FATHERS: Missing Moments di Stateira (/viewuser.php?uid=11251)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ieri e oggi ***
Capitolo 2: *** Le mani sul viso ***
Capitolo 3: *** Incidenti ***
Capitolo 4: *** Midnight confessions ***
Capitolo 5: *** L'arma ***
Capitolo 6: *** Morning News ***
Capitolo 7: *** happy birthday ***
Capitolo 8: *** Draghi e cervi ***
Capitolo 9: *** La Piuma di Fenice ***
Capitolo 1 *** Ieri e oggi ***
Cominciamo subito con qualcosa di anomalo: questa MM non è ispirata ad
un capitolo di Fathers, ma a “Special Times”, la shot natalizia che vedeva
protagonisti i nostri eroi
Questa
fic è una Missing Moments della fic “Fathers”, e ciò significa che si riferirà
direttamente ad episodi, personaggi ed avvenimenti di quella fic. La lettura di
“Fathers”, quindi, è assolutamente necessaria, per la comprensione di questa.
PREMESSA
Cominciamo
subito con qualcosa di anomalo: questa MM non è ispirata ad un capitolo di
Fathers, ma a “Special Times”, la shot natalizia che vedeva protagonisti i
nostri eroi.
… Vi ricordate
che regalo ha ricevuto Harry?
“<Avete
mai provato la sensazione di stringere qualcosa fra le braccia?
Qualcosa di piccolo ed inerme, di fragile.
Sentite la sua fiducia in voi, sentite il
calore di un istante.
Sentite pace, e poi forza, e gioia.
E' come sognare la propria vita,
rivedersi in cento foglie, senza motivi, né censure.
Sentite il bisogno d'amore, forte, immenso,
dentro di voi, e non sapete spiegare,
Non dovete capire, non volete smettere
di sorridere.
Non si forgia un cuore in una mente ferita.
Eppure la sua fiducia non vacilla, non teme
nulla.
Così, senza che voi vogliate, vi riempie di
sé,
E si trasforma, pian piano, in tutto ciò che
di bello possa esistere al mondo.”
La vita è una cosa
proprio strana, pensi, Draco Malfoy. Ti ritrovi quasi all’improvviso ad essere
abbastanza grande da poterti illudere di dire “ok, fate spazio, ora prendo in
mano il mio destino, e decido io”.
Di solito funziona
che a un certo punto, in qualche modo, ti innamori di una persona che per te ha
una sapore tutto speciale, no? Cominci a fantasticarci su, ed eccolo lì, all’orizzonte,
ti guarda e sorride, il Futuro. Pensi che da questo momento in poi non potranno
mai più esistere problemi, nella tua vita, perché adesso c’è lui. C’è lui nella
tua testa, lui, nelle tue illusioni di adolescente, e ci pensi, sorridi,
arrossisci, ti piacerebbe tanto. E riesci persino a vederti, se solo provi a
sforzarti un po’, a spingere una carrozzina per le vie della città. La vostra
carrozzina, la spingi con attenzione, per non svegliare il piccino che ci dorme
dentro.
Ma che cosa
succede, Draco Malfoy, se invece quella carrozzina te la buttano fra le mani a
forza? Se al posto di un bimbo la riempiono del loro egoismo, e di promesse
buone solo per il pasto di uno stormo di avvoltoi?
Cosa succede alla
tua vita, se ne perdi il controllo in un modo che non ti aspettavi, che mai ti
saresti sognato? Se lui se ne va chiudendosi alle spalle tutte le porte che si
erano aperte, fra voi?
Oh, naturalmente
dirai di no, che un figlio non lo vuoi più, che non si scherza, che adesso c’è
da ricostruire sulle macerie.
Ma se quel figlio
c’è già? Se è troppo tardi, Draco, se il figlio di un compromesso mai firmato
respira già l’aria vivace della primavera londinese?
A quel punto
succede una cosa strana, strana davvero. Succede che ti spezzi in due, e tu
rimani nel mezzo, ad ascoltare le ragioni delle tue nuove coscienze. La prima,
che si domanda, assieme a te, come possa esserci qualcosa di tanto piccino a
questo mondo. Assieme a lei, scorri con l’indice le falangine minuscole delle
sue mani, e le ossicina delle costole, e la linea indecisa delle sue labbra, e
tu ti rendi conto, scioccamente, che il poco sangue che quella creatura
possiede è per metà di lui. Arriva l’altra, quindi, quando sei un po’ troppo
vicino all’innamorarti di quel bambino, e comincia a strepitare che gli
somiglia troppo, troppo, troppo a lui, lui, lui, e ancora lui.
Quel lui che tu
avresti soltanto voluto provare, quel lui che era morto.
Morto?
Oppure eri tu, a
essere morto, Draco Malfoy? Eravate morti l’uno per l’altro, o eravate morti per
voi stessi?
Può il pianto di un
neonato di poche settimane trasformarsi nella tua personale tragedia? Può
l’ansia scuoterti le braccia ogni notte, tenendoti lì, sveglio, ad aspettare
che un’altra, inutile alba, se ne esca fuori da quello stramaledetto orizzonte
che, al diavolo, fino a poco tempo prima era stato diverso, era stato ampio ed
aperto, e tutto per te?
Hai scelto per quel
bambino un nome che per te non significa nulla, ma che per suo padre significa
moltissimo. Significa tutto ciò che ha perduto, e che adesso sta negando a suo
figlio.
Si dice che le
colpe dei genitori ricadano sempre sui figli, ed essere orfani non è stata una
sua colpa, ma per Dio, quanta rabbia deve avergli fatto, una rabbia tale da
trasformare un corpicino accovacciato in una culla nel bersaglio di tutta la
sua frustrazione, tanto che deve essergli venuta voglia di fargli ciò che
avevano fatto a lui.
Lui si era portato
via a suo figlio, come a lui era stato portato via suo padre, e tu lo odi, da
morire, per questo, perché sai che è una guerra inutile, perché lo hai provato
sulla tua pelle, che con un figlio non si può combattere. Perché non è giusto,
perché lui non ha capito, non ha capito niente.
Per questo Harry
non era con te, per questo aveva messo fra lui e voi tutta la distanza del
mondo.
Per questo tu non
trovavi pace, non riuscivi a sentirti a casa, in casa tua, e il divano ti
pizzicava, rendendosi insopportabile.
Lui è sempre lì,
nella sua culla, e appena ti affacci ti fa quell’incantesimo strano, quello che
riesce solamente a lui. Ti fa quel sorrisino che mostra i suoi due dentini
nuovi nuovi, e te lo dice, con i suoi occhi color dei tuoi, che tu sei tutto il
suo mondo. Sei il suo universo di braccia e gambe, e sei immenso come tutto il
cielo che lo circonda. Tu, proprio tu, tu con i capelli biondi e i sassi nel
cuore, tu che non vorresti andare avanti, tu che non sai che cosa pensare, che
cosa fare, come uscire di lì. Tu sei il suo papà, e per lui questo è
sufficiente, da te non vuole nient’altro.
Giorno dopo giorno,
gli angoli si smussano, dentro di te, e quella tua fantasia di abbandonarlo a
sé stesso, sull’ingresso del San Mungo, comincia a sembrare orribile anche a
te. Come potresti, davanti a tanta fiducia? Come farai, a giustificare il tuo
gesto a quegli occhioni grandi come bicchieri, che ti chiedono entusiasti “dove
mi porti di bello, papà?”
Decidi che la tua
vita ce l’hai ancora in mano, che la carrozzina del tuo bambino non è poi così
pesante, e che è solo questione di pratica, con i ciottoli fastidiosi che la
fanno sbandare.
Decidi che è meglio
farla in silenzio, quella cosa di aspettare il ritorno di suo padre, e intanto
di rimboccarsi le maniche, perché quel bambino, che diamine, ha bisogno di fare
il bagnetto, e di prendere una boccata d’aria. E di un bel frullato di zucca,
con un pizzico di zucchero.
E tu hai bisogno di
lui. E lascia stare, lui non è Harry, e finalmente questo comincia ad andarti
bene. I capelli neri di James sono la cosa più buffa che ti sia mai capitata
fra le dita, e persino quella smorfia che fa corrugando tutta la fronte e
imbronciandosi, ti fa sorridere. E capisci pian piano che è meraviglioso,
guardarlo scoprire il mondo, giorno dopo giorno. Gli hai concesso il battesimo
del tuo affetto, e la sua bocchina disegnata come la tua non ha più il sapore
della nostalgia di Harry, ma quello del tuo piccolo bambolotto.
Cominci ad
affibbiagli soprannomi stupidi, comincia a diventare il tuo topino, il tuo
marmocchietto, il tuo pasticcione, il tuo tatino. E ti accorgi che funziona,
contro i sensi di colpa, ti accorgi che quello è un modo come un altro per
sentirsi più padre, perché solo tu hai il diritto di chiamarlo in quel modo
idiota, e lui è tuo per diritto di sangue, e per diritto di occhi.
Diritti che poi ti
incastrano, inevitabilmente, perché nessuno indovina una paternità dal sangue.
Quello è sempre rosso, è sempre liquido, e allora amen, saremmo tutti fratelli,
a guardare quello.
Gli occhi, invece,
quelli ti fregano. E ti ha fregato il modo in cui James assomigli a suo padre
Harry in modo tenace ed orgoglioso. Ad Harry avresti anche potuto negare il
sangue, ma cosa gli avresti risposto, se solo ti avesse detto “ Non vedi che ha
i miei capelli? Non vedi che ha i miei tratti?”
Non lo vedi, Draco?
Oh, l’hai visto,
l’hai visto eccome. È stato bello quasi fin dall’inizio, leggere un po’ il
futuro di James nel taglio squadrato degli zigomi di Harry.
Ora guardi il tuo
uomo, addormentato sul divano. Non si è nemmeno tolto gli occhiali, che adesso
gli si sono storti sul naso, e che finiranno con il lasciargli un solco rosso
violaceo proprio sul setto, di cui si lamenterà per ore. E con lui, il vostro
bambino, che gli si è assopito in braccio, con la gambine piegate come un
ranocchio, e la camicia del suo papà stretta nel pugno. Guardi il pollice
infilato per metà nella sua bocca umida e socchiusa, appoggiata al petto di
Harry, e il filo sottile di saliva che ne esce, e che forma un puntolino scuro
proprio sotto il colletto della camicia di Harry. E sai già che quando Harry si
sveglierà ne riderà, in un modo rapito, come fa per qualsiasi cosa faccia suo
figlio. Ne riderà e si stringerà nelle spalle, perché non gliene importa una
accidente, di presentarsi al Ministero con la camicia macchiata dalla saliva
del suo figlioletto che gli si è addormentato sopra. Anzi, ne andrà persino
fiero.
“Visto? È stato mio
figlio, è ancora troppo piccolo per dormire con la bocca chiusa”.
Sorridi del tuo
spirito romantico che sbuca all’improvviso dal tuo orecchio destro, e ti si
appollaia sulla testa, strisci silenziosamente di là, e ne torni con una
macchina fotografica.
Se Harry farà il
bravo, Babbo Natale gli porterà qualcosa di molto speciale, quest’anno.
ANGOLINO!
Bene, adesso che
abbiamo ricominciato da questa parte, ne approfitto per alcune precisazioni.
Innanzitutto, le
shot non seguiranno un ordine cronologico, perciò, se dovessi pubblicare una
episodio riguardante Harry e James già insieme, non significa assolutamente che
abbia escluso richieste che riguardano il periodo precedente, non vi preoccupate!
Infine, visto che
abbiamo cominciato con una shot non richiesta, vi ricordo che quelle che invece
mi sono state richieste segnaleranno il nome/nick di chi mi ha fornito lo
spunto. Mi sembra il minimo, per ringraziarvi della partecipazione!
La pubblicazione
non seguirà alcun ordine di preferenza, in merito: non è che se pubblico prima
la shot richiesta da X, vuol dire che X è più bella degli altri. Il tutto
dipende solo ed esclusivamente dal tempo che ho a disposizione, e
dall’ispirazione. Finché non sarò più che soddisfatta della shot non la
pubblicherò, e, considerando che alcune richieste mi hanno davvero messa in
difficoltà (e quindi assolutamente spinta ad accettare la sfida, accidenti a
me, Grifondoro della miseria), alcune dovranno avere un po’ di pazienza!
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Capitolo 2 *** Le mani sul viso ***
DEDICHE:
DEDICHE:
Questa MM è
tutta per Black cat, per Fe e per Marty. Grazie ragazze, con tutto il
cuore!
“-
Professoressa…- fece poi Draco, vagamente intimidito. – senta, ci sarebbe una
cosa che vorrei chiederle. Un piccolo favore.-
-
se posso, signor Malfoy…-
Blaise
rivolse a Draco uno sguardo indagatore. Sguardo a cui Draco con un’occhiata che
significava semplicemente “non chiedermi perché lo sto facendo”.
E
Blaise non lo fece. Non gli chiese niente, ma stette ad ascoltare la richiesta
di Draco con un sorriso fraterno, e indulgente, e intenerito, e triste, un po’,
in fondo. Ma, ancora più in fondo, speranzoso. “
Cap.
9: “Hogwarts”
Draco inarcò un
sopraciglio, e piegò le labbra in una smorfia infastidita.
Pansy doveva essere
proprio uscita di senno, se credeva davvero alle assurdità pazzesche di quella
stupida rivista.
“Piccoli Maghetti”.
Ah sì? beh, a
scrivere “Piccoli Maghetti” doveva essere un branco di Grandi Idioti, stando
alla quantità folle di sciocchezze concentrate in quelle pagine. “Come crescere
il vostro piccolo con l’aiuto della tecnologia babbana”, ma siamo impazziti?
“Il succo di Alga
Polare e i suoi benefici” oh sì, glielo spiegano loro, a un bambino di quindici
mesi, che da oggi la sua adorata zucca frullata verrà soppiantata da una disgustosa
poltiglia salata, per il bene del suo midollo osseo? E a proposito, avrebbe
fatto bene a darsi una mossa, e portarlo di sotto. Era raro che James
accettasse di starsene buono a giocare nella sua cameretta, troppo raro. C’era
da scommettere che da un momento all’altro avrebbe cominciato a piagnucolare,
per poter scendere, e mettersi comodo sul tappeto a pasticciare le sue pappe
sul povero Bu Bum.
- Pa… pa… pa… -
Draco sollevò lo
sguardo sul piccolo, che aveva improvvisamente smesso di lanciare qua e là i
suoi pupazzi magici.
- Che cosa c’è? –
James sbatté le
ciglia scure. – Pa-pà Da-co. – parlottò, intrecciando maldestramente le dita
fra loro, il visino puntato da qualche parte verso l’alto.
Draco posò il
giornale con un sospiro. - Che cosa c’è, James? Che cosa guardi? – mormorò
pazientemente.
James si animò
improvvisamente, appena Draco lo ebbe sollevato, e con entrambi gli indici
delle manine prese ad indicare la parete davanti a sé. – Da-daaaa… pa-pà. -
Draco inarcò un
sopracciglio. – Cos’è che vuoi vedere, eh? – fece, sollevandolo fino al suo
petto.
Il piccino si
sporse con tutte le sue forze in avanti, allungandosi più che poteva, e posò le
manine sulla faccia di un ragazzo dai capelli neri, in sella ad una scopa, che
sorrideva allegramente.
- Eh? – fece James
piegando le labbra in una smorfia interrogativa. Il ragazzo della fotografia si
allontanò di scatto, tanto repentinamente da far trasalire Draco. Si mise a
volare come un ossesso, ovunque, mettendo in difficoltà James, che cercava di
stargli dietro, con gli occhietti sbarrati.
Il Boccino è lì,
Harry, proprio lì. Ecco, l’hai preso, visto? Una volta ancora.
- Vuoi sapere chi è
lui? – sussurrò.
James si voltò
verso il poster, poi verso Draco, e di nuovo verso il poster. E vi mise ancora
le mani sopra, premendole forte contro il volto di Harry, e il suo petto. – Eh?
Eh? -
- James... – Draco
fece un respiro profondo. – Vedi, piccolo, lui è… è… -
No, non ce la
faceva. Non trovava la forza di dirglielo. Di dirlo, di sputarlo fuori dalla
bocca. E poco importava se James probabilmente non avrebbe capito, se se ne
sarebbe dimenticato un momento dopo. Draco non ce la faceva, a riempire le
orecchie del suo bambino con il nome del suo fallimento.
- Lui è… -
Ma non poteva
nemmeno mentirgli. Non si poteva mentire, ad un bimbo che somigliava così tanto
a suo padre.
- Lui è il tuo
papà, James. Papà Harry. -
James fece una
smorfia confusa. - Pa-pà… Da-co. -
- No, no. Vedi… -
Draco prese una mano del figlio, e se la portò al petto. – Io sono papà Draco.
E lui… - aggiunse, spostando il piccolo verso il quadro, e facendogli posare
una mano su Harry. - … E’ papà Harry. Capisci? Anche lui è tuo papà, come me. -
- Oh. – James
rimase con le ditina appoggiate sulla superficie liscia del quadro. – Pa-pà… pa-pà…
-
- Papà
Harry. -
- Pa-pà…
De... De-dy. -
- Sì. – Draco
trattenne un singhiozzo. – Lui è papà Harry. E io sono…? -
- Pa-pà Da-co. –
disse il piccolino, con più sicurezza.
Sembrava tutto
concentrato sulla novità. Continuava a fissare Harry, attentissimo, e ogni
volta che lo vedeva muoversi, aggrottava le sopracciglia. Draco si chiese
disperatamente se ci fosse qualche possibilità che James avesse davvero capito.
E se questo fosse bello, e giusto, o se fosse solo maledettamente orribile.
James drizzò la
testolina di scatto, e si sporse con forza verso il quadro di fianco, il più
grande. Draco lo assecondò, avanzando di un passo, e chiuse gli occhi davanti
al grande primo piano del volto scanzonato di Harry, che rideva e faceva facce
stupide. Aveva voluto quella foto più grande delle altre, perché voleva che
Harry fosse soprattutto questo, per suo figlio: un ragazzo allegro, un papà
buffo e dolce, e si sentiva stupido, in quel momento, per non avere la forza di
fronteggiare proprio quell’Harry. L’Harry più umano, l’Harry migliore, l’Harry
che lui, se avesse potuto, avrebbe scelto per James.
- Ah! –
Draco socchiuse un
occhio, appena sentì James agitarsi.
Il piccolino si
teneva aggrappato alla manica della usa maglia con una manina, e con l’altra indicava
Harry. E all’ennesima boccaccia, semplicemente, lo fece.
Scoppiò in una
ristata entusiasta, e prese ad agitare le gambine, gridando chissà cosa, nella
lingua che soltanto lui capiva. Harry continuava a esibirsi con le sue smorfie,
e James sghignazzava a più non posso. Era un bambino felice, e rideva perché il
suo papà lo faceva ridere, perché faceva tante facce buffe. Il suo papà di
carta.
- Pa-pà… Ne… Ne… -
- Harry, tesoro.
Papà si chiama Harry. – lo aiutò Draco.
- De-dy. -
- Sì. – Draco gli
accarezzò la testolina, ed alzò lo sguardo sul poster, uno dei tanti, che
ritraeva Harry Potter. Il più bello di tutti, quello che aveva fatto ridere il
suo bambino.
- Andiamo giù un
momento, ora, eh? Papà deve fare una cosa. -
James si
raggomitolò sul divano dove il suo papà lo aveva lasciato, e lo stette ad
osservare rapito, mentre si chinava sul camino, issandosi sulle braccine per
poterlo seguire con gli occhi.
- Pansy, puoi
venire un momento? -
Stava chiamando la
zia. Però non lo aveva fatto come lo faceva sempre. Papà aveva una voce molto
triste, e piangeva, persino. James vide i suoi occhi grandi e belli rigati
dalle lacrime, e gli venne voglia di piangere forte, anche lui. Non voleva che
papà piangesse, forse aveva male da qualche parte, forse chiamava la zia perché
si sentiva tanto triste. Forse il papà dentro il quadro gli aveva fatto la bua.
- Draco, sono qui.
-
La zia era
arrivata. E papà l’aveva abbracciata forte. James lo sapeva, che papà voleva
molto bene alla zia, ma in quel momento non la stava abbracciando perché le
voleva bene. Piangeva tanto, papà Draco. E James fu sicuro di sentirgli
ripetere molte volte il nome del papà del quadro, papà Harry. Lo ripeteva e
piangeva, papà Draco.
- Hai bisogno di
una pausa, Draco. – mormorò Pansy. – Forza, ora chiamiamo Blaise, che badi un
po’ a James, e noi due ce ne andiamo di là e ci beviamo un bel tè, va bene? Un
bel tè caldo, e vedrai che ti sentirai molto meglio.
- E’ dappertutto,
Pansy! – Draco quasi lo gridò, fra i singhiozzi. – E’ dappertutto, nella mia
vita. –
- Non pensare a
lui, Draco. Non ci pensare. –
James abbracciò
forte il cuscino del divano. Avrebbe tanto voluto avere Bu Bum lì con lui.
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Capitolo 3 *** Incidenti ***
L’incidente
Clang!
Harry balzò su
precipitosamente dalla poltrona, appena in tempo per vedersi il figlioletto
corrergli incontro dalla cucina, in lacrime.
- Che succede,
James? – si preoccupò, chinandosi a prenderlo in braccio. – Ti sei fatto male?
È caduto qualcosa? –
- Naaaaaaa, papà!!!
Gutto, Gutto fatto bua, bua! –
Harry passò delicatamente
una mano sulla testa di James, e gli studiò il faccino rossissimo, per
assicurarsi che non si fosse fatto nulla, ma nonostante sembrasse tutto a
posto, il piccolo non faceva che strilare.
- Andiamo a vedere,
eh? – fece, rassicurante, superando la porta della cucina ad ampie falcate.
- Harry che è
successo? – gridò Draco dal piano di sopra, allarmato.
- Vieni giù! – gli
rispose lui, mentre James si divincolava come un ossesso per farsi mettere a
terra.
- Gutto… - pigolò
disperato, acquattandosi in un angolino.
Harry individuò
alcuni mestoli di metallo, alcune pinze ed il coperchio di una pentola sparsi a
terra un po’ ovunque, fino al tavolo. E vicino a James, il povero Augusto che
squittiva rannicchiato.
- Che cos’è
successo qui, piccolo? – domandò dolcemente a James.
- Butto, butto! –
gridò James, indicando un mestolo. – Ha fatto bua a Gutto! Butto, butto!-
- James… - mormorò
Harry, serio. – Non si gioca con i mestoli, è pericoloso. –
- Non ci stava
giocando. –
Draco entrò a tutta
velocità in cucina, ed esaminò la situazione con occhio critico ed allenato.
- Lo vedi? – disse
accennando alla credenza. – Sono troppo in alto, non poteva prenderli da solo.
-
- Uhm. – Harry
annuì, e si inginocchiò. – James, si sono messi a volare? – domandò con tono
più conciliante. – I mestoli, e le pentole… volavano in giro, tesoro? -
- Ti! – rispose
James, accorato. – Tutto, tutto vola! Tanta bua a Gutto! -
Draco si chinò di
fianco alla povera bestiola, che guaiva tenendo la coda tutta irta. Sembrava
incapace di rimettersi in piedi, e una delle zampe posteriori era tesa verso
l’esterno.
- Ti sei rotto la
zampetta, eh? – osservò, scoccando un’occhiata al mestolo che James si ostinava
ad incriminare.
- Gutto… tanta bua,
Gutto - piagnucolò James, affranto.
Harry gli offrì una
mano, e lo prese in braccio. – Coraggio, campione, non ti preoccupare. – gli
disse. – Adesso portiamo Augusto dal dottore, vuoi? Vedrai che guarirà in un
lampo. -
- Lo metto io nel
cestino. Tu vesti James. – lo assecondò Draco, alzandosi e mettendosi a
trafficare in una delle tante credenze chiuse della cucina.
- C’è un
veterinario proprio in fondo alla via, mi pare. -
- Un veterinario? –
Draco riemerse con il cestino di Augusto in mano, ed uno sguardo schifato. –
Perché, vorresti portare quella povera bestia da un Babbano? -
- Oh, andiamo, per
una fasciatura alla zampa… -
- Nonononono, e poi
no. Si va a Diagon Alley. -
- Ma Draco… -
Draco lo fulminò. –
Ho comprato quel cosetto a Diagon Alley, e lo farò curare a Diagon Alley. Tsk,
Babbani. Te li do io i Babbani. –
Harry cercò di
trattenere una mezza risata. Dopo mesi, Draco non riusciva ancora a far pace
con sé stesso, e a pronunciare la parola furetto. Harry dubitava seriamente,
peraltro, che ci sarebbe mai riuscito. Con ogni probabilità, Augusto sarebbe
per sempre rimasto un “coso”, un “aggeggio”, un “affarino”.
Diagon Alley
distava una decina di minuti dalla casa di Draco, e visto che non era prudente
usare la Metropolvere con una bestiola ferita al seguito, Harry, Draco e James
si misero in cammino verso il Paiolo Magico.
Draco reggeva il
cestino di Augusto, cercando di non strattonarlo, mentre Harry teneva in
braccio James, che continuava a piagnucolare, inconsolabile, aggrappato al suo
collo.
- Shhh, tesoro… -
sospirò per l’ennesima volta. – Non ti devi preoccupare, Augusto guarirà in un
baleno. –
- Nooo! Gutto
piange, piange! –
- Piange perché gli
fa male la zampetta. Ma non è che se piangi anche tu lui si senta meglio, sai? –
- Nnnnno! – James
tirò su con il naso, e si chiuse in un mugolio dolente e risentito. Ed Harry
pregò solo che a Diagon Alley facessero in fretta, maledettamente in fretta.
Arrivati al negozio
di animali, Draco posò con delicatezza il cestino sul bancone, e riassunse
brevemente l’accaduto alla stessa rubiconda commessa che glielo aveva venduto.
- Mi ricordo di te,
caro! – esclamò lei, con un sorrisone, ma James non la considerò nemmeno un po’.
- Si è spaventato.
– spiegò Harry, facendosi dondolare il figlio sul braccio.
- Oh, povero
piccino, non ti devi preoccupare. –
Draco la osservò
con un po’ di apprensione, mentre estraeva con cautela il furetto dal cestino.
- Uhm… si è
fratturato la zampa. – sentenziò, pensierosa.
- C’è modo di
rimediare, vero? – insinuò Draco, teso.
La signora gli
rivolse uno sguardo a metà fra il sorpreso e il divertito. – Mio caro
giovanotto, se esiste un rimedio per noi uomini, esiste anche per gli animali!
– esclamò, sparendo nel retrobottega con una risatina giuliva.
Draco arricciò il
naso, un po’ offeso, ma decise che comunque non valeva la pena ribattere.
Stranamente non aveva voglia di far presente a quella grezzotta qualunque che
lui era Draco Malfoy, niente di meno che. E poi non vedeva sinceramente l’ora
che quella bestiola smettesse di guaire in modo così doloroso, con James che
gli faceva eco, in braccio ad Harry.
La donna tornò
pochi istanti dopo con un flaconcino color violaceo in mano.
- Ecco qui. –
proclamò, soddisfatta, versandone con attenzione tre gocce su un croccantino.
- Glielo offra,
dobbiamo farglielo mangiare. – spiegò a Draco con disinvoltura.
- Ehm… veramente è
Harry che gli dà da mangiare, di solito. – balbettò Draco, rivolgendo
un’occhiata terrificata al biscottino.
- Harry non è
disponibile, al momento. – borbottò lui prontamente, in risposta, mentre
cercava di tener fermo James, scoppiato di nuovo in una crisi di pianto.
Draco sospirò,
sconfitto. – Ok. – fece, misuratamente. – Suppongo che non possa essere poi
così complicato. Ahm, affarino? Lo vuoi un biscotto? –
Esitante, afferrò
il croccantino, e lo mise sotto al naso alla bestiola senza tropi complimenti.
Augusto lo annusò, diffidente. Prese a mordicchiarne i bordi, indeciso se
farselo piacere o meno, con Draco che lo osservava ansiosamente.
Draco aspettò che
il furetto arrivasse a metà del biscotto, poi lo lasciò andare, appena avvertì
la sua linguetta umida su un dito.
- Ben fatto! – fece
la commessa, con un gran sorriso.
Augusto ingoiò
l’ultimo pezzetto di croccantino, e quasi immediatamente fu scosso da una
specie di brivido, che gli attraversò la zampetta ferita, facendolo squittire.
Diede una scossa alla coda, e tentò prudentemente di appoggiare la zampa sul
bancone. Sembrò saggiarne la tenuta con un paio di passetti, ed infine prese a
zampettare qua e là, soddisfatto.
- Visto? – fece
Harry, immensamente sollevato. – Augusto è guarito, che ti dicevo? Adesso basta
piangere, eh? -
James tirò su con
il naso, e si lasciò posare sul bancone.
- E’ il tuo furetto,
vero piccolino? – fece la commessa, affettuosamente.
- Gutto. – rispose
James, annuendo. – Vieni! Vieni, Gutto, vieni!-
Augusto si sollevò
sulle zampette posteriori, e squadrò James. Immediatamente trotterellò verso di
lui, gli annusò tutta la faccia, e strofinò la testolina sulla manica del suo
mantellino.
- Oddio, fine
dell’incubo. – sospirò Harry. – Un’altra crisi di pianto, e credo che mi sarei
messo a piangere anch’io. –
Per festeggiare la
guarigione di Augusto, Draco propose una tappa da Fortebraccio. Non fu facile
convincere James che non era davvero il caso di comprare un gelato anche al suo
furetto, ma alla fine si giunse ad un compromesso ragionevole: ad Augusto fu
permesso di leccare un paio di cucchiaiate di gelato alla vaniglia e al cioccolato,
e James festeggiò la sua conquista con un trillo esaltato.
- Papà… - sussurrò
James all’orecchio di Harry.
Sulla strada del
ritorno, aveva voluto restare in braccio al padre, anche se ogni tanto si
sollevava per controllare la cesta di Augusto. Doveva aver consumato un sacco
di energie piangendo per tutto il pomeriggio, vista sua la vocina affaticata.
- Gutto è abiato
con me? -
- Ma non che non è
arrabbiato con te. -
- Ma… -
- Tesoro… - Harry
gli accarezzò la testa. – Non lo hai fatto apposta, a far volare quelle cose,
in cucina. Non devi sentirti in colpa, nessuno è arrabbiato con te. -
- Io non volevo fae
la bua a Gutto. È tato il cucchiaio cattivo. -
- Lo so, tesoro, lo
so. Quando torniamo a casa facciamo così, eh? Diamo insieme le pappe ad
Augusto, e vedrai come sarà contento. -
- Ma non c’è più,
la bua?-
- No, non c’è più
la bua. –
- Oh. – James
rimuginò un po’ fra sé.
Harry sbuffò un
mezzo sorriso, quando lo sentì appoggiare il faccino sulla sua spalla, e
cantilenare “più, più bua, più bua”.
A casa, James
impugnò la ciotolina di Augusto con una certa solennità, se la fece riempire di
bocconcini da Harry, e se la strinse al petto. Cominciò a scavare con le ditina
fra i bocconi, scelse quello che doveva sembragli il più grande, o il più
bello, e lo offrì al furetto.
- Cusa, Gutto. –
mormorò, con il labbro inferiore teso.
Augusto lo squadrò,
inclinando la testolina. Si tese verso il boccone e lo mordicchiò tutto, fino
alle dita di James. Poi prese a leccargli le dita impiastricciate, e James gli
accarezzò la schiena, fino alla coda arruffata. Finalmente si decise a posare a
terra il resto della ciotola, per la gioia della bestiola, che vi si fiondò
sopra, affondando il muso nella salsa.
- Non voglio che si
senta in colpa. – mormorò Draco. – Non lo ha fatto apposta, mi dispiace che si
sia spaventato tanto. -
- Gli passerà . –
lo rassicurò Harry. – Credimi, io ho passato una vita a sentirmi in colpa per
qualsiasi cosa, e alla fine non ne vale la pena. Lascia che gli passi, vedrai
che già domani si sentirà meglio. –
- Lo spero per lui.
– Draco rifilò un’occhiatina supponente a Harry. – Certo che se noi… - cominciò
a dire, con tono casuale.
- “Certo che” cosa?
–
- No, era così per
dire. Che magari tutto questo casino si sarebbe potuto evitare… per esempio… Se
gli avessimo comprato un gatto. -
- …DRACO?!?!? –
|
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Capitolo 4 *** Midnight confessions ***
DEDICHE: questa MM scritta interamente con la mano sinistra, visto che
la destra era impegnata a fare la spola fra la mia bocc
DEDICHE: questa MM
scritta interamente con la mano sinistra, visto che la destra era impegnata a
fare la spola fra la mia bocca e la scatola dei Chocos, è stata richiesta da
Gosa, da Martina e da Fé (wow, che successo! ^^) e quindi è a loro interamente
dedicata! Grazie di tutto cuore ragazze, per esserci sempre semprissimo!
“- E’ che pensavo…- continuò Harry, sforzandosi in modo
evidente di mantenere un tono colloquiale. – Che io vengo spesso qui, e non è
che mi dispiaccia. Ma voi due siete venuti solo un paio volte, da me, per poche
ore, e a me farebbe piacere che James restasse di più a casa mia. Non ci metto
nulla, ad arredargli una cameretta, e naturalmente puoi venire anche tu, è
chiaro. Così, insomma, magari si ferma anche la notte… non è un problema, per
me, anzi…-“
Fathers,
cap 18: “Passo dopo passo”
No, non fu un
problema.
Arredargli la
cameretta, procurarsi uno scalda biberon, dei pannolini, le sue pappe, e tutte
le altre cose che gli servivano, non fu affatto un problema. Draco aveva incantato
una borsa enorme con tutto l’occorrente perché James passasse una notte
tranquilla, gli aveva vergato di suo pugno un decalogo del perfetto padre su
pergamena, e gli aveva spiegato e rispiegato mille volte cosa dovesse fare e
non fare, cosa dovesse dire, quando dovesse sorridere per farlo dormire. Corso
accelerato su come preparare il latte prima della nanna, su come allacciargli
il pigiama e pannolino, ed Harry era pronto, preparato, addestrato.
I problemi furono
ben altri.
- Ti piace,
piccolo? -
James non
rispose. Si guardava attorno
con aria terribilmente insicura, ed Harry si sentì a disagio. Aveva avuto solo
due giorni per preparare la camera per James, ma era più che certo di aver
fatto un buon lavoro. Aveva scelto la stanza di fianco alla sua per averlo
vicino, aveva comprato un lettino con la rete di protezione, aveva sostituito
tutte le luci con delle candele, perché fossero più tenui, e aveva
ritinteggiato la stanza di un bel colore celeste. Il tutto, con la preziosa
consulenza di Hermione.
Draco gli aveva
spiegato dell’attaccamento di James per il suo pupazzo Bu Bum, ed Harry si era
accertato di averlo preso prima di uscire. Ricordava bene l’espressione strana
e malinconica con cui Draco aveva fissato gli occhietti neri del cervo di peluches,
prima di consegnarglielo e salutare il piccolo. Si era sentito quasi in colpa,
come se gli stesse portando via James a forza, e aveva cercato di quantificare
almeno per impressione quanto separarsi da James fosse difficile per Draco, e
di conseguenza quanto grande fosse il gesto di fiducia verso di lui.
Ma il lettino, le
luci, i quadri allegri ed animati, e persino Bu Bum, sembravano inutili. James,
aggrappato alla sua spalla, continuava a guardarsi attorno con espressione
smarrita.
- Tu dormirai qui.
– riprovò Harry. – Va bene ? -
- Papà Daco? -
- Papà Draco non
c’è stasera, James. Lo rivedrai domani, d’accordo? –
James si voltò
verso di lui lentamente. – Papà Daco? – bisbigliò in un pigolio appena udibile.
- Tesoro… -
James si portò le
manine alla faccia, stringendole forte sulle guance. – …Papà Daco? –
insistette, minacciando di scoppiare da un momento all’altro.
Harry fu colto da
un senso di panico che assomigliava lontanamente a quello che aveva provato
durante la guerra. In quel momento, era come se il pianto di suo figlio potesse
rappresentare una sconfitta, una battaglia finita in tragedia, la perdita di
amici, un dolore insopportabile. E lui, poverino, continuava a guardare in giro
da tutte le parti, continuava a cercare Draco dietro le porte, dentro gli
specchi, ovunque, disperatamente.
- No, no, angelo. –
cercò di calmarlo, massaggiandogli la schiena. – Ascoltami, ascolta papà:
questa notte fai la nanna qui, perché papà Draco non c’è. Ma domani torniamo da
lui, sai? -
- Papà!!! -
- James, su… -
Harry cercò di abbracciarlo, ma lo sentì divincolarsi con forza.
E ne fu ferito,
tremendamente ferito.
- Cucciolo mio. –
gli disse, accarezzandogli la testolina e portandolo fuori dalla cameretta che
sembrava odiare tanto. – Ascolta, vuoi che giochiamo un po’ insieme? -
James tirò su con
il naso. – Gioco. – borbottò, con la vocina arrochita.
- Sì. Giochiamo con
Bu Bum, e con gli altri giochi, vuoi? -
- Bu Bum ,ti. -
- Va bene. – Harry
sospirò, e lo portò in salotto.
Se non altro,
sarebbe riuscito a farlo crollare dal sonno, facendolo giocare. E se non altro,
sarebbe riuscito a farlo ridere.
*
- Cosa c’è, è
stanco, Bu Bum? -
Harry sorrise,
quando James perse la presa sul suo pupazzo, e sbadigliò forte.
- Vuoi che andiamo
a fare la nanna, adesso? -
James si strofinò
gli occhietti rossi di stanchezza. – Ti. – biascicò svogliatamente.
Harry lo sollevò, e
gli lasciò affondare la testina sulla spalla. – Forza. Prendiamo anche Bu Bum,
eh? Così fa la nanna con te. –
- Bu Bum tanta
nanna. -
Tanta nanna un bel
niente, invece.
Harry non fece in
tempo a disfare le coperte del proprio letto, e a stendersi, che James cominciò
a disperarsi.
Harry scattò subito
in piedi, teso fino allo spasmo, e si precipitò nella sua stanzetta.
Per un momento fu
sfiorato dal dubbio di come avesse fatto Draco a gestire notti e notti di
pianti disperati, ammesso che con lui James piangesse. Se ogni volta
significava saltare su dal letto con il cuore in gola, non poteva nemmeno
immaginare quanta forza fosse servita per resistere così.
- Tesoro, cosa c’è?
– disse, sollevandolo dal lettino.
- Papà Daco! –
piagnucolò il piccolo.
Harry diede un
gemito sconfitto. – Papà Draco non c’è, tesoro, mi dispiace. -
- Naaaa, Papà Daco!
-
- Mi dispiace
moltissimo, James. -
Una parte di Harry
avrebbe voluto chiamare Draco. Ma un’altra non osava, e un’altra ancora lo
temeva.
Lettino, poster
colorati, giocattoli, Harry aveva previsto tutto quanto, ma non che un bambino
di ventidue mesi non riuscisse a dormire, senza la persona che lo aveva
cresciuto. Senza il suo papà Draco, che stava vincendo, che lo faceva sentire
un estraneo, una volta ancora, senza nemmeno aver bisogno di esserci.
James giocava con
lui, si lasciava coccolare e accarezzare, ma dormire, quella era una cosa
seria, quella era una cosa per cui era indispensabile che ci fosse papà Draco,
il papà quello vero.
- Angelo mio, dimmi
cosa posso fare per te. – mormorò Harry, asciugando con un dito le lacrimone
sulle guance di James.
Se lo avesse
chiamato, Draco sarebbe venuto a prenderselo, e lo avrebbe riportato a casa.
Nessuna speranza di trattenere nessuno dei due, Draco soprattutto. Ma Harry
aveva bisogno di quella notte, aveva bisogno di avere il suo bambino con sé, di
non sentirsi più così orrendamente solo, di non ascoltare il silenzio della
casa di un uomo che aveva sconfitto tutto, e non aveva vinto niente. E Draco,
lui non sarebbe mai restato, non avrebbe mai accettato l’invito di Harry a
dormire nel suo letto, mentre lui se ne andava sul divano. Non gli avrebbe mai
concesso di passare una notte tutti e tre insieme, in tre stanze diverse, sì,
ma nella stessa casa, almeno nella stessa casa. La sua.
- Papà!!! -
- Amore… Amore,
senti, lo vuoi un po’ di latte? Eh? Facciamo il latte? -
James lo squadrò
sbattendo forte le ciglia. - Gno. – borbottò, calmandosi all’improvviso. Harry
lo vide ciondolare per il sonno. Erano le undici, James doveva essere
completamente esausto.
- Ascolta. – disse,
adagiandolo di nuovo nel lettino. – Adesso chiudi gli occhi e dormi, va bene?
Domani mattina andiamo subito da papà Draco. -
- Papà Daco. –
pigolò James.
Harry gli sorrise,
e spense la luce.
Si rimise a letto,
e chiuse gli occhi con una fastidiosa consapevolezza in più. Veder piangere
James gli ricordava Draco, e lui non sopportava di veder piangere gli occhi di
Draco, né in lui, né nel loro bambino.
*
Draco entrò nella
stanzette di James in punta di piedi, dandosi dello scemo da solo per l’inutile
precauzione. Il letto era vuoto, e i suoi giochi tutti in bell’ordine, tranne
Bu Bum, al seguito del suo padroncino, che aveva lasciato uno spazio vuoto al
centro del gruppetto di pupazzi.
Draco sorrise
mestamente. Si sentiva solo, senza il suo piccoletto, senza nessuno da salutare
prima di andare a dormire. Pensò per qualche momento al fatto che, senza di
James, a quell’ora sarebbe stato solo per davvero, al Manor, senza nessuno per
casa a parte gli elfi domestici. E chissà, molto probabilmente non si sarebbe
mai reso conto di essere solo, non avrebbe mai capito che cosa si stava
perdendo, che cosa c’era per lui, lì, a portata di mano.
- E così, stasera
ce l’hai tu. – mormorò.
Harry gli scoccò
un’occhiata perplessa, sospeso sulla sua scopa, poi lo lasciò perdere, per
lanciarsi all’inseguimento del boccino.
Draco alzò gli occhi
al soffitto, e lasciò perdere quell’Harry esagitato ed irrequieto.
- Ti stai
divertendo, con tuo figlio? – domandò all’Harry delle boccacce.
Che gli rispose con
un ghigno criminale e una lingua lunga.
- Già, scommetto di
sì. – sospirò Draco.
Era brutto sentirsi
soli, anche solo per una notte. Era fastidioso e imbarazzante.
- Sai, io… -
soffiò, tendendo rapidamente una mano verso il quadro, verso il volto di Harry.
Harry sbatté le palpebre, e cacciò fuori un sorriso enorme. Draco rispose con
un sorriso riluttante e strano, e si azzardò ad appoggiare la sua guancia sul
ritratto. Percepiva la fotografia muoversi, vedeva l’ombra della faccia di
Harry che si spostava ed aleggiava avanti e indietro. Come un presenza
rassicurante e serena. E adulta, in un mondo di giocattoli.
- … Niente. Buona
notte, Harry. –
*
- AAAAHHH!!! -
Harry gemette per
lo spavento, e poi per la sensazione di totale sconfitta. Cercò con gli occhi
un orologio, e scoprì che erano passati solo venti minuti, venti miseri minuti,
e James aveva ricominciato a piangere.
- Gnoooo! Papà
Daco! -
- Tesoro, no, non
fare così. -
Harry non sapeva
cosa fare. Più di prenderlo in braccio, coccolarlo un po’, e cercare di
rassicurarlo, altro non riusciva a pensare. I suoi tentativi di calmarlo si
schiantavano contro il solido muro di un bambino che sente che il suo papà non
c’è, e dei motivi se ne frega, perché lui non la fa la nanna, senza Draco. Se
solo lui fosse stato più uomo, e più padre, forse James avrebbe chiamato il
suo, di nome, e non quello di Draco, e quella specie di gelosia malinconica e
impotente non sarebbe mai esistita.
Cercò
di farlo sdraiare, ma il piccolo non lasciava la presa sulla manica della sua
maglietta, divincolandosi ferocemente, come se il lettino avesse voluto divorarlo.
Harry
espirò tutta l’aria che aveva nei polmoni, e si rassegnò a tornarsene in
camera, con il figlioletto aggrappato alla spalla.
Spinse
via le coperte e si mise sdraiato, facendo scivolare James al suo fianco.
-
James, io non so cos’altro fare. – disse mestamente, percorrendogli il bordo
dell’orecchio con un dito. – Mi dispiace, piccolino, mi dispiace tanto. Vorrei
che Draco fosse qui almeno quanto lo vuoi tu. -
James
si era tranquillizzato, con lui. Scrutava il suo papà, le sue mani grandi, e il
suo corpo enorme, come quello di un gigante, con la bocca socchiusa e le
sopracciglia aggrottate.
- Tu mi
sei piaciuto subito, lo sai? – mormorò Harry. – Mi sei piaciuto da sempre, mi
piacevi già ancora prima di vederti. E mi fa male sapere che io non piaccio a
te. Ma non hai torto a fare così, probabilmente mi sono comportato da egoista
pretendendo di portarti via da Draco per una notte. –
James
gli regalò uno sguardo enorme e attento. Harry lo intravide, con gli occhi
socchiusi, e sorrise accarezzandogli la testolina scompigliata.
-
Chissà cosa pensi di me, eh, James? Probabilmente che sono il peggior padre del
mondo. Me lo merito, lo so, e credimi, se tenermi sveglio una notte intera è
l’unica arma che hai per vendicarti di me, ti posso assicurare che sta
funzionando alla grande. Non credevo che sentirti piangere mi avrebbe fatto
tanto male, davvero. Mi dispiace immensamente di non sapere come fare per farti
contento, campione. -
James
sbadigliò, arricciando tutto il visino, ed Harry gli accarezzò lo stomaco.
Aveva un sonno tremendo anche lui, ma se doveva passarsi la nottata sveglio per
James, lo avrebbe fatto senza fiatare.
- Sai,
mi rendo conto di sapere davvero poche cose, di te, anche se mi sembra di
conoscerti da sempre. Tu sei il bambino più bello e più buono del mondo, anche
se piangi, non ha importanza, perché devi averne passate tante. Dio, mi sono
sempre chiesto se ti sei mai reso conto, piccolo come sei, che ti mancava un
padre, che stavi crescendo senza di me. E da una parte il mio egoismo spera di
sì, dall’altra invece mi auguro di no, perché altrimenti non saprei come
riuscire a farmi perdonare da te, per averti lasciato solo, e no, non farmi
dire che ti ho abbandonato. Non ti ho abbandonato, James, te lo giuro.
Abbandonare è una cosa atroce, ma io volevo soltanto proteggerti, volevo essere
sicuro che non accadesse niente a te e a Draco. Puoi credermi, James? Ti prego,
dimmi di sì, perché ho già sofferto abbastanza, mi sono sentito già abbastanza
sporco e vigliacco, e adesso vorrei soltanto cercare di ricostruire qualcosa
con te. È anche per questo che stanotte sei qui con me, lo capisci? Io vorrei
che tu riuscissi ad abituarti a me, e che sentissi questa casa come tua,
proprio come quella di Draco. Sei un bambino intelligente, James, probabilmente
capisci molte più cose di quanto io creda. E questo mi fa un po’ paura. Draco
ha fatto di te un ometto davvero fantastico. Ed è bello vedere quanto tu lo
adori, sai? Dico davvero, tu a Draco fai certi occhioni innamorati che nemmeno
lo spasimante più tenace riuscirebbe ad imitare. E Draco ama te, e io mi sento
stupidamente in più, nel vostro rapporto. Ho come l’impressione che entrambi
siate troppo meravigliosi per me. A volte mi chiedo se Draco abbia avuto una
compagna, in questi anni, o un compagno, non lo so, non so nemmeno se avrei una
qualche speranza con lui, o se semplicemente non sarei il suo genere. E sarà
meglio che io stia zitto. Non è che poi tu vai a fare la spia, vero piccoletto?
-
Harry si zittì. E nel silenzio, percepì un
ronzio regolare e tenue.
James
si era addormentato.
ANGOLINO!!!
Oh,
approfittando di trenta secondi di tregua, rispondo in via ufficiale ad una
domanda che mi è capitato di ricevere spesso per mail: perché hai diminuito la
frequenza degli aggiornamenti?
Cara Stat, perché
non vai a nasconderti?
… Ahm, no, scusate,
non questa… dunque… ok, eccola qui.
Cara Stat, perché
hai diminuito la frequenza degli aggiornamenti? E perché non scrivi altro oltre
Virgin?
Allora, i motivi
sono essenzialmente questi: studio in una città diversa da dove vivo, e non ho
la connessione disponibile. Quindi il mio accesso al pc consta nel solo week
end, e se aggiungiamo il fatto che ogni tanto gradirei anche uscire di casa, i
conti tornano!
Inoltre c’è una
questione più legata a mie personali esigenze di rivedere i testi,
ricontrollarli, a volte (spesso) modificarli. Insomma, finché non sono in luna
buona non c’è verso di pubblicare.
Ultimo ma non
ultimo, so che probabilmente voi non ve ne sarete accorti, e che altrettanto
probabilmente non ve ne fregherà un accidente, ma ho cominciato una fic su
Naruto, quindi, a conti fatti, calcolando che Virgin e questa Elements
pretendono un aggiornamento costante, e che poi ci sono Ho un problema, le MM e
tutte le shot, più tutte le long di entrambi i fandom a cui sto già lavorando
per il futuro (perché sì, ci sono, e sono maledettamente troppe?!?!), potete
farvi una mezza idea del perché arranchi, o del perché non riesca quasi mai a
fare un ringraziamento decente!
Spero di aver
risposto ai vostri dubbi, e di consolarvi un po’ al pensiero che se il cielo
vuole l’uni finirà presto, e allora avrò un po’ di tempo in più.
Intanto grazie di
cuore ai recensori dell’ultimo cap, vecchi e nuovi!
Lunoy,
Briciola88(annotato!), Dark011, Lasagne80, Chase, Chiara, ChrisSunrise, Tiny,
Chakra (hey, cos’è quest’adunata generale dietro un solo nick! XDDD. E per la
cronaca, sono in pieno con Saso, Daniel deve crepare nella maniera più orrida
possibile), fiamma90, Leporinel, Evanescence, Lake, Tuta e Little Star(tranquilla,
aggiorno prestissimo, anche per quello che riguarda… hem hem…)!
|
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Capitolo 5 *** L'arma ***
Sentimenti di Harry verso James e Draco durante la guerra (con arrivo
del biglietto e Ron e Hermione) Fè e Martina, Dsun, Kaos, fiammat90
NOTA:
Premetto che sulla questione Ron/Hermione c’è stata un po’ di confusione: come
è ovvio che sia, Harry si trova più di una volta a parlare con i suoi amici, di
James, sia durante la guerra che dopo, e siccome le vostre richieste sono state
molte, ho deciso di suddividere la faccenda in due grossi blocchi, per non
rischiare di scrivere sei o sette MM di contenuto praticamente identico: il
primo è questo, e sarà rappresentativo del rapporto di Harry con Hermione e Ron
da un lato, e con James e Draco dall’altra, di tutto il periodo della guerra;
un altro, più avanti, tratterà delle difficoltà di avvicinamento di Harry dopo
la guerra, e del supporto di Hermione e Ron. Ora, io ho già suddiviso le
richieste, con lo schemino dei nomi, spero sinceramente di aver compreso bene.
Nel caso non vedeste il vostro nome qui, e magari lo vedeste comparire nella
prossima, quella post guerra, portate pazienza, probabilmente ho frainteso io!
Detto
questo, passo a ringraziare Dsun, Kaos, Fè, Marty e fiammat90, muse ispiratrici
per questa MM!
L’ARMA
Harry tremava
forte, quasi fino a battere i denti. E quella porta, maledizione, non voleva
aprirsi.
- Harry. –
Sentiva la voce di
Draco, oltre la soglia chiusa, ma lui non poteva entrare, non ancora.
E dire che non aveva
fatto altro che aspettare, aspettare, per una vita intera aspettare. E adesso,
quella porta era chiusa.
E Draco era là
dentro, e non ne voleva sapere di uscire. Harry si sentiva impazzire, sentiva
rumori, sentiva voci parlare e bisbigliare, sentiva vita, oltre quella porta.
Che ad un tratto si
spalancò.
-Harry…- soffiò
Draco, e sorrideva, sorrideva con gli occhi, anche se Harry non poteva vederlo
bene. C’era troppa luce, in quella stanza, talmente tanta che era difficile
dire da dove venisse, se da Draco, o dalla cosa che teneva in mano.
- Tuo figlio,
Harry. –
Sì, Harry lo
sapeva. Lo sapeva talmente bene che riusciva persino a sentirlo, che quell’
involto di panno che Draco teneva in braccio era proprio lui.
Lui.
Harry sentì un
conato di nausea stringergli la gola. – Mio figlio. – ripeté, ubriaco.
- E’ bellissimo –
Draco scostò la coperta dal corpicino del neonato. Ed Harry vide spuntare una
manina minuscola, arrossata, che cercava di stringere debolmente l’aria.
– Prendilo. –
Draco sorrideva.
Continuava a sorridere. E, Dio, era bello da levare il respiro. Harry porse le
braccia, e sentì un peso insignificante posarglisi fra le mani. In tutta la sua
vita non aveva mai pensato di poter provare emozioni simili, eppure stava
accadendo, ed era facile, era naturale, era stupefacente.
-
Harry, dì qualcosa. –
Harry
si morse forte un labbro, e ci provò, a dire qualcosa.
- Io…
io. –
Ma quel
bambino non lo lasciava ragionare. Aveva socchiuso la boccuccia, e lo guardava,
con due occhi immensi, di un colore strano. Ed Harry non riusciva a dire, a
pensare. Pregò che il tempo si fermasse, lì ed ora, immobilizzando lui, Draco,
e il loro bambino, ma non ebbe nemmeno il tempo di sorridere della propria
fantasia, che la porta dietro di lui si spalancò, ed almeno una decina di Auror
fecero irruzione, con le uniformi imbrattate di fango, e le mani graffiate e
sanguinanti.
- Non
possiamo restare. – mormorò Draco.
Non
sorrideva più, ora. Il suo volto era diventato trasparente come quello di un
fantasma.
- No,
aspetta. –
- Vieni
con noi, Harry, ci serve il tuo aiuto. –
Harry
rivolse un’occhiata inorridita agli Auror.
- Ci
serve il tuo aiuto. –
- No,
io… -
- Non è
sicuro, qui. –
All’improvviso,
il bambino non c’era più. Harry trasalì, e si voltò bruscamente verso Draco.
-
Aspetta, ti prego! – lo implorò. Ma il bambino ormai era fra le sue braccia, e
stava diventando un fantasma anche lui.
- Ha
preso l’Arma. – sentì dire ad una voce femminile.
-
L’Arma. – le fece eco un’altra voce.
-
Potter. –
- Ecco
l’Arma. –
Harry
scosse violentemente la testa. – Basta! – ordinò, furioso. – Basta, basta, è
mio figlio! Andatevene! –
-
L’Arma. – Questa volta fu la voce di Draco, a parlare. Ed era triste, e morta.
Harry
lo guardò impotente, mentre copriva il corpicino del loro piccolo con il suo
mantello, nascondendoglielo.
- Ti
prego. – mormorò disperatamente.
Ma
Draco era scomparso, dietro ad una porta, che prima non c’era.
Non
aveva nemmeno avuto il tempo di baciare suo figlio.
-
Harry! –
Harry
aprì gli occhi di scatto, mettendo a fuoco a fatica la faccia di Hermione.
Diede un gemito esasperato, e finalmente, sotto di sé, cominciò a riconoscere
la consistenza del letto, e del cuscino.
- Tutto
bene? –
Harry
scosse stancamente la testa. – No, credo di no. – mormorò.
Non
aveva voglia di mentire.
- E’
arrivato un gufo per te, sembra sia una cosa urgente. – disse lei, porgendogli pragmaticamente
gli occhiali. – Porta un biglietto, ma non vuole lasciarlo prendere da nessuno.
Harry si alzò dal letto, gettando un’occhiata stanca fuori dalla finestra, con
una brutta, bruttissima sensazione di disagio che gli cresceva nel cuore.
14/4/1999
James Draco è
nato.
Volevo solo che
tu lo sapessi.
Draco.
* * *
Il
disagio sfumò in grigio.
Harry
scorse il messaggio senza dire nulla, se lo tenne stretto in mano, e se ne
tornò in camera sua. Si buttò sul letto, e per ore fissò il soffitto scalcinato
ed incrostato della casupola, sordo ai richiami dei suoi amici, a qualunque
cosa che non fossero i richiami di un incubo.
* * *
- E
così è nato. – mormorò semplicemente Hermione.
Harry
non reagì.
Si era
alzato soltanto al tramonto, ed aveva accettato di andare a mangiare con gli
altri. Ma non aveva toccato cibo, nemmeno un sorso d’acqua. Fissava
apaticamente il piatto di patate davanti a sé, perso in chissà quale dolore.
- Come
ti senti? – tentò Ron.
- Non
lo so. – mormorò Harry.
- E’
comprensibile. – gli venne incontro Hermione. – Non devi sentirti in colpa. –
- Non
devo sentirmi in colpa? – soffiò Harry, stridulamente.
-
Hermione ha ragione, devi cercare di restare calmo. –
- Mio
figlio è nato, e io sono qui, Ron, dimmelo tu come dovrei fare. -
Hermione
cercò lo sguardo di Ron, per scambiare con lui un segno d’intesa. – Che cosa
dice Malfoy, nel biglietto? – lo incoraggiò.
- Che è
nato, e che voleva che io lo sapessi. Solo questo. – La testa di Harry ciondolò
sulle spalle. – Si chiama James Draco. –
- E’ un
bel nome. – fece Ron, cercando di metterci un po’ di entusiasmo.
Harry
decise che non serviva ribattere, perché era ovvio che fosse un bel nome, il
nome di suo figlio non poteva che essere il più bello del mondo.
Si
chiamava James Draco, il suo bambino. James come suo padre, come il padre che
Harry avrebbe voluto essere, e Draco come il ragazzo a cui doveva metà del suo
sangue. Draco, già, Draco Malfoy, e, Dio, era così ironico, così amaro, essersi
ritrovati in una situazione così impossibile, che Harry si scoprì davvero
colpevole solo in quel momento.
* * *
-
Signor Potter! –
Un uomo
interruppe bruscamente il suo isolamento, facendolo grugnire di disappunto.
-
Signor Lowerton. – mormorò automaticamente Harry.
- E’
arrivata ora, guardi! – Lowerton trafficò con una tasca del suo mantello, e ne
estrasse un’ampolla colma di un liquido rosso scuro. Harry sussultò, ed
Hermione lo guardò con apprensione, ma Lowerton non sembrava essersi accorto di
camminare sul ciglio di un burrone.
- Il
sangue d’oro. – mormorò, affascinato. – Adesso abbiamo una vera arma contro i
Mangiamorte. La pozione è già in preparazione, ho pensato di cercarla per avvertirla.
–
Harry
cercò di trapassare la cortina di nebbia che lo divideva dalla realtà, per
capire l’entusiasmo di Lowerton, ma non ci riuscì. Non riuscì a vedere come il
sangue di un neonato potesse essere tanto entusiasmante.
- E’
mio figlio. – biascicò stancamente.
- Sì,
certo! – esplose Lowerton. – Un eroe, signor Potter, un vero eroe. –
- Sarà
meglio raggiungere i pozionisti, ora. – intervenne seccamente Ron, prendendo
Lowerton per una manica, e puntando dritto alla porticina che separava la sala
da uno degli altri pochi locali del rifugio.
Hermione
gli regalò un’occhiata grata, e aspettò di vedere sparire entrambi, prima di
riprendere a parlare.
-
Harry. – mormorò. – Non devi ascoltare quello che dicono. –
- Non
posso credere che davvero lo considerino un’arma. –
- Lo
so, lo so. Cerca di non pensarci, e pensa invece che, se riusciremo a vincere
questa guerra, potrai abbracciare il tuo bambino. –
- Non
voglio vincere una guerra con il sangue di mio figlio. –
- Non
devi vederla in questo modo. Tuo figlio è con Malfoy, e sono sicura che stia
benissimo, e il suo sangue ci sarà prezioso, per il bene di tutti. È stata una
decisione che non hai preso tu, Harry, ma ormai non si può più far nulla. Tutto
ciò che puoi fare è concentrarti sulla guerra, e aspettare di poterlo vedere. –
-
Voglio scrivere a Draco. Devo dirgli che… - Harry lasciò cadere la frase così,
senza riuscire a spiegare nemmeno a sé stesso che cosa volesse dirgli.
- E’
molto rischioso. – osservò Hermione. – Harry, capisco cosa provi, ma sai meglio
di me che dobbiamo essere prudenti. –
- Poche
parole, promesso. Ma almeno una riga. Ti prego, ne ho bisogno. –
Hermione
sospirò, e abbracciò le spalle dell’amico di una vita.
- Devi
essere forte, Harry. – gli sussurrò. – Vedrai che andrà tutto bene. –
-
Vorrei solo poterlo vedere. – la schiena di Harry sussultò così violentemente
che Hermione finì quasi sbalzata all’indietro.
-
Coraggio. – gli disse, cercando di stringerlo più forte. – Dai, non c’è niente
di male se ti lasci andare un po’. –
- Avete
sentito… - Ginny si bloccò sulla soglia della porta, con la bocca ancora mezza socchiusa.
Harry
singhiozzava sulla spalla di Hermione, farneticando qualche parola
incomprensibile di tanto in tanto, e sembrava sconvolto. Il volto di Ginny si
indurì in un’espressione spaventata, ma Hermione scosse lentamente la testa, e
lei capì che sì, Harry aveva sentito.
Abbassò
lo sguardo, ed uscì mestamente dalla stanza, colpita suo malgrado da quella
scena, molto più di quanto si sarebbe mai aspettata.
Chissà
perché lei, come gli altri, avevano sempre aspettato questo figlio di Harry
come un’arma micidiale, un coltello affilatissimo da avere finalmente in pugno,
e invece… invece era un bambino. Un neonato, un cuccioletto. E di là, c’era un
padre che si disperava, per questo.
Tutti
furono invitati, con discrezione, a rispettare il dolore di Harry. Ginny e Ron,
soprattutto, si impegnarono a diffondere la notizia, per prevenire altre
eventuali, stupide voci. Harry passava ancora la maggior parte del suo tempo a
letto, ma sembrava che avesse lentamente cominciato ad accettare la situazione.
Hermione notò che teneva quasi sempre la mano piantata in una tasca dei
pantaloni, e quando gli chiese se si fosse fatto male, Harry estrasse
mestamente il bigliettino di Draco, e glielo mostrò, commentando “Sì, mi sono
fatto davvero male”.
Per
fortuna che c’erano Ron ed Hermione.
Harry
capì in quei giorni di lenta agonia endogena quanto banale ma vero fosse il
detto che gli amici veri sono quelli che ti sono sempre accanto nelle
difficoltà.
Ron
aveva un modo tutto suo di affrontare la questione, un modo impacciato ma
incredibilmente affettuoso. Il primo sorriso glielo aveva strappato proprio
lui, chiedendogli con meravigliosa, ingenua serietà, se c’era qualche
possibilità che James lo chiamasse zio Ron, quando avesse cominciato a parlare.
Perché a lui sarebbe piaciuto un sacco avere un nipotino acquisito, e in fondo
Ron non era un nome particolarmente difficile da imparare.
Hermione
era Hermione, una che alle battute preferiva i fatti. Essere suo amico
significava godere del privilegio di poter parlare, di poter dire qualsiasi
cosa, di poter maledire il cielo, e gridare, sapendo di non essere giudicati,
di essere capiti e sostenuti. Era stato con lei che Harry aveva osato, per la
prima volta, fare il nome di Draco. lo aveva fatto più che altro per provare,
per testare su sé stesso cosa significasse il suo nome sulle labbra,
accompagnato a quello di James, o persino da solo. Lei non aveva detto niente, si
era limitata a guardarlo con occhi strani e brillanti, e a dirgli che andava
bene così, che con il tempo si sarebbe aggiustato tutto.
La
guerra, però, ha il vizio, e la virtù, di non aspettare i comodi dei
contendenti. Una settimana dopo, un gruppo di venti Mangiamorte attaccarono un
villaggio babbano dove gli Auror si rifornivano di cibo, costringendoli ad
intervenire. La pozione fabbricata con il sangue di James si rivelò
formidabile, come uno scudo che rispediva al mittente ogni tipo di incantesimo,
con tanta veemenza quanto quella con cui era stato scagliato.
Harry
vide Dean Thomas difendersi da un attacco in quel modo, e, improvvisamente, si
risvegliò.
Ad un
anno, lui aveva respinto la maledizione di Voldemort, ed ora era suo figlio a
respingerle. La stessa storia, lo stesso destino, ma questa volta, quel bambino
un padre lo aveva ancora.
Ed era
lui.
Ringhiò,
e si abbatté come una furia sui Mangiamorte superstiti, che, sbigottiti, si
dispersero e fuggirono.
Quando
tornò dagli altri, si scoprì persino lievemente ferito, ma tirò dritto senza
accettare di farsi medicare, entrò nella dispensa, e si ingozzò per tutti i
giorni di digiuno passati.
Il
sogno di qualche giorno prima gli tornò alla mente in quel momento, e gli fece
pulsare forte il cuore.
Chissà
se Draco sorrideva davvero così, con il loro bimbo in braccio.
E
chissà se quello che aveva visto era davvero il viso del suo piccolo James.
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Capitolo 6 *** Morning News ***
il dialogo che c'è stato tra Pansy e Blaise al cap
DEDICHE: Missing
Moment a dir poco singolare, e tutta dedicata a Smemorella. Non immagini
nemmeno quanto la tua richiesta mi abbia fatta sghignazzare!
“-
Blaise, ti levi! – sbraitò Pansy, materializzandosi dietro di lui in una nube
di polvere verde.
- Oh…
ora ho capito. – commentò Harry con un ghigno. – Ti ha guastato il sonno, eh? –
-
Precisamente, Potter. – rispose asciuttamente Blaise. – Mi si è fiondata in
casa come un’arpia, blaterando qualcosa a proposito di voi due, e dell’amore
eterno. Piuttosto irritante, se sei in mutande e canottiera, e stai
deliberatamente cercando di dormire. – ”
Fathers,
cap 23, “Convocazioni”
MORNING NEWS
Blaise stava
facendo uno di quei sogni ghiotti ed appaganti che non capitano davvero tutte
le notti. Qualcosa di enorme, di opulento, di appetitoso. Poteva essere
qualsiasi cosa, una torta come una coppa di Quidditch, ma il punto era che
Blaise era enormemente grato alla sua fantasia onirica. E anche al meraviglioso
teporino del suo piumone, e del camino.
La vita è davvero
una cosa meravigliosa, la domenica mattina, quando la sveglia viene
detronizzata dal comodino, quando non importa un fico secco se fuori c’è un
sole infernale o se piove a secchiate, perché tu hai comunque la certezza di
essere in pace con i tuoi sensi, e dormi fino a nuovo ordine, finché gli occhi
non ti si gonfiano tanto da aprirsi da soli.
- Blaise Zabini!!!
–
Blaise saltò su dal
letto come un gatto bagnato, con buona pace di tutti i suoi sogni di gloria. E
del tepore. Del camino, del sonno, della pioggia, del sole, e della domenica
mattina in generale.
Rabbrividì violentemente,
ricacciandosi sotto il misero lenzuolo bianco che lo copriva per metà.
- Che diavolo
succede, si può sapere?!? –
- Oh, grandi
notizie, grandi notizie, Blaise! –
Pansy Parkinson
attraversò la camera di Blaise a passo di carica, e si buttò sul suo letto
schivandolo di un soffio. – Oh, avessi visto, Blaise. Sapessi! – cinguettò
lisciandosi enfaticamente le pieghe della gonna.
- Come accidenti
faccio a sapere, se tu non parli? –
Pansy lo investì
con un’occhiataccia sufficiente, presto cancellata da un sorrisino che
rasentava il disgustoso.
- Gran signore
Harry, sai? – disse con noncuranza. – Ha portato Draco alla Piuma di Fenice. –
Blaise si
stropicciò gli occhi implorando la sua testa di resistere senza implodere alla
vocina snervante di Pansy.
- Ti prego,
Parkinson, è domenica mattina. –
- Lo so tesoro, lo
so. –
- E si può sapere
perché devi irrompere qui e cominciare a parlare di Piume di Fenici, e di
Draco, e non so cos’altro? –
- Di Draco e Harry
alla Piuma di Fenice. –
- La Piuma di
Fenice è un ristorante. –
- Precisamente,
Blaise. –
- E allora, dannata
megera, che diavolo c’entrano Potter e… -
Pansy ridacchiò
alla grande della smorfia agonizzante che andava contraendosi lentamente sul
volto di Blaise. Il suo stupido amico poteva anche essere un tantinello tonto,
la domenica soprattutto, ma era anche meravigliosamente spassoso. E quella
mattina, a prescindere, lei era talmente di buon umore che avrebbe riso anche
di un morto. Perché quella era una mattina speciale, e lei non poteva aspettare
un solo secondo di più per andare a trovare Draco, e, diavolo, tirargli fuori
dalla gola fino all’ultimo particolare.
Di lui, di Harry,
di James, di tutto quanto, di loro, insieme, evviva, una famiglia!
- Che cos’ha fatto
quello sciagurato di Potter. – sillabò Blaise, funereo.
- Bah, non dovresti
prenderla in questo verso. – lo liquidò Pansy, agitandosi come una bambina sul
letto. – Sono usciti insieme, no? –
- Non ne ho idea,
sono io che dovrei chiederlo a te! –
- Blaise, lui lo
ama! –
- Lui non… - Blaise
socchiuse gli occhi, perplesso. – Un momento, lui chi ama chi? –
- Beh lui Draco.
Cioè lui Harry. Credo. Aspetta. –
Pansy arricciò le
labbra, come colta in flagrante da una domanda inaspettatamente difficile.
Ecco, ecco un bel
problema da affrontare.
Lui ama lui.
Accidenti, è una
frase intercambiabile, e checché se ne possa dire, questo aspetto ha un qualche
significato, un significato buffo e universale, e con un po’ di fantasia anche
di buon auspicio. Lui Harry ama lui Draco. E lui Draco ama lui Harry. Non è
come dire “lei ama lui”, perché così non c’è gusto, così è subito chiaro.
Lui ama lui, perché
la verità è che nessuno dei due è soggetto, e nessuno complemento, e quel bel
verbo semplicino se ne sta lì nel mezzo come un nodo, a tenerli stretti.
- Oh, insomma, non
essere sempre così fiscale. Sono usciti assieme, hanno parlato, si ameranno per
sempre! –
- Il cielo non
voglia. -
- Ah, io proprio
non ti capisco. Dovresti straripare di gioia per Draco. –
- Sto straripando
di sonno, invece, guarda un po’. –
- E se si fossero
baciati? –
A Pansy luccicarono
gli occhi in un modo che Blaise giudicò quantomeno artificiale.
- E se trascinati
dal vento della passione sopita si fossero abbandonati all’estasi della
sensualità in un… -
- Hey, frena,
frena! – strillò disperatamente Blaise. – Pansy! Ma non hai nemmeno un po’ di
pietà? Ho uno stomaco! E anche un cuore! Ed è domenica mattina! –
- Beh, allora sarà molto
meglio per te che tu li adegui allo stato di fatto, perché… - Pansy si tirò
sulle ginocchia, e prese a picchiettare la fronte di Blaise, scandendo sillaba
a sillaba. – Har-ry-e-Dra-co-stan-no-in-sie-me! –
- Un momento, ma
non erano solo usciti? –
- Tesoro, apri gli
occhi, come credi che saranno andate le cose? –
Blaise si illuminò
di un minuscolo accenno di speranza. – Quindi non ne hai la certezza. –
- Ci scommetterei
la bacchetta. –
- Ma non ne hai la
certezza. –
Pansy sospirò
annoiata. – No. – concesse. – Ma comunque… –
- Bene. -
Blaise si levò le
coperte di dosso, esibendo senza più ritegno alcuno i suoi poco piacevoli boxer
a righine azzurre. Appunto mentale per il giorno in cui Blaise le avesse
chiesto per quale motivo non riusciva a trovare una ragazza.
- Blaise, che fai?
-
- Che faccio? – gli
occhi di Blaise fiammeggiarono. – Vado in fondo a questa faccenda, ecco che
faccio. Accio…! -
Pansy rivolse
un’occhiata perplessa all’amico,rimasto bloccato a metà frase.
- Accio… Accio… - Blaise
si massaggiò una tempia. – Cristo divino, è domenica mattina! Accio che ne so,
Accio una camicia qualsiasi, e Accio un paio di pantaloni a caso! -
Pansy osservò la
delicata opera di vestizione di Blaise con aria sempre più scettica. Davvero
non capiva perché dovesse essere così testone, e cercare di negare l’evidenza
proprio in un momento simile, quando tutto finalmente sembrava funzionare. Conoscendolo
a fondo, ma proprio a fondo, poteva addirittura insinuare che quella di Blaise
non fosse altro che una dolcissima e ringhiosissima forma di scaramanzia. Si
preparava soltanto a sostenere Draco, e a massacrare Harry, in caso ce ne fosse
stato bisogno, ma lei era sicura ed arcisicura che Blaise fosse felice.
Rintronato,
assonnato e felice.
E un tantino
furibondo con lei per il risveglio.
- Di preciso,
cos’hai intenzione di fare? –
Blaise emerse
tossicchiando dal maglione, agguantò una giacca, e se la aggiustò addosso in
qualche modo.
- Squartare Potter.
– affermò orgogliosamente.
- Non puoi rendere
James orfano di un genitore. – lo rimbeccò Pansy. – Sei un pessimo zio
acquisito. –
- Allora lo
castrerò. In modo che non possa più fare danni. –
- James è nato dal
sangue di Harry e Draco. Non servirà a nulla castrarlo. –
- Beh, e allora
farò… farò… -
Blaise rivolse
un’occhiata sconfitta alla sua immagine impietosamente riflessa nello specchio.
Il caminetto era già acceso, e pronto all’uso. E lui, con un po’ di fortuna,
sarebbe riuscito a far finire un po’ di Polvere Volante nel reggiseno di quella
strega di Pansy, giusto per vendicarsi un po’.
- Oh, accidenti a
quel Potter, muoviti! –
ANGOLINO!
Sorpresina! Visto
che velocità? Sì, in questi giorni sono abbastanza esplosiva, è che sto
aspettando istericamente il prossimo numero di Naruto (perché voi non potete
capire in che maledetto punto lo hanno interrotto questi fetenti bastardi.
AAARGH!!!), perciò nel frattempo scrivo e leggo Berserk per distrarmi.
E studio. Ogni
tanto, così, per hobby.
|
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Capitolo 7 *** happy birthday ***
PREMESSA: Questa MM è per Eoluccio, anche se ammetto di aver
interpretato a modo mio la sua richiesta, concentrandomi sull’aspetto del
compleanno, e su un compleanno in particolare, visto da un’altra prospettiva
PREMESSA:
Questa MM è per Eoluccio, anche se ammetto di aver interpretato a modo mio la
sua richiesta, concentrandomi sull’aspetto del compleanno, e su un compleanno
in particolare, visto da un’altra prospettiva. Semplicemente ho pensato che
avrei fatto contente un numero maggiore di persone, che non parlando di
anniversari e compleanni più generici. È più o meno una flashfic, ma dopo
attente considerazioni ho valutato che sia questa la sua misura adatta, breve e
concisa, e senza sbrodolamenti.
Se
posso permettermi un suggerimento, vi consiglio vivamente di leggere questo
pezzo ripetendovi a mò di mantra “tanto so che tutto si risolve, so che tutto
si risolve, so che tutto si risolve”, perché altrimenti rischiate di farvi
prendere da un pelo di depressione, e non sia mai che diventiate emo per colpa
mia! ^__^
HAPPY
BIRTHDAY
Hermione
desistette definitivamente dal proposito di far uscire Harry dalla sua stanza.
E persino da quello di convincerlo a farsi vivo, e a dire qualcosa.
Le sue
lune erano sempre più difficili da rispettare, ma anche difficili da ignorare,
perché dopotutto restava pur sempre la consapevolezza pungente di una
situazione che sfiorava costantemente il disastroso.
Harry
che non trovava il coraggio di nominare suo figlio e Draco, ed un mondo di
scuse patetiche e di modi infami per guadagnare tempo lo proteggevano, lo
nascondevano, lo allontanavano sempre di più.
- Noi
ceniamo. Cerca di scendere a mangiare qualcosa anche tu. –
Un
grugnito non meglio identificato. Hermione indugiò sull’uscio della porta
ancora per qualche secondo, poi se ne andò.
* * *
Harry
tracciò la prima parola con le dita che tremavano violentemente.
Io
Niente.
Tirò un segno rabbioso sulla parolina appena anta.
Ciao,
James
Maledizione,
se quel nome faceva male, se stringeva il cuore peggio di una morsa metallica.
Piccolino
James, da qualche parte a Londra, piccolino in braccio a Draco, piccolino fra
pacchetti e addobbi. Non avrebbe trovato niente di suo, quel giorno speciale.
Niente, da parte del suo papà lontano.
Harry
accartocciò foglio già sgualcito e pieno di macchie su cui aveva abbozzato quel
paio di inutili prove, e ringhiò.
Aveva
bisogno di suo figlio, di vederlo, di toccarlo, di parlargli. Era così strano?
Così mostruoso da parte sua? Così egoista?
Se
quella maledetta guerra non fosse stato un alibi fin troppo solido per non
precipitarsi a Londra, Harry avrebbe semplicemente voluto spalancare la porta
della casa di Draco e dire “sono qui”.
Sono
qui, perché lui lo voleva, voleva essere lì, davvero.
* * *
Hermione
era preoccupata per Harry.
Soltanto
per questo si era intrufolata nella sua stanza. Lui era sceso a mangiare
qualcosa con gli altri, con la faccia scura e la bocca sigillata, e a lei non
era rimasto altro da fare che entrare, e cercare di capire.
La
camera era quasi in ordine, per gli standard di Harry. Il letto era rifatto, la
gabbia di Edvige era pulita, e sulla scrivania erano buttate alcune penne, e
dei fogli mezzi stropicciati.
Appunti,
schemi, note su incantesimi e controincantesimi, parole che gridavano “guerra”
ad ogni lettera, e in mezzo a tutta quella confusione, alcuni pezzi di
pergamena stropicciati, maltrattati da segni e scarabocchi.
Hermione
lesse con il cuore in gola le poche parole vergate sulla pergamena più piccola,
quella posata sopra a tutte le altre.
14/04/2000
Buon
compleanno, James.
Papà.
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Capitolo 8 *** Draghi e cervi ***
Briciola88: nel capitolo 17, alla fine, Harry dice a James che un giorno
gli avrebbe raccontato la storia di un cervo
DRAGHI
E CERVI
NOTA:dedicata a
Briciola88, che mi ha dato l’occasione di sfogare un po’ le mie velleità da
cantastorie ^^
- Si chiama bu bum,
il tuo cervo?- gli chiese Harry, regalando all’animale uno sguardo nostalgico,
e affettuoso.
- Bu bum. – asserì
James, e lo protese ancora di più verso Harry.
- Oh. Vuoi che lo
tenga io?- Harry cercò l’aiuto di Draco, che accennò al peluches con il mento e
sorrise appena.
Harry prese il
pupazzo dalla mano di James, e lo osservò con attenzione.
– Un giorno…- mormorò
appena, vago. – Ti racconterò una bella storia, su un cervo. Si chiamava
proprio come te. -
Fathers,
cap.17, “voglio mostrarti una cosa”
- …E così il grande
mago Percel, con la sua spada magica, riuscì a sconfiggere il potente drago, e
tutto il regno fu salvo. –
James, aggrappato
al polso di Draco, scoccò un’ultima occhiata al suo libro di fiabe, e poi torse
la testolina per guardare il genitore.
- Oh. - sospirò,
ammirato. – E… e qui? – fece, puntando il ditino sulla pagina.
- Vuoi sapere che
cosa c’è scritto lì? –
- Qui, qui. –
- Vediamo, qui c’è
scritto “Castello”. –
- E… e qui? –
- Qui c’è scritto
“prese”, James. –
James sbuffò,
accigliato. Osservava l’ampia pagina fitta di parole come fosse stata un campo
da guerra. Piazzò entrambe le manine sulla pagina lucida, e tornò alla carica.
- Dove? –
insistette. – Dove il dago, dove? –
- Vuoi sapere dov’è
scritto drago? – Draco passò in rassegna la pagina, scorrendo rapidamente fra
le righe, finché non trovò la parola “drago”.
- Ecco, è qui, vedi?
– fece, prendendogli un dito e puntandoglielo sulla parola. – Vedi, James? C’è la D, e poi la R, e la A… Drago. –
- Dago. – ripeté
James, soddisfatto. – Ma tu? – Tu sei un dago? –
La faccina di James
era qualcosa di impagabile. Titubante, appena un po’ intimorita, eccitatissima
e curiosa.
- Io un drago? –
ridacchiò Draco. – No, tesoro, non sono un drago. I draghi hanno le ali, e
sputano il fuoco. –
- Ma… Ma… - James
pareva piuttosto perplesso. Si fissò le ditina, alla ricerca di recondite
risposte. – Ma ti chiami come il dago. – constatò, pensieroso.
- No, James, non è
la stessa cosa. Il mio nome si scrive in modo diverso diverso. E poi anche se
ho un nome che assomiglia a drago, non vuol dire che lo sia, no? –
- Mmm…-
Non era affatto
convinto. Ma proprio per niente.
- Tesoro, vuoi
andare a chiederlo a papà Harry? Vedrai che anche lui ti dice che non sono un
drago. –
James gli scoccò
un’occhiatina niente meno che inquisitrice. Oh, poteva scommetterci che lo
avrebbe fatto.
* * *
- Ma no, tesoro,
papà non è un drago. –
Harry si fece una
sonora sghignazzata, mentre la sua mente era alle prese con un Draco
sputafuoco, con tanto di ali e coda. – Si chiama così perché il suo papà ha
deciso di chiamarlo Draco. Come tu ti chiami James. –
- Il papà di papà
Daco? – fece James, aggrottando tutte le sopracciglia.
- Ma certo. Tutti
quanti hanno un papà, come te. Anche Draco, e anche io. –
- Ooooh! E dove,
dove il tuo papà? –
- Il mio papà. -
Harry accarezzò la testolina di James, smettendo di ridere in modo
involontariamente brusco. – Il mio papà non c’è più. È volato in cielo. –
- Oh… in cielo? –
- Sì, tesoro. –
- Con la copa? –
Harry sorrise. Si
sorprese a non riuscire a trattenerlo proprio, quel sorriso. Per la prima volta
in vita sua, sorrise della morte di suo padre, sorrise dell’immagine che James
era riuscito a darne, del modo incredibile con cui un bambino potesse vincere
persino la morte, con la sua innocenza. Di come James dimostrasse che in fondo
i tabù sono facili da vincere.
E soprattutto,
sorrise dell’immagine di suo padre che svolazzava qua e là per il paradiso, se
mai ne esisteva uno, in sella alla sua scopa.
- Sì, tesoro. È
volato in cielo, con la scopa. –
- Oh. E pecchè non
vai a pendello? –
- Perché non si
può. È volato troppo in alto, in un posto dove non si può andare. –
- Oh. E il papà di
papà Daco? –
- Il papà di Draco,
beh, lui è in un posto molto lontano. Un posto dove mandano le persone che… che
hanno commesso degli sbagli. –
- Oh. Il papà di
papà Daco è cattivo? – fece James, incredulo.
- Beh… - Harry si
mordicchiò un labbro, a disagio. – Beh, vedi… sono cose un po’ complicate. –
- Ufy. – James mise
il broncio offeso di un Malfoy che non riesce ad ottenere ciò che voleva.
Harry rivide in lui
il Draco a cui non venivano gli incantesimi al primo colpo, o che non trovava
la costellazione giusta con il telescopio.
Chissà se già
allora, in fondo, non era già un pochino innamorato, di lui. Beh, di certo a
quel tempo non si sarebbe mai immaginato di rivedere quella sua stessa
espressione negli occhi di suo figlio.
- Ma potto vedello,
papà? –
- No, tesoro, non
credo che potrai vederlo. –
Il povero James
gonfiò le guance, scoraggiato. Harry lo sentì dondolicchiare svogliatamente
sulle sue ginocchia, e gli dispiacque immensamente di non poter accontentare
una richiesta così semplice. Conoscere i propri nonni dovrebbe essere una cosa
normale per ogni bambino, e se i suoi genitori non avrebbero mai potuto
conoscere il loro nipotino per il semplice fatto che erano morti, quelli di
Draco c’erano, eccome se c’erano. Ma Azkaban non è un posto dove portare un
bambino a fare una visita, e francamente Harry non avrebbe saputo come spiegare
al suo fin troppo sveglio James come mai i suoi nonni fossero rinchiusi in un
posto così tremendo. Non aveva nemmeno idea di come Draco avrebbe potuto
reagire ad una simile proposta.
- Ma… ma il tuo
papà ti vuole bene? – Lo interruppe bruscamente James, rianimando la
conversazione.
- Certo che mi
vuole bene, piccolo. –
- E il papà di papà
Daco? –
Harry esitò. – Beh…
sì. sì, certo. Tutti i papà vogliono bene ai loro figli. – disse senza avere il
coraggio di guardare James negli occhi. – Anche lui. –
- E… l’alto papà? –
- Quale altro papà?
–
- L’alto! –
insistette James.
- Oh… oh, no, io avevo
una mamma. E anche Draco ha una mamma, tesoro. –
- Oh. Una mamma. –
James fece una smorfia schizzinosa. – Le mamme tono butte. –
- Ma no, non dire
così. Le mamme sono molto buone, e vogliono tanto bene ai loro bambini. La mia
mamma mi voleva bene. –
- Gno! Io ti voglio
più bene della tua mamma! – protestò James.
Sembrava si
sentisse insidiato nel suo diritto di avere tutto l’amore del suo papà, e da
una mamma qualsiasi, per giunta!
- La tua mamma è
butta. – ribadì senza la minima esitazione.
Harry sospirò, e
chiese mentalmente scusa alla povera Lily.
- La mia mamma non
è brutta, James. – lo rimproverò. – Non devi offendere i genitori degli altri
solo perché tu hai due papà, hai capito? -
- No non mi piace,
è butta, vai via! – strillò James arrabbiatissimo, cercando di divincolarsi.
- Hey, tutto a
posto? – si allarmò Draco dal salotto.
- Tranquillo. –
gemette Harry. – Siamo di nuovo alle prese con problemi di parentela. -
Eh sì, perché la
questione aveva cominciato a materializzarsi quando Draco si era reso conto che
James tendeva a chiamare tutti i genitori “papà”. Nello specifico, la mamma del
suo amichetto Matty. Harry aveva sempre pensato che fosse una cosa
comprensibile, vista la sua situazione, ma
Draco aveva voluto,
o per meglio dire cercato, di affrontare il discorso con il suo diletto
pargolo, e se n’era uscito chiedendogli se non gli sembrasse strano di avere
due papà, invece di una mamma e di un papà.
Il risultato era
stata una scenata tremenda, a colpi di lacrimoni e nasini rossi, perché “ci
sono solo due gandi pe ogni bambino, e se aiva una mamma, alloa tu o papà Daco
andate via, e io no vojo!”
Lui e Draco avevano
perso quasi un’ora per cercare di convincerlo che no, non sarebbe arrivata
nessuna mamma, e che nessuno se ne andava via.
Quando finalmente
ogni cosa sembrava essersi risolta per il meglio, James se n’era uscito con una
delle sue perle. Si era illuminato all’improvviso per chissà quale grandiosa
idea, e aveva esclamato qualcosa come “ Matty dice che la sua mamma gli fa mettere
a posto, e gli dice di fare il bavo, e gli pettina i capelli Allora a me non
serve la mamma, anche papà Draco lo fa.-
Draco aveva
strabuzzato gli occhi come se avesse appena inghiottito un Boccino, ed Harry si
era detto che sarebbe stato bello morire in quel momento, miseramente ucciso da
un attacco di risate convulse.
Dopo
quell’episodio, Draco aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai più toccato
l’argomento, nemmeno sotto tortura.
Draco fece capolino
in cucina, guardingo.
- Stai facendo i
capricci, piccolo monello? – indagò squadrando sul figlio con la massima
severità.
- La mamma di papà
Dedy è butta, e il tuo papà è cattivo. – ribatté James, per nulla intimorito.
Draco agghiacciò, e
il suo sguardo volò verso Harry. – Ma si può sapere che gli hai detto? –
sibilò.
- Ha fatto tutto da
solo! – si difese Harry. – Io gli ho solo detto che tu ed io abbiamo una mamma,
e che tuo padre è lontano. -
Draco sbuffò, e
diede deliberatamente le spalle ai due. – Bah, pensaci tu a queste questioni
genealogiche. Io non ho intenzione di prendermi della mammina un’altra volta. -
- Io? perché io,
scusa? -
- Perché è sangue
del tuo sangue, Potter. -
- E sentiamo,
mammina, che cosa dovrei fare, secondo te? -
- Raccontagli la
storia del cervo, così si mette tranquillo e si dimentica del resto. -
- Il cevvo! – si
entusiasmò James. – Bello, bello, il cevvo! -
- Ancora? Ma te
l’avrò raccontata un milione di volte! -
- No, no, ancoa,
ancoa! -
Harry alzò le mani
in segno di resa, e si accomodò meglio sulla seggiola. Incastrò dolcemente il
suo mento sulla spalla di James, prendendolo a pretesto per stringerselo un
po’.
- E va bene,
allora, c’era una volta. – cominciò a mormorare. – Un mago molto abile, che si
chiamava James proprio come te, e che amava trasformarsi in un cervo. Aveva
molti amici, anche loro capaci di trasformarsi in animali, ed insieme a loro si
divertiva un mondo ad esplorare la foresta, e tanti luoghi misteriosi. -
- E poi? E poi aiva
la pincipetta? -
- Una cosa alla
volta, James. Un bel giorno, mentre stava giocando con i suoi amici, il mago
vide una bellissima principessa, e se ne innamorò. Ma lei non lo voleva, e lo
sai perché? -
- Ti! – James
arricciò tutto il faccino in una smorfia buffissima. – Pecchè gli tava
tipatico. -
- Gli era proprio
antipatico, sì. – rise Harry. – E allora cosa fece, il mago? -
- Si taffomma in
cevvo! – esultò James.
- Bravissimo. Il
mago si trasformò in un cervo, e riuscì a conquistare la principessa. E poi te
lo ricordi come va a finire la storia? -
- Ti. Che si
posano, e vanno in cielo. –
James sbattè le
palpebre, e improvvisamente si voltò verso Harry. – Come il tuo papà! -
Da dietro lo
stipite della porta, Draco si affacciò appena. Harry trattenne il fiato per un
momento. Ma poi decise che lasciarsi vincere dal suo piccolo James era la
miglior conclusione possibile per quella favola.
- Hai ragione.
Proprio come il mio papà. -
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Capitolo 9 *** La Piuma di Fenice ***
fe e martina, evil angel, fede, alicesimone, mono, magicforever,
lasagne80, Lelorinel, Eoluccio, Dark011 Pibi, Belial, Ammalia
Premessa: ok,
ok, l’aspettavate, lo so. Eccola qui, c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine
ci siamo arrivati. Dediche? Beh, faccio prima a dirvi chi non me l’ha
chiesta,questa! XD
Dedicata
a: Fe e Martina, Evil angel, Fede, Alicesimone, Mono, Magicforever, Lasagne80,
Lelorinel, Eoluccio, Dark011 Pibi, Belial, Ammalia Black, Angelica, Miky.
Ci
siete tutti, direi. Ma anche se non comparite, questa MM è un po’ comunitaria!
-
Beh, allora noi andiamo. – buttò lì Harry, levandosi dalla porta per far passare
Draco.
-
Andate, divertitevi, e non preoccupatevi per James!- trillò Pansy. – Ah, Harry?
–
Harry
si voltò verso di lei, che si afferrò il colletto della polo che indossava e
prese a strattonarlo violentemente, stropicciandolo a più non posso.
-
La camicia! – sillabò con un sorrisetto complice, ed Harry decise che a quel
punto chiudersi la porta alle spalle senza concederle spazi ulteriori fosse la
cosa più saggia da fare, in assoluto.
Fathers, cap. 22: “Spiragli”
Da quel momento in
avanti, sarebbe stato immune all’imbarazzo per il resto della sua vita.
Draco se ne
convinse mentre scendeva le scale di casa trotterellando dietro ad Harry come
un maltese impanicato.
L’aria era
freschina, e non c’era di che stupirsi visto il mese, ma per fortuna la Piuma di Fenice non distava molto da lì.
I due si
incamminarono tenendo entrambi le mani piantate nelle tasche, una precauzione
contro il freddo ma anche un segno di chiusura che proprio non ci voleva.
- Dannata Pansy. -
- Che c’è? –
ridacchiò Harry.
- Che c’è?!? Se non
te ne fossi accorto, ha riso di noi! -
- Beh, non ci vedo
niente di strano. Anche io riderei di noi. -
- Questo non
c’entra, non era necessario metterci in imbarazzo in quel modo. – sbottò l’ex
Serpeverde. – Dopotutto, stiamo soltanto andando a fare due chiacchiere davanti
ad un boccone. -
Harry lesse una non
meglio identificabile nota di amarezza, nelle parole di Draco. Lasciò perdere,
deciso a concentrarsi di più su ciò che aveva detto, e su quale fosse la
portata delle cose di cui dovevano “chiacchierare”. Alla faccia delle
chiacchiere. Si sentiva pieno fino a scoppiare, ma le cose da dire erano
grosse, perciò i casi erano due, o le gridava fuori tutte in un solo fiato, o
se le teneva lì a crescere ancora di più.
Arrivati al ristorante,
un cameriere li accolse e si fece carico dei loro soprabiti. Il tavolo che fu
loro assegnato era veramente ottimo: appartato, e adiacente alla vetrata
panoramica, chiusa per la stagione fredda, ma che concedeva comunque la vista
dei palazzi di Londra e un ampio lenzuolo di cielo puntellato di stelle. Una
coppia qualsiasi non avrebbe esitato a definirlo romantico.
Ordinarono due
primi piatti diversi, e lo stesso arrosto come secondo, evitando di incrociare
gli sguardi per non peggiorare la già penosa figura dell’aver detto il medesimo
nome in contemporanea. Fino a quando il cameriere non tornò con il vino, se ne
rimasero in silenzio, ma ormai era ora che Cenerella perdesse la sua maledetta
scarpa, e saltato il tappo della bottiglia, ne saltarono anche degli altri.
- Beh, sono
contento che alla fine tu abbia accettato di uscire. – ruppe il silenzio Harry.
– Non ero molto sicuro del tuo sì. -
- In effetti non
smaniavo. – ammise Draco. – Però ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare, e
fare il vigliacco sarebbe stato fin troppo facile. -
Harry annuì, e
prima di proseguire sorbì un sorso dal suo bicchiere di vino.
- Sai, non ho per
niente voglia di ripetere le solite vecchie cose. Mi piacerebbe poter parlare
con te di qualcosa di nuovo, ma pare proprio che non sia possibile, finchè non
metteremo a posto i vecchi scheletri, eh? -
- No, credo di no.
Sarebbe come prendersi in giro come abbiamo fatto fino ad ora. -
- Io non ti ho
preso in giro. – mormorò Harry. – Da quando sono tornato, non ti ho mai mentito.
So di averti fatto soffrire tantissimo, e nemmeno io sono così stupido da voler
ripetere gli stessi errori. -
- Come faccio a
fidarmi di te? -
- Lasciando che io
ti mostri che puoi. Draco, ogni volta che penso a te e a James mi trovo a fare
i conti con qualcosa di passato, mentre io vorrei poter immaginare un futuro. -
- Tu fai già parte
del futuro. – sbuffò Draco. – Sei il padre di James, sarai sempre presente. -
- Già. Però vorrei
far parte anche del tuo futuro, non solo di quello di James. -
Draco si morse
precipitosamente un labbro, mentre Harry si ostinava a tenere il suo sguardo
puntato su di lui.
- Sto dicendo delle
cose egoiste e arroganti. – si scusò. – Però… -
Arrivarono le portate, e
con il cibo l’atmosfera si alleggerì. Scherzare sul troppo pepe aggiunto al
contorno era un po’ come fare a gara di martellate con la tensione che a sua
volta minacciava di schiacciarli. In fondo, loro stavano bene insieme, si
divertivano, perché negarlo?
Beh, forse perché
le cose non si aggiustano con un sorriso. Ci credono solo gli stupidi, a
tavolette del genere; nemmeno James aveva abboccato ad un’esca così facile,
buttandola sulla questione cuscini, che è infinitamente più complicata, ma
anche più vera.
Approdati per
ultimo al dessert, Harry ordinò un budino stratosferico; Draco lo prese in giro
e ne accettò due cucchiaiate, e per un po’ fu come essere tornati indietro ai
tempi di Hogwarts, ma stando entrambi dalla stessa parte della barricata. Questo
pensarono nello stesso momento, che avrebbero potuto essere grandi amici fin da
subito, anziché odiarsi, se solo lo avessero voluto. Ma era davvero il caso di
soffermarsi anche su quel passato, lontano ere da ciò che erano in quel
momento? Beh, se non altro sarebbe stato più divertente.
- E’ stata una
bella cena. – commentò Harry, ributtandosi addosso la sua giacca all’uscita dal
ristorante.
Draco annuì, ma
entrambi sapevano che non era così: era stata una bella cena, sì, perché non si
erano detti niente.
Attraversarono il
parco giochi, diretti verso casa di Draco. Era tutto illuminato dalla luce
intensa e asettica dei lampioni, ed era praticamente deserto, se si
eccettuavano le poche figure di passaggio come loro. Harry si fermò senza
preavviso, lasciando Draco di stucco ad incespicare per un paio di passi. Come
niente fosse si buttò a sedere su una panchina, e indicò il posto accanto a
sé.
- Roviniamoci la
serata. – propose. – Adesso io proverò a chiederti scusa per l’ennesima volta,
e tu mi manderai a quel paese. -
- Non è questione
di accettare o meno le tue scuse. – sospirò Draco. – Potrei dirti che ti ho
perdonato, e che non ce l’ho più con te, ma non cambierebbe niente. -
- Allora dimmi che
cosa devo fare perché le cose cambino. -
- Non lo so.
Obliviarmi, farmi dimenticare tutti i giorni di solitudine, e convincermi che è
sempre andato tutto bene. -
- Sarebbe come
mentirti un’altra volta. Non puoi proprio provare ad accettare le cose così
come sono? Non riesci a credere che non c’è niente al mondo che voglia di più
che prendermi cura di te e di James? -
- Parli sempre più
spesso di me e di James insieme. -
- Perché siete
entrambi la mia famiglia. -
Harry aveva
un’espressione severa che non gli si addiceva. Per fortuna, restava la sua
chioma spettinata nella controluce dei lampioni, a restituirgli la sua
rassicurante aria da delinquente. Era importante, un dettaglio come quello.
- Non fraintendere
ciò che sto per dirti, ma James ormai non mi basta più per farmi sentire
completo. -
- Faccio fatica a
crederci. -
- Lo so. – Harry
osò tendere una mano verso di lui ed accarezzargli la guancia. – Ma aspetterò
per sempre che tu ci creda. –
Draco si strinse
con forza le mani sul grembo. Era spaccato in due fra la voglia di scappare via
e gridare di rabbia, e quella di abbracciare Harry e non lasciarlo andare mai
più. Si era già innamorato dell’uomo che teneva in braccio il loro piccolo, e
non era possibile innamorarsi due volte della stessa persona; ma a ben vedere Harry
poteva essere un mucchio di persone diverse, se solo lo voleva, e innamorarsi
di ciascuna di essere era molto più che strano, era fisiologico; in quanto allo
scappare, beh, le sue gambe gli comunicarono che erano stanche di dover sempre
correre via da qualsiasi promessa di salvezza.
Perciò Harry non
ebbe bisogno di aspettare per l’eternità. Quando, con circospezione, si fece
più vicino, Draco non oppose resistenza. Anzi, nel momento in cui le labbra di
Harry sfiorarono le sue, piene di tenerezza e preoccupate che qualcosa potesse
andare storto, si sgonfiò come un vecchio pallone di tutte le riserve. Harry
gli prese le mani e lui ricambiò la stretta, esitante, sì, però lo fece.
- Mi dispiace. –
sussurrò Harry sulle sue labbra umide. – Per tutto quanto. -
- Ma adesso è tutto
a posto? – implorò Draco.
Harry piegò la
testa di lato, appoggiandola sulla spalla di Draco, e lo attirò a sé. – Sì. –
promise. D’ora in poi è tutto a posto. Non voglio farti più del male per
nessuna ragione al mondo, e se mai dovessi fare qualcosa di stupido, prendimi a
pugni come hai fatto quella volta. -
- Dio, come ti ho
odiato in quel momento. -
- Lo so. Con le tue
mani mi sei entrato fin dentro l’anima, e ti giuro Draco, ho capito così tante
cose da quella notte in poi, che potrei metterci una vita a spiegartele tutte.
-
- Sono stanco di
spiegazioni e di scuse, e di tutto quanto. -
Draco sollevò lo
sguardo offuscato dalla luce artificiale che si rifletteva nella patina lucida
delle lacrime. Era fragile e fortissimo nello stesso momento, era un germoglio
che lottava per venire alla luce, dopo tutto il tempo passato nel buio della
terra.
- Voglio soltanto andare a
casa e far finta che tutto quello che è successo sia stato un brutto sogno e
niente di più. Che tu adesso ci sei, e ci sei sempre stato, e basta, davvero,
non ne posso più di tutto il resto. -
Harry gli
accompagnò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, e gli diede un altro bacio,
catturando con dolcezza le sue labbra.
- Andiamo a casa,
allora, ti accompagno. -
- Non so se sia una
buona idea. Pansy impazzirà, se ti vedrà entrare. -
- E tu lascia che
impazzisca. È un nuovo capitolo della nostra vita, no? Apriamolo facendoci una
risata alle sue spalle. -
* * *
Ultimamente mi
sembrate tutti e due un po’ strani.
Papà Harry è sempre
con noi, e tu sei contento, quando lui è vicino a te. Anche a te piace tanto
papà Harry, quando fa tutte quelle cose da eroe? Beh, non che abbia capito che
cosa debba fare di preciso un eroe. Ma di sicuro, papà Harry lo fa, sì.
Però c’è una cosa
che non riesco a capire. Papà Harry è contento anche lui, quando è con noi. Ma
allora, se lui è contento, vuol dire che anche tu sei un eroe? Secondo me sì.
Così anche io da grande potrò fare l’eroe.
Però non mi piace tanto che
papà Harry ti dia tutti quei baci, sai? E poi papà te li dà in un modo strano:
te li dà sempre sulla bocca, e sta lì fermo un sacco di tempo. Ma non si
annoia?
Papà, lo voglio anche io un
bacio sulla bocca, come papà Harry, me lo dai, eh? Però non stare fermo anche
tu per un sacco, perché io ho da fare.
Devo andare a
giocare e non posso perdere troppo tempo a darti baci.
ANGOLINO!
Ok, ok,
nota.confessione baka: per il pensiero sui baci di James, mi sono liberamente
ispirata a me stessa, e più precisamente all’idea poco chiara che avevo dei
baci ad anni quattro: vi giuro che mi interrogavo seriamente su cosa ci
trovasse la gente a stare lì attaccata per ore senza fare niente. Poi con il
tempo l’ho capito, ma da allora mi deve essere rimasta un’allergia atavica
verso le ventose/idrovore che ti si attaccano addosso e non ti mollano nemmeno
se simuli le convulsioni.
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