FATHERS: Missing Moments

di Stateira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ieri e oggi ***
Capitolo 2: *** Le mani sul viso ***
Capitolo 3: *** Incidenti ***
Capitolo 4: *** Midnight confessions ***
Capitolo 5: *** L'arma ***
Capitolo 6: *** Morning News ***
Capitolo 7: *** happy birthday ***
Capitolo 8: *** Draghi e cervi ***
Capitolo 9: *** La Piuma di Fenice ***



Capitolo 1
*** Ieri e oggi ***


Cominciamo subito con qualcosa di anomalo: questa MM non è ispirata ad un capitolo di Fathers, ma a “Special Times”, la shot natalizia che vedeva protagonisti i nostri eroi

Questa fic è una Missing Moments della fic “Fathers”, e ciò significa che si riferirà direttamente ad episodi, personaggi ed avvenimenti di quella fic. La lettura di “Fathers”, quindi, è assolutamente necessaria, per la comprensione di questa.

 

 

 

PREMESSA

 

 

Cominciamo subito con qualcosa di anomalo: questa MM non è ispirata ad un capitolo di Fathers, ma a “Special Times”, la shot natalizia che vedeva protagonisti i nostri eroi.

 

… Vi ricordate che regalo ha ricevuto Harry?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<Avete mai provato la sensazione di stringere qualcosa fra le braccia?

Qualcosa di piccolo ed inerme, di fragile.

Sentite la sua fiducia in voi, sentite il calore di un istante.

Sentite pace, e poi forza, e gioia.

E'  come sognare la propria vita, rivedersi in cento foglie, senza motivi, né censure.

Sentite il bisogno d'amore, forte, immenso, dentro di voi, e non sapete spiegare,

Non dovete capire, non volete smettere di sorridere.

Non si forgia un cuore in una mente ferita.

Eppure la sua fiducia non vacilla, non teme nulla.

Così, senza che voi vogliate, vi riempie di sé,

E si trasforma, pian piano, in tutto ciò che di bello possa esistere al mondo.”

 

 

La vita è una cosa proprio strana, pensi, Draco Malfoy. Ti ritrovi quasi all’improvviso ad essere abbastanza grande da poterti illudere di dire “ok, fate spazio, ora prendo in mano il mio destino, e decido io”.

Di solito funziona che a un certo punto, in qualche modo, ti innamori di una persona che per te ha una sapore tutto speciale, no? Cominci a fantasticarci su, ed eccolo lì, all’orizzonte, ti guarda e sorride, il Futuro. Pensi che da questo momento in poi non potranno mai più esistere problemi, nella tua vita, perché adesso c’è lui. C’è lui nella tua testa, lui, nelle tue illusioni di adolescente, e ci pensi, sorridi, arrossisci, ti piacerebbe tanto. E riesci persino a vederti, se solo provi a sforzarti un po’, a spingere una carrozzina per le vie della città. La vostra carrozzina, la spingi con attenzione, per non svegliare il piccino che ci dorme dentro.

Ma che cosa succede, Draco Malfoy, se invece quella carrozzina te la buttano fra le mani a forza? Se al posto di un bimbo la riempiono del loro egoismo, e di promesse buone solo  per il pasto di uno stormo di avvoltoi?

Cosa succede alla tua vita, se ne perdi il controllo in un modo che non ti aspettavi, che mai ti saresti sognato? Se lui se ne va chiudendosi alle spalle tutte le porte che si erano aperte, fra voi?

Oh, naturalmente dirai di no, che un figlio non lo vuoi più, che non si scherza, che adesso c’è da ricostruire sulle macerie.

Ma se quel figlio c’è già? Se è troppo tardi, Draco, se il figlio di un compromesso mai firmato respira già l’aria vivace della primavera londinese?

A quel punto succede una cosa strana, strana davvero. Succede che ti spezzi in due, e tu rimani nel mezzo, ad ascoltare le ragioni delle tue nuove coscienze. La prima, che si domanda, assieme a te, come possa esserci qualcosa di tanto piccino a questo mondo. Assieme a lei, scorri con l’indice le falangine minuscole delle sue mani, e le ossicina delle costole, e la linea indecisa delle sue labbra, e tu ti rendi conto, scioccamente, che il poco sangue che quella creatura possiede è per metà di lui. Arriva l’altra, quindi, quando sei un po’ troppo vicino all’innamorarti di quel bambino, e comincia a strepitare che gli somiglia troppo, troppo, troppo a lui, lui, lui, e ancora lui.

Quel lui che tu avresti soltanto voluto provare, quel lui che era morto.

Morto?

Oppure eri tu, a essere morto, Draco Malfoy? Eravate morti l’uno per l’altro, o eravate morti per voi stessi?

Può il pianto di un neonato di poche settimane trasformarsi nella tua personale tragedia? Può l’ansia scuoterti le braccia ogni notte, tenendoti lì, sveglio, ad aspettare  che un’altra, inutile alba, se ne esca fuori da quello stramaledetto orizzonte che, al diavolo, fino a poco tempo prima era stato diverso, era stato ampio ed aperto, e tutto per te?

Hai scelto per quel bambino un nome che per te non significa nulla, ma che per suo padre significa moltissimo. Significa tutto ciò che ha perduto, e che adesso sta negando a suo figlio.

Si dice che le colpe dei genitori ricadano sempre sui figli, ed essere orfani non è stata una sua colpa, ma per Dio, quanta rabbia deve avergli fatto, una rabbia tale da trasformare un corpicino accovacciato in una culla nel bersaglio di tutta la sua frustrazione, tanto che deve essergli venuta voglia di fargli ciò che avevano fatto a lui.

Lui si era portato via a suo figlio, come a lui era stato portato via suo padre, e tu lo odi, da morire, per questo, perché sai che è una guerra inutile, perché lo hai provato sulla tua pelle, che con un figlio non si può combattere. Perché non è giusto, perché lui non ha capito, non ha capito niente.

Per questo Harry non era con te, per questo aveva messo fra lui e voi tutta la distanza del mondo.

Per questo tu non trovavi pace, non riuscivi a sentirti a casa, in casa tua, e il divano ti pizzicava, rendendosi insopportabile.

Lui è sempre lì, nella sua culla, e appena ti affacci ti fa quell’incantesimo strano, quello che riesce solamente a lui. Ti fa quel sorrisino che mostra i suoi due dentini nuovi nuovi, e te lo dice, con i suoi occhi color dei tuoi, che tu sei tutto il suo mondo. Sei il suo universo di braccia e gambe, e sei immenso come tutto il cielo che lo circonda. Tu, proprio tu, tu con i capelli biondi e i sassi nel cuore, tu che non vorresti andare avanti, tu che non sai che cosa pensare, che cosa fare, come uscire di lì. Tu sei il suo papà, e per lui questo è sufficiente, da te non vuole nient’altro.

 

Giorno dopo giorno, gli angoli si smussano, dentro di te, e quella tua fantasia di abbandonarlo a sé stesso, sull’ingresso del San Mungo, comincia a sembrare orribile anche a te. Come potresti, davanti a tanta fiducia? Come farai, a giustificare il tuo gesto a quegli occhioni grandi come bicchieri, che ti chiedono entusiasti “dove mi porti di bello, papà?”

Decidi che la tua vita ce l’hai ancora in mano, che la carrozzina del tuo bambino non è poi così pesante, e che è solo questione di pratica, con i ciottoli fastidiosi che la fanno sbandare.

Decidi che è meglio farla in silenzio, quella cosa di aspettare il ritorno di suo padre, e intanto di rimboccarsi le maniche, perché quel bambino, che diamine, ha bisogno di fare il bagnetto, e di prendere una boccata d’aria. E di un bel frullato di zucca, con un pizzico di zucchero.

E tu hai bisogno di lui. E lascia stare, lui non è Harry, e finalmente questo comincia ad andarti bene. I capelli neri di James sono la cosa più buffa che ti sia mai capitata fra le dita, e persino quella smorfia che fa corrugando tutta la fronte e imbronciandosi, ti fa sorridere. E capisci pian piano che è meraviglioso, guardarlo scoprire il mondo, giorno dopo giorno. Gli hai concesso il battesimo del tuo affetto, e la sua bocchina disegnata come la tua non ha più il sapore della nostalgia di Harry, ma quello del tuo piccolo bambolotto.

Cominci ad affibbiagli soprannomi stupidi, comincia a diventare il tuo topino, il tuo marmocchietto, il tuo pasticcione, il tuo tatino. E ti accorgi che funziona, contro i sensi di colpa, ti accorgi che quello è un modo come un altro per sentirsi più padre, perché solo tu hai il diritto di chiamarlo in quel modo idiota, e lui è tuo per diritto di sangue, e per diritto di occhi.

Diritti che poi ti incastrano, inevitabilmente, perché nessuno indovina una paternità dal sangue. Quello è sempre rosso, è sempre liquido, e allora amen, saremmo tutti fratelli, a guardare quello.

Gli occhi, invece, quelli ti fregano. E ti ha fregato il modo in cui James assomigli a suo padre Harry in modo tenace ed orgoglioso. Ad Harry avresti anche potuto negare il sangue, ma cosa gli avresti risposto, se solo ti avesse detto “ Non vedi che ha i miei capelli? Non vedi che ha i miei tratti?”

Non lo vedi, Draco?

Oh, l’hai visto, l’hai visto eccome. È stato bello quasi fin dall’inizio, leggere un po’ il futuro di James nel taglio squadrato degli zigomi di Harry.

 

Ora guardi il tuo uomo, addormentato sul divano. Non si è nemmeno tolto gli occhiali, che adesso gli si sono storti sul naso, e che finiranno con il lasciargli un solco rosso violaceo proprio sul setto, di cui si lamenterà per ore. E con lui, il vostro bambino, che gli si è assopito in braccio, con la gambine piegate come un ranocchio, e la camicia del suo papà stretta nel pugno. Guardi il pollice infilato per metà nella sua bocca umida e socchiusa, appoggiata al petto di Harry, e il filo sottile di saliva che ne esce, e che forma un puntolino scuro proprio sotto il colletto della camicia di Harry. E sai già che quando Harry si sveglierà ne riderà, in un modo rapito, come fa per qualsiasi cosa faccia suo figlio. Ne riderà e  si stringerà nelle spalle, perché non gliene importa una accidente, di presentarsi al Ministero con la camicia macchiata dalla saliva del suo figlioletto che gli si è addormentato sopra. Anzi, ne andrà persino fiero.

“Visto? È stato mio figlio, è ancora troppo piccolo per dormire con la bocca chiusa”.

Sorridi del tuo spirito romantico che sbuca all’improvviso dal tuo orecchio destro, e ti si appollaia sulla testa, strisci silenziosamente di là, e ne torni con una macchina fotografica.

 

Se Harry farà il bravo, Babbo Natale gli porterà qualcosa di molto speciale, quest’anno.

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Bene, adesso che abbiamo ricominciato da questa parte, ne approfitto per alcune precisazioni.

Innanzitutto, le shot non seguiranno un ordine cronologico, perciò, se dovessi pubblicare una episodio riguardante Harry e James già insieme, non significa assolutamente che abbia escluso richieste che riguardano il periodo precedente, non vi preoccupate!

Infine, visto che abbiamo cominciato con una shot non richiesta, vi ricordo che quelle che invece mi sono state richieste segnaleranno il nome/nick di chi mi ha fornito lo spunto. Mi sembra il minimo, per ringraziarvi della partecipazione!

La pubblicazione non seguirà alcun ordine di preferenza, in merito: non è che se pubblico prima la shot richiesta da X, vuol dire che X è più bella degli altri. Il tutto dipende solo ed esclusivamente dal tempo che ho a disposizione, e dall’ispirazione. Finché non sarò più che soddisfatta della shot non la pubblicherò, e, considerando che alcune richieste mi hanno davvero messa in difficoltà (e quindi assolutamente spinta ad accettare la sfida, accidenti a me, Grifondoro della miseria), alcune dovranno avere un po’ di pazienza!

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Capitolo 2
*** Le mani sul viso ***


DEDICHE:

DEDICHE:

 

Questa MM è tutta per Black cat, per Fe e per Marty. Grazie ragazze, con tutto il cuore!

 

 

 

 

“- Professoressa…- fece poi Draco, vagamente intimidito. – senta, ci sarebbe una cosa che vorrei chiederle. Un piccolo favore.-

- se posso, signor Malfoy…-

Blaise rivolse a Draco uno sguardo indagatore. Sguardo a cui Draco con un’occhiata che significava semplicemente “non chiedermi perché lo sto facendo”.

E Blaise non lo fece. Non gli chiese niente, ma stette ad ascoltare la richiesta di Draco con un sorriso fraterno, e indulgente, e intenerito, e triste, un po’, in fondo. Ma, ancora più in fondo, speranzoso. “

 

Cap. 9: “Hogwarts”

 

 

Draco inarcò un sopraciglio, e piegò le labbra in una smorfia infastidita.

Pansy doveva essere proprio uscita di senno, se credeva davvero alle assurdità pazzesche di quella stupida rivista.

“Piccoli Maghetti”.

Ah sì? beh, a scrivere “Piccoli Maghetti” doveva essere un branco di Grandi Idioti, stando alla quantità folle di sciocchezze concentrate in quelle pagine. “Come crescere il vostro piccolo con l’aiuto della tecnologia babbana”, ma siamo impazziti?

“Il succo di Alga Polare e i suoi benefici” oh sì, glielo spiegano loro, a un bambino di quindici mesi, che da oggi la sua adorata zucca frullata verrà soppiantata da una disgustosa poltiglia salata, per il bene del suo midollo osseo? E a proposito, avrebbe fatto bene a darsi una mossa, e portarlo di sotto. Era raro che James accettasse di starsene buono a giocare nella sua cameretta, troppo raro. C’era da scommettere che da un momento all’altro avrebbe cominciato a piagnucolare, per poter scendere, e mettersi comodo sul tappeto a pasticciare le sue pappe sul povero Bu Bum.

- Pa… pa… pa… - 

Draco sollevò lo sguardo sul piccolo, che aveva improvvisamente smesso di lanciare qua e là i suoi pupazzi magici.

- Che cosa c’è? –

James sbatté le ciglia scure. – Pa-pà Da-co. – parlottò, intrecciando maldestramente le dita fra loro, il visino puntato da qualche parte verso l’alto.

Draco posò il giornale con un sospiro. - Che cosa c’è, James? Che cosa guardi? – mormorò pazientemente.

James si animò improvvisamente, appena Draco lo ebbe sollevato, e con entrambi gli indici delle manine prese ad indicare la parete davanti a sé. – Da-daaaa… pa-pà. -

Draco inarcò un sopracciglio. – Cos’è che vuoi vedere, eh? – fece, sollevandolo fino al suo petto.

Il piccino si sporse con tutte le sue forze in avanti, allungandosi più che poteva, e posò le manine sulla faccia di un ragazzo dai capelli neri, in sella ad una scopa, che sorrideva allegramente.

- Eh? – fece James piegando le labbra in una smorfia interrogativa. Il ragazzo della fotografia si allontanò di scatto, tanto repentinamente da far trasalire Draco. Si mise a volare come un ossesso, ovunque, mettendo in difficoltà James, che cercava di stargli dietro, con gli occhietti sbarrati.

 

Il Boccino è lì, Harry, proprio lì. Ecco, l’hai preso, visto? Una volta ancora.

 

- Vuoi sapere chi è lui? – sussurrò.

James si voltò verso il poster, poi verso Draco, e di nuovo verso il poster. E vi mise ancora le mani sopra, premendole forte contro il volto di Harry, e il suo petto. – Eh? Eh? -

- James... – Draco fece un respiro profondo. – Vedi, piccolo, lui è… è… -

 

No, non ce la faceva. Non trovava la forza di dirglielo. Di dirlo, di sputarlo fuori dalla bocca. E poco importava se James probabilmente non avrebbe capito, se se ne sarebbe dimenticato un momento dopo. Draco non ce la faceva, a riempire le orecchie del suo bambino con il nome del suo fallimento.

 

- Lui è… -

 

Ma non poteva nemmeno mentirgli. Non si poteva mentire, ad un bimbo che somigliava così tanto a suo padre.

- Lui è il tuo papà, James. Papà Harry. -

James fece una smorfia confusa. - Pa-pà… Da-co. -

- No, no. Vedi… - Draco prese una mano del figlio, e se la portò al petto. – Io sono papà Draco. E lui… - aggiunse, spostando il piccolo verso il quadro, e facendogli posare una mano su Harry. - … E’ papà Harry. Capisci? Anche lui è tuo papà, come me. -

- Oh. – James rimase con le ditina appoggiate sulla superficie liscia del quadro. – Pa-pà… pa-pà… -

- Papà Harry. -

- Pa-pà… De... De-dy. -

- Sì. – Draco trattenne un singhiozzo. – Lui è papà Harry. E io sono…? -

- Pa-pà Da-co. – disse il piccolino, con più sicurezza.

Sembrava tutto concentrato sulla novità. Continuava a fissare Harry, attentissimo, e ogni volta che lo vedeva muoversi, aggrottava le sopracciglia. Draco si chiese disperatamente se ci fosse qualche possibilità che James avesse davvero capito. E se questo fosse bello, e giusto, o se fosse solo maledettamente orribile.

James drizzò la testolina di scatto, e si sporse con forza verso il quadro di fianco, il più grande. Draco lo assecondò, avanzando di un passo, e chiuse gli occhi davanti al grande primo piano del volto scanzonato di Harry, che rideva e faceva facce stupide. Aveva voluto quella foto più grande delle altre, perché voleva che Harry fosse soprattutto questo, per suo figlio: un ragazzo allegro, un papà buffo e dolce, e si sentiva stupido, in quel momento, per non avere la forza di fronteggiare proprio quell’Harry. L’Harry più umano, l’Harry migliore, l’Harry che lui, se avesse potuto, avrebbe scelto per James.

 

- Ah! –

 

Draco socchiuse un occhio, appena sentì James agitarsi.

Il piccolino si teneva aggrappato alla manica della usa maglia con una manina, e con l’altra indicava Harry. E all’ennesima boccaccia, semplicemente, lo fece.

Scoppiò in una ristata entusiasta, e prese ad agitare le gambine, gridando chissà cosa, nella lingua che soltanto lui capiva. Harry continuava a esibirsi con le sue smorfie, e James sghignazzava a più non posso. Era un bambino felice, e rideva perché il suo papà lo faceva ridere, perché faceva tante facce buffe. Il suo papà di carta.

- Pa-pà… Ne… Ne… -

- Harry, tesoro. Papà si chiama Harry. – lo aiutò Draco.

- De-dy. -

- Sì. – Draco gli accarezzò la testolina, ed alzò lo sguardo sul poster, uno dei tanti, che ritraeva Harry Potter. Il più bello di tutti, quello che aveva fatto ridere il suo bambino.

- Andiamo giù un momento, ora, eh? Papà deve fare una cosa. -

 

James si raggomitolò sul divano dove il suo papà lo aveva lasciato, e lo stette ad osservare rapito, mentre si chinava sul camino, issandosi sulle braccine per poterlo seguire con gli occhi.

 

- Pansy, puoi venire un momento? -

 

Stava chiamando la zia. Però non lo aveva fatto come lo faceva sempre. Papà aveva una voce molto triste, e piangeva, persino. James vide i suoi occhi grandi e belli rigati dalle lacrime, e gli venne voglia di piangere forte, anche lui. Non voleva che papà piangesse, forse aveva male da qualche parte, forse chiamava la zia perché si sentiva tanto triste. Forse il papà dentro il quadro gli aveva fatto la bua.

 

- Draco, sono qui. -

 

La zia era arrivata. E papà l’aveva abbracciata forte. James lo sapeva, che papà voleva molto bene alla zia, ma in quel momento non la stava abbracciando perché le voleva bene. Piangeva tanto, papà Draco. E James fu sicuro di sentirgli ripetere molte volte il nome del papà del quadro, papà Harry. Lo ripeteva e piangeva, papà Draco.

 

- Hai bisogno di una pausa, Draco. – mormorò Pansy. – Forza, ora chiamiamo Blaise, che badi un po’ a James, e noi due ce ne andiamo di là e ci beviamo un bel tè, va bene? Un bel tè caldo, e vedrai che ti sentirai molto meglio.

- E’ dappertutto, Pansy! – Draco quasi lo gridò, fra i singhiozzi. – E’ dappertutto, nella mia vita. –

- Non pensare a lui, Draco. Non ci pensare. –

 

James abbracciò forte il cuscino del divano. Avrebbe tanto voluto avere Bu Bum lì con lui.

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Capitolo 3
*** Incidenti ***


L’incidente

Clang!

 

Harry balzò su precipitosamente dalla poltrona, appena in tempo per vedersi il figlioletto corrergli incontro dalla cucina, in lacrime.

- Che succede, James? – si preoccupò, chinandosi a prenderlo in braccio. – Ti sei fatto male? È caduto qualcosa? –

- Naaaaaaa, papà!!! Gutto, Gutto fatto bua, bua! –

Harry passò delicatamente una mano sulla testa di James, e gli studiò il faccino rossissimo, per assicurarsi che non si fosse fatto nulla, ma nonostante sembrasse tutto a posto, il piccolo non faceva che strilare.

- Andiamo a vedere, eh? – fece, rassicurante, superando la porta della cucina ad ampie falcate.

- Harry che è successo? – gridò Draco dal piano di sopra, allarmato.

- Vieni giù! – gli rispose lui, mentre James si divincolava come un ossesso per farsi mettere a terra.

- Gutto… - pigolò disperato, acquattandosi in un angolino.

 

Harry individuò alcuni mestoli di metallo, alcune pinze ed il coperchio di una pentola sparsi a terra un po’ ovunque, fino al tavolo. E vicino a James, il povero Augusto che squittiva rannicchiato.

- Che cos’è successo qui, piccolo? – domandò dolcemente a James.

- Butto, butto! – gridò James, indicando un mestolo. – Ha fatto bua a Gutto! Butto, butto!-

- James… - mormorò Harry, serio. – Non si gioca con i mestoli, è pericoloso. –

 

- Non ci stava giocando. –

 

Draco entrò a tutta velocità in cucina, ed esaminò la situazione con occhio critico ed allenato.

- Lo vedi? – disse accennando alla credenza. – Sono troppo in alto, non poteva prenderli da solo. -

- Uhm. – Harry annuì, e si inginocchiò. – James, si sono messi a volare? – domandò con tono più conciliante. – I mestoli, e le pentole… volavano in giro, tesoro? -

- Ti! – rispose James, accorato. – Tutto, tutto vola! Tanta bua a Gutto! -

 

Draco si chinò di fianco alla povera bestiola, che guaiva tenendo la coda tutta irta. Sembrava incapace di rimettersi in piedi, e una delle zampe posteriori era tesa verso l’esterno.

- Ti sei rotto la zampetta, eh? – osservò, scoccando un’occhiata al mestolo che James si ostinava ad incriminare.

- Gutto… tanta bua, Gutto - piagnucolò James, affranto.

Harry gli offrì una mano, e lo prese in braccio. – Coraggio, campione, non ti preoccupare. – gli disse. – Adesso portiamo Augusto dal dottore, vuoi? Vedrai che guarirà in un lampo. -

- Lo metto io nel cestino. Tu vesti James. – lo assecondò Draco, alzandosi e mettendosi a trafficare in una delle tante credenze chiuse della cucina.

- C’è un veterinario proprio in fondo alla via, mi pare. -

- Un veterinario? – Draco riemerse con il cestino di Augusto in mano, ed uno sguardo schifato. – Perché, vorresti portare quella povera bestia da un Babbano? -

- Oh, andiamo, per una fasciatura alla zampa… -

- Nonononono, e poi no. Si va a Diagon Alley. -

- Ma Draco… -

Draco lo fulminò. – Ho comprato quel cosetto a Diagon Alley, e lo farò curare a Diagon Alley. Tsk, Babbani. Te li do io i Babbani. –

Harry cercò di trattenere una mezza risata. Dopo mesi, Draco non riusciva ancora a far pace con sé stesso, e a pronunciare la parola furetto. Harry dubitava seriamente, peraltro, che ci sarebbe mai riuscito. Con ogni probabilità, Augusto sarebbe per sempre rimasto un “coso”, un “aggeggio”, un “affarino”.

 

Diagon Alley distava una decina di minuti dalla casa di Draco, e visto che non era prudente usare la Metropolvere con una bestiola ferita al seguito, Harry, Draco e James si misero in cammino verso il Paiolo Magico.

Draco reggeva il cestino di Augusto, cercando di non strattonarlo, mentre Harry teneva in braccio James, che continuava a piagnucolare, inconsolabile, aggrappato al suo collo.

- Shhh, tesoro… - sospirò per l’ennesima volta. – Non ti devi preoccupare, Augusto guarirà in un baleno. –

- Nooo! Gutto piange, piange! –

- Piange perché gli fa male la zampetta. Ma non è che se piangi anche tu lui si senta meglio, sai? –

- Nnnnno! – James tirò su con il naso, e si chiuse in un mugolio dolente e risentito. Ed Harry pregò solo che a Diagon Alley facessero in fretta, maledettamente in fretta.

 

Arrivati al negozio di animali, Draco posò con delicatezza il cestino sul bancone, e riassunse brevemente l’accaduto alla stessa rubiconda commessa che glielo aveva venduto.

- Mi ricordo di te, caro! – esclamò lei, con un sorrisone, ma James non la considerò nemmeno un po’.

- Si è spaventato. – spiegò Harry, facendosi dondolare il figlio sul braccio.

- Oh, povero piccino, non ti devi preoccupare. –

Draco la osservò con un po’ di apprensione, mentre estraeva con cautela il furetto dal cestino.

- Uhm… si è fratturato la zampa. – sentenziò, pensierosa.

- C’è modo di rimediare, vero? – insinuò Draco, teso.

La signora gli rivolse uno sguardo a metà fra il sorpreso e il divertito. – Mio caro giovanotto, se esiste un rimedio per noi uomini, esiste anche per gli animali! – esclamò, sparendo nel retrobottega con una risatina giuliva.

Draco arricciò il naso, un po’ offeso, ma decise che comunque non valeva la pena ribattere. Stranamente non aveva voglia di far presente a quella grezzotta qualunque che lui era Draco Malfoy, niente di meno che. E poi non vedeva sinceramente l’ora che quella bestiola smettesse di guaire in modo così doloroso, con James che gli faceva eco, in braccio ad Harry.

 

La donna tornò pochi istanti dopo con un flaconcino color violaceo in mano.

- Ecco qui. – proclamò, soddisfatta, versandone con attenzione tre gocce su un croccantino.

- Glielo offra, dobbiamo farglielo mangiare. – spiegò a Draco con disinvoltura.

- Ehm… veramente è Harry che gli dà da mangiare, di solito. – balbettò Draco, rivolgendo un’occhiata terrificata al biscottino.

- Harry non è disponibile, al momento. – borbottò lui prontamente, in risposta, mentre cercava di tener fermo James, scoppiato di nuovo in una crisi di pianto.

Draco sospirò, sconfitto. – Ok. – fece, misuratamente. – Suppongo che non possa essere poi così complicato. Ahm, affarino? Lo vuoi un biscotto? –

Esitante, afferrò il croccantino, e lo mise sotto al naso alla bestiola senza tropi complimenti. Augusto lo annusò, diffidente. Prese a mordicchiarne i bordi, indeciso se farselo piacere o meno, con Draco che lo osservava ansiosamente.

Draco aspettò che il furetto arrivasse a metà del biscotto, poi lo lasciò andare, appena avvertì la sua linguetta umida su un dito.

- Ben fatto! – fece la commessa, con un gran sorriso.

Augusto ingoiò l’ultimo pezzetto di croccantino, e quasi immediatamente fu scosso da una specie di brivido, che gli attraversò la zampetta ferita, facendolo squittire. Diede una scossa alla coda, e tentò prudentemente di appoggiare la zampa sul bancone. Sembrò saggiarne la tenuta con un paio di passetti, ed infine prese a zampettare qua e là, soddisfatto.

- Visto? – fece Harry, immensamente sollevato. – Augusto è guarito, che ti dicevo? Adesso basta piangere, eh? -

James tirò su con il naso, e si lasciò posare sul bancone.

- E’ il tuo furetto, vero piccolino? – fece la commessa, affettuosamente.

- Gutto. – rispose James, annuendo. – Vieni! Vieni, Gutto, vieni!-

Augusto si sollevò sulle zampette posteriori, e squadrò James. Immediatamente trotterellò verso di lui, gli annusò tutta la faccia, e strofinò la testolina sulla manica del suo mantellino.

- Oddio, fine dell’incubo. – sospirò Harry. – Un’altra crisi di pianto, e credo che mi sarei messo a piangere anch’io. –

 

Per festeggiare la guarigione di Augusto, Draco propose una tappa da Fortebraccio. Non fu facile convincere James che non era davvero il caso di comprare un gelato anche al suo furetto, ma alla fine si giunse ad un compromesso ragionevole: ad Augusto fu permesso di leccare un paio di cucchiaiate di gelato alla vaniglia e al cioccolato, e James festeggiò la sua conquista con un trillo esaltato.

 

- Papà… - sussurrò James all’orecchio di Harry.

Sulla strada del ritorno, aveva voluto restare in braccio al padre, anche se ogni tanto si sollevava per controllare la cesta di Augusto. Doveva aver consumato un sacco di energie piangendo per tutto il pomeriggio, vista sua la vocina affaticata.

- Gutto è abiato con me? -

- Ma non che non è arrabbiato con te. -

- Ma… -

- Tesoro… - Harry gli accarezzò la testa. – Non lo hai fatto apposta, a far volare quelle cose, in cucina. Non devi sentirti in colpa, nessuno è arrabbiato con te. -

- Io non volevo fae la bua a Gutto. È tato il cucchiaio cattivo. -

- Lo so, tesoro, lo so. Quando torniamo a casa facciamo così, eh? Diamo insieme le pappe ad Augusto, e vedrai come sarà contento. -

- Ma non c’è più, la bua?-

- No, non c’è più la bua. –

- Oh. – James rimuginò un po’ fra sé.

Harry sbuffò un mezzo sorriso, quando lo sentì appoggiare il faccino sulla sua spalla, e cantilenare “più, più bua, più bua”.

 

A casa, James impugnò la ciotolina di Augusto con una certa solennità, se la fece riempire di bocconcini da Harry, e se la strinse al petto. Cominciò a scavare con le ditina fra i bocconi, scelse quello che doveva sembragli il più grande, o il più bello, e lo offrì al furetto.

- Cusa, Gutto. – mormorò, con il labbro inferiore teso.

 

Augusto lo squadrò, inclinando la testolina. Si tese verso il boccone e lo mordicchiò tutto, fino alle dita di James. Poi prese a leccargli le dita impiastricciate, e James gli accarezzò la schiena, fino alla coda arruffata. Finalmente si decise a posare a terra il resto della ciotola, per la gioia della bestiola, che vi si fiondò sopra, affondando il muso nella salsa.

 

- Non voglio che si senta in colpa. – mormorò Draco. – Non lo ha fatto apposta, mi dispiace che si sia spaventato tanto. -

- Gli passerà . – lo rassicurò Harry. – Credimi, io ho passato una vita a sentirmi in colpa per qualsiasi cosa, e alla fine non ne vale la pena. Lascia che gli passi, vedrai che già domani si sentirà meglio. –

- Lo spero per lui. – Draco rifilò un’occhiatina supponente a Harry. – Certo che se noi… - cominciò a dire, con tono casuale.

- “Certo che” cosa? –

- No, era così per dire. Che magari tutto questo casino si sarebbe potuto evitare… per esempio… Se gli avessimo comprato un gatto. -

 

- …DRACO?!?!? –

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Capitolo 4
*** Midnight confessions ***


DEDICHE: questa MM scritta interamente con la mano sinistra, visto che la destra era impegnata a fare la spola fra la mia bocc

DEDICHE: questa MM scritta interamente con la mano sinistra, visto che la destra era impegnata a fare la spola fra la mia bocca e la scatola dei Chocos, è stata richiesta da Gosa, da Martina e da Fé (wow, che successo! ^^) e quindi è a loro interamente dedicata! Grazie di tutto cuore ragazze, per esserci sempre semprissimo!

 

 

 

 

 

 

“- E’ che  pensavo…- continuò Harry, sforzandosi in modo evidente di mantenere un tono colloquiale. – Che io vengo spesso qui, e non è che mi dispiaccia. Ma voi due siete venuti solo un paio volte, da me, per poche ore, e a me farebbe piacere che James restasse di più a casa mia. Non ci metto nulla, ad arredargli una cameretta, e naturalmente puoi venire anche tu, è chiaro. Così, insomma, magari si ferma anche la notte… non è un problema, per me, anzi…-“

 

Fathers, cap 18: “Passo dopo passo”

 

 

 

 

No, non fu un problema.

Arredargli la cameretta, procurarsi uno scalda biberon, dei pannolini, le sue pappe, e tutte le altre cose che gli servivano, non fu affatto un problema. Draco aveva incantato una borsa enorme con tutto l’occorrente perché James passasse una notte tranquilla, gli aveva vergato di suo pugno un decalogo del perfetto padre su pergamena, e gli aveva spiegato e rispiegato mille volte cosa dovesse fare e non fare, cosa dovesse dire, quando dovesse sorridere per farlo dormire. Corso accelerato su come preparare il latte prima della nanna, su come allacciargli il pigiama e pannolino, ed Harry era pronto, preparato, addestrato.

 

I problemi furono ben altri.

 

- Ti piace, piccolo? -

James non rispose. Si guardava attorno con aria terribilmente insicura, ed Harry si sentì a disagio. Aveva avuto solo due giorni per preparare la camera per James, ma era più che certo di aver fatto un buon lavoro.  Aveva scelto la stanza di fianco alla sua per averlo vicino, aveva comprato un lettino con la rete di protezione, aveva sostituito tutte le luci con delle candele, perché fossero più tenui, e aveva ritinteggiato la stanza di un bel colore celeste. Il tutto, con la preziosa consulenza di Hermione.

 

Draco gli aveva spiegato dell’attaccamento di James per il suo pupazzo Bu Bum, ed Harry si era accertato di averlo preso prima di uscire. Ricordava bene l’espressione strana e malinconica con cui Draco aveva fissato gli occhietti neri del cervo di peluches, prima di consegnarglielo e salutare il piccolo. Si era sentito quasi in colpa, come se gli stesse portando via James a forza, e aveva cercato di quantificare almeno per impressione quanto separarsi da James fosse difficile per Draco, e di conseguenza quanto grande fosse il gesto di fiducia verso di lui.

 

Ma il lettino, le luci, i quadri allegri ed animati, e persino Bu Bum, sembravano inutili. James, aggrappato alla sua spalla, continuava a guardarsi attorno con espressione smarrita.

- Tu dormirai qui. – riprovò Harry. – Va bene ? -

- Papà Daco? -

- Papà Draco non c’è stasera, James. Lo rivedrai domani, d’accordo? –

James si voltò verso di lui lentamente. – Papà Daco? – bisbigliò in un pigolio appena udibile.

- Tesoro… -

James si portò le manine alla faccia, stringendole forte sulle guance. – …Papà Daco? – insistette, minacciando di scoppiare da un momento all’altro.

 

Harry fu colto da un senso di panico che assomigliava lontanamente a quello che aveva provato durante la guerra. In quel momento, era come se il pianto di suo figlio potesse rappresentare una sconfitta, una battaglia finita in tragedia, la perdita di amici, un dolore insopportabile. E lui, poverino, continuava a guardare in giro da tutte le parti, continuava a cercare Draco dietro le porte, dentro gli specchi, ovunque, disperatamente.

- No, no, angelo. – cercò di calmarlo, massaggiandogli la schiena. – Ascoltami, ascolta papà: questa notte fai la nanna qui, perché papà Draco non c’è. Ma domani torniamo da lui, sai? -

- Papà!!! -

- James, su… - Harry cercò di abbracciarlo, ma lo sentì divincolarsi con forza.

E ne fu ferito, tremendamente ferito.

- Cucciolo mio. – gli disse, accarezzandogli la testolina e portandolo fuori dalla cameretta che sembrava odiare tanto. – Ascolta, vuoi che giochiamo un po’ insieme? -

James tirò su con il naso. – Gioco. – borbottò, con la vocina arrochita.

- Sì. Giochiamo con Bu Bum, e con gli altri giochi, vuoi? -

- Bu Bum ,ti. -

- Va bene. – Harry sospirò, e lo portò in salotto.

Se non altro, sarebbe riuscito a farlo crollare dal sonno, facendolo giocare. E se non altro, sarebbe riuscito a farlo ridere.

 

*

 

- Cosa c’è, è stanco, Bu Bum? -

Harry sorrise, quando James perse la presa sul suo pupazzo, e sbadigliò forte.

- Vuoi che andiamo a fare la nanna, adesso? -

James si strofinò gli occhietti rossi di stanchezza. – Ti. – biascicò svogliatamente.

Harry lo sollevò, e gli lasciò affondare la testina sulla spalla. – Forza. Prendiamo anche Bu Bum, eh? Così fa la nanna con te. –

- Bu Bum tanta nanna. -

 

Tanta nanna un bel niente, invece.

Harry non fece in tempo a disfare le coperte del proprio letto, e a stendersi, che James cominciò a disperarsi.

Harry scattò subito in piedi,  teso fino allo spasmo, e si precipitò nella sua stanzetta.

Per un momento fu sfiorato dal dubbio di come avesse fatto Draco a gestire notti e notti di pianti disperati, ammesso che con lui James piangesse. Se ogni volta significava saltare su dal letto con il cuore in gola, non poteva nemmeno immaginare quanta forza fosse servita per resistere così.

- Tesoro, cosa c’è? – disse, sollevandolo dal lettino.

- Papà Daco! – piagnucolò il piccolo.

Harry diede un gemito sconfitto. – Papà Draco non c’è, tesoro, mi dispiace. -

- Naaaa, Papà Daco! -

- Mi dispiace moltissimo, James. -

 

Una parte di Harry avrebbe voluto chiamare Draco. Ma un’altra non osava, e un’altra ancora lo temeva.

Lettino, poster colorati, giocattoli, Harry aveva previsto tutto quanto, ma non che un bambino di ventidue mesi non riuscisse a dormire, senza la persona che lo aveva cresciuto. Senza il suo papà Draco, che stava vincendo, che lo faceva sentire un estraneo, una volta ancora, senza nemmeno aver bisogno di esserci.

James giocava con lui, si lasciava coccolare e accarezzare, ma dormire, quella era una cosa seria, quella era una cosa per cui era indispensabile che ci fosse papà Draco, il papà quello vero.

- Angelo mio, dimmi cosa posso fare per te. – mormorò Harry, asciugando con un dito le lacrimone sulle guance di James.

Se lo avesse chiamato, Draco sarebbe venuto a prenderselo, e lo avrebbe riportato a casa. Nessuna speranza di trattenere nessuno dei due, Draco soprattutto. Ma Harry aveva bisogno di quella notte, aveva bisogno di avere il suo bambino con sé, di non sentirsi più così orrendamente solo, di non ascoltare il silenzio della casa di un uomo che aveva sconfitto tutto, e non aveva vinto niente. E Draco, lui non sarebbe mai restato, non avrebbe mai accettato l’invito di Harry a dormire nel suo letto, mentre lui se ne andava sul divano. Non gli avrebbe mai concesso di passare una notte tutti e tre insieme, in tre stanze diverse, sì, ma nella stessa casa, almeno nella stessa casa. La sua.

- Papà!!! -

- Amore… Amore, senti, lo vuoi un po’ di latte? Eh? Facciamo il latte? -

James lo squadrò sbattendo forte le ciglia. - Gno. – borbottò, calmandosi all’improvviso. Harry lo vide ciondolare per il sonno. Erano le undici, James doveva essere completamente esausto.

- Ascolta. – disse, adagiandolo di nuovo nel lettino. – Adesso chiudi gli occhi e dormi, va bene? Domani mattina andiamo subito da papà Draco. -

- Papà Daco. – pigolò James.

Harry gli sorrise, e spense la luce.

 

Si rimise a letto, e chiuse gli occhi con una fastidiosa consapevolezza in più. Veder piangere James gli ricordava Draco, e lui non sopportava di veder piangere gli occhi di Draco, né in lui, né nel loro bambino.

 

*

 

Draco entrò nella stanzette di James in punta di piedi, dandosi dello scemo da solo per l’inutile precauzione. Il letto era vuoto, e i suoi giochi tutti in bell’ordine, tranne Bu Bum, al seguito del suo padroncino, che aveva lasciato uno spazio vuoto al centro del gruppetto di pupazzi.

Draco sorrise mestamente. Si sentiva solo, senza il suo piccoletto, senza nessuno da salutare prima di andare a dormire. Pensò per qualche momento al fatto che, senza di James, a quell’ora sarebbe stato solo per davvero, al Manor, senza nessuno per casa a parte gli elfi domestici. E chissà, molto probabilmente non si sarebbe mai reso conto di essere solo, non avrebbe mai capito che cosa si stava perdendo, che cosa c’era per lui, lì, a portata di mano.

 

- E così, stasera ce l’hai tu. – mormorò.

Harry gli scoccò un’occhiata perplessa, sospeso sulla sua scopa, poi lo lasciò perdere, per lanciarsi all’inseguimento del boccino.

Draco alzò gli occhi al soffitto, e lasciò perdere quell’Harry esagitato ed irrequieto.

- Ti stai divertendo, con tuo figlio? – domandò all’Harry delle boccacce.

Che gli rispose con un ghigno criminale e una lingua lunga.

- Già, scommetto di sì. – sospirò Draco.

 

Era brutto sentirsi soli, anche solo per una notte. Era fastidioso e imbarazzante.

 

- Sai, io… - soffiò, tendendo rapidamente una mano verso il quadro, verso il volto di Harry. Harry sbatté le palpebre, e cacciò fuori un sorriso enorme. Draco rispose con un sorriso riluttante e strano, e si azzardò ad appoggiare la sua guancia sul ritratto. Percepiva la fotografia muoversi, vedeva l’ombra della faccia di Harry che si spostava ed aleggiava avanti e indietro. Come un presenza rassicurante e serena. E adulta, in un mondo di giocattoli.

- … Niente. Buona notte, Harry. –

 

*

 

- AAAAHHH!!! -

Harry gemette per lo spavento, e poi per la sensazione di totale sconfitta. Cercò con gli occhi un orologio, e scoprì che erano passati solo venti minuti, venti miseri minuti, e James aveva ricominciato a piangere.

 

- Gnoooo! Papà Daco! -

- Tesoro, no, non fare così. -

 

Harry non sapeva cosa fare. Più di prenderlo in braccio, coccolarlo un po’, e cercare di rassicurarlo, altro non riusciva a pensare. I suoi tentativi di calmarlo si schiantavano contro il solido muro di un bambino che sente che il suo papà non c’è, e dei motivi se ne frega, perché lui non la fa la nanna, senza Draco. Se solo lui fosse stato più uomo, e più padre, forse James avrebbe chiamato il suo, di nome, e non quello di Draco, e quella specie di gelosia malinconica e impotente non sarebbe mai esistita.

Cercò di farlo sdraiare, ma il piccolo non lasciava la presa sulla manica della sua maglietta, divincolandosi ferocemente, come se il lettino avesse voluto divorarlo.

Harry espirò tutta l’aria che aveva nei polmoni, e si rassegnò a tornarsene in camera, con il figlioletto aggrappato alla spalla.

Spinse via le coperte e si mise sdraiato, facendo scivolare James al suo fianco.

- James, io non so cos’altro fare. – disse mestamente, percorrendogli il bordo dell’orecchio con un dito. – Mi dispiace, piccolino, mi dispiace tanto. Vorrei che Draco fosse qui almeno quanto lo vuoi tu. -

James si era tranquillizzato, con lui. Scrutava il suo papà, le sue mani grandi, e il suo corpo enorme, come quello di un gigante, con la bocca socchiusa e le sopracciglia aggrottate.

- Tu mi sei piaciuto subito, lo sai? – mormorò Harry. – Mi sei piaciuto da sempre, mi piacevi già ancora prima di vederti. E mi fa male sapere che io non piaccio a te. Ma non hai torto a fare così, probabilmente mi sono comportato da egoista pretendendo di portarti via da Draco per una notte. –

James gli regalò uno sguardo enorme e attento. Harry lo intravide, con gli occhi socchiusi, e sorrise accarezzandogli la testolina scompigliata.

- Chissà cosa pensi di me, eh, James? Probabilmente che sono il peggior padre del mondo. Me lo merito, lo so, e credimi, se tenermi sveglio una notte intera è l’unica arma che hai per vendicarti di me, ti posso assicurare che sta funzionando alla grande. Non credevo che sentirti piangere mi avrebbe fatto tanto male, davvero. Mi dispiace immensamente di non sapere come fare per farti contento, campione. -

 

James sbadigliò, arricciando tutto il visino, ed Harry gli accarezzò lo stomaco. Aveva un sonno tremendo anche lui, ma se doveva passarsi la nottata sveglio per James, lo avrebbe fatto senza fiatare.

 

- Sai, mi rendo conto di sapere davvero poche cose, di te, anche se mi sembra di conoscerti da sempre. Tu sei il bambino più bello e più buono del mondo, anche se piangi, non ha importanza, perché devi averne passate tante. Dio, mi sono sempre chiesto se ti sei mai reso conto, piccolo come sei, che ti mancava un padre, che stavi crescendo senza di me. E da una parte il mio egoismo spera di sì, dall’altra invece mi auguro di no, perché altrimenti non saprei come riuscire a farmi perdonare da te, per averti lasciato solo, e no, non farmi dire che ti ho abbandonato. Non ti ho abbandonato, James, te lo giuro. Abbandonare è una cosa atroce, ma io volevo soltanto proteggerti, volevo essere sicuro che non accadesse niente a te e a Draco. Puoi credermi, James? Ti prego, dimmi di sì, perché ho già sofferto abbastanza, mi sono sentito già abbastanza sporco e vigliacco, e adesso vorrei soltanto cercare di ricostruire qualcosa con te. È anche per questo che stanotte sei qui con me, lo capisci? Io vorrei che tu riuscissi ad abituarti a me, e che sentissi questa casa come tua, proprio come quella di Draco. Sei un bambino intelligente, James, probabilmente capisci molte più cose di quanto io creda. E questo mi fa un po’ paura. Draco ha fatto di te un ometto davvero fantastico. Ed è bello vedere quanto tu lo adori, sai? Dico davvero, tu a Draco fai certi occhioni innamorati che nemmeno lo spasimante più tenace riuscirebbe ad imitare. E Draco ama te, e io mi sento stupidamente in più, nel vostro rapporto. Ho come l’impressione che entrambi siate troppo meravigliosi per me. A volte mi chiedo se Draco abbia avuto una compagna, in questi anni, o un compagno, non lo so, non so nemmeno se avrei una qualche speranza con lui, o se semplicemente non sarei il suo genere. E sarà meglio che io stia zitto. Non è che poi tu vai a fare la spia, vero piccoletto? -

Harry si zittì. E nel silenzio, percepì un ronzio regolare e tenue.

James si era addormentato.

 

 

ANGOLINO!!!

 

Oh, approfittando di trenta secondi di tregua, rispondo in via ufficiale ad una domanda che mi è capitato di ricevere spesso per mail: perché hai diminuito la frequenza degli aggiornamenti?

 

Cara Stat, perché non vai a nasconderti?

 

… Ahm, no, scusate, non questa… dunque… ok, eccola qui.

 

Cara Stat, perché hai diminuito la frequenza degli aggiornamenti? E perché non scrivi altro oltre Virgin?

 

Allora, i motivi sono essenzialmente questi: studio in una città diversa da dove vivo, e non ho la connessione disponibile. Quindi il mio accesso al pc consta nel solo week end, e se aggiungiamo il fatto che ogni tanto gradirei anche uscire di casa, i conti tornano!

Inoltre c’è una questione più legata a mie personali esigenze di rivedere i testi, ricontrollarli, a volte (spesso) modificarli. Insomma, finché non sono in luna buona non c’è verso di pubblicare.

Ultimo ma non ultimo, so che probabilmente voi non ve ne sarete accorti, e che altrettanto probabilmente non ve ne fregherà un accidente, ma ho cominciato una fic su Naruto, quindi, a conti fatti, calcolando che Virgin e questa Elements pretendono un aggiornamento costante, e che poi ci sono Ho un problema, le MM e tutte le shot, più tutte le long di entrambi i fandom a cui sto già lavorando per il futuro (perché sì, ci sono, e sono maledettamente troppe?!?!), potete farvi una mezza idea del perché arranchi, o del perché non riesca quasi mai a fare un ringraziamento decente!

 

Spero di aver risposto ai vostri dubbi, e di consolarvi un po’ al pensiero che se il cielo vuole l’uni finirà presto, e allora avrò un po’ di tempo in più.

 

Intanto grazie di cuore ai recensori dell’ultimo cap, vecchi e nuovi!

 

Lunoy, Briciola88(annotato!), Dark011, Lasagne80, Chase, Chiara, ChrisSunrise, Tiny, Chakra (hey, cos’è quest’adunata generale dietro un solo nick! XDDD. E per la cronaca, sono in pieno con Saso, Daniel deve crepare nella maniera più orrida possibile), fiamma90, Leporinel, Evanescence, Lake, Tuta e Little Star(tranquilla, aggiorno prestissimo, anche per quello che riguarda… hem hem…)!

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Capitolo 5
*** L'arma ***


Sentimenti di Harry verso James e Draco durante la guerra (con arrivo del biglietto e Ron e Hermione) Fè e Martina, Dsun, Kaos, fiammat90

NOTA: Premetto che sulla questione Ron/Hermione c’è stata un po’ di confusione: come è ovvio che sia, Harry si trova più di una volta a parlare con i suoi amici, di James, sia durante la guerra che dopo, e siccome le vostre richieste sono state molte, ho deciso di suddividere la faccenda in due grossi blocchi, per non rischiare di scrivere sei o sette MM di contenuto praticamente identico: il primo è questo, e sarà rappresentativo del rapporto di Harry con Hermione e Ron da un lato, e con James e Draco dall’altra, di tutto il periodo della guerra; un altro, più avanti, tratterà delle difficoltà di avvicinamento di Harry dopo la guerra, e del supporto di Hermione e Ron. Ora, io ho già suddiviso le richieste, con lo schemino dei nomi, spero sinceramente di aver compreso bene. Nel caso non vedeste il vostro nome qui, e magari lo vedeste comparire nella prossima, quella post guerra, portate pazienza, probabilmente ho frainteso io!

 

Detto questo, passo a ringraziare Dsun, Kaos, Fè, Marty e fiammat90, muse ispiratrici per questa MM!

 

 

 

 

L’ARMA

 

 

 

Harry tremava forte, quasi fino a battere i denti. E quella porta, maledizione, non voleva aprirsi.

 

- Harry. –

 

Sentiva la voce di Draco, oltre la soglia chiusa, ma lui non poteva entrare, non ancora.

E dire che non aveva fatto altro che aspettare, aspettare, per una vita intera aspettare. E adesso, quella porta era chiusa.

E Draco era là dentro, e non ne voleva sapere di uscire. Harry si sentiva impazzire, sentiva rumori, sentiva voci parlare e bisbigliare, sentiva vita, oltre quella porta.

Che ad un tratto si spalancò.

 

-Harry…- soffiò Draco, e sorrideva, sorrideva con gli occhi, anche se Harry non poteva vederlo bene. C’era troppa luce, in quella stanza, talmente tanta che era difficile dire da dove venisse, se da Draco, o dalla cosa che teneva in mano.

- Tuo figlio, Harry. –

Sì, Harry lo sapeva. Lo sapeva talmente bene che riusciva persino a sentirlo, che quell’ involto di panno che Draco teneva in braccio era proprio lui.

Lui.

Harry sentì un conato di nausea stringergli la gola. – Mio figlio. – ripeté, ubriaco.

- E’ bellissimo – Draco scostò la coperta dal corpicino del neonato. Ed Harry vide spuntare una manina minuscola, arrossata, che cercava di stringere debolmente l’aria.

– Prendilo. –

Draco sorrideva. Continuava a sorridere. E, Dio, era bello da levare il respiro. Harry porse le braccia, e sentì un peso insignificante posarglisi fra le mani. In tutta la sua vita non aveva mai pensato di poter provare emozioni simili, eppure stava accadendo, ed era facile, era naturale, era stupefacente.

- Harry, dì qualcosa. –

Harry si morse forte un labbro, e ci provò, a dire qualcosa.

 

- Io… io. –

 

Ma quel bambino non lo lasciava ragionare. Aveva socchiuso la boccuccia, e lo guardava, con due occhi immensi, di un colore strano. Ed Harry non riusciva a dire, a pensare. Pregò che il tempo si fermasse, lì ed ora, immobilizzando lui, Draco, e il loro bambino, ma non ebbe nemmeno il tempo di sorridere della propria fantasia, che la porta dietro di lui si spalancò, ed almeno una decina di Auror fecero irruzione, con le uniformi imbrattate di fango, e le mani graffiate e sanguinanti.

 

- Non possiamo restare. – mormorò Draco.

Non sorrideva più, ora. Il suo volto era diventato trasparente come quello di un fantasma.

 

- No, aspetta. –

- Vieni con noi, Harry, ci serve il tuo aiuto. –

Harry rivolse un’occhiata inorridita agli Auror.

- Ci serve il tuo aiuto. –

- No, io… -

- Non è sicuro, qui. –

All’improvviso, il bambino non c’era più. Harry trasalì, e si voltò bruscamente verso Draco.

- Aspetta, ti prego! – lo implorò. Ma il bambino ormai era fra le sue braccia, e stava diventando un fantasma anche lui.

- Ha preso l’Arma. – sentì dire ad una voce femminile.

- L’Arma. – le fece eco un’altra voce.

- Potter. –

- Ecco l’Arma. –

Harry scosse violentemente la testa. – Basta! – ordinò, furioso. – Basta, basta, è mio figlio! Andatevene! –

 

- L’Arma. – Questa volta fu la voce di Draco, a parlare. Ed era triste, e morta.

Harry lo guardò impotente, mentre copriva il corpicino del loro piccolo con il suo mantello, nascondendoglielo.

- Ti prego. – mormorò disperatamente.

Ma Draco era scomparso, dietro ad una porta, che prima non c’era.

Non aveva nemmeno avuto il tempo di baciare suo figlio.

 

- Harry! –

Harry aprì gli occhi di scatto, mettendo a fuoco a fatica la faccia di Hermione. Diede un gemito esasperato, e finalmente, sotto di sé, cominciò a riconoscere la consistenza del letto, e del cuscino.

- Tutto bene? –

Harry scosse stancamente la testa. – No, credo di no. – mormorò.

Non aveva voglia di mentire.

- E’ arrivato un gufo per te, sembra sia una cosa urgente. – disse lei, porgendogli pragmaticamente gli occhiali. – Porta un biglietto, ma non vuole lasciarlo prendere da nessuno. Harry si alzò dal letto, gettando un’occhiata stanca fuori dalla finestra, con una brutta, bruttissima sensazione di disagio che gli cresceva nel cuore.

 

14/4/1999

James Draco è nato.

Volevo solo che tu lo sapessi.

Draco.

 

*          *          *

 

Il disagio sfumò in grigio.

Harry scorse il messaggio senza dire nulla, se lo tenne stretto in mano, e se ne tornò in camera sua. Si buttò sul letto, e per ore fissò il soffitto scalcinato ed incrostato della casupola, sordo ai richiami dei suoi amici, a qualunque cosa che non fossero i richiami di un incubo.

 

*          *          *

 

- E così è nato. – mormorò semplicemente Hermione.

Harry non reagì.

Si era alzato soltanto al tramonto, ed aveva accettato di andare a mangiare con gli altri. Ma non aveva toccato cibo, nemmeno un sorso d’acqua. Fissava apaticamente il piatto di patate davanti a sé, perso in chissà quale dolore.

- Come ti senti? – tentò Ron.

- Non lo so. – mormorò Harry.

- E’ comprensibile. – gli venne incontro Hermione. – Non devi sentirti in colpa. –

- Non devo sentirmi in colpa? – soffiò Harry, stridulamente.

- Hermione ha ragione, devi cercare di restare calmo. –

- Mio figlio è nato, e io sono qui, Ron, dimmelo tu come dovrei fare. -

Hermione cercò lo sguardo di Ron, per scambiare con lui un segno d’intesa. – Che cosa dice Malfoy, nel biglietto? – lo incoraggiò.

- Che è nato, e che voleva che io lo sapessi. Solo questo. – La testa di Harry ciondolò sulle spalle. – Si chiama James Draco. –

- E’ un bel nome. – fece Ron, cercando di metterci un po’ di entusiasmo.

Harry decise che non serviva ribattere, perché era ovvio che fosse un bel nome, il nome di suo figlio non poteva che essere il più bello del mondo.

 

Si chiamava James Draco, il suo bambino. James come suo padre, come il padre che Harry avrebbe voluto essere, e Draco come il ragazzo a cui doveva metà del suo sangue. Draco, già, Draco Malfoy, e, Dio, era così ironico, così amaro, essersi ritrovati in una situazione così impossibile, che Harry si scoprì davvero colpevole solo in quel momento.

 

*          *          *

 

- Signor Potter! –

Un uomo interruppe bruscamente il suo isolamento, facendolo grugnire di disappunto.

- Signor Lowerton. – mormorò automaticamente Harry.

- E’ arrivata ora, guardi! – Lowerton trafficò con una tasca del suo mantello, e ne estrasse un’ampolla colma di un liquido rosso scuro. Harry sussultò, ed Hermione lo guardò con apprensione, ma Lowerton non sembrava essersi accorto di camminare sul ciglio di un burrone.

- Il sangue d’oro. – mormorò, affascinato. – Adesso abbiamo una vera arma contro i Mangiamorte. La pozione è già in preparazione, ho pensato di cercarla per avvertirla. –

Harry cercò di trapassare la cortina di nebbia che lo divideva dalla realtà, per capire l’entusiasmo di Lowerton, ma non ci riuscì. Non riuscì a vedere come il sangue di un neonato potesse essere tanto entusiasmante.

- E’ mio figlio. – biascicò stancamente.

- Sì, certo! – esplose Lowerton. – Un eroe, signor Potter, un vero eroe. –

- Sarà meglio raggiungere i pozionisti, ora. – intervenne seccamente Ron, prendendo Lowerton per una manica, e puntando dritto alla porticina che separava la sala da uno degli altri pochi locali del rifugio.

Hermione gli regalò un’occhiata grata, e aspettò di vedere sparire entrambi, prima di riprendere a parlare.

- Harry. – mormorò. – Non devi ascoltare quello che dicono. –

- Non posso credere che davvero lo considerino un’arma. –

- Lo so, lo so. Cerca di non pensarci, e pensa invece che, se riusciremo a vincere questa guerra, potrai abbracciare il tuo bambino. –

- Non voglio vincere una guerra con il sangue di mio figlio. –

- Non devi vederla in questo modo. Tuo figlio è con Malfoy, e sono sicura che stia benissimo, e il suo sangue ci sarà prezioso, per il bene di tutti. È stata una decisione che non hai preso tu, Harry, ma ormai non si può più far nulla. Tutto ciò che puoi fare è concentrarti sulla guerra, e aspettare di poterlo vedere. –

- Voglio scrivere a Draco. Devo dirgli che… - Harry lasciò cadere la frase così, senza riuscire a spiegare nemmeno a sé stesso che cosa volesse dirgli.

- E’ molto rischioso. – osservò Hermione. – Harry, capisco cosa provi, ma sai meglio di me che dobbiamo essere prudenti. –

- Poche parole, promesso. Ma almeno una riga. Ti prego, ne ho bisogno. –

Hermione sospirò, e abbracciò le spalle dell’amico di una vita.

- Devi essere forte, Harry. – gli sussurrò. – Vedrai che andrà tutto bene. –

- Vorrei solo poterlo vedere. – la schiena di Harry sussultò così violentemente che Hermione finì quasi sbalzata all’indietro.

- Coraggio. – gli disse, cercando di stringerlo più forte. – Dai, non c’è niente di male se ti lasci andare un po’. –

 

- Avete sentito… - Ginny si bloccò sulla soglia della porta, con la bocca ancora mezza socchiusa.

Harry singhiozzava sulla spalla di Hermione, farneticando qualche parola incomprensibile di tanto in tanto, e sembrava sconvolto. Il volto di Ginny si indurì in un’espressione spaventata, ma Hermione scosse lentamente la testa, e lei capì che sì, Harry aveva sentito.

Abbassò lo sguardo, ed uscì mestamente dalla stanza, colpita suo malgrado da quella scena, molto più di quanto si sarebbe mai aspettata.

Chissà perché lei, come gli altri, avevano sempre aspettato questo figlio di Harry come un’arma micidiale, un coltello affilatissimo da avere finalmente in pugno, e invece… invece era un bambino. Un neonato, un cuccioletto. E di là, c’era un padre che si disperava, per questo.

 

Tutti furono invitati, con discrezione, a rispettare il dolore di Harry. Ginny e Ron, soprattutto, si impegnarono a diffondere la notizia, per prevenire altre eventuali, stupide voci. Harry passava ancora la maggior parte del suo tempo a letto, ma sembrava che avesse lentamente cominciato ad accettare la situazione. Hermione notò che teneva quasi sempre la mano piantata in una tasca dei pantaloni, e quando gli chiese se si fosse fatto male, Harry estrasse mestamente il bigliettino di Draco, e glielo mostrò, commentando “Sì, mi sono fatto davvero male”.

 

Per fortuna che c’erano Ron ed Hermione.

Harry capì in quei giorni di lenta agonia endogena quanto banale ma vero fosse il detto che gli amici veri sono quelli che ti sono sempre accanto nelle difficoltà.

 

Ron aveva un modo tutto suo di affrontare la questione, un modo impacciato ma incredibilmente affettuoso. Il primo sorriso glielo aveva strappato proprio lui, chiedendogli con meravigliosa, ingenua serietà, se c’era qualche possibilità che James lo chiamasse zio Ron, quando avesse cominciato a parlare. Perché a lui sarebbe piaciuto un sacco avere un nipotino acquisito, e in fondo Ron non era un nome particolarmente difficile da imparare.

 

Hermione era Hermione, una  che alle battute preferiva i fatti. Essere suo amico significava godere del privilegio di poter parlare, di poter dire qualsiasi cosa, di poter maledire il cielo, e gridare, sapendo di non essere giudicati, di essere capiti e sostenuti. Era stato con lei che Harry aveva osato, per la prima volta, fare il nome di Draco. lo aveva fatto più che altro per provare, per testare su sé stesso cosa significasse il suo nome sulle labbra, accompagnato a quello di James, o persino da solo. Lei non aveva detto niente, si era limitata a guardarlo con occhi strani e brillanti, e a dirgli che andava bene così, che con il tempo si sarebbe aggiustato tutto.

 

La guerra, però, ha il vizio, e la virtù, di non aspettare i comodi dei contendenti. Una settimana dopo, un gruppo di venti Mangiamorte attaccarono un villaggio babbano dove gli Auror si rifornivano di cibo, costringendoli ad intervenire. La pozione fabbricata con il sangue di James si rivelò formidabile, come uno scudo che rispediva al mittente ogni tipo di incantesimo, con tanta veemenza quanto quella con cui era stato scagliato.

Harry vide Dean Thomas difendersi da un attacco in quel modo, e, improvvisamente, si risvegliò.

 

Ad un anno, lui aveva respinto la maledizione di Voldemort, ed ora era suo figlio a respingerle. La stessa storia, lo stesso destino, ma questa volta, quel bambino un padre lo aveva ancora.

Ed era lui.

 

Ringhiò, e si abbatté come una furia sui Mangiamorte superstiti, che, sbigottiti, si dispersero e fuggirono.

Quando tornò dagli altri, si scoprì persino lievemente ferito, ma tirò dritto senza accettare di farsi medicare, entrò nella dispensa, e si ingozzò per tutti i giorni di digiuno passati.

Il sogno di qualche giorno prima gli tornò alla mente in quel momento, e gli fece pulsare forte il cuore.

Chissà se Draco sorrideva davvero così, con il loro bimbo in braccio.

 

E chissà se quello che aveva visto era davvero il viso del suo piccolo James.

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Capitolo 6
*** Morning News ***


il dialogo che c'è stato tra Pansy e Blaise al cap

DEDICHE: Missing Moment a dir poco singolare, e tutta dedicata a Smemorella. Non immagini nemmeno quanto la tua richiesta mi abbia fatta sghignazzare!

 

 

 

“- Blaise, ti levi! – sbraitò Pansy, materializzandosi dietro di lui in una nube di polvere verde.

- Oh… ora ho capito. – commentò Harry con un ghigno. – Ti ha guastato il sonno, eh? –

- Precisamente, Potter. – rispose asciuttamente Blaise. – Mi si è fiondata in casa come un’arpia, blaterando qualcosa a proposito di voi due, e dell’amore eterno. Piuttosto irritante, se sei in mutande e canottiera, e stai deliberatamente cercando di dormire. – ”

 

Fathers, cap 23, “Convocazioni”

 

 

 

 

MORNING NEWS

 

 

Blaise stava facendo uno di quei sogni ghiotti ed appaganti che non capitano davvero tutte le notti. Qualcosa di enorme, di opulento, di appetitoso. Poteva essere qualsiasi cosa, una torta come una coppa di Quidditch, ma il punto era che Blaise era enormemente grato alla sua fantasia onirica. E anche al meraviglioso teporino del suo piumone, e del camino.

 

La vita è davvero una cosa meravigliosa, la domenica mattina, quando la sveglia viene detronizzata dal comodino, quando non importa un fico secco se fuori c’è un sole infernale o se piove a secchiate, perché tu hai comunque la certezza di essere in pace con i tuoi sensi, e dormi fino a nuovo ordine, finché gli occhi non ti si gonfiano tanto da aprirsi da soli.

 

- Blaise Zabini!!! –

 

Blaise saltò su dal letto come un gatto bagnato, con buona pace di tutti i suoi sogni di gloria. E del tepore. Del camino, del sonno, della pioggia, del sole, e della domenica mattina in generale.

Rabbrividì violentemente, ricacciandosi sotto il misero lenzuolo bianco che lo copriva per metà.

 

- Che diavolo succede, si può sapere?!? –

- Oh, grandi notizie, grandi notizie, Blaise! –

 

Pansy Parkinson attraversò la camera di Blaise a passo di carica, e si buttò sul suo letto schivandolo di un soffio. – Oh, avessi visto, Blaise. Sapessi! – cinguettò lisciandosi enfaticamente le pieghe della gonna.

- Come accidenti faccio a sapere, se tu non parli? –

 

Pansy lo investì con un’occhiataccia sufficiente, presto cancellata da un sorrisino che rasentava il disgustoso.

 

- Gran signore Harry, sai? – disse con noncuranza. – Ha portato Draco alla Piuma di Fenice. –

 

Blaise si stropicciò gli occhi implorando la sua testa di resistere senza implodere alla vocina snervante di Pansy.

 

- Ti prego, Parkinson, è domenica mattina. –

- Lo so tesoro, lo so. –

- E si può sapere perché devi irrompere qui e cominciare a parlare di Piume di Fenici, e di Draco, e non so cos’altro? –

- Di Draco e Harry alla Piuma di Fenice. –

- La Piuma di Fenice è un ristorante. –

- Precisamente, Blaise. –

- E allora, dannata megera, che diavolo c’entrano Potter e… -

 

Pansy ridacchiò alla grande della smorfia agonizzante che andava contraendosi lentamente sul volto di Blaise. Il suo stupido amico poteva anche essere un tantinello tonto, la domenica soprattutto, ma era anche meravigliosamente spassoso. E quella mattina, a prescindere, lei era talmente di buon umore che avrebbe riso anche di un morto. Perché quella era una mattina speciale, e lei non poteva aspettare un solo secondo di più per andare a trovare Draco, e, diavolo, tirargli fuori dalla gola fino all’ultimo particolare.

Di lui, di Harry, di James, di tutto quanto, di loro, insieme, evviva, una famiglia!

 

- Che cos’ha fatto quello sciagurato di Potter. – sillabò Blaise, funereo.

- Bah, non dovresti prenderla in questo verso. – lo liquidò Pansy, agitandosi come una bambina sul letto. – Sono usciti insieme, no? –

- Non ne ho idea, sono io che dovrei chiederlo a te! –

- Blaise, lui lo ama! –

- Lui non… - Blaise socchiuse gli occhi, perplesso. – Un momento, lui chi ama chi? –

- Beh lui Draco. Cioè lui Harry. Credo. Aspetta. –

 

Pansy arricciò le labbra, come colta in flagrante da una domanda inaspettatamente difficile.

Ecco, ecco un bel problema da affrontare.

Lui ama lui.

Accidenti, è una frase intercambiabile, e checché se ne possa dire, questo aspetto ha un qualche significato, un significato buffo e universale, e con un po’ di fantasia anche di buon auspicio. Lui Harry ama lui Draco. E lui Draco ama lui Harry. Non è come dire “lei ama lui”, perché così non c’è gusto, così è subito chiaro.

 

Lui ama lui, perché la verità è che nessuno dei due è soggetto, e nessuno complemento, e quel bel verbo semplicino se ne sta lì nel mezzo come un nodo, a tenerli stretti.

 

- Oh, insomma, non essere sempre così fiscale. Sono usciti assieme, hanno parlato, si ameranno per sempre! –

- Il cielo non voglia. -

- Ah, io proprio non ti capisco. Dovresti straripare di gioia per Draco. –

- Sto straripando di sonno, invece, guarda un po’. –

- E se si fossero baciati? –

 

A Pansy luccicarono gli occhi in un modo che Blaise giudicò quantomeno artificiale.

 

- E se trascinati dal vento della passione sopita si fossero abbandonati all’estasi della sensualità in un… -

- Hey, frena, frena! – strillò disperatamente Blaise. – Pansy! Ma non hai nemmeno un po’ di pietà? Ho uno stomaco! E anche un cuore! Ed è domenica mattina! –

- Beh, allora sarà molto meglio per te che tu li adegui allo stato di fatto, perché… - Pansy si tirò sulle ginocchia, e prese a picchiettare la fronte di Blaise, scandendo sillaba a sillaba. – Har-ry-e-Dra-co-stan-no-in-sie-me! –

- Un momento, ma non erano solo usciti? –

- Tesoro, apri gli occhi, come credi che saranno andate le cose? –

 

Blaise si illuminò di un minuscolo accenno di speranza. – Quindi non ne hai la certezza. –

- Ci scommetterei la bacchetta. –

- Ma non ne hai la certezza. –

 

Pansy sospirò annoiata. – No. – concesse. – Ma comunque… –

 

- Bene. -

 

Blaise si levò le coperte di dosso, esibendo senza più ritegno alcuno i suoi poco piacevoli boxer a righine azzurre. Appunto mentale per il giorno in cui Blaise le avesse chiesto per quale motivo non riusciva a trovare una ragazza.

 

- Blaise, che fai? -

- Che faccio? – gli occhi di Blaise fiammeggiarono. – Vado in fondo a questa faccenda, ecco che faccio. Accio…! -

 

Pansy rivolse un’occhiata perplessa all’amico,rimasto bloccato a metà frase.

- Accio… Accio… - Blaise si massaggiò una tempia. – Cristo divino, è domenica mattina! Accio che ne so, Accio una camicia qualsiasi, e Accio un paio di pantaloni a caso! -

 

Pansy osservò la delicata opera di vestizione di Blaise con aria sempre più scettica. Davvero non capiva perché dovesse essere così testone, e cercare di negare l’evidenza proprio in un momento simile, quando tutto finalmente sembrava funzionare. Conoscendolo a fondo, ma proprio a fondo, poteva addirittura insinuare che quella di Blaise non fosse altro che una dolcissima e ringhiosissima forma di scaramanzia. Si preparava soltanto a sostenere Draco, e a massacrare Harry, in caso ce ne fosse stato bisogno, ma lei era sicura ed arcisicura che Blaise fosse felice.

Rintronato, assonnato e felice.

E un tantino furibondo con lei per il risveglio.

 

- Di preciso, cos’hai intenzione di fare? –

 

Blaise emerse tossicchiando dal maglione, agguantò una giacca, e se la aggiustò addosso in qualche modo.

 

- Squartare Potter. – affermò orgogliosamente.

- Non puoi rendere James orfano di un genitore. – lo rimbeccò Pansy.  – Sei un pessimo zio acquisito. –

- Allora lo castrerò. In modo che non possa più fare danni. –

- James è nato dal sangue di Harry e Draco. Non servirà a nulla castrarlo. –

- Beh, e allora farò… farò… -

 

Blaise rivolse un’occhiata sconfitta alla sua immagine impietosamente riflessa nello specchio. Il caminetto era già acceso, e pronto all’uso. E lui, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a far finire un po’ di Polvere Volante nel reggiseno di quella strega di Pansy, giusto per vendicarsi un po’.

 

- Oh, accidenti a quel Potter, muoviti! –

 

 

 

ANGOLINO!

 

Sorpresina! Visto che velocità? Sì, in questi giorni sono abbastanza esplosiva, è che sto aspettando istericamente il prossimo numero di Naruto (perché voi non potete capire in che maledetto punto lo hanno interrotto questi fetenti bastardi. AAARGH!!!), perciò nel frattempo scrivo e leggo Berserk per distrarmi.

E studio. Ogni tanto, così, per hobby.

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Capitolo 7
*** happy birthday ***


PREMESSA: Questa MM è per Eoluccio, anche se ammetto di aver interpretato a modo mio la sua richiesta, concentrandomi sull’aspetto del compleanno, e su un compleanno in particolare, visto da un’altra prospettiva

PREMESSA: Questa MM è per Eoluccio, anche se ammetto di aver interpretato a modo mio la sua richiesta, concentrandomi sull’aspetto del compleanno, e su un compleanno in particolare, visto da un’altra prospettiva. Semplicemente ho pensato che avrei fatto contente un numero maggiore di persone, che non parlando di anniversari e compleanni più generici. È più o meno una flashfic, ma dopo attente considerazioni ho valutato che sia questa la sua misura adatta, breve e concisa, e senza sbrodolamenti.

 

Se posso permettermi un suggerimento, vi consiglio vivamente di leggere questo pezzo ripetendovi a mò di mantra “tanto so che tutto si risolve, so che tutto si risolve, so che tutto si risolve”, perché altrimenti rischiate di farvi prendere da un pelo di depressione, e non sia mai che diventiate emo per colpa mia! ^__^

 

 

 

HAPPY BIRTHDAY

 

 

 

Hermione desistette definitivamente dal proposito di far uscire Harry dalla sua stanza. E persino da quello di convincerlo a farsi vivo, e a dire qualcosa.

Le sue lune erano sempre più difficili da rispettare, ma anche difficili da ignorare, perché dopotutto restava pur sempre la consapevolezza pungente di una situazione che sfiorava costantemente il disastroso.

Harry che non trovava il coraggio di nominare suo figlio e Draco, ed un mondo di scuse patetiche e di modi infami per guadagnare tempo lo proteggevano, lo nascondevano, lo allontanavano sempre di più.

 

- Noi ceniamo. Cerca di scendere a mangiare qualcosa anche tu. –

 

Un grugnito non meglio identificato. Hermione indugiò sull’uscio della porta ancora per qualche secondo, poi se ne andò.

 

*          *          *

 

Harry tracciò la prima parola con le dita che tremavano violentemente.

 

Io

 

Niente. Tirò un segno rabbioso sulla parolina appena anta.

 

Ciao, James

 

Maledizione, se quel nome faceva male, se stringeva il cuore peggio di una morsa metallica.

 

Piccolino James, da qualche parte a Londra, piccolino in braccio a Draco, piccolino fra pacchetti e addobbi. Non avrebbe trovato niente di suo, quel giorno speciale. Niente, da parte del suo papà lontano.

Harry accartocciò foglio già sgualcito e pieno di macchie su cui aveva abbozzato quel paio di inutili prove, e ringhiò.

 

Aveva bisogno di suo figlio, di vederlo, di toccarlo, di parlargli. Era così strano? Così mostruoso da parte sua? Così egoista?

 

Se quella maledetta guerra non fosse stato un alibi fin troppo solido per non precipitarsi a Londra, Harry avrebbe semplicemente voluto spalancare la porta della casa di Draco e dire “sono qui”.

Sono qui, perché lui lo voleva, voleva essere lì, davvero.

 

*          *          *

 

Hermione era preoccupata per Harry.

Soltanto per questo si era intrufolata nella sua stanza. Lui era sceso a mangiare qualcosa con gli altri, con la faccia scura e la bocca sigillata, e a lei non era rimasto altro da fare che entrare, e cercare di capire.

La camera era quasi in ordine, per gli standard di Harry. Il letto era rifatto, la gabbia di Edvige era pulita, e sulla scrivania erano buttate alcune penne, e dei fogli mezzi stropicciati.

 

Appunti, schemi, note su incantesimi e controincantesimi, parole che gridavano “guerra” ad ogni lettera, e in mezzo a tutta quella confusione, alcuni pezzi di pergamena stropicciati, maltrattati da segni e scarabocchi.

 

Hermione lesse con il cuore in gola le poche parole vergate sulla pergamena più piccola, quella posata sopra a tutte le altre.

 

14/04/2000

Buon compleanno, James.

 

Papà.

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Capitolo 8
*** Draghi e cervi ***


Briciola88: nel capitolo 17, alla fine, Harry dice a James che un giorno gli avrebbe raccontato la storia di un cervo

DRAGHI E CERVI

 

NOTA:dedicata a Briciola88, che mi ha dato l’occasione di sfogare un po’ le mie velleità da cantastorie ^^

 

 

- Si chiama bu bum, il tuo cervo?- gli chiese Harry, regalando all’animale uno sguardo nostalgico, e affettuoso.

- Bu bum. – asserì James, e lo protese ancora di più verso Harry.

- Oh. Vuoi che lo tenga io?- Harry cercò l’aiuto di Draco, che accennò al peluches con il mento e sorrise appena.

Harry prese il pupazzo dalla mano di James, e lo osservò con attenzione.

– Un giorno…- mormorò appena, vago. – Ti racconterò una bella storia, su un cervo. Si chiamava proprio come te. - 

 

Fathers, cap.17, “voglio mostrarti una cosa”

 

 

 

 

- …E così il grande mago Percel, con la sua spada magica, riuscì a sconfiggere il potente drago, e tutto il regno fu salvo. –

 

James, aggrappato al polso di Draco, scoccò un’ultima occhiata al suo libro di fiabe, e poi torse la testolina per guardare il genitore.

- Oh. - sospirò, ammirato. – E… e qui? – fece, puntando il ditino sulla pagina.

- Vuoi sapere che cosa c’è scritto lì? –

- Qui, qui. –

- Vediamo, qui c’è scritto “Castello”. –

- E… e qui? –

- Qui c’è scritto “prese”, James. –

 

James sbuffò, accigliato. Osservava l’ampia pagina fitta di parole come fosse stata un campo da guerra. Piazzò entrambe le manine sulla pagina lucida, e tornò alla carica.

 

- Dove? – insistette. – Dove il dago, dove? –

- Vuoi sapere dov’è scritto drago? – Draco passò in rassegna la pagina, scorrendo rapidamente fra le righe, finché non trovò la parola “drago”.

- Ecco, è qui, vedi? – fece, prendendogli un dito e puntandoglielo sulla parola. – Vedi, James? C’è la D, e poi la R, e la A… Drago. –

- Dago. – ripeté James, soddisfatto. – Ma tu? – Tu sei un dago? –

 

La faccina di James era qualcosa di impagabile. Titubante, appena un po’ intimorita, eccitatissima e curiosa.

 

- Io un drago? – ridacchiò Draco. – No, tesoro, non sono un drago. I draghi hanno le ali, e sputano il fuoco. –

- Ma… Ma… - James pareva piuttosto perplesso. Si fissò le ditina, alla ricerca di recondite risposte. – Ma ti chiami come il dago. – constatò, pensieroso.

- No, James, non è la stessa cosa. Il mio nome si scrive in modo diverso diverso. E poi anche se ho un nome che assomiglia a drago, non vuol dire che lo sia, no? –

- Mmm…-

 

Non era affatto convinto. Ma proprio per niente.

 

- Tesoro, vuoi andare a chiederlo a papà Harry? Vedrai che anche lui ti dice che non sono un drago. –

 

James gli scoccò un’occhiatina niente meno che inquisitrice. Oh, poteva scommetterci che lo avrebbe fatto.

 

*          *          *

 

- Ma no, tesoro, papà non è un drago. –

 

Harry si fece una sonora sghignazzata, mentre la sua mente era alle prese con un Draco sputafuoco, con tanto di ali e coda. – Si chiama così perché il suo papà ha deciso di chiamarlo Draco. Come tu ti chiami James. –

- Il papà di papà Daco? – fece James, aggrottando tutte le sopracciglia.

- Ma certo. Tutti quanti hanno un papà, come te. Anche Draco, e anche io. –

- Ooooh! E dove, dove il tuo papà? –

- Il mio papà. - Harry accarezzò la testolina di James, smettendo di ridere in modo involontariamente brusco. – Il mio papà non c’è più. È volato in cielo. –

- Oh… in cielo? –

- Sì, tesoro. –

- Con la copa? –

 

Harry sorrise. Si sorprese a non riuscire a trattenerlo proprio, quel sorriso. Per la prima volta in vita sua, sorrise della morte di suo padre, sorrise dell’immagine che James era riuscito a darne, del modo incredibile con cui un bambino potesse vincere persino la morte, con la sua innocenza. Di come James dimostrasse che in fondo i tabù sono facili da vincere.

E soprattutto, sorrise dell’immagine di suo padre che svolazzava qua e là per il paradiso, se mai ne esisteva uno, in sella alla sua scopa.

 

- Sì, tesoro. È volato in cielo, con la scopa. –

- Oh. E pecchè non vai a pendello? –

- Perché non si può. È volato troppo in alto, in un posto dove non si può andare. –

- Oh. E il papà di papà Daco? –

- Il papà di Draco, beh, lui è in un posto molto lontano. Un posto dove mandano le persone che… che hanno commesso degli sbagli. –

- Oh. Il papà di papà Daco è cattivo? – fece James, incredulo.

- Beh… - Harry si mordicchiò un labbro, a disagio. – Beh, vedi… sono cose un po’ complicate. –

- Ufy. – James mise il broncio offeso di un Malfoy che non riesce ad ottenere ciò che voleva.

 

Harry rivide in lui il Draco a cui non venivano gli incantesimi al primo colpo, o che non trovava la costellazione giusta con il telescopio.

Chissà se già allora, in fondo, non era già un pochino innamorato, di lui. Beh, di certo a quel tempo non si sarebbe mai immaginato di rivedere quella sua stessa espressione negli occhi di suo figlio.

 

- Ma potto vedello, papà? –

- No, tesoro, non credo che potrai vederlo. –

 

Il povero James gonfiò le guance, scoraggiato. Harry lo sentì dondolicchiare svogliatamente sulle sue ginocchia, e gli dispiacque immensamente di non poter accontentare una richiesta così semplice. Conoscere i propri nonni dovrebbe essere una cosa normale per ogni bambino, e se i suoi genitori non avrebbero mai potuto conoscere il loro nipotino per il semplice fatto che erano morti, quelli di Draco c’erano, eccome se c’erano. Ma Azkaban non è un posto dove portare un bambino a fare una visita, e francamente Harry non avrebbe saputo come spiegare al suo fin troppo sveglio James come mai i suoi nonni fossero rinchiusi in un posto così tremendo. Non aveva nemmeno idea di come Draco avrebbe potuto reagire ad una simile proposta.

 

- Ma… ma il tuo papà ti vuole bene? – Lo interruppe bruscamente James, rianimando la conversazione.

- Certo che mi vuole bene, piccolo. –

- E il papà di papà Daco? –

Harry esitò. – Beh… sì. sì, certo. Tutti i papà vogliono bene ai loro figli. – disse senza avere il coraggio di guardare James negli occhi. – Anche lui. –

- E… l’alto papà? –

- Quale altro papà? –

- L’alto! – insistette James.

- Oh… oh, no, io avevo una mamma. E anche Draco ha una mamma, tesoro. –

- Oh. Una mamma. – James fece una smorfia schizzinosa. – Le mamme tono butte. –

- Ma no, non dire così. Le mamme sono molto buone, e vogliono tanto bene ai loro bambini. La mia mamma mi voleva bene. –

- Gno! Io ti voglio più bene della tua mamma! – protestò James.

Sembrava si sentisse insidiato nel suo diritto di avere tutto l’amore del suo papà, e da una mamma qualsiasi, per giunta!

 

- La tua mamma è butta. – ribadì senza la minima esitazione.

 

Harry sospirò, e chiese mentalmente scusa alla povera Lily.

 

- La mia mamma non è brutta, James. – lo rimproverò. – Non devi offendere i genitori degli altri solo perché tu hai due papà, hai capito? -

- No non mi piace, è butta, vai via! – strillò James arrabbiatissimo, cercando di divincolarsi.

- Hey, tutto a posto? – si  allarmò Draco dal salotto.

- Tranquillo. – gemette Harry. – Siamo di nuovo alle prese con problemi di parentela. -

 

Eh sì, perché la questione aveva cominciato a materializzarsi quando Draco si era reso conto che James tendeva a chiamare tutti i genitori “papà”. Nello specifico, la mamma del suo amichetto Matty. Harry aveva sempre pensato che fosse una cosa comprensibile, vista la sua situazione, ma

 

Draco aveva voluto, o per meglio dire cercato, di affrontare il discorso con il suo diletto pargolo, e se n’era uscito chiedendogli se non gli sembrasse strano di avere due papà, invece di una mamma e di un papà.

 

Il risultato era stata una scenata tremenda, a colpi di lacrimoni e nasini rossi, perché “ci sono solo due gandi pe ogni bambino, e se aiva una mamma, alloa tu o papà Daco andate via, e io no vojo!”

 

Lui e Draco avevano perso quasi un’ora per cercare di convincerlo che no, non sarebbe arrivata nessuna mamma, e che nessuno se ne andava via.

 

Quando finalmente ogni cosa sembrava essersi risolta per il meglio, James se n’era uscito con una delle sue perle. Si era illuminato all’improvviso per chissà quale grandiosa idea, e aveva esclamato qualcosa come “ Matty dice che la sua mamma gli fa mettere a posto, e gli dice di fare il bavo, e gli pettina i capelli Allora a me non serve la mamma, anche papà Draco lo fa.-

 

Draco aveva strabuzzato gli occhi come se avesse appena inghiottito un Boccino, ed Harry si era detto che sarebbe stato bello morire in quel momento, miseramente ucciso da un attacco di risate convulse.

 

Dopo quell’episodio, Draco aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai più toccato l’argomento, nemmeno sotto tortura.

 

Draco fece capolino in cucina, guardingo.

 

- Stai facendo i capricci, piccolo monello? – indagò squadrando sul figlio con la massima severità.

 

- La mamma di papà Dedy è butta, e il tuo papà è cattivo. – ribatté James, per nulla intimorito.

 

Draco agghiacciò, e il suo sguardo volò verso Harry. – Ma si può sapere che gli hai detto? – sibilò.

- Ha fatto tutto da solo! – si difese Harry. – Io gli ho solo detto che tu ed io abbiamo una mamma, e che tuo padre è lontano. -

 

Draco sbuffò, e diede deliberatamente le spalle ai due. – Bah, pensaci tu a queste questioni genealogiche. Io non ho intenzione di prendermi della mammina un’altra volta. -

- Io? perché io, scusa? -

- Perché è sangue del tuo sangue, Potter. -

- E sentiamo, mammina, che cosa dovrei fare, secondo te? -

- Raccontagli la storia del cervo, così si mette tranquillo e si dimentica del resto. -

- Il cevvo! – si entusiasmò James. – Bello, bello, il cevvo! -

- Ancora? Ma te l’avrò raccontata un milione di volte! -

- No, no, ancoa, ancoa! -

 

Harry alzò le mani in segno di resa, e si accomodò meglio sulla seggiola. Incastrò dolcemente il suo mento sulla spalla di James, prendendolo a pretesto per stringerselo un po’.

 

- E va bene, allora, c’era una volta. – cominciò a mormorare. – Un mago molto abile, che si chiamava James proprio come te, e che amava trasformarsi in un cervo. Aveva molti amici, anche loro capaci di trasformarsi in animali, ed insieme a loro si divertiva un mondo ad esplorare la foresta, e tanti luoghi misteriosi. -

- E poi? E poi aiva la pincipetta? -

 

- Una cosa alla volta, James. Un bel giorno, mentre stava giocando con i suoi amici, il mago vide una bellissima principessa, e se ne innamorò. Ma lei non lo voleva, e lo sai perché? -

- Ti! – James arricciò tutto il faccino in una smorfia buffissima. – Pecchè gli tava tipatico. -

- Gli era proprio antipatico, sì. – rise Harry. – E allora cosa fece, il mago? -

- Si taffomma in cevvo! – esultò James.

- Bravissimo. Il mago si trasformò in un cervo, e riuscì a conquistare la principessa. E poi te lo ricordi come va a finire la storia? -

- Ti. Che si posano, e vanno in cielo. –

James sbattè le palpebre, e improvvisamente si voltò verso Harry. – Come il tuo papà! -

 

Da dietro lo stipite della porta, Draco si affacciò appena. Harry trattenne il fiato per un momento. Ma poi decise che lasciarsi vincere dal suo piccolo James era la miglior conclusione possibile per quella favola.

 

- Hai ragione. Proprio come il mio papà. -

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Capitolo 9
*** La Piuma di Fenice ***


fe e martina, evil angel, fede, alicesimone, mono, magicforever, lasagne80, Lelorinel, Eoluccio, Dark011 Pibi, Belial, Ammalia

Premessa: ok, ok, l’aspettavate, lo so. Eccola qui, c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine ci siamo arrivati. Dediche? Beh, faccio prima a dirvi chi non me l’ha chiesta,questa! XD

 

Dedicata a: Fe e Martina, Evil angel, Fede, Alicesimone, Mono, Magicforever, Lasagne80, Lelorinel, Eoluccio, Dark011 Pibi, Belial, Ammalia Black, Angelica, Miky.

Ci siete tutti, direi. Ma anche se non comparite, questa MM è un po’ comunitaria!

 

 

 

 

- Beh, allora noi andiamo. – buttò lì Harry, levandosi dalla porta per far passare Draco.

- Andate, divertitevi, e non preoccupatevi per James!- trillò Pansy. – Ah, Harry? –

Harry si voltò verso di lei, che si afferrò il colletto della polo che indossava e prese a strattonarlo violentemente, stropicciandolo a più non posso.

- La camicia! – sillabò con un sorrisetto complice, ed Harry decise che a quel punto chiudersi la porta alle spalle senza concederle spazi ulteriori fosse la cosa più saggia da fare, in assoluto. 

 
Fathers, cap. 22: “Spiragli”

 

 

 

 

Da quel momento in avanti, sarebbe stato immune all’imbarazzo per il resto della sua vita.

 

Draco se ne convinse mentre scendeva le scale di casa trotterellando dietro ad Harry come un maltese impanicato.

L’aria era freschina, e non c’era di che stupirsi visto il mese, ma per fortuna la Piuma di Fenice non distava molto da lì.

I due si incamminarono tenendo entrambi le mani piantate nelle tasche, una precauzione contro il freddo ma anche un segno di chiusura che proprio non ci voleva.

 

- Dannata Pansy. -

- Che c’è? – ridacchiò Harry.

- Che c’è?!? Se non te ne fossi accorto, ha riso di noi! -

- Beh, non ci vedo niente di strano. Anche io riderei di noi. -

- Questo non c’entra, non era necessario metterci in imbarazzo in quel modo. – sbottò l’ex Serpeverde. – Dopotutto, stiamo soltanto andando a fare due chiacchiere davanti ad un boccone. -

 

Harry lesse una non meglio identificabile nota di amarezza, nelle parole di Draco. Lasciò perdere, deciso a concentrarsi di più su ciò che aveva detto, e su quale fosse la portata delle cose di cui dovevano “chiacchierare”. Alla faccia delle chiacchiere. Si sentiva pieno fino a scoppiare, ma le cose da dire erano grosse, perciò i casi erano due, o le gridava fuori tutte in un solo fiato, o se le teneva lì a crescere ancora di più.

 

Arrivati al ristorante, un cameriere li accolse e si fece carico dei loro soprabiti. Il tavolo che fu loro assegnato era veramente ottimo: appartato, e adiacente alla vetrata panoramica, chiusa per la stagione fredda, ma che concedeva comunque la vista dei palazzi di Londra e un ampio lenzuolo di cielo puntellato di stelle. Una coppia qualsiasi non avrebbe esitato a definirlo romantico.

 

Ordinarono due primi piatti diversi, e lo stesso arrosto come secondo, evitando di incrociare gli sguardi per non peggiorare la già penosa figura dell’aver detto il medesimo nome in contemporanea. Fino a quando il cameriere non tornò con il vino, se ne rimasero in silenzio, ma ormai era ora che Cenerella perdesse la sua maledetta scarpa, e saltato il tappo della bottiglia, ne saltarono anche degli altri.

 

- Beh, sono contento che alla fine tu abbia accettato di uscire. – ruppe il silenzio Harry. – Non ero molto sicuro del tuo sì. -

- In effetti non smaniavo. – ammise Draco. – Però ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare, e fare il vigliacco sarebbe stato fin troppo facile. -

Harry annuì, e prima di proseguire sorbì un sorso dal suo bicchiere di vino.

- Sai, non ho per niente voglia di ripetere le solite vecchie cose. Mi piacerebbe poter parlare con te di qualcosa di nuovo, ma pare proprio che non sia possibile, finchè non metteremo a posto i vecchi scheletri, eh? -

- No, credo di no. Sarebbe come prendersi in giro come abbiamo fatto fino ad ora. -

- Io non ti ho preso in giro. – mormorò Harry. – Da quando sono tornato, non ti ho mai mentito. So di averti fatto soffrire tantissimo, e nemmeno io sono così stupido da voler ripetere gli stessi errori. -

- Come faccio a fidarmi di te? -

- Lasciando che io ti mostri che puoi. Draco, ogni volta che penso a te e a James mi trovo a fare i conti con qualcosa di passato, mentre io vorrei poter immaginare un futuro. -

- Tu fai già parte del futuro. – sbuffò Draco. – Sei il padre di James, sarai sempre presente. -

- Già. Però vorrei far parte anche del tuo futuro, non solo di quello di James. -

 

Draco si morse precipitosamente un labbro, mentre Harry si ostinava a tenere il suo sguardo puntato su di lui.

 

- Sto dicendo delle cose egoiste e arroganti. – si scusò. – Però… -

 

Arrivarono le portate, e con il cibo l’atmosfera si alleggerì. Scherzare sul troppo pepe aggiunto al contorno era un po’ come fare a gara di martellate con la tensione che a sua volta minacciava di schiacciarli. In fondo, loro stavano bene insieme, si divertivano, perché negarlo?

Beh, forse perché le cose non si aggiustano con un sorriso. Ci credono solo gli stupidi, a tavolette del genere; nemmeno James aveva abboccato ad un’esca così facile, buttandola sulla questione cuscini, che è infinitamente più complicata, ma anche più vera.

 

Approdati per ultimo al dessert, Harry ordinò un budino stratosferico; Draco lo prese in giro e ne accettò due cucchiaiate, e per un po’ fu come essere tornati indietro ai tempi di Hogwarts, ma stando entrambi dalla stessa parte della barricata. Questo pensarono nello stesso momento, che avrebbero potuto essere grandi amici fin da subito, anziché odiarsi, se solo lo avessero voluto. Ma era davvero il caso di soffermarsi anche su quel passato, lontano ere da ciò che erano in quel momento? Beh, se non altro sarebbe stato più divertente.

 

- E’ stata una bella cena. – commentò Harry, ributtandosi addosso la sua giacca all’uscita dal ristorante.

 

Draco annuì, ma entrambi sapevano che non era così: era stata una bella cena, sì, perché non si erano detti niente.

 

Attraversarono il parco giochi, diretti verso casa di Draco. Era tutto illuminato dalla luce intensa e asettica dei lampioni, ed era praticamente deserto, se si eccettuavano le poche figure di passaggio come loro. Harry si fermò senza preavviso, lasciando Draco di stucco ad incespicare per un paio di passi. Come niente fosse si buttò a sedere su una panchina, e indicò il posto accanto a sé. 

 

- Roviniamoci la serata. – propose. – Adesso io proverò a chiederti scusa per l’ennesima volta, e tu mi manderai a quel paese. -

- Non è questione di accettare o meno le tue scuse. – sospirò Draco. – Potrei dirti che ti ho perdonato, e che non ce l’ho più con te, ma non cambierebbe niente. -

- Allora dimmi che cosa devo fare perché le cose cambino. -

- Non lo so. Obliviarmi, farmi dimenticare tutti i giorni di solitudine, e convincermi che è sempre andato tutto bene. -

- Sarebbe come mentirti un’altra volta. Non puoi proprio provare ad accettare le cose così come sono? Non riesci a credere che non c’è niente al mondo che voglia di più che prendermi cura di te e di James? -

- Parli sempre più spesso di me e di James insieme. -

- Perché siete entrambi la mia famiglia. -

 

Harry aveva un’espressione severa che non gli si addiceva. Per fortuna, restava la sua chioma spettinata nella controluce dei lampioni, a restituirgli la sua rassicurante aria da delinquente. Era importante, un dettaglio come quello.

 

- Non fraintendere ciò che sto per dirti, ma James ormai non mi basta più per farmi sentire completo. -

- Faccio fatica a crederci. -

- Lo so. – Harry osò tendere una mano verso di lui ed accarezzargli la guancia. – Ma aspetterò per sempre che tu ci creda. –

 

Draco si strinse con forza le mani sul grembo. Era spaccato in due fra la voglia di scappare via e gridare di rabbia, e quella di abbracciare Harry e non lasciarlo andare mai più. Si era già innamorato dell’uomo che teneva in braccio il loro piccolo, e non era possibile innamorarsi due volte della stessa persona; ma a ben vedere Harry poteva essere un mucchio di persone diverse, se solo lo voleva, e innamorarsi di ciascuna di essere era molto più che strano, era fisiologico; in quanto allo scappare, beh, le sue gambe gli comunicarono che erano stanche di dover sempre correre via da qualsiasi promessa di salvezza.

 

Perciò Harry non ebbe bisogno di aspettare per l’eternità. Quando, con circospezione, si fece più vicino, Draco non oppose resistenza. Anzi, nel momento in cui le labbra di Harry sfiorarono le sue, piene di tenerezza e preoccupate che qualcosa potesse andare storto, si sgonfiò come un vecchio pallone di tutte le riserve. Harry gli prese le mani e lui ricambiò la stretta, esitante, sì, però lo fece.

 

- Mi dispiace. – sussurrò Harry sulle sue labbra umide. – Per tutto quanto. -

- Ma adesso è tutto a posto? – implorò Draco.

 

Harry piegò la testa di lato, appoggiandola sulla spalla di Draco, e lo attirò a sé. – Sì. – promise. D’ora in poi è tutto a posto. Non voglio farti più del male per nessuna ragione al mondo, e se mai dovessi fare qualcosa di stupido, prendimi a pugni come hai fatto quella volta. -

- Dio, come ti ho odiato in quel momento. -

- Lo so. Con le tue mani mi sei entrato fin dentro l’anima, e ti giuro Draco, ho capito così tante cose da quella notte in poi, che potrei metterci una vita a spiegartele tutte. -

- Sono stanco di spiegazioni e di scuse, e di tutto quanto. -

 

Draco sollevò lo sguardo offuscato dalla luce artificiale che si rifletteva nella patina lucida delle lacrime. Era fragile e fortissimo nello stesso momento, era un germoglio che lottava per venire alla luce, dopo tutto il tempo passato nel buio della terra.

- Voglio soltanto andare a casa e far finta che tutto quello che è successo sia stato un brutto sogno e niente di più. Che tu adesso ci sei, e ci sei sempre stato, e basta, davvero, non ne posso più di tutto il resto. -

 

Harry gli accompagnò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, e gli diede un altro bacio, catturando con dolcezza le sue labbra.

 

- Andiamo a casa, allora, ti accompagno. -

- Non so se sia una buona idea. Pansy impazzirà, se ti vedrà entrare. -

- E tu lascia che impazzisca. È un nuovo capitolo della nostra vita, no? Apriamolo facendoci una risata alle sue spalle. -

 

*          *          *

 

Ultimamente mi sembrate tutti e due un po’ strani.

Papà Harry è sempre con noi, e tu sei contento, quando lui è vicino a te. Anche a te piace tanto papà Harry, quando fa tutte quelle cose da eroe? Beh, non che abbia capito che cosa debba fare di preciso un eroe. Ma di sicuro, papà Harry lo fa,  sì.

Però c’è una cosa che non riesco a capire. Papà Harry è contento anche lui, quando è con noi. Ma allora, se lui è contento, vuol dire che anche tu sei un eroe? Secondo me sì. Così anche io da grande potrò fare l’eroe.

Però non mi piace tanto che papà Harry ti dia tutti quei baci, sai? E poi papà te li dà in un modo strano: te li dà sempre sulla bocca, e sta lì fermo un sacco di tempo. Ma non si annoia?

Papà, lo voglio anche io un bacio sulla bocca, come papà Harry, me lo dai, eh? Però non stare fermo anche tu per un sacco, perché io ho da fare.

 

Devo andare a giocare e non posso perdere troppo tempo a darti baci.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ok, ok, nota.confessione baka: per il pensiero sui baci di James, mi sono liberamente ispirata a me stessa, e più precisamente all’idea poco chiara che avevo dei baci ad anni quattro: vi giuro che mi interrogavo seriamente su cosa ci trovasse la gente a stare lì attaccata per ore senza fare niente. Poi con il tempo l’ho capito, ma da allora mi deve essere rimasta un’allergia atavica verso le ventose/idrovore che ti si attaccano addosso e non ti mollano nemmeno se simuli le convulsioni.

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