Il lupo senza nome

di pollama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 capitolo ***
Capitolo 3: *** 2 capitolo ***
Capitolo 4: *** 3 capitolo ***
Capitolo 5: *** 4 capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° capitolo ***
Capitolo 7: *** 6° capitolo ***
Capitolo 8: *** 7° capitolo ***
Capitolo 9: *** 8° capitolo ***
Capitolo 10: *** 9° capitolo ***
Capitolo 11: *** 10° capitolo ***
Capitolo 12: *** 11° capitolo ***
Capitolo 13: *** 12° capitolo ***
Capitolo 14: *** 13° capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo



Le fauci insanguinate si dischiusero in una smorfia tremendamente inquietante.
Inquietante perché pian piano i lineamenti della bestia assunsero un ghigno diabolico.
«No!» gridò Hermione, ma quel grido non risolse nulla; la bestia feroce scattò in avanti conficcando le unghie aguzze nel terreno umido.
Harry riuscì a sentire il suo fiato sul volto prima di venire smaterializzato.
Così si ritrovò immobile e pietrificato, di fronte ad un camino acceso.
Accanto a lui c’era Hermione, con gli occhi sbarrati ed entrambi avevano il fiato spezzato per la paura.

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Capitolo 2
*** 1 capitolo ***


1° capitolo
 
 
«Il mondo è cambiato Signor Potter ed anche lei lo sa. Il mondo in cui viveva è cambiato da tempo… vero?» un uomo con il volto celato dall’ombra gli parlava come se fosse stato un suo vecchio conoscente. Ma quella voce non gli diceva nulla.

Harry si svegliò nel letto accanto a Ginny. Gli occhi fissi nel buio. Tutto nell’oscurità sembrava uguale.
“Il mondo in cui viveva è cambiato da tempo”. La voce dell’uomo gli rimbombava nella mente, risuonava come quella di un vecchio film babbano, uno dei tanti che guardava zia Petunia d’estate.
Sospirò come per accertarsi di essere realmente sveglio.
Guardò il cielo oltre la finestra e gli parve tutto tranquillo.
Cercò di non far rumore.
Ginny gli dormiva accanto tutta raggomitolata.
Sorrise, perché gli pareva un gattino in cerca di calore.
Le rimise il lenzuolo fin sulle spalle e si diresse a piedi nudi al piano di sotto.
Aveva bisogno di qualcosa di fresco, qualcosa che potesse dissetare le sue labbra inaridite.
Forse aveva dormito a bocca aperta, o forse era semplicemente turbato per il sogno appena fatto.
Prese dal mobile alla sua destra una bottiglia di limonata e con un tocco di bacchetta fece cascare dentro al bicchiere due o tre cubetti di ghiaccio.
Asciugò le gocce che gli schizzarono sul volto e iniziò a sorseggiare la bevanda.
Nella cucina c’era silenzio, si ascoltava solo il ticchettio insistente dell’orologio a pendolo. Lo guardò e vide che erano quasi le quattro del mattino.
il giorno dopo sarebbe dovuto andare a lavoro presto e non capiva il reale motivo di questa mancanza di sonno.

Aprì la finestra vicino al lavello e lasciò che le dolci folate di vento fresco gli carezzassero le guance.
In lontananza si videro delle piccole e leggere luci dorate traballare oltre una finestra.
“Nemmeno Hermione ha sonno questa notte” pensò con un senso di malinconia nel petto.
Godric’s Hollow sembrava immersa in una tranquillità apparentemente così magica che gli fece tornare in mente quando lui, Ginny,Ron e Hermione decisero di andare a vivere lì.
Il ricordo prese man mano forma mentre un lupo ululava in qualche anfratto lì fuori.


«Ron, hai preso tutti i bagagli?» Hermione urlava eccitata da una piccola finestra, mentre dietro le sue spalle compariva una testa rossa.
«Ginny, aiuta Hermione a sistemare i mobili» disse sorridendo.
«Tocca sempre a noi fare i lavori pesanti» continuava a borbottare Ron, completamente sommerso da bagagli di ogni genere. Tre tra le braccia e altri cinque che lo seguivano fluttuando a mezz’aria.
In mezza giornata riuscirono a sistemare quella casa che sarebbe poi divenuta il nido d’amore dei due suoi amici.
«Hermione, questa bistecca è squisita!» esclamò Ginny.
«E’ per quesfo che ho sfelto di sfuosarla» farfugliò Ron sputacchiando pezzetti di cibo dappertutto.
«Ronald Weasley, finiscila di bombardare questa tovaglia con le tue schifezze!»
Harry rise, i suoi due amici non erano mai cambiati dopo tutti quegli anni, gli parve ancora di stare ai tre manici di scopa  ventidue anni prima.


“Harry, Harry”. Sentiva ripetere il suo nome più volte, ma quella voce non apparteneva al ricordo.
Lentamente aprì gli occhi, si era addormentato in cucina, con la testa poggiata al tavolo.
Il ghiaccio nella limonata si era quasi del tutto sciolto. L’orologio a pendolo segnava le sette in punto.
Meccanicamente baciò la moglie e le raccontò cosa stava sognando.
«Per un momento… ho sperato con tutto me stesso che eravamo davvero tornati tutti e quattro insieme»
Ginny lo guardò con le lacrime agli occhi e gli sorrise scompigliandogli i capelli.
«Harry, un giorno sarà così… te lo prometto»
Sapeva che Ginny non poteva mantenere una promessa del genere, ma si sentì ugualmente rincuorato.
Si baciarono e lui la ringraziò di esistere aggiungendo con un sussurro «Non sarei io senza te».
Dopo un ultimo bacio tornarono sotto le lenzuola, giusto per quegli ultimi istanti d’amore prima di tornare alla loro quotidiana giornata.

 

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Capitolo 3
*** 2 capitolo ***


2° capitolo




«Buon lavoro Harry»
«Grazie, ci vediamo per pranzo»
Harry prese la valigetta dei documenti e baciò con delicatezza la fronte di Ginny e con uno scricchiolio si smaterializzò, lasciando il salone di casa.
Il Ministero era stranamente più affollato del solito.
«’Giorno Signor Potter»
«Salve Potter»
La gente continuava a salutare Harry, ma lui ricambiava senza guardare direttamente negli occhi chi gli passava accanto.
Quella mattina era turbato, come se qualcosa di inaspettato potesse succedere da un momento all’altro.
Si diresse all’ascensore e premette il tasto che l’avrebbe portato all’ufficio di Arthur Weasley.
Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani”disse una voce cantilenante.
A quel piano non c’era nessuno, nemmeno i suoni delle tante persone che c’erano prima non si sentivano più.
Bussò lentamente ad una porta di legno scuro.
Quando si aprì Arthur lo abbracciò e lo fece accomodare su di una sedia traballante.
«Harry, che ci fai qui? Non farai tardi al lavoro?»
«Signor Weasley, ero solo venuto a salutarla»
«Ah… sono contento. Ma dimmi la verità cosa c’è che ti turba Harry?»
Oramai, Harry, per Arthur era una libro aperto. Più cercava di nascondere le sue emozioni più falliva nell’intento.
«Io… io volevo chiederle un favore»
«Dimmi tutto, farei questo ed altro per il marito di mia figlia»
«Signore, mi chiedevo se si poteva entrare ancora nell’ufficio misteri, sa è passato tanto tempo dall’ultima…»
«No»
Una risposta secca lo fece zittire facendolo rimanere a bocca aperta.
«Harry, è finita l’epoca delle pazzie. Tutto è cambiato… lo sai»
Quella frase gli fece tornare in mente il sogno della notte prima.
«Io devo trovare una soluzione. Anche lei lo sa» Harry strinse le mani implorante.
«Harry, tu sei un Auror… puoi trovare altri metodi per…»
«Ho provato tutto. Lo giuro! Ma niente, nessuna traccia»
«Pensi che entrando in quella stanza troverai Ron?» Arthur si alzò dalla sedia indicando un punto indefinito della parete alla sua destra.
Harry abbassò lo sguardo appena vide il segno di una ferita chiusa con fatica riaprirsi inaspettatamente.
Arthur si sedette nuovamente e sospirò, buttò lo sguardo su di una vecchia ed impolverata paperella di gomma che, presa in mano, fece uno strano sibilo.
«Harry, è arrivato il momento di pensare solo alla tua vita. Hai passato anni della tua adolescenza a cavartela in situazioni più grandi di te. E’ arrivato il momento di vivere come un mago normale»
«Signor Weasley, in quegli anni me la sono cavata grazie anche a suo figlio. Non posso stare con le mani in mano; lui era pronto a starmi vicino nel momento del bisogno»
Arthur sospirò e distogliendo lo sguardo dalla papera di gomma disse socchiudendo gli occhi pieni di lacrime.
«Harry, io e Molly abbiamo sofferto molto… prima Fred, poi Ron »
«Ron non è morto!» Harry a quel punto non poté trattenere quella piccola e calda lacrima che scivolò sulla guancia e ricadde bagnandogli la mano.
«Anche Molly lo dice sempre»
Si guardarono intensamente negli occhi ed Harry capì che l’avrebbe aiutato.
Arthur gli diede una pacca sulla spalla e lo abbracciò forte. Ma prima di chiudere la porta disse «Ah! Harry, penso sia meglio che dici al tuo capo che ti servono dei giorni di permesso. Non so se lo troverai in un giorno ciò che cerchi»
«Mi inventerò qualcosa» Harry sorrise e si allontanò dal corridoio per riprendere l’ascensore.


Chiese una settimana di ferie e gli fu concessa senza indugio, aver lavorato senza sosta per anni gli è servito a qualcosa.
Pranzò velocemente senza smettere di chiacchierare, tanto che Ginny lo guardava accigliata pensando che chissà che pozione avesse bevuto.
«Harry, cosa… sei diverso oggi» ridacchiò.
«Amore, sono solo euforico, ma non so il motivo, ma penso che sto per fare la cosa giusta»
«Cosa?»
«Non posso dirlo, riguarda me e…» voleva tener nascosto almeno per un po’ ciò che aveva in mente, ma parve che nemmeno con sua moglie riusciva ad essere un libro chiuso.
«Harry, non dirmi che ti sei messo in testa qualcosa di rischioso?»
«Ginny, io…» ma mentre stava per replicare si sentì bussare alla porta.
Ginny lo guardò come per dire “dopo finiamo il discorso”.
Harry l'accompagnò a vedere chi era che bussava insistentemente alla porta e quando l’aprirono videro un Hermione alquanto agitata.
«Her… Hermione»
«Scusate il mio impeto e solo che… volevo farvi vedere una cosa»
Hermione cacciò dalla tasca un foglietto imbrattato di inchiostro e sangue.
«L’ho trovato nel giardino di casa questa mattina»
Harry prese il biglietto in mano e lo lesse “Mi dispiace”
«C’è scritto solo questo. Non credi che…» Hermione non continuò la frase, ma Harry aveva capito cosa stesse pensando la sua amica. Annuì e disse con un filo di voce «Questa sera vieni da noi. Meglio se si sta tutti insieme. Queste macchie di sangue non mi piacciono»
Ginny sembrava contenta di passare nuovamente un po’ di tempo con la sua amica ed eccitata incominciò a fare dei programmi per la serata.
Hermione sembrò sorridere e annuire passivamente ed Harry sapeva che il motivo era la mancanza di Ron.
Guardare le due ragazze sedute sul divano gli fece tornare alla mente una delle tante serate passate insieme.


La neve cadeva soavemente sul terriccio fuori la casa e mentre si iniziava ad addobbare l’albero di Natale si sentivano le solite canzoni natalizie.
«Harry hai comprato il regalo a Hermione e a Ron?» Ginny lo guardava con rimprovero perché sapeva che si era dimenticato.
«Ehm… ora… ora vado» prese la giacca e piombò fuori la porta.
«Harry, Harry aspetta! Ti accompagno, dove devi andare?»
«Ron, non puoi venire anche tu»
«Ma devo!» Ron lo guardava con aria supplichevole quasi si mise in ginocchio.
«Hai dimenticato di comprare il regalo di Natale a tua moglie»
«Si, ma per un buon motivo»
«Quale sarebbe questo motivo?»

«E’ che non so che comprarle, ti prego Harry salvami!»


“Ti prego Harry salvami!” la frase fu ripetuta un'altra volta… ma non andò così quel giorno.
“Harry, ti prego”
Ancora una volta quella voce fuori campo.
Harry scrollò la testa e guardando Ginny ed Hermione disse con il fiato corto «E’ ancora vivo!»


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Capitolo 4
*** 3 capitolo ***


3° capiolo


«Cosa vorresti dire?»
Hermione lo guardava con il volto completamente pallido.
Bianco come la neve del suo ricordo.
«Io credo che Ron mi abbia chiesto aiuto»
«Harry, ma cosa stai dicendo? Come è possibile e quando è successo?»
Ginny si era letteralmente catapultata dal divano con i pugni serrati e fissava Harry sbigottita.
«Io… io non ne sono sicuro. E’ difficile da spiegare ora, ma fidatemi di me»
Harry prese la sua giacca di jeans e dicendo che sarebbe tornato a breve si affrettò ad uscire dalla casetta.
«Harry, vengo con te»
Hermione, avvolta in un maglioncino azzurro lo seguì.
«Hermione… e se avessi torto? Se mi fossi immaginato tutto? Sopporteresti un errore del genere?»
La ragazza, si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e prendendo la mano dell’amico disse «Insieme. Ricordi?»
Le strinse la mano e sorrise. Erano davvero stati sempre insieme.
Harry annuì chiudendo gli occhi e figurandosi in mente l’entrata del ministero della magia, ma il familiare crak non giunse.
«Cosa succede?» chiese Harry senza capire perché non riuscisse a smaterializzarsi.
«Provo io. Dammi la mano di nuovo» disse Hermione, ma nulla. Erano ancora fermi di fronte casa Potter.
«Adiamo a casa mia. Devo ancora avere, in qualche cassetto, un sacchetto intatto di metropolvere»

In silenzio, iniziarono a camminare sulla via acciottolata, mentre il vento si alzò violento ed improvviso. Le poche foglie rimaste attaccate ai rami degli alberi si agitarono cadendo a terra. Un ululato chiaro e repentino si udì all’improvviso. I due amici, sentirono il sangue gelarsi nelle vene e rabbrividendo continuarono a procedere.
«Forse… forse è solo il vento. Succede anche in montagna. Il vento passando tra i monti e le caverne aperte riproduce un suono simile a quello di un ululato»
Harry cercò di convincersi che Hermione avesse ragione, ma appena svoltato in una via secondaria, in un giardino di fronte ai loro occhi, Harry vide qualcosa di tremendamente enorme.
«Hermione… non credo sia stato il vento»
Harry le prese un braccio costringendola ad arrestare il suo passo cadenzato.
E quando Hermione mise a fuoco quell’enorme bestia bianca, si sentì tutti i muscoli divenire duri come cemento.
La bestia era di spalle, ma dall’aspetto sembrava un  lupo sproporzionatamente grande.
«E’ un lupo mannaro?» chiese Harry a bassa voce.
«Io… io non ne sono sicura. Sembra più grande di… di come era Lupin trasformato. E lui aveva già una grossa statura»
Erano rimasti a guardare quella creatura insolita per un po’, ma sembrò che la bestia non aveva percepito la loro presenza.
«Andiamocene, prima che si accorga di noi» disse Harry che iniziò ad indietreggiare. Hermione si aggrappò al suo braccio ricordandogli di non fare rumore.
Il grosso animale si sbilanciò da un lato, mostrando una grossa ferita che gli partiva dalla spalla fino ad arrivare al petto formando una  specie di U.
Il pelo candido era macchiato di rosso scuro e quando si voltò ed Harry scorse il suo muso, vide che anche quello era macchiato di sangue.
Forse aveva appena finito di cibarsi.
I due, trattennero il fiato appena incrociarono i suoi occhi rossi, desiderando di divenire invisibili.
«Cosa facciamo ora che ci ha visti?» chiese Harry a Hermione che scosse il capo e rispose «Sei tu l’Auror»
La bestia si voltò completamente alzandosi sulle zampe posteriori, in un primo istante sembrò spaventato dalla loro presenza, mentre in un secondo momento parve che volle far ammirare la sua grossa struttura. 

Poi si acquattò nel piccolo giardino lasciando andare le orecchie all’indietro ed in quel momento i due ragazzi si accorsero di un particolare strano.
Il lupo sfoggiava un collare forse un po’ troppo stretto per lui.
«Guarda. Forse è addomesticato o… o ammaestrato» disse Harry, ma non appena finì di pronunciare l’ultima parola, il collare si illuminò di bagliori simili a scosse elettriche.
Il lupo mugolò dal dolore cascando pesantemente al suolo.
Harry e Hermione si guardarono non sapendo bene cosa fare.
E proprio in quell’ istante la bestia si rialzò infuriata e scattò in avanti cercando di afferrare i due ragazzi, che terrorizzati, iniziarono a correre.
«Nella fretta di uscire di casa ho dimenticato la bacchetta, sono un idiota!» sbraitò Harry, ma Hermione aveva già iniziato a scagliare incantesimi a destra e a sinistra.
Il lupo, rallentato dalla magia, lasciò loro il tempo di rientrare in casa.
«Cosa è successo?» chiese Ginny che saltò dal divano su cui stava leggendo il giornale.
«C’è un grosso, grossissimo lupo qui fuori. Dobbiamo andare via. Andiamo alla Tana. Presto!» disse Harry che prese dalla credenza la sua bacchetta.
«Harry! E se non funziona ancora la smaterializzazione?» Hermione era visibilmente agitata e nervosamente si stringeva nel maglioncino lanoso.
«Non c’è nulla da fare se non provare. Se non funziona scappiamo dalla seconda entrata in cucina e andiamo a casa tua»
La porta in quel momento si spalancò finendo in pezzi sul pavimento.
«Via» gridò Harry spingendo da un lato Ginny che si smaterializzò alla istante.
«No!» gridò Hermione, ma quel grido non risolse nulla; la bestia feroce scattò in avanti conficcando le unghie aguzze nel terreno umido.
Harry riuscì a sentire il suo fiato sul volto prima di venire smaterializzato.
Così si ritrovò immobile e pietrificato, di fronte ad un camino acceso.
Accanto a lui c’era Hermione, con gli occhi sbarrati ed entrambi avevano il fiato spezzato per la paura.

«Cosa diavolo era quello?»
Ginny, ancora seduta sul pavimento, guardava il marito e l’amica che cercavano di riprendere fiato.
«Per la barba di Merlino! Ragazzi, cosa ci fate qui?»
Molly entrò nel saloncino, avviluppata in uno scialle di lana multicolore, fissandoli con occhi sbarrati. 

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Capitolo 5
*** 4 capitolo ***


Ricordo che le parti in corsivo sono ricordi ^__^
Buona lettura!



4° capitolo

Nevicava ancora.
Ginny stava ripetendo alla mamma per la quarta volta che lei stava bene, mentre Harry ed Hermione fissavano i fiocchi di neve che si andavano a posare sui vetri impolverati.
«Harry!» Arthur Weasley si precipitò nella stanza con il cappotto leggermente bagnato.
«Harry, ho chiesto al ministero, ho chiesto al dipartimento Creature magiche, ma nessuno sa nulla su questo grosso lupo bianco. Mi dispiace»
«Signor Weasley, non era grosso quanto un normale lupo mannaro, se si trattava di questo, era forse il doppio e… e aveva un collare e... una ferita» intervenne Hermione ancora scossa.
«Hermione cara, vieni con me e Ginny in cucina, preparo un bel tè caldo»
Molly la prese per mano e si avviarono in cucina dalla quale proveniva il solito rumore di ferraglie arrugginite.
«Stai bene Harry?» Arthur gli fece cenno di sedersi accanto a lui e così fece.
«Harry, nessuno sa dell’esistenza di questo lupo. Nessuno lo ha mai visto e se fosse un lupo mannaro nessuno ha la minima idea di chi potesse essere in realtà. Questa creatura apparentemente non ha un nome»
«E’ un lupo senza nome in pratica» definì Harry.
Arthur lo guardò annuendo e continuò «Mi ero preoccupato vedendo che non arrivavi al Ministero»
«Ha ragione, mi scusi. Ma ho preferito portare prima qui, Ginny e Hermione. Sarei venuto dopo ma lei mi ha preceduto»
Arthur si alzò e poggiandogli una mano sulla spalla gli chiese se aveva voglia di un tè, ma Harry rifiutò. In quel momento non aveva voglia di ingurgitare nulla.

«Sai Harry? Ieri mia mamma mi ha fatto bere tre, quattro, o che so io, tazze di tè, una dietro l’altra e sai perché?»
Harry scosse il capo.
«Perché mi voleva convincere che avere un nipotino per casa l’avrebbe resa molto felice. Ma Harry secondo te… sbaglio? Voglio dire… non mi sento ancora pronto, non ora»
«Ron, non è un obbligo diventare padre. E giusto così se non ti senti ancora pronto. E’ un passo importante e poi, hai una vita davanti a te per divenire tre o quattro volte papà»
«Harry, e se non ne avessi l’occasione? E se non posso vedere mio figlio crescere come…»
«Come mio padre?» concluse Harry, ma non si sentiva infastidito. Dopotutto erano domande che si era posto lui stesso.
«Harry, ho paura»


Quel ricordo apparteneva a due o tre giorni prima della scomparsa di Ron. E proprio quel ricordo gli fece affiorare nella mente un ipotesi.
«Hermione!» chiamò a gran voce la ragazza, che arrivò gettando a terra un po’ di tè dalla tazza che aveva in mano.
«Harry cosa succede?»
«Hermione, ti devo chiedere una cosa, ma concentrati. E’ importante»
Hermione annuì accigliata.
Harry prese un bel respiro, cercando di mettere ordine nella mente.
«Hermione, Ron ti ha mai detto di aver paura di qualcosa? Oppure che aveva litigato con qualcuno?»
Hermione fu sorpresa nel sentire quella domanda.
«No… non ricordo nulla del genere, ma…»
«Ma? Hermione è importante!»
«Ricordo… che stavamo al parco e guardavamo dei bambini giocare, ad uno di questi scivolò via la palla che andò a sbattere contro il piede di Ron. Io lo fissavo mentre lui ridava la palla al bimbo facendogli una carezza sulla testa. Poi gli dissi che sarebbe stato bello avere un bimbo nostro. Ricordo che la sua espressione divenne di colpo cupa e mi disse che quello non era il momento giusto, che aveva paura di non poter fare il padre o di lasciarmi sola a fare da mamma. Poi guardò in modo strano un uomo che passo di lì. Ma non feci molto caso a quest’uomo… Ero un po’ confusa per la risposta avuta»
Hermione sospirò, come se quel ricordo fosse stato nascosto fino ad allora in chissà quale angolo della mente.
«Hermione vado a casa tua. Se mi dai le chiavi vado a cercare delle prove. Probabilmente, prima della sua scomparsa, Ron ha avuto delle minacce. Spero di trovare qualcosa di utile»
«Io…»
«Tu rimani qui. E non dire nulla a nessuno. Per ora, fino a quando torno, nessuno deve sapere cosa sono andato a cercare»
Hermione annuì e lasciò andare l’amico sperando che le sue ricerche andassero a buon fine.

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Capitolo 6
*** 5° capitolo ***


5° capitolo

Il tramonto lasciva spazio alle prime ore di buio.
Le piccole villette di Godric’s Hollow erano illuminate quasi tutte.
Il cimitero si stagliava sul lato della strada creando un atmosfera ancora più cupa.
Il vento gelido, disperdeva nell’aria i piccoli fiocchi di neve, alcuni si andavano a posare sulle guance leggermente ispide di Harry.
Ecco spuntare da dietro una siepe la piccola casetta dal tetto scarlatto.
Sulla porta c’era inciso su una targhetta di ottone “Famiglia Weasley”.
La porta fece uno strano cigolio quando si aprì. Ron si dimenticava sempre di oliarla ogni tanto, pensò e richiudendosi la porta alle sue spalle accese le luci.
Da quanto tempo che non entrava in quel salone. Il pianoforte era in disuso da tempo; la polvere era padrona dei tasti neri e bianchi.
Il caminetto era spento e freddo ed era sovrastato da una decina di foto in movimento.
Harry riconobbe la foto che aveva anche lui.
Ritraeva loro tre che ridevano con indosso la divisa di Hogwarts.
La prese in mano e la guardò per un paio di minuti. Erano felici. Erano spensierati.
Erano tutto fino a dieci mesi prima.
Era quasi un anno che non aveva notizie del suo amico. E quasi si era dimenticato la sua voce.
Rimise a posto la fotografia un po’ controvoglia, come se quell’immagine stampata gli avesse portato indietro per un istante il suo amico.
«Da dove posso cominciare?» si chiedeva, sperando di avere qualche idea.
Per prima cosa, si fiondò sulla cassettiera del salone, poi andò in cucina e subito dopo nella camera da letto.
Hermione aveva lasciato la finestra aperta. La neve entrando aveva bagnato la moquette blu.
Harry con un tocco di bacchetta fece sparire la macchia d’acqua e tornò a cercare qualche prova che potesse far valere la sua ipotesi.
Si sedette sul bordo del letto e aprì il cassetto del comodino di Hermione.
Come faceva a sapere che era il lato in cui dormiva lei? Era semplice: c’era un grosso libro sulla società magica inglese poggiato sul comodino.
Nel cassetto aveva trovato solo una collana e una cravatta ed era proprio quella che Ron aveva indossato al loro matrimonio.
Andò a guardare nell’altro comodino e nel cassetto trovò uno spazzolino da denti, una bandierina dei Chudley Cannon e due foglietti un po’ ingialliti.
Uno era una ricevuta di un pub non lontano da lì, mentre sull’altro c’era scritto un messaggio:

Un mago bravo è chi decide di dar prova del suo valore. Ricorda: L’onestà fa l’onore; la volontà il valore.


La firma era annerita dall’inchiostro, ma forse Hermione poteva fare qualcosa per ristabilire il nome originale sotto a quella macchia.

Dopo un paio di orette passate a setacciare ogni angolo della casa si accorse che non aveva nulla su cui basare la sua ipotesi. Aveva fin ora solo un pezzetto di carta e non sapeva nemmeno chi l’aveva scritto.
Mentre stava per smaterializzarsi udì un rumore sordo provenire dal piano di sotto.
Pensò subito che Hermione lo avesse seguito e senza lasciare la presa sulla bacchetta iniziò a scendere le scale.
«Hermione? Sei tu?»
Ma non ebbe risposta.
Ecco udire nuovamente il rumore sordo di prima, ma ora sentendolo meglio sembravano passi e provenivano dalla cucina.
«Hermione?»
Nulla. Se non era per quel rumoreggiare, era più che certo di essere solo.
Ancora quei passi, ma furono seguiti dallo schianto di piatti rotti e pentole che cadevano a terra.
Harry decise di andare a vedere e puntando la bacchetta oltrepassò la porta della cucina e ciò che trovò di fronte lo fece andare completamente in confusione.
Le pentole che prima erano accuratamente sistemate sul lavello, erano riverse sul pavimento insieme ai cocci dei piatti che stavano disposti in fila sul tavolo.
E tutto, tutto intorno a lui era completamente rosso.
Rosso sangue.
Il fiato si fece corto e guardandosi attorno non scorse nessuno.
Corse in fretta nella stanza accanto e si smaterializzò. Scomparendo nel solito crak.

«Harry» Hermione lo accolse con un abbraccio e Ginny lo baciò appassionatamente.
«Dove sei stato?» chiedeva ma Harry scorreva lo sguardo sui volti di tutti i presenti vedendo che non mancava nessuno all’appello.
«Hermione, a casa tua, c’era qualcuno o… qualcosa. Non lo so di preciso. Ma c’era sangue… tanto. E i piatti e le pentole erano rotti. Ma non c’era nessuno. Non ho visto nessuno»
Harry stava ancora facendo ordine nella sua mente, ma era più che certo di non aver né visto e né scorto niente e nessuno.
Hermione si portò le mani al viso e Ginny lo guardava torva «Perché stavi a casa sua? Non ne sapevo nulla»
«Ginny, scusami, io… ho chiesto io di non dirti nulla… ah! ho trovato questo» Harry porse il foglietto a Hermione chiedendole di cercare un modo di scoprire la firma sotto la macchia.
Hermione lo esaminò e disse che forse sapeva come fare.
Anche Molly e Arthur chiesero spiegazioni ed Harry spiegò loro tutto.
Molly sembrò un po’ turbata all’idea che poteva ritrovare il figlio e ripeté più volte che anche secondo lei Ron era ancora vivo, ma chissà dove.
Hermione stava manipolando la carta del biglietto con la magia da po’, quando all’improvviso disse eccitata «Ecco!»
Tutti si fiondarono alle sue spalle e lessero in coro «Maximilian Impronta*»
Tutti si chiesero chi fosse e subito Hermione rispose «E’ un medimago italiano, molto famoso, lessi tempo fa un suo articolo. Parlava di una possibile cura contro la malvagità. Ma che era ancora in sperimentazione. Ma… non capisco cosa centri lui con Ron»
A quel punto gli interrogativi erano molti e per di più nessuno di essi aveva risposta.



*Maximilian Impronta: OC di mia invenzione.

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Capitolo 7
*** 6° capitolo ***


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6° capitolo

Gli occhi gli si dilatavano nel buio in cerca di uno spiraglio di luce.
Sentiva un leggero fresco arrivargli dietro la nuca.
“Da qualche parte ci deve essere una finestra” pensava mentre incespicava in quella stanza buia.
Cercava anche solo una parete su cui appoggiare la mano, cercava un qualsiasi appiglio pur di non cadere.
«Sai cosa mi fa ridere di te Potter? Che cerchi ciò che è impossibile» una voce, la stessa voce di qualche sera prima pronunciava le parole lentamente. Quindi stava sognando. Non stava incespicando veramente in cerca di una finestra.
«Chi sei?» osò chiedere, ma essendo un sogno dubitava di ricevere una risposta. Ed infatti così fu.
Ritornò il silenzio in quell’ambiente buio.
Un odore pungente gli sfiorò il naso e qualcosa di appiccicoso protestava sotto la sua suola, non era acqua. Ne era certo.
Ad un certo punto incominciò a vedere di nuovo. Si trovava in una sala sotterranea.
Forse erano le segrete di un castello.
La prima cosa che gli venne spontaneo fare fu quella di guardare il pavimento e ciò che non voleva vedere si parò di fronte ai suoi occhi.
Sangue.
Si ricordò della cucina di Hermione ed un senso di nausea gli pervase lo stomaco.
Doveva resistere, dopotutto era solo un sogno.
“E’ solo un sogno, Harry” pensò stringendo i denti.
Le pareti ed il pavimento erano di una fredda e dura pietra grigia. Non c’erano finestre e c’era solo una piccola porticina alle spalle di ciò che un tempo doveva essere stato un patibolo.
Si avvicinò a quella porta di ferro battuto, girò la chiave e la serratura scattò.
Entrò in un'altra stanza, ma era uguale alla prima, e fece la stessa cosa per cinque o sei volte.
Come avrebbe fatto ad uscire da lì? Si sedette poggiando la schiena alla parete e si strinse la testa tra le mani.
Poi udì qualcuno parlare «Amico, ti sei perso vero?»
Era lui, era proprio la sua voce.
Harry con lo sguardo speranzoso si guardò attorno in cerca di quel volto familiare.
Ed eccolo, eccolo finalmente.
«Ron!» Harry si alzò e avanzò, ma quello non era veramente lui, era come se fosse stato un ombra, un ombra grigia e più gli si avvicinava più Ron pareva sfuggirgli.
«Dovresti fare più attenzione, Harry. Questa è una cosa seria»
Ma Harry non lo ascoltava. Sapeva che era un sogno, ma almeno in quello voleva riabbracciare il suo amico.
«Miseriaccia Harry! Ho poco tempo, ascoltami!» la voce da scherzosa divenne seria.
Harry si fermò e lo guardò. Cosa voleva dirgli?
«Harry,ascoltami»
«Si, sono qui… ascolto»
«Harry, sono rosso»
«Cosa vuoi dire?»
«E’ qui e non riesco a... rosso e stanco»
«Ron… non capisco»
Ron continuava a dirgli cose che andavano via via a farsi sempre più insensate.
Poco dopo la sua figura grigia fu sostituita da un'altra ombra.
L’uomo della sera prima.
Questa volta però il suo volto si vedeva completamente.
«Potter, vuoi giocare?»
Harry rimase lì ad osservare quell’uomo cercando di memorizzare il più possibile la sua fisionomia.
«Potter, hai paura del buio?»
Appena finì di fargli quella domanda l’uomo si tramutò in un mostro simile ad un mantello nero, con una bocca grossa e dentata; gli si lanciò contro e fu in quel momento che Harry si svegliò sedendosi in mezzo  al letto.
Ginny si era svegliata anche lei e gli chiedeva «Harry, hai urlato… stai bene?»
Harry annuendo si distese e rimettendo ordine nella sua mente raccontò a Ginny tutto il sogno.
«Harry, posso chiederti una cosa?» chiese a bassa voce, acciambellandosi accanto a lui e poggiando la sua testa sul suo petto.
«Harry, fin dove vuoi arrivare con questa storia»
«Fino in fondo» rispose Harry accarezzandole le ciocche rosse.
«Allora ti prego di fare una cosa. Non raccontare più nulla a mia mamma, lei… lei ha sofferto molto e se hai torto? Harry non ci hai pensato? Lei ci soffrirebbe molto di più»
Harry annuì ma era convinto ancora di più che Ron stava cercando di comunicare con lui.
Si alzò e disse alla moglie che doveva parlare con Hermione.
Entrò nella stanza buia e vide il viso di Hermione avvolto dalla luce argentea della luna. Si sedette accanto a lei e cercò di svegliarla il più dolcemente possibile.
La ragazza si svegliò e si sedette subito allarmandosi.
«Harry! Cosa c’è?»
«Ho fatto un sogno… strano. Ho bisogno che mi dici tutto quello che sai su Maximilian Impronta»
La ragazza si stropicciò gli occhi ed ancora assonnata prese la sua bacchetta e l’accese sussurrando un Lumos che nemmeno Harry pareva aver udito.
«E’ un medimago… te l’ho detto»
«Si, ma cosa sai oltre a questo?»
Hermione si schiarì la voce, ancora roca per il sonno, e continuò a parlare «Dovrei avere un libro da qualche parte. Ogni tanto, prima di sposarmi con Ron, venivo spesso a soggiornare qui e… ho lasciato parecchie cose mie»
Harry la osservava mentre la luce della bacchetta illuminava un piccolo angolo della stanza; poi, Hermione, continuò dicendo  «Vediamo se questo è quello giusto» mise il libro voluminoso sul letto e velocemente iniziò a scorrere il dito sull’indice a fine libro.
«No, non dice nulla. Vediamo su un altro testo»
Spulciò interi libri per tutta la notte, Harry non riuscì a stare a lungo sveglio e presto si abbandonò al sonno su di una sedia ai piedi del letto.
Anche Ginny era giunta nella camera e si era rimboccata le maniche per aiutare Hermione, aveva appena messo un plaid sulle spalle di Harry che si svegliò di soprassalto perché Hermione aveva gridato  «Trovato!»
«Ssh… Hermione di là stanno ancora dormendo» l’ ammonì Ginny che si andò a sedere accanto a  lei per leggere la pagina trovata.
Harry si avvicinò e vide l’immagine su cui Hermione puntava il dito e disse incredulo «E’ lui l’uomo del mio sogno»
 Si tolse gli occhiali e lisciò per bene le lenti sul maglione e rimettendoseli sul naso osservò meglio la foto.
Capelli bianchi e occhi socchiusi tendenti al rosso, labbra sottili ed una fine barba riccia e grigia.
Ad Harry per un istante gli si strinse lo stomaco e perdendosi nello sguardo dell’uomo della foto disse  «E se fosse lui il lupo?» le due ragazze guardarono meglio anche loro l’uomo ed osservando gli occhi ramati si sentirono confuse.
«Harry, non lo so. Potrebbe essere lui, come anche non potrebbe. Se fosse lui il lupo, il Ministero non lo saprebbe?» disse Ginny grattandosi il naso.
«Riflettete. Nessuno sapeva il segreto di  Remus quando venne a fare l’insegnate ad Hogwarts»
Secondo Harry il dottor Impronta centrava con la scomparsa di Ron, non sapeva in che modo, ma ne era quasi certo.
«Dice dove abita?»
«Si, dice che abita in un vecchio casale nella campagna ad est di Londra» rispose Hermione che lo iniziò a guardare torva.
«Devo andare a fare due chiacchiere con questo dottore»
«Adesso?» sbottò Ginny aggrappandosi al suo braccio.
«Si, ma voi rimanete qui»
«No» disse Hermione  «Non se ne parla. Harry si tratta di Ron. Non posso farti andare da solo»
«Se è per questo si tratta anche di mio fratello. Quindi…» iniziò a dire Ginny posando le mani sui fianchi, ma Harry la interruppe  «Quindi tu rimani qui. Prima hai detto che tua mamma non si deve preoccupare di questa situazione. Quindi rimani qui, anche perché può essere pericoloso»
Harry baciò la moglie sulle labbra e le sorrise cercando un po’ di comprensione.
Ginny annuì e gli chiese il favore di stare attento.
«Tranquilla. Tornerò prima che i tuoi si accorgano della nostra assenza. Ti amo»
«Anche io» rispose Ginny mandandogli un bacio, poi lui ed Hermione sparirono nella stanza illuminata dal sole mattutino.


§§§

«Ho preso un po’ di Metropolvere che stava sul caminetto della Tana. Ho pensato che ci potrebbe servire»
Harry le sorrise. Hermione era sempre preparata a tutto ed era sempre presente nei momenti di emergenza.
La neve bagnava i pantaloni di cotone dei ragazzi ma questi continuavano a camminare, fino a quando non videro un casale dall’aspetto disabitato.
Prima di bussare alla porta Harry guardò Hermione che annuì come per dire “Prima entriamo e prima ce ne andiamo”.
Dopo due colpi alla porta questa si aprì e dietro di essa fece la sua comparsa una donna dai capelli castano scuro, occhi di un blu intenso e la bocca rosso fuoco.
«Salve, come posso aiutare?» la voce era pacata ma allo stesso tempo forte, in perfetto disaccordo con i suoi lineamenti dolci.
Harry rimase un po’ interdetto, pensava che li avesse accolti il dottore non una donna.
«Stiamo cercando il dottore Maximilian Impronta» intervenne Hermione che aveva notato il blocco di Harry.
La donna parve sorpresa della richiesta e li invitò ad entrare.
La stanza era fredda e tutto intorno a loro c’erano strani aggeggi di chissà quale utilità.
C'erano due o tre orologi a pendolo ed ognuno segnava un ora diversa.
Pentoloni su di un tavolo e mini grù alle quali erano attaccati dei piccoli pezzi di cotone che cambiavano colore e che andavano su e giù.
La donna si andò a sedere accanto ad un tavolino da tè e socchiuse gli occhi dicendo «Il dottore è morto. Non lo sapevate? Io sono sua figlia. La dottoressa Selena Impronta. Cosa volevate chiedere a  mio padre?»
Harry ed Hermione si guardarono con la classica espressione di chi aveva appena fatto un buco nell’acqua.
“ Morto? Come è possibile?” si continuava a chiedere Harry.
«Volevamo chiedergli perché ha scritto questo biglietto a mio marito» Hermione porse il foglietto alla donna che lo prese e lo lesse. Lo fissò per un attimo, poi con aria dubbiosa lo ridiede ad Hermione dicendo  «Mio padre adorava le metafore. Tutto qui»
«Tutto qui? Mio marito è sparito da mesi e fin ora tutto ciò che abbiamo porta a suo padre» Hermione sbottò quasi come se tutta la rabbia repressa fosse esplosa in quel momento.
Harry conosceva Hermione e sapeva che se qualcosa non andava secondo i suoi propositi, si adirava talmente tanto da non riflettere se era o no il momento giusto per sbottare.
La donna distolse lo sguardo da Hermione indispettita  e rivolgendosi ad Harry riprese a parlare incrociando le bracci a al petto  «Vi prego di uscire da casa mia. Non accetto queste insinuazioni»
Una volta usciti dalla casa rimasero per un po’ a pensare poi Hermione disse con un senso di  angoscia che le opprimeva il petto «Ci ha cacciati Harry, cosa facciamo? Torniamo un altro giorno?»
«No. Se ci ha cacciati vuol dire che nasconde qualcosa. Andiamo a dare un occhiata qui intorno può essere che troviamo qualche indizio... Questa storia non ha senso. Ho sognato quell’uomo ed una spiegazione ci deve essere»  
I due si incominciarono ad avviare verso le siepi attorno al muretto del casale, sperando di trovare anche una minima cosa che li potesse aiutare.
Quando qualcosa attirò la loro attenzione. Harry lo prese in mano e subito capì che quello era un pezzo del collare nero del lupo.
«E' quello che penso?» chiese Hermione un po' scettica, ma quando Harry annuì si rese conto che il suo amico aveva ragione: quella storia apparentemente non aveva senso, ma sicuramente tutto aveva la sua logica.
In un attimo i due ragazzi si smaterializzrarono per tornare alla Tana, contenti di non aver avuto bisogno nè di bacchetta nè di Metropolvere.


Selena Impronta: oc di mia invenzione




Angolo di Pollama:
Ringrazio: Risa che ha recensito ogni capitolo di questa mia long. Spero di non averla delusa nemmeno con questo nuovo capitolo. <3
Ringrazio anche a tutti voi che avevte messo questa storia tra le seguite (Carola; GinMarty; Griphook; leloale; risa; scarlett90; theclansman95; vane95; cla 92
 ) e anche chi l'ha solo letta ^__^


Grazie mille!  *w*

Ci si vede al prossimo capitolo ;)


 

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Capitolo 8
*** 7° capitolo ***


7° capitolo

Ginny stava facendo avanti e indietro nella camera da letto quando Harry e Hermione comparvero all’improvviso.
«Avete scoperto qualcosa? Qui nessuno si è accorto della vostra momentanea fuga»
Harry cacciò dalla giacca una specie di nastro di cuoio nero.
«Cos’è ?» chiese Ginny prendendolo in mano.
«Io… ed Harry pensiamo che sia un pezzo del collare del lupo. Harry crede che il lupo sia il dottor Impronta. Ma secondo la figlia è morto»
«Figlia? Perché dovrebbe mentire sul padre?»
«Se tuo padre fosse un mostro mentiresti?» intervenne Harry che prendendo il pezzo di collare da mano alla moglie lo rimise in tasca. Aveva intenzione di tenerlo nascosto fino a quando l’avrebbe ritenuto opportuno. Gli restavano quattro giorni di ferie ed entro questi giorni doveva riuscire a risolvere il caso.
Purtroppo secondo il suo ufficio il caso è stato chiuso da mesi e senza una prova schiacciate non l’avrebbero mai riaperto.

§§§
 

Durante la cena Arthur cercava di far ridere Molly, raccontando di un molliccio, scappato dal reparto animali fantastici, che si era trasformato in una scarpa puzzolente di fronte al suo capo-ufficio.
Il racconto fece divertire anche Hermione che sorrise un po’ timidamente dal lato opposto della tavola.
Dopo un oretta, Molly portò a tavola una torta alle mele molto succosa, dall’odore si capiva perfettamente che era stata appena sfornata.
In quel momento, appena la signora Weasley iniziò a tagliare le fette, si sentì un lupo ululare nella steppa fuori la Tana.
Harry fece scorrere lo sguardo nervoso su Ginny, Hermione e Arthur. Fortunatamente Molly non si accorse di nulla e continuava a ridacchiare per il racconto del marito che non riusciva a togliersi dalla testa.
«Io vado a vedere»
«Cosa vai a vedere Harry caro?» Molly lo guardò distrattamente ed Harry balbettando rispose  «Io… ehm… devo vedere delle carte di lavoro che dovrò consegnare a breve»
«Oh… se si tratta di lavoro vai pure. La fetta di torta te la conservo in cucina»
Hermione si stava alzando anche lei ma Harry le fece segno di stare seduta, Ginny le posò una mano sulla spalla e le disse all’orecchio «Hermione, mi aiuti a sparecchiare la tavola?» la ragazza annuì e incominciò a prendere dei piatti in mano, mentre Harry si dirigeva verso la finestra del retro.
Con la manica del maglione tolse la coltre di freddo che aveva appannato i vetri e scorse velocemente lo sguardo per non perdere nemmeno un movimento. Forse era un semplice lupo, ma non si sarebbe mai dimenticato quell' ululato agghiacciate della bestia a Godric’s Hollow e quello sentito poco prima glielo aveva ricordato.
Guardava il cielo stellato in cerca della luna e questa non era una luna piena. Poi tornò a guardare i fili d’erba che si stagliavano oltre il nevischio e proprio in quel momento vide qualcosa muoversi velocemente.
Aprì la porta e fu subito travolto dal freddo invernale, la pelle si ghiacciò in un secondo, ma non rinunciò.
Stava per chiudersi la porta alle sue spalle, quando il suo campo visivo fu totalmente occupato da due occhi rossi.
Harry balzò indietro per lo spavento, mentre la bestia stava discendendo dalla piccola tettoia sopra la sua testa.
I grossi denti aguzzi erano imperlati dalla saliva che colava dalle fauci in grosse quantità.
Il bianco del pelo era interrotto dal nero del collare, Harry riuscì a vedere che era fatto con lo stesso tessuto che aveva trovato nel giardino della casa del dottor Impronta.
Un ruggito lacerò l’aria tra lui e la bestia ed improvvisamente i suoi muscoli si sciolsero trovando  la forza per correre via da lì.
Iniziò a lanciare incantesimi di ogni genere fino a quando provò con Finite Incantatem. Il lampo di luce rossa prese in pieno il petto della bestia che volò oltre una siepe.
Harry senza fiato guardò la bestia che iniziò a ritrasformarsi in un uomo, i peli stavano sparendo, lasciando intravedere la pelle pallida ed anche la statura stava retrocedendo.
Harry iniziò di nuovo a correre per raggiungere il punto in cui l’uomo si stava ritrasformando, ma ad un tratto si sentì un urlo agghiacciante.
L’urlo di qualcuno che veniva preso e portato via contro la propria volontà.
«Nooo! No, ti prego!» si continuava a sentire nella gelida steppa.
Ma quando Harry giunse sul posto, già non c’era più nessuno.
Ai suoi piedi notò che c’era qualcosa di metallico, facendo luce con la bacchetta osservò meglio l’oggetto.
Era un ciondolo di oro rosso, su di esso c’era inciso: “Selena, sempre nel cuore”.

 

§§§
 

«Selena»
«Cosa?» dissero all’unisono Hermione e Ginny mentre afferravano la medaglietta d’oro.
«Dove l’hai trovata?» Hermione si girava e rigirava l’oggetto tra le dita mentre osservava con aria interrogativa l’amico.
«Qui… fuori la Tana. C’era il lupo e con un incantesimo sono riuscito a far regredire la trasformazione. Ma qualcuno l’ha portato via di nuovo. E credo sia stata lei»
«Harry, questa è una cosa grave. Dobbiamo fare qualche cosa»
«Harry, ha ragione Hermione. Dobbiamo contattare le autortà competenti e…»
«E cosa? Ginny quella donna c’entra con la scomparsa di tuo fratello»
«Come puoi dirlo con certezza?»
«Perché è così! Quando lo riporterò a casa, mi darai ragione»
Mentre Harry e Ginny discutevano, Hermione si alzò dal divano e avvicinandosi alla finestra iniziò a guardare le stelle, mentre una lacrima le rigava la guancia facendole rivivere uno dei tanti ricordi.

Erano le dieci di sera di un dieci agosto non troppo lontano. Il vociare delle persone impastava la via della città. Tutti avevano intenzione di andare a vedere, sopra la collina vicina, le stelle cadenti.
«Che fine fanno le stelle quando cadono?» le chiedeva Ron con il viso colorato dalla curiosità.
Quella domanda se lo sarebbe potuto aspettare da un bambino, ma non da un ragazzo adulto. Ma, d'altronde, era proprio quell’ingenuità ad averla fatta innamorare di lui.
«Vengono disintegrate dall’atmosfera della Terra. Alcuni frammenti, però, riescono a cadere sul suolo»
Ron guardò nuovamente il cielo e sorridendo le fece una promessa «Hermione, saresti felice se ti portassi un pezzo di stella caduto?»
Lei annuì sorridente, amava quando il suo lui era così sognatore.
Quella serata passò in un modo sorprendete: guardarono le stelle, tornarono a casa e dopo un paio di coccole si addormentarono vicini sul divano, mentre si raccontavano i loro sogni.
La mattina seguente, Ron, la svegliò con un entusiasmo simile a quello dei bambini il giorno di Natale.
«Hermione, guarda!»
Il ragazzo le mise davanti al naso un foglio di giornale, anzi un brandello di giornale: “Maximilian Impronta”.
«Chi è?» chiese assonnata facendo ripiombare la testa sul cuscino.
«Quest’uomo ha un pezzo di stella. Capisci? Appena ho un momento libero andrò a chiederne il prezzo… se non di tutto il frammento, almeno di una briciola»


Il ricordo si concluse bruscamente, Hermione barcollò fino a raggiungere i suoi amici.
«Hermione!»
«Hermione stai bene?» continuavano a dire Ginny e Harry.
«Sono un idiota!»
«Cosa stai dicendo?» Ginny le portò un braccio sulla spalla e guardò perplessa il marito.
«Harry, hai ragione. Ron c’entra qualcosa con la famiglia Impronta... L’Agosto prima della sua scomparsa, mi fece leggere un brandello di giornale su cui c’era scritto a lettere cubitali il nome del dottore. Diceva che lo voleva contattare per un pezzo di stella»
«Un pezzo di stella?»
«Harry, non è questo il punto… Ron è sparito giusto qualche tempo dopo questa sua idea. E se ha trovato il dottor Impronta e lui lo ha…»
Quella parola non le uscì dalle labbra e continuò a guardare Harry in cerca di un appoggio.
«Dobbiamo andare in fondo a questa storia» si limitò a dire lui, iniziando a sentire una stretta allo stomaco.
La sua teoria aveva qualche fondamento, ma fino a dove si sarebbero potuti spingere per trovare una soluzione all' enigma?


Note di Pollama:
Grazie a chi ha recensito, chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate.
Grazie! *w*

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Capitolo 9
*** 8° capitolo ***


8° capitolo

Il tavolo della cantina era ricoperto da gusci di noci e molliche di pane.
Il Signor Weasley era intento ad impastare i due cibi, quando Harry entrò bussando prima sulla porta aperta.
«Oh, Harry! Sto cercando di creare delle trappole gustose per gli gnomi. Mi stanno riempiendo il giardino di fossi!»
Harry guardò accigliato quei pasticcini dall’aspetto orribile «Non era meglio se a farli fosse stata la signora Weasley?»
Arthur guardò prima i dolcetti sul tavolo, rendendosi conto che erano venuti davvero male, poi alzò un dito e disse «Si, ma non volevo arrecarle noie. Quindi faccio da me» sorrise affettuosamente.
«Ma dimmi, Harry, perché sei venuto qui? Non di certo per questi» ed indicò i dolci spezzettati.
«Ehm… no. Io volevo raccontarle ciò che era successo ieri. Non ho avuto l’occasione prima di ora»
Arthur annuì e si mise a sedere su di uno sgabello sgangherato.
Harry, prima di iniziare a parlare, prese un bel respiro ed iniziò il racconto.

«Quindi, vuoi dire, che non è un lupo mannaro?» disse Arthur, dopo aver sentito per filo e per segno ciò che aveva da dirgli il ragazzo.
«Esatto! Ieri non c’era la luna piena»
«E vuoi dire anche che questo lupo mostruoso c’entra con il dottor Impronta e sua figlia?»
«Sì, ed ho anche una prova » prese dalla tasca il ciondolo e glielo porse.
«Selena è la figlia del dottore e dopo aver visto che il lupo si stava ritrasformando in umano ho cercato di raggiungerlo, ma è stato portato via con la forza. Ed è stato proprio in quel punto che ho trovato il ciondolo»
«Interessante… ma cosa vuoi che ti dica Harry?»
Il ragazzo si grattò la nuca ed azzardò un’ ipotesi  che lo aveva tormentato per l’intera notte.
«Quest’uomo ci sta chiedendo aiuto»
Arthur abbassò lo sguardo massaggiandosi le palpebre con le dita.
«Mi creda!» continuò Harry «Mi creda, Signor Weasley! So che in ciò che le sto raccontando c’è un margine di verità!»
«Harry, io di certo non ti ostacolerò nelle tue ipotesi, ma credimi, non ho più la forza e forse anche la voglia di entrare in faccende del genere»
Harry annuì sentendo vacillare leggermente la sicurezza che aveva usato per parlare fino ad allora, così, decise di uscire dalla cantina senza dire più nulla.


§§§
 

«Non ho chiuso occhio stanotte» diceva Harry, disteso sul letto, abbracciando Ginny che si accoccolò accanto al suo petto, facendo ricadere la testa sulla spalla.
Gli piacevano quei momenti di dolcezza, in cui c'erano solo lui e sua moglie.
Adorava respirare l'odore dei suoi capelli, guardare i suoi occhi castani e quelle piccole lentiggini che le coloravano le guance arrossate.
«So che stai provando difficoltà a riposare, ma pensa che ti manca solo un giorno per finire le ferie. E quindi sfruttalo diversamente… prova a riposare almeno mentalmente» gli diede un bacio sulla guancia un po’ pungente per via della barbetta che non aveva ancora rasato.
Lui sorrise, ricambiando il bacio e chiuse gli occhi, crollando in un sonno profondo in cui fece in uno dei suoi soliti sogni strani.

Camminava in un cortile, forse quello di Hogwarts, il sole splendeva e intorno c’era molta tranquillità.
Si sedette sotto un albero dalla grossa chioma scossa dal vento leggero e sospirò puntando gli occhi al cielo, limpido ed azzurro.
Il cinguettare dei fringuelli rendeva l'atmosfera serena, tanto da fargli quasi dimenticare le preoccupazioni che lo attanagliavano in quel periodo. sperava con tutto se stesso che presto tutto sarebbe finito. Terminato con un bel finale felice.
Ma sapeva che sarebbe stato difficile, quasi impossibile.
«Miseriaccia! Ci ho messo secoli per trovarti!» sentì dire alle sue spalle; quando si voltò e vide quel viso pieno di lentiggini così familiare disse, quasi con un sussurro «Ron»
«Per Merlino! Un po’ meno di entusiasmo, mi raccomando»
«Entusiasmo? Questo è un sogno perché dovrei essere felice se tutto ciò è irreale?»
«Andiamo Harry! Ho bisogno di aiuto e così di certo non me lo dai»
Harry lo guardò un po’ perplesso e chiese in un modo più che spontaneo «Sei un fantasma?»
«Se fossi un fantasma non sarei… non so… Più pallido?» ed inarcò la bocca in una smorfia.
Harry sorrise, gli era mancato quel modo che aveva Ron di parlare.
«Cosa dovrei fare per aiutarti?»
«So che conosci il vecchio casale ad est di Londra »
Harry sgranò gli occhi e sentì il cuore martellare nel petto «Come lo sai? Sei lì?»
«Harry, agh» Ron si piegò emettendo un rantolo simile a quello quando si riceve un pugno nello stomaco.
«Cosa succede?»
Il ragazzo dai capelli rossi si rialzò con il viso devastato dal terrore e biascicò qualche parola «Harry… non… vai lì… e…»
«Ron aspetta!» Harry si avvicinò all’amico che lentamente si sfocò diventato una nuvola di fumo e l’erba che prima ricopriva il suolo si tramutò in una massa informe di vermi viscidi e pieni di terriccio.
Harry sentì le caviglie sprofondare in quel mucchio appiccicoso, come se quei vermi fossero stati sabbie mobili.
Doveva uscire da lì, doveva riuscirci e mentre toccava con i palmi quel viscidume si svegliò per l’orrore e quando riaprì gli occhi, si ritrovò seduto in mezzo al letto con il fiato corto.
Ginny non era più accanto a lui ed il primo pensiero che ebbe fu quello di raggiungere il casale della famiglia Impronta.
«Harry, che brutta cera… eppure hai dormito per una mezz’ora abbondante!» Hermione era seduta sotto il portico della Tana insieme a Ginny che si alzò appena vide Harry comparire sulla soglia di casa.
«De- Devo andare da Selena Impronta»
«Cosa?» dissero perplesse le due ragazze.
«Vi spiego dopo»
«No Harry! Lo spieghi adesso»
Hermione si alzò dalla sedia di vimini su cui era seduta e mettendo le mani sui fianchi attese una risposta.
«Ho fatto un sogno»
«Ancora questi sogni?»
Harry guardò di sottecchi la moglie prima di continuare «Ron mi ha detto esplicitamente che devo andare lì»
«Co- Cosa?» Hermione lasciò ricadere le braccia sui fianchi sentendo il petto stringersi.
«Harry, veniamo con te!» Ginny lo prese per mano facendo un mezzo sorriso e guardando Hermione tese anche a lei le dita leggermente sudate.
Hermione strinse la mano dell’amica un po’ intimorita e appena deglutì sentì il vuoto prendere possesso del suo corpo.
Si erano smaterializzati, diretti alla cascina della famiglia Impronta.

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Capitolo 10
*** 9° capitolo ***



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9° capitolo

Il freddo gelava la pelle. Il cielo grigio e minaccioso preannunciava una forte nevicata.
Dall’inizio dell’inverno ci furono parecchie nevicate e ad ognuna, Hermione, sperava con tutta sé stessa che Ron stesse di fronte ad una bella tazza di tè caldo. In quel periodo, tutti pensavano fosse morto, ma lei quell’idea non voleva nemmeno per un secondo sfiorarla seriamente. Preferiva pensare che fosse sparito perché non l’amava più o perché aveva incontrato un'altra donna.
Mentiva a sé stessa ma non funzionava molto. Sapeva che Ron non avrebbe mai fatto una cosa del genere. E ciò le faceva venire in mente sempre le cose più brutte che la facevano subito cadere in un baratro di tristezza.
Hermione, non sapeva più quante lacrime aveva versato dall’inizio di quell’incubo e non aveva né la forza e né la voglia di voltar pagina.
«Siamo arrivati» la voce di Harry pareva scossa, come se quel freddo lo avesse ghiacciato dall’interno.
La ragazza lo guardò inarcando le sopracciglia e sentì che la mano di Ginny si strinse più forte attorno alla sua.
«Hermione, so cosa pensi, ma vedrai che non siamo giunti qui a vuoto»
Hermione si era sempre fidata del suo migliore amico ed anche quella volta aveva voluto affidarsi al suo istinto. In un altro momento, forse, avrebbe considerato rischiosa quell’idea, ma in quell’istante voleva solo far finire quella storia… nel bene o nel male.
«Harry sai che mi fido di te… andiamo» disse con un leggero sorriso e posandogli una mano sulla spalla.
I tre ragazzi iniziarono a camminare ed Harry, senza smettere di guardare di fronte a sé, chiese «Avete portato le bacchette?»
«Certo» rispose in modo secco Hermione. Il freddo le aveva reso le labbra completamente pallide come se fosse stata malaticcia. Lo sguardo seguiva quello di Harry e notò che c’era un grosso pino che sbarrava la strada; i suoi aghetti verdi spuntavano al di sotto di una leggera coltre di neve.
“I pini hanno sempre questo buon odore!” pensava Hermione, mentre aggiravano l’albero per andare oltre.

«Ron, cos’ è quello? E’ un abete?» disse Hermione entrando nel salone  di casa.
«Ehm… tu credi? Pensavo fosse un orchidea per questo l’ho comprato» rispose lui con un tono ironico e aggrottando la fronte le porse una pallina d’oro.
«So cos’è! Volevo solo dire che sono sorpresa»
Mancava una settimana a Natale e ormai Hermione non sperava più di avere un albero di Natale in casa. Era sempre così occupata in ufficio che aveva delegato la maggior parte delle cose a suo marito con un po’ di timore, ma non poteva fare altrimenti.
«Volevi un albero di Natale e così ho esaudito il tuo desiderio… ti piace?» chiese con aria soddisfatta ponendo una stellina su di un ramo.
«Si è molto bello» Hermione posò la borsa che aveva ancora in mano ed iniziò anche lei ad addobbare il grosso abete che sprigionava con forza il suo profumo pungente.
Pallina dopo pallina, l’albero iniziò a ricoprirsi di colori.
«Sai cosa penso?» Hermione, che stava in ginocchio, si rialzò incrociando le braccia al petto per un improvviso brivido.
«Penso che ho bisogno di una bella doccia calda e di un bel dolce»
«Va bene. Io finisco di mettere gli addobbi e poi verrò anche io a fare una doccia» ammiccò baciandole le labbra.
Quella sera fu speciale per Hermione, perché Ron la ricoprì di attenzioni: coccole, baci e persino un frullato alla banana.
«Perché il frullato alla banana? » chiese lei, distesa accanto a Ron sul divano e annodando i ciuffi rossi di lui tra le dita.
«Non lo so… in verità non mi piace nemmeno» Ron si passò la punta della lingua sul labbro superiore e posò pesantemente il bicchiere sul tavolino da tè ai loro piedi.
«A me sì! E’ dolce ed era da un po’ che non ne bevevo uno» Hermione frugò con il cucchiaino sul fondo del bicchiere in cerca di altre scaglie di cioccolato bianco che prima tempestavano la superficie del frullato, poi si accoccolò sul suo petto cingendosi le spalle con un pesante plaid alla Weasley.
«Hermione, prima di andare a togliere le bucce di banana dal tavolo in cucina… vorrei un po’ di coccole… sai ho bisogno di forze per raggiungere quella stanza»
Hermione lo guardò di sbieco, poi sorrise ed iniziò a baciargli il collo, l’orecchio divenuto rosso e la bocca. Sentì la pelle di Ron fremere per un brivido e poi sentì la voglia di avere per sé quel momento per l’eternità.
Il salone era come immerso in un sogno. La luce fioca e colorata delle lampadine dell’albero rendeva tutto più romantico, come se tutto fosse sospeso mentre i loro respiri volteggiavano nel salone, mentre i loro corpi si univano in un abbraccio infinito, mentre i loro sguardi si parlavano d’amore.


Poi un brivido di freddo la destò da quel rimembrare così dolce.
Si ritrovò ancora in cammino con Harry e Ginny, mentre le sue caviglie erano serrate dal freddo della neve.
Tra una settimana sarebbe stato Natale e pensare a come era diverso l’anno prima le mise addosso un’ angoscia non indifferente.
«Eccoci arrivati» disse Harry all’improvviso quasi facendola sussultare, mentre il casale Impronta compariva all’orizzonte interrompendo quel bianco candido del paesaggio con i suoi muri grigi.
“Cosa sarebbe successo una volta varcata quella soglia?” pensò Harry, stringendo nella tasca la catenina di Selena.
«Sei nervoso?» chiese Ginny notando che Harry indurì il viso facendo scrocchiare la mascella.
«No, stavo solo pensando che questa è… la nostra ultima spiaggia»
Ginny poggiò la testa sulla sua spalla e strinse ancora più forte la mano dell’amica.
«Ginny, rimani qui… non puoi entrare con noi»
«Non capisco Harry perché?» chiese sua moglie corrucciando le sopraciglia.
«Harry,  non capisco nemmeno io, in verità!»
Harry si fermò e si pose avanti alle due ragazze per guardarle meglio negli occhi.
«Ascoltatemi… Ci deve essere qualcuno pronto e veloce qui fuori se abbiamo bisogno di aiuto e Ginny è la persona migliore in questo momento» guardò la ragazza che aggiustandosi la sciarpa sotto i capelli rossi annuì e prese in mano la bacchetta.
«Ginny, stai attenta e mi raccomando se entro un ora non usciamo da lì, non entrare, va all’ufficio Auror e chiedi aiuto… D’accordo?» gridò quasi quell’ultima parola, poi prese il viso di Ginny tra le mani e le baciò le labbra con foga.

Una volta che lui ed Hermione erano abbastanza vicini alla porta del casale, si voltò ancora una volta per dar segno a Ginny di nascondersi e guardò Hermione che gli fece un occhiata come per avere conferma prima di bussare alla porta con tre forti colpi.
«Salve» la porta si aprì con uno scricchiolio sinistro e sulla soglia comparve Selena con un bell’ abito nero.
«Cosa volete ancora?» chiese in modo burbero incrociando le braccia al petto.
«E’ inutile che fingi ancora. Sappiamo che nascondi qualcosa» iniziò a dire Harry.
«E cosa dovrei nascondere?»
«Un qualche segreto immagino… visto che ho trovato questo» cacciò il ciondolo dalla tasca ponendolo bene di fronte agli occhi azzurri della donna che parve pietrificata nel vedere l’oggetto.
«Dove l’avete trovata?»
«A casa dei signori Weasley» rispose Hermione che assottigliò gli occhi per la concentrazione: voleva cogliere ogni espressione del volto della donna.
«Weasley… mai sentiti»
«Non mentire» Hermione sputò fuori quelle due parole appena notò che le pupille di Selena si erano dilatate: sintomo classico della bugia.
«Io non mento»
«Io invece credo proprio di sì!» Harry a quel punto mostrò la spilla appuntata sul sottogiacca dimostrando di essere un Auror e con forza spalancò la porta piombando nella stanza.
«Cosa volete fare?» la donna parve allarmata da quel gesto.
«Daremo un occhiata in giro... se dici la verità, perché hai timore?»
Hermione guardava Harry con ammirazione, faceva davvero bene il suo lavoro ed era la prima volta che lo vedeva  in azione, anche se avevano passato tante avventure insieme, quella volta era diverso… era diventato il suo lavoro. A quel punto il ragazzo fece segno all’amica di entrare e una volta varcata la soglia della casa, Hermione venne investita da un olezzo disgustoso, infatti le salì alla gola un conato di vomito.
«Non ti senti bene?» Harry le mise le mani sulle spalle cercando di scorgere il suo sguardo.
In un attimo Hermione venne investita da un flashback che l’avrebbe perseguitata per sempre. Un ricordo doloroso e così triste che ogni volta che si soffermava su quel momento le venivano le lacrime agli occhi.
Ad Hermione quel tanfo di sangue vecchio e di carne bruciata faceva ricordare le macerie di Hogwarts.
«Harry, ti ricordi la battaglia ad Hogwarts? Questo odore mi ricorda quel giorno»
Harry tirò su col naso cercando di mettere insieme i vari odori ed anche a lui venne uno spasmo allo stomaco.
«Hogwarts» sussurrò il ragazzo perdendosi per un attimo nei suoi pensieri. Con sguardo vacuo cercò di ricomporsi, il respiro corto per l’ansia e la nausea che stava aumentando.
«Cosa nascondi?» richiese a Selena che parve intenta a chiudere la porta di casa.
«Siete delle piccole pedine» iniziò a dire la donna continuando a dare le spalle ai ragazzi.
«Piccole pedine di un gioco incredibile»
Hermione scoccò uno sguardo confuso ad Harry che non nascose lo sconcerto che gli aveva provocato quella frase e chiese «Cosa vuoi dire?»
La donna però si limitò a ridacchiare rocamente come se fosse stata posseduta da un entità malvagia ed ultraterrena.
I due amici si scambiarono occhiate eloquenti prima di stringere, nelle mani screpolate, le bacchette.

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Capitolo 11
*** 10° capitolo ***


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10° capitolo

Lo scricchiolio degli infissi di legno riempiva quel silenzio che regnava nella stanza.
I ronzii delle varie apparecchiature strambe tamburellavano nelle orecchie dei due ragazzi.
«Cosa vuoi dire?» ripeté Hermione, appena la donna finì di ridere.
«Voglio dire che siete giunti alla tappa finale del mio gioco»
Harry cacciò fuori dalla tasca la bacchetta dal legno lucente e indurì i lineamenti del viso.
«Selena, spiega le regole del tuo gioco!» Harry aveva pensato di assecondare la sua mente folle.
«Regole? Le regole non esistono. Le determino io al momento opportuno…» rise ancora.
«Adoro mettere alla prova le persone che reputo abili in qualcosa e soprattutto non vuote»
Hermione aggrottò la fronte. Provava una strana sensazione nel petto; sentiva un qualcosa di diverso in quella stanza dall’ultima volta in cui entrarono. E non era l’odore sgradevole…

«Ora vi sottoporrò a delle prove… se riuscirete a superarle senza problemi allora vi lascerò vivere»
Harry guardò Hermione che fece scorrere velocemente lo sguardo alla finestra cercando di intravedere Ginny oltre i vetri opachi.
«State… cercando la vostra amichetta? Tranquilli già sta giocando!»
Le labbra della donna si inarcarono in un sorriso, appena si sentì un ululato potente sopraffare il fruscio del vento.
«No, Ginny!» Harry scattò in avanti, lanciandosi sulla maniglia della porta, ma questa, non si mosse nemmeno di un centimetro.
«Tranquillo, la tua mogliettina sta in ottime mani. Ma ora bando alle ciance… si comincia»
Selena batté le mani ed una botola, piena di ragnatele grigie, si aprì sotto i piedi dei due ragazzi.
Harry e Hermione caddero in uno scantinato buio e polveroso.
L’aria era pesante e l’odore acre che prima si sentiva vagamente, ora riempiva i polmoni dei due amici.
«Il buio è un po’ come un incubo…» si sentì la voce di Selena riempire l’ ambiente, ma non era lì fisicamente.
“Forse sta usando l’incantesimo che raddoppia il tono di voce”, Harry cercò di ragionare, anche se il suo unico pensiero in quel momento era Ginny.
«L’incubo può essere orribile… vero Harry Potter?» 
Il ragazzo trasalì appena la donna pronunciò il suo nome.
«I miei incubi… sei stata tu a procurarmeli?»
«Ottimo! Sei un ragazzo sveglio! Tutto ciò che hai visto nei tuoi sogni era pura illusione»
« Anche… Ron allora?» Harry sentì le gambe cedere dal senso di colpa che provava in quel momento. Era colpa sua se ora Ginny stava chissà dove ed Hermione, che gli ha creduto fino alla fine per rivedere suo marito, era lì con lui che non sopportava guardare in faccia la realtà.
«Siete patetici! Voi con tutte le vostre speranze e le vostre aspettative! Siete pronti a mettere a repentaglio la vostra stessa vita per proteggere qualcun altro»
Selena alzò talmente tanto la voce che l’intonaco dei muri cedette, ricadendo sul pavimento scuro.
«Se non è vero nulla… facci uscire!» Hermione disse quelle parole con le lacrime in gola. Avrebbe voluto piangere, singhiozzare e rannicchiarsi in un angolo, ma non l’avrebbe mai fatto lì, davanti agli occhi di quella donna folle.
«No, sarebbe troppo facile. Vi ho detto già cosa dovrete fare. Ed ora iniziamo per favore… Ho voglia di divertirmi»
Dette quelle parole, si aprì una porticina di fronte ai due ragazzi, oltre la quale si intravide un corridoio vagamente illuminato da delle torce.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò Hermione ad Harry.
«Proviamo ad andare avanti»
Iniziarono a camminare, le suole delle loro scarpe risuonavano tra i muri del corridoio che andava sempre di più a stringersi.
Man mano che andavano avanti, divenne così stretto che solo una persona alla volta poteva passarci attraverso.

Un freddo improvviso li fece rabbrividire: un’altra porta si era aperta. Il corridoio dietro questa parve completamente avvolto dalla neve ed al centro c’era un fagotto blu.
Più si avvicinavano e più questo prese la forma di una persona.
Ginny.
Harry si proiettò velocemente accanto alla ragazza che aveva la pelle quasi violacea.
«Ha- Harry… Ho freddo!» la ragazza alzò gli occhi castani lievemente coperti dai capelli rossi e si alzò appena Harry la tirò su.
Hermione corse e con la bacchetta e cercò di fare un qualche incantesimo per farla riscaldare, facendole riprendere il suo colorito normale.
Camminarono per una manciata di minuti avvolti dal freddo di quel corridoio, il velo bianco dei loro respiri si faceva sempre più irregolare. Il gelo aveva raggiunto le ossa, i muscoli tremavano senza controllo e le loro menti erano offuscate: non facevano altro che pensare al caldo di un camino o alle coperte doppie di un grosso letto.

Finalmente giunsero in un'altra stanza. Questa però era completamente l’opposto del corridoio precedente.
Il pavimento era come la lava fusa e i muri grondanti di fuoco.
«Dobbiamo usare la magia» Harry parlò con facilità quella volta, il caldo aveva fatto sbloccare ossa, muscoli e la mente.
«Possiamo provare con Levicorpus» azzardò Hermione che come sempre era la più brillante in fatto di incantesimi.
Ginny annuì e disse che era meglio se lo si faceva uno alla volta ed Harry fu il primo a provare.
«E’ andato tutto bene… è il modo giusto di proseguire!»
Hermione stregò anche il corpo di Ginny che si sollevò come se fosse stata una piuma, e la trasportò fino ad Harry, che estraendo la bacchetta fece lo stesso incantesimo su Hermione.
Ora tutti e tre avevano superato il mare di fuoco.
«Harry, non ti sembra che fino ad ora è stato tutto fin troppo facile?» disse Hermione mentre percorrevano un altro corridoio che si aprì in uno stanzone grande quanto una stalla.
«Nooooo! Lasciami!» si sentì all’improvviso gridare. La voce proveniva da dietro un portone. Harry e Ginny provarono ad aprirlo, tirando i maniglioni che lo adornavano, ma nulla la porta non si apriva.
«Harry» Hermione disse il suo nome con un sussurro, Harry notò anche una nota di dolore e agitazione.
Si avvicinò alle sue spalle guardando oltre quel vetro sul quale la ragazza aveva poggiato la mano arrossata.

Ginny, che stava ancora accanto al grosso portone, guardava Hermione e Harry che parvero rapiti da chissà cosa.
«Ragazzi, cosa succede?»  nessuno dei due però rispose.
La ragazza incrociò le braccia al petto, invasa da un brivido di ansia.
Appena si avvicinò anche lei a quel vetro, che pareva stregato, si  portò le mani alla testa, stringendosi i ciuffi rossi tra le piccole dita.
«No! Cosa sta facendo? Cosa gli sta facendo?» continuava a ripetere ed ogni volta alzava la voce di un tono.
«Dobbiamo trovare il modo di entrare e subito» Harry, picchiò forte con i pugni sul vetro che pareva più che resistente.
«Bene, siete arrivati fin qui» la donna, che stava nella stanza oltre il vetro, si voltò a guardarli e con uno schiocco di dita fece sparire quella lastra trasparente.
«Benvenuti al livello finale» disse divertita, mentre slegava i polsi di un ragazzo dal torso nudo e colmo di lividi e che appena fu liberato da quelle catene nere si accasciò in ginocchio come se fosse stato sfinito.
Alzò gli occhi azzurri verso i tre ragazzi che erano fermi davanti a lui e affievolì un sorriso sofferente.
«Ron!» Hermione gridò quel nome, come se si fosse liberata da un peso grosso quanto il mondo.
Gli si lanciò contro stringendo le braccia alle sue spalle, non curandosi delle maniche della giacca che si stavano imbrattando di sangue.
Poi un qualcosa calcò la sua attenzione: un collare nero.
Si voltò verso Harry con la bocca aperta, come se gli stesse per rivelare un segreto oscuro, ma non fece in tempo che Selena ridendo batté le mani un paio di volte e subito dopo, Ron, biascicò rocamente «Scusatemi».

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Capitolo 12
*** 11° capitolo ***



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11° capitolo



Un freddo improvviso percorse i tre ragazzi che stavano in piedi di fronte a Ron che iniziò ad affannare rumorosamente.
Hermione, balzò andando a stringere il braccio di Harry, mentre Ginny osservava minacciosa Selena che continuava a sogghignare.
«Cos’ hai da ridere? Cosa gli hai fatto?» disse la ragazza torturandosi una ciocca di capelli rossi.
«Ho pensato ad un gioco carino… e mi diverte parecchio!» si voltò verso i tre ragazzi e socchiudendo gli occhi continuò dicendo: «Buon divertimento».
La donna disse quelle due parole con un’ enfasi agghiacciante e sfilandosi la bacchetta dal reggicalze, si avvicinò al ragazzo dai capelli rossi che continuava a ripetere: «No, ti prego. Ti prego no!».
Con un movimento lento lanciò un incantesimo facendo spezzare le catene nere che gli legavano le caviglie. Si voltò verso Harry e salutandolo con la mano sussurrò: «Vediamo se te la caverai»
Poco dopo Selena sparì, ricomparendo dietro al vetro resistente alle loro spalle che prima aveva fatto svanire con uno schiocco di dita.
«An- Andate via… Andate» continuava a rantolare Ron.
Improvvisamente gli fuoriuscì un grido roco e acuto, Hermione sentì le vene ghiacciarsi.
«Ron» Harry pronunciò più volte il suo nome, cercando in qualche modo di farsi guardare, ma nulla, il ragazzo dai capelli rossi non riusciva minimamente a sollevare il viso; si acquattò sul pavimento freddo e sentiva sotto i palmi delle mani il pungere delle schegge d’osso che erano sparse nella stanza.
«Dovete… Colpire… Dovete colpire me» cercò di mantenere quel poco di lucidità che gli rimaneva, aggrappandosi a qualsiasi ricordo che aveva. Voleva rimanere lucido, anzi, doveva rimanere lucido.
«Non capite?» iniziò a dire Selena dall’altra parte del vetro.
«Io vi ci ho portato fin qui. Io ho voluto che arrivaste a pensare a me» prese una pausa nella quale ridacchiò compiaciuta.
«Ricordo che lui venne qui cercando mio padre, ma lui era già morto nella nostra… nella mia impresa»
«Impresa?» chiese Harry, interrompendola bruscamente, cercando di concentrarsi su ciò che stava dicendo la donna piuttosto che sulle grida e i lamenti sussultanti dell’amico.
«Mio padre, Maximilian Impronta, è morto per il bene dell’esperimento n° 05»
«Di che esperimento parli?» Harry si sentì disorientato. Fino a quel momento nessuno mai aveva accennato ad un esperimento.
«L’esperimento n° 05 lo avrete ben presto di fronte ai vostri occhi» indicò Ron che iniziò a produrre un enorme quantità di saliva che, copiosa, fuoriusciva dalla bocca socchiusa.
«Mio padre non era compatibile con il sangue di un Licantropo»
«Li- Licantropo?» Hermione deglutì a fatica e sentì le lacrime bruciare gli occhi; non riusciva a capacitarsi di come, Selene, potesse essere così folle.
«Sì, un Licantropo. Ma ho modificato qualcosa. Ho pensato che forse sarebbe stato meglio se fosse stato a comando la trasformazione. Ma voi vi chiederete il perché della grossa statura e dell’aspetto così diverso da un semplice Lupo Mannaro. Ed è questo il bello! E’ opera di combinazioni genetiche e di varie apparecchiature magiche. Quindi ho voluto provare... Un po’ di magia lì, un po’ di alchimia là e finalmente ho trovato il soggetto giusto» indicò Ron che era riverso a terra in preda a fremiti incontrollati.
«Lui porta a termine le mie richieste, sempre. L’esperimento n° 05 per me è il mio servo della morte personale»
Harry sentì il cuore perdere un colpo appena si voltò e vide il suo amico sanguinare copiosamente. La pelle sulle braccia e sul petto gli si era crepata, facendo sgorgare il sangue.
Hermione si portò le mani alla bocca e lanciandosi accanto a suo marito, gli cominciò ad accarezzare il viso.
«Ron, ti prego… ascoltami. Ron…» affievolì la voce appena vide che il ragazzo chiuse gli occhi, ma continuò a ripetere: «Ron, mi senti?»
Harry, notò che le mani gli si muovevano in modo strano, così disse: «Hermione, vieni qui. Credo sia meglio» e allungò la mano, come fosse un invito a raggiungerlo.
«Ma Harry…» Hermione sentì le lacrime che iniziarono a bagnarle le guance, ma ritrasse velocemente la mano appena sentì un qualcosa di ruvido sotto di essa.
Dalle crepature della pelle di Ron, iniziarono a comparire dei ciuffi di peli bianchi.
Il ragazzo riaprì gli occhi all’improvviso, come se fosse stato percorso da un fulmine. Balzò in piedi, dando una spinta violenta ad Hermione che cadde lontano un paio di metri.
Il ragazzo inarcò la schiena mostrando i denti che divenivano sempre più lunghi, e accucciandosi a terra scattò verso un angolo buio della stanza, senza smettere di brontolare e ringhiare innaturalmente.
«Sta… ringhiando?» Ginny parve sorpresa e impaurita e appena Hermione si accostò a lei, la prese per il braccio e le strinse la mano fredda.

Un ululato premette sui timpani dei tre ragazzi che sentirono i muscoli rabbrividire.
In quel momento un qualcosa attraversò la mente di Ginny: un ricordo. Un ricordo della sua infanzia.

Era una sera di fine Agosto e la Tana era cosparsa di profumi di ogni genere.
Molly aveva finito di lavare i piatti usati per la cena e aveva lasciato Ginny sola in cucina che era china sulla sua lettera di Hogwarts: stava leggendo i libri che servivano per l’anno avvenire.
«Miseriaccia Ginny! La scuola non è ancora iniziata e tu già stai lì a studiarti i titoli libri?»
La ragazzina cacciò la lingua e non rispose nulla, visto che era appena arrivata la mamma.
«Ron Weasley, dovresti fare come tua sorella»
«E cioè?»
«Studiare» Molly guardò Ron con uno sguardo sbieco e il ragazzo, subito, si dileguò in camera sua.

Dopo poco, però, Ginny volle andare da lui, aveva bisogno di un aiuto.
«Ron, posso entrare?»
«Cosa vuoi?»
«Non essere acido! Volevo solo chiederti un favore»
Il ragazzo  fece scattare la serratura e ben presto la porta si aprì.
«Che problema hai?»
«Ecco… puoi andare in soffitta?»
«Cosa?» il fratello balzò dal letto come se gli avesse appena chiesto di andare in Antartide.
«Ti prego! C’è quello stupido fantasma in soffitta che non mi fa chiudere occhio. Si è messo a fare baccano con i tubi sopra la mia camera»
Ron brontolò qualcosa, fece due o tre smorfie ma alla fine, sistemò tutto.


Quella volta era lei che doveva aiutare Ron, era sua sorella minore e ora che l’aveva ritrovato, giurò a sé stessa che l’avrebbe portato fuori di lì.

Dall’angolo buio, improvvisamente, balzò fuori l’enorme lupo bianco che con i suoi occhi scarlatti li iniziò a scrutare. Mostrò i denti aguzzi e parve che nulla gli era rimasto di umano.
Si acquattò, pronto a balzare di nuovo; pose le zampe anteriori in avanti e ringhiò facendo sobbalzare i cuori dei tre ragazzi.
«Harry, cosa facciamo?»
Ginny tirò fuori la sua bacchetta, puntandola verso quel lupo terrificante che prima era suo fratello.
«Dobbiamo far retrocedere la trasformazione» Harry parve sicuro di sé. Si era ricordato di quella notte alla Tana e bastava fare la stessa mossa.
«Harry, ma gli faremo del male?» Hermione guardò l’amico con il cuore in gola, ma sapeva già la risposta: quello era l’unico modo per uscire fuori da quella pazzia.

Puntò davanti a sé la bacchetta dal legno chiaro, stringendo forte le dita attorno ad essa.
Il lupo parve sorpreso di vedere che non avevano paura di lui e guardò la donna dietro al vetro, che annuì dicendo: «Sai cosa devi fare… Ricorda che non hai mangiato oggi» rise e si morse il labbro eccitata.
«Harry, Ron non ci ucciderà?» Hermione guardò Harry che non si voltò, ma rispose solo «Hermione, quello non è più Ron»
Appena il ragazzo finì di dire quelle parole, il lupo saltò facendo crocchiare le unghie sul pavimento e in men che non si dica, riuscì a buttarlo a terra assieme a Ginny che le scivolò da mano la bacchetta.
Hermione era riuscita a sfuggire dal guizzo del lupo che la guardò con ira; digrignò i denti e si lanciò verso la ragazza, schiacciandola contro il muro grigio.
Hermione sentì, subito, un forte dolore alla testa e capì che si era ferita.
Il lupo aprì le grosse fauci facendo fuoriuscire un ringhio potente.
«Hermione!» gridarono all’unisono Harry e Ginny che nel frattempo aveva ripreso la sua bacchetta.
Hermione pronunciò ancora una volta il nome di suo marito, poi, divenne tutto nero di fronte ai suoi occhi.



Note di Pollama: Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite, tra le preferite e tra le ricordate! E ringrazio Risa, che ha recensito ogni capitolo <3 , Lavandarose <3 che ha sempre parole carine, themysticgohan che recensisce appena aggiorno e anche i can fly e WordsEnchantress che hanno detto che le ho sorprese e spero continueranno a leggere ^_______^ Grazie davvero! Un bacioooo :D

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Capitolo 13
*** 12° capitolo ***


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12° capitolo

Hermione cadde con un tonfo sul pavimento. Aveva perso i sensi non appena vide le enormi fauci del lupo aprirsi per sfoggiare la grossa dentatura.
Harry puntò subito la bacchetta verso la bestia che nascondeva, dentro sé, il suo amico.
«Ron , so che mi senti. Per favore, cerca di controllarti.» cercava di farsi ascoltare, ma il lupo bianco si acquattò, ringhiando ancor più forte.
«Harry…» sussurrò Ginny, stringendo il braccio del marito; anche lei aveva la bacchetta puntata su di lui, aveva paura, anzi era terrorizzata, ma aveva anche il timore di far del male a suo fratello.
« Finite Incantatem » gridò Harry, ricordandosi di ciò che accadde alla Tana e sperando che anche quella volta avrebbe funzionato.
Il fascio di luce, colpì in pieno volto il lupo che guaì e subito dopo si  sentì un grido.
Di fronte ad Harry si materializzò il corpo di Ron che volò dalla parte opposta della stanza.
Ginny approfittò per andare da Hermione e cercare di svegliarla.
Harry aveva il fiato corto, ma prima di andare accanto al suo amico, guardò il vetro alle sue spalle, per vedere se Selena era ancora lì.
La donna li guardava divertita e sembrò non interessarsi minimamente di ciò che stava succedendo lì dentro.
«Ron… Ron stai bene?» Harry si avvicinò al ragazzo che lo guardò con gli occhi socchiusi. Subito questi si riempirono di lacrime che calde scesero sulle guance sporche di sangue e di polvere.
«Harry, io non volevo… non… non riuscivo a fermarmi. Lo giuro.» biascicò quelle parole lentamente, sentiva la gola calda e secca.
Da quanto tempo non beveva un po’ di acqua fresca!
«Ron, è tutto finito.» Harry posò la mano sul braccio del ragazzo, facendo un mezzo sorriso. L’aveva giurato, aveva promesso a sé stesso che l’avrebbe portato via di lì.
«Lei… lei non farà finire nulla in questo modo… lei…»
«Sssh… calmati. E’ tutto finito.»
«No! Harry, non capisci! Non è… finito… continuerà… continuerà…» il ragazzo si muoveva a scatti tremanti sul pavimento, continuando a ripetere quelle parole.
Selena lo aveva così tanto tormentato per i suoi esperimenti che pareva che Ron avesse dimenticato ciò che era la sua vita prima di quell’incubo.

Era una giornata di sole e Ron era felice di aver trovato il modo giusto di procurarsi quel pezzo di stella.
Hermione era il suo astro e riuscire in qualcosa da solo, senza chiedere informazioni  a sua moglie lo faceva sentire un buon marito.
Quante volte aveva avuto dei dubbi sul suo essere perfetto per lei, la sua Hermione.
«Dottor Impronta… e bla bla bla…» continuava a leggere il pezzo di giornale che aveva tra le dita. Sperando di non essere arrivato troppo tardi.
Il casale si estendeva di fronte ai suoi occhi, il prato sibilava con il canto delle cicale ed una leggera coltre di fumo bianco saliva dal comignolo che stava al centro del tetto.
Bussò un paio di volte alla porta e rimase lì fermo, fino a quando non aprì una donna.
«Salve… chi sei?» disse soavemente lei.
«Sono… Ronald Weasley e volevo chiedere una cosa al signor Impronta…»
«Non essere timido. Entra.»
Ron varcò la soglia e guardandosi intorno rimase affascinato da tutti quei marchingegni, alcuni lo intimorirono, come un ferro da stiro, con varie cesoie attaccate al manico e che vibravano producendo scintillii argentei.
«Mio padre è morto da un po’ di tempo mi dispiace» iniziò a dire la donna che, una volta seduta sulla sedia, gli offrì una tazza di tè.
«Siediti e racconta a me cosa volevi da mio padre… forse posso aiutarti.»
Ron deglutì, ma dopotutto non sembrava una cattiva idea. Sarebbe poi tornato a casa giusto in tempo per il pranzo.
La donna gli versò del tè nella tazza rosa e gliela porse con fare gentile e dopo un piccolo sorriso, lo incitò a bere.
Appena Ron bagnò le labbra nella bevanda, sentì la testa girare, riuscì a dire solo: «Cosa mi hai dato?»
Dopodiché il buio completo.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò disteso su di un letto con il ventre tagliato in più punti, il dolore era allucinante, più gridava aiuto e più il sangue zampillava fuori.
«Calmati ragazzo, più ti muovi e più mi fai perdere tempo.»
«Cosa mi stai facendo?»
«Oh… vedrai! Ti piacerà… credo che io e te, fortunello mio, ci divertiremo alla grande.» rise rocamente, puntando il dito sulle labbra del ragazzo.
«Non sei male, lo sai? Ho visto che hai il distintivo di Auror… Eccitante!»
«Lasciami andare…»
Selena scosse la testa, baciandolo sulla bocca e mordendogli il labbro.
«Mi servi. Quindi penso che non potrò mai più lasciarti andare via.»
Ron sgranò gli occhi, pensando a Hermione, che lo stava aspettando e a ciò che avrebbe potuto pensare se fosse scomparso così nel nulla.
Sentì gli occhi bruciare e protestare contro il pianto che duro fuoriuscì.
«Non piangere, la tua mogliettina starà bene» gli mostrò la foto che lui aveva nel portafoglio.
«E poi… ci sono io a farti un po’ di compagnia, esperimento n° 05.» rise, passandogli la mano sul petto che vibrò per un brivido, ciò sembrò divertirla, infatti si poggiò sulla sua spalla iniziando a leccargli il collo e l’orecchio e poi senza preavviso, gli infilò l’ago di una siringa nella giugulare.
Dopo quell’episodio, sentì più volte lo stesso ago, lacerargli la pelle, ma sembrava non avesse più la forza di battersi. Rimaneva disteso sul pavimento di quella stanza, fredda e grigia, non capendo più quando era giorno e quando era notte e avendo con sé solo i ricordi di sua moglie, della sua famiglia e dei suoi amici.


Hermione si riprese e Ginny la aiutò ad alzarsi, la testa le girava ancora, ma appena vide Ron vicino ad Harry gli si buttò accanto.
«Ron…» la voce le uscì fievole dalle labbra, gli accarezzò il viso sentendo la barba ispida sotto le dita e senza smettere di guardarlo chiese ad Harry: «Cosa si fa ora?»
«Ora devo catturare quella strega e porre fine a questa follia.»
Harry, indurì la mascella ed alzandosi in piedi si diresse accanto al vetro e la guardò negli occhi azzurri.
«Te la vedrai con me. Se hai coraggio fammi uscire da qui.»
«Vuoi batterti con me?» Selena sembrò risentita, ma subito dopo fece comparire un sorriso beffardo sul volto.
«Sì, voglio farti finire ad Azkaban, non voglio ucciderti perché devi subire la condanna giusta.»
Dopo aver detto quelle parole, la donna aprì la porta accanto al vetro, facendo uscire Harry.
Hermione era ancora accanto a Ron disteso a terra e che pian piano stava facendo tornare il respiro regolare, Ginny corse  verso di Harry, ma lui gli fece cenno di rimanere lì.
Tutto sarebbe finito quel giorno, Harry l’aveva giurato.


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Capitolo 14
*** 13° capitolo ***



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13° capitolo

 
L’aria era intrisa di scariche elettrostatiche, come se le bacchette dei due maghi fossero capaci di caricare sempre più energia.
Selena guardava, con i suoi occhi azzurri, Harry che era poco distante da lei.
Il ragazzo pensò che quella situazione era paradossalmente molto simile allo scontro finale tra lui e Voldemort.
Quanto tempo era passato e quante convinzioni positive aveva avuto dopo quella battaglia.
‘Non ci sarebbero più state situazioni del genere’… l’aveva sempre pensato, ma si sbagliava.
L’unica cosa che c’era di diverso era il movente. Per quella volta non era lui la causa di ciò che stava accadendo e ciò pareva dargli ancora più forza di prima.
Strinse energicamente la mano attorno alla bacchetta e fissò per un lungo istante la moglie e i suoi amici al di là del vetro.
«Cosa c’è? Vuoi tirarti indietro?» disse la donna, guardando anche lei i ragazzi, oltre la lastra trasparente e così resistente.
«Non mi tirerò mai indietro… Hai fatto del male ad una persona a cui sono legato. E non te lo perdonerò!»
«Che paroloni» Selena si avvicinò un po’, facendo risuonare i tacchi sul suolo di pietra.
«Non credi che la scienza e la magia assieme possano fare grandi cose?» continuò, ponendo quella domanda.
Harry si irrigidì pensando a chissà quanti esperimenti aveva condotto in quel sotterraneo.
«No, ti sbagli. E’ il modo con cui li conduci tu che è raccapricciante e sbagliato.»
«Coraggio Harry! Guarda il tuo amico… gli ho donato una cosa molto utile ed affascinante… a costo zero.» rise mostrando la dentatura perfetta. Socchiuse le labbra rosso fuoco, stava per dire qualcosa, ma Harry la interruppe: «Basta chiacchiere… Combatti!»
Harry si sentiva tremendamente nervoso, quella donna lo rendeva agitato e voleva porre fine a ciò che si potrebbe chiamare incubo.
La donna pose di fronte sé la bacchetta chiara, fece un sorriso smorzato e, socchiudendo gli occhi, disse: «Eccoci qui, Harry Potter… ma sicuro che andrà tutto secondo i tuoi piani?»
«Sì.» il ragazzo disse quella singola parola con enfasi e puntò velocemente la bacchetta verso Selena.
Harry, sentì il braccio vibrare, la bacchetta reclamava l’inizio del combattimento, anche lei era vogliosa di eliminare quel riso malefico dalle labbra della donna.
Selena puntò un piede sul suolo e in quell’attimo fece scaturire, dalla punta della sua bacchetta, un fascio di luce viola.
Harry prontamente parò il colpo con un incantesimo di protezione. Lo scudo, che si era andato a formare, diveniva sempre più spesso e più largo, fino a raggiungere la punta della bacchetta di lei, che balzò all’indietro, quasi come se ci fosse stata un’esplosione.
Essere un Auror aveva reso Harry più potente e maggiormente pronto nei riflessi, era sempre stato bravo con la magia, ma gli esercizi del Ministero lo avevano fortificato.
«Ottimo.» lagnò la donna che scaraventò un colpo potente.
Harry sentì la mano irrigidirsi: l’incantesimo lo aveva colpito alla gamba che fu la prima a tramutarsi in pietra.
«No!» gridò lui, mentre con le ultime forze rimaste nel braccio sinistro afferrò la bacchetta ed utilizzò un contro incantesimo.
In quell’istante Selena, tra risa isteriche, continuava a lanciare incantesimi di ogni tipo.
Harry, non riusciva ad avere il tempo di scagliarne uno che subito si doveva difendere.
«Coraggio, giovane Auror… Non ti hanno insegnato nulla di più ingegnoso?»
In quel momento il tono di voce della donna gli fece ricordare Bellatrix… Sì quella donna aveva un lato folle molto simile alla strega Lestrange.
Così il suo odio per lei crebbe, in un secondo mescolò il rifiuto per Selena e quello che aveva avuto per Bellatrix.
Sentiva le vene pulsare al di sotto di quella coltre di rabbia che gli fece iniettare gli occhi di sangue.
E in un attimo il braccio gli si sollevò e con una tale forza scagliò un potente incantesimo di disarmo che, colpendo Selena in pieno petto, la gettò contro il muro alle sue spalle.
La bacchetta di lei si spezzò in più pezzi, producendo un sibilo e qualche scintilla.
«No! Cosa hai fatto?» la donna gridò ed inginocchio andò verso ciò che rimaneva della sua arma.
«E finita… Selena è finita per te!» Harry, guardò soddisfatto quella donna che iniziò a ridere senza controllo.
Era folle e ciò la rendeva più spaventosa di una semplice donna.
«Non finirà mai Potter. Ormai nulla può terminare.»
Harry con un incantesimo le fermò le mani dietro la schiena con dei nastri resistenti.
La sollevò per le spalle e fece uscire dalla stanza sua moglie e i suoi amici.
«Harry…» Ron disse quel nome con un sussurro e lo andò ad abracciare.
Quel gesto fu così naturale che Harry sentì gli occhi bruciare per la commozione.
«E’ tutto finito Ron. Andiamo a casa.»
«Sei il migliore.»
Ron lo guardò con un sorriso sbieco e gli occhi ancora lacrimosi.
Il viso sporco di polvere ed il perro macchiato di sangue non riuscivano ancora a fargli capire che quella storia si fosse conclusa.

I quattro ragazzi uscirono dalla cascina assieme alla donna che continuava a chiare insistentemente Ron: esperimento n° 05.
Il ragazzo non la riusciva a guardare iin viso e la sua vicinanza gli metteva i brividi.
«Mi sei mancato.» sussurrò Hermione accarezzandogli il viso indurito dalla barba.
«Non sai quanto tempo ho passato a pregare per te. Avevo paura di farti del male. Avevo paura di scoprire anche di averci provato.» Ron disse l’ultima parola come un soffio.
Prima sapeva che l’aveva spaventata e sapeva che se non c’era Harry, ora non sarebbero stati lì in mezzo alla neve.
«Miseriaccia… E’ già inverno!»
Il ragazzo guardò il paesaggio imbiancato con un espressione sollevata. Respirò a pieni polmoni l’aria fresca e senza curarsi del freddo si inginocchiò ed affondò i palmi nella neve.
Hermione lo guardò divertita e commossa, mentre Ginny ed Harry sorridevano emozionato.
La ragazza corse ed abbracciò il fratello facendolo cascare con la schiena al suolo.
Ron rabbrividì appena sentì la neve sulla sua pelle, ma disse, senza interrompere quel momento: «Ginny, sono tornato.»
La ragazza continuò ad abbracciarlo, seguita anche dalla moglie.
Mentre Harry, stringendo sempre il braccio di Selena, puntò la bacchetta verso il cielo e richiamando con un segnale gli Auror.
 

§§§

 
«Potter, ottimo lavoro» disse il suo superiore e con una pacca sulla spalla continuò: «La prossima volta, ascolteremo di più le sue idee.»
«Grazie, Signore.» Harry sorrise orgoglioso, mentre volse lo sguardo ai suoi amici e a sua moglie.
Dopo pochi minuti si smaterializzarono alla Tana.
Il salone era caldo ed accogliente, l’odore di patate al forno impregnava ogni angolo e lo scoppiettare del camino era così familiare che i ragazzi sospirarono.
La signora Weasley si fiondò nella stanza e disse: «Ragazzi siete voi? Dove eravate?» La donna si fermò sulla soglia, le braccia cascarono sui fianchi e la bocca che iniziò a tremare per l’emozione forte.
«Ro-Ron?»
«Mamma…» Ron sorrise allargando le braccia, Molly corse facendo cascare a terra le tazze che erano poggiate sul tavolino da tè.
«Ron!» quella volta gridò il suo nome, quasi come se avesse paura di perderlo di nuovo.
Mamma e figlio rimasero abbracciati per così tanto tempo che Ron sentì le braccia indolenzite.
«Mamma, non piangere… Sono qui, sono tornato e… e ho una gran fame!»
La donna rise baciando di nuovo il figlio «Arthur! Arthur corri!»
Il signor Weasley scese le scale scricchiolanti e quasi cadde sull’ultimo gradino appena incrociò gli occhi azzurri del figlio.
«Ron…»
«Papà!»
L’uomo lasciò cadere delle lacrime sulle guance ed abbracciò anche lui forte il ragazzo.
Harry e Hermione si guardarono, la ragazza gli sussurrò all’orecchio: «Grazie.»

Quel giorno Harry si sentì tremendamente bene, dopo un anno era riuscito a chiudere occhio, senza sentirsi pesantemente oppresso dalla malinconia.
Tutto si era concluso e tutto stava lentamente tornando alla normalità.
Le famiglie si erano riunite e Ron aveva fatto ritorno a casa.

 


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NdA: Grazie mille a tutte le persone che hanno recensito e che hanno seguito la storia dall’inizio alla fine.
Ho davvero avuto difficoltà a scrivere questa conclusione, forse perché mi sembra strano inserire questa long tra le concluse.
Vi ringrazio tutti e spero abbiate gradito anche quest’ultimo capitolo.
Un bacione! :D

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