La mia vera origine di deba (/viewuser.php?uid=122551)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vita secondo... ***
Capitolo 2: *** attimi ***
Capitolo 3: *** punizione ***
Capitolo 4: *** il posto ***
Capitolo 5: *** finzione ***
Capitolo 6: *** pensieri ***
Capitolo 7: *** paura ***
Capitolo 8: *** odio ***
Capitolo 9: *** niente bugia, niente verità ***
Capitolo 10: *** solo noi ***
Capitolo 11: *** sensazioni ***
Capitolo 12: *** mostro ***
Capitolo 13: *** incredibile ***
Capitolo 14: *** sincerità ***
Capitolo 15: *** al tuo fianco ***
Capitolo 16: *** rivelazioni ***
Capitolo 17: *** possibilità ***
Capitolo 18: *** coraggio ***
Capitolo 19: *** fantastico ***
Capitolo 20: *** dono ***
Capitolo 21: *** la mia forza ***
Capitolo 22: *** paradiso ***
Capitolo 23: *** emozioni ***
Capitolo 24: *** due barre ***
Capitolo 25: *** è una promessa ***
Capitolo 26: *** si è mosso ***
Capitolo 27: *** gioco ***
Capitolo 28: *** progetto ***
Capitolo 29: *** speranza ***
Capitolo 30: *** confusione ***
Capitolo 31: *** forte ***
Capitolo 32: *** l'amore ***
Capitolo 33: *** seconda possibilità ***
Capitolo 34: *** dissetante ***
Capitolo 35: *** confidenze ***
Capitolo 36: *** presagi ***
Capitolo 37: *** scontro ***
Capitolo 38: *** il termine ***
Capitolo 39: *** stop all'inerzia ***
Capitolo 40: *** fuoco ***
Capitolo 41: *** neonata ***
Capitolo 42: *** diversa ***
Capitolo 43: *** vento ***
Capitolo 1 *** La vita secondo... ***
la vita secondo...
La mia vera origine
CAPITOLO 1
La vita secondo…
(Pov
Lina)
Driiin
… Driiiin ….
-Ma
che palle- penso. Non ditemi che mi devo già alzare? No vi prego. Fatemi
sognare un altro po’… click!
Driiin…
Driiin….
Uffff.
Ma son già passati 8 minuti? Non ho voglia di andare a scuola.
Mi
giro a pancia in su e fisso il soffitto, anche se vedo tutto sfocato a causa
degli occhi stanchissimi. Allungo una mano verso la sveglia, senza girarmi a
guardare, ormai conosco a memoria tutti i suoi tasti. Ne premo uno e l’ora si
riflette vicino al lampadario. Le 7:00. La prima volta se non sbaglio era
suonata alle 6:45, mi sbrigo quindi a spegnerla definitivamente, prima che quel
rumore così irritante ricominci di nuovo, non vorrei facesse la stessa fine
delle altre 4 sveglie, tutte prontamente rotte contro il muro.
Avrei
potuto starmene a letto se volessi, tanto i miei, sapevo non se ne sarebbero
accorti, però con questa scusa avevo fatto già tante di quelle assenze a
scuola, che il coordinatore della classe mi aveva già minacciato di far
convocare i miei genitori. Non che la cosa mi disturbasse, ma lo avrebbe fatto
ai miei genitori. Non di certo per sapere che la loro figlia non è molto
diligente a scuola, no figuriamoci! Più che altro perché mio padre avrebbe
dovuto rimandare il suo importante lavoro, ppfff! Il grande imprenditore di
Volterra, anzi di Pisa! Mia madre, invece, avrebbe dovuto saltare qualche
stupido incontro con le sue stupide finte amiche di uno dei suoi tanti e
stupidi circoli, ovviamente importanti anch’essi in tutta Volterra. Davvero
rivoltante, forse troppo, corro in bagno velocissima a vomitare. Mi siedo a
fianco al water. Non avevo di certo svuotato l’anima perché me la prendevo a
cuore per i miei genitori, macchè! Erano state sicuramente le sette vodka alla
menta che avevo bevuto di seguito per sfida quella notte. Devo ammettere che
per essere andata a dormire solo da 2
ore non ero poi presa così male, c’erano state delle mattine assai peggiori di
questa!
Mi
alzai e mi infilai in doccia.
Una
volta uscita andai a prendere subito due aspirine, un vero tocca sana!!! Per strada avrei mangiato qualcosa.
7:30
è meglio sbrigarsi!
Mi
trucco! Dopo tutto ho dormito solo due ore, le occhiaie si vedono da
chilometri.
Mi
vesto veloce: dei jeans così attillati da bloccarmi la circolazione del sangue
nelle gambe, maglietta maniche corte bianca, attillata con il viso della grande
Marylin Monroe stampata davanti, giubbetto in pelle nero, converse bianche ai
piedi e la borsa contenente i libri di scuola, a volte capita che me la
dimentichi a casa, non sai che ridere!! E mi avvio come sempre a piedi!
Durante
il tragitto mi fermo nel mio bar preferito e mi prendo un cornetto al
cioccolato che finisco di mangiare appena entro in classe, andando ovviamente a
sbattere contro il professore.
“signorina
Verdi, farò finta di non aver visto nulla, devo già ritenermi soddisfatto che
lei sia venuta!”
Gli
faccio l’occhiolino e maliziosa gli rispondo “non sa quanto”
Il
professore sgrana gli occhi e rosso in viso si avvia verso la cattedra. Dio
quanto mi diverto!
Appena
prendo posto nel mio banco tutti i miei compagni mi si avvicinano, che noiosi!
Tanto con me non hanno speranze, sono troppo poppanti per i miei gusti e non ce
ne uno, che ne valga veramente la pena. Le mia compagne invece mi guardano
storte, tutte invidiose. Non parlo mai con nessuna di loro, tranne ovviamente
con l’unica che abbia mai considerato veramente un’amica, Serena. Una di quelle
persone che arriva quando il resto del mondo se ne va. Una di quelle che non ti
giudica, ma invece ti legge dentro e ti conosce veramente, anche se tu non le
hai mai detto niente per farti capire. È seduta a fianco a me.
“altra
nottata all’Irish, Neilina?” mi chiede.
La guardo
storta “come scusa?”
Sorride,
sa che odio essere chiamata con il mio nome intero. Riprova.
“altra
nottata all’Irish, Lina?”
Decisamente
meglio. “puoi dirlo forte! C’era veramente il mondo !” le rispondo tranquilla,
so che lei non mi giudica.
“la
Lady Mascherata ha fatto vibrare il locale anche ieri sera?” mi chiede
sottovoce.
“per
poco non l’ho distrutto, ha ha!” già, nell’ Irish Disco io sono la Lady
mascherata, la cubista più desiderata del locale, forse anche di tutta
Volterra, e il nome dice tutto ovviamente. Porto la maschera, non mi va di
farmi riconoscere. Con la maschera davanti posso essere chiunque io voglia,
senza pensieri e senza problemi. Solo Serena conosce la verità.
“stasera
è venerdì, che ne dici di venire? Dai dai dai!” la prego
“si
certo vengo!” mi risponde con sorriso, che però noto non contagiarle gli occhi,
ma fingo di nulla.
“ehi
mi prendi in giro? Di solito devo pregarti per tutta la mattina e a volte anche
il pomeriggio!”
“no
oggi ti risparmio la fatica!”
“bè
allora grazie” mi giro e mi metto comoda sul mio banco. Sento che ha qualcosa
che non va, ma non le faccio domande, se vorrà, sarà lei stessa a parlarmene!
Così scacciando quel pensiero, mi lascio trascinare dal tempo fino al termine
delle lezioni e poi a casa.
Nel
pomeriggio dormo per recuperare un po’ di sonno
e per riuscire a restare sveglia poi la notte.
Alle
21.00 mi sveglio e scendo così in cucina a mangiare qualcosa. Nel corridoio
incontro mia madre che sta finendo di agganciarsi il centesimo bracciale che
indossa nel braccio destro.
“ciao
tesoro, è andata bene la scuola? Lo spero proprio! Ora esco a cena con il club
del libro, tuo padre non torna è andato direttamente alla cena di lavoro, mi
raccomando piccola.” E così dicendo mi bacia lasciandomi addosso la puzza del
suo profumo e nient’altra emozione dentro.
Silenziosa
più che mai mangio una pizza trovata nel frigo e poi risalgo in camera mia. Uff
basta!
Accendo
la musica e la alzo a volume spacca timpani, chiudo gli occhi e sorrido: La
notte della Lady mascherata sta per iniziare!
(Pov
Alec)
Guardo
fuori dalla finestra che dà sulla Piazza dei Priori, il sole si sta ormai
alzando e un altro giorno, inesorabilmente, prende inizio. Sono da 334 anni che
ogni mattina mi ritrovo qui ad osservare l’alba, tranne ovviamente quando sono
in giro in qualche battaglia per ordine di Aro. Come domani ad esempio, non
sarò qui, bensì in Romania, dove qualcuno si è divertito un po’ troppo, lasciando
tracce della presenza di noi vampiri, troppo evidenti. La cosa non mi fa né
caldo né freddo, però almeno potrò fare un po’ di movimento, sono fuori
allenamento.
Ghigno.
Si
come se questo fosse possibile.
“cosa
c’è di così divertente là fuori?”
Una
vocina cantilenante di bambina richiama la mia attenzione.
“niente
sorella. Pensavo alla missione di domani!”
La
mia gemella sorride e mi abbraccia “capisco. Ci stavo pensando anch’io prima. È
da un po’ che non torturo nessuno, non sai che noia provi!” e mette il broncio
perfida.
“Perché
non chiedi a Felix che ti faccia da cavia?” le propongo.
“magari!
Ma Aro mi ha già rimproverata per averlo fatto in passato! Teme che gli possa
distruggere la guardia! Scusa ma mi devo assentare, Aro aveva chiesto di me.”
Sorrido
e la guardo allontanarsi.
Jane
era l’unica persona che io sapessi amare, avrei distrutto il mondo se qualcuno
avesse fatto del male a lei. Fin da piccoli, quand’eravamo ancora umani, avevamo
sempre fatto affidamento uno sull’altro, soprattutto dopo che eravamo rimasti
orfani all’età di dodici anni ed eravamo stati rinchiusi in un orfanotrofio.
Già all’epoca i Volturi avevano visto in noi dei promettenti vampiri, ma non lo
sapevamo.
Eravamo
nati e cresciuti a Salem, purtroppo in un periodo terribile. All’età di sedici
anni , infatti, durante la più terrificante caccia alle streghe del 1692, Jane
venne accusata ingiustamente e quindi messa al rogo. Aro la salvò in tempo
trasformandola e con lei anche me.
I
Volturi ci avevano visto giusto. Io scoprii possedere la facoltà di
neutralizzare tutti e cinque i sensi dell’avversario. A volte quando i Volturi
si sentivano clementi, mi chiedevano di non far sentire ai colpevoli il dolore
della fiamme, mentre bruciavano. Mia sorella, invece, riusciva a far provare
all’avversario un dolore atroce, che provocava nella mente di lui. Insieme eravamo
e siamo imbattibili, divenendo da subito parte della guardia dei Volturi.
Un
calore alla gola mi risvegliò dai miei pensieri. Avevo sete. Decisi di andare a
caccia, mi sarebbe servito anche per l’indomani. Chissà quale turista mi
sarebbe capitato tra le mani oggi. Era davvero irritante questo fatto a volte. Non
potersi cibare di persone che sono cittadini di Volterra, ma queste sono le
regole e non si discute.
Al
mio ritorno trovai Jane in camera mia.
“sorella
cerchi qualcosa?”
Sembrava
impaziente “Alec ma dov’eri finito? Heidi e Demetri ci stanno aspettando!”
“aspettando?
Non credevo avessimo appuntamento con loro?” anzi ne ero sicuro.
“si
lo so, ma dato che domani dobbiamo lavorare, direi che stasera si potrebbe
andar fuori a festeggiare per il successo che sicuramente avremo!” mi sorrise
perfida. “dai dai dai dai!”
A
volte quando si metteva era veramente fastidiosa. “ok”. So che non posso
resistere.
“bene!!
Ti aspettiamo all’entrata del palazzo!” e se ne andò.
Mi
chiesi se fossimo veramente gemelli. In questi momenti dimostrava avere la
bellezza di cinque, non sedici, non che fossero tanti quest’ultimi, ma in 334
anni di vita direi che un po’ di maturazione qualcuno la fa, o no? No, ovvio !
stiamo parlando di Jane. Mi cambiai e li raggiunsi.
“allora
Heidi, tu che conosci tutti i locali del mondo, dove ci porti stasera?”
“Mi
dispiace, ma stasera il locale l’ha scelto Jane, anche se ammetto che
l’appoggio alla grande è davvero fico!”
“e
quale sarebbe?”
“l’Irish
Disco!”
E
così dicendo, ci incamminammo.
Allora
mie care lettrici!!
Che ve
ne pare di questa mia seconda FF??
Vi piace???
Così mi impegno seriamente a soddisfarvi (si fa per dire, non fate le
maliziose, ma voglio Eddino, mi dispiace T.T)
hihihihi
A presto
Un bacio
Deba
|
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Capitolo 2 *** attimi ***
attimi
Capitolo 2
Attimi
(Pov lina)
Mi vestii come per una
normale serata in Discoteca. Un vestitino nero, senza bretelle, attillato e
corto a metà coscia. Delle decolleté rigorosamente tacco 12, ovviamente nere.
Indossai qualche accessorio semplice. Poi mi truccai: un po’ di fard, eyeliner
nero e ombretto blu per risaltare i miei
occhi azzurro ghiaccio, l’unica cosa per cui ringraziavo i miei genitori. Mi
chiesi da chi li avessi presi, dato che nessuno
dei due aveva gli occhi azzurri. Mah, forse dai nonni… i cappelli però erano
come quelli che mia mamma aveva giovane,
neri come il carbone! Ora lei li portava biondi, come tutte le sue amiche oche!
Incredibile!
A parte, poi, preparai i
vestiti che la Lady M. avrebbe indossato. Facevo sempre così. Entravo nella
discoteca come Lina e poi mi sarei cambiata. Non potevo rischiare che qualche
studentello della mia scuola che spesso veniva lì mi riconoscesse! Non volevo
pubblicità! Io per gli altri volevo essere Lina e basta! La gente mi doveva
apprezzare per quella che ero!
Così dicendo presi il
telefono e chiamai il taxi che arrivò 5 minuti dopo!
Scesi dopo dieci minuti
davanti all’entrata. C’era davvero una fila lunghissima quella sera. Dopo tutto
era iniziato il week end.
Mi avviai decisa verso
l’entrata, passando davanti a tutta la fila e scatenando qualche insulto al mio
passaggio. Il buttafuori quando mi vide, mi fece l’occhiolino e quando gli
passai davanti mi sussurrò a bassa voce: “falli schiattare tutti stasera,
Lina!”. Gli sorrisi e gli risposi : “ come sempre Alex!”. Gli diedi un bacio
sulla guancia ed entrai. Ovviamente lo staff della discoteca sapeva benissimo
chi ero, ma avevano accettato tutti di mantenere il mio anonimato, e con una
certa soddisfazione, era stato anche un bene, perché questo mistero aveva reso il
locale ancora più celebre.
Una volta dentro, il buio, le
luci psichedeliche e la musica mi avvolsero. Mi sentivo come un animale, che
dopo essere stato liberato dalla gabbia, era finalmente tornato nel suo habitat
naturale. Guardo l’ora! è mezzanotte e mezza! Mi faccio un giro tanto di solito
ballo verso le 3.00! Mi avvicino al banco.
“ehi Lina, ti offro una vodka
alla menta?” mi fa il barista sogghignando.
“Matt” come chiamo io,
Matteo, “se vuoi che facciano la fine delle altre nel water di casa mia, meglio
di no!”
“hahaha sei forte ragazzina!
Tieni qua, almeno ti darà un po’ di energia per dopo!”
Una vodka-Redbull! Ha
ragione, mi serve proprio! Lo ringrazio e mi inoltro nella massa.
Da lontano riconosco i ricci
di Serena, anche se è di spalle. La raggiungo ed infatti e lei.
“ehi sere non sai che
contenta sono che tu sia qui!” e le schiocco un forte bacio. Lei ricambia. La
vedo pensierosa come stamattina, e la cosa mi prende lo stomaco. Brutto
presagio.
Chiacchieriamo un po’ di
tutto, poi ci fiondiamo in pista a ballare e di conseguenza a rifiutare tutti
quei tipi, futuri scapoli sfigati, che si avvicinano come mendicanti. Ci
sediamo poi su un divanetto libero e la fisso noncurante fino a quando lei non
ricambia il mio sguardo.
“hai capito che c’è qualcosa
che non va vero?”
“ovvio” le rispondo
“mi mancherai davvero
tantissimo!” dice con un sospiro da funerale. Un momento ho capito bene? Mi
mancherai?
“Serena.. cosa significa mi
mancherai?”
“sono stata accettata alla
scuola di Londra a cui ho fatto domanda mesi fa, partirò domani!”
Shock! Ehi un attimo! No non
ci credo! Non mi può abbandonare, lei l’unica persona a questo mondo a cui
voglia veramente bene!!ditemi che è tutto uno brutto scherzo! Ma già so che non sarà così! Mi ricordo quando aveva
fatto la domanda, lei non la voleva spedire, io invece al contrario l’avevo
sostenuta. Era brava a scuola, aveva ottimi voti senza impegnarsi poi molto, le
veniva naturale, come naturale era per me non studiare, solo che i risultati
erano opposti. Era la sua occasione di farsi valere e di costruirsi il futuro
che le spettava, uno degno di lei. No non potevo impedirgli di partire. Qui non
si tratta del mio bene, ma del suo. Nascosi il mio pensiero e le dissi
“ serena è fantastico! Sono
contentissima per te, spacca il culo a tutti quegli inglesini. Fagli vedere
come sono le italiane!!” E l’abbracciai nascondendo il viso tra i suoi capelli.
Ma lei mi conosceva troppo bene.
“so che è stata dura per te
dirmi queste parole e te ne sono grata. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre!”
“anch’io sere”.
Prima che la tristezza e il
senso di vuoto futuro mi attaccassero la salutai, ci saremmo viste dopo, e mi
avviai verso il camerino per cambiarmi, pensando solo alla Lady Mascherata. Per
sicurezza però, mi fermai prima da Matt a prendere la vodka alla menta!
Stasera avevo optato per una
Dark Angel! Avevo messo della ali piumate nere! Poi un bustino nero che mi
risaltava il seno, facendolo sembrare più grande di quello che era, e dei
pantaloncini cortissimi sempre neri come gli stivali che aderivano sulle mie
gambe magre fin sopra il ginocchio e infine lei. La mia maschera. Era nera e
ricamata di merletti! Appena la indossai mi sentii bene, non ero più Lina, non
avevo più problemi di scuola, casa, Serena… ero Lady M. , libera!
Passai da Matt per un altro
drink, poi brilla il giusto, mi avviai verso la consolle nella sala principale
e più grande del locale. Al mio passaggio i ragazzi si fiondavano per farsi
conoscere, ma sapevano che dovevano tenere a freno le mani, già una volta i
buttafuori avevano insegnato le buone maniere. Arrivai alla mia postazione,
salii e prima di iniziare diedi un bacio di saluto al Dj che suonava, intanto
il vocalist mi salutò al microfono e poi mi lasciai trasportare dalla musica e
basta.
(Pov Alec)
Arrivammo al locale intorno
alla mezzanotte e mezza. Heidi, grazie al suo fascino e al suo dono di saper
attrarre gli umani riuscì a farci passare, mentre dalla lunga fila che
aspettava arrivarono insulti e sollecitazioni a smettere di far passare la
gente che non faceva la fila. Poveri umani, era meglio per loro se non
riuscivano ad entrare, forse sarebbero diventati ipotetici pasti.
Il locale dentro non era
affatto male, i colori predominanti erano il bianco e il nero che poi grazie
alle luci rendeva il luogo sublime.
Mi complimentai con Jane per
la scelta, ma lei rispose un po’ stranamente
“forse dovevamo andare da
un’altra parte..”
E ora che le prendeva? Sembrava entusiasta
prima.
“sorella va tutto bene? “
Mi guardò a lungo, poi
sorrise dicendo
“si si ! lo immaginavo
diversamente!”
Non me la dava a bere, ma ora
non avevo voglia di mettermi a supplicarla per farla parlare, così la liquidai.
“ah! Ok!”
Magari il discorso lo avrei
ripreso un’altra volta.
Facemmo un giro del locale
poi Heidi adocchiò il probabile proprietario e con le sue capacità e qualche
altra cosa, riuscì a farci dare uno dei migliori tavoli.
Dopo un po’ che eravamo
seduti, Heidi trascinò Demetri in pista. Mia sorella che si era fatta un po’
nervosetta con una scusa si allontanò. Vai a capirla tu a volte! Chissà che le
passava per la testa!
Ad un certo punto si avvicinò
un umana, voleva provarci con me. Che idiozia. La fissai minacciosamente negli
occhi, la feci sbiancare e scappare a gambe levate. Quanto potevano essere stupidi
gli umani a volte!
Dopo un po’ la
porno-coppietta (Heidi e Demetri) tornò al tavolo, avvinghiandosi uno
all’altro. Sbuff! Ogni volta la solita storia. Mi alzai e me ne andai a fare un
giro.
Di Jane non c’era più
l’ombra. Provai a seguire la sua scia, ma sembrava portasse da per tutto. Che
palle quando si comportava in modo strano.
Decisi di ritornare al tavolo
per dire agli altri che me ne sarei tornato a casa. Mentre mi muovevo tra la
folla sentii che gli umani si erano inspiegabilmente agitati, soprattutto i
maschi. Cercai l’oggetto di tale scalpore.
Un angelo nero danzava in una
maniera a dir poco divina vicino al Dj. Era la cosa più bella che avessi mai
visto e mi stupii di quanto fossero aggraziati i suoi movimenti, per quanto
fossero sexy e decisamente troppo provocanti, soprattutto per il fatto che a
farli era un’umana.
Quella creatura aveva
decisamente tutta la mia attenzione, e all’istante decisi che doveva essere
mia, quel corpo così perfetto doveva essere mio!
La osservai ballare per
un’ora, senza staccare mai gli occhi da lei e non preoccupandomi se un umano
avesse potuto accorgersi che non battevo ciglio. Come? Sono un Volturo non
posso disubbidire io per primo alle regole, ma accidenti, non potevo perdere
neanche una frazione di secondo dei suoi movimenti.
Quando la musica si fermò di
botto, il vocalist avvertì che il locale stava per chiudere e di avviarsi verso
l’uscita. La vidi scendere dal suo cubo e allontanarsi. Dovevo averla, dovevo
vedere il suo volto!
La seguii! Era questione di
attimi e l’avrei raggiunta. Ma qualcosa mi bloccò per un braccio.
“Alec dobbiamo andare!” era
Jane, da dove era sbucata? Non l’avevo percepita da quanto concentrato ero sulla
ragazza. Male!
“andate avanti a voi, vi
raggiungo subito!” non volevo perdere altro tempo
“no!” insistette “ dobbiamo
partire per la Romania!” mi disse con un po’ di disagio nella voce.
“sei preoccupata per la
battaglia le chiesi?”
“forse..”
Ma che diavolo stava dicendo?
Anche se non la conoscessi da una vita, sapevo benissimo che stava mentendo.
“non farmi arrabbiare Alec.
Muoviti!” questa frase l’aveva detta con il tono che le si addiceva. Però tutto
questo suo comportamento strano mi puzzava davvero troppo. A malincuore però la
seguii. Quell’angelo nero sarebbe stato mio lo stesso. Se non stanotte,
un’altra volta! Era solo questione di tempo!
Mie belle!!
Uno special thanks a chi mi ha
recensito!!!!
Spero vi piaccia questo nuovo
capitolo!!!
=)
Fatemi sapere le vostre
opinioni!!
Un bacio
deba
|
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Capitolo 3 *** punizione ***
punizione
CAPITOLO 3
Punizione
(POV Alec)
Non potevo credere di essere
riuscito a farmi convincere a tornare a Palazzo. La curiosità mi stava rodendo
dentro. Il suo volto, dovevo vederlo.
No Alec non ci siamo! Cosa
diavolo ti sta succedendo? Hai visto un’umana, e ripeto umana, ballare… ok…
danzare in modo divino, e il cervello ti è andato in corto circuito? Stavi
perfino per disubbidire alle regole dei Volturi, che tu stesso, in primis fai
rispettare, pena la morte. Ora dovresti ucciderti lo sai? E quando Aro lo verrà
a sapere? Accidenti! Mi ero dimenticato del potere del capo supremo dei
Volturi. Può leggere nella mente anche cose che tu non ricordi più. E ora? Ora
nulla. Sei Alec, apparentemente un angelo, ma realmente un sadico terribilmente
spietato. Non sai cosa sia la paura e non inizierai a provarla certo adesso.
- Se Aro vorrà punirmi, io
non discuterò!-
Ritornato nelle mie piene
facoltà mentali, mi vestii per l’imminente viaggio e battaglia che mi
aspettavano. Camminai piuttosto lento verso la sala dei Troni, non volli
pensare il perché del mio gesto così involontario.
Erano già tutti li. Demetri,
Felix e Jane, al cospetto di Caius, Marcus e infine lui, ma non di certo per
importanza Aro. Mi osservò avanzare, anzi mi studiava. No che sciocchezze.
Stavo diventando paranoico. Era solo la possibilità di venire scoperto per il
mio comportamento insensato a farmi pensare così!
“miei Signori” li salutai con
un inchino.
“Alec, mio caro, ti stavo
attendendo. Credevamo quasi non volessi più venire!” mi disse con un tono
scherzoso dei suoi. E la cosa ovviamente non mi piaceva.
Alec ma che diavolo!
Contieni i tuoi pensieri!
“non mi sarei mai perso un
po’ di torture gratuite per tutto l’oro del mondo!” dissi apatico. Così come lo
ero sempre.
“a tal proposito! Ho già avvertito
i tuoi compagni! Sarei deliziato ad avere al mio cospetto l’artefice di tale
violazione! Quindi dovrai trattenerti dai tuoi istinti spietati! Mi dispiace
doverti rovinare il divertimento!”
Sembrava seriamente pentito.
Il che era ovviamente il contrario, ormai lo conoscevo bene.
“si mio Signore, cercherò di
portare a termine la missione, così come avete chiesto!”
“bene miei cari, partite e
buona fortuna!”
Detto questo noi ci
congedammo.
Jane non fece altro che
parlare per tutto il viaggio. E ora perché era così loquace? Basta, mi
rifiutavo di comprendere mia sorella, tanto l’affetto che provavo per lei non
sarebbe mutato neanche per altri mille comportamenti strani che le avessi visto
compiere. Sapevo che comunque lei mi voleva bene, siamo sempre stati solo noi,
noi contro il mondo e così sarebbe sempre stato.
L’immagine di una ragazza
mascherata mi si parò davanti, ma che diavolo… !? Quasi presi un colpo. Cos’è
questo cedimento da parte del mio cervello? Lo so… deve chiamarsi curiosità. Io,
essere infinitamente egoista, voglio avere tutto quello vedo e mi interessa. E
ora lei è il mio prossimo giocattolino. Il mio prossimo obiettivo.
Quando vivi per sempre e
trovi un passatempo diverso dal solito è logico non volerselo far scappare.
Fiuuu. Ecco! Doveva essere questo il motivo di tutto sto casino mentale che mi
stavo facendo. Mi sentivo meglio.
“ a cosa stai pensando
fratello?”
Jane mi stavo fissando. Da
quanto era in quella posizione?
“al motivo per cui Aro ci
vuol far riportare il trasgressore vivo. Di solito non ci pensa su due volte a
farlo uccidere, da noi.” Non volevo rivelare i miei pensieri a nessuno, neanche
a lei.
“da quando ti preoccupi dei
motivi che stanno dietro agli ordini assegnatici!?” sembrava acida.
“veramente era solo una
semplice domanda!”
“bene. La risposta non
esiste. Tu sei al servizio dei nostri tre signori. E tu fai quello che loro
dicono, sempre, indiscutibilmente, come abbiamo sempre fatto, è il nostro modo
per sdebitarci.”
Ma com’era suscettibile ora.
Più ci avvicinavamo alla meta, più sembrava agitarsi.
“sorella vuoi forse litigare?
Ti ricordo solo che abbiamo qualcun altro a cui pensare!”
Mi sorrise perfida, tornando
quella di sempre “allora cosa stiamo aspettando!?”
Arrivammo nel luogo
concordato il sabato notte e ci dividemmo per studiare le varie scie di odori
che c’erano nei dintorni!
Tutti fummo portati nel
medesimo posto. Sentivamo la presenza di tre vampiri, due probabilmente
neonati.
Ci fermammo in un bosco semi
arido, davanti ad una casetta in legno. Ci appostammo e Jane a voce lievemente
alta, ma ben udibile da dei vampiri disse:
“uscite allo scoperto! “
Dopo due secondi si
materializzarono davanti a noi i tre vampiri. Un uomo, una donna e un ragazzo,
che pareva essere stato trasformato alla mia stessa età. Sia lui che la donna
erano neonati, si percepiva.
“Chi siete?” disse la donna.
Fu Felix a parlare questa
volta.
“siamo la guardia dei
Volturi…”
Ne la donna ne il ragazzo si
scomposero alla pronuncia del nostro grado. L’uomo fu visibilmente colpito
dalla notizia.
Dopo aver osservato a lungo
la situazione parlai io
“direi che la colpa degli
avvenimenti verificatisi sia tua!” parlai all’uomo. “il tuo nome prego..”
Non rispose.
“ho chiesto il tuo nome”
iniziavo ad arrabbiarmi, infatti lasciai che il mio potere, che era lento ad
arrivare verso l’avversario, si propagasse davanti a me verso i tre ribelli.
Una volta arrivato a destinazione, feci perdere la vista all’uomo. L’uomo
iniziò ad urlare cadendo a terra e iniziando a palpare attorno..
Guardai gli altri due che non
sapevano più che fare, se attaccarci o meno, ma da il mio attacco sembravano
credere di essere inferiori. E avevano ragione. Feci un cenno a Felix e Demetri
che bloccarono subito i due neonati non appena tolsi loro il tatto, così che
non potessero più percepire nulla e sentendosi spaesati non avrebbero saputo
utilizzare la forza che caratterizza i
vampiri dopo la loro trasformazione. Mi avvicinai poi all’uomo e gli sussurrai
tagliente:
“ora sei cieco, ma non sordo.
Quindi mi senti benissimo. Parla!” ma non aspettai più di due secondi ero
arrabbiato, molto, troppo forse. “Jane” chiamai mia sorella., che si
materializzò al mio fianco. Le feci un cenno e poi vidi l’uomo piegarsi in due
dal dolore. Jane continuò per un po’, più del solito, ma sicuramente era stanca
anche lei e voleva delle risposte.
Quando terminò anch’io tolsi
il mio potere da lui.
“allora?”
“il mio nome è Klaus”
“vedo che inizi a ragionare…
perché hai disobbedito alle regole fondamentali che ogni vampiro con un po’ di
sanità mentale sa di dover seguire per non incorrere nell’ira dei Volturi?”
“speravo di farla franca”
“per tua sfortuna e fortuna
nostra, non ce l’hai fatta. Sai che la pena è la morte per chi si mostra troppo
agli umani!”
“pagherò….” E si inginocchiò
davanti a me e mia sorella.
“bè direi fin troppo facile!”
purtroppo però mi ricordai gli ordini di Aro, e stavo per comunicare al vampiro
di nome Klaus che sarebbe stato condotto al cospetto dei miei signori quando lui
si avventò di scatto verso Jane. Sentii mia sorella urlare, forse per la prima
volta era stata colta di sorpresa difatti io non avevo mai udito questo suo
tipo di urlo. Mi buttai alle spalle del vampiro e senza pensarci due volte gli
staccai la testa!
Mancava mezz’ora e saremmo
arrivati a Volterra. Come l’avrebbe presa Aro? Veramente non lo sapevo, ma
speravo avrebbe capito. Insomma la mia Jane era in pericolo, anche se mi
meraviglio ancora ora della sua disattenzione. Era stata presa davvero per la prima
volta alla sprovvista. Direi, quindi, che Aro dovrebbe anche ringraziarmi,
avevo pur sempre salvato uno dei migliori elementi della sua guardia!
Arrivati alla Sala dei Troni,
Aro ci scrutò, e notò subito che eravamo in quattro.
“fatevi avanti uno alla
volta!” disse gelido.
Uno ad uno ci toccò tutti, io
per ultimo.
“Alec mi deludi!”
Provai a difendermi.
“mio Signore, chiedo perdono
per non aver portato a termine l’incarico assegnatomi, ma vedete…”
“dovrei ringraziarti dici?”
stava usando i miei pensieri.
“veramente..”
“non fraintendermi Alec, sono
felice che Jane stia bene, ma ultimamente il tuo operato ci lascia a
desiderare..”
Come può dire una cosa
simile. Dopo 334 anni di servi zio, dove ho sempre e solo ubbidito a tutto ciò
mi venisse ordinato. Feci per parlare ma fece segno di fermarmi
“non è la prima volta che ti
chiedo di portarmi una persona al cospetto e tu la uccidi…” si riferiva forse
al fatto successo 330 anni fa? Ero ancora giovane allora, non avevo il
controllo attuale.
“ e poi non credere mi siano
piaciuti i tuoi pensieri inerenti alla nottata di venerdì…”
Ecco, aveva visto nei miei
pensieri la mia dea mascherata. Era arrivata la mia ora. Lo sapevo. Ma come
avevo promesso, non avrei chinato il capo nemmeno di fronte alla morte.
“…sarai punito…”
Perché la tirava tanto per le
lunghe? Mi chiedevo chi dei miei compagni di battaglia, mi avrebbe ucciso.
“..ma non con la morte”
Cosa? Non potevo credere alle
mie orecchie. Quale altra punizione poteva darmi, se non questa? Mi avrebbe
costretto a nutrirmi di animali? Come eravamo soliti prenderci in giro
utilizzando lo strano modo di vivere dei Cullen, per me sarebbe stato una tortura
doverlo fare.
“ora deciderò assieme ai miei
fratelli!”
Erano trascorse due ore. Non
ne potevo più di aspettare. Ma forse qualcuno aveva udito l’eco dei miei
pensieri perché Santiago bussò alla mia porta, indirizzandomi nella sala dei
Troni. Quando entrai c’erano solo loro tre e Renata. Avevano forse paura che li
avrei attaccati con il mio potere? Non ero così stupido.
“abbiamo conferito e abbiamo
deciso!”
Chissà cos’era passato a loro
per la mente…
“Alec, dopo i fatti da poco
avvenuti, abbiamo avuto una conferma sul tuo decremento lavorativo. Hai bisogno
di più autocontrollo, devi saper riflettere nelle situazioni estreme per non
commettere azioni non recuperabili, per questo dato che il periodo piovoso sta
arrivando, abbiamo deciso di farti passare del tempo in mezzo agli umani dove
dovrai riuscire a controllarti per non uccidere in primis, non farti scoprire,
saper resistere alle tue debolezze e
saper frenare il tuo carattere soprattutto”
Non potevo credere alle mie
orecchie… non credevo di poter essere così sfacciatamente fortunato, eppure non
riuscivo ad essere felice, sentivo che non era ancora tutto.
“per passare del tempo in
mezzo agli umani, intendo che andrai a scuola Alec!”
Eccola qui. La stangata
finale! A scuola io? Non c’ero mai andato in tutta la mia esistenza, neanche da
umano, perché quella che facevamo in orfanotrofio non si poteva certo chiamare
così. Odiavo gli umani ma soprattutto gli adolescenti, così frivoli. Vedevo già
Felix e Demetri prendermi in giro per i prossimi tre secoli, non lo avrebbero
dimenticato molto presto!
“io non…” inizia incerto.
“non ti sto chiedendo se ti
va bene, Alec. Ti sto solo esponendo quello che dovrai fare. Direi che in confronto
alla morte, è un’alternativa alettante. Sai bene anche tu che non potrei
permettermi di perdere un elemento del tuo genere dalla guardia, ma questo non
significa che tu possa comportarti come vuoi. Devi saper controllarti. Se
riuscirai a passare un mese li dentro imparando a fare ciò che ti ho detto,
farò finta che non sia mai successo nulla. Sai bene che noi Volturi non diamo
mai seconde possibilità. Ritieniti fortunato”
Dopo quello che mi aveva
detto non avevo più aperto bocca, se non per dire “come desiderate” e dopo un
inchino me ne ero andato. E ancora ora mi pareva impossibile. Non sapevo cosa
aspettarmi. Ma Alec non teme nulla, supererà anche questa sfida!
Ehm!!ciauuuu….
Chiedo scusa a chi si
aspettava un incontro tra Lina e Alec, ma quello come avete ben capito, ci sarà
nel prossimo capitolo! Cosa ne pensate invece della piega che ha preso questa
storia???
baciooo
|
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Capitolo 4 *** il posto ***
il posto
Capitolo 4
Il Posto
(POV Lina)
Driiiiiin Driiiiiiiiiiin
La sveglia iniziò a suonare,
ma tanto io non stavo dormendo.
Era la seconda notte che
passavo insonne, ero stanca lo sentivo, ma facevo fatica a sprofondare nel
mondo dei sogni, mi sarebbe bastato anche quello degli incubi.
Era lunedì mattina, il giorno
che più di ogni altro odiavo, ma quel giorno ancora di più. Segnava l’inizio di
una settimana, il ritorno a scuola e la mancanza di Serena, soprattutto questo.
Sabato lei era partita e da
due giorni mi ero sentita veramente sola.
Non avevo altri al di fuori
di lei, ed ora nessuno.
All’aeroporto mi aveva
abbracciata stretta e poi mi aveva sussurrato:
“Lina, ti proibisco di stare
male a causa della mia assenza, sei una persona splendida, lo vedranno anche
agli altri se tu glielo lascerai fare. Non rimanere sola, io non ti voglio
sapere sola. Amica mia…”
Mi guardò negli occhi
“… ti voglio bene, ricordalo
sempre!”
A quel punto non potei più
trattenere le lacrime. Mi ero sciolta.
“anch’io non sai quanto… forse
non te l’ho mai fatto capire abbastanza…”
“ma che dici… lo sai
benissimo che per me sei come un libro aperto, non ho mai dubitato un secondo
sulla nostra amicizia! Perciò mi fai una promessa?”
“tutto quello che vuoi….”
Oh oh! Forse avevo sbagliato
a rispondere così.. mi irrigidii..
“hahaha.. non fare quella
faccia Lina, ormai hai promesso!”
Sapevo che non dovevo farlo,
chissà cosa mi avrebbe chiesto.
“promettimi che cercherai di
farti dei nuovi amici. Amici veri. Non Matteo il barista o Alex il buttafuori o
Ely del guardaroba” disse seria, veramente seria.
“cercherò di fare del mio
meglio..” ero sincera. Con Serena era sempre stato così. Non era mai riuscita a
mentirle, l’unica volta che l’avevo fatto mi aveva scoperta subito.
“ne sono felice”.
Rimasi a guardare il suo
aereo volare via, e rimasi lì poi a fissare il cielo, perché dell’ aereo non
era rimasta che la scia ed un ricordo amaro.
Driiiin Driiiiiiin
La sveglia riprese a suonare,
ma questa volta non fui clemente come l’ultima volta. Presi di rabbia la
sveglia e la scaraventai sul muro che avevo di fronte. Che bella sensazione.
Oggi però non sarei andata a
scuola. Non me la sentivo. Non me ne fregava se il prof avrebbe chiamato i miei
genitori. Oggi volevo solo starmene qui, buttata a letto e piangere. Oggi non
ci sono per nessuno. Domani comincerò a far valere la mia promessa, ma per oggi,
voglio solo abbracciare la mia solitudine.
Tu ru ru tu ru ru…
“mmmmm… che diavolo…” la
sveglia del telefonino stava squillando. In mancanza di altro avevo dovuto
usare quella, mio dio che suono orribile. Per un istante rimpiansi la sveglia.
Alla fine ieri dopo tante
lacrime, ero riuscita ad addormentarmi.
Mi alzai e andai subito a
farmi un bagno per togliermi di dosso quella spossatezza causata dal troppo
stare a letto.
Uscita andai a prendermi un
caffè in cucina. Ovviamente non incontrai nessuno, se non la filippina, che non
spiccicava mezza parola in italiano, la potevi insultare per un’ora di fila,
che lei ti avrebbe sempre sorriso, a volte era davvero divertente.
I miei genitori non mi
avevano visto per un giorno intero e non erano neanche venuti a chiedermi come
stavo, che novità. No aspetta, ora ricordo di aver letto un messaggio di mia
madre che le dispiaceva di non avermi visto a cena, che purtroppo sarebbe
uscita e ovunque fossi di stare attenta e divertirmi. Ma ti rendi conto? Io mi
trovavo in camera mia e lei credeva fossi in giro. Pazzesco.
Andai in camera a vestirmi.
Oggi come il mio umore c’era nuvolo e le temperature mi sembravano più fredde,
e la cosa non mi dispiaceva, così optai
per un paio di jeans neri a tubo infilati nelle All Stars a stivaletto blu
elettrico. Maglietta a manica lunga con scollo a V dello stesso colore delle
scarpe, una sciarpa nera con qualche ricamo blu e il giubbetto nero in pelle.
Presi i libri e mi avviai verso scuola. Davanti al mio bar preferito tirai
dritto, non avevo fame.
Quella mattina avrei dovuto
iniziare con la missione ‘mantenimento promessa’. Avrei dovuto quindi parlare
con qualcuno in classe mia, tanto per cominciare, ma quando entrai un minuto
prima dell’arrivo del prof, trovai il banco vicino al mio occupato. Chi diavolo
si era permesso di occupare il posto di
Serena?
(POV Alec)
Fissavo inerme l’inizio di un
nuovo giorno sempre dalla solita finestra che dava su Piazza dei Priori. Stavo
ripensando per l’ennesima volta alla punizione che dovevo scontare. Ok andare a
scuola non era niente in confronto all’idea di morire, ma era tutto così…
strano. Perché rischiare così tanto? O forse erano impazziti o forse i Cullen
stavano dando loro troppe idee su come torturare noi poveri vampiri. Avrei
dovuto provvedere a sterminarli tutti uno per uno, così da toglierli finalmente
dai nostri pensieri. Non avevamo ancora digerito l’umiliazione che ci avevano
inferto l’anno scorso. Quella Isabella era pericolosa, soprattutto per me e
Jane. Prima o dopo avrei avuto la mia rivincita.
Sentii Felix avvicinarsi. Una
volta al mio fianco mi mise una mano sulla spalla e con voce autoritaria mi
disse:
“Andiamo figliolo, oggi ti
iscrivo a scuola” dopo di che iniziò a ridere sguaiatamente.
Felix avrebbe dovuto fingere
di essere mio padre, già questa era per me una tortura che non aveva precedenti
e neanche futuri.
“non è divertente” gli
ringhiai contro, non lo avrei sopportato a lungo, ma dovevo resistere, dovevo
dimostrare ad Aro che si sbagliava nei miei confronti.
“o si che lo è”
“finiscila. Piuttosto va a
cambiarti”
Mi girai e mi avviai verso la
mia stanza per fare la stessa cosa che avevo appena intimato a lui.
Arrivati presso una scuola,
direi privata, ci avviammo verso la segreteria. Erano le 9:25 per ciò tutti gli
umani erano già a lezione. Una megera al banco, iniziò a sbavare alla nostra
vista e molto smielante ci indicò le procedure da seguire. Era davvero
irritante, iniziavo già ad impazzire. Alla fine mi chiese: “preferisci iniziare
ora le lezioni o vuoi iniziare domani mattina?”
Avrei cercato di rimandare
fino all’ultimo.
“non vorrei interrompere la
probabile quiete e attenzione della classe. Preferisco iniziare il giorno
seguente!”
“certo tesoro, capisco”
Tesoro a me? Di rimando le
sorrisi, mostrando un po’ troppo i miei bianchissimi denti. Effetto desiderato:
riuscito!
La donna rabbrividì
percettibilmente. In futuro avrebbe pensato due volte prima di chiamarmi
tesoro. Ritirai i libri e me ne andai.
“tesoro dove vai?” Felix
stava giocando un po’ troppo con il fuoco. Lo ignorai più per il suo bene che
per il mio e tornai ai miei alloggi, aspettando che il buio mi circondasse.
Una volta che l’oscurità
venne scacciata dalla luce, che come previsto era bloccata dalle nuvole, mi
tolsi la mia mantella e gli abiti da guardia, per vestirmi come uno studentello 17enne.
Indossai una maglia nera con
un qualche disegno davanti, un paio di jeans e delle sneakers. Era stata Heidi
a prendermeli. Presi con me anche una giacca, perché per gli umani doveva
essere freddo, credo.
Appena entrai nella classe
tutto quel sangue che si celava in ognuno di quelli insignificanti esseri mi
chiedeva, anzi no mi pregava in ginocchio di succhiarlo. Avevo cacciato poche
ore prima, per non trovarmi a disagio, ma era tutto così troppo invitante.
Senza guardarmi attorno mi sedetti negli unici due posti liberi. Che fortuna,
forse non dovevo dividere il banco con nessuno. Come nessuno mi si era
avvicinato da quando ero entrato, forse non erano poi così stupidi come immaginavo. Le ragazze mi fissavano
sbavando, i ragazzi fingevano di ignorarmi, ma mi lanciavano sempre occhiate di
nascosto.
Li vidi tutti avviarsi al
loro posto una volta suonata la campanella, quando una ragazza entrò in classe.
La ragazza, dai capelli neri e gli occhi azzurro ghiaccio, che mi parevano
familiari, mi guardò, anzi no mi incendiò con lo sguardo, mentre si avviava
verso di me, rabbiosa?
“chi diavolo sei tu?”
E adesso questa che cosa
voleva?
“ehi carina, che problema
hai?” non potevo negare che per essere un’umana era davvero bella.
“tu sei il problema. Chi ti
ha detto di sederti sul posto di Serena e poi che ci fai in questa classe, non
ti ho mai visto!”
Acidella la tipa, ma questo
me la fece apprezzare di più, aveva avuto un bel coraggio nell’affrontarmi.
“Primo, dov’è questa Serena
di cui parli tanto? Secondo, mi sono
seduto qui perché era l’unico posto libero, essendo io, terzo, un nuovo
studente di questa classe!” forse avevo esagerato con il tono cattivo della
voce, era rimasta senza parole.
Si sedette a fianco a me, poi
si girò nella mia direzione, dio che profumo aveva.
Prese un respiro e disse
“Ti chiedo…. Scusa…” pareva
lo avesse detto con uno sforzo immenso, a quanto pare la carina non era solita
chiedere scusa “Serena è andata all’estero e non mi ci sono ancora abituata…”
Sembrava davvero triste.
“mmmmh..per questa volta ti
perdono.” Le dissi un po’ strafottente, non ero certo un tipo sentimentale io,
e non poteva fregarmene di meno di questa Serena. “Il mio nome comunque è Alec,
qual è il tuo carina?”
Gli occhi le andarono
letteralmente fuori dalle orbite:
“scusa? Sembra che tu mi stia
facendo un favore nel perdonarmi! Chi ti credi di essere? E poi non chiamarmi MAI più, carina!” ci scaldiamo
facilmente, ah? Iniziavo a divertirmi, forse non mi sarei annoiato.
“come vuoi…. Carina!”
Mi incenerì con uno sguardo e
poi si voltò di scatto. Troppo divertente.
Entrò poi un insegnante un
po’ stempiato e dall’aria molto stupida. Iniziò a fare l’appello, aveva
chiamato ormai quasi tutti, restavamo solo io e la ragazza.
“… Verdi Neilina?”
“purtroppo ci sono!” disse la
‘carina’, come se stesse per andare in guerra. A quanto pare anche a lei
piaceva molto venire a scuola.
“signorina Verdi, si risponde
educatamente ‘presente’”.
Fece una smorfia e rispose
“educatamente presente”.
“come non detto, io ho perso
le speranze!”
Era forte la tipa.
“… Volturi Alec? Il nuovo
ragazzo?”
“presente” dissi apatico.
“se non sbaglio ti è già
stato dato il materiale che abbia svolto fino ad ora, quindi segui fino a che
non sarai al passo della classe!”
Annuii senza interesse.
Quando il professore iniziò a
spiegare, mi voltai alla mia destra verso la ragazza
“che razza di nome è
Neilina?” chiesi con tono sprezzante misto ironia.
Lei mi fissò arrogante
“che razza di nome è Alec?”
Non potei non trattenermi dal
sorridere, era veramente diversa dagli altri umani della sua età che avevo
incontrato nel corso degli anni, ed il suo carattere era veramente unico. Alec,
ne vedremmo delle belle!
Allora?????
Piaciutooooo??? Spero di non
aver deluso nessuno..
Fatemi sapere le vostre
opinioni, non abbiate paura, non vi mangio… sono a dieta!!
Hihihihi
Un bacioneeeee
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Capitolo 5 *** finzione ***
finzione
Ciauuuu!!
Volevo
ringraziare MiSS CuLLeN_ [Contatta]
per avermi raccontato un suo fatto realmente accaduto e avermelo lasciato
inserire nella mia storia. Mi riferisco alla scena di quando Lina parlerà con
il professore, qui sotto. Grazie mille stellina!!
Buona lettura!
CAPITOLO 5
Finzione
(POV Lina)
“che irritante!”
Dissi sbattendo la porta
della mia stanza. Non sopportavo quel stronzetto di Alec. Chi si credeva di
essere? Non potevo non ammettere che fosse dannatamente bello e sexy, ma per
dio, il suo tono di voce così strafottente mi irritava a morte.
Dio come mi mancava la mia
amica. A questo pensiero corsi ad accendere il portatile per aggiornarla sulle
novità della mia vita senza di lei.
Solo ora, che non avevo più
lei a sostenermi con i suoi sguardi significativi, gli abbracci forti e le
strette di mano che parlavano più di una cassetta registrata fatta andare 24 ore
su 24, mi accorsi di quanto affidamento facevo su di lei inconsapevolmente. Ora
una parte di me non c’era più e quella che restava, era quella che più odiavo. Già,
sembro tanto sicura, quando in realtà non lo sono. Detesto quella parte di me
che incolpo essere il motivo del fatto che
i miei genitori mi ignorano. So per certo di non essere la figlia, che
loro desideravano di avere. Io non dovrei esistere.
La tristezza si trasformò in
rabbia, rabbia per quella che ero, e che non sono. Mi odio. Ero così sconvolta
che tutto intorno a me sembrò farsi più freddo, poi la finestra si spalancò
violentemente. Saltai due metri come minimo per la paura di quel colpo
improvviso. Cavoli, doveva esserci veramente tanto vento per riuscire ad aprirla,
ma forse probabilmente era stata chiusa male. Sarei andata a sfogarmi un po’
sulla filippina.
Il giorno seguente mi
preparai piuttosto velocemente per andare a scuola. Figuriamoci non è che non
vedevo l’ora di vederlo, solo avevo voglia un po’ di litigare e sapevo che
avrei trovato un buon compagno di passatempo.
Arrivai in classe che
mancavano 10 minuti al suono della campanella, i presenti si voltarono
scioccati verso di me al mio ingresso.
“che avete da guardare?”
dissi un po’ acida.
“sai vero di essere in
anticipo?” mi disse una morettina cautamente, la secchiona della classe se non
sbaglio. Dovevo ammettere che era stata veramente gentile a rispondermi così
tranquillamente, nonostante il tono che avessi usato io. Allora decisi di non
prendermela con lei, lo avrei fatto dopo con Alec, che per la cronaca non era
ancora in classe.
“se vuoi esco e torno dopo”
le dissi con aria scherzosa.
Restò come dire impalata. Di sicuro
si aspettava che l’avrei sbranata viva. Poi si riprese e mi disse più sicura e
con lo stesso tono scherzoso che avevo usato:
“no dai per oggi puoi restare”
.
Le sorrisi e mi accomodai al
mio bianco. Non mi ero accorta che tutti si erano fermati ad osservare quella scena,
con occhi a dir poco fuori dalle orbite. Ma ero davvero così terribile? Si.
Pochi minuti dopo entrò Alec,
non salutò nessuno mentre si avviava verso di me, quindi verso il suo banco. Un’ochetta
bionda gli si parò davanti e lo salutò. Ma lui riservò lei solo un cenno freddo
con la testa , e forse parse solo a me, una smorfia di disgusto in faccia. Il suo
atteggiamento verso di lei, mi aveva fatto terribilmente piacere. Non di certo perché
non gli aveva fatto il filo, eh! No no!
Si sedette e mi guardò con
aria di sfida. Il mio cuore iniziò a battere un po’ più velocemente,
sicuramente per il nervoso che solo lui riusciva a provocarmi.
“Ed io che speravo non
venissi, che palle!” gli dissi sfacciata.
Lui alzò un sopracciglio con
un sorriso perfido sul suo viso angelico e mi rispose:
“E non poter litigare
gratuitamente con te? Mai!” perché questa frase mi piacque più di quanto avrei
dovuto odiarla? Dio quanto mi incasinava questo tipo.
Troppo presto entrò il
professore di italiano in classe. Uffa volevo discutere con Alec un altro po’. Allora
mi venne un’idea.
“professor Mannelli, ma
guardi che alla prima ora non abbiamo lei. Se non sbaglio lei ora dovrebbe
andare in 4^ B.”
Il professore mi fissò
stupito.
“scusate ragazzi ho la testa
fra le nuvole oggi!” e uscì dalla classe.
Non potei non ridere come una
matta. E così fecero anche i miei compagni. Tranne Alec, lui mi fissava
stranamente con quei suoi occhi verdi misto viola.
“che c’è” gli chiesi?
“sei diversa…” aveva iniziato
a dire, ma il professore era rientrato in classe.
“signorina Verdi, non è stato
divertente!”
O si invece! “mi scusi prof, mi
sono confusa con un altro giorno!” dissi ingenuamente con gli occhioni dolci. “va
bene lasciamo perdere! Allora ragazzi la scorsa lezione eravamo rimasti….”
Non lo ascoltavo già più. Mi girai
un po’ verso Alec, volevo che continuasse la frase che aveva iniziato a dirmi,
ma lo vidi piuttosto teso e stranamente concentrato sul prof. Di sicuro lo
faceva apposta. Irritante.
Il giovedì mattina quando
entrai in classe la morettina, esitante, mi salutò e io, in piena missione:
mantenimento promessa, contraccambiai.
Per il resto, passò quasi
come il giorno precedente. Alec ero tornato diciamo quello di sempre, cioè non
facevamo altro che litigare e lanciarci frecciatine. La sua presenza al mio
fianco, faceva volare il tempo di scuola, e questo iniziava a pesarmi. Perché? Perché
iniziava a piacermi venire a scuola perché sapevo avrei trovato lui. Questa
cosa era veramente da pazzi.
Quel pomeriggio a casa,
ovviamente, il tempo non mi passava più. Non sapevo come fare a farlo passare e
decisi di provare a fare i compiti. O dei dell’olimpo, stavo veramente
diventando una pazza da internare. Ciò nonostante funzionò. Arrivò sera in
fretta. Sorrisi. Quella sera apriva l’Irish. La Lady M era decisamente
euforica, più del solito.
Il locale era pieno come
sempre. Però come quel pomeriggio il tempo sembrò non passare più. Non ce la
facevo più ad aspettare le 3.00, così chiesi di poter ballare prima. Attorno alle
2.00 ero già sopra la mia postazione, che mi sfogavo in quello splendido modo,
che ti permette di fare il ballo. Quella sera avevo optato per un vestitino a
fascia nero, semplice e le dei sandali sempre tacco 12. Non avevo altro, a
parte l’intimo s’intende.
Dopo quasi un’ora scesi per poter
prendere fiato. Andai fuori, dove si trovava la zona fumatori e mi feci offrire
una sigaretta. Stavo per chiedere un accendino, quando una mano bianca,
spuntata dal nulla con un accendino, me la accese. Feci un tiro per farla
accendere, aspirai il fumo gustandolo tutto e poi espirai fuori il tutto. Mi girai
per ringraziare chiunque fosse stato quando il mio cuore si bloccò per poi
iniziare a battere rumorosamente. La mano apparteneva ad Alec.
Fuori dall’ambito scolastico
era ancora più bello. O ma che dici Lina??
Lo fissai, di sicuro non mi
aveva riconosciuta quindi perché non giocare un po’?
“Grazie mille…ehm… ” dissi,
facendo intendere che volevo sapere il suo nome.
Sembrava disattendo, perché scrollò
le spalle come si fa quando si è assorto in qualche pensiero
“Alec, mi chiamo Alec. Qual è
invece il tuo nome?” mi chiese gentile. Faceva quasi rabbrividire il suo tono, perché
sembrava falso.
Sorrisi maliziosa “ Lady
Mascherata”.
“non era quello che intendevo”
disse a sua volta malizioso. Questo suo tono mi sembrò più veritiero.
“Lo so, ma se nessuno sa il
mio nome, un motivo ci sarà, no?” oddio che effetto mi faceva la sua presenza.
“e qual è questo motivo?” mi
chiese incatenandomi al suo sguardo magnetico e avvicinandosi di più a meno,
fino a sfiorarmi con il suo corpo.
Il cuore stava per esplodere
da quanto batteva forte. Il respiro iniziò a diventare irregolare. Come diavolo
ci riusciva? Volevo solo saltargli addosso, ma mi trattenni.
“..mistero…” riuscii a dire a
mala pena, quasi sussurrando.
Lui mi sorrise dolce, e in
modo sensuale mi disse
“mi piacciono i misteri… e non
sai quanto…”
Quel suo tono mi fece
ribollire il sangue, mi stavo eccitando al solo suono della sua voce. Era
pazzesco. Lui era pazzesco.
Mi accarezzò una guancia, poi
scese lungo il collo, il braccio. Mi afferrò poi deciso per un fianco e mi
trascinò verso di lui. Sapevo di non potergli resistere. Lo volevo troppo. Dopotutto
la carne è debole e lui non avrebbe mai saputo chi ero io.
Appoggiai una mano sul suo
petto, decisamente muscoloso, e con l’altra gli sfiorai il viso che mi
affascinava tanto. Piano piano avvicinò le sue labbra a lei mie. Il suo profumo
mi mandava in estasi e mi parve che anche lui mi stesse annusando. Anche il suo
respiro iniziò a farsi corto, mi desiderava. Le nostre labbra si sfiorarono, ma
poi qualcosa ruppe quella magia. Un secondo prima che il nostro bacio prendesse
vita, attaccato alle mie labbra aveva ansimato tre parole che mi avevano subito
sconvolta e poi arrabbiare spaventosamente.
“Lina ti voglio”
Mi aveva chiamata Lina. Sapeva
chi ero. Fin dall’inizio. Si era preso gioco di me. Ma non avevo fatto anch’io
forse lo stesso con lui? No era diverso. Io per lui alla fine avrei dovuto
essere solo Lady M..
Perché aveva proseguito se
sapevo chi ero? Perché non mi ha fermato se non mi sopporta tanto quanto dice quando
siamo a scuola? Ovvio. È uno stronzo, come me. Lina, hai trovato pane per i
tuoi denti a quanto pare.
Ciò nonostante la rabbia non
era diminuita. Il freddo si fece subito pungente tutto intorno a me, e la notte
non era più stellata come prima. Cercai di spingerlo via, e ci riuscii, ma con
molta fatica. Sembrava di spingere contro un muro. Lui non sembrava aver capito
la situazione.
“sai chi sono, stronzo!”
Solo allora sembrò tornare in
sé. Il suo viso tornò incolore come il suo solito.
“e allora? Mi sembrava non ti
desse fastidio, anzi…”
“io stavo solo giocando”
dissi con voce non molta sicura.
Sorrise perfido. “anch’io.”
“stronzo!”
“perché ti scaldi tanto
carina, se era solo un gioco?”
O me ne andavo o lo uccidevo
di botte. Scelsi la prima.
“stammi lontano!”
E detto questo me ne andai
via.
Alloraaa???
Che ne dite di questo
capitolo?? La nostra Lina credeva di farla franca, ma non conosce il nostro
Alec!!!!
Hihihihi
Ditemi la vostra tesore!
Un bacio
|
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Capitolo 6 *** pensieri ***
pensieri
CAPITOLO 6
PENSIERI
(POV
Alec)
L’alba
era ormai alle porte ed io ancora qui a richiedermi per la centesima volta,
perchè tutto mi stesse sfuggendo dalle mani.
Se
qualcuno una settimana fa mi avesse detto che mi sarei ritrovato in questa
situazione gli avrei riso sicuramente in faccia.
Da
temuto elemento dei Volturi ero diventato lo zimbello di tutti. I miei capi mi
avevano punito, mandandomi a scuola, come un inutile umano. Umano, come quella
stupida ragazzina che continuava ad interferire coi miei pensieri e con la mia
‘vita’. Ma con tutte le scuole che c’erano, possibile che avessi beccato
proprio quella dove c’era lei?
I
primi giorni di scuola, avevo iniziato davvero a divertirmi a scontare questa
punizione. Quella Lina era davvero un tipo forte, strana vero, ma forte. Mi
teneva testa, come nessuno, a parte mia sorella, riuscisse a fare. Aveva
davvero un bel coraggio, perché di sicuro il suo corpo inconsapevolmente le
diceva di starmi alla larga. Eppure più di una volta ho pensato che anche lei
trovasse piacere nel discutere con me, e come me preferiva starsene da sola.
Infatti non l’avevo mai vista scambiare una parola con i suoi compagni di
classe, a parte me. E questo mi piaceva, anche se non aveva senso.
Ma
il mio più grande errore è stato quello di ieri sera, quello di andare
all’Irish, perché nonostante i fatti successi dopo quel venerdì, quell’angelo
nero premeva ancora sulla mia curiosità. Maledetto me che non sono rimasto con
Jane. Non l’avevo più vista dal giorno della decisa punizione, e lei quella
sera era venuta a cercarmi, ma io l’avevo liquidata. Così da ritrovarmi poi da
solo nella discoteca.
Quella
dea stava davanti a me a ballare, non me ne persi un movimento. Non so perché
ma mi era terribilmente familiare. Quando poi scese dalla sua postazione, uscì
nella zona fumatori, l’avevo seguita e la vidi con una sigaretta in mano che
evidentemente cercava qualcosa con cui accenderla. Presi l’accendino che
portavo sempre con me, ottimo per bruciare un vampiro, e allungai una mano per accenderle la
sigaretta. Quando si voltò per ringraziarmi, il suo profumo mi aveva
letteralmente dato uno schiaffo in faccia, quello stesso profumo a cui dovevo
resistere ogni mattina a scuola. Non potevo credere che fosse proprio Lina, ma
non avevo dubbi era lei. Mi parlò. La sua voce non aveva il solito tono
sfacciato che conoscevo, era più gentile, ma lo avrei riconosciuto ugualmente
in mezzo ad altri cento. Era un po’ tesa, mi aveva riconosciuto, ovvio, ma finse ugualmente il contrario.
-Carina,
non puoi fregare Alec.-
Per
questo stetti al suo gioco.
Ma
più parlavamo, più la volevo, ancora di più ora che sapevo chi era, e questa
non andava bene. Quella Lina aveva il potere di catturarmi nella sua sfera
privata. Mi avvicinai e poi dopo averla accarezzata la presi di forza per i
fianchi così che solo pochi centimetri separavano le nostre labbra.
Lei
però non si tirò indietro, come invece credevo avrebbe fatto, se davvero le
davo fastidio come diceva, la mia presenza avrebbe dovuto farla allontanare,
no?
La
stavo per baciare e a quanto pare anche lei voleva farlo, dato che aveva
iniziato ad accarezzarmi il viso. A quel contatto il mio desiderio di lei era
cresciuto vertiginosamente, non avevo mai provato una senso di attrazione così e
non sapevo come chiamare questo sentimento che dentro di me cercava di
esplodere. Conoscevo solo quel sentimento che mi legava a Jane, che io avevo
sempre chiamato inconsapevolmente amore, ma quindi cos’era quello provavo ora?
I
miei pensieri erano completamente assuefatti dalla vicinanza di lei e senza
accorgermene dissi
“Lina
ti voglio”, da dove diavolo mi erano uscite quelle parole? Eppure non mi
accorsi di averle dette fino a che non sentii una lieve spinta che
evidentemente cercava di mandarmi indietro, mi lasciai andare perché non avevo
capito cosa stesse succedendo fino a quanto lei avevo iniziato a sbraitarmi
contro.
Il
mio orgoglio maschile ovviamente aveva risposto alle sue domande, dicendole che
la stavo prendendo in giro così come lei stava facendo con me, in modo molto
gelido come il freddo che aveva iniziato
a pungere all’improvviso. Quel distacco aveva veramente scemato il calore che
si era creato. Lei tuttavia, arrabbiata, a parer mio, in modo esagerato se ne
andò. Ed io ero rimasto lì stupefatto, più di me stesso che del suo
comportamento. Cosa diavolo mi era successo in quei pochi minuti? Cos’era quel
cambiamento netto che avevo sentito. Quella ragazza mi aveva fatto qualcosa, e
questo mi fece infuriare. Ero tornato al palazzo ed ero venuto qui, di fronte alla mia solita finestra in
attesa dell’alba e di risposte, che non sarebbe tardate ad arrivare.
Sentii
uno spostamento d’aria, riconobbi la scia che stava venendo da questa parte.
Diamine volevo starmene da solo, ma lui non avrei potuto ignorarlo. Appenda mi
fu accanto mi girai e mi inchinai salutandolo:
“Caius,
mio signore”
Caius
mi squadrò dalla testa ai piedi con quei suoi occhi rosso cupi, che sembravano
essere coperti di polvere, segno della sua età millenaria.
“Alec,
è da qualche giorno che non ti si vede” disse con il suo tono cinico di sempre.
Era
vero. Dalla giorno in cui mi avevano esposto la loro punizione, avevo cercato
di evitare di incontri chiunque. Mi sentivo fin troppo umiliato.
“chiedo
perdono, ma sto cercando di concentrarmi il più possibile, per dimostrare il
mio valore.”
In
parte era vero.
“ti
fa onore quello che hai detto…”
Detto
questo la sua espressione e il suo tono cambiarono e si indurirono:
“
non sai la rabbia che ho provato quando Aro ci ha reso partecipe dei tuoi
pensieri, è stata una forte delusione quella che ci hai inferto Alec. Sai se
non ti conoscessi bene direi che ti stai facendo più docile…” Ringhiò.
“…
lo sai quanto odio provo quando le regole non vengono rispettate”.
Si
lo sapevo benissimo. Lo conoscevo da più di tre secoli e ogni volta che
dovevamo intervenire per quel motivo, lui era quello che più si arrabbiava. Basti
pensare poi all’ultima grande battaglia a cui anche lui ha partecipato. Quella
contro i Cullen. Fino all’ultimo ha cercato un modo per punirli, ma alla fine
siamo stati costretti a passarci sopra perché per la prima volta ci siamo
sentiti… inferiori. Un ringhio mi sfuggì, ripensando a quei cani da tartufi e
alla neonata immune ai miei poteri. Che odio!
Caius
mi lanciò un’occhiataccia, parlai in fretta per non fargli credere che quel
ringhio fosse diretto a lui.
“scusami,
stavo ripensando ai Cullen!”
Anche
lui ringhiò a sua volta, non sopportava neanche sentir nominare il loro nome.
Mi
lanciò un’occhiata d’intesa, che significava, ‘vendetta futura!’
“vedi
di ritornare presto in te stesso!”.
Aveva
ragione. Dovevo ritornare in me stesso. Tutti questi pensieri non mi si
addicevano.
Poi
una folata di vento ci arrivò sotto il naso e la sua espressione minacciosa
divenne docile. Se anche non avessi riconosciuto a chi apparteneva l’odore di
colei che si stava avvicinando, l’avrei intuito ugualmente dalla faccia di
Caius. Quella faccia gentile e dolce di chi è innamorato. Quella faccia che lui
riservava solo alla sua Athenodora. Per lei , lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Infatti
due secondi dopo la bella vampira gli fu accanto. Anche lei mi squadrò dalla
testa ai piedi come Caius, i suoi occhi erano cremisi, leggermente opachi come
quelli del suo amato.
“Alec
non ho ancora avuto la possibilità di dirti quanto sei stato fortunato! Il mio
Caius è stato davvero troppo buono.” Disse perfida e si avvinghiò al nobile
vampiro.
Che
stronza! Ma questo era il suo carattere. Perfida e cattiva, vanitosa poi, perché
sapeva che la sua dote era servita molte volte, quando si creavano i piani d’attacco.
Lei era intelligente, astuta e dannatamente furba. Aveva poi più o meno lo
stesso carattere di Caius, sapeva odiare facilmente chi gli andava contro. Ma quando
si trattava del suo sposo, sembrava quasi di vedere i cuoricini circondarli, si
amavano a vicenda in una maniera spaventosa. Per un attimo credetti di provare
invidia per l’amore che entrambi potevano condividere. Che sciocchezza, io
potevo contare su Jane.
“hai
ragione Athenodora. Con vostro permesso ora mi congedo, devo andare”
Detto
questo mi inchinai e mi avviai verso il mio alloggio, ora mi aspettava un’altra
cosa spaventosa da fare, dovevo affrontare Lina.
Arrivai
in classe e di Lina, non c’era ancora l’ombra. Per un momento temei che non
sarebbe venuta, ma un secondo prima dell’inizio delle lezioni, lei fece la sua
comparsa.
Salutò
con un sorriso una moretta al primo banco, forse oggi le era passata. Avevo tirato
le conclusioni troppo presto. Quando mi si avvicinò mi incenerì con uno sguardo
e non disse nulla.
Il
suo silenzio mi faceva davvero male. Perché? Perché quand’ero con lei mi
sentivo così schifosamente diverso? debole? umano?
“ehi
carina, il gatto ti ha morso la lingua?” dissi ironicamente come le altre
mattine.
Lei
fece finta di nulla.
“abbiamo
dormito male stanotte, carina?”
Ritentai.
Niente
da fare. Provai ancora con qualche altra volta. Ma lei non si smosse di un
millimetro. Sapevo che di sicuro lei dentro, si stesse rodendo il fegato, perché
la conoscevo abbastanza per sapere che le costava tantissimo non rispondermi
per le rime. Ciò nonostante resistette.
Perché
mai era così arrabbiata? Offesa?
Decisi
di non rivolgerle la parola per tutto il giorno.
Alla
fine delle lezioni mi alzai prima di lei e mi fiondai fuori dalla classe come
sempre, ma non me ne andai a casa. Quando
la vidi uscire le andai dietro, di sicuro il suo sesto senso le aveva fatto
avvertire pericolo, perché si girò di scatto. Mi fisso con occhi… sofferenti?
Perché
soffriva? Vederla così mi fece male. No. Non potevo più resistere. Ormai dipendevo
completamente da lei. Me ne ero reso conto solo ora.
“che
diavolo vuoi?” mi disse lei con una voce tremante di rabbia.
Non
ci pensai due volte. La spinsi contro il muro e la baciai.
Olè!!
Che
ne dite di questo capitolo! Ho creduto di dover mettere anche cosa Alec pensava
quella notte all’Irish e soprattutto di sottolineare i sentimenti che dentro
continuano a tormentarlo!
Per
la carissima AlicexCaius ho inserito il suo amato Caius, spero di non
aver deluso le sue aspettative!!!
Ditemi mie belle!
Un bacio
|
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Capitolo 7 *** paura ***
paura
CAPITOLO 7
Paura
(POV
Lina)
-l’unica
possibilità è ignorarlo-
Ecco
a cosa avevo pensato appena fui sveglia. Quello che era successo quella notte
in discoteca mi aveva veramente scioccato. Il perché poi, quello, non riuscivo
proprio capirlo. Io per prima avevo iniziato a giocare con lui, anche se non
sapevo che lui sapesse la mia identità. Come avesse fatto a scoprirmi poi? Ciò
nonostante anche lui mi aveva ripagato alla stessa moneta. Ma perché volermi
baciarmi? Avremmo potuto stuzzicarci e basta. Sarebbe finita lì. Invece lui mi
stava per baciare, ed io volevo che mi baciasse, e non solo perché credevo non
sapesse chi fossi in realtà. Pensare ad Alec mi metteva agitazione, ma se
l’agitazione fosse negativa o positiva, non l’avevo ancora capito.
Andai
a scuola quindi con quella decisione che avevo preso non appena sveglia. Entrai
un secondo prima dell’inizio della lezione e lui sembrava agitato fino a quando
non mi vide. No, non è possibile! Di sicuro lui non si sarà fatto tutti i
problemi che mi sono fatta io. Lo fulminai con lo sguardo, e per poco non mi
presi a schiaffi per quel gesto, perché quei suoi occhi verdi misto viola mi
stavano per incantare, ma il mio orgoglio, la rabbia di quella notte e una
sferzata di aria fredda arrivata da non so dove mi svegliarono giusto in tempo,
per permettermi di sedermi al mio banco con gesto teatrale.
Lui
tentò più volte di punzecchiarmi, usando anche il nomignolo ‘carina’ che odiavo
tantissimo, ma non so come riuscii a trattenermi, a fatica, ma ci riuscii. Lui
si stancò molto facilmente e mi lasciò perdere. A quanto pare avevo ragione.
Non gliene fregava proprio niente di me.
Terminate
le lezioni ebbi l’ennesima conferma dei miei pensieri, lui si alzò di scatto e
senza degnarmi di uno sguardo se ne andò.
-stronzo!-
Incavolata
nera mi inoltrai fuori verso il freddo che mi circondava. Stupida, stupida,
stupida. Cosa credevi? Le lacrime mi pungevano gli occhi, volevano scendere.
Stavo
camminando quando un campanellino mi disse : - girati-!
Lo
feci e non potevo credere ai miei occhi. Alec mi aveva seguita. Il piacere per
quella scoperta, non durò molto, perché la rabbia che provavo era tanta. Si
alzò un vento gelido, e come quello con rabbia gli dissi:
“che
diavolo vuoi?”
I
suoi occhi, così, non li avevo mai visti. Non erano più scontrosi, sembravano
preoccupati. Possibile?
Non
feci a tempo a fare altre supposizioni perché mi spinse, anzi mi scaraventò
contro il muro e mi baciò.
In
quell’istante il mio cervello andò in stand by. Io non comandavo più il mio
corpo. Avrei potuto sforzarmi forse, ma non lo feci, lasciai, per una volta
tanto, che fosse un altro il muscolo a comandare: il cuore.
Avevo,
senza oppormi, contraccambiato il suo bacio. Che da dolce e tenero, era passato
ad uno eccitante e passionale. Ci staccammo per me troppo presto, entrambi con
il fiato corto.
Ci
fissammo entrambi senza parlare. Io ero sconvolta. Sconvolta dalla felicità che
il mio cuore provava. E anche lui era sconvolto. Lo notavo. Alla fine dei
conti, io e lui eravamo davvero simili. Anche adesso che i fatti avevano
parlato, le parole che avrebbero dovuto combaciare tutti i pezzi di questo
incasinatissimo puzzle, tardavano ad arrivare. Lo fissai negli occhi, che
stranamente si erano inscuriti. Lui faceva lo stesso.
Basta!
Avevo capito che ora, parole non ne sarebbero giunte, ne da me, ne da lui.
Così
senza ripensamenti presi la borsa, che mi era caduta a terra, e me ne tornai a
casa.
Non
mi voltai per vedere come lui avesse reagito!
Appena
arrivai a casa mi fiondai in doccia, avevo la testa che mi faceva male, i
pensieri mi vorticavano come un uragano senza sosta!
Quello
era stato senz’altro il bacio più bello di tutta la mia vita. Doveva avere
freddo Alec perché mi sembrava quasi che fosse gelido il suo viso, ma tutto
intorno era gelido, e quel nostro contatto aveva infuocato tutto.
Il
mio cuore prese a battere a mille al solo ripensare a tutta la scena. Mi stavo
forse innamorando? Ok ho capito, togliamo il forse.
Una
lacrima scese indisturbata. No non volevo innamorarmi. Non volevo dover
dipendere di nuovi di qualcuno, che forse non ci sarebbe stato per sempre.
Come i miei genitori. Come Serena. La
solitudine inferta, dopo aver provato affetto assieme a qualcuno, faceva
davvero male. E io temevo di riprovarla ancora. Ma ero sicura che ormai non ci
fossi già troppo dentro?
Mi
stavo preparando per un’altra serata all’Irish. Non sapevo se Alec sarebbe
venuto o meno. Ma sentivo che stasera ci sarebbe stata la svolta finale.
Arrivata
al locale, mi fiondai da Matt a buttar giù qualcosa roba schifosa per farmi
perdere il senso della realtà, ma mi sentivo ancora troppo me stessa.
Andai
così a cambiarmi e a diventare subito un’altra.
Iniziai
a ballare ad occhi chiusi, perché solo così mi sembrava di essere in un altro
mondo. Quando li riaprii trovai davanti alla mia postazione Alec. Era immobile,
serio e mi fissava. Continuai a ballare
guardandolo negli occhi. Sembrava che tutto il mondo circostante stesse
evaporando, che la musica non ci fosse e più e che le persone non ci fossero
più. Lì in quella dimensione c’eravamo solo io e lui.
Alec
senza dir nulla alzò il suo braccio verso di me, tendendomi la mano. Di sicuro
dietro quel gesto c’erano altri significati. Io li tradussi come : ‘ se mi vuoi
prendimi!’.
Ma
io cosa volevo?
Lui.
Si,
volevo lui e basta. Chi se ne frega se avrei sofferto di nuovo, sapevo che me
ne sarei pentita se ora non afferravo quella mano e che Serena me l’avrebbe
rinfacciato a vita, non appena glielo avessi detto.
Senza
indugio afferrai saldamente la sua mano, per dimostrargli la mia sicurezza. Lui
accennò un sorriso e poi mi rapì nel buio della notte.
(POV
Alec)
Mi
aveva lasciato in mezzo alla strada non appena l’avevo baciata, ma sapevo che
non era perché voleva scappare, doveva riflettere come me. Noi due eravamo
molto simili.
L’avevo
pensata per tutto il giorno. Continuavo a chiedermi cosa fosse quell’emozione
che avevo provato non appena l’avevo baciata. Era forse quello che chiamavano
amore, vero amore?
Perché
non assomigliava per niente al sentimento che provavo verso Jane. Jane l’amavo
incondizionatamente da sempre, perché era mia sorella, avrei ucciso chiunque le
avrebbe fatto del male. Ma a parte questo non c’era altro. Nei confronti di Lina
provavo questo, e mille altre emozioni, emozioni che non avevo mai provato.
Come il forte bisogno di sentirla e stringerla tra le mie braccia. Di averla
anche solo vicino, come durante le ore di scuola.
-Alec-
immaginavo mentre mi chiamava… -Alec- la sua voce si era fatta insistente e
odiosa come quella di una bambina pestifera. Bambina pestifera?
“ALEC”
il mio nome fu pronunciato con un ringhio.
“Jane!”
mi girai e la guardai confuso. Come diavolo era possibile che non mi fossi
accorto di lei. Da quanto mi chiamava?
“a
cosa diavolo stavi pensando per non esserti accorto di me ?” mi chiese furiosa.
“io…
ti chiedo perdono sorella. Pensavo alla
battaglia in Romania!” non mi avrebbe mai creduto.
“non
ti credo!” appunto.
“no
davvero!” riprovai.
“senti
Alec, non prendermi in giro! Si può sapere che ti sta succedendo?”
Mi
sono innamorato sorella. Ma non lo dissi ad alta voce. Sapevo che dovevo
mantenere il segreto il più a lungo possibile. Non potevo innamorarmi di
un’umana. Solo ora me ne ero reso conto. Per lei sarebbe stata la fine, ma ora
c’ero troppo dentro. Lo sentivo. Avrei cercato di proteggerla da questo mio
mondo il più possibile.
“…
e poi solo perché stai andando a scuola, non vuol dire che devi per forza
evitare tutti?” aveva continuato lei. “non fare cose di cui poi potresti pentirti
fratello, non voglio perderti!” disse triste. Ma lo disse anche come se fosse
consapevole che invece le avrei fatte lo stesso. Che sapesse? Eppure ero stato
attento e mi ero sempre guardato le spalle quanto si trattava di Lina! No forse
ero solo spaventato per la mia nuova rivelazione e temevo di essere scoperto, e
questo mi portava ad essere paranoico.
“torna
in te stesso Alec” mi disse quasi pregandomi, poi senza lasciarmi controbattere
se ne andò.
Rimasi
di sasso dal suo comportamento. Ancora. Ero così occupato a preoccuparmi di
Lina, che avevo scordato Jane e i suoi modi strani che da un po’ di tempo a
questa parte aveva.
Stavo
quasi per raggiungerla quando mi accorsi che si era fatto buio da un po’. Il
desiderio di rivedere la mia dea fu più forte. Andai così a cacciare qualche
turista sperduto, dato che dopo averla baciata oggi, avevo provato anche un
forte attacco di sete nei suoi confronti, e questo non doveva più riaccadere.
Saziato
mi avviai verso l’Irish.
Entrai
giusto quando lei aveva iniziato a ballare. Senza guardarmi in giro e
trascinato avanti solo dalla attrazione che avevo per lei, avanzai fermandomi
giusto davanti di lei. Ero fermo, immobile. Volevo solo guardarla. Stava
ballando ad occhi chiusi. Ero felice della mia scelta, ovvero amarla. Lei aprì
gli occhi e i suoi occhi si specchiarono nei miei. Per tutto il tempo in cui
ballò, non staccò un attimo il suo sguardo da me. Pareva quasi che lì ci
fossimo solo noi due e il suo cuore che batteva all’impazzata e basta. Dopo un
po’ non riuscii più a trattenere quella parte di me che la desiderava, ma come
sapere se anche lei aveva deciso di volermi veramente? Decisi di porre il
quesito con un gesto, sperando che lei avrebbe capito: le tesi la mia mano. Lei
sembrò riflettere e prendere la sua decisione finale. Stavo contando ogni
millesimo di secondo, che per me sembrava infinito. Per mia gioia però lei
afferrò decisa la mia mano. Ora non avrei più desiderato altro. La portai via
con me.
Volevo
stare da solo con lei, ma dove avremmo potuto andare? Decisi per un luogo che
di notte era deserto e che a me piaceva molto. Lì non saremmo stati disturbati,
e poi da un certo punto di vista pensavo fosse anche romantico dato che era
illuminato solo dalla luce della luna. Non ero solito fare cose del genere,
perciò sperai le sarebbe piaciuto.
La
guidai in silenzio, così come lo era lei, fino a Viale Francesco Ferrucci. Lì
c’erano le rovine storiche del teatro romano. Era un luogo silenzioso che io
adoravo quando ci tenevo a starmene da solo con i miei pensieri. Dato che però
ora i miei pensieri era Lina, lei ci sarebbe stata a pennello lì.
“Alec
è davvero bello qui. Ci crederai mai se ti dico, che in 17 anni che vivo in
questa città, non ci ho mai messo piede?”
Ero
sorpreso. “dici davvero?”
Annuì
dolce. il suo viso al chiarore di luna era mozzafiato, per fortuna io, potevo
sopravvivere anche senza respirare.
Ci
sedemmo sulle rovine degli spalti.
Lei
mi prese una mano e sussultò al contatto, e sapevo anche perché.
“hai
freddo?” mi chiese preoccupata. Per un istante non la riconobbi. Non l’avevo
mai vista così, così indifesa. Lei sempre attenta e con le unghie affilate.
Le
sorrisi dolce e mentii per il suo bene
“un
po’”.
Lei
ricambiò il sorriso, che però scomparve subito, mentre i suoi occhi
abbandonavano i miei e iniziarono a guardare tutto e niente davanti a sé.
“ho
paura…”iniziò a dire.
Ecco
lo sapevo, non poteva andare tutto bene da subito. Non ci avevo pensato alla
paura che di sicuro io gli incutevo involontariamente.
“…
ho paura dell’amore che provo per te!”
Oh!
Alec?
Ci sei?
Alec?
Niente
da fare lo stiamo perdendo…
“Alec”
questo richiamo però mi risvegliò, perché arrivava da lei e perché era arrivato
con voce sofferente.
Non
avevo ancora risposto alla sua confessione, che di sicuro non le era stato facile
ammettere.
“Lina…”
Dopo
questa frase non avrei più potuto vivere senza di lei
“…anch’io
ho paura dell’amore che provo per te!”
Ooooohh!
Mi
sono emozionata rileggendo…hahaha che cretina che sono!!!
Ditemi
se la pensate come me!!hihihi
Un
bacio mie care!!
|
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Capitolo 8 *** odio ***
odio
CAPITOLO 8
Odio
(POV
Lina)
Un
raggio di sole colpì il mio volto e mi fece svegliare di soprassalto.
-Che
ore sono?- pensai.
Mi
girai e agguantai la nuova sveglia che avevo da poco comprato, dopo la solita
fine dell’ultima. Le 10.00?? No è impossibile! Ho perso le prime due ore di
scuole, e ovviamente fra poco anche la terza.
Mi
voltai e un figo attaccato alla parete mi fece ragionare. Il calendario segnava
che era sabato. Che stupida, al sabato non si va a scuola. Ero proprio fuori.
Mi
ributtai pesantemente sul letto. Sbuffai.
Chissà che avevo per la testa. E a riguardo mi tornò in mente il sogno
di quella notte. Wow. Se sapevo che ogni notte avrei incontrato un Alec così
nel mondo di Morfeo, mi sarei incatenata volentieri ad un letto, per poter
continuare a sognarlo per sempre.
Avevo
sognato che lui mi tendeva la mano, mentre ballavo come sempre all’Irish, e io
l’afferravo decisa. Dopo di che lui mi aveva portato in un posto romantico
presso le rovine di un teatro romano. Era davvero un sogno, perché io non avevo
mai visto un luogo simile a Volterra. E lì in quell’oscuro paradiso terrestre
avevo confessato a lui di amarlo, e la paura che da ciò ne derivava e lui aveva
fatto lo stesso. C’eravamo baciati, in un modo così passionale, che se anche
tutto intorno avesse preso fuoco, noi non ce ne saremmo accorti. Poi avevamo
parlato. Bè più che altro si era trattato di un interrogatorio. Lui continuava
a fare domande su di me e sulla mia vita. Altro punto che significava essere un
sogno, con Alec non si era mai riusciti a fare un dialogo così lungo, e serio
oltre tutto.
Lui
mi aveva chiesto della mia famiglia, se avevo sorelle o fratelli, della mia
amica Serena, che gliel’avevo nominata quando c’eravamo conosciuti. Quando mi
chiese del rapporto con i miei genitori, e a riguardo il tasto era stato
dolente, anzi dolentissimo, non potei non evitare che gli occhi luccicassero
dalle lacrime forzatamente trattenute. Ma lui le aveva notate lo stesso e
ovviamente mi aveva chiesto spiegazioni. Anche se era un sogno, confessare
tutto il dolore e la colpevolezza che mi davo, a causa proprio di quel rapporto
che non esisteva, fu molto difficile. Ma lui mi ascoltò in silenzio, e non
disse frasi del tipo “andrà tutto bene”, “vedrai che non è colpa tua” o moine
del genere, non le avrei sopportate. Erano frasi fatte, che venivano usate per
proforma. Io preferivo i silenzi, così carichi di parole, che non hanno un
suono nella realtà, ma che nel profondo valgono più di quelle mille
espressioni. E lui così fece. Mi aveva abbracciata, facendomi poi stendere con
la testa sulle sue gambe, e mi aveva accarezzato i capelli per un tempo
infinito. Era davvero il paradiso quello in cui credevo di essere e lui
ovviamente il mio angelo custode, almeno di questo potevo ringraziare Dio; me
ne aveva dato davvero uno figo.
Ero
felice, estasiata, ma un brivido di gelo mi era percorso lungo la schiena e lui
purtroppo aveva smesso quel fantastico accarezzare per poi allontanarmi da lui,
no non volevo che il mio sogno diventasse un incubo. Per fortuna ciò non
avvenne. Lui si era allontanato per sfilarsi la sua giacca e mettermela. Poi
ero ritornata nella posizione per me paradisiaca fino a quando questo maledetto
raggio di sole non mi aveva svegliata. Grrrr.
Altro
motivo da aggiungere alla mia lista sul perché odio il sole e il caldo. Già è
così. Sarò forse strana, ok togliamo il forse, sarò strana, ma io adoro il
tempo nuvoloso, la pioggia, la neve e tutto quello che ha a che fare con i
colori freddi.
Mi
detti una scrollata ai capelli. Uff, a quanto pare i capelli stamattina si
erano svegliati in modalità cespuglio selvaggio. Avrei fatto una doccia.
Mi
alzai barcollante e ancora assonnata dal letto. Gli occhi vedevano ancora un
po’ sfocati, fu per quello che dopo aver fatto il giro del letto e passando a
fianco alla scrivania dopo essermi violentemente bloccata, avevo cominciato ad
aprire e chiudere gli occhi strizzandoli, e poi con le mani a mo’ di pugni
avevo iniziato a strofinarli violentemente. Quando fui sicura che vedevo
davvero nitido, le ginocchia iniziarono a tremare facendomi accasciare a terra,
ed il cuore partì a mille, indomabile.
Delle
lacrime di gioia iniziarono a percorrere il mio viso.
Sulla
sedia della scrivania, dove la sottoscritta in teoria faceva i compiti,
accuratamente piegata c’era la giacca di Alec, quella del ‘sogno’.
Ma
non era stato un sogno, che sciocca. Era stato tutto così bello che era
sembrato davvero irreale. Mi sentivo davvero stupida, perché di sicuro nel mio
viso c’era un sorriso da ebete stampato sopra. Se qualcuno mi avesse visto in
quello stato di soave beatitudine, avrebbe come minimo chiamato ‘Chi l’ha
visto?’ perché di sicuro non era Lina quella.
La
mancanza di Alec al mio fianco si fece sentire presto, anzi troppo presto. E fu
in quel momento che mi accorsi che di lui, non sapevo davvero niente. Nulla
della sua famiglia. Nulla da dove venisse prima di arrivare nella mia scuola.
Nulla di dove abitasse. Niente di niente. Decisi che quando l’avrei rivisto,
l’interrogatorio sarebbe spettato a me, ma non ero molto convinta. Chissà
perché, ma sapevo che non avrei saputo niente. Però ero sicura che l’avrei
rivisto quella stessa sera all’Irish.
Lo
stomaco a tal pensiero iniziò ad accartocciarsi su se stesso. Non so se sarei
resistita fino a sera.
(POV
Alec)
Ero
felice e triste allo stesso modo e nello stesso momento. La notte passata con
Lina era questo che mi aveva lasciato.
Felice,
perché avevo scoperto finalmente cos’era l’amore. Felice, perché il mio amore
era ricambiato. Felice, perché quella sera l’avrei rivista.
Ma
ero anche triste, perché lei non sapeva cos’ero. Triste, perché se qualcuno
avesse saputo di noi, sarebbe successo una tragedia. Triste, perché per quanto
mi sforzassi, non riuscivo a trovare una soluzione.
Decisi
allora di non pensarci, non avrebbe portato a niente.
Lasciai
che solo le cose belle di Lina navigassero senza sosta nella mia immensa mente.
Avrei potuto pensare ad entrambe le cose assieme, ma erano così due sentimenti
contrastanti, che non li volevo a tutti i costi tenere vicino, perché uno dei
due avrebbe potuto influenzare l’altro, e forse proprio quello che non volevo.
Ripensai
così a quella notte. A quando si era addormentata ed io dopo averla presa tra
le mie braccia l’avevo riaccompagnata a casa. Ovviamente sapevo benissimo dove
abitava. L’avevo già scoperto la notte stessa al nostro primo incontro. Mi aveva
incuriosito fin da subito.
Entrata
nella sua stanza l’avevo messa a letto e piegato accuratamente la mia giacca su
una sedia lì accanto. Volevo che al suo risveglio avesse trovato qualcosa di
mio a farle compagnia, dato che io non potevo rimanere. Rimasi lì fino a quando
l’alba fu alle porte. Quel giorno il tempo avrebbe fatto una pausa e fatto
ricomparire il sole, il che non era affatto un bene per me.
Tornato
poi a palazzo, feci i compiti in tipo 15 minuti. Ehi, ero pur sempre uno
studente, no?
Il
giorno passò a dir poco a rallentatore. Una volta arrivata la sera, mi feci un
bagno. Quando uscii trovai Jane seduta sul mio letto.
“Jane,
come stai?” le chiesi. Mi guardava con occhi un po’ tristi.
“bene,
fratello.” Sorrise poi felicemente, come faceva in passato, ma ora per me quel
sorriso era solo falso.
“sei
molto strana ultimamente, lo sai?”
Restò
un po’ colpita dalle mie parole, ma si riprese subito.
“direi
che potrei dire lo stesso di te, fratello!”
Touché.
Ma meglio non affermare le sue ipotesi.
“secondo
me, no!” e cercai di cambiare subito argomento. “ perché sei qui?”
“dato
che è da un po’ che non stiamo più tutti assieme, avevamo pensato, io, Heidi,
Demetri e Felix, di andar fuori a far un giro stasera, è sempre sabato no?”
Mi
sarebbe piaciuto uscire con loro, era da tanto che non stavo un po’ con i miei
simili, ma volevo vedere lei.
“Mi
dispiace, sorella. Purtroppo sono costretto a declinare il tuo invito. Per
stasera avevo altri programmi!”
Fece
un faccia furba, che durò un millesimo di secondo, perciò forse mi chiesi se
avevo visto giusto. Lei iniziò a fare gli occhioni dolci, cosa che non le
riusciva bene, avendo lei sempre un sorriso perfido, stampato a fuoco, in viso.
“dai
Alec, ti prego!”
“mi
dispiace davvero, Jane.”
“uff,
volevamo andare in quella discoteca, l’Irish mi pare si chiamasse. Credevo ti
sarebbe piaciuto!”
Cosa?
Volevano andare nel locale di Lina. Perché diavolo avevano scelto proprio
quello. Non potevo permettere che loro andassero lì, ma come lo avrei spiegato?
Dovevo andarci, però presentarmi lì con loro, avrebbe significato ignorare
Lina, loro non dovevano conoscerla. Dovevo tenerli a debita distanza. E ora
però come avrei detto a Jane che avevo cambiato idea, senza insospettirla, più
di quanto già non fosse? Proviamo lo stesso.
“sorella
davvero andate lì?”
Fece
una faccia strana.
“hai
cambiato idea?” mi chiese.
“forse!
Credevo che sareste andati in qualche solito locale che piace tanto ad Heidi, e
che ovviamente fanno tanto schifo a me.”
Sorrise,
quasi sincera.
“hai
ragione. Ma l’ha scelto come sempre lei, forse i suoi gusti stanno migliorando.
Allora vieni?”
“allora
si, vengo.”
“bene.
A mezzanotte all’ingresso Alec.” Mi baciò su una guancia e se ne andò.
Sembrava
essersela bevuta. Speravo di si.
Cominciavo
ad essere davvero agitato. Il mio umore stava diventando sempre più negativo,
ogni secondo che passava.
Arrivati
in discoteca, ci sedemmo sullo stesso tavolo della volta scorsa. Continuavo a
guardarmi in giro. Non volevo che Lina mi vedesse. Sapevo che era già lì,
perché avevo sentito il suo odore all’ingresso.
“fratello
aspetti qualcuno?”
Jane,
sempre lì a studiarmi.
“no,
a dire il vero stavo… cercando di capire se c’era qualche turista.” Le sorrisi mostrandole
i denti. Sembrava avesse abboccato.
“credo
di si. In teoria c’è qualche tedesco nell’altra sala.”
“bene”
le sorrisi.
Erano
passate più di due ore è Lina non mi aveva ancora visto. Io si l’avevo vista.
Vedevo che continuava a girare per il locale, probabilmente per cercarmi. Era
bella, anzi bellissima. I suoi lunghi capelli neri, la accarezzavano come io
avevo fatto con lei la notte prima. Il suo succinto abito grigio le fasciava in
modo (troppo) perfetto il suo fantastico corpo, e purtroppo non era l’unico ad
essersene accorto. Circa altri 300
maschi la fissavano con occhi fuori dalle orbite. Li avrei ammazzati tutti
volentieri. Come si permettevano anche solo a guardarla? Solo io potevo.
Wow.
E questo cos’era? Gelosia? Sorrisi scuotendo la testa, Lina mi aveva proprio
cambiato.
“perché
sorridi, figliolo?” Felix. Non faceva altro che sfottermi ogni volta che ne
aveva l’occasione.
“Felix,
ricordati che ho una buona memoria.” Gli dissi ghignando.
“cos’era
una minaccia questa, ragazzo?”
“no
un consiglio!” gli dissi un po’ più serio.
Iniziammo
poi a fissarci ostili, 1 minuto, 2 minuti, al terzo scoppiammo a ridere. Io
però non scherzavo veramente, peggio per lui.
Quell’attimo
però fu per me il mio più grande sbaglio. Avevo perso il mio contatto visivo
con Lina, e prima che potessi guardarmi in giro per trovarla, l’aria parlò,
facendomi intuire che lei si stava avvicinando a me. Che diavolo avrei fatto
ora? Cercai di alzarmi per allontanarmi,
ma lei era troppo vicina. Finsi di non vederla e di incamminarmi verso
la parte opposta, ma lei era arrivata velocemente e fermandomi per un braccio
mi aveva costretto a girarmi verso di lei.
Mi
guardava sorridente, tranquilla e con occhi maledettamente felici.
“finalmente
sei arrivato! Ti ho cercato da per tutto. Per un secondo ho temuto che non saresti
venuto. Non sai quanto mi sei mancato oggi!”
Si
stava per avvicinare con il viso al mio, e contemporaneamente vidi gli sguardi
degli altri vampiri tutti fissi su di me, seri.
Iniziai
a odiarmi per quello che stavo per fare. Un odio profondo, che non avevo mai
provato in tutta la mia vita e nei confronti di nessuno. Un odio derivante dal
male che stavo per fare e che le avrei fatto e al quale sapevo non avrei mai
ricevuto perdono. Perché neanche io mi sarei mai perdonato.
“scusami
ma tu chi sei?” le dissi come avrebbe parlato il vecchio Alec.
“Alec
ma stai scherzando, vero? Perché se è così non è divertente!” si era bloccata e
stava diventando seria.
“carina,
guarda che se ti sei fatta qualche ideuccia mentale su di un possibile noi, non
è colpa mia sai!” la guardai ironico. Gli occhi pungevano, volevo piangere, ma
purtroppo quelle lacrime non sarebbero mai scese dal mio viso, però dal suo si.
“sei
veramente un fottutissimo stronzo!”
E
così dicendo se ne andò. In lacrime.
Stavo
per inseguirla, per fermarla, abbracciarla e dirle che era tutta una bugia. Ma
forse era meglio così. Lei sarebbe stata salva, non avrebbe rischiato pericoli,
come la morte, se fosse entrata a far parte del mio mondo.
Ripresi
un certo contegno sul mio volto e mi girai per guardare gli altri, di cui
sentivo ancora lo sguardo puntato su di me.
Li
guardai e con una smorfia dissi “umani”, come se quella parola fosse una
spiegazione ovvia. Ma purtroppo così era. Tutti si misero a ridere ed a
elogiare ironicamente il mio fascino da ruba cuori. Io finsi di ridere con
loro, mentre dentro, morivo per la seconda volta.
Mi
viene da piangere, povero il mio Alec.
Sono
stata troppo cattiva??
Ma
piccole mie.. non sarà così per sempre…
Ditemi
che ne pensate mie belle!!
Un
bacione
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Capitolo 9 *** niente bugia, niente verità ***
niente bugia, niente verità
CAPITOLO 9
Niente bugia, niente
verità
(POV
Lina)
Non
riuscivo a smettere di piangere. Erano ore ormai che andavo avanti così, ma non
riuscivo a fermare le lacrime. Non riuscivo a capire, per quanto stronza io
potessi essere, come una persona potesse comportarsi così? E poi credevo che
sarei riuscita a cambiare, perché per Alec mi costringevo ad essere migliore.
Non era lui che me lo aveva chiesto, ero io che volevo essere per lui il
massimo che si potesse desiderare.
Dopo
che gli avevo confessato il mio amore, mi ero subito sentita diversa, migliore.
Lo era stata ancor di più, dopo che lui aveva confessato a sua volta di amarmi.
E ora lì, in quel posto dove quei segreti erano stati svelati, io ero tornata a
rettificare tutto. Esatto. Mi ero recata inconsapevolmente alle rovine del
teatro, perché per me era diventato il posto più bello del mondo, e ora anche
il peggiore. Ma almeno quel posto mi aveva confermato che non mi ero inventata
nulla. Lui mi aveva veramente confessato il suo amore. Ma perché allora poi si
era comportato così? Cos’era cambiato in un solo giorno? I suoi occhi erano
tristi mentre mi parlava, significava forse che si era sentito in colpa per
avermi illuso? Presa in giro? Che brutto pezzo di …. No, non riuscivo a dirlo,
nonostante tutto.
Che
rabbia.
Ecco.
Come il mio solito il dolore che provavo si trasformò ben presto in rabbia, quella che mi avrebbe
fatto fare sicuramente qualcosa di stupido. Come la rabbia aumentò anche il
gelo circostante aumentò. Sembrava stesse arrivando una tempesta. Non mi
importava. Non me ne sarei andata. Ormai più nulla avrebbe potuto farmi più
male.
Che
nervi. Chissà cosa avrei combinato ora? Già non mi fidavo affatto di me stessa.
Quando in passato, il dolore che avevo provato per l’assenza di affetto in casa
si era fatto più grande, l’avevo senza rendermene reso conto trasformato in
rabbia. Avevo iniziato a frequentare gente sbandata, rubare nei negozi, arrivare
a casa ubriaca, ma quello era il minimo, di più era quando arrivavo ubriaca
alle feste mondane stile ‘alta società’. Poi iniziai a sbattermene della scuola
e a trattare di merda tutti. Ma le cazzate che facevo venivano sempre tutte
messe a tacere con i schifosissimi soldi di papà. Poverello ora avrebbe dovuto
iniziare a sborsarne di nuovo. Già. La stronza sbandata voleva tornare in
careggiata.
La
domenica sera andai all’Irish, ma non avrei ballato. Non volevo essere
nessun’altra se non la stronza bastarda che conoscevo benissimo. Me stessa.
Andai
da Matt e iniziai a bere come una spugna. Più i bicchieri andavano giù più quel
dolore enorme che provavo al petto diminuiva, non mi sembrava vero. Stavo per
buttar giù un altro shot quando incrociai due tristissimi occhi color verde
misto viola. Il piacere che provai durò solo un secondo perché la rabbia che
provavo si fece sentire subito e anche una brezza fredda di aria mi aveva
lucidamente portato contatto con la realtà. Lo fissai con astio. Quando lui
però fece un passo verso di me, mi fiondai sul prima ragazzo che incontrai nel
mio cammino e lo baciai. Baciava bene non c’era che dire, ma a me non piacque
lo stesso. Non erano quelle le labbra che volevo avere. Quando mi scostai dallo
sconosciuto che mi fissava eccitato, mi accorsi che stavo piangendo. Quando mi
voltai verso la direzione in cui l’avevo visto, Alec non c’era più e così anche
quel poco di bene che avevo provato prima. Il dolore all’altezza del cuore si
era fatto subito più forte di prima e barcollante mi allontanai dallo
sconosciuto.
Andai
verso il guardaroba, volevo andarmene, non aveva più senso rimanere lì. Durante
il tragitto in taxi verso casa, sentivo nella schiena dei brividi, una
sensazione strana che hai quando ti senti osservata, eppure ero in macchina e
il tassista fissava la strada. L’alcol quando si metteva, tirava proprio dei
brutti scherzi. Arrivata a casa mi fiondai a letto, l’indomani andare a scuola
sarebbe stato davvero difficile.
Mi
alzai ovviamente con un gran mal di testa e una sensazione di morsa allo
stomaco. Ero agitata, chissà mai perché?! Sbuff! Che falsa ironia. Avrei voluto
starmene a casa, ma no, non era giusto per me stessa. Dovevo imparare ad
affrontare le mie paure.
Andai
a truccarmi, molto accuratamente. Poi decisi di indossare una maglia attillata
bianca con una stampa nera stramba davanti e sopra ci mise un altrettanto
attillato gilet nero, stile cameriere e giubbetto in pelle. Poi un paio di
jeans neri attillati a tubo e ai piedi un paio di tronchetti neri. I tacchi non
erano un mio solito abbigliamento da scuola, ma per oggi avrei fatto un
eccezione, Alec doveva rodere.
Arrivata
all’entrata della scuola un ragazzo mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla
guancia.
“ciao!”
E
questo chi diavolo è? Mi guardava estasiato. Aspetta, aspetta. Oh oh! È il
ragazzo che ho baciato ieri sera. Non credevo frequentasse la mia scuola. Che
palle, solo questo ci mancava.
La
mia mente perfida però iniziò a macchinare qualcosa: perché no? Avrei potuto
sfruttarlo un'altra volta no?
“ciao,
frequenti la mia scuola?”
Restò
un po’ deluso.
“ma
dai sono Diego, le nostre madri sono molto amiche.”
Aaaaaaahhh!
Ora capisco perché non sapevo della sua esistenza. Tutto quello che era
collegato ai miei genitori era per me off limits.
In
quell’istante vidi però Alec che aveva appena svoltato l’angolo e si dirigeva
verso l’entrata. Non ci pensai due volte. Sbattei Diego sul muro e lo baciai,
lui ovviamente non si tirò indietro. Cercai di non cadere nella tentazione di
sbirciare la reazione del mio, no! Non era più mio! E come la sera precedente
una lacrima scivolò via dai miei occhi. Mi staccai di forza e feci per
andarmene ma andai a sbattere contro qualcosa di duro. Alec. Era praticamente
in piedi a due passi da me e la mia marionetta, e ci fissava. I suoi occhi
andavano da me al mio vicino e si alternavano in due espressioni differenti che
mi fecero paura. Quando guardava me era triste e molto pensieroso, quando
guardava il ragazzo al mio fianco sembrava che nei suoi occhi ci fosse una
furia quasi omicida. Ma fortunatamente era solo una mia impressione, vero?
Diego
prese un pizzico di coraggio e cercò di parlare:
“Qua-qualche
problema, amico?”
Bè
coraggio era una parola grande.
Alec
ora lo fissava con tutta la sua attenzione e potei quasi giurare che i suoi
occhi erano diventati neri.
“Vattene”
Quella
parola uscì dalla bocca di Alec come una lama tagliente, quando si dice “se le
parole potessero ferire”.
Il
ragazzo era a dir poco in preda al panico, mi guardò spaventato e mi sussurrò,
forse perché aveva perso momentaneamente l’uso delle sue facoltà mentali, “ci
vediamo”.
Non
gli risposi neanche. Mi girai verso Alec, che mi stava già osservando e gelida
come il tempo circostante gli dissi:
“che
diavolo vuoi tu?”
Pensare
il suo nome era un conto, dirlo ad alta voce era un altro.
“io…”
Aveva
iniziato, ma poi si era subito fermato. Sembrava non sapesse cosa dire. Allora
io feci per entrare, ma lui mi bloccò per un braccio. Quel contatto aveva
provocato una scarica elettrica che dal braccio si era diffusa in tutto il
corpo, non mi accorsi neanche come, ma un secondo dopo gli ero praticamente
appiccicata addosso con le mie labbra incollate alle sue. Per fortuna però
riuscii a prendere in mano le mie emozioni e mettermele in tasca così da
riuscire a staccarmi da lui.
“scusami”
gli dissi veloce “è stato un momento di debolezza, ultimamente faccio solo
sbagli!” frecciatina.
Volevo
andarmene, le lacrime stavano per arrivare e quel breve contatto era stata la
mia condanna a morte certa.
“no!”
mi disse fermandomi ancora. “non voglio che tu te ne vada, io devo parlarti…”
“E
allora sbrigati a dire quello che hai da dire, così la chiudiamo qua una volta
per tutte.”
“ma
io non voglio chiudere niente!”
Disse
facendo quasi tuonare il cielo. Aveva cambiato idea adesso? Ma per cosa mi
aveva preso? Una ruota di scorta da usare quando gli serviva? La mia dignità
aveva pur sempre un valore. La rabbia mi offuscò la vista, le lacrime era in
procinto di scendere, mentre qualche goccia dal cielo già aveva iniziato il suo
percorso.
“La
vuoi smettere di prendermi in giro tu? Io non sono la tua bambola con cui
giocare quando ne hai voglia!”
“Lina
quello che ti ho detto l’altra sera, non lo pensavo davvero, era solo un
bugia”.
Ma
cosa diavolo….?
“e
perché mai lo avresti fatto? Volevi vedere se la ‘carina’ si era veramente
preso una cotta per te?” sputai inviperita.
“no,
l’ho fatto per salvarti la vita…”
Silenzio.
Il
mio cervello mi dava solo silenzio. Stavo cercando di dare un senso alle sue
parole, ma non arrivava nessun suggerimento, proviamo con la ‘telefonata a casa
’?
Dalla
mia bocca non fuoriuscì alcun rumore, quindi lui continuò a parlare:
“…
tu forse non capirai le mie parole, ma ci sono cose che tu non sai e che per il
tuo bene è meglio che non sappia. Le persone con le quali ero venuto all’Irish,
non avrebbero accettato la nostra relazione e questo avrebbe potuto metterti in
pericolo, per questo ho deciso di fingere che tra me e te non ci fosse nulla.
L’ho fatto per te. L’ho fatto perché ti
amo.”
Ma
dove diavolo mi ero andata ad incasinare? Soprattutto in dove diavolo era
immischiato Alec? Sicuramente farà parte di qualche brutto giro dove o fai
quello che ti dico o me la prendo con le persone che ami. Mi sembrava di essere
finita in un film con Silverster Stallone.
Io
ovviamente volevo sapere di più, ma dalle sua espressione capivo che quello che
mi aveva detto era già troppo. E poi non mi era passato per la mente neanche un
secondo che quello che mi aveva detto fosse una menzogna. I suoi occhi erano
dannatamente sinceri.
“sai
vero che invece di darmi delle risposte, ora hai solo dato vita a nuove domande
vero? E che per me questa spiegazione non può bastare?”
Gli
dissi amaramente e ancora un po’ sconvolta dalla piega che aveva preso la
conversazione.
“si
lo so..” mi disse triste.
In
quel momento suonò la campanella, ci guardammo negli occhi e in silenzio ci
avviammo in classe
Per
tutta la durata delle lezioni non ci scambiammo nemmeno una parola, solo
occhiate furtive, mentre ognuno era immerso nei proprio pensieri.
All’uscita
mi ero avviata verso la strada di casa, ma sentivo la sua presenza dietro di
me, così mi fermai, ma senza voltarmi.
“se
tutto questo è per te troppo da sopportare posso capire. Non voglio mentirti,
ma non posso dirti neanche la verità. Forse è meglio farla finita davvero per il
bene di entrambi. Sappi che ‘a modo mio
ti amerò per sempre’…”
Sentirgli
dire queste parole, mi fece provare un senso di vuoto dentro che quasi persi
l’equilibrio. Mi voltai per dirgli che avevo deciso. Deciso che non
m’importava. Che saremmo stati attenti. Che l’importante era stare insieme.
Perché nonostante tutto, anch’io lo amavo e senza di lui non potevo più stare.
Ma lui non c’era. Nonostante la strada alle mie spalle fosse diritta di lui non
c’era traccia neanche in lontananza. Si era come volatilizzato. Provai a
chiamarlo ad alta voce, ma niente. Ed ora? sentivo che era importante parlargli
e subito, ma non sapevo dove cercarlo. Mi stavo davvero agitando in maniera
convulsa. Allora mi avviai verso l’unico posto che mi collegava a lui. Le
rovine del teatro.
Lì
di lui non c’era nemmeno l’ombra, ma non per questo me ne andai. Sarei rimasta
anche tutta la notte. Aveva detto che in quel posto ci andava sempre per
pensare, allora sarebbe di sicuro arrivato prima o poi.
Aveva iniziato a piovigginare e non avevo
l’ombrello, ma di questo non mi preoccupavo. Più nulla aveva importanza se non
si trattava di Alec. I pensieri vorticavano impazziti e intanto il tempo
passava. La fame e il sonno verso sera iniziarono a farsi sentire, ma ancora
non volevo andarmene. Una volta divenuto buio, il paesaggio circostante mi fece
venire i brividi. Era diverso dalla prima volta in cui c’ero stata. Ora era
tutto tetro e un po’ spaventoso, mentre le nuvole nascondevano a tratti la
luna. I brividi iniziarono a farsi più forti, che ci sia qualcuno? Un ramo
dietro di me si spezzò e di scatto mi voltai verso l’ombra scura che c’era in
piedi alle mie spalle.
Mie
belle!
Come
state?? Forse speravate in una pronta riunione pacifica in questo capitolo.. ma
voglio fare le cose con calma.
Prossimamente
comunque tutti i segreti verranno a galla, anche di quelli inimmaginabili!!!
Vi
voglio bene!
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Capitolo 10 *** solo noi ***
solo noi
Capitolo 10
Solo noi
(POV
Lina )
Cercai
di capire a chi appartenesse l’ombra scura alle mie spalle, quando una nuvola
lasciò sfuggire un raggio di luna e illuminò il suo viso. Alec.
Eppure
provai un brivido quando lo vidi. Il suo viso sembrava avvolto da mille
emozioni diverse e i suoi occhi
terribilmente neri mi mettevano paura.
“dove
diavolo eri?”
Se
il suo viso metteva i brividi, la sua voce era come avere mille aghi di
ghiaccio che ti perforavano la pelle. Perché era così aggressivo nei miei
confronti? Ma aspetta, mi stava cercando?
“il
tuo tono mette i brividi Alec, si può sapere che ti prende?”
“sono
stato delle ore ad aspettarti a casa ma non ti ho visto arrivare, ho dovuto
tornare a scuola per capire poi che eri qui… Perché sei qui? A quest’ora poi
sei matta? Da sola oltretutto!”
Sembrava
impazzito a stento non lo riconoscevo. Non capivo dove volesse arrivare. Pareva
non volersi calmare. Voleva sapere perché ero lì?! D’accordo. Gli avrei detto
la verità, chissà che nel frattempo non si fosse calmato.
Presi
un respiro e poi a raffica gli dissi tutto quello che mi ero tenuta dentro per
tutto il giorno.
“vuoi
sapere perché ero qui? Perché volevo vederti. Perché volevo parlarti. Ma dato
che di te non so nulla, non so dove poterti cercare allora sono venuta nell’unico
posto in cui speravo di poterti incontrare. È dall’uscita di scuola che ti
aspetto qui. Perché tu te ne sei andato, mi hai abbandonata in mezzo ad una
strada non lasciandomi neanche il tempo di controbattere le tue decisioni. Quelle
che solo tu hai preso, senza chiedermi cosa io ne pensassi. Perché si Alec io
non la penso come te. Io non voglio stare senza di te. Io non POSSO stare senza
di te. Mi odio perché ci sono ricaduta. Mi sono affezionata a te e tu ora però
non puoi lasciarmi sola, ho troppo bisogno della tua presenza nella mia vita. Non
so quale oscuro segreto ti porti dietro, ma io posso sopportare tutto, ho già
sopportato tanto nelle vita e qualcos’altro in più non fa differenza,
soprattutto se questo mi permetterebbe di stare con te. Con te Alec. Si, perché
io ti amo!”
Avevo
parlato senza mai fermarmi. Ora cercavo di riprendere fiato. Ero agitatissima
come il vento che attorno a noi iniziava a vorticare spaventosamente. Sembrava che
il mio discorso tuttavia avesse avuto l’effetto sperato, perché Alec sembrava
spaesato, i suoi occhi era increduli alle mie parole. Io lo guardavo di rimando
decisa, per fargli capire che quello che aveva sentito era vero. Ero sincera.
Lui
si avvicinò a me e si accasciò in ginocchio davanti a miei occhi mentre lui con
le sue mani nascondeva i suoi. Lo sentivo singhiozzare. Una morsa mi strinse il
cuore, perché mai soffriva così? Il dolore provato era nulla a confronto con
quello che sentivo nel vederlo ridotto in quello stato. Mi inginocchiai davanti
a lui e restai li, immobile, senza sapere bene che fare.
Dopo
un po’ lui si calmò, tolse le mani e mi guardò.
Ci
fissammo per quella che per me fu un’eternità.
Quando
l’atmosfera si alleggerì lui allungò una mano e prese a carezzarmi una guancia.
“perdonami
Lina. Stavo impazzendo al pensiero di non poterti più avere vicino e non ho
realizzato veramente quello che stavo facendo e dicendo…”
Con
uno sguardo dolce gli sorrisi tenuamente e gli dissi:
“ti
ho già perdonato da un pezzo…”
I
suoi occhi presero un po’ del loro solito brillio, e lui poi seriamente mi
disse:
“piccola
mia, sono combattuto in me stesso, perché a questo punto so che dovrei dirti
quello che ti celo, ma la paura che tu possa poi fuggire da me è troppa.”
Disse
triste e impaurito.
Mi
faceva impressione vederlo così, perché sentivo che lui non era solito soffrire
in quel modo.
“ti
ho già detto che non scapperò, perché quello che voglio è solo Alec e basta,
non il suo passato o il suo segreto. Solo la persona che porta quel nome”.
Gli
strinsi forte la mano.
“quando
sarai pronto a parlarne lo farai… non sentirti forzato…”
Parve
rianimarsi e con quel sorriso sincero che adoravo tanto mi disse semplicemente:
“grazie”.
Dopo
di che ci abbracciamo e ci baciammo in una maniera quasi ossessiva, come se il
solo staccarsi avesse potuto dividerci per sempre.
Anche
quella sera, come la prima volta lì, mi addormentai serena tra le sue braccia.
(POV
Alec)
Stavo
fissando Lina, mentre dormiva nel suo letto dove l’avevo appena adagiata. Non potevo
a credere a tutto quello che era successo. Solo poche ore prima mi trovavo in
quella stanza disperato perché non la vedevo arrivare. Ogni giorno la guardavo
da lontano e sapevo le sue abitudini. Lei, quando finiva la scuola, veniva
subito direttamente a casa. Ma quel giorno no e questo mi aveva fatto
impazzire. Ero assetato, ma non me ne importava, avrei resistito fino a quando
non avessi saputo che Lina stava bene. Ma lei continuava a non farsi vedere. Avevo
dovuto tornare nel punto dove l’avevo lasciata per cercare di seguire la sua
scia, che fortunatamente era ancora abbastanza forte, nonostante la pioggia,
forse io ero più sensibile al suo odore.
L’avevo
trovata nel posto in cui c’eravamo dichiarati il nostro amore.
Io
ero a dir poco impazzito, ma anche sollevato per averla finalmente trovata,
però ero anche arrabbiato perché per lei non era sicuro andare in giro, al
buio, da sola, in luoghi a dir poco deserti.
E
difatti forse troppo aggressivamente glielo dissi, ma quello che mi aveva
risposto lei però mi aveva fatto rimanere di sasso.
Diceva
che non poteva vivere senza di me, che non voleva, che non gli importava quello
che nascondessi, perché quello che importava era solo io e basta.
Il
mio cuore, grazie a lei, era tornato di nuovo in vita, dopo la seconda morte
che gli avevo inferto quella notte all’Irish mentendole.
Io
ero stremato, basta volevo solo pace. Pace e stare con lei. Alla fine
abbracciati nella nostra solitudine lei si era addormenta ed io l’avevo portata
qui, al sicuro, nella sua stanza.
Ero
felice ora, perché vedevo che anche lei lo era. La notte scorse mente dormiva
non faceva altro che rigirarsi nel letto, adesso invece aveva un viso beato.
Il
fatto che ora stesse bene, per me, ero felice.
Ma
la felicità si sa, non dura mai tanto. No perché le avevo promesso che una
volta pronto gli avrei detto tutto. Ma lei di certo non immaginava che quello
che le avrei detto fosse una cosa così irreale. Perché io ero irreale. Io non
dovrei esistere.
Basta
Alec torturarti con inutili pensieri. Giusto. Almeno per una notte, voglio
essere sereno assieme a lei.
(POV
Lina)
Quando
mi svegliai, l’inquietudine provata negli ultimi giorni si era dissolta, ero
felice. Sapevo che non avevo risolto ancora tutto, ma il fatto che io e Alec
volessimo stare assieme, a prescindere, era per me già tutto quello che potessi
desiderare.
Come
l’altra volta credevo di aver vissuto un sogno, ma stavolta sapevo già che era
tutta realtà. Più che altro dovevo ricordarmi di chiedere come faceva sempre
portarmi a casa senza svegliarmi e mettermi addirittura nel mio letto. Il solo
pensiero che lui fosse stato dentro quella stanza mi agitava a mille.
Dopo
una doccia, mi vestii e truccai veloce, non vedevo l’ora di vederlo.
Quasi
uscii di casa però restai a dir poco scioccata. Lui, bello come sempre, mi
aspettava a braccia conserte appoggiato ad un palo.
Quando
mi vide il suo volto si illuminò come i suoi occhi che erano ritornati di quell’insolita
tonalità verde misto viola.
“buongiorno!
Dormito bene?” mi disse, baciandomi poi dolcemente.
Le
sue labbra, il suo viso, il suo profumo, mi fecero perdere momentaneamente
contatto con la realtà. Mmmmh… che effetto che mi faceva.
“mai
stata meglio” gli dissi.
Mi
ricordai poi il quesito che mi ero posta appena sveglia.
“ehm..
scusa una cosa? Ma come ci sono arrivata nel mio letto?”
Lui
mi guardò poi rise.
“diciamo
che ho frugato nella tua borsa in cerca delle chiavi di casa”
“cosa??
E come facevi comunque a sapere il mio indirizzo?”
“Diciamo
che ho chiesto in giro.”
Sapevo
che non me la raccontava giusta, ma preferii lasciar perdere.
“mmmhh…”
mugugnai in risposta comunque divertita.
“dai
Spank andiamo a scuola!” mi disse poi guardandomi di sottecchi.
What?
“come
mi hai chiamata??” chiesi incredula.
“non
ho detto nulla” disse lui falsamente ingenuo.
Non
ci potevo credere. Che figura. Quando dormivo, nel letto con me avevo sempre il
pupazzo di ‘Hello Spank’. Possiamo dire addio così alla figura della donna
vissuta.
Misi
il broncio.
“dai
piccola, eri davvero carinissima da vedere mentre lo stringevi a te.”
“Come
scusa? Ma quanto sei rimasto a casa mia?”
Sembrò
tornare in se stesso all’improvviso, ma sorridendo continuò a dire:
“non
tanto.. giusto il necessario..”
“maniaco”
finsi di colpirlo amareggiata.
Lui
continuò a ridere poi mi chiese perdono.
Spensierata
ma un po’ triste poi gli dissi la verità che si nascondeva dietro a quel
pupazzo.
“vedi,
quel pupazzo per me ha un significato. È l’unica cosa che posso collegare ad un
ricordo felice, passato assieme ai miei genitori. Quando avevo sette anni, una
domenica eravamo andati ad un Lunapark. La prima e l’ultima volta che mi sono
sentita parte di una famiglia e l’unica volta che mio padre mi abbia trattato
come un padre amorevole fa con sua figlia. Aveva vinto quel pupazzo per me.”
Lui
non disse nulla, mi avvicinò solo di più a se, posando un dolce bacio tra i
miei capelli. Per me quel gesto valeva più di mille parole.
Siiiiiii!!!
I nostri cuccioli si sono
finalmente riappacificati.
Ma vi anticipo già che la
verità è alle porte!!!
Oooooohh yes!
L’ora è giunta!
A presto mie belle!!
kiss
|
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Capitolo 11 *** sensazioni ***
sensazioni
Capitolo 11
Sensazioni
(POV
Lina)
I
giorni che passavo assieme ad Alec erano sempre più belli.
A
scuola eravamo l’attrazione principale per tanti. Cosa che non m’importava, a
parte quando qualche gallinella, credendo non vedessi, andava a fargli il filo,
ma dico io, ma certe ragazze proprio un po’ di contegno non ne hanno? Zoccole!
Hihihi…
parlavo io che fino a poco tempo fa ero peggio di loro.
L’amore
ti cambia proprio la vita.
Quando
finivamo scuola lui andava a casa a mangiare e poi veniva da me. Io gli
chiedevo sempre di venire direttamente a casa mia, ma lui niente. Di sicuro
centrava quel suo segreto che ogni giorno sempre più, speravo mi rivelasse.
A
casa mia qualche volta facevamo i compiti, ma più che altro stavamo tutto il
giorno a coccolarci. Per quanto riguardava l’Irish, avevo dovuto licenziarmi.
Ora lì, ci andavo solo da cliente. Alec diceva che tutti quei ragazzi che mi
guardavano lo facevano sfiorare la pazzia, così per lui e la sua sanità
mentale, avevo lasciato il mio lavoro. Lo amavo troppo e non avrei mai potuto
fargli alcun torto.
Ciò
nonostante passando tanto tempo in sua compagnia avevo notato alcune cose e
avevo anche l’impressione che lui facesse a posta a comportarsi in determinati
modi.
Una
fra tante era che era molto freddo. La sua temperatura corporea era decisamente
bassa, ma lui aveva sempre detto che era normale così, poi però un giorno,
quando per l’ennesima volta glielo avevo fatto notare, lui mi aveva risposto:
“lo
so tesoro. Anni fa anch’io ero caldo come te, ma poi ho iniziato ad avere
sempre le mani fredde e fidati è normale così, non ti preoccupare.”
Ma
che razza di spiegazione era? Cosa voleva dire poi? Una volta era così e poi
non più? E poi non è che fossero solo le sue mani fredde, era tutto, freddo,
anche il suo respiro.
Ma
non trovando spiegazioni a ciò, avevo sempre lasciato perdere.
Ma poi non era solo questo, nonostante non
fosse molto alto e robusto, era a parer mio incredibilmente forte. Una volta
mentre eravamo in cucina e stavamo facendo una guerra di panna montata, un mio
orecchino era finito sotto il frigorifero. Gli avevo detto che sarei andata a cercare
un qualcosa che assomigliasse ad un rametto, lungo e fino. Avevo cercato non
trovando nulla, così ero andata a prenderne uno direttamente in giardino su un
albero. Al mio ritorno in cucina l’avevo trovato mentre si alzava dalla
posizione inginocchiata con il mio orecchino in mano. Il fatto strano era che
da lontano mi era parso che lui avesse spostato il frigo con la mano. Gliel’avevo
poi posta la domanda scherzando, ma lui aveva risposto che era impossibile. Che
una persona umana (aveva usato proprio queste due parole) non avrebbe mai
potuto fare una cosa del genere, e ovviamente avevo lasciato perdere credendo
di avere qualche problemino di vista.
Infine
, come avevo pensato prima, c’era il fatto che non mangiava mai in mia
compagnia. Non capivo il motivo, ma anche se gli chiedevo se volesse fare uno
spuntino o mangiare un pezzo di torta o pizza, mi diceva: “piccola non sempre
il cibo è nutriente!”. Ennesima risposta insensata. Per me almeno.
Separatamente
queste cose non mi importavano, però messe assieme mi facevano quasi pensare
che c’era qualcosa che non andava e che dovevo capire qualcosa. Ma cosa?
A
parte queste mie paranoie andava tutto benissimo.
Quel
sabato appena mi alzai provai subito uno strana sensazione come di un terribile
presagio, ma ovviamene come sempre, poco me ne fregava di queste cose e me ne
andai di sotto a fare colazione, stranamente vi trovai mia madre.
“mamma?
Che ci fai qui?”
“colazione…
non è ovvio? Mi rispose ironica.
“No!
Intendevo a casa.” Era questo che volevo sapere fin dall’inizio. Lei a casa non
c’era mai e soprattutto in vestaglia.
“tesoro,
ma che ti prende? ci vivo anch’io qui!” mi rispose con una punta di dolcezza.
Quel suo tono di voce aveva risvegliato in me ricordi passati. Ricordi di una
me bambina, quando lei, la donna che in passato avevo amato tantissimo, si
comportava come una vera mamma.
“piccola
cosa ne dici se oggi andiamo a fare shopping? Ho visto alcune negozi carini in
centro che credo ti piaceranno tantissimo!” aveva poi continuato lei.
Cosa
c’era ora? Si era svegliata storta stamattina, e voleva di punto in bianco
mettersi a fare la mamma? Quella che non era stata negli ultimi 12 anni?? La
rabbia che iniziai a provare era forte e una finestra probabilmente appoggiata,
si aprì di botto accompagnata da un vento gelido che mi diede forza nel dirgli:
“Se
hai tanto voglia di fare la mamma, vai da un’altra parte! con me sei in ritardo
di un paio d’anni!”
Lei
restò a dir poco scioccata dalle mie parole
“ma…
tesoro…” provò a dire, ma si fermò subito. Non sapeva cosa dire. Ed era meglio
così. Non volevo sentire altre scuse. Nella mia vita ne avevo già sentite
troppe ogni volta che le chiedevo di stare con me e di non andare via.
La
fulminai con lo sguardo ancora un secondo poi mi voltai silenziosa e me ne
tornai in camera. Mi buttai nel letto a pancia in giù. Volevo piangere, ma le
lacrime non uscivano. Dio che situazione odiosa!
Alec.
Il
suo nome si fece largo tra i miei pensieri.
Volevo
vederlo. Essere stretta tra le sue braccia. Ora più che mai lo volevo vicino,
lui che sapeva capirmi.
Presi
il cellulare e composi il suo numero. Già. Lo avevo costretto a comprarsi un
cellulare, così se non sapevo dove fosse o se avessi avuto bisogno di lui avrei
potuto contattarlo.
Dopo
due squilli rispose
“…ehi..
piccola… cosa c’è?”
Sembrava
stesse trafficando con qualcosa, sentivo qualche gemito di dolore di
sottofondo.
“Alec
cosa stai facendo?”
“stavo
per strada quando in un vicolo ho trovato una persona che stava male e… l’ho
aiutata!” disse con uno strano tono di voce che non so perché mi mise i
brividi, ma li ignorai.
“oh,
che eroe. Allora magari ti chiamo dopo.” Dissi un po’ più triste.
“no
amore, sta bene ora. dimmi tutto.”
Rimasi
in silenzio.
“parla
piccola. Così mi preoccupi”. La sua voce era davvero preoccupata.
“no
è che ho alzato la voce su mia madre prima…” ancora le lacrime non si
decidevano a scendere.
“verrei
subito se potessi ma ho un appuntamento con una persona importante e non
posso mancare davvero. In meno di un’ora
dovrei però riuscire a cavarmela. Ci vediamo al solito posto!”
“si
certo. Grazie.” Poi però un po’ più tranquilla dopo averlo sentito gli chiesi:
“questa
persona… non devo essere gelosa vero?”
“hahahaha”
la
sua risata cristallina era musica per le mie orecchie
“no
piccola, è mia sorella”
“tua
sorella? Quella che si trova all’estero?”
“ehm…
si.. già…”
Chissà
se me l’avrebbe presentata. Forse l’avrebbe portata al nostro appuntamento.
Mah! Però non gli chiesi nulla.
“va
bene. Divertiti a dopo”
“a
dopo piccola mia.”
E
riagganciò.
Sua
sorella. Che strano, chissà come mai era venuto a trovarlo. Da quello che mi
aveva detto Alec, dopo la morte dei suoi genitori lui e la sorella erano venuti
a vivere qui dall’America, con tre zii. La sorella, Jane se non sbaglio si
chiamasse, andava e veniva, non stava mai qui, per questo non me l’aveva mai
presentata e non veniva a scuola con lui, dato che erano gemelli. Chissà se era
uguale al mio Alec. Di sicuro era bellissima.
Provai
ad immaginarmi Alec con i capelli lunghi che si atteggia da donna.
“buhahahahahaha”
Rotolai
giù dal letto dalle risate. Mio dio che visione raccapricciante.
Era
meglio che iniziassi a prepararmi. Se continuavo per questa via di pensieri, mi
sarei fatta senz’altro la pipì addosso.
Dopo
45 minuti ero già per strada che camminavo tranquilla. Non avevo fretta di
arrivare, non sapevo se lui fosse già lì o meno, però intanto mi sarei goduta quella
passeggiata per le vie di Volterra.
Avrei
potuto passare per la bella Piazza dei Priori, ma l’avrei allungata decisamente
troppo, così tagliai per Via dei Sarti. Volevo andare tranquilla, ma non
troppo. C’era sempre quello stato di inquietudine che mi portavo dietro da
stamattina appena sveglia. Che a dire il vero, più mi avvicinavo alla mia meta,
andava crescendo.
Arrivata
alle rovine con un sospiro di sollievo mi andai a sedere nel “nostro posto”.
Quello in cui ci dichiarammo il nostro amore. Quel posto rappresentava per me
tutto e mi sentivo al sicuro, o meglio mi ero sempre sentita al sicuro lì, ma
non oggi. Questa brutta sensazione mi agitava, come si agitava il vento lì
intorno. Provai così a seguire le ondate di vento che mi circondavano,
ovviamente riuscivo a vedere solo le foglie che esso portava con sé, poi però
una figura lontana attirò la mia attenzione. Era Alec. Alzai un braccio per
salutarlo, ma lui non accennò a ricambiarlo. Strano, che non mi avesse visto?
Gelo.
Ecco
quello che provai. La figura che pensavo fosse Alec, si materializzò in un
secondo a 5 metri da me.
Com’era
possibile? E poi chi era? Perché mi guardava con… brividi …
Occhi
rossi
Occhi
rossi mi fissavano minacciosamente.
Era
una ragazza minuta, con capelli castani corti fino alle spalle, che gli
incorniciavano un viso, il cui profilo così delicato la rendeva bellissima, ma
quegli occhi la rendevano davvero terrificante, per non parlare poi del fatto
che si era spostata così… veloce!
“chi
sei?” le dissi cercando di mantenere il mio solito tono di voce, per non
mostrarle lo stato di soggezione che mi aveva causato.
“La
tua morte!” mi disse gelida.
La
sua voce mi penetrò fin dentro le ossa. Perché mai provavo tanto terrore? Forse
perché sentivo che quelle parole sprizzavano di sincerità!?
Non
sapevo cosa risponderle. La guardavo, probabilmente con occhi sbarrati. Cercai
di prendere il coraggio che caratterizzava la Lina stronza.
“divertente”
sorrisi macabra “che problemi hai?”
“solo
uno. Ma ora lo risolverò.” Sorrise come se stesse facendo un complimento a
qualcuno.
La
paura stava crescendo assieme anche ad una punta di rabbia, quello che mi ci
voleva!
“levati
dalle palle, mi hai stancata!”
Dissi
furiosa. Ops!
Il
suo sorriso scomparve, chiudendo quei strani occhi a due fessure. Poi fece una smorfia
e….
“aaaaaaaaaaaaaahhhhh!!!!”
Oh oh !
Di chi è questo urlo???
Hihihi.. ragazze che ne dite dell’entrata
in scena di Jane???
Fatemi sapere
kisssss
|
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Capitolo 12 *** mostro ***
mostro
CAPITOLO 12
Mostro
(POV
Alec)
Avevo
appena parlato con Lina al telefono.
Si
era bevuta la storia di me che aiutavo una persona in un vicolo. Mi faccio
schifo. Chissà cosa direbbe se sapesse che quella persona soffriva per causa
mia? Che quella persona era la mia cena? Non volevo pensarci. Però almeno la
storia che dovevo vedere Jane era vera. Cercavo di mentirle sempre il meno
possibile. Ma si sa, le bugie sfociano sempre in altre bugie.
Questa
mattina prima di recarmi a prendere Lina per andare a scuola avevo incontrato
mia sorella.
“Alec,
fratello, ho urgente bisogno di parlarti”
Sembrava
parlasse di qualcosa di importante.
“sorella,
farò tardi a scuola è qualcosa che può aspettare ad oggi pomeriggio?”
Non
volevo fare tardi. Volevo fare una sorpresa a Lina.
Uno
sguardo furioso le passò per il volto ma durò poco.
“D’accordo.
Ti aspetto nella tua stanza alle 16:00”
Detto
questo se ne andò senza aggiungere altro.
Cavoli.
Solo ora mi accorsi di quanto il rapporto tra me e la mia gemella fosse
cambiato. Senza volerlo dopo tutti quei strani atteggiamenti e l’ingresso nella
mia non-vita della mia piccola, ci eravamo a dir poco allontanati. Non so
perché, ma sentivo che quel legame che ci aveva da sempre unito si stava
spezzando. Avrei dovuto cercare di riappacificarmi con lei.
A
questo pensavo mentre mi avviavo verso Palazzo dei Priori.
Ero
un po’ in ritardo. Il mio spuntino mi avevo preso troppo tempo, sarei arrivato
di sicuro tardi anche all’appuntamento con Lina, oltre che con Jane.
Arrivato
nel corridoio che portava alla mia stanza, sentii l’odore fresco della scia di
mia sorella. Forse era dentro che mi aspettava. Entrai ma non la trovai.
Strano. Credevo fosse li.
Vidi
però che la finestra era aperta. Perché mai?
Mi
avvicinai con l’intenzione di affacciarmi, ma lo sguardo si perse alla mia
destra dove svoltava la stanza. La porta che conduceva alla cabina armadio era…
a pezzi era un eufemismo. I vestiti erano mezzi strappati e ammucchiati. Ma che
diavolo era successo?
Era
stata opera di Jane, di sicuro. C’era il suo odore ovunque.
Entrai
nella cabina e vidi che al muro era attaccato qualcosa.
Brividi.
Un
sbarra di ferro era stata piantata al muro, a mo’ di freccia. La cosa che mi
fece però tremare di paura era che la sbarra trapassava qualcosa prima di
essere stata conficcata nel muro…
…
la maschera di Lina…
Non
ci pensai due volte.
Mi
scaraventai fuori dalla finestra e ad una velocità inimmaginabile, così da non
poter essere visto da occhio umano, e sfrecciai per le strade di Volterra
pregando ad un Dio qualsiasi che la mia Lina fosse in salvo.
Non
passai neanche per casa sua, di sicuro stava andando al nostro appuntamento.
Speravo non fosse in anticipo.
Nei
pressi delle rovine, incrocia la scia di Jane.
-ti
prego, ti prego… fa che lei stia bene…- continuavo a ripetermi.
“aaaaaaaaaaaaahhhhhhhh”
Quell’urlo
mi gelò il sangue non mio che navigava sotto la mia pelle.
Avevo
riconosciuto quella voce, anche se quel tono doloroso non l’avevo mai sentito,
e mai avrei voluto sentirlo.
Quando
arrivai nel luogo da dove proveniva quel suono terrificante, mi scaraventai su
Jane per toglierla dalla sua concentrazione e dal suo contatto visivo su Lina.
Avrei potuto usare i miei poteri, ma ci avrei messo troppo. Non avrei però
esitato ad usarli, anche se in 334 di vita, io e lei , non ci eravamo mai
colpiti a vicenda con i nostri poteri.
Jane
presa alla sprovvista non poté difendersi, così la scaraventai lontano per
avere il tempo di avvicinarmi e soccorrere Lina.
Era
accovacciata in posizione fetale e si teneva la testa piangendo.
“Lina
piccola mia stai bene?”
“Alec…”
Singhiozzava
“cosa…
faceva male… faceva male…”
Continuava
a ripetere aggrappandosi a me.
“oooh
che quadretto rivoltante”
La
voce gelida di Jane, che era davanti a noi. Il suo sguardo così terrificante e
perfido non lo avevo visto mai, così pieno di.. odio.
“Jane
che diavolo ti prende? cos’hai fatto?”
“cosa
prende a me? Cosa prende a te? Un’umana Alec? che cos’è lei per te? Cos’è tutta
questa confidenza?”
Non
potei non urlarle in faccia la verità
“io
la amo Jane”
la
mia gemella restò pietrificata con gli occhi fuori dalle orbite.
Poi
un sussurro arrivò dalle mie braccia
“Jane?
Tua sorella?”
“lina
io…” non sapevo che dirle.
“…mostro..”
Quelle
parole mi si trafissero dentro procurandomi un dolore inimmaginabile. Quelle
parole dette con un tono spaventato che non avrei mai voluto udire. E adesso?
Sapevo che non sarebbe potuta durare tutta questa bellissima favola. Avrei
dovuta allontanarla fin dall’inizio, quando mi ero accorto di amarla. Ma perché fasciarsi la testa prima di averla
rotta, mi ero detto. E adesso che si è rotta? Cos’avrei fatto?
“hihihi”
La
risata perfida di Jane. La solita risata che aveva quando era riuscita in
qualche marachella delle sue. La guardai con odio. Uno sguardo che mai avrei
pensato di volgere a lei.
“ho
avuto la mia conferma”
La
sua smorfia però non durò. Per un secondo rividi la sorella tanto amata e con
tono triste sussurrò “mi dispiace”
Detto
questo se ne andò.
Cosa
voleva dire tutto questo? Perché non era rimasta per ucciderci. Perché non ci
ha scortato al cospetto dei tre signori?
Anche
se avessi voluto scappare, e sarei stato stupido a farlo, non sarei andato
lontano. A Volterra c’erano occhi ovunque. Bisognava essere astuti, ma ora come
ora, di sicuro quegli occhi erano su di me e Lina… ora lei era in pericolo.
Lina.
La
guardai e me ne pentii. Lei mi guardò e parve rianimarsi. La sua debole forza
da umana cercò di allontanarmi e la lasciai fare.
“c-cosa…c-come…
tua sorella è un…. Mostro.. lo sei an-anche tu?”
Non
volevo vedere quella paura sul suo viso, che io stesso poi contribuivo a far
crescere.
Perché
i volturi non erano ancora intervenuti? Perché non ci avevano ancora
circondato? Mille pensieri nella mia testa.
“si”
Non
so da dove mi uscì quella parola.
Lei
si allontanò ancora da me
“cosa..”
Non
la lasciai terminare.
“sono
un vampiro.”
Ecco
lo avevo detto.
“era
questo il mio segreto”
Ora
avevo infranto la legge con i fiocchi.
Provai
ad avvicinare una mano al suo volto per cancellare quelle lacrime dal suo
volto.
“non
toccarmi..”
Parole
che ferivano ancora.
I
miei occhi pungevano. Mai come adesso volevo sfogarmi in un pianto da umano.
Lei
si alzò e scappò via di corsa. Avrei voluto rincorrerla ma a quale scopo? Per
sentirmi dire quanto ancora le facessi ribrezzo? Eppure sapevo che non sarebbe
andata lontano. Di sicuro l’avevano già presa.
Prima
di allora non avevo mai odiato così tanto quello che ero. Anzi non mi ero mai
odiato. Perché io amavo essere un vampiro. Essere superiore al genere umano. Ma
per lei, sarei stato il più debole del mondo. Un insignificante umano.
Avevo
abbassato la testa nello sconforto , ma l’odore di quello che di sicuro era il
mio aguzzino me la fece rialzare.
Era
di fronte a me. Lo guardai negli occhi. Rossi con rossi. Le lenti a contatto si
era appena disintegrate.
“cosa
aspetti ad uccidermi?”
Gli
chiesi sorridendo.
“Aro
vuole vederti.”
Perché
mai? Voleva beffeggiarmi prima di farmi uccidere?
Il
viso della mia amata però mi si parò davanti. Stavo per chiederle di lei, ma mi
anticipò.
“se
vuoi sapere di lei, al momento sta correndo verso casa sua. Aro ha detto di non
toccarla, per ora, intanto sarà solo sotto il nostro attentissimo controllo.
Prima ti vuole parlare.”
E
questa? Impossibile. Non ci volevo credere.
“Muoviti.
Meglio non farlo aspettare. Questa volta l’hai combinata grossa.”
Senza
più dire nulla, seguii Felix verso l’ignoto.
Allora…
Cosa sta succedendo?? Come mai Aro sembra così magnanimo???
Qualche idea a riguardo????
Hihihihi
Ditemi cosa vi sembra della piega che sta prendendo la storia!!
Un bacio
Deba
|
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Capitolo 13 *** incredibile ***
Incredibile
CAPITOLO 13
Incredibile
(POV
Lina)
Vampiro…
vampiro… vampiro….
Questa
era l’unica parola che continuava a vorticarmi in mente mentre correvo come una
pazza verso casa. Mi era risultato istintivo alzarmi e correre lontano. Lontano
da quella rivelazione. Lontano da lui. Una parte di me diceva di rimanere,
l’altra quella più razionale mi intimava di correre. Ed io l’avevo seguita
senza batter ciglio. Il ricordo del dolore che avevo provato prima, era stato
troppo, per poter anche solo fermarmi un secondo a pensare. Quella creatura
bellissima mi aveva non so come buttato a terra. Non mi aveva colpito eppure
faceva male, tutto, ovunque. Era un dolore, addirittura indescrivibile. Perché
non era come quando prendevi un pugno e sapevi che il dolore proveniva da quello.
No, il dolore provato prima era una cosa inimmaginabile e spaventosa, perché
sembrava non volesse fermarsi.
Era
poi, invece, sparito all’improvviso, quando dal nulla era spuntato Alec.
La
sua voce mi aveva rassicurata ed ero felice che fosse arrivato giusto in tempo
per salvarmi, felicità scemata una volta saputo che il mio aggressore non era
altri che la sorella di Alec.
Perché
mi aveva fatto del male? Ma soprattutto come?
Cos’era?
Cercavo
una risposta logica, ma quello a cui avevo pensato era solo “mostro”.
Avevo
sentito Alec irrigidirsi al suono di quella parola, mentre ero stretta tra le
sue braccia. La sua reazione mi aveva insospettito subito… significava forse
che era vero?
Se
si quindi forse…
..loro
erano gemelli…
Avevo
chiesto ad Alec se anche lui era un mostro, perché all’improvviso tutte quelle
stranezze che avevo notato di lui, si erano dimostrate sensate…
Sbattei contro il portone d’ingresso per la
troppa fretta di entrare in casa. Mi sentivo osservata e ciò mi spaventava più
di quanto già non fossi. Entrai e mi fiondai in camera mia, chiudendo la porta
a chiave. Chissà come, ma non provai lo stesso sicurezza. Sentivo che
nonostante tutto, non sarei mai stata al sicuro li, anzi in nessun luogo.
Mi
buttai a letto e continuai a riflettere. Volevo dare un senso a tutto ciò, ma
era difficile.
Vampiro…
Un
vampiro era un essere mitologico che si nutriva di sangue giusto?
Se
ripensavo ad Alec, non riuscivo ad immaginarmelo mentre beveva il sangue di
qualcuno. È vero, a volte era riuscito a mettermi i brividi, però io non potevo
non pensare altro che alle sue labbra che mi baciavo o alle sue braccia che mi
stringevano a lui, e al fatto che con lui avevo provato l’amore, quello vero.
Un
lumino nella mia testa si accese.
La
telefonata di oggi.
Avevo
sentito dei mugolii di dolore in sotto fondo. E lui diceva di aver aiutato
qualcuno in un vicolo, e che ora stava bene.
O
dio…
Di
scatto mi alzai e mi fiondai in bagno a vomitare. Non era riuscita a non
oppormi alla nausea che cresceva al pensiero di Alec con lunghi canini che beveva
il sangue di qualcuno in un vicolo buio. Un Alec con gli stessi occhi rossi di
quella Jane alle rovine.
Una
volta ripulitami tornai a letto. Ripensai più volte a tutti i miei incontri con
Alec e specialmente a quella giornata.
Niente
da fare.
Se
pensavo a Jane tremavo istintivamente dalla paura, ma se pensavo ad Alec,
niente. Avevo solo paura che non lo avrei mai più rivisto.
L’amore
nei suoi confronti era troppo grande per riuscire a provare altro verso di lui.
Alla fine, mi dicevo, dopo tutto il tempo passato assieme, se lui avesse voluto
farmi del male, me lo avrebbe già fatto, no?
Poi
ricordai:
“… tu forse non
capirai le mie parole, ma ci sono cose che tu non sai e che per il tuo bene è
meglio che non sappia. Le persone con le quali ero venuto all’Irish, non
avrebbero accettato la nostra relazione e questo avrebbe potuto metterti in
pericolo, per questo ho deciso di fingere che tra me e te non ci fosse nulla.
L’ho fatto per te. L’ho fatto perché ti amo.”
Solo
ora quelle parole mi erano chiare.
Il
mio povero Alec aveva vissuto nel terrore per proteggermi, ed io cos’avevo
fatto?
Ero
scappata.
Vigliacca…
vigliacca…stupida…vigliacca…
Iniziai
a piangere, poi esausta, mi addormentai.
(POV
Alec)
Feci
la strada di ritorno verso il palazzo in silenzio. Né io né Felix aprimmo
bocca.
Chissà
come stava la mia piccola e se era vero che ora si trovava al sicuro, per
quanto avrebbe potuto esserlo, nella sua casa. Ma chissà poi, perché sia io che
lei fossimo ancora vivi.
Queste
domande continuavano a ronzarmi per la testa. A seguito poi del fatto che non
capivo il comportamento di Jane, o almeno non lo capivo in parte. Ora molti dei
suoi atteggiamenti erano chiari. Lei sapeva che mi vedevo con un’umana, per
questo mi aveva detto più di una volta, di tornare in me stesso e non fare
cavolate.
Ma
perché si era fermata solo dopo che io le avevo detto che amavo Lina? Anzi
aveva detto:
“ho avuto la mia
conferma”, la
conferma che l’amassi? Cos’altro c’era ancora che dovevo sapere? Sentivo che
c’era qualcosa che dovevo capire, ma non riusciva a venirmi in testa nulla. Ed
era un male.
Giunti
a palazzo, una volta davanti alla porta della sala dei troni, istintivamente mi
fermai. Felix mi lanciò un’occhiata di incoraggiamento. Presi un lungo respiro
poi varcai la soglia.
Mi
guardai attorno. Nei tre troni al centro della sala vi erano seduti i miei
signori con sguardo furente. Dietro di loro a pochi centimetri, c’era Renata.
Giù
dagli scalini a destra e a sinistra prendeva posto la guardia. A destra vi erano
Jane, Felix e Heidi. A sinistra Santiago, Afton, Chelsea e Demetri.
Erano
scompensati. Già di solito a fianco a Jane c’ero io. Oggi no però. Oggi io
prendevo il posto del trasgressore, ovvero, davanti ai tre signori.
Era
più forte di me, non potevo fare a meno di studiare una via di fuga, che
ovviamente non esisteva.
Mi
avviai così fermandomi nel posto che mi spettava.
Il
silenzio che c’era all’interno della sala iniziava a farsi troppo chiassoso,
quando finalmente Aro parlò.
“Alec,
amico mio, c’è qualcosa di cui ci vuoi renderci partecipi?” e sorrise.
Mi
ero sempre divertito quando Aro si comportava da finto amico con i condannati,
prima di farli uccidere. Ovviamente non avevo mai pensato cosa potevano provare
loro.
Oggi
io.
Odio.
Ecco cosa provavo. Odiavo questo suo modo di fare. Odiavo il fatto che prima lo
adoravo.
He
he
Com’ero
cambiato…
Ancora
una volta il mio pensiero andò a lei, Lina.
“stiamo
aspettando”.
La
voce di Aro mi risvegliò dai miei pensieri.
Avevo
deciso che avrei optato per la verità. Tanto se mi avesse toccato l’avrebbe
letta ugualmente.
“mi
sono innamorato di un’umana e l’ho tenuto nascosto. Non avrei voluto dirle
quello che in realtà ero, ma ho dovuto farlo dopo che Jane, l’ha attaccata. Vi
chiedo umilmente di non ucciderla, pagherò io stesso per entrambi. Lei non ne
ha colpa.”
Chiaro
e conciso.
Aro
fece una faccia stranita.
“Jane
mia cara, ti avevo detto di non attaccarla.” Rispose lievemente sorpreso.
In
tutta risposta, a Jane parvero uscire
gli occhi dalle orbite. Sicuramente lui gli aveva espressamente ordinato di
attaccare Lina, ma voleva passare come sempre, per il buono della situazione. Chissà
come si era fatta raggirare Jane, in tutta questa storia.
“Devo
dire quindi che non è tutta tua la colpa se il segreto è stato svelato. Questa è
una cosa buona per te, Alec.”
Falso,
falso, falso.
“tuttavia
ci dispiace che tu non sia venuto a confidarci il tuo nuovo stato d’animo. Noi saremmo
stati lieti della notizia. Cosa che ovviamente non è stato per Jane, cerca di
capirla anche tu, Alec, l’hai come dire, messa da parte.”
Sorrideva
perfido. Dannato!
Guardai
mia sorella. Lo sapevo benissimo che negli ultimi tempi l’avevo trascurata, ma
confidavo sempre in quel legame che da sempre ci univa. Legame che non trovai
quando lei mi guardò negli occhi. Provai una fitta di dolore allo stomaco. Jane
mi odiava. Glielo leggevo nello sguardo.
“tornando
a noi…” riprese Aro “… credevi davvero che non ci saremmo accorti mio caro
delle tue sempre più frequenti assenze da palazzo?”
Optai
di nuovo per la sincerità.
“credevo
di riuscire ad eludere la vostra vigilanza.”
“ammetto
che all’inizio ci sei riuscito” disse con una strana luce negli occhi, segno
che mentiva, “ma poi è diventato troppo evidente”.
C’era
qualcosa dietro, lo sentivo, ma non riuscivo a capire cosa. Dannazione.
“Alec,
è meglio tagliare corto ed arrivare al dunque.”
Finalmente.
Non ne potevo più.
“abbiamo
potuto constatare che in fin dei conti le leggi, non sono state proprio
trasgredite..”
“Aro”
Caius.
Mi stavo proprio chiedendo quando avrebbe detto la sua. Sapevo che odiava chi
infrangeva le regole.
“calma
fratello..” risprese Aro. “hai visto anche tu che non è poi tutta colpa di Alec. La colpa potrebbe
anche essere in parte mia, che non mi sono spiegato bene mentre davo gli
ordini..”
Non
potevo credere alle mie orecchie. Che diavolo aveva in mente?
“…quindi
, cerchiamo di venirci tutti incontro. Alec
la tua umana ti ama?”
Perché
questa domanda?
“fino
a poche ore fa, sicuramente!” Risposi.
Ero
confuso.
“bene.
Allora non sarà un problema.”
Problema?
“problema?”
chiesi anche ad alta voce.
“non
sarà un problema dirle che se vuole stare con te dovrà trasformarsi oppure….”
Non
riuscivo a credere alle mie orecchie.
Ehm ehm ehm…
Seraaaaaa!!!
Sono ancora viva, ebbene si!
Come mai Aro è così magnanimo???
Si è vero.. io lo so!!!hihihihihhi
Ditemi se vi è piaciuto il capitolo!
Un bacioneeeeeee
Deba
|
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Capitolo 14 *** sincerità ***
sincerità
Non sapete
quanto sia felice che voi mi seguite!!!
Grazie!!!
CAPITOLO 14
Sincerità
(POV
Lina)
Gelo.
Buio.
Una
luce.
È
tutto rosso.
Sangue.
“aaaaaaahhhhhh”
Urlai.
Mi guardai attorno. Ero nella mia camera. Che incubo.
Non
avevo sognato immagini ben precise, però il senso di inquietudine e paura che
provavo era così grande e accentuato dalla sensazione di non vedere più Alec, che
mi era sembrato l’inferno.
Mi
accorsi che nella mano destra stringevo il giubbetto di Alec, quello che mi
aveva messo addosso la prima sera alle rovine. Non dormivo mai senza. Lo prendevo
tra le mie braccia pensando fosse li accanto a me.
Ma
dov’era Alec ora?
Avevo
bisogno di vederlo.
Lui
avrebbe ancora voluto vedermi? Alla fine mi ero comportata come lui temeva. Ero
scappata davanti alla verità, lui temeva questa mia reazione, ed io avevo fatto
esattamente questo.
Stupida,
stupida e ancora stupida.
-Ti
prego perdonami Alec.- pensai
-Lo
devo chiamare. Che ore sono?-
Guardai
l’ora sulla sveglia. Segnava le 15:35. Ma quanto avevo dormito?
Andai
ad aprire un balcone. Una luce intensa mi accecò. Cavoli. Non avevo mai visto
un sole così. Già, che pretendevi dopo settimane di pioggia e nuvoloni? Uff.
Questo sole mi metteva a disagio.
L’avevo
già detto no che ero strana, giusto?
Rivolevo
tutti i miei colori freddi.
Presi
il telefono e digitai il suo numero con dita tremanti.
Un
squillo… due squilli… tre squilli….
Perché
non rispondeva?
“Lina?”
Un
tuffo al cuore. La sua voce mi trafisse l’anima.
Non
riuscivo a spiccicare parola. Non credevo avrei avuto questa reazione.
“A-Alec….”
Non
riuscivo davvero a mettere in piedi una frase di senso compiuto. L’emozione
provocata dalla sua voce, mi aveva destabilizzato.
Lui
non parlava.
Forse
neanche lui sapeva cosa dire, ma infine avevo chiamato io. Dovevo parlare io.
Dovevo scusarmi io, per quella stupida reazione. Per averlo di sicuro fatto
soffrire. Ma non per telefono. Lo volevo qui, davanti a me.
“vieni
da me… ti prego…”
Dissi
con voce sofferente.
Silenzio.
Iniziai
a preoccuparmi.
“non
posso…”
Tuf.
Il mio cuore parve fermarsi. Sentii il sangue che stava andando tutto verso il
cervello. Per fortuna ero già seduta sul letto, sennò come minimo mi sarei
schiantata al suolo.
“il
sole non me lo permette…” aveva poi aggiunto.
Come?
Il
sole?
Vampiro.
Giusto.
Avevo dimenticato ancora una volta cosa lui fosse veramente. Per me lui era
Alec e basta.
“quando…”
Non
mi lasciò terminare.
“Appena
cala il buio…”
“ti
aspetto!”
Gli
dissi sollevata, sapendo che mancava poco meno di due ore al calar del sole.
Volevo
aggiungere altro, ma non sarei sembrata credibile. Così senza dire altro chiusi
la chiamata.
(POV
Alec)
Dovevo
parlare con lei ma non sapevo come fare. Non sapevo se lei avrebbe voluto
vedermi. Quando all’improvviso, per fortuna, il telefono aveva iniziato a
squillare. Non poteva essere che lei. Era l’unica ad avere quel numero.
“vieni da me… ti
prego…”
Aveva
detto. Parole che credevo di aver solo immaginato.
Ma
non potevo andarci ora. Il sole era ancora forte in cielo ed io non dovevo
commettere altri errori per far cadere la cattiva sorte su di me, che in bilico
stava sul precipizio della mia vita.
Aro
alla fine mi aveva dato un ultimatum. O la morte o la trasformazione.
Ma
lei avrebbe accettato di vivere un’eterna dannazione? Al mio fianco per giunta?
Mi amava ancora?
Aro
mi aveva chiesto se lei mi amava. Per quanto improbabile fosse, io pensavo di
si, almeno fino a prima dell’attacco di Jane. Si. Sapevo che prima lei mi
amava. Ma avrebbe amato ancora un mostro?
Di
nuovi rabbrividii al ricordo della sua bocca che pronunciava quella parola e a
quegli occhi impauriti, una volta che le avevo detto di essere un vampiro.
Perché,
perché…. Destino infame. Perché non mi era stato concesso conoscerla quando
ancora era umano? Avrei potuto corteggiarla, se la sua condizione sociale me lo
avesse concesso. Avrei potuto sposarla e vivere una vita intera al suo fianco.
Invecchiare felicemente insieme. Invece no. Io non sarei morto. Mai. A meno che
Aro non avesse deciso il contrario. E lei? Se non accettava la trasformazione
sarebbe morta subito. E di sicuro, anch’io mi sarei fatto uccidere. Ora che
avevo conosciuto il mondo con la sua presenza. Non avrei potuto vivere in esso
senza di lei.
Quelle
due ore e sedici minuti che mi dividevano da lei sembrarono non trascorrere
più. Mai come quel giorno il tempo mi era sembrato fermarsi.
Qualche
minuto prima che l’ultimo raggio di sole scomparisse, mi recai da Aro per
fargli sapere che sarei andato da Lina per farle la sua proposta. Già. Dovevo
render conto ogni spostamento che facevo, altrimenti se qualcuno non avesse
saputo dov’ero, Lina sarebbe stata la prima a risentirne.
Una
volta divenuto buio, in men che non si dica ero davanti a casa sua. Non sapevo
se suonare o cosa. A quanto pare però lei mi aspettava perché sentii una
finestra nel retro della casa aprirsi, dopo di che il mio telefono vibrare. Era
un messaggio.
“Ti
ho aperto la finestra in camera mia…”.
Non
ci pensai due volte, e a velocità vampiresca mi fiondai da lei.
Mi
materializzai nella sua stanza forse troppo velocemente, perché a quanto pare
la spaventai.
Dal
colpo si era inginocchiata per terra, portandosi le mani al petto, all’altezza
del cuore.
“scusami”
Le
dissi senza pensarci.
Lei
parve riprendersi e mi guardò.
“abbracciami
ti prego!”
Era
sofferente. Che le fossi mancato come mi era mancata lei? Che non le importasse
cos’ero? Non ci badai più di tanto. Non volevo far correre altro tempo, in cui
lei avrebbe potuto cambiare idea.
Mi
lancia così su di lei e accolsi tra le mie gelide braccia, il suo caldo e
fragile corpo.
Dopo
di che lei si mise a piangere.
Non
sapevo cosa dire, ma sapevo che in queste situazioni, lei non desiderava altro
che parole mute. Così l’abbracciai ancora più stretta, cercando di non farle
male.
Dopo
un tempo indefinito ci staccammo e lei con gli occhi lucidi mi disse:
“Perdonami.”
Per
cosa avrei mai dovuta perdonarla?
Non
feci a tempo a chiederglielo.
“perdonami
per essere scappata, ma l’istinto mi aveva messo in moto le gambe senza
accorgermene. Quando ero tornata in me stessa, era troppo tardi.
Alec
io… a me non importa cosa tu sia… perché so che se avessi già voluto farmi del
male, lo avresti già fatto. Ma non è questo il motivo principale.”
Si
fermò e mi guardò con occhi nuovi, come se non lo avesse mai fatto prima.
“io
ti amo così tanto… che senza di te, io, non posso vivere!”
Felicità.
Non
credevo avrei potuto provare di nuovo questa emozione.
Con
Lina era ogni giorno un emozione nuova.
“ti
amo”
Non
potei dire altro. Questa parola racchiudeva in se tutto.
Ci
baciammo. Con passione. Con amore. Con un emozione nuova, forse perché quel
segreto che prima inconsciamente non ci permetteva di viverci del tutto, ora
non c’era più.
Restammo accoccolati ancora un po’, poi a
malincuore dovetti distruggere quel momento di beatitudine, e mettere le carte
in tavola.
“Lina,
devo parlarti.”
Lei
si irrigidì, ma feci finta di nulla, mentre lei annuiva.
Iniziai
così a parlare dei vampiri in generale. Delle loro capacità e della loro
non-vita.
Come
immaginavo lei mi fece quella domanda:
“non
c’è un mondo alternativo per cibarsi, che non sia…quello!”
Non
era riuscita a pronunciare per intero i suoi pensieri. Chi poteva biasimarla? A
malincuore però dovetti dirle la verità, anche se ciò mi avrebbe fatto sembrare
ancora più mostro di quello che già non ero. Per la prima volta, nella mia
vita, non schifai i Cullen, anzi ora quasi li stimavo e li capivo per le loro
scelte.
“
A dire il vero. Un’alternativa ci sarebbe. Ho visto Vampiri nutrirsi solo di
sangue animale.”
Lei
per un momento parve sollevata. Solo un momento, perché poi aveva fatto 2 + 2.
“perché
tu non ti cibi di sangue animale?”
Cosa
potevo dirgli? Che io per primo prendevo in giro quelli che lo facevano? Si.
Dovevo essere sincero. Glielo dovevo, per essere lì, davanti a me.
Così
le raccontai questo, e le dissi chi ero in realtà ovvero guardia dei Volturi.
La famiglia reale nel mondo dei vampiri. Le raccontai chi eravamo e ovviamente
cosa facevamo, qual era il nostro compito principale. Far rispettare le leggi.
Mantenere la nostra esistenza segreta.
Una
volta finita la mia spiegazione le lasciai un po’ di minuti a riflettere.
Sapevo che ne avevo bisogno.
La
mia Lina non era stupida. Era davvero in gamba.
“io
so troppo, non è vero?”
Ed
eccoci giunti al momento più delicato.
“si
Lina. Ed ora ti devo porre una domanda. Se ci fosse un’altra soluzione te la
direi, ma purtroppo non c’è..”
“penso
di aver capito…” m’interruppe.
La
guardai esitante, avevo paura.
Solo
Lei, piccola, indifesa umana, era l’unica persona che era riuscita a farmi
provare questo sentimento, oltre ad altri mille.
Restai
in silenzio, volevo che fosse lei a dirlo. Di sicuro l’aveva capito. Prima
l’avevo accennato nella mia spiegazione.
Lei
mi fissò pensierosa, poi disse:
“o
divento come te o muoio, giusto?”
Sentirlo
dire dalla sua bocca, era come farsi infilare una lama in corpo. Anche se
effettivamente, non sapevo come ci si sentisse con una lama in corpo.
“si”
dissi.
Seeeeeraaaa!!!!
Come vostro desiderio sono riuscita ad inserire l’incontro tra
Lina e Alec.
Ora però voglio solo sapere se vi è piaciuto.. se ve lo
immaginavate così???
Ditemiiiiiiii……
Hihihihi
A presto mie belle!!!!!
Un bacione
Deba
|
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Capitolo 15 *** al tuo fianco ***
al tuo fianco
CAPITOLO 15
Al tuo fianco
(POV
Lina)
Alec
mi aveva appena raccontato ogni particolare inerente la sua vita. Chi fosse,
anzi cosa fosse, chi fossero i Volturi ed un pensiero subito mi balenò per la
mente, quando mi riferì il loro compito.
Dovevano
proteggere il loro segreto a tutti i costi. Io ero un ‘costo’. L’avevo intuito
subito. Forse era questo il motivo per cui il suo viso e le sue spalle
continuavano a rimanere tese.
Per
avere conferma delle mie tesi gli posi la domanda:
“io
so troppo, non è vero?”
E
come i suoi sgranarono, intuii che avevo ragione.
Da
come mi aveva parlato dei Volturi avevo anche già capito cosa mi sarebbe
successo, non ci voleva un genio.
Gli
avevo fatto capire che forse avevo intuito anche quello che mi sarebbe successo
e ancora una volta lasciò che fossi io a parlare:
“o
divento come te o muoio, giusto?”
Dopo
un tempo che per me parve infinito, con la paura che gli si leggeva negli
occhi, disse semplicemente:
“Si”.
Fu
solo allora, che mi resi conto delle mie stesse parole e dei miei stessi
pensieri. Sembrava stessimo parlando se andare al cinema o se guardare un film
in TV.
Cavoli
no.
Qui
si parlava di me, della mia vita. Dovevo decidere se passare la mia vita, anzi
no, l’eternità, trasformata in un mostro che per vivere avrebbe dovuto
succhiare via la vita agli altri oppure semplicemente morire, e farla finita
così.
Wow.
Due scelte molto ambite direi.
Ovviamente
io non volevo morire, insomma dovevo ancora compiere diciotto anni, per Dio.
Però il solo pensiero di dovermi cibare di… sangue. Oddio che orrore. Dover
vivere poi, sempre nell’ombra, per non destare sospetti e che avrebbero detto i
miei genitori? Bè niente ovvio, non m’importava, però non potevo di certo
sparire così all’improvviso. Non sapevo cosa pensare. Poi un richiamo nella mia
testa mi disse di alzare lo sguardo. Quando incontrai gli occhi rossi e
timorosi di Alec, un brivido mi percorse e tutto mi fu chiaro.
Quel
brivido non era paura, era un segno che mi portò alla realtà dei fatti.
Non
m’importava se avrei dovuto bere litri e litri di sangue.
Non
m’importava se non avrei più potuto camminare tranquilla di giorno, in mezzo la
gente.
Non
m’importava se avrei dovuto lasciare tutto ciò che conoscevo di questo mondo.
Non
m’importava se avrei dovuto vivere un’eterna dannazione, perché se Alec fosse
stato al mio fianco, sarebbe stato il paradiso. Sempre.
Mi
alzai decisa dalla posizione in cui mi trovavo prima. Ovvero inginocchiata di
fronte al mio Adone.
Mi
avviai verso la finestra e guardai fuori il cielo stellato, così bello non
l’avevo visto mai.
Presi
un lungo respiro e poi girai per guardare Alec.
Era
in piedi, le braccia distese lungo il corpo erano tese, come le sue mani
strette a pugno. Sembrava stesse aspettando che qualcuno gli desse un così
dire, colpo di grazia. Mi guardava con quella paura negli occhi, che aveva da
quando era arrivato.
Sperai
che le mie parole gli facessero tornare il sorriso.
“non
so tra le due proposte quale possa essere la migliore o la peggiore. Però solo
scegliendo una di esse potrò forse essere felice…”
Alec
stava trattenendo il fiato. Buffo, se fosse stato umano, sarebbe sicuramente
morto di asfissia.
“Alec…
voglio che tu mi trasformi… perché quello che a me importa di più… è stare per
sempre al tuo fianco!”
Solo
qualche secondo dopo parve capire veramente il senso delle mie parole.
Fulmineo
si materializzò tra le mie braccia e mi baciò in un modo che sfiorava la
disperazione.
“Lina,
se sapessi piangere, ora lo farei dalla gioia!”
Quelle
parole mi scaldarono il cuore.
“sei
felice della mia scelta?”
Io
stessa ero felice, perché avevo fatto tornare il sorriso sul suo bel volto.
“qualsiasi
fosse stata la tua scelta… io ti avrei seguito senza indugio..”
Come
scusa?
“cosa
vuoi dire con questo?” gli chiesi preoccupata per il senso di quelle parole.
“si
Lina, se anche tu mi avessi detto che avresti preferito morire, noi due saremmo
stati assieme. Perché anch’io mi sarei fatto uccidere con te!”
“o
Alec…”
Lo
abbracciai con il vuoto nel cuore, al solo pensiero della sua scomparsa dalla
faccia della terra.
“ti
amo”
“ti
amo anch’io”
E
restammo così, a guardarci negli occhi.
Dopo
quelle che per me furono ore, parlai. C’era ancora una cosa che volevo dirgli,
anzi chiedergli.
“Alec?”
“dimmi
piccola…”
“devo
essere trasformata subito, o si può aspettare un po’? cioè insomma, almeno il
tempo per sistemare tutte le cose e che nessuno si insospettisca, dato che
presumo non dovrò più farmi vedere dalla gente che mi conosce…”
“credo
non ci sia problema… però dovrò parlarne prima con Aro. Anche perché credo ti
vorrà conoscere.”
A
quella frase lo sentii irrigidirsi.
“cosa
c’è?”
“non
mi fido di Aro. Ha sicuramente in mente qualcosa”.
Io
non conoscevo questo Aro. Perché questa cosa turbava così il mio amore?
“ed
è una cosa preoccupante?”
“si!
E non puoi immaginare quanto!”
Lasciai
in sospeso il discorso. Non volevo rovinare questo momento con altri problemi.
La ‘questione Aro’ l’avremmo affrontata un’altra volta. Ora volevo solo bearmi
di questo momento, come se il mondo fosse normale, così come per me è sempre
stato. Volevo per un secondo fingere, che il mio Alec fosse solo Alec e che
stessimo qui, su questo letto, accoccolati come fanno due fidanzatini normali.
Vivendo appieno ogni singolo secondo passato assieme.
(POV
Alec)
Non
credevo sarei mai riuscito a raggiungere un apice di felicità come questo.
Lei
mi aveva detto che volevo stare al mio fianco, per sempre.
Non
avrebbe mai potuto dirmi parole più belle.
Ero
stato in tensione per tutto il tempo dal mio arrivo da lei. Anche dopo che
diceva di accettarmi per quello che ero. Ero in tensione perché ancora dovevo
porre il dilemma più mostruoso: o la dannazione eterna o la morte. Ma lei mi
aveva ancora una volta salvato dal mio baratro infernale. Aveva detto che si
sarebbe trasformata solo per me. Perché la cosa che le importava di più era
stare con me, per l’eternità. Ed io non potevo desiderare nulla di più.
Ovviamente
poi il ricordo della realtà mi era tornato in mente. Quella realtà che portava
il nome di Aro.
Aro
aveva in mente qualcosa, ma ancora non capivo cosa. E ciò mi irritava a morte.
----------------------------------------------------------------------------------------------
Mezz’ora
prima dell’alba dovetti sottrarmi dalle braccia di Lina. Lei aveva da poco
preso sonno e per questo non la volevo svegliare. Ma dovevo andarmene. Dove
tornare a palazzo e riferire poi ad Aro la richiesta di Lina. Le scrissi un
biglietto, non volevo che una volta svegliata si spaventasse non trovandomi lì
accanto a lei.
“Piccola,
non preoccuparti. Sono tornato a Palazzo per parlare con i miei Signori, ma
tornerò nel pomeriggio. (dovrebbero tornare le nuvole).
Mi
manchi già.
Ti
amo
Alec”
Lo
appoggiai sul cuscino al mio posto e dopo averla guardata per un’ultima volta,
me ne andai.
Una
volta arrivato a palazzo chiesi udienza con Aro. Poco dopo avuto la conferma,
mi avviai verso la sala dei troni.
C’era
solo lui nella sala, oltre a Renata alle sue spalle e Santiago vicino alla
porta.
Il
fatto che ogni volta che parlasse con me ci fosse anche Renata, mi puzzava alla
grande. Di cosa aveva paura?
“Alec
mio caro”.
La
sua voce pacata mi arrivò con irritazione alle orecchie.
“avvicinati
ti prego. Fammi vedere com’è andata la tua missione” disse, ironizzando
sull’ultima parola.
A
malincuore mi avvicinai a lui.
Allungai
un braccio e lui lo afferrò saldamente.
Passarono
cinque minuti e nel suo volto vidi passare, meraviglia, felicità, sorpresa e
forse per un secondo anche timore. Ma di quest’ultimo non ne ero veramente
sicuro.
Dopo
che sciolse la presa, mi sentii irrimediabilmente meglio.
“non
sai quanto sia felice, Alec, che lei abbia accettato di diventare una di noi!”
“Lo
sono anch’io.”
Dissi
incolore. Non mi fidavo di lui.
Lui
non era solito regalare l’immortalità così gratuitamente, a meno che…
“sia
chiaro che approvo le richieste della tua compagna!”
Come?
Mi ero perso in quella nuova probabilità…
“richieste?”
“le
concederò un po’ di tempo per far si che la gente non si insospettisca della
sua assenza.”
Ah
si. Ma certo. Non avevo dubbi che glielo avrebbe concesso. Insomma dovevamo
tutti collaborare per restare più anonimi possibili.
“e
sarei felice, che una volta coperto il sole, andassi a prendere la tua cantante
e la portassi al mio cospetto. Sono veramente euforico, voglio conoscerla.”
Disse
divertito, così tanto da mettere i brividi.
Un
secondo … cosa?
“la
mia cantante?”
“Alec
dici davvero? Non ti sei mai reso conto che era la tua cantante? All’inizio ti
sei trattenuto davvero molto senza accorgertene, ma l’amore incondizionato che
hai provato subito per lei, ti ha fatto dimenticare il richiamo del suo sangue.
L’amore a volte è davvero straordinario. Eccellente.”
Disse
unendo le mani. Sembrava stesse parlando della buona riuscita di un qualche
esperimento scientifico.
Tuttavia
non badai a lui più di tanto. Ero ancora scioccato dal fatto di non essermi
reso conto che Lina fosse la mia cantante. Questo forse poteva spiegare la mia
infatuazione fin da subito nei suoi confronti.
Volevo riflettere ancora un po’ su questo
fatto, così mi congedai dal mio signore e mi avviai verso il mio alloggio. Il
sole sarebbe stato coperto tra 6 ore. Avevo tutto il tempo per pensare sugli
ultimi avvenimenti della mia vita.
Saaalve!!
Sono riuscita a
postare anche oggi.. siiii!!
Spero ne siate
contente… così come spero vi sia piaciuto la risposta di Lina!!!!
Ditemi ditemi
ditemi!!!
Buona domenica
Un bacione
|
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Capitolo 16 *** rivelazioni ***
rivelazioni
CAPITOLO 16
Rivelazioni
(POV
Lina)
Un
raggio di sole entrò dalla finestra e mi
fece svegliare.
“mmmhh…accidenmmhh…”
Mugugnai
nella lingua dei dormiglioni.
Stavo
ancora imprecando mentalmente verso il sole, quando una lampadina si accese con
un ‘tlin’.
-Alec-
Mi
voltai di scatto verso destra dove si era sdraiato questa notte, ma non lo
trovai. In compenso vi trovai un biglietto.
“Piccola, non
preoccuparti. Sono tornato a Palazzo per parlare con i miei Signori, ma tornerò
nel pomeriggio. (dovrebbero tornare le nuvole).
Mi manchi già.
Ti amo
Alec”
Magramente
consolata, quel piccolo pezzo di carta riuscì a bloccare sul nascere quella
sensazione di vuoto che si stava facendo largo in me.
Sapevo
che l’avrei rivisto fra poche ore e questo mi tranquillizzava.
Guardai
l’ora. Le 7.10. E se non sbaglio oggi era lunedì.
Se
la matematica non era un opinione avrei dovuto andare a scuola giusto?
Non
riuscivo a crederci come in due giorni tutta la mia vita fosse cambiata. Avevo
scoperto di vivere in un mondo fantastico e di essere innamorata di una
creatura della notte. La stessa creatura che io stessa avevo deciso di
diventare.
Strano
ma vero, il solo pensiero di andare a scuola quella mattina, non mi dispiaceva
affatto, anzi. Di sicuro era perché credevo mi avrebbe fatto sentire un po’ più
come prima, quando ignara di tutto, svolgevo la mia normale vita da umana di
questo mondo. Sapevo che non avrei più provato emozioni umane così e un po’ di
nostalgia iniziava a farsi sentire.
Mi
alzai quindi piuttosto attiva e dopo un giretto veloce in bagno, mi vestii.
Quella
mattina, compii volontariamente tutte le gesta che facevo prima di incontrare
Alec. Passeggiatina tranquilla verso scuola. Pausa colazione presso il mio bar
preferito e poi dritta verso l’istituto finendo di mangiare la mia brioche.
Una
volta in classe salutai la moretta con cui avevo preso sempre più confidenza
durante la mia missione ‘mantenimento promessa’.
Serena.
Come
un fulmine a ciel sereno, il suo nome mi si materializzò in testa.
Come
avrei potuto diventare un vampiro e non vedere mai più la mia carissima amica?
È
vero, lei ora si trovava all’estero, però non sarebbe stata via per sempre. E’
vero anche però, che era da un pezzo che non ci sentivamo. Lei mi diceva che
era sempre super impegnata con lo studio, e comunque neanche io mi perdevo
tanto in chiacchere perché ero sempre presa da Alec.
Alec.
No
basta. Avevo deciso. E poi che scelta avrei potuto avere? O quello o la morte.
Quindi tanto valeva farci il callo. Forse il fatto che già da un po’ non ci
sentivamo era meglio. Forse avrei potuto non farmi più sentire oppure dirle che
non la volevo più come amica. Forse odiandomi non avrebbe sofferto, quando
tornata, non mi avrebbe trovato ad aspettarla. Forse sarebbe stato più semplice
così. Tutti questi forse mi stavano letteralmente annebbiando il cervello.
___________________________________________________________________________
Le
lezioni in assenza di Alec passarono inesorabilmente lente. Buffo. Ero venuta a scuola per fingere
di far parte ancora di questo mondo che una volta credevo normale e ciò
nonostante, non potevo fare a meno di non pensare al mio vampiro e al suo
mondo, di cui presto ne avrei fatto parte.
Buttai
un occhio fuori dalla finestra e vidi che le nuvole di cui Alec mi aveva accennato
erano arrivate e avevano ormai coperto tutto il cielo. Erano le 11.45.
Cominciai
a battere furiosamente il piede a terra. No, non riuscivo a resistere. Dovevo
andarmene da lui. Non ero in agitazione sapendo che avrei dovuto vedere questo
Aro. Io volevo solo vedere lui. Subito.
Andai
dall’insegnante e sfoggiando le mie doti recitative finsi di stare male. Dovevo
essere molto brava, perché mi credette subito, anzi pareva al quanto
preoccupato lui stesso.
Hi
hi hi. Che perfida.
Mi
feci un permesso e mi fiondai subito a casa, dove sapevo Alec non avrebbe tardato
ad arrivare non appena le nuvole avessero coperto tutto il cielo. E mancava
davvero poco.
Appena
entrai mi diressi prima in cucina a bere un po’ d’acqua, poi siccome
l’agitazione anche per l’incontro con il vampiro millenario, iniziava a farsi
sentire decisi che sarei andata a farmi un bagno nell’enorme vasca con
idromassaggio che c’era nella camera dei miei genitori.
Andai
nella mia stanza e una volta tolta i vestiti mi infilai in un accappatoio. Mi
avviai poi verso la stanza dei miei genitori. Più mi avvicinavo, più mi
sembrava di sentire dei strani suoni provenire dalla loro camera da letto. Chi
ci poteva essere? I miei genitori avrebbero dovuto essere entrambi fuori casa,
come sempre del resto. Spalancai senza indugio la porta e quel che vidi mi fece
rivoltare lo stomaco. Mio padre in piena attività, che si scopava una, che non
era affatto mia madre. Aprendo la porta avevo fatto volontariamente rumore, non
sapendo a quello che sarei andata incontro e mio padre alzò lo sguardo verso di
me.
“Lina…”
mugugnò con un tono di voce esausto.
Piena
di rabbia corsi in camera mia, mi chiusi dentro a chiave e mi rivestii
velocemente. La finestra era aperta e stavano entrando folate di vento sempre
più gelide, come quelle che provavo nel mio cuore. I nuvoloni nel cielo si
erano fatti ancora più grigi, il sole non sarebbe mai riuscito a vincerli.
“Piccola
cos’hai?”
Alec
era appena entrato dalla finestra e mi guardava con aria preoccupata.
“perché
piangi?”
Piangevo?
Non me ne ero accorta. Mi fiondai su di lui e lo abbracciai.
Per
quanto stronza avessi potuto essere in passato e per quanto potessi detestare i
miei genitori. Io avevo sempre creduto che il matrimonio fosse una cosa
splendida. E che una volta promesso davanti a Dio il proprio amore, si avrebbe
cercato per sempre di tenere salda quella promessa.
Aver
scoperto mio padre in quella stanza con quella donna, era stata per me
l’ennesima conferma che la mia famiglia non era altro che una gran cazzata e
basta.
In
lacrime dissi tutto ad Alec.
Restai
per un po’ tra le braccia del mio amore, poi gli dissi:
“forse
è meglio che mi dia una calmata. Il tuo signore ci starà aspettando”
“no
Lina. Non mi sembri ancora nelle condizioni di affrontare Aro. È meglio
aspettare ancora un po’. Ora chiamerò Heidi e le chiederò di avvisare Aro, che
arriveremo stasera . Che potrà pure mandare qualcuno a controllarci, che tanto
non stiamo pensando di scappare.”
E
così fece. Prese il telefono e chiamò questa Heidi. Non appena riattaccò gli
dissi:
“ti
prego, andiamo via di qui”
Senza
rispondermi, mi prese in braccio e saltò giù dalla finestra atterrando
silenzioso in giardino. Era stato fantastico.
Uscimmo
mano nella mano dal cancello e ci avviammo tranquillamente a piedi.
“Lina!”
Mi
sentii chiamare da una voce familiare proveniente dalle mie spalle. Il mio
stomaco si strinse in una morsa.
Mi
voltai e la vidi correre verso di me. Quando si fermò, si accorse anche del mio
accompagnatore.
“oh,
e chi è questo bel giovanotto?”
Tesissima
come una corda di violino dissi:
“mamma
lui è Alec. Alec mia madre Ginevra.”
“piacere
signora” disse lui cortese offrendo la sua mano, che mia madre afferrò
sbigottita, forse dalla bellezza del mio amore. Mi erano ora chiare le doti
vampiristiche di Alec di attirare tutti, anzi tutte.
Prima
però che mia madre contraccambiasse dissi:
“perché
sei qui?”
Lei
mi guardò timorosa e preoccupata, facendomi provare ancora più dolore dentro,
dopo che mi rispose:
“mi
ha telefonato tuo padre.”
“come
scusa?”
Le
dissi gelida ed incredula.
“credo
sia giunto il momento di dirti una cosa, piccola.”
Sentirmi
chiamare così da mia madre mi fece schifo. Sembrava un insulto a confronto di
quando era Alec a farlo.
“cosa
stai dicendo?”
Non
capivo più niente. Che sapesse?
“credo
tu sia abbastanza grande per capire alcune cose, di cui tu ignori l’esistenza”.
Stavo
impazzendo. Non capivo davvero più niente. Il mio cervello non avrebbe retto
ancora per molto. Alec parve accorgersene, e passò un braccio attorno alla mia
vita per sorreggermi. Sapeva sempre cosa fare.
“credo
dovremmo parlare in privato “
Mi
disse mia madre.
“io
ed Alec non abbiamo segreti. Quindi che ci sia o meno non importa, tanto o
prima o dopo verrebbe a saperlo lo stesso.”
Con
aria un po’ tesa e un po’ sognante mi disse che andava bene.
Ci
avviammo in silenzio verso un parco lì vicino, dato che a casa non ci volevo
tornare.
Una
volta seduti su un tavolo di legno stile picnic lei parlò.
“Lina
è molto difficile per me dirti quello che tra poco sentirai. Ti prego solo di
non odiare i tuoi genitori. A modo nostro noi ti vogliamo bene.”
Provai
istintivamente un moto di nausea per quelle parole. Cosa voleva dirmi? E poi
loro mi volevano bene? A modo loro? Si, ma che gran bel modo del cazzo.
Nel
dire quella frase, mia madre era veramente seria. Non credevo di averla mai
vista così. Lei in viso di solito aveva sempre una maschera di beata
superficialità.
“non
ti prometto niente. Vai avanti.” Dissi.
Lei
prese un grosso respiro, poi disse:
“se
ti chiedi, se io so che tuo padre mi tradisce, ti rispondo subito dicendoti si,
lo so. Lo so e non mi da più fastidio
ormai, perché purtroppo non ci amiamo più. Da anni ormai. 12 a dire la verità.”
Ma
che diavolo stava dicendo? Non potevo credere alle mie orecchie.
“cosa…”
provai a dire.
“non
interrompermi ti prego. È già difficile così…”
Allora
tacqui.
“Lina…
tuo padre ha smesso di amarmi, quando ha scoperto di non essere il tuo padre
biologico.”
SURPRIIIIISE!!!!
HA HA HA
Chiedo perdono a chi
si aspettava l’incontro con Aro, ma dovevo inserire questa parte e ho trovato
giusto farlo ora. vedrete come si incasinerà ora la storia, ma almeno in
seguito capiremo molte cose inerenti a Lina.
Fatemi sapere
l’effetto della bomba che ho appena lanciato!!!
Un bacio
Deba
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Capitolo 17 *** possibilità ***
possibilità
CAPITOLO 17
Possibilità
(POV
Lina)
Freddo
pungente.
Questo
è quello che percepii una volta che le parole di mia madre divennero un suono
udibile alle orecchie umane.
Cosa
voleva dire che mio padre, non era mio padre? Questo spiegava tante cose è
vero, il fatto ad esempio che per quanto volessi, non fossi mai riuscita a
sentirmi parte di una famiglia ed il fatto che mio padre non mi avesse mai
dimostrato l’affetto che ogni giorno speravo arrivasse.
Mi
sembrava, mi avessero appena strappato una parte di me stessa che credevo mia,
ma che solo ora mi avevano fatto intendere non fosse così. Anzi, non era mai
stato così.
La
mano di Alec che mi accarezzava la schiena, mi riportò alla cruda realtà.
Mi
girai e cercai conforto nei suoi occhi. Non potei non pensare anche a Jane,
solo che le sensazioni che provavo erano differenti. Nonostante entrambi
avessero lo stesso sguardo, con lui non potevo provare paura, neanche se avessi
voluto. Ehi! Un momento. Dov’erano finiti gli occhi rossi? Era tornato ad avere
quegli occhi color verde misto viola che mi avevano fatto innamorare di lui. Ma
quand’è che si era infilato le lenti?
La
voce di mia madre però mi portò via da quel paradiso che mi stavo appositamente
creando nel pensare ad Alec. Lo so. Cercavo in tutti i modi di distrarmi da tutta quella situazione, perché continuavo
a sperare che non stesse succedendo veramente.
“certo
che fa freddo” disse mia madre.
Cercava
forse di alleggerire l’atmosfera dopo quello che mi aveva detto? Illusa. La bomba
che aveva appena sganciato non aveva ancora mostrato i suoi effetti.
Le
lanciai un’occhiataccia.
“tesoro
dì qualcosa..”
Questa
poi…
“mamma
ma cosa vuoi che dica? Mi stai dicendo che mio padre, non è mio padre e che
quindi in tutti in questi anni ho sofferto per la mancanza d’affetto da parte
di quello che avrebbe dovuto essere il mio papà e scopro che in fin dei conti l’astio
che c’era era veramente colpa mia?”
“no
piccola non è colpa tua, la colpa è solo mia e basta!”
“non
chiamarmi piccola.” Le dissi con un sussurro gelido che la fece visibilmente
rabbrividire.
“Neilina
la colpa non è tua. Quella appartiene a me. Tuo padre…”
“non
lo chiamare così.”.
Ora
che sapevo non essere veramente mio padre, mi infastidiva dargli quell’appellativo
che secondo me era un insulto per chi veramente era un papà.
“presumo
che si fosse scoperto che non era mio…” lasciai al vento dire quella parola “…
quando avevo 5 anni giusto?” chiesi, mentre la mia mente era in piena attività.
“giusto”
rispose mia madre attenta, cercando di intuire cosa stessi per chiederle.
“perché
non avete divorziato? Dov’è il mio vero padre?”
“tesoro
se non abbiamo divorziato era perché io comunque amavo tuo padre e per lui,
dopo quel che era successo, avrei fatto di tutto.”
Cosa
stava dicendo?
“Siccome
aveva appena iniziato il suo cammino verso il successo credeva che un divorzio
avrebbe intaccato la sua immagine, così mi aveva semplicemente chiesto di
continuare a vivere così, come due coinquilini nella stessa casa, più che a due
sposati. Ed io avevo accettato perché non avrei saputo dove altro andare,
volevo provare a riconquistare Michael e solo lui ci avrebbe potuto dare uno
stile di vita dignitoso.”
“sei
rimasta con lui solo per i suoi soldi?”
Dissi
inviperita. Non potevo credere alle mie orecchie.
“anche
per questo, ma non solo per questo. Io lo amavo, ed ora anche se non c’è più
quel sentimento, provo del semplice bene come per un amico. Io tesoro alla fine
volevo solo che vivessi con due genitori.”
“ma
se manca l’affetto, mi puoi mai dire che famiglia è?” le gridai. Tutto il
dolore covato negli anni, stava venendo a galla. Il vaso era pieno e quelle
rivelazioni, furono la goccia che lo fece traboccare.
Lei
abbassò lo sguardo. Sapeva che avevo ragione, o forse se ne era resa conto solo
ora.
“perdonami…”
mormorò a bassa voce che a stento non la sentii. Finsi così di non aver udito e
le ricordai la seconda domanda e quella più importante.
“dov’è
il mio vero padre?”
“non
lo so”
Sgranai
gli occhi e lei vedendo la mia reazione, probabilmente temendo un’altra
sfuriata si affrettò ad aggiungere.
“devi
sapere che nel primo anno di matrimonio tuo padre…” si bloccò dal mio sguardo
ghiacciato “Mi-Michael..” aggiunse tremante “lavorava tantissimo per ingrandire
la sua impresa, così, spesso andava all’estero. Quell’estate anche il marito di
Rebecca era via, così decidemmo di andare a fare una vacanza assieme…”
“Rebecca
chi?” la interruppi, non capendo chi fosse questa.
“La
madre di Diego, no? Se non sbaglio viene anche lui alla tua scuola.”
Oddio.
Ecco perché non sapevo chi fosse.
“ok
ok vai avanti” le dissi sbrigativa.
Alec
al pronunciare il nome di Diego aveva istintivamente chiuso le mani a pugno, lo
odiava davvero tanto per il fatto che mi avesse baciata. Povero Diego, gli
avevo involontariamente firmato la sua condanna a morte.
Allungai
la mano e la misi sopra quella del mio amore per alleviare la sua emozione, si,
come se io non ne avessi altre a cui pensare, ma per me lui, era più importante
di me stessa.
Mi
sorrise dolce e così rassicurata mi voltai verso mia madre, facendole cenno di
continuare.
“io
e Rebecca decidemmo di andare al Nord invece del caldo Sud, in Irlanda per la
precisione, perché lei aveva una casa lì.
Li
conobbi un uomo di nome Lugh, diventammo subito amici, anche se entrambi
sapevamo che non era solo semplice amicizia quella che c’era tra noi. Era stato
come un colpo di fulmine, ma io ero sposata. Ciò nonostante la sera prima della
mia partenza, passai la notte con lui.
Tornata
a Volterra feci finta di nulla. Non ero rimasta in contatto con Lugh, perché non
sarebbe stato giusto né per me, né per lui e né per Michael, che infondo amavo.
Poco
dopo mi accorsi di essere incinta e ammetto che pensavo potesse essere di Lugh,
ma non volli approfondire la questione, perché altrimenti avrei dovuto dire
tutto e così finsi che fosse Michael il padre. Ti misi nome Neilina, perché quello
era il nome di tua nonna, la mamma di Lugh che in quella vacanza avevo potuto
conoscere. Non sapevo perché ti misi quel nome allora, forse un presentimento.
Prima
che tu compissi 5 anni ti ammalasti, non credo tu ricorda…”
No
infatti non ricordavo, ma neanche mi sforzai di ricordare, ero troppo assorta
nel racconto di mia madre. Feci di no con la testa e lei continuò.
“i
medici non avevano capito da dove fosse spuntata quella malattia, così fecero
fare degli esami a me e tuo… e Michael per capire se magari eravamo portatori
di qualche gene. Ovviamente da come avrai intuito, fu allora che si venne a
conoscenza che non era Michael tuo padre.
Dovetti
così raccontare tutto.
Poi
lasciai la casa per qualche tempo, perché Michael doveva sbollire la rabbia,
così ne approfittai e tornai in Irlanda per cercare di rintracciare il tuo vero
padre. Ma non lo trovai. Provai a casa di sua madre, ma scoprii essere morta l’anno
prima e nessuno aveva più visto Lugh da allora.
Sconfortata
tornai qui e dopo che feci quel patto con Michael…”lasciò la frase in sospeso
facendomi intendere che poi la storia insomma la conoscevo.
“Di
Lugh non ho niente, se non questa foto che porto sempre con me” prese la sua
borsa e dal portafogli tirò fuori una fotografia sgualcita e un po’ ingiallita
dal tempo.
Fissai
le persone sorridenti al centro della foto. Involontariamente mi misi a
piangere vedendo raffigurato quello che probabilmente era mio padre e che non
avrei mai incontrato. Era un uomo bellissimo con dei capelli neri e degli occhi
azzurro ghiaccio come i miei. Ora sapevo chi dovevo ringraziare per averli. Ero
felice di portare qualcosa di suo. Guardai anche l’altra persona. Mia madre
quando portava ancora i capelli neri. Era felice. Mi si strinse il cuore, non l’avevo
mai vista sorridere come in quella foto.
Le
lacrime sgorgarono più insistenti.
Le
braccia salde e forti di Alec mi abbracciarono facendomi intuire tutto il suo
conforto. Ero felice di poterlo avere al mio fianco. Lui per me ci sarebbe
sempre stato.
Provai
pena per mia madre, che invece nel suo passato aveva perso probabilmente l’uomo
della sua vita. Quello che sarebbe riuscito di sicuro a renderla felice. Mi bastava
guardarlo negli occhi in quella foto. Il mio papà aveva uno sguardo gentile. Era
una persona buona, di sicuro.
Stavo
per alzarmi e abbracciare mia madre, alla quale stavano iniziando a scendere
alcune lacrime, quando mi bloccai all’idea che mi era balzata in mente. Era meschina
lo so, ma sarebbe stato meglio per tutti.
Avrei
potuto usare questa storia per tagliare i ponti con la Lina umana, così non
avrei dovuto dare loro spiegazioni. Avrei potuto dire loro che non potevo
continuare a vivere così e me ne sarei andata in modo teatrale oppure come un’adolescente
quando scappa di casa lasciando una lettera sul cuscino.
Non
provavo più il rancore che avevo per mia madre, perché in parte sapevo che
anche lei aveva sofferto moltissimo, per quello che non avrebbe mai avuto.
Ma
ormai avevo deciso. Avevo deciso che il mio futuro era Alec. Io non mi sarei
lasciata scappare così la felicità, perché non sempre la vita ci offre una
seconda possibilità, proprio come i Volturi, ridacchiai mentalmente facendo
quel paragone, neanche fossero Dio.
Era
giunta l’ora di mettere in atto il mio piano. Avrei iniziato con una finta
incazzatura dovuta dalle recenti rivelazioni.
Mi
alzai di scatto con un viso furente.
“tesoro…”
mi chiamò preoccupata mia madre.
“mi
dispiace, ma non posso fingere di perdonarti. Il dolore che ho provato in tutti
questi anni non verrà cancellato così su due piedi.”
Detto
questo me ne andai a passo spedito, non so dove tirai fuori quella forza, il
mio istinto mi gridava di tornare indietro.
Sentii
Alec salutare frettolosamente mia madre e poi poco dopo le sue braccia erano
intorno alle mie spalle. Ci dirigemmo così verso quella che era la nostra meta
prima di incontrare mia madre.
Una
volta giunti alle rovine ci sedemmo sul nostro posto.
Il
mio viso doveva essere spaventoso dopo il pianto convulso che avevo avuto
prima.
Continuavo
a fissare il vuoto di fronte a me, quando dopo un tempo indefinito Alec parlò.
“Lina
ti conosco. So perfettamente che quella di prima era una finta.”
Mi
girai stupita verso il mio angelo nero. Quando incrociai il suo sguardo la mia
maschera andò in frantumi trasformandosi in lacrime amare.
Beeeeene!!!!!!
Ragazze non riesco
stare lontana da questa ff, e non posso fare a meno di scrivereee!!!
Ditemi che ne
pensate di questo capitolo e della storia della madre di Linaaaa!!!???
Un bacione
|
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Capitolo 18 *** coraggio ***
coraggio
CAPITOLO 18
Coraggio
(POV
Lina)
All’improvviso
smisi di piangere, forse perché ormai avevo completamente esaurito le lacrime.
Ero
seduta in braccio ad Alec, aggrappata alle sue forti braccia. Lui non aveva
smesso un secondo di accarezzarmi la schiena e i capelli. Come sempre era
rimasto in silenzio, rispettando il mio.
Lo
adoravo.
In
poco tempo era riuscito ad entrarmi dentro, come solo Serena era riuscita. Ma
lui forse ancora di più. Il solo pensiero di non averlo per qualche motivo più
al mio fianco, mi mandava in panico. Istintivamente resi la mia presa su di lui
più ferrea.
“sono
qui piccola, sono qui..”
Lo
sapevo. Lui, come me, non avrebbe potuto stare lontano e ne ero felice. Lo avrei
voluto, sempre. Ero egoista lo so, ma non me ne importava.
All’improvviso
mi accorsi di stringere qualcos’altro oltre alla giacca di Alec, nella mano
destra. La foto di mio padre. Non me ne ero accorta. Avevo continuato a
stringerla per tutto questo tempo, da quando avevo lasciato mia madre al parco.
Al
pensiero mi si strinse lo stomaco. No. Non potevo permettermi di cadere di
nuovo. Dov’era finita tutta la forza che caratterizzava la Lina di ghiaccio di
un tempo?
Presi
un respiro e cercai di distrarmi, così parlai con Alec.
“hai
ragione. Ho finto. Ma mi è sembrata un’ottima scusa per potermi allontanare da
loro. Quello che voglio ora, sei tu. Restare insieme per sempre. Nient’altro ha
più importanza.”
“sei
sicura di questa decisione?”
Ci
pensai come minimo, mezzo secondo.
“si”
dissi fermamente decisa.
Mi
guardò negli occhi. Sono sicura che quello che ci avrebbe trovato non poteva
essere che sincerità. Ne ebbi conferma dal fatto che subito dopo mi baciò.
Mi
sentii improvvisamente risucchiare nel nostro mondo perfetto. Dove esistevamo
solo io e lui. Le sue labbra sulle mie,
un tocco soave. Il suo respiro, un profumo che ti creava dipendenza. Le
sue mani, semplicemente delicate su di me. Il nostro bacio sempre più
passionale si bloccò quando lui si tirò indietro.
“scusami”
disse con il fiato corto
“stavo
per perdere il controllo… tu mi fai impazzire” disse con gli occhi che
bruciavano del desiderio che aveva di me.
Sentire
pronunciare quelle parole, con quel tono eccitato mi provò mille sensazioni
dentro. Avrei voluto stenderlo sotto di me e, Dio solo sa cosa, l’istinto mi
gridava di fare ma non potevo.
Lui
si stava a dir poco trattenendo da tutti i suoi di istinti, che forse erano un
po’ diversi dai miei. So che avrebbe sofferto se mi avesse fatto lui stesso del
male. E so che non se lo sarebbe mai perdonato. Quindi dovevo cercare di
andargli incontro.
Mi
staccai mal volentieri e mi sedetti a fianco a lui.
Lui
di rimando, mi guardò con uno sguardo di muta gratitudine e dispiacimento.
“non
sarà così per sempre” mi disse allungando la sua gelida mano e accarezzando la
mia guancia, lasciando al suo passaggio una scia di fuoco.
_________________________________
Iniziava
a farsi scuro.
Guardai
il cielo, poi mi voltai e guardai il mio angelo nero. Lui fece lo stesso e con
uno sguardo capii che era giunto il momento di incontrare il famigerato Aro.
Mancava
poco per raggiungere Piazza dei Priori.
E
chi l’avrebbe mai detto? C’ero passata così tante volte per quella piazza, chi
avrebbe mai potuto sospettare che nel palazzo ci potessero vivere dei vampiri
millenari?
Una
volta giunti di fronte il palazzo mi fermai istintivamente e lo osservai, come
se lo guardassi per la prima volta. L’enorme torre campanaria che più volte
nella mia vita mi aveva portato aiuto dicendomi che ero in ritardo per la
scuola o a qualche appuntamento, ora mi metteva paura.
Solo
ora che sapevo cosa si celava dietro a quella facciata di mattoni e stemmi di
antiche famiglie, sentivo quanto quel luogo trasmettesse inquietudine.
Alec
mi strinse la mano e mi disse: “coraggio”.
Lo
guardai negli occhi per riuscire a far diventare quella parola, realtà.
L’effetto
non fu quello desiderato, però per un momento mi dimenticai di tutta quella
faccenda e pensai solo al mio amore e basta.
Entrammo
da un enorme portone sul quale vi erano incise diverse frasi, in latino mi
sembrava.
Percorremmo
un lungo e ampio corridoio, ai lati del quale vi erano immensi affreschi. Ne
notai uno, alla fine di esso, che portava il nome di “Crocifisso e santi”, la
disperazione negli occhi della Madonna inginocchiata al destra della croce mi
strinse il cuore. Che fosse giusta la mia decisione? O vampira o morte. Mia
madre soffrirebbe in entrambi i casi, ma forse nella mia messa in scena, lei
almeno avrebbe creduto che fossi viva in giro per il mondo.
No
basta ripensamenti. Oramai ‘il dado è tratto’.
Notai
che dopo il quadro c’era una piccola svolta e un corridoio che portava, come mi
disse poi Alec, alla Sala dei Troni.
Lui
mi bloccò.
“aspettami
qui” disse.
E
sparì dalla mia vista.
Ora
che era lontano da me, il panico mi invase. Le gambe involontariamente mi
cedettero e mi accucciai sulla parete di fronte all’enorme dipinto e mi
abbracciai le ginocchia appoggiando il mento sopra, emettendo profondi respiri,
neanche stessi per partorire.
Dopo
i due minuti che avevo contato nella mia mente, due figure mi si pararono
davanti. Alzai lo sguardo e incrociai due paia di occhi rossi. Il vampiro alla
mia destra dimostra sui venticinque anni, portava dei capelli castano neri un
po’ lunghi ed era a dir poco altissimo, di sicuro sarà stato un metro e
novanta. Era un vero e proprio armadio. Il vampiro a sinistra invece dimostrava
di avere vent’anni. Aveva un fisico mozzafiato ed era terribilmente
affascinante. Il viso dai lineamenti perfetti era incorniciato dai capelli
castani. Non so perché, ma credevo di averli già visti.
“Demetri.
Felix”
La
voce di Alec mi ridestò dal mio contatto visivo con questi due vampiri.
“va
tutto bene?” mi sussurrò poi una volta al mio fianco, aiutandomi ad alzarmi.
“si”
mentii.
“farò
finta di crederti. Dobbiamo andare.”
Poi
mi baciò possessivo. Aveva di sicuro paura, per quello che ci stava aspettando.
“Alec
non fare il maleducato” disse poi l’armadio.
Alec
sbuffò un po’ irritato.
“Lina…
loro sono Felix e Demetri” indicò prima
l’armadio e poi l’altro ragazzo.
“piacere”
dissi sorridendo. Uo! Da dove mi era uscita questa spavalderia. Anche Alec mi
fissò con occhi increduli.
“il
piacere è nostro”. Disse Demetri con un’occhiata di puro interessamento.
“statele
alla larga” ringhiò il mio angelo. Poi mi trascinò verso il corridoio in cui
era sparito prima.
Entrammo
da un portone fatto, a parer mio, interamente d’oro e davanti a me si
materializzò una stanza circolare, che si ergeva in altezza tanto quanto una
torre. Forse lo era veramente. Le finestre erano alte e strette. Il soffitto
spiccava per lo splendido affresco che in esso risaltava.
Abbassando
lo sguardo mi fermai in due occhi rossi, i quali non erano cremisi come quelli
di Alec, bensì sembravano copriti da uno strato di polvere. Il vampiro con il
volto incorniciato da lunghi e lisci capelli neri, dello stesso colore della
tunica che indossava, era situato su una specie di altare che si ergeva al
centro della stanza, sopra il quale vi erano tre troni. Lui seduto su quello al
centro . Si alzò in piedi e mi sorrise e aprì le braccia come se volesse
abbracciarmi da lontano. Lui era sicuramente Aro, gli altri due troni se non
sbaglio erano per Marcus e Caius, che però non c’erano. Ops come non detto. I
due vampiri arrivati dal nulla, sembravano fossero seduti lì da sempre.
entrambi con la stessa tunica di Aro, solo che uno aveva dei capelli neri e
fluenti, l’altro portava invece dei capelli lunghi e lisci, bianchi come la
neve. Avevano anche gli stessi occhi di
Aro.
Poi
lui parlò a loro.
“fratelli
mie cari, avete visto chi ci ha fatto visita?” sorrise nella mia direzione.
E
tutta questa confidenza? Sembrava il mio migliore amico, ovviamente sapevo che
era il contrario. Alec mi aveva fatto un piccola lezioncina: ‘ come capire i comportamenti
di Aro’.
I
due vampiri comunque non risposero, ma mi fissarono incolori.
“Neilina…
benvenuta!” mi sorrise Aro, dandomi i brividi.
“posso
chiamarti Lina, vero?” mi chiese speranzoso.
-Ok
Lina. È il tuo turno. Tira fuori le palle e tienigli testa, non metterti a
tremare come una femminuccia. Si è vero sei una femminuccia ugualmente, però,
ora vedi di concentrarti.-
Diedi
ascolto alla mia vocina e dopo uno sguardo per sostegno morale ad Alec, parlai.
“Mio
signore è un vero piacere conoscerla. Certo che può chiamarmi Lina, ma io la
posso chiamare solo Aro?”
O
mio dio. Gli avevo praticamente detto quella frase con lo stesso tono di voce con
il quale lui si era rivolto a me. Amichevole, speranzoso e ovviamente falso!
La
mia risposta aveva praticamente creato un silenzio tombale che prima di sicuro
non c’era. Nella sala, mi accorsi solo ora, c’erano altri vampiri. Di sicuro
erano il resto della guardia. Alcuni mi guardavano divertiti, altri come se
fossi una pazza. Uno sguardo solo mi guardava con odio. Jane.
Una
risata interruppe i miei pensieri.
“Lo
sapevo che eri divertente. Certo che puoi chiamarmi Aro, Lina!” e calcò molto
il mio nome. I suoi occhi non erano ilari come la sua voce, mi studiavano.
Gli
sorrisi falsamente compiaciuta. Bene. Dovevo continuare così.
“mia
cara, posso chiederti di tendermi la tua mano?”
Mi
chiese incerto, ovviamente avvertii che di sottofondo vi era l’ordine che si
celava dietro quella esile richiesta. Sapevo perché voleva toccare la mia mano.
Voleva leggere i miei pensieri. Avrebbe letto anche le mie paure? Di sicuro. Ma
chi se ne frega, affronterò tutto per Alec.
Mi
avvicinai decisa verso di lui e una volta arrivata ai piedi del trono lui
accorciò le distanze e afferrò la mia mano. La sua mano non era dura come
quella di Alec, invece di granito sembrava argilla. Fissai l’uomo davanti a
me, che a sua volta fissava il vuoto,
anzi tutti i miei pensieri, ricordi e segreti più intimi. Questo mi fece
alquanto alterare. Poco dopo sembrò tornare in sé stesso. Si staccò da me e tornò
davanti al suo trono, io di conseguenza tornai a fianco al mio Alec, che
istintivamente mi prese per mano. Aro sembrava soddisfatto. Di cosa poi? Cosa
avevo visto?
“Lina
amica mia, come ho già detto ad Alec, ti concederò il tempo per mettere a posto
la tua vita così che nessuno si accorga della tua, come dire, assenza.” Sorrise
ironico. “vedo che comunque hai già attuato i tuoi…. Piani. Mi piaci. Hai
veramente una mente intelligente.” Era compiaciuto. Troppo.
“come
ho già detto e come puoi aver constato dai miei pensieri, ho dato la mia parole
che diverrò una di voi. Ovviamente ci sarebbe anche l’altra richiesta.” Dissi
sapendo mi avrebbe capita, cosa che invece non aveva fatto Alec. A lui non
avevo ancora avuto il tempo di dirlo. Era solo un pensiero , che mi era
balenato velocemente in mente.
“nei
sei sicura mia cara? Non sai che ti perdi.”
“ti
ringrazio, ma preferisco restare nel dubbio.”
“d’accordo.
Non credo ci saranno problemi!”
Alec
mi strattonò per un braccio al quanto preoccupato.
“di
cosa state parlando?”
Yeeeee!!!
Tesore.. . scusate
mi sono persa in descrizioni così intanto vi dovete accontentare di questo
assaggino…
Hihihi
Sempre cattivissima
lo so…
Mi perdonateeee????
=(
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Capitolo 19 *** fantastico ***
fantastico
CAPITOLO 19
Fantastico
(POV
Alec)
La
stima che avevo in Lina oggi si era moltiplicata all’infinito, come l’amore che
provavo per lei, ogni giorno più forte.
Nonostante
quel giorno le fosse stata buttata in faccia una verità cruda, come quella
della sua origine, era riuscita a trovare dentro di se una qualche strana forza
che le aveva permesso di arrivare qui, nel palazzo dei Volturi ed essere lì,
davanti al vampiro più temuto di tutti i tempi e fronteggiarlo senza timore.
Non avevo visto in lei nemmeno un accenno di cedimento o paura. Non aveva
chinato il capo nemmeno una volta.
Era
la cosa più meravigliosa che avessi mai visto.
Dopo
che Aro le frugò nella mente e disse di accettare la sua richiesta, disse che
avrebbe acconsentito anche all’altra sua richiesta.
Questo
mi lasciò al quanto spiazzato. Io non sapevo di cosa stessero parlando.
Lui
le chiese di ripensarci, ma lei aveva risposta che preferiva di no.
Stavo
impazzendo. Dovevo sapere, non potevo resistere.
Il
mio corpo si mosse prima del mio pensiero. La strattonai per un braccio.
“di
cosa stare parlando?”
Avevo
reagito d’impulso. Lei subito mi guardò un po’ scioccata dalla mia reazione, ma
poi si riprese. Forse aveva letto nei miei occhi la preoccupazione per il mio
gesto.
“tranquillo
Alec” disse Aro al quanto pacato. Mi innervosì di più.
I
miei muscoli si tesero d’istinto.
Com’era
possibile? Perché provavo tutto questo astio nei confronti di Aro? Non era così
in passato. Una volta lo stimavo per la sua perfidia e per i suoi atteggiamenti
decisamente pianificati e cattivi. Da quando mi aveva spedito a scuola,
qualcosa era cambiato. No ovvio. Io ero cambiato. Lina, mi aveva cambiato
irrimediabilmente. Questo sentimento che provavo nei confronti del mio Signore
era dettato dal fatto che sapevo di cosa lui e la sua mente fossero capaci e
perciò temevo per Lina, perché sapevo che dietro tutti questi strani
comportamenti, lei, centrava qualcosa. Io dovevo stare attento a tutto. Non
potevo permettermi che a lei succedesse qualcosa.
Quando
un uomo, dopo aver vissuto nel buio per 334 della sua non-vita, trova
finalmente una luce calda e luminosa che gli rischiara la sua vista, non può
più pensare di continuare a vivere senza di essa, perché sarebbe impossibile.
La
stretta di Lina mi ridestò dai miei pensieri di abbandono che ultimamente
facevo spesso.
La
guardai e suoi occhi azzurro ghiaccio mi trasmisero pace e tranquillità. Mi
sorrise e mi fu impossibile non contraccambiare il gesto. Ero come una calamita
in ogni suo gesto.
“Alec..”
pronunciò il mio nome. Che voce soave.
“io
e Aro parlavamo della dieta che vorrei seguire una volta trasformata, ovvero,
quella a base di sangue animale. Se c’è questa possibilità, preferirei
avvalermi di quella.”
Ma
certo. Come avevo potuto dare per scontato questo? Quando le avevo chiesto se
voleva trasformarsi non mi ero neanche posto il quesito se a lei avrebbe potuto
nausearla il fatto di doversi cibare di sangue umano o meno. Per me ero una
cosa così deliziosa che l’avevo dato per scontato, non pensando che ad un umano
avrebbe fatto schifo. Non avevo mai pensato di chiederle di avvalersi di quella
dieta. Stupido Alec. Lei ancora una volta aveva pensato a tutto. La mia
piccola. Eppure solo ora mi accorsi che lei non mi aveva chiesto di cambiare la
mia fonte di nutrimento, era riuscita ad accettarmi così. Dio se la amo. Mia
piccola stellina, ti prometto che anch’io seguirò la tua dieta, ti prometto che
ce la metterò tutta. Lo farò per te. Voglio essere migliore, per te.
“scusami”
le dissi. Sapevo che avrebbe capito il motivo per cui mi scusavo.
“niente
scuse. Ok?” mi guardò con quei suoi occhi così comprensibili.
Annuii
mentre alzando una mano le accarezzai il suo volto bellissimo.
Un
ringhio squarciò l’aria.
Sapevo
esattamente a chi apparteneva. Non l’avevo più vista dal giorno in cui aveva
attaccato Lina.
Jane.
Mi
girai verso di lei e la fissai con odio. Istintivamente l’avevo fatto. Cosa che
non mi era mai successa, non con lei almeno. Lei era l’unica che avevo amato in
tutti questi anni. Lei c’era stata sempre nei miei momenti migliori e peggiori,
ma ultimamente non era più lei. Lei, come me, era cambiata.
I
suoi occhi erano fuori dalle orbite e mi fissava a sua volta.
“calmi
calmi” disse Aro, con un tono misto tra la preoccupazione e l’ironia.
“cosa
succede ai miei due pupilli? Siete sempre stati inseparabili, dov’è finito
tutto il vostro affetto? È da un po’ che vi vedo strani.” Continuò con uno
stano scintillio negli occhi.
A
quelle parole Lina staccò la sua mano da me. Mi voltai e la vidi triste in
volto.
(POV
Lina)
Mi
aveva chiesto scusa. Sapevo l’avrebbe fatto. Il mio angelo nero sempre li a
vegliare su di me. Avevo capito il perché della sua supplica. Si sentiva
colpevole per non aver affrontato prima questo discorso su di me. Che
sciocchino, appena mi aveva detto che c’era un altro modo per sopravvivere,
avevo accettato subito tutto il suo mondo istintivamente. Non m’importava di
altro.
La
nostra bolla privata che si era creata con la sua carezza sulla mia guancia si
era poi rotta da un ringhio di odio e dolore che era giunto dalla mia sinistra.
E ancor di più dopo aver sentito le parole di Aro.
Che
stupida sono. Avevo sempre pensato a me stessa e basta. Non avevo mai pensato
ad Alec e all’affetto per sua sorella. Mi aveva raccontato del suo rapporto con
lei. E non potevo far finta di non capire da cosa era dettato quel ringhio
sconvolgente. Erano sempre stati loro due e basta, contro tutto e tutti. Si
erano affidati uno sull’altra prima da umani e poi da vampiri. Poi, ero
arrivata io.
Mi
sentivo colpevole dell’inclinazione del loro rapporto.
Senza
pensarci staccai la mia mano da quella di Alec. Lui si voltò e mi chiese
spiegazioni con lo sguardo per il mio gesto.
“è
colpa mia” dissi sussurrando, ma sapevo che tutti avevano sentito.
“si,
hai ragione. È colpa tua”
Quella
frase mi fece rabbrividire istintivamente. Jane aveva usato un tono glaciale,
che mi aveva fatto ricordare il suo attacco alle rovine.
“no”
disse Alec.
Riprese
poi la mia mano tra le sue e mi fece alzare lo sguardo.
“tu
non hai colpa di niente Lina. Se io e te…” si voltò verso Jane “ci siamo
allontanati, la colpa è solo tua. Io non ho mai smesso di volerti bene. Amo
Lina è vero, ma tu sei sempre stata nel mio cuore. Sei tu che ti sei
allontanata da me, e se devo dirla tutta, ancora prima che io la incontrassi”.
Jane
aveva a dir poco gli occhi fuori dalle orbite. Era arrabbiata, molto.
“io
cosa?” sillabò tra i denti.
“Alec
sei tu quello sbagliato. Hanno ragione quando dicono che sei diventato una
femminuccia. Disubbidisci agli ordini. Non rispetti le leggi. Ti innamori di
un’umana. Cosa dovrei pensare?”
Urlò
isterica. Stava per perdere le staffe, me lo sentivo.
“ti
avevo salvata quella volta Jane. L’ho fatto per te. Cosa diavolo ti prende? E
poi dici che io non rispetto le leggi? Parli tu che hai attaccato Lina, non
curandoti di usare i tuoi poteri da vampira. È colpa tua se il nostro segreto è
stato svelato ad un’umana. Perché poi l’hai attaccata?”
Non
l’avevo mai visto così, a parte quella volta.
“tanto
se non lo facevo io, l’avresti fatto tu. Prima o poi glielo avresti detto
ugualmente, non è forse vero? Allora ne ho approfittato. Magari sarei riuscita
anche ad eliminarla. La odio. Ti ha portato via da me.”
Esprimevano
all’unisono le stesse emozioni e nello stesso modo. Non per niente erano gemelli.
Il
mio amore poi, però, ringhiò furioso e si acquattò quasi come un felino pronto
a saltare sulla sua preda. Mi fece paura. Non paura di poter in qualche modo farmi
male. Ma paura che si facesse male e che magari facesse qualcosa di cui poi si
sarebbe potuto pentire.
Mi
voltai versi i troni. Perché ora Aro non interveniva? Perché se ne stava zitto
a guardare quella scena? A guardare? Forse era meglio se dicevo ad osservare
quasi estasiato. Non sembrava per nulla preoccupato di quello che stava
sicuramente per accadere. Cosa diavolo aspettava a fermarli? Voleva forse che
si scontrassero o che si uccidessero?
Che
persona disgustosa poteva mai essere?
Ero
arrabbiata. Mi sentivo il gelo invadere il mio corpo, come ogni volta quando
ero arrabbiata, solo che ora lo sentivo più forte, perché il soggetto in
questione era Aro che pareva fregarsene dell’incolumità del mio Alec.
Vidi
Jane mettersi nella stessa posizione di Alec e un secondo dopo sentii, il mio
piccolo urlare dal dolore, piegato in due a terra. Sapevo che il potere di Jane
era più veloce del suo e quindi probabilmente non era riuscito ad attaccare per
primo.
La
mia rabbia divenne se possibile più intensa. Non sapevo che diavolo fare per
fermare quella situazione, e questo mi faceva arrabbiare ancora di più.
Guardai
Aro ed il suo sguardo non era affatto cambiato, anzi ora mi guardava.
Sentii
quasi il gelo uscirmi dalla pelle.
Mi
guardai attorno: Aro mi fissava come in attesa, Jane aveva una maschera di
rabbia sul volto, e Alec invece aveva una smorfia di dolore che non avrei mai
scordato.
“BASTA!”
gridai con quanto più fiato avevo in corpo. Nello stesso momento che lo sfogo
era scoppiato, il portone principale si spalancò con un boato pazzesco sbattendo
sul muro ed entrò un vento gelido che fece abbassare la temperatura all’interno
della stanza e andò furioso contro Jane, facendola volare e sbattere verso la
parete alle sue spalle.
Alec
smise di urlare ed io scossa da quello che era appena successo non riuscii a
muovermi per potergli andare incontro.
Ero
scioccata. Cosa diavolo era appena accaduto? Non riuscivo a trovare una
spiegazione logica. Il freddo attorno a me sparì, come la rabbia di prima, ora
provavo solo stupore.
“fantastico”
disse Aro estasiato.
Mi
voltai a guardarlo e nello stesso istante Alec si materializzò al mio fianco
circondandomi con le sue braccia.
Mi
girai così verso di lui e con voce tremanti gli sussurai.
“stai
bene?”
Annuì.
“tu
piccola?”
“non
so”.
Non
sapevo come mi sentivo. Non capivo nulla.
Ricordai
poi l’esclamazione di Aro, allora mi voltai sprezzante verso di lui.
“cos’è
che sarebbe fantastico?”
Eccomi quiiii!!!
Finalmente abbiamo
avuto un assaggio diretto del potere di Lina, che una volta trasformata sarà
più potente e scopriremo che…. Ho detto bene scopriremo, quindi futuro!!!
Hihihihi
Se rileggete
attentamente nuovamente la storia forse potete notare che avevamo già assistito
a qualche episodio simile.. =) =)hi hi hi
Coooomunque…ditemi
mie care.. vi è piaciuto????
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Capitolo 20 *** dono ***
dono
CAPITOLO 20
Dono
(POV
Lina)
“cos’è che sarebbe
fantastico?”
L’avevo
detto davvero sprezzante. Perché era il tono che uno come Aro si meritava.
Mi
sorrise e fintamente sorpreso disse:
“chi
l’avrebbe mai detto, che la futura vampira che sarebbe entrata nei Volturi
possedeva un dono.”
Era
a dir poco estasiato.
“un
dono?” dissi io tuttavia apatica.
Non
riuscivo a dare un senso alla vicenda accaduta pochi istanti prima.
Era
questa la risposta? Ed era così che si capiva quando uno poteva possedere un
dono, come aveva detto Aro?
Un
milione di domande iniziarono a farsi strada in me, ed anche Alec, da uno
sguardo, potei intuire che fosse nella mia stessa situazione.
Un
altro ringhio ruppe l’aria. Questa volta si trattava di pura rabbia. Per un
momento mi ero dimenticata di lei.
“tu”
disse cattiva, indicandomi.
“come
hai osato?”
Fece
un passò nella mia direzione, quando la vidi cadere inerme per terra. Si muoveva
come se avesse una crisi epilettica, ovviamente non era possibile che si
trattasse di quello.
Vidi
Alec tutto rigido.
“Sei
tu?” gli chiesi.
“le
ho annullato tutti i sensi” disse perfido.
Come
prima anche ora aveva assunto quella che presumevo fosse la sua maschera di
battaglia. Nonostante tutto non potevo provare paura verso di lui. L’unica cosa
a cui riuscivo a pensare ora, nel guardarlo così, era a quanto fosse bello.
Lo
immaginai sotto le vesti di un angelo vendicatore. Fantastico.
“ora
basta…”
Disse
Aro tranquillo.
Adesso
interveniva il bastardo.
“…Alec
ti prego di togliere il potere da tua sorella” marcò decisamente l’ultima
parola.
Alec
istintivamente lo fece. Jane si tirò su a fatica completamente spaesata.
“Jane”.
La
richiamò Aro nel vedere che si stava per mettere in posizione d’attacco.
“ora
siete pari.”
“ma
maestro…”
Iniziò
lei scontrosa.
“Jane
è un ordine. Torna al tuo posto.”
Titubante
fece un inchino verso lui...
“chiedo
perdono per l’irruenza avuta.”
Detto
questo tornò al suo posto non togliendomi gli occhi di dosso.
“tornando
a noi” riprese osservandomi compiaciuto.
“come
dicevo prima a quanto pare hai qualche affinità con il vento….”
Lasciò
la frase a metà pensieroso.
“…chissà
quando diventerai vampira che sarai in grado di fare…?”
I
suoi occhi sembravano brillare dalla contentezza.
Io
al contrario l’avrei preso a schiaffi volentieri. Volevo andarmene da lì. Un
altro po’ e non avrei più risposto delle
mie azioni.
Strinsi
le mani a pugno. Non sapevo più come sfogare la mia rabbia. Ancora una volta
sentii il freddo circondarmi. Quella sensazione familiare che avevo sempre
provato negli anni un po’ mi spaventò. Avevo sempre provato questo quando mi
arrabbiavo, ma lo avevo sempre catalogato come una parte di me, punto. Chi avrebbe
mai potuto immaginare che si trattava di un ‘dono’?
“calma”
mi sussurrò Alec.
Ora
poteva intuire anche lui da cosa fosse dettato il cambiamento del clima.
“mio
signore, credo che per oggi possa bastare.”
“si
lo credo anch’io Alec” rispose felice.
“andate
pure. Mia cara Lina sistema i tuoi affari al più presto…”
E
sottolineò alquanto minaccioso queste ultime parole, per poi tornare con un
sorriso
“…che
la guarda dei Volturi ti attende ansiosa!”
“vedrò
di sbrigarmi!” dissi altezzosa.
Poteva
essere anche il Papa, ma non gli avrei mai rivolto parole di sottomissione.
Sorrise
ovviamente dalla mia risposta.
“non
vedo l’ora”.
Un
sibilo arrivò contemporaneamente dalla parte di Jane.
L’eternità
a quanto pare sarebbe stata davvero movimentata.
(POV
Alec)
Avevo
sentito la temperatura circostante calare bruscamente ed essendo ora a
conoscenza che era Lina, anzi la rabbia di Lina a provocarlo, decisi di
chiedere ad Aro di finire qui quell’incontro, temevo in qualche altro sfogo
inconsapevole della mia piccola.
Una
volta usciti era buio pesto, dato che era notte inoltrata. In giro non c’era
nessuno.
Volevo
tornare alle rovine ma sentivo che quel posto era stato in qualche modo
violato. Decisi allora di portarla in un altro luogo per me tranquillo. Tanto sapevo
che a casa ora lei non ci voleva proprio tornare. La mia, figuriamoci. Era la
tana del lupo.
La
guardai. Tutta la forza che aveva avuto li dentro sembrava svanire pian piano
lasciando il posto alla debolezza. Le sfiorai la schiena, poi con un movimento
fulmineo la feci salire sulla mia di schiena.
“ma
Alec..”si lamentò lei.
“ssshh..
piccola. Chiudi gli occhi. Ora ti porto in un bel posto.”
Non
vidi se lo fece, ciò nonostante iniziai a correre come la mia natura me lo
permetteva.
Dopo
meno di 15 secondi eravamo già arrivati al “Parco Archeologico Enrico Fiumi”
che non si trovava molto distante da Piazza dei Priori. Era un luogo anch’esso
incantato. O forse era solo la vicinanza di Lina che mi faceva trovare tutto il
mondo circostante più bello.
Ci
sedemmo su una roccia a forma di panchina e lei si accoccolò tra le mie braccia.
“uau
Alec. E’ così che ti sposti tu?”
“si”
le sorrisi accarezzandole i capelli.
“è
stato veramente fantastico. Sembrava di volare”
Disse
estasiata, poi sussurrando aggiunse “… mio angelo”.
Io
un angelo? Era veramente fuori strada. Forse l’incontro con Aro l’aveva fatta
impazzire. Speravo di no.
Dopo
un momento di silenzio lei parlò.
“grazie
per avermi portato fuori di lì, stavo per impazzire!”
La
strinsi a me.
“scusa.”
Mi
sentivo colpevole per la vita che le stavo facendo vivere.
“non
è colpa tua, Alec. smettila di darti colpe inutili”.
“questo
vale anche per te, allora!”
Dissi
ripensando a quello che aveva detto prima che Jane mi attaccasse.
“ma
io…” si interruppe. Poi sbuffò e disse: “va bene”.
Sorrisi
tra i suoi capelli.
“io…un
dono…” disse poi sopra pensiero.
Già
è vero. La mia Lina aveva un dono.
“te
ne eri mai accorta prima di possedere una cosa del genere?” le chiesi.
“a
dire il vero, tutte le volte che mi arrabbiavo sentivo sempre un vento gelido
sfiorarmi, ma avevo sempre pensato fosse il tempo circostante che casualmente
il quel momento si sentisse come me. Ora che ci penso poco tempo fa, mentre ero
arrabbiata, una finestra si era aperta di botto, ma credevo fosse stata chiusa
male e non me ne ero curata. Ora tante cose nella mia vita hanno più senso.”
“capisco..”
le dissi.
“ma
cambierà dopo?” mi chiese.
Avevo
capito cosa intendeva per il dopo.
“si
piccola. Dopo sarai più forte e potrai controllarlo più facilmente, però non
credo resterà uguale così. Credo che si svilupperà ancora di più il tuo dono. Almeno
di solito funziona così.”
“mah…”
sbuffò immersa nei pensieri. Chissà come doveva sentirsi povera piccola.
All’improvviso
si tirò su allontanandosi da me per guardarmi negli occhi.
“tu…
come stai?”
Perché
questa domanda così?
“Lina..
che ti prende?”
“io
sono stata una stupida… pensavo a me invece di chiederti come stavi tu… che sei…
stato costretto a combattere contro tua… sorella?”
Sembrava
incerta nel dire quella frase.
Che
sciocchina. Si preoccupava così tanto per me?
È
vero mi sono sentito male nell’aver dovuto agire così, ma se dovessi tornare
indietro, lo rifarei mille volte. Per la mia Lina questo e altro.
Jane
mi aveva deluso profondamente. Forse il nostro legame non era poi così forte
come credevo.
“tranquilla
piccola mia… sto bene, davvero! Sapevo quello che facevo. Non ho agito d’istinto…”
lei mi lanciò un’occhiata di sottecchi.
“bè
si forse un po’… però quello che è successo l’ho voluto davvero io. Jane non è
più la sorella di una volta. È cambiata anche lei, non solo io. Forse non era
destino che stessimo assieme per sempre. Anzi ne sono certo. Altrimenti perché sennò
farmi incontrare te amore mio?”
Detto
questo le lasciai un bacio dolce e casto sulle sue labbra morbide e dolci. La gola
pizzicava un po’, ma non me ne curavo, ormai era diventato semplice ignorarlo.
Dopo
un po’ dovetti rompere quell’atmosfera pacifica.
“ed
ora Lina, che hai intenzione di fare?”
La
sentii irrigidirsi.
Mannaggia
e me e alla mia lingua.
“non
lo so…”
Disse
triste.
“scusa…”
le sussurrai.
“no
Alec, hai ragione a pormi questa domanda però se ti dispiace non voglio
pensarci ora… ora voglio solo restare qui con te, in questo posto splendido
aspettando che arrivi l’alba e fingere che tutto vada bene…”
Le
lasciai un tacito consenso.
L’abbracciai
più stretta, facendola anche accoccolare nel modo, per lei, più comodo
possibile.
Poi
restammo lì, aspettando quell’alba che per 334 io avevo sempre visto nascere
con occhi differenti di quelli che possedevo ora, fingendo che tutto andasse
bene.
Eccomiiiiiiiii!!!!!!
Sono innamorata pazza
di questa ff… e soprattutto dei miei personaggi!!
Sono pazzaaaaaaaa!!!
Uffff *me sbuffa*
C’è una cura???
Tornando a cose più serie, volevo chiedervi un parere. Sono al quanto dubbiosa su una
cosa, quindi ditemi la vostra e farò come la maggioranza deciderà:
volete
che Alec e Lina abbiano un Alec junior(bimbo) o no????
Rispondetemi numeroseeee…
A presto
Un bacio
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Capitolo 21 *** la mia forza ***
la mia forza
La maggioranza ha votato per
il si!
Spero di non deludere quelle
che erano contrarie ad un Alec junior. =(
CAPITOLO 21
La mia forza
(POV Lina)
Un tocco freddo sulla mia
guancia mi fece svegliare all’improvviso. Non ricordavo esattamente dove fossi,
però il profumo familiare che sentivo vicino a me, non mi fece mettere fretta a
trovare una risposta al quesito, anche perché arrivò da sola.
Pian piano iniziai a ricordare
il giorno precedente: la scoperta di mio padre con un’altra donna, la
confessione di mia madre e l’incontro con Aro, il vampiro reale… ma non poteva
essere tutto un incredibile sogno e basta? No, purtroppo non lo era.
Ormai i ricordi avevano
cancellato quel momento di beatitudine che mi stavo creando, così sospirai ed
aprii gli occhi.
“Buon giorno amore mio” mi
disse il mio angelo.
“Buongiorno “ gli sorrisi e
poi depositai un casto bacio sulle sue labbra, che poco dopo si approfondì e
del casto non ce n’era più traccia. Era sconvolgente la passione che mi aveva
travolto così all’improvviso, solo Alec era in grado di farmi provare un
emozione simile.
Si staccò da me, per mio
rammarico, non smettendo ciò nonostante di accarezzarmi.
“come stai?”
Domanda da un miliardo di
dollari.
Non mi andava di andare sul
profondo però…
“mmmhh…” mugugnai. “la
schiena è a dir poco a pezzi..”
E detto questo mi
stiracchiai. Alla fine dei conti era vero. Avevo dormito nella stessa posizione
tutta la notte, seduta lì per terra ai piedi di un albero e per quanto adorassi
Alec, non si poteva certo dire che fosse comodo dormire su di lui.
Mi guardò mezzo divertito e
mezzo preoccupato.
Non gliel’avevo data a bere.
“Lina…” aveva iniziato con
tono di rimprovero.
“ok ok …”
Lo guardai sconfitta.
“non so neanche io come sto… insomma sembra tutto così impossibile. Non riesco
a credere che tutto questo sia successo veramente. Sembra solo un brutto
ricordo lontano… anzi un incubo.”
Alec mi strinse più forte tra
le sue braccia.
“però non posso continuare ad
auto commiserarmi… insomma, ho deciso la mia strada, ora devo solo
intraprenderla!”
Una forte determinazione aveva
iniziato ad invadermi, non so da dove nascesse, però stava iniziando davvero ad
aiutarmi.
“devi esserne certa Lina, perché
poi è per sempre!”
Lo guardai, nei suoi occhi
vedevo preoccupazione.
“si Alec. Smettila di
continuare a chiedermelo. Ne sono convinta. “
Lo baciai veloce, poi mi
tirai su in piedi. Allungai una mano verso di lui e gli dissi.
“allora compagno, andiamo a
mettere in atto il mio piano.”
Mi guardò per un secondo
sbalordito, poi nel suo viso lasciò posto solo ad un sorriso divertito.
“ai suoi ordini!”
E si tirò su in un millesimo
di secondo, lasciandomi senza fiato.
“uau… non crederò riuscirò
mai a farci l’abitudine…”
“o penso proprio di si invece….”
Rise ironico.
Poi il mio stomaco brontolò
per la fame.
“credo sarebbe meglio farti
mangiare.”
“credo tu abbia ragione” dissi
imbarazzata.
“come sempre del resto.”
Disse lui da finto spaccone.
“si si credici. L’importante
è quello.”
Ridendo e scherzando andammo
nel mio bar preferito e feci colazione.
Due ore dopo eravamo di
fronte a casa mia.
“allora… sei pronta?”
Mi chiese Alec.
Lo fissai a lungo negli
occhi, attingevo coraggio dai suoi profondi occhi rossi. Presi un lungo
respiro.
“si… sono pronta!”
Ci baciammo poi mi avviai
verso l’interno.
Aprii la porta e mi avviai
decisa verso la mia stanza.
“tesoro!”
Mi sentii chiamare alle
spalle una volta passata di fronte alla cucina, ma non mi fermai.
“tesoro fermati!”
Ora la voce era più vicina. Ero
a metà scala per andare al piano superiore. Mi voltai e il mio cuore si strinse
in una morsa. Mia madre, ai piedi della scala, mi guardava preoccupata. Portava
i vestiti del giorno precedente, trucco sbavato e occhiaie profonde sotto agli
occhi, segno di una notte insonne. Vederla così mi aveva per un attimo fatto
vacillare.
No, non potevo farmi
impietosire, dovevo continuare con la mia scena. Lo facevo per lei infine. Ma ciò
nonostante non riuscivo a provare rabbia e a continuare nella mia messa
inscena. Dopo aver saputo il dolore che anche mia madre aveva dovuto provare,
la vedevo con occhi diversi.
Chiusi gli occhi e ripensai al dolore provato, ripensai a Jane,
al suo modo di fare e a quello di Aro. Non potevo lasciare Alec in mano a due
pazzi del genere.
Aprii gli occhi di scatto e
guardai il vuoto, per non perdere la concentrazione.
“lasciami in pace. Non voglio
più avere a che fare con nessuno.”
“ma… ma…”
“niente ma. Lasciatemi vivere
la mia vita in pace. Me lo dovete.”
Urlai piena di rabbia queste
frasi. Dopo di che corsi in camera chiudendomi a chiave all’interno di essa.
Mi inginocchiai esausta,
neanche avessi fatto i lavori forzati, ma non piansi. Quello no. Dovevo essere
forte.
Ma perché ho dovuto scoprire
la verità? Se fossi rimasta nella menzogna ancora per poco, avrei potuto
andarmene da questa casa e lasciare mia madre senza lo sforzo che ci stavo
mettendo ora. Mi dispiaceva andarmene e saperla infelice. Credevo che di me non
le fosse mai importato nulla, invece, era solo un suo modo per reagire,
credendo di fare del bene.
Due forti braccia mi
abbracciarono da dietro. Quello che mi ci voleva.
Restai in quella posizione per
almeno un’ora.
Mi girai e inspirai forte il
suo odore, era come una droga per me, mi dava forza.
“aiutami a fare le valigie”.
Lui annuì e mi aiutò ad
alzarmi.
Alla fine, verso le tre del
pomeriggio, avevo riempito tre trolley con le cose per me più importanti. Per
il resto delle cose, avrei mandato Alec a prenderle, qualora ne avessi sentito
la mancanza o l’esigenza, almeno fino a quando io non fossi riuscita a
controllarmi una volta divenuta vampira.
Sbuffai e mi andai a rannicchiare
sopra il mio grande letto e presi Spank tra le mie braccia. Alec mi seguì
subito dopo.
“come ti senti?”
“strana… ma in fin dei conti
felice. È la cosa giusta. Lo so.”
Mi appoggiai a lui e mi feci
coccolare per un po’. Non avevo sonno, perciò riuscii ad apprezzare ogni
singolo istante di quel momento, che non so se durò pochi minuti o ore.
Il mio amore poi all’improvviso,
parlò.
“piccola che ne dici di
andare a fare una doccia? Ti rilasserà.”
L’idea era davvero ottima.
“e tu? Vieni con me?”
“non provocarmi, Lina!”
“e chi ti provoca? Te lo sto
chiedendo esplicitamente!”
Hihihi. Aveva gli occhi
spalancati dalla sorpresa. Però alla fine non l’avevo detto ironicamente, lo
volevo davvero. Era da un po’ che ci pensavo. Volevo dimostragli tutto il mio
amore, non solo con le parole. Anche se un po’ l’idea mi intimoriva e
affascinava allo stesso modo. Io fino ad ora non avevo mai fatto l’amore, avevo
solo fatto sesso. Il che per me, si trattavano di due cose nettamente
differenti.
“Lina tu mi farai impazzire,
me lo sento!”
Mi disse scioccato e un po’
sorridente.
“però ora devo andare a fare
una cosa. Tornerò fra un paio d’ore. Quindi preparati tranquillamente, che
stasera ti porto a cena.”
A cena?
“non credo che abbiamo gli
stessi gusti, Alec.”
Lui mi rise praticamente in
faccia.
“ma quanto riesci ad essere
sciocca, piccola?”
Lo guardai fintamente
imbronciata. Poi non riuscendo a resistere risi con lui.
Mi baciò e se ne andò
lasciandomi sognante a pensare alla cenetta a cui voleva portarmi.
Restai sotto la doccia fino a
quando non terminai l’acqua calda.
Aveva detto che avevo tutto
il tempo per prepararmi tranquillamente? Bene, l’avrei preso in parola.
Mi feci la ceretta, mi misi
uni smalto rosso come gli occhi di Alec alle mani e ai piedi, mi asciugai i
capelli e poi li stirai con la piastra.
Guardai l’orario erano quasi
le sette e fuori era ormai buio. Forse ero andata troppo tranquillamente. Era meglio
se mi davo una mossa.
Mi chiusi in bagno e iniziai
a truccarmi, poi indossai il vestito rosso, ma semplice che mi arrivava fino a
metà coscia al quale abbinai delle decolleté nere a tacco alto ed un copri
spalle dello stesso colore.
Aprii la porta e andai in
camera dove vi trovai il mio angelo nero che mi aspettava. Era davvero
bellissimo. Aveva un cappotto nero a doppio petto e un paio di jeans scuri che
gli fasciavano le gambe in un modo strepitoso. Persi un battito soprattutto dopo
che mi ritrovai, non so come, addosso ad un muro con gli occhi di Alec che da
rossi erano diventati neri, e bruciavano a pochi centimetri dai miei.
“Lina…”
Sussurrò poi mi baciò pieno
di passione.
Si staccò ansimante.
“scusa ma… non ho resistito…
sei bellissima!”
Disse il tutto con una voce
così provocante che mille brividi di piacere mi percorsero per tutto il corpo.
“Alec….”
Volevo dirgli che non aveva
nulla di cui scusarsi, anzi…
“Sshhh!” mi interruppe
posando un dito sulle mie labbra.
“andiamo… la nostra cenetta
ci aspetta.”
Lo vidi tirare fuori qualcosa
dalla giacca.
Vide che lo guardavo curiosa.
“scusami amore, ma ti voglio
coprire gli occhi”
E così fece senza lasciarmi
ribattere, mettendomi una benda. Poi mi prese senza preavviso sulle spalle,
facendomi fare un gridolino di spavento. Dopo di che sentii solo il vento
sfiorarmi tutta e la sua risata nell’aria.
Dopo un minuto, credo, sentii
che il vento non c’era più, segno che ci eravamo fermati, infatti poco dopo
sentii i miei piedi posarsi a terra.
“posso vedere ora?” chiesi
incuriosita.
Di risposta sentii le sue
mani sciogliere il nodo della benda e sfilarmela.
Aprii lentamente gli occhi e dopo
che i miei occhi presero lucidità, persi un battito
“Alec è… è bellissimo!”
Tesoreeee!!!
Sono quiiii!!!!
Che ne dite?????
Chissà il nostro alecuccio cos’ha
preparato!!!
<3 <3
Chiedo scusa ovviamente per
il trancio del capitolo nel momento clou… ma ormai mi conoscete!!!
Hi hi hi
Vi voglio beneeee
deba
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Capitolo 22 *** paradiso ***
paradiso
CAPITOLO 22
Paradiso
(POV Lina)
Una volta che mi fu tolta la
benda e i miei occhi riuscirono a trovare la giusta lucidità, credetti di
essere morta è finita direttamente in paradiso, accompagnata dall’angelo più
bello, che i cieli potessero vantare.
Ci misi qualche secondo a
capire dove fossimo.
Ci trovavamo sul tetto di una
delle quattro torri di cui è composta la Rocca Nuova, una costruzione che si
trovava nella parte est della città, vicino alla Porta dei Selci.
Era tutto così spettacolare.
Se guardavo davanti a me
vedevo le luci lontane della città che danzavano sotto i miei occhi, mentre se
mi voltavo alle mie spalle vedevo le splendide distese di alberi ed erba,
tipici dei paesaggi toscani, che sotto l’influenza della luna, sembravano
eterei. Se, invece, volgevo gli occhi intorno a me, vedevo solo un’infinità di
candele, le cui fiamme rendevano il tutto splendido e romantico. A completare l’opera
ovviamente lui. Alec. Bello da far male, che mi guardava percependo in me tutte
le emozioni che quella sorpresa continuava a darmi. Il suo viso era mozzafiato.
La luce della luna, l’oscurità della notte e la luce tremolante delle candele
lo rendevano quasi una visione. Temendo che potesse sparire da un momento all’altro
allungai la mano verso di lui e fortunatamente lui la accolse, portandosela
vicino alle labbra e depositandovi un dolce bacio. Nell’istante in cui le sue
labbra si posarono sulla mia pelle, mille brividi mi perforarono l’anima. Era una
sensazione davvero bellissima.
“nessuno ha mai fatto nulla
del genere.. per me…” gli dissi con la voce rotta dall’emozione.
Lui mi prese il viso tra le
sue splendide mani e mi fissò negli occhi, che erano a pochi centimetri dai
suoi.
“forse perché nessuno ha mai
capito quanto vali… e sono felice, di essere stato io a capirlo”
La sua voce poteva quasi
essere un sussurro, così dolce e soave. Mi lasciavo trasportare da essa.
“anch’io…”
Si. Ero felice che il destino
ci avesse unito.
Non avrei mai potuto
immaginare nessun altro al mio fianco, che non fosse lui.
Alec.
Lo volevo vicino a me, lo
volevo nella mia mente, lo volevo nella mia anima, lo volevo nel mio cuore, lo
volevo nel mio corpo… .
Ora, come nel pomeriggio,
sentii quella forza di attrazione che cercava il contatto con lui, solo che era
quintuplicata.
Lo baciai con tutta la
passione di cui ero preda e sentii con mio grande piacere, che la sua risposta
era come la mia.
Ci staccammo dopo un po’ perché
entrambi avevamo anche l’urgente bisogno di guardarci, di perderci ognuno negli
occhi dell’altra.
I suoi, come i miei di sicuro,
ardevano anzi bruciavano di eccitazione, e la sentivo ardere anche in me, in
ogni fibra del mio essere.
“Lina… “
Parlò con voce carica di
mille emozioni: amore, passione, desiderio…
“per te farei qualsiasi cosa…
Chiedimi la luna e te la darò…
Chiedimi un giardino di
stelle e te lo creerò…
Chiedimi il paradiso, e anche
se sono destinato all’inferno, giuro che farò di tutto per portarti anche
quello…”
Quelle parole mi infuocarono
il cuore.
Lo baciai e lo strinsi a me
con tutta la forza di cui ero capace. Mi staccai poi di qualche millimetro
dalle sue labbra.
“l’unica cosa che desidero
sei tu… se ci sei tu, allora sono in paradiso…”
Un secondo dopo mi trovai
sdraiata sulle coperte che si trovavano al centro del tetto. Le gelide mani di
Alec che mi accarezzavano ovunque, lasciavano scie infuocate che non facevano
altro che farmi impazzire di piacere sempre di più.
Tra un bacio e l’altro Alec
prese due secondi e mi disse:
“forse dovremmo fermarci…”
I suoi occhi però dicevano il
contrario ed io ovviamente seguii la loro tacita richiesta…
“POV Alec”
Un’altra alba.
Un’altra alba si stava pian
piano facendo strada dall’oscurità che aveva occupato fino ad ora il cielo.
Per tutti un’alba come tutte
le altre mattine, ma per me no.
Oggi era l’alba più bella di
tutta la mia lunga esistenza. Un’alba che si era impressa a fuoco nella mia
memoria.
La sera scorsa avevo deciso
di fare una sorpresa a Lina, volevo distrarla, per quanto mi fosse possibile,
dalla dura realtà che le stava attorno.
In questi pochi giorni avevo
visto poche volte un sorriso sincero farsi strada sul suo viso, e questo mi
faceva male.
Non potevo sopportare l’idea
che potesse essere infelice, avrei fatto di tutto per darle la felicità che
meritava.
Ero stato entusiasta nel
vedere l’espressione del suo volto, una volta che le avevo tolto la benda. I suoi
occhi brillavano come le stelle e il suo sorriso era sincero. Proprio quello
che volevo.
Era stupita di quello che le
avevo preparato, ma io le avevo risposto sincero.
Avevo fatto ciò, perché era
questo quello che lei meritava. Lei doveva essere trattata come una regina. La mia
regina.
Le avrei dato tutto quello
che avrebbe desiderato. Anche l’impossibile.
Glielo dissi e lei, che sola
era in grado di farlo, mi fece “battere” il cuore.
“l’unica cosa che desidero
sei tu… se ci sei tu, allora sono in paradiso…”
Non credevo sarei mai potuto
essere più felice di così. Ma invece mi sbagliavo.
L’avevo distesa fulmineo
sopra le coperte che avevo portato per non farle prendere freddo.
Ci stavamo baciando e intanto
l’accarezzavo ovunque, la volevo. Volevo ogni parte di lei. Lei perfetta
ovunque.
Ci stavamo avvicinando sempre
di più al punto di non ritorno, ed io non volevo fare altro che sorpassarlo, ma
non sapevo se sarebbe stato giusto anche per lei. Le chiesi se forse era il caso
di fermarsi, anche se io per primo non volevo.
La guardai negli occhi e
capii che il punto di non ritorno l’avevamo già oltrepassato da un po’. Lei mi
voleva così come io volevo lei, e non potevo esserne più felice.
Nella mia esistenza avevo già
fatto del sesso occasionale con alcune vampire, ma quello che avevo provato con
lei, era indescrivibile. Fantastico sarebbe stato solo un eufemismo.
Nonostante avessi dovuto
trattenermi con tutte le mie forze, si perché dovevo ricordarmi ogni millesimo
di secondo che lei era umana, fragile, era stato stupendo.
Nel momento in cui ero
entrato in lei, fuochi d’artificio erano esplosi in ogni parte di me.
Si sapevo il perché di tutto
ciò.
Perché non avevo fatto sesso,
bensì un’altra cosa, molto più bella.
Per la prima volta avevo
fatto l’amore.
Hai ragione piccola mia, se
sto con te è il paradiso.
Sorrisi istintivamente come
un ebete.
Sentii un mugolio dalle mie
braccia.
La mia piccola si stava per
svegliare.
Chissà se aveva freddo? Ok che
era avvolta dalle coperte, ma stava pur sempre abbracciata ad un cubetto di
ghiaccio.
I suoi piccoli occhietti
azzurro ghiaccio si alzarono e incrociarono i miei.
Arrossì all’improvviso poi si
avvicinò frettolosa alle mie braccia.
“buon giorno angelo mio”
Era così docile, non sembrava
più la ragazza fredda che avevo conosciuto i primi giorni di scuola. Be a dire
la verità avrebbe potuto dire la stessa cosa di me.
“buongiorno amore mio”
“questo è il risveglio più
bello di tutta la mia vita…”
Che buffo, era stato il mio
stesso pensiero.
“lo penso anch’io”
E l’abbracciai più stretta.
“ahi”
Avevo forse stretto troppo?
“ti ho fatto male?”
“no no è solo che ho tutti i
muscoli indolenziti… mi ci vorrebbe una bella corsetta…”
Scherzò lei, però la paura
non mi aveva lasciato. E se stanotte le avessi fatto male?
“Alec?”
“scusa dicevi?” mi ero perso
e non avevo sentito cosa avesse detto.
“no dicevo che mi dispiace
per la tua cenetta, alla fine non abbiamo, anzi non ho mangiato nulla. Cosa avevi
preparato?”
Sorrisi distratto dal suo commento.
“a dire il vero nulla. Io non
ho mai cucinato in vita mia ed è da molto che non ho a che fare con il cibo
umano. Così ero andato sul sicuro e ti avevo preso una pizza. Si lo so. Non è l’idea
principale quando pensi ad una cenetta romantica… però…”
Lei mi sorrise.
“tranquillo… direi perfetto
invece. Anzi dov’è? Almeno faccio colazione!”
“ma Lina è freddissima!”
“e allora? guarda che è buona
ugualmente”
Mi disse con faccia ovvia. Allora
le indicai alle sue spalle il cartone che era posato poco distante da lei.
Lei si tirò su per
avvicinarsi a prendere la pizza, solo che nel farlo la coperta le scivolò giù.
“Lina…” dissi con voce
strozzata. Lei si girò sorridente, ma quando vide i miei occhi cambiò
espressione. Seguì il mio sguardo che si posava sui suoi fianchi e la vidi
sussultare quando si accorse cosa stavo guardando.
Nei suoi fianchi, a destra e
a sinistra, c’erano due segni violacei. Appoggiai sopra la mia mano e vidi che
combaciavano.
Non potevo credere. Io parlavo
tanto e invece niente. Avevo promesso a me stesso di non farle del male e
invece….
Ehi.
Ehi.
Si si vocina del cazzo. Sento
che mi chiami per insultarmi, tranquilla lo faccio già da me.
Ehi.
Insisteva ah?
“ehi Alec…”
“ehi cazzo guardami in
faccia!”
Mi ripresi all’improvviso. Era
Lina che mi chiamava ed era arrabbiata. Dovevo immaginarlo. Ha ragione.
La guardai.
“stammi bene a sentire tu…”
Annuii sconsolato.
“prova solo anche un minimo
farti venire i sensi di colpa per questi due lividi da quattro soldi e giuro
che ti faccio volare di sotto, anche se so che non ti farai nulla.”
Come scusa? Ho sentito bene?
“non guardarmi con quella
faccia lì. Si si hai sentito benissimo. Ti amo e sono la ragazza più felice
sulla facciata di questa terra. Quindi togliti subito dalla testa tutti i pensieri
strambi che di sicuro ti girano intorno. Ricordi? Non mi scuso io non ti scusi
tu!”
Non avevo parole o forse si.
Solo due.
“ti amo”.
Tesoreeeee!!!!
Allora?? che ne pensate di
questo capitolo??
Io mi sono emozionata
tantissimo scriverlo!
Per le pervertite(come me d’altronde…
XD) che speravano dettagli hot, mi dispiace… ma voglio un raiting sobrio!!! =)
=) i dettagli ve li lascio alla vostra immaginazione!!!hi hi hi
Fatemi sapere se ho sbagliato
o meno!!
Per quanto riguarda la
reazione di Lina, spero vi piaccia, ho solo pensato alla prima volta di edward
e bella e di come avrei voluto che lei fosse stata più decisa quella mattina!!
A presto
kiss
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Capitolo 23 *** emozioni ***
emozioni
CAPITOLO 23
Emozioni
(POV
Lina)
Fare
l’amore con Alec era stata l’esperienza più bella di tutta la mia vita. Per una
volta tanto, mentre facevo del sesso, la mia preoccupazione principale non era
quella di un mio personale appagamento, no. Il mio pensiero più grande era
quello di far star bene il mio amore, se lui fosse stato soddisfatto, poi avrei
pensato a me stessa. E lui di sicuro la pensava come me, con il risultato che
avevo avuto il miglior rapporto sessuale di sempre, avevo raggiunto un apice di
godimento indescrivibile.
Il
risveglio la mattina seguente era stato uno dei più belli, fino a quando però
Alec non si era accorto che nei miei fianchi c’erano dei lividi violacei che
erano l’impronta esatta delle sue mani. Sapevo esattamente cosa significava il
suo sguardo vuoto. Di sicuro si era fatto venire mille sensi di colpa e questo
mi fece arrabbiare. Io ero la persona più felice del mondo, proprio grazie a
lui. Così glielo dissi, duramente, ma glielo dissi. Doveva mettersi in quella
sexy zucca che lo adoravo in ogni suo aspetto.
Ero
riuscita a strappargli un ti amo, quindi speravo di essere riuscita nel mio
intento.
“amore
ora se non ti dispiace, mangerei la mia colazione, perché ho davvero fame!”
Lui
di risposta mi sorrise con il suo splendido sorriso.
*
Abbandonato
il nostro nido d’amore, eravamo tornati di fronte a casa mia. Avevo deciso di
mettere in atto la sceneggiata ‘fuga adolescenziale’. Solo che questa, a
differenza di quelle normali, non sarebbe terminata con il ritorno a casa del
figliol prodigo. Io non mi sarei più fatta vedere, almeno non a loro saputa.
Alec
con un balzo ci portò entrambi nella mia stanza. Era davvero stupefacente
quello che lui era in grado di fare, e ancora più stupefacente sapere che
presto sarei stata anch’io capace a farlo.
Le
valigie che ieri avevamo preparato erano belle e pronte, prima però di
andarmene volevo farmi una doccia, la mia ultima doccia in quella stanza e
perché no? Con Alec sarebbe stato un addio a quel posto con i fiocchi.
“Alec
io mi farei una doccia”.
“D’accordo
piccola…”.
Aveva
detto questo mentre si sedevo sopra il mio letto. Non appena si accomodò e alzò
lo sguardo su di me, diedi realtà alla mia fantasia.
Mi
incamminai sensualmente verso di lui e una volta che gli fui davanti lo presi
per mano, non staccando mai il contatto visivo con i suoi occhi.
Gli
diedi una spinta per farlo alzare, ovviamente sapevo che con la mia forza non
l’avrei spostato neanche di un millimetro così sperai che lui si lasciasse
guidare. E così fece.
Come
ipnotizzato mi seguì nel mio bagno e una volta dentro iniziai a spogliarlo dei
suoi abiti e lui dopo essersi lievemente ripreso, cominciò a fare lo stesso.
Il
desiderio di impossessarsi uno dell’altro era palpabile nell’aria, ma in Alec
sentivo ancora un certa forza che tirava indietro, è di sicuro questo era
dovuto a quei due lividi ben visibile sulla mie pelle.
Gli
buttai le braccia al collo e avvicinandomi al suo orecchio gli sussurrai:
“lasciati
andare… ti voglio Alec… ti… desidero… non mi farai del male… mai…”
Erano
parole dette con voce sincera e terribilmente eccitata che per fortuna
sortirono l’effetto desiderato.
La
tensione che percepivo in lui, scivolò via come l’acqua che entrambi, calda, ci
sfiorava. Quel contatto così ravvicinato caldo-freddo, mi provocò un’infinità
di brividi che mi facevano eccitare all’inverosimile.
Alec
ormai succube delle mie stesse emozioni, fulmineo e senza sforzo mi sollevò
appoggiandomi al box della doccia e come la notte precedente, mi fece toccare
le stelle.
*
Ci
stavamo rivestendo dopo esserci appena asciugati, dopo la doccia più bella e
rigeneratrice che avessi mai fatto. Ogni nuovo contatto con Alec mi scatenava
dentro emozioni sempre più forti a cui facevo fatica a resistere. Chissà se
quando sarei diventata vampira le cose sarebbero state uguali o no.
“Alec?”.
Lui
mi si avvicinò e mi prese tra le sue braccia.
“dimmi…”
E
intanto iniziò a tracciare i contorni del mio viso con le sue irresistibile
labbra…
“mmmhhh..”
Respira
Lina, respira.
“proprio
di questo ti volevo… parlare…”
Lui
si bloccò irrigidendosi come solo lui era in grado di fare.
“ti
da fastidio?”
“no,
anzi… non sai quanto tu mi faccia impazzire… però, mi chiedevo… una volta
diventata vampira… riuscirò a sentire queste stesse bellissime emozioni che
provo ora?”
Dopo
l’esitazione iniziale ero riuscita a concludere decisa la frase.
Lui
mi guardò un po’ più rilassato, ma anche poi un po’…colpevole?
“non
ti nascondo il fatto che appena tu diventerai vampira, la cosa a cui penserai e
vorrai ardentemente più di qualsiasi altro… sarà il sangue!”
Già.
Avrei dovuto immaginarlo. Non si poteva scegliere la vita eterna con la tua
anima gemella e non avere nel pacchetto anche qualche difetto.
“ma
durerà per tanto?”
“bè
il primo anno di vita sarà quello più difficile essendo tu neonata che non ti
sai controllare, però io ti starò a fianco e prometto che ti aiuterò in ogni
modo possibile a superare gli ostacoli che incontrerai….”
Mi
sorrise sincero, riempiendomi il cuore di speranza.
“e
poi ti prometto che tutte le emozioni che provi ora le riproverai ancora…. E
fidati… saranno cento volte più forti…”
“Dici
davvero?”
“si,
ma a parole è difficile fartelo capire. Vedi noi vampiri abbiamo una mente
infinita che ci permette di pensare, di fare, di provare più cose
contemporaneamente…. Mmmmhh… bè amore, te ne accorgerai presto!”
Detto
questo mi prese fra le sue braccia e mi baciò portandoci nel nostro paradiso.
*
“Bene!
Ora mi manca di scrivere la lettera da lasciare a mia madre e poi possiamo
andare.”
“va
bene, Lina! Sai già cosa scriverle?”
Già,
bella domanda.
“si
e no. Prima però è meglio che mangi qualcosa, sono davvero affamata e non
riesco a pensare a stomaco vuoto! Con te uso tutte le mie energie!!”
La
risata cristallina di Alec volò per tutta la stanza.
“Addirittura?
Eppure non mi sembra che ti dispiaccia sfruttare tutte le tue energie…”
Rispose
malizioso.
Gli
sarei saltata di nuovo addosso. Ma cavoli dovevo darmi una calmata.
“non
tentarmi…”
E
lo vidi rabbrividire dalle mie parole. Bene. Ero contenta che almeno qui non
fossi l’unica in preda agli ormoni.
“cosa
vuoi mangiare?”
“non
saprei… ma ti giuro che mangerei anche un bue..”
“giusto
per cominciare a fare pratica. Va bene. Provvedo subito!”
Mi
disse serio e fece finta di andare verso la finestra.
“ehi,
scimmiotto. Era una metafora. Che matto che sei!”
E
risi divertito dalla sua sceneggiata.
“si,
di te!”
O
mio dio! Stavo davvero per perdere ogni possibile buon proposito.
“niente
bue allora. qualcos’altro?”
“un
cavallo?”
Dissi
divertita.
“Lina,
il tuo appetito inizia a spaventarmi. Temo che quando diventerai vampira,
manderai in estinzione metà selvaggina nel mondo!”
Mi
disse lui da finto autoritario.
“e
pensare che non hai mai visto mia zia mangiare quando era incinta! Di sicuro
avresti pensato avrebbe potuto mangiare anche te, nonostante la tua natura! Hi
hi hi”
Risi
divertita all’immagine, mentre mi accucciavo sotto il letto per vedere se avevo
dimenticato qualcosa.
Aspettavo
che Alec mi rispondesse a quella frase, ma da lui non arrivò una parola. Mi
voltai per vedere se stava facendo qualcosa, ma rimasi interdetta da quello che
vidi.
Alec
inginocchiato per terra, con occhi sbarrati che guardava il vuoto.
Se
quello era uno scherzo non era divertente, anzi, mi faceva paura guardarlo.
“Alec?”
Provai
a chiamarlo uno , due, tre volte…
“Alec,
cazzo, non è divertente…”
Provai
a strattonarlo, ma se fossi andata a prendere a capocciate il muro sarei
riuscita a distruggerlo con meno fatica.
Passò
un bel quarto d’ora e lui ancora non si muoveva. Ero spaventata, sudavo freddo,
non sapevo cosa fare, non sapevo chi chiamare.
Senza
rendermene conto mi ero messa a piangere, delirando come una bambina.
“Alec…
perché non mi guardi…”
Abbassai
il capo sconfitta.
Poi
dal nulla qualcosa mi sfiorò la spalla. Alzai il viso di scatto e finalmente
trovai gli occhi di Alec sui miei. La
sua espressione però mi intimoriva.
“Alec…
che…”
Non
riuscii a terminare la domanda che gli volevo porre.
I
suoi occhi erano terrorizzati. Per quale motivo si comportava così?
“Lina…
siamo nei guai!”
Èèèèèèèè già già
già…
Cosa gli sarà mai
venuto in mente al nostro dolce Alec???? cosa si sarà ricordato???
Hihihihihi….
Si si.. lo so
benissimo che avete capito!!! Hi hi hi
Che ne dite, vi
piace come ho impostato il tutto???
Ditemiiii!!!
Un bacione!!!
Deba
Ps.
Altre mie storie in corso:
La mia casa sei tu
La prescelta
|
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Capitolo 24 *** due barre ***
due barre
CAPITOLO 24
Due barre
(POV Alec)
Quando Lina aveva pronunciato
la parola “incinta” il mio cervello ed il mio corpo erano andati completamente
in blackout.
…
Come avevo potuto dimenticare
cosa fossi?
Ero un vampiro vero, un
non-morto, ma allo stesso tempo, terribilmente vivo. Lo avevano dimostrato i
Cullen. Avevamo cercato di condannarli in tutti i modi possibili, ma non
c’eravamo riusciti, anzi avevamo scoperto, grazie a loro, una cosa davvero
importante. I vampiri maschi potevano procreare… quindi io potevo procreare… e Lina,
essendo ancora umana, poteva procreare. Oddio la parola procreare continuava a tirarmi tremendi schiaffi in faccia.
Come si erano accorti i
Cullen che la loro umana era incinta? Come hanno affrontato il tutto? Non avevano specificato niente del periodo
prima della nascita.
Mi riguardavo la scena sempre
più attentamente, un momento! Cera il ricordo della storia raccontata dalla
piccola vampira di nome Huilen e dell’altro mezzo immortale Nahuel. Il ricordo
però non era stato abbastanza gradito come speravo fosse. La donna aveva
raccontato che la sorella aveva dovuto cibarsi di sangue durante la gravidanza
e che il piccolo cresceva forte, spezzandogli le ossa. Questo mi fece tremare
di paura. Se fosse davvero successo alla mia piccola Lina, non me lo sarei mai
perdonato. Ma purtroppo non era tutto. Il ragazzo era nato facendo a pezzi il
corpo della madre, che di conseguenza morì. No, non doveva succedere. La mia
Lina, non doveva soffrire in quel modo. Non volevo che altre lacrime le
sgorgassero per colpa mia, eppure furono proprio quelle stesse lacrime che mi
riportarono alla realtà dopo non so quanto tempo mi fossi estraniato dal mondo.
Lina inginocchiata di fronte
a me che piangeva sonoramente.
Alzai lento un mano le
sfiorai una spalla, lei di scatto alzò lo sguardo sospirando in attesa. Cosa
potevo dirle? Lina ti ho messo incinta di un mostro che si ciberà di te, però
non ne sono ancora sicuro?! Se fosse stato così sarebbe stato davvero un guaio…
un guaio però di cui solo una persona ne sarebbe stato felice. Aro.
Lui desiderava tutto quello
che avevano i Cullen, e se gli avessi sfornato un marmocchio mezzo immortale,
lui ne sarebbe stato semplicemente estasiato. Eppure non c’era altro posto in
cui potevo andare. I Volturi erano la mia unica famiglia, avrei dovuto
affidarmi a loro anche se non avessi voluto.
“Lina… siamo nei guai!”
Lei mi guardò sconvolta dalle
mie parole.
“Di cosa parli? Cosa ti è
successo poco fa? Perché non mi rispondevi… sembravi… sembravi…”
E iniziò nuovamente a
singhiozzare. Istintivamente la presi tra le mie braccia per consolarla.
“ssshh.. ti prego scusami…
sshhh…”
Iniziai a coccolarla.
Dopo che si calmò, si staccò
da me in attesa delle risposte che ancora non avevo dato.
“Lina, prima mi hai ricordato
un fatto importantissimo. Io…”
Oddio perché doveva essere
così difficile? Lei mi strinse una mano per infondermi coraggio.
“I vampiri di sesso maschile
possono… procreare…”
Ancora quella parola….
Ggrrrr…
“… temo che tu possa essere
incinta….”
Ecco l’avevo detto. Ora
aspettavo solo la sua sfuriata. Che però non arrivò…
“Lina perché sorridi?”
“sciocchino io prendo la
pillola!”
Mi guardava raggiante, ma io
non riuscivo a sorridere a quel modo. Avevo dimenticato cos’ero e non doveva
più riaccadere e non sarei stato tranquillo fino a quando Lina non avesse fatto
un test di gravidanza.
“Mi dispiace Lina, ma non sarò
tranquillo fino a quando non avrai fatto uno di quei test…”
Diedi voce ai miei pensieri.
“Alec guarda che di solito il
test va fatto 15 giorni dopo il rapporto sessuale o se il ciclo è in ritardo!”.
“Ok! Per le persone normali
si! Ma per noi, no! Io sono un vampiro, Lina!”
“Va bene. Se ci tieni tanto
lo farò, ma domani mattina, anche perché è meglio farlo appena svegli.”
“grazie!”
Le dissi infine un po’
sollevato, ma lei mi guardò preoccupata.
“Mi puoi spiegare perché
sarebbe così brutto se potessimo avere un bambino?”.
Ecco. Mi aveva posto l’unica
domanda alla quale non avrei mai voluto rispondere. Mi alzai di scatto da lei e
mi avvicinai alla finestra dandogli le spalle. Non volevo guardarla. Se avessi
incontrato i suoi occhi, non avrei potuto non essere sincero con lei.
“Alec?”
Si avvicinò a me afferrandomi
per un braccio. Involontariamente la scostai in malo modo.
“Alec per l’amor di Dio
guardami!”
Io non lo feci, nonostante il
cuore non cercava che lei.
“Alec, GUARDAMI!”
Mi urlò disperata una volta
spostatasi di fronte a me.
Un singhiozzo mi bruciò
l’udito e le sue parole dette in un tono addolorato mi trafissero dolorosamente
il corpo.
“ti prego… rispondimi…”
Perché insisteva? Perché
quella domanda? Non le bastavo io? Perché doveva volere la morte? La rabbia si
impossessò di me e purtroppo la guardai…
“PERCHE’ IL BAMBINO POTREBBE
UCCIDERTI!”
Avevo risposto alla sua
precedente domanda, urlandogli contro tutta la rabbia, che in fin dei conti
provavo per me stesso per non poterle dare un vita normale, assieme alla paura
di perderla.
Le sue gambe cedettero e si
inginocchiò ai miei piedi. Io di conseguenza le fui accanto e lei si aggrappò a
me. Circondati dal silenzio e dalle nostre lacrime, le sue visibili, le mie no.
*
“Dove vai?”
Mi chiese lei svegliandosi,
non appena mi fui alzato dal letto in cui eravamo distesi per tutta la notte.
“ti ho svegliata, scusa. Vado
in farmacia…”
E lasciai la frase in
sospeso.
“Ok..”
Rispose titubante.
“Torna presto!”
“certo!”
Le diedi un veloce bacio ed
uscii.
*
“Alec non credi di aver
esagerato?”
Finalmente un sorriso sul suo
viso. Avevo comprato un test di gravidanza per ogni marca esistente.
“volevo essere sicuro!”
Alzai le spalle.
“D’accordo! Aspettami qui!”
Ne prese uno e si infilò in
bagno.
Dopo qualche minuto tornò con
in mano il test.
“dobbiamo aspettare qualche
minuto.”
Lasciò il test sulla
scrivania e ci accomodammo sul letto con gli occhi fissi sul mobile, come se
potesse sparire da un secondo all’altro.
I secondi sembravano non
passare più. Il tempo sembrava inesorabilmente fermo.
“Ok! E’ l’ora!”.
Disse finalmente lei
all’improvviso.
(POV Lina)
“PERCHE’ IL BAMBINO POTREBBE UCCIDERTI!”
Questo è il solo pensiero che mi vorticava nella
testa, non appena era stato pronunciato dalle sue labbra. E aveva continuato mentre
fingevo di dormire, quando Alec era andato in farmacia, mentre facevo il test e
ovviamente, mentre attendevo la risposta…
Come poteva un bambino
uccidere la sua mamma? Io non potevo credere a queste parole. Per quanto in
passato anch’io avessi potuto odiare mia madre, l’ucciderla non mi era mai
passato per la testa, neanche una volta. Ma forse in questo caso, il paragone
non centrava un cavolo. Forse c’era altro che Alec mi nascondeva.
Il tempo però era ormai
trascorso.
“Ok! E’ l’ora!”.
Lui si irrigidì ancora di più
di quanto fosse possibile.
Mi alzai e lenta mi avviai
verso la scrivania. Il test era girato verso il basso così che, ancora, non
potevo vedere il risultato. In quel momento mi accorsi che per tutto il tempo non avevo fatto altro
che pensare all’innocenza che un bambino poteva avere o meno, cercando un modo
per scagionarlo da possibili accuse. Ma mai una volta avevo pensato se io di
questa situazione ne fossi felice o meno. Anzi, stranamente una parte di me,
ero sicura, voleva veder comparire due barre. Mi accorsi di questo, perché la
mia mente continuava a canticchiarlo in lontananza.
Presi coraggio e girai il
test.
Siiii… cioè, nooooo!
Ma che razza di esultanza
era?
Lina sei felice o no del
risultato?
Io…
“Allora?”
Mi voltai puntando i miei
occhi sui suoi.
“cosa significa quel
sorriso?”
Stavo sorridendo? Allora si !
sono felice del risultato.
“… aspettiamo un bambino!”
Yeeeeee!!!
La cosa è ufficiale mie care!!!
Alec Jr. è in arrivo!!!!siiiiii!!!!
Che ne dite di come ho impostato la situazione????
Fatemi sapere i vostri pensieri!!!!
Un supermegafanta bacio!!!
deba
|
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Capitolo 25 *** è una promessa ***
è una promessa
CAPITOLO 25
È una promessa
(POV
Alec)
Lina
aveva preso in mano il test, l’aveva guardato e non mi aveva ancora detto
niente. Era girata di spalle, perciò non potevo vedere nemmeno la sua
espressione.
“Allora?”.
Ero
impaziente, non potevo resistere a lungo.
Lei
si voltò ed il suo viso era… raggiante? Capivo ancora meno di prima.
“Perché
stai sorridendo?”
Lei
alzò lo sguardo guardandomi come se avessi detto una cosa impossibile.
“…
aspettiamo un bambino!”
….
SMAB!
Era stato come ricevere uno schiaffo in pieno viso. La verità faceva veramente
male.
Lina
aspettava un bambino… il mio bambino…
il nostro bambino. E adesso? Cosa sarebbe successo? Il sorriso di Lina era
inequivocabile, lei lo voleva. Come avrei fatto a fargli cambiare idea? Non aveva
capito le parole che le avevo detto il giorno prima? Quel…esserino… poteva
ucciderla. La mia piccola. Non lo avrei permesso.
Ok
è vero, una possibilità che andasse tutto bene, c’era! I Cullen ne solo la
prova vivente, ma io non so niente di loro e di cosa hanno fatto per fare in
modo che andasse tutto bene. E non posso neanche chiederlo loro, sicuramente si
rifiuterebbero dopo tutto quello che è successo, lo so. Io farei lo stesso. E anche
se fosse, non riuscirei mai fare tutto ciò senza che Aro ne venga a conoscenza.
Se gli dicessi che vorrei l’aiuto dei Cullen, sicuramente la trasformerebbe in
una missione di spionaggio per i suoi piani malati. No. L’unica cosa da fare
era cercare di far ragionare Lina, perché l’altra, sarebbe stata quella di
affidarsi ad Aro.
Alzai
gli occhi verso la scrivania dove avevo lasciato Lina, ma lei non c’era. Com’era
possibile? Io non mi sono accorto del suo spostamento, mi guardai attorno
terrorizzato e a malincuore mi accorsi che era quasi buio, perché gli ultimi
raggi del sole erano ormai spariti. Non ci potevo credere. Ma era mattina
inoltrata quando Lina aveva fatto il test, che diavolo mi era successo?
Drizzai
le orecchie e sentii dal battito del cuore che Lina si trovava in terrazza.
Avevo
paura della sua reazione, chissà quanto era arrabbiata… e chi mai avrebbe
potuto darle torto?
Era
di spalle che guardava il cielo.
“Lina?”
Di
sicuro non si era accorta della mia vicinanza, perché al suono della mia voce
si era scossa ed il suo cuore aveva iniziato a battere furiosamente. Ciò nonostante
non si voltò.
“Lina
ti prego voltati!”
Non
lo avessi mai detto. Mentre lei compieva quel gesto avevo temuto di vedere i
suoi occhi sofferenti, quel che trovai però fu molto peggio. Odio e rabbia.
Mi
fissava, ma non disse nulla.
“Ti
prego parlami…”
La
scongiurai. Volevo toccarla, ma temevo ogni sua reazione.
I
suoi occhi sgranarono e in faccia le si dipinse un sorriso malefico.
“Parlami?
Hai il coraggio di dirmi parlami? Proprio tu parli che nell’arco di 48 ore ti
sei isolato più volte da me, nel tuo mondo,
escludendomi da tutti i tuoi pensieri, mentre qui io a disperarmi per te che
non mi rispondi?”
Era
paonazza dalla rabbia, ma questo mi preoccupò di più quando un vento gelido
cominciò a vorticarmi in torno sempre più veloce.
“Ma
aspetta! La parte più bella arriva quando ti dico che aspettiamo un bambino e
tu per 7 ore non dai segni di vita!”
Stava
decisamente delirando. Il bicchiere che aveva in mano finì rumorosamente contro
il muro alle mie spalle, mandandolo in mille pezzi, mentre in lontananza un
tuono rimbombava tra le nuvole. Possibile che fosse opera sua?
Non
sapevo cosa dire, restai così a guardarla, mentre lei di rimando mi fissava,
sperando che la rabbia svanisse un poco.
Dei
colpi alla porta rimbombarono nell’aria del cielo notturno.
“Lina,
cos’è stato quel rumore? Per l’amore di Dio non fare cose insensate, esci,
parliamone!”
La
madre di Lina.
Fortunatamente
quella intrusione parve farla ritornare alla realtà.
“Sto
bene! Mi è solo scivolata una cosa. Lasciami in pace!”
La
sua voce era ancora un po’ alterata, ma decisamente meno di prima.
Non
sapevo come comportarmi e soprattutto cosa dire. Lei doveva rendersi conto che
tutto questo era sbagliato. Che noi non vivevamo una favola, dove potevamo
vivere come un’allegra famigliola.
“Lina
tu non capisci!”
Dissi
più a me stesso che a lei.
“Sei
tu che non ti fai capire, Alec!”.
Aveva
risposto subito lei udendo le mie parole.
“Lina
se noi vivessimo in un mondo normale, io sarei l’uomo più felice del mondo, ma
così non è. Questa gravidanza porterà solo dolore.”
“Perché
dici questo?”
“prima
di tutto perché tu soffrirai. Da quello che so non è una gravidanza normale, tu
hai un vampiro che cresce dentro di te. Un vampiro forte che ti spezzerà le
ossa e si ciberà di tutte le tue energie.”
La
mia piccola si lasciò cadere a terra sconvolta dalle mie parole, forse ero
stato troppo duro, ma cavoli non sapevo come altro fargli capire il pericolo
contro cui lei andava in contro.
“Vuoi
forse dirmi che non c’è neanche un minima possibilità che tutto vada a buon
fine…?”
Mentirle
o no? Perché era questo che avrei fatto se le avessi detto di si. Lei però notò
la mia esitazione.
“Alec,
dimmi a quello che pensi. A qualcuno è mai andata bene questa cosa?”
No,
non potevo mentirle.
“ti
ricordi quando ti ho parlato dei Cullen?”
“si,
quelli dagli occhi oro.”
“uno
di loro si è innamorato di un’umana e con lei ha avuto una mezzo vampira,
riuscendo infine a salvare anche la sua amata. Ma forse è stata solo fortuna, perché
ho sentito poi altre storie, dove tutte, e ripeto tutte, le madri non sono
sopravvissute. Lina io davvero, non voglio rischiare, io non voglio perderti.”
Lei
restò per un attimo in silenzio.
“Alec,
se mi ami, non farmi compiere una scelta di cui poi ne sentirei il rimorso per
l’eternità, non sarebbe vita lo stesso. Io mi fido di te. Sono sicura che andrà
tutto bene.”
Perché
doveva dirmi queste cose? Sapevo benissimo che non l’avrei mai abbandonata, l’avrei
protetta per sempre. E forse anche lei lo sapeva.
“Lina
non farmi questo…”
Lei
mi guardò ancora più decisa.
“Quello
che sta crescendo qui dentro…”
Mi
prese la mano e se l’appoggio sopra il ventre
“…
è il frutto del nostro amore. Se lo uccidessimo, sarebbe come rinnegare quello
che noi proviamo.”
Rimasi
incantato dalle sue parole, perché avevano cambiato interamente tutta la
situazione.
Te
lo prometto Lina. Non ti abbandonerò mai, qualsiasi cosa accada. Giuro che farò
di tutto perché le cose vadano per il verso giusto. Ti amo Lina.
“quando
mi hai accettato per quello che ero, ho promesso che avrei fatto di tutto per
renderti felice. Farò di tutto per mantenere questa promessa…”
“grazie
amore mio…”
Si
lanciò di peso su di me, imprigionandomi tra le sue fragili braccia.
*
Non
riuscivo a credere a dove mi trovavo. Non potevo accettare di dover chiedere aiuto
a lui, ma ero un Volturo e non avevo altra scelta.
“Alec,
amico mio, come mai hai chiesto urgente udienza? Non sarà mica successo
qualcosa di spiacevole a Lina vero?”
Aro
mi lanciò uno sguardo pieno di significati. Che idiota. Credeva davvero che
avrei potuto perdere il controllo e cibarmi di lei? Si vede che non conosceva l’amore.
“Si,
mio Signore. La mia compagna sta bene.”
Nel
dirlo però, istintivamente esitai nelle ultime due parole, cosa che ovviamente
non sfuggì ad Aro.
“Allora
parla mio giovane amico.”
Addio
al mio futuro felice e tranquillo con Lina.
“Non
sarà possibile trasformare Lina, o almeno, non per il momento…”
Ero
stato vago, non ero riuscito a dirgli tutto, lui però mi rispose assottigliando
gli occhi, cercando di scrutarmi dentro.
“Alec,
non credo inizi a piacermi il motivo per cui sei qui…”.
Si,
come no. Vediamo se lo ripeterai anche dopo aver saputo tutto.
“penso
invece sarà il contrario…”
“tu
dici?”
Era
divertito dal fatto che osassi dargli contro.
Basta
tirarle per lunghe. Tanto ormai è fatta. Non mi lascerà andare, se non saprà
cosa si nasconde sotto questo mio strano atteggiamento.
“Lina
ed io…”
“..si….”
Mi
incitò lui.
“..
aspettiamo un bambino!”
Disgusto.
Ecco cosa provai quando dissi questo. Non
per il fatto in se, ma per l’effetto che lei mie parole ebbero su Aro. I suoi
occhi si illuminarono perfidamente, e il sorriso che si fece largo sul suo
volto, non prometteva nulla di buono.
“magnifico.
Una notizia migliore non potevi darmi.”
Lo
sapevo benissimo, invece.
“porta
pure la tua compagna a palazzo, non sarà ancora una di noi, ma ormai fa parte
della famiglia. Ci prenderemo noi cura di lei.”
Perché
non ero tranquillo, ma al contrario, ero sempre più agitato?
Sera!
Eccomi qui con la
reazione di Alec.
Hihihi Miss Cullen
non ho potuto mandarlo in Stand by per il periodo che avevi immaginato, ma
spero ti sia stato di uguale gradimento anche questo!
Alla fine Alec ha
accettato la gravidanza, ma ha dovuto accettare anche l’aiuto di Aro. Cosa ne
pensate?
Grazie mille a tutte
le mie lettrici e soprattutto alle mie recensitrici!!!
Un bacio
Deborah
Ps. Altre mie storie
in corso:
La mia casa sei tu
La prescelta
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Capitolo 26 *** si è mosso ***
si è mosso
Capitolo 26
Si è mosso
(POV
Lina)
Appena
uscii dal bagno dopo una lunga anzi lunghissima doccia, avevo sicuramente
consumato tutta l’acqua calda di Volterra, mi trovai una bionda vampira seduta
sul letto.
“Ciao
Heidi!”
“Lina
già sveglia? L’altra mattina non sapevo più che santo chiamare per farti
svegliare, sapessi che mi ero preparato stamani…”
Mi
guardava con la faccia di chi la sapeva lunga.
“non
voglio sapere nulla. Comunque se non ho Alec vicino non riesco a dormire bene!”
Ed
era vero.
Non
era passata neanche una settimana da quando mi trovavo a Palazzo dei Priori e
da quando avevo saputo del mio Alec junior, così chiamavo il mio piccolino che
mi cresceva dentro, e nonostante sapessi dove mi trovassi, la vicinanza con
Alec era per me fonte di tranquillità.
La
mattina di cui si riferiva Heidi era quella di lunedì. La sera prima avevo
chiesto ad Alec di andare a cacciare, aveva gli occhi neri dalla sete, ma lui
continuava a ripetere che ce la faceva a resistere e che non dovevo
preoccuparmi. La mattina seguente mi svegliai con una vampira che mi tirava i
capelli. Risi al ricordo.
“e
tu che ci fai qui?”
Ero
spaventata di aver trovato Heidi a pochi centimetri da me, sul mio letto.
“finalmente
ti sei svegliata, ti giuro non sapevo più che fare!”
Sembrava
dicesse la verità.
“dov’è
Alec?”.
Non
rispose, ma indicò alla mia destra. Sul cuscino giaceva un foglio.
«Amore avevi
ragione, sto sopportando troppo la sete. Mi sazierò del minimo dispensabile e
tornerò da te.»
Il
mio cucciolo… avrei voluto chiamarlo per dirgli che avrebbe dovuto pensare a se
stesso e basta, ma neanche a pensarlo, che fece la sua entrata in camera.
“amore
ancora a letto?”
Bello
come sempre, ma con qualcosa di strano di cui non mi resi subito conto.
“ma
che avete tutti che continuate a ripeterlo?”
Heidi
rise.
“beh,
sono le tre di pomeriggio!”
“cosaaaa?”
Ero
sconvolta, ma quanto avevo dormito? 15 ore? Eppure mi sentivo ancora stanca.
“Heidi
cosa fai qui?”.
Chiese
poi Alec.
“avevo
portato da mangiare a Lina, ma non sapevo come svegliarla!”.
Poi
intervenni io.
“ma
ti rendi conto che mi sono svegliata con lei che mi tirava i capelli?”
La
risata di Alec invase la stanza facendomi stare subito bene.
“non
ci posso credere, quanto darei per rivedere la scena!”
“anche
subito!”
Disse
allegra Heidi.
“non
contate su di me!”
Avevo
detto io .
Che
ridere quella mattina, era la prima volta che sia io sia lui eravamo stati per
un momento spensierati.
Una
volta che Heidi se ne fu andata capii cos’era quel qualcosa di strano in Alec.
“tesoro
ma se sei andato a cacciare, perché le tue iridi non sono completamene rosse?”
Era
così. Avevo notato che i suoi occhi erano neri con qualche striatura rossa. Lui
sembrava a disagio.
“veramente…
ho bevuto davvero lo stresso necessario, non mi sento tranquillo lontano da te!”.
“cosa?
Tu ora esci e vai a caccia, non voglio vederti così per colpa mia.”.
“ti
prego fammi restare, ci andrò domani!”
E
come dirgli di no. Io non lo avrei mai allontanato per nulla al mondo, ma
bisognava, ne andava della sua salute.
Ed
ora ecco perché Heidi mi aveva già trovato sveglia. Martedì lui era rimasto, ma
oggi sapevo che avrebbe dovuto andare a caccia, e con la consapevolezza che non
lo avevo accanto, il sonno era andato decisamente a farsi benedire.
“Va
bene! Metterò la mia idea in parte fino a quando mi servirà!”
“oddio,
se mi dici così credo che non dormirò mai più in vita mia!”
E
ridemmo. Heidi era l’unica cosa che si avvicinasse di più ad un’amica là dentro,
ma sentimentalmente per lei non provavo nulla, Alec, prima di trasferirci lì,
mi aveva detto di non fidarmi mai e poi mia di nessuno e così avrei fatto.
“Dai
ora mangia qualcosa, di sicuro avrai fame!”
Ed
aveva ragione.
Iniziai
ad azzannare qualche aletta di pollo a dir poco sublime, quando all’improvviso
mi parve di masticare immondizia. Buttai il cibo che avevo in mano e corsi in
bagno vomitando anche l’anima se solo fosse stato possibile.
Heidi
mi era corsa dietro per vedere cosa avessi e vedendomi accovacciata sul water,
era corsa a sostenermi.
“Ti
senti meglio?”.
Mi
chiese dopo che mi tirai su e mi lavai i denti e il viso.
“insomma…
sta passando!”
“credo
siano le famose nausee!”
“già
lo credo anch’io!”
Certo
che se doveva andar così ogni giorno sarei impazzita, anche se poi ricordai
cosa Alec sapeva delle gravidanze tra vampiri e umani e a quanto pare sarebbe
stata più corta, anche se non so di quanto, e purtroppo più dolorosa di una
normale.
Erano
passati dieci giorni dal mio arrivo al palazzo dei Volturi ed ogni giorno era
ormai uguale agli altri, sempre rinchiusa dentro la stanza di Alec.
“Piccola
sei sveglia?”
“si
amore!”.
Mi
voltai e lo baciai, avevo voglia di lui, ma non volevo far del male al mio
piccolo, così mi staccai per il bene di tutti e mi avviai verso il bagno.
Mi
feci una doccia ed una volta uscita mi asciugai. Mentre stavo per uscire
incontrai i miei occhi allo specchio e mi fermai di botto ad osservarmi.
Quanto
era cambiata la mia vita? Quanto ero cambiata io? Era incredibile quello che mi
era successo in così poco tempo; da perfetta stronza senza futuro ero passata a
ragazza innamorata felicemente in attesa di un bimbo fantastico dal suo vampiro
con futuro nell’eternità. La vita a volte era davvero imprevedibile.
Lasciai
cadere l’asciugamano e mi voltai di lato sempre fissandomi allo specchio, solo
che questa volta il mio sguardo era fisso sul mio addome. Non potevo non
mentire a me stessa, il ventre era già un po’ gonfio. Istintivamente mi
accarezzai quella se pur piccola sporgenza dove si trovava il mio bambino.
La
porta poi si aprì.
“Lina
perché non arrivi…”
Si
bloccò a metà domanda non appena mi vide.
Abbassai
timida lo sguardo. Poco dopo lui mi stava abbracciando da dietro posando la sua
mano sotto la mia sul ventre. Alzai lo sguardo e incrocia il suo nello
specchio. Mi fissava come un cieco vede per la prima volta la luce. Era una
sensazione bellissima.
Qualcosa
nel mio ventre si mosse.
Trattenni
il respiro abbassando lo sguardo come se osservarmi mi avrebbe dato più
risposte. Alec mi girò e mi alzò il viso.
“era
quello che penso fosse?”
“Penso
di si…”
Non
sapevo bene il senso di quel botta e risposta, ma di una cosa ero sicura. Il mio
bimbo si era mosso.
Sorrisi
raggiante come Alec stava già facendo.
“il
mio Alec Junior…”
E
ripresi ad accarezzarmi il ventre.
“Come
scusa?”
Guardai
Alec. Mi fissava sgomento.
“che
c’è?”.
“pensi
sia maschio?”.
“si…”
dissi imbarazzata.
“bè…
io spero sia una Lina Junior!”
Lo
guardai affascinata. Eravamo davvero una coppia fuori dal normale.
Tornammo
in camera e restammo ad abbracciarci e coccolarci, fino a quando qualcuno non
bussò alla porta.
Heidi
entrò cupa in volta.
“perché
quella faccia?”
Chiesi.
Sembrava le fosse morto il gatto, o forse se lo era mangiato. Ok Lina, questa
era davvero pessima. La gravidanza ti stava dando alla testa.
“Alec
puoi venire per favore?”
“cosa
c’è?”
“Jane…”
Donze sono qui! Sono
ancora viva!!
Perdonatemi please!!!
Ecco qui il nuovo
capitolo… non sono carini i nostri due biccioncini???
E poi cosa sarà mai
successo? Che centra Jane?
Mah…..
Ma ditemi… avete in
mente qualche nome per il futuro Alec o Lina Junior??? Fatemi sapere cosa la vostra fantasia vi
suggerisce!!!!
A presto
Kiss
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Capitolo 27 *** gioco ***
gioco
Capitolo 27
Gioco
(pov
Alec)
La
mia piccola bimba si era mossa. Era stato un piccolo calcetto, ma a me sembrava
la cosa più bella del mondo. La sensazione che nel ventre della mia piccola
Lina, ci fosse un’altrettanta piccola creatura mi faceva emozionare all’inverosimile.
Ancora di più sapendo che quella piccola creatura era nata dal frutto del
nostro amore.
Lina
sperava fosse maschio, io volevo fosse femmina.
La
mia mente spaziosa però non mi permise di essere pienamente felice. Come accadeva
ormai da una settimana, io ero felice fuori e in panico dentro di me. Non
sapevo come affrontare la gravidanza di Lina, non sapevo cosa dovevamo
aspettarci. Io non avevo molte informazioni ed Aro, a sua volta, non me ne aveva
date altre. Diceva che nell’ascoltare i pensieri di Edward Cullen, quella volta
durante la battaglia, non aveva fatto molta attenzione al periodo della
gravidanza, solo alla nascita. Mentiva. Me lo sentivo. Era adirato nei miei
confronti, me n’ero accorto. Si era reso conto che da un po' non mi cibavo più
di sangue umano, bensì il contrario. Avevo iniziato a seguire la dieta
vegetariana. Sicuramente aveva pensato che era segno di debolezza per me.
Dannato…
Toc toc
Stavo
coccolando la mia Lina nel letto, quando qualcuno aveva bussato alla nostra porta.
Era
Heidi che mi chiedeva di seguirla. Le avevo chiesto il motivo è lei mi aveva
risposto con una sola parola.
Jane.
Quel
nome mi aveva rimandato mille brividi e mille ricordi contemporaneamente. La
mia sorellina che tanto avevo amato per più di tre secoli… la mia sorellina che
aveva cercato di fare del male alla mia unica ragione di vita… no! Non era più
mia sorella.
“Heidi,
che ha combinato sta volta?”
“non
la troviamo più!”
“E
a me cosa può importare?”
Si
mi importava, ma ormai le cose erano cambiate.
“Ha
udienza con Aro tra meno di un’ora e non ha detto a nessuno dove andava! Manca
da palazzo da 24 ore!”
Diavolo!
Che cavolo stava combinando? Nessuno poteva allontanarsi per così tanto tempo
senza dar conto dei suoi spostamenti a nessuno.
“chi
sa della sua sparizione?”
“solo
io e Demetri… e adesso voi! Abbiamo cercato di coprirla il più possibile, ma se
non ritorna entro un’ora…”
…
Sarebbero stati guai per lei.
Dannate
leggi, dannate regole, dannati Volturi.
Mai
avrei immaginato che un giorno avrei odiato la “famiglia” di cui facevo parte e
che aveva salvato me e Jane da morte certa.
“Alec?”
A
parlare questa volta era stata Lina. Mi voltai e vidi i suoi occhi azzurro
ghiaccio leggermi dentro.
“Vai…”
“ma…”
Provai
a controbattere, ma lei appoggiò la mano sulla mia bocca.
“E’
pur sempre una parte di te… cercala!”
Oh
la mia piccola!
“tornerò
presto!”
Annuì
e poi dopo un bacio di ringraziamento, uscii dalla stanza.
“Heidi,
tienila d’occhio!”
“va
bene!”
La
vampira si fermò fuori dalla porta della mia stanza mentre io raggiunsi quella
di mia sorella.
All’apparenza
sembrava non fosse cambiato nulla.
Aprii
la porta della cabina armadio e vi trovai una confusione pazzesca. Da quando la
mia Jane era così disordinata?
Poi
un’idea mi balenò in mente. Frugai velocemente in quell’ammasso di vestiti poi
frugai nel bagno e in ogni angolo della stanza di Jane, ma non trovai quello
che cercavo, così senza indugio, aprii la finestra della stanza e una volta
catapultatomi fuori, iniziai a correre.
*
“sapevo
di trovarti qui!”
Jane
si voltò guardandomi con espressione incolore.
“come
mi hai trovata?”
“Nella
tua stanza ho visto che mancava il nostro ritratto.”
Quello
stesso ritratto che vedevo stringere tra le sue mani. In quel ritratto fattoci
all’età di 13 anni, l’anno dopo il nostro ingresso in orfanotrofio, io e Jane stranamente
felici e abbracciati, mentre alle nostre spalle si stendeva uno spettacolare
paesaggio di Salem, simile a quello in cui ora ci trovavamo. Lo avevamo trovato
io e Jane nei nostri primi anni a Volterra. Appena lo avevamo visto ad entrambi
aveva ricordato quel ritratto ed era diventato per noi, una sorte di posto
segreto.
“vattene!
Non ti ci voglio qui!”
“Beh
è per metà mio… non ricordi?”
“non
più!”.
Le
sue parole erano gelo puro.
“senti
Jane, mettiamo in parte un attimo i nostri dissapori! Si può sapere che diavolo
ti è preso? Sai bene anche tu quali siano le regole a Palazzo. Inoltre fra 45
minuti hai un incontro con Aro. Se si verrà a sapere della tua assenza sai bene
cosa succederà!”.
“Da
quando ti preoccupi per me, ah?”.
Le
sue parole mi ferirono, ma le stesse che dissi io poi, fecero altrettanto con
lei.
“e
tu da quando hai smesso di farlo nei miei confronti sorella?”.
Mi
fulminò con lo sguardo per poi voltarsi a rimirare il paesaggio di fronte a
noi, che pareva dissolversi con l’infinito.
“hai
ragione Alec!”.
Cosa?
Forse la vecchiaia si stava facendo beffe di me e del mio udito.
“è
inutile che mi fissi così…”
“su
cos’è che avrei ragione per essere pignoli?”.
Sorrise
perfida come spesso faceva in passato, in giorni più felici per il nostro
rapporto, quando i due sadici gemelli vivevano l’uno per l’altra.
“su
tutto. Sul fatto che io mi sono comportata in modo diverso con te. Sul fatto che
sbagliavo quando dicevo che tu ti eri indebolito… cambiato… se tutto questo ti
è successo… è colpa mia…”
Non
posso ancora credere alle mie orecchie. Mia sorella che si prende la
responsabilità di tutto… no aspetta un momento…
“cosa
intendi dire con “è colpa mia se tutto questo ti è successo” ??
Jane
si alzò dalla roccia in cui era seduta. Appoggiò a terra il ritratto e si
posizionò davanti a me.
“prima
di dirti tutto… sappi che se ho fatto quel che ho fatto, è solo perché posizionavo
Aro al di sopra di tutto. Sai che con lui mi sentirò in debito per tutta la
vita per avermi salvata e dato una casa, con te. Quello che non sai è che
questo fatto l’ho reso più importante di quel che meritava… più importante di
noi… più importante anche di te! Mi dispiace Alec, ma sono stata una pedina nel
suo gioco. Credevo di fare del bene e invece mi è scappato tutto dalle mani e
niente è andato come immaginavo…!”
Cosa
diavolo stava dicendo? Non mi piaceva la piega che aveva preso il suo discorso,
di cos’è che si stava scusando? Una pedina del suo gioco? Quale gioco?
“Di
che gioco stai parlando Jane?”
Iniziavo
ad agitarmi. Una strana sensazione mi stava invadendo. La sensazione che presto
tutto quello che non capivo, tutti i conti, sarebbero tornati! E che questo
però non mi sarebbero piaciuto affatto…
“Jane!
Parla!”
Un
singhiozzo ruppe il silenzio. Jane piangeva senza le lacrime. Quelle lacrime
che ai vampiri sono negate.
“JANE!”
“Se
tu e Lina state insieme ora… è solo perché Aro te lo ha permesso. Tutto quello
che ti è successo negli ultimi tempi, è stato tutto deciso da lui. Era tutto un
piano.”
Olè !!!!!!
Ecco qui
la rivelazione del secolooooo!!!!!
Colpite
ah???
Hihihihi
Alzino
la mano chi si è sentita mancare leggendo l’ultima frase!? E a chi invece ha
urlato un sonoro “NOOOOOOOOOOOOOOO NON CI CREDOOOOOO!”!? ahahahaah
Spero vi
sia piaciuto!!!
Un bacione
Deborah
Ps. Altre mie storie
in corso:
La mia casa sei
tu
La
prescelta
|
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Capitolo 28 *** progetto ***
progetto
CAPITOLO 28
Progetto
(POV
Alec)
“Se tu e Lina state
insieme ora… è solo perché Aro te lo ha permesso. Tutto quello che ti è
successo negli ultimi tempi, è stato tutto deciso da lui. Era tutto un piano.”
-Perché
Aro me lo ha permesso…?... tutto deciso… tutto un piano…-
Questo
era quello che la mia mente continuava a ripetersi contemporaneamente.
“Jane!
Che diavolo significa tutto questo?”
Avevo
i pugni stretti per contenere la rabbia e l’agitazione che quelle parole mi
avevano provocato. Sentivo che quelle poche parole erano vere, non erano uno
scherzo. E Jane fissava quei pugni, forse aspettava che la presa si allentasse,
ma al contrario li strinsi ancora più forte.
Dopo
neanche un minuto alzò lo sguardo verso di me e prese un respiro, probabilmente
aveva capito che non poteva più tornare indietro, ormai il sasso era stato
lanciato, e non avrebbe più potuto nascondere la mano.
“La
sera prima di partire per la Romania siamo andati in discoteca. Quella sera la
discoteca l’ho scelta io.”
Certo
che mi ricordavo quella sera, era stata la prima volta che avevo visto Lina,
anche se ancora non lo sapevo che era lei.
A
pensarci bene però, era stata anche la sera in cui Jane aveva iniziato a
comportarsi più stranamente del solito!
“Aro
mi ha ordinato di portarvi lì…”.
Aro?
“Ma
cos..?”
“Ti
prego Alec, lasciami parlare, non dire nulla ti prego!”.
Rimasi
in silenzio, ma non so per quanto sarei riuscito a contenermi. Sapevo che le
sorprese erano solo all’inizio.
Jane
prese un altro respiro.
“mi
aveva detto che era solo una sua piccola ideuccia, che dovevamo andar lì e
comportarci come nulla fosse, che poi lui avrebbe deciso se continuare il suo
progetto… o meno…”
Progetto…
progetto… progetto… ero forse io il
suo progetto?
“quando
tornammo per prepararci alla spedizione per la Romania, mi ha convocata e…”
Sembrava
non sapesse come continuare, o meglio, sembrava non volesse continuare.
“E..?”
Le
feci eco io.
“…e
mi disse che aveva saputo che tu da un po’ avevi uno strano comportamento,
confermato anche dall’uscita in discoteca e che una volta in Romania avrei…
avrei dovuto metterti alla prova per vedere se… riuscivi ancora… a svolgere nel
modo corretto gli ordini dati…”
No,
vi prego ditemi che è tutto uno scherzo. Non posso, non voglio credere a quello
che le mie orecchie odono.
“…
non sapevo come metterti alla prova… poi però quel vampiro si è ribellato… e…
ed io non ho reagito…”
Non
è possibile. Lei non aveva reagito apposta? Lo sapevo, lo sapevo che era
impossibile che Jane si lasciasse cogliere di sorpresa. Che stupido, che stupido
sono stato a non fidarmi delle mie sensazioni. Che stupido a fidarmi di lei… di
quella che credevo fosse mia sorella, mia amica… .
Ero
accecato dalla rabbia. La mia vista iniziava a tingersi di rosso e per
scaricare un po’ le emozioni che dentro di me contrastavano, sbriciolai il
masso in cui, pochi istanti prima, Jane sedeva.
Lei
rimase ferma, impassibile. Come se nel momento stesso in cui io avessi deciso
di attaccarla, lei non avrebbe reagito.
“c’è
altro?”.
Dissi
con un tono tagliente.
“si!”.
La
fissai perché capisse di continuare quella che probabilmente sarebbe stata la
rottura definitiva del nostro rapporto.
“Aro
mi disse che con quel comportamento lo avevi deluso, e dato che io ti volevo
molto bene come lui ne voleva a te dovevo capire che tutto questo era solo per
il tuo bene e che non dovevo pensare che le cose che lui stesse facendo
fossero… sbagliate!
Ti
ha punito facendoti andare a scuola, sapendo però che ci sarebbe stata anche
quella cubista dell’Irish! Mi disse che sapeva…”
Prese
un lungo respiro.
“…
che sapeva che Lina probabilmente nascondeva un dono e che magari tu avresti
potuto riscattarti portandogliela!”
“COSA?”
Afferrai
Jane per il collo accecato dalla rabbia, che mi aveva colorato interamente la
vista di rosso.
“Aro
mi ha usato per arrivare a Lina? E’ stata tutta una messa in scena?”.
“si!”.
Quindi
il suo progetto era lei.
Strinsi
la presa sul suo collo, la vidi soffrire, ma lei non si opponeva.
La
scaraventai allora via, lontana dalla mia vista. Non avrei mia infierito su una
Jane che non si ribellava.
Però
la rabbia era davvero troppa. Iniziai sradicare tutti gli alberi che mi
capitavano sotto mano e ringhiai. Ringhiai come un animale ferito e pazzo.
Quando
la rabbia scemò solo di una piccola parte, mi materializzai davanti a Jane a
pochi centimetri dal suo volto.
“Quel
giorno.. alle rovine… perché hai attaccato Lina?”.
Jane
sussultò e il suo viso divenne come quello di una bambina che sa di aver
sbagliato ma piagniuccolando cerca di
far capire le sue intenzioni.
“tu
hai cambiato tutto… tu dovevi capire che quella
era speciale.. dovevi capire di dover consegnarla a lui… così non avresti più
dovuto dar modo a lui di dubitare di te…. Ma.. ma tu hai iniziato a cambiare… a
evitarmi… a raccontarmi bugie… e ti sei innamorato di lei dimenticandoti di
me…”
“chi
racconta bugie Jane? CHI?”
Le
ringhiai contro.
“Sei
tu che hai tradito per prima quello che noi due eravamo!”
“lo
so…”
“LO
SAI?? Mi prendi in giro Jane?”.
No,
la rabbia era al limite. Lasciai scorrere il mio potere e prima di tutto le
tolsi la vista.
“A-Alec..”
Sussurrò
terrorizzata Jane.
Iniziò
a brancolare nel buio artificiale che avevo creato, tastando il paesaggio
intorno a se stessa.
Poi
passai all’udito.
Lei
iniziò a gridare.
“Non
sento… Aleeeec! Ti prego!”
Sapevo
benissimo che era differente colpire l’avversario annullando tutti i sensi
contemporaneamente che ad uno ad uno. Quest’ultimo attacco faceva sfiorare al
vampiro la pazzia.
Le
urla di Jane divenivano sempre più stridule, allora le tolsi l’olfatto dato che
iniziava ad avanzare verso di me.
Non
contento finii la mia opera togliendole piano piano il tatto. Iniziai dai piedi
risalendo adagio fino al viso.
Cadde
subito a terra in preda agli spasmi.
Solo
allora mi accorsi che la mia rabbia non diminuiva. Avrei potuto torturarla
all’infinito ma le cose non sarebbero cambiate. Anzi da una parte avrei anche
potuto ringraziare la stupidità e l’ingenuità di Jane per Aro. Senza di lei non
mi sarei mai innamorato di Lina, non avrei mai scoperto questo nuovo modo di
vivere, dove l’odio, la crudeltà e il potere non era tutto, anzi a confronto
non era niente.
Decisi
così di ridarle i sensi.
Lei
si bloccò dai suoi spasmi e poi adagio si rialzò respirando affannosamente.
“perché
non mi hai uccisa?”.
Che
domanda sciocca.
“Perché
io a differenza di te non ti ho mai sottovalutata. Ti ho voluto bene come è
sempre stato e come avrebbe sempre dovuto essere!
Ma
ritengo che il fatto che ora dovrai convivere con un senso di colpa eterno per
aver rovinato il nostro rapporto… sia una punizione migliore della morte!”
Ed
era vero. Lo sapeva benissimo anche lei. Glielo leggevo negli occhi.
“Alec
io… so di aver sbagliato. Solo ora mi rendo conto. Come posso fare per
recuperare?”
È
vero che ‘molte volte è meglio chiedere scusa che il permesso’, ma in questa situazione
decisamente non è neanche il caso di porre il quesito.
Quello
che Jane aveva fatto era terribile, non avrei mai potuto più fidarmi di lei,
però il suo sguardo lo conoscevo, era sincera, voleva davvero fare qualcosa per
farsi perdonare. Ma io ero cocciuto come lei, non glielo avrei dato così
facilmente, però avrei potuto approfittarne.
Ora
che sapevo quello che Aro aveva fatto, non potevo più starmene là. Lina era in
pericolo. Lina e ora anche la mia bambina.
“Jane,
sai vero quello che mi chiedi?”.
Lei
abbassò il capo. Si, lo sapeva benissimo.
“forse
però, un modo c’è!”.
Jane
alzò lo sguardo speranzoso verso Alec, a pieni orecchi.
Buonaseraaaa!!!
Avete
visto che capitoluccio vi ho scritto??
Lo
adoro voi no? Lo aspettavo da tanto perché era il capitolo clou, quello in cui
finalmente vi spiegavo gli strani comportamenti che Jane all’inizio aveva… vi
ricordate???
Hi
hi hi!!! *me pianificatrice*
Beh,
è ovvio quello che Alec vuole chiedere a Jane. Voi lo avete capito vero???
Ditemi
mie care cosa ne pensate.
Un
bacione vi voglio bene!!!!
Deborah
|
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Capitolo 29 *** speranza ***
speranza
Capitolo 29
Speranza
(POV
Lina)
Erano
passati tre quarti d’ora da quando Alec se ne era andato. Non sapevo dove fosse,
ne perché. Ma quando Heidi aveva pronunciato il nome di Jane, così scossa per
giunta, non avevo potuto non lasciarlo andare. In fin dei conti avevano vissuto
assieme contando solo sulla loro presenza per ben tre secoli. Chi ero io per
impedirgli di incontrarla, se lei aveva bisogno di lui?
La
porta si aprì facendo entrare il mio Alec. Ero felice di vederlo, ma le mie
emozioni scemarono quando lo guardai bene in volto.
Era,
se fosse possibile, ancora più bianco del solito. I suoi occhi, i suoi
splendidi occhi, erano spenti e questo mi fece paura, tanto. Che cos’era
successo?
“Alec,
che succede?”.
Lui
senza dire nulla si tuffò tra le mie braccia come un bambino in cerca di
conforto. Non insistetti. Lo accarezzai dolcemente, come il mio istinto di neo
mamma diceva di fare, e lo coccolai per un tempo indefinito. Lui dal canto suo,
non aveva lasciato la presa sui miei vestiti che stringeva a pugno neanche un
secondo.
Dopo
ore o pochi minuti lui si alzò da quella posizione con un po’ più vita in quel
suo bellissimo viso.
“Lina
siamo stati ingannati. Dobbiamo andarcene da qui, al più presto!”
Era
serio e la sua voce grave mi mise paura.
“Alec
di cosa stai parlando?”
Prese
un respiro e poi iniziò a raccontarmi della sua ricerca di Jane e di quello che
lei gli disse una volta trovata. Del suo doppio gioco a favore di Aro e
soprattutto di me, del fatto che sapevano delle mie possibili potenzialità e
quindi del fatto che tutto era stato anticipatamente pianificato.
“Ma
come è possibile?”
Ero
incredula. Come faceva un uomo solo pensare a tante macchinazioni tutte
assieme.
“non
lo so, amore. Ma stiamo parlando di Aro, con lui nulla è da dare mai per
scontato. E perfido e ora che provo sulla mia pelle questo dato di fatto, mi fa
sentire ancora più uno schifo il fatto che in tutti questi anni l’ho sempre
appoggiato nei suoi sporchi giochi!”.
Lo
abbracciai istintivamente più forte.
“non
è colpa tua quello che è successo. Prima eri un altro e credo già di averti
fatto capire che non mi interessa per nulla chi eri o cosa facevi prima. Io amo
l’Alec che conosco adesso. L’uomo della mia vita, quello che mi ha reso la
persona che sono adesso. E amo soprattutto quell’uomo che diventerà il padre di
mio figlio. Perciò non colpevolizzarti, chiaro?”
Lui
mi prese il viso tra le mani guardandomi fin dentro l’anima. I suoi occhi
brillavano.
“e
io amo te. Per avermi accettato per quello che sono. Per avermi ridato la mia
umanità persa. Per aver visto in me un uomo migliore di quello che forse in
realtà sono. E ti amo per quella splendida bambina che mi darai.”.
A
sigillare questa dichiarazione a cuore aperto, un bacio. Un bacio carico del
nostro amore. Un bacio carico del nostro rispetto reciproco. Un bacio carico
della passione che nutriamo sempre più, per l’altro. Un bacio carico di noi.
*
“Jane
alla fine mi ha implorato di perdonarla. Amore lo sai che per me è difficile
farlo dopo tutto quello che ci ha fatto, ma una possibilità gliela darò. Non ora
certo. Ma in futuro forse. Per ora le ho semplicemente chiesto di aiutarci.”.
“aiutarci?
Cosa hai in mente?”.
“riguardo
a quello che ti ho detto prima. Dobbiamo andarcene da qui e lei ci aiuterà a
scappare!”.
A
scappare? Ammetto che l’idea mi piaceva un sacco. Io non avrei mai voluto
passare la mia eternità dai Volturi, ma per Alec, questo sarebbe stato un
prezzo sufficiente da pagare.
“dove?”.
“ti
ricordi i Cullen?”.
“Certo.
Sono quelli dagli occhi oro e se non sbaglio, sono quelli che hanno avuto a che
fare con una nascita provocata da un vampiro e un’umana.!”
“Esattamente.
Tra di loro hanno una vampira che prevedere il futuro, di sicuro sapranno già
che stiamo arrivando. Chiederò loro in ginocchio, se sarà bisogno, di aiutarci.
Io non so come comportarmi con la tua gravidanza. E spero che loro ci aiutino,
non saprei altrimenti dove altro andare. Tu, tu però, cosa ne pensi?”.
“penso
che ti seguirei in capo al mondo se solo me lo chiedessi, anche direttamente
agli inferi.”.
Lui
mi guardò con uno sguardo di fuoco. Il rosso dei suoi occhi sembrava liquido,
anche se non era poi interamente rosso, verso l’esterno sembrava quasi…
“Alec,
ma sbaglio o il colore dei tuoi occhi sta…”.
Non
sapevo come finire la frase. Sta cambiando? Ha senso dirlo?
“ehm…
piccola, da quando mi hai accettato per quello che sono, ho deciso di
sbarazzarmi del mostro che ero e quindi sto cercando di seguire la dieta a base
di animali. Per te, per la nostra bambina, voglio essere migliore!”
Per
me? Ancora non potevo crederci della fortuna immensa che avevo. Nessuno era mai
stata in grado di amarmi così tanto in tutta la mia vita.
“Ti
amo. Non mi stancherò mai di dirlo. Anche se mi sembra una parola così piccola
per contenere tutte le emozioni che provo per te!”.
“ti
capisco… perché anch’io ti amo.. e non solo!”
*
“Allora
com’è il piano?”.
Lui
finì di sistemare la sua roba nello zaino poi mi si avvicinò.
“Bè
Jane dovrebbe arrivare a minuti ormai. Spero che Aro non l’abbia toccata, sennò
tutto il piano salta. Se tutto andrà liscio, aspetteremo Heidi che porterà il…
il…”
Credeva
che mi sarei impressionata?
“ho
capito, che porterà il cibo!”
Mi
guardò con uno sguardo di scuse. Uffi, che testardo.
“si…!
La parte più forte della guardia sarà tutta lì dentro a ‘cena’, quindi noi ce
ne andremo indisturbati, poi Jane cercherà di tenere tutti il più possibile
lontano dalla nostra stanza per non far notare la nostra assenza. Spero che
quando se ne accorgeranno, noi saremmo già al sicuro sull’aereo per gli Stati
Uniti. A Jane non ho detto dove andremmo, forse per un po’ saremmo al sicuro,
ma Demetri sicuramente ci scoverà, non te lo posso negare, ma ammetto di confidare
nel buonismo dei Cullen!”.
Sembrava
un bel piano, anche se però Alec mi sembrava molto teso. Sapeva che se non
fossimo riusciti nel nostro intento, nessuno questa volta sarebbe scampato alla
Dea della Morte.
“non
disperiamo amore mio. Dobbiamo confidare nel fatto che andrà tutto bene, ok?”.
Mi
guardò sorpreso dalle mie parole. Vedevo la voglia nei suoi occhi di credermi,
ma anche la parte razionale di lui che lo teneva con i piedi per terra.
“Se
esiste veramente un Dio lassù, spero veramente che ci aiuti. E se proprio di me
non ne vuole sapere, spero vivamente che aiuti te!”.
“non
dire così ti prego. Vedrai.. andrà tutto bene!”.
Ci
guardammo intensamente negli occhi. La voglia di credere veramente a quelle
parole, era tanta.
Dei
piccoli colpi alla porta ci fecero sussultare entrambi.
“Avanti”.
Disse
apatico l’Alec di un tempo.
Sapevamo
benissimo che il nostro destino dipendeva dal vampiro che avrebbe varcato
quella porta.
Iniziai
a respirare forte, boccheggiavo quasi, come se mi mancasse l’aria. Il mio
piccolo dentro di me sussultò. Anche lui era agitato per quella situazione. Istintivamente
appoggiai una mano sul mio ventre.
“Non
temere piccolo mio. Andrà tutto bene!”.
Alec
mise la mano sopra la mia, ma io guardai verso la porta.
Jane
avanzò piano con sguardo incolore. Mi fissava. Fissava la mia mano e quella di
Alec sulla mia.
“Aro
non sa nulla, ancora. Fra dieci minuti Heidi sarà qui, vi conviene prepararvi!”.
Il
mio cuore iniziò a battere normalmente, dopo l’incertezza che c’era stata un
secondo prima delle sue parole.
Andai
verso il letto e presi il mio zaino sulle mie spalle. Mi dispiaceva lasciare
parte delle mie cose qui e a casa, ma non potevo farci nulla. E poi a chi
importava? Quelle più importanti ce le avevo una dentro di me e una a pochi
centimetri di distanza.
“Ok,
io sono pronta!”.
“Bene,
anch’io!”.
Dopo
dieci minuti ci guardammo negli occhi e con un tacito accenno ci prendemmo per
mano e ci avviammo verso la porta. Jane restava immobile e in silenzio ad
osservarci.
Una
volta di fronte a lei, Alec lasciò la mia mano e l’abbracciò. Lei parve
sorpresa inizialmente, poi una volta ripresasi lo abbracciò a sua volta
singhiozzando.
“Ti
chiedo ancora perdono fratello!”.
“Sorella,
ti vorrò sempre bene e questo lo sai. Abbi cura di te. Specialmente quando si
verrà a sapere del tuo coinvolgimento!”.
“Ho
la pelle dura. Dovresti saperlo!”.
E
con un sorriso perfido si staccò da lui.
Alec
riprese la mia mano per poi incamminarsi verso la nostra libertà.
Una
volta fuori da quella stanza, mi bloccai e mi voltai verso di lei con tutta la
sincerità che avevo dentro.
“Grazie!”.
Lei
non disse nulla, ma mi sorrise. Un sorriso non ostile, che valeva più di mille
parole, e per me era già tanto.
Vagammo
per i bui corridoi di quel palazzo. Una volta usciti affrettammo sempre più il
passo. L’idea che qualcuno ci potesse seguire non aveva abbandonato nessuno. Poi
fuori Volterra lui mi prese sulle spalle e corremmo via, verso la speranza di
un futuro migliore.
Sono quiiiii!!!
Scusatemi
per il ritardo!davvero!
Spero
comunque di farmi perdonare con questo capitolo!
Alec e
Lina finalmente scappano!
Qualcuno
li seguirà o riusciranno ad arrivare incolumi dai Cullen?
E quest’ultimi
li aiuteranno???
Mah…
chi lo sa? Ma ovvio! iooooooo!! Muhahahaah
A presto
mie care!!
Un bacione
|
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Capitolo 30 *** confusione ***
confusione
Capitolo 30
Confusione
(POV
Alice)
“Isabella
Marie Swan Cullen!”
Questa
volta non l’avrebbe passata liscia e di sicuro l’aveva capito anche a lei, che
si era irrigidita per poi voltarsi verso di me.
“che
c’è?”.
Chiese
ingenuamente.
Ma
con chi credeva di aver a che fare? Non la dava a bere di sicuro alla
sottoscritta.
Edward
sorrideva in lontananza seduto sul divano con Jazz ed Emmett. Che nervi quando
si prendeva gioco dei miei pensieri.
“Bella
non fare l’ingenua con me!”
“davvero
non so di cosa tu stia parlando!”.
Feci
un passo avanti mettendomi le mani ai fianchi!
“ti
sembra forse il modo di vestirti??”.
In
risposta vidi due occhi oro alzarsi al cielo.
I
tre vampiri sul divano iniziarono a ridacchiare rumorosamente, ma bastò una mia
occhiata a farli smettere.
“Alice
lo sai che sono un caso perso. Perché
ancora ti disturba il mio stile?”.
“un
paio di jeans e una camicia da boscaiolo non sono uno stile!”.
Lei
sbuffò.
“signorina,
sappi che ho l’eternità per migliorare il tuo gusto estetico!”.
I
suoi occhi si sbarrarono, neanche le avessi detto di volerla uccidere. Si voltò
verso Edward per chiedergli tacitamente aiuto.
-
Fratellino non ti
conviene metterti conto di me-
Gli
intimai con il pensiero.
“scusami
amore!”.
Disse
lui rivolto alla sua dolce metà con fare dispiaciuto e impaurito.
Lei
di risposta gli ringhiò in tono sul metà divertito e il metà irritato.
*
“Ehi
qualcuno sa dirmi dov’è andata a finire la mia Renesmee?”.
Chiese
la mia sorellina senza stile nel vestire.
“Sento
i suoi pensieri e quelli di Jacob, perciò presumo che stiano per arrivare!”
Rispose
il mio fratellino con un po’ di apprensione nella voce.
Faceva
ancora a fatica a digerire il fatto che la sua piccola bambina fosse
l’imprinting di un cane molto cresciuto.
“per
fortuna la mia nipotina ha più gusto di te nel vestire!”.
Isabella
mi guardò con una faccia ‘ovvia’.
“Tu
e Rosalie non avete fatto altro che farle fare la modella ogni santo giorno…
come potrebbe essere altrimenti. Ci ha preso gusto.”
Hihihi.
Risi divertita. Nessie aveva due anni di vita e ne dimostrava sei. Si divertiva
un mondo a indossare tutti i vestiti che io e Rose le davamo. Non potevo esserne
più felice.
La
porta si aprì rivelando un Jake dai soliti occhi brillanti, per il solo fatto
di stare assieme a lei, a Nessie. Ora era una bella bambina dai capelli bronzei
come quelli di Edward, lunghi fino al bacino e mossi. Per spuntarli un po’ Rose
ci aveva quasi staccato la testa a tutti. E poi quei splendidi occhi, così identici
a quelli di Bella quand’era umana.
Stavo
ancora ammirando la mia bella nipotina che con la mano attaccata al viso della
madre, le ‘raccontava’ cosa aveva fatto con Jake, quando una visione molto
confusa mi si parò davanti.
*
“amore…”.
Jazz
mi teneva la mano. Trovai un po’ di pace e di conforto nei suoi occhi, grazie
anche al suo potere.
“Alice
ma cosa…?”.
Mi
voltai verso Edward che sicuramente aveva seguito la mia visione.
“io
non capisco molto bene. C’era molta confusione, solo alcune cose erano chiare.”
Mi
guardava in apprensione.
“il
fatto che venga qui deve farci preoccupare?”.
“Non
saprei, anche perché…”.
“oddio
vi prego. Non iniziate! Sapete quanto odio quando fate così!”.
Emmett
mise il broncio.
In
quel momento mi accorsi che tutti i presenti in quella stanza mi guardavano un
po’ curiosi e agitati.
“chiamate
gli altri!”.
Dissi
e non aggiunsi altro. Mi sedetti sulle scale che portavano al piano di sopra e
provai ad avere altre visioni più nitide, se possibile.
*
“Allora
Alice, cos’hai visto?”.
A
parlare era stato Carlisle. Ora ci trovavamo tutti al completo nel salotto.
“ho
avuto una serie di visioni contemporaneamente. Diciamo che una decisione ha
comportato diverse conseguenze confusionali.”.
Carlisle
annuì.
“Da
chi è stata presta questa decisione di cui parli?”.
Aspettai
un secondo a rispondere. La rivelazione avrebbe creato molto sgomento .
“Alec!”.
Bella
ringhiò, seguita da Jake, Emmett e Jazz.
“per
Alec intendi forse il gemello di Jane?”.
“Si,
Bella!”.
La
mia sorellina strinse istintivamente Nessie.
Carlisle
richiamò la mia attenzione.
“Sai
dirmi quale sarebbe questa decisione?”.
Ecco
ora la parte più difficile, perché non mi era ancora tutto chiaro.
“Alec
ha deciso di venire qui!”.
Un
susseguirsi di ringhi squarciò l’aria.
“un’altra
battaglia?”.
Chiese
Jake mentre tremava dalla testa ai piedi e allontanandosi perciò a distanza di
sicurezza da Nessie, che a sua volta lo guardava sapendo bene cosa sarebbe
successo se lui non si fosse controllato. Lei era molto intelligente.
“Forse.
Ma non ho capito bene.”.
Un
mal di testa assurdo aveva iniziato a incasinare ancora di più i miei pensieri
e le mie visioni.
“Alec
sta venendo qui, vero! Ma non mi sembra intenzionato a combattere. Sembra che
venga a chiederci qualcosa.”.
“cosa
te lo fa credere?”.
Mi
chiese Carlisle, con la sua solita calma.
“Bè
il fatto che si metteva in ginocchio davanti a tutti noi!”.
Tutti
gli sguardi dei presenti sgranarono alle mie parole. Certo. Sapevamo tutti chi
fosse Alec ed il suo carattere da persona sadica, che piuttosto di
inginocchiarsi preferirebbe uccidersi da solo.
“Incredibile!”.
“Già,
e non è tutto!”.
Tutti
mi guardarono interrogativi, tutti tranne Edward ovviamente.
“Bè,
una cosa che mi era parsa altrettanto chiara era il fatto che assieme a lui ci
fosse un’umana!”.
“un’umana?”.
“Si,
Carlisle! Ma non capisco il motivo della loro visita.”
Tutti
rimasero in silenzio nei loro pensieri.
“a
cosa ti riferivi quando parlavi delle conseguenze?”.
“Bè
ecco quelle sono le visioni più confuse. Vedo i Volturi arrabbiati, poi più
niente. Poi vedo noi schierati nella stessa radura di un anno e mezzo fa, ma
non so il motivo, ne contro chi siamo e
ne chi c’è dalla nostra parte. Perché so che c’è qualcun altro, ma non riesco a
vedere chi!”.
Tutti
ritornarono pensierosi.
“Bè
una cosa è chiara. Tutto si deciderà dalla visita di Alec giusto?”.
Si
di questo ne ero sicura anch’io.
Tu Edward che dici?
Mio
fratello mi guardò con aria assai pensierosa.
“Si,
Alice. Tutto si deciderà sicuramente dalla sua visita.”.
Poi
Esme si fece avanti.
“Ma
perché mai il ragazzo verrebbe a pregarci in ginocchio? Che sia scappato?”.
“impossibile.”
Rispose Rose. “sicuramente sarà una trappola, per portarci ad un altro scontro!”.
“Forse.”
Rispose sopra pensiero Carlisle. “Ma io però non capisco il fatto di
presentarsi qui, con un’umana, per giunta. Lui si allontana poche volte da
Volterra, e se lo fa, solo in compagnia di Jane e basta!”.
“Carlisle
sanno quello che sai tu, e conoscono i nostri poteri. Di sicuro faranno in modo
di confonderci!”.
Rose
controbatté. Non aveva torto, però secondo me non era così. C’era altro lo
sentivo, ma non capivo.
“Alice
quando dovrebbe arrivare Alec?”.
“Domani,
sul tardo pomeriggio!”.
Tutti
si tesero, sapendo non mancasse tanto tempo.
“Domani?”.
Chiese
Carlisle sorpreso.
“Già
a quanto pare, l’ha deciso di colpo ed è partito!”.
“Sempre
più strano! Sembra davvero una fuga. Scusate vado a chiamare Eleazar, magari sa
darmi qualche altro punto di vista!”.
Nessuno
disse nulla. Ci voleva davvero il punto di vista di qualcun altro che avesse
avuto a che fare da vicino con i Volturi.
“Edward?”.
Isabella
era impaurita, teneva stretta la sua piccola. Sapevo bene che temeva per lei.
“Bella
amore, sta tranquilla. Non credo che centri Nessie.” E si voltò verso di me per
chiedere conferma.
“E’
vero. Non c’era nulla che mi facesse intendere il suo coinvolgimento!”.
Per
quanto poco, la vidi rilassarsi un po’.
I
tremori di Jacob nel frattempo si erano fermati , ma la rabbia gliela si
leggeva negli occhi!
“e
quindi? Dovremmo star qui con le mani in mano che quello arrivi qui incolume?”.
“Jake,
calmati. Spaventi Renesmee così!”.
Quel
nome, pronunciato da Edward, ebbe un effetto da tranquillante immediato su di
lui.
Si
avvicinò e le pose una carezza con la sua mano enorme.
“scusami
piccola!”.
Poi
si alzò.
“Credo
tuttavia che sia il caso che informi il mio branco e quello di Sam!”.
“Si
lo penso anch’io. È giusto che sappiano che c’è un vampiro in arrivo. Soprattutto
se si tratta di un volturo. Però vi prego di non attaccare!”.
“Edward
ma che dici?”.
Emmett
di sicuro aveva immaginato di poter combattere contro di lui.
“Mi
dispiace rovinarti i piani, Emm. Ma credo dovremmo ascoltarlo. Ho anch’io la
tua sensazione Alice!”.
Con
sguardo d’intesa annuimmo.
“E
quindi?”.
“quindi
dovremmo aspettare pazientemente fino a domani sera!”.
Tutti
si guardarono in giro palesemente irritati da quella prospettiva.
Eccoci
qua!
Abbiamo
avuto l’ingresso nella storia dei Cullen, al quanto preoccupati e confusi per
quello che li aspetta!
Che ne
pensate??
Alla prossima
Alec arriva tranquille.
bacio
|
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Capitolo 31 *** forte ***
forte
Capitolo 31
Forte
(POV
Lina)
Eravamo ancora
vivi.
Questo
è il pensiero che continuavo a ripetermi da quando eravamo atterrati a Port
Angeles.
Vedevo
Alec costantemente allerta, forse si aspettava di veder sbucare fuori qualche
vampiro vendicativo da un momento all’altro.
Vedere
il mio amore così agitato faceva si che anch’io a mio volta lo fossi, e di
conseguenza anche il mio bimbo. Di tanto in tanto lanciava qualche calcio, il
mio piccolino era davvero forte, anche se però ne ero veramente sorpresa. Insomma
ero incinta da una settimana e mezza e sembrava lo fossi da 4 mesi. È vero,
Alec aveva detto di non sapere bene come funzionasse, ma che la gravidanza era
minore di una normale. Si ma quanto minore?
Speravamo
vivamente che questi Cullen ci aiutassero, perché temevo. Temevo per la vita del mio piccolino.
“Lina
sei pallida. Tutto bene? Vuoi mangiare?”.
Alec
mi stava accarezzando il viso.
“Hai
freddo?”.
Si,
ma era sopportabile e non volevo pesargli molto, mi bastava già il fatto che
avessi costantemente fame e sonno.
“A
dire il vero, ho molta fame!”.
Lo
guardai negli occhi…
“Alec,
anche tu però dovresti mangiare!”.
Sviò
il suo sguardo dal mio.
“No,
io posso resistere.”.
No
piccolo. Non ti lascerò lì a soffrire.
“Bè,
allora anch’io.”.
E
misi le braccia consorte.
Il
suo sguardo accusatorio mi perforò, mentre di rimando facevo lo stesso.
“Lina
non dire cavolate.”.
“Bè,
allora non farlo neanche tu!”.
Alzò
gli occhi al cielo sbuffando.
“E
come pretendi che io ti lasci qui sola, ah?”.
Guardai
attorno a me l’aeroporto e notai una piccola insegna.
“Facciamo
che io vado laggiù a mangiare, e nel frattempo tu cerchi qua fuori. Insomma siamo
pur sempre circondati dai boschi. Non ti sarà difficile trovare qualcosa, no?”.
Lo
vidi pensieroso mentre vagliava i vari punti della mia offerta.
“ok!
Mi hai convinto. Farò il più presto possibile, tu aspettami lì, ok?”.
Annuii.
E prima di andarsene mi avvolse nel suo abbraccio e in uno dei nostri baci da
estraniamento dal mondo.
*
Non
riuscivo a capire. Era la terza pietanza che ordinavo e per la terza volta
avevo dovuto correre in bagno a vomitare. Forse era quel posto che faceva da
schifo il cibo, eppure negli altri tavoli la gente mangiava abbastanza
tranquilla.
Mah,
forse era il cibo americano in sé che mi faceva schifo.
Mi
alzai pagai e mi avviai verso la panchina che c’era davanti all’ingresso del
ristorante. Ormai era passata un’ora, Alec non sarebbe mancato ad arrivare.
Ero
ancora assorta nei miei pensieri quando mi accorsi di una presenza al mio
fianco.
“Alec!
ma da quant’è che te ne stai lì?”.
“qualche
minuto. Sei davvero bella, Lina!”.
Gli
sorrisi di rimando e mi spostai verso di lui per baciarlo.
Come
ogni volta che le mie labbra toccavano le sue, mille fuochi d’artificio mi
scoppiavano dentro.
“uhm!”.
Mi
abbracciai lo stomaco dopo essermi staccata da lui.
“Lina?
Cos’hai?”.
Gli
accennai un sorriso, non volevo mostrargli il dolore che il mio bimbo mi aveva
dato con il calcio che mi aveva appena dato.
“credo
che qualcuno qui sia geloso!”.
Gli
dissi indicando la mia pancia un po’ pronunciata.
Lui
mise una mano sotto la mia maglia, e istintivamente la sua mano fredda mi diede
sollievo.
Mi
fece poi appoggiare alla sua spalla accarezzandomi i capelli.
Ero
felice. Si, dopo tutto quello che era successo potevo dire senza indugio di
essere felice.
“Lina,
è meglio se ora andiamo. Ho comprato un auto prima, così potrai stare
comodamente seduta, invece di stare aggrappata a me!”.
Mi
staccai da lui malvolentieri.
“Ehi,
come hai comprato un auto? Con quali soldi?”.
Lui
sorrise sornione.
“è
uno dei vantaggi di vivere per l’eternità e di appartenere ad una casata ricca!”
Lo
guardai incredula. Davvero pazzesco.
“ok,
come non detto! Prima però vado al bagno!”.
“Ok
ti aspetto!”.
Entrai
nel bagno delle signore e finalmente potei fare pipì. Stavo veramente per
scoppiare.
Mentre
mi alzai però i pantaloni notai un piccolo segno violaceo sulla mia pancia. Non
potei non accarezzarlo. Non mi sarei mai potuta arrabbiare con lui.
“Piccolino
mio, sei proprio forte, ah? Si, di sicuro diventerai un bell’ometto!”.
Sorrisi
alla mia pancia e di risposta ricevetti un piccolo calcetto. Che mi avesse
sentito? Capita? Perché no! Sapevo che il mio Alec Junior era speciale!
Mi
rivestii in fretta e poi raggiunsi Alec. insieme uscimmo dall’aeroporto
dirigendosi verso il parcheggio. Camminavo tranquilla quando ad un tratto Alec
mi bloccò davanti ad un auto, facendo scattare l’allarme.
Ero
a bocca aperta.
“Immagino
che il ‘passare inosservati’ sia momentaneamente abolito giusto?”.
Lui
rise apertamente.
“Dai
scema, entra!”.
*
Non
appena appoggiai la testa sul sedile, sentii tutta l’ansia accumulata dalla
nostra fuga da Volterra. Ero davvero stanca, eppure non riuscivo a prendere
sonno. Era davvero una situazione fastidiosa.
Restai
così in quella dormiveglia fino a quando Alec mi sussurrò che eravamo arrivati.
Aprii
gli occhi e vidi che avevamo parcheggiato di fronte ad un immensa casa che si
trovava esattamente circondata dal bosco.
Alec
mi aprì la portiera e mi aiutò a scendere. Quando mi voltai, trovai davanti a
noi otto persone, o meglio otto vampiri. Sembravano divisi in coppie. A partire
da destra c’era un armadio dai capelli neri, mi ricordava vagamente Felix, e
una bionda mozzafiato, che invece mi ricordava Heidi. Poi c’era una bellissima
donna dai capelli color del caramello e un uomo affascinate e calmo, quello doveva,
senza dubbio, essere Carlisle, colui che
per primo aveva iniziato a cibarsi del sangue degli animali. Provavo già stima
per lui. A seguire c’erano poi una bellissima ragazza dai lunghi capelli
marroni, che ci guardava furiosa, e un ragazzo dai capelli davvero disordinati,
ma che in fin dei conti gli stavano bene. A concludere la fila una piccola
vampira dal sorriso amichevole sul viso e un vampiro con un viso il contrario
di quella che di sicuro era la sua compagna, era decisamente in allerta.
Non
sapevo cosa dovermi aspettare e forse era così anche per Alec, così cercai la
sua mano per dare ad entrambi il proprio sostegno.
Quando
le mie mani si intrecciarono con le sue vidi otto paia di occhi fissarci più
attentamente di prima. Alec mi aveva raccontato dei dissapori passati, di
sicuro sarebbe stata piuttosto dura farci dare il loro aiuto.
“Alec,
qual buon vento di porta da queste parti, lontano dalla tua amata Volterra?”.
Chiese
quello che doveva essere Carlisle. Aveva parlato in tono calmo.
“come
vedete non sono con i miei simili e di sicuro per me non esiste più nessuna
amata Volterra. Non sono qui per combattere. Speravo che lei avesse già visto
le mie intenzioni, così da semplificarmi tutto!”.
Alec
aveva fatto un cenno verso la direzione della piccola vampira, che proprio un
secondo dopo vidi irrigidirsi mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto.
“Alice?
Cosa vedi?”.
Il
ragazzo dalla chioma leonina e dallo sguardo duro, le prese la mano.
Quando
il viso della ragazza tornò in se disse:
“uffa
di nuovo!”.
Carlisle
si voltò verso di lei curioso, mentre il vampiro dai capelli disordinati mi
guardava insistentemente.
Mi
dava fastidio e a quanto pare anche ad il mio Alec Junior, che mi dava diversi
colpi sulla pancia per attirare su di lui l’attenzione. Così appoggiai una mano
sul ventre. Alzai lo sguardo e vidi che anche quello ora lo fissava. Che nervoso.
“cos’hai
da guardare?”.
Tutti
ora mi fissavano. Quella strana situazione mi faceva innervosire, no anzi
arrabbiare. Uff, per colpa degli ormoni non riuscivo più a controllare le mie
emozioni.
Un
vento freddo si sollevò intorno a noi. Più il freddo si faceva intenso più mi
sentivo debole, dovevo smetterla, ma come? Non sapevo controllare questa cosa.
“Lina,
ti prego calmati. Non è successo nulla. Va tutto bene!”.
Alec
mi sussurrava queste frasi all’orecchio, mentre mi accarezzava il viso.
“Jasper
calmala!”.
Era
stato quel tipo dai strani capelli a parlare rivolto al tipo a fianco di quella
Alice.
Poco
dopo sentii una calma apparente invadermi, così riuscii a far smettere al vento
freddo di ruotarci attorno.
“è
stata lei?”.
Chiese
Carlisle sorpreso.
Alec
al mio fianco annuì.
“Ma
è solo umana!”.
Disse
invece quello che si chiamava Jasper incredulo.
Ero
calma eppure vedevo tutto attorno a me girare sempre più in fretta. Mi sentivo
sempre più debole.
Sentii
urlare un “Prendila!”.
Poi
vidi solo buio.
Sono quiiii!!!
A no???
E invece siii!!
Lo so
vi ho fatto aspettare!!
Perdono!!
Comunque
cosa ne pensate di questo capitolo???
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Capitolo 32 *** l'amore ***
l'amore
Capitolo 32
L’amore
(POV
Alec)
“prendila!”
Mi
era bastato meno di un secondo per capire che Edward si riferiva a Lina.
L’avevo vista sbilanciarsi in un modo non molto sensato e ho capito subito che
stava svenendo.
Mi
trovavo ora seduto a terra con lei tra le mie braccia.
“Lina!
Lina ti prego svegliati!”.
Niente.
Sembrava quasi stesse dormendo. Il panico stava davvero invadendo ogni singola
parte del mio corpo. Tremavo. Me ne accorsi quando stavo accarezzando i capelli
della mia piccola.
“Alec.
io sono un dottore. Posso visitarla per vedere cosa ha?”.
Solo
ora mi accorsi che i Cullen stavano ancora in piedi davanti a me. Solo che
sembravano un po’ turbati alcuni e diffidenti gli altri. A parte Carlisle. Lui
mi guardava sincero e davvero credeva nelle sue parole.
“in
fin dei conti sono qui per questo. Per chiedere il tuo aiuto, Carlisle!”.
Dissi
gelido e teso come una corda di violino.
La
sua faccia ora era sorpresa.
“Lina
è incinta… di mio figlio..!”.
Il
silenzio che ora mi rispose era davvero un silenzio scioccato. Bastava vedere
le facce dei presenti. Bè quasi tutte. La veggente non era sorpresa.
“Dici
davvero?”.
Ora
però il dottorino iniziava a darmi sui nervi.
Cosa
dovevo dirgli per fargli capire che era la verità. Cristo. Lina era a terra
svenuta e lui se ne stava lì imbambolato nel suo mondo.
Ero
davvero arrabbiato non capivo cosa dovevo fare.
Poi
improvvisamente la mia rabbia calò ed una strana tranquillità mi invase.
Guardai
quello di nome Jasper.
“non
giocare con le mie emozioni vampiro!”.
Lui
di risposta mi ringhiò contro mollando la presa sulle mie emozioni facendomi
ritornarne la rabbia di prima, duplicata.
“Calmatevi
tutti! Carlisle! La ragazza è davvero incinta di un vampiro. Provo lo stesso
mal di testa che mi veniva quando cercavo di vedere nel futuro di Bella mentre
aspettava Nessie!”
Il
vampiro non se lo fece dire due volte. Mi si avvicinò e cominciò a tastare il
polso, la fronte, gli occhi della mia Lina. Oddio era così pallida. Usare il
suo potere l’aveva indebolita a tal punto? Era forse una maledizione questo suo
dono? Forse si. L’aveva condotta a me. Ma io egoista non posso che esserne
felice. Se non l’avessi conosciuta non avrei mai ritrovato la parte di umanità
che solo lei era riuscita a tirarmi fuori.
“Alec
vuoi portarla dentro? Ho una stanza adibita a uso medico.”
Lasciai
la mia ira a parte e mi sollevai con Lina tra le braccia senza dire nulla.
“Stai
scherzando Carlisle? Lo vuoi far entrare così in casa nostra?”.
Era
la bionda ad aver parlato. Quasi quasi le staccavo la testa. E forse l’aveva
capito anche lei dal mio sguardo, che ricambiò senza tanto sforzo.
“la
ragazza sta veramente male Rose. Non credo che per le colpe passate di Alec,
lei ne debba pagare i conti. E poi è veramente incinta.”.
Per
un momento parve perdere la propria determinazione. Come io la mia. Ero rimasto
scioccato dalla magnanimità di Carlisle.
“ma..”.
“ma
io non voglio che lui si avvicini alla mia famiglia!”.
Era
stata la compagna di Edward a parlare. E di sicuro si riferiva alla sua mezzosangue. Era solo un anno e mezzo
fa che avevamo cercato di ucciderla.
Un
ringhio mi fece mettere all’erta stringendo Lina ancora più a me.
Questa
volta era stato Edward. Lo fissai inizialmente senza capire. Ma certo, lui poteva
leggere i pensieri di chiunque senza dover per forza avere un contatto fisico.
Ok
la situazione iniziava a degenerare. Non sapevo cosa farci per i miei errori
passati… Mi dispiaceva davvero per quello che era successo. Ora che stavo
vivendo anch’io la medesima situazione, non potevo dargli torto per la sua
reazione. Sapere che la vita della tua amata e della tua bambina era in
pericolo, non era per niente una bella cosa.
“come?”.
Un
Edward incredulo mi guardò.
-Che c’è bell’imbusto? Credi di essere
l’unico a saper amare qualcun altro che non sia te stesso? A voler dare la tua
vita, anche mille volte, se fosse necessario, per proteggere la tua compagna e
ora.. anche la piccola creatura che porta in grembo?-
Questo
pensiero glielo avevo rivolto direttamente. I suoi occhi sgranarono al mio
pensiero. Ma che potevo aspettarmi? Neanche io ancora mi riconoscevo dal
vecchio Alec che ero, come potevano farlo gli altri?
“Tranquilla
Bella. Non farà del male a Renesmee, e nemmeno ad uno di noi. Le sue parole sono sincere.”.
La
sua compagna non sembrava convinta, come la bionda che ora le si era
avvicinata.
“Andiamo
dentro?”.
La
vampira, Rosalie se non sbaglio, aveva
fatto cenno a Bella di entrare in casa.
Si
dileguarono senza tante cerimonie mentre Carlisle dandomi le spalle si avviò
verso l’entrata.
“seguimi
Alec!”.
In
silenzio feci quanto mi era stato detto. Edward seguì Carlisle al suo fianco,
mentre alle mie spalle a poca distanza, stavano gli altri due. Era una
situazione davvero frustante, mi sentivo come in trappola e questo mi mandava
fuori dai gangheri. Come mi era stato insegnato non avevo potuto fare a meno di
studiare una qualche possibile via di fuga e attualmente non ve ne era neanche
una. Forse se avessi usato il mio potere ci sarei riuscito, ma la nuova vampira
poteva neutralizzarlo benissimo, quindi ero come dire debole. Dovevo sperare
che tutto andasse bene, altrimenti non avrei saputo quando a lungo avrei potuto
proteggere la mia Lina.
“Noi
non siamo i Volturi, Alec. non avremmo nessun motivo per far del male alla tua
compagna.”
Era
stato Edward a parlare, senza voltarsi però.
Mi
dava così fiducia credendo non lo avrei attaccato? O forse semplicemente
avrebbe visto la mia decisione in tempo per difendersi, così anche se avessi
usato il mio dono?
In
risposta represse una risata.
Non
gli risposi, mi irritava il fatto di non poter pensare liberamente.
“Ok,
la stanza è questa!”.
*
“Allora?”.
Carlisle
era uscito dalla stanza in cui ora si trovava Lina!
“è
piuttosto debole. Ora sta riposando. Sai quand’è stata l’ultima volta che ha
mangiato?”.
Che
domande…
“Bè
oggi! Prima di venire da voi!”.
“Ha
mangiato tutto?”.
Mi
prende in giro?
“Ma
si che… un momento!”.
Io
non sapevo se Lina aveva mangiato, cioè lei mi aveva detto di si, però
effettivamente non l’avevo visto con i miei occhi e lei non mi aveva aspettato
al ristorante, ma fuori.
“non
lo so. Ero a caccia, non ero con lei. Abbiamo passato la notte in aereo e lei
non ha mangiato lì. E i giorni prima, bè di solito ci pensava Heidi mentre io
ero a caccia. Non ci posso credere…!”.
“non
adirarti, Alec. Abbiamo potuto vedere anche noi con i nostri occhi cosa
l’istinto materno di una donna le possa portare a fare.
È
solo che vedi, ci siamo accorti che il feto essendo mezzo vampiro, ha bisogno
di essere nutrito anche come un vampiro, non solo come un umano!”.
Ma
certo, che stupido che sono. Avrei dovuto arrivarci.
“e
quindi? Le darete del sangue.. che ne so.. con un sondino?”.
Non
volevo vedere Lina con tanti tubicini attaccati… però li vidi esitare.
“a
dire il vero Bella lo aveva bevuto!”.
Cosa?
Aveva davvero bevuto del sangue mentre era umana, per saziare la sua bambina?
Davvero incredibile. Ma a Lina? Le avrei mai chiesto una cosa del genere? Io
non sapevo se potevo chiedergli così tanto.
“Provaci!”.
Fissai
Edward.
“a
Bella non dava fastidio l’odore o il sapore del sangue. Il fatto che la bambina
lo bramasse, permetteva a lei di apprezzarne il gusto.”.
Chissà.
Forse sarebbe stato meglio. Così sia lei che la mia bimba sarebbero state
meglio. Ok. Una volta che si fosse svegliata glielo avrei chiesto.
“D’accordo!”.
“non
è tutto però!”.
Cosa?
Edward mi guardava con tristezza, perché?
“Ci
sono passato prima di te, sento quanto ci tieni a lei perciò è giusto che tu
sappia a cosa vada incontro, non sarà uno bello spettacolo la tua Lina quando
il bimbo crescerà!”.
“cosa
stai dicendo?”.
Il
suo tono ed il suo sguardo non mi piacevano.
“ti
diremo tutto della gravidanza, ma prima vogliamo sapere cosa ti è successo!”.
Cosa?
No, io ora voglio sapere il significato di quello sguardo. Cos’era quel dolore
che vi leggevo dentro? Era tremendo vedere i suoi occhi così cupi. Cosa potrà
mai portare tutto quel dolore?
“te
lo dirò, ma prima per la nostra sicurezza, vogliamo sapere perché ti dovremmo
aiutare… dopo tutto poi quello che è successo!
Ero
più testardo di un mulo. Però… Forse era meglio dargli la spiegazione che
voleva così prima si sarebbe messo il cuore.. se come no… vabbè qualcosa in
pace, prima mi avrebbe detto quello che voglio sapere.
Sorrise
all’esitazione della parola cuore, già, per noi era una bella battuta.
“andiamo
in salotto, ci accorgeremo subito quando la tua compagna si sveglierà!”.
Esitai,
ma acconsentii ugualmente.
*
Tutti
ora aspettavano la mia storia. Che buffa situazione, se qualcuno qualche mese
fa mi avesse detto che mi sarei ritrovato in casa Cullen a parlare civilmente,
dopo aver chiesto loro aiuto, gli
avrei riso in faccia e dopo l’avrei ammazzato. Poco ma sicuro.
“Io
e Lina siamo scappati da Volterra!”.
Tutti
mi guardavano attenti.
“E
la tua gemella? Non ti allontani mai da lei!”.
Carlisle
aveva un buon spirito d’osservazione.
“Sono
felice di essermi innamorato di Lina, ma se ciò è successo è solo perché Aro aveva
macchinato alle mie spalle sfruttando anche l’affetto di mia sorella per me.
Solo che mia sorella si è spinta oltre per i miei gusti e perdonarla non sarà
affatto facile. Negli ultimi mesi sono stato la pedina base del gioco in cui
solo Aro conosceva le regole e questo non ho potuto sopportarlo!”.
“incredibile..
chi l’avrebbe mai detto. Di sicuro non sarà felice sapere che una parte potente
della sua guardia se né andato!”.
Si
lo so. Sapevo benissimo quanto quell’infame ci tenesse alla sua preziosa
collezione. Si, solo ora me ne rendo conto. Noi della guardia siamo solo dei
stupidi oggetti da collezione di un fanatico di potere.
“Meglio
tardi che mai!”.
Ghiacciai
con uno sguardo Edward.
Carlisle
se ne accorse perciò cercò di distrarmi.
“Qual
è stato il gioco di Aro?”.
La
rabbia mi invase nel momento in cui tutti i ricordi tornarono nitidi nella
mente. Stupido cieco che non sono stato.
“Lui
in qualche modo sapeva del dono che Lina aveva.. perciò mi ha usato per
avvicinarla al mondo dei Volturi! Solo che non ha tenuto conto di un fatto che
lo ha portato così a mandare in fumo i suoi piani…”.
“E
quale?”.
Chiese
la compagna di Bella decisamente interessata al mio racconto.
“Bè
ovvio! che l’amore mi ha cambiato!”
Eccomiiii!
Ho aggiornato
anche questa ff prima di Pasqua!!
Vi è
piaciuto il chappy?????? Hihihihi
I
<3 Alec.
Carissime
vi auguro un buon weekend ed una Buona Pasqua!!!!
Un bacione
grande
Deborah
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Capitolo 33 *** seconda possibilità ***
seconda possibilità
Capitolo 33
seconda possibilità
(POV
Alec)
“Bè ovvio! che
l’amore mi ha cambiato!”
Tutti
mi stavano guardando attentamente. Forse cercavano un qualche dettaglio che dicesse
che stavo mentendo, ma per quanto mi riguardava sapevo che avrebbero potuto
fissarmi in eterno, e non avrebbero trovato mai un’ombra di cedimento in quelle
parole che avevo appena pronunciato. Io stesso, ancora incredulo, sapevo quanto
tutto ciò fosse vero. Io. Alec Volturi. (Ex) membro della guardia dei Volturi,
conosciuto da tutti come un freddo, sadico, letale vampiro, che non conosceva
sentimento, se non quello che provava per sua sorella. Viveva nel suo grigiore,
ma dopo aver conosciuto una semplice umana, il suo mondo si era tinto inesorabilmente
dei colori più belli e mai visti.
Ecco
questo è quello che era successo. Quello che
lui non aveva previsto.
“Aro
ha dato per scontato che io mi sarei comportato come lui si aspettava. Motivo in
più che mi fa prendere coscienza di quanto io per lui fossi solo un oggetto. Una
marionetta che si comporta come il burattinaio vuole.
Quando
Aro si è accorto del potere di Lina, mi ha fatto intendere che , benevolo come
lui crede di essere, mi avrebbe permesso di trasformarla, dato che ormai sapeva
del mondo dei vampiri. Già in quella situazione mi disturbava l’idea di far
vivere lì Lina, ma dall’altronde a noi bastava stare insieme…”
Mi
fermai prendendo un respiro di cui non avevo bisogno, ma il ricordare tutto, mi
stava chiedendo uno sforzo più forte del previsto. Odiavo il modo in cui avevo
gestito il tutto.
“…
quando poi ho saputo che Lina fosse incinta… bè,
l’idea di stare là dentro mi
sembrava ancora più brutta. Però Aro era l’unico
che avrebbe potuto aiutarmi … l’unico…fino
a quando Jane… Jane mi ha confessato tutto…”.
Presi
un altro respiro, poi raccontai loro della missione in Romania, poi della
punizione, e tutte le situazioni che io credevo fossero frutto del momento e invece erano eventi pianificati da Aro.
“è
orribile!”.
La
voce triste e mielosa della compagna di Carlisle era in un certo senso troppo
rivoltante. Era così dolce che mi metteva ansia. Io avevo vissuto secoli con
vampiri senza sentimenti e parlare con questi vampiri così civili… mi faceva un certo senso.
“ora
capisco tutto! sono dispiaciuto per ciò…”
Le
parole di Carlisle erano intrise di sincerità e questo mi mise rabbia. Perché? Perché
diavolo era così buono e benevolo? Non lo sopportavo.
Ringhiai
involontariamente.
Jasper
si accucciò in difesa ed Edward si limitò ad alzarsi in piedi, mentre Carlisle
mi sguardava non capendo.
“Ho
detto qualcosa che non dovevo?”.
Era
sempre più gentile…
“Perché
sei così buono con me? Dopo tutto quello che vi ho fatto? Perché provi pena per
la mia vicenda?”.
Lui
da prima un po’ sorpreso rilassò poi il volto, come se avesse dovuto capirlo
prima. Ma capire cosa?
“
se non ti aspettavi il perdono, perché sei venuto a chiedere il mio aiuto
allora?”.
Io…
perché… bo! Non lo so. Per Lina…
“Te
lo dico io perché. Perché infondo era questo quello che speravi. Speravi nel
nostro perdono, speravi nel nostro aiuto, speravi di aver accanto, per una
volta tanto, persone che sapessero davvero cosa fosse il valore dell’amore
reciproco, perché è questo che vuoi per la tua compagna e per la creatura che
aspettate. E ti arrabbi perché sei spaventato nel renderti conto che questo può
accadere e che questo non sarebbe invece mai potuto accadere lì, nel luogo che
da sempre hai considerato casa e famiglia.”.
Era
il discorso più lungo che avessi mai udito uscire dalla sua bocca. Ed era anche
un discorso veritiero, mi venne da ridere, non so il perché.
“chiaro
come sempre Carlisle!”.
Mi
sorrise anche lui, come se fossi uno dei suoi figli.
“ok
basta! Inizio a sentirmi a disagio!”.
“io
invece ho il volta stomaco!”.
Rosalie
aveva sputato inviperita quelle parole. Mi guardava furiosa.
“non
credere di farmi simpatia. Resterai sempre un volturo ai miei occhi!”.
“oh,
figurati. Farmi piacere a te è l’ultimo dei miei pensieri!”.
Ci
guardammo in cagnesco, quando la porta d’entrata si aprì violentemente e una
puzza nauseabonda mi distolse dalla bionda.
“cosa
fa lui qui?”.
Non
sapevo chi fosse quel ragazzo, ma dall’odore che emanava era senza dubbia uno
dei mutaforma amici dei Cullen.
“Jacob,
tranquillo è tutto apposto! Non vuole farci del male… non vuole fare del male a
Renesmee!”.
Carlisle
come sempre, chiaro e conciso.
“fa
parte di quei luridi succhiasangue. Mi ricordo che ha provato anche lui ad
attaccarci, come potete stare così tranquilli?”.
“
per una volta tanto siamo d’accordo, cane!”.
La
bionda era l’unica che gli avesse dato risposta.
Stavo
per controbattere io, quando il mio udito sentì che dal piano superiore Lina
aveva appena sillabato il mio nome.
Non
ci pensai due volte e alla mia velocità feci per correre di sopra, solo che il
mio intento fu bloccato da quel ragazzo, forse preso in contropiede dal mio
scatto, si era trasformato in un grosso cane randagio e mi aveva sovrastato
facendomi sbattere al muro.
Quando
mi accorsi di cosa stava accadendo, d’istinto avrei voluto prenderlo e farlo a
pezzi, ma mi limitai a privarlo dell’udito e della vista.
Il
randagio iniziò ad ululare come se fosse impazzito andando a sbattere in ogni
angolo. Stava distruggendo tutto il salone.
“Alec
per favore togli il tuo potere da lui, Esme è preoccupata per la casa!”.
La
donna era più interessata alla casa che al cane? Bene. Mi piaceva già di più.
“non
è così. È solo che ha già così fiducia in te, che l’idea che Jacob potesse
essere in pericolo non l’ha sfiorata!”.
Rimasi
spiazzato da quelle parole. Lasciai la presa sui sensi del cane e mi rimisi in
piedi educatamente, volgendo uno sguardo di scuse alla compagna di Carlisle,
che in risposta mi sorrise apertamente.
“Vai
dalla tua compagna Alec, cercheremo di far ragionare il nostro amico!”.
Annuii
al dottore e ripresi la mia corsa interrotta solo un attimo prima.
(POV
Lina)
Sembrava
che cento martelli picchiettassero ogni angolo della mia testa. Aprii gli occhi
e mi ritrovai in una stanza … d’ospedale? Cosa ci facevo in un ospedale?
Avevo
una flebo attaccata al braccio e un marchingegno a fianco del letto segnava i
battiti del mio cuore.
Ma
come c’ero finita in questa situazione?
Ricordo
che eravamo arrivati dai Cullen… poi, ah si! Quel tipo continuava a fissarmi e
mi ero arrabbiata, poi… buio. Forse ero svenuta.
Cercai
di alzarmi dal cuscino ma un capogiro mi rimise al mio posto.
Ouch!
Piccolo
tu stai bene? Sembrerebbe di si.
Sorrisi
silenziosa al mio ometto.
E
Alec? Dov’era? Una strana ansia mi attanagliò lo stomaco. E se non gli avessero
creduto? Se gli avessero fatto del male?
“ALEC?”.
Non
passò un secondo che un trambusto scosse il pavimento. Sembrava che ci fosse un
terremoto, ma al piano inferiore dell’edificio. Sentii anche un ululato. Oddio.
Ma cosa stava accadendo? Dov’ero?
Ecco.
Ora il silenzio più chiassoso invase la stanza.
No.
Non potevo resistere. Strinsi i denti e cercai di mettermi a sedere. Mi tolsi
la flebo e le coperte che avevo indosso. Misi un piede e poi anche l’altro a
terra, poi, dopo un profondo respiro, mi alzai.
Sentii
le gambe cedere sotto di me, chiusi gli occhi aspettando il duro contatto con
il pavimento, che non arrivò.
Due
gelide braccia mi stringevano mentre mi riponevano nuovamente a letto.
“Dove
credi di andare?”.
Eccolo
lì. Il mio angelo custode, più bello che mai.
“cosa
è successo? Perché sono in ospedale?”.
Mi
sorrise dolce.
“no
amore. Siamo in casa dei Cullen. Mi hai fatto prendere un grosso spavento, non
farlo mai più, siamo intesi?”.
Sentivo
apprensione nella sua voce. Povero.
“scusami…”.
Alzò
gli occhi al cielo e sorrise.
“Che
c’è?”.
“niente.”
“ma
perché continui a sorridere?”.
“non
lo so.. effettivamente mi sento un po’ stupido… ma guardandoti… ora che ti sei
svegliata, non riesco a fare altrimenti…”.
Risi
anch’io delle sue parole insensate.
“Allora
vuoi dirmi cos’è successo?”.
Si
accomodò vicino a me nel letto ed iniziò a raccontarmi dell’esitazione iniziale
dei Cullen ad aiutarci. Poi del loro discorso avvenuto in salotto… mi piaceva
davvero questo Carlisle. Era una persona davvero molto intelligente e
riflessiva, così come la sua compagna. Non potevo ovviamente dire lo stesso di
quella bionda.
Quando
mi raccontò del ragazzo lupo mi innervosii. Non volevo darlo a vedere, ma
sapere che qualcuno aveva cercato di fare a lui del male, mi fece arrabbiare…
tanto.
Sentii
due piccoli colpi alla porta.
“avanti!”.
Entrò
il vampiro dottore con tutto il suo splendore.
“ciao
Lina. Volevo lasciarvi un attimo da soli, ma quando mio figlio Jasper ha
sentito che ti stavi arrabbiando, ho tenuto doveroso venire e chiederti di
restare tranquilla per non farti stancare ulteriormente!”.
Mi
intimidii a quelle parole. Mi sentivo come una bimba rimproverata perché beccata
con le dita nella marmellata.
“Lina!”.
Pronunciò
in tono di rimprovero Alec.
“scusate…
ma davvero non sopporto che venga fatto del male alle persone che amo!”.
Carlisle
mi sorrise gentili.
“tranquilla,
posso capire. Ma cerca di controllarti ok?”
“ok!”.
Si
avvicinò e mi visitò. Per fortuna non mi rimproverò per aver staccato la flebo,
anzi mi disse che potevo rimanere senza, per il momento.
“Ce
la fai ad alzarti?”.
Oddio.
Lo spero.
“Penso
di si.”.
“sennò
ti fai portare giù da Alec!”.
“Giù?”.
Alec
si era alzato dal letto, era teso.
“tranquillo.
Jacob se né andato. Ha un po’ la testa dura, ma non è cattivo.”
“sempre
pronto a difendere tutti!”.
“io
ti sto dando una seconda possibilità, Alec. credo dovresti farlo anche tu!”
Il
mio amore era stato visibilmente colpito da quelle parole, ed anch’io. Anche se
non lo avrebbe mai voluto ammettere, Carlisle aveva ragione.
Alec
era a disagio, così cercai di toglierlo da quella situazione imbarazzante.
“carissimi,
a questo direi di pensare dopo… ora aiutatemi, voglio andarmene da questa
stanza… senza offesa Carlisle, ma mi fa schifo!”.
Lui
rise angelico.
“ma
certo!”.
Ritentai
i stessi movimenti che avevo tentato l’ultima volta e questa volta, insieme al
sostegno di Alec, riuscii ad alzarmi.
Un
passo alla volta uscimmo da quella stanza e con molta fatica feci le scale che
portavano di sotto. Le gambe mi facevano davvero male, e dovevo ammettere che
la pancia era cresciuta ancora.
“oh
è arrivato il tornado!”.
Ma
chi è sto scemo che ha parlato?
“Emmett,
per favore, evita!”.
Quello
che mi aveva fatto arrabbiare fissandomi il giorno prima, aveva rimproverato l’armadio
a quattro ante.
“E
dai… è stato troppo forte quello che ha fatto!”.
Sembrava
un bambino a cui gli si diceva di non fare qualcosa e lui cercava di spiegare
il suo punto di vista ad ogni modo.
Risi
senza volerlo.
“se
ci tieni appena posso ti faccio fare un giro nel tornado!”.
Al
contrario di quanto mi sarei aspettata, i suoi occhi si illuminarono.
“dici
davvero?”.
Oddio
ma questo era davvero suonato!
“ahahaha.
Con molto piacere!”.
“Fico!”.
Quasi
tutti i vampiri all’interno della stanza risero a quella scena.
“Lina
lascia che ti presenti la mia famiglia!”.
Annuii,
mentre Alec mi aiutava a sedermi su un divano.
Indicò
la donna dai capelli color caramello. “lei è mia moglie Esme!”.
Mi
sorrise ed io contraccambiai molto volentieri, non dimenticando appunto la sua
gentilezza nei confronti di Alec.
“come
avrai ben capito questo invece è Emmett!”.
Gli
sorrisi.
“guarda
che attendo Lineina.”.
“come
scusa?”.
Ma
come cavolo mi aveva chiamato?
“non
te la prendere. Emmett non riesce a non chiamare le persone che gli stanno
simpatiche con diminutivi che finiscano in –ino o –ina. Ah, e io sono Edward.”
Lo
guardai. Edward aveva detto. Così era lui il vampiro che coraggiosamente contro
tutto e tutti aveva amato un’umana, avendo con lei anche una bambina. Non potei
non far scivolarmi via di dosso l’antipatia che inizialmente mi aveva
trasmesso. Se la mia situazione fosse andata a buon fine, avrei dovuto
ringraziarlo. E poi chissà… chissà dov’era ora la sua bambina, mi piacerebbe
molto conoscerla…
“Rosalie
si trova con lei. Ma tranquilla, anche lei freme dal conoscerti…”.
Gli
sorrisi, non vedevo l’ora.
“e
infine lui è Jasper!”.
Carlisle
continuò le sue presentazioni indicandomi il vampiro che manipola le emozioni.
Feci
un cenno che lui rigido contraccambiò.
“Mancano
Alice e Bella. Al momento stanno cercando di far ragionare Jake.”.
Annuii
tranquilla, mentre lui continuava a parlare.
“Ora
però, parliamo della gravidanza che ti aspetta!”.
Seraaaaaaaa!!!!
Come state???
Alec
ha conquistato parte della famiglia… ma con gli altri? Come saranno i rapporti?
Con Jake abbiamo visto che la situazione non promette bene..chissà cosa
succederà.
Bene! Ora
arriva invece la parte importante. Vediamo un po’ come la prenderanno i nostri
dolci piccioncini!!!
Ditemi
cosa ne pensate..
Un bacio
Deborah
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Capitolo 34 *** dissetante ***
dissetante
Capitolo 34
Dissetante
(POV
Lina)
“Ora però, parliamo
della gravidanza che ti aspetta!”.
“Si
è quello che interessa di più anche a me!”.
Bè
era vero. Era quello il motivo principale per cui io ed Alec ci trovavamo lì.
Carlisle
si accomodò sul tavolino di fronte al divano bianco in cui mi trovavo.
“Da
quanto non mangi un pasto sostanzioso, Lina?”.
L’aveva
detto in modo gentile, ma vi leggevo una punta di rimprovero. O forse mi
sbagliavo?
“Bè..
a dire il vero..”. cavoli era da un po’. Non si poteva certo dire che fosse
sostanzioso quello che avevo mangiato in aeroporto … ehm, ieri? Forse se
omettevo il fatto del sostanzioso…
“he.
He.”
Sentii qualcuno schiarirsi la voce alla mia destra.
Mi voltai e vidi Edward che mi guardava con un sopracciglio alzato.
“ops..”.
Mi
sentivo una sciocca, che figuraccia.
“Che
succede?”.
Alec
curioso mi guardava, dopo che avevo praticamente affondato il viso su un
cuscino per sprofondare nell’ignoto.
“diciamo
che stava cercando di trovare una risposta non disarmante per noi.”.
Guardai
Edward. “Spia!”. Misi il broncio mentre Emmett rideva sotto i baffi.
“ok…
ammetto che è da un po’ che non faccio un pasto sostanzioso!”.
“Lina
non c’è da scherzare su queste cose!”.
“Già.
Il bimbo e tu potreste risentirne!”.
Guardai
il dottore e poi mi persi negli occhi di Alec, che stupida sono.
“scusatemi!
Avete ragione! È quasi una settimana che non mangio molto. Il fatto è che
appena inizio a mangiare qualcosa poco dopo il sapore diventa.. oddio.. come
fosse tutto marcio e vomito!”.
“come
supponevo!”.
Guardai
Carlisle che mi guardava tranquillo e pensieroso.
“è
a causa della natura del tuo bimbo!”.
In
che senso?
“natura?”
“Si!
Il padre è un vampiro perciò… penso tu possa ben immaginare cosa in parte il
bimbo voglia…”.
Oh..
oh! Capito!
“sangue…”.
“esatto!”.
Sentii
la stretta di Alec farsi più forte attorno a me. Era teso e rigido.
“vedi
anche con Bella c’era lo stesso problema… e lo abbiamo risolto in un modo un
po’ grottesco dal tuo punto di vista…”.
Guardai
Carlisle e gli altri che erano molto tesi.
“che
saranno mai quelle facce… neanche le aveste fatto bere a forza il sangue…”.
“no…
cioè, non con la forza almeno…”.
Cosa?
Li
guardai in faccia uno ad uno, guardai anche Emmett a lungo, ma non fece neanche
una smorfia che potesse essere scambiata per un sorriso. Allora era davvero
vero.
“Lina
non sei costretta… cioè puoi provare, ma se non ci riesci proveremo in qualche
altro modo, vedi con Bella abbiamo tentato subito il tutto per tutto perché ci
siamo arrivati molto tardi e lei era in pericolo di vita.”
Non
è che l’idea di bere il sangue di per se mi desse la nausea, prima o poi
comunque sarebbe successo. Ero pur sempre intenzionata a diventare un vampiro… L’idea
che mi spaventava era il fatto che potesse piacermi davvero… quello, avrebbe
significato che tutto quello che stavo vivendo era realmente vero. Troppo volte
ancora mi svegliavo di notte credendo di vivere in un sogno e invece trovavo la
gelida mano di Alec ad accarezzarmi ricordandomi che invece era tutto reale. I
mostri esistevano ed alcuni erano davvero cattivi, ma per fortuna ce n’erano
altri, con un cuore più grande anche di un semplice essere umano.
“non
avere paura”.
Edward
aveva seguito il filo logico dei miei pensieri, ovvio.
“ok!
Ci proverò!”.
“non
sei costretta…”.
Alec
mi teneva stretta a se come se da un momento o l’altro avessi potuto
scomparire.
“no
infatti, non lo sono. Sono io che lo voglio!”.
Ci
fissammo a lungo finché non fu lui a cedere. Mi baciò la fronte e mi sussurrò
che mi sarebbe stato a fianco.
“ok
allora direi di tentare subito, o vuoi aspettare?”.
A
dire il vero avrei un certo languorino allo stomaco.
“anche
subito… ammetto di avere un po’….”.
Mi
piegai su me stessa non riuscendo a finire la frase. Il mio piccolo cucciolotto
si era spostato e aveva calciato un po’ troppo forte. Mi fece male, non potevo
non ammetterlo, però non riuscivo ad amarlo di meno.
“Lina,
Lina tutto bene?”.
Alec
mi stava sorreggendo e stava un po’ troppo perdendo le staffe.
“amore
calmati va tutto bene e non urlarmi nelle orecchie ti prego…”.
Gli
diedi un dolce buffetto su una gamba. Cercavo di sdrammatizzare il fatto appena
successo.
“cosa
è successo?”.
“il
piccolino è davvero forte. Tutto il suo papino!”.
Nascosi
il mio viso nell’incavo del suo collo, non volevo mi guardasse, non mentre
ancora mi doleva la pancia e mentre gli mentivo così.
“ti
darò una pomata che ti allieverà quelle botte, ok?”.
No!
Mi girai di scatto e fulminai Carlisle con lo sguardo.
“quali
botte?”.
Chiusi
d’istinto gli occhi come se fosse stata scoppiata una bomba quando Alec parlò.
Tutti
si erano immobilizzati ed io non parlavo.
“Lina
guardami negli occhi! Cosa mi stai nascondendo?”.
-non cederà, vero?-
Mi
voltai lievemente verso Edward così da poterlo vedere di sottecchi e vidi che
muoveva negativamente la testa.
Presi
un lungo respiro ed alzai la maglia che mi fasciava il ventre.
Sentii
Alec trattenere il respiro. Mi voltai verso di lui e mi pentii all’istante di
averlo fatto. i suoi occhi erano neri, accecati dalla rabbia. Cercai di
incrociare il suo sguardo per intrappolarlo nel mio ma egli vi sfuggì. Si alzò
e comincio a muoversi impazzito per la stanza.
“perché
non me l’hai detto?”. Disse gelido l’Alec di una volta.
Non
mi sarei mai lasciata sopraffare. Imitai il suo tono e risposi:
“per
il comportamento che stai avendo ora!”.
Si
fermò. Immobile come una statua.
“vuoi
forse darmi torto?”.
Lo
guardai ma non risposi. Solo cercai di non abbassare lo sguardo dai suoi occhi.
Solo che successe una cosa che non era mai successa. Mi intrappolò nei suoi
occhi neri e furiosi e per la prima
volta ebbi paura di lui, non di Alec come persona, ma di Alec come vampiro.
“ALEC”.
“la
stai spaventando!”
Erano
stati Jasper ed Edward a parlare. Il primo dei due aveva appoggiato una mano
sulla mia spalla e in poco tempo una serenità improvvisa mi avvolse.
“grazie”.
Ci
voleva proprio.
Alec
si era come ripreso dal suo stato incazzoso e mi si avvicinò lentamente
inginocchiandosi ai miei piedi.
“perdonami!
Io… è solo che.. se tu soffri è colpa mia.. è sempre colpa mia…”.
“cazzate!”.
Mi
guardò sorpreso, ma quando ci voleva ci voleva.
“Alec
se tu soffri anche io sto male.. è sempre un circolo vizioso… perciò devi
sapere che io non sto soffrendo… ok è vero! Il mio piccolino è forte e a volte troppo… ma io non ho mai rimpianto
una volta sola questo piccolo miracolo che ci è stato concesso, ok?”.
Mi
guardò poco convinto ma non cercò ci controbattere. Questo era un buon segno. O
almeno lo speravo.
“allora?
dov’è il mio blood cocktail ?”.
Alec
alzò gli occhi al cielo, Esme e Carlisle si allontanarono, Emmett sogghignava
ed Edward mi guardava anzi mi studiava a fondo. Perché mi fissava sempre così?
“scusami!”.
Aveva
poi spostato lo sguardo lontano da me.
“tranquillo…
è solo che vorrei saperne il motivo! Sono forse un bel esperimento da
laboratorio?”.
Tutti
ci fissavano, Emmett invece sbuffò un “ci risiamo!” che non avevo ben capito.
“Lina
vuole sapere il perché la fisso sempre! tranquillo Alec, non voglio portarti
via la compagna, sono solo affascinato dai suoi pensieri. Vedi la mia Bella è
uno scudo, e come ricorderai, anche da umana non percepivo i suoi pensieri.
Durante la gravidanza più di una volta avrei voluto entrare nella sua mente per
capire cosa la spingesse a comportarsi così, e Lina mi sta togliendo finalmente
qualche dubbio.”.
Oooh!
Ora mi era tutto più chiaro.
“Bè
allora fa con comodo…!”.
“si
bè.. come se avessi altra scelta…”.
Lo
disse più a se stesso che a me! Direi che vorrei proprio conoscere questa
Bella, vorrei proprio scambiare qualche parola a riguardo, di sicuro lei mi
toglierebbe qualche dubbio che ho.
“eccomi
qua!”.
Vidi
Carlisle giungere con un bicchiere di quelli da frappè in plastica e cartone. Era
chiuso non vi vedevo nulla dentro, c’era solo un buchino dal quale vi sbucava
una cannuccia… hi hi hi la scena mi faceva davvero ridere…
Avvicinai
il bicchiere a me e lo annusai e… successero tre cose contemporaneamente. Primo,
l’odore mi colpì in uno strano modo, era buono, no delizioso, era… dissetante. Si,
l’odore era in qualche modo dissetante. Se avessi dovuto distinguere il suo
profumo non ci sarei mai riuscita, perché non avevo mai sentito nulla di più
buono, forse anche di Alec. Secondo, il bimbo iniziò ad agitarsi. All’odore del
sangue, il mio piccolino iniziò a scalciare non molto delicatamente, ma per
fortuna neanche in modo così insopportabile; era un buon segno, significava che
era quello che lui desiderava. Terzo, Alec si allontanò da me, per poi
riavvicinarsi e per poi riallontanarsi di nuovo. Non lo aveva fatto
normalmente, lo aveva fatto di scatto. Vidi i suoi occhi ed erano neri. Neri dalla
sete.
“Alec
penso sia meglio che tu esca di qua!”.
Ringhiò,
non era di certo nelle sue piene facoltà
mentali!
“Lina
amore, non dirlo neanche per scherzo. Non ho intenzione di lasciarti sola!”.
“ma
non sarò sola e tu hai sete. E dato che l’odore di questo… coso… è davvero
ottimo non pensare che te ne dia neanche un po’!”.
Non
ero egoista. Ok che era buono l’odore, ma di certo avrei resistito anche senza,
non poteva importarmene di meno. Solo che lui si stava sforzando a seguire la
dieta dei Cullen e dato che avevo intuito che quello non era di certo sangue
umano, non mi andava di sprecare così le sue fatiche.
“Lina
tanto non ti credo! Resisterò, davvero!”.
Si
tanto quanta la convinzione che c’era nelle sue parole.
-Edward per favore,
trova una scusa per farlo uscire e portarlo a caccia.-
“Alec,
io dovrei andare a caccia vuoi venire con me? Anche perché, se non sbaglio, ti
devo una spiegazione!”.
Mmmh,
quale spiegazione? Ehi, sono curiosa!
Vidi
l’impronta di un sorriso in Edward. Antipatico, allora vengo anch’io. Voglio
sapere.
“ma
io non la posso lasciare…”.
“vedila
come un favore per te e per lei… non credo sia un’ottima idea rimanere qui
nelle tue… condizioni!”.
Lo
vidi cedere negli occhi per poi annuire. Notai che non respirava mentre si
avvicinava a me.
“tornerò
presto. Ti amo!”.
“lo
spero anch’io.. e ti amo! Anzi ti amiamo!”.
Mi
sfiorai la pancia e lui fece lo stesso per poi depositarvi un bacio. Fatto questo
uscì dal salone seguendo Edward.
Aspettai
un paio di secondi, stavo per parlare quando Jasper mi anticipò.
“se
non è un problema preferirei uscire anch’io!”.
“certo
vai figliolo!”.
Lo
guardai stranita era davvero teso, ma avevo già altri problemi a cui pensare.
“sono
abbastanza lontani?”.
Chiesi
ai tre rimasti, che capirono subito.
“si
non li sentiamo più. Cosa c’è?”.
“bè
ecco ci terrei a sapere da quale modo proviene questo sangue!”.
E
agitai il bicchiere in mano facendomi arrivare un’altra forte ondata di profumo
al naso mio e quello del mio bimbo.
Carlisle
mi sorrise gentile.
“Tranquilla.
Sono un medico per cui non mi è difficile trovare modi per acquistare sacche di
sangue di donatori volontari!”.
Sospirai.
“bene!
Mi fa piacere!”.
Poi
senza esitare un secondo di più, o meglio senza pensarci troppo succhiai il
contenuto del bicchiere.
I
due vampiri mi guardavano in apprensione , chissà che faccia avevo, ma non
me ne importava. Mi importava solo di
bere ancora, era davvero gustoso e come avevo intuito prima, dissetante.
“Bè
Lineina non ti chiedo neanche se ti è piaciuto!”.
Disse
Emmett dopo che ebbi svuotato il contenuto.
“ehi,
sai com’è, era da un po’ che non mangiavo… o bevevo..!”.
Carlisle
mi si avvicinò con fare da medico ed iniziò a visitarmi.
“Come
ti senti?”.
“meglio
davvero. Il piccolo non si agita più ed io non ho più fame, per ora. ho solo un
po’ di sonno!”.
Sorrise
raggiante.
“bene
allora stenditi e dormi un po’. Noi non ce ne andremo!”.
Annuii
a non so chi, mentre i miei occhi già si chiudevano. Wow. Una volta faticavo un
casino a prendere sonno, mentre ora bastava appoggiare la testa e… .
Eccomi
qua!
Arrivata
anche con il 34° capitolo!!!
Hihihi
gente… adoro questa parte. quella pre- gravidanza. Spero tuttavia di capire un
po’ cosa provi Lina nella gravidanza… sapete com’è io non l’ho di certo ancora
sperimentato, e per il fatto del mezzo bimbo di Bella come ben sapete non c’era
il suo punto di vista, per cui… cercherò di fare del mio meglio!
Spero vi
sia piaciuto!
Un bacione
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Capitolo 35 *** confidenze ***
confidenze
Capitolo 35
Confidenze
(POV
Alec)
Avrei
sterminato una città volentieri. Avrei voluto sgozzare e lacerare gole, tante
gole, con i miei denti affilatissimi e divertirmi nel sentire le grida, le
richieste di aiuto, mentre io bevevo, bevevo e ancora bevevo. Avrei voluto è
vero, ma cosa avrei ottenuto? Niente. Dopo avrei solo riconfermato quello stato
di malessere che provavo ora. In più avrei attirato l’attenzione dei Volturi,
cosa assolutamente da evitare. Non potevo comportarmi così, soprattutto perché
l’Alec che si comportava così non esisteva più, almeno speravo. Il fatto che mi
fosse venuta voglia di sterminare un bel po’ di gente, creava qualche
complicazione.
“devi
solo riuscire a controllarti!”.
Edward
correva a fianco a me, uff ma come faceva la sua famiglia a viverci assieme?
“Abitudine!”.
Oddio.
“siete
davvero strani!”.
Sogghignò
tra sé.
Stavo
per controbattere quando una fragranza calda e penetrante mi arrivò al naso,
entrambi ci arrestammo. Affilai il mio udito percependo indistintamente dei
cuori pompare il sangue che scorreva in quegli esseri così poco gradevoli, ma
che mi facevano infiammare la gola ugualmente in una maniera insopportabile.
“tre
a testa?”.
Lui
sorrise sbieco per poi lanciarsi nella corsa, ma non fui preso alla sprovvista
e gli fui, seppur a fatica, subito dietro. Arrivammo nei pressi di un ruscello
in cui le sei Alci si stavano dissetando. Edward era a pochi metri da me, io mi
spostai velocemente tra gli alberi per trovarmici dall’altra parte di fronte a
lui, così da chiudere ogni possibile via di fuga alle nostre prede.
Mi
accucciai d’istinto sopra un grosso ramo, stavo puntando al più vicino, che era
anche il più grosso.
-se non ti dispiace
dò io il via, ok?-.
Lo
vidi annuire tra i rami in cui anche lui era nascosto. Calcolai le ultime
misure che mi servivano e poi, prima che l’Alec Volturo nascosto nel mio
subconscio uscisse per prendermi in giro per quello che stavo per fare come
succedeva ultimamente, urlai un muto - via
- , lanciandomi sulla mia preda.
Lo
addentai senza troppe cerimonie sulla vena più grossa, che pompava direttamente
al cuore. Il liquido che mi invase la gola riempì il mio corpo di fuochi
d’artificio e di scosse elettriche, nonostante non fosse quello umano, che mi
provocava una reazione il doppio più forte di quella. Lo finii in pochi
secondi, così che riuscii a passare subito all’alce più lontana che stava
tentando la fuga. Ne bevvi fino all’ultima goccia e poi cercai il mio terzo
obiettivo. Si stava inoltrando nella boscaglia, ma per sua sfortuna non mi
sarebbe scappato. Iniziai a saltare tra un tronco e l’altro per darmi più
spinta. Arrivai così su di esso come un proiettile atterrandolo al suolo e una
volta a cavalcioni gli lacerai il collo, mentre pensavo di farlo con un umano.
Lasciai
la carcassa a terra, mentre rialzandomi mi sistemavo i vestiti.
“dovresti
smetterla di pensare di uccidere umani, non ti fa bene!”.
“e
tu dovresti smetterla di farti gli affari altrui!”.
Ero
arrabbiato perchè nonostante il pasto appena fatto, non ero soddisfatto,
com’era accaduto nelle precedenti battute di caccia. Come si poteva vivere
così?
“non
è colpa mia, non posso controllarlo! E poi dovrai riuscire a conviverci con
questo stato di insoddisfazione. Tuo figlio o figlia sarà per metà umano,
potrai resistergli facilmente, ma non è a questo che mi riferisco, più che
altro quando la tua compagna diventerà
vampira, ti ricordo che sarà prima di tutto una neonata, avrà bisogno che tu
l’aiuti con il suo autocontrollo e se tu hai problemi a controllare te stesso,
non vedo come potresti esserlo per lei!”.
Ringhiai,
perché aveva ragione. Lina avrebbe avuto bisogno di me ed io non ero in grado di farlo.
“Carlisle
ti aiuterà, non credere che vi metterà in mezzo ad una strada subito dopo il
parto. Come ti ho già detto, noi non siamo i volturi!”.
“già,
e devo ancora capire se sia un bene o no.”.
Alzò
le ciglia ironicamente.
“questo
si vedrà!”.
“già….
Si vedrà..”
Lo
dissi più a me stesso che a lui. Ormai aveva già piena fiducia in loro, non in
tutti ovvio. Però il dottorino mi era davvero di grande aiuto e gliene ero immensamente
grato, anche se forse non glielo avrei mai dato a vedere. Ovviamente lo avrebbe
saputo lo stesso con quel figlio che si ritrovava.
Neanche
gli avessi raccontato una barzelletta, Edward si mise a ridere.
“sei
davvero una strana persona, Alec!”.
“Da
che pulpito!”.
Ci
guardammo non sapendo se ridere o restare seri, poi però la consapevolezza del
discorso che avevamo lasciato a metà mi invase, e la serietà fu quella che
invase per primo il volto di Edward.
“non
sarà facile!”.
“l’avevo
già capito da un pezzo!”.
“è
vero, ma prima non sapevi come comportarti con lei ora sei in buone mani, io
dicevo, non sarà facile per te.”.
Cosa
significava? Non mi piaceva quello sguardo, lo stesso che aveva quando avevamo
iniziato questo discorso. Lo sguardo di un uomo che bruciava nelle fiamme del
dolore.
“è
quello che provavo guardando Bella nel procedere con la gravidanza. La vedevo
ogni giorno sempre più debole. La bambina le succhiava la vita ed io non potevo
fare nulla. La bambina cresceva, diventava più forte, le spezzava le ossa, ed
io, non potevo fare niente…”.
La
sua voce si incrinava sempre di più.
“come
le spezzava le ossa?”.
Questa
cosa mi aveva messo i brividi.
“il
bambino è per metà un vampiro, per cui sarà più forte di un comune neonato.
Durante la sua crescita nella pancia si farà spazio e le costole di Lina
saranno le prime a risentirne.”.
Non
volevo sentire altro. Mi sedetti a terra prendendomi la testa fra le mani. In
che cosa stavo condannando la mia amata? Quanto dolore le avrei fatto patire?
Guardai
il vampiro in volto, e il sangue che avevo appena bevuto mi si raggelò, se
fosse stato possibile.
“che
altro c’è ancora?”.
“il
bambino non nascerà come normalmente avviene. Nelle leggende africane si narra
che il bambino si fa strada con i denti uscendo da solo dal ventre della madre.
Questo e quello che ho fatto…”.
Non
volevo sentire altro, ma dovevo sapere, non avevo scelta.
“…
Bella stava per morire, per cui ho lacerato il suo ventre con i miei denti ed
ho estratto la bambina. Poi le ho iniettato direttamente al cuore il mio
veleno, che avevo precedentemente preparato, mordendola poi ovunque affinché il
veleno circolasse più velocemente. L’ho salvata appena in tempo.”.
Non
potevo credere alle mie orecchie, mi rifiutavo anche solo di pensare che ciò
fosse veramente possibile.
“mi
dispiace, ma è davvero così!”.
“cosa
posso fare? Come faccio far rinunciare Lina?”.
Edward
ghignò.
“Auguri,
allora!”.
Alzai
un sopracciglio.
“Perché?”.
Sospirò,
volgendo lo sguardo guardando lontano, vedendo ricordi che io ignoravo. Un sorriso
amaro gli colorò il volto.
“ho
tentato anch’io di farle cambiare idea. Ho perfino chiesto ad un licantropo di
metterla incinta, se voleva davvero tanto avere un bambino. Avrei accettato
tutto, purché lei non soffrisse, ma lei non hai mai preso in consegna nessun’altra
eventualità. Lei voleva quel bambino a tutti i costi, perfino fare comunella
con Rosalie, che per la cronaca prima non andavano d’accordo.”.
Ero
incredulo. Aveva chiesto ad un altro di darle un figlio. Avrei mai fatto io una
scelta così? No, non credo.
“beato
tu! Ci ho ripensato spesso e sono giunto alla conclusione che se tornassi
indietro, di sicuro rifarei le stesse medesime cose! Tutte le possibilità che
esistano, se solo servissero al suo bene. Il mio non conta.”.
“in
parte posso capire quello che intendi!”.
Sorrise.
Si di sicuro lo sapeva. Aveva potuto frugare tra i miei pensieri abbastanza per
vedere come mi ero comportato con Lina.
“Già,
infatti!”.
“lo
sai che sei davvero odioso?”.
“si
me lo dicono spesso!”.
Gli
diedi una pacca alla spalla senza accorgermene e lui non reagì. Restai sorpreso.
Se lo avessi fatto con Felix di sicuro adesso avevamo già distrutto mezzo bosco
con il nostro scontro.
“Non
farmelo ripetere ti prego!”.
Di
cosa stava parlando?
“noi
non siamo i Volturi!”.
“oddio..
ok credo di averlo capito. Inizia a diventare nauseante questa frase!”.
“si
lo penso anch’io. Senti, che ne dici di un paio di puma in Canada?”.
Alla
parola puma associata al sangue mi surriscaldò la gola, ma l’immagine di Lina
non si allontanava.
“se
ci fossero problemi la mia famiglia ci chiamerebbe, è al sicuro!”.
Su
questo non avevo dubbi. Era mille volte più al sicuro qui che a Volterra. Forse
era meglio anche che mi nutrissi di più, così sarei potuto rimanere più a lungo
al suo fianco. Avrei cercato di parlare a Lina, ma la conoscevo. Era troppo
entusiasta per questa gravidanza per rinunciarvi, quindi avrei dovuto resistere
e stare al suo fianco e sorreggerla in tutto e per tutto.
“Dai
Cullen, fa strada!”.
(POV
Lina)
Un
buon profumino di carne mi svegliò. Ero ancora sdraiata nel divano dell’immenso
salone dei Cullen.
Mi
stiracchiai stando ben attenta a non disturbare troppo il mio piccolino.
“Ah…”
La
schiena mi faceva davvero male, provai ad alzarmi ma anche le gambe non erano
molto stabili.
“Fanno
male, vero?”.
Mi
voltai. La vampira che entrò nel salone doveva essere Bella.
“Bella,
giusto?”.
“Già!”.
Il
silenzio calò su di noi. Era davvero imbarazzante.
“le
gambe dicevi? Si davvero molto. Per non parlare della schiena!”.
Sembrò
ringraziarmi con gli occhi per aver rotto quel silenzio.
“per
fortuna parte della mia gravidanza e un ricordo sbiadito dalla trasformazione,
sai ho preferito cercare di ricordare altri momenti, però devo ammettere che il
dolore, quello no, non l’ho davvero dimenticato. Certo non ha niente a che fare
con la trasformazione…”.
Si
bloccò portandosi una mano alla bocca, come se avesse detto qualcosa che non
doveva.
“oh,
tranquilla. Alec mi ha avvertito che non sarà affatto una cosa piacevole, ma se
ho sopportato Jane, credo di poter sopportare altro.”.
Le
sorrisi rassicurandola, lei però sembrava scioccata.
“hai detto che hai sopportato Jane?”.
“oh,
si. Diciamo che ha tentato lievemente di uccidermi. Mi ha fatto assaggiare il
suo potere, ma Alec è arrivato in tempo.”.
“e
com’è stato? Sai una volta Edward ha subito il suo attacco, ma non ha mai
voluto dirmi cosa aveva provato”.
Che
buffo. Ma c’era dialogo nel loro rapporto? Entrambi venivano da me per chiedere
spiegazione su comportamenti altrui.
“è
un po’ inspiegabile. Cioè senti che tutto fa male, e basta. Ogni singola parte
di te sembra dolere convulsamente. È orribile, veramente!”.
La
vidi rabbrividire. Che strani questi Cullen.
“posso
farti io una domanda?”.
Sorrise
concentrandosi su di me.
“penso
di aver già capito, comunque prima cosa ne pensi di mettere qualcosa sotto i
denti? Ti ho cucinato una bistecca al sangue e da bere un frappe… di sangue. Cibo
per te e per lui.”
Le
sorrisi per ringraziarla.
Iniziai
a masticare la bistecca temendo che da un momento all’altro il saporaccio
uscisse, ma non successe. Fiuuu. Però dovevo ammettere che cucinava davvero
bene per essere una vampira.
“Davvero
ottimo, mai mangiato niente di più buono!”.
“che
vuoi. Da umana ero io che provvedevo al cibo!”.
Annuii
con la testa mentre succhiavo dello zero negativo davvero ottimo.
“Allora
cosa vuoi sapere della mia gravidanza?”.
Si
aveva capito di cosa volevo parlarle.
“Il
mio piccolo affronterà qualche pericolo?”.
Mi
sorrise come se comprendesse, ma di sicuro ci riusciva benissimo.
“Si,
lui non teme nulla. Quella nella situazione precaria sei tu.”.
Un
po’ mi fecero rabbrividire le sue parole, ma ero tranquilla per il fatto che il
mio piccolo sarebbe stato bene comunque.
“almeno
lui… !”.
“Si
anch’io mettevo in prima fila la sua salute, prima che della mia. Però ora
sappiamo come funziona la gravidanza, per cui non devi preoccuparti, ti
trasformeranno in tempo. Dovrai solo sopportare che…”.
Si
fermò a metà frase voltandosi e tornando raggiante con lo sguardo su di me.
“c’è
una persona che ti vuole conoscere!”.
“tua
figlia!”.
Sorrise.
Non sembrava più la persona di prima, sembrava se possibile, più felice, tutto
all’improvviso.
Chissà
se lo sarei stato così anch’io…
“su
Renesmee vieni avanti!”.
Una
chioma riccioluta color castano ramata si fece avanti timida.
Io sono ancora qua….
Eeeeeeeeh già!!!
Ciao carissimeee
Perdonatomi il
ritardo… spero tuttavia di averti fatto un capitolo apprezzabile!!!!
Ditemi mie care!!
Un bacioneeee
Grazie sempre per
seguirmi!! <3
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Capitolo 36 *** presagi ***
presagi
Capitolo
36
Presagi
(POV
Lina)
Era
davvero una bambina bellissima. I suoi occhi erano di un marrone caldissimo,
infinitamente dolci. I capelli erano lunghi, boccollosi, di un castano ramato
identico a quello di Edward.
“ciao
piccola, come ti chiami?”.
“Renesmee,
ma se ti è difficile pronunciarlo puoi chiamarmi Nessie. Tu?”.
Sorrisi.
“buffo.
Il mio nome è Neilina, ma dato che è molto strano, puoi chiamarmi Lina!”.
“Neilina?
Ha un significato?”.
“non
saprei, perché il tuo si?”.
Annuì
sorridendo.
“il
mio nome è formato dal nome delle mie due nonne: Esme e Renè, come il mio
secondo nome, Carlie, è il nome dei miei due nonni: Charlie e Carlisle.”.
“sono
due nome splendidi!”.
Si
avvicinò sedendosi accanto a me, mentre Bella la osservava dalla stessa
posizione in cui si trovava prima.
“anche
tu avrai una bambina come me?”.
“io
spero sia maschio, comunque si. Speciale proprio come lo sei tu!”.
Sembrò
pensierosa.
“spero
proprio diventeremo amici, poi magari gli faremo conoscere anche Nahuel!”.
“Nahuel?”.
Era
un nome che aveva già sentito.
“Si,
è come me!”.
Ma
certo, il mezzo vampiro che andò a testimoniare per i Cullen in quel famoso
scontro. Alec mi aveva raccontato tutto.
“è
vero! Ne ho sentito parlare! Piacerebbe anche a me conoscerlo!”.
“se
vuoi te lo posso far vedere!”.
Non
finì la frase che mi appoggiò una mano sul braccio. Subito i miei occhi non
videro più il grande salone bianco dei Cullen, ma un ragazzo di circa quindici anni,
dalla pelle marrone scurissima, gli occhi di un caldo color tek e dai capelli
neri e intrecciati, ovviamente bellissimo.
“Renesmee!”.
La
voce di Bella ruppe quel contatto e la mia vista tornò alla normalità.
“Cos-
cos’è successo?”.
“quante
volte te lo devo dire? Devi chiedere il permesso prima!”.
Renesmee
si fece piccola piccola.
“scusa
mamma!”.
“Perdonala,
Lina! Vedi, la mia piccola ha un dono. Toccandoti ti fa vedere le cose che
vuole mostrarti.
“è
davvero straordinario!”.
“non
sei arrabbiata con me?”.
Chiese
sorpresa.
“Ma
certo che no, cucciola!”.
Sorrise
angelica. Era davvero la bambina più bella che avessi mai visto.
“Alec
ha detto che crescono velocemente, è vero?”.
Chiesi
a Bella.
“Si.
La loro crescita dura sette anni, poi si arresta e diventano immortali,
conservando sempre il battito del cuore e la possibilità di mangiare anche cibi
umani. Renesmee ha ora due anni, eppure come vedi, sembra ne abbia sei.”.
Già.
Stavo proprio osservando questo particolare, è un po’ mi traumatizzò. Cioè il
fatto di non poter vivere la crescita normale di mio figlio un po’ mi
spaventava, sarebbe cresciuto in fretta e di me non avrebbe più avuto bisogno.
Questo mi rattristava molto.
“ti
capisco…”.
Incrociai il suo sguardo. Si. La pensava come me, anzi
lei la stava attualmente vivendo.
Feci
un debole sorriso, poi il mio sorriso si trasformò in una smorfia di dolore. Un
dolore acuto proveniva dal mio costato dopo che il mio piccolino si era
spostato. Ero piegata in due e non sembrava volesse cessare.
“mamma
che succede?”.
“chiama
Carlisle al Cellulare, digli che le si è incrinata una costola!”.
Bella
corse nel frattempo da me, riportandomi a velocità vampiresca nella stanza in
cui mi era svegliata, quella che assomigliava ad una stanza d’ospedale. Il
respiro mi mancava e quando cercavo di prendere ampie boccate d’aria il dolore,
come se possibile, aumentava sempre più.
“non
agitarti, Carlisle fra pochi minuti sarà qui! Jasper?”.
Chiamò
a ad un tono abbastanza basso il nome del vampiro, che due secondo dopo si
ritrovò al suo fianco.
“riesci
a calmarla un po’?”.
Il
vampiro non disse nulla, il suo sguardo però era puntato sul mio, metteva quasi
i brividi, ma ciò nonostante un senso di tranquillità mi invase, il dolore però
persisteva.
Alcuni
minuti l’affascinante vampiro biondo comparì nella stanza.
“Lina,
fammi dare un’occhiata!”.
Mi
toccò proprio dove avevo male.
“Ti
farò una fasciatura, passerà presto!”.
Annuii
non riuscendo a dire nulla.
“mi
dispiace Lina, ma da così sarà sempre peggio, lui crescerà e ti farà male.
Dovrai sopportare fino alla sua nascita!”.
“Va…
bene..”.
Pronunciai
quelle parole con non poca fatica.
“chiamo
Edward!”.
“Si.
Alec vorrebbe essere qui!”.
Da
una parte non volevo che lo chiamasse, avrebbe sofferto, di sicuro, ma dall’altra
ero troppo egoista, lo volevo lì con me. La sua sola presenza, mi faceva stare
bene!
(POV
Alec)
Non
avevo mai bevuto il sangue di un puma, e dovevo ammettere che era delizioso per
essere pur sempre un animale.
“è
perché sono animali carnivori!”.
Il
mio compagno di caccia come sempre non poteva non farsi gli affari suoi e
doveva commentare ogni mio più singolo pensiero.
“scusami!
Cercherò di farlo il meno possibile!”.
Si
come no.
Sogghignò
mentre i pugni delle mie mani prudevano violentemente.
Un
cellulare suonò ed il mio non poteva essere, l’avevo buttato nell’oceano. Non
poteva che essere di Edward e non poteva che trattarsi di Lina. Mi avvicinai a
lui istintivamente, ma sentivo perfettamente la sua compagna dall’altro capo
del telefono.
“è meglio se
tornate…”.
Non
avevo ascoltato altro, ero già una scia indistinta che pazza attraversava i
boschi. Non sapevo se Edward mi fosse vicino, non mi interessava. Davanti a me
vedevo solo il volto di Lina.
Lo
sapevo, non dovevo allontanarmi così tanto. Furono i dieci minuti più lunghi di
tutta la mia vita o esistenza.
Arrivai
come un fulmine all’interno della casa e seguendo l’odore di lei, la raggiunsi
nella stanza in cui l’aveva riposta Carlisle al nostro arrivo.
Lui
le era di fianco che controllava non so cosa su delle flebo.
“Alec
calmati ti prego!”.
Il
dottore mi si era fatto vicino assieme a quell’altro suo figlio, Jasper. Non mi
ero accorto di tremare. Poco a poco la calma mi invase.
“ora
sta meglio! Il feto le ha incrinato una costola! Le ho somministrato degli
antidolorifici, per cui è come se fosse un po’ in dormiveglia. Vi lascio soli,
va bene?”.
Annuii
senza staccare lo sguardo dal mio angelo.
“ehi..”
Disse
lei mezza addormentata, voleva alzarsi ma non glielo permisi.
“sshh..
ferma.. ora sono qui, non andrò più via!”.
Un
debole sorriso le dipinse il volto bianco e a parer mio lievemente più magro
del solito.
Non
potei non sorriderle anch’io. Io ero l’eco delle sue emozioni. Se lei stava
bene anch’io lo ero. Se lei stava male io avrei sofferto ugualmente.
Alzò
la mano per accarezzarmi il viso, l’intenzione era di sicuro quella, ma si
bloccò a mezz’aria trattenendo il respiro, mentre con l’altra si massaggiò dove
di sicuro aveva la fasciatura. Una smorfia di dolore cancellò il sorriso che
precedentemente le aveva colorato il viso.
“amore
non fare movimenti bruschi!”.
“ehi…
per chi mi .. hai preso? Una femminuccia?”.
Sembrava
che anche solo parlare la facesse star male, ma lei non era di certo una di
quelle che vogliono essere servite e riverite.
“non
oserei mai, piccola!”.
“ah
bene!”.
Si
rilassò un po’ tra i cuscini che aveva sotto la schiena e la testa, io però non
riuscii a fare lo stesso.
Quanto
altro dolore, peggiore di questo, le avrei dovuto far patire? Non bastava già
la trasformazione di per sé, no, doveva mettersi in mezzo anche tutto questo. E
lui sapeva tutto, e non mi aveva detto nulla.
Aro aveva potuto leggere nella mente di Edward ogni singolo ricordo che avesse vissuto
durante la gravidanza della sua compagna e quando avevo chiesto a lui
informazioni inerenti, ha risposto vago e svogliato. Avrebbe dovuto dirmi cosa
Lina rischiava, ma no. Lui è troppo psicopatico per preoccuparsi del dolore che
lei avrebbe dovuto patire. E ora, ora non ci sono altre vie d’uscita…
“Alec?”.
La
sua voce mi riportò alla realtà.
“dimmi!”.
Le
avevo risposto incolore, troppo preso ancora dall’ira che covavo per quella che
una volta era la persona che più stimavo al mondo.
“a
cosa stai pensando?”.
“niente!”.
“ehi..
non potrò leggerti nella mente, e non saprò percepire le tue emozioni, ma ti
conosco e so che stai pensando a qualche cazzata delle tue!”.
Non
potei non ridere. Ma come riusciva lei a capirmi così profondamente?
“allora?”.
Mi
guardava con sguardo di rimprovero. Sarebbe diventata una mamma fantastica.
“non
sopporto che tu soffra così e che Aro non mi abbia detto che sarebbe successo
ciò!”.
Lo
dissi tutto d’un fiato.
Il
suo sguardo si addolcì.
“questo
è il dolore più bello che possa provare… amore, non te ne farei mai nessuna
colpa. Questo lo sai benissimo…”
Sospirò
o forse cercò di prendere aria. Non capii.
“..riguardo
Aro.. non pensarci più. Ormai è fuori dalle nostre vite, per ciò… ora cerchiamo
solo di costruirci il nostro futuro..”.
La
sua voce era sempre più debole, cosa le stava succedendo?
“si
sta addormentando!”.
Era
stato Edward a parlare, probabilmente dal salotto.
Questa
volta però il fatto di intrufolarsi nei fatti degli altri era stata una cosa
positiva… per i miei nervi almeno.
“non
c’è di che!”.
Ehi,
non ti ho certo detto grazie!
Lo
sentii indistintamente sogghignare. Che tipo!
Guardai
il mio angelo e vedevo che faticava a restare sveglia, aspettava ancora la mia
risposta.
“hai
ragione amore!”.
La
sentii rilassarsi ancora di più e mentre un flebile sorriso si fece largo tra
le sue splendide labbra, si addormentò.
Era
bellissima, anche se visibilmente stanca.
“Venite
tutti qua!”.
Era
la voce di Carlisle, di sicuro si riferiva alla sua famiglia.
“Alec,
è meglio se vieni anche tu!”.
Questo
era stato Edward. Non volevo lasciare Lina, ma
il suo tono di voce era stato decisamente persuasivo.
Baciai
Lina sulla fronte, e due secondi dopo ero in salone con tutta la famiglia
Cullen al completo.
“che
succede? Vorrei ritornare subito da Lina se possibile!”.
“Capisco!”.
Annuì Carlisle “ma abbiamo un problema!”.
“quale?
Lina è in pericolo?”.
“mi
ha telefonato Eleazar, lui sa della tua presenza qui. Voleva avvertirci che ha
incontrato gli Irlandesi, i quali gli hanno riferito che a Volterra c’è forte
agitazione. Pare che i tre signori siano al quanto tesi a causa di un problema
nella guardia! Si terrà perciò informato, nel frattempo ho chiesto ad Alice di
tenere sotto controllo la situazione ed il futuro prossimo. Sembra che tua sorella
sia diventata la pecora nera!”
Accidenti.
Di sicuro Aro aveva scoperto la sua intromissione nella mia fuga. Per quanto
arrabbiato fossi stato con lei, ora provavo solo dispiacere nei suoi confronti,
per il fatto comunque che dovesse vivere circondata da quei vampiri. E poi…
“Aro
sarà furioso per il fatto che Jane mi ha aiutato a fuggire, ma diventerà ancora
più furioso quando saprà che in giro si parla dei problemi dei Volturi. L’ultima
cosa al mondo che lui vuole è apparire debole. In questi casi è capace di
inventarsi di tutto, per aumentare il terrore che i Volturi provocano tra i
nostri simili.”
“Eleazar
aveva espresso le stesse preoccupazioni!”.
“non
avevo dubbi!”
“sarà
meglio aspettarsi di tutto allora?”.
“sarà
meglio aspettarsi il peggio!”.
Detto
ciò girai sui tacchi e tornai dalla mia Lina. Questo fatto mi aveva portato una
brutta sensazione, una sorte di presagio, che di bello però non aveva nulla!
Buonaseraaaa!!!
Come
state mie dolci lettrici??
Eccomi
qua con un nuovo chappy!!
Ditemi
cosa ne pensate!! Cosa combineranno mai i volturi??? C’è di aspettarsi di
tutto!!!
Grazie
per seguirmi ancora!!
Vi
lovvo
deba
|
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Capitolo 37 *** scontro ***
scontro
CAPITOLO 37
Scontro
(POV Lina)
Un
trambusto, a parer mio, proveniente dal fuori della casa mi svegliò
improvvisamente. Avevo teso l’orecchio credendo di aver solo immaginato tutto,
ma poi altri ringhi da brivido mi fecero ridestare più in fretta del solito.
Volevo
scendere di corsa per vedere con i miei occhi cosa succedesse, ma mi sentivo
davvero uno straccio e come se non bastasse, la pancia era cresciuta ancora ed
era davvero pesante. Sicuri che non avessi una balena in pancia?
“uffa”.
Un
altro ringhio squarciò il silenzio della mia stanza.
“Alec?”.
Aspettai
dieci secondi.
Venti.
Quaranta.
Sarebbe
già dovuto arrivare. Il panico mi invase.
“ALEC?”.
Lo
gridai con tutto il fiato e la forza che avevo. Gli ormoni mi scombussolavano
un casino. La stanza si era fatta leggermente più fredda, ma me ne ero accorta
lo stesso, e lo sapevo che era opera mia.
La
porta si aprì e comparve… Rosalie?
“ti
chiami forse Alec?”.
Ero
alterata e la sua entrata in scena non contribuiva ora come ora.
Lei
mi guardò con fare ovvio.
“ragazzina
non fare la saputella.”.
Sentii
i miei occhi chiudersi a fessura, non saremmo andate molto lontane in questa
direzione.
“perché
sei venuta te?”.
“il
tuo ragazzo è momentaneamente occupato!”.
Ma
stiamo scherzando?
“
e tu credi che mi beva questa stronzata e mi rimetta tranquilla a letto?”.
I
suoi occhi per un momento guizzarono divertiti… ma fu solo per un momento.
“è
quello che dicevo anch’io.”
“cos’erano
tutti quei ringhi?”.
“c’è
stato un.. incontro ravvicinato tra il tuo ragazzo e i cani!”.
Cosa???
Mi
alzai di scatto ma le gambe non vollero collaborare, maledizione. Aspettai
invano l’incontro ravvicinato con il marmo. Scontrai contro qualcosa di freddo
e duro, ma con mia sorpresa mi ritrovai tra le braccia di Rosalie. Non potei
non guardarla con fare interrogativo.
“Carlisle
non me lo avrebbe perdonato!”.
Si
giustificò così, mentre mi riaccompagnava a letto.
“no,
portami giù. Voglio vedere Alec.. per..”.
Oddio
quant’era difficile.
“..
per favore..”.
Lo
dissi in un sussurro, per poco non lo sentivo nemmeno io. Per fortuna i vampiri
avevano un buon udito.
Lei
sembrò pensarci, non sembrava convinta.
“pensa
di trovarti al mio posto, mentre Emmett in quello di Alec.”
I
suoi occhi divennero furenti per una frazione di secondo. Non disse nulla.
Semplicemente mi portò al piano inferiore.
Il
salone era vuoto e la porta d’entrata spalancata. Quando uscimmo fuori, la
scena che mi ritrovai davanti, mi montò una rabbia pazzesca.
Alla
mia sinistra si trovavano tra lupi che ringhiavano di tanto in tanto. Davanti a
loro c’era un ragazzo dai lineamenti indiani, capelli corti e neri. Era alto e
muscoloso, e davvero bello. Alla mia destra c’era Alec, in mezzo tra Edward e
Jasper, mentre Emmett e Carlisle si
trovavano esattamente al centro di quel campo di battaglia alla stessa distanza
sia del ragazzo muscoloso che da Alec.
Vicino
alla veranda c’erano Bella, Renesmee ed Esme. Quest’ultima aveva l’aria molto
preoccupata. Perché mai? Riguardai meglio la scena e fu lì, che il sangue
iniziò a ribollire dalla rabbia. Notai che i vestiti di Alec erano lacerati,
come se fossero stati graffiati via. Non avevo mai cercato di capire come
funzionasse il mio potere, se fossi in grado di domarlo, ciò comunque non
sarebbe mai potuto succedere ora, e nella mia situazione dove le emozioni
cambiavano alla velocità della luce. Fu così che in poco tempo senti il gelo
percorrermi le vene al posto del sangue, per poi trapelare all’esterno sul
paesaggio circostante. Il cielo era già di suo coperto di nubi, solo che a poco
a poco divennero nuvoloni da temporale, oscurando il giorno. Sentii Rosalie,
che nel frattempo mi aveva accomodato su una poltrona, chiedermi se era opera
mia, ma non risposi. Alec invece si voltò verso di me, accorgendosi solo all’ora
della mia presenza.
“Lina,
ti farai del male, smettila!”.
Non
riuscivo a fermarmi, non sapevo come fare.
“Jasper!”.
Urlò
Carlisle.
“Ci
sto già provando…”.
Guardai
il vampiro dalla chioma leonina che mi fissava. Vidi nei suoi occhi la
sofferenza che provava nel cercare di trasmettermi tranquillità, questo mi
bloccò. Non volevo far del male a lui. Sentii i muscoli sciogliersi e la rabbia
svanire. Il gelo scendere ed il giorno schiarirsi, ed io farmi più debole.
“è
stata lei?”.
A
parlare era stato il ragazzo a torso nudo.
Nessuno
gli rispose.
“Alec,
chi è stato?”.
Lo
vidi avvicinarsi a passo umano, finché non mi fu vicino e inginocchiatosi non
rispose.
“c’è
stata… un incomprensione..”.
“Tzè”.
Fu
ancora quel ragazzo a parlare, il quale ora aveva un sorriso amaro e ironico in
viso.
“Jacob
è meglio non fare alterare Lina!”.
Edward
aveva parlato. Un momento, Jacob? Era lui che aveva attaccato Alec in salotto?
“Jasper!”.
Ancora
Edward aveva parlato e l’altro vampiro aveva annuito. Lo sapevo. Mi stavano
tenendo sotto sedativo mentale.
“Lina,
amore, a quanto pare i cani da…”
Stava
per dire cani da tartufi, ma si trattenne, forse per non scaldare ancora di più
la situazione.
“…
non si fidano di me! Ma tu sei al sicuro, tranquilla!”.
“come
se m’importasse solo di me. Se tu non sei al sicuro, io non sono al sicuro. se
qualcuno osa a farti del male, è meglio che mi giri al largo…. Già qualcuno ha
un conto in sospeso!”.
Dissi
le ultime due frasi ad un volume più alto, puntando lo sguardo su quello del
cane Jacob.
Lui
sbuffò divertito, come se avesse sentito una barzelletta stupida. Bene. Piccola
nota mentale: una volta vampira fare il
culo a strisce al cane da tartufo.
Vidi
poi Edward trattenere una risata. E non era l’unica ad averlo notato
ovviamente.
“Che
c’è di divertente, amore?”.
Bella
gli si era avvicinata.
“Jacob
si è appena beccato un acerrima nemica.”.
Ovviamente
gli sguardi si puntarono poi su di me, ma li ignorai.
“Alec
entriamo?”.
Lui
annuì prendendomi tra le sue forti braccia. Prima di varcare la porta si fermò
e senza voltarsi indietro parlò.
“non
sono qui di certo per fare del male ai Cullen, questo ormai dovrebbe essere
chiaro. Non sono più un volturo e non lo sarò mai più. Minaccia ancora la mia
famiglia e giuro su tutto quello che ho di più caro al mondo…”
E
mi guardò negli occhi. Occhi gelidi, freddi e calcolatori. Gli occhi di un Alec
passato che albergava però ancora in lui.
“…
che ti farò passare le pene dell’inferno, tanto da pregarmi di ucciderti per
porre fine alle tue sofferenze!”
Nessuno
osò controbattere le sue parole, nessuno ci fermò.
Una
volta dentro, ci accomodammo sul divano. Stavo per parlare, ma lui mi anticipò.
“ti
vedo dimagrita, hai fame?”.
Cavoli,
ora che l’avevo detto, si, avevo molta fame. Però non capivo quale.
“Esme
mi ha appena detto che aveva preparato della pasta, ti porto quella e un po’ di
sangue, ok?”.
Annuii.
Ma quanto utile era il super udito. Non vedevo l’ora di avere anch’io tutte
queste doti. Mi sembrava di essere la sfigata di turno.
Una
volta di ritorno con i viveri, mangiai e bevvi tutto. Ero davvero affamata.
Feci
per aprire bocca, ma Alec mi interruppe di nuovo.
“Ti
porto qualcos’altro?”.
“La
smetti di interrompermi?”.
Finse
di non sentire.
“magari
sei stanca, ti porto di sopra a dormire!”.
“Alec,
smettila di tergiversare. Cosa ti hanno detto?”.
Serio
mi fissò, poi sbuffò.
Sapeva
che non avrebbe mai vinto il gioco degli sguardi con me, quando mi impuntavo.
“pensano
che sia tutta una scusa per attaccarli. Però se anche pensassero che siamo in
buona fede, temono che attireremmo i volturi nuovamente qui.”.
“ma
i Volturi non sanno che siamo qui!”.
“vero.
Ma il mondo è piccolo, presto o tardi lo verrebbero a sapere!”.
Lo
vedevo pensieroso, c’era dell’altro.
“cosa
ti preoccupa?”.
“girano
voci… sull’ira che i Volturi stanno attualmente provando per un problema.. nella
guardia. Jane è stata presa di mira. Se i volturi verranno a sapere che noi
siamo qui, sono sicuro che verrebbero a cercarci e chiederci di tornare con
loro o …”
“..
o morire.”.
“già!”.
“ma
questo è un problema nostro. Loro non centrano. Semmai sapessero che siamo qui,
ce ne andremo per non rischiare di metterli in mezzo più del dovuto!”.
“conosco
Aro… e so quanto sia costato a Caius lasciarli vivi l’ultima volta. Cercherebbero
un pretesto per la battaglia!”.
“quindi
che restiamo o ce ne andiamo, loro sono ugualmente segnati?”.
“penso
di si!”.
“loro
lo sanno?”.
“si!”.
“E?”.
“e
alcuni di loro combatterebbero al nostro
fianco!”.
Wow.
“cosa
faremo?”.
“per
adesso TU ti riposerai un po’.. dopo quel piccolo teatrino di cui ci hai
deliziato prima… e poi aspetteremo con ansia la nascita della piccola..”
“..piccolo..”
“..piccola…
e poi della tua trasformazione! Ne abbiamo già di cose a cui pensare!”.
Lo
baciai a fior di labbra e mi strinsi di più a lui.
“certo
che la nostra vita è propria monotona, non trovi?”.
“pensavo
esattamente alla stessa cosa!”.
Seraaaaa
Hehe.
Jacon se non sta attento si farà taaanto male!!!
I volturi
arriveranno?? Ehm…. Si vedrà!!!
Chi è
che combatterà al loro fianco semmai fosse il caso??....ehm.. si vedrà!!!
Muahahahaha..
le sorprese non sono ancora finite!!
Un bacione
|
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Capitolo 38 *** il termine ***
cap 38
INTANTO
MI SCUSO PROFONDAMENTE PER LA MIA ASSENZA… MA SONO TORNATA IN POSSESSO DEL MIO
COMPUTER SOL O OGGI… LA TECNOLOGIA è UN PO’ CONTRO DI ME... PERCIò.. ABBIATE
PAZIENZA!!!
VI CHIEDO
ANCORA SCUSA… E ORA VI LASCIO AL CAPITOLO 38!!!
CAPITOLO 38
Il termine
Pov lina
Osservavo
il cielo. Da quando ero arrivata nella città più piovosa d’America, non avevo
mai visto il sole brillare, e non che si potesse definire la giornata limpida;
le nuvole erano persistenti, ma chissà come si era creata una zona vuota, dove s’intravedeva
un pezzo di azzurro e, il sole, splendido e accecante, dava al paesaggio
circostante tutta un’altra atmosfera. Il verde dei boschi sembrava più
brillante e… il ringhio acuto di un cane troppo cresciuto spaventò anche quel
povero uccellino, che coraggioso, stava volando nella mia direzione.
Dallo
scontro avvenuto con Alec, Jacob non se ne era quasi più andato. Diceva che
restava nei paraggi, ovvero in mezzo alle scatole, solo per sicurezza per
Nessy, ma a mio parere era solo per tenerci d’occhio. Facevo fatica a capire
quello strano legame che lo legava alla figlia di Edward e Bella, e quest’ultima
aveva cercato di spiegarmi con le parole che in passato lui aveva usato con
lei, ma alla fine, non avevo ancora ben chiaro il tutto. E poi, non ci credevo
poi molto nei sentimenti di quel Jacob, non mi sembrava un tipo con i piedi per
terra, ma forse era solo una mia impressione. Da quando mi ero innamorata di
Alec, mi sembrava di credere che solo io fossi in grado di amare e che solo io
fossi stata così fortunata di incontrarlo per davvero, il grande amore. E
chissà, magari tutti gli altri innamorati pensavano la stessa cosa sugli altri.
Mah…
“gira
alla larga, cane da tartufo, che non è ancora stagione!”.
Sbuffai.
Alec stava per iniziare l’ennesima litigata con l’indiano. All’inizio andavo a
fargli sostegno morale, ora lo lasciavo fare. Ero entrata nella mia quarta
settimana, quella fatidica in cui si supponeva avrei partorito ed il mio amore
era a dir poco un fascio di nervi, era suscettubile al massimo e la presenza di
Jacob non lo aiutava di certo, quest’ultimo poi sembrava trovare piacere nel
litigare con Alec, infatti i due avevano tipo iniziato una sorte di tacito accordo,
dove ogni ora si ritrovavano vicino al fiume per un breve scontro.
Neanche
gli altri ci facevano più caso ormai, tranne Emmett ovviamente. Lui sperava o
tentava di parteciparvi e così finiva sempre col innervosire o il cane o Alec,
i quali non sempre gli davano quello che lui sperava, o meglio una lotta corpo
a corpo.
Non era
vero però che me ne stavo alla larga da quei due perché mi ero stancata, amavo
allearmi con il mio amore a dir su un po’ di parole gratuite a Jacob, ma gli
ultimi giorni era diventato difficile fare qualsiasi cosa, anche parlare.
Me ne stavo sdraiata sotto chili di
coperte, che toglievo o rimettevo a seconda della temperatura che provavo e
passavo le mie giornate o nelle stanza d’ospedale quando Carlisle doveva farmi
una nuova fasciatura alle costole o sul divano. Oggi, che era uscito il sole,
avevo insistito con tutte le mie poche forze a farmi uscire di casa, che ormai,
sebbene fosse enorme, aveva iniziato ad andarmi stretta. A turno, secondo me,
c’era sempre qualcuno che veniva a tenermi compagnia. Non dormivo molto,
sebbene la stanchezza persistente, perciò c’era sempre qualcuno ad
intrattenermi. Da un po’ tutti, avevo raccolto informazioni sulla gravidanza di
Bella. La vampira aveva sofferto più di me da quanto avevo capito, da una parte
per il fatto che loro non sapessero come comportarsi e solo alla fine avevano
intuito le esigenze del bambino, dall’altra per il fatto che lei fosse molto
esile di corporatura. Odiavo però essere sempre servita e riverita come una
regina, mi sentivo una sorta di disabile inerme. Ogni cosa che volevo o
desideravo veniva captata da quel fastidioso potere che Edward possedeva, e il
signorino, alquanto pettegolo, riferiva tutto a tutti.
“non lo
pensi davvero… “.
Come non
detto.
“è il tuo
turno di compagnia?”.
Lo vidi
trattenere un sorriso.
“avevo
voglia di parlare un po’ con te”.
“no,
diciamo che avevi voglia di venire a farti gli affari altrui!”.
“io?
Neanche potessi leggere nel pensiero… ti pare?”.
Ci
guardammo un nano secondo prima di scoppiare a ridere, io almeno tentavo.
Faticavo a fare pure quello. Era strano il rapporto che avevo instaurato col
vampiro pettegolo. Era diventato una sorte di amico per me. Dato che sapeva
leggere tutto di me, riuscivamo ad instaurare dialoghi esorbitanti. All’inizio
Alec aveva iniziato a provare un po’ di gelosia, ma era andata a scemare così
come si era creata. Ci aveva osservato e si era reso conto, così come tutti,
che tra me ed Edward si era creato un legame quasi di fratellanza oltre che di
amicizia. E jasper ne poteva essere ben testimone. Io per Edward non provavo
nulla. Si, è vero era bello e aveva molte qualità, ma non era Alec e lui e
nessun altro lo sarebbe mai stato.
“così mi
spezzi il cuore!”.
“come se
ne avessi uno!”.
Trattenne
una risata.
“nervosetta
oggi?”.
Si. Mi
ero svegliata storta quella mattina e Jacob aveva fatto scappare l’uccellino.
“non
dirai davvero?”.
“non vedo
l’ora di fargli il culo!”.
“non
vorrei proprio trovarmi nei suoi panni quando succederà… “.
“… però
vorrai assistere!”.
“o di
questo ci puoi contare! Sai bene che non posso arrabbiarmi più di tanto con
lui, Renesmee non me lo perdonerebbe!”
Già. Quella
bambina era assurda. Ritornando ai miei dubbi sull’imprinting. Renesmee sembrava
adorare quel cane troppo cresciuto, in una maniera pazzesca e lui… lui per lei
si faceva fare di tutto. Assecondava ogni suo desiderio e mai una volta, lo
avevo visto, anche solo lontanamente, annoiato o scocciato. Anzi, sembrava più
felice, se lei sorrideva di più.
“io posso
sentire i suoi pensieri e interpretare i sentimenti tramite Jasper… Renesmee è
davvero la sua forza di gravità che lo tiene ancorato a questo mondo. Se non
fossi certo che non si può ribellare a ciò.. gli avrei staccato la testa già da
tempo… ”.
Lo disse
con il sorriso in faccia, ma i suoi occhi erano seri.
“non ti
sfugge proprio nulla!”.
Scossi la
testa orgogliosa.
“ehi..con
chi credi di…”.
Non riuscii
a terminare la frase. Il mio piccolo si stava distendendo ed era andato a
premere sulla costola fasciata. Avrei voluto gridare, urlare fuori tutto il mio
dolore, ma questo avrebbe solo fatto star peggio Alec.
“sei
impallidita… ti chiamo Carlisle?”.
Provai a
parlare, ma mi mancava ancora il fiato.
-Non serve. Non si muove più. Due secondi e tornerà
tutto come prima.-
“odio
quando soffri..”.
-Perché sai che anche Bella ha sofferto così?-
“si! Forse
non urli vocalmente, ma lo fai nella mia testa, ed è una cosa mostruosa… come
fai a non incolpare il tuo bambino… perché.. dopottutto continui ad amarlo ogni
giorno che passa, sempre di più?”.
Tirai il mio
scarno viso in un sorriso.
“… è
semplice… “. Distolsi gli occhi dal suo volto scintillante e guardai il sole.
“… perché
è il frutto dell’amore tra me ed Alec…”.
Poi ripuntai
i miei occhi azzurro ghiaccio sui suoi familiari oro.
-è rinnegarlo sarebbe stato rinnegare noi…- .
Lo stupore
invase il suo viso. A quanto pare non gli era mai passato per la testa questa
spiegazione.
“no
infatti.”.
Si alzò,
come se stesse per andarsene.
“Alec ci
ha ascoltati e sta venendo da te ed io.. bè… voglio andare dalla mia Bella!”.
Si. Ovvio.
-ho capito. Grazie per la chiaccherata!-.
“no! Grazie
a te!”.
La sincerità
traboccò dalla sua bocca. Quanto aveva mai potuto soffrire Edward, non sapendo
a cosa andavano incontro? Non osavo proprio immaginare. E non me ne sarei più
curata per un po’ da quando i miei occhi si posarono sull’angelo che baciato
dalla luce solare, si avvicinava più bello che mai.
“ti amo!”.
Lo soffiò
su un orecchio, ma arrivò vivido fino al mio cuore, e a quello del bimbo che
scalciò in risposta.
“anche
noi!”.
Si sedette
ai miei piedi, abbandonando la testa
sulle mie gambe.
“come
stai oggi?”.
“meglio
se mi aiuti ad alzarmi. Non ne posso più.”
“Carlisle
dice che devi stare a riposo!”
“si e le
mie gambe mi urlano vendetta!”.
Sbuffò,
ma si alzò per aiutarmi a fare altrettanto.
Una volta
in piedi, mi accorsi che le mie gambe avevano ragione. Gli dovevo un po’ di
sgranchimento.
“tutto
bene?”.
Alec era
allerta qualora minacciassi di schiantarmi al suolo da un momento all’altro.
“certo
che si! Sono in piedi… con il mio amore, ho raggiunto i trentacinque centimetri
di larghezza perciò credo che…”.
Lasciai la
frase a metà, un dolore indescrivibile mi colpì all’addomme, come se mi
avessero staccato qualcosa da dentro. Non riuscii a trattenermi: un urlo
devastante anche alle mie orecchie squarciò la quiete circostante. Le gambe,
per quanto poco, mi abbandonarono, ma braccia forti mi sorressero.
“Carlisle!”.
Alec
chiamava il dottore, ma per primo arrivò Edward.
“oh no!”.
“cosa ‘oh
no’?”.
Per quanto
la mia concetrazione vaccilasse, sentivo che ad Alec stava per venire una crisi
isterica.
“dobbiamo
farla partorire!”
Un connotato
di vomito mi tolse anche le ultime energie e mi trascinò in un limbo oscuro.
Chiedo ancora scusa
alle mie lettrici per il ritardo pazzesco.
Finalmente però siamo
arrivati al fatidico giorno! Come si comporterrà la nostra bella schiera di
vampiri in versione E.R. ????
Staremo a vedere!!
A presto!!
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Capitolo 39 *** stop all'inerzia ***
stop all'inerzia
CAPITOLO 39
STOP ALL’INERZIA
“POV Alec”
Ero impietrito.
Lina aveva vomitato una fontana di sangue e poi sembrava svenuta, ma non lo era
rimasta per molto. Quando il sangue mi aveva inzuppato Edward me l’aveva tolta
istintivamente dalle braccia ed io non avevo reagito. Una parte di me impazziva
per l’urlo che Lina aveva emesso, odiavo il male che lei provava per colpa mia;
ma dall’altra parte, in lontananza, sentivo il mostro che ero, cercare di farsi
largo e bere quel sangue. Sentire quell’inebriante sapore spruzzarmi caldo in
gola, mentre il suo sapore mi eccitava all’inverosimile.
Ma cosa mi
passava per la testa, io non avrei mai potuto togliere la vita a Lina. Lei ,
lei che era tutto per me. Lei che mi aveva ricordato che potevo anch’io provare
sentimenti umani, lei che mi aveva insegnato ad amare e lei… dov’era ora lei?
Mi guardai
attorno, ero ancora in giardino ma di Lina nessuna traccia.
“Alec siamo
di sopra, finalmente ti sei deciso!”.
Raggiunsi la
voce di Edward alla camera adibita ad ospedale e vi trovai lui, Carlisle e
Jacob?
“abbiamo
bisogno di qualcuno che ci aiuti a tenerla ferma e lui non ha problemi.. col
sangue!”.
Mi feci
scorrere addosso il fatto che Jacob fosse lì, ora era solo Lina la mia
preoccupazione principale.
“le abbiamo
iniettato la morfina, ora Carlisle le aprirà il ventre per far uscire il
piccolo!”.
“ma la tua
compagna ha detto di aver sentito tutto ugualmente durante la trasformazione!”.
“lo so , ma
ha detto anche che era stata contenta di non potersi muovere e sai bene anche
tu quanto ci si dibatta durante la trasformazione..”.
Un brivido
mi invase. È vero forse era meglio così. Guardai Lina, era una scena
spaventosa. Lei si contorceva in una maniera così malsana, non sembrava più
lei. Il viso sofferente non era il suo, lei così forte e decisa.
“STA
SOFFRENDO!”.
Le sue
parole squarciarono l’aria. Lina aveva urlato quelle due semplici parole, che
sicuramente si riferivano alla piccola creatura.
“Lina, Lina
amore.. sono qui.. andrà tutto bene..”
Le strinsi
una mano, ma non ebbi altra risposta da lei.
Il suo corpo
si dibatteva meno furiosamente sotto le salde mani di Jacob, ma lo fece ancor
meno dopo che uno schiocco raggelante ferì l’aria.
“la spina dorsale!”.
“cosa?”.
Guardai Carlisle
con odio, lo stavo per prendere per la gola.
“no, fermati
Alec. È successo anche a Bella. Resta lucido e aiutaci e andrà tutto bene!”.
Lo sguardo
che stava diventando rosso, tornò normale.
“tienile le
mani, Jacob falle la respirazione bocca a bocca… e ho detto Jacob perché lui
può darle il giusto quantitativo di aria essendo… umano, in buona parte, e poi
la sua bocca sa di sangue per cui…”.
Mi sentivo
un automa e per di più inutile. Cercavo di
tenere ferma la parte superiore del corpo di Lina e le sussurravo di non mollare
all’orecchio. Jacob nel frattempo le mandava
aria nei polmoni, mentre Edward le faceva il massaggio cardiaco, guardai
Carlisle e lo vidi incidere il ventre della mia Lina con i denti. Cosa le
stavamo facendo?
Poi un
pianto di bambino irruppe nell’aria. Non potei fare a meno di spostare i miei
occhi da Lina a… al mio bambino, al nostro bambino, era un ometto proprio come
lo desiderava lei. Lei che proprio in quell’istante aprì gli occhi, guardò la
piccola creatura che aveva tra le braccia Carlisle e poi, perse i sensi.
“Lina, amore
resta con me ti prego. Svegliati!”.
“le sto
iniettando il tuo veleno al cuore Alec, ma non basterà… te la senti?”.
Se me la
sentivo di mordere la mia Lina per salvarla? Era una cosa più che scontata. Non
avevo combinato nulla di buono fino allora. Era rimasto inerme in balia degli
eventi, ma ora, la vita di lei era nelle mie mani. Lei mi aveva chiesto di
trasformarla, voleva che il vincolo che ci legasse fosse indissolubile ed io
non l’avrei mai delusa, per niente al mondo.
Edward aveva
seguito i miei pensieri, così si portò subito al torace di Lina, per continuare
a farle pompare il cuore.
Io mi
fiondai alla velocità della luce e, come precedentemente mi avevano suggerito
il dottorino e il figlio, morsi Lina alla gola, ai polsi, alle caviglie. Le iniettavo
il mio veleno e poi per timore che fuoriuscisse sigillavo il morso con la mia
lingua.
Lo vidi
spingere sul suo torace ancora un paio di volte, poi si fermò.
“cosa
diavolo fai? Perché ti sei fermato?”.
L’avevo
senza rendermene conto raggiunto col mio potere e privato della vista.
Vedevo i
suoi occhi persi nel buio.
“Alec sento
i suoi pensieri, la trasformazione è iniziata!”.
Staccai la
mia presa mentale su di lui e rivolsi il mio sguardo su Lina. Sembrava tranquilla,
non si contorceva più dal dolore.
“sta
soffrendo?”.
Passarono alcuni
secondi ma lui non mi rispose. Mi voltai e lo vedevo osservare Lina.
“scusami
Lina, ma sappiamo tutti che è così.”
“che diavolo
stai dicendo?”.
“i pensieri
di Lina non sono molto coerenti, essendo lei soprafatta dal dolore. Ma è
riuscita a distinguere la tua domanda e mi ha pregato di dirti di no!”.
Anche all’ultimo
sempre così protettiva. Amore mio, è possibile amare sempre di più?
Vedrai,
tutto sarà più facile quando sarai come me.
“Alec, mi
dispiace interromperti ma… non pensi che ci sia un’altra persona a cui tu debba
fare visita?”.
Il mio
bambino.
Tesi l’orecchio
e sentii gli altri vampiri che in salone facevano complimenti malsani. Dovevo salvare
il mio bimbo.
“Lina amore,
torno subito!”.
Le baciai la
fronte poi scesi nel grande salone e mi avviai verso il cerchio di vampiri che
si era creato, mi feci largo ed al centro di esso vi trovai lui. Il mio ometto.
Il nostro ometto. Il silenzio calò mentre il mio sguardo incrociò il suo. Due vispi
occhietti azzurro ghiaccio mi perforarono l’anima. Non so quale istinto
prevalse in me, ma non passò un secondo che una volta che il piccolo tese le
braccia verso di me, io lo avvolsi in un abbraccio istintivo.
Sapeva di
buono, ma non abbastanza da farmi venire sete. Era come Renesmee: metà umano e
metà vampiro. Mi aveva riconosciuto di sicuro, perché mi stringeva davvero
forte. Lo staccai da me e lo sollevai in aria per guardarlo meglio.
“Benvenuto
L.J.!”
È NATOOOOOO!!!!
Mie care lettrici… ho
bisogno di sapere se il capitolo è stato di vostro gradimento o
meno.. spero di si!!!
Il nostro alecuccio ha
chiamato il piccolo L.J. vediamo se qualcuna saprà intuire il nome per esteso..
;)
Un bacioneeee
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Capitolo 40 *** fuoco ***
cap 40
Non ci posso
credere. Sono riuscita a scrivere il 40 capitolo.
Vi chiedo
perdono. È da tanto che manco, ma la mia vita ha subito un grosso cambiamento e
l’ispirazione era andata a farsi una vacanza. Ma come succede sempre, dalle
vacanze bisogna tornare ed ora eccomi qua! Spero di non abbandonarvi più e di
portare a termina questa ff e anche l’altra. Vi lascio ora al capitolo.
Non succede nulla di che, ma devo un
attimo ingranare. ;)
CAPITOLO 40
Fuoco
POV Lina
Dolore.
Non provavo altro che sfumature sempre più intense di dolore. Era ustionante.
Si. Sembrava fuoco, sembrava che il mio intero corpo bruciasse, ma non si
consumasse. Bruciava ancora e ancora. Non c’era una soglia di sopportazione, non
c’era limite. Avrei dovuto inventare una nuova parola che potesse anche solo
minimante o lontanamente descrivere tutto questo se qualcuno avesse soluto
sapere cosa si provava, perché la parola “dolore” era quasi fuori luogo.
Sapevo
cosa mi stava succedendo, era il veleno. Alec, i Cullen, me ne avevano parlato,
ma non potevo credere potesse essere questo. Non potevo sopportare un secondo
di più, perché nessuno mi dava la morte definitiva?
Sempre
più forte il cuore pompava.
Il suono
mi rimbombava nelle orecchie e sembrava essere esso la scintilla di tutto. Ad
ogni battito si spandeva una scarica di fuoco che bruciava ogni più piccola
cellula di me. Provavo a concentrarmi su altro ma non riuscivo che a provare
questo. Aspetta.
Si. Lo
sento in lontananza. Un grido appena sussurrato. Sembra un nome.
Ti prego
chiunque tu sia se mi senti uccidimi. Ti prego.
Volevo
aprire gli occhi, volevo muovermi, volevo parlare, ma non ci riuscivo. Ero
inerme.
Ancora
quella voce. Ma ora non sembrava stesse parlando con me.
Alec. Si,
ne ero sicura era lui.
Volevo…
volevo che questo dolore finisse. Cercavo di concentrarmi su altro, ma il fuoco
non faceva altro che aumentare. Lo sentivo cambiarmi, aggiustare ossa rotte,
ricostruire e rinforzare i muscoli… ma tutto era una sofferenza mostruosa.
“sta
soffrendo?”
Alec. Con
chi parlava? Non riuscivo a percepire altro al di fuori di me. Forse Edward? Se
mi sei vicino, se senti i miei pensieri, ti prego digli di no. Non lo voglio
sapere in pena per me.
Restai ad
ascoltare, ma non sentii altro che il fuoco crescere.
-------
Qualcosa
era cambiato. Non so dopo quanto tempo, anni per me, qualcosa era mutato. Il
dolore era meno intenso, di poco, ma la differenza era stata percepita subito.
E il tempo. Il tempo sembrava prendere forma.
Non so
come, ma la mia mente era così spaziosa che poteva tenere sotto controllo più
cose contemporaneamente. Sentivo perfettamente la consistenza del fuoco che
irrealmente mi bruciava e percepivo che oltre a me c’erano tante altre cose che
mi circondavano. Un profumo buonissimo che conoscevo, ma che ora era ancora più
irresistibile. Alec. Era al mio fianco. Poi sentii dei passi avvicinarsi. Era
un andamento tranquillo, ma deciso.
“tranquillo
Alec, non manca ancora molto!”.
Si
trattava del mio buon amico Edward. Ora cominciavo a dare più senso logico a
quello che stavo sopportando, al perché mi trovavo lì. Per L.J., per Alec, per
il nostro amore grazie al quale avevo anche conosciuto la splendida famiglia
Cullen.
“Alice ha
avuto visioni su Lina?”.
“non
ancora, ma il suo futuro diventa sempre più nitido! Diciamo che i suoi pensieri
cominciano ad essere più lucidi”.
Cosa
voleva dire? Che per tutto il tempo aveva ascoltato la mia agonia?
Non
sentii però se avesse commentato i miei pensieri, perché spostai la mia
concentrazione sul mio cuore. Le pulsazioni, anche se pensavo impossibile,
divennero più forti ed emanavano scariche di fuoco ancora più intense. Poi contemporaneamente
successero tre cose. Il fuoco iniziò a ritirarsi, molto lentamente, ma
diminuiva a poco a poco dalla punta della dita a ritroso. Secondo: un altro
tipo di fuoco si accese lungo la mia gola e infine, la terza cosa che accadde
fu che sapevo che la morfina era svanita. Sentivo di poter muovere ogni parte
del mio corpo, ma temevo che se mi fossi mossa, il dolore sarebbe aumentato.
“non
sento più l’odore della morfina!”.
“ si,
anche lei se né accorta!”.
“lina,
amore mio, apri gli occhi, guardami!”.
Potevo
farlo? Si, potevo, lo sapevo.
“Edward a
cosa sta pensando?”.
Maledetto
ora gli fa comodo il talento di EDDINO!
“Lina non
avresti dovuto chiamarmi così! Si! Può farlo, ma ha paura!”.
Questa me
la segno.
Sentii
una bassa risatina provenire da Edward. La sua voce come quella di Alec
sembravano avessero un tono ancora più suadente di prima.
“amore
non temere. Sono qui per aiutarti!”.
Sentivo
la preoccupazione nella sua voce e sentii anche altri passi avvicinarsi.
“vi stavo
ascoltando. Credo sia il caso aspettare finisca la trasformazione. È meglio che
sia calma quando aprirà gli occhi. Io ero sconvolta e dovevo abituarmi con
calma alla nuova vita. Sapete tutti che si prova.”
Bella.
Sentii
uno sbuffo d’aria uscire dalla bocca di Edward, le aveva sorriso e dagli
successivi spostamenti d’aria ero sicura che l’avesse abbracciata.
Alec si
avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò dolci parole. Mi stavo pienamente beando
della sua voce quando il cuore batté ancora più forte. Sembrava un segnale,
perché sentii diverse passi avvicinarsi. Il mio pubblico era aumentato.
“ci
siamo!”.
Era stata
Alice.
Tutti i
respiri si fermarono all’unisono nel momento in cui ci fu un ultimo tonfo sordo
del mio cuore.
Silenzio.
Non vi era altro che silenzio, dentro e fuori di me.
Decisi di
contare fino a dieci e poi avrei aperto gli occhi.
Uno. Due.
Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove …. e dieci!
POV Alec
Tum.
Un ultimo
tonfo sordo. Il cuore di Lina aveva smesso per sempre di battere. Mi sentivo
strano da una parte felice perché starà per sempre al mio fianco, dall’altra
colpevole, per averla costretta a scegliere una vita di mostri.
Passarono
dieci secondi poi vidi i suoi occhi aprirsi.
Una lama
mi trafisse il cuore. cosa sarebbe successo una volta che Lina si sarebbe
specchiata e al posto dei suoi splendidi occhi azzurro ghiaccio avrebbe trovata
due occhi rosso rubino?
Non
volevo saperlo.
Vidi i
suoi occhi guardarsi attorno, spaesati, impauriti e curiosi.
Si alzò
di scatto dal lettino e si bloccò accorgendosi della velocità con la quale il
tutto era avvenuto.
Dio se
era bella.
I suoi
capelli neri erano diventati più lunghi e più luminosi ed al confronto con la
sua pelle bianca e gli occhi rossi creava un abbinamento a dir poco surreale e
dannatamente sexy.
La vidi
posare gli occhi su di me. Si avvicinò lentamente a me e con una mano mi accarezzò
il viso. Si perse così a guardarsi la mano. Di sicuro notava il colore e la
consistenza diversa.
Sembrava
un bimbo che fa i primi passi.
Rialzò lo
sguardo verso di me, mi scrutò e mi sorrise.
“adesso è
per sempre!”.
DOMANDA
Mie care
al piccolo L.J. lo incastriamo in un imprinting o lo facciamo diventare un futuro
corteggiatore di Renesmee??? Questa potrebbe diventare un’altre ff! datemi pure
i vostri pareri!!!
Bacioni
Deba
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Capitolo 41 *** neonata ***
neonata
CAPITOLO 41
Neonata
POV LINA
Aprii
gli occhi e ciò che vidi fu sensazionale. Ogni cosa o oggetto era tutto
perfettamente nitido e colorato di sfumature che prima non ero mai riuscita a
cogliere con i miei semplici occhi umani. Era meraviglioso. Riuscivo a vedere
perfino la polvere che leggera volava tutta intorno per la stanza. Non avrei
mai pensato di dire che la polvere poteva affascinare.
Decisi
di alzarmi e rimasi di sasso. Avevo appena pensato di compiere tale gesto, che
un decimo di secondo dopo l’avevo già compiuto senza accorgermene. Fantastico.
La velocità dei movimenti era davvero forte.
C’era
qualcosa però che minava la mia quiete. Alzai lo sguardo per capire cosa dovevo
cercare quando incrociai lo sguardo di Alec. Il mio Alec. Era bellissimo. Forse
non l’avevo mai visto davvero. Come se possibile era diventato ancora più
bello. La sua pelle così luminosa, volevo toccarla e stavo per farlo, ma mi sconvolsi
quando vidi la mia mano, la mia pelle,era come la sua. Bianca, ma perfetta.
Perfetto. Lui era perfetto.
Era sconvolgente come la mia attenzione
potesse essere così debole. Facevo presto a perdermi nei miei pensieri, ma non
era questo l’importante. L’importante era che anch’io ora ero come lui. Noi due
saremmo stati insieme per l’eternità come tanto sognavo. Dovevo ripetermelo ad
alta voce e così sapevo che sarebbe stato vero.
“Adesso
è per sempre!”.
Ehi!
Che scherzo è mai questo? La mia voce era… era melodiosa. Si. Ero incantata a
ricordarne il suono. Straordinario. Lo ricordavo davvero in modo perfetto come
se qualcuno con un registratore me lo stesse facendo riascoltare a fianco. Che
memoria pazzesca.
“per
sempre!”.
Riportai
il mio sguardo su Alec e finalmente lo toccai. La sua pelle avrebbe dovuta
essere fredda e invece, era calda al mio tocco. Ricordavo vaghi abbracci paragonati
a statue di ghiaccio. Sembravano avvenuti in un tempo lontanissimo difficile da
ricordare.
Un
altro bisogno sentii farsi largo. Dovevo baciarlo. Ovviamente lo pensai e un
istante dopo lo stavo già facendo. Era come baciare la prima volta. Sensazioni
mai provate davvero, che si impossessavano di te e ti facevano volare in un luogo
dove solo gli innamorati sapevano arrivarci.
“ehi
ehi calma. Abbiamo detto di avere l’eternità davanti!”.
Lo
guardai con un sorriso volutamente da monella, mentre lui mi regalò un sorriso
da voler quasi immortalare in una foto. Ops come non detto. Lo avevo appena
fatto nella mia nuova e perfetta mente.
Sentii
una risata appena pronunciata e fu lì che risentii di nuovo farsi largo in me
la consapevolezza che c’era qualcosa che minava la mia quiete. Era come un
brivido lungo la colonna vertebrale che mi diceva “voltati”, “guardati le
spalle”. Seguii il mio istinto e quello che vidi fu la famiglia Cullen.
Senza
accorgermene mi ritrovai tutta accucciata arricciando le labbra. Ma che stavo
facendo? Raccolsi tutta la mia forza di volontà per rimettermi in piedi, ma era
davvero difficile.
“Jasper
aiutala!”.
Un
secondo dopo la tranquillità mi invase e fu più facile rimettermi in piedi.
“scusate.
Non volevo!”.
Vidi
Carlisle sorridermi gentile.
“non
preoccuparti!” mi disse. Subito dopo riprese parola Edward.
“si
Lina. Hai solo sentito la presenza di vampiri. I tuoi nuovi sensi ti hanno
messo subito sulla difensiva, non siamo offesi. Ci siamo passati tutti!”.
Mi
rilassai ancora di più a quelle parole.
“Lina
che ne pensi di guardarti per intera allo specchio?”.
“NO!”.
Era
stata Alice a parlare, ma a gridare era stato Alec.
Mi
voltai quasi spaventata per cercare di capire a cosa era dovuta una tale
reazione. Il suo viso sembrava dispiaciuto.
Perché
mai non avrei dovuto specchiarmi. Pensava non mi sarei piaciuta, forse perché anche
a lui non piacevo più? Certo forse ero più irresistibile quando ero una
deliziosa umana!
Un
forte senso di non accettazione mi invase. Perché a nessuno andavo mai a genio?
Anche Alec non mi voleva. Provavo gelo nel mio cuore. tutti avrebbero dovuto
provarlo per capire come ci si sentiva a non essere accettati per quello che si
era.
La
finestra si spalancò facendo entrare un’ondata di aria gelida che portò la
temperatura ad una decina di gradi sotto lo zero. Ciò mi spaventò. Ero stata
io?
“Lina!”.
“Lina amore!”.
Carlisle
ed Alec stesso mi avevano chiamata, ma io dallo spavento iniziale mi stavo
abituando a quel gelo. Non era fastidioso, almeno per me. Era quasi
confortevole.
“Jasper!”
“ci
sto provando!”
“Bella!”.
“non
è un potere mentale!”
“Lina
basta! Non è vero che Alec non ti accetta!”.
Le
parole che volevo sentire. Persi l’attenzione da quel gelo, che svanì
all’istante e fissai Edward.
“io..
mi dispiace Lina. Non pensare questo! È solo che…”.
Puntai
lo sguardo su di lui. Alec.
“cosa?”.
“non
volevo vedessi i tuoi occhi…”.
I
miei cosa?
“e
perché mai non …”.
Mi
bloccai a metà. I miei occhi.
“Datemi
uno specchio!”.
Alice
in mezzo secondo mi presentò davanti uno specchio grande come un armadio.
Fissai
stupita la mia immagine. Cavoli ero diventata davvero gnocca, non potevo non
notarlo e pensarlo.
“modesta…”.
“Eddino
fatti gli affari tuoi!”.
Lo
minacciai con lo sguardo ma lui pareva divertirsi, mentre gli altri
presentavano facce interrogative.
Tornai
a fissarmi e percorrendo attentamente tutta la mia figura arrivai al punto che
fremevo vedere. I miei splendidi occhi azzurro ghiaccio, l’unica cosa che avevo
preso dal mio vero padre, non c’erano più. Ma cosa farci? Era ovvio che come
tutti i neonati avrei avuto due occhi rosso cremisi. Erano inquietanti si, ma…
mi stavano davvero bene!
“sei
impossibile!”.
“la
smetti?”.
Lo
guardai in cagnesco e lui sbuffò.
“tranquillo
Alec. A quanto pare ha superato subito il trauma del cambio di colore!”.
È
questo allora che significava quel no urlato. Temeva la mia reazione alla vista
dei nuovi occhi.
Mi
voltai a guardare la mia fonte di felicità personale e non potei che dire le
uniche due parole che racchiudevano infinite emozioni.
“ti
amo!”.
Mi
persi nel suo sguardo ambrato e lo stesso stava facendo lui.
“ehm.
Mi dispiace interrompervi, ma sono l’unico che ha notato che Lina ci ha quasi
congelato tutti?”.
Emmett.
Cavoli. Se Edward non mi avesse distratta dai miei pensieri non avrei smesso di
sicuro.
“io
non me ne sono resa conto, non volevo farvi del male. Cioè volevo, ma non era
intenzionale.. io..”
“tranquilla
Lina. Sapevamo che con la trasformazione avresti ovviamente sviluppato le tue
potenzialità. Le studieremo insieme con calma ok?”.
“si
Carlisle!”.
“e
poi sei una neonata… sei più suscettibile.. non ci puoi fare nulla..”.
Stavo
per aggiungere dell’altro quando questa volta un dolore si fece vivo in me. Lo
stesso dolore che avevo provato durante la fine della trasformazione. Era un
bruciore all’altezza della gola. Che avessi ancora da completare del tutto la
trasformazione? E che cavoli no!
Edward
mi ascoltava.
“sei
affamata!”.
Ma
mi persi in Jasper, che mi fissava irrequieto. Perché? Aveva paura di me?
“lo
fa con tutti i neonati non ti preoccupare. Comunque, è meglio andare a caccia.
Alec ?”.
“si!
Indicatemi la strada!”
“veniamo
anche io ed Emmett . Abbiamo bisogno di nutrirci.”
“D’accordo”.
“aspettate!”.
Ho
sempre odiato la gente che decideva per me.
“Dov’è
il mio L.J.?”.
“non
lo senti?”.
Non
capii subito la domanda. Ci arrivai dopo. Affilai l’udito e feci attenzione a
tutti i rumori che c’erano all’interno della casa. Lo trovai subito. Si trovava
nel grande salone. C’era anche Renesmee e ovviamente il vampiro mancante,
Rosalie.
“Perché
il mio Lugh sta con quella?”.
Mi
stavo innervosendo, anzi no peggio. Mi stavo arrabbiando. Io non avevo ancora
visto il mio piccolo e lei lo teneva tra le braccia? Anzi no. Io dovevo
andarmene a boschi ad azzannare animali e lei se lo coccolava?
“sei
proprio strana!”.
EDWARD
FUORIIIIIIIIIIIII DALLA MIA TESTA.
Rise
in cambio.
“pensa
che non abbia senso andare a caccia quando invece suo figlio si trova tra le
braccia di Rosalie!”.
“scherzi?”.Carlisle
sembrava affascinato.
E
riprese subito dopo a parlare con uno strano sguardo da professorone.
“mi
chiedo se sia anche la gravidanza e il successivo istinto materno ad attenuare
così tanto la voglia di sangue coi sentimenti materni!”.
“interessante!”.
Edward
gli dava corda con lo stesso sguardo.
“allegato
poi al fatto che era già preparata psicologicamente a quello che doveva
succederle!”.
Jasper
sembrava quasi affranto.
“Jazz
volevi che azzannassi l’aria come una matta?”.
Jazz
mi guardò con un sopracciglio alzato come se si chiedesse se fossi davvero matta.
Poi sorrise gentile e da galantuomo d’altri tempi.
“no.
Ho solo avuto l’ennesima conferma che le mie conoscenze vanno tutte
rivalutate!”.
Non
capii bene il significato delle sue parole, ma non me ne importai granché.
Nessuno aveva ancora dato risposta alla mia domanda. Perché quella era lì ed io
no.
Fissai Edward in attesa di quella risposta.
“sono
sicuro che resisterai di fronte a tuo figlio, ma ti ricordo che è per metà
umano e tu sei un vampiro neonato che non è mai andato a caccia. Se vuoi
rischiare di fare del male al tuo bambino io non mi prendo responsabilità!”.
Risposta
molto convincente.
“ok.
Opto anch’io a favore della caccia!”.
Eccoci
qua!!!
Mie
care che ne pensate della nostra neonata??
E si…
complimenti a chi si è ricordata il nome del papà di Lina. Il bimbo si chiama
Lugh Junior!!!
Fatemi
sapere la vostra opinione sul capitolo!!
Bacioni
e buone feste!!
deba
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Capitolo 42 *** diversa ***
diversa
CAPITOLO 42
DIVERSA
POV LINA
“stammi
dietro amore!”.
Detto
questo Alec si era messo a correre. Con semplici occhi umani non sarei più
riuscita a vedere nulla, ora invece vedevo perfettamente i suoi muscoli
tendersi ed ogni movimento compiersi. Lo seguivo con gli occhi ed era
sconcertante anche come una semplice corsa potesse diventare sexy.
Sentii
la risata trattenuta di Edward che mi ridestò. Emmett era partito con Alec e i
due stavano compiendo una tacita sfida; la pettegola, invece, era rimasta pochi
passi dietro a me. Mi voltai verso di lui e lo incendiai con lo sguardo.
“Pettegola?”.
Feci
finta di non aver sentito la sua domanda.
“te
lo levo io quel sorrisetto!”.
Detto
questo mi misi a correre seguendo la scia di Alec ed Emmett, mentre Edward mi
fu subito a fianco.
Era
vero, ogni vampiro aveva un profumo suo, sempre dolcioso, ma la differenza era
facilmente percepibile e di conseguenza poi anche facilmente riconoscibile.
Non
potevo non perdermi poi nella mia mente e pensare quanto correre fosse
appagante. Mi permetteva di dare sfogo a tutta la mia potenza ed energia, senza
dovermi per forza trattenere in qualche modo. Lo spettacolo circostante poi,
era sublime. I colori del bosco erano magnifici ed ipnotici. Ogni tonalità di
verde possibile, mi abbracciava e mi coccolava. Animali ed insetti di cui non
credevo neppure l’esistenza al mio passaggio fuggivano o in una maniera tutta
loro cercavano rifugio. Era fantastico ed orribile allo stesso tempo.
Fantastico, perché mi sentivo invincibile, orribile, perché ero un mostro anche
per loro, miseri insetti.
Vidi
Edward che correva ancora al mio fianco e ben presto trovai davanti anche
Emmett ed Alec. Sentivo che dentro di me dovevo ancora liberare tutta la mia
potenza, così mi lasciai andare e, con mia grande sorpresa, li lasciai
indietro. Tutti.
Correvo
e mi sentivo sempre meglio. Più libera. E poi la sensazione che il vento aveva
a contatto la mia pelle era sensazionale.
Sentii
chiamare il mio nome in lontananza e di botto mi fermai. Dieci secondi e sbucò
qualcuno alle mie spalle. Fu più forte di me, mi acquattai e puntai alla sua
gola.
Edward.
Non
lo morsi però. L’avevo bloccato su un albero con i denti a pochi centimetri dal
suo collo, e rimasi in quella posizione i secondi giusti in cui la mia sanità
mentale tornasse al suo posto e mi convincessi che non mi voleva fare del male.
Appena i miei muscoli mi risposero lo liberai.
“scusami,
è stato più forte di me!”.
“no,
è colpa mia. Non ti dovevo arrivare alle spalle all’improvviso!”.
Ero
davvero mortificata. Lui cercò di tralasciare l’evento appena accaduto.
“non
sapevo più come fermarti!”. Rise.
“perché?”.
“come
perché? Hai superato tutti e poi hai lasciato una scia di polvere e basta
davanti a noi. Ti ho rincorsa perché sono il più veloce del gruppo, ma mi avevi
seminato perciò ho dovuto gridare per farmi sentire da te. Non so se te ne sei
resa conto, ma siamo quasi a metà del Canada! Un’altra breve corsetta e andiamo
a trovare Eleazar in Alaska?”.
“chi?”.
“lascia
perdere. Torniamo dove ci aspettano gli altri!”.
Non
diedi peso a chi fosse questo Eleazar e senza altre domande lo seguii.
“Eddino,
perdi colpi non trovi? Sebbene neonata, ammetti che andava più veloce anche di
Bella in post trasformazione. Scommetto che quando si stabilizzerà ti batte lo
stesso! Anzi lo farò con Jazz!”.
Emmett
sbeffeggiava un Edward al quanto pensieroso. Alec invece mi guardava fiero.
“sei
formidabile!”.
Gli
sorrisi e l’elettricità fra noi si fece palpabile nell’aria. Lo volevo.
“Lina.
Alec.”
Irritata
come il mio amore ci voltammo verso un Edward mezzo sorridente.
“è
meglio se pensiamo alla caccia e non ad..bè.. altri pensieri!”.
“non
fare il geloso Eddino. Ti voglio bene, ma non mi ispiri in quella maniera!”.
Alec
sogghignava, Emmett si sbellicava dalle risate, Edward roteava gli occhi.
“come
non detto. Ora. Fai silenzio, se ti è possibile…”
Gli
tirai la lingua.
“…
e ascolta in torno a te!”.
La
gola si era fatta infuocata di nuovo e feci subito quello che mi era stato
richiesto. Chiusi gli occhi di mio istinto e mi concentrai sui suoni
circostanti. Non so perché, ma ancora una volta mi lasciai trasportare dal vento.
Era più forte di me, ma provavo una sorte di amore incondizionato verso tale
elemento naturale e mi affidai cieca a lui.
Sentii
lo spostamento d’aria infrangersi sugli alberi, sui rami e sulle singole
foglie. Sebbene avessi gli occhi chiusi, vedevo a poco a poco il paesaggio
circostante prendere forma davanti a me. sentivo i microscopici movimenti degli
animali e l’aria artificiale causata da uno spostamento impercettibile di ali
di qualsiasi tipo. Il vento soffiava da nord e lo sentii ad un miglio di
distanza verso sud, da dove mi trovavo, infrangersi su una vasta radura di
erba, ma non aveva tragitto libero, c’erano ostacoli, che a loro volta si
muovevano. Erano … ehm … che animale era? Non ero molto preparata in materia.
Sentii
una risata trattenuta a stento. Persi la mia concentrazione e ritornai a luogo
in cui ero con gli altri.
“è
un alce, Lina!”.
“non
fare il saputello!”.
Rise
in compagnia poi anche di Alec ed Emmett, una volta che questi erano stati
informati della mia scarsa cultura faunistica.
Alec
mi si avvicinò e mi prese per mano.
“Amore
sei riuscita a rintracciare il tuo cibo?”.
“Ehm..
credo di si…”.
“in
una maniera davvero interessante aggiungerei!”.
Guardammo
Edward interrogativi.
“hai
usato una tecnica tutta tua per capire dove fosse la tua preda, è stato davvero
affascinante, ma ne parleremo meglio dopo con Carlisle, penso riguardi il tuo
potere!”.
Mi
chiedevo cosa avessi mai fatto di così affascinante, non facevano tutti i
vampiri così?
“no,
direi di no!”.
Edward
mi rispose entusiasta.
Mah…
“ne
parliamo dopo. Ora. Lina, riesci a ritrovare la strada per quella radura?”.
Chiusi
gli occhi e come se il mio cervello, i miei sensi, tutto di me sapesse cosa
cercare, mi ritrovai di nuovo lì, con due Alci a brulicare tranquilli.
“bene.
Ora lascia che il suono dei loro cuori ti arrivi vivido ai tuoi orecchi!”.
Non
so come, ma ancora una volta il vento mi era stato amico. Senti una brezza
leggera alzarsi e trasportare in essa le onde del suono dei loro cuori che mi
arrivarono accarezzandomi vividi agli orecchi.
“affascinante..
ora Lina, ascolta bene quel suono, lasciati invadere da esso e qualsiasi
istinto prevalga, tu non pensare, lasciati andare ad esso!”.
Così
feci. Ascoltai quel suono che non so come mi fece percepire il sangue che
veniva pompato dal cuore. L’idea di quel fiume rosso cremisi mi incendiò ancor
di più la gola, mentre la bocca mi si inondava di veleno. I miei arti
iniziarono a tremare, fremevano, volevano correre verso quell’essere che mi
avrebbe calmato questo fastidioso bruciare e lo feci. Mi lasciai andare.
/////////
POV ALEC
Era
fantastica. Nella mia lunga esistenza ne avevo viste di vampire, ma come lei
nessuna. Era strabiliante.
Non
capivo cosa Edward volesse dire con il fatto che il suo modo era diverso, ma
non mi stupì. Era ovvio. Me ne sono accorto subito, quand’era ancora umana, che
lei era diversa, era per questo infatti, che l’amavo.
Vederla
poi a caccia era davvero eccitante.
La
vidi iniziare a correre verso la sua preda. Era veloce, molto e sembrava
volesse esserlo ancora di più tanto che a volte si dava slancio anche da grossi
alberi, i quali, al suo tocco,si spezzarono dopo che il suo piede li aveva
sfiorati. Era così veloce che sembrava si librasse in aria e, a volte, che
volasse.
“non
credo sia un illusione ottica…”.
“stai
scherzando vero?”.
Edward
seguiva i movimenti di Lina con fare molto pensoso.
“ho
una teoria.. “.
“riguarda
il suo potere?”.
“già..”.
“se
così fosse.. bè..”.
Se
così fosse Lina sarebbe divenuta molto forte, qualora avesse controllato al
meglio il suo potere, e sarebbe potuta diventare un vampiro fortissimo. Troppo forte.
Forte abbastanza da dover avere a che fare con lui. No no no.
“calmati
Alec. Non fasciamoci la testa prima di romperla. Ne riparleremo con calma e
comunque non sareste soli.”.
Detto
questo mi lasciò indietro , mentre si avvicinava alla caccia di Lina. Cosa significava
che non saremmo stati soli? Che avrebbero preso le nostre parti contro i
Volturi? Che sciocchezza. Non sarebbero stati stolti fino a questo punto. Dovevo
aver capito male.
Nel
frattempo mi avviai anch’io giusto per vedere una cosa non impressionante di
più… quasi inspiegabile.
Lina
si stava dilungando nel prosciugare uno dei due alci, tanto che l’altro stava
fuggendo. Quest’ultimo si stava per inoltrare nella boscaglia, quando un’improvvisa
raffica di vento lo fece catapultare indietro, nello stesso istante in cui Lina
abbandonò la carcassa del primo animale, e prese il secondo alce così
elegantemente, che rimasi senza fiato.
E così
era. Io e gli altri due Cullen eravamo rimasti immobili, senza parole.
Quando
Lina mollò la presa, il Cullen armadio scoppiò.
“woooow
Lineina sei una bomba! Mai visto niente del genere.. e fidati io ci vivo con la
gente strana!”
Lei
non sembrava rendersene conto o forse si, mi guardava interrogativa e quasi
preoccupata.
“amore
sei stata fantastica!”
“
a dire il vero.. non so come ho fatto .. io credo di avermi lanciato l’alce
addosso…”
“ehi…”.
Allacciai
il suo sguardo al mio.
“sei
speciale.. tutto qua!”.
Sapevo
benissimo come ci si sentiva ad avere tra le mani un potere e non sapere come
fare a gestirlo.
Le
sorrisi per rincuorarla e lei ricambiò. Ormai ci eravamo irretiti l’uno nell’altro.
Nessuno avrebbe spezzato quella magia e così ci baciammo. Ero meravigliato, mi
ero innamorato di Lina per una seconda volta.
“piccioncini,
è meglio finire la caccia, così da tornare a casa. Deve mettere in atto un paio
di affari..”
Mi
staccai da Lina e rivolto verso Emmett dissi: “a chi si prende la preda più
grossa?”.
“andata!”.
E tutti
ci lasciammo andare alla nostra natura.
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Capitolo 43 *** vento ***
43
Manco da un sacco di tempo… lo so… perdono…
CAPITOLO 43
VENTO
Una
volta tornati dalla caccia la questione fondamentale fu mostrare il suo bimbo a
Lina. Bella si era offerta di passare lei il bimbo a Lina, dato che c’era
passata sapeva bene cosa aspettarsi e poi se qualcosa fosse andato storto
Edward avrebbe sentito in tempo i suoi pensieri.
Si
trovavano tutti nel grande salone di casa Cullen. Tutti i vampiri e anche
Jacob, che non si fidava ancora del Volturo e non si sarebbe sognato di
allontanarsi da Nessie neanche a pagarlo oro.
Erano
tutti in cerchio e al centro vi era Lina, la quale si stava a dir poco
innervosendo. Sentiva di non aveva nessuna uscita di emergenza e questo la
irritava.
“fate
spazio a Lina, così si sente in trappola!”.
Alcuni
come Emmett o Alice cedettero il posto al nulla, il necessario per far sentire
Lina più tranquilla. Jasper sondava le sue emozioni, mentre Edward i suoi
pensieri. Bella stava scendendo le scale e Lina rizzò subito i sensi appena
sentì il cuore del suo piccolo avvicinarsi.
POV
LINA
Eccolo.
Bella teneva in braccio il mio cucciolo che, forse, sentendo la mia presenza,
si era voltato verso di me guardandomi negli occhi.
Aveva
uno sguardo intelligente. Aveva… i miei occhi. due profondi occhi azzurro
ghiaccio come quelli di mio padre. Mio padre… cercai di ricordare la foto che
mia madre mi aveva mostrato. Il ricordo era poco vivido e più cercavo di
visualizzarlo di fronte a me, più mi accorgevo di quando ciò fosse difficile,
perciò lasciai perdere, l’avrei fatto in un secondo momento.
Ritornai
a guardare il mio bambino che ora si trovava a tre passi da me.
Tutti
erano vigili e attenti ad ogni mio passo falso, e questo mi irritava
all’inverosimile, ma cercavo in tutti i modi di non darci peso e sembravo
riuscirci, grazie anche all’aiuto di Jasper immagino.
Vidi
il mio bambino allungare le braccia nella mia direzione ed io felice feci
altrettanto. Bella, la quale vedevo nel suo sguardo che aveva piena fiducia di
me, mi si avvicinò ad un ritmo costante fino a lasciare che prendessi in
braccio L.J. Nell’esatto istante in cui lo fece, tutti smisero di respirare,
mentre io invece mi permisi di prendere una grande boccata d’aria. Tutti si
agitarono al mio gesto.
“Aspettate!”.
Edward
aveva bloccato qualsiasi, immagino, mossa che la sua famiglia stesse per fare,
nel tentativo di sottrarmi L.J..
Gustai
l’aria appena ispirata e potei distinguere tre cose principalmente. Per prima
cosa, in quanto più forte, era l’odore dolce e caratteristico dei vampiri
intorno a me e di cui la casa ne era fortemente impregnata. Secondo, l’odore
nauseabondo di Jacob… per Dio non si lava mai quello? Si. Sebbene ci fosse solo
un licantropo lì dentro, riusciva a puzzare come dieci persone messe assieme.
Infine, terzo, il mio piccolo. Sapeva di
buono. Una strana combinazione di profumi dolci, ma che sinceramente, non mi
stuzzicavano la fame, neanche un po’. Gli scoccai un grosso bacio sulla fronte
e lui sorrise.
“Possiamo
rilassarci tutti. Non c’è alcun pericolo!”.
Edward
aveva spezzato il rumoroso silenzio creatosi al mio pericoloso, presumo, gesto.
Alec
mi si avvicinò lento e abbracciò me e nostro figlio, depositandomi un casto
bacio sulla fronte.
“ne
sei sicuro figliolo?”.
Carlisle
gli si avvicinò, ancora lievemente attento e piacevolmente sopreso.
“si,
non prova nessuna attrazione per l’odore di L.J. Neanche minima. Il che non si
può dire lo stesso per Jake. Pensa che tu non ti lavi spesso!”.
Una
grossa risata scoppiò in aria, tranne che per il licantropo.
“ehi,
potrei dire lo stesso di tutti voi. Maledetti vampiri..”.
Si
mise in un angolo bofonchiando sotto voce, mentre Renesmee lo consolava a
fianco.
Eravamo
seduti nel grande salone. Il mio piccolo dormiva beato tra le mie braccia.
Edward
voleva parlare con Carlisle e gli altri del mio potere, per cercare di capire fino
a dove potesse arrivare e il modo per controllarlo.
“Allora
abbiamo visto che già da umana il tempo subiva variazioni climatiche con i tuoi
fortissima sbalzi d’umore, giusto?”.
Carlisle
cercava di fare un punto della situazione.
“si!
Specialmente quando provavo cose spiacevoli o se ero arrabbiata”.
“Bene.”
Prese appunti su un classico block notes. “Poi appena diventata vampira cos’è
cambiato?”.
Riguardai
mentalmente la scena avvenuta dopo il mio risveglio. Percepivo tutto ugualmente
come quando l’avevo vissuta. Sentii l’amaro e il freddo che mi provocava l’idea
di non essere accettata da Alec. La rabbia delle non accettazioni che avevo
subito da umana, e non capivo come mai quella sensazione fosse così vivida.
Sentii l’aria cambiare intorno a me e non fui l’unica. Tutti si guardarono
attorno spaesati. Distolsi i miei pensieri, pur sapendo che il principale
fattore scatenante non era vero. Ovvero, che Alec non mi accettasse.
“interessante!”.
Sbuff.
“Edward
non fai che ripeterlo. È snervante!”.
Si
strinse nelle spalle.
“non
è colpa mia, se sei il nuovo fenomeno da baraccone!”.
Lo
guardai a bocca aperta.
“No,
davvero! Grazie, Edward. Tu si che sei un amico!”.
“quando
vuoi!”.
Gli
tirai la lingua come una bambina di cinque anni, mettendo ovviamente il
broncio.
Alec
mi strinse in un abbraccio attirandomi a se.
“No,
amore, tu sei speciale!”.
Gli
rivolsi il mio sguardo innamorato e lui mi sorrise complice. Cosa non avrei
fatto per lui.
“Non
distraiamoci!”.
Carlisle
era tutto intento nel suo nuovo progetto. Io.
“ok!”.
Presi
un respiro che non mi avrebbe servito. Era più per abitudine. Di solito fai un
respiro prima di affrontare qualcosa di difficile.
“Allora,
da umana posso per certo dire, che quando provavo quelle sensazioni il tempo
cambiava. Di solito l’ambiente diventava lievemente più freddo, oppure il cielo
si rannuvolava o il vento si alzava. Tutto umanamente sopportabile direi. A
parte una volta… ah si! Quella volta di fronte ad Aro.”
Mi
sforzai di ripensare all’incontro con i volturi nella sala del trono. Il
litigio tra i due gemelli e il menefreghismo di Aro.
Il
suo volto. L’avevo detto: non avrei mai dimenticato la smorfia di dolore sul
viso di Alec, mentre Jane lo martoriava mentalmente. E così è stato più o meno.
Il ricordo era coperto da una patina di polvere, ma era lì, stampato a fuoco,
così come la furia provata nei confronti di Jane, ma soprattutto di Aro. Quest’ultimo
era stato il fattore scatenante di tutto, e non l’avrei di certo dimenticato
così presto.
“lì
sono riuscita a scaraventare Jane sul muro, ovviamente senza accorgermene. Ora
è diverso però.”
“Diverso
come?”.
Carlisle
mi prestava la massima attenzione, così come Alec, Edward, Emmett, Jasper,
Alice ed Esme.
Rosalie
si era teatralmente alzata e sbuffando si era spostata in un’altra stanza.
Jacob stava in cucina con Bella e Renesmee, ma sicuramente tutti ascoltavano.
“È
come una continuazione di me stessa. Quello che è successo di sopra e penso
anche a caccia, mi ha… come dire.. lo sentivo. Il vento. Lo gustavo, lo
accarezzavo e come se l’elemento fosse in mio potere e fosse un sesto senso per
me, come la vista o l’udito.”.
Carlisle
scriveva tutto entusiasmante.
“si,
forse hai ragione Carlisle!”.
Edward
come sempre seguiva tutti i vari dialoghi.
“Forse
Lina hai detto giusto. Forse il vento, o meglio l’aria, è tua. L’elemento ti
appartiene e lo puoi maneggiare come vuoi. Se così fosse sarebbe…”.
“..
fantastico!”.
Carlisle
aveva completato la frase.
“Già.
Lo aveva detto anche Aro!”.
Alec
sembrava terrorizzato ed Edward lo osservava, ma conoscendolo direi che lo
ascoltava.
“si
in effetti… in mano ad Aro questo potere sarebbe disarmante. Immaginate. Poter
oscurare le giornate di sole facendo arrivare le nuvole col vento, tutti i vampiri camminerebbero
tranquilli per le strade. Oppure usarlo per spostare oggetti… persone… pensate
in battaglia. Si potrebbe addirittura creare un nuovo diluvio universale credo
o una nuova era glaciale.”.
“ehi
ehi.. frena. Credo che stai esagerando!”.
Edward
viaggiava troppo con la fantasia, non poteva essere realmente così.
“Basta
scoprirlo!”.
“E
come??”.
“Carlisle
io pensavo a Benjamin ed Eleazar. Tu che dici?”.
“che
sarebbe una magnifica idea!”
“Eleazar?”
Alec
aveva ripetuto il suo nome, credo lo conoscesse.
Lo
guardai. “chi è Eleazar?”.
“Una
volta faceva parte dei volturi. Lui ha il dono di capire se un vampiro in
questione ha qualche potere o meno.”
Allora
qualcun altro aveva osato andarsene.
“e
perché ora non fa più parte di loro?”.
Lui
mi guardò e sorrise.
“come
me, si era innamorato.”
Lo
fissai dolcemente, volevo continuare il discorso, ma non davanti a loro. Volevo
farlo in privato anche se magari mi avrebbero sentito ugualmente. Avevo alcune
domande in testa, che volevo fare solo a lui.
Mi
rivoltai verso Carlisle che mi osservava. Mi sentivo davvero un fenomeno da
baraccone. E se Edward avesse ragione? Se fossi capace di fare tutte quelle
cose? Sarei un mostro! Io…
“calma
Lina!”.
Jasper
con aria tranquilla mi guardava. Forse sentiva la mia agitazione.
“io
ho bisogno di un po’ di privacy per favore. Ho… ho bisogno di riflettere.”
Alec
mi strinse la mano.
“scusaci
Lina. Ci siamo fatti prendere la mano e infondo sei una neonata, hai le tue
esigenze. Prenditi del tempo per te e la tua nuova famiglia. Ne parleremo
domani!”.
Guardai
Carlisle e lo ringrazia mentalmente, poi mi alzai con il mio bimbo tra le
braccia e Alec al mio fianco. Mentre mi voltavo verso le scale, intravidi
Edward che mi mimava un “scusami” con le labbra. Di sicuro si riferivo alla sua
ampia descrizione di cosa il mio potere potesse essere in grado di fare. ‘Tranquillo,
non lo hai fatto apposta. Non sono arrabbiata con te!’. Lui mi sorrise in
risposta e mi recai al piano superiore.
POV
EDWARD
Mi
dispiaceva per lei. Sapevo cosa significasse avere un potere che ti faceva
sentire… un mostro, più di quello che già eravamo.
Una
mente caotica catturò la mia attenzione. Era Alice e stava avendo una visione. La
cosa che riuscii ad apprendere fu solo che Carlisle ci stava per chiedere di
uscire per andare a parlare lontano dagli orecchi del resto della famiglia. Guardai
Alice riprendersi e chiedendomi tacita se avevo seguito. Annuii nella sua
direzione poi mi voltai verso Carlisle.
“Andiamo!”.
Lui
mi guardò consapevole di cosa fosse avvenuto, ma era ugualmente sorpreso. Dopo un
secolo riuscivo ancora a sorprenderlo. Vi lessi anche l’orgoglio che provava
nei miei confronti e ciò mi imbarazzò. Una cosa che non sarebbe mai cambiata. Infondo
era come un vero padre per me.
“Dove
andate?”.
Bella,
la mia Bella, ci aveva sentito allontanarci. Leggevo nei suoi occhi
preoccupazione.
“Tranquilla
amore mio, torniamo subito!”.
Lei
annuì poco convinta e le stampai un dolce bacio sulle sue bellissime labbra. Lei
mi sorrise, e se fosse stata umana, sono sicuro che sarebbe arrossita.
Ci
avviammo così fuori dalla porta principale e ci portammo al di là del fiume.
“pensi
davvero Edward che sia in grado di fare tutto ciò?”.
“è
una possibilità. Dovrei chiedere meglio a Benjamin e ad Eleazar, ma se pensi
cosa nella natura l’aria sia in grado di fare e mettiamo a confronto quello che
abbiamo visto… bè resta poco all’immaginazione.”.
Carlisle
rifletteva convinto dalle mie parole.
“Inoltre…”
proseguii “a caccia ho avuto ulteriori conferme. Ho sondato la sua mente mentre
si concentrava. L’udito era rafforzato dall’aiuto del vento. Il vento prendeva
forma intorno alle cose , era proprio lei che creava l’elemento avvolgendo l’erba,
gli alberi, gli animali… e sempre tramite il vento si faceva trasportare le
onde sonore del loro cuore… è stato davvero fantastico seguirla nella mente.”
Carlisle
mi guardava sbalordito.
“E’
davvero sensazionale!”.
Annuii.
“sarebbe
davvero… Alice, come procedono i tuoi sopralluoghi?”
Sapevo
anche senza leggergli nel pensiero, cosa Carlisle stesse per dire. Sarebbe
davvero una catastrofe questo potere in mano ai Volturi. Ecco perché avevamo
chiesto ad Alice di tenere d’occhio le decisioni dei signori di Volterra.
“ancora
niente, ma…”.
Mi
voltai allarmato verso Alice, non avevo mai letto un ‘ma’ nella sua mente.
“Ma
cosa?”.
Vidi
alcune immagini caotiche nella sua mente e alcune idee prendere forma per poi
sfumare e scomparire.
“oh…”.
Carlisle
ci osservò in silenzio.
“A
quanto pare nella guardia c’è molto subbuglio, dopo la fuga di Alec. Alcuni hanno
pensato di andarsene e i tre signori, soprattutto Aro, sono alquanto furiosi.”
Carlisle
strinse la mascella.
“non
è un bene che i Volturi siano arrabbiati!”.
“no,
affatto!”.
“quando
sapranno che loro sono qui…”.
Annuii
ed Alice completò la frase gelida.
“..
si inventeranno di tutto per attaccarci di nuovo!”.
“chiamo
subito il nostro amico di Denali e Benjamin!”.
Carlisle
si avviò fulmineo in casa.
Dannazione.
Sentivo che la storia si stava per ripetere.
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