What True Love Creates

di RicksIlsa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One: Reunion ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***



Capitolo 1
*** Chapter One: Reunion ***


What True Love Creates

Chapter One: Reunion

 

 

 

 

Emma e Henry erano alla finestra dell’ospedale, a guardare la nube di fumo viola che inghiottiva tutta la città senza tralasciare nulla. In pochi minuti l’ospedale fu pieno di quella roba; odorava di... zucchero filato e... pesche? Emma scosse la testa, cercando di schiarirsi la vista e le idee, la mano che stringeva forte quella di Henry.

In fretta com’era venuto, il fumo scomparve.

Si guardò intorno. Nulla sembrava essere cambiato. Almeno non all’apparenza. Ma riusciva a sentire qualcosa di nuovo e di caldo pulsare nell’aria attorno a sé.

Henry credeva che fosse un male, ma Emma non poteva preoccuparsi di questo.

Suo figlio era vivo. Prima era morto... e poi di nuovo vivo, tutto per via del suo bacio. Il bacio del vero amore.

Si rivolse alla suora che le era rimasta accanto fin da quando la maledizione si era spezzata, e fu leggermente sconcertata nel vedere che emetteva un bagliore azzurrino.

« Così, ‘vero amore’ non vuol dire l’amore romantico? » chiese Emma.

La suora distolse lo sguardo dalla finestra e la guardò con l’orgoglio di una maestra che osservi il suo pupillo.

« No. Il vero amore può esistere anche tra fratelli, amici... Ho visto persino dei nemici giurati manifestarne il potere. »

Emma non era sicura su come rispondere.

« Allora... Lei chi dovrebbe essere? »

La suora rise.

« Ho molti nomi, ma i più si riferiscono a me come alla Fata Turchina. »

Emma annuì, lentamente.

« Quella di Pinocchio? Oddio... August! »

Era già a metà strada verso la porta quando si fermò e si voltò di nuovo a guardare Henry. Non voleva lasciarlo. Mai più, se poteva farne a meno...

La suora – ehm, la Fata Turchina rise ancora.

« Va tutto bene, Emma. Il padre di Pinocchio è già con lui. Geppetto ha annullato la sua maledizione, proprio come hai fatto tu con quella di Henry. »

Lei annuì, fidandosi delle parole della... fata.

« Bene, ho capito come ho rotto la maledizione di Henry. Ma come ho spezzato quella della Regina? »

« Per spezzare la maledizione, dovevi usare la magia. »

« Ma io non ho usato la ma– »

La Fata Turchina scacciò la sua protesta con un gesto della mano.

« La magia scorre nel tuo sangue, Emma. Tutto ciò che dovevi fare era credere. E quando hai creduto, e hai infranto la maledizione di Henry, questo ha spezzato anche la maledizione della malvagia Regina. »

La fata si voltò di nuovo per tornare a guardare pensosamente dalla finestra.

Emma aveva ancora un milione di domande, ed era un po’ irritata dal fatto che lei non sembrava volerle spiegare tutto da sé. Sembrava che dovesse cavarle le risposte fuori dai denti...

« Io ho della mag– » ricominciò, ma fu interrotta da un grido trafelato.

« Emma! »

Mary Margaret e David – no: Biancaneve e il Principe Azzurro – erano sulla soglia, e la guardavano con un’emozione così intensa che Emma automaticamente fece un passo indietro.

Si sentiva addosso gli sguardi curiosi di tutti i presenti, che esaminavano ogni suo movimento.

« È tutto okay, Emma. Sono i tuoi genitori. Ti vogliono bene, come tu vuoi bene a me » disse Henry, così piano che lei fu l’unica a sentirlo.

Emma chiuse gli occhi, cercando disperatamente di assimilare tutto quanto aveva appreso nelle ultime dodici ore... di dare un senso agli ultimi ventotto anni... di accettare il fatto che la sua amica e coinquilina era davvero sua madre e che David Nolan, quel tipo dolce ma a volte incredibilmente stupido che lavorava al rifugio per animali, era suo padre.

« Oh, Emma. So bene che sei confusa e che avrai tantissime domande... »

Emma aprì gli occhi per scoprire che i suoi genitori si avvicinavano lentamente a lei.

« ... e so che è molto strano per te, ma io non ti ho tenuta tra le braccia per ventotto anni e non intendo aspettare un secondo di più! »

E poi Emma si ritrovò avvolta dall’abbraccio più rassicurante che avesse mai ricevuto in tutta la vita.

Suo padre si voltò e trascinò Henry di fronte a lei, prima di circondare tra le braccia tutti e tre.

Il resto del mondo sembrò sbiadire ed Emma si permise di rilassarsi un momento, di assorbire il nuovo e sorprendente sentore di essere circondata, letteralmente, dalla sua famiglia.

Biancaneve si ritrasse appena e studiò il viso di Emma con occhi colmi di meraviglia. Tese una mano per asciugare la guancia della figlia. Emma non si era neppure accorta di aver iniziato a piangere, e rimase sorpresa dalle lacrime sulla mano di Neve.

Guardò suo padre, che piangeva in silenzio a sua volta. Lui le sorrise, ma nessuno cercò di parlare.

Henry lanciò improvvisamente un singhiozzo soffocato e si seppellì la faccia tra le mani.

Emma e James si guardarono automaticamente intorno nella stanza, alla ricerca di ciò che l’aveva turbato. Nessuno dei due era molto a suo agio con tutta quell’emozione e il pensiero di un nemico fisico da poter combattere era quasi un sollievo.

Ma Neve si lasciò cadere in ginocchio e attirò Henry a sé.

« Shh, va tutto bene ora, Henry. Non sei più solo » bisbigliò, rassicurante, cullandolo dolcemente.

Quando fu in grado di parlare, Henry rivolse a tutti loro un sorriso umido.

« Tutto a posto, sono lacrime di gioia. È solo... È da così tanto tempo che... Non ero sicuro che sarebbe mai successo. E adesso è successo... e io mi sento così... pieno » cercò di spiegare.

Neve lo strinse di nuovo a sé e gli passò una mano tra i capelli.

« Mi dispiace così tanto, Henry. Se ripenso a tutte le volte che hai cercato di dirmi cosa stava succedendo e io... io ti ho soltanto accantonato, considerandoti un ragazzo solo con un’immaginazione molto fervida... »

Neve cominciò a piangere e stavolta fu Henry a cercare di consolarla.

« Va bene. Non è stata colpa tua. E poi mi hai aiutato. Non mi hai fatto mai sentire stupido o poco importante. Non so se sarei mai sopravvissuto alla maledizione se non fosse stato per te. »

Un altro abbraccio, altre lacrime e scuse... e all’improvviso ci fu un grido dall’altra parte della stanza.

Il dottor Whale era caduto a terra, urlando, contorcendosi e stringendosi il capo tra le mani.

Emma si guardò intorno, cercando qualcuno che lo aiutasse, ma le ‘infermiere’ si limitavano a fissarlo. Persino Biancaneve e il Principe sembravano esitare all’idea di avvicinarsi.

« Che avete? Qualcuno gli dia una mano! » gridò Emma, lasciandosi cadere sulle ginocchia accanto all’uomo in preda alle convulsioni e tirandogli le braccia in basso.

Dovevano tenerlo fermo, prima che si facesse del male.

Passarono pochi secondi prima che James la raggiungesse e l’aiutasse a trattenerlo. Quando lo immobilizzarono, un’infermiera si avvicinò con una siringa. Abbassò gli occhi sul medico con disgusto.

La mano di Emma scattò e afferrò il braccio dell’infermiera, che le rivolse uno sguardo spaventato.

« Che sta facendo? Cos’è quella? » chiese Emma, alzando la voce per sovrastare le grida di Whale.

La donna sospirò.

« È solo un sedativo, nulla che potrebbe fargli del male. Per quanto lo meriterebbe » le gridò di rimando.

Emma annuì e le lasciò andare il braccio. Sia lei sia James sussultarono all’iniezione meno che gentile che seguì.

Passò un minuto scarso prima che il dottore si rilassasse. Le grida diventarono mormorii e, anche se Emma non riuscì a capire cosa stesse dicendo, era abbastanza sicura di avergli sentito dire il nome di Regina più di una volta.

Si sedette e guardò in su verso la suora – fata – scintillante d’azzurro.

« Che gli succede? » domandò.

« La maledizione si è diradata. Da questo momento tutti, in citt,à avranno due vite che combatteranno per il controllo di un unico corpo. Solo i più sicuri della propria identità saranno in grado di accettare quanto è accaduto. » Il suo sguardo si posò su Neve e James. « O quelli che hanno un’ancora in questo mondo o nell’altro. »

« E gli altri? Che cosa gli succederà? » chiese Emma, guardando l’ormai assopito dottor Whale.

« Impazziranno. »

C’era un lieve sorriso sulle labbra della fata; le dava piacere l’idea che il dottor Whale stesse soffrendo.

Emma s’irrigidì rabbiosa. Guardò tutto intorno a sé i presenti che si limitavano a star lì a fissare l’uomo addormentato con aria di sospetto e soddisfazione.

« Non possiamo lasciarlo sul pavimento » fece notare, scioccata dal fatto che nessuno in quella stanza incontrasse più il suo sguardo.

« Era un cattivo, Emma. Ha reso miserabile la vita di molte persone. Questa è giustizia – una degna punizione per un uomo malvagio » disse la Fata Turchina.

Emma si alzò e la guardò in volto, stentando a controllare la furia che le lampeggiava negli occhi.

« Tu dovresti essere buona. La gente buona non gode nel vedere gli altri soffrire. Persino quelli che hanno fatto loro del male. Non avete imparato niente dagli errori di Regina? »

La fata non disse nulla, ma neanche batté ciglio mentre ricambiava lo sguardo di Emma.

Il silenzio era tale che si sarebbe potuta sentire una spilla cadere.

Emma si voltò e guardò James. Lui annuì e insieme sollevarono il dottor Whale e lo depositarono sul letto di Henry. L’infermiera che gli aveva iniettato il sedativo si fece di nuovo avanti e guardò Emma. Lacrime silenziose le scendevano giù per le guance.

« Sono così dispiaciuta, mia principessa. Avete ragione. Non si ottiene nulla rispondendo al male con il male. Mi assicurerò che lui e chiunque altro sia affetto da questa follia vengano accuditi. Lo giuro. »

Incrociò il braccio sul petto in un gesto di saluto e fece un rapido inchino prima di correre via, abbaiando ordini alle altre infermiere e inservienti.

Sconcertata dalla faccenda della « mia principessa », Emma guardò di nuovo la Fata Turchina.

« È tempo che voi raggiungiate un luogo sicuro » disse questa, rivolgendosi a lei, Neve, James e Henry.

Il Principe e Biancaneve si scambiarono un’occhiata.

« Dove? » chiesero lui ed Emma nello stesso momento.

« Regina ha lasciato la città. La nostra gente ha protetto la villa del sindaco. Credo che per voi quattro sia il posto migliore, per il momento. »

« Cosa? Ma non pensarci propr– » cominciò Emma.

« Non sarà per sempre, Emma » disse James, fermo, parlandole direttamente per la prima volta.

Aveva già sentito prima la sua voce, ma era David l’ultima volta che avevano parlato. Adesso era suo padre... e la sua voce era... diversa. Era forte, e fiduciosa. Era la voce di un Re, e non di uno che avesse ereditato il trono, ma che aveva combattuto per conquistarlo.

Abbassò gli occhi a terra, in silenziosa resa. Cinque paroline, e si era sentita punita. Come una bambina che non poteva capire in che situazione si trovasse e doveva solo starsene zitta e buona e lasciare che i grandi sbrogliassero le cose.

E poi lui era di fronte a lei, e le sollevava il mento perché lo guardasse. Le prese le mani nelle sue e la guardò coi suoi ardenti occhi azzurri.

« Ti prego, Emma. Finalmente ho di nuovo la mia famiglia. Non posso immaginare quale sarà la prossima cosa che faremo finché non avrò la certezza che siamo tutti al sicuro. Se la Fata Turchina dice che la casa di Regina è sicura, allora dobbiamo fidarci di questo. Ti prometto che risolveremo tutto, ma per adesso, ti prego, lascia solo che io ti tenga al sicuro. »

L’affetto e la sincerità delle sue parole la riempirono di un piacevole tepore, e tutti in quella stanza trattennero il fiato mentre Emma iniziava a risplendere di un bagliore leggero, dorato.

James le stringeva ancora le mani, ma guardò la fata, che stava sorridendo.

« La magia è nel suo sangue. Questa è la prova che si tratta di magia buona. Si attiva con l’amore » spiegò.

« Sembri sollevata » commentò Emma, scaltra.

La fata si strinse nelle spalle.

« Tremotino è la ragione per cui tu hai la magia, e la sua è malvagia. Non ero certa di come sarebbe stata la tua. »

Più tardi, quella notte, Emma fissava il soffitto senza riuscire a dormire. Senza riuscire a concentrarsi su nulla se non sulle parole della fata, che le echeggiavano nella mente in un ritornello senza fine.

« Tremotino è la ragione per cui tu hai la magia... »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Come avrete intuito, questa storia si sviluppa immediatamente dopo la season finale. E sarà una Rumpel/Emma, quindi siete avvertiti, don’t like, don’t read.

Appunto solo questo minuscolo particolare sulla traduzione dei nomi: di norma detesto dire ‘Tremotino’, ma mi rendo conto che è un po’ sciocco ostinarsi a chiamarlo ‘Rumpelstiltskin’ quando tutti gli altri nomi non posso fare a meno di tradurli. Ecco, era giusto per giustificarmi. ^^

Aya Lawliet ~

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


What True Love Creates

Chapter Two

 

 

 

 

3:00 A.M. – Villa del sindaco

 

« Grazie » disse Emma, accettando la tazza di cioccolata da Biancaneve.

Erano le tre del mattino, e malgrado la certezza di essere al sicuro, lei, Neve e James non erano riusciti a chiudere occhio; ora erano tutti e tre accampati nello studio di Regina.

Emma era accoccolata su un lato del divano, mentre Biancaneve sedeva con le gambe incrociate dall’altro lato. James sembrava incapace di stare fermo. Andava dalla finestra alla libreria al caminetto. Un bel fuoco scoppiettante spargeva un confortevole bagliore dorato nella stanza; in realtà non c’era bisogno di occuparsene, ma questo non gli impediva di riassestarlo ogni pochi minuti.

Emma si concentrò sulla cioccolata, sforzandosi di ignorare gli sguardi che i suoi genitori le rivolgevano. Trascorse qualche istante di spiacevole silenzio prima che lei, improvvisamente, posasse la tazza sul tavolino da tè con un colpo violento.

« Non ce la faccio più. Ho così tante domande... La mia testa non vuole fermarsi » disse con aria tormentata.

« Va bene, Emma. Puoi chiederci qualunque cosa » disse James, voltando le spalle al fuoco con un sorriso incoraggiante.

« Com’è che dovrei chiamarvi? »

Biancaneve rise. « Davvero? Milioni di domande che ti fanno impazzire, ed è questa la prima che vuoi fare? »

Emma fece un sorrisetto. « Beh, cerco di considerare tutto nei minimi particolari, ma poi incespico sui vostri nomi... »

« Beh, io non sono più Mary Margaret, non proprio. Ma puoi chiamarmi Mary se non sei pronta a chiamarmi... lo sai. » Mary abbassò lo sguardo sulle proprie mani.

Emma sospirò. « Sentite, non voglio ferire nessuno di voi. Capisco che siate mia madre e mio padre, ma è così... difficile pensare a voi in quel modo » confessò.

« Lo capiamo, Emma. Chiama lei Mary, e me James. Va bene così. »

Lei sospirò ancora e annuì.

Mary sorrise e si protese per stringerle la mano nella sua. « Ci è stato rubato così tanto... Anni interi... Non so se potrò mai perdonarla per averti separata da me. E questo sarà un gran cambiamento anche per noi due. Mi sento come se solo ieri tu fossi stata una bambina, mentre oggi... Dovremo andarci piano. »

Emma annuì di nuovo, con un nodo in gola che le impediva di parlare.

All’improvviso ci fu un forte schiocco, e una suora – fata tutta rosa apparve di fronte a loro. Se non fosse stato per la prontezza di riflessi di James, sarebbe finita dritto nel fuoco.

« Perdonatemi, la magia può anche essere arrivata a Storybrooke ma è davvero imprevedibile » cercò di spiegare, lisciandosi i capelli.

« Che notizie? » domandò James impaziente.

« Abbiamo contattato tutti i membri del consiglio che siamo riusciti a trovare. I più stanno bene, e non vedono l’ora di incontrarsi. Stiamo spargendo la voce per riunirci a mezzogiorno di domani in municipio. Anche Thomas ed Ella intendono partecipare » riferì lei.

James annuì. « Naturalmente, hanno tutto il diritto di esserci. »

Anche la fata annuì. « Devo cercare di riposare un po’ prima dell’assemblea. »

« Grazie. Ti vedremo domani » la congedò Mary.

La fata accennò un inchino e svanì con un altro schiocco sonoro.

« Che succede? » domandò un assonnato Henry dalla soglia.

Mary gli sorrise e diede un colpetto al divano accanto a sé. Lui vi saltò su obbediente e si appoggiò a sua... nonna... permettendole di circondarlo con le braccia. Vide Emma che lo guardava e si voltò per posarle i piedi in grembo.

« Stiamo solo parlando, Henry. Cerchiamo di metterci in pari » spiegò Emma.

« Beh, neanch’io riesco a dormire. »

Tutti fissarono silenziosi il caminetto per qualche minuto.

« Raccontatemi una storia » disse Henry all’improvviso.

Lo guardarono.

« Ho letto il libro, ma voglio sentirla anche da voi. Per favore » chiese lui con occhi da cucciolo.

Durante le due ore successive, Neve e James gli raccontarono le loro storie. Anche se Emma perlopiù le conosceva, sembrava tutto diverso adesso, sapendo che era ai suoi genitori che tutte quelle cose erano accadute...

Prima che arrivassero alla nascita di Emma, Henry si era già addormentato.

« Quando ho capito cosa dovevo fare... che dovevo abbandonare te per salvare tutti... non credo di aver mai odiato Regina più che in quel momento » confessò Mary con le lacrime agli occhi.

Emma scivolò a sedere sul pavimento e appoggiò la testa al suo ginocchio. Sentì delle dita che le scorrevano tra i capelli, e tutto ciò che seppe dopo era che si stava svegliando, distesa sul divano con Henry accanto a sé. Mary e James erano in piedi alla finestra, a guardare l’alba, stretti l’uno all’altra.

Attirò Henry più vicino e si riaddormentò.

 

 

 

12:00 P.M. – Municipio

 

Emma non sapeva da dove fosse sbucata quella grande tavola rotonda, ma decise che le piaceva di più rispetto a delle file di sedie puntate verso un palco. Dava l’impressione che ogni persona avesse un suo ruolo nel decidere del destino della città.

Invece che con i suoi genitori, Emma scelse di sedere accanto alla nonna e a Rub... ehm, Cappuccetto Rosso. Con loro aveva già discusso di quella decisione. Non voleva proiettare alcun tipo di ‘aura’ da leader. In effetti, aveva intenzione di restare ostinatamente in silenzio per l’intera durata della cosa. Ma non aveva fatto i conti con la Fata Turchina.

La fata sembrava essere la sovrintendente naturale dell’incontro, ed era lei a tenere le redini. In primo luogo accusò Geppetto di aver rovinato tutto.

Ora, Emma non era sicura che qualcuno fosse d’accordo nel voler punire Geppetto, come la Fata Turchina intendeva evidentemente fare, ma lei non gliene diede la possibilità.

In un attimo fu in piedi davanti al vecchio, a fronteggiare tutti coloro che sedevano alla tavola.

« Quel che è fatto è fatto. Non importa cosa sia successo, la Regina Cattiva è stata sconfitta. Ho spezzato la maledizione come avrei fatto a prescindere da chiunque sia venuto in questo mondo con me. Gli unici ad avere il diritto di essere arrabbiati con lui siamo io e i miei g-genitori... »

Si voltò a guardare il vecchio con un sorriso rassicurante.

« Mi dispiace... » cominciò lui, ma lei scosse la testa.

« No. Non devi. Se fossi stata nella tua posizione e quello fosse stato l’unico modo per mettere in salvo Henry, io avrei fatto la stessa cosa. »

Una lacrima sfuggì dall’occhio dell’uomo e percorse la sua guancia antica. S’inginocchiò ai suoi piedi, prendendole la mano e posandovi un bacio.

Lei sentì James e Mary muoversi dietro di sé, e ognuno di loro le posò una mano sulla spalla.

« Noi tre siamo gli unici sui quali abbia influito la tua decisione » disse James.

« E noi ti perdoniamo » concluse Mary.

« Vi ringrazio » mormorò il vecchio.

James accompagnò di nuovo Mary ed Emma alle loro sedie e fece un cenno a Geppetto perché anche lui prendesse posto al tavolo.

August incrociò lo sguardo di Emma – lei non si era nemmeno accorta che fosse lì – e ammiccò.

« Ora che questo è sistemato, qual è il prossimo punto? » chiese James, senza guardare la Fata Turchina.

Lei non sembrava turbata, ma Emma avvertiva tutto il suo biasimo.

« Oh, non le è piaciuto » le borbottò la nonna a mezza voce.

« No, infatti » convenne Emma, mentre la discussione volgeva sul dover cercare di trovare – o meno – un modo per tornare indietro, nel loro vero mondo.

« Non so quanto sia stato saggio, cara » sussurrò la nonna.

Emma si voltò verso di lei. « Cosa? Perché? » bisbigliò di rimando.

« Beh, mettiamola in questo modo: nel nostro mondo c’erano tre grandi detentori di magia. Per garantirti una tua sicurezza, dovevi giurare cieca fedeltà ad uno di loro. Naturalmente l’unica vera scelta possibile era tra la Fata Turchina e la malvagia Regina. È facile intuire perché i tuoi genitori abbiano scelto la prima. Non è perfetta, ma cerca di fare ciò che è giusto. La Regina, d’altro canto – beh, non c’è bisogno che ti dica nulla su di lei, no? »

Emma scosse la testa. « Hai detto che ce n’erano tre. Chi era il terzo? »

« Tremotino. »

Quel nome sussurrato la fece rabbrividire. Emma fece scorrere lo sguardo sulla tavola per scoprire che Mary la osservava accigliata. Tempo di prestare attenzione.

« La magia qui è troppo instabile » stava dicendo la Fata Turchina. « Non possiamo tentare di tornare a casa finché non avrò imparato a controllarla meglio. »

James annuì e si alzò. « Per il momento dovremo adattarci a vivere in questo mondo. »

Tutti stavano assentendo ed Emma si sentì sollevata. Non voleva partire per questo strano regno, ma non voleva neppure che la sua famiglia la lasciasse.

« Chiedo che Emma Swan venga nominata Signora di Storybrooke » disse Geppetto, prendendo Emma alla sprovvista.

« No! I-io non posso... Mi dispiace, ma non sono pronta a niente del genere » protestò debolmente.

Sean – no, il Principe Thomas – si alzò e tutti gli sguardi corsero a lui.

« Emma Swan è la nostra salvatrice e protettrice. Lei rifiuta il ruolo di condottiera, ed è suo diritto. Io chiedo che James e Biancaneve siano la guida di questa città. Ci hanno guidati bene una volta, lo faranno di nuovo. »

« Approvo » dichiarò Leroy – no, Brontolo.

« Tutti i favorevoli? » chiese la Fata Turchina.

I molti ‘sì’ echeggiarono in tutta la sala.

« I contrari? »

Silenzio.

« In questo caso, che tutti sappiano che Re James e la Regina Biancaneve regnano ancora una volta sul nostro popolo » proclamò la fata.

Ci fu un lungo applauso.

Dopo una discussione sui preparativi per una sorta di ‘cerimonia d’incoronazione’ che ufficializzasse il tutto, il consiglio fu dichiarato sciolto.

Emma era esausta, e voleva solo tornare a casa da Henry che, tra tutte quelle persone, era stato affidato a Cucciolo.

« Emma, posso dirti una parola? »

Si voltò per vedere la Fata Turchina che la invitava in una sala attigua.

Sospirando, la seguì.

« So che sei impaziente di tornare da Henry, perciò arriverò subito al punto. Tu hai della magia. Ma ti è nuova, e hai bisogno di qualcuno che ti insegni a usarla nel modo corretto. Vorrei iniziare con il tuo addestramento domani... »

« Wow, aspetta un attimo! Sì, okay, probabilmente ho una specie di magia, ma non ho nessuna intenzione di utilizzarla tanto presto. In tutta sincerità, non la voglio proprio » confessò lei.

La Fata Turchina le rivolse un sorriso indulgente. « Ignorarla non servirà a mandarla via. »

Emma sospirò, stanca di tutto. « Beh, l’hai detto tu che la magia qui è imprevedibile. Quindi, magari dovresti concentrarti sulla tua prima di cominciare ad ‘addestrare’ me perché usi la mia. »

Di nuovo, la fata non sembrò irritarsi, ma Emma ne sentì tutta la disapprovazione nell’aria che le circondava.

« Bene. Ma non potrai rimandare per sempre. Più cercherai di sopprimerla, più essa lotterà per venire fuori. E tu non vuoi rischiare di ferire accidentalmente nessuno, giusto? »

Rimasero a fissarsi per un lungo istante.

« Ti farò sapere, quando sarò pronta » disse Emma alla fine.

Non era disposta a fare amicizia con la Fata Turchina, anche se probabilmente sarebbe davvero finita col doversi far istruire da lei. Ma almeno, prima avrebbe considerato le altre opzioni.

Emma lasciò la stanza ed esaminò la folla assiepata, lieta di scoprire che Cappuccetto Rosso e la nonna erano ancora lì.

Si affrettò verso la nonna.

« Allora, perché nessuno... uh... prometteva fedeltà a Tremotino? » le domandò, mentre l’attenzione di Cappuccetto veniva catturata da un Archie – ehm, Grillo Parlante – tutto intento ad arrossire.

« Oh, beh, non ci si può davvero fidare di lui. Aveva sempre i suoi piani. Un uomo crudele... » disse la nonna, arricciando il naso.

« Beh, e quali erano i suoi piani? »

« Non lo so. Ma sono certa che non fossero buoni » disse la nonna con fermezza.

 

 

 

Più tardi, quella notte, Emma si ritrovò di nuovo ad agitarsi e dimenarsi. Era ridicolo. Sapeva cosa doveva fare, e non poteva continuare a temporeggiare.

Scivolò fuori dal letto e tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca.

Scorrendo velocemente l’elenco dei contatti, trovò il nome che stava cercando e premette il tasto ‘invio’.

Lui rispose al primo squillo.

« Mi stavo chiedendo quando ti avrei sentita, mia cara. »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Io amo quest’autrice oltre ogni dire. Perché nel mezzo della sua Rumpel/Emma mi ci infila pure l’accenno Archie/Ruby, f*ck yesss! XD

Piccolo appunto sulle parole di Geppetto: Queen of Storybrooke doveva essere Regina di Storybrooke, ma ho preferito tradurre con Signora in parte per non creare confusione con Regina (Mills), in parte perché comunque mi suonava come un termine un po’ eccessivo per una donna che ha appena cominciato a credere di essere figlia di una coppia di sovrani delle favole.

Aya Lawliet ~

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


What True Love Creates

Chapter Three

 

 

 

 

Emma si ritrovò a camminare in punta di piedi mentre oltrepassava la stanza dei suoi genitori. Assurdamente, si sentiva come un’adolescente che sgusciasse fuori casa per andare a incontrare un fidanzatino.

Scivolò giù per le scale più silenziosamente che poté, e a stento raggiunse il fondo prima che una delle fate sbucasse nell’ingresso.

Emma si guardò intorno disperata, alla ricerca di un nascondiglio, quando d’improvviso una mano le si chiuse attorno al braccio e la trascinò in uno sgabuzzino.

Nella luce fioca, James si premette un dito sulle labbra, gli occhi scintillanti di divertimento.

« L’uscita principale e quella di servizio sono sorvegliate. La nostra unica possibilità è la finestra della sala da pranzo » bisbigliò.

Emma annuì, e quando nell’ingresso fu tutto tranquillo, si fecero strada insieme verso la sala.

Lavorarono insieme, distraendo le ‘guardie’ fino ad arrivare alla finestra, come se l’avessero fatto per anni. Logicamente, Emma sapeva che quell’uomo era suo padre, ma più tempo passava con lui più cominciava a crederci con tutto il cuore.

Il salto dal davanzale a terra fu un po’ più alto di quanto Emma si aspettasse, ma James aveva previsto la sua caduta, e l’afferrò con facilità.

« Andiamo! Dobbiamo sparire prima che si accorgano che la finestra è aperta » sussurrò, afferrandole la mano.

Corsero giù in strada, e non si fermarono a riprendere fiato finché non ebbero messo una buona distanza tra loro e la villa del sindaco.

James stava ridendo.

« Non riesco a ricordare l’ultima volta che mi sono divertito così » confessò, rivolgendole un sorriso.

Emma sogghignò di rimando e scosse la testa.

« E dove sarebbe diretto Re James questa notte? » domandò, alzando un sopracciglio.

Lui scrollò le spalle.

« Da nessuna parte, in realtà. Quella casa è piena di oggetti che ci ricordano Regina... Neve è riuscita finalmente a prendere sonno e io volevo fare due passi per schiarirmi le idee, ma quelle dannate fate non credevano che fosse una buona idea. Così l’ho fatto lo stesso. Ed è molto più divertente se si ha un complice... » La guardò con aria astuta.

Lei sorrise e abbassò gli occhi.

« E dove va la Principessa Emma? »

Emma gemette a quel titolo, ma alzò il capo e gli lanciò un’occhiata pungente.

Per ventotto anni, le loro vite erano state avvinte da così tante bugie, che in quel momento non si sentiva affatto di mentire. Sospirò.

« Vado a parlare con Tremotino. »

Lui non disse nulla; incrociò solamente le braccia sul petto, inclinò la testa da un lato e sollevò un sopracciglio. Traduzione: voleva una spiegazione.

Emma sospirò ancora.

« Senti, lo so, ho capito. Voi pensate che sia spietato, e non sto dicendo che non sono d’accordo, ma voglio sentire tutte le versioni di questa storia prima di farmi un’idea su come andare avanti. »

James rimase in silenzio.

« Lui non ha mai cercato di farmi del male, e anzi mi ha aiutata in alcune occasioni. Glielo devo; devo almeno ascoltare quel che ha da dire. È lui che ha portato la magia qui, forse conosce anche il segreto per renderla più stabile. »

Fu il turno di James di sospirare.

« Dovrei venire con te... ma ho paura che la mia presenza non sarebbe d’aiuto. Ha sempre trovato il modo di farmi perdere il controllo. Non credo di aver mai avuto una conversazione con lui senza finire col puntargli contro la mia spada... »

Emma sorrise all’immagine evocata dalle sue parole.

« Andiamo, la mia auto è dietro l’angolo. Ti lascerò poco prima della sua villetta. Hai trenta minuti per tornare indietro prima che venga a cercarti » l’ammonì.

Lei scosse la testa mentre lo seguiva.

« Dammi un’ora. Ho l’impressione che sarà una chiacchierata lunga. »

« D’accordo, un’ora. »

 

 

 

Tremotino aprì la porta proprio mentre Emma alzava la mano per bussare. Lei gli diede appena un’occhiata e riuscì a stento a trattenere un grido.

« O mio Dio! Che è successo alla tua faccia? »

Sembrava quasi squamata, ed era di un color grigio verdognolo.

La fissò e si portò un dito alle labbra, mostrandole che non solo la pelle del suo volto era cambiata.

Emma rabbrividì, ma lo seguì docilmente dentro casa quando lui le fece cenno di entrare. Camminava senza bastone e non zoppicava più.

Era già stata lì una volta, ma era ancora distratta dalla miriade di antiche collezioni in suo possesso. Roba simile a quella che si vedeva nel suo negozio ricopriva ogni superficie disponibile. Certo che in ventotto anni doveva averne accumulata di robaccia.

Quando si fermò a studiare una lampada d’oro, lui le afferrò impazientemente il braccio prima che potesse toccarla, e la trascinò in uno studio.

La luce era debole, ma Emma fu scioccata nel vedere i molti e molti cambiamenti che lui aveva subito. La cosa più sconvolgente erano gli occhi – erano enormi!

« Bene, allora, ho usato la magia per proteggere questa stanza. Possiamo parlare liberamente senza il timore di essere ascoltati » disse, o quasi squittì. Accompagnava le parole a movimenti esagerati delle mani e delle braccia.

Emma batté le palpebre e scosse la testa.

« Scusa, non sono abituata a vederti così... teatrale. Aspetta, chi potrebbe ascoltarci? »

Quei suoi occhi innaturalmente grandi guizzarono verso il soffitto e poi di nuovo su di lei.

« Nessuno di cui tu debba preoccuparti » sbottò.

Emma si accigliò.

« E questo tuo ospite è la ragione per cui avevi bisogno della magia per la quale io ho dovuto infilzare un drago? »

Scosse il capo e le fece segno di prendere posto in una delle due sedie disposte di fronte a un caminetto freddo e buio, mentre lui prendeva l’altra.

« No, ne avevo solo bisogno prima che tu spezzassi la maledizione. In caso contrario, nel momento in cui essa fosse sfumata, tutti sarebbero tornati nell’altro mondo – e io non sono ancora pronto a tornare indietro » spiegò, con aria pensosa.

Emma racimolò attorno a sé tutta la sua rabbia, nel tentativo di spingere via la confusione e la paura che la sua situazione comportava, ma prima che potesse parlare, lo fece lui.

« Non dire qualcosa che poi rimpiangerai, cara. Henry sta bene, e non è mai stato davvero in pericolo. Sì, ho ingannato te e Regina per ottenere quello che mi serviva, ma nessuno si è fatto male, e penso che la nostra piccola, graziosa città stia molto meglio così. »

Emma sbuffò appena. Non avrebbe avuto il benché minimo interesse a combattere quel drago se avesse saputo che tutto ciò non aveva niente a che fare con Henry. Ma se avesse rotto la maledizione prima che Tremotino recuperasse la magia, in quel momento si sarebbero tutti trovati in chissà quale strano mondo.

Rabbrividì, e il suo ospite rise.

« Sei così splendente! Hai la mente di tua madre, mia cara, e la passione di tuo padre! »

Schioccò le dita e all’improvviso un fuoco scoppiettante si accese nel caminetto di fronte a loro, e una tazza di cioccolata con uno spruzzo di cannella si materializzò nelle mani di lei.

Emma fissò la bevanda, affascinata.

« La mia magia può fare questo? »

Si lasciò sfuggire di bocca la domanda senza pensarci.

Lui le rivolse uno sguardo giocoso.

« Vuoi dire che la Grande Zanzara Blu non ti ha ancora insegnato a usarla? »

Emma ridacchiò a quel nomignolo e bevve un sorso di cioccolata.

« Ci ha provato. È solo che... non mi fido di lei. E per essere onesti, in realtà non voglio nessuna magia. »

« Tipico di chi non l’ha mai usata. Una volta che l’avrai fatto, la vorrai » disse lui, astuto.

Emma si limitò a stringersi nelle spalle e a bere un altro sorso.

« Nient’altro da dire? Non sono forse le tue domande sulla magia ad averti persuasa a chiamarmi, in primo luogo? »

Emma fu colta alla sprovvista.

« Come fai a saperlo? »

« Oh, andiamo, Principessa! Non è questo che sei venuta a chiedermi » la rimproverò.

Lei lo fissò.

« Dato che sembri sapere già cosa voglio chiederti, perché non rispondi e basta? »

« E dove sarebbe il divertimento? »

Distolse ostinatamente lo sguardo, bevendo ancora altra cioccolata.

Lui si lasciò andare a un drammatico sospiro.

« Bene. La magia che ho preservato è unica giacché nasce dall’amore dei tuoi genitori, proprio come te. Poiché sono stato io a crearla, io posso anche controllarla facilmente. Per te dovrebbe essere ancora più facile che per me. Per quanto riguarda quegli insettini di fatine, avranno bisogno di molto tempo e di molti tentativi. E Regina la troverebbe molto poco collaborativa se mai cercasse di usarla. »

« Credi che ci proverà? » chiese Emma, allarmata.

« In questo momento non si trova a Storybrooke, pertanto non può avere accesso alla magia. Resterà solo nei confini della città. »

Lei annuì, solo lievemente rassicurata.

Tremotino la guardò in silenzio per un istante.

« Il nostro tempo vola via. Re Papino sarà presto qui a sciupare la nostra festicciola... Faresti meglio a chiedere ciò per cui sei venuta. »

Emma lanciò un’occhiata all’orologio, sorpresa di quanto tempo fosse già passato.

« All’assemblea, oggi, la nonna mi ha parlato dei tre detentori della magia: Regina, la Fata Turchina e te. Non mi piace o comunque non mi fido della Fata Turchina... »

« Io potrei dirti la stessa cosa » osservò lui, pacatamente.

« Perché l’hai fatto? » chiese lei all’improvviso.

« Perché ho fatto cosa? » ribatté, ma non era una vera domanda. Era chiaro che sapeva perfettamente di cosa stesse parlando.

« La maledizione. Sei stato tu a crearla, dopotutto. E hai detto che ti serviva la magia del drago prima che io la spezzassi, perché nessuno di voi tornasse nell’altro mondo. Di che si tratta? Qual è la tua motivazione? Perché hai fatto tutto questo? »

Il suo sguardo era penetrante, ma Emma si rifiutò di guardare altrove o anche solo di battere le palpebre.

« Tu perché l’avresti fatto? » le chiese, alla fine.

« Che vuoi dire? »

« Qual è l’unica cosa al mondo, in qualunque mondo, che potrebbe mai spingerti a pianificare, creare, distruggere e manipolare come ho fatto io? »

Un anno prima, Emma avrebbe risposto in tutta onestà che niente valeva la pena di tutto ciò. Ma era prima che Henry entrasse nella sua vita.

Ripensò allora al giorno in cui il signor Gold le aveva dato i walkie-talkie, perché lei e Henry ci giocassero insieme. Le aveva dato un indizio, allora. ‘È questo il problema con i bambini. Prima che tu lo sappia, li hai già persi.

« Tu sei padre » intuì, ad alta voce.

Lui sorrise, rivelando denti curvi e neri. Non era un sorriso felice.

« Farei qualsiasi cosa pur di riunirmi a mio figlio. Qualsiasi. »

Emma annuì.

« È qui, vero? In questo mondo? » chiese, alzandosi e allontanandosi dalla sedia per posare la tazza vuota su un tavolino.

Tremotino assentì e si voltò a guardare il fuoco. Ogni traccia di divertimento e di vivacità era sparita.

« Tu mi devi un favore, Emma. Quando sarà il momento, avrò bisogno del tuo aiuto per ritrovarlo » spiegò, tranquillo.

Lei tornò indietro e rimase in piedi di fronte a lui.

« Sai che avrei accettato di aiutarti anche se non fossi stata in debito con te. »

Non disse nulla.

Emma sospirò e s’inginocchiò di fronte alla sua sedia, così che i loro occhi furono allo stesso livello. Posò la mano su quella che lui teneva abbandonata in grembo.

« Ti aiuterò a trovare tuo figlio. È una promessa. »

Lui incontrò i suoi occhi e posò l’altra mano sulla sua.

« E io ti aiuterò a imparare a usare la tua magia. »

Emma sorrise e annuì. Dopotutto, era questo che era venuta a chiedergli.

« Adesso devi stabilire come faremo. »

Ritrasse le mani, ed Emma si alzò.

« A trovare tuo figlio? Beh, per prima cosa possiamo... »

« No. Insegnarti richiederà del tempo ed è fuor di dubbio che non riusciremo in niente senza attirare l’attenzione. Cosa penseranno tutti quando la Salvatrice comincerà a passare il suo prezioso tempo insieme al cattivone? Pensi che i tuoi genitori ti daranno il permesso? » le chiese, beffardo.

« A loro ci penso io » disse lei, suonando molto più fiduciosa di quanto in realtà si sentisse. Che cosa avrebbe detto a Mary e a James? E alla Fata Turchina?

Un tonfo dal piano di sopra li fece sussultare.

Tremotino fu subito in piedi.

« Una visita adorabile, Principessa, ma ho paura che per te sia ora di andare. Non vogliamo che papino si preoccupi, vero? » disse, accompagnandola fuori.

« Uhm, okay. Beh, ti chiamo domani e pensiamo a come cominciare le... lezioni. »

« Suona meraviglioso, mia cara. Buonanotte! »

E all’improvviso Emma si ritrovò nel portico a guardare la porta chiusa, scioccata. Non ricordava di aver percorso il corridoio né l’ingresso... L’aveva teletrasportata fuori per magia? Se era così, che figata...

Considerò tutti i tipi di incantesimi che avrebbe potuto lanciare mentre si rincamminava verso l’auto di James. Era così immersa nei suoi pensieri che non vide l’uomo con la pistola in mano che camminava dritto verso di lei finché lui non la chiamò per nome.

« Emma Swan! »

Al vedere la canna della pistola, si bloccò e alzò le mani.

« Tutto questo è per colpa tua! »

« Jefferson? »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Terzo capitolo, e vi assicuro che diventa sempre più difficile tentare di trasporre in italiano le paroline di Rumpelstiltskin. Nel passaggio da una lingua all’altra perdono molto dell’ironia che le caratterizza originariamente, e ahimè, se non tutto traspare non è solo colpa mia. Dearie fa molto più effetto di mia cara, per dirne una. Per quanto riguarda invece il tono di Emma, cerco di mantenerlo il più informale possibile, cosa che alla fine mi ha fatta decidere per il farle parlare a Rumpel dandogli del tu.

L’autrice annuncia che da questo momento in poi, per quanto graduali, i risvolti Rumpel/Emma saranno sempre più evidenti, dunque ribadisco che siete avvisati – don’t like, don’t read ;)

Piccolo spoiler sul quarto capitolo: a qualcuno verrà sparato! D:

Aya Lawliet ~

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