The destiny in our hands

di Jude92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** 01.Leaving ***
Capitolo 3: *** 02.Coming ***
Capitolo 4: *** 03.Meetings ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Note dell’autrice:
A mio parere, è una storia interessante e allo stesso tempo originale, con la mia immersa immaginazione, mi sono semplicemente affidata e ispirata ai miei sogni…
Spero ti possa incuriosire e spero tu possa avere la pazienza di aspettare perché la storia è solo il mio modestissimo omaggio a Elle!

Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Prologo

 
La vita
 
Cos’è la vita se non la scoperta di ciò che siamo?
Quanto è facile affogare nel mare della vita, a stento riusciamo a rimanere a galla, a stento annaspiamo faticosamente con quella forza di procedere del sopravvivere ad ogni costo.
E mentre tutto scorre più veloce le redini della nostra vita ci sfuggono di mano e c’è un fragrante dove fermarsi a riflettere per un momento il quale può innescare quella differenza sostanziale che c’è tra un essere vivente umano e l’essere umano che alberga nella nostra fantasia. Inizia così un nuovo viaggio nella riscoperta di noi stessi e delle nostre potenzialità.
Se sorvegliamo i nostri pensieri, i nostri pensieri sorveglieranno noi. Credere in se stessi è necessario. La fiducia permette di conseguire ciò che la mente può concepire e la voglia di vivere pretende la sua affermazione. Ma ci siamo mai chiesti cos’è la vita?
La vita è una direzione, è un naturale processo di trasformazione, è la flessibilità di muoversi in ogni direzione con la massima libertà di pensiero senza preconcetti, vanità e regole precostruite.. Muta con il mutamento del ritmo e della quiete, nell’immutabilità dell’universo.
Molte persone pensano alla propria vita ricordando solo ciò che è stato o ciò che sarà, se provate a farci caso, nessuno pensa realmente a ciò che è, adesso, ora, il presente.
D’accordo il presente, come tutti ben sappiamo, è profondamente influenzato dalla vita già trascorsa, si pensa al passato continuamente. Sta di fatto che l’ignoranza del passato porta inevitabilmente all’incomprensione del presente, così come non serve affaticarsi a comprendere il passato se non si è in grado di cogliere il senso dei fatti e della vita del presente. Ma allora cosa potremmo fare per evitare di non pensare al passato? Affogarlo nello scrigno dei nostri ricordi? Trapelarlo fino a rimuovere ogni singola parte negativa legato ad esso?
Mmm…secondo me dovremmo essere consapevoli del proprio passato, facendo prezioso tesoro degli esempi precedenti del nostro operato, potremmo agire diversamente in modo tale da non ricadere nella tela degli errori, continuando a ricavare la consapevolezza che proprio il presente è quell’istantaneo frangente di tempo che determina inevitabilmente il nostro futuro. Quindi: "Vigila sui tuoi pensieri perché diventeranno le tue parole, vigila sulle tue parole perché diventeranno le tue azioni, vigila sulle tue azioni perché diventeranno le tue abitudini, vigila sulle tue abitudini perché diventeranno il tuo carattere, vigila il tuo carattere poiché influenzerà il tuo destino!"
 
 

Piacere di conoscervi ragazzi, sono Rachel Wright. Faccio l’insegnante di inglese ai bambini della Dallington School di Londra e vi rivelerò che i sogni, a volte, possono prendere vita da un momento all’altro e in quel caso dovreste considerare la vostra esistenza come un bellissimo capolavoro.

 

 

 

 

“Life indeed can be fun, If you really want to. 
Sometimes living out your dreams, 
Ain't as easy as it seems 
You wanna fly around the world, 
In a beautiful balloon. “


 

 

 

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Capitolo 2
*** 01.Leaving ***


Capitolo 1

 
Partenza
 
“Ma sei davvero sicura???” chiesi ancora esterrefatta.
“Ma certo che sii!!! Quante volte te lo devo dire???” rispose un po’ irritata.
“Ma credevo scherzassi! Non può essere che sei intenzionata realmente a partire per Tokyo! Ed io? Cosa farò senza di te? Allora non erano vere tutte quelle cose che mi hai detto! T-tu hai giurato di essermi amica SEMPRE e ora invece mi abbandoni! Lo sapevo, lo sapevo!!! In fondo sono sempre stata sfortunata in amicizia, non è il caso di stupirmi proprio adesso… Ma.. ma…tu eri speciale! Non ci posso credere!” Sibilai velocemente fino a farmi uscire un piccolo ghigno di pianto..
“Ma noo!! Che diavolo stai blaterando?!? Calmati e fammi parlare per favore!” urlò quasi furiosa.. io feci una piccola smorfia ed infine feci spallucce.
“Tu, Rachel Wright italo-inglese, verrai con la tua qui presente migliore amica giapponese, Yuko Mori, poiché io ho bisogno di te. E’ un passo molto grande quello che dovrò affrontare ma, ho deciso così e non ho intenzione di tirarmi indietro. Tu sai che per me è molto importante trovare colui che ho sempre adorato nel buio, sai benissimo che ho sempre sognato di fare ciò che comunemente una bambina di dieci anni fa con il proprio papà. Sai che voglio uscire allo scoperto e urlare al mondo intero che, anch’io, ho una persona speciale, che anch’io voglio una figura paterna. Perciò ti chiedo di starmi accanto e sostenermi come solo tu, mia cara amica, sai fare...” disse ora più tranquilla Yuko, avvicinandosi a me che stupita non riuscii a spiccicare una parola. Così, con tutta l’energia che avevo, mi buttai a capofitto su di lei. Ero davvero senza parole, riuscivo solamente a piangere, lei mi diede una pacca sulle spalle e, finalmente scostandomi da lei, riuscii a parlare.
“Yuko, la qui presente Rachel rispetta la tua decisione e accetta la tua proposta..” formulai ancora signozzante ma decisa.
“Grazie mille Rachel, sapevo che mi avresti capita.” mi disse rivolgendomi un dolce sorriso.
“E’ un mio dovere! Insomma, sono la tua migliore amica o no!?!” urlai quasi di gioia a pronunciare quella frase.
“Bene! Allora dovremmo darci da fare perché mancano solo tre giorni e ancora dobbiamo preparare le valigie!” mi disse con un filo di disperazione.
“Cavolo! Tre giorni??? Ma dico io, potevi aspettare il giorno stesso della partenza per dirmelo! Ma ti pare!!” affermai atterrita.
“Mmm…si, hai perfettamente ragione, scusami Rachel.. ma vedi, è da giorni che penso a come parlartene e non avevo minimamente idea che mi sarei dimenticata di prenotare. Fortunatamente stamattina ho trovato due biglietti e anche un hotel a quattro stelle! Comunque se deciderai di non accompagnarmi ti capirò, sono così sbadata. Tutto quello che posso dirti ora è solo scusa, scusa, scusa!”mi implorò tristemente.
“Ma che diamine stai dicendo???Ma ti pare che io lascio partire la mia migliore amica nel compiere il passo più importante della sua vita solamente per una piccola distrazione! Prr, che stupidaggine! Eppure dovresti conoscermi!” Argomentai seccata..
“Lo sapevo!! Ehm.. già, in fondo delle due tu sei sicuramente quella più paziente e svelta nel fare i bagagli! Mi ricordo quando partimmo per Aspen, eravamo in ritardo di una settimana per raggiungere Ryan che stava per sposarsi e non avevamo ancora fatto i biglietti. Tu riuscisti a preparare tutto in tempo e nello stesso momento riuscisti anche a calmare me!” si perse in quel ricordo apparentemente lontano.
“Già, ti ricordi? Riuscii anche a trovarti un abito decente subito dopo l’arrivo in hotel perché tu, come al solito, avevi dimenticato quello che una settimana prima ti avevo fatto comprare, e pensare che mi ci era voluto tre mesi per trovarlo, era perfetto…Diamine! Al solo pensiero mi viene il mal di pancia!” Meditai fino ad esplodere ma subito dopo scoppiammo in una fragorosa risata.
“Siii! Certo che mi ricordo! Ogni singolo giorno, ogni momento ed ogni istante passato insieme a te è importante. Come potrei dimenticarlo? Sei fantastica Rachel, forse è proprio questo il motivo del perché sei tu la mia migliore amica! Sei speciale!” mi disse sorridendo mentre una lacrima le scendeva piano sul viso candido. 
“Beh, potrei affermare esattamente la stessa ed identica cosa!” le dissi asciugandole quella lacrima che stava per raggiungerle il collo, poi l’abbracciai ed infine conclusi: “Su, andiamo a cercare quel benedetto uomo!”
 

 
E così le due ragazze si affrettavano a partire mentre con meraviglia e anche con un pizzico di tristezza guardavano dall’alto la loro amata Londra, la città dove si incontrarono per la prima volta otto anni fa. Stranamente a quanto si possa pensare il loro incontro fu proprio uno di quelli inaspettati, insomma si erano scontrate in un angolo cadendo entrambe a terra, fate voi! Non furono da meno però anche gli incontri successivi, Rachel frequentava la Old Harlington British School e benché fosse amica delle altre ragazze non aveva ancora trovato un’amica con la quale condividere tutto. Pensava in continuazione di essere nel posto sbagliato,non riusciva a capirne il perché. Pensava semplicemente che dentro di lei qualcosa, probabilmente, non andava.  E così passava ogni giorno con la speranza che prima o poi avrebbe trovato qualcuno molto, molto speciale. 
Una mattina, come tante altre, stava per dirigersi a scuola e come sempre per farlo bisognava prendere la metropolitana. Il treno era, come al solito, pieno di persone nonché pieno di studenti che, come lei, dovevano fare lo stesso tragitto. Non fu facile trovare un posto a sedere ma dopo un paio di minuti ne scorse uno libero, così nel mentre si faceva avanti tra la folla per raggiungere la postazione improvvisamente una ragazza arrivò prima di lei…
“Ehi scusa, ma quel posto l’ho visto prima io…” le disse Rachel con gentilezza
“Oh, ma davvero? Vediamo un po” la ragazza si girò verso lo schienale cercando qualcosa e dopo un po’ continuò..
“Io non vedo nessuna targhetta con un nome che attesti che questo posto appartiene a qualcuno! Quindi…sciò vai via! Ormai, come vedi, è occupato!” le disse con molta presunzione
“Ma sentila! Sei davvero molto maleducata! Se mi avessi chiesto di cedertelo io l’avrei fatto. Invece te pecchi di presunzione e non è bello da parte tua! Dimmi un po’ se al posto mio ci fosse stata un’anziana signora a dirti di cederle il posto tu le avresti detto ciò che hai detto a me?” le domandò impaziente di conoscere una sua risposta, ma la ragazza non sembrava affatto pentita anzi.. 
“Oh! Beh, sai hai davvero ragione! Non dovrei rivolgermi ad una vecchietta in questo modo, le chiedo scusa!” le rispose alzandosi di scatto. Rachel si guardò attorno ma non vedeva nessuna vecchietta, ciò che vide fu invece un gruppetto di ragazzi che guardavano verso di lei ridendo di gusto. Fu allora che capì che quella ragazza stava parlando di lei, le stava dando della vecchia di fronte a tutti! Così si girò e si rivolse a lei furiosa. 
“Ehi! Ma per chi mi hai preso?Ma lo sai che sei davvero molto ma molto arrogante? Ma come ti permetti!”
“Ehi, ehi, ehi! Non urlare! In questo modo ti farai venire un infarto ed io non voglio un peso sulla coscienza! Quindi fai la brava e siediti su, su!” e spingendola fece in modo di farla sedere. Aveva gli occhi di tutti i passeggeri addosso e la risata di quei ragazzi si fece ancor più rumorosa. 
Dopo un po’ il treno frenò e la ragazza rivolgendosi nuovamente a lei le disse:
“Signora” E’ stato un piacere conoscerla! Le chiedo ancora umilmente perdono! Ci vediamo presto,arrivederci!” disse scoppiando a ridere, Rachel stava per mollarle un ceffone ma non fece in tempo poiché la ragazza era già uscita dal treno insieme a quei ragazzi che ancora la guardavano e la deridevano ma subito dopo scomparvero e la porta del treno si richiuse alle loro spalle. Era davvero furiosa non sapeva cosa pensare! Dopo un po’ mise il viso fuori dal finestrino appoggiandosi al braccio e solo allora si accorse, guardando l’orologio, che erano le 8 e ancora non era arrivata! Si guardò attorno e si accorse che il treno adesso era meno pieno rispetto ad un attimo prima così si diresse presso l’autista.
“Mi scusi ma io dovevo scendere alla prima fermata probabilmente ci sarà stato un problema perché poc’anzi  si è aperta…” l’autista la interruppe dicendole che la prima fermata era già stata fatta e che ora si trovava molto più lontano da questa.
“Cooosa???! Ma che sta dicendo??!!! Ma ..ma io devo andare a scuola! Quanto tempo ci vorrà prima di ritornare indietro?”chiese disperata all’autista.
“Circa 35 minuti” affermò il signore guardandola dubbioso
“Come sarebbe??35 minuti???!! Ma sono già le 8:15! Mio Dio!...” Rachel si diresse di nuovo al posto di prima,era completamente incredula..
“Oh,no! Come farò adesso??? 35 minuti….Saranno le 8:50 e avrò soltanto 5 minuti per arrivare a scuola! Ma come cavolo faccio?? Ci vorrebbero come minimo 30 minuti! La scuola è dall'altra parte della stazione! Aaah!!!” gridò Rachel attirando a sé gli occhi di tutti gli altri passeggeri, proprio come poco prima.
“E, anche oggi dovrò entrare a 2 ora, sono già 3 volte questa settimana, chissà se mi faranno entrare! Cavolo è tutta colpa di quella stupida ragazza!” disse sottovoce. 
 
Dopo 45 minuti il treno si era fermato e Rachel poté uscire. Le mancavano solo 10 minuti, così chiamò un taxi che l’accompagnò velocemente più di quanto potesse. Finalmente arrivò a destinazione, diede i soldi all’autista e uscì dal taxi ma dovette tornare indietro per riprendersi il resto. Entrò in classe e si scusò per l’immenso ritardo. 
“Signorina Wright, le 9:15…” le disse l’insegnante di matematica avvicinandosi a lei. 
“Ti sembra un orario decente? Non solo entri nell’ora successiva ma ti presenti anche con 15 minuti di ritardo!” le gridò furiosa..
“Mii-mi scusi professoressa Betty non volevo ma vede ho avuto un imprevisto stamani e…” cercò di giustificarsi pur sapendo che l’insegnante gliel’avrebbe fatta pagare caro!...
“Non voglio sapere scuse! Adesso vai subito a posto! Stiamo facendo perdere tempo alla tua nuova campagna di classe!” le disse aspettando che lei prendesse la postazione. Rachel mentre si dirigeva al posto si rivolse verso la nuova ragazza e non appena trovò il suo sguardo si accorse che era quell’impertinente che quella stessa mattina le aveva provocato quel trambusto!
“Che diavolo ci fai tu qui! Vattene subito dalla mia classe!” le gridò Rachel
“Rachel Wright chiedi subito scusa alla tua nuova compagna!” le urlò la professoressa, non poté far altro che eseguire gli ordini così si girò nuovamente verso la ragazza e le porse le sue scuse. Ma quest’ultima non le rivolse nemmeno lo sguardo e proseguì con la sua presentazione. Rachel rassegnata si sedette.  Ascoltò quella maleducata parlare e quello che poté capire fu che si chiamava Yuko Mori, e che si era appena trasferita dal Giappone insieme alla madre. La osservò un istante e pensò che non poteva essere vero che una ragazza così raffinata avesse un pessimo carattere.. La osservò ancora un po’, aveva dei lunghi capelli neri e una carnagione chiara, era alta 20 cm più di lei e aveva un fisico da modella. 
Quasi la guardò affascinata, dopo un po’ si accorse che le stava facendo una smorfia mentre si andava a sedere, proprio accanto a lei. Potete immaginare come furono i giorni successivi. Si era conquistata la stima e la fiducia di tutta la classe eccetto quella di Rachel che non poteva far altro che ignorarla. Era più amareggiata e triste di prima. Insomma era un incubo!
Un giorno di Aprile però successe qualcosa di strano. Era l’ora della pausa pranzo e Rachel se ne stava seduta per conto suo a mangiare dei toast. Ad un tratto dietro di lei apparvero quattro ragazzi che facevano dei commenti su di lei. Rachel si girò il capo proprio verso di loro e si accorse che erano gli stessi ragazzi del treno che pochi mesi prima avevano riso di lei. 
“Oh, che cos’è quest’affare?” disse uno di loro indicando il suo zaino. 
“Deve essere lo zaino! Ma che schifo! Non solo è una cretina ma anche una poveraccia! Ma guardatela!” gridò il ragazzo attirando lo sguardo di tutti. Erano scoppiati tutti a ridere.. Rachel non poté far altro che abbassare lo sguardo sui toast. Le risate diventavano sempre più rumorose. Ad un tratto però udì una voce. 
“Smettetela immediatamente!” Era Yuko, la ragazza appena arrivata, la ragazza che ammiravano tutti, la ragazza che pochi mesi prima l’aveva umiliata in treno. 
“Che cavolo stai dicendo? Yuko non ti ricordi? E’ quella  vecchia del treno!” gridò un altro componente di quel gruppo conquistando nuovamente la risata degli studenti.
“Si certo che lo so! Ma adesso lasciatela in pace! Non disturbatela e non datele della stupida!” gli gridò furiosa
“Ma chi ti credi di essere eh?” disse il ragazzo avvicinandosi a lei..
“ Non ti azzardare a toccarmi! Ti avverto sono campionessa di Judo e non ci starei molto a metterti K.O.” gli disse Yuko ora più calma quasi divertita. Il ragazzo si strinse la mascella e le disse con un tono di sfida: “Ah si?” prendendola per un braccio. Nello stesso momento si ritrovò con la faccia rivolta nel prato del cortile dove abitualmente tutti gli studenti consumavano il pranzo.
“Ahi!! Lasciami subito!” gridò il ragazzo con un filo d’erba in bocca.
“Tu chiedile scusa!” gli disse Yuko con una certa autorità.
“Non ci penso nemmeno!” gridò il ragazzo che si ritrovò la testa ancora più inclinata, sostenuta dal piede di Yuko che con maestria gli tirava anche il  braccio, adesso più forte.
“Ahiaa!” gridò di dolore il ragazzo
“Farai le tue scuse a Rachel si o no??” gridò Yuko ora più severa in volto..
“Siii! Ok, ok, ok! Maledizione, ma lasciami!” gridò mentre si liberava pian piano dalla stretta. Il ragazzo dopo un 2-3 colpi di tosse si rialzò, aveva lo sguardo furioso di Yuko rivolto verso di lui. Così si diresse subito verso Rachel e le disse inginocchiandosi: “ Scusa, scusa, scusa! Non lo farò più! Su ragazzi anche voi!” disse rivolgendosi a quei tre che però si rifiutarono. Subito un po’ si ritrovarono Yuko dietro di loro così sgranarono gli occhi e anche loro si inginocchiarono di fronte a Rachel ponendole le loro scuse, subito dopo si dileguarono. Rachel era senza parole, guardava la ragazza che la stava fissando.
“Maa, ma perché lo hai fatto?” le chiese incredula Rachel.
“Beh, non mi piacciono questi atti di violenza e di razzismo…” affermò la ragazza
“Coome? Non ti piacciono? Mi prendi in giro?” le chiese esterrefatta Rachel. Insomma era stata la prima a trattarla male sin dall’inizio ed ora l’aveva appena difesa. Ci pensò un attimo e le disse:”Sono confusa…”
“Lo so…mi dispiace, ma solo ora ho capito che mi sono comportata male nei tuoi confronti. Spero potrai perdonarmi..” le disse la ragazza con un filo di amarezza. Rachel era nuovamente senza parole.
“Ricominciamo daccapo.. Piacere io sono Yuko Mori” le disse sorridendole
“R..Rachel Wright, piacere mio..” e così, da quel giorno le due ragazze rimasero sempre insieme, condivisero tutto: cibo, libri, idee e passioni. Passarono insieme anche gli altri anni e insieme arrivarono al ballo dell’ultimo anno scolastico. Erano rimaste insieme per 5 anni. Anche dopo il liceo rimasero amiche, scelsero anche la stessa facoltà di lingue e culture moderne. Rachel voleva diventare insegnante di inglese mentre Yuko voleva diffondere la sua cultura alle nuove generazioni. E ci riuscirono. Insomma da quel giorno, si sostennero e si considerarono sorelle a vicenda, e adesso si ritrovavano a partire per Tokyo, la città che avrebbe cambiato per sempre la loro esistenza.
 

 
 
Angolo dell’autrice:

 
Salvee ragazzi,
piacere di conoscervi!!!
Questa è la mia prima ff su Death Note quindi siate un po’ comprensivi con me!
Come avete potuto capire la storia comincia con la partenza delle ragazze, ho cercato di spiegare al meglio come si sono conosciute. Beh che dire? Dal prossimo capitolo saranno già in Giappone ed entrambe cominceranno le loro avventure! Mmm, mi sa che ho fatto un po’ troppo spoiler! Ehm! Comunque ci terrei molto che seguiste la mia ff, so che all’inizio sembra un po’ fiacca ma penso che i prossimi capitoli saranno completamente diversi! 
Spero vi piaccia!! A presto!

Un bacio!

Jude92

 
Ps: recensite in tanti mi raccomando! ^^
 
 

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Capitolo 3
*** 02.Coming ***


ATTENZIONE, pre - capitolo!
NOTE: 

Vi consiglio caldamente, per tutta la durata della lettura, di ascoltare in sottofondo, Traveling di Utada Hikaru! 
Detto ciò, buona lettura! ^^
I commenti sono, come al solito, più che ben accetti x)


Capitolo 2

 
Arrivo

 

« Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... 
Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. 
E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. 
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. 
È tempo di morire. »

...

Guardatevi Blade Runner, vi sembrerà di essere a Tokyo. 
Venite a Tokyo, vi sembrerà di essere in Blade Runner.
...

 

 

        …Narita International Airport….                                 Ore: 6.00 

 

 

 

 
“Attenzione il volo TG661 della compagnia British Airways sta per atterrare all’aeroporto di Narita…vi auguriamo una buona permanenza…”
 
Era la voce della Hostess che ricordava l’arrivo ai passeggeri…Aprii gli occhi e mi ritrovai sotto il naso un meraviglioso tappeto di luci…
Avevo sempre pensato al Giappone, “il paese dell'origine del sole", e in particolare a Tokyo, come un posto irraggiungibile e fuori portata, soprattutto per una ragazza “normale” come me, visto che sentendo quello che si diceva su questo incredibile paese non potevo immaginare, neanche lontanamente, che anche io, un giorno, sarei riuscita a vedere con i miei occhi….e quel giorno era finalmente arrivato!
Tokyo: una vera, immensa, enorme metropoli.Per me, è sempre stato un luogo magico, il posto dove tutti i ragazzi della mia generazione hanno sognato di essere almeno una volta, magari per andare in quei licei dove le ragazze hanno le famose divise “alla marinara” o solo per vivere dentro un mondo così strano e diverso del nostro eppure così affascinante. Ed ora eravamo lì, dirette verso il treno che dall’aeroporto ci avrebbe portate alla stazione centrale. Una volta arrivate a Tokyo Station, dovemmo affrontare il primo problema: adattarsi alla metropolitana!
 
“Rachel!! Sbrigati! Che fai lì impalata??? Dobbiamo sbrigarci!” urlò Yuko sventolando due biglietti.
“Arrivo!” e così ci dirigemmo alla fermata del nostro hotel che era davanti alla stazione di Shiodome.
 
Fuori un cielo azzurro e limpido, luci a neon anche di giorno, capelli colorati e magliette strappate, ombrellini parasole e occhiali scuri, tacchi a spillo e ciabattine infradito, video musicali e grattacieli oscillanti. Cavoli mi sono detta, sono a Shiodome! Sono a Tokyo! In quel momento ho realizzato di aver coronato un sogno. Consapevolezza, in realtà, mai arrivata.
 
Shiodome,un quartiere molto avveniristico, super innovativo, con la linea della metropolitana che passa accanto ai palazzi, in linea col 5° piano! Spettacolare…
Ero così attenta ad ogni minimo particolare che, se Yuko non mi avesse chiamato per più di cinque volte probabilmente sarei rimasta lì, come uno stoccafisso, per tutto il giorno!
 
 
“Ti vuoi sbrigare! Dopo avremo tutto il tempo per fare i giri turistici!” mi disse Yuko alquanto seccata mentre aspettava davanti l’entrata dell’hotel.
“Si,scusami Yuko! Hai ragione, sono proprio infantile!” le dissi mentre camminavo per raggiungerla.
“Non ti preoccupare! E’ normale,in fondo è la prima volta che vedi il Giappone…Scusami tu!” mi rassicurò, rivolgendomi un bel sorriso.
“Eh già.. è così.. così…bella ed affascinante! Credo che sia un posto unico!” affermai soffermandomi a guardare, di nuovo, ogni cosa con stupore ma subito mi accorsi che stavo entrando in catalessi, così scossi la testa e feci cenno a Yuko di entrare…
 
Il Park Hotel Tokyo, 4 stelle… Fantastico!
La Hall si trovava al 28° piano, ma a noi fu assegnata una stanza con vetrata e vista sulla baia di Odaiba al 34°piano…
 
 
Una volta entrati in camera cominciammo a sistemarci….
Era una stanza molto grande, insonorizzata, al suo interno c’erano così tanti particolari da renderla perfetta! Il pavimento e i mobili erano tutti di un legno chiaro così come le rifiniture della pareti. Per terra erano stesi dei bellissimi tappeti rossi a sobri motivi stilizzati e ovunque per la stanza, e soprattutto sul letto Kingsize, c’erano disseminati cuscini di ogni dimensione e colore. Nella stanza accanto c’era una scrivania con un televisore LCD e al centro della stanza due divani in stile “metropolitan” con struttura, chiaramente, in legno di abete con un sistema di molleggio costituito da cinghie elastiche e imbottitura bianca. Uno dei due era dotato di poggiatesta sollevabile manualmente e di sedute posizionabili elettricamente tramite telecomando o touch pad; al centro un grazioso tavolino mentre all’altro capo della camera vi era un piccolo mini-bar con porta in vetro.
In quel luogo, così caldo e confortante al solo vedersi, perfino l’animo del più freddo e nostalgico viaggiatore poteva sciogliersi in quell’aura dorata, aveva un aspetto tanto accogliente che non poteva non diventarlo per chiunque!
La prima cosa che notai fu la differenza tecnologica rispetto al mio “mondo”…
Il primo “avvistamento” fu dopo la doccia: lo specchio del bagno che si appannò soltanto per metà, l’altra mi ci specchiai meravigliosamente!
La tavolozza del water era riscaldata!...una vera meraviglia!
Non potevo crederci, ero esterrefatta e parlavo da sola per lo stupore!
Ogni tanto sentivo ridere Yuko dalla stanza accanto che, sempre puntualmente, mi riportava alla realtà…ma non dopo aver assistito all’esistenza di un vero e proprio robot, anzi,un wc robot! Infatti questa volta dovette irrompere al bagno a causa delle mie straripanti urla, e dopo essere entrata, capì la situazione.. beh, reazione? Mi guardò davvero male ed uscì sbattendo la porta.
Restai un attimo ad osservarmi e solo dopo mi accorsi che era un rubinetto che usciva da sotto il wc, una sorta di bidet… Che stupida! Scoppiai a ridere rumorosamente,anche dopo essere uscita dal bagno, ma Yuko continuava a mostrarmi incredulità e un chiaro segno di scocciatura in viso… “Mio Dio!” disse fra sé e sé scuotendo la testa con il palmo di una mano…
 
Erano le 14…
Chiaramente eravamo distrutte,avevamo fatto esattamente 11 ore e 30 minuti di volo e gli altri restanti 30 li avevamo passati all’aeroporto per il ritiro bagagli. Insomma eravamo davvero stremate! Così decidemmo di fare un sonnellino pomeridiano per recuperare un po’.
 
Prr! Errore gravissimo, e cosa che sconsiglio a tutti: MAI dormire una volta arrivati in albergo, cercare di resistere fino alla notte per essere in grado di recuperare l’intero giorno, altrimenti ci si abitua solo dopo alcuni giorni al fuso orario….!
 
Una volta sveglie decidemmo di uscire e fare una passeggiata in una zona di vicino albergo: GINZA, il quartiere dello shopping, con i suoi negozi di lusso, le sue boutique snob, i caffè alla moda, i teatri classici (e il Sony Building con televisori che da noi arriveranno tra cinque anni, sempre che arriveranno!!)
Sfortunatamente era tutto chiuso perché era piuttosto tardi…Cavolo avevamo dormito per 8 ore! Però,grazie alla geniale mente di Yuko, obiettammo per il classico: luci, insegne, persone e stravaganze…Tutto come da manuale!
I ristoranti, a buon prezzo, si trovavano ovunque e la cucina giapponese era davvero un toccasana! Il SUSHI MAKI…devo dire che è stato uno degli esperimenti culinari meglio riusciti in tutta la mia vita! Unica nota negativa fu imbattermi nell’usare le “famose” bacchette, a differenza di Yuko che invece le destreggiava con naturale facilità.
 Le persone erano davvero molto disponibili e si offrivano a darci indicazioni là dove ci perdevamo.. e le ragazze??? Beh maniache della moda è dire poco!
Elegantissime e molto curate, alcune erano delle lolite in rosa altre in stile gothic, ragazze vestite con uno stile che richiamava e rileggeva l’epoca vittoriana e settecentesca con suggestioni o leziose con colori pastello o decisamente dark, e reminescenze dello steam punk  e delle fiabe tipo Alice di Lewis Carroll , più volte, e con toni diversi, riprese dai manga e non solo. Eppure a  Londra, come ben mi informò Yuko, nel quartiere alternativo e colorato di Candem Town, c’erano davvero molti negozi in tema, anche di note marche giapponesi, e da alcuni mesi era uscita anche per il mercato anglosassone la versione in inglese della Gothic Lolita Bible! Ma io, come al solito, non badavo a queste cose. L’alta moda non ha mai fatto parte del mio “essere”.
 E questa, che ora avevo proprio davanti agli occhi, era veramente fuori dall’ordinario anche se, a mio parere, era davvero tutto molto esagerato perché come dire? Quelle timide ragazze dai lineamenti raffinati scadevano nel trash! Ma loro sembravano tutte molto a loro agio,amavano confrontarsi con gli occidentali soprattutto di notte e dopo aver bevuto qualche drink!
 
Ah,Tokyo…. Sicuramente da lì a poco l’avrei considerata la città che non dorme mai, divertentissima e mai, dopotutto, banale!
 
Così dopo circa 2 ore dalla nostra “fugace” visita al quartiere, ritornammo in albergo col proposito di ritornare durante l’apertura dei negozi!
Ero allettata all’idea di ritornare in quel posto! Sentivo nell’aria qualcosa di strano, come un presentimento, ma alla fine pensai che nell’aria, durante il nostro soggiorno, ci sarebbe stata soltanto MAGIA!

 

 
 
 

 
                               
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve ragazzi,
sono di nuovo io! 
:) 
Si, è vero, ci ho messo tanto a scrivere questo capitolo ma solo perché volevo che fosse “descritto” nei minimi particolari!
Infatti, come potete ben vedere, ci sono meno “conversazioni” tra le due protagoniste e ancora non c’è “nulla” che riguardi il tema Death Note…Si lo so, adesso mi starete dicendo un sacco di parolacce, però posso dirvi soltanto che molto presto qualcuno di molto, molto interessante, entrerà di scena! ;) Ops! Spoiler! :O xD
Però, tutto sommato,penso che sia pur sempre un modo per poter recensire e farmi sapere cosa ne pensate! :P
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Aggiornerò al più presto!!!

 

Un bacio :*

Jude92

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Capitolo 4
*** 03.Meetings ***


Note pre-capitolo:
Un ringraziamento speciale a MikuSama, Eru Roraito e Night Fury96 per aver recensito i primi capitoli!
Grazie di cuore!



Capitolo 3

 
 
Incontri
 
 
  
 
 
Sognando…
 
 
 
Miss Polly had a dolly who was sick, sick, sick
So she called for the doctor to come quick, quick, quick.
The Doctor, he came, with his coat and his hat
And he knocked on the door with a rat-a-tat-tat.
 
He looked at the dolly and he shook his head.
He said : “Miss Polly put her straight to bed.
I’ll give her a paper for a pill, pill, pill
I’ll be back in the morning yes I will will will”.
…..
 
 
«Hahahaha, che ridere!»
«Vi è piaciuta bambini?»
«Si, maestra!»
«Bene, e adesso?»
«La canzone dell’arcobaleno!!!»
«Si!!!»
«Ok, ma cantate insieme a me!»
 
 
….
Red and yellow
And pink and green
Purple and orange and blue
I can sing a rainbow
Sing a rainbow
Sing a rainbow too.
Listen with your eyes
And see everything you can see
I can sing a rainbow
Sing a rainbow
Sing along with me.!
 
 
Red and yellow
And pink and green...
 
«Forza, Katy anche tu!»
«Maestra io...»
«Cosa c’è mia cara?»
«Io…non voglio che te ne vai maestra Rachel, per favore…»
«Oh, Katy….»
«…..
«Katy, su forza! Non vedi i tuoi compagni? Canta insieme a loro!»
«…..
«Senti Katy, non preoccuparti,non starò via per molto quindi non c’è mot…oh, non piangere. Guardami Katy…tornerò presto!»
«…Va bene maestra…Ti penserò, tutti i giorni.»
«Brava! Anche io ti penserò e poi non dimenticare che ci sentiremo! »
«Si! Rachel, sei la maestra più buona e bella del mondo! »
«Oh, ma cosa dici? E questa principessina che mi è davanti allora???
Ricorda Katy: se vuoi vedere l’arcobaleno devi prima sopportare un po’ di pioggia!»
«Mi mancherà maestra Rachel…..»
 

Il mattino seguente….
 

Aprii timidamente le palpebre e subito fui destata da un flebile raggio di luce di una radiosa mattina d’autunno.

Era l’annuncio di un nuovo giorno; un giorno qualunque a Tokyo, in Giappone.

Mi strofinai gli occhi e, a malavoglia, mi stirai le braccia; lo feci, in realtà, tenendo presente ciò che, poco prima, avevo sognato. In realtà, però, non fu proprio un sogno ma bensì un ricordo recente. Probabilmente era il mio subconscio che mi tormentava, avevo costantemente il timore che, il mio collega Ryan, non sarebbe riuscito a mantenere la situazione “sottocontrollo”. Lui era un tipo abbastanza calmo e amichevole, un venticinqu’enne caratterizzato da un’esagerata bontà e sensibilità, era troppo “buono” per essere il severo supplente che mi aspettavo.

I miei alunni, desiderosi di un’eccessiva creatività, lo avrebbero senz’altro distrutto. Come potevo avere la sicurezza che ciò non accadesse? Semplicemente informandomi direttamente con lui.
Mi alzai e mi diressi in bagno intenzionata a farmi una doccia veloce, dopodiché tornai in camera, ancora con l’asciugamano indosso, presi il cellulare e digitai il numero del mio vecchio amico Ryan. Ai primi tre squilli non rispose, ma subito dopo il quarto riconobbi chiaramente la sua voce.
«Pronto, Rachel?» domandò distrattamente il mio collega.
«Ryan! Finalmente,ma dove tieni il cellulare?» gli chiesi io, consapevole di ricevere un mi dispiace ma..
«Mi dispiace ma, è quasi morto, la batteria di questo cellulare è davvero carente!» affermò lui con tono lievemente seccato.
«E’ tutto a posto? I ragazzi?Le lezioni? Come procedono i compiti in classe?Ryan ci sei? Dimmi che ce la fai!» chiesi curiosa e preoccupata.
«Ehi ehi ehi! Calma! Rachel, respira per favore! Va tutto bene, non ci crederai lo so ma, ho tutto sottocchio! I ragazzi sono fantastici, le lezioni procedono regolarmente e i compiti, beh vanno discretamente, bene anche quelli!» mi confortò Ryan, speranzoso di ricevere una rassicurante risposta.
«Cavolo…davvero?Fantastico! Scusa se ti ho bombardato di domande ma sai come sono fatta..»affermai timidamente io mentre stringevo il lembo del mio asciugamano.
«Si, lo so benissimo. Anzi ti dirò,sono stupito che hai chiamato solo ora! Hahahah! Comunque, non preoccuparti ce la faccio a gestire il tutto, per adesso va tutto alla perfezione. Certo, non sono minimamente alla tua altezza, intendiamoci!» disse ridendo di gusto.
«Ah ah ah, non è divertente! E per la cronaca, sono contenta di sapere che te la cavi. Grazie Ryan.» dissi io
«Non è niente, figurati! Lo faccio con piacere, sono onorato di poter sostituire la mia insegnante preferita!» disse, ridendo di nuovo ma stavolta con un tono di sincerità.
«Ma cosa dici?Ryan! Ti ringrazio ma ti ho già detto che non voglio ricevere complimenti! Anche se lo fossero, non avrebbero alcun senso! Sai che, per me, insegnare è tutto! E’ come se dicessi ad un agente dell’FBI di essere bravo, cavolo, certo che lo è! Probabilmente vive per quel mestiere, è tutta la sua vita! Beh, per me è lo stesso...»affermai mettendo molta franchezza nelle mie parole.
«Ops! Scusa, è più forte di me! Sei modesta ragazza mia!»disse sghignazzando
«Comunque, grazie davvero Ryan.. Salutami Taylor, i bambini e tutti gli altri.»conclusi, cercando di non sembrare triste.
«Ma certo, Rachel, torna presto.»disse con un chiaro segno di nostalgia.
«Okay, non preoccuparti! A presto Ryan! Un bacio!»e riattaccai.
 
Mi avvicinai alla finestra e abbassai lievemente il mento, i miei occhi, visibilmente lucidi, si piantarono verso un punto non definito mentre la mia mente cominciò a viaggiare. Pensai alla mia professione e, automaticamente, ai miei alunni, a quei miei pochi amici e quindi alla mia, solita e soddisfacente, vita in Inghilterra. Ero felice, era il mio sogno avverato, non potevo desiderare nient’altro. La mia vita era completa, non mi mancava nulla eccetto quel sentimento che tutti chiamano “amore” ma io, come al solito, non ci pensavo minimamente. Sapevo già che il mio “tipo” non esisteva nella realtà se non nei miei sogni più intimi. Praticamente, albergava lì da tutta una vita. Scossi leggermente il capo per scacciare velocemente quel pensiero dalla mia testa e subito tornai alla realtà. I miei occhi si posarono, invece, sul meraviglioso cielo limpido di quella stupenda mattina d’autunno. Si, ero a Tokyo, ero in Giappone! Non che non lo ricordassi ma,“presa” da quei pensieri, non ci avevo fatto caso; come mia abitudine, non sapevo distaccare i sogni dalla realtà perdendo, a volte, il “senso temporale”. “Cavolo”, mi sono detta, ero sicura che, per tutto il soggiorno, non avrei avuto la giusta consapevolezza! Così decisi di scendere subito, per andare a “scoprire” quella fantastica città! Tornai in bagno e, svogliatamente, sciolsi l’asciugamano dai capelli; erano abbastanza lunghi e voluminosi di un colore castano chiaro ramato che, ai raggi del sole, diventavano quasi rossi. In fondo, adoravo i miei capelli ma li odiavo allo stesso tempo. Mi ci volle un bel po’ per asciugarli completamente e, non appena si asciugarono del tutto, passai un colpo di piastra; anche se non ce n’era bisogno dato che Yuko mi aveva costretta ad usare il “suo” shampoo per capelli lisci senza piastra. Lei, invece, si era convinta a tagliarli, all’altezza del seno, prima della partenza, ed io per questo, le tenni il broncio per tutta la durata del viaggio. Io “lodavo” i suoi capelli! Lunghissimi, liscissimi e del colore della “pece”. “Erano meravigliosi, maledetta!” dissi tra me e me, mentre mi facevo una treccia.
 
«Rachel? Sei già sveglia?»domandò Yuko ancora, chiaramente, assonnata mentre mi raggiunse in bagno.
«Ehi! Si, si! Scusa, ti ho svegliata?»chiesi io un po’ titubante.
«Ma no! Anzi, mi domandavo perché non mi hai svegliata prima!»affermò lei, strofinando i suoi occhi a mandorla.
«Dovevo?»domandai un po’ presa dal nulla.
«Ma certo che si!»disse lei inarcando un sopracciglio mentre agitava le mani in aria, con un cenno simile ad un“ti pareva”.
«Oh, ma a me non risulta. Credevo volessi dormire ancora un po’!»ammisi io un po’ dispiaciuta.
«Ah, non fa niente..»disse lei facendo spallucce, poi si alzò i capelli con un mollettone intenta ad infilarsi sotto la doccia.
Io la osservai per un istante e poi posai i miei occhi, di nuovo, davanti allo specchio. Cavolo, Yuko era bella anche appena alzata dal letto, mi sentivo sminuita. Lei, altissima e mai impacciata, era perfetta in ogni suo involontario movimento. Insomma, io al suo confronto non ero altro che una stupida “ragazzina”, non ero proprio alta, anzi ero una vera e propria nana! Feci una smorfia e presi il porta trucchi, misi leggermente un po’ di matita e rimmel negli occhi, grandi e castani, poi colorai le guance con un po’ di fard ed infine pennellai le labbra con il mio lipgloss alla fragola.
 
«Devi uscire?»urlò Yuko dalla doccia.
«Certo! Voglio subito ispezionare la città!»le gridai mentre mi guardavo ancora un po’.
«Anche io devo uscire, ma non per ispezionare la città» mi disse lei, sporgendo il capo fuori dalla doccia.
«Ah no? E dove devi andare?»le domandai io curiosa e stupita allo stesso tempo.
«In incognito! Te lo sei già dimenticata???»mi chiese infastidita tornando alla sua doccia.
«Ah già! Che sbadata! Scusami, vuoi che ti accompagni?»domandai mentre ricordavo lo scopo di quel soggiorno.
«Assolutamente no! E’ molto pericoloso e alquanto impegnativo,non posso permettermi di fare errori.» affermò secca lei. Si, Yuko era così. Era sfacciatamente rigida.
«Mmm, come vuoi. Però pensavo che il mio intuito potesse aiutarti. Sai il detto: due teste sono meglio di una?»le ricordai con un filo di arroganza.
«Ma certo che lo so! Tranquilla, per adesso devo solo accettarmi che sia qui, dopodiché passeremo agli stratagemmi e si, in quel caso, avrò bisogno del tuo grande intuito e della tua immensa capacità deduttiva!»disse ridendo.
«Okay okay! Solo.. stai attenta.» dissi con un po’ di preoccupazione. Era vero, lei era forte ed intelligente, sapeva quello che faceva ma non volevo che le accadesse qualcosa.
«Certo mamma!»urlò lei ridendo più forte. Il suo modo per farmi capire quanto fossi premurosa.
«Ah ah.. Non è divertente. Piuttosto, non dimenticare di portare il cellulare così mi fai sapere gli sviluppi, insomma hai capito.»argomentai mentre infilavo i jeans scuri.
«Certo, non preoccuparti. Ah se vuoi, stasera possiamo cenare fuori.»mi propose, consapevole di fare centro.
«Mio Dio si!» dissi io, con occhi sognanti mentre indossavo una t-shirt rossa. Amavo i ristoranti e quindi il cibo prelibato ed elaborato dagli chef.
«Ahaha! Lo sapevo!»gridò lei mentre si strinse nell’asciugamano. Lei, la mia cara amica Yuko, mi conosceva bene. Sapeva cosa faceva illuminare i miei occhi e trasformare il mio umore!
«Ti voglio bene Yuko!»urlai mentre corsi per andarla ad abbracciare. Ma lei mi respinse piano ricordandomi che era tutta, ancora, bagnata.
Così la salutai e mi diressi di nuovo di là per andarmi ad allacciare le converse nere. So già che state pensando, cose del tipo: questa qui è una mediocre sempliciotta! Si, proprio così, in realtà non ero assolutamente il tipo di ragazza che indossava un abito firmato o tacchi vertiginosamente alti, non mi interessava affatto. Amavo il confort e si, la semplicità.
Presi la tracolla ed uscii dalla stanza salutando, nuovamente, Yuko con un urlo.
Entrai in ascensore, che si chiuse subito alle mie spalle, ma qualcuno con una mano fermò le porte facendole riaprire. Era un ragazzo, di bella statura e, a giudicare dall’abbigliamento formale e dalla borsa che aveva in mano, doveva essere un avvocato o qualcosa di simile.
«Scusa, ti dispiace?»mi domandò l’alto ragazzo mentre io, inconsapevolmente, arrossii ed annuii allo stesso tempo.
«Ehm, no! Ma figurati! Prego.»dissi rivolgendo uno sguardo al ragazzo che, per mia sorpresa, mi fissava. Abbassai velocemente lo sguardo per terra, quanto avrei voluto,invece, uscire io da lì. Odiavo queste “circostanze”, mi sentivo stupida ed incapace di formulare un pensiero ed io, che pensavo costantemente durante tutto l’arco della giornata, non potevo permetterlo. Così scossi la testa ed alzai lo sguardo altrove, ero intenta a fissare le in cavità di una piccola lampada posta in alto.
«Hai per caso il torcicollo?»domandò l’alto ragazzo, fissandomi dubbioso.
«Cosa? io che?»poi ci pensai un attimo su e stetti alla sua “osservazione”.
«Si, si! Cavolo, non ho dormito per niente bene!»dissi, attenta a non rilevare il “disagio” di poco prima.
«Oh sai anche io, non è che abbia dormito divinamente! Mi succede sempre, probabilmente devo avere qualche artrosi cervicale e cos’altro o, forse semplicemente, sono una creatura della notte! Chissà.»disse mentre mi rivolse un largo sorriso, aveva dei denti bianchissimi, dopo di ciò riprese a guardarmi. Aveva due preziosi diamanti blu al posto degli occhi e il miele al posto dei capelli, mi sentii letteralmente “infastidita” nel guardarlo in tutto il “suo splendore” mentre cercava di attaccare bottone, il “solito sbruffone” insomma. Subito distolsi lo sguardo e riposai i miei occhi per terra. Si, non riuscivo a guardare qualcuno per più di un minuto, non so il perché ma era così. Mi dava “fastidio”. Era un mio difetto? Ero troppo esagerata? Forse, ma ero così. Con i ragazzi ero così. Finalmente l’ascensore arrivò al piano terra e le porte si aprirono, io mi ci buttai velocemente per evadere da quella scatola, da quella situazione, da quel ragazzo.
«Ciao!»gridò il biondo mentre io mi girai e, con molta disattenzione, feci un cenno con la testa.
Iniziai a camminare, diretta verso gli scorrevoli a vetri dell’ingresso e senza pensarci sorpassai due uomini d’affari. Non appena uscii dall’hotel mi fermai a pensare. Mi chiesi come mai quel ragazzo si trovava lì, a Tokyo. Evidentemente, non era giapponese né americano, dalla sua pronuncia mi sembrò inglese. Si, lo era sicuramente. Sapevo riconoscere il mio amato inglese britannico, ovunque. Poi però, pensai di nuovo al suo abbigliamento e mi convinsi che doveva essere per forza un avvocato. Un avvocato con un caso la cui “arringa finale” doveva svolgersi proprio qui, in Giappone. Si, doveva essere senz’altro così. Scossi il capo e sorrisi lievemente intenta a “cominciare” il mio giro turistico.
Mi diressi verso la metropolitana e decisi di visitare i quartieri di Roppongi, Shibuya e Shinjuku. Guardai l’orologio, erano appena le undici del mattino, ero in perfetto orario.
Così, subito prima che il treno partisse, entrai e mi sedetti in un posto libero, dovevo aspettare per circa trenta minuti prima di arrivare alla mia prima meta:Roppongi.
Il treno era pieno di bambini, adolescenti che andavano, probabilmente, a Yoyogi o Harajuku, e altri uomini d’affari. Devo ammettere che, durante il tragitto, fu abbastanza divertente vedere quegli uomini aspettare tanto quanto osservare i bambini mentre parlavano con i loro amici o parenti sui convogli.
Una volta arrivata, volai fuori dal treno e mi diressi all’uscita della metropolitana. Dovevo sbrigarmi se volevo vedere gran parte del posto.
Arrivata a Roppongi, decisi di visitare il Museo privato Mori Art, il più grande museo mondiale di arte contemporanea (al 52esimo e 53esimo piano nella torre delle Roppongi Hills); il primo museo d'arte giapponese che assumeva un non-giapponese come direttore (l'inglese David Elliot); fu la vista migliore sulla città. Il primo al mondo ad essere collegato con il Museo d'Arte Moderna di New York.
Come mi rivelò l’itinerario, offertomi generosamente dal guardiano del museo, il nome Roppongi, in giapponese, significava "6 alberi". Pensato per essere un riferimento ai 6 antichi alberi di Gingko che una volta erano nell'area, l'ultimo dei quali fu distrutto, insieme con il resto della vecchia Roppongi, dall'irruzione di un attacco di bombe dalle forze alleate nella Seconda Guerra Mondiale. Epico!
Poi visitai il museo Suntory che possedeva una collezione di circa 3000 lavori di arte tradizionale giapponese e artigianato. Scattare foto su oggetti di uso quotidiano (inclusi disegno, ceramiche, tessuti, vetri, e altro)fu molto interessante quanto di ordinaria abitudine.
Feci una scappata anche nel Santuario Nogi, dedicato alla memoria del generale Nogi Maresuke, la cui casa e stabili erano adiacenti al luogo dove oggi sorge il santuario;ma famoso per la sua storia, non ebbi il coraggio di visitarlo al suo interno.
Subito dopo, visitai il gigantesco centro di intrattenimento e shopping, frutto dell'immaginazione del magnate Mori Minoru. Al suo interno 200 premium-shops e dei ristoranti, un cinema a nove-schermi e un anfiteatro pubblico. Una meraviglia impressionante!
Per ultima cosa lasciai Tokyo Tower che mi sembrò un mostro di circa 1039 ft!
La Tokyo Tower è stata sempre intesa come una copia della più famosa torre di Parigi - un paragone del quale ancora oggi i proprietari della Tokyo Tower sono orgogliosi. 
Un più esatto paragone, comunque, potrebbe essere con la britannica Blackpool Tower, poichè all'interno comprende molte attrazioni - il museo delle ceramiche, l'acquario, Holliwood Collection, Trick Art Gallery,il Mondo del cammino misterioso e la galleria di ologrammi - e molto altro. 
Roppongi: ne restai estremamente affascinata!
 
Purtroppo erano già le tredici e trenta e dovevo sbrigarmi se volevo vedere altre, incredibili, meraviglie!
Ritornai di nuovo in metropolitana e aspettai dentro per altri trenta minuti.
 
Arrivai a Shibuya e la prima cosa che “assaporai” fu l’esperienza urbana, che racchiudeva l'essenza della grande città. Sicuramente una delle attrazioni di Tokyo era proprio questa: il suo marcato carattere urbano in termini di paesaggio, tipo di vita e atmosfera. La seconda, invece, furono  i grattacieli e i fiumi di persone, turisti e giapponesi uniti in una grande folla. Passai davanti ai locali, bar, ristoranti, centri commerciali, dove mi fermai a comprare qualcosa, fino ad arrivare anche agli angoli più intimi della città.
 
Erano già le quattro e mezzo del pomeriggio… Così decisi di fare una pausa, superata la strada in salita del quartiere giovane di Tokyo, c'era un bellissimo parco, molto grande, dove, dal traffico di persone e casino della big station, mi ritrovai immersa nella natura. Notai molte persone qua e la che praticavano sport, leggevano, suonavano, e facevano fotografie agli animali. Era lo Yoyogi Park, un’opzione molto piacevole per una pausa di relax. Era una splendida giornata, mi sentivo bene ed ero completamente immersa nella tranquillità. A distogliermi la serenità fu la suoneria del mio cellulare, era Yuko.
 
«Pronto Yuko?» domandai distrattamente.
«Ehi Rachel, senti scusa se disturbo il tuo “tour” ma volevo farti sapere che sono riuscita ad intrufolarmi dentro l’edificio.» mi sussurrò attenta a scandire per bene quelle ultime parole.
«Mio Dio! Davvero? Lo hai visto o lui ha visto te?»domandai curiosa.
«Macché! E’ peggio del principe Henry, è inaccessibile!»affermò con disappunto.
«Oh. Beh? Che intendi fare? »domandai nuovamente curiosa
«Eh, che faccio? Resto qui, vediamo se posso “incrociarlo”. Nel caso non dovessi riuscirci ritorno domani» mi disse con un filo di amarezza.
«Capisco. Beh,tentar non nuoce!»dissi, cercando di risollevarle l’umore.
«Giusto! Beh ti richiamo io! Ah, appena torni mi racconti tutto ciò che hai visto!»disse con tono autoritario.
«Ma certo! A stasera Yuko!»sorrisi e riattaccai.
 
Povera amica mia, ce la stava mettendo tutta per poter “rincontrare” il padre. Il famoso Ken Yamamoto, proprietario del grande gruppo finanziario Yamamoto. Dovevo starle vicino e sostenerla, infondendole coraggio.
 
Sospirai e guardai l’orologio. Erano le cinque e un quarto. Scattai in piedi e mi diressi alla mia ultima destinazione: Shinjuku, il quartiere dei ragazzi.
La zona era divisa in due parti ben distinte e l’immensa stazione della metro faceva da spartiacque. Ci misi, infatti, più di 10 minuti per uscire sulla strada attraversando gallerie, negozi e quant’altro… una città sotterranea!
Nella zona est c’erano negozi e una quantità infinita di ragazzi.
Nella zona ovest invece c’erano, in prevalenza, uffici. Una sorta di centro direzionale ma esteticamente molto più bello. Diciamo che avrei anche potuto saltare, se non fosse stato per due cose: il parco centrale (su cui si affacciava la Hyatt Regency Tokyo) e il famoso edificio di Kenzo Tange, ovvero il Tokyo Metropolitan Government Office. La particolarità di quest’ultimo fu che si poté salire fino in cima (45° piano) e vedere tutta la città dall’alto. Purtroppo, se la luce e la giornata non fossero magicamente “scomparsi”, sarei potuta riuscire a visitare anche il Monte Fuji! Sfortunatamente, in foto non è venuto ma sono riuscita, comunque, a vederlo nonostante la lontananza.
Finalmente, eccomi arrivata nella zona est di Shinjuku, la zona “viva” dove, tra luci, suoni e molti ragazzi, passai diverse ore.
Una zona molto caratteristica in alcuni punti e, molto simile a quartieri che già conoscevo, in altri.
Non a caso, anche questa zona era chiamata Electric Town come quella di Akihabara.
Camminando sentii una voce che intonava qualcosa, una cantante giapponese che promuoveva il suo cd e, dato che era davvero brava e il pezzo era buono, lo comprai.
 
Se non fosse stato per l’orario, avrei sicuramente visitato lo Shinjuku Gyoen, un giardino immenso che vanta una straordinaria varietà di piante. Magnifico nella stagione dell’Hanami, ovvero il periodo della fioritura dei ciliegi!
Avrei voluto tanto andarci ma erano già le sette e mezzo di sera ed era già buio. Così, passai tra le stradine di Golden Gai, dove le case (e padiglioni) non avevano che più di un piano. Vidi locali con bar e karaoke, dove non ci stavano più di dieci persone, comode nell'intimità del luogo. Rimasi  stregata ed in qualche maniera intimorita dall’atmosfera che respiravo in quelle strane vie. Non c’era niente di cui preoccuparsi ma decisi di tornare subito nel quartiere Ginza, poiché distava solo quindici minuti, e quindi in l’hotel. Ad un tratto il suono del karaoke, proveniente da un bar di fronte a me, si fece più forte, ne uscirono tre ragazzi tutti visibilmente brilli. Io, presa di sorpresa, restai a guardarli ma, dopo aver notato i loro atteggiamenti poco gradevoli, mi dileguai in fretta. Disgraziatamente, si accorsero di me e cominciarono a seguirmi. Camminai più svelta che potei, girai a destra e intravidi una minuscola via che, a sua volta, mi portò in una sorta di vicolo chiuso. Ero in trappola, sperai di seminarli ma, per mia grande sfortuna, erano ancora dietro di me. Respirai profondamente ed infine mi girai piano.
«R-ragazzi, calmi eh!»dissi, cercando di sembrare lucida.
«Che c’è agnellino? Hai perso la via?»gridò uno dei tre mentre gli altri ridevano di gusto. Mi buttai giù la saliva e ripresi a camminare, cercando di ignorarli.
«Ne busu doko he iku?» disse un altro ragazzo, probabilmente non parlava che giapponese ed io ero completamente negata. Che cavolo significava ne busu doko he iku???
«Eh?»sillabai esterrefatta ma mi ritrovai nuovamente, di fronte, i tre bifolchi. Man mano che indietreggiavo, mi appoggiai al muro di quel vicolo cieco. Fui davvero cretina ad imboccare quella strada! I tre fecero un ghigno beffardo e si avvicinarono ancora di più a me, facendomi da recinto.
«Ehi, calmi!»esclamai mentre cercavo di trovare un modo per “sfuggirli” ma uno dei tre, il più ubriaco di tutti, mi prese i polsi mentre l’altro mi chiuse la bocca da dietro, l’ultimo mi si avvicinò all’altezza del viso. Rideva. Capii subito ciò che intendeva fare così, liberandomi da quello che mi teneva i polsi, gli diedi un calcio nelle parti basse ed una testata a quello che mi stringeva la bocca. Scappai ma subito mi ritrovai per terra a causa di uno sgambetto. Mi feci un male cane al ginocchio destro ma cercai comunque di rialzarmi. Il primo ragazzo mi prese il viso con una mano mentre con l’altra tirò fuori un coltellino tascabile che, a sua volta, mi puntò in gola.
«Cosa vuoi fare? Aiutoooo!!!» gridai più forte che potei.
«Shh!»mi tappò la bocca.                                                                                                    
 
Ad un tratto….                                                      
 
«Sugu tsuihou shiro!» urlò una voce.
«Anata dare?» gridò colui che mi cingeva il viso.
«Hayaku!» urlò più forte la voce della mia salvezza.
«Anata dare??» gridò il ragazzo, lasciando la presa, stavolta scandendo bene le parole. Si alzò e andò incontro al tizio che, miracolosamente, venne a “salvarmi”.
Non riuscii a capire nulla di ciò che si dicevano ma vidi che stavano facendo a pugni. Cercai di rialzarmi ma mi faceva male il ginocchio, sanguinava, così mi rannicchiai al muro. Alzai il volto per vedere chi aveva la meglio e il tizio, di fronte a me, aveva messo già K.O. gli altri due ragazzi, ora gliene rimaneva solo uno.
«Ike!»disse il tizio mentre invece il ragazzo gli si avvicinò, probabilmente,per continuare.
«Ike!»gridò un’altra volta lo strano tizio, era leggermente “curvo”. Il ragazzo fuggì. Il mio “salvatore” si girò e mi venne velocemente incontro.
«Daijoubu?» mi domandò.
«Eh?»dissi posando lo sguardo su di lui.
«Tutto bene?»disse nuovamente, con voce più calma.
«S-si, credo di essere ancora.. viva.» dissi, sforzandomi di alzarmi ma non ci riuscii.
«Sicura?»domandò mentre si avvicinava per guardarmi più da vicino.
 
Aveva gli occhi neri come la pece caratterizzati da due profonde occhiaie e i capelli spettinati dello stesso colore.
Mi sentii male e le ultime parole che pronunciai, prima di svenire, furono:
«Si, adesso si, mio angelo custode».
 

 
 

 Angolo dell’autrice:
 
Salve ragazzi!!!
Quanto tempo! Eh eh eh! x°D
Lo so, sono in ritardo, assolutamente imperdonabile!
Ci ho messo più del dovuto per scrivere questo capitolo. Il motivo è semplicemente lo stesso di quello precedente: volevo fosse “descritto” nei minimi particolari! Infatti, a mio parere, credo che questo sia “diverso” dai capitoli precedenti forse,più “articolato”? SI PROBABILE! E’ molto più lungo! Hahahah! xD
Comunqueee, tralasciando tutto questo, avete notato “l’entrata di scena” dello strano “tizio”??? :D
Spero vi sia piaciuto!!!
Fatemi sapere ciò che pensate al riguardo!!! ^^
 
Ps: se volete sapere “il dialogo in lingua giapponese” tra i due ragazzi, anche se si può facilmente comprendere, chiedete senza problemi! ^^
 
 
Kisu, kisu! :*
 
Jude92

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