Il bilocale al 24, Licthfield street

di Ulissae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Anello ***
Capitolo 2: *** Bilocali e Libri Miracolosi - I parte ***
Capitolo 3: *** Bilocali e Libri Miracolosi - II parte ***
Capitolo 4: *** Di concerti e di musei - I parte ***



Capitolo 1
*** Prologo - Anello ***


Prologo - Anello



Hermione Granger aveva deciso di trasferirsi al 24, Licthfield Street dopo essersi separata dalla sua vecchia fiamma Ronald Weasley.
Una separazione tranquilla e pacata, ben diversa dalle vecchie crisi adolescenziali che li avevano colti quando non erano ancora fidanzati, ma si sentivano come tali: Hermione e Ron si erano seduti uno davanti all'altra una mattina a colazione, entrambi pronti a dirigersi verso il Ministero.
Stranamente era stato Ron a iniziare a parlare, sollevando lo sguardo dalla sua enorme tazza di latte che trangugiava con la stessa voracità di quando era un ragazzo.
«Herm, credo che... siamo di nuovo da capo»
Lei stava spalmando un po' di marmellata all'arancia su una fetta di pane tostato, lo guardò attentamente e aspettò.
«Insomma... ormai siamo amici, come prima»
A quel punto si rese conto che Ron aveva capito tutto e lo aveva accettato con tranquillità. Gli sorrise e, cercando di nascondere la leggera agitazione, gli baciò come ogni mattina le labbra; colta dall'agitazione, però, le labbra gliele aveva appena sfiorate, soffermandosi più su quello spazio tra la guancia e la bocca – lo spazio degli amici.
Era andata a lavoro, ma non era riuscita a pensare a niente. Alla fin fine anche lei si era resa conto che il rapporto con Ron era ritornato al principio, in un processo naturale e indolore che, proprio per questo motivo, le era sfuggito. Uscita dall'ufficio si era diretta come tutti i giorni a fare la spesa, metodicamente aveva comprato tutti gli ingredienti necessari, poi era tornata a casa e aveva preparato la cena – come se niente fosse.
Ron era rientrato e si era guardato intorno, piuttosto agitato, anche se non l'aveva ancora vista si era bloccato sulla porta quando aveva sentito il rumore delle padelle sui fornelli.
«Hermione?» la chiamò, deglutendo rumorosamente. Posò a terra la sua ventiquattrore che fece uno strano rumore – quell'oggetto che doveva analizzare forse era meglio se l'avesse lasciato in ufficio.
«Ron, sei arrivato in tempo. È pronta la cena»
Uscì dalla cucina e lo vide chino a togliersi le scarpe, scalciate via si avvicinò alla tavola.
Quella sera Hermione non se la sentì di ricordargli che doveva lavarsi le mani, rimase in silenzio e servì il pollo al curry che sapeva fare tanto bene.
Ron, nonostante la tensione, non riuscì a trattenere un sorriso allegro alla vista della pietanza, che già pregustava e che già sapeva fosse deliziosa.
«Senti...» iniziò lei, sedendosi e iniziando a giocare con una forchetta, nervosamente.
«Sì, hai ragione. Dovevo chiamarti, insomma... è che non sapevo bene...»
«No, no, Ron. Aspetta» lo interruppe, prendendo un profondo respiro. «Volevo parlare di quello che mi hai detto stamattina. Ci ho pensato... tantissimo» mormorò, alzando di scatto lo sguardo.
A Ron gli occhi di Hermione avevano sempre incusso una strana sensazione di disagio e paura – per assurdo gli ricordavano fin troppo quelli della madre.
«Io non voglio litigare con te, Herm. Per me possiamo continuare a vivere insieme... solo che volevo essere sincero, ecco. Niente di più»
Hermione gli sorrise e sospirò, chiudendo un attimo gli occhi; i piatti si stavano freddando e le parve così strano che Ron non avesse iniziato a mangiare subito.
«Lo so, Ron. Infatti io non sono arrabbiata. Solo che... no, insomma, non ce la farei a vivere ancora qui» sorrise flebilmente, allungando una mano e stringendogli la sua, che era sempre un po' fredda e screpolata.
«Volevo trasferirmi, magari vicino al Ministero, così non devo fare tutta questa strada ogni mattina. Magari vicino a Charing Cross. Qualcosa così»
Calò di nuovo il silenzio e lei prese la forchetta, infilzando un bocconcino scuro; lo portò alla bocca e iniziò a masticare, come se i cinque anni di convivenza non fossero mai esistiti e lei fosse andata a casa sua, così, una cena qualunque.
«Sicura?» aveva chiesto un po' agitato lui, continuando a scrutarla attento, impaurito all'idea che potesse rivoltarsi contro di lui da un momento all'altro.
«Sicurissima, Ron. Ho ventiquattro anni, posso vivere tranquillamente in un bel monolocale vicino al centro. Potrò andare a tutti i teatri che vorrò senza neanche prendere l'autobus»  disse allegra, quasi saltellando sulla sedia.
Ron iniziò a masticare, sempre fissandola, cercando i segni della futura tempesta di furia. Ma niente.
Hermione sembrava tranquilla, matura, come se quel cerchio che si era richiuso l'avesse fatto senza che lei se ne accorgesse.
«Quindi...»
«Domani inizierò a cercare, ti va di aiutarmi?»
Si era versata un po' di Succo di Zucca e poi lo aveva offerto anche a lui; Ron le porse il bicchiere annuendo e solo dopo aver bevuto un bel sorso riuscì a deglutire l'enorme boccone.
«Mh, certo»
Hermione gli sorrise, un sorriso giovane, pacato, e continuò a mangiare tranquilla.
Ron iniziò a raccontarle la sua giornata, come sempre, e lei fece altrettanto; immersi nella loro quotidianità continuarono a vivere, all'inizio del cerchio, felici di poter comunque continuare il loro percorso.
Una volta a letto Hermione si era stretta a lui, infilando un piede tra le sue cosce, facendolo rabbrividire. Sorrise e si rese conto che l'affetto che provava per Ron non era dettato dal fidanzamento o da altro. Semplicemente, gli voleva bene ed era sicura che lui avrebbe fatto altrettanto, nonostante tutto.
Ron borbottò qualche “miseriaccia”, rabbrividendo, ma si voltò e la strinse, con le sue braccia lunghe e un po' goffe.
Quando scese il silenzio e si sentiva solo il leggero respirare di Grattastinchi ai piedi del letto, Hermione bisbigliò: «oggi ti sei scordato i guanti, vero?»



Angolo Autrice:
giuro, giuro che questa è una Dramione. Lo giuro! Anche se Draco non è stato ancora nominato, vi giurò che è una Dramione XD
Non ho veramente molto da dire se non che è la prima volta che scrivo della coppia e mi sento piuttosto in soggezione, sapendo che è praticamente un classico del fandom. Vabbè, uno ci prova, no? :D
Spero vi sia piaciuta, a presto con il prossimo capitolo ;)

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Capitolo 2
*** Bilocali e Libri Miracolosi - I parte ***


Bilocali e Libri Miracolosi - I parte
ovvero, tentativi di pedinamento mal riusciti


Hermione si era trovata stranamente bene nel suo piccolo appartamento a Lichtfield Street. Piccolo, raccolto, a pochi passi dal lavoro, le era sembrato il giusto compromesso per l'iniziare di una nuova vita.
Perché Hermione ne era sicura: tempo un mese o poco più e sarebbe iniziata una nuova vita.
Magari un nuovo ragazzo, qualcuno che non aveva frequentato Hogwarts o che, per lo meno, non la ricordasse. Qualcuno che non la conosceva, c'erano così tanti bei ragazzi al Ministero, magari sarebbe riuscita a uscire con qualcuno.

Tempo un mese o poco più, però, Hermione si era già stufata di truccarsi ogni santo giorno; si era stufata di riavviarsi i capelli davanti a ogni singolo specchio per domare la sua anarchica chioma; si era stufata di abbinare gioielli e maglione e smalto e scarpe e si era ritrovata una single al centro di Londra con uno strano gatto rosso che la guardava con una malcelata pietà.
Gli scatoloni erano stati tutti sistemati e un ordine moderato regnava in tutta la casa: il tavolino al centro del piccolo salotto, che veniva usato quelle poche volte che gli amici la venivano a trovare, era sempre pieno di scartoffie di lavoro; metà delle pareti erano tappezzate da libri e la restante parte era coperta da foto e poster di vario genere, tutti incantati per far sì che in presenza di un Babbano le immagini si fermassero.
Lei e Grattstinchi, alla fin fine, non facevano una brutta vita: colazione sana, passeggiata fino al lavoro, saluto a Horatio, pranzo al parco – se il tempo era clemente –, cena che consisteva sempre in qualcosa di diverso, un bel libro prima di andare a dormire e la giornata era finita.
Anche se i suoi propositi di cambiamento erano falliti miseramente e lei era tornata a essere la pratica e spiccia Hermione di sempre, non si era scoraggiata.
Aveva continuato a vivere, sapendo che qualcosa sarebbe cambiato – perché nella vita tutto cambia.
Non avrebbe mai e poi mai detto che tutto sarebbe cambiato in un pomeriggio piovoso di novembre, mentre, di ritorno da lavoro, si era fermata da Foyles. Aveva finito l'ennesimo libro e aveva assolutamente bisogno di iniziarle un altro – si era scordata di sistemare la TV e Ron non aveva la più pallida idea di come sistemare “quella trappola Babbana”; Harry aveva fin troppo da fare con il lavoro.
Entrò nell'enorme libreria, che le aveva sempre messo una certa soggezione, e si sgrullò, infilando l'ombrello in una di quelle fine bustine di plastica bianca. Lo sistemò per bene e lo appese al braccio, inoltrandosi nei meandri del gigantesco negozio.
Superò piuttosto tranquillamente la sezione fantasy e horror – aveva fin troppo lavoro per pensare ancora alla magia – e anche quella dei romanzi rosa – lacrimevoli storie di eroine piuttosto svampite non facevano per lei. Si fermò davanti allo scaffale dei best-seller, emettendo un grugnito di disapprovazione davanti all'ultima autobiografia di un presunto talento di X-Factor e continuò a scrutare criticamente la parete. Stava per andarsene quando l'immagine di un Buddha catturò la sua attenzione. Si fermò e iniziò a fissare intensamente la copertina, affascinata dalla grafica e, soprattutto, dal titolo: “Dieci piccole mosse per ritornare a essere felici”.
Non che lei non fosse felice, ben inteso, ma... se veramente voleva cambiare qualcosa, perché non provare a iniziare con un libro. Allungò la mano, guardandosi intorno sospettosa (Hermione aveva sempre considerato quei libri come spazzatura stampata tanto per guadagnare un po' di soldi facili), ma proprio mentre stava per prenderlo si fermò.
Aveva notato un ragazzo dalla figura longilinea ed elegante, dai lunghi capelli biondi tirati indietro con un laccetto scuro. La ragazza lo fissò, incuriosita. Non appena l'aveva visto aveva associato quella figura a Lucius Malfoy e le parve terribilmente comico l'immaginare quel mago davanti a uno scaffale di fumetti della Marvel. Divertita all'idea di quella scena continuò a fissarlo, curiosa di sapere cosa avrebbe fatto. Lo vide afferrare un volume e iniziare a sfogliarlo, si voltò lentamente, quasi per osservare meglio le figure, e un profilo inconfondibile si mostrò.
Hermione voleva morire, prese rapidamente il primo libro che aveva a portata di mano – Buddha e i suoi dieci allegri consigli – e ci affondò il viso. Presa dal panico si mosse, intenzionata a uscire al più presto da quella libreria, perché non aveva la benché minima voglia di salutarlo-incontrarlo-osservarlo-averedeirapporticonlui.
Era Draco Malfoy, per l'amor di Morgana. In una dannatissima libreria babbana, che sfogliava con noncalanche un numero di “X-Men”.
Lentamente indietreggiò, cercando l'uscita più vicina, ma non fu facile. Come ogni volta che entrava in un negozio di libri si era persa, perché aveva iniziato a vagare senza meta con il naso all'insù, perdendo completamente la cognizione spazio-temporale. Chiuse gli occhi e cercò di riprendersi, ripercorse la strada al contrario, ricordando i generi che aveva superato, titolo dopo titolo.
Arrivò alla casa, posò sul bancone l'acquisto e continuò a rimanere a testa bassa. La commessa, una ragazza con il volto tempestato dalle lentiggini, la fissò piuttosto interdetta, ma osservando il titolo del  libro, i suoi capelli un po' troppo voluminosi, e quei leggeri peli di gatto rosso che aveva sul maglione fece finta di niente, credendola una strana donna, probabilmente depressa.
«Quant'è?»
La voce un po' strascicata di Malfoy la fece trasalire, era a tre casse di distanza da lei, ma non c'era nessuno, quindi era visibilissima. Sbiancò e agitata gli diede completamente le spalle, facendo finta di niente.
«Miss, sono 7 pounds» le disse la ragazza, guardandola ancora più stranita.
Hermione sembrò risvegliarsi da delle strane elucubrazioni, scosse la testa e borbottò un “sì” a mezza bocca, aprendo una borsettina dalla quale estrasse, con immenso stupore della commessa, un enorme portafoglio pieno di foglietti. Le allungò i soldi e fremette, sentendo che anche Draco stava pagando a pochi passi da lei.
«Sono 20 puonds» aveva detto il ragazzo che lo serviva.
L'ex-compagno di scuola aveva sfilato un elegante portafoglio nero dalla tasca dei pantaloni e aveva allungato con tranquillità la banconota, aveva rifiutato la busta e aveva infilato i volumi in una borsa a tracolla che sembrava molto vecchia.
«Il resto, miss» l'aveva richiamata la ragazza, un po' scocciata.
Hermione era trasalita e aveva quasi strappato le monete dalla mano della povera commessa. Sistemò gli spicci alla rinfusa nella borsetta e anche il libro, non rendendosi conto che in una porchette di pochi centimetri era assai strano che centrasse tutto quanto. Rapidamente uscì dalla parte opposta a quella di Draco Malfoy e una volta in strada sembrò riprendere colorito e fiato.
Non le sembrava vero: Draco Malfoy, quel Draco Malfoy che professava sin dalla culla l’inferiorità dei Babbani, si trovava al centro di Londra, in una libreria a leggere dei fumetti.
Dei fumetti.
Hermione era sconvolta e allo stesso tempo affascinata da quella situazione. Era dai tempi dei tribunali post-Guerra Magica che non lo vedeva e doveva ammettere che il viso sottile e allungato, che da ragazza l’aveva sempre infastidita, aveva assunto dei tratti più mascolini e attraenti.
“Hermione, focalizza,” si ripeté in testa, stringendo con forza il manico dell’ombrello, “la stranezza non sta nel fatto che sia diventato attraente, ma nel suo sfogliare dei fumetti Babbani in una libreria Babbana”.
Lo vide uscire e aprire un ombrello nero e gigantesco, tirare sui capelli il cappuccio del suo cappotto – sì, era un cappotto e non un mantello! – e iniziare a incamminarsi verso il Ministero.
Hermione si domandò dove stesse andando, si morse un labbro agitata e cercò di pensare razionalmente. Doveva tornare a casa, perché stava diluviando e le si stavano bagnando i piedi – e lei odiava avere i calzettoni bagnati. Però per tornare a casa doveva per forza seguire Malfoy. Iniziò a saltellare, indecisa sul da farsi. Prese un bel respiro e iniziò a camminare.
Non c’era molta gente per Charing Cross Road, con quella pioggia era impensabile che qualcuno si avventurasse per le strade; perciò non le costò molta fatica individuare nuovamente il suo ombrello e seguirlo – anche se lei stava tornando a casa, mica lo stava seguendo.
Arrivata al bivio di Litchfield Street si fermò, indecisa sul da farsi. A casa l’attendeva un enorme ammasso di leggi e leggiuncole sulla condizione degli Elfi domestici da modificare, mentre la curiosità di vedere dove si sarebbe diretto Draco Malfoy la stava trascinando verso Trafalgar Square.
No, doveva resistere.
Malfoy era sempre stato un tipo antipatico, che l’aveva torturata quando era una ragazzina e, soprattutto, considerando il suo schieramento durante la Guerra Magica era assurdo pensare di doverlo affrontare di nuovo, anche solo per salutarlo.
Ma, dannazione, stava leggendo dei fumetti!
Senza neanche rendersene conto si era ritrovata a seguirlo, a testa bassa, alzandosi la pesante sciarpa di lana fino sopra al naso – aveva freddo, mica doveva nascondersi da lui.
Lo vide girare all’altezza di St. Martin e superare numerosi negozi, con passo sicuro. Hermione rimase piuttosto distante, pur non perdendolo mai di vista; lo guardò mentre si fermava davanti a un locale dall’entrata che sembrava appartenere a un altro secolo, ma l’insegna con l’inconfondibile sirena verde la fece trasalire.
Draco Malfoy stava entrando in un comunissimo, Babbanissimo Starbucks coffee. Si chiese se in verità quella non fosse la giornata dei contrari o se, magari, fosse stato sottoposto a qualche strana penitenza dai suoi amici. Perché non era assolutamente possibile che quel ragazzo fosse Draco Malfoy.
Forse si era sbagliata e l’iniziale pensiero che l’aveva tanto divertita – un Lucius Malfoy interessato alle avventure di Capitan America – aveva poi compromesso le sue capacità mentali, portandola a creare un’illusione. Ma la voce strascicata e quei gesti lenti e quasi annoiati mentre dava i soldi erano i suoi. Ed era anche suo il modo con cui si era lasciato cadere sulla poltrona verde bottiglia, e il modo con cui afferrò il caffè posato sul tavolinetto a scacchi, mentre aveva iniziato a sfogliare un fumetto.
Forse era tutto frutto della sua immaginazione: il troppo lavoro aveva completamente annientato il suo cervello e lei si era inventata tutto.
Vide il ragazzo voltarsi, iniziando a fissare fuori dalla vetrina. Avvampò, coprendosi con l’ombrello, facendo finta di cercare qualcosa dentro la borsetta. La pioggia, che continuava a scendere insistente, non la risparmiò e in pochi secondi era già completamente zuppa. Piuttosto a disagio aspettò un po’, poi ritornò a coprirsi e riprese a fissare Draco Malfoy, che sembrava perso nella lettura.
Bene. Aveva scoperto che Draco Malfoy era un appassionato di caffè americano e di tutto ciò che un normale Babbano ventiquattrenne avrebbe adorato.
Normale. Normalissimo.
Non erano affari che le riguardavano, quindi poteva girare, fare dietro front, e ritornarsene a casa, dove un Grattastinchi affamato l’avrebbe fissata insospettito e indispettito.
Ma no, per la barba di Merlino, non era affatto normale. E Hermione, per quanto avesse tentato di nasconderlo – piuttosto miseramente – era sempre stata attratta da tutto ciò che non quadrava negli schemi. Altrimenti non sarebbe mai e poi mai andata dietro a quegli scavezzacollo di Harry e Ron.
Prendendo un enorme respiro attraversò la strada ed entrò nel locale. Alla fin fine quello che si era cacciato in una situazione imbarazzante era lui, non certo Hermione – una normalissima “Mezzosangue” che aveva deciso di leggersi un libro al caldo di un caffè.
Ordinò il cappuccino, a bassa voce, sempre divisa tra la sicurezza di stare nel giusto e l’agitazione dovuta alla paura di farsi riconoscere.
Lo prese e notò con terrore che non c’erano poi tutti questi tavolini liberi – stupida, stupida Hermione! Perché diamine non hai controllato.
L’idea di uscire non la sfiorò minimamente, considerando che aveva iniziato a diluviare ancora di più. Affranta si avvicinò al bancone di legno con le varie bustine di dolcificanti e simili; prese quattro bustine di zucchero – perché ne aveva veramente bisogno – e iniziò a girare la bevanda lentamente, per guadagnare tempo.
«Granger, hai smesso di pedinarmi o pensi di continuare fino a casa?»
Hermione fece un balzo, spaventata, parte del cappuccino le si versò sul cappotto e sulla sciarpa.
«Dannazione…» borbottò tra sé e sé. Cercò di darsi un contegno e si voltò, lentamente, come se non avesse la più pallida idea che lui si trovasse lì.
«Oh, Malfoy» disse con calma, alzando il mento per guardarlo con sorpresa.
Aveva il viso tremendamente liscio, ancora simile a quello di un adolescente, ma i lineamenti si erano induriti, facendolo assomigliare ancora di più al padre; solo una ciocca bionda era sfuggita alla coda ed era stata sistemata dietro l’orecchio destro. Vestiva completamente di nero.
«Non fare la finta tonta, è da Foyles che mi pedini, Granger».
Sì, era decisamente lui, il tono con cui l’apostrofava era rimasto immutato negli anni.
«Foyles…» iniziò, cercando di dare l’impressione di incredulità.
«Sì, Foyles, dove hai comprato un tremendo libro da 7 pounds. Non ti facevo tipa da best-seller»
Hermione non sapeva se arrossire per la pessima figuraccia, arrabbiarsi per essere stata così idiota da non accorgersi che lui si era accorto di lei o lusingata dal complimento velato – non era cosa da tutti i giorni sentirsi dire “non ti facevo tipa da best-seller”.
Boccheggiò un attimo, presa alla sprovvista, poi borbottò.
«Noi puoi giudicare un libro dalla copertina»
Brava, Hermione, devia. Svicola. Non ritornare sull’argomento “sono una stalker che ti stava pedinando fingendosi innocente da ben mezz’ora”.
«Si può giudicare tutto dalla sua copertina».
«Bene, allora posso dirti candidamente che la posizione di quella tipa sulla copertina del tuo fumetto è totalmente innaturale, quindi devo pensare che sia un enorme cumulo di immondizia»
«Quale fumetto?» scattò lui, stringendo rapidamente la cintura della tracolla, quasi a difendere il suo segreto.
«Non fare il finto tonto con me, Malfoy» sorrise soddisfatta lei.
Uno a uno, palla al centro.
«Bene. Allora ci rivediamo» disse Hermione, avvicinandosi alla poltroncina che lui aveva lasciata libera, si sedette e posò il bicchiere sul tavolino.
Lui la fissò indispettito, rimanendo in piedi. Continuò a scrutarla, anche mentre lei toglieva dalla borsetta il nuovo libro appena acquistato – visto che l’aveva notata, tanto valeva iniziarlo subito.
«Non ti ricordavo così maleducata, Granger» commentò inacidito, aspettando che la ragazza alzasse gli occhi.
«Scusa?»
«Fino a prova contraria io stavo seduto lì, e tu lo sai bene, visto che mi stavi spiando da fuori» indicò con un cenno della testa la vetrina e la strada ormai buia.
«Ti sei alzato» ribatté lei, poi notò che c’era una sedia libera e disse, calma «puoi sempre prendere quella sedia».
«Ma io voglio la poltrona, Granger».
Hermione sbuffò e le parve di ritornare all’età di quattordici anni, con un ragazzino viziato con cui avere a che fare.
«Bene» si alzò di scatto e si mise a sedere sulla sedia, dandogli le spalle. Sentì il rumore delle molle della poltrona che si piegavano sotto il peso del ragazzo e fece finta di niente, iniziando a leggere.
«Seriamente, “Dieci piccole mosse per ritornare a essere felici”?» commentò, sarcastico.
Lei si voltò, guardandolo irritata – lo sapeva che seguirlo si sarebbe rivelata una pessima idea.
«Seriamente, X-Men?»
Draco si zittì, indispettito. Abbassò lo sguardo e voltò la testa, sorseggiando il caffè e guardando fuori dalla strada.
Hermione, però, aveva una tremenda voglia di chiedergli perché diamine stesse leggendo quei fumetti, come mai fosse in quel locale, cosa facesse nella vita. Insomma, era stranamente incuriosita dalla persona di Draco Malfoy.
«Senti, se vuoi puoi leggerli. I fumetti, intendo» sorrise flebilmente Hermione, voltandosi un attimo e lanciandogli un’occhiata amichevole.
«Mh?» disse lui, guardandola tetro.
«Intendo… ormai li ho visti, tanto vale che li leggi».
Un leggero colore imporporò le guance sempre pallide di Draco. Hermione sogghignò vittoriosa, girandosi nuovamente e prendendo una bella sorsata del suo cappuccino.
Si era dimostrata capace di dominare la situazione, matura e decisa; era decisamente cresciuta.
«Non lo dirò a nessuno» giurò.
Il ragazzo la fissò un po’ sospettoso e dopo un attimo si chinò, aprendo la tracolla e tirando fuori il volumetto, riprendendo da dove aveva lasciato.
Hermione riprese a leggere, come se niente fosse, immergendosi nel mantra di quegli insegnamenti che, pagina dopo pagina, le sembravano sempre più assurdi e strampalati.
«Si può sapere perché stai leggendo quel libro, Granger?» domandò di punto in bianco Draco, alzando la testa dal fumetto e guardandola.
Hermione si voltò, avvampando.
«Niente, ero curiosa».
«Di sapere come raggiunge la felicità? E perché? Non l’hai già?»
«Certo che la ho» mugugnò imbarazzata Hermione, mettendosi sulla difensiva.
«Allora perché leggi quel libro? Dovresti sapere già tutto, no?» commentò argutamente, fissandola divertito.
Lei era cresciuta, lui pure, ma rimanendo lo stesso ragazzino indisponente di sempre.
«Senti non sono affari…».
«Comunque dubito che quel “coso” riuscirà a portarti da qualche parte» la interruppe senza dare troppa attenzione alla frase che aveva iniziato.
«E cosa dovrebbe portarmi alla felicità? Ammesso che io ne abbia bisogno, ben inteso» aggiunse subito, per evitare che la prendesse  in contro piede.
Draco Malfoy guardò fuori dalla vetrina e notò che aveva smesso di piovere, si alzò tranquillamente.
« “I dolori della giovane Teobalda”» disse calmo.
Hermione lo fissò un attimo, poi scoppiò a ridere tremendamente divertita.
«Voi Babbani avete uno strano senso dell’umorismo» commentò piuttosto acido.
«Devo ricordarti per l’ennesima volta che non sono una Babbana?» ribatté irritata Hermione, punta nell’orgoglio.
Draco aprì la bocca per risponderle, ma considerate le nuove leggi vigenti contro la discriminazione dei Nati Babbani strinse le labbra e trattene un commento acido.
«Bene, voi persone nate e cresciute in parte in un ambiente Babbano avete uno strano senso dell’umorismo. Così va bene?»
Hermione sorrise, soddisfatta e annuì.
«Più politically correct di così potresti morire, Malfoy» poi, ricordandosi l’argomento iniziale, quel libro dallo strano titolo, domandò: «ma di che libro parli?»
«Hai un po’ di tempo?» chiese sovrappensiero.
«Mh, sì, dipende. Se devi portarmi in qualche ambiguo sottoscala dove poi seviziarmi, no: ho del lavoro da fare».
Draco si voltò di scatto e la fulminò. Hermione non aveva mai visto nei suoi occhi uno sguardo tanto deciso e irritato. Evidentemente il fare riferimento alla tortura aveva risvegliato in lui qualche ricordo che ancora lo tormentava. La ragazza tacque, capendo di aver toccato un tasto dolente – per entrambi.
«Devo portarti in una libreria» rispose sbrigativo, infilandosi il cappotto e tirandosi su il cappuccio, infilando per bene la coda sottile dentro la felpa nera.
«Una libreria?»
Hermione si fece immediatamente più curiosa, si alzò a sua volta, prendendo l’ombrello e infilando in un secchione il bicchiere ormai vuoto.
«Sì, una libreria».



Angolo Autrice:
Ecco, io ve lo avevo detto che Draco ci sarebbe stato (logico, è una Dramione). Ammetto di essere un po' fissata con Londra *coff coff* e che tutti i posti descritti esistono.
Ho scelto la zona di Charing Cross perché è relativamente vicina al Ministero della Difesa (che da quanto ricordo è vicino al Ministero della Magia) ed è piena di librerie, credo di non averne mai viste così tante tutte su una stessa via: dell'usato, antiquariato, grossi centri, piccoli negozi. Di tutto. E poi c'è Foyles. Foyles è una libreria favolosa, enorme, dove io mi sono persa la prima volta che ci sono stata.
Pure il libro delle "Dieci piccole mosse per blablabla" dovrebbe esistere. Non ricordo il titolo, ma lo vidi in un Waterstone vicino Piccadilly, proprio nei best-seller e mi è sempre rimasto in testa come libro e come copertina.

Non so bene che dirvi se non un enorme GRAZIE a chi l'ha messa fra le seguite, chi l'ha recensita, chi l'ha consigliata su FB. Insomma... grazie :D

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Capitolo 3
*** Bilocali e Libri Miracolosi - II parte ***


Bilocali e Libri Miracolosi - II parte
ovvero, chiacchiere sul grigio


Draco uscì e iniziò a camminare con un passo veloce e agile, evitando le pozzanghere che si erano venute a formare. Era ormai tardo pomeriggio e alcuni negozi iniziavano a chiudere. Hermione si domandò dove mai vivesse Malfoy, perché si trovasse a Londra e, cosa più importante di tutte, in quale libreria volesse portarla.
Si stavano inoltrando nelle vie strette e ingarbugliate dei teatri, dove si susseguivano schiere di caffè, boutique e piccoli ristorantini alla moda.
Draco Malfoy non parlò durante tutto il cammino, si fermò di colpo davanti a una piccola porta, con la parte superiore in vetro, che sembrava vecchia e sudicia. Hermione per poco non gli finì addosso, travolgendolo. Lo guardò piuttosto interdetta e allarmata: considerato l’aspetto non se la sentiva di escludere a priori la possibilità di una sala di tortura.
Draco aprì la porta, che urtò un campanello, facendolo tintinnare. Hermione lo seguì, ancora insicura sulle sue reali intenzioni.
Una volta dentro, però, dovette ricredersi.
Le pareti si ergevano alte almeno quattro metri – sicuramente grazie a una magia –, costringendola a camminare con il naso all’insù, catturata dall’ambiente insolito. Volumi su volumi, si addossavano uno sull’altro, alcuni di questi perfino lievitando e spostandosi da soli se uno scaffale era troppo pieno.
«Non avevo idea…» iniziò a balbettare rapita. Venne colpita da un trattato di Erbologia che stava scappando, inseguito da alcuni saggi sulle Creature Magiche – in particolar modo uno su delle strane lumache blu.
Un vecchio mago dalla barba ispida e mal sistemata fece capolino da dietro un angolo; li guardò prima sospettosamente, ma non appena mise a fuoco Draco sorrise soddisfatto e si avvicinò a loro.
«Mr. Malfoy» lo salutò allegramente, allungandogli una mano che Draco strinse senza troppo entusiasmo, «non credevo sareste tornato così presto».
«Oh, non è per me» spiegò veloce, «ma per questa collega». Non si voltò neanche, irritando piuttosto Hermione.
«Anche lei giornalista, Miss.?» domandò curioso il libraio, che ora la fissava più interessato, quasi come se lo scrivere l’avesse santificata ai suoi occhi.
«Gio…»
«Si occupa più di economia, cose del genere» tagliò corto il ragazzo, non dandole tempo di rispondere.
Draco Malfoy, quindi, faceva il giornalista. Chissà per quale giornale lavorava. Hermione riceveva ogni giorno la sua copia della Gazzetta del Profeta e non aveva mai notato il nome del suo ex-compagno di scuola alla fine degli articoli. Probabilmente usava uno pseudonimo, pensò, oppure scriveva su qualche strana rivista priva di credito.
«Comunque, in cosa posso aiutarvi?» chiese servizievole.
«La hai ancora una copia de “I dolori della giovane Teobalda”?»
Hermione si continuava a guardare intorno affascinata, girando la testa per non perdersi il minimo movimento dei tomi intorno a lei.
«Certo, certo! Una copia bellissima, quella che lei conosce, no? È un antico manoscritto di quattro secoli fa, ancora perfettamente conservato! A quei tempi sapevano fare certi Incantesimi Conservatori che oggi ce li sogniamo!» l’anziano signore, che a prima vista sembrava gracile e piuttosto instabile, iniziò quasi a correre tra le varie pareti di libri, chiamando a gran voce il titolo del testo. Di colpo un volume scattò fuori da una mensola, colpendolo in pieno petto; il signore accusò il colpo e tossendo un po’ troppo forte si riavvicinò a loro.
«Eccolo qui, posso vendervelo a metà prezzo» dichiarò orgogliosamente.
Hermione quasi squittì dall’eccitazione notando la rilegatura in cuoio tinto di verde, con alcuni intarsi dorati, mentre il titolo era inciso abilmente.
Draco la sentì e fece finta di niente, ma dentro di sé trovò estremamente piacevole che una persona si emozionasse alla vista di un semplice libro.
«Sono tre galeoni».
«Preso!»
Anche se si fosse rivelato un tremendo libro dalla trama noiosa, Hermione lo voleva nella sua libreria.
Malfoy la guardò divertito, trattenendo un sorriso, la osservò seguire l’uomo fino alla cassa e pagare velocemente, solo per poter toccare e stringere quel tomo.
Hermione, una volta fatto il suo acquisto, lo raggiunse, sorridendogli grata per averla condotta in quel magnifico paradiso.
«Hai fame?» gli chiese, completamente dimentica degli antichi rancori e del caratteraccio di Draco.
Questi, preso alla sprovvista dall’improvvisa simpatia nei suoi confronti e dalla spigliatezza con la quale gli parlava annuì.
«Abbastanza»
«Conosco un buon “fish&chips” qua vicino, ti andrebbe di venire con me?» gli propose, continuando a lanciare occhiate affascinate al negozio.
Quando uscirono aveva ripreso a piovere, Hermione aprì l’ombrello e vide Draco titubare dietro di lei.
«Se non ti va di venire… lo capirei» si avvolse meglio la sciarpa intorno al collo, portando fuori i capelli. Pensò che dovevano essere veramente indecenti.
«Mi meraviglia che tu me l’abbia chiesto, Granger»
Rimasero per un attimo in silenzio, Hermione non se la sentiva di mettergli fretta. Era come se si trovasse davanti a un serpente dalle squame particolarmente colorate e attraenti, seppur spaventata, non poteva fare a meno di sperare che questo si avvicinasse a lei e le permettesse di scorrere un dito sulla propria pelle. Tutto ciò che poteva fare era rimanere in silenzio e aspettare.
«Sì, comunque» mormorò, avvicinandosi a lei e aspettando che si muovesse.
Hermione gli sorrise e iniziò a camminare, ripercorrendo al contrario la strada dell’andata; senza troppa fretta superarono i numerosi semafori di Piccadilly Circus, dirigendosi verso Leicester Square. Passarono davanti ai cinema illuminati a giorno e una domanda punse la lingua di Hermione, che si ritrovò a parlare senza volerlo.
«Sei mai entrato in un cinema?»
Malfoy abbassò lo sguardo – solo ora notava quanto si fosse alzato – e storse il naso.
«Un conto è una libreria, Granger, non puoi pretendere troppo».
«Hai ragione… scordavo che tu e il mondo Babbano vi trovate agli antipodi» fece una pausa, passando oltre un ristorante take-away cinese, voltando a sinistra. «Anche se quei fumetti…»
«Hai intenzione di appendere qualche annuncio?» commentò infastidito Malfoy, sempre stando al suo fianco.
«No, però la cosa mi incuriosisce».
Draco la fulminò, non appena colse un sorrisino soddisfatto oltre la coltre di ricci gonfi.
«E comunque ci sono stato, in un cinema. Ma puzzava troppo e mi davano fastidio quegli stupidi Babbani che sgranocchiavano le coc-porn».
«Si chiamano pop-corn» ridacchiò Hermione, fermandosi davanti a un locale che sembrava tutto tranne che pulito.
Il ragazzo fissò scettico la vetrina e il bancone, oltre che i tavolinetti che sembravano intrisi di grasso.
«Granger, credevo non fossi una persona vendicativa…»
«L’apparenza inganna, Malfoy. Il fish&chips qui è favoloso» lo superò ed entrò, salutando il proprietario. Chiese un tavolino per due e questi la portò al piano di sopra, dove l’aria sembrava intrisa di olio per la frittura.
«Okay, ammetto che non è il massimo dell’eleganza e che questo odore non è proprio piacevole, ma fidati» scherzò Hermione, togliendosi sciarpa e cappotto, infilando la prima nella borsetta e posando il secondo sulla sedia, facendo attenzione che non si sporcasse toccando a terra.
Draco si spogliò a sua volta, appendendo l’ombrello e la tracolla allo schienale della sedia, si sedette e si tirò su le maniche della felpa, con un gesto tremendamente naturale.
Hermione sbiancò alla vista del Marchio. Fu come se tutta l’immagine di Draco Malfoy che si era costruita nella testa durante le precedenti ore fosse svanita – l’appassionato di libri, il giornalista, lo scoperto Babbanofilo – e al suo posto si fosse posato quel drappo pesante del passato. Non si accorse di stare fissando insistentemente l’avambraccio del ragazzo e si risvegliò solamente quando lui emise uno sbuffo spazientito.
«Granger, nessuno ti ha mai detto che è maleducazione fissare?»
«No, è che… insomma…» balbettò a disagio, già pentendosi di averlo invitato a cena. Davanti ai suoi occhi il Draco Malfoy adulto si stava trasformando nel ragazzino viziato e indisponente che l’aveva bulleggiata durante tutta la sua adolescenza; il codardo e vile Malfoy, capace solo di tiranneggiare sugli altri. Il fiero Purosangue, schifato dalla presenza dei Nati Babbani tanto da augurare loro la morte. Ebbe un brivido e si impietrì.
«Non si può cancellare. Voldemort… non era certo tipo da tatuaggi con le terre». Hermione lo vide sorridere un po’ aspramente, fissando a sua volta il tatuaggio. «E poi… sarebbe stupido cancellarlo» mormorò sottovoce «non si può negare il proprio passato né le proprie scelte sbagliate. Tuttalpiù si può tentare di raddrizzare il tiro, evitando idiozie del genere» alzò gli occhi e si premurò di aggiungere, storcendo il naso «questo non vuol dire che reputi Potter un salvatore o Weasley un simpatico compagno di Burrobirra».
Hermione lo guardò, sospirando, prese un menù e fece finta di leggerlo.
«E me? Cosa pensi ora di me?» sorrise un po’ tesa, sempre cercando di mantenere quel velo di diplomazia che non negava a nessuno.
«Forse i tuoi modi da saccente so-tutto-io sono rimasti… ma cerchi di nasconderli abbastanza bene» ridacchiò, poi prese anche lui un menù e sembrò imitarla, anche nel tono fintamente disinteressato, «e poi sei una strega brillante, credo sia un dato oggettivamente riconosciuto dalla comunità magica».
«Wow, Malfoy, sicuro di non essere sotto l’effetto di qualche incantesimo o infuso?» scherzò Hermione, già arrossendo sulle guance.
«Cerco di comportarmi da uomo adulto nel favoloso, pacifico e adorabilmente corretto dopo-guerra».
Sogghignò e poi aggiunse: «se vuoi posso ritornare l’irresistibile ragazzo di sempre, Mudblood»
Hermione sibilò sentendo quel termine. Evidentemente si era mossa un po’ troppo e il serpente l’aveva morsa – c’era solo da sperare che non fosse velenoso.
«Quel termine…»
«Me lo hai tirato fuori tu, Granger».
«Draco, sei un idiota».
In quel momento arrivò il cameriere che molto gentilmente prese le ordinazioni, Draco si limitò a prendere tutto ciò che prendeva lei, senza curarsi di rispondere troppo al ragazzo. Sotto-sotto quell’aria schifata che assumeva nelle vicinanze di un Babbano gli era rimasta.
Draco la fissò piuttosto sconvolto, non appena il ragazzo se ne andò, non toccò neanche la birra, che invece Hermione iniziò a bere di gusto.
Si era accorta anche lei di averlo chiamato Draco, ma cercava di mantenere un contegno neutrale che non gli permettesse di notare questo suo “errore”. Troppo tardi, disse tra sé e sé, lo sguardo di Malfoy si era posato su di lei e la fissava tra il sorpreso e il curioso – più o meno era lo stesso sguardo che gli aveva rivolto lei all’uscita di Foyles.
«Cosa c’è? Non ti piace la birra Babbana?»
«Mi hai chiamato Draco».
Hermione alzò lo sguardò e cercò di sorridere tranquillamente: «perché non dovrei? Hai un bel nome».
«Ho un bel nome?»
Considerando i numerosi scherzi fatti alle sue spalle durante gli anni della scuola, a causa del suo “bel nome”, Draco rimase piuttosto sorpreso.
«Sì, è esotico, particolare. Insomma… un bel nome» cercò di sdrammatizzare Hermione, bevendo un’altra sorsata di birra chiara.
«E allora perché non lo hai usato prima?»
«Ero troppo occupata a odiare il tuo atteggiamento per accorgermene; più o meno come tu eri troppo occupato a notare quanto fossero sporchi i miei globuli rossi invece che ammettere e accettare la mia superba intelligenza» Hermione scoppiò a ridere.
Draco la guardò stranito, non sentendosi per niente in colpa, ma soffermandosi più sulla spigliatezza della ragazza. Non avrebbe mai e poi mai creduto che quella dentona dai capelli crespi potesse trasformarsi in una donna così affabile e interessante. Di figuracce ne aveva fatte molte, durante quel pomeriggio, eppure gli era piaciuto il modo con cui si era ripresa e la naturalezza con la quale affrontava le situazioni. La facevano sembrare una strega forte e sicura di sé.
Afferrò il boccale e bevve anche lui una sorsata, arricciando il naso il naso.
«Detesto queste birre» mugugnò a mezza bocca.
«Troppo amare per voi maghi, vero?»
Draco annuì, ma riavvicinò comunque le labbra al bordo del bicchiere.
«Anche Ron non la sopportava».
«A proposito… ho visto Weasley al Ministero, l’altro giorno. Ma non stavate insieme?» domandò incuriosito. L’adorabile coppietta del Babbanofilo e della Mezzosangue, come aveva sempre commentato con sprezzo il padre – sempre piuttosto interessato ai pettegolezzi.
«Sì, stavamo insieme. Ma… qualche mese fa abbiamo deciso di interrompere la nostra relazione e ritornare a essere amici. Insomma, interrompere non è un verbo adatto. Ci siamo ritrovati a essere solo amici, di nuovo» spiegò velocemente, ingarbugliandosi per l’agitazione.
Le sembrava così strano stare seduta lì, in quel localino piuttosto lercio, a bere birra e parlare con Draco Malfoy.
«Quindi ora sei single» constatò Draco, osservando il cameriere arrivare con i due merluzzi impanati. Il ragazzo osservò il piatto, studiandolo attentamente e spulciandolo con la forchetta; quando notò che la posata affondava nella panatura producendo un sonoro e accattivante “crack” si decise finalmente di impugnare anche il coltello e iniziare a mangiare.
«Dubito che ci abbiano messo del veleno» scherzò Hermione, aprendo una bustina di salsa tartara e versandola sul lato del piatto.
«Mh, no è che…»
«Il cibo Babbano è molto buono, te lo assicuro» rise la ragazza, tagliando il primo pezzo e masticandolo con gusto.
«Sono sicura che dopo che l’avrai assaggiato ci detesterai un po’ di meno, a noi Babbani».
Draco aprì la bocca, per ribatterle e farle capire che lui sapeva benissimo che i Babbani non erano poi così male, solo che non poteva dirlo per ragioni fin troppo lunghe da spiegare.
«Guarda che anche noi maghi mangiamo il fish&chips» mugugnò, iniziando ad assaporare il gusto ricco e gustoso della pietanza.
«Però non avete queste birre così buone» giocò la ragazza, bevendone un altro po’.
«Sei brava a sviare i discorsi» disse d’un tratto Draco, alzando la testa e guardandola incuriosito.
«Sviare?»
«Vedi? Ti avevo detto che quindi sei single, ora»
Calò per un attimo il silenzio ed Hermione si bloccò con la forchetta sollevata e il busto chinato verso di questa. Deglutì e risposte, un po’ scostante: «sì, ma tanto ho così tante cose da fare che non è che senta poi così tanto la solitudine».
Prima che Draco potesse rispondere lei ribatté, veloce.
«E tu? Solo soletto?»
Il ragazzo tacque per un istante, preso alla sprovvista, proprio come lei era stata colta poco prima. Storse il naso e sospirò.
«Ufficialmente sono fidanzato con Astoria Greengrass» spiegò, lentamente, senza sapere bene neanche lui perché stesse raccontando a quella ragazza la sua vita. Quella ragazza che aveva sempre odiato e disprezzato.
«Ma praticamente?»
«Praticamente io vivo nell’appartamento a Londra che ci hanno comprato i miei, mentre lei si è trasferita dal suo fidanzato, un tipo che lavora all’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Ogni domenica, alternativamente, andiamo dai suoi genitori e dai miei per pranzo. Così sono tutti contenti e nessuno si preoccupa del fatto che gli adorati rampolli dal sangue puro vivono delle normalissime vite nel più Babbano dei modi» sorrise amaramente, mangiando gli ultimi bocconi quasi con rabbia.
Hermione non disse niente, ma tenne il viso basso e continuò a masticare lentamente.
«Mi spiace» sussurrò infine, mordendosi un labbro e alzando lo sguardo. Cercò di sostenere gli occhi freddi e penetranti di Draco, che in quel momento sembravano colmi di rabbia e irritazione.
«E perché?» domandò trattenendo una risata divertita.
«Mi sembrava come se… la situazione non ti piacesse».
«Bhe, certo non sono al settimo cielo… però non mi lamento. In questo modo ho una libertà totale sei giorni su sette; la domenica la dedichiamo al metterci la bella maschera di falsità e far finta che va tutto bene. Stiamo lavorando a una scusa per la separazione» mugugnò spostando lo sguardo e posando il mento appuntito sulle dita incrociate.
«Posso chiederti una cosa?» domandò lentamente, cercando di tastare il territorio, che si era fatto nuovamente impervio e pericoloso.
«Certo»
Lo stesso Draco si meravigliò della tranquillità con cui le aveva dato quella concessione, quasi come fossero stati amici da sempre – o, più generalmente, quasi come se fossero stati amici.
«Come mai hai iniziato a leggere libri Babbani?»
«Ti sembra così strano?» sorrise lui, vedendo il cameriere avvicinarsi, alzò un braccio facendo il gesto di portare il conto. Questi annuì e risparì per le scale.
«Piuttosto paradossale. Il fatto stesso che tu legga, diciamo».
«Fammi indovinare… mi immaginavi come un turpe e viziato ragazzino che passava le sue giornate estive a torturare i suoi Elfi Domestici. Senza studiare, leggere, giocare o compiere qualsivoglia normale attività».
«Ci aggiungerei l’esercitazione delle Maledizioni Senza Perdono sugli animali domestici» aggiunse ironicamente Hermione. Stranamente non si sentiva più così a disagio, con lui. Le sembrava come se Draco Malfoy si fosse ormai reso conto delle orribili azioni compiute dalla sua famiglia, ma allo stesso tempo non riuscisse a negarle. Per questo ci scherzava su, le mostrava – come faceva con il Marchio – quasi a riprova del fatto che ormai non gli appartenevano più, ma che erano state parte di lui.
«Comunque… sono figlio unico e sono inglese. Abbiamo un’enorme libreria a casa, così, quando pioveva e non potevo giocare a Quidditch mi rifugiavo lì, leggendo. Non sei l’unica capace di farlo, eh».
«Simpatico» mugugnò Hermione, vedendo il ragazzo arrivare con il conto e piegandosi per prendere il portafoglio dalla borsetta. Molte persone se ne erano andate, così sfilò dalla tasca interna del giaccone la bacchetta sussurrando: «Accio portafoglio».
Questi giunse tra le sue dita quasi all’istante e lei sistemò tutto velocemente.
Draco, da parte sua, era rimasto immobile, perso nei suoi pensieri. Da una parte si sentiva obbligato a offrirle una cena – era pur sempre una ragazza e aveva imparato che un gentiluomo deve sempre pagare per la sua compagna di pasto – dall’altra sentiva ancora gli ammonimenti del padre, che lo mettevano in guardia dai Mudbloods, ritenendo assurdo anche solo il doverci parlare con gente del genere.
Hermione posò la sua parte sul piattino con sopra lo scontrino e sorrise.
«Allora, cosa ti piaceva leggere?»
Draco tentennò e vista la soluzione naturale del problema fece finta di niente, mettendo anche la sua parte e alzandosi per andarsene.
«Mi piacevano i romanzi d’avventura. I poemi epici, quelli medievali, sai? Ci sono pure dei personaggi della nostra famiglia narrati nel Ciclo Bretone dei Cavalieri di Merlino».
Si sistemò con un gesto deciso il colletto del cappotto e iniziò a scendere le scale, con dietro Hermione che armeggiava con la sua enorme sciarpa.
«Veramente?» esclamò sorpresa e incuriosita. In quella serata aveva scoperto così tante cose su Draco Malfoy che credeva di stare con uno sconosciuto.
«Già…»
«Allora capisco la tua mania per “la-mia-famiglia-è-meglio-della-tua”» scherzò la ragazza uscendo – non pioveva più e molta gente era uscita dalle sale dei cinema, per la maggior parte coppiette - «Anche io l’avrei pensato se dei miei parenti fossero nel Ciclo Bretone».
Draco scoppiò a ridere, sinceramente divertito.
«Non ti facevo così simpatica, Hermione».
Hermione si paralizzò e spalancò gli occhi, sconvolta. Draco parve rendersi conto di ciò che aveva appena detto e richiuse di scatto la bocca.
«Mi hai chiamato…»
«Non ho fatto così tante storie, io».
«Ne hai fatte di peggio».
«Bene, facciamo finta di niente, okay?»
Hermione sorrise sotto i baffi, iniziando a passeggiare senza una vera meta.
«Okay… Draco». Rise divertita e le parve che anche il ragazzo si stesse divertendo.
«Dove vivi?» gli domandò iniziando a dirigersi nuovamente verso Trafalgar Square.
«A Sud, verso Notthing Hill» disse camminandole affianco «è un bell’appartamento, soprattutto perché ci vivo da solo e sta vicino a un Pub Magico».
«Quindi… ora te ne tornerai a casa».
«Probabilmente finirò un articolo che avevo iniziato ieri sera» le spiegò con calma, continuando a passeggiare. «E tu? Dove stai?»
Hermione fece un cenno con il capo, indicando alcune traverse più in là.
«Ho un bilocale al 24 di Licthfield Street. Piccolo… ma mi piace. Ha una bella mansarda con una finestrella per vedere il cielo».
«E si vede?» domandò lui, sorridendo.
«Ogni tanto… se le nuvole se ne vanno sì».
Draco le sorrise divertito. Hermione lo fissò, curiosa: non avrebbe pensato mai e poi mai che Malfoy si sarebbe aperto così con lei, tranquillizzandosi, diventando gentile e socievole – si sentiva quasi bene a chiacchierare con lui.
«Non vorrei sembrarti una pazza, ma… ti andrebbe di venire a prendere qualcosa da me? Non mi hai ancora raccontato come sei arrivato a leggere libri Babbani» gli fece quella proposta ridendo, usando l’ultima frase per alleggerire l’invito. Non voleva certo sembrare una malata zitella bisognosa di compagnia, che, se non ci fosse stato lui, avrebbe passato la serata con il suo gatto.
«Hai del whiskey Incendiario?» domandò, fingendosi interessato.
La verità era che era incuriosito da Hermione Granger, tanto quanto lei lo era da lui. C’era uno strano modo nel suo chiacchierare, nel suo gesticolare, che lo interessavano. L’acutezza delle sue domande e delle sue risposte, il sorriso spigliato e lo sguardo sempre attento, come se non potesse concedersi un attimo di paura. Si chiese se quelle fossero qualità che avesse già da ragazzina – e lui le aveva bellamente ignorate – o se, invece, era fiorita negli ultimi anni, diventando una donna interessante e – in qualche modo – affascinante.
«Sì, dovrei averlo».
Draco si strinse nelle spalle e sogghignò: «allora la critica alla tua ultima modifica alle Leggi sulle Creature Magiche potrà aspettare domani».
Hermione spalancò gli occhi, mentre attraversava la strada; quando furono sul marciapiede opposto – e solo dopo aver messo entrambi i piedi lì sopra – si voltò fulminandolo.
«No. Non ci posso credere!» quasi strillò, lei. Improvvisamente lo guardò con gli occhi di quella  ragazzina di dieci anni prima.
Draco era scoppiato a ridere, rimanendo fermo davanti a lei; guardandola attentamente, studiando la sua reazione.
«Tu sei… quell’inetto di Faust!» esclamò, assottigliando gli occhi, ancora sconvolta.
«Faust, il giornalista preferito dell’ala conservatrice» ridacchiò poggiandosi all’ombrello chiuso.
«Quel…»
«Quel giornalista che sta spesso in prima pagina, sempre pronto a criticare intelligentemente le nuove leggi del post-guerra Magico» finse un tono più profondo, mimando chissà chi, «oh, sì, quel meraviglioso scrittore, ammirato da tutti».
«Non ci posso credere…» continuò a balbettare lei, riprendendo a camminare e dirigendosi verso casa.
«Sicura di volermi ancora far entrare?» domandò divertito, da dietro di lei.
«È incredibile… e io che pensavo che fossi un vecchio bavoso, orrendo…» continuava a balbettare, ancora sconvolta dalla notizia.
«Di’ la verità: ti piacciono i miei articoli» rise, vedendola così in preda all’agitazione. Stava tirando fuori dalla borsetta le chiavi e neanche aveva pensato a chiamarle con l’incantesimo. Draco sospirò e tirò fuori dalla tasca la bacchetta, visto che non c’era nessuno in vista.
«Acchio chiavi».
Le chiavi uscirono e Hermione le prese, infilandole nella toppa. Durante tutte le scale per raggiungere l’appartamento non smise un attimo di citare dei suoi articoli, a metà tra l’entusiasta e l’inviperita.
«Ma come puoi dire che gli Elfi devono mantenere la loro posizione di subordinati!» esclamò infine, fermandosi davanti alla porta. Era tutta rossa in viso e aveva i capelli più scarmigliati del solito.
«Granger, stai tornando a essere la noiosa petulante ragazzina di Hogwarts» ghignò divertito, poggiandosi con una spalla contro il muro.
«No… non ci credo» ripeté, infilando le chiavi nella toppa ed entrando. La notizia l’aveva talmente sconvolta che non pensò al disordine che aveva lasciato prima di uscire, con alcune gonne ancora sul letto e dei piatti nel lavandino.
«Ti facevo più precisina» commentò Draco entrando e guardandosi intorno.
Lei borbottò qualcosa a mezza bocca, molto simile a “oggi avevo troppo da fare e non mi aspettavo ospiti”, andando subito a togliere delle pergamene dal divano.
Draco si sedette sul divano, ritenendolo estremamente comodo, e la fissò mentre andava avanti e indietro per il piccolo salotto, salvando il salvabile.
«A casa io ho un Elfo» la punzecchiò, attendendo la sua reazione.
Hermione si girò, con un movimento quasi rigido, e lo fissò per un istante con sguardo austero: «devo buttarti fuori di casa, Draco?»
«Chiamami Faust» scherzò lui «mi fa sentire più importante».
La ragazza sbuffò e fece finta di niente, si chinò a prendere il whiskey, che aveva riposto dentro un armadietto, e ritornò con due bicchierini di cristallo.
Con un gesto fluido della bacchetta versò l’alcool e fece fluttuare un bicchierino sotto al suo naso, ancora imbronciata.
«Da non crederci…»
Draco ne bevve un sorso e si mise a fissarla, posando un gomito sul bracciolo e tenendosi la testa con il palmo della mano.
«Però devo ammetterlo… sei una… tipa strana ma interessante».
Hermione si bloccò, voltò la testa di scatto e iniziò a fissarlo intensamente. Malfoy non aveva mai sperimentato un’occhiata del genere – se non quando sua madre cercava di indagare sulla sua vita – e rimase piuttosto sorpreso e pietrificato.
«Anche tu» mugugnò infine la ragazza, bevendo anche lei un sorso di whiskey «hai una bella penna».
Draco sorrise ed alzò il bicchierino già mezzo vuoto: «al nostro perenne e indistruttibile antagonismo».
Hermione sorrise flebilmente, alzando a sua volta il braccio, sospirando.
«Ora mi impegnerò il doppio nel sistemare quelle leggi obsolete».
Draco rise, ghignando: «e io mi impegnerò il doppio nel commentarle».
Si sorrisero, per la prima volta reciprocamente, ed Hermione arrossì leggermente. Non le sembrava vero che stesse discutendo con Draco Malfoy in modo così maturo – lui non la insultava e lei non gli tirava pugni in faccia –.
«Comunque non mi hai detto come hai fatto a iniziare a leggere dei libri Babbani. Tuo padre non mi sembra il tipo che ha nella sua libreria “I Tre Moschettieri” o “Romeo e Giulietta”» disse d’un tratto Hermione, dopo una piccola pausa.
«Infatti lui non ha la più pallida idea dei miei gusti letterari» rispose Draco. Si era seduto più comodamente, posando un braccio sul bracciolo e la testa sul bordo dello schienale.
«Tu sei tornata a Hogwarts alla fine della guerra, no?» iniziò guardando il soffitto, facendo roteare lentamente il polso, giocherellando con le ultime gocce di whiskey rimaste.
«Io me ne sono andato a Durmstrang: non mi andava di rimanere senza un pezzo di carta ad attestare che so come trasformare una tazzina in un topo o creare una pozione per il mal di testa. E, prima che tu possa anche solo pensarlo, no… non potevo neanche sperare in una raccomandazione».
Sospirò e continuò a fissare un punto indeterminato del soffitto.
«Durmstrang era meglio di Hogwarts, per lo meno potevi far finta di non sapere la lingua e se ti dicevano qualcosa riguardo a quello che era successo potevi fare finta di niente. Ho preso un paio di cazzotti, ma lì… è un po’ diverso da qui, in Inghilterra. C’erano di cretini che pensavano ancora che Voldemort fosse vivo! Idioti… c’era gente che continuava a scrivere quel dannato simbolo ovunque» strinse le labbra, irritato «poco mi importava. Quei quattro scemi mi facevano da scorta e io potevo far finta di non capirli e comunicare con loro giusto per chiedergli qualcosa. Il programma… praticamente l’avevo già fatto, Durmstrang è molto sulla linea degli Carrow; o per lo meno lo era quando io ci sono stato, non so se hanno cambiato qualcosa.
«Ogni domenica potevamo uscire dal castello» le sorrise, voltando finalmente la testa e Hermione si dovette trattenere dall’istinto di portargli una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si morse un labbro e fece finta di niente, guardandolo interessata.
«C’è un villaggio tipo Hogsmeade, lì vicino. Solo che non avevo molta voglia di stare in mezzo a gente… magica» mormorò, quasi fosse un segreto «molta gente lì era stata in contatto con i seguaci di Voldemort e non vedevano di buon occhio me o mio padre o la mia famiglia e, invece, chi era sempre stato contrario a Lui mi vedeva come un… Mangiamorte» spostò un attimo lo sguardo sul proprio avambraccio coperto ed emise un sospiro quasi impercettibile.
Hermione gli versò un altro po’ di whiskey, questa volta con le proprie mani. Gli sorrise e non disse nulla.
«Stavo in mezzo. Bianco, nero, buono, cattivo. Stronzate, Hermione» mormorò, senza guardarla «non esiste niente di tutto ciò. Guarda Silente o me o te o mia madre o chiunque tu voglia. Perfino mia zia, dai. Non esiste né il bene né il male. Ma noi Maghi ci ostiniamo a cercarlo. Vogliamo la purezza, capisci? Siamo sempre stati un po’ avvantaggiati rispetto a voi Babbani: non abbiamo dovuto ingegnarci per muoverci, per procurarci del cibo, per fare qualsiasi altra cosa. Ma abbiamo iniziato a cavillare sul Bene e sul Male. Voldemort, Male. Harry Potter, Bene.
«Non dico che non sia così, Hermione. Non dico che non siamo stati degli idioti a seguirlo» emise uno sbuffo scocciato «era lui stesso un Mezzosangue, capisci? Pensa a mia zia, Bellatrix. Era innamorata di un Mezzosangue! E noi? Noi che dichiaravamo la nostra purezza, la nostra superiorità… come scarafaggi, sotto i suoi piedi. Bene, Male. Stronzate.
«Viviamo in un perenne stato di grigio, Hermione. Grigio scuro, grigio chiaro, non importa. È grigio, che può sempre cambiare, amalgamarsi. Ti stupiscono questi discorsi, vero?» sorrise, guardandola sconvolta e assorbita dal suo discorso.
«Sono un conservatore, ma non un idiota. Mi chiedo come sarebbe riuscito a sopravvivere il Mondo Magico se avessimo “estirpato tutto il sangue sporco”. Un anno, due anni, dieci. Poi ci sarebbe stato un crollo. Un collasso. Ed elimina gli orrori della purificazione della razza, Hermione. Pensa solo praticamente: i Purosangue si sentono importanti perché sono pochi. È vero, non c’è niente di male nel considerarsi… migliori. Ma l’eliminazione dei Nati Babbani o di chi, semplicemente, non era completamente puro… follia. Follia. Saremmo rimasti in poche migliaia e sarebbe stata la fine».
Bevve d’un sorso tutto il whiskey e chiuse gli occhi per un attimo, sorrise e scosse la testa, come per eliminare il piacevole fastidio provocato dall’alcool.
«Hai mai detto a qualcuno queste cose?» mormorò lentamente Hermione, non sapendo bene come rispondergli e affrontarlo.
Draco la fissò, e si strinse nelle spalle: «e a chi vuoi che lo dica? Mio padre? Nei miei articoli? No» si picchiettò la testa «l’ho detto solo a un affascinante giornalista» cercò di ridere e Hermione, capendo il suo sforzo, lo seguì.
Rimasero un po’ in silenzio e Hermione vide Grattastinchi salire su una sedia dall’altra parte della stanza; una volta seduto, il gatto iniziò a fissare Draco con insistenza, come se lo stesse studiando. La ragazza si chiese quale sarebbe stato il verdetto del suo caro animale domestico.
«Comunque, per riprendere il discorso…» disse più calmo Draco «odiavo quel dannato villaggio, così molto spesso mi incamminavo a piedi per un sentiero che saliva sulle montagne dietro la scuola. C’era un altro villaggio, molto simile a quello dove i miei compagni passavano le loro domeniche, solo che lì nessuno mi conosceva. Era più o meno a due ore di cammino dal castello, così mi avvolgevo nella pelliccia della divisa e affrontavo la neve. Credo di… aver pensato tanto, in quei giorni. E ho iniziato a farmi crescere i capelli» rise.
Hermione non avrebbe mai e poi mai pensato che Draco Malfoy potesse essere così profondo, spigliato e divertente. Era quasi… un ragazzo interessante.
«C’era un parco, con al centro un laghetto, quasi sempre gelato. Andavo lì e mi mettevo a fissare la gente che passava. Li odiavo. Tutti. Erano Babbani e li odiavo. Ma… ma iniziai a rendermi conto che… che loro non provavano niente nei miei confronti, capisci? Non era come a scuola, dove ero sempre oppresso dai pareri e dagli sguardi, la gente lì tuttalpiù mi lanciava uno sguardo, incuriosita dai vestiti.
«Per quanto riguarda i libri… non è una storia di per sé complicata. Un giorno una ragazza si mise a sedere accanto a me. Teneva in mano un enorme tomo, tutto pieno di piccole pieghette, come se dovesse segnarsi i punti dove si era maggiormente emozionata. Non ricordo che segnalibro avesse, in un primo momento pensai soltanto ad andarmene e mettermi più lontano possibile da lei. Però di colpo la sentii singhiozzare, aveva iniziato a leggere da poco, ma era così presa dal racconto che stava letteralmente singhiozzando. La guardai stralunato e lei neanche mi notò.
«Lo ammetto» sorrise, alzando le mani «la curiosità mi ha fregato. Il libro era in inglese, forse lo stava anche leggendo per scuola, Romeo e Giulietta, meno originali di così si muore. Però ho iniziato a sbirciare le pagine e non sono riuscito a seguire con lei i passaggi della morte degli amanti.
«Non sono un tipo romantico, Granger» ogni tanto usava il suo cognome, ma Hermione non ci fece caso in quel momento, era troppo presa dalla sua narrazione. Doveva ammetterlo, Draco aveva una strana capacità di rendere tutto ciò che gli accadeva estremamente interessante.
«Ma… erano le parole, capisci? Oh, so che mi capisci, altrimenti non saresti stata la secchiona so-tutto-io . Il modo in cui quel Babbano – un Babbano, un essere inetto! – era riuscito a combinarle, sistemarle, tanto da far piangere quella ragazza e tenermi con lo sguardo incollato a quelle pagine.
Quando lo finì si asciugò le lacrime e si accorse che mi ero avvicinato per leggere, fece un leggero balzo e poi mi sorrise. Si alzò senza dirmi nulla, forse un po’ spaventata».
«E quindi da quel momento… libri, fumetti, curiosità» sorrise Hermione. Si era seduta più scompostamente, posando una gamba sul divano, per guardarlo, mentre si mordicchiava il pollice.
«Già. Rubai alcuni soldi Babbani a un mio compagno di camera e andai nella libreria del paese. Comprai un altro libro di Shakespeare, e poi un altro, rivendendo quello usato, e poi un altro, aggiustando le spese con altri soldi rubacchiati. Leggendo le introduzioni scoprii altri autori e una volta in Inghilterra, in un appartamento tutto mio, mi sono potuto sbizzarrire».
Hermione sorrise, istintivamente gli strinse una mano. Era la prima volta che si toccavano – escludendo la volta in cui lei l’aveva picchiato o quelle in cui lui l’aveva strattonata o spinta – ed entrambi parvero rendersene conto, perché si guardarono immediatamente negli occhi.
La ragazza non sapeva cosa fare, ma si sorprese sentendo che Draco aveva ricambiato con forza. Le aveva sorriso a sua volta e dopo quell’istante aveva lasciato cadere il braccio sul divano, mollemente.
«Pensavo avessi le mani fredde» mormorò sovrappensiero lui, bevendo un altro po’ di whiskey.
«Perché?»
«Perché ti avevo sempre immaginato come una ragazza… inquadrata, senza vizi, perfetta… maniacalmente perfetta». Il ragazzo girò un attimo la testa, il tempo di guardarsi intorno e sorridere tra sé e sé «mi sbagliato. Sei più disordinata di quanto pensassi. E anche più calda».
«Anche io pensavo fossi freddo» disse in un soffio lei.
«Perché?» la imitò, lanciandole uno sguardo sornione.
«Perché… mi hai sempre dato l’impressione di essere un vigliacco, vile… freddo calcolatore» rispose sinceramente. Draco la guardò e parve accusare il colpo senza dire nulla, chiuse un attimo gli occhi buttando indietro la testa e rilassandosi.
«Però… ti ho visto leggere, ho visto la passione che metti nel tuo lavoro, nel… nei tuoi discorsi, anche. Che non sono frasi del tipo “Mezzosangue, voi sarete i prossimi”» lo scimmiottò, in ricordo di quella tremenda frase.
Draco non mostrò alcun segno di pentimento, ma le sorrise e si alzò, stiracchiandosi.
«È l’una, abbiamo chiacchierato per due ore».
Hermione parve risvegliarsi e strabuzzò gli occhi, guardando l’orologio sopra il frigorifero. Si alzò a sua volta, quasi facendo uno scatto.
«È tardissimo… scusa, non pensavo di averti fatto fare così tardi» balbettò velocemente, tirandosi indietro i capelli, dietro le orecchie.
«Tranquilla Hermione».
La ragazza sorrise, sentendosi chiamare così. Le era piaciuto come era successo: così, per caso, si erano chiamati per nome. All’inizio senza neanche rendersene conto, poi porgendoci particolare attenzione, come per sottolineare un rapporto appena instaurato che non poteva essere esplicitato se non con tante piccole prime volte.
Draco prese il cappotto e lo posò elegantemente sull’avambraccio, si sistemò con una mano la tracolla di pelle scura e prese l’ombrello posato appena fuori la porta. Hermione lo osservo, rimanendo in piedi.
«Comunque io non ero una fredda e inquadrata ragazzina» borbottò di colpo la ragazza, come se, in fin dei conti, avesse rimuginato su ciò che lui gli aveva detto.
Draco la fissò, piuttosto interdetto.
«Hai ragione… ogni tanto ti lasciavi andare a degli assurdi colpi di isteria, ribellione, violenza…»
«E dolcezza» concluse lei, velocemente. «Ricordi quando abbracciavo Ron e Harry?».
Draco roteò gli occhi, sospirando.
«Avevo cercato di rimuovere».
«Stupido».
Si guardarono e poi scoppiarono a ridere entrambi. Draco prese la sua bacchetta e la salutò, senza sbrodolarsi in eccessivi convenevoli.
«Ci sentiamo, Hermione».
«Ci leggiamo, vorrai dire» lo corresse, sorridendo furbescamente.
Il ragazzo rimase un attimo sorpreso poi annuì, concedendole l’aggiunta. Fece un accenno di giravolta e si smatarializzò in un istante.
Hermione rimase in silenzio per un po’, sedendosi sulla poltrona per poi scivolare pian piano, fino a sdraiarsi completamente, immersa nei suoi pensieri.
Draco Malfoy. Draco. Lucius. Malfoy.
Ragazzino deprecabile, uomo intelligente e affascinante.
Chiuse gli occhi con forza, come per scacciare i pensieri – perché si era trovata bene quella sera e non aveva voglia di pensare a niente.
Sentì il peso di Grattastinchi sul suo stomaco e sospirò, guardandolo: «mh… hai mangiato da solo, vero?»
Il gatto si accoccolò sulla pancia della ragazza e questa sospirò, sedendosi. Grattastinchi emise un miagolio piuttosto scocciato, mentre veniva preso in braccio.
Hermione lo posò sul letto, spogliandosi e infilandosi la camicia da notte, si lavò e impostò la sveglia per il giorno dopo – anche se era Domenica non poteva dormire, doveva lavorare meglio a quella postilla irritante che era una settimana che non riusciva a scavillare -.
Stava per mettersi a letto, ma si bloccò prima di sollevare le coperte.
«Teobalda» mormorò tra sé e sé. Corse in salotto e richiamò il libro messo dentro la borsetta. Dopo averlo stretto per bene al petto – perché faceva sempre piacere stringere un libro ben rilegato – ritornò in camera, infilandosi sotto le coperte. Con un incantesimo oscurò il vetro della finestrella che dava sul cielo e si accese una fiammella che fluttuò accanto a lei, permettendole di leggere.
Aprì la prima pagina, dove il titolo era scritto in caratteri gotici. Sotto di esso c’erano due b puntate.
B.B.
Erano scritte con una calligrafia allungata ed elegante, ma non ci perse troppo tempo. Era un libro usato, probabilmente il suo vecchio proprietario aveva scritto il suo nome per non perderlo. Iniziò a immergersi nella lettura, ritrovandosi improvvisamente persa nel mondo medievale di Teobalda, negli intrighi, le avventure.
Crollò dopo un po’ per il sonno, la fiammella si spense e il libro che cadde al suo fianco, chiudendosi.
Non si era ancora ricordata di aver lasciato “Dieci piccole mosse per raggiungere la felicità” sul tavolino del caffè.



Angolo Autrice:
anche se un po' più lentamente, ho aggiornato ;)
Anche qui... spero che i personaggi non siano risultati troppo OOC. Non considero Draco un babbanofilo, ma semplicemente un uomo adulto che vive in un dopo guerra - dove questa guerra l'ha profondamente colpito/cambiato.
Non ho veramente niente da a ggiungere se non un enorme grazie a chi ha commentato ♥ Mi spiace, mai i fighissimi capelli lunghi rimarranno ♥ *fetish per i capelli lunghi*

Al prossimo episodio :D

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Capitolo 4
*** Di concerti e di musei - I parte ***


Di concerti e di musei - I parte
ovvero, inviti imprevisti


Hermione finì il libro il lunedì seguente, seduta sotto un’enorme albero al St. James's Park: aveva sfruttato l’ora di pranzo per uscire e mangiucchiare un pacchetto di creackers mentre divorava le pagine dove la povera Teobalda affrontava mille avventure.
Se si superava e si storicizzava il primo momento in cui la genealogia Purosangue dell’autore si faceva sentire, attraverso lunghi attacchi contro i Babbani, il libro era tra i migliori che Hermione avesse mai letto: carico di sentimenti e di passioni, amori non corrisposti, amori non voluti, amori obbligati; una sorta di catarsi per la mente.
Era così soddisfatta dopo la lettura che quando rientrò in ufficio perfino la sua compagna di stanza la guardò piuttosto stupefatta.
«Hermione, che hai fatto?» le chiese curiosa, spostò l’insalata che stava mangiando senza voglia e si avvicinò a lei.
La ragazza alzò lo sguardo e scosse la testa, come a dirle che non era nulla.
«Mh, sicura?»
«Certo, Abby, va tutto bene. Sai che il bel tempo mi mette di buon umore» sorrise, ripensando alla bella giornata che si era rivelata; considerando il week-end di pioggia intensa, era una gran bella sorpresa.
Abegail non sembrava soddisfatta della risposta, ma fece finta di niente. Si risedette al suo posto e infilzò una foglia di insalata non troppo croccante, che, oltre al colore piuttosto tristino,  aveva una consistenza sospetta.
«Hai visto l’ultimo articolo di Faust?»
A quella domanda Hermione trasalì, più che altro all’immagine mentale di Draco Malfoy che le venne immediatamente in testa al nome di Faust.
«Eh… no, sono stata troppo occupata stamattina per leggere il giornale».
Doveva leggerlo, ma allo stesso tempo non voleva. Sapeva che aveva scritto delle cattiverie su di lei e sul suo operato – Faust, il faro dell’ala conservatrice, lo faceva sempre - , però, allo stesso tempo, sperava dentro di sé che quella serata un po’ diversa dal solito l’avesse cambiato.
In modo infantile non voleva che lui scrivesse qualcosa contro di lei e aveva paura di leggere l’articolo.
«È stato un po’ diverso dal solito».
Hermione non fece in tempo a dirle che non le interessava che Abby, con la sua solita parlantina, si era già avventurata nella narrazione.
«Da bravo conservatore ha continuato ad attaccare le nuove leggi sugli Elfi Domestici, invocando quasi il collasso mondiale come conseguenza delle nuove libertà date a quei poveretti» storse il naso; se possibile, Abegail odiava Draco più di quanto Hermione avesse fatto da ragazzina, semplicemente a causa di quegli articoli «però…»
«Però cosa?»
Stupida Hermione, si disse. Stupida, stupida, stupida Hermione. Non devi chiedere però cosa, non devi neanche illuderti.
Illuderti di cosa, poi? Che Malfoy parli bene di te? Impossibile. E se anche fosse? Cosa significherebbe – cosa vorresti che significasse? La mancanza di Ron ti ha veramente rammollita fino a questo punto? Diamine... non finirai i tuoi giorni da sola con Grattastinchi, rileggendo all'infinito i tuoi libri preferiti e sfogandoti mangiando kili di Cioccorane.
«Però ha anche scritto che se anche uno solo dei politici che ti sono contrari si impegnasse nel suo lavoro come fai tu, con la tua integrità morale e sociale, sicuramente la destra potrebbe cancellare finalmente l’ombra di Voldemort dalle sue spalle e proporre dei modelli positivi per la comunità magica».
Hermione tacque, muovendo sulla scrivania alcuni fogli, tanto per tenere occupate le mani; spostò lo sguardo sull’orologio, cercando di non dare troppo a vedere la sua soddisfazione.
«Non si sbilancia mai, eh?»
«No».
Hermione richiamò a sé un paio di volumi di storia antica, che le servivano per confrontare le vecchie legislature con quella che stava modificando, e fece finta di essere occupatissima per tutto il tempo che rimase in ufficio.
Circa a metà pomeriggio, poco prima dell'orario di uscita, sentì dal corridoio delle urla e del rumore di cocci rotti; presa com'era dal lavoro non ci fece troppo caso e continuò a scribacchiare e appuntare ai margini di enormi volumi annotazioni che avrebbe poi riunito in un documento più coerente.
Dopo alcuni secondi vide volteggiare davanti alla porta un set da tè, che sembrava avvinto in delle catene molto strette, dalle quali tentava di scappare. La teiera emetteva degli sbuffi pericolosamente bianchi e sottili. Appena dopo l'ultima tazzina, comparvero i capelli disordinati e neri di Harry, che teneva la bacchetta leggermente alzata e borbottava alcuni improperi contro l'Ufficio per l'Uso Improprio di Manufatti Babbani. Si fermò davanti alla porta della stanza e sorrise, entrando. Abegail storse il naso quando il soffio della teiera le sollevò un plico di fogli che aveva ordinato diligentemente e lanciò un'occhiataccia ad Harry, quando questi si sedette in bilico sulla scrivania di Hermione.
La ragazza alzò lo sguardo solo quando l'amico le sventolò una mano sotto gli occhi.
«Assorta come sempre?»
«Volevo finire questi appunti prima di oggi» borbottò, alzando lo sguardo e massaggiandosi le tempie.
«Non hai dormito questi giorni, vero?»
Abegail si era alzata a raccogliere i fogli e ora guardava curiosa i due: non aveva pensato al fatto che Hermione non avesse riposato bene, e chissà a che cosa era dovuta quella mancanza di sonno.
Magari era la volta buona che si era trovata un altro ragazzo, sorrise tra sé e sé, ritornando alla scrivania e iniziando ad ascoltare con più attenzione.
«Non troppo» sorrise Hermione, lanciando un'ultima occhiata a una pergamena e facendola poi volteggiare dentro un raccoglitore posato a terra.
«Come mai?»
«Sai come sono fatta: quando trovo un bel libro non me ne stacco facilmente».
«Mi auguro che tu l'abbia finito», scherzò, «perché stasera Ginny ha invitato a cena Neville e Hannah» sorrise malizioso Harry.
«Hannah?» finalmente Hermione gli prestò veramente attenzione e spalancò gli occhi sconvolta.
«Hannah e Neville?» ripeté, quasi balbettando.
Il ragazzo quasi gongolò e prese una sedia, trascinandola e sedendosi davanti a lei, sempre tenendo sotto controllo il set da tè.
«Già, incredibile, vero?»
«Ma stanno insieme?»
«Da due mesi» sembrava quasi che lo stesse annunciando. «Una settimanella fa siamo andati ai Tre Manici di Scopa con Ginny, così, per fare una passeggiata a Hogsmeade. E indovina chi abbiamo incontrato?» era veramente entusiasta e pareva molto divertito dal racconto «Hannah ci stava servendo tutta allegra un paio di Burrobirre e sento una voce familiare che la chiama “Amore”».
Hermione trattenne delle risate benevole, divertita: «Amore
«Mi sono quasi strozzato quando mi sono reso conto che era Neville! Incredibile!»
«Già, veramente incredibile».
«Comunque, che fai, vieni?»
Hermione lo guardò, presa alla sprovvista. Immaginò l'adorabile scena con le due coppiette innamorate e lei in mezzo, anche logisticamente sarebbe stato imbarazzante.
«Ci sarà anche Ron, tranquilla» aggiunse veloce Harry, capendo il motivo del suo titubare.
Considerando il tono la ragazza capì che Ginny l'aveva quasi minacciato per convincerla a venire e sapendo che le vendette della sua amica non erano cosa da poco annuì, accontentandolo.
«Va bene. A che ora?»
Harry sorrise entusiasta e con un saltello si alzò, facendo volteggiare nuovamente la teiera e le tazzine, che sembravano essersi placate.
«Alle sette a casa nostra, se vuoi può venire a prenderti Ron, ha detto che per lui non è un problema».
«No, tranquillo» lo guardò in modo piuttosto truce. Sapeva che Harry e Ginny stavano provando in tutti i modi a farli tornare insieme, non capendo che per loro era molto meglio rimanere amici piuttosto che continuare a mantenere una relazione forzata.
«Posso smaterializzarmi anche da sola» lo punzecchiò.
Il ragazzo arrossì, capendo la gaffe, borbottò un saluto ad Abegail e uscì dall'ufficio, trascinandosi dietro gli oggetti che si erano rianimati con il movimento.
Hermione si augurò che Neville avesse abbastanza tatto da non chiedergli come mai non stessero più insieme o altre stupidaggini del genere perché sarebbe stato veramente troppo.
Chiuse gli occhi e fece un bel respiro; il pendolo attaccato al muro suonò le cinque e lei si alzò finendo di vestirsi quando rintoccò l'ultimo colpo. Si sistemò meglio la sciarpa e si mise sotto braccio alcuni documenti, poi sorrise ad Abegail.
«Ci vediamo, Abby» la salutò mettendosi a tracolla la borsetta stregata.
La ragazza stava sistemando le ultime piume nel cassetto, alzò la tesa e le sorrise allegra: «buona serata, Herm».
Hermione uscì dalla stanza e andò a prendere l'ascensore, con calma. Non aveva molta voglia di tornare a casa, quel giorno, e ancor di meno le andava di riuscire per andare a cena da Harry e Ginny.
Uscita dal Ministero iniziò ad avviarsi verso casa a passo lento, lasciandosi correre intorno la città Babbana. In verità, rifletté dopo un po', aveva una gran voglia di infilarsi il suo pigiama e leggersi un bel libro mentre Grattastinchi se ne stava appisolato sul suo ventre.
Arrivata a casa si tolse con i piedi le scarpe e si lasciò cadere pesantemente sul divano, emettendo un mugolio sommesso. Il gatto si mise seduto compostamente sul tavolinetto, iniziando a fissarla con curiosità.
«Grattastinchi, non hai cenato da solo?» farfugliò, sapendo già che il gatto era abbastanza intelligente da non avventurarsi per la metropoli troppo trafficata e troppo pericolosa.
La ragazza sospirò e tirò fuori dalla tasca interna del cappotto, non senza difficoltà, la propria bacchetta, l'agitò e pronunciò un incantesimo. In cucina una scatoletta di cibo per gatti si aprì e si versò da sola in una ciotolina rossa, posata sotto la finestra. Il gatto sembrò sorridere soddisfatto e con la coda ben ritta se ne andò, lasciando la sua proprietaria ancora sul divano, intenta a togliersi il giaccone, nell'impresa quasi impossibile di farlo senza alzarsi.
Sbuffò e lo buttò sullo schienale del divano, si passò una mano sul viso e sospirò. Rimase così per più o meno un'ora, rivoltandosi di tanto in tanto, tentando di dormire almeno un po'.
Non appena riuscì a chiudere gli occhi e abbandonarsi in un piacevole dormiveglia, sentì la lingua di Grattastinchi leccarle le dita del braccio destro, lasciato a ciondolare di fianco.
«Grattastinchi» mugugnò un po' infastidita, voltandosi e fissando l'animale. «Cosa hai, mh? Non intendo darti di più, stai ingrassando» lo sgridò.
Il gatto ricambiò l'occhiataccia e le lasciò una lettera in mano, per poi voltarsi nuovamente, quasi con aria di stizza, e lasciarla sola.
Hermione si mise a sedere, curiosa. Osservò la scrittura sulla carta piuttosto pesante e ruvida e la aprì, mordicchiandosi un labbro.
Voglio sapere cosa ne pensi del libro e dell'articolo.
Vediamoci alle 12 mercoledì prossimo, Trafalgar Square.
Draco
La ragazza trattenne il fiato, posò il messaggio sul tavolino e fissò un punto indeterminato davanti a sé.
Draco le aveva scritto.
Draco le aveva anche “ordinato” un appuntamento.
Hermione chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie: cosa avrebbe dovuto fare? Rimase alcuni minuti riflettendo se rispondere o meno alla lettera; se sì, come? Che tono avrebbe dovuto usare?
E poi, soprattutto, sarebbe andata o meno all'appuntamento? Si morse più forte il labbro inferiore e sbuffò, alzandosi di scatto.
«Oh, al diavolo. Ho fino a sabato per decidere».
In quel momento suonò la porta ed Hermione sbiancò. Lanciò uno sguardo all'orologio e notò che erano già le sette di sera; si chiese chi mai potesse essere, ma dal suono prolungato del campanello notò, con dispiacere, che si trattava di Ron.
Andò ad aprire e sospirò, prima di sorridere naturalmente all'amico.
«Sorridi sempre agli sconosciuti che suonano alla porta?»
Il sorriso di Hermione si trasformò in un'espressione terrificata quando si rese conto che fuori dalla porta non si trovava Ron Weasley, ma Malfoy.
«Io... ecco... pensavo fossi Ron».
«Weasley?» esclamò quasi orripilato, storcendo le labbra e infilando una mano nella tasca del cappotto di lana nera. Un doppiopetto, notò Hermione tra sé e sé.
«Sì... suonate il campanello nello stesso modo. A lungo... e fastidiosamente».
Calò un attimo di silenzio, la ragazza si passò una mano tra i capelli e si rese conto che dovevano essere in una condizione pietosa.
Oh, al diavolo, è Malfoy
«Allora? Come mai sei qui? L'appuntamento...»
«Non mi hai risposto, ancora. Te l'ho inviato stamattina!» sbuffò stizzito Draco, spostandosi con la mano libera un ciuffo di capelli che gli era caduto sugli occhi.
«L'ho letto un'ora fa... un vero gentiluomo sarebbe comunque andato all'appuntamento e mi avrebbe aspettato» rispose assottigliando lo sguardo Hermione, strinse la presa sulla maniglia della porta.
«Sei proprio un ragazzino indisponente» aggiunse, facendo per entrare e lasciarlo fuori.
«Non sono abituato ad aspettare» disse quasi per giustificarsi il ragazzo. Si strinse nelle spalle, come se andare a casa di qualcuno, per ricordargli in modo irritante che non aveva risposto a un invito inviato poche ore prima fosse una cosa normalissima.
«Sei venuto fin qui solo per questo?»
Hermione lo squadrò per bene, prendendolo per pazzo – insomma, era Malfoy, la cosa non era totalmente da escludere.
«Sì... diciamo di sì»
«Diciamo?»
Draco fece un profondo respiro e si guardò intorno, borbottando: «hai ancora un po' di whiskey? Quello di sabato non era male...»
«Draco Malfoy, di grazia, perché sei qui? Ho un appuntamento a momenti, e mi devo ancora preparare».
«Ah, stai per uscire?» sembrò deluso, tolse la mano dalla tasca e iniziò a giocare con il manico dell'ombrello. Hermione parve divertita nel vederlo così “agitato”.
«Sì, Harry e Ginny mi hanno invitato a cena. Sai che Neville si è fidanzato?»
Se possibile, il volto di Draco diventò ancora più bianco di quanto già non fosse.
«E chi è la povera disgraziata? Mi devi lasciare sulla porta o posso entrare?» disse tutto velocemente, quasi ingarbugliandosi con la lingua.
«Con Hannah Abbott, in primo luogo. E no, devo prepararmi»
«E tu andresti a una cena con due coppiette? A fare il... quinto incomodo?»
«Verrà anche Ron» commentò inacidita Hermione, facendo per chiudere la porta.
«Ho due biglietti per un concerto» annunciò rapidamente Draco, nel tentativo di fermarla. Lei sembrò non curarsene troppo, alzò un sopracciglio e borbottò: «portaci Pansy, non mi interessa».
«Un concerto di musica classica... magica» aggiunse Malfoy, bloccando la porta con l'ombrello. Hermione si fermò e lui, temendo troppo per il suo ombrello lo ritirò subito.
«Allora?»
«Ho un appuntamento» mugugnò a mezza bocca lei «e sto facendo tardi».
«Digli che stai male. Su. È un concerto imperdibile, i biglietti mi sono costati un occhio della testa» cercò di convincerla. Sorrise, in modo non troppo affabile, ed Hermione non seppe proprio se fidarsi.
Per quale assurdo motivo Draco Malfoy avrebbe dovuto invitarla a un concerto. A lei. Hermione Granger. Va bene, avevano cenato insieme, le aveva consigliato un libro. Ma era Draco Malfoy e lei era Hermione Granger.
«Per quale motivo allora ne hai comprati due, se non avevi nessuno con cui andare?» domandò sospettosamente lei.
«Okay, me li hanno regalati. Mia madre... e non mi va di andarci da solo» borbottò, abbassando lo sguardo. Grattastinchi sgusciò tra le gambe della sua padrona e iniziò a strusciarsi sui pantaloni di Draco, lasciando qualche pelo di un rosso sgargiante sui pantaloni neri.
Il ragazzo non sembrò preoccuparsi troppo, sospirò e ripeté, piuttosto scocciato: «allora?»
«Allora ho un appuntamento. Invita... che ne so... Blaise? Lo senti ancora?»
«No, cioè... non troppo. Senti, se sono venuto qui è perché so che l'unica persona che conosco che verrebbe a vedere questo concerto saresti tu» sbuffò irritato.
«L'unica?»
«L'hai letto l'articolo, no? E mi dovresti anche un grazie».
«Sì, l'ho letto. Hai uno strano modo di fare i complimenti, tu».
Hermione guardò Grattastinchi, che continuava a far ondeggiare la sua onda batuffolosa; il gatto ricambiò lo sguardo, inchiodandola con quegli occhi gialli e penetranti.
«Allora?»
«Per Merlino, come sei petulante! Capisco perché tua madre è così acida, l'avrai tempestata di “allora, allora, allora”, quando eri bambino»
«Ehi, cosa hai contro mia madre!?» esclamò punto sul vivo Draco. Assottigliò le labbra e la fulminò.
«Niente, tranquillo...»
Hermione prese un bel respiro e si posò contro lo stipite della porta. Se avesse dato buca a Ginny, l'amica l'avrebbe perseguitata negli anni avvenire... ma quel concerto la ispirava, sicuramente più di quella cena depressiva che si prospettava davanti.
«Okay... dammi due minuti, però» sospirò infine, aprendo la porta e facendolo entrare.
Draco varcò la soglia quasi fosse un cavaliere che aveva espugnato un castello, dopo giorni di assedio.
«Dovrò dirle che sto male... ci potrebbero essere persone che conosco? O che conoscono lei?»
Il ragazzo scoppiò a ridere e si buttò sul divano, dove salì anche Grattastinchi, che iniziò a chiedere un po' di carezze che ricevette prontamente.
«Probabilmente il personaggio più giovane che incontreremo era amico di Morgana. Non ti preoccupare: uscire con me, per vedere quel concerto è una giustificazione più che giusta. E poi non potresti dire a Potter che avevi già un impegno di cui ti eri scordata?»
Hermione era già andata in camera a cambiarsi e si fermò, proprio mentre apriva l'armadio.
«Oh...»
Evidentemente passare molti anni senza inventarsi scuse su scuse come faceva a scuola aveva finito per arruginirla.
Uscì da la stanza, facendo capolino solo con la testa: «Okay, e cosa le dico? “Scusa Ginny, avevo un appuntamento con Draco Malfoy, e non te l'ho detto! Fantastico, vero?”» lo guardò torva «se la prenderà sicuramente...»
«Dille che hai comprato un biglietto e te lo avevi scordato?»
La ragazza rimase in silenzio, valutando i pro e i contro di quella affermazione, poi afferrò il telefono portatile appena fuori la stanza e digitò velocemente un numero.
«E meno male che eri la strega più brillante...»
«Taci, dire le bugie è una cosa da voi Serpeverde» borbottò per poi zittirsi quando risposero dall'altra parte della cornetta.
Ginny la prese stranamente bene; forse aveva promesso qualche favore al fratello in cambio della sua presenza e così non avrebbe dovuto obbligarlo a venire, pensò Hermione. Riattaccò e guardò Draco che continuava a giocare pigramente con il gatto.
«Come mi devo vestire?»
«Elegante»
Hermione storse il naso, quel tono lapidario e quello strascicare della sua parlata la irritavano, soprattutto quando si univano.
«Elegante quanto?»
Draco si aprì il doppiopetto mostrando una bella giacca nera, su un risvolto della quale aveva appuntato una spilla a forma di drago d'oro grezzo, abbinata a una camicia bianca e una cravatta sui toni del verde.
«Sei un uomo... non vale. Vi mettete una camicia e state apposto. Mi devo mettere un vestito lungo? No, perché non ho vestiti lunghi...» si voltò lanciando un'occhiata disperata all'armadio.
Draco roteò gli occhi e si alzò con un gesto lento, sbuffò e si avvicinò.
«Possibile che vai nel panico per così poco? Per Salazar, mi sembra di vederti durante il periodo degli esami, che giravi come una pazza per la biblioteca!»
«Mi vedevi?»
«Diciamo che era impossibile non farlo: avevi tutti i libri che servivano, li sfogliavi come una forsennata e ripetevi sempre sottovoce “ce la posso fare ce la posso fare ce la posso fare”. Ho smesso di studiare lì per evitare quella litania» commentò annoiato. Si avvicinò all'armadio e non nascose un'espressione un po' contrariata; toccò le stampelle appena con l'indice e il pollice e dopo una silenziosa e attenta osservazione tirò fuori un vestito rosso, che le porse senza troppe cerimonie.
«Sei proprio un maleducato» borbottò scocciata lei, afferrando con stizza il vestito e spingendolo fuori irritata.
«Un maleducato proprio» ripeté, prima di sbattergli la porta in faccia.
Draco abbassò lo sguardo su Grattastinchi e roteò nuovamente gli occhi. Si chiese come quel gatto riuscisse a vivere con lei.
Quando Hermione uscì lo vide intento a sorseggiare del wishkey che si era versato da solo e ad accarezzare il gatto, che sembrava piuttosto soddisfatto delle attenzioni riservategli da quello “sconosciuto”.
«Hai un gatto a casa?» gli domandò avvicinandosi e sistemandosi meglio uno scialle sulle spalle.
«No, ad Astoria non fanno impazzire e visto che dobbiamo mantenere il segreto non ne ho portati a casa» spiegò tranquillamente, si alzò lasciando il bicchierino di cristallo sul tavolino e la cosa infastidì particolarmente la ragazza, che prendendo la bacchetta lo fece galleggiare fino al lavandino.
«Ecco, si fa così».
Draco alzò un sopracciglio, lanciandole uno sguardo fra l'infastidito e il compassionevole, che fece imbestialire Hermione ancora di più.  
«Dobbiamo smaterializzarci... oh, diamine, non sai dove sta» di nuovo quello sguardo. La ragazza strinse i denti e lo fulminò.
«Sai l'indirizzo?» gli rispose avvicinandosi a un laptop che aprì e avviò.
«Sì, Great Russell St.»
Hermione lo guardò spalancando gli occhi e disse: «diamine, e pensavo pure di usare Google. Non potevi dirmelo prima che era davanti al British?»
«Al che?»
«Non ti preoccupare, è semplicemente uno dei più importanti musei Babbani al mondo» sbuffò lei, sistemandosi per bene il cappotto.
«Il British...» ripeté Draco tra sé e sé, ed Hermione poté indovinare che ci sarebbe andato, ma sarebbe morto prima di dirle di averlo fatto. Che poi... dirle, come se lei e Malfoy avessero questo super rapporto di amicizia.
Aveva dei biglietti in più. Stop. Non doveva pensare ad altro.
«Allora ci vediamo davanti al cancello di quell'enorme edificio classico».
Draco parve finalmente collegare il nome al luogo e annuì, rimase immobile, aspettando che andasse prima lei.
Hermione lo fissò, aspettando, a sua volta, che lui facesse la prima mossa.
«Allora?»
«Allora vai, su!» bofonchiò il ragazzo, facendole un gesto scocciato con la mano. Hermione avrebbe giurato che si vergognava nel farsi vedere girare come una trottola.
Sospirò, mise a fuoco nella testa la strada, con un gesto tanto deciso quanto i tacchi le permisero iniziò a girare e in un attimo si ritrovò con i piedi ben piantati sul marciapiede davanti a un vecchio negozio di antiquariato, proprio di fronte al museo.
Dopo pochi istanti vide comparire Draco, di cui si riconosceva solo la testa dai lunghi capelli biondi. Qualcuno, sicuramente gli organizzatori, aveva privato di luce tutti i lampioni della strada, rendendo più facile agli invitati la smaterializzazione.
Si avvicinò in fretta e lo guardò.
«Allora, dov'è?»
Draco tirò fuori la bacchetta e i due biglietti che teneva in un taschino interno del cappotto.
«Allegro Andante» pronunciò, scandendo per bene sillaba per sillaba. Alle parole seguì un lieve movimento della bacchetta e quello che a una prima occhiata sembrava un semplice muro, si aprì davanti a loro, mostrando una meravigliosa scala che andava verso il basso.
Sulla volta a botte che li sormontava, mentre scendevano, erano appesi numerosi candelabri, di una bellezza raffinata.
Quando arrivarono alla fine della scalinata si fermarono. Draco sembrava a suo agio, mentre Hermione si guardava intorno meravigliata, spalancando gli occhi per lo stupore e la curiosità.
Un valletto, vestito di verde smeraldo, li accompagnò davanti una porta con sopra il numero sei, la aprì ed Hermione trattenne il fiato per la sorpresa: davanti a loro si apriva quello che poteva essere paragonato a un Teatro dell'Opera Babbano, con la differenza che, al posto dei caratteristici porpora e oro, che adornavano i teatri che aveva conosciuto sulle riviste dei suoi genitori e sui servizi alla televisione, questo era addobbato con le tonalità più svariate.
Il soffitto ricordava quello di Hogwarts, ma questo mostrava un cielo troppo limpido e terso per essere quello di Londra; le pareti erano arancioni o gialle, oppure di un meraviglioso azzurro cobalto, che sfumava verso il cielo in un blu zaffiro fino  a confondersi con la volta stellata.
Hermione cadde di peso sulla sua poltroncina, senza parole.
«È tutto così... bello» disse in un soffio, mentre si toglieva la sciarpa e la posava sullo schienale della poltrona, distrattamente. Draco la vide cadere, sospirò e si alzò per raccoglierla e appenderla a un elegante appendiabiti che volteggiava dietro di loro; le prese anche il giaccone, che stava per cadere a sua volta, e sistemò anche questo, sopra il suo, poi si sedette accanto a lei, studiando le sue reazioni.
«Sei mai stata a un concerto classico magico?» le domandò tranquillamente, accavallando le gambe lunghe e mostrando dei calzettoni perfettamente intonati alla cravatta.
Hermione scosse la testa e ricordò il concerto rock a cui era andata con Ron e il caldo infernale che aveva dovuto sopportare per prendere la prima fila – perché Ron lì voleva stare. Pensò sorridendo tra sé e sé che si era divertita a saltare di qui e di lì, finendo sempre per terra e rischiando di venire pestata da tutti, se non era per Ron che la riprendeva sempre prontamente al volo.
«Credo che ti piacerà» le disse con un sorrisetto sulle labbra, spostando lo sguardo sul palco. Si spensero le candele e ne rimasero solo alcune che galleggiavano sopra i musicisti che stavano pian piano entrando.
Gli strumenti erano simili a quelli che Hermione conosceva, ma ognuno di questi aveva delle piccole particolarità – una corda in più, una curva diversa del metallo – che le fecero pensare che sicuramente dentro quel luogo avrebbe assistito a uno spettacolo unico.
Nel silenzio più assoluto, in cui si potevano udire gli esecutori prendere posto, dopo alcuni istanti di silenzio, in cui il maestro di orchestra iniziò a scandire il tempo con una bacchetta, esplose un boato di suoni seguito dall'immagine di un leone che balzava direttamente verso Hermione.
Lei lanciò un grido terrorizzato, non aspettandosi un'uscita del genere, poi sbiancò di colpo, rendendosi conto che faceva parte del concerto. Draco stava soffocando le risate, nascondendo la bocca dietro le mani, mentre molti spettatori avevano alzato lo sguardo, ignorando la battuta di caccia che si stava svolgendo per la sala, che accompagnava la musica, per capire chi poteva essere così ingenuo da non capire che era una semplice magia.
Hermione diede un pugno sulla spalla di Draco e lo fulminò con lo sguardo. Il ragazzo smise di ridere, pur mantenendo sulle labbra un sorrisino soddisfatto.
La rabbia nei confronti di Draco scemò presto; Hermione fu troppo occupata ad applaudire strabiliata o a seguire con gli occhi e con le orecchie quella musica e quegli incantesimi meravigliosi, che si allungavano sugli spettatori e li avvolgevano nelle loro spire luminose e fumose, come se fossero la musica stessa, la passione stessa dei musicisti che si concretizzava.
Il suo volto si era aperto in un'espressione raggiante e felice, che Draco non poté far meno di notare. Sorrise a sua volta e scansò lo sguardo solo quando lei, quasi sentendo gli occhi di lui addosso, non voltò la testa.
Hermione lo vide girarsi di scatto e si sentì quasi in dovere di arrossire, quasi fosse una tassa da pagare per lo sguardo che quel ragazzo le aveva rivolto. Vide la sua mano pendere mollemente dal bracciolo e istintivamente gliela strinse.
Le piacque il caldo che emanava e la stretta forte con cui ricambiò. Cercando di far meno rumore possibile spostò la poltroncina e posò la testa sulla sua spalla, bisbigliando: «non pensi sia bellissima?»
Ora la scena mostrava una ninfa dei boschi che si nascondeva davanti al cacciatore. I capelli lunghi e verdi erano cosparsi di piccoli fiori rosa.
Draco annuì senza fiatare, ancora impietrito per il gesto coraggioso che aveva compiuto Hermione, tanto da rimanere teso e rigido come un tronco di legno.
Lei se ne accorse, ma fece finta di nulla, continuò a sorridere contenta e a godersi lo spettacolo, sempre tenendogli stretta la mano.
Sto stringendo la mano di Draco Malfoy, dopo aver posato la testa sulla sua spalla” pensò meravigliata “Che Morgana mi aiuti, la fine del mondo è vicina”.
E pensò anche che iniziava a stare bene,  dopo un bel po' di tempo.


Angolo Autrice:


Ecco... sì, sono viva XD E non ho scordato questa storia! Il finale è troppo impresso nella mia testa per abbandonarla <.<
However, la scuola mi aveva catturata, la maturità mi ha torturata e le vacanze mi hanno riabilitato :P però non ho smesso di scrivere poco poco, ma sempre un po'.
Harry Potter è un fandom che mi mette sempre una certa soggezione, non so perché, le Dramioni ancor di più. Spero di aver scritto un capitolo che sia ben legato con i precedenti e che, allo stesso tempo, si sia mosso un po' in avanti, facendo capire che si sta aprendo uno spiraglio tra questi due.
Non ho molto di più da dire :) Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno messo tra le seguite e tra le preferite la storia ;) Siete veramente tanti!
A presto!
Laura a.k.a. Ulissae



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