All’altezza di mio padre

di 9Pepe4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Figlia di un sogno ***
Capitolo 2: *** Solo una ragazza ***
Capitolo 3: *** Varie ed eventuali ***
Capitolo 4: *** La proposta di Aliys ***
Capitolo 5: *** Le ragioni di Goku ***
Capitolo 6: *** Echi del passato ***
Capitolo 7: *** Una giornata con papà ***
Capitolo 8: *** Il compleanno di Pan ***
Capitolo 9: *** La reincarnazione ***
Capitolo 10: *** Il Torneo di Arti Marziali ***
Capitolo 11: *** La scelta di Goku ***
Capitolo 12: *** Quattro chiacchiere con Marron ***
Capitolo 13: *** Conseguenze ***
Capitolo 14: *** Il bosco ***
Capitolo 15: *** Arrivo a Satan City ***
Capitolo 16: *** L’aura di Aliys ***
Capitolo 17: *** Mi dispiace ***
Capitolo 18: *** Verso la normalità ***
Capitolo 19: *** Le riserve di Goten ***
Capitolo 20: *** Passaggi di tempo ***
Capitolo 21: *** Ne vale la pena ***
Capitolo 22: *** Dandoci un taglio ***
Capitolo 23: *** In spiaggia ***
Capitolo 24: *** Il mestiere del genitore ***
Capitolo 25: *** Discorsi imbarazzanti ***
Capitolo 26: *** Il valore dei ricordi ***
Capitolo 27: *** Un’ottima notizia ***
Capitolo 28: *** Qualsiasi cosa ***
Capitolo 29: *** Un ritorno poco gradito ***
Capitolo 30: *** Soluzioni temporanee ***
Capitolo 31: *** La decisione di Aliys ***
Capitolo 32: *** Aliys e Crilin ***
Capitolo 33: *** Polveroni ***
Capitolo 34: *** Ansie e sorprese ***
Capitolo 35: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 36: *** Un passatempo ***
Capitolo 37: *** La consulenza di Crilin ***
Capitolo 38: *** La soluzione ***
Capitolo 39: *** Miglioramenti ***
Capitolo 40: *** Carte in tavola ***



Capitolo 1
*** Figlia di un sogno ***


A Nede:
Senza di te, questa storia non sarebbe più tornata ;)
Grazie mille per tutto l’incoraggiamento che mi hai dato!



All’altezza di mio padre

Prologo – Figlia di un sogno

Chichi giaceva sul letto, sola.
Quel materasso le sembrava il luogo più sconfinato della galassia, senza la presenza di Goku accanto a lei.
Erano ormai due anni che suo marito era morto durante il Cell Game, costringendo un figlio a diventare adulto troppo in fretta e un altro a vivere senza un padre.
Gohan, quella sera, notando la stanchezza sul viso della madre, si era offerto di mettere a letto il piccolo Goten, e Chichi aveva accettato con gratitudine.
Amava quel bambino tenero e vorace con tutta se stessa, ma talvolta le sembrava di dover spendere tante energie da andare in crisi.
Col calar del sole, le ombre si erano insinuate mano a mano nella stanza, sino a immergerla nel buio.
Chichi chiuse gli occhi e allungò una mano, sfiorando la metà di letto in cui aveva dormito Goku, immaginando di toccare la pelle calda del marito.
Era assurdo. Assurdo che fosse passato tanto tempo dall’ultima volta che lo aveva visto; assurdo che nonostante ciò lo ricordasse ancora con tale precisione.
Improvvisamente, delle dita forti si chiusero sulla mano della donna, che si lasciò sfuggire un grido.
Spalancò gli occhi, ma era così buio che tutto ciò che riuscì a vedere fu una sagoma scura seduta sul letto accanto a lei, una sagoma terribilmente familiare…
La donna ansimò, incapace di credere ai propri occhi.
«Chichi» mormorò in quel momento una voce affettuosa.
La sua voce.
Iniziando a dubitare anche delle proprie orecchie, la donna sollevò debolmente la testa. «Goku» sussurrò, incredula. «Come…?»
«La vecchia Sibilla mi ha dato mezz’ora di tempo…» spiegò lui, in tono sereno.
Chichi si raddrizzò, mettendosi seduta sul materasso. «Mezz’ora?» ripeté.
«Mezz’ora in cui tornare in vita… Mezz’ora da trascorrere con te» precisò Goku, con lo stesso tono tenero e spensierato.
In realtà, la vecchia sorella di Muten sarebbe stata disposta a dargli un giorno intero.
Goku, però, aveva rifiutato. Se in futuro avrebbe avuto solo ventiquattro ore a disposizione per rivedere la sua famiglia, voleva utilizzarle più avanti, quando il suo secondo figlio sarebbe stato abbastanza grande per conoscerlo e ricordarlo…
Così, alla fine, la vecchia Sibilla gli aveva proposto un compromesso.
Quella sera poteva usare mezz’ora. Le altre ventitré ore e mezza sarebbero state a sua disposizione più avanti.
Goku aveva esitato a lungo, ma alla fine aveva accettato.
E, quando Chichi si avvinghiò di colpo a lui, stringendolo con forza quasi furiosa, si rese conto di aver fatto bene.
«Perché?» chiese la donna, col dolore nella voce. «Perché non hai voluto che ti riportassero in vita?»
Le sue unghie penetrarono nella schiena del saiyan, ma Goku se ne accorse a stento.
«Perché… Perché…» Tentennò, indeciso su cosa dire, come un bambino che ha fatto una scelta senza capirne le conseguenze, e comprende il dolore che ha causato solo quando se lo trova davanti.
A quel punto, però, la solitudine ebbe la meglio sulla rabbia di Chichi.
La donna sentiva di odiare il marito perché l’aveva lasciata, ma al contempo aveva desiderato tanto rivederlo… Toccarlo, sentire la sua voce… Visto che aveva solo mezz’ora a disposizione, le sembrò un sacrilegio spenderla a rimproverarlo.
Con un movimento repentino, chiuse le labbra del marito in un bacio.
Fu un bacio feroce, quasi aggressivo.
Goku vi sentì nostalgia, collera, disperazione… E forse – forse – anche amore.
Allora accarezzò le spalle della donna, abbracciandola, stringendola a sé con dolcezza.
Quei gesti delicati sembrarono quietare il rancore della donna, e il bacio successivo fu più leggero, più simile a quelli che Goku ricordava.
Immersi nel buio, i due tornarono a toccarsi, a riconoscersi e ad ascoltarsi… Goku svestì Chichi con delicatezza, e tra il tiepido fruscio delle coperte si amarono di nuovo come un tempo.
Fu una mezz’ora breve, ma intensa.
Quando si dovettero separare, Goku sentì le lacrime di Chichi contro la propria guancia.
E, una volta tornato nell’Aldilà, sarebbe stato proprio quel contatto umido a sembrare impresso nella sua mente più di tutto il resto.
Almeno, sinché Sibilla non sarebbe giunta davanti a lui.
«Goku!» lo chiamò lei, con voce gracchiante. «Hai usato bene la tua mezz’ora, a quanto vedo…»
L’uomo sollevò la testa per rivolgerle un sorriso sfinito. Si sfiorò distrattamente la guancia. «Perché dici questo?» domandò, con voce ingenua.
Lei lo fissò. «Non lo sai?» fece, incredula.
Lui scosse la testa, con espressione smarrita. Allo stesso tempo, però, avvertì uno strano senso di vertigine… «Cosa dovrei sapere?»
La vecchia abbassò il capo, sfiorando con entrambe le mani la sfera di cristallo su cui era appollaiata. «Tua moglie è incinta, Goku» lo informò, seriamente.
Il saiyan sussultò. «Incinta?» ripeté, con voce roca. «È… è successo questa notte?»
Lei annuì gravemente. «Pensavo lo sapessi…»
Goku scosse la testa, apparentemente stordito dall’informazione.
«È una bambina» precisò la vecchia, con una sicurezza che avrebbe potuto riscuotere l’invidia di migliaia di medici.
Goku sbatté le palpebre. Una bambina…
Improvvisamente, il saiyan si sentì pervadere da un piacevole calore.
Sapeva che a Chichi sarebbe piaciuta molto, una figlia femmina.
Un sorriso spontaneo gli affiorò alle labbra, ma non poté illuminare del tutto i suoi occhi scuri.
Ora, sarebbero stati due i figli a crescere senza di lui.

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Capitolo 2
*** Solo una ragazza ***


Capitolo 1 – Solo una ragazza

Aliys, in piedi ai margini della palestra della scuola, spostò il peso da una gamba all’altra, fissando con aria mesta la partita di pallavolo che si svolgeva in campo.
I suoi occhi scuri sbirciavano ansiosi le mosse entusiaste dei suoi compagni di classe attraverso gli spettinati capelli neri. Quando sbuffò, alcuni ciuffi le si allontanarono dalla bocca, per poi ricaderle di nuovo davanti al volto.
Con una stretta al petto, immaginò cosa avrebbe detto suo padre non appena avesse saputo che ancora una volta lei aveva inventato una scusa per evitare l’ora di educazione fisica. Anzi, probabilmente non avrebbe detto niente, così da non ferirla. Ma qualcosa lo avrebbe pensato di sicuro, e di certo non sarebbe stato un giudizio positivo.
Aliys aveva già visto su di sé lo sguardo rassegnato dell’insegnante di ginnastica. Il pensiero di vedere quella stessa espressione disegnata sul volto del genitore le sembrava intollerabile.
Dopotutto, però, lui era il mitico Son Goku. In centinaia di occasioni aveva salvato la Galassia, talvolta anche l’intero Universo. Era logico che avere una figlia pigra e imbranata come lei lo abbattesse un po’.
Logico, sì… Ma ciò non toglieva che facesse male.
“Neanche Gohan e Goten fossero goffi come me!” pensò a disagio la ragazza, mentre un paio di amiche le passavano davanti correndo per andare a recuperare il pallone finito fuori campo. “No, figuriamoci, loro sì che hanno un talento straordinario!”
Purtroppo, da quelle riflessioni al riportare alla mente il giorno in cui suo padre l’aveva condotta in una radura per valutare le sue capacità nascoste, non le ci volle nemmeno un secondo. All’epoca lei aveva quattro anni, ma l’espressione sbigottita di Goku quando non era riuscita a prendere una mela al volo, inciampando goffamente, era ancora incisa nella sua memoria.
Probabilmente non l’avrebbe mai dimenticata.
Negli anni che erano seguiti, com’era ovvio, suo padre aveva fatto altri tentativi per costringere le sue abilità latenti a portarsi alla luce del sole. Infine, però, si era dovuto arrendere all’evidenza.
Son Aliys non aveva nulla degli strepitosi talenti dei Saiyan. Pareva che la sola cosa che avesse ereditato da quel popolo guerriero fossero i capelli e gli occhi neri come la notte.
Immersa in quelle riflessioni che le fecero aggrottare la fronte con aria malinconica, Aliys trasalì all’improvviso trillo della campanella di fine lezioni. Sollevata, passò negli spogliatoi a prendere il proprio zaino, che si caricò in spalla cercando di ignorare i commenti entusiasti delle compagne, che, di buonumore, parlavano della partita appena giocata.
Uscì a passi veloci dalla palestra, e stava attraversando il corridoio della scuola, quando venne affiancata da Goten. «Ehi, Aly» esordì lui, in tono spensierato, evitando qualsiasi convenevole, «hai di nuovo saltato ginnastica?»
Lei lo guardò per un istante.
Capelli neri ed eternamente scompigliati, vivaci occhi dello stesso colore, Goten era suo fratello, ma a volte Aliys stentava a vedere delle somiglianze tra loro due.
«Non lo dirai a papà, vero?» pigolò.
Il giovane la fissò, sorpreso.
Aliys lo guardò di rimando, con aria implorante.
«E va bene» sospirò lui. «Tranquilla, non dirò nulla» promise.
Lei, sollevata, si liberò dallo zaino e gli saltò addosso, abbracciandolo.
«Piano!» rise Goten, stringendola a sé per un momento.
Quando sciolse l’abbraccio, la sorella indietreggiò di qualche passo per lasciarlo di nuovo libero di respirare, e rischiò di inciampare nella borsa che aveva gettato a terra.
«Ops» fece, incespicando.
Goten l’afferrò appena in tempo, evitandole un bel ruzzolone.
«Al, sei incredibile!» esclamò quindi. «Devo sempre starti attento e tu non puoi mai fare a meno di rischiare di romperti la testa!»
Lei abbassò lo sguardo. «Già» sussurrò. «Una vera disfatta, per essere mezza saiyan».
Il ragazzo, allora, sentì la reale tristezza della sorellina. Aspettò pazientemente che lei tornasse a sistemarsi lo zaino sulle spalle, quindi le disse, seppur in tono imbarazzato: «Al, tu sei perfetta così come sei, non farti problemi che non ci sono». Vedendo la smorfia della ragazzina, decise di buttarla un po’ sullo scherzo – anche perché non era da lui tenere discorsi di simile serietà. «Voglio dire, pensa a quanto mi annoierei se non dovessi salvarti da incidenti mortali ogni volta che fai un passo!»
Aliys borbottò un ringraziamento, ancora troppo sconsolata per essere sarcastica. Di solito il suo sguardo era simile all’ossidiana, nero e pungente, ma in quel momento sembrava solamente triste.
Goten la osservò, senza sapere cosa dire.
Lui, infatti, a parte i primi imbarazzi iniziali, non aveva avuto problemi a legare con quel padre che gli era stato sconosciuto per la maggior parte dell’infanzia.
In silenzio e camminando l’uno di fianco all’altra, i due fratelli uscirono dalla scuola, per poi allontanarsi dall’edificio quel tanto che bastava per trovare una stradicciola piuttosto deserta.
A quel punto, si alzarono in volo.
Di solito, una volta lontani dal centro abitato, iniziavano a chiacchierare, raccontandosi le novità della giornata, ma quella volta anche Goten, contagiato dall’umore di Aliys, trascorse il tempo del viaggio in un silenzio piuttosto meditabondo.
Finalmente, tra i prati verdeggianti del Paoz, giunsero in vista della loro abitazione.
La prima ad atterrare fu Aliys, ma Goten fu più rapido a raggiungere la porta di casa e ad entrare, spinto dalla fame che i geni saiyan gli avevano inculcato.
«Ciao, mamma!» si annunciò, facendo il suo ingresso in cucina.
«Ciao, mamma» gli fece sommessamente eco Aliys, al seguito del fratello.
Chichi, sino a quel momento impegnata a tritare verdure, si girò verso i figli. «Goten, Ally!» li salutò. «Tutto bene, ragazzi?»
«Sì, certo» risposero i due, in coro.
Se le loro parole furono le stesse, i toni risultarono radicalmente diversi: Goten le pronunciò con voce spensierata e ottimista, mentre Aliys le mugugnò quasi mestamente.
Il ragazzo la guardò inarcando un sopracciglio, come per dirle: “E tirati su con il morale!” Lei gli fece una smorfia.
Goten scrollò le spalle e diede uno sguardo tutt’attorno, prima di domandare: «Ma papà dov’è?»
Aliys guardò intensamente la madre, aspettando la risposta con trepidazione. La ragazzina, infatti, provava nei riguardi del genitore una vera e propria adorazione, che la faceva sentire ancora più goffa e debole in sua presenza.
«È uscito» replicò Chichi, in tono indulgente, tagliando una carota. «Credo volesse allenare Pan».
A quelle parole, Aliys abbassò il viso, così che i capelli, coprendolo in gran parte, non facessero balenare nei suoi occhi la fitta di gelosia che le aveva punto lo stomaco.
Si sentiva in colpa – un vero verme – a guardare con invidia la nipotina, che aveva appena cinque anni, ma non riusciva propria a farne a meno. Pan era un amore di bambina, con quei capelli corvini e quegli occhioni grandi e lucenti. Era sempre allegra, e per di più sì che lei era propensa per il combattimento.
Per farla breve, la piccola sembrava fatta apposta per trascorrere del tempo in compagnia di Goku, e quest’ultimo le voleva un mondo di bene.
Quando li vedeva scherzare e svolazzare di qua e di là, Aliys non poteva fare a meno di sentirsi esclusa da quella relazione così speciale, e sentiva il proprio cuore gonfiarsi di rimpianto.
A distrarla da quei pensieri fu lo sbuffo di sua madre, la quale si era piazzata con impazienza le mani sui fianchi. «Naturalmente, com’è logico» commentò, seccamente, «Goku è in ritardo!»
A quelle parole, Goten trattenne a stento un risolino.
Aliys lo guardò storto, ma avrebbe preferito potergli allungare una gomitata. A volte, per avere diciassette anni, era proprio immaturo.
«Non c’è problema, mamma» dichiarò allegramente il ragazzo. «Anzi, se iniziamo a mangiare, forse papà imparerà la lezione e la prossima volta si darà un contegno».
«E da quando sai cosa vuol dire contegno?» lo rimbeccò Aliys.
In realtà non trovava che le parole difficili potessero essere un ostacolo per Goten – anche se a volte si comportava come tale, il giovane non era stupido – ma non le piaceva l’idea di lasciare Goku a stomaco vuoto.
Tuttavia, quando Chichi mise da parte il coltello e le verdure e li fece accomodare a tavola, la ragazza non si oppose. A malincuore, doveva ammettere di sentire un certo languorino. L’importante era tenere d’occhio la pentola e assicurarsi che Goten non cercasse di mangiare anche la parte riservata a loro padre.
Chichi aveva appena servito la minestra nei piatti dei figli quando una voce echeggiò nell’ingresso: «Ehi, sono in tempo per il pranzo!»
Aliys sobbalzò. “Calmati” si disse subito dopo, non senza una punta di irritazione. “Insomma, è tuo padre! Sei ridicola!”
E a quel punto Goku fece il suo ingresso, con un sorriso ad illuminargli il viso. «Ciao, Chichi, ciao ragazzi!»
Aliys abbozzò un saluto, poi i suoi occhi si fissarono su Pan, la quale stava tranquillamente seduta sulla spalla del guerriero saiyan, con l’espressione serena di un gattino che fa le fusa. Goku sembrava soddisfatto, e la bimba agitò una mano nel frenetico saluto alle persone che vedeva davanti a sé.
«Sapete» annunciò Goku, entusiasta come un bambino e visibilmente orgoglioso, «oggi Pan ha fatto il giro del mondo!»
Spettinò i corti capelli neri della nipotina, che per tutta risposta si strinse contro di lui, beata come non mai.
Goten sembrava di gran lunga più interessato alla minestra che gli era appena stata data – e infatti già brandiva il cucchiaio – mentre Aliys si sforzò di concentrarsi sul proprio bicchiere.
“Pan ha fatto il giro del mondo!” le riecheggiò nelle orecchie.
In volo, era ovvio.
La ragazza si sentì sprofondare.
Lei a malapena era in grado di fare il viaggio di andata e di ritorno dalla scuola, il giro del mondo l’avrebbe a dir poco distrutta. Per nascondere il proprio disagio, inghiottì una cucchiaiata di minestra che le scottò la lingua.
«Bene, ragazzi, io porto a casa Pan» annunciò Goku, scambiando uno sguardo complice con la bambina.
«Ciao!» trillò lei, abbracciando la testa di suo nonno.
«Vedi di non fare tardi» raccomandò Chichi, prima di soffiare, come Aliys avrebbe fatto meglio a fare, sulla cucchiaiata che stava per portare alle labbra.
Per tutta risposta, Goku agitò la mano e uscì, la nipotina sempre sulla spalla. Mentre i due si allontanavano, continuarono a sentirsi le loro risate.
Con lo stomaco chiuso (“Una bambina, è solo una bambina! Sei davvero ridicola ad essere gelosa!”), Aliys ingoiò un altro po’ del pranzo, mentre Goten finalmente attaccava con frenesia il proprio piatto.
Goku non tardò a tornare e, una volta che si fu seduto di fronte alla figlia, reclamò la propria parte di pasto. Nel momento stesso in cui il suo piatto fu riempito, il saiyan non esitò e iniziò a mangiare di gran lena.
Aliys gli diede un’occhiata, trattenendo a stento un sorriso. C’era poco da dire: quando mangiava, suo padre era proprio buffo!
Sentendosi già meglio, la ragazza tornò a mangiare la propria porzione, finendola in poco tempo.
Mentre i tre saiyan attendevano che Chichi servisse il delizioso arrosto che aveva cucinato come secondo piatto, Goku rivolse la propria attenzione alla figlia. «Com’è andata a scuola, Al? Tutto bene?»
La ragazzina rivolse a Goten un’occhiata fugace, per essere certa che non dicesse nulla riguardo ad educazione fisica, quindi rispose, annuendo: «Sì, certo. Grazie… papà».
Goku le sorrise. «Bene» commentò, prima di voltarsi verso il figlio. «A te, Goten?»
«Mah, le solite faccende» replicò il ragazzo, scrollando le spalle, mentre Aliys, di umore decisamente migliore, si versava un bicchiere d’acqua dalla caraffa.
«Domani avete qualcosa di impegnativo? Verifiche o cose del genere?» aggiunse ancora Goku.
Aliys sollevò gli occhi. «No» replicò, immediatamente imitata dal fratello.
«Perché?» aggiunse Goten, con evidente curiosità.
Il saiyan adulto sorrise nuovamente. «Pensavo che potremmo fare un pic-nic in montagna» rispose, in tono alquanto candido.
Goten aderì immediatamente al progetto, con sincero entusiasmo, anche perché la prospettiva di stare a casa da scuola non gli dispiaceva affatto. «È una bella idea, mi piace!» esclamò.
«Anche a me» si ritrovò a concordare Aliys, convinta.
Goku, a quel punto, soddisfatto dal successo che aveva riscosso con la sua proposta, si voltò verso la moglie, la quale aveva appena poggiato sul tavolo l’arrosto, e domandò: «Chichi?»
La donna indugiò per un istante. Non le piaceva poi molto l’idea che i figli saltassero la scuola, anche per un solo giorno.
L’espressione di Goku, però, avrebbe sciolto anche un iceberg, così la donna rispose: «Naturalmente penso sia un’ottima idea».
«E vai, mamma!» esclamò Goten, prima di girarsi verso il padre. «Non è fantastico?» gli domandò. «Però» aggiunse un momento dopo, in tono più calmo, «visto che ho intenzione di camminare di buona lena, dovrai stare tu con Al».
Terminando la proposta, scoccò un’occhiata furba alla sorella, la quale si imporporò.
«Goten!» protestò.
Goku ridacchiò, divertito da quella piccola scaramuccia. «E va bene» concordò, «vorrà dire che mi prenderò un bel po’ di tempo con la mia principessa».
Aliys sentì che le guance le andavano ancora più in fiamme, mentre il cuore le martellava in petto con gioia. “Sì, sì, sì!” sembrava esultare ad ogni battito.
Rendendosi conto che suo padre la stava guardando, abbassò il viso, e i capelli, misericordiosi, nascosero buona parte delle sue guance in fiamme.
Goku percepì il suo imbarazzo, pur senza capire a cosa fosse dovuto, perciò si rivolse alla moglie, decidendo di cambiare argomento. «Sai, Chichi? Pan migliora a vista d’occhio» riferì, con sincera approvazione.
Non notò Aliys che contraeva appena la mascella e Goten che si batteva una mano sulla fronte in un gesto esasperato.
«Parlo sul serio, quella bimba è una vera saiyan, fatta e finita per il combattimento!»
Aliys strinse le labbra.
Una vera saiyan.
Qualcuno che, come Goten e Gohan, non inciampava nell’abbracciare qualcun altro. Qualcuno che non aveva problemi a prendere una palla al volo. Che, probabilmente, era un portento in tutti gli sport.
Qualcuno che non era lei.
Perché lei… Lei non era nient’altro che Son Aliys.













Spazio dell’Autrice:
Rieccomi.
Allora, come avrete notato, qui si passa subito al post-saga di Majin-Bu. È probabile che più avanti ci saranno alcuni flashback sull’infanzia di Aliys, ma per lo più sarà tutto incentrato su questo periodo ;)
UAH, accidenti, oggi ho fatto solo due ore di lezione e sono già esausta. Quand’è che arrivano le prossime vacanze? :D
Okay, la pianto di dire stupidaggini e vi lascio.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^

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Capitolo 3
*** Varie ed eventuali ***


Capitolo 2 – Varie ed eventuali

Il giorno dopo, Chichi, Goku e i loro figli minori si alzarono presto, così da poter arrivare senza problemi alla meta prefissata intorno a mezzogiorno.
Quell’alzata mattiniera non aveva incontrato l’approvazione di Goten, il quale si era lasciato sfuggire in un borbottio che trovava abbastanza inutile saltare scuola e non approfittarne per dormire più a lungo. Ma gli fu sufficiente vedere il cielo azzurro e limpido fuori dalla finestra per dimenticare completamente il proprio cruccio e tornare perfettamente di buonumore.
In quanto ad Aliys, dopo infinite incertezze, decise di legarsi i lunghi capelli neri in un’alta coda di cavallo.
«Al» la salutò Goku con un sorriso, quando la ragazza scese per la colazione. «Stai davvero bene così, senza che i capelli ti vadano in faccia».
Lei, con un sorriso sulle labbra e una fetta di pane tostato in mano, urlò di rimando: «Grazie, papà!»
Appena si furono saziati, uscirono per iniziare subito la scarpinata.
Goten, come aveva stabilito la sera prima, andò avanti al gruppo, seguito da Chichi – la quale, anche se non disse nulla, temeva che il giovane, camminando così spedito, potesse trovare il modo di farsi male.
Aliys, rimasta indietro con Goku, non poteva fare a meno di sentirsi un po’ a disagio.
Aveva una paura matta di inciampare. Non certo per timore di farsi male, dato che aveva la certezza che il padre l’avrebbe afferrata immediatamente, ma per l’ansia di poter fare la figura di vera imbranata.
Inspirò lentamente e cercò di rendere più fluido il proprio passo, tentando di concentrarsi sul paesaggio.
Il sentiero saliva con una pendenza davvero lieve, per il momento.
La ragazzina si distrasse a osservare il profilo dei monti più lontani, né grigio né verde, ma piuttosto di un colore simile ad un azzurrino tenue. Spostò lo sguardo su alcune delle montagne più vicine, mentre accanto a sé sentiva i passi sicuri di Goku, e osservò le chiazze di terra che spuntavano dalle spruzzate verdi degli alberi.
Per un istante, si distrasse a seguire con occhi spalancati la forma delle nuvole sottili che scivolavano lentamente sulla volta celeste. Si riebbe immediatamente, ricordando di dover stare attenta a dove si posavano i suoi piedi, così da evitare un bel capitombolo.
«Cosa ne pensi, Al?» le chiese Goku in quel momento, interessato alla sua risposta con la genuinità di un bambino. «Del paesaggio, intendo».
La ragazzina alzò gli occhi e incrociò quelli neri del padre, identici ai suoi. Lui sembrava sereno e a proprio agio, mentre la guardava di rimando in attesa, continuando a camminare.
«Be’» mormorò Aliys, guardandosi i piedi in tempo per evitare di inciampare in una radice. «Lo trovo bellissimo» concluse quindi, con schiettezza.
Goku annuì, concordando con quella risposta. «In questi giorni, con la scuola e le tue uscite pomeridiane, ti vedo poco» riprese, e ne pareva dispiaciuto. «Quindi? Raccontami, su. Com’è la vita di città?»
Aliys non poté fare a meno di schiudere le labbra in una breve risata. «Mi piace, ma le mie amiche amano troppo lo shopping» confidò. «Io, invece, purtroppo mi annoio subito».
«E nei bar?» domandò Goku, allungando appena il passo, per poi tornare ad accorciarlo d’istinto il momento dopo per non distanziare la figlia.
Aliys aggrottò la fronte, perplessa. «Cosa?» chiese.
«Nei bar ti annoi?» reiterò Goku. «Dovrete pur andarci, nei bar» aggiunse, ed era chiaro che per lui era inconcepibile l’idea che un gruppo di ragazzine potesse gironzolare l’intero pomeriggio senza mai fermarsi a mangiare qualcosa.
«Uh, sì, andiamo nei bar» disse Aliys. «E lì no, non mi annoio» aggiunse, mentre il suo volto si rischiarava in un timido sorriso.
Goku sorrise a propria volta. «Una bella scorpacciata non dovrebbe annoiare mai nessuno!»
Aliys annuì, ma in quel momento un piede le andò a cozzare contro una pietra. Con uno strillo di sorpresa, la ragazzina crollò in avanti, e fortunatamente il padre fu lesto a trattenerla, afferrandola saldamente per le spalle. «Tutto a posto?» le chiese, preoccupato, lasciandola solo quando fu certo che lei avesse recuperato per bene l’equilibrio su entrambi i piedi.
Aliys si maledisse, augurandosi che la terra si spalancasse per inghiottirla. «Sì, penso di sì» mormorò, depressa.
Cautamente, mosse un passo di prova, e con somma vergogna non riuscì a trattenere una smorfia, e la cosa non sfuggì agli occhi attenti di Goku.
«Cosa c’è?» domandò infatti il saiyan, allarmato.
Aliys lottò contro il desiderio – così forte da farle prudere le dita – di sciogliere la coda e lasciare che i capelli le nascondessero il viso. «Credo… Penso di essermi storta una caviglia» affermò, deglutendo, senza riuscire a guardare suo padre.
Goku si chinò per osservare la gamba offesa. «Vuoi tornare a casa?» domandò, dopo un istante. «Se vuoi ti porto in volo».
Aliys rimpianse di non avere a portata di mano un albero contro il quale sbattere la testa. «No, grazie, papà. Ce la posso fare» dichiarò, sperando con tutto il cuore che fosse vero.
Che razza di figura, farsi male in una passeggiata simile!
Goku la prese per mano. «Con calma, d’accordo?» domandò quindi, con un sorriso.
La figlia annuì, a denti stretti.
E pensare che in un’altra situazione si sarebbe sentita al settimo cielo, con la mano in quella di Goku e la forte sicurezza del padre che la guidava.
Un passo dopo l’altro, un desiderio di sprofondare dopo l’altro, finalmente Aliys, che ancora teneva saldamente le proprie dita intrecciate a quelle di Goku, giunse nel luogo dove già li aspettavano sua madre e Goten.
Al momento, Chichi stava cercando di convincere Goten ad alzarsi dall’erba e a sedersi su una pietra, perché «non è bagnata e non rischi di prendere un raffreddore», ma non appena vide la figlia zoppicare spostò su di lei tutta la propria apprensione.
«Ally!» esclamò, correndo incontro a lei e al marito. «Cosa le hai fatto fare?» sbottò poi, in tono di rimprovero, rivolgendosi a Goku.
Istintivamente, lui si ritrasse dalla moglie, quindi si grattò la nuca, imbarazzato.
«Non ha fatto nulla, mamma» intervenne Aliys, in tono demoralizzato. «Sono solo inciampata, e poi adesso va già meglio. Dico davvero» sottolineò, dato che Chichi le aveva gettato un’occhiata poco convinta.
A quel punto la donna annuì, quindi si rivolse nuovamente al marito. «Son Goku» lo apostrofò, «se tu anche solo osi un’altra volta riportarmi Aliys in una condizione di salute differente da quella naturale, garantisco che ti faccio saltare tutti i pasti!»
Goku, seriamente preoccupato di fronte a quella minaccia, scambiò uno sguardo con la figlia, che però fu lesta a distogliere gli occhi.
Dopodiché, sotto lo strenuo controllo di Chichi, Aliys fu aiutata da Goku a sedersi su un masso, mentre Goten osservava la scena da poco lontano, seduto sull’erba e, per quanto dispiaciuto per la sorella, segretamente felice che qualcuno avesse distolto da lui le attenzioni della madre.
Non appena Goku, dopo averle domandato se era comoda e aver ricevuto una risposta affermativa, si volse a vedere cosa c’era di buono per il pic-nic, Aliys sospirò. Alzò una mano e tolse l’elastico che le tratteneva i capelli, i quali le ricaddero subito ai lati del viso e scivolarono un po’ avanti, finendole davanti agli occhi.
Goten, che s’era già impossessato di un panino al prosciutto, notò l’azione della sorella e non poté fare a meno di sospirare.
A pic-nic concluso, ripresero subito la via del ritorno.
Chichi dichiarò che lo facevano perché le nuvole stavano iniziando ad addensarsi all’orizzonte in modo preoccupante, ma Aliys sospettava di essere la principale ragione di una simile decisione, e rimpiangeva di non essere stata attenta.
Suo padre volle a tutti i costi aiutarla nella discesa, ma per lo meno Aliys riuscì a convincerlo a non portarla in volo sino a casa tenendola in braccio come un’invalida.
Ora teneva l’elastico attorno al polso come un braccialetto e, concentrata sui propri piedi, ascoltò Goku sperticarsi in lodi per tutto quel che Chichi aveva preparato.
Quando arrivarono nei pressi della loro abitazione, trovarono Gohan ad aspettarli davanti alla porta. Vedendoli, il giovane si raddrizzò gli occhiali e sorrise. «Ciao, mamma. Ciao, papà! Ally, Goten…»
Aliys, senza badare alla caviglia ancora lievemente indolenzita, si slanciò ad abbracciare il fratello. Non che Gohan vivesse lontano, anzi! La casa che condivideva con Videl e Pan era proprio di fianco a quella dove aveva trascorso l’infanzia, ma spesso era fuori per conferenze e ricerche, e Aliys sentiva di non vederlo mai abbastanza spesso.
«Perché sei qui, Gohan?» gli domandò, curiosa, staccandosi a malincuore da lui.
Il fratello le rivolse un’occhiata gentile. «Niente di ché, volevo soltanto portarvi la torta che Videl vi ha preparato» affermò, mostrando un contenitore di plastica.
«Torta?» domandò Goku, protendendosi come un segugio che annusa la preda. «Urca! Tua moglie è davvero deliziosa, figliolo!» esclamò quindi, pronto a ricevere il dono del figlio maggiore.
Chichi, però, intervenne con una rapidità incredibile a spegnere il suo entusiasmo. «Ah, no, carino! Tu prima vai a lavarti, e poi potrai assaggiare la torta di Videl!»
Mentre i tre figli si scambiavano un sorriso, Goku assunse un’espressione tra il deluso e l’affranto, ma si rianimò in un istante. «Va bene» accettò, allegro.
Di buon grado, si volse a guardare la famiglia.
«Al, per caso vuoi venire con me?» propose.
Lei avvampò seduta stante. «Papà!» protestò, vergognosa, ma lui la fissò senza capire.
«Papà» intervenne Goten, in tono computo, «Al è cresciuta».
Gohan non poté trattenere un sorriso.
Goku, dal canto suo, incrociò le braccia dietro la nuca, imbarazzato, e si lasciò sfuggire una risata. «Già, già, è vero!» esclamò. «Non mi viene mai in mente» ammise quindi, in tono candido.
Infine, con un saluto e un sorriso a tutti, si voltò, allontanandosi a larghi passi.
«Aliys» sospirò Chichi, scuotendo il capo in ricordo dell’ingenuità del marito, «ti preparo il bagno, va bene?»
Lei fece segno di sì, distrattamente, quindi si sporse a baciare Gohan sulla guancia. «Ci vediamo, fratellone» gli disse.
Lui le strizzò l’occhio. «Bada a dove metti i piedi, la prossima volta, sorellina» le suggerì.
La ragazzina gli mostrò la lingua, ma subito dopo non poté fare a meno di ridere. Quando Gohan le diceva una cosa simile, non la faceva mai arrabbiare come Goten, forse perché il maggiore usava sempre un tono affettuoso e protettivo.
Salutando il giovane ricercatore per l’ultima volta, la ragazza entrò in casa e decise di salire in camera. Esausta, si gettò sul letto, rivolgendo gli occhi al soffitto.
Si alzò dopo qualche attimo e, stando attenta a come metteva il piede infortunato, si avvicinò alla scrivania.
Posata sul piano del tavolo c’era una foto incorniciata.
Lei, piccolina, in braccio ad un Goku a dir poco raggiante.
Già, all’epoca lei era ancora troppo minuscola perché suo padre notasse la sua nulla propensione al combattimento. All’epoca, tutto quello che si aspettavano da lei era che imparasse a correre e che cadendo non si facesse male…
Scuotendo la testa per liberarsi da quei pensieri, Aliys tese la mano ed abbassò con decisione la foto, in modo da non vederla più.
Quindi, sentendo bussare, si girò, in tempo per vedere Goten sgusciare nella sua camera.
«Sai» gli disse, voltando le spalle alla scrivania, «bussare è superfluo, se poi non aspetti che ti sia detto “Avanti”».
Lui la guardò con aria sorpresa. «Ahi, ahi, che umore» commentò, scuotendo la testa. «Cos’hai, oggi non è andata bene?» chiese, andando a sedersi sul letto della sorella.
Aliys si accigliò. «Andiamo, non fare lo stupido!» protestò. «Voglio dire, una volta tanto che sono sola con papà… Che faccio? Vado ad inciampare! È così tipico di me…!»
Sbuffò, girandosi.
«Dai, Al» le disse Goten, costernato da quello sfogo. «Ora sei capricciosa».
Lei si voltò nuovamente verso di lui, incrociando le braccia sul petto. «Sbaglio o non avevi il permesso di entrare?» indagò, con voce pungente.
Il moro alzò gli occhi al cielo. «Qualcuno mi aiuti e mi salvi da questa adolescente!» invocò, spalancando le braccia, prima di gettare uno sguardo critico alla sorella. «Forse saranno gli ormoni, ma tu la fai sempre troppo complicata!»
«Anche tu stai passando per l’adolescenza!» lo rimbeccò lei.
«Sì, d’accordo, ma io non mi faccio di questi problemi per ogni volta che metto male un piede» le fece notare Goten.
Aliys inclinò le testa come a riconoscergli la verità di quell’affermazione. «Ovvio» aggiunse però subito dopo. «Tu non metti male un piede cento volte al giorno! No, Goten, tu metti male un piede ad ogni cambiamento di Dio».
Goten rise e si alzò dal letto della sorella, avvicinandosi alla ragazzina. «Probabilmente hai ragione, Aliys» ammise. «Però, che diamine, tu sei speciale lo stesso, senza avere chissà quale potere. E stai pur certa che papà lo sa!» concluse, facendole l’occhiolino.
Aliys tentò di non darlo a vedere, ma quelle parole la colpirono.
Goten se ne accorse e sorrise compiaciuto. «Bene, ora che ho compiuto il mio dovere di fratello saggio e capace, ti lascio ai tuoi pensieri» concluse, in tono soddisfatto. Quindi, senza dire altro né lasciare il tempo ad Aliys di spiccicare una sola sillaba, uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
Aliys, rimasta sola, indietreggiò lentamente sino a lasciarsi cadere seduta sul proprio letto.
Con un’espressione assorta in viso, ripensò alle parole di Goten. «E stai pur certa che papà lo sa» sussurrò a bassa voce.
Un momento dopo, sospirò e sorrise, dandosi della stupida.
Sapeva che Goten aveva ragione: Goku le voleva bene, era lei che faceva la complicata e si sentiva impacciata quasi ogni volta che lui le rivolgeva la parola.
Eppure non poteva farne a meno. Invidiava i suoi fratelli per il rapporto disinvolto che avevano con loro padre.
Ma forse, rifletté, passandosi le dita tra i capelli neri, se solo Goku avesse accettato di allenarla… Si illuminò.
Certo, poteva essere un’idea! Avrebbe potuto chiedergli di allenarla nelle Arti Marziali!
Non seriamente quanto Gohan e Goten, certo, solo quel tanto che bastava per far sì che lei si irrobustisse un po’.
Pensando alla marea di figuracce che avrebbe sicuramente collezionato si morse il labbro, ma poi si disse che dopotutto, se un allenamento le dava la possibilità di stare più con suo padre e forse di discutere con lui di alcune tecniche, ne valeva la pena.
Improvvisamente di buonumore, tornò verso la scrivania e rimise in piedi la fotografia.













Spazio Autrice:
Okay, rieccomi ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto… E perdonate il titolo, lo so che non ha molto senso (non ha senso e basta ._.), ma avevo la testa vuota XD

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Capitolo 4
*** La proposta di Aliys ***


Capitolo 3 – La proposta di Aliys

Il mattino successivo, nell’attesa impaziente del pomeriggio, la scuola fu più scocciante del solito – il ché, credetemi, è tutto dire.
La caviglia non le faceva più male, e durante la lezione di storia Aliys si distrasse agitandola sotto il banco.
Quel giorno aveva scuola sino alle due del pomeriggio, così si fermò a pranzare in un bar con alcune sue compagne, ma durante tutto il tempo non fece che pensare a suo padre, dibattendosi tra nervosismo e impazienza.
Finalmente, le lezioni finirono, e Aliys poté tornare a casa.
Come se l’universo volesse darle una spintarella, quando la ragazzina fece un salto in cucina vi trovò il padre, completamente solo.
Il cuore prese a batterle all’impazzata. Una parte di lei era così tesa che avrebbe voluto rimandare, ma l’altra capiva che quello era il momento giusto.
Con una casa di così modeste dimensioni, era raro riuscire a trovarsi senza troppa compagnia.
Si schiarì la gola. «Ciao, papà» lo salutò, sforzandosi di apparire disinvolta.
Goku si girò verso di lei. Teneva in mano un bicchiere, vuoto ma bagnato.
«Al!» esclamò. «Sei già tornata!»
Lei accennò un sorriso timido.
«Già» rispose, per poi guardarsi attorno e aggrottare la fronte: «La mamma non c’è?»
Goku si grattò la nuca. «È andata alla Città dell’Ovest» replicò. «Per un pomeriggio di shopping con Bulma» aggiunse.
Il suo tono perplesso esplicava benissimo che, per lui, i passatempi amati dalle donne erano alquanto bizzarri.
«Be’, si meritava una pausa» commentò Aliys.
Goku scrollò le spalle. «Senz’altro» concordò, con voce carica di affetto, fissando la figlia con vera e propria tenerezza.
Davanti a quel tono così paterno, Aliys si fece coraggio. «Senti, papà, volevo chiederti una cosa…» esordì, cercando di ignorare il cuore che le martellava insistentemente tra le costole.
Dato che aveva le mani sudate, se le passò sui jeans.
«Pensavo…» cominciò, prima di correggersi: «Ti andrebbe di passare un po’ di tempo a perdere pazienza con me?»
Il sorriso di Goku vacillò un istante per la perplessità, ma il saiyan lo recuperò immediatamente. «Certo» accettò di buon grado, in un chiaro invito a proseguire nella richiesta.
Aliys, rassicurata da quella risposta, trasse un respiro, per poi domandare in un fiato: «Non è che potresti allenarmi nelle Arti Marziali?»
Ecco. Lo aveva chiesto.
Azzardò un’occhiata verso Goku, e raggelò.
Adesso il saiyan era serissimo. Ogni traccia di sorriso era svanita dal suo volto.
«Arti Marziali?» ripeté piano.
Da qualche parte, poiché mai lo aveva visto reagire in un modo simile, Aliys trovò la forza di annuire, con la gola troppo secca per parlare.
Goku posò lentamente il bicchiere – la ragazzina non aveva notato che lo avesse ancora in mano – sopra il tavolo. Quindi si voltò a squadrare la figlia. «No» disse, seccamente.
Aliys lo fissò, incredula e ferita, tentando disperatamente di capire se stesse scherzando o meno. «Ma papà» iniziò a protestare, «Goten e Gohan sanno…»
«Ho detto di no, Aliys!» sbottò lui, con tanta violenza da farla ammutolire all’istante.
La ragazzina notò che lo aveva chiamata con il suo nome per intero, e non succedeva quasi mai. Lo fissò, stordita, realizzando che era la prima volta che lo vedeva così arrabbiato con lei.
Anzi, prima di allora non aveva mai visto la furia sul suo volto.
Non era giusto, si disse la ragazzina, stringendo il pugno tanto da conficcarsi le unghie nel palmo. Che cosa aveva fatto?
«Ma perché…?» disse, con un fil di voce.
«Non ti insegnerò un bel niente, e non voglio più sentire parlare di questa storia, sono stato chiaro?» tagliò corto suo padre, in tono terribilmente severo.
Aliys sentiva di essere a un passo dalle lacrime.
«Aliys, è chiaro?» reiterò bruscamente Goku.
«Sì, è chiaro» trovò la forza di pigolare lei.
Iniziava a tremare, per l’ingiustizia di tutto quello e la confusione di fronte ad una tale reazione.
Goku continuava a guardarla duramente, e d’un tratto Aliys sentì nuovamente le proprie gambe. Poteva usarle per allontanarsi il più possibile da suo padre arrabbiato, da quel Goku che non conosceva.
Lo fece.
Scappò via, senza badare a suo padre che abbassava il capo, quindi corse in camera sua e si gettò sul letto, avvinghiandosi al cuscino.
Tentò in tutti i modi di trattenersi, ma alla fine l’esito disastroso della sua proposta ebbe la meglio su di lei, e la ragazzina scoppiò in singhiozzi.
Qualche istante dopo, sentì bussare alla propria porta, e premette il viso contro il materasso nel tentativo di soffocare quanto più possibile i propri singulti.
«Al, ci sei? Che è successo?» chiamò una voce che la ragazzina riconobbe come quella di Goten.
Aliys sollevò il capo. «Vai via!» urlò, in crisi.
E a quel punto, nonostante la porta chiusa, lo sentì chiaramente borbottare in tono dubbioso: «Ma che diavolo…», e poi urlare, mentre si allontanava: «Papà!»
Aliys strinse il cuscino e, cuocendo nella propria rabbia impotente, si toccò il lato del labbro con la lingua, catturando una piccola lacrima salata.
Sapeva di amarezza, pensò.
Sospirò pesantemente, mentre un macigno sembrava gravarle sullo stomaco. Non era giusto, si disse, per l’ennesima volta. “Perché papà ha reagito così, perché?”
Non era giusto che si fosse arrabbiato con lei in quel momento, non era…
Dovette soffocare un singhiozzo e ricacciare indietro le lacrime.
«Perché?» domandò al muro, con voce strozzata. «Perché?»

Intanto, Goten scese le scale in fretta, quasi correndo, immemore di tutte le volte in cui, quand’era piccolo, era stato ammonito dalla madre, che gli intimava di non essere così spericolato.
Saltando gli ultimi gradini, per poco non andò a sbattere contro Goku. Ritraendosi per non finirgli addosso, alzò la testa a guardarlo. «Oh, papà» lo chiamò, sollevato.
Goku gli rivolse la propria attenzione, e Goten non poté fare a meno di notare che sembrava turbato da qualcosa.
«Sì?» domandò il saiyan adulto.
«Sai per caso cos’è successo con Aliys?» chiese di rimando il ragazzo moro, in fretta. «Mi sembra che sia sconvolta…»
Goku lo fissò per un momento, mentre un’ombra gli passava sul viso. «Le ho proibito di imparare le Arti Marziali» rispose, quasi atono.
Goten lo guardò, assolutamente smarrito. «Ma perché?» chiese, sbalordito. «Se lei vuole im…»
L’occhiata che Goku gli rivolse fu sufficiente a zittirlo. Non che fosse uno sguardo poi così tagliente, ma il solo fatto di vedere suo padre così incupito sorprese il ragazzo quel tanto che bastava per farlo ammutolire.
«Nessuno» disse Goku, scandendo con chiarezza le parole, «nessuno le insegnerà a combattere, è chiaro?» concluse, tracciando con perentorietà quel confine come raramente aveva fatto, quindi voltò le spalle a Goten e uscì in giardino, lasciando il ragazzo a dir poco sbigottito.
“Papà che vieta qualcosa?! Aliys che vuole imparare le Arti Marziali?!” pensò, allibito. Probabilmente, se un meteorite gli fosse caduto addosso, ne sarebbe stato meno frastornato, dal momento che non sapeva decidere quale delle due cose fosse più assurda.
Gli ritornarono in mente i singhiozzi di Aliys, e a quel punto sentì emergere il suo lato protettivo da fratello maggiore.
Per un momento, fu quasi arrabbiato con il genitore. Possibile che non si rendesse conto dell’adorazione che Aliys nutriva nei suoi confronti? E perché diavolo era stato così insensibile da vietarle qualcosa quando non lo aveva mai fatto prima? Era evidente che Aliys sarebbe stata molto felice di potersi allenare un po’ con il padre.
Cercando di allontanare tutti quei pensieri – che erano decisamente troppi e si accavallavano l’uno sull’altro – Goten attese un momento per calmarsi.
Si chiese il perché del rifiuto di Goku. L’uomo era un combattente nato, amava la battaglia e gli allenamenti, ma l’unica cosa che avesse mai insegnato ad Aliys era stato azzerare la propria aura e volare…
In ogni modo, il problema restava.
Perché mai Goku – Goku, che aveva addestrato lui e Gohan con tanto entusiasmo – aveva proibito alla figlia di allenarsi?
Non sembrava da lui.
Indeciso, Goten uscì in giardino.
Ritrovandosi con il sole in faccia, dovette sbattere le palpebre un paio di volte, quindi si schermò il viso con una mano e si guardò attorno.
Goku era poco distante. Teneva sulle ginocchia una Pan alquanto entusiasta ma, sebbene le risate della bimba echeggiassero tutto intorno, il saiyan sembrava distratto da qualcosa.
Goten sbuffò appena, quindi individuò Gohan.
Il figlio maggiore di Goku e Chichi sedeva all’ombra di un albero, con un libro aperto sulle gambe e una matita stretta tra due dita. Ogni tanto alzava lo sguardo e dava un’occhiata al padre e alla figlia, per poi sorridere e tornare alla propria lettura.
Goten si diresse verso il fratello a passi decisi. «Senti, Gohan» esordì non appena fu a portata d’orecchio, «potrei parlarti un minuto?»
L’altro alzò la testa e sorrise. «Certo» replicò, di buon grado. «Anche più di un minuto, se vuoi».
Goten scosse il capo. «Un minuto va bene» dichiarò, «anche perché tra poco devo andare da Trunks…»
«D’accordo, allora parleremo un minuto» sorrise Gohan, mettendo da parte il libro.
Goten si sedette sull’erba fresca, accanto al fratello. «Si tratta di Al» esordì, strappando qualche stelo verde con una mano.
«Oh». A quella frase, gli occhi di Gohan saettarono istintivamente in direzione del padre.
“Hai capito tutto, fratellone” pensò Goten, notando lo sguardo dell’altro. «Il fatto» riprese, «è che papà le ha vietato di allenarsi nelle Arti Marziali…»
Gohan aggrottò la fronte. Evidentemente, anche a lui sembrava assurdo sia che Aliys avesse voglia di diventare una combattente sia che Goku avesse proibito qualcosa.
«A quanto pare» proseguì Goten, «si è arrabbiato con lei, e ora Aliys è in camera a piangere. Perciò» concluse, abbassando nervosamente gli occhi e prendendo a torcere un filo d’erba, «vorrei che tu provassi a parlare con papà». Ci pensò su. «E non sarebbe affatto male se tu riuscissi a capire come mai si è comportato così».
Gohan rimase in silenzio per qualche attimo, con espressione assorta.
«Gli parlerò fra poco» annuì infine.
Goten sospirò sollevato. «Grazie mille, fratellone» esclamò. Trovava che Gohan fosse il più adatto a discutere con loro padre.
«Di nulla» ribatté subito Gohan. «Credi forse di essere il solo a preoccuparti per Aliys?» aggiunse, scuotendo la testa. «In tal caso, ti ricordo che è anche mia sorella…»
Goten non poté fare a meno di sorridere.
Per un momento, si chiese se fosse il caso di parlare con Gohan anche del fatto che secondo lui Aliys era un poco gelosa di Pan. Poi, però, decise che era meglio così. In fondo la piccola era proprio figlia di Gohan, e quest’ultimo lo stava già aiutando tantissimo…
Perciò si alzò in piedi, commentando: «Ora vado, non vorrei arrivare in ritardo da Trunks».
Gohan lo salutò con un cenno, e lui tornò dentro casa per prendere il portafoglio. A quel punto, decise che era meglio passare da Aliys per assicurarsi che non fosse ancora in lacrime.
Si diresse verso la stanza della sorella e, quando fu davanti alla porta, bussò con le nocche. «Al!» chiamò, rimanendo poi in attesa.
Silenzio.
Una parte di lui si sentì sollevata: per lo meno quell’assenza di suoni significava che la sorella aveva smesso di piangere.
«Al!» urlò nuovamente.
Ancora un momento di silenzio, poi… «Va’ via!» si udì la voce della ragazza.
«Affatto!» ribatté Goten. «Adesso tu mi apri e la fai finita!» aggiunse.
«Ti ho detto di andartene!»
Inutile, Aliys non demordeva.
Il ragazzo, allora, scosse rassegnato la testa, per poi posizionarsi di fronte alla porta, con decisione. «Se non apri, abbatto la porta con un’onda energetica» minacciò.
La voce di Aliys risuonò immediatamente, arrabbiata: «Ecco, a te sì che papà ha insegnato qualcosa!»
Goten fu privatamente felice nel sentirla tirar fuori quella grinta, ma anche ben determinato a non farglielo capire. «Sappi» urlò di rimando, «che l’onda energetica l’ho imparata da Gohan! E comunque quel che mi interessa in questo momento è il saperla usare! E sono deciso ad usarla per togliere di mezzo alla porta, se non ti decidi ad aprire!»
Attese un momento.
Quindi, notando che Aliys sembrava del tutto sorda alle sue minacce, si preparò a scagliare veramente una Kamehameha. Non fece in tempo, però, dato che l’attimo dopo la porta si spalancò, e Goten si ritrovò a fissare in volto sua sorella. Sembrava abbastanza contrariata.
Goten la afferrò per un braccio e la sospinse all’interno della stanza, seguendola. Aliys strappò il gomito dalla presa del fratello e andò a sedersi a gambe incrociate sul letto.
Lui la osservò meglio, notando con preoccupazione che la ragazzina aveva i capelli spettinati e gli occhi arrossati e un po’ gonfi. A quel punto, andò ad accomodarsi accanto a lei. Aliys lo scrutò torva, ma non disse nulla e non lo spinse via.
«Ha parlato con papà» le disse Goten, scegliendo di andare subito al punto. «Ho saputo che ti ha vietato di imparare le Arti Marziali…» aggiunse, cautamente.
Di colpo, Aliys sembrò perdere ogni arrabbiatura. Distolse lo sguardo da Goten e, battendo freneticamente le palpebre, annuì. «Ma tanto» disse, tentando di mostrarsi decisa mentre si asciugava con stizza le lacrime sfuggite al suo controllo, «chi se ne importa! Non ci tengo proprio a spaccarmi le ossa per un allenamento!»
La sua voce, però, suonava troppo mesta e incerta perché la rabbia simulata risultasse convincente.
Goten le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse in un abbraccio fraterno. «Dai, piccola» la consolò, «vedrai che papà avrà avuto un suo motivo…»
Aliys tirò su con il naso, abbracciando il fratello a propria volta. Ormai aveva rinunciato a qualsiasi maschera d’ira.
«Gohan ha detto che gli parlerà» aggiunse Goten, accarezzando impacciato i capelli neri della sorella – era così che si faceva, no, per consolare una ragazza?
Aliys parve un poco rinfrancata, se per il gesto o per le parole del fratello, lui non avrebbe saputo dirlo.
«Vedrai» continuò Goten, «che riuscirà a farsi dire come mai si è arrabbiato. Di certo non è colpa tua» stabilì, con convinzione.
E finalmente, a quelle ultime parole, Aliys sorrise. «Grazie» sussurrò, con voce ancora un po’ debole. Esitò, quindi, in tono più sicuro, precisò: «Mi dispiace di averti aggredito così. Ma ero abbastanza arrabbiata» spiegò, guardandolo a mo’ di scusa.
«Mah» fece Goten. «Non devi scusarti. Dopotutto non dimenticare che io ho minacciato di abbattere la tua porta».
Aliys si lasciò scappare un altro sorriso e scosse piano la testa.
Improvvisamente, sembrò colpita da un pensiero e si rivolse al fratello. «Ma di’ un po’, tu non dovevi andare da Trunks?»
Goten sobbalzò come se fosse stato colpito da una scarica elettrica. «Accidenti!» esclamò, allibito. «Grazie per avermelo ricordato, non ci stavo pensando più!»
Si alzò di scatto e strinse velocemente in un abbraccio la sorellina per salutarla quindi, senza fare altro, corse fuori, dove prese il volo, diretto alla Capsule Corporation.
Aliys sospirò piano e strinse il cuscino, finalmente rasserenata.









Spazio Autrice:
No, Goku non è posseduto… Il perché della sua reazione… be’, be’, lo vedrete u.u
In ogni modo, spero di non essere caduta nell’OOC =S
Comunque sia, il prossimo aggiornamento sarà il 6 Ottobre (lo so, è lontano, ma con la scuola di mezzo non credo riuscirei a fare di meglio ç_ç)…
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Le ragioni di Goku ***


Capitolo 4 – Le ragioni di Goku

Si era ormai fatto buio quando la ragazzina si alzò dal letto.
La sera scuriva il cielo, disegnando in nero le sagome dei monti circostanti.
Aliys guardò dubbiosa il quadrante luminoso della sua sveglia. “Strano che mamma non sia ancora tornata” rifletté. “Si vede che lo shopping con Bulma è più emozionante di quanto io sospettassi!”
Si stiracchiò, complimentandosi con se stessa per quel tentativo di fare dell’ironia, e si rese conto di avere una certa sete.
Scese piano le scale, diretta in cucina. Stava per entrare, ma il suono della voce di Gohan la bloccò.
Aliys si appiattì contro il muro, azzerando la propria forza spirituale nel tempo di un respiro. Tese le orecchie, col cuore che già batteva all’impazzata.
«Papà» stava dicendo il figlio maggiore dei Son, «scusami, ma perché hai vietato ad Aliys di imparare le Arti Marziali? Ci è rimasta molto male, e in fondo voleva solo stare con te…»
Goku si strofinò le tempie. «Chi te l’ha detto?» domandò, senza curiosità.
Il suo primogenito si raddrizzò gli occhiali. «Goten» disse dopo qualche attimo. «Però ciò non toglie che mi interessi davvero» precisò, guardando il padre con insistenza.
Fuori dalla stanza, Aliys trattenne il fiato, mentre veniva investita da un’ondata di gratitudine verso il fratello maggiore.
Goku invece sospirò, incupendosi d’un tratto. «Sai cos’è successo quando Aliys aveva quattro anni?» domandò, con una serietà che gli era inusuale.
Aliys rabbrividì, appiattendosi maggiormente e premendo con forza la schiena contro il muro.
Gohan, invece, lanciò al padre un’occhiata perplessa. «Cosa?» chiese.
«Si è messa a piangere perché l’ho abbracciata troppo forte» rispose Goku, tetro.
Gohan, allora, ricordò… Una mattinata soleggiata, un prato verde, le loro risate infantili, la gioia dei genitori… Fu sbalordito dal fatto che il padre ancora rimuginasse su quell’episodio. Di solito non era il tipo da rinvangare memorie spiacevoli.
«Ma a quel tempo era piccola» obbiettò. «Non vedo perché non possa decidere di impegnarsi a imparare alcune tecniche… Dopotutto è una sua scelta».
«No, non è solo sua» lo contraddisse Goku, passando il peso da una gamba all’altra. «Aliys è… diversa. Non è come te, non è come Goten… Non lo so». Tacque per un momento, corrugando la fronte. «Ma so» riprese quindi, fissando il figlio con severità, «che non pare avere doti particolari, in termini di forza».
Aliys si morse un labbro, cercando di essere più silenziosa possibile, trattenendo quasi il respiro.
«Io non voglio farle del male durante un allenamento. Non voglio rischiare» aggiunse Goku. Quando vide che Gohan stava aprendo la bocca per ribattere, lo zittì con un cenno. «Ma non si tratta solo di questo».
Aliys attese ansiosamente le parole del padre. Per essere certa che non le sfuggisse alcun suono, si mise un dito tra i denti.
«Lo sai, Gohan, all’inizio mi sarebbe piaciuto allenarla, proprio perché non dimostrava un particolare talento nella potenza...» Il viso di Goku si rilassò, cessando quel cipiglio di serietà che non gli era familiare. «Poi, però, ho parlato con Chichi. Di certo lo saprai già, ma a vostra madre non piace il fatto che io vi trascini nella lotta. Ha allenato Goten, certo» concesse, «ma non perché lo volesse guerriero».
Gohan passò una mano sul proprio mento.
«Così» proseguì Goku, «mi ha chiesto se per caso avessi intenzione di allenare anche Al. Mi ci ha fatto riflettere, in qualche modo». Fece una pausa. «Lei è la mia unica figlia femmina. La sola che non pareva aver ereditato alcuna dote di guerriero». Ebbe uno strano sorriso. «Con ogni probabilità non conoscerà mai la trasformazione in super saiyan, non credi? E quella un po’ di voglia di combattere la dà» concluse, guardando il figlio, che ricambiò l’occhiata.
Dal canto suo, Gohan pensò a quando aveva raggiunto il secondo livello e ricordò la bramosia di far soffrire Cell, nel momento in cui ne era diventato in grado, e non poté fare a meno di sorridere.
Notandolo, Goku ammiccò, mentre Aliys trasse un cauto respiro in quell’atmosfera di colpo più rilassata.
«Quindi» concluse Goku, «ho deciso che lei, almeno lei, non avrebbe mai combattuto». Sorrise al figlio maggiore. «Penso che a questo punto dovrei trovare qualcosa per passare un po’ di tempo con lei» aggiunse, nel consueto tono ingenuo.
Gohan rise. «Ne sarebbe contenta…»
Aliys si staccò piano dal muro. In silenzio, prestando ben attenzione a dove metteva i piedi, si diresse verso la propria camera. Andò a sdraiarsi sul letto e appoggiò il mento alle proprie mani. Aveva tanto su cui riflettere, ma si sentiva come se un gran peso le fosse stato tolto dal petto.
Prima di udire il dialogo tra suo padre e suo fratello, aveva creduto di avere colpa del fatto che Goku non la voleva allenare. Ora, scoprire che non era così la rincuorava enormemente.
Dopotutto, inoltre, non si sentiva poi tanto dispiaciuta per il divieto di imparare le Arti Marziali. Cercando di recuperare il buonumore, tentò di dirsi che erano solo tante cadute e botte in meno.
Ciò che più di tutto le risollevava il morale, però, era l’ultima frase che aveva detto Goku. Suo padre avrebbe trovato un po’ di tempo con lei…
Lento e placido come un’aurora sul mare, un sorriso sbocciò timidamente sulle labbra della ragazzina.

Goten rimase a casa di Trunks sino a quando le loro madri non tornarono dal far compere.
Il tempo – e il denaro – che le due donne avevano sperperato in vari negozi fece sì che i giovani saiyan si scambiassero un’occhiata a sopracciglia inarcate.
Bulma si offrì di accompagnare a casa tanto Chichi quanto Goten in aircar, e la donna dai capelli neri accettò di buon grado, specie per tutte le borse che aveva radunato.
Goten sedette su un sedile posteriore, indifferente alle chiacchiere spigliate delle due donne.
Fissava distrattamente il paesaggio che intravedeva – Bulma guidava davvero veloce – oltre il finestrino. Scrutò il cielo che aveva iniziato a scurirsi, e subito il suo stomaco indicò che era ormai ora di cenare.
Goten pensò ad Aliys. Probabilmente adesso Gohan doveva aver già scambiato due parole con Goku, e il giovane era curioso di sapere cosa ne avesse ricavato.
Quando entrò in casa, perciò, si diresse direttamente da Goku.
«Papà, dov’è Gohan?» domandò, guardandosi intorno come se si stesse aspettando di vederlo comparire improvvisamente da qualche parte.
«È tornato a casa; stasera voleva portare Pan e Videl a cena in un ristorante» replicò Goku, con somma delusione del ragazzo. «Certo non mi sarebbe dispiaciuto accompagnarli…»
In un altro momento, Goten avrebbe concordato energicamente con il genitore, ma ora stava pensando che per avere informazioni avrebbe dovuto attendere come minimo il giorno dopo. E la prospettiva di avere un’Al depressa per tutto quel tempo lo fece sbiancare.
«Goten, chiama Aliys, per piacere» lo riscosse la voce di Chichi, la quale brandiva un enorme mestolo. «La cena è pronta».
Goten sobbalzò, accorgendosi di essere rimasto assorto nei propri pensieri per un bel po’ di tempo. Sperava solo di non essersi imbambolato a fissare nel vuoto con la bocca aperta.
«Vado subito» disse, scattando verso la camera di sua sorella.
«Al! A mangiare!» gridò, bussando alla porta con le nocche della mano destra.
Prontamente, la voce della ragazzina urlò: «Va bene! Un momento! Arrivo subito!»
Goten sbatté le palpebre, quindi tornò in cucina. «Ha detto che arriva subito» comunicò, andando a sedersi al proprio posto.
In tutta onestà, non sapeva cosa pensare.
Improvvisamente, si accorse che Goku, in piedi in un angolo, aveva la fronte appena aggrottata. Prima che potesse riflettere sul possibile motivo dell’espressione rabbuiata del padre, però, Chichi portò la cena in tavola, e Goku si illuminò, prendendo posto con un sorriso alla moglie.
Poco dopo, annunciata dal rumore dei suoi passi affrettati, Aliys comparve in cucina.
Goten le dedicò un’occhiata fugace ma pur sempre un po’ apprensiva. In ogni modo, si ritrovò a constatare che la ragazza sembrava stare bene.
I capelli le stavano un po’ meno davanti al viso rispetto al solito, ma li teneva sciolti sulle spalle.
Non sembrava particolarmente turbata e, dopo aver rivolto un cenno al fratello, si accomodò di fianco a lui.
Quando gli strizzò l’occhio, Goten la fissò sbigottito.
Anche quell’apparente sbalzo d’umore era da attribuire al fatto che Aliys fosse un’adolescente?
Ah, fortunatamente c’era il cibo a distoglierlo da quegli interrogativi…
Quand’ebbe spazzolato ogni briciola della prima portata, Goten si rilassò contro la sedia, ed ebbe modo di notare che Aliys, di tanto in tanto, lanciava a Goku delle occhiate furtive.
Nel momento in cui il saiyan ne intercettò una, poi, padre e figlia avvamparono, per riportare immediatamente gli sguardi sui rispettivi piatti.
Sempre più perplesso, Goten rimpianse di non sapere cosa si era perso andando da Trunks.
Meditabondo, mentre Chichi rivolgeva a Goku chissà quale domanda, Goten prese a fissare il proprio tovagliolo con aria assorta.
«Goten, tesoro» lo distrasse la voce preoccupata di Chichi, «sei sicuro di stare bene?»
Il ragazzo alzò lo sguardo. «Eh?»
La donna si sporse sulla tavola per piazzare una mano contro la fronte del secondogenito. «Hai per caso preso la febbre?» chiese, ormai super apprensiva.
Goten si scostò. «No, mamma, sto bene» si difese. «Sto benissimo!»
«Ma sei così silenzioso» obbiettò Chichi. Per nulla persuasa, sembrava sul punto di agguantare un termometro per poter verificare che la temperatura corporea del giovane fosse nella norma.
«Mamma, non distrarlo» intervenne Aliys. «Sta pensando, e per lui è una cosa impegnativa».
Goten le scoccò un’occhiataccia. «Almeno io qualche volta lo faccio».
«Mi stai dando della stupida?» domandò la ragazzina, mentre le sue guance avvampavano.
Goten finse di rimirarsi l’unghia del pollice. «Può darsi…» replicò, in tono vago.
«Sei davvero immaturo» disse allora Aliys, in tono risentito.
Lui le mostrò una linguaccia. «Senti chi parla!»
«Qui non sono io quella che sta facendo le boccacce!»
«Ragazzi!» li riprese Chichi, in tono di biasimo.
«Tranquilla, mamma» disse Goten, scrollando le spalle.
Nonostante tutto, in fondo (molto in fondo, magari) era felice che lui e sua sorella avessero ripreso a litigare. Se non altro, indicava che Aliys si era un po’ ripresa.
Quando la cena finì, Goten si alzò per aiutare Chichi a mettere in ordine, mentre Goku ed Aliys si spostavano nel piccolo salotto.
Goten stava appunto andando in quella stanza quando sentì suo padre dire, esitante: «Al, riguardo a stamattina… Devi scusarmi. Ma il mio divieto resta» aggiunse, con un tono di voce simile a quello di un bambino che chiede scusa.
Goten si fermò, corrugando la fronte.
«Non c’è problema, papà» replicò la voce di Aliys, lasciandolo di sasso. Dal tono della ragazzina, il giovane si stupì di non sentirla saltare al collo di loro padre. Sembrava… radiosa. «Non penso che imparare le Arti Marziali avrebbe fatto bene alla mia salute».
Rise brevemente, incerta.
Seguì un silenzio piuttosto lungo e Goten, sospirando e alzando gli occhi al cielo, li raggiunse per spezzare la tensione.
«Papà» chiamò, entrando, «credi che imparerai mai a lavare i piatti?»
Sia Aliys che Goku si voltarono a guardare il ragazzo, il quale rispose con un sorriso innocente. «Era solo una domanda» si giustificò, scrollando le spalle.
A quel punto, Aliys si stiracchiò appena, annunciando: «Be’, adesso io andrei a letto…»
Goku si voltò per rivolgere un sorriso. «Buonanotte, tesoro».
Lei si alzò, ed indugiò un momento prima di rispondere serenamente: «Grazie… papà».
«Vengo con te!» esclamò Goten. Era ansioso di scoprire cosa diamine fosse accaduto quel pomeriggio, pertanto rivolse un saluto frettoloso a Goku e seguì la sorella nella camera di lei.
«Che è successo, oggi?» chiese non appena furono entrati, andando a sedersi sulla sedia accanto alla scrivania della ragazza.
Aliys lo fissò. «Dovrei saperlo?» domandò di rimando.
Per un momento, Goten rimase senza parole, ma poi vide un luccichio nello sguardo della sorella che gli fece capire che lei lo stava prendendo in giro. Il giovane assottigliò gli occhi scuri. «Hai origliato» concluse poi.
La reazione di Aliys fu immediata: la ragazzina avvampò sino alla radice dei capelli.
Goten le rivolse un sorriso. «E brava, hai aspettato che Gohan arrivasse e sei andata ad ascoltare!» rise, divertito.
Per un istante, l’espressione di Aliys si fece furente. «Non è andata così!» si difese la ragazzina. «Avevo sete e sono scesa… E quando li ho sentiti parlare mi sono fermata ad ascoltare».
Goten tentennò per qualche momento, ma alla fine decise di crederle. «Allora non è stato così terribile, eh?» chiese, accennando al lieve sorriso che incurvava le labbra della ragazza.
«Esatto» sospirò Aliys, felice, e lo guardò annuendo.
«Mi racconti?» incalzò Goten, impaziente di essere messo al corrente di ciò che si era perso.
Semplicemente, la sorella fece segno di sì, accennandogli di spostare la sedia accanto a lei.












Spazio Autrice:
Ed ecco svelato il mistero u.u
UAH, oddio, sono morta x_x Sono appena tornata a casa e sono ESAUSTA, e adesso devo uscire di nuovo per andare al cinema (L’Era Glaciale 4, arrivo! XD)… Mi sa che schiaccerò un pisolino durante il film…
Be’, per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, andiamo a sabato 13 Ottobre… Spero questo capitolo vi sia piaciuto!
Au revoir!

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Capitolo 6
*** Echi del passato ***


Capitolo 5 – Echi del passato

Aliys era nervosa, Goten lo vedeva chiaramente.
Mentre raccontava quanto era accaduto, la ragazza si attorcigliava attorno alle dita dei ciuffi dei propri capelli neri. Non guardava il fratello negli occhi, salvo per pochi istanti quando voleva sincerarsi che la stesse ascoltando con attenzione.
E accidenti se Goten era attento!
Con il mento appoggiato alle mani, seguiva le parole della sorella senza dire nulla.
Concludendo il proprio racconto, Aliys arrossì appena.
Nel silenzio che seguì, Goten rimase immerso per un istante in un ammirevole silenzio meditativo.
«Accidenti, Al» commentò infine, scuotendo la testa. «Non dirò più una parola sul fatto che origli! Se ti fa scoprire cose simili…!»
Ammirato, si lasciò sfuggire un fischio sommesso.
«Ti ho detto che non ho…» iniziò Aliys, ma poi si rese conto che Goten si sforzava con tutte le sue forze di rimanere serio. «Mi stai prendendo in giro».
«Io?» domandò Goten, azzardando un’occhiata tutto attorno come per dire: c’è tanta altra gente, qui, perché proprio io?
Era uno sguardo notevole, in effetti, ma purtroppo la sua maestria venne smorzata da un dettaglio reso evidente dal silenzio che i due ragazzi avevano attorno.
«Ci siamo solo noi» sottolineò Aliys. «Chi vuoi che mi prenda in giro, il muro?»
«Sarebbe davvero scorretto, da parte sua, rubarmi il mestiere» rispose Goten, fingendosi contrito.
Aliys gli diede un pugno sulla spalla, ma le scappò da ridere.
«Be’» disse Goten, stiracchiandosi, «parlare con te è stato un piacere, sorellina, ma ora il mio letto mi chiama».
«Capisco» mormorò la ragazza, con uno sbadiglio.
Effettivamente, anche lei aveva un certo sonno…
Così, i due fratelli si salutarono e Goten uscì dalla stanza, socchiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
Rimasta sola, Aliys si preparò per la notte e s’infilò sotto le coperte con un sospiro soddisfatto.
La sua mente cominciò a vagare, e la ragazzina riportò alla mente il ricordo di una delle prime volte in cui aveva sentito parlare di Goku…

Sui Paoz, lo spazio non mancava.
Purtroppo, però, non mancavano nemmeno i rischi.
Da una parte, era vero che non c’erano pericolose automobili come in città, ma in compenso i boschi erano popolati da animali dai quali era saggio girare al largo.
Gohan lo sapeva bene. Ma il suo fratellino, il piccolo Goten – che aveva cinque anni, un visetto adorabile e una vivacità senza freni –, non se ne preoccupava affatto.
Per lui, i dinosauri erano amici, le tigri dai denti a sciabola e i lupi spelacchiati divertenti compagni di gioco…
Ormai, Gohan aveva perso il conto di tutte le volte in cui gli era preso un mezzo infarto nel vedere il fratellino ridacchiare davanti alle fauci spalancate di un predatore.
L’ultima arrivata di casa Son, invece, era di tutta un’altra pasta.
Aveva in comune con Goten il visetto tondo e i grandi occhi color carbone, ma aveva un’indole infinitamente più mansueta e timorosa.
Varie volte, Gohan aveva ringraziato il cielo per questo… Lui adorava Goten, per carità, ma non credeva sarebbe riuscito a tenere a bada ben due bambini che avessero la sua vivacità…
Quel giorno, il sole splendeva alto nel cielo.
Era piovuto da poco, e l’aria tersa odorava d’erba.
Visto che il recente temporale lo aveva costretto a rimanere in casa, lontano dalla sua adorata natura, per più tempo del consueto, Goten era corso fuori non appena se n’era presentata l’occasione.
Fortunatamente, invece di andare a girovagare per la foresta, si era messo a giocare con Aliys.
I due bambini sembravano cuccioli arruffati, merito dei loro strilli concitati e delle loro spettinatissime capigliature.
Gohan, seduto al margine della radura, li osservava con un mezzo sorriso sulle labbra e un libro sulle ginocchia.
Si sentiva molto responsabile dei suoi due fratellini, ai quali voleva un bene dell’anima.
Perciò, quando Goten balzò addosso alla sorellina e le gambette della piccola non ressero, facendo sì che entrambi ruzzolassero a terra, il ragazzo quasi balzò in piedi, allarmato.
La sua preoccupazione, però, svanì non appena le risatine dei bambini si sparsero nell’aria.
Aliys spinse una manina contro la guancia di Goten, e i piccoli si rotolarono un po’ sul prato, strillando a pieni polmoni la loro felicità.
Purtroppo per Gohan, però, con quei due non si poteva mai star sicuri, e dopo un istante le grida gioiose si trasformarono in un pianto a dirotto.
Senza esitare, il figlio maggiore di Goku lasciò a terra il suo libro e corse verso i fratellini.
Goten si era separato da Aliys, e fissava la sorellina con espressione contrita. In quanto a lei, stava singhiozzando nella maniera disperata e inconsolabile che solo i bambini conoscono.
«Ehi, Aliys» disse Gohan, chinandosi su di lei. «Aliys, cos’è successo?»
Lei scosse la testolina, continuando a piangere, con grosse lacrime che le rotolavano sulle guance. Goten, invece, si guardò attorno e indicò un sasso. «È colpa sua» dichiarò.
Gohan la trovò un’affermazione alquanto bizzarra, ma quando vide il segnaccio rosso e spellato sulla mano della bambina capì com’erano andate le cose.
Probabilmente, a forza di rotolarsi per il prato, la bimba doveva aver sbattuto dolorosamente la mano contro la pietra, guadagnandosi così il dolore e la paura.
Gohan esaminò con cura la lesione, e constatò con sollievo che non sembrava molto grave.
Certo, probabilmente Chichi avrebbe dissentito e sarebbe corsa subito a recuperare una boccetta di disinfettante, ma lui concluse che per prima cosa doveva placare lo spavento della sorellina.
«Ally, Ally, tranquilla, non è niente» disse, in tono consolatorio.
La bambina lo fissò. Aveva gli occhi neri pieni di lacrime, e non sembrava particolarmente persuasa.
Istintivamente, Gohan riportò alla memoria le volte in cui si era fatto male e Goku era arrivato a consolarlo… E gli venne in mente un’idea improvvisa.
«Ally, guarda. Guarda lassù» le disse, indicando il cielo. «Lo sai chi c’è?»
La bambina emise un piccolo singhiozzo, poi fece segno di no.
Goten, dal canto suo, sembrava interessatissimo alla questione.
«C’è nostro padre» continuò Gohan. «Lui è in Cielo, sai? E anche se noi non possiamo vederlo, lui può vedere noi».
Goten si alzò in piedi, aguzzando la vista, cercando incuriosito di scorgere tra le nubi la persona di cui parlava Gohan.
«Su, Ally» aggiunse il maggiore. «Fa’ vedere a papà che sei coraggiosa».
La bambina esitò, tirando su col naso.
«A… Papà?» domandò, con voce esilissima.
Gohan annuì.
Aliys, allora, alzò il viso verso il cielo, guardando la volta azzurra cosparsa di nubi. Abbozzò un sorriso incerto. Poi sorrise di nuovo, con più sicurezza, quasi come se stesse salutando una persona che conosceva da sempre.

La mattina dopo, quando Aliys scese a colazione, si stupì nel trovare Goten in cucina.
«Sei già alzato?» chiese, sorpresa. «È successo qualcosa al tuo letto?»
«Spiritosa» rispose Goten, ma non se la prese. Era vero, infatti, che di solito lui aspettava fino all’ultimo momento, prima di uscire dal caldo rifugio delle coperte.
Aliys sorrise appena e gli si sedette accanto.
Lui si guardò attorno, poi estrasse un sacchetto colorato dalla tasca dei propri pantaloni. «Caramella?» offrì.
Aliys fece una smorfia. «A colazione?» domandò, versandosi del latte nella tazza.
Goten si strinse nelle spalle e si cacciò in bocca una manciata di dolciumi.
La ragazza s’impensierì. Non era solo l’orario che l’aveva spinta a rifiutare le caramelle… Se ne vergognava un po’, ma dalla faccenda di Majin Bu non poteva guardare quei piccoli dolci senza sentire una stretta allo stomaco.
Si sentiva i nervi a fior di pelle persino quando le veniva offerta una barretta di cioccolata.
Fortunatamente, con le torte casalinghe di sua madre non aveva alcun problema, perché sarebbe stato davvero un peccato dover rinunciare alle gustose opere di Chichi.
«Tutto bene?» mugugnò Goten, a bocca piena.
«Oh, bleah» disse Aliys, alzando una mano per difendersi dalla visione del fratello.
Lui deglutì. «Andiamo, non sono così disgustoso!»
«Nooo» fece lei, ironica, ma sorrideva.
«È per le caramelle?» domandò Goten, d’impulso.
Aliys sobbalzò. Ma suo fratello era fatto così. Per lui, in casi come quelli, la sincerità era la cosa più importante della discrezione.
La ragazza arrossì. La imbarazzava ammettere che, dopo dieci anni, aveva ancora di quei problemi.
«Forse» disse, cercando di sminuire la cosa con un’alzata di spalle.
«Su con la vita, Al» la spronò Goten, «Majin Bu non tornerà».
A quelle parole, lei per poco non si mise a ridere. «Vive a casa di Mister Satan» gli fece notare.
Goten fece un sorriso di scuse. «Sì, be’, hai capito… Intendevo che il Majin Bu cattivo non tornerà. Non ci succederanno più quelle cose terribili…»
Lei sorrise appena. «Speriamo». Meditò in silenzio per qualche istante, poi domandò: «Goten, ti ricordi la prima volta che abbiamo visto papà?»
«Intendi quando mi sono nascosto dietro nostra madre? E tu sei scoppiata a piangere perché ti avevo lasciata sola davanti a uno sconosciuto?»
Aliys arrossì. «Cosa?» protestò. «Dai, non sono scoppiata a piangere sul serio… Ero solo spaventata…»
«Molto spaventata» sottolineò Goten.
«E intanto sei stato tu a nasconderti» lo rimbeccò la ragazza.
Lui sorrise. «In ogni caso me lo ricordo. Mi hai chiamato e io avrei voluto tornare vicino a te, ma papà si stava avvicinando ed ero molto, molto intimidito… Poi ho visto che ti sorrideva e ti accarezzava la testa, e mi sono un po’ rassicurato…»
Aliys lo ascoltava in silenzio, col cuore che batteva un po’ più forte del consueto.
Si ricordava benissimo di quel momento. Se chiudeva gli occhi, riusciva quasi a vedere la faccia di Goku che occupava tutta la sua visuale… Se si concentrava, riusciva quasi a sentire la mano del padre sulla testa.
«Allora» continuò Goten, «ho fatto qualche passo in avanti, pur continuando a tenermi attaccato alla gonna di nostra madre… Lei mi ha sorriso, invitandomi ad andare a conoscere il papà… E a quel punto lui mi ha notato, e ha detto qualcosa sul fatto che gli somigliavo tantissimo».
«Sì» ricordò Aliys, «e tu sei corso tra le sue braccia…» Rise. «Io non credevo ai miei occhi. Mi sembravi coraggiosissimo a fare una cosa del genere, poi…»
Si interruppe, pensierosa.
Poi aveva sentito Goku ridere, e aveva capito che era buono, che era suo padre… E si era resa conto di volergli bene, così come ne voleva a sua madre, a Gohan e a Goten…
«Perché questa passeggiata sul viale dei ricordi?» domandò Goten, distogliendola dalle sue riflessioni.
Aliys fece un gesto vago. «Niente, è che stanotte ho pensato ad una delle prime volte in cui Gohan mi aveva parlato di papà…»
In quel momento, Goten nascose il sacchetto di caramelle con un gesto repentino. Aliys sussultò, poi capì il perché di quella mossa.
«Buongiorno, ragazzi» li salutò Chichi, entrando in cucina. «Avete mangiato?»
«Io no, mamma» si affrettò a rispondere Goten, mostrandole la tazza immacolata. «Non ho voglia di latte e biscotti, oggi… Abbiamo delle uova?»
«Ma certo, Goten» sorrise la donna, di buonumore.
Si voltò verso i fornelli e Aliys ne approfittò per dare di gomito a Goten. Lui la guardò e lei rispose con un’occhiata ammonitrice.
«Hai già mangiato le caramelle» disse lei, in un sussurro appena udibile.
«E allora?» bisbigliò lui di rimando.
Aliys scosse la testa, ma sapeva tanto quanto Goten che non avrebbe mai fatto la spia.













Spazio Autrice:
Buondì!
Okay, forse molti di voi si aspettavano che a questo punto saltasse fuori come Goku ha deciso di passare più tempo con la figlia…
Però era da un po’ di tempo che mi ronzava in testa l’idea del flashback e del primo incontro tra Goku e i suoi due figli minori, così ho fatto questa sorta d’intermezzo.
So che è poco dinamico, ma spero non sia risultato noioso ^^
Al prossimo aggiornamento, che naturalmente sarà Sabato 20!

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Capitolo 7
*** Una giornata con papà ***


Capitolo 6 – Una giornata con papà

Circa sette ore più tardi, la figlia di Goku stava uscendo da scuola.
Si fermò sullo spiazzo davanti all’edificio, girandosi a destra e a sinistra nel tentativo di individuare Goten.
E dire che solitamente, nonostante la calca di gente, era facile vederlo, per merito della sua inconfondibile zazzera nera.
Mentre continuava a cercare il fratello con lo sguardo, Aliys colse di sfuggita il dialogo di due ragazze che dovevano avere più o meno la sua età.
«Oddio. Hai visto quello?»
«Credo di no. Perché?»
«Perché è davvero un bell’uomo! Forse giusto un po’ vecchiotto per noi…»
«Dov’è?»
«Là».
«Ah, lo vedo! Quello lì con la capigliatura decisamente originale
Aliys sbatté le palpebre.
«Be’, però è bello, vero?»
«Ma sì».
«Oddio, viene verso di noi!»
A quel punto, la ragazzina si girò verso le sue due coetanee, e così facendo poté vedere suo padre che le si avvicinava con un grosso sorriso stampato in faccia.
Com’era prevedibile, Goku non si accorse minimamente delle due studentesse che lo fissavano a bocca aperta, ma si diresse subito verso la figlia.
«Al!» la salutò, calorosamente. «Come va?»
«Ciao, papà» replicò lei, sentendo le proprie labbra piegarsi in un sorriso emozionato. «Come mai da queste parti?»
Personalmente, si chiedeva se Chichi lo avesse spedito lì per un colloquio con gli insegnanti, ma le pareva un’idea un po’ strampalata, visto che sua madre, interessatissima al rendimento scolastico dei suoi figli, preferiva andare di persona.
Goku sorrise in maniera disarmante. «Sono passato a prenderti, ovviamente».
«Ovviamente?» ripeté Aliys, automaticamente.
«Ah, e ho già detto a Goten che penserò io a te, oggi, quindi si è già avviato verso casa…» aggiunse Goku.
La ragazzina quasi non credeva alle proprie orecchie. Era troppo bello per essere vero!
«Vuoi dire che… ehm… passeremo il pomeriggio insieme?» azzardò, speranzosa.
Il saiyan annuì. «Per prima cosa, pensavo di andare a pranzo».
A quelle parole, il sorriso di Aliys si fece raggiante. Era felicissima.
«Wow! È… be’, è una bella prospettiva» disse, faticando a trattenersi dall’iniziare a saltellare per la gioia. «Vieni, conosco un posto dove si mangia davvero bene».
Goku la seguì, prendendole lo zaino dalle spalle – «La mia bambina non deve portare pesi» –, e le due ragazze che stavano ammirando Goku espressero la loro incredulità sul fatto che un così bell’uomo fosse padre di famiglia. Aliys, però, neanche se ne accorse…

Era al settimo cielo.
Anche Goku aveva gradito il pranzo, e lo aveva dimostrato ordinando più e più porzioni di ogni piatto.
Aliys aveva rivolto un paio di sorrisetti di scuse ai camerieri allibiti. A dire il vero, però, le sembrava che avrebbero dovuto rallegrarsi, invece di fare quelle facce stupefatte: in fondo, più Goku mangiava, più loro guadagnavano.
Nemmeno lei si fece pregare per riempirsi lo stomaco.
Come mezza saiyan, nutriva un amore smodato nei confronti del cibo, eppure quel giorno non fu certo il pranzo a darle il piacere maggiore.
No, il piacere maggiore era essere lì, ed esservi con Goku, e poter chiacchierare con lui, e sentirsi al centro dell’attenzione del padre.
Per qualche istante, Aliys trovò persino assurdi il disagio e la soggezione che di solito la colpivano quando si trovava ad avere a che fare con suo padre.
In quel momento, si sentiva benissimo, come se tutto fosse perfetto.
«Allora?» domandò quando ebbe finito anche il dolce, passandosi una lingua tra i denti. «Hai pensato a cosa fare oggi pomeriggio».
Goku sorrise, alzandosi. «Ma certo» rispose, e le strizzò l’occhio.
Aliys aggrottò la fronte, mettendosi in piedi a propria volta. «È una sorpresa?»
«Uhm, penso di sì. Spero che ti piacerà…»
La ragazzina gli sorrise.
Goku andò a pagare il conto, poi entrambi uscirono.
Senza dubbio, uno dei vantaggi di conoscere uno stuolo di guerrieri, era che non c’era quasi mai bisogno dell’auto: la tecnica del volo bastava e avanzava.
Quando vide la meta programmata da Goku, però, Aliys si preoccupò un po’.
Un circolo sportivo?
Si vedeva già a coprirsi la testa con le mani per paura di essere colpita dalla palla.
«Oddio» gemette fra sé e sé, cacciando quell’immagine.
Goku si girò a guardarla, mentre atterravano. «Tutto bene, Al?»
Lei si sforzò di assumere un’espressione tranquilla. «Certo, papà».
Lui le sorrise, e si avvicinò ad uno degli inservienti del circolo.
Aliys li osservò stando distante di alcuni passi, quindi si distrasse guardandosi intorno. Senza dubbio era un bel posto: uno spiazzo erboso punteggiato da qualche albero ed attraversato da un viale di ghiaia… Verso la fine della stradicciola, si vedevano le reti che delimitavano i vari campi di gioco… La ragazzina immaginò che ce ne fossero da pallavolo, da calcio, da basket…
Poi si riscosse, perché Goku era tornato verso di lei e le stava porgendo qualcosa.
«Una racchetta?» fece Aliys. «Giocheremo a tennis?»
Goku si grattò la nuca. «Sì, l’idea era questa» rispose, con aria imbarazzata. «Non so benissimo come funzioni, ma sembra divertente».
«Okay» mormorò Aliys, un po’ incerta ma immensamente sollevata alla prospettiva di non dover giocare a volley.
Lei e Goku s’incamminarono lungo il viale, e poco dopo raggiunsero il campo da tennis.
Si posizionarono dai due lati della rete, e il saiyan prese la prima pallina.
La soppesò con aria dubbiosa, poi la fece rimbalzare a terra e la colpì con la racchetta.
Un po’ troppo forte, probabilmente… Per fortuna, laddove le mancava l’agilità, Aliys possedeva comunque un po’ di istinto di sopravvivenza, che la fece reagire con tempismo… La ragazzina si buttò a terra, mentre la palla le passava fischiando sopra la testa alla velocità di un missile… Per poi sfondare il reticolato che circondava il campo, perdendosi qualche chilometro più avanti.
Goku corse subito dalla figlia.
«Al! Al, stai bene?» le domandò, chinandosi su di lei.
La ragazzina si sollevò a sedere con estrema cautela. «Ehm… Sì» rispose. «Forse l’hai lanciata con troppa forza».
«Sicuramente l’ho lanciata con troppa forza» rettificò Goku, con aria un po’ mogia. Si rianimò quasi subito, però, e afferrò Aliys per il braccio per aiutarla a rimettersi in piedi. «Per fortuna sei stata svelta».
«A quanto pare qualche riflesso che funziona ce l’ho anch’io» rispose lei, un po’ sorpresa.
«Sta’ qui un momento» le disse Goku, «io vado a recuperare la palla».
«Certo» rispose Aliys.
Il padre fu rapidissimo, e nel giro di venti secondi era già tornato.
«Per fortuna ha questo colore giallo fosforescente» commentò il saiyan. «L’ho ritrovata subito».
«Eh, già» fece eco Aliys, senza sapere cosa dire.
«Forse è meglio che andiamo» dichiarò Goku. «Il tennis non è stata una buona idea».
Su quella nota contrita, padre e figlia uscirono dal campo ed andarono a consegnare le racchette al padrone.
Goku fece per restituire anche la pallina, ma l’uomo agitò la mano e disse: «Tenetela pure, ne abbiamo tante!»
«Chissà cosa me ne dovrei fare…» fu il commento del saiyan, mentre lui e Aliys si allontanavano.
«Be’, può essere un ricordo» propose la ragazzina.
Goku la osservò, poi le porse la pallina. «La vuoi?» offrì.
Lei sbatté le palpebre, e la prese piano tra le mani. «Uh. Grazie».
Il saiyan sembrò un po’ costernato. «Ma guarda, volevo regalarti una giornata piacevole e divertente e invece ho finito per donarti una pallina spelacchiata!»
Aliys scoppiò a ridere. «Non preoccuparti, papà!» esclamò. «Dopotutto non è stato così brutto…»
Era sincera. Le era sufficiente aver trascorso del tempo con Goku, e a dirla tutta lo scoprire di essere capace di reagire in caso di pericolo non le era dispiaciuto.
E poi, ora che suo padre le aveva fatto un regalo – okay, magari un regalo strano, tondo, spelacchiato e giallo fosforescente, ma che le avrebbe ricordato quei momenti trascorsi con l’uomo – si sentiva incredibilmente di buonumore.
«Dici?» chiese Goku.
«Certo!» assicurò Aliys, con un gran sorriso, mettendo la pallina nella propria tasca. «Ho solo una domanda: ora cosa si fa?»
Goku scrollò il capo. «Se devo essere onesto, non ne ho idea» confessò, e sembrava sinceramente dispiaciuto.
«Possiamo sempre tornare a casa» propose Aliys. «Magari la mamma ci cucinerà qualcosa per fare merenda…»
Quell’ipotesi risollevò immediatamente il morale a suo padre.
«È una buona idea!» approvò, tendendo una mano a scompigliarle i capelli neri. «Mi dispiace che il nostro pomeriggio sia già finito…»
Aliys scrollò le spalle, sentendosi incredibilmente ottimista. «Oh, ma ci sono moltissimi altri pomeriggi che potremo passare insieme, giusto?»
E a quel punto, Goku le fece un altro grande regalo, donandole un sorriso aperto e solare. «Giusto, piccola».
Aliys toccò la pallina che aveva in tasca.
Le venne da ridere, pensando che d’ora in avanti avrebbe tenuto quell’oggetto come il più prezioso dei portafortuna.












Spazio dell’Autrice:
Prima di tutto, vi chiedo scusa per aver posticipato l’aggiornamento, ma non avevo ancora scritto il capitolo ed avevo un sacco di cose da fare.
E poi, be’, spero vivamente che, così come alla fine è uscito, vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato.
A Sabato 27! (Spero di riuscire a rispettare l’appuntamento, stavolta!)

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Capitolo 8
*** Il compleanno di Pan ***


Capitolo 7 – Il compleanno di Pan

Finalmente, giunse il tempo delle vacanze estive tanto agognate.
Aliys era raggiante: si trovava bene con i suoi compagni di classe, ma era nata tra le montagne e non poteva negarlo – non c’era niente che le piacesse più della sensazione di essere completamente immersa nella natura.
Tra l’altro, cominciava a chiacchierare con suo padre come non aveva mai fatto prima, ed era una cosa che le piaceva da impazzire.
Perciò, quando quella mattina si svegliò di completo buonumore, non si stupì più di tanto.
Sorprendentemente, ormai il suo morale volava verso le stelle.
Quando uscì da camera sua, però, inciampò nel corpo di Goten: suo fratello, per qualche oscura ragione, era accucciato davanti alla sua porta.
«Ma che diamine…?» imprecò Aliys, dopo essere finita col sedere a terra e le gambe sulla schiena dell’altro.
Goten riuscì a districarsi dalla sorella e si alzò in piedi, per poi tendere la mano ad Aliys e aiutarla a sollevarsi a propria volta.
Lei era interdetta. «Si può sapere cosa stavi facendo?»
Il giovane fece spallucce. «Volevo controllare se eri sveglia» replicò, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Poi, dato che la sorella continuava a fissarlo con aria esterrefatta, spiegò: «Stavo cercando di spiare dalla fessura sotto la porta per vedere se la luce era accesa».
Aliys scosse il capo. «Sei incredibile» commentò, in tono stupito.
Goten le scoccò uno di quei sorrisi candidi e disarmanti che aveva senza dubbio ereditato da Goku, poi si portò una mano alla nuca – anche quello un gesto dovuto al retaggio paterno.
«Be’, visto che ci siamo, comunque, hai dei soldi?»
Aliys si portò una mano alla fronte. Si era appena svegliata e, per quanto si sentisse tranquilla, non era sicura di riuscire a reggere l’abitudine di Goten di andare dritto al punto.
«Ehm, puoi spiegarti meglio?» gli chiese, aggrottando la fronte. «Perché ti servono dei soldi? Anzi, perché ti servono i miei soldi?»
Goten si strinse nelle spalle. «In realtà non servono a me» rispose. «Non so se ti ricordi, ma… il compleanno di Pan… La mamma ha detto che se vogliamo andare a prenderle un regalo, dobbiamo sbrigarci».
Aliys si portò una mano alla bocca. In tutta onestà, si era completamente dimenticata dell’anniversario della nascita della bambina.
«Ouch» commentò. «Sono una pessima zia, vero?»
«Nah» fece Goten, «più che altro sei una pessima sorella, ma io non mi lamento».
Aliys scoppiò a ridere, gettandogli le braccia al collo. «Che tu sia maledetto, come farei senza di te?»

«Tu dici che le piacerà?»
Aliys sollevò lo sguardo. Era più o meno la settantesima volta che Goten le rivolgeva quella domanda, sempre più dubbioso, con gli occhi puntati sulla scatola di lego che avevano comprato.
In effetti, scegliere un regalo si era dimostrato più arduo del previsto.
Cosa comprare ad una bambina il cui interesse principale era il combattimento?
Goten avrebbe voluto acquistarle una tuta da allenamento, ma Aliys gli aveva fatto giustamente notare che Pan ne possedeva già a bizzeffe. Avevano scartato bambole e barbie senza esitazione, e alla fine – ormai disperati – si erano decisi a comprare quella confezione di costruzioni.
«In ogni caso» mormorò Aliys, con un’occhiata eloquente all’orologio, «ormai è tardi».
Quasi a sottolineare le sue parole, in quel momento Chichi irruppe nella stanza dove si trovavano i due fratelli.
«Allora?» s’informò, ansiosamente. «Siete pronti?»
«Non è una serata di gala, mamma» rispose Goten, mentre lei si chinava a dargli una sistemata alla camicia che lo aveva costretto ad indossare.
«Lo so bene» replicò poi, severa, «ma se non sai essere puntuale al compleanno di tua nipote, come puoi sperare di trovarti una fidanzata, in futuro?»
E su quella nota, si alzarono per uscire e dirigersi a casa di Gohan.
Per prima cosa, la piccola Pan si catapultò addosso a Goku, accogliendolo con un entusiasmo e un’adorazione che arrivavano alle stelle. Poi, dietro esortazione di Videl, accettò il pacchetto che le porgevano Aliys e Goten, cinguettando un allegro «Grazie, zii!».
L’ultimogenita di Goku e Chichi ne fu impressionata. Dubitava si sarebbe mai abituata a sentirsi chiamare “zia”.
Tuttavia, non ebbe modo di rimuginarvi su a lungo, poiché di lì a poco arrivarono Trunks e Bra – con bambola della bambina allegata –, seguiti dalla biondissima Marron.
Vegeta e Bulma, spiegò il migliore amico di Goten, non erano potuti venire a causa di un importante impegno della scienziata, che tuttavia faceva i suoi migliori auguri a Pan.
Aliys, fra sé e sé, si disse che forse Gohan aveva esagerato invitando quella manciata di persone. A quel che pareva, infatti, Pan non voleva altro che restarsene sulle ginocchia di Goku a fare le fusa.
Inarcando un sopracciglio, la ragazza osservò la bambina che veniva coccolata dal saiyan… E con sollievo, scoprì che la sua invidia nei confronti di Pan, se non era svanita del tutto, si era per lo meno acquietata.
A quel punto, la sua attenzione venne catalizzata dal piccolo buffet preparato da Videl.
Per quanto all’inizio la moglie di Gohan avesse sudato sette camice per diventare quella che Chichi definiva “una brava capofamiglia”, oramai aveva cominciato a prenderci la mano, con faccende quali cucinare e occuparsi della casa.
I suoi dolcetti forse non potevano far concorrenza a quelli di Chichi, ma erano tutt’altro che disprezzabili.
Mentre si rimpinzava per bene, Aliys sentì una manina che le tirava il fondo della giacca, e abbassò lo sguardo sulla piccola Bra.
«Aly» la chiamò la bambina, con un’espressione angelica, «mi passi quello?»
La ragazza sorrise, e le porse il dolcetto che la bimba indicava.
A quel punto, Bra la ringraziò con un sorriso e trotterellò dall’altra parte della stanza, dove prese ad occuparsi della propria bambola con una meticolosità impressionante, e con uno sguardo incredibilmente serio.
Dopo un po’, giunse il momento di aprire i regali – e, con enorme sollievo di Goten ed Aliys, Pan si dimostrò abbastanza entusiasta nello scoprire la confezione di lego.
«Mamma, mammina!» chiamò. «Guarda cosa mi hanno regalato gli zii!»
A quel punto, Trunks si girò verso la sorellina – che stava tendendo la mano a prendere un altro dolcetto dal tavolo – e chiamò: «Bra, non vuoi dare il nostro regalo a Pan?»
«Daglielo tu» fu la perentoria risposta della bambina.
Aliys e Marron risero, mentre Trunks alzò gli occhi al cielo e corse a recuperare la piccola Bra.
Lei non oppose molta resistenza, ma da brava saiyan diede la precedenza alla fine del proprio spuntino. Solo dopo arraffò il regalo e lo porse a Pan.
Questa volta, si trattava di un orsacchiotto morbidissimo e molto peloso.
Pan se lo strinse al petto con un piccolo strillo di gioia, mentre Goten assumeva un’aria stupefatta e bisbigliava all’indirizzo di Aliys: «Io credevo fosse allergica ai giocattoli carini e coccolosi!»
La sorella gli diede di gomito.
«Ti piace?» s’informò Bra. «L’ho scelto io».
«È bellissimissimo» squittì Pan, tutta contenta.
A quella risposta, la figlia di Vegeta si girò verso Trunks e gli disse, in tono trionfante: «Visto? Te l’avevo detto che sapevo scegliere bene!»
«Nonnino» chiamò Pan, correndo incontro a Goku e a Mr. Satan, al momento seduti l’uno accanto all’altro sul divano. «Nonno Goku! Nonno Satan! Guardate il regalo di Bra!»
«Oh, tesorino, ma è bellissimo!» esclamò subito il padre di Videl, mentre Goku si chinava a prendere il peluche che la nipotina le mostrava con tanta fierezza.
Aliys si rese conto di essersi ipnotizzata a fissare quella scena solo quando la voce squillante di Bra la riportò alla realtà.
«Marron» stava implorando la bambina, «mi fai le trecce? Trunks non le sa fare!»
Marron sorrise, mentre il ragazzo diventava rosso come un peperone.
«E perché dovrei saper fare delle trecce?» chiese lui, indignato.
Sia la bimba dai capelli turchini che la ragazza bionda, però, lo ignorarono, mentre Marron si inginocchiava e prendeva ad intrecciare i ciuffi della piccola.
Sotto gli sguardi di Aliys e Goten – sorpreso quello della prima, divertito quello del secondo – Trunks borbottò qualcosa e fece per allontanarsi, ma la voce di Marron lo fermò.
«Ehi, tu! Dove vai?» lo interpellò la ragazzina. «Guarda e impara, piuttosto».
A Bra quella frase dovette piacere parecchio, poiché si illuminò e ripeté: «Giusto, Trunks, guarda e impara».
Il ragazzo sembrava costernato. «Oddio. Cosa può fare, un uomo, davanti alle donne?»
«Sottomettersi, è ovvio» rispose Marron, con una risata.
«Sai» sussurrò Aliys, rivolta a Goten, «Marron mi piace sempre di più».
Lui rise. «Sì, ti voglio vedere a sottomettere papà».
Lei arrossì. «Che cosa?»
«Mmm, vediamo… Va’ a chiedergli di venire un momento qui… Digli, che ne so, che deve assolutamente assaggiare queste rose del deserto» propose, accennando ai dolcetti che la sorella aveva apprezzato più di tutti.
Aliys sbatté le palpebre e guardò verso Goku, che stava chiacchierando spensieratamente con Pan e Mr. Satan, quindi riportò gli occhi su Goten.
«Non vedi che è occupato?» protestò, con le guance arroventate.
Il fratello sbuffò. «Ma cosa importa, devi prenderlo da parte solo per un istante! Avanti, dai. Voglio proprio vedere se ci riesci».
Aliys lo fissò, combattuta tra l’imbarazzo che la inchiodava a terra e l’orgoglio che la spronava a fare come aveva detto Goten.
«È una cosa stupida» gemette.
«Macché» replicò suo fratello, prendendo una tartina tra due dita, «è l’occasione di un intimo momento padre-figlia».
Aliys arrossì ancor di più e gli piantò il gomito nel fianco.
«Ah, lo sapevo» sospirò allora Goten. «Tutta quella faccenda sulla donna che sottomette l’uomo… Stupidaggini».
«Però» obiettò Aliys, «se faccio come dici tu sarebbe come se mi sottomettessi».
L’altro scosse la testa. «Per l’amor del cielo, Al! Io non ti sto sottomettendo, ti sto aiutando. Datti una mossa, va’».
Lei indugiò ancora un istante. Poi, però, trasse un respiro profondo, si disse: “Ce la posso fare” e si diresse verso suo padre.
Bizzarramente, le sembrava di avere le orecchie tappate, e di non sentire altro che il proprio respiro, mentre le chiacchiere delle persone presenti si facevano stranamente ovattate.
Quasi senza rendersi conto dello spazio percorso, si ritrovò a poggiare timidamente una mano sul braccio di Goku per attirare la sua attenzione.
«Al» disse lui, lasciando per un momento la piccola Pan alle attenzioni di nonno Satan, «che c’è?»
Lei lo fissò, incapace di rispondere per qualche istante. Si schiarì la gola, ma a quel punto si rese conto che aveva completamente dimenticato cosa avrebbe dovuto dire.
“Oddio, no!” pensò, terrorizzata. “Ecco, lo sapevo. Ho quindici anni e già mi dimentico le cose. Sono fregata”.
A quel punto, però, arrivò l’illuminazione, e Aliys si riebbe.
«Vuoi venire ad assaggiare le rose del deserto che ha preparato Videl? Sono davvero buone».
Goku si aprì in un sorriso. «Ma certo» assicurò, alzandosi in piedi. Guardò Pan e le disse: «Il nonno torna subito, tesoro», poi si girò verso la figlia.
E a quel punto, contro ogni aspettativa di Aliys, la prese saldamente per mano.
La ragazzina rispose alla stretta con una sorta di incredula gioia. Mentre passavano davanti a Goten, comunque, recuperò quella presenza di spirito che le bastava per accennare una linguaccia verso il fratello.
Lui non parve aversene a male, poiché scrollò le spalle e le mostrò i pollici alzati in segno di vittoria.














Spazio dell’Autrice:
Bonjour à tout le monde! ^^
È stato un po’ difficile gestire tutti gli invitati al compleanno di Pan, quindi spero di non aver combinato qualche pasticcio…
Riguardo alla festa, be’, per me il fatto che Marron faccia le trecce a Bra è quasi un’ossessione, e trovo il modo di accennare a ‘sta cosa in un sacco di fic XD
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A sabato prossimo!
P. S. Quasi dimenticavo... Il carini e coccolosi di Goten è ovviamente una citazione dei Pinguini di Madagascar XD

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Capitolo 9
*** La reincarnazione ***


Capitolo 8 – La reincarnazione

«Al, tu devi aiutarmi».
La ragazzina fissò Goten. Se non ricordava male, l’ultima volta che suo fratello le aveva rivolto una frase simile… Oh, sì, era stato quando avevano otto e sette anni, e lui aveva appena rotto un intero servizio di piatti – Dio solo sapeva come ci fosse riuscito.
«Che succede?» gli domandò, cautamente.
Il giovane si guardò attorno, poi riportò l’attenzione sulla sorella. «Si tratta di papà» rispose, scuotendo il capo.
Aliys si sentì improvvisamente rizzare i peli sulla nuca.
«Che vuoi dire?» chiese, senza riuscire a evitare un tono quasi di sfida.
Non poteva farci niente: non appena le sembrava che qualcuno si stesse spingendo a parlar male di Goku, le veniva del tutto naturale scattare sulla difensiva.
«Vuole allenarmi a tutti i costi, chissà poi perché» si lamentò Goten. «Okay, ho capito che ci sarà un Torneo di Arti Marziali, ma chi se ne importa!»
Aliys si rilassò, cominciando a capire la reazione del fratello, che era sempre più propenso a volatilizzarsi non appena sentiva la parola “allenamento”.
Si strinse nelle spalle. «Dai, sei sopravvissuto a tragedie peggiori» osservò, incoraggiante – almeno nelle proprie intenzioni.
«Non capisci!» Goten sembrava frustrato. «Non posso perdere tempo ad allenarmi
Da come sputò l’ultima parola, riuscì quasi a farla suonare come una volgarità.
«Come mai?» domandò Aliys. «Cos’altro devi fare di tanto importante?»
Il giovane, di solito sempre così schietto, distolse di colpo gli occhi e disse: «Niente».
Quella reazione, naturalmente, incuriosì sua sorella, che gli pungolò il petto con un dito e insistette: «Di cosa si tratta?»
Goten arrossì. «Niente» ripeté.
«Dai, fratellino, dimmelo» implorò Aliys, utilizzando un’arma che aveva sguainato solo quand’era davvero piccola… E solo ai danni di Gohan.
Gli occhi dolci.
Probabilmente, in una situazione normale, Goten – molto meno protettivo del fratello maggiore – li avrebbe liquidati con una risata.
Ora, però, era imbarazzato e a disagio, e il comportamento inusuale della sorella parve innervosirlo improvvisamente.
«Al, è un segreto» gemette.
«Okay» cinguettò lei, rianimandosi, «prometto di mantenerlo!»
Goten emise un sospiro esasperato, ma Aliys non se ne preoccupò, perché qualcosa le diceva che il fratello stava per vuotare il sacco.
«E va bene, eccoti la verità» esordì il giovane, in tono incredibilmente tragico. «Ho una ragazza, okay? E vorrei uscire un po’ con lei».
Aliys rimase interdetta per un momento.
Dentro di sé, giudicava improbabile che questa ragazza sarebbe durata più di un mese: Goten era ancora un ragazzino, e in quel periodo le sue infatuazioni erano frequenti quanto passeggere.
Allo stesso tempo, però, da brava sorella, Aliys capiva che Goten, finché stava assieme a una ragazza, ne era davvero innamorato.
In modo immaturo, forse, ma certamente sincero.
«Be’, scusa, ma quanto tempo vuole allenarti papà?» gli domandò allora. «Di certo ti rimarrà del tempo per vederla…»
«Ma non lo so» bofonchiò Goten, poco convinto. «Il programma che mi ha illustrato sembrava piuttosto terrificante».
Aliys scosse la testa e si morse il labbro, combattuta.
Cosa fare? Aveva un consiglio da dare a Goten, ma ciò avrebbe voluto dire schierarsi contro Goku…
Poi si ricordò di come il fratello l’aveva aiutata durante la festa di Pan, e decise che era tempo di ricambiargli il favore.
«Se papà spera di tenerti sotto allenamento per più di quattro ore al giorno, dillo a mamma» consigliò. «Sono pronta a scommettere che lo costringerà a lasciarti più tempo libero».

La predizione di Aliys si rivelò esatta.
Il deciso intervento di Chichi spazzò via un bel po’ della ferrea determinazione di Goku a spaccare la schiena al figlio minore a suon di esercizi, e il saiyan si ritrovò a dover patteggiare con voce supplichevole…
Alla fine, ottenne di poter addestrare Goten per tre ore al dì, non un minuto di più.
Fu chiaramente un po’ deluso da quel risultato, ma non osò contraddire la moglie.
Goten ne fu raggiante, e nei giorni che seguirono Aliys ebbe anche modo di vedere la nuova fiamma del fratello: una ragazzina dai capelli castani e l’aria innocua.
Molto, molto meglio della precedente. Aliys aveva ancora i brividi, pensando all’ultima ragazza di Goten: una ventiquattrenne dallo sguardo spiritato che pareva capacissima di rapirlo e tenerlo prigioniero nel proprio scantinato.
A distrarla da quei pensieri, fu Goku che, seguito da una saltellante Pan, si avvicinò all’albero sotto il quale Aliys si era rintanata a leggere qualcosa.
«Ehi, Al» la salutò il saiyan, «ti dispiace se ci mettiamo qui?»
Lei lo osservò: aveva il volto sudato, segno che doveva aver iniziato l’allenamento da un bel po’ di tempo.
«No, fate pure» rispose la ragazzina, accennando un sorriso.
Goku le sorrise e si accomodò accanto a lei, tra le radici della pianta, mentre Pan si accucciò tra le ginocchia del nonno.
«Allora» esordì Aliys, un po’ impacciata, «come procede l’addestramento?»
«Tutto bene» rispose Goku, in tono sereno. «Pan è davvero una piccola eroina».
Aliys sbatté le palpebre, senza sapere cosa dire di fronte al padre che scoccava alla bambina un’occhiata raggiante.
A cavarla da quell’impiccio, però, fu la stessa Pan, che improvvisamente si rialzò.
«Vado dalla mamma, devo fare merenda!» annunciò. «Ciao, nonno Goku! Ciao, zia Aliys!»
«Ciao» fece in tempo a rispondere la ragazzina, prima che la piccola si mettesse a trottare di gran carriera.
«Ah, beata gioventù» commentò Goku, allegramente.
«Sembra una miniera di energie» osservò Aliys, desiderosa di chiacchierare un po’ col padre.
Il saiyan annuì. «La è» concordò. «Ed ha ereditato tutta la passione per le sfide del popolo guerriero da cui discende».
A quelle parole, Aliys sentì una stretta di disagio.
Anche lei discendeva dai saiyan, eppure…
Si affrettò a cacciare quella sensazione spiacevole, e replicò: «Be’, papà, che ne sai? Questo talento potrebbe venirle da Videl… Anche lei ama le Arti Marziali».
Goku aggrottò la fronte, stupito, come se quel pensiero non l’avesse mai sfiorato. «Hai ragione» disse alla fine, passando un braccio attorno alle spalle della figlia e avvicinandola a sé. «Non avevo considerato questa ipotesi».
Aliys appoggiò la testa alla sua spalla, godendo di quella sensazione di pace e protezione.
Poi un pensiero la colpì, e lei si raddrizzò. «Papà, posso chiederti una cosa? Come mai quest’anno vuoi partecipare al Torneo? Anzi, perché vuoi che partecipi persino Goten? Delle altre edizioni non ti è importato molto…»
Goku si girò a guardarla e le sue labbra si contrassero in un sorriso.
«Be’» tentennò, «pensavo di tenerlo per me, però… Se ti interessa…»
«Certo che sì» si affrettò a dichiarare la ragazzina, incuriosita.
«Il fatto è che quest’anno parteciperà un guerriero molto, molto forte…» L’espressione di Goku si fece sinceramente entusiasta, facendolo somigliare ad un bambino. «E io vorrei tanto avere l’occasione di affrontarlo».
Aliys sgranò gli occhi, sorpresa. «Ma… ma chi è questo guerriero? Non vedo come potrebbe essere più forte di te… o di Vegeta…» disse, in tutta onestà.
Improvvisamente, lo sguardo di Goku si fece più serio. «Vedi, Al. Quando sconfissi Majin Bu, io… Ecco, diciamo che espressi una sorta di desiderio».
La ragazzina si era irrigidita istintivamente, nell’udire il nome di quel mostro, ma in breve la curiosità vinse sulla diffidenza, e lei attese le seguenti parole del padre.
«Desiderai di rincontrarlo, un giorno… Desiderai che potesse rinascere, e rinascere buono» raccontò Goku, con estremo candore.
Aliys era stupefatta.
L’unica cosa che avrebbe pensato lei, sarebbe stato: “Spero di non rivederti mai più”. Suo padre era incredibile.
«E il buon vecchio Re dell’Inferno ha esaudito questo mio desiderio» concluse Goku.
All’improvviso, Aliys iniziò a tremare. Lei stessa ne fu sorpresa: il suo corpo aveva reagito d’istinto a quello shock imprevisto.
«Vuoi…» sussurrò la ragazzina, con un filo di voce. «Vuoi dire che Majin Bu è tornato?»
Non avrebbe mai creduto che quella notizia potesse sconvolgerla in modo simile.
Improvvisamente, Goku iniziò a strofinarle le mani sulle braccia, assumendo un’espressione quasi allarmata. «Al?» la chiamò, preoccupato. «Al, respira».
Lei sbatté le palpebre e inalò una bella boccata d’aria fresca.
A quel punto, il suo corpo si rilassò.
«Temevo stessi per svenire» disse Goku, accigliato.
«Lo credevo anch’io» replicò lei, evitando con cautela di ragionare troppo sulla novità che le aveva svelato suo padre.
Temeva che, se solo avesse speso un pensiero di più sul ritorno di Majin Bu, sarebbe stata assalita da una crisi di nervi.
Goku, però, non aveva dimenticato la domanda della figlia.
«Sì, comunque» disse, tranquillamente, pur scrutandola con attenzione per assicurarsi che si fosse davvero ripresa, «Majin Bu è tornato».
Aliys provò una fitta di panico, e il suo respiro accelerò vertiginosamente.
«Al! Al!» La mano di Goku, forte e calda, si strinse attorno alla sua. «Majin Bu è tornato, ma non è più una minaccia. È rinato buono».
La ragazzina deglutì a fatica. «Ne sei sicuro?» domandò.
«Certo» assicurò lui. «Altrimenti sarei già andato a sconfiggerlo. Fidati di me, Al. Majin Bu non ci farà più del male».
Lei lo fissò negli occhi a lungo, prima di sentirsi davvero convinta.
Però, se suo padre ne era così sicuro… Lei non poteva che credergli.
«Va bene» disse alla fine, e riuscì persino a sorridere. «Va bene».
Goku rispose al suo sorriso, e le scompigliò i capelli.
«Sono davvero una codarda, eh?» disse quindi la ragazzina, assumendo un’aria contrita.
Il saiyan scoppiò a ridere. «No, Al, non la sei» rispose, con franchezza. «Anzi, perdonami se te l’ho detto così… Non pensavo di risvegliare i traumi del passato…»
«Non fa niente, papà» rispose lei, sorridendo, e con grande sorpresa si accorse che era vero.

Non fece parola con nessuno di ciò che le aveva detto Goku.
Un giorno, però, Goten andò a lamentarsi con lei che il padre aveva deciso di aumentare le ore di allenamento.
«Così sarai preparato» fu tutto ciò che ebbe da dire la ragazzina, scrollando le spalle.
In cuor suo, infatti, pensava che se suo fratello doveva affrontare Majin Bu, anche se buono e reincarnato… Be’, era meglio che fosse il più pronto possibile.
Goten rimase di stucco di fronte a quella risposta, deluso di non aver trovato un aiuto da parte della sua unica alleata.
Purtroppo per lui, infatti, non poteva più contare neanche su Chichi.
Chissà come, Goku era riuscito a far sì che lei gli permettesse di allenare il ragazzo più a lungo…
Aliys pensava che c’entrassero i soldi della vincita, ma anche alcune cose da adulti, come lunghe chiacchierate sul lettone matrimoniale e… altre azioni, sempre svolte sotto le lenzuola… Ma visto che quella sola ipotesi la faceva arrossire, preferiva non rimuginarci sopra.
E, con l’avvicinarsi del Torneo, cominciò a sentire a propria volta un misto di tensione e curiosità.
Come poteva essere, questo nuovo Majin Bu?














Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti =)
Sto per addormentarmi sulla tastiera – ormai avrete capito che è questo l’effetto che mi fa la scuola XD –, perciò mi limiterò a dire che spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^
Al prossimo aggiornamento, che naturalmente sarà sabato prossimo!

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Capitolo 10
*** Il Torneo di Arti Marziali ***


Capitolo 9 – Il Torneo di Arti Marziali

Alla fine, il gran giorno arrivò.
Aliys ricordava ben poco del Torneo di Arti Marziali a cui aveva assistito quando aveva conosciuto suo padre, così rimase piuttosto sorpresa dalla gran quantità di gente che era accorsa per partecipare all’evento.
La piccola Pan, da parte sua, era altrettanto smaniosa: dopo poco, trascinò Goku via, tra le bancarelle e i passanti.
Aliys li guardò allontanarsi, e provò il desiderio di essere al posto della nipotina… Oh, come le sarebbe piaciuto correre via così, insieme a suo padre!
Si girò verso Goten, che camminava di fianco a lei con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo che vagava da una direzione all’altra.
Sapeva che il fratello era stato piuttosto demoralizzato nel conoscere la data del Torneo, visto che quel giorno avrebbe dovuto uscire con la sua ragazza, perciò gli rivolse un mezzo sorriso di incoraggiamento.
Per un po’, non accadde nulla, e Aliys iniziava ad annoiarsi… Finalmente, però, Goku e Pan furono di ritorno – la piccola stava leccando con gusto un bel gelato – e dopo poco la famiglia Son fu raggiunta dal resto del solito gruppo di amici.
Dopo alcuni saluti, i partecipanti al Torneo – ovvero Vegeta, Trunks, Goku, Goten e Pan – si separarono dagli altri per recarsi negli spogliatoi e alle eliminatorie.
Aliys si era bloccata a seguire con lo sguardo suo fratello, che si allontanava chiacchierando col proprio migliore amico, quando un tocco sul braccio la riscosse.
Alzando gli occhi, la ragazzina si ritrovò a fissare il viso ovale di Marron.
«Preoccupata?» domandò la biondina, con l’accenno di un sorriso.
Subito, Aliys provò una punta di timidezza. Infatti, se era vero che aveva visto più volte la figlia di Crilin, lo era altrettanto il fatto che con lei non aveva mai avuto un rapporto degno di nota.
«Un po’» ammise dopo un attimo.
«Lo capisco» si lasciò sfuggire Marron. Arrossì per chissà quale motivo, poi si affrettò ad aggiungere: «Ma andrà tutto bene, vedrai. Sono dei duri».
Aliys riuscì ad abbozzare un sorriso.
«Non credevo fossi un’esperta di Arti Marziali» osservò.
Marron ridacchiò. «Infatti non ne so niente» disse. «Però dovresti vedere Trunks e Goten al centro commerciale. Sembrano terrorizzati, quando c’è tanta gente, ma poi affrontano stoici anche la calca peggiore!»
Aliys sentì un fiotto di interesse.
Se si trattava di portarlo a far compere, infatti, Goten doveva solitamente essere scongiurato in ginocchio.
«Riesci a portarli al centro commerciale? Davvero? Tutti e due?»
Marron sembrò stupita dalla domanda. «Sì, perché?» domandò. «Cosa c’è di straordinario?»
Aliys fece un gesto vago. «Mmm, no, niente…»
Di colpo, le venne in mente quando, durante il compleanno di Pan, Marron aveva affermato che un uomo non poteva che sottomettersi, davanti a due donne… Lei aveva sempre considerato la biondina come una persona tranquilla e solare, molto simile a Crilin… Ma forse aveva preso qualcosa anche da C-18.
«Ti ricordi lo scorso Torneo?» domandò improvvisamente Marron. «I miei genitori erano andati tutti e due a combattere, così io mi sono incollata a tua madre, e lei ci ha comprato lo zucchero filato… Era delizioso!»
Aliys aggrottò la fronte, sorpresa. «Davvero? Non me lo ricordo…»
«Be’, eravamo piccole» disse Marron, in tono pratico. «Però tu hai mangiato il tuo e anche metà del mio…»
«Mi dispiace» rise Aliys.
«Ma figurati!» replicò Marron. «La saiyan sei tu. E se lo vuoi sapere, a questo proposito ti invidio a morte».
«Tu invidi me?» fece Aliys. Per lei, si trattava di un’idea strabiliante. «E per cosa?»
«Per il fatto di poter mangiare tutto ciò che vuoi senza ingrassare» replicò Marron, allegramente. «Non è ovvio?»
Aliys scoppiò a ridere. Ormai aveva superato ogni disagio, e iniziava a rilassarsi. «Sì, in effetti quello è molto bello!»
Aveva appena parlato, che la piccola Bra sgusciò tra loro due. «Di cosa parlate?» domandò, fissando prima l’una e poi l’altra ragazza con curiosità.
«Del fatto che odio voi saiyan!» esclamò Marron, afferrando la bambina e sollevandola da terra.
Bra emise uno strillo eccitato, poi passò le braccine attorno al collo della ragazza.
«E perché ci odi?» domandò.
«Perché non metterete mai un grammo di ciccia su queste ossicine» rispose Marron, strofinando il naso contro quello della bambina.
Bra rise di gusto, ma poi sembrò preoccuparsi.
Sempre tenendosi saldamente aggrappata a Marron, guardò verso Aliys.
«Non può odiarci per questo, vero? Vero?»
La figlia di Goku gettò un’occhiata a Marron, che fingeva uno sguardo inferocito, poi tornò a guardare Bra.
«Be’, in effetti può» ammise.
Non ci aveva mai pensato, però Marron aveva ragione. Lei adorava mangiare… Sarebbe stato terribile, se avesse dovuto preoccuparsi di dosare i propri spuntini!
«Quando sarai grande capirai» disse Marron, rivolta a Bra.
La piccola atteggiò il viso ad un broncio grazioso. «Sono già grande!» protestò, e Marron dovette blandirla con un bacio sulla guancia, mentre Aliys le osservava sinceramente divertita.
Così procedette la giornata, finché non andarono ad occupare i posti che Mr. Satan aveva approntato per loro… Purtroppo per loro, i suddetti posti si trovavano sullo stesso livello del ring, e quindi sotto gli occhi incuriositi di tutte le persone sedute in tribuna.
Rossa come un peperone, Aliys si mise ad osservare intensamente le proprie ginocchia, poi sbirciò le reazioni di chi le stava attorno.
Avevano tutti un’aria di profondo disagio, persino Piccolo e Dende…
Anche le guance di Marron erano arrossate dall’imbarazzo, mentre la piccola Bra guardava per aria con espressione spaesata…
La prima a non poterne più fu Bulma, e a quel punto Videl corse dal padre per pregarlo di trovar loro un’altra sistemazione.
Fortunatamente, l’acclamato eroe della Terra seppe accontentarli.
Affacciandosi alla finestra della nuova postazione, Aliys poté osservare il ring dall’alto. La vista era ottima, ed era meraviglioso non aver più la sensazione di essere un capo di vestiario esposto in una vetrina.
Dopo qualche istante, il presentatore salì sul ring, e ben presto lo seguirono i vari concorrenti.
Lo sguardo di Aliys corse subito a Goku, poi si spostò su Goten, mentre il cuore della ragazzina cominciava a battere all’impazzata.
Si ricordò con fermezza ciò che aveva detto Marron: i loro amici erano dei duri. Sarebbe andato tutto bene.
Allo stesso tempo, però, cominciò a frugare con gli occhi tra gli altri concorrenti, tentando d’immaginare quale potesse essere la reincarnazione del Majin Bu malvagio.
La logica le venne in aiuto, suggerendole che il combattente in questione doveva avere un’età corrispondente al tempo trascorso dalla morte del mostro, ovvero dieci anni…
Sbalordita, Aliys fissò lo sguardo su uno dei partecipanti, un ragazzino dalla pelle color cioccolato con un ciuffo di capelli neri. Quel bambino, infatti, era il solo ad avere l’età giusta…
Aliys non riusciva a credere che quel soldo di cacio potesse c’entrare qualcosa con Majin Bu, tanto più che si guardava attorno con quello che pareva terrore.
Non le riusciva proprio, di conciliare l’immagine che conservava del mostro crudele che tanto l’aveva spaventata con quella del ragazzino smarrito che ora si trovava davanti.
Forse Goku si era ingannato?
Anche lo stesso nome del fanciullo, però, pareva andare a favore della tesi del saiyan – Ub, si ripeté Aliys, mentre il cuore le balzava in petto, quel ragazzino si chiamava Ub!
E quando fu estratto come avversario di suo padre nel primo girone, la ragazzina vide l’espressione soddisfatta che si era dipinta sul volto di Goku, e fu di colpo certa che la reincarnazione di Majin Bu fosse proprio Ub.
Quasi senza accorgersene, congiunse le mani e le strinse forte, quasi al punto da stritolarsi le ossa, e cominciò a pregare che andasse tutto bene.
Era tanto in ansia che, quando Vegeta mise K.O. il suo avversario prima ancora che il Torneo fosse iniziato, gli fu intimamente grata. Con quel gesto, per lo meno, l’aveva un po’ distratta.
Mentre Bulma si portava una mano alla fronte, gemendo: «Oh, Vegeta è sempre il solito, non cambierà mai!», la piccola Bra rise e si sporse dalla finestra, esclamando: «Vai, papà, sei grande!»
A quel punto, Aliys riuscì ad accennare un sorriso.
Il primo incontro, disputato da Pan contro un omone talmente gigantesco da dare l’impressione di poter mangiare la bambina in un sol boccone, non fu una sorpresa.
Non per i conoscenti della piccola, per lo meno; gli altri spettatori furono completamente sbalorditi, quando Pan vinse con un solo colpo.
Ci fu qualche istante di rumoreggiamento, poi Goku e Ub uscirono sul ring.
Aliys, che era riuscita a darsi una calmata, si sentì di colpo nuovamente in preda all’ansia.
Stranamente, il giovane Ub sembrava teso quanto lei, se non di più.
Forse fu per quello che, invece di attaccarlo subito, Goku iniziò a motteggiarlo e a punzecchiarlo.
«Ma che sta facendo?» domandarono più voci.
Aliys non se lo chiese nemmeno, limitandosi a tenere gli occhi fissi su suo padre. “Sei davvero sicuro” avrebbe voluto chiedergli, “che provocare la reincarnazione di Majin Bu sia una buona idea?”
Le prese in giro, però, non sembravano sortire un grande effetto… Almeno, sino a quando Goku non tirò in ballo la famiglia del giovane Ub.
Quello parve pungere sul vivo il ragazzino, che improvvisamente ribatté con una grinta del tutto insospettata.
Aliys si spaventò, ma Goku ritornò all’attacco verbale con maggior insistenza, finché Ub non perse del tutto le staffe.
A quel punto, il ragazzino si lanciò sul saiyan, urlando mentre lo raggiungeva.

Aliys avrebbe voluto chiudere gli occhi.
Si disse, però, che sarebbe stata un’azione troppo vigliacca, così rimase a fissare l’incontro che finalmente stava avendo inizio.
Un misto di paura e sorpresa si agitò nel suo stomaco: per la prima volta, vedeva Goku combattere con un terrestre che non gli era inferiore.
Per la prima volta, si rese conto di quanto suo padre fosse mortale, vulnerabile, un uomo in carne ed ossa, e la cosa la terrorizzò.
Gli spettatori impiegarono qualche istante per riaversi dalla sorpresa di vedere un bambino combattere così, poi iniziarono ad inneggiare al giovane Ub.
Aliys sentì che la bocca le si apriva in un’espressione di orrore.
In uno strano impulso, avrebbe voluto gridare che Goku era suo padre, per l’amor del cielo, era suo padre!
Come potevano, tutte quelle persone, provare diletto nel vederlo in pericolo?
Nella sua ansia, infatti, la ragazzina aveva perso completamente di vista il fatto che si trattava di un incontro regolato da norme ben precise, che escludevano tassativamente l’eliminazione dell’avversario, e al contrario era stata totalmente assorbita dalla consapevolezza che suo padre stava combattendo con la reincarnazione di Majin Bu.
Un avversario pericoloso, pericolosissimo!
Poi, Goku si mise fuori dalla portata del rivale volando verso l’alto, e il cuore di Aliys sembrò seguirlo con sollievo…
Quando il padre iniziò a preparare una Kamehameha, Gohan esclamò, allarmato: «Cosa fai, papà?!»
Ad Aliys, invece, non interessava: che Goku distruggesse pure il ring – già ridotto male, tra l’altro, dal combattimento tra lui e Ub –, l’importante era che si salvasse!
Ma a quel punto ci fu un nuovo colpo di scena: Ub rischiò di cadere dal rettangolo, e Goku intervenne per afferrarlo prima che toccasse terra, e lo riportò al sicuro sul ring.
L’ansia di Aliys lasciò spazio alla confusione, e lei si sporse in avanti, cercando di capire cosa stesse accadendo.
Suo padre stava dicendo qualcosa ad Ub, ed il ragazzino lo guardava a bocca aperta.
Era una scena incredibilmente tranquilla, in effetti. Stranamente, però, Aliys non si sentì affatto rassicurata: aveva uno spiacevole presentimento, come se quella fosse la calma prima di una nuova tempesta.














Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti! :D
Ho pensato a lungo a come gestire questo capitolo, e alla fine ho deciso di non soffermarmi troppo sul combattimento, di incentrare la narrazione più su Aliys.
In fondo, lo scontro tra Goku e Ub l’abbiamo tutti visto in tv o sul manga u.u
Insomma, spero che il risultato non sia pessimo!
Ovviamente, vi do appuntamento a sabato 17 novembre =)

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Capitolo 11
*** La scelta di Goku ***


Capitolo 10 – La scelta di Goku

Quando le intenzioni di Goku si palesarono, sua figlia faticò a credervi.
Davvero suo padre voleva andar via e lasciare la sua famiglia per accompagnare Ub a casa ed allenarlo?
Aliys si disse sino all’ultimo che no, doveva aver capito male, ma quando suo padre svanì in lontananza con il ragazzino sulle spalle, dovette arrendersi all’evidenza.
E si sentì sprofondare.
Alle proprie spalle, sentì Piccolo commentare: «Sapete, era da molto tempo che non vedevo Goku così felice», e si sentì come se qualcuno le avesse dato uno schiaffo.
Ripensò ai giorni che avevano preceduto il Torneo.
Alle chiacchierate con Goku, al compleanno di Pan… Al pomeriggio che lei aveva trascorso con suo padre.
In quei momenti, si era sentita felice.
Tanto felice da impazzire.
E le era sembrato che Goku condividesse la sua gioia, ma se Piccolo diceva la verità… Allora non era così. Allora a Goku non bastavano loro – non gli bastavano lei, sua madre e i suoi fratelli –, preferiva di gran lunga un moccioso che neanche conosceva.
Nel frattempo, il Torneo si era rimesso in moto, nonostante l’aperto disappunto degli spettatori nel veder volar via Ub e Son Goku.
Aliys, però, non aveva più voglia di stare lì a guardare come si svolgevano gli incontri.
Adesso che la reincarnazione di Majin Bu se n’era andata, non si sentiva nemmeno preoccupata che potesse accadere qualcosa a Goten.
Si alzò, con le gambe un po’ molli. Gettò un’occhiata a sua madre, che era sprofondata sulla sedia con aria stravolta, e che era affiancata da Gohan e Videl. I due sembravano preoccupati, e le facevano aria con un paio di ventagli.
Aliys chinò il capo e se ne andò.
Arrivò sino alle scale che li avevano condotti ai loro nuovi posti, e scese una decina di gradini, poi si lasciò cadere seduta sull’undicesimo.
Le parole di Piccolo continuavano a martellarle nella mente senza tregua. Sapete, era da molto tempo che non vedevo Goku così felice.
La ragazzina si mordicchiò il labbro.
Subdolo e opprimente, il senso di colpa iniziava a farsi strada nel suo stomaco.
Possibile che suo padre se ne fosse andato a causa sua?
In fondo, lui era un guerriero. Forse, se lei avesse dimostrato le doti di una vera saiyan, invece di rivelarsi una debole e opaca ragazzina, lui si sarebbe gettato con entusiasmo nel compito di allenarla, e questo l’avrebbe reso felice.
Aliys scosse la testa per cacciare quei pensieri, ma era più facile a dirsi che a farsi.
Allora si schiacciò le mani contro le orecchie e, così facendo, non udì i passi esitanti che si dirigevano – dall’alto – verso di lei.
Qualcuno le toccò la schiena, e Aliys sussultò, girandosi di scatto.
Era Marron.
La ragazzina bionda sembrava imbarazzata. «Stai bene?» domandò.
Aliys sbatté le palpebre e inghiottì velocemente. «Sì» mentì.
Marron fece un sorriso nervoso. Poi, un po’ a disagio, prese posto accanto a lei. «Io… non sono sicura che sia la verità».
Aliys si strinse nelle spalle. La vicinanza di Marron e la sua premura le fecero venire una voglia tremenda di scoppiare a piangere. E dato che le sembrava che aprir bocca equivalesse a perdere la capacità di contenere i singhiozzi, serrò con forza le proprie labbra.
«Sta’ tranquilla» azzardò Marron. «Quell’Ub mi sembrava un talento. Non ci impiegherà molto ad imparare, e poi tuo padre tornerà a casa».
Aliys annuì, distogliendo lo sguardo. Era terrorizzata alla prospettiva di mettersi a piangere come una bambina. Il suo orgoglio glielo vietava: sarebbe stata una reazione troppo umiliante!
Un po’ impacciata, Marron le passò un braccio attorno alle spalle. Non disse nulla, limitandosi a tenerla stretta.
Di colpo, Aliys desiderò di poter dare libero sfogo a tutte le sue ansie, ma c’era qualcosa che la frenava.
Marron le piaceva, d’accordo, ma alla fine non si conoscevano.
Non avevano mai parlato da sole, prima di quel giorno.
Una parte di Aliys si chiese perché… Dopotutto, avevano più o meno la stessa età, e Marron era molto amica di Goten e Trunks.
“Tutti sono amici” si disse improvvisamente la ragazzina.
Pensò a come i suoi fratelli scherzavano con Bulma, a come quest’ultima e sua madre passassero alcuni pomeriggi insieme… Pensò alla piccola Bra e alla familiarità che aveva con Marron…
“Sono solo io ad esserne fuori”.
Di colpo, si sentì totalmente estranea al resto del mondo, così esclusa da dover dare fondo a tutte le proprie energie per non scoppiare in lacrime.
Sola. Lei era sola.
E suo padre se n’era andato.
«Dai» riprovò Marron.
Aliys si dispiacque per lei. Stava cercando di aiutarla, e doveva essere una situazione tremendamente imbarazzante.
«Quell’Ub è solo un allievo, voi siete la sua famiglia».
Aliys chiuse gli occhi per un istante. Sapete, era da molto tempo che non vedevo Goku così felice.
«Sì» riuscì a dire, con un fil di voce. «Ma è lui che lo rende felice. Non noi».
Marron sbatté le palpebre, poi assunse un piglio deciso. «Sono sicura che non è vero».
«Non è che ci abbia pensato molto, prima di andarsene» obiettò Aliys. Con suo grande sollievo, la diga che le bloccava le parole in gola sembrava essersi rotta, e ora le frasi si riversavano fuori dalle sue labbra come un fiume in piena.
«Be’, ma questo perché lui… è Goku» mormorò Marron. «Da quanto mi racconta mio padre, non pensa mai più di tanto, prima di fare le cose. Se ne pentirà nel giro di due giorni, quando inizierete a mancargli tanto da farlo star male».
Aliys fissò l’altra ragazzina. Quel pensiero le risultava in qualche modo confortante.
Poi, però, la desolazione scese di nuovo su di lei, facendole abbassare lo sguardo.
«Non mi ha neanche salutata» disse, in un soffio, esprimendo finalmente il peso che le gravava sul cuore come un macigno.
Perché sì, lei si era aspettata almeno quello.
Che suo padre la prendesse un istante tra le braccia, le regalasse un bacio di arrivederci.
E invece no, Goku si era limitato a farle un cenno, e poi si era allontanato.
«Ah» sussurrò Marron, che evidentemente non sapeva cosa dire.
Con estremo disagio, Aliys sentì che il nodo che aveva alla gola saliva, saliva sempre più in alto…
“Oh, no!” pensò, terrorizzata… Giusto un momento prima di scoppiare a piangere.
Vergognosa, nascose il volto tra le proprie mani. Tremando irrefrenabilmente, cercò di girarsi di lato, di dare la schiena a Marron.
La figlia di Crilin, però, reagì attirandola a sé, e Aliys si ritrovò a singhiozzare sulla spalla della ragazza.
Quel contatto la riscaldò, ma le tolse anche ogni speranza di riuscire ad arginare il pianto.
Con singulti sempre più violenti, mentre le lacrime scendevano una dopo l’altra, la figlia di Goku sentì lo sfogo divenire sempre più aspro.
In cuor suo, sperava che – una volta raggiunto il picco – la crisi si calmasse, ma non fu così: sembrava, al contrario, che ogni singhiozzo ne portasse con sé altri cento.
Marron continuò a tenerla abbracciata senza dir nulla.
Aliys non sapeva cosa fare. Si vergognava, ma allo stesso tempo non riusciva a fermarsi, né a spingere via l’altra ragazza.
Al contrario, l’istinto la spinse ad aggrapparsi a lei ancora di più.
Le serviva un appiglio, un appiglio qualsiasi… Ora come non mai.
«Andrà tutto bene» le sussurrò Marron. «Tornerà presto. Vedrai che tornerà presto».
Aliys si ripeté quelle parole nella mente, ancora e ancora, quasi al punto di trasformarle in un’ossessiva cantilena.
Ci voleva credere. Oh, se ci voleva credere!
E alla fine, chissà come, ci credette.
Il suo cuore abbracciò speranzoso quell’ipotesi, e Aliys sentì che il volume del suo pianto andava scemando…
Alla fine, riuscì a far cessare i propri singhiozzi, e sollevò il volto dalla spalla di Marron.
Sapeva che piangere le faceva venire una faccia orrenda, e per un po’ non fece altro che asciugarsi le guance e stropicciarsi gli occhi, vergognosa.
«Marron…» iniziò, non appena si sentì in grado di parlare.
La sua voce era un po’ roca, ma quello era il male minore.
«Grazie».
La ragazzina bionda scosse la testa. Anche lei, però, sembrava un po’ imbarazzata. «Di niente» disse, «immagino che tu ne avessi bisogno».
Aliys si strinse nelle spalle.
Sollevata, si accorse che le parole di Piccolo avevano smesso di prenderle a pedate il cranio.
Ma sì, non doveva angustiarsi così tanto! Goku non avrebbe avuto bisogno di molto tempo, e quando avrebbe finito di allenare Ub sarebbe tornato. Anzi, magari avrebbe fatto loro visita ancor prima che l’allievo fosse pronto.
Erano la sua famiglia, no?
Udendo qualcuno che scendeva le scale, Marron e Aliys si girarono.
Era Gohan.
«Ragazze» le chiamò. Sembrava un po’ preoccupato – specialmente per la sorellina, a giudicare dallo sguardo che le lanciò. «Che ci fate qui? State…?»
«Stiamo bene» rispose Marron in fretta, ancor prima che lui concludesse la domanda.
Aliys le lanciò uno sguardo grato.
Gohan rimase zitto, poi sorrise e disse: «Be’, in tal caso…»
Scese ancora un paio di gradini e si sedette vicino ad Aliys, dall’altra parte rispetto a Marron.
«Ehi, Aly» le sussurrò. «Tutto a posto, sorellina?»
La ragazzina gli indirizzò un sorriso. «Penso di sì» rispose.
E a dir la verità, con suo fratello da una parte e la sua nuova amica dall’altra, stava cominciando a sentire che le cose erano davvero sul punto di rimettersi a posto.















Spazio dell’Autrice:
Scusate il rinvio dell’aggiornamento =(
Riguardo questo capitolo… Io credo che Goku sia un egoista, per certi versi… E che Piccolo dimostri una gran mancanza di tatto, facendo quel commento quando il saiyan se ne va.
Insomma, mi sono sempre chiesta come potesse essere suonato per i membri della famiglia Son >_>
Comunque, spero non sia saltato fuori qualcosa di troppo melodrammatico… E che vi sia piaciuto!
Il prossimo aggiornamento sarà sabato 25 (spero di rispettare la data, questa volta!) ^^

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Capitolo 12
*** Quattro chiacchiere con Marron ***


Capitolo 11 – Quattro chiacchiere con Marron

Esattamente due giorni dopo al Torneo, qualcuno arrivò a far visita alla famiglia Son.
Goten andò ad aprire la porta, e rimase stupefatto nel trovarsi di fronte Marron.
«Ciao» la salutò, con aria preoccupata. Si era per caso dimenticato di avere un appuntamento con lei e Trunks? Diamine, si era già messo d’accordo per uscire con la sua ragazza!
«Non fare quella faccia» lo apostrofò però la figlia di Crilin. «Sono venuta a trovare tua sorella».
Goten la fissò come se avesse parlato ostrogoto. «Eh?»
Marron scrollò le spalle. «A proposito, è in casa?»
«Certo che è in casa!» esclamò Goten. Buttò indietro la testa, chiamando a gran voce: «Al!»
Poi tornò a guardare la biondina, stavolta con un enorme sorriso. Dal momento che aveva capito di essere libero di uscire con la sua fidanzata, aveva recuperato in un attimo il buonumore.
«Ma voi due… da quando siete amiche?»
«Faccende da ragazze, non puoi capire» lo prese in giro Marron, dato che Goten si vantava sempre di essere un gran conoscitore delle donne.
Il figlio minore di Goku parve capire l’antifona, ma per astenersi dal rispondere si voltò di nuovo verso l’interno della casa. «Al!» ripeté.
Marron, da parte sua, gettò un’occhiata all’amico che ingombrava la soglia. «Ehm, per quanto mi riguarda posso entrare o…?»
Goten si fece immediatamente da parte. «Sì, sì, certo, scusa! Accomodati».
Marron gli sorrise, entrando.
A quel punto, udirono entrambi dei passi precipitosi, e Aliys comparve nell’ingresso, chiedendo: «Che succede?»
Si bloccò di colpo alla vista di Marron.
«Marron vuole vederti» annunciò Goten. Stampò un bacio sulla guancia della sorella e fece un cenno all’amica. «E ora, madamigelle, ho una dama che mi attende. Statemi bene».
Ciò detto, oltrepassò Marron e uscì dalla porta.
Rimasta sola con Aliys, Marron le rivolse un sorriso un po’ imbarazzato. «Spero di non disturbare» disse.
La figlia di Goku scosse la testa. «Non disturbi, figurati» replicò. «Anzi, mi stavo annoiando… Vieni, andiamo in camera mia».
«Va bene» disse Marron, e la seguì.
Aliys, dentro di sé, si sentiva stupita dall’audacia che aveva dimostrato. E fu in quel momento, pressappoco, che si rese conto di una cosa. Lei voleva essere amica di Marron. Voleva esserlo, perché aveva bisogno di un’amica, e perché l’altra ragazza le piaceva.
Quando furono nella sua stanza, però, provò un attimo di panico.
E adesso?
Fortunatamente, Marron sembrò interessarsi alla fotografia sulla scrivania di Aliys.
«Oh» commentò, guardando la piccolina coi capelli neri in braccio a un Goku che sfoderava un sorriso radioso. «Sei tu, vero?»
La ragazzina mora annuì. «Già» confermò, avvicinandosi.
Provò una fitta al cuore nello sbirciare il volto sorridente di suo padre… Era assente solo da due giorni, però già le mancava da morire.
Istintivamente, pensò a Goten. Sapeva bene, infatti, che nonostante suo fratello sfoderasse la consueta disinvoltura, anche lui ci era rimasto male per la partenza improvvisa del genitore.
«Sei carinissima» osservò Marron. «E Goku, poi! Pensavo di averlo visto felice al Torneo, ma qui è più felice!»
Si accorse dell’occhiata sorpresa che Aliys le indirizzò e assunse un’aria interrogativa.
«Ho detto qualcosa di male?» si preoccupò.
«No, no» si affrettò a rispondere la ragazzina. «Certo che no, anzi!»
«Bene» disse Marron, chiaramente sollevata. «Sai» confessò quindi, «ho l’abitudine di dire sempre quello che penso».
«Ma è un pregio» obiettò Aliys. “Non sai quanto ti invidio per questo” aggiunse mentalmente.
«Ti ringrazio» rispose Marron, con l’accenno di un sorriso. «È solo che, a volte, esagero, e non so proprio tenere a freno la lingua».
«Qualcosa mi dice che Goten sarebbe dispostissimo a confermarmelo» scherzò Aliys.
«Ci scommetto» concordò Marron.
«A proposito, tu hai visto la sua nuova fidanzata?»
La figlia di Crilin annuì. «Sì, me l’ha anche presentata. È un po’ distratta, ma non è male. Sempre meglio di certe scelte che ha fatto in passato…»
Aliys scoppiò a ridere. «Vero? L’ho pensato anch’io!»
Marron si aprì in un sorriso. «Ti ricordi quella ventiquattrenne con cui era uscito una volta? Quella che parlava sempre di come insonorizzare una stanza o come fare nodi impossibili da sciogliere».
«Sì, e ancor meglio ricordo la faccia che ha fatto mia madre quando l’ha vista!» esclamò Aliys, mettendosi di nuovo a ridere. «Prima è parsa sul punto di svenire, poi ha stretto le labbra tanto da farle scomparire! Goten è fortunato ad essere il suo cocco… Credo che se Gohan le avesse portato in casa una ragazza simile, mia mamma l’avrebbe disconosciuto».
Marron ridacchiò a sua volta. «Avrebbe fatto bene» disse poi. «Ma Gohan non mi sembra il tipo da portarsi in casa ragazze poco raccomandabili».
«Non lo è» concordò Aliys. «La prima ragazza che ha portato in casa è stata Videl, e poi l’ha sposata».
Ricordava ancora la prima volta che aveva visto Videl, e la diffidenza iniziale di Chichi, andata in fumo non appena la donna aveva scoperto che la giovane era ricca sfondata.
«Che gran bravo ragazzo» sospirò Marron.
«Ehi, non ci starai facendo un pensierino!» esclamò Aliys. «Ha una moglie e una figlia».
Marron si mise a ridere. «No, niente pensierini per Gohan…»
«Meno male. Mi stavo preoccupando» scherzò Aliys.
Era incredula e felice di riuscire a parlare a Marron con tanta disinvoltura. Si sentiva scoppiare di gioia, e sperò che l’altra provasse almeno la metà di quell’allegria.
Poi, inevitabilmente, i suoi pensieri andarono nuovamente a Goku. Chissà com’era la casa di Ub, quanto era lontana… Chissà se suo padre stava bene, là, chissà se adesso la stava pensando…
«Sai» disse, un po’ timidamente, «ho comprato un regalo per mio padre. Per quando tornerà».
«È un’idea fantastica» dichiarò Marron.
Aliys si diresse verso il suo armadio. «Aspetta di vederlo, no?»
Aprì le ante e prese un sacchetto, dal quale trasse una tazza lucida, sulla cui superficie erano dipinti dei biscotti. Guardandoli, Aliys sentì quasi l’acquolina in bocca: sembravano veri.
Sopra di essi, però, era scritto un avvertimento a lettere svolazzanti: Non mangiare noi che siamo qui fuori, ma i nostri sosia reali che inzupperai dentro.
«Dai» rise Marron, prendendo la tazza. «È magnifica!»
«Spero che anche mio padre la penserà così» sorrise Aliys. Anche se Goten aveva borbottato che la frase gli sembrava un po’ troppo sofisticata, per Goku…
«Deve pensarlo!» asserì Marron. «Se no, sai cosa? Se non gli piace, la puoi regalare a me. Dopo avergli dato un paio di schiaffi per la sua ingratitudine, chiaro».
A quel punto, notò l’espressione di Aliys.
«Guarda che sto scherzando. Personalmente non schiaffeggerei mai mio padre» disse, senza accorgersi di quanto suonasse protettiva la sua voce quando parlava di Crilin, «e di certo non pretendo che lo faccia tu col tuo!»
Aliys accennò un sorriso, un po’ imbarazzata.  «Be’, potrei rimproverarlo…»
«Potresti» disse Marron, restituendole la tazza.
«Sai» raccontò Aliys, «è fatta proprio per mio padre. È di un materiale molto resistente. Una tazza a prova di saiyan».
«Allora dovrà piacergli per forza» ridacchiò Marron.
Poi sbatté le palpebre, come se fosse stata colpita da un pensiero improvviso.
«Ehi, sai cosa? Non ho salutato tua madre…»
«Non fa niente» replicò Aliys. «Non è in casa, è andata da Bulma».
Pensando a sua madre, lo stomaco le si strinse. Chichi sembrava aver preso peggio di tutti gli altri la partenza improvvisa del marito.
Marron parve capire che dietro l’informazione della figlia di Goku c’era una questione molto delicata, così si limitò a dire, in tono neutro: «Ah».
Aliys, però, recuperò il buonumore non appena lo sguardo le cadde sulla fotografia che la ritraeva con Goku. La voce di Marron le riecheggiò nella mente: Pensavo di averlo visto felice al Torneo, ma qui è più felice!
Era contenta che la biondina lo avesse detto, perché le parole di Piccolo avevano continuato a tormentarla per un bel po’, e l’esclamazione dell’amica sembrava averle finalmente cancellate.
Certo, suo padre era stato felice di incontrare qualcuno come Ub, ma certamente non era una felicità che si poteva paragonare a quella che veniva dall’affetto di una famiglia.
E Aliys cominciò a credere che avrebbe presto rivisto suo padre.

















Spazio dell’Autrice:
Buondì!
Spero che il presente capitolo vi sia piaciuto ^^”
Il prossimo aggiornamento sarà sabato 1 dicembre, ma penso l’aveste immaginato… ;)
(Questo capitolo è più che altro un intermezzo, ma spero di non avervi annoiato... E di non avervi fatto odiare Marron XD)

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Capitolo 13
*** Conseguenze ***


Capitolo 12 – Conseguenze

E invece i giorni passavano, e di Goku nemmeno l’ombra.
Aliys iniziò a sentirsi sempre più nervosa. Tentava di aggrapparsi alla propria speranza con le unghie e coi denti, ma la sua fiducia nel ritorno del padre minacciava di farsi più fragile.
Le scuole ricominciarono, e il saiyan non si era ancora fatto vivo. Aliys faticava a prendere sonno, la notte, e durante le lezioni si distraeva spesso e volentieri.
Un incubo iniziò ad ossessionarla quasi ogni volta che chiudeva occhio.
In questo sogno, Goku tornava a casa mentre lei era a scuola, e Chichi le telefonava per avvertirla, ma le bidelle rifiutavano di lasciarla uscire.
«Potresti farti male» dicevano, con espressioni grottesche, facendole carezze e trattenendola per la giacca.
Alla fine, lei scappava da una finestra, e volava più velocemente che poteva, ma dato che era debole e imbranata, arrivava troppo tardi, quando suo padre se n’era già andato.
Aliys si rendeva conto dell’assurdità di un sogno simile, ma ciò non le impediva di starci male.
Se non altro, non era la sola ad avere dei problemi. Neanche Goten, infatti, se la cavava molto bene. Tutt’altro: un giorno, Aliys sentì Chichi che lo rimproverava. Le era arrivata una comunicazione che la informava che il figlio era stato dal preside ben tre volte in una sola settimana.
Col cuore in gola, senza sapere dove guardare, Aliys ascoltò Chichi rimproverare il suo secondogenito sino a sgolarsi.
Poi la donna uscì a grandi passi dalla stanza, e la ragazzina sbirciò verso il fratello, pentendosene immediatamente.
Goten – proprio Goten, di solito sempre allegro e ottimista – teneva gli occhi puntati sul pavimento, con espressione terribilmente cupa.
Mordendosi il labbro, Aliys entrò nella camera del fratello.
«Goten?» osò chiamarlo.
Lui alzò lo sguardo. Ora non sembrava più tanto arrabbiato. Sembrava solo triste, e forse era anche peggio.
«Sì?» domandò.
«Che è successo?»
Lui scrollò le spalle. «Ma niente… Ho solo fatto a botte, e a quanto pare mi distraggo troppo di frequente».
«Hai fatto a botte?» ripeté Aliys.
La storia della distrazione non la stupiva più di tanto. Goten era eccitabile come un bambino e non gli piaceva molto stare fermo e concentrato su qualcosa, e tra l’altro anche lei, in quel periodo, faticava a non far vagare i pensieri… Le botte, però…
«È quello che ho detto» borbottò il ragazzo, che evidentemente non era disposto a fornire dettagli al riguardo.
Aliys lo guardò, completamente spaesata. Per un istante, si ricordò di quando Goku aveva rifiutato di insegnarle le Arti Marziali. Allora, le era parso di trovarsi davanti un estraneo, non suo padre… E adesso le sembrava di trovarsi davanti un estraneo e non suo fratello.
«Ti manca papà?» chiese, in un soffio.
A spingerla, fu l’urgenza di ritrovare il Goten che riconosceva, quello che poteva capire.
Il ragazzo la guardò. «Sì» mormorò, semplicemente.
Aliys rimase in silenzio, e dopo un po’ lui sembrò trovare altre parole.
«Non è solo che mi manca… Penso di essere anche arrabbiato con lui» confessò Goten. «Vorrei che mi avesse almeno salutato».
Aliys sentì un groppo in gola. «Anch’io» rispose. «Però… Tornerà, vedrai».
«Forse è vero» concordò il ragazzo, più serio di quanto lei lo avesse mai visto.
«È vero» ritorse Aliys, con determinazione.
Lui la fissò, e finalmente la sua espressione si ammorbidì nel solito sorriso. «Bizzarro» osservò, «da quando in qua sei tu, la persona più battagliera della famiglia?»
Aliys ci pensò su. «Da quando ho iniziato a prendere Marron ad esempio».
«Uhm». Goten corrugò le sopracciglia, poi scherzò: «Basta che non mi diventi una piccola tiranna bionda…»
«Piccola tiranna bionda?» ripeté Aliys. Le venne quasi da ridere. «E da quando in qua sono bionda, io? Semmai sarò una piccola tiranna mora!»
«Sì, ma ora devo chiamare la mia ragazza, quindi esci o ti tiro una scarpa in testa» minacciò Goten.
Aliys gli indirizzò un piccolo sorriso e scappò fuori.
Era rinfrancata dal fatto di averlo tirato su di morale… E la faceva sentire sollevata che lui stesse chiamando la fidanzata.
Chissà, magari a lei sarebbe stato disposto a raccontare che cos’era successo per spingerlo alla rissa.
Il sorriso, però, le morì sul volto quando ricordò cosa, o meglio chi, era alla base di tutto.
«Papà» mormorò, giusto per sentire se quel suono le era ancora familiare.
Aliys sospirò. La verità, era che invidiava la sicurezza con la quale la piccola Pan raccontava a tutti che suo nonno sarebbe tornato al più presto. Perché lei non poteva esserne certa quanto la bambina?
Quella notte, l’incubo sul ritorno di Goku tornò a disturbarla.
Aliys si svegliò alle tre del mattino, col respiro pesante e il cuore agitato.
«Al diavolo» sussurrò, imprecando contro il suo stupido cervello che prendeva le sue insicurezze e le utilizzava per cucinare dei sogni così assurdi.
Assurdi e inquietanti.
La ragazzina spinse di lato le coperte e uscì dal letto.
Non vedeva quasi niente, ma l’idea di accendere la luce non le parve buona: con il fatto di avere gli occhi abituati all’oscurità, si sarebbe accecata e basta.
Un po’ a tentoni – sia per il buio, sia per il sonno – uscì dalla stanza e si diresse verso la cucina, sbadigliando a più riprese.
Bevve un bicchier d’acqua e tornò verso camera propria.
Quando passò davanti alla stanza dei suoi genitori, però, le parve di udire qualcosa.
Si arrestò, aggrottando la fronte. La porta era chiusa, e Aliys avvicinò la testa nera per cercare di capire che rumore aveva attirato la sua attenzione.
Quando capì, si ritrovò senza fiato.
Rimase lì davanti, col suo pigiama azzurro e gli occhi sgranati, totalmente impietrita.
Singhiozzi. Erano singhiozzi.
Sua madre stava piangendo.
Aliys si sentì come se una mano invisibile fosse salita a stringerle il cuore, e allo stesso tempo fu invasa da un’ondata di panico.
Chichi era sempre stata forte. Era stata il suo appoggio, la sua guida, e non solo per tutta la sua infanzia.
Aliys ricordava vagamente di averla vista piangere durante la vicenda di Majin Bu, quando Gohan era stato dato per morto e quando Goku era dovuto tornare nell’Aldilà… In quel momento, però, si sentì atterrita come se non avesse mai udito niente di simile.
E alla fine, comprese perché.
Il punto, era che questa volta non c’era nessun nemico a spaventare sua madre e a farla soffrire… Questa volta, era colpa di Goku se lei stava male.
Aliys non sapeva cosa fare. Alla fine, lasciò che la bambina che si agitava verso di lei avesse la meglio: abbassò al volo la maniglia e corse dentro la stanza, arrampicandosi sul lettone matrimoniale per raggiungere Chichi.
«Ally?» la sentì chiedere, con voce roca.
«Mamma» rispose lei, cercandola nel buio e abbracciandola. «Mamma».
«Ally, stai bene?»
Aliys sentì la mano della madre tra i propri capelli. Pensò di risponderle: “Sì, sto bene, è per te che sono preoccupata”, ma poi cambiò idea.
Non disse niente, limitandosi ad affondare il viso nell’incavo del collo della donna.
Il profumo di Chichi lo avvolse, buono e familiare. Confortante.
«Ti prego, mamma, posso restare a dormire qui?» chiese, continuando a tenersi aggrappata a lei.
«Ally, hai la tua camera!» la rimproverò Chichi, in tono quasi scandalizzato. «E non hai più cinque anni».
«Lo so, ma per favore, mamma, per favore! C’è tanto spazio, vicino a te».
Chichi tacque a lungo, prima di rispondere.
«Già» disse alla fine. «C’è troppo spazio, com’è già successo una volta…» Sospirò. «E va bene, monellaccia, resta pure qui».
«Grazie!»
Immensamente sollevata dal fatto che la madre sembrasse essersi ripresa, Aliys si staccò da lei per infilarsi sotto le coperte. Nel posto dove, di solito, stava Goku.
La ragazzina premette la faccia contro il cuscino del padre, nella speranza che fosse rimasto un po’ del profumo del saiyan, ma sentì soltanto odore di pulito.
Allora tornò a rannicchiarsi accanto a Chichi.
La donna la strinse come se fosse stata ancora una bambina, e Aliys si beò del calore materno. Impiegò pochissimo tempo ad addormentarsi e, quando fu scivolata nel sonno, non vide nemmeno la traccia del suo ansiogeno sogno.















Spazio dell’Autrice:
Goku, Goku! Non lo vedi, ma hai fatto dei bei danni! >_>
Okay, eroici lettori, spero che questo capitolo vi sia piaciuto… Anche perché, se non sbaglio, finora non era stato detto molto del rapporto che Aliys ha con la sua mamma, e qualcosa ci voleva ;)
A sabato prossimo (l’8 dicembre… Oooh, è festa *^*)!
AGGIORNAMENTO RIMANDATO al 10 dicembre: Perdonatemi, ma il prossimo capitolo non è pronto. Ci sto lavorando su, ma è più difficile da scrivere di quanto avessi pensato… E piuttosto che proporvi il semi-pasticcio che è adesso, preferisco rimandare di un poco l’aggiornamento per poter finire di scriverlo con calma e di fare tutti gli aggiustamenti che devo. Scusatemi ç_ç

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Capitolo 14
*** Il bosco ***


Capitolo 13 – Il bosco

La mattina successiva non c’era scuola.
Aliys si svegliò che Chichi si era già alzata, e rimase immobile per un po’, avvolta nelle coperte come in un bozzolo di sonno e calore.
Poi iniziò a percepire qualcosa di strano… E non si trattava della tranquillità che stava provando, ma di qualcos’altro, che le mordicchiava il cervello come un tarlo e le risultava difficile da identificare… Improvvisamente, capì di cosa si trattava.
Lei non voleva pensare a Goku.
E non le era mai successo. Prima di allora, suo padre aveva sempre occupato la sua testa, anche quando riflettere su di lui faceva male.
Quella notte, però, erano cambiate due cose: l’abbraccio di sua madre le aveva portato un po’ di serenità, ma la vista delle lacrime della donna le aveva indurito qualcosa dentro, spingendo la sua mente a ergere un muro tra lei e suo padre.
Perché Aliys adorava Goku, ma non poteva sopportare di vedere sua madre stare male a causa sua.
Chichi l’aveva cresciuta e le era stata sempre accanto, mentre Goku…
Col cuore dolente, la ragazzina allontanò il suo pensiero, dirigendosi in cucina per fare colazione.
Dopo aver soddisfatto il proprio stomaco, salì nella propria stanza.
Lì, però, i suoi occhi continuavano ad andare alla fotografia che la ritraeva col padre, e di colpo la ragazzina non ce la fece più.
Si alzò di scatto e prese la fotografia per la cornice, quindi si avvicinò alla cassettiera che conteneva i suoi vestiti. La biancheria intima occupava il primo cassetto, i pigiami il secondo, le magliette il terzo, i pantaloni il quarto e le felpe il quinto… In quanto al sesto, era vuoto, e Aliys lo aprì per mettervi dentro la foto.
Una volta nascosto l’oggetto, si sentì un po’ meno agitata, ma da “meno agitata” a “tranquilla” passava una bella differenza.
«Basta» gemette, premendosi le mani contro le tempie e serrando gli occhi. «Basta. Non ci voglio più pensare, a te».
Certo, era più facile a dirsi che a farsi.
Tutto, dentro di lei, fremeva dal desiderio di perdonare Goku, perché sembrava molto più facile perdonarlo che chiuderlo fuori dalla propria mente… Ogni volta che stava per farlo, però, interveniva il ricordo di sua madre in lacrime.
Per distrarsi, la ragazzina prese a rovistare tra le proprie cose… E si ritrovò in mano una pallina da tennis gialla e pelosa, il souvenir del pomeriggio che lei e suo padre avevano passato insieme.
Aliys si morse il labbro, serrando le dita sull’oggetto.
Si lasciò cadere sulla propria sedia. Sullo schienale, era appesa la sua giacca, e la ragazzina infilò la pallina in una delle tasche.
Poi, stringendo forte i denti per non piangere, tornò in cucina.
Fortunatamente, vi trovò Goten, e si poté distrarre a guardare suo fratello che divorava un muffin dopo l’altro.
Lui era più silenzioso del consueto, ma rispetto ai giorni precedenti sembrava meno cupo.
Nel pomeriggio, Chichi annunciò loro che doveva andare a far compere in città.
«Vengo anch’io, mamma» dichiarò Aliys.
La donna la fissò. «Va bene» accettò, prendendo la capsula che conteneva la loro air-car – un modello, come Goten ripeteva spesso, vecchio di millenni.
«Sicuro che non vuoi venire anche tu, tesoro?» domandò poi Chichi, rivolta al figlio.
Goten non esitò: «Sicurissimo».
Da parte sua, Aliys sospettava che lui volesse approfittare dell’assenza materna per invitare la propria fidanzata, ma non disse nulla, limitandosi ad inarcare le sopracciglia mentre Chichi faceva mille raccomandazioni al giovane.
Scrollando la testa, andò in camera a prendere la propria giacca, e quando tornò Chichi aveva finito di parlare e stava baciando Goten sulla guancia.
Aliys sapeva che sua madre non amava molto la città. Del resto, anche lei preferiva di gran lunga le montagne.
Negli ultimi giorni, però, le pareva che la natura fosse fin troppo silenziosa, e sperava che il caos della Città dell’Ovest la aiutasse ad allontanare parte delle sue ansie.
Effettivamente, la metropoli le offrì una confusione allucinante, nonché una quantità enorme di vetrine illuminate.
Aliys si fermò più volte, come imbambolata, a guardare la merce esposta, e poi doveva fare una piccola corsa per raggiungere la madre ed evitare di perdersi come una bimba di cinque anni.
Disgraziatamente, sembrava che ogni cosa cercasse di farle venire in mente Goku. Per la prima volta in vita sua, Aliys provò un senso di nausea nel passare davanti a un ristorante.
A quel punto, accettò di seguire sua madre in un negozio di abbigliamento. Chichi le fece provare qualche vestito.
Inizialmente lei era un po’ insofferente, ma poi si accorse che quell’attività distraeva sua madre, e perciò decise di mostrarsi meno smaniosa, e tra un abito e l’altro iniziò persino a prenderci gusto.
Infine, cariche di cibo e di vestiti, si apprestarono a tornare a casa.
In quel momento, lo sguardo di Aliys cadde su un uomo che stava uscendo da una libreria… E la ragazzina sussultò, facendo come per nascondersi dietro Chichi.
La donna osservò il suo comportamento con una certa perplessità. «Ally, cosa fai?» le chiese. «Conosci quell’uomo? Non dirmi che hai una cotta per lui! Avrà almeno trent’anni in più di te, e…»
«Mamma!» protestò Aliys, in tono vergognoso. «Cosa dici! Quello è il mio professore di scienze…»
Chichi alzò il capo. «Ma davvero? Forse potrei fare due chiacchiere con lui…» Lo sguardo le cadde sull’espressione inorridita della ragazzina, e la donna sospirò. «Come non detto. Andiamo a casa».

Durante il viaggio di ritorno, Aliys tenne gli occhi incollati al finestrino, accigliandosi sempre di più. Dopodiché, spostò lo sguardo su sua madre, osservandone il profilo concentrato sulla strada buia.
Forse Chichi non era il massimo dell’eleganza, coi capelli neri e lunghi raccolti in una trasandata coda di cavallo… ma non era neanche male.
«Il mio prof» esordì improvvisamente la ragazzina. «Tu pensavi che io avessi una cotta per lui, cosa che non ho. Però… Lui è un bell’uomo, vero?»
Chichi aggrottò la fronte, tenendo lo sguardo dritto davanti a sé. «Non ci ho badato, Ally».
«Be’, io credo che se avessi la tua età ci farei un pensierino» osservò la ragazzina. «È anche intelligente».
Chichi le scoccò un’occhiata, ma poi sterzò: erano arrivate a casa.
La donna scese dall’auto lasciando la figlia senza una risposta, e chiamò Goten perché venisse a prendere le borse.
Il ragazzo comparve quasi subito. Sembrava essere di buonumore – Aliys dedusse che fosse riuscito a incontrare la sua fidanzata – e portò dentro la spesa della madre e della sorella senza protestare.
Aliys, dal canto suo, tallonò Chichi verso la porta. «Allora?» insistette. «Il mio prof è messo bene per la sua età, vero?»
Chichi si fermò, voltandosi verso la figlia con un sospiro. «Non ho idea di quanti anni abbia, Ally» fece notare.
La ragazzina non demorse. «Be’, però è messo bene in generale, no?»
«Aliys, insomma!» esclamò Chichi a quel punto. «Si può sapere cosa ti succede?»
Siccome la figlia aveva abbassato il capo, lei la afferrò per spalle, così da costringerla a guardarla negli occhi.
Aliys parve scalpitare, inquieta. «Dico solo che era davvero un bell’uomo» obiettò. «Di sicuro l’avrai notato…»
«E di sicuro tu avrai notato che sono sposata!» esclamò Chichi, che iniziava seriamente ad arrabbiarsi.
La ragazzina si ritrasse, strappandosi alla presa della donna. «Sì, come papà! Ma dato che ciò non gli toglie il diritto di sparire, non vedo perché tu abbia l’obbligo di aspettarlo!»
Chichi restò senza fiato, e Aliys sentì che le lacrime le salivano agli occhi.
«Perché, mamma? Perché ha il diritto di fare questo?»
Automaticamente, infilò le mani nelle tasche… E le sue dita sfiorarono la superficie morbida della pallina da tennis.
Chissà come, quel contatto fece sì che lei venisse invasa da un’ondata di panico.
Improvvisamente, si sentì come se il paesaggio scuro che aveva attorno la stesse imprigionando in una morsa… E perciò non agì in modo razionale. Dando retta all’istinto, si voltò di scatto, iniziando a correre a rotta di collo verso le sagome nere degli alberi.
«Aliys!»
Dai richiami e da altri rumori dietro di sé, la ragazzina capì che Chichi la stava inseguendo, ma non si girò né rallentò la corsa.
Le parve passare un tempo infinito, prima che lo spiazzo erboso finisse e lei riuscisse finalmente ad infilarsi tra le piante.
A quel punto, senza fermarsi, azzerò la propria aura.
Siccome ormai la sera era calata, in mezzo alla boscaglia non si vedeva quasi niente.
Aliys, però, continuò a correre come se sapesse dove andare, col cuore che le batteva all’impazzata nel petto.
Le sembrava che la voce di sua madre si stesse perdendo in lontananza, ma non ci badò poi molto.
Un paio di volte, inciampò e cadde rovinosamente a terra, ma ogni volta si tirò su in fretta e furia, riprendendo la propria fuga.
Non voleva far altro che scappar via dal pensiero continuo di suo padre… E forse, da qualche parte dentro di sé, voleva vendicarsi di Goku.
“Se io scompaio” pensò confusamente, ad un certo punto, “dovrà sentirsi male per forza…”
Ormai, il suo respiro era ridotto a un sibilo accelerato, e le sembrava di avere il petto sul punto di scoppiare.
Le gambe le cedettero improvvisamente, e la ragazzina cadde bocconi sul terreno umido.
Con gli occhi serrati e la faccia premuta contro alcune foglie secche, Aliys respirò a pieni polmoni, cercando di riprendere fiato.
Il cuore le martellava nel petto ad una velocità vertiginosa, e ogni battito le pulsava nel collo e nelle orecchie.
Quando il respiro le si calmò un poco, la ragazzina staccò il viso dal terreno e si mise seduta.
Si guardò attorno ad occhi spalancati, ma non vedeva altro che alberi e buio.
Fu a quel punto, più o meno, in cui si rese davvero conto di quanto aveva appena fatto… E restò senza fiato.
Il bosco la inquietava, e Aliys considerò l’idea di tirarsi su e di tornare a casa, o per lo meno di smettere di trattenere l’aura, così che Goten potesse trovarla.
Qualcosa, però, la bloccava, tenendola col sedere incollato al terreno.
Cosa sarebbe successo, se fosse tornata a casa?
La risposta era semplicissima: niente. Forse sua madre l’avrebbe rimproverata, ma non sarebbe accaduto nulla di più.
E Aliys era stanca di quella calma piatta. Non ne poteva più di aspettare, aspettare e aspettare, nella speranza che Goku si facesse vedere.
Le parve che il suo respiro si ghiacciasse, nella consapevolezza che ormai la sua vita si stava riducendo a quello, all’attesa del ritorno di suo padre.
Lentamente, la ragazzina si tirò in piedi.
Vivere nel bosco era – naturalmente – fuori discussione. Però, procedendo verso nord-est, sarebbe arrivata a Satan City, e lì avrebbe potuto… Non sapeva cosa, con esattezza, ma preferì non pensarci per non farsi assalire dal panico.
Dato che non aveva per niente sonno e si sentiva invece perfettamente lucida, iniziò subito a camminare, le orecchie tese e il cuore in gola.
Non si fidava ad alzarsi in volo: temeva che in tal caso Goten avrebbe potuto percepire la sua aura e localizzarla.
Se fosse stata nelle condizioni di pensare nitidamente, di certo si sarebbe spaventata davanti all’inconsistenza del suo piano per l’immediato futuro. Ma aveva la mente paralizzata, e non riusciva a far altro che concentrarsi sui propri passi.
E così, falcata dopo falcata, si allontanò sempre più dalla propria casa…
















Spazio dell’Autrice:
Allora, innanzitutto vi chiedo scusa per aver rimandato l’aggiornamento.
Ma la prima stesura faceva proprio schifo, ve lo garantisco… Spero che questa sia un po’ meglio ._.
Come avrete capito, per ora la fuga di Aliys è una mossa istintiva, un gesto avventato… I sentimenti e i pensieri della ragazzina verranno chiariti meglio più avanti...
A sabato 15 dicembre!

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Capitolo 15
*** Arrivo a Satan City ***


Capitolo 14 – Arrivo a Satan City

In seguito, Aliys avrebbe conservato immagini molto confuse di quella nottata nel bosco.
Le sarebbe parso incredibile, aver camminato per ore e ore nella foresta, eppure non ricordava di essersi mai fermata a riposare.
Quando sbucò dagli alberi, stava iniziando ad albeggiare, e quando vide in lontananza la cittadina era quasi mezzogiorno.
La ragazzina si sentiva tutta intirizzita e le facevano male i piedi.
Come se non bastasse, la sua natura saiyan si faceva sentire, e il suo stomaco brontolava come un vecchietto scorbutico.
Con una smorfia, Aliys si premette la mano sul ventre e continuò a camminare.
Conosceva bene Satan City, ma la familiarità di strade e abitazioni non la rincuorò in alcun modo. Era spaventata a morte, e se pensava a come doveva sentirsi sua madre veniva assalita da un’ondata di orrore.
Ma non poteva tornare indietro.
Si sentiva troppo offesa per farlo, troppo derubata.
Lei aveva sempre adorato Goku, e non ne aveva mai fatto mistero. Era sicura che suo padre, per quanto ingenuo, se ne fosse accorto. Però ciò non gli aveva impedito di abbandonarla, e Aliys si sentiva come se lui le avesse strappato qualcosa dal petto. Qualcosa di prezioso.
Anche se preferiva non pensarci, la ragazzina sapeva di voler ancora bene a suo padre. Quel sentimento era troppo radicato dentro di lei per essere estirpato con facilità.
Il fatto di amarlo, però, non le impediva affatto di detestarlo. Anzi, ce l’aveva con lui – e anche con sé – proprio perché gli voleva un bene immenso.
Cercando di trattenere il pianto, Aliys si morse le labbra.
Infilò la mano in tasca… E toccò la pallina da tennis.
Per un istante, pensò di prenderla e lanciarla lontano, ma alla fine non fece nulla di tutto ciò, riprendendo a camminare lungo il marciapiede.
Ad un certo punto, la sua attenzione venne attirata da un gruppo di ragazzetti fermi sull’altro lato della strada.
A turno, saltavano per cercare di toccare con la mano un cornicione che si trovava a poco meno di tre metri da terra.
Improvvisamente attenta, Aliys attraversò la strada per dare un’occhiata più da vicino.
Come sperava, il ragazzo che aveva proposto la sfida prometteva in cambio una banconota da venti zeny.
«Scusate, posso provare?»
Tutti i membri del gruppetto si girarono a guardarla con aria sbalordita, e Aliys pensò a come doveva apparire loro: una ragazzina magra e scarmigliata, magari col viso tirato a causa della notte passata in bianco.
Poi tutte le teste ruotarono verso lo sfidante.
Lui indossava un capellino blu con visiera, e squadrò Aliys con aria perplessa, ma alla fine si strinse nelle spalle.
«Se vuoi».
«Se vinco mi dai venti zeny, ho capito bene?» chiese la ragazzina.
Arrivare a quel cornicione non sarebbe stato un grosso sforzo, per lei, ma non voleva comunque farlo per niente.
«Se vinci» confermò il ragazzo.
Aliys allora annuì, alzando gli occhi verso il cornicione.
Si mordicchiò il labbro, poi balzò verso l’alto. Forse non aveva le qualità di un guerriero saiyan, ma quello sarebbe stato un gioco da ragazzi anche per un terrestre ben allenato, così la mano della ragazzina batté sul cornicione prima che i suoi piedi piombassero di nuovo sul marciapiede.
Il silenzio era caduto sul gruppetto. I ragazzini la fissavano esterrefatti, come se avessero visto un alieno – e, in effetti, non era un’impressione del tutto errata.
Aliys si girò verso lo sfidante, che era rimasto di stucco.
«I venti zeny?» domandò lei, tendendo il palmo.
Lui si riscosse. «Tieni» disse, in tono sbalordito, allungandole una banconota.
“Cibo” fu la prima cosa che pensò la ragazzina come ebbe in mano i soldi.
«Ma… ma come… dove hai imparato?»
Aliys guardò il ragazzo. Aveva la pelle chiara, i capelli biondi e ordinati e gli occhi azzurri.
«Conosco un po’ di Arti Marziali» replicò lei, scrollando le spalle.
«Fico» commentò l’altro.
La ragazzina azzardò un sorriso sfinito. Era strano riuscire a sorridere, mentre dentro di sé moriva di paura. «Già».
Ciò detto, accennò un saluto con la mano – «Ci vediamo» – e si avviò lungo la strada.
Si fermò ad una panetteria e comprò un pezzo di pizza. Lo divorò in pochi morsi, riprendendo a camminare, ma almeno le erano rimasti dei soldi.
Esausta e impaurita, la ragazzina si sedette sulla prima panchina che trovò, cercando di decidere il da farsi.

Ub ruzzolò sulla sabbia, ma ebbe abbastanza presenza di spirito per piazzare una mano a terra e rialzarsi con un balzo.
Alcuni granelli ocra erano rimasti nel suo ciuffo nero, ma lui non se ne accorse nemmeno.
I suoi occhi scuri, pieni di determinazione, si puntarono su Goku. «Ancora».
Il saiyan sorrise, mettendosi in posizione di guardia.
Gli piaceva l’instancabilità di quel ragazzo… Così come – tutto sommato – gli piaceva quell’isoletta in mezzo al nulla. Persino i genitori e i fratelli minori di Ub gli stavano simpatici, era capitato proprio bene!
Quei bimbetti, poi, erano tutti entusiasti della Nuvola d’Oro.
Goku l’aveva regalata ad Ub subito dopo la fine del Torneo, scoprendo senza troppa meraviglia che il ragazzino era perfettamente in grado di cavalcarla.
«Allora?» lo spronò. «Sei pronto?»
Prima che Ub potesse rispondere, però, il saiyan percepì qualcosa. Aggrottò la fronte e si voltò, alzando lo sguardo verso il cielo.
«Goku?» chiamò Ub, disorientato. «Che succede?»
Goku si schermò dal sole con la mano destra. «Non…» iniziò, ma si interruppe subito.
Ormai non aveva più dubbi: la sagoma che si stava avvicinando in volo a tutta velocità apparteneva nientemeno che a Gohan.
«Ehi, ma quello… È un uomo!» esclamò Ub. «E sa volare come te!»
«Lo credo bene» mormorò Goku. «È mio figlio».
Ub lo fissò. «Eh?»
Sapeva che Goku aveva dei figli, ma non capiva come mai uno di loro dovesse arrivare sin lì, su quell’isoletta in mezzo al niente.
Proprio in quel momento, Gohan atterrò sulla spiaggia, a qualche metro da Goku.
«Che ci fai qui, figliolo?» domandò il saiyan, facendosi incontro al figlio con aria perplessa.
Gohan si era rabbuiato. Diede una rapida occhiata a Ub, dopodiché riportò lo sguardo su suo padre. «Si tratta di Al» disse, senza preamboli.
D’istinto, Goku guardò alle spalle del primogenito, come se si aspettasse di vedere sbucare la figlia dal nulla.
«Cosa vuoi dire, Gohan?» chiese poi, aggrottando la fronte. «Che cos’ha Al?»
Il giovane aveva un’aria mortalmente seria. Si massaggiò le tempie e fece un respiro profondo. «È scappata».
Per un istante, Goku non disse né fece nulla, limitandosi a fissare Gohan.
Poi si irrigidì, e una moltitudine di sentimenti percorse il suo viso: smarrimento, incredulità, preoccupazione.
«Che cosa?!» esclamò. «Come sarebbe?! Cos’è successo?»
Gohan sospirò pesantemente. «Te l’ho detto, papà, è scappata. Goten l’ha cercata per tutta la notte, ma lei ha azzerato la sua aura… La mamma ha chiamato la polizia, ma ora come ora non abbiamo la più pallida idea di dove si trovi».
Goku indietreggiò di qualche passo, come per prendere le distanze dalla notizia che il figlio gli aveva portato.
Al era scappata?
La sola idea era di un’assurdità inconcepibile.
Al era sempre stata una ragazzina tranquilla, affettuosa, e non aveva mai amato particolarmente l’avventura. Perché avrebbe dovuto fuggire?
Alla fine, però, il motivo non aveva importanza.
Per un istante, Goku si figurò i mille pericoli che si celavano sul monte Paoz, per non parlare di tutti i malintenzionati che popolavano il mondo… E una paura densa come catrame gli piombò sullo stomaco.
Se la ragazzina era finita chissà dove, lui doveva ritrovarla al più presto.
«Andiamo» disse, rivolto al figlio maggiore.
Gohan annuì rapidamente.
Un attimo prima di alzarsi in volo, Goku si girò verso Ub.
«Dovremo riprendere le nostre lezioni un altro giorno» gli disse, «dopo che avrò trovato mia figlia».
Il ragazzino lo guardò con aria smarrita. «Va… va bene» mormorò, prima che i due saiyan si sollevassero da terra e volassero in alto, per poi sparire all’orizzonte.















Spazio dell’Autrice:
E così, Goku è ritornato in scena u.u
Il fatto che il saiyan abbia regalato a Ub la nuvola d’oro non me lo sono inventata io, ma il buon vecchio Toriyama.
Niente da dire, appuntamento a sabato 22 dicembre!

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Capitolo 16
*** L’aura di Aliys ***


Capitolo 15 – L’aura di Aliys

Chichi era andata alla Città dell’Ovest. La polizia locale, infatti, voleva farle delle domande su Aliys, e la donna pensava di approfittarne per avvertire anche la famiglia Brief.
Sul monte Paoz, pertanto, erano rimasti Goten e Videl.
Il giovane, ancora arruffato per la ricerca notturna, stava parlando con la cognata, spiegandole, a grandi linee, quali erano i posti che Aliys conosceva.
Quando Goku e Gohan atterrarono lì vicino, Goten tacque di colpo.
Avvicinandosi, Goku alzò la mano in segno di saluto: «Ciao, figliolo».
Il suo secondogenito lo fissò come se avesse visto un fantasma, poi si girò bruscamente verso Videl. «Io comincio con Satan City, okay?»
Lei scambiò un’occhiata con Gohan. «Okay».
Così, senza degnare il padre di uno sguardo, Goten si alzò in volo.
In tutta franchezza, sperava che Goku ci fosse rimasto male.
Era un desiderio infantile, forse, ma gli bruciava ancora che il padre se ne fosse andato così, su due piedi, senza nemmeno salutarlo.
Dopo la chiacchierata con Aliys, aveva preso in considerazione l’idea di perdonare Goku, ma poi… Poi sua sorella era scappata.
Goten aveva capito quanto le aveva fatto male l’abbandono del padre, e aveva iniziato a domandarsi se fosse davvero possibile scusare le azioni di Goku.
Volando piuttosto spedito, riuscì a giungere in vista di Satan City dopo pochi minuti.
Si disse che doveva solo concentrarsi su Aliys, ma in qualche modo la sua mente continuava ad indugiare su suo padre… E a tornare al momento in cui, dopo il Torneo, lo aveva visto svanire all’orizzonte azzurro, e non gli era rimasto altro che mormorare: «Non ci credo. Se n’è andato veramente!»
Per lui, quella reticenza a perdonare Goku era strana: sin da piccolo, aveva sempre avuto un’indole buona e spensierata.
Ora, però, ricordava che quando era un bambino aveva sognato tante volte di conoscere quel papà di cui Gohan gli raccontava spesso… E quando Goku era resuscitato dopo la lotta contro Majin Bu, Goten si era sentito scoppiare di gioia.
Lo aveva conosciuto solo pochi giorni prima, eppure gli voleva già un bene dell’anima.
E anche se, più avanti, aveva desiderato svicolare dai continui allenamenti a cui Goku lo sottoponeva, non aveva mai smesso di sentirsi felice per il ritorno del padre.
A quanto pareva, però, Goku non voleva bene a loro quanto loro ne volevano a lui.
Intento com’era a rimuginare su quei pensieri, il giovane non si curò di cercare una zona isolata della città, ma atterrò proprio davanti a un ragazzino.
Quest’ultimo lo fissò a bocca aperta.
«Come va?» gli domandò Goten, in tono innocente.
L’altro – un biondino con due grandi occhioni azzurri – si ritrasse. «Oddio!» commentò. «Oggi ne vedo di tutti i colori!»
Quell’esclamazione attirò l’attenzione del saiyan mezzosangue. «In che senso? Che altro hai visto?»
Il ragazzetto si strinse nelle spalle. Sembrava un po’ nervoso. «Be’, una tipa ha fatto un salto di almeno due metri».
Ovviamente, Goten drizzò subito le orecchie. «Sì?» domandò, stentando a credere a quel colpo di fortuna. «Sai dirmi com’era fatta?»
«Ehm, non so» rispose l’altro, aggrottando la fronte. «Magrolina. Capelli neri, occhi scuri… Credo».
Goten provò sia l’impulso di abbracciare il giovane sia quello di gridare di gioia, ma si contenne in entrambi i sensi.
Dopotutto, si rimproverò, la ricerca non era finita.
«Grazie mille, amico» disse, frugando nella tasca della giacca alla ricerca del proprio cellulare.
Chiamò Gohan, scalpitando d’impazienza.
«Pronto? Goten?» La voce del fratello era poco più di un soffio.
«Ehi, fratellone» esclamò Goten, «penso che Al sia qui, a Satan City. Un tizio mi ha raccontato di aver visto una ragazza fare un salto di almeno due metri. Una ragazza magra. Coi capelli neri».
«Oh, grazie a dio» sospirò l’altro. «Be’, adesso sono dalla polizia… Li informo e lo dico anche a papà… Scommetto che ti raggiungerà subito».
«Va bene». Goten non era entusiasta all’idea di vedere Goku, ma sapeva anche che il saiyan sarebbe stato prezioso in quella ricerca, così non obiettò.
Dopo aver riattaccato, ringraziò il suo stranito informatore e si buttò di corsa lungo la strada.
Cercò di non pensare al fatto che una città era comunque un’area piuttosto ampia, nella quale sarebbe stato difficile trovare Aliys senza poterne percepire l’aura.
Se voleva essere efficiente, non doveva mandare al diavolo l’ottimismo.
Circa cinque minuti più tardi, percepì una forza spirituale in rapido avvicinamento.
Si fermò e si girò, alzando lo sguardo verso il cielo con aria interrogativa.
Ben presto, Goku atterrò davanti a lui. «Eccomi» annunciò. «Tracce di Al?»
«Non l’ho ancora trovata» sbottò Goten, in tono scontroso.
Gli sembrò che Goku ci fosse rimasto male, ma non se ne preoccupò. Meglio così.
«Ah. E dove…?»
«Senti, papà» tagliò corto, «è meglio se ci dividiamo, così riusciremo a trovarla più in fretta».
E dentro di sé, sperò con tutto il cuore che Aliys fosse ancora a Satan City.

Sì, Aliys era ancora a Satan City, e stava passeggiando soprappensiero lungo un marciapiede.
Sapeva che colpi di fortuna come la sfida di quel mattino difficilmente le sarebbero capitati un’altra volta, e cercava disperatamente di farsi venire in mente un piano per guadagnarsi i soldi.
“Forse dovrò chiedere l’elemosina” si disse alla fine, scoraggiata.
Coll’avanzare del pomeriggio, l’aria si stava facendo più fredda, e la ragazzina si stringeva alla propria giacca nel tentativo di scaldarsi.
Teneva le mani in tasca, e accarezzava distrattamente la pallina da tennis.
Accennò a svoltare in un’altra via… E si tirò indietro immediatamente, il cuore che batteva all’impazzata contro le costole.
“Goten! Papà!” pensò, premendosi una mano sulla bocca. “Come fanno a sapere che mi trovo qui?”
Azzardò un’altra occhiata, vedendo che i due saiyan si stavano dividendo.
Per un istante, il suo sguardo indugiò su Goku.
Contro ogni aspettativa, ci fu un momento in cui non si sentì affatto arrabbiata con lui, in cui desiderò solo corrergli incontro e saltargli al collo.
Ma… no. Non poteva farlo. Non voleva farlo.
Con respiri veloci e frustrati, indietreggiò lungo la via, cercando di mischiarsi alla folla e stando ben attenta a tenere azzerata l’aura.
Un paio di volte, si girò a controllare che né Goku né Goten avessero imboccato la strada in cui si trovava lei, ma per il resto pensò solo ad allontanarsi il più in fretta possibile.
Intanto, il sole aveva iniziato il suo declino. Il cielo si era fatto più scuro, e la gente per strada aveva cominciato a diminuire.
Il cuore di Aliys quasi mancò un battito quando vide un paio di poliziotti, ma la ragazzina li oltrepassò guardando da un’altra parte, e loro non la notarono.
Nervosissima, iniziò a inoltrarsi in una parte della città che non conosceva, fatta di stradine più strette impossibili da percorrere in auto.
Le case erano più alte, dall’aspetto più vecchio.
Chiunque vi abitasse, non doveva essere interessato alle uscite serali: le imposte delle finestre erano chiuse, le porte sbarrate.
Quando Aliys inciampò in una buca nel cemento, la sua spalla sbatté contro il muro di un’abitazione, sbriciolando un po’ d’intonaco.
La ragazzina strofinò la mano sulla giacca per pulirla dalla polvere, quindi riprese a camminare.
Le sembrava che il tempo si dilatasse all’infinito. Era passato meno di un giorno da quando era scappata, ma le sembrava fosse trascorso un secolo.
Pensandoci, Aliys si sentì sprofondare. Era stanca, affamata e infreddolita… Dove avrebbe dormito quella notte? E le notti a venire? Cosa avrebbe mangiato?
Improvvisamente, un concetto spinse prepotentemente da parte tutte quelle congetture: “È venuto a cercarmi. Papà è venuto a cercarmi”.
Provò il desiderio di piangere, perché quel fatto non le era sufficiente per perdonare Goku.
Il suono di alcuni passi le fece alzare lo sguardo.
In fondo alla stradina, vide un gruppo di ragazzi. A differenza di quelli che l’avevano sfidata a toccare il cornicione, questi sembravano molto più grandi di lei.
E da come ridevano e si spintonavano a vicenda, barcollando ed emettendo suoni sgangherati, dovevano anche aver bevuto.
La ragazzina sentì che i capelli le si drizzavano sulla nuca.
Si voltò lentamente, cercando di passare inosservata, e iniziò a percorrere a ritroso la stradina.
Quando azzardò un’occhiata indietro, però, si rese conto che i giovani, tra gomitate e sguardi d’intesa, avevano cominciato a seguirla.
«Ehi, tesoro!» la chiamò uno. «Non correre! Vogliamo solo offrirti un bicchiere!»
«Sì» fece eco un altro. «Aspettaci! Vieni a divertirti con noi!»
Ormai in preda al panico, la ragazzina decise che fingere di star calma non serviva, e si mise a correre.
Pensava di alzarsi in volo una volta sbucata in una strada più ampia, in modo da non rischiare di sbattere contro muri vari, ma quella scelta la mise nei guai.
Quasi subito, infatti, si sentì agguantare rudemente. Cacciò un urlo: non si era accorta che fossero già così vicini.
«No, tesoro, non fare così!» rise il ragazzo che l’aveva afferrata, stringendola in un abbraccio prepotente.
Aliys si dimenò. Riuscì anche ad assestargli un pugno sul mento, ma a quel punto altri due giovani si erano avvicinati.
«Oh, che carina! Guardatela, è poco più di una bambina!»
Aliys cercò di liberarsi dal ragazzo che la stringeva, ma non ebbe molto successo, e cercò di mordergli una mano.
Lui, però, le sbatté un manrovescio sul volto, e lei emise un gemito più di paura che di dolore.
Uno degli altri ridacchiò. «Certo che è una tigre!» commentò, divertito, afferrandola per il braccio.
«Ehi, ehi!» lo rimproverò quello che stringeva la ragazzina. «Sono arrivato prima io!»
«Ma che egoista, non vorrai mica tenerla tutta per te!»
Terrorizzata, Aliys diede uno strattone, tirando un calcio ad uno dei ragazzi: «Lasciatemi andare!» E poi attaccò a gridare: «Aiuto! Aiuto!»
Il giovane che la tratteneva la sbatté contro il muro. «Macché, sei scema?» domandò, e per la prima volta sembrò arrabbiarsi. «Tappati immediatamente quella bocca!»
Aliys, naturalmente, si guardò bene dal farlo. «Aiuto! Vi prego, aiutatemi!»
Furibondo, il ragazzo la schiacciò contro il muro col proprio peso. «Sta’ zitta o te ne farò pentire» minacciò, e Aliys sentì la sua mano sulla gamba.
E a quel punto, fece ciò che avrebbe dovuto fare sin dall’inizio: smise di trattenere l’aura, aumentandola quanto più poteva e sperando ardentemente che qualcuno la percepisse.

Come sentì quell’esplosione di forza spirituale, Goku la riconobbe immediatamente.
«Aliys…» mormorò, scattando nella direzione da cui proveniva.
Sorvolò rapidamente le strade più ampie, arrivando in poco tempo sul centro storico di Satan City.
Lì, in un vicoletto, vide un gruppo di ragazzi che ridevano, divertendosi a tormentare una ragazzina…
Sua figlia.
Incontrollata, la rabbia scoppiò dentro di lui, e il saiyan si trasformò, gridando: «Lasciatela immediatamente!»
Smarriti, i giovani guardarono verso l’alto.
Atterriti dall’apparizione di quell’uomo che non solo sembrava sfuggire alle leggi di gravità, ma era anche circondato da una fiamma dorata, i ragazzi si allontanarono di scatto da Aliys.
Goku atterrò senza indugiare.
Il suo sguardo smeraldino, terribile e pieno di furia, vagò sui giovani impietriti, per poi soffermarsi sulla figlia.
Aliys era seduta scompostamente a terra, una gamba allungata sull’asfalto, l’altra piegata contro il petto. Era tutta scarmigliata e lo fissava ad occhi sbarrati, ma sembrava incolume.
«Andatevene» disse Goku, con voce vibrante d’ira repressa.
I ragazzi indietreggiarono, scambiandosi delle occhiate incerte…
«ORA!» urlò il saiyan, furibondo.
Quelli non se lo fecero ripetere un’altra volta: si diedero alla fuga lungo la stradina, urtandosi l’un l’altro e rischiando più volte di inciampare.
A quel punto, Goku riportò lo sguardo su Aliys.
Lei non si era mossa, ma stava iniziando a tremare.
Imponendosi di calmarsi, il saiyan tornò al suo stato normale e si avvicinò alla figlia.
«Al?» la chiamò.
La ragazzina era visibilmente scossa. «Papà…»
Lui si chinò su di lei, sollevandola tra le braccia.
A quel punto, Aliys si aggrappò al suo collo, scoppiando in singhiozzi e nascondendo il volto contro la spalla di lui.
Goku la strinse più forte e appoggiò le labbra sui suoi capelli, neri e setosi.
Aliys continuò a piangere, balbettando frasi scomposte tra un singulto e l’altro.
«Ti porto a casa» le sussurrò Goku, spinto dall’urgenza di consolarla. «Ti porto subito a casa».
Lei riuscì a scuotere la testa. «N-no…» balbettò.
Quella risposta colse il saiyan alla sprovvista. «No?»
«No» ripeté lei. «Ti prego. Non subito. Non voglio che la… che la mamma mi veda così. Per favore».
«Ma…» iniziò Goku, smarrito.
«Per favore, papà!» esclamò Aliys, tra i singhiozzi convulsi. «F-falle sapere che mi hai trovato, ma… ma fermiamoci da qualche parte, per stanotte… Voglio…»
«Va bene» disse Goku, portando una mano sulla nuca della figlia e stringendo con forza la ragazzina. «Va bene».
Aliys riprese a piangere, abbracciandolo più stretto.

















Spazio dell’Autrice:
Quasi non ci credo, ma ce l’ho fatta.
Sono riuscita a finire il capitolo *_* Dite la verità, ormai non ci speravate più (non ci speravo neanch’io!)…
Comunque, spero ardentemente di non aver fatto pasticci, e che vi sia piaciuto.
A sabato 29 dicembre!

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Capitolo 17
*** Mi dispiace ***


Capitolo 16 – Mi dispiace

I’m sorry
So what?
But you don’t think I’ve said enough
I’m sorry
I don’t care!
You were never there

Fortunatamente, Mister Satan non abitava molto lontano.
Aveva saputo della fuga di Aliys, e fu più che disponibile ad offrire una stanza per la ragazzina e a fornire un telefono per avvertire Chichi e tutti gli altri.
Goku trasportò in braccio la ragazzina lungo il corridoio. Aliys tenne la faccia affondata nella sua spalla per tutto il tempo – si accorse a stento del padre di Videl, del Majin Bu cicciottello che la guardava, e del cagnone di Mister Satan che si avvicinava ad annusare Goku.
Quando suo padre la posò sul letto, Aliys si raggomitolò. Dopo un momento, Goku si sedette accanto a lei sul materasso e telefonò a Chichi.
Convincere la donna a non precipitarsi immediatamente sul posto per verificare le condizioni della propria bambina fu difficile, ma alla fine il saiyan riuscì a persuaderla ad aspettare il mattino successivo.
«Al vuole riposare» spiegò, passando una mano sui capelli della figlia.
Dal canto suo, la ragazzina lo osservava in silenzio. Ne esaminava il profilo, la capigliatura nera e impossibile, la linea dei muscoli.
Poi Goku spense il telefono e lo mise da parte.
«Allora?» mormorò Aliys. Non sapeva bene perché, ma non se la sentiva di parlare a voce più alta.
«L’ho convinta» rispose suo padre. «Però mi ha raccomandato di riferirti che non vede l’ora di riabbracciarti».
Aliys non commentò. Anche lei non vedeva l’ora di rifugiarsi contro il petto di sua madre. Però era fin troppo consapevole del proprio aspetto pallido e scarmigliato, e non voleva che Chichi, vedendola, si preoccupasse ancora di più.
«L’hai fatta preoccupare molto» aggiunse Goku, con cautela. Sembrò quasi impacciato, mentre domandava: «Non mi vuoi dire perché sei scappata?»
Nel sentire quelle parole, Aliys si mise seduta di colpo.
Provava una sensazione bizzarra, come se l’ingenuità di Goku l’avesse scossa al pari di uno schiaffo in piena faccia.
«Non lo sai?» chiese, incredula. «Davvero non lo sai?»
Goku la fissò ad occhi sgranati. «No» disse. «Al, cosa…?»
La ragazzina esitò. Gli voleva sempre un gran bene, perciò una parte di lei non voleva fargli del male… Ma l’altra parte… Voleva dirglielo perché lui capisse, o entrava in gioco la meschinità che voleva vendicarsi?
Aliys non lo sapeva, e non le andava di ragionarci su.
«Sono scappata per te» affermò, tutto d’un fiato.
Ecco. L’aveva detto.
Per un istante, Goku la fissò come se non capisse, poi si impietrì.
«Cosa?» le chiese, aggrottando la fronte con un respiro brusco.
«Perché te ne sai andato» precisò Aliys. Il cuore le batteva all’impazzata nel petto. «E mi hai lasciata».
Il saiyan boccheggiò, come se non trovasse ossigeno.
«Io… io non…» farfugliò. «Non credevo che…»
L’orrore e la sorpresa lo avvolgevano. Improvvisamente, capì anche il comportamento diffidente che Goten aveva tenuto nei suoi confronti. Goku aveva pensato che il figlio fosse arrabbiato con lui perché era giunto in ritardo a cercare Aliys, ma ora comprese che c’era dell’altro.
Aliys distolse lo sguardo, e suo padre le posò urgentemente una mano sulla spalla.
«Aliys, mi dispiace» disse, in tono sincero, accorato.
La ragazzina annuì, stringendo i denti, sempre senza guardarlo. «E quindi?» le uscì dalle labbra.
Goku le tolse la mano dalla spalla, turbato.
Aliys piegò le ginocchia contro il proprio petto, e le strinse forte. «E quindi?» ripeté, fissando un punto indefinito del muro. «Ti dispiace, e allora? Potevi pensarci prima, papà. Potevi restare, invece di andartene via con Ub».
«Al…»
Lei non gli permise di continuare. Non voleva ascoltarlo.
«Lo sai?» disse, aspramente. «Sono diventata amica di Marron. Della figlia del tuo migliore amico. Non ci eravamo mai parlate, e ora siamo amiche, e tu nemmeno lo sai. E come potevi? Non c’eri».
«Al». Goku la afferrò per i polsi, costringendola a voltarsi verso di lui. «Mi dispiace davvero. Non avevo… Sono andato ad allenare Ub, ma non volevo abbandonare voi».
«Non volevi, ma l’hai fatto» ribatté la ragazzina, con un filo di voce.
Goku la lasciò come se si fosse scottato. «Mi dispiace» ripeté, mortificato.
Stranamente, quella battuta la fece arrabbiare. «Ho capito che ti dispiace!» esplose. «E non mi importa! Non mi importa!» Lo colpì sulla spalla e lui sussultò – eppure non era possibile che lei gli avesse fatto male. «Io…» La voce le si spezzò. «Io ti voglio bene, tanto da impazzire, e tu… Tu non c’eri mai».
Incapace di sopportare gli occhi della figlia – così accusatori, eppure tanto infelici –, il saiyan tornò ad agguantarla.
Aliys fece l’impensabile: si divincolò, ma lui riuscì comunque ad attirarla contro il proprio petto.
«Mi dispiace» le sussurrò.
«Perché fai così?» sibilò la ragazzina, mentre lacrime di frustrazione le salivano agli occhi. «Perché non ti difendi?»
«Mi dispiace».
«Smettila di ripeterlo, papà!»
Diede uno strattone, ma le braccia di Goku non la lasciavano.
«Mi dispiace, ma io… Non sono bravo con le parole, Al» mormorò il saiyan. «Non so cosa dirti… So solo che non volevo farti soffrire. Non pensavo che ti avrei fatto soffrire. E mi dispiace».
Lei iniziò a tremare, ma non per il freddo, né per la paura. Era solo che stava facendo una fatica tremenda a trattenersi dallo scoppiare a piangere.
«Al, Al…» la chiamò Goku, accarezzandole il viso e baciandole una guancia. Sembrava addolorato. «Sei la mia bambina e io ti voglio bene. Non volevo farti soffrire».
Lei non sapeva cosa fare. Era confusa. Era giusto perdonarlo? Se lo meritava?
Esitò. In quel momento, la voce di sua madre le riecheggiò nella testa, ripetendole una cosa che Chichi aveva detto tanto tempo prima.
Orgoglio saiyan? Ridicolo! L’orgoglio è la cosa peggiore al mondo. Separa le persone… quando hanno più bisogno l’una dell’altra.
Per poco, ad Aliys non andò di traverso la sua stessa saliva.
Cercò di ragionare, ma era più facile a dirsi che a farsi. Il cuore le batteva all’impazzata, e la voglia di mettersi a piangere la distraeva.
Goku era lì, adesso. Allora cosa le impediva di perdonarlo, se non l’orgoglio?
E sua madre… Forse Chichi era la persona di cui Aliys si fidava di più al mondo. E se lei aveva detto quelle cose sull’orgoglio, in tono così sprezzante…
D’impulso, Aliys si aggrappò alla tuta azzurra del padre e lo tirò ancora più vicino a sé, finché non poté affondare il viso contro il petto dell’uomo.
«Non andartene» gli disse, con voce strozzata. «Non andartene più».
Lui sussultò per la sorpresa.
Aliys si sentiva tesa sino allo spasmo, mentre aspettava che suo padre dicesse qualcosa – qualsiasi cosa, per l’amor del cielo!
E alla fine Goku parlò.
«Va bene» le disse, un po’ impacciato.
Aliys annuì, mentre il sollievo le invadeva la gola e le scendeva giù, dilatandole i polmoni. Lo chiamò con una voce sottilissima: «Papà?»
«Sì?» domandò subito lui, ansioso.
«Lo so che ti dispiace» ammise lei, con un groppo in gola. Deglutì. Al diavolo l’orgoglio! «E ti perdono, davvero».
Goku non disse niente, limitandosi a cercare il suo viso con le dita e ad accarezzarle di nuovo la guancia.
Forse era vero, lui non era bravo con le parole. In quel momento, però, Aliys pensò che fosse giusto così.
Perché in quel momento, le parole non servivano proprio.




















Spazio dell’Autrice:
Innanzitutto, vi chiedo scusa, ma ieri la connessione ad internet ha dato i numeri.
Cioè, riuscivo ad andare su YouTube e non su EFP o tumblr. Bah!
Vabbe’, l’importante è che ora tutto funzioni.
Lo so, questo capitolo è bello corto, ma volevo un piccolo chiarimento tra Goku ed Aliys (sperando che non suoni ripetitivo rispetto al finale dello scorso capitolo >_>).
Comunque, la battuta “L’orgoglio è la cosa peggiore al mondo. Separa le persone… quando hanno più bisogno l’una dell’altra” è presa da The Amazing Spider-Man #147, quindi non è farina del mio sacco ^^” Ho solo pensato che stesse bene sulle labbra di Chichi :D
E la canzone citata a inizio capitolo è “Another heart calls” degli The All-American Rejects.
Appuntamento a sabato 5 gennaio!
Buon ultimo dell’anno a tutti!

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Capitolo 18
*** Verso la normalità ***


Capitolo 17 – Verso la normalità

Quando Aliys e Goku tornarono a casa, trovarono ad aspettarli tutta la famiglia.
La ragazzina guardò subito verso sua madre, e Chichi la strinse a sé nel più saldo degli abbracci.
Aliys sentì che tutta l’aria veniva strizzata fuori dai suoi polmoni, ma non se ne curò. Il sollievo di non essere stata accolta con una sfuriata era immenso.
«Ally, fatti vedere» le ordinò Chichi, staccandosi da lei.
Le mise una mano sotto il mento e le esaminò il volto.
«Stai bene? Non ti sei fatta male, vero?»
La ragazzina scosse la testa. «Sto benissimo» assicurò.
«Bene» sospirò Chichi, e un istante dopo assunse un cipiglio severo. «Comunque, signorina, guai a te se provi a farmi prendere di nuovo uno spavento simile».
«Non lo farò più» si affrettò a promettere Aliys.
«Molto bene» concluse Chichi, e si girò verso Goku come una furia. «In quanto a te!» sbottò, e la ragazzina non poté biasimare suo padre quando questi fece un passo indietro. «Se farai ancora del male ai miei figli, puoi star certo che ti butterò fuori casa! Che non cucinerò mai più per te! Che…!»
Poi, con gran sorpresa di Aliys, la donna si gettò tra le braccia del marito.
Goku aveva un’espressione colpevole, e diede qualche pacca affettuosa sulla schiena di Chichi. «Mi dispiace, tesoro» disse, in tono un po’ vergognoso. «Non lo farò più».
A quel punto, Goten emise uno sbuffo infastidito e scompigliò i capelli della sorellina. Aliys distolse lo sguardo dai propri genitori.
«Ti sono mancata?» chiese al fratello.
Lui scrollò le spalle. «Mancata? Nemmeno mi ero accorto che fossi sparita!»
Poi, però, le fece un sorriso dei suoi, semplice e sincero, e le arruffò nuovamente i capelli.
«Non te l’ha detto la mamma, perciò te lo dico io» sussurrò. «Se riprovi ad andartene in quel modo, ti spacco tutte le ossa».
Aliys trovò che quella minaccia fosse stranamente confortante.
Un istante dopo, vide Gohan farsi avanti – evitando di fissare nella direzione in cui si trovavano i loro genitori – e sollevarla tra le braccia.
«Bentornata, sorellina» le disse, scoccandole un bacio sulla guancia. «Sono felice di vederti sana e salva».
Poi la riappoggiò a terra, e Videl gli fece eco: «Bentornata, Aliys».
La ragazzina le rivolse un sorriso grato. A dire il vero, iniziava a sentirsi un po’ imbarazzata, vedendo quanta gente si era preoccupata per lei.
A distrarla da quei pensieri fu Pan che, con grande sorpresa di Aliys, le offrì un mazzolino di fiori un po’ schiacciati.
«Sono contenta che stai bene, zia!» cinguettò.
«Ehm… grazie» rispose Aliys.
Parve subito chiaro, comunque, che Pan aveva altre priorità. Non appena Aliys accettò quel piccolo dono, la bambina fece un sorriso radioso e si precipitò verso Goku, aggrappandosi alla gamba destra del saiyan e facendogli mille feste.
Aliys notò che Chichi e Goku si scambiarono uno sguardo al di sopra della testolina arruffata di Pan, e si domandò cosa significasse. Chichi aveva già perdonato il marito, o a Goku sarebbe toccata un’altra bella sgridata?
«E così» commentò Goten, riscuotendola, «hai guadagnato venti zeny toccando un cornicione».
Aliys lo guardò, interdetta. «Come fai a saperlo?»
«Ho incontrato il ragazzino che ti ha sfidato» spiegò il giovane.
«Davvero, figliolo?» intervenne Goku. «Allora è così che hai capito che Al si trovava a Satan City…»
Con sommo stupore di Aliys, Goten non degnò il padre di un’occhiata.
«Capelli biondi, occhioni azzurri» proseguì invece, ignorando Goku. «Di’ un po’, Al… Ti sei avvicinata a lui perché era carino? Ti sei presa una cotta?»
«Io… Cosa?» farfugliò lei, disorientata dal comportamento del fratello.
«Ti ho chiesto se ti sei presa una cotta per il tuo benefattore» ripeté Goten, dando deliberatamente le spalle a Goku.
Aliys non poté fare a meno di notare l’espressione ferita del saiyan.
«No» rispose, riportando gli occhi su Goten. «Non mi sono presa una cotta, perché il mio cuore è già impegnato».
Quella frase stupì il giovane. «Che cosa?!»
«Oh, Goten-Goty, è ovvio!» esclamò Aliys, saltandogli al collo. «Sono innamorata di te!»
Con un’esclamazione inorridita, Goten se la staccò di dosso.
«Non. Farlo. Mai. Più» sillabò, mentre gli altri presenti – eccetto Goku, che sembrava ancora turbato – scoppiavano a ridere.
Anche Aliys ridacchiò, piena di sollievo. Goten le era mancato così tanto!
Altro che un giorno! Le sembrava di essere stata via per mesi e mesi…

Quella giornata, poi, le parve la più bella della sua vita.
Non riusciva a credere che Goku fosse tornato – tornato davvero, tornato per lei – e quindi gli gettava un’occhiata dopo l’altra.
E ogni volta che il suo sguardo si posava sul saiyan e lui le sorrideva, Aliys si sentiva scoppiare di gioia.
Per l’occasione, Chichi invitò Gohan e Videl e Pan a rimanere per pranzo e cucinò tutti i piatti preferiti di Aliys.
Quest’ultima avrebbe voluto piangere. Sapeva di aver fatto preoccupare da morire sua madre, e vedere Chichi che si dava da fare per farla contenta la faceva sentire un po’ in colpa.
I suoi geni saiyan, comunque, accolsero il cibo con immensa felicità.
Durante il pasto, la ragazzina osservò Goku a più riprese.
La fece sentire sollevata, il constatare che il saiyan si abbuffava come sempre. Sollevata e rassicurata, perché le cose erano tornate come prima.
L’unica nota dolente nella ritrovata normalità era Goten.
Il ragazzo la prendeva in giro e le sorrideva come sempre, ma se Goku gli rivolgeva la parola si rabbuiava e lo ignorava puntualmente.
Guardandosi intorno, Aliys notò che nessuno sembrava sapere come risolvere quella situazione.
Lei stessa non sapeva come prendere il comportamento di Goten, forse anche perché non sapeva se sentirsi più dispiaciuta per il padre o per il fratello.
A metà del pomeriggio, prese Goten da parte.
«Ti faccio vedere una cosa» gli disse, mettendogli in mano la pallina da tennis recuperata dalla propria giacca.
Il giovane se la passò da una mano all’altra. «Bella» commentò, incerto. «E… perché me l’hai data?»
«Me l’ha regalata papà» rispose Aliys, con semplicità. «O meglio, è un ricordo di un pomeriggio che abbiamo passato insieme».
Goten distolse lo sguardo. «Ah».
«Sei ancora arrabbiato con lui?» domandò la ragazzina, tutto d’un fiato.
Il fratello non le rispose, tenendo lo sguardo incollato alla pallina. «Non capisco perché me l’hai fatta vedere» borbottò, restituendogliela.
Aliys fece un sorriso imbarazzato. Bella domanda: perché gliel’aveva mostrata? «Non lo so nemmeno io» confessò. Cercò di pensarci su, poi azzardò: «Forse perché… be’, il ricordo di quel pomeriggio è un bel ricordo».
Goten la fissò. «E allora?»
Lei si strinse nelle spalle, un po’ a disagio. «Allora immagino che anche tu abbia dei bei ricordi legati a papà».
«Certo che ce li ho» ribatté Goten. «Ne ho di bellissimi. Però ce ne sono anche di brutti».
«È vero» ammise Aliys a malincuore. «E lo sai? Io volevo buttare via questa pallina, ma alla fine me la sono tenuta. Preferivo pensare ai ricordi belli, piuttosto che a quelli brutti».
Goten le arruffò i capelli. «Brava bimba» disse, in tono cantilenante.
«Dai, Goten! Ascoltami seriamente» si lamentò Aliys.
«Ti sto ascoltando» replicò lui. «È solo che penso che i ricordi brutti esistono anche se li lascio da parte. E che se papà avesse fatto altre scelte, molti di loro non esisterebbero. Non ti sembra?»
«Sì, ma…» balbettò la ragazzina.
Goten scrollò le spalle. «Tieniti la tua pallina gialla, Al. Io non sono in vena».
Detto ciò, si allontanò.
Aliys lo seguì con espressione desolata, e sussultò quando Goku le giunse accanto.
Il saiyan saltò ogni preambolo: «È arrabbiato con me, eh?»
Aliys lo guardò. Goku aveva nello sguardo una serietà inusuale, e alla ragazzina parve di scorgere anche una traccia di tristezza.
“Come un bambino che, di colpo, si rende conto di tutte le conseguenze delle sue azioni” le venne da pensare.
«Io… cioè, lui… non…» Tacque, con le guance in fiamme. Non sapeva cosa dire.
Goku le scompigliò i capelli con affetto – Aliys non poté fare a meno di chiedersi perché tutti i membri della famiglia sembrassero avere quell’abitudine.
«Non preoccuparti, Al» le disse il saiyan. «Penso… Penso sia una cosa che… insomma, che devo cercare di risolvere da me».
Aliys si sentì invadere dal sollievo. Era proprio quello che sperava: che suo padre decidesse di provare a far pace con Goten.
Così gli rivolse un sorriso grato e gli strinse la mano.
«Sono contenta che sei tornato».















Spazio dell’Autrice:
Okay, potete impiccarmi. È la seconda volta che vi faccio aspettare un giorno di troppo.
Disgraziatamente, ieri avevo un po’ di febbre, e diciamo che i miei mi hanno vietato di mettermi al computer. Per la serie: maggiorenne un piffero, finché vivi a casa loro, devi obbedire XD
Come avrete capito, Goku ha molte cose da risolvere… Aliys non basta per mettere pace tra lui e Goten.
Ah, se avete provato la sensazione che questo capitolo abbia lasciato alcune cose in sospeso, è una sensazione più che giusta ;) (Goku ha fatto davvero un bel casino, che purtroppo non sono capace di risolvere in un solo capitolo XD)
Vi do appuntamento a domenica 13 gennaio!

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Capitolo 19
*** Le riserve di Goten ***


Capitolo 18 – Le riserve di Goten

La mattina successiva, quando Aliys si svegliò, Goku e Chichi erano chiusi in camera a parlare.
La ragazzina si stupì: suo padre non era mai stato tipo da tenere grandi discorsi.
Per un istante, fu tentata di fermarsi ad origliare cosa dicessero, ma poi si allontanò con discrezione, sentendosi scaldare il cuore dal pensiero che Goku fosse lì.
Ovviamente, Goten era in cucina. Era davanti al frigorifero spalancato, ed esaminava meticolosamente i cibi disposti nei vari scomparti.
«Attento a non mangiare quello che la mamma pensa di fare per pranzo» lo avvertì Aliys.
Il giovane si voltò verso di lei con aria offesa. «Ehi! Non è… Okay, è successo. Una volta sola, però!»
La ragazzina sorrise, scuotendo la testa.
Ricordava benissimo quel giorno, e la reazione di Chichi quando aveva scoperto che il cibo che avrebbe voluto cucinare era scomparso.
A parere di Aliys, Goten era stato salvato – quella volta come in tante altre occasioni – dal fatto di essere il cocco della loro madre.
«Uffa» brontolò il giovane, corrucciato, tirando fuori la testa dal frigorifero. «Come faccio a sapere se questi pomodori ha intenzione di servirli a mezzogiorno?»
Aliys scosse la testa. «Non puoi mangiare pomodori per colazione» obiettò, poco convinta.
«Perché no?» replicò Goten. «A proposito, hai idea di dove sia la mamma?»
«È in camera sua con papà» rispose Aliys, esitante. «Penso che stiano… parlando…»
Goten tornò a frugare nel frigorifero. «Perché non è rimasto dov’era, dico io…»
La ragazzina fu sorpresa e ferita da quelle parole. Avrebbe voluto obiettare che, se Goku fosse rimasto dov’era, nessuno l’avrebbe salvata da quei brutti ceffi. Goten ancora non sapeva cosa fosse successo quella notte, ma forse era il caso di informarlo…
Così, Aliys aprì la bocca per replicare. Proprio in quel momento, però, si udirono dei passi avvicinarsi alla cucina, e Goku fece presto la sua entrata.
«Ciao, ragazzi» li salutò, con un sorriso smagliante.
Aliys non poté fare a meno di sorridere a propria volta. «Ciao, papà» rispose.
Goten si limitò a immergersi maggiormente nel frigo, senza dire nulla.
«Io e la mamma pensavamo di andare a fare una gita, questo pomeriggio» annunciò Goku, dopo aver lanciato un’occhiata alla schiena del proprio secondogenito. «Che ne dite?»
Aliys si affrettò ad annuire. «Sarebbe fantastico!» asserì.
Forse, pensò tra sé e sé, durante la passeggiata Goku avrebbe potuto prendere Goten da parte e chiarirsi con lui…
La voce sostenuta di Goten emerse dal frigorifero: «Io non vengo».
Davanti a quella risposta, Goku fece qualche passo in avanti, dicendo: «Avanti, figliolo, potremmo…»
Goten chiuse bruscamente la porta del frigorifero, girandosi di scatto verso il padre. «Ho detto che non vengo!»
Aliys impietrì.
Goku, invece, fece per avvicinarsi di più al secondogenito. «Goten, so che sei arrabbiato, e…»
«Tu non sai niente!» esplose il ragazzo. «Niente, hai capito?! Io non voglio venire a una stramaledetta gita! Non voglio venirci con te!»
Goku si ritrasse, e Aliys gli gettò un’occhiata.
Si sentiva quasi spaventata: non aveva mai visto Goten – Goten, che di solito era la placidità fatta persona – arrabbiarsi in quel modo.
In quanto al giovane, sembrava più sconvolto della sorellina. Le rivolse uno sguardo, borbottando un «Di’ alla mamma che sono da Trunks», quindi infilò la porta senza guardare Goku e se ne andò.
Aliys deglutì, girandosi verso suo padre.
Goku era immobile, in una posizione fin troppo rigida.
Forse pensava alla prima volta in cui Goten gli era balzato tra le braccia? Piccolo e caldo come un cucciolo, e altrettanto fiducioso.
Dopo qualche istante, Chichi entrò nella cucina.
«Cosa…?» iniziò, ma le bastò accorgersi dell’espressione del marito e dell’assenza del secondogenito per capire.
Aliys si schiarì la gola. «Goten è… è andato da Trunks» disse, con voce tremula.

***

Gohan era nella propria camera da letto, un libro tra le mani.
Non studiava, però: supervisionava la piccola Aliys, seduta sul pavimento e intenta a comporre un puzzle colorato.
Qualche momento più tardi, Goten entrò nella stanza.
«Fratellone?» chiamò, evitando per un pelo di inciampare nella sorellina.
Gohan mise il libro da parte. «Che succede?»
Il bambino andò verso di lui con espressione contrita – Aliys, imperturbabile, continuava ad occuparsi del suo puzzle.
«Gohan, perché io non ho un papà?» chiese Goten. «Ho fatto qualcosa di brutto?»

***

Un sassolino grande come un’unghia compì un arco nell’aria, andando a finire con precisione all’interno di un bicchiere di vetro abbandonato tra l’erba.
«Centro!» si rallegrò Trunks. «Di nuovo».
«Anch’io» gli fece eco Goten.
Erano seduti nel giardino della Capsule Corporation, accanto a una stradicciola di ghiaia. Era da lì che prendevano i sassolini, mentre il bicchiere… Ovviamente proveniva dalla cucina.
Quando Goten era comparso senza preavviso, Trunks non gli aveva fatto domande, limitandosi a prenderlo da parte.
«Come sta Al?» domandò ora il figlio di Vegeta, prendendo la mira con l’ennesima pietruzza.
Goten scrollò le spalle. «Oh, lei sta benissimo».
«Meglio» commentò Trunks, mentre il sassolino atterrava all’interno del bicchiere.
Rimasero zitti per un po’, in un silenzio rotto solamente dal regolare ticchettare della ghiaia contro il vetro.
«Ti ricordi i tempi di Majin Bu? Ricordi quando mio padre ci aveva detto che Vegeta e mio fratello erano stati uccisi?» domandò Goten, improvvisamente.
Trunks annuì, e si rabbuiò appena. «Certo che lo ricordo». Poi si rianimò. «Gli avevamo dato del codardo e della femminuccia».
«Già» disse Goten.
Lanciò un sassolino, e questo cozzò malamente contro il bicchiere per poi cadere tra l’erba.
Trunks lanciò un’occhiata stupefatta all’amico. «Che ti prende?» domandò.
«Niente» mormorò Goten, in maniera per nulla convincente.
«Come no» fece Trunks, inarcando un sopracciglio. «Hai appena sbagliato il lancio più facile del mondo…»
Goten esitò. Ma così come non era bravo a mentire, non era nemmeno bravo a mantenere segreti col suo migliore amico.
«È solo che… All’epoca credevamo che mio padre li avesse abbandonati».
«Va bene, ma poi ci siamo ricreduti» gli fece notare Trunks.
«Sì, però…» Goten parlò tenendo gli occhi puntati a terra. «Se avessimo avuto ragione? Mio padre ha dimostrato di essere capacissimo di andarsene di punto in bianco. E se quella volta li avesse abbandonati sul serio?»
«Ma che stai dicendo?» esclamò Trunks. «Sai benissimo che non è così. Goku che abbandona suo figlio e – mio padre mi ucciderebbe se mi sentisse – un suo amico durante una battaglia?»
Goten tirò un respiro, raccogliendo un altro sassolino.
«Hai ragione» mormorò. «Era un dubbio stupido».
«Già, ma non ti biasimo» replicò Trunks, stringendosi nelle spalle. «Se mio padre se ne fosse andato…»
Non concluse la frase.
Ripresero a lanciare sassolini nel bicchiere.
Goten ripensò alla trasformazione in super saiyan di terzo livello di Goku. Era grazie a quella che si era ricreduto sul conto di suo padre.
Da quel momento, aveva iniziato a considerarlo un vero eroe.
Però… Ora non credeva di reputarlo più tale.
Sapeva che Trunks aveva ragione, Goku non avrebbe sicuramente abbandonato un figlio e un amico nel mezzo di una battaglia… Ma allora la questione com’era?
Goten avrebbe tanto voluto andare da suo padre e chiedergli: “Occorre essere in pericolo o potentissimi, per avere la tua attenzione?”

***

«Gohan, Gohan!»
Il giovane si svegliò di soprassalto. «Cosa… Chi…?» farfugliò, disorientato.
Dopo un istante di allarme, riconobbe l’aura del proprio fratellino.
«Goten? Che ci fai qui?» biascicò, cercando di distinguerne il visetto nel buio della notte.
«Sono andato nel lettone della mamma, ma è occupato» riferì il bimbo, in tono accorato. «C’è il papà, adesso!»
«E allora?» sospirò Gohan, assonnato. «Non ci stai lo stesso?»
Dal silenzio che seguì, capì di aver lasciato interdetto il proprio fratellino.
«Come?» domandò Goten, strabiliato. «Posso dormire lì anche se c’è il papà?»
Gohan non poté fare a meno di sorridere. «Certo» assicurò.
«E dove mi metto?» indagò Goten. «Ah, ho capito!» esclamò raggiante, prima che Gohan potesse rispondere. «In mezzo!»
«Esatto» confermò Gohan, divertito.
«Così sto vicino sia alla mamma che al papà!» continuò Goten, contento. «Sono sicuro che si sta benissimo!»



















Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto… E che i flashback non l’abbiano reso meno fluido da leggere…
Appuntamento a domenica 20 gennaio!










AVVISO DI DOMENICA 20 GENNAIO:
L’aggiornamento è rimandato a giovedì 24 gennaio.
Dopo aver scritto questo, vorrei andare a seppellirmi in giardino: voi mi lasciate delle recensioni bellissime, e io non riesco nemmeno a ripagarvi con un aggiornamento settimanale.
Ma ho una montagna di roba da studiare, i nervi a pezzi, e ispirazione zero.
So cosa devo scrivere nel nuovo capitolo, ho anche buttato giù qualche frase, ma non sono in condizioni di riuscire a svilupparlo decentemente.
Sono più che mortificata, mi dispiace da morire.

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Capitolo 20
*** Passaggi di tempo ***


Capitolo 19 – Passaggi di tempo

Goku era in giardino con la piccola Pan.
Lei scalpitava, indicandogli questo e quello con i suoi squillanti: «Guarda, nonno!», ma lui le presentava la metà dell’attenzione che le riservava di solito.
Con aria assente, era volto verso il profilo di alcuni monti lontani.
Quando Pan si avvicinò ad un albero e si mise ad esaminarlo attentamente – come per valutare se arrampicarsi sarebbe stata una buona idea –, Goku non se ne accorse nemmeno.
Continuava a pensare a Goten, e alla rabbia del suo secondogenito.
E si sentiva quasi smarrito, perché non aveva messo in conto che, andandosene, avrebbe portato tanto dolore alla sua famiglia.
Goku non avrebbe mai voluto far del male a Chichi, o ai suoi figli.
Non aveva pensato che il suo seguire Ub sarebbe stato interpretato come un abbandono.
Lui non li aveva abbandonati. Era soltanto… Soltanto cosa?
Era andato via, non si era fatto più sentire.
Ma era così impegnato nell’addestrare il ragazzino, e non aveva minimamente considerato che il suo silenzio potesse ferire tanto i suoi figli.
E invece aveva fatto danni enormi.
Aliys era scappata di casa – il saiyan strinse il pugno per un istante, ricordando il gruppetto di ragazzi che l’aveva aggredita – e Goten…
Goten non si fidava più di lui.
Il suo secondogenito non si fidava più di lui.
E dire che, da bambino, era così fiducioso…
Se chiudeva gli occhi, Goku riusciva quasi a sentirlo, quel soldo di cacio che si aggrappava alla sua gamba, che lo implorava di prenderlo in braccio.
E poi rideva, quando lui lo sollevava in alto.
Papà!, lo chiamava, e strofinava il visetto contro la guancia paterna. Papà!
«Nonno, io vado a casa, ho detto alla mamma che avrei messo a posto la camera» lo informò la piccola Pan.
Goku si voltò a guardarla con un sussulto, e notò che aveva alcune foglie tra i capelli lucidi e corvini.
Aggrottò la fronte, smarrito.
«Tesoro? Quelle vengono da un albero?» le domandò.
«Sì, mi sono arrampicata molto in alto» ci tenne a precisare Pan. «Sono stata brava, vero, nonno?»
Per un momento, Goku si preoccupò. Se Chichi avesse saputo che aveva perso di vista la loro nipotina… No, preferiva non pensarci.
Perciò, si sforzò di sorridere alla bambina. «Brava? Sei stata bravissima» asserì, scompigliandole i capelli. «Tra qualche tempo, diventerai forte come il tuo nonno».
Pan fece un gran sorriso e abbracciò la gamba del saiyan.
Goku fremette appena, ricordando quand’era Goten a fare quel gesto…
«Ti voglio bene, nonnino!» tubò la bambina.
«Anch’io ti voglio bene, tesoro» replicò lui, prima che Pan si staccasse e corresse svelta verso casa sua.
Goku tornò a voltarsi verso i monti, con un sospiro.
«Papà? Stai bene?»
Aliys gli si avvicinò, prendendogli timidamente una mano.
Aveva i capelli neri infilati dietro le orecchie, così non le stavano davanti alla faccia come succedeva anche troppo spesso.
«Sì» disse lui, senza convinzione. «Sì, sto bene».
«Io…» La ragazzina esitò, poi parve prendere una decisione. «Vieni» disse, iniziando a trascinarlo verso casa.
Goku non oppose resistenza, ma assunse un’aria perplessa. «Che c’è, Al?»
«Mi sono scordata di darti una cosa» rispose lei.
Lo condusse sino alla propria camera, quindi accennò al proprio letto.
«Siediti lì» ordinò, «e chiudi gli occhi».
Il saiyan aggrottò la fronte, ma poi obbedì.
Sentì la ragazzina allontanarsi e trafficare, poi lei gli tornò davanti e dichiarò: «Bene, ora puoi aprire gli occhi».
Goku sollevò le palpebre… E vide che sua figlia gli tendeva una tazza.
Un po’ stupito, prese l’oggetto, vedendo che sopra vi erano dipinti a regola d’arte alcuni biscotti.
«L’ho comprata poco dopo il Torneo» disse Aliys, cautamente. «Era un regalo di bentornato».
Goku rimase interdetto, poi le sorrise. «Grazie, piccola» le disse, tendendosi ad abbracciarla per un istante.
Poi tornò a guardare la tazza e, di punto in bianco, gli tornò in mente il modo in cui Goten lo aveva aggredito… Si rabbuiò.
«Poco dopo il Torneo…» mormorò. Alzò gli occhi su Aliys. «Ti aspettavi tornassi prima, vero?»
La ragazzina arrossì, quindi si strinse nelle spalle.
«Prima, dopo, alla fine non importa» gli disse, con un sorriso timido. «Importa solo che sei tornato».
Goku sbatté le palpebre. Improvvisamente, gli sembrò che Aliys non fosse mai stata tanto simile a Chichi come in quel momento.
Ecco, pensò, sua figlia non aveva ereditato dalla madre solo il viso dolce e la forza d’animo… Aveva ereditato anche la sua capacità di perdonare.

Di ritorno dalla Capsule Corporation, Goten si rese conto di non aver alcuna voglia di incrociare suo padre.
Così, invece di dirigersi a casa sua, fece una piccola deviazione ed andò a bussare alla porta di Gohan.
Ad aprirgli fu proprio il fratello maggiore, che lo guardò stupito da dietro il suo paio di occhiali.
«Goten!» disse, facendosi da parte per lasciarlo entrare. «Come mai da queste parti?»
«Disturbo?» mormorò il più giovane. Teneva la testa china, come un cagnolino che si aspetti una bella bastonata.
«Figurati, certo che no» lo rassicurò il fratello. «Vieni».
Il divano era ingombro di libri – tutti tomi piuttosto voluminosi e dai titoli tremendamente astrusi – e Gohan si affrettò a spostarli, così che lui e Goten potessero accomodarsi sul sofà.
«Allora?» fece Gohan, guardando il fratello.
Goten si strinse nelle spalle con aria mesta. «Niente».
Il maggiore per poco non alzò gli occhi al cielo. «Goten, è evidente che c’è qualcosa».
«Okay» ammise subito l’altro, «qualcosa c’è. Non so bene cosa sia, però. È solo che… sono arrabbiato con papà. Tanto».
«Capisco». Gohan si diede una sistemata agli occhiali. «È per questo che sei qui?»
«No, be’… sì, in parte» rispose Goten. «Cioè, sono qui perché non me la sentivo di vedere papà… E anche perché tu sei la persona di cui mi fido di più, fratellone».
Gohan gli sorrise. «Ne sono lusingato» commentò, con una strizzata d’occhio.
Dopo un istante, Goten ricambiò un sorriso.
«Ne vuoi parlare?» domandò Gohan, gentilmente.
«Non credo» rispose Goten.
«Come vuoi» acconsentì subito il maggiore.
Il giovane non credeva alle proprie orecchie. «Tutto qui?» chiese, fissandolo.
Gohan lo guardò con aria sorpresa. «Perché?» replicò, tranquillamente. «Se non vuoi parlarne, non voglio obbligarti».
«Ma come?» si stupì Goten. «Quando ero piccolo mi costringevi sempre a confessare che ero stato io a finire la marmellata. O le fragole. O il cioccolato».
«O i dolci che la mamma aveva regalato ad Al» gli fece eco il maggiore.
«Ehi» si difese Goten, «lei non sarebbe mai riuscita a finirli tutti da sola…»
«Da come piangeva disperata quando ha visto la scatola vuota, direi che aveva un’altra opinione» gli fece notare Gohan.
Si sorrisero, ma poi il silenzio calò tra di loro.
Alla fine, fu Gohan a romperlo. «Fratellino?»
Goten lo guardò. «Sì?»
«Io non sto prendendo le difese di papà» gli disse Gohan, seriamente, «perché trovo ingiusto quello che ha fatto passare a te e ad Al. Però… Tu ricordati che lui ti vuole bene, d’accordo?»
Goten si mise a giocherellare col bordo della propria maglia.
Goku gli voleva bene? Davvero? Non era proprio un campione, nel dimostrarlo.
D’altro canto, se lo diceva Gohan…
Goten annuì. «Ci proverò» mormorò, pur sapendo che non era abbastanza.
Per una volta, voleva più di quel che Goku provava a pensava. Voleva più delle sue buone intenzioni. Voleva le sue azioni.
O forse neanche quello. Forse non voleva più vederlo per il resto della sua vita.

















Spazio dell’Autrice:
Innanzitutto, vi ringrazio per tutta la comprensione e l’incoraggiamento che mi avete mostrato la volta scorsa. Siete stati gentilissimi :°)
Per quanto riguarda questo capitolo… Doveva contenere almeno un’altra scena, ma visto che non  l’ho finita di scrivere e che non volevo rimandare di nuovo, l’ho tagliato qui.
Spero che ciò che n’è rimasto vi sia piaciuto.
Ah, per il titolo del capitolo non avevo proprio idee, così ho ripiegato su una citazione della canzone “Anime Salve” di De André (tra l’altro, una mia one-shot su Dragonball, con Goku e Bulma protagonisti, si chiama proprio Passaggi di tempo. Insomma, non ho una grande fantasia XD).
Bien, io torno a scervellarmi/deprimermi su Dead man walking (la mia continua occupazione in questi giorni...), appuntamento a domenica 3 febbraio!

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Capitolo 21
*** Ne vale la pena ***


Capitolo 20 – Ne vale la pena

Per come andarono le cose, Goten scoprì subito che non vedere più Goku non era proprio fattibile.
Non appena il giovane mise piede in casa, infatti, incrociò suo padre.
«Goten» disse Goku, vedendolo. «Possiamo parlare un momento?»
Il giovane abbassò rapido lo sguardo, con aria scontrosa. «Non ho tempo, adesso» mugugnò, cercando di sgusciare via.
Goku, però, lo afferrò per il braccio.
«Aspetta, figliolo, voglio solo…»
«Io voglio un padre che non vada via per l’aria che tira» ribatté Goten, in tono rancoroso. «Ma a quanto pare non si può avere ciò che si vuole».
Goku sbarrò gli occhi, e la presa sul braccio del figlio si allentò.
Per quanto l’osservazione di Goten lo avesse ferito, però, non era minimamente intenzionato ad arrendersi così presto.
«Goten, so che ho sbagliato».
«Ah, sì?» ribatté il giovane. Il cuore gli batteva fortissimo tra le costole; si sentiva come un animale in gabbia, e quella frustrazione dava forza e veleno alle sue parole. «E perché lo sai? Perché Al non è riuscita a sopportare la tua assenza ed è scappata via. Se lei non ci fosse stata, non avresti mai capito. Non saresti mai tornato».
Goku aprì la bocca, ma Goten lo precedette.
«O forse sì, saresti tornato, ma tra anni e anni, alla fine dell’allenamento di Ub. E sai cosa? Forse l’avrei preferito, perché…»
“Perché magari a quel punto non mi sarebbe importato più niente, di te” aggiunse mentalmente.
Non lo disse ad alta voce, però. Non voleva ammettere davanti a Goku che gli importava ancora di lui.
Con uno strattone, si liberò dalla stretta del padre, e Goku rimase immobile a fissarlo mentre si allontanava.
Quando Goten fu scomparso alla vista del saiyan, qualcuno suonò alla porta.
Riscuotendosi, Goku andò ad aprire, e si ritrovò davanti una ragazzina esile e bionda.
Marron.
«Salve, signor Goku» lo salutò lei. «Bentornato».
Lui aggrottò la fronte. Era ancora frastornato dal confronto avuto col figlio. «Ehm… Grazie».
«È un brutto momento?» aggiunse la ragazzina. «Volevo vedere Aliys…»
Goku la guardò davvero solo a quel punto, mentre gli tornava in mente che sua figlia aveva detto di aver fatto amicizia con la biondina.
«Entra pure» disse, facendosi da parte.
Un po’ di curiosità si fece strada nella sua espressione cupa…
Tra sé e sé, considerò che la ragazza somigliava molto alla madre, ma allo stesso tempo gli ricordava Crilin. E se davvero Marron aveva preso qualcosa dal padre, era un bene il fatto che Aliys avesse fatto amicizia con lei. Goku conosceva bene il cuore generoso dell’amico.
Marron guardò l’uomo con aria perplessa. «Va tutto bene?» azzardò.
«Uhm» rispose Goku. Non era bravo a dire bugie, così cambiò argomento. «Al è in camera sua. Devo accompagnarti, o…?»
«Non c’è problema, so la strada» replicò la ragazzina, sfoderando un sorriso. «Posso andare da sola».
Goku avvertì un certo rimpianto.
A quel che pareva, Marron era già stata a trovare Al lì sui Paoz… Chissà cos’altro aveva fatto sua figlia – cos’altro avevano fatto i suoi figli – mentre lui non c’era…

Quando Aliys sentì bussare alla propria porta, pensò che si trattasse di Goten.
Così, quando si trovò davanti Marron, non poté fare a meno di assumere un’espressione sbalordita.
La biondina, comunque, non le lasciò il tempo di dire nulla: si slanciò in avanti e la abbracciò forte.
Aliys strinse le mani sulla schiena dell’altra con un certo stupore. E anche con un po’ di vergogna: dopo aver urlato in faccia a Goku che lei e Marron erano diventate amiche,  non aveva pensato all’altra ragazza nemmeno una volta.
«Wow» si lasciò sfuggire, «ciao».
Marron si staccò da lei. «Scusami se sono venuta solo adesso» disse, con aria colpevole. «Ma pensavo che ieri fossi occupata con la tua famiglia».
«Pensavi bene» si affrettò a dire Aliys. «Tra i saluti di mia mamma, di Goten, Gohan, Videl e Pan, dubito che saremmo riuscite a passare un secondo insieme».
«Ma avrei dovuto telefonarti per sapere se stavi bene…» aggiunse Marron, scuotendo la testa come per rimproverarsi quella dimenticanza.
«No, no, non c’è problema» la contraddisse Aliys. «Io preferisco vedere le persone, piuttosto che parlare loro al telefono».
Marron le rivolse un sorriso. «Okay, allora non è stata una brutta idea quella di venire… Anche se avrei dovuto avvertirti» aggiunse, corrucciandosi. «È solo che sono stata alla Città dell’Ovest, e sulla via del ritorno ho pensato di fare un salto qui».
Aliys era un po’ imbarazzata dalle scuse più o meno implicite dell’altra ragazza. «Marron, davvero, non devi giustificarti» disse. «Va bene così».
«Okay». La biondina la guardò con un sorriso sulle labbra, poi assunse un’aria seria. «Allora stai bene, giusto?»
Aliys annuì. «Sono sana e salva».
«Bene…» Marron si sfregò le mani. «Goku è tornato e tutto si è sistemato».
Ahi.
Aliys non riuscì a trattenere una smorfia.
Senza volerlo, Marron aveva giusto girato il coltello in una certa piaga…
«Ho detto qualcosa che non va?» si preoccupò la ragazzina bionda.
«No, non sei tu» rispose Aliys, «è solo che…»
Esitò un attimo. Era il caso di parlare con Marron di una questione così delicata?
“Al diavolo” si disse alla fine. “Io posso parlare con chi voglio, non è un segreto di stato. Tanto più che non lo faccio per pettegolezzo: se non mi sfogo subito con qualcuno esplodo…”
«È solo che li vorrei tutti e due» affermò, tutto d’un fiato.
Marron la fissò. «Come, scusa?»
Aliys si sentì arrossire sino alla radice dei capelli.
Gran bella figura.
«Voglio dire… cioè…» farfugliò. «Si tratta di Goten. È arrabbiato con nostro padre… E io… Io mi sento come se… Non lo so. Quando papà era via, pensavo che sarebbe bastato il suo ritorno per mettere a posto le cose… Ma non è così. Goten non vuole perdonarlo, e io mi sento come se la mia famiglia fosse comunque spaccata… Non so se ha senso».
Tacque, con le guance in fiamme.
Da parte sua, Marron si concesse un momento per pensare.
«Be’, penso che ce l’abbia» disse alla fine. «Voglio dire, io non sono mai stata in una situazione simile, anche perché non ho fratelli…»
Aliys annuì. «Sì, lo so… Scusami, introduco sempre questi discorsi…»
«Figurati» replicò Marron, decisa. «Sarei un’amica scadente, se tu non potessi parlarmi dei tuoi problemi».
Aliys la guardò con gratitudine.
«Comunque» proseguì Marron, «credo che tu ti senta in colpa, e questo non va bene».
La figlia di Goku fu presa alla sprovvista da quel commento. «Cosa?» cercò di protestare. «Io non mi sento…»
Poi tacque.
Non era vero. Si sentiva in colpa eccome, anche se non sapeva bene perché.
«Accidenti» mormorò. «Mi sento proprio in colpa».
«Non dovresti» disse Marron, stringendosi nelle spalle. «Non è colpa tua se non puoi aggiustare le cose tra loro. Voglio dire, non è compito tuo… Forse devono sbrigarsela da soli».
Aliys arrossì. Era proprio vero: lei si sentiva inutile perché non poteva far sì che Goku e Goten si riappacificassero.
«Sì, ma…» iniziò a dire. Poi si interruppe, ricordando che Goku stesso le aveva detto che quella era una cosa che doveva cercare di risolvere da sé.
E si sentì come se qualcuno le avesse appena tolto un gran peso dallo stomaco.
Doveva avere fiducia in suo padre e in suo fratello. Loro potevano superare quella fase, potevano farlo, potevano farlo…

Più tardi, Marron e Aliys parlarono di cose più leggere, finché per la biondina non arrivò il tempo di tornare a casa.
Nell’ingresso, incrociò Goku.
«Ciao, Marron» le disse lui – sembrava stranamente imbarazzato. «Vai già via?»
«Sì, ho detto a mia mamma che sarei tornata presto» replicò Marron.
Goku fece una risata un po’ nervosa. «Meglio non contrariarla» disse.
«Infatti» concordò Marron. Aveva già la mano sulla maniglia, quando si voltò indietro. «Signor Goku, se posso darle un suggerimento… Credo che mio padre le direbbe di non arrendersi».
Goku sbatté le palpebre. Dopo un secondo, capì che parlava di Goten.
«“Se ne vale la pena” dice papà, “lotta sino allo sfinimento”» continuò Marron. Fece spallucce. «Io cerco di farlo, perché mio padre ha ragione spesso e volentieri».
Goku aggrottò la fronte. «Ah».
Marron sorrise. «Arrivederci» disse, uscendo dalla porta.
Rimasto solo, Goku tornò a pensare a Goten.
Se ne valeva la pena… Certo che ne valeva la pena.
Lui era un saiyan. Era un guerriero. Arrendersi non rientrava nel suo DNA.
Eppure, il fatto che il suo avversario, in quella lotta, fosse suo figlio, lo aveva bloccato.
No, doveva pensarla in un altro modo… Suo figlio non era l’avversario. Suo figlio era il premio da ottenere in caso di vittoria.
E, certamente, era il premio più importante per il quale avesse mai combattuto.

Quella sera, a cena, Goten ignorò Goku per tutto il tempo.
Chichi e Aliys cercavano continuamente di alleggerire l’atmosfera, ma la tensione nell’aria non svanì mai del tutto.
Verso la fine del pasto, Goten alzò la testa e guardò la madre.
Fece un respiro profondo, quindi domandò: «Stasera posso uscire, mamma?»
Chichi gli scoccò un’occhiata. «Devi proprio?»
Lui alzò le spalle, cercando di sfoderare l’espressione più implorante del suo repertorio. «Ho un appuntamento con la mia ragazza…»
«Non mi piace molto, come idea» osservò Chichi. «È già tardi».
«Dai, Chichi, lascialo uscire» intervenne Goku, con grande sorpresa di tutti i commensali.
Non capitava spesso che il saiyan prendesse parte a quel genere di discussioni.
«Sono giovani e sono innamorati» aggiunse lui. «L’amore è importante, no?»
Chichi guardò il marito come se fosse impazzito, ma poi sembrò ammorbidirsi.
Aliys era stupefatta, mentre Goten sembrava indeciso su come prendere l’intervento del padre. Alla fine, decise di mettersi a fissare il proprio piatto con la fronte aggrottata, ma più che arrabbiato sembrava incerto.
«E va bene» cedette Chichi, dopo un po’. «Puoi uscire. Ma solo perché lo ha detto tuo padre».
Non fece quella precisazione per caso. Sapeva bene cosa stava succedendo tra suo figlio e suo marito, e se poteva appianare un poco le loro divergenze… Non si faceva certo pregare.
«Bene, mamma! Grazie» disse Goten, alzandosi in piedi.
«Forse dovresti ringraziare tuo padre» insinuò la donna.
Il giovane sbatté le palpebre e gettò un’occhiata a Goku. Quest’ultimo lo guardava, e sembrava teso come prima di un difficile combattimento.
Il giovane distolse lo sguardo.
«Forse» mormorò, per poi uscire dalla stanza senza aggiungere altro.
















Spazio dell’Autrice:
Mah. Questo capitolo è uscito diversissimo da come me l’ero immaginato.
Spero vi sia piaciuto…
A domenica 10 febbraio, miei prodi!

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Capitolo 22
*** Dandoci un taglio ***


Capitolo 21 – Dandoci un taglio

«A che ora sei tornato, ieri?» domandò Chichi, posando un piatto di muffin caldi e morbidi davanti a Goten.
Lui fece spallucce, servendosi. «Sono passato a darti la buonanotte».
«Lo so, ma non ho guardato l’orologio. Però era piuttosto tardi, vero?»
Lui addentò il suo muffin. «Fo, fon era tarfi».
Aliys lo fissò con aria un po’ inorridita.
Lui inghiottì il boccone e reiterò: «No, non era tardi».
«Mezzanotte era passata» osservò Chichi, accigliata.
Un po’ preoccupato, Goten guardò il lungo cucchiaio di legno che sua madre teneva tra le mani.
«Uh, be’, non lo so» cercò di tenersi sul vago. «Non  ho guardato l’orologio nemmeno io».
«Mezzanotte era passata eccome» bisbigliò Aliys, con un sorrisetto, e lui le gettò un’occhiataccia.
«Come, tesoro?» chiese Chichi.
Lei trattenne un sorriso e prese un muffin a sua volta. «Niente di importante, mamma».
In quel momento, Goku si affacciò alla porta della cucina col sorriso di un bambino. «È profumo di muffin quello che sento?»
«Sì, li ha preparati la mamma» rispose Aliys, facendosi radiosa. «Ci sono anche alle mele».
Il sorriso di Goku vacillò un po’ quando il suo sguardo si posò su Goten.
Il ragazzo si era accigliato e si era incurvato sul proprio muffin, iniziando a sbocconcellarlo furiosamente.
Chichi guardò il figlio, poi porse un muffin al marito. «Tieni, siediti».
Goku si accomodò senza dire una parola, tenendo gli occhi fissi sul suo secondogenito.
Goten si ficcò in bocca quel che restava del muffin e si alzò precipitosamente. Inghiottì e disse: «Devo andare», poi sgusciò fuori dalla stanza.
Aliys rivolse un’occhiata desolata a sua madre, ma Goku si mise in piedi a sua volta.
«Torno subito, Chichi».
Si precipitò dietro al figlio, raggiungendolo giusto un momento prima che Goten potesse rifugiarsi nella sua stanza.
«Aspetta, Goten. Aspetta un attimo!»
Il ragazzo si fermò. Lentamente, con una certa rigidità, si girò verso il padre. «Cosa c’è?»
«Voglio dirti una cosa. Solo una cosa».
Lui distolse lo sguardo. «E dimmela» borbottò, mentre tutto il suo corpo gli urlava di scappare.
Goku si inumidì le labbra. «Ho pensato a quello che hai detto ieri» cominciò, impacciato.
In effetti, ci aveva pensato tutta la notte.
«E allora?»
«Probabilmente hai ragione: se Al non fosse scappata, non sarei tornato se non tra… molto tempo» disse Goku, un po’ a fatica. «Non avrei capito di avere fatto uno sbaglio».
«Ma…?» Goten era impaziente.
Non voleva altro che chiudersi nella sua camera. Lontano da suo padre.
«Ma Al è scappata. Io ho capito».
Goten scosse la testa, contraendo le labbra in un sorriso amaro.
«E ti garantisco, figliolo, che non vi farei questo mai più».
Goten deglutì, ma non mostrò nessun segno di cedimento. «Va bene. Okay, grazie per la garanzia. Grazie».
Senza dire altro, aprì la porta della propria camera e sparì oltre la soglia.
Goku, invece, rimase fermo dov’era per qualche istante interminabile.
Il rifiuto del figlio lo feriva, ma rifiutava di scoraggiarsi… Lui non era bravo a portar pazienza, ad essere perseverante, ma capiva che non poteva risolvere questo danno in un momento.
Goten aveva bisogno di tempo, e lui gliel’avrebbe dato.
Pensò al bimbo allegro e rumoroso che suo figlio era stato, all’adolescente che era diventato.
Per lui, avrebbe atteso anche sino alla fine del mondo.
Ma di una cosa era certo: non avrebbe atteso passivamente.
Non avrebbe fatto lo spettatore mentre suo figlio ce l’aveva con lui.
Avrebbe continuato a lottare.

Più tardi, Aliys andò a bussare energicamente alla porta del fratello. «Goten? Goten, ci sei? Vuoi venire a fare una passeggiata?»
Davanti al silenzio che le rispose, la ragazzina aggrottò la fronte.
«Goten? Puoi rispondermi, sai?»
Di nuovo, nessun suono arrivò dall’interno della stanza.
Aliys sentì che il proprio cuore accelerava i battiti… E se per caso suo fratello fosse arrabbiato anche con lei, adesso?
La maggior parte del suo cervello tentava di dirle che Goten non aveva ragione di prendersela con lei, ma una piccola porzione della sua testa ribatteva che lei aveva perdonato tutto a Goku.
Forse Goten si era sentito tradito.
«Goten, guarda che entro!»
Guidata dall’ansia, Aliys aprì la porta senza attendere un’autorizzazione… E sgranò gli occhi.
Suo fratello era seduto sul pavimento a gambe incrociate, la testa china in avanti, e stava…
«Oh. Mio. Dio. Che stai facendo?»
Il giovane non accennò minimamente ad alzare il capo. «Non lo vedi? Mi taglio i capelli».
Lei sbatté le palpebre. Il suo sguardo scivolò verso il pavimento, dove giacevano alcune ciocche nere come l’ebano, poi tornò verso l’alto, soffermandosi sulla forbice che Goten teneva tra le mani.
«E te li tagli così?» chiese la ragazzina. «Senza uno specchio né niente?»
«Non ne ho bisogno» bofonchiò lui. «E poi non li sto proprio tagliando… Li sto solo… sforbiciando un po’, ecco. E ne ho una criniera. Che differenza vuoi che faccia, un ciuffo di più o uno di meno?»
Aliys mosse qualche passo verso di lui, increspando le labbra. «Non lo so» replicò, lentamente. «Ma se non fa differenza, allora perché lo fai?»
A quel punto – finalmente – Goten alzò la testa.
Tenere il collo piegato in avanti non doveva essere uno spasso, e il giovane aveva le guance decisamente accaldate.
«Be’, lo faccio perché così non crescono troppo» rispose.
Aliys si accigliò. Tese istintivamente la mano in avanti, come a chiedere al fratello di darle la forbice. «Troppo?»
Goten si strinse nelle spalle, poi distolse lo sguardo. «Lo sai cosa succede se lascio che i miei capelli crescano liberamente. Diventano uguali a quelli di papà. E io non voglio somigliare a papà».
Lo sguardo di Aliys cambiò rapidamente: prima si fece ferito, poi supplichevole.
«Goten, ma lui… ma lui è tornato» obiettò la ragazzina, con un fil di voce.
«Perché tu eri in pericolo» ribatté lui.
Il fatto di star ripetendo la stessa cosa che già aveva detto a Goku gli diede la voglia bizzarra di mettersi a ridere.
Più che una risata, però, sarebbe somigliata ad una crisi di nervi.
«Se tu non fossi scappata, non sarebbe mai tornato».
Aliys si ritrasse come se lui l’avesse insultata. «Però… La storia non si fa con i “se”, non te l’hanno mai detto?»
Goten scrollò le spalle.
Notò che la sorella aveva ancora la mano tesa verso di lui, così emise un sospiro e le diede le forbici.
Aliys se le rigirò tra le dita come se non sapesse bene cosa farci.
«Al, è solo…» Goten sospirò, a metà strada tra la stanchezza e una tristezza infantile. «È solo che non so se voglio più fidarmi di lui».
Lei gli rivolse uno sguardo mesto, poi si sforzò di sorridere.
Non era compito suo sistemare le cose tra suo padre e suo fratello, si disse, cercando di convincersene.
Non era colpa sua se non riuscivano ad andare d’accordo.
Lei non poteva fare più di tanto, doveva accettarlo e smetterla di star male.
Voleva solo… Voleva solo che Goten capisse che, anche se lei era felice che Goku fosse tornato, non ce l’aveva col fratello, non l’aveva tradito.
«Allora? Puliamo un po’ la tua stanza?» propose, accennando ai capelli di Goten sul pavimento.
Il giovane guardò quei ciuffi come se li avesse dimenticati.
Fortunatamente non erano tanti. Aliys lo aveva fermato quasi subito.
«Oh, sì. Giusto! Non penso che mamma sarebbe contenta, se li vedesse».
Aliys si chinò. «Non sarebbe contenta per niente».















Spazio dell’Autrice:
Capitolo un po’ corto, eh?
L’ispirazione continua a prendermi e a mollarmi… Cattivaaa D:
Be’, spero vi sia piaciuto!
E vorrei spendere un pensiero particolare per princess_serenity_92 (lei sa perché ^^), e augurarle tutta la fortuna del mondo!
Ci vediamo domenica 17 febbraio :D

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Capitolo 23
*** In spiaggia ***


Capitolo 22 – In spiaggia

Era una mattina soleggiata.
L’isoletta su cui si ergeva la Kame House sembrava bearsi di quel calore, mentre il mare blu la lambiva placidamente.
Goten, Marron e Trunks erano seduti sulla spiaggia, a scarsa distanza dal bagnasciuga.
I due ragazzi parlavano animatamente di un nuovo modello di auto sportiva che la Capsule Corporation aveva appena messo sul mercato, mentre la giovane tra di loro sfogliava pigramente una rivista.
«…Yamcha è venuto a chiederne una in omaggio a mia mamma» stava dicendo Trunks. «È stata una scena indimenticabile: lei gli ha fatto una predica lunga un’ora, dicendogli che non deve approfittare della loro amicizia… E che deve trovarsi un lavoro che gli faccia guadagnare più soldi».
Goten sorrise. «Se le facessi la stessa richiesta… Pensi che sgriderebbe anche me?»
Trunks si strinse nelle spalle. «Probabilmente» rispose. «Ma scusa, tu per cosa useresti un’auto simile? Non certo per rimorchiare ragazze, sei fidanzato».
Goten avvampò. «Certo» borbottò, imbarazzato. «Ma potrei portare in giro la mia fidanzata, invece non facciamo mai niente di eccitante».
«Come, non fate niente di eccitante?» finse di stupirsi Trunks. «Io pensavo che passaste tutte le notti insieme…»
Goten avrebbe voluto allungargli una gomitata, ma il fatto che tra loro ci fosse Marron rendeva la cosa piuttosto ardua.
«Sì, e dove?» ribatté. «Suo padre mi guarda sempre malissimo, quando vado a casa loro, e riguardo casa mia…» Sospirò. «Non ne parliamo. Più tardi verrà, questo pomeriggio… E so già che mia madre si presenterà in camera mia ogni cinque minuti per controllare cosa facciamo…»
Trunks rise di gusto. «E brava Chichi» commentò.
In quel momento, Marron chiuse la rivista e la abbandonò sulle propria gambe, dopodiché si girò verso Goten.
«Al come sta?» s’informò.
Lui la fissò, poi si strinse nelle spalle. «Sta bene».
La ragazza sospirò, alzando la testa verso il sole e chiudendo gli occhi. «Perché non è venuta qui anche lei?»
«Stava aiutando mia madre in cucina».
Marron annuì. «Giusto». Gettò un’occhiata in tralice alla rivista che teneva in grembo, poi aggiunse: «E tua madre sta bene?»
Quell’interrogatorio sullo stato di salute dei suoi famigliari fece inarcare a Goten un sopracciglio. «Sì, sta bene» rispose, lentamente.
«E tuo padre?» proseguì Marron, in tono indifferente.
A quella domanda, Trunks si mise a fissare intensamente la sabbia accanto ai propri piedi.
Goten, dal canto suo, guardò l’amica con aria urtata.
«Sta bene anche lui» disse dopo un po’. «Immagino».
«Immagini?» chiese Marron. «Scusa, ma non vivete nella stessa casa? Vuoi dire che lo eviti?»
Goten la guardò un po’ male.
Il tono di Marron era perfettamente innocente, noncurante, ma lui sospettava che lo facesse apposta, ad insistere su quell’argomento.
«Mi piacerebbe» rispose alla fine, prendendo un pugno di sabbia e lasciando che i granelli scivolassero via lentamente dalle sue dita. «Però ultimamente sembra che mi stia sempre addosso».
Marron lo fissò. «Così sembra che ti stalkerizzi» commentò, inarcando le sopracciglia.
«Se posso intervenire» osservò Trunks, «non credo che il verbo “stalkerizzare” esista…»
Marron agitò una mano. «Oh, be’, ha capito lo stesso».
«Sì, ho capito» confermò Goten. «Comunque no, non mi fa da stalker. È solo… è solo che quando siamo a pranzo, o ci incrociamo nel corso della giornata, cerca sempre di farmi qualche domanda».
«Sai chi ha una stalker?» chiese Marron. «Tenshinhan. Non hai mai conosciuto Lunch? Io sì».
«Be’» s’intromise Trunks, «se vuoi parlare di Lunch…»
«In realtà non voglio» replicò la biondina. Si voltò verso Goten e assunse un’aria di scuse. «Mi dispiace di averti interrotto. Cosa stavi dicendo?»
Lui la fissò. «In realtà avevo finito» mormorò. «Che altro potrei dire?»
Lei scrollò le spalle. «Che genere di domande ti fa tuo padre?»
«Come che genere…?» Goten si interruppe e si grattò la nuca. «Non lo so. Delle domande normali».
«Ad esempio?» incalzò la ragazza.
«Ad esempio, come vanno i compiti, se sono stato in un certo bar con la mia ragazza, se sono andato al cinema e se il film che ho visto mi è piaciuto…» Goten sbuffò. «Figuriamoci. L’unico lato della mia vita che gli è sempre interessato sono gli allenamenti».
Trunks alzò la testa. «Dai, Goten» obiettò. «Questo non è del tutto vero».
Lui scrollò il capo, abbassando gli occhi. «Può darsi. Comunque» aggiunse, sforzandosi di suonare allegro, «mi piacerebbe avere Lunch come stalker».
La sua battuta non ruppe la tensione.
I suoi amici, infatti, la accolsero in un silenzio un po’ imbarazzato.
Marron sospirò e tese appena la schiena all’indietro.
Per un po’, restò a fissare il cielo, poi studiò di sottecchi Goten e si decise a rivolgergli la parola.
«Goten, sei fidanzato. Non dovresti desiderare di avere Lunch come stalker, tanto più che dubito che tu possa competere con Tenshinhan» snocciolò spedita.
Il ragazzo era impressionato dalla sua capacità di parlare senza prendere fiato.
«Ehi, ma io ho due occhi» puntualizzò.
«E lui tre tonnellate di muscoli in più» replicò Marron, asciutta. «Comunque, questo non è tutto».
«Ah, no?» disse lui, con un’aria smarrita che lo rendeva più che mai simile ad un bambino.
«No» confermò Marron. «Il fatto è che sei in una brutta situazione, quindi non cercare di renderla peggiore».
Lui la fissò, stupefatto.
«Non cercare di convincerti che tuo padre è peggio di quello che è» spiegò la ragazza, in tono pratico.
In tutta onestà, Goten non aveva la più pallida idea di cosa replicare.
Marron gli rivolse un piccolo sorriso, poi aggrottò la fronte e si girò rapida verso Trunks.
«E tu smettila di fissarmi il seno».
Il ragazzo sussultò e distolse di scatto gli occhi, facendosi bordeaux.
Davanti a quella reazione, Marron assunse un’aria soddisfatta che era decisamente degna di C-18.
«Scusa» disse Trunks, rosso come un peperone, continuando a guardare altrove.
«Se non volevi che lui ti fissasse il seno» intervenne Goten, «non dovevi metterti in bikini».
Marron si girò verso di lui, aggrottando la fronte. «Dovevo venire in spiaggia con un maglione a collo alto?» chiese, sconcertata.
Lui non si aspettava una domanda simile, e sembrò essere in difficoltà. «Ehm, no» rispose, poi sembrò avere un’idea. «Magari avresti potuto metterti una maglietta».
«E come avrei fatto ad abbronzarmi?» obiettò lei.
«Goten?» intervenne Trunks.
Goten e Marron si girarono a guardarlo. Il ragazzo fissava verso il mare, con le orecchie ancora in fiamme.
«Sì?» chiese il secondogenito di Goku.
«So che la tua intenzione è quella di difendermi, ma… Davvero, stai peggiorando le cose. Non potremmo cambiare argomento?»













Spazio dell’Autrice:
Ecco un altro capitolo tagliato a metà ç_ç
Ho cercato di scrivere anche il resto, ma sta venendo fuori qualcosa di orriPile…
E mi dispiace, mi dispiace, ma adesso devo assolutamente tornare a studiare ._.
Spero di rifarmi col prossimo aggiornamento, che naturalmente sarà domenica 24 febbraio. Spero di non avervi deluso!
(E riguardo l'accenno Lunch/Tenshinhan... Non ho saputo trattenermi!)

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Capitolo 24
*** Il mestiere del genitore ***


Capitolo 23 – Il mestiere del genitore

Quando Goten tornò a casa, fu strabiliato nello scoprire che Aliys e Chichi erano ancora in cucina.
“Le donne…!” pensò, sbigottito, prima di salutarle: «Ciao, mamma, ciao, Al».
Per lo meno, notò, avevano cambiato occupazione: prima stavano riordinando la credenza, adesso stavano pulendo della verdura.
«Non pensavo di trovarvi ancora al lavoro» commentò il ragazzo.
«Potresti approfittarne e darci una mano» disse Chichi, in tono severo.
Goten si guardò intorno nervosamente, alla ricerca di una via di scampo.
«Ehm… Lo vorrei tanto… Ma sai com’è, mamma, oggi pomeriggio viene la mia ragazza, e…»
Si morse la lingua.
Oh, diavolo! Perché aveva dovuto per forza ricordare a sua madre che aveva un appuntamento?
Chichi non replicò, ma strinse le labbra in modo sin troppo eloquente.
Davanti a quell’espressione, Goten non vide altra scelta che capitolare.
«Come non detto» disse, «vi do una mano».
Aliys gli rivolse un gran sorriso. «È un piacere lavorare con te» affermò, porgendogli un cespo di radicchio.
Lui scosse la testa, staccando un paio di foglie, poi diede un’occhiata a quelle che erano già state messe in una terrina.
«Caspita» considerò, «ma chi mangia tutta questa verdura?!»
«Oh, Goten, lo sai benissimo» replicò Chichi, scuotendo la testa. «Finirà tutta nei vostri stomaci di saiyan».
«Mamma, non è colpa nostra se siamo mezzi saiyan» osservò Goten. «È colpa di papà».
A quelle parole, Aliys sollevò la testa e lo fissò.
Prima di riuscire a frenarsi, obiettò: «No, in realtà non è colpa sua».
Goten la guardò di rimando, e lei si sentì improvvisamente agitata.
Cercava sempre di non prendere troppo le parti di Goku, spaventata dal pensiero che in tal caso suo fratello avrebbe potuto sentirsi tradito, ma quella volta non era riuscita a trattenersi.
Forse si era spinta troppo in là?
«Insomma» disse, precipitosamente, cercando di assumere un tono scherzoso, «nessuno può decidere la sua natura».
Goten annuì. «È vero, non siamo responsabili delle nostre capacità, ma solo delle scelte che facciamo».
Aliys si sentì ferita.
Sapeva bene che suo fratello stava parlando della decisione presa da loro padre, ma cercò di non mostrarlo.
«Quindi tu dovresti scegliere di riempire meno il tuo stomaco!» esclamò, con allegria un po’ forzata.
Con suo enorme sollievo, Goten prese la palla al balzo.
«Io?» domandò, scuotendo la testa. «Sei tu quella che è sempre impegnata a mangiare!»
Aliys rise. A quanto pareva, suo fratello non se l’era presa con lei.

Intanto, alla Kame House, Marron stava ancora prendendo il sole.
Era distesa sulla schiena, e teneva gli occhi chiusi.
Sentendo un lieve tonfo – come di piedi che toccano la sabbia – si alzò a sedere e si guardò attorno.
«Signor Goku!» esclamò, sorpresa, vedendo il saiyan.
Questi le si avvicinò con aria un po’ imbarazzata. «Ciao» la salutò.
Marron lo guardò, confusa. «Ehm… Goten è già andato a casa, lo sa?»
«Sì, io… Sono venuto a cercare Crilin».
La ragazzina si tolse qualche granello di sabbia dalla pancia. «Papà non è in casa» disse. «Lui e mia madre sono andati a fare compere… C’è solo il maestro Muten, adesso, ma sta ronfando della grossa…»
Goku aggrottò la fronte, lasciandosi sfuggire un lieve: «Oh».
«Sa» disse Marron, vivacemente, «per certi versi è un bene, il fatto che lui fosse via… Di solito, quando ci sono Trunks e Goten, sbircia verso di noi almeno ogni mezz’ora…»
Il saiyan le indirizzò un’occhiata perplessa.
«Io gliel’ho detto, che siamo solo amici, ma a quanto pare questo non basta a farlo desistere» proseguì Marron, scrollando le spalle. «Oh, be’, in fondo si sa che è il mestiere del genitore».
«Del genitore?» ripeté Goku, guardandola con più attenzione.
La ragazzina rise. «In realtà, è più il mestiere del papà apprensivo» si corresse, alzando gli occhi al cielo con scherzosa esasperazione.
Goku, però, non poté fare a meno di notare una cosa.
Al di là dei suoi gesti, Marron sembrava sinceramente contenta del fatto che Crilin fosse tanto attento a lei.
Il mestiere del genitore…
Goku si raddrizzò d’improvviso.
«Devo andare» affermò. «Mi è venuta in mente una cosa».
Marron sbatté le palpebre. «Devo dire a papà che sei passato?» domandò.
Lui annuì. «Sì, salutamelo…» rispose, prima di spiccare il volo.

Più tardi, quel pomeriggio, Goten era in camera sua con la propria ragazza.
Gli sembrava che il seno di lei fosse più grande del solito, ma non osava chiedere conferma del suo sospetto.
«Ehi» le disse invece, «sembri dimagrita».
Doveva essere il commento giusto, poiché lei arrossì e sorrise con aria radiosa.
«Oh, che bello, l’hai notato!» esclamò, ma dopo un istante sembrò impensierirsi.
«Va tutto bene?» le chiese il ragazzo, aggrottando la fronte.
«Sì, sono solo un po’ preoccupata…» rispose lei. «Sai, mettersi a dieta… Ho sentito che a volte può risultare pericoloso… Forse non prendo abbastanza proteine, o vitamine, o carboidrati…»
«Ah». Goten non sapeva cosa dire. Com’era logico, la sua mente non era mai stata sfiorata dal concetto “dieta”. Non trovava strano che potesse essere pericoloso (mangiare di meno doveva esserlo per forza), ma non aveva la più pallida idea di come rassicurare la sua ragazza.
«Be’, magari…» disse alla fine, titubante. «Potresti chiedere a tua madre».
La giovane lo guardò e annuì, sollevata. «Sì, hai ragione! È la cosa giusta da fare!»
“Meno male” pensò Goten. “Perché non avrei proprio saputo cos’altro suggerire…”
A quel punto, la sua ragazza gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo stretto.
Il giovane saiyan restò senza fiato, mentre le sue guance si infiammavano e il cuore si metteva a battergli in petto come un tamburo.
«Grazie, Goten» disse la ragazza, lasciandolo andare.
Lui la fissò. «Figurati» disse alla fine. «Quando vuoi».
Le fece un piccolo sorriso e le strinse la mano.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta…
Pensando che si trattasse di Chichi, Goten lasciò immediatamente la mano della sua ragazza, prima di schiarirsi la gola e rispondere: «Avanti».
Ad entrare, però, non fu sua madre, bensì Goku.
«Papà» disse Goten, irrigidendosi.
La sua ragazza gli gettò un’occhiata stupita, ma non disse nulla.
«Che… che cosa ci fai, qui?»
Per un istante, il saiyan non disse nulla, osservando intensamente il figlio.
Poi mostrò un sorriso imbarazzato e si grattò dietro la nuca.
«Ehm, ho sentito che hai visite» spiegò, accennando col mento alla ragazza, «e volevo conoscere la tua fidanzata…»
Goten aggrottò la fronte.
La sua ragazza, però, era già scattata in piedi, diretta verso Goku.
Quando gli fu giunta di fronte, gli strinse la mano con entusiasmo. «Per me è un piacere, signore» affermò.
Goku la osservò attentamente, dai capelli castani appena ondulati alle labbra ben disegnate, soffermandosi un momento sullo sguardo dolce.
Pensò a Crilin.
Certamente, l’amico avrebbe valutato il fidanzato di sua figlia, cercando di decidere se fosse o no un bravo ragazzo… Forse, lui doveva fare lo stesso.
Comunque, non gli parve di vedere nulla di male, in quella ragazza, perciò si aprì in un sorriso ampio e genuino.
«È un piacere anche per me» affermò. «Da quanto vedo, mio figlio è fortunato».
Lei parve lusingata. «Grazie, signore!» esclamò.
Goku si domandò perché quella semplice constatazione le avesse fatto tanto piacere, poi azzardò un’occhiata verso Goten.
Il suo secondogenito sembrava accigliato. Più che infastidito, però, sembrava sorpreso, e Goku sperò di aver fatto la cosa giusta.
«Ora vi lascio soli» disse il saiyan.
«Bene» rispose Goten, «ciao».
Gli occhi di Goku rimasero fermi a lungo sul viso del figlio, poi il saiyan si girò ed uscì dalla stanza.
Una ragazza a dir poco entusiasta si catapultò al fianco di Goten.
«Oddio, tuo padre mi approva! È una cosa fantastica!»

















Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti!
Com’è il capitolo? Passabile?
Spero vivamente che vi sia piaciuto!
L’attuale ragazza di Goten è un personaggio molto secondario, ma è utile al fine di mostrare che Goku sta cercando di interessarsi alla vita del figlio – anche al di là degli allenamenti :D
A domenica 3 marzo!

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Capitolo 25
*** Discorsi imbarazzanti ***


Capitolo 24 – Discorsi imbarazzanti

In un’altra stanza della casa, Chichi era molto meno entusiasta.
«Bah, bah» considerò, storcendo le labbra, «una ragazza di città…»
«Non sembra male» osservò Aliys, in tono casuale. «E poi, mamma… Scusa, ma anche le scorse ragazze di Goten vivevano in città».
La donna alzò lo sguardo sulla figlia. «E infatti non credo che mi siano mai piaciute» osservò, in tono quasi severo.
Aliys accennò un piccolo sorriso. «È vero» ammise.
Chichi annuì, poi alzò lo sguardo verso il soffitto e sospirò. «Goten è ancora un bambino! Non sono sicura che sia pronto per una fidanzata».
«Be’» mormorò Aliys, «ha diciassette anni…»
«E tuttavia non è ancora pronto» replicò Chichi. «Le ragazze di città sono poco raccomandabili…»
«Le mie compagne di classe non sono male» obiettò Aliys.
«Ally!» esclamò Chichi, con un tocco di esasperazione. «Mi vuoi spiegare da che parte stai?»
La ragazzina assunse un’aria di scuse. «Da quella di Goten, no?»
La donna scosse la testa, ma arruffò affettuosamente i capelli neri della figlia.
Un istante dopo, era tornata ad assumere un’espressione preoccupata.
«Al giorno d’oggi, si sa, è difficile che i giovani aspettino di sposarsi, prima di…»
«Mamma, per favore!» la interruppe Aliys, con aria inorridita. «Non possiamo parlare di qualcos’altro?»
La sola idea di Goten che… No, non riusciva nemmeno a pensarci. Era troppo imbarazzante.
«E di cosa vuoi parlare?» replicò Chichi. «Tuo fratello è probabilmente prigioniero di una donnaccia e tu vuoi cambiare argomento…»
«Chi è che vuole cambiare argomento?» domandò Goku, entrando nella stanza in quel momento.
«Papà!» esclamò Aliys, felicissima di vederlo.
Lui le rivolse un ampio sorriso. «Ehi, Al» la salutò.
«Allora?» domandò Chichi, assottigliando gli occhi. «Cosa stavano facendo, quando sei entrato?»
«Uhm». Goku si grattò la nuca. «Niente di ché, in realtà… Penso stessero chiacchierando…»
Chichi scosse la testa. «Forse dovrei andare a controllare io».
«Non saprei, Chichi» osservò Goku. «A me sembra una brava ragazza… Non è che ti stai preoccupando un po’ troppo?»
Aliys si preparò all’esplosione…
«Un po’ troppo?» sbuffò Chichi. «È il mio bambino, non credo ci sia da preoccuparsi “un po’ troppo”… C’è da preoccuparsi com’è giusto preoccuparsi!»
«Ma non corre nessun pericolo» obiettò Goku.
“Ahi” pensò Aliys. “Mossa sbagliata”.
Mossa molto, molto sbagliata.
«Tu dici?» domandò Chichi, ergendosi in tutta la sua altezza. «Mio caro Goku, forse tu dimentichi i rischi!»
Il marito la guardò. «Quali rischi?» chiese, senza capire.
Aliys accarezzò l’idea di svignarsela finché era in tempo… Purtroppo, però, Goku e Chichi si trovavano proprio davanti alla porta. Per uscire, avrebbe dovuto passare in mezzo a loro, e si sarebbe trovata inevitabilmente al centro dell’attenzione.
«I rischi, Goku, i rischi!» esclamò Chichi. «Se tuo figlio facesse sesso non protetto…»
A quelle parole, Aliys si sentì come se la temperatura della stanza si fosse alzata di almeno nove gradi.
Goku, invece, non pareva minimamente a disagio.
Tutt’altro: era scoppiato a ridere.
«Non vedo perché Goten dovrebbe fare l’amore» commentò, con assoluto candore, «non ha mica promesso alla sua fidanzata di sposarla!»
«Ehm, papà» intervenne tempestivamente Aliys, «veramente ci sono un sacco di ragazzi che… sì, insomma, che fanno l’amore… e poi dopo non si sposano tra loro…»
Goku la guardò, stupito. «Sul serio? E dopo come fanno se hanno dei bambini…? Ah, ma Goten no, non lo farà. Non è pronto per avere un figlio!»
«Appunto!» esclamò Chichi. «Ragion per cui, tu ora vai là e gli fai un bel discorsetto!»
Improvvisamente, il saiyan impallidì. «Come sarebbe a dire, un discorsetto?»
«Spiegagli ciò che hai detto!» replicò Chichi. «Che non è pronto per avere un figlio!»
«Ma io…» Goku gettò un’occhiata smarrita verso Aliys, che si strinse nelle spalle. Si chiese se fosse il caso di spiegare a suo padre dell’esistenza dei contraccettivi, ma poi pensò che sarebbe morta di vergogna affrontando un argomento simile.
«Va’ di là» scandì Chichi, perforandolo con lo sguardo. «Immediatamente».
E così, al saiyan non restò altra scelta che obbedire.
«Ah, però aspetta che la fidanzata di Goten se ne sia andata, prima!» esclamò Aliys, balzando dietro al padre. «Non fargli il discorsetto di fronte a lei!»
Goku si girò a guardarla con espressione un po’ stralunata.
In quel momento (parli del diavolo…), Goten e la sua ragazza fecero la loro comparsa.
«Arrivederci, signori Son! Devo andare a casa, mio padre non vuole che stia fuori molto tempo…» disse lei, con voce squillante. «Ci vediamo, tesoro!»
Chichi strinse le labbra nel vederla schioccare un bacio sulla guancia di Goten, mentre Aliys abbozzava un sorriso imbarazzato e Goku sembrava ancora frastornato dal compito affidatogli dalla moglie.
«Arrivederci a tutti!» cinguettò la ragazza.
E su quell’ultima, pimpante nota, andò verso la porta con Goten.
Quando il ragazzo tornò indietro, Chichi fu svelta a spingere Goku verso il figlio.
«Goten» chiamò, «tuo padre deve dirti qualcosa…»
Goten non parve per niente felice dell’informazione. «Deve proprio?» domandò, senza il minimo entusiasmo.
«Devo propr…?» iniziò Goku, per poi correggersi e trasformare la domanda in un’affermazione: «Devo proprio».
Chichi annuì, soddisfatta, e prese Aliys per mano. «Vieni, Ally, lasciamoli soli…»
Accigliato, Goten incrociò lo sguardo della sorellina, che lo ricambiò con un’espressione impietosita…
Piuttosto preoccupato da quel fatto, Goten si voltò per fronteggiare Goku.
«Che c’è?» chiese, bruscamente.
Goku sembrava imbarazzato. «Be’… Tua madre vuole che ti parli di una cosa…»
«Di una cosa?» ripeté Goten, cercando di suonare diffidente.
Non voleva che suo padre pensasse che lui l’aveva perdonato.
«Sì, vuole che io ti faccia un discorsetto» spiegò Goku.
A quelle parole, Goten sgranò gli occhi. “Discorsetto” era un sostantivo che non prometteva nulla di buono.
«Papà, aspetta… Vuoi dire… quel discorsetto?»
Goku parve confuso. «Non lo so… Devo farti un discorsetto, ma non so se è quello che intendi tu…»
«Vuoi dirmi che non sono pronto per avere bambini?»
Goku s’illuminò. «Sì, decisamente! È proprio quello che devo dirti!»
Goten si mise le mani tra i capelli. «Okay, allora è proprio il discorsetto che intendo io…» disse, facendosi rosso come un peperone. «E non c’è bisogno che tu me lo faccia…»
«Ma tua madre…»
«Papà, so tutto, dico davvero» asserì Goten, profondamente imbarazzato.
Goku esitò, con lo sguardo puntato sul figlio. «Ma credo sia mio dovere dirti…»
«Per favore» proruppe Goten, supplichevole, «non farlo. Non voglio parlare di… quelle cose».
Il saiyan adulto si bloccò. Era la prima volta, da quando era partito per allenare Ub, che Goten lo guardava così. Con aria implorante, non accusatoria.
Spostò il proprio peso da un piede all’altro, indeciso. «Be’, se la metti così, allora forse potremmo…»
«Sì!» esclamò Goten, prima ancora che il padre suggerisse qualsiasi cosa. «Diciamo… Tu di’ alla mamma che mi hai fatto il discorsetto, anche se non è vero…»
Goku esitò ancora. Da una parte, si sentiva in dovere di portare a termine il suo compito, ma dall’altra… Il pensiero che Goten stesse chiedendo la sua complicità, il pensiero di condividere un segreto col figlio… era qualcosa che lo tentava immensamente.
Però… dire una bugia alla sua Chichi…
«Goten, non posso mentire a Chichi» disse, accigliato.
«Allora non farlo» replicò Goten, improvvisamente spazientito. «Dille solo che so tutto, okay?»
Prima che Goku potesse aprir bocca, girò sui tacchi e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
Rimasto solo, Goku abbassò lo sguardo. Sembrava che non riuscisse mai a fare la scelta giusta, con Goten…
Eppure quel giorno, per un momento, non aveva sentito l’ostilità del figlio… Per un momento, avevano condiviso lo stesso imbarazzo…
«Allora?» chiese Chichi, entrando nella stanza. «Com’è andata?»
Goku si strinse nelle spalle. «Sa tutto» rispose, laconicamente.
La donna assunse un cipiglio severo. «Son Goku! Mi stai dicendo che non gli hai detto niente?»
«Sa tutto» ripeté Goku.
Lei scosse la testa, e si fece avanti per abbracciare il marito. «Voi due siete uguali» borbottò, «avete una testa dura come il granito».
Goku sospirò. «È ancora arrabbiato con me, Chichi».
«Lo vedo» replicò lei, «ma questa storia è andata avanti sin troppo tempo».

















Spazio dell’Autrice:
TADADAN! Super Chichi alla riscossa! :’D
Esclamazioni deliranti a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto… E che non sia confusionario…
Per il prossimo aggiornamento c’è un piccolissimo problema: domenica prossima io parto per la Francia, e starò là sino al 15.
Ora, se riesco aggiornerò sabato 9, altrimenti va tutto a domenica 17… ’m sorry ^^”
Si vedrà!

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Capitolo 26
*** Il valore dei ricordi ***


Capitolo 25 – Il valore dei ricordi

Quando Chichi entrò nella sua stanza, Goten era stravaccato sul letto.
«Tu» lo apostrofò la donna, con la mano ancora sulla maniglia, «alzati».
Il giovane si sollevò di scatto, balzando in piedi. «Che ho fatto?» domandò.
L’espressione severa di sua madre lo preoccupava non poco.
«Ehm… Papà ti ha detto qualcosa sul… discorsetto?»
«Mi ha detto che sai già tutto» replicò Chichi, impassibile.
Goten sbatté le palpebre. «Oh». Si schiarì la gola. «Allora cosa succede?»
L’espressione della donna si ammorbidì appena. «Vieni» gli disse.
Un po’ titubante, il ragazzo la seguì in corridoio, e Chichi lo guidò sino alla stanza sua e di Goku.
Quando entrò, Goten non poté fare a meno di rievocare una manciata di ricordi dell’infanzia: quando da piccolo sgattaiolava con Aliys nel lettone della loro madre… Quando, dopo il ritorno di Goku, saltava sul materasso chiamando eccitato il padre e chiedendogli di prenderlo… Sbatté le palpebre e distolse lo sguardo.
«Allora?» chiese, rivolto a sua madre.
Con sua enorme sorpresa, Chichi lo condusse sino al comodino dalla parte del letto in cui dormiva Goku.
«Mamma» iniziò Goten, confuso, «che stai…?»
Per tutta risposta, la donna si chinò ad aprire il cassetto, e ne estrasse un fagottino.
Guardando meglio, Goten si accorse che era una cuffietta di lana.
«Questa è stata la prima cuffia di Gohan» spiegò Chichi. «L’avevo cucita io stessa mentre lo aspettavo… E quando ha smesso di andargli bene, dissi a tuo padre di buttarla via. Lui mi fissò con aria completamente smarrita, dicendomi che era bellissima, che era assurdo gettarla nella spazzatura. Io gli feci notare che non serviva più a niente, e alla fine lui la conservò a mia insaputa…»
La donna trasse un profondo respiro.
«L’ho ritrovata solo dopo il Cell Game, qui nel suo comodino. L’ho lasciata dov’era».
Goten aggrottò la fronte. D’impulso, allungò la mano ad accarezzare il braccio della madre, in un gesto consolatorio e spontaneo.
«Va bene» disse poi. «Però perché…?»
Si interruppe, vedendo che Chichi stava infilando una mano nella cuffia.
«Quando tuo padre è tornato da noi, ha iniziato ad usare questa cuffietta come una specie di sacchetto…» spiegò la donna, estraendo una conchiglia bianca e sottile.
«Che cos’è?» domandò Goten, con una curiosità da bambino.
«Questa» rispose Chichi, «è stata il primo regalo che Ally ha fatto a vostro padre. L’ha trovata sulla spiaggia della Kame House».
Goten allungò una mano per sfiorare la conchiglia.
«E papà l’ha conservata?» domandò, aggrottando la fronte.
Gli sembrava un’idea incredibile. Suo padre era più il genere di persona che si dimentica gli oggetti, che non li tiene in grande conto… Non avrebbe mai pensato che potesse mettere da parte la prima cuffietta di Gohan, e tantomeno una conchiglia che Al aveva trovato in mezzo a un mucchio di sabbia.
Chichi prese qualcos’altro dalla cuffietta. Qualcosa di molto piccolo e bianco.
Goten si sporse in avanti, ed emise un’esclamazione sorpresa.
«Questo» affermò la donna, «è il primo dente da latte che tu hai perso».
Glielo mise in mano, e Goten se lo rigirò tra le dita, con aria stupefatta, mentre stralci di un episodio che credeva di aver dimenticato si affacciavano alla sua mente…
Rivide se stesso, accovacciato sulle ginocchia di Goku, intento a tirare su col naso, ad aggrapparsi alle spalle del padre.
Ricordava il saiyan intento a tranquillizzarlo, a spiegargli che presto, al posto del dentino che aveva perso, ne sarebbe cresciuto un altro, più forte ed efficiente.
«Tuo padre ci vuole bene, Goten» affermò Chichi, guardandolo dritto in viso. «Non è perfetto, e ha fatto tanti sbagli… Ma ti ama, lo sai».
Goten corrugò le sopracciglia, restituendo il suo dente da latte alla madre.
Sentiva un nodo alla gola, e dovette distogliere lo sguardo.
Quando alla fine parlò, aveva la voce roca. «Lo so» sussurrò.

Aliys era in camera sua. Era seduta per terra, e stava leggendo un libro.
A giudicare dalla sua espressione – bocca dischiusa e occhi ansiosi – era ad un punto cruciale, ma Goten non riusciva ad aspettare.
«Al, credo di avere un problema» le disse, sedendosi di fronte a lei.
La ragazzina alzò la testa dal libro con espressione un po’ stralunata, come se faticasse a staccarsi dal racconto.
«Torna tra un po’» gli disse.
«Al, dai» la supplicò Goten, «è urgente».
Aliys lo fissò, e notò che sembrava davvero agitato, così mise da parte il libro e si sfregò il polso contro la fronte.
«Che c’è?» gli chiese. «Se si tratta di papà, io…»
«Okay» la interruppe Goten. «Sì, si tratta di papà, ma non per quello che credi tu. Io… cioè, io credo di essermi sbagliato».
Lei sbatté le palpebre e lo fissò. «In che senso?»
Goten alzò le spalle. «Be’, nel senso che io… Non lo so, credevo che a lui non importasse abbastanza di noi. Credevo che gli potessimo interessare solo nel caso possedessimo chissà quale talento nel combattere, o nel caso in cui ci trovassimo in pericolo mortale».
La ragazzina raddrizzò un po’ la schiena, fissandolo con occhi enormi.
«Però» proseguì Goten, «la mamma mi ha fatto vedere una cosa – alcune cose, a dire il vero – e mi ha fatto capire che mi ero sbagliato…»
Un’espressione speranzosa comparve sul viso di Aliys.
«Stai dicendo che l’hai perdonato?» domandò la ragazzina, con cautela.
Goten assunse un’aria stupita. «Uh. Wow. Non l’avevo pensata in questi termini» considerò. «Però sì, penso proprio di sì».
Immediatamente, un sorriso sollevato si aprì sul volto di Aliys.
«Davvero?» chiese lei, con occhi che brillavano. «Davvero davvero?»
Goten era un po’ sbigottito da quella reazione. «Davvero davvero» confermò.
«Oh, ma Goten, è fantastico!» esclamò Aliys, d’impulso. Sembrava sinceramente contenta.
Lui abbozzò un sorriso.
Si sentiva ancora un po’ oppresso – non era facile liberarsi dell’arrabbiatura – ma iniziava a stare già meglio.
Solo in quel momento, si rese conto che il risentimento che aveva nutrito nei riguardi del padre era stato come un peso sullo stomaco. Stava meglio, adesso che quel rancore aveva iniziato ad alleggerirsi.
Sì, Goku aveva fatto degli sbagli.
Però stava a lui decidere se perdonarlo o meno, e perdonarlo… Lo faceva sentire meglio.
Goten ripensò a quando Aliys gli aveva detto che esistevano tanti bei ricordi legati a loro padre. Lui l’aveva sempre saputo, ma aveva temuto che quei ricordi, per Goku, valessero meno di quanto valevano per lui.
Vedere quella cuffietta, quella conchiglia e quel dentino gli aveva fatto capire di essersi sbagliato.
Goku non era un tipo nostalgico, ma anche lui teneva al tempo che avevano trascorso insieme. Anche per lui quelle memorie avevano un significato.
La voce di Aliys lo riscosse dai suoi pensieri: «E gli hai parlato?»
Goten sbatté le palpebre. «Ehm… no». Scrollò la testa e si alzò in piedi. «Direi…» iniziò, passandosi un po’ nervosamente le mani sui pantaloni. «Direi che è il caso di farlo».
Aliys gli sorrise.
Incoraggiato, Goten si voltò e uscì dalla stanza della sorella, quindi si concentrò per cercare l’aura di suo padre…

Goku si trovava in giardino.
Goten gli si avvicinò camminando spedito, senza esitazioni.
Il saiyan percepì la sua presenza e si girò verso di lui, con espressione incredula… Espressione che si distese in una lieta meraviglia.
«Ci alleniamo un po’?» chiese Goten, semplicemente.
Goku sorrise. «Non potrei chiedere di meglio» replicò.
Goten, allora, fece per muoversi verso il prato, ma all’ultimo istante suo padre lo afferrò per un gomito e lo trasse a sé, abbracciandolo con forza.
In un primo momento, Goten si irrigidì, preso alla sprovvista, ma si rilassò quasi subito.
Un po’ esitante, ricambiò la stretta, poi affondò il viso nella spalla del padre.
Solo in quel momento, si rese conto di quanto Goku gli era mancato.













Spazio dell’Autrice:
Eccolo qua.
Il momento che tutti aspettavamo (penso).
Spero di non aver deluso nessun aspettativa. Di non aver scritto niente di banale e/o scontato, insomma =)
Per il resto, be’… In Francia è stato bellissimo (mi sono divertita un sacco, e spero di essere riuscita a migliorare il mio francese :D)… Scusate se non sono riuscita ad aggiornare prima della partenza, ma ero un po’ scalpitante e nervosa XD
Appuntamento a domenica 24 marzo!

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Capitolo 27
*** Un’ottima notizia ***


Capitolo 26 – Un’ottima notizia

C’era uno spiazzo verde, poco lontano.
Non era molto ampio, e di solito Goku preferiva portare i suoi figli ad allenarsi sui monti circostanti, ma per quella volta sarebbe bastato.
Lui e Goten vi arrivarono camminando, e vennero accolti dalle macchie gialle e bianche di alcuni fiori selvatici.
Goku trasse un respiro profondo, fermandosi.
«Papà?»
Al suono della voce del figlio, alzò immediatamente la testa.
Goten si era bloccato a propria volta, e lo guardava con aria interrogativa.
Goku non poté che sorridere, invaso dalla semplice perfezione di quel momento. Perché suo figlio lo stava guardando senza ostilità, lo stava chiamando… Lo stava aspettando.
«Possiamo fermarci qui» gli rispose. «Che ne dici, figliolo?»
Goten rispose al sorriso – aveva un sorriso morbido, da bambino – e scrollò le spalle. «Okay».
Si fronteggiarono per un momento, quindi si misero in posizione di guardia.
«Sei pronto?» s’informò Goku.
«Ci puoi scommettere!» rispose Goten, scattando in avanti.
Aveva il pugno teso, ma il saiyan adulto riuscì a fermarlo senza difficoltà, spostandosi di lato per evitare l’attacco.
Il ragazzo se lo aspettava, e fu lesto a togliersi di mezzo quando il padre tentò di afferrarlo.
Durante tutto il tempo, Goku sorrideva senza riuscire a farne a meno, come se le sue labbra si incurvassero per conto loro.
Lui aveva sempre amato allenarsi. Non solo per i propri geni di saiyan, ma anche perché quell’attività gli ricordava suo nonno…
L’allenamento di quel giorno, però, era un allenamento speciale.
Il saiyan sentiva che lo avrebbe sempre portato nel cuore.
Eppure non era nemmeno al massimo della propria concentrazione… Più che impegnarsi nella lotta, infatti, si soffermava ad osservare il volto di suo figlio, e rideva tra sé delle piccole espressioni che riusciva a cogliersi… Uno sbuffo contrariato, una mezza esclamazione vittoriosa… Quei suoni appena accennati sembravano riecheggiare nella mente del saiyan.
Soprattutto, però, Goku gioì nel vedere gli occhi del figlio di nuovo colmi di spensieratezza… Erano due degli occhi che lui amava di più.

Gohan era in piedi davanti agli scaffali del salotto, e stava riordinando alcuni libri.
Dopo aver messo tutto sottosopra per trovare un volume, infatti, aveva deciso che era il caso di catalogarli con maggiore attenzione…
Se quella baraonda di libri si fosse ripetuta, infatti, Gohan temeva che sua moglie avrebbe potuto decidere di bruciarli.
In quel momento, la voce di Videl lo chiamò. «Gohan! C’è Aliys!»
Il saiyan mezzosangue si voltò, stupito, poi sistemò i volumi che aveva in mano e si diresse verso la porta.
Sua moglie aveva già fatto entrare Aliys, e la ragazzina sembrava scalpitare.
«Ciao, Al» la salutò Gohan, avvicinandosi.
Sua sorella gli rivolse un gran sorriso.
Era da molto tempo – pensò lui – che non la vedeva fare un sorriso tanto aperto e sincero.
«Che cosa ti porta qui?» le domandò, gentilmente.
A quelle parole, Videl gli lanciò un’occhiataccia. «Perché, Gohan? Tua sorella ha per caso bisogno di un motivo per passarti a trovare?»
«Certo che no» si affrettò a rispondere lui. «Era soltanto per fare conversazione…»
Talvolta, sua moglie gli ricordava Chichi in modo terrificante.
Da parte sua, Aliys si lasciò sfuggire una mezza risata, e si portò svelta una mano sulla bocca.
«Scusalo, Aliys» disse Videl, rivolta alla ragazzina.
Quest’ultima scosse la testa, abbassando la mano. «No, non c’è problema. In effetti, c’è un motivo se sono venuta qui…»
«Di che si tratta?» chiese Gohan, in tono servizievole.
Aliys sorrise di nuovo. «Devo dirti una cosa».
Lui aggrottò appena la fronte. «È una buona notizia, spero».
La ragazzina, però, scosse la testa. «No» disse, «non la definirei buona».
Gohan sbatté le palpebre, sorpreso… Eppure lei sembrava così tranquilla e di buonumore… «Come non è buona?»
«Non la è» ribadì Aliys, «perché è ottima!»
A quelle parole, Gohan tornò a sorridere, e la ragazzina gli afferrò la mano.
Senza dire una parola, lo condusse fuori dalla porta, mentre Videl seguiva i due con espressione incuriosita.
«Guardate lì» disse sommessamente Aliys, indicando in direzione della radura del monte Paoz.
Gohan obbedì, con aria perplessa… Poi riconobbe le due persone che si stavano allenando insieme, e il sorriso tornò ad affiorare sulle sue labbra.
«Hanno fatto pace» confermò Aliys, in tono felice.
«Wow» commentò Gohan, stringendo appena la spalla della sorellina. «Altro che ottima, questa notizia è… be’, credo che debbano ancora inventare un termine capace di descriverla!»
Aliys rise. «Se lo dice il genio di famiglia, non può che essere così!»
Gohan le spettinò i capelli corvini.
Era sinceramente sollevato.
Lui voleva bene a suo padre, per non parlare di quanto ne voleva a Goten… Dopotutto, suo padre era sempre stato il suo eroe, e il suo fratellino… lui lo aveva praticamente allevato…
Negli ultimi giorni, aveva deciso di rispettare il diritto di Goten di essere arrabbiato col genitore, ma non aveva potuto fare a meno di notare che quella situazione li feriva entrambi.
Vedere che le cose si erano finalmente risolte… Lo faceva sentire come se un peso enorme gli fosse stato tolto dal cuore.
«Ci ha pensato la mamma» aggiunse Aliys, tenendo gli occhi puntati su Goku e Goten.
«La mamma…» ripeté Gohan, sorridendo ancora di più.
Chichi. Sempre forte, sempre tenace. Sempre pronta ad occuparsi della sua famiglia.
In quel momento, si udì uno scalpiccio, e la piccola Pan sbucò fuori dalla casa, andando ad aggrapparsi ai pantaloni del padre con le sue minuscole dita.
«Che cosa guardate?» domandò, tendendo il collo con fare incuriosito.
Aliys abbassò lo sguardo sulla bambina, ma fu Gohan a rispondere: «Lo zio Goten e il nonno Goku che si allenano».
A quella risposta, Pan si illuminò. «Il nonno si allena? Posso andare ad allenarmi con lui?»
Aliys si morse il labbro. Quel momento era così speciale, era un momento per Goku e Goten… Ma lei non avrebbe saputo come spiegarlo alla piccola senza confonderla.
Istintivamente, alzò lo sguardo su Gohan.
Quest’ultimo strinse a sé la propria bambina. «Magari più tardi, tesoro» le disse. «Adesso, lui e lo zio hanno bisogno di passare un po’ di tempo assieme…»
Pan assunse un’aria un po’ delusa, ma alla fine annuì. «Va bene, papà».
Aliys fece un piccolo sorriso.
In un impeto di felicità, si disse che era davvero fortunata.
Goku e Goten avevano fatto pace, e Gohan… Gohan sapeva sistemare anche i dettagli più piccoli, e far sì che tutto andasse per il meglio.













Spazio dell’Autrice:
Okay, il capitolo è corto, e non succede un granché, ma credo sia importante lo stesso, e adesso (ahi-ahi) devo scappare!
Spero che vi sia piaciuto…
A domenica 31 marzo!

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Capitolo 28
*** Qualsiasi cosa ***


Capitolo 27 – Qualsiasi cosa

Quella sera, Marron e Trunks si presentarono a casa Son.
Fu Aliys che andò ad aprire la porta, e così facendo si trovò davanti uno spettacolo piuttosto bizzarro: la ragazza bionda, infatti, stava tirando dei gran pugni sulla testa del povero saiyan, che cercava di proteggersi con le proprie braccia.
«Marron, basta, dai» le stava dicendo, «ho capito l’antifona!»
«Guai!» sbottò lei. «Guai, Trunks Brief! Guai a te, se tenti di spaventarmi un’altra volta in questo modo!»
«Non lo farò più, lo prometto» le assicurò lui, «ma adesso basta!»
La ragazza si fermò e gli indirizzò uno sguardo ardente, ma dopo qualche istante sembrò calmarsi.
Aliys contemplò la possibilità di tossicchiare per attirare la loro attenzione. Alla fine, però, rimase zitta, perché era curiosa di vedere come sarebbe finita la faccenda.
Prudentemente, Trunks tolse le mani dalla propria testa, raddrizzandosi. «Wow» commentò, «dovresti evitare di maltrattare così le persone».
Marron scosse la testa. «Ma andiamo!» esclamò. «Sei un saiyan, non ti sei fatto niente!»
Dopodiché, si girò verso Aliys e le sorrise: «Ehi. Come va?»
La ragazzina si illuminò. «Tutto bene».
«Oh, ciao, Al» la salutò Trunks, aprendosi in un sorriso. «Goten è in casa?»
La figlia di Goku annuì energicamente. «Certo» replicò, «perché? Se posso chiederlo…»
«Naturale che puoi chiederlo» replicò Marron. «E la risposta è: stasera dobbiamo andare al cinema… Ehi!» aggiunse, drizzando la testa bionda. «Potresti venire anche tu, che ne dici?»
Aliys tentennò. L’offerta la lusingava… Allo stesso tempo, però, in casa sua c’era ora una tale atmosfera di pace… che la rendeva un po’ riluttante al pensiero di uscire.
«Non so…»
«Sì, ti prego, vieni anche tu» intervenne Trunks, per poi scherzare: «Così qualcuno terrà a bada questa bestia bionda…»
Marron fece una faccia offesa e gli allungò una gomitata nello stomaco. «Bestia un corno!»
Il ragazzo quasi non batté ciglio, ma lanciò un’occhiata eloquente ad Aliys, come a dire: “Che ti avevo detto?”
La ragazzina non poté fare a meno di ridere.
«Be’, mi piacerebbe venire…» iniziò poi a spiegare.
«Allora siamo d’accordo!» esclamò Marron.
Aliys avanzò di un passo.
Gettò un’occhiata a Trunks: sapeva che era il migliore amico di suo fratello, e lo conosceva da una vita, però non si sentiva completamente disinvolta, in sua presenza… Forse anche perché era davvero un bel ragazzo… Comunque fosse, alla fine decise di rivolgersi a Marron senza preoccuparsi: «Il punto è che Goten ha appena fatto pace con Goku».
A quelle parole, Trunks si aprì in un sorriso colmo di sollievo.
«E… ecco…» Aliys deglutì e si fermò. La sua preoccupazione suonava stupida anche alle sue orecchie, e si vergognava un po’ troppo per riuscire ad esprimerla ad alta voce.
Fortunatamente, Marron capì, e la sua espressione scanzonata si fece seria.
«E temi che, se resteranno un po’ lontani l’uno dall’altro, Goten potrebbe rimettere il muso» disse, con aria comprensiva.
La ragazzina annuì, imbarazzata. «È stupido, lo so…» mormorò.
«No, non è stupido» replicò Marron, avvicinandosi all’amica.
Trunks guardò le due ragazze e decise di mettersi a fissare il muro di casa Son come se non ci fosse niente di più interessante al mondo.
Marron meditò per qualche istante, poi drizzò la testa: «Sai cosa? Anche Goku e Chichi possono venire al cinema!»
Trunks sbatté le palpebre. Il suo sguardo, dalla casa, si spostò su Marron.
Aliys assunse un’aria incerta. «Be’, non so…»
Marron, però, non sembrava dell’umore giusto per prestare ascolto a certi dubbi. «Macché, macché, è un’idea perfetta» si rallegrò invece. «Vengo io ad invitarli…»
«Okay» mormorò Aliys, basita.
«No, lascia stare» intervenne Trunks, precipitosamente, «li invito io».
E senza lasciare a Marron il tempo di replicare, si infilò in casa Son.
Aliys sbatté le palpebre e si girò verso la ragazza bionda. Quest’ultima si strinse nelle spalle.
«Credo di averlo terrorizzato» mormorò.
Di fronte a quell’affermazione, Aliys ripensò alla scena di poco prima. «Perché lo stavi picchiando?»
«Oh». Marron arrossì appena. «Be’, non è niente: il mio aereo della Capsule Corporation non funziona, quindi Trunks mi ha portato fin qui in volo… E un paio di volte ha avuto la brillante idea di fingere che stessi scivolando dalla sua presa… Non è stato affatto carino, da parte sua».
Aliys non riuscì a non ridere. «Credo che Trunks pensi che, da parte tua, non sia stato affatto carino picchiarlo…»
«Quello…» Marron agitò una mano come per scacciare quell’ipotesi assurda. «Credimi, Al, lo conosco da quando eravamo piccoli, e so che non si è fatto male. È questo il vantaggio nell’avere degli amici saiyan… Ti puoi sfogare senza temere di ferirli».
Aliys aggrottò la fronte. «Devo preoccuparmi?» scherzò.
Marron le sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle. «Per niente» le assicurò. «Sarò manesca, ma non sono senza onore. Non picchierei mai una ragazza».
A quelle parole, Aliys scoppiò a ridere.

Trunks riuscì senza problemi a convincere Goku ad accompagnarli al cinema.
Persuadere Chichi fu un po’ più difficile, poiché la donna sosteneva di avere del lavoro da fare in casa, ma alla fine l’intervento di Aliys fece capitolare anche lei.

Per la gioia di Marron, non ci fu bisogno che Trunks le desse un altro passaggio, visto che Chichi la prese con sé nella propria air-car. Anche Aliys, sebbene fosse in grado di volare, preferì accomodarsi nell’automobile.
Una volta sprofondata nella comoda poltroncina del cinema, la ragazzina non guardò nemmeno un quarto del film.
Di fianco a lei, si trovava Goku. E la felicità di essere vicina a suo padre era sovrastata, se possibile, dalla gioia di sapere che, dall’altro lato del saiyan, si trovava Goten.
Sorridendo tra sé e sé, la ragazzina abbassò lo sguardo sui propri pop-corn… E quando una mano entrò nella sua visuale, chiaramente diretta verso il prezioso bottino, gli occhi neri della ragazzina si sgranarono per l’indignazione.
«Papà!» sussurrò, scacciando la mano del saiyan. «Questi sono miei
Son Aliys avrebbe fatto qualsiasi cosa, per suo padre. Eccetto condividere il proprio cibo.
Nella semioscurità della sala, Goku la guardò con aria quasi supplichevole. «Andiamo, Al… I miei sono finiti…»
Aliys si attaccò testardamente al pacco dei pop-corn. «Chiedili a Goten».
«Sono finiti anche i suoi» rispose Goku, a bassa voce. «In effetti, vorrebbe che ne prendessi qualcuno anche per lui…»
A quelle parole, la ragazzina gettò un’occhiata oltre la figura del padre, verso il fratello.
Da parte sua, Goten si sporse per farsi vedere meglio. «Dai, Al» bisbigliò, con un enorme sorriso. «Guarda dentro il tuo cuore e nutri questi bisognosi».
Lei scosse la testa, facendo scorrere lo sguardo dall’espressione di scuse di Goku a quella sorridente di Goten.
Le sue dita si strinsero…
Alla fine, però, vedere suo padre e suo fratello così vicini, sapere che si sarebbero divisi i pop-corn che lei gli avrebbe dato, la fece capitolare.
E forse, a dirla tutta, lei per suo padre avrebbe fatto qualsiasi cosa, incluso condividere il proprio cibo.
«E va bene» mormorò, prendendo una manciata di pop-corn e passandoli a Goku. «Tenete questi… E vedete di farveli bastare».
Il saiyan adulto le sorrise, prima di voltarsi per condividere parte del bottino con Goten.
«Grazie, Al!» sussurrò il giovane.
La ragazzina scrollò la testa e puntò lo sguardo verso lo schermo… Si rese conto, però, di non avere la minima idea riguardo a quanto stesse succedendo nel film.
Un tocco delicato sulla nuca la fece voltare.
Goku le arruffò affettuosamente i capelli neri, sussurrandole: «Grazie, tesoro», e il cuore della ragazzina sussultò, per poi esibirsi in una capriola di felicità.





















Spazio dell’Autrice:
Altro mini-capitolo >_>
Spero vi sia piaciuto! E non temete: dal prossimo dovrebbe cominciare un’altra parte significativa della storia ^^
A sabato 6 aprile, dunque!

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Capitolo 29
*** Un ritorno poco gradito ***


Capitolo 28 – Un ritorno poco gradito

Nei giorni che seguirono, Aliys si sentì la persona più felice dell’universo.
Aveva di nuovo la sua famiglia: unita, completa, formata da persone che si volevano bene e non si tenevano il muso.
Anche Goku doveva provare una contentezza simile a quella della figlia, poiché tornò ad organizzare con entusiasmo le escursioni che amava tanto.
Un paio di volte, anche Gohan, Videl e la piccola Pan parteciparono a quelle brevi gite… Aliys trovava un po’ scoraggiante il fatto che la sua nipotina riuscisse sempre ad arrivare alla meta prima di lei, ma era troppo felice perché la cosa le importasse davvero.
Ovviamente, nel corso delle escursioni, lei trovava sempre il modo di incespicare da qualche parte, ma non guadagnò né un livido né una slogatura: Goku era sempre accanto a lei, e non mancò di prenderla al volo nemmeno una volta.
Chichi era immensamente soddisfatta di come stavano andando le cose, tanto che la sera iniziò a proporre una serie di giochi da tavolo.
Ovviamente, c’entravano tutti con l’intelligenza e le parole.
Goten tentò di tirarsene fuori, dicendo che la sera doveva uscire con i suoi amici, ma un’occhiataccia della madre fu sufficiente a farlo capitolare.
«Va bene» sospirò il giovane. «Però io sto in squadra con te, mamma!»
Chichi annuì, mentre Aliys sgranava gli occhi.
Un istante dopo, comunque, la ragazzina abbracciò il fianco di Goku e ribatté, rivolta al fratello: «Te la faremo vedere».
Alla fine dei conti, non era seccata per la composizione delle due squadre.
Era vero: essere con Chichi le avrebbe senza dubbio dato più possibilità di vittoria, ma stare con Goku la rendeva raggiante.
All’inizio, il saiyan era reclutante quanto suo figlio. Si vedeva lontano un miglio che avrebbe preferito un’altra sfiancante battaglia a quei giochi sveglia-cervello, ma poi diede una scrollata di spalle e si lasciò coinvolgere.
Aliys amava l’impegno sincero che suo padre metteva in quelle sfide, amava vederlo scuotere la testa e aggrottare la fronte con aria spaesata quando si trovava di fronte ad un indovinello troppo elaborato.
E, soprattutto, amava quando lui le stringeva la mano e la guardava con complicità.
Quando vincevano, Goku la imprigionava in un abbraccio mozzafiato, congratulandosi con lei… Quando perdevano, la guardava con un sorriso disarmante e faceva spallucce, come per dire: “Sarà per la prossima volta, no?”.
Aliys ammirava molto quell’atteggiamento: a quanto pareva, persino un saiyan, che sul campo di battaglia non avrebbe mai, mai e poi mai accettato una sconfitta, poteva diventare ragionevole se c’era di mezzo una sfida d’intelligenza.
Una sera, mentre fuori infuriava un bel temporale, la famiglia radunata in salotto fu sorpresa dal suono del campanello.
Chichi alzò subito la testa. «Chi può essere?» si domandò ad alta voce, riservando un’occhiata indagatrice a Goten.
Quest’ultimo sollevò le mani, sulla difensiva. «Non ho invitato nessuno».
Aliys sorrise… Poi pensò che potesse trattarsi di Marron, e balzò in piedi, esclamando: «Vado io!»
Percorse il corridoio quasi di corsa, sicura che la sua amica non fosse contenta di essere lasciata sotto l’acqua, spalancò la porta… E raggelò.
Davanti a lei, intento a battere i denti a più non posso, c’era un ragazzino dalla pelle color cioccolato, e con un ciuffo fradicio di capelli neri che gli ricadeva sul viso.
Siccome il nuovo arrivato indossava solo un paio di pantaloncini, le sue labbra iniziavano a farsi quasi bluastre.
Aliys, però, lungi dal farsi da parte ed accoglierlo in casa, lo fissava stando ferma sulla soglia, come se avesse dovuto difendere la propria abitazione da quel bambino.
«C-ciao» disse lui alla fine.
«Ciao» replicò lei, senza muoversi di un passo.
Gli occhi scuri del ragazzino la fissarono, incerti. «Sei Aliys, vero?» domandò poi, sotto lo scroscio della pioggia. «Io sono Ub».
Aliys annuì. «So chi sei» replicò.
Dentro di sé, gemette. Perché, perché non aveva controllato l’aura dell’ospite, prima di precipitarsi ad aprire?
Si rispose da sola: perché percepire le forze spirituali non le veniva così naturale come a suo padre e ai suoi fratelli…
Una parte della sua testa le fece notare che Ub doveva essere mezzo congelato, e che lei si stava comportando in modo assurdo.
Pur sapendolo, però, Aliys non riusciva ad invitare il bambino ad entrare.
L’ultima volta che aveva visto Ub, lui le aveva portato via suo padre.
Dato lo stato d’animo della ragazzina, probabilmente quella situazione di stallo sarebbe potuta durare all’infinito…
Dopo qualche secondo, però, Aliys sentì dei passi alle proprie spalle, e poi una mano calda sulla spalla.
«Ub?» domandò la voce di Goku, genuinamente stupita. «Che fai qui, figliolo?»
«Ciao, Goku» lo salutò il bambino, continuando a rabbrividire sotto la pioggia. «S-sono venuto a cercare te…»
Aliys restò immobile, paralizzata, finché Goku non la tirò indietro con gentilezza, dicendo: «Be’, comunque ora entra, altrimenti finirai per congelare!»
Sul volto tondo del ragazzino si disegnò un’espressione immensamente grata, e lui non se lo fece ripetere due volte.
Aliys non disse nulla, guardando Ub fin troppo fissamente.
«Chichi?» chiamò Goku. «Hai per caso un asciugamano?»
La donna comparve nell’ingresso, domandando: «Un asciugamano? E perché?»
Vedendo Ub, si bloccò: «Oh».
«Buongiorno, signora» la salutò il ragazzino, con un veloce inchino.
«Ciao» replicò Chichi, per poi dichiarare: «Sì, dovrei averlo un asciugamano».
E uscì rapidamente dalla vista, proprio mentre Goten arrivava a curiosare.
Anche lui si irrigidì un po’, alla vista di Ub, ma non si bloccò come aveva fatto Aliys, salutando il ragazzino in modo abbastanza amichevole.
Poco dopo, Chichi fu di ritorno con un gran asciugamano, che fu avvolto intorno allo zuppo Ub.
A quel punto, Goku lo portò con sé in salotto, e Aliys non poté fare a meno di seguirli.
«Allora, figliolo?» esordì il saiyan. «Cosa stavi dicendo?»
Il ragazzino si sfregò energicamente le braccia. «Sono venuto a cercare te» dichiarò. «Non sei più tornato, ed ero preoccupato… Tua figlia sta bene, vero?»
Ponendo l’ultima domanda, guardò timidamente verso Aliys.
«Sì, per fortuna sta bene» rispose Goku.
Ub annuì, e si asciugò la faccia con un lembo dell’asciugamano. «Non sono venuto subito perché dovevo badare ai miei fratelli, ma poi un fratello di mia madre ha detto che l’avrebbe aiutata mentre ero via» raccontò il ragazzino.
Aliys spostò lo sguardo da lui a Goku.
Il saiyan restò in silenzio per qualche istante, poi si grattò la nuca.
«Be’, a questo punto penso che potresti restare a dormire qui… Di tutto il resto ne parleremo domani».
«Se è un disturbo…» iniziò Ub, ma Goku si allungò per stringergli una spalla con fare affettuoso.
«Nessun disturbo» affermò, con un ampio sorriso.
«Grazie» disse allora il ragazzino, illuminandosi.
Da una certa distanza, Aliys osservava la scena senza fiatare.
Una punta di angoscia, causata dall’autentico calore con cui Goku trattava Ub, iniziò a trapanarle il fondo dello stomaco.
Soprattutto, non riusciva a smettere di pensare alla frase di Goku: Di tutto il resto ne parleremo domani.
Cosa intendeva il saiyan? Di cosa avrebbe dovuto parlare con Ub?
Pensava di andare nuovamente via col bambino?
Aliys incrociò fermamente le braccia sul proprio ventre in subbuglio.
“No” pensò. “Non sparirà di nuovo. Me l’ha promesso”.
Anche se voleva crederci, però, si sentiva tesa e preoccupata come non era più stata da giorni interi.


















Spazio dell’Autrice:
*suona il campanello di casa Son*
OBI-WAN KENOBI: I have a bad feeling about this.

Okay, scusatemi XD
Dunque, come qualcuno di voi si aspettava, Ub è tornato… E Aliys non l’ha presa benissimo… Vedremo come si evolveranno le cose ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A domenica 14 aprile! ^^
P. S. Nessun Ub è stato maltrattato durante la stesura di questo capitolo.

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Capitolo 30
*** Soluzioni temporanee ***


Capitolo 29 – Soluzioni temporanee

Il mattino successivo era quieto, pigro e dorato.
La pioggia del giorno precedente aveva spazzato via le nubi, e ora i raggi del sole scaldavano lentamente la terra bagnata, facendo brillare la rugiada sull’erba.
Entrando in cucina, Goten vide prima di tutto la finestra spalancata, e Chichi che si affaccendava davanti ai fornelli.
Poi si voltò verso il tavolo, dove sedevano Ub ed Aliys.
«È tutto squisito, grazie signora Chichi» stava dicendo il ragazzino, timidamente.
La donna gli indirizzò un sorriso, chiaramente ammorbidita dal complimento. «Figurati, Ub» gli disse, prima di notare il suo secondogenito che indugiava sulla soglia.
«Goten, piccolo mio! Hai dormito bene?»
Il ragazzo borbottò una conferma, imbarazzato nel sentirsi chiamare “piccolo mio” a diciassette anni suonati.
Una parte di lui si aspettava che Al alzasse la testa e gli indirizzasse un sorriso malizioso, ma la ragazzina sembrava troppo impegnata ad ignorare Ub.
«Ecco, siediti lì» lo istruì Chichi, come se Goten si fosse dimenticato dov’era il suo posto. «Ti ho preparato uova e pancetta… Ora vado, ho detto a Gohan che stamattina sarei passata da lui».
Stampò un bacio sulla nuca di Aliys, rivolse un cenno ad Ub, scompigliò i capelli di Goten e quindi uscì.
Il giovane saiyan mezzosangue scosse la testa, accomodandosi.
Ub stava piluccando la sua colazione come se volesse farla durare anni, con gli occhi pieni di meraviglia di chi spesso e volentieri è costretto a digiunare.
Goten inarcò un sopracciglio: «Ma non ti sono arrivati i soldi del premio?»
Il ragazzino alzò la testa e lo guardò con aria spaesata. Probabilmente non si aspettava di venir interpellato così direttamente. «Eh?»
«Ho sentito che mio padre aveva fatto un patto con Mr. Satan» affermò Goten. «E che lui, dopo aver vinto il Torneo, ti ha spedito i soldi del premio».
«Sì, sì, me li ha spediti» rispose Ub, confuso. «Perché?»
«Be’, perché hai la faccia di uno che non vede del cibo da due secoli» replicò Goten, senza preoccuparsi di suonare sfacciato.
Ub sembrò un po’ imbarazzato. «Ultimamente mangiamo benissimo» spiegò. «Ma credo che il mio stomaco ancora non riesca a crederci».
Azzardò un sorriso, e Goten annuì.
Soddisfatta quella curiosità, il saiyan mezzosangue gettò un’occhiata a sua sorella.
Aliys aveva l’aria più svogliata del mondo, ma ciò che colpì maggiormente il ragazzo fu il fatto che i capelli neri della ragazzina le ricadevano davanti alla faccia.
Era da un bel po’ di settimane – se non mesi – che non la vedeva così.
Negli ultimi tempi, infatti, lei aveva preso l’abitudine di pettinarsi in modo che nessun ciuffo le limitasse la visuale.
Forse aveva perso la sua spazzola, ipotizzò mentalmente Goten.
Per quanto lui stesso portasse i capelli abbastanza lunghi, aveva poche ed oscure idee sui metodi utilizzati dalle ragazze per domare le loro capigliature.
«Al, hai perso la tua spazzola?» le domandò perciò, ficcandosi in bocca una forchettata di uova e pancetta.
Lei lo fissò da dietro la cortina dei capelli neri. «No» rispose, inarcando un sopracciglio. «Perché?»
Masticando di buona lena, lui lanciò un’occhiata perplessa alla ragazza, poi inghiottì e si strinse nelle spalle. «Niente, era così per dire».
Il suo istinto di conservazione, nonché il suo amore per il quieto vivere, si suggerivano che era meglio non farla parlare troppo, quando era così immusonita.
Per un istante, nessuno dei tre disse nulla, poi Ub azzardò: «È davvero carina, la vostra casa».
Goten aprì la bocca per replicare, ma Aliys lo precedette.
«A-ah» disse, con voce atona, rigirando la frittata che aveva nel piatto.
Ub la guardò con espressione quasi preoccupata, mentre Goten si domandava quanto avesse dormito male per diventare così.
Prima che potesse chiederglielo, però, la ragazza mise il piatto da parte.
«Non ho fame» dichiarò.
Ub sgranò gli occhi, e Goten rimase a bocca aperta.
Senza guardare nessuno dei due, la ragazzina si alzò ed uscì dalla cucina.
«Wow» fiatò Goten.
Qualche altro alieno era giunto sulla Terra e aveva fatto il lavaggio del cervello a sua sorella? Come si poteva non avere fame?
Per quanto fosse un po’ preoccupato, decise che comunque non era il caso di sprecare della buona frittata. Prese il piatto di Aliys e ne versò il contenuto nel proprio.
Ub stava ancora guardando verso la porta.
«Strano» commentò, aggrottando la fronte. «Goku mi aveva detto che voi avevate ereditato l’appetito da lui. E lui mangia parecchio».
Goten guardò il bambino. «Vuoi dire che nostro padre ti ha parlato di noi?»
Ub annuì. «Sì, e anche abbastanza spesso».
«Di me cosa ti ha detto?» domandò Goten, interessato.
«Be’…» Il ragazzino dalla pelle color cioccolato alzò le spalle. «Non è che mi abbia raccontato niente in particolare. Più che altro, quando facevamo qualcosa, saltava spesso fuori con commenti come: “A Goten sarebbe piaciuto”, “Gohan l’ha imparato subito”, “Aliys era più alta alla tua età”».
«Capisco». Assorto, Goten, passò il dito sui denti della propria forchetta. «Se ti capita, dillo anche a mia sorella. Credo le farebbe piacere saperlo».
«Uh, okay» disse Ub, con aria un po’ perplessa.
Prima che potesse chiedere qualsiasi chiarimento, però, Goku fece il suo ingresso in cucina, esclamando: «Buongiorno, ragazzi! Tutto bene?»
«Sissignore» disse Goten, buttandosi su ciò che restava nel suo piatto, mentre Ub annuiva: «Sì, Goku».
Il saiyan fece un gran sorriso, poi assunse un’aria interrogativa. «L’aura di Al non veniva da qui?»
Goten fece un gesto vago. Mandò giù quel che aveva in bocca e rispose: «Sì, se n’è appena andata».
Goku aggrottò la fronte. «Capisco».
Un momento dopo, però, si rianimò e guardò verso Ub.
«Posso parlarti un momento, giovanotto?»
Il ragazzino sorrise, e i suoi occhi neri brillarono. «Certo!» esclamò.
Con un balzo, scese dalla sedia e raggiunse Goku.
Goten agitò una mano nella loro direzione, quindi tornò al proprio cibo… Un istante dopo, i suoi occhi si concentrarono sul piatto di Ub.
«Neanche lui ha finito la colazione» osservò tra sé e sé.
Si concesse un momento per riflettere, ma alla fine scrollò le spalle e si tese in avanti, così da poter finire anche il cibo del loro ospite.
Diamine, sprecare qualcosa di quella buona pietanza sarebbe stato un crimine!

Nel frattempo, Goku ed Ub si erano fermati nel salotto.
Il saiyan indugiò un istante, quindi esordì: «Immagino che tu sia un po’ preoccupato per il tuo allenamento, dico bene?»
Ub annuì, accennando un sorriso. «Infatti».
Goku passeggiò avanti e indietro, dopodiché propose: «Che ne dici di rimanere qui per qualche giorno? Il monte Paoz è un bel posto dove allenarsi».
L’espressione sorridente di Ub svanì, sostituita dall’incertezza. «Non saprei… A casa hanno bisogno di me».
Goku si passò una mano sul viso, pensando alla famiglia di Ub. «Giusto».
«Goku, scusa, ma perché non vieni tu a casa mia?» domandò il bambino, con una punta di speranza che non sfuggì al saiyan. «Come prima…»
Goku esitò. Lui comprendeva bene il desiderio di Ub di essere messo alla prova e di diventare sempre più forte, però…
Lui aveva fatto del male alla propria famiglia, andandosene per allenare il bambino.
Pensò a Goten, alla sua espressione in qualche modo dura, al tempo che aveva impiegato prima di riuscire a perdonarlo.
Pensò ad Aliys, alla sua fuga da casa, al modo in cui l’aveva ritrovata.
La ricordò impaurita e singhiozzante tra le sue braccia…
E per un istante, gli parve quasi di risentire il viso della figlia contro il proprio petto. Gli parve quasi di sentire la sua voce strozzata che implorava: Non andartene. Non andartene più.
Lui aveva fatto una promessa a sua figlia, le aveva promesso che non avrebbe più abbandonato la propria famiglia. E non poteva – semplicemente non poteva – venir meno alla parola data.
Si schiarì la gola. «Mi dispiace, Ub, ma non è più possibile» affermò, in tono serio. «Ho capito che devo badare alla mia famiglia, proprio come tu devi badare alla tua».
«Ah». Il ragazzino arrossì e si mordicchiò il labbro. «Be’, per fortuna mio zio starà con i miei fratelli per un po’» azzardò poi. «Credo di poter rimanere per qualche giorno».
Goku sbatté le palpebre.
Era consapevole del fatto che quella proposta da Ub era una situazione temporanea.
Lui teneva molto all’addestramento di quel ragazzino, e sapeva che qualche giorno non sarebbe stato sufficiente per sfruttare tutto il potenziale di Ub.
Per il momento, però, ritenne fosse meglio non pensarci, e accolse quella proposta con un enorme sollievo.
«Sì» disse, «credo sia un’ottima idea».
Ub gli sorrise, e in quel momento Aliys entrò nel salotto.
«Papà» disse la ragazza, sorpresa.
Il saiyan la guardò con più attenzione, ed assunse un’aria perplessa. «Di nuovo i capelli davanti alla faccia, Al?»
«Ecco, io…» iniziò lei, poi lo sguardo le cadde su Ub. «Avete parlato?»
Goku si stupì del tono guardingo che impregnava la sua domanda.
«Sì» si affrettò a spiegare, «dovevamo discutere del suo allenamento…»
A quelle parole, Aliys sentì il proprio cuore farsi di piombo. Era una sua impressione, o aveva cominciato a battere dieci volte più veloce del consueto?
«E…?» riuscì a dire, paventando la risposta.
«E Ub starà qui per qualche giorno» rispose Goku.
Ub strusciò i piedi per terra. Tra sé e sé, temeva di essere antipatico alla figlia del suo maestro, perciò si aspettava che quella notizia le facesse storcere le labbra.
Invece, con sua grande sorpresa, Aliys si aprì in un sorriso – un sorriso di autentica gioia – e si gettò tra le braccia di Goku.
Imbarazzato, il ragazzino decise che era meglio tornare in cucina, così da lasciar loro un po’ di privacy.
Goku, da parte sua, fu così preso alla sprovvista da quello slancio di affetto che nemmeno notò il suo allievo uscire dalla stanza.
Accarezzò i capelli della figlia, un po’ dubbioso.
Aliys alzò la testa per guardarlo in faccia. «Grazie» gli disse, la riconoscenza evidente nella sua voce.
Goku aggrottò la fronte, poi la sua espressione si ammorbidì. «Non devi ringraziarmi, Al» affermò.
Quasi senza pensarci, le lisciò i capelli neri, tirandoli indietro in modo che il volto della ragazzina non restasse più nascosto.















Spazio dell’Autrice:
Okay, immaginate la mia faccia quando ieri – IERI, tra tutti i giorni che esistono – il router ha dato i numeri.
Niente internet per un intero, lunghissimo giorno D:
E proprio il giorno dell’aggiornamento!
…Sigh.
Comunque, il lato positivo è che ne ho approfittato per rendere il capitolo più corposo, ed ora eccolo qui! Spero vi sia piaciuto =)
Appuntamento a domenica 21 aprile!

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Capitolo 31
*** La decisione di Aliys ***


Capitolo 30 – La decisione di Aliys

Sapere che suo padre sarebbe rimasto era stato un sollievo immenso.
Allo stesso tempo, però, l’affermazione di Goku e i suoi gesti di affetto non erano stati sufficienti a placare del tutto la paura.
Perciò, quando Aliys vide il padre che si apprestava ad uscire con Ub, corse verso di loro, esclamando: «Aspettate! Vengo anch’io!»
Goku l’aveva guardata con aria interrogativa, poiché di solito la figlia prendeva le distanze da qualsiasi genere di allenamento fisico.
Ma poi, visto che non aveva nessun motivo per negarglielo, le sorrise e la invitò ad avvicinarsi con un gesto.
A quel punto, i tre si alzarono in volo.
Goku guidava gli altri due, inconsapevole delle occhiate incerte che Ub lanciava ad Aliys, o delle labbra della ragazza serrate in una piega determinata.
Atterrò in una radura non molto lontana, dove talvolta si era già allenato insieme a Goten.
Aliys si sedette a terra a gambe incrociate, lo sguardo puntato sui due guerrieri che si mettevano l’uno davanti all’altro.
Ub sembrava aver dimenticato ogni genere di disagio, e sembrava impaziente di iniziare. «Mi insegni una nuova tecnica?» chiese, con voce carica di aspettativa.
Aliys gli scoccò un’occhiata stupita. Senza poterlo evitare, pensò che Goten non si era mai mostrato così eccitato di fronte a un combattimento – se non quando era ancora un bambino.
Goku, da parte sua, si limitò a sorridere. «Forse è meglio iniziare con un po’ di lotta senza tecniche impegnative. Come riscaldamento».
La ragazzina spostò di nuovo lo sguardo su Ub, per vedere se sarebbe apparso deluso.
Invece, il bambino annuì con vigore e trepidazione, mettendosi in posizione per iniziare il combattimento.
Di lì a poco, lui e Goku si scagliarono l’uno contro l’altro.
Lottavano a terra, a mezz’aria, senza esclusione di pugni, calci o testate.
Dati i suoi parenti, Aliys era abituata sin da bambina ad assistere a duelli sorprendentemente veloci. In quel momento, però, faticava a seguire i movimenti dei due sfidanti.
Goku e Ub erano poco più di due figure sfocate, e ogni tanto lei coglieva lampi di immagini: un pugno andato a segno di qua, un calcio evitato per un soffio di là.
Sempre più spesso, tuttavia, le parve di scorgere il largo sorriso di Goku.
Suo padre sembrava divertirsi molto, a combattere contro Ub.
Ad un certo punto, afferrò il bambino per i polsi e riuscì a bloccarlo. Solo per un momento, però: Ub lo colpì con una ginocchiata, costringendolo a lasciare la presa.
Aliys era sbalordita.
Ciò che la sorprese più della spettacolarità dei combattenti, però, fu la risata di Ub, echeggiata da quella di Goku.
Suo padre aveva un legame con quel bambino, e lei non poteva negarlo.
Stranamente, ammetterlo non la fece sentire ferita o spaventata. Forse perché Goku aveva deciso comunque di restare a casa… Perché suo padre aveva un cuore grande, e poteva affezionarsi a quel ragazzino dalla pelle scura senza che il suo amore per la propria famiglia diminuisse.
Mentre quella realizzazione la colpiva, Aliys inspirò dal naso, sorpresa.
Forse, meditò, mentre un sorriso mesto le piegava le labbra, avrebbe dovuto cercare di essere più gentile, con Ub.
Si scostò una ciocca di capelli neri dal viso, riprendendo a seguire il combattimento.
Sì, ora si sentiva più tranquilla e sicura… Ma, allo stesso tempo, avvertiva una strana malinconia sul fondo del petto.
Perché la felicità che suo padre provava in quel momento, era la felicità di affrontare una sfida elettrizzante. Era una felicità che lei non gli poteva dare.
Fu in quel momento, più o meno, che un’idea iniziò a roderle il retro della mente come un piccolo tarlo.

Quando tornarono a casa, Aliys si precipitò a cercare Goten.
Naturalmente, lo trovò in cucina.
Il giovane doveva aver deciso che era tempo di far merenda, e stava mangiando un muffin dopo l’altro.
Aliys si chiese come fosse riuscito a convincere Chichi a cucinargli tutto quel ben di dio, poi scrollò le spalle.
«Ce l’hai il numero di telefono della Kame House?» lo interpellò.
Goten alzò gli occhi dal proprio cibo, inarcando un sopracciglio. «Ciao anche a te, Al» disse, ironico.
«Ciao» si affrettò a rispondere lei. «Allora, ce l’hai o no?»
Masticando lentamente, lui prese il proprio cellulare dalla tasca dei jeans. Controllò la rubrica, poi ammise: «Sì, eccolo qui».
«Posso?» chiese Aliys, tendendo la mano.
«Perché vuoi chiamare la Kame House?» domandò Goten di rimando.
La ragazzina esitò un istante. «Voglio sentire Marron» affermò alla fine, sentendosi un po’ in colpa poiché non era del tutto vero.
Goten inghiottì un boccone. «E posso chiederti se ti sei divertita, guardando combattere Ub e papà?»
Lei drizzò la schiena. «Certo» rispose, gli occhi puntati sul cellulare del fratello, «è stato molto istruttivo».
Il fratello emise un mezzo grugnito. Poi, però, scosse la testa e le passò il telefonino. «Guai a te se lo rovini» minacciò, prima di tornare a dedicare tutta la sua attenzione alla merenda.
Aliys gli fece un sorriso svelto e scappò via, rifugiandosi nella propria camera.
Per un istante, rimase ferma a fissare il numero della Kame House. Il cuore aveva iniziato a batterle un po’ più forte del consueto.
Era sicura di volerlo fare?
Lo sguardo le cadde sulla foto che la ritraeva bambina con Goku, e la ragazzina assunse un’aria decisa.
Era sicura.
Avviò la chiamata e avvicinò il cellulare all’orecchio, in trepidante attesa.
Dopo un paio di squilli, rispose la voce gracchiante del maestro Muten: «Se sei una bella ragazza, lasciami il tuo indirizzo! Vengo subito a trovarti!»
Aliys rimase impietrita, ma fortunatamente in sottofondo si udì una voce femminile che chiedeva: «Ma cosa fai, nonno? Dammi il telefono?»
La figlia di Goku sbatté le palpebre, e dopo un momento la voce di Marron chiese: «Pronto?»
«Pronto, Marron? Sono Aliys» disse la ragazzina, con un sospiro di sollievo che partiva dritto dal cuore.
«Ah, ciao! Spero che il vecchio Muten non ti abbia spaventata… Ha alzato un po’ troppo il gomito, questa mattina…»
Dal tono che assunse verso la fine della frase, era probabile che si fosse girata a fulminare l’Eremita della Tartaruga con un’occhiataccia.
«No, non mi ha spaventata» mentì Aliys.
«Meglio» replicò Marron. «Allora? Che c’è?»
«Ehm… Ecco, senti, ti ho chiamato per chiederti se, secondo te, tuo padre sarebbe disposto ad allenarmi» buttò fuori Aliys, tutto d’un fiato.
«Allenarti? Mio padre?» ripeté Marron, sbalordita.
«Sì» rispose Aliys, incerta.
Mentre tornava dalla radura dove si erano scontrati Goku e Ub, aveva valutato attentamente tutti quelli che avrebbero potuto aiutarla, e aveva scartato in fretta i suoi fratelli e Trunks, perché voleva che lo sapessero meno persone possibile.
Poi aveva scartato anche Vegeta e C-18… Probabilmente la cyborg e il principe dei saiyan avrebbero mantenuto il segreto, ma altrettanto verosimilmente l’avrebbero mandata in ospedale in un batter d’occhio.
Così, alla fine, aveva optato per Crilin. Affidabile senz’altro, e le ispirava più sicurezza.
«Boh, penso di sì» disse alla fine Marron. «Ma perché vuoi allenarti?»
«Per scoprire se davvero non ho ereditato un bel niente dai saiyan» rispose Aliys. Si morse il labbro, poi aggiunse: «E anche perché… be’, ieri Ub si è presentato a casa nostra».
«Cosa?» chiese Marron. «Goku è ancora da voi, vero?»
«Sì» si affrettò a rassicurarla Aliys, «è ancora da noi… Ma oggi li ho visti lottare e… Non lo so, ho capito quanto per mio padre è bello il combattimento, e… E vorrei che potessimo condividerlo».
In quel momento, ripensò a quando aveva chiesto a Goku di allenarla. Per un istante, il ricordo dell’apparente rabbia del padre e delle sue motivazioni la bloccò. Poi, però, la ragazzina si accigliò.
Lei voleva che Goku potesse ridere con lei come aveva riso con Ub.
«Capisco» asserì Marron. «Al momento, mio papà non è in casa, ma gli riferirò il tutto quando tornerà…»
Aliys annuì, sollevata, poi si diede della stupida: la sua amica non poteva certo vederla. «Okay» disse perciò. «E… Marron?»
«Sì?»
«Potresti chiedergli di non dire niente a nessuno, su questa cosa?»
La ragazza bionda impiegò qualche istante, prima di rispondere, ed Aliys aspettò con una certa trepidazione.
«D’accordo» disse Marron alla fine. «Gli dirò che vuoi fare una sorpresa a Goku, e perciò deve rimanere un segreto. Va bene?»
Aliys si ritrovò a sorridere. «Benissimo!»
Con la conclusione della telefonata, ovviamente, arrivarono i sensi di colpa.
La ragazzina sapeva che se suo padre non avrebbe voluto che lei imparasse a combattere.
Mordicchiandosi il labbro, ripensò al discorso che aveva origliato qualche tempo prima…
Lo sai, Gohan, all’inizio mi sarebbe piaciuto allenarla, proprio perché non dimostrava un particolare talento nella potenza... Poi, però, ho parlato con Chichi. Di certo lo saprai già, ma a vostra madre non piace il fatto che io vi trascini nella lotta. Così, mi ha chiesto se per caso avessi intenzione di allenare anche Al. Mi ci ha fatto riflettere, in qualche modo. Lei è la mia unica figlia femmina. La sola che non pareva aver ereditato alcuna dote di guerriero. Quindi, ho deciso che lei, almeno lei, non avrebbe mai combattuto.
Esitò, guardando il cellulare che teneva in mano.
Doveva richiamare Marron e ritirare la propria richiesta?
Per qualche motivo, l’idea non le piaceva.
Insomma, sarebbe stato davvero un male, imparare qualcosa sulle Arti Marziali? Sicuramente non sarebbe mai diventata brava come suo padre, i suoi fratelli e i loro amici… Ma che male c’era nel farsi insegnare un paio di mosse?
“Mi dispiace, papà” pensò alla fine, scostandosi un ciuffo di capelli dal volto, “credo di avere il diritto di provare. E forse, se mai riuscirò a diventare almeno discreta, potresti anche divertirti con me come ti diverti con Gohan e Goten. Come ti diverti con Pan e Ub”.

















Spazio dell’Autrice:
Mi piace troppo l’idea di Marron che chiama Muten “nonno” ♥
Non dico altro: a voi il giudizio.
Ah, scusatemi se non ho aggiornato ieri: il computer era occupato (come ho già detto a Nede, forse dovrei comprarmi un portatile o andare a vivere da sola XD).
Comunque, appuntamento a domenica 28!
(Spero di riuscire a non spostare la data, ma visto che quel giorno c’è la cresima di mia cugina… Boh, vedremo :D)

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Capitolo 32
*** Aliys e Crilin ***


Capitolo 31 – Aliys e Crilin

Il sole splendeva alto sul tetto a spiovente della Kame House.
Per un istante, Aliys chiuse gli occhi e si godette il calore sul proprio volto e l’arietta fresca, ascoltando lo sciabordio delle onde.
Attentamente, estese la propria percezione, sino a sentire le aure delle persone presenti sull’isolotto.
Riconobbe subito quella di Marron, visto che ormai le era molto familiare, e un momento dopo anche quella di Crilin e del Maestro Muten.
Ovviamente, non sentì la presenza di C-18… In quanto cyborg, infatti, la donna non aveva un’aura… Aliys ricordò che in un primo momento, da bambina, aveva trovato quell’assenza di forza spirituale alquanto inquietante… Poi, con l’andare del tempo, si era abituata, e la cosa non la disturbava più…
Sentendo che l’aura di Marron si stava avvicinando, la ragazzina riaprì gli occhi, in tempo per vedere l’amica uscire dalla porta della casetta.
«Al!» la salutò Marron, con un sorriso.
Aliys non riuscì a fare a meno di sorridere in risposta. «Ehi».
La biondina le si avvicinò, prendendola sotto braccio. «Vieni» disse, trascinandola verso il bordo della spiaggia lambito dalle onde…
Aliys sbatté le palpebre, ma non oppose resistenza.
«Sei tutta tesa» osservò Marron, aggrottando la fronte e staccandosi di colpo da lei. «Ti do fastidio?»
La figlia di Goku le gettò un’occhiata, sorpresa dalla sua capacità di osservazione. «No, non sei tu» si affrettò a rassicurarla. «È solo… So che mio padre non andrà via, stavolta, ma… Be’, sapere che è a casa, e che è con Ub, mentre io sono qui… Mi mette un po’ in ansia». Si strinse nelle spalle.
«Oh» si limitò a dire Marron. Poi sorrise. «Magari quando avrai messo un po’ di muscoli su quelle braccine, sarai meno preoccupata».
Per sottolineare le proprie parole, si tese a pizzicare la pelle di Aliys sotto il gomito.
La ragazzina dai capelli neri sorrise timidamente. «È quello che spero…» sospirò. «Perché tu non ti fai un po’ di allenamento, Marron?»
La biondina parve inorridire. «Stai scherzando? La mia giornata ideale è shopping e ozio… Non sono fatta per correre e sudare».
«Sei un po’ monotona…» scherzò Aliys.
Marron rise e la colpì sul braccio. «Non credere» la avvertì poi. «Mia madre mi ha insegnato qualcosa per difendersi dai malintenzionati».
Aliys la guardò, interessata. «Davvero?»
«A-ah» annuì Marron. «Trunks e tuo fratello dicono che non avrebbe dovuto farlo, e che sono pericolosa… Io li ho sfidati ad andare da lei e dirglielo in faccia… Per qualche strano motivo hanno subito ritirato tutto…»
«Già, per qualche strano motivo» ironizzò Aliys, pensando all’espressione glaciale di C-18. Da parte sua, lei non avrebbe mai, mai osato dire alla cyborg che aveva sbagliato a fare qualcosa.
Marron le sorrise come se le avesse letto nel pensiero, poi batté una volta le mani. «Forse ora è meglio chiamare mio padre e chiedergli di allenarti…»
Aliys la fissò. «Credevo glielo avessi già chiesto».
Marron scosse la testa con aria di scuse. «Be’, ho pensato fosse meglio che glielo chiedessi tu di persona…»
L’altra si morse il labbro. Per quanto Crilin le sembrasse la persona più buona e disponibile del mondo, il pensiero di fargli la propria richiesta la innervosiva. Prima, quando aveva creduto che lui fosse già stato informato da Marron, si era sentita più tranquilla.
«Lo spero» mormorò.
Marron le fece un sorriso, poi aggrottò la fronte e guardò verso la casa. «Oh, ciao, papà!»
Aliys si voltò di scatto in direzione della Kame House.
Sulla soglia, stava un ometto piuttosto basso, con una zazzera di capelli neri striati di grigio e due occhi scuri e preoccupati.
«Ciao, tesoro» disse, avvicinandosi alle due ragazze. «E ciao, Aliys… È tanto tempo che non ti vedo… Come sta Goku? E Chichi?»
La ragazzina accennò un sorriso. «Stanno tutti bene… Anche i miei fratelli» aggiunse, per prevenire la domanda che sapeva le sarebbe stata rivolta.
Crilin annuì, poi si schiarì la gola. «Sei venuta qui per Marron?»
«Be’…» tentennò la ragazzina.
«Sai, papà» interloquì Marron, «quando ti ho visto, ho pensato: “Parli del diavolo, e spuntano le corna”!»
Crilin sbatté le palpebre. «Devo preoccuparmi?»
Marron rise. «No» disse, per poi dare di gomito ad Aliys.
Quest’ultima trasse un bel respiro. «Non sono qui per Marron» disse poi, tutto d’un fiato, «sono qui per te».
L’istante dopo, si diede della cretina. Perché gli aveva dato subito del “tu”? D’accordo, era un amico di famiglia che la conosceva da prima che lei imparasse a camminare, però era pur sempre un adulto.
«Davvero?» le chiese gentilmente Crilin, seppur con aria un po’ perplessa. «Cosa posso fare per te?»
Aliys arrossì. «Ecco» mormorò, «vorrei chiederti se puoi allenarmi».
Sul viso tondo di Crilin si disegnò un’espressione stupita. «Allenarti?» ripeté lui.
Lei si strinse nelle spalle. «Mi piacerebbe imparare le Arti Marziali» riuscì a mormorare.
«Non capisco» disse Crilin. «Perché lo chiedi a me? Goku, Gohan e Goten sono ben più forti del sottoscritto…»
«Ecco…» Aliys esitò, guardando Marron con impotenza.
La ragazza bionda trasse un respiro profondo. «Papà, il fatto è che Al vorrebbe fare una sorpresa a Goku» intervenne poi. «Per questo lo chiede a te».
Crilin aggrottò la fronte. «Capisco…»
«E allora?» azzardò Aliys.
Il padre di Marron scrollò le piccole spalle. «Be’, io non sono un gran guerriero, però… Se ti vado bene come maestro, sono felice di aiutarti».
Immediatamente, la ragazzina si aprì in un sorriso colmo di sollievo. «Grazie!» esclamò. «Grazie, davvero!»
Contagiato, Crilin sorrise di rimando. «Sarà un piacere, Aliys».
«E… papà?» chiamò Marron, che sembrava ancora un po’ preoccupata. «Ti ricorderai che è una sorpresa, vero? Non dirai niente a Goku?»
Crilin aggrottò la fronte. «Certo che me ne ricorderò» protestò, in tono un po’ offeso. «Abbi più fiducia in me, tesoro».
Marron sorrise appena, contrita. «Scusa, papà…» Il suo sorriso si fece più aperto. «Lo sai che sei l’uomo migliore del mondo, per me!»
Crilin alzò gli occhi al cielo, e allungò una mano verso i capelli biondi della figlia. «Certo, certo» le disse, in tono di rimprovero. «Ora non esagerare».
Marron rise, ed anche Aliys si lasciò sfuggire un sorriso.
Alla fine, Crilin si girò verso la figlia del suo migliore amico. Non per la prima volta, pensò che Aliys somigliava sì a Chichi, ma anche a Goku.
E se era simile a suo padre anche nella potenza… Be’, lui pregava solo di non collezionare qualche brutto livido durante i loro allenamenti.
Scosse la testa. Stava correndo troppo. Per ora, Aliys era solo una ragazzina, mezza saiyan, certo, ma pur sempre una ragazzina… E finora non era mai stata addestrata nelle Arti Marziali.
«Okay» disse Crilin, sfregandosi le mani. «Dammi solo qualche giorno per organizzarmi, e poi inizieremo con l’allenamento».
Aliys gli rivolse un sorriso grato.
«Chissà…» aggiunse Crilin, meditabondo, ripensando agli esercizi che il Maestro Muten aveva propinato a lui e a Goku. «Forse dovrei farti distribuire del latte».
«Del latte?» ripeté Aliys, chiaramente sconcertata.
Crilin agitò una mano. «Lascia perdere». Si portò un pugno sotto il mento, riflettendo. «Intanto, visto che ormai sei arrivata sin qui… che ne dici di entrare a far merenda?»
Pur non avendo ancora mostrato grandi doti da guerriera, Aliys era sempre una mezza saiyan, giusto?
Tanto più che, dall’appetito di Marron, gli sembrava che le ragazze in generale fossero sempre affamate… Anche se, sempre nel caso di Marron, cercavano di trattenersi per non ingrassare troppo…
In quel momento, la voce di Aliys ruppe il silenzio, spazzando via ogni dubbio.
«Mi piacerebbe tantissimo!»
Crilin sorrise. Di lì a poco, avrebbe assistito alla prova inconfutabile che quella ragazzina era veramente la figlia di Son Goku.
















Spazio dell’Autrice:
Yes, I know.
Il capitolo è breve, ma negli ultimi giorni ho incredibilmente avuto un po’ di vita sociale (oh, yeah XD), e oggi, data la cresima di mia cugina, sono tornata a casa tardi… E poi, lo ammetto, mi sono fatta distrarre da internet (cattivo, tumblr, cattivo!).
Gli allenamenti di Al non sono ancora iniziati, ma spero che il primo accenno del rapporto con Crilin non vi abbia annoiato (e spero anche di non aver fatto un pasticcio col migliore amico di Goku!) ^^”
A domenica 5 maggio!

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Capitolo 33
*** Polveroni ***


Capitolo 32 – Polveroni

Tornata a casa, Aliys andò dritta nella propria stanza.
A merenda finita – era stata deliziosa, tra l’altro –, Crilin le aveva garantito che avrebbero potuto cominciare gli allenamenti già il giorno seguente, e quel pensiero faceva sentire la ragazzina piuttosto nervosa e trepidante.
Nell’attesa, frugò nel proprio armadio, alla ricerca di vestiti adatti per l’addestramento.
Purtroppo, lei non aveva mai posseduto una tuta da combattimento… O meglio, quand’era piccola ne aveva voluta una blu scuro per potersi vestire come Gohan… Ce l’aveva ancora, in effetti, ma ormai le era diventata decisamente troppo stretta.
Alla fine, in mancanza di meglio, tirò fuori la maglietta e i pantaloni che utilizzava per la ginnastica a scuola.
Li aveva appena stesi sul letto, quando sentì un timido bussare alla propria porta.
Si affrettò a nascondere i vestiti sotto il cuscino, dopodiché si sedette sul materasso e rispose: «Avanti!»
Onestamente, si aspettava che fosse Goten… Invece, ad entrare, fu nientemeno che un Ub alquanto nervoso.
Per poco, Aliys non restò a bocca aperta.
Il ragazzino, dal canto suo, le indirizzò uno sguardo con quei suoi grandi occhi neri. «Ciao».
«Ciao» rispose lei, aggrottando la fronte. In effetti, era stato un bussare troppo lieve, perché si trattasse di Goten… Dopo un momento, la ragazza si costrinse ad aggiungere: «Hai bisogno di qualcosa?»
La domanda le venne fuori con un tono più insofferente che gentile, ma fortunatamente Ub non sembrò accorgersene.
«Be’… Non proprio, no» rispose, continuando a guardare la ragazza.
Aliys gli gettò un’occhiata un po’ smarrita. «Okay» disse, «allora cosa…?»
«Ecco» iniziò il ragazzino, a disagio, guardandosi un po’ attorno. «Ecco, io… mi chiedevo… Ti do fastidio?»
Aliys aprì la bocca per replicare, ma la richiuse subito dopo.
Diamine, non poteva mica rispondere: “Sì, mi dai fastidio”. Allo stesso tempo, però, non si sentiva in grado di negare. Sua madre era stata così severa, nell’insegnarle a dire la verità, che la ragazzina faticava a rispondere ad una domanda diretta con una bugia.
«Ti sto antipatico?» aggiunse Ub.
Pareva che arrivare al nocciolo del problema fosse molto importante, per lui.
«Io non…» Aliys si morse il labbro inferiore. Cosa poteva dire? «Non sei tu» riuscì a mormorare alla fine. «Sono più… le circostanze».
Come risposta, era un po’ – un po’ tanto – oscura, perciò la ragazza non biasimò Ub quando quest’ultimo sembrò non capire.
«Le circostanze?»
«Le circostanze» confermò lei.
«Vuoi dire…» Ub stava ancora cercando di raccapezzarsi. «Vuoi dire che, in questo periodo, preferiresti non avere ospiti? Volevi invitare tu qualcuno, e non puoi farlo a causa mia?»
“Ma come ho fatto a finire in questa situazione?” si chiese Aliys, disperata.
«No, non è così» rispose quindi. «È… è complicato».
«Perché io non voglio darti fastidio» aggiunse il ragazzino, con un’onestà disarmante che, in un certo senso, le ricordò Goku. «Anzi, mi piacerebbe conoscerti».
Aliys gli rivolse un’occhiata stupita. «Perché, scusa?»
Ub si strinse nelle spalle. «Non lo so. È solo che, quando Goku diceva qualcosa su di te, usava un tono che… non lo so, mi incuriosiva».
Aliys si sentì arrossire. «Mio padre ti ha parlato di me?» domandò, osando a malapena sperare di aver capito bene.
Ub annuì. «Sì, anche se non tantissimo… Però so che da piccola hai avuto un pesce rosso, e che quando è morto…»
«Ho pianto per due giorni» concluse Aliys, meravigliata.
Lei, ormai, non ci pensava più… Ed era colpita dal fatto che Goku lo ricordasse ancora.
A quanto pareva, dover consolare una bambina disperata e riuscire davvero nell’intento solo dopo quarantotto ore lo aveva turbato.
«Già» confermò Ub.
Per un istante, rimasero entrambi in silenzio.
«Doveva proprio raccontarti una cosa simile?» domandò infine Aliys, un po’ imbarazzata.
Ub fece un sorriso. «Si vede che gli piace, parlare di te».
Aliys cercò di rimanere impassibile. Quelle parole, però, le facevano un piacere immenso, e se le rigirava nella testa con la stessa gioia che avrebbe usato per gustare un dolce prelibato.
«Adesso» accennò Ub, «credo di dover andare da Goku ad allenarmi… Prima, però, volevo assicurarmi di non darti fastidio».
Aliys trasse un respiro. «Non è colpa tua» gli assicurò infine, per poi azzardare un sorriso. «Un po’ mi davi fastidio, è vero, ma credo… credo di essermi sbagliata».
Il sollievo che comparve sul volto di Ub, a quel punto, fu così grande che per poco Aliys non rise.

Il giorno successivo, come da programma, Aliys annunciò che andava a trovare Marron, e si recò alla Kame House.
Sul momento, a dire il vero, ebbe qualche problema, perché Goten saltò fuori con l’idea di accompagnarla… Ma lei riuscì a farlo rinunciare dicendogli che la biondina voleva mostrarle alcuni vestiti.
Così, alla fine, eccola lì, coi piedi affondati nella sabbia e lo sguardo concentrato su Crilin.
«Bene» stava dicendo quest’ultimo, «direi che è il caso di iniziare con un po’ di riscaldamento… Aliys, potresti fare di corsa il giro dell’isola…»
La ragazzina annuì, determinata ad essere l’allieva più diligente dell’intero universo. «Quante volte?» domandò.
Il migliore amico di Goku ci pensò su un attimo, sfregandosi una mano contro il mento. «Direi che due basteranno, per adesso, visto e considerato che la sabbia ti renderà un po’ difficile correre…»
«Okay» disse la ragazzina.
E poi, senza indugiare oltre, iniziò il primo giro.
Marron si trovava sotto la palma che affiancava la Kame House, ed era accomodata sulla sedia a sdraio di Muten. Indossava un costume da bagno rosa scuro e teneva in mano una lattina di tè freddo, e osservava con grande interesse gli spostamenti dell’amica.
Aliys, però, percepiva soprattutto lo sguardo attento di Crilin. Aveva l’impressione che, con quel semplice esercizio, il suo insegnante stesse cercando di valutare la sua forza.
“Non che sia difficile” pensò, continuando a correre, “ho la forza di una terrestre pigra e imbranata. Nessuna sorpresa. Nessun potere particolare”.
In effetti, come preannunciato da Crilin, la sabbia sotto ai suoi piedi rendeva i suoi passi più pesanti del consueto… Ma vedendo lo sguardo d’approvazione del suo maestro, Aliys si sentì improvvisamente più agile.
«Ecco, Aliys» disse dopo un po’ il terrestre, «ora puoi rallentare… Non fermarti, però, continua a camminare».
La ragazzina obbedì, gettando un’occhiata alla maglietta rossa, ai pantaloncini corti e alle infradito del migliore amico di suo padre… Poi svoltò dietro la Kame House e perse di vista il proprio insegnante.
Dopodiché passò di fianco alla sedia a sdraio su cui era spaparanzata Marron, e scambiò un breve sorriso con l’amica… Infine, giunse nuovamente sotto gli occhi di Crilin.
«Benissimo» disse lui, in tono d’apprezzamento. «Vieni qui, adesso».
Aliys gli si avvicinò. Con un certo imbarazzo, si rese conto di sentirsi già abbastanza accaldata. E aveva anche una certa sete…
Quasi le avesse letto nel pensiero, Marron schizzò in piedi e corse verso di loro.
«Papà, aspetta!» esclamò. «Pausa per dissetarsi!»
E, così dicendo, offrì all’amica un sorso del suo tè.
Aliys accettò con gratitudine, quindi riportò l’attenzione su Crilin.
«Col controllo dell’aura come te la cavi?» le domandò lui.
Istintivamente, la ragazzina ripensò a quando era scappata di casa. L’essere riuscita a tenere azzerata la sua forza spirituale era indice di un buon controllo?
«Bene… credo».
Crilin annuì con aria un po’ pensosa. «Hai mai provato ad aumentarla al massimo?»
Aliys scosse la testa, confusa. «No, l’aumento solo un po’… Quello che basta per volare. Comunque, non credo ci sia molto da aumentare».
«Non è detto, sai?» replicò Crilin, con un sorriso incoraggiante. «Potresti avere delle potenzialità in grado di stupirti. Coraggio, prova».
«Ehm… okay…»
Se Crilin si aspettava un’esplosione di potere degna di un saiyan, però, rimase deluso.
Fu subito chiaro, infatti, che il limite di Aliys era persino sotto al suo.
Conoscendo i saiyan, però, Crilin sapeva quanto i loro limiti fossero flessibili… E non gli pareva improbabile, il pensiero che Aliys potesse trascendere i propri.
Chissà, forse con un po’ di allenamento…
Ma bisognava fare un passo per volta.
Così, per cominciare, Crilin le fece fare un esercizio proprio per il controllo dell’aura, facendogliela azzerare e aumentare a ripetizione.
Marron, in piedi lì vicino, osservava la scena con un certo interesse…
Dato che lei – dietro sua stessa, candida ammissione – non era in grado di percepire le forze spirituali, Aliys si domandava come potesse non annoiarsi.
«Per oggi basta così» disse infine Crilin.
La ragazzina rispose con un cenno grato.
«Wow» commentò Marron, mentre suo padre si allontanava. «Non ho capito niente di quello che hai fatto negli ultimi quindici minuti, ma è stato grandioso».
Aliys inarcò un sopracciglio, poco convinta. «Davvero?»
La biondina annuì energicamente. «Altroché!» assicurò. «Anche se… devo dirlo, quasi quasi mi aspettavo che da un momento all’altro si alzasse un gran polverone. È questo che succede di solito, quando tuo fratello e Trunks aumentano la loro aura».
La figlia di Goku si strinse nelle spalle. «Be’, forse prima o poi riuscirò a farlo anch’io…»
Allora, Marron alzò la lattina verso il cielo, mimando un brindisi scherzoso. «Al potere di alzare un gran polverone!»
Senza poterlo evitare, Aliys rise.















Spazio dell’Autrice:
Credo di dovermi inginocchiare e implorare il vostro perdono.
Davvero, sono mortificata per le continue posticipazioni dell’aggiornamento… ma, come si suol dire, ero nella merda.
(Evviva la finezza.)
Comunque, ora ecco qui il nuovo capitolo… Crilin è un fedele seguace della dottrina: “Un passo per volta” XD
Il prossimo aggiornamento, sarà domenica 26 maggio (sperando di non doverlo rimandare ulteriormente…).
Ad allora!

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Capitolo 34
*** Ansie e sorprese ***


Capitolo 33 – Ansie e sorprese

Qualche sera più tardi, Goku si svegliò nel cuore della notte.
Tra le sue braccia, Chichi era profondamente addormentata, la guancia posata sul petto muscoloso del marito.
Per un istante, Goku rimase fermo, passando una mano tra i lunghi capelli neri della donna.
Poi, più per istinto che per altro, tese i propri sensi.
La prima aura che percepì fu quella di Ub, che dormiva nella vecchia stanza di Gohan, e il saiyan sentì un poco di rimpianto al pensiero che, di lì a qualche giorno, il suo allievo se ne sarebbe dovuto andare.
Tuttavia, non indugiò in quella spiacevole sensazione, ma controllò anche le aure dei propri figli. Quella di Goten era ammorbidita dal sonno, quella di Aliys…
Goku aggrottò la fronte.
L’aura di Aliys aveva qualcosa che non andava.
Sembrava intermittente: un momento prima si intensificava, quello dopo diminuiva.
Con una fitta d’allarme, Goku sciolse il proprio abbraccio, lasciando Chichi sul materasso, quindi si mise seduto sul letto.
Tese ancora una volta i propri sensi, così da accertarsi di non essersi ingannato.
Ma non c’era dubbi: la forza spirituale di sua figlia, anziché essere costante, era discontinua.
Goku fu in piedi in un istante, con una fitta di preoccupazione. Non aveva mai sentito un’aura comportarsi così, e si chiese cosa potesse voler dire.
Mentre si dirigeva fuori dalla stanza, ripensò alla sera prima. Aliys gli era sembrata perfettamente in salute; un po’ silenziosa, forse, ma non era strano che la ragazzina assumesse un comportamento riservato.
“E se le fosse successo qualcosa?” sussurrò una voce in fondo alla sua mente. “Forse già ieri stava male, e tu non te ne sei accorto”.
Quel pensiero gli fece accelerare il passo, e Goku si precipitò senza indugio verso la camera della ragazzina.
Spalancò la porta, portando subito lo sguardo verso il letto di Aliys.
Lei era lì, raggomitolata sotto le coperte, e quando il padre entrò si mosse, alzandosi sui gomiti.
La sua aura tornò subito alla normalità, ma ciò non bastò a tranquillizzare completamente Goku.
Il saiyan annullò in poche falcate la distanza tra sé e la figlia, andando a sedersi sul letto della ragazzina.
«Pa… papà?» balbettò Aliys, disorientata.
Nel buio, Goku trovò i suoi capelli setosi, e li lisciò con la propria mano. «Al?» chiamò, avvicinando il volto a quello della ragazzina. «Stai bene?»
Lei emise un mugolio confuso, poi rispose: «Sto benissimo. Perché?»
Goku aggrottò la fronte, e con un dito percorse la guancia liscia di sua figlia. «La tua aura. Mi sembrava strana. Non era costante, ma intermittente».
Ci fu un istante di silenzio, poi… «Oh» mormorò Aliys, con voce carica di imbarazzo.
Sotto le proprie dita, Goku sentì il volto della figlia farsi più caldo.
«È colpa mia, papà, stavo… Ero io che la alzavo e la abbassavo».
Il saiyan rimase interdetto, poi le linee sulla sua fronte si fecero più marcate. «Perché?»
«Be’…» Aliys si mosse, a disagio, e le sue coperte frusciarono. «Io… non c’è un motivo particolare. Mi sono svegliata e non riuscivo a riaddormentarmi, così ho provato a fare così… Ho pensato che… che magari mi avrebbe fatto riprendere sonno…»
Goku rimase in silenzio, la mano sempre sulla gota della ragazzina.
«Insomma» concluse Aliys, e il saiyan sentì le sue labbra incurvarsi in un sorriso nervoso, «era una specie di alternativa al contare le pecore».
Di nuovo, Goku non disse nulla, limitandosi ad accarezzare piano la pelle della figlia.
Lentamente, il sollievo lo riempì, e lui lo accolse come un mezzo annegato che finalmente riesce a prendere una boccata di ossigeno.
Andava tutto bene.
La sua bambina stava bene.
Improvvisamente, Goku si sentì sciocco per essersi preoccupato così tanto.
«Papà?» chiamò Aliys, timidamente. «Va tutto bene?»
Lui riportò gli occhi sul viso della ragazzina, indefinito nell’oscurità.
«Sì» rispose, riempiendo d’aria i propri polmoni. «Sì, va tutto bene». Si ritrovò a sorridere della propria immotivata apprensione. «Scusa se ti ho disturbata».
Per tutta risposta, Aliys spinse la guancia contro la mano del padre, godendo di quel contatto affettuoso.
«Non fa niente» assicurò. «Tanto ero già sveglia… Non hai disturbato niente».
Goku le accarezzò il viso, e Aliys si liberò delle coperte per andare a rannicchiarsi contro il fianco del padre, comportandosi come un gattino che fa le fusa.
Il saiyan circondò la figlia col braccio libero, mentre con l’altra mano continuava a sfiorare la guancia di lei.
Dopo un po’ di tempo, Aliys si addormentò.
Goku lo capì grazie ai respiri della ragazzina, che si fecero più lenti e profondi.
Con cautela, il saiyan sistemò la figlia e le rimboccò le coperte.
Le diede un’ultima carezza, quindi si alzò ed uscì dalla camera di Aliys.

Il mattino seguente, quando si svegliò, la piccola di casa Son impiegò qualche istante prima di ricordare cos’era successo quella notte.
Il ricordo di Goku che le accarezzava la guancia nel buio… Di sicuro, era uno di quei momenti che la ragazzina avrebbe custodito con gelosia nel proprio cuore.
Strofinando appena la guancia contro il cuscino, Aliys emise un sospiro soddisfatto.
Per un po’, si sentì felice e basta.
Poi, ricordando di aver fatto preoccupare Goku, iniziò a sentirsi in colpa.
Non c’era nulla che andasse nella sua aura – a parte il fatto che, per appartenere ad una mezza saiyan, era decisamente insignificante.
Il fatto era che Crilin le aveva assegnato degli esercizi per imparare a controllare al meglio la sua forza spirituale… Aliys, infatti, era perfettamente capace di azzerarla, ma se si trattava di regolarla ad una certa potenza… era un po’ più impacciata.
Così, quella notte, quando si era svegliata, aveva deciso di allenarsi un po’ a ridurla e ad intensificarla.
Si morse l’interno della guancia.
Nonostante tutto… nonostante la consapevolezza di aver fatto preoccupare suo padre… non si pentiva della propria sperimentazione… Non solo le sarebbe venuta utile per i propri allenamenti, ma la visita di suo padre le era decisamente piaciuta.
Sentendosi un po’ colpevole per quel pensiero, la ragazzina si alzò dal letto e si diresse verso la cucina.
E chi trovò, seduto al tavolo con una fetta di pane imburrato in una mano e una tazza di latte nell’altra?
Goten, naturalmente.
«’giorno» bofonchiò suo fratello a bocca piena.
«Ciao» replicò lei, accomodandosi accanto al giovane. «La mamma?»
Goten inghiottì. «Da Gohan. E il papà è uscito per allenare Ub».
Aliys annuì, tendendo la mano verso il barattolo della marmellata.
«Di’, ma che ti è successo stanotte?» domandò suo fratello.
La ragazzina lo fissò. «In che senso?»
Goten trangugiò il resto del suo pane imburrato prima di rispondere: «Nel senso che, prima, la mamma ha detto a papà che stanotte si è svegliata per un momento, e ha visto che lui non c’era… E gli ha chiesto dov’era andato».
Aliys si morse il labbro, iniziando a spalmare doverosamente la marmellata su una bella fetta di pane.
«E sai cos’ha risposto papà? Che era venuto a controllare te, e ha aggiunto qualcosa sulla tua aura. Da quando sei diventata come una lampadina mal funzionante, Al?»
La ragazzina gli scoccò un’occhiataccia. «Non sono come una lampadina mal funzionante» protestò.
«Da ciò che ha detto papà, mi sembra di sì».
Per un istante, Aliys non seppe se sentirsi infastidita per le parole del fratello, o in colpa per il timore che anche lui fosse preoccupato.
Poi, però, notò il sorriso che minacciava di incurvare le labbra di Goten e capì che lui la stava prendendo in giro, così gli tirò addosso un tovagliolino di carta. «Cretino» brontolò.
Il fratello le sorrise più apertamente. «Oh, ma Al, è un complimento… Quando avrai un ragazzo, non desidererai altro che lui ti chiami “la mia lampadina”, fidati».
«È così che tu chiami la tua ragazza?» s’informò la ragazzina. «In tal caso, non stupirti se decide di lasciarti».
Goten sembrò un po’ ferito da quell’insinuazione, ma poi sorrise tranquillamente. «Io le do solo soprannomi che le piacciono, te l’assicuro».
«O che pensi che le piacciano» commentò Aliys, avvicinando alla bocca pane e marmellata.
Dentro di sé, smise subito di domandarsi di che soprannomi stesse parlando Goten. Il pensiero di suo fratello che chiamava qualcuno “amore”, o “tesoro”, o “piccola mia” le sembrava quasi terrificante.
Goten bevve qualche sorso di latte. «Sei sempre gentilissima, Al».
Lei gli indirizzò un sorriso. «Lo so».

Un paio d’ore dopo, Aliys si trovava seduta alla propria scrivania.
Seppur un po’ riluttante, aveva iniziato a fare i compiti per la scuola.
Stava giusto leggendo un testo che poi avrebbe dovuto commentare, quando sentì qualcuno bussare alla sua porta.
«Avanti» disse, domandandosi se doveva aspettarsi che Ub facesse ancora una volta il proprio ingresso.
Ad entrare, però, non fu il ragazzino, ma Goku.
Aliys si aprì subito in un sorriso luminoso. «Ciao, papà».
Lui le sorrise di rimando, avvicinandosi alla scrivania. «Ciao, piccola. Cosa fai di bello?»
Lei inarcò le sopracciglia. «Di bello?» domandò, lanciando uno sguardo eloquente ai propri compiti. «Niente».
Goku ridacchiò. «E va bene. Di non bello, allora?»
«Letteratura» fu la succinta risposta.
Il saiyan arruffò i capelli della figlia, notando con piacere che Aliys stava mantenendo l’abitudine di tenerli via dal proprio volto.
«Senti, papà…» fece la ragazzina, un po’ esitante. «Scusami davvero per stanotte. Non volevo farti preoccupare, sul serio».
Tra sé e sé, si chiese se parte del proprio rimorso fosse dovuto al fatto di avergli mentito sulla vera ragione per cui stava pasticciando con la propria aura.
Goku scosse la testa. «Non fa niente, Al. Te l’ho già detto».
Lei annuì, anche se non si sentiva ancora del tutto convinta. «Com’è andato l’allenamento con Ub?» domandò.
Un’espressione fiera comparve sul volto di Goku. «Bene. È riuscito a battermi…» Gli occhi del saiyan, invece di esprimere disappunto, brillavano come quelli di un bambino che ha appena ricevuto un bel dono di Natale. «Migliora così velocemente, è un peccato che…»
Si interruppe di colpo, ma Aliys capì benissimo la fine della frase.
Era un peccato che, di lì a poco, Ub se ne sarebbe dovuto andare, interrompendo così l’addestramento con Goku.
La ragazzina si morse il labbro, mentre si riaccendevano le braci del suo senso di colpa.
Capiva che suo padre voleva molto bene ad Ub, ed era felice di allenarlo… Ma allo stesso tempo, voleva tenersi Goku per sé. Non voleva che suo padre se ne andasse nuovamente.
«Comunque» aggiunse il saiyan, che non sembrava essersi accorto del tumulto interiore della figlia, «se sapessi qualcosa di queste cose, penso che ti aiuterei».
«Cosa?» chiese Aliys, confusa.
Goku la guardò, perplesso. «Parlo dei tuo compiti».
«Oh» disse la ragazzina. «Oh, sì, giusto. Be’… grazie. In ogni modo, penso che ce la farò».
Goku le sorrise, e le scompigliò ancora una volta i capelli. «Allora ti lascio al tuo lavoro…»
Aliys gli circondò il collo con le proprie braccia, così da far abbassare il saiyan e potergli stampare un bel bacio sulla guancia.
Goku si aprì in un sorriso, la salutò un’ultima volta e uscì dalla stanza.
Sospirando appena, la ragazzina riportò lo sguardo sui propri compiti. Finì di leggere il testo in poco tempo, e a quel punto recuperò un foglio protocollo su cui iniziare a commentare.
Quando la mano iniziò un po’ a dolerle, Aliys decise di prendere una pausa.
Lasciando foglio e libri scolastici sulla scrivania, uscì dalla propria camera e si diresse verso il bagno, dove si rinfrescò la faccia e bevve un po’ d’acqua dal rubinetto.
Mentre ritornava verso la propria stanza, incrociò Ub.
«Ciao» disse lui, e Aliys gli rivolse un cenno.
Proprio quando l’ebbe oltrepassato, però, si arrestò di colpo e si girò verso il ragazzino.
«Ub?» lo chiamò.
Lui si fermò immediatamente, voltandosi verso di lei con espressione interrogativa. «Sì?»
Aliys inghiottì.
“Cerca di essere gentile, cerca di essere gentile…”
«Come è andato l’allenamento, oggi?»
Il ragazzino sbatté le palpebre. «Oh, bene…» rispose poi, e dal suo tono di voce sembrava decisamente contento.
Addirittura, ad Aliys parve di sentire una bella nota d’orgoglio.
“Perfetto. Ora cosa dico?”
«Ah. Bene». Poi, per buona misura, aggiunse: «Ne sono felice».
«Grazie» le disse Ub, con un sorriso.
«Prego» rispose Aliys. “Mamma mia, che conversazione penosa” si rimproverò subito dopo. «Ehm… mio padre è un bravo insegnante?»
Il ragazzino annuì senza esitare. «È il migliore. Non credo di aver mai avuto qualcuno che credesse così tanto in me. Voglio dire, la mia famiglia mi ha sempre incoraggiato, però nessuno di loro è portato per le Arti Marziali. In un certo senso, mi sono sempre sentito un po’ fuori luogo».
Ub sorrise nervosamente, come vergognandosi di non aver lodato la propria famiglia, mentre Aliys era ammutolita.
Non avrebbe mai creduto di poter scoprire di avere qualcosa in comune con Ub. Con la reincarnazione di Majin Bu. Con il ragazzino per il quale suo padre era stato via così tanto tempo.
La situazione, ovviamente, era inversa: lei era una ragazzina priva di talento combattivo in una famiglia di guerrieri, Ub era un guerriero in una famiglia priva di talento combattivo… Alla fine, però, il ragazzino doveva aver sperimentato la sua stessa sensazione.
La sensazione di essere diversi.
«Ti capisco» gli disse, d’impulso, e il sorriso di Ub si fece un po’ più sincero.
«Grazie» ripeté il ragazzino.
«Ora devo andare, sto facendo i compiti» si scusò Aliys.
Lui scrollò le spalle. «Certo».
Lei gli rivolse un cenno del capo, quindi si voltò e si avviò verso la propria camera da letto.














Spazio dell’Autrice:
Il nuovo capitoloooooooo!
Scusate le posticipazioni. Avevo un sacco da studiare, e mi son detta a malincuore: “Facciamo la persona responsabile. Prima il dovere e poi il piacere”.
Senza contare che, domenica scorsa, mi son trovata col raffreddore, la tosse, il mal di gola e chi più ne ha più ne metta… -.-
Comunque, ora ecco qui l’aggiornamento ^^
Spero vi sia piaciuto!
A domenica prossima, il 16 giugno!

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Capitolo 35
*** Sensi di colpa ***


Capitolo 34 – Sensi di colpa

Il giorno seguente, Aliys si piazzò davanti a Chichi, chiedendo: «Mamma, oggi posso andare alla Kame House?»
«Non vedo perché no» rispose la donna. «Hai fatto un po’ di compiti?»
La ragazzina annuì. «Certo».
Chichi annuì a sua volta, con aria di approvazione. «Allora va’ pure, Ally. E divertiti».
Aliys le rivolse un sorriso radioso. «Grazie, mamma!»
«Vai alla Kame House?» domandò in quel momento Goten, avvicinandosi alle altre due.
Sua sorella si girò verso di lui. «Esatto».
«Ottimo» dichiarò il ragazzo, sfregandosi le mani. «Vengo anch’io».
Aliys gli gettò un’occhiata terrificata. «Non credo sia una buona idea» disse, cercando di farsi venire in mente una buona scusa.
«Perché no?»
«Be’…» La ragazzina esitò. L’avere addosso sia gli occhi del fratello che quelli della madre non la aiutava. «Perché è una giornata da ragazze. Per Marron e per me».
Goten fece spallucce. «In tal caso, potrei invitare anche Trunks e…»
«Goten» lo interruppe Aliys. «Io e Marron dobbiamo discutere di faccende da ragazze».
Il giovane saiyan non sembrava granché persuaso. «Del genere?»
Aliys esitò. «Ehm…»
Per sua fortuna, Chichi decise di intervenire: «Goten, è probabile che tua sorella voglia passare un po’ di tempo da sola con una sua amica, una volta tanto».
«Ma Marron è mia amica» protestò il ragazzo.
Aliys trasse un profondo respiro. «Goten, senti, Marron è a dieta. Quindi è probabile che oggi non si farà merenda, alla Kame House».
Il giovane lo fissò con aria un po’ scioccata. «E allora perché ci vai?»
La ragazzina gli gettò un’occhiataccia. Certe volte, suo fratello sapeva essere più petulante di un bambino di cinque anni. «Per passare tempo con Marron».
Goten scosse la testa. «Allora va’, Al» disse, in tono melodrammatico. «Ti faccio i miei migliori auguri».
Aliys sospirò di sollievo. «Grazie».
Suo fratello si allontanò, e la ragazzina avrebbe giurato di averlo sentito borbottare “dieta” in tono disgustato.
Tuttavia, almeno in quel campo, era della stessa opinione di Goten, così non disse niente.
Invece, si voltò per dare un abbraccio a Chichi.
La donna la strinse con forza, poi le fece le solite raccomandazioni, del genere: «Sta’ attenta a non prendere freddo alla pancia mentre voli» e «Assicurati di essere ben riposata, prima di iniziare a sorvolare il mare».
Aliys promise che sarebbe stata attentissima, e a quel punto poté recarsi alla Kame House.
Con estrema vergogna, si rese conto di essere arrivata con qualche minuto di ritardo.
Crilin, però, respinse le sue imbarazzatissime scuse con un movimento della mano, le sorrise e le chiese se era pronta a mettersi al lavoro.
Rassicurata, Aliys fece timidamente segno di sì.
Quel giorno, Crilin le assegnò alcuni esercizi di resistenza. Per il momento, insomma, non c’era proprio traccia di Arti Marziali… e quando Aliys, alla fine, si mise a sedere sulla sabbia, col fiatone e l’impressione di avere un tizzone ardente in gola, si domandò come avrebbe fatto a diventare una combattente, se già l’inizio dell’addestramento la stendeva così.
Crilin, da parte sua, le assicurò che era stata bravissima. «Ti mando Marron?» chiese.
Aliys annuì tra i respiri affannosi, e il suo maestro le sorrise e si avviò verso casa.
Di lì a poco, uscì Marron che, armata di bottigliette d’acqua, andò a sedersi accanto ad Aliys, col volto rivolto verso il mare.
«È un lavoro molto lungo» le disse, dopo che la figlia di Goku le ebbe confidato i propri timori. «Lungo e graduale. Prima devi mettere su un po’ di muscoli, poi vedrai che sarà sempre più facile».
Premendosi una bottiglietta contro il collo accaldato, Aliys la guardò. «Sembri un’esperta» commentò.
«Veramente» replicò Marron, in tono quasi solenne, «ho chiesto a mio padre un po’ di delucidazioni sul tuo allenamento. E adesso ti ho ripetuto quello che mi ha detto lui».
«Oh».
La ragazza bionda si strinse nelle spalle. «Per lo meno, ho una buona memoria…» disse, accennando un sorriso.
«Già» mormorò Aliys, aprendo la bottiglietta un po’ soprappensiero.
Bevve un sorso d’acqua, poi la mise da parte.
Un istante dopo, emise un gemito e affondò la faccia nelle proprie mani.
Marron ci rimase di stucco. «Al?» chiamò. «Tutto bene?»
«Sì» mugolò l’altra. «O meglio, non lo so. Credo».
La figlia di Crilin le picchiettò un dito sulla spalla. «Se mi dici cosa non va, forse posso aiutarti» propose.
Lentamente, Aliys riemerse dalle proprie mani. «È questo il punto» asserì. «Non mi sembra che ci sia qualcosa che non va! Insomma, mio padre non se ne andrà, e ho anche iniziato a fare amicizia con Ub…»
«Allora cos’è che ti turba?» incalzò Marron.
«Non lo so» borbottò Aliys.
L’altra le sorrise appena, comprensiva. «Pensaci un attimo» le suggerì. «Quasi sicuramente lo sai, in realtà».
Aliys emise un piccolo sospiro, costringendosi a riflettere come le aveva consigliato Marron. Alla fine, guardando per terra, mormorò: «Forse mi sento in colpa».
La biondina la fissò, aggrottando la fronte. «Perché dovresti sentirti in colpa, scusa?»
«Be’…» Aliys esitò. «Marron, tu credi che io sia egoista? Onestamente».
L’altra ragazza sbatté le palpebre, poi scosse lentamente la testa. «No, non credo che tu sia egoista» rispose.
«Davvero?» domandò Aliys.
«Al» replicò Marron. «Tu mi conosci, e sai che non sono brava a dosare le parole».
A quell’affermazione, la figlia di Goku dovette sorridere appena. «È vero…» ammise.
«Quindi sì, davvero» aggiunse Marron. «Non credo che tu sia egoista. Perché?»
«Be’, perché non voglio che mio padre vada via».
«Ma ci mancherebbe altro!» si lasciò sfuggire Marron.
Davanti all’occhiata di Aliys, le diede un sorriso di scusa, poi proseguì: «Al, secondo me questo non ti rende egoista. Voglio dire, è un desiderio perfettamente ragionevole. Io non so cosa farei, se mio padre se ne andasse».
La figlia di Goku abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
Soprattutto adesso che aveva iniziato a conoscerlo, le sembrava impossibile che Crilin lasciasse la propria famiglia… e faceva male, il fatto che un abbandono da parte di Goku non suonasse altrettanto assurdo.
«Anzi, lo so» aggiunse Marron. «Probabilmente, piangerei tutto il giorno e sarei intrattabile. Più intrattabile del solito, come preciserebbero Trunks e tuo fratello».
Aliys riuscì a sorridere.
«E poi, scusa, tu non costringi Goku a restare, giusto? Lui resta perché vi vuole bene».
La ragazzina annuì. «Hai ragione…»
«Certo che ho ragione» scherzò Marron, passandosi un po’ di sabbia da una mano all’altra.
Sorridendo, Aliys guardò verso il mare…
Un istante più tardi, però, il sorriso le si gelò sulla faccia.
Goku restava per affetto… o perché lei gliel’aveva fatto promettere?
















Spazio dell’Autrice:
Chiedo venia per il capitolo cortissimo (DEVO staccarmi dal computer se no muoio di caldo ;_;), ma spero che vi sia piaciuto comunque!
A domenica 23 giugno!

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Capitolo 36
*** Un passatempo ***


Capitolo 35 – Un passatempo

Era mattino.
Il sole, caldo e dorato, aveva appena iniziato la sua scalata verso il culmine del cielo azzurro.
Aliys lo osservò da dietro le proprie ciglia per un istante, prima di riportare la propria attenzione sulla scena che si stava svolgendo davanti a lei.
Ub era pronto per tornare a casa, e stava raccogliendo gli ultimi saluti.
Aveva ringraziato timidamente Chichi per la sua accoglienza, e si voltò verso Aliys e Goten.
«Mi ha fatto piacere conoscervi» disse. «Se un giorno mi verrete a trovare, sarò felice di rivedervi».
Goten si limitò a sorridere, mentre Aliys riuscì a rivolgergli un cenno del capo. Dentro di sé, era sorpresa dalle parole del ragazzino.
La piccola Pan, che sino a quel momento si era tenuta al fianco di Goku, fece un passo in avanti. «Fai un buon viaggio» cinguettò.
Ub la guardò con aria stupita. «Grazie» disse poi.
Goku si avvicinò al suo allievo, e Pan ne approfittò prontamente per andare ad aggrapparsi alla gamba del nonno.
I suoi grandi occhi neri, però, restarono puntati su Ub. Sembrava un po’ dispiaciuta per l’imminente partenza del ragazzino.
Aliys non li aveva mai visti l’uno in compagnia dell’altra, ma suppose che dovessero essersi allenati assieme. Dopotutto, condividevano tanto la passione per le Arti Marziali quanto l’adorazione per Goku.
“Anch’io potrei essere simile a loro, sotto questi punti di vista” pensò. Crilin aveva iniziato ad istruirla su qualche mossa di difesa.
Tornando al presente, osservò Goku porsi davanti ad Ub e mettergli una mano sulla spalla. «Insegnarti è stato un vero piacere» affermò il saiyan adulto, con una solennità inusuale.
Un sorriso affiorò al viso color cioccolato di Ub. «Averti come maestro e stato un onore».
Goku sorrise brevemente, e si staccò dal ragazzino, facendo un passo indietro. «Spero che le nostre strade si incroceranno di nuovo».
Ub annuì, mentre Pan – ancora attaccata alla gamba del saiyan – lo scrutava curiosamente. «Lo spero anch’io, Goku».
Aliys spostò il proprio peso da una gamba all’altra, sentendosi un po’ a disagio.
A quel punto, Ub si girò verso i monti, e portò le mani ai lati della bocca, per poi chiamare: «Nuvola d’Oro!»
La ragazzina sussultò, presa alla sprovvista, quindi si affrettò a guardare nella direzione in cui erano fissi gli occhi di Ub.
Subito, non vide altro che i profili dei monti e l’azzurro del cielo… Dopo qualche istante, però, un piccolo puntino dorato comparve all’orizzonte, facendosi più grande e morbido man mano che si avvicinava.
La soffice nuvoletta dorata sfrecciò sino a loro, fermandosi a fluttuare davanti a Ub.
Aliys cercò Goten con gli occhi. Suo fratello, però, sembrava confuso quanto lei.
Dal canto suo, Ub si arrampicò prudentemente sulla nuvola, accomodandosi con le ginocchia stretta al petto.
Si girò verso i membri della famiglia Son che si erano riuniti a salutarlo, ed agitò la mano, per poi partire alla volta della propria abitazione.
Quando il bambino e la nuvola furono scomparsi all’orizzonte, Goten espresse ad alta voce ciò che avrebbe voluto chiedere Aliys: «Perché ha la Nuvola d’Oro?»
«Gliel’ho regalata dopo il Torneo» rispose Goku, senza batter ciglio.
Goten esclamò: «Ma non puoi regalare la Nuvola d’Oro!»
Aliys sbatté le palpebre, e Goku parve confuso dall’affermazione del figlio.
«Lei non è un oggetto!» aggiunse Goten. «Non puoi sballottarla da un proprietario all’altro!»
Aliys non si stupì più di tanto di quelle parole.
Quando erano piccoli, lei e il fratello adoravano cavalcare la nuvoletta… ma Goten era quello che l’amava di più in assoluto.
La trattava quasi come un cucciolo, e una volta le aveva confidato: Mi piace perché vola, e perché profuma di papà.
Davanti a quell’affermazione, la piccola Aliys era rimasta a bocca aperta. Desiderosa di sapere che profumo potesse avere il loro padre, aveva subito chiamato la nuvoletta, e l’aveva annusata con grande attenzione.
Non era riuscita, però, ad individuare alcun profumo, se non quello di aria e pioggia.
Aveva dovuto aspettare il giorno del famoso Torneo, per scoprire che odore aveva la pelle di un papà…
«Be’» stava rispondendo intanto Goku, «il vecchio Muten l’ha regalata a me, che ero il suo allievo… e io l’ho regalata a Ub. Non sapeva ancora volare, e mi sembrava un bel gesto. Piace molto anche a tutti i suoi fratelli. Verrà trattata benissimo».
Goten rimase in un silenzio stupefatto per qualche istante.
«E poi, figliolo» aggiunse Goku, con un sorriso solare, «se la vorrai chiamare potrai farlo… Non penso proprio che Ub avrebbe qualcosa da ridire… o che la Nuvola d’Oro non arriverebbe subito da te».
A quelle parole, il giovane parve rilassarsi un po’. «Io vado a fare merenda» annunciò, entrando in casa.
Chichi lo seguì subito, e Aliys la sentì esclamare: «Ma è quasi ora di pranzo!»
Le labbra della ragazzina si contrassero in un sorriso, e lei riportò lo sguardo su suo padre.
Pan era ancora in piedi lì vicino, le mani attaccate ai pantaloni di Goku. Quest’ultimo stava fissando il cielo.
Quando emise un piccolo sospiro, Aliys gli si avvicinò immediatamente. «Papà, stai bene?»
Il saiyan portò lo sguardo sulla figlia, e si aprì in un sorriso. «Certo, Al» le assicurò. «Quel ragazzo mi mancherà, però sto benissimo».
Lei rispose al sorriso, rassicurata, e Goku abbassò gli occhi su Pan.
«Tesoro» le disse, gentilmente, «hai sentito la nonna, prima: è quasi ora di pranzo. Sono sicuro che i tuoi genitori ti stanno aspettando».
La bambina annuì, e si staccò docilmente dalla gamba del saiyan. «Sì, nonnino».
Rivolse un sorriso radioso all’uomo, agitò una manina in direzione di Al, e trotterellò verso la casa di Gohan e Videl.
Rimasta sola con Goku, Aliys gli gettò uno sguardo incerto. Il padre, per tutta risposta, le rivolse un’occhiata complice, proponendo: «Che ne dici di andare a fare una nuotata?»

Il fiume aveva un letto largo e profondo, ma la corrente placida lo rendeva un luogo ideale in cui nuotare.
Aliys poteva non sentirsi tagliata per i combattimenti e le passeggiate, ma amava sguazzare nell’acqua sin da quando era una bimbetta.
Da piccola arrancava nell’acqua tenendo la testa rivolta all’insù, muovendosi con quello stile che Gohan definiva “a cagnolino”. Con Goten, aveva fatto spesso a gara per immergersi ed andare a toccare il fondale ricoperto di sassi e terra, ed andando avanti col tempo era diventata una nuotatrice piuttosto brava.
Data la giornata abbastanza calda, si immerse nell’acqua con gratitudine. Lasciò che fosse la corrente a tenerla a galla, limitandosi a muovere placidamente le gambe di tanto in tanto.
Goku era di fronte a lei, e sembrava del tutto soddisfatto di quel passatempo. «Si sta bene, non è vero?» le domandò, alzando la testa verso il cielo.
Aliys annuì. «Si sta benissimo» rispose, godendo sia della freschezza dell’acqua che della presenza del genitore.
«Era da un bel po’ che non nuotavamo insieme» aggiunse Goku.
«È vero» concordò Aliys.
Goku la guardò, ed i suoi occhi si ammorbidirono. «Sono felice di aver avuto questa idea» affermò. «Ricordo ancora la prima volta che abbiamo nuotato insieme. Tu eri uno scricciolo, e temevo potessi andare a fondo da un momento all’altro… ma tu te la sei cavata».
Il suo tono era pieno d’affetto, e la ragazzina arrossì appena. «Me lo ricordo» disse. «Come sottolineerebbe Goten, all’epoca non avevo ancora bisogno del pezzo di sopra del costume».
Goku diede un’occhiata alla fascia rossa che copriva il seno della sua bambina. «È scomoda?» chiese, con tutto il candore di un bambino.
Aliys si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. «No, no, è comodissima…» disse, per poi chiarire: «Non volevo lamentarmi, era solo per dire…»
Goku allungò una mano bagnata a scompigliarle i capelli. «Piccola o grande, resti sempre un’ottima compagnia…»
Aliys sorrise, muovendo le gambe per tenersi a galla. «Grazie» disse, felice per l’apprezzamento e sollevata che l’argomento “reggiseno” fosse stato accattonato.
Goku parve sorpreso della riconoscenza della figlia: come suo solito, aveva parlato con sincerità, e non vedeva perché le sue parole dovessero meritare la gratitudine di Aliys.
In quel momento, la ragazzina sentì che qualcosa le sfiorava il piede.
Con uno strillo, si diede la spinta ed andò ad avvinghiarsi al padre. Goku, preso alla sprovvista dalla mossa della ragazzina, affondò appena… poi portò una mano dietro la schiena di Aliys, e mosse le gambe e l’altro braccio per tenersi a galla.
«Al?» chiese, allarmato. «Che succede?»
Aliys si vergognò immediatamente della propria reazione… anche se doveva ammettere che stare aggrappata a suo padre non le dispiaceva affatto.
Come sempre, la vicinanza del saiyan la faceva sentire protetta.
«Ti sei fatta male?» aggiunse Goku, ancora preoccupato.
«Non è niente» rispose la ragazzina, tenendosi stretta al genitore. «Credo sia stato un pesce».
Un barlume d’interesse comparve negli occhi di Goku. «Un pesce?» ripeté il saiyan, guardando verso il basso e cercando di sondare le profondità fluviali. «Era grosso?»
«Non saprei» ammise Aliys. «Non lo visto, l’ho solo sentito col piede…»
Goku sembrò riflettere qualche istante. «Credo sarebbe ottimo, mangiare pesce per pranzo» annunciò poi, staccando delicatamente la figlia da sé.
Aliys sguazzò un po’. Una parte di lei era contrariata per la fine dell’abbraccio, ma allo stesso tempo la luce eccitata negli occhi di Goku la faceva sorridere.
«Torno subito» disse il saiyan.
Prese una boccata d’aria, ed andò sott’acqua.
Aliys cercò di seguire con lo sguardo la sagoma del padre che nuotava verso il basso, ma il brillio del sole sulla superficie dell’acqua la costrinse a chiudere gli occhi… quando li riaprì, non sapeva più dove fosse finito Goku.
Subito non si allarmò, ma quando fu passato più di un minuto… Ecco, iniziò a sentirsi un po’ preoccupata.
«Papà?» chiamò, girandosi appena e continuando a guardare verso l’acqua. «Papà?»
Proprio quando cominciò ad agitarsi, Goku riemerse tra mille spruzzi, portando con sé un pesciolone grosso almeno quanto il suo petto.
L’animale si dibatteva, cercando invano di liberarsi dalla presa del saiyan.
«L’ho preso, Al!» annunciò Goku, allegramente, con un’occhiata verso la figlia. Cominciò a nuotare verso la riva. «Non è il più grosso che abbia mai catturato, ma è comunque un bel bestione!»
Aliys si affrettò a seguire il padre.
Goku fu il primo ad uscire dal fiume, e tenne il pesce fermo contro l’erba.
La ragazzina emerse dall’acqua a propria volta, e camminò sino al genitore, tutta gocciolante. Lanciò un’occhiata al pesce che continuava a dibattersi, e non poté fare a meno di sentire una fitta di pietà.
Si morse l’interno della guancia.
Forse era anche dovuto al pesciolino rosso che aveva avuto da piccola, ma non era mai riuscita a godersi la pesca come facevano suo padre e i suoi fratelli.
Le prede le facevano troppo pena.
Quando il pesce smise di muoversi, Goku se lo caricò su una spalla. «Vieni» disse ad Aliys, spensieratamente, «portiamolo a Chichi!»
La ragazzina non disse nulla, ma si affrettò a correre dietro al padre.














Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti! ^^
Scusatemi per il rinvio dell’aggiornamento (ormai è quasi un’abitudine ;_;), ma continuo ad avere un bel po’ di cose da fare. Uff.
Anyway, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
A domenica 7 luglio! (Sperando di non dover rimandare anche questa volta!)

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Capitolo 37
*** La consulenza di Crilin ***


Capitolo 36 – La consulenza di Crilin

«Bene, Aliys, ci sei! Così, non ti fermare!»
La figlia di Goku gettò un’occhiata insicura al volto di Crilin. Quest’ultimo era in piedi davanti alla ragazzina e teneva le mani rivolte verso di lei.
Come ordinatole, Aliys continuò a colpire – prima con un pugno, poi con l’altro – i palmi aperti del suo maestro.
In tutta franchezza, si sentiva un po’ ridicola.
Era tutta la mattina che andavano avanti con quell’esercizio, e lei non poteva fare a meno di trovare la cosa un po’ stupida.
Inizialmente, Marron aveva assistito, ma dopo qualche ora era entrata in casa.
Se avesse potuto, Aliys l’avrebbe seguita nel giro di dieci minuti. Persino i suoi pensieri si stavano trasformando in un ripetitivo e monotono: “Pugno destro colpisce la mano destra di Crilin, pugno sinistro colpisce la mano sinistra di Crilin”.
E naturalmente, c’era sempre una parte della sua testa che si sentiva imbarazzata per i suoi colpi, che le sembravano tanto deboli e mosci.
«Va bene, Al» disse finalmente Crilin, dopo un tempo che alla ragazzina parve interminabile. «Direi che abbiamo finito».
«Oh» disse la figlia di Goku, cercando di non suonare troppo dubbiosa. Poi, per buona misura, aggiunse: «Va bene».
Quasi intuisse i suoi pensieri, Crilin le sorrise appena. «Ti capisco» le disse. «Ti chiedi il perché di questo lavoro inutile».
Aliys si sentì arrossire. «No, no» si affrettò a negare. Più passavano tempo assieme, più lei si fidava del giudizio del migliore amico di suo padre, e sapeva che Crilin non le avrebbe mai fatto fare un esercizio inutile. «Più che altro» aggiunse la ragazzina, poiché lo sguardo gentile del suo maestro la spingeva ad essere sincera, «so che è servito a qualcosa… ma non so a cosa».
«Principalmente» rispose Crilin, «era un esercizio di resistenza. Potrai non crederci, ma non è da tutti fare gli stessi, apparentemente stupidi, movimenti per tutta una mattina».
Aliys non disse nulla, sentendo il calore salirle alle guance. Okay, lei si sentiva libera di essere sincera col padre di Marron… ma non doveva per forza raccontargli anche quanto aveva sperato che l’esercizio si concludesse al più presto, che si era sentita un’idiota, e che ora le facevano un po’ male i muscoli delle braccia.
Con un sospiro interiore, si disse che il mattino successivo si sarebbe svegliata con un acido lattico da far paura.
«In più» proseguì Crilin, «non so se l’hai notato, ma i tuoi colpi si sono fatti sempre più precisi».
Aliys lo fissò. «Non l’ho notato» ammise. Non le sembrava che prendere a pugni una superficie così ridotta come i palmi delle mani di Crilin potesse richiedere diversi gradi di precisione.
Crilin sorrise e le batté una pacca incoraggiante sulle spalle. «Vorrà dire» replicò, «che la prossima lezione sarà dedicata al farti capire la differenza tra un pugno ben mirato e un pugno tirato a casaccio».
«Uhm» disse Aliys. «Penso di poter riconoscere quelli tirati a casaccio. Probabilmente sono la mia specialità».
Poi sorrise timidamente.
Tornò seria subito dopo, però. Le era venuta in mente, infatti, l’espressione che Goku aveva quella mattina, quando lei era uscita di casa dopo aver fatto colazione. Aveva trovato suo padre intento a scrutare l’orizzonte – nella stessa direzione in cui era scomparso Ub ormai qualche settimana prima – e non aveva potuto fare a meno di notare la nostalgia del suo sguardo.
Naturalmente, però, non appena aveva provato a domandargli se era triste, Goku le aveva assicurato che era vero il contrario.
Come potrei essere triste, le aveva domandato, afferrandola e attirandola contro il proprio petto, quando ho la mia bambina accanto?
Quando lui le aveva schioccato un bacio sulla guancia, Aliys non aveva potuto fare a meno di sorridere.
Ora, però, il ricordo della forza e del calore delle braccia paterne era soppiantato dall’immagine dell’espressione malinconica del saiyan.
«Crilin» si ritrovò a dire la ragazzina, quasi senza rendersene conto, «posso farti una domanda?»
Lui la guardò con una punta di sorpresa. «Certamente, Al» rispose poi, con la consueta gentilezza.
«Una domanda che non c’entra con le Arti Marziali» chiarì la ragazzina, a scanso di equivoci.
Crilin aggrottò la fronte. «D’accordo» disse. «Ma ti avverto, se c’entrano dei vestiti, ti conviene chiedere a qualcun altro».
Un sorriso forzò le labbra di Aliys, ma svanì subito.
«Chiedimi pure» la incoraggiò allora Crilin.
La ragazzina esitò. «Si tratta di mio padre».
Subito dopo averlo detto, si chiese perché avesse deciso di confidarsi col padre di Marron.
Forse, si rispose, era perché era pur sempre il migliore amico di Goku, ed era una brava persona. O forse, perché lei sentiva di fidarsi di lui.
E si fidava anche di Marron, per carità, ma l’amica era una sua coetanea… E Crilin conosceva Goku da molto, molto tempo.
Crilin aggrottò la fronte. «D’accordo. Cos’è che ti turba?»
«Io…» Aliys decise di prendere la questione alla lontana. «Ti ha mai parlato di Ub?»
«Certo che mi ha parlato di Ub» rispose Crilin, sorpreso. «È il suo campione».
Un istante dopo, notò l’espressione impietrita di Aliys. Sbatté le palpebre, quindi fece un cenno verso la sabbia.
«Forse» le disse, «dovremmo sederci».
Aliys sbatté le palpebre, ma poi si accomodò sulla spiaggia col suo maestro. Mentre cercava la posizione più comoda, si chiese se fosse il suo destino, quello di sedersi a guardare il mare con un membro della famiglia di Crilin e poi parlargli di Goku.
La voce del suo insegnante la riportò alla realtà. «Al» chiese Crilin, «qual è il problema?»
L’apprensione era evidente sul suo volto, e Aliys si sentì quasi sorpresa. Non aveva capito che Crilin le fosse abbastanza affezionato da preoccuparsi per lei.
«Ecco, il problema è che a mio padre piace… macché, mio padre ama allenare Ub. E Ub non ha mai avuto nessuno che credesse in lui come mio padre». Una volta cominciato a parlare, le parole si riversarono fuori dalle sue labbra come un fiume in piena. «Ed è colpa mia se non possono continuare l’addestramento».
«Colpa tua?» domandò Crilin, lievemente accigliato. «Perché dici che è colpa tua?»
Aliys deglutì rumorosamente. «Ecco, io…» La voce le uscì flebile, a malapena udibile. «Sai quando ero scappata di casa?»
Crilin fece segno di sì, guardandola senza giudizio. «Mi ricordo».
«Quando mio padre mi aveva ritrovato» proseguì la ragazzina, «io… io gli ho fatto promettere di non andarsene più».
«Oh». Crilin la scrutò. «E pensi… pensi che se rimane, sia solo per la promessa che ti ha fatto?»
«Non lo so» rispose Aliys, un po’ nervosa. «Insomma, so che tiene a noi. Però, certe volte, ha questa espressione triste… E credo sia per via di Ub, per via del fatto che non può allenarlo. Così, in quei momenti penso che sì, sia rimasto solo perché mi aveva promesso che l’avrebbe fatto».
Crilin aveva la fronte aggrottata. Non aveva la risposta pronta come Marron, e Aliys lo guardò riflettere con una certa ansia.
«E non ce l’ho con lui, davvero» dovette aggiungere la ragazzina. «Perché sta comunque mantenendo la sua promessa, anche se ciò lo fa sentire triste… Direi che ce l’ho con me, perché… gli ho fatto promettere qualcosa che lo rende triste».
L’ultima frase era poco più di un sussurro.
«Oh, mamma» gemette poi Aliys, portandosi le mani alle orecchie. «Lui con noi si sente triste…»
A quel punto, però, Crilin prese parola. «Al» disse, «lo sai che io conosco Goku da quando eravamo bambini, vero?»
Lei sbatté le palpebre e lo guardò. «Vero».
«Devo essere sincero» continuò l’ometto, «spesso i motivi delle sue azioni sfuggono persino a me. Ma se c’è una cosa che mi è ben chiara, è che Goku è come un bambino, in un certo senso. Lui guarda il mondo con una gran meraviglia, per questo riesce a vedere le nuove persone che incontra come delle scoperte meravigliose».
Aliys si sentì sprofondare. «Ed Ub è la sua ultima scoperta meravigliosa».
«Può darsi» concesse Crilin, «ma Goku ha anche un cuore grande. E sai cosa vuol dire, questo?»
La ragazzina aggrottò la fronte e scosse la testa. «Cosa?»
«È logico» rispose Crilin, «vuol dire che c’è spazio per tutti».
Aliys trasse un respiro. «Ma…»
«Un attimo, Al» la interruppe il suo maestro, non senza gentilezza. «Non ho finito».
Lei lo guardò. «Oh».
«Infatti» continuò Crilin, «devo anche dirti che, per quante nuove scoperte possa fare Goku, non importa quanto siano meravigliose: lui non scorda mai le sue scoperte più importanti. E se io dovessi dire quali sono, direi Chichi, Gohan, Goten… e te». Ci pensò su un attimo. «E Pan».
Aliys si mordicchiava il labbro inferiore.
«Davvero, Al» insistette Crilin, con delicatezza. «Non conta quanto Ub sia importante… ciò non sminuisce la vostra importanza, per Goku».
A quel punto, la ragazzina reclinò il capo sulla spalla del suo maestro, strappandogli un sussulto di sorpresa.
«Grazie» gli disse, con un fil di voce.
Crilin appoggiò cautamente una mano sui capelli neri della ragazzina. «Di niente, Al».





















Spazio dell’Autrice:
E ci risiamo.
Questo capitolo doveva avere un altro pezzo, ma non sono riuscita a scriverlo… E siccome domani vado in montagna (torno il 29), vi lascio almeno questo.
So che è uno sputo di capitolo, per di più arrivato con secoli di ritardo, ma la mia ispirazione lascia molto a desiderare ._.
Spero che la conversazione tra Crilin ed Al non sia troppo simile a quella che era avvenuta tra Al e Marron... E spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Il prossimo aggiornamento sarà fatto martedì 4 agosto (almeno spero)!
Vi ringrazio per la vostra pazienza :’)

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Capitolo 38
*** La soluzione ***


Capitolo 37 – La soluzione

Quando arrivò a casa, Aliys fece una capatina in cucina.
Non trovò sua madre, però, bensì Goten, intento a sgranocchiare alcuni grissini.
«Ciao» lo salutò, aggrottando appena la fronte.
«Ciao» rispose lui, senza smettere di rosicchiare.
Aliys andò a versarsi un bicchiere d’acqua. «Sei sempre qui, tu?» chiese intanto, rivolta al fratello.
Lui corrugò le sopracciglia. «Be’, sai com’è. Vivo qui».
La ragazzina gli lanciò un’occhiata di biasimo. «Qui in cucina, intendevo».
«Oh, certo». Goten si concesse un istante di meditazione. «Be’, sai com’è. C’è da mangiare».
Aliys annuì, come per ammettere che il fratello aveva ragione, dopodiché svuotò il bicchiere tutto d’un fiato. Lo riempì una seconda volta e bevve con altrettanta avidità. «Mi serve della cioccolata» dichiarò poi, andando ad aprire la dispensa.
«Caspita» commentò Goten. «Si vede che Marron è sfibrante per te come per me e Trunks».
D’istinto, Aliys saltò in difesa dell’amica: «Cosa dici? Marron non è affatto sfibrante!»
Il giovane alzò le sopracciglia con aria un po’ confusa. «Come no?» chiese. «Scusa, tu bevi come se avessi passato una settimana nel deserto, e vai alla ricerca di zuccheri. Perché dovresti farlo, se non per una Marron sfibrante?»
«Ecco…» Aliys infilò metà testa nella credenza. In parte per cercare il cioccolato, certo, ma anche per cercare di nascondere a Goten il proprio disagio improvviso. «Sai com’è. Non sono un asso, nel volo… Mi stanco».
Quando si voltò verso il fratello, lui stava masticando un altro grissino con aria pensosa.
«Se ti stanchi molto» si offrì quindi, «posso accompagnarti io, la prossima volta».
«No!» esclamò Aliys, improvvisamente allarmata. «No, cioè… no, non vorrei disturbarti».
Goten la fissò con aria interdetta. «Ma se ti stanchi così…» iniziò.
«Sì, ma sai, non è proprio il volo, in realtà è che…» La ragazzina tacque un istante, cercando di mettere in piedi una scusa plausibile. «Be’, parliamo molto».
Se prima Goten era sembrato un po’ confuso, ora parve del tutto disorientato. «Parlate molto?» ripeté.
«Esatto» asserì Aliys. «E la gola mi si asciuga».
«Ma mi stai prendendo in giro, o…»
«No, no» si affrettò a dire la ragazzina. «Siamo ragazze. Siamo delle vere pettegole. È così».
Con la fronte aggrottata, Goten abbassò lo sguardo sui grissini che gli rimanevano, come se si aspettasse una risposta più esauriente dal proprio cibo.
Aliys doveva ammettere che, con quell’espressione smarrita, suo fratello somigliava molto ad un tenero cucciolo. Decise di non pensarci, però, e tornò alla ricerca della cioccolata.
«A-ah!» esclamò, trionfante, quando ebbe una tavoletta stretta in pugno.
Goten la fissò con aria dubbiosa.
Aliys si schiarì la gola. «La mamma?» chiese.
Lui si riscosse. «In città a fare shopping» rispose.
«Capisco» sospirò la ragazzina, mettendo in bocca un quadretto di cioccolata.
Goten, dal canto suo, trangugiò in poco tempo quel che rimaneva dei suoi grissini, e prese a guardare la sorella con una certa insistenza.
Incrociando i suoi occhi, Aliys si sentì alquanto imbarazzata. «Che… che c’è?» domandò. «Pensi che ti stia dicendo una bugia?»
Ecco, adesso stava sudando.
Forse avrebbe dovuto confessare ciò che stava facendo almeno al fratello.
O no? Dopotutto, non era ancora sicura che non sarebbe stato tutto un fiasco.
«Veramente» disse Goten, scrollando le spalle, «vorrei solo che tu dividessi la tua cioccolata per me».
Aliys sbatté le palpebre. «Oh… Oh, sì, certo».
Sollevata, staccò un quarto della tavoletta e lo mise in mano al fratello, che la ringraziò con un gran sorriso.
Aliys sorrise di rimando, e si sentì meglio.

Dopo la scorpacciata, la ragazzina uscì all’aria aperta.
Là, a pochi passi dalla casa, trovò Goku. Il saiyan era seduto sull’erba a gambe incrociate, e guardava verso i monti vicini.
Aliys esitò. In quel momento, però, suo padre dovette avvertire la sua aura, e si voltò con un sorriso di benvenuto.
«Al» le disse. «Tutto bene?»
«Sì» rispose lei, osando avvicinarsi di qualche passo. «Cioè, credo».
Goku corrugò la fronte, guardando in su, verso di lei. «Credi?» ripeté.
La ragazzina si mordicchiò il labbro inferiore, quindi si sedette accanto al genitore. «Papà, posso farti una domanda?»
Lui non ebbe bisogno di pensarci nemmeno un istante. «Certo, tesoro».
Aliys torse un filo d’erba sino a strapparlo, tentando di decidere da che parte cominciare. «Papà, ti manca Ub?»
Per un istante, lui la fissò con aria sbalordita, come se quella domanda l’avesse preso completamente alla sprovvista.
«Se mi manca?» Con fare nervoso, Goku si grattò la nuca. «Un po’, forse. Ma tesoro, sono felicissimo di stare qui con voi» assicurò quindi, precipitosamente.
Aliys strappò un altro stelo d’erba, mentre il cuore iniziava a martellarle nel petto.
«Al?» chiamò Goku, chiaramente preoccupato di averla ferita. «Dico sul serio, voi siete…»
«La tua più grande scoperta» disse la ragazzina in un soffio, alzando lo sguardo ad incrociare quello del padre.
Il saiyan aggrottò la fronte. «La mia…? Be’, sì, penso si possa dire così… Se la vita è una grossa ricerca…»
L’idea doveva piacergli: alla fine della frase, il suo volto si rilassò in un sorriso.
«Giusto» disse Aliys. A quel punto, però, ebbe l’impressione che le mancasse il coraggio di proseguire.
Osservò suo padre, che sembrava star riflettendo su qualcosa.
«E se la vita è una grande caccia al tesoro» aggiunse Goku, quasi allegramente. «Credo proprio che voi siate il tesoro».
Così dicendo, circondò con un braccio la figlia, attirandola a sé.
Aliys, dal canto suo, sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo ansito di sorpresa. «Cosa?»
Il sorriso di Goku si affievolì. «Non ti piace il paragone?»
«No, no, non… non è questo» disse Aliys, continuando a guardarlo ad occhi spalancati. Ora, il cuore sembrava sul punto di scoppiarle, ma non era una sensazione spiacevole. «È… è un paragone bellissimo».
Sentendosi assalita da una felicità improvvisa, non poté fare a meno di ridere.
Di fronte al suono della sua allegria, il sorriso di Goku tornò ad aprirsi, più largo di prima.
La ragazzina si portò una mano sulla bocca, ma ciò non nascose il brillio dei suoi occhi. Che scema, che era stata, a preoccuparsi così tanto…
«Lo sai, papà?» si decise a dire. «Potrei avere un’idea».
Goku parve un po’ confuso. «Che genere di idea?»
Aliys esitò, ma poi inveì contro se stessa. “È la soluzione perfetta!” si disse. “Non hai sentito cos’ha detto, sul fatto che siete il suo tesoro?”
Quell’idea le fece salire un rossore molto piacevole alle guance, mentre il cuore le faceva un balzo in petto. Anzi, no… più che un balzo, era una piroetta di gioia.
«Se ti manca Ub…» iniziò, un po’ esitante. «Puoi andare a casa sua ad allenarlo».
Goku rimase così sbalordito che per poco non si ritrasse. «Al, te l’ho detto che io non vi lascerò più» disse poi, l’apprensione evidente nella sua voce.
«Lo so» replicò lei. E le venne da sorridere, perché, finalmente, lo sapeva davvero.
«Bene» annuì Goku, con fare ancora un po’ ansioso.
«Però, papà, puoi passare del tempo con Ub senza abbandonarci» aggiunse lei, già più sicura.
Il saiyan accennò un diniego. «Ub abita lontano» obiettò, «non posso…»
«Puoi teletrasportarti» disse Aliys, semplicemente.
Goku rimase di stucco.
La ragazzina non lo trovò strano. Sapeva che le cose ovvie erano spesso quelle più difficili da vedere… Lei, che aveva faticato tanto a capire quanto suo padre tenesse alla loro famiglia, ne era la prova vivente.
«Sì» insistette, «puoi teletrasportarti a casa di Ub nel pomeriggio, e tornare qui dopo quattro ore… o quel che vi serve per una lezione».
Goku restò immobile, come se dovesse ancora assorbire le parole della figlia.
Aliys lo guardò. «Papà?»
Il saiyan abbassò gli occhi su di lei. Per un istante, non si mosse, poi la abbracciò.
«Aliys» le disse, con voce meravigliata, «hai davvero preso da tua madre. Sei straordinaria come lei».
La ragazzina sorrise contro il petto dell’uomo. «Come mai questo tono sorpreso?» scherzò, poiché si sentiva come se un macigno le fosse stato tolto dal cuore.
Goku la staccò da sé per guardarla in faccia, con aria improvvisamente preoccupata. «Non ero sorpreso» si affrettò a dire.
«Papà, scherzavo…»
«Anzi, no» la interruppe lui, con decisione. «Ero sorpreso. Tu mi sorprendi sempre».
Aliys si mise quasi a ridere. «E lo fanno anche Gohan e Goten?» chiese.
Goku la guardò con aria curiosa, come se non capisse il perché di quella domanda, poi ci pensò su. «Sì» decise. «Anche loro».
«Wow» sospirò Aliys, protendendosi ad affondare il viso contro la spalla del padre. «Crilin aveva davvero ragione».
«Crilin?»
La ragazzina non rispose. Invece, si tirò nuovamente su e domandò: «Allora? Che te ne pare della mia idea sugli allenamenti di Ub?»
Goku non rispose subito, ma non gli riuscì di nascondere il proprio sollievo molto a lungo. «Trovo che sia un’idea meravigliosa. Grazie, piccola».
Aliys sorrise, felice di avvertire la serenità del proprio genitore. «Di niente».
«Ah, però» disse Goku, in tono serio. «Prima ne parlerò con Chichi. Non voglio andarmene, se non le sta bene».
«La mamma è generosa» rispose Aliys. «Vedrai che sarà d’accordo».
Il saiyan sorrise, ed allungò una mano ad accarezzarle i capelli. «Hai ragione».
Aliys credeva a quanto aveva detto… Anche perché sapeva che Ub, nel breve periodo che aveva trascorso a casa loro, aveva conquistato Chichi con il suo fare timido ed educato.
Trasse un respiro e si sentì come se i polmoni le si riempissero di soddisfazione.
Lei non voleva essere triste, ma nemmeno voleva che lo fosse suo padre… E sentiva che, con quella soluzione, sarebbero stati accontentati tutti.













Spazio dell’Autrice:
Okay, forse ho un po’ esagerato, con il fluff XD
Però, ecco, temo che per il mese di agosto non riuscirò più ad aggiornare (la mia vita è un casino), quindi per lo meno vi ho lasciato un po’ di tenerezza padre/figlia in cui affondare…
Anyway, l’aggiornamento va al primo di settembre… e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 39
*** Miglioramenti ***


Capitolo 38 – Miglioramenti

Come Aliys si era aspettata, Chichi non si oppose all’idea che il marito – grazie al teletrasporto – trascorresse un po’ di tempo con Ub.
Al contrario, preparò un bel dolce che Goku potesse portare al ragazzino e ai suoi fratelli.
Aliys non poté fare a meno di provare ammirazione nei confronti della propria madre. Anche se aveva sofferto delle lontananze del marito, Chichi sembrava aver capito che l’importante non era che Goku rimanesse… ma che tornasse.
Aliys non ci aveva mai pensato, però era così: il saiyan poteva farsi attendere anni – come quando era morto contro Cell – ma alla fine tornava sempre.
E doverlo aspettare solo qualche ora sarebbe stato un sollievo.
Per le prime lezioni, Goku rimase via solo una minima parte del pomeriggio… Adesso che si era reso conto di aver ferito la sua famiglia, voleva fare il possibile per non ripetere l’esperienza.
Dopo un po’, però, vedendo che sia sua moglie che i suoi figli – Goten compreso – reagivano bene al compromesso ideato da Aliys, prese un po’ più di tempo, e un paio di volte fece ritorno che il sole era già calato da ore.
Una sera, poi, ebbe la bella idea di portare Ub e tutti i suoi fratelli sui Paoz… Chichi, Goten ed Aliys erano intenti a cenare, quand’ecco che Goku comparve con una nutrita schiera di marmocchi aggrovigliati addosso.
Lo spavento provocò reazioni diverse: Goten lasciò cadere il pane che stava per addentare, Chichi afferrò una padella come arma impropria, mentre Aliys sentì il cuore balzarle in gola.
Quando realizzarono che il frastuono era causato nientemeno che da Goku e da alcuni bimbetti, si riebbero in fretta… Aliys, però, sospettava che non avrebbe dimenticato facilmente quel mezzo infarto.
I fratelli di Ub erano quattro e tutti sotto i dieci anni.
C’era un’unica femmina. Lei aveva portato un mazzetto di fiorellini viola per Chichi, che li accettò con un sorriso materno… Uno dei maschietti, invece, volle star seduto sulle ginocchia di Aliys per tutta la serata.
Pur non essendo abituata a trattare con i bambini piccoli, Aliys sentì che quel marmocchio faceva riemergere in tutta fretta il suo istinto materno.
Era un bimbo sui cinque anni, dalla pelle color cioccolato e una zazzera di capelli neri… Quando sorrideva, poi, sfoggiava un’unica fossetta sulla gota destra.
Insegnò alla ragazzina una filastrocca che parlava di una guerra tra le api e gli uccelli, e al momento di andarsene le stampò un bacio un po’ appiccicoso sulla guancia.
Goku riportò a casa i bambini. Quando tornò, Chichi stava sparecchiando la tavola, e Goten stava commentando, rivolto a sua sorella: «Accipicchia, Al. Sei già pronta per diventare madre».
«Già pronta non direi» rispose la ragazzina, rivolgendo un sorriso di saluto al padre. «Prima mi manca qualcosa».
Goten aggrottò la fronte. «Ad esempio?»
«Ad esempio?» ripeté Aliys. «Be’… che so… un marito?»
A quella domanda, il fratello fece spallucce, come per dire che non era un dettaglio poi così importante.
«Tu potresti diventare papà» aggiunse la ragazzina. «Hai già una bella fidanzata…»
Un lieve rossore si diffuse sulle guance di Goten, e lui aprì la bocca per ribattere… In quel momento, però, intervenne Chichi, in tono asciutto ma con occhi che mandavano lampi d’avvertimento: «Credo sia un po’ presto, per pensare a dei figli».
Subito, Goten divenne il ritratto della remissività, e annuì con fare compito.
Aliys moriva dalla voglia di replicare: Perché? Sarebbe un così bravo padre di famiglia… Ma, temendo sia la reazione della madre che del fratello, decise di tenere la bocca chiusa.
Al posto suo, parlò Goku. «Già» disse, «prima, figliolo, devi pensare al matrimonio».
Sua moglie lo guardò severamente, due bicchieri in mano. «Credo sia un po’ presto anche per quello».
«E perché mai? Tu hai iniziato a pensare al matrimonio già al nostro primo incontro» le fece notare il saiyan, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Mi hai fatto promettere che ti avrei sposata».
Aliys scambiò un’occhiata con Goten, sforzandosi di trattenere un sorriso.
«Quelli erano altri tempi» dichiarò Chichi, con grande dignità.
«Sia come sia» concluse Goku, prendendo i piatti dal tavolo per aiutare la moglie a sparecchiare, «è stata un’ottima decisione».
«Altroché» sussurrò Goten, solo per l’orecchio di Aliys. «Se non si fossero sposati, io non sarei mai nato».
«È vero» disse Chichi, «ma ciò non toglie che per Goten sia troppo presto».
Aliys, da parte sua, aveva il sospetto che non importava quando suo fratello si sarebbe accasato. Per la loro madre sarebbe stato sempre troppo presto.
Quella sera, Goku andò nella camera da letto della figlia per darle la buonanotte.
Aliys era già in pigiama ed aveva i capelli neri e lucidi sciolti sulle spalle. Era seduta sul letto, ma quando vide il padre si alzò per andargli incontro.
«Al» le chiese lui, come colpito da un pensiero improvviso, «tu non ce l’hai proprio, il fidanzato?»
La ragazzina lo fissò, interdetta. «No» rispose. Poi, con cautela, aggiunse: «Per adesso ho altre cose per la testa, a dire il vero».
Come allenarsi nel combattimento.
Goku annuì e, per qualche motivo, ad Aliys venne voglia di dirgli tutto. «Papà» iniziò, un po’ esitante, «a proposito di…»
«No, aspetta» la interruppe lui. «Prima voglio dirti che penso che Chichi abbia ragione… È troppo presto per Goten. E credo sia troppo presto anche per te».
Aliys lo guardò, perplessa. «Oh» fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Per ora» continuò Goku, «tu dovresti rimanere la mia bambina».
Il silenzio dubbioso della ragazzina si protrasse per qualche altro istante… poi lei emise una risata e si allungò, in modo da gettare le braccia al collo del saiyan.
«Non preoccuparti, papà» gli disse, strusciandosi un poco contro di lui, «credo che rimarrò la tua bambina ancora per un bel po’».
«Questo è un bene» approvò lui, arruffandole i capelli scuri.
Aliys lo lasciò andare con un sorriso. Lui la accompagnò sino al letto e la aiutò a infilarsi sotto le coperte, poi ricordò: «Ah, ma prima stavi per dirmi qualcosa… Cos’era?»
La ragazzina sussultò. Il momento in cui aveva provato l’impulso di raccontare tutto, però, era passato… Ora, era divisa tra il timore della reazione del saiyan e la voglia di dirgli degli allenamenti solo quando sarebbe stata più brava.
«Non era niente» rispose, un po’ in fretta. «No, voglio dire, in realtà era qualcosa… ma non era niente di importante».
Goku le sorrise e le baciò la fronte. «Capisco…» disse. «Buonanotte, Al».
Aliys si tirò il lenzuolo sino al mento. «Buonanotte, papà».
Mentre ascoltava i passi di lui allontanarsi, la ragazzina si concesse un sorriso.
In quei giorni, era veramente felice di come stava andando la sua vita.
Suo padre era con loro, ma allo stesso tempo aveva la possibilità di addestrare il suo allievo, e ciò lo rendeva pienamente soddisfatto.
Così, Aliys non doveva nemmeno temere di vederlo guardare lontano, di sentire che lui – mentre era con lei – avrebbe voluto essere in un altro posto.
«Vinciamo tutti, in questa maniera» commentò un pomeriggio la ragazzina, rivolta a Marron, mentre faceva un po’ di stretching in attesa dell’allenamento con Crilin. Quest’ultimo, infatti, oltre alle prime mosse di combattimento, le stava insegnando anche degli esercizi di riscaldamento. «Non credi?»
«Hai ragione» disse la biondina, per poi aggiungere, pensosamente: «Io non sono brava a scendere a compromessi. Forse dovrei provarci».
Aliys si strinse nelle spalle. «Non saprei» rispose, «è divertente vedere Trunks e mio fratello terrorizzati da te».
Mentre lo diceva, chiese mentalmente scusa a Goten. In fondo, però, era la verità.
«Terrorizzati?» ripeté Marron, accigliandosi. «Quei due non sono terrorizzati».
«Altroché se li sono» insistette Aliys, mentre l’aria dal sapore salmastro le soffiava un ciuffo nero davanti al viso. «Vengono a fare shopping…»
«Oh, ma non c’entra l’essere terrorizzati» affermò Marron. Si soffermò un istante ad osservare il sorriso che l’altra cercava di trattenere, quindi capitolò: «D’accordo, sono terrorizzati».
Aliys soffocò una risata, e in quel momento Crilin uscì dalla Kame House.
Le due amiche si girarono verso di lui, mentre il rollio delle onde copriva il suono dei suoi passi.
«Ciao, Al» disse Crilin, avvicinandosi alle ragazze con le mani nelle tasche. «Sei pronta per un po’ di Arti Marziali?»
«Certo» replicò lei, e si lasciò sfuggire un sorriso pensando al fatto che, sino a poco tempo fa, non si sarebbe neanche sognata di dare una risposta simile.
Improvvisamente, le venne in mente che la sua vita era migliorata anche per merito di Crilin… Era stato lui, infatti, a farle capire quanto Goku tenesse a lei e al resto della loro famiglia.
Così, stupendo persino se stessa, avanzò verso il suo maestro e lo strinse in un abbraccio veloce.
«Caspita» commentò Crilin, un po’ imbarazzato ma sorridente, quando Aliys si tirò indietro. «A cosa devo questo onore?»
La ragazzina si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ricordi quando abbiamo parlato di mio padre?» domandò.
«Certo» annuì lui, mentre Marron faceva scorrere lo sguardo dall’una all’altro.
Aliys inspirò a pieni polmoni l’aria di mare. «Non te l’ho ancora detto» continuò poi, «ma mi hai dato un ottimo consiglio».
A quelle parole, Crilin si aprì in un sorriso. «Mi fa piacere, Al».
Prima che il minimo disagio potesse scendere tra loro, Marron intervenne. «D’accordo» brontolò, «non so decidere se la mia amica stia cercando di rubarmi mio padre o mio padre stia cercando di rubarmi la mia amica».
Aliys rise mentre la biondina andava ad abbracciare Crilin.
Talvolta, le veniva da pensare che lei e Marron erano piuttosto diverse, caratterialmente… In quel momento, però, vide che senz’altro avevano in comune una cosa: entrambe tenevano moltissimo al loro papà.

















Spazio dell’autrice:
C’è una buca in cui posso seppellirmi?
Ero convinta di aver rimandato l’aggiornamento a questa domenica… e invece ho visto che era per la scorsa ._.
Scusatemi!
E so che questo capitolo è un po’ leggero… però, dai, Al si merita un po’ di serenità… e dopo aver guardato il video obiwan&anakin | loss of a friend avevo un disperato bisogno di fluff XD
Anyway, questo era un capitolo di passaggio, nel prossimo dovrebbe succedere qualcosa (ZANZANZAN!).
A domenica 15 settembre (si spera!).

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Capitolo 40
*** Carte in tavola ***


Capitolo 39 – Carte in tavola

Goten e Trunks, in piedi fianco a fianco sul marciapiede, osservavano con un certo desiderio la gelateria dall’altra parte della strada.
Sembrava così a portata di mano: sarebbe bastato attraversare una striscia di cemento, per raggiungerla… Eppure, allo stesso tempo, pareva irraggiungibile.
«Goten, Trunks!»
A quello strillo, entrambi i ragazzi sussultarono.
Marron – partita per andare in ricognizione qualche minuto prima – era riemersa dalla folla, ed aveva afferrato il braccio di Trunks.
«Venite! C’è un vestito rosso che… Dovete assolutamente vederlo!»
I due saiyan si scambiarono un’occhiata dubbiosa. Probabilmente, se avessero avuto abbastanza fegato per farlo, l’avrebbero contraddetta. Nessuno di loro due, infatti, si sentiva in dovere di dare un’occhiata a chissà quale vestito.
Senza attendere alcuna replica, Marron iniziò a trascinare Trunks verso il negozio.
Goten contemplò l’idea di sgusciare via, ma poi seguì gli altri due.
«Tadan!» esclamò allegramente la ragazza bionda, quando giunsero dinanzi alla vetrina.
Il figlio di Goku e il figlio di Vegeta guardarono i capi di vestiario esposti… Ma trovarono il fatidico vestito rosso solo quando Marron lo additò con entusiasmo.
«Non è bellissimo?»
I due giovani si scambiarono un’occhiata.
«Sì» disse infine Trunks, un po’ fiaccamente, «è carino».
Marron lo guardò, aggrottando la fronte. «Carino?»
«Molto carino» si affrettò a dire Goten, sperando così di salvare l’amico da morte certa.
La ragazza bionda si rilassò. «È vero» sospirò, soddisfatta.
A quel punto, tornò ad afferrare il braccio di Trunks, e con la mano libera agguantò anche il gomito di Goten.
«Entriamo e diamo un’occhiata in giro!»
I due giovani si scambiarono l’ennesimo sguardo. Trunks sembrava per metà intimorito e per metà rassegnato… In quanto a Goten, doveva ammettere di sentirsi abbastanza sereno, nonostante la situazione.
In quel periodo, infatti, gli era difficile non sentirsi inguaribilmente ottimista.
Non solo le cose tra lui e la sua ragazza continuavano ad andare al meglio; adesso anche il rapporto con suo padre era liscio come l’olio.
Prima che Aliys suggerisse a Goku di servirsi del teletrasporto, così da poter dividere il suo tempo tra Ub e la sua famiglia, Goten non aveva potuto fare a meno di notare – al pari della sorella – che il genitore sembrava un po’ immalinconito dal fatto di non potersi occupare del proprio allievo.
Inoltre, poiché sapeva di aver sempre trascurato gli allenamenti, Goten aveva sentito i morsi del senso di colpa. Possibile che, se soltanto lui non fosse stato così pigro, suo padre si sarebbe trovato meglio a casa?
Ora, invece, erano tutti soddisfatti… E Goten, con un certo sollievo, non sentiva più alcun rimorso per il fatto di non interessarsi molto alle Arti Marziali.
Quella non era la sua passione. Era la passione di suo padre, e gli sembrava logico che Goku passasse un po’ di tempo con chi la condivideva con lui.
Un po’ meno logico, si disse, mentre entravano nel negozio di vestiti, era il fatto che lui e Trunks andassero a far compere con Marron.
A loro non interessava, no? Allora perché ci andavano?
Un’occhiata alla mano di Marron, stretta con decisione attorno al suo gomito, fu una risposta più che sufficiente, e Goten assunse un’aria concentrata.
Guardandosi attorno, non poté fare a meno di meravigliarsi: sia il pavimento che le pareti, in quel salone, sembravano splendere di luce propria.
Dovunque cadesse il suo sguardo, naturalmente, non c’erano che vestiti – gonne variopinte, magliette dai colori delicati, pantaloni scuri, e chi più ne ha più ne metta. Perciò, Goten si stupì un poco, quando Marron trovò immediatamente un sosia del vestito rosso che aveva adocchiato in vetrina.
Prima che uno dei due ragazzi potesse dire «Bah», la biondina li lasciò e si diresse verso l’abito, toccando la gonna e sorridendo appena.
Trunks e Goten le si avvicinarono un po’ circospetti, e lei li informò: «È morbidissimo».
«Allora pensi davvero di comprarlo?» domandò il figlio di Vegeta, senza riuscire a nascondere la nota dubbiosa della sua voce.
Marron tolse immediatamente le mani dal vestito, e il sorriso le cadde dal volto. I suoi occhi azzurri si puntarono su Trunks. «Hai qualcosa in contrario?» domandò lei, con calma. Troppa calma.
Goten lanciò un’occhiata allarmata all’amico.
«Be’, non esattamente» rispose Trunks, in tono prudente.
Mentre Marron continuava a trapassarlo con lo sguardo, il giovane si guardò attorno con una certa urgenza.
«Insomma» disse poi, tornando a voltarsi verso la biondina, «ad esempio potresti comprare quel vestito azzurro laggiù».
«Quale?» domandò Marron, aggrottando la fronte, ma sembrava ancora rabbuiata.
Trunks glielo indicò. «Si intona ai tuoi occhi, no?»
Doveva aver detto le parole giuste: Marron si rilassò e tornò a sorridere. Arrossì persino un poco, mentre concedeva: «È carino».
Trunks la guardò. «Carino?»
«Molto carino» precisò lei.
Goten ebbe uno strano senso di déjà-vu. In effetti, fuori dal negozio si era svolto lo stesso scambio di battute… anche se allora aveva partecipato anche lui…
Per qualche istante, Trunks rimase fermo a fissare Marron, chiaramente incapace di trovare qualcosa da dire… Poi la biondina rise e si voltò, dirigendosi verso il vestito azzurro.
Per la meraviglia di entrambi i ragazzi, alla fine Marron comprò proprio l’abito che le aveva consigliato Trunks.
Quando la commessa ebbe impacchettato l’acquisto e l’ebbe dato ad una ragazza bionda alquanto soddisfatta, Trunks e Goten si scambiarono un’occhiata.
Marron sembrava tranquilla e soddisfatta: era il momento di agire.
«Ehi, Marron» esordì Trunks, mentre uscivano dal negozio, «non pensi che potremo mangiare un gelato, adesso?»
«Un gelato?» ripeté la ragazza, un po’ distrattamente.
«Già» confermò il giovane. «Pensa un po’, qui vicino c’è una gelateria… Ci siamo passati davanti qualche minuto fa».
Lei lo guardò. «Ah».
Non sembrava esattamente entusiasta all’idea di tornare indietro, così Trunks giocò la sua ultima carta e propose: «Se mi dite che gusti volete, potrei andare a prenderli io… E poi portarveli qui».
«E come faresti a portare tre gelati?» domandò Marron, scettica.
Lui la guardò. «Be’…»
La ragazzina scrollò la testa bionda. «Lascia stare» disse. «Torniamo indietro».
A quelle parole (musica, per le loro orecchie!), Trunks e Goten si scambiarono delle occhiate piuttosto vittoriose.
Mentre camminavano verso la gelateria, Goten affiancò Marron ed esordì: «Allora… tu e mia sorella passate molto tempo insieme, di questi tempi».
Lei gli gettò un’occhiata in tralice. «Sì».
«E cosa fate, di preciso?» aggiunse Goten.
«Cose da donne» rispose Marron, senza scomporsi.
«Nient’altro?» insistette il giovane.
Trunks lo guardò con la fronte aggrottata.
«Perché questo interrogatorio?» domandò Marron.
Goten si strinse nelle spalle, continuando a camminare. «Non lo so… è solo che mi sembra che Al nasconda qualcosa».
Marron indicò dall’altra parte della strada. «La gelateria. È quella, no?» Poi, rivolgendosi di nuovo a Goten: «Perché dici questo?»
«Istinto fraterno?» propose lui. «Voglio dire, certe volte mi guarda come se si sentisse in colpa per qualcosa…»
«Capisco». Mentre attraversavano la strada, Marron meditò brevemente. «E cosa credi possa nasconderti?»
«Non lo so…» Goten ci pensò su un momento. «Forse la aiuti a vedersi di nascosto con un ragazzo?»
Marron sfoderò un gran sorriso. «Al non vede nessun ragazzo».
«E allora perché si sente in colpa?» insistette Goten.
La biondina pensò velocemente. Da una parte, la inteneriva e la divertiva vedere l’amico così protettivo nei confronti della sorellina… Dall’altra, non poteva certo tradire la fiducia di Aliys.
«Forse dovresti parlarne con lei» si decise a dire alla fine.
Goten annuì energicamente. «Lo farò senz’altro».
Mentre tutti e tre entravano nella gelateria, Marron si augurò di non aver appena messo Aliys in una brutta situazione.

Quando Goten tornò a casa, Aliys si trovava nella propria stanza.
Entrando senza aver bussato, il giovane la trovò distesa sul letto a pancia in giù, intenta a leggere un bel romanzo.
«Devi chiedere il permesso, prima» disse Aliys, senza alzare gli occhi dal libro. «E se fossi stata nuda?»
Per poco, quell’ipotesi non fece retrocedere Goten… Poi, però, il giovane replicò: «Sarebbe stato molto, molto imbarazzante. Però sei vestita».
Aliys, concentrata com’era sul proprio libro, non rispose nemmeno.
«Al?» incalzò Goten, avvicinandosi. «Possiamo parlare?»
Lei sollevò gli occhi controvoglia. «Proprio adesso?» gemette.
«La mia idea era quella» confermò Goten, candidamente.
Aliys lo fissò, interdetta, poi sospirò e si tirò a sedere. «Che c’è?» chiese, dopo essersi data una bella sfregata agli occhi.
Goten non era mai stato molto bravo a girare intorno alle cose, così decise di andare subito al punto. «Ti senti in colpa per qualcosa?»
Lei lo guardò con aria sbalordita. «Come?» domandò.
«Ti senti in colpa per qualcosa?» ripeté Goten.
«Io…» Aliys sbatté le palpebre. Non era capace di mentire con disinvoltura. «Forse».
«Forse?» fece Goten.
«Forse sì» bisbigliò la ragazzina. E così, era arrivato il momento della verità?
L’idea la tentava: non era abituata a nascondere molte cose a Goten; sarebbe stato un sollievo, poter tornare ad essere sincera con lui.
Il giovane aggrottò la fronte. «E perché ti senti in colpa?»
Aliys indugiò, muovendosi appena sul letto. «Forse…» disse poi, con lentezza. «Forse sto tenendo un segreto».
«Non hai un ragazzo, vero?» chiese Goten.
Marron l’aveva negato, però non si poteva mai sapere…
«Certo che no» rispose Aliys, inarcando appena un sopracciglio.
«Allora di cosa si tratta?»
La ragazzina esitò nuovamente. «Be’… forse… forse… mi sto allenando nelle Arti Marziali con l’aiuto di Crilin».
Ecco. Lo aveva detto.
Goten la fissò. «Che cosa?»
Lei si strinse nelle spalle. «Mi sto allenando nelle Arti Marziali con l’aiuto di Crilin» ripeté, pur tenendo la voce un po’ bassa.
Non voleva correre il rischio che, passando davanti alla sua camera, uno dei suoi genitori potesse sentirla.
Goten scrollò appena la testa, cercando di schiarirsi le idee. «Credevo non ti interessassero, le Arti Marziali» disse alla fine.
Aliys cercò di capire cosa stesse pensando, ma il giovane sembrava ancora impegnato ad assorbire la notizia.
«Sì, be’, lo credevo anch’io…» disse lei. «Ma tu, Gohan, il papà, la mamma… Sapete tutti combattere, e io mi sentivo… esclusa, credo».
Goten non disse nulla, limitandosi a guardarla con la fronte aggrottata.
«E poi» aggiunse allora Aliys, «sapevo quanto a papà piace combattere… E ho pensato che sarebbe stato bello, poter condividere quella sua passione».
A quel punto, Goten si decise ad aprir bocca. «E perché ti fai allenare da Crilin?»
Aliys si sentì un po’ confusa, di fronte a quella domanda. «È un bravo insegnante» disse, sulla difensiva. «È gentile e paziente, quindi non si esaspera quando…»
«No, no, no» la interruppe Goten. «Non voglio sapere perché ti fai allenare da Crilin».
Aliys la guardò, ancora più confusa. «Ma se mi hai chiesto…»
«Voglio sapere perché non ti sei fatta allenare da me».
La ragazzina sgranò gli occhi, presa alla sprovvista. «Oh» fu tutto ciò che riuscì ad emettere.
«Insomma, sono tuo fratello» aggiunse Goten. «Pensavo me l’avresti detto».
«Be’» mormorò Aliys, «non l’ho detto nemmeno a Gohan, quindi…»
«Avresti potuto dirmelo comunque» replicò il giovane.
Aliys tacque per qualche istante. «È vero… scusami» disse infine.
Goten sembrava ancora un po’ urtato, così lei cercò di spiegarsi: «È solo che… avevo paura di non essere affatto brava… di non riuscire a combinare niente… Per questo non volevo dire niente a nessuno».
Il giovane la guardò, accigliato. «E da quando è che hai iniziato questi allenamenti?»
Aliys esitò. «Da… un po’».
Goten continuò a fissarla insistentemente.
«Da quando Ub è stato da noi» ammise allora la ragazza.
«Ma allora devi aver già visto, se combini qualcosa o meno» osservò Goten.
«Sì, io… penso di star combinando qualcosa» mormorò Aliys, trovando piuttosto difficile reggere lo sguardo del fratello.
«Allora, se te ne sei resa conto… Potevi dirmelo».
Lei trasalì lievemente. D’impulso, si sollevò dal letto e si mosse verso il giovane, afferrando la sua mano.
«Goten, per favore! Mi dispiace di averti tenuto all’oscuro, però ti prego, ti prego, non essere arrabbiato con me… Volevo che lo sapessero meno persone possibile anche perché… be’, vorrei poterlo rivelare a papà quando potrò definirmi almeno un po’ brava».
Con la fronte aggrottata, Goten guardò prima le loro dita intrecciate, poi gli occhi supplichevoli della sorella… e, finalmente, la sua espressione iniziò a distendersi.
«E va bene» si arrese. «Sei fortunata che io abbia un cuore così grande…»
«Credevo che fosse il tuo stomaco, ad essere grande» azzardò Aliys, anche se non era del tutto sicura di essere già stata perdonata e di poterlo stuzzicare come faceva sempre.
Goten, però, disse con aria di superiorità: «No, Al. Il mio stomaco non è grande, è gigantesco».
Lei sentì che le cose tra loro tornavano semplici come erano sempre state. Il sollievo la invase, e la ragazzina sorrise al fratello.
«Ehi!» esclamò improvvisamente Goten. «Perché non lo hai detto a Gohan? Potremmo…»
«No!» lo interruppe Aliys, precipitosamente. «Goten, è per questo che non te l’ho detto. Ricordi? Voglio che lo sappiano meno persone possibile. E temevo che tu l’avresti detto a Gohan, e a Trunks, e in men che non si dica l’avrebbero saputo tutti…»
«Oh». La fronte di lui si corrugò appena. «Molto bene, lascia stare».
«Davvero?» chiese la ragazzina, senza sapere cosa pensare. «Sei disposto a mantenere il mio segreto?»
«Certo» rispose Goten, annuendo energicamente. «Sei tu che devi dirlo a papà, non io».
A quelle parole, Aliys si fece radiosa. «Sei il fratello migliore del mondo» disse, d’impulso.
Lui ridacchiò. «Bene» replicò, «vedi di ricordartelo, la prossima volta che vorrai comportarti come una palla al piede…»
La ragazzina gli mostrò la lingua, e Goten esclamò: «Oh, bene! È per caso questo, il modo di trattare il fratello migliore del mondo?»
«No» ribatté prontamente Aliys, facendo un passo verso di lui e abbracciandolo, «è questo, il modo di trattare il fratello migliore del mondo».
Goten ricambiò la stretta per un momento, dando una pacca sulla schiena della sorellina, poi le mise le mani sulle spalle e la staccò da sé.
«Ora, però, devi dirmi come stanno andando i tuoi allenamenti. Devi raccontarmi tutto, per filo e per segno».
Lei scrollò le spalle. «Va bene».
Così, iniziò a raccontargli degli esercizi che aveva fatto. Quando parlò delle volte in cui si era allenata a controllare l’aura, Goten schioccò le dita: «Ecco cosa stavi facendo! Quando papà si era preoccupato perché la tua forza spirituale aveva qualcosa che non andava».
Aliys azzardò un cenno affermativo. «Sì».
Goten le sorrise. Poi, improvvisamente, parve folgorato da un pensiero. «Ehi, Al… Ohi… E papà?»
La ragazzina lo fissò. «Hai appena detto che non vuoi dirlo a papà» gli ricordò, un po’ preoccupata.
«E infatti non voglio» replicò lui, mentre una lieve apprensione si faceva strada sul suo volto. «Volevo dire… Ricordi, come ha reagito, quella volta in cui gli hai chiesto di allenarti?»
Aliys deglutì. Non ci aveva pensato, in quegli ultimi tempi, ma in effetti se lo ricordava piuttosto bene: prima di allora, non aveva mai visto Goku arrabbiarsi tanto.
Il ricordo dello sguardo duro di suo padre e della sua voce severa le diede un brivido.
«Non credi» continuò Goten, «che potrebbe… ecco… prendersela un po’, quando scoprirà che ti sei fatta addestrare in segreto dal suo migliore amico?»
«Be’…» iniziò Aliys, per nulla sicura di cosa dire.
Improvvisamente, avvertì un senso di vertigine. Possibile che stesse facendo un grosso errore, nel voler apprendere le Arti Marziali?
D’altro canto, il combattimento era una parte così importante, nella vita di suo padre… Lei voleva farne parte.
Per di più, nelle ultime lezioni, iniziava anche a piacerle.
Certo, aveva capito di non aver un grande istinto; non era brava, a capire dov’era meglio colpire, quando era più opportuno passare dalla difesa all’attacco e viceversa… Allo stesso tempo, però, aveva la sensazione di star acquisendo maggiore confidenza col proprio corpo.
Quante volte aveva odiato i propri piedi troppo goffi, i propri riflessi lenti! Quante volte si era sentita ingombrante o fuoriposto!
L’esercizio fisico a cui la sottoponeva Crilin, in un certo senso, la aiutava a scacciare quei disagi… Finalmente, il suo corpo non era più un fastidio che la metteva in imbarazzo davanti a suo padre o ai suoi fratelli… ma era un suo alleato.
Aliys sentiva di non aver mai avuto tanta dimestichezza con se stessa, ed era qualcosa che non voleva perdere.
«E la mamma?» aggiunse in quel momento Goten. Senza rendersi conto dell’espressione della sorella, elencava ad alta voce le proprie preoccupazioni non appena gli venivano in mente. «Cavolo, Al, lei aveva fatto promettere a papà che non ti avrebbe addestrata, come credi che…?»
Si interruppe bruscamente. Aveva finalmente notato lo sguardo un po’ sgomento e tormentato della sorellina.
«Mi dispiace» si affrettò a dire, con un sorriso di scuse. «Non volevo metterti in ansia».
Aliys continuò a fissarlo con aria turbata.
Goten tacque un istante, cercando di pensare a qualcosa che potesse distrarla. «Allora» esordì infine, cercando di suonare il più spensierato possibile, «la prossima volta che ti alleni, potrò assistere?»




















Spazio dell’Autrice:
Non ci posso credere… Ce l’ho fatta! :D
E finalmente, ecco qui un capitolo di una lunghezza decente.
Temevo che non sarei riuscita a finirlo per stasera, visto che sono dovuta stare lontana dal computer pressoché tutto il pomeriggio… Per fortuna, nei giorni scorsi l’avevo scritto quasi tutto, e adesso… voilà :)
Spero solo che vi sia piaciuto.
A domenica 22 settembre!
P. S. E auguri a tutti coloro che domani ricominciano con la scuola!

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