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Silvia.
Silvia č pazzesca. Silvia fa ridere, č dolce, ha la freschezza
della sua etŕ.
Silvia
vive da sola, č giovane, ha un lavoro, ma č insoddisfatta.
Piů che insoddisfatta, non crede piů. Nell’amore.
Claudio
č maturo. Troppo. Claudio veste bene, vive nella Roma bene, ha amici per
bene.
Claudio
č quadrato. Ed ha un figlio di diciassette anni.
Quando
le cose non succedono mai per caso, quando a volte si ricomincia a sperare e a
credere in qualcosa, ecco mondi che si fondono, punti di vista che si
abbracciano, dapprima scogli insormontabili ma poi, naturalezza infinita.
Quando
si dice, il passato č passato.
Quando
si dice, vivi come se dovessi morire domani. Lascia indietro il superfluo.
“Perché abbandonarsi agli
altri č la sfida piů difficile.”
“La
tua sfida, l’hai vinta in partenza.”
Quando
si dice, “Leavetome.”
Chap n.Ś
Notte.
Notte silenziosa.
Notte che ti avvolge.
Notte, amica e compagna.
Giŕ notte.
Silvia č in terrazzo, fuma pensierosa la
sua Marlboro.
L’ultima della giornata, ma anche
l’ultima del pacchetto.
Sbuffa un po’, all’idea di doverle
giŕ ricomprare.
Ma il pensiero svanisce in fretta, aspira bene un
altro tiro, socchiudendo gli occhi.
Quegli occhi marcati, non da polveroso trucco
disfatto, bensě da sofferenza rimasta stampata sul volto e da
chissŕ quanto tempo, ormai di casa sui suoi tratti; e non se ne via, nemmeno se ti sforzi di ridere.
Ma che ci faccio io qui, ancora a pensare a te?!
Chissŕ dove sei, e con chi.
Con chi stai, cazzo!
Io sempre qua, che se non la smetto di pensarti,
muoio dentro.
Perché mi hai lasciata?!
Che bisogno c’era?!
Ed io perché, lo voglio ancora sapere. Che
bisogno c’č?!
Ma l’amore non č forza?! Non č unione?!
Non si diceva fosse sorreggersi, guardare avanti,
provarci?!
Io non credo piů all’amore. E nemmeno
a te.
Ti vorrei dire questo, se mai ti incontrassi, un
giorno.
Mi sono convertita all’odio.
Si, ti odio. Anche questo ti direi.
Perň mi manchi. E questo, sě questo,
l’ometterei.
Una schicchera, secca e leggera, sussulta nel
buio; la sigaretta vola giů, roteando su se stessa.
Non ha ancora voglia di rientrare. E piů
nulla da fumare.
I suoi ricordi, forse.
Ma c’č giŕ chi li ha mandati
in fumo per lei.
“Parto, vado a Londra. Non chiamarmi
piů. Non cercarmi, fra noi č finita.”
“Ma non dobbiamo sposarci?!”
“Silvia, parlo sul serio.”
“Eh, io pure..”
Guardarla avere voglia di scherzare, guardarla e
non capire se stia fingendo di non ascoltare.
Ma lui Silvia, non l’hai mai capita affondo.
Si sente un perdente anche per questo. Ma da
domani, Silvia non sarŕ piů problema suo.
E poi via, aprire un portone, uscire di scena, con
delle valige preparate chissŕ quando.
Lontano dai suoi occhi, dal suo amore folle, dalle
sue urla magari.
O dalle sue lacrime.
Lasciarla nel momento in cui č ancora
lě, imbambolata a mangiare aria.
E scappare via, prima che sia troppo tardi.
E di Matteo, piů nulla.
Male, fanno ancora male quei momenti.
Lei lo sa, ma li lascia scivolare negli occhi e
nel cuore.
E’ tremendo, quando sei triste, quando vedi
tutto nero, vuoi esserlo sempre di piů, vuoi vedere nero che piů
nero non si potrebbe, perché il dolore, quando ti prende, ti soggioga,
ti fa diventare dipendente e non chiedi altro, se non questa droga.
Come anfetamina.
Senza assuefazione. Solo conforto.
Ed apre gli occhi, stesa sul lettino bianco.
L’aria č dolce. La luna č
ancora sfocata.
Se solo riuscissi ad odiarti.
Sarebbe tutto piů facile.
L’odio diventa indifferenza, e
l’indifferenza, svanisce.
L’amore, no.
Si accozza al cuore, torturandolo. E quando se neva. Chi lo sa?!
Da qualche parte ha letto che l’amore rende
liberi, ed ora, ci sta pensando.
Ma liberi da cosa?!
E da chi?!
Soprattutto, chi l’ha sparata ‘sta stronzata…
E ridere per un attimo, di sé.
Ma tornare seria subito,
quando si riaffaccia lui. Fra i ricordi.
Lui, lui non c’č piů. Eppure
io, mi sento ancora sua. Sono intrappola! Altroché libera!
E tornare a sorridere.
Da quanto tempo č, che nonesco con un
uomo?!
Oggi ho accompagnato Flavio a calcetto.
Ma Flavio č suo fratello, ha sedici anni.
Non vale. Lo so. So che č mio fratello!
Ride, poi si alza, scorre la portafinestra ed
entra in casa.
Il portafoglio č sul tavolo, le chiavi
dell’auto poco piů lontane.
Prende tutto e mentre tiene a mente che dovrebbe
portare con se anche il sacco della spazzatura, č giŕ fuori casa.
E il sacco della spazzatura č ancora
lě. Dove lo ha lasciato.
Ringrazio tutti coloro, abbiano
messo piedi qui, nella mia ficcina.
Dopo qualche tempo, sono tornata
a scrivere.
Bello, per me č sempre un
piacere!
Purtroppo, per mancanza
d’ispirazione, ho tolto dalle mie storie “A.P.S”
e colgo l’occasione per chiedere scusa a chiunque stesse aspettando un
aggiornamento. Non č detto che non la posterň in futuro. Non lo
so
Intanto ringrazioGrEeNgIrLper la sua toccante recensione.
Grazie cara, spero continuerai a seguirmi!
Intanto, un saluto affettuoso.
LuNaDrEaMy
Chap n.Ť
Claudio č ancora
al cellulare con Eliana.
Come
al solito, discutono.
“Eliana
riusciremo mai a vederci ad un orario decente per questo benedetto affido?!”
“Lo
so, perdonami. Eravamo in montagna da Giorgio. Sai c’era molto traffico.”
Ecco,
ma ti pare giusto?!
Il
compagno della mia ex moglie, vede mio figlio piů di me.
E
quel che č peggio, č che ha la precedenza fra tutti.
Claudio,
sposta da sé il telefono, piegando la testa fra le mani.
“Sě,
ma sono le dieci e mezza, Eliana.”
Tenta
di riprendersi, ma č incazzato nero.
“Claudio
scusami. Sarŕ l’ultima volta, dai non farne un dramma.”
Sě,
sě. L’ultima volta.
Quante
ne ho sentite di ultime volte.
Una,
ne fosse mai stata rispettata una. Una!
Che
tipo mia moglie. Anzi no, la mia ex moglie ormai. Carta, canta.
Egoista.
Sacrosanta egoista.
Ma
sě, chi ne fa un dramma, cosa vuole che me ne importi di mio figlio.
No dico, se lo ricorderŕ che quello č anche
mio figlio?!
O
si ricorderŕ di me solo alla fine del mese?!
“L’assegno
Claudio. Ancora non č arrivato.”
“Claudio, visto che passi di
lě, me lo riscuoti tu l’assegno?!”
Ma
certo Eliana, certo tutto quello che vuoi.
Infondo
č per nostro figlio.
Sě,
ma io ho ancora le nostre foto, lě sul comodino, di
quando eravamo felici.
Non
ne ho fatto scatoloni, pregando mia madre di togliermele di torno.
Claudio
ma che ti metti a ripensarci, adesso?!
Dai
il vostro matrimonio č finito da un pezzo. Un po’ di
dignitŕ. E che cazzo!
Perň
fa male, oh.
Uno
si sposa, fa figli e poi?!
Poi
niente, ti ritrovi a girare banche per riscuotere il prezzo del valore del tuo
matrimonio finito nel cesso, o a cenare da solo, o vedere crescere tuo figlio
chiedendosi da quanto tempo si č bucato i lobi e soprattutto cosa ci
trova di “figo” nel girare con uno spillo
conficcato nella pelle.
“Potresti
comprarmi un litro di latte, ora che passi?!”
“Niente
altro?!”
Ma
non leda
il tempo di rispondere, attacca infilandosi il cellulare nel taschino della
giacca.
Un
mazzo di chiavi sono lě ad attenderlo e una serranda un po’
impolverata, non aspetta altro che essere tirata su.
Probabilmente
preferirŕ dimenticare che Niccolň č anche mio figlio,
visto non fa altro che lamentarsi di quanto mi somigli.
Ride
un po’ piů soddisfatto, apre la portiera della sua Bmw m5, nera, bella, morbida.
Si
mette alla guida, ma prima l’accarezza, in preda ad un raptus
d’amore improvviso.
Lei,
la mia meravigliosa auto, goccia che ha fatto traboccare il vaso; quanto si incazzňEliana quando la
presi, ancora me la ricordo quella scena pazzesca. Che goduria!
L’acquisto
e la firma piů azzeccata che abbia mai fatto nella vita.
Pura
classe, pura finezza.
Altro
che quel sě di quasi venti anni fa. Altro che firma davanti
all’altissimo.
Ride.
Mette in moto ed esce dal garage.
La
strada č vuota, tutta sua.
La doma, una curva a destra stretta, ma senza mollare
mai l’acceleratore, un’altra a sinistra, frenando di botto, per poi
ripartire cosě, nel rumore di gomme strigliate e odore forte di
bruciato.
Mio
figlio, chissŕ cosa penserŕ mai di me. Di sua madre. Di noi
tutti.
Diciassette
anni. Non ricordo cosa pensavo io alla sua etŕ.
Di
certo so che č un adolescente indomabile, sempre in giro “ a cazzaggiare” come dice lui.
Sempre
su di un motorino. No, non il suo, il suo č ancora allo sfascio, sulla Togliatti, dopo quel volo fatto sulla rampa di Viale Libia.
Che colpo quella sera.
Adesso
si fa scarrozzare in giro da un certo Pablo di Viale Jonio, sempre con tutto il resto del loro gruppo al
seguito; gli adolescenti, guai a non avere un gruppo!
Il
sabato va a ballare, a scuola non č eccellente ma
almeno ci va.
Non
ci ha mai dato problemi, non ha mai fatto storie.
Eppure
alle volte lo guardo, ed č come se mi sfuggisse dalle mani.
Vorrei
vederlo di piů, questo sě.
“A
scemo, guarda che č verde! Che famo?!”
Claudio
controlla lo specchietto retrovisore; un boro dentro una Fiesta,
agita la mano in sua direzione.
Decide
di non rispondere, mette in prima e sgasa via.
Uno
non puň neanche piů pensare, cavolo!
Poco
piů in lŕ scorge un bar.
Bene,
č ancora aperto.
Accosta
ed entra.
***
Ma
un bar aperto, dici che lo trovo io a quest’ora?!
Beh,
devo trovarlo per forza, sono senza sigarette!
E’
in giro da quasi venti minuti; il suo amico Giangi,
quello del bar degli artisti, ha chiuso da un pezzo, lasciandola a secco.
Fa
il giro del quartiere, quando si imbatte in un insegna blu
traballante; Blu bar.
Non
ci pensa su due minuti, parcheggia ed entra.
“Sera!
Del fumo per questa disperata?!”
Due
commessi la guardano divertiti.
Ma
stanno al gioco.
“Dipende da cosa fuma, signorě.”
“A
quest’ora solo un pacchetto di Marlboro light,
grazie!”
Si
guardano sorridendo, il commesso piů giovane abbozza un occhiolino, porgendole
il pacchetto.
“Lei desidera altro, signore?!”
Quello
piů anziano dei due, si sofferma sull’altro cliente, in piedi a
godersi la scena di quella simpatica signorina; ma lo vede trasalire, non
appena la sua voce rauca lo raggiunge.
“No grazie, solo questo. Quanto le
devo?!”
“Due
euri in cassa, grazie.”
Nel
frattempo Silvia, si č fatta fare anche una vaschetta di gelato, si gira
al volo prendendo possesso della cassa.
Scambia
un occhiata fugace con l’altro unico cliente del
locale, abbozzando un sorriso fugace.
Lui
ricambia, distratto da un portafoglio che non riesce a trovare
all’interno della sua giacca.
Ma.. questo č proprio fesso, esce di casa alle undici
per un litro di latte?!
Se
ha figli, č un padre snaturato, se non li ha č proprio matto.
E
sorride ancora.
Perň,
č davvero un gran bel matto.
“Arrivederci.”
Poi
lascia tutti cosě, afferra il suo sacchetto, prima di sparire e portare
via con sé, quel meraviglioso sorriso che ha donato arrivando.
Ma
nessuno sa, quanto le costa quel sorriso.
Non
lo da a vedere.
Ma
Silvia č cosě.
Bellissima
anche nella sofferenza.
“Carina eh?!
E’ la prima volta che la vedo, sennň gli davo una mano.”
Claudio
si volta alzando il sopracciglio, guarda il commesso con fare sarcastico e mentre
afferra il suo sacchetto borbotta qualcosa.
“Sono
sposato.”
“Saluti
alla signora, allora.”
L’uomo
gli fa una specie di inchino, prima di congedarsi del tutto.
Esce
fuori, ancora divertito dalla scena.
Perň,
simpatici in questo bar; certo un po’ bori, ma simpatici.
Cosě,
un po’ piů rilassato, si dirige verso la sua ex moglie e la sua ex
casa.
P.zza Trento, n. 9.
Claudio
č sceso dall’auto, ha messo la sicura e con fare un po’
scocciato suona al citofono.
Poco
dopo, qualcuno si degna di rispondere.
“Claudio,
sei tu?!”
“Sě,
apri.”
Non
prende l’ascensore, sale le scale di corsa tanto –pensa- sono solo
due piani.
E
si ricorda, a fine corsa, che non ha piů l’etŕ per fare
certe cose.
E
soprattutto non ha piů la testa, visto che dal suo sacchetto esce di tutto
tranne che il cartone del latte.
Intanto
Eliana apre alla porta, lo abbraccia affettuosamente facendolo accomodare nel
soggiorno.
Giorgio
č ancora lě. Si salutano freddamente.
“Il
latte era finito. Spero vi vada del gelato!”
“Gelato?!”
La
donna gli sfila il sacco dalle mani, vagamente divertita.
“Beh,
sempre latte č.”
“Uhm,
cioccolato, vaniglia e stracciatella. Strano trio.” La voce di Eliana
arriva lontana dalla cucina.
“Claudio,
ma che sei depresso?!”
“Io?!
Io sto benissimo.”
“E
queste?!”
“Scusa
Eliana, adesso se uno si mette a fumare, significa che č depresso?!”
Cerca
di mantenere la calma, Giorgio lo sta fissando e la cosa lo innervosisce.
Ma
chi glie le mette certe idee per la testa?!
Colpa
di quelle riviste di psicologia da quattro soldi che legge, certo.
“Vecchio!
Sei arrivato finalmente! Dico č una vita che sono pronto!”
A
salvarlo in corner č suo figlio.
Gli
da una pacca sulla spalla e a momenti glie la lussa.
Ma
stringe i denti, suo figlio sa che ha un padre forte. Una roccia!
Mica
come Giorgio, quella specie di mollusco inerme.
“Allora,
andiamo?!”
“Ma
come, e il gelato?!”
“Credo
farŕ piů bene a voi.”
Sorride
sornione, caricandosi sulle spalle la sacca di Niccolň.
***
Sigaretta,
sigaretta, sigaretta. Dove sei sigarettina?!
Silvia
č ancora in macchina, sta frugando come una gatta nella busta adagiata
sul sedile.
Oh,
ma che c’č dentro questa cosa?!
E
per un attimo toglie lo sguardo dalla strada, sfilando quel qualcosa di
umidiccio che gli ha bagnato la mano.
Latte
fresco.
“Oddio
no! Ho scambiato busta!!”
No,
no, no. Che serata! No dico,
senza sigarette fino domani!
Impossibile.
Non esiste.
Fa
un inversione a U di quelle da 10 punti in meno sulla
patente, e sgasando torna al bar.
Stavolta
l’insegna non traballa piů; č proprio spenta.
“Ma
no, cazzo!”
E
cosě, vola lontano verso casa, dove i pensieri ancora l’attendono.
E
stavolta, senza sigarette.
***
“Senti
Niccolň, a te sta simpatico Giorgio?!”
“Perché
me lo chiedi Pŕ?!”
“Cosě
niente… curiositŕ.”
“A
pŕ, c’ha ragione mamma. Sei
depresso.”
“Oh
basta con questa storia eh! Il gelato non era mio equesta č solo una
domanda!”
Niccolň
lo guarda incuriosito, sedendogli accanto, sul divano.
“E
di chi era Pŕ?!”
“Mah…
di una ragazza.”
“Forte!
Fai ancora conquiste eh Pŕ?!”
E
ridono.
E’
quell’ancora, che non gli garba piů di
tanto.
Claudio,
devi assolutamente uscire con qualcuna. Trovarti una donna.
Ringrazio di cuore Amantha
per la curiosa recensione che mi ha lasciato.
Ha fatto uno strano effetto anche a me leggerla!
^^
Bacio,
Luana.
Chap n.Ž
“Oh, forte questo
pezzo!”
Una
ragazza con una tutina rosa aderente, comincia a sculettare a destra e
sinistra, su un pezzo di Robbie Williams; č felice, almeno sembra,
mentre arrotola un asciugamano e lo tira sul sedere dell’amica.
“Paola! Ma sei fuori?!”
“No
baby, sono semplicemente felice.”
“Beata
te…”
Silvia
pensa per un istante, a quanto tempo č passato dall’ultima volta
che si č sentita davvero felice. Tanto, troppo tempo.
Cosě
tanto, che non lo ricorda piů.
What am i supposed to do
to keep from goin under? now you're making holes in my heart …
Cosa cerco di fare, trattenendomi
dallo sprofondare?!
Non
lo so signor Williams, me lo domando anche io, da tempo immemorabile.
Adesso tu … mi stai
trafiggendo il cuore.
Trafiggere,
ecco, la parola piů azzeccata.
Chi
lo sa se Matteo andandosene, si č reso conto di avermelo spappolato
questo povero cuore di pezza.
Cuore
di pezza. Sono un fenomeno, ma dove li vado a pescare questi sinonimi?!
Non
lo so Silvia, ma tu intanto ci stai ancora ripensando. Fanculo!
“Oh!”
La
ragazza con la tuta, molla a Silvia un’altra pacca sul sedere.
“Eh!
Che c’č?! Ho una chiappa atrofizzata, la
finisci con quel coso?!”
“Senti,
allora ci vieni da Martolina?!”
“Martolina … ma non avete niente di meglio da fare che
darvi questi soprannomi tu e la tua amica?! Comunque
no, non ne ho voglia.”
“Su
non fare la musona.”
“Sul
serio Pŕ, non ne ho voglia.”
“Ma
che stai pensando a Matteo?!”
“No.”
“Sě
invece, quando pensi a lui diventi musona.”
“Oddio
Paola, spostati non ho tempo di sostenere questa conversazione infantile con
te!”
E
si fa spazio, schizzando via.
Si
spazzola i capelli dinnanzi un grosso specchio e pensa quanto vorrebbe non
pensare piů a lui.
Ma
il vetro s’appanna, fa troppo caldo lě dentro. E s’appanna
pure la certezza che non smetterŕ di pensarlo tanto presto.
“Guarda
che stasera lŕ č pieno di fighi!”
“Ah
sě?! Ecco perché sei cosě
contenta!”
“Stronza! Io lo dico per te! Fattene un altro! Anzi fattene
piů di uno!!!”
Alcune ragazze lě vicino, ridono divertite.
Paola
allora gonfia il petto, soffiandosi sulle unghie.
Ma
Silvia la guarda disgustata, con un sopracciglio inarcato.
“Hai finito?!”
“Veramente
… devo ancora cominciare!”
“Oddio,
sei un disastro! Il tuo appetito sessuale č una cosa scandalosa!”
“Non
si puň dire lo stesso del tuo eh Sě…”
“Ok, ok. Fortuna che ho finito. Ci
si vede eh! Ciao!”
Afferra
la sua sacca, e in cinque secondi č fuori dallo
spogliatoio, lasciandosi alle spalle la sua amica divertita dallo show e dalle
risate delle altre ragazze ancora bagnate di doccia.
Paola
č un caso disperato davvero, si va bene divertirsi, ma non posso trombarmi mezza Roma per dimenticarmi di Matteo.
Non
ha logica!
O
forse sě?! Avrŕ ragione lei?!
Decide
di non pensarci, monta in sella al suo SH nero e mette in moto. Sicura e
decisa.
Il
motore fischietta un po’. Silvia non gli da peso.
Almeno
fino a quando, con un ultima starnazzata, il suo moto
mezzo si spegne inesorabilmente.
Oh
cazzo, e mo che c’hai?!
Scende,
fa il giro su stessa, cerca di capire.
L’olio
c’č, la benza pure… perché
non parte?!
Non
demorde, gli da due leggere scossarelle, prima di
rimontarvi in sella.
Gira
la chiave speranzosa, ma il suo SH sbuffa prima di morire cosě.
Con
le luci di posizione ancora accese e la speranza di una biondina di ritornare a
casa presto.
E
adesso che faccio, che mi invento?!
Lo
porto a spinta fino a casa?!
Silvia
stai a due isolati da qui, a meno che tu non voglia farti venire un ernia del
disco,ti conviene lasciarlo qui.
Oddio
no, ma io non l’ho mai lasciato solo il mio “motorello”.
Solo, solo e al buio.
Sospira
animatamente, prima d’allargare le braccia in segno di remissione; scende
e prende lacatena
dal bauletto.
Qualcuno
passa di lě e le suona.
Il
solito coglione. Guarda se si ferma e mi dice mezza
parola lo picchio!
Ma
quel clacson č insistente.
Si
gira con fare piuttosto incazzato, intenzionata a
prendere a catenate il simpaticone di turno, ma con
immenso stupore e gioia si accorge che il simpaticone č proprio la sua
amica Paola.
“Paola!
Menomale che ci sei tu guarda!”
Saltella
come una bambina, intorno alla macchina della sua amica.
Quest’ultima
tira giů il finestrino, sorridendole maliziosa.
“Mi porti a casa?!
Questo coso non parte.”
Sbatte
le sopracciglia proprio come un enfant prodige,
sorridendo divertita.
Paola
la squadra da cima a fondo, prima di lasciarsi andare in un sě.
“A
casa eh?!”
“Sě,
sě. Tanto sai dove abito.”
E
si stende lungo il sedile, a peso morto, esausta ma sollevata.
Guarda
fuori dal finestrino, il centro si sta riempiendo di
macchine; giovani e famiglie, usciti fuori dal letargo per godersi queste prime
e fresche serate d’aprile. Sorride.
Lei no. Lei sta ancora in letargo.
“Oh! Ma dove vai!?
Dovevi girare all’angolo!”
“Eh
lo so. Ma so anche che tu stasera non ti chiuderai in casa come una povera vedovella! Tu stasera vieni con me da Marta!”
Ride
Paola, ride soddisfatta e compiaciuta, guardandola divertita; poi si sistema i
capelli, ritornando con lo sguardo sulla strada.
“Maledetta!
Mi hai fregata! Mi hai presa in castagna! Tu… Tu…”
“Tu.
Tu. Tu. Occupato!”
“Cretina!
Non ti sei regolata! Questa me la paghi! E poi guardacome sono conciata! Un
disastro!”
Paola
inchioda. La guarda esterrefatta.
“Oh,
rilassati eh, ti fai prendere un infarto! Dai, aspetta, ti sistemo un
po’.”
E
le salta addosso, quasi.
E’
forte Paola, č geniale, una vera canaglia, ma le voglio bene per questo.
Anche
se adesso mi sta conciando come una battona, con tutto questo rossetto e sto
bottone della camicetta che mi vuole tenere sbottonato a forza.
“E
basta Paola, su! Sto bene, no?! Andiamo dai.. m’č presa una fame!”
“Oh
sempre a mangiare pensi. Ma dove te la metti tutta quella roba?!”
“E
secondo te, che ci vengo a fare in palestra?!”
“Io
pensavo a rimorchiare… no eh?! Silvia! Tu mi
preoccupi fattelo dire…”
C’č
un’altra auto, che sfreccia nella notte fresca romana.
E’
l’auto di Claudio. Con a bordo, i piů
cari amici di infanzia; Gianni e Sandro.
Conoscenze
di un tempo immemorabile, degli anni della maturitŕ di quell’ottantasei cosě lontano, e compagni
della vita folle e scanzonata dell’universitŕ.
Stessi
percorsi, stesse storie, ma inevitabilmente caratteri diversi, e poi con il
tempo, altro tipo di maturitŕ prese ognuno come ha
dettato il destino.
Gianni
ha una bella moglie e molti figli; l’ultimo arrivo ha un anno ormai, ed
č un bellissimo bambino cambogiano.
Un
uomo dagli alti valori morali, lo vede cosě Claudio.
Legato
alla famiglia, alle sue cose, piů di qualunque altra distrazione.
E
parlando di distrazioni, viene il turno di Sandro.
Eh,
Sandro.
Single
incallito, fino allo stremo. Fino ai suoi quaranta anni. Incalliti, come lui!
“Il problema č che non so scegliere. Le
donne di oggi sono tutte belle, cazzo!”
Insomma, un
indeciso, certo.
O uno che ha
deciso benissimo di spartirsi la vita da solo, senza troppe rotture di coglioni, come le chiama lui, le donne.
Fa ridere,
č goliardico. E’ un insieme di difetti, eppure di perfezione
nell’imperfezione.
Lui la vita la
prende cosě, di petto, senza troppi giri di parole.
E poi ci sono
io.
Io e la mia
bella BMW, io la mia vita da papŕ single. Io, io. Io e la mia
solitudine.
“Gira a destra e fermati. Il palazzo dovrebbe
essere quello.”
“Sei sicuro Sandro?!”
“Eh, ma non le vedi
quelle fighe lě, quelle che stanno entrando?! Saranno amiche di Marta, sicuro.”
“Oh basta che sonfighe lui… non capisce
piů niente!”
“Eh magari stasera
te ne fai pure una di quelle e ti toccherŕ ringraziarmi.”
“Io ho Serena. Per
me č la piů figa del mondo.”
“Oddio questo
‘mo riattacca con la moglie. Fatemi scendere che č meglio. Ah,
stasera sto in acchiappo, fate finta di non conoscermi
per favore.”
E si butta
quasi giů dall’auto.
Fa una specie
di corsetta e in un attimo ha giŕ raggiunto le prossime prede.
Che ovviamente
giŕ sorridono. Cosa gli farŕ mai alle donne…
Gianni e
Claudio si guardano divertiti.
Un
occhiata complice, qualche
gesto di rituale e si portano fuori anch’essi.
Ci sono
proprio tutti.
I perbene del
circolo dei canottieri. Qualche avvocato in libera uscita e svariati nomi
blasonati che a forza di blasonarli te li dimentichi sempre.
Claudio si
divincola subito. Da quelle facce troppo note, da quelle chiacchiere sempre
uguali. Stasera no, stasera non ha proprio voglia di mescolarsi al
qualunquismo.
Afferra dello
champagne e si dilegua.
awawawa
Ma che ci
faccio io qua?!
Oh, ne conoscessi uno. Uno!
Colpa di
Paola, che mi va sempre a ficcare in questi suoi casini. Non mi piace la vita
mondana, si respira sempre un aria rarefatta, di bugie
e ostentazioni cosě stupide.
Perché
una persona deve passare una vita a dimostrare di essere ciň che non
č?!
Ma soprattutto
siamo davvero soltanto ciň che possediamo?!
Mah.
Si stringe
nellespalle
Silvia, mentre cerca di trovare l’ennesimo perché alle sue
domande.
Non esiste
nessuna risposta. E forse deve smettere di farsi domande.
E lo sguardo
vola nel cielo infinito; perché quando č cosě
insopportabile tenere i piedi per terra, si tende a guardare sempre il cielo?!
Silvia. Silvia
lascia stare dai. Ti fai solo male.
Semplice,
perché nel cielo sconfinato si ritrova libertŕ.
Quella
libertŕ che ti č stata tolta. Ed io, non sono piů libera.
Ma prigioniera. Schiava.
“Silvia! Sei
qui!”
Sobbalza, non
appena sente chiamarsi. E si volta.
Paola agita
una mano. Un po’ troppo.
Cammina goffa,
e ride sguaiatamente.
Le va in
contro, quasi raccogliendola in un abbraccio. Paola si lascia andare.
“Non puoi capire! Non puoi capire!”
“Cosa?!
Cosa?!”
“Ho conosciuto uno troppo forte. Guarda č qui. E qui. E qui.”
Silvia ride.
Si guarda intorno.
Ok, č ubriaca persa!
“Sě. Sě. Bel tipo. Un po’
silenzioso. Trasparente direi.”
E ride ancora,
sorreggendo una Paola quasi stramazzata in terra dalle risate.
“Ti dico che era qui!”
Un tipo, poco
piů in lŕ, le guarda preoccupato. Si avvicina piano, ma si ferma
non appena Paola comincia a rantolare. Silvia lo guarda.
“Senta al posto di fissarci, si dia da fare!”
Quello le
avvicina, non appena Silvia apre bocca.
“Come posso
aiutarla?!”
“Ce
l’ha una coperta?!”
“Senta non giro con
delle coperte solitamente.”
“Bene! Allora non
stia lě impalato, se ne faccia dare subito una! E alla svelta!”
E non se lo fa
ripetere due volte, schizzando in casa alla ricerca di Marta.
Poi
improvvisamente si sente stupido. E rallenta.
Ma guarda
questa, anche gli ordini mi da!
Ma chi
č?! Ma chi la conosce!
“Ma lei ancora qua
sta?!”
“Eh, non č
che volo!”
“Giusto,
perň č troppo lento, se lo faccia dire. Ah, guardi, Marta
č lě.”
Claudio la
fissa per un attimo. Resta un po’ interdetto.
Non sa dove
l’ha giŕ vista, ma per la seconda volta si ritrova a darsi dello
stupido.
Specie
perché quella specie di mezza cartuccia, lo sta tirando come un
disperato per mezza casa.
“Vorrei tornare a
casa tutto intero sa?!”
“Mamma mia come
č noioso!”
“E lei č un
incosciente! Ha lasciato la sua amica tutta sola fuori in terrazzo.”
“Oddio Paola! La
colpa č sua, che non si č sbrigato a tornare!”
E molla tutto -coperta e compresse- in mano al tipo,
schizzando via come una furia.
Sperando che
sia ancora viva.
Sperando che
improvvisamente non le sia venuta la voglia di fare un bel salto giů dal
terrazzo.
Ma Paola
č ancora lě. Che ride, con il suo amico immaginario.
Silvia si
batte la fronte, scuotendo il capo.
Poco dopo
arriva anche l’uomo, accompagnato dall’espressione schifata di
Marta.
“Non fatela
vomitare in terrazzo per cortesia!”
“Marta ma come sei!
Guarda che sta male!”
“No.No. In terrazzo non se ne parla!”
“Aiutatemi a
tirarla su almeno.”
Marta rimane
impalata, guardando altrove.
L’uomo
scuote il capo e si china a raccogliere i resti della poveretta.
E non
l’avesse mai fatto, perché proprio nel momento in cui le ha alzato
le braccia, Paola ha deciso di lasciargli un ricordino poco simpatico sulla
manica della giacca.
Anzi,
piů di uno.
Silvia scoppia
a ridere.
Marta per
cortesia altrui cerca di evitare, poi prende Paola per un braccio e la porta in
bagno.
“Ha finito di
ridere?!Io non capisco che ci trova di tanto divertente!”
“Lei! Ha una faccia
vedesse…”
“Senta, si č
fatto tardi, meglio che vada!”
“No!”
“No?!”
“Cioč volevo
dirle, no mi aspetti. Io vengo con lei.”
“Che cosa?! Dopo tutto questo?! Non se ne
parla.”
E la lascia
lě, impalata come una mummia.
Fa per
allontanarsi, ma Silvia non si da per vinta, lo segue,
attaccandosi alla manica della sua giacca.
“Senta, siamo
partiti con il piede sbagliato č vero, ma la prego non puň
lasciarmi qui. La mia amica non č certo in grado di riaccompagnarmi.”
“Beh, non č
certo un mio problema.”
E
nell’attimo in cui finisce di parlare, Silvia molla la presa.
Ma guarda
questo che modi. Che cafone!
Cosa gli costa riaccompagnarmi a casa, dopotutto?!
Uomini.
Maledetti uomini. Io vi detesto! Vi detesto!
Imbroncia il
muso come una bimba; le braccia conserte e quei suoi occhi cosě
spiritosi, fanno capitolare il tipo in una risata.
Silvia lo
fissa. Quel sorriso le č familiare. E anche quello sguardo.
Non batte
ciglio, bene attenta al minimo ricordo che possa
ricondurla a quell’uomo.
Niente. Zero
totale.
E lui, smette
di ridere.
“Ora č lei a
fissarmi.”
Ma non le
risponde. Poi d’un tratto, s’accende come carta al fuoco.
“ECCO DOVE
L’HO GIA’ VISTA! Lei č il ladro di
sigarette!”
L’uomo
ride, piuttosto imbarazzato; delle persone accanto a loro li stanno fissando,
mimando strane facce buffe. Le si avvicina giusto quel
pň che basta, a rendere la conversazione
piů intima.
“Le ricordo, che
non stiamo al mercato. E per caso, devo ricordarle che fine ha fatto il mio
latte?!”
Silvia
arrossisce, ripensa alla scena al bar dell’altro giorno, si lascia andare
e ritrova il sorriso.
“Allora, lo vuole o
no?!”
“Cosa?!”
“Quel
passaggio.”
Sorride
entusiasta, prima di seguirlo, a passo svelto, come un ombra.
Poi ci
ripensa, quasi come se se lo sentisse. Potrŕ
fidarsi di quell’uomo?!
Infondo
comincia tutto cosě.
Comincia.
Scuote la testa, afferra la sua giacca e si porta fuori.
Lui č
ancora dentro, lo vede chiacchierare con due tipi, abbastanza svegli e un
po’ troppo sorridenti.
Poi saluti,
convenevoli e la raggiunge sfoggiando uno dei sorrisi piů belli che
abbia mai visto negli ultimi tempi.
“Comunque il latte
non mi piace.”
“Ed io non fumo.
Siamo pari, vede?!”
“Sě, ma il
gelato se l’č mangiato.”
“No, mi dispiace,
non l’ho nemmeno toccato.”
“Non dica bugie. Si
vede.”
“E da cosa?!”
“Da questo!”
Bum!
Silvia molla
al poveretto un’energica botta sulla pancia; e schizza via, non appena le
porte dell’ascensore si aprono.
L’uomo
grida un po’, prima di tuffarsi alla rincorsa di quella piccola scheggia
bionda.
Ringrazio di cuore stella per la recensione che mi ha lasciato.
Mi ha dato il coraggio di continuare a
postare questa storia, ricordandomi che č sempre bello regalare un emozione.
Un bacio grande a tutti,
LuNaDrEaMy
Chap n.
Il cortile č ormai desolato.
Le urla
distorte di due folli svegliano la quiete di una strada ormai assopita.
“Finalmente
l’ho presa!”
“Guardi che mi sono fatta prendere di proposito. Non so qual č la
sua macchina.”
E la guarda un
po’ cosě, indeciso se ridere oppure scoppiare a piangere.
Questa donna
č un mistero.
Donna.
Forse donna no.
Bambina.
No, non
č nemmeno una bambina. Ha gli occhi troppo furbi. Troppo grandi.
“E’ quella
nera, in fondo al viale.”
La vede scappare
di nuovo, via cosě, lasciandosi dietro quella nuvola di profumo
zuccherosa e il suo umore preso alla sprovvista, da quella piccola creatura.
“Perň… devi essere uno importante tu
eh?! Guarda qua che roba!”
Silvia
č giŕ alla macchina, l’uomo arranca un po’.
La guarda, la
tocca, la osserva. Sembra le stia facendo una perizia.
D’improvviso
lui si preoccupa di quel giudizio, ma lascia correre.
Non
c’č niente di piů bello della sua auto.
“Io invece, non so
nemmeno il tuo nome.”
“Mi chiamo
Silvia.”
E gli porge la
mano distrattamente, senza staccare gli occhi dall’auto.
La guarda ora
piů fiero, ora piů tranquillo.
“Claudio.”
E lo sussurra
piano, tanto che Silvia stacca gli occhi dal bolide per tuffarsi nei suoi.
Restano un
po’ cosě, in silenzio, coperti da un timido lampione e da qualche
clacson lontano.
Claudio
č stranamente silenzioso, parla poco, ma ascolta rapito i racconti di
quella ragazza. Gli piace starla a sentire.
Ha una vivace
parlantina, un accento particolarmente marcato, ma
irresistibile.
Ride. E lo fa
al pensiero del tempo passato dall’ultima volta che ha avuto il piacere
di sentir parlare una donna.
Questa Silvia
ha un bel carattere, mi parla della sua vita come fossi
il suo confessore, con semplicitŕ, onestŕ.
Scrive pezzi
per un giornale per adolescenti, “Sedicianni”
ha detto che si chiama, sembra insoddisfatta, ma scrivere č la sua
piů grande passione.
Gli parlo
della mia invece, per le fotografie.
“Sei diretto re
della fotografia?!Figo! E
dimmi sono vere le cose che si dicono sul mondo dello spettacolo?!
Muove le mani,
appiccica parole l’una sull’altra, ogni tanto ride; č
davvero incantevole.
Sě, ma
č giovane.
Ha ventidue
anni. Almeno cosě dice.
E per un
attimo si ritrova a pensare ai suoi di ventidue; Niccolo in
arrivo e quella bellissima donna da sposare.
Eliana.
Sospira piano,
perdendosi con lo sguardo nell’infinito del un
rosso di un semaforo, che come i ricordi ci mette sempre troppo tempo a
diventare verde.
Le distanze ci informano … che siamo
fragili .. e
guardando le foto ti ricorderai … di quei giorni di quiete sapendo che te
ne andrai ..
Quante volte
guardo quella foto, incapace di darmi una qualsiasi risposta.
Quante volte
ti ho guardata pensando che ti avrei persa da un momento all’altro.
Finché
non ti ho persa sul serio.
Ma io ti amavo
Eliana, volevo soltanto vivere tutta la mia vita con te.
Tu, no. Volevi i tuoi spazi, il tuo lavoro, la tua
libertŕ.
Quella
libertŕ che ti ho “tolto” sposandoti che eri poco piů
che una ragazzina.
Come questa
Silvia qui, che adesso č in silenzio, mi guarda e ogni tanto muove la
testa a ritmo di musica. Su quel pezzo delle Vibrazioni. E’ bella. Come
te Eliana.
Ma quel semaforo prima o poi scatta, i ricordi invece, i
maledetti ricordi rimangono appesi lě dov’erano.
“Ma insomma, mi
stai ascoltando?!”
“No scusa, ero
distratto. Dicevi?!”
“Sicuramente stavi
pensando al sesso.”
Claudio la
guarda, scoppiando a ridere.
Eh, magari
Silvia, magari pensassi al sesso.
“No, guarda mi dispiace ma ti sbagli di grosso.”
“Sě,
sě come no. Non lo sai, il 70 % degli uomini quando č in macchina pensa al sesso.”
“E il restante 30%?!”
“E’ a casa
che lo sta facendo!”
Si guardano
complici, lasciandosi andare in una risata rigogliosa ed estremamente
distensiva.
“Vieni! Ti porto da
una parte!”
Silvia si
butta a peso morto su Claudio, rubandogli il controllo del volante.
“Gira di
qua!”
“Ma che fai?! Sei matta?! Andiamo a
sbattere!”
“Oddio come sei
tragico! Al massimo abbozziamo un po’ la carrozzeria. Vieni, il posto
č questo! Scendiamo!”
E non gli da
nemmeno il tempo di finire un perfetto parcheggio,che si butta fuori
dall’auto.
Claudio esce
di fretta, or ora un po’ preoccupato, infila la sicura e la segue.
Ma rimane
indietro. Come al solito; Silvia se ne accorge, torna
indietro, lo afferra per un braccio e lo porta lontano.
Via. Verso il
buio. E poi la luce.
“Ma dove stiamo
andando?!”
“A prenderci
qualcosa da bere. Laggiů.”
Ed indica un
piccolo chioso a ridosso del Tevere.
E’ pieno
di gente, di tutti i tipi e di tutti colori.
Claudio si
sfila la giacca, non appena prendono posto al bancone.
Silvia si siede
scomposta, attorcigliando i piedi alla sedia.
Un po’
donna. E un po’ bambina.
“Allora cosa ti
prendi?!”
“Qui cosa servono?!”
“Tu cosa vorresti?!”
E lo guarda
maliziosa, adesso donna piů che mai.
“Non lo so.”
“Facciamo
cosě” -Chiama
al volo il barista- “Due rum e
pera!”
Il ragazzo
glie li fa al volo, giocando deciso con lo shaker alcolici.
Poi guarda
Silvia, le sorride e le versa quel succo dorato in un bicchiere gigante.
“Vieni spesso qui?!”
“Spessissimo.
Soprattutto quando voglio stare sola.”
“Vieni qui sola?!”
“Sě.
Perché ti fai tutte queste domande?!”
“Non so, forse
perché tu mi sembri cosě impossibile?!”
“Forse lo sei tu.
Cosě convenzionale. Quadrato.”
E lo guarda
imitando una strana faccia schifata, tirando dalla cannuccia il suo primo
sorso.
Claudio resta
a fissarla un po’, mescola con il cucchiaino il ghiaccio sul fondo del
bicchiere e poi le risponde. Fermo. Sicuro. Deciso.
“Ti sbagli. Non mi
conosci sai?!”
“Ah sě?! Ma se l’ultima pazziache avrai fatto sarŕ
flirtare con la tua segretaria…”
Rotea gli
occhi all’insů, maliziosa. Spiritosa.
Mordicchia la
sua cannuccia, improvvisamente persa in qualcosa di tutto suo.
Ed io?! L’ultima pazzia che ho fatto?!
Forse venire qui con questo tipo, conosciuto due minuti fa, eppure
cosě simile a me.
Poi scuote la
testa. Sa di cosa parla.
E non č
certo prendersi un cocktail a Ponte Milvio.
“Io parlo di pazzia
vera. Di brividi, di follia, di buttarsi in qualcosa e non guardarsi mai
indietro.”
Claudio non le
risponde. Ma la guarda. Negli occhi, neri, profondissimi.
“Che hai?! Perché mi fissi sempre?!”
“Sono colpito dalle
tue parole.”
“Ecco vedi. Tu sei
tutto sbagliato! Se hai una bella donna davanti, non puoi dirle che sei colpito
dalle sue parole.”
“E perché
mai?! Sentiamo!”
“Perché non
saresti sincero.”
“Ah no. E cosa starei pensando, secondo te?!”
“Che vuoi venire a
letto con me.”
Fredda.
Diretta. Sincera.
Claudio a
momenti si strozza. Allontana da sé il bicchiere, ridendo vagamente
arrossito.
“C’ho preso
eh?!”
“No! Rido perché sei diretta. Niente mezze misure eh?!”
Silvia alza
gli occhi al cielo, tirandosi giů dallo sgabello.
“Sei proprio un
caso disperato! Dai, vieni con me!”
E lo prende
per mano, trascinandoselo dietro.
“Non correre! Mi
fai inciampare! Ma si puň sapere ora dove stiamo andando?!”
“Sul ponte, devo
fare una cosa.”
E ci sono su.
Il Tevere
sotto di loro, scorre lento.
Canta. Una
melodia romantica che solo pochi eletti, sanno udire.
Silvia si
appoggia di peso al parapetto, butta gli occhi nel buio, nascondendo uno
sguardo improvvisamente triste, ora un po’ piů lucido.
“Io non la sento
piů…”
“Che cosa?!”
“La melodia
dell’amore. Il canto del Tevere. Io non lo sento piů…”
“Io sento solo una
gran confusione, e si chiama traffico! Sembra proprio che questa cittŕ
non si riposi mai!”
Silvia ride,
tira su con il naso, e lo guarda.
Finalmente un
sorriso. Lui č contento. Quando ride, č ancora piů bella.
“Hai una
macchinetta fotografica?!”
Claudio
strabuzza gli occhi. Ha sentito proprio bene.
Ma questa
ragazza č pazza da legare.
Senza limiti.
“Certo che
no!”
“Uffa, ma che razza
di direttore della fotografia sei!”
“Non mi porto il
lavoro dietro, sai com’č!”
“Beh, io
sě.”
E non gli
dŕ il tempo di controbattere, fruga nella sua borsetta finché non
la trova;una kodak usa e
getta.
Gli sorride,
poi lo supera, correndo.
“Aspetta! A forza
di correrti dietro quel gelato l’ho bello che smaltito!”
“Allora te lo sei mangiato eh! LADRO DI GELATI!”
Gli
urla da lontano,
libera, pazza e selvaggia.
Poi si ferma.
Comincia a scattare foto al dritto e al rovescio, di sbieco, mettendo su mille
facce buffe, tutte divertenti, ipotizzando ogni riuscita della foto.
La gente intorno la guarda, curiosa e divertita.
Allarga le
braccia Claudio, impotente di fronte a tutta quella vivacitŕ.
Splendida
vivacitŕ.
“E adesso si
puň sapere che stai facendo?!”
“Lo vedi questo?!”
“Sě.”
“E questi li vedi?!”
“Sě, sono
lucchetti.”
“Questi non sono
semplici lucchetti. Queste sono promesse.”
“Promesse?! A me
sembra solo un mucchio di ferraglia.”
Silvia alza lo
sguardo, smettendo di fotografare; lo guarda di traverso, allucinata.
“Shh! Vuoi farci picchiare da tutto il ponte?!”
“E’ un
mucchio di ferraglia Silvia. Appesa ad un lampione. Bah…”
Lei lo guarda
divertita, poi sposta lo sguardo su una coppietta timida, nei pressi per
attaccare il loro lucchetto. Li avvicina, sfoderando un sorriso bellissimo.
“Fattelo dire da
loro cosa significa questo lucchetto” -Claudio li raggiunge incuriosito- “Ah, ragazzi posso farvi una foto?! E’ per un pezzo che sto scrivendo.”
E quelli
raggianti e felici se la fanno fare, raccontando con gli occhi dell’amore
e con voce sognante, cosa rappresenta oggi un mucchio di ferraglia appesa ad un
palo a Ponte Milvio.
“Ah sě! Ci
hanno fatto anche un film vero?! Con quell’attore lě, Scamoscio!”
Silvia scoppia
ridere, sotto l’espressione allibita di Claudio.
“Scamarcio!”
Risponde la
ragazza, ancora con il lucchetto stretto fra le mani.
“Ah sě, Scamarcio!”
E Silvia ride
ancora, ed č cosě coinvolgente che si ritrovano a ridere tutti e
quattro senza un motivo e senza un reale perché.
Ma cosa
puň valere un perché, dinnanzi a un momento di felicitŕ?!
Alle volte
č sempre meglio non chiedersi perché si č felici,
perché nel momento in cui si perde tempo a scavare un fondo neanche
troppo profondo, la felicitŕ scappa via.
Come Silvia.
Come Claudio e
il suo non volersi domandare perché d’improvviso, si senta felice
d’aver scoperto quella piccola storia del ponte e dei lucchetti.
Ringrazio di cuore
Stella per la sua recensione e per le sue parole.
Sai, non ho paura
delle recensioni che non ricevo, il fatto č che mi fa troppo piacere
sapere di aver regalato un emozione a chi legge e spesso forse mi preoccupo piů
di ciň che arriva, piuttosto di chi o a quanti.
Se scrivo, scrivo
principalmente per me! E’ uno sfogo!
Comunque ti ringrazio
ancora per le bella parole!
Baci,
LuNaDrEaMy
Chap n. ‘
Notte di silenzi.
Notte di
pensieri.
Notte di ombre
scure che giocano sui volti di chi č in machina, ed č perso con
lo sguardo nell’infinito blu perso.
Claudio
č al volante della sua auto. L’ha appena lasciata sotto casa.
Via Nomentana. C’č traffico, nonostante sia tardi.
Infila un cd
dei “Police”, lasciandosi cullare fra musica
e pensieri.
Pensa a lei, a
quella ragazza simpatica, estroversa e gioviale.
Poi pensa che
pensarla, lo fa stare allegro.
E un po’
se ne preoccupa.
La conosce da
due minuti e mezzo, ma č come se fosse sempre stata lě, nella sua
vita.
awawawa
Ma questo
Claudio?!
Da dove
č spuntato fuori dico io!
Cioč
č un bono da far mettere ad urlare anche la
piů suora fra le suore… ma č di un vecchio dentro cavolo!
E’
troppo perfettino, lui la sua auto del piffero nera e
immacolata, i suoi modi di fare… sembra troppo perfetto, ecco.
E uno
cosě, mi spaventa parecchio.
Forse la colpa
č mia, non sono mai uscita con uno “uomo” dentro e fuori.
Ma uomo- uomo,
eh.
Che mi sia
sempre e solo accontentata dei ragazzini immaturi della mia etŕ?!
Certo
perň, ha venti anni piů di me! Dico pazzesco!
Addio scenate
di gelosia.
Addio litigate
idiote.
Addio serate
in una Micra di sconda
mano.
Oddio
Matteo… ti sto pensando ancora.
“Oh ma mi
senti?!”
“Sě, ti
sento! Stai urlando da un ora!”
“No dico, ti sei
beccata il piů figo di tutta la festa! E per
di piů quarantenne! Non sai come ti invidio!”
“Eh, se avessi
evitato di scolarti tutta una bottiglia di rosso… capace te lo beccavi
tu!”
“Oh, non infierire
eh! E poi č tutta colpa di quel tipo lŕ … oddio non ricordo
nemmeno come si chiama!”
“Sě,
sě. Il tuo amico immaginario!”
“Ma quale
immaginario! Aveva un culo da paura, sodo e moooolto vero!”
“Eddai Paola, smettila!”
“Smettila tu. Se
non fosse stato per quel cretino che mi versava sempre da bere, adesso con il
tuo quarantenne ci stavo io. Sě, ma sotto le coperte! Fidati! Mica come
te!, che magari stai pensando anche di fartelo scappare! Con la testa che hai..
capace!”
Silvia ride,
scorrendo la porta finestra.
Un passo e
ancora un altro, ed č fuori in terrazzo.
Paola continua
a parlarle del suo amico immaginario, di quanto le giri la testa e di come
Michela abbia insistito che restasse a dormire da lei.
Sono le
quattro del mattino. La cittŕ č calma.
Qualche luce
qua e lŕ nel palazzo di fronte al suo, sancisce l’esistenza di qualche
altro sonnambulo.
“Silvia, ora vado a
dormire. Mi gira troppo la testa.”
“Ci sentiamo
domani. E non fare sogni strani…”
“Impossibile.”
“Appunto.”
“Notte.”
“Notte.”
Il telefono
scivola sulla sdraio.
Silvia fa
ancora qualche passo e si affaccia sulla strada.
Che profumo
dolce, arriva da quell’aria fresca.
E’
primavera. La si sente giŕ.
Dovrei farmelo
scappare?!
Lo conosco da
cosě poco. Cioč, non lo conosco affatto!
Forse ha
ragione Paola.
Ma Paola non
ha mai ragione… Silvia!
E su quell’ultima risata, decide di lasciare il terrazzo,
l’aria dolce e il telefono, per andare a dormire.
E non sa,
quanto Paola avesse ragione.
awawawa
“Dimmi che non sei
a lavoro, ti prego!”
Claudio fissa
il display, incerto. Non conosce quel numero.
Ma la voce le
sembra familiare.
“Ma chi
č?!”
“Come chi č!
Sono silvia!”
“Oh, ciao Silvia!
Come stai?!”
Resta sospeso
per aria.
Con un sorriso
leggermente accennato.
Non pensava
dicesse sul serio quando, stringendo il suo biglietto da visita l’altra
sera, gli disse che l’avrebbe chiamato presto.
Ma oggi,
č molto piů che presto.
“Bene. Senti, mi
devi aiutare! Sei a lavoro?!”
“Sto uscendo ora
per la pausa pranzo.”
“Perfetto! Vienimi
a prendere voglio andare a recuperare il mio motorino!”
“Ma io
veramente…”
“Dai Claudio, non
fare il pesante! Mi serve un favore e non sapevo a chi altro
chiederlo…”
Fa una vocina
piccola. Tenera. E resta in silenzio un po’, sussurrando qualche altro
dai…
“Devo passare per
casa tua?!”
Silvia ride,
chiudendo il pugno in segno di vittoria.
“Sě, Via nomentana 153. Te la ricordi tanto la strada vero?!”
“Sě, sono da
te fra venti minuti.”
“Troppi.”
“Silvia, non posso
volare!”
“Quindici?!”
“Forse.”
“Sarebbero meglio
dieci, sai com’č tempo di passare al motorino per poi
accompagnarmi a Via del Corso, ti salta tutto il pranzo!”
“Ma noi non abbiamo
parlato di Via del Corso.”
Uhm,
pesante… ma perché č cosě pesante quest’uomo?!
“Adesso sě,
dai! Cerca di sbrigarti, hai quel bolide sotto al sedere, fammi vedere se
č vera la fama che ha!”
E sa
giŕ che lo sta invitando a nozze.
Uomini e
macchine. Macchine e uomini.
Ormai č
un legame che conosce troppo bene. E lui č troppo morboso con la sua.
Qualche
chilometro dopo, e qualche sgasata dopo, Claudio si ritrova a pensare.
Cioč,
mi sono fatto incastrare cosě. Per l’ennesima volta!
E non si
tratta nemmeno di Eliana stavolta!
Ma di questa
Silvia.
Che poi, ma
chi č?! Ma chi la conosce!
Sě, ma
stai correndo Clŕ. E le prestazioni del bolide
le conosci bene.
Ti va di
vederla, quindi.
Premi forte, e
forse… forse non saranno sul serio venti minuti.
La tua recensione mi
ha lasciata completamente di stucco! Ti giuro!
E il motivo č
presto detto; hai colto nel segno, intuendo quanto ci credo in questa storia!
Mi hanno fatto piacere
le tue parole, davvero, non scontate, oneste.
Grazie!
Ti saluto
LuNaDrEaMy
Chap n. ’
“Sono sotto
casa tua. Scendi.”
Digita
brevemente qualche tasto e memorizza il suo numero, quasi automaticamente.
Ha paura di
perderlo, scritto di fretta e malamente, su quel
tovagliolo di carta che Silvia ha rubato al chiosco a Ponte Milvio.
Poi sorride;
lei č appena uscita da un cancello cosě piccolo, ma con un
sorriso giŕ grandissimo.
“Claudio grazie! Mi
hai salvato la vita!”
Apre la
portiera e non dice nemmeno ciao.
Gli bacia
velocemente una guancia, parla in fretta, poi si ferma puntandogli un dito
contro.
“Anche se ti sei
fatto pregare un po’ troppo per i miei gusti!”
“Ah sě
certo, perché č anormale il mio comportamento, d'altronde chi ti
conosce… ”
“Se devi farmi un
favore scendo subito eh?! Tu non hai idea di quanti
pagherebbero per stare al tuo posto!”
“E dove sono tutti
questi spasimanti?!”
Silvia si
morde il labbro, ma non si lascia scappare l’ultima.
“Beh sě,
devo dirti la veritŕ. Ti ho visto un po’ disperato l’altra
sera e ho pensato di darti un opportunitŕ!
Perň niente da fare, sei proprio un caso disperato! Allora che facciamo,
andiamo?!”
E gira le
chiavi, prepotente e padrona.
E nel farlo,
urta la gamba di Claudio, strusciandola.
Arrossiscono
entrambi, ma Silvia accende la radio e si mette a cantare, smorzando il tutto.
“Tu non sai che
idea mi č venuta!”
“Per il tuo pezzo?!”
“Sě,
sě!”
“Illuminami ti
prego.”
Silvia lo
guarda storto. Claudio le sorride a mň di
schernirla, ma ha un sorriso cosě affascinante, che lei lascia correre.
“L’idea č questa: mi faccio raccontare
altre storie tipo quella dei due piccioncini sul
ponte e ci scrivo su il pezzo! E’ perfetto! Le ragazzine si scioglieranno
in lacrime, e la rivista andrŕ a ruba! E quell’imbecille
del mio capo magari mi promuove pure…”
“Sě,
sě. Certo.”
“Mi stai prendendo
in giro?!”
“No,
pensavo.”
“A cosa?!”
“Perché una
ragazza di talento come te, scrive su una rivista di ragazzine.”
“Ma se nemmeno lo
sai come scrivo! Lo vedi come sei scontato!”
E gli molla un
pugno sulla spalla, mentre con l’altra mano alza il volume su Madonna.
Claudio
protesta un po’, poi con la mano si massaggia ancora dolorante, la spalla
colpita.
Silvia si
agita sul sedile, “Hung up” sembra
stargli a pennello, con quei capelli biondi che volano
dappertutto e a momenti le si appiccicano al viso, con quei leggeri movimenti
del capo e delle mani, che flessuose disegnano giravolte nell’aria.
E’
pazzesca. E’ bella. E’ davvero esplosiva. E la sente sua.
aawwaa
Time
goes by so slowly ..
Il tempo scorre cosě lentamente ..
Time
goes by so slowly for those who wait
Il tempo scorre cosě lentamente
per coloro che aspettano
Waiting
for your call baby night and day
I’m
fed up! I’m tired waiting you ..
Sto aspettando una tua chiamata giorno
e notte baby .. sono stufa! Sono stanca di aspettarti ..
aawwaa
“Gira
di qua! Claudio sei distratto!”
E
gli si butta addosso, su una curva stretta e forzata. Ridendo.
Lui
la sposta di peso, riprendendo il controllo dell’auto, giŕ per i
fatti suoi!
“Silvia,
cerca di calmarti eh! Non voglio morire!”
“Va
bene papŕ. Ma tu sei sempre cosě noioso?!”
“Abbastanza.”
“Lo
sapevo! Dai fermati qui!”
E
come di consueto si butta in strada, ma stavolta Claudio se lo aspetta,
cosě si ferma ed aspetta di vederla schizzare via.
Poco
dopo la raggiunge e la trova piegata su un Sh nero mal concio.
“Bastardi!
Ma ti rendi conto, hanno cercarto di farmi il
motorino!”
E
si mette le mani sulla faccia, sporcandosi un po’ di grasso.
E’
buffa. E Claudio non capisce se č una perfetta attrice drammatica, o se
davvero č cosě disperata.
“Ma
non ci sono riusciti! Mitica catena dello zio Fester!
Mi ha salvata anche stavolta! Ladri vaffanculo!!!”
E
ride a piů non posso, agitando quel pezzo di ferro circolare in mano.
Poi
passa in perlustrazione la carrozzeria del suo moto mezzo.
Lo
accarezza, sbuffa, ride. Non si capisce. Non la capisce. Che tipa!
“Se
urli cosě, ti fermano per tentato furto, fidati. Allora che dobbiamo
farecon
questo catorcio?!”
“Ehi!
Non ti permettere sai?! Questo č l’Sh piů truccato di
tutto il quartiere, nonché mio, voglio dire… una garanzia ciccio!”
“Ah,
č pure truccato?! Allora lo lasciamo qui, non
se ne parla se poi ci fermano…”
“Oddio
come sei tragico! Guarda Zio Fester č proprio
dietro l’angolo, andiamo lo portiamo a spinta!”
“Zio
Fester?!”
“Sta
zitto e andiamo!”
Dopo
qualche metro, si fermano davanti ad un officina; un
tipo piuttosto basso, calvo e con una faccia da film horror, li raggiunge.
Claudio
guarda Silvia che ride, allora ride anch’egli.
Ecco
Zio Fester!
Silvia
parla piano, spiega come puň, ciň che non va e cosa non va sulla
carrozzeria, ride, contratta prezzi, fa battute, e
dopo un quarto d’ora per settanta euro rimedia una riverniciatura
della carena.
Claudio
resta a bocca aperta.
“Sembra
convenga tenerti a portata di mano per queste cose…”
“Non
solo per queste caro. Sono una donna dalle mille
risorse…”
E
lo guarda malizioso, prima di risalire sull’auto e ripartire.
“Adesso
come farai senza motorino… voglio dire, come ci andrai a lavoro?!”
“E
secondo te, tu che ci stai a fare?!”
“Ah
sě certo! Stupido io che te lo chiedo pure…”
E
si avvicina lento, guardandola negli occhi; Silvia resta immobile, spiaccicata
con la schiena contro il finestrino. Trattiene il respiro, chiude un po’
gli occhi.
Un
clic fastidioso, la riporta alla realtŕ.
Claudio
č piegato sul suo lato, intento a chiudere la chiusura dello sportello;
poi con una mano, trascina giů la cintura e la salda al sedile.
“Ho
notato che hai il brutto vizio di non metterla mai…”
E
rimane sospesa cosě, leggermente colorata di rosso sulle guance fresche.
E
quasi si vergogna del pensiero.
E
quasi trema a quella voce cosě matura e fioca.
Lui
le sorride.
Chissŕ
se mi ha vista.
aawwaa
“Allora,
non č pazzesco?! Guarda quanta gente!”
Sono
a Via del Corso.
Neanche
a dirlo, gremita di gente.
Ma
Roma č cosě, si riempie e ti riempie. Di vita. Di calore. Di
colori.
Niente
č scontato, tutto č messo con un filo logico, in questo
spettacolo di arte, turismo e cultura.
La
gente ride, passeggia, gusta un gelato, trascinata lenta dal fluire del tempo
che impassibile, sembra non voglia proprio deturpare la bellezza di questa
cittŕ.
Eterna.
Sě, eterna.
“Molto
bella. Ma non capisco, non ti conveniva tornare a Ponte Milvio?!”
“Claudio?!”
“Sě?!”
“Ma
tu hai mai fatto sega a scuola?!”
“Sě,
ma che centra!”
“Ecco,
si vede che non sei mai venuto a farla in Via del Corso! I giovani a
quest’ora sono tutti qui!”
E
Claudio per un attimo pensa a Niccolň.
Poi
sorride, scuotendo la testa, raggiungendo Silvia, immersa giŕ nel caos.
Senza
paura. Non le importa di essere inghiottita, anche se, persa in quella
confusione sembra ancora piů piccola, di quello che non sia giŕ.
Un
puntino di luce in uno scorrimento di volti anonimi.
E’
sicura di se. Sa dove andare.
E’
davvero speciale, parla in modo tutto suo, cammina che sembra sfili, accentuando
un passo felpato e sicuro.
Sa
che la sto guardando. Ed ostenta la sua femminilitŕ. Senza strafare.
Senza esagerare.
Ma
da dove č spuntata una cosě?!
D’un
tratto ferma la sua corsa, agli scalini della chiesa S. Carlo, quella a
metŕ via, che s’infrange imponente, in uno scorcio di cielo appena
azzurro.
I
suoi gradini, meta preferita delle cosě dette “comitive di corso”.
Luogo
di ritrovo, di cult, must per chi vuole fare le
vasche, farsi notare o acchiappare.
E’
gremita anche oggi.
Ragazzi
con i loro zaini pesanti e le loro carriere scolastiche pure, con i loro
sorrisi, le facce tranquille, ammazzano il tempo ridendo di stronzate
senza senso o di chissŕ che cosa.
Il bello d’essere giovani č che
si sa ancora ridere del niente.
Silvia
si butta fra loro, afferra un taccuino e comincia a far muovere la fantasia.
Mi
viene in mente quella canzone di Vasco Rossi
lě, “Silvia”.
E’
perfetta. E’ sua.
Si
perde e la perdo, io uomo che ha smesso di sorridere del niente.
Ma
lei č cosě bella, perfetta in quel caos di voci, maglie colorate,
cerchietti e farfalle con i brillantini.
Oddio
Claudio, potrebbe avere sul serio la loro etŕ.
“Claudio!
Ma che fai lě impalato, vieni!”
Gli
sorride, agitando la mano. Vicino a lei, un gruppo di ragazzi.
Scaccia
via i pensieri, raggiungendola con un bel sorriso.
“Loro
sono Mary e Christian!” Indica
soddisfatta due ragazzi seduti al suo fianco “hanno attaccato il lucchetto… e lei
aspetta un bambino! Piů per sempre di cosě! Ma non la trovi
romantica questa cosa?!” e ride.
Claudio
li guarda stralunati. Sě, sě romanticissima proprio.
Quanto
puň avere lei, sedici anni?! E lui?! Guarda che faccia da bambino che ha…
Oddio.
Mi sento male. E se Niccolň mi si presenta con un nipotino?!
Mamma
che pensieri vai a fare Claudio… dai l’unica cosa a cui va dietro tuo figlio č il suo motorino…
figurati se ha il tempo di farti un nipote!
Perň
non mi sento tranquillo. Mi sto auto convincendo.
Ma
sarŕ davvero questo il nuovo mondo dei giovani?!
“Oi che hai?! Ti senti male?!”
“No,
no.”
Si
allenta il colletto della camicia, respirando forte. Un po’ troppo forte.
Per
un attimo, si rende conto di non conoscere affatto suo figlio.
“Secondo
me stai male! Dai andiamo a farci qualcosa da
mangiare! Conosco un posto qui vicino che fa dei tramezzini
spettacolari!”
Claudio
la segue, buono e zitto.
Ma
Silvia corre, e nel starle dietro, urta lo zaino di un ragazzo.
Questo
non si gira nemmeno. Ma lui lo guarda bene.
A
un che di familiare, quella testa rasata.
Si
ferma, tirando a sua volta Silvia, per una manica.
“Ehi
che tiri! Mi fai male!”
La
guarda ridendo nervoso.
“Ma
tu non stai bene sul serio Claudio! Vuoi che ti prendo un bicchiere
d’acqua?!”
“Ma
quale bicchiere d’acqua! Vieni con me piuttosto!”
E
se la tira dietro. Ridendo. Per la prima volta č lui a trascinarsela
via.
“Ma
chi hai visto?! Il Papa?! Non
tirarmi cosě!”
“Allora
cammina svelta!”
“Ma
si puň sapere chi stiamo seguendo?!”
“Mio
figlio!”
Silvia
frena.
Lega le braccia al petto, appoggiandosi su un
fianco.
“Tuo
figlio?! Hai un figlio?!”
“Sě,
ma adesso muoviti, non voglio perderlo!”
Torna
indietro, per riprenderla e proseguire.
“Cioč
io dovrei inseguire uno, cosě a caso?! Non fai
prima a chiamarlo?!”
“Voglio
vedere dove va! Ora sei tu che sei pesante, eh! Aspetta! Si č girato!
Mettiti qui!”
E
la spinge dietro una colonna, accucciandosi con lei in basso.
Silvia
ride divertita.
“Guarda
che č meglio se lo chiami, anche perché se ci trova cosě,
non so quanto sia meglio…”
Lo
guarda.
Sono
mano per mano, accucciati sulla strada, rossi per la corsa.
Claudio
ci pensa, e le lascia la mano. Poi si alza, sistemandosi i vestiti.
“Se
vado lě, non potrei rispondere di me…”
“Esagerato…
per aver bigiato scuola?!Claudio
sei antico, i guai seri sono altri!”
“Ah
sě, quali?!”
“Mai
sentito parlare di hashih?!
Coca?! Lsd?! Quelli sono problemi!”
“Ecco
appunto. Io vado lě!”
“Ma
no aspetta!”
Silvia
lo tira per la manica.
“Davvero
Claudio, magari ti stai facendo paranoie da solo, e se vai lě
affrontandolo a muso duro, non otterrai proprio un gran bel niente.
Fidati!”
“E
cosa dovrei fare secondo te?!”
“Trattarlo
da uomo.”
“Ma
non č un uomo!”
“Nemmeno
un ragazzino!”
“Silvia,
ma č un ragazzino!”
“Certo
come no! Voi genitori vi costringete a non guardare la realtŕ delle
cose, i vostri piccoletti crescono, fanno esperienze e vivono la vita, oltre
alla loro altezza dovreste far crescere anche la vostra veduta delle
cose!”
“Non
lo so.”
“Sě
che lo sai! Fidati di me! Andiamo!”
E
il gioco torna lo stesso, Silvia trascina Claudio con sé.
Si
fermano, quando Niccolň entra in un bar.
Silvia
fa cenno a Claudio di aspettarlo fuori, poi entra.
La
vede avvicinarsi al tavolo di suo figlio e della ragazza che sta con lui.
Parlottano
un po’, poi sorridente Silvia fa cenno a Claudio di entrare, “che
č tutto ok” mima con una mano.
“Cosa
gli hai detto?!”
“Che
non volevi disturbarlo visto che era in compagnia, ma se gli faceva piacere
potevamo stare con lui!”
“Cosa?!
E che ti ha detto!”
“Che
sei suo padre e non lo disturbi mai! Poi ha detto una cosa tipo, “forte
mi padre aň”!”
E
Claudio ride. E Silvia ha fatto centro. Lo ha ammorbidito.
Finalmente
arrivano al tavolo e Niccolň vedendoli arrivare si alza. Con educazione.
“Vecchio!”
Saluta
il papŕ, dandogli una spallata.
“Te
l’avevo detto che oggi c’era sciopero a scuola vero?! No io specifico, perché rinco
come sei magari ti č passato per la testa che ho fatto pure sega!
Comunque questa č Valentina” poi piů piano, quasi a
sussurrarlo “
č la mia ragazza.”
E
Claudio ride. E’ in gamba sua figlio. E adesso si ricorda pure che glie
lo aveva accennato dello sciopero. Guarda Silvia e le
sorride, sussurrando un “grazie”.
“Allora
li avete assaggiati i tramezzini di questo posto?!
Sono ottimi! Io vi consiglio quelli al pollo! Noi andiamo a sederci
laggiů, vi lasciamo soli…”
“Ma
veramente…”
Silvia
dŕ una gomitata a Claudio, dritta nel fianco.
“Ahhh … sě vi lasciamo soli, certo!”
E
senza che Silvia debba aggiungere altro, Claudio tira fuori un biglietto da
venti euro e lo passa di nascosto a Niccolň. Silvia annuisce, poi li
salutano e vanno ad accomodarsi lontano. Molto lontano.
“Hai
visto?! Non avevi niente da temere! E’ in gamba
tuo figlio!”
“Sě,
e mi č venuta anche fame! Sono buoni sul serio i tramezzini al pollo?!”
“Claudio!
Io non parlo mai tanto per parlare…”
“Lo
so. Ne ho avuto modo di scoprirlo…”
“Ecco
bravo! Tienilo a mente!”
E
sulla risata di Silvia, ordinano una quantitŕ di cibo industriale.
Ciao ragazze!Vi ringrazio come al
solito, per essere passate di qua!
Greengirl, flori e soprattutto ale93 nuova
recensitrice!
Grazie per le belle parole che avete nei riguardi
della mia storia, e ancora grazie per tutto il supporto!
Baci e alla prossima,
LuNaDrEaMy
Chap n.“
Ed eccomi qui.
Seduta al
tavolo, con questa specie di sconosciuto bellissimo.
Mangia in modo
assurdo, Dio mio!
Tutto
composto, con questa maledetta perfezione dei movimenti della bocca.
Non so nemmeno
se l’ho mai visto un tipo cosě.
Guarda come
muove le mani… č scandaloso! E’ uno snob del cavolo!
Perň mi
fa ridere. E’ uno snob simpatico. Tutto sommato.
E poi, ha un figlio.
E’
seduto lě, infondo alla sala, di questo bar in pieno centro turistico.
Non hanno
niente in comune.
A parte lo
stesso sorriso da canaglia. Particolari, ovvio.
Chissŕ
com’era lui a diciassette anni.
Io me lo
immagino sul tipo “Pariolino”, con il capello composto e la vespa
blu.
Ah, e un
odioso maglioncino di lana giallo.
Che darei per
non essermelo perso!
E ride fra se
e se, mentre Claudio stacca gli occhi dalla vetrina.
“Perché ridi?!”
“Sei tu.”
“Ti faccio ridere?!”
“Abbastanza!
Perché ti dispiace?! Io adoro gli uomini
simpatici!”
E lo guarda,
ridendo ora piů imbarazzata. E nascosta, da quei folti capelli biondi.
Voglia di
perdersi in quel sorriso ancora un po’.
Voglia di
accarezzarla. Voglia di crederci, se non fosse che lo sta schernendo ancora una
volta, e per quei suoi vent’anni e poco piů, che pesano di brutto.
“Sai, non riesco a
capire, quando mi prendi in giro, oppure no.”
“Ma sě che
hai capito. Tu mi piaci Claudio…”
Sibila
maliziosa. E il gioco si fa intenso.
Claudio
sorride. Silvia maliziosa, succhia dalla cannuccia la sua bevanda alle
bollicine.
“Hai venti due
anni, Silvia…”
“E tu hai un
figlio. Per me non č un problema.”
“Neanche se fossi
sposato?!”
“Se fossi sposato,
adesso saresti a lavoro, probabilmente al telefono con lei, che si starebbe
consigliando con te su cosa preparare per cena! Non ti conosco, ma non sei uno
di quei tipi che tradisce la moglie con la ragazzina. Lo sento.”
Claudio guarda
nuovamente fuori.
E’
ammutolito. E pensa ad Eliana.
Alle
telefonate sulla sua linea privata. A quando rideva, facendogli desiderare
l’impossibile e oltre, attraverso quel maledetto filo telefonico.
E i mucchi di
fogli da firmare crescevano sempre piů. Uno, due,
tre, pronti alla diretta!
Ballerine
semi-spogliate che
corrono da una parte all’altra, luci e microfoni da sistemare.
Ogni giorno lo
stesso tram-tram eppure ogni giorno di piů, voglia di lei, solo e
soltanto stramaledetta voglia di lei. Eliana. Amore di una vita. Vita che non
c’č piů.
“Mi vedi sul serio
cosě?!”
“Vedo tante altre
cose, che preferirei non vedere.”
“Sě che ne
hai. Lo hai detto tu; non senti piů quella melodia…”
E Silvia si
rabbuia. E il sole si spegne. E una nuvola improvvisa, copre un bel cielo di
agosto.
Claudio appoggia
le mani sul tavolo, le incrocia e la guarda.
Non voglio che
mi guardi. Ora sono vulnerabile, sono piccola e tu, tu sei troppo grande.
Volta lo
sguardo e senza piů sorrisi, senza piů luce rompe il silenzio.
“Senti, mi dispiace
per ieri. Non volevo fare quella scenetta assurda lě, sul ponte.”
Claudio
annuisce, alzando le spalle. Un sorriso fermo, sicuro.
Sa a cosa si
riferisce, ma non le dice niente, limitandosi a guardarla ancora un po’.
E’
tenera. E’ bambina. Ed ha paura. Perché ha sofferto. E forse soffre
ancora. Come lui.
Ecco
perché si somigliano cosě tanto. Ecco perché si capiscono.
“E no, in
realtŕ non mi va neanche di parlarne. Scusa eh…”
Claudio a quel
punto, strabuzza gli occhi.
Non č
certo di aver udito bene. Slega le mani, portandole di peso al petto.
“Ma io veramente
non ti ho chiesto nulla!”
“Sě,
sě. Come no. Lo so che vuoi sapere, dai non fare quello
che…”
“Quello che?!”
“Ma sě,
quello che fa sempre finta di nulla! Allora, vuoi sapere se č per colpa
di un uomo?! Ebbene sě. Vuoi sapere se mi ha
lasciata?! Altro sě!”
Claudio non le
risponde, ma un po’ sorride.
Il volto le
č tornato rilassato. Non č piů triste.
Anzi, sembra
sorrida, dall’alto delle sue parole dirette e acute.
“Perché voi
uomini siete fatti cosě. Non parlate mai, poi preparate una valigia e ve
ne andate via!”
“Ah, se č
per quello, capita anche a noi uomini con voi donne…”
Claudio
č vagamente serio.
Silvia anche.
E’ persa nel suo mondo, si morde il labbro cosě violentemente che
sembra si stia per mettere a piangere; provocarsi dolore, per non sentire
l’inferno che si ha dentro.
E lui se ne
accorge, sposta la sedia, avvicinandola alla sua.
“Su, su. Ora non
fare cosě, eh!”
Gli prende una mano, poi con l’altra avvicina anche il piatto”tieni, mangia anche il mio se vuoi…”
Silvia alza la
testa, lo guarda incerta, guardinga, poi afferra il tramezzino con reticenza e
una vaga sveltezza, infilandoselo in bocca di prepotenza, prima che il tizio
cambi idea.
Gli occhi le
luccicano. Ha il viso buio, ma piů tranquillo.
“Sei gentile” Borbotta, masticando malamente l’ultimo pezzetto di tramezzino”questi al pollo sono i miei
preferiti!”
“Me ne sono
accorto…” fa
lui, con una punta di ironia. Poi si riprende, quando Silvia lo fulmina con gli
occhi “cioč, ho notato
che ti piacciono particolarmente. E fai bene eh, sono ottimi…”
Silvia lo
guarda di traverso. Un sopracciglio inarcato, spiega la sua faccia buffa.
“Ah sě?! E da cosa lo hai notato?!”
Lo mette in difficoltŕ, perfetta canaglia.
“Da come… da
come li mangi!” Le
risponde lui, perfetto ed abile paroliere.
“Guarda che puoi
dirlo che mangio come un maiale… non mi offendo mica!”
Claudio ride.
Mai vista tanta, bellissima, sfacciataggine.
Silvia butta
giů un sorso d’acqua dal bicchiere di lui, fissandolo per bene
negli occhi; sta cercando di capire a cosa stia pensando, ma il pensiero le
sfugge subito, su una genialata balenatagli nella mente.
“Insomma anche tua
moglie č scappata di casa?!”
Sorride
sarcastica.
Dolce e
vendicativa. Giovane e ribelle. Perfetta.
Claudio fa
finta di strozzarsi; ormai cose di questo genere se le aspetta, da una come lei.
“Piů o
meno.”
“E’ molto
piů, o č molto meno?!”
“Cosa significa?!”
“Dimmi tu, cosa
significa piů o meno, piuttosto! E’ scappata o no?!”
E batte le
mani sul tavolo. E ride. Bella e senza regole. Senza barriere.
“Sě e
no.”
“Ho capito
vŕ, non ti va di parlarne…”
Claudio cela
un sorriso.
Dio se
č simpatica questa Silvia.
Poi, quasi con
naturalezza, le ruba la Fanta
dalle mani, sorseggiandone ciň che resta.
E ritorna
bambino in un attimo. E non si vergogna neanche un po’.
“Non molto infatti. Brava!”
“Eh grazie
eh… non ci voleva mica la laurea per capirlo. Vabbč fa niente,
č un gran peccato perň,
perché’ io a differenza tua, voglio sapere tutto! Tutto! Tutto!
Altrimenti, come ci conosciamo?!”
“Perché,
dobbiamo conoscerci?!”
La
fissa serio.
Stai giocando
mio bel quarantenne?!
Guarda che io
non perdo mai.
Magari qualche
cicatrice. Qualche ferita.
Ma io non
perdo mai.
“Mah, non lo so.
Devi decidere tu a questo punto, visto che stai facendo tanto il prezioso.”Poi
senza dire nulla, gli si avvicina e lenta le sfiora le labbra “Cattivo. Non si fa cosě eh…
Mi hai rubato la parte di prima donna… cattivo! Cattivo!”
E senza che
Claudio possa fare il minimo gesto o dire anche solo la minima cosa, si alza e
va a pagare il conto.
Su una risata
fresca e cristallina.
Sulla scia
della sua semplicitŕ innata.
Sullo
stordimento di quell’ uomo, che adesso come
adesso, non sa davvero cosa pensare.
Eh sě.
Proprio sě. Mai vista, tanta, bellissima, sfacciataggine.
aawwaa
“Al volo, tieni! E
insomma, questo č quanto.”
“Cioč, fammi
capire bene, non avete ancora quagliato?!”
Otto di
mattina, di una agitata e dispettosa giornata di
aprile.
Una
spillatrice vola da un banco all’altro, in una redazione di un
giornaletto per ragazze.
Due ragazze,
sistemano gli appunti della mattinata ancora troppo pigra e al rilento.
In sottofondo,
una leggera musica targata Radio Dimensione Suono Roma. La radio della
capitale.
“Oddio Paola sei un
disastro! Mi hai dato gli appunti sbagliati! La smetti di parlare di sesso?! Vedi poi che succede!”
“Tu mi hai dato un
brutto colpo cara Silvia… e anche il tuo quarantenne lě. Una
delusione. Una vera delusione.”
“Ma
smettila…”
E le passa accanto, colpendola con un plico di fogli
arrotolati.
Poi siede
scomposta a gambe incrociate, sulla sua scrivania; guarda fuori, morde una
penna, fantastica chissŕ che cosa.
“Tu dici che voglia
solo portarmi a letto?!”
“Probabilmente no,
da quanto racconti. Magari gli interessi davvero.”
E sorride.
Certa di quella risposta. Certa di nessun altra risposta.
“Perfetto, proprio
quello che volevo sentirmi dire…”
“Tu piuttosto. Che
intenzioni hai?! Spero almeno tu stia prendendo in
considerazione l’idea di quagliare… altrimenti la vedo proprio dura
eh…”
“Beh. Bello
č bello. Anzi no. E’ proprio un bonone esagerato. Magari una botta
di vita mi serve proprio…”
“Lo so io che botta
ti serve…” E
chiude il pugno spingendolo in avanti, due, tre volte.
“Paola! Io parlo
d’altro…” Silvia
ride, ma non vuole ammetterlo.
“Sě, ci manca
solo che ti innamori… poi sě, che siamo a cavallo!”
“Innamorarmi?! Io?!
Io e l’amore abbiamo chiuso i rapporti tempo fa.”
E si rimette a
lavoro, sedendo alla sedia, come tutti i normali esseri umani.
Paola alza un
sopracciglio. Sembra stia parlando seriamente. Sospira.
Il prossimo
che la farŕ soffrire, lo strozzerŕ con le sue stesse mani.
Poi sorride e
sparisce in un’altra stanza.
aawwaa
“Ma insomma ancora
non te l’ha data?!”
“Sandro come sei
diretto, dio mio!”
“Perché che
ho detto di male?! Te l’ha data, si o no?!”
“No io con te non
ci parlo. Basta che si parli d’ammucchiate per andare d’accordo con
te…”
Nove
e mezza di mattina.
Altro ufficio.
Anzi no, altro studio.
Qui non ci
sono appunti, o meglio non ci sono principalmente carte da sistemare, ma vestiti
succinti da rifinire su corpi flessuosi e avidi di telecamere, luci e ultimi
ritocchi da riguardare.
Claudio
cammina nervoso, per lo studio. Ha dormito poco e male. E la pensa troppo.
Non la sente
da qualche giorno ormai. Nessuna pazzia da condividere insieme.
Nessun
motorino da riprendere o controllare.
Nessun posto
alternativo da scoprire.
Nessuna corsa
per starle dietro.
D’improvviso
su quest’ultima, riflette che forse, sia un bene.
E sorride. E
per un attimo si distende.
“O ma che te la sei
presa?!”
“Ma no, figurati! E’
che non abbiamo ancora… toccato quel discorso.”
“E’ questo il
punto Claudio. Tu devi parlare meno, ed agire di piů. Quella c’ha
ventidue anni, sai quanti ne trova. Svegliati! Fai come me… ho conosciuto
una a quella festa, una tipa tutta matta, affamata come poche… con le
donne di quella etŕ amico mio, devi agire, agire capito?!”
E batte tre
colpetti nell’aria anche lui.
Claudio scuote
la testa. Ma ride.
Silvia non le
sa di ninfomane, perň lo ammette, č maliziosa da morire, e desiderabile
nella sua finta ingenuitŕ e in quei suoi modi da donna che sa troppe
cose, che ha visto tanto. Tutto.
E per un
momento le parole di Sandro lo sfiorano.
E in quel
pensiero un po’ indecente, torna al suo lavoro con un sorriso nuovo.
aawwaa
“Silvia, questo
č la bozza per il pezzo nuovo.”
La segretaria
d’ufficio del suo capo, le appoggia un plico sul tavolo.
Le sorride di
consueto, restando in attesa di una pronta risposta.
“Ma come, ho appena
consegnato il mio finito, al boss.”
“Lo so, e gli
č piaciuto molto. Proprio per questo, ha deciso di spremerti ancora un
po’, con una bella buona uscita.”
“Sarebbe?!”
“Ti manda a
Riccione con gli altri, per il Radio Dejey Day. Sů ai piani alti si sta
prendendo in considerazione la tua forte creativitŕ degli ultimi tempi.
Stai facendo un ottimo lavoro, nonché un ottima
impressione.”
Sorride,
parlando lenta.
Sta cercando
di deliziarla. Ma non sono tutte frottole. Entrare nella cerchia dei
“giornalisti vaganti”, significa davvero entrare nelle grazie del
suo capo.
Tutti
cederebbero e si sbrodolerebbero in un secondo; ma Silvia ormai capisce
perfettamente il meccanismo, e quel posto lei se l’č sudato di
brutto.
“Ah ecco. Io
pensavo ad un aumento di stipendio…”
“Silvia, sai che
non manda mai fuori se non i migliori… dovresti prenderla come una
gratificazione!”
Altra
sviolinata.
E su questa,
sventola la sua lunga coda bionda, librando nell’aria un odore forte
vanigliato.
“Sě.
Sě. Come a dire, ti mando in vacanza ma con la fregatura…”
“Ecco, allora sei
ingrata!”
“No, non sono
scema…”
“Allora cosa devo
dirgli. Accetti o no?!”
“L’aumento ci
sarŕ o no?!”
“Cercherň di
lavorarmelo. Intanto ti ritrovi il viaggio spesato, divertimenti e quant’altro
tutto by Riccione. Che te ne pare?! Si puň
fare, no?!”
Socchiude gli
occhi, e per un attimo le viene in mente Claudio.
Poi un sorriso
malizioso si infrange sulle sue labbra.
“Posso portare un
amico con me?!”
Quella la
guarda sfinita.
Lo sapeva che
fosse un osso duro, ma davanti a una proposta del genere, tutti sarebbero
crollati d’istante! E non puň certo tornare dal boss con un
rifiuto…
“Tutto! Chi vuoi!
Pur che tu parta!”
“Affare fatto
allora.”
E ridono
soddisfatte entrambe.
L’una,
per un futuro aumento e una futura pazzia in vista, e l’altra per le
sviolinate e i complimenti che riceverŕ per il buon lavoro svolto.
A ognuno il
suo.
Una volta
tornata la tranquillitŕ, decide di aprire il plico.
IL SOGNO
GIOVANE DELLA RIBALTA: VELINE O BAMBINE?!
Legge il
titolo d’un fiato. Lo appunta su un foglio lě a caso.
Riflette un
po’. Le piace l’idea.
Il suo capo ha
sempre delle buone trovate. Ci sa fare. E per un attimo pensa se sia solo
intuitivo oppure un pedofilo. Sorride. Decisamente la prima.
Si abbandona
sulla sua sedia.
Con un clic
accede in internet.
Appunta ancora
qualcosa da articoli presi qua e lŕ, scribacchiando sul solito foglio.
Poi un idea geniale.
Afferra la sua
borsa, il suo foglio e schizza via dall’ufficio.
Con
in mente Riccione,
il suo pezzo, e il suo -non ancora- direttore della fotografia.
Schizza forte su un taxi bianco, nella baraonda di
Roma appena svegliata.
Il conducente la guarda e ride, mostrando denti gialli da troppi
caffč e –pensandoci bene- da troppe stronzate
dette in una vita passata nel traffico, a sdrammatizzare.
Lo ascolta a metŕ, persa nei suoi pensieri.
Ogni tanto sorride, fingendo interesse. Annuendo con il capo.
Con una mano scrive qualcosa, osserva il panorama dal vetro del suo
finestrino.
E’ distesa, intensa e concentrata, ma
distesa.
“Si
fermi qui, grazie.”
“Ma sta scrivendo
il nuovo “Zanichelli” ?!”
“Peggio, mi
creda.”
Scuote la
testa, prende venti euro e li appoggia sulla mano del tipo.
Quello va per
frugare in un bossolo ai suoi piedi, ma la ragazza nega con il capo.
“Tenga pure il resto.”
Venti euro.
Impagabili al prezzo della felicitŕ. E’ proprio vero. La
felicitŕ non ha prezzo.
aawwaa
Stop. Motore.
Azione.
Prova. Stacca.
Rifacciamo daccapo.
Niente. Non
riesce a concentrarsi.
E quelli luci
bianche sono troppo smorte. E quella ballerina non centra l’obiettivo.
Dove hai la
testa Claudio?! Eh, te lo sta chiedendo anche Sandro,
abituato a non averla mai attaccata alle spalle. Sandro, Claudio! Su, su torna in te.
Ma io non lo
so mica.
Non
starŕ mica viaggiando su quel sorriso?!
Ma che ti
manca?! Dai, l’hai vista due giorni. Sě,
ma per due giorni interi.
Forse non
č nemmeno questo. Ti ha addomesticato. Non č difficile
scordarsela.
E’
invadente, č completamente fuori dal normale.
E’ elettrica. E parla come un oca.
“Ma insomma, quelli
luci… le avevo chieste viola! Viola santo cielo!”
“Claudio
rilassati. Sono solo pannelli provvisori, giusto per le prove, dai! Per
la diretta avrai le tue luci viola.”
Il regista gli
gira intorno, lo squadra scuotendo la testa. Poi fa un fischio ad uno dei
tecnici, quello arriva correndo, agita il capo e servile sparisce chissŕ
dove.
“Facciamo una
pausa. Vi voglio qui fra un quarto d’ora. E staccate quei maledetti
pannelli bianchi per favore.”
Claudio va
via, sbattendo la porta alle sue spalle.
Entra nel suo
ufficio, si sdraia di peso sulla sedia. Il suo cellulare, corre sulla scrivania
vibrando, lo guarda sporgendosi in avanti.
E’
Eliana. Preme il rifiuto.
E che cazzo! Ci manca solo lei.
Squilla di
nuovo all’improvviso, senza nemmeno guardare chi sia, lo spenge malamente.
aawwaa
Spento.
Riprova a
comporre il numero. Sempre spento.
Ma che davvero
spenge il cellulare sul lavoro?! Allora č
proprio un uomo serio.
Uno schifoso perfettino del cavolo! Adesso io come faccio!
E’ in
crisi. Cammina su se stessa, con il cellulare ancora stretto nella mano.
Ma non si
perde d’animo. Pensa qualcosa.Gioca la sua
carta migliore. Forse anche l’unica.
“Sono qui per un
pezzo informativo sul programma.”
Mostra il suo
badge “distintivo”, all’uomo della sicurezza.
Quello la
guarda da capo a piedi.
“Per “Sedici
anni” ?! Ma le ragazzine di quell’etŕ,meglio se ne
stiano a casa. Questo mondo č contorto.”
“Le ragazzine di
sedici anni non possono restare a casa, perché sono tutte qui.”
Sorride
riprendendo il suo badge.
Quello la
fissa, fa il giro dalla sua postazione e le va vicino.
“Lei chi cerca?!”
“Claudio.”
“Claudio…?”
“Non so dirle
altro. Anzi no, aspetti!”
Fruga nella
sua borsetta.
Il suo
biglietto da visita č ancora tutto stropicciato, lě dove lo aveva lasciato l’ultima volta.
Lo passa
all’uomo.
Quello pensa
un attimo, poi con un braccio le indica un punto lontano.
“Il dottor Mei stamattina č allo studio n. 5”
“La
ringrazio.”
“Faccia presto. Sa
com’č, in genere ci avvertono quando
abbiamo giornalisti fra i piedi.”
E sorride
sornione.
Silvia non se
lo fa ripetere due volte, si incammina nei verdi viali della DEAR alla ricerca
del dottor Mei.
aawwaa
“Claudio, ti
cercano sulla linea privata.”
“Dě che sono
in pausa e non voglio rotture di coglioni.”
Sandro lo
guarda perplesso.
Poi guarda il
telefono e la luce verde lampeggiante del leed.
“Ma č tua
moglie.”
“Ecco! Lei,
č una rottura di coglioni.”
E ritorna
serio fra alcune carte.
Sandro gli va
vicino. Lo studia un po’. Poi parla.
“Sei sicuro che
vada tutto bene, sě?!”
“Sě, Sandro.
Sto benissimo.”
“Ma non č
che te la sei presa per prima no?! Guarda io ti sono
amico, se parlo č per il tuo bene.”
Claudio alza
gli occhi; sorride appena, se dovessi ascoltare tutti i tuoi consigli, adesso
come adesso dovrei purgare mezza Roma. E saresti capace anche di
rinfacciarmelo, dicendomi che ti rubo la piazza.
“Sě,
sě. Certo, guarda che lo so.”
“Mi prendi per il culo?!”
“No Sandro.”
“Ho capito. Mi
prendi per culo. Ma non venire a piangere poi se la
ventenne scappa.”
Non ci mette
molto tempo ad afferrare il pacco delle puntine e a tirarglielo contro.
Intanto il leed si spenge. Non lampeggia piů.
“Vai a lavorare! Ti
paghiamo per questo!”
“Certo capo, ai
suoi ordini!”
Sandro si
inchina mimando uno sguattero.
Ride e Claudio
non puň fare a meno di seguirlo.
Poi si gira,
fa per andarsene, ma l’amico lo trattiene.
“Ah, Sandro! Anche
tu sei una rottura di coglioni.”
“Sempre piů
gentile capo.”
Si inchina
ancora e puntuale, gli arriva contro il secondo pacco di puntine, ma stavolta
fa in tempo ad evitarlo, e quello schizza via dalla porta semi-aperta sul
corridoio.
“Oh! Ma che siamo
matti?!”
Sandro si
alza, affacciandosi sul corridoio.
Si porta
definitivamente fuori; un’avvenente ragazza bionda lo guarda stralunata.
“Si č fatta
male?!”
“No per fortuna! E
non mi tocchi per piacere… le ho detto che sto bene!”
Abbassa le
mani, avvampando forse per la prima volta in vita sua.
Che buon
profumo ha questa ragazza.
Il pensiero lo
eccita.
“Lei č
…?!”
“Stia buono, le
domande qui, le faccio io.”
Sandro diventa
improvvisamente bianco. Che sia uno sbirro?!
Che “Vallettopoli” stia investendo anche l’innocuo
studio 5 della DEAR?!
Dopo un
po’, diventa ancora piů bianco. Riflette su i suoi peccati. Suda
freddo.
Poi pensa che
un innocente strusciatina nei camerini, con qualche
valletta consenziente, non č da considerarsi favoreggiamento alla
prostituzione.
E’ il “qualche
valletta”, che lo lascia interdetto.
Del corpo di
ballo, non gli manca proprio nessuna alla sua collezione.
E
d’improvviso si ritrova a ridere.
Riacquista
sicurezza, ridandosi tono.
“Perché chi
č?! La nipote della signora Fletcher?! Guardi non abbiamo il morto, ma un direttore esaurito.
Puň andare bene lo stesso?!”
“E lo dice a me?! Io sono solo una giornalista.”
E a quella
parola, sente sciogliersi… il… il cuore.
Giŕ se
la immagina spogliata, coperta solo di un quotidiano.
Preferibilmente
“La Gazzetta
dello sport”. E sente sciogliersi ancora di piů.
“Una
giornalista… e sono tutte carine come lei nella sua redazione?!”
Le
si avvicina,
viscido. Ride.
“Anche meglio. Ma
dubito combinerebbe qualcosa lei nella mia redazione.”
“Perché?!”
“Perché ha
una simpatia “contagiosa”… e un intelletto pari a quello
della rana saltatrice.”
Sandro resta
un po’ cosě. E la ragazza va via sculettando. Fiera. Stronza. Libera.
La guarda
ancora un po’. Ha pure un bel sedere. Stronza,
ma con un bel culo.
Tutte le
fortune le ha Claudio! Ride, scuotendo la testa.
Poi si
ferma.Giovane, bella e bionda.
Giornalista, acida ma simpatica.
Questa
descrizione l’ha giŕ udita da qualcuno.
E se ne va via
cosě, con quel dubbio amletico.
aawwaa
Ma guarda te
che tipi strani girano qui.
Che poi i
matti, tutti io li vado a incrociare eh… com’č?!
Oddio,
dovrebbe essere questa.
C’č
una targhetta dorata con sfondo marrone, che riporta proprio il suo cognome.
Busso?! Non
busso?!
“Ciao… posso?!”
Lui č
lě, disteso sulla sua poltrona, con l’ i-pod negli orecchi.
Gli occhi
socchiusi, perso chissŕ dove. Non si č nemmeno accorto di lei.
Allora gli va
vicino, si piega leggermente, e delicata, gli sfiora le labbra.
Per la seconda
volta.
“Ciao…”
Imprime quel
saluto, a fior di labbra.
Claudio ha
aperto gli occhi. Resta a guardarla, in silenzio.
Poi sorride.
Stava sognando.
Prati verdi e
colline in fiore. Giardini di Marzo
e gote come arance rosse.
E lei, lei che
non č Francesca ma Silvia.
Silvia. In
fondo a quei sogni, sempre presente. E le sue gote, pizzicate da quel fard
ambrato che le ricordano tanto quella giovane fanciulla, “che troppe braccia hanno stretto” per farla diventare
ciň che č.
Si alza di
scatto. Si sveglia dal suo tenero inconscio. Ferma tutto. Blocca tutto.
Il suo lettore
mp3 e Battisti riposano ora sul tavolo.
“Silvia!”
Le stringe le
spalle, e istintivamente la tira a sé.
L’istinto
di baciarla non si domina. E lo fa, la butta di peso, su quelle labbra che non
vogliono piů stare in silenzio e neanche piů parlare.
Ma solo
baciarla. Parlare con un bacio. Dieci. Mille.
Che lasciano
interdetta persino lei, che dolce e sognatrice, si fa condurre, in un gioco di
lingue accordato alla passione.
“Mi stavi
aspettando forse?!”
“Ti sognavo.”
Ma si pente di
averlo detto. Si sente stupido.
Odia sbottonarsi.
Odia sentirsi vulnerabile. E quel sorriso lo rende piccolo e innocuo.
Guarda
altrove, si stacca da quell’abbraccio.
“Come mai da queste
parti?!”
“Sono qui per farti
un favore…”
“Ossia?!”
“Ti offro una
vacanza… se tu mi offri la possibilitŕ di intervistare le tue
ballerine!”
Si volta, la
guarda e sorride.
Ha i capelli
raccolti, lo sguardo vivace del solito e la parlantina svelta.
E’
intelligente. E’ astuta.
“Spiegati
meglio.”
“Non puoi solo
accettare?! Sei noioso e prevedibile! Troppo scontato!
Buttati per una volta! Fai una pazzia senza porti troppe domande!”
“Ma la sto
giŕ facendo: ti sto ad ascoltare.”
“Ne crei dei
vantaggi, fidati.”
“Certo, sono un
uomo molto fortunato.”
“Molto.”
Si guarda in
giro, mentre vaga per lo studio. Osserva tutto, tocca tutto, poi si ferma sulla
vetrata che da sullo studio. Rimane senza parole.
Giochi di luce
si infrangono su un palco di compensato, ballerine fasciate da abiti leggeri
provano il loro pezzo e cameraman annoiati studiano le posizioni piů
giuste.
“Perň…
bella vista qui dalla tua “suite”!”
“Ti piace?!”
Le va vicino,
rimanendo a debita distanza dal vetro. Silvia lo guarda perplesso.
“Soffro di
vertigini.” Quasi si
scusa.
“Buono a sapersi!
Mi farň dare una doppia piano terra.”
“Mi spieghi
cos’č questa storia?!”
“Non fare il
noioso. Dimmi solo sě o no, al resto ci penso io!”
“Ma…”
“Niente ma.
Sě o no. Ti fidi di me?!”
Vorrei dirle
di sě.
Mi piacerebbe
molto. Ma fidarsi di una donna… cosě bella, cosě
giovane… fa paura.
“Dindin! Tempo scaduto! Ci hai
pensato troppo! Scendo a fare la mia intervista va…” Prende le sue cose e si avvia alla
porta “che tanto qui, non si
batte chiodo. Peccato, volevo regalarti una botta di vita, ma tu sei troppo
chiuso in te stesso, per godere di certi benefici! Adios…!”
Ed esce, di fretta ma non troppo, cosě come era entrata.
Claudio la
segue. Non sa bene perché. Ma d’un tratto le parole di Silvia e le
parole di Sandro, lo schiaffeggiano costringendolo a reagire.
“Ma no!
Aspetta!”
Le cammina di
fianco, lei aumenta il passo. Dispettosa. Divertita.
Lui le sfiora
le spalle, le apre le porte, la conduce verso l’ignoto nel quale stanno
camminando.
“Siamo arrivati?!”
“Sě. Oltre
questa porta c’č lo studio.”
“Quanto tempo ho?!”
“Dieci
minuti.”
“Facciamo quindici
va.”
“Silvia…?!”
“Cosa
c’č?! Cambiato idea?!”
“Forse.”
“Troppo tardi
tesoro. Il treno passa una volta sola.”
“Io prendo il taxi
allora.”
“Carina
questa.” Gli molla
un cazzotto sulla spalla, guardandosi in giro ansiosa.” Perň davvero Claudio, sei insopportabile.
Fai il prezioso e in genere lo fa soltanto una donna, ti fai pregare e in
genere lo fa soltanto una donna. Ora basta. Devi decidere! Chi fa l’uomo
e chi la donna in questa coppia?!”
“Coppia?!”
“Lo sapevo! Con te
č una partita persa… sicuro che posso entrare?!”
Silvia sta per
aprire la porta, ma viene preceduta.
Un’orda
di ragazze sudate e succinte la investono. Corrono. Sempre in corsa.
Qualcuna
sorride. Qualcun’altra parla di improbabili smagliature, altre ancora
guardano Claudio ammiccando sorrisi strani, sperando chissŕ in quale
avvenente carriera televisiva.
“Ho capito! Vado
con loro!”
Claudio
sorride, e la vede sparire mentre mima la corsetta da
prima donna, delle ballerine passate di lŕ.
Fa ridere. Con
quella testa ciondolante e la coda che sventola da una parte all’altra.
Non posso
dire che non mi sono persa e che la colpa non č mia
non posso dire che non amo la luce e il buio non posso dire che non so di
essere viva
e che potrei mostrare tutto quel che sento
a te, stanotte, a te, stanotte…
w Nelly Furtado _ “Say
it right”w
E’ passata poco piů di una settimana, da quel sě
biascicato di Claudio, ed ora, con untrolley color Magenta, Silvia gli
viene incontro, e vedendola avanzare, si ricorda quanto costino al cuore certi
benedetti sě.
Negli orecchi,
il suo inseparabile “creative” bianco.
Alcune note,
rimbombano selvagge dalle cuffiette, scalpitanti, proprio come la sua verve.
Insiste nel
voler guidare, lo prende in giro accusandolo di essere un malfidato, e senza
nemmeno rendersene conto, sale per la prima volta da passeggero sulla sua M5.
Una cuffietta
per uno, a dispetto dell’impianto stereo che Claudio ha fatto montare
appositamente dai migliori sul mercato, qualche sorriso complice e via
cosě, ad imboccare strade e mangiare chilometri in assoluta, reciproca,
semplicitŕ e intimitŕ.
Gli batte il
cuore. No, non č lei. O almeno, non solo.
Le sue curve
strette gli regalano sussulti, le sue mani piccole e bianche sul cambio, lo
rendono festoso e ben presto, si ritrova persino ad apprezzare la sua guida;
ripensa alle battute da bar sulla guida delle donne, alle parole di Sandro e
alla sua teoria del “quando ti lasci guidare da una donna, stai pur
sicuro che non c’č piů via di ritorno”.
Capire solo
adesso, che infondo- infondo č proprio cosě.
E che una donna,
puň stupirti sempre.
Ridere e
guardarla guidare, con quelle strane espressioni del volto, non capire se sia
solamente concentrata oppure persa nella piů lontana dimensione
temporale.
Avere paura di
saperlo.
Avere il
timore che sia altrove, con la tua BMW sotto al sedere.
“A cosa pensi?! Perché mi guardi?!”
“Pensavo. Niente di
importante.”
“A cosa?! Sě che č importante!”
“Perché hai
scelto proprio me. Per questo viaggio intendo…”
“Te l’ho
detto! Tu mi piaci Claudio.”
“Silvia smettila
dai…”
“Perché pensi
che stia mentendo?! Cosa ci guadagno, considerando
anche che in vacanza ti ci sto portando io?! Guarda un
po’ che mi tocca fare… ”
Sorridere
della sua simpatia, di queste sue battutine sempre un po’ speciali.
E tornare alla
realtŕ, allo spavento di piacere ad una ragazzina di ventidue anni,
domandarsi se si č ancora giovani e desiderabili, preoccuparsi di quella
ruga che domani sarŕ accompagnata da un’altra e quando ne
verrŕ un’altra ancora, chiedersi se a lei, piacerai comunque.
E forse ha
proprio ragione Sandro, quando a condurre il gioco č una donna, quando
ti senti soggiogato, quando cominci a contare le tue rughe per lei, allora
sě che non c’č piů via di ritorno.
“E il tuo amore?! Giŕ dimenticato?!”
“Perché chi
ha parlato d’amore fra noi due?! Giŕ corri
cosě avanti?! Ma allora ti piaccio!
Ammettilo!” E gli si
butta al collo, stampandogli dolci baci
”Oddio non č che mi chiedi di sposarti vero?!
Non č che in me vedi il bastone della tua vecchia eh?!
Perché se č cosě, scendi pure subito sai!”
“Ma questa č
la mia macchina! Scendi tu magari…”
“Ecco, vedi quanto
sei palloso, sono solo stupidi particolari! Un domani quello che č tuo
č mio… no?!”
“Ora chi č
che corre?!”
“Guarda che mollo
il volante eh…”
“Ed io non ti
sposo…”
“Ah! Se č
per quello, lo mollo uguale!! Non credo mi
sposerň mai…”
“Non puoi sapere
cosa ne sarŕ del tuo futuro, Silvia!”
“So che non mi
interessa vivere una vita d’amore. E questo basta.”
Si riappropria
del volante abbastanza decisa, guardando avanti a se,
nell’infinito di un punto estraneo agli occhi del mondo.
Rituffarsi nel
ricordo di quella Domenica mattina, dove l’aria sapeva di agrumi e il
sole settembrino di Roma era ancora caldo come se fosse estate; Matteo di
fronte a lei, in ginocchio, mentre le fasciava il dito con quel brillante da
far invidia perfino al sole.
Chiederle di
sposarlo e tremare d’emozione.
Ascoltare i
cuori battere all’unisono, nell’attesa di una risposta. Gridare un
sě, e ridere di folle gioia, farsi cullare da lui, che pazzo piů
di te ti ha presa in braccio, facendoti balzare per aria. Promettersi
l’amore. E non riuscire a mantenerlo.
Tre mesi dopo.
Solo tre mesi dopo.
No, Silvia non
ha proprio voglia di gridare felicitŕ, in nome dell’amore.
Lei č
scavata dentro, si č cibata di solitudine ingoiando bocconi amari, lacrime silenziose e veleno che non lasciano davvero
piů spazio per quello “stupido” sentimento.
“E’
incredibile come ti irrigidisci, al solo nominare l’amore.”
“Tu dovresti
capirmi. Sei stato sposato, no?!”
“Sě, ma tu
hai ventidue anni; troppo giovane per odiare l’amore.”
“E’ lui che
odia me! E basta con questa storia dell’etŕ! Perché ne fai
sempre una questione d’anagrafe?! I sentimenti
non hanno etŕ!”
“Ecco, cosě
mi piaci. Quando tiri fuori questo caratterino, sei
piů carina!”
“Ci stai provando?!”
“Ora sei tu la
pallosa!”
“”Non sono pallosa. Sono realista!”
“Sě,
sě miss realista. Accosta al primo Autogrill, ho bisogno di un buon
caffč!”
Da brava
ragazza rallenta, incanalandosi nella corsia piů prossima nelle
vicinanze diquell’
autogrill, che non tarda a farsi notare.
Fuori
l’aria č fredda. Si copre con il suo giubbetto jeans, piccola e
rannicchiata.
Claudio
sorride. La prende a se, sfregandole le mani sulle spalle.
Non dice una
parola. Il suo viso č perso nella sua camicia. Si č nascosta, sul
suo petto.
Ha un buon
profumo questo Claudio.
Poi non dice
nulla, alza il viso e con un leggero cenno del capo fa segno d’entrare.
“Ho voglia di
cioccolata!”
“Due minuti fa era
di patatine fritte. Decidi!”
Una commessa
ride sguaiata.
Avrŕ la
stessa etŕ di Silvia, maquell’
ombretto viola la fa sembrare molto piů grande.
Lei senza un
filo di trucco. Lei dagli occhi puliti e il volto fresco.
“Non lo so… e
tu non mettermi fretta! Nella vita bisogna scegliere bene. Non si pesca mai a
caso!”
Si guarda
intorno, scorrendo ancora fra quegli scaffali colorati.
Indecisa, o
forse, troppo sicura del fatto che intorno a lei non c’č ancora
niente di buono che valga la pena scegliere.
Claudio ci
pensa e un po’ se ne dispiace, poi senza dire nulla, ordina due
caffč e mentre lei č girata prende anche uno di quegli ovetti famosi con piů latte e meno cacao…
“Spero questo vada
bene a sua signoria!”
Lo tira fuori,
sul finire dei caffč.
Ride Silvia,
contenta come una bambina.
“E c’č
anche la sorpresa…”
“Come nella vita!
Visto, ho scelto bene!”
Lo guarda
incerta.
Poi annuisce,
ha detto proprio bene! Bravo Claudio!
E feroce e
bambina, addenta la famosa e desiderata cioccolata.
Ha gli occhi
sorridenti, vagamente lucidi.
Bene, ha
giŕ dimenticato.
Dovrň
stare bene attento a trattarla bene questa piccola e speciale creatura,
cosě forte e indipendente, ma cosě fragile all’interno del
suo guscio di metallo.
Claudio dovrai
adoperare il maggior tatto possibile con lei cosě sensibile, ancora
cosě indifesa, proprio dinnanzi alla grandezza di quel sentimento, che ha
giŕ conosciuto e che le ha strappato tutte le sicurezze.
Ma
cos’č?! Cos’č questo
bruciore alla bocca dello stomaco?!
Che
c’č?! Stai pensando a come sarebbe stato se fossi stato tu il suo primo amore?!
E’
giovane sě, ma se ci pensi bene anche tu, l’amore si impara molto presto.
Ed ora
smettila di pensarci Claudio.
Non sai quale
sarŕ il tuo passaggio nella sua vita, e non sai quale sarŕ il suo
nella tua.
Ci sono le
sorprese. Lo ha detto anche lei!
Ohyou
don't mean nothing at all to me
No you don't
mean nothing at all to me
Do you got what it takes to set me free?!
Oh you could mean everything to me
wwaaww
Oh non sei proprio niente per me. no non sei proprio niente per me.
hai quel che ci vuole per liberarmi? oh potresti essere tutto per me.
Muove
la testa leggermente, sulle note di quella canzone che dal sottofondo riempie
la sala; č distratta da qualcosa che non la lascia andare. Pensieri.
Certo,
devo essere proprio andata di brutto.
Io
che seguo i consigli di Paola e mi porto dietro questa
specie di padre di famiglia, perbenista e schifoso per quanto perfetto; pensaci
bene Silvia, pensaci bene.
Te
lo faresti davvero uno cosě?!
Hai
voglia! Me lo farei anche di corsa!
Un
po’ di contegno, Silvia!
Ok. Cioč, volevo dire, sě puň darsi.
Ma
tu non sei mai stata una sostenuta. Se ti piace uno, ti piace e basta.
Il
problema č proprio questo, mi piace questo Claudio?!
Sto
indubbiamente molto bene in sua compagnia, il sesso č l’ultimo dei
miei problemi, ed anche questo č un bel problema.
Cioč
se esci con un uomo e pensi solo a stare bene, fra caffč, cocktail a
Ponte Milvio e pizze all’ultimo minuto, stai male senza recupero!
O
ti piace troppo stare con lui che non pensi ad altro, o proprio ti rimbalza
come una pallina da pin pong.
Paola
ora mi direbbe… fattela questa rimbalzata Silvia!
Oddio,
Paola… il sesso fatto persona.
Ed
io?! Io cosa voglio?! Chi
sono adesso?!
I can't
say that I'm not lost
E non posso dire che non
mi sono persa …
Una cosa
č certa, di questo passo, certo arriveremo domani mattina a Riccione!
“Allora, andiamo?!”
“Ti sei decisa eh!
Pensavo che miss realista si fosse incollata a quella sedia!”
Silvia e Claudio accostano di fianco a
una spiaggia.
Silvia
č schizzata fuori, senza dare nemmeno il tempo a Claudio di dire Mah.
E i suoi
riflessi ricadono in depressione, proprio ora che avevano imparato ad evitare
queste sue pazzie!
Corre sulla
sabbia, allargando le braccia. La spiaggia č deserta. Molta foschia.
Sembra un
oasi. Ogni tanto qualche passante.
E qualcuno la
guarda, da lontano, curioso.
Cosŕ
avrŕ fatto mai quella ragazza, per sentirsi cosě libera, in un
mondo che.. prigionieri ha.
Ma nessuno sa
dare una risposta, perché alla libertŕ non ci sono risposte, ci
sono solo corse folli sulla sabbia, o urla disperate al cielo, sorrisi muti ed
occhi che parlano invece.
La leggi sui
volti dalle mille espressioni, ma si coglie appena, non per timidezza, ma per
ripararsi, da un dispettoso alito di vento che come mostro cattivo puň
portarsela via con se in un attimo. Un solo attimo.
“Non č
fantastico qui?! Guarda queste spiagge. Sono immense.”
“Perfette per
correre, giusto?!”
Ride. E’
bella. E guarda il mare. Annusa l’aria, si riempie il cuore.
“Adoro il
mare.”
“Io detesto la
sabbia invece.”
“Beh sě che
disgrazia, ti si rovineranno le tue belle scarpe nuove…”
“Finiscila…”
“Finiscila tu di
fare tutte queste storie… sei praticamente impossibile da stupire!”
E si lascia
cadere in terra, affondando il sedere nella sabbia.
Lo guarda dal
basso. Forse lo sta schernendo.
Lui si guarda
intorno, indeciso, poi abbandona la guardia e si siede anch’egli.
Sono
perfettamente paralleli. Entrambi fissano le onde.
“Mi fai troppo
superficiale. Non č vero che sono impossibile da stupire.”
“Ah sě?! Ma
se per farti reagire bisogna stuzzicarti! Claudio sei davvero un disastro della
natura!”
“Silvia!”
Si spingono un
po’, e sul vacillare di lei dalla sua parte, Claudio l’avvolge e la
porta al petto. La tiene a se come una bambina, ma la stringe forte, come una
donna da amare.
Un po’
di tutto. Come le miste sensazioni che il suo cuore prova ogni volta che quella
ragazza apre gli occhi e guarda nel profondo, curiosa, a voler leggere
l’anima tua.
“Silvia
cosa…”
Sussurra,
fissandolo profondamente.
E’ un
gemito. E ne č eccitato. Gli dŕ allegria, forza.
“Tu per esempio mi
stupisci ogni giorno.”
Rimane in
silenzio. Non dice una parola. Poi la sente dimenarsi, sotto di se.
E’
rannicchiata, piegata quasi, a trattenere una risata di cuore, rigogliosa.
La fissa
stupito. Lei si lascia andare.
Ride, ride a
piů non posso, poi si divincola tirandosi su.
“Certo che sei
davvero patetico!”
E corre via,
saltellando o ballando quasi una specie di danza, su alcune note lontane di uno
stereo in quella comitiva parcheggiata sul muretto del lungomare.
Claudio si
alza di getto, la insegue, ridendo al pensiero di non riuscire a fare di meglio
con lei, da quando la conosce.
Non arranca,
sta sempre al passo, e questo ha sempre creduto di sapere, ma l’enigma
Silvia č piů forte di ogni sua convinzione sulla vita, su quello
che ha sempre chiamato amore e soprattutto e non meno importante, sulle donne.
E’ la
prima volta che la chiama donna. O la considera tale. Sorride, affrettando il
passo.
“Vuoi arrivare in
albergo a piedi per caso?!”
La tira per un
braccio, portandola verso se.
La stringe non
troppo forte, ma neanche troppo morbida. La tiene cosě. Sospesa.
Ha un sorriso
innocente, con la mano libera tira la manica della felpa un po’
piů giů, a coprirsi, un po’ vergognosa di essere stata
ripresa come una bambina.
Non sa darsi
una spiegazione, ma d’improvviso le viene in mente la strofa di quella
poesia lontana: E c’č
differenza, lo capirai con il tempo, tra tenersi per mano ed incatenare un
anima.
Claudio,
l’ha appena toccata nel profondo. Silvia rabbrividisce.
Il suo corpo
affonda nella sabbia ancora una volta, quasi arreso al volere divino.
Segue il suo
gesto. Come una falena sul lampione d’estate. Soggiogato e ingenuo.
Non parlano.
Il silenzio diventa complice di una magia tessuta fra sguardi e parole sorde.
Silvia getta
un dito fra la sabbia, scura, appena umida.
Disegna cerchi
che non finisce mai di completare. Claudio la osserva perplesso.
Li chiude lui
i suoi cerchi, bloccandole la mano con la sua. Piů grande. Piů
forte.
Silvia la
ritrae. Veloce. Una saetta nel buio.
Non č
infastidita. Il calore non č mai fastidio.
Ma il calore
umano fa paura, soprattutto quando ha gli occhi verdi di quell’uomo.
Ebbene
sě, le duole ammettere, che adesso, ha davvero paura di Claudio.
“Hai paura di
me?!”
“No!”
“Perché scappi
sempre allora?!”
“Perché sono
libera. E mi piace dimostrarlo.”
“E’ questo
che fai allora?! Dimostrare sempre qualcosa a qualcuno?! Cosě ti rendi
schiava da sola! Sai che siamo i peggiori inibitori di noi stessi?!”
Aggrotta un
sopracciglio piuttosto scocciata.
Sembra aver
udito i suoi stessi pensieri. Svia lo sguardo altrove.
Si morde un
labbro. E lo fa sempre, quando viene messa nel sacco.
“Ma dove
l’hai letta questa cavolata?! E poi che fai, mi psicanalizzi?!”
Si alza. Ora
č infastidita.
Fa qualche
passo in avanti, si ferma giusto un po’, prima di tornare su i suoi
passi.
Le mani sui
fianchi. Pronta alla guerra piů sanguinolenta.
“…che poi
parli proprio tu di inibizioni, capito…”
“Che
c’č?! Cosa ti da tanto fastidio?!”
“Non illuderti, tu
mi scivoli proprio, ma non venire a parlare di inibizioni con me…”
“Ahi. Ahi. Qui
qualcuno ha preso d’acido. Fortuna che ti scivolo…”
Ride Claudio,
sarcastico, ancora seduto fra la sabbia che improvvisamente sente cosě
amica. Si stende, quasi rilassato, almeno fino a quando viene investito da un
ciclone, da una bufera pronta a disintegrarlo; Silvia! Che, con tanto di
rincorsa gli si č gettata addosso di peso.
Non fa in
tempo ad alzare il busto di riflesso, che la peste lo blocca a colpi di
smanacciate; seduta a cavalcioni sul suo ventre, dimenandosi impazzita, lo
colpiscecon le mani piccole e
veloci. Ripetutamente. Meccanicamente. Dapprima sorridendo, poi senza
piů il sorriso.
Sempre
piů violenta. Rossa in volto. Accompagnata da gridolini esausti.
Una tempesta
che solo quando sembra acquietata, finisce col tradirti, colpendoti alle
spalle.
“Ridi ancora
adesso?! Dimmi, ridi ancora?!”
Claudio non le
risponde. La lascia fare. Non le importa del fastidio.
Quel che conta
adesso č soltanto lei.
Non la sfiora,
immobile, la lascia lě dov’č.
E lei si
ferma. Interdetta. Paonazza. Compagna di respiri affannosi e occhi lucidi.
La guarda,
impassibile. Non compiaciuto, non cattivo, non severo.
Quel che conta
adesso č solo lei. Farle capire che non deve avere paura del mondo.
Dolce, timido
fiore appena sbocciato, che hai mostrato la tua corolla di
vulnerabilitŕ, tu non puoi permetterti di avere paura, perché chi
ti guarda, chi ti ammira ha la fortuna di carpire da te il coraggio di vivere e
buttarsi in cose mai dette, in pensieri mai fatti.
Le stringe
forte le spalle, forse un po’ spaventato anche lui. Dai suoi pensieri.
Dal fatto che non
ha mai desiderato, come in questo momento, possedere una donna.
Tenerla a se
per delle ore. Guardarla. Toccarla.
Accarezzarle
il volto, i capelli e perdersi in quel profumo buono, di balsamo ai mille
frutti, per scendere lungo il collo bianco, bagnato da fresche note
d’iris vaporizzato in acqua di profumo. Fresco e dolce, proprio come lei.
Borotalco
rosa, in cui l’accarezzerebbe tutta, facendole dimenticare per un attimo
d’esistere.
E poi
svegliarsi, quando ormai č giŕ l’alba, guardare se lei
ancora c’č, e ridere, non trovarla lě fra le tue braccia,
perché č stato solo un bellissimo sogno.
La
realtŕ delle cose č ben diversa amico mio.
E tu non puoi
certo sognare d’innamorarti di una donna come Silvia.
“Claudio?!”
“Sě,
dimmi.”
“Non innamorarti di
me. Ti prego.”
Guarda lontano
Claudio. Sospirando nel silenzio di una veritŕ appena taciuta.
Sorride come
ha sempre fatto in certi momenti, pizzicandole la guancia.
“Non sia mai!
Preferisco la peste a te!”
Silvia
ridacchia divertita.
Si abbandona,
accucciandosi come una gattina sul suo petto.
Lui ha il
respiro lento. Lo segue a ritmo, perdendosi milioni di volte.
“Sai di cosa ho
voglia d’innamorarmi?!”
Silvia alza la
testa. Claudio si inumidisce le labbra.
“Di una bella piada
prosciutto e stracchino!”
Gli molla uno
sbuffettino, poi guarda in lontananza, giŕ divertita.
Scivola piano,
passandogli di fianco.
“Facciamo
cosě…”
Si tira su,
molto lentamente, per non dare nell’occhio.
“chi arriva per
ultimo al chiosco paga!”
Parla veloce,
come lo scatto in cui si č persa.
Claudio si
alza di fretta, cercando come meglio puň di riprenderla.
Ma non
c’č niente da fare, lei č piů veloce di tutto.
Del vento, di
quella spiaggia, di quella piadina divorata in due con le sue dita piccole che
le rubano lo stracchino che trasborda, di quella piccola e innocente cotta che
forse nella realtŕ, Claudio non si prenderebbe mai.
L’Alexsandra Palace Hotel, troneggia nel buio con la sua scritta
al neon blu
šťźLeave
to me źťš
Chap
n. ŚŤ
L’AlexsandraPalace Hotel,
troneggia nel buio con la sua scritta al neon blu.
E’
maestoso.
E sveglia una
Silvia appena- appena assopita sul sedile di una comoda macchina nera.
“Dio, hai visto che
roba?!”
Non riesce a
trattenersi, č un vero fiume in piena di entusiasmo e vita.
Lascia
scivolare la sacca in terra divertita, tutta presa dal granito rosa della vasca
idromassaggio, nel bagno infondo alla stanza.
Le tende
leggere, di un color panna delicato, ondeggiano un po’, tralasciando
passare, in un piccolo spiraglio di buio, l’odore forte del mare.
Claudio ne
č rapito.
Segue la scia
e si ritrova in terrazza.
Una vista
mozzafiato si apre dinnanzi ai suoi occhi.
Il cielo
č colorato di strisce variopinte all’orizzonte, vele ubbidienti
stanno facendo ritorno a casa, il tutto su un tripudio di sfumature arancione,
rosa e poi azzurro scuro e sporco.
C’č
poca umiditŕ. Sospira. E si perde, nell’immensa quiete del mare di
sera.
Silvia gli
arriva alle spalle.
Lo sfiora
appena. Si gira.
“E’ d’obbligo
un brindisi!”
Le sorride,
prendendo per sé, uno dei due calici che la ragazza stringe fra le mani.
Bollicine
dorate colorano le pareti di quel vetro immacolato.
Lo alza al
cielo, compiaciuto.
“A cosa brindiamo?!”
“A noi, e alla
nostra piccola vacanza, direi! No?!”
“A noi allora. E a
questa vacanza.”
Plin.I bicchieri si toccano veloci
nell’aria.
Lei sorride
serena, porgendo il bicchiere su labbra rosa naturali.
Assapora
enfatizzando quel piccolo gesto, che in quel momento, non appare piů
come una semplice sorsata; l’ha osservata a lungo in quel poco tempo che
le č stato accanto, e di lei ha capito che č personale e
particolare in ogni movimento che fa, ogni piccola cosa, anche la piů
sciocca e insignificante porta la sua firma d’originalitŕ.
Come se fosse
di un altro pianeta.
Come se quella
sua sicurezza, non fosse altro che la consapevolezza d’essere
speciale. Diversa. Unica.
Manda
giů il suo ultimo sorso dolce amaro. La guarda.
Silenziosamente
le sfila il bicchiere dalla mano, appoggiandolo poco piů in lŕ
alle sue spalle. Lei lo lascia fare. Curiosa. Divertita.
Le scosta i
capelli, arricciati dall’ umiditŕ
nell’aria.
La stringe
forte. E la bacia appassionatamente.
Silvia
spalanca gli occhi, il corpo le s’irrigidisce, stretto in quella morsa
cosě dannatamente impetuosa. Poi, sempre piů crescente. Un
delirio di passione e trasporto, che piano scioglie i suoi freni e le sue
riserve.
Battiti,
battiti, sempre piů forti.
Il suo cuore
č un orchestra sinfonica, accordata
perfettamente con il pubblico intorno.
E quando
c’č sintonia, c’č perfezione. Affiatamento.
Ne rimane
stupita. Incantata.
Memorabile fu,
l’ultima volta passata da quando un uomo
l’ha fatta sentirecosě a suo agio. Ma quei tempi sono andati ormai.
Ci pensa, e
sorride, mentre si guarda allo specchio piů tardi, bagnata di doccia al
profumo di miele. Si spazzola serena i capelli lasciati un po’ umidi
sulle punte, sperimentando mille modi per acconciarli, sciolti e fluenti,
raccolti e morbidi, qualsiasi cosa, per sentirsi
ancora piů bella.
Ma il segreto
di ogni donna, si nasconde nei suoi occhi; e quelli di Silvia, dopo quel bacio,
brillano di una luce sconosciuta.
Nella sua
testa scorrono felici pensieri, una speranza nuova dimenticata a seicento
chilometri da lě.
Si ricorda di
quella canzone ascoltata sul cd nel suo ufficio, lasciato lě, da qualche
proprietario distratto e d’un tratto pensa a Claudio e quanto si sposi bene con lui e il resto.
wwaaww
Certe sere spengo la luce e rimango per
ore da solo con me
e sto lě con la
radio accesa a guardare nel buio
perché
faccio i conti con la mia vita e poi dico a me stesso adesso o mai piů..
cerco le intenzioni migliori, piango tutti gli errori perché..
ho bisogno d'amore e di aprire il mio cuore
in un mondo che corre piů veloce di me
di cercare un mio senso delle cose a cui penso
ho bisogno di te dimmi dove sei
resto
lě a guardarmi allo specchio e mi chiedo se un giorno..
IO TI INCONTRERO’..
wwaaww
“Sei davvero bella.”
“Grazie.”
“Vieni, ti faccio
strada.”
Poche ore
dopo, viale Ceccarini.
Una ragazza
vestita d’un elegante abito color champagne, e il suo accompagnatore in
tiro, entrano in uno dei ristoranti piů trendy
del vicinato.
Si sorridono a
vicenda, prendendo posto al loro tavolo, infondo alla sala, intimo e riservato
vicino alle cucine.
Lui, da
perfetto cavaliere di film della serie uomo-perfetto-quindi
introvabile, l’aiuta a farla accomodare, scostandole la sedia con gesto
di classe.
E resta fermo in piedi, finchč
ella non si porge la salvietta sulle ginocchia candide.
Appena
scoperte.
“Siamo in vena stasera…”
“Perché?!”
“Ristorantino di grido, vino di prima scelta. Guarda che non
te la do eh…”
“Silvia…”
“Cosa?!”
“Come sei venale.
Cosě poco bon ton!”
“Mi scusi lord, cercherň
di essere piů bon ton.”Alza le spalle, impettita, piegando
una mano all’altezza del petto”Cosě va meglio?! Sei cosě
odiosamente preciso! Brrr…!”
“E tu sembri
proprio una bambina. Una bella bambina.”
Lo guarda,
sbattendo le ciglia a tempo record, poi sorride chiudendosi nelle spalle.
Leggermente
arrossita.
Perché
talvolta, i suoi giochi maliziosi, la mettono davvero nei guai.
“Allora, cosa prendiamo?!”
Ed eccoli tuffarsi divertiti, con la testa nel menů
lasciando al bon ton il tempo che trova.
Lei con il suo
indice piccolo, che indica qualsiasi piatto abbia nome altisonante, e lui che
la prende in giro sulla pronuncia, facendo quel baccano delizioso tipico di due
piccioni in amore. E via cosě. Parlando del piů e del meno.
Ogni tanto
passarsi una forchettata di questo o di quello, brindare alle occasioni della
vita, all’imprevedibilitŕ del tempo che scorre intorno e non
regala bis, momenti migliori.
Afferrarlo,
condirlo con una semplice spaghettata di vongole e zucchine, mischiarlo al
piů buono dei vini rossi e perderlo cosě negli occhi sinceri e
puliti di una donna di ventidue anni e d’un uomo di quaranta.
Finirlo in
bellezza, con una buona e dolcissima crema catalana, divorata di fretta,
troppa, per restare soli, in silenzio a guardare il mare, lungo il viale non
ancora addormentato, ma vivo.
Di gente che
ha ancora qualcosa da fare. Da dirsi.
Di ragazzi
pronti per andare a ballare. E li vedi lě, a ripassare qualche passo. A
improvvisare movenze nuove. A offrirti omaggi compresi di drink e molto spesso,
non solo quello…
Ragazze
scollate passeggiano ridendo, con i loro jeans stretti, le loro gonne
cortissime, le immancabili ballerine, rosse, nere, bianche o dorate…che
importa?!
La loro vita
passa di lě, per quel caos di luce e colore.
Silvia si
guarda attorno curiosa.
Non perde un
attimo, né un istante, segue veloce con lo sguardo la vita che
c’č.
Precisa,
metodica, fissa tutto nella mente, come un grande libro mentale che sta
scrivendo.
Prende
appunti. Con gli occhi.
E tutto
intorno č come se stia cantando ancora quella canzone.
Perché
infondo č un po’ ciň di cui tutto abbiamo bisogno.
L’amore.
E’ ovunque. C’č.
wHo
bisogno d'amore e di aprire il mio
cuore
in un mondo che corre piů
veloce di me di cercare un mio senso delle cose a cui penso
ho bisogno di te.. Dimmi dove sei. w
awawawa
“Sono
distrutta.”
Entra nella
sua stanza, abbandona le scarpe in un angolo e non perde tempo, a gettarsi sul
letto. Claudio si sveste della giacca, le č accanto.
Restano un
po’ in silenzio, stanchi e ubriachi da quell’aria di mare. O
dal troppo vino rosso.
Abbandonati
sul letto, l’uno con un braccio sugli occhi, l’altra rannicchiata
su se stessa.
Lascia
scivolare il braccio, lui. E si volta nella sua direzione; č lě,
che ride di lui.
“Non ridere,
sciocchina!”
“Perché no?! Sei cosě buffo.” Si alza con il busto, tirando le gambe
al corpo.”Magari ti sembro poco
bon-ton anche adesso?!” Eride, portandosi una mano alle labbra.
“Finiscila! Sai
invece cosa mi piace di te?!”
“Non ne ho
idea.”
“Che sei spontanea.
Ti lasci andare e stai bene in mezzo alla gente.”
“E’ il mio
lavoro, Claudio.”
“Non fare la
modesta. So che lo sai…”
“Cosa?! Che cosa
dovrei sapere?!”
“Che sei
cosě!”
“Cosě?!”
“La smetti di
giocare?! Lo sai come sei!”
“Certo che lo so! E
tu lo sai?!”
“Silvia mi stai
incasinando le idee!!”
E ride Silvia.
Ama confondere le idee.
Ama deviare.
Ama disorientare. Ama scompigliare tutto.
Le certezze in
primis. Non si scopre. E se lo fa, due minuti dopo č giŕ
un’altra Silvia.
Non la conosci
mai veramente per quello che č.
E se ci
riesci, lei č tua.
Lei che
dirige. Architetta e distrugge.
Lei che
č la regia. Inquadra
e sposta in base alla sua idea.
“Sono stato davvero
troppo bene con te, stasera. E’ da tanto che non stavo bene cosě,
sai?!”
“Ah, allora non ti
confondo! Vedi che lo sai cosa vuoi…”
“Silvia tu sei
speciale. So che lo sai. E lo so anche io. Smettila di giocare.”
“E quindi adesso?! Che si fa?!”
Si porta verso
di lui, maliziosa. Non ha finito per niente di giocare.
Le gira un
po’ la testa. Si butta su Claudio, di peso.
Lui resta a
fissarla. Poi, la scosta un po’ da se.
“Tu cosa vuoi fare?!”
Sta per
rispondergli. Ma un cellulare squilla lontano da loro.
Claudio
trasale; si alza di getto, lasciando scivolare Silvia lungo il letto.
Si gira un
attimo. Sembra non si sia accorta di nulla, allora corre a rispondere.
“Sandro!
Provvidenziale come sempre…”
“Noooo! Non dirmi che stavi quagliando?!”
“Falla finita! Cosa
vuoi?!”
“Quagliavi
sě o no?!”
“Se magari non ti
fossi messo in mezzo…”
“Eh, magari…
una bella cosa a tre č da un po’ che mi manca farla!”
“T’avverto.
Sto per attaccare!”
“Dai no! Aspetta!
Volevo dirti che tua moglie…”
“La mia ex
moglie…”
“Si vabbč quello che č… oh
ma ti interessa sapere o no?!”
“Devo dirti al veritŕ?!”
“La immagino
giŕ di mio… comunque ti sta cercando per mari e monti, oggi
č anche venuta in studio. Io non gli ho detto niente, né dove eri
né con chi stavi, ma fattelo dire mi sembrava incazzata
di brutto.”
“E quindi?! Arriva al sodo! Non ti stai disturbando solo per dirmi di
Eliana. Dimmi che c’č e facciamola finita!”
“No
stavo pensando… magari con il tuo consenso eh… poi lo sai a me
Eliana č sempre piaciuta…”
“Sandro
taglia!”
“Insomma Clŕ, una, due botte glie le
posso dare alla tua ex moglie?!”
Claudio rimane
in silenzio per un po’.
E come se
niente fosse, come una manna mandata dal cielo, scoppia a ridere come un
bambino divertito dalla sconceria che l’amico sporcaccione
ha appena detto.
Sandro
allontana un po’ il telefono da se. Fissa perplesso
lo strumento.
Poi ride
sornione.
“Perché, non
č giŕ li con te?!”
“Eh no.”
“Ahia Sandro perdi
colpi…”
“Claudio dici sul
serio?!”
“Serissimo!”
E giů
ancora a ridere. E non se lo spiega neanche lui perché. Ma si diverte.
E Sandro con
lui.
E’
tornato il Claudio di sempre. Quello con la battuta pronta. Quello che ride.
E pensa che
č proprio vero; siano benedette queste ventenni!
Poi le viene
in mente quella che ha rimorchiato alla festa da Marta; fa velocemente mente
locale sulla probabile fine del numero che le aveva lasciato.
E non si
accorge, che Claudio ha giŕ riattaccato da un po’.
Fissa il vuoto
ancora piů perplesso, con un grande enigma.
Se chiamare la
quarantenne ex del suo migliore amico, o la ventenne della festa.
O tutte e due insieme magari.
Ed eccitato e
vagamente divertito opta per la seconda.
La seconda
scelta.
Claudio non ha
perso il sorriso.
Tutto felice
torna in camera. La chiama, dolcemente.
Lei č
sempre rannicchiata, non risponde.
Allora, le va
vicino, accarezzandola piano.
Dorme. Si
č addormentata come la piů dolce delle bimbe. Sorride,
intenerito.
Cosa stavi
rispondendo, mia dolce e splendida ragazza dagli occhi grandi?!
Io, che avevo
voglia di parlare un po’ con te. Anzi non un po’. Tutta la notte.
Perché
mi piace ascoltarti. Mi piace come mi fai sentire.
E non mi
innamorerň di te, ma solo di ciň che sei. Io te lo prometto. Non
rovinerň tutto.
Resta a
guardarla. Immobile, ammutolito. Rapito da tanta serenitŕ.
Chiude gli
occhi, per un attimo, vuole raggiungerla, ovunque essa stia andando.
wForse
questa notte anche te vuoi parlare con me..
Perché hai bisogno d'amore e di
aprire il tuo cuore
In un mondo che corre piů veloce
di te
di cercare un tuo senso delle cose a cui pensi
hai bisogno di me..
DIMMI DOVE SEI..
w
Che bello aver
ritrovato le mie care recensitrici.
Non ho nessuna
intenzione di abbandonare questa storia, anzi tutto il contrario, ma mi
capirete bene; si va sempre troppo di fretta!
Il lavoro, gli amici, quell’ispirazione che avvolte si rintana
chissŕ dove, possono soltanto rallentare il tutto, ma non fermarlo
Do il benvenuto a Pinzyna e la ringrazio per la sua recensione; cara non sai,
avevo il sorriso fin dietro gli orecchi!!
Vi saluto con affetto.
LuNaDrEaMy
Chap n. ŚŽ
E’ incredibile, come siano affollati gli
aeroporti.
Quanta gente che vŕ, quanta altra viene. Ritorna. Dal lungo
viaggio.
Quanti umori, quante espressioni.
C’č chi torna per amore, c’č chi va per
dovere, c’č chi si trascina e basta.
Senza sapere dove andare. Come lui.
Che adesso stringe forte quel biglietto per Roma, fra le mani sudate
d’emozione.
Siede composto, guardando un punto incerto davanti a se. Aspetta
impaziente che venga annunciato il suo volo, con il
cuore che vibra nel petto e una sola grande domanda:
Lei sarŕ lě ad aspettarlo?!
Ma sa che dovrebbe domandarsi se lo avrŕ mai perdonato, se
avrŕ dimenticato.
Come se il dolore si potesse cancellare solo con la volontŕ.
Con una bella magia. Dire basta, e il cuore torna a vivere.
Sa che sta sbagliando tutto quanto. Sa che sono solo congetture che la
mente partorisce, per non pensare che quella ragazza sicuramente ce l’ha fatta, forte com’č, come se la
ricorda, a dimenticarlo. A rialzarsi.
E non avrŕ nessuna recriminazione da fare. Lo sa.
Non č suo il diritto di poter opporsi al male che le ha fatto.
Ma prova ugualmente a non pensarci.
Anche se non riesce giŕ da adesso a trovare parole adatte per la
sua dipartita, e ancora di piů per il suo ritorno.
Imprevisto. Sognato. Atteso. Ma questo lui non lo sa.
E non sa nemmeno quanto ha ragione, parlando di lei. E’ tosta.
Tocca il fondo e si rialza.
Perché a quel fondo c’č una risalita.
Ed il suo invece, si sta inesorabilmente aprendo.
Una voce arriva dagli altoparlanti; il suo volo č in partenza.
Si alza di scatto. Infila l’i-pod nelle
tasche dei jeans e si dirige all’imbarco.
Una valigia semi vuota lo segue. Lenta. Ubbidiente.
Un unico pensiero nella testa.
Lei.
wContemplare un addio non basterŕ..
Il bisogno di un viaggio č
paura e coraggio
E sto qui.. ancora io ci penso a te. w
“Dai, sbrigati!Mamma come sei lento!
Di qua, presto!”
Ma ieri sera non era distrutta?!
Dove la troverŕ mai la forza questa specie mezza cartuccia?!
“Silvia
non tirare cosě! Ti sono dietro!”
“Scherzi?!
Sembri una lumaca! Dai! Dai!”
Silvia saltella tutta contenta, dinnanzi l’entrata dell’Acquafan. Riccione.
Il Deejay Day, sole e tanto
divertimento, sono lě che li aspettano.
E’ troppo carina, con i suoi short militari a palloncino e quel
berretto nero di strass.
Gli occhialoni grandi anni cinquanta le
coprono il viso, ma un sorriso di porcellana l’illumina di immenso. E se la merita proprio una poesia,
pensa.
“Silvia!
Finalmente siete arrivati!”
Un tizio mingherlino, li aspetta all’entrata.
Le sorride da lontano, alzando una mano per essere riconosciuto, ma
sarebbe pressoché impossibile il contrario, visto le troppe lampade che
si č fatto per arrivare a maggio con quel colorito acceso. Claudio ride,
pensando alla brutta finaccia che fanno alcuni suoi coetanei per camuffare
l’etŕ e per ostentare ancora quella freschezza e
spontaneitŕ, che solo a ventenni puň risultare vera. Non
impostata.
Poi ci pensa, si da una veloce occhiata nello
specchio di una vetrata, sistema di fretta i capelli e si ritrova a sorridere
di nuovo.
“Tommy! Tu non puoi capire che delirio c’č in
giro!”
“Sě,
lo vedo, lo vedo…”E il tipo si gira verso due biondine, che ridendo
fra loro, si avviano verso le piscine”E’ pieno di gnocche!”
“Nooo! Io non vi reggo eh, non cominciamo per
piacere!” E gli tira un pugno sulla spalla. Secco e preciso. Claudio, ride
ancora. Stavolta soddisfatto.”Vedi come si rubano i soldi allo Stato,
Claudio?! Questo tipo vuole farmi credere che siamo
qui per lavorare…”
I due ridono, quel tanto che basta a sciogliere le prime occhiate
ingessate, per fare le presentazioni. Tommaso č uno dei superiori di
Silvia, accanto a loro c’č Flavio il fotoreporter del giornale; un
tipo silenzioso, circondato dalla sua aurea di fumo, di una Lucky
Strike sul finire.
“Vedi
perché l’ho scelta?! Ci riporta sempre
alla realtŕ! Ah proposito questi sono i vostri pass. Silvia tu sai
quello che devi fare.”
“Perfetto
capo. Intanto, prendi questo.” Silvia allunga una cartellina gialla a Tommaso,
che curioso la scarta. “E’ una piccola bozza iniziale del lavoro. Ieri sera ho
fatto un giro in cittŕ e raccolto qualche idee su questa giornata.”
“Ottimo
direi. Allora lo sai anche tu che non siamo qui solo per lavorare…”
rimette
i fogli in busta e le porge una mano sulla spalla”Sei sempre stata una delle
migliori. Non mi hai mai deluso, brava!”
“Mai!”
Silvia ride soddisfatta.
Il suo posto, č suo. Le spetta di diritto.
Nessuno le ha mai regalato niente. Nessuno gli ha concesso sconti.
Proroghe.
Niente. Nada.
Si č fatta da sola, con la volontŕ di una ragazza
cresciuta da zero, ma con la passione per la penna, il sociale e la
comunicazione.
Prende in consegna i suoi pass, stringe per mano Claudio ed entra
finalmente soddisfatta.
“Brava,
se continui cosě, avrai la promozione…”
“Figurati!
Per cosě poco?! A me basta rimanere
nell’Olimpo Claudio, vivere una vita degnamente con i miei piccoli lussi
e vizi e continuare a fare ciň che amo. Tutto qua!”
“Perché
dovresti accontentarti?! Puoi pretendere il meglio.
Adesso lo posso dire no?! Ti conosco un pň.’”
Silvia ride.
Sembrano passati anni, da quella loro chiacchierata, in macchina di
lui.
Da quella festa.
Da quelle prime corse. Da Ponte Milvio.
Da lei. Che non voleva pensare ad uomo se non come un contorno nella
vita di tutti i giorni.
Da quelle lacrime silenziose fuori ad una terrazza. Al buio. Sotto alla
luce della luna. Con il sole o con il vento.
Eppure, č passato pochissimo tempo da allora.
Ma piů niente č come č stato.
Tutto cresce. Tutto passa. Tutto evolve. Meglio o peggio č solo
il tempo a dirlo.
Il benedetto tempo. Amico o traditore.
“Io
non mi accontento. Io voglio sempre di piů. Ma con calma, prenderlo e
colpire quando č veramente mio.”
“E
se ti proponessero di andare a lavorare altrove?!”
“Ci
penserei solo a conti fatti. Perché?!”
“No…
niente pensavo. Cosě!”
“Tu
ami il tuo lavoro Claudio?!”
“Mi
piace parecchio.”
“Lavoreresti
altrove?!”
Ci pensa un po’, poi si morde un labbro e risponde “Solo a conti
fatti.”
Risponde sincero, e con estrema sinceritŕ e bellezza si guardano
intensamente, figli di epoche lontane fra di loro, ma
pragmatici ora, nello stesso tempo.
Silvia accomoda il suo asciugamano sulla sdraio,
si sfila gli occhiali da sole e con la mano libera scioglie i capelli.
“Andiamo
a fare il bagno?!”
Non gli lascia il tempo di rispondere, piano si sfila i vestiti, in
modo cosě grazioso da fargli sussultare il cuore. Piccola e candida
proprio come se la immaginava.
Con le gambe flessuose e lisci di pesca, la pancina arrotondata ma compatta, le spalle larghe.E quel costume che le sta alla perfezione.
Che non tira, che la fascia e la slega allo stesso tempo.
E’ bella da ogni prospettiva la si
guardi. Ed ora lo prende per mano, lo conduce con se. Piccola, dolce, sensuale
nella sua camminata spavalda e sicura.
E’ un felino. E lo sa. Questo, sě questo lo fa impazzire.
“Vuoi
farmi buttare giů da questo coso?! No! Non se
ne parla!”
“Infatti non se ne parla! Si fa e basta! Dai non fare il
pappamolle… il solito quarantenne calcolato. Uff!!”
“Ma
se mi butto da lassů… tu poi me lo dai un bacio?!”
“Facciamo
cosě…”Gli si avvicina maliziosamente e lo bacia con
passione, strusciandosi addosso come una gattina”Te ne do uno adesso e cento
dopo!”
Le persone dietro loro borbottano un
po’, al che Silvia, senza dire niente, da una spinta a Claudio e lo fa
scivolare giů dallo scivolo.
A sua insaputa. Preso alle spalle. Allo stomaco, in subbuglio, che
pulsa adrenalina allo stato puro. Come lei, nella sua vita.
E ritorna ragazzino. Con la sua scommessa vinta. E cento baci da
ricevere.
Giocare nell’acqua, baciarsi appoggiati al bordo di quella
piscina affollata.
Con passione. Senza ritegno. Senza freni. Senza mondo intorno che li
possa disturbare.
E lei giocosa. Vivace. Pazza. Speciale.
E quanti di questi aggettivi ancora vorrebbe incollarle addosso, ma se
che se continuerebbe dovrebbe solo ammettere che non puň piů fare
a meno di lei.
Della sua folle allegria.
Della sua assurda voglia di tenerla fra le braccia ore ed ore.
E non chiamarlo amore. Sarebbe un peccato.
Ma amore non č. Allora cos’č?!
Cos’č questo laccio al cuore?!
Cos’č questa frenesia che sale dallo stomaco?!
Amore, no. Non chiamiamolo amore.
awawawa
“Ehi!
Finalmente ti sei svegliato!”
“Silvia,
ciao! Dove vai?!”
“Ho
un intervista con lo staff della radio, lě a
bordo piscina! Resta pure qui se vuoi, ti raggiungo fra un po’.”
E
va via cosě. Fasciata in un pareo color turchese.
Resta
a guardarla, finchč non sparisce.
Poi
si alza. Si guarda intorno. Confuso.
Da
tutti quei baci, quelle carezze proibite dietro le cabine. Come faceva da
ragazzino, al solito stabilimento di una vita sul lungomare di Ostia.
Si
domanda se č stato un sogno.
Ma
il suo sapore lo sente ancora impresso sulle sue labbra.
E
le mani che cercavano l’impossibile, le sente ancora piene di lei.
E’
stato folle. Ora se lo ricorda bene. Non ha sognato.
Lei
scatenata. I suoi baci irruenti. Accalorato desiderio. Fuoco intenso.
E
lui in balia di quel vento forte, di quel fermento furioso, violento.
Un
brivido freddo lungo la schiena; guardarla in lontananza e volere ancora cento
baci tutti per se.
Non
puň staccarle gli occhi da dosso, la vede ridere, piegarsi, agitarsi,
gesticolare in quel modo cosě infantile, eppure cosě adorabile,
che solo lei ha.
E
salta in braccio ad un ragazzo passato di lŕ. Ed io resto a guardare.
Colpito. E’ un amico penso.
Saluta
una bionda un po’ troppo tinta che le č affianco, e i due
spariscono nella bolgia umana.
Avevo
ragione. Sospiro. Sospiro?! Ma che mi prende?! Ancora
questo antipatico bruciore allo stomaco…
Chissŕ
se mi abituerň mai a lei. A questo suo modo di fare.
Abitudine.
Dovrei
chiedermi se davvero voglio abituarmi a lei.
Mi
piace. Da impazzire.
E
confondo me stesso ogni giorno di piů, ma lei
con il suo turbinio mi sta trascinando forte verso qualcosa di ignoto, che
cambia aspetto, colore e dimensione, alla velocitŕ della luce.
awaawa
Questi
due sono troppo forti.
Mai
fatta in vita mia un’intervista piů pazza!
Sto
proprio bene qui. Sono serena, a posto, non so come spiegare questo mio senso
positivo.
Sarŕ
il buon cibo, la bella gente. L’estate alle porte.
O
forse, solo Claudio. Claudio?!
Alle
volte, si puň cambiare il cielo, ma non si cambia l’umore che ci
portiamo dietro.
Questa
frase mi č sempre piaciuta. E chissŕ com’č ci penso
proprio ora, che di umori ne ho vestiti a mille, da quando
sono qui.
Claudio
mi sta regalando la sua spensieratezza. Il suo tempo. E’ giusto che
contraccambi.
Sto
bene santo Cielo! Posso gridarlo forte e scoppiare in un boato immenso!
Ma
tutto questo conduce da una sola parte cara Silvia, ed ora, non puoi certo
piů tirarti indietro.
Innegabili
sentieri sta tracciando il tuo cuore, ti invita a percorrere strade sterrate
abbandonate da tempo in quantificabile ormai; che fai, ci stai?!
E’
tutto da scrivere piccola Silvia e la penna l’hai solo tu.
Apri
il tuo cuore. Lo senti, vibra nel petto. Salta di gioia.
E
senti le ragioni. Le ragioni del cuore. Che fai, CI STAI?!
Ti
raggiungo subito, gli sibila da lontano. Lui sorride. Poi si infila la mano nel
pareo, lŕ dove tiene legato il suo cellulare, fissa lo schermo e
risponde alla suoneria impazzita.
“Paola,
sto lavorando…”
“Ah!
Buonasera eh! Felice di sentirti anche io…”
“Fai
la sarcastica?!”
“No
la realista. Dai, dove sei a far danni?! Come stai?!”
“Stavo
lavorando, te l’ho detto!”
“Sul
quarantenne?! O sul D-Day?!”
“Ah-ah. Simpatica…”
“No,
non dirmelo; ancora non te lo sei lavorato?! Il
quarantenne ovvio…io ti uccido!”
“Bah…
qualcosina… ma non voglio dirti di piů!
C’č un casino di gente intorno…”
“Ah
ma sai quanto glie ne frega a loro delle porcate di
Silvia Grazioso?! Dai spara! Non fare la stronza!”
“Top
secret. Non mi ripeto!”
“Ma
allora sei proprio stronza!”
“Eh…
che novita!”
“Bastarda
dentro la ragazza… comunque, come stai?! Tutto
bene?! Lui com’č?!
Come ti ci trovi?!”
“Ma
cos’č?! Un terzo grado?!”
“Piů
o meno. Allora?!”
“Con
lui sto bene, non so dirti perché, ma sto veramente bene. A
meraviglia.”
“Bene,
sono felice.”
“Parliamo
di te. Piuttosto. Perché tutte questedomande?! Che cosa č
successo Paolč?!”
“A
me?! A me niente.”
“A
chi č successo cosa, allora?!”
“Ma
che vai a pensare Silvia! Volevo solo sapere come stavi. Sei sparita da che sei
lŕ. No si fa cosě eh!”
“Non
ti conoscessi Paola… me la berrei pure sta’ stronzata, mavabbč mettiamo il caso ci creda, quando torno mi
racconti tutto eh.”
“Tu
non pensare a me. Pensa a portare la coppa a casa, piuttosto…”
“Paola sei incorreggibile! Ti lascio dai, stavo finendo
l’intervista.”
“Che
invidia! Vorrei essere lě!”
“Eh
non ci pensare. Di coppe ne hai tante sul comodino…”
“Giusto.
Ma sai una rispolveratina…”
“Paola
sto attaccando…”
“Un bacio bionda! Mi raccomando!”
“Bacio
a te. Ciao ciao…”
awawawa
Paola
resta cosě, perplessa. Appesa ad un filo con un grande fardello nel
cuore.
Non
le ha detto niente. Non ne ha avuto il coraggio.
Per
tutte le volte che l’ha vista piangere. Per tutte le volte che l’ha
vista rabbuiarsi e farsi sempre piů piccola, dietro a quintali di gelato
al cioccolato che non finivano mai e le sigarette che tiravano via come
ciliegie.
Ora,
la sente felice. Serena, almeno. Non vuole essere il suo boia. Proprio non se
la sente.
E
ci pensa su, mentre si abbandona sul sofŕ.
Lascia
scivolare le braccia lungo il corpo e il telefono sul tavolo ai suoi piedi;
fissa il vuoto con aria preoccupata e colpevole. Pensa a Silvia.
Eh
noMattč, stavolta te
la vedi da solo. Io non scrivo destini a nessuno.
Proprio
mentre decide di abbandonare i pensieri il suo cellulare squilla nella penombra
della stanza, riportandola alla realtŕ.
“Pronto?!”
“Sě,
parlo con Paola vero?!”
“Sě.
Con chi ho il piacere di parlare io…?!”
“Sono
Sandro, Paola. Il tipo della festa. Ricordi?!”
Le
iridi verdi di Paola, si allargano come fanali.
“Cazzo, sě! Ehm… volevo dire sě,
benissimo! Caro! Qual buon vento ti porta qui…”
Parla
ridendo. Di quella voce buffa.
Si
guarda allo specchio, mentre si arricciola un boccolo mimando smorfie a non
finire.
Sě.
Sě. Parla bello mio. Parla quanto vuoi.
Ma
sě, che occhi belli che ho. Sě, sono simpatica lo so.
Toh!
Lo so da me di avere un fisico mozzafiato. Tutte curve, come il gran premio,
sě- sě.
Quarantenne, ma scontato eh?! Guarda che non devi faticare
tanto. A che serve tanta fatica, sudare per ottenerla.
Io sono libera cocco. Libera da ogni pregiudizio. E anche da ogni sorta di
vestito!
Stasera
ti distruggo quarantenne. Ti disintegro.
E
passa ancora distratta di fonte allo specchio e non la smette di ridere al
pensiero della prossima preda da scuoiare.
wTook a right to the end of the line
Where no one ever goes.
Ended up on a broken train with nobody I know. w
wPreso proprio alla fine del limite
dove nessuno va mai
finito su un treno rotto con nessuno che conoscow
wRelax,
take it easy!
For
there is nothing that we can do.
Rilassati, prendila come
viene!
Perchč non
c’č niente, che possiamo fare.w
rMika_Relax (take it easy)r
Una musica leggera
inonda la stanza, colorandola d’allegria; Claudio e Silvia, tacciono nel
loro silenzio, entrambi presi dalla routine di valige da sistemare e una serata
ancora da costruire.
L’una
balla divertita intorno alle sue cose, con il ritmo giusto, muovendo i fianchi.
L’altro
battendo leggero un piede sul pavimento, quasi ad esorcizzare la
concentrazione, catturandola e facendola sua, senza permetterle di scappare
via.
“Ehi! Sei tutta in
tiro, dove si vŕ?!”
Claudio fa un
po’ di pausa, sporgendosi sull’uscio della stanza.
Non l’ha
sentita canticchiare o anche solo parlottare e si č preoccupato; sono
giorni che la sua voce, riempie il mondo intorno. E’ forte, anche
perchč ha sempre qualcosa da dire.
Lei non si
accorge della sua presenza, continua a dimenarsi, giocando con i capelli a
tempo di musica; fa le facce buffe nello specchio, atteggiandosi a modella,
ogni tanto prova questo o quello, sempre splendida. Sempre bella. Come
č. E lo č davvero.
Perché
č semplice Silvia, in tanti anni che la conosco non l’ho mai vista
senza un filo di trucco, ma se ti avvicini a lei giureresti che il suo viso sia fresco e pulito come una pesca.
Ma questa..
č tutta un’altra storia…
Claudio le va
dietro piano, non vuole spaventarla; le sfiora le spalle, poggiandoci
delicatamente le labbra.
Lei, si gira
lenta, eccitata; le č sobbalzato il cuore nel petto, come quando al buio
ti prendono alle spalle. Ma passa in fretta e si mette a ridere divertita.
“Stasera
c’č una seratonaal
Baia. Noi, non possiamo di certo mancare!”
Claudio
l’ascolta curioso. Si guarda un po’ intorno, accarezzandosi il
mento.
“Si va a ballare
quindi.”
“Obbligato
mister…”
Gli piace
quella espressione. Lo diverte, e con il sorriso torna alla sua stanza, senza
prima ricordarsi il motivo percui era passato di lŕ.
“Camicia, o tengo
la giacca?!”
“Via la giacca
seria e corri ad infilarti un paio di jeans!”
“Obbligato
mister…”
Le fa il
verso, Silvia si lascia andare in un sorriso timido.
Odia
vergognarsi delle sue stranezze.
“Claudio?!”
“Sě?!”
La voce di Claudio arriva strozzata dal corridoio che li separa.
“Sicuro di stare
bene?!”
“No, mi hai detto
di cambiarmi infatti…” E riesce a sfotterla come desiderava da
tanto tempo fare. Con quel suo modo originale e bizzarro. Ride soddisfatto,
d’esserci riuscito.
“Non mi fai ridere
sai?!”
“Ah no?! E quel sorrisetto di prima?!”
“L’ho fatto
per farti contento cosa credi!”
Alza le spalle
Claudio, arreso da tanta sfacciataggine; con un espressione
perplessa, torna poi alle sue cose.
E di nuovo, la
musica si perde fra le stanze.
awaawa
Qualche ora
dopo. Qualche valigia dopo, Silvia č sul corridoio. Immobile. Curiosa.
“No, non ci posso
credere. Sei il primo uomo sulla terra, a cui vedo
fare questo genere di cose…”
E’
appoggiata allo stipite, sorride dolcemente. Adesso sembra una donna.
Claudio
č nella stanza, che riordina le sue cose. Ordinato e preciso.
Affascinante,
nella routine dei suoi gesti puliti, perfetti.
Silvia tace e
ride. E’ in questi momenti che nota la netta differenza tra uomo e
ragazzino.
Un po’
le batte il cuore. Dalla paura perché no, di aver confuso il suo mondo
con un mondo che mai le č appartenuto.
“Sai silvia…
un uomo sconvolge il corso della propria vita se lo vuole, ma le abitudini, sai
le abitudini restano…”
Non gli
risponde, sorride serena, prima di avvicinarlo.
“Ma
scusa…” Parla
piano,sensuale “Non
č piů bello cosě…” E di getto, afferra alcuni vestiti
piegati da mani meticolose, gettandoli alla rinfusa, nell’aria.
“Libertŕ
Claudio. Sai cosa significa?! Sai che sono proprio i
nostri difetti a limitarci?! Siamo i peggiori
inibitori di noi stessi.. non lo sai Claudio?!”
E torna bambina,
mimandolo alla perfezione.
E su nel
cielo, altri vestiti. Non contenta.
Ridendo, di
quel piccolo, sciocco gioco.
“Liberi…
cosě?!”
Claudio
afferra della biancheria nelle sue vicinanze, lanciandosela alle spalle.
“Sě, proprio
cosě!”
E allora
Claudio si fa prendere da un raptus di pazzia e gioia, afferrando tutto quello
che puň per lanciarlo su al cielo.
E Silvia ride
aiutandolo, e non si sa com’č si ritrovano a correre per tutta la
stanza, con un arcobaleno di calzini e maglie che svolazzando in aria li
accompagnano.
Poi, arriva il
momento delle cucinate. Quelle a cuor leggero, quelle che solo i bambini
continuano a fare, quelle che in un solo attimo, anche solo per un attimo, ti
fanno afferrare il vero senso di libertŕ.
“Tu sei pazzo!
Pazzo! Pazzo!”
Lei dolce, cucciola, gli salta al collo
fra il delirio di piume bianche che annegano l’aria, portandoselo
giů, alla deriva, su quel letto morbido, grande, cimitero di abiti ora
dimessi, coperte arrotolate e confusione, come quella dei loro cuori, che
dispersi si toccano, si guardano.
Che suonano
quella melodia lontana.
Quella che
ora, Silvia, riesce ad udire di nuovo nel suo cuore.
Che bello
farsi portare.
Che bello
lasciarsi andare.
Che bello
lasciare fare agli altri ciň che vogliono della tua anima.
Che bello
correre nella nebbia, denudati delle proprie catene, degli alibi che troppe
volte ci costringono, solo per il gusto di scoprire se sarŕ la corsa a
terminare o semplicemente la nebbia.
wIt's as if I'm scared. It's as if I'm terrified.
It's as if I scared.
It's as if I'm playing with fire. Scared.
It's as if I'm terrified.
Are you scared?
Are we playing with fire?
Relax
Relaxw
wč come se fossi
spaventato
č come se fossi terrificato
č come se fossi spaventato
č come se stessi giocando col fuoco
spaventato. E'come se fossi terrificato
sei spaventato? stiamo giocando col fuoco?
Una ragazza
scende dalla propria auto, spengendo in silenzio il motore e le luci che le
illuminavano il viale.
Scende
scomposta, forse un po’ brilla per i vari cocktail che ha bevuto.
Ride,
richiudendosi alle spalle la portiera, che rimbomba fragorosamente nella notte
ormai addormentata. Questo, la diverte ancora di piů.
Fruga nella
borsa incamminandosi, cercando il mazzo di chiavi dell’appartamento della
sua migliore amica. Non ha voglia di tornare a casa e d’improvviso si
č ricordata di raccoglierle la posta.
Certe sere
vanno cosě. Sono cosě speciali, che vorresti non finissero mai.
Ed allora ti
cerchi da fare. Ma non dormire. Non chiudere gli
occhi. Non terminare.
Sta per aprire
il portone, quando vede un ombra sospetta avvicinarla
alla sua destra; č un attimo, si volta di scatto, piombandosi addosso al
malcapitato immobilizzandogli un braccio, poi senza troppi giri di valzer
chiude il tutto con un bel calcio nei gingilli.
Talmente
forte, che il tipo stramazza in terra, fra grida sorde.
“E allora?! Cosa sei?! Un ladruncolo di
serie b?! Un pervertito?! Un
barbone?!”
Saltella su se
stessa, pronta a colpirlo di nuovo, cosě, tanto per accettarsi che non
la segua.
Come se il
poveraccio ne avesse la forza.
Raggomitolato
su se stesso, riesce solo ad allungare il braccio in segno d’arresa; ed
č proprio in quel momento, che il ragazzo alza il viso, e il faro di un
motorino lontano, scoprono la sua identitŕ.
“Oddio!
Matteo!”
Si porta una
mano alla bocca, accasciandosi su di lui, tentando quanto meno, di aiutarlo a
rialzarsi.
“Oddio sei proprio
tu…”
“Sě, rambo, sono proprio io…”
Il ragazzo
č in piedi, ma resta piegato su se stesso
ancora un po’.
Pensa che non
avrŕ mai eredi.
“Certo che sei
proprio uno stronzo! Arrivare cosě alle spalle
della gente… co-come un ladro! Dě ma sei
fuori!”
“Ah, grazie se sono
piegato in due tumefatto dal dolore eh… magari anche impotente ci resto.”
“Ma tu sei tutto
matto! Vieni ti aiuto, appoggiati. Ce la fai a fare due passi?!”
Paola gli
prende il braccio e se lo porta sulle spalle.
E’
preoccupata, anche se trattiene a stento le risate.
Se restasse
davvero impotente, Silvia le farebbe una statua d’oro.
E giů
di risate, ma senza farsi beccare dallo sfortunato sterile.
“Ma poi, che cavolo
ci fai tu sotto casa di Silvia?!”
“Io eh?! Tu invece?!”
“Fatti i cazzi tuoi Mattč! Io sono
giustificata almeno! Tu no! E poi guardati, certo t’ha fatto male questa
Londra, sembri un barbone e per giunta ti insinui a casa della gente senza
precisi scopi… bah.”
“Volevo solo vedere
se rientrava. Sono giorni che passo, ma qui sembra disabitato. Persino la
pettegola della sua vicina, non sa niente.”
Matteo guarda
in basso, vagamente arrossito.
Si giustifica.
Almeno ci prova.
Paola scuote
energicamente la testa, prima di rispondergli.
“Silvia č
fuori per lavoro. Ricordi?! Ne avevamo parlato.”
“Tu ne dici tante
di stronzate.”
“Vuoi anche
l’occhio nero per caso?!” Paola gli si avvicina minacciosa, con
il pugno chiuso.
“No. Mi basta
l’impotenza.”
Paola ride,
apre definitivamente il portone, raccoglie la posta e raggiunge Matteo,
appoggiato malamente ai citofoni.
“Allora che si fa?! Dove alloggi?!”
“A piazza Indipendenza.”
“Non sei tornato
dai i tuoi?!”
“No, voglio stare
da solo per un po’.”
“Ho capito, ti
vergogni di tornare al nido a mani vuote. Ma dov’č che
precisamente stai ora?!”
“Dalle suore. E non ridere stronza!”
“Oh mio Dio! Ma non
andavi a Londra per fare carriera?!”
E stavolta non
riesce piů a trattenere le risate.
Non sa cosa
pagherebbe, per chiamare Silvia in video conferenza e fargli vedere la brutta
fine, che ha fatto questa specie di coniglio- ora anche sterile- da quando
l’ha lasciata.
Ed ora, ride
anche piů soddisfatta.
“Certo che mi
mancava la tua stronzaggine, davvero eh Paolč! Sě, sono partito per Londra per
sfondare, ma mi mancava troppo la mia Silvia. Lě č un casino. Non
si vive che di tram- tram, ed io solo non ci sto bene. Ho avuto modo di
riflettere ed ho deciso di tornare, ho deciso che me la sposo e la porto via con
me! E se lei non vorrŕ venire, rimarremo qui. Ricomincerň da
qui.”
Paola non ride
piů.
Lo fissa con occhi
piccoli.
Sembra seria.
Preoccupata. Anche e decisamente arrabbiata.
Lo ha fermo
dinnanzi a lei e tutto ciň che vorrebbe fare adesso, č prenderlo
a calci per tutta la notte, malmenarlo se possibile, ma non gli dice nulla.
Non puň
confezionare un destino non suo.
Sarŕ
Silvia con la sua testa a decidere. A fare le sue scelte.
A privarsi di
un verme, o sposarsi il grande amore della sua vita.
Sa solo che
lei ci sarŕ nelle sue scelte. Ma come spalla, come supporto.
Non come
mentore.
Cosě,
ostenta un sorriso e lo invita a casa sua per un drink.
“Perché non
parli?! Ha un altro vero?!”
“Sarŕ lei a
dirti tutto. Non voglio entrare nelle vostre cose.”
“E da quando in qua?! Lo so che non potevi soffrirmi…”
“E sbagliavo Matteo?! Non mi sembra.”
“Dai
Paola, la nostra č sempre stata una storia fuori dal
normale…”
“Normale o no, non
mi interessa piů. Conta solo la felicitŕ di silvia, capisci?! Lei ora č felice…”
“Ah.”
Matteo guarda fuori dal finestrino, attraversato da piccole lame che gli
fracassano il cuore.
“Pensavi
l’avessi lasciata da sola a suicidarsi?! Per te
poi…”
“Grazie, molto
gentile.” Matteo si
morde un labbro, sempre piů convinto di non avere mai piů
indietro la sua Silvia “Ho
sbagliato tutto con lei č vero. Non posso che ammetterlo. Ma non sono
tornato per giocare. Fra qualche giorno tornerň a lavorare con mio
padre. Ho anche dei soldi da parte. Io Silvia me la sposo. Sul serio.”
Paola č
rapita dalle sue parole.
Sembra
sincero, nonostante tutto.
Nonostante ce l’abbia a morte con lui, s’ammorbidisce un
po’.
“Sě, ma
stavolta firmate un accordo prematrimoniale…”
Matteo
distende il corpo lungo il sedile, ora, certo piů rilassato.
Paola lo osserva.
Si morde un labbro, ora pentita.
Ma torna a
guardare avanti a se.
Torna presto
silvia, torna presto.
E la serata
finisce quasi subito, fra chiacchiere mojito e marlboro rosse.
aawwaa
Una sveglia
suona impazzita.
Paola si
sveglia di soprassalto; qualcuno le impedisce di muovere le gambe.
E’ nuda,
in dosso solo una maglietta piů grande di almeno due taglie.
Scosta le
lenzuola dal fondo del divano, scorgendo ciocche di riccioli neri.
Tira di stizza
le gambe a se, urlando.
“Oddio no eh.. oddio! Oddio!”
Matteo ignaro,
apre gli occhi, turbato dal trambusto.
Alza il busto
e trova Paola in preda a una crisi isterica, che saltella come una pazza su se
stessa con il lenzuolo stretto al petto.
“Oh! Calmati! Che
cosa č successo!”
“Oddio Matteo!
Alzati!”
Non volendo,
gli pesta i piedi.
Il
poveraccio urla,
alzandosi come se avesse preso la scossa.
“Sono in piedi!
Sono in piedi! Adesso calmati! Non voglio altri pestaggi da te!”
“Rivestiti cretino!
Ti sei addormentato qui santo cielo!”
“Ehm… pare di
sě.” Matteo
si gratta il capo, guardandosi attorno divertito.
“Ma cosa ridi… oddio Matteo, con te no eh… proprio no!
Oddio dove ho la testa!”
“Oh, ma stai
tranquilla! Non č successo niente. Non sei il mio tipo…”
Paola si calma
un attimo. Poi ripensa al tutto.
Alla maglietta
che indossa- e Matteo allarga le braccia a mo di non chiederlo a me- i mojito che ha bevuto, una partita a carte non finita,
quattro chiacchiere e poi… il buio.
Poi squadra Matteo
dall’alto al basso, schifata.
“Magari tu, non sei
il mio tipo. Te la saresti fatta volentieri una come
eh… ma adesso togliti di mezzo! E’ tardi!
E schizza in
bagno, mentre Matteo va in cucina.
“C’č
qualcosa di commestibile qua dentro?!”
Non ottiene
risposta, cosě decide di fare da se.
Poco dopo la
ragazza torna in sala, vestita di tutto punto e con la cartella delle bozze
sotto braccio.
“Caffč?!”
“Oh, grazie Mattč!”
“Prego.”
“Perň non mi
copri eh… non basta un caffč bello mio!”
“Stupida. Sai, tra due
giorni č il compleanno di Silvia.”
“E con questo?!”
“Pensavo… di
farle una sorpresa.”
Paola appoggia
la tazzina sul tavolo. “Non mi
compri. E non ci siamo capiti: IO SONO FUORI DALLE VOSTRE COSE! CHIARO?! Ora ti
saluto. Ah, fatti una bella doccia Mattč, che
puzzi come una discarica! Poi quando hai fatto chiudi bene porte e finestre.”Da
un morso ad una fetta biscottata
“In bocca al lupo per tutto. Ciao!”
E lo lascia
solo nelle sue perplessitŕ.
Una cosa
č certa: la puzza c’č.
Cosě fa
per andare in bagno, ma il telefono di casa squilla; Paola č uscita da
un po’.
Lo ignora. Insiste,
e scatta la segreteria telefonica.
Bip. Bip.
“Paola sono Sandro!
Ti ricordi di me, o mi
hai giŕ scordato?!
Sě, sě lo
so Bambola č praticamente impossibile scordarsi di me, ma non fare
quella faccia pervertituccia…”
Matteo dal
bagno, se la ride.
Pensa che per
andare d’accordo con quella pazza isterica di Paola, bisogna essere
proprio come lei. E questo tipo non sembra poi cosě normale.
“Non parliamo di
questo adesso… ho sentito Claudio e dice che per lui va bene. Ci vediamo
tutti e quattro per una cenetta, ma dice di non dire nulla alla tua amica,
tanto per farle una sorpresa. Allora ci vediamo sabato sera all’Archetto,
in centro. Ti passerei a prendere ma stacco tardi. Ma
il regalo lo facciamo insieme?! Chiamami quando puoi.
Un bacio dove vuoi tu…”
Matteo poggia
la testa sul vetro.
Dovrebbe
capire molte cose. Vorrebbe. Ma si ripete che non č niente.
Questo Claudio
potrebbe essere un amico.
Potrebbe anche
non esserlo.
Ma tutto va
bene. Deve andare bene.
Poi per un
attimo ha quasi paura.
E pensa se
Silvia in questo momento č con Claudio.
Claudio.
Claudio. Claudio.
Che poi.. non sa proprio chi cazzo sia
questo Claudio…
Questa
storia merita una fine, per cui mi ci dedicherň
anima e corpo.
Un
grazie a tutti quelli che decideranno di accompagnarmi ancora una volta.
Saluti.
LuNaDrEAmY
Chap n. Ś’
“Lascia, ti aiuto
io.”
Claudio, aiuta Silvia a scaricare le
ultime valigie sul viale; il viaggio di ritorno č stato estenuante ma
divertente.
Per la testa,
ancora aleggiano le dolci parole, e gli scherzi, che Silvia gli ha riservato.
Cosě,
come i bellissimi giorni che ha trascorso con lei, lontano da tutto il resto.
Non sa dirsi
come, ma la sente piů vicino.
Cosě
vicino, da non volersene privare piů. E quasi gli manca il fiato a
doversene staccare.
Quasi mancano
le parole in gola al pensiero, che Silvia non sarŕ piů
lě. Fra le sue cose.
Spontanea.
Immediata. Come chiamarla da una stanza lontana, con lei che ti arriva
ciabattando e sbattendo le sopracciglia a mň
di bambina.
Gridarle di
abbassare la voce. Mentre la senti cantare sotto la doccia. O in macchina.
Stonata,
ma simpatica.
Non smettere
mai di guardarla, mentre si colora le guance di pastello e gli occhi
d’oro, immaginarsela tela bianca sulla quale sta operando la sua arte.
Semplice,
ma bella.
Bella come
lei. Bella come non lo č nessuna.
“Sicura che non
vuoi restare?! Ho voglia di tenerti qui con me.”
Gli sorride
tenera; non sa quanto vorrebbe anch’ella, la stessa cosa.
Ma purtroppo
non puň, c’č un lavoro da mandare avanti, organizzare e
mettere in sesto.
La sua casa
l’attende. Le sue cose. La sua routine.
Ed ha paura
forse un po’. D’essersi abituata a lui. D’essere stata anche
felice.
Si gratta il
capo un po’ pensierosa, guarda distratta delle macchine che corrono via.
E ci ripensa.
“Se mi offri una
birra, resto altri dieci minuti!”
“Opportunista che
non sei altro!”
“Ah, bella
ghiacciata, grazie.”
Claudio scuote
la testa, poi divertito, l’aiuta a caricare la sua auto, una vecchia ipsilon
prestatale da non sa chi bene e rimasta parcheggiata sotto casa sua per il
ritorno.
Apre il
portone, e lungo le scale le spiana la strada per casa sua.
Un’elegante
porta in ciliegio si apre dinnanzi a loro.
Il buio
penetra le loro pupille; soltanto la sottile luce che filtra dalle tapparelle
serrate, adorna una stanza che ha tutta l’aria, di essere un soggiorno.
L’
invita a mettersi comoda, a spogliarsi, mentre frettoloso si reca in cucina.
Silvia ne
approfitta e fa un giretto dell’appartamento.
Bello. Ben
rifinito. E vivace. Pieno di gigantografie di volti sconosciuti, sorrisi
rubati.
Foto stupende.
Foto di viaggi lontani. Tramonti a morire sull’acqua.
E ancora foto
moderne, foto espressive.
Pensa che una
sua foto ci starebbe bene, fra quel mare di pixel e pellicola.
“Un giorno devi
promettermi che mi fotograferai tu. Cosě. Con queste luci e ombre. In
bianco e nero o a colori.”
“Dimmi solo
quando.”
“Domani?!”
“Domani!”
E brindare. E
mandare giu’birra fredda per sancire la promessa.
E beve
sorridendo e guardandolo, senza smettere di mandare giů l’amaro,
l’amaro di una bibita e non piu’
d’altro.
“Mi dici
dov’č il bagno?!”
Poggia il
bicchiere sul tavolo. Claudio le indica un punto oltre un corridoio stretto.
Cammina
curiosa. Timida, fra quei muri alti e bianchi. Fra quelle porte grandi.
E finisce
distrattamente nella sua stanza.
La riconosce,
per l’ordine maniacale.
Resta sospesa.
Senza tempo. Indecisa sul da farsi.
Non ha tempo
di scrutare intorno, c’č giŕ qualcosa che ha attirato la
sua attenzione.
Una foto sul
comodino. Abbassata di prepotenza.
La tentazione
d’avvicinarsi ed alzarla č tanta.
Desiste. Non
sarebbe conveniente.
Non capisce
perché tanta curiositŕ.
Ma come ogni
brava donna, non perde tempo a chiederselo troppo; si avvicina guardinga, e proprio nell’attimo in cui sta per
sfiorarla, Claudio le compare alle spalle.
“Ti sei persa?!”
Sussulta, poi
ridendo si porta una mano lungo il collo.
“Credevo avessi il
bagno di servizio.”
“Ce
l’ho infatti.”
La guarda
fisso, indicando un punto con il dito proteso in avanti.
Silvia
annuisce, piuttosto imbarazzata; gli passa dinnanzi, senza staccare gli occhi
dal pavimento. Claudio le sorride. Poi incuriosito si guarda attorno.
Tutto gli
sembra in ordine. Tutto gli sembra com’č.
Poi quella
foto. Sorride nervoso. Gli va contro di forza; il sorriso felice di Eliana
finisce nei meandri oscuri di un cassetto da biancheria, che nessuno apre
piů da una vita.
“Chiamami quando
arrivi.”
“Claudio, stai
diventando paranoico.”
“No ma che dici!
E’ che se ti succede qualcosa, l’ultimo che ti ha vista sono
io… vorrei evitare casini…”
Silvia
s’indispettisce e gli molla un pugno secco sulla spalla.
“Come sei
violenta…”
La guarda languido e prima di concederle un qualsiasi bis, la cinge
forte a se; la tiene stretta sui fianchi, strappandole un bacio appassionato.
Che diventa improvvisamente voglia di passione. Che d’improvviso č
un brivido violento lungo la schiena.
Lei spalanca i
suoi bellissimi occhi neri, nell’attimo in cui Claudio sta per aprire i
suoi.
E continuare
cosě.
Senza dare
voce alle parole di quegli occhi che cosa non si stanno dicendo.
“Meglio che
vada”
Silvia si slega
dalla morsa, arretrando di qualche passo.
Afferra la
borsetta e prima d’uscire gli ruba un’altro bacio,
stavolta piccolo e delicato.
Sorride
maliziosa, prima di gettarsi alla prenotazione dell’ascensore.
aawwaa
“Tenga pure il
resto.”
Quel taxi sgomma
via. Ormai alle sue spalle. Ormai lontano.
Lei, sale le
scale dell’elegante palazzo di Viale Libia, in perfetto stile fascista.
Andato.
Antico. Ma maestoso.
Apre il
portone di fretta, le sue Gucci nuove, sfregano sul
pavimento dell’atrio lucido di cera. C’č un buon odore.
Quello di sempre. Di limone, dolce e avvolgente.
Occhi
distratti, frugano ancora nella cassetta della posta.
Ordinatamente
per venti anni, vi č passata accanto, oggi ridente, oggi distratta, oggi
arrabbiata; mani troppo scrupolose e ordinate, l’hanno raccolta prima del
suo arrivo.
Si mette in
fila per l’ascensore, ravvivandosi i capelli allo specchio.
“Davvero! Chiamami
quando arrivi!”
“Va bene… va
bene!”
Tende un
orecchio, fra quelle parole.
Una voce le
č molto familiare.
Gli angoli
della bocca si aprono in un sorriso nervoso. Maligno.
Fa un passo
avanti; č proprio la sua risata. La voce č esattamente quella di
Claudio.
Si appoggia
titubante alla ringhiera delle scale, persa in congetture della mente.
Poi passi
veloci e la porta dell’ascensore sbattere fra il vano
scale la riportano in vita.
Si porta
veloce dinnanzi la porta del suo piano, si sistema i vestiti, i capelli, con
isterismo.
“Eliana?!”
Non sente
chiamarsi.
Pregusta
giŕ il momento in cui vedrŕ materializzarsi quella piccola,
fastidiosa voce femminile cosě confidenziale con suo marito.
Ex marito. Ma
questo, ultimamente, lo dimentica un po’ spesso…
“Eliana, sei
proprio tu?!”
Ma quella voce
arriva a farsi sentire molto piů vicina.
E non solo con
essa.
Qualcuno la
sta scuotendo per un braccio.
“Oh! Giulia! Non
t’avevo vista. Scusami!”
“Ho notato. Come
mai qui?! Sei sola?! Non
c’č tuo figlio?!”
La pettegola
del quinto piano torna alla carica.
Ma non ha
proprio voglia di disquisire sui perché si trova lě.
Sola. Senza
suo figlio.
“Sono pur sempre la
signora Mei.”
Taglia secca
il discorso.
Quella si
indispettisce, squadrandola da capo a piedi.
“Sembrache da un
po’ di tempo il tuo ex marito apprezzi di piů le
signorine,perň.”
E sorride
beffarda, salutandola energicamente.
Proprio in
quel momento, Silvia spalanca la porta dell’ascensore, trovandosi
dinnanzi alle due donne; arresta di botto la corsa, ormai protesa in avanti,
guardandosi attorno spaesata. Quelle la osservano.
Le disarma con
uno dei suoi sorrisi migliori.
Fresca.
Giovane. Bella.
Eliana sente
come uno schiaffo dritto- dritto sulla guancia.
La pettegola
sorride, salutandola.
Eliana
divampa.
“Giulia
s’č fatto tardi. Ti chiude il mercato.”
“C’č
tempo. C’č tempo.”
E gli occhi
tornano su di lei, al giovane ragazza dell’ascensore.
Silvia prova a
districarsi dalla stramba situazione, ma Eliana la
blocca ostruendole il passaggio.
Oddio č
lei.
La guarda
bene, dai capelli alle scarpe.
No, non
puň essere lei. E’ cosě… cosě… giovane?!
Peggio!
E’ una
ragazzina!
“Scusi, mi fa
passare?! Non mi chiude il mercato, ma avrei fretta.”
La pettegola
ride. Eliana sbruffa.
Ma non schioda
da lě.
Non si perde
un particolare di quella figura minuta ed eccentrica.
Silvia allora
si inalbera, facendosi largo con una mezza spallata; poi scocciata, accentua il
passo verso l’uscita.
La donna la
segue con lo sguardo, finchč non sparisce fra
le cassette postali; la vede infilare qualcosa di cartaceo nella cassetta di
Claudio e poi aprire il portone.
Sta per
andarsene, ma si volta di scatto, sentendosi osservata.
Quella donna
la sta ancora guardando.
Allora
sorride, alza il dito medio, mimando un elegantissimo “’Fanculo!”, prima di sparire ridendo, della faccia da
scema di quella donna cosě strana.
Piccola stronzetta che non sei altro, ride bene chi ride ultimo!
“Ma tu non hai da
fare?! E vai…”
Spinge la
pettegola un po’ piů in lŕ, apre la porta
dell’ascensore e la richiude violentemente alle sue spalle.
Piccola strega
senza cuore, mi hai fatto cosa?! Innamorare?!
Non lo so.
Perň ci sto.
Gli risponde,
un vecchio Grignani dalle casse dello stereo in
filodiffusione.
Sorride,
annusando l’aria dal terrazzo della sua bella casa.
Lassů,
dove Roma sembra incartata con tanto di fiocco, in una nicchia verde
incontaminata.
Ora che si
concentra, puň distinguere bene quell’odore.
Che ha
scoperto da poco, ma che conosce giŕ alla perfezione.
Profumo di
Iris. La sua fragranza preferita.
Quella che
l’avvolge tutta, che lascia scia, dolcissima ad ogni gesto o movimento
che fa.
Silvia.
Ti penso
giŕ!
La porta
suona.
Torna alla
realtŕ.
La mia bimba
distratta, avrŕ dimenticato di certo qualcosa!
Apre ridendo.
Al solo pensiero.
E
perché no, alla ancora estenuante voglia di stringerla un po’ fra
le braccia.
“Ah… ma
allora non vuoi propr….”
Il sorriso,
gli muore sulle labbra.
La persona che
ha davanti, non č la sua Silvia.
No, non lo
č proprio.
“Che
c’č?! Sorpreso di vedermi?!”
“E’ che non
ti spettavo. Le tue improvvisate sono tutto altro che sorprese.”
“Beh?! Non mi fai
entrare?!”
La lascia
entrare, controvoglia.
Non riesce a
capire perché va cosě da un po’ di tempo, insomma sono
entrambi persone adulte, civili, eppure mai come adesso desidererebbe vederla
sparire dalla sua vista.
La
sua Eliana.
Ormai
piů non sua. Nemmeno nei pensieri piů nascosti. O introvabili.
Lo capisce,
mentre la vede allontanarsi e raggiungere il sofŕ.
Accavalla le
gambe, poi da lontano lo invita a prendere posto accanto a lei.
“Che poi, chi
aspetterai con tanta premura…”
“Non credo siano
affari tuoi, no?!”
“Come sei
scorbutico Claudio… dovresti trovarti una donna…”
“Magari aspettavo
proprio lei. La mia donna.”
“Difficile da
credere, visto che l’ho incrociata proprio mentre
andava via… hai del vino?!”
Claudio ride
nervosamente.
Eliana si alza
dal divano ancheggiando in direzione della cucina.
Poco dopo
riappare con del rosato fra le mani e due calici a coppa.
Gli si
avvicina. Languida nei movimenti, gli versa da bere.
“Complimenti.
Davvero graziosa. Quanti anni ha?! Quindici?! Sai che
imbarazzo se fosse piů piccola di nostro
figlio.”
“Perché sei
qui?!”
“Quanta
fretta… giŕ vuoi mandarmi via?! In un
certo senso sono qui anche per questo, sai?!”
Manda
giů provocante l’ultimo sorso di vino e sorride.
Lenta gli si
avvicina. Il suo Dior la precede. Andava matto per il
suo profumo.
Gli sfila il
bicchiere fra le mani, poggiandolo sul pavimento.
“Sai Claudio
č un periodo stressante per me…”
“Ah sě?! Non mi dire… la collezione Prada
di quest’anno ti ha delusa?!”
“Non scherzare.
E’ che mi sento cosě sola… tuo figlio
ormai fa coppia fissa con quella lŕ, come si chiama…”
“Valentina. Ed
č una brava ragazza.”
“A me non
l’ha fatta conoscere.”
“E ti chiedi il
perché?!”
“A dire il vero,
non mi interessa molto. Sai come vanno queste storie alla loro
etŕ…”
Claudio
l’ascolta distratto.
Non č
piů la donna di cui si innamorň venti anni prima.
Le sembra un
disco rotto, inutile e fastidioso.
Quando la
conobbe aveva sě e no ventimila lire nel portafoglio, gli occhi limpidi,
un’allegra e sana voglia di vivere.
Oggi, donna
manager in carriera, nel suo completo Armani
impeccabile, con la piega perfetta e le parole sporche di rossetto rosso fuoco,
le sembra soltanto la brutta caricatura di quella semplice ragazza che tanto le
piaceva.
Pensa a
Silvia.
Lei č
semplice, vivace, spontanea.
Per un
po’ l’accarezza il pensiero di ciň che potrebbe diventare,
ma quel brutto pensiero sparisce in fretta; Silvia č uno spirito libero.
Non se la vede a scendere a compromessi, non sarŕ certo una di
quelle che venderanno la propria libertŕ per degli schemi.
Sarŕ la
solita bellissima ragazza anche fra venti anni.
Perchč
lei ha rispetto di sé. Della sua vita.
Sorride
sereno.
“Ancora non mi
č ben chiaro perché sei qui”
“Te l’ho
detto. E’ un brutto momento. Mi sento molto sola.”
“Prenditi un cane.
Magari un chiwawa. Vanno di moda.”
Si alza,
mettendo su uno dei suoi sorrisi migliori.
Lei lo guarda
perplessa. Non sa se controbattere, certo, questo nuovo Claudio la fa sentire
molto in soggezione.
“Tu hai il dovere
di starmi vicino. Sono la madre di tuo figlio. Chissŕ cosa penserebbe
lui di te, se mi abbandonassi…”
“Ah, adesso
č anche mio figlio. Fammi capire, te ne ricordi solo
quando ti fa comodo?! Fortuna che č abbastanza intelligente da
prendere una posizione da solo. A ragionare con la sua testa.”
“Claudio, so che
abbiamo avuto dei problemi. Ma… ma vorrei rimediare.”
Si alza
anch’ella dal divano e lo raggiunge.
Gli accarezza
una spalla, lo fa voltare.
Lo guarda con
gli occhi lucidi. Preme forte le dita sul braccio.
“Come?!
Ricattandomi?!”
“Tu proprionon vuoi capire
eh…”
“Eh no. A quanto pare no. Mi sono
stancato delle tue lagne, Eliana. Hai tutto nella vita, eppure passi un mucchio
di tempo a lamentarti. Certe volte mi sembri una bambina viziata. Hai dei
problemi?! Parlane con il tuo uomo. O č vero
che di lui ti interessa solo il conto in banca?!”
Eliana
sussulta.
Si volta di
scatto, prende a piangere.
Claudio
sospira, senza malizia le cinge le spalle con le braccia.
Si
tranquillizza; voltandosi, l’abbraccia.
“Non č
facile… č sempre via, mi trascura. Tu pensi che sa facile vivere
accanto ad un uomo con un tenore di vita cosě?!
Pensi sia facile per me, tenere la testa alta?! Fare
finta che vada tutto bene, che tutto č perfetto, senza
crepe, meraviglioso?!”
“Lo hai scelto tu
di vivere cosě.”
“Sě e ne
sono pentita.”
Alza lo
sguardo e come niente cerca le labbra di Claudio.
Non le trova.
Perché
Claudio si č giŕ voltato da tempo. Infastidito.
Indignato.
Per tutte le
volte che si č ritrovato ad immaginarla fra le braccia di un altro e non
piů fra le sue.
Per averlo
lasciato, dandogli della nullitŕ. Del maschilista egoista, quando
l’unica cosa che voleva piů di tutte č che lei facesse una vita
dignitosa senza sbattersi dietro orari d’ufficio estenuanti, chiedendogli
di lasciare il lavoro.
Per il dolore
che piano- piano – e grazie ad un angelo sceso dal cielo- č
riuscito a colmare.
“Volevi i tuoi
spazi e te li ho dati. E’ un po’ tardi per tornare indietro, non ti
pare?!”
Ma lei non
risponde, lo prende per il bavero della camicia e lo stende di peso sul divano.
Disinibita
come non mai, si mette a cavalcioni sulle sue gambe.
Si sbottona la
giacca, meticolosamente, mentre con l’altra mano cerca la cerniera dei
pantaloni di Claudio.
E’
bella. E sporca. Sporca come non l’aveva mai sentita.
Dovrebbe
arrendersi, prenderla con violenza e poi mandarla al diavolo.
Magari
dovrebbe anche pagarla.
Ma non fa
nulla di tutto ciň; la prende sě, ma per spostarla, pregarle di
rivestirsi e di sparire il prima possibile da lě.
“E’ per
quella?!”
“Lo faccio per te.
Rivestiti dai, facciamo finta di niente.”
“No non ci credo,
lo fai davvero per quella ragazzina?!”
Claudio non le
risponde, se non prima d’alzarsi ed andare a versarsi un buon bicchiere
freddo di rosato.
“Io la amo”
Resta in piedi
a fissarla, mentre ride sornione.
Eliana lo
guarda disgustato.
Prende le sue
cose e sparisce di tutta fretta.
Ed č proprio quando vengono umiliate, che le bambine danno il peggio
di sé…
Ed Eliana, si
ricorda di avere ancora le chiavi della cassetta postale…
“Tanti
auguri a te.. tanti auguri a te.. tanti auguri Silvietta..
tanti auguri a te!”
La segreteriasi attiva automaticamente al terzo
squillo, inondando la stanza della voce squillante di Paola.
Silvia sorride, fa
spallucce, tornando a dove era.
Una vasca fumante riempie
il bagno di caldo vapore.
Proprio l’ideale in
una giornata stressante come quella.
Il suo compleanno!
Mai amato troppo
festeggiare.
Le ricorrenze gli mettono
addosso malinconia, un senso di pesantezza che non riesce a mitigare nemmeno
con la migliore delle feste.
E di certo Paola negli
anni non si era fatta scappare nemmeno un idea pur di renderla felice ma..
niente, niente la rendeva felice il giorno del suo compleanno se non
l’idea di fuggire a coriandoli, trombette (feste mosce) guepiere,
bustini, abiti di pelle (feste ridicole).
Forse qualcosa che
riusciva a rallegrarla era l’idea di un viaggio.
Quando Paola aveva la
mente occupata (e non solo) da l’ennesima vittima era riuscita ad
organizzare qualche fuga in cui si era sentita veramente contenta, appagata,
distratta da tutto ciň che le ricordava la fine e un nuovo inizio.
Era lě il problema.
Odiava la parola fine.
“Sě, lo so che questo giorno
non ti č particolarmente simpatico ma.. io sono la tua migliore amica e
ho il diritto di romperti le palle quanto voglio! Inoltre avrei un favore da
chiederti…rispondi o devo parlare alla tua segreteria tutto il
tempo?!”
Non avrebbe avuto pace se
non l’avesse fatto.
Si tira su ed alza il
telefono controvoglia.
“Mi
sembrava strano non ricavassi qualche beneficio da questo giorno..”
“Oh
Silvia hai risposto!”
“No
sono il mio ologramma…”
“Bene,
anche quest’anno vedo che sei felice di festeggiare… credevo ti
fossi impiccataall’asta
della doccia, mi hai fatto preoccupare.”
“Il
pensiero mi č sfiorato, ma poi sai ho pensato, come farŕ la mia
cara Paola senza la sua cavia preferita?! Dimmi cosa c’č.”
“Mi
chiedevo, visto che il burlesque party dell’anno scorso non ti č
andato molto a genio.. dal momento che con il tuo vecchio le cose vanno bene..
che ne dici se organizzassi una cosa tranquilla in quattro?!”
Ok forse era il caso di
preoccuparsi.
Paolaha reazioni urticanti alla parola
“uscita in quattro” o “uscita a sei” e tutti i numeri
pari che comprendessero uscite di coppia in cui lei- visibilmente single e
accanita sostenitrice del scopare č bello- uscisse irrimediabilmente
come la zitella sfigo/solitaria, ed ora, come se
niente fosse, ne aveva non solo pronunciato la parola con un candore tipico da
fata turchina ma si era proposta persino di organizzare la cosa..
l’uscita in quattro.
“Mi
sono persa qualcosa mentre ero via?!”
“Oh
mia cara il kamasutra non ha segreti per me.. certo che ti sei persa qualcosa!!”
“Oddio
Paola! Non mi riferivo a quello, i dettagli sessuali te li puoi tenere per te..
dicevo, cosa č questa storia dell’uscita a quattro?! E non mi
intortare con questa storia del burlesque party perché se vederti
vomitare sulla torta mi sarebbe andato a genio sarei una completa pazza.”
“Riesci
a ricordarmi cose della quale non vado nulla affatto fiera! Sei tremenda!”
“Allora?!
Che fai tergiversi?! Siamo amiche no?! Tu puoi informarti della mia relazione a
tuo piacimento ed io devo restare all’oscuro della tua?!”
Che uscisse con Sandro, l’amico
di Claudio lo sapeva bene.
A che livello fosse la
loro relazione un po’ meno.
E’ che parlare di
relazioni con Paola…
“Ma perché č passato cosě tanto?!”
“Una
settimana. Che nel tuo caso č un sacco di tempo. Ah, e stiamo entrando
nella seconda visto che oggi č lunedě.”
“Silvia,
il tuo scetticismo mi spaventa. Sono davvero cosě incostante?!”
“Sě.
Continui a non rispondere perň..”
“Ok,
ok! Beh il sesso č da favola, mi fa ridere cosa che tu sai č un
po’ complicata quando si tratta di uomini, nel mio caso, a meno che fra
le gambe tu non abbia una nocciolina e allora sě sai che risate..
comunque, č bello, fa il suo dovere, ha i soldi che non guasta e..
sě, ci esco insieme!”
“E
ti piace. Fine della storia.”
Paola ride al di lŕ
della cornetta. Poi sospira.
Tamburella su quella che
sembra una superficie solida e aspetta bene prima di rispondere.
Ma non č che poi
servano tutte queste parole.
Quando ti piace una
persona perdi tempo ad elencare cosa ti piace di lei.
Riempi di silenzi la
domanda che ti ci fa riflettere su.
Quado ti piace una
persona, ed č la prima volta, non bastano mille parole per parlare di
lei.
Ma due, forse, per
cominciare, possono anche andar bene.
“Sě.”
*
“Claudio
dove mi stai portando?!”
“Aspetta..
manca ancora poco..”
“Ecco
proprio quě, puoi aprire gli occhi.”
Il nastro rosso che le
copre gli occhi come niente cade.
Sono in garage. Claudio le
č di fianco con la faccia sorniona di chi ha azzeccato il regalo.
Una cinquecento rossa
infiocchettata, difatti, puň risultare regalo gradito.
E Silvia non prende
respiro da un po’.
“Mi
hai regalato una macchina?!” Sembra
avvilita o sorpresa. Confusa.
“Sě.”
Claudio per un attimo,
lontano dal suo ego smisurato, prova il terrore di aver esagerato.
Comincia a smaniare nel
voler sentire la sua vocina isterica, i suoi baci soffocanti e di vederla saltargli
al collo come al suo solito, tutto pur di non vederla impalata e boccheggiante.
“Ehm,
grazie! Ma tu non dovevi regalarmi una macchina. Un mazzo di fiori
bastava.”
“Ho
anche quello.” Apre il box e
distesi sulla sella di una moto scopre un mazzo di tulipani, i suoi fiori
preferiti. “E’
di seconda mano, un affare, la proprietaria l’ha tenuta quasi sempre in
garage. Ma comunque tu non devi preoccuparti di queste cose. E’ un regalo.”
“Ti
rendi conto che non potrň mai.. competere?!”
“Ho
giŕ una macchina, grazie.”
“Claudio..”
“Silvia..”
“Ti
piace, almeno?”
“Cazzomipiacesě!!”
E saltella contenta. La
notizia č arrivata finalmente ai neuroni.
Parla sommessa, tutta
d’un fiato e Claudio si lascia andare in una risata.
Finalmente la reazione che
cercava.
Le passa accanto, consegnandole
le chiavi e quella non se lo fa ripetere due volte prendendo posto sul sedile
guidatore. E’ felice. Annusa l’aria. Tocca lo stereo, accende il
motore. Strimpella il clacson e Claudio ride portandosi un indice sul labbro. Shh.. ma non si puň star zitti!
Non aveva mai posseduto
veramente una macchina.
C’era stata quella
di sua madre.
Poi quella di Matteo.
“Sul
serio, non dovevi.” Scende e con un
ancheggiata chiude lo sportello.
”Volevo,
non dovevo.”
“Sě
ma non ti pensare che adesso mi possiedi, capito?! Non abbiamo nessun
contratto!”
Claudio sta per ribattere,
ma si ammutolisce vedendola raccogliere i tulipani dalla moto.
“E
questa?!”
“Era
mia.” Getta lě.“Sarŕ
una vita che non la prendo.”
Silvia le gira intorno,
con un dito scosta un po’ di polvere, soffia e sorride.
“Allora
nascondi anche tu qualcosa.. che fossi un centauro perň..” E ride, sbattendo energicamente la sella con la mano libera,
facendo volare via il resto.
Balza su afferrando i
manubri.
”E’
che ti sei fatta un idea sbagliata del sottoscritto..”
“Sbagliatissima..”
Risponde provocatoria. Piegandosi e
strusciandosi quasi come a voler dominarla, mimando una corsa al vento. Poi
torna seria.“Perché non la usi piů?!”
“Ho
smesso, quando č nato Niccolň. Non ho mai avuto il coraggio di
venderla.”
“E
ho messo via un po’ di cose, ma chissŕ perché io non riesca
a metter via te.”
Un Ligabue dipinge sul
sorriso di Claudio una crepa.
Silvia se ne accorge, gira
il corpo verso la sua direzione allargando braccia e gambe.
”Vieni
Claudio. Vieni da me. Portiamola nel vento. Cavalchiamo quel sogno ancora una
volta.”
La guarda estasiato; ha la
testa leggermente piegata all’indietro, le gambe divaricate e
accoglienti.
E’ eccitato. Le va
vicino, vergognandosi quasi di quell’istinto primordiale.
Si lascia abbracciare forte,
sempre piů forte.
Silvia apre gli occhi
lucidi di desiderio e trova le labbra di Claudio sulle sue.
Senza invadenza, senza
prepotenza, sigillate delicatamente.
Ma non basta. Perché
in un momento diventa tutto un groviglio di braccia e mani che si cercano, che
si toccano, che si vogliono. Due cuori impauriti che si trovano un giorno di
sole, dopo nera tempesta. Occhi, occhi intensi si specchiano e si tengono
legati, scandendo la passione e ripercorrendola come fili, in quelle iridi
verdi e nere e ancora scure e poi chiare.
Eppure
sentire un fiore nel cemento.
Eppure
sentire, dei sogni infondo a un pianto.
Eppure
sentire, un senso di te.
Una macchina passa di
lŕ, con lo stereo a palla.
Un
senso di te.. un senso di te.
Claudio ci pensa. Che sia
tu il mio senso?! Il mio brivido?!
Oddio Silvia, ma come
bacia questo? E le sue mani?! Dio che mani!
Ma.. dove stiamo andando?!
Qua č tutto bello,
non c’č sofferenza. Ed io, io sto ridendo.
Dove stiamo andando?!
E piano e metodicamente e
come sempre da una vita, la serranda del garage si chiude, ovattando quel
viaggio cosě intimo, cosě speciale, distaccandolo in un mondo che
solo chi lo vive sa.
“Dai
Claudio, fammi correre nel vento!”
Qualche ora dopo, in un
caos di vestiti, baci, carezze, quella serranda si riapre.
E sono a cavalcioni
entrambi, sul rombo arrugginito e voglioso di tornare a respirare la sua
libertŕ.
Come Claudio che brilla di
una luce speciale, come i suoi occhi chiari sotto a quel casco.
“Sei
pronta?!”
“Pronta.”
Uno scatto del motore e la
moto di Claudio sparisce sulla rampa che fuoriesce dal garage.
Una donna, arrivata dal
senso contrario lo guarda bene al di sotto del casco.
Quinto piano. Un marito
giovane e due figli piccoli.
Scuote la testa e con un
click riapre la serranda del cancello.
Poi piů niente.
Solo la risata di lei. Gaia, cristallina, innocente come i suoi anni.
Il suo abbraccio saldo, la
sua voglia di condividere la liberta, senza paura, verso l’ignoto che fa
sempre un po’ paura, ma insieme un po’ meno.
Condividere, scambiarsi la
pelle, senza piů terrore.
Neanche dopo quella
sgommata sulla stradina sterrata che va verso la campagna.
”Stupendo!
Dai ora tocca a me, scendi!”
E lo tira per una manica e
lui arrendevole si fa trascinare e baciare un po’, prima di ripartire.
Con il cuore in gola.
Saprŕ portarla?!
E lei che dallo
specchietto gli sorride. Fidati di me. Abbandonati a me.
Tranquillizzarsi. Mi fido
di te.
E via cosě, senza
esitazioni, senza strappi al motore.
E’ forte, sa anche
guidare una moto.
Che bel vento. Brava
Silvia, bella curva. Come ridi Silvia. Che bel sorriso.
E che buon odore Silvia.
Dolce e muschiato. D’amore e di sesso.
Ed ora profumi anche di me,
Silvia.
*
“Mettiti
lŕ. Inclina la testa. Fissa gli occhi su di me.”
Uno, due, tre, scatto.
Occhi da favola. Occhi sognanti.
Ora una modella. Ora la
ragazza della porta accanto.
Mani sui fianchi, mani
aperte sulla testa verso il cielo.
Lei che ride e si lascia
andare. Una sciarpa colorata.
Il volto dipinto
incrociato al tramonto delle campagne romane in lontananza.
Spighe di grano e lei che
le accarezza con le spalle nude e bianche scoperte.
Quella sua figura perfetta
e irraggiungibile ora sua.
Avere voglia di gettare
via la reflex e buttarsi su quelle spalle senza ritegno.
Una smorfia maliziosa e
dirle basta. Sei stupenda cosě, non farmi altro male.
E le sue di dita che
scorrono veloci su quel pulsante.
Click. Click. Click.
E poi sull’orlo
della sua canottiera, fra il reggiseno e la pelle.
Il suo calore. Il suo
colore.
”Silvia
penso di essermi seriamente innamorato di te.”
Scivola dal suo corpo e torna al suo posto, abbandonandosi sull’erba.
Il volto girato verso quello di lei, alla ricerca di un segnale.
E lei che fruga nelle tasche alla ricerca delle sigarette.
Le sfila lui dai sui jeans, porgendogliele.
Sorridono impacciati.
Aveva promesso che non sarebbe accaduto.
Cerca di spezzare l’imbarazzo e il pensiero parlando.
”Questa
scommetto che non la sai. Vedi, devi prendere la prima sigaretta, esprimere un
desiderio e tenerla rigirata nel pacchetto. La fumerai per ultima, la tua
sigaretta del desiderio.”
“Mi
sembra piů un buon espediente anti scrocco. Ma effettivamente abbiamo
tutti bisogno di desiderare qualcosa, no?!”
Prende la sigaretta,
strizza gli occhi e la mette rigirata nel pacchetto.
”Un desiderio
veloce!”
“Ho tutto quello che
mi serve, qui con te.”
“Lo so. E sarŕ
sempre cosě, se tu vuoi.”
“Lo voglio.”
Quelle poche parole gli bastano per rialzare il busto e rubarle un
bacio intenso.
Ma non č abbastanza. Vuole molto di piů, adesso.
“Amami Silvia. Non
avere paura.”
“Non ho paura di te.
Ho paura di me. Perché abbandonarsi agli altri č la sfida
piů difficile.”
“Tu la tua l’hai
vinta in partenza. Ero perso e ho trovato te. Infondo, non avrebbe avuto senso
in un altro momento, pensaci bene, č successo quando doveva succedere.
Non abbiamo nulla che ci impedisca di stare insieme, a parte la volontŕ
ovvio, ma tu vuoi me come io voglio te. ”
Passa un dito veloce sulle labbra di Silvia.
Composto e calmo anche nell’esternare i suoi sentimenti.
Lo guarda decisamente attonita, non per mancanza di parole quanto
per la serietŕ del momento.
Capisce, sa, che non si puň piů tornare indietro.
”Quando non ci sei mi
manchi. E fare l’amore č stato bellissimo! Ti ho permesso di
regalarmi una macchina e ho diviso con te un letto quando ancora dovevamo
condividere i nostri pensieri. Sei salito sul mio motorino e nessuno puň
salire sul mio motorino. Abbiamo condiviso seicento chilometri di musica e
parole. Abbiamo ascoltato insieme la melodia del Tevere e non te l’ho mai
detto, ma da quando ti conosco riesco a sentirla di nuovo. Ecco, a mio modo
penso di amarti giŕ, tantissimo.”
E vederla tirarsi su e correre sull’erba agitando le braccia
verso di te.
Tu che la guardi impalato senza sapere cosa fare, cosa dire.
Ha detto che ti ama, a suo modo.
Ed č un bellissimo modo. Non vorrebbe fosse diverso.
Per un attimo che dura un eterno i ricordi inondano il cervello.
Dio come ami Silvia.
”Ma dove stiamo
andando?!”
“C’č il
chiosco dei paninari laggiů! Corri che sennň ti tocca
offrire!”
Dove stiamo andando? Claudio non se l’era mai chiesto prima.
Che importanza puň avere d'altronde, qualunque posto va
bene se c’č lei.
Claudio accosta la moto sotto al cancello di Silvia. Il sole č
calato, l’aria comincia ad odorare di brezza umida.
La ragazza accosta l’auto, infilandola fra due Smart quasi avesse
un righello.
“E
invece no. Stasera si cambia! Passo io.. ho la macchina adesso, ricordi?”
E gli butta le braccia al collo baciandolo con foga.
Gli riempie la faccia di schiocchi umidi e risolini ai quali č
impossibile trattenersi dal ridere.
“Va
bene.” Inutile
opporsi sapendo che avrebbe comunque vinto lei. Lei e la sua spontaneitŕ.
“Ti
senti bene?” Allontana il viso guardandolo accigliata.
“Veramente
non bene. Vorrei tenerti con me.”
Si chiude nelle spalle come se il medesimo pensiero le fosse stato
letto nella mente.
Lo bacia ancora e i loro occhi per un attimo aperti si incontrano
in un altro pensiero comune.
Sarebbe tutto piů facile se vivessero sotto lo stesso tetto.
Arrossiscono.
Solo che Silvia affonda il viso nel collo di Claudio e li vi resta
finchč non sospira e si porta verso casa.
“Silvia
mi chiedevo…”
“Sě…”
“Resti
a dormire da me, stanotte?!”
Lo sguardo di Claudio č fermo, deciso. Quasi perentorio nella richiesta,
smorza la serietŕ con un bel sorriso.
La vuole. E adesso che sembra averla, che i suoi pensieri non
sembrano piů cosě distanti e quella fottuta paura di soffrire meno marcata,
vuole godere del suo tempo, di lei, per tutto il tempo che c’č.
Silvia si lascia andare e gli corre addosso come volesse buttarlo
giů da quella moto che lo tiene legato.
Lo soffoca con un bacio violento e brutale. “Sě…” Gli soffia sulle
labbra prima di mordicchiarle e stampargli un ultimo bacio.
*
Le otto arrivano in un soffio.
Si infila il vestito rosa cipria comprato in una boutique del
centro in un impeto di follia da shopping, ballerine dorate semplici, un velo
di gloss ed č pronta. Si guarda soddisfatta. Ha la
faccia serena, non si vedeva cosě bella da tempo immemore.
Afferra la cluch rosa di Valentino, il
mazzo di chiavi e scende per le scale canticchiando allegramente.
E’ una bella serata di fine agosto.
Ed č il suo compleanno, dopotutto, indimenticabile.
Ha fatto l’amore con Claudio per la prima volta e i brividi gli
increspano la pelle al pensiero.
Lui le ha regalato una giornata di foto come le aveva promesso e
addirittura una macchina.
Per
non prendere sempre freddo.. perché i germogli vanno tenuti al riparo dalle
tempeste. Le aveva detto. Ed era stata bella come giustificazione.
Sě.. poteva ammetterlo almeno a se stessa, era felice.
Claudio č puntuale come al solito. Elegante nella sua giacca di
lino chiara e i pantaloni scuri.
Ha una rosa e la tiene al petto come fosse un segreto da
custodire.
Quando la vede arrivare, le apre la portiera e la gliela porge.
“Spero
mi lascerai almeno guidare.”
“Grazie.”
La prende
esi sposta dal
sedile senza controbattere.
“Sei
molto carina.” Getta un occhiata alla scollatura del vestito e sente di nuovo
l’ardore pulsare.
Smettila Claudio ma che ti prende?! Sembri un adolescente arrapato,
cazzo!
Ma per lui č stato sempre cosě. Il sesso non gli č mai sembrato
una cosa tanto speciale o almeno non il punto fisso di una vita.
Salvo ricredersi quando arriva quel momento che.. la persona
diventa tua, stabilisci con lei un legame che va al di lŕ della semplice carne
o del sangue, come un patto, che una volta stretto ti lega e non vuoi
dissolverlo. Non vuoi venire meno a quelle promesse, perché tradiresti te
stesso, rinnegheresti ciň che sei e quello che hai fatto. Beh, un po’ esagerato
forse, ma per Claudio il sesso era questo. Non era un atto. Era qualcosa di
piů.
“Ecco
lo sapevo. Per te adesso esisteranno solo le gemelle! Beh certo, sono
proporzionalmente perfette e morbide e..”
Claudio la bacia, soffocando le parole. Silvia sussulta come
sorpresa da un gesto cosě naturale.
Ci si abitua mai ad un bacio spontaneo?
Poi cala il silenzio. Quello altrettanto naturale, di due persone
che sanno tutto, che hanno visto, fatto, che conoscono le movenze e le
espressioni dell’altro; quel silenzio che sa di vittoria anche se muta, quel
silenzio come a voler dire ora so. E ti senti rilassato in quel silenzio, senza
aver piů paura di sopprimere il vuoto con parole vuote. E quasi te o godi. Sa
di piacere. Di conquista.
“Dio
mio! Sono gambe quelle che vedo?!” Paola strabuzza gli occhi quando la vede scendere dall’auto e
venirle incontro fuori al locale. Da una generosa gomitata al costato di
Claudio.
“Allora č vero che ci sai fare..”
“Claudio
ti presento Paola..” Silvia la incendia con lo sguardo. “Paola, ti sei giŕ presentata da sola..”
I due uomini ridono. Solo sentendo la risata generosa e accorata
di Sandro, Silvia si accorge della sua presenza.
E si da della pazza. Un uomo con quella faccia non passa
inosservato.
In realtŕ non ricordava fosse tanto bello quando lo aveva visto la
prima volta, agli studi della Dear.
Le era sembrato una specie di cosa parlante viscida e melliflua,
ma vederlo in tiro e sorridere di cuore gli aveva fatto cambiare idea.
O forse era semplicemente lei.
La serenitŕ colora il mondo della stessa sfumatura.
“Carino..
non sembra poi il mostro assatanato che descrivi.” Bisbiglia
nell’orecchio dell’amica tenendosi in disparte mentre i due iniziano a
discutere di lavoro. Sandro si accende una sigaretta e gesticola, Claudio lo
ascolta in ligio silenzio.
”Perché
non sai che numeri fa!!!”
Silvia ignorando le sue parole, la trascina piů vicina. “Abbiamo fatto l’amore.”
“Ma
qui ci vuole dello champagne allora!”
“Shh.. non voglio appendere i manifesti. Che c’č di strano,
doveva succedere prima o poi, no?!”
“Io
avevo perso ogni speranza a dire il vero..”
“Paola
ti odio! Sei una sabotatrice dell’amore!”
“Amore?!
Siamo giŕ cosě avanti?!”!
“Se
vabbč, ci rinuncio! Parlare d’amore con te č come parlare d’amore a una
comitiva di stripper.”
Sta per andarsene, ma quella l’afferra per le spalle. “Vieni al dunque. Come č
stato?!”
“Incredibile.”
Incredibile. Paola sorride.
Beh infondo per chi fa l’amore implicando anche l’uso del cuore,
l’esperienza č cosě che deve sembrare.
Aggrotta un sopracciglio, applicando il valore di
quell’incredibile ai suoi standard.
Beh incredibile č avere un orgasmo ogni due minuti. Un tipo che ti
tiene al molleggio tutto la notte. Sentirsi esausta ma completa.
Sě forse l’ultima cosa suona piů come una sdolcinata frase
ripetuta da ragazzini alla loro prima volta.
Ma per lei il sesso č sempre stato questo. Fame, assoluta fame e
assoluto bisogno di placare la richiesta.
Non si č mai giudicata troppo, ed odia i perbenisti pensieri
cattolici. La sua č fame. Fame da sesso.
Se uno ha fame, si procura cibo.
Se Paola ha fame, si procura un uomo.
“Ti
prego! I dettagli romantici da film spazzatura tienili per te!” Finge di ficcarsi
due dita in gola.
“La battuta degli stripper perň era carina.”
“Eh
ti pare. Dove ci sono addominali e chiappe sode in bella mostra ci sei tu!”
“Ovvio
e ti faccio presente che devi ringraziare il pennellone con la faccia da figo
che hai lě difronte se ti ho risparmiato una serata in club pullulante di
chiappe sode in bella mostra.. cominciavo a pensare che te l’eri persa da
qualche parte, che Matteo oltre a quell’orribile quadro finta pop-art si era
portato via anche la bernarda.”
“Tu
sei una donna di indubbio gusto!”
E si era allontanata blaterando alla volta di Claudio e il suo
amico incitandoli ad entrare ed evitare cosě che le parole di Paola gli
rovinassero la cena.
Paola rimane dietro un po’ interdetta.
Cazzo. Matteo. Quel nome accende nella testa un campanello. Ma non
č solo quello.
La sua micra grigia sfreccia su via
Trionfale come una scheggia.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Hai promesso Paola, non ti saresti immischiata nelle loro cose.
Perň adesso č diverso. Silvia sembra realmente appagata. Forse č
giunto il momento che sappia, prima che sia troppo tardi.
E poi, che male puň fare sapere che.. č tornato il peggior incubo
della tua vita?
L’uomo che in un sol colpo ha cancellato per sempre anni di
felicitŕ che tu credevi vera?
Le tremano le gambe. E d’improvviso non sembra piů una bella idea.
Si č cacciata in un guaio senza ritorno e comunque la metta, corre
il rischio di incrinare l’amicizia con Silvia.
Parlare, non parlare? Cosa sarebbe peggio, o meglio?!
Matteo ti odio dal profondo del cuore!
Che vada al diavolo, non sarŕ il momento adatto, ma decide di
dirglielo.
Fa un passo in avanti, il trio č fermo dinnanzi alla porta d’entrata
del locale. ”Silvia
asp..”. Poi si ferma.
Claudio fa passare lentamente la mano sotto al mento si Silvia che
ride bella come non lo č mai stata e la bacia.
E Paola non se la sente. Passa.
Cede.
Vaffanculo Matteo.
La cena scorre piacevolmente fra flute
di champagne e le battute di Paola, con Sandro a fargli da capospalla.
Quest’ultimo parla della sua vita e Claudio leggermente brillo lo
incalza con la sua, a colpi di “ma ti ricordi” tirano fuori un revival degli
anni ottanta che li vedeva con improbabili bomber supercolorati e i jeans
slavati rigirati alle caviglie, i maglioncini da fighetti e capelli- ancora
tutti saldamente al loro posto- gelatinati con lo stucco.
Silvia li sfotte canticchiando i motivetti pop di Madonna con il
cucchiaio usato come microfono e l’amica che le da il lŕ dall’altro lato del
tavolo agitando le mani; piů che una cena, un concerto. E scoppiano a ridere
all’unisono, generazioni diverse che si incrociano, diverse ma vicine, perché il
vintage č sempre bello, č sempre di moda.
*
”Quindi
io sarei vintage?!” Claudio le fa strada, aprendole il portone.
“Decisamente”
Bisbiglia
lei dal fondo dell’androne addormentato e buio.
Non č la prima volta che mette piede in casa sua, ma mai cosě
formalmente e questo le mette un po’ di agitazione. ”E poi cosa ti lamenti? Sono
decisamente i miei anni preferiti.”
”Lo
so.” Claudio
le sfila la giacca e la spinge affettuosamente nell’appartamento.
Tutto č come l’ultima volta. Candele, arredamento moderno e perfettamente
bianco. Scioccamente si sente sollevata.
Le foto sulle pareti, schizzi di arte pubblicitaria, le sorridono che
sembrano darle il ben ritrovata; poi sussulta, voltando lo sguardo sulla parete
del divano in pelle scura. La sua immagine, sfocata in una luce innaturale e
stupenda, campeggia nel bianco della pittura attorno facendo risaltare le
spighe di grano che le sue mani sfiorano nella foto.
”Doveva
rientrare anche lui nell’ultimo regalo ma era troppo bello e l’ho tenuto per
me.”
Claudio l’avvicina sfiorandole la pelle con qualcosa di morbido.
Un plico di tessuto grezzo č nelle sue mani.
Lo apre avida. Sa, immagina.
Decine di sue foto le sorridono, poi ammiccano, la guardano seria.
Alberi, campi, spighe. E tramonto.
E’ senza parole. Anche meglio di come aveva creduto.
”Sono
meravigliose.”
“Sono
contento ti piacciano.”
Silvia sorride, alzando ancora una volta gli occhi sulla stampa. “Ehi, quella č mia!” Claudio la
rimbrotta. “E’
perfetta.”
“Modesto.
E comunque.. ci sta decisamente bene. Meglio di quell’orrida foto astratta
finta new age di prima.”
La guarda stupito della sua vorace curiositŕ. Della sua vivida
memoria, dell’insaziabile sapere. Riesce a stupirlo come sempre.
Non sa che dire č un vortice di emozioni ogni volta. Lo lascia
avvinto e distrutto.
Come ora che l’avvicina e le bacia la spalla e la sente sussurrare
fra le labbra strette il suo nome.
“Sei
nervosa?!”
“Un
po’.” Snuda
denti perfetti nel sorriso da bambina che ama alla follia. Poi si divincola
dalla presa e prende a gironzolare per l’appartamento ,come se averlo ammesso
le avesse dato un po’ di coraggio. Prende un cd dimenticato sulla mensola, lo
accarezza annuendo con il capo. ”Questo sě che č vintage! 1980, Bruce Springsteen al suo quinto
album “The river”. Lo sai che HungryHeart č stata decretata best song
niente popň di meno che da John Lennon?!”
Preme il tasto play della consolle ultra moderna e note graffiate
dal tempo, irrompono dal fascio blu del led dell’aggeggio costoso di Claudio.
La sua testa si muove a ritmo di musica, ondeggiando da una parte
all’altra.
Occhi chiusi e la bocca schiusa cuore.
Everybody’sgot a hungryheart. Everybody’sgot a hungryheart.
Lay down yourmoney and you play your part.
Everybody’sgot a hungryheart.
Tutti abbiamo un cuore affamato. Fai la tua puntata e gioca la tua
carta. Tutti abbiamo un cuore affamato.
Ha ragione Bruce. L’amore va preso a morsi perché il cuore si
sazi.
E’ cosě e Claudio ci pensa un po’, prima di buttarsi in quella
mischia di capelli svolazzanti e occhi che ridono allegri.
Non č
facile misurare lo scorrere del tempo quando si č felici.
Le ore
passano e si accavallano ai minuti, ai secondi, agli istanti lasciandoti in
apnea senza bisogno di riprender fiato.
Silvia
lo sa bene.
Per
questo quando la sveglia isterica del suo cellulare suona, le da una manata
stile wrestling.
Ci
mette un po’ prima di capire dove si trova, dove sono le ciabatte e soprattutto
i suoi vestiti.
Stropicciando
un po’ gli occhi scorge gli slip appesi alla abat
jour e il vestito in un quasi suicidio sul bordo del davanzale.
Wow.
Qualcuno qui ci ha dato dentro, pensa.
Effettivamente
si sente intorpidita, ma č una sensazione piacevolissima. Leggera, si sente
leggera.
Come
se tutte le fatiche del mondo, il costante pensare l’avessero abbandonata e
lasciata cosě.
Leggera.
Si
infila l’intimo, acchiappa la camicia di Claudio dal pavimento e ciondolando si
porta in cucina.
Apre
diversi cassetti. Sbuffa. Poi canta. Sculetta e mischia cose a caso.
Morde
un biscotto e quando decide che č pronta, porta la colazione al suo uomo.
Lo
sveglia con un bacio e un morso all’orecchio. Quello protesta infilando la
testa sotto al cuscino.
”Perché
sei giŕ in piedi..” Sembra
un martire mentre riemerge dalla coltre di piume e lenzuola.
“Perché
vorrei fosse ancora il mio compleanno..” Gli salta in grembo “ma č tardi e ho mille cose da fare!”
“Ti
accompagno io, fammi alzare..”
“Claudio
io e te dobbiamo fare un discorso serio.” Tossicchia, “sě, siamo una coppia ma io resto sempre Silvia,
ok?!”
La
guarda accigliato. “E
questo ti sembra un discorso?”In realtŕ sa benissimo cosa intende dire,
ma ama punzecchiarla.
”Non fare il furbo con me fotografo da
strapazzo!” Lo solletica agitandosi tutta, poi si
china in avanti e melliflua gli soffia in un orecchio “Per quanto bello, dolce, disponibile tu sia.. so
ancora muovere un passo da sola.”
“Non ti cambierei mai.” Ribatte lui adesso un po’ eccitato. “Mi piaci cosě come sei.. dolce, lunatica, stronza!” E la butta a capofitto sul lato del letto
libero e a disposizione per tutte le varianti del sesso che di mattina, appena
svegli, ti possono passar per la mente.
*
Non č facile pensare alla felicitŕ in
termini di misura.
Nessuno si chiede quanto posso essere
felice?!
Gli umani sognatori immaginano la loro
vita come una spugna sempre pronta a raccogliere felicitŕ.
Gli umani pragmatici si danno un tetto.
Per non sforare. Per non rischiare di morire di allegria stessa.
Avolte i pragmatici diventano sognatori, ma quasi mai un sognatore
diventa pragmatico.
Chi si bagna nella felicitŕ č a quella che
aspira, sempre.
Perché la felicitŕ ti incastra. Ti porta
lontano. Ti cancella dalla realtŕ.
Ma la realtŕ a volte č un cane rabbioso.
E attende paziente.
Ti ulula addosso e ringhia alla vita di
riaverti con se.
Silvia cammina veloce verso il portone di
casa sua.
E nonostante la musica dalle cuffiette
copra benissimo il rumore, quel ringhio riesce a farsi sentire anche senza
parole.
Lui č lŕ, appoggiato ai citofoni e con lo
sguardo basso, come uno di quei venditori porta a porta.
Non lo riconosce dapprima, ma quando il
ragazzo alza gli occhi rimane folgorata dalla potenza di quella visione.
”Matteo.”
Non č una domanda. Nemmeno una
costatazione. E’ piů un lamento, un suono distorto. Affettato.
”Ciao.. Silvia.”Alza
una mano, imbarazzato.
“Sei proprio tu.” Lo guarda fissa con occhi piccoli e
asciutti. Non ha bevuto eppure avverte un senso di sbornia totale.
Vorrebbe reagire ma le gambe sono molli,
cedevoli.
Cazzo cervello riprenditi.
Ma quello non le risponde. Lo fa una voce
interna. Chiedi al cuore č affare suo.
No. Nessun sentimento. Come un automa si
sposta e cerca di infilare le chiavi nella toppa. Si accorge troppo tardi che
la chiave della cassetta postale č un milione di volte piů piccola per riuscire
a combinare qualcosa in un buco grande quasi il doppio.
Fottuta. Sono fottuta. Si gira di scatto
verso lui e lascia cadere le chiavi in terra ormai in balia del suo corpo.
”Ma cosa ci fai tu, qui?!” Almeno, l’uso della parola č ancora stabile,
anche se non č sicura del suono che abbiano i suoi pensieri.
”Se mi dai cinque minuti ti spiego tutto.”
Poi quasi a giustificarsi allarga le
braccia, “sono giorni che.. aspetto.”
Avrebbe dovuto dire… che ti faccio le
poste sotto casa. Ma forse era meglio sorvolare su certi dettagli.
E’ confusa. Forse dovrebbe essere una cosa
positiva. La guarda perplesso e il silenzio lo manda in paranoia.
Cazzo quanto č bella.
Salterebbe volentieri tre-quattro scene
solo per poterla baciare. Se ancora fosse lecito. ”Ti prego.”
“Ti prego?!”
“Voglio solo parlarti.” Altra bugia. Ma che differenza fa? Poi il
castello autoritario crolla e se ne esce come mai se ne sarebbe dovuto uscire. ”Mi sei mancata.” La
coordinazione lingua-corpo poi non va tanto meglio, perché quasi scatta nel
tentativo di allungare una mano verso la sua spalla.
Quanto mi sei mancata. Un moto di nausea
l’afferra per lo stomaco.
”Ti
prego io.” D’improvviso la lingua riprende sostanza. “Non toccarmi, non parlarmi, non fare nulla che mi
faccia sentire cosě.”
“Ti do fastidio?!” Arretra la mano.
“Matteo te ne sei andato lasciandomi come
un imbecille.” Sorride sarcastica. ”Per mesi non ho sentito parlare di te. Mesi di merda,
ovvio. Adesso torni e vuoi parlare? Tu e il tuo fottutissimo tempismo potete
andarvene a fanculo per quanto mi riguarda. Non ho nulla da dirti.”
Si piega a riprendere le chiavi. Con
decisione gira quella giusta.
Matteo blocca la porta con un piede e le č
dietro. “I miei sentimenti non sono mai cambiati.
Ho sbagliato. Se mi lasciassi spiegare. Se potessi solo per un istante vedermi
come il Matteo che ero. Quello che ti faceva ridere e che non ti ha mai fatto
mancare niente forse…”
“Mi hai fatto mancare tutto invece. Sei mancato
tu. Ho capito solo dopo quanto ti sei nascosto quando stavamo insieme.”
L’ascensore arriva al piano. Silvia ci
entra decisa e richiude la porta alle sue spalle.
Ma il ragazzo non demorde, l’arresta un
attimo prima che si chiuda e una volta dentro preme il tasto dei piani piů
alti.
“Oddio ma che fai! Spostati!” Cerca di allontanarlo dall’invisibile e
minuscolo perimetro che divide i loro spazi vitali, ma quello sembra
irremovibile. Una roccia. Riesce perlomeno ad arrestare la corsa premendo il
tasto T prima di guardarlo sconvolta.
Sente le lacrime pizzicarle gli occhi; lui
la prende per le spalle e di prepotenza la porta alla sua bocca.
Un bacio innocente. Da bambini di seconda
elementare. Che restano fermi. Che basta il contatto.
Silvia č un caos a cielo aperto. Un
uragano. Il cratere di un vulcano.
Diversi sfumature dal rosso al viola le
colorano il volto, magma incandescente su guance di pesca.
“Ricordati di respirare.” Matteo sospira ridendo sulle sue labbra,
prima di lasciarla.
Si stupisce del suono che esce dal suo
corpo ma.. sta ridendo. Lei sta ridendo.
E va avanti cosě, con lui che si piega sul
pavimento assieme a lei, ridendo senza motivo. Come se servisse.
“Sei il pessimo baciatore che la storia
ricordi.”
“E tu la stronza colossale che tutto il
mondo conosce.”
Si guardano senza dire altro, poi con un
sussulto l’ascensore riprende a salire sotto le urla del pinco pallino capitato
a tiro che li credeva bloccati dentro; quando il tizio apre li trova piegati in
due sul pavimento con le lacrime agli occhi e le mani che si stringono.
*
Quando si č felici si fanno cose senza
senso.
Come Claudio che per la terza volta cerca
di placcare Paloma, la colf, e la sua voglia di
cambiare le lenzuola a tutti i costi.
“Sporche.”
“No, oggi no.”
E il motivo č presto detto.
Le federe sanno di Silvia. Del suo
profumo. Dei suoi umori.
Ormai č al livello massimo di
tossicologia, non puň aumentare e probabilmente neanche diminuire, visto la
portata della sbandata, e si č arreso all'evidenza.
E' il mondo che deve accettarlo.
E lui non vuole separarsi da quelle
lenzuola.
Paloma cede e con la cesta sottobraccio si
dirige alla lavatrice.
“Eh l’amor! L’amor!”
Si gode la spremuta che le ha preparato
Silvia e prova a chiamarla.
Quella testolina fusa si sarŕ dimenticata
di dirmi dove č. Che fa. Perchč.
E
non gli importa di sembrare pesante, asfissiante, gli importa solo di farsi
riempire la testa dalle sue risate e dalla sua voce squillante.
Aggancia. Non raggiungibile.
Credo abbia detto che sarebbe andata in
palestra.
Fa spallucce, lasciando il bicchiere sul
lavandino.
Prende i vestiti che aveva preparato per
la giornata e si prepara.
Paloma dal corridoio canticchia canzonette
messicane e lo sfotte; lui ride, sistemandosi il nodo alla cravatta.
Quando si č felici ci si dimentica del
resto, d'altronde a chi importa del traffico, del lavoro, delle code
interminabili.
E quel semaforo rosso č solo un pretesto
per alzare il volume della radio e picchiettare il piede al ritmo di una
canzone.
Magari afferrare il cellulare e provare
distrattamente a comporre un numero.
Volare con il pensiero da lei. Di nuovo.
Libero. Uno, due, tre squilli.
Aggancia.
Quando si č felici non si dŕ peso alle
cose. Si sorvola.
Claudio imbocca il viale della Dear alzando la mano in cenno si saluto al gabbiotto.
Sgasa verso i parcheggi e prima di riporre
il cellulare nel taschino il display lampeggia.
Nuovo messaggio.
“Non adesso. Mi faccio viva io.”
Quando si č felici.. ci vuole niente a
tornar tristi.
*
La familiaritŕ di un luogo č come il limbo
per i dannati.
Un passo dal paradiso e uno dall’inferno.
Questo pensa Matteo, mentre Silvia gli fa
strada in quello che una volta era il loro appartamento.
C’era voluta mezzora buona di risate,
prima che si convincesse ad ascoltarlo.
Ed ora era lě, con i suoi dubbi, le frasi
mezze articolate e perlopiů sconnesse, le mani ansiose che si torturano.
E lei lo ascolta silenziosa, non sa se
credergli perché nella sua testa le risposte se l’era date da un pezzo.
E si era convinta.
Paura. Aveva avuto paura ed era scappato.
Fa dei giri lunghi di parole che portano
tutti al medesimo punto. Era stato un codardo, nulla piů.
Non c’erano altre e non c’erano state
prima che sparisse. Non aveva smesso d’amarla.
Solo paura. Ingestibile e incalcolabile.
Londra si era rivelata piů ardua del
previsto. Seguiva dei corsi utili per l’attivitŕ gestita da suo padre ed era
tornato.
Forse quello le aveva fatto davvero male.
Il fatto che non si fosse confidato.
Erano sempre stati una cosa sola. Amici e
dopo amanti.
Il pensiero che avesse avuto un segreto
con lei la dilania davvero.
Ma non fiata. Aspetta paziente che lui
finisca e quando Matteo accenna al silenzio si alza ed apre uno dei cassetti.
“Te lo ricordi, questo?!” Prende una scatolina di velluto e gliela
porge.
“Era il tuo anello.”
“Era, hai detto bene. Non sapevo dove
mandartelo.” Non vuole piangere ma una lacrima si
incastra fra le ciglia. “Vedi Matteo per
quanto io ti abbia strappato via da me, tu resti sempre, da qualche parte, a
ricordarmi che ci sei. Non importa quanti sforzi io faccia, tu sei lě.
Purtroppo perň ciň che č stato fatto in pezzi, seppur messo insieme, non
tornerŕ mai a esser splendente come prima. E io non voglio i resti. Dopo la
luce. Voglio tutto.” Spinge
la scatola nelle sue mani e si ritira.
Matteo prende il respiro. Ha un nodo in
gola, adesso. “Io ci credo ancora, anche se sembra
impossibile. Non sono un coglione, so che non č facile e che adesso tu non hai
la minima intenzione di vedere la mia faccia perň ti dico aspetta, pensaci un
po’ di piů. Io aspetterň, non rinuncio proprio adesso.. voglio dire sono ancora
vivo, no? Si beh forse per colpa di Paola impotente.. ma almeno tu hai
ascoltato.”
Silvia ha un lampo negli occhi e una
smorfia sulle labbra.
Paola certo. Sospira calando il capo.
Lui vorrebbe abbracciarla.
Prova ad avvicinarla, prima impacciato ma
quando non incontra resistenza, sicuro e forte.
Quel contatto fa paura. Si sente cosě
splendidamente a proprio agio.
Qualcosa dalle sue tasche continua a
vibrare. Gli occhi verdi di Claudio le bucano le tenebre e la riportano alla
realtŕ.
“Adesso vai.”
Lo sguardo accorato di Matteo č l’ultima
immagine che ricorda.
Compone un sms prima di abbandonarsi a
lugubri pensieri e a un mutismo figlio di una madre non sua.
*
Quando si č assaggiata la felicitŕ, per
quanto breve, inaspettata essa sia, la sensazione del dopo sembra assomigli a
un buco nel petto.
Dalla quale filtra aria rarefatta. E un
eco stonato del bel canto che vi era prima.
Quando si č assaggiata la felicitŕ si
resta senza fame.
L’unico sostegno sembrino essere i ma.. e
se.. poi piů nulla.
Quando si č assaggiata la felicitŕ si ha
voglia della felicitŕ stessa e non sostituti insapori e incolori.
Claudio esce dagli studi e
inconsapevolmente il suo sguardo scruta l’orizzonte.
Come se aspettasse qualcuno. Come se non
fosse possibile che lei sia lě.
E invece niente.
”Mi faccio viva io.” Quattro
parole che non significano nulla, ma che in realtŕ vogliono dire tutto.
Inevitabilmente, senza cercare di cadere
in paranoia, si aprono i cassetti della memoria –a volti veri e proprio baratri
se mal gestiti- e vi si scruta dentro, cercando quel qualcosa che possa essere
andato non nel verso giusto o quantomeno una giustificazione apparente,
plausibile, efficace che ammetta un mi faccio viva io. Difficilmente si trovano
giustificazioni, questo va detto.
Il miglior muro che una persona possa
mettere fra voi e la vostra intenzione di fare qualunque cosa č proprio un mi
faccio viva io.
Come a dire ti sego le gambe da subito e
poi prova a camminare.
E’ che non se lo aspettava. Non adesso.
Non dopo aver avuto l’illusione di averci capito qualcosa.
Chiaramente si sbagliava. E tutta questa
incertezza, doveva ammetterlo, lo rendeva frustrato e incapace.
Sandro gli dŕ una pacca sulla spalla,
passando di lŕ. Gli sorride e con un passo svelto si porta nell’area riservata
ai motorini.
Ricambia il saluto e si affretta anche
egli alla macchina, anche se nessun impegno lo aspetta.
O quasi.
Eliana lo aspetta ritta in piedi con i
suoi tacchi vertiginosi e una lounguette che le
fascia le gambe lunghe.
”Non sono qui per angosciarti,
tranquillo.” Getta via la sigaretta stretta fra le mani
laccate.
“Sei sola?!”
Annuisce.
“Sono venuta in taxi.”
Le fa cenno d’entrare, poi la guarda
curioso. “Lo sai vero che le carte del divorzio
viaggiano via posta?!”
“Hai sempre voglia di scherzare.. ti fa
bene l’amore.”
Tintintin. Campanello d’allarme. Scivola un po’ dal sedile
sbuffando. “Sei venuta a parlare di questo?”
“Sei il padre di mio figlio e comunque non
ci sarebbe nulla di male.” Poi
mette la mani avanti come a volerlo zittire.
“Sul serio dico, stai bene.. sembri rilassato.” Agita
un piede, si schiarisce la voce e riprende.
“E’ una brava ragazza. Il mio studio collabora con la sua famiglia da diversi
anni. Buffo vero?! Non mi sono messa a pedinarla tranquillo, il suo nome č
scivolato fra alcune carte che avevo davanti, tutto qua.” Claudio la guarda sbigottito e prima
d’avere il tempo di formulare qualsiasi domanda Eliana tira fuori dalla borsa
una busta bianca un po’ stropicciata.
”Ok, non sono una santa, lo ammetto. Ma č
per difendere certi interessi.. capisci, no?!” Gli
porge la busta divertita.
“Questa l’ho.. presa.. dalla tua cassetta postale. C’č il suo indirizzo dentro,
poi mi č bastato fare due piů due.” Si
da una rapida occhiata allo specchietto,
“non mi fa piacere che te la fai con una ragazzina che ha poco piů della metŕ
dei tuoi anni sia chiaro, dovrebbero vietarla come cosa č uno smacco morale
considerando che la controparte, cioč io, ne ha giusto il doppio.. perň se ti
fa felice, se ti ama come credo lei faccia, potrei anche sopportarlo.”
“Ah, beh grazie.” Claudio non sa se essere turbato,
sbigottito o incazzato per quello che le ha sentito dire.
Si limita ad un grazie, un po’ sarcastico,
ma sempre un grazie.
Adesso il suo pensiero gira intorno alla
busta e a cosa puň contenere.
La apre. E’ una lettera, la sua
calligrafia tonda e piena č riconoscibile fra mille. Sorride, il cuore piů
leggero.
Poi guarda la sua ex moglie e si sente un
po’ devoto. Un po’ meno incazzato.
L’ha sempre considerata una donna frivola,
leggera, priva di qualsiasi slancio emotivo eppure.. lo slancio lo ha dato a
lui.
”..il doppio degli anni ma sempre bella,
direi.” Lascia scivolare la busta nella giacca e
le sorride.
“.. ho detto potrei, quindi niente
arruffianate!” E finalmente la vede ricambiare il sorriso
dopo anni di tensione.
Ho postato questa storia sei anni fa e
converrete con me dopo sei anni ne passa di acqua sotto i ponti..
.. io sono decisamente un'altra persona e
mi diverte molto leggere i capitoli antecedenti a questi tre e fare i
confronti; all’inizio ero molto impacciata nello scrivere ancora di questi due
(che amo tantissimo) non sapendo dove avevo lasciato l’ispirazione.
Poi č stato come quando impari ad andare
in bicicletta dopo qualche caduta.. e l’ispirazione č arrivata.
Insieme ad alcuni appunti sconnessi che
avevo seminato qua e lŕ.
Sono contenta perché il riscontro č stato
subito positivo e ringrazio di cuore quei lettori che hanno messo la storia in
preferite/seguite/ricordate.
E sono anche contenta di chi non lo ha
fatto ma magari ci ha fatto un giro su.. J
A questo punto sono le recensioni che
mancano e lo sapete l’opera non č completa se non ci sono le vostre parole.
Spero di cuore che possiate esaudirmi,
commentando queste mie righe al fine di premiare la mia caparbietŕ, il mio
amore per questa storia e la passione che ci metto nello scriverla.
Grazie e un abbraccio affettuoso.
Lunadreamy.
Chap n.vk
Una giornata di settembre puň non avere
nulla di speciale e alcun che di interessante se non fosse che a Roma č
prevista la piena del Tevere.
Un evento piů unico che raro, negli ultimi
disastrosi anni di mal politica e crisi globale.
Ma comunque un qualcosa di spettacolare.
Le piogge incessanti ingrossano il livello
del fiume a tal punto da coprire tutto ciň che incontra ed arrivare quasi ad
altezza strada sui ponti.
Un’eventualitŕ degna di nota e addirittura
prevista.
E Silvia lo sa.
Per questo fra le mille righe incasinate
della sua lettera č lě che da appuntamento a Claudio, il giorno su detto, a
Ponte Milvio.
Maggiore č la sua portata, maggiore č la possibilitŕ
di sentirlo cantare. Questo ha scritto.
E Claudio ci crede, a dispetto di tutto,
dei due giorni che Roma č una cappa d’acqua coperta e dei due giorni che il suo
cellulare č muto.
*
Due giorni dopo, due giorni di chiamate,
messaggi e poi il silenzio profondo dell’arresa, Silvia č in terrazzo.
Una Corona giace ai piedi della sua sdraio
e un pacco di fazzoletti con l’ala aperta supplicano di essere usati.
Ma lacrime non ce ne sono piů. Andate via
per sempre.
Ed č per questo motivo che č fuori al
terrazzo, perché la pioggia copra il suo pianto assente e faccia il suo dovere.
E’ una giornata settembrina poco romana.
Il vento č calato e il cielo č cupo e oscuro.
Come il suo umore.
Sulle spalle un golf largo e traforato la
copre da zampillanti schizzi d’acqua del soffitto alla pozza formatasi sul
pavimento.
Riesce ad essere quasi felice.
Se non fosse che dentro si sente una vera
merda.
”Ah, sei qui.” Paola compare sull’uscio della porta a
vetri tutta trafelata. “Quel poveraccio di
Claudio mi ha lasciato almeno cinque messaggi in segreteria per sapere dove
fossi finita. In effetti sei sparita. Si puň sapere che č successo?!”
Quella non risponde dapprima, poi si volta
e fa un sorriso sarcastico.
“Dovresti saperlo, visto che non mi hai detto nulla di Matteo.”
Paola sussulta. “Ok..” Fa
cadere la borsa in terra ed esce sul terrazzo. Richiude la porta e si mette a
cavalcioni sulla sdraio accanto alla sua.
”Ero a un passo dal dirtelo, ma non ce
l’ho fatta.”
Silvia sbotta. “Paola, tu avevi il dovere di farcela!” Si alza e prende a camminare avanti e
indietro. “Dovevi provare tutti i giorni a dirmelo,
cazzo!”
“Che poi ti rendi conto se lo incontravo
con lui cosa sarebbe successo?!”
L’amica la incalza, mettendola a tacere. “Ma č di questo che ti preoccupi?!”
Lei non risponde. D’improvviso capisce. E
un po’ sta male.
La guarda consapevole e sospettosa, come
se quegli occhi rossi potessero confermare.
Il suo aspetto trasandato, la birra, i
fazzoletti dimenticati.
Non sono scene nuove.
Quando Matteo la lasciň, piů o meno venti
giorni su trenta se ne stava rinchiusa in quello stato pietoso.
Ed ora Matteo era tornato. E lei stava di
nuovo cosě.
Come poteva esser stata tanto stupida da credere
che lo avesse dimenticato?
Che non avrebbe avuto importanza?!
Si morde il labbro sconfitta.
Io non so nulla dell’amore.
E’ tutto ciň che il suo cervello le
risponde.
E le sembra abbastanza come scusa.
”Non cambiare discorso č di te che stiamo
parlando. Di che amica sei.” Puntualizza.
“Perché che amica sono?! Non sono
abbastanza perfetta, sua grazia?!” Paola
ha i lampi nelle pupille.
Non erano mai state cosě vicine alla
tempesta. Silvia non risponde, si morde il labbro pentita.
Non l’ha mai giudicata una pessima amica.
Paola č tante cose, ma pessima no.
”No.”
“Ah bene, per un attimo ho pensato a dieci
modi con cui ucciderti.”
“Solo che.. al tuo posto avrei preferito
dirtelo.”
Ora deve spiegare. O meglio, cercare di
spiegare, alla tua migliore amica perché sei stata tanto codarda senza ferirla.
Dare al caos che hai dentro una forma e
far sě che a lei stia bene.
Mentalmente un ennesimo vaffanculo a
Matteo non glielo toglie nessuno.
Ma poi sorride, non ci sono bisogno di
giustificazioni. Deve semplicemente essere se stessa.
“Beh io no, a quanto pare conta molto di
piů la tua felicitŕ per me. E ho creduto che lo fossi, con Claudio.” Alza lo sguardo. Silvia sospira. “Cioč Silvia tu puoi chiedermi anatomicamente come č
fatto un uomo ed io ti sciorino l’ABC del suo corpo, puoi chiedermi cosa da
piacere ad un uomo ed io ti elenco i diversi punti erogeni in ordine alfabetico
ma.. tu non puoi chiedermi di gestire faccende d’amore. Non ne sono in grado.
L’ho visto, gli ho dato un bel calcio nelle palle e gli ho detto di lasciarti
stare, che eri felice davvero. Ecco io sono fatta cosě, mi dispiace, anche se non
credo mi debba sentire in colpa per quello che sono ma.. mi dispiace per come
sono io per te.” Prende
un sorso dalla sua Corona ormai calda e si alza.
“Il resto non mi riguarda. Sono cose vostre.”
Le passa la bottiglia e un bacio veloce
sulla guancia.
Fa cadere le chiavi di emergenza sulla
sdraio, supera la porta a vetri ed č in casa.
Silvia č immobile. La guarda andare via.
Perfetto, cazzo.
Svegliati Silvia. Svegliati!
E’ la tua Paola che se ne sta andando.
L’amica delle mille cazzate. Delle mille risate.
Uno scossone la rianima. Supera la
grondaia e si butta sul parapetto.
”Che devo fare?!” Le urla, quando vede la sua testolina fare
capolino nel cortile.
“E che ne so io?!” Pesca nella borsa le chiavi della macchina,
mentre con il mento tiene fermo l’ombrello.
“Ma posso dirti una cosa. Io ti amerň sempre, nel bene e nel male!” E schizza via veloce, saltando da una
pozzanghera all’altra.
Un’ora dopo, con la sua immagine riflessa
allo specchio, cerca di elencare mentalmente tutti i difetti di Claudio.
Ed č buffo, ciň che prima non sopporti di
una persona, un tic, un aspetto del carattere, l’odore perfino, secoli dopo
diventa amore.
Ed č cosě naturale che quasi ti dai della
sciocca per averlo notato.
C’č solo una cosa perň che puň spazzare
via l’amore.
L’amore stesso.
E mentre si tortura i capelli con la
spazzola, capisce che sě.. č innamorata di Claudio.
Ma anche di Matteo.
E non si tratta di decidere chi si ama di
piů. Ma chi ha preso il posto di chi.
Matteo tornando a casa č tornato lě, dove
prima c’era il fosso.
Nel suo cuore.
Si infila dei jeans e una maglietta
bianca, afferra il trench con le chiavi e corre all’appuntamento.
Non puň indugiare oltre.
*
”Sapevo che eri qui.”
Un raggio di sole fa capolino dalla coltre
di nuvole e gli illumina il viso. Bellissimo.
Guardandolo il cuore un po’ protesta ma lo
mette a tacere subito, come ha imparato a fare.
”Ancora niente?!” Mira al biondo Tevere gorgoglione,
sorridendo.
Si avvicina, lei resta immobile. Il
sorriso diventa una linea orizzontale chiusa, poi una smorfia.
Si sente come il ragazzino di quattordici
anni alla prima batosta d’amore.
Se la ricorda ancora la dolce bastarda;
Carolina, stessa etŕ, due occhi azzurro-verdi da far impallidire le montagne di
Marcella Bella, alta una spanna piů di lui e un sorriso perfetto. ”Dobbiamo parlare” gli
aveva detto. Si era innamorata di Giulio, il di lui compagno di banco, nonché
migliore amico nello scambio di figurine che non aveva capito che lo scambio
era limitato solo a quello e che la sua ragazza era sua e basta.
Beh una delusione mostruosa. E a
quattordici anni una delusione d’amore era una cosa bruttissima.
”Allora, mi vuoi dire che succede?!”
”E’ tornato.”
Otto lettere piů un accento. Otto brividi.
“E ci siamo baciati.”
Parla sciolta, come se l’uomo che avesse
difronte fosse un perfetto estraneo.
Non riesce a provare rabbia. La stima troppo
forse, ha imparato a conoscerla, sa che non gli avrebbe mentito.
Eppure una parte di se vorrebbe urlare,
esplodere, forse č quel ragazzino di quattordici anni con i capelli spettinati
che č rimasto sepolto in lui.
Chissŕ. Non č mai stato un uomo verbalmente
violento. Quindi mette a tacere i suoi fantasmi, quel ragazzino quattordicenne
e la Carolina, Giulio e si limita a guardare avanti, verso il fluire impetuoso
del fiume ai suoi piedi.
Lei č lŕ che lo guarda. Che aspetta
qualcosa.
”Ti prego, di qualcosa.”
Vorrei sparissi come vento. E vorrei non
averti qui. Il cervello non suggerisce nulla di buono.
Opta per uno standard.”Cosa
posso dire?!”
”Non so, che sei incazzato. Oh deluso. Il
perché.. insomma, qualsiasi cosa ma non questo fottuto silenzio.”
Poi le sente arrivare come un moto d’onda.
Le parole, calde, avvolgenti, sicure.
E ci mette un po’, non vuole soppesarle,
vuole essere sincero.
“Il perché lo so. Anche se ho fatto finta
di nulla, lo ammetto. Tutti abbiamo un passato con il quale fare i conti, forse
ti sei accorta che non possiamo guardare al futuro se la sua ombra č ancora
presente. Mi piace pensare che sia cosě. Chiamami illuso.” Sorride, ma torna serio subito. “Deluso? Incazzato? Sě indubbiamente, ma non
cambierebbe lo stato delle cose, no? Ti voglio bene Silvia, mi sono perfino
innamorato di te, mi hai detto buttati e mi sono buttato. Mi hai dato
tantissimo ed č a questo che io penserň.. pensandoti.” Inspira profondamente, piano l’avvicina a
se, l’abbraccia e con le labbra le sfiora la fronte. “Ora devi dare anche tu qualcosa a te stessa. Che sia
l’amore, che non lo sia, che sia diverso da ciň che ci aspettavamo, non
importa. Buttati e sii felice finalmente. Io sono felice di averti incontrato.
Non fare che non sia cosě anche per te. Mai.””
E non dice piů nulla.
La culla fra le sue braccia e si sente per
la prima volta dopo tanto tempo il quarantenne con in braccio la ventitreenne.
Questo pensiero gli basta a scostarla,
sorriderle stringendola forte per le spalle, imprimendo un istante, l’ultimo.
Ultimo flash dei suoi occhi grandi e neri.
Ultimo flash di quei capelli arruffati e
del suo modo d’essere originale.
Le sfiora la mano con un bacio e si sente
idiota come sempre.
Idiota, ma per l’ultima volta.
*
Il contachilometri sfiora i centotrenta
sulla tangenziale sgombra.
E nel silenzio dell’abitacolo il suo vaso
di pandora puň essere riaperto.
Giulio, Carolina, il ragazzino sfigato
quattordicenne aleggiano nell’aria sulle sue urla sconnesse.
Un canto a squarciagola puň bastare a
lenire le tue ferite, almeno per un po'.
E anche se gli Strani amori della Pausini che stanno passando in radio, un po’ ti
fanno ridere e un po’ ti fanno piangere, ti sembrano perfetti e non ti vergogni
di essere solo tu, la tua voce e le tue emozioni.
”Mancano
venti giorni a Natale e Roma č giŕ un delirio!”
Paola
appare in ufficio con la sua solita irriverenza.
Getta
il cappotto sull'appendiabiti e si accascia di peso sulla sedia girevole.
Guarda
la scrivania e sorride a trentadue denti.
Silvia
le ha fatto trovare il suo cupcake preferito, quelli
di Bakeryhouse in Corso
Trieste.
Guarda
l'amica al di lŕ del pc e sogghigna.
”E
tu e Matteo cosa farete di bello? Cenetta con i tuoi, Pasqua con chi vuoi?!”
Da
quando sono tornati a vivere insieme non fa altro che sfotterla.
Beh
vivere insieme č un termine esagerato. Diciamo che ha permesso al poveretto di
lasciare almeno lo spazzolino in bagno.
E che
quattro giorni su sette condividono lo stesso letto.
Chissŕ
come le č presa una certa allergia alla presenza maschile nelle sue cose.
”Invece
tu anche stavolta allo scoccare della mezzanotte infilerai la tua bella testa
nella bottiglia del rum? E fammi indovinare.. quest’anno il motivo si chiamerŕ
Sandro per caso?!”
”Ma
che fai insisti? Ti ho detto che me lo sono levato dalla testa. Non eravamo
compatibili.”
”Sě
come no! Diciamo che tu eri poco compatibile con lui. Anzi lo sei con il resto
del mondo! Giusto io riesco a sopportarti.."
”Ah..
carina. Ricordami queste parole la prossima volta che hai una crisi
esistenziale, ok?!”"
Silvia
si alza dalla scrivania e le si butta addosso.
”Ti
amo, lo sai!”
”Anche
io.. mi amo!”
E
ridacchiano insieme, per quei segreti sussurrati che solo i loro cuori possono
capire.
Il
rumore di nocche contro il legno della porta le conduce alla realtŕ.
Si
guardano di sottecchi, trattenendo il respiro.
Il
capo č sull'uscio che le guarda severo.
Silvia
scivola al suo posto che sembra un anguilla.
”I
miei complimenti signorina Mancini. ”Le
va incontro, una busta bianca a mezza aria.
”Sě,
davvero i miei piů sentiti complimenti” Gliela
consegna. Lo guarda cianotica.
Non
riesce a scorgere la figura di Paola oltre le sue spalle ma conoscendola avrŕ
due dita ficcate in gola.
”Devo
preoccuparmi?!” Ride
un pň civettuola, se ne accorge concentrandosi sul
contenuto della lettera.
In
realtŕ le parole si accavallano, riesce solo a scorgere il logo della testata
del Messaggero
E
frasi del tipo saremmo lieti se volesse collaborare con noi, i suoi testi sono
ottimi e bla bla bla.
Istintivamente
la mette giů, alza le spalle e guarda il capo stralunata.
”Non
ne so nulla.”
”Ma
certo. Il dott. Padovan in persona mi ha pregato di
farti avere questa. Ha ricevuto i suoi scritti da un suo conoscente, un certo
dott. Mei.. e li ha trovati interessanti. Le concedono la possibilitŕ di uno
stage della durata di quattro mesi.”
A
questo punto, uno si aspetta, non so se non un urlo, almeno un gemito di gioia.
Ma
Silvia, ancor piů cianotica biascica borbottii fra se e se come i pazzi.
Riemerge
dalla nebbia.
”C’č
scritto proprio dott. Mei?!”
”Sveglia
Mancini! Puoi leggerlo lei stessa. ”Si
gira verso Paola tirandole la cartelletta con le bozze corrette e torna su di
lei.
”Ma
č ancora qua? Cosa aspetta! Passi in segreteria e si faccia dare i pass
stampati. Questa č un opportunitŕ che non deve farsi scappare, se č vero che
vuol fare questo lavoro!”
Si
alza dalla sedia come avesse preso la scossa.
Quello
ride allisciandosi i baffi. ”Terlizzi
non scimmiotti alle mie spalle e torni al lavoro. Ci aspettiamo grandi cose
anche da lei.”
Si
gira e va via.
Rimaste
sole e finalmente sulla stessa visuale scoppiano a ridere.
”Cioč
ti rendi conto che carino? Ti ha raccomandata!”
”Hanno
detto che i pezzi sono buoni. Questo non mi fa apparire meno raccomandata?!”
”Come
sei ingenua Silvia..”
”E
tu rosicona!”
”E
poi dicono che scopare non porta a nulla..”
”Questa
te la potevi risparmiare eh!”
Silvia
le lancia la leva punti che va a schiantarsi contro la stampa di Indro
Montanelli alle sue spalle.
Poi si guardano per un pň,
Paola tentenna ma alla fine sputa il rospo.
”Lo
chiamerai per ringraziarlo?!”
Una
domanda che rimane lě sospesa per un pň.
Claudio.
Il solo ripensarlo le mette agitazione.
Alza
le spalle e l’amica borbotta qualcosa. Fa finta di nulla, si alza e va verso i
suoi pass.
E il
futuro.
*
L’inverno
non č la stagione ideale per mantenersi in forma correndo al parco.
Secondo
Claudio č invece un toccasana.
Ama la
sensazione di vento freddo sul viso, di aria che ti congela il respiro e ti fa
sembrare pulito.
Per
questo si infila le scarpe e la felpa di pile e scende di fretta i gradini
delle scale.
La sua
stagione preferita č in pieno regime. La cittŕ si riempie di luci e caos,
bambini festanti e adulti in crisi di nervi.
Ha
bisogno di scaricare il patos creatosi durante l’ ultima trasmissione
televisiva per la quale ha lavorato; un successone.
E per
un successo sul lavoro, corrisponde un insuccesso in amore.
E’
sempre single.
Non
che se ne preoccupi piů di tanto, nella sua monotonia e vita a uno ci sta
benissimo, ma ogni tanto sente la mancanza.
Di
cose proibite.
Di
baci fugaci.
Di
fame e risate.
.. di
Silvia.
Non
l’ha dimenticata, sebbene il cuore si addomestichi con il tempo.
Uno
scatto tira l’altro.
Sente
i muscoli rinvigorirsi e i polmoni allargarsi mentre vola sotto la cascata di
alberi che adombrano il parco.
Risale
su per quella collina, Monte Mario, che č un po’ la terrazza di Roma, sente il
battito del cuore negli orecchi , chiude gli occhi e si concentra. Li riapre,
un gruppo di ragazze su una panchina lo guardano passare e parlottano fra di
loro. La biondina, quella piů timida del gruppo, agli estremi, raggomitolata in
se stessa, gli sorride e per un attimo pensa di avere le allucinazioni; sorriso
di porcellana, occhi belli. Ricambia il sorriso.
Il
cuore si addomestica. I ricordi un po’ meno.
*
Fa
abbastanza freddo in questo tardo pomeriggio dicembrino.
Silvia
aggiusta il colletto del cappotto stringendosi nelle spalle.
E’ po’
su di giri.
Lo
stage, i pass, tutti a farle i complimenti… Claudio.
Non č
che ha smesso di pensarlo da un giorno all’altro. Anzi, la sua esistenza č un
cassetto della memoria ricco di preziosi che non si ha il coraggio di guardare.
Ma di certo, non si sarebbe aspettata la valanga si sensazioni che adesso
prova, al pensiero che in qualche modo č riuscito a ricongiungersi a lei. A far
tornare il pensiero prepotente su di lui. E un po’ ride e un po’ č nervosa.
L’ultimo ricordo sono le sue spalle larghe defilate lungo il ponte che li ha
visti conoscersi, con il fiume roboante sotto ai loro piedi come le loro anime,
dentro.
Non lo
avrebbe piů rivisto, aveva pensato. Vite diverse, orari diversi.. una cittŕ
troppo grande.
Per
due che come noi non sperano pero'.. si stan cercando. Il Battisti nella sua testa e per i momenti
critici, le risponde.
Cosě come quando č il cuore a comandare e la testa
resta in pausa, apre la macchina, da gas e sfreccia verso la collina che
controlla Roma.
Via Cortina D’Ampezzo č sempre la stessa;
comprensori nascosti dal verde, ovattati nella loro amata solitudine.
La macchina sa dove andare, i pensieri di Silvia,
anche.
Parcheggia difronte al portone che l’ha vista
andare via e non voltarsi piů.
Chissŕ se c’č.
Citofona una e due volte prima di abbassare le
spalle e sbuffare.
Il silenzio che esce dall’apparecchio indica che
lui non c’č.
Avrebbe dovuto chiamarlo, ovvio.
Ma non voleva chiudere il cerchio senza guardarlo
in faccia, dirgli per l’ennesima volta che non doveva fare ciň che aveva fatto.
Non doveva comprarle una macchina. Perché
separarsene era stato molto piů duro di ciň che avesse ipotizzato- quando
l’aveva venduta e devoluto il ricavato alla parrocchia di quartiere aveva
addirittura pianto- e non era certo per il possesso del mezzo, no, quella
macchina le ricordava uno dei giorni piů belli della sua vita. E questo bastava
piů di tutte le lacrime.
Non doveva fare da tramite per una delle testate
giornalistiche piů importanti del Paese. No, perché se avesse avuto successo,
quel successo le avrebbe per sempre ricordato chi c’era dietro. Una persona
splendida.
Non doveva farla innamorare. Perché amarlo l’aveva
guarita, ma come tutte le ferite profonde quando č cattivo tempo bruciano. E
adesso il suo cuore bruciava e non riusciva a capacitarsi di ciň. Aveva fatto
una scelta.
Era il giorno perfetto per ridere, stappare
bottiglie, fare l’amore e pensare addirittura a metter su famiglia.
Era il giorno in cui avrebbe dovuto urlare di
gioia e ubriacarsi se ne aveva voglia.
Non c’erano nuvole sul cielo. Era sereno, dentro e
fuori.
.. ma allora perché? Perché me ne sto appoggiata a
un muro a fissare il nulla, con una lacrima dispettosa che scivola giů e
sparisce sul collo?
”Signorina
cerca qualcuno?!” Riconosciuto
il signore anziano del gabbiotto, si asciuga la guancia con una manica, svelta.
Lo
guarda cercando di capire se ricorda anche egli il suo volto. “Cercavo il dott. Mei.” Strano chiamarlo cosě. Innaturale.
“Il
dottore č uscito. Puň chiedere a me.”
“No..
nulla..” Fa
per andarsene, ma si blocca.
“Anzi.. ha mica un post-it?!”
“Un
post-it, signorina?!”
Annuisce,
le fa cenno con il dito di aspettare e quando ritorna ha un quadratino giallo
fluo in mano.
“E’
un po’ stropicciato..”
“Non
si preoccupi.” Scava
nella borsa alla ricerca di una penna ed esce fuori un pennarello. “Meglio di niente..”
Il portiere č la che la guarda curioso togliere il
tappo coi denti e accigliarsi nel trovare qualcosa da scrivere;
quando riapre gli occhi lei lo guarda talmente male che il nonnino torna
dentro. Le scappa una risata.
Dopo qualche minuto passato a pensare decide che
la semplicitŕ č la miglior soluzione.
Grazie.. ma non dovevi! J
Sa che almeno lo farŕ ridere. E che se potesse le
avrebbe risposto che voleva, non doveva.
Senza rimuginarci su lo appiccica sulla targhetta
con il suo nome, lo guarda soddisfatta e si allontana.
Un ultima occhiata fugace intorno, ricordando i
momenti in cui era entrata e uscita da quel portone felice.
Aveva fatto una scelta.
E doveva essere felice, glielo aveva promesso.
Ora
devi dare anche tu qualcosa a te stessa. Che sia l’amore, che non lo sia, che
sia diverso da ciň che ci aspettavamo, non importa.
Buttati
e sii felice finalmente. Io sono felice di averti incontrato. Non fare che non
sia cosě anche per te. Mai.
Ha ragione lui. Ha sempre avuto ragione lui.
Quanto sei cretina Silvia. Sei diventata una
sentimentalista del cavolo!
Colpa di Matteo e le sue commedie strappalacrime.
Devo dirglielo!
Ora vai a casa, ti fai bella e festeggi i tuoi
successi come tutte le persone normali farebbero.
Non puoi piangere in un giorno cosě. Devi dare
qualcosa a te stessa, te lo meriti e lo sai.
Lui lo ha sempre saputo, infondo. Ti ha scoperta.
Ti ha guardata dentro. Senza rinunce. Si č buttato.
Non fare che il vostro amore sia stato inutile.
Non lo farň.
Infila le mani in tasca e prende le chiavi della Micra sgangherata di Matteo.
Stringe forte il pugno, agguantando la forza di
schiodarsi di lŕ.
Noi donne siamo strane. Aggiustiamo, disfiamo,
sistemiamo e poi buttiamo tutto all’aria; lasciamo uomini che pensiamo non
siano alla nostra altezza e ci mettiamo con chi magari č alto ma solo in
questione di centimetri.
Uccidiamo i secondari e sposiamo i principi che
per principio non sono nobili.
Voltiamo le spalle a un amore grande perché un
grande amore (passato) ci reclama.
Eh sě.. a volte siamo strane. E Silvia adesso fa
parte della categoria “a volte” perché prima di dare gas guarda quel portone e
si immagina ancora una volta uscire di lŕ con il suo bel sorriso come
accessorio migliore.
Intanto, dall’altra parte della strada Claudio
sopraggiunge con il fiatone e i capelli neri lucidi di sudore.
Arriva svelto e nota subito quella macchia grigia
infondo al viale e la folta chioma bionda dallo specchietto retrovisore.
Basta Claudio per oggi hai avuto giŕ la tua dose…
ride, staccando le chiavi dal moschettone.
Un post-it giallo fluo cattura la sua attenzione.
Ancora quella calligrafia. Scordarla č
impossibile.
Emozionato lo tira via di fretta.
Sorride ancora per quel messaggio diretto e
stupendo nella sua semplicitŕ.
Istintivamente si affaccia ancora sulla strada, ma
della macchina non v’č piů traccia.
Era lei. Sospira. A volte il destino fa brutti
scherzi.
O magari aiuta. Perché in questo preciso istante
il cuore č un battito d’ali impazzito.
”Ah,
bentornato dottore. E’ passata una signorina che mi ha chiesto di lei.”
“Grazie
Arturo, l’ho vista. E’ Silvia se la ricorda?!”
“Era
Silvia? Oh sono diventato bacucco o proprio č cambiata tanto.”
“Dice?!”
“Sembrava
molto triste.”
Un
altro tuffo al cuore. E dai Claudio smettila o ti farai venire un infarto.
Non
sei il suo eroe e nemmeno il suo salvatore. C’č stato un tempo, forse, in cui
ti ha permesso di esserlo, ma quel tempo č scaduto e lei č l’adulta-ragazzina
piů in gamba che conosci. Sa badare a sé. Ma il problema č.. chi le č accanto
sa fare altrettanto?!
Il
pensiero gli brucia lo stomaco. Inspira, scuote la testa e si ordina di non
pensarci. Non sono affari suoi.
Se
fossi un eroe, non l’avrei lasciata andare via.
*
”Ah,
questo č perfetto.”
“Lo
č davvero. Un pezzo unico nel suo genere. Vede come sono intarsiati i
diamanti?!”
Il
commesso č impaziente di chiudere la vendita.
Il suo
piede tremola al di sotto del banco. E’ quasi ora di chiusura e questo cliente
esigente rischia di far saltare tutto.
Muove
sinuosamente le mani attorno al gioiello invocando la luminescenza dei suoi
intagli perfetti.
Dirige
con maestria leziosa la luce e ci gioca come un incantatore con il serpente.
Il
cliente ci casca irrimediabilmente.
Pochi
preamboli, il ragazzo annuisce soddisfatto e sparisce nel retro con carta,
nastri e un cofanetto rosso porpora.
In
amore il gioco vale la candela.
E a
volte rischiare fa parte di esso.
Per
questo č piů che soddisfatto guardando il pacchetto pomposo che stringe fra le
mani.
Non
c’č ancora una proposta. E chissŕ forse nemmeno un sě.
Maryesse: Tu
sei stata la prima a lasciarmi una recensione e io ti adoro per questo! ;) Ho
ascoltato la canzone. Bellissima e perfetta, hai ragione!
Alice_Evans:
mi piace molto scrivere in prima persona e sono contenta che ti piaccia il modo
in cui lo faccio :D Non ho intenzione di mollare questa storia fino alla fine,
ora che l’ispirazione č una valanga aggiornerň prestissimo! Grazie per le due
ore e un quarto che ti ho rubato ;)
Un abbraccio forte ragazze.
E uno ai miei lettori silenziosi.
Lunadreamy.
Chap n.vm
”Che
ne dici di questo?!”
Sandro
con un sorriso sornione sventola sotto al naso di Claudio due inviti per un
rinomato club.
Ne
ha approfittato del buonumore dell’amico per sgattaiolare nel suo studio e
prenderlo in castagna.
In
realtŕ Claudio č un enigma.
Non
si capisce bene come sta, ma immaginandolo fra le tette di qualche tardona del
circolo, se non felice, almeno appagato!
”Dai mi sono lavorato per bene un hostess
del ricevimento.. dice che ci sono anche delle sue amiche diciamo..
disponibili.”
“Escort?!”
“Mamma mia Claudio come sei preciso!
Intrattenitrici, escort, che te frega basta che ci
stanno, no?!”
Eh
beh certo, avrebbe dovuto rispondere.
Alza
le spalle e fa finta di niente. Torna alle sue carte e alla proposta di nuovo
show da preparare.
Ma Sandro
non demorde, gli va accanto poggiandogli una mano su una spalla.
”Vabbč dai al limite tu fai il guardone..”
“Ma che fai t’appoggi?! Guarda ti stupirň,
vengo con piacere ok?!”
“Sai che piacere con quella faccia…”
“Ma perché che c’ha la mia faccia che non
va?!”
Guarda Sandro in attesa di risposta.
Quello guarda verso il corridoio con il
sorriso sornione e gli occhi a fessura; un’avvenente ragazza mora in tailleur
passa ancheggiando e accortasi della sua presenza lo saluta con un risolino
lascivo.
”Vedrai che mi ringrazierai!” Gli urla, sparendo dietro la mora infondo
al corridoio.
Eh giŕ come l’ultima volta.
Quella volta lě, che ha conosciuto Silvia.
*
Olive,
prosciutto e capperi. Mi sembraci sia
tutto.
Matteo
č in cucina che spignatta con la farina e il resto delle cose che ha trafugato
dal frigo.
Anni
prima č stato anche cuoco. Nel periodo anarchico della sua vita, quando il
padre lo ha sbattuto via di casa perché le sue filosofie zen, peace&love, non lo convincevano piů di tanto anzi si
era convinto che suo figlio fosse un fattone hippie della peggior specie, si
era visto costretto a cercarsi un lavoretto per mantenersi uno squallido
monolocale in zona San Lorenzo. E lě, in una pizzeria dall’indubbio gusto e
pulizia aveva imparato a spadellare e infornare. Per buona pace della donna che
ha accanto che non sa cucinare nemmeno un uovo alla coque.
Silvia
č in salone che spolvera a tempo di musica.
Lady Gaga sa lenire anche i dolori delle faccende domestiche,
pensa, mentre balla con lo straccio e lo spruzzino in mano.
Ha i
capelli legati che si agitano ai movimenti della testa, Matteo la guarda da lontano
divertito.
Potrebbe essere questo il
momento giusto.
Le va
vicino con il mestolo stretto sotto al mento intonando il ritornello di “Edge of glory”, Silvia lo sente,
si gira e sgranando gli occhi divertita prende a cantare anche lei, con le
braccia alzate muovendole a destra e sinistra.
I’m on the edge of glory
And I’mhanging on a moment
with you.
Sono sul baratro
della gloria.
E sto aspettando un momento con te.
Ed č cosě
infondo l’animo di Matteo.
Non puň piů
voltarsi indietro. Non lo farebbe mai comunque.
E’ tempo di
decisioni. Di svolte. Di portare la loro storia ad un livello successivo.
Ha paura, lo
ammette.
Silvia č un
mare di incertezze che trapelano dagli occhi vacui.
E infondo
quegli occhi lo spettro di qualcosa perduto che l’anima vuole tenere attaccata
a sé persempre.
”No! Non ti azzardare a
toccarmi con quelle mani luride!”
“Oh, ma sta zitta!”
La prende di
peso e si buttano sul divano.
Ride a
crepapelle ed č bellissima, sudata e accaldata.
Poi
la risata scema nel silenzio. Assordante. Lo guarda, sfinita ma sempre incerta.
Non
hanno mai fatto l’amore.
Ed
č sciocco pensarci solo adesso. E’ tornato da lei, fra le sue cose, ma non
hanno mai fatto l’amore.
Hanno
pianto. Hanno riso. Hanno passato interi pomeriggi in un abbraccio. Ma non
hanno mai fatto l’amore.
”E se ci sposassimo?!”
Avrebbe
dovuto trovare qualcosa di piů originale, lo ammette.
Ma
un tempo tutto questo bastava per loro due; film, abbracci, risate… non voleva
stravolgere la loro natura.
Erano
giŕ troppo eccentrici. Sempre sull’orlo della follia. Perfetta, bellissima,
loro.
”Mi sembra che il
tentativo disastroso dell’ultima volta ammette che forse non siamo fatti per
questo.”
D’un
tratto la musica č un coro stonato.
Matteo
si alza e mette fine alla verve di Lady G. non consona al momento.
Il
silenzio perň.. fa piů rumore.
Silvia
tortura con le dita il bordo del divano, gli occhi abbassati e il sorriso
ricurvo.
Poi
il grill del forno suona magicamente e si toglie da quella situazione di impasse,
sparendo in cucina.
Apre
il forno e con pazienza mette il cibo a riposare.
Spilucca
un po’ di crosta da uno dei calzoni e lo guarda.
Matteo
ha le spalle tese ma si affretta a parlare.
“Andava tutto bene..”
“.. finchč
non te ne sei andato.”
Il ragazzo annuisce sconfitto, come
aspettasse d’essere pugnalato.
Sono proprio un coglione. Chiederle di
sposarmi. Che mi č saltato in mente?
Cioč.. č tutto sbagliato. Non č cosě
che doveva andare.
Mi sarebbe volata in braccio, poco ma
sicuro. E avrebbe riso di quel sorriso che solo lei ha.
Chissŕ, forse avrebbe versato anche
qualche lacrima.
Ma non questo. Sě č tutto sbagliato.
Ok Silvia.. che hai?! Non ti sembra di
esserci andata giů pesante?!
E’ che Matteo ha una percezione della
realtŕ cosě incantata. E non lo sopporto.
Lo so io quello che ho passato. E’ un
dolore che non si cancella.
Ma forse.. non č nemmeno quello.
Qualcosa, all’altezza del cuore,
comincia a far male.
Una terribile sensazione, un tappo
volato via dalla bottiglia e il liquido che si sparge ovunque.
Oddio Silvia.. guardalo bene.
Un tempo avresti saltato di gioia
sentendolo pronunciare quelle parole.
Avresti chiamato Paola.. e poi tua
madre.. e saresti giŕ andata in paranoia per il vestito e la data.
Un tempo ci sarebbero stati balli,
coriandoli, fischi e risate.
Cosě come era stata la prima volta che
ti aveva chiesto di sposarlo.
Tu e lui e la gente che guardava con
ammirazione i due ventenni sicuri del loro destino, insieme.
Un tempo… che non c’č piů. Quei due
sono andati via e al loro posto solo un pavimento di coriandoli ingialliti.
“Scusami. Non volevo. Scusami, non sei
tu.. sono io.”
Esce dalla stanza trafelata e va in
camera da letto.
Sigaretta. Adesso avrei bisogno di una
bella sigaretta.
Di quelle che ti fanno calmare i
pensieri.
Ma č una vita che non ne tocca una.
Da quando Claudio… Ehi aspetta un
attimo! Vuoi vedere che…
Apre il cassetto con tutte le sue cose
e sepolto fra rossetti, diari, fazzoletti eccolo lŕ.. il pacchetto di sigarette
mezzo ammaccato del giorno della gita.. del giorno del suo compleanno. E’ in
estasi, non ricordava di averlo custodito. Solo di aver promesso a se stessa
che dopo il desiderio quella sarebbe stata la sua ultima sigaretta. Ma quel
desiderio non c’era mai stato. Era stata cosě felice da non aver desiderato
altro.
Tantomeno il suo veleno preferito.
Lo apre.
Matteo appare sull’uscio.
”Ehi.. č tutto ok, tranquilla.”
Lo ascolta appena.
La sigaretta del desiderio č lě che la
guarda, fedele e immobile dal giorno che si erano incontrate.
Non č mai stata cosě felice di avere
una sigaretta fra le mani.
Piega leggermente il capo verso
Matteo… niente. Non sente niente.
Cosa ho che non va?!
E’ davvero la sigaretta? O soltanto.. Claudio?
Puň essere lui?
Ok Matteo, non puoi piů tirarti
indietro.
Non fare il codardo amico, falle
questa benedetta domanda.
”Non mi vuoi sposare adesso.. o non mi
vuoi sposare mai?”
A volte certe risposte arrivano chiare
e tonde cosě come sono state formulate le domande.
”Matteo io non ti amo piů.”
*
Paola č intenta a rifarsi la manicure
quando il cordless trilla dispettoso.
Sbuffa abbandonando la bottiglia di
lacca rossa sul tavolo per accingersi a rispondere.
”Spero tu abbia un buon motivo per
scocciarmi.. ho uno Chanel rosso che mi aspetta!”
“Parli in codice?!”
Decisamente dall’altro capo della
cornetta non c’č Silvia, ma il timbro roco e sensuale di un uomo.
Quell’uomo.
Sandro.
”Ah.. tu.”
“Non mi aspetto chissŕ quali fusa, ma
almeno ciao..”
“Ciao.. tu. Cosě va meglio?!”
“Sě. Ho una notizia buona e una
cattiva.”
“Sentiamo quella cattiva.”
Mentalmente ripassa tutti i peccati
capitali da lei commessi che lo includessero nella lista, convenendo che tutto
ciň di immorale e poco etico avessero commesso insieme nullo sarebbe stato il
confronto con una brutta notizia.
“Sono sotto casa tua.”
“Questa č decisamente quella buona..”
Ho giusto un completino nuovo
impaziente d’essere usato. Usato e.. strappato.
”Non sono passato per “quello” che tu
ci creda o no. Che fai mi apri?!”
Dopo qualche minuto Sandro appare alla
porta piů bello che mai. Addirittura piů giovane.
I suoi occhi azzurro cielo spiccano
sul volto leggermente abbronzato rendendolo oltremodo sexy.
Si inumidisce le labbra.. decisamente
affamata.
”Devo preoccuparmi? La cattiva notizia
riguarda i tuoi gusti sessuali?!”
“Paola resisterti č un peccato.”
“Mi piace il peccato.. vuoi da bere?”
Va in cucina ancheggiando
vistosamente. Lei e il suo metro e sessanta.. rotondo e perfetto.
Sandro allenta la cravatta. Questa
ragazza ha un che di selvaggio e misterioso che lo ha sempre affascinato.
Ritorna con due Ceres aperte.
”Insisto. Prima la cattiva.”
“La cattiva notizia č che voglio
parlare appunto.. di Claudio e di Silvia.”
Le bottiglie entrano in collisione a
mezza aria. Alla salute.
Sandro sorride e Paola lo ascolta; č
tutto un fiume di parole, preoccupato che Claudio non sia piů lo stesso, che
ride e si destreggia con le vittime che puntualmente gli rifila- per non fargli
perdere l’allenamento ovviamente- ma che non lo vede entusiasta.
Di come si rintana nel lavoro, che ha
addirittura riappacificato con la ex moglie, che da lě al monastero la via č
breve.
Lei gusta la sua birra in assoluto
silenzio e si ritrova a volergli bene.
Sarŕ anche un coglione. Ma č un
coglione bellissimo e per di piů in pena per il suo amico.
Ecco, per un momento pensa proprio che
si assomigliano.
A parte la coglionaggine, ovvio.
”Io dico che dobbiamo aiutarli. Quei
due non sanno perdersi.”
“Ma perché anche Silvia..”
“Oh sě-sě. E’ proprio palese.”
“Beh se č cosě.. ho ancora la bella
notizia.”
Infondo č giusto cosě.
Non si puň essere ragazzini a quaranta
anni.
Quando il tuo migliore amico si
innamora e magari l’etŕ non č proprio quella del primo amore.. se puoi
aiutarlo, beh rinunci a qualcosa.
E rinunciare a delle mignotte
autenticate, a tutte quelle tette e quei culi.. nel caso di Sandro č un gran
sacrificio, ma ben disposto a farlo se di mezzo ci scappa che Claudio torni ad
essere quello di sempre. Toh.. felice.
Per questo lo ha convinto a venire
alla festa.
Perché sapeva che Paola non gli
avrebbe detto di no, se avesse potuto.
Ed ora che il piano č in porto puň
ritenersi soddisfatto.
Col senno di poi si sarebbe raccontato
che almeno ci aveva provato.
..nel peggiore dei casi le escort avrebbero fatto il loro lavoro!
Dopo due birre, un fiume di parole e
una maratona di sesso, Paola riemerge dalla doccia.
Il telefono suona distante; scava fra
le lenzuola, i capelli di Sandro e lo trova sotto ai cuscini.
”Dobbiamo parlare!”
“No, io ti devo parlare.. ho fatto un
casino. Vediamoci appena puoi!”
Guarda l’uomo abbandonato sulle
coperte e ride.
Ci siamo, mima con le labbra.
*
”Ti prego, non dirmi che avevi
ragione!”
L’appuntamento č da Mizzica, il siciliano piů buono di tutta Roma; urge la dolcezza
di un cannolo piů del solito.
L’aspetta in uno dei tavoli appartati,
stretta in una sciarpa multicolor e gli occhialoni
piů grandi del viso.
Quando la vede la saluta con la mano.
Un vassoio č giŕ pronto che l’aspetta.
Si sfila gli occhiali, gli occhi sono
rossi e gonfi, sull’orlo del pianto.
Non le serve intuire che Matteo centri
qualcosa.. il nocciolo della questione č un’altra.
E spera tanto di non sbagliarsi.
Se sull’amore non č ferrata, sui tradimenti,
ripensamenti, chi ama chi.. sa tutto.
E la questione che non avevano mai
fatto sesso poi… per lei, il campanello dall’allarme piů chiaro di tutto.
”E a che servirebbe? Tanto non mi
ascolti comunque.”
“Mi sa che quella che non sa nulla
dell’amore sono io. Tu ci hai visto sempre bene.”
“Uhm, dovrei sbrodolare nelle tue
lusinghe ma… non avere mai avuto un uomo per piů di due settimane puň fare di
me una che sa tutto dell’amore? Na.. č che tu ci metti il cuore, io ci metto il
resto. Abbiamo punti di vista differenti.”
Era ovvio, ma non sbagliato.
Chi ama con il cuore č con quello che
ragiona.
Chi non č direttamente invischiato,
chi ama con il corpo o la testa č pronto a farsi domande e non accetta nessuna
ragione che non ponga cervello e corpo al primo posto; le crociate dell’amore..
Paola le ha sempre chiamate cosě, non erano roba che l’appartenessero.
Per lei si riduceva tutto alla
matematica. Io piů te uguale sesso. L’incognita? Forse amore. E cosě come per
la matematica non vi sono opinioni, nemmeno per Paola, solo fatti.. e il fatto č
che certamente per lei č cosě.
”Il mio cuore č multitasking.”
“Sě e la tua testa č mono neurone! Ma
che dici! Come ti ho vista con Claudio, non ti avevo vista mai. Tu lo ami.”
“Sě.. lo amo. Ma forse č troppo tardi.”
“Non puoi dirlo se non tenti almeno
una volta.” Sfila dei biglietti dalle tasche, li
appoggia sul tavolo e le sorride. “Domani parteciperŕ ad una festa ed io
sono come San Pietro, ho le chiavi per il Paradiso!”
Silvia la guarda sbigottita.
Paola ammicca e tira un agguato alla
brioche che l’amica ha rimasto a penzolare nell’aria.
Senza nemmeno rendersene conto, comincia
a piangere e ridere allo stesso tempo.
Maryesse: piccola
sorpresa per te ;) Grazie. Grazie. Grazie.
Alice_Evans: La
tua recensione mi ha fatta ammazzare dalle risate XD
Niente fantasmi perň eh.. c’ho giŕ a che fare nella vita normale
con morti viventi :D
Mie care ragazzuole e lettori silenziosi
eccomi giunta al termine. Che faticaccia!!! XD
In realtŕ avrei voluto buttare giů una specie di epilogo ma..
credo di aver detto tutto il necessario e non vorrei annoiare nessuno.
Spero di non avervi deluso e che la storia alla fine vi sia
piaciuta cosě come č venuta fuori.
Semplice. Forse con una trama giŕ vista. Ma spontanea. Dal cuore.
Ciao!
Lunadreamy.
Chap n.vn
Guarda a quello spazzolino divertito, come
se infondo al baratro ci fosse almeno un po’ di speranza.
Il cimelio del loro rapporto č lě,
l’anello di congiunzione tra l’avere una storia e.. “lo lascio qui, non si sa
mai”.
Deve averlo sempre saputo. Ma la testa
sente ragioni che il cuore non puň udire.
Per questo finisce nel cestino, insieme ai
suoi sentimenti.
Si incrociano nel vialetto sotto casa, due
ore dopo passate a fissare quel dannato aggeggio per denti.
E si maledice.
Forse
qualche Dio non ha finito con noi. E’ cosě che risponderebbe Luciano
Ligabue.
Ma l’amore conta, davvero. Conta eccome.
Silvia lo ha capito un po’ prima di lui
che adesso non puň far piů nulla per rimediare ai suoi errori, ma puň lasciarla
e lasciarsi andare, in memore di un passato che per quanto felice possa esser
stato č passato. E non si replica. Questo
viaggio in cui non si ripassa dal via.
Gli viene incontro sorridente, nemmeno
lontanamente la maschera di cera del giorno in cui si erano rivisti dopo
Londra.
Sembra sicura e forse lo č davvero.
Si ferma dinnanzi ai suoi occhi, pochi centimetri
dal suo petto. Sa di buono.
Gli allunga una mano sulla sua e la
incrocia, dita dentro dita.
”Mi
dispiace.”
L’istinto di abbracciarla prevale sul
buonsenso del.. ti farai solo male. “Hai ragione tu, se non me ne fossi andato, forse da
questo vialetto entreremmo insieme. Ma la vita č adesso.. perciň niente scuse.”
Le parla nell’orecchio come quando per
farla divertire le raccontava le favole a modo suo, inventando i finali,
sconvolgendo i personaggi. Tutto questo sembra familiare eppur terribilmente
estraneo. Le mani passano sulle spalle e delicatamente l’allontana un po’. ”Giurami solo che si prenderŕ cura di te.”
Annuisce con il capo. Non ha parole per descrivere
quel momento.
Matteo era stato qualcosa di piů. Sempre.
Un ragazzo speciale. Un amico. Poi un amante.
E aveva giŕ capito tutto.
Forse č vero, alcune anime non sono predestinate.
Fanno un giro nella tua vita, deviano
percorsi, cambiano strade, ma non ti appartengono per l’eternitŕ.
L’eternitŕ, appartiene all’amore.
*
Entra in macchina e le sorride ancora una
volta.
E’ lontana, ma č ferma sui ciottoli lě
dove l’ha lasciata, che lo saluta con la mano.
Accende la radio e da una stazione a caso
rimbombano note che subito lo catturano.
Resta appeso a un filo, poi si volta
ancora verso la sua direzione.
Flash di foto, occhi, sorrisi e baci si
accavallano nella sua testa.
Riesco
a sentirle dire ti amo come se fosse ieri.
Un giorno ho pensato di poterla vedere con il suo papŕ al suo fianco. E i
violini avrebbero suonato arrivando la sposa.
Mette
in moto di fretta. Sente che arriva. Saluta anche egli ma con il viso girato
dall’altra parte.
Sfreccia su via Nomentana e gira al primo
vicolo senza pensare, incanalandosi nello sterrato fuori strada.
Spegne i motori, tira indietro il sedile finchč i suoi occhi non mirano al tettuccio.
Qualcosa di caldo, umido e appiccicoso gli
bacia la guancia.
Qui
arriva l'addio, qui arriva l'ultimo momento. Qui arriva l'inizio di ogni notte
insonne.
La prima di ogni lacrima che verserň.
RascalFlatts, “Here comes goodbye”.
*
Ci
sono notti che vorresti non finissero mai.
E
ci sono notti invece che piů supplichi Morfeo di abbracciarti, piů ti ritrovi a
contorcerti nei pensieri.
E a
guardare delle pareti che sono sempre le stesse.
A
stringere lenzuola, forse piů fredde.. dato che dormi sola.
Sua
nonna, da piccola, le raccontava delle storie talmente vivide che la sua
fantasia ne usciva stanca e assonnata e adesso- ci pensa bene- vorrebbe
indietro quelle favole, perché la realtŕ ha tutto un altro sapore. E fa schifo.
Una
notte di due settimane prima aveva stilato una lettera di presentazione per la
nuova testata- qualcosa tipo da questo dipende il tuo futuro- e una volta spento
il pc aveva dormito per otto ore filate come un neonato, senza uno scossone,
una domanda, alcun turbamento.
Pensava
a Claudio. E non aveva fatto altro per tutto il giorno.
La notte.. era solo una scusa.
Non
riesco a dormire, scrive in un sms a Paola. Ma la pazza non le risponde; guarda
l’orologio, nel mentre scoccano le due.
Conta
le pecore.
Infila
la testa sotto al cuscino.
Canticchia
una ninna nanna con la speranza di auto addormentarsi.
Niente.
Allora si mette sdraiata di schiena ed apre i cassetti dei ricordi“Claudio”; lentamente, come in un film in
bianco e nero scorrono dagli occhi le immagini della festa a casa di Marta, la
mattinata in Via del Corso, l’improvvisata al suo ufficio dove lo ha baciato
per la seconda volta, Riccione e le cene romantiche, il suo compleanno.. fare
l’amore.
Il suo
cellulare si illumina nel buio.
Ma
Silvia con gli occhi umidi di lacrime.. dorme. A volte la serenitŕ non va
cercata tanto lontano.
*
“Non
avere paura sorella. Ci sono io con te! Anche se a volte mi faccio paura da
sola.. puoi usarmi come salvagente. Di nuovo! Ho deciso, devo farmi un uomo!
Devo portare la nostra relazione ad una situazione di equilibrio, non č giusto
che sia solo tu ad angosciarmi! Ok sulla seconda sono poco seria.. ma sulla
prima seria senza ombra di dubbio. Sono con te. Buonanotte e dormi!”
Sorride
leggendo la risposta di Paola.
Resta
accoccolata fra le lenzuola tergiversando sul da farsi.
Deve
lavarsi, vestirsi ed andare a lavoro.
Dopo
aver lavorato deve passare in tintoria a ritirare delle cose dimenticate lě da
secoli, tornare a casa e prepararsi di nuovo.
Scegliere
un vestito- se necessario accorrerebbe anche in pigiama- truccarsi quanto basta
a cancellare la notte semi-insonne e.. cercare di infilare fra tutto ciň il
coraggio ora misto alla paura e un po’ meno il pensiero acuto di Claudio.
Una
passeggiata… e che ci vuole?!
*
Claudio
ha la giornata libera.
Pensa
a New York e a quella proposta per un lavoro teatrale.
Quattro
mesi nella lontana America e la possibilitŕ di lavorare con artisti emergenti č
un esperienza che comincia a solleticarlo e non poco considerando che per la
prima volta dopo tanto tempo si sente con la coscienza serena, libero da ogni
impedimento e in certo senso risolto come uomo; Niccolň č ormai un uomo
indipendente dai suoi genitori ed Eliana dopo un po’ di autocoscienza- e una
condanna di lui per frode fiscale ai danni dello stato- ha mollato per
direttissima Giorgio l’invertebrato-mica-tanto.
Fra
loro le cose vanno molto meglio, adesso.
Quella
chiacchierata a cuore aperto dopo avergli riconsegnato la lettera, ha fatto di
Eliana una donna nuova ai suoi occhi.
Per
cui diciamo che non ha nulla altro di irrisolto. A.. parte lei.
Ma
lei č lontana col pensiero. Ed appartiene ad un uomo che non č lui.
”Sono
quattromiladuecento euro adesso, piů spese.”
Clara,
sua grande amica non che segretaria delle risorse umane, gli sventola sotto al
naso alcuni preventivi.
Fa
spallucce portandosi la tazzina del caffč alle labbra.
”Passa
tutto alle note/spese e dě che resto a disposizione.”
“Quindi
accetterai?!”
Annuisce
guardando lontano.
“La grande mela.. deve essere proprio eccitante.”
Lei
infila tutto in un faldone grigio sorridendogli. ”Mi chiedevo.. chi prenderŕ il tuo posto mentre sarai
via?!”
“Qualcuno di estroverso. Poi vediamo.. ovviamente geniale,
simpatico spero per voi e..”
“.. nessuno sarŕ come te, Claudio.”
“.. lo so!”
E ridono insieme complici, mettendo da
parte il lavoro per un po’, concedendosi quattro chiacchiere da amici.
Poi si scusa per i mille impegni, la
saluta e se ne va.
In macchina prende il cellulare e compone
il numero di Sandro.
“Tieniti forte.. ma sei solo?!”
”La parte superiore del mio corpo sě.. quella
inferiore…”
“Ok, ok lascia stare, scemo io che te le chiedo ancora
certe cose! Devi essere per mezzogiorno in direzione. Mezzogiorno, hai capito?
Sii puntuale e fammi fare bella figura.”
“Dovrei capire di cosa parli?! Che vogliono da me in
direzione?!”
“Conoscere il nuovo direttore per la fotografia.”
E non gli lascia il tempo per
controbattere, aggancia e sfreccia via verso il futuro. Verso New York.
*
“Ma sei sicura che sia questo il palazzo?!”
Dopo
aver passato tre quarti d’ora imbottigliate nel traffico del lungo Tevere,
parcheggiano la macchina in un viale sterrato poco lontano dall’Olimpico; Paola
lotta con il navigatore e “la voce da stronzo” che gli ha impostato mentre
Silvia si tortura le mani nell’impazienza.
Alla
fine di tutto ha optato per la semplicitŕ.
Non
avrebbe voluto odiare un bel vestito solo perché questo era stato indossato
nella peggior serata della sua vita.
In
caso contrario.. avrebbe riso, ciň che contava era l’amore. Era Claudio.
E i
suoi sentimenti. Ecco č con quelli che andava vestita. E si sentiva benissimo.
“Sei tu che non sei voluta passare per ponte Milvio! Se vi rimettete insieme,
giuro che sparisco!”
“E se non fosse cosě?!”
“Mi suiciderň con te, tranquilla…”
“Ah grazie tante.”
“Di niente. Allora, come sto?! Sto bene vero.. questo vestito mi fa un
sedere da urlo!”
Alza gli occhi al cielo e la trascina
dentro.
Dalle scale proviene della musica, seguono
quella e finiscono ad un quinto piano poco illuminato.
La luce dal soffitto traballa e oltre alla
musica non proviene alcun rumore tipico da chiacchiericcio.
Ansia…
Un uomo alla porta le riceve prendendo i
cappotti, indica loro una sala principale, il tavolo con i cocktail e sparisce.
La sala č piena di genteche vocifera fitto. Gente composta. Troppo…
Cercano subito fra la folla visi familiari
ma a dire il vero fra gli attempati che attendevano di questi non ne
riconoscono nemmeno uno.
“C’č qualcosa che non va...”
“Sono tutti vestiti di scuro…”
Un ragazzo biondo nel passare le urta.
Paola sfoggia un sorriso a trentadue denti e gli si piazza davanti.
Silvia la tira in malo modo. “Ti
prego fa la seria e vedi di trovare Sandro!”
Non se lo fa ripetere due volte, si gira
verso il biondo guardandolo con occhi da cerbiatta.
“Perdonami, cercavamo Sandro. Lo conosci?! Dovrebbe
aver in mano lui l’organizzazione della cosa, io sono Paola.”
Il
ragazzo le sorride. “Un organizzazione imprevista.. a quanto
pare. Comunque č di lŕ, nell’altra sala. Non siete del giro, non č cosě?”
“Ehm non proprio, ci ha imbucate lui.” Da
una gomitata al tipo e prosegue. “Perň se vuoi introdurmi tu.. ti lascio
il mio numero.”
Gli fa l’occhiolino ma Silvia la tira via
in malo modo decisa ad attraversare a grandi passi il salone principale per
andare a controllare l’altra sala, dalla quale arriva la musica udita per le
scale.
Ha il cuore che č un tamburo impazzito.
Una sola parete e lo rivedrŕ…
Restarci stecchite forse sembrerŕ
inopportuno e poco carino.. dinnanzi al feretro aperto che campeggia al centro
esatto della sala.
Sono ad una veglia funebre. E disteso fra
candido tulle bianco a mani giunte se ne sta un certo Alessandro Moreschi.
E non hanno la ben che minima idea di chi
sia.
Si volta lentamente verso l’amica; non sa
dire se ha piů voglia di piangere, mettersi ad urlare, ammazzarla o magari fare
tutte e tre le cose insieme, perciň diciamo che se ne resta impalata come un
ebete.
La loro presenza non passa inosservata e
quella che ha tutta l’aria di essere la vedova Moreschi le avvicina
confortandole.
“Temo di non conoscervi mie care.”
“Siamo.. nuove nel giro.” Paola
si affretta a rispondere mettendo su una maschera di sconforto perfetta. “Una
persona squisita.”
Silvia annuisce energicamente con il capo,
allora la signora le invita ad unirsi al cordoglio e ai canti; quando si volta,
le due si stringono vicine.
“Io lo trovo macabro.. cantano i morti. Ti prego
andiamo via..”
“Le intrattengo, tu trova una via di fuga.”
”C’č un terrazzo, lŕ.” Silvia
indica con il mento una porta finestra. “Ti prego mi viene da vomitare…”
A passi lenti e incerti si avvicinano alla
bara, ma pochi istanti prima del confine Paola scoppia in un chiassosissimo
pianto, accompagnato da pacca sulla spalla della vedova ed energici no con il
capo, tanto che la donna visibilmente dispiaciuta ed in imbarazzo le congeda;
le ragazze sgattaiolano via in tempo record attraversando la porta a vetri per
il terrazzo, gettandosi a capofitto nella notte buia di Roma.
Una volta fuori boccheggiano a pieni
polmoni e riprese le funzioni vitali Silvia si butta sull’amica, fumante di
rabbia.
“Dove cazzo mi hai portato! Ti odio! Ti odio!”
L’altra ancora in debito di ossigeno si
copre la testa dalle smanacciate dell’amica.
Purtroppo perň, trovando del comico in
praticamente tutto ciň che la circonda, scoppia a ridere a crepapelle; Silvia
la guarda seria, poi piano-piano inizia a sciogliersi e si sente male al
pensiero cheuna scena cosě tragi-comica poteva viverla solo con lei e che era felice
ci fosse nella sua vita, perché era speciale, era la sua migliore amica. E
bisognava ridere per questo.
“Paola sei tu?!”
Una voce familiare le raggiunge dal
terrazzo affianco; si voltano di scatto, Sandro č la che le guarda divertito.
Ancora piů pallide si guardano e si ridono
di nuovo.
Poi degli occhi verdi sbucano dal nulla
della visuale di Silvia.
Gli occhi verdi piů belli e intensi che
avesse mai visto.
Claudio.
Ed č esattamente a poche spanne da Sandro
con una bionda e una rossa che lo tengono avvinghiato; Silvia ringhia, con lo
stomaco in fermento, le gambe improvvisamente molli, ha l’impressione di
sprofondare pur essendo ancora in piedi e rigida. Lui la guarda stupefatto,
quasi sussulta. Slega le mani intorno ai fianchi delle due e abbassa
leggermente lo sguardo, colpito e imbarazzato.
La situazione di per se ha un che di comico,
ma Silvia si sente come un peperoncino nella puttanesca.
E a proposito di puttanesche…
”Chi sarebbero queste?!”
Si porta la mano al fianco e fissa il trio
con aria sardonica.
Paola ringhia alle sue spalle tipo mastino
pre-incontro, Sandro dalla sua sogghigna come un ragazzino che ha rubato le
figurine all’amico.
Le stangone risentite guardano subito
Claudio, che per un attimo ha tutta l’attenzione catturata su di sé.
”Come vi chiamate? Ero preso da altro..
che scortese non ve l’ho neanche chiesto.”
Le due si guardano fra loro lascive, poi
tornano su di lui. “Monica e Ludovica.” Poi
la bionda osa. “Ma questa chi č la tua ragazza?!”
”Sě sono la sua ragazza.”
E accade l’inimmaginabile. Silvia si
arrampica sulla ringhiera per le piante rampicanti che separa le due terrazze
cercando di passare dall’altra parte sui gridolini eccitati di Paola e le
preghiere di Sandro perché non si spezzi le ossa del collo. “Saluta
le due veline amore, prima che la tua ragazza venga a fargli il culo..” Claudio
divertito annuisce alle due che sbuffando lo spingono.
“Si ciao..” E vanno via puntando il prossimo pollo.
”La tua ragazza eh.” La
cinge per i fianchi, aiutandola a ridiscendere; si ritrovano occhi negli occhi
con le mani ancora saldamente su di lei.
”Ti ho salvato da una prestazione
costosa.. se non te ne fossi accorto.”
“Oh no, me ne ero accorto eccome.”
Ride e Silvia gli molla una gomitata nello
stomaco.
Dio quanto č bello. E quanto mi č mancato.
Annusa l’aria intorno e ritrova il suo
odore cosě familiare, sicuro.
Sembrano passati dei secoli dall’ultima
volta che si erano visti.
Poi perň.. ci sono odori che ti ricordi
persino dopo un'altra vita.
E gesti che nemmeno il tempo puň impedire
di essere compiuti, per questo Silvia si abbandona alle sue braccia senza
pensare.
”Mi sei mancato.”
“Anche.. tu.”
Claudio č un vortice di emozioni; gioia,
paura, felicitŕ, paura.. paura, che non sia vero.
L’abbraccia forte saldando le braccia
contro la sua schiena.
E
si rende conto che i mesi passati a scorticare l’anima per mandarla via, sono
valsi a niente.. per un momento come questo.
”Posso
sapere cosa ci fai appesa a una ringhiera?! Ovvio, oltre molestare il
sottoscritto..”
“E dai,
come se non lo sapessi.”
“Ti
giuro che non so nulla.”
Silvia
torna con lo sguardo fisso al suo; non ci crede neanche un po’, ma ammette che gli
ha reso le cose semplici, fornendogli un assist perfetto.
Mentalmente
aveva tutto un discorso preparato, ma avvio, quando suona il campanello chissŕ
com’č la memoria va all’aria.
Cosě
tossicchia per schiarirsi la voce e allaccia le mani nelle sue.
”Io
ti devo chiedere scusa. Ma non scusa una volta sola.. tante. Scusa per non aver
creduto in noi. Scusa per essere scappata via. Scusa per averti spinto al
limite e poi lasciato solo. Scusa se non ti ho piů richiamato. Scusa.. non ti
ho neanche ringraziato come si deve. Scusa se ho capito tardi che stavo
sbagliando e scusa se ti amo e te lo sto dicendo solo adesso. Io ti amo
Claudio.”
My
love, leaveyourselfbehind. Beat inside me.
Amore mio
abbandonati. Batti dentro me.
La
cosa positiva di certi circoli abbienti č.. niente.
Qualche
volta perň c’č un eccezione. La musica. Sempre molto soft, ma di buon gusto.
Come
Siae che in questo momento dalla filodiffusione espande le note di My love e
Claudio non ha altre parole se non quelle.
Sente
il calore pulsare nelle mani, un tremolio, una scossa che lo rende vivo.
Stavolta
ha capito bene.
Lo ama.
”Io ho sempre creduto in te.”
My
love, look whatyou can do.
Youtookmyhandadded
a plan.
Amore mio, guarda
cosa puoi fare. Hai preso la mia mano, avevi un piano.
”Spero solo non sia troppo tardi.”
“Io.. ti aspettavo, sai?! Ma non ti
aspettavo come si aspetta qualcosa di scritto. Guardati Silvia, sei
incredibile, sei la persona piů imprevedibile e incredibilmente incasinata ma..
ero certo che saresti arrivata. Non so come, non so quando. Sapevo. Ma stavolta
ho fatto qualcosa di piů, sono andato avanti e non intendo piů guardarmi
indietro, mi sono abbandonato. Come
mi hai insegnato tu. Ora te lo chiedo io.. vuoi abbandonarti a me, senza ritegno, senza contegno, senza.. piů paura?!”
”Si!”
“Alle mie condizioni?!”
“Sě!”
“Preparati allora… si va a New York.”
Lo guarda stralunata. Ma come sempre da
quando la conosce gli balza fra le braccia e si fa baciare.
Un bacio appassionato. Voluto. Fremente d’amore.
Un bacio che significa eccomi. Ci sono.
Andiamo.
Andiamo…
L’amore fa paura.
Ed č giusto che sia cosě.
Non bisogna mai accontentarsi del vivere.
Bisogna cercarlo ovunque. Ovunque si trovi.
L’amore non ha barriere impossibili da
superare.
L’etŕ, il colore della pelle, la lingua… l’amore
parla una sola lingua e ha un solo colore, in piů č sempre giovane!
L’amore č qualcosa di prezioso che tutti
noi abbiamo dentro.
A volte ci sembra abbia una combinazione
criptica.. ma a questo mondo esiste chi ha la chiave per noi.
Non si č mai soli quando si ama.
Chi ama si abbandona. Abbandonarsi č
vivere l’uno dentro l’altro.
Tutto muore. Ma l’amore no. E chi ama vive
in eterno.