarmi. “ – urlai, ancora.
- “ Facciamo così. “ – iniziò Juliette. – “ Preparati. Fatti più bella di quella che già sei e andiamo per negozi, visto che stasera abbiamo un’uscita. “ – ci pensai un attimo, prima di annuire convinta.
- “ Chiamate voi Francesca. “ – dissi solo, tirando su col naso, mentre mi rifugiavo in bagno. Feci una doccia veloce, giusto per scaricare la tensione, e subito dopo tornai in camera, indossai un paio di jeans aderenti, una semplice t-shirt. La voglia di sistemarmi come Juliette mi aveva consigliato era davvero poca, perciò evitai il trucco e, dopo aver vivacizzato quei boccoli naturali che avevo la fortuna di possedere, li coprii con capello in lana che amavo follemente e che s’intonava con la giacca che avevo deciso d’indossare.
- “ Andiamo? “ – domandarono, quando fui finalmente pronta.
Annuii, poco vogliosa di aprire bocca. All’entrata del dormitorio trovammo Francesca che, armata di guanti, accessori vari e ombrello, in caso di necessità, ci attendeva.
Salutai anche lei distrattamente. E potei ben notare quanti punti di domanda vennero a crearsi sul suo viso.
- “ Lunga storia..” – disse solo Juliette, in risposta ai dubbi di Francesca.
Solitamente, nessuna di noi aveva a disposizione un mezzo per potersi spostare, tranne Francesca che possedeva una vespa usata e che lei stessa aveva sistemato. Ma Hayley aveva annunciato che i suoi genitori, quell’anno, le avevano regalato un’automobile nuova di zecca, soddisfatti com’erano del rendimento della propria figlia.
Ne eravamo felici, sapendo che a turno tutte, alla fine, saremo riuscita ad utilizzarla.
E fu così che quella mattina inaugurammo l’auto rosso fuoco della nostra amica, sentendoci delle vere “sculate”, una volta tanto.
Mi posizionai nel posto passeggeri anteriore. Alla guida Hayley e nei posti posteriori Juliette e Francesca continuavano a cantare ogni sorta di canzone che la stazione radio preferita da Hayley passasse.
- “ Si prevede pioggia. “ – annunciò Juliette, contemplando il cielo. Come quasi tutti i giorni di gennaio, a Londra c’era cattivo tempo. Non che fosse una novità, ma poter passare almeno un weekend di sole sarebbe stato bello.
- “ Che t’importa, staremo al chiuso. “ – rispose Francesca, facendo innalzare una risata generale. Una risata a cui presi parte con un semplice sorriso. Non riuscivo a togliermi dalla testa quel sogno, il ché peggiorava la situazione.
- “ Sam..” – mormorò Hayley, prendendomi una mano. – “ ..non è la fine del mondo. “ – sussurrò poi. Le rivolsi un semplice sguardo a farle intendere che per me lo era e lo sarebbe sempre stato. Quel sogno sarebbe stato l’inizio di un imminente calvario.
- “ Scusate, ma io non ci sto capendo una ceppa. “ – mi ritrovai, così a raccontare a  Francesca ciò che era successo in quei giorni, con Hayley e Juliette che inserivano loro commenti, talvolta poco apprezzati dalla sottoscritta, mentre facevamo shopping di tutti i generi. E la conversazione andò avanti per l’intera mattinata. Facevo soste per entrare nei camerini e, una volta arrivata alla casa e aver pagato, continuavo il racconto in cui ero oramai coinvolta del tutto, insieme alle altre.
- “ Ha ragione Hayley. Non è la fine del mondo, Sam. “ – sentenziò alla fine Francesca, una volta che, sedute in un tavolo del miglior ristorante cinese del centro commerciale- il solito centro commerciale-, il cameriere andò via con le nostre ordinazioni che sarebbero arrivate a breve.
- “ Davvero non ci arrivate? “ – chiesi, scrutandole una ad una. E sui loro visi apparvero altri dubbi a cui cercai di fornire risposta.
- “ Sognarlo significa essere infatuata. Sognare un suo bacio, significa ritrovarsi al principio di una cotta. E io non voglio. “ – a quel punto il cameriere tornò, provvisto di pane cinese che tutte afferrammo, scaltre, in preda alla fame.
- “ Ma ecco, se tu ne fossi cotta, non sarebbe un male. “ – tentò Juliette. E il mio sguardo sbarrato fu inevitabile. Stava davvero cercando di farmi andare a genio Malik?
- “ Non sarebbe un male?! NON SAREBBE UN MALE?! “ – sbraitai, stringendo i pugni.
- “ Calmati.”  - mi sussurrò Hayley, togliendomi il pane di mano.
- “ Come posso calmarmi?! Ho sempre detestato Zayn Malik e voi stesse non lo avete mai ritenuto un tipo di cui innamorarsi e ora cercate persino di farmelo andare a genio?! “ – le mie coinquiline sospirarono e nel mentre Francesca prese la parola.
- “ Posso dire una cosa, da “esterna..” – intrappolò quell’ultima parola tra le virgolette. – “ ..senza che tu mi disintegri viva? “ – per un attimo rimasi sulle mie, ma alla fine le diedi parola. – “ Non siamo nella stessa stanza, di conseguenza non so cosa combini ogni dieci secondi della tua vita. Ma posso assicurarti che quando siamo insieme e Malik è in avvicinamento.. ho notato che lui è cambiato nei tuoi confronti. “ – arrossii e sul momento non ne capii neppure il perché. – “ E’ cambiato nei confronti di tutti. Al corso di algebra che abbiamo in comune sembra più.. tranquillo. Meno bullo. “ – silenzio tra di noi. Nel mio cervello scoppiò le terza guerra mondiale, ma questi sono solo dettagli.
Credere che lui stesse cambiando per opera mia era come credere che grazie ad una lettera, si giungesse alla pace nel mondo.
- “ Avrà aumentato la sua dose di scopate giornaliere. “ – ribattei.
- “ Sam! “ – mi riprese Hayley, facendo ridere tutte.
- “ Insomma! E’ impossibile che io..” – non riuscii a terminare una frase, ma neppure questa era una novità.
- “ Che tu possa piacere a Zayn? Che tu stia tirando fuori la parte migliore di lui? Sì, Sam. E’ possibile. E te lo dico perché lo conosco molto meglio di quanto tu lo conosca. “ – Juliette andò dritta al punto e per un momento riuscii a farmi sentire impotente davanti alla dura verità.
Eppure io non riuscivo ancora a ritenerla tale.
 
Narratore Esterno.
Seduti in un tavolino del bar della scuola, i ragazzi si attingevano a fare colazione. Quella mattina tutti apparivano più rilassati, pensò Zayn. Ed era vero.
Poteva affermarlo da piccoli gesti che, grazie agli anni e alle avventure trascorsi con i suoi amici, aveva imparato a riconoscere.
Harry girava e rigirava il cellulare tra le mani con sorrisetto furbo stampato sulle labbra. Solo un’ipotesi si fece largo nella testa del moro: notte di fuoco. Ed era certo che prima della fine della colazione ne avrebbe conosciuto i particolari.
Louis era rilassato, evento davvero raro. Solitamente parlava a manetta per sparare quelle che lui definiva “perle di saggezza alla Tommo”. E anche su Louis poteva notare quel senso di relax, grazie ad un sorriso per niente forzato.
Sapere se Niall fosse di ottimo umore era certamente più semplice, rispetto agli altri. Se superava le due dosi di cornetti e cappuccino, il suo umore arrivava alle stelle. E quella mattina era arrivato a quattro cornetti, un cappuccino ed un bicchiere di latte al cui interno aveva versato due bustine e mezza di zucchero.
Liam.. osservandolo, si accorse di quanto Liam fosse stralunato. Non triste, ma pensieroso. E, sempre osservandolo, si rese conto di quanto poco tempo avesse trascorso con il suo migliore amico, troppo preso da Sam, dalla scommessa e dalle pressioni che riceveva da Harry.
- “ Credo che un riccio, qui, debba dirci qualcosa. “ – esclamò Louis, ad un tratto, risvegliando Zayn dalle sue riflessioni. Il momento prima citato era arrivato. Avrebbe finalmente saputo cosa tramava il riccio.
- “ Avanti Harry, non farci stare sulle spine. “ – lo appoggiò Niall.
- “ Non so di cosa parliate. “ – svagò Harry.
- “ Sorrisetto, cellulare tra le mani, occhi addormentati e.. collo rosso. Ti basta per capire di cosa parliamo? “ – Liam, con la sua classe, riuscì a convincerlo. Forse perché era stato anche il più diretto.
- “ Ok. Sono stato con una ragazza. “ – ridettero tutti, chi più chi meno. Quello era il dettaglio più evidente ad ognuno di loro.
- “ E a chi hai fatto vedere il paradiso, spezzando miliardi di cuori, stavolta? “ – chiese Zayn.
- “ Jade Edwards..” – rizzò, non appena quel nome oltrepassò il suo udito. No, non perché fosse una sua ex, anche se era da ritenersi parte della sua collezione. Lei era la coinquilina di Allyson. E si spiegava perché non fosse in camera sua la notte passata.
- “ ..il tirapiedi di Allyson? “ – domandò Louis che da minuti rideva senza controllo.
- “ Proprio lei. “ –
- “ E com’è stato? “ – alla domanda di Niall, Harry fece una faccia annoiata. Zayn non tollerava quel genere di atteggiamento. Trovava che il riccio, il più piccolo nel gruppo, fosse diventato troppo perverso, sempre alla ricerca di una tipa con cui potersi divertire. E, in gran parte, riteneva di essere la causa del suo cambiamento. Lo aveva condizionato fin troppo.
Sapeva di essere una specie di eroe, agli occhi di Harry. Ma quest’ultimo non sapeva quanto Zayn si detestasse, quanto odiasse quella parte di sé così meschina e menefreghista. E se così era diventato, un perché c’era e Zayn sapeva perfettamente quale fosse.
- “ Ne ho sperimentate di migliori. “ – fu l’unica risposta del riccio, prima che Niall introducesse un altro argomento.
- “ Malik, tu non hai niente da doverci dire? “ –
- “ Io? “ – chiesi, pensieroso.
- “ Già tu. Sai, stanotte mi sono svegliato per andare al bagno e non eri nel tuo letto. “ – partirono cori e commenti che facevano da sottofondo agli sguardi di sfida che andavano da Niall a Zayn e viceversa.
- “ Forse perché era presto.”  - Niall scosse la testa per poter contraddire la sua risposta.
- “ Erano le quattro. “ – colto in flagrante, sospirò. Prima o poi avrebbero saputo cosa, quella notte, il suo istinto lo aveva indotto a fare. Il punto era che non ne avrebbero mai scoperto la motivazione, se non tempo a seguire.
- “ Un cervello ce l’hai. Indovinare che cosa stessi facendo non è difficile. “ – e sul suo viso si dipinse un’espressione perversa che batteva in tutti i sensi quella di Harry.
Ma subito si pentì. Il ghigno formatosi sul volto di Liam gli permise di capire lo sbaglio commesso.
- “ Ti sei fatto mia cugina? “ – mormorò.
- “ No.”  - il suo sguardo divenne ancora più pressante. Qualcosa diceva a Zayn che Liam non si fidava dell’amico, che non avrebbe voluto vedere Sam tra le sue braccia, nel suo letto o legata a Zayn in qualche modo. Ma che se aveva deciso d’illudere sua cugina, sperava almeno non frequentasse altre ragazze. Che la illudesse, ma con discrezione e dolcezza, caratteristiche sconosciute a Zayn.
E seppure Liam non sapeva nulla della scommessa personale tra lui ed Harry, dall’atteggiamento di Zayn, dagli appuntamenti che aveva rifilato a Samantha con insistenza e dal cambiamento che, apparentemente, stava avvenendo in lui in presenza del genere femminile, aveva potuto appurare che il suo migliore amico tentasse di conquistare una parte di sé ma con secondi fini.
- “ Ma ieri sera eri con lei. “ – aggiunse Liam.
- “ Ma non l’ho neppure sfiorata. “ – a quel punto nessuno sapeva indovinare chi tra le tante ragazze del college fosse stata l’ennesima vittima del temuto Malik.
Quando Harry stava per domandargli di chi si trattasse, Zayn si alzò bruscamente dalla sedia su cui sedeva, impedendogli di portare a termina la domanda. Decise che era meglio troncare la conversazione sul nascere, impaurito da un’ipotetica strana reazione di Liam e si allontanò, rispondendo con poche parole ai dubbi dei suoi amici:
- “ Domandate alla coinquilina di Jade. “ – percepì delle risate, ma tra queste non distinse quella di Liam.
 
-Sam.
Quella sera avevo optato per un outfit meno casual del solito. Volevo sentirmi femminile, senza esagerare. Indossai, quindi, un paio di pantaloni neri, aderenti e pensati, poiché quella sera il freddo aveva deciso di farsi sentire. Una lunga maglia grigia che fasciava appena le mie forme. Un blazer nero che amavo e, come tocco finale, un paio di tacchi vertiginosi, neri. Al collo portavo una lunga collana il cui ciondolo era una chiave di violino. Per l’occasione avevo arricciato i capelli, in modo che fossero più ricci che ricchi di boccoli o mossi. E, tanto per aggiungere un tocco di originalità, avevo truccato il viso in modo tale da non renderlo pesante, ne tantomeno sciatto e che occhi e labbra fossero messi in risalto. Aggiunsi al tutto una borsa decisamente grande, nera, in pelle e una lunga giacca.
Una volta tanto mi sentii bella.
Se io avevo deciso di non sembrare troppo elegante, Juliette aveva puntato soprattutto sull’eleganza. Indossava un vestitino bicolore, rosato nella parte superiore e nero nella parte inferiore. Calze che si addicevano alla parte inferiore del vestito e scarpe che di casual non avevano praticamente nulla. Per questo erano adatte a lei. Teneva i lunghi capelli biondi sciolti e gli occhi color miele erano accentuati da un trucco perfetto, come lei era.
Hayley poteva permettersi un look di per sé non adatto ad una serata tra semplici amici e renderlo perfettamente attinente al contesto.
Aveva scelto un vestitino nero, abbastanza morbido sui fianchi, sul quale aveva posto un blazer nero e più lungo del mio. Essendo poco più bassa rispetto a me e Juliette, aveva esplicitamente detto che quella sera avrebbe indossato un paio di stivali slanciati con il puro intento di sentirsi più alta. E le stavano oggettivamente bene. Al collo indossava una collana dalla fantasia amabile e i suoi occhi erano talmente belli e ricchi di colore, per quell’evento, che a chiunque avrebbe fatto provare invidia. Portava, ovviamente, i capelli lisci, ma le ricadevano perfetti lungo le spalle.
 
Uscimmo dalla nostra stanza ridendo, com’era nostro solito fare, e in breve arrivammo davanti l’entrata del dormitorio. Tutti attendevano noi, persino Francesca aveva rinunciato a venirci a chiamare, conoscendoci.
- “ La puntualità! “ – schernì subito Niall.
- “ Taci, biondo. “ – lo ripresi. Ma poco mi stette a sentire, troppo preso dalla sua stupenda Juliette. Dal canto mio, mi guardai un po’ intorno, prima di fiondarmi tra le braccia di Louis e stringerlo forte.
- “ Louis..” – mormorai, annusando la sua colonia.
- “ Che succede? “ –
- “ Ti sei profumato? Avanti, su chi devi fare colpo, stasera! “ – il suo sguardo mi trucidò, non solo perché aveva parlato a voce troppo alta, ma perché non mi ero resa conto che la sua preda era proprio lì.
Mi guardai un attimo intorno e quando vidi Francesca a pochi passi da lui, morsi forte le mie labbra, chiedendogli mentalmente scusa.
- “ MA OVVIAMENTE SONO IO! “ – urlai, nel puro intento di recuperare al danno commesso.
- “ Certo, mon cherie. “ – e, per mia fortuna, la situazione cambiò piega, altrimenti sarei stata fottuta.
Passai poi a Liam che, stringendomi a sé, mi ripeté quanto bella credeva fossi.
- “ Non lo sono. “ – sussurrai in suo orecchio.
- “ Quando sono io a farti un complimento non ci credi mai. “ – e non potei fare a meno di ridere della sua genuinità. Già detto che amavo mio cugino?
Accennai un saluto a Styles che, per tutta risposta, mi sorrise e prese per il culo con il suo solito “Ciao Splendore” ed infine arrivai a lui.
Il suo sguardo mi trafisse e fui felice, per la prima volta, di poter trascorrere la serata in sua compagnia.
- “ ‘Sera piccola. “ – furono le uniche parole da lui dette, prima che le sue labbra stampassero un dolce bacio su una delle mie guance e tornasse a scalfire la mia anima con i suoi occhi. 


my space: 
HOLAAAAAAAAAAAA.
Okay, sarò sintetica. 
Grazie per ogni recensione 
e complimento. 
Siete dolcissime. 

Vi adoro. 

So che il capitolo non è 
un granchè, ma è IL PRINCIPIO
care ragazze. AHAHAHAHA
Ditemi se non state morendo
anche voi, pensando che
Sam si sia infatuata di Zayn? 
BEH, IO SI. 

#ATTENZIONE: come vi avevo detto, ho scritto una nuova storia. 
E l'ho anche pubblicata: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1341022&i=1
VI PREGO DI LEGGERLA, 
PER ME E' IMPORTANTE. 
LA PROTAGONISTA RACCONTERA' 
DI ESSERE STATA VITTIMA DI BULLISMO E 
S'INNAMORERA' DI UNO DEI ONE DIRECTION..
HARRY. ahahahaha

bye girls. 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici: Give me love. ***


“Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l’unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra.”
Ed Sheeran-Give Me Love

- “ I tuoi capelli non faranno mai swish come i miei. “ –
- “ Mi stai sfidando Styles? “ – chiesi, guardandolo negli occhi.
Eravamo seduti in un tavolo del pub e gustavamo le nostre ordinazioni, ridendo, scherzando e combinandone di tutti i colori al punto tale che persino i camerieri vennero a lamentarsi. Colpa di Louis.
- “ Quando ti pare, come ti pare. “ – il mio sguardo lo bruciò vivo.
- “ Ora, in questo posto. “ – e tutti lì presenti, tranne i diretti interessanti, presero a fare coretti e ad incitare la sfida.
Harry scostò di poco la sua sedia per farsi spazio, ancora mi guardò fisso negli occhi, prima di passare con un gesto automatico la lingua sulle labbra, quasi cercasse di farmi impazzire, cosa che su di me gli riusciva male, non essendo preda facile.
Scosse appena la testa, prima di portare i capelli su un lato, aiutato da una mano, per poi tornare a guardarmi fisso negli occhi.
Effettivamente, attizzava e neppure poco. (gif)
Poi venne il mio momento. Dovevo ammettere che Harry era difficilmente battibile, ma potevo farcela con molta tranquillità. Mi distaccai, a mia volta, di qualche centimetro dal tavolo, assunsi una posa che, in teoria, doveva apparire sexy ad occhi maschili, ma che poi in pratica sapevo ricordare un ippopotamo in calore.
MAI VISTO UN IPPOPODAMO IN CALORE? AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA nemmeno io.
Comunque, saltando i convenevoli, volevo apparire bella agli occhi di Harry, perché reputandolo un puttaniere di prima categoria, credevo che solo in quel modo sarei riuscita a vincere realmente quella sorta di sfida lanciatami.
Spostai sensualmente la testa, portando lo sguardo su Louis che mi guardava estasiato, allora capii che forse stavo riuscendo nel mio intento. Sapevo leggere a perfezione lo sguardo di chi amavo e in quello del mio migliore amico riscontravo tracce di ‘eccitazione’ cosa che non mi preoccupava, conoscendolo.
Pronta, presi un bel respiro e con convinzione scossi la testa verso sinistra, facendo muovere quei ricci, che amavo alla follia, nella stessa direzione.
E mi sentii adulata quando trovai uno sguardo di Zayn, seduto al mio fianco, che mai prima avevo visto posarsi su di me. Mi guardava con occhi diversi, forse più coinvolti, apprezzanti. Mi guardava come un ragazzo osserva la sua ragazza. Come un leone inquadra la sua gazzella.
Mi guardava e ciò mi estasiava.
Le sue labbra si mossero per mimare qualcosa tipo “Wow”, ma subito la mia attenzione venne attirata da Harry che mi acclamava, divertito.
- “ Ma sei una bomba. “ –
- “ Mia cugina ci sa fare! “ – esclamò Juliette.
- “ Non ci sa solo fare. Sembrava una pantera. “ – continuò Francesca. Non potei fare a meno di ridere per le battute a cui i tre si lasciarono andare.
- “ Zayn.. tu cosa ne pensi? “ – chiese Liam seduto proprio davanti al moro. Quando mi soffermai ad osservare mio cugino, scorsi in lui una punta di nervosismo, mischiata a rabbia e, di conseguenza, sarcasmo.
Qualcosa mi suggeriva che Liam voleva incastrare Zayn e che quest’ultimo sarebbe caduto nella trappola, in un modo o nell’altro.
- “ Di cosa? “ – chiese il moro che, solo a quel punto, si decise a chiudere le labbra, fino a poco prima schiuse in un’espressione di stupore.
- “ Di Sam.”  - ribatté Payne.
- “ E’ stata forte. “ – rispose Zayn, dopo qualche attimo di esitazione.
- “ Solo? “ – mi resi conto che la situazione stava degenerando. Louis mi guardava preoccupato e Niall, posizionato a capotavola, tentava il tutto per tutto pur di distrarli, persino tirare palline di pane davanti la vista dei due che non sembravano intenzionati a dare un freno alla situazione.
Ma fu quando mi sporsi a guardare Harry che compresi quanto la situazione fosse tragica nel gruppo.
Zayn apriva e chiudeva la bocca, quasi fosse un pesce, senza emettere suoni. Presi quindi la palla al balzo e misi fine alla questione.
- “ Vuoi che mi senta dire che sono una strafiga? Oh, Liam. Lo so da me, grazie. “ – tutti smorzarono una risata a cui Malik prese parte, ma da cui Liam si astenne. Qualcosa non andava.
Gli sorrisi, lo vidi accennare un sorriso, ma niente di più.
Fortunatamente arrivarono le ultime ordinazioni, tipo caffè o sorbetti o robe del genere e ognuno di noi si concentrò sulla propria.
 
- “ Facciamo una passeggiata? “ – domandai, con mia sorpresa, a Zayn.
Lui annuì afferrando la giacca e alzandosi. Gli altri poco badarono a noi, ciò con sincerità mi rasserenerò.
Zayn afferrò una mia mano, gesto inconsueto, mi trascinò fuori al locale e solo quando ci ritrovammo davanti l’entrata di questo, mi decisi ad indossare la giacca, percependo la pelle rabbrividire a contatto con l’aria gelida di Londra che si mostrava spettacolare alle dieci e trenta della sera.
Cominciammo a camminare, rimanendo però in silenzio cosa che, strano a dirsi, mi piaceva follemente. Ammiravamo Londra e sorridevamo di tanto in tanto, quando le nostre mani, ormai distaccate, si sfioravano, camminando fianco a fianco.
Ma alla fine mi decisi a parlargli, dovevo sapere.
- “ Alloooooooora..” – la mia ‘o’ prolungata non era un buon segnale e lui sembrava averlo capito. – “ ..perchè Liam ha reagito in quel modo? “ – sghignazzò. Non credevo di aver detto nulla di così divertente. Evidentemente Zayn ballalaconganelmioletto Malik credeva di potermi raggirare. Non ci sarebbe riuscito, almeno così credevo.
- “ Sarà geloso di te? “ –
- “ Cosa intendi? “ – domandai.
- “ Sei la sua piccola cuginetta, guai a chi ti tocca. “ – mi stava prendendo per il culo, ci risiamo.
- “ Non mi sfottere, Malik. E dimmi la verità. “ –
- “ Altrimenti? “ – finiva sempre con lo sfidarmi. Eppure non credevo di aver scritto in fronte ‘Sfidami e vivrai vita felice’. Stanca di quei giochetti, mi avvicinai al suo viso, seria e presi a sussurrare.
- “ Altrimenti ti ritrovi senza attributi, sempre che tu li abbia. “ –
- “ Vuoi verificare? “ – sbarrai appena lo sguardo, scandalizzata dal suo essere così superficiale.
- “ Non voglio rimanere traumatizzata a vita dalla vista di qualcosa che non esiste. “ – sputai velenosa. – “ Dimmi la verità, Zayn. “ – quasi lo supplicai. Mi guardò convinto, ma impaurito. Non credevo nemmeno di poter far paura, ma forse gliene procuravo.
- “ Perché forse faresti meglio a starmi lontana. “ – mormorò allontanandosi.
- “ Io.. perché dovrei? “ –
- “ Non sono affidabile, lo sai anche tu. Ti farei soffrire e lui ne è certo, come anche tutti gli altri. “ – non stavo capendo nulla. Non capivo come fossimo arrivati a parlare del fatto che lui potesse farmi soffrire, se poco prima tentavamo di stuzzicarci a vicenda.
- “ Come potresti farmi soffrire se a malapena riusciamo ad essere amici? “ – chiesi, dubitante. Lui si voltò a guardarmi all’improvviso, fermando i suoi occhi nei miei con violenza.
- “ Non saremo neppure mai quello se continuiamo così. “ – era tutto ciò che non avrebbe mai dovuto dirmi.
 
Narratore Esterno.
- “ Non saremo neppure mai quello se continuiamo così. “ – Zayn la guardava fisso negli occhi, rendendosi consapevole dell’ennesimo sbaglio commesso in quella giornata. Non era riuscito a resistere.
- “ Abbiamo una scommessa in corso. “ – aggiunse poi, tentando di pararsi il culo.
- “ Ma è solo una scommessa… un gioco, sbaglio? “ – chiese la ragazza che, dinanzi a lui, aveva cambiato radicalmente espressione e che sembrava stesse astenendosi da un pianto che mai avrebbe trovato fine.
- “ E’ una scommessa. “ – rispose lui, vago.
- “ Ma tu non mi faresti mai del male, no? So che sei una specie di puttaniere stronzo, ma non.. insomma.. non arriveresti a farmi del male per soddisfazione personale, giusto? “ – tentò ancora. Il moro, per tutta risposta, abbassò quello sguardo che da minuti già non riusciva più a puntare in quello di Sam. Le sembrava così bella quella sera, anche se a dire il vero la trovava sempre bellissima e avrebbe voluto avere una sola occasione per dirglielo senza provare timore.
- “ Giusto? “ – riprovò lei, ormai sull’orlo di un pianto. E Zayn non l’avrebbe mai voluta veder soffrire, perché sapeva che se avesse avuto una anche remota possibilità, le avrebbe regalato gioie immense a costo di patire lui stesso delle pene.
- “ Giusto. “ – mentì infine.
Sam, sollevata, sospirò, chinando appena la testa poiché sentiva già che non sarebbe più riuscita a trattenere lacrime causate dalla tensione.
- “ Vieni qui. “ – le disse. Ed istintivamente la strinse a sé, in un abbraccio che li lasciò sorpresi, ma di cui entrambi goderono, accompagnati dalle emozioni che l’uno scaturiva all’altro.
 
«Paga tu per me e Sam, domani ti dirò tutto.» Harry. Invio.
- “ Fatto. “ – disse Zayn che, quella sera, non accennava a voler smettere di sorridere. Era lei a fargli quell’effetto. Credeva d’essere stato stregato. Nessuna mai aveva fatto di lui un tipo sorridente e di buon umore perenne. Ma in cuor suo era cosciente del fatto che Sam sapeva rendere migliore chiunque, che però fosse riuscita a far questo con lui, era da considerarsi un miracolo.
- “ Ti ho già detto che non dovevi. “ – rispose la ragazza, afferrando entrambe le mani del ragazzo. Passeggiavano da circa un’ora trascorsa ridendo, camminando tra le bancarelle che quella sera intralciavano le principali vie di Londra, più affollata del solito. Il dettaglio che più colpì entrambi, ma che nessuno dei due tentò di intavolare tra le loro conversazioni, era quella stretta di mano possente che non volevano dividere. Piaceva sia a Sam che a Zayn quel calore che scaldava le loro mani, confortava sia Zayn che Sam il risultato che aveva su di loro.
- “ Non vedo dove sia il problema. “ – affermò il moro, avvicinando la ragazza al suo corpo. Amava il sorriso che fioriva sulle labbra di lei, amava gli occhi arzilli che lo rendevano contento di essere differente in sua compagnia.
- “ Sei troppo premuroso con me. “ – spiegò lei.
- “ Un motivo ci sarà..” – poche parole che la incupirono. Sam sapeva qual era il motivo che lo spingeva ad essere pacato e sempre pronto a comprenderla.
- “ La scommessa. “ – sussurrò, impallidendo.
- “ No, Sam. Non pensare che..” –
- “ Lo hai detto persino tu che tra di noi c’è una scommessa. “ – lo anticipò lei.
- “ Non c’entra un cazzo. Tu, Io.. quello che provo..” – Zayn capì d’essersi tradito. Morse velocemente la lingua per non aggiungere altro, si rese conto d’aver commesso un danno irreparabile e che Samantha sarebbe giunta a conclusione, qualsiasi risposta le avesse fornito.
- “ Cosa provi? “ – domandò.
- “ Beh, ci tengo a diventare tuo amico. E quella è solo una scommessa..” – rispose, dopo pochi attimi lasciati andare con il vento. Le sorrise, posando una mano sopra una delle guance di Samantha che al suo tocco si arrossò.
- “ ..chissà quando avrà fine. “ – aggiunse poi.
- “ Quando t’innamorerai di me, Zayn. Perché io sono un ghiacciolo. Non m’innamoro di nessuno. “ – il moro le lanciò uno sguardo misto tra il divertito e l’indeciso. Indeciso su come comportarsi, su quali decisioni prendere. Ma il sorriso, gli occhi e l’espressione gioiosa che presentavano Samantha, lo spinsero a diventare sé stesso per una sera. A gettare la maschera e a lasciarsi andare. Doveva mostrarsi a lei per colui che sapeva essere.
- “ Ma davvero? “ – l’avvicinò maggiormente dalla vita e i loro visi si sfiorarono, mentre delle risatine fiacche prendevano possesso dei due. – “ Scommetti che sono l’eccezione che conferma la regola? “ – Samantha sorrise, lasciando poi che quel sorriso tramutasse in una vera e propria risata, scatenata da Zayn con del solletico.
- “ Sono pronta a scommettere sempre. “ – sussurrò la mora, poggiando le sue braccia sulle spalle del moro, incrociando poi le dita per mantenersi ferma.
- “ Non voglio che sia una semplice scommessa.” – si affrettò a rivelare Zayn.
La ragazza rimase in silenzio.
Non sapeva cosa lui intendesse, non sapeva neppure cosa da lui volesse. Era solo cosciente di avere la testa colma di pensieri e i tre quarti di questi erano rivolti a Zayn, a quanto non le sarebbe dispiaciuto un suo bacio, ai suoi occhi, ai suoi modi che si alteravano per diventare umani, in sua presenza.
Alzò lo sguardo, calato sulle labbra del ragazzo, nei suoi occhi e quello sguardo genuino la travolse. Allora intuì cos’era a infonderle quella sensazione di solitudine e di perdita. Capì chi era il rimedio ai suoi mali. Ogni pensiero mutò, ognuno di questi le rivelava il nome di quel rimedio che corrispondeva sempre allo stesso.
In ogni caso iniziava per Zayn e finiva Jawaad Malik, che fosse di quello Zayn che credeva di detestare o di quello che aveva davanti alla sua vista, poco importava. L’importante era convenire, quella sera, senza alcun indugio, che Samantha Destiny Wilson provava un accenno di bene per Zayn e che, presto, quel bene sarebbe divenuto un sentimento più intenso e pericoloso.
 
**
 
La rossa osservava atterrita il ragazzo dai lineamenti perfetti. Al contempo, Payne smanettava il cellulare, intento nello scambiare messaggi con Niall il quale aveva trovato un momento libero, mentre Juliette si era scapicollata in bagno.
«Sono fottuto, Nialler.» scrisse.
«Finiscila di fare il cretino e va da lei, idiota.» messaggio molto incoraggiante, pensò Liam.
«Non posso, avanti.» scosse la testa, sentendosi davvero un idiota. Voleva fare il primo passo da quando l’aveva vista scendere le scale del dormitorio, la sera stessa. Ma l’orgoglio lo frenava.
A dire il vero Liam aveva sempre avuto un debole per la rossa, amava quel sorriso che la caratterizzava ogni minuto della giornata. Gli ricordava un essere piccolo, esile e apparentemente innocuo. Un essere indifeso di cui si sarebbe preso volentieri cura.
«Non ti mangia mica!» lo riprese l’amico biondo che, nel frattempo, si guardava bene attorno per verificare che Juliette non fosse nei paraggi.
«E se non le piaccio?» Niall scosse la testa, contrariato. Era proprio corto d’intelligenza il suo amico, pensò.
« MA SE SONO MINUTI CHE SBAVA, GUARDANDOTI.»Liam alzò appena lo sguardo, puntandolo sulla rossa che trovò incantata, intenta ad osservarlo. Ed effettivamente non aveva occhi che per lui, ma non appena i loro sguardi s’incrociarono, Hayley sussultò e arrossì, sporgendosi verso Francesca che non le dava corda, troppo presa da Louis e da giochi ritenuti infantili dalla rossa.
L’aveva colta sul fatto e per questo non poteva che sentirsi una stupida, inesperta, innamorata del ragazzo più dolce e carino al mondo.
«Che faccio?» chiese ancora Payne.
« BUTTATI DAL SETTIMO PIANO DI UN GRATTACIELO, LIAM.» Liam guardò di soppiatto l’amico che nel frattempo si chiedeva in aramaico antico, moderno e medievale cos’avesse fatto di male per avere un amico così.. come dire.. TONTO.
Quando lo vide ancora impalato, fermo al suo posto, che lo guardava implorante, sbraitò gesticolando. Gli fece segno, per l’ennesima volta, di andare da lei e nel frattempo pregava perché quello che lui definiva ‘tonto’ si convincesse di avere un fascino eccezionale su qualsiasi tipo di ragazza, ma che come per magia era riuscito a far innamorare di sé una rossa, dall’aria timida.  
E Liam, intimorito da Niall, non se lo fece ripetere. S’alzò e si diresse verso la rossa, sedendosi al posto di Samantha, momentaneamente non presente, assieme a Zayn.
- “ Hey. “ – sussurrò vicino ad un suo orecchio, talmente vicino da provocarle una scarica fortissima di brividi.
Hayley dapprima sbarrò gli occhi. Avrebbe riconosciuto quella voce a qualsiasi età, dopo anni di lontananza. Si ricompose un momento, per poi affrettarsi e voltarsi verso il ragazzo che, alle sue spalle, già faceva film su film, immaginando d’aver fatto una chissà quale macabra figura.
Una minuscola molla scattò nei due, non appena i loro sguardi s’incontrarono. Entrambi possedevano occhi scuri, in cui perdersi era facile e ritrovare una vita d’uscita ancor più difficile. Ed Hayley, per non ricordare una bambina alle prese con la prima cotta, dovette fare uno sforzo immane per distogliere lo sguardo da Liam e concentrarlo su una qualsiasi figura lì presente, purché non si trattasse del ragazzo.
- “ Hey. “ – sussurrò lei di rimando.
- “ Tutto ok? “ – chiederle se tutto era ok, in quel momento, le parse inappropriato da parte di Liam. Insomma, lei stava parlando, senza alcun interferenza, per la prima volta da quando quel folle sentimento l’aveva travolta, con lui e non poteva che sentirsi splendidamente, se non meglio ancora. Ma poi convenne che lui non era a conoscenza di quel suo sentimento. Era certa che tutti l’avessero compreso, tutti tranne lui.
- “ Abbastanza. Sono solo.. annoiata. “ – mentì. Poterlo osservare era il suo hobby preferito. Non che fosse una stolker, assolutamente. Ma stava trascorrendo una piacevole serata, senza neppure sforzarsi.
- “ Già. Louis sa essere pensate con quei suoi giochetti da bambino rimbecillito. “ – borbottò Liam, indicando l’amico che, dal canto suo, si divertiva come mai prima, spronato da Harry e da Francesca.
Hayley sospirò. Liam non aveva capito nulla, di nuovo. Non era Louis ad annoiarla, era la situazione, il non poter stargli vicino.
- “ Darei oro per andarmene. “ – alle parole della rossa, Liam colse la balla al balzo, capendo che un’opportunità simile non gli sarebbe ricapitata facilmente, mentre Hayley mordeva le labbra, frenando l’istinto di proporgli senza giri di parole di andarsene da quel posto insieme, magari mano nella mano, come una coppietta. Poi una volta fuori, avrebbero potuto passeggiare per la meravigliosa Londra, fare un giro su una di quelle ruote panoramiche che lei tanto amava e suggellare il loro amore con un bacio, un bacio da film o libro.
«Ma finiscila!» si disse, continuando a sperare che Liam avesse capito.
- “ Anch’io.”  - l’appoggiò il ragazzo. – “ Direi che potremo fare un giro noi due, vedo che gli altri sono impegnati. “ – e dandosi uno sguardo intorno, per accettarsi di non aver detto fandonie, constatò che tutti avevano qualcosa da fare, tranne loro.
- “ E’ un ottima idea. “ – squittì Hayley, alzandosi in un lampo dalla sedia, gesto che lasciò perplesso Liam. La vedeva stranamente felice di trascorrere qualche minuto con lui, il ché non poteva che fargli provare un piacere ben accetto. O forse era semplicemente lui a farsi film su film, come sempre.
Si mise in piedi, afferrando la giacca posta sulla sua sedia, fece un cenno a Niall e imitò un saluto al resto del gruppo, prima di condursi alla cassa dove Hayley, furba, cercava di pagare la sua cena. Non glielo avrebbe permesso, pensò.
- “ Pago io per lei. “ – esclamò, rivolgendosi ad una ragazza, posta dietro la cassa. Evidentemente spettava a lei calcolare le entrate, quella sera. Liam prestò pochissime attenzioni a quella tipa dall’accecante chioma bionda. Non che la trovasse brutta, ma avendo al suo fianco la creatura più bella, esistente al mondo, non sentiva il bisogno di deliziare la sua vista, con altre viste, se non con Hayley.  Quest’ultima, poi, era in piena crisi isterica. Non voleva che Liam pagasse per lei, al contempo le faceva piacere che lui compiesse un gesto del genere nei suoi confronti. Si trovava, di conseguenza, in difficoltà, mentre tentava disperatamente di non cedere agli occhi del biondo che cercavano di convincerla a lasciarlo fare. La scena strappò un sorriso alla cassiera, trovandoli fin troppo teneri e complici per essere solo amici.
- “ Non fare storie. “ – le disse Liam, sorridendo.
- “ Sono in debito. “ – precisò la rossa.
- “ Oh, che gran problema. Ci tocca trovare un modo per farti sdebitare! “ – la sfotté.
- “ Idiota.  “ – fu l’unica risposta della ragazza che, riluttante, passò lo scontrino all’amico che l’osservava divertito. Questo pagò, per poi prenderla per mano, gesto inaspettato, e trascinarla fuori da quel caos, sotto lo sguardo vigile dei loro compagni.
- “ Dite che succederà qualcosa? “ – domandò Louis, osservando l’espressione felice di Liam e quella coinvolta e dannatamente imbarazzata di Hayley.
- “ Era ora! “ – proruppe Harry, facendo finire tutti in risate.
Solo una tra loro non riuscì, stranamente, a sentirsi parte di quella gioia.
E Francesca sapeva che il motivo di quella sua reazione era seduto al suo fianco e portava il nome di Louis William Tomlinson.


my space: 
Heeeeello guys.

DITEMI SE NON SIETE 
ANCORA SCONVOLTE DOPO LA 
VISITA DI QUEI CINQUE DEMENTI 
IN ITALIA. :')

QUANTE DI VOI 
ANDRANNO AD UNA TAPPA
DEI LORO CONCERTI..?
IO NON ANDRO'.. CHE GIOIA. lol
I MIEI GENITORI NON SONO
ABBASTANZA "MATURI"
DA CAPIRE QUANTO IO
AMI QUEL GRUPPO.
MA FA NIENTE.. NON VOGLIO
DEPRIMERVI. (:

NOOOW, IL CAPITOLO 
HO SEGNATO DI VEDERE UNA GIF 
PARTICOLARE, RAFFIGURANTE HARRY.
SPERO DI FACCIA 
LETTERALMENTE COLLASSARE. 
AHAHAHAHAHA

VI LASCIO ALLE GIF, MA 
RICORDATE CHE QUI
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1341022&i=1
C'E' LA MIA NUOVA 
STORIA SU HARRY.. 
SE MAGARI LASCIASTE 
QUALCHE RECENSIONE IN PIU'
AL CAPITOLO, POTREI AGGIORNARE.
CI TENGO. (:

NOW.
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

                                                  Love you,boy. 
LET ME DIE. 

 
SIETE FIGHI, OKAY? OKAY.                                                                                                                


My life: Them.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici: Dove si Vola. ***


“E non fermarti a quest'attimo
Che non ritornerà
E dimmi che ogni momento per noi
sarà fantastico.”
Marco Mengoni-Dove si vola

 Narratore Esterno.
Sam sfregò le mani, indolenzite.
Londra gelava, eppure nessuno osava rientrare nella propria abitazione. Il centro, in particolare, era affollato. Il tutto rendeva la città romantica, sebbene il freddo, il rientro nelle scuole e la ripresa dei lavori potessero far mutare l’umore degli abitanti da gioioso a nero.
L’azione della ragazza non passò inosservata al moro al suo fianco che si apprestò a porle qualche domanda a riguardo.
- “ Hai freddo? “ – Zayn portò la sigaretta tra le labbra e l’aspirò a pieni polmoni, nell’invano tentativo di provare calore. In realtà si sentiva spesso accaldato, quando portava lo sguardo sulla mora. Osservava i suoi lineamenti e formulava pensieri su quanto fosse fortunato a poter passeggiare al suo fianco. E le sue teorie riscontravano basi di verità quando, guardandosi attorno, poteva vedere molti ragazzi fulminarlo, per poi dare importanza solo a lei che sembrava non accorgersi di nulla.
- “ Sto gelando, a dire la verità. “ – ammise Sam.
Zayn aspirò un’ultima volta quel poco che rimaneva di un’intera sigaretta e gettò via il mozzicone, per poi prendere la ragazza per mano e trascinarla in un vicolo. Lo attraversarono per interno, senza fiatare, e quando giunsero alla fine, svoltarono a sinistra e ne intrapresero un ennesimo, più piccolo, grazie al quale sbucarono proprio davanti il pub in cui avevano cenato.
- “ Vuoi ritornare al pub? “ – gli domandò.
- “ Che?! No. “ – rispose lui che poco la stava ad ascoltare. Aveva un idea che gli ronzava nella testa e voleva portarla a termine.
In men che non si dica si ritrovarono a sfrecciare fra le vie di Londra, all’interno dell’ormai conosciuta Porche che Sam amava. Zayn aveva acceso i riscaldamenti e si preoccupava di chiedere ogni minuto alla ragazza se si sentisse meglio. Questa rispondeva di sì, trovando divertente il modo in cui il ragazzo si prendeva cura di lei. Non era affatto un comportamento alla Malik, cose che le piaceva in modo impressionante.
- “ Va meglio? “ – le chiese, per la centesima volta in pochi minuti.
- “ Si. “ – sbuffò. – “ Ti preferivo maschilista e poco rompicoglioni. Ripensandoci.. sei sempre stato un rompipalle. “ – Malik rise. Trovava buffo quel lato rozzo della ragazza. La finezza che sapeva possedere spariva e ricompariva a suo piacere, diventando scaricatore di porto prima, principessa d’Inghilterra dopo.
- “ E io ti preferivo fine. Ripensandoci.. non lo sei mai stata. “ –
- “ Stai perdendo punti, Malik. “ – ci tenne a fargli notare.
- “ Tu non ne hai mai acquistati. “ – non riteneva di essere quel tipo di ragazza pignola che con poco se la prende. Ma inevitabilmente, le parole che Zayn le rivolse non le rimasero indifferenti, cosa che la spiazzò non poco.
Rimase in silenzio qualche istante, prima di accomodarsi al meglio sul sedile e concentrare l’attenzione sulla vista del finestrino. Stavano uscendo fuori città, dettaglio irrilevante per chiunque non fosse stato Samantha Wilson. Per lei intraprendere un certo tipo di strada, equivaleva ad un input per generare riflessioni e pensieri sulle destinazioni, sugli svariati tipi di situazioni che avrebbe trovato al suo arrivo.
Entrava con facilità a far parte di un universo parallelo, solo suo, in cui era obbligo escludere chiunque conosceva, per poter vivere in pace qualche minuto.
- “ Non dirmi che te la sei presa. “ – esclamò Zayn, all’improvviso. Scrutandola attentamente con la coda dell’occhio, il ragazzo era rimasto impressionato dalla bellezza che emanava Samantha. Gli parve d’avere al suo fianco un angelo. Un angelo imbronciato, ma pur sempre un angelo.
- “ No. “ – fu semplicemente la sua risposta della mora, intenta ad intrappolare nella memoria flash dei diversi panorami.
- “ Sicura? “ – riprovò.
- “ Assolutamente. “ – disse solo.
Per interrompere quel silenzio così fitto, Zayn scelse una stazione radio che accese. Le prime note di Because Of You di Ne Yo proruppero nell’auto, scatenando un sorriso sui volti dei ragazzi che non parvero volerli mascherare.
Sam prese a canticchiare, un po’ per voglia, un po’ per mostrarsi talentuosa.
Dal canto suo, Zayn l’ascoltava sorridendo. Grazie a lei, qualsiasi occasione era buona per lasciarsi andare ad un sorriso, una risata, provando emozioni che in passato di rado aveva sperimentato.
Poi fu la volta del ragazzo, che la interruppe appena in tempo per poter dare del suo meglio, privando di parole Sam, al suo fianco.
Per l’ennesima volta, Zayn le aveva permesso di sentirlo cantare e, per l’ennesima, volta Sam era giunta a conclusione che Zayn possedeva una voce sensazionale, con una certa tendenza per i virtuosismi arabi. Ma nell’insieme, amava le melodie da lui riprodotte, amava il modo in cui si lasciava andare, picchiettando i pollici contro il volante, stretto tra le mani forzute. Amava persino quando socchiudeva gli occhi, senza perdere il controllo della strada, per scuotere la testa, a ritmo di musica.
- “ Sai di avere una bella voce? “ – improvvisò Samantha, durante una pausa del moro.
- “ Lo so. “ – si pavoneggiò Zayn. – “ E tu sai di essere bellissima? “ – la ragazza avvampò in modo evidente ed evitò di rispondere. Istintivamente, non riusciva a ritenersi una gran bellezza, ma non lamentava mai difetti fisici. Aveva poca autostima, quando in realtà era di una bellezza sconvolgente.
- “ Siamo arrivati. “ – disse Zayn, spegnendo il motore dell’auto. Sam si guardò bene attorno. Si trovavano davanti il college, non nei pressi del dormitorio. Che Zayn avesse commesso un errore?
- “ Perché siamo qui? “ – domandò.
- “ Voglio portarti in un posto. “ – le rispose.
Le prese una mano, gesto che gli veniva naturale, e la condusse nella strada scura, per un breve tratto, fin quando non giunsero dinanzi quello che parve a Samantha una gelateria, ma Zayn sapeva essere un bar particolare, in cui era data la possibilità a piccoli artisti di farsi sentire, anche solo per divertimento.
La fece entrare poi, mentre salutava qua e là conoscenti.
Il locale non era immenso, ma neppure piccolissimo, accogliente e intimo. Poco illuminato per conferire un tocco di relax. Si stava decisamente bene.
Le propose di sedersi in un piccolo tavolo circolare, arredato con sedie nere in plastica. Sam scrutava, affascinata, ogni cosa, persona, dettaglio che l’occhio attento coglieva.
- “ E’ bello qui. “ – mormorò a Zayn, mentre questo le si sistemava accanto.
- “ Già. “ –
- “ E vedo che sei molto conosciuto. “ – continuò la mora quando un gruppetto composto da tre adolescenti, che dimostravano suppergiù sedici anni,  presero a salutare Zayn in modo piuttosto enfatizzato.
- “ Questo posto mi piace. “ – ammise il ragazzo, passandosi una mano sul collo, impacciato.
- “ Immagino. “ – ridacchiò Sam, per niente sconvolta. Stava prendendolo in giro. Conoscendo Zayn, con delle “marmocchie”, da lui così definite, si sarebbe limitato ad uno sguardo sexy, azzardando una mano tra i capelli neri, se aveva voglia di divertirsi davvero.
Non sarebbe arrivato ad un bacio o ad un flirt accentuato.
- “ Sei così pervertita! “ – sbottò il moro, facendola ridere di cuore. – “ Sei persino peggio di Harry. “ –
- “ Questo sì che è un complimento.”  - commentò Sam, trascinando Zayn in una dolce risata, interrotta solo dall’arrivo di un’ennesima adolescente. Questa, però, era diversa. Aveva dei lunghi capelli mossi, tendenti al riccio, portati di lato. Vestiva con una maglia a mezza manica nera, decorata con la scritta ‘New York’, una camicia sbottonata, di un colore misto tra l’azzurro chiarissimo e il bianco, un paio di jeans stretti alle caviglia e aderenti sulle gambe, ed un semplice paio di Vans. Due dettagli catturarono l’attenzione di Samantha: gli occhi, verdi e profondi, dolci ed innocenti, ed una collana che portava lungo il petto, con una nota musicale come ciondolo, simile ad uno dei suoi.
Più la osservava, più si rivedeva in lei a quindici anni.
La trovava fottutamente bella. Si sa che la bellezza è soggettiva all’occhio umano, ma Samantha trovava che in quella ragazzina ci fosse del buono, si rivedeva in lei e le bastava per capire cosa provasse ogni minimo secondo.
In quel momento, ne era certa, era terrorizzata. Eppure sul suo viso non trapelavano emozioni, cosa che persino Samantha aveva preso il vizio di non far notare, a quell’età.
Zayn, intanto, fissava la ragazzina, trovandola familiare. Anche lui aveva notato due cose di lei: il taccuino stretto tra le mani, doveva quindi essere lì per prendere qualche ordinazione, e gli occhi. Anche lui li trovava talmente belli da renderlo sicuro che, negli anni a seguire, quando avrebbe avuto la sua età, qualunque ragazzo le avrebbe chiesto di uscire.
- “ Sono qui per prendere le ordinazioni. “ – disse concentrando l’attenzione, riposta poco prima su dei comici che si esibivano e che facevano ridere l’intero locali, sui due ragazzi. Tentava di mantenere ferma la voce, ma le era difficile. Che fosse spaventava, parve davvero chiaro a tutti e due.
- “ Come ti chiami? “ – le chiese Samantha, porgendole un sorriso di conforto che funzionò. La quindicenne sembrò più rilassata.
- “ Letizia. “ – i due ragazzi sorrisero. Era un nome strano per un’inglese. E a giudicare dalla faccia, persino la ragazzina lo pensava. – “ E’ italiano, strano e insolito per un’inglese. Lo so. “ – ammise.
- “ E’ grazioso, invece. “ – la rincuorò Sam.
- “ Grazie. “ – rispose l’altra, arrossendo. Sì, era decisamente lei da piccola, pensò Sam. La ragazza, Letizia, portò per un attimo lo sguardo su Zayn e divenne una pietra. Questo se ne accorse e non poté non cedere ad un sorriso divertito. Credeva di aver fatto breccia nel cuore di un’ennesima ragazza.  
- “ Non mordo, tranquilla. “ – Letizia non sembrò tranquillizzarsi, però.
- “ Abbai troppo, infatti. “ – Zayn osservò con attenzione la ragazzina, per poi rendersi conto della famigliarità con cui la ricordava. Sembrava l’avesse già vista, cosa probabile visto che lui amava passare serate segrete in quel locale, ma perché lo odiava a priori?
In un lampo un sorriso sghembo si posò tra le sue labbra, abituate a quell’espressione. Pensò che doveva certamente averla illusa con qualcuno dei suoi atteggiamenti ‘terribilmente sexy e hot’.
- “ Cosa ti ha fatto? “ – domandò con neutralità Sam che, a differenza del ragazzo, era giunta ad una conclusione differente: Zayn doveva aver commettere un torto grande, per indurla a reagire in quel modo. Torto che non aveva niente a che fare con atteggiamenti da playboy, soliti in Zayn.
- “ Tutti i sabati io servo qui, per aiutare mia madre..” – bastarono quelle parole per far intendere al moro di cosa stesse parlando.
- “ La figlia di Mary. “ – sussurrò, portando la testa tra le mani.
 “ ..e proprio lei mi aveva chiesto di prendere le ordinazioni. C’era anche lui..” – continuò, alludendo poi al ragazzo. – “ ..sono andata a chiedergli cosa desiderava prendere e lui, prima mi ha guardata schifato, poi mi ha detto di levarmi dalle palle perché doveva ‘ammirare’ quattro oche che facevano uno spogliarello ed infine mi ha lanciato una serie di minacce. E a pensare che mia madre lo reputa un bravo ragazzo. “ – Sam rimase in silenzio qualche secondo, proprio come Letizia. Non voleva guardare Zayn, sarebbe stata capace di prenderlo a sberle. Lui, invece, si sentiva tremendamente in colpa. Era stato rude, maleducato e bastardo con la ragazza la cui unica colpa era quella di aver fatto il suo lavoro.
- “ Ti chiedo scusa. “ – le disse allora, vedendo che nessuna di loro osava parlare. – “ Sono stato uno stronzo e sì, mi sono comportato male.” – Sam sorrise nell’ombra. Mai lo aveva sentito scusarsi prima con qualcuno.
La ragazza rimase per qualche secondo sulle sue, diffidente.
- “ Non farai più il bastardo? “ – chiese Letizia, senza alcuna paura.
- “ Mai più. “ – le sorrise, prima di farla avvicinare e sussurrarle qualcosa all’orecchio, qualcosa che l’imbarazzò, ma che, come Sam si aspettava, mascherò.
- “ Non funziona con me. “ – disse ridendo. – “ Cosa vi porto? “ – ripeté, tra le risate sue e di Zayn. Risuonavano dolcemente nella testa della mora che, seduta al fianco di Zayn, li contemplava soddisfatta.
I due ordinarono, prima di congedarla. Fu a quel punto che Sam prese ad ammirarlo, affascinata. Sì, le ricordava senza alcun dubbio un principe azzurro, con occhi e capelli scuri.
- “ Cosa le hai detto? “ – domandò, curiosa.
- “ Gelosa? “ – controbatté, avvicinandosi a lei che scoppiò a ridere.
- “ No, sono solo curiosa. “ – Zayn fissò gli occhi in quelli di Sam, stringendo le loro mani in una solida stretta, prima di parlarle.
- “ Le ho detto che ha degli occhi bellissimi e che, sono certo, diventerà stupenda alla tua età, perché.. ti somiglia molto. “ – quindi quella famigliarità non era stata solo frutto della sua immaginazione, convenne Sam che arrossì.
- “ Quindi, io sarei bella. “ – tentò d’incastrarlo.
- “ Tu sei bellissima. “ – non s’imbarazzò. Non perché non trovò del romanticismo nel complimento. Semplicemente sentì per la prima volta che quel complimento, da parte di Zayn, era dettato dal cuore, non da un astuto piano per incastrarla nella sua ragnatela.
Risero ancora, presi dal momento. Insieme erano perfetti, insieme erano loro stessi ed entrambi cominciavano a rendersene conto.
 
Letizia tornò dietro al bancone, dopo aver portato ai clienti le ordinazioni, e si focalizzò su due di loro in particolare, mentre cominciava ad asciugare con una pezza alcuni bicchieri lavati poco prima. Sam e Zayn, ecco chi contemplava.
Sorrise. Lei era gentile, non sembrava quel tipo di ragazza fissata con trucchi e robe del genere, eppure era bellissima. Soprattutto, non era la solita ‘puttanella’ con cui il ragazzo se la spassava ogni sabato sera.
Zayn le pareva cambiato. Era sempre stato un maniaco, a suo dire. In quel momento le ricordava un ragazzo innamorato.
- “ Sono carini, eh? “ – le domandò sua madre, sbucando dalla porta che, dalla cucina, portava direttamente dietro il bancone del bar.
- “ Lo sono. “ – rispose, sorridendole. – “ Fin quando lei non capirà com’è lui davvero. “ – sospirò infine.
Sua madre la guardò per un attimo interdetta, poi prese a fissare il ragazzo e capì. Zayn non era tipo da relazione seria o da innamoramenti e, se si era spinto a tal punto da cambiare per lei, qualcosa doveva esserci sotto.
Posò una mano sulla spalla della figlia che accennò un sorriso amaro.
- “ Quanto pensi durerà questa pantomima? “ – chiese alla madre.
- “ Durerà. “ – rispose la donna, dopo aver lanciato un’occhiata alla coppia. – “ Non credo che sia ancora iniziata, ma durerà.. “ –
- “ E io ti dico che quella ragazza soffriva come nessuno. “ – Letizia sembrava fermamente convinta del suo pensiero, cosa che lasciava perplessa la madre. Perché tanta sicurezza?
- “ Non portare sfiga. “ – bofonchiò.
- “ Oh, credimi. Non voglio portargliene. Lei mi è simpatica. Ma quel tipo.. Zayn.. chi lo capisce è bravo. Com’è realmente fatto e cosa nasconde, lo sa soltanto il cielo. “ – madre e figlia si guardarono, prima di lasciar cadere il discorso.
Una voce interiore suggeriva ad entrambe che il ragionamento della quindicenne era più che giusto.
 
Correva nei corridoi del dormitorio, sentendo il fiato corto. E un ricordo si espandeva nella sua mente. Ripensava a quando pochi minuti prima aveva lasciato Sam davanti la sua stanza, a quando le aveva stampato un ennesimo bacio in prossimità delle labbra, consapevole di quanto avesse voluto spostarsi di pochi millimetri e lasciare un segno sulla bocca rossa della ragazza.
Poteva percepire ancora l’odore dei suoi vestiti penetrargli le narici, giungere al cervello e mandarlo in tilt. Un certo tremolio nelle gambe, gli fece ricordare persino le poche parole che si erano rivolti mentre si salutavano.
 
“- “ E’ stato bello. “ – ride lei.
- “ Già. Dovremo replicare. “ – si affretta a dirle lui, trovando un’ennesima scusa per giustificare questa strana voglia di lei e dei momenti trascorsi in sua compagnia.
- “ Perché no. “ – termina Sam, allargandosi in un sorriso. Poche parole che lo lasciano perplesso. Lei è felice di ricevere un altro invito da lui, contrariamente a quanto si aspettava. Lei ama le loro risate e Zayn se ne rende conto.
Non è normale, non è assolutamente normale.
- “ A domani allora. “ – l’avvicina a sé e le bacia una guancia, prima di avvolgerla in un abbraccio inaspettato. Un abbraccio che nella sua mente tramuta in ben altro. Un abbraccio che stava a significare un “Ti voglio”.
E riflettendo su quanto ha pensato, si allontana in modo brusco da lei, facendo poi finta di essersi ricordato di dover fare una piccola commissione, prima di andare definitivamente a dormire.
Un occhiolino, un sorriso e via.
Deve dimenticare i pensieri formulati poco fa, ma che solo in questo momento capisce essere stati parte di ogni suo attimo, da quando l’ha conosciuta.”
 
Come un pazzo, arrivò davanti la porta di una stanza, non la sua. Fece per bussare, quasi incerto, ma all’improvviso il suo cellulare emise due bip ad indicare un messaggio.
Liam.
«Rientro tra un paio di ore. Niall si ferma in hotel con Juliette.»
Non ebbe la forza di rispondere, né di mostrare un minimo di contentezza. Si sentiva soltanto sollevato, solo questo.
Stava per bussare ancora, ma si fermò.
Sicuramente in quella stanza c’erano due inquilini, non avrebbe potuto andare fino in fondo . La sua stanza, fortunatamente, era libera.
Bussò, stavolta. Stropicciò gli occhi, riflettendo su cosa dire, prima che la porta si aprisse.
- “ Zayn? Cosa..? “ – non le diede tempo di aggiungere altro. La spinse poco più all’interno della stanza, baciandole le labbra fin troppo carnose, evidentemente finte.
- “ Preparati, vieni da me per un paio di orette. “ – Allyson sorrise, felice.
Stampò un ennesimo bacio sulle labbra del ragazzo, ripugnato. Si cambiò rapida, senza neppure avvisare la coinquilina, Jade, che dormiva beata.
 
Gemiti, lamenti.
Era la terza volta che lo rifacevano, dopo ore. E Zayn sentiva che non era abbastanza. Allyson non lo soddisfaceva, perché il suo pensiero puntava sempre qualcun’altra che non immaginava nuda o in pose sconvolgenti.
Bastavano il suo sorriso e la sua voce o i suoi occhi e il movimento con il quale spostava i capelli dal viso.
Sam lo tormentava, e più il suo pensiero lo invadeva, più diventava rabbioso, sperimentava nuove pose, facendo impazzire la finta bionda che non aveva con lui lo stesso effetto.
I minuti trascorrevano, e con questi aumentavano le preghiere che Allyson gli rivolgeva, implorandolo di farla sua ancora, evitandole lo strazio di piaceri intensi, ma provocatori.
- “ Ti prego Zayn.” – gemette, alla fine. Il ragazzo si convinse, ormai stanco di starla a sentire. Penetrò in lei e diede inizio ad una serie di gesti che per poco lo liberarono da svariati pensieri.
Ancora gemiti, lamenti.
Alla fine si accasciò su di lei, stremato.
Sentiva il respiro della ragazza farsi più accelerato e probabilmente desideroso. Ma per il momento doveva frenare ogni desiderio, Liam sarebbe tornato a minuti.
- “ E’ ora che tu vada. “ – le disse, tentando di essere meno sgarbato possibile.
- “ Non posso rimanere con te? “ – quel pizzico di dolcezza nella voce di Allyson, lo stravolse. Lo amava? Non doveva amarlo, perché lui non ricambiava nessun tipo di sentimento per lei, se non ribrezzo.
- “ Liam tornerà a minuti. “ – le stampò un bacio sulle labbra, poco convinto a lasciarla andare. Forse un ennesimo giro lo avrebbe saziato per qualche giorno, allontanandolo da pensieri impuri su Sam, ma si ridestò, ricordando il ritorno imminente di Liam.
Anche se poi, riflettendoci, erano passate più di un paio d’ore, il suo amico non era ancora rincasato e non era affatto da lui trasgredire un coprifuoco, se così è definibile.
In qualsiasi caso, non voleva comunque permettere alla ragazza di rimanere in sua compagnia.
Aiutò Allyson ad alzarsi, le raccolse persino i vestiti e quando fu pronta l’accompagnò alla porta. Dopo averle regalato un ennesimo bacio poco casto, la congedò.
- “ Ciao Zayn. “ – sussurrò quella.
- “ Ciao piccola. “ – furono le sue ultime parole per quella notte. Parole che gli lasciarono uno strano sapore amaro tra le labbra.
Quel ‘piccola’ da lui detto, si addiceva ad una sola ragazza. E non si trattava di quella a cui lui l’aveva rivolto.

#Nota: Dedicato a Letizia, proprio come promesso. Spero ti piaccia. (: 

my space: 
CIAAAAAAAO BELLE. 
NON POSSO DILUNGARMI, NE
INSERIRE GIF STAVOLTA, MA 
SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA
COMUNQUE.

SAPPIATE CHE TRA QUALCHE CAPITOLO
INIZIERA' IL DELIRIO. 
*SCLERA* 

bye, girls. 
p.s. grazie per ogni singola recensione e 
per ogni singolo attimo
passato su questa storia. 
VI AMO. 

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici: We Found Love. ***


“Eil modo in cui mi sento, non posso negarlo.
Ma devo lasciar andare via tutto.”
Rihanna-We Found Love

Un fracasso ed aprii gli occhi.
Mi guardai bene attorno, notando una figura in abiti eleganti rientrare in camera di soppiatto.
Sghignazzai.
Quando Hayley non voleva farsi scoprire, automaticamente riusciva nel contrario. Lanciai una rapida occhiata alla sveglia, notando che l’ora era tarda per far ritorno.
Avevo lasciato la rossa verso le dieci e mezza della sera precedente, per ritrovarla solo alle otto e mezza della mattina seguente.
- “ Dimmi Hayley..” – iniziai, facendo sussultare la mia amica che, di spalle, sistemava il porta ombrelli che aveva fatto cadere. – “ Per quale oscuro motivo hai passato la notte fuori e stai rientrando solo ora? “ – Hayley mi sorrise in imbarazzo, sperando che un semplice sorriso bastasse a togliersi di torno le miriadi di domande che sapeva avrebbe subito sia da me che da Juliette, più da quest’ultima ad essere sinceri.
In realtà avevo una vaga idea di ciò che quella notte era successo.. potevo anche metterci la mano sul fuoco. Hayley mi aveva avvertita che avrebbe fatto tardi, essendo in compagnia di Liam, ma mai aveva accennato al pernottamento altrove.
Non essendo il tipo di ragazza che si ubriacava o che amava correre pericoli, avevo potuto appurare che la mia migliore amica era stata con Liam.. in tutti i sensi.
- “ Non te la scampi con un sorrisino. “ – la provocai, facendole a mia volta un occhiolino che la indusse a ridere, presa probabilmente dall’emozione. Potevo ben vedere nei suoi occhi uno strano luccichio che aveva forse dell’incredibile. Mai quel paio di occhi scuri avevano brillanto con tanta radiosità.
- “ Okay.. cosa vuoi sapere? “ – domandò, disfacendosi degli abiti che la sera prima l’avevano resa una vera e propria stella.
- “ Vuoi che sia diretta o che faccia giri di parole? “ – le chiesi, mettendomi a sedere a gambe incrociate sul letto malconcio.
- “ Sii diretta, te lo chiedo per favore. “ – sghignazzò.
- “ Va bene.. com’è stato farti mio cugino? “ – non potevo essere più schietta. E a giudicare dalla reazione che ebbe, lo ero stata anche troppo per i canoni di Hayley.
- “ E’ stato..” – attesi per qualche attimo, con il fiato sospeso, perché lei trovasse le parole più adatte per descrivere ciò che aveva provato. – “ Magnifico. La notte più bella della mia vita.” – in preda alla felicità, scattai in piedi e l’abbracciai talmente forte da doverla lasciare poco dopo, sentendola gemere.
- “ Sono così contenta. “ – commentai, entusiasta.
- “ Figurati quanto lo sono io. “ – rispose, indossando il pigiama.
- “ Quindi ora state insieme? “ – parve titubante all’inizio, ma poi annuì ammettendo sia a me che a sé stessa di potersi ritenere  la ragazza più felice al mondo.
- “ Devi raccontarmi tutto. “ – urlai, lanciandomi sul materasso.
Quando mi voltai a guardarla, la vidi in difficoltà, quasi le riuscisse problematico esporsi senza alcun imbarazzo. Tipico della timidezza di Hayley. – “ Sempre se ti va. “ – mi corressi subito.
- “ Ma certo. “ – accettò, sorridendo.
 
Narratore Esterno.
Era presto, lo sapeva.
La radiosveglia sul suo comodino glielo segnalava continuamente. Eppure Zayn quella notte aveva dormito si e no un paio d’ore. Le circostanze lo torturavano non poco.
Decise di mettersi in piedi per fare una doccia e dedicarsi a qualsiasi cosa lo distraesse da ogni riflessione.
Si rifugiò nel bagno e quando ne uscì venti minuti dopo, munito di asciugamano legato alla vita, trovò uno dei suoi coinquilini, steso sul suo letto, con sguardo sognante: Liam.
- “ Buongiorno amico, passata una buona nottata? “ – ridacchiò Zayn, stupito di trovarlo proprio sul suo letto. Liam compiva quel gesto ogni qual volta aveva bisogno di parlare con Zayn, che immediatamente sapeva quale atteggiamento adottare.
- “ Altroché. “ – ammise il ragazzo, passando le mani sul volto.
- “ Lo immaginavo. Non sarà che hai fatto breccia nel cuore di qualcuno? Magari di una rossa? “ – nel gruppo, tutti erano a conoscenza dell’enorme cotta che Liam aveva per Hayley e, prevedibilmente, avevano inteso persino che lei ricambiava il tutto.
Il problema era farlo comprendere anche ai diretti interessati.
Liam guardò sottecchi Zayn, prima di afferrare il cuscino e posarselo sul viso, sperando di non subire un interrogatorio che sapeva non avrebbe avuto inizio da Zayn, se non gliene avrebbe dato modo.
- “ Non mi torturare. “ – lo riprese.
- “ Sei tu ad essere spiaccicato sul mio letto, amico. “ – Liam rise.
A dirla tutta era arrabbiato con Zayn, ma la sera precedente lo aveva osservato nel dettaglio ed aveva dovuto ammettere a sé stesso che l’amico diventava un’altra persona con sua cugina, la stessa persona premurosa, presente e tremendamente diversa che era con lui e che spesso si mostrava anche al gruppo.
Ed in quel momento aveva necessità di sfogare ogni sentimento, parlandone con il suo migliore amico. Non rimase sulle sue né impedì a Zayn di stargli vicino, scostò anzi il cuscino e si diede alla pazza gioia.
- “ Okay.. stanotte sono stato con Hayley. “ – Zayn mascherò un sorriso compiaciuto, per non imbarazzare l’amico che aveva fatto certamente uno enorme sforzo per parlarne apertamente.
- “ Cosa intendi con “sono stato”? “ – domandò, fingendosi disinteressato.
Liam prese un respiro profondo, mettendosi a sedere sul letto, prima di rivelare ciò che Zayn già intuiva:
- “ Abbiamo fatto l’amore. “ –
 
Sam.
I giorni a seguire furono strani.
Più che strani, oserei definirli strazianti. Hayley e Liam non avevano più tempo da dedicarmi e, con sincerità, li capivo. Si amavano da tempo ed era giusto che trascorressero la maggior parte del loro tempo insieme, come una vera coppia.
Che lo fossero, era stato ufficializzato. Entrambi avevano spezzato molti cuori, ma non è questo a frenare un amore.
Per il resto, Juliette era sempre più impegnata con la squadra delle cheerleader per le partite di inizio stagione e, com’è risaputo, è importante che ogni incitamento alla squadra sia il più efficace possibile. Così, la mia cara cugina passava ogni pomeriggio in palestra, la sera rientrava in camera tardi, cenava e pranzava con la squadra, non sapevo come trovasse tempo per lo studio, ma lo faceva, e la mattina si volatilizzava prima ancora che potessi dirle buongiorno.
Niall era, come l’intera squadra di football, perennemente occupato con gli allenamenti. Quando ci vedevamo, finivo sempre con l’offrirmi di fargli i compiti d’inglese, vedendolo stremato ed esaurito.
Francesca era sempre occupata.
Diceva di avere compiti, di sentirsi poco bene, stanca o di avere impegni irrimandabili. Ce n’era sempre una a dividerci, il ché mi lasciava pensare che mi evitasse. Ed era assai probabile che lo facesse, anzi. Era evidente. Non rispondeva né alle mie chiamate, né ai messaggi. Quando lo faceva mi liquidava con le solite frasi tristi del tipo ‘Scusami, ma sono così impegnata, magari ci sentiamo dopo.’ Facendomi sentire un peso l’umanità.
Se Francesca sembrava mi evitasse, con Louis avevo la certezza che lo facesse.
La mattina non aspettava il mio arrivo davanti l’armadietto, non andavamo quindi a fare colazione insieme. A pranzo non mi sorprendeva alle spalle, facendomi scoppiare in risate. Il pomeriggio non veniva a torturarmi per un’oretta durante la pausa dagli allenamenti, né disturbava il mio studio con chiamate inutili.
In realtà non mi chiamava mai, né rispondeva alle mie di chiamate.
Quando mi vedeva cambiava strada e non chiedeva di me a nessuno, a quanto mi era stato riportato.
Avevo anche tentato d’intercettare i suoi spostamenti, ma lui mi conosceva ed era prevedibile che io lo attendessi dove sapevo sarebbe passato, quindi puntualmente non si faceva trovare.
Zayn era un capitolo a parte.
Non si faceva vivo dalla sera dell’uscita collettiva. Era bravo a non farsi scovare tra la gente. Non m’inviava più la buonanotte, né veniva a salutarmi la mattina. E non pranzava nella mensa con la squadra, impedendomi di chiedergli spiegazioni.
Non mi sbilanciavo con chiamate o ricerche varie, nel suo caso, per orgoglio e timore, ma mi mancava, cosa che mi sorprendeva.
Harry era l’unico che, ai miei occhi, restava sempre lo stesso, ma che pure mi stava sorprendendo giorno dopo giorno.
Era l’unico che mi salutava, azione insolita, l’unico che non provava vergogna di farsi vedere da me o con me. Quando avevamo materie in comune si sedeva al mio fianco, mi chiedeva o passava appunti, talvolta mi strappava persino una risata.
Forse vederlo sedersi al mio stesso tavolo, al mio fianco, in mensa quando nessuno dei miei amici aveva tempo per me o si ricordava della mia esistenza, quasi fosse l’azione più naturale e normale al mondo, e parlarmi con disinvoltura, mi aveva sconvolto più di tutto.
Non mi fidavo di lui, né lo ritenevo mio amico, ma averlo al mio fianco in quel momento mi faceva bene.
Mi ricordava che anche io esistevo e che quel periodo di confusione sarebbe passato.
Restava comunque il fatto che mio cugino non aveva neppure tempo per un saluto, la mia migliore amica non era più sé stessa, mia cugina era scomparsa dalla mia vita, Niall era stremato dalla situazione, Louis mi evitava, Francesca non mi calcolava, avevo dato Zayn per disperso e.. Harry si dimostrava umano.
Il mondo stava andando a rotoli.
 
Narratore Esterno.
Due settimane a seguire.
- “ Esci? “ – lo stupore nella domanda di Liam era palpabile. Non vedeva uscire il suo amico da quella stanza, da ben due settimane.
- “ Già. “ – Zayn sistemò la t-shirt e fece per indossare la giacca nera in pelle, il tutto con estremo nervosismo.
Non usciva per davvero da ben due settimane e l’unica volta che lo faceva era per sbrigare l’ultima commissione che avrebbe dovuto e voluto fare.
- “ Vai da Sam? “ – azzardò Liam, sedendosi sul letto. L’occhiata di Zayn che seguì, gli fece desiderare di non aver mai posto quell’ennesimo quesito.
Zayn non voleva parlare di lei, fingeva di non essere interessato a sapere come lei stesse o cosa facesse, anche se bramava tutto il contrario.
Aveva proibito di aprire l’argomento “Sam” in quella stanza e né Niall, né Liam riuscivano spiegare quell’atteggiamento.
- “ Devi per forza tormentarmi? “ –
- “ E tu devi per forza comportarti da ragazzino? Sono due settimane che non esci dalla camera se non per andare al college e agli allenamenti. Non mangi neppure più in mensa. E a tutto ciò si aggiunge il fatto che non vuoi parlare di lei. Mi pare ovvio che poi qualcuno si domandi se voi abbiate discusso ancora. “ – sbottò Liam, giunto all’esasperazione. Gli sembrava esagerato non poter parlare di sua cugina nella sua stanza.
- “ Non abbiamo discusso. “ – furono le uniche parole di Zayn che solo in quel momento capiva di aver sbagliato nei modi. Sicuramente, aveva permesso al suo migliore amico di dubitare di lui o di crearsi qualche film mentale.
- “ E allora perché..” – accennò a Liam di finirla con le domande e fece per andarsene di lì.
- “ Ci vediamo dopo, okay? “ – lo confortò, dirigendosi verso la porta per oltrepassarla. La chiuse alle sue spalle con finta decisione, respirando poi profondamente, incerto. Incominciò a camminare nel dormitorio, sempre attento perché nessuno in particolare lo notasse.
Si fermò solo quando giunse dinanzi una stanza che frequentava troppo nell’ultimo periodo.
Bussò e una massa di capelli biondi fece capolino dall’interno della stanza. Prese un bel respiro e sorrise.
- “ Hey. “ – le disse baciandole le labbra. Allyson sorrise. Oramai aveva la certezza di essere il centro del mondo di Zayn Malik. Lei credeva. Ma la realtà era completamente diversa.
- “ Cosa c’è? “ – gli chiese, tra un bacio e l’altro, chiudendo velocemente la porta.
- “ Avevo voglia di vederti. “ – si giustificò il ragazzo, nello stesso modo.
Inutile dire che nel giro di poco il pavimento venne ricoperto di vestiti, inutile dire che nel giro di poco i due si ritrovarono distesi sul letto della ragazza, inutile dire che nel giro di poco la stanza venne invasa da urla di piacere.
La situazione era ben chiara ad entrambi.
E quando furono stanchi di tutto quel regalarsi ‘bene reciproco’, Zayn raggruppò una massa immane di coraggio e si sforzò di porle una domanda che, se avesse potuto, sarebbe stata destinata ad un’altra.
- “ Vuoi essere la mia ragazza? “ – le chiese, tentando una punta di dolcezza. Non una carezza, non un bacio. La guardava soltanto, senza calare lo sguardo oltre il naso.
Allyson gioì, convinta di essere amata da Zayn ed accettò.
Ma sbagliava ancora.
 Zayn non aveva dimenticato quella strana di voglia di poggiare le sue labbra su quelle di Sam, il sabato di due settimane prima.
Non aveva dimenticato le promesse che le aveva fatto. Non aveva dimenticato le menzogne che le aveva raccontato.
Ma aveva dovuto fare un passo indietro che sapeva sarebbe stato doloroso per entrambi poiché stava per rovinare ogni cosa. Soprattutto, stava per innamorarsi di lei, se non l’aveva già fatto.
 
**
Harry giocherellava con il laccio dei pantaloni della tuta che indossava, disteso sul suo letto ed indeciso su quanto fosse bizzarro quel periodo della sua vita.
Era costretto a mostrarsi gentile e disponibile con la cugina di Liam, Sam, per ordine di Louis. L’aveva praticamente messo alle strette: doveva tenerla d’occhio, starle vicino e far si che lei lo considerasse perlomeno ‘decente’ affinché potesse sorvegliarla al posto del suo migliore amico che, a sua volta costretto, non poteva più godere della compagnia della sua migliore amica.
Non che gli dispiacesse poter parlare con Sam.
Gli era sempre parsa una bella ragazza, simpatica per giunta. Ma con lui diveniva una vera e propria bastarda, lo allontanava in tutti i modi possibili ed immaginabili, conoscendo a perfezione il tipo di ragazzo che tutti credevano fosse. Ma Harry sapeva di non essere affatto come veniva descritto.
Qualcosa di strano circolava nell’aria. La vedeva perennemente strana, tra le nuvole, spesso le appariva debole e troppo disponibile per una chiacchierata, quasi non avesse forze abbastanza per apparire invincibile come sempre.
Louis indagava giorno per giorno, scoprendo sempre e solo frammenti di ciò che realmente lei faceva e che serviva loro per capire cosa la turbasse.
Anche quel giorno era uscito per scoprire cosa, la sua migliore amica, avesse combinato in quella giornata così caotica.
Harry rimase sorpreso quando, circa venti minuti a seguire dall’uscita di Louis, questo fece ritorno, sbattendo bruscamente la porta.
- “ Non hai idea di cosa io abbia saputo. “ – sbottò, crollando sul letto.
- “ Cosa? “ – chiesi con finto interesse.
- “ Zayn..” – bastò quel nome perché il riccio perdesse interesse per qualsiasi divertimento non riguardasse il discorso di Louis. – “ ..ha detto pubblicamente di stare con Allyson. “- spalancò la bocca, incredulo. Non poteva davvero essere accaduto. L’aveva sempre ritenuta una vera e propria sciacquetta, aveva fatto intuire di essere interessato a Sam e improvvisamente faceva marcia indietro?
- “ Non ci credo. “ – mormorò, lasciando perdere definitivamente l’elastico dei pantaloni.
- “ Credici. “ – rispose snervato. – “ Sono incazzato nero con lui, con quella troia di Allyson e.. “ –
- “ Ti piace ancora? “ – lo interruppe con nonchalance.
- “ Certo che no. Mi sta sulle palle perché al suo posto dovrebbe esserci Sam. E a proposito di Sam, sono incazzato anche con lei. “ – ripeté, giustificandosi. Harry ridette del modo in cui Louis riusciva a mostrarsi furioso con il mondo, cosa che accadeva talmente di rado, da far sembrare un evento quelle poche volte in cui perdeva le staffe.
- “ Perché ce l’hai con lei? “ – gli chiese.
- “ Non avrebbe mai dovuto accettare quella scommessa con Zayn. “ – sussurrò l’amico, massaggiandosi le tempie. Era evidentemente stanco di tutto quel trambusto.
Senza alcun preavviso, Louis saltò in piedi e si sedette di fronte al suo interlocutore, nel letto di quest’ultimo, prendendo un lungo respiro prima di dire:
- “ Harry, tu devi aiutarmi. “ – il riccio lo guardò senza capire. – “ Dovrai essere molto più che una semplice spia per me. Dovrai diventare amico di Sam, starle vicino e impedirle di scoprire tutta ‘sta facendo di Zayn e Allyson. “ – Harry s’ammutolì. Non credeva fosse la mossa più giusta quella che Louis voleva attuare. – “ Ti prego. “ –
- “ Ma perché dovrei?! “ – si alterò.
- “ Perché hai sempre detto di volerle essere amico, ora ne hai l’opportunità. Me lo devi. “ – spiegò Louis, vestendo ancora una volta i panni del ragazzo calmo e per niente al mondo preoccupato.
Harry non riusciva a spiegarsi il comportamento dell’amico. Lui e Sam erano come fratelli dai tempi in cui indossavano pannolini, scavavano grandi buche e al loro interno seppellivano gli utensili più bizzarri, spesso importanti.
Facevano l’uno parte dei ricordi dell’altra fin da quando avevano inizio. E allora perché continuava ad allontanarla da sé, causandosi malessere continuo?
- “ Ma sei tu ad essere il suo migliore amico. Perché continui a starle lontano se..” – obbiettò inutilmente.
- “ Se non lo faccio l’unica ragazza che mi sia mai veramente piaciuta mi mollerà. “ – lo interruppe.
- “ E tu per questo rinunci a lei? “ – Louis parve essere preso in contropiede.
Le voleva bene più della sua stessa vita, ma in quel momento aveva un’altra priorità con cui confrontarsi. Una priorità che non aveva pure l’aspetto di una priorità, ma che Louis si ostinava a ritenere tale.
- “ Ti prego, Hazza. “ – e a quella richiesta d’aiuto, Harry non poté far altro che coglierla.
 
Sam.
Qualcuno bussò alla porta della stanza, all’interno della quale c’ero solo io come sempre da ormai due settimane, proprio quando terminavo di scrivere l’ultima parola del tema che la Brown mi aveva affidato per il giorno a seguire.
Stupita dal fatto che qualcuno mi facesse visita, scattai dalla sedia della scrivania fin davanti la porta che aprii senza alcuna esitazione. Ma rimasi senza parole, quando vidi chi si era preso il disturbo di giungere al secondo piano del dormitorio solo per me.
Harry.
- “ Ciao. “ – mormorai, evidentemente stupida.
- “ Hey. Mi fai entrare? “ – era così maledettamente calmo, a suo agio.
- “ Certo. “ – mi scostai dalla porta, facendogli cenno d’entrare, mentre mi avvicinavo alla scrivania per dare un po’ di ordine. –“ Cosa ti serve? “ – domandai, azzardando un sorriso.
- “ Nulla. “ – rispose Harry, accomodandosi sul mio letto, quasi fosse casa sua.
- “ No, dico. Fai un po’ come ti pare. “ – lo ripresi, facendolo ridere. Aveva un sorriso maledettamente attraente. Sulle guance si formavano simpatiche fossette e magicamente i suoi occhi si socchiudevano, rendendo quel viso perfetto persino durante una risata.
- “ Grazie. “ – rispose, sistemandosi in modo più ordinato.
- “ Perché sei qui? “ – riprovai.
- “ Non sapevo cosa fare e ho pensato di venirti a far visita. “ – che fossi stata il suo primo pensiero era davvero illogico. A lasciarmi ancora una volta perplessa era il fatto che lui avesse pensato proprio a me.
- “ Non hai appuntamenti con la squadra? “ – domandai, fingendomi tranquilla.
- “ No. “ –
- “ Con i ragazzi? “ –
- “ Sono tutti impegnati. “ – sorvolò.
- “ Ah..” – fu l’unica risposta decente che riuscii ad emettere, troppo delusa per aggiungere altro. Spero di saperne di più, a dirla tutta.
- “ E tu sei impegnata? “ – mi chiese senza giri di parole, sorridendomi.
Non avevo programmi da giorni, ero segregata in quella camera da ben due settimane e non avevo amici con cui uscire.
Utilizzare Harry Styles come scappatoia non sembrava poi tanto male.
- “ Cos’hai intenzione di fare? “ – domandai, incrociando le braccia e perdendo tempo, giusto per tenerlo sulle spine.
- “ Ho voglia di una cioccolata calda. “ – ammise, alzandosi in piedi. Sfregava le mani, quasi fossero gelate, eppure nella stanza c’era calore.
- “ Si può fare. Dammi dieci minuti per prepararmi. “ – non mi sembrava il caso di cacciarlo dalla camera a pedate, quindi afferrai l’occorrente per fare un cambio di vestiario e mi rifugiai in bagno da cui uscii esattamente dieci minuti dopo, pronta per una passeggiata. In realtà non ero in ghingheri: indossavo un semplice pantalone di tuta, una felpa, cappello, sciarpa e giubbotto.
Uscimmo immediatamente dal dormitorio invaso da gente e ci recammo in un bar nelle vicinanze, dove ordinammo come previsto una cioccolata calda a testa che Harry insistette per pagare.
- “ Possibile che tutti vogliano pagare per me? Cos’è? Mi credete una morta di fame? “ – sbraitavo, esterrefatta. Lui rideva, prendendosi gioco di me in modo così dolce, da persuadermi a lasciar correre la questione.
- “ Volevo essere gentile. “ – fece spallucce ed incominciò a bere la sua cioccolata, in tranquillità. Seduta di fronte, lo osservavo compiere ogni gesto con lentezza, sicurezza ed estrema perfezione. Harry era risultato essere differente da come voleva apparire.
Spesso restava in silenzio, ma non perché non avesse nulla da dire. In realtà rifletteva e ciò era chiaro grazie all’espressione corrucciata del suo viso.
Non si dimostrava puttaniere. In mia presenza evitava di attuare gesti che potessero farlo risultare superficiale. Era sul serio diverso, proprio come lo descriveva Louis.
- “ Perché mi fissi? “ – domandò, pulendo le labbra con fazzoletto.
- “ Perché non sembri neppure tu. “ – ammisi, stanca di starmene sulle mie. – “Perché ai miei occhi sei sempre stato uno stronzo puttaniere. Un tipo che si concede facilmente a tutte. Un ragazzo superficiale. Ed ora non sembri nulla di tutto ciò. “ – sorrise, mentre il suo sguardo calava da me alla superficie del tavolo. Era imbarazzato. Harry Styles era imbarazzato.
- “ Infatti non lo sono. So di sembrarlo, ma è l’abitudine. Chi mi conosce
mi ritiene anche l’opposto di ciò che tutti mi ritengono. “ –
- “ E non ti pesa sapere di essere diverso e rivestire un ruolo che non è il tuo? “ – girai il cucchiaino nella cioccolata, decisa a berla.
Intanto Harry scrollava ancora le spalle, riprendendo la tazza fumante tra le mani.
- “ Mi basta che i miei amici sappiano come sono. E mi piacerebbe che lo sapessi anche tu.” – sbarrai gli occhi. Fu tanta la sorpresa, che mi strozzai con uno dei pochi sorsi di cioccolata bevuti fino a quel momento, dettaglio irrilevante dinanzi ciò che lui aveva pronunciato con quelle labbra perfette.
- “ Ma non possiamo definirci amici, io e te. “ – constatai.
- “ Ma potremo. “ – sottolineò, sorridendo.
- “ Com’è che all’improvviso sia tu che Malik volete essermi amici, dopo anni di completa indifferenza? “ – domandai, dubitosa.
- “ Vuoi la verità? Ho colto la palla al balzo. Ora che Malik ti è amico, ho cercato una scusa per esserlo anche io, visto che avrei sempre voluto esserlo, ma cocciuta come sei non me ne hai mai dato l’opportunità. “ – schiusi le labbra, incredula.
Non era davvero possibile.
- “ Tralasciando il fatto che Malik non è un mio amico, se volevi esserlo, bastava farmelo capire, Harry. “ – Harry annuì, consapevole degli sbagli commessi in passato. Lo scrutai con attenzione, tentando il tutto per tutto pur di avere la certezza che il riccio non mi stesse mentendo e che fosse il caso di fidarmi di lui. L’istinto m’indusse a porgli un ultima essenziale domanda:
- “ Dimmi che questa non è una stupida scommessa, dimmi che non mi stai prendendo in giro e che vuoi davvero essermi amico. “ – Harry alzò lo sguardo, all’improvviso. Puntò gli occhi color verde nei miei, permettendomi di perdermi al loro interno.
- “ Te lo giuro. “ – sussurrò, allungando poi una mano per afferrarne una delle mie.
- “ Allora tentiamo. Al limite diventeremo migliori amici. “ – sdrammatizzai, scaturendo le nostre risate. Ma sapevo che in quelle parole si celava una profonda verità.

 

my space:
 BONJOUUUUUUUUR. 
COME STATE BELLE RAGAZZE? C:
IO SONO A CASA CON IL MAL DI PANCIA. 
WOW. 

COMUNQUE, AVETE NOTATO? C'E' DELLO 
SCOMPIGLIO NEL CAPITOLO E 
QUESTO E' SOLO L'INIZIO. 
PROBABILMENTE ARRIVERETE AD ODIARMI
TRA QUALCHE CAPITOLO. 
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA 

PERO', DAI. 
DITEMI CHE NONOSTANTE TUTTO, 
QUESTO CAPITOLO NON E' MALE. 
LOL

AH, VOLEVO ANCHE RICORDARVI CHE 
STO SCRIVENDO UNA NUOVA STORIA
E SAREBBE CARINO SE QUALCUNA DI
VOI MI LASCIASSE UNA
RECENSIONE. C:

 

link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1341022&i=1

Bye Girls. 

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici: Tanto il resto cambia. ***


“Fuori è quasi giorno,
sto pensando a te
disperato vuoto dentro me.”
Marco Mengoni-Tanto il resto Cambia

 
- “ Harry non voglio uscire. “ – sbraitai per l’ennesima volta nel giro di pochi minuti, mentre il riccio mi trascinava con la forza fuori dal dormitorio.
Mi aveva letteralmente spinta nel bagno, costretta a farmi una doccia, aveva scelto per me un outfit, aveva preparato una borsa che avrei dovuto tenere con me ed infine mi aveva recuperata per condurmi all’aria aperta.
Strano a dirsi, ma proprio io non avevo più voglia di uscire dopo aver notato che a nessuno interessava realmente come stessi, dopo aver preso coscienza del fatto che il mio migliore amico non voleva rivolgermi parola, che le mie migliori amiche avevano una vita in cui non venivo compresa.
Mi sentivo tagliata fuori dal mondo e l’unica cosa che avrei voluto era sparire, andare via dal quel paese, partire per un viaggio senza ritorno.
Un viaggio che mi avrebbe aiutato a dimenticare. Dimenticare una mancanza che stava rendendo la mia esistenza una tortura. Mancanza di cui un ragazzo in particolare faceva parte.
Zayn Malik mi mancava e, comprendendolo, mi ritenevo maledettamente stupida.
- “ Smettila di lamentarti. “ – mi zittì una volta fuori dal dormitorio. In quella terza settimana ‘lontana’ dagli affetti, avevo cominciato ad apprezzare Harry per ogni sua qualità.
Era stato lui a farmi compagnia giorno dopo giorno, rinunciando spesso ad uscire con la sua comitiva per restare con me. Sapeva che ogni mia domanda, ogni mio gesto rivolto nei suoi confronti, ogni sguardo, sorriso o espressione che nascevano in sua presenza erano frutto di prove. Lo stavo mettendo alla prova e lui, con una facilità impressionante, le superava tutte, una ad una.
Sapeva pure che non mi fidavo completamente, che avevo iniziato ad affidarmi a lui e che, al minimo sospetto, lo avrei allontanato dalla mia vita.
Ciò che non sapeva, però, era che quel mio chiudermi in me stessa in quel periodo, essere tanto sospettosa nei suoi confronti e non riuscire a mostrarmi forte e determinata come al solito, era causa di uno dei suoi migliori amici, del vuoto che aveva lasciato in me senza una spiegazione e della delusione che ne era scaturita.
Zayn Malik mi faceva del male e, comprendendolo, mi sentivo davvero stupida.
Non ero riuscita a confidarmi con Harry, per paura che anche lui mi desse della demente, che non comprendesse il mio stato. Avrei voluto parlare di quella situazione con Juliette o con Hayley, magari con entrambe nello stesso identico momento, ma loro non erano mai disponibili per una chiacchierata di anche soli pochi minuti.
Ed io, nuovamente, non comprendevo il perché della mia esistenza, se questa dovesse essere tanto sofferta e priva di qualsiasi amicizia nella sua durata.
 
Londra minacciava pioggia.
Ma non era una novità.
Le persone sembravano sempre più stanche della loro vita.
Ma non era una novità.
Non capivo il senso della mia vita.
Ma neppure quella era una novità.
La vera novità era ciò che Harry aveva programmato per quel pomeriggio.
“Che ne dici di una visita a Madame Tussauds?” disse soltanto, senza darmi tempo di riflettere o di dargli risposta, poiché già ci ritrovavamo a sfrecciare tra le vie di Londra in una mini di sua proprietà per cui andavo matta.
Avevo una passione per le mini.
E quando mi ritrovai ad ammirare l’enorme insegna dinanzi il museo, rimasi completamente basita. L’edificio appariva enorme dall’esterno, figuriamoci l’interno cosa poteva essere.
Le mie previsioni non vennero smentite: quel posto era davvero il paradiso.
C’erano le statue più bizzarre: dai politici, agli attori. Dai musicisti ai cantati.
- “ Justin Bieber..” – sussurrai, lasciando andare la mascella. Avevo Justin Bieber in cera e colore davanti ai miei occhi. E appariva maledettamente reale, talmente reale da costringermi a rifilarmi un pizzicotto per risvegliarmi o a toccare appena la statua per poi rendermi conto che statua era e rimaneva tale.
- “ Sei sorpresa di vedere Bieber qui dentro? “ – mi sfotté, trattenendo le risate.
- “ Fai silenzio, riccio. “ – lo ammutolì, guardandolo in cagnesco.
- “ Avanti, non dirmi che sei innamorata di lui..” – sbuffò.
- “ E se anche fosse, cosa ci sarebbe di male? “ – stavolta lo guardai con estrema dolcezza, non perché Harry me ne avesse dato modo, ma perché ciò che stavo per dirgli, l’argomento che stavamo trattando, mi erano cari. – “ Avere un idolo, amarlo, sentire le gambe tremare al sol pensiero di poter ascoltare la sua voce, di poterlo ringraziare per ogni singola emozione, non è così orribile. Rende la vita delle persone completa.
Lui non sarà il mio idolo, ma sono una sua fan. E lo rispetto perché ha fatto tanto da quando ha cominciato, senza smettere di credere nel suo sogno. Lui è un mito per chi ha dei sogni nel cassetto. “ – tornai ad osservare la statua dell’adolescente più famoso al mondo e sorrisi, in piena crisi perversa. – “ E tra l’altro non è niente male. “ – mi lasciai scappare una risatina da cui Harry non scappò e partecipò con enfasi.
- “ Comunque io sono un suo fan. “ – ammise, ridendo. – “ Ti stavo prendendo per il culo.” – lo guardai bieco, ma contenta che la sua fosse una finta.
- “ Meglio per te. “ – dissi solo.
- “ Altrimenti? “ – ridendo, accennai con la testa ad un gruppo di ragazze che, munite di macchinette fotografiche, di maglie con su stampata la faccia del loro idolo e fascette rigorosamente colorate di viola e decorate con scritte tipo ‘My world’ o ‘Believe’, erano appena entrate in quell’area del museo ed erano in avvicinamento.
- “ Te la dovresti vedere con le sue fans. Mai e sottolineo MAI SFIDARE LE BELIEBERS.” – a giudicare dall’espressione che assunse in viso, Harry provava una leggera fifa per quel gruppo di ragazze il cui unico scopo era farsi fotografare al fianco del loro idolo, anche se in quel caso si trattava di una semplice statua.
Ci allontanammo da lì e ne approfittai per osservare Harry che si guardava bene attorno, l’avevo terrorizzato.
- “ Paura, Styles? “ – scuotendo la testa, Harry rispose con voce poco decisa:
- “ Assolutamente no. “ –
- “ Non si direbbe. “ – affermai. Vedendolo scocciato, rinunciai alle provocazioni che tanto amavo. Mi lasciai condurre dal riccio verso un’ennesima ala del museo, in cui c’erano tutte cantanti donne. Ed Harry sbavava solo ad avvistarle.
Le passammo tutte, da Christina Aguilera a Jennifer Lopez. Da Britney Spears a Shakira. Ma fu quando giungemmo a Beyonce che la situazione si fece seria. A momenti non le si avvinghiava addosso.
Povera statua.
- “ Harry.. smettila. Ci guardano tutti. “ – mormorai imbarazzata quando, dopo l’ennesima confessione d’amore che faceva alla statua della donna, si accingeva a stringerla al suo fianco per una foto.
- “ Scattaci una foto e non scassare. “ – infastidita dal suo modo di fare, presi la macchinetta e me la infilai tra i pantaloni, decisa a non fare alcuna foto.
- “ Che cazzo fai? “ – sbottò, preoccupato per la macchinetta.
- “ Non ti farò quella foto. Non se non mi chiedi scusa per come ti sei rivolto e per le pose porno con quella statua che mi obblighi a vedere. “ – imbambolato, guardando Beyonce, non mi diede affatto retta.
- “ Cristo Harry, ma da quanto non hai una ragazza? “ – bastò quella frase per rianimarlo. Non sia mai che qualcuno offenda la reputazione di Harry Edward Styles.
- “ Io ho ragazze che mi seguono ovunque, my lady. “ – notai come Harry non fu volgare, avrebbe potuto esclamare qualunque frase con riferimenti sessuali, ma non lo fece. Fu tenero nel linguaggio, come nei modi. Ed il sorriso che mi rivolse non accennava a furbizia o caratteristiche affini.
- “ E ovviamente io sono Beyonce. “ – risposi, sarcastica.
- “ Ma non credo proprio. “ – tentò di smontarmi.
- “ Hai ragione..” – abbassai per un attimo lo sguardo, prima di rialzarlo qualche secondo a seguire ed esclamare convinta: - “ IO SONO MEGLIO DI BEYONCE. “ –
Harry mi lanciò un vero e proprio sguardo assassino, incredulo riguardo il mio essere così convinta di poter superare anche solo lontanamente Beyonce.
Non credevo affatto di poterlo fare, scherzavo. Soprattutto perché avevo l’autostima sotto zero.
- “ Riprenditi. “ – disse, scuotendomi appena.
- “ Avanti, Harry. Tu davvero credi che io ci creda? “ – riflettei su ciò che avevo detto e sorrisi. Un gioco di parole che testimoniava quanto io stessi divenendo ignorante.
Guardandoci, ridemmo insieme.
Stranamente, dovevo molto ad Harry. Se in quel momento riuscivo anche solo a sorridere lo dovevo a lui, al suo non demordere nei miei confronti. E incoerentemente, avrei potuto definirlo mio amico.
- “ Non vorrei sbilanciarmi, ma..” – non riuscii a trattenere dei sorrisi d’imbarazzo, che tentavo di mascherare chinando la testa, mentre c’indirizzavamo altrove.
- “ Ma..? “ – chiese Harry, sorridendo a sua volta, mentre camminava al mio fianco, posando con dolcezza un braccio lungo le mie spalle.
- “ ..so che me ne pentirò. “ – mormorai tra me e me.
- “ Di che parli? “ – borbottò, senza capire.
- “ Credo di poterti definire mio amico. “ – Harry sbarrò gli occhi, probabilmente non credeva alle sue orecchie. – “ Beh sì, dai. Un amico si riconosce nelle difficoltà. Tu, senza sapere il perché, hai capito che non sto bene e mi sei vicino, mi fai sorridere, m’induci ad alzarmi e ad andare avanti. Sei un amico.. un amico speciale. “ – ammisi. Harry mi fissò ancora qualche istante, in silenzio. L’avevo sconvolto, ne ero consapevole. Ma non avevo mai avuto peli sulla lingua, ero schietta per indole. Quindi ritenevo stupido frenare pensieri che mi assillavano da giorni.
Fu un attimo e percepii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo e unirmi al suo corpo, trasmettendomi calore.
Non un calore fittizio. Era segno di bene, di premura. Lui mi voleva bene, come se ne può volere ad un’amica particolare.
- “ Finalmente l’hai capito. “ – mi sussurrò in un orecchio, ancora avvolta tra le sue braccia, mentre sentivo il cuore scoppiare. – “ Sappi che sei lo stesso per me. “ –
 
- “ Vuoi dirmi perché stai male? “ – mi domandò, giocherellando con una ciocca dei miei capelli.
Eravamo seduti su una panchina di un immenso parco di Londra, con degli Starbucks nelle mani, completamente calmi e divertiti dalla situazione che si era venuta a creare.
Ammetto d’esserci rimasta di stucco, la sua domanda mi aveva colta impreparata.
- “ E’ una storia lunga. “ – lo avvertii, sapendo che mi avrebbe lasciata parlare.
- “ Abbiamo tutto il pomeriggio. “ – mi rassicurò.
- “ Alloooooooora..” – cominciai, con fare teatrale. – “ Juliette non ha più tempo per me, troppo presa dalle cheerleaders e dalle prove per le partite d’inizio campionato. Niall, povero, mi fa tanta tenerezza è stremato dai vostri continui allenamenti. Non ha tempo da perdere con me. Mio cugino non mi considera più di tanto, credo giustamente, perché è preso da Hayley che a sua volta non si ricorda neppure che esisto. Non sono gelosa, vorrei solo che loro trovassero un angolino per me, nelle loro vite così frenetiche. “ – divenni improvvisamente seria. Avrei versato qualche lacrima da un momento ad un altro. – “ Louis, che dovrebbe essere il mio migliore amico, mi evita letteralmente. Vorrei sapere il perché, ma non mi permette d’incontrarlo. Non chiedo a te se sei a conoscenza di qualcosa, perché so che non parlerai. Francesca fa ugualmente, con la differenza che ogni tanto risponde alle mie chiamate. E in tutto questo, Zayn non si fa vivo da ben tre settimane e credo che darò di matto perché più i giorni passano, più capisco che.. “ – presi a respirare con affanno, ormai in preda alle lacrime. Harry mi strinse una mano, intenerito. Stavo crollando di nuovo, tutto a causa di quelli che, in teoria, avrebbero dovuto volermi bene.
- “ Che? “ – mi spronò.
- “ Che.. probabilmente sono troppo affezionata a lui. E’ bastato davvero poco perché Zayn diventasse per me un amico, poi un grande amico ed ora.. non so, io..” –
- “ Te ne sei innamorata. “ – terminò Harry, indurendo la mascella. Non sembrava arrabbiato, era più che altro arreso all’evidenza.
- “ Io.. spero di no. “ – bastò un suo sguardo perché crollassi sul serio e dicessi tutta la verità. – “ Sì. “ – sussurrai a capo chino.
Restammo in silenzio. Un silenzio che infastidiva tutti e due, ma da cui non trovavamo scampo.
- “ E in tutto questo, sai qual è l’unica cosa a rendermi felice? “ – Harry scosse la testa, ad indicare un no. Gesto che serviva anche per spostare quei ricci incantevoli dal suo viso.
- “ Tu. “ – dissi infine, asciugando le lacrime e rifugiandomi tra le sue braccia. – “ Sei l’unico amico rimastomi. “ – e fu in quel momento, quando la presa delle sue braccia divenne più precisa che capii.
Lui non mi avrebbe fatta soffrire e, sconfiggendo i pregiudizi che fino a pochi giorni prima avevo avuto, Harry sarebbe potuto divenire una delle persone più importanti della mia vita.
 
Narratore Esterno.
Zayn sedeva su un muretto, all’esterno del dormitorio, certo che nessuno in particolare lo avrebbe visto. Fumava la sua sigaretta con estrema calma, segno di nervosismo nel suo caso. Rifletteva da giorni ormai sulla scelta intrapresa. Aveva la vaga idea di aver commesso un errore, di aver sbagliato ad aver scelto di allontanare l’unica ragazza a cui avesse mai voluto bene, senza tener conto della madre e delle sorelle.
Gli mancava come l’aria che necessariamente si respira per vivere.
Zayn aveva un pensiero costante per la testa e portava il nome di Samantha. Ma più se le immaginava sorridente, più si convinceva d’aver agito nel migliore dei modi per lei, per la felicità della ragazza che trovava più bella e speciale al mondo.
Scegliendo ‘la selva oscura’, aveva fatto in modo che lei non soffrire per lui, per gli errori che aveva commesso, che stava commettendo e avrebbe commesso con sicurezza in futuro. Aveva permesso a Liam di credere ancora in lui, in qualche modo, o almeno sperava. Sperava che il suo migliore amico, esaminando quella distanza tra lui e la cugina, avrebbe ripreso a fidarsi davvero di lui.
In quel mare di confusione, alzò all’improvviso lo sguardo quando percepii delle risate. Il cielo era scuro e l’unica luce esistente era quella fiocca di un lampione nei pressi del dormitorio.
Ma nonostante tutto individuò due figure e immediatamente le focalizzò: Harry e Sam. Ma cosa ci facevano insieme?
I due entrarono nell’edificio e subito, senza pensarci troppo, Zayn gettò a terra la sigaretta e corse dietro a quelli che ai suoi occhi non parevano neppure più semplici amici e che, nel frattempo, erano un passo avanti a lui.
Lì pedinò fin quando non giunsero davanti la camera della ragazza che, con sorriso raggiante stampato sulle labbra, continuava a parlare con il riccio.
Nascosto dietro il muro, all’angolo, alla fine del corridoio, li osservava e sentiva le guance ribollire d’invidia e di rabbia.
Harry, nonché uno dei suoi migliori amici, le stava affianco e tentava di allontanarla maggiormente da lu, Zayn.
Sam, la ragazza che gli mancava, non provava niente di simile a ciò che invece lui sentiva. Non stava soffrendo per Zayn e non aveva neppure notato la sua assenza.
Sospirò, vedendo come Sam stampava un dolce bacio sulla guancia di Harry che, a sua volta, sorrideva come un cretino, a suo dire.
Poi si abbracciarono e con certezza fu quel gesto a lasciarlo senza parole.
Si voltò, per non guardarli, con le spalle contro il muro e passò le mani sul viso. Non ne poteva più.
Decise di tornare in giardino, nello stesso punto in cui li aveva visti entrare e, giunto lì, inviò un messaggio ad Harry.
Doveva parlargli.
Doveva mettere un punto alle questione.
Quando in lontananza vide Harry avvicinarsi, gettò a terra con violenza l’ennesima sigaretta fumata solo in parte e si preparò mentalmente un discorso. Il problema era che quel discorso non aveva né capo né coda.
- “ Hey Bro, tutto okay? “ – esordì Harry, avvicinandosi a Zayn per una stretta di mano che non venne ricambiata, tant’era la frustrazione nel moro.
- “ Che facevate insieme? “ – domandò schietto.
- “ Non ti seguo..” – esclamò Harry, la cui espressione facciale prese a variare senza trovare mai pace.
- “ Ti ho visto rientrare con Sam. “ – la freddezza nella voce di Zayn lasciò di stucco il riccio che cominciò a dubitare dell’interesse dell’amico provato per la bionda, Allyson, con cui aveva deciso d’intraprendere una relazione.
- “ E con questo? “ – ribatté, mettendolo alla prova.
- “ Cosa facevate insieme. “ – ripeté Zayn a denti stretti. Da freddo, il suo atteggiamento stava diventando violento. Harry non aveva paura di lui, sapeva tenergli testa.
- “ Le sto vicino da settimane e te ne accorgi solo ora? “ – Zayn rimase a bocca aperta. Non era al corrente dei rapporti instaurati tra la ragazza ed Harry, non aveva notizia di Sam da settimane, proprio come aveva voluto che fosse.
In quel momento, però, era sconvolto come mai lo era stato.
- “ Non te n’è mai fregato un cazzo di lei. “ – il tono della voce del more elevò in modo notevole, spingendo il riccio a fare altrettanto.
- “ Neppure a te e lo hai dimostrato ancora una volta. “ –
- “ Perché spari stronzate, se non sai neppure cosa sta succedendo? “ – sbraitò Zayn.
- “ E tu perché non ammetti a te stesso di esserne innamorato? “ – gli urlò contro l’altro.
Quella di Harry si trattava dell’unica domanda a cui Zayn non riusciva a dare risposta, anche l’unica a cui non voleva rispondere. L’unica a cui non voleva essere sottoposto. Rimase quindi in estremo silenzio, guardando ancora per poco l’amico negli occhi, prima di calare lo sguardo e proferire poche ultime parole:
- “ Trattala con riguardo e non ferirla. “ –
- “ Non venirmi a fare la predica, se sei la causa principale del suo malore in questi giorni. “ – sussurrò Harry, concedendo un ultimo sguardo a Zayn prima di ritirarsi nel college, certo d’aver dato inizio al principio del cambiamento della sua vita, come a quella di Zayn.
 
Sam.
Starnutii.
Quel mattino non mi sentivo in forma. Già dalla sera precedente, rientrando in camera dall’uscita con Harry, avevo percepito strani brividi percorrere in lungo il mio corpo, seguiti da un fortissimo raffreddore.
Ed in quel momento avvertivo la testa scoppiare, in attesa che l’antidolorifico ingerito facesse effetto.
Mi diressi, strusciando i piedi in terra, fin davanti il mio armadietto, tentando di passare inosservata. Per l'appunto, non avevo una bella cera e le occhiaie che circondavano i miei occhi erano ben visibili.
Un paio di braccia avvolsero la mia vita, facendomi sorridere. Harry.
- “ Buongiorno. “ – sussurrai con voce roca.
- “ Buongiorno splendore, cos’hai? “ – domandò voltandomi per potermi osservare.
- “ Giusto un po’ d’influenza. “ – lo rassicurai, poco convinta.
Sfortunatamente, non credendomi, mi posò una mano sulla fronte per poi ritirarla subito.
- “ Scotti! Tornatene in camera. “ –
- “ Harry non scocciare. Non ho nulla e ho preso qualcosa per sentirmi meglio. Un’ora e passa tutto. “ – tentai di convincerlo ancora, stavolta con un tocco di allarmismo nella voce. Non credevo neppure io nelle mie parole.
 
Chiusa in camera, per l’ennesima volta. Ma stavolta c’era di diverso che sentivo persino le ossa del corpo irrigidirsi. Non stavo bene, ma provavo ad auto persuadermi del contrario.
«Usciamo?» inviai il messaggio a Harry, sperando rispondesse in modo affermativo.
Il martedì, solitamente, non aveva allenamenti pomeridiani ed era assai strano non averlo ancora in giro per la camera alle quattro e mezza del pomeriggio.
«Stai male. Mettiti sotto le coperte, dormi e fai la brava. (:» Quella presa per il culo non fece altro che scaturire l’ira che covavo in me, che nascondevo avidamente e che a causa dell’influenza non riuscivo a controllare.
«Fottiti.»
«Sei arrabbiata?» rendendomi conto della macabra figura che stavo facendo, m’indussi una certa calma prima di rispondergli.
«No, ma sono curiosa di sapere il motivo per il quale non sei qui a fracassarmi le palle. (:» la sua risposta fu un semplice e ristretto «ricerca di gruppo.» al quale, con difficoltà, dovetti credere e arrendermi.
 
Imbacuccata fino alla punta dei piedi, uscii dalla camera.
Non riuscivo proprio a stare chiusa nuovamente, pur sentendomi uno straccio.
Mi diressi fuori dal dormitorio e, una volta in giardino, mi guardai un po’ attorno non avendo idea di quale strada scegliere.
La pioggia invadeva ogni angolo della strada, impedendomi di guardare ad un palmo di naso.
Di andare in centro non avevo voglia, di passeggiare a vuoto neppure, di rimanere nel dormitorio ancora meno.
Alzai lo sguardo sulla scuola e, come un lampo di genio, fui indotta a recarmi proprio in quel posto. Non comprendevo quale forza maggiore mi spingesse ad entrare lì dove nessuno voleva restare. Eppure, essendo aperta anche il pomeriggio, la scuola sembrava il posto più adatto per un pomeriggio di pioggia.
Correndo, varcai la soglia scolastica e presi a guardarmi attorno con insistenza, percependo un’aria particolare, una sensazione premonitrice.
La scuola era del tutto vuota, eccetto per la presenza di qualche bidello che qua e là faceva pulizie, sperando in un trattamento migliore nei giorni successivi.
Girovagando, arrivai davanti il teatro della scuola. Ne osservai le porte bianche apparentemente chiuse, prima di decidermi a superarlo. Ma non lo feci. Fu il rumore di risate unisone ad impedirmi di passare oltre e ad inchiodarmi in quel punto. Io dovevo guardare all’interno di quel teatro.
E non mi feci scrupoli, in buona fede.
Scostando appena una porta bianca, infilai la testa pronta a ammirare un gruppo di teatranti che riproducevano un’opera amata per una qualche esibizione imminente.
Ma ciò che vidi fu tutt’altro.
Ciò che vidi comprendeva tutti quelli che consideravo i miei migliori amici. Ciò che vidi fu Harry lì con loro. Ciò che vidi fu Zayn affiancato da una ragazza bionda che poi distinsi essere Allyson e che prendeva il mio posto.
Ciò che vidi fu un bacio che spezzò in mille pezzi il mio cuore sofferente.

my space: 
IDIOTA COME SONO STO PIANGENDO ANCHE
IO CHE SO COME CONTINUA DOPO
QUESTO CAPITOLO. 
EH.. QUESTO SARA' SOLO L'INIZIO BELLA
GENTE. :'D

SPECIFICHIAMO: LA RAGAZZA BIONDA
E' ALLYSON. 
SPECIFICHIAMO ANCHE CHE HARRY
E' LI' CON LORO, MA CHE 
NON MENTE A SAM PERCHE' 
NON LE VUOLE BENE, ANZI.
TUTT'ALTRO. 
NELLA MIA STORIA HARRY 
SEMBRA UNO STRONZO, ALL'INIZIO.
MA APPUNTO, SEMBRA. NON LO E'.

AAAAAAH: CHE NE PENSATE DI HAYLOR? 
NON C'ENTRA NIENTE, MA 
E' PER CHIEDERVI UN PARERE. :')
IO MI STO RASSEGNANDO A LORO DUE.
SE HARRY E TAYLOR SI AMANO, SONO
E DEVO ESSERE CONTENTA PER 
LORO. 
That's Amore. c:

NON VI LASCIO GIF PERCHE' NON 
NE HO CERCATE E PERCHE' IL
PC MI S'IMPALLA. 
PROBABILMENTE NEL PROSSIMO 
NE METTERO' QUALCUNA. ;)

COSI' VI CHIEDO DI PASSARE QUI:

Where were you, when everything was fallin' apart.                                                                                                                                                                                                            Twitter.
 

LA PRIMA E' LA MIA NUOVA STORIA. 
IL SECONDO E' IL MIO PROFILO
TWITTER.. SE VOLETE SEGUITEMI. :D

byeeeeeeeeee.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici: Tanto il resto cambia. (II) ***


“Quanto male ci starò che sarai di un altro. Lo so ma è giusto così.”
Marco Mengoni- Tanto il resto Cambia.

 Mandai giù un groppo che, fermo nella gola, non era intenzionato a scendere.
Quel bacio mi aveva del tutto spiazzata.
Zayn l’aveva baciata, aveva baciato Allyson. Non era assolutamente possibile che fosse vero. Purtroppo non avevo problemi di vista. Era tutto così schifosamente reale.
Mi ero illusa di potergli interessare, ma lui non aveva fatto nulla per impedire che io potessi interpretare un’occhiata in modo, piuttosto che in un altro.
Non potevo neppure incolparlo, pur avendocela a morte con lui. Se l’amore l’avevo condotto ad Allyson, ero contenta per Zayn. Restavo comunque certa che nel loro caso non poteva trattarsi d’affetto. Quei due, a mio parere, non avevano mai provato il brivido dell’amore reciproco.
Evitai di soffermarmi ancora sulla nuova e ‘amatissima’ coppietta, spostando lo sguardo su Liam e facendolo scorrere da quello che credevo essere, oltre mio cugino, il mio più fidato amico a Hayley, Juliette, Niall, Louis e per finire Francesca. C’erano tutti, persino Harry.
E ripensando proprio a quest’ultimo e al messaggio che circa mezz’ora prima mi aveva inviato, divenni rossa di rabbia.
Ingannata ancora,pensai.
Non riuscii più a trattenere e ridurre il rancore che riservavo per ognuno di loro e mi scaraventai a parole verso il primo che il mio sguardo aveva inchiodato. Harry.
- “ Come va la “ricerca di gruppo”? “ -  domandai, attirando l’attenzione dell’intero gruppo. La mia voce rimbombava nel teatro, infastidendomi a tal punto da provocarmi ulteriori brividi.
- “ Sam..” – sussurrò Harry, guardandomi. Che fosse nel panico, fu chiaro a me come agli altri che a loro volta tremavano immaginando cosa sarebbe successo di lì a poco.
- “ Cosa studiate? Storia? Lettere o forse una materia alternativa? “Come prendere per culo una povera cretina che nessuno più si fila”. “ – cominciai a scendere le scale che portavano all’interno del teatro, ai piedi del palco. Tremavo, il che non suggeriva nulla di buono.
- “ Ascoltami..” – Harry provò invano a pormi qualche spiegazione, ma non gliene diedi modo. Non volevo essere soggetta a scuse.
- “ No, ascoltami tu. Mi sono fidata di te, ti ho confidato segreti che, cazzo, avrei detto solo alle mie migliori amiche, se ne avessi..” – e rivolsi un veloce sguardo alle due che, in contemporanea chinavano il capo, colpevoli. – “..e tu sei stato in grado di mandare tutto a puttane con una bugia. Chissà, mi avrai mentito sin dall’inizio. “ – persino le labbra mi tremavano. Solitamente non ero emotiva, solitamente mi perdevo in strani vortici in cui il pensiero annebbiava completamente la mia capacità di comprensione. Ma ad ogni azione, equivale una reazione. E, quella volta, con mio dispiacere, io diedi in escandescenza.
- “ Chi altri abbiamo qui? “ – domandai ironica, voltandomi a guardare Liam. – “ Oh guardate, c’è Liam. Ciao Liam, tutto bene? Sai sono tre settimane che non ci vediamo, non so se l’hai notato.. o forse sei troppo preso dalla tua vita di popolare per badare a me? “ – senza neppure permettergli di controbattere, passai a Juliette e Hayley. Dovevo sfogare la mia rabbia, nessuno mi avrebbe fermata.
- “ E voi? Avete tempo per stare insieme, ma per dirmi un ‘ciao’ alla mattina, no? Chi cazzo state diventando? “ – fu forse la strafottenza che impiegavo in ogni mia frase a convincerle degli errori commessi nei miei confronti e per i quali non vedevo rimedio.
- “ Louis Tomlinson è tra noi. Cos’è successo Lou? Perché non ti sei fatto sentire? Sei stato vittima di un altro rapimento alieno? Sicuramente è così, non avresti avuto motivo per evitarmi altrimenti! “ – sbottai, frenandomi dal mettergli le mani addosso. Non ero una violenta, ma in quegli istanti non ragionavo più per me stessa. Il mio corpo impartiva ordini da sé, senza tener conto dei comandi trasmessi dal cervello.
-“ Francesca! Tu e Louis avete fatto la stessa fine.. non vi sarete accoppiati durante il rapimento alieno?! “ – borbottai.
Ero fuori di me a tal punto da non avvertire più il corpo, il pavimento al di sotto, le articolazioni muoversi spostando un braccio o una gamba.
Ero incapace di proferir parola. Per quel motivo avrei volentieri messo fine alla mia predica, se solo qualcuno non mi avesse fatta irritare ancora una volta.
- “ Non avrei voluto evitarti. “ – sussurrò Louis.
- “ L’hai fatto con molta facilità. “ – sottolineai.
- “ L’ho fatto perché sono stato costretto. “ – il tono della sua voce aumentava, con esso il mio.
- “ MA DA CHI?! “ –
- “ DA..” – le urla cessarono e un nome venne sussurrato. – “ Francesca.” – per me, il mondo crollò, con esso ogni certezza. Quello doveva essere un incubo. –“ Stiamo insieme da un paio di settimane e lei teme che io sia innamorato di te. “ – fuori di senno, portavo lo sguardo da Louis a Francesca, incredula. Non ero disposta a credere che lei realmente avesse allontanato da me una delle poche persone per le quali avrei dato tutto e su cui riponevo tutta la fiducia del mondo.
Lei era mia amica.
- “ Non è vero. “ – provai a non dargli retta.
- “ E’ così.”  - e nel momento in cui Francesca lo appoggiò, la odiai. Mai ero stata capace di provare un sentimento anche soltanto affine all’odio, ma in quel momento era anche l’unico sentimento che m’invadeva le vene, il cuore e l’intera anima.
- “ E tu hai rinunciato alla nostra amicizia per lei? “ – quando Louis spostò lo sguardo dai miei occhi, ebbi conferma della stupidità che lo caratterizzava. Mi aveva lasciata andare, perdendomi. E non mi avrebbe riconquistata, lo sapeva.– “ Perfetto, uscirò dalla tua vita se è questo che vuoi. “ –lo dissi sul serio, ma in cuor mio speravo che Louis mostrasse un minimo di compassione e m’impedisse di porre definitivamente tra di noi una barriera imbattibile.
Feci per andarmene, quando ancora una volta inchiodai i piedi a terra, bloccata dall’affluire di parole nel mio udito così sensibile in quei momenti.
- “ La stai facendo grande. “ – non sentivo quella voce da ben tre settimane e solo allora capii quanto realmente mi era mancata.
Zayn, con sguardo impassibile, si trovava al fianco del gonfiabile umano alias Allyson che mi osservava divertita.
Tremai, ancora. Ma questa volta il dolore si fece più inteso e insopportabile.
- “ Hai il coraggio di rivolgermi la parola? Ma non ti vergogni? “ – urlai con tutta l’aria che avevo in corpo.
- “ Smettila. “ – sibilò a denti stretti.
- “ Io non la smetto di fare nulla. Sei proprio come immaginavo, il giorno in cui mi sono fidata di te ho commesso il mio più grande errore, Malik. “ – gridai, all’estremo delle forze.
Non rispose, dimostrandomi di aver ragione a non reputarlo abbastanza coraggioso o uomo, tanto da affrontarmi.
Stremata, dovevo andare via di lì. Presi a correre, per quanto potevo, sulle scale che ricordavano una salita infinita, ma che scalai il più velocemente possibile, ostinata a non mettere più piede in quel posto in loro presenza.
- “ Ah, Zayn.. la scommessa è finita. “ – urlai in cima alla scalinata, vicino le porte bianche. – “ Ed indovina perché..” –
- “ Non so, perché? “ – domandò, con voce rauca.
- “ Ricorda il motivo per il quale sarebbe finita. “ – bastarono quelle poche parole, perché quegli occhi che sfuggivano ai miei, li ricercassero immediatamente sbarrandosi.
Gli avevo indirettamente rivelato di essermi innamorata di lui.
Giunta al limite, corsi via.
E una volta ritrovatami sotto la pioggia, non tornai nel dormitorio.
Mi rendevo conto di non essere in me, ma non provavo più quello strano ardore che spinge a vivere giorno per giorno, a ritenere ogni attimo speciale.
Volevo farla finitacon quella situazione e in tutti i sensi.
 
Narratore Esterno.
Alle nove e mezza Liam sbatté la porta della stanza, oltrepassandola come una furia per cimentarsi verso un paio di scarpe, posizionate in un angolo della stanza.
Zayn lo osservava, stanco, indossarle al posto di quelle che precedentemente portava ai piedi. Il tutto con molta frenesia.
- “ Qualcosa non va? “ – domandò Niall, mettendo in bocca un ennesima patatina. Zayn non aveva neppure la forza di parlare. Quella era da classificarsi tra le dieci giornate più brutte in vita sua. Una volta lasciata andare Sam, lui e Liam avevano discusso. Louis aveva fatto lo stesso con Harry che a sua volta se la prendeva con tutti. E probabilmente era l’unico che poteva davvero rimproverare gli amici di aver commesso degli errori, visto che era stato anche l’unico a rimanere al fianco della ragazza, cercando in tutti i modi di proteggerla.
Niall, invece, era rimasto in silenzio, guardandoli uno per uno con ribrezzo. Era arrabbiato, lo testimoniava il suo silenzio.
- “ Sam. “ – disse solo Liam, afferrando un giubbotto nelle vicinanze che poi s’accorse non essere suo.
- “ Cosa le è successo? “ – chiese ancora il biondo.
Liam che cercava di mantenere la calma, si sedette di slancio sul letto del moro e scoppiò in lacrime. Furono proprio quelle ad allarmare Zayn. Liam non piangeva mai, se non quando la pressione e la stanchezza, legandosi allo stress e alla preoccupazione, lo avvilivano.
- “ Hey, bro. Calmati. “ – disse il moro, precipitandosi su di lui e avvolgendolo tra le sue braccia. Sentiva il cuore dell’amico scoppiare a ritmo del suo che faceva altrettanto.
- “ Dicci cosa succede. “ – lo spronò Niall.
- “ Non è rientrata in camera, per il dormitorio non si trova, non risponde alle chiamate e Harry dice che stamattina aveva la febbre.. “ – Zayn trattenne il respiro, sentendosi colpevole di tutti quei disastri.
- “ Okay, calma e sangue freddo. Pensiamo ad un posto in cui lei andrebbe in situazioni simili. “ – propose Niall, preparandosi.
Zayn lo ammirava. Pur avendocela a morte con ognuno di loro, era stato capace di mettere da parte ogni rancore, di dimenticarsene e di supportare il suo migliore amico.
- “ Non so, adesso non mi viene in mente nulla. “ – disse Liam, nascondendo il viso tra le mani.
Zayn guardò Niall che, con viso implorante, lo pregava di trovare una soluzione. Zayn era quello che in certe situazioni riusciva a trattenere una certa compostezza e un sangue freddo sufficienti perché potesse escogitare qualcosa. Lo sapeva lui, come ne erano consapevoli gli altri.
In quel caso, però, neppure Zayn riusciva a mantenere la calma, atteggiamento evidenziato dalla mascella contratta e dagli occhi spalancati.
Ma, per non far perdere d’animo nessuno, si alzò in piede, infilò anche lui un paio di scarpe, afferrò la stessa giacca che prima Liam aveva confuso con la sua e rianimò i suoi coinquilini.
- “ Radunate Harry e Louis. Ci vediamo fra cinque minuti davanti l’ingresso. “ – e a passo veloce, si condusse fuori da quella stanza, sentendo il respiro venirgli meno.
Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
 
- “ Louis e Niall, voi andrete verso la periferia. Liam e Harry cercherete nei dintorni, io andrò in centro. “ – ordinò in fine Zayn, stringendosi nella giacca rossa.
Era ansioso, voleva solo andare a cercarla e ritrovarla immediatamente.
- “ Sicuro di non aver bisogno di aiuto? “ – gli domandò Juliette che sentiva la responsabilità di tutto riversarsi su di sé, come accadeva anche agli altri.
- “ Non preoccuparti. Voi attendetela qui e avvertiteci per qualsiasi cosa. “ – le rispose Zayn, cominciando ad avviarsi in strada, accompagnato da Harry e Liam, mentre Niall e Louis si dirigevano in periferia in auto.
- “ Occhi aperti. “ – si raccomandò per l’ultima volta.
Correndo, si allontanò dal dormitorio, poi sorpassò la scuola, il quartiere e così via.
Correva, cercando un modo per frenare i pensieri che lo assillavano.
Riproponeva nella sua mente le poche parole che gli avevano rivolto prima di scomparire fuori dalla porta bianca del teatro “ricorda il motivo per il quale sarebbe finita.” in riferimento alla scommessa.
E quel gioco tra di loro avrebbe avuto fine solo se uno dei due si fosse innamorato dell’altro e lo avesse ammesso. Lei lo aveva fatto.
Fu risvegliato dai pensieri, grazie ad una goccia d’acqua che lo aveva colpito in pieno viso. Alzò appena in tempo la testa prima di ritrovarsi completamente travolto dalla pioggia.
Doveva prevederlo, non smetteva di piovere dalla mattina stessa, il ché lo rendeva ancora più preoccupato per Samantha.
Dove poteva trovarsi? La conosceva abbastanza per individuare un posto in cui cercarla? E ponendosi quelle domande, il primo ed unico posto a cui pensò fu il centro commerciale, con esattezza il negozio di dischi in cui quell’André lavorava.
Si ritrovò dopo pochissimo in centro, essendo praticamente nei paraggi della scuola e in breve nel centro commerciale vuoto, vista l’ora. Stavano per chiudere, ma Zayn non se ne curò. Al contrario, s’intrufolò nell’edificio e si recò immediatamente nel negozio di dischi in cui, per sua fortuna, non trovò André.
Voleva passare inosservato, ma sapeva di non riuscirci agli occhi dei commessi che scrutavano un ragazzo bagnato da capo a piedi, con viso stravolto. Gli chiesero più volte se esisteva un modo per aiutarlo, ma più volte lui rispose, anche in modo brutale, di essere lasciato in pace.
Era nervoso. Non la trovava e aveva compiuto il giro del negozio per ben tre volte, senza scoprire traccia del passaggio della ragazza.
Quando si avvicinò nuovamente nei pressi della cassa, sentì le due commesse rimaste chiacchierare tra loro, alternando discorsi a risate:
- “ Poco fa ho visto una matta seduta sul cornicione esterno del secondo piano, pioveva a dirotto, ma lei continuava a stare lì.” – ridette una delle due.
- “ E nessuno le diceva nulla? “ – chiese l’altra.
- “ Nessuno la notava. Io l’ho vista per pura causalità. Non sembrava stare bene. “ – Zayn spalancò ancora gli occhi. Era indignato per ben tre motivi: quella ‘matta’ poteva essere Sam. La commessa aveva definito ‘matta’ la ragazza per cui stava morendo di terrore. Se Sam si trovava in quel posto, non osava immaginare quale pazzia avesse potuto commettere.
E come un fulmine, uscì dal negozio facendo cadere un intero scaffale e senza preoccuparsi minimante delle proteste e gli insulti che le commesse presero a lanciargli.
Badava solo a ritrovare Samantha.
Scivolava, avendo le suole delle scarpe fradice, ma correva a più non posso. E recatosi al secondo piano, uscì all’esterno, sperando di trovarla.
La pioggia metteva a dura prova le sue capacità visive. La notte peggiorava la situazione. Neppure la luna recava un minimo di luce.
Cominciò ad urlare il nome della ragazza a pieni polmoni. Era certo si trattasse di lei, qualcosa glielo suggeriva. E qualcosa ancora gli assicurava che Sam era lì, che lo sentiva, lo vedeva, ma nello stato in cui si trovava, non poteva permettersi di farsi scovare.
Zayn la chiamava. Nella sua voce si riscontravano tracce di paura, di vero e proprio terrore. E quella stessa voce era spezzata talvolta da singhiozzi che, involontariamente, il moro emetteva, in preda alla consapevolezza che senza un aiuto della ragazza, non l’avrebbe trovata se non morta.
Si spostò in un luogo meno riparato e venne investito da getti d’acqua violenti. La chiamò ancora, piangendo. Non ne poteva più.
Spostò lo sguardo alla sua sinistra, in un angolo poco più appartato, adocchiando tra la pioggia qualcosa.. qualcuno.
Si scaraventò su quello che sin da subito gli parve un corpo, sentendo poi un leggero mormorio che ripeteva il suo nome.
Zayn trattenne ancora il respiro. Era lei. Aveva gli occhi semi chiusi, le labbra violacee, i vestiti fradici. Aveva l’aspetto di un cadavere. Giaceva inerme a terra, boccheggiante e delirante.
L’abbracciò, impulsivamente sentendo il corpo freddo e privo di calore della ragazza stringersi appena al suo. Sam mormorava ancora il suo nome, provocando in Zayn un collasso emotivo da far paura. Il ragazzo piangeva come mai aveva fatto, “solo” per lei.
- “ Sam.. Sam mi senti? “ – continuava a ripeterle, cercando in tutti i modi possibili ed immaginabili di proteggerla, di farla sentire al sicuro, pur non essendo più sicuro che lei fosse cosciente delle sue azioni.
- “ Sam, perché sei venuta qui. “ – Samantha continuava a chiamarlo. Con le poche forze che le rimanevano lo stringeva. Ma non rispondeva alle sue domande, forse perché implicava energie di cui lei non disponeva, forse perché non aveva risposte.
- “ Non piangere. “ – sussurrò, soltanto. Zayn smise di farlo perché la richiesta proveniva da lei. Puntò gli occhi in quelli di Samantha che solo allora sembrava davvero capire cosa le stava accadendo. Zayn non poté far altro che costatare quanto quegli occhi scuri e profondi fossero belli, nonostante le condizioni in cui Sam si ritrovava. Non poté far altro che ammettere di adorarli più di sé stesso.
- “ Sorridi. “ – gli impose ancora, tremante. Zayn non voleva farlo, non ne era in grado. Ma viste le circostanze, visto che era lei a chiederglielo, lo fece. Sorrise appena, volendole mostrare quanto amore provava grazie alla testardaggine che di lei lo aveva rapito e affascinato.
- “ Fallo sempre. “ – gli ordinò, quasi fosse il suo consiglio per la vita. Zayn non riuscì a trattenere le lacrime che ripresero a sgorgare dagli occhi arrossati non dalla pioggia, quanto dal dolore. Sam mosse le labbra per accennare un sorriso.
Nuovamente, Zayn pensò a quanto fossero belle quelle labbra che avrebbe sempre voluto baciare.
Sam aprì appena la bocca per aggiungere qualcosa che Zayn fremeva di sapere, ma Samantha divenne una pietra. Improvvisamente, lasciò andare un ultimo respiro e con esso chiuse gli occhi, il corpo perse ogni senso e le labbra si schiusero.
Zayn sbiancò.
Prese ad urlare il nome della ragazza, la scuoteva, la supplicava di aprire quelle magnifiche pietre di un marrone intenso, di non lasciarsi andare sul serio, di rimanere lì con lui.
Si rese improvvisamente conto che imponendogli di smettere di piangere e di sorridere, lei gli stava recando dei consigli, oltre a volerlo ricordare un determinato modo. Capì che quella che tutti avrebbero definito una smorfia, ma che per lui consisteva in un sorriso, era il suo ultimo sorriso. E quel respiro esalato, era il suo ultimo respiro.
Urlò ancora, con più forza. Questa volta chiedeva aiuto.
Non poteva lasciarla andare, non in quel momento, non allora che aveva finalmente compreso quel che davvero lei significava per lui.
- “ Ti prego, Sam. “ – la pregava, piangendo sul suo corpo, mentre la pioggia diveniva più impetuosa. – “ Non mi lasciare. “ – singhiozzò. – “ Perdonami. “ – non ricevendo risposta, i suoi singhiozzi aumentarono.
Avvicinò appena ad un orecchio di quello che sembrava un cadavere, le labbra che al contatto con la pelle gelida s’intorpidirono, ma non si ritrassero.
- “ Sam.. “ – sussurrò, prima di smettere di singhiozzare. – “ Ti amo. “ –
Ciò che successe poi quella notte, è tutto da dimenticare. 

my space: 
SE STATE PIANGENDO, OLTRE AD AVER 
SENTITO SULLA VOSTRA PELLE IL CAPITOLO,
SONO RIUSCITA NEL MIO INTENTO. 
LO AMMETTO. QUESTO CAPITOLO E' 
STATO SCRITTO APPOSITAMENTE 
PER SCATURIRE TAAAAAANTE LACRIME.
HO PIANTO ANCHE IO, SCRIVENDOLO. 
LOL

SONO STATA BRAVA. 
HO POSTATO IERI ED OGGI 
HO AGGIORNATO. c: 
SONO CONTENTA PERCHE' NELLO
SCORSO CAPITOLO HOR ICEVUTO DIVERSE
RECENSIONI, 
QUINDI HO IMMEDIATAMENTE 
AGGIORNATO. TRA L'ALTRO
IN MOLTE CHIEDEVANO CHE 
LO METTESSI PRESTO, E COSI'
HO FATTO. 

ALLORA, CHE NE PENSATE?
BFDKJVBEDOVJ SPERO VI PIACCIA
TAAAAAANTO. c: 

AVEVO PROMESSO DELLE GIF, GIUSTO?
E BENE, ECCOLE. 
PERO' PRIMA SERVE LA PAROLA MAGICA (?).
3..
..2..
..1..
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

 


                                                                                
Io ho immaginato Zayn vestito in questo modo.                                                              In questa gif sembra quasi che stiano per discutere, il ché riconduce al capitolo. lol
La giacca a cui si accenna nel capitolo è proprio quella che indossa. lol

 


Immaginateli, così vestiti di tutto punto, alla
ricerca di Sam. looooool

Twitter.  

Bye.

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette: They don't know about us. ***


 “they don’t know about the things we do.
they don’t know about the I love you’s.
 baby they don’t know about us.”
They don’t know about us-One Direction

Aprii gli occhi.
La mia vista era sfocata, sentivo il corpo poggiare pesantemente su qualcosa di comodo. Tentai d’inumidire le labbra impastate e che, dopo qualche sforzo, constatai sapere di medicinale.
Quando finalmente riuscii a distinguere qualcosa, mi guardai attorno. Osservai le pareti bianche, abbellite da un semplice televisore al plasma disposto proprio sulla parete frontale al letto sul quale mi ritrovavo e che, guardandolo, non era il mio.
C’era una porta all’interno della stanza che lasciava intravedere un piccolo bagno, dentro il quale scorgevo semplicemente la metà di un lavandino.
Nella stanza era presente un piccolo tavolino sul quale erano disposti dei vestiti, dei pupazzi, dei cioccolatini.. dei fiori.
Spostando lo sguardo alla mia sinistra, osservai la porta. Anch’essa era bianca e in plastica. Nelle vicinanze c’era una valigia blu.. la mia. E ancora, al fianco del letto c’era un comodino anch’esso stracolmo di lettere, regali, fiori.
Quando voltai appena la testa con estrema lentezza, poiché sentivo ogni parte del mio collo ancora indolenzita, notai una poltrona di un marrone orribile, sulla quale mia madre sedeva e dormiva.
Mia madre. Cosa di ci faceva lì mia madre? Cosa ci facevo io in quel posto? Cos’era accaduto e soprattutto cosa stava succedendo?
Facendo pressione sui gomiti, mi misi a sedere, a schiena diritta. Dovevo riacquistare ancora la sensibilità di tutti i muscoli e anche quel dettaglio mi spingeva a riflettere su quanto fosse accaduto.
Mi sforzai di ricordare, ma le scene che rivedevo nella mia mente erano sfocate e poco comprensibili, non collegate l’una all’altra.
C’erano tante persone, alcune delle quali erano famigliari, ma di cui non riconoscevo l’identità, visti i ricordi poco chiari. Avrei svegliato volentieri mia madre per chiederle spiegazioni, ma non mi sembrava il caso. Dormiva così beatamente, era ingiusto disturbarla. Decisi di spulciare tra i regali posti sul comodino: c’erano lettere su lettere che provenivano tutti da ragazzi che frequentavano i miei stessi corsi al college.
Il college..
 
Mi diressi, strusciando i piedi in terra, fin davanti il mio armadietto, tentando di passare inosservata. Per l'appunto, non avevo una bella cera e le occhiaie che circondavano i miei occhi erano ben visibili.
 
Scossi appena la testa, frastornata dall’improvviso flashback subito. Tornai a spostare roba su roba dal comodino, trovando poi un bracciale, oggetto inconsueto se si pensa al tipo di regali che avevo ricevuto, per un motivo a me sconosciuto, in quella stanza che potevo affermare con certezza trovarsi all’interno di un ospedale.
Lo presi in mano e cominciai ad osservarlo. Si trattava di un bracciale in oro bianco, privo di alcuna apertura, circolare e da uomo. In un certo senso mi piaceva.
Lo osservai internamente, quando scorsi una scritta in arabo. Al suo fianco era stato scritto un nome, quasi facesse da traduzione al nome arabo che lo precedeva.
Zayn..
 
Afferrò l’interno del mio polso, lì dove si scorgono vene verdi, di tanto in tanto blu. Dapprima stampò proprio su queste un dolce bacio, per il quale rabbrividii, sorridendo. Poi lo vidi trafficare un po’ con uno dei suoi polsi, dal quale sfilò un bracciale che mi parse d’oro bianco e che legò al mio.
Mi permise di ammirarlo e notai una piccola incisione al suo interno. Era riportata una parola in arabo e al suo fianco ‘Zayn’, quasi ne indicasse la traduzione.
- “ Cosa significa? “ – indicai la scritta in arabo e per tutta risposta, Zayn confermò la mia tesi. Quello era il suo nome in arabo.
- “ E’ un regalo di mio padre. “ – spiegò, sorridendo. – “ E ora voglio che lo tenga tu. “ – terminò.
- “ Oh, no. Non posso accettare. “ – dissi, subito. Cercai di sfilarlo, ma lui mi fermò.
- “ Ritienilo un prestito.  Quando sentirai la mia mancanza, mi troverai al tuo fianco. “ –
 
Spalancai la bocca.
Zayn.. da quanto tempo non lo vedevo? E perché sentivo il cuore scoppiare al sol pensiero del ragazzo?
Poi, senza volerlo, tanti ricordi vennero alla mente l’uno di seguito all’altro.
 
- “ …scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora.
M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai, qualità che mi avrebbe fatto perdere qualsiasi scommessa già in partenza.
- “ Si? “ –
- “ Allora facciamo un gioco: parliamo al telefono, usciamo insieme, ridiamo e scherziamo..” – si fermò proprio sul più bello, lo guardai ancora perplessa per poi chiedergli:
- “ E poi? “ – lui sorrise quasi con dolcezza, una dolcezza differente dalle altre. Posò una mano sopra una delle mie guancie e rispose, quasi fosse la risposta più logica al mondo:
- “ E poi niente, il primo che s’innamora perde. “ –
 
- “ Io sono Zayn Jawaad Malik, dolcezza. Arriverai a desiderare che io ti chiami 24 ore su 24. “ –
 
- “ Perché sei sempre così.. così..” – iniziò lui.
- “ ..acida? Noiosa? Diversa? Non lo so, Zayn. Dimmelo tu. “ –
- “ Stavo per dire suscettibile, ma va bene lo stesso. “ – lei inchiodò i piedi a terra, guardandolo. Le scappò una flebile risatina, era buffo starlo a guardare.
- “ Il modo in cui aumenti la mia autostima è indescrivibile. “ – rispose, ironica.
- “ Se mi lasciassi parlare ogni tanto, sapresti cosa penso di te. “ –
- “ E cosa pensi di me? “ – chiese, avvicinandosi con fare sicuro al ragazzo.
Con aria altrettanto sicura, anche il moro compì qualche passo, in modo che i loro corpi si sfiorassero, che lui potesse passare con il pollice ogni lineamento del viso angelico della ragazza.
- “ Potrei dirtelo, mangiando un gelato. “ –
- “ Un gelato..? D’inverno..? A Londra..? “ – lui abbassò appena il capo, prendendo coscienza del suo sbaglio, poi cominciò a muovere la mano, agitandola come per far intendere che quelle fossero solo parole.
- “ Dettagli, dettagli. “ - puntò ancora gli occhi scuri in quelli altrettanto scuri di Sam che si sentì avvampare. – “ Allora, che ne dici? “ –
- “ Mi stai invitando ad uscire? “ – sorrise.
- “ Proprio così. “ –
 
Passammo davanti la solita “porta degli sportivi”. Era come sempre affollata.
Non ero stata mai interessata a riconoscere i soggetti che vi si accalcavano. Ma quella mattina fu diverso.
Voltai lo sguardo e incontrai il suo.
Mi guardò, trattenne un sorriso. Lo trattenne, non me lo regalò.
Lo guardai per una manciata di secondi, poi lo superai accompagnata dalle mie amiche.
- “ Ti ha guardata. “ – esclamò Hayley.
- “ E sorriso! “ – ribatté Juls.
 
- “ Conosco Zayn e.. non s’innamorerebbe mai. “ -
 
- “ E con questo? Non sei di sua proprietà. “ –
- “ E di chi lo sarei? “ – chiesi, snervata.
Zayn non rispondeva alla mia domanda, facendo aumentare un certo nervosismo in me.
- “ Di chi lo sarei? Rispondimi. “ – con uno scatto si voltò verso di me, imprigionando il mio sguardo nel suo, come tanto avevo desiderato, tanto da permettermi d’intravedere il nervosismo che ci accumunava. Mi strinse tra le sue braccia e, selvaggio, urlò facendomi tremare.
- “ MIA. “ –
 
- “ Cos’è che ti turba? “ –
- “ Io.. non so, è stupido. “ – esclamai, stringendo gli occhi per cacciare la lacrime al loro interno. – “ ..il tizio della festa. “ – rivelai poco dopo.
- “ Quello con cui hai..” – annuii subito per impedirgli di continuare la frase.
- “ Non ne posso più. Vorrei solo sapere chi è. “ – sospirai.
- “ Prima o poi lo saprai..” – tentò, vago. – “ Ti aiuterò. “ – aggiunse.
Accadde poi, spinta dall’istinto, che lo abbracciai. Avevo bisogno di sentire le sue braccia calde stringermi a sé. Avevo bisogno di protezione, di sentirmi al sicuro.
E lui, con una semplice stretta, ci riuscì.
 
Quando poi la schiera di flashback spontanei ebbe fine, fui proprio a provocarmene. Avevo bisogno di esaminarne degli altri, di viverli ancora, di sentirmi bene, male, felice, angosciata, amata, disprezzata.
Avevo bisogno di ricordare tutti quei frammenti che mancavano all’appello e che sapevo si ricollegavano agli stessi ricordi che poco prima avevo riesumato.
 
- “ E chi s’innamorerà per primo cosa farà? “ – chiesi, infine, troppo coinvolta in quella storia.
- “ Semplicemente, lo dirà all’altro e metterà fine al gioco. “ –
- “ Alla scommessa. “ – lo ripresi.
 
- “ Cosa provi? “ – gli domandò.
- “ Beh, ci tengo a diventare tuo amico. E quella è solo una scommessa..” – rispose, dopo pochi attimi lasciati andare con il vento. Le sorrise, posando una mano sopra una delle guance di Samantha che al suo tocco si arrossò.
- “ ..chissà quando avrà fine. “ – aggiunse poi.
- “ Quando t’innamorerai di me, Zayn. Perché io sono un ghiacciolo. Non m’innamoro di nessuno. “ –
 
- “ La stai facendo grande. “ – non sentivo quella voce da ben tre settimane e solo allora capii quanto realmente mi era mancata.
Zayn, con sguardo impassibile, si trovava al fianco del gonfiabile umano alias Allyson che mi osservava divertita.
- “ Hai il coraggio di rivolgermi la parola? Ma non ti vergogni? “ – urlai con tutta l’aria che avevo in corpo.
- “ Smettila. “ – sibilò a denti stretti.
- “ Io non la smetto di fare nulla. Sei proprio come immaginavo, sei stato il mio più grande errore, Malik. “ – gridai, all’estremo delle forze.
[…]
- “ Ah, Zayn.. la scommessa è finita. “ – urlai in cima alla scalinata, vicino le porte bianche. – “ Ed indovina perché..” –
- “ Non so, perché? “ – domandò, con voce rauca.
- “ Ricorda il motivo per il quale sarebbe finita. “ – bastarono quelle poche parole, perché quegli occhi che sfuggivano ai miei, li ricercassero immediatamente sbarrandosi.
Gli avevo indirettamente rivelato di essermi innamorata di lui.
 
Mi risvegliai da quella raffica di ricordi totalmente in lacrime, singhiozzante.
Ricordavo.
Ricordavo cos’era successo, cos’avevo fatto e da cosa ero stata indotta a spingermi oltre il limite. Zayn.
E per lui piangevo. Perché nonostante il dolore che mi aveva causato, nonostante l’illusione d’essere amata da lui.. io ne ero fottutamente e perdutamente innamorata. Come mai prima mi era capitato.
E stringevo a me quel bracciale, tutto ciò che mi restava di noi.
- “ Sam..” – sussurrò mia madre, svegliandosi probabilmente a causa dei miei singhiozzi. – “ Sei sveglia! “ – esclamò, correndo ad abbracciarmi. Sul suo viso era dipinto un gran sorriso, che non scomparse neppure alla vista delle mie lacrime, tant’era la gioia del mio risveglio.
- “ Stai tranquilla, è tutto passato. “ – mi rassicurò.
Ma lei non sapeva che invece, per me, il vero calvario stava avendo inizio.
 
Dopo la visita del dottore, mia madre pretese delle spiegazioni che io non le rifiutai.
Iniziai dal principio: la scommessa.
Le spiegai persino che non ero intenzionata ad innamorarmi del moro in nessun caso, tanto lo detestavo.
Le raccontai delle carinerie che Zayn faceva per me, del corteggiamento, delle prese in giro e dei litigi. Le descrissi la prima uscita, come la volta in cui, nascosta sotto il suo letto, avevo trovato un perizoma rosso fuoco, episodio che scatenò la sua ilarità.
Le presentai la prima uscita collettiva che mai prima di quel giorno era avvenuta. E le ricordai le promesse fatte, le parole detto al vento, le illusioni date.
E raccontando, le lacrime precipitavano giù dai miei occhi, accompagnate da grandi sorrisi che non potevano far a meno di comparire.
Le spiegai il significato del bracciale in oro bianco che, poggiato sul comodino, aveva accompagnato il mio soggiorno in quel posto.
E fu abbastanza divertente renderla partecipe della mia vita, fin quando non dovetti farle una lista di tutto ciò che, negli ultimi giorni, mi aveva resa depressa, diversa, che mi aveva portato a tentare il suicidio.
- “ Mi sono sentita così.. stupida. Quel bacio, Zayn al fianco di Allyson. Non ho retto la tensione. Ma non mi sono ridotta in questo stato solo per quello. La lontananza di Liam, di Juliette e di Hayley ha inciso in modo notevole. Ma credo che la ciliegina sulla torta sia stata la scelta di Louis di  rinunciare alla nostra amicizia per Francesca.. Francesca poi! Lei è sempre stata una delle mie amiche più fidate, non capisco perché si sia comportata in quel modo. “ – respirai a fondo, tentando di calmarmi. Asciugai appena qualche lacrima che imperterrita tentava ancora di scendere lungo le guance oramai scavate dal loro cammino.
- “ E quindi cos’hai fatto? “ – mi domandò, prendendomi per mano.
- “ Ero stanca mamma. Lo ammetto: avevo pensato di farla finita. Ma arrivata al centro commerciale, non avevo più intenzione di fare nulla. “ – ammisi, sincera. – “ Sono uscita negli spazi esterni del centro commerciale con l’unica intenzione di starmene sola. Ma poi ha cominciato a piovere, sentivo la testa scoppiare a causa della febbre, non riuscivo a muovere un passo.. mi sono sistemata come meglio potevo, pur di non essere investita dalla pioggia, ma non ha funzionato.
Ricordo l’arrivo di Zayn, quella notte. Ricordo il suo pianto.. poi i miei ricordi finiscono.” – quando avvertii una carezza da parte di mia madre, compresi che lei non era arrabbiata. Non appariva nemmeno un minimo sorpresa dal mio racconto, quasi ne fosse già al corrente.
- “ Zayn è un bravo ragazzo. “ – affermò successivamente, lasciandomi a bocca aperta.
- “ Lo definisci ‘un bravo ragazzo’ su quali basi, scusa? “ – domandai, con una punta di cinismo nella voce.
- “ Tu sai cos’è successo in questa settimana che hai passato in ospedale? “ – scossi la testa, non sapendo evidentemente cos’era accaduto. Non sapevo neanche che fosse trascorsa una settimana dal mio ricovero in ospedale. – “ Ti faccio un breve riassunto. Zayn ti ha portato qui con l’aiuto di un ambulanza. Hai avuto febbre che oscillava perennemente oltre i quaranta gradi, malesseri fisici e infiammazioni che non sto a raccontarti. Hai avuto tante crisi, piccola mia. I medici sono ricorsi a non so quali medicinali pur di tranquillizzarti.. e Zayn è sempre stato qui, al tuo fianco. Ha pernottato e soggiornato qui, dandomi perennemente il cambio. Non ha mai voluto lasciarti sola. L’ho costretto a tornare al dormitorio ieri sera, dopo aver saltato una settimana di scuola. Ma lui ha promesso che questo pomeriggio tornerà e che si posizionerà ancora una volta qui, proprio dove sono seduta io, per farti compagnia. “ – la stavo ad ascoltare a bocca aperta. La stessa persona che mi aveva evitata, che mi aveva fatta soffrire, si era dimostrata anche quella che più teneva a me. – “ Ti parlava tanto, sai? Tu non eri cosciente, eppure lui ti parlava. Attendeva con impazienza che me ne andassi per poterti confidare non so cosa, per poi ritrovarlo sempre qui ad osservarti ammaliato.
Mi aveva già messa al corrente del tuo racconto, ma a tutto ciò aveva aggiunto un piccolo particolare. Lui ti vuole bene, Sam. E devi dargli modo di dimostrartelo. Ascoltami. “ – mi consigliò lei, ma io non desideravo starla ad ascoltare. Non mi fidavo di Zayn, non più. Se davvero teneva a me e mi voleva bene, come affermava mia madre, non avrebbe mai dovuto condurmi in prossimità della morte.
- “ E gli altri? Sono mai venuti? “ – mamma sorrise, permettendomi di notare l’estrema somiglianza dei nostri tratti. Eravamo due gocce d’acqua, di cui una poco più avanti nell’età, ma talmente bella da lasciare qualsiasi uomo, oltre mio padre, senza fiato.
- “ Sono sempre stati qui, piccola. “ – rise, accarezzandomi. – “ Nella stanza può restare una sola persona durante la notte e quando mi costringevano ad andare a riposare, Zayn restava con te e gli altri dormivano nelle poltroncine di attesa o facevano nottata. Non hanno trovato riposo fino all’altra sera. “ – e ancora piansi, lacrime di gioia come di delusione.
 
Quando quel pomeriggio mi risvegliai da una lunga dormita, sentii il rumore di chiacchiere, miste ad accenni di risate. Ero io volerli definire tali, perché non assomigliavano neppure lontanamente a delle sane e grasse risate.
- “ Oh, si è svegliata. “ – esclamò mia madre che scaltra mi affiancò.
- “ Ciao. “ – sussurrai, stropicciando gli occhi. Mi sistemai a sedere, frastornata. Avevo preso sonno proprio nel mezzo di una crisi di pianto che non trovava mai fine. Probabilmente fu un bene addormentarmi, evitando così altre stressanti ore di piagnistei per mia madre.
- “ Come ti senti? “ – mi accarezzò la schiena, gesto che mi spinse ad aprire gli occhi e a guardarmi un po’ attorno. E se non l’avessi fatto, potrei ammettere con sicurezza schiacciante che mai avrei notato la sua presenza in quella stanza.
Zayn era lì. Rimaneva posizionato poco più distante da mia madre, con un minuscolo sorriso stampato in volto. Non so per quale insulso motivo, ma il mio cuore prese a battere, scalpitare in maniera struggente. I suoi occhi, quel sorriso, il suo essere lì per me.
All’imprimere dei miei occhi nei suoi, percepii nuovamente le lacrime farsi grandi nei miei occhi, provocando in me una voglia esasperante di piangere ancora, ma di farlo proprio dinanzi a lui.
Ne ero innamorata e la sensazione che provavo guardandolo era maledettamente piacevole, al contempo fastidiosamente deprimente.
- “ Suvvia, non ricominciare a piangere! “ – mi schernì mia madre, certamente divertita dalla presenza di Zayn.
Scrollai via le lacrime e respirai a fondo, sistemandomi appena. Ero sicura di apparire un mostro agli occhi di quel ragazzo che, comunque, non avrebbe mai rivelato la bruttezza dei miei lineamenti, in quei momenti, non in presenza di mia madre che, nel frattempo, sistemava nel coperte del letto con tanta premura.
- “ Va bene così. “ – le sorrisi, facendole segno di non procurarsi altri fastidi.
- “ Okay, ragazzi. Vado a sbrigare qualche commissione. Torno in serata. Non fate danni. “ – ridendo, l’osservai allontanarsi per uscire dalla stanza, senza guardarsi indietro. Mia madre era una donna fin troppo comprensiva, sapeva quand’era il momento di farsi da parte, come quand’era il caso di mettere lo zampino nelle mie questioni.
Era da considerarsi perfetta.
Non appena la porta fu chiusa, abbassai nuovamente lo sguardo e lasciai andare un sospiro di sollievo. Non dovevo più fingere o forzare sorrisi inutili per non preoccupare la mia cara mamma.
Con Zayn era tutto un altro paio di maniche.
- “ Ciao. “ – sussurrò con quel vocione che, tant’era l’amore che gli riservavo, scaturì lunghi brividi sulla mia pelle.
- “ Hey. “ – risposi, senza badarci. Si sedette al mio fianco con gran cura, pur di non farmi del male.
- “ Come ti senti? “ – avrei potuto rispondere con un ‘Meglio grazie, ora che tu sei qui.’ o qualcosa del genere, ma la risposta non avrebbe rispecchiato la realtà. Io non stavo bene o meglio, fisicamente stavo alla grande considerato ciò che avevo passato.
Ma senza lui le mie condizioni fisiche passavano in secondo piano.
- “ Come una cretina che si è ridotta in queste condizioni per..” – di getto, avrei risposto che la causa di ogni mio malessere era sua. Ma non potevo davvero ammettere, ancora, di essere coinvolta da lui fino a quel punto. – “..per una stronzata. “ – terminai, sospirando. – - “ Vedo con piacere che stai meglio. “ – mi sfotté, scaturendo quelle che sarebbero dovuto essere le mie risate. – “ Sei dimagrita..” – constatò.
- “ Sul serio? “ – mi lanciai un’occhiata, ma osservando i polsi non ero in grado d’individuare chissà quale cambiamento.
- “Già. “ – ammise, sospirando.
- “ Credo si possa definire un bene. “ – mormorai.
- “ Per quale motivo? “ – chiese a sua volta.
- “ Beh, perché io sono così.. “ – indicai appena quel corpo che in non mi pareva affatto bello o mio. Non mi piacevo. Probabilmente non è esagerato dire che mi detestavo. Ma lui questo non lo sapeva.
- “ Tu sei così perfetta. “ – sussurrò ancora, poggiando la sua fronte alla mia, per poi intrappolare nelle mani, grandi e fredde per via del tempo, il mio viso. Mi costrinsi, esausta, a guardarlo davvero. Osservai le occhiaie che circondavano i suoi occhi così stupendi e stranamente in parte spenti. Il suo sorriso era radioso e, seppur piccolo, emanava forza. La stanchezza era impressa su quegli zigomi sporgenti, sulla fronte appena contratta. E nonostante tutto, lo trovavo maledettamente bello.
- “ Da quanto non dormi, Zayn? “ – gli domandai, mentre sentivo una stretta torturare il mio stomaco.  
- “ Non importa. “ – deviò.
- “ Rispondimi. “ – gli imposi, posando una mano sulla sua.
- “ Una settimana. Ma non è un problema. “ – non so quale forza superiore mi guidò, ma con delicatezza, lo feci distendere al mio fianco, sul mio stesso letto e poggiai una mano sui suoi occhi, tentando di creare del buio su questi.
- “ Dormi. “ – gli consigliai, ad un palmo dalle sue labbra. Ma lui scostò con premura la mia mano e diminuendo ancora di qualche centimetro la distanza tra le nostre labbra, mormorò:
- “ Non è questo che vorrei fare. “ – tremai, pensando a cosa lui potesse volere da me. Ma vivevo l’incertezza costante di non poter essere nient’altro per lui, se non un peso.
- “ E cosa vorresti? “ – quando poi sentii le sue labbra letteralmente sulle mie, rabbrividii e compresi cosa stava accadendo. Compresi cos’era a mancare nella mia vita, se non lui.
E non mi fermai neppure quando lui si distaccò per riprendere fiato. Fui io ad avventarmi ancora sulle sue labbra, chiedendo di più, sempre di più.
Chiedendo altro oltre le sue labbra. Chiedendo che la sua lingua s’intrecciasse alla mia e che le sue mani sfiorassero il mio corpo.
Zayn non mi negò nulla, andò oltre quanto potessi aspettarmi. Avvertii persino le sue mani fredde toccare il mio corpo, insinuarsi tra le maglie che magicamente non indossai più e che caddero sul pavimento. Lo stesso avvenne per la sua felpa, poi per la t-shirt. Bramavo ogni centimetro della sua pelle mulatta, che profumava a tal punto da mandarmi in tilt completamente.
Stava per sfilarmi anche il pantalone, quando si fermò con sguardo perso. Poi si alzò senza dire una parola, si avvicinò alla porta che chiuse a chiave prima di tornare su di me.
Raccontare cosa successe nei minuti, nelle ore a seguire, credo sia inutile.
Basta dirvi che ci amammo e lo facemmo con tutti noi stessi.
Io lo amai. E fu probabilmente la prima volta che lo feci con consapevolezza.
 
Accarezzò la mia spalla nuda, per poi stamparmi un dolce bacio sulla guancia.
Stavo letteralmente morendo di gioia. Quella era stata la giornata più bella della mia vita. Non potevo che ammettere a me stessa, come al mondo, una volta per tutte, che Zayn era tutto ciò di cui avevo bisogno da una vita.
- “ Zayn..” – sussurrai, decisa a parlare.
- “ Sì? “ –
- “ Grazie. “ – dissi, voltandomi a guardarlo. – “ No, sul serio. Grazie per essere entrato nella mia vita ed averla stravolta. “ – mai ero stata più sincera riguardo ciò che io provavo, ciò che il mio piccolo ingenuo cuore sentiva e ciò che persino la testa suggeriva.  Ed ero felice di avergli rivelato, nel modo più esplicito possibile, i sentimenti che m’invadevano per lui.
- “ Io ringrazio te per essere la ragazza che mi ha rapito. “ – ridacchiai. Non sembrava neppure più lui: era cambiato, diventato improvvisamente dolce e stronzo, al contempo romantico, simpatico e perfettamente sé stesso, senza sentirsi a disagio.
- “ Non dire baggianate. “ – e ridendo, mi stampò un ennesimo bacio sulle labbra.
- “ Non le dico. Parlo seriamente. “ – rimasi immobile, fissandolo negli occhi. Vedevo una luce brillare in questi e renderli più accesi e arzilli del solito. Percepivo che quel sorriso accennato delle sue labbra era scaturito dalla sottoscritta.
Cosa potevo volere di più dalla vita? Mah.. neppure un lucano mi avrebbe soddisfatta a tal punto.
In un baleno, mi ritrovai tra le sue braccia che rapide mi trasportavano altrove, nella piccola stanza d’ospedale, facendo particolare attenzione perché il lenzuolo che copriva il mio corpo non si disperdesse. Lui, a differenza mia, non si procurò nulla perché le sue parti intime fossero riparate, quasi volesse lasciar intendere che quella era la nostra intimità, il nostro patto oscuro a chiunque tranne che ai nostri cuori.
- “ Dove mi porti? “ – domandai, ridendo. E la mia risata contagiò la sua, unendole in una perfetta armonia, capace di emozionare persino i più duri di cuore.
- “ A fare la doccia. “ – esclamò, sicuro. Aprì con uno spintone la porta del bagno e la varcò con decisione.
- “ Eh? “ – chiesi, frastornata.
- “ Facciamo la doccia. “ – ripeté, trattenendo un sorriso.
- “ Io e te? Insieme? “ – balbettai, intimidita.
- “ Insieme. “ – disse soltanto, mettendomi a terra con estrema attenzione. Allacciai intorno al mio corpo il lenzuolo e lo stetti a guardare mentre apriva l’acqua della doccia, per nulla al mondo impacciato o imbarazzato.
Non tentava neppure di coprirsi, né faceva alcunché per evitare che io sentissi il sangue ribollire nelle guance. Pensare, poi, che quel genere di situazioni per lui erano all’ordine del giorno, mi fece divenire una pietra, cosa che lui notò.
- “ Ti vergogni di me? “ – domandò, ridacchiando. Si avvicinò al mio viso, al mio corpo e, senza che quasi me ne accorgessi, mi liberò dell’unico oggetto che c’impediva di essere entrambi completamente nudi, per poi riprendermi ancora in braccio.
- “ Comunque non devi. “ – aggiunse poi, entrando nella doccia il cui getto d’acqua mi colpì in pieno, provocandomi una lunga schiera di brividi.
- “ E’ che io non sono come te. “ – bofonchiai, sistemando i capelli bagnati dietro la nuca.
- “ In che senso? “ – domandò, chiudendo la doccia alle sue spalle.
- “ Non sono così bella, esperta in situazioni simili, a mio agio. Non sono neppure lontanamente sicura di me stessa e..” – mi zittì ancora prima che io potessi aggiungere quelle che lui avrebbe definito fandonie.
- “ Sei stupida, questo posso dirlo. “ – constatò lui, ridendosela. – “ Sei bellissima ed il fatto che tu non te ne renda conto, ti rende ancora più bella. E sapere che tu non sei ‘esperta’ in queste situazioni non può che farti onore. “ – concluse, poggiandosi con le mani lungo la parete che, alle mie spalle, m’incastrava tra le sue braccia.
Quando lo vidi in avvicinamento per un ennesimo bacio, mi scostai appena, in preda ai pensieri.
- “ Dici che il mio non essere esperta mi fa onore, ma hai deciso di stare con una sgualdrina. “ – e la freddezza nel mio tono mi lasciò consapevolmente di stucco.
- “ C’è un motivo per il quale l’ho fatto. “ – si affrettò a dirmi, bloccandomi per i polsi, notando la mia riluttanza.
- “ Sarebbe..? “ – domandai, con una punta d’ironia. Zayn rimase per un attimo sulle sue, sembrava riflettesse su quanto dirmi o su come espormi tutti i fatti.
- “ Dopo ne parliamo, okay? “ – all’improvviso percepii una specie di rabbia farsi largo dentro me. Non mi pentivo di ciò che c’era stato tra di noi, mi pentivo di non aver riflettuto prima di agire, di non avergli posto delle domande e di aver preteso delle spiegazioni.
Mi ero concessa alla passione, all’emozione, all’amore che provavo per lui, inconsapevole della grandezza che ognuno di quei sentimenti possedeva in me.
E guardandolo, sconvolta, feci per uscire dalla doccia, ricordando improvvisamente di essere nuda ai suoi occhi e che non avrei mai dovuto esserlo.
- “ Hey, che fai? “ – chiese subito, tentando di fermarmi.
- “ Lasciami Zayn. “ – borbottai, innervosita. E Zayn era a conoscenza del fatto che, se m’innervosivo, era complesso poi tenermi a bada.
- “ Non rovinare il momento, rimani. “ – tentò, invano.
- “ Non mi va. “ – mi divincolai ancora, ma la sua presa sovrastava decisamente la poca forza che avevo riacquistato.
Cercai di aprire la porta scorrevole della doccia, per poterne uscire, ma ancora Zayn mi afferrò per la vita, poggiandomi poi alla parete e avvicinandosi paurosamente:
- “ L’ho lasciata. “ – disse soltanto.
- “ Che?! “ – sbottai.
- “ Ho lasciato Allyson. “ – fu inevitabile che mi ritrovassi ad occhi sbarrati e bocca aperta.
- “ Perché? “ – chiesi con un fil di fiato. Zayn si sbarazzò di altri pochi centimetri che ci erano solo d’intralcio, per poi sussurrare:
- “ Perché il sentimento che provo per te non è più sostenibile. “ – mi baciò, senza lasciarmi tempo di metabolizzare la situazione.
E lì, ancora, in quella piccola e scomoda doccia, ci amammo quasi fosse l’unica cosa di cui necessitassimo.
 
Quando i capelli furono del tutto asciutti, raggiunsi Zayn che, in camera, parlava con qualcuno. Scoprii si trattava di mia madre.
- “ Sicuro di voler rimanere ancora? Se vuoi andare per poter riposare non ci sono problemi. “ – lo spronò mia madre, con quel tocco materno che personalmente amavo. Zayn le piaceva ed era evidente, ma credo lo trovasse sincero nei miei confronti, lei che conosceva la mia e la sua campana.
- “ Certo signora, lei vada. Rimarrò io con sua figlia. “ – mia madre gli sorrise, accarezzandogli teneramente una guancia.
- “ Trattamela bene. “ – disse, indicandomi con la testa in avvicinamento. Mi sedetti sul letto, al fianco di Zayn che mi sorrise, radioso. – “ E tu vedi di non farti prendere dal panico. “ – alzai un sopracciglio, poiché non trovavo una spiegazione alle parole di mia madre.
- “ Io non mi faccio prendere dal panico. “ – puntualizzai.
- “ Lo so, ma so anche che ascolti poco e giungi subito a conclusioni affrettate. “ – mi stampò un bacio su una guancia, prima di andarsene lasciandomi perplessa.
- “ Perché ho una madre con un indole così filosofica? “ – mi interrogai, ridacchiando.
- “ Sfortunatamente non hai ripreso da lei. “ – mi sfotté Zayn, mettendosi comodo su quello che sarebbe dovuto essere il mio letto.
- “ Mi prendi in giro Zayn Jawaad Malik? “ –
- “ Ci sei arrivata? Brava, Samantha. Mi stupisci, davvero. “ – ridendo, cominciammo a prenderci a pizzichi, facendoci scappare qualche lamento troppo acuto e fastidioso di tanto in tanto.
Parlammo tanto, ridemmo. Per la prima volta potemmo essere noi stessi, senza quella sorta di timore che c’impediva da sempre di lasciarci andare.
E, arrivata la sera, ci addormentammo sempre lì, sempre abbracciati, sempre insieme.
 

my space: 
CREDEVATE FOSSE MORTA, EH? 
AHAHAHAHAHAHA 
VI HO FATTO PENARE UN PO', 
NE SONO CONSAPEVOLE.
ECCO SPIEGATO IL PERCHE'
DI UN CAPITOLO COSI'
BFDJVBFDOLVFD. 

MA VI AVVERTO RAGAZZE. 
NON TUTTO E' ORO CIO' CHE BRILLA. 
QUESTA PACE E' DAVVERO 
PASSEGGERA. MOLTO PASSEGGERA.
NON VI SVELO NULLA PERCHE'.. 
PERCHE' SONO CATTIVA.
MUHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA 

ED ORA, NON SO QUANTI 
GRAZIE DOVREI DIRVI. 
26 RECENSIONI NEL 
PRECENTE CAPITOLO, COSA MAI
SUCCESSA NELLE MIE STORIE. 
MI AVETE RIEMPITA DI COMPLIMENTI
E, VE LO ASSICURO, MI STATE 
SPRONANDO A CONTINUARE 
QUESTA STORIA AL MEGLIO, 
TANTO CHE HO GIA' DECISO 
CHE QUESTA STORIA INTANTO
NON TROVERA' FINE PROPRIO 
ORA E CHE, QUANDO POSTERO'
IL SUO ULTIMO CAPITOLO, 
SCRIVERO' IL SUO CONTINUO, COME SE
SI TRATTASSE DI UN SECONDO LIBRO. 
FNBIRDJBVFENFHFEF

grazie per rendermi la ragazza più 
felice al mondo, con una breve ma intensa recensione.
grazie perchè siete qui, per me e con me.
siete importanti. 


SONO TALMENTE BUONA CHE VI REGALO 
QUALCHE GIF. NFIOEKVFNED

QUINDI.. 
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

 

 
Ho pensato che questa gif fosse perfetta per il capitolo, perchè Zayn arriva e
           Sam in lacrime.
spazza via ogni dubbio, baciandola. Ogni lacrima, con la sua vicinanza.                       Immaginatela essattamente così, forse più sconvolta. 
E' strano, ma credo che quei due siano fatti per stare insieme. :') 




 
I due simpaticono dopo.. beh, avete capito. loool                                                                    Come sei triste, Zayn. cwc
                                                                                                                                                                         mi distrugge vederti così. AHAHAHAHAHAHA 

 

BYEEEEEEEEEEEEEEEE.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto: Turn your face. ***


“Così volta solo il tuo viso, finché non posso più vederti.
Allontanati, finché non ti troverai più davanti la mia
porta. Volta il tuo viso, allontanati e resta.”
Little Mix-Turn your face.

 Al mio risveglio il mattino seguente, Zayn era già in piedi.
Stava sistemando alcuni sacchetti presi in uno starbucks nelle vicinanze con gran cura. Il fatto stesso che lui si fosse adoperato per procurarmi una colazione con i fiocchi, mi dava modo di osservare la sua benevolenza nei miei confronti.  
- “ Buongiorno. “ – esordì il moro, avvicinandosi con gran classe e baciandomi.
- “ Che bel buongiorno. “ – ammisi, passandomi la lingua tra le labbra. – “ Davvero un bel buongiorno. “ –
Quando poi mi porse uno starbucks ed un cornetto farcito, mi sentii in paradiso. Teoricamente, essendo ancora non del tutto in forze, non avrei potuto strafare con il cibo. Ma per una mattina non sarei di sicuro morta.
Cullata tra le sue braccia, cominciai a pensare che quella sarebbe stata una bella giornata.
 
- “ Forse è arrivata l’ora di parlare. “ – incominciai, al termine della colazione.
Non potevo considerarmi realmente pronta a conoscere i particolari di quella storia così intricata, ma prima o poi sarei dovuta venire a conoscenza, specie dopo tutto quello che tra me e Zayn era avvenuto. Proprio lui annuì, mettendosi a sedere come meglio poteva.
Osservandolo, l’avrei detto teso, probabilmente perché desiderava spiegare con precisione ogni decisione ed ogni atto che l’avevano condotto in una direzione, piuttosto che in un’altra.
- “ Credo tu mi sia sempre piaciuta. “ – cominciò, facendosi sfuggire una risata. – “ Ma proprio da sempre, eh. Fin da quando ti stuzzicavo per puro divertimento. “ – ricordando eventi precedenti al natale, risi anch’io stemperando un po’ della tensione creatasi.
- “ Diciamo che la sera della festa a scuola, prima delle vacanze natalizie, non è stata movimentata solo per te. Anche io ho fatto una strana esperienza. E diciamo pure che, al ritorno dalla vacanze, la scommessa che ti ho proposto non è stata proprio casuale: io e Harry l’avevamo premeditata. Abbiamo scommesso cento sterline perché tu t’innamorassi di me.” – sentii il fiato divenirmi corto. Non fui sorpresa della sua confessione, temevo tramassero qualcosa quei due. Eppure sentir pronunciare quelle parole dalle sue labbra, fu come ricevere un breve, ma intenso colpo.
Che la tortura abbia inizio, pensai.
Cominciai ad irritarmi, a muovermi angosciosamente, avvertendo sempre più il respiro venirmi meno. Cercai di dire qualcosa, ma Zayn m’interruppe all’istante. – “ Fammi continuare. Io ho scommesso, è vero. Ma non l’ho fatto con il fine di vincere davvero quei soldi. Io volevo solo riprovare i brividi di quella notte.. “ –
- “ Brividi? “ – tentai.
- “ ..e tra l’altro ho deciso di mettere fine alla scommessa con Harry nel momento in cui ho pensato d’impormi un sentimento inesistente per Allyson, allontanandomi da te, pur di non illuderti, farti soffrire e pagare per degli sbagli che io ho commesso..”- giunta al limite, presi a porgli domande con tono fin troppo aggressivo.
- “ Sbagli di cosa, Zayn?! Che cazzo stai dicendo?! “ – Zayn rimase immobile, irremovibile. Sembrava fosse vittima di una lotta interna, che stesse soffrendo, non avendo la più pallida idea di come agire in quegli istanti.
Zayn era nervoso. Ma non nervoso come di solito accade, non sapendo cosa aspettarsi. Zayn era nervoso poiché conosceva a perfezione le conseguenze a cui sarebbe andato incontro, rivelandomi ogni singolo dettaglio.
Mandò giù un enorme magone, prima di riuscire a svelarsi:
- “ Quel ragazzo con cui tu hai avuto la tua prima volta.. “ – s’interruppe.
- “ Parla, Zayn, cazzo. “ – lo incitai.
- “ ..sono io. Quel ragazzo con cui tu hai avuto la tua prima volta sono io. “ – la mandibola mi cadde, inavvertitamente. E i miei occhi si riempirono di lacrime, in contemporanea. Non volevo e non potevo crederci. Lui sapeva quant’io avessi sofferto per quel ragazzo, i miei rimorsi e i tormenti. Lui era al corrente di ogni singolo particolare e non aveva esitato a fregarsene, a permettere che io continuassi a farmi del male.
- “ Non è vero. “ – negai l’evidenza.
- “ E’ vero. “ – ribatté, abbassando lo sguardo, colpevole.
L’unico indizio a mia disposizione che provasse la sua confessione era il tatuaggio sul polso del ragazzo con cui avevo trascorso la notte della festa. Tatuaggio che, oltre ad essere l’unica prova, era anche l’unico reale ricordo che avevo del tipo.
Afferrai veloce il polso del moro e, sfilatogli il polsino che causalmente indossava, lo vidi: lo Yin e lo Yang era disegnato sul polso, quel polso, lo Yin e lo Yang lo aveva smascherato, lo Yin e lo Yang lo aveva tradito.
Ma anch’io mi sentii tradita, anch’io ero stata smascherata. Lui mi aveva tradita e al contempo smascherata, denudata agli occhi del mondo.
- “ Come hai potuto. “ – riuscii soltanto a sussurrare, tentando il tutto per tutto pur di non piangere e rendermi nuovamente ridicola in sua presenza.
Era stato capace di rendermi dapprima vulnerabile, poi debole ed infine procedere nel mio intimo.
- “ Sam io..” –
- “ Va’ via. “ – lo fermai. – “ VA’ VIA. “ – urlai, picchiando forte i pugni contro il letto.
Provò ancora, invano, di placare la mia rabbia che andava aumentando, in preda alle lacrime e alle urla che attirarono persino degli infermieri che si accinsero ad entrare indisturbati nella stanza.
- “Cosa succede? “ – domandarono. E nel caos che regnava, constatai solo che si tratta di un uomo e una donna. Per il resto me ne fregai altamente della loro presenza e continuai ad inveire contro il ragazzo che non accennava a volersene andare.
- “ Sam, ti prego..” –
- “ SPARISCI, ZAYN. ESCI DALLA MIA VITA, MA DEFINITIVAMENTE. “ – fu tutto quello che riuscii a gridargli, prima che gli infermieri lo trascinassero via da me, da quella stanza, facendolo sparire dalla mia vista, sperai il più a lungo possibile.
Venni lasciata sola. Avevo bisogno di riflettere e di riprendere il controllo di me stessa. Perdevo lucidità con il trascorrere dei minuti e il numero di lacrime sul mio viso aumentava a dismisura.
Fu a quel punto che pensai a lei, a mia madre. Fu quel punto che volli affidarmi a lei e a nessun altro. Fu quel punto che la chiamai, dandomi un tono e imponendo ai singhiozzi di farsi da parte per pochi istanti.
- “ Mamma, ti prego vieni in ospedale. “ – le dissi, non appena la sua simpatica voce fece capolinea nell’apparecchio.
- “ Sam..? Che succede? Zayn dov’è? “ – fui presa da un’improvvisa ondata d’odio.
Zayn. Quel nome risuonava in modo estraneo nella mia mente. Io non conoscevo Zayn. Non l’avevo mai davvero conosciuto. Per me era un conoscente, non un amico. Non poteva essere una cotta o forse un amore.
- “ Non voglio vederlo mai più. “ – sentenzia, gemendo.
Stavo valutando tante idee, tra le quali acquistava favori quella di trasferirmi in un’altra scuola o di finire l’anno e poi andarmene. In poche parole, volevo solo mettere fine ad ogni rapporto in quella scuola, in quella che fino ad allora era stata la mia vita.
- “ Ti sei lasciata prendere dal panico? “ – nei miei diciotto anni di vita avevo imparato a conoscere, interpretare e valutare mia madre. Ma mai come allora compresi perché lei lo trattasse come un figlio, perché tanto si era raccomandata pur di permettere che divenissi preda del panico e perché riusciva a mantenere stabile una certa sicurezza in tutta quella faccenda: lei credeva in lui, ma sfortunatamente io non lo facevo.
- “ Ti prego, raggiungimi. “ - e dal momento in cui l’avevo supplicata, in lacrime, mia madre non poté far altro che rincuorarmi, assicurarmi che non mi avrebbe giocato brutti scherzi, che sarebbe giunta a breve, seppur a malincuore.
 
Tre giorni dopo.
Riaccesi il cellulare, mettendomi a sedere.
Le chiamate ricevute nell’ultima settimana erano circa un centinaio, senza contare i messaggi. La maggior parte provenivano da quelli che poche settimane prima avrei definito i miei migliori amici.
Sospirai. Quel venerdì sarei uscita dall’ospedale. Non che non fossi felice di andarmene finalmente da quel macabro posto, ma sarei risultata falsa, assicurando che la mia voglia di far ritorno al college e di rincontrare determinati volti fosse immensa.
Pochi minuti a seguire, arrivarono dei medici che mi visitarono. Assicurarono a me e mia madre che oramai non dovevo più temere per la mia saluto, proprio come mi aspettavo. Poi venni rilasciata, con i saluti di medici ed infermiere che tentavano il tutto per tutto pur di strapparmi un sorriso. Mia madre mi affiancava, accennando saluti qua e là ad anziani o donne che, riconoscendola, le sorridevano.
In breve tempo, ci recammo a scuola, per far visita al preside a cui premeva in modo particolare la mia guarigione. Mia madre sbrigò la solite procedure per casi di assenza particolari come il mio ed infine uscimmo in strada, la attraversammo ed entrammo nel dormitorio, subito dopo aver preso i bagagli. Tornare in quella camera, vuota a causa dell’ora, era l’inizio del mio tormento. Reputavo umiliante mettere nuovamente piede tra le pareti di quella stanza, farsi vedere in giro dopo tutto ciò che accaduto, ritrovarsi sola.
Ma non volevo la compagnia di nessuno.
Sistemammo un po’ della mia roba, poi sentii la necessità di restare sola e cercai, nel modo più garbato possibile, di congedare mia madre.
- “ Ho capito, vuoi che me ne vada. Allora stammi bene, piccola. “ – mi comprese. Promise di chiamarmi in serata, prima di andarsene baciandomi una guancia.
Sospirai, mi trovavo finalmente sola dopo giorni di stabilizzazione.
La prima cosa a cui pensai fu una doccia. Perciò mi liberai dei vestiti che lasciai sul pavimento della stanza e mi diressi in bagno. Mediante lo specchio, osservai il mio corpo: ero dimagrita, troppo. Il mio viso aveva riacquistato un po’ di colore, ma non era radioso come lo ricordavo. Fissavo lo specchio, alla ricerca di me stessa, senza rintracciarmi. Ero spaventata, ma determinata a lasciarmi quella situazione alle spalle.
Scossi la testa, per cacciare ogni sorta pensiero negativo e mi catapultai nella doccia.
Rabbrividì al contatto con l’acqua, rizzando al pensiero della pioggia che pungeva la mia pelle tant’era violenta.
Ero ancora scossa, evidentemente. Ma avrei superato anche quella paura, come d’altronde era stata educata a fare.
Fui veloce, avevo poco tempo concesso prima di dover andare a lezione. Mi preparai al meglio, evitando il trucco per non apparire disperata, pur sapendo di non avere una bella cera, proprio come due settimane prima.
Afferrai la borsa con i libri, mi munii di coraggio, uscii dalla stanza, poi dal dormitorio e in un batter d’occhio giunsi scuola.
Compii i primi passi nel corridoio proprio quando la campanella delle dieci suonò, facendo spalancare le porte delle aule, fuori dalle quali si riversarono centinaia di alunni. Molti di questi mi guardarono dalla testa ai piedi, probabilmente informati fin troppo della vicenda che mi vedeva protagonista.
Era umiliante per davvero.
Spalancai l’armadietto e nascosi la testa al suo interno. Se tutti dovevano vedermi come un fenomeno da baraccone, tanto valeva restare in ospedale.
 
Entrai in mensa a capo chino.
Non volevo essere squadrata per l’ennesima volta, seppure sembrava essere un obiettivo senza speranza.
Persino le addette alla mensa, domandarono riguardo le mie condizioni fisiche, quando feci per prendere il mio pasto. M’irritai, non per il loro interessarsi, quanto per il trattamento da ‘pazza’ che mi riservarono.
Tutti mi giudicavano, in pochi sapevano.
Mi voltai per andare a sedere in un posto qualsiasi, purché isolato. E guardandomi attorno, inquadrai un gruppo di ragazzi che prendevano posto in un unico tavolo. Tavolo che era assai triste, proprio come chi lo occupava. Loro non erano più gli stessi, proprio come non lo ero io.
Fu un attimo, prima che un ragazzo, un biondo con occhi azzurro cielo, in quel gruppo incontrasse il mio sguardo poco prima di far segno nella mia direzione, ai componenti del suo stesso tavolo, il cui stato d’animo tramutò, mentre scattavano in piedi
Mi avevano riconosciuta, ma loro non vedevano in me la strampalata che aveva tentato il suicidio, cosa non vera tra l’altro. I miei migliori amici erano stati capaci di riconoscermi semplicemente come una parte fondamentale delle loro vite.
Peccato che non valesse la stessa cosa per me.
Non appena intuii quali fossero le loro intenzioni, girai i tacchi e me ne andai il più lontano possibile da lì, il più lontano possibile da loro.
 
Narratore Esterno.
Zayn la vide e perse un battito.
Era dimagrita, ma era sana, in piedi davanti ai suoi occhi. Ed era bellissima, nonostante il colorito pallido.
Di scatto, si alzò dalla sedia e tentò di andarle in contro. Fu lei ad impedire un contatto tra di loro, andandosene e lasciando di merda tutti.
- “ Non sapevo l’avessero dimessa. “ – confessò Liam, guardandola nostalgico.
- “ Non lo sapeva nessuno. “ – lo corresse Zayn, afferrando la sua borsa e andandosene di lì. Aveva un disperato bisogno di Samantha, ma stavolta lei non c’era.
 
Samantha uscì dalla mensa e svuotò totalmente il vassoio contente il suo pranzo in un secchio, senza preoccuparsi di riporlo sui banconi della mensa. Lo gettò senza pietà nel secchione, decisa a rifugiarsi in camera, per concedersi un breve periodo di relax.
Giunta in camera, si disfò della giacca, per poi cadere sul quel letto che per settimane non l’aveva ospitata.
Sospirò.
La giornata non era ancora terminata, eppure le sembrava fosse trascorsa un’eternità, senza aprir bocca con nessuno, forzando sorrisi antipatici e badando poco alle lezioni che, quel giorno, erano di una noia assurda.
Stava per cadere in un sonno profondo, quando la porta della camera si aprì e due voci ben distinte la invasero.
Sam sobbalzò, rendendosi conto solo a seguire di chi si trattasse.
- “ E’ qui. “ – sussurrò la rossa, con una punta di eccitazione nella voce. Sam non si lasciò sopraffare, presa dal suo amato sonno.
- “ Starà dormendo? “ – chiese la bionda, trafficando.
- “ Credo di si. “ – fu la risposta della rossa che poi trattenne il respiro, quando sentì la voce di Sam colmare il silenzio.
- “ Non lo sto facendo. “ – la ragazza si mise immediatamente in piedi, persuasa dall’idea di scappare da quel posto e darsi da fare in qualche aula di musica, l’unica materia che attendeva realmente con impazienza.
- “ Ciao Sam. “ – le disse Juliette, dopo attimi di esitazione.
Sam afferrò lo zaino, incominciando a sbirciarne il contenuto, per accertarsi che ci fossero libri e strumento occorrenti per le ultime due ore di lezione.
- “ Ciao. “ – rispose soltanto, sfilando o mettendo qualche libro nello zaino.
- “ Come stai? “ – le domandò la rossa, Hayley. C’era qualcosa nelle loro voci. Qualcosa che causava uno strano contorcimento nello stomaco della ragazza. Qualcosa che con tutta probabilità le mancava, ma che si ostinava a non ammettere, orgoglio, ma anche tanto amareggiata.
- “ Bene. Di certo non grazie a voi. “ – fece notare loro. Ciò che lasciò stupefatte le due ragazze fu la calma e l’indifferenza che primeggiavano nella voce della loro amica. Era mancata ad entrambe. Non avrebbero voluto trascurarla, né farla sentire inutile nelle loro vite. Le circostanze avevano influenzato le loro azioni, senza rendere semplici le esistenze di ognuna. Ed erano consapevoli di ogni minimo errore commesso.
- “ Sam ci dispiace..” – tentò la rossa che, in quel preciso istante, possedeva un pizzico di freddezza in più che le permetteva di parlare apertamente con Sam.
- “ Poco importa.” – farfugliò l’unica mora del gruppo.
- “ Ti prego, non avercela con noi. “ – continuò Hayley.
- “ Non ce l’ho con voi. “ – Sam sorrise. Un sorriso strano ed insolito che raramente si posava sulle sue labbra.
 - “ E allora permettici di rimediare agli errori commessi. Fa sì che tutto possa tornare come prima. “ – singhiozzò Juliette che, già da un po’, era caduta in preda alle lacrime, troppa era l’emozione nel constatare che sua cugina non era più malata, nonostante fosse dimagrita notevolmente e non volesse neppure rivolgerle uno sguardo.
- “ Non può tornare tutto come prima. “ – fece notare Sam.
- “ Perché? “ – sbottò la bionda.
- “ Perché io non sono più come prima. “ – e rivolto un breve, ma intenso sguardo, a quelle che avrebbe sempre ricordato come le sue migliori amiche storiche, andò via di lì, consapevole della decisione presa.
 
-Sam.
Quel pomeriggio, al termine delle lezioni, mi rifugiai in un aula canto e lì composi qualcosa. Quel qualcosa divenne poi una canzone, la più bella che fino ad allora avessi mai scritto. Fiumi di parole e di melodie avevano preso possesso di me, della mia creatività, spingendomi a concentrare ogni sorta di sentimento, positivo o negativo che fosse, in quelle poche righe della mia storia.
Turn your face, questo era il suo nome.
La canzone raccontava di una ragazza stanca di accettare sbagli altrui, invitando quello che per lei era il grande amore ad allontanarsi, a non farsi più vivo.
Capii solo dopo averla composta che, ogni singola virgola, era rivolta a Zayn. Sul momento, non ricordavo neppure quali fossero le parole che circa trenta secondi prima avevo scritto sulle stesse righe, per intenderci.
E i pomeriggi successivi feci lo stesso.
Mi rinchiusi in un aula canto, munita di pianoforte e suonai, scrissi, corressi. Soprattutto, cantai. Ero nata per quello e avrei continuato a farlo fin quando ne avessi avuto la possibilità.
Affidarmi completamente alla musica ebbe un buon effetto su di me. Cominciai a ragionare con più lucidità e compresi quanto fosse inutile continuare a soffrire, non sorridere, lasciarsi andare. Sfogare la rabbia e la frustrazione tra le righe di un foglio protocollo che a breve diveniva musica, mi permise di non avercela più con il mondo intero e non riserbare rancore. Io sarei andata avanti. Fu per quello che ripresi a frequentare ogni corso scolastico con impegno, tornai a pranzare in mensa, osservandomi bene attorno. Sbirciavo spesso nei diversi tavoli, concentrando la mia attenzione su uno in particolare nel quale, di solito, in precedenza, sedevo. E ammettevo di trovarmi meglio da sola che immaginandomi lì con i miei amici, viste le facce sconsolate e la tristezza che li caratterizzavano. Io ero imbevuta di tranquilla. Nulla mi turbava oramai.
Con estrema calma, riallacciai qualche rapporto con Hayley e con Juliette. Mi spiaceva dover fare pesare su di loro quella questione, erano evidentemente molto addolorate. Niall veniva a farmi visita spesso e finiva con lo strapparmi sempre una risata.
A differenza sua, però, Liam e Louis ancora si tiravano indietro, facevano di tutto pur di non affrontarmi, ma li compresi. Nella mia testa, loro avevano motivazioni valide, a me sconosciute, per non farsi vivi.
Non odiavo Francesca, me ne tenevo semplicemente alla larga. Non perché non mi fidassi di lei, ma per non creare scompiglio. Soprattutto, se mai ci fossimo riavvicinate, non sarei stata io a chiederle scusa. Quella situazione era anche causa sua.
Di Harry sapevo ben poco, ma ciò di cui ero informata mi bastava per farmi dormire la notte: lui stava bene, comunque. Nessuno me lo assicurava o meglio, quando facevo domande indirette sul suo conto, mi si rispondeva che il ragazzo non metteva in mostra ciò che sentiva. Grande attore, avrei osato definirlo. Ma quando lo scorgevo nei corridoi della scuola mi rincuoravo: mi bastava un suo sorriso per accertarmi che il mio migliore amico non avesse mai smesso di sorridere, proprio come volevo che facesse. 
Mancava una sola persona all’appello.
La stessa per la quale componevo, la stessa che m’ispirava. La stessa che sognavo e che cercavo con lo sguardo in mensa.
La stessa per cui provavo un vago sentimento, ma che non riuscivo a decifrare. La stessa che, da giorni, mi cercava tramite Juliette e Hayley, ma che rifiutavo.
Nel mio cuore c’era scompiglio e quello scompiglio portava il nome di Zayn Malik. 


my space: 
IO VI AVEVO AVVERTITE. LOOOL
CI SONO GUAI IN VISTA, CI SONO 
GUAI IN VISTA, POPOPOPO *canta*. 
MA STAVOLTA RIGUARDERANNO 
SOPRATTUTO ZAYN, BELLA GENTE. 
ZONO CATTIVA, AI NOU IT. AHAHAHAHAHA

INSOMMA? CHE NE PENSATE? 
A ME HA FATTO CREPARE PARECCHIO
QUESTO CAPITOLO, NON SOLO
NELLA SCRITTURA.. SOPRATTUTTO
PERCHE' ZAYN MI FA TANTA
TENEREZZA, MA LEI ME NE FA 
MOLTA DI PIU'. 
SEMBRERA' STUPIDO, MA PENSO SEMPRE
CHE SE UN CAPITOLO SIMILE
VI SCATURISCE UN MINIMO DI 
OCCHI LUCIDI, ALLORA CE L'HO FATTA.

E POI.. ancora, vi voglio ringraziare.
siete state di una dolcezza unica.
alcune di voi ci sono dall'inizio ed è strano
pensare come siano legate a questa 
storia. :')
vi adoro. 


ANDDDDDD (?)
SE RECENSITE IN TANTE DOMANI 
AGGIORNO, VOGLIO FARE LA BRAVA, DAI. 
AHAHAHAHAHAHAHA
MA PER STASERA NIENTE GIF, PERCHE' 
MI S'IMPALLA IL PC, INSERENDOLE. 

QUINDI, RECENSITE E IO PUBBLICO. 
IT'S A PROMISE. 

NOTTE, MERAVIGLIE. 

BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE.

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove: Two worlds collide. ***


“She was scared, unprepared
And lost in the dark, falling apart
I can survive with you by my side.
We're gonna be alrigh.
This is what happens when two worlds collide."
Demi Lovato-Two Worlds Collide

 
- “ Vai ancora a scuola? “ – mi domandò Juliette, sistemando qualche libro. Afferrai la sciarpa dalla mia scrivania ed annuii, sorridente.
- “ Passi gran parte del tuo tempo lì..” – mi fece notare, con fare premuroso.
- “ La musica mi fa del bene. Quando suono ho del tempo per me stessa, rifletto. Grazie a pomeriggi simili, trascorsi in un aula canto, sono riuscita a riordinare il caos che c’era in me e a mettere da parte la rabbia.” – Juliette mi guardò negli occhi, ancora una volta. Nel suo sguardo, qualcosa catturò la mia attenzione. Si trattava forse di un pizzico d’attenzione o probabilmente di una specifica aspirazione, a me sconosciuta.
In camera eravamo solo lei ed io. Hayley si trovava con Liam, da come prevedibilmente intuivo.
- “ Ho sempre paura che tu non mi voglia più bene come prima. “ – sorrisi, percependo la sua voce strozzarsi. A momenti avrebbe pianto ed io avevo la possibilità di non permettere che ciò accadesse. Mi avvicinai con cautela a lei, per poi accarezzarle le guancie bianche.
- “ Ti voglio bene più di prima, Juls. In questa storia abbiamo sbagliato tutti, io in primis. Ma non ce l’ho con nessuno.. “ – la rassicurai.- “ ..o quasi.” – aggiunsi poi, facendola ridere.
- “ Ma nulla è più come prima. “ – tirò su con il naso, permettendomi appena in tempo d’intercettare alcune lacrime che avrebbero preso il via sul suo viso, se solo io non le avessi frenate.
- “ Non lo è, hai ragione. Ciò non significa però che non ti voglio bene. “ – misi in chiaro.
A qual punto, Juliette annuì poco persuasa. Continuava a sostenere fortemente che ogni cosa dovesse tornare esattamente come prima, per poter dire con certezza che la situazione avesse riacquisito tranquillità. Io non la vedevo alla stessa maniera. Se tutto avesse intrapreso la medesima piega che aveva in precedenza, avrei sofferto maggiormente. Invece, in quel momento della mia vita, era stranamente aggradata.
- “ Ci vediamo stasera. “ – sussurrai, schioccandole un bacio sulla guancia.
Il mio pomeriggio poteva avere finalmente inizio.
 
 
Chiusi gli occhi.
 
quando poi sentii le sue labbra letteralmente sulle mie, rabbrividii e compresi cosa stava accadendo, compresi cos’era a mancare nella mia vita, se non lui.
E non mi fermai neppure quando lui si distaccò per riprendere fiato. Fui io ad avventarmi ancora sulle sue labbra, chiedendo di più, sempre di più.
Chiedendo altro oltre le sue labbra.
 
Zayn non mi negò nulla, andò oltre quanto potevo aspettarmi. Avvertii persino le sue mani fredde toccare il mio corpo, insinuarsi tra le maglie che magicamente non indossai più e che caddero sul pavimento. Lo stesso avvenne per la sua felpa, poi per la t-shirt. Bramavo ogni centimetro della sua pelle mulatta, che profumava a tal punto da mandarmi in tilt completamente.
 
Sorrisi.
Quei ricordi non provocano più male, scaturivano anzi in me una sorta di felicità per la quale mi accingevo ad affermare con certezza che Zayn era stato mio.
Di slancio scrissi poche parole, riguardanti quelle particolari sensazioni, su di un foglio e continuai ad improvvisare note al piano, ad occhi chiusi.
Riflettevo.
Ricordare Zayn mi faceva del bene, stare al suo fianco il contrario.
Cosa che accadeva probabilmente perché ciò che provavo per lui era forte e reale, mentre io tendevo a sminuirlo, pur di non aver più nulla a che fare con quel ragazzo e con il suo mondo.
Il cigolio della porta mi riesumò da una folla immensa di pensieri che m’invadeva, come sempre, senza lasciarmi scampo.
Curiosa di sapere chi si aggirasse nella scuola, oltre alla sottoscritta, mi voltai senza esitazione. Sorrisi e come se nulla fosse, tornai a produrre note a caso, ma che nel complesso trovavano buona combinazione tra di loro.
- “ Sei qui. “ – sussurrò il nuovo arrivato.
- “ Come sempre. “ – sottolineai. – “ Non è una novità. “ – ridacchiai. Mi risultava strano avere la certezza che poche settimane prima non sarei riuscita ad alzare lo sguardo su nessuno di quelli che da sempre, per me, erano come fratelli.
Da quando avevo preso a rinchiudermi in compagnia dell’arte, tutto aveva trovato un equilibrio ed una logica e ritrovarmi faccia a faccia con determinate persone, rallegrava la mia giornata, anche se si trattava di una semplice occhiata.
- “ E cosa suoni? “ – il nuovo arrivato si avvicinò con timore. Non credevo di poter incutere timore, pensai.  
- “ Tutto.. niente. “ – risposi, lanciandogli una breve occhiata ad indicargli di sedersi al mio fianco sullo sgabello.
Esitante, il ragazzo sospirò. Sembrava fosse alla ricerca delle parole più azzeccate per poter incominciare un chissà quale discorso.
- “ Non c’è bisogno che tu dica niente. “ – lo rassicurai, sorridendo.
- “ Sam, io..” –
- “ Liam, non sono arrabbiata con te. “ – lo interruppi. Fu solo allora che mio cugino mi rivolse uno sguardo confuso quanto sollevato.
- “ Ma io sono stato così pessimo, io..” – ancora, lo sovrastai con la voce.
- “ Tu sei innamorato. Ami Hayley, non credere che non lo sappia. Ti conosco come le mie tasche, caro. Sei preso da lei e ti dimentichi del resto del mondo, ma non lo fai volontariamente. “ – sintetizzai, mentre le dita continuavano a muoversi sinuosamente lungo la tastiera del pianoforte. Non avevano intenzione di fermarsi. – “ Ammetto di averci messo un po’ prima di capirlo, ma ora l’ho fatto. Tranquillo, non dovrai preoccuparti per me. “ – terminai, rivolgendogli un verso sorriso. Tutto ciò che dicevo proveniva dal cuore. Non volevo che Liam si creasse scrupoli a causa mia, né che credesse ce l’avessi con lui. Tutt’altro. In un certo qual modo, ero grata ad ognuno di loro per avermi permesso di cambiare vita.
- “ Sai che mi preoccuperei comunque. “ – mi schernì, ridacchiando.
- “ So anche questo. Sei troppo apprensivo, Payne. “ – smisi solo allora di suonare, volendolo rincuorare nel migliore dei modi. Ridendo, intrecciò una sua mano alla mia. Lo guardai negli occhi, percependo il cuore scalpitare. Non provavo una sensazione simile da tempo, oramai.
- “ Non ci parliamo da più di un mese. “ – senza capire, lo guardai. Riflettendoci, aveva ragione. Non ci rivolgevamo parola da quando lui e Hayley avevano iniziato a frequentarsi, evento avvenuto esattamente un mese e due settimane prima.
Ma il vero e proprio straordinario evento consisteva nel fatto che io e Liam non ci fossimo parlati per più di un’ora. Non eravamo in grado di rimanere l’uno senza l’altro, invece in quel frangete c’eravamo riusciti, con conseguenze più o meno gravi per entrambi.
- “ Già. “ – sospirai, sentendo la malinconia prendere possesso di me.
- “ Mi manchi, sai? “ – rivelò, puntando gli occhi marroni nei miei.
Oserei dire i miei occhi nei miei o i suoi occhi nei suoi, tant’erano uguali. Vantavano lo stesso particolare taglio,il medesimo colore. Guardando lui, vedevo riflessa me stessa. Udendo quelle tre semplici parole, rimasi paralizzata per qualche istante. Non avrei mai pensato che potesse ammetterlo, che non si dileguasse a vita, ma che mi cercasse, che frugasse nella lista dell’esperienze e trovasse lezioni valide perché lo aiutassero a riappacificarsi con la cugina.  
- “ Mi sei mancato anche tu. “ – sussurrai, calando lo sguardo.
- “ Sam, perdonami. Ma fallo davvero e credimi se ti dico che mai avrei voluto farti del male. E se l’ho fatto, è stato indirettamente. “ – non avrei pianto, avendo esaurito ogni singola lacrima molto tempo prima. Sentivo il cuore scoppiarmi dalla gioia che s’insinuava al suo interno, rendendolo finalmente vivo.
Avevo avvertito la mancanza di Liam, forse perché si trattava della persona sulla quale avevo pensato di poter contare sempre ed in qualsiasi occasione.
Di slancio, lo abbracciai, inspirando un po’ del suo profumo. Quello che avevamo scelto insieme per il suo primo appuntamento e che non aveva più smesso di comperare poiché tanto amava.
- “ Non ti farò soffrire più. “ – giurò.
- “ Lo so. “ – terminai, sorridente.
 
Lentamente la mia vita stava riacquisendo normalità.
E ne ero felice.
I giorni passavano ed il rapporto tra me, Juliette e Liam tornava a stabilizzarsi, ad essere esattamente com’era stato fin da quando eravamo in culla. Avevamo ripreso a studiare e a fare colazione insieme, ad infastidirci a vicenda non appena ce se ne presentava l’occasione.
Hayley era le benvenuta sempre. Non solo perché anche in sua compagnia c’era sempre del movimento, ma perché sia io che Juliette amavamo vederla sorridere non appena il suo sguardo incontrava quello di Liam.
Tra Juliette e Niall andava molto meglio, con certezza perchè Juliette aveva compreso di averlo trascurato in modo eccessivo, per la squadra delle cheerleader.
Io.. io stavo bene. Continuavo la mia vita con somma pace. Detta in questo modo, sembra quasi che stia intendendo una pace interiore immensa e sconfinata. No, non mi ero fatta suora. No, neppure monaca.
Avevo inteso, con impegno, che la vita di chiunque doveva fare il suo corso, seguire una certa via, poi intraprenderne un’altra e cosa via. Prima o poi, anche la mia avrebbe finalmente imboccato una strada e l’avrebbe seguita fin quando ne avrei avuta voglia.  
Perché io lo sapevo: Dopo la tempesta, c’è sempre il sole.
 
Un messaggio di Liam mi diceva di aspettarlo negli spogliatoi della squadra di calcio, sempre liberi alla quarta ora.
Velocemente mi diressi proprio nel luogo da lui indicatomi, senza darmi troppe spiegazioni. Pensai volesse riferirmi qualcosa d’importante, forse una grande notizia. Ma poco ci badai per evitare di annegare nella curiosità.
Prendendo un gran respiro, uscii dalla porta degli sportivi, deserta quella mattina, e mi diressi verso i campi da calcio, poi negli spogliatoi.
Come previsto, erano vuoti. Ed ero stata ben attenta a non essere vista mentre entravo al loro interno, vergognandomi appena del posto in cui Liam aveva programmato l’appuntamento.
Non avendo nulla da fare, mi sistemai su una delle panchine lì presenti.
Sospirai per l’ennesima volta.
Restava solo che aspettarlo.
 
Harry.
 
Ero di malumore.
Ma questo accadeva da settimane. Accadeva da quando avevo lasciato che lei, malata, andasse girovagando. Che mi scoprisse con gli altri in quel teatro in cui ci eravamo riuniti, pensando che nessuno ci vedesse, semplicemente per chiacchierare e saperne un po’ l’uno dell’altro, visto che nessuno aveva più tempo per nessuno.
E lei non era stata invitata proprio per non rifilarle uno straziante pomeriggio.
Detto così, sembra quasi che ognuno di noi aveva agito per il suo bene, perché lei non soffrisse e non avesse poi motivo di ridursi peggio di quanto ci saremo aspettati. In realtà eravamo degli egoisti, me incluso.
Ma, probabilmente, ero anche l’unico che, nonostante le avessi mentito per tranquillità personale, aveva realmente pensato alle sue condizioni fisiche e mentali. Non ero stato bravo nell’evitare che l’impossibile accadesse. Non ero stato capace di proteggerla e di tenerla stretta a me.
Le volevo bene.
Come se ne può volere ad un’amica, ad una sorella. Come se ne può volere alla propria migliore amica.
L’avevo persa.
Nel peggiore dei modi. Avevo tentato di starle vicino, ma era risultato inutile. Poi avevo rinunciato a lei, ancora.
In quel momento, trascinandomi stancamente lungo il corridoio, regalavo semplici sorrisi alle ragazze che ostacolavano di tanto in tanto il mio cammino e che, sedotte dal mio fascino, ricambiavano per poi sentirsi svenire. Harry Styles aveva rivolto loro una, seppur minima, attenzione.
Mi sentivo uno schifo.
Illudevo quelle povere ragazze, ne avevo la consapevolezza e non sapevo cosa fare per cambiare a favore loro e mio. Io non ero così superficiale. Io non amavo far soffrire le persone. Io non amavo illudere.
Desideravo cambiare vita, abitudini, cerchie, stravolgere il mio modo di presentarmi e di pormi. Non volevo più apparire playboy, insensibile, puttaniere. Mi sarebbe piaciuto mostrarmi per la persona che realmente ero: un semplice ragazzo di diciotto anni che amava il calcio, i fumetti e le letture serie. La musica ed il canto. Il cibo e le uscite serali con i propri migliori amici.
Ed avevo compreso di bramare che il mondo intero mi accettasse, che la maschera che oscurava la mia vera identità cadesse, lasciando spazio ad un paio di fossette simpatiche, un ciuffo di capelli ricci e ribelli, simpatici occhi verdi ed un sorriso sincero.
Proprio come lo ero io.
 
Sfregai le mani a causa del freddo pungente che mi aveva colpito in pieno viso, subito dopo aver posato una serie di libri nella borsa a tracolla che avevo sempre con me.
Liam mi aveva inviato un messaggio sospetto del genere ‘E’ questione di vita o di morte.’ Le possibilità erano due: aveva qualcosa di assai urgente da dovermi riferire oppure voleva dirmi una banalità e sapeva che, se non avesse finto che fosse davvero importante, sarei giunto nel posto indicatomi non prima di un quarto d’ora se non di più.
Più propenso a pensare che si trattasse della prima opzione, mi scapicollai nel giardino posteriore all’edificio scolastico, per poi ritrovarmi nei campi da calcio ed infine davanti il piccolo appartamento in cui erano presenti gli spogliatoi della squadra di football.
Con nonchalance, spalancai la porta che venne chiusa da una folata di vento e, superato un breve corridoio, sbucai nello scompartimento dove, solitamente, io e i ragazzi ci appartavamo per prepararci ad allenamenti o partite di un certo calibro.
- “ Payne cosa diavolo è succ..” – mi fermai di botto, fissando lo sguardo su un paio di occhi scuri e sbarrati. Lei era lì.
- “Cosa ci fai qui? “ – borbottai, passando appena una mano tra i folti ricci. Quel gesto scaturì un sorriso in lei. Mi conosceva, sapeva che ogni qualvolta prendevo a scompigliare i capelli con fastidiosa agitazione, ero nervoso. Ed ecco perché sorrideva.
- “ Liam ha detto di aspettarlo qui. “ – rispose con estrema calma. Teneva le gambe accavallate con un non so che di regale e di maledettamente attraente. Mi mandava in bestia vederla talmente appagata e sicura di sé, non perché non dovesse esserlo, ma perché io a differenza sua non ero capace di fare altrettanto.
Sbuffai, scalciando appena contro il muro. Quella era la situazione più imbarazzante in cui mi ero ficcato nell’ultima settimana.
Afferrai il cellulare, esasperato. Composi il numero di Liam e attesi che la sua voce, simpatica e profonda, si facesse sentire. Non percepii neppure uno squillo. Il simpaticone aveva spento il cellulare.
Ritentai, al limite della sopportazione.
- “ Rispondi, idiota. “ – sibilai, stringendo i denti.
- “ Credo l’abbia fatto apposta, sai? “ – ridacchiò lei, poggiandosi con la schiena al muro.
- “ A fare cosa? “ –
- “ A farci incontrare qui. E fammi indovinare, ha persino il cellulare staccato. “ – la sua risata, seguita ad un mio annuirle, mi mandò in tilt. Non avevo avuto la possibilità di udirla per settimane. Rimasi incantato per pochissimi istanti, ripensando a tutto quello che, in poco tempo, insieme, eravamo riusciti ad instaurare. A riflettere su come le amicizie più importanti e reali, nascessero da apparenti errori.
In realtà si tratta del destino.
C’è chi crede in lui, chi no. Io penso che questo esista da sempre, ma che ognuno sia in grado di scriverlo e segnarlo. Lo fa quotidianamente, intraprendendo una scelta, piuttosto che un’altra.
- “ Non voglio pensarci. “ – esclamai, in preda ad una finta ira. Non volevo mostrarmi debole ai suoi occhi che mi scrutavano, furbi. Ero cosciente del fatto che Sam mi aveva già studiato, eppure mi ostinavo ad indossare ancora la maschera di un duro, che duro non era.
In preda all’agitazione, mi avvicinai alla parete a cui diedi un calcio. Poi, senza comprendere cosa stesse accadendo, mi ritrovai sdraiato a terra con un piede e la testa doloranti. Ero scivolato.
Bella figura di merda, pensai.
- “ Hey, ti sei fatto male? “ – scattò Sam, accucciandosi al mio fianco. Poggiandomi sui gomiti, scossi appena la testa e tentai di focalizzare la sua figura. Avevo la vista appena sfocata che riprese subito a funzionare correttamente, dopo averla forzata un po’.
- “ Hai battuto la testa? “ – mi domandò, poggiando una mano dietro la mia nuca.
- “ Già. “ – risposi, stordito. Si prese la briga di aiutarmi a sedere con schiena eretta, mentre la sua mano premeva ancora contro la mia nuca.
- “ Cosa fai? “ – le chiesi, con occhi socchiusi a causa del dolore che provavo alla caviglia.
- “ E’ un trucco che ho imparato da bambina. Se tieni premuta la parte dolorante, dopo poco il dolore si affievolisce. “ – ed aveva ragione. Lei aveva sempre ragione, cosa che mi turbava non poco. Chiusi gli occhi, sentendo la sua mano giocare appena con i miei capelli folti. S’insinuava con facilità impressionante tra questi e li massaggiava, con dolcezza.
Aprii di getto gli occhi, constatando che i suoi erano, al contrario, serrati. Probabilmente anche lei stava godendo di quegli attimi di pace.
La osservai: era dimagrita, i tratti del suo viso erano più scolpiti, sebbene mantenesse una bellezza sconvolgente. L’ultima volta che avevo potuto appurare quanto fosse bella, era distesa in un letto d’ospedale ed aveva una pessima carnagione. In quel momento, osservandola, notai che le sue guance erano appena arrossate, segno che aveva ripreso a vivere in qualche strano modo.
- “ Sei bellissima. “ – sussurrai, senza controllo.
Sam aprii gli occhi, come presa da un’improvvisa ondata di spavento, e fece per ritrarre la mano dai miei capelli. Veloce, la fermai, portando quella stessa mano, sulla mia guancia. Chinai appena il viso per permettere che tra questi vi fosse aderenza, mentre i miei occhi tornavano a chiudersi, poi a riaprirsi, in modo straziante.
Sentii le lacrime correre all’attacco. Mi era mancata. Se anche abbracci ed effusioni varie, tra di noi, non c’erano stati in quantità notevole, mi era mancato tutto di lei.
Samantha era entrata nel mio cuore, nella mia vita, l’aveva stravolta con la sua stravaganza, dolcezza, particolarità, originalità ed il tutto era terminato in solo modo: lei era divenuta la mia migliore amica, l’unica che io avessi mai avuto.
- “ Mi sei mancata. “ – ammisi, con voce strozzata. Non riuscii ad impedire che le lacrime scendessero imperterrite lungo le mie guance, alzai quindi lo sguardo al soffitto, tentando di frenare la loro caduta.
Tutto inutile. Era lei a farmi quell’effetto.
- “ Harry..” – sussurrò, con voce intenerita.
- “ Non dire nulla, ti prego. “ – fu a quel punto che capii quanto mi sentissi fragile e vulnerabile in sua presenza. Era stata l’unica a cui avevo mostrato il mio vero essere. Perderla, mi aveva sconvolto.
- “ Perché ti ostini ad interpretare una parte che non è tua? “ – mi domandò con premura. Smisi improvvisamente di piangere e puntai i miei occhi nei suoi, scuri e profondi, differenti dai miei, così chiari e nitidi.
- “ Perché l’unica volta in cui ho mostrato a qualcuno il vero me, ho finito con il perdere la mia migliore amica. “ – ammisi, tirando su con il naso.
- “ Non l’hai persa. “ – mi rassicurò.
Ma a mio viso non aveva inteso che mi riferissi proprio alla diretta interessata. Non aveva compreso quanto importante fosse per me.
- “ Sì che l’ho persa. E’ qui e non capisce che mi riferisco a lei. “ –
la sua mano, ancora poggiata alla mia guancia, tremò tentando riluttante di ritrarsi, ma alla fine non lo fece. Alla fine la senti stretta al mio collo più forte che mai. Alla fine percepii il calore del suo corpo che mi avvolgeva in un abbraccio. Alla fine, sorrisi e piansi al contempo. Era lei a farmi quell’effetto. Era lei a rendermi me stesso.
- “ Mi sei mancato da morire. “ – sussurrò, rendendomi il ragazzo più felice del pianeta terra.
 
Sam.
 
Girovagavo davanti la porta dell’infermeria, attendendo che qualcuno mi desse sue notizie o che sbucasse una testa colma di capelli ricci, che da questa spuntasse un viso simpatico, abbellito con dolci fossette, e che mi assicurasse che tutta andava alla perfezione.
Avevo accompagnato Harry in infermeria poiché, dopo pranzo, provava ancora un forte fastidio alla caviglia la quale si era notevolmente gonfiata.
- “ Wilson? “ – la signora Adams si affacciò dalla porta della piccola stanza in cui Harry si trovava da circa una ventina di minuti e mi fece cenno d’entrare. – “ Il signorino Styles, qui, ha preso una brutta botta. Ora la caviglia è gonfia, l’ho medicata e fasciata. Nel giro di un paio di giorni dovrebbe tornare apposto, ma fino a quel momento deve sforzarla il meno possibile. Vale a dire: tanto riposo e niente allenamenti, intesi? “ – disse rivolgendo occhiate minacciose ad Harry che si tratteneva dal non sbraitarle in faccia la verità ovvero che non avrebbe fatto assolutamente nulla di tutto ciò che gli era stato ordinato.
- “ So che il simpaticone al mio fianco non mi darà ascolto, quindi incarico te Samantha di stargli dietro e impedire che si sforzi. Altrimenti la caviglia potrebbe peggiorare. “ – la signora Adams era un’anziana signora molti simpatica e premurosa, a modo suo, con chiunque. Amava vedere gli alunni di quella scuola nelle migliori condizioni possibili. Indovinava con facilità cosa passava nella testa di ognuno di noi, forse perché aveva visto crescere generazioni ragazzi non più adolescenti. Eravamo dei libri aperti nel suo caso.
- “ Non si preoccupi. Mi occuperò io stessa di lui. “ – dissi, convinta. E lo avrei fatto, fosse cascato il mondo io avrei aiutato Harry a rimettersi in forma, pur di trascorrere più tempo possibile in sua compagnia. E, tra l’altro, glielo dovevo. Lui era stato al mio fianco in un periodo difficile della mia vita che non aveva ancora trovato termine.
- “ Ne sei sicura? “ –
- “ Sicurissima. “ – ribadii. Permisi ad Harry di poggiare il peso del suo corpo sulle mie spalle e, con pazienza notevole, lo accompagnai nel dormitorio, poi nella sua camera, non lontana dalla mia
Lo aiutai a distendersi sul letto ben fatto, nonostante le proteste e le imprecazioni che, a causa del dolore, il ragazzo si lasciò scappare e mi adoperai perché la sua caviglia fosse posata su un comodo cuscino, perché lui riuscisse a riposare nel migliore dei modi. Poi, stanca, sprofondai in una sedia presente nella stanza.
- “ Non dirmi che tu davvero hai intenzione di startene lì. “ – mi osservò scrupoloso, quasi volesse rimproverarmi. Dove avevo sbagliato?
- “ No? “ – domandai.
- “ No. Tu vuoi stare qui..” – indicò il posto libero al suo fianco. – “ ..con me. “ – aggiunse, con un sorriso stampato sulle labbra.
- “ Ai suoi ordini. “ – ridendo, mi catapultai al suo fianco e sospirai.
Quello doveva essere tutto un sogno ed io non potevo finalmente ammettere quanto in realtà avevo sentito la sua mancanza, non potevo ridere al suo seguito.
- “ Ma sai che ti voglio bene? “ – se ne uscii, durante una delle nostre interminabili risate.
- “ Ah, davvero? “ – stetti al gioco.
- “ Davvero. “ –
- “ Beh, allora te ne voglio anche io. Ma poco, perché i ricci generalmente mi stanno sul cazzo. “ – si sporse appena per fare quello che, presunsi, essere del solletico, ma non ci riuscì, a causa della caviglia che, gonfia e dolorante, gli impediva qualsiasi movimento sconsigliabile.
Gemette, distendendo completamente il corpo lungo il materasso. Poggiai la testa sul suo petto. In realtà non riflettei a lungo sul gesto compiuto, non riflettei affatto.
Avvertivo la fastidiosa ed irrefrenabile voglia di stargli vicina e lo facevo, fregandomene del giudizio altrui. In sostanza, potevo anche farne a meno.
 
Aprii e chiusi gli occhi più volte, prima di riuscire a focalizzare con precisione l’immagine che si presentava davanti i miei occhi. Harry mi osservava.
Dovevamo esserci addormentati ore prima, ma a quanto pare il ragazzo era stato più lesto nel risveglio.
- “ Scusami. “ – dissi, balzando a sedere. Avevo dormito, in modo piuttosto comodo, sul suo petto, senza accennare a spostamenti nelle ore a seguire.
Si trattava di una strana percezione quella che io avevo di Harry e quella che lui stesso aveva di me. Pur avendo stretto amicizia da un lasso di tempo ridotto, veniva spontaneo considerarsi più che amici. Migliori amici.
Ed era gratificante sapere di avere realmente qualcuno che amasse ascoltare le mie cantilene, i miei pianti. Qualcuno a cui interessasse sorridere per me ed indurmi a fare egualmente.
- “ Per cosa? “ – chiese, regalandomi un enorme sorriso.
- “ Per averti praticamente sfondato il petto con il mio testone. “ – spiegai, con fare ovvio.
- “ Quanto sei idiota? “ – ribatté, ridendo.
- “ Fin troppo, per esserti amica. “ – questa volta riuscì nel suo intento e in un baleno mi ritrovai scaraventata sul letto, mentre Harry, prontamente, faceva pressione sulle braccia per tirarsi a sedere e torturarmi con una serie di solletico infinito.
- “ Fermati, ti prego, ti prego, ti prego..” – preghiere che si protrassero a lungo, senza mai trovare accoglienza. Fu forse il rumore dell’inserimento di una chiave nella serratura della stanza, a destare Harry che si arrestò repentino.
Prima che riuscissi a capire cosa stava accadendo, vidi due ragazzi entrare in camera. Tra loro, c’era una lei. Per quanto riguarda il ragazzo, impiegai meno di un secondo scarso per riconoscerlo, cosa che mi stupì alquanto.
I due ridevano, scambiandosi dolci effusioni in cui, pur sforzandomi, non riuscivo a trovare nulla di tenero.
Louis e Francescaerano davanti ai miei occhi ed io percepii lo stomaco restringersi.
Il mio migliore amico non esisteva più.
Questo si voltò appena in tempo per trovare me ed Harry insieme, in uno stesso letto, sbiancando. Non credo si aspettasse che invadessi il suo territorio, in realtà non lo avevo fatto consapevolmente. In quei momenti, era Harry il mio principale pensiero.
- “ Oh, emm.. scusate. “ – si scusò il castano che grattava nervosamente la nuca. Francesca, al suo fianco, si strinse nelle spalle arrossendo.
La situazione era insostenibile, per loro come per me. Avrei dato in escandescenza in due minuti scarsi.
- “ Si è fatto tardi. Ti chiamo stasera, okay? “ – rivolsi un sorriso incoraggiante a Harry, che mi guardava supplicante, quasi non volesse essere lasciato solo. Di fatti, infilai appena in tempo le scarpe e presi la giacca, prima che la sua mano stringesse la mia, tentando un’ultima supplica:
- “ Resta. “ – m’implorò, serio.
- “ Non ce la faccio. “ – mormorai, afflitta. Gli schioccai un bacio veloce sulla fronte, prima di dileguarmi, passando al fianco di quei due per cui provava un disprezzo senza fine.
Chiusa la porta alle mie spalle, presi a correre fuori dal dormitorio.
Era tanta la delusione. Credevo fosse scomparsa ogni traccia di rabbia, di amarezza. Invece ad un contatto più ravvicinato di quei due, insieme, ogni sentimento riaffiorò.
La verità era che, quando avevo promesso a Louis che sarei uscito dalla sua vita, dicevo seriamente e, in quegli istanti, non avevo la benché minima voglia di perdonare.
Il perdono non era la mia specializzazione.

my space: 
QUINDI.. IN PRATICA.. COSI'..
OKAY, QUESTO E' IL CAPITOLO E 
I MOMENTI SARRY (?) MI PIACCIONO 
DA MORIRE. AHAHAHAHAHAHAHAHAHA

IN REALTA' POTREBBE ESSERE
CONSIDERATO UN CAPITOLO DI TRANSITO
VISTO CHE TRA SAM E ZAYN NON SUCCEDE
NULLA, PER IL MOMENTO. 
MA PROMETTO CHE AGGIORNERO'
APPENA POSSIBILE E SAPRETE 
COSA ACCADRA'. C:

MA SOLO SE TROVERO' TANTE RECENSIONI
COME NELL'ULTIMO CAPITOLO. 
SIETE STATE NBFRREKLFRBV. 
E TRA L'ALTRO, MI RIEMPITE DI COMPLIMENTI
IN OGNI CAPITOLO. 
VI ADORO, DAVVERO. 

E STAVOLTA HO QUALCHE REGALO PER VOI. 
PAROLA MAGICA (?). 
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

      
Louis e Sam mini version. AHAHAHAHAHA                                                                          Sam e Harry. 
ditemi se non sono vbiofnkvfrlvbgfkvfrbfcdie, si lo sono. c:                                           Gli abbracci negli spogliatoi, i momenti sul letto della camera di Harry e Louis. Io
                                                                                                                                                                      li trovo bellissimi.                                        

                                                                                                                                                                     
 
No, okay. Ditemi se non potevo trovare gif più azzeccata.                                                   
zi, dai. balliamo la conga. 
AHAHAHAHAHAHAHAHA                                                                                                              zi, zi. 
tutti stravolti da quello che accade. :'D                                                                                                     
 

BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE. 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo venti: Because of you. ***


Dedicato ad uno dei motivi per cui sorrido: Zayn Jawaad Malik.

“A causa tua

Trovo difficile credere non solo in me stessa
Ma anche in chi ho attorno
A causa tua
Sono spaventata.”
Kelly Clarkson- Because of you

Febbraio era finito da un bel pezzo.
E la primavera introdotta, giungendo a metà marzo, rendeva chiunque più rilassato e disponibile.
Il tempo era stranamente gradevole a Londra, il ché permetteva a noi poveri studenti di rifugiarci in strada, finite le lezioni, per dedicarci a passeggiate o lunghi pomeriggi trascorsi nei parchi più rinomati proprio per la loro bellezza e pace.
Il mese precedente era stato relativamente semplice da affrontare.
Harry, Juliette, Liam, Hayley.
Le mie giornate erano caratterizzate dai loro sorrisi, dalla loro compagnia. Rendevano l’atmosfera meno pesante e difficile per la sottoscritta che, comunque, fingeva dei sorrisi, molti dei quali erano veri a differenza di tempo a precedere.
La rimessa in sesto della caviglia di Harry dalla brutta botta subita, segnò anche la ripresa delle torture a cui quotidianamente mi sottoponeva, con ogni genere di carineria ed attenzione che solo un migliore amico è disposto a concedere alla propria migliore amica. Non nego che mi dispensasse scherzi senza controllo, ma restavo sempre al gioco.. specie perché la maggior parte delle volte trovavo vedetta facile e spietata.
Passavamo intere giornate insieme, grazie ai corsi in comune, ai pranzi riservati a noi e a nessun’altro, fatta eccezione di tanto in tanto per Hayley, Niall e per quei fetenti che amavo chiamare cugini. Il pomeriggio studiavamo insieme, per poi catapultarci da qualsiasi parte la testa ci suggerisse.
Harry non sembrava preoccuparsi delle chiacchiere che circolavano sul nostro conto, del tipo ‘nuova coppietta felice’ o roba affine. E quando avevo esposto i miei dubbi a tal proposito, lui era riuscito a tranquillizzarmi e a sdrammatizzare la questione con un semplice «a quando il matrimonio?».
Zayn aveva smesso di chiedere di me in giro o di cercare in tutti i modi d’incontrarmi tempo prima, messo in guardia da Liam.
Ero masochista, ma non stupida.
Se ripensavo alla mia prima reale volta con lui, una miriade di farfalle m’invadevano lo stomaco. Se poi riflettevo sulle bugie con cui mia aveva ingannata ed illusa, desideravo solo che sparisse dalla faccia della terra.
E non ero disposta a credere che provasse un minimo di bene per me. Ero anzi propensa a credere che lui mi avesse rivelato la verità per puro rimorso o per non dovermi poi sopportare.
La sua assenza risultava difficile da superare.
Vederlo entrare in mensa o sentire il suo sguardo perforarmi da parte a parte, passando per i corridoi diveniva sempre più straziante.
Ma non avevo intenzione di cedere.
Io e Louis.. semplicemente c’ignoravamo e ciò che mi faceva stare peggio era constatare che lui non sentisse la mia mancanza. Eppure, conoscendolo, ero certa che si trattasse solo di una maschera.
Se Harry l’aveva gettata, Louis l’aveva raccolta.
 
Narratore Esterno:
- “ Sam, posso chiederti una cosa? “ – lei ed Harry erano sdraiati lungo una coperta, distesa sul prato del giardino del dormitorio.
Sam concentrò l’attenzione dai diversi gruppi o coppie di studenti lì presenti, come loro, per poter godere del sole primaverile, al ragazzo che trovò improvvisamente cupo.
- “ Tutto quello che vuoi. “ – gli sorrise, con dolcezza.
Harry sembrò esitare per un attimo, ma alla fine si mise a sedere e sputò il rospo:
- “ Perché hai perdonato me che sono stato l’artefice della scommessa con Zayn? Perché non hai perdonato lui o Louis che è il tuo migliore amico? Perché me che ti ho mentito? Perché me? “ – Sam divenne a sua volta seria. Non era un argomento che trattava volentieri, ma se era Harry ad intraprenderlo e se era lui ad essere tormentato da questo, tanto valeva soddisfarlo.
Precedentemente, aveva raccontato al ragazzo cos’era successo tra lei e Zayn la fatidica mattina nella camera d’ospedale, senza tralasciare i particolari, tant’era coinvolta dal racconto. E poi, ancora, cosa le aveva rivelato il giorno a seguire, privandola completamente di vitalità.
- “ Perché tu ti sei dimostrato sincero. Ti sei avvicinato a me quando Zayn era lontano ed eri sempre evidentemente preoccupato. E beh.. ti è stato sufficiente mostrarti per colui che davvero sei, per diventare il mio migliore amico. “ – terminò la ragazza, arrossendo.
Harry rimase qualche istante in silenzio, incredulo della confessione che Samantha gli aveva fatto.
- “ Io so che tu soffri ancora per lui. “ – ammise alla fine il riccio, preparandosi ad ogni genere di reazione.
- “ Non soffro per lui. “ – smentì Sam, con poca enfasi.
- “ Davvero? “ –
- “ Davvero. “ – terminò, tornando a distendersi. Sam credeva che il discorso fosse giunto al termine. A quanto pare sbagliava.
- “ Mi hai appena dato prova del fatto che ancora pensi a Zayn. “ – le fece notare, sghignazzando.
- “ E come avrei fatto? “ – domandò lei, fingendo disinteresse.
- “ Non hai esitato a rispondermi che non soffri per lui, senza chiedermi di chi si trattasse. Una ragazza che non è più interessata ad un tipo, non indovina tanto facilmente quando le si pone una domanda simile. “ –
Sam scosse la testa. Era persino inutile mentire, Harry l’aveva scoperta in pieno.
Era infastidita ed ogni risposta le pareva banale, non sufficientemente determinata a far credere al riccio che quelle sue vaghe ipotesi fossero sbagliate, perché evidentemente non lo erano.
- “ E’ per questo che non mi chiedi mai di lui? “ – tentò ancora l’amico.
Presa dal nervoso, si rimise a sedere, puntando gli occhi scuri dei Payne in quelli del suo migliore amico, con tale rabbia da far raggelare il ragazzo.
- “ Non ti chiedo di lui perché non m’interessa un accidente della sua vita, né di come si senta. Okay? Vuoi sapere se ne sono ancora innamorata? Sì, lo sono. Ma per favore.. “ – s’alzò scaltra, afferrò la sua borsa e infilandosela in spalla, proferì le sue ultime parole in quella discussione, prima di andarsene: - “ ..basta parlare di quel giorno e di Zayn. Lui è stato solo un errore. “ –
Parole forti per una ragazza poco coinvolta, non trovate?
 
Sam.
Ripensavo all’accaduto di quella mattina, distesa nel mio letto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Harry ed io avevamo parlato ancora una volta di Zayn, nonostante due giorni prima, discutendo pesantemente, avevo definito la mia prima volta e il ragazzo con cui era avvenuta un errore.
Quella volta, però,avevamo dialogato in modo più pacifico, durante un’ora di buco, trascorsa sulle scalinate esterne della scuola. Eravamo soli, il ché ci permetteva d’iniziare un argomento con tranquillità, nonostante non avessi piacere nell’aprilo e terminarlo ogni qualvolta ritenevo che Harry stesse superando un certo limite.
Quella volta, però,ero stata ad ascoltare sentendo lo stomaco corrodersi e restringersi. Non avrei resistito ancora a lungo.
 
- “ Sento di doverti dire una cosa. “ – inizia il riccio, serio ma pacato.
Lo osservo, percependo il battito cardiaco aumentare a dismisura. Qualcosa mi suggerisce che a momenti si parlerà di Zayn.
- “ Ti sto ad ascoltare. “ – sospiro.
- “ Zayn non sta bene. “ – con un movimento secco, volto la testa verso Harry, sbarrando lo sguardo. Ed il cuore prende a palpitare sempre più forte.
- “ Cos’ha? “ – chiedo con un fil di voce.
- “ Noi.. crediamo faccia uso sostanze stupefacenti. “ – trattengo il respiro, portando una mano alla bocca. Non riesco realmente a credere che lui sia riuscito a farne uso. Non è mai stato debole. Non capisco perché sia dovuto diventarlo ora.
So che lasciarsi andare conduce verso una strada buia ed inespugnabile. Preferirei che Zayn non commettesse il mio stesso errore.
- “ Come fate a dirlo..” – chiesi, con voce tremante.
- “ Liam l’ha beccato in camera mentre preparava una canna. Dose poco forte, ma considerate tutte quelle che potrebbe aver provato.. “ – lascia che la mia mente vaghi ed immagini cosa stia accadendo al ragazzo che per un periodo, seppur breve, ho creduto fosse il più dolce al mondo.
- “ Come sta? “ – domando, facendomi coraggio.
- “ E’ sempre più irritabile. Non studia più, non dorme mai, esce e torna in  nottata. Non frequenta più la scuola. Non hai idea di quello che stiamo inventando per parargli il culo e sta ben attento a non farsi vedere da nessuno di noi perché sa che gli impediremo di andare ovunque vada. L’altro giorno l’ho visto mentre usciva.. “ –
- “ Ti eri appostato? “ –
- “ Beh.. sì. Lo stavo aspettando. “ – non so per mezzo di quale forza, ma riesco a fargli un’ultima micidiale domanda, prima che il discorso cada preda del silenzio.
- “ E cos’hai visto? “ –
- “ Non lo riconosceresti. E’ come se.. stesse diventando bianco, ha occhiaie profonde intorno agli occhi ed è dimagrito a dismisura. “ – il sangue nelle vene mi si gela.
Percepisco lo stomaco sottosopra, a momenti rimetterò.
 
Non ebbi il coraggio di chiedere ad Harry di chi fosse la colpa o il motivo per il quale Zayn si stesse riducendo in quel modo. Forse perché la notizia era fin troppo violenta per me. Forse perché, in cuor mio, sapevo perfettamente chi ne era causa. Quella causa ero io.
 
«Ci vediamo direttamente in classe.» lessi e rilessi più volte il messaggio di Harry, prima di convincermi a chiedergli un perché.
«Succede qualcosa?»
«Ne parliamo dopo.» rimasi sulle mie qualche minuto, incerta se accorrere in suo aiuto o lasciarlo fare. Ma se dopotutto non aveva voluto tirarmi in ballo, forse era meglio farsi i fatti propri una volta tanto.
Quindi quella mattina mi recai agli armadietti, in compagnia di Hayley e Juliette, senza neppure aspettarmi l’arrivo di Harry.
- “ Sei strana. “ – fece notare Juls.
- “ E’ una novità? Sono sempre strana. “ – ribattei, cominciando a frugare nell’armadietto, pur di non sentirmi osservata dalla bionda e dalla rossa.
- “ Sam, sai che tanto non la scampi, giusto? “ – alla parole di Hayley, chiusi affranta l’armadietto, battendo la testa su quello affianco. Ero esausta dei loro piccoli giochi mentali pur di essere rese partecipe alla lotta interiore che prendeva il sopravvento dentro me.
- “ Harry mi ha mandato un messaggio, dicendo di attenderlo in classe. Sembrava.. serio e agitato. “ – le due si scambiarono una sguardo rapido che però bastò per farmi intendere che loro erano a conoscenza di qualcosa. Quel qualcosa a me estraneo e che mi avrebbe messo in azione, se solo avessero osato rivelarmelo.
- “ Se non mi dite la verità entro trenta secondi, vi rado a zero durante il sonno. E sapete che ne sono capace. “ – e ne ero capace realmente, presa dall’ira.
Juliette era di certo migliore a parole, tra le due. Fu per quello che Hayley si tirò indietro, pur di non dover essere lei a raccontare ciò che sapevano.
- “ Hanno bloccato Zayn stanotte, mentre tentava di scappare ancora. Si trovano negli spogliatoi della squadra. “ –
Presa da un impulso a me estraneo, partii in quarta, correndo verso l’uscita.
Non m’interessava perdere le lezioni. Non m’interessava che le mie amiche potessero ritenermi pazza, poiché prima sostenevo di odiare Zayn, poi mi scapicollavo soltanto per lui, per decretare con i miei occhi il suo stato.
Avvertivo un bisogno fisico di vederlo, di accertarmi che stesse bene. Se fosse stato necessario, lo avrei aiutato io stesso ad uscir fuori da quella situazione.
Ma dovevo saperlo felice, in quella scuola, lontano dagli stupefacenti.
Le ragazze mi seguirono a ruota ed in breve ci ritrovammo davanti alla porta degli spogliatoi che aprii senza alcuna esitazione.
- “ Sto impazzendo, lasciatemi andare. “ – sibilò qualcuno. Non riconobbi quella voce, fin troppo calata e probabilmente modificata da chissà quale effetto fisico.
- “ Zayn.. calmati. “ – io e altre ci guardammo.
Ero davvero pronta ad avere notizia di lui, dopo un mese e mezzo di puro silenzio?
Ero davvero pronta ad affrontare la triste realtà?
Ero davvero pronta a far correre la questione e a porre l’altra guancia?
Di certo, ero insicura. E intuii di dover permettere all’istinto di agire, di consigliarmi, perché se avessi dato ascolto ai miliardi di pensieri che m’invadevano la mente, non sarei stata di alcun aiuto.
- “ Andiamo. “ – sussurrai ad Hayley e Juliette che mi precedevano.
Superammo il breve corridoio che ci separava dallo scompartimento in cui, solitamente, quei cinque si rifugiavano.
Quando poi lo vidi, il mio cuore si fermò e cessò di battere per un breve ma intenso istante.
 
Narratore Esterno.
Era troppo per quei cinque ragazzi.
Bastò loro vedere Zayn ridotto in quelle condizioni, per capire di aver superato il limite già da un pezzo.
Non ne potevano più.
C’era chi, tra loro, sperava di poter progettare una macchina, un congegno che li teletrasportasse indietro nel tempo per impedire che quella maledettissima scommessa venisse lanciata. Per non permettere a Sam di farsi di male, spingendo Zayn a fare altrettanto.
Ma non credevano nella magia e, purtroppo, dovevano accettare la situazione.
Zayn era lì, legato per mezzo di due corde che gli rendevano impossibili movimenti per polsi e piedi. Non avevano potuto fare altrimenti, pur di evitare che il ragazzo si appropriasse di un’ennesima dose, di chissà quale quantità, di stupefacenti.
Erano certi fosse all’estremo: il viso scavato e oramai bianco, le pupille degli occhi dilatate, il corpo evidentemente sfinito. Era però la sua irascibilità a preoccuparli più di qualsiasi altra cosa. Vi erano momenti in cui sembrava assopirsi, momenti in cui dava vita a degli scatti d’ira per i quali non c’erano parole o azioni che ponessero una fine.
Avevano paura non di lui, ma del mostro che lo aveva imprigionato.
 
- “ Lasciatemi andare. “ – digrignò Zayn fra i denti.
I quattro ragazzi, spettatori e partecipi, ebbero lo stesso pensiero al contempo: Zayn era impazzito. Ricordava un vero e proprio matto da manicomio.
- “ Non possiamo. Lo stiamo facendo per te, amico. “ – tentò Niall che in quella situazione si dimostrava, col passare delle ore, il più coraggioso.
- “ Sto impazzendo, lasciatemi andare. “- sibilò, stavolta con più enfasi.
- “ Zayn, calmati. “- provò Louis.
In compenso, Zayn prese a muoversi angosciosamente, pur di liberarsi.
Il moro non fingeva, stava impazzendo. E quelli erano sintomi dello stress, della stanchezza.. delle droghe assunte.
Si sentii il rumore di suole battute sul pavimento e per un attimo tutti, tranne Zayn che, incapace di comprendere la situazione, continuava a dimenarsi, trattennero il respiro, sperando di non essere nei guai.
Nessuno doveva venire a conoscenza di quanto stava accadendo, né delle condizioni in cui il loro migliore amico si trovava. L’avrebbero espulso, gli avrebbero riservato i peggior trattamenti dell’universo, reputandolo un folle ed altro.
Poi videro sbucare due simpatiche teste: una rossa ed una bionda. Juliette e Hayley. Alle loro spalle, Sam.
Furono sufficienti le loro espressioni, per capire quanto fossero sconvolte dalla vista di Zayn ridotto in quello stato. Bastò lo sguardo affranto che Sam gli riservò, per comprendere quanto questa stesse soffrendo. Ma non per delusione, non per ciò che in precedenza era accaduto. Soffriva perché, in modo insolito, intendeva cosa prendeva al giovane.
- “ Juls? “ – domandò Niall, sorpreso. Tutti espirarono, portando le mani al petto. Che i loro cuori andasse ad una velocità non calcolabile, era udibile dal rumore prodotto dallo schianto di questi contro le gabbie toraciche.
- “ Niall, io..” – Juliette non terminò ciò che avrebbe voluto dire, sentendo Zayn lamentarsi e contorcersi angosciosamente. Era spaventata.
- “ Vi avevo avvertito di non dirle nulla. “ – le rimproverò Liam, alludendo a Sam.
- “ In realtà è stata Harry a farle venire strani grilli per la testa. “ – ribatté Hayley che guardò in malo modo il riccio.
Il ragazzo era l’unico che in quel momento avrebbe preferito non parlare, pur di non esplodere.
- “ Sam deve sapere. “ – sbottò, alzando appena la voce.
- “ Sam, Sam, Sam..” – ed il modo maniacale con il quale Zayn ripeté quel nome, fece sussultare tutti i presenti. – “ Vi preoccupate tanto per Sam. “ – poi, con scatto felino, puntò gli occhi in quelli della ragazza che si sentii tremare.
In realtà tutti lo fecero, poiché per loro Zayn non era più in sé. Era la mancanza di strane sostanze in circolo per il corpo, a renderlo così matto e paurosamente irrefrenabile.
- “ Ti manco, Sam? “ – le domandò, ruotando la testa con fare pazzoide. Lei si avvicinò appena, mentre gli altri si facevano da parte per permetterle di gestire la situazione.
Nessuno si riteneva abbastanza motivato ad affrontare il moro, se non la ragazza.
Sam tentò con riluttanza di posargli una mano sulla spalla, ma Zayn si scostò in modo brutale e cercò, anzi, d’incastrare le dita delicate della mora tra i denti.
Fortunatamente, Sam fu scaltra e la ritrasse in tempo.
- “ Allontanati. “ – sbraitò il ragazzo.
- “ Perché ti comporti in questo modo? “ – domandò, guardandolo con timore.
- “ E’ colpa tua, Samantha. “ – e continuò a ripetere quel nome, mettendo in pratica quel fare pazzoide e pauroso. La ragazza non poteva che guardarlo, intimidita. Non riusciva neppure a richiamare la sua attenzione, pronunciando il suo nome. Perché quell’essere non era Zayn, non più. Possedeva le sue sembianze e, in parte, la voce angelica che lei tanto amava. Ma non era Zayn a parlarle. Non era Zayn a contorcersi in quel modo. Non era Zayn a starle davanti.
Quel giovane che lei fingeva di detestare era probabilmente nascosto in qualche punto remoto di quel corpo, intrappolato.
- “ Sei contenta di vedermi in questo stato? Sono sicuro di sì. “ – Zayn rise, animatamente. Risata che sapeva di cattivo.
Sam, con estrema calma, si avvicinò ancora. E lui la stava a guardare, forse rapito dai movimenti e dai modi di fare pacati della giovane.
Si chinò appena in prossimità delle gambe di Zayn alle quali si appoggiò appena, per non perdere l’equilibrio e solo a quel punto, fece aderire una sua mano ad una guancia del ragazzo che sembrò arrestarsi all’istante.
- “ Ti perdono. “ – gli disse, sincera.
Non avrebbe mai creduto di riuscire a perdonarlo. Non dopo quello che le aveva fatto. Eppure, anche il sentimento che lei provava e mascherava per lui, era divenuto insostenibile.
- “ E perché dovresti? “ – le chiese, mandando giù un enorme magone. Sembrava essere tornato in sé: la voce era tornata quella e lo sguardo parve per un attimo quello che Zayn le rivolgeva quotidianamente. Quello che riservava a lei e a lei soltanto.
- “ Perché stai soffrendo più di quanto potessi immaginare. E lo stai facendo per me. “ –
sicura di sé stessa, avvicinò il viso a quello del ragazzo, poi si sporse verso una delle due guance e fece per baciargliene una. Zayn, impaurito, fece per ritrarsi. Ma, ancora, Sam glielo impedì.
- “ Sta’ fermo. “ – sussurrò solo. E prima che lui capisse cosa stesse succedendo, trovò le labbra delle ragazza, in prossimità delle sue, che schioccarono sonore.
Impauriti da quanto sarebbe potuto accadere in seguito, i ragazzi l’allontanarono dal loro amico, consigliandole di andare via di lì.
- “ Parla con il preside. “ – le disse Liam, affidandosi a lei. – “ Spiegagli la situazione e aiutalo. “ – Sam non se lo fece ripetere. Riservò un ultima occhiata a Zayn che la guardava ancora, fuori di sé, e se ne andò seguita dalle altre.
Non appena la porta sbatté, segnando la loro uscita, Zayn pianse. Un pianto liberatorio che, con sincerità, nessuno s’aspettava.
- “ Aiutatemi. “ – li implorò. – “ Io non sono questo. “ – sussurrò, scuotendo la testa. Liam corse ad abbracciarlo, nonostante il ragazzo fosse legato per i polsi. Il pianto divenne più forte e potente.
Lo sentiva, Liam lo sentiva. Il vero Zayn aveva lottato contro sé stesso ed era tornato.
Lo sentiva, Zayn lo sentiva. Finalmente i suoi migliori intendevano aiutarlo.
 
-Sam.
Fu permesso a me e alle ragazze di parlare con il preside.
In realtà non credevo neppure che si trovasse in quell’edificio, ma non appena lo vidi seduto comodamente dietro la sua scrivania ed immerso in una quantità abnorme di documenti, mi feci un’idea dello stress che potesse essere recato a quell’uomo.
- “ Wilson, Payne, Steven. Qual buon vento. “ – la prese a ridere il preside, alzandosi dalla sedia per darci il benvenuto.
- “ Nessun buon vento. “ – tagliai corto, dopo avergli stretto una mano. Era presente talmente tanta serietà nel mio tono che sarebbe bastato un nonnulla per farmi scoppiare in risate.
- “ Mi preoccupa in questo modo, Wilson. “ – in effetti, il mio intento era proprio quello.
- “ Preside, dobbiamo parlarle. Ed è importante. “ – spiegò in breve Juliette che, con i capelli biondi, gli occhi color nocciola, il sorriso angelico, ricordava sicuramente una bambola agli occhi del preside, come a quelli di chiunque la spiasse in quell’istante.
- “ Accomodatevi. “ – disse, accennando a delle sedie poste proprio in prossimità della sua scrivania in legno nero e pregiato.
-  “ Si tratta di Zayn Malik. “ – parole che parvero coglierlo per un attimo in contropiede, poi sospirò. Agitò sugli occhi stanchi ed azzurri una mano, azione che non passò inosservata per nessuna di noi tre, scostando appena gli occhiali da vista.
- “ Ditemi che non ha continuato. “ – mormorò, portando lo sguardo su qualche scartoffia, prima di concentrarlo nuovamente su di noi.
- “ Cosa sa di preciso? “ – chiese la rossa, con voce terrorizzata.
- “ Cosa sapete voi, piuttosto. “ – la schernì lui, prima di guardarci una ad una. E quando il suo sguardo si congedò su di me, intesi che il momento era giunto e che, oramai, ero costretta ad informarlo di una grande ed insolita verità.
- “ Quanto tempo abbiamo? “ – domandai con ironia, smorzando appena la tensione creatasi.
 
Raccontavo aneddoti risalenti a mesi precedenti e sentivo le labbra tremare, durante la mia narrazione. Contorcevo spesso le dita, a causa del nervoso. Poi mi concedevo qualche attimo, mi munivo di calma sovraumana e tornavo al racconto per il quale il preside mostrava interesse e comprensione.
Fu, forse, grazie a quel ripercorrere le tappe che sentii il peso delle condizioni fisiche di Zayn riversarsi su di me.
Ero stata crudele, inconsciamente.
Ero stata dura, inconsciamente.
Ero stata spietata, inconsciamente.
L’avevo perdonato, ma se mi avessero costretta a passare una sola giornata in compagnia di quel pakistano dagli occhi profondi, sarei scappata durante la notte, pur di non doverlo nemmeno scorgere da lontano.
- “ In pratica, Zayn si è ridotto in queste condizioni a causa della pressione ricevuta da tutta questa storia. “ – convenne, il preside Bart. Quello era il suo nome.
- “ In pratica. “ – sussurrammo in tre.
- “ Ed immagino che l’uso di stupefacenti sia stata solo una reazione. “ – sospirò ancora, prendendo a massaggiarsi le tempie. Era da sempre un uomo comprensivo, speravo quindi in un suo aiuto sostanziale.
- “ Ho ricevuto segnalazioni da insegnanti riguardo il rendimento del signor Malik, poi da alunni riguardo alcuni strani incontri avvenuti nei pressi della scuola. Infine, Jenna ha rivelato di aver colto in flagrante il ragazzo. “ – ammise Bart. – “ Se lui è disposto a farsi aiutare, sono ben felice di sottoporlo a visite specialistiche e a seguirlo durante la disintossicazione. Preparerei solo per lui un piano di studi che gli permetterebbe di continuare la sua istruzione durante il periodo che, suppongo, dovrà trascorrere in una clinica specializzata. Ed eviterò che la voce si sparga. Ma voi dovrete essere bravi, intendo voi signorine insieme a quelli che sono i suoi migliori amici, a non fargli pressione, a stargli vicino, lasciandogli modo d’intendere che la vita continua nonostante gli errori.. “ – mi riservò un’occhiata particolare.
Un’occhiata che evitai volontariamente d’interpretare, forse troppo cosciente del significato che aveva. Persino mia madre ripeteva sempre quelle stesse parole. Ed io avevo avuto prova, nel corso dei mesi, della loro veridicità.
Il preside Bart accompagnò la bionda e la rossa fuori dallo studio in cui ci aveva accolte, volendomi riservare un paio di minuti. Mi aspettavo un sornione, poiché la colpa di quella situazione era la mia e ne ero consapevole.
- “ So già cosa sta per dirmi. “ – lo anticipai, una volta che il rumore della porta che si chiudeva, mi segnalò il ritorno di quell’uomo tanto gentile con i suoi studenti.
- “ Lei non sa cosa sto per dirle, può immaginare. Ma non lo sa. “ – mi corresse, ridacchiando. Alzai un sopracciglio, infastidita, ma non diedi a vedere la mia avversione.
Dopotutto gli ero debitrice.
Mi osservò per un po’, senza lasciarsi intimidire dal mio sguardo che s’alzava e s’abbassava, imbarazzato.
- “ Si sente colpevole, non è vero? “ – annuii, persuasa a parlare. - “ Non è colpa sua. “ – incominciò.
- “ Sì che lo è. Lui non starebbe in queste condizioni se non me la fossi presa. Se l’avessi perdonato. Se non ne avessi fatto una questione di stato. “ -  sbottai, avvertendo una sensazione irrefrenabile di malessere, di disturbo.
- “ E come avrebbe potuto non prendersela, dopo essere stata ingannata? Capisco che lei è un’artista, con tutta la sua filosofia musicale, ma non cristo sceso in terra, capace di perdonare immediatamente. “ – sorrisi di quella sua visione della questione. Mi definiva un’artista con un approccio particolare alla musica. Il preside Bart era un mito, altroché. – “ Errare è umano. “ – mi ricordò.
- “ Perdonare ancora di più. “ – cantilenai.
- “ E lei l’ha perdonato..” – rimasi sulle mie, all’inizio. Ma alla fine cedetti e lo ammisi. Avevo perdonato Zayn, nonostante continuassi a sostenere di non volerlo vedere. – “ E bene, ora cerchi di sfruttare questa situazione a vantaggio di entrambi. Lo aiuti. Gli stia vicino. Zayn Malik è un ragazzo, ma è più profondo di quanto lei possa immaginare..” – stanca, gli diedi ragione.
Chiunque incontrassi, a chiunque parlassi di lui, continuava a ripetermi che l’apparenza ingannasse nel caso di Zayn Jawaad Malik. Eppure io ancora non avevo scovato quella profondità di cui mi si parlava. O forse fingevo di non averla intravista. 

my space: 
CHE DIRE? QUESTO 
E' PROBABILMENTE UNO DEI MIEI CAPITOLI
PREFERITI. GIURO, LO AMO. 
NON SO NEMMENO DI PRECISO IL PERCHE'.
PROBABILMENTE E' L'INSIEME: SI RITROVANO
TUTTI NEGLI SPOGLIATOI CON L'OBBIETTIVO
COMUNE DI AIUTARE ZAYN.
LE SCENE TRA LUI E SAM MI FANNO IMPAZZIRE 
E QUELLE CON HARRY RIFLETTERE.
FORSE LA CHIACCHIERATA CON IL PRESIDE
E' QUELLA CHE PIU' SEGNA IN TUTTO IL CAPITOLO.
MA NON SO, LASCIO A VOI 
GIUDICARE. :D

SPERO SOLO DI AVERVI SODDISFATTE E CHE 
MI SCUSIATE PER L'ENORME RITARDO.
COLPA DELLA SCUOLA. cwc

SAPPIATE CHE VI ADORO CHE VI RINGRAZIO DI CUORE
PER TUTTO CIO' CHE MI SCRIVETE IN OGNI 
SINGOLA RECENSIONE. 

ED ORA.. GIA', E' IL MOMENTO. LOL
*GIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIF*

Bradford Bad Boy, Bitches. loool                                                                                                              Ditemi se insieme, tutti e cinque, non creano la perfezione. :')
Questa foto sa tanto di cattivo ragazzo. AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA


IT'S ZIAM, BITCHEEEEESS. 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno: Truly, Madly, Deeply. ***


“Veramente, pazzamente, profondamente io sono
stupidamente, completamente innamorato
e in qualche modo hai abbattuto tutti i miei muri.”

One Direction-Truly,Madly,Deeply

“Stringo i libri al petto e, a capo chino, esco di fretta dalla scuola.
Ho un solo ed esclusivo obbiettivo: lui.
Non lo vedo dalla mattina precedente e so che tra meno di un paio d’ore, partirà per chissà quanto tempo. Uscirà dalla mia vita, se ne avrà voglia. E devo dirgli addio, con un immenso magone stretto alla gola.
Subito dopo aver lasciato zaino e libri vari in camera, supero altri tre corridoi presenti sul mio stesso piano e giungo davanti la porta della stanza in cui soggiornano Liam, Niall e Zayn.
I ricordi mi assillano, rendono la mia anima vulnerabile.
Busso con poca enfasi, prima di essere accolta. I tre ragazzi sono in camera ed il moro è seduto sul suo letto con una pila di vestiti da dover riporre in una valigia.
Sorrido a colui che mi ha invitata ad entrare, Liam.
- “ Chi si vede. “ – ride il biondo.
- “ Taci, cugino. “ – lo rimprovero, ridacchiando, prima di stampargli un triplo bacio sulla guancia. Okay, devo ammetterlo. Ho una passione nascosta per le sue guance così morbide e lisce.. sì, le amo.
- “ Niall, puzzone. “ – lo saluto.
- “ Sam, scassa palle. “ – ricambia.
- “ Vedo che sei di buon umore. E’ per questo che hai svaligiato la mensa? “ – ironizzo, vedendo l’ammasso di cibo sul suo letto. Cedendolo alla caritas, potrebbe sfamarci una popolazione.
- “ Hai fatto scorta di yogurt scaduti. E’ per questo che sei acida come sempre? Oh, ma questa non è una novità. “ – una semplice linguaccia fa da risposta.
Poi porto lo sguardo sul moro che, seduto sul suo letto, non ha smesso d’osservarmi fin da quando ho messo piede nella stanza. Ma non appena i nostri sguardi s’incontrano, cambia attrazione e lascia che quegli occhi che tanto amo, guardino altrove.
Sembra non provar piacere nel farsi vedere in questo stato e lo comprendo.
- “ Hey Niall.. non avevi detto di volermi far vedere un esperimento..” – improvvisa Liam che è davvero negato per le bugie.
- “ Esperimento? “ – Niall lo guarda inebetito, mentre assapora un muffin con tanto di scaglie di cioccolata. Evidentemente, non sa di cosa Liam stia parlando.
- “ Sì, quell’esperimento sul.. sul teletrasporto. Mi sembra l’avessi chiamato “Teletrasportiamoci fuori di qui.”  “ – trattengo una risata, guardandomi bene dal non farmi vedere dai due, pur di dare qualche soddisfazione a Liam.
- “ Ah.. sì, il teletrasporto. Subito. “ – Niall afferra dapprima una banana, poi una scatola di cioccolatini.. una barretta di cioccolata al latte, una brioche, un cornetto confezionato, una bottiglietta di succo, una lattina di coca cola e..
- “ Dannazione Niall, muovi il culo. “ – sbotta Liam. E’ inevitabile la mia risata, seguita dal ridacchiare di Zayn che sembra non riuscire a fare di meglio. E la tenerezza sconfinata che provoca in me, fa sì che le mie risa cessino di punto in bianco.
Liam trascina letteralmente Niall fuori dalla stanza, sbattendo poi la porta con rabbia. Quei due, insieme, sono uno spasso.
- “ Hey. “ – dico, avvicinandomi al ragazzo che prende a sistemare i suoi capi.
- “ Ciao. “ – mormora, senza però alzare lo sguardo.
- “ Come ti senti? “ – gli chiedo, sedendomi al suo fianco. Non ci troviamo così vicini per una semplice chiacchierata da mesi. Se mi sia mancato? Da morire, sebbene io lo neghi costantemente.
- “ Uno schifo. “ – risponde lui, dopo attimi di esitazione. Getta da parte la maglia che ha tentato di piegare per minuti e pare arrestarsi per qualche attimo.
- “ Sono sicura che in quella clinica ti rimetterai. “ – gli sorrido.
- “ Nella clinica per matti.. “ – sogghigna.
- “ Se fosse una clinica per matti ci spedirebbero tutti in quel posto. “ – ancora, ridacchia. Ma valuto quei pochi versi da lui emesse come vere e proprie risate, perché so esserle.
- “ Starai bene. “ – lo rassicuro. Lui annuisce, tornando a torturare quella povera maglia. Rimane in silenzio qualche istante. Dalla faccia assunta, potrei scommettere che stia meditando.
- “ Ieri sera hanno avvisato i miei genitori. “ – sospira. – “ Credo di averli delusi. “ –
- “ Perché avresti dovuto? “ – domando, sedendomi per bene sul suo letto ed aiutandolo con gli indumenti.
- “ Sveglia? Mi sono drogato e non avevo intenzione di fermarmi. “ – incomincio a fissarlo, smettendo di compiere ogni azione. All’improvviso, riconosco quel suo tono saccente, misto ad una simpatia poco evidente. Riconosco quel suo essere playboy, al contempo romantico.
Ma è questione di attimi, prima che la bellezza emanata dal suo viso, pure in quelle condizioni, mi attragga in modo fatale.
- “ Sei bello anche da drogato. “ – mi sfugge, senza che neppure me ne accorga. E lui sente, sente il tutto a perfezione. Ed un sorrisino lontano dall’essere modesto si posa sulle sue labbra, quasi sappia di esserlo, ma non si aspetti che sia io a ricordarglielo.
- “ Grazie. “ – mormora, mentre il mio viso s’infiamma.
- “ L’ho detto solo per non scoraggiarti. “ – mi giustifico.
- “ Davvero, Wilson? Dici sul serio? “ – sembra di esser tornati a mesi fa, quando stuzzicarsi era il nostro hobby preferito.
- “ Assolutamente Malik. “ – le risate che seguono, ci lasciano piacevolmente sorpresi. Amo la melodia che come per magia viene a crearsi non appena le nostre risate diventano un tutt’uno.
- “ Perché sei qui? “ – chiede infine, sorridendo. Punta i miei occhi per la prima volta da quando ho messo piede nella stanza.
- “ Perché ti ho perdonato, Zayn. Non importa ciò che è accaduto. Voglio solo che tu ti rimetta. “ – confesso.
- “ Quindi mi darai una possibilità..? “ –
- “ Sono qui. Questo ti dovrebbe dimostrare che te la sto già dando. Potremo essere.. amici. “ – parola che risuona in malo modo alle mie orecchie, come  alle sue. Ma entrambi l’accettiamo, entrambi ci assecondiamo, convinti che reprimere un sentimento sia facile. Un sentimento che credo essere solo mio.
Sono convinta che non lo rivedrò tanto di frequente, non lo rivedrò affatto fin quando non sarà riabilitato. E in questo lasso di tempo lo dimenticherò, farò scorta di coraggio e metterò su un bel muro, capace di non essere abbattuto. Al suo ritorno, rimarrà uno dei miei amici, forse uno dei più fidati, il mio primo vero amore, per così dire. La mia prima volta, ma nulla di più.
- “ Promettimi che verrai a trovarmi. “ – scoccata la freccia.
- “ Ma certo. “ – colpita in pieno.
Lo farò? Riuscirò mai ad andarlo a trovare?
- “ L’hai promesso, Wilson. “ – mi punta un dito contro, ridendosela.
- “ Sì, certo. “ – ancora, vengo trascinata dalle sue risate così dolci al mio udito. Risate interrotte soltanto dal battere di nocche sul legno della porta. Lo guardo frastornata, prima di alzarmi ed andare ad aprire. Una signora ci appare, assomiglia ad un’infermiera.
- “ Zayn Malik? “ – questo annuisce, prestandole attenzione. – “ Sono la Signora Martin. Sono qui per portarti nella clinica specializzata per tossici. “ – le scocco un’occhiata, infastidita per quel suo infierire, ma probabilmente non sa di farlo. - “ Sei pronto? “ –
- “ Un attimo. “ – risponde Zayn, chiudendo la valigia e raccogliendo le sue cose. Non riuscirebbe a trasportare le valige se i suoi amici non accorressero, pur di non stancarlo. Il moro è debole, visibilmente debole.
Ci trasciniamo tutti all’esterno, passando per un’uscita secondaria poco frequentata. Questione di discrezione.
Posano ogni effetto personale del ragazzo in un auto nera, al cui interno siede solo un autista fin quando la dottoressa non lo imita, accennando un saluto a noi ragazzi a cui interessa solo quello di Zayn.
Ci siamo tutti: Louis, Harry, Niall, Liam, Francesca, Hayley, Juliette ed io.
Partendo da Niall, Zayn da inizio al giro dei saluti.
- “ Nialler, fai il bravo e non abbuffarti. Voglio che al mio ritorno il tuo peso sia lo stesso. “ – ridendo, si stringono in un caloroso abbraccio. Sento gli occhi pizzicare, ma poco ci bado. – “ E tu Liam, non lasciarti sfuggire la rossa. So che la ami, quindi non perdere il vero amore. Non fare il mio stesso sbaglio. “ – un’occhiata. E’ una sua occhiata a me riservata a spronare le mie lacrime. Mi sbarazzo subito di queste, pulendomi per mezzo di una manica della felpa. – “ Hayley, controlla tu il gruppo perché già so che si ficcheranno nei guai. E fatti più rossa, amo i tuoi capelli. “ – ammette, abbracciandola appena. E’ sfinito. – “ Juliette, promettimi che Niall non ingrasserà, te lo chiedo per favore. “ – al che, tutti esordiscono in risate. Giunge poi a Francesca. – “ Occhi belli.. “- solo il soprannome scaturisce il mio ridere come una dannata.. – “ ..stammi a sentire. Inutile separare due cuori uniti. Finisce solo che questi soffrano. Ci siamo intesi? “ – lei annuisce, ma a mio parere non ha colto la doppia sfumatura. Zayn non si riferisce solo a me e Louis che, arrossito, fissa il marciapiede. Ho la certezza che si riferisca anche a lui stesso, a me, a noi. – “ Boobear, torna ad essere il solito fancazzista, al contempo salva culi della situazione. So che muori dalla voglia di metterci nei guai per poi salvarci dalle grinfie della Brown. “ – noto una capacità rara in Zayn, quella di sdrammatizzare a perfezione. Il turno di Harry credo sia uno dei più decisivi, tra di loro esiste un’intesa unica. – “ Riccio, tu devi promettermi una cosa in particolare. “ – il clacson dell’auto nero che lo attende suona e Zayn, con sguardo brutale, si volta e grida di attendere. – “ Tornando a noi, devi promettermi che terrai sotto controllo una certa persona. L’ho fatta soffrire da morire, ma oggi è ancora qui al mio fianco, nonostante tutto. Io la amo, quindi..” – il sangue nelle vene mi si gela, ma al contrario il mio cuore prende a palpitare brutalmente. Non ha occhi che per me, proferendo quelle poche parole con un’intensità che mai prima avevo scorto in altri.
Quando infine si posiziona davanti la sottoscritta, sento gli occhi riempirsi di lacrime, senza che però queste scendano in caduta libera.
- “ Stammi bene, Wilson. “ – dice ridendo. – “ E ricorda, hai promesso. “ – rido, anch’io. Spero in un suo abbraccio, forse qualche parola di conforto. Mi aspetto un finale da film, in cui il protagonista maschile scrolla dalle proprie spalle il peso del pensiero comune e si concede alla protagonista femminile. Ma non siamo in un film, Zayn non è una specie di protagonista bello, buono e innocente. Zayn non si sbilancia, si limita a porgermi una mano che stringo, esitante.
Molla la presa con cautela e si dirige verso l’auto di cui apre lo sportello posteriore, prima di voltarsi e guardarci un’ultima volta.
- “ Allora.. Ciao. “ – mormora, fingendo un sorriso. Sta per mettere piede in auto, sta per salire in quella dannata macchina. Sta per andarsene dal college, dal centro di Londra. Sta per andarsene da me.
Ma sono pronta a lasciarlo andare?
- “ Zayn. “ –urlo il suo nome. E stavolta, sì. Piango.
Lui si volta, quasi ci sperasse.
Gli corro in contro e lo abbraccio, inspirando un po’ del profumo rimastogli. Feccio aderire la mia bocca al suo collo, sentendo per un attimo i muscoli del suo corpo irrigidirsi, poi rilassarsi. E lì stampo un semplice bacio, senza alcuno schiocco per impedire che gli altri sentano.
- “ Verrò, Zayn. Verrò a trovarti sempre. “ – gongolo, singhiozzante. – “ E mi mancherai da impazzire, cielo! “ – dichiaro, in preda ad una crisi. Gli rivolgo una rapida occhiata per intravedere un sorriso illuminare il suo viso.
E non so come,lo stringo maggiormente a me e lo bacio, mentre le lacrime infuriano sul mio viso. Sono io a farlo, ma lui risponde con affetto, impedendomi di distaccarmi per secondi che paiono un’eternità.
- “ Non dimenticarmi, piccola. “ – sussurra a fior di labbra.
- “ Hai dimenticato il mio nome. “ – lo sfotto.
- “ Come potrei, Sam. “ – e ancora sorride, prima che le sue labbra si stampino leggermente sulle mie, senza fare chissà quale pressione. Mi ha baciata nuovamente e seppure non si tratti di un bacio di grande consistenza, è da considerarsi il più bello della mia vita. Per finire, viene risucchiato all’interno dell’auto nera che l’attende e che lo porta via da lì, da quel college, dal centro di Londra e da me.”
 
Sobbalzai, in lacrime.
Portai una mano al cuore, percependo i battiti eccessivamente accelerati, mentre tentavo di ricompormi invano.
Due ragazze, al mio fianco, mi scuotevano appena, chiamavano il mio nome. Ma io non stavo ad ascoltarle, dovevo ancora assemblare i pezzi e comprendere cosa mi stava prendendo.
L’avevo sognato. Avevo sognato la sua partenza. Per l’appunto, era stato tutto un sogno e prenderne conoscenza faceva male.
Con occhi sofferenti, colmi di lacrime, mi guardai attorno per poi notare la luce della camera accesa, Hayley e Juliette sedute sul mio stesso letto, fissarmi sconvolte. L’avevo rifatto per la centesima volta nel giro di un mese.
- “ Sam, cosa..” – senza prestare attenzione a Juliette, mi lasciai cadere lungo il materasso, abbracciando il guanciale, macchiato del trucco che avevo dimenticato di pulire dal mio viso la sera precedente. Singhiozzavo in maniera violenta, il ché spaventava non solo loro, ma anche me.
- “ L’hai sognato ancora? “ – domandò allora Juliette, avvicinandosi appena. Ma con un gesto scaltro, anch’esso violento, le feci segno d’indietreggiare. Nessuno doveva starmi tra i piedi in quegli istanti.
- “ Si. “ – mormorai.
- “ E’ passato un mese, Sam. Devi fartene una ragione. Zayn non tornerà tanto presto, probabilmente non tornerà affatto quest’anno. “ – se Hayley pensava che, per mezzo di quelle parole tanto semplici per lei da proferire, ma difficili per me da udire ed assimilare, sarebbe riuscita a fornirmi un contegno, si sbagliava di brutto.
Scattai in piedi, correndo verso la porta, scaltra. Continuavo ad urlare di dover andare da lui, di doverlo vedere, di dovergli chiedere spiegazioni, ma le due ragazze mi fermarono e costrinsero al riposo. Correre dall’altra parte della città, per poi finire in periferia, in piena notte, non sarebbe servito a nulla. Non avrei rivisto Zayn Malik.
 
La verità era che la sua partenza era stata ben differente da come io l’avevo sognata.
Zayn se n’era andato ed io non l’avevo saputo.
Zayn se n’era andato ed io non l’avevo salutato.
Zayn se n’era andato ed io non ero più venuta a conoscenza di nulla riguardante lui, dopo averlo visto per l’ultima cruciale volta negli spogliatoi della squadra di football.
Inutile dirvi che sorsero nuove discussioni nel gruppo, poiché non ero stata messa al corrente della sua partenza imminente. E la scusante, quella volta, fu che Zayn stesso aveva fatto giurare loro di non far parola, con me e con le mie coinquiline, del fatto.
Non sapevo e non volevo neppure più capirne il perché, ma continuavo a soffrire la sua mancanza.
Quando chiedemmo di lui, fummo trattati come dementi.
Ci fu chiesto di lasciargli il suo tempo, di non cercarlo se e fin quando lui non l’avesse richiesto. Ci fu detto che il ‘loro paziente’ desiderava dedicarsi del tempo, che preferiva non avere contatti con nessuno, all’infuori della sua famiglia.
Ci fu imposto di lasciarlo in pace, poi ci rassicurarono che lui si sarebbe fatto vivo.
L’attesa era straziante.
Giorno per giorno attendevo impaziente una sua telefonata, una lettera, notizie. Mi sarebbe bastato uno ‘sta bene.’, ma neppure i suoi genitori erano propensi a farsi quattro chiacchiere con gli amici del figlio.
Spesso seguivo le partite dei ragazzi, come da rituale e non vedere un tizio con un crestone enorme muoversi in campo, con calzoncini bianchi e felpa blu sul cui retro era stampato il cognome ‘Malik’, torturava me, i giocatori, gli spettatori.
Mi mancava come mai prima avevo potuto sperimentare.
La notte lo sognavo. Sognavo d’intrufolarmi di nascosto nella sua camera, poi baciarlo nel sonno ed infine svegliarlo, per poi amarlo. Immaginavo il suo profumo avidamente. E di tanto in tanto andavo a trovare Liam e Niall con una scusa qualsiasi, pur di distendermi sul suo letto ed immaginare di averlo al mio fianco.
Che mi mancasse era ben visibile a tutti. Ma nessuno era capace di consolarmi come lui avrebbe saputo fare. E nel mentre, il tempo trascorreva veloce, portando via con sé marzo, lasciando spazio ad aprile.
 
- “ Sai che non puoi lasciarti abbattere. “ – disse ad un tratto il riccio.
Posai la matita, con la quale ero intenta a trascrivere note varie su un foglio di pentagramma, sulla scrivania prima di voltarmi verso Harry che, disteso sul mio letto, mi osservava studiare, quando lui avrebbe dovuto fare ugualmente.
- “ Di cosa stiamo parlando? “ – domandai con tono non proprio socievole.
- “ Di te.. di Zayn. “ -  sbuffai, ritornando al mio pentagramma. Sapeva che, per me, l’argomento ZM, così ribattezzato poiché non volevo neppure più nominarlo, era offlimits.
- “ Avanti Sam. E’ il mio migliore amico e ha sbagliato, come ho sbagliato io. Ma tu non puoi continuare ad esserne innamorata. “ – sbarrai gli occhi esterrefatta. Aveva osato intavolare ancora quel discorso e, pur conoscendo l’effetto che mi faceva, mi aveva schiaffato la verità in faccia.
- “ Harry, sta’ in silenzio per piacere. “ – lo zittì.
- “ Svegliati! S’è scopato un’altra chissà quante volte a tua insaputa e..” – s’interruppe all’improvviso. Notò i miei pugni stretti, le mie spalle tremanti, la mia schiena diritta e impassibile. Ciò che non poteva notare, però, poiché le scrivania era rivolta verso il muro, erano i miei occhi arrossati e colmi di lacrime.
- “..Sam, io.. “ – mi alzai, veloce e afferrata la giacca, che infilai tremando e con la vista sfocata a causa di quel pianto trattenuto, corsi fuori dalla mia stessa stanza, abitata solo da me e da Harry a quell’ora del pomeriggio.
Il riccio m’inseguì, dimenticandosi probabilmente di chiudere la porta a chiave, ma poco m’importava. Non volevo starlo a sentire.
Riuscii ad uscire dal dormitorio e a catapultarmi in strada, correndo in una direzione ben precisa. Andavo da lui.
- “ Lasciami. “ – urlai, all’improvviso, come una forsennata.
- “ Dove stai andando? “ – mormorò Harry con il fiatone.
- “ Ti ho detto di lasciarmi. “ – e mi agitai fin quando non riuscii a liberare parte del mio corpo dalle sue grinfie che, comunque, mantenne con facilità la presa sulla parte ancora intrappolata.
- “ Perché scappi? “ – chiese, senza capire.
- “ Devo andare in un posto. “ – fui schiva. Non potevo ammettere di voler andare dall’unica persone che volevo e dovevo evitare.
- “ Tipo? “ –
- “ Tipo fatti i fatti tuoi, Harry. “ – sbottai. E, grazie ad uno strattone, sganciai anche l’ultima parte intrappolata e ripresi la corsa per un tratto talmente breve, da non riuscir neppure a sentire il brivido del vento che s’infrangeva sulle guance bianche.
- “ Non andrai da lui. “ – la sua fu un’imposizione, dovuta forse al fatto che preferiva evitarmi un ennesimo strazio. Ma non capiva che tenendomi lontana dal pakistano dalla pelle ambrata subivo le vera e propria pena.
- “ Io..” – lo spintonai. – “ ..ne ho..” – lo spinsi ancora con più forza. – “ ..bisogno. “ – e con un colpo secco, ritrovai nuovamente facoltà di movimento. Non scappai, pur avendone l’opportunità. Rimasi impalata, davanti ai suoi occhi impressionati, con viso coperto da mani tremanti.
- “ Devo vederlo Harry, perché lo sogno tutte le notti, perché non sorrido neppure più all’idea di non averlo salutato quando se n’è andato. “ – sintetizzai, singhiozzando.
- “ E perché..” – ma lo fermai, anticipandolo.
- “ E perché ne sono innamorata. Sì, lo ammetto. Sono veramente, pazzamente e profondamente innamorata di lui, nonostante mi abbia fatta soffrire come mai mi è capitato. “ –
Poi accadde che, sfinita, trovai pace tra le sue braccia così comprensive, così equilibrate, così stranamente a me familiari.
 
-Narratore Esterno.
Avevano pensato ad un’uscita e lui non si era tirato indietro, venendo a conoscenza della motivazione: lei.
C’era uno strano fattore che si azionava nel momento in cui si parlava della ragazza, non solo perché era migliore amica comune, ma perché congiungeva l’intero gruppo, in un modo o nell’altro. Mentre in lui scattava una molla che fingeva di non conoscere, per convenienza personale, ma di cui in realtà era al corrente di ogni singolo dettaglio.
Tra l’altro Juliette e Liam lo avevano messo alle strette: venire o sparire dalla loro vista per minimo una settimana, insieme a quella che definivano la sua ragazza talmente di rado e con tale riluttanza, da fargli intendere quanto poco l’avessero in simpatia.
E, com’era logico pensare, Francesca non era stata invitata a quella serata tra “amici” proprio per non creare discussioni.
Come se la discussione possa causarla solo lei, pensò sbuffando.
Louis camminava nei corridoi del dormitorio, alla ricerca della stanza in cui la sua ragazza trascorreva la maggior parte delle sue giornate. Le provocava una strana tenerezza: era rimasta senza amiche per aver semplicemente espresso al ragazzo che amava, l’inferiorità che provava in confronto a Samantha, sempre al centro delle sue attenzioni.
Era stato lui a distaccarsi da quella che aveva da sempre reputato la sua migliore amica, ma non appena aveva intravisto un minimo guizzo di speranza e di gioia negli occhi della ragazza per quel suo gesto, a cui Francesca inconsapevolmente l’aveva indotto, non ci ripensò e dimenticò il mondo, tant’era preso dalla ragazza.
Non trascorreva più un singolo momento con i ragazzi, se non per un allenamento, le chiacchierate con Harry andavano via via scemando e c’era di peggio: Sam aveva smesso di cercarlo.
Credeva che fin quando lei si fosse interessata a lui, la loro amicizia sarebbe esistita e prima o poi sarebbero potuti tornare ad essere i due bambini che, il sabato pomeriggio, correvano in parrocchia per una partita a calcio alla quale Sam prendeva parte pur di non distaccarsi dal suo migliore amico.
Sorrise, ricordando, prima di bussare alla porta della camera davanti la quale di trovava ed entrare senza attendere risposta. Francesca era seduta sul suo letto, intenta a studiare pagine di un libro, mentre la sua coinquilina, Amanda, si preparava ad un’uscita. Bastarono pochi secondi perché questa si volatilizzasse fuori dalla porta dalla quale lui stesso era entrato.
- “ Ciao piccola. “ – le sussurrò, stampandole un tenero bacio sulle labbra.
- “ Hey. “ – nella sua voce erano presenti tracce di tristezza, ancora.
- “ Cos’hai? “ – le chiese, sedendosi al suo fianco. Prese ad accarezzarle i capelli, mentre la bionda si poggiava comodamente sul petto del ragazzo.
- “ Mi mancano. “ – disse soltanto.
- “ Dimenticale. “ – tentò, consapevole che neppure lui c’era ancora riuscito con i suoi amici.
- “ Non posso. Ho perso quelle che da sempre considero le migliori amiche al mondo e ho sbagliato, Lou. Ero.. gelosa di Sam, perché avevo paura di perderti. Ma le volevo bene come fosse mia sorella. Capisci? “ – il ragazzo annuì, sovrappensiero. Si sentiva responsabile di quella situazione, poiché comprendeva quanto il suo comportamento fosse stato errato. Avrebbe dovuto rassicurare Francesca, facendole notare quanto lui e Sam fossero amici, ma amici per la pelle. Amici che discutono per un nonnulla e tornano a ridere al contempo dopo una manciata di minuti. Che mai avrebbero preferito qualcosa di più all’amicizia perfetta e stupenda che avevano instaurato
Ma no, aveva voluto esagerare, come al suo solito.
- “ Ce ne faremo una ragione. “ – sospirò.
- “ Non ce ne faremo proprio niente. “ – s’inalberò lei. – “ Non fingere con me, Louis. So che Sam ti manca. Non sei più così “matto da legare” come qualche mese fa. “ – Louis non poté far a meno di ridacchiare. Effettivamente, aveva ragione.
- “ Qualche mese fa non stavamo insieme, qualche mese fa ero in pace con il mondo, qualche mese fa Sam non ha rischiato di morire e qualche mese fa Zayn non faceva uso di droghe per poi finire in una clinica apposita. “ – riflessioni che zittirono la ragazza che osservava Louis. Aveva ben scorto l’espressione sconsolata che il ragazzo aveva assunto. Se doveva soffrire fino a qual punto, tanto valeva lasciarlo andare. Sarebbe rimasta sola, pur di non veder soffrire l’unico ragazzo per il quale mai avesse provato un sentimento comparabile e che, in quegli attimi, la rendeva felice.
- “ Ti sei pentito? “ – gli chiese.
- “ Di cosa? “ – domandò, tornando a sorriderle.
- “ Di.. di aver rinunciato a loro per me. “ – il castano divenne serio, cosa che accadeva di rado, solitamente.
- “ Non mi sono pentito di aver rinunciato a loro per te. Ma se potessi, tornerei indietro nel tempo, per gestire meglio la situazione senza doverli perdere. “ – Francesca affondò il viso nel petto del ragazzo, inspirando un po’ del suo profumo. Lo amava persino per il modo in cui, con dolcezza, le faceva intendere che in un altro mondo, avrebbe optato per una conquista più difficoltosa, ma meno sofferente per entrambi.
- “ Sai, stasera mi hanno invitato ad una specie di rimpatriata. “ – disse all’improvviso Louis. Aveva tentato di trovare il modo più garbato per riferirle l’accaduto, ma non ne aveva selezionato neppure uno.
- “ Rimpatriata, eh? “ – gli domandò, mettendosi a sedere. Il suo ragazzo era stato invitato, lei non sapeva neppure fosse stata organizzata una serata tra amici o, come amavano chiamarla loro, una rimpatriata. In pratica, avvertiva di non essere la benvenuta.
- “ Sì, ma se tu non vuoi io..” – Louis si fermò all’istante. Non doveva commettere lo stesso errore che, mesi prima, lo avevano diviso da lei. – “ In realtà io vorrei andarci. Non passò del tempo con i miei amici da una vita e ho bisogno di loro. Non devi preoccuparti. Devi solo che fidarti di me. “ – ma Francesca gli sorrideva già da minuti. Non lo avrebbe fermato neppure se le avrebbero offerto dell’oro in cambio.
- “ Ma io mi fido di te. “ –
- “ Quindi è un sì? “ – alzando un sopracciglio, lo squadrò fin dove le fu possibile.
- “ C’è bisogno di chiederlo? “ –
- “ Sai che ti amo? “ -  le bisbigliò, catapultandosi sulle sue labbra che prese a baciare, fin quando non si ritrovarono sotto le coperte, bramando ogni centimetro l’uno della pelle dell’altro. Si amavano come il primo giorno, sempre di più.
 
Louis le stampò un ultimo bacio, prima di allacciare i jeans, infilare la maglia e sorriderle, allontanandosi in direzione della porta.
- “ Lou..” – lo richiamò, accostando appena il lenzuolo al petto. – “ Divertiti. “ – si raccomandò.
Un semplice sorriso, carico di gioia, funse da risposta.
 
Spalancò la porta della camera con un sorriso divertente sul viso.
Quella ragazza lo rendeva giorno per giorno più stupido.
Poi, guardando proprio dinanzi a sé, vide il suo migliore amico disteso sul letto, con lo sguardo perso nel vuoto.
- “ Styles. “ – lo salutò, cimentandosi verso di lui.
Se doveva recuperare un rapporto, quello con Harry era di sicuro il primo.
- “ Tomlinson. “ – rispose, senza enfasi il riccio che continuò a non prestargli attenzione. Louis lo fissò per un breve lasso di tempo, prima di cercare di seguire la traiettoria dello sguardo del suo amico, senza trovare però qualcosa di accattivante.
- “ Cosa guardi? “ – domandò, tentando ancora di scovare ciò che Harry osservava con tanta concentrazione.
- “ Il soffitto. “ – gli rispose soltanto.
- “ Oh..” – il castano si grattò la testa, confuso. Ed il soffitto cos’ha di divertente? continuava a ripetersi. Sono più divertente io. e si riferiva costanti complimenti e lusinghe mentali che lo indussero a riprodurre facce alquanto bizzarre che catturarono l’interesse del riccio, senza che però Louis se ne accorgesse.
Potrei stupirlo con una mia performance di ‘I’m a barbie girl, in a barbie girl.’
O potrei recitare un breve passo tratto da Robin Hood, sono FA VO LO SO in quelle vesti.
Chissà se quest’anno si farà uno spettacolo per la fine dei corsi, potrei propormi nel ruolo di protagonista.
Ovviamente mi accetteranno perché io sono FA VO LO SO.
Ed il monologo interiore ebbe luogo ancora a lungo, trovando fine solo quando Harry, al limite della sopportazioni, scoppiò in risate. Grasse risate. Da quanto non se ne faceva in compagnia del suo migliore amico? E da quanto Louis non percepiva il rumore della sua risata? L’adorava. Era così piena di vita.
- “ Scommetto che ti stavi elogiando da solo. “ – lo colse in flagrante il riccio.
- “ Può darsi. “ – non negò il castano, dopotutto il suo migliore amico lo conosceva proprio come una donna conosce il contenuto della propria borsa.
- “ Cosa vuoi da me, Louis. “ – cedette il riccio.
- “ Niente. “ – rispose a sua volta il castano. I due si guardarono per qualche istante, esaminando l’uno l’espressione dell’altro, attribuendo poi a questa un significato. Ed Harry intravedeva una punta del vecchio Louis, un pizzico di quel bambino mai cresciuto, di quel Peter pan che era in lui. Il suo migliore amico, ecco tutto.
- “ Mi dispiace. “ – mormorò alla fine il più grande tra i due.
- “ Cioè? “ – lo incalzò Harry.
- “ Cioè ho fatto una cazzata. Non volevo allontanarmi da te, da Sam, dai ragazzi. Credevo fosse l’unico modo per tranquillizzare Francesca, ma sbagliavo. “ – Nonostante le scuse dirette che Louis gli porse, Harry rimase impassibile. Non comprendeva la situazione. Perché solo allora aveva capito d’aver commesso un errore? E come era stato capace di abbandonare persino il suo migliore amico?
- “ Sinceramente, non capisco perché tu mi abbia evitato. “ – Louis sbuffò, lasciando andare il corpo lungo il letto del suo amico che l’osservava curioso, seduto al suo fianco.
- “ Credevo che foste tutti arrabbiati con te. “ – il ragazzo non cercava scuse, né definiva quella una scusante. Stava semplicemente riferendo ciò che l’aveva indotto ad allontanare da sé persino il suo migliore amico.
- “ Se fossimo stati arrabbiati con te, credi che te lo avremmo nascosto, Tomlinson? “ – ridacchiando, annuì. Pur avendo un paio di anni in meno, il riccio era in grado di farlo sentire un bambino al suo pari.
- “ Touché. “ – lo accontentò.
Fremeva per porgli una domanda, una di quelle letali. Una di quelle che avrebbero saputo far scoppiare una guerra interiore in lui, senza principio né fine.
E, cosciente delle reazioni a cui sarebbe potuto andare incontro, prese un respiro, quanto più profondamente possibile, e pronunciò quelle due parole, ad occhi chiusi.
- “ E lei? “ –
- “ Intendi dire Sam? “ – domandò il riccio, intuitivo. Quello mosse la testa, quasi impercettibilmente, ad indicare un sì poco deciso. – “ Perché non lo chiedi direttamente a lei? “ – Louis spalancò di colpo gli occhi azzurri, in cui sapeva Sam amava specchiarsi, li puntò in quelli altrettanto chiari, ma di colore tendente all’acqua marina, di Harry e lo scrutò, con un espressione addolorata dipinta sul viso intero.
Parlare di lei, lo rendeva insostenibile. Parlare con lei, lo avrebbe distrutto.
- “ Mi sfotti, riccio? “ – sdrammatizzò.
- “ Ma giusto un po’. “ – rise, l’altro che beccò una cuscinata in pieno viso. Entrambi si concessero alle risate, ritrovandosi distesi l’uno affianco all’altro, scrutanti il soffitto. Ora anche Louis scovava del divertente in questo, proprio come Harry minuti a precedere.
- “ Vuoi che ti aggiorni, non è così? “ – il castano annuì, sorridendo ancora.
- “ Allooora.. “ – e quando Louis venne informato riguardo la vita della sua migliore amica, non esitò a prendere una decisione, pur cosciente di poter ferire e perdere qualcuno che, purtroppo, per lui non era un semplice qualcuno.
 
Asciugò per l’ennesima volta le mani lungo i jeans stretti alle caviglie che tanto amava, prima di tornare ad osservarle. Tremolavano, divenendo nuovamente sudate.
L’ansia era capace persino di quello.
Finse un sorriso, mentre i suoi amici ridevano per una battuta che, a giudicare la situazione, doveva essere stata fonte della creatività di Liam.
Attendevano le ragazze in un bar nelle vicinanze del dormitorio. L’ultima volta che avevano messo piede in quel posto, era stata una sera di dicembre e con loro era presente Zayn che sembrava avere confidenza con il locale.
Gli mancava.
Gli mancavano gli allenamenti in sua compagnia, le risate negli spogliatoi, le serate passate ad inviarsi messaggi o a fare scherzi di ogni genere. Tra loro esisteva un’intesa reciproca, un’amicizia particolare e tutta da ridere.
Saperlo lontano, lo rattristava.
- “ Lou. “ – con una gomitata, Harry risvegliò il ragazzo che, a braccia conserte, rifletteva con sguardo perso nel vuoto. Questo venne scosso e subito si destò. Frastornato, si guardò attorno e quando le vide, un sorriso si posò sulle sue labbra, deciso a salutarle, una ad una.
- “ Heilà. “ – esordì, facendo sì che una serie di risate avessero inizio. Risate che provenivano da tutti, fuorché da Samantha. E costatandolo, il cuore prese a palpitargli.
Schioccò un bacio sulla guancia della rossa che, nell’esatto istante che seguì il suo bacio, venne intrappolata dalle braccia possenti di Liam.
- “ E’ di mia proprietà, intesi? “ – alle parole del suo ragazzo, Hayley non poté fare a meno che ridere di gioia. A vista d’occhio, Louis poteva ammettere che quei due si amavano come pochi sapevano fare.
Il castano alzò le mani, in segno di arresa, prima di avvicinarsi a Juliette ed abbracciarla. Questa ricambiò l’abbraccio, estasiata all’idea di poter godere della sua compagnia quella sera.
- “ Grazie, Lou. “ – sussurrò la bionda.
- “ Grazie a te. “ – fu tutto quello che le rispose. Sospirò e fece per avvicinarsi all’unica mora del gruppo. L’unica a poter vantare ricci lunghi e definiti, oltre ad Harry.
- “ Ciao. “ – mormorò, accennandole un sorriso. Ma quella non si scompose, rimase inerme, con occhi di ghiaccio, pur essendo di un marrone profondo ed intenso.
Gli riservò un’occhiata impenetrabile, prima di superarlo, spalleggiandolo.
Dimenticavo, è un osso duro. pensò il ragazzo, sorridendo. Non avrebbe gettato la spugna.
 
-Sam.
Fu sufficiente un passo all’interno di quel locale, perché sentissi il fiato venire meno ed un carico di ricordi assalirmi. Fui tentata di uscire, cosa che avrei fatto volentieri, se solo Niall non mi avesse trascinata di peso al mio posto, su richiesta di Juliette.
- “ E’ per il tuo bene, piccola. “ – mi disse il biondo. Ma non sapeva che, con quell’ultima parola, era riuscito a far crollare per un terzo il muro emotivo che ero stata in grado di costruire, giorno per giorno, fin da quando avevo subito la più grande delusione della mia vita.
Mangiai poco e niente, non perché avessi poca fame, ma poiché tentai di tenere tutto il tempo la mente occupata, chiacchierando, prestando attenzione agli altri, alle loro risate, ai loro visi così sereni per una sera.
Con certezza, non volevo essere io, nuovamente, la causa delle loro preoccupazioni.
Capivo dai discorsi a cui davano inizio, che la mancanza di Zayn era insostenibile per ognuno di loro, ma nessuno come me pativa la sua assenza.
Presi ad osservare Louis, inaspettatamente.
Gli occhi azzurri, il sorriso perenne, i capelli lisci scompigliati, le dita affusolate che si muovevano, mentre chiacchierava allegramente.
Sembrava avesse ritrovato quella spensieratezza che da sempre lo caratterizzava. Sembrava di esser tornati a quando, mesi prima, trascorrevano almeno una serata a settimana insieme, sebbene non tra tutti i componenti della combriccola scorresse buon sangue.
Il caldo divenne insostenibile, non ne potevo sinceramente più.
- “ Vado fuori qualche minuto. “ – sussurrai a Niall e Juliette che mi affiancavano.
- “ Sam..” – tentò di frenarmi il biondo. – “ Resisti. “ – e scuotendo la testa, forzai un sorriso. Non ne ero capace, non in quel caso.
Con uno scatto, fui in piedi e mi catapultai fuori dal bar, passando davanti al bancone, dietro il quale si trovava la proprietaria che, riconoscendomi, mi regalò un sorriso a cui risposi con davvero poca esaltazione.
Spalancai la porta d’uscita e presi ad inspirare ed espirare convulsamente, quasi fosse l’unica cosa di cui necessitassi. Solo quando riacquisii pieno controllo di me, mi sistemai su un muretto adiacente all’entrata.
Riflessioni su Riflessioni mi rendevano vulnerabile.
Continuare con quella vita, la cui unica aspirazione era sopravvivere giorno dopo giorno, attendendo il suo ritorno, non era esattamente il massimo.
Pensieri che vennero interrotti dal cigolio della porta che si apriva. Puntai lo sguardo su questa, prima di veder comparire una capigliatura castana ed un paio di occhi azzurri che mi lasciarono senza fiato.
- “ Wilson.”  - Louis si avvicinò, velocemente, per poi sedersi al mio fianco con nonchalance.
- “ Tomm- Tomlinson. “ – mi corressi all’istante. Stavo per salutarlo con il soprannome affibbiatogli, non che fosse quello il reale problema. Il punto era che in sua compagnia tornavo ad essere la stessa ragazza che mesi prima amava ridere delle risse e dimenticare ogni genere di problema.  
- “ Qualcuno qui, gioca a fare la dura. “ – ridacchiò.
- “ Dura stasera? Non credo proprio. “ – sospirai. La sua vicinanza non m’infastidiva, il ché mi mandava in bestia.
- “ Manca anche a me. “ –
- “ Come..” – non mi lasciò terminare.
- “ Come so a chi stai pensando? “ – annuii, appena. – “ Perché ti vedo strana da quando se n’è andato. “ – lacrime. Sì, le sentivo pungere tra le pareti oculari, eppure continuavo a frenare la loro caduta, per orgoglio come per imposizione personale.
- “ E da quando t’interessi di me? “ – sbottai, in preda al nervosismo.
- “ Fossi in te, mi chiederei, piuttosto, da quando non m’interessi. “ – ridacchiai.
- “ Non è serata, Louis. “ – borbottai, incominciando ad osservare il cielo stellato. Non desideravo nient’altro che una manciata di silenzio che mi aiutasse a riflettere. Che mi guidasse verso la corretta via. E Louis se ne stava lì, al mio fianco, con la bocca serrata, osservandomi, comprendendo la mia sofferenza. Forse era stato l’unico a comprenderla sul serio in me.
Trascorsero i minuti.
Qualcosa in me si ricompose, permettendomi di tornare ad essere posseditrice di una calma che solo nell’ultimo periodo si addiceva alla mia persona. Però, solo quando avvertii di essere del tutto munita di tranquillità, mi decisi a rivolgergli parola:
- “ Perché sei qui? “ –
-“ Che domanda idiota! Le stelle.. “ – e le indicò con un indice. – “ ..dovevo assolutamente osservarle. “ – si giustificò, continuando a buttare un occhio qua e là, fingendo di ammirarle realmente.
- “ Perché ora ti intenderesti anche di stelle? “ – lo sfottei, divertita.
- “ Assolutamente. “ – disse, dandosi un tono. – “ Quella è l’orsa maggiore. “ – e puntò una serie di stelle, disposte in ordine casuale. Tentai di attribuire un significato di quel nome, ma a dire il vero non ero proprio un genio nella scienza dei pianeti.
- “ E perché viene chiamata in questo modo? “ – domandai, curiosa.
- “ Ma perché assomiglia ad una mamma orsa, ovvio! “ – lo guardai seria, prima di rendermi conto dell’ennesima cretinata da lui detta e a cui avevo persino prestato attenzione. Risi, trovandolo buffo.
- “ E quindi quella sarebbe la costellazione dei pesci perché assomiglia a dei pesci? “ – azzardai.
- “ Non dire frottole! “ – sputò, con tono poco amichevole. – “ Quella è la costellazione dei Leoni. “ – compresi d’essere io la vera idiota della situazione, poiché sì, lui inventava ed esponeva stupidaggini, eppure ero io a starlo ad ascoltare con attenzione stupefacente.
Gli concessi una serie di risate che lo lasciarono dapprima perplesso, ma che poi lo costrinsero a seguirmi, in preda al momento.
Ed in seguito, lo convinsi a raccontarmi altre delle sue supposizioni riguardanti le stelle e le forme che queste prendevano a loro insaputa.
Lo osservavo, divertita quanto scioccata, ridendo di tanto in tanto, ma non lo ascoltavo realmente. La mia mente vagava nel tempo, ripensando a quando momenti come quello erano all’ordine del giorno, per me e Louis. A quando non esisteva nessun altro, se non noi ed i guai in cui puntualmente ci ficcavamo, per poi essere tratti in salvo dall’altro.
Potevo fingere di non interessarmi più a lui, ma in cuor mio sapevo con certezza quanta mancanza patissi a causa sua.
- “ ..e quindi quella è la costellazione dei gem..” – lo interruppi all’improvviso.
- “ Quando hai intenzione di dirmi perché mi hai abbandonata? “ – chiesi, senza alcun preavviso. Louis parve bloccarsi, preso in contropiede dalla domanda impertinente.
-  “ Quando tu ne hai voglia. “ – cedette infine, alzando le mani in segno di resa.
-  “ Rimani solo tu, sai? “ – domandai con un certo cinismo. – “ Tutti, chi prima chi dopo, si sono fatti vivi pur di farsi perdonare. E l’unica persona da cui aspettavo delle reali scuse o una, seppur minima, giustificazione, è scomparsa per mesi. “ –
- “ Conosci quel detto, mai giudicare un libro dalla copertina? “ – cominciò, sorridendo appena. Prese a raccontare di lui, di Francesca, di attimi loro che avrei preferito non conoscere. Mi portò a conoscenza del loro primo appuntamento, come del primo bacio. Sentendolo parlare e notando un certo luccichio nei suoi occhi, compresi il bisogno che Louis provava di dover sfogare i suoi sentimenti con qualcuno. Qualcuno con cui potesse dialogare senza problemi e se anche, in quel momento, non mi reputavo la persona più adatta per quel suo sfogo, ero certa che lui mi ritenesse la migliore.
- “ Francesca non era gelosa di noi, ma temeva che io provassi qualcosa per te, qualcosa di forte. Non ha mai osato tentare di dividermi da te, l’ho fatto io di mia spontanea volontà. So che probabilmente mi starai definendo ancora più idiota per questo, ma mi conosci: non trovavo altra via d’uscita. Credevo che fingendo per un po’ di starti alla larga, lei avrebbe compreso che tu sei praticamente una sorella per me e beh.. speravo che nel frattempo tu continuassi a cercarmi per sapere in un modo o nell’altro come te la cavavi, come procedeva la tua vita. Per sentirti più vicina. “ – prese fiato. Per un attimo credei che gliene servisse sul serio, che quelle parole fossero un mucchio di menzogne derivate dalla mancanza d’ossigeno circolante nelle vie respiratorie. Quando poi udii il respiro accelerato e il suo continuo sbuffare, portando lo sguardo al cielo della notte, reso chiaro dalle sue amate stelle, mi accorsi dei disperati tentativi che Louis adoperava pur di mostrarsi debole ai miei occhi.
Come se non l’avessi già visto piangere. pensai.
Rimanevo lì, al suo fianco, immobile. Mi chiedevo perché chiunque si giustificasse con me, finisse poi per restare in lacrime. Era come se non riuscissero più a reprimere tutte le sensazioni che occupavano ogni angolo del loro corpo e consumavano le loro energie. Era come se trovassero sfogo soltanto con pianti e singhiozzi, come se volessero mostrare il loro dolore, quasi inconsapevolmente causato da me medesima.
Inerme, lo stavo a guardare.
- “ Ho chiesto ad Harry di starti vicino, di riportarmi quante più informazioni possibili sul tuo conto, di non farmi sentire una merda, almeno non più di quanto io già mi senta. Gli ho offerto la possibilità di esserti amico, visto e considerato che mi ripeteva continuamente di trovarti simpatica. E Harry ha colto la palla al balzo, ma alla fine è diventato più di un semplice amico per te. E’ diventato il tuo migliore amico. E per me non c’è più spazio nella tua vita. “ –
- “ Per te ci sarà sempre posto nella mia vita. “ – ammisi di getto, lasciando piacevolmente sconvolti entrambi. Rivelarlo, non era nei piani. Eppure era accaduto, segno che non sostenevo più la situazione, che necessitavo la vicinanza di persone a me care, che dovevo rinchiudere in un cassetto i ricordi e dedicarmi a qualcosa di più salutare per le mia vita, per me stessa.
- “ Quindi sono ancora il tuo Tommo? “ – domandò, trattenendo una risata. Chinando il capo per non mostrare il sorrisetto compiaciuto, stampato sul mio viso, annuii.
- “ Ma guai a te se osi distaccarti da me una seconda volta, Louis William Tomlinson. Non lo accetterò, sappilo. “ -
- “ Vieni qui, patata. “ – ed in un baleno le sue braccia mi travolsero, lasciando che quelle risate trattenute pochi attimi prima, prendessero vita in noi e nell’aria.
 
Era il mio migliore amico, il migliore che avessi mai avuto. Quello con il quale si gioca l’estate, quello con il quale si affronta ogni primo giorno di scuola, quello con il quale si fanno i compiti al pomeriggio, prima di cimentarsi in strada per giocare insieme a chissà quale gruppo di bambini. Era il vicino di casa peggiore, al contempo il migliore. Era il bambino più vivace, al contempo il più calmo. Era la persona meno capace di dispensare consigli, la più indicata per confortare.
Lui era Louis, il migliore/peggiore migliore amico esistente al mondo ed era il mio. 

my space: 
DAAAAAAAAAI, AMMETTETELO CHE 
ATTENDEVATE ANCHE VOI LA PACE TRA 
LOUIS E SAM. PERSONALMENTE, 
LI ADORO INSIEME. E DA QUESTO 
MOMENTO IN POI SCRIVERO' TAAAAAANTI 
MOMENTI CON LOUIS, SAM E HARRY 
ESSENDO MIGLIORI AMICI. 
POI CREDO, MA NON NE SONO CERTA, 
CHE TRA QUALCHE CAPITOLO 
TERMINERA' QUESTA PARTE DELLA STORIA.
MA E' ANCORA TUTTO DA DECIDERE. lol

BEH, OLTRE CHE A RINGRAZIARVI ANCORA
NON SO COSA DIRE QUINDI, 
VI LASCIO ALLA GIF. 

BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE


Desi. xx






è tutto okay, louis. tutto okay.                                                                                                                    #larry
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA LO AMO. 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue: Next to you. ***


“Un giorno, quando il cielo cadrà,
sarò in piedi accanto a te, proprio accanto a te.
Niente potrà mettersi tra di noi,
sarò in piedi accanto a te.
Proprio accanto a te.”
Chris Brown ft. Justin Bieber – Next to you

Non volevo, ma dovevo.
Non ero pronta, ma ero munita di tanta forza.
Non ero in vena, ma camminavo nei corridoi del dormitorio, diretta verso il bar per la colazione.
Louis mi aveva chiesto di parlare con Francesca, tasto dolente.
Avevo perdonato lui, ma non ero certa di essere riuscita a fare ugualmente con lei. Dopotutto, sebbene lei non avesse voluto distaccarlo da me, poteva incoraggiarlo a riavvicinarsi. Invece, se n’era ben vista dal farlo.
Che senso ha fingere di perdonarla? Continuavo a ripetermi, mentre passeggiavo con estrema lentezza pur di giungere quanto più in ritardo possibile.
Ma starla ad ascoltare non è sbagliato, giusto?
 
La scorsi seduta in un tavolo isolato, con lo sguardo rivolto verso la vetrata che fungeva da parete per circondare il bar. Osservava pensierosa un gruppetto di ragazze che, all’esterno, sembravano divertirsi parecchio. Soprattutto, apparivano vere amiche. Che a lei ne mancassero?
Perché dovrei esserlo io? mi domandai con cinismo. E non seppi fornirmi una qualche risposta. Sapevo solo che darle una seconda possibilità, com’era accaduto con gli altri, non era errato. Dopotutto, anche lei aveva un cuore, come me.
Forse, dovevo permetterle di spiegarsi.
Mi avvicinai lentamente, fingendo indifferenza. Le sedetti di fronte e accennai un sorriso, accompagnato da un ‘buongiorno’ tirato.
- “ Anche a te. “ – sussurrò, ridestandosi. – “ Ho ordinato la colazione per entrambe. “ – disse, quasi temesse una mia risposta spropositata.
Wow, devo sembrarle proprio un mostro.
- “ Grazie. “ – le sorrisi. Lei non si poneva più nel modo espansivo e coatto che di solito adottava. Più che cambiata, potevo definirla intimorita da me, dalla situazione, dalle conseguenze. Per Francesca non doveva essere semplice, ma non lo era neppure per me, specialmente per me.
Restammo in silenzio per il resto del tempo, sospirando di tanto in tanto. All’arrivo della colazione, la consumammo, senza mai rivolgerci parola. Se l’obbiettivo di quest’incontro era riposare le corde vocali, beh.. era servito a molto.
- “ Grazie per essere venuta. “ – cominciò finalmente, pulendo le labbra con il tovagliolo sistemato sul suo lato di tavolo.
- “ Figurati. “ – risposi, prestandole poi quanta più attenzione possibile, pur di metterla a suo agio, per quanto me ne fosse possibile.
- “ So che se Louis non avesse insistito tu non saresti venuta. “ – non feci un fiato. Come darle torto? Non aveva fatto altro che esporre a parole una verità ad entrambe nota. – “ Però per me è importante che tu sia qui, comunque. Voglio solo la possibilità di spiegarti come sono andate le cose, se poi non vorrai perdonarmi me ne farò una ragione, ma lasciami provare. “ – con un cenno del capo, le segnalai d’iniziare. Lei sospirò, poi prese a raccontare, mentre i suoi occhi divenivano all’improvvisamente brillanti, accennando a Louis e alla loro storia. – “ Sono sempre stata presa da lui, folgorata. Ma ho capito di amare Louis la sera della prima e vera propria uscita collettiva. Hai presente, no? La stessa sera in cui Liam ha fatto il primo passo verso Hayley. “ – sorrisi spontaneamente. Ricordavo bene quell’evento, non perché fosse stato speciale per Hayley e Liam, ma perché quella stessa sera avevo vissuto momenti da far accapponare la pelle. – “ Vedevo tutte coppiette e sentivo il desiderio di poter amare Louis liberamente crescere in me. Non so poi com’è avvenuto. Ci siamo ritrovati a passare sempre più tempo insieme, ad instaurare un certo feeling e alla fine ha ammesso di provare un sentimento per me che era del tutto ricambiato. Ma avevo paura, non di te, ma che lui potesse amarti. Non volevo affatto distaccarvi perché, diamine, vi conosco da anni. So che siete inseparabili. Volevo solo essere rassicurata, che lui mi dicesse chiaramente di volerti un bene fraterno che non avrebbe compromesso il nostro rapporto. “ – annuii. Ammisi a me stessa di comprenderla – “ All’improvviso ha cominciato ad evitarti e quando chiedevo spiegazioni, mi rispondeva che quella era un sua scelta, io dovevo starne fuori. In parte ero sollevata, vedendo che voleva rimanere al mio fianco, dall’altro mi domandavo il perché delle sue azioni. Non pensare che io non abbia tentato di riavvicinarvi, ma sai com’è Louis. E’ capace di scampare sempre e comunque a qualsiasi tipo di discorso. Ti prego Sam, credimi. Lo amo più di quanto tu possa immaginare. So che puoi capirmi. “ – fu forse quell’ultima frase a colpirmi. Io potevo capirla. Sapevo cosa significava pretendere delle certezze, sapevo cosa comportava prendere delle decisioni, sapevo cosa significava soffrire per amore e non le auguravo certamente di commettere i miei stessi errori.
Ancora annuii, sovrappensiero.
La guardai di soppiatto. Gli occhi azzurri brillavano, trattenendo qualche lacrima che spuntava, probabilmente a causa dei ricordi che riaffioravano. Sembrava emozionata, toccata.
E osservandola, anch’io riportavo alla mente certi eventi. Se mi mancava?
- “ Quindi stasera sei dei nostri?“ – terminai, sorridendole.
E il sorriso che mi regalò in cambio, inserì il penultimo tassello di quell’interminabile puzzle.
 
Non avevo più messo piede in quel luogo, dopo la fatidica notte.
Non avevo più osato pensare di fare un giro in centro, da sola, per comprare dei cd.
Non avevo più voluto saperne del centro commerciale.
In quel momento, mi trovavo proprio al suo interno, gironzolante tra i corridoi, in cerca di qualcosa, qualunque cosa che potesse distrarre la mia mente.
La pace con Francesca del mattino stesso mi aveva scombussolata ed uscire mi era parsa l’idea migliore. Già uscire, non recarmi nel luogo in cui avevo rischiato di morire.
Volevo solo svagarmi, comprare qualche cd, rinnovare il mio repertorio musicale. Ritrovare quella normalità che andavo riacquistando mese dopo mese, senza lui.
E gironzolando tra i negozi, giunsi in quello musicale, l’unico che poi apprezzassi realmente.
A testa china, entrai e mi diressi nella sezione jazz/blues, musica affine al mio umore. Gironzolavo qua e là, alla ricerca dei pezzi migliori e dei dischi che reputavo essere di buon livello, se non ottimo, quando percepii un tocco delicato sui miei fianchi. Un tocco certamente dolce, ma ben differente da quello che amavo.
Poi morbide labbra sfiorarono un mio orecchio e una voce soave penetrò in questo:
- “ Non ti vedo da mesi. “ – brividi lungo la mia schiena. Mi chiedevo come potesse ancora cercarmi, tentare di sedurmi, come riuscisse a provare un sentimento di qualsiasi tipo nei miei confronti.
- “ André. “ – sussurrai, voltandomi verso quest’ultimo.
- “ Proprio io. “ – sorrisi, perdendomi negli occhi azzurri e profondi del ragazzo che tutto sapeva trasmettermi, tranne che malvagità.
- “ Ho saputo che..” – non lo lasciai terminare, volendo lasciare il passato alle spalle.
- “ Quel che è stato è stato. “ – bisbigliai, stringendomi al suo petto.
- “ Mi sei mancata. “ – le sue braccia mi strinsero con forza. Era tutto ciò di cui avevo bisogno.
- “ Anche tu. “ – confessai, in parte sincera.
- “ Quindi se t’invitassi ad uscire, magari tra mezz’ora, alla fine del mio turno, accetteresti? “ –
- “ Beh, potrei. “ – dovevo dare una svolta alla mia vita. E se quella svolta conduceva ad André, non avrei potuto far altro che accettarla.
 
Stringeva la mia mano nella sua.
Chi era stato l’ultimo ragazzo a prestarmi tanta attenzione, volendosi dimostrare più di un semplice amico? Dimenticalo.
- “ Hai freddo? “ – André si voltò a guardarmi, per poi regalarmi un immenso sorriso carico di gioia. E lo ero anch’io. Potevo quasi sentire il cuore palpitare. Per l’appunto, quasi.
Effettivamente, alle sei del pomeriggio in giro per Londra non poteva che fare freddo. Annuii appena, stringendomi nelle spalle, pur di percepire maggior calore. Calore che poi sentii provenire pochi secondi a seguire da una felpa che come magia mi ritrovai ad indossare.
- “ E tu? “ – domandai, non appena André tornò a stringere la mia mano, senza più godere del calore emanato dalla sua felpa.
- “ E io ho te. “ – sorrisi spontaneamente. Avvertivo il cuore sciogliersi, divenire sempre più polenta liquida e solubile.
- “ Ma quanto sei dolce? “ – sghignazzai, lusingata.
- “ Sei tu a rendermi dolce. “ – scossi la testa, rassegnata. Mi domandavo perché non mi fossi innamorata di un tipo come lui o, a farla breve, di lui. La mia vita sarebbe equivalsa al paradiso terrestre.
Capii di essergli debitrice. Ero certa che sarebbe stato frutto della mia felicità a seguire, ma di quel genere di felicità che ci si impone, pur di non cadere preda del vortice della disperazione.
E lo strinsi in un abbraccio che stava a significare proprio un ‘grazie’ in vista del futuro.
- “ Sai, io non mi capacito di ciò che sto per dirti, ma..” – iniziò ridacchiando, mentre un sorriso si allargava sul mio viso. – “ ..beh, io sono innamorato di te. “ – quel sorriso che poco prima si era posato sul mio viso, fu questione di secondi, scomparve e riapparve, più forzato che mai.
io sono innamorato di te.
– “ Lo sono da mesi e non riesco più a gestire il sentimento che mi lega a te.” -
- “ Quindi? “ – sussurrai.
- “ Quindi, voglio che tu sia la mia ragazza. “ – il cuore prese a palpitare. No, non di emozione, ma di frustrazione. Non vi erano due opzioni di risposta. Ve n’era una soltanto ed io ero consapevole di doverla accogliere per il mio bene.
voglio che tu sia la mia ragazza.
- “ E se ti dicessi che voglio esserla? “ – chiesi, balbettante.
- “ Ti risponderei che saresti mia.  “ – un suo ennesimo sorriso, il suo viso incominciò ad avvicinarsi, i nostri corpi man mano presero a sfiorarsi, ed infine le sue labbra si posarono sulle mie e.. no, non persi i sensi. No, non mi concessi all’emozioni del momento.
Ero rapita da frasi che precedentemente erano state proferite.
io sono innamorato di te.
voglio che tu sia la mia ragazza.
saresti mia. 
Non volevo né che lui mi amasse, né ricambiare.
Non volevo essere la sua ragazza, neppure essere considerata un’amica “speciale”.
Non volevo sentirmi amata da lui, bensì da qualcun altro con il quale André non aveva nulla in comune. Qualcuno da dover dimenticare.
Mi distaccai lentamente e mostrai un falso sorriso che il moro ricambiò.
- “ Voglio provarci, André. Non posso assicurarti di essere innamorata di te, ma voglio davvero provarci. “ – e, stavolta con più convinzione, fui io a baciarlo.
Lottando con tutte le mie forze, lasciai che le sensazioni di quel bacio mi rendessero felice, una volta tanto.
 
A che ora devo essere da te? :*“ sospirai.
Avevo invitato André ed era stata una mia imposizione. Quella sera era stata organizzata un’uscita in un parco divertimenti poco distante dal centro di Londra, ma da tutt’altra parte, rispetto al college. Per festeggiare ‘la pace’ nel gruppo, avevamo deciso di andare, senza se, senza ma. Il punto era che da circa un paio di settimane intrattenevo una relazione segreta con un ragazzo che dimostrava tutto il suo amore nei miei confronti, senza mai pretendere in cambio di ricevere chissà quali strane attenzioni ed io percepivo una strana stretta allo stomaco ogni qual volta riusciva nell’intento di rendermi una vera e propria principessa pur non meritandolo.
Provavo imbarazzo quando, ricevendo un suo messaggio, divenivo misteriosa con chiunque ed i miei amici davano inizio ad una serie di domande sconce ed impossibili che però c’entravano sempre il punto.
Pur ostinandomi a negare, ero certa che loro avessero capito. Lo intuivo dai sorrisini divertiti delle mie amiche, dal continuo difendermi di Niall dalle intromissioni delle ragazze, dagli sguardi maliziosi che Harry mi riservava non appena notava che stringevo tra le mani un cellulare, dal portamento pensieroso che Liam assumeva scrutandomi ed infine dalle parole, dai gesti, dagli occhi di Louis che riuscivano sempre nel loro intento: farmi sentire una pezzente. Potevo ben capire che lui non accettava questa relazione amorosa, probabilmente sapevo persino individuarne il perché. Ma continuavo a mantenere il silenzio, cosciente di quanto poco convenisse alla mia persona fare esattamente il contrario.
Ero giunta, però, all’esasperazione. Era, dunque, arrivato il momento di uscire allo scoperto e di rivelare cosa, una ragazza all’apparenza innocente, forse indifesa, aveva macchinato nel giro di due settimane.
Alla sette. Ci divertiremo. xx”
 
Alzo veloce il cappuccio della felpa e mi dirigo fuori dal dormitorio, prestando quanta più attenzione possibile a non essere riconosciuta da nessuno a me familiare.
Uscii in assoluto silenzio e mi diressi nel parcheggio dove intravidi una range rover nera che suscitava in me una sensazione spericolata che amavo.
Venni quasi subito travolta da un paio di braccia dalla presa dolce. Sorrisi.
- “ Bonsoir madmoiselle. “ – cantilenò André, osservandomi con quei suoi occhi blu che talvolta mi mozzavano il fiato, talvolta mi spingevano a trattenerlo inconsapevolmente.
Mi rivolse un magnifico sorriso, prima di stamparmi un bacio che in breve approfondì e al quale risposi, non badando al senso d’inadeguatezza che mi travolgeva in sua presenza.
- “ Ma che bel saluto. “ – ammisi, tra le nuvole.
- “ Tutto per te. “ – disse, prima di travolgermi con un’altra serie infinita di baci a stampo, forse fin troppo teneri. A ripensarci, in una coppia di ragazzi che realmente si amano nulla è da considerarsi troppo sdolcinato, perché ogni gesto proviene dal cuore.
Per l’appunto, accade quando il sentimento è presente davvero.
Un sorriso reciproco segnò la fine di quella serie di carinerie che l’uno rivolgeva all’altro, per poi rinchiuderci in auto e partire alla volta del parco divertimenti più rinomato di Londra. Giungemmo a breve e immediatamente ci mescolammo alla folla di persone lì presenti, come noi, per trascorrere in allegria una delle serate primaverili più calde.
- “ Saranno arrivati i tuoi amici? “ – mi domandò con fare innocente. La mia risposta, al contrario, non aveva l’aspetto dell’innocenza, neppure tentava di emularla.
- “ Non so. “ – ma io sapevo bene dove questi si trovavano e cosa, con certezza, stessero facendo. E fu in quello stesso posto che lo trascinai, sbadatamente. 
- “ Oh, eccoli. “ – esultò lui, sorridendo con tanta naturalezza da stupefarmi.
Finsi di non vederli, dapprima, poi li scorsi e con estrema lentezza li avvicinammo.
- “ Sam! “ – sbraitò Juliette. – “ Sono ore che ti cerco. Avevi detto che saresti arrivata a minuti. “ – tentai di giustificarmi per mezzo di un lieve sorrisino, dimenticando per un attimo che al mio fianco si trovava un’altra persona, persona che probabilmente ognuno di loro aveva intravisto nel negozio di dischi, quando decidevano di accompagnarmi. Persona con la quale mi avevano scorto parlare. Persona di cui però non conoscevano nulla, se non che esisteva una sorta di “amicizia” tra di noi.
- “ Credo sia colpa mia, mi spiace. “ – André, la persona, prese la parola all’improvviso ed inaspettatamente, per difendermi. E solo in quell’istante tutti si accorsero della sua non prevista presenza. E rimasero basiti.
- “ Colpa tua? “ – borbottò Harry, lanciandogli un’occhiata malefica. Interpretandola, sapevo già a che conclusioni affrettate, ma nel particolare caso, azzeccate fosse giunto.
- “ Già, sono passato a prenderla giusto mezz’ora fa. “ – rispose, preciso come al solito, consultando il suo Swatch.
- “ E saresti? “ – domandò Liam, con fare indagatore. Gli riservai uno sguardo indispettito dal suo modo di porsi.
- “ Oh, già. Piacere, André. “ – disse quello, allungando una mano in direzione di mio cugino che la osservo dapprima curioso, poi con aria snervata ed infastidita. Cosa prendeva a tutti loro?
- “ Quindi saresti tu il nuovo amichetto della Wilson? “ – il disprezzo evidente nelle parole di Louis, mi spiazzò. Il mio migliore amico non era il tipo di ragazzo che trattava in modo tanto sgarbato una persona, seppure questa fosse a lui sconosciuta o si trattasse del suo peggior nemico.
André si limitò a sorridere beffardo, imbarazzato, chinando il capo per evitare che il rossore provocato dalla domanda impertinente fosse ben visibile all’intero gruppo.
- “ Louis! “ – ringhiai. - “ Scusali, di solito non sono così impiccioni. “ – ci tenni a sottolineare quell’ultima parola per far intendere che il loro atteggiamento non era stato appropriato, ma anzi. Era da definirsi assai discutibile.
- “ Se lo volete sapere, sì. Stiamo insieme. “ – furono tutti stupiti. Credo lo fossero non dal fatto che sentissi qualcuno, ma dal mio essere convinta ed esplicita. Credevano avessi dimenticato Zayn, quando ciò non era affatto vero. Quel mio modo di fare serviva ad andare avanti, a non cadere, ma a rialzarmi.
- “ E ce lo dici così? “ – domandò Juliette, scaldandosi appena.
- “ Così come? “ – finsi di non capire, di non sapere.
Dovresti andare ad Hollywood. Ti scritturerebbero nell’immediato istante. La mia coscienza si rianimava nei momenti meno indicati.
- “ Con tanta.. indifferenza. “ –
- “ E come dovrei dirvelo? “ – ridacchiai.
- “ Sam, ragiona. “ – mi avvertì Hayley, prevedendo una sfuriata da parte di certi elementi del gruppo.
- “ Non vi capisco, dico sul serio. Vi sto presentando la persona con la quale sto bene. Perché non tentate di essere felici per me? “ –
- “ Sai perfettamente perché. “ – urlò Juliette. E potevo immaginare che l’allusione a Zayn e ai sentimenti repressi nei suoi confronti, fosse immensa.
- “ Juls. “ – la placò immediatamente Francesca, affiancandola. – “ Calmati, prova a comprenderla. “ –
- “ Io non ci sto capendo niente. “ – esordì André, grattandosi il capo. Gli accennai un sorriso che venne subito sovrastato dalle parole di Liam.
- “ Non sei ben accetto. Sono stato abbastanza chiaro? “ – riuscii a scorgere quasi della cattiveria nello sguardo della persona che più ritenevo simili a me, in famiglia.
- “ Hai qualche problema, amico? “ – s’indispettì André.
- “ Tu. Tu sei il mio problema. “ – e quasi venivano alle mani se, Harry da una parte, Niall dall’altra, non avessero impedito qualsiasi loro movimento. In tutta quella brutta storia, Louis continuava a fissarmi, imperterrito, con l’aria di chi rimprovera uno sbaglio. Bastò, poi, un suo cenno del capo perché io capissi di doverlo seguire un po’ più in disparte.
- “ Che succede? “ – sbuffai, all’estremo.
- “ Sei impazzita? “ – stanca, cominciai ad alterarmi.
- “ Mi spieghi cosa c’è di sbagliato nel presentare ai propri migliori amici il ragazzo con il quale ci si frequenta? “ – domandai esasperata.
- “ Oh, beh. Nulla, tranne il fatto che lo stai illudendo, che non lo ami e oh, che ogni notte piangi nel sonno a causa del ragazzo che davvero ami e che..” – tentai di zittirlo inutilmente, con il risultato che Louis alzo in modo notevole il tono della voce. – “ ..che porta il nome di Zayn Malik, della quale sei follemente innamorata. “ – percepii le lacrime pungere. Perché volevano tutti che soffrissi? Perché continuavano a pormi il suo ricordo?
- “ Lo sto dimenticando. “ – sputai d’un fiato.
- “ I tuoi sogni dicono il contrario. “ – mi sputtanò.
- “ Non credo tu sia la persona più indicata per darmi consigli in tema, sai? “ – urlai.
- “ Almeno io non ho rinunciato al vero amore. “ – mi schernì.
- “ Già, tu hai rinunciato direttamente ai tuoi migliori amici, non è vero? “ – rimasi sorpresa della malvagità con la quale proferivo quelle parole.
- “ Non stiamo parlando di me. “ – gridò.
- “ La verità fa male, giusto? “ – gridai al suo seguito. Ringrazia il cielo di trovarmi in un luogo più appartato, poiché la gente che circolava nei dintorni era tanta e spesso qualcuno si accorgeva di noi, prima di voltarsi e cercarci con lo sguardo.
- “ Vediamo se da fastidio anche a te ricordare che pur essendo innamorata di Zayn Jawaad Malik non potrai mai averlo perché sei talmente cogliona da non aver compreso quanto quella scommesso fosse un fottuto pretesto, perché lui era oramai troppo innamorato di te per ammetterlo e.. te lo sei lasciato scappar..” – mi servii di uno schiaffo. Un unico, ma intenso e deciso schiaffo che colpì una delle guance di Louis che improvvisamente cessò di parlare, rimanendo dapprima inerme con il viso rivolto nella stessa direzione verso la quale l’avevo rivolto, per poi massaggiare il punto dolorante.
E nel frattempo io piangevo, quasi non fossi in grado di fare altro, troppo angosciata.
- “ Sì, mi fa male. “ – singhiozzai. – “ Ma io lo ammetto. “ – detto ciò, me ne andai, sconsolata.
Se la verità doveva essere talmente dolorosa e prenderne conoscenza doveva creare tanti problemi, tanto meglio vivere nella menzogna.
Tornai da André che mi attendeva seduto poco distante dai miei “amici”, in assoluto silenzio. E quel sorriso che mai avevo visto scomparire dal suo volto, improvvisamente era sparito.
- “ Andiamocene. “ – dissi soltanto.
- “ Sam, aspetta. “ – Harry tentò di frenarmi, ma ormai ero decisa ad andarmene. Mi avevano del tutto umiliata, credevano che sarei rimasta in loro compagnia un minuto di più?
- “ Lasciami perdere, Harry. “ – urlai, in presenza di non so quanta gente. Afferrai saldamente la mano di André e, facendogli segno di mettersi in piedi, feci per andarmene, fermandomi poi ancora una volta.
- “ Ah, Liam. “ – richiamai la sua attenzione. – “ Fatti una scopata, invece di sindacare su chi è o non è ben accetto. “ – detto questo, me ne andai mano nella mano con la stessa persona a cui sapevo dovere delle spiegazioni.
 
Aprì la porta dell’ appartamento di André e ci fiondammo al suo interno, sbattendola poi senza prestarle troppa attenzione, coinvolti in un bacio passionale, rabbioso, che di casto non possedeva assolutamente nulla.
Mi dirigevo a suo comando. Immaginavo il luogo verso il quale eravamo diretti, ma non potevo averne la certezza. Quando poi percepii il letto sostenermi, lo affermai senza alcun tipo di dubbio: ero in camera sua.
Non starò qui a raccontare nei dettagli cosa accadde quella notte. Non starò neppure a descrivervi lo stato di angoscia con il quale avevo dato inizio a quella nottata passionale e con il quale l’avevo poi conclusa. Avevo un solo scopo: dimenticare il ricordo.
Vi basti sapere che pur impegnandomi, pur facendo più di un tentativo per amare André, pur sforzandomi di lasciarmi andare, quella notte i miei incubi riguardanti Zayn triplicarono. 


my space:
sciaaaaaaaao bella gente. 
Eccomi tornata, scusate se aggiorno dopo
settimane, ma ho avuto qualche imprevisto. :/
sono stata poco bene, al tutto aggiungete la scuola 
e.. il risultato è questo. lol

In effetti, però, non è l'unico motivo
per il quale ho tardo ad aggiornare. 
Ho avuto il cosiddetto "blocco dello scrittore"
e devo dire che è dovuto ad alcune di voi. 
Voglio essere sincera: è da un po' che 
mi tengo dentro una cosa e credo sia 
giusto ammetterla, per evitare di perdere
sicurezza in me anche in futuro. 

Non ho più pubblicato perchè 
c'è chi, sempre tra di voi, negli scorsi capitoli
mi ha fatto delle critiche che ho poco capito.
Sapete che io sono solita ad accettare ogni genere
di critica, ma stavolta ci sono rimasta 
un po'.. male? beh, sì. Perchè credo
che le critiche servano per crescere, ma quando 
sono fondate. Se volete farmi delle puntualizzazioni 
tanto per smontarmi, evitate. Leggete 
qualche altra storia, piuttosto. Mi è stato detto che: 
1. I capitoli sono troppo lunghi. 
2. A volte siete costretti a tralasciare interi
pezzi della storia perchè risultano noiosi.
3. La storia diventa pensante e troppo prolissa. 
4. Uso vocaboli elaborati. (cosa vera solo in parte. lol)
Poi ci sono le solite puntualizzazioni che, per
carità sono utili, ma spesso da evitare
perchè non sono proprio una capra, a scuola come
nella realtà. lol

Ognuna di voi, caso mai, vuole semplicemente
consigliarmi, ma a volte c'è chi non capisce
che mi fa appunti assurde. Dico davvero.
Quindi.. vi invito a non leggere questa storia
se la trovate noiosa, perché scrivermelo in una
recensione o altrove non mi aiuta molto. :')
Non posso piacere a chiunque, d'altronde.

Okay, ora che mi sono sfogata. 
I'm zo zorry, guyz per aver ritardato nell'aggiornarvi
e vi avviso che le cose si complicano, ancora. ;)

BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitre: I wish. ***


*Comunicazione di servizio: Penultimo capitolo della storia, abbastanza lungo e ricco di colpi di scena. Siete pregate di munirvi di cola e popcorn.


“Ma ti vedo con lui, ballare lentamente

mi sta facendo a pezzi, perchè non ti accorgi
che ogni volta che lo baci io soffro
Oh,vorrei essere io.”
One Direction-I Wish

Ero consapevole del fatto che le parole di Louis fossero del tutto veritiere.
Sapevo che ogni accusa fattami era reale.
Conoscevo i miei errori e non facevo che rimuginarne sopra, dalla notte in cui avevo concesso ad André d’invadere la mia intimità.
Non mi giustificavo, ma ero certamente sconvolta. Volevo espellere dalla mia vita una certa persona, ma nonostante tutto quella notte lo avevo sognato e non avevo fatto altro che sentirmi in pena, ritenendo di aver commesso uno sbaglio imperdonabile.
Avevo ripreso a rinchiudermi in me stessa, a scrivere. Non che avessi smesso in precedenza, ma stavolta ero io a dover porgere delle scuse. Lo avrei fatto, non appena sarei riuscita a sbollire la confusione, la rabbia e la confusione, ma per il momento evitavo chiunque che, conoscendomi, pur soffrendo, non mi creavano alcuna pressione, perché prima o poi, quando sarei stata pronta, avrei fatto ritorno. Avevo spesso di quei momenti: concedermi alla solitudine era l’unico metodo da me conosciuto ed di gran efficacia, quando perdevo di vista le priorità della mia esistenza o quando comprendevo di aver sorpassato il limite. Quella volta era accaduto.
Andrè era da considerarsi un capitolo a parte.
Stavo impiegando ogni mia forza nell’invano tentativo di ricercare le parole più adatte, attendendo il momento migliore per riferirgliele e mettere fine ad un dispiacere che causavo ad entrambi. Nel frattempo, però, le sue telefonate, i suoi messaggi, i regali o le sorprese che mi destinava, restavano intatti e, ne avevo la certezza, sarebbero restati in quello stato per sempre.
 
Sobbalzai.
Quel sogno mi perseguitava persino quando mi appisolavo durante l’ora di scrittura creativa. Ma non fu l’aggressività che sprigionava a svegliarmi. Dovevo dire grazie al vibrare del mio cellulare nella tasca anteriore dei pantaloni.
Non lo aprii, annoiata. Pensai fosse Harry che in quell’ultimo periodo aveva spesso attacchi di affettuosità e che, di conseguenza, prendeva a scrivermi stupidate, per il semplice gusto di darmi del filo da torcere. Credevo avvertisse la mia mancanza, come del resto ne provavo io nei suoi confronti.
Neppure quando tornai in camera, a fine giornata, da sola, dopo aver subito l’ennesimo sornione da parte di Juliette riguardo le continue telefonate di André alla rete fissa della camera, mi decisi a rivolgere un’occhiata a quel messaggio.
Lo feci solo quando, nuovamente, vibrò. Ma stavolta credei si trattasse di André che chiedeva ancora di me. Una smorfia si posò sul mio viso: chissà come stava, chissà se soffriva come me o riusciva a sorridere di tanto in tanto.
Quando poi, sospirando, aprii quel messaggio, tutto mi aspettai, tranne quel che lessi:
‘Venerdì è giorno di visite e pensavo che se tu volessi venire, io ti aspetterò. Ma solo tu, non dirlo agli altri.’
Trattenni il respiro.
Dopo quasi due mesi si era fatto vivo ed io, dopo quasi due mesi, sentivo ancora il cuore scalpitare pensando a lui, al suo sorriso come alla sua voce.
Dovevo vederlo.
In quel momento più che mai.
Non risposi al messaggio, non c’era necessità di dargli conferme. Sarei andata quel venerdì, ossia il giorno successivo. Se era lui a chiedermelo, lo avrei fatto.
Osservai ancora il messaggio, rileggendolo ancora, prestando attenzione persino alle virgole o ai punti da lui inseriti, fin quando non mi soffermai sull’ultima parola scritta in quel messaggio. Era firmato ‘Zayn’.
 
Scostai dietro le spalle i capelli fin troppo lunghi.
La stagione era calda, non esitai quindi ad indossare una camicia color verde militare dalle maniche risvoltate  che s’intonava con le scarpe del medesimo colore. Afferrai la borsa, il cardigan ed uscii scaltra dalla stanza, e dal dormitorio gremito di gente.
Il venerdì, da sempre, quel posto si affollava in modo esasperante. Lo sapevo io, lo sapeva Zayn. Ipotizzai fosse proprio per lo stesso motivo che mi aveva invitata a fargli visita in quel giorno della settimana. Entrambi vivevamo nella convinzione che sarei passata inosservata, per evitare che venissero a crearsi fraintendimenti.
Avevo lasciato un post-it attaccato alla parete del letto, scrivendo con una grafia oscena che sarei uscita per delle compere particolari ed inseguito mi sarei fermata in centro con alcuni compagni del corso di musica. Frottole.
Il venerdì nessuno si tratteneva a scuola, fatta eccezione per il gruppo che frequentavo e pochi altri studenti. In genere il dormitorio restava abitato solo quando nel weekend erano previsti grandi party nello stesso college oppure nelle vicinanze.
La fermata dell’autobus era più frequentata del solito. C’era gente che, in gruppo e accompagnato da valige o bagagli, attendeva corriere che la conducesse fuori città. Ecco cosa scaturiva la primavera.
Il mio trasporto non tardò ad arrivare. Mi dirigevo con precisione in una cittadina poco distante da Londra e che, da come tutti la descrivevano nel vano tentativo di tranquillizzarmi riguardo la spericolata vita di Zayn, sembrava essere davvero un bel posto.
Quarantacinque minuti e giunsi a destinazione. Il bus fermava proprio davanti la clinica, facendomi fremere maggiormente dalla voglia di scendere da quell’enorme cosa rossa a due piani.
Varcai dapprima il cancelletto, insieme ad altrettante persone che presunsi essere genitori, parenti ed amici di altri ricoverati, poi l’ingresso che era aperto per le visite. Ad aspettarci c’era una donna di età avanzata, che possedeva un dolce sorriso. Ci fu chi domandò per le visite e lei spiegò che dirigendosi verso una sala in particolare era possibile accogliere tutti i pazienti o almeno tutti coloro che, per mezzo delle cure, possedevano un autocontrollo tale da permettere loro stare in compagnia, mentre per i casi più gravi era giusto rivolgersi ai medici presenti nella sala stessa.
Ci venne aperta un’immensa porta in legno chiaro e, al contempo, tutti l’attraversammo. Mi guardai intorno, notando il senso di famigliarità ed ospitalità che quel posto trasmetteva e sorrisi all’idea che Zayn potesse trovarsi bene tra quelle mura.
Quando poi calai lo sguardo sui soggetti che, gustando tranquillamente un banchetto allestito per l’occasione, abbracciavano i loro cari con ardore, non posso dire che il suo fu il primo sguardo che incontrai, ma ammetto che fu l’unico che mi rapii sin dal primo istante.
 
Narratore Esterno.
Due mesi. Due interi mesi trascorsi in quel centro riabilitativo e la mancanza della ragazza l’aveva assalito ogni giorno, in ogni momento, in ogni occasione. Era stato il suo chiodo fisso, quel genere di pensiero che sa rallegrare la giornata, infondere speranza, al contempo abbattere, far tornare alla memoria certi eventi che segnano e intristiscono.
Non sarebbe stato capace di delineare con esattezza il suo soggiorno in quel posto: non che fosse stato poi tanto male, ma il tutto risultava difficile quando si era al principio di una forte dipendenza da droghe leggere.
Due mesi o poco meno gli erano stato necessari per rimettersi quel tanto da poter ammettere di sentirsi bene. Parlando con i medici, questi gli dicevano che con abbastanza forza di volontà a breve sarebbe uscito da quella gabbia di matti, come la definivano simpaticamente.
E le sue gambe tremavano all’idea di poter far ritorno al college, di poter riprendere il controllo della sua vita, dello sport che più amava e della sua famiglia.
Aveva deciso di non vedere nessuno, all’infuori dei genitori e delle sorelle. Preferiva non dare spettacolo. Si era ripromesso che, solo quando si sarebbe sentito pronto, avrebbe chiamato uno tra i suoi amici, quello di cui più sentiva la mancanza, che l’avrebbe incontrato e che avrebbe tentato il tutto per tutto, pur di farsi perdonare quell’ennesima attesa.
- “ Josh? “ – domandò, ridendo. – “ Che cazzo stai facendo? “ – sbottò il moro, guardando l’amico che tentava di bere una coca cola, infilando la cannuccia della lattina nel naso.
- “ Ditemi che non è vero..” – borbottò Lucy, coprendo il viso con le mani. La biondina provava immensa vergogna quando Josh, non ché suo ragazzo sin da quando erano entrati in quel posto, aveva di quei momenti folli che facevano letteralmente morire Zayn dalle risate.
- “ Ci riesco, ci riesco, ci riesco.. “ – esclamò, inspirando sempre più perché il liquido salisse su per la cannuccia. Quando poi questo crollò nuovamente nel bicchiere, non poté che esclamare, deluso: - “ ..non ci riesco. “ –
- “ Riesci mai in qualcosa tu? “ – domandò retorica quella che sarebbe dovuta essere la sua ragazza.
- “ Taci, bionda. “ – la zittì, prima di stamparle un bacio sulle labbra con talmente tanta dolcezza da far provare una finta nausea al moro che li fissava sconcertato.
- “ Bleah..” – si lasciò sfuggire, distraendosi dall’osservare la coppietta.
- “ Dieci sterline che all’arrivo della sua moretta farà di peggio.” – borbottò Josh a Lucy che, ridendosela, osservava Zayn farsi dapprima rosso, poi sorridere ebete al pensiero della sua moretta.
- “ Ma guardatelo. “ – lo sfotté l’unica donna tra i tre. – “ Il grande e temibile Malik che diventa improvvisamente umano. “ – tutti e tre ridettero, come d’altronde facevano da quando, due mesi o poco meno prima, erano stati smistati nella stessa camera, per poi trasferire Lucy in una camera per sole donne.
Erano seduti in un tavolino della sala ricevimenti, lì dove ogni paziente incontrava i propri parenti due giorni alla settimana. Zayn osservava i suoi due nuovi amici. Li definiva “particolari”, di tanto in tanto strampalati, ma bravi ragazzi. Quando aveva raccontato loro la sua storia, l’avevano compreso, non giudicato o preso di mira. L’avevano aiutato, convincendolo che il suo non era un caso raro, che spesso in molti smarrivano la strada, ritrovandola solo per mezzo di un piccolo sostegno.
Lucy era una biondina peperina, proprio come a lui piaceva soprannominarla. Possedeva grandi occhi color miele e acidità da far paura, ma pur sempre molto tenera nei suoi confronti. Aveva ventiquattro anni e ciò la spingeva ad avvertire un senso di fratellanza e protezione nei confronti di Zayn che le era grato per l’appoggio. Aveva avuto problemi di autolesionismo. A Zayn aveva raccontato che prima di trasferirsi a Londra, aveva una bella vita, agiata e confortevole. Erano state le circostanze, lo stress, le cattive influenze a spingerla verso l’autolesionismo che, credeva, l’avesse rovinata esteticamente. Lui amava ripeterle che si trattava solo di una sua momentanea fissazione, perché l’aspetto fisico della ragazza era piacente all’occhio umano, bello a vedersi in parole povere, proprio come doveva esserlo per una ventiquattrenne.
Josh pure era un tipo particolare, poco macho, ma pur sempre di bell’aspetto. Appassionato della lettura, del ping pong, del calcio e.. di tutto quel genere di robe un po’ strambe, come lui. Possedeva capelli biondi, scompigliati, occhi scuri e sorriso smagliante. Stava impiegando tutte le sue forze per superare la fissa dell’alcool. Brutta storia quella che aveva riferito a Zayn, ma mai tanto brutta come quella a cui Zayn era andato incontro. Certo era che a ventiquattro anni, anche lui, aveva avuto una vita crudele e che, Zayn ne era convinto, quel ragazzo non meritava affatto.
 
Le porte si spalancarono e una massa poco uniforme di persone le varcarono, mettendo in agitazione l’intera sala, colma di persone di tutte le età.
Ma quella mattina Zayn ne attendeva una sola, poiché aveva avvertito la sua famiglia di non presentarsi, avendo già visite.
I due amici erano lì in funzione di supporto morale al ragazzo, non attendevano l’arrivo di alcun parente.
Zayn scorse ragazze su ragazze, donne, poi uomini. Sarebbe diventato pazzo se, ad un tratto, non l’avesse inquadrata immobile dinanzi le porte, che fissava il tutto stupefatta. Effettivamente, anche a lui piaceva quel posto.
Quando poi calò lo sguardo, non lo vide immediatamente. Ma quando lo fece, Zayn poté finalmente dire di aver rincontrato la sua fonte di gioia.
 
 
-Sam.
 
Lo vidi alzarsi in piedi e accennarmi un sorriso.
Non mi ritrovavo ad osservare più lo stesso ragazzo che ricordavo: magro, pelle pallida, occhi vitrei e voce rovinosa. Ora il suo viso aveva acquisito colorito, un bel colorito. Era ingrassato appena, quel che bastava per rendere i tratti del suo viso più sexy del solito. Gli occhi splendevano a distanza, quasi fossero stelle. E le labbra rosee che avevo impresse nella mente, erano rosse.
I capelli di cui tanto andava fiero non erano più semplicemente neri, ma proprio il ciuffo che da sempre portava, era stato tinto di un biondo accecante e lavorato per offrirgli una pettinatura originale: era, in un certo senso, attorcigliato su se stesso. Il look da ImsexyandIknowit restava sempre lo stesso, ma lo reputavo mutato in meglio.
Rimasi impalata ad osservarlo per istanti che parvero un’eternità. Non ero capace di muovere un solo passo, senza sentirmi una vera idiota, mentre le parole di Louis continuavano a ripercuotersi nella mia mente.
L’avevo perso? Avevo commesso sul serio un errore così colossale? L’errore che avrebbe segnato per sempre la mia esistenza?
Fu la spallata ricevuta da un signore che, sbadatamente, era finito contro il mio braccio, a ricordarmi che Zayn si trovava ancora in piedi, munito di sorriso smagliante, ad attendermi, al fianco di un tavolino già occupato.
Scossi appena la testa e respirando profondamente mi avvicinai, prima lentamente, poi con sempre più rapidità, fin quando, giunta oramai ad un palmo dal suo viso e dal suo corpo, sofferente a causa di tanta distanza, non lo sentii pronunciare parole letali:
- “ Avanti, non mi abbracci? “ – e, quasi intuendone la necessità, mi strinsi al suo petto con brutalità. Bastò quel contatto per crollare psicologicamente, per cedere alle lacrime. Ne avevo subite talmente tante, da non essere più in grado di vivere un momento, senza render le lacrime partecipi del mio dolore o della mia gioia.
Intravidi appena un sorriso allargarsi sul suo volto e divenire di splendore unico. Quel sorriso era per me, era mio. Quel sorriso era dovuto a me e niente avrebbe impedito che me ne aggradassi.
- “ Come stai? “ – sussurrai, impaurita che qualcuno mi stesse ascoltando.
- “ Proprio come mi vedi. “ – mi distaccai appena per poterlo osservare, mentre quel sorriso impertinente che di lui amavo con l’anima si posava ancora tra le sue labbra.
Inutile dire che lo vedevo in buono stato e che restava bello, stile dio greco. Ma non avevo più la faccia di sbattergli contro ciò che avevo pensato sin dal primo sguardo che gli avevo rivolto in quell’edificio.
- “ Bene, stai bene. “ – sentenziai, sbarazzandomi di quelle poche lacrime che avevano preso il via nella libera discesa, poco prima.
- “ E tu? “ – domanda fatale.
- “ Dici a me? “ – chiesi, cercando di svignarmela in qualche modo. Mi guardavo attorno, senza trovare una via di fuga.
- “ Si, a te. “ – puntualizzò, ridacchiando.
- “ Io.. bene. Pff, una favola. Non si vede? “ – ridendo, non rispose. Mi lasciò intendere che ai suoi occhi non ero un bello spettacolo. Ero ridotta così male? – “ Non ridere, idiota. “ – lo ripresi con nonchalance.
- “ Sempre la solita. “ – mi canzonò.
- “ Mi dai ai nervi. Evidentemente nemmeno tu sei cambiato poi tan..” – fui interrotta dalle sue braccia strette intorno al mio corpo, dal suo respiro sul mio collo, durante un abbraccio a cui lui aveva dato inizio. Rimasi da principio inerme, poi ricambiai proprio mentre lo sentii sussurrarmi:
- “ Mi sei mancata così tanto. “ – lui era cambiato. O meglio, era sempre lo stesso, semplicemente mostrava ciò che provava senza troppi giri di parole. Io, invece, ero diventata più introversa e non sarei stata capace di tornare ad essere la solita, non in quello stato. Mi limitai a stringerlo maggiormente tra le mie braccia e a restare in rigoroso silenzio.
Mi presentò due ragazzi con cui sembrava andare parecchio d’accordo. La bionda aveva qualcosa di maledettamente affascinante e carino, proprio come il genio incompreso seduto al suo fianco. Josh e Lucy questi erano i loro nomi e come Zayn avevano avuto dei problemi che li avevano costretti a prendere in mano le redini della situazione.
Mi osservavano curiosi, con una punta di maliziosità, quasi attendessero ogni mio gesto con impazienza.
Poi il moro mi scortò all’esterno, per restare soli. La tensione aumentare a vista d’occhio, ma tentavo di frenare ogni strano impulso. Ci sedemmo sull’erba del giardino deserto, fissando il cielo. Ero, evidentemente, molto più in imbarazzo io. Per smorzare la tensione, cominciai a porgli domande riguardo il suo soggiorno in quella clinica. Mi rispose che le cure stavano avendo i loro effetti, che sentiva di essere finalmente sano. I medici non facevano che ripetergli quanto fosse stato fortunato: anche un solo giorno di ritardo ed una dose in più l’avrebbero segnato a vita. Si trovava agli estremi.
Spiegò il tutto con indifferenza, quasi quello fosse un pettegolezzo, una storia sentita per errore, che non lo coinvolgeva emotivamente, ma che raccontava senza alcun problema. Ne rimasi sconcertata. Era stato lui a vivere un dramma interiore che mai e poi mai nessuno avrebbe osato invidiargli, eppure manteneva un controllo di sé stesso inimitabile.
- “ Sembravi un morto vivente. “ – lo presi in giro.
- “ Sexy, un morto vivente sexy. “ – si compiacque.
- “ Dimenticavo il tuo essere così, come dire, montato.” –
- “ Che vuoi farci. Sono.. bello. “ – sorrisi. Mi ritrovai a riflettere sul fatto che pochi mesi prima lo avrei definito un ragazzo senza principi, spesso volgare negli atteggiamenti, che lo fosse persino nei gesti così differenti in base alle persone con cui si relazionava. Non capivo, invece, che i suoi modi di fare divenivano pessimi solo in mia presenza, quasi ad indicare che quella maschera di cui si serviva era dovuta a me, al non mostrarsi debole con la ragazza che non comprendeva e che non avrebbe potuto mai comprendere quanto lui fosse pazzo di lei. Invece, in quegli ultimi attimi, capivo di amare persino quella parte di lui che era da ritenersi più superficiale, ma che non era la caratteristica di cui si serviva per farsi accettare. Ero arrivata al punto di accettare quelli che erano i suoi difetti.
- “ E’ la convinzione che fott..” –
- “ ..fotte la gente, lo so. “ – mi precedette. S’incupì un momento, lasciandomi modo di ritenere che quella mia esclamazione non portata a termine lo avesse reso tale, prima di ridestarsi, guardandomi ancora. – “ Non sono davvero così convinto. Tu lo sai, non è vero? “ – accennai un sorriso, avvicinandomi appena a lui, sedutomi poco più distante.
- “ Certo che lo so o almeno l’ho scoperto. “ – ridacchiammo. Erano trascorsi ore, giorni, settimane e mesi, eppure noi, insieme, eravamo sempre gli stessi, come se nulla ci avesse divisi.
- “ Come si sta in mia assenza? “ – il mio sguardo furbo lo travolse in pieno, prima che prendessi a sparare le più grandi idiozie che sapessi inventare.
- “ Oh, una favola. Ballo la conga tutte le sere e scrivo jingle su di te e sulla tua molto apprezzata assenza e..” – con un leggero spintone, bloccò l’enumerazione di una quantità infinita di cretinata che avrei saputo inventare al momento. E lui lo sapeva, proprio per questo mi aveva placata.
Mi definì con un magnanimo insulto, a cui risposi ingrossando appena la voce per imitare un uomo acclamato dopo una delle sue migliori performance. Continuavo a ripetere dei ‘grazie’ strascicati, mentre lui rideva divertito ed il mio cuore faceva lo accompagnava, accecato.
- “ Se vuoi la verità.. sei mancato a tutti. “ – ammisi infine, senza però entrare nello specifico. – “
- “ Vi ho fatto soffrire. “ – mormorò allora, mentre l’espressione del suo viso diveniva cupa e sofferente.  
- “ Ma smettila. “ – la presi a ridere. – “ Oh, aspetta. “ – esclamai all’improvviso. – “ Allyson.” – mi guardò senza capire. – “ Gira ancora per il college che tornerai da lei e che vivrete felici e contenti. Perché lei è Allyson todo todo nada nada. “ – lo vidi chinarsi su se stesso, per sbottare poi in risate che mi diedero del filo da torcere. Rideva con energia e passione e nel frattempo io decedevo all’idea di averlo così perfetto al mio fianco.
- “ La cosa ti fa tanto ridere? “ – domandai, trattenendo a mia volta le risate.
- “ Veramente crede che tornerei con lei? Fosse stato per me non le avrei nemmeno chiesto di stare insieme. “ – trattenni per un attimo il respiro, fingendo poi un risolino idiota.
- “ Per averla scelta, qualcosa di buono deve pur avere. “ – mormorai, cercando di non rattristarmi.
- “ Nulla. “ – assunsi un’espressione alla “WTF?!”. Non ne comprendevo il senso. – “ Non aveva nulla di buono, nulla.  Ma era l’unica che mi avrebbe aiutato a dimenticare. “ - Dimenticare chi? Che cosa? Come e quando?
Le parole di Louis si ripercossero ancora nella mia mente, costringendomi a scuotere appena la testa per scacciare via quella voce detestabile, il cui unico obiettivo nella vita era rammendarmi costantemente di averlo perso.
- “ Dimenticare? “ – sussurrai. Mi concesse un semplice sguardo, con esplicito sorriso sulle labbra. Non compresi cosa stava tentando di dirmi, usando un’occhiata intensa, ma ero certa che stessimo comunicando e non osai distogliere i miei occhi dai suoi, nemmeno per un impercettibile secondo.
- “ Si. “ – asserì. – “ Sono innamorato. “ – il mio cuore prese a palpitare in modo non conforme alla norma. Speravo di essere io l’oggetto del suo amore, nel mentre pensavo che se fosse stato innamorato di qualsiasi altra ragazza non sarei riuscita a vivere in pace.
- “ Innamorato? “ – ripetei.
- “ Già. “ –
- “ E la conosco? “ – domandai, esitante.
- “ Non lo so. “ – trattenni il respiro, nuovamente. Il fatto che lui non rispondesse chiaramente, mi permetteva di giungere ad una sola conclusione: non si trattava di me.
- “ E.. com’è? “ – chiesi, calando lo sguardo per rannicchiare le gambe tra le braccia.
- “ Perfetta.”  - autostima sotto zero, pensai scoraggiata. Dal modo in cui ne parlava, doveva essere folgorato da quella misteriosa e fenomenale ragazza.
- “ Perfetta. “ – ripetei, intercettando un fuoco accendersi in me.
- “ Lo è. “ – in preda ad un attacco d’ira mi scagliai a parole contro Zayn.
- “ Smettila, diamine. “ – scattai in piedi veloce, prendendo a camminare nervosamente sul posto. – “ Ho capito, è bellissima. C’è bisogno di ripeterlo centomilamiliardi di volte? “ – Avevo superato un record. Mezz’ora senza insultare o aggredire Zayn, per poi cedere all’istinto irrefrenabile di dargli contro.
- “ Sei gelosa, Wilson? “ – beffardo, si mise in piedi anche lui, infilando poi le mani nelle tasche della giacca in pelle che indossava quel pomeriggio.
- “ Perché dovrei? “ – esitai un attimo. L’immagine di lui che baciava un’altra ragazza si ripresentava senza sosta tra i miei occhi. Forse era bionda, rossa, magari mora. Con occhi azzurri, verdi, magari marroni. Bassa, media, magari alta. Amante del teatro, del ballo, magari del canto. Magari mi somigliava in tutto e per tutto e nonostante tutto lui avrebbe sempre preferito la ragazza perfetta a me.
Ripresi quindi a camminare nervosamente in un tragitto di appena un metro, poco più poco meno, torturando le mani, articolandole tra loro con frenesia.
- “ Dopotutto chi sono io per te, se non un’idiota che ha saputo rovinarti la vita.” – conclusi sconfitta.
La presa decisa di una mano sul mio polso, poi un braccio che circondò la mia vita, seguito da una mano che si posò con fare sicuro sulla mia guancia ed infine un paio di labbra che trovarono le mie per poi farle loro, baciandole con passione irripetibile.
Mi stava baciando.
Quel contatto durò a lungo, quando poi si distaccò appena per riprendere fiato, mi parve fosse durato fin troppo poco.
- “ Parlavo di te. “ – Era innamorato di me, sul serio. Quindi non l’avevo perso, quindi potevo sentirlo e saperlo mio. Quindi non ci sarebbero stati più problemi?
- “ Giura che non stai scherzando. “ – lo pregai, trattenendo un’immensa gioia.
- “ Te lo giuro. “ – sorridendo come solo i matti erano capaci di fare, lo strinsi tra le mie braccia che trovando il suo corpo, ammisero di trovarsi in astinenza da quel corpo, di amarlo, di poterlo decretare il loro preferito. Quello che avrebbero scelto sempre e comunque.
André.
Fu quel minimo dettaglio a gelarmi. Zayn non sapeva di André, non sapeva di quella sorta di storia tra di noi.
- “ Zayn..” – richiamai la sua attenzione, lasciandolo andare. Mi sorrise, senza sapere che quel suo essere cordiale nei miei riguardi non migliorava la situazione.
- “ Devo dirti una cosa. “ – ammisi, chinandomi per sedermi sull’erba verde del prato. – “ Ed è seria. “ – continuai.
- “ Sono tutto orecchi. “ – neppure la serietà con la quale avevo parlato, l’aveva scalfito. Sembrava che nulla potesse turbarlo e non volevo di certo essere io la ragione del suo malumore.
- “ Beh, ecco.. io.. non so come dirtelo.”  - divagai.
- “ Inizia comprando una vocale. “ – mi suggerì, distendendosi sul prato.
- “ Non sfottermi. “ – lo ripresi, tornando ad essere per un attimo felice di averlo al mio fianco. – “ Devo dirti una cosa importante. “ – ripetei.
- “ Già lo hai detto. “ – fece notare, girandosi su un solo lato, per poi sostenere la testa con un braccio. Lo fulminai, facendolo ridere, prima di tornare a parlare:
- “ Io ho sofferto molto per la tua lontananza. “ – incominciai. – “ Partendo dal fatto che tu te ne sei andato e non mi hai voluta salutare, per arrivare all’attesa estenuante prima di avere tue notizie. Sono arrivata al punto di non dormire la notte e di sognare cose, alquanto strane oserei dire.. “ –
- “ Arriva al dunque. “ – mi schernì. Sorrideva ancora. Non aveva compreso quanto quella questione, in realtà, fosse delicata.
- “ ..quindi ho tentato di dimenticarti. “ –
- “ E non ci sei riuscita, non è così? “ – ridacchiò ancora, avrei voluto fare altrettanto, ma quella volta non ne ebbi la forza. Lui la prendeva a ridere, perché non era al corrente.
- “ Sono stata con un altro. “ – terminai in un sol fiato. Non avrei mai ammesso di frequentavo ancora André per ben due motivi. Il primo: non lo sentivo da settimane e non ero intenzionata a farlo, se non per chiudere definitivamente quella sorta di storia nata tra di noi. Il secondo: mi avrebbe preso per una poco di buono ed io non lo ero.
Quel sorriso, che possedeva sin da prima del nostro bacio, scomparve proprio come immaginavo e per il quale pregavo, affinché non accadesse.
Si drizzò a sedere, quasi lo avessero rimproverato e non trovasse più nulla per cui divertirsi.
- “ Tu cosa? “ – chiese con tono accusatorio.
- “ Io ho.. frequentato André il ragazzo del negozio di musica. “ – spalancò gli occhi increduli. Mi domandò se ne fossi innamorata, risposi di non esserlo mai stata. Tentò poi di chiedermi se tra me ed André ci fosse ancora qualcosa, risposi di non saperlo. A quel punto, si strinse nelle spalle e prese ad inspirare ed espirare profondamente, nel vano tentativo di riacquisire un certo controllo. Mi ritrovai ad osservarlo con occhi disperati, a riflettere nuovamente sulle parole che Louis mi aveva rivolto ed in cui scorgevo grandi verità, dolorose verità. Zayn, intanto, restava immobile al mio fianco, senza dire una parola. Era quel suo silenzio a preoccuparmi. Non che lui fosse un tipo socievole o amante della chiacchiera, ma sembrava essere diventato tutt’un tratto il giaccio assoluto che non osava sciogliersi nemmeno a distanza ravvicinata con il sole più rovente.
- “ Sei arrabbiato? “ – mi costrinsi a domandargli. I tratti del suo viso s’addolcirono al suono della mia voce ed un minimo accenno di sorriso si dipinse sulle sue labbra.
- “ Io non ho smesso di pensarti in questi mesi. “ – confessò.
- “ Chi ti dice che io non abbia fatto lo stesso? “ –
- “ Forse il fatto che facilmente mi hai sostituito. “ – mormorò, torturando i lacci del paio di Nike che indossava quel pomeriggio.
- “ Beh forse dovresti capire che io non ti ho sostituito con nessuno. “ – puntualizzai.
- “ Ma forse dovresti essere sincera con te stessa. “ – mi lanciò uno sguardo sprezzante che mi diede un gran filo da torcere.
- “ Forse io non riesco ad essere sincera con me stessa perché sono troppo confusa.” – terminai, riluttante.
- “ Forse hai bisogno di tempo per riflettere. Io ho bisogno di tempo per riflettere. “ – convenne alla fine, mettendosi in piedi prima di allontanarsi appena da me, da noi.
Le ultime parole dette mi lasciarono senza fiato. Stava puntando dei paletti, stava impedendo l’inizio di una storia che probabilmente sarebbe potuta essere la più importante nelle vite di entrambi. Mi stava rifiutando ed io non potevo far altro che prendere atto della sua decisione e lasciarlo andare.
- “ Se è questo che vuoi. “ – sospirai, imitando il suo mettersi in piedi. Sistemai i pantaloni e la maglia, accingendomi poi a prendere la borsa, prima di darmela a gambe levate.
- “ Io non voglio dimenticarti. “ – iniziò all’improvviso, rimanendo a distanza. – “ E non lo farò. Devi riflettere e pretendo che tu lo faccia, perché non voglio essere illuso, non più. Non ti sostituirò, né ti farò pressione. Prometto che ti aspetterò, per il momento. Ma se l’attesa diventerà insostenibile, dovrò dirti addio. “ – non ebbi la forza né il coraggio di aggiungere nulla, perché il breve discorso di Zayn era stato più che sufficiente per entrambi. Lui non sapeva però che le mie idee erano più che chiare, che la mia sofferenza non derivava da un cuore diviso in un due metà, ma dalla consapevolezza di sapere ciò che volevo e aver paura di ammetterlo e sbagliare di nuovo.
Lui non sapeva che l’amavo.
Forte del fatto che lui provasse un sentimento per me che, a suo dire, non era affatto di piccole dimensioni, mi avvicinai alle sue labbra per un’ultima decisiva volta e stampai su di esse un bacio, di quelli raffinati, semplici. Uno di quelli che hanno ben poco di sconcio, ma che sprigionano una tenerezza inaudita.
- “ Ciao Zayn. “ – sussurrai, sfinita. Riuscii a congiungere i nostri sguardi ancora una volta, prima di andarmene senza esitazione.
Quella non doveva essere una fine, ma un nuovo inizio.
 
Bussai lievemente alla porta della loro stanza, prima di lasciare che le mie mani si torturassero a vicenda, nell’attesa che qualcuno venisse ad accogliermi.
Dovetti aspettare ben poco prima che una testa riccia sbucasse dall’interno della stanza ed un sorriso stupito si presentasse davanti ai miei occhi.
- “ Sam? “ – esclamò il riccio.
- “ Harry..” – sussurrai, poco prima di stringermi tra le sue braccia che mi tennero saldamente. – “ Non lasciarmi, ti prego. “ – mormorai tremante quando percepii la stretta delle sue braccia allentarsi.
- “ Non ti lascio, ma sono in mutande. Quindi entra ed evitiamo che tutti godano di questo bel corpo. “ – ridacchiando, mi lasciai trascinare nella stanza, nella quale sputavano raggi di un colore misto tra l’arancione ed il rosso del sole che stava tramontando.
Poi, il mio migliore amico, incastrò tra le mani il mio viso stravolto e baciò la mia fronte, con delicatezza immane. Percepiva il mio corpo tremare, attraverso il tocco delle sue mani, ed il mio respiro regolarizzarsi grazie alla sua vicinanza.
Sentii, in seguito, il cigolio di una porta che s’aprì e chiuse in un battibaleno. Guardandomi attorno, vidi Louis uscire dalla porta del bagno e rimanere inerme alla vista di me ed Harry l’uno di fronte all’altro.
Mi scostai da questo, allora, e mi avvicinai al castano che mi scrutava ancora sbalordito.
- “ Sam cosa..” – gli impedii di dire o fare qualsiasi cosa. Mi trovavo lì, in quella stanza, perché ero pronta ad ammettere i miei sbagli, a prendere in mano la mia vita e a non buttarla più nello scarico. Ero lì perché ero decisa non a cambiare, ma a tornare ad essere me stessa, quella che avrebbe preferito sempre e comunque una risata, ad un pianto.
Lo abbracciai.
- “ Scusami. “ – una semplice parola, che bastò al mio migliore amico per perdonare ogni mio errore.
 
Raccontai loro cos’era accaduto, partendo dalla chiamata di Zayn del pomeriggio precedente ed entrambi convennero nel fatto che un nostro confronto sarebbe arrivato prima o poi e che, dopotutto, non era andato poi male.
Lui mi avrebbe atteso, per quanto gli fosse stato possibile.
- “ Ma tu lo ami? “ – chiese Harry che, seduto sul suo letto, mi lanciò la pallina verde con la quale giocavamo dall’inizio della discussione.
- “ Ovvio. “ – risposi, porgendo la pallina a Louis, sistemato al mio fianco. Proprio questo prese la parola.
- “ E allora perché non metti fine a tutta questa farsa? “ – Esitai a rispondere, ma alla fine confessai ciò che davvero provavo:
- “ Ho paura di amare e di farmi male ancora. “ – Louis lanciò la pallina ad Harry che sorridendomi, disse la cosa più sensata che avessi mai sentito:
- “ E allora lasciati amare. “ – la pallina passò nuovamente a Louis e questo, afferrando il telefono della stanza, me lo lanciò aggiungendo al tutto:
- “ Inizia essendo sincera con quel tizio. “ – con voce esitante, mani tremanti e testa da tutt’altra parte, composi quel numero e all’udire della sua voce andai direttamente al sodo:
- “ André, devo parlarti. “ –

 

my spce:
HEEEEEEEEEEY BELLA GENTE.
Piaciuta la comunicazione di servizio?
Non rattristatevi, però. Questo
sarà il penultimo capitolo per questa prima
storia, ma presto tornerò con un appassionante
seguito. ;)
 
Vi annuncio che non vi lascerò affatto
perdere durante la stesura della prossima
storia. Infatti, siccome il primo capitolo di
questa luuuunga serie, terminerà con la fine
dei corsi e con l’arrivo dell’estate, ho intenzione
di pubblicare tre One-Shot con protagonisti
Sam e Harry alle prese con tre settimane
di vacanze estive, in tre differenti posti, riservate
alla loro amicizia. Saranno scritte in chiave
ironica, con qualche accenno alla reale storia e
la partecipazione di una guest star.
*rullo di tamburi*
LOUIS TOMLINSOOOOON.
Il signorino entrerà in scena di tanto in tanto
e porterà dello scompiglio, come la pace.
Lo faccio per non lasciarvi alla noia
durante la mia “assenza”.
 
Comunque, spero che anche
questo capitolo vi sia piaciuto e vi
ringrazio. Lo scorso capitolo mi
avete bombardato d’incoraggiamenti
e complimenti. Vi adoro.
 
Ora vado,byyyye girls.
Desi. xx

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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattro: Waiting for you. - The Final. ***


*Comunicazione di servizio: ultimo capitolo di questa prima storia. Sarà lungo e la canzone “scritta” da Sam, è in realtà di Giorgia, intitolatasi Dove Sei.  Are you ready to hell?

Giugno, fine dei corsi. 

Osservavo la squadra di football della scuola gareggiare nell’ultimo importante incontro della stagione, quello che avrebbe decretato il vincitore di un susseguirsi infinito di partite che Liam e la squadra avevano vinto una ad una.
Esultavo ad ogni punto guadagnato e sfottevo di tanto in tanto i miei amici, divertendomi in modo assurdo quando la gente che mi circondava godeva delle mie battute, tornando poi a prestare attenzione ai loro beniamini.
Al mio fianco sedevano Hayley e Francesca, mentre Juliette era intenta a mettere in pratica tutti quei tifi ideati appositamente per la partita, insieme alla squadra delle cheerleader.
Erano buffi.
Niall grondava di sudore e di tanto in tanto dava di matto, quando qualcuno osava spintonarlo. Gli avversari lo temevano in modo sconsiderato. Al loro posto non avrei potuto che fare altrettanto. Il biondo era un angelo con chiunque, ma in campo la sua personalità evolveva.
Harry riusciva a presentarsi in modo provocante persino con una divisa da giocatore, ed era facilmente distinguibile, nonostante vestissero tutti allo stesso medesimo modo. C’era chi, tra il pubblico, emetteva urli e coretti a lui indirizzati ed i miei sfottò miravano proprio quel genere di ragazze, uno dei più diffusi in quel particolare evento, ed il diretto interessato.
Louis rappresentava la scheggia della squadra. Volava a destra e a manca in aiuto dei suoi compagni o in difesa del territorio. Vedevo di tanto in tanto sbucargli qualche capello castano sulla fronte e lo immaginavo sbraitare, al pensiero che i suoi capelli fossero orrendi da dover guardare, cosa più che certa dopo una partita tanto impegnativa e a quelle temperature.
Liam era il mio orgoglio. Nonché a lui venisse riservato un trattamento preferenziale, rispetto agli altri tre, mettiamolo in chiaro, ma lo incoraggiavo maggiormente perché aveva svolto e stava svolgendo un lavoro eccellente. Ogni tifoso della squadra non faceva che ripetere a voce quel pensiero che rimaneva intatto, racchiuso nella mia mente dall’inizio della stagione.
Ed infine Juliette, con la gonna bianca e blu ed il top che copriva solo la parte superiore del busto, era da considerarsi tremendamente bella. I capelli biondi le ricadevano dolcemente lungo le spalle e gli occhi color miele brillavano alla vista di ogni nuovo goal.
Mancava una sola persona, la stessa che non avevo avuto modo d’incontrare da metà aprile. Mi mancava, certo, ed il mio amore nei suoi confronti cresceva a dismisura, ma avevo concesso del tempo a lui e ne avevo preteso persino per me.
Era bastato impormi il pensiero costante che mi amava, che mi avrebbe attesa e che, per finire, non restava che far chiarezza in me e tornare alle origini, salvare i ricordi di un anno funesto, intenso, ma che mai avrei voluto dimenticare e, semplicemente, non dar loro peso, poiché ne avevano già avuto fin troppo.
Non più una lacrima aveva solcato il mio viso, la notte avevo sviluppato una particolare tecnica che permetteva al mio instancabile sonno di avvicinarsi alla costa senza alcun ostacolo, smettendo di sognare Zayn, la sua partenza o un probabile ritorno.
Lo amavo con il cuore, componevo e cantavo grazie a lui, era la mia musa, la mia fonte d’ispirazione, ma mi limitavo ad esprimere ogni genere di sentimento per mezzo della musica, senza causarmi necessariamente del male.
Ne stavo dando prova anche in quel momento. L’intera scuola stava assistendo alla partita e ad ogni altra attività promossa dalla scuola per chiudere in bellezza l’anno. Ed io avrei partecipato al concerto finale, nel pomeriggio, in cui si esibivano tutti i corsi musicali presenti nel college.
Avremo portato cover, arrangiamenti vari e, per chi era compositore, persino canzoni originali. Io sarei stata tra questi.
 
Eravamo tutti attratti dal campo da minuti: Anthony, uno dei giocatori della nostra squadra, era caduto a terra e sembrava non riuscire a rialzarsi. Rimasi con il fiato sospeso, proprio come il resto del pubblico. Il mister era entrato più volte in campo, mentre tutti attendevano l’arrivo della sostituzione che, sembrava, non fosse prevista.
- “ Sam.”  - la voce di un ragazzo poco più in là che, a quanto pare, infastidiva parecchie persone con i suoi lunghi dred, attirò la mia attenzione.
- “ Simon. “ – lo salutai. – “ Che succede? “ – domandai.
- “ Ti stanno cercando tutti da un’infinità di tempo! Dobbiamo prepararci per il concerto, ormai manca poco. “ – battei con forza una mano sulla fronte, trascinandola poi lungo il viso che aveva assunto un’espressione mista tra il dolorante e lo scocciato: avevo dimenticato l’appuntamento per le prove, con l’effimero intento di assistere all’intero svolgersi della partita di cui avrei conosciuto il risultato non prima di mezz’ora.
Accennai un saluto alle mie amiche. Esplicare quanto queste fossero divertite dalla mia reazione, credo sia piuttosto futile, trattandosi di un’ovvietà.
Scendendo le scalinate degli spalti e comparendo magicamente all’esterno dello stadio del college, posi qualche quesito al ragazzo:  
- “ Come hai fatto a trovarmi? “ –
- “ Immaginavo ti trovassi qui. Non fai che parlare di questa partita da settimane, ormai. “ – scrollai le spalle, sospirando. Ero talmente prevedibile.
- “ E’ una partita importante questa. “ – tentai di difendermi.
- “ Non lo metto in dubbio. Ma anche il concerto lo è. “ – ammisi tra me e me che il tipo aveva ragione e, riflettendo su quanto detto, rimasi completamente in silenzio fin quando non fummo giunti dinanzi l’enorme parco allestito per l’occasione.
 
Narratore Esterno.
Camminava con fierezza nel cortile, guardandosi ben attorno. Sentiva lo sguardo di molti puntato su di sé, ma prestava ben poca importanza a questi. Esisteva un particolare nel suo portamento, un non so cosa di stravagante nel suo passo, che permetteva di notare la sicurezza con la quale si dirigeva nuovamente su quello stesso prato, verso quello stesso campo in cui aveva subito ogni genere di allenamento e di cui percepiva una strana mancanza.
Vide un gruppetto di ragazze adocchiarlo, ridacchiare e parlottare a riguardo, prima di mettersi in pose a loro dire provocanti.
Il ragazzo sorrise, divertito, scuotendo lievemente la testa, prima di rivolgere uno sguardo incoraggiante alle tipe. Giusto per non scoraggiarle troppo.
Quelle ragazze avrebbero potuto adottare gli atteggiamenti più invitanti e sexy del pianeta, non avrebbe, in qualsiasi caso, offerto loro false speranze, nemmeno la più banale opportunità a cui tenersi strette. Non perché fosse spietate, ma per non illuderle, non lo meritavano.
E, dopotutto, nella sua testa girovagava un solo ed unico pensiero. Samantha, ancora. Sperava d’intravederla alla partita, verso il quale si stava dirigendo.
Sperava di poter essere ipnotizzato dal suo sorriso e stregato dalla sua risata, anche se si sentiva deluso, scoraggiato, a tratti arrabbiato. Non aveva più avuto sue notizie, non l’aveva più vista. Non sapeva se l’aveva dimenticato, se si era presa del tempo per riflettere e fosse giunta ad una decisione. Non sapeva assolutamente nulla di lei.
Aveva vissuto gli ultimi due mesi nella continua angoscia e speranza di vederla varcare le porte della clinica, uno dei tanti venerdì del mese, per fargli visita, accompagnata da buone notizie. Invece ciò non era accaduto, né quel venerdì, né quello dopo, nell’altro ancora.
Il dettaglio più rilevante era che, nonostante le avesse detto che prima o poi l’avrebbe dovuta dimenticare, se lei non si fosse fatta viva, provava ancora gli stessi sentimenti nei suoi confronti, semplicemente più amplificati.
Si ritrovò vicino il campo. Sospirò, nervoso, passando poi una mano nel ciuffo in cui erano ancora riscontrabili tracce di biondo. Entrò senza troppe cerimonie e si affrettò ad avvicinarsi alla panchina dove sedevano l’allenatore, gli assistenti e alcuni suoi compagni di squadra che, per quella giornata avrebbero scaldato le sedute, tranne che in caso di necessità.
Chiunque lo lasciava passare, riconoscendolo. C’era chi, incontrando la sua figura con lo sguardo, rimaneva dapprima stupito, poi gioiva indicandolo.
Era tornato.
Quando si ritrovò abbastanza vicino al mister, sorridendo, sussurrò poche parole sedendosi al fianco di quello che sarebbe potuto essere suo padre:
- “ La squadra è in forma. “ –
- “ Oh sì che lo è.”  - mormorò il mister che non smetteva mai d’osservare ogni movimento dei giocatori. Sorrise, l’uomo non s’era ancora accorto di lui. Lo osservò, senza farsi cogliere in flagrante: il coach non era invecchiato poi tanto in quei mesi, sebbene i suoi capelli fossero ancor più brizzolati e qualche ruga in più solcasse il suo viso.
Sentiva di volergli bene, dopotutto.
- “ Anthony sembra un po’ fiacco. “ – osservò, guardando l’amico.
- “ Deve resistere. “ – borbottò all’allenatore.
- “ E perché? “ – chiese ancora, sistemandosi al meglio sulla panchina. A quel punto, il mister s’innervosì. Forse perché il ragazzo lo distraeva, forse perché avrebbe dovuto ammettere che, per l’intera durata della stagione, aveva dovuto rinunciare ad uno dei suoi giocatori migliori e che, in quella circostanza, l’avrebbero portati a vittoria sicura.
- “ Perché Zayn non c’è! “ – sbottò, voltandosi ad osservare il suo interlocutore.
L’uomo si ritrovò ad osservarne un altro che aveva smesso d’essere un ragazzo, seppure possedeva ancora i tratti di un giovane. Si ritrovò a sorridere, sebbene poco prima avrebbe volentieri gridato contro quello stesso ragazzo. Si ritrovò ad ammirare Zayn in tutto il suo splendore, percependo infine che quella giornata sarebbe stata epocale.
- “ Zayn. “ – esclamò, commosso. Senza che questo potesse aggiungere alcunché, il mister lo abbracciò, ripetendogli quanto fosse mancato a lui, alla squadra, al macht. – “ Non giocarmi mai più brutti scherzi, ragazzo. “ – a Zayn fu permesso soltanto di annuire, sorridendo, prima che un fischio, seguito da alcune urla catturasse l’attenzione dell’intero stadio. Anthony era caduto a terra, spinto da uno degli avversari e stentava a tenersi in piedi, sia per la botta subita che per la stanchezza.
Zayn vide appena in tempo Niall precipitarsi contro il tipo che aveva colpito l’amico con l’intenzione d’intimidirlo ulteriormente, prima che venisse fermato da Liam, il loro capitano.
Il mister corse verso il ragazzo che giaceva ancora a terra, seguito dagli assistenti. Zayn rimase in attesa, osservando il tutto scrupolosamente. I tecnici si assicurarono riguardo le condizioni di salute di Anthony che non era ridotto tanto male, ma non era certamente in grado di terminare la partita. E mentre rifletteva su chi sarebbe entrato in campo al posto dell’unico valido attaccante in partita, Zayn si sentì picchiettare sulla spalla, prima di vedere uno degli assistenti al suo fianco e l’allenatore avvicinarsi per affiancarli.
- “ Zayn.. ho bisogno del tuo aiuto. “ – il mister impresse i suoi occhi scuri in quelli nel medesimo colore dell’unica ancora di salvezza a sua disposizione, gesto che bastò perché Zayn comprendesse.
- “ Non posso. “ – mormorò, impaurito.
- “ Sei la nostra unica speranza e lo sai. “ – lo riprese l’uomo, posandogli una mano sulla spalla con fare incoraggiante.
Prese a ripetersi quelle parole con fare estenuante, sospirando di continuo, prestando poi poca attenzione a quanto succedeva in quegli istanti. Ed era talmente coinvolto da quel pensiero che in breve si ritrovò ad accettare, poco consapevole di quanto stesse per fare.
- “ La divisa. “ – disse soltanto ed un sorriso pieno di gratitudine gli venisse rivolto dal mister e dall’assistente.
Non si sarebbe lasciato sopraffare dalla paura di sbagliare ancora.
 
Arrivò a bordo campo e si guardò attorno.
Osservò gli spalti alla ricerca di uno sguardo in particolare. Non lo scorgeva.
Fu spinto con forza verso il campo dal mister che, temendo un suo ripensamento, lo incitava a dare il massimo per la squadra.
Zayn sospirò, incamminandosi verso il centro dello stadio.
Allungò per un attimo l’occhio verso gli spalti e boom, la vide. Se ne stava andando in compagnia di un svitato con strani capelli. Lo aveva sicuramente già beccato in sua compagnia, eppure era infastidito. Scomparvero dalla sua visuale immediatamente.
Lei non s’era accorta di lui.
Arrivato a centro campo, si concentrò sui suoi amici: sembravano esser tutti cresciuti. Questi lo scrutavano sbalorditi, senza parole. Poi all’improvviso, si precipitarono tutti nello stesso istante verso di lui, stritolandolo in un abbraccio comune.
Avvertì il loro affetto.
- “ Cosa diamine ci fai qui? “ – sbottò Niall che non intendeva distaccarsi dal moro.
- “ Sono venuto a farvi visita. “ – asserì, convinto.
- “ Quindi basta? Hai finito con quella clinica? “ – domandò il riccio. Zayn annuì sicuro.
- “ E con quella roba? “- chiese Louis.
- “ Anche. “ – rispose serio.
Liam s’avvicinò all’amico, tendendogli una mano perché quando ce n’era bisogno, gli amici erano sempre presenti.
- “ Bentornato, amico. “ – disse soltanto, stringendolo in un abraccio che divenne sonoro, dal momento che il pubblico lo acclamò con grida e cori d’immensa felicità.
La normalità aveva fatto ritorno.
 
-Sam.
Il sole d’inizio giugno risplendeva con i suoi potenti raggi estivi ed io, per l’evento, avevo puntato per un outfits originale, ma che non risultasse troppo appariscente: pantaloncini di jeans a vita alta, anfibi, camicia e canottiera. Semplice, ma efficace, avrebbe detto un mio amico.
Nel backstage, scaldavo la voce per mezzo di vocalizzi, mentre percepivo brusii dalla parte opposta, segno che il pubblico aumentava di minuto in minuto.
Lo spettacolo avrebbe avuto inizio a breve e nel frattempo. C’era tensione in giro e questa era visibile e ben palpabile: tecnici audio, che altro non erano se non dei semplici alunni del college che, come noi cantanti, stavano facendo del loro meglio per chiudere l’anno in bellezza, balzavano dovunque urlando nomi di congegni, apparecchiature e codici del tutto incomprensibili per noi comuni mortali.
Ballerini, che sembravano possedere degli animi inarrestabili, mettevano in atto mosse e gesti che li rendevano snodabili ad occhi non competenti.
Ed infine c’eravamo noi cantanti che, tremando per l’agitazione, attendevamo impazienti che tutto avesse inizio.
Ciò che accomunava ognuno di noi, in quel momento, erano le emozioni, le scariche di adrenalina che si accalcavano per dare il via al concerto. Avremo voluto semplicemente esprimerci, cosa che, chi in un modo, chi nell’altro, ci riusciva piuttosto discretamente.
 
Mi venne porto un microfono, qualcuno si catapultò su di me per trascinarmi nei pressi del palco, sentii un conto alla rovescia, avvertii uno spintone poi.. mi ritrovai a calpestare una moquette nera dinanzi a migliaia di occhi.
Il concerto stava avendo inizio.
Sin da subito venni acclamata, probabilmente perché la folla non ne poteva più dell’attesa. Mi sentii intimorita da tutta quella varietà di sguardi puntati sulla mia persona, quasi giudicata. Evitai quindi di poggiare il mio su questi. Chiusi semplicemente gli occhi e lasciai che le prime note di Heart Attack di Demi Lovato m’ispirassero.
Avevo scelto quella canzone per la potenza evolutiva dell’estensione vocale, perché ne amavo il sound e perché la Lovato era la mia fonte d’energia primaria. L’adoravo poiché mi aveva del tutto rapita, cosa che pochi artisti erano stati in grado di compiere nei miei riguardi.
 
‘I think I'd have a heart atta-a-a-a-ck’
 
Spalancai gli occhi improvvisamente e mi ritrovai ad osservare la platea che si dimostrò apprezzante. Sorrisi d’istinto. Fu l’emozione a farmelo fare, fu quello scovarmi descritta in così poche parole. Come al solito, fu il suo pensiero che m’ispirò ed io glielo permisi, nuovamente.
 
 
Simon pronunciò il mio nome dal palco, invitandomi a raggiungerlo. Fui munita di microfono ed in un baleno lo affiancai, sorridente. Il pubblico ovvero amici, compagni, conoscenti, mi applaudirono, intendendo che a breve li avrei deliziati ancora con qualcuna delle mie esibizioni.
- “ Heart Attack è tornata. “ – mi annunciò il tipo con i dred.
- “ Hey! Non sfottere. “ – ebbe così inizio un divertente siparietto in cui non facevamo altro che prenderci alla leggera, divertendo la folla che partecipava attivamente. Era abitudine che qualcuno di noi si ritrovasse a farne di tanto in tanto, giusto per permettere a tecnici, ballerini e cantanti di preparare le attrezzature e riprendere fiato dopo una miriade di estenuanti esibizioni.
- “ ..insomma, abbiamo preparato un duetto. “ –
- “ Già. “ – lo appoggiai, quando rivelò il perché della nostra presenza su quel palco.
- “ Più che altro, lei ha preparato il duetto. Io le faccio da spalla. “ – scherzò. Gli rifilai un bel colpo sulla spalla, ridendo di quei suoi bizzarri tentativi di mettermi in imbarazzo.
- “ La classe non è acqua. “ – feci notare, ricevendo parecchi consensi.
Un piano prese a riprodurre dolci e flebili note appartenenti a A Thousand Years di Christina Perri. Indovinare quale perché mi avesse indotto a scegliere proprio quel testo, a renderlo un duetto e ad interpretarlo per il pubblico, non era estremamente difficile.
Esisteva un solo e puro motivo: lui.
 
I have died everyday waiting for you.’
 
Un ennesimo sorrisetto si posò sulle mie labbra. Nessuno ne era informato, nessuno comprendeva, nessuno avvertiva la sensazione di benessere che nell’immediato istante in cui cantai quel breve verso, m’invase.
Ed il mio pensiero rivolto ad un soggetto in particolare, fece battere il mio cuore stanco d’amore.
 
- “ Sono tornata. “ – urlai a squarciagola, mettendo nuovamente piede sul palco. Afferrai velocemente lo sgabello posizionato in un angolo del palco per artisti che, come me, preferivano di gran lunga sentirsi a proprio agio, pur di comunicare con chi spendeva buona parte del suo tempo per prestare loro attenzione.
- “ Vai a casa. “ – si udì. Storsi la bocca in un’espressione corrucciata, ma per niente sorpresa. Cercai dapprima lo sguardo del mio interlocutore, passando in rassegna ogni ragazzo dai capelli biondi che entrava nel mio campo visivo, ma non trovandolo mi decisi a rispondere:
- “ Horan non sentirtela matta solo perché oggi eri il più figo in campo. “ – schiamazzi di ragazze che la pensavano esattamente come me, furono la risposta che andavo cercando. Quando poi Juliette urlò infastidita che il ragazzo era, sfortunatamente, impegnato, mi concessi una risata, tentando ancora di scorgerli tra il pubblico.
- “ A proposito abbiamo vinto, gente? “ – mi bastò sentire il corpo studentesco intonare le note del motto che le cheerleader avevano ideato per spronare la squadra, per intendere che non avevamo semplicemente vinto. Ce l’avevamo fatta in tutti i sensi.
Scoppiò un putiferio. C’era chi ripeteva il cognome di Liam, chi quelli di Louis ed Harry, chi di Niall, chi di altri compagni di squadra, persino chi, senza alcun apparente motivo, dal mio punto di vista, ricordava Zayn.
Ed uno strano calore si manifestò in me.
- “ Payne..” – mormorai, premendo il microfono sulle labbra, pur di diffondere quel cognome il più possibile. – “ Payne..” – ripetei, notando gli scarsi risultati precedentemente ottenuti. A quel punto la folla s’ammutolì ed i due fratelli gridarono a chi, tra loro, mi riferissi. – “ Liam..” – dissi soltanto, individuandolo. Era seduto su alcune panche, affiancato da Hayley, da Juliette e dagli altri. Visibilmente stanco, appariva talmente perfetto e felice del successo riscosso che nulla l’avrebbe arrestato. Mi adoperai di non so quale immane quantità di coraggio e pronunciai in un sussurro poche fatali parole in pubblico: - “..sono fiera di te. “ – restò a guardarmi ad occhi spalancati. L’avevo stupito? Per così poco?
Chinò appena il capo prima di mettersi in piedi e gridare:
- “ Anch’io di te, Sam. “ – ero al corrente del fatto che lui non si riferisse solo e soltanto alle esibizioni di cui ero stata protagonista quel giorno. Lui era fiero di me, del mio essere riuscita a superare un periodo nero. Lui era fiero della mia forza. Fiero di esserne stato parte. Lui era fiero e anche questo mi scaldava il cuore.
 
-Narratore Esterno.
“Sono fiera di te.” “Anch’io di te, Sam.” La sua voce era stata capace di perforargli l’anima, poi di attraversarla, di renderla vulnerabile, d’immobilizzarla. Lo aveva messo k.o. ancora. E la dolcezza che traspariva nelle parole, nel tono da lei adottati, lo mandavano definitivamente in tilt. L’amava.
Zayn avrebbe voluto rivelarle quanto anche lui fosse fiero di lei e della donna che, nel giro di qualche mese, era divenuta. Ma aveva preferito nascondersi, dissolversi ai suoi occhi profondi.
- “ Per quanto hai intenzione di rimanere in questo modo? “ – lo derise Louis, ridacchiando. Zayn era sdraiato lungo le panche sulle quali lui ed i suoi amici erano accomodati, nascosto dalle schiene dei ragazzi, nel disperato tentativo di non farsi vedere da Sam che, con i lunghi capelli scuri e gli occhi profondi, l’aveva tratto in estasi.
- “ Solo fin quando non scenderà dal palco. “ – sussurrò. E avrebbe mantenuto la promessa, proprio come aveva continuato a fare fino a quel momento, ogni qual volta Samantha era annunciata sul palco o ci si catapultava a sua insaputa, urlando qualcosa d’incomprensibile che coinvolgeva la folla e che provocava qualche capriola per il suo povero cuore.
- “ Verrà a sapere comunque che sei qui, demente. “ – lo riprese Harry.
- “ Non deve accadere ora. Rovinerei tutto e questo è il suo momento. “ – mormorò il ragazzo, sospirando.
Nessuno tentò di persuaderlo del contrario, poiché ognuno di loro capiva quanta verità celasse il suo pensiero.
 
-Sam
- “ Bando alle ciance. “ – iniziai ridendo. – “ Sono qui per farvi perdere tempo. No, scherzavo. “ – mi schernì autonomamente. – “ Seriamente, quando i direttori di scena di questo concerto hanno ascoltato la canzone che sto per presentarvi, mi hanno chiesto d’introdurla con un discorso che raccontasse la storia del testo che le appartiene. “ – Sospirai, sistemandomi al meglio sullo sgabello. La tensione cresceva man mano. A quale canzone mi riferivo? A che storia mi ero ispirata?
- “ Questa non è una canzone d’amore o almeno non è una di quelle canzoni d’amore banali in cui si dice che tale sentimento sia tutto fiori e colori, sappiamo che non è così, affatto. Nella maggior parte dei casi l’amore distrugge, poi fortifica. L’amore è vario e sa cogliere più all’improvviso di un compito a sorpresa della Brown il lunedì mattina. “ – qualche risata, compresa la mia che invano trattenni, placò per un breve istante il mio discorso. – “ L’amore che ha colto me è stato capace di trasformare un apparente odio in un fottuto e perdutissimo sentimento che credo possa essere definito solo con la parola amore. Questo sentimento ha abbattuto ogni mia difesa, ogni certezza, mi ha resa fragile, mi ha illusa, mi ha fatta soffrire, sperare in un’imminente fine.. in tutti i sensi..” – trattenni il respiro per un attimo, indugiando. Il ricordo non provocava dolore, caso mai angoscia e mestizia. – “ Lo stesso amore mi ha aiutata a rialzarmi, mi ha teso una mano e mi ha spronata ad andare avanti, nonostante mi avesse fatto del male. Lo stesso amore ha dimostrato di sapermi amare senza un fine. Sono stata sciocca e probabilmente l’ho perso, ma se ora fosse qui, griderei fino all’estremo delle forze a quell’amore, capace di farmi impazzire, che lo amo ancora. “ – il mio sguardo calò prontamente sul bracciale in oro bianco che Zayn mi aveva regalato mesi a precedere ed un sorriso spuntò sulle mie labbra. Lui personificava quell’amore.
- “ Ed il pezzo che sto per presentarvi racconta questa storia, la mia storia. “ – degli applausi e degli incitamenti precedettero l’arrivo di Edwyn, un ragazzo dai capelli neri ed il ciuffo imponente, che sedette al piano per poi iniziare a suonarlo, mentre passavo il microfono tra le mani attendendo l’attacco.
 
“Me ne andrò guardandoti
e lascio andare un’altra parte di me.
Ripenso alle cose che ho detto,
alle frasi che ho spento
e non ho saputo difendere.
Ti ascolterò pensandoti
e bruciano i silenzi intorno a me.
Rivedo le cose che ho fatto
e i momenti che ho pianto e
non ho saputo comprendere.
Non ho saputo ascoltare me..”
 
Avevo impugnato quanto più saldamente il microfono tra le mani e continuavo a stringerlo ad occhi serrati, per il timore che le mie paure, le mie incertezze, i miei sentimenti trapelassero e venissero scoperti tramite questi.
 
“Sento le parole che non so più cancellare,
i ricordi che rivivono non so più lasciarli andare.
Come sei?
Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere
a me e agli altri, manca quando mi stringevi
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
La voce tremò. Mi affrettai a inspirare perché riuscissi a mantenere il controllo e a continuare la performance senza alcun intoppo. Sapevo cosa sarebbe successo. Avevo scritto di mio pugno testo e accompagnamento, qualche modifica era avvenuta ad opera di Edwyn ed il risultato era quel genere di atmosfera che si viene a creare quando il pubblico è totalmente rapito da ciò a cui assiste.
 
“Ti cercherò, spogliandoti
di tutte quelle ferite che ho per te.
Rivivo le notti che ho perso,
gli errori che ho fatto,
i momenti che ho infranto le regole.
Sparirò tra gli altri, ma tutto mi
riporta da te,
nelle cose che vivo, mi chiedo
com’è che è accaduto?
E non ho saputo comprendere,
non ho saputo ascoltare me.”
 
Invano, cercai di rimanere pacata. Alla fine cedetti alle lacrime che scorrevano sulle mie guance, sebbene non ci fosse alcuna traccia di un ipotetico tradimento nella voce, poiché era tanta la concentrazione acquisita, che non m’accorsi nemmeno di star piangendo come mai.
 
“Sento le parole che non so più cancellare,
i ricordi che rivivono non so più lasciarli andare.
Come sei?
Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere
a me e agli altri, manca quando mi stringevi
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
Mi sollevai dallo sgabello sul quale sedevo e cominciai ad intrecciarmi su me stessa, tant’ero coinvolta. Non osavo mai aprire gli occhi, però. Non sentivo un’anima fiatare, reazione che non riuscivo a collocare tra le buone o le cattive.
 
“Penso alle volte che mi hai detto
che mi amavi, i ricordi che rivivono
non so lasciarli andare.
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
L’ultimo decisivo acuto e aprii gli occhi, singhiozzando.
Non sfogavo le emozioni con il pianto da tempo ormai e offrire loro un banale modo per esprimersi proprio in quella circostanza, mi aveva del tutto liberata.
Il sole mi accecò sin da subito, riuscii poi a riprendere il controllo della vista, battendo per un po’ le palpebre.
Fu allora che, guardandomi attorno, individuai una serie di sguardi amici che mi osservavano esterrefatti, stupiti, sorpresi. Fu allora che strinsi al petto il suo bracciale. Fu allora che capii di avergli gridato, proprio come avrei voluto, anche se senza volere, di amarlo alla follia.
 
-Narratore Esterno.
Aveva iniziato con “Questa non è una canzone d’amore..” per finire con “ma se ora fosse qui, griderei fino all’estremo delle forze a quell’amore, capace di farmi impazzire, che lo amo ancora.”
E Zayn aveva sentito il corpo sussultare, disteso sulla panchina, all’idea d’essere lui quell’amore o per la speranza di esserlo. Il cuore aveva preso a palpitargli in modo disumano, quasi andava in iperventilazione. Per calmarsi, strinse forte le mani, desiderando di potersi rialzare quanto prima per trovare conforto.
Un pianoforte riprodusse alcune note, poi una voce, che riconobbe essere la sua, lo lasciò definitivamente senza fiato.
 
“Sparirò tra gli altri, ma tutto mi riporta da te.”
 
L’immagine di lei ed André quel giorno di parecchi mesi prima, nel negozio di musica, abbracciati, generò una morsa in lui che strinse in malo modo il suo stomaco, rovesciandolo. Provava dolore, nuovamente.
 
“Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere a me e agli altri.”
 
Era stata capace di paragonare ogni gesto che aveva compiuto per lei, ad insaputa del mondo, e che le avevano causato malessere, ad un sorriso. Ecco che il dolore s’intensificò.
 
“I ricordi che rivivono non so lasciarli andare.”
 
Non riuscì a fermarsi. Si sedette al fianco del riccio che lo guardò sorpreso, seguito dagli altri. Quando, poco dopo, Samantha emise l’acuto finale, schiuse appena le labbra giudicandosi un vero idiota. Si trattava della più bella dichiarazione d’amore che avesse mai visto fare e di cui mai fosse stato parte.
Centrò i suoi occhi, fissando le sue iridi scure che, persino a distanza, erano visibilmente arrossate, poi le sue guance colme di lacrime, per finire le labbra contorte per conformarsi ad un espressione sfinita.
Si avvistarono, riconobbero, poi contemplarono e per finire stupirono.
 
-Sam.
Il concerto era terminato.
La folla stava prendendo il largo, ma il cortile del college era ancora invaso dalla sua presenza. Non badai minimamente ai miei effetti personali, riflettei soltanto sul piano d’attuare per rintracciare e raggiungere quel tale.
Necessitavo di vederlo.
Corsi tra la massa, ricevendo spallate, di tanto in tanto insulti, forse qualcuno mi maledisse, ma in quegli istanti cercavo solo d’individuare anche un solo indizio tra la moltitudine che m’indicasse quale strada intraprendere per riabbracciarlo.
E se lui non avesse voluto riabbracciarmi? Scacciai immediatamente il pensiero. Non dovevo tirarmi indietro ancora, non quella volta.
Mi addentravo all’interno, poi cercavo verso l’esterno dell’enorme gruppo creatosi, ma nulla, era come.. scomparso?! Possibile?
A seguire, sospirai di sollievo: Juliette e Niall erano a pochi metri di distanza. Mi catapultai su di loro, domandando di Zayn con fare esplicito. Non esigevo indugi.
- “ E’ con Hayley e Liam al parcheggio per prendere l’auto e andare a pranzo. “ – rispose Niall, senza capirci un granché. Borbottai un grazie stizzito, prima di riprendere la corsa.
Sarei dovuta arrivare in tempo, avrei dovuto avere la mia possibilità. Noi meritavamo una chance.
Il parcheggio distava davvero poco dal punto in cui mi trovavo, ma dopo una giornata simile, non potevo che essere adirata dal pensiero di dover correre ancora ed ancora. Arrivai al parcheggio in breve. Girai più volte su me stessa fin quando intravidi una testa rossa entrare in auto seguita da una capigliatura bionda. Ce n’era poi una nera con qualche riflesso aureo che, esitante, si apprestava ad entrare.
- “ Zayn. “ – gridai con tutto il fiato contenuto nei polmoni. Mi vide.
Gli sorrisi, fece altrettanto. Lo ammirai, fece altrettanto. Quando poi provai a riferirgli qualcosa, a distanza, lui venne richiamato da Liam seduto nel lato guidatore, perché li raggiungesse in auto. Zayn mi rifilò un’occhiata veloce, prima di fare come richiesto, senza mai voltarsi indietro.
Non aveva pensato minimamente di tornare sui suoi passi, di ascoltare almeno ciò che avevo da dire, che forse necessitavo d’essere compresa e non maltrattata, come invece ritenevo stesse facendo. Non meritavo un simile trattamento. L’aver sofferto e poi cercato in ogni modo di sopravvivere con la costante sofferenza nell’animo, non era un atteggiamento da dover essere incriminato.
Ma, a quanto pareva, Zayn ed io non la pensavamo allo stesso modo.  
L’auto venne messa in moto ed io, immobile, la vedevo estrarsi dal posto parcheggio, prima d’iniziare ad allontanarsi.
Una furia si scatenò in me, all’idea di averlo perso per sempre. Questa m’indusse ad urlare, persino in quella particolare circostanza, verso l’auto che non era ancora poi tanto discosta.
- “ Zayn, aspetta.. “ – strinsi forte gli occhi e, consapevole di quanto stavo per rivelare, trattenni il respiro. – “Ti amo. “ – un concreto senso di libertà e di leggerezza m’invase. L’avevo ammesso, finalmente. Avevo esposto ciò che provavo al mondo, il mio mondo. Sperai in un’inversione, in un ritorno dell’auto, in un suo aprire la portiera per precipitarsi all’esterno, in mia direzione.
Ma non fu così perché l’auto, guidata da mio cugino, non arrestò la sua corsa, prese sempre più le distanze, fin quando non svoltò per abbandonare la via, lasciandomi quindi modo di pentirmi, di riflettere sugli errori commessi.
L’avevo perso, proprio quando avevo compreso quanto amore dimorava in me.
Mi chinai su me stessa, sedendo sull’asfalto cocente.
Le lacrime bagnarono il mio volto e, con rapidità, fui persuasa dall’idea di non farmi vedere per un po’ nei dintorni, di lasciare che l’estate facesse il proprio corso e, nel frattempo, trasferirmi per i tre mesi feriali da qualche lontano parente, ma questi miei ragionamenti non ebbero lunga vita.
La tasca posteriore dei miei pantaloni vibrò, sfilai il cellulare e la mia attenzione fu catturata dal messaggio appena ricevuto.
Quella dannata commiserazione mutò in improvvisa gioia ed un inatteso desiderio di amare senza alcun fine mi pervase.
Poche parole risuonarono nella mia mente, quasi fossero le uniche di cui sentissi un estremo bisogno, mentre le leggevo impresse sullo schermo del cellulare:
 
‘Ti amo anch’io, più che mai. –Zayn”
 

my space:
E bene, cari lettori e care lettrici,
siamo giunti al termine del primo
grande capitolo di questa storia.
Sto tremando, perciò se trovate
qualche errore di battitura, non ce
l’abbiate con me, pls. lol
 
Scusate anche gli eventuali errori
del capitolo,
sono stata tormentata dalla scuola e,
lo ammetto,
non sono tanto soddisfatta del finale.
Ma fa niente.
 
Sono così emozionata, spero tanto
che questo genere di finale sia di
vostro gradimento. :’)
Tra l’altro, non potevate aspettarvi
nulla di differente.. davvero
credevate che avrei iniziato una nuova
storia con la coppietta già bella che fatta?
NEI VOSTRI SOGNI, GIA’.
AHAHAHAHAHAHAHAHA
 
Ora avrete un estenuante dubbio
sul quale riflettere: staranno o non
staranno mai insieme?
E chi può dirlo! lol
Sicuramente si amano, ma io non
ho mai accennato al fatto che la
loro sarà una bellissima love story.
Okay, sì.
Potete avercela con me.
AHAHAHAHAHAHAHAHA
Ma non più di tanto, perché potrei
invece sorprendervi tanto nel
sequel di questa storia. ;)
 
E ora, niente.. anzi sì.
Ho qualcosa da dire: Grazie.
Grazie,per aver letto ogni singolo
capitolo.
Grazie, per aver recensito molti di
questi capitoli.
Grazie, per avermi fatta sorridere.
Grazie, per avermi sommersa di
complimenti e critiche, quando
ne avete sentito il bisogno.
Grazie, per avermi sempre supportata.
Grazie, per avermi incoraggiata
quando credevo di non potercela
fare.
Grazie, per esservi commosse.
Grazie, per esservi fatte scappare
qualche lacrimuccia.
Grazie, per aver pianto seriamente
ed esservi poi ritenute delle matte
perché questa è “solo una storia”.
Grazie, per aver riso a crepapelle.
Grazie, per esservi arrabbiate a causa
delle scelte e delle azioni che Sam,
Zayn e gli altri hanno intrapreso o
compiuto, nel bene e nel male.
Grazie, per essere state in pensiero
quando non riuscivo ad aggiornare.
Grazie, per aver atteso.
 
Grazie, per aver creduto in me.
Grazie, per non avermi mai abbandonata.
Grazie.. perché tu, sì tu, sei rimasta e mi
hai resa forte, inconsapevolmente.
Semplicemente, Grazie.
 
Vostra..
Tua, Desi. xx

 
 
P.S. Tornerò a breve con le tre One-Shot estive tra Harry e Sam. Vi divertirete.
HEEEEEEEY, NON DIMENTICATEVI DI ME. Per favore.  
 

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