If I die young

di Rein94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01# Scott McCall ***
Capitolo 2: *** 02# Allison Argent ***
Capitolo 3: *** 03# Stiles Stilinski ***
Capitolo 4: *** 04# Derek Hale ***



Capitolo 1
*** 01# Scott McCall ***


Buonasera! Come ho già scritto nell’introduzione, ogni capitolo di questa raccolta descrive la morte di uno dei sei personaggi principali della serie TV. Era quasi un anno che non pubblicavo niente su EFP e questo è il mio primo tentativo di scrivere qualcosa su Teen Wolf quindi fatemi sapere che ne pensate (il prossimo capitolo sarà su Allison)!

If I die young

As I drown in lakes of fire,

 I will call your name as I expire.

 It's the last thing that I'll do.

 I will tell them I'm with you. 

( Cemetery – Say Anything)

01 # Scott McCall

C’era da dire che se l’era proprio cercata. Insomma, per quanto si fosse impegnato nel corso di quell’anno a ignorare ogni singolo consiglio di Derek sulle cose – e le persone, soprattutto – da evitare per sopravvivere, avrebbe dovuto capirlo da solo che uscire di nascosto con una ragazza la cui famiglia sembrava aver trovato nello scuoiare vivi quelli come lui un vero e proprio hobby non rientrava esattamente nella lista delle cose più brillanti da poter fare. Ma Scott non aveva mai creduto di essere brillante; lui era più il tipo ingenuo, quello a cui piaceva pensare che sedendosi tutti in cerchio e discutendo con calma del problema si poteva arrivare ad una soluzione che accontentasse tutti. Magari quando il nonno di Allison gli aveva amichevolmente piantato un pugnale nello stomaco o ogni qualvolta la signora Argent si trovava a meno di cinque chilometri di distanza da lui – quella donna lo terrorizzava, si chiedeva seriamente come facesse suo marito a dormire nello stesso letto con lei – avrebbe dovuto avere almeno il sentore che non era proprio il caso di essere ottimisti, ma Scott era fiducioso. Allison era con lui, e finché loro fossero stati insieme tutto il resto era secondario.

A pensarci bene, era strano. Con tutte quelle volte che aveva rischiato di morire – e ce n’erano state parecchie, da quando Peter aveva avuto la brillante idea di morderlo - , mai una volta aveva pensato che sarebbe morto davvero. In un modo o nell’altro, lui e gli altri se la cavavano sempre e non riusciva ad immaginarsi che un giorno il suo cuore avrebbe rallentato i battiti fino a fermarsi e il suo corpo sarebbe diventato freddo e lui non si sarebbe più svegliato. In un modo o nell’altro, se la cavavano sempre.

Era successo in un attimo. La signora Argent – alla faccia della madre iperprotettiva – era davanti a casa Hale e non avrebbe dovuto essere lì, perché il branco era nel mezzo di una riunione per discutere del Kanima  e fra loro e i cacciatori c’era una tregua e di certo quello non era il momento di morire perché un proiettile a prova di lupo mannaro gli attraversava il cuore.

Aveva la vista appannata e avvertiva indistintamente quanto affannoso fosse il proprio respiro e non era neanche più sicuro di sentire dolore, riverso a terra su quelle secche foglie autunnali sporche del suo sangue. L’odore di Allison lo circondava e lo avvolgeva e lui avrebbe solo voluto riuscire a respirare in modo più regolare, così da poter inspirare profondamente e catturare quel profumo così familiare che già gli mancava mentre il suo olfatto si indeboliva. Si sforzò di aprire gli occhi e sperò subito di non averlo fatto, perché gli occhi di Allison gli bagnavano le guance di lacrime che la sua pelle febbricitante non riusciva ad avvertire al contatto e per la prima volta lo colpì la certezza che aveva mentito a se stesso, che non era vero che se la cavavano sempre perché lui questa volta non se la sarebbe cavata.

Allison mormorava parole confuse che lui non riusciva a distinguere e stringeva  con le mani tremanti la sua maglietta sporca di sangue e terra e lacrime e piangeva e Scott pensò che non poteva proprio morire perché sua madre avrebbe cucinato le lasagne quella sera e se fosse morto lui non sarebbe stato migliore di suo padre, che li aveva abbandonati lasciando che sua madre bagnasse di lacrime il cuscino ogni notte mentre i suoi respiri spezzati e irregolari la cullavano in un sonno profondo.

Era tutto confuso e i suoni erano ovattati e Scott riusciva solo a pensare che avrebbe davvero voluto parlare in quel momento, perché era assolutamente necessario che facesse promettere a Stiles che sarebbe andato lui da sua madre quella sera a mangiare le lasagne al posto suo così da non lasciarla sola e avrebbe voluto dire ad Allison che non scherzava affatto quando diceva di volerla sposare, e che l’avrebbe sposata in quell’istante se avesse potuto, ma aveva la gola secca e le labbra di Allison che chiudevano le sue e non riusciva a trovare la forza per comandare al suo cervello di comunicare alla bocca le parole che avrebbe voluto pronunciare.

Poi, intorno a lui non percepì più altro che il buio. Non ricordava di aver chiuso gli occhi ma non riusciva più a vedere Allison e sentì quanto deboli fossero in quel momento i battiti del proprio cuore e seguendo quei battiti smorzati si abbandonò all’oblio.

FINE.

                                                                                                                                             

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Capitolo 2
*** 02# Allison Argent ***


 

If I die young

And I look at you, and I see me,

Making noise so restlessly,

But now it's quiet and I can hear you sing,

'My little fish don't cry, my little fish don't cry.'

(Autumn Leaves – Susan Boyle)

02# Allison Argent

Allison doveva ammetterlo: non era stata granché contenta quando i suoi genitori le avevano detto che si sarebbero trasferiti di nuovo. Sembrava che la sua famiglia soffrisse di qualche strana sindrome che impediva agli Argent di vivere per più di uno o due anni nella stessa casa e che li costringeva a vagare stabilendosi sempre in qualche strano paese sperduto e inquietante. Comunque fosse, nessuno si trasferiva tanto spesso senza alcuna ragione, e una volta Allison aveva provato a parlarne ai suoi. Doveva aver avuto dieci o undici anni, e mentre lei e i suoi genitori stavano cenando ricordava di aver detto una cosa del tipo:  Non è giusto, perché dobbiamo trasferirci di nuovo? Cos’è, siete spie del governo? Fate qualcosa di illegale?”  Suo padre si era irrigidito di colpo e sua madre le aveva ordinato con la voce più fredda che avesse mai sentito di andare in camera sua. Allison non era più tornata sull’argomento.

Le costava un po’ ammetterlo, ma per una volta era contenta di aver cambiato casa. Le piaceva la sua nuova scuola;  si era subito fatta degli amici e poi aveva incontrato Scott. Era un po’ strano, ma la faceva ridere e aveva quell’espressione negli occhi quando la guardava che le faceva battere il cuore a mille. Anche quando aveva scoperto la verità su di lui – la verità sulla propria famiglia – le era bastato guardarlo negli occhi e riconoscere quello sguardo che riservava solo a lei per capire che suo padre e sua zia si sbagliavano, che anche se non era umano Scott restava sempre lo stesso ragazzo dolce e un po’ imbranato di cui si era innamorata. E poi, anche se la parte animale di lui avesse preso il sopravvento, Allison continuava a ripetersi che lei era abbastanza forte da rimanere accanto a Scott e nello stesso tempo difendersi.                                                                    

 A  pensarci col senno di poi, era stata solo una stupida. Cosa aveva creduto di poter fare lei, povera, piccola, indifesa umana? Stiles l’aveva avvertita di stare lontana da Scott quel giorno, perché con un’eclissi totale del sole neanche Derek sapeva come comportarsi ed era meglio che l’intero branco se ne stesse rinchiuso per evitare problemi.

Ma lui era Scott e lei era Allison e lei sapeva che lui non le avrebbe mai potuto fare del male. Non c’era neanche un vero motivo per il quale aveva deciso di andare da lui. Forse voleva solo provare a se stessa che poteva farcela, che loro potevano farcela, che il loro amore avrebbe superato anche l’insignificante dettaglio che Scott era un licantropo. Stupida, stupida, stupida  piccola Allison.              

Non aveva neanche fatto in tempo a voltarsi. Non aveva neanche fatto in tempo ad accorgersi che le catene di ferro che avrebbero dovuto tenere Scott legato erano spezzate, che subito qualcosa l’aveva sbattuta a terra. Ed eccola lì, lei che pensava di potersi difendere solo perché sapeva tenere in mano arco e frecce, immobile a terra a fissare gli occhi gialli di quella creatura sopra di lei, occhi identici a quelli di Scott ma che non potevano essere i suoi, perché gli occhi di Scott non erano mai stati così vuoti.

Quando la seconda ondata di dolore arrivò, fu talmente pungente da mozzarle il fiato. Avrebbe voluto chiudere gli occhi ma non riusciva a distogliere lo sguardo dagli artigli e il pelo e il viso della creatura che si macchiavano del suo sangue mentre quegli occhi spenti la guardavano come se fosse un pezzo di carne e si accanivano sul suo corpo con furia e foga e sete di sangue ancora e ancora. Sentiva delle grida roche uscirle brucianti dai polmoni, e fu terrorizzata nello scoprire che era in grado di produrre suoni tanto acuti e insieme sgraziati. Percepiva indistintamente il movimento della sua labbra mentre pronunciavano parole sconnesse [per favore scott fermati per favore oh è stata tutta colpa mia stupida stupida stupida  io ti amo così tanto non è stata colpa tua ti perdono ma ti prego non uccidermi non posso ancora morire avevi promesso che ci saremmo sposati scott] e ascoltandosi si chiese com’era possibile che una come lei, che aveva sempre avuto il sangue freddo, che sapeva difendersi, si fosse ridotta ad implorare con una voce tanto patetica. Cercò ancora lo sguardo di Scott e quando vide che gli occhi della creatura si stavano facendo lucidi scoppiò anche lei a piangere in un pianto forte e sconnesso con le lacrime che bruciavano sulle sue guance ferite e insanguinate. Piangeva e sentì che le parole non riuscivano più ad uscire dalla gola per essere gridate e gli occhi della creatura diventarono di colpo tristi e addolorati, anche se ancora non umani, e la bestia si allontanò da lei e ululò forte di un ululato che era un grido di rabbia e disgusto e orrore e dolore. Allison non poteva vedere il proprio corpo ma immaginava la distesa di sangue caldo che si allargava sotto di lei e ogni cellula le gridava di chiudere gli occhi e lasciarsi andare perché faceva troppo male, ma lei poteva difendersi, l’aveva promesso a Scott e a se stessa, e lottò per tenere gli occhi fissi su quelli della creatura sperando di vedere ancora Scott un’ultima volta.

Il cuore le batteva fortissimo nel petto come se volesse uscirne e si chiedeva quando la bestia l’avrebbe colpita ancora, ma il lupo non fece altro che ululare e ululare e ululare il suo canto di dolore finché Allison non fu inghiottita dall’oscurità.

FINE.

 

(Alla prossima con Stiles!)

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Capitolo 3
*** 03# Stiles Stilinski ***


If I die young

I'm not scared of dying,

And I don't really care. 

If it's peace you find in dying,

Well then let the time be near.

If it's peace you find in dying,

And if dying time is here,

Just bundle up my coffin

 'Cause it's cold way down there.

(And When I Die – Blood, Sweat and Tears)

03# Stiles Stilinski

Stiles rideva. Non era una di quelle risate che coinvolgono tutto il corpo e ti fanno piegare sulla pancia e venire le lacrime agli occhi, perché anche per un tipo come lui ridere in quel modo con un buco sanguinante che si gli allargava sull’addome sarebbe stato veramente da Svitato con la ‘S’ maiuscola. Era più una di quelle mezze risate che compaiono agli angoli della bocca e che proprio non riesci a trattenere, anche se magari la situazione non è esattamente delle più appropriate. E ok, magari sarebbe stato più conveniente cercare un modo per non morire dissanguato invece che perdere tempo a ridere, ma proprio non riusciva a fare a meno di trovare l’intera faccenda esilarante. Senza contare che l’idea della morte non lo spaventava particolarmente; se hai sedici anni, sei umano e te ne vai in giro con un branco di lupi mannari non può non esserti mai venuta in mente la possibilità concreta di morire. E poi seriamente, cosa avrebbe dovuto fare? Modestia a parte, si era sempre considerato un tipo piuttosto sveglio (quantomeno non dormiva in piedi come Scott) ed era chiaro come il sole che a meno che Derek non l’avesse trasformato subito sarebbe morto nel giro di poco tempo. E anche se l’Alfa fosse stato lì in quel momento, restava comunque il fatto che Stiles si rifiutava categoricamente di essere trasformato. Dopotutto – pensò mentre si appoggiava al muro dell’edificio di fronte a lui e si portava una mano alla bocca per tossire sangue – non si trovava in una situazione così diversa dal solito. Aveva il respiro irregolare e il dolore fisico era talmente forte da farlo impazzire, ma era ancora lo stesso Stiles di sempre che non riusciva a tenere la bocca chiusa per più di venti secondi, anche se anche se in quel momento stava vomitando sangue invece che parole. Le parole per lui erano fondamentali, perché riempivano il posto a tavola di sua madre quelle poche sere in cui lui e suo padre riuscivano a mangiare insieme e distoglievano la sua mente da lei in quei momenti in cui sentiva che gli attacchi di panico avrebbero potuto ricominciare e lui avrebbe solo voluto affondare e affondare e affondare e non riemergere mai più.

Il Kanima intanto se n’era andato – evidentemente era stato soddisfatto di quel regalino che gli aveva lasciato trapassandogli il busto da parte a parte – e Stiles non intendeva certo essere scortese o altro, ma sperava proprio che Scott e gli altri dessero a Jackson una bella lezione, perché se la meritava proprio. Aveva fatto tante storie per ottenere quell’ordine restrittivo, e alla fine era lui che gli era piombato addosso.

Si sedette a terra, con la schiena appoggiata al muro e si asciugò bruscamente la lacrima traditrice che gli era scesa sulla guancia, inspirando ed espirando profondamente come per calmarsi. Ok, forse aveva mentito. Forse un po’ di paura ce l’aveva. Forse non voleva ancora morire. È solo che avrebbe voluto più tempo, solo un po’ di tempo in più per aiutare suo padre a riempire i buchi lasciati da sua madre e poter baciare Lydia e almeno una volta, anche solo una, giocare da titolare in una partita di lacrosse. Voleva che Scott passasse l’anno senza essere bocciato e che tutto si sistemasse fra lui e la famiglia di Allison – perché ammettiamolo, una suocera come la signora Argent era meglio averla dalla propria parte – e finalmente pronunciare LA battuta, quella che avrebbe fatto ridere Derek togliendogli dalla faccia quella specie di espressione corrucciata che c’era sempre stampata sopra.

Ma non aveva più tempo, non aveva più tempo e tutto si annebbiava e Stiles si rese conto fra i respiri affannosi che in realtà non aveva capito niente in quelle volte in cui si era chiesto se sarebbe stato poi tanto orribile morire e soffocare il dolore e andare dovunque si fosse andata a cacciare sua madre per ricordarle che gli aveva promesso una torta al cioccolato da davvero troppo tempo e lei gli aveva insegnato che le promesse vanno mantenute. Non aveva capito niente perché era ovvio che sarebbe stato orribile, e lui avrebbe sopportato il dolore più terribile se avesse potuto vivere solo un giorno in più, parlare per un giorno in più, e convincere suo padre a fargli cambiare definitivamente e legalmente il nome perché a che razza di genitori insensibili sarebbe mai potuto venire in mente di chiamare il loro figlio con quel nome assurdo?

Sentiva che il suo intero corpo andava a fuoco e chiuse gli occhi. Non voleva accorgersene, non voleva accorgersi del momento esatto in cui sarebbe morto. Era una cosa stupida e infantile e insensata e Stiles aveva abbastanza buon senso da capire che ignorare il problema non l’avrebbe automaticamente fatto sparire, ma ehi; stava morendo. Aveva diritto di ingannarsi un’ultima volta.

Si costrinse a tenere gli occhi chiusi mentre soffocava i respiri affannosi e il dolore e aspettava in silenzio che la morte lo prendesse, si concesse di pensare “Spero davvero che quella dannata torta al cioccolato ne valga la pena”.

FINE.

 

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Capitolo 4
*** 04# Derek Hale ***


Ok, questo capitolo è stato scritto prima di vedere il nono episodio della seconda stagione, quindi Victoria “MatiteAssassine” Argent è ancora viva e Allison non ha ancora intenzione di far fuori Derek. Inoltre, come nella maggior parte delle fanfiction su Teen Wolf qui il branco è in una specie di situazione idillica in cui i componenti invece di volersi sgozzare a vicenda riescono a stare nella stessa stanza per più di venti secondi ed uscirne –quasi- incolumi. Buona lettura! (Ah, non potrò aggiornare per un po’ perché vado in vacanza, ma tornerò presto! Grazie a quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite e alle preferite!)

If I die young

 

Luck runs out

Crawl from the wreckage one more time

Horrific memory twists the mind

Dark, rugged, cold and hard to turn

Path of destruction, feel it burn.

(All Nightmare Long – Metallica)

04# Derek Hale

Se Derek fosse stato il tipo da reagire alle situazioni disperate con della sana ironia, del sarcasmo, o anche più semplicemente un po’ di umorismo, doveva ammettere che in quell’esatto momento si sarebbe buttato a terra rotolandosi dalle risate per l’assurdità di quello che stava accadendo.

Non era un genio della matematica – non aveva neanche finito il liceo a dirla tutta – ma non credeva che le probabilità di morire in un incendio nella stessa, identica casa in cui poco meno di un decennio prima era morta la sua famiglia potessero essere così alte. Ergo, doveva esserci qualcuno o qualcosa che evidentemente lo detestava dal profondo del suo essere e che continuava a mandargli segni del fatto che lui sarebbe dovuto morire insieme agli altri quella notte.

Beh, se Derek non era esattamente il tipo più divertente che potevi incontrare, era sicuramente uno dei più irritabili. E in quell’istante, mentre cercava di farsi strada fra il fumo penetrante che gli annebbiava i sensi e i pezzi di legno marcio che cadevano dal soffitto in fiamme, l’alfa era decisamente furioso. Con tutte le volte in quegli anni in cui si era chiesto perché era ancora vivo, che si era detto che non era giusto e che sarebbe stato molto meglio se fosse morto soffocato in quel dannatissimo incendio, Derek non poteva assolutamente accettare di morire in quel momento. Non proprio quando si era finalmente costruito, trovato una nuova famiglia. Non poteva morire e lasciarli soli perché onestamente non credeva fosse mai esistito un branco più disastrato del suo nella storia dei lupi mannari e loro avevano bisogno di lui per sopravvivere. Una volta, durante una delle riunioni del branco, Stiles – che diamine aveva quel ragazzino che sembrava impedirgli di restare fermo per più di cinque secondi? – aveva improvvisamente guardato tutti i presenti seduti in cerchio in quello che una volta era stato il salone di casa Hale e si era messo a ridere: “Mi sembra di far parte di uno di quei gruppi di recupero per alcolisti.” E sebbene Derek non avesse fatto altro che grugnire per risposta, pensava che in effetti la definizione calzasse a pennello. Per questo, per tornare dal suo branco, avrebbe lottato con tutte le sue forze, e sarebbe uscito da quella casa sano e salvo a tutti i costi.

Cominciava a sentirsi disorientato, mentre cercava una via d’uscita fra le fiamme con il dolore che aumentava a dismisura e le ferite che bruciavano per il sudore salato. Il crepitio delle fiamme si era fatto sempre più forte nella sua testa e ormai suonava come un fischio continuo nelle sue orecchie. Spostava lo sguardo annebbiato dal fumo ovunque intorno a sé cercando di trovare una scappatoia, ma non vedeva nient’altro che fiamme e il suo corpo affaticato non avrebbe resistito ancora a lungo.

Si sentiva febbricitante ed era abbastanza sicuro che la sua mente non riuscisse a percepire la realtà in modo lucido e concreto. Era l’unico modo in cui riusciva a spiegarsi come Laura potesse essere davanti a lui in quel momento, visto e considerato che sua sorella era morta da un pezzo. Laura gli mancava più di tutti nella famiglia; lei sapeva sempre tutto, sapeva sempre cosa fare. E aveva avuto ragione fin dall’inizio su Kate. Se solo Derek l’avesse ascoltata, se solo non fosse stato così cieco e stupido e incredibilmente ingenuo, la sua famiglia sarebbe stata ancora viva. Laura diceva che Kate era “diversa”, e Derek non capiva. Si arrabbiava con Laura e le diceva che solo perché Kate era umana non significava che lui non poteva frequentarla, diceva che se sua sorella avesse conosciuto Kate come la conosceva lui non l’avrebbe odiata così tanto perché Kate era fantastica, era semplicemente giusta per lui. Ma ora Derek capiva quello che Laura intendeva dire; Stiles e Allison erano umani, ma il loro odore non era “diverso”. Loro odoravano di branco e di famiglia e di casa e con Kate non era mai stato così.

Improvvisamente Laura sparì da davanti a lui e Derek si accorse con orrore di non essere più in piedi. Guardò il proprio braccio steso di fronte a sé e cercò di ordinargli di muoversi con tutte le forze che aveva in corpo, ma ottenne solo un debole tremolio della mano. Provò ancora e ancora, perché doveva assolutamente uscire di lì – quello non poteva assolutamente essere il suo momento di morire -, ma il suo corpo era troppo stanco per riuscire ad alzarsi e portarlo via in salvo.

I suoi respiri si facevano sempre più spezzati e irregolari, sentiva il proprio intero corpo andare a fuoco e vide di nuovo Laura. Sorrideva e gli tendeva la mano, e accanto a lei c’erano suo padre e sua madre e persino suo zio Peter, com’era prima che impazzisse e diventasse un pazzo omicida. La sua famiglia  sorrideva e lui si sentiva scivolare come succede nei momenti prima di addormentarsi e lentamente le fiamme intorno a lui svanivano per lasciare posto alla sua casa, la casa in cui era nato e cresciuto prima che quell’incendio venisse appiccato.

Le ultime fiamme stavano svanendo e lui quasi non percepiva più niente mentre ancora lottava inutilmente per restare sveglio.  L’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi per sempre fu la voce di Laura, calda e familiare, che diceva “Bentornato a casa.”

FINE.

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