Hot Mail - Naruto Namikaze in missione speciale

di Hikari93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo [Tutto inizia da una mail e da un dobe] ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno [Preparazioni: I preziosi consigli degli amici] ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due[Incontro scontro] ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre [Pensandoci vicendevolmente] ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro [Ricerche: nuovi e vecchi incontri all'orizzonte] ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque [I&I - Intermediari] ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei [Parlando lingue diverse] ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette [Ed è quando va tutto bene che partono i piani diabolici] ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto [Come l’estate. Ti piace l’estate, Sasuke?] ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove [Non si può fare a meno gli uni degli altri] ***
Capitolo 11: *** Epilogo [Come Naruto Namikaze, oltre a sistemare l’amico, sistemò anche se stesso] ***



Capitolo 1
*** Prologo [Tutto inizia da una mail e da un dobe] ***


A Saku88s,
perché non è mai abbastanza per ripagarla della sua gentilezza.
Mi fai sentire brava. ♥

 





 
 

Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 


 
Prologo
[Tutto inizia da una mail e da un dobe]

 
 







 
Naruto Namikaze ha coraggio, nessuno può negarlo.
Si tuffa a capofitto in qualunque situazione a bollino rosso, che chiunque, possedente anche solamente di una microscopica dose del tanto raro sale in zucca, eviterebbe come la peggiore delle malattie. Non lui, lui non lo fa. Ma questo non significa che Naruto Namikaze sia uno sprovveduto. E’ soltanto coraggioso. Molto ma molto coraggioso. 
Gongola da matti di fronte allo schermo luminoso dell’ultramoderno notebook di Sasuke Uchiha, suo amico dai tempi della culletta e delle poppate.
Fuori è notte fonda, Sasuke dorme nella stanza a fianco. Gli ha dato un’occhiata prima di alzarsi e dirigersi dal notebook, compagno futuro di malefatte, e lo ha scorto che riposava sereno e pacifico – strano, considerato il soggetto – con la testa leggermente inclinata appoggiata al gomito piegato e alcuni ciuffi di capelli sudati, poiché vittime dei trenta gradi notturni, appiccicati alla fronte inspiegabilmente pallida.
Perché solo Sasuke sa essere pallidissimo, curato e liscio come un bambino anche d’estate. Naruto se lo immagina mentre, per evitare i raggi solari, tenta goffamente di avvalersi dell’aiuto delle ombre piatte e grigiastre dei balconi, strusciando con la schiena contro il muro fino ad appiattirsi come una fetta di salame in un toast.
Non sa quale collegamento possa scattare nella sua mente, che in altre occasioni alle tre di notte dovrebbe già essersi riposata di qualche ora, ma gli sovviene la bizzarra idea che, se mai il suo migliore amico decidesse di appiattirsi contro i muri delle case, avrebbe almeno la punta del naso, sfuggente all’ombra sempre più fina man mano che avanza la giornata, abbronzata.
«Bah, lasciamo perdere» conclude infine, scacciando a suon di sforzi sovraumani quelle sciocchezze. «Piuttosto, occupiamoci d’altro…» ridacchia, come se stesse mettendo in atto il piano di distruzione totale del pianeta.
Si complimenta con se stesso. Visto che i genitori di Sasuke sono in visita ad alcuni parenti lontani per alcuni giorni, mentre Itachi rincaserà al massimo entro la fine della settimana,  Naruto è stato cortesemente invitato da Sasuke a trascorrere quel po’ di tempo necessario con lui, alla sua meravigliosa casetta sulle isole Sakishima – Dai teme, che ti annoi in una casa così grande tutta per te! Posso venire? Anzi, non rispondere, ho già portato le valige per il trasloco!
E in quelle ore che ha passato a spiare il suo migliore amico, è riuscito a fregargli la password dell’e-mail.
E senza farsi scoprire, naturalmente.
Alla faccia di chi gli da’ dell’idiota incapace di portare a termine qualsiasi piano escogitato!
Poi, che abbia trovato, nottetempo, l’indirizzo e-mail, con tanto di password a caratteri cubitali, di Sasuke scritto su un foglietto accartocciato appositamente al limitare della scrivania, in un angolino visibilissimo – ma pur sempre un angolino! –, e che l’abbia soltanto sgrovigliato e lisciato è un altro discorso e comunque non cambia la sostanza, ovvero che lui è un piccolo genietto incompreso.
Ammonendo con un’occhiataccia il mouse che sembra fare decisamente troppo rumore quella sera, inserisce tutti i dati, sbagliando diverse volte a digitare, costringendosi a cancellare e ricancellare.
Odia le password così lunghe, odia i puntini neri del codice di sicurezza che gli impediscono di capire dove ha sbagliato e che lo costringono, perciò a rimettere tutti i caratteri daccapo.
Lo vedi che sei complessato, teme? Metti una password di sicurezza così lunga e poi la lasci su un foglio qualunque a mia portata? No, non sei complessato, sei soltanto scemo! Anzi, forse neanche… è il sottoscritto che ti fa abbassare sempre la guardia!
Dopo il terzo tentativo, sul deskpot si visualizza finalmente la tanto agognata casella postale di Sasuke.
Yatta!
C’è qualche e-mail non letta. Naruto non si premura la riservatezza che dovrebbe mostrare – sono il suo migliore amico… se non le so io certe cose, chi dovrebbe saperle? – e le legge. Qualcuna è pubblicità che Sasuke non considera a tal punto da ritenere, evidentemente, inutile persino cancellarla.
Naruto scorre velocemente con gli occhi fino in fondo all’elenco di messaggi nuovi e già visualizzati e si stupisce quando non trova quello che sta cercando. Allibito, tenta di provare con la pagina successiva, prima di accorgersi, tuttavia, che la pagina seguente non esiste; Sasuke è un tipo alquanto ordinato, pensa Naruto. Di certo ha pensato bene di cancellare quasi tutta la sua posta. Naruto non ha difficoltà nell’immaginarlo a cancellare ogni mail che sfiori dalla prima pagina, quasi fosse una fissa.
«Non può essere! Deve stare qui da qualche parte!» borbotta a voce un po’ troppo alta, accompagnandosi col ritmico tamburellio dell’indice sulla scrivania in legno massiccio.
Decide di ricontrollare l’elenco prima di disperarsi ed è contento di scoprire che ha avuto un’idea brillantissima.
“Sakura Haruno”, eccola qua! Yatta due, la vendetta!
E la mail è recentissima, un’ora fa appena. Sasuke non l’ha ancora letta, e lui sarà il primo a poter giovare di quello che considera un enorme privilegio.
Si concede delle piccole manifestazioni di gioia e di esaltazione alla Namikaze, anzi, meglio dire alla Uzumaki, come sua madre, la donna che gli ha donato circa il novantacinque per cento del suo carattere esuberante e tutto pepe. Ridacchia sotto i baffi, lancia diversi te l’ho fatta stavolta! a Sasuke e, se fosse giorno, griderebbe un dattebayo liberatore tanto potente da assordare i vicini.
Però si trattiene, per il bene superiore e per il bene dei suoi denti bianchi e, se non perfetti, almeno ottimi, che l’amico gli farebbe cascare a suon di pugni e mazzate.
Vediamo un po’ cosa gli dice questa fantomatica e misteriosa ragazza!
Apre finalmente la mail, dopo averla guardata per minuti con un’espressione, direbbe Sasuke da beota, semplicemente estasiata sul viso, e ne comincia a leggere il contenuto.
Sakura gli racconta della sua passione, dei libri, e di un certo classico che sta leggendo – che Naruto non conosce e nemmeno se ne stupisce –  e che l’ha appassionata parecchio. Gli chiede se ne abbia mai sentito parlare e, in tal caso, cosa ne pensi. Inoltre, aggiunge alcune righe sulle giornate frenetiche trascorse al mare, sulle isole Sakishima, che sta visitando per la prima volta. Infine lo saluta augurandogli una buona giornata per l’indomani, ma a Naruto non interessa più.
Sakura si trova lì, al loro stesso posto, e loro – anzi, Sasuke – nemmeno lo sanno.
E non lo saprà. Per ora.
Naruto non sa esattamente come siano andate le cose tra di loro – tra Sakura e Sasuke – ma da quando il suo migliore amico ha cominciato una discreta corrispondenza con lei, lui ha capito che si tratta della ragazza giusta per l’impassibile visino di Sasuke.
Non la conosce, non sa niente di lei tranne che per quel pochissimo che gli racconta Sasuke, ma la ispira. E soprattutto vuole congratularsi con lei per essere riuscita a intessere un legame – anche se virtuale – con Sasuke l’antipatico per più di tre mesi.
Le altre e-mail sono state eliminate, perciò Naruto non può averne la conferma. Tuttavia, ricorda approssimativamente che Sasuke ha cominciato a parlargli di lei – o meglio, lui l’ha beccato e gli ha estorto le preziose informazioni con la forza della parola e della supplica bombardante – da Maggio, mentre, adesso, il calendario appeso alla parete sventola orgoglioso il mese di Agosto, i primi giorni.
Naruto sa che è meglio non impicciarsi e che chi si fa i fatti suoi campa cent’anni, e lo sa tanto quanto è sicuro che vivere un giorno da leoni sia assolutamente meglio che trascorrerne cento a belare in continuazione. Quindi, rischia, si azzarda molto più del voluto.
Ciao Sakura, comincia a rispondere, non credendo di interpretare bene i modi scorbutici di Sasuke. E’ indeciso se cancellare o meno le uniche due parole che ha scritto, ma alla fine opta per mantenerle belle e intatte. Ragionando alla teme, infatti, le uniche frasi che gli sovvengono assomigliano a cacofonici monosillabi senza senso logico, che causerebbero, come minimo, la chiusura di ogni contatto tra lui e questa ragazza.
Sospira.
Pensa alla teme ma non troppo, pensa alla teme ma non troppo, pensa alla teme ma troppo…
Sospira ancora, le mani alzate sulla tastiera e le punte della dita già pronte a pigiare i tasti giusti. E via…
Ciao Sakura. Ovviamente conosco il libro che hai citato. L’ho intravisto tra i numerosi volumi della libreria di mio padre ma…
«Che lo stia facendo vantare troppo? Ma se non lo facessi non sarebbe Sasuke Uchiha Teme. Sarebbe Sasuke Uchiha e basta, e non andrebbe bene» si dice. «E adesso…? Ah, ci sono!» esulta trionfante, permettendosi ancora una volta di rischiare di svegliare il padrone di casa – che svegliato senza che le sue palpebre si aprano da sole diventa intrattabile più del normale e del limite consentito.
Naruto tende l’orecchio al silenzio, contento, per una volta, che sia il suo solo compagno, in quel momento. Ricomincia da dove si è fermato, prima di ritrovarsi privo dello sprint che gli serve.
… ma non ho ancora avuto il piacere di leggerlo, conclude sbrigativo, desideroso di passare al punto B, quello davvero importante. Anch’io sono alle isole Sakishima, che coincidenza! Ti va di incontrarci domani a mezzogiorno in spiaggia alla Miyako al bar? Avrei voglia, se per te non è disturbo, di scambiare quattro chiacchiere con te in diretta. Rispondi appena puoi.
Il rispondi appena puoi non ha potuto ometterlo. Proprio no. E neanche si è sforzato di mantenere i toni alla Sasuke per non fare insospettire la ragazza, semplicemente perché è troppo fiero di se stesso per l’appuntamento che ha propinato a quella ragazza che conosce soltanto attraverso racconti elaboratissimi.
Ma si sa, un migliore amico pseudo fratello capisce al volo quando quella è la persona giusta con la quale condividere la vita. Lo sa, ne è convintissimo e ha anche le sue dovute e precise ragioni.
Nessuna ragazza è stata mai capace di mantenere un rapporto – anche se lontano e virtuale – col teme per più di due settimane, prima di abbandonare la visione celestiale dei suoi occhi scurissimi e tuffarsi nel mare di antiromanticismo e impassibilità del caratteraccio di Sasuke, pieno di difetti.
Inoltre, come conseguenza, Sasuke deve trovare quantomeno accettabile la sua compagnia, visto che, anziché ignorarla, le ha risposto per bene tre mesi. Cosa le abbia risposto rimane un mistero, ma bisogna notare anche un simbolo differente da mh.
Lui, Naruto Namikaze, sente che è così. Sente che Sasuke è troppo nervoso ultimamente, e che trovarsi una ragazza possa fargli bene, sia a livello di – scadenti per ora – relazioni sociali, e sia perché, magari, lei potrebbe insegnargli un po’ di umanità.
Controlla che la mail sia stata inviata correttamente, e ne sorride. Uno sbadiglio vaporoso gli ricorda che si sono fatte quasi le quattro e che domani non potrà poltrire fino all’una perché, oltre che andare all’appuntamento, dovrà anche convincere Sasuke ad andare in spiaggia. Probabilmente è per la folla di ragazzine adulanti che si accerchiano intorno a lui ogni estate che Sasuke preferisce rintanarsi in casa come un topolino in trappola, ma Naruto sarebbe riuscito a cacciarlo fuori di lì a furia di calci nel sedere.
Perdere un’opportunità del genere? Giammai!
Sbadigliando ancora, con gli occhi impastati dal sonno e le ciglia appiccicate, Naruto prega il notebook di spegnersi in fretta e di lasciarlo andare a nanna. Vorrebbe acciambellarsi persino sul tanto invitante divanetto alle sue spalle, ma infine, quando il display finalmente si spegne, il ragazzo si muove a mo di zombie verso camera sua – sperando di riuscire quantomeno a riconoscerla e a non appisolarsi sul water –, distrutto ma felice.
Ora gli pare incredibile non aver avvertito un tal peso imponente della stanchezza sulle sue spalle mentre si organizzava mentalmente per rispondere alla mail. Insieme alla soddisfazione del piano riuscito – ricorda a malapena che Sakura ancora non gli ha risposto, ma sa che lei andrà da lui e lui andrà da lei, per forza  –, gli si è riversata addosso la mancanza di un sonno decente in quegli ultimi tre giorni, passati a litigare con Sasuke, a fare scherzi idioti a Sasuke, a telefonare Sasuke perché doveva pur spendere i minuti gratis di quella promozione che scadeva a breve e a dare la buonanotte a Sasuke anche dall’altro lato della casa, urlando e ricevendo contro i peggiori urli e insulti di conseguenza da uno che “a differenza tua, dobe, io voglio dormire!
 Troppo Sasuke gli fa male, per questo deve trovargli una fidanzata.
Così dividono il dolore a metà.

 
 
 
 












 
 
 
Buongiorno. ♥
Ho capito che non si addicono le frasi come “posto quando ho finito la storia”. Non ci riesco, è più forte di me. Ci sono, però, diversi motivi che mi hanno spinta a pubblicare, a parte il “non resisto più”.
Uno, l’ho dedicata a una persona speciale e molto gentile.
Due, questa storia mi sta divertendo un mondo. Ho scritto già tre capitoli, il prologo più altri due capitoli che sono il doppio di questo. Spero che mi risollevi dallo pseudo-blocco che mi ha preso, ovvero un blocco dello scrittore che mi impedisce di scrivere tutto tranne quello che voglio(?).
E tre, mi dedicherò, a settimane alterne, non lo so come, a questa e un’altra fanfiction soltanto, che sono le mie due long più recenti. Voglio imparare di nuovo a essere una scrittrice di cui potersi fidare e che porta a termine quello che fa, senza essere sconclusionata. Pian piano, poi, spero pazienterete, completerò anche le altre. Spero che questa fic possa aiutarmi a riprendere i ritmi dei primi tempi.
Grazie.
Poi, altre precisazioni: io sono un impiastro con la geografia, del Giappone soprattutto. Ho trovato tutte le informazioni su Internet.
Il titolo, “Hot mail”, non ha niente a che vedere con il sito di posta. Piuttosto è un insieme di due parole inglesi: “hot”, che si rifà al caldo dell’estate e, chissà, anche un probabile rating più alto, in futuro UwwwwU e “mail” perché tutto parte da una corrispondenza di e-mail.
Ho detto tutto, mi pare.
Spero che vi sia piaciuta, grazie! ♥


Dal Primo Capitolo:

«Dobe, c’è qualcosa che non so?»
L’espressione furbesca di Naruto è evidente, ma lui si limita comunque e scuotere la testa. «Posso almeno portarti un bicchiere d’acqua?»
«Non ho sete.»
«Ma fa caldo» obietta Naruto.
«Ma non ho sete.»
«Va bene. Sasuke?»
«Che vuoi, dobe?» La paletta in plastica che Sasuke sta usando per girare il polpo sbatte contro la superficie della pentola, lasciando schizzare qualche goccia d’acqua danzante. E’ un avvertimento. «Va’ al punto, stavolta.»
Naruto intuisce che a Sasuke non serve che gli porti il ventilatore che hanno abbandonato nel piccolo salottino dove solitamente guardano la tv e comprende che sia inutile anche domandarglielo. Inutile e pericoloso, perché Sasuke è armato di mestoli, di padelle roventi e di acqua ustionante. Ma, soprattutto, controlla totalmente la sua colazione – e lui non può perdersela, lo stomaco già brontola al profumino e non sopporterebbe di privarsene.
«Perché non andiamo al mare oggi?» propone, dunque.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno [Preparazioni: I preziosi consigli degli amici] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 

 

Capitolo Uno
[Preparazioni: I preziosi consigli degli amici]







 
 

La sveglia trilla allegra sul comodino di Sasuke Uchiha, che si accartoccia su se stesso come un felino assonnato, scalciando di malo modo le lenzuola appiccicose vicino ai suoi piedi senza ottenere risultati apprezzabili.
Mugugna parole incomprensibili che gli si perdono tra le labbra leggermente schiuse.
Ha dormito abbastanza, sicuramente più delle altre nottate visto che il dobe ha finalmente dedotto che fosse inutile dargli ancora fastidio in uno dei millemila metodi escogitati, però gli occhi non vogliono sapere di aprirsi, come se fossero attaccati l’un l’altro con una di quelle colle formidabili pubblicizzate in televisione.
Infine, forse per il caldo soffocante che si è impossessato delle lenzuola, impregnandole di fuoco puro, o forse perché l’acuto stridio della sveglia gli appare simile allo strusciare del gesso sulla lavagna – suono che evita a prescindere perché dà fastidio, naturalmente –, i suoi nervi già costantemente provati non reggono più. E si sveglia, è costretto a farlo.
Si strofina gli occhi col pollice e l’indice, un dito a occhio. D’istinto, dopo aver fatto tacere il dannato oggetto sul suo comodino, senza che la mente neanche glielo comandi, utilizza l’altra mano libera per muovere l’aria smorta, ricevendo ben poco sollievo dalle particelle fresche che gli pizzicano il viso come spilli spuntati.
«Dobe, svegliati» mugugna, sperando che l’amico oda il suo richiamo attraverso le pareti e le porte chiuse che li separano.
«No, altri cinque minuti…»
E’ un sussurro affogato il suo, e proviene dal basso, pare nascondersi sotto al letto. Ma Sasuke ha superato le notti passate abbracciato intorno a se stesso per paura di fantomatici mostri nascostisi tra la polvere, e inoltre riconoscerebbe quel latrato tra mille lamentele. Tuttavia, non si spiega cosa ci faccia Naruto Namikaze sul pavimento con il viso affondato nel suo cuscino. Sasuke tasta il materasso e scopre che, sì, Naruto si è impossessato di materiale di sua proprietà, oltre che aver dormito in camera sua.
«Avevi paura di dormire da solo, dobe? Ti avevo abbandonato nella tua camera, ieri sera» lo stuzzica, ricevendo come risposta una girata di spalle.
«Teme, non rompere» biascica debolmente Naruto, preferendo più poltrire che attaccar brighe.
«La sveglia è già suonata» gli fa notare l’altro, ripresosi di tutto punto dal momento di anormale – per lui – defiance mattutina, coi sensi non allerta. «Quindi, alzati.»
Del tipo: sei in vacanza con me, a casa mia, in camera mia, col mio cuscino e, specialmente, non hai sborsato nemmeno un centesimo, dunque, fai quello che dico io, quando lo dico io, come lo dico io e perché lo dico io.
Il modo poco gentile di domandare compagnia di un ragazzo che ha rischiato di perdere la propria famiglia in un incidente stradale e ha conosciuto – anche se per poco – il male della solitudine e dello sconforto.
«Ma che… che ora è?» Naruto stacca la faccia sudata dal copricuscino stropicciato e si guarda intorno con l’aria di un pesce fuor d’acqua. Ha gli occhi gonfi di chi non ha dormito molto e bene e l’espressione da stoccafisso di sempre – questo Sasuke glielo riconosce.
«Sono già le otto e trenta» risponde Sasuke, che nel frattempo ha cominciato a sistemare le lenzuola e le coperte – messe più per dare un po’ di colore alla camera che per utilizzarle, visto che Sasuke le rovescia sempre a terra a suon di calci – del suo letto disordinatamente sfatto. «Passami il cuscino, dobe.»
«Ma perché? Perché mettere la sveglia alle otto e trenta d’estate? Cosa frulla di malato in quella tua testa?» farfuglia agitato, sparando parole che poi non ricorderà totalmente, confondendole con eventuali sogni. Soltanto perché Naruto sta ancora attraversando la fase di dormiveglia, e non è completamente sveglio tanto quanto non sta dormendo più. «Se non dormi d’estate, che non c’hai impegni, quando puoi poltrire in pace?» riprende, e farnetica tante altre cose a cui Sasuke è totalmente abituato. Come lo è ai modi gentili di sua madre, ai toni bruschi di suo padre e ai buffetti di Itachi – ancora, come se non comprendesse che è diventato grande, adesso.
Scaccia suo fratello dalla mente e ritorna al dobe. «Passami il cuscino, ho detto» gli rimbecca, sforzandosi addirittura di allungargli il braccio contro, in modo da facilitarlo.
Naruto si rituffa sul pavimento, schiacciandosi il morbido cuscino sulla nuca. «Mi rifiuto» ribatte, un po’ più sveglio ma comunque al pari di un bamboccio di cinque anni, «io ho ancora sonno!»
E allora Sasuke sospira, abbandonando alla forza di gravità il lembo di lenzuolo che ha tra le dita. Si consente di rivoltare il peso morto del dobe rompiscatole e dormiglione di schiena, con un calcio, per poi afferrargli il cuscino da sotto al capo, tirandolo via con forza. «Dormi pure, allora» gli concede, «ma fallo a terra, in camera tua e, soprattutto, scordati che ti prepari la colazione al tuo risveglio o che ti faccia trovare qualcosa di pronto» gli fa notare. Non con stizza, senza mostrare alcun tono offeso, da padrone o semplicemente da bambino capriccioso. Soltanto, si limita a svelare a Naruto a cosa dovrà andare incontro se non rispetta le regole che ha deciso per lui, in casa sua e alla sua vacanza.
Perché Naruto Namikaze non resiste ai sorrisi dolci, agli occhi da cucciolo – entrambe non sue prerogative, asserisce Sasuke – e né al cibo. Infatti, a quelle parole si smuove un po’.
«Poi se ne parlerà a mezzogiorno.»
«Eh? E’ già mezzogiorno?» scatta su Naruto, spalancando per quanto gli è possibile gli occhi celestissimi. «Dobbi-»
«Ho detto» ricomincia Sasuke con pazienza, ormai dubbioso che Naruto abbia ascoltato almeno un terzo delle sue parole e convinto che, invece, abbia colto solamente la parola magica, ovvero colazione, «che se non vieni a fare colazione in questo preciso momento, non troverai nulla fino a mezzogiorno, dobe. Scegli tu che cosa preferisci, io ne ho avuto abbastanza» sbotta, sveglio – adesso sì che può dirlo – al cento per cento. Lo riconosce dalla rabbia che prima non sentiva contro Naruto e contro il suo costante “ripeti ancora che non ho capito”, oppure dal fatto che inizia a sentire sempre più caldo sulla sue pelle, segno che tutto di sé sta totalmente rimettendo piede in circolazione. O forse è perché si arrabbia che sente caldo, o ancora sente caldo perché si arrabbia?
«Quanto sei antipatico, teme! Mi sveglio, ecco, va bene?» bofonchia senza cattiveria, soltanto per mantenere l’etichette che entrambi si sono appiccicati di migliori amici-nemici, quando tutti, al sol vederli, percepirebbero l’intensità del loro legame. 
E va bene!, gli risponderebbe Sasuke se solo avesse qualche anno in meno. Preferisce acciuffare i vestiti puliti dall’armadio – qualcosa di leggero, anzi leggerissimo – e andarsene in cucina a preparare la colazione, senza proferir più parola.
«Buongiorno anche a te, teme!» gli urla l’altro alle spalle, ridendogli dietro.
 
 
 
Dopo una buona mezz’ora trascorsa a stanare i suoi vestiti nascosti dal disordine della sua camera, Naruto s’arrischia in cucina, avanzando di soppiatto fin dietro alla schiena di Sasuke. Sa che lui l’ha già sentito, e sa che si aspetta una qualunque cosa scema da parte sua. Che non arriva, perché Naruto si limita soltanto a far capolino oltre la sua spalla e a osservare il polpo ammollo nell’acqua della pentola.
«Che profumino sentiremo tra poco, teme… impeccabile come sempre ai fornelli. Anche se io avrei saputo fare di meglio.»
«Sei incapace persino di svegliarti, figuriamoci in cucina che combineresti… bruceresti tutto, magari anche la casa, chissà.»
Naruto ridacchia. «Sia mai! E poi chi ci parla con tuo padre!»
«Sei cresciuto dobe, avresti dovuto superare il timore per mio padre e aver capito che non morde» gli confessa, muovendo poi qualche passo lontano da Naruto per raggiungere l’aceto nello stipo, sotto, che verserà tra le verdure che consumeranno quella mattina. Sasuke ha optato per una classica colazione asa gohan, a base di verdure sottoaceto e polpo, evitando la terza aggiunta, ovvero il pesce secco. Non ha troppo appetito.
«Ricordi quando mi guardò storto e io fuggii via?» domanda ancora Naruto, ridendo da solo.
«Non ti stava guardando storto. E’ così che fissa la gente, lui.»
«Anche un bambino di cinque anni?»
Sasuke annuisce. «Anche un bambino di cinque anni.»
La quiete che la mancanza di chiacchiere di Naruto porta in cucina è allo stesso tempo fastidiosa e rilassante. Da un lato Sasuke la odia, perché gli ricorda di quando, al buio di una sala d’ospedale, ha atteso fino a quando l’infermiera non gli ha comunicato con un largo sorriso che era andato tutto bene. Basta assaporare l’amaro della morte imminente per non riuscire a uscirne più. D’altra parte, invece, la mente ringrazia sentitamente perché può rilassarsi.
D’improvviso, il filo logico o meno dei suoi pensieri è rotto da una possente pacca sulla spalla che gli fa cadere il mestolo tra le mani. E’ un miracolo che non gli si sia staccato il braccio, raggiungendo il mestolo rovinato a terra.
«Dobe, ma che ti prende?» quasi gli urla contro.
«Niente niente, soltanto… vuoi che ti aiuti a cucinare? Puoi lasciar fare a me, se ti va.»
Sasuke s’acciglia. No, dacché ricorda, Naruto è, primo, un impiastro in cucina – l’ipotesi che possa distruggere la casa non è solo un'ipotesi – e, secondo, lo ha sempre visto stravaccato sul divano, piuttosto che ai fornelli. E perché d’estate fa caldo, gli dice; oppure, non preferisci  deliziare il tuo palato con qualcosa di veramente sano? – e non ha tutti i torti. Quindi, elencandosi mentalmente tutte le scuse inventate dal dobe in quei giorni di convivenza, deduce che c’è sotto qualcosa, qualcosa che puzza di bruciato, e non c’entra il polpo che sta bollendo nella pentola, con le bollicine che salgono in superficie e scoppiano, emanando più calore di quanto la pelle umana possa sopportarne.
«Dobe, c’è qualcosa che non so?»
L’espressione furbesca di Naruto è evidente, ma lui si limita comunque e scuotere la testa. «Posso almeno portarti un bicchiere d’acqua?»
«Non ho sete.»
«Ma fa caldo» obietta Naruto.
«Ma non ho sete.»
«Va bene. Sasuke?»
«Che vuoi, dobe?» La paletta in plastica che Sasuke sta usando per girare il polpo sbatte contro la superficie della pentola, lasciando schizzare qualche goccia d’acqua danzante. E’ un avvertimento. «Va’ al punto, stavolta.»
Naruto intuisce che a Sasuke non serve che gli porti il ventilatore che hanno abbandonato nel piccolo salottino dove solitamente guardano la tv e comprende che sia inutile anche domandarglielo. Inutile e pericoloso, perché Sasuke è armato di mestoli, di padelle roventi e di acqua ustionante. Ma, soprattutto, controlla totalmente la sua colazione – e lui non può perdersela, lo stomaco già brontola al profumino e non sopporterebbe di privarsene.
«Perché non andiamo al mare oggi?» propone, dunque.
Il fornello si spegne di botto al giro di manovella, e con lui pare sopraggiungere un folto silenzio, che avvinghia i due ragazzi.
Assomiglia a Fugaku-san quando irradia queste onde negative…
«Come mai?»
«Dico io… siamo in una delle isole balneari migliori del Giappone e tu preferisci restartene rintanato in casa? Ma dico, siamo matti? Ah, Sasuke, non pensare che la tua maestosa villa non mi piaccia» comincia gesticolando e al che Sasuke rotea gli occhi, spazientito dalla troppo loquacità del suo amico biondo.
«Sì sì, piantala dobe» proferisce. «Andiamo al mare.»
«Davvero?»
L’altro evita di rispondergli, concentrandosi ancora sulla colazione. Odia le domande inutili, odia parlare troppo e odia ancora di più il caldo che già gli ha inzuppato la camicia di prima mattina. Deve farsi una doccia, ne ha un bisogno totale.   
«Il polpo non deve essere tolto immediatamente dall’acqua» spiega a Naruto, evitando di riprendere la questione già trattata. «Non devi fare nulla a parte non toccarlo. Anzi, smamma dalla cucina» gli intima. Poi afferra la pentola ai due manici, proteggendosi i palmi delle mani con un guanto da cucina da un lato e uno strofinaccio dall’altro, e la mette nel lavello. Apre l’acqua fredda finché il livello del liquido non raggiunge quello voluto. «Non toccarlo» dice di nuovo a Naruto.
Si sventola ancora a più non posso, sbuffando per l’ennesima volta per il caldo di Agosto. Getta il guanto da cucina e lo strofinaccio sulla tavola, infine si dilegua, dirigendosi verso il bagno. Silenzioso, apre la porta, entra e la richiude con un giro di chiave.
L’altro fa spallucce, impassibile. Conosce l’insofferenza di Sasuke al troppo caldo o al troppo freddo, perciò non se ne stupisce.
«Posso usare il tuo notebook, frattanto?» gli urla soltanto.
La voce di Sasuke ne esce ovattata e coperta già dal getto d’acqua – sicuramente fredda o gelida. «Fa’ quel che ti pare.»
Ottimo.
 
 
 
Il cuore di Naruto batte all’impazzata quando compare la casella postale di Sasuke. Per evitare di dover riscrivere quel romanzo di password, il giorno prima ha cliccato sul quadratino bianco che gli consente di restare collegato.
Poi ha il tempo di una doccia veloce, quindi non può permettersi di perdere tempo. Per ogni evenienza, dopo aver controllato la posta del suo migliore amico, si collegherà al suo indirizzo mail, per sviare possibili sospetti.
Ma lui è un genio, lo ha sempre saputo!
«Eccola» mormora trionfante.
Apre il messaggio e scorge con velocità la mail di Sakura. Vi legge parole incoraggianti come “grazie per il gentile pensiero” e “accetto molto volentieri, anche perché mi trovi già in spiaggia. Sono con delle mie amiche”.
«Genio, genio, genio» borbotta, onorandosi.
La chiave nella toppa della serratura del bagno scatta tanto improvvisamente che Naruto salta sulla sedia e, d’impulso, chiude la finestra con l’e-mail.
«Già hai fatto?» domanda. «Avevi fretta di ritornare dai calamari?»
I passi di Sasuke si avvicinano, lenti e misurati. Il ragazzo si mostra con un asciugamano bianca intorno alla vita e un’altra in testa, mentre si asciuga i capelli ancora gocciolanti. «Non ci vuole un’eternità per farsi una doccia. Si chiama doccia veloce per un motivo. E poi quelli» allude con lo sguardo alla cucina, «sono polpi, non calamari.»
«Sai che se ti scattassi delle foto adesso e le vendessi in spiaggia diventerei l’uomo più ricco del mondo?» commenta Naruto, frattanto che Sasuke si allontana verso camera sua.
«Anziché dire sciocchezze come tuo solito, asciuga l’acqua che è caduta a terra.»
Naruto scatta in piedi. «E perché mai io se sei stato tu a farla cadere?»
«Perché il polpo non si taglia da solo, dobe. Non ho tutto il tempo.»
«Posso pur sempre tagliarlo io, non ci vuole granché!» propone, non trovandoci niente di giusto in quelle condizioni avanzate dal teme.
La testa ancora coperta dall’asciugamano, Sasuke fa capolino ancora una volta dalla porta, per sfottere Naruto come sa fare e come gli diverte. A volte ci pensa, e crede che le loro siano soltanto bambinate, ma bambinate di cui non riesce a fare a meno, pur vergognandosene, in certi momenti. Il loro legame è così dall’infanzia, e a nessuno dei due interessa che cambi poi molto, almeno nella sostanza.
«Non vorrei trovare anche un tuo dito nell’insalata, sai com’è…» gli dice soltanto, ironico, poi si rifugia di nuovo in camera, tra vestiti nuovi da indossare.
Naruto gli fa le linguacce, scimmiottandolo nelle parole e nelle movenze. Però è costretto comunque ad alzarsi, a prendere lo scopettone di là e ad asciugare le tre gocce d’acqua contate che sono cadute sul parquet.
In fondo lo sa che Sasuke è preciso e ordinato da fare schifo.
 
 
 

*

 
 
 
Sakura osserva lo schermo del computer, fissandolo, desiderando di entrargli dentro e di uscirne aldilà, al di fuori di un altro computer, magari da Sasuke. Alterna gli occhi dal deskpot – dove, centrata, spunta la recente fotografia di lei, con le sue amiche, con il mare notturno e tranquillo alle spalle – all’orologio. Le lancette – dannate – si ostinano a indicare le dieci e quaranta.
Sbuffa, il mento sulle mani tenute a coppa, col palmo verso l’alto. «Mi pareva che anche dieci minuti fa fossero le dieci e quaranta» si lascia sfuggire.
Ma mai farsi sfuggire certe osservazioni quando una tale Ino Yamanaka si è lasciata abbandonare proprio sul divano alle sue spalle.
«Anche se le fissi in modo truce, non si muoveranno più rapidamente, Frontespaziosa» commenta, alzandosi a sedere sul bracciolo del divano con un colpo di schiena. Accavalla le gambe, sorride alla vista delle spalle abbronzate, scoperte leggermente a causa del top che indossa, della sua migliore amica. «Pensa che abbia un naso enorme, così l’attesa è meno snervante» le consiglia.
«Ino, ti prego…» le chiede, senza nascondere un nervosismo misto a disperazione – perché il tempo maledetto passa sempre quando ci si diverte; sennò aspetta e spera, e assassina le lancette che si prendono gioco di te, facendo finta di girare, quando in realtà si stoppano.
«Volevo solamente darti una mano. Ti vedevo nervosa. Domando scusa» ridacchia, lei, rilanciandosi a peso morto sul divano. «Ah, che caldo che fa!»
Sakura è troppo in ansia per pensare al caldo. Troppo in ansia per fare colazione e troppo in ansia anche per respirare. E se ne sente ridicola.
Avesse messo qualcosa nello stomaco prima di leggere il suo invito, almeno. E invece no, perché lei lo ha letto subitissimo, perché la prima cosa che fa, da più di un mese ormai, prima di andarsene a dormire e prima di svegliarsi, è controllare la posta elettronica, sperando di trovare un suo messaggio.
Sente sempre il cuore a duemila prima di inserire il suo indirizzo e la sua password; non resta collegata appunto per non rovinarsi quel momento di pura e totale ansia mista a batticuore assordante a cui si è abituata. E’ una specie di usanza irrinunciabile, per lei.
Sbatte nervosamente il piede a terra, ripetutamente, in colpi secchi e precisi.
Ma non è nervosa.
Arriccia il dito intorno a un ciuffo di capelli; lo tira, lo srotola e lo riavvolge, all’infinito, autonomamente, senza controllare più le sue azioni.
Ma guai a dirle che è nervosa, guai a definirla tale.
E’ costretta a respirare con la bocca, perché l’aria che le entra dentro dal naso non è sufficiente a riempirle i polmoni. E non è il caldo, non è quello stavolta che si stringe intorno al suo petto e preme con costanza. Non è quello.
Ma non è ansia, assolutamente, non lo è, non lo è, se lo ripete all’infinito, e crede che anche le altre debbano saperlo, per conferma.
«E comunque non sono ansiosa» commenta, mascherando a malapena il nervoso, «né sono agitata, o sottopressione. Assolutamente non provo nulla, quasi non voglio nemmeno andare in spiaggia» mente spudoratamente.
«Sicuro, Frontespaziosa, ci crediamo.» Ino si arrotola sul divano, girando su stessa e stendendosi a pancia in giù. Si allunga oltre al bracciolo, al quale si attacca con le unghie perfettamente smaltate, per non capitombolare a terra. Lancia uno sguardo alla porzione di camera che s’intravede dalla fessura della porta. «Vero che siamo d’accordo, Hinata?»
La figura di un’altra ragazza si muove alla luce soffusa della camera e spunta in cucina. «Ino-chan, dovresti cercare di capire Sakura-chan e non prenderla in giro.»
L’interpellata si alza a sedere, non riuscendo a trovar pace. «Ma io non la sto prendendo in giro, Hinata cara, le sto soltanto svelando quella verità che si ostina a non considerare.»
«Lascia perdere Hinata» tronca Sakura, lasciandosi andare anche al dondolio delle braccia – reggenti la sua testa –  appoggiate, adesso, sulle gambe.
Hinata lancia un’occhiata di monito a Ino, nella speranza che lei possa comprendere e piantarla di divertirsi in quel modo.
«Ma che sto facendo?» si difende quest’ultima, fingendo indifferenza.
Sakura, invece, preferisce tornare alle sue fisse, sapendo di non poterne sfuggire.
Il volto di un ipotetico Sasuke le balena in mente, ma si sfuma ancor prima di comporsi. Come sarà? E’ difficile – anzi, non è per niente possibile – immaginarselo soltanto dalle conversazioni avute. In realtà è difficile persino capire quale sia il suo vero carattere, visto che nascondersi all’ombra di un computer riesce persino ai bambini.
Francamente, lei ha sempre preferito mostrarsi sincera e dare fiducia alle persone, anche se teme che il suo modo di fare possa incastrarla, un giorno. Non tutti sono buoni come lei, nel senso di affidabili.
All’idea di mostrarsi a Sasuke e di scoprire chi è veramente Sasuke ha paura di porre fine alla favola bella che si è creata, di farla scoppiare come una bolla di sapone. Perché per lei Sasuke è stato qualcosa di innovativo e di disponibile. Qualcosa su cui poter contare, su cui fare affidamento per risolvere un problema. Perché Sakura sa che parlandone, a volte, si risolve molto più che agendo.
Sasuke l’ha ascoltata, Sasuke l’ha capita, Sasuke l’ha consigliata.
Nella sua immaginazione, lui è come un diario segreto a cui poter dire tutto, una porta che non rimane mai chiusa se vi bussi. Una appiglio, un’ancora, un amico che, spera, possa pensare lo stesso di lei.
Si sente sempre un po’ sciocca quando pensa certe cose, forse perché le provengono veramente dal cuore e ha paura di mostrarle, di mostrarsi attraverso di loro. Ma non riesce a fermare la fiumana di pensieri che le sovvengono in mente quando si collega a Sasuke.
Ripercorre il loro legame, e ricorda che lo ha conosciuto per caso su un sito che non ricorda nemmeno. Effettivamente, anche se si sforza, le tappe del loro rapporto virtuale le rimangono sconosciute. Come se le fosse successo tutto perché doveva succedere e non perché ha fatto in modo, con le sue scelte, che accadesse.
E si sente, quindi, curiosa e intimorita insieme da Sasuke, conclude. Non vuole che sia diverso da come l’ha vissuto nella sua anima, perché sa che non lo sopporterebbe.
Dalle loro conversazioni, non gli è parso simpatico, ovvero tendente alle battute e alle spiritosaggini.
Però lo sente colto e intelligente. E affidabile, anche, se lo ripete. Sente che si può fidare di lui.
L’ha presa a tal punto questa sua conoscenza che, due mesi prima, quando ha provato una forte stretta allo stomaco dopo non averlo sentito per una settimana di fila, si è sentita quasi in dovere di lasciare il suo ragazzo, come se lo stesse tradendo.
Ha capito che Sasuke non ama parlare di cose personali; sa solamente che ha un fratello, ma non ne conosce nemmeno il nome. Sakura introdusse l’argomento relazioni personali in modo da chiedergli, senza sembrare inopportuna, se fosse fidanzato o meno, ma vi rinunciò, non ritenendosi abbastanza intima per saperlo e domandandosi mille perché sul suo atteggiamento – Perché dovrebbe dirmelo? Perché dovrebbe interessarmi? Perché non mi faccio gli affari miei?
Ino, naturalmente, che crede di sapere sempre tutto, le diede dell’idiota, aggiungendo che, al suo posto, glielo domanderebbe immediatamente. Questo perché, sebbene Sakura nascondesse a tutti il motivo per cui aveva rotto col suo ragazzo, inscenando una lite per gusti troppo diversi, Ino aveva scoperto già la verità – pettegola.  
Sospira, sono ancora le undici e dieci.
«Hai finito il tuo monologo, finalmente?» la riprende Ino, avvicinandosi. Le tocca la spalla in un gesto gentile e amichevole, l’abbraccia alle schiena, e Sakura si rilassa. «Sai come ci rimani se è brutto? Delle sopracciglia enormi o gli occhi strabici… può capitarti di tutto!» continua Ino, ridendo, ma stavolta ride anche lei.
«Non importerebbe granché, Ino. Non è questo che mi interessa. Io… ho paura» le confessa, anche se immagina che sia Ino che Hinata lo abbiano capito bene.
«Quando si hanno delle aspettative è normale avere paura» le dice Ino, convinta, snodandola dalla stretta. «Bisognerebbe saper vivere con più tranquillità questo genere di situazioni, sai?»
Sakura si gira verso di lei a mezzo busto. «Tu ne saresti capace, Ino?»
La bionda scrolla le spalle, in un atto di fragilità e di resa, nascondendo la scorza dura che mostra in ogni occasione, un po’ perché fa parte del suo carattere – l’essere forte – e un po’ perché, se ne rende conto, neanche lei sa far fronte a tutto, come ogni essere umano. «So soltanto che mi aspetterei molto da una persona che mi ha presa così tanto. Che avrei un po’ di paura proprio come te, anche se molta in meno, Frontespaziosa, che starei a fantasticare su di lui in ogni momento. E poi so anche un’altra cosa… che sono felice di non stare al tuo posto» ridacchia, ritornando la stessa Ino di sempre, quella che abbassa le difese solo per mostrarsi più vicina a te. «Che dici, vogliamo avviarci in spiaggia?» le chiede.
Sakura annuisce, abbastanza sollevata, sicuramente più di prima, ma consapevole che l’attanaglio allo stomaco si farà risentire a pochi secondi dalle undici, col costume addosso e la sabbia tra le dita dei piedi.
«E allora non appena la signorina Hyuuga avrà finito di prepararsi per fare conquiste usciamo!» urla Ino, per farsi sentire da un’imbarazzata Hinata che, immediatamente, rassetta quanto deve e si precipita in cucina, con indosso una leggera vestaglia color arancione, decorata da girasoli.
«Sono pronta, scusate il ritardo» mormora in imbarazzo. «I-Ino-chan, ma sei sicura che questo costume vada bene per me?» Alza una spallina della veste per scoprire quella del costume lilla, color dei suoi occhi, rigorosamente due pezzi.
«Ovvio» sbotta la Yamanaka. «C’hai tanta roba buona da mostrare e che fai? La copri con un costume a pezzo unico? Mai più, non voglio vedertene mai più addosso! Chiaro? Bene, adesso sì che possiamo andare» sorride, allegra. «Ah Hinata…» La ragazza si scuote, «è fenomenale come per la tua indecisione su quel fantastico bikini che ti ho regalato tu abbia tardato più di me, che sono sempre l’ultima a prepararmi.»
Hinata arrossisce, ricordando quando si è vista tanto scoperta. Troppo, per i suoi gusti, anche se va al mare.
«Ino ha ragione» esordisce Sakura, pimpante, «ottima mossa, Hinata!»
Scoppiano tutte e tre a ridere, anche Hinata, seppur titubante, seppur di imbarazzo.
Sono proprio fortunata ad avere delle amiche così, pensa Sakura, mentre si incamminano.

 

 
 















 
 
 
 
AlcuneNoteIndispensabili: L’ho pubblicato già ORA in via eccezionale! XD
Anche se il prossimo è pronto dovete aspettare qualche giorno. In questo momento sto scrivendo anche il terzo capitolo! XD
Poi.
Io non so quasi nulla di cucina; ed è un quasi nulla talmente importante che possiamo compararlo a un nulla completo – anche se qualcosa di semplice mi riesce. Inoltre, ne so altrettanto delle colazioni giapponesi. Mi hanno salvato due siti Internet, quindi, eventualmente, in caso di – sicure – imprecisioni, prendetevela con loro. U___U”  (No su, correggetemi o chiudete un occhio, a vostra scelta XD).
La colazione “asa gohan”, come ho detto nel capitolo, è a base di pesce secco, polpo e verdure sottoaceto. I giapponesi – per citare il sito – preferiscono una colazione più “all’inglese/americana”, ossia salata, che “nostrana”. Beh, io ho provato a informarmi, ma non so se va bene così… lo spero! ^///^
Che altro aggiungere… ho amato scrivere questo capitolo, non potete immaginare quanto! *_____* Se da un lato mi sono divertita tantissimo nelle rappresaglie tra Sasuke e Naruto, nell’altro mi sono persa nelle favole mentali di Sakura. Perché, credo, quando conosci una persona via Internet sei sia titubante che curiosa, specialmente se sei affine al suo modo di pensare e di vedere le cose.
Ho tentato di infilare in Sakura tutte queste sensazioni. E’ soprattutto su questo che mi sono concentrata. ♥
Non so quale sia il risultato, ma a me piace davvero. Vorrei che potesse piacervi quel po’ che piace a me. Almeno un po’! ^_____^
Grazie a tutti per aver letto. ♥
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo o ha aggiunto in qualche categoria.
Un bacione!!!
 
 
Dal Secondo Capitolo:
 
Il signore ha fatto presto, ne manca solo uno.
Fortunatamente.
L’uomo domanda qualcosa che l’inserviente non capisce, per cui quello è costretto a ripetere. Poi indica un prodotto – un pacchetto di chewing gum –  e scuote la testa, riferendosi all’altro quando il commesso ancora non ha ben inteso.
Certi incompetenti andrebbero licenziati all’istante.
«Grazie e arrivederci» dice quello davanti a sé, lasciando i soldi al bancone.
Ora è il suo turno, finalmente. Non sa quante volte ha pensato il finalmente. Forse ha davvero troppa poca pazienza, ma… pazienza.
«Una…»
«Una bottiglia d’acqua naturale, per favore.»
Sasuke s’acciglia. E quella da dove è spuntata adesso?

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due[Incontro scontro] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 
 


Capitolo Due
[L’incontro scontro]

 



 
 
 
 

Ha sbagliato, perché ha pensato soltanto a se stessa. Perché si è ostinata a riflettere sul e se non mi piace? e non sul e se io non piaccio a lui?
«Ho sbagliato, ragazze» confessa sottovoce, ed entrambe si girano, «ho pensato solamente a me stessa.»
Hinata le dedica uno sguardo carico d’affetto, percependo e comprendendo la sua tensione, mentre Ino sbuffa, quasi stanca, anche se Sakura sa che non lo fa per cattiveria, né perché non vuole ascoltarla. Semplicemente non capisce del tutto le sue paranoie, ritenendo che le quattro chiacchiere scambiate in cucina siano già state sufficienti.
«E sentiamo» sbotta, sospirando ancora, «cos’è questa nuova trovata?»
Sakura si sente in imbarazzo, le punte delle orecchie le si colorano di rosso dalla vergogna, di certo non per il Sole che picchia; Ino le sta dando della complessata e della paranoica.
«Non sono una paranoica» le rimbecca, risentita. Gli occhi preferiscono vagare ai suoi piedi, posandosi leggeri sui granelli disordinati e bollenti di sabbia. Talvolta si muovono di fianco, intravedendo il mare cristallino.
La voce di Ino, comunque, le sbatte lo stesso contro le orecchie, alta e sicura com’è, come, certe volte, vorrebbe essere anche lei. «Come definiresti una persona che si impegna così tanto per darsi dell’idiota e trovarsi delle colpe che non ha?» le domanda, retorica. «Senza contare che ti stai accusando per difendere un perfetto sconosciuto» la provoca, marcando di proposito perfetto sconosciuto.
Sakura, difatti, apre la bocca, senza emettere suono. Boccheggia e, mai come in quel momento, si sente proprio un pesce fuor d’acqua, fuori posto, rossa in volto e bollente sulla fronte e sulle guance.
«Sasuke non è un perfetto sconosciuto?» le chiede Ino, dandole, piano, delle gomitate al fianco scoperto. «Eh? E’ questo che ti stai dicendo?» sorride maliziosa.
«Io non…»
«Ino-chan» interviene Hinata, frapponendosi tra le due. Afferra il braccio di Sakura e lo avvinghia al suo, tirando un po’ l’amica verso di sé. «Sakura-chan, stai tranquilla.» Le accarezza il braccio con fare quasi materno, continuamente, anche man mano che si muovono verso il luogo dell’incontro per attendere Sasuke. «Che cosa volevi dire prima che Ino-chan ti interrompesse? Sai che puoi parlarcene, e sai meglio di me che Ino-chan fa così perché ha un suo modo di aiutare le persone, ma non è cattiva.»
«Ehi, guardate che ci sento benissimo, visto che non ci separa un qualche continente! Se devi parlare male di me, Frontespaziosa, abbi almeno la decenza di farlo quando mi allontano» sbotta, incrociando le braccia abbronzate al petto e voltando il viso, naso all’insù, fingendosi risentita.
Hinata e Sakura voltano la testa, e risolini spontanei nascono sulle loro labbra.
«E lo stesso vale per te, Hinata» borbotta ancora Ino, «anche se sono sempre stata restia a immaginarti mentre parli male di qualcuno. Mmm… potrebbe essere la prima volta» aggiunge sottovoce, immersa in una dialogo tu per tu con se stessa. Sia Hinata che Sakura sanno che Ino ne uscirà – da quel monologo chiacchierato – a suo tempo.
«Hinata-chan, grazie per l’appoggio» le si mostra riconoscente.
La ragazza le si stringe ancor di più contro, in una manifestazione d’affetto altre volte contenuta – Hinata si imbarazzava spesso anche per queste cose che qualcuno alle loro spalle riteneva ordinaria amministrazione. «Sono tua amica sempre, Sakura-chan, ed è questo che fanno le amiche.»
«Che fate, non vi invitate in un abbraccio di gruppo?» Eccola ripresasi, ed eccola cingere loro le spalle con foga, un braccio intorno al collo di Sakura e l’altro intorno a quello di Hinata. E ride forte, Ino, di una risata contagiosa e da bambina e subito le altre due ragazze la imitano.
«Ma non è che hai paura che sia gay e non ti voglia, Frontespaziosa?»
La risata ancora viva dell’interpellata di spegne gradualmente e con quel po’ di imbarazzo giusto. Assomiglia a un cd-rom bloccato, che ripete, prima di spegnersi definitivamente, quelle ultime stesse note per quattro o cinque volte. Ebbene, Sakura è diventata un costante eh eh eh di disperazione. 
«Non so come reagirei se fosse così» confessa. «Non… le mie… insomma, ragazze, io non mi aspetto chissà che…»
«A parte che Sasuke arrivi con un cavallo bianco, ti porti via da noi e ve la possiate spassare per bene per tutta la vostra vita, fino a generare una famiglia di tanti bei figlioli» commenta Ino, ricevendo un’ammonizione silenziosa da Hinata.
Sakura ormai ha capito di doverla lasciar perdere. Perché Ino è una buona amica, anzi, una buonissima amica, ma manca di tatto e, soprattutto, inutile che lo neghi, ci gode a rendere i problemi altrui cento volte più incasinati di quanto già lo siano.
«Voglio soltanto conoscerlo meglio» ricomincia, allora, «però, se potessimo continuare a sentirci non mi dispiacerebbe. Ed è inutile che ridacchi, oca! E’ così e basta!»
«Sai qual è il problema, Sakura-chan? Che sei molto confusa, tanto che forse non sai nemmeno tu cosa vuoi, non ti capisci» le spiega dolcemente Hinata, sempre attenta ai bisogni dei suoi amici. «Ma sai, forse è inutile che ti fossilizzi a pensarci proprio adesso. Ti senti intimorita perché vai contro a qualcuno di ignoto, che non conosci e che non puoi associare a nessuna immagine. Vedrai, ti sentirai già meglio quando lo incontrerai e comincerai a parlare con lui.»
«Che alla fine è quello che ho detto anch’io» mormora Ino, borbottando alle loro spalle, mentre Sakura ringrazia sentitamente Hinata. «Sei tu che non capisci quando ti parlo, io non ho colpa. Sturati le orecchie. E, mi raccomando, in caso che Sasuke sia un pazzo omicida, un maniaco o semplicemente una persona inaffidabile, non contate sui miei ganci destri! Ma poi… alla fine te lo immagini moro o biondo? Non c’hai detto nulla a riguardo!»
Inutile. Quando Ino comincia a ciarlare per ottenere attenzioni, alla fine o vince lei o non la smette più.

 
 
 

*

 
 
 

Spiaggia Miyako, al bar. Sasuke non si vede più.
«Accidenti a lui! Ma dove si è cacciato quel teme?»
Si è immerso tra la folla di quell’ora al bar, per comprare Naruto non sa nemmeno che cosa o perché. Hanno già fatto colazione – ricorda –, perciò perché infilarsi tra la fila chilometrica che c’è sempre alla cassa in quel periodo e venirne inghiottito?
Naruto, seduto a uno dei tavolini rotondi e rossi fiammeggianti, alza la testa fin quando sa che è possibile farlo senza staccarla dal resto del corpo. Alzarsi non se ne parla, sia perché perderebbero il posto e sia perché fa troppo caldo per qualunque cosa.
Uffa, è proprio sparito, conclude avvilito, dopo che non lo ha scorto neanche con l’ausilio delle mani – che ha piantato saldamente sul tavolino, dandosi così una spinta in più verso l’alto e guadagnando la vista di qualche testa in più in attesa.
Ma se c’è tutto questo caos come la trovo questa Sakura che non so nemmeno come sia?Accidenti!
Gli piomba addosso, come la secchiata d’acqua gelida che desidererebbe, la convinzione che è stato un babbeo a non domandare a Sasuke come fosse Sakura d’aspetto. Meriterebbe il cappellino a punta con su scritto asino, lo sa, lo sa.
Non vede molte alternative: inizialmente pensava che, giunto al bar, una volta vista Sakura l’avrebbe riconosciuta perché, di certo, non era sola e poi si sarebbe guardata intorno, alla ricerca di qualcuno, di loro, di Sasuke. Invece adesso comprende che non è possibile realizzare il suo piano in quel modo, secondo quelle direttive; deve per forza armarsi per altro, per forza. E subitissimo.
Potrebbe: aspettare i dieci minuti che restano prima dello scoccare delle dodici – sta consumando l’orologio al polso regalatogli da suo padre a furia di fissarlo con intensità – e poi alzarsi in piedi sul tavolo, molto teatralmente, e reclamare, con tanto di colpo di tosse, il fantomatico attimo di attenzione, gridando a gran voce il nome di Sakura.
Possibilità di successo: basse, considerando che, insomma, chi lo ascolterebbe? Anche se urlasse, e anche se Sakura lo sentisse, sicuramente lo scambierebbe per Sasuke. Non che ci fosse niente di male in lui, ma ecco… poi finirebbe di certo per innamorarsi di lui, Naruto ne è sicuro. E non è quello che vuole.
Quindi. Potrebbe numero due: alzarsi dalla sedia su cui si è stravaccato a pensare, abbandonare la vista dei tovagliolini messi al centro e andare a stanare il teme, chiedendogli le informazioni che gli occorrono, senza farsi scappare di aver propinato e combinato un appuntamento a sua insaputa, che lo vede come protagonista. In effetti Naruto non ha pensato alle conseguenze del suo gesto, ma possiede delle gambe veloci per scappare quanto più lontano possibile e un tono sufficientemente dolce – e lagnoso, secondo altri – per riuscire a convincere Sasuke a lasciarlo in vita e a non rivolgersi a Fugaku-san.
Comunque, ci penserà dopo.
Possibilità di successo numero due: alte, lo sarebbero se Naruto riuscisse a intrufolarsi tra quell’agglomerato di corpi in attesa del loro turno e a raggiungere Sasuke prima di morire asfissiato o schiacciato. La morte prematura non è mai stata un suo desiderio nel cassetto, perciò meglio evitare. Se riuscisse a rintracciare la chioma particolare del suo amico, però, e a farsi udire per domandare quanto deve senza avvicinarglisi troppo, ce la farebbe di certo. Anche se immagina Sasuke quanto debba essere nervoso, in quel momento, visto il caldo, visto i corpi, visto che le occhiate divoratrici delle ragazze che starà ricevendo.
Rettifica delle possibilità di successo: medio/basse.
Perciò. Potrebbe numero tre: sperare che Sakura, come quasi tutte le ragazze con cui ha avuto a che fare nella sua giovane vita, sia una ritardataria cronica, e che quindi non sia ancora arrivata all’appuntamento. Uscire fuori, individuare – spera – un – solo – gruppo di ragazzine in cerca di lui e avvicinarle, chiedendo chi sia Sakura.
Il che implica abbandonare il teme, aspettarsi le fantomatiche onde negative alla Fugaku quando lo ritroverà fuori e prepararsi al peggio. In alternativa, mettergli davanti Sakura e difendersi con “visto, ti ho portato Sakura!
Possibilità di successo: molto alte. Tutti i punti a sfavore che ha nominato possono essere aggirati e/o evitati.
Perciò si alza, dirigendosi fuori a grandi passi. Perché mancano solamente cinque minuti e non può perdere tempo ad aspettare il teme e le sue – lo sa, ora lo ha capito – bottigliette d’acqua fredda.
Si lancia uno sguardo alle spalle, prima. Speriamo che una di queste… eh, chissà quante ne sono… ragazze non sia Sakura!
 

 
 

*

 
 
 

Sasuke odia molte cose, chi lo conosce anche solo vagamente lo ha capito. Itachi gli dice che basta guardarlo in volto per capirlo, come se lo facesse apposta a rendersi antipatico agli altri per non farli azzeccare.
Tra queste, detesta assolutamente le file chilometriche, soprattutto se ha bisogno di comprare soltanto una bottiglietta d’acqua, quella che ha chiesto al dobe – e a chi, sennò? – di prendere dal frigo. Visto che la sfiga gli corre dietro – evidentemente –, il distributore che nota incastrato in angolo è vuoto.
Ci sono molti dobe che si dimenticano le bevande a casa, conclude.
Spazientito, stanco di tamburellare col dito sul braccio e di indossare la solita maschera di cliente paziente – che, sarà per il caldo, sarà per l’attesa, si è sciolta, e la sente colare sul suo viso –, si alza sulle punte e volta il capo prima a destra e poi a sinistra, per contare il numero di persone che dovranno essere servite e accontentate prima di lui.
Ne mancano tre. Ancora.
Ma cos’è, un ufficio postale? Un ufficio informazioni? Una segreteria scolastica universitaria? E’ un bar, per la miseria, un normalissimo bar in una delle spiagge più famose delle isole Sakishima, diamine, perché c’è tanta coda? E perché il dobe ha scelto proprio questo bar, questo preciso pezzo di spiaggia e questa giornata rovente più delle altre? E, poi, ancora, perché la signora che sta venendo servita adesso ordina sempre una cosa nuova prima di pagare? E tutto quel chiasso è necessario?
Ripete: ci sono molti dobe, in circolazione.
Si accorge che le relazioni sociali non gli competono. Non è in grado di rapportarsi nel modo giusto con gli altri, e un po’ lo preoccupa – ma nemmeno poi tanto – che non ci voglia nemmeno provare col necessario impegno. Eppure per Naruto è così semplice farlo.
Le uniche persone che sopporta sono Itachi, il resto della sua famiglia – e nemmeno sempre, ma crede sia normale alla sua età – e, lo include sì, il dobe, ma non sempre, neanche lui. Segue una ristretta cerchia di individui che gli sono indifferenti, tra cui compagni di classe vagamente sopportabili.
Esclude, includendoli tra gli impossibili da reggere, i commessi pettegoli, i maleducati che, improvvisando commissioni urgenti il più delle volte finte, tentano di rubarti il posto in coda – ottenendo un suo no, aspetti come tutti gli altri, in risposta –, e la gente che non si interessa ai propri affari, preferendo impicciarsi dei suoi.
La signora avanti, adesso non riesce a trovare il resto giusto. Fruga in tasca, nel portafogli, in un’altra tasca, e la pazienza di Sasuke è messa ancora più alla prova.
Si chiede perché non c’abbia mandato il dobe a questa tortura, e si ritrova a comparare una coda senza fine o le chiacchiere senza fine di Naruto, tra lamentele e tra vacci tu, che l’acqua serve a te.
Le discussioni lo sfiancano, lo stare in piedi immobile lo sfianca.
Decidere è difficile, ma davvero.
Alleluia, finalmente se ne è andata. Finalmente manca poco.
Sasuke approfitta del poco spazio che ha disposizione per poggiarsi il braccio – stanco di fare il peso morto – sul fianco. Anziché il dito, stavolta è il piede a muoversi.
Sasuke vorrebbe, tra le tante cose che si ritrova a invidiare silenziosamente a suo fratello, possedere la sua infinita pazienza. Mai una lamentela, sempre sorrisi dolci e comprensivi che lui non riesce a capire. Bah, dovrebbe essersi abituato ai modi strani che Itachi mostra spesso. Sa che se gli raccontasse, quando torna, – tra una settimana lo raggiungerà in vacanza – di come si è sentito intrappolato in coda, gli sorriderebbe affabile e gli direbbe che è uno sciocco e che non sopporta nemmeno i respiri altrui, poi poggerebbe il solito dito sulla fronte. Ancora. E davanti a Naruto, senza preoccuparsi che quella loro abitudine da bambini fosse vista da altri.
Prima o poi gli parlerà, spiegandogli che non sopporta più quelle attenzioni così pressanti, ma per ora è meglio lasciar stare.
Il signore ha fatto presto, ne manca solo uno.
Fortunatamente.
L’uomo domanda qualcosa che l’inserviente non capisce, per cui quello è costretto a ripetere. Poi indica un prodotto – un pacchetto di chewing gum –  e scuote la testa, riferendosi all’altro quando il commesso ancora non ha ben inteso.
Certi incompetenti andrebbero licenziati all’istante.
«Grazie e arrivederci» dice quello davanti a sé, lasciando i soldi al bancone.
Ora è il suo turno, finalmente. Non sa quante volte ha pensato il finalmente. Forse ha davvero troppa poca pazienza, ma… pazienza.
«Una…»
«Una bottiglia d’acqua naturale, per favore.»
Sasuke s’acciglia. E quella da dove è spuntata adesso?
Non vuole fare questione, non davanti ad altri che potrebbero ritenerlo bambino, ma, in quanto figlio di un poliziotto, sente di possedere un senso d giustizia superiore ad altri – studierà giurisprudenza per un motivo, poi – e di doverlo attivare davanti a tali… ingiustizie.
«Signorina, c’ero prima io» le fa notare, tentando di mostrarsi gentile. Non ci riesce, perché la nota di stizza è ben udibile, ma non si stupisce. Si preoccuperebbe del contrario, al massimo.
La ragazza lo guarda con aria sorpresa. Finge forse di non essersene accorta? Sasuke ne conosce troppi di questi furboni, non ci casca. Si aspetta un mi spiace, ma non ne sarà persuaso.
«Si sbaglia» gli dice invece lei, «sono certa che ci fossi prima io.»
Ha una faccia tosta, nega l’evidenza. Sta in coda da quando? Una buona mezz’ora che è parsa soltanto mezza eternità? E quella pretende che se ne stia zitto?
«E poi si tratta di qualche secondo» gli dice ancora, nervosetta.
Al che, Sasuke si decide a rispondere: «Non è il problema di qualche secondo.» Perché è davvero di qualche istante che si tratta, visto che la ragazzina ha già preso la sua acqua e ha già pagato. Sasuke si avvicina alla commessa, mentre quella rimane lì di fianco a lui, come se volesse proprio litigare. «Una bottiglia d’acqua naturale» ordina, lasciando già i soldi sul bancone. «Il problema» riprende, rivolgendosi ancora alla ragazza e afferrando la bottiglia d’acqua, «sta nella maleducazione delle persone.»
«Sai, non potrei essere più d’accordo di così» gli sorride.
«Me ne compiaccio.»
«Soltanto, non sono io la maleducata, non ci pensare» sospira profondamente, e Sasuke la guarda storto. «Ah, non esistono più i galantuomini di una volta!»
«Tutto è in continua evoluzione. Se è per questo, non esistono più nemmeno le donne spudorate e cortesi» borbotta Sasuke.
«Mi stai dando della spudorata? Ma come ti permetti?»
Lui alza le spalle, districandosi tra la folla che ha trovato anche nel percorso a ritroso. Ma perché quella lo sta seguendo, che vuole? Meglio per lei che se ne vada. «Non mi piace ripetermi. E ora è meglio se vai via, mi stai irritando.»
La ragazza sbuffa, gli scaglia contro un’occhiata truce. E’ già nervosa per gli affari suoi, non può certo mettersi a confabulare con una ciminiera ambulante. E’… semplicemente odioso.
«Bene, allora ciao» lo saluta, acida.
Mentre si incammina all’esterno di quel locale di pazzi, getta prima un’occhiata al ragazzo sconosciuto che pare cercare una persona, visto che si gira intorno senza sosta, e l’orologio: è ora.
Spera proprio che Sasuke non sia come quel tipo lì.

 
 
 

*

 
 
 

Nel frattempo Naruto si è liberato dal calore del bar per gettarsi sotto quello della spiaggia e del sole di mezzogiorno, a picco.
Anche la spiaggia è molto affollata, ma non importa, lui riuscirà a trovare Sakura. Anche perché, riflettendoci, ormai non ha più scelta, visto che avrà sicuramente fatto arrabbiare il teme, sparendo così su due piedi. Un bell’incontro può risollevare la giornata.
Vede bambini che giocano a pallone o a ping pong – vorrebbe fare una partita anche lui… – e famiglie felici. Intravede anche dei gruppetti di ragazze e ragazzi, misti, che ridacchiano insieme, ma la loro lontananza dal bar gli impedisce di etichettarli come amici di Sakura.
La voce che sente all’improvviso è un indizio più che valido.
«Ah, ma quando ci mette? Sono stanca di aspettare!» dice la voce.
Naruto si volta e la vede. E’ bionda, ha gli occhi assottigliati e le braccia al petto. Al suo fianco, una ragazza dai lunghi capelli corvini e vagamente a disagio per le occhiate che alcuni ragazze le dedicano. «Pazienta, dai, non tarderà molto. Anche perché è ora» dice lei, dolcemente.
Bingo, bingo!
«Salve ragazze!» saluta, avvicinandosi affidabile. E’ sicuro che siano loro. Quella Sakura, poi, assomiglia parecchio, per carattere, a Sasuke. Si troveranno proprio bene insieme, ne è certo.
«E tu sei…?» domanda la bionda, aspettandosi la risposta che Naruto le darà.
Naruto ride, carinissimo e affidabile. «Sono la persona che state cercando, presumo! Piacere, io son-»
«Ma allora tu sei Sasuke!» sbotta la bionda, abbracciandolo di slancio.
Il ragazzo arrossisce di botto, non si aspettava una simile reazione, né un fraintendimento del genere. Si divincola, prova a liberarsi dall’abbraccio a polipo – la mente ritorna al polpo che ha mangiato in mattinata. Che fosse una vendetta?
«Sei veramente carino, Sasuke!» lo anticipa lei, prima che possa spiegarsi e chiarirsi. «Molto meglio di quello che mi aspettassi! Poi sei biondo, occhi azzurri, alto, slanciato, e tanti belli aggettivi che ti si addicono! Non potevo immaginare di meglio!» Stacca la stretta, così che Naruto possa sentire di nuovo le ossa, ma le mani rimangono comunque ancorate sulle sue spalle. Lo scuote. «Sì, direi che rosa e biondo stanno bene insieme! Vero, Hinata-chan?»
L’altra ragazza annuisce timidamente.
«No, aspetta, c’è un equivoco» tenta di spiegarsi Naruto, sorpreso nell’aver trovato una persona loquace quanto lui. E’ felice di aver assuefatto le orecchie di Sasuke al suo parlottare, così non troverà difficoltà con l’irruenza di Sakura.
Lei, intanto, non da molto peso alle sue parole; forse non le ha nemmeno sentite. Lo afferra per il mento, stavolta, e lo gira da più parti. «E noi che ci aspettavamo occhi strabici, sopracciglia enormi e naso abnorme! Sei perfetto, Sasuke-kun! Posso chiamarti Sasuke-kun?»
«Ino-chan, lascialo parlare, per favore» propone sottovoce Hinata, imbarazzata del tutto.
«Vedrai, Sasuke-kun, ti piacerà la nostra Frontespaziosa, meglio conosciuta co-»
«Ma io non sono Sasuke.»
«… me Sakura…»
Naruto strabuzza gli occhi alla notizia, e la ragazza fa lo stesso. Gli pare di starsi specchiando, se non fosse per i lineamenti – dell’altra – naturalmente femminili.
In quanto a espressione sono due gemelli.
«Ma quindi tu non sei Sasuke-kun!»
«Ma quindi tu non sei Sakura-chan!»
Dicono insieme.
«C’è stato un errore» riassume Hinata per tutti, facendosi piccola piccola.
Naruto, inizialmente sotto shock, si riprende per primo. Porge entrambe le mani, una alla ragazza bionda ed espansiva e l’altra a quella timida – è conveniente, si risparmia fatica e forze. «Beh, non sono Sasuke, ma piacere lo stesso! Mi chiamo Naruto Namikaze!» si presenta allegro.
«Ino, Hinata, finalmente ce l’ho fatta a uscire di lì.»
Una ragazza dai capelli rosa entra in scena, affiancandosi alle due tipe che stanno stringendo le mani a Naruto. Guarda la scena con divertimento profondo.
«Vedo che avete fatto conoscenza» sorride la nuova arrivata, inclinando la testa di lato e mostrando i denti bianchi e dritti. «A vista mi pare che siate state più fortunate di me. Non potete immaginare con che scorbutico ho avuto a che fare lì dent-»
«Dobe, che cavolo stai facendo, ti ho cercato ovunque!»
I volti di tutti i presenti si voltano verso Sasuke.
«Che bonazzo che è quello» afferma Ino, apprezzando la visione che ha davanti.
«Shikamaru-kun non sarebbe d’accordo, Ino-chan.» La sentenza bisbigliata di Hinata.
«Scusami teme, poi ti spiego» ridacchia invece Naruto, grattandosi la testa. «Ah, ragazze, comunque è lui Sasuke!»
Ino vorrebbe ridere per l’apprezzamento che ha appena fatto sul fisico della nuova e possente fiamma di Sakura, ma si trattiene alla vista degli occhi della sua migliore amica che si spalancano. La stessa si volta alle spalle e fissa il ragazzo.
«Sa-sasuke?»
Sasuke alza le sopracciglia. «Ancora tu?»
Chi è quella ragazza e perché pare conoscerlo? Fissa Naruto, ha uno sguardo supplice di pietà sul viso, misto a un sorrisone smagliante. Dovrà dargli molte spiegazioni, quel dobe.
Già.

 

 
 
















 

Salve! *--------*
Sono reduce dal mio primo giorno universitario e, come credo sia accaduto a tutti coloro che si sono imbattuti in una nuova realtà, mi sento alquanto scossa. L’unica cosa che mi rimette un po’ in sana salute è la fanfiction. Questa fanfiction, che io sto cominciando ad amare. <3
Non abituatevi troppo a questa velocità negli aggiornamenti! XD E’ che c’ho già i capitoli pronti! XD Anche il prossimo è già pronto e revisionato, mentre quell’altro dopo l’ho cominciato. Adesso vedrò un po’ di adeguarmi coi ritmi universitari e di proporvi degli aggiornamenti sempre decenti! ^_____^
Al massimo – spero – vi farò attendere una settimana. Anche questo volevo pubblicarlo tra un paio di giorno, ma mi sa che il 10 il fandom sarà pieno di belle fanfiction per il compleanno di Naruto-chan, quindi mi sono anticipata! Cx
Spero che non vi dispiaccia! :D
Le visite che vedo per i capitoli mi lasciano abbastanza soddisfatta, e ve ne ringrazio.
Voglio ringraziare anche le persone che hanno aggiunto tra le preferite (4), ricordate (2) e seguite (20). E anche chi ha commentato o solo letto! Non sapete quanta gioia può dare anche un solo numeretto in più in quelle recensioni, per cui, se potete, ditemi la vostra! ;)
Vi lascio, come sempre, un piccolo anticipo del prossimo capitolo, e frattanto che voi leggete, io vado a rispondere alle vostre splendidissime recensioni. <3
 
 
Dal Capitolo Tre:
 
Quando le aspettative si infrangono a colpi di martello, l’animo viene sempre scosso in peggio. Sakura si paragona a una monetina lasciata cadere a terra dalla sorte, che gira e gira e gira ancora, speranzosa, producendo quel suono cristallino e acuto che dà speranza; poi, quando infine tonfa a terra, smettendola di roteare all’impazzata, terminano tutte le illusioni fatte.
Sakura sa che più ci si aspetta e meno si riceve.

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre [Pensandoci vicendevolmente] ***


Dubbi, molti dubbi su questo capitolo.
E ho avuto moltissima paura nel pubblicarlo, come non mi capitava da… dal 14 Settembre del 2010, quando ho pubblicato la mia prima oneshot.

 
 

 



Hot Mail - Naruto Namikaze in missione speciale





Capitolo Tre
[Pensandoci vicendevolmente]

 
 
 



 

Sasuke si massaggia gli occhi, frastornato.
La situazione che gli si è presentata davanti rasenta l’assurdo, anche se in fondo dovrebbe averci fatto l’abitudine, conoscendo Naruto da anni. E’ perfettamente consapevole di quanti danni possa fare e in che proporzione, ma non ci si assuefa mai. Ogni giorno c’è qualcosa di nuovo. Peccato che lui non abbia mai desiderato di passeggiare a braccetto con le sorprese e con le novità.
«Dobe, che significa questa storia?» domanda per la seconda volta, avendo ricevuto, a prima istanza, soltanto il silenzio e qualche monosillabo indecifrabile.
«Calmati, teme, ti posso spiegare. Giuro che ti posso spiegare…» mormora lui flebilmente, lasciandosi guidare dall’istinto che gli suggerisce di alzare le mani verso l’alto, in modo che, oltre al suo tono, anche i suoi gesti possano comunicare a Sasuke che non voleva che le cose andassero in quel modo.
«Perché non parli, allora? Ti sto ascoltando.»
«Scusate, nemmeno io ci sto più capendo nulla» s’intromette sfacciatamente Ino, che frattanto, imitata da Hinata, ha raggiunto Sakura e le ha poggiato le dita sulle spalle ancora scosse, «potreste spiegarci?»
Sasuke la liquida con un’occhiata secca, poco propenso alle chiacchiere che non corrispondano alla voce “spiegazioni”. «L’unica cosa che so» dice, riferito più a Naruto, in attesa che gli fornisca i chiarimenti desiderati, che alla ragazza bionda, «è che questo idiota ne ha combinata un’altra delle sue. Ricordami non di non portarti più in vacanza con me» gli intima, piuttosto scocciato.
«Non fare l’esager-»
«Ragazze, per favore, andiamo via.» La voce di Sakura è spezzata, rotta, disillusa. La ragazza stringe con le unghie il polso di Hinata, incapace di rivolgere gli occhi a ciò che differisce dalla sabbia che, poco più in là, viene oscurata dalle mattonelle bianche e polverose del bar in cui ha rovinato la sua giornata.
Per una cazzata.
«Sakura, ne sei sicura?» le fa Ino; e, lo sanno entrambe, quando le si rivolge seriamente, col tono esente da malizia o senza utilizzare il nomignolo Frontespaziosa, allora è proprio seria. «Non so cosa sia successo, ma non credo sia nulla di irreparabile» le bisbiglia all’orecchio, guardando in tralice sia Naruto che Sasuke, simili a statue di sale, come se cercassero di rendersi partecipi dell’ascolto.
Sakura scuote la testa con forza, convinta, incapace di capirsi.
Scema, scema, scema.
«Sono una stupida» mormora, «una stupida totale.»
Ino si limita a uno sguardo d’intesa con Hinata che dura pochi attimi. Si affianca a Sakura, abbracciandole la schiena col braccio, e si incammina verso il loro albergo. Prima, però, si volta verso i ragazzi; non sa cosa dire perché non capisce cosa sia successo. Ma non può far cadere la questione così.
«Scusatela» improvvisa con un’alzata di spalle imbarazzata, «spero di rivedervi.» Frase di circostanza, perché del resto li conosce a malapena, ne sa soltanto il nome.
Presto sotto lo sguardo attonito e dispiaciuto di Naruto e alla presenza dell’espressione incredula e costantemente fredda di Sasuke, rimangono soltanto le orme dei piedi che le tre ragazze hanno lasciato sulla spiaggia.
Nessuno dei due parla, e il vociferare intorno a loro, che hanno ignorato per tutto il tempo in cui il dispiacere della ragazza a testa bassa è stato l’unico suono udibile, adesso perfora i timpani e scoccia.
«Ma si può sapere che cosa hai fatto, teme, per farla andare via così?» sbotta d’un tratto Naruto, tra l’incuriosito e l’arrabbiato. Non vuole ergersi a difesa di una semisconosciuta, ma conosce i modi di fare del suo migliore amico, che talvolta esagera senza nemmeno rendersene conto. Inoltre, ha sempre ostentato una certa predisposizione per il soccorso di chi gli pare indifeso. «Guarda» riprende, prima che Sasuke possa aprir bocca e difendersi, «che sono io a essere abituato ai tuoi modi barbari, perciò con gli altri cerca di contenerti!»
«Senti dobe, vuoi finirla di vaneggiare? Mi stai irritando» prorompe a denti stretti. «Se vuoi sapere come la penso, io non c’ho capito un tubo di quello che hai combinato. E che c’entra quella ragazza, poi?»
Perché mi ha guardato con gli occhi di chi mi conosce, quando ha saputo il mio nome? E perché ho sentito il rumore di qualcosa che si infrange al suolo e si frantuma in schegge impossibili da ricomporre?
Sasuke attende una risposta che non vuole saperne di uscire dalle labbra apparentemente serrate del suo amico. Si domanda molti perché confusi a cui non sa o forse non può rispondere. Gli sta sfuggendo qualcosa di mano, se la sente scivolare addosso anche se non avesse ben compreso.
«L’hai vista anche tu quella ragazza lì, no? Quella coi capelli rosa» gli fa Naruto, vago, un po’ in colpa, e lui non ha neanche bisogno di annuire. «Quella era Sakura.»
Quale Sakura?
QuellaSakura?
Gli punge il petto a rivederla con le braccia in tremore e le guance pallide, che ha intravisto attraverso i ciuffi di capelli rosa che la coprivano. Non immaginava che il loro primo incontro fosse di quel tipo.
Solitamente, Sasuke evitava di corrispondere online. Preferiva fissare in faccia, negli occhi e fin dentro la persona con cui colloquiava. Itachi gli diceva che nel profondo dello sguardo si nascondono le anime delle persone, che non sempre sono conformi al corpo.
Forse per questo, o probabilmente perché riesce a fidarsi a malapena di chi conosce, figurarsi di un perfetto sconosciuto che potrebbe crearsi tutto un suo finto personaggio dietro la protezione di uno schermo, che non gradisce i rapporti a distanza.
E invece con lei è stato diverso.
«Che ci faceva Sakura qui?» domanda mormorando, senza rabbia nella voce. Ha già capito tutto, non ha bisogno nemmeno di una conferma. Però, stupidamente, vuole comunque sentirselo dire.
Naruto non è idiota, Naruto capisce molto più di tutti gli altri messi insieme, quando Sasuke si chiude in se stesso. Vivere Sasuke è l’unico modo per comprenderlo ma, essendo complicato entrare nella sua ottica e nel suo modo di affrontare le situazione più disparati, i più preferiscono ignorarlo, catalogandolo solo come colui che ha i soldi, e come tutti coloro che hanno i soldi è uno spocchioso antipatico, che non sa godersi la vita sebbene abbia ogni cosa possa desiderare.
E pur non conoscendo i dettagli, Naruto Namikaze è sicurissimo che il suo migliore amico stia provando una sensazione affine al senso di colpa; glielo vede negli occhi. Perché, se vuoi accedervi, gli occhi di Sasuke sono due finestre che s’aprono sul suo mondo.
«Ho pensato a tutto io» gli confessa senza troppi giri di parole, visto che lui sa scherzare quando si scherza e contenersi quando è la serietà che ci vuole. «Volevo farti una sorpresa, vedila così.»
Sasuke appoggia le mani ai fianchi. Non fosse in costume, le metterebbe in tasca, per nasconderle. «Non ti crucciare troppo, ora, dobe» gli intima, serio – ed è la serietà mascherata in freddezza che frega Sasuke, che mostra il Sasuke Uchiha sotto la maschera –, «Non ha importanza, hai fatto soltanto un’altra delle tue stupidaggini.»
«Guarda che non è la fine del mondo, teme. Puoi sempre andare a parlarle» gli consiglia, solare come suo solito, accompagnandosi con una pacca amichevole sulla spalla già un po’ arrossata. Sasuke sussulta al tocco. «Sai com’è… è scioccante incontrarti per la prima volta. Non ti ricordi all’asilo?» sogghigna, nascondendo il sorriso smagliante dietro la spalla della’amico. «Mi sembra di averti già raccontato che dicevo agli altri delle tue presunte aure negative!»
Sasuke mostra soltanto un breve e mesto sorriso. «Sei sempre il solito imbecille, dobe» gli ricorda, perché rimembrarglielo non fa mai male, sia mai se ne scordasse.
«E quindi ci andiamo?»
«No, dobe.»
«Che cosa significa no
«Significa che mi sono scocciato di stare qui al Sole a ustionarmi e che l’unico luogo dove adesso andremo sarà casa mia» borbotta, stiracchiandosi le ossa e partendo in quarta, a passi lunghi e veloci. L’altro subito gli si precipita dietro.
«Ehi teme, teme! Aspettami!» Uffa, maledetto Sasuke! «Ti sono già passati i tuoi rari cinque minuti di buonsenso?» gli domanda, dopo averlo affiancato. Ottiene silenzio, a meno che i passi frettolosi e il rumore dei piedi che affondano nella sabbia che bolle non siano risposte. «Almeno raccontami che cavolo hai combinato in quel bar?»
«A parte mettermi in fila e attendere, attendere e attendere ancora?» domanda nervoso; il solo ricordo della coda senza fine che ha dovuto sopportare riesce a irritarlo ancora di più.
«Suvvia, andiamo!» esclama esasperato. Qualche volto si gira verso di loro – stanno risultando patetici, visto che pare si inseguano? Forse, probabile; Sasuke non se ne importa, Naruto sorride agitato agli occhi fin troppo curiosi. Di conseguenza, abbassa la voce. «Non fare lo stupido e raccontami come hai incontrato Sakura» gli ripropone, stavolta direttamente e senza urlare. «Già che ci sei potresti anche voltarti, così evito di parlare con le tue spalle.»
Sasuke sbuffa e non accetta il consiglio. «Le ho solo dato della maleducata» risponde invece.
«Della maleducata?»
«Sei diventato sordo, dobe?»
Naruto sorvola, lo preferisce. La bocca di Sasuke avverte che il suo proprietario è nervoso, per cui comincia a sputare fuori le prime quattro chiacchiere a vanvera che le sovvengono, e lui lo sa. «Ma… ma perché lo hai fatto? Non vedi? E’ così carina! Avrei potuto capire il contrario, al massimo…»
«Ora taci, dobe. Te l’ho spiegato ma non hai capito nulla. Come al solito.»
«Ma non mi hai detto nulla, invece!»
«Ho detto taci» gli ricordò Sasuke.
«Sì, per-»
«Taci.»
Che antipatico del cavolo!
Intanto sono giunti a casa. Sasuke non perde un istante e gira velocemente la chiave nella serratura, facendola scattare dopo due giri. Entra e dopo tre secondi è già stravaccato sul divano a guardare la televisione, la testa sotto al braccio disteso.
«Senti, me lo dici tu quando hai intenzione di conversare civilmente» gli brontola Naruto, prima di lanciarsi a capofitto sul letto di camera sua.
Sasuke è strano, a prescindere da ciò che è o non è successo; glielo legge sul volto che vorrebbe chiarirsi e scusarsi, magari raccontare che si innervosisce per nulla – perché ci sono molte cose che Naruto sa, e tra queste una è che Sasuke dentro di sé riconosce di esagerare, ma non riesce a estrinsecarlo –, che si spiace di averle fatto del male, inconsciamente.  Eppure lui che fa? Non vuole neanche andare a trovarla, preferendo chiudersi in se stesso a rimuginare e a rimuginare come un settant’enne, prima di decidere, eventualmente, se agire o no. Naruto sa che, per Sasuke, preferirebbe di gran lunga che fosse Sakura ad andare da lui e a scusarsi.
Purtroppo, ognuno nasce con uno o più difetti e, tra i tanti, Sasuke spicca per caparbietà e testardaggine. E un orgoglio oltre misura, che neanche sommando tutti gli orgogli delle persone orgogliose ci sia arriva.
Forse potrebbe andare lui da Sakura.
Sì, senza sapere nemmeno dove cercarla…e poi è meglio lasciare che il teme si convinca da sé. Non voglio immischiarmi oltre, si dice.
Ma ce la farà?

 
 
 

*

 
 
 

Sakura piange e si sente una bambina stupida, anziché una ragazza di sedici anni.
Frigna come nei film di animazione quando le sconfitte tengono i fazzoletti tra i denti e singhiozzano forte. E non sa perché; o meglio, lo sa ma lo ritiene troppo idiota per poter dire che è proprio quello.
Intanto Hinata non ha staccato il palmo della mano dalla sua schiena, strofinandola in continuazione dandole lo stesso sollievo di una crema solare dopo un’insolazione.
Ma non basta, perché lei è fin troppo stupida.
«Avrà pensato che sono una cretina, immagino» singhiozza, da vera deficiente quale si sente. «Voi che pensereste davanti a una pagliacciata del genere? Ci siamo soltanto scontrati per una cazzata colossale, una stupidaggine! Avrei potuto chiarire l’equivoco, avrei potuto… non lo so! Agire in modo diverso da come ho fatto» tira fuori tutto d’un fiato. Si soffia il naso, desiderando di affondare nel fazzoletto bianco che ha tra le dita.
«Sakura-chan,» Hinata passa dal massaggiare la schiena a toccarle la spalla, «non essere così dura con te stessa. Non puoi ipotizzare cos’abbia pensato, non è detto che si sia fatto un’idea sbagliata di te» continua, provando a tirarle su il morale.
«Non è questo che mi fa star male così. Odio mostrarmi come qualcuna che non sono, non lo reggo.»
Ino ha ascoltato ogni minima parola in silenzio. Siede a terra, con le gambe incrociate e i gomiti sulle ginocchia. «Frontespaziosa, asciugati subito quelle lacrime da coccodrillo e smuoviti da là sopra» la rimprovera senza gridare eccessivamente. «Dici che non sopporti se ti mostri come qualcuna che non sei? Ebbene, tu non sei così frignona, perciò finiscila! Lo sei stata fino all’età avanzata di dieci anni, poi, grazie al mio prezioso intervento, hai smesso. Continua come prima, alzati, cercalo e spiegati!»
Sakura emerge timidamente da dietro al fazzoletto, gli occhi rossissimi come le guance e la punta del naso. «E che figura ci faccio? Potrebbe anche ridermi in faccia, dopo oggi…»
Ino si fa pensierosa. «Non lo escluderei» le concede, l’indice poggiato al mento, con fare intellettuale, «del resto non si è mostrato proprio come lo immaginavamo. E’ più cafone di quel che credevo. Anche se è un figo maledetto!»
«Ino-chan, ricorda di Shikamaru-kun.»
«Ah, Hinata, ce ne sono di cose che devi ancora imparare!»
Loro due discutono, ma la mente di Sakura si è fermata alle parole “non si è mostrato proprio come lo immaginavo”. Perché è questo il maledettissimo problema che la fa comportare coma una bambina bisognosa dei suoi genitori.
Si rende conto che è ridicolo frignare, ma le lacrime le escono da sole, un po’ per il nervosismo, un po’ per la delusione.
Già.
Quando le aspettative si infrangono a colpi di martello, l’animo viene sempre scosso in peggio. Sakura si paragona a una monetina lasciata cadere a terra dalla sorte, che gira e gira e gira ancora, speranzosa, producendo quel suono cristallino e acuto che dà speranza; poi, quando infine tonfa a terra, smettendola di roteare all’impazzata, terminano tutte le illusioni fatte.
Sakura sa che più ci si aspetta e meno si riceve.
Come a Natale, come lo è stato coi suoi genitori quand’era bambina. Quando invece dell’orsacchiotto con l’orecchio spiegazzato a causa del modo in cui era impacchettato, avrebbe desiderato la nuova bambolina robot che costava un occhio – o forse anche due – della testa. Aveva fatto in modo di far capire alla sua mamma e al suo papà cosa volesse veramente, e i loro sorrisi sinceri e accondiscendenti l’avevano convinta per davvero che tutto potesse andare come voleva lei, come il suo desiderio crescente da bambina le imponeva di credere. 
Ed era stato sempre a Natale che la piccola Sakura guardò il regalo con occhi un poco tristi, delusa. Ma si riprese, trovando il meglio anche nel regalo che non voleva.
Ora cerca di fare lo stesso, di trovare quel dettaglio che la consola, quel dettaglio che sta ignorando perché non sa dove cercarlo.
Dapprima, però, si asciuga gli occhi e tira su col naso per l’ultima volta; basta piangere, sennò si ritorna al punto di partenza.
Ha pianto non per la tristezza, ma per la delusione. Non si è offesa per il modo in cui Sasuke gli si è rivolto – alla fine neanche lei ha dato il massimo, né ritiene la piccola incomprensione come il motivo della sua angoscia –, ma si è arrabbiata con se stessa.
Idiota, stupida…
Perché ha creduto troppo in qualcuno che non ha mai visto, perché non è stata in grado – ancora una volta, come quando era bambina – di attenersi alla vera realtà e non fantasticare troppo, perché si è aspettata troppo da Sasuke.
Perché è semplicemente delusa, sia da sé che da lui.
Perché si è legata così tanto a lui, come a una presenza che dà ossigeno, che non può accettare l’idea che il ragazzo non voglia più incontrarla. O sentirla. O esserci.
E perché, anche se lei volesse, lui sicuramente non vorrebbe, visto che si è comportata da cretina e da mocciosa.
Non siamo riusciti a riconoscerci dalla voce, dagli sguardi, sebbene abbiamo parlato parecchio in questi tre mesi. Vuol dire che non c’è nessun legame tra noi?
E’ stata solo una perdita di tempo, si dice. C’ha creduto solo lei e ha sbagliato? Ino la riconoscerebbe già dall’ombra, e Hinata solo dal tremolio della mani. Invece Sasuke no.
Ne ha visto il profilo per più di trenta minuti, ne ha sentito la voce, lo ha sentito parlare, lo ha osservato mentre tratteneva il nervosismo. Ma lo ha visto con gli occhi chiusi, proprio come quando ha adocchiato tutta le altre persone che la circondavano.
Sasuke, quel Sasuke intorno a cui ha cominciato a ruotare il suo mondo da più di un mese, su cui ha fantastico senza neanche rivelarlo a Ino e Hinata. E lei non lo ha riconosciuto, non ha percepito nessuna fantomatica scarica elettrica alla schiena o stretta al petto, come nei film.
Non è un film la sua vita. Non lo è, non lo sarà mai.
Per questo è un’idiota, per questi motivi e tanti altri.
Ma ha detto basta alle lacrime, no? E basta sia.
Apprezza Ino e Hinata che, fermatesi dal litigare, hanno sostenuto il suo silenzio con sguardi carichi di comprensione. Ma ora basta. Si è avvilita pure abbastanza per i suoi gusti.
Vuole fare qualcosa per uscirne.
«Grazie di tutto, ragazze» sa dire soltanto, tirando su il miglior sorriso che le riesce. E’ ancora un po’ tirato – perché Sasuke non smette di occupare i suoi pensieri – ma sa che va bene così.
«Dovere. Non ti reggo quando fai così.» E’ Ino.
«Siamo amiche, è normale.» Questa è Hinata.
«Ma ora che intenzioni hai? Non lascerai perdere, spero» riprende la ragazza bionda, scuotendo la testa e lasciando ondeggiare i capelli lunghi e legati in una coda alta.
«Non lo so» farfuglia Sakura in risposta, alzando le spalle. «Mi vergogno troppo della piega che ha preso la situazione. Vi ho già raccontato del bar ed ecco… il nostro litigio è dovuto a una sciocchezza…»
«Inutile che ti spieghi, Frontespaziosa. Io e Hinata-chan» la attira a sé con un braccio che le cinge il collo, «sappiamo benissimo cosa frulla nella tua testolina, tutte le pippe mentali che la abitano. Dovremo sfrattarle» ride.
«Sakura-chan, qualunque cosa tu voglia fare, comunque, noi ti aiuteremo» riprende Hinata, prendendole le mani. «Alla fine Ino-chan ha ragione. Non è successo nulla di male al bar, un normale equivoco che è perfettamente risolvibile. E poi, magari Sasuke si sarebbe comportato in modo diverso se avesse saputo che tu eri Sakura» le sorride con la testa inclinata.
Ino la interrompe. «Sarebbe stato meglio se Sasuke fosse stato quell’altro ragazzo, quello biondo, come si chiamava…»
«Naruto Namikaze» le suggerisce Hinata.
«Giusto, Naruto Namikaze.»
«Anche se Sasuke fa la sua bella presenza, né Frontespaziosa?»
Sakura arrossisce alle frecciatine di Ino. Non sa perché, forse ripensa al corpo atletico di Sasuke, pensa a quanto – ora a prescindere da tutto – abbia desiderato di sfiorarlo anche quando per lei era soltanto una nube senza un’immagine, perché ancora non lo conosceva.
«E’ un bel ragazzo» ammette solo.
«Oh, ma allora ti piace!» Ino la stuzzica con delle gomitate ben assestate al braccio, che lasciano intendere malizia.
«Ino, smettila. Ho solo detto che è un bel ragazzo; mi pare soggettiva come cosa…»
«Come no! Te lo sbaciucchieresti fino alla morte, se te lo ritrovassi davanti!»
«Non ci si può innamorare via mail, stupida.»
Ecco.
Lo ha detto.
Lo ha ammesso anche se non era sua intenzione.
Se l’è sempre tenuto serrato dentro, chiuso a chiave nello scomparto segreto del suo cuore. Lo ha ritenuto sempre come un sentimento assurdo, tant’è che si è rifiutata categoricamente di dare ascolto alla sua voce che la chiamava per nome.
Si è innamorata di un carattere, delle parole e frasi – mai romantiche, mai – che lui le ha scritto nemmeno con penna, ma limitandosi a cliccare sui tasti di una tastiera, magari un po’ per perdere tempo, un po’ per noia.
Si è innamorata in tre mesi di corrispondenza a volte saltuaria; si è innamorata di lui più per la mancanza che ne ha provato quando non si connetteva che per le chiacchierate che hanno fatto. Era quando non lo sentiva per giorni che l’amore si faceva spazio tre le sue viscere, urlandole contro per farle capire che c’era.
E no, non può piangere.
E no, non può perderlo.
Sì.
Deve muoversi.
«Voglio parlargli» conclude con se stessa, fissando negli occhi – ora sicuri, ora decisi – le sue due amiche. «Anche se non so nemmeno dove trovarlo.»
«Visto, Hinata-chan? Alla fine a Frontespaziosa ha capito che rischiava di perdere il più ragazzo che avesse mai visto e si è risvegliata! E brava, brava» ride forte, e non lo fa per prenderla in giro; vuole dirle brava, Sakura-chan, brava per esserti convinta, per aver capito prima della fine dei tempi. Come quando erano piccole.
«Nell’ultima mail che mi ha mandato, mi ha detto soltanto che si trova alle isole Sakishima, ma niente di preciso» riflette Sakura, pensando nuovamente al suo problema e arginando la questione del fisico di Sasuke – perbacco, ce ne sarebbero di cose da puntualizzare, volendo.
«Beh, abbiamo il suo indirizzo di posta! Perché non lo contatti tramite e-mail?» propone Ino, con sicurezza.
Sakura si rabbuia per un istante; no, non vuole procedere così. Sente che il periodo di conoscenza avvenuto tramite la loro corrispondenza online è urato anche abbastanza. Se da una parte, grazie a esso, sa di conoscere Sasuke, dall’altra sa che di non lui non ha compreso proprio nulla, perché non è così che si capiscono le persone. Non del tutto almeno; non nelle loro abitudini, nelle loro espressioni facciali e nella loro voce.
E poi non ha intenzione di riallacciare un loro possibile rapporto da lì. Per lei la mail rappresenta l’inizio, il loro incontro. Adesso la fase dei preparativi è finita, Sasuke vuole voltare pagina.
Necessita di un incontro diretto, ora che può.
«Preferisco di no, Ino-chan. Almeno che non sia strettamente necessario. In quel caso… ci penserei» liquida la questione, e Ino scrolla le spalle, assecondandola.
«Ma anche procedendo diversamente non partiamo da zero, Sakura-chan!» Il sorriso di Hinata è molto incoraggiante. «Tanto siamo anche noi in vacanza, no? Ci basterà andare in spiaggia tutti i giorni e tenere gli occhi ben aperti» suggerisce.
«Ottimo, Hinata!» Ino le schiaffeggia con forza la schiena, facendo sobbalzare la ragazza, che non se l’aspettava. «E poi, mentre tu sarai intenta a farti guardare da tutti i ragazzi della spiaggia che saranno attratti dal tuo nuovo bikini che io, la grandissima Ino-chan, ti ha regalato, io e Frontespaziosa avremo via libera ed entreremo in azione! I fallimenti, naturalmente, sono da evitare.»
Anche la punta delle orecchie della povera Hyuuga si tingono di un rosso acceso, mentre le risatine divertite di Sakura e Ino si sollevano sempre di più.
«Anche a me sembra l’idea più giusta» concorda Sakura, gioviale. «Poi insieme a Sasuke dovrebbe esserci quel ragazzo biondo, Naruto, avete detto.»
Ino schiaffeggia l’aria intorno a se con un gesto di noncuranza. «Certo certo, se quei due fanno lo stesso chiasso dell’altra volta è impossibile non udirli. Comunque, se dopo un po’ di tempo non li acciuffiamo, possiamo sempre domandare informazioni in giro. Sappiamo il nome di Naruto, sappiamo quello di Sasuke… qualcuno li avrà pur visti, che caspita! Insomma, ma avete capito o no, ragazze? E’ come se ce l’avessimo già fatta!»
Sakura non ne è convinta al cento per cento, ma il sorriso larghissimo di Ino le infonde molta speranza, per cui la imita, gioisce.
«Sì, ce la faremo, Sakura-chan» le mormora Hinata, felice.
E allora Sakura sospira piano, lasciando scappare via da sé l’insicurezza e le pressioni, tanto quanto i pessimismi. «Quindi si va alla ricerca» prorompe, sbattendo i pugni uno nell’altro, agguerrita, «e ce la faremo!»
 

 














 
 
 
 

Cosa c’è da notare in questo capitolo?
Un po’.
Io vorrei che venisse capito nel profondo, e non per quello che superficialmente si potrebbe pensare. Ecco, io credo di aver spiegato abbastanza bene, tramite i pensieri di Sakura, cosa volessi farle dire o provare, ma mi ripeto, perché ci tengo un po’. <3
Sakura ci rimane uno schifo, fin qui è cristallino. Il punto su cui più mi sono focalizzata è il perché lei reagisca così, in un modo che – a una prima lettura – potrebbe apparire superficiale – è questo che non voglio, non voglio che Sakura venga vista come un’immatura. 
Sakura è delusa. Da sé – per come ha reagito, perché si è mostrata bambina quando poi non lo è – e da Sasuke. Ma, attenzione, dell’immagine di Sasuke che lei aveva in testa. E’ tutta una questione di aspettative. Ci rimaniamo male quanto una cosa conta per noi e, paradossalmente, più ci si aspetta il meglio e più si riceve il peggio, è questo che è accaduto a Sakura. Sakura, poi, aveva capito di essersi infatuata di Sasuke. A me, francamente, non è mai capitato di innamorarmi online XD, ma credo che possa succedere. Sakura si è accorta che quando Sasuke non c’era stava male, e che le bastava anche solo una sua piccola attenzione per stare bene.
Adesso, alla vista di quel piccolo malinteso al bar, Sakura è un miscuglio di sentimenti: come dicevo, è prima delusa da sé e dall’immagine di Sasuke che si era fatta; poi è preoccupata del fatto che Sasuke non voglia vederla più, teme di averlo perso. Insomma, le lacrime, per capirci, sono state una specie di scarico per una serie di emozioni che non riusciva più a tenere in sé.
So che mi sono spiegata male, e me ne scuso! >////////<
Spero si sia capito almeno un poco.
Il prossimo capitolo è scritto a metà. Si vede che ho iniziato l’università, mh? =____=
Beh, comunque spero di poterlo finire in questo week-end, e di poter cominciare anche l’altro. <3
Grazie! <3
 


Nel frattempo…
 
Dal Capitolo Quattro (che sta a metà, ma ha già tre diversi PoV <3):
 
Chiude gli occhi, Sasuke, consente al venticello artificiale di accarezzargli le guance e trascinarlo con sé in un luogo tranquillo dove tutto è pace e tutto è tranquillità.
Niente – stupidi – problemi adolescenziali, niente – insulse – spiegazioni che rifiuta di darsi, e niente – superflue – domande alle quali decide coscienziosamente di non voler rispondere – perché sa già tutto, e non lo dice per presunzione.
La nottata che ha trascorso a combattere contro una zanzara particolarmente audace – che, infine, dopo aver tentato di morderlo per la decima volta, ha trovato la fine contro la parete bianca del muro – lo ha tenuto ben sveglio, tanto da permettergli di capirsi e di esaminare la situazione al meglio.
Con Sakura non si è comportato da galantuomo, lo ammette, lo ha concluso. Però, e ammette e conclude anche questo, non sapeva che si trattava proprio di Sakura – e già, il dobe avrebbe anche potuto accennargli qualcosa, invece di fare il misterioso –, senza contare che anche lei l’ha presa troppo sul personale, ragionandoci poco.
Tirando le somme, Sasuke sostiene di non possedere tutta la colpa, se sempre di colpa si può e si deve parlare. Soltanto, c’è stato un malinteso e, soltanto, basta tornare sull’argomento, discuterne.
E non via mail, stavolta.
Niente notebook.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro [Ricerche: nuovi e vecchi incontri all'orizzonte] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 
 







Capitolo Quattro
[Ricerche: nuovi e vecchi incontri all’orizzonte]

 
 




 


La giornata è appena cominciata, ma per Sasuke la si può già definire pessima.
Appena ha sollevato le palpebre, è stato colto dal presagio che, sì, farebbe meglio a rimanersene a letto. Ma non sarebbe più Sasuke Uchiha se, facendola in barba ai presentimenti e ai pensieri funesti, non si alzasse ben un’ora prima dello strillo della sveglia e ingannasse il tempo con una bella tazza di latte freddo, stavolta – niente polpi né verdure, non ha voglia di cucinare né vuole attentare alla sanità del suo stomaco permettendo a Naruto di toccare mestoli e pentole – con sani biscotti di pastafrolla, attento a non litigare con le briciole che si mescolano nel latte e parti del biscotto che si distaccano dal resto, disperdendosi per la tazza, principalmente sul fondo.
Fa presto. Trangugia la colazione, lascia il pentolino e la tazza, entrambi ancora biancastri, nel lavello; li sciacquerà tra poco, si dice.
L’aria è secca perché c’è l’estate fuori. Sasuke cerca di difendersi quanto può e come meglio può, inserendo la spina del ventilatore nella presa e schiaffandosi con la faccia contro – Naruto ci parla sempre contro, ottenendo una voce robotica e ancor più fastidiosa del normale. Comunque, il fresco che deriva dal moto scatenato delle pale rotanti è sublime e gratificante quasi quanto il silenzio che aleggia intorno.
Irreale.
La guancia che porge al ventilatore diventa sempre più fredda e conseguenzialmente l’altra pare bollire. Per questo motivo Sasuke, senza volerlo, volta il capo dall’altra parte e intravede il portatile in bella vista – appositamente per lui – sulla scrivania a muro.
Una morsa di “non sa che cosa” gli stringe lo stomaco; vuole negare fino alla fine che si tratti di dispiacere o di una forma non bene identificata di rimorso, tuttavia i sintomi – si rende conto – sono gli stessi di quando, da bambino, ruppe la macchinina telecomandata di Itachi. E, nonostante suo fratello gli avesse detto non fa niente, otouto, quel senso di “non sapeva cosa” rimaneva a premere contro le pareti dello stomaco, insopportabilmente.
Più insopportabile del dobe che ti urla nelle orecchie quando ci sono quaranta gradi.
Chiude gli occhi, Sasuke, consente al venticello artificiale di accarezzargli le guance e trascinarlo con sé in un luogo tranquillo dove tutto è pace e tutto è tranquillità.
Niente – stupidi – problemi adolescenziali, niente – insulse – spiegazioni che rifiuta di darsi, e niente – superflue – domande alle quali decide coscienziosamente di non voler rispondere – perché sa già tutto, e non lo dice per presunzione.
La nottata che ha trascorso a combattere contro una zanzara particolarmente audace – che, infine, dopo aver tentato di morderlo per la decima volta, ha trovato la fine contro la parete bianca del muro – lo ha tenuto ben sveglio, tanto da permettergli di capirsi e di esaminare la situazione al meglio.
Con Sakura non si è comportato da galantuomo, lo ammette, lo ha concluso. Però, e ammette e conclude anche questo, non sapeva che si trattava proprio di Sakura – e già, il dobe avrebbe anche potuto accennargli qualcosa, invece di fare il misterioso –, senza contare che anche lei l’ha presa troppo sul personale, ragionandoci poco.
Tirando le somme, Sasuke sostiene di non possedere tutta la colpa, se sempre di colpa si può e si deve parlare. Soltanto, c’è stato un malinteso e, soltanto, basta tornare sull’argomento, discuterne.
E non via mail, stavolta.
Niente notebook.

 
 
 

*

 
 
 

Lo sbadiglio di Naruto può sentirsi anche dall’altra parte del mondo, tanto che è rumoroso. Perché è alto, possente e gonfio di un sonno che presto lascerà il posto a un’allegra irruenza.
Il ragazzo si stiracchia per bene, allungando le braccia fino al limite del possibile, con le spalle che scoccano e le dita che, incrociate, le seguono a ruota, in un crack.
Ma è tutto troppo tranquillo, quella mattina, tutto.
Naruto chiude e riapre gli occhi più volte, a ritmo, frattanto che il cervello cerca di connettersi a una rete che non raggiunge. Solo il silenzio di una casa inabitata lo avvolge.
Vivere col teme è quasi come vivere da soli, quindi di che mi stupisco?, ragiona, sbadigliando ancora una volta e provando a trattenere il suddetto sbadiglio nel palmo della mano pressata sulla bocca.
Non indossa nemmeno le pantofole, sperdute chissà dove sotto il letto, e si muove a passi lenti verso la camera di Sasuke, frattanto che un’idea malsana gli salta in mente come un grillo tutto pepe.
Ma vuoi vedere che mi sono svegliato prima del teme?, si chiede agitato.
I rimasugli degli occhi appannati e della stanchezza addosso vanno via, sciacquati dall’insolita possibilità. Perché, se davvero così fosse, sarebbe una notizia da aggiungere alle cose sensazionali accadute nel corso dell’anno.
«Ahaha, teme, finalmente ti ho fregato, te e quella maledettissima sveglia spacca timpani!» grida, aprendo di scatto la porta della camera di Sasuke.
Ad accoglierlo, il vuoto. Letto perfettamente in ordine, comodino in ordine perfetto e la presenza di Sasuke che si percepisce soltanto dall’odore della stanza e dai alcuni suoi vestiti adagiati con cura sulla sedia.
Ok, purtroppo ha visto male. Sasuke si è destato ancora una volta per primo.
«Sasuke?» urla allora, e contemporaneamente cammina per il corridoio fino ad arrivare alla cucina.
Anche lì, l’unica traccia che c’è di Sasuke sta nella sua tazza gocciolante e posta a testa in giù sul lavello. Accanto, spunta un pentolino, sempre gocciolante e sempre  a testa in giù.
Bah, il teme ha sempre avuto l’abitudine di non rispondere…
E infatti, logicamente, conscio di ciò, Naruto Namikaze continua a chiamare Sasuke, Sasuke, Sasuke, alternandosi con dei più originali teme, baka o Sasuke-teme.
Ma nessuno lo ascolta, né gli risponde.
E, intanto, Sasuke non è in bagno – già Naruto non sentiva il rumore della doccia, poi per precauzione ha anche aperto la porta –, non è in camera di nessuno dei due, né in quella che usano Fugaku-san e Mikoto-san quando sono in vacanza e neppure in cucina o nel salottino.
Volatilizzato.
Ma, per fortuna, prima che Naruto possa cominciare a sparare ipotesi assurde e infondate come la venuta degli alieni – e il riconoscimento di Sasuke come uno della loro razza, perché il teme, infatti, si è sempre ritenuto individuo di intelligenza superiore, quindi… –, oppure un viaggio di espiazione per tutte le malefatte… fatte, un foglietto bianco attira la sua attenzione.
Poche frasi brevi: Vado in spiaggia. Ho le chiavi, chiudi la porta quando esci, dobe.
Naruto, checché ne possa pensare lui stesso, non si arrabbia per le parole che ha letto, né per non essere stato svegliato al costo di essere buttato giù dal materasso, né perché, se mai non trovasse Sasuke e lui decidesse di non ritornare più, una volta uscito e chiusosi la porta alle spalle non potrebbe più entrare per mancanza di chiavi – ce n’è una sola copia. Tutt’altro.
Sorride. Sorride e stringe più forte il foglietto tra le dita.
«E bravo, teme… buona chiacchierata. Ma non pensare che io non venga a informarmi
Origliare?

 
 
 

*

 
 
 

Sembra impossibile trovare Sakura in un viavai di folle che lo urtano senza chiedergli scusa e di bambini che, mentre giocano a pallone in riva al mare, lo scelgono come bersaglio, prendendola a ridere finché non incrociano i suoi sguardi omicidi.
Perché fa caldo – e lui non lo sopporta, non lo sopporta e non lo sopporta ancora, preferendo il freddo ghiacciato di dicembre e i maglioni con le maniche lunghe il doppio del braccio – e perché i ragazzini di oggi strillano troppo. Perché non c’è più rispetto per le altre persone, perché le madri di quelle pesti non fanno altro che ripetere, civettuole, che i loro mocciosi sono solamente dei bambini innocenti e perché, cazzo, Sakura non si trova da nessuna parte. Perché gli va sempre tutto storto e perché ci sono troppi perché che si irrita persino al pensiero di elencarli mentalmente.
Uno sbuffo, che Sasuke cerca senza successo di camuffare in un sospiro alto, gli esce spontaneo dalle labbra.
Comincia a pensare di aver sbagliato. Non è neanche sicuro che Sakura sia in spiaggia e forse farebbe meglio ad andarsene a casa. Ma il forse implica che Sakura potrebbe davvero essere lì, da qualche parte, immersa tra gli stridii acuti che lo confondono troppo. Ed è per questo che resiste; prima risolve e prima può rimettersi l’anima in pace.
Di certo non si sente più carico o più in forma di quanto lo sia stato appena dieci secondi fa, però è pronto a continuare le ricerche. Ha degli elementi a suo carico, analizza, che possono tornargli molto utili per risolvere la faccenda.
Il dobe, però, gliela pagherà. Tutto quello stress al posto delle agognate e meritate vacanze…
Dunque.
Si rintana – tra spintoni e spallate – in un angolino lontano dalla bolgia, giusto quanto gli occorre per respirare – finalmente – e pensare con calma.
La prima cosa che non può sfuggirgli di Sakura è che ha i capelli rosa. Dei corti capelli rosa che le toccano appena appena le spalle. Poi, suppone che si muoverà in gruppo, e che quella ragazza esuberante insieme a quella lì più timida le staranno intorno. Poi… poi non sa altro. Non sa nemmeno – si ripete – se Sakura si presenterà in spiaggia, ma gli basta così. Sarà sufficiente un giro veloce e degli occhi aguzzi.
Sa solo che vuole muoversi: non gradisce il peso di un problema sullo stomaco.

 
 
 

*

 
 
 

«Ma è ovvio che ci serve un piano.»
«Ino-chan, per favore, non rendere le cose più complicate di quel che sono…»
«…»
«…»
«Hai per caso intuito qualcosa, Hinata-chan
«Ino-chan, non mi piace quando mi chiami così. Che hai in mente?»
«Niente di preoccupante» ride sorniona. «Ma hai intuito qualcosa?»
«…»
«Hinata-chan?»
«Ino-chan, ti prego…»
Mani che si intrecciano, occhi che luccicano, che pregano, che ti chiedono solamente un piccolissimo favore. «Non è difficile, Hinata-chan. Né pericoloso.»
«Ma perché io?»
«Ti preeeego, Hinata-chan! Sakura è tua amica, fallo per lei! Ti prego, ti prego, ti prego! Tu sei l’unica ch-»
«E va bene, Ino-chan. Dimmi tutto.»
Le sorride. Malvagia. Alla Ino Yamanaka.
«Dovresti cercarmi un biondino di nostra neo conoscenza…»
 
Ed eccola, adesso, che affonda uno a uno i piedi nella sabbia, vincendo se stessa e squadrando uno a uno tutti i ragazzi con i capelli corti e biondi. Ha già abbassato lo sguardo una ventina di volte, trovandosi contro delle tonalità di iridi disparate, ma che non si avvicinavano a quell’azzurro luminoso.  
Francamente, Hinata ha visto Naruto Namikaze soltanto una volta ma, ancor più francamente, la sua figura gli è entrata nella testa e non n’è uscita più.
Meglio, così lo trovo prima, si dice.
Hinata si imbarazza maggiormente quando si accorge di avere altri occhi puntati addosso. Magari quella è gente del posto che la riconosce come turista. Sa, comunque, di aver passato l’età in cui ha bisogno necessariamente di qualcuno che le cammini a fianco, ma trovarsi lì, da sola, mezza nuda – non c’entra che sia in spiaggia e non c’entra che abbia indossato perfino una maglietta a maniche corte per proteggere la schiena dai raggi solari violenti già dal mattino – e con troppa gente che – le pare – la scruta, le incute quel giusto timore che la tiene lontana dal compiere qualsiasi tipo di sciocchezza.
Rimarca mentalmente il suo ruolo: a parere di Ino, la mossa giusta da fare è quella di combinare un appuntamento tra Sakura e Sasuke, in un modo a lei sconosciuto. Ino le ha detto che Naruto Namikaze le è parso un tipo in gamba, di quelli dai piani geniali.
Hinata non lo sa, spera soltanto di ritracciarlo presto.
Ricapitolando. Non dovrà: balbettare e rischiare di non farsi capire, arrossire tanto da non poter più incolpare i raggi solari del colorito della sua pelle e arrivare al sodo. In realtà non si ritiene la persona migliore del mondo per un incarico simile, essendo da sempre molto timida e riservata, però – sempre secondo una citazione della Yamanaka – sarà una buona esperienza anche per te, Hinata-chan, e per i tuoi rapporti sociali.
«Scusami!»
Hinata sobbalza impercettibilmente e si volta in un riflesso condizionato. «Dici a me?» domanda, incredula.
Sta quasi per sorridere sinceramente quando nota che il ragazzo che l’ha appena chiamata è proprio colui che cercava, ma svanisce tutto quando lui apre di nuovo bocca.
«Hai per caso visto un ragazzo moro e dalla faccia antipatica? Lo cerco ovunque, ho già domandato a non so quant… scusa, ma noi ci conosciamo?» Più che una domanda è una richiesta che attende soltanto una conferma.
Sulle prime Hinata è allibita. Rimane imbambolata, incapace sia di sorridere affabile alla dimenticanza di Naruto che sbalordirsi per i fiotti di parole che il ragazzo è capace di pronunciare in pochi decimi di secondo, alla velocità di un uragano. Infine storce le labbra in un risolino imbarazzato.
«Sì, ci siamo già visti. Io sono Hinata Hyuuga, non so se ti ricordi di me…» gli fa presente, storcendo il capo di lato, come una bambina.
«Hinata, Hinata, Hinata… oh sì, Hinata!» blatera l’altro, scoppiando infine in un grido gioioso che svela l’identità della ragazza anche al bagnante più lontano da lì. «Sei un’amica di Sakura, giusto? Non potevo sperare in meglio!» Le prende le mani in modo confidenziale, le stringe forte tra le sue fino a tirarsele contro e avvicinarle al suo volto sorridente. «Ne parliamo in un bar?»
Hinata è immobile. Non sa se vuole affogarsi con le sue stesse mani nel mare che l’attira – si sta imbarazzando incredibilmente –, oppure… oppure cercare e possibilmente trovare anche qualche valida alternativa che le faccia spiccicare almeno mezza parola, alternativamente alle boccheggiate d’aria in cui si sta abilmente cimentando.
Naruto Namikaze è diversissimo da lei, tutto l’opposto, e la travolge col suo modo irruente di fare. Ma è dolce. E’ un vento fresco ma potente, che non ti fa male, che piace.
Eppure lei resta immobile e muta.
Il sorrisone di Naruto è stampato ancora sul viso e luminosissimo come le stelle del cielo.
Le onde si infrangono sulla spiaggia, diffondendo il loro odore caratteristico per tutto l’ambiente.
Le grida, i rumori, le urla gioiose. C’è la vita lì intorno.
Tra questi suoni si perde l’infinito silenzio di Hinata Hyuuga.
«H-hinata? Tutto bene?»
E solo ora Hinata, repentinamente, stacca le mani già sudate da quelle di Naruto, si scusa a suo modo, cercando di farfugliare qualcosa di sensato e di comprensibile e infine tenta di darsi un contegno.
«S-sì, possiamo andare a un bar, s-se vuoi» propone perciò, gli occhi bassi immersi nella sabbia.
Si domanda perché non riesca a essere espansiva quanto Ino e, se non proprio come lei, almeno quanto Sakura. Non vuole paragonarsi ad altri, non le piace perché lei è se stessa e nessun’altra, eppure a volte si sente gelosa di loro. Le piacerebbe preoccuparsi di meno di ciò che sta per dire o per fare e respirare a cuor leggero anche davanti agli sconosciuti.
Dovrà lavorarci.
«Hinata, mi dispiace di averti messa a disagio, non volevo» mormora Naruto all’improvviso, grattandosi dietro la nuca. «Forse a volte sono esagerato, ma è più forte di me. Non sono un cattivo ragazzo.» Accenna un sorriso alle sue ultime parole, infondendo nel cuore di Hinata un senso di serenità e di affidabilità.
Intimamente, lo ringrazia. Le sembra così caro.
«Non ti preoccupare. Vogliamo andare?» gli domanda, mostrandosi più sicura.
Lui intuisce che va tutto bene e che non fa nulla – ormai con questi equivoci non si sa mai… – e si permette – osa sempre, lo ha detto lui stesso che è un esagerato – di darle una pacca amichevole sulla spalla. «Ma non al bar dell’altra volta, sennò non ne usciamo vivi!»
 
Il locale scelto da Naruto è molto carino. Raccolto, piccino, gremito al punto giusto.
Ma…
«Eh sì, c’è voluto un po’ per raggiungerlo» ammette il ragazzo, ridacchiando a mo di scusa.
«N-naruto, abiti da queste parti?» gli domanda. Altrimenti non si spiegherebbe come abbia fatto a non perdere il senso dell’orientamento. Hanno camminato a lungo, forse più di una buona mezz’ora. Il tragitto è stato riempito dalle chiacchiere allegre di Naruto, che le ha raccontato un po’ di tutto, dicendo molto e allo stesso tempo dicendo niente.
«No, ho casa qui solo per le vacanze. In realtà la casa non è proprio mia, ma di Sasuke. Ma è come dire che fosse anche mia, non c’è stata un estate in cui non sia venuto anch’io» ride. «Sicuramente è meglio quando non c’è Fugaku-san, però…»
«Fugaku-san?»
Naruto annuisce con convinzione. «Fugaku-san è il padre di Sasuke. Tu l’hai visto Sasuke, no? Se lui ti è parso burbero, acido, musone o affini, sappi che Fugaku-san centuplica queste caratteristiche. Pensa che quando eravamo bambini, all’asilo, mi nascondevo dietro la maestra quando, raramente, Fugaku-san veniva a recuperare Sasuke!» ride ancora, forte.
Hinata ne è contagiata. Le piace ascoltarlo, molto. E’ di quella compagnia di cui non si stanchi mai e di cui ha bisogno, che le ricorda tanto Ino ma al tempo stesso è più buffo di lei. Non sta aspettando che Naruto finisca di narrare così da mettere il campo il problema Sakura, anzi, lo sta ascoltando con la voglia di chi desidera farlo a lungo. E’ affascinata dalle parole scherzose che il ragazzo tira fuori ogni volta, dai suoi aneddoti un po’ scemi ma lo stesso esilaranti.
Vuole ascoltarlo, si sente bene.
Riesce, pian piano, anche a farsi spazio lei stessa, ad aprirsi e a raccontare anche di lei, anche solo qualcosina.
«Però alla fine la maestra si accorse che stavo copiando da Sasuke. Chissà perché non mi credette quando le dissi che, in verità, era stato Sasuke a copiare da me! Ma dai, ti pare che i soliti genietti non possano essere superati da chi, invece, il suo genio lo tiene nascosto a tutti solo per farlo emergere alla fine, come sorpresa?» le chiede retoricamente, preso da un altro racconto della sua infanzia.
Lei sorride e ride di cuore, lui non la smette di parlare nemmeno un secondo; anzi, forse soltanto per prendere uno o più sorsi della limonata che ha ordinato.
E il tempo passa.

 
 
 

*

 
 
 

«Io ti conosco troppo bene, Ino. Smettila di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando.»
«Frontespaziosa, non sono io che voglio pensare al peggio. Sono le circostanze che me lo fanno supporre. Mi sto basando su ragionamenti logici
Sakura sbuffa, affondando il mento sul dorso delle mani incrociate. Si è quasi stravaccata sul tavolino di quel bar. «Hinata-chan non è una bambina.»
«Non lo metto in dubbio, Sakura. Ma la spiaggia è piena di bestie feroci pronte a mettere mani e occhi sulla nostra dolcissime e ingenua Hinata. Non me lo perdonerei mai.»
«Dimmi, la tua mente esclude categoricamente che Hinata possa aver incontrato Naruto?»
Ino si fa pensierosa. «Non pensavo che Naruto potesse essere un maniaco…» osserva con una punta – Sakura non sa se di finta o di vera – preoccupazione. «Pareva un così caro ragazzo.»
«Sai che non è quello che intendo...»
«E appunto perché so quello che vuoi intendere che non lo ritengo possibile!» Ino sbatte una mano sul tavolo, ma il tonfo sonoro si perde tra le parole delle file di clienti che entrano ed escono. «Frontespaziosa, devono organizzarti un appuntamento, non un matrimonio. Non possono parlarne all’infinito… sono passate più di tre ore da quando Hinata è andata via» le fa notare con stizza, portandole il polso a cui è avvinghiato l’orologio fin sotto al naso. «Vedi? E poi avevamo un appuntamento qui, in questo preciso bar, venti minuti fa. Sai meglio di me che la ritardataria del gruppo sono io, quanto lei, Hinata, sia quella puntuale!»
«Mai sentito dire contrattempo? E dire che di solito li utilizzi come giustificazione…»
«No no, lo escludo. Non è da Hinata.»
Sakura evita di farle notare che un contrattempo è del tutto casuale e inarginabile. Non può far altro che abbassare le spalle e fingere di concordare. Asseconda i pazzi, si dice. «E quindi, visto che sei tanto convinta che qualche disastrosa catastrofe si sia abbattuta su Hinata, come dobbiamo procedere?»
Finora è stato un fiasco, pensa. Hanno cercato Sasuke ovunque ma di lui nemmeno l’ombra. Ora che ci riflette, Sakura non ricorda esattamente come sia Sasuke, non si è focalizzata troppo sul suo aspetto. Inoltre, ha visto innumerevoli persone in quegli ultimi due giorni e, anche se è vero che Sasuke non è solo uno dei tanti, comunque non lo distinguerebbe come farebbe con Ino o Hinata che conosce da una vita. Già con Naruto sarebbe più semplice, visto che ha avuto modo di osservarlo per qualche secondo in più.
Ino la rapisce dai suoi pensieri senza fine. «Secondo me dobbiamo cercarla.»
«Va bene» la asseconda ancora. «Da dove cominciamo?»
E’ tutto così uguale intorno: spiaggia pulitissima a mare cristallino e ritmato nel suo ondeggiare.
«Da dove comincio, vorrai dire» puntualizza Ino, indicandosi col pollice. «Tu, mia cara, devi cercare il belloccio lì.»
Sakura si sente spaesata tutto a un tratto.
Da sola. A cercare Sasuke. A parlare con Sasuke.
Deglutisce nervosamente.
Sapeva già che, anche se Ino fosse stata presente, avrebbe parlato comunque da sola, ma intimorisce al pensiero che la sua amica vada ad allontanarsi chissà quanto e per chissà dove.
«Credo che non potrai farcela contro questi aggressori di Hinata, Ino. Ti accompagno, a Sasuke penseremo domani.»
Sakura fa per alzarsi, per inseguire un’Ino che già si è messa in piedi e sistemata un’immancabile borsetta al fianco.
«No, Frontespaziosa, non dirlo nemmeno per scherzo. A Sasuke pensi oggi. E ci penseremo domani, dopodomani e tra tre giorni, se sarà necessario.» E le inutili rappresaglie mal cominciate di Sakura vengono bloccate lì. «Per favore, prima di andare paga anche per me, poi ti do i soldi» le dice Ino, che infine scompare dentro la folla, mischiandosi alla marmaglia di persone che, ora, Sakura dovrà affrontare da sola alla ricerca di Sasuke.

 
 
 

*

 
 
 

Sono partita per cercare Hinata, ma alla fine è stato meglio così.
Ino sogghigna, non si aspettava di scovarlo proprio lei, non dopo averlo cercato per ore e ore dovunque, come si fa con un ago in un pagliaio. E invece sono bastati pochi metri e puff, eccola là.
Sasuke è lì, proprio a pochi passi da lei. Siede in riva alla spiaggia, pare stia riflettendo. E’ assorto nei suoi pensieri, imperscrutabile alla gente che gli si muove intorno.
Forse è stato destino che fossi io a incontrarlo. Hinata-chan può aspettare un attimo… giusto il tempo che organizzi una bella riappacificata con Frontespaziosa…
Perciò non si fa troppi problemi e avanza. «Ciao. Sei Sasuke non è vero?» gli domanda. Trova sia quantomeno giusto farlo, visto il loro primo approccio, basato su inconvenienti e sbagli. In ogni caso, Ino ha sempre vantato un’ottima memoria fotografica: non dovrebbe sbagliarsi.
Il ragazzo si volta, non si alza né muove un altro muscolo. «Che cosa vuoi?»
«Niente di che, a parte parlarti di una certa Sakura…»

 
 
 

*

 
 
 

Sakura ha a malapena cominciato ed è già distrutta.
Mentalmente è a pezzi, perché la mente continua a rivolgerle mille e mille interrogativi diversi e a proporle milioni di nuove stupide situazioni in cui potrà incontrare Sasuke.
Si sente un po’ sfortunata, difatti dubita che possa andarle benone.
Non sa quante facce ha scrutato da quella mattina, né da quante ha ricevuto occhiatacce infastidite – giustamente. Nessuna di quelle, poi, le è sembrata di Sasuke.
«Basta, ho bisogno di un’altra pausa» ammette, «tanto non c’è Ino che mi costringe a marce forzate.»
Si dirige svelta lontano dalla spiaggia, ai muretti, uno dei tanti, uno come quello cui avrebbe dovuto incontrare Sasuke per la prima volta.
Ci si siede sopra e aspetta non sa nemmeno lei cosa. I piedi dondolano nel vuoto, sempre più veloci. La testa fa sempre più domande, Sakura è assente.
Ma poi uno dei suoi infradito vola sulla sabbia, poco più in là. Casualmente.
Si accorge a malapena che qualcuno lo ha raccolto.
«Grazie» biascica imbarazzata, recuperando la sua calzatura dalle mani di lui.
«Di nulla.»
Lui alza lo sguardo. Ha occhi nerissimi, ha i suoi stessi occhi, identici.
«Sasuke?»
 

 
 
 












 
 
 
 

Appena appena finito. <3
L’ho riletto a tempo lampo, domani lo ricontrollo. Purtroppo, niente anticipo stavolta, scusate! XD
E niente, ringrazio le persone gentilissime che mi seguono. <3
Domani risponderò anche alle recensioni scorse. <3

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque [I&I - Intermediari] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 


 
Capitolo Cinque
[I&I - Intermediari]

 
 
 





 

Ascoltare gli riesce meglio che parlare, di questo Sasuke ne è convinto.
Tuttavia, dal momento in cui Ino Yamanaka si è seduta al suo fianco, borbottando contro la sabbia che si infila ovunque e contro la temperatura ustionante della suddetta, non ha più avuto così tanta fiducia nella capacità di resistenza delle sue orecchie – già provate a sufficienza da Naruto, e quindi ululanti pietà.
«Senti, taglia corto» sbotta infine, irritato. «Che diamine vuoi?»
Perché, effettivamente, la ragazza ha parlato tanto ma non ha detto nulla, ha farfugliato pile e pile di parole accatastate che hanno formato tutto fuorché un discorso sensato. E a Sasuke piace centrare il punto nell’immediato.
«Tu e Sakura.» Ino pronuncia quei nomi allo stesso modo di una maestra acida pronta a interrogare lo studente malcapitato di turno. «E’ necessario e assolutamente indispensabile che voi vi chiariate. Fallo per la mia sanità mentale!»
Sasuke s’acciglia, la guarda di traverso. Ignora il significato ultimo della frase, ed evita appositamente di domandarsi cosa diamine possa voler dire aiutare la sanità mentale di un individuo di quel tipo che, chiaramente, già non ne dimostra di suo, senza che il suo intervento sia necessario. Al massimo, l’unica sanità mentale che sta salvaguardando è la sua.
Trova comunque indescrivibile il cambiamento repentino dell’espressione della ragazza; prima serissima – come l’insegnante, appunto –, poi quasi disperata – a ricordo dello scolaro.
«Potrei anche decidere di incontrarla» sputa quindi, un po’ tirato ed esagerato, «ma lei dov’è
Ino sospira piano – bisogna sempre spiegare tutto a questi uomini! –, e contemporaneamente batte due colpi secchi sulla spalla rossiccia di Sasuke, prendendosi molta più confidenza di quanto potrebbe e di quanta Sasuke ne desideri – lui, infatti, la scaccia subito con acidità, impedendole una terza pacca. «Sfortunatamente non avevamo in previsione un altro appuntamento. Abbiamo dovuto cercati, Sasuke-kun. Ritieni che siano veramente necessarie tutte le mie spiegazioni sul modo in cui ci siamo organizzate stamattina, su cui ci siamo divise, su come ci siamo divise e…»
«Non importa. Andiamo da lei.»
Ino ghigna angelica, e par nasconda forcone da diavolo e luce malevola negli occhi. «Sai, Sasuke-kun, non noi non ci conosciamo da molto, ma sapevo avresti detto così.»

 
 
 

*

 
 
 

Sakura rimane imbambolata davanti al suo sorriso. In effetti non se lo ricordava così. Anzi, sarà suggestione, ma più lo guarda con attenzione e più nota che quei dettagli che a un primo sguardo superficiale ha attribuito a Sasuke non la convincono. Come due tasselli di un puzzle da mille pezzi, che paiono combaciare ma alla fine sono diversissimi.
Ovviamente non ricorda benissimo il viso di Sasuke, tuttavia le immagini di lui al bar, mentre attendevano la fila per quella dannata bottiglia d’acqua che poi non ha neanche aperto, le bombardano il cervello, mostrandole un volto tanto simile quanto diverso da quello di chi le ha porto l’infradito.
L’unica conclusione a cui giunge è che lui non è Sasuke. Glielo dicono gli occhi – identici, dello stesso colore e uguale profondità, ma più gentili –, le labbra incurvate leggermente all’insù, agli angoli, la voce più calda, meno imperiosa.
Ha elaborato tutto in un secondo, e prima che il ragazzo possa guardarla con scetticismo sussurrando un chi è questo Sasuke? oppure un Sasuke chi?, Sakura si lancia a capofitto con uno scusa sommesso che riesce a malapena a spiccicare prima che lui apra bocca: «Conosci mio fratello?»
Fratello, fratello, fratello. Fratello?
«Ah.» Unico monosillabo di dubbia utilità che riesce a pronunciare. Dopodiché, lo sbattere ritmico di ciglia e la bocca semischiusa parlano per lei.
E’ imbarazzante essere fissata da uno sguardo tanto penetrante come quello del fratello di Sasuke. Sakura non sa che fare. Capisce solamente che sta entrando in contatto con soggetti strani, ognuno a modo suo. Si sente ridicola a definire strano sia il suo interlocutore che Sasuke ma, studiandosi e stilando una lista di aggettivi che possano descrivere le emozioni che prova, strano è il più adatto. Di conseguenza, è strano chi la fa sentire strana.
Percepisce la presenza di Ino in quello che ha pensato, e un po’ se ne spaventa.
«N-non sapevo che Sasuke avesse un fratello» bisbiglia imbarazzata, tentando un approccio di qualunque tipo.
Alla fine, paradossalmente, sparando la prima idiozia venutale in aiuto, ha beccato proprio una delle poche informazioni che Sasuke le ha dato su di sé. Perché che avesse un fratello Sakura lo sapeva eccome.
Ma non ha importanza.
«Sei la sua amica della chat, immagino. Sakura, giusto?»
«Eh?»
E due. Secondo monosillabo in meno di trenta secondi. Sicuramente, lui starà pensando che lei debba per forza intervallare parole sconnesse a frasi di senso compiuto. No, Sakura non vuole pensarci, vuole isolarsi mentalmente e allontanare la figuraccia che sta portando avanti – anche – col fratello di un suo amico
Respira profondamente, cerca di darsi un contegno.
E che diamine…
Tira su un sorriso – non è tirato, è semplice imitare l’espressione che il fratello di Sasuke le sta volgendo da quando si sono visti – delizioso e si sistema – finalmente – l’infradito al piede scalzo, rendendosi conto con sua somma gioia di averlo tenuto in mano scompostamente per tutto il tempo, mentre fissava il ragazzo con sguardo da baccalà sperduto.
«Esatto, sono proprio io, Sakura, Sakura Haruno. E tu…»
«Itachi Uchiha.»
«E’ un piacere conoscerti» azzarda, intimidita.
Lui accenna a un sorriso.
All’improvviso comincia a domandarsi quanti anni possa avere Itachi più di lei – lo scorge dai lineamenti che è più adulto – e come sia giusto comportarsi. Non vuole apparire maleducata, non vuole dare più confidenza di quella che gli altri si aspettano e si meritano. Citando Ino, probabilmente è troppo fissata con le questioni inutili, ma spera di non aver sbagliato approccio. Ma del resto parlargli in terza persona le pare eccessivo; potrebbe offendersi a essere considerato al pari di un uomo, anziché di un ragazzo poco più che adolescente.
Senti, Sakura, impara a essere più spontanea e a pensare di meno. Anzi, non pensare proprio. Parla, parla, liberati, dannazione. Dì solo quello che pensi, come lo pensi e quando lo pensi. Senza rimuginarci su.
«Scusami, posso farti una domanda?» Non sa quale istinto l’abbia portato a parlare. Sete di conoscenza, forse, oppure semplice voglia di rompere un po’ il ghiaccio. «Come hai fatto a capire che io sono la ragazza della chat?»
«Ho trovato strano che tu mi abbia confuso con mio fratello, tutto qui. Ho ipotizzato che non l’avessi mai visto.»
Non fa altro che sorridere in risposta, Sakura, trovando quel mezzo dialogo con Itachi Uchiha tanto ridicolo – dal suo punto di vista – che bizzarro. E’ pieno di comportamenti di circostanza, di soggezioni, di ansia anche soltanto nel respirare. Non si sente a suo agio, nonostante tutto, forse perché non lo conosce per niente, forse perché teme che lui già sappia della figuraccia che ha fatto con Sasuke, forse il motivo non esiste nemmeno.
Sei una fissata.
Itachi la sta semplicemente guardando di sfuggita, ma Sakura si sente leggere dentro, come se fosse un libro aperto dai caratteri enormi. Sente che se anche non parla, lui già sa. E’ stranissimo, non le è mai capitato.
Probabilmente, è questa sensazione che la spinge a porgere ancora una domanda, quella che, anche se l’ha volutamente ignorata fino a quel momento, avrebbe voluto cacciar fuori da quando lui le ha detto di essere il fratello di Sasuke. «Potresti dirmi dov’è tuo fratello, per favore?»
Si fa piccola piccola, le ultime parole si consumano in un fiato di voce impercettibile. Vorrebbe avere Ino al suo fianco adesso. Oppure Hinata.
Visto, visto, Sakura, cosa succede quando lasci fare tutto a Ino? Quando non ti imponi e quando fai sì che sia sempre lei a parlare con gli altri? Quando ti trovi da sola con un tipo del genere non sei capace neanche di aprir bocca senza rischiare la morte. Vergognatene. Stupida Ino-pig, è tutta colpa tua!
Sì, di Ino e sì, lo è. Fin da quando erano bambine, Ino Yamanaka si mostrava molto più vivace, più disponibile, più aperta, più tutto. E non che Sakura non volesse approcciarsi per prima; semplicemente non poteva, perché la vivace bimbetta bionda – con la quale a momenti aveva diviso pure il biberon – attaccava bottone sempre per prima.
La voce di Itachi si sostituisce alla classica sveglia che di mattina la richiama dal mondo dei sogni. «A casa non c’è, ma immagino che tornerà presto. Oggi fa più caldo del solito.»
«Come?» domanda Sakura, in un bisbiglio.
Non ha capito il nesso logico che dovrebbe esserci tra la sua domanda e la risposta di lui. Sa che c’è ma non sa dove cercarlo. Guarda Itachi stranita, segue la direzione in cui i suoi occhi stanno puntando. Non c’è altro che la stessa marmaglia di persone che abitano un po’ tutta la spiaggia in egual modo.
«Non ti conviene aspettarlo qui, e ti sconsiglio anche di tornare a cercarlo lì dentro.»
Sakura annuisce: non potrebbe essere più d’accordo. Soltanto l’idea di rituffarsi tra quella bolgia che da lontano rassomiglia a uno sciame di insetti orribili la terrorizza. Tuttavia, in quel discorso c’è qualcosa che non le quadra.
«E che cosa potr-»
«Puoi venire con me e anticiparlo a casa, se vuoi. Non tarderà molto.»
Okay. Calma.
Forse pensare a come reagirebbe Ino a una proposta del genere – avanzata da uno schianto di ragazzo del genere – non è l’ideale, tuttavia le urla di eccitazione della sua migliore amica le sono così chiare che difficilmente riesce a ignorarle.
Vuole portarti a casa, Frontespaziosa, non essere idiota e vacci, vacci!
Sakura sa che Ino dapprima sbatterebbe le lunghe ciglia con stupore – emozione immediatamente sostituita da folle e pazza gioia perversa che le farebbe dimenticare solo momentaneamente di avere un ragazzo di nome Shikamaru Nara che, a detta sua, lei ama e rispetta sempre e sempre – e poi, dimentica di ogni forma di educazione e di pudore, si lancerebbe al fianco di Itachi e se lo sbranerebbe solo con gli occhi – magari si approprierebbe anche del suo braccio, ma questi sono dettagli.  Poi è impossibile prevedere come agirebbe, visto che ogni sua azione sarebbe dettata da un istinto femminile da non sottovalutare.
Beh…
Ripensandoci, le già citate urla di eccitazione della sua amica sono talmente limpide che ora Sakura è sicura di doverle ricacciare da qualunque parte esse siano provenute, cercando così di rispondere con la dovuta compostezza.
Si lascia guidare dall’istinto – non dallo stesso istinto di Ino, però –, svuotando la testa senza domandarsi cosa Itachi voglia che lei risponda.
«Se non reco disturbo… mi piacerebbe evitare tutta quella confusione» ridacchia.
In realtà, molto scioccamente, lo ha fatto anche per dare una lezione a Ino, per una sorta di ripicca. Ha insistito tanto per lasciarla da sola, e beh… lei preferisce la compagnia.
E che compagnia!

 
 
 

*

 
 
 

Sasuke non immaginava che esistesse una versione di Naruto al femminile.
Ha sentito dire che ognuno ha dei sosia, e, suppone, se la cosa vale per tutti e indiscriminatamente, lui ha avuto la fortuna di incappare proprio nel sosia femminile di un tizio che a malapena sopporta.
«Sasuke-kun, mi stai ascoltando?»
Sasuke la precede, tira dritto avanti come un animale da soma. Le ha già detto tre volte di non chiamarlo Sasuke-kun, non lo regge. Da piccolo ha a malapena sopportato la voce dolce di sua madre – sua madre! – che gli si rivolgeva con un Sasuke-chan.
Brividi.
Adesso sta battendo la spiaggia in lungo e in largo, sotto un Sole che lo sta arrostendo e che non tollera più e con l’accompagnamento vocale di una Yamanaka che le sta trapanando il cervello.
Sono trascorsi parecchi minuti – troppi per i gusti sofisticati di Sasuke – e di Sakura nemmeno l’ombra. Ora, vuole pur capire che scovare una persona in un luogo tanto immenso non è semplice – ora che ci pensa non ha visto nemmeno Naruto, anche se è sicuro che è lì da qualche parte –, però Sakura ha i capelli rosa. Rosa. Quante possibilità ci sono che incontri qualcun altro con quel colore di capelli?  
«Comincio a pensare che la tua amica abbia fatto una brutta fine» borbotta, incapace di trattenersi oltre.
Che sa, non vuole essere stupido, ma la serie di fattori che ha destinato il suo cervello a un viaggio di solo andata verso il fresco delle montagne che tanto adora lo spinge a ipotizzare qualsiasi cosa, dai mostri marini – ipotesi che Naruto approverebbe di sicuro – a un semplice si è scocciata ed è andata a casa.
«Hai detto qualcosa?»
Sasuke sbuffa; meglio non fornire altri spunti di discorso a Ino.
D’un tratto, si sente stringere il polso dalle dita sottili della ragazza. Si volta con fare irritato, e il nervoso che sente dentro aumenta ancora di più quando Ino non dà segno di badarci più del dovuto.
«Non credo sia necessario camminare in questo casino» gli propone con sicurezza. «Se ci spostiamo più in là, vedremo anche meglio. Tanto i capelli di Sakura si notano da un miglio di distanza.»
Ino indica col mento un punto più lontano dagli ombrelloni colorati. Come un’ancora di salvezza, Sasuke nota che c’è molta più aria, lì. Più spazio, meno gente.
Si stizzisce al pensiero di non essere arrivato prima a una soluzione tanto ovvia, però si scolla dal braccio della ragazza e punta dritto verso la pace, dando le spalle all’oceano cristallino.
Tanto in prossimità della battigia hanno visto ovunque, e a conti fatti lui si è pure stancato di cercare.
«Un altro quarto d’ora, non un minuto di più» annuncia, una volta che la sua voce – finalmente più lontana dalla confusione – torna udibile.
«Vedrò di sintetizzare, allora.»
Sasuke alza un cipiglio. «Che cosa stai insinuando?»
«Voglio istruirti su come comportarti con Sakura, è ovvio. Non sei partito col piede giusto, l’altra volta. Sei stato un vero arrogante.»
«Non vedo il motivo per cui dovrei darti delle spiegazioni.»
Ino alza le mani in alto, in segno di resa, e frattanto affianca Sasuke, che già si è rimesso in moto. «Non me ne occorrono, infatti. Voglio solo aiutarti a non commettere più errori. Frontespaziosa è un tipetto semplice, se capisci come ragiona.»
Sasuke non fiata, marcia soltanto. Se ci pensa è da quando è cominciata quella storia – solo un giorno prima, ed è questo che lo spaventa più di ogni altra cosa – non sta facendo altro che trastullarsi avanti e indietro alla ricerca di Sakura. Un qualcosa di razionale dentro di sé gli consiglia candidamente di evitare di pensare che Naruto sia all’origine di tutto quello stress che in vacanza non dovrebbe sussistere nemmeno come idea.
Comunque, preferisce non badare a Ino e alle sue noie – che qualcun altro definirebbe consigli –, anche perché non saprebbe cosa pensarne. Da un lato vorrebbe rispondere che lui già conosce Sakura e che non è totalmente ignorante in materia; d’altra parte, invece, ritiene che starsene sulle sue – opzione su cui punta spesso, riflettendoci – è la mossa migliore, visto che ad assecondare i pazzi si diventa pazzi a propria volta.
Cerca, inoltre, di mettere a tacere uno spiraglio di sé che è affamato di curiosità e vorrebbe che Ino gli raccontasse un po’ della Sakura vera e non virtuale, della Sakura di tutti i giorni, quella di cui lui – comincia a pensare – non conosce assolutamente nulla.
Fanno talmente schifo questi pensieri che decide di accantonarli con la forza. Perché dovrebbe interessarsene, poi?
In ogni caso, piuttosto che sorbirsi Ino, forse le paranoie mentali sono migliori…
«Lezione numero uno: Sakura Haruno è una persona dolce. Anzi, sembra una persona dolce nell’ottanta per cento delle situazioni. Per il restante venti per cento, invece, beh…» Ino si indica, Sasuke la scorge con la coda dell’occhio, «assomiglia in tutto e per tutto alla sua mentore, ovvero io. Guai a farla arrabbiare. Sintetizzando: Sakura è una ragazza dolce finché non la fai arrabbiare sul serio. Ti assicuro che passa da un estremo all’altro con molta facilità. Fossi in te me lo appunterei per quando vi sposerete.»
Sasuke per poco non si affoga con la sua stessa saliva. E’ abituato da sempre all’irruenza e alla spontaneità di Naruto, ma a questi livelli… non lo sa, magari ha avuto la fortuna di non aver avuto mai a che fare con un dobe così insano mentalmente da dire stupidaggini di tali portate.
Ino ha molta fantasia, deduce. Sente di detestarla tanto quanto sta odiando il ghigno soddisfatto che gli continua a rivolgergli da quando l’ha sentito tossicchiare.
Ma Sasuke riesce a darsi subito un contegno e a fingere indifferenza: è la sua miglior difesa contro gli occhi altrui che tentano di capirlo.
«Bene, mi pare che ci siamo capiti, Sasuke-kun. Lezione numero due: Sakura ha i suoi spazi e non sopporta chi glieli invade troppo, quind-»
«Sei sicura che siete amiche, allora?» ghigna lui, stavolta.
Diversamente da come si aspetta, Ino non sbuffa, non gonfia le guance, non si imbroncia. Anzi, sembra soddisfatta. «Noto che mi stai ascoltando, anche se fingi tanto l’indifferente» ridacchia, e Sasuke la incenerisce con gli occhi. «Dicevo… quindi, quando sarai il suo ragazzo, cerca di non asfissiarla troppo. Come regali… Sakura è una brava ragazza non è schizzinosa, quindi una cosa vale l’altra, purché sia fatta con cuore. Insomma, diciamo pure che il modo di dire “basta il pensiero” le calza a pennello. Però…» e qui alza il dito in alto e si ferma, costringendo Sasuke a fare lo stesso – perché la sta ascoltando, anche se si ripete che quelle sono tutte idiozie la sta comunque ascoltando attentamente –, «… Sakura si offende per le cose che reputa importanti. Magari non te lo darà a vedere, ma si offende. Ti faccio un esempio molto semplice: se ti dimentichi del vostro primo mesiversario, per dirne una, lei potrebbe rimanerci male. Per esempio, io me la sarei presa col mio Shika.»
Ma allora c’è davvero qualcuno che la sopporta?
«Riassumendo con semplicità, devi ricordarti di darle i giusti spazi, di farle qualche regalo e di ricordarti le date importanti. Ci siamo intesi? Terza lezi-»
«Adesso basta.» Non vuole supplicarla, ma adesso basta davvero. Più la sente e più pare che la testa voglia scoppiargli. In verità ha capito che lui stesso vorrebbe porgere delle domande a Ino, ma ha capito anche che non lo farà mai. Non saprebbe cosa chiedere, e anche avendone un’idea chiarissima, non sarebbe capace di spiccicare parola.
«Quando si tratta di prendersi le proprie responsabilità gli uomini si tirano sempre indietro. Pensavo fossi diverso, Sasuke-kun!»
Lui deglutisce con estrema lentezza, tanto per darsi il tempo di imporsi di reagire da persona civile; in ogni caso, un omicidio in spiaggia sarebbe qualcosa di infattibile, quindi progettarlo gli costerebbe solamente tanta inutile fatica. «Smettila con questo Sasuke-kun» sputa, velenoso e diretto. «E finiscila con questi discorsi che rasentano l’assurdo. Non mi importa niente delle abitudini di Sakura, e non so quali progetti irrealizzabili stiate architettando. In ogni caso, non è come pensi, sei proprio fuori rotta. Finiscila di abusare della mia pazienza.»
Ha scandito alla perfezione ogni singola sillaba, riesce a ritenersi persino soddisfatto di se stesso per la pazienza e la freddezza che ha dimostrato – non sa perché, ma gli viene da paragonarsi a Itachi, come se per un secondo avesse posseduto quel tratto del carattere di suo fratello che invidia. Ora attende una protesta di Ino, una discussione, un tu non capisci nulla, un vaffanculo, un qualcosa che metta la parola fine dapprima a quella vicinanza forzata a un pozzo di parole più vivace di Naruto e poi anche a tutta quella vicenda – frattanto, Sasuke si appunta mentalmente che deve farla pagare al dobe, che si atteggia a suo migliore amico e poi lo mette sempre nei guai.
Attende, ma non arriva nulla. Niente scenate né parolacce, solamente un altro sorriso di Ino, uno dei tanti, uno di quelli che lo stanno accompagnando verso una crisi di nervi.
Perché questa idiota non reagisce come tutte le altre ragazze e se ne va via dandomi dell’insensibile?
Non crede di esserlo – insensibile – ma preferirebbe sentirselo dire, almeno sarebbe una sola parola.  
Non capirà mai le donne, e nello specifico non capirà mai il motivo per cui Ino Yamanaka gli ha cinto la spalla con un braccio – subito scostato da una sua manata brusca.
«Sai, Sasuke-kun, sei proprio come Frontespaziosa. Ma perché vi ostinate tanto a occultare i vostri sentimenti? Sei… adorabile
«Tu hai qualche rotella fuoriposto, invece.» Più di qualcuna, forse tutte. Sarà il Sole, il caldo eccessivo che gli toglie l’aria a danneggiare i pochi neuroni di Ino, ne è sicuro. «Racconta tutte queste sciocchezze a Sakura, quando la vedi, io me ne torno a casa.»
E non lascia spazio ad alcuna obiezione. Gira su i tacchi e via, parte alla velocità di un fulmine. Ma Ino è pronta, ha intuito com’è fatto, e pare anche piacergli.
«Aspetta, dai» gli urla dietro.
«Spero di non rivederti più» la saluta Sasuke. «E lascia che ti dia un consiglio: controlla se spunta qualche tua parentela con un certo Namikaze.» Biondi entrambi, scoccianti entrambi… la cosa è plausibile.
«Ti spiace se ti seguo?» domanda Ino ingenuamente, e Sasuke è combattuto tra l’idea di sfogare tutta la sua rabbia e urlarle contro che deve sparire e la più pacifica soluzione di starsene zitto. Perché Sasuke quando non parla non lo fa per timidezza, ma solo per evitare di causare gravi incidenti a chi lo avvicina troppo. E Ino Yamanaka sta rischiando; dovrebbe ringraziarlo, piuttosto, visto che cerca di non dargli retta.
«Forse se ti siedi un po’ una volta arrivati a casa, potremmo continuare. Mi sembri un po’ stressato.»
«Yamanaka, te lo scordi di mettere piedi in casa mia, chiaro?» Un idiota basta e avanza. E suddetto idiota me la pagherà.
«Ho capito! Preferisci fare tutto da solo! Hai paura che le mie parole possano condizionare la tua idea di Sakura! E va bene, allora ti accompagno e poi torno indietro. Tanto ho una memoria fotografia, non c’è possibilità che mi perda. E poi, se vedo dove abiti, potrei tornarci domani insieme a Sakura, non sarebbe un’ottima idea?»
Sasuke è tentato di risponderle che finché al suo portone d’ingresso – che frattanto hanno raggiunto – si azzecca solamente Sakura, ben venga. L’importane è che lei non si faccia vedere.
Ma tace ancora una volta, per il bene superiore. Oltretutto, non aspira a provare la galera.
«Oh, ma che bella villa, Sasuke-kun!» Ino ammira la sua modesta casetta marittima a occhi spalancati, ma non avanza ulteriori commenti.
Sasuke, intanto, ha infilato la chiave nella toppa. Rimane sbalordito quando si accorge che non è chiusa a chiave e che, anzi, si apre addirittura quando fa per spingerla col palmo della mano.
La sua prima idea è che Naruto sia ancora a casa, ma la esclude subito. Il dobe è troppo curioso per lasciar risolvere tutto a lui e da solo. Sicuramente avrebbe voluto partecipare alla sua riappacificazione con Sakura e l’avrebbe seguito.
Quindi, la sua seconda ipotesi – molto probabile – è che Naruto abbia dimenticato la porta aperta. O forse l’ha lasciata appositamente aperta, temendo di rimanere chiuso fuori se mai lui fosse incappato in qualche bizzarro incidente che l’avrebbe costretto lontano da casa.
Idee alla dobe, insomma.
Sta per entrare – pronto a lasciarsi Ino finalmente alle spalle, già sente il profumo del venticello fresco del ventilatore – quando l’anta si spalanca da sola, e lui quasi cade in avanti.
«Nii-san?»
«Ciao otouto» gli sorride.
Sente commenti un poco esagerati riguardanti l’aspetto di suo fratello alle sue spalle – tipo un ammazza –, e storce un po’ il naso, infastidito.
Itachi si fa di lato, invitandolo a entrare. Poi – e Sasuke non se lo aspettava – si rivolge a qualcuno dietro di lui che non è Naruto – ovvero l’unica altra persona che potrebbe essere presente lì dentro. «Hai visto? Te l’avevo detto che non avrebbe tardato, Sakura.»
«Cosa? Frontespaziosa, ma… ma come fai a trovarli tutti tu?»
 

 



















 

Ok, non pensavo di farcela, mi sento una grande! *____* (???)
Fino a due/tre ore fa, di questo capitolo esisteva un nulla, invece eccolo sfornato. <3
Scusate se trovate qualche errore! Io ho riletto più di una volta, ma mi sfugge sempre qualcosa! =___= In ogni caso, se me lo fate presente aggiusto appena possibile.
 
Poi… qualcuno aveva intuito che si trattava di Itachi. XD
A tal proposito, credete che debba mettere l’avviso OOC? Lo ripeto tipo in almeno una volta per ogni storia (XD), ma io non riesco a giudicare i miei personaggi. Visto che cerco sempre di renderli IC, per me lo sono, ma so che posso sbagliarmi. Quindi, se per voi Itachi (lui è il mio punto debole =___=) o altri sono OOC, ditemi e io metto la nota. ^___^
La si vorrebbe sempre evitare, ma quando ci vuole ci vuole.
Cooomunque, dopo tante peripezie, alla fine siamo giunti a questo incontro tra Sasuke e Sakura. E Hinata e Naruto? =wwww=
Comunque, vorrei spendere mezza parola su Ino: lei non è idiota, sta solo stuzzicando Sasuke. XD Tipo come Naruto, ecco. ^.^
Per ogni problema/critica o altro, sto qua, lo sapete! ;)
 
Intanto, ringrazio chi legge, chi commenta, chi ha aggiunto tra i preferiti (9), tra ricordate (3) o seguite (30). Mi rendete contenta, grazie! ^//////^
 
P.S. Amo il titolo di questo capitolo! *______* Sapete quei lampi di genio? Ecco! X°D “I&I” sta per Ino e Itachi, in caso non sia comprensibile. XD

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei [Parlando lingue diverse] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale


 
 
Capitolo Sei
[Parlando lingue diverse]

 
 



 

 

«Te l’avevo detto che non avrebbe tardato, Sakura.»
E già, eccolo là, infatti. Sakura si sente fissata da Sasuke in modo strano, non riesce a immaginare cosa gli passi per la testa – a onor del vero non vorrebbe neanche supporlo, visto che ha scoperto di non essere bravissima nelle predizioni; in un’altra vita, ricorderà che l’indovina non è il suo mestiere.
Essendo, comunque, stata interpellata da Itachi, le sembra doveroso, se non cortese, spiccicare almeno un ciao, un saluto, una mezza parola. Tuttavia gli occhi che ha puntati addosso – quelli di Itachi, gentili e rassicuranti, quelli di Ino, sbalorditi, all’apparenza invidiosi, anche se forse si sbaglia, e infine quelli di Sasuke, indescrivibili – gli impediscono di muovere labbra e lingua.
Odia il silenzio tanto quanto odia essere al centro dell’attenzione, e in quel momento le due cose stanno coincidendo alla perfezione.
«Ma che ci fai qui, Frontespaziosa?»
Ino, evidentemente, ha lottato contro se stessa con tutte le sue forze, attenuando la sua curiosità soltanto per farla parlare. E ora Sakura non sa se l’abbia fatto perché l’ha vista in difficoltà o perché, come dice sempre, in certi casi bisogna sapere.
Quando Sakura si accorge che nessun’altro ha intenzione di prendere parte alla discussione prima di lei, e che quindi Itachi non risponderà a Ino e Sasuke non aggiungerà nulla, capisce che deve necessariamente scucirsi la bocca.
«S-stavo in spiaggia» enuncia con mezzo filo di voce, «e casualmente ho incontrato Itachi.»
Le pare valida come spiegazione. E lo sarebbe se l’interlocutrice non fosse una ficcanaso che tali ficcanasi del genere non si sono mai visti. Spera almeno che Ino abbia la decenza di domandarle certe cose in privato e di non partire in quarta con osservazioni inopportune partorite dalla sua mente fantasiosa.
«Che culo!»
E ti pareva.
Si domanda ancora perché abbia sperato che Ino si tenesse tutto dentro.
Comunque, non vorrebbe morire – per così poco? Nessuna figuraccia merita la sua testa –, però se potesse liquefarsi e spargersi sul pavimento senza attirare troppa attenzione e troppe domande sarebbe contentissima e soddisfatta.
«Perché non continuiamo a parlarne in casa?» suggerisce Itachi, dato che nessuno pare essersi reso conto Sasuke e Ino stanno ancora alla porta. Fortunatamente, la sua voce rompe l’immagine delle goccioline di inchiostro rosa che sporcano tutto lì intorno che Sakura non riusciva a togliersi dalla testa. «Prego» fa poi, rivolto a Ino.
Sasuke non pare troppo contento delle parole di suo fratello, o almeno a Sakura così pare. Lo osserva cercando di non farsi scorgere, di sottecchi, mentre la supera a passi veloci, diretto verso la prima, comoda poltrona del salottino.
Prima, però, si affianca a Itachi. Sakura nota che misura qualche centimetro in meno in altezza, e ne deduce che debbano avere tre o quattro anni di differenza o giù di lì.
«Non sai a chi hai permesso di mettere piede in casa nostra» gli bisbiglia all’orecchio, a voce sufficientemente alta perché Ino possa sentire.
Soltanto, Sasuke ignora che quando Ino è in estasi – o completa adorazione di un mostro di bellezza –  non connette col mondo. Anzi, il mondo per come lo si conosce non esiste, perché diventa qualcosa tipo completamente insignificante se paragonato al belloccio di turno. Almeno così sostiene la sua migliore amica.
Itachi dedica al fratello un’espressione di monito, ma a modo suo sempre calma e gentile. «Non essere scortese, otouto.» 
«Quella non le merita.» E indica Ino – che frattanto è assorta totalmente dalla visione celestiale di Itachi – col mento, spostandole gli occhi addosso.
Come se fosse stata colpita da un martello in testa, Sakura si rende conto che Ino e Sasuke sono arrivati insieme e che, conseguenzialmente, hanno trascorso del tempo insieme, senza di lei, senza Hinata, né Naruto.
Da soli.
La comprensione di una notizia che ha saputo sin dal primo momento che li ha visti ma che ha ignorato fino a poco prima la fa sentire strana; un po’ infastidita, probabilmente perché Ino non le ha mai nascosto che, effettivamente, Sasuke è un bel pezzo di ragazzo. Non che Sakura ritenga possibile che la sua migliore amica possa farle un torto del genere, dato che ce la sta mettendo tutta anche lei per farla almeno comunicare civilmente con Sasuke, però un fastidioso dubbio le martella nella testa fino a diventare assurdo e insostenibile.
E Sakura si sente anche sporca, in un certo senso, perché sta accusando – anche senza volerlo per davvero – una persona che le è stata vicina dai tempi della culla.
Proprio suddetta persona – mentre Itachi e un imbronciato Sasuke già si dirigono in salotto – le si avvicina e le poggia una mano sulla spalla con forza.
Probabilmente ha fatto ritorno sulla Terra appena Itachi è sparito dietro la porta, invitandole ancora una volta a seguirlo.
«Diamine, Frontespaziosa, e che fortuna che hai avuto!» sogghigna. «Ma non tanto e non solo perché hai incontrato una sorta di semidio, se non un Dio in tutto e per tutto, ma perché… ma dai, ti rendi conto di dove siamo?» abbassa la voce gradualmente, le soffia direttamente nell’orecchio. «Siamo a casa di Sa-su-ke. Hai capito, Sakura? Abbiamo l’indirizzo della lussuosa dimora del tuo bel principe azzurro. Sicuramente, tu non avrai capito nulla né ricorderai alcunché del tragitto spiaggia casa di Sasuke, visto chi era il tuo accompagnatore, ma io ho memorizzato tutto, mentre inseguivo quel maleducato di Sasuke.» Fa la drammatica; si colpisce la fronte col palmo e sbuffa verso l’alto, permettendo al ciuffo di alzarsi di qualche centimetro appena. «Non ti dico che mi ha fatto passare! Poi ti racconto, né? Ora ci stanno aspettando.»
Ino ammicca proprio davanti a loro. Sakura incontra il viso apatico di Sasuke, che pare essersi seccato di tutta quella storia.
«Volete rimanere alla porta per sempre o ve ne state andando?»
«No no, sta’ pure tranquillo che arriviamo» risponde Ino, col chiaro intento di irritarlo. Poi prende Sakura per il polso e se la trascina appresso. «Non trovi sia adorabile, no?»
Sakura si sforza di sorridere.
Se prima si è scoperta strana, adesso è ancora peggio. Si è tranquillizzata dei sentimenti di Ino e si è ripetuta di essere un’idiota che non si fida di chi darebbe l’anima per lei. Tuttavia, il modo in cui si stuzzicano quei due la fa sentire gelosa a morte, un po’ come quand’era bambina.
Ino incarnava sempre la perfezione, sia nell’eleganza che… in tutto – Sakura non ricorda qualcosa in cui la Yamanaka non eccellesse – e lei ne era sempre stata invidiosissima, sebbene le avesse sempre voluto un bene dell’anima. Si era appellata in più di un’occasione a Ino, quasi la vedesse come un modello da seguire perché è più brava di me in tutto, e da chi è più bravo posso soltanto imparare.
Poi, subentrò la gelosia, quella che si prova verso i fratelli o le sorelle più in gamba, quelli o quelle che si guardano dal basso e non si possono raggiungere.
Certo, un po’ le cose sono cambiate, ora; per esempio, Ino frana di continuo a scuola mentre lei sfiora l’eccellenza, oppure, anche lei ha acquistato dei punti in bellezza ed eleganza.
Tuttavia, il feeling che vede tangibile tra Ino e Sasuke la turba tantissimo, facendola sentire come la bambina di quattro anni che, nascosta dietro un cespuglio o qualsiasi cosa la coprisse, guardava Ino con occhi pieni di ammirazione mista a voglia di sbocciare e diventare bella come lei.
Intanto, malgrado la mente abbia passeggiato per viali alberati fatti di ricordi, Sakura si è ritrovata seduta, con le ginocchia incollate tra loro e le mani serrate in due pugni.
E’ nervosissima.
Visto che aver incontrato il fratello di Sasuke, essere portata dalla furia degli eventi proprio a casa del suddetto ragazzo dei suoi sogni, dubitare della sua migliore amica e prepararsi all’istante due tre frasette di circostanza da poter dire a Sasuke, almeno per iniziare un colloquio, non è sufficiente, la mente le ricorda d’improvviso che sta indossando un costume a due pezzi.
E che ha indossato lo stesso costume a due pezzi anche quando a farle compagnia c’è stato solo Itachi. Oh Kamisama, non che abbiano avuto chissà quale tipo di contatto – eccetto qualche occhiata normalissima e per nulla maliziosa –, però…
Lui è un bonazzo. Non ci piove assolutamente.
Sakura è stata a casa sua da sola con lui.
Un nonnulla l’ha separata dall’essere solamente nuda pelle.
Potrebbe rispondersi che, ovviamente, lei è al mare, in vacanza, e che al mare tutti indossano un costume. Logico, no? Ma allora perché le prospettive le mutano se considera di non essere in spiaggia e di non essere circondata da gente che come lei indossa pochi stracci?
Che poi, a pensarci soltanto Itachi è vestito lì dentro, mentre lei, Ino e Sasuke… Kamisama di nuovo.
Oh Kamisama per davvero.
Ma i genitori di quei due come diamine sono? Cosa sono? Alieni, per caso? Perché generare due figli mozzafiato come Itachi e Sasuke, beh… tanti ma tanti complimenti.
Sakura si sta accorgendo che ha avuto gli occhi troppo chiusi, fino ad adesso – insomma, come non considerare che Sasuke sia un… un… ha finito persino gli appellativi… ragazzo fuori dal comune e quindi perdonarlo all’istante sebbene il piccolo diverbio al bar? – che però si stanno pian piano riaprendo al momento poco opportuno.
E cosa ti dicono gli occhi che passano alla mente certi panorami umani da sballo, Sakura?
Sasuke ha dei pettorali. Meglio fermarsi e non qualificarli con qualche aggettivo, potrebbe perdere talmente tanto sangue dal naso da combinare un macello a terra.
Sasuke le sta mostrando tipo un quinto di come mamma – benedettissima donna – l’ha fatto. E, Kamisama ancora, deve aver usato una ricetta particolare, questa donna.
Sasuke è uno stramaledettissimo figo, mezzo nudo, seduto comodamente sul divanetto, con le gambe appena un po’ allargate – ma che cavolo vai a guardare, baka? – e un’espressione assorta che Sakura si alzerebbe e lo abbraccerebbe solamente per poterla guardare meglio.
Sta raggiungendo limiti cronici, forse è meglio smetterla.
Un’ultima cosa le sovviene: ha già detto che è uno stramaledettissimo figo? Forse sì.
«Ma allora?» La voce soave è proprio quella dell’oggetto delle sue recentissime contemplazioni da fangirl incallita che non vede un uomo da secoli. «Come mai siete qui?»
«E tu come mai sei così arrogante, Sasuke-kun?» sbotta Ino in risposta, velocissima, «Stavi in spiaggia anche tu, vuol dire che la cercavi. Ma allora perché comportarti in questo modo, come se non la volessi in casa, o come se, peggio, non te ne importasse?»
Trauma. Trauma. Trauma.
In altre occasioni, Sakura tenterebbe di intromettersi, di farsi sentire, di alzare la testa, portare il palmo davanti alla faccia di Ino e dirle stai tranquilla, lasciami fare, ma il silenzio le appare come il migliore dei rifugi, dalle braccia calde e accoglienti.
Sa, però, che le cose non dovevano cominciare così. Beh, quando si inizia male si finisce peggio, si sa, ma un po’ di speranza la si ripone lo stesso.
Sasuke, però, apre bocca per ribattere, rapido anche lui, ma con altrettanta rapidità la richiude. E la riapre ancora. Borbotta qualche sillaba senza troppo significato, come se volesse esprimersi ma non ci riuscisse.
Come se tentasse di giustificare l’ingiustificabile, di obiettare di fronte alla verità.
Infine sbuffa e mugugna parole tra i denti, rifugiando il volto verso la spalliera del divanetto, in un tentativo malriuscito di mostrare, anziché imbarazzo, indifferenza totale.
Sakura scosta lo sguardo da Sasuke a Ino e infine a Itachi. Lui osserva il fratello con molta attenzione, lasciando, però, intravedere appena appena che lo sta fissando.
Non si immischia, ne dà segno di volerlo fare nei prossimi minuti.
Su, su. Respiro profondo. Riempie i polmoni finché non le urlano di star per scoppiare, si rilassa, pronta a cogliere l’attimo giusto. Non può permettersi di farsi anticipare, né di balbettare, né di sparare stronzate.
Sincerità, schiettezza, spontaneità.
Tre S.
E pure Sasuke, a volercene aggiungere una quarta, ma quello, più che un mezzo, è l’obiettivo finale da raggiungere.
«Scusami se ti sto causando tutti questi problemi» inizia Sakura, mesta. Respira, sta per pronunciarlo; non ricorda se lo ha già chiamato, se ha già sillabato il suo nome in sua presenza o se se lo sia solamente ripetuto nella mente talmente tante volte da esserselo impresso. «Sasuke.»
Sasuke.
E’ stupido ritenere melodioso il nome di una persona?
«Mi…» Boccata d’aria. «Mi faceva soltanto piacere…» E che fatica pronunciare parole sincere. «Incontrarti.»
Che parto!
Che poi le fa rabbia.
Fondamentalmente, Sakura non è timida. Le basta approcciarsi e fila tutto dritto come l’olio, perché ha una personalità curiosa e che si fa sentire. Le fa rabbia non riuscire a comunicare con lui come vorrebbe, per farsi conoscere per com’è.
La presenza di Ino – che, come i suoi occhi attenti e vispi dicono, pare volerle suggerire le battute tratte da chissà quale film d’amore – e quella di Itachi non sono il massimo per lasciarsi andare.
Forse, oltre a essere fisicamente quello che è, Itachi ha qualche dote da veggente. O da mago, visto che si alza dalla poltrona non appena Sakura conclude la sua osservazione.
«Devo ancora disfare le valige» comunica a Sasuke, sintetico.
«Piuttosto, non era previsto che rincasassi così presto. Ti aspettavamo per la settimana prossima, o al massimo per il week-end» commenta Sasuke.
Itachi gli sorride in risposta. «Sei molto felice di vedermi, otouto.»
«Tsk, ma che c’entra…»
«A proposito… dov’è Naruto-kun?»
Se Sasuke avesse un bicchiere di qualcosa, lo sputerebbe dritto davanti a sé. Dalla sua faccia, Sakura ipotizza che abbia dimenticato il suo amico.
Ora che ci penso, anche Hinata…
«E’ in giro a perdere tempo come suo solito. Nessun pescecane potrebbe avere dei gusti tanto pessimi da sbranarselo.»
Ino ride di gusto, e contemporaneamente si alza anche lei dalla poltrona. «Non sapevo fossi anche un comico, Sasuke-kun.»
Sasuke l’ammonisce con lo sguardo.
«Allora rincaserà quando vorrà, lo sa» conclude Itachi, sbrigativo. «A dopo» saluta lei e Ino.
«Intanto io…ehm, io potrei…» Ino guarda Sakura, per la prima molta allarmata. Ha tutta l’aria di chi vuole andarsene ma non sa dove e né perché. Si guarda intorno, in cerca di un’idea; chissà quante ne starà formulando la sua mente superattiva. Poi s’illumina, e Sakura sa che avrà via libera.
«Ma sono adorabili!» esclama, sorprendendo sia lei che Sasuke. Si avvicina di corsa a una pianticina sul davanzale con tanti fiorellini violetto che salutano i raggi del Sole. Poi, si sporge dalla finestra aperta, a mezzobusto. «Ma avete un giardinetto qui dietro? E’… adorabile!»
«In realtà sono erbette spontanee» spiega Sasuke, frettoloso.
Sakura si sente svenire e Ino se la ride della grossa, forse per sdrammatizzare. «Ma poco importa! I miei hanno un negozio di fiori, e io, conseguenzialmente, adoro tuuuutto ciò che fa parte anche lontanamente con la botanica! Voglio dire, che siano fiori colorati, alberelli, erbette da giardino, spontanee o destinate al palato di una qualunque capra, vanno benissimo lo stesso, mi affascinano e… posso andare a vederle?» sorride ammiccante verso Sasuke, come a convincerlo col suo charme.
Ma è chiaro che non ce n’è bisogno, dato che l’unico desiderio di Sasuke pare, al momento, quello di levarsela dai piedi.
«Va’ pure, basta che la finisci» le consiglia, infatti.
«Grazie, Sasuke-kun, sei un tesoro!» Gli manda un bacio simbolico, da lontano. «Te le tratterò bene.»
E, dopo avere salutato Sakura con sorrisetti, pollici in su e altissimi in bocca al lupo, Frontespaziosa! Crepi! – ed essere stata vista e udita da chi non doveva –, sparisce in un lampo dietro l’anta del portone principale.
Sakura punta alla finestra e ne nota la figura sbarazzina che finge di dar attenzione a ogni singola foglia attaccata a qualche piantina.
Intimamente la ringrazia e la maledice insieme. Perché le ha dato la possibilità di camminare da sola e di farsi finalmente conoscere e perché l’ha abbandonata al suo destino infame – ancora una volta, la prima con Itachi, anche se inconsapevolmente.
Bene.
Rilegge in un microsecondo tutte le raccomandazioni che s’è già fatta miliardi di volte e tira – intimamente – un respiro profondo. L’ennesimo, ormai.
Su, rotto il ghiaccio poi sarà semplice.
«C’hanno lasciati da soli» comincia titubante, rifacendosi all’unico dato di fatto cui – le pare – si può appellare.
«Sì, lo so.»
Ah… sì, lo sa.
E sorride, lei, l’idiota.
Allora, immagina di poter provare con un esaltante complimento. Magari funziona. «Hai una casa enorme. E’ bellissima, mi piace!»
Sasuke alza a malapena gli occhi dal pavimento e, quando Sakura crede che davvero abbia catturato un minimo della sua attenzione, rimane delusa dallo sguardo seccato che incontra. «Lo so.»
E sì, sa pure questo.
Però… «Sono felice.» Questo non puoi saperlo, Sasuke. «Ho sempre sperato di poterti vedere un giorno.»
Il cuore le batte a mille al secondo, sente battere persino nella testa. E’ tutto un bum, bum, bum che si mischia alle sue parole; Sakura non sa nemmeno se Sasuke stia riuscendo a sentirla veramente in mezzo a quel trambusto di cuore innamorato.
Si tortura le labbra, si morde la lingua. Sta morendo di vergogna nel rivelarsi, come se stesse lasciando leggere a qualcuno un ipotetico diario segreto.
Ma non vorrebbe sparire, no. Basta.
«Sai, in realtà ti ho sempre visto.» E ora gli occhi di Sasuke che la guardano non lo fanno a metà, non lo fanno con disinteresse. «Probabilmente lo riterrai stupido, ma sono riuscita a guardarti nelle parole che scrivevi, in quelle poche confidenze che riuscivo a strapparti e che… che conservo come pezzi visibili della tua amicizia, pezzi speciali, perché sono solo miei. Ti ho visto nella serietà e nella profondità dei tuoi discorsi e nelle tue riflessioni accurate su qualche argomento sul quale abbiamo discusso.» E’ rossa, la voce le trema, ma non riesce ne può fermarsi.
Hanno cominciato col piede sbagliato, per una serie di motivi avversi hanno pasticciato il loro futuro e hanno disseminato qualche trappola birichina solo per ritardare il loro incontro.
«E poi ti ho visto anche con gli occhi della mia fantasia. Sai, mi è successa una cosa strana… non sono riuscita a darti un volto. Hai presente quando leggi di personaggi dei libri e te li immagini in un modo tutto tuo? Con te non ci sono riuscita.»
Perché mi sono accorta dopo pochissimo che per me eri una persona speciale, una persona troppo perfetta alla quale io potessi donarti un viso scaturito dalla mia fantasia.
Ma questo è troppo presto per dirtelo.
«Quindi, è meglio precisare che sono felice di poter associare anche un volto a un tuo nome.»
E poi tante domande.
E tu? Tu come mi immaginavi, Sasuke? Ne sei deluso? Mi ritieni brutta, credevi fossi migliore? Dimmi qualcosa, Sasuke. Qualsiasi cosa. Parlami. Lasciami imprimere anche il suono di te nella mente, oltre che lo spirito e il viso.
Concedimelo, per favore.
«Non sono stato io a mandarti la mail.»
Non c’è strafottenza nel suo tono di voce, ne voglia di rompere delle nuove speranze, ma solamente il desiderio di essere sinceri.
Adesso, Sakura non ricorda se Ino o Hinata le hanno detto qualcosa di simile, però, in ogni caso, sentire quelle parole proprio da lui le infonde una strana sensazione.
Si trova a oscillare tra due fuochi opposti, ovvero la tranquillità del non fa nulla, lo immaginavo, l’importante è di poterci vedere adesso, e l’angoscia dell’allora, fosse stato per te, non avresti voluto vedermi?
Sakura riesce soltanto ad alzare goffamente le spalle, colpita in pieno. Non si aspettava esattamente un discorso simile da parte di Sasuke, non dopo aver aperto così il suo animo, ma meglio prima che dopo.
«E allora che cos’è successo?» domanda innocentemente, mostrando la curiosità di una bambina mentre l’angoscia la rosica da ogni parte.
«Naruto, l’altro ragazzo, quello biondo. Probabilmente voleva farmi uno scherzo.»
«Ah.»
Ah. Ok. Va bene.
Se si alza e se ne va sembra scortese? Non vuole prendersela con Sasuke, ma sente che quello non è il posto giusto per lei, o almeno non lo è ancora.
Ma lei può aspettarlo anche per molto tempo, se Sasuke ritiene che i tempi siano ancora immaturi.
Sasuke appoggia i gomiti alle ginocchia, il mento sui palmi intrecciati delle mani. Scosta gli occhi dai suoi, fissa un punto indefinito altrove. «Di solito gli scherzi non gli riescono. E’ strano che stavolta…»
Sakura si concede del tempo per metabolizzare le due notizie che l’hanno sconvolta in maniera diversa.
Sa continuare la frase di Sasuke. Lo sa fare alla perfezione.
E’ strano che stavolta ci sia riuscito.
«Sei contento di vedermi?» gli domanda a bruciapelo, emozionata ancora di più.
Le spalle di Sasuke sobbalzano impercettibilmente, e infatti Sakura, imbambolata totalmente, nemmeno se ne accorge. «Ora non ci allarghiamo troppo.»
La timidezza? E cos’è?
La paura di non farcela? E cosa non potrei fare? Posso tutto.
Sakura non è al settimo cielo. Ma all’ottavo, al nono, al decimo, li ha superati tutti.
Il cuore le partirà presto verso una destinazione sconosciuta, probabilmente –  vista la velocità a cui sfreccia – compirà il giro del mondo in mezzo secondo.
Ride. Sorride come una scema, senza ritegno.
E’ felicissima.
«Io...»
Sasuke si alza, lei non gli stacca gli occhi di dosso nemmeno, a momenti, quando sbatte le palpebre. Però non vuole che se ne vada.
«Sasuke, scusami… posso…» si morde il labbro, un po’ bambina, un po’ troppo contenta per sapere cosa stia facendo davvero, «posso abbracciarti?»
Sasuke non fa in tempo a risponderle che lei gli si è già lanciata contro, senza – lo riconosce – troppa grazia. Ma i sensi di colpa, eventualmente, verranno dopo.
Lo fa indietreggiare di qualche passo fino a cadere sul divanetto – sicuramente scomodo per stendersi.
Sakura continua a sorridere senza smetterla più, dimentica di Itachi che sta in qualche stanza più in là, di Ino che sicuramente la starà spiando, di Naruto che potrebbe rientrare a momenti e anche di Hinata, che sicuramente starà ancora in sua compagnia.
Tutto, ha dimenticato ogni cosa.
Esiste solamente Sasuke sotto di sé, che si lamenta in maniera rumorosa del suo peso senza però cacciarla via.
Sasuke che accidentalmente le ha cinto la vita con un braccio – il braccio schiacciato contro lo schienale del divanetto, perché, sennò, pressato contro di esso fa male.
Sasuke che è semi nudo sotto di lei, che non è più vestita.    
Sasuke che le respira contro il braccio che lo sta costringendo a una stretta soffocante.
E niente, va bene così.
«Non vedevo l’ora di incontrarti, davvero» gli bisbiglia all’orecchio. «Davvero, Sasuke. Io… lo desideravo veramente.»
E mi piaci da impazzire, ora più di prima.
E ti amo, diamine.   
Ti ci vorrà molto per capirlo? Oppure… l’hai capito già?
«Lo so, me l’hai già detto. Ora togliti.»
Sai molte cose, troppe. Mi sa che ne sai altrettante anche di me. E lo sai che ti amo?
Sakura, invece, tuffa ancora di più la testa nell’incavo del suo collo. Si permette di scoccargli un bacio, un po’ per errore, un po’ per un desiderio impossibile da contenere. «No! Mi hai fatta penare a morte, figurati se abbandono il mio amico Sasuke così presto. Ino dice che gli abbracci devono essere convincenti» e ride.
Sasuke vorrebbe togliersela di dosso, ma, e Sakura lo ha capito, è leggermente imbarazzato al contatto delle sue mani coi fianchi di lei. O, perlomeno, Sakura così suppone.
«Non pensavo fossi così uguale alla bionda» sbotta lui.
«Mettiamola così, è la mia sensei.»
Sakura si alza sui gomiti – poggiandoli sul petto scolpito a perfezione, che vorrebbe toccare fino a memorizzarlo –, indietreggia a malapena giusto quel po’ che serve per guardarlo meglio in faccia. Nel farlo, però, finisce per strusciarglisi contro, sulla pelle, su tutto il corpo.
Sulla sua intimità.
E il problema è che sente uno strano calore che sa di desiderio.
Fermi tutti!
Lo ha sentito sotto di sé ed è avvampata, di nuovo. Sente ancora il cuore battere per la gioia di prima, anche se adesso è un altro il desiderio che, insieme alla felicità, le sta massacrando il petto a colpi di fucile.
«Sc… scusa…» borbotta imbarazzata.
Va a studiare l’espressione di Sasuke – senza sapere cosa aspettarsi – e lo trova vagamente interessato alla seconda scarsa di seno che lei gli ha causalmente mostrato su un piatto d’argento.
Spera che se lo sia immaginata, ma le pare di scorgere un mezzo sorrisetto sulle sue labbra.
Basta poco per farla ripiombare in uno stato di sei un’idiota, sei un’idiota, sei un’idiota, e di ma che cazzo sto facendo, perché nessuno mi ha fermata.
Più rossa di lei, non sa cosa possa esserci.
Si alza di scatto, cercando di darsi una sistemata – ma una sistemata a cosa, se indossa solo un due pezzi? –  e di inventare scuse plausibili per Ino.
Prima, però, occorre sfuggire alle occhiate o ai commenti di Sasuke. Sakura spera che, vedendola girata di spalle – perché con che coraggio potrebbe guardarlo in faccia? –, se ne resti in silenzio come ha sempre fatto e che, magari, si eclissi da qualche altra parte almeno per una ventina di anni.
Davvero, preferirebbe che non le dicesse nulla.
Invece, lui poggia il mento sulla sua spalla. «Non pensavo ci volesse così poco per convincerti.»

 
 
 
 















 
 
 
HOLA! *_______*
Quanto ci ho messo per scriverlo? Tipo… circa tre o quattro ore. E non so come va.
Diciamo che, ehm, non doveva andare a finire sull’arancione (anche se forse è troppo, ma servirà/potrà servire in futuro >____>”), però è successo.
Questi due sono nati per spassarsela! *çççççç*
No, basta basta… >___>
 Non so se sfoceremo nel rosso. Diciamo che se voi volete io potrei pure provare – ho un pessimo rapporto col rating rosso ^^” –, ma per i lettori si fa questo e altro. Ù____Ù”
Poi… non so se la felicità di Sakura sia credibile.
Diciamo che io se incontrassi un mio amico di chat lo abbraccerei. Forse non con così tanta foga, ma ricordo che Sakura, uno, ne è innamorata, e, due, non è timida come me(?) – sì, Hikari è una timidona peggio di Hinata, anche se non sembra >____>
E niente, spero che siano emozioni che comprendete e ritenete vere (sempre nell’ambito di una fanfiction che punta alla descrizione anche di un po’ di realtà <3).
Scusate eventuali errori. Sono le due e un quarto di notte e può essermi sfuggito qualcosa. Domani, comunque, rileggerò ancora. =.=
Per Hinata e Naruto state tranquilli. Volevo inserirli, ma veniva un macello poi! XD La prossima volta non scappano! XD
Intanto, ringrazio:
-chi legge&commenta (grazie dei commenti, li apprezzo a morire, davvero *____* ma anche le visualizzazioni >w<);
-chi preferisce(10);
-chi ricorda(4);
-chi segue(32).
 
Grazie. :D

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette [Ed è quando va tutto bene che partono i piani diabolici] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 
 



Capitolo Sette
[Ed è quando va tutto bene che partono i piani diabolici]

 
 
 
 






Hinata sorseggia il suo tè pian piano.
«N-Naruto, non vorrei sembrarti scortese, ma si è fatto tardi, le mie amiche mi staranno già cercando» gli ha fatto notare poco prima, approfittandosi di una sua boccata d’aria per rifocillare i polmoni tra un aneddoto e l’altro.
Lui ha scoccato il palmo contro il naso, dandosi dell’idiota per più di una volta. «Accidenti, scusami!» Poi si è massaggiato la nuca, mettendo su un sorrisetto dispiaciuto e angelico che Hinata non è riuscita ad attribuire a nessuna creatura umana. «Allora ci prendiamo un tè freddo e poi andiamo alla ricerca delle tue amiche! Offro io, ovviamente. Senza obiezioni.»
Le ha mostrato il pollice, felice, e l’ha condotta al bancone, per ordinare. Hinata l’ha trovato particolarmente buffo quando, dopo aver spulciato in lungo e in largo il portafogli, è saltato su, tutto imbarazzato, facendole capire col rossore del volto e lo sguardo sbieco rivolto in giù che ha finito i soldi.
«Non ti preoccupare, offro io» gli ha proposto allora.
Naruto si è mostrato un po’ titubante, ma alla fine gli è andata bene, a patto che si rincontrassero al più presto possibile – e a Hinata è mancata l’ria in colpo per la strana sensazione di felicità provata – e lui potesse sdebitarsi a dovere.
Ed è per questo che adesso la ragazza fa di tutto per prelevare quanto meno tè sia possibile a ogni sorso. Vede quella tazza come a una clessidra, che si svuota man mano e segna il tempo che rimane da passare insieme.
Naruto sbatte troppo forte la tazza sul tavolo, esuberante come si è fatto conoscere in quella giornata. «Secondo te dove sono le tue amiche?»
Hinata si intimorisce. A dirla tutta non ne ha la più pallida idea. Non ci ha pensato per tutta la giornata, per tutte le ore che ha trascorso in compagnia di Naruto. E dire che lei di solito non si fida tanto rapidamente, ma lui – riflette – ha qualcosa che manca agli altri. A pelle. Le piace. «Non lo so. Spero solo che siano ancora in spiaggia» ammette.
«Lascia fare a me, mi è venuta un’idea!» sbotta all’improvviso, avvicinando troppo il naso al suo. Hinata sente il respiro fresco di Naruto sulla bocca e, senza neanche avere a disposizione uno specchio, sa di essere divenuta di color palloncino rosso fuoco. «Anziché cercare per tutta la strada, andiamo a casa del teme e proviamo a telefonarle» aggiunge Naruto, convinto. «Se rispondono, almeno evitiamo di andarcene a zonzo per tutta la spiaggia. Che ne dici?»
Hinata ignora la validità di quel piano. All’inizio è piuttosto insicura sulla risposta da dargli, però poi le balena l’idea che, recandosi a casa di Sasuke, magari anche senza incontrarlo,  potrà ottenere il suo indirizzo e riferire l’informazione a Ino e a Sakura.
«Va bene, allora» gli risponde.
Inoltre, deve farsi anche perdonare il fatto di aver parlato di tutto, con Naruto, tranne che di un possibile futuro di Sakura e Sasuke. Il fatto è che lui è un ragazzo interessante, che parla tanto e che non sempre sa cosa dice. Ma a Hinata piace lo stesso. Le piace la sua naturalezza, il suo modo di incespicare anche nell’esprimere i concetti più elementari. E poi ha un tono che la cattura piacevolmente, da cui si sente attratta. Solo che immagina già l’interrogatorio montato su da Ino e Sakura al suo ritorno. Le sua amiche si impicceranno al massimo, puntellandola con qualche battuta che, lo sa già perché si conosce troppo bene, la farà arrossire di brutto.
«Allora quando hai finito il tuo tè andiamo» conclude Naruto, gettando un’occhiata alla tazzina tra le sue mani, come se volesse scrutarne il fondo. E Hinata trangugia tutto alla velocità della luce, intimidita.

 
 
 

*   *   *

 
 
 

«Restate a cena da noi?»
«No no no no, assolutamente no, Itachi-san, non vogliamo disturbare» squittisce Ino, melodiosa. «Non vogliamo disturbare più del necessario.»
«Nessun disturbo, eventualmente» garantisce Itachi, sorridente. Sente uno sbuffo appena accennato provenire dalla sua destra, e intuisce. «Vero, otouto?»
«Dipende da chi resta, nii-san» è la sua risposta scontrosa.
«Già, finché resta solo Frontespaziosa ti va bene, né?»
«Tsk.»
«Ino!»
Per un istante cala il silenzio. Sakura sa già che, avendo risposto allo stesso tempo di Sasuke, s’è meritata, oltre a un’occhiata maliziosa della sua migliore amica, anche un intervento – sempre della suddetta – poco opportuno. La prega con gli occhi di tacere e di starsene per una buona volta in silenzio, tenendosi per lei tutti i commenti relativi a un’eventuale futuro da sposini e roba varia. Ma, già scrutandola a fondo, capisce di essere stata una sciocca anche solo a desiderarlo.
«Sasuke-kun, Frontespaziosa, vedo che la sintonia è ottima» ammicca allora, donando ai presenti un sorrisone poco confortante.
Sakura affonda in un religioso silenzio pieno di vergogna, mentre Sasuke tossisce, imbarazzato. Le guance rossicce lo dichiarano bene bene, quasi avesse un cartellone appeso al petto con su scritto mi sto terribilmente vergognando. «Puoi spiegarmi il motivo per cui devo ancora sopportarti in casa mia a quest’ora?» domanda a Ino, cercando di darsi una sicurezza che non ha del tutto. «Forse non mi sono spiegato a sufficienza, ma la porta è quella lì, la vedi?» chiede retorico.
Stavolta è Sakura a intervenire, senza aver coscienza di starlo facendo per avere parte anche lei alla discussione – ottenendo anche un po’ d’attenzione da Sasuke, ora che le cose vanno lisce come devono – o soltanto per impedire un divertente litigio tra i due. «Ci devi scusare Sasuke-kun. Stiamo cercando di rintracciare Hinata al cellulare, ma evidentemente non è ancora tornata.»
Sasuke lascia cadere il discorso, facendo capire, grazie al suo finto disinteresse, di aver inteso. Però non è il silenzio a scendere tra tutti loro.
«Sicuramente sta col tuo amico biondo… Naruto. Mi gioco tutti i vestiti che ho nell’armadio!» osserva Ino, sprezzante di gioia – e quindi con tante pellicole mentali che partono in automatico, pensa Sakura.
«Poveraccia» è l’unico commento di Sasuke.
«Quindi è per questo che siamo ancora qui» conclude Sakura, nel disperato tentativo di riportare la discussione al binario di partenza. Anche se, riflettendoci, anche lei è sicura che Hinata stia ancora non Naruto. E’ fermamente convinta che sia lei che Ino stiano facendo pressoché gli stessi pensieri: Hinata dovrà cantare come un usignolo al suo ritorno.
«Qua vi sistemate tutte» sospira Ino nel suo orecchio, mormorando. «Con tutti questi bei giovanotti in giro è un peccato che sia fidanzata e, soprattutto, che ami il mio Shika così tanto.»
D’un tratto, mentre il sibilo della bionda ancora le si perde nell’orecchio, le teste dei presenti si voltano verso la porta come se fossero un solo corpo.
«Dobe» dice Sasuke, intuendo a chi appartenga la voce all’esterno.
Poi il campanello suona – Naruto non ha le chiavi – e quando Itachi fa per andare ad aprire, Sasuke lo afferra per l’avambraccio, saldamente, tirandolo all’indietro.
«Lasciamolo fuori, è meglio. Se poi cacciamo via anche sua sorella gemella separata dalla nascita» e l’occhiata a Ino è d’obbligo, «vedrai che pace.»
Per un attimo Sakura prende seriamene la cosa. La spaventa la possibilità – remota, spera – di trovarsi da sola con… con i due fratelli padroni di casa. Perché è in costume – e nemmeno Sasuke ha avuto la briga di cambiarsi – e perché quei due hanno uno strano effetto su di lei, lo stesso, immagina, che farebbero a qualunque ragazza a una prima, a una seconda e pure a una millesima occhiata. Per fortuna, la probabilità sfuma del tutto quando Itachi si svincola facilmente dalla presa di suo fratello e gli dice, rimproverandolo bonariamente, di non doversi comportare così.
«Ciao Itachi, non sapevo che fossi già tornato!» saluta Naruto, possente. Poi subito muove gli occhi a cercare Sasuke. «Teme, devo usare il telef… no, forse non ce ne sarà bisogno.» Rimane a bocca e occhi aperti, a fissare impallidito sia Sakura che Ino. Sposta gli occhi a Sasuke, lo vede calmo e rilassato – nella sua norma, almeno. Osserva che nessuna delle due ragazze presenta segni di tortura o di altro maltrattamento, quindi qualcosa deve essere cambiato dall’inizio di quella vicenda. Intuisce, suo malgrado, di essersi persa qualcosa di molto importante.
«Mi sono perso un mucchio di roba, immagino» sentenzia per se stesso. Il sorriso, però, gli ritorna subito, spontaneo. «Va bene, teme, vorrà dire che mi racconterai tutto dopo.»
«Non c’è niente da raccontare» borbotta Sasuke, il naso piantato ostinatamente verso il basso.
Naruto lo ignora. «Dai Hinata, entra, stanno tutti qua! Mancavamo solo noi, in pratica» ride.
Hinata entra lentamente, salutando con voce flebile con un buonasera stentato.
Sakura, a vederla, scatta di filato verso Ino, aspettandosi un qualche suo intervenuto sbagliato sul fatto che fosse stata con Naruto per tutto il tempo, proprio come la bionda aveva fatto con lei prima. Ma niente. Ino è mutissima, le labbra serrate che, però, si schiudono presto in un ghigno da brividi.
«Va bene» si alza in piedi, le mani ai fianchi. «Direi che ora possiamo andare per davvero.»
«Ma perché? Dai, restate un altro po’!» prova Naruto, lamentandosi come un adorabile bambino. «E’ ancora presto per cenare, ma potreste intrattenervi qui a chiacchierare un altro po’ e poi…dai Sasuke, diglielo anche tu.»
«Arrivederci ragazze» fa lui, invece, e al che Ino e Sakura ridacchiano – ormai hanno capito un bel po’ del modo di fare di Sasuke.
«E poi non dovevi farti raccontare delle cosucce, Naruto?» ammicca Ino, rivolta prima a Sakura e poi a Hinata. «Ti assicuro che ce n’è di roba. E sai, anche noi abbiamo indagini da svolgere» ride sotto i baffi, toccando la spalla di Hinata col palmo della mano.
E così si salutano, dandosi appuntamento per l’indomani.

 
 
 

*   *   *

 
 
 

Quella notte – la notte è l’ideale per raccontarsi, ragazze! – Hinata è stata capace di definire un resoconto dettagliato del suo pomeriggio con Naruto senza svenire. Ha balbettato in alcuni punti, si è gettata con la testa contro il cuscino fino ad affondarci di fronte a qualche osservazione maliziosa di Ino, ma ha parlato. Per Sakura, poi, è stata la stessa Ino a raccontare fin troppo nei dettagli del loro caloroso discorso.
«Con un abbraccio fin troppo caloroso, dico bene?» le ricorda Ino per la miliardesima volta.
Sakura ha provato a ribattere in qualunque modo, passando dal balbettio confuso fino a uno schietto e sostenuto sei gelosissima, Ino, vero? ma non c’è niente che metta freno alla lingua arguta della sua amica.
«Dobbiamo organizzarci bene per domani.»
Sono le due di notte. Sakura non capisce nemmeno più come si chiama, ha ore e ore di stress accumulato e di sonno perso e vorrebbe soltanto dormire. Hinata, al suo fianco, ha già gli occhi semichiusi e le orecchie fintamente sturate.
«Ma come diamine fai?» le chiede Sakura, lasciandosi rotolare sul letto fino a mettersi a pancia in giù. Si appoggia sulle ginocchia e tenta di guardare Ino con una lucidità che però non le appartiene più. «Pensa a dormire, ne riparliamo domani.»
«Frontespaziosa, domani sarà troppo tardi. Tardi, mi capisci? Non ti basta la sua amicizia per conquistarlo. Lo si vede lontano un miglio che quel tizio è tarato sui sentimenti. Quando gli hai parlato ci mancava soltanto una colonna sonora tipica dei film d’amore per rendere il tutto perfetto. Insomma, Frontespaziosa! Invece di sbadigliare, ci pensi che ti sei dichiarata e lui non ti ha filato per nulla?» sbotta Ino, prendendo la questione sul personale. A onor del vero, ne sta facendo un affare di stato da quando ha saputo che Sakura chattava con un misterioso individuo, mesi prima.
In risposta, Sakura spalanca una bocca che farebbe invidia al dinosauro più terrificante dei libri di fantascienza. In altre occasioni si sarebbe preoccupata, ma ha conosciuto Sasuke anche di persona, lui non l’ha respinta più, pare anche lanciare qualche segnale che le fanno pensare a un suo vago interesse. Inoltre, basandosi sul presupposto indispensabile secondo cui Ino non ha mai ragione, sa di potersene stare tranquilla. «Dai Ino…» la esorta nuovamente.
La ragazza non si scompone. «Dormite pure ragazze, dormite» dice loro, con aria superiore. «Ma non li conquisterete mai senza i miei piani geniali. Hinata-chan, vale anche per te. Tanto abbiamo visto come guardi Naruto-kun
A sentirne il nome, Hinata sobbalza leggermente, spalancando gli occhi perlacei. Farfuglia qualcosa di impastato, in protesta, ma né Ino né Sakura riescono a capirla.
«Dovremo perdonarla, forse» fa Ino, magnanima. «Scommetto che è la prima volta che passa la giornata da sola con un ragazzo dai tempi di…Kiba all’asilo?»
«Boh, non lo so» commenta Sakura, mezza dormiente.
Ino resta a squadrarla un po’, finché non si rende conto di essere davvero l’unica pimpante in quella stanza. Allora sbuffa, fingendosi irritata, si getta sul letto scoperto e fresco e saluta le altre due, che già sono partite per il mondo dei sogni.
Se non ci fossi io a pensare anche per loro…
 
Hinata si sente scuotere per il braccio e ode anche una voce che prova a parlarle. Resiste all’impulso di aprire gli occhi, ritenendo che la pace e la tranquillità in cui è immersa siano troppo belle per lasciarsi sputare fuori.
Uno strattone più forte la fa sbandare. Si tira su a sedere dopo pochi attimi di smarrimento. Strofina gli occhi con forza, li sente tutti impasticciati. Solo dopo che ha finito, Ino entra nel suo campo visivo.
«Buongiorno, Ino-chan» mormora.
Ino le sembra abbastanza agitata. Liquida il suo saluto educato con un sorrisetto svelto e un gesto della mano altrettanto lesto. Poi l’afferra per le spalle e si avvicina il suo orecchio alle labbra. «Dobbiamo approfittarne ora che Sakura è in bagno. Mi è venuta un’idea!»
Hinata impallidisce. Da un lato non sta capendo niente – a parte il fatto di essersi addormentata mentre Ino esponeva questa sua geniale trovata –, mentre dall’altro lato teme addirittura di comprendere: le idee di Ino non sono mai buone, le ripete sempre Sakura.
«Non è difficile, Hinata-chan, stami a sentire. E’ qualcosa che gioverà sia a te che a Sakura-chan.»
«In che senso g-gioverà anche a me?» si azzarda a domandare.
Ino alza l’indice, a mo di spiegazione. «Oh andiamo, è palese che Naruto-kun non ti è totalmente indifferente. E sia che non me lo toglierò dalla testa finché non succederà qualcosa che mi farà credere il contrario. Quindi, Hinata-chan, tornando a noi… collaborerai? Dai, Hinata-chan, dai!»
Oh no, di nuovo con la storia dell’Hinata-chan. Purtroppo, Ino sapeva essere molto convincente quando voleva, tanto quando Hinata si inteneriva davanti a modi garbati.
«Dimmi pure.»
«Perfetto, Hinata-chan» le concede, gioiosa. «In pratica la tua parte consterà di poche battute. Seguile alla perfezione e vedrai… per il resto, supervisionerò tutto io.»
 
Di mattina i ragazzi sono puntuali. Ino nota che Naruto sta urlando contro Sasuke, mentre quest’ultimo finge bellamente di non starlo a sentire. Ha lo sguardo perso verso l’orizzonte, le braccia incrociate al petto morbidamente e il Sole che gli illumina a malapena i piedi.
«Stavolta non avrai il mio sostegno, Frontespaziosa» sussurra all’orecchio di Sakura.
«Vorrà dire che te ne starai in silenzio e non spiccicherai nemmeno mezza parola? Dimmi che non stai scherzando. Ti prego, dimmelo.»
Ino sbuffa, imperterrita. «Mi raccomando, non rimanerci così male, Frontespaziosa!»
La discussione cade lì, perché tutte e tre si accorgono che Naruto le ha viste e le sta salutando sventolando allegramente la mano. Subito si muove per venir loro contro, mentre Sasuke non sembra intenzionato a farlo, come se avesse paura di scottarsi i piedi sulla sabbia bollente nonostante le infradito.
«Buongiorno ragazze!»
«Ciao Naruto!» gli fa subito Ino, mentre Hinata la guarda con preoccupazione. Insomma, non deve fare nulla di particolare, e, anzi, per una volta l’idea della sua esuberante amica non è malvagia, ma lei ha… paura. Timore di rimanere di nuovo da sola con Naruto, paura degli strani sentimenti che sta cominciando a provare e che non ha mai nutrito verso nessuno. Un senso di agitazione davanti alla consapevolezza che lui la sta fissando sorridendo già da una manciata abbondante di secondi e che lei non riesce a non rispondergli in altro modo che sorridendogli in modo beota a sua volta. La paura che Naruto è una brava persona e che pare amico di tutti. Quindi… tra tanti perché dovrebbe provare una qualche simpatia speciale per lei che appena lo conosce? Forse lei stessa si sta illudendo di sentire cose che in realtà non prova, si dice. Decide di non pensarci troppo e di lasciarsi guidare anche dalle sensazioni e dall’istinto. 
Muovono qualche altro passo e giungono di fronte a Sasuke, che le saluta con un’alzata di mento irrilevante.
Poi è di nuovo Ino che parla, interrompendo sul nascere una qualsiasi possibile frase di Naruto: «Naruto, ti vedo così pimpante, perché non facciamo una partita a beach volley?»
«A beach volley??» domanda Sakura. E questa come l’è venuta?
«Sì, magari tu e Sasuke contro due di noi.»
Naruto è entusiasta, batte un pugno nell’altro. «Ci sto! Così ci teniamo pure in movimento! Però… non per offendervi, ma credo che io e il teme abbiamo più forza nelle braccia, quindi la cosa non sarebbe tanto equilibrata…»
Ino si finge pensierosa, ed evita di nominare la lista di tutti gli oggetti che lei e Sakura hanno distrutto a suon di cazzotti. «Mmm… non ci avevo pensato. Possiamo sempre fare uno di voi e una di noi contro gli altri due, che ne pensate? Io però farei l’arbitro, non vorrei rovinarmi le unghie.»
Naruto scoppia in un’esclamazione di esultanza. Scocca una pacca sulla spalla di Sasuke – beccandosi anche un’occhiataccia di cui finge di non accorgersi. «Ti straccerò teme!»
Sasuke si scrolla di dosso la mano di Naruto con nonchalance, poi mette su un sorriso strafottente. «Ne dubito, dobe, non è mai successo.»
E così, dopo che si sono diretti ai campi da gioco, più in là, la partitella ha inizio. Ino è riuscita a far capitare casualmente Naruto con Hinata – che, sa, collasserà a breve per l’emozione – e Sasuke con Sakura.
Ino osserva ammaliata sia Naruto che Sasuke. Trova che siano entrambi molto in gamba e che, da soli, riescano a coprire quasi tutto il campo. In pratica, si dice, Hinata e Sakura fanno più da punti deboli che da compagne, ma questo è relativo.
Alla fine, dopo schiacciate spiaccicatesi contro il naso di Naruto, tuffi mozzafiato di Sasuke e dispute su punti che, secondo uno dei due ragazzi, non c’erano – l’arbitro non va discusso mai –, è proprio la forza di Sakura – quella che distrugge penne, tazze e oggetti di vario tipo – a fare la differenza, e lei e Sasuke trionfano.
«Sei un perdente dobe, ma questo lo sapevamo già» commenta Sasuke, alla fine.
Naruto gli fa una pernacchia dietro, seguita da una pessima imitazione scimmiottata delle sue parole. Hinata subito gli si avvicina, a capo chino, per domandargli scusa.
«Ma va, Hinata!» le sorride lui, amichevole. «E una stupidata, io lo batto in tutto il resto!»
«Tsk, ti piacerebbe, dobe.»
«E’ un antipatico, non si merita nemmeno di esser sconfitto da me, questo è il punto.»
Ino, frattanto, aspetta con le mani ai fianchi che i due ragazzi la finiscano di litigare. O meglio, di punzecchiarsi come bambini. Attende un minuto, attende due minuti, attende ancora, poi si spazientisce.
«Sentite» erompe, surclassando le loro voci acute, «non vi ho detto che chi perdeva pagava pegno.»
«Cosa?» sbotta Naruto, incredulo, e Hinata, recitando, avanza una richiesta di spiegazioni molto timida. «E che tipo di pegno?»
«E’ semplice. Dovrà riempire questo bicchiere di plastica di conchiglie e pietruzze colorate» spiega, e mentre lo fa afferra da un borsone – che i due ragazzi non si erano accorti nemmeno che avesse – il citato bicchiere, porgendolo a Hinata. «Tutto questo sotto il sole, quindi… fossi in voi non perderei tempo, ragazzi, sennò rischiate una bella scottatura.»
«E va bene, che vuoi che ci voglia! Vero, Hinata?»
Lei risponde con un sì mozzato. E la voce le muore ancora di più in gola quando Naruto la afferra per il braccio e la trascina dietro di sé con rapidità. «Conosco un posto non troppo lontano da qui che è pieno zeppo di pietre colorate! Da piccolo mi piacevano e… sono carine, mi piacciono anche adesso!» E’ l’ultima cosa che gli sentono dire, prima che lui e Hinata si allontanino troppo.
Bene, pensa Ino, e uno è sistemato.
«Non hai inventiva» le fa notare cautamente Sasuke, che probabilmente ha intuito la macchinazione.
«Che vuoi farci, si fa quel che si può» ribatte Ino, alludendo vagamente al fatto che Sakura e Hinata l’avessero lasciata da sola per dormirsene. «Piuttosto» riprende, «visto che io non ho inventiva, è inutile che mi scervelli per farvi passare del tempo assieme. Io mi faccio un giro, voi spassatevela come meglio credete.»
E si incammina davvero. Se Sakura – rimasta muta e ignorante fino a quel momento – non lo vedesse coi suoi occhi non ci crederebbe.
Si gira verso Sasuke, lo trova davvero… bello, innaturalmente. Si sente scema nel realizzare quel pensiero un po’ infantile e stupido, ma sente che non c’è cosa più veritiera al momento. Allunga il braccio, indecisa su cosa fare, e tocca la mano di Sasuke, quasi volesse davvero convincersi che fosse reale.
La sua, di mano, trema un po’ al contatto, ma è un fremito che dura poco.
«Odio, il Sole» le confida d’un tratto, e quando lo fa Sakura sente che, in realtà, lei lo sapeva di già. C’è qualcosa di cupo nel carattere di Sasuke, una chiusura che lo porta a legarsi difficilmente agli altri, un qualcosa che lo dissocia dal tepore dei raggi solari.
«Già, hai ragione» le fa eco lei. «Nemmeno io sopporto il tropo caldo, ma alla fine va bene così. C’è un tempo per il freddo e uno per il caldo» conclude, sentendosi alquanto ridicola. Ci sono tante cose che vorrebbe avere il coraggio di domandargli, tantissime, talmente tante che le scoppia il cervello se ci pensa.
«Senti Sasuke» parla di scatto, stringendogli, in un riflesso incondizionato, la mano tra le dita lunghe, «che idea ti sei fatto di me? E’ cambiata da quella che avevi prima di conoscermi personalmente?»
Forse Sasuke non risponderà, non se lei lo ha inquadrato per bene. Forse farà persino finta di non averla udita, e ora che ci pensa sarebbe anche meglio.
Invece lui le va dietro la schiena, la fiancheggia da sopra la spalla. «Andiamo a casa.»

 
 

















 

Finito! *^*
Non pensavo di finirlo in una sera, sarò sincera. =w=
Domani lo ricontrollo e vedo gli errori. Domando scusa se è noioso, ma è un capitolo di transizione. Scusate anche se c’è confusione, ma non credo di aver gestito mai tutti questi personaggi insieme. XD
Intanto:
 -chi legge&commenta;
-chi preferisce(15);
-chi ricorda(4);
-chi segue(37).
  

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto [Come l’estate. Ti piace l’estate, Sasuke?] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale


 
Capitolo Otto
[Come l’estate. Ti piace l’estate, Sasuke?]

 
 






E’ tremendamente noioso starsene seduti a un bar – e per giunta il solito bar, quello talmente pieno di gente da sembrare una topaia – a sorseggiare della coca cola che pare non aver sapore, mentre le tue amiche fanno conquiste.
Ino lo sa benissimo e, sebbene si stia ammosciando contro lo schienale poco confortevole della sedia, ripete che lo fa per Sakura e Hinata, poiché altrimenti, se non sfrutteranno al massimo l’occasione che i Kami hanno messo loro d’innanzi, rimarranno sole per tutta la vita, senza futuri eredi che potranno prendersi cura di loro – e ancora vergini, probabilmente. E dunque le toccherà, dall’alto della sua saggezza da ultraottantenne, andare a trovarle nel peggior ospizio, con Shikamaru che, appeso al suo braccio, si lascerà trascinare come un corpo morto e borbotterà parole senza senso.
La prospettiva è odiosa e terribile, tanto da farle sopportare la solitudine cui è costretta.
Tamburella con le dita sul tavolo rotondo senza particolare interesse, udendo il perdersi del suo ticchettio tra i rumori che ha tutto intorno.
Se fosse andata in vacanza l’anno prima, avrebbe potuto divertirsi un po’ anche lei, civettare imbarazzata come – sicuramente – stanno facendo sia Sakura che Hinata. Peccato che il suo Shikamaru valga più di quei fustacchioni che adocchia a ogni tre sbattiti di palpebre –  o forse anche meno – e tradire la sua fiducia è l’ultimissima delle sue priorità. Preferisce i pigiamoni da nonno del suo ragazzo che i fisici atletici di altri, messi in bella vista.
Gira un po’ la cannuccia nella lattina, scontrandosi col fondo quasi vuoto. Poi la mordicchia, soddisfacendo quel piccolo vizio che ha sin da bambina.
Spera solo che Sakura e Hinata non ci mettano troppo a farsi notare a dovere e che possano essere – insieme a lei, Shikamaru e, ovviamente, Naruto e Sasuke – una famigliola felice capace di riunirsi una volta all’anno almeno in occasione del Natale.
E lei intanto ingannerà il tempo. Non ha attivato una promozione sul suo cellulare soltanto per spendere soldi. Spera solo che Shikamaru le risponda presto – ossia nell’immediato.
Con tanto amore.
 

 
 

*   *   *

 
 

 
Sakura ha osservato la schiena di Sasuke per tutto il tragitto. Ed è… bella, sì, lo è, ma… se Sasuke parlasse sarebbe molto più contenta. La sua, invece, di lingua, si è appiccicata sotto il palato, non vuole saperne di srotolarsi. Sakura sente che ha perso tutta la vivacità delle ore precedenti, sentimento sostituito all’istante – come un cambio repentino di t-shirt – da un’ansia che le fa ballare lo stomaco.
Ha appena varcato la soglia di casa. Muovere anche un solo passo le pesa tantissimo, i piedi sono di piombo. E il cuore martella, perché quando si avvicina Sasuke lo fa sempre; riprende una strana tradizione, secondo la quale, ai tempi in cui lei e Sasuke conversavano soltanto via e-mail – e sembrano tanto lontani, ora –, rimbombava nel petto e distruggeva le costole quando lui era in linea, o quando sullo schermo compariva un suo nuovo messaggio, o ancora quando… Sakura pensava a lui e se lo immaginava.
«Siediti» le fa lui, d’un tratto. Non vuole ordinarglielo, e proprio per questo Sakura trova buffo il suo tono; vorrebbe essere gentile, ma alle sue orecchie risulta solo impacciato, quasi a disagio.
Comunque, ringrazia e obbedisce.
«Vuoi dell’acqua?» le chiede poi Sasuke, senza particolare interesse, mostrandole la bottiglia appannata che ha agguantato dal frigorifero.
«Non berla subito, potrebbe farti male.»
Sasuke la fissa, immobile, e davanti al suo sguardo senza espressione Sakura accenna ad abbassare il capo, mentre infiniti pensieri si fanno strada in lei. Forse doveva starsene zitta e badare agli affari suoi, forse non c’è la confidenza necessaria per rimbeccarlo in quella maniera – anche se l’ha abbracciato in modo decisamente meno formale –, forse Sasuke non ha gradito.  
«Sembri mia madre» le dice invece, mentre poggia la bottiglia sul tavolo e si accomoda sul divano. Accanto a lei, per la precisione.
«Posso prenderlo per un complimento?» domanda la ragazza, accennando a un sorrisetto divertito. Del resto ricorda di quando Sasuke, non troppo tempo prima, le ha scritto che le donne sono troppo complicate per i suoi gusti e che fare i regali, poi, lo sfianca mentalmente e fisicamente. E ricorda anche che ha concluso dicendole che se non fosse stato il compleanno di sua madre, avrebbe lasciato perdere. Ne deduce che essere paragonata all’immagine di una mamma possa essere una frase gentile, piuttosto che un’ammonizione come Sasuke vuol far credere.
«Alla fine che cosa hai regalato a tua madre per il suo compleanno?» chiede ancora, finalmente più sciolta. «Non me l’hai più detto.»
Sasuke si appoggia meglio allo schienale del divano. Si spaparanza alquanto comodamente, con le braccia allungate sullo schienale e le gambe protese leggermente in avanti, e Sakura è costretta ad ammettere che è proprio una bella visione quella del suo corpo, coperto soltanto dal costume da bagno, a pochi centimetri da lei. Se muove il ginocchio di un centimetro, sente il calore che emana la gamba di Sasuke.
«Niente di importante» le risponde, facendola sobbalzare. E Sasuke se ne accorge. «Che ti prende?»
La mente le suggerisce di nascondere la verità. Effettivamente, confessare che è scattata soltanto al suono della sua voce – perché intanto si era persa in altri lidi lontani abitati solo da loro due – è assurdo e vergognoso.
D’istinto si morde le labbra e distoglie gli occhi. Solo dopo qualche secondo di assoluto silenzio si impone di risollevarli e scrutare Sasuke e la sua espressione. Lo trova che la fissa, immobile, guardandola con così tanta intensità che Sakura si sente, ai suoi occhi, nuda come un verme. Sa di essere arrossita, perché il calore avvampante al volto può essere dovuto solo a quello. Prova a sviare l’attenzione dalle sue guance – su cui Sasuke ha posato lo sguardo – e a parlare, ma a un primo tentativo non le esce suono.
«Ti senti in imbarazzo» decreta Sasuke, gli occhi sempre incollati su di lei. Lo dice come se stesse esponendo la teoria più difficile del mondo, come se stesse avendo a che fare con la conclusione di un ragionamento che è chiaro soltanto a lui.
«No, non proprio» gli mente, poco credibile persino a se stessa. «Cioè, un pochino. Poi è il caldo che influisce e… tutto il resto.»
«Tutto il resto, dici?»
Annuisce con dei cenni convinti del capo. Sì, Sasuke, tutto il resto, pensa. Il fatto che siamo di nuovo mezzi nudi, soli in casa, vicini a un divano, a una distanza che affonda ogni mio tentativo di autocontrollo e… cavolo, non respirare, che sento il tuo profumo sulla pelle!
«L’altra volta non ti sei fatta scrupoli a saltarmi addosso. Ed eri mezza nuda lo stesso» le fa notare con calma.
Inutile anche solo tentare di darsi un contegno. Avvampa vistosamente, si sente svenire. Non si fa aria con la mano solamente perché risulterebbe ancora più patetica e ingenua. Forse si sbaglia, ma le sembra che a Sasuke piaccia particolarmente metterla in agitazione; le sue sembrano affermazioni dirette, che puntano a un fine preciso.
«Non ci ho pensato troppo» confessa Sakura, considerata l’inutilità di un’ennesima menzogna che divertirebbe ancora di più Sasuke. «Ti ho visto, ti ho finalmente parlato di persona e ne sono stata felicissima. Ho cercato un modo per… esprimermi, per farti capire cosa stavo sentendo. Per condividerlo con te.»
Ecco, va bene così? Voglio vedere cosa ribatti adesso.
Sakura è soddisfatta. Nonostante la timidezza – che però sta scemando sempre più – le attanagli ancora un po’ la bocca dello stomaco, sente di averlo messo a tacere, di averlo, in un certo senso, sconfitto. Le è cristallino che Sasuke si sta divertendo a modo suo, giocando un po’ su un lato del suo carattere che, Sakura lo sa, in chat non è emerso del tutto. E’ un po’ si diverte anche lei, sebbene sia nel mirino, perché con poche frasi sta scoprendo qualcosa di nuovo e che non le era apparso tra le righe dei messaggi. Tuttavia, col senno di poi, capirà che avere l’ultima parola con Sasuke è quanto di più difficile possa esserci. Magari trascorrerà delle giornate in compagnia di Naruto per farsi spiegare eventuali sotterfugi per troncare una discussione con Sasuke da vera vittoriosa.
Per ora, le tocca subire.
«Dipenderà dai diversi punti di vista, ma permettimi di ricordarti la cosa più a fondo, Sakura.»
E le si avvicina. Un po’ – po’ poco, a onor del vero – ma il ginocchio le tocca la gamba e gliela fa vibrare dall’emozione e il suo respiro si sente con più forza. Tanto basta a farle stringere i pugni come una bambina e a mordersi di nuovo le labbra. Se continua così se le troverà tutte insanguinate, ma per ora è l’ultimo dei suoi problemi.
Il vero cruccio sta nel fatto che Sasuke ha allungato involontariamente anche la mano, e che le sta sfiorando la coscia. Sakura percepisce chiaramente i suoi polpastrelli che si adagiano pian piano alla pelle liscia, e la sensazione diventa ancora più forte e da capogiro quando il movimento delle dita diventa rotatorio, così da colpire – e affondare – più zone, più pelle, più lei.
Sasuke ha abbassato, intanto, gli occhi verso le sue gambe, dove sta toccando – giocherellando. Ha negli occhi la stessa curiosità di un bambino a contatto col suo primo giochino di ultima generazione, la studia proprio allo stesso modo.
Sakura invece non ne può più, si sente decisamente fuori luogo.
Però è piacevole.
«Va bene» scatta, agguantando il polso del ragazzo e stringendolo forte, col cuore a mille e la gola secca. «Mi spiace se ti ho infastidito, non volevo. Scusami.»
Sakura sa di essere la sola nella visuale di Sasuke. Ha lo sguardo basso, la mano sudata – è il caldo, Sakura, è il caldo, il caldo; ci sono trentottomila gradi in questa casa – e tremante. Muove la gamba a una velocità incredibile, come se le pizzicassero i talloni, ma è convinta che gli occhi ardenti di lui la stiano degustando a piacere. 
Dura un attimo, ma a lei è parsa una vita intera.
«Fastidio? Mh» emette Sasuke, e la tensione, prima palpabile, va scemando.
«Torniamo in spiaggia?» gli chiede quindi, dopo essersi espressa in un sospiro di vero sollievo. Le manca l’aria là dentro, non riesce a respirare se Sasuke è troppo vicino. Si sente costantemente e completamente rossa come un pomodoro, imbarazzata. Sa di dover – e voler – fare qualcosa per sbloccare la situazione, ma non ne è capace.
«Il sole picchia troppo forte per i miei gusti» le confessa, e lei pensa che no, che Sasuke si sta sbagliando, perché lì fuori non può fare così tanto caldo se i raggi solari lei se li sente tutti addosso. E le stanno facendo girare la testa.
Mentre Sakura rimugina sulla giusta risposta da fornirgli, Sasuke si è già alzato e, telecomando alla mano, ha già acceso la televisione. Quindi, decidendo di far cadere la discussione – la scusa, più che altro – precendente al vento, la ragazza coglie l’occasione al volo. «Preferisci qualche programma in particolare?» domanda.
La risposta le giunge prima dagli occhi che dalla bocca di Sasuke. Le iridi sono quasi spente; in esse si riflettono le immagini del rumoroso canale scelto a caso tra i tanti, ma Sasuke non sta guardando davvero. E’ ovvio che non gli interessi nulla. Sakura ipotizza che la tv non gli vada troppo a genio.
Difatti, lo scrollo delle spalle di lui glielo conferma. «E’ tutta spazzatura.»
«E allora come mai l’hai accesa?»
«Rompe il silenzio.»
«Capisco» gli sorride. Tiene a bada l’ansia e si fa avanti, decisa a distruggere l’indifferenza solida che si è formata tra loro. «Perché non mi mostri la casa, allora? E’ una valida alternativa alla spazzatura, come la chiami tu.»
Sasuke non le risponde, si limita a tirarsi in piedi, stancamente.
«Il caldo ti sfianca proprio, non c’è che dire» commenta gentilmente Sakura, alzandosi a sua volta e accarezzandogli la spalla.
«E’ fastidioso. Ti si appiccica addosso e non ti dà un attimo di tregua, ti entra persino nelle orecchie» le confessa, e lei se ne sente alquanto presa, come se il soggetto di quella discussione non fosse l’estate in sé ma lei.
«Ma ci sono delle giornate estive belle, no?» gli sorride. «Delle eccezioni. Le si trovano ovunque.»
Sasuke alza le spalle. «Come vuoi. Ma adesso muoviti, se ci tieni a visitare casa.»
E lei lo fa.
Mentre camminano per le stanze, Sakura nota degli ambienti lussuosi ma non esagerati nell’arredamento. Forse è presto per indagare, e non sa nemmeno quale sia il modo migliore per approcciarsi all’argomento senza parere troppo impicciona, però a una prima, vera occhiata, intuisce che Sasuke è un ragazzo, se non ricco, alquanto benestante. Non sa perché, ma qualcosa di simile glielo avevano suggerito già i suoi modi di fare, oltre che la sua figura.
«Ma questa è davvero solo la vostra vacanze?» esclama a un tratto, spinta sia da sincera curiosità che da un’irrefrenabile voglia di dire qualcosa. «E’ grandissima, sembra una reggia.»
«Niente di speciale.» E non lo dice con vanteria, ne è fermamente convinto. Non osa immaginare che diamine di dimora abbia per viverci il resto dell’anno.
«Se lo dici tu. Anche il giardinetto sul retro è niente male.»
«Le erbette hanno suscitato particolare interesse nella tua amichetta» sogghigna Sasuke.
Di nuovo, Sakura sente la gelosia invaderla dalla testa ai piedi. Si morde le labbra senza accorgersene – per fortuna Sasuke le dà le spalle, le dà costantemente le spalle –, nasconde le braccia dietro la schiena e agguanta un avambraccio con forza. Ed è triste. Anche.
Sa che Ino non la tradirebbe mai, però non sa nulla di Sasuke. Magari Ino gli è più simpatica, l’ha colpito di più… forse lei non è abbastanza.
«I suoi genitori hanno un negozio di fiori. Lei se ne interessa, le piacciono» dice soltanto, atona.
«Magari potreste venire a visitare il giardino di casa mia» le propone, con disinteresse. «Ma non portarcela quella tua amica. Vienici tu per lei.» Da sola.
«Io?» borbotta, incredula.
«Il dobe ti spedirà l’indirizzo di casa mia.»
«Sasuke» lo chiama all’improvviso, dopo qualche secondo di assoluto e pesante silenzio. Gli acchiappa il polso – di nuovo – e si sente morire – ancora.
«Mh?»
«Lo sai, sei strano. Non riesco a capirti bene.»
Lui si è fermato; le dà ancora la schiena ma Sakura percepisce che sta sogghignando. «Sei pretenziosa. Troppo.» Pausa. «E non pensare di essere tanto diversa.» Libera il braccio dalla stretta, sempre più lieve, di Sakura. Continua a camminare, con lei che rimane ancora indietro.
Ci sono così tante domande che vorrebbe fargli. Ne stila un elenco mentale, ma è davvero troppo lungo per essere contenuto nella sua testa. Ce n’erano già tanti di quesiti, prima. A Sakura pare che ogni loro incontro serva a depositare altri punti interrogativi lungo il loro cammino. Vuole liberarsi di qualcuno di loro, e lo farebbe se la lingua non si rifiutasse.
Perciò continua a seguirlo, ancora. Ora che l’ha incontrato, sa che lo seguirebbe sempre, e volentieri.
Quando Sasuke fa per avvicinarsi alla porta d’ingresso, come se volesse uscire – a dispetto dei tanto odiati raggi solari – Sakura sente un baratro aprirsi sotto i piedi. Sente che sta sprecando un’importante occasione, che per tutto il tempo che le è stato concesso non ha fatto altro che domandargli a caso di cose inutili. La testa le scoppierà presto, lo sa.
Respira, si impone una calma che le è estranea.
«Sasuke, posso parlarti?»
«Non mi sei sembrata molto loquace, oggi. Ne avresti avuto tutto il tempo.»
Non c’è rancore in quelle frasi, eppure Sakura non sa come interpretarle. Vorrebbe persino accusarlo di non essere stato, lui, il più vivace e socievole ragazzo sulla faccia del pianeta, ma le sembrano ulteriori bambinate in cui ora non vuole né deve perdersi.
«Sono molte le cose che vorrei dirti» gli annuncia, avvicinandoglisi. «E forse sono stupide, magari penserai che io lo sono.»
Cerca un appoggio nel suo sguardo, ma è distante, le pare distante. Si impone di credere che lo vede così – che lo crede così – soltanto perché non ha fiducia in se stessa, non troppa per ritenere che Sasuke possa essere veramente interessato a lei.
«Che cosa ti aspettavi? Come pensavi che fossi?»Cosa traspariva di me, dalla chat? Cosa ti ha deluso, cosa hai apprezzato – se c’è? «E’ una sciocca curiosità.»
«Sì, è sciocca.»
Stringe i denti, contiene le passioni. «Già» soffia.
«Non pensavo che fossi così… insopportabile
Ingoia il groppo amaro Sakura, cerca di tirare un sorriso e prenderla sul ridere. Si dice che non deve sembrarle tutto così importante, che magari Sasuke scherza. Che scherza, che la sta prendendo in giro e che quel volto serio è solo una maschera brutta che lei dimenticherà già domani.
«A volte sono una palla al piede, lo so» ride falsa, spingendosi ancora più giù; ma sorride sempre, fa della schifosa autoironia. «Sempre a farmi troppi problemi, infinite domande. E parlo, parlo, a volte non so nemmeno quello che dico» ride. «Ne sento l’impulso irrefrenabile, non so se ti è mai capitato» ride, nella consapevolezza che a Sasuke non sia mai successo, e che lei si stia rendendo ridicolissima davanti a lui. «Come la televisione.» Rompo il silenzio, Sasuke. «Ti fa compagnia, ma perlopiù le sue sono cavolate» ride, ride ancora.
La smette soltanto quando le spalle le vengono coperte dalle mani grandi di Sasuke. Il filo dei pensieri è stato tagliato, la mente è vuota. C’è solo lui. Che non le dà più la spalle, ma le concede la visione del viso.
«Non sono d’accordo» pronuncia, e Sakura pende dalle sua labbra, col cuore partito velocissimo. « Piuttosto sei fastidiosa. Ti appiccichi addosso e non dai un attimo di tregua, entri persino nelle orecchie.»
Come l’estate.
«E non lo sopporto» continua.
Trovi fastidiosa l’estate, Sasuke. E, “come vuoi”, ci sono le eccezioni, Sasuke, le giornate belle, dell’estate. Come quella che c’ha permesso di incontrarci, che mi ha consentito di capire che…
«… Mi piaci, Sasuke.»
… che sei speciale.

 
 
 
 














 
 
 
 
 

Questo capitolo è più corto, ma bastava così. Dovevo interrompere qua. ;)
Non mi pare ci sia niente da sottolineare, se non che devo ringraziare chi legge&commenta, chi preferisce(17), chi ricorda(4) e chi segue(42).
Molto gentili! ^______^
Scusate se non riesco sempre a rispondere all recensioni. >///////<

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove [Non si può fare a meno gli uni degli altri] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale


 
Capitolo Nove
[Non si può fare a meno gli uni degli altri]

 
 
 




Sakura giace sdraiata sul letto a pancia in giù, il viso affondato tra le braccia intrecciate. Il profumo delle coperte pulite le inebria il naso, ma lei comunque non lo sente.
E’ stata una giornata dura, durissima.
Spesso le hanno detto che finché si segue il proprio cuore non si sbaglia mai, che l’istinto aiuta, la spontaneità viene premiata. E invece…

 
 

«Andiamo.»

 
 

Ricorda la voce di Sasuke, le rimbomba tra i tessuti e punge ogni volta come una spina tanto appuntita da scintillare. Le sfugge il significato vero di quella risposta, spera che sia così. Strizza gli occhi e prega; cosa non lo sa nemmeno lei di preciso. Continua a rispecchiarsi nelle sue iridi buie, le vede ancora nonostante per tutto il pomeriggio che è seguito alla sua pseudo dichiarazione non abbia fatto altro che tentare di ignorarle. Ha tentato di perdersi tra le chiacchiere accese di Naruto e i sorrisi incoraggianti di un’Ino che aveva intuito ma ancora non sapeva, oppure di condividere la felicità di Hinata, almeno la sua. Al fianco di Naruto, mentre lo guardava come sperava che Sasuke facesse con lei, pareva la persona più contenta del pianeta.
E Sakura se ne scopre invidiosa, adesso. Si domanda per quale motivo gli affari degli altri appaiono sempre come quelli più facili, e perché si è portati a voler stare al posto di chiunque non sia se stesso. Perché i problemi che non la riguardano sembrano ostacoli sormontabili e i suoi abissi incerti?
«Questo Sasuke potrà essere anche il più bello tra i belli, ma in quanto a stile sta a zero, diamine» sbotta all’improvviso Ino.
Sakura non ne ha sentito prima i passi, troppo impegnata a pensare e a scervellarsi, ma ora ode chiaramente l’asciugamano che si strofina contro i capelli bellissimi dell’amica.
Sbuffa interiormente. Non avrebbe mai pensato di potersi ridurre in uno stato pietoso per un ragazzo che nemmeno lo merita. Tenta di iniettarsi forza e coraggio sminuendo l’importanza che Sasuke ha per lei, ripetendosi che lui non può avere un tale ascendente sulla sua persona. Il risultato è scarso.
«Già…» sospira infine. Concentrarsi sulle parole da dire cancella per un istante l’istinto irrefrenabile di pensare e di farsi male.
E meno male che doveva essere una vacanza da sogno. Indimenticabile lo sarà di sicuro.
«Fossi stata in te, avrei preso la palla al balzo.»
Sakura alza la fronte, l’aria le ritorna a popolare le narici. «In che senso?»
«Ti ha detto andiamo, no?»
Ino non si aspetta una vera risposta, ma Sakura annuisce lo stesso, i denti stretti e un dolore lacerante al petto dovuto al ricordo. Senza accorgersene, inizia ad agitare le gambe, come faceva da bambina quando insieme a Ino si godeva l’erba fresca sotto la pancia. E’ nervosa; e le pare incredibile rifare un gesto che la metteva di buon’umore in presenza dell’ansia che la sta corrodendo.
«Nel senso che avresti dovuto comportarti diversamente, anziché dargli la possibilità di fuggire. Perché è questo che Sasuke ha fatto. Del resto si sa che gli uomini sono dei codardi e che appena sentono la scintilla dell’amore che si infiamma, preferiscono darsela a gambe levate.»
«E che cosa avrei dovuto fare, sentiamo?»
Ino le sorride fintamente angelica, e Hinata, che, a dispetto degli occhi puntati sul testo del libro che ha in mano, ha ascoltato tutto in silenzio, trema.
«Mettere su un’espressione sensuale, strusciargliti un po’ addosso e, agguantandolo per le spalle, proporgli di venire a letto con te. Anzi, no, di andare a letto.»
Hinata è impallidita, e Sakura non ha più colore di lei. Mentre Ino ha parlato, ha immaginato punto per punto ogni mossa, ogni espressione, qualunque sensazione. E lo stomaco le si ribella dalla vergogna, come se lo avesse davvero fatto.
«Sapevo che la tua non sarebbe stata una buona idea» riesce a borbottare alla fine.
L’amica la guarda arcigna, mentre inserisce la spina del’asciugacapelli e lo aziona. «Perché? Non te lo immagini? Andiamo» e tenta di imitare la voce di Sasuke, «Dove, a letto? Subito» e stavolta fa Sakura, sbattendo con passione le ciglia. «Sarebbe stato perfetto, Frontespaziosa.»
«N-non so se avrebbe funzionato, Ino-chan» si fa avanti Hinata, con voce tanto flebile che Ino è costretta a spegnere l’aggeggio che le sputa contro aria calda e a chiederle di ripetere.
«Si vede che non conoscete gli uomini.» Ino riaccende l’asciugacapelli. «Davanti a un bel corpo non resistono.»
E Sakura è ancora incapace di spiccicare parola e di affrontare una discussione seria – è felice, infatti, che quella non lo sia –, perciò preferisce tacere. Tutto sommato, si chiede cosa sarebbe accaduto se avesse osato di più.

 
 
 

*

 

 
 
A Sasuke scoppia la testa. Naruto è troppo su di giri per notarlo, mentre Itachi gli ha lanciato qualche occhiata scrutatrice più di una volta, senza però avergli chiesto nulla di specifico.
«Se ti serve qualcosa, otouto…»
Non esitare a chiedere, conclude Sasuke tra sé.
«Teme!» Eccolo; lui, l’ultima persona che vorrebbe sentire.
«Cosa?»
«Ho una bella notizia da darti.»
«Come no, dobe.»
Naruto s’imbroncia. Si avvicina di scatto e gli tira via da sotto il naso le parole crociate con cui si sta distraendo. «E smettila di studiare anche quando siamo in vacanza!»
«Studiare? Sono giochetti idioti che sanno fare anche i bambini. O forse tu no…»
«Oh, non ha importanza.» Naruto getta dietro il libro, a caso, e Itachi lo prende al volo. «Piuttosto, vuoi saperlo? Eh? Vuoi saperlo?»
Sasuke si sta irritando. «Non mi interessa.»
«E dai, teme! E dai, e dai, e dai! Interessa anche a te!» Naruto ha superato la soglia limite che gli ha imposto, e lui  ne sente il respiro sulla faccia. Percepisce la stretta delle mani dell’amico sulle spalle. Viene strattonato.
Non manca molto, la bomba potrebbe scoppiare da un momento all’altro, e Sasuke lo sa. Anche Itachi lo sa; solo Naruto, sebbene lo conosca da sempre, pare ignorare quella profonda verità.
«Parla, allora» sbotta Sasuke, e se lo scrolla di dosso con una violenta manata contro il suo braccio. Naruto ritrae subito la mano, nascondendo un «ahia» tra i denti smaglianti, mostrati in occasione della sua vittoria.
Le altre volte Sasuke ha resistito di più. Si è sempre imposto orgogliosamente col suo «no» e se ne riparlava il giorno seguente. Ma il dolore ai lati della testa è già fin troppo accentuato, e sopportare anche i lamenti infantili di Naruto è l’ultima cosa che il suo corpo gli urla. Nonostante tutto, è meglio arrendersi e rimanere illesi che fare i sostenuti e rischiare le orecchie, conclude.
«Ho l’indirizzo dell’hotel di Hinata-chan!»
«Hinata… chan
Naruto ora si allontana, balzando all’indietro, in imbarazzo. «Voglio dire le ragazze» si corregge. «Hinata-chan, Sakura, Ino… le conosci anche tu, teme, su. Come fai a non ricordartene?»
Sasuke lo guarda di sottecchi. Si dice che Naruto è talmente stupido da non essersi accorto di aver lasciato trapelare una certa simpatia per una ragazza in particolare. Inoltre, Sasuke non voleva porre l’attenzione sul nome Hinata in sé, ma sul chan, dedicato esclusivamente a lei.
Bah, capirai cosa me ne importadelle questioni “amorose” del dobe, si dice.
«E la cosa dovrebbe interessarmi?»
«Eccome se dovrebbe» sogghigna Naruto, riavvicinandosi ancora. Gli scocca una pacca sonora sulla spalla, e Sasuke si stizzisce. «Sono nostre amiche. Potremmo far loro una sorpresa, domani mattina, che ne dici? So anche il numero della loro stanza.»
«E come fai a sapere tutte queste cose?» gli chiede Sasuke, col solo intento di vederlo di nuovo rosso come un peperone. Perché il viso del suo migliore amico riesce a ostentare talmente tanta sicurezza che Naruto, alla fine, pare – e pare solo – convinto per davvero. E invece è instabile, basta poco e nulla per farlo cedere.
«Me lo ha detto Hinata-chan, che domande.» Le sue guance non si colorano di rosso, però è ovvio che soltanto nominare la ragazza – o meglio, pensarle – gli fa un certo effetto. Come di chi sogna, di chi è contento della sola presenza di una persona accanto a sé.
Sasuke nota che Naruto è felice. E non è la felicità che mostra sempre, non il sorrisone che sa fare solo lui, quello che in molti gli ammirano. E’ una contentezza, la sua, che non ha limiti né spiegazioni, che c’è e basta e che si vorrebbe ci fosse in qualunque momento. E’ una voglia incontenibile di ridere e di sognare a occhi aperti, di dilettarsi al solo ricordo di una persona.
E’ qualcosa che lui si nega senza un vero motivo.  
«E allora ci andiamo, teme?»
«Boh, se ne parla domattina.» Non ha risposto no perché non è quello che vuole, e non ha detto un diretto poiché non sa se è quello che desidera. «Dipende da come mi sveglio» conclude infine, pur sapendo che perderà una buona mezz’ora a rimuginare su un qualcosa di tanto semplice. A volte si domanda per quale motivo sia così riflessivo. Quando guarda Naruto, la prima cosa che si dice è che è fortunato a non essere come lui, ma è una bugia tanto grande che nemmeno ci crede più, per quante volte si ostini a ripeterselo. Sa per certo di essere Sasuke e basta, di non voler essere nessun’altro, però… risparmierebbe dei grandi mal di testa se prendesse tutto alla leggera come Naruto.
«Allora cerca di svegliarti con la voglia di vederle, teme» e ride.
Sasuke bofonchia un «potresti sempre andarci da solo», poi si alza imbronciato – con se stesso e la sua incapacità di capire ciò che vuole davvero – e si richiude in camera.
 
Sasuke si gira di lato, il gomito sotto la testa.
Fa caldo, quella sera, ne sente addirittura più dei ventotto gradi a finestra aperta. Dentro di sé, poi, è un bollore che fa scoppiare i termometri.
Si sente strano.
Stupido dobe.
Forse pensa che attribuire la colpa ad altri estranei da se stesso sia un bene, una sorta di sfogo, però non sortisce un buon effetto. Un’ansia corrosiva lo scuote, gli impedisce di dormire e anche di pensare lucidamente.
Lui stesso sta cercando di evitare l’argomento, ma a turbarlo è stato la dichiarazione improvvisa di Sakura. Sasuke è un tipo controllato, ordinato, di quelli che hanno sempre ogni cosa sotto osservazione. Sempre. Non cede all’irrazionalità, non è nel suo stile.
Non si aspettava quelle parole, non ancora, perlomeno.
Sicuramente non si ritiene una persona stupida, e non crede di esagerare nel dire che aveva già capito che Sakura si era presa una cotta per lui.
Solo che non se lo aspettava.
E’ come se lei avesse saltato dei passi fondamentali e fosse giunta direttamente al punto senza dargli la possibilità di prepararsi.
Non nega di averla  portata in casa con sé per poter ascoltarla, capirla e viverla insieme. Ma non lo ha fatto per amarla. Crede di non poterlo ancora fare. Un secondo prima si dice che è presto, e un momento dopo conclude di essere un idiota che si preoccupa troppo.
Non lo ammetterebbe mai a voce, però a se stesso non può continuare a nasconderlo: ha dei rimpianti; un senso di fastidio allo stomaco. Forse avrebbe potuto reagire in modo diverso. Si chiede come avrebbe risposto Naruto, o magari suo fratello. Si domanda, ancora, come dovrebbe comportarsi. Non vuole rischiare di trovarsi nuovamente impreparato, di sentirsi le gambe molli e la testa in subbuglio, come se lo avessero abbandonato.
Lui non è un codardo, no. Assolutamente no. Non sa gestire certe situazioni; quando entrano in ballo i sentimenti – dall’amicizia all’amore – è come se s’impallasse. Fa di tutto per rimanere se stesso, per non far scorgere il tremore dell’anima, per nascondersi sotto le smorfie del corpo. Semplicemente non è in grado di comportarsi diversamente, e forse anche per questo ha pochi legami.
Ogni rapporto – di qualunque tipo sia – è una fossa in cui infilare il piede. Può prenderti fino al punto da farti sprofondare in essa, può contenere spine, lacerarti, far male. Sasuke è orientato negativamente. D’istinto gli vengono in mente soltanto le cose brutte che un nuovo legame può dare.
Non sa lanciarsi a capofitto e senza pensare, non come Naruto. Non sa cogliere il buono, non quando ha una visione poco nitida; conosce Sakura da abbastanza, ma trattare con lei di persona è una sorpresa continua, e a lui piacciono la sicurezza e la tranquillità. E anche l’ordine del corso degli eventi, quello sempre.
Si desta quando bussano alla porta. Finora ha tenuto gli occhi serrati, anche se ha guadagnato solo un nuovo mal di testa anziché una dormita coi fiocchi. Capisce che è Itachi, perché Naruto non busserebbe mai.
«Entra.»
Continua a dare le spalle alla porta, anche quando Itachi la chiude dietro di sé.
«Non dimenticare di chiudere la finestra, dopo, otouto.»
«Mh.»
Sente che Itachi si è seduto al suo fianco, dove Sasuke ha voluto che si accomodasse. Difatti, quando ha udito il bussare alla porta, si è fatto automaticamente più in là, sporgendosi verso il bordo del letto.
«Cosa c’è, nii-san?»
Itachi si appoggia alla spalliera. Allunga una mano e va ad accarezzargli il braccio. Sono passati tanti anni, ma a Sasuke fa ancora piacere sentirlo. «E’ vietato rimanersene un po’ col proprio otouto?» domanda Itachi in risposta.
Sasuke scuote le spalle. «Mhf» bofonchia. «Allora posso aiutarti in qualche modo?» chiede, fingendosi indispettito.
Di nuovo. Ancora non riesce a fare a meno di trattare con scortesia le persone a cui tiene. Itachi però non ci fa caso; la finta maleducazione di Sasuke è qualcosa a cui si è abituato perfettamente. Secondo una sua logica, più suo fratello tratta male le persone e più ci tiene a loro. Strano ma vero.
«No, otouto. Ma ho pensato che potessi essere io a fare qualcosa per te.»
In fondo Itachi non è troppo diverso da lui. Forse rimugina di meno, o magari non lo dà a vedere. Suo fratello è spesso un mistero anche per lui. Ora vorrebbe domandargli «e in che modo?», ma tace.
Da parte sua, Itachi non parla più. Continua ad accarezzargli il braccio, come se volesse rassicurarlo. Poi passa ai capelli senza che nessuno dei due se ne accorga. Intreccia le dita tra di essi, e a Sasuke sembra tanto di essere ritornato piccolo, quando dire «ti voglio bene» o allungare un regalo a una persona che si ama non era così complicato.
«Smettila, non sono più un bambino» sbuffa infine, ma non riesce a scostare quella mano che lo rassicura.
«Ma non si è mai troppo grandi per provare affetto per qualcuno. Non si andrebbe avanti senza legami, sarebbe impossibile, otouto. Non pensi?»
Itachi riesce sempre a c’entrare il problema con una facilità incredibile. E in quei momenti Sasuke vacilla, come se qualcosa gli dicesse che è inutile continuare a raggomitolarsi in sé, perché c’è sempre qualcuno che lo capisce. Riusciranno sempre a capirlo, talvolta ci riesce pure Naruto.
«Se lo dici tu» gli dà ragione.
E’ costretto a dargliene. Lui non vivrebbe senza la sua famiglia, senza Itachi, e anche senza Naruto. Gli è difficile da ammettere, è complicato persino confessare di dipendere dalla presenza di altri che non siano se stesso. La cosa lo turba, e Itachi lo capisce – di nuovo – senza bisogno di parole.
«Da soli non si sopravvive. Anche gli altri sono necessari, per noi e per loro stessi. Per esempio il tuo legame con Naruto è fondamentale per entrambi» gli dice, e quando Sasuke sbuffa e reclama di no, Itachi ha la conferma di avergli spiegato la lezione. «Non devi aver paura.»
«E infatti non ne ho» replica lui, contrariato. Però gli è servito ammetterlo.
Itachi gli sorride, regalandogli un’ultima e forte scompigliata di capelli. «Lo so, otouto.»
Sasuke non si lascia andare alla dolcezza nostalgica che lo pervade da capo a piedi, ma ride dentro di sé. A un tratto gli pare di capire cos’è stata l’espressione di gioia che ha letto in ogni movimento ed espressione di Naruto. Non esistono le parole giuste per descrivere una sensazione simile, la si può soltanto provare dentro.
E’ amore, di qualunque tipo sia, che si provi per un amico o per la persona di cui si è innamorati. E’ qualcosa che lo fa stare bene.
«Quindi domani ti sveglierai presto?»
«Il problema sarà far alzare quel poltrone dal letto, piuttosto.»
«Credo che per una volta Naruto-kun riuscirà a destarsi di sua spontanea volontà.»
Sasuke concorda in silenzio. Naruto è un idiota e un dormiglione, ma secondo lui dormirà di meno al pensiero di poter rivedere Hinata – dire che non dormirà affatto sarebbe inesatto; per quanto possa essere entusiasta, Naruto ha bisogno delle sue ore notturne di sana dormita.
«Allora a domani, otouto.»
«Buonanotte, nii-san» risponde.
E man mano che i passi di Itachi si fanno meno rumorosi, Sasuke lo ringrazia tra le labbra, concludendo di potersi permettere di essere più aperto. Perché non ha paura e perché non c’è bisogno di pensarci troppo, non sempre; a volte è l’istinto a essere premiato.
 
Quando si capovolgono le situazioni allora è il caso di preoccuparsi: la solita routine non deve mai essere messa in discussione. Quando poi accadono i miracoli, è meglio andarsi a nascondere lontani e rimanersene lì.
«Buongiorno, Naruto-kun. Mi sorprende che tu sia già in piedi.»
Naruto gonfia il petto, soddisfatto. Si avvicina allo stipo e ne tira fuori un pacco. Si abbuffa con una manata di cereali, e mentre li mastica si guarda attorno in modo buffo. «Ma il teme dov’è?» domanda sputacchiando.
«Sasuke sta ancora dormendo.»
Naruto ingoia gli ultimi cereali, prima che sputi anche quelli per la sorpresa. «Cosa? Ma è tardissimo!»
«Non proprio, Naruto-kun. Sono solo le sei e mezza» gli fa notare l’altro, un po’ per verità e un po’ anche per appoggiare suo fratello. Nonostante tutto, scommette che sarà divertente il momento del risveglio.
«Ma… corro a svegliarlo.» E, tutto agitato, si lancia a capofitto nella camera di Sasuke, aprendo di scatto la porta. Itachi non lo segue, ma dalla corrente d’aria che sente sul collo, capisce che suo fratello ha dimenticato la finestra aperta.
E meno male che s’era raccomandato.
 
Quando Naruto apre la porta, a Sasuke pare che sia entrata una banda di musicisti. E’ un urlo nel nulla, il suo, e dopo averlo sentito Sasuke vorrebbe ammazzarlo a mani nude.
«Si può sap-» s’interrompe.
Sasuke si riflette negli occhi divertiti di Naruto. «Sei senza voce, teme» ride.
«Dobe…»
«Wow, come sei minaccioso» lo schernisce. «Dai, muoviti a vestirti, che andiamo.»
La porta si richiude con la stessa grazia con cui è stata aperta, separando la stanza di Sasuke dalle risate di Naruto e dalla spiegazione dell’accaduto a Itachi – che guai, ma guai, se si permetterà di dirgli anche una sola parola di ammonimento. Guai.
Lo stupore per l’assenza di voce gli fa dimenticare di notare che per la prima volta da quando si conoscono è stato Naruto a venire a svegliarlo e a rimproverargli di muoversi, piuttosto che il contrario.
Con mille pensieri in testa, indossa la prima cosa che trova, gettando malamente il pigiama tra le lenzuola stropicciate. Lancia un’occhiata funesta alla finestra, maledicendola intimamente. Proprio mentre sta per chiuderla, Itachi gli arriva alle spalle, con un tempismo schifosamente perfetto.
«Ti sarebbe convenuto chiuderla ieri, come ti avevo detto di fare.»
C’è qualcosa di simile a un rimprovero nel suo tono, ma più che altro – Sasuke ne è convinto – Itachi lo sta facendo per dimostrargli ancora una volta quanto i consigli degli altri vadano ascoltati. E di conseguenza, riprendendo il discorso della sera prima, quanto i fantomatici altri siano indispensabili.
Sasuke gli passa accanto, uscendo repentinamente dalla sua stanza. Vorrebbe dirgli tante cose – compreso che il letto se lo rifarà al suo ritorno, ma se ne sta zitto per evitare sorrisetti inteneriti – di Itachi – o risate a squarciagola – di Naruto.
Incontrando gli occhi di Naruto, poi, si trattiene dall’urlargli contro solo perché non ha voce. Però cerca di fargli capire di doversene stare zitto a furia di occhiatacce, la sua unica arma a diposizione in quel momento.
 
Non sono servite a molto le occhiate omicide, perché, per tutto il tragitto che li separa dall’hotel, Naruto non ha smesso di adocchiare la sua gola e di prenderlo in giro.
Per fortuna sono arrivati. La struttura che ospita le ragazze è a un palmo di distanza da loro.
«La stanza è la trecentodue» gli comunica Naruto, e si lancia in avanti per le scale a salire. Sasuke lo insegue di malavoglia, e presto lo perde di vista.
 

 
 

*

 
 
 

Sakura ha dormito poco e male. E’ sbagliato, quindi, dire che si è già svegliata alle sette; lo è dalle cinque, quindi…
Ino riposa in una posizione irriproducibile, mentre Hinata abbraccia teneramente il cuscino. Le vede in quel modo da un tempo infinito che ha scoperto essere solo due ore.
Non sa quando si sveglieranno, ma egoisticamente spera presto, perché si è stufata di pensare e di farlo da sola, senza nessuno che le dica di smetterla di trastullarsi – Ino – o che andrà tutto bene – Hinata.
Si sente una bambina, ma dopo la strana risposta di Sasuke, che l’ha lasciata piena di dubbi, vorrebbe una conferma. Una sola.
Sente bussare, due colpi precisi.
All’inizio il suo corpo si rifiuta di mettersi in piedi, ma prima che se ne accorga si è già alzata. E ha già aperto.
E, prima che se ne accorga, scopre che alla porta è davvero Sasuke.
Non la sua immaginazione. Lui, solo lui.
Spalanca gli occhi, stringe le dita più forte, incapace di parlare.
Emozionata, impaurita.
 

 
 
















 
 

Olè, finito anche questo. >w<
Spero vi piaccia. Scusate se non ho ancora risposto alle recensioni, ma ho poco tempo. Devo preparare gli esami. =//////= vedrò di fare del mio meglio.
Intanto, grazie a chi continua a seguirmi. <3
 
Ma Naruto, comunque, che fine avrà fatto? XD Niente di preoccupante, tranquilli. XD

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Capitolo 11
*** Epilogo [Come Naruto Namikaze, oltre a sistemare l’amico, sistemò anche se stesso] ***


Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 


 



Epilogo

 [Come Naruto Namikaze, oltre a sistemare l’amico, sistemò anche se stesso]

 
 





 
 

Se il corpo le obbedisse, Sakura starebbe a maciullarsi le palpebre, a furia di strofinarle. Gli occhi le pizzicano, la bocca si spalanca e la voce non le esce. C’è soltanto la figura di Sasuke davanti alla porta, che, per quanto Sakura abbia contato fino a dieci, non accenna a sparire in un puff luminoso.
«Che cosa ci fai qui?» chiede all’improvviso, soddisfacendo una curiosità primaria.
Tenta di darsi un contegno e frenare l’entusiasmo, perché, anche se lui è lì, lì, proprio lì di fronte, non significa nulla, non vuol dire che abbia ripensato a quanto sia stato scortese o cafone a liquidarla con un semplice “andiamo” o abbia compreso quanto lei si sia logorata dentro al sol sentire e a ripetersi quella parola.
Deve starsene calma e non lasciarsi sopraffare dalle emozioni, solo così può uscirne.
Ingoia saliva nell’attesa di una risposta, e si trastulla alla scottante verità secondo la quale Sasuke non la degna di una risposta nemmeno adesso.
«Ho capito» improvvisa per lui, collegandosi a ciò che i suoi occhi paiono volerle comunicare, «non è con me che vuoi parlare. Forse con Ino, o con Hinata… o forse hai semplicemente sbagliato stanza.»
Le sarebbe bastato trovare il coraggio e ficcarsi con più forza nelle iridi scure che, mai come in quel momento, la paralizzano. Crede di aver compreso tutto, è sicura che Sasuke sia lì per tutti i motivi del mondo tranne che per lei, però si sbaglia e non lo sa.
«Ora vado a chiamartele…» mormora, davanti al suo silenzio. Le sembra di parlare da sola, come una scema.
Si volta appena, rapidissima, comprendendo a malapena ciò che le sta succedendo. E’ un concentrato di emozioni forti che annebbiano il cervello e le impediscono di razionalizzare le sue mosse e le sue parole. E’ in preda al battito di un cuore impazzito, che si stoppa d’un colpo quando il polso le viene avvolto dalla pelle calda.
«Ti sbagli.»
L’ha sentito appena, rauco, e si volta per averne conferma. Sasuke adesso non riesce più a fissarla con quell’intensità che potrebbe farla svenire. Ha abbassato gli occhi, lateralmente, e Sakura sorriderebbe e lo troverebbe buffo, se avesse ancora il controllo su di sé.
Sasuke non ha voce, e a Sakura appare talmente tenero nella sua testardaggine e nel suo orgoglio ferito da un probabile mal di gola che deve sopprimere l’istinto di ficcarsi tra le sue braccia ancora una volta.
«Che cosa… cosa c’è, Sasuke-kun?» riesce a sillabare.
Lui la squadra per qualche secondo, finendo per posare l’attenzione sul suo polso che ancora stringe. Ingoia, si sforza enormemente per vincere l’imbarazzo e parlarle come se il suo fosse il tono più alto e sicuro che Sakura avesse mai sentito.
«Non qui.»
Inibire l’impulso dei piedi che vogliono sollevarsi da terra e spiccare un salto che la porti a sfondare il tetto dell’hotel le riesce difficile. Sakura si sente incredibilmente leggera dentro, e sa che è dovuto a tutta la tensione che sta scappando via dai pori. Al contempo, nasce la paura di una nuova illusione che potrebbe portare a un dolore più grande del precedente, ma la mente le propone soltanto l’immagine di loro due da soli che si amano. Alle cose brutte Sakura non ci vuole pensare, per il momento.
«A-allora mi vesto un attimo, Sasuke-kun» balbetta, «tu aspettami qui, okay?» E quando lui annuisce, Sakura gli chiude in faccia la porta con irruenza, sperando tra sé di non avergli colpito il naso.
Toglie le mani tremanti dalla maniglia e si guarda attorno, consapevole solo in quel momento di dove si trovi. Respira profondamente per cercare di darsi una calmata che sicuramente le potrà servire per dopo. Si riprende del tutto solo quando, con una mano sopra il petto sobbalzante e una stretta in un pugno, nota che l’ammasso di lenzuola sotto cui si nasconde il corpo di Ino si alza e si abbassa come se qualcuno lì sotto stesse ridendo.
Perché Sakura aveva dimenticato di essere in bella vista, di non aver badato al tono di voce alzatosi autonomamente e di avere una calunnia di amica come Ino alle spalle, la quale, in presenza di pettegolezzi, potrebbe alzarsi persino alle tre di notte. Soprattutto se le chiacchiere riguardano lei o Hinata.
«Su, esci pure allo scoperto» le intima, rossa in volto.
La testa bionda sbuca dalle lenzuola, e, al fianco, un’altra chioma la imita. «Ho fatto segno a Hinata-chan di non fiatare» spiega Ino, ammiccando. «E dai, che ci fai ancora lì impalata? Muoviti, alla velocità della luce! C’è Sasuke, lì fuori, oh Kamisama c’è Sasuke. Sa-su-ke.»
Sakura si schiaffa l’indice alle labbra, tesa. «Appunto, Ino, quindi vedi di stare un po’ zitta.»
L’interpellata si esibisce in una smorfia rilassata. «Su, che se oltre al mal di gola ha le orecchie tappate, non ci sentirà mai.»
«Ino-chan, non è carino dire queste cose, da parte tua» la rimbecca Hinata.
«Hinata-chan, dovresti farmi finire di parlare, prima di accusarmi di essere una senza cuore» replica, melodrammatica. «Volevo anche aggiungere che Sasuke-kun ha un che di kawaii con quella vocina che non ne vuole sapere di uscire. Non sei d’accordo, Sakura-chan?»
«Ino, smettila. E non chiamarmi Sakura-chan
«Perché, Sakura-chan?»
«Perché sono troppo in ansia, troppo nervosa, troppo tutto per sopportare anche i tuoi sfottò. So che mi chiami in questo modo solo quando vuoi burlarti di me.»
Ino inclina il capo – rigorosamente ancora poggiato sopra il dorso delle mani incrociate. «Sentitela, la ragazzina è stressata.»
«Alquanto» borbotta Sakura, lanciandosi a capofitto nell’armadio, cercando sempre di mostrare una certa tranquillità – che però non le appartiene – nei modi e nel linguaggio.
«In effetti posso anche capirti» smercia Ino, alzandosi dal comodo e rovente materasso per affiancarla. Hinata, intanto, le osserva circospetta. «Com’è possibile che una ragazza al suo primo appuntamento debba scegliere vestiti, trucco e parrucco in cinque secondi e per giunta col proprio ragazzo che l’aspetta fuori?»
«Questo non è un appuntamento, e Sasuke-kun non è il mio ragazzo» replica Sakura, la testa sommersa dal groviglio di abiti di Ino.
Lei lo aveva detto di dover mettere a posto, ma miss maial-ino non ne ha visto la necessità. Solo i vestiti di Hinata sono adagiati compostamente in un angolo dell’armadio, mentre quelli di Ino, in disordine, nascondono i suoi, lasciandoli sprofondare in un baratro di tessuti colorati senza fine.
«Non è ancora il tuo ragazzo.»
«Magari…» Sakura emerge di scatto dall’armadio, con in mano un bel nulla e la testa piena di nuovi dubbi. «E perché qui dentro non c’è niente che possa mettermi?» sbotta.
«Forse sarebbe stato meglio se io e Hinata-chan ce ne fossimo uscite fuori. Così evitavi il problema. Spogliarsi è molto più semplice che vestirsi. L’importante sarebbe stato non lasciarsi prendere dall’euforia del momento e lanciare, di conseguenza, i vestiti un po’ dove capitava…»
Sakura l’ha ascoltata immobile. E’ imbarazzatissima, sebbene l’idea – sotto sotto, ma forse nemmeno troppo in profondità – non le sarebbe affatto dispiaciuta.
«Ino-chan, forse corri un po’ troppo con la fantasia» tenta Hinata, le guance paonazze.
«Sentite, d’altronde Sasuke ha una voce ridicola, non potrebbe nemmeno parlare! Che vorresti farci se non ficcargli la lingua in gola, scusa?»
«Guarda che è qui fuori, Ino!» le fa notare Sakura, il viso più rovente di una piastra per capelli. «E se ti avesse sentito, scrofa?»
«Forse avresti dovuto abbassare la voce» concorda Hinata.
«Se mi avesse davvero sentito, allora dovresti soltanto ringraziarmi» conclude la Yamanaka, semplicemente, «perché magari si fa trovare già a bocca aperta o a labbra pronunciate. Ti risparmia la fatica.»
Sakura sospira. «Ma come fai ad avere sempre la risposta pronta?»
«E che vuoi farci. Per certe cose ci vogliono le capacità.» Le strizza l’occhio, luciferina. «E ora vediamo un po’ cosa puoi metterti. Ah, Hinata» riprende qualche secondo dopo, «poi penseremo anche a te. Sakura, se non sarai troppo impegnata a morire o a ficcare la lingua in bocca a Sasuke-kun, ricordati di controllare che nelle vicinanze non ci sia anche un certo biondo.»
«Ino-chan!» trillano entrambe, e Ino non riesce a fare a meno di scuotere la testa, compiaciuta. «Se non avessi avuto il mio Shika-kun, anche voi avreste potuto propinarmi qualcosa del genere. E che volete farci…»
 

 
 

*   *   *

 
 
 
Per prima cosa, Naruto ha ipotizzato che Sasuke sia rotolato per le scale, col risultato di essersi ammaccato il viso più del dovuto. Di conseguenza, gli era impossibile farsi vedere da Sakura con quel naso gigante e, probabilmente grondante di sangue. Però poi si è accorto di non aver udito alcun ruzzolare, dunque, immagina, Sasuke non deve essersi fatto male. Né deve essere caduto.
Forse, ipotizza ancora, ha approfittato del suo abbassare la guardia per mollarlo lì, da solo. Per scappare. E potrebbe essere.
Anzi, sarebbe potuto essere.
Infatti, quando Naruto bussa alla porta trecentodue, con indosso il miglior sorriso di cui è capace, nonché un’espressione dispiaciuta per scusare un teme maleducato che non si era presentato, ad aprilo non è la dolce Hinata.
Ma nemmeno Sakura. Né Ino.
«Ehm… tu non sei Hinata-chan» conclude ad alta voce. «Né Sakura, né Ino. Quindi… chi sei?» domanda curioso, mentre in lui si fa forte la preoccupazione che, a causa di imprevisti, le tre ragazze possano essersene andate senza avere la possibilità di informarli.
La ragazza rossa che ha di fronte a sé, però, lo squadra attraverso i vetri degli occhiali, fissandolo nello stesso modo di Sasuke. Acido. Naruto si domanda se possano essere dei parenti alla lontana, ma preferisce lasciar perdere quando nota che la sua interlocutrice è fasciata appena dalle lenzuola. Quello che deve essere il suo compagno se la sta ridendo.
«Senti, amico, ti conviene smammare» gli suggerisce quello.
«Già», concludono sia Naruto che la ragazza, lui intimidito, lei minacciosa. «Scusate il disturbo» tenta e se la dà a gambe.
Respira, fermo all’angolo, quando sente la porta sbattere con violenza.
«Mi sa tanto che ho sbagliato stanza.»
 
 
 
 

*   *   *

 
 

 
A Sasuke pare di sentire la porta del piano superiore che sbatte, ma non ne è propriamente convinto, tantomeno se ne interessa. Ipotizza che possa trattarsi di quell’idiota di Naruto, che ha, presumibilmente, compreso fischi per fiaschi. Perché Sasuke è convintissimo che Hinata non si sia sbagliata nel comunicargli il numero della stanza; è il suo migliore amico che dorme in piedi.
Era la duecentodue, infatti, e non la trecentodue.
Ringrazia mentalmente sia il suo istinto che la poca stima che ha per Naruto, in quanto gli hanno permesso di chiedere informazioni alla reception – non senza difficoltà, vista la condizione delle sue corde vocali.
Ora sta aspettando Sakura, e Naruto non gli interessa. Non sa come comportarsi, in realtà quando entrano in gioco i sentimenti non lo sa mai. Preferisce allontanare il problema e fingere che non ci sia, per poi affrontarlo al meglio quando esso gli si presenta al cospetto.
Ma è comunque sicurissimo di non sopportare troppo le attese, specialmente quelle lunghe. Forse Sakura non ci sta nemmeno mettendo troppo – anche se, a giudicare dagli schiamazzi che vengono dalla sua camera, se ne sta dicendo molte con le sue amiche –, però lui non ha nulla da fare se non stare in piedi e respirare, maledicendo Itachi e la finestra – nonché l’estate – ogni volta che è costretto a ingoiare saliva.
Infine la porta si apre, e Sakura, che ne esce, gli pare più tesa di come l’abbia mai vista le altre volte. E’ strana quella ragazza, si dice. Non è riuscito a capirla bene, forse non si è sforzato o forse lei non glielo ha permesso. Cambia continuamente; un giorno l’abbraccia come se fosse il migliore tra gli amici, e il giorno dopo tace e si chiude come se fossero estranei.
«Scusa se ti ho fatto aspettare, Sasuke-kun» gli dice.
In risposta, lui scuote la testa e la invita a seguirla con un cenno del capo.
Le pareti del corridoio dell’hotel scorrono dietro di loro. Sakura non parla, lui non ha quasi mai preso iniziative e non intende farlo adesso. Il silenzio gli è gradito, però non gli dispiace che qualcuno riesca a romperlo con le sue chiacchiere. Sa che è per questo che è amico di Naruto, e che per lo stesso motivo potrebbe diventare amico anche di Sakura. Ricorda i suoi messaggi, via chat, ricorda che da lì è cominciato tutto. Quelli non gli riempivano il silenzio, però mentre Sasuke inviava risposte o scambiava informazioni provava interesse. Stava bene.
«Senti, Sasuke-kun…»
Sakura non perde tempo; approfitta dell’aria mattutina che li investe e già parte. Da una parte Sasuke le è grato, perché non avrebbe saputo dove condurla.
Si volta, la guarda, capisce che in lei c’è tanto che deve e può essere rivelato.
«Ti ho già detto che mi piaci, Sasuke-kun, e non è cambiato niente dall’altra volta.» Scuote la testa, è nervosa. «Lo so che è stupido che io mi sia innamorata di te senza conoscerti. E’ stupido» ripete, «molto stupido, ma ne sono sicurissima. Non so nemmeno cosa dirti, a essere sincera. Mi sembra che da parte mia sia già tutto chiaro. Tu… sei tu che non riesco a capire.» Cos’è che tu hai da dirmi, Sasuke? «Non ti sei mai aperto particolarmente a me, nemmeno in chat. E’ comprensibile il tuo atteggiamento, forse anche normale, ma… non riesco a capire, da sola non posso. Non sono capace di interpretarti, non mi riesce. Col tempo intesi questa tua chiusura, questi tuoi messaggi quasi di circostanza come il simbolo di uno scarso quasi nullo interesse nei miei confronti, ed è per questo che, quando lessi che volevi incontrarmi, ne fui felice. Tanto felice. Sapere che invece ti avevo incontrato per un errore, anzi, uno scherzo, fu un duro colpo che incassai. Ma adesso voglio sapere, Sasuke-kun. Credo che sia anche un mio… diritto.»
Sakura prende coraggio man mano che parla, e Sasuke se ne accorge. Così come gli è lampante che sta sulle spine, che non vede l’ora di conoscere, di potersi definitivamente mettere l’anima in pace o di poter sperare e realizzare per davvero.
Sasuke è quasi tentato di sollevare l’angolo delle labbra in un sorriso. «Per fortuna non avevi niente da dire» proclama, osservando il disappunto negli occhi di lei, che in quel momento vuole tutto tranne che tergiversare.
Difatti sta già per ripartire all’attacco, ma Sasuke la intercetta.
La schiaccia col suo corpo contro le mura dell’hotel, e senza permetterle di replicare la bacia. E’ incerto, nonostante sia convinto di fare ciò che vuole, nonostante non abbia paura di amare e di sentirsi amato. Di rischiare, piuttosto.
Non si preoccupa di chi gli è intorno, perché sa che ci sono troppi poltroni in giro che si coricano al sorgere del Sole, e che quindi raramente qualcuno passerà di lì. Inoltre, semplicemente, non gli interessa granché.
Sakura è rigida sotto di lui. Sasuke sente le sue labbra umide immobili, incapaci di compiere un gesto che hanno desiderato da tanto. In automatico, l’ha presa per i polsi e adagiata meglio con le spalle al muro; sotto le sue mani percepisce il sangue che le passa nelle vene, ne sente i capelli mossi sul viso, i denti contro la lingua.
Dura un istante che sembra una vita, poi finisce e lei si rilassa, si riprende dalla sorpresa che gli è stata fatta e bacia a sua volta.
E’ inesperta, e lui non ha più esperienza, anzi, quindi il primo bacio che si scambiano non è proprio come quello delle favole che, sicuramente, a lei saranno piaciute tanto da bambina.
E’ un po’ come il loro rapporto; è cominciato in discesa, con equivoci e tant’altro, e sta culminando in qualcosa di buono. Il bacio non è perfetto, ma insicuro e maldestro come loro, e forse un po’ più in là diventerà altro, chissà.
Ma è carico di sentimento.
 

 
 

*   *   *

 
 
 

Ino si sporge un po’ dal portone e le si presenta la scena più bella di tutta la sua vacanza.
Pensa che potrebbe fotografarli con cellulare, ma in fondo ricattare Sakura a vita non le interessa granché. Potrà già rinfacciarle di avere avuto sempre ragione – come succede ogni volta – o comunque di avere assistito al suo primo bacio, sospirandone alla goffaggine e reclamandosi che avrebbe potuto farle dare qualche lezione di baci da qualcuno.
«Questo non è un appuntamento, e Sasuke-kun non è il mio ragazzo» imita, riprendendo le stesse parole di Sakura. E sbuffa, e sorride. E’ davvero contenta per Sakura, ma non solo… lo è anche per Hinata-chan. La piccola e coccolosa Hinata-chan che, secondo i suoi giusti paramenti, adesso starà imitando alla perfezione Sakura, però insieme al biondino tanto simpatico. E anche Hinata – come al solito – deve ringraziarla col viso schiacciato contro il pavimento. Perché è stata lei ad avvistare Naruto che, sconsolato, stava scendendosene ai piani inferiori. Beh, in realtà Ino voleva andare a spiare Sakura, ma è superfluo che Hinata se ne ricordi.
Comunque, avvistandolo, l’ha chiamato sventolando il braccio e urlando il suo nome con una potenza inaudita.
«Ehi, Ino! Avete cambiato stanza, per caso?»
Ino ha storto le labbra e fissato la targhetta della loro camera. «No, è sempre stata la duecentodue, perché?»
Naruto si è grattato la testa, in imbarazzo. «Lasciamo stare… sapessi cosa mi è capitato! Sono salito al piano di sopra, e sono finito nella stanza trecentodue, perché avevo capito da Hinata-chan che era quella la st-»
«Va bene, va bene, va bene, stop, calma. Non ci importa adesso, me lo dirai un’altra volta. Adesso, io devo… uscire per una commissione. Ti spiacerebbe fare un po’ di compagnia a Hinata-chan?»
E dalla luce nei suoi occhi, Ino ha capito che a Naruto fa molto, ma molto piacere.

 
 
 

*  *  *

 
 
 

Hinata ha visto Naruto entrare nella sua stanza e il cuore le si è fermato di botto. Ha balbettato qualcosa, lui le ha sorriso e le ha chiesto il permesso – accordato – di sedersi sul letto.
Quello della ragazza è un disagio che dura poco, perché le basta sentirlo parlare per rilassarsi. Anche se ha un tono di voce alto che potrebbe sembrare fastidioso, anche se è un ragazzo imprevedibile, ovvero l’opposto di lei in molte cose, Hinata trova piacevolissima la sua presenza.
Stanno parlando della propria famiglia, e lei adora sentirlo raccontare in quel modo bizzarro e diverso da tutti gli altri, accompagnato da gesti e imitazioni, come se stesse animando una festa per bambini. Le racconta di suo padre Minato e di sua mamma Kushina, di come la donna tenga in pugno il marito, di come sia lei a comandare, almeno in apparenza, in casa.
E Hinata ride, ride e sente di invidiare un po’ Naruto, perché nella sua famiglia c’è tutto un altro clima. Anche in questo sono diversi.
«Hinata, ti va di uscire con me?» le chiede a bruciapelo, accompagnando la richiesta a una scrollata di spalle. Se Hinata non fosse impegnata nella ricerca del monosillabo nella sua mente, noterebbe che anche Naruto è abbastanza preoccupato, ma non troppo da mostrarlo.
«Magari» l’anticipa lui, alzandosi in piedi e battendo il pugno nel palmo, «potremmo vederci dopo le tue vacanze. Sarebbe una specie di… mmm… pretesto per rincontrarci! Sono sicuro che anche il teme ne sarebbe contento. Che ne dici?»
Hinata è un miscuglio di emozioni, tra gioia e incredulità. Annuisce sorridendo, e sa che anche a Naruto va bene così.
Per ora.

 
 
 

*   *   *

 
 
 

«Scusatele, hanno tardato» borbotta Ino, muovendosi trafelata verso Naruto e Sasuke, mentre Shikamaru sbuffa, Sakura smentisce, incolpandola, e Hinata si scusa ancora.
«Siete in ritardo di mezz’ora» sbotta Sasuke, che dà loro le spalle.
«Dettagli.»
«Dai, teme, non fare il solito rompiscatole» si aggiunge Naruto, che subito risposta l’attenzione su Hinata. Le augura buonasera e la bacia; è sempre il primo a farlo, quando la vede.
Subito dopo c’è Ino che rimbecca Shikamaru di essere troppo lamentoso e scocciato – perché, anche se lui non le dice niente, lei sostiene di leggerglielo in faccia –, per poi addolcirsi improvvisamente e spiaccicarsi contro la sua spalle.
E Sakura…
«Sono contenta di vederti.»
Sono lontani, continuano a discorrere per e-mail e per cellulare, e fanno di tutto per vedersi quante più volte possibile. Itachi li sta aiutando parecchio, avendo già la patente. Sasuke non gli domanda mai nulla, però lui sa – e sa benissimo, come sempre – e agisce, aiuta.
Si spostano a turni, però, e stasera è toccato alle ragazze andare da loro.
«Tsk, sei noiosa, Sakura.»
«Lo so» e gli si attacca al braccio, baciandogli piano il mento.
Restano indietro, con Naruto che, finite le smancerie, urla per le strade che ha fame, e con Ino che, invece, incurante del mondo, le ha cominciate.
«Andiamo?»
Sasuke è indeciso, muove a fatica i passi che Sakura gli costringe ad allungare. «Stasera non mi va» le confessa, e Sakura non capisce sulle prime.
Le è chiaro cosa vuole Sasuke quando si trova trascinata dietro, con la schiena pressata contro il torace di lui e un braccio che le cinge la vita. Un dito corre ad accarezzarle il mento, la bocca si fionda sulla clavicola e la stuzzica.
«A dire il vero non va nemmeno a me» mormora Sakura, gli occhi leggermente chiusi.
«Casa mia non è molto distante.»
 
Quella sera di inverno, gelida, non potrà essere più rovente.
Forse come l’estate che li ha fatti incontrare.
 

 
 


















 
 

FI-NI-TA! *_____*
 
Allora, io volevo scrivere il decimo e ultimo capitolo e poi l’epilogo, ma alla fine ho preferito mettere questo come epilogo direttamente, e lo sapete perché? ù///////ù
Perché la mia mente sforna fanfiction anche adesso che ci sono gli esami, dannazione. E io se non acchiappo le idee al volo me le lascio scappare. Quindi, avrete presto mie notizie. XD
(oltretutto, struttura 9+2 è anche il nome di una cosa che ho studiato, ora che ci penso. xD LOL)
 
Spero che Hot Mail vi sia piaciuta. ^_____^
 
Chissà, magari scriverò anche qualche spin-off, non si sa. Se vi va, fatemi pure sapere cosa vi è/non vi è piaciuto, che io cerco di prenderlo come monito per la prossima volta. ^___^
 
Mi spiace per il rating, ma devo persino declassarlo a giallo. Uff, il rosso è una maledizione per me, ma penso che se devo scriverlo male, tanto vale non scriverlo proprio. XD
 
E niente, grazie per avermi seguita. A chi interessasse, c’è una shot SasuSaku tutta diversa da questo genere. XD
Li(f)e

 
 
 

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