Un Momento Magico

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Parte Quarta ***
Capitolo 5: *** Ultima Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Hermione e Ron erano fidanzati da più di un anno ormai.

Si avvicinava la ricorrenza del loro primo bacio, cosa che entrambi intendevano festeggiare e senza interferenze drammatiche a incorniciarlo ( come la Guerra di Hogwarts ad esempio ).
L’idea di un viaggio insieme, in un tranquillo angolo di mondo, accendeva in loro un certo entusiasmo. Dopo gli eventi occorsi un anno addietro infatti, i due desideravano solo poter recuperare il tempo dei litigi e delle incomprensioni, in un clima di totale serenità.
Ronald non aveva molte idee sul luogo da scegliere, anche perché non voleva proporre ad Hermione qualcosa di sgradito, e d’altro canto lei esitava ad esprimere i suoi desideri perché temeva di sentirlo sbuffare come al solito.
 
- Che ti prende, Hermione - esclamò ad un tratto Ron. - Perché sei così silenziosa?
- Niente - rispose lei. - Lascia perdere…
 
Ronald notò che la ragazza stava sfogliando alcuni depliant turistici, indugiando particolarmente su uno di questi e sospirando rassegnata, cosicché si avvicinò per guardare meglio. Come si accorse del suo sguardo curioso, Hermione si affrettò a nascondere il depliant dietro la schiena.
 
- E dai, fammi vedere!
- No, lascia stare…
- Andiamo, cosa sono queste storie?
- Niente che ti riguarda, giù le zampe!
 
Nonostante i vari tentativi e le contorsioni per tenere il foglio fuori dalle grinfie del ragazzo, Hermione non aveva modo di divincolarsi dal divano con il corpo del reato. Lei e Ronald si avvinghiarono l’una all’altro, proprio come due bambini alle prese con una zuffa: stiramenti, spintoni, strattoni vari… Alla fine Ron la agguantò con tutte e due le mani, serrandole le braccia attorno ai fianchi per impedirle di muoversi, e la costrinse dunque alla resa.
 
- No, lasciami - lo supplicò lei, ridendo.
- Prima molla quel foglio!
- Non te lo voglio dare, molla…
- Ah sì, eh?
- No, basta, pietà !!!
 
Vista l’insistenza, Ronald dovette “solleticarla” non poco per costringerla a mollare definitivamente. Una volta impossessatosi del foglio, incurante delle botte che Hermione aveva preso a mollargli sulla schiena, Ron scoprì che si trattava di un programma di soggiorno per due settimane in Italia.
 
- E’ qui che volevi andare? - domandò.
 
Hermione chinò il capo in cenno di assenso.
 
- Mi piacerebbe - rispose. - Solo che temevo la tua reazione…
- Perché, scusa?
- Perché è un luogo pieno di arte e monumenti - spiegò lei, con una smorfia ironica. - E visto che tu sei praticamente “allergico” a qualsivoglia forma di cultura, non mi sembrava indicato!
 
Ron inarcò il sopracciglio, posando il depliant sul tavolo e guardandola seriamente negli occhi.
 
- Hermione - esclamò sottovoce. - Io sarò anche ottuso e pieno di difetti, e non posso certo fingere di amare quello che non mi interessa, ma ci tengo a te… Ci tengo veramente!
 
Ora Hermione non rideva più.
Non le capitava spesso di sentirlo parlare così, senza alcuna traccia del buffone che amava prendere poco o nulla sul serio, e ogni volta si stupiva di quanto fosse piacevolmente cambiato.
Le esperienze e le situazioni vissute assieme, in particolare sul filo sottilissimo tra la vita e la morte, lo avevano senza dubbio fatto maturare… ma non era soltanto questo. Era più attento e presente alle cose, più sensibile e premuroso di quanto lei non avrebbe mai ritenuto possibile, e soprattutto non era più lo stesso ragazzino imbranato che aveva conosciuto.
Da che avevano scoperto di essere innamorati, Hermione si era dovuta ricredere su molte cose riguardo a Ron. Questi infatti aveva inteso dimostrarle tutto il suo amore ed affetto in ogni modo possibile, e non solo; lui cercava sempre di andare incontro ai suoi desideri, dai più piccoli e innocenti ai più grandi ed impegnativi, e non ci voleva certo una strega superdotata per capire quanto lui fosse serio riguardo a questo.
 
- Ronald, io…
- Va bene - la interruppe lui, stringendole la mano con un sorriso. - Se è l’Italia che vuoi, o qualsiasi altro posto tu voglia vedere, io vengo con te!
 
Il “grazie” negli occhi, Hermione si buttò in avanti per cingere Ron con tutte e due le braccia e baciarlo appassionatamente sulle labbra. I due giovani rimasero così sul divano per alcuni minuti, assaporando ogni attimo di quella loro dolce intimità; tanto che non si accorsero neppure che Arthur e Molly, fermatisi appena in tempo sulla soglia anziché entrare, si erano allontanati dal salotto in punta di piedi per non disturbarli. 

( continua )

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


L’Italia

Grandi e famosissime città ricche d’arte, fascino, gusto e cultura: Napoli, Venezia, Roma, Palermo, Ravenna, Torino, Milano… Con l’aiuto della magia, passare velocemente da un luogo all’altro era una cosa da niente. Nessuna coda o ingorgo sull’autostrada, niente ritardi o polemiche per il furto o lo smarrimento dei propri bagagli, e la nuova tenda incantata che i due ragazzi avevano acquistato era indubbiamente meglio che trascorrere la notte in qualche costosissimo albergo.
Ron e Hermione trascorsero così la loro prima settimana di viaggio, smaterializzandosi da una città all’altra della famosa penisola, girando di panorama in panorama e scattando centinaia di fotografie.

Nel riguardare quelle immagini in costante movimento, anziché babbane figure immobili e prive di emozione, i due giovani potevano rivivere appieno ogni singolo istante: ogni gesto, ogni sguardo, ogni sorriso… ognuna di quelle immagini era “viva”, come l’amore, e ognuna trasmetteva la stessa intensa sensazione delle carezze, delle risate e dei baci.
Ogni foto era uno sfondo diverso, una cornice sempre nuova per una coppia sempre più innamorata, e ogni volta entrambi avevano una luce sempre più bella negli occhi.
Ronald sospirò.
Hermione era veramente felice in quelle foto, mentre si abbracciavano e ridevano, la sua espressione poi era così dolce…
E lei era splendida.
Lo era sempre, anche se non glielo diceva quasi mai, e spesso Ron si rimproverava di non fare mai abbastanza per dimostrarle quanto fosse importante per lui. Un tempo dava un po’ troppe cose per scontate: l’amicizia, l’affetto, i sentimenti… Ma adesso finalmente era in grado di comprendere appieno la grande fortuna di averla accanto.
Voleva gridarlo, voleva urlarlo, voleva che tutto il mondo sapesse quanto fosse felice che quella ragazza avesse scelto proprio lui.
Di tutte le persone al mondo, Hermione si era innamorata di un giovane maghetto dai capelli rossi: pigro ma vivace, suscettibile ma generoso, brontolone ma sensibile, pieno di difetti ma anche di molti pregi…
e quello era proprio lui, Ronald Weasley!

- Ron… Ehi, Ron - fece la voce di Hermione alle sue spalle. - Si può sapere che ti prende? E’ da un po’ che ti chiamo!

Subito Ronald si irrigidì sul divano.
Hermione era appena uscita dal bagno, con addosso solo l’accappatoio, e si stava passando l’asciugamano sui capelli fradici. Ron rimase impalato a guardarla, come se qualcuno lo avesse “pietrificato”, tuttavia Hermione si sedette accanto a lui senza fare troppo caso alla sua espressione.

- Ti volevo dire che il bagno è libero!
- Co… Come ?!?
- Il bagno - ripeté Hermione, posando l’asciugamano e guardandolo negli occhi. - Vorrai lavarti anche tu,
spero!
- S… Sì certo, grazie…

Ron deglutì.
Accidenti se era sexy, specie con i capelli umidi ad incorniciarle il volto e le gambe che fuoriuscivano dall’accappatoio; per un attimo pensò addirittura di avere avuto una specie di visione, troppo bella per essere vera, ma si riscosse abbastanza in fretta per alzarsi dal divano ( urtando contro vari spigoli ) e raggiungere la porta del bagno. Hermione sbatté più volte le palpebre, chiedendosi seriamente se l’altro non si fosse ubriacato, ma poco dopo tornò a passarsi l’asciugamano sulle ciocche per togliersi le ultime tracce di umido.

- Ron, ti va di vedere Firenze domattina?
- Certo, perché no - rispose il ragazzo, sfilandosi la maglietta.
- Non saprei - sottolineò Hermione dubbiosa. - E’ che mi sembri strano oggi… Non è che hai la febbre, per caso?
- Ah, non preoccuparti - tagliò corto lui, facendo capolino fuori della doccia con un sorriso. - Sto bene, sono una roccia, ce ne vuole per farmi ammalare!

Hermione arrossì vistosamente, voltando imbarazzata lo sguardo da un’altra parte, e solo un istante dopo Ronald si rese conto del “perché” della sua reazione…
Al momento di rispondere alla sua domanda, aveva già le mani sui boxer; cosicché era uscito fuori dalla doccia praticamente nudo ( o quasi ), da qui dunque il comprensibile imbarazzo di Hermione. Per un attimo Ron provò il desiderio di scomparire ma, nel rientrare velocemente nella doccia, inciampò contro l’ennesimo spigolo e cadde contro la mensola del bagnoschiuma con un gran fracasso.

- Ronald - esclamò Hermione, strizzando l’occhio a causa del rumore. - Va tutto bene, non ti sei fatto male?
- Vha… Vha tuhho ma… magnifihamente - rispose Ron, con la bottiglia di shampoo tra i denti e un grosso bernoccolo in testa.

( continua )

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


Il giorno dopo i due fidanzatini si trovavano nel bel mezzo del centro storico di Firenze, nella piazza antistante il celebre Duomo e il Battistero. Hermione ammirò estasiata lo stile e l’architettura degli edifici, aggrottando tuttavia le sopracciglia per le grosse tracce nere di smog che i due monumenti presentavano tristemente lungo tutto l’esterno.

- Che vergogna - mormorò la ragazza tra sé. - Delle opere così belle, rovinate in questo modo per colpa dell’inquinamento…
- Pensare che basterebbe un colpo di bacchetta per mettere tutto a posto - osservò Ron ingenuamente.

Hermione sorrise.

- Non sarebbe una cattiva idea, in effetti, sempre ammesso che il Ministero dei Beni Culturali approvi l’uso della magia per la salvaguardia delle opere d’arte!
- Come la fai difficile - borbottò Ron. - Guarda che un incantesimo del genere posso farlo anch’io!
- Fermo, per carità - fece Hermione, non appena lui mise mano alla bacchetta. - Ti credo, ti credo sulla parola, ma andiamo via adesso!
- Se proprio insisti…

Preoccupata che Ron potesse attirare l’attenzione di tutti i babbani di Firenze, Hermione lo trascinò via per un braccio. I due si allontanarono così dalla Piazza del Duomo e infilarono il vicolo che, attraverso le bancarelle del mercato, conduceva verso Borgo San Lorenzo. Qui la folla era ovunque: le persone erano raccolte sui gradini della basilica, in fila per visitare la chiesa e il museo, mentre tutt’attorno i turisti erano pigiati per strada come tanti grappoli d’uva.
Per un attimo Ronald fu tentato di smaterializzarsi, in cerca di un luogo più tranquillo e con meno ressa, ma poi si rese conto che Hermione stava già ammirando l’architettura di quegli edifici risalenti al medioevo.
Procedendo piano lungo la strada intasata di gente, Ronald si rese conto che la ragazza sembrava a suo agio. Per quanto riguardava lui, non era certo piacevole farsi largo in mezzo a un gregge di pecore rumorose, con tutti che parlano lingue diverse e incomprensibili. Tuttavia, per amore di Hermione, era disposto a sopportare anche questo.
Poco oltre la basilica, più o meno all’angolo con la chiesa di San Giovannino, uno strano e buffo individuo gestiva un piccolo banco da indovino. Costui era di media statura, con spesse lenti cerchiate e due orrendi baffetti scuri, e chiunque con un minimo di cervello avrebbe riconosciuto in lui nient’altro che un ciarlatano pronto a spillar soldi al prossimo.
Sulle prime Ronald pensò di ignorarlo ma, con un forte vocione arrabbiato, qualcuno cominciò ad accusare il cosiddetto “indovino” di averlo truffato.

- Sporco tricheco che non sei altro - tuonò un uomo calvo, con braccia grosse e muscolose come noci di cocco, afferrando il malcapitato per il bavero della giacca. - Mi hai spillato venti euro per raccontarmi un mucchio di frottole!
- Per favore, si calmi - lo supplicò l’indovino. - Così mi sgualcisce la giacca… Non è colpa mia se le stelle hanno preso un granchio!
- Fai anche lo spiritoso - ringhiò il bestione, sollevando il pugno minacciosamente. - Non so proprio chi mi trattenga dal…
- Una visione - strillò all’improvviso l’indovino, facendo grandi gesti nell’aria. - Vedo… vedo… vedo qualcosa: un colpo violentissimo, milioni di stelle, e un dolore atroce!

Il volto dell’energumeno si distese in un sorriso cinico.

- Mi sa che stavolta ci hai azzeccato, pagliaccio!
- Sì, lo penso anch’io - aggiunse l’indovino, aggiustandosi gli occhiali sul volto. - Questa volta ci ho proprio azzeccato… purtroppo per te!

Neanche il tempo di finire la frase, l’indovino gli sferrò un calcio poderoso nel bel mezzo dei… dei… di quelli lì, insomma. L’altro strabuzzò gli occhi e divenne cianotico, mollando tosto la presa e portandosi entrambe le mani al cavallo dei pantaloni, incapace di resistere a quel dolore disumano.
Senza battere ciglio, come se tutto ciò fosse la cosa più naturale del mondo, il falso indovino si spolverò le maniche della giacca e si rivolse all’energumeno con incredibile faccia tosta.

- Spiacente - esclamò. - Ho finito le previsioni, ci vediamo eh!
- Ehi, che cavolo succede qui ?!?

Improvvisamente tre giovanotti piuttosto robusti ( senza dubbio amici dell’energumeno ) si fecero avanti tra la ressa, per assistere alla scena del loro compagno in ginocchio e raggomitolato su sé stesso.

- Robert, che è successo?
- Chi ti ha ridotto così? Parla!

A denti stretti, con la bava alla bocca per la rabbia e il dolore, l’energumeno sollevò appena l’indice e indicò il farabutto che lo aveva colpito alle parti basse.

- Lo voglio morto - strillò con voce da checca.
- Oh cacchio - fece l’indovino sottovoce. - Le stelle mi dicono che mi conviene sparire!
- Fermatelo !!!

Mentre l’indovino se la dava a gambe levate, inseguito dai compagni dell’energumeno, Ron non fece fatica ad immaginare cosa gli avrebbero fatto una volta raggiunto. Non erano affari suoi ma, per qualche assurdo motivo, quel miserabile ciarlatano gli era quasi simpatico. Senza dubbio non era la prima volta che si ficcava nei guai, probabilmente anzi ci era pure abituato, e tuttavia gli dispiaceva il pensiero che lo massacrassero di botte. In fin dei conti, il raggirato era stato parecchio ingenuo, nel dar credito a un simile furfante; non che questo giustificasse il comportamento del truffatore, il quale meritava certo una punizione, ma agli occhi di Ron il pestaggio di gruppo sembrava eccessivo… oltretutto, in un certo senso, l’ultima previsione l’aveva effettivamente azzeccata: il malcapitato era ancora per terra, che si contorceva per l’immane dolore, e l’indovino non aveva specificato CHI avrebbe sferrato il “colpo violentissimo” né CHI avrebbe visto milioni di stelle.

- Hermione, scusami un momento - esclamò il ragazzo, indicando un grande negozio di magliette lì accanto. - Ho urgente bisogno del bagno… Puoi aspettarmi qui, finché non torno?
- Ma veramente…
- Grazie, sei un angelo - la interruppe lui, baciandola sulla fronte. - Torno subito, non ti preoccupare!

Prima che Hermione potesse ribattere qualcosa, Ron era già corso nel vicolo che dava su Via Martelli. Il tempo di assicurarsi che nessuno facesse caso a lui e, sfoderando rapido la bacchetta, tracciò un magico cerchio in aria e scomparve nel nulla.

( continua )

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Capitolo 4
*** Parte Quarta ***


Frattanto il falso indovino, correndo per seminare gli inseguitori, fece il giro largo del Duomo e imboccò rapido Via de’ Servi. Sfortunatamente per lui, gli amici dell’energumeno erano forti e allenati. Il truffatore puntava dritto verso Piazza della Santissima Annunziata, contando di seminarli nel vicoletto che si staccava a destra dello ‘Spedale degl’Innocenti.
Di tanto in tanto volgeva lo sguardo indietro e, quando si rese conto che solo due degli inseguitori gli erano alle calcagna, il terzo sbucò davanti a lui da un vicolo adiacente per tagliargli la strada.

- Fine della corsa, stronzo!

Il fuggiasco si ritrovò dunque afferrato e sbattuto contro il muro, mentre i passanti affrettarono il passo per non rimanere in qualche modo coinvolti. Malgrado la sua situazione infelice però, costui non sembrava affatto turbato.

- Tu hai fregato il nostro amico e noi ora freghiamo te - esclamò uno di loro, sparandogli un pugno proprio in mezzo allo stomaco.
- Vediamo quanto sei bravo ad indovinare che fine fanno i tuoi gioielli di famiglia - fece un altro, sollevandogli la testa con una mano e piazzandogli un diretto al mento con l’altra.

Il truffatore cacciò un gemito ma, sempre facendo mostra del suo irritante senso dell’umorismo, guardò i suoi aggressori attraverso le spesse lenti cerchiate degli occhiali e sorrise.

- Non che mi dispiacciano i giochi a premi - mormorò tranquillo. - Ma ho come l’impressione che non vincerò qualcosa per questo indovinello…
- Tenetelo fermo questo buffone - esclamò uno dei tre, con un’occhiata d’intesa ai compagni che lo stringevano per le braccia.

Il primo pugno andò a segno, più o meno all’altezza delle viscere, costringendo il malcapitato a piegarsi in due e facendogli cadere a terra gli occhiali. Tuttavia, prima che l’aggressore potesse colpirlo di nuovo, costui si diede lo slancio tramite il muro alle sue spalle per sferrare un calcio a piedi uniti. Il primo aggressore barcollò all’indietro, con un flusso rosso scuro che gli colava dal naso, mentre gli altri allentarono la presa per lo stupore e il truffatore ne approfittò per colpirli in rapida sequenza: prima uno e poi l’altro, con due bei cazzottoni mirati e precisi.

- Perché oggi non sono rimasto a letto? - sospirò dunque il furfante, sfregandosi il sangue sul mento col dorso della mano.
-
Prendilo per le caviglie!
- Addosso, tutti assieme !!!

Come un sol uomo, i tre si riorganizzarono immediatamente per spiaccicare quel mascalzone come un insetto sull’asfalto. Costretto a terra e con le gambe bloccate, il truffatore si ritrovò dunque faccia in giù, sotto una gragnola di calci e pedate violentissime. Stavolta non c’erano trucchi di sorta in grado di salvarlo e, a meno di un qualche miracolo, lo avrebbero sicuramente fatto a pezzi in quel vicolo.
Semistordito a causa delle percosse ( peraltro meritate! ), lo sventurato mascalzone si accorse che avevano smesso tutto a un tratto di colpirlo. Aprendo gli occhi e guardandosi intorno a fatica, si accorse che i tre erano diventati all’improvviso rigidi e immobili come statue. Dietro di loro, un giovane dai capelli rossi abbassò una specie di sottile bastoncino e lo guardò con una leggera smorfia dipinta sul volto.

- Stavolta ti è andata bene - esclamò Ron con evidente ironia. - Comunque non mi sembri tagliato per fare il mago, forse dovresti cambiare mestiere!
- In effetti - osservò l’altro, rialzandosi a fatica e tossendo per le fitte alla cassa toracica. - Beh, suppongo di doverla ringraziare… Signor?
- Non ci provare - puntualizzò subito Ron, mettendo via la bacchetta e guardando il truffatore dritto negli occhi. - Un conto era impedire che quelli ti ammazzassero di botte e, detto tra noi, qualcuna te la meritavi; ma ora che la lezione l’hai avuta, credo tu debba restituire quello che ti sei intascato prima!

L’altro annuì.
Per quel giorno ne aveva prese abbastanza e, dal momento che non aveva alcuna voglia di discutere oltre per pochi spiccioli, decise che era meglio chiuderla lì. Raccolse gli occhiali e, dopo esserseli inforcati nuovamente, tirò fuori di tasca due biglietti da dieci euro e li porse al suo inaspettato soccorritore.

- Ecco qua - esclamò. - Può controllare!
- Spiritoso - ribatté secco Ron, mettendo il maltolto nelle mani di uno dei tre individui immobili. - E ringrazia che ho il cuore tenero: un altro, al posto mio, ti avrebbe lasciato massacrare!
- Nààà, me la sarei cavata con qualche livido, sono abituato a prenderle… Comunque grazie per la premura!

In quella però, nonostante il forte senso di stordimento, il truffatore si rese conto che ridurre le persone alla stregua di rigide statue di marmo era una cosa piuttosto insolita. Come ciarlatano di professione, avvezzo nel ricorrere ad ogni genere di espediente, pensò subito a qualcosa come: ipnosi, trucchi allucinogeni, e via dicendo… E, a giudicare da come parlava, il tizio che lo aveva appena cavato dai guai sembrava confermare l’ipotesi.

- Ti consiglio di dartela a gambe - esclamò Ron. - Quando questi si riprendono, io non li fermo una seconda volta!
- Permettimi una curiosità - fece dunque il truffatore, passando prima lo sguardo da Ron agli individui pietrificati e poi di nuovo a Ron. - Tu chi sei, una specie di illusionista, un prestigiatore?
- Qualcosa del genere - tagliò corto Ron, riflettendo che forse non era il caso di dare troppe spiegazioni.
- Va bene, va bene, d’accordo - concluse l’altro. - Dal momento che mi hai aiutato però, se posso sdebitarmi in qualche modo…
- Figuriamoci - osservò Ron.
- Ehi, adesso non esagerare - ribatté il truffatore offeso. - Sarò anche un mascalzone, ma ho pure una dignità, che cacchio! A proposito, mi chiamo Dado, molto lieto!

Ron gli strinse la mano, seppur con una certa riluttanza.
Nonostante fosse chiaramente un mascalzone, il tipo non gli stava antipatico anzi. In altre circostanze, forse lo avrebbe ritenuto proprio una brava persona. Malgrado il suo modo di fare irritante, e anche piuttosto sfacciato, Dado si presentava infatti come un tipo affabile e cordiale… A meno che, dietro a tutta la sua gentilezza, non avesse in mente qualche stratagemma per mirare al portafogli di Ron.

- Beh, Dado - fece Ron, cercando di defilarsi. - Ti auguro di mettere la testa a posto e, anche se mi sei simpatico, adesso devo proprio andare!
- Turista - sogghignò Dado. - Ci scommetto la testa.
- Indovinato - concesse Ron, alquanto seccato. - E sono anche in compagnia, quindi…
- Quindi sei fortunato - lo interruppe ancora Dado. - Firenze è perfetta per una vacanza in dolce compagnia e, modestia a parte, il sottoscritto si occupa ANCHE del ramo informazioni per coppiette: ristoranti per cene a lume di candela, vedute panoramiche, Firenze By Night, musica e divertimento garantito… Sono come il “Genio della Lampada”, chiedi e ti sarà dato!

Ron aggrottò le sopracciglia.

- Se la tua faccia equivale alla “soddisfazione” dei tuoi clienti, forse è meglio che lasci perdere anche con questo lavoro!
- Diffidente, eh - sorrise Dado.
- Senti, non la prendere a male, okay? - sospirò Ron rassegnato. - Ho visto che genere di lavoro fai, non che io voglia infierire però, tanti saluti e
Arrivederci Firenze!
- Veramente la canzone dice “Arrivederci Roma”…
- E’ lo stesso!
- Guarda che non ti voglio mica fregare - sottolineò Dado. - Ho appena detto che volevo ringraziarti, no? E allora senti qua: tu mi dici cosa ti piacerebbe offrire di Firenze alla tua ragazza, e io ti suggerisco un posto per fare bella figura… Gratis, s’intende!
- Mi posso fidare?
- ‘Acchio, qua la mano!

Ciò detto, Dado sputò nel palmo della propria mano e strinse quella di Ron con fare energico.
Ron ci rifletté sopra un momento. In effetti portare Hermione in qualche posto caratteristico, facendole una sorpresa magari, poteva essere davvero un’ottima idea. Con la giusta atmosfera e lo scenario adatto, forse avrebbe potuto anche cogliere l’occasione per farle una prima vera dichiarazione.

- Allora, che posto ti occorre?
- Beh, ecco - fece Ron, massaggiandosi nervosamente la nuca. - Non mi dispiacerebbe qualche dritta, in effetti… Cosa mi puoi suggerire?
- Dipende - spiegò Dado. - Piazza della Signoria, Ponte Vecchio e il Lungarno sono tappe abbastanza obbligate, per non dire “scontate”; Piazzale Michelangelo poi è una scelta classica e di buon gusto ma…

Sfregandosi il mento con fare pensieroso, Dado si avvicinò a Ron con aria complice. Il mago portò d’istinto una mano sulla bacchetta e l’altra sul portafogli ma, come Dado gli disse qualcosa sottovoce, si rilassò immediatamente.

- Senti un po’, tu a questa ragazza ci tieni proprio ma proprio tanto?

Ron annuì.

- E se l’intuito non m’inganna, ciò che ti occorre è qualcosa di veramente speciale… per non dire magico, se capisci cosa intendo!
- Lo sai, se non fossi quello che sei, direi che sei proprio un indovino!
- Allora ascolta qua e che la benedizione di TEH-LEH-SETH, etrusco di nascita ed egiziano di adozione, figlio di madre legittima e padre illegittimo, possa esserti d’aiuto!

( continua )

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Capitolo 5
*** Ultima Parte ***


San Domenico è una piccola frazione del fiorentino su una strada che, partendo da Piazza Edison, corre tutta in salita. Sostanzialmente non è che un angolino in mezzo al verde, dove tutto sembra essersi fermato ai bei tempi andati. La strada segue un lungo muricciolo e, subito oltrepassata la chiesa, prosegue verso Fiesole con una piccola biforcazione. Visto da vicino, il posto sembra proprio uscito dalle pagine di un vecchio libro: la bottega del barbiere, piccola e accogliente, con la sua insegna bianca e la scritta smaltata di azzurro; la pasticceria semplice ed elegante, con la sua cucina artigianale che offre sempre genuinamente ciò che promette; il bar che affianca quella deliziosa stradina che, giungendo dalla via principale, scende verso destra con il sole che vi picchia fino al tramonto; oltre il muricciolo invece, subito dietro una fitta sterpaglia e vegetazione incolta, il suggestivo panorama delle colline toscane; e nell’aria il profumo inconfondibile del Chianti… i' Chianti, maremma ‘mpestata e bucaiola!
Chi non conosce il profumo del Chianti?
Chi è quel disgraziato, eretico, profano, figlio di buona madre che non conosce l’aroma e la fragranza dell’unico, inimitabile e impareggiabile vinello tusco per eccellenza ?!?
A Firenze si è soliti dire:
Ci garba tanto i’Chianti, chi non lo beve schianti !!!
San Domenico è un cuore, un cuore pulsante, un cuore di tradizione e non solo. Troppa acqua è passata sotto i ponti, dai tempi del Francesco e della Giuseppina, e del ricordo ( purtroppo! ) s’è persa un po’ la memoria.

- Beh, Ron… E’ un bel posto ma, detto tra noi, sinceramente non ci trovo nulla di speciale - fece Hermione, guardandosi attorno.
- Eppure io ho sentito una storia che, sono sicuro, ti farà cambiare idea!

Hermione lo guardò incuriosita.
Cingendole piano le spalle col braccio, Ron la fece sedere accanto a lui sul muricciolo. Qui entrambi si misero a guardare il panorama, rabbrividendo un po’ per il fresco vento del pomeriggio, e nel contempo Ron cercò di rammentare bene la storia così come Dado gliel’aveva raccontata…

 

***

 

LA STORIA DI FRANCESCO & GIUSEPPINA

 

Tanto tempo fa, troppo per poter dire con esattezza quanto, vivevano a San Domenico due giovani babbani. Uno era un bel ragazzone moro, alto e robusto di nome Francesco, l’altra invece era una fanciulla graziosa e paffutella, con i capelli corvini raccolti in due trecce e un viso pieno di lentiggini, di nome Giuseppina.
Nati e cresciuti proprio a San Domenico, insieme fin da quando erano piccoli, i due vivevano serenamente e si volevano un gran bene. Entrambi erano figli di contadini, gente onesta e lavoratrice, e non chiedevano niente più di quello che possedevano per il loro futuro. Avevano tutto: una casa, una famiglia, l’amore… tutto quello che si possa desiderare, insomma!
Eppure sia Francesco che Giuseppina avevano un sogno.
Quando erano bambini e si sedevano sul muricciolo, a guardare il panorama che si stendeva davanti ai loro occhi, ogni sera si scambiavano tante piccole confidenze e dolci promesse. Si fidanzarono praticamente allora, tra le tenerezze e le gioie dell’infanzia, e i loro sentimenti non erano mutati affatto con l’età. Ormai diventati grandi, e consapevoli di voler trascorrere tutta la vita l’uno accanto all’altra, il loro sogno era di poter scambiarsi la promessa più grande di tutte in modo davvero speciale.
Certo non avrebbero mai avuto il castello delle favole, né il cavallo bianco su cui galoppare, o tantomeno la possibilità di vedere com’era fatto il mondo all’infuori della loro piccola Toscana.
Tuttavia entrambi credevano nel: “e vissero per sempre felici e contenti”… una frase nota, forse perfino banale e scontata, ma con un suono sempre bello e sempre magico.
Su quel ruvido muricciolo di pietra, lo stesso identico seggio di tanti giorni e tanti tramonti, muto e silenzioso compagno di tante serate assieme, Francesco e Giuseppina si erano giurati di volersi bene. Ecco perché, in quel tramonto di tanti anni fa, la promessa che i due si scambiarono fu il momento più bello e importante in assoluto.
Francesco staccò due lunghi fili d’erba dalle crepe del muricciolo, intrecciandoli in modo da ricavarne due piccoli anelli simbolici. Con estrema delicatezza, ne infilò uno al dito di Giuseppina; la ragazza fece lo stesso, anche se le mani le tremavano un po’ per l’emozione, ed entrambi sollevarono i rispettivi anelli per vederli meglio alla luce.
Francesco e Giuseppina tennero quegli anelli al dito per anni e anni, senza mai toglierli, proprio come se fossero i gioielli più cari e preziosi. E il ricordo di quanto avevano provato allora, quando erano rimasti sul muricciolo fino a notte fonda, doveva essere veramente qualcosa di magico… perché fu ciò che li tenne insieme “felici e contenti” per tutta la loro vita.

 

***

 

Hermione volse lo sguardo intorno, passando timidamente gli occhi dal volto di Ron al panorama che aveva davanti, prima di chinare il capo con un sorriso dipinto sulle labbra.

- E’ una storia molto dolce - sussurrò. - Ma davvero non capisco cosa…

Come la fanciulla sollevò il capo, vide Ron che stringeva in mano due lunghi e sottili fili d’erba.
Per un attimo li osservò stupita, prima che Ron li chiudesse nel pugno e mormorasse le parole di un incantesimo per la Trasfigurazione. Quando lui riaprì nuovamente la mano, nel palmo vi erano due piccoli anelli di colore verde, senza nulla di particolare. Non erano gli anelli in sé, quanto ciò che in realtà rappresentavano, e solo allora Hermione cominciò finalmente a capire.

- Non c’è magia più grande, quando sono con te - fece Ron serio, guardandola negli occhi e sollevando gli anelli. - Conoscessi anche tutti gli incantesimi del mondo, non sarebbe la stessa cosa di averti accanto!
- Ronald…
- E’ da tanto che cerco un modo per dirtelo, oggi però ho finalmente capito una cosa: non serve una bacchetta magica per rendere speciale qualcosa che lo è già; forse la vita sarà più movimentata, rispetto a quella dei babbani, ma certo non sarebbe la stessa senza di te; ci ho messo anni per capire quanto sei importante, facendo un mucchio di stupidaggini e rovinando sempre tutto, ma tu hai sempre avuto la pazienza di aspettarmi… Hermione Granger, ora che te lo chiedo su questo anello, mi vuoi sposare?

La domanda colse Hermione del tutto impreparata.
Naturalmente sapeva già cosa rispondere, solo che non si aspettava che lui glielo avrebbe chiesto così. Aveva preparato il tutto in modo molto semplice, senza cerimonie o applausi di emeriti sconosciuti a fare da sfondo, e le aveva posto la domanda con una sincerità disarmante.
Solo loro due e nessun altro, proprio come i protagonisti di quel piccolo dolce racconto di altri tempi.
Ron le infilò l’anello simbolico al dito e, in quel preciso momento, Hermione seppe che non se lo sarebbe mai più tolto. Stringendosi ancora di più nel cappotto, con lacrime di gioia che le scendevano lungo le guance, prese dunque l’altro anello dalla mano di Ron e ricambiò a sua volta il gesto con evidente emozione.

- E’… per sempre, vero?
- Per sempre - confermò Ron.

Incapace di resistere oltre, Hermione si buttò in avanti per stringerlo forte e baciarlo. Anche lui la abbracciò a sua volta, baciandola con trasporto, e così rimasero per ore. Non era Hogwarts, non era un castello, bensì un piccolo angolino senza niente di speciale; eppure anche tra i babbani vi sono luoghi dove la magia è sempre presente, una magia più antica e potente di tutte le altre messe assieme… una magia chiamata semplicemente amore!

 

FINE

 

Angolo Autore

Lasciando perdere l’ovvia demenzialità del personaggio da me interpretato ( mi riferisco al truffatore-indovino, per chi ancora non lo avesse capito ), vorrei invece fare una piccola precisazione.
San Domenico è un angolo che non ha proprio nulla di particolare in sé, eccetto i miei ricordi d’infanzia o il fatto che molti dei miei racconti nascono proprio su quel muretto, e ogni particolare va dunque legato alla capacità d’immaginazione di ogni persona che lo considera assai più di quello che è. In realtà “San Domenico” non rappresenta solo la frazione di Firenze sulla carta, così come la vicenda di Francesco e Giuseppina ( che per la cronaca è uno dei tanti racconti popolari della Vecchia Toscana ) non è solo la classica storiellina banale e decaduta col tempo.
La vicenda quivi narrata è un po’ come lo specchio di tante altre storie, reali e non, dove l’intento è quello di riscoprire e apprezzare quel “piccolo angolino anonimo” dentro ognuno di noi. Questo perché è indubbio che tutti hanno un posto, un luogo particolarmente caro, o qualcosa che racchiude in sé il proprio valore come un diamante allo stato grezzo ( citazione dal celebre film Disney “ALADDIN” ). Il Momento Magico di San Domenico può trovarsi ovunque, nel posto più improbabile e con storie sempre diverse da raccontare: da una casa su un albero al muretto dietro casa vostra, da un qualche paesino di campagna al deposito-bagagli dietro la stazione, dal parcheggio dello stadio a un vecchio cortile di periferia, dal giardino della scuola ad una qualche pozzanghera in mezzo alla strada, da una grande villa elegante ad una stalla abbandonata, dal profumo di un prato in primavera al tanfo penetrante di un tugurio con le pareti piene di muffa… e chi più ne ha più ne metta!
La magia di qualsivoglia luogo, indipendentemente dall’aspetto che possiede, è dunque la fantasia di chi lo osserva attraverso gli occhi del proprio cuore.
Ah, dimenticavo!
Se passate da Firenze, e volete vedere qualcosa di diverso rispetto ai soliti itinerari, ricordatevi di Francesco e Giuseppina… e di cosa rappresentava per loro quel vecchio muricciolo, tutto sbeccato e pieno di crepe, nel posto dove si trova tuttora.

 

Saluti

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