Our never ending story .

di Party Poison
(/viewuser.php?uid=193091)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Capitolo 1                                                         The anniversary
 

Se ne stava lì con un mazzo di rose rosse in mano, precisamente erano sette come gli anni del loro matrimonio. Certe volte non poteva ancora crederci di aver sposato quella donna magnifica. Sì, Lyn-Z. ora restava davanti alla scalinata che conduceva alla porta della loro casa a Los Angeles, in smoking con una camicia bianca su misura, leggermente stretta nella parte del busto per evidenziare il suo torace minuto. Valutava se suonare il campanello o se entrare con una frase effetto e poi prenderla tra le sue braccia, tanto per fare un po’ di scena. Stare insieme per sempre era quello che avevano voluto sin da quando si erano conosciuti ma, salendo le scale, ricordava ancora quel bacio. Esattamente quel bacio, scoccato sulle labbra di quella persona che l’aveva aiutato a rialzarsi ogni volta che cadeva, che faceva il geloso quando lo vedeva baciare sua moglie. Gerard ebbe un fremito ma cancellò il ricordo velocemente per dimenticare il modo in cui avevano deciso di dire basta per il rispetto delle loro mogli, sempre su quelle stesse scalinate e dove lui se n’era andato in lacrime. Era passato esattamente un anno dopo il fantastico evento delle Conventional Weapons e troppo tempo dal loro ultimo momento insieme sul palco, uniti in quello che le fan adoravano chiamare “Frerard”. Gerard trasalì pensando al fatto che non ci sarebbe più stato nulla di tutto questo e anche al fatto che la sua mente, dopo molto tempo, era ancora occupata da tutte quelle cose, quelle bellissime cose. In realtà si era convinto di poterlo dimenticare ma non ci sarebbe mai riuscito e lo sapeva benissimo.

- Cosa stai facendo Gerard? Non fare lo scemo, non puoi tornare da lui, pensa a Lindsey, pensa a Bandit – diceva la parte più coscienziosa di lui.
- Pensa invece a Frank, a Bandit e a come lei lo chiama “Zio Frankie”, a come lui sorrideva sempre dopo averti visto, a come ti baciava -  diceva invece la parte masochista.

Non riusciva a non pensare a lui dopo tutto quello che era successo. Decise di salire le scalinate e si trovò davanti a quell’enorme portone verde bottiglia con una targhetta placcata oro con la scritta “Way-Ballato”, avrebbe preferito che ci fosse stato inciso “Way-Iero” ma quello che è stato fatto ormai non si può cambiare. Finalmente si decise a suonare il campanello.

“Signora Way, ci sono dei fiori per lei” disse Gerard con voce professionale, non stava pensando a Frank in quel momento, stranamente.
La porta si aprì e Bandit gli saltò subito al collo dicendo che la mamma stava finendo di prepararsi per andare a cena a New York mentre lei sarebbe andata da zio Frankie, che abitava con la moglie poco distante dalla loro casa.

- Una fitta al cuore. Bandit passava più tempo con lui di quanto lui non lo facesse con Gerard in questi ultimi tempi, dopo la Conventional Weapons ovviamente –

Lindsey scese le scale con un abito nero lungo, un copri spalle bianco a ricami nere riprendeva le scarpe bianche e nere con un tacco immensamente alto, prese le rose di Gerard e le mise nel vaso per evitare che morissero, agguantò velocemente le chiavi della macchina e si diressero verso casa Iero per lasciare Bandit, poi sarebbero andati a cena. Sulla porta di quella casa c’era Jamia con Cherry, Lily e il piccolo Miles che accolse la giovane Way con il solito sorrisone a cinquanta mila denti, era come una figlia per loro. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la ragazza e aver abbandonato quella stramaledetta casa (secondo Gerard era la causa di alcuni loro mali), si diressero verso il ristorante che Lyn-Z amava tanto e che aveva prenotato per l’occasione. Parcheggiarono ed entrarono nella hall.

“Il tavolo prenotato a nome Way” disse Gerard al cameriere
“Subito signore, seguitemi”,  rispose quello con tutta la cordialità possibile facendo addirittura un inchino con il capo.
Era a due piani e il tavolo ovviamente si trovava al secondo, sulla terrazza, dove di poteva godere di tutto il paesaggio di New York.

Durante tutto il pasto non parlarono molto, ultimamente Gerard non aveva un granchè da dire, aveva cominciato a diventare piuttosto introverso da quando la band si era semi-sciolta, da quando Frank se n’era andato.
“Sei troppo silenzioso. Almeno stasera sforzati di essere felice con me, vivrai anche senza gli MCR” . Gerard fece una smorfia di disgusto per quell’ultima frase, lei non capiva quanto quel gruppo l’avesse salvato, a quanto lui tenesse a vivere ogni secondo della sua vita con loro. Lindsey non riusciva a capirlo e non ci sarebbe mai riuscita perché il suo piccolo gruppo continuava ad esistere e non sapeva cosa si provava.

“Cosa ti manca della tua band, amore?” chiese lei cercando anche di sorridere per incoraggiarlo a parlare.
- oh finalmente un po’ di compassione. Grazie tante. Vuoi anche la risposta? È Frank.- pensava Gerard guardandola negli occhi ma invece di dire realmente questo si limitò a dare una risposta piuttosto secca e ovvia.

“Mi manca tutto e lo sai, cerca almeno di non infierire continuando a parlarne Lindsey”, la chiamava per nome solo quando era arrabbiato e dopo aver visto la faccia incredula di lei dopo quella risposta, eccome se lo era! Gerard in quel momento sapeva che aveva capito tutto, come se gli avesse letto nella mente.

“A te non manca niente. A te manca solo Frank perché tu lo ami ancora! Non sarò mai veramente tua moglie, questo l’ho capito sfortunatamente ancora un anno fa. Dio, Gerard! Non puoi startene in silenzio perché sai che ci tace acconsente ed evidentemente tu stai mentalmente dicendo di sì ad ogni mia affermazione! Tu lo ami ancora! Non ci posso credere… Perché Gerard? Perché fai così? Non ci posso credere…Mio Dio… Avevi detto che avresti superato tutto e saresti ripartito da zero ma credo sia ovvio che tu abbia preferito non farlo!”. Al tutto Lindsey aveva aggiunto anche qualche lacrima, si sentiva ferita, ma a Gerard non importava, non ora, forse anni prima ma adesso era cambiato tutto. “Vado a casa, goditi il nostro ultimo anniversario perché io non posso, non ce la faccio..”. Lindsey prese le chiavi della macchina e se andò lasciando quello che ormai sembrava essere l’ex marito in quel ristorante. Gerard pagò il conto e scese per le strade di New York, fece quattro passi e accese la sigaretta.

Si diresse verso la 5th Avenue, cercando di distrarsi un po’ ma non riusciva, diventava sempre più nervoso. Non poteva rimanere lì a vagare tutta la notte così si decise di comporre il numero di qualcuno che lo sarebbe venuto a prendere, Frank.
“Ehi Frank, sono io, Gerard” disse imbarazzato dopo che il ragazzo aveva accettato la chiamata.
“Mmh, tutto bene? Non dovresti essere a cena?” Frank era sorpreso della sua telefonata proprio il giorno del suo anniversario, come se non fosse una data che non lo faceva soffrire abbastanza.
“Eh ecco..no..sono a New York sulla 5th Avenue…a piedi”
“Vuoi che venga a prenderti?” chiese con molta premura il ragazzo.
“Se non ti è di troppo disturbo..”
“No affatto, dieci minuti e sono lì.”
“Ti ringrazio davvero” e prima ancora che finisse la frase, Frank aveva già chiuso la comunicazione.
Non era cambiato affatto, in meno ancora di dieci minuti era già lì.

Salì sulla macchina di Frank senza dire una parola, non sapeva come parlargli. Era già stato abbastanza difficile farlo al telefono, immaginiamoci di persona!
“Va tutto bene con Lyn-Z?” chiese il moro, sapendo la domanda presupponeva una risposta negativa ma voleva rompere il ghiaccio.
“Credo sia finita, davvero stavolta” Gerard l’aveva detto quasi sollevato, non poteva continuare più quella farsa e forse questo poteva fargli riavere il suo Frank.
“Oh, mi spiace…”disse senza distogliere lo sguardo dal volante, forse per non mostrare quanto potesse in parte essere felice nonostante sapesse di essere egoista solo a pensarlo.
- Ma non dire stronzate! Va bene a te come va bene a me! – aveva pensato Gerard mentre al chiaro di luna fissava i lineamenti del ragazzo, concentrato sulla guida.
“Vuoi rimanere da noi stanotte? Bandit è da Lyn-Z, quando mi hai telefonato era appena passata a prenderla…”
“Va bene, ok..mmmh..Frankie?” mannaggia l’aveva detto davvero, voleva dirgli così tante cose ma riuscì solo a dire, guardandolo negli occhi: “No niente..”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2                                                         I know you hate me
 

Giunti a casa Iero, Gerard entrò con lo sguardo indagatore di Jamia addosso.

“Honey, cos’è successo?”, ormai lui era come un fratello per tutta la famiglia e quella ragazza era sempre stata di una dolcezza infinita.
“Credo sia finita tra me e Lyn-Z, era un anno che non funzionava più ma cercavamo di tenere insieme il matrimonio per Bandit. Ha deciso lei di troncare e sono anche sollevato, lei non mi capiva, non si sforzava nemmeno lontanamente”.
“Quindi non si risistemerà più?” chiese Frank, voleva un’ulteriore conferma prima di permettersi di rischiare il tutto per tutto. Esatto, Gerard era il suo tutto, era completo quando c’era lui e sì, anche lui non l’aveva dimenticato, non avrebbe mai potuto.
“Credo di no, io non vorrei chiedervi troppo ma non me la sento di ritornare a casa per un paio di giorni, Mikey è dall’altra parte del mondo con Alicia quindi…”
“Ma certo! Rimani pure tutto il tempo che vuoi” disse Jamia, ignara di quanto era successo in passato e di quanto sarebbe potuto accadere in questi giorni di stretto contatto. Frank era sconvolto dall’affermazione della moglie. Gerard per un paio di giorni in giro per casa sarebbe potuta essere la fine per lui. Doveva resistere, doveva farcela. “Ti prepariamo il divano e Frank, hai ancora quel pigiama nero con lo scheletro disegnato di Gerard? Mi sembrava te l’avesse regalato e se l’hai ancora potresti darglielo no?!”
“Vado a cercarlo nelle scatole della band. Arrivo subito” in realtà non era in nessuna di quelle scatole. Era nel suo armadio personale, avvolto con estrema cura in un panno bianco profumato, riposto in una piccola scatola con scritto Me and Gerard. Lì conservava tutte le loro foto e di tanto in tanto estraeva la scatola per rivivere quei ricordi felici che aveva perso per sempre. La cosa che aveva pensato Gerard però era stata –Oh mio Dio. Frank ha inscatolato tutto, come per dimenticare -  e questo lo faceva terribilmente stare male. Poco dopo arrivò il moro, con un espressione di trionfo per mostrare alla moglie che sapeva dove teneva le cose, al contrario di quello che lei sosteneva: “Trovato!”; prese il pigiama e lo porse a Gerard. Lui lo prese volentieri e se lo portò al petto, ricordando quando l’aveva tolto perché faceva troppo caldo mentre dormiva con Frank. Sembravano passati secoli. Sentiva ancora il loro profumo mescolato e sorrise al ricordo. Frank lo stava osservando e aveva capito a cosa stava pensando, così sorrise anche lui di rimando ma al suo contrario, a lui scese una lacrima.

Gerard prese il suo pigiama e si diresse verso il bagno per farsi una doccia fredda, lo faceva sempre nei momenti di crisi interiore. Piuttosto di togliere lo smoking però se lo strappò letteralmente di dosso con tutto il dolore e la rabbia che aveva in corpo, rimanendo con i boxer e il busto della camicia bianca. Cominciò a piangere.

Piangeva per tutti gli sbagli che aveva commesso nella sua vita. Aveva preferito Lindsey a Frank, che poi giustamente si era rifatto una vita con Jamia. Aveva buttato via tutto, il suo amore, il suo buon senso che solo lui sapeva farglielo usare, aveva ripreso a fumare tanto da quando si erano detti basta, occasionalmente fumava altro se era troppo stressato, non era una soluzione ma certe volte lo faceva stare meglio, gli faceva dimenticare temporaneamente molte cose. Ricordò che aveva ancora indosso la fede: se la tolse e dopo aver aperto la finestra la gettò fuori, il più lontano possibile. Prese il pacchetto di Marlboro che aveva nella tasca dei calzoni, prese una sigaretta e l’accese. Non riuscì a buttare fuori la prima boccata che cominciò a stare male. Tutto l’insieme, il tutto subito lo faceva stare male. Era piegato in due ma riuscì a ritrovare la forza di piangere, aveva bisogno di farlo per sfogarsi e in quel momento qualcuno bussò alla porta.

“Gerard sono Frank, ti senti bene?”. Non rispose. Preferiva non farlo per non farlo soffrire ancora, ma era troppo tardi. Frank sentendolo piangere si sentì morire dentro, aprì la porta e si sedette sul pavimento con lui. Era a un centimetro da lui e poteva sentire il suo cuore battere velocemente per la sua vicinanza. Gerard cominciò a parlargli.

“Mi faccio schifo, intorno a me tutto sembra morire. Bandit mi odierà, tu mi odi e sono qui anche a casa tua, come se non ti avessi già fatto soffrire abbastanza e quindi il tuo odio incrementa e io non posso vivere con un tatuaggio sul cuore che recita – Frank ti odia - , io non ce la faccio perché senza di te io non sono Gerard Way, io sono una persona qualunque, una tra le tante in questo mondo, anzi non so nemmeno più se sono una persona! Io. Mi. Odio. Devo farla finita, forse se prendessi una pistola e mi suicidassi sarebbe meglio per tutti quanti e tu staresti meglio, saresti più felice”, il volto rosso dalle lacrime.

“Basta Gerard! Non capisci che dicendo così un pezzo di me se ne va? Distruggendo te stesso, distruggi anche me! Non riesco ad odiarti, riesco solo ad amarti e più cerco di dimenticarti più riaffiorano i nostri ricordi. Soffro e questa sofferenza mi spinge ad amarti sempre di più! Sei uno stupido se credi che io ti lascerò suicidarti! Se tu muori, muoio anche io. Da quando te ne sei andato, il mio cuore è diventato di pietra, provo repulsione certe volte quando vado a dormire con Jamia, le uniche persone che riesco ad amare quasi quanto te sono i miei figli e tu puoi capire dato che hai Bandit!” prese la mano di Gerard, se la portò al cuore e disse: “Lo senti? Ha ricominciato a battere da quando tu hai composto il mio numero per cercare aiuto, da quando ho rivisto il tuo volto, da quando sei entrato in questa casa. Vedere Bandit quasi ogni giorno mi ricordava te, per questo l’ho sempre voluta vedere qui intorno perché, oh Gee, lei ti assomiglia così tanto in tutto e per tutto! Far sorridere lei significava far sorridere te, perché sapevo che a fine giornata ti faceva sempre il resoconto di quello che dicevo”.

Ora piangeva anche Frank ininterrottamente. Parlavano sottovoce per non farsi sentire, porta chiusa a chiave. Finalmente dopo tanto tempo avevano avuto il loro momento.

Gerard lo guardò dritto negli occhi sapendo di avere un’aria stanca e frustrata, ma era felice in fondo.

Frank non smise di piangere, si sentiva tradito riguardo le parole di odio, si sentiva come perso.

“Frankie, io non volevo farti soffrire così, non volevo farlo ancora”.
“Ti prego Gee, fallo ancora. Ho capito che la sofferenza ti porta vicino a me e se è l’unico modo per averti qui con me, voglio continuare a soffrire”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Capitolo 3                                            I’m really angry with you
 
Non poteva farlo continuare a soffrire così, non voleva.
Si ritrovarono a guardarsi negli occhi intensamente, si poteva leggere chiaramente quanto avessero sofferto la loro lontananza in tutto questo tempo.

“Non continuerà così, non lo permetterò. Tu hai bisogno di me, Gerard; io posso soffrire ma tu no”.
“Non devi abbandonare tutto semplicemente perché non sto bene. Sarei egoista se te lo permettessi”.
“Resta almeno per un po’. Jamia la mattina lavora e avremo molto tempo libero”.
“Non voglio cominciare nulla per farla finire come un anno fa”.
“Ti posso promettere solo una cosa Gee: stai pur certo che stavolta proprio non finirà”.

Frank aiutò Gerard a togliere quel che rimaneva della camicia e a mettersi il pigiama. Mentre si spogliava, non si ricordava che il suo corpo fosse così bello. Aveva mantenuto i capelli rossi da killjoy perché sapeva che a lui piacevano tanto e che adorava arruffare quando si baciavano. Era particolarmente magro, forse per lo stress e il troppo fumo, e gli dispiaceva da morire che la causa potesse essere lui. I suoi occhi erano di un verde fantastico e lui amava perdervisi perché mentre li fissava la sua mente si svuotava, pensava solo a loro due, ma ora quegli occhi più che verdi erano rossi. Gerard aveva pianto prima e sicuramente era molto tempo che si chiudeva in bagno a farlo, proprio come stanotte. Tutto per non mostrare la propria sofferenza alla moglie e in particolar modo alla figlia.  Ora Frank si era alzato da terra ed era di fronte a Gerard, cercò di sorridergli ma vederlo in quello stato non poté che provocargli un’altra lacrima. Restò ancora un minuto a fissarlo mentre si infilava goffamente il pigiama prima di abbracciarlo. Gli strinse forte le braccia intorno al collo e aveva appoggiato la testa sul petto di lui.

Non poteva ancora crederci: Gerard, il suo Gerard, era lì con lui ancora una volta ma non aveva risposto all’abbraccio come pensava. Aveva fatto anche di meglio, solo che ora a Frank mancava il respiro. Entrambi volevano dire qualcosa ma non ci riuscivano, volevano godersi quell’attimo che era mancato a tutti e due per troppo tempo senza rovinarlo da inutili parole.

Sciolsero l’abbraccio non appena sentirono la voce di Jamia.

“Ragazzi, tutto bene? È un’ora che siete chiusi in bagno. Frank, Gerard sta bene?”
“Sì, arriviamo subito”, fu Frank a rispondere, cercando di non far trasparire alcun sentimento.
Aprirono la porta del bagno e scesero le scale. Gerard era completamente disfatto e si reggeva grazie al moro, che lo aiutò a sdraiarsi sul divano e lo coprì con l’attenzione di una madre verso il figlio. Il rosso si addormentò velocemente per la stanchezza ma Frank decise di rimanere sveglio tutta la notte al suo fianco per controllare che stesse bene. Jamia sapeva che erano come fratelli così non se ne preoccupò, mise a letto i bambini e si addormentò anche lei. Tutte le luci si spensero, tranne l’abat-jour in salotto dove dormiva Gerard.
 
 

 
La mattina seguente Gerard doveva andare da Lindsey. Non gli andava ma gli servivano dei vestiti per poter restare.

Dopo aver bevuto il suo caffè rigorosamente preparato dal suo Frankie, si avviò a piedi con un cacciavite nella tasca dei pantaloni, che aveva preso in prestito a casa Iero, e con una sigaretta nella mano destra. Giunse velocemente a quella che era casa sua, dato che non era molto distante, salì di corsa le scale ed estrasse il cacciavite. Direzionò la punta verso le viti della targhetta con il nome “Way-Ballato” e pian piano cominciò a svitarne una per una fino a che quella non cadde a terra. La sigaretta non era ancora finita, così ci spense sopra il mozzicone come segno di totale disprezzo. Suonò il campanello e disse:

“Aprimi, prendo i miei vestiti e me ne vado, ma voglio i miei diritti su Bandit, nient’altro. La voglio almeno il fine settimana”.
Chi aprì però fu proprio sua figlia.
“Daddy, perché te ne vai?” le lacrime agli occhi. Lindsey le aveva già probabilmente detto tutto. Sperava avesse tralasciato almeno la parte di Frank.
“La mamma e io abbiamo qualche problema tesoro, non so cosa lei ti abbia detto”.
“Dice che te ne vai perché non ci hai mai amate come hai amato Frank. È la verità? Ha detto anche che io sono solo frutto di un errore” aveva cominciato a piangere e teneva stretta la gamba del padre, mentre Gerard ribolliva di rabbia, “So che tu e zio Frankie vi volete bene ma ti prego non abbandonarmi qui con lei. Credo che mi odi perché dice che ti somiglio troppo, dice che somiglio troppo a entrambi”.
“La mamma non ti odia, honey. È solo arrabbiata. Non ti preoccupare, starai un po’ con me e un po’ con lei. Ora dimmi dov’è.”
“E’ nella sala da pranzo con un uomo” disse spaesata la piccola, sapeva che nulla di tutto questo avrebbe portato a qualcosa di buono.
- Ok, o ha già un amante o è l’avvocato. Sinceramente non mi interessa chi sia, voglio i miei vestiti e Bandit – pensava Gerard tra se mentre si dirigeva nella sala. Lì c’era Lindsey che firmava dei documenti, di separazione ovviamente, che un uomo in giacca e cravatta gli porgeva.
“Mr.Smith, questo è il mio ex-marito omosessuale. Non lo consideri nemmeno, vedo cosa vuole ancora e poi torno. Con permesso”. Quello che doveva essere l’avvocato fece un cenno con la mano come per annuire, poi continuò a scrivere. Ora lei odiava definitivamente Gerard, non che per lui fosse diverso nei suoi confronti.
“Voglio i miei vestiti e Bandit almeno il fine settimana, e si può sapere cosa ti è saltato in mente di dirle di me e Frank? Sei una stupida, lo sei sempre stata, ma credevo che con l’età potessi cambiare!”
“Nah, Gerard, le persone non cambiano e tu dovresti essere il primo a saperlo e a confermarlo oltretutto! Bandit doveva saperlo.”
“Maledizione, ha solo cinque anni! Non capisci che l’hai sconvolta? Crede addirittura che tu la odi”.
“Le passerà, vedrai, quando capirà che suo padre fa sesso con un uomo per soddisfare le sue fantasie perverse” disse Lindsey con disprezzo.
“Io lo amo come non ho mai amato nessun’altro, oltre a mia figlia certo. Tu non puoi capire e non rimango nemmeno a discuterne con te. Dammi i miei vestiti e me ne vado”.
“Mi fai schifo. Le tue cose sono dove le hai lasciate. Preleva tutto e vattene via, non tornare mai più”.
“E chi ci vuole tornare in questo inferno?”, aveva avuto l’ultima parola. Gerard scese in cantina, prese delle scatole e salì le scale verso le camere. Cercò di portare via il più possibile e la prima cosa che prese fu la scatola con tutti i ricordi di lui e Frank. Sì, anche lui aveva la stessa scatola, se l’erano regalata a san Valentino. Quando mise fuori dal portone la prima, vide la macchina del moro parcheggiata e lui era appoggiato al cofano a fumare. Quanto era bello!

“Serve una mano?”, gli rivolse un enorme sorriso, gli occhi rossi per la notte insonne.
“Molto volentieri, tu carica che io le porto giù. Qui non ci voglio più tornare”.
Prese tutto quello che aveva e se andò, lasciando Bandit immersa nelle sue lacrime sulla soglia di casa.

Tornati a casa Iero, loro due erano soli ma non ci pensarono minimamente a sistemare le scatole di Gerard nella camera degli ospiti che Jamia aveva finito ieri sera di sistemare apposta per lui. Si sedettero sul divano, accesero la televisione senza nemmeno badare al canale su cui era sintonizzata. A entrambi non interessava il programma. Frank gli saltò immediatamente in braccio, gli stampò un bacio veloce.
“Ehi, piccolo Frankie, che fai?”
“Tu ed io, in Messico. Hotel Bella Muerte. Partiamo domattina”.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


 Capitolo 4                                       The departure
 
“Tu ed io cosa?” disse Gerard incredulo.
“Sì, perché no?! Hotel Bella Muerte! Ricordi quello che abbiamo vissuto là?”
E come poteva non ricordarselo? In quell’hotel, il 4 agosto avevano deciso che sarebbe stato per sempre e si erano uniti per la prima volta. Aveva tantissimi bei ricordi legati a quel posto, ma anche pessimi come l’arrivo di Lindsey proprio nel mentre e entrambi non avrebbero mai scordato il suo sguardo di disgusto. Decise di eliminare il ricordo come se lei fosse morta.
“Come fai con Jamia, Lily, Cherry e Miles? No, non è giusto che abbandoni la tua famiglia appena arrivo io a confonderti le idee”.
“Tu non mi hai confuso. Certo a Jamia voglio bene, ma non l’ho mai amata e posso anche provartelo…” era ancora a cavalcioni su di lui, strinse le gambe intorno al bacino di Gerard, mise le mani tra i suoi capelli e lo baciò intensamente. Dio quanto gli era mancato! Non aveva mai dimenticato il suo sapore e mai l’avrebbe fatto. Il rosso rispose al bacio con tutta la passione che aveva, strinse le mani attorno alla vita di Frank e, alzandosi, lo distese sul divano. Ora erano l’uno sopra l’altro, senza separare le proprie labbra, distanti per troppo tempo. Rimasero in quella posizione fino a quando a entrambi non mancò il respiro.
“Dirò a Jamia che hai bisogno di cambiare aria e che andiamo in Connecticut da Mikey perché è preoccupato per te. Dopotutto si tratta solo di un paio di giorni, è l’occasione perfetta!”, il sorriso di Frank era immensamente grande, “Eddai Gee! So che lo vuoi anche tu, un paio di giorni in Messico. Là fa caldo amore…molto caldo… e l’atmosfera si riscalderà ancora di più”. Portò una mano al cavallo di Gerard, “Vedo che lui è profondamente interessato a questa mini vacanza…”
“Frankie non andare oltre! Fermati! Ah, Frank Anthony Iero fermati!”, Gerard stava già sudando.
“Ma Gee… io volevo solo convincerti..” ora faceva l’offeso, e lui sapeva che non poteva resistere.
“Non fraintendere, non voglio che tu consumi questi momenti in anticipo. Quando partiamo?”
Sapeva di farlo felice dicendo così, in fondo non chiedeva altro che due giorni da soli.
“I biglietti li ho già presi, sapevo che non avresti detto no. Domattina siamo sull’aereo. Devo solo dirlo a Jamia”.

Gerard era sempre più sorpreso. Si alzò dal divano e cominciò a preparare le valige. Ci sarebbe voluto molto tempo con Frank attorno che lo distraeva; infatti quando tornò Jamia con i bambini, aveva appena finito. Nel frattempo il moro, da bravo marito, aveva preparato la cena, giusto per addolcirla prima di dirle della vacanza sotto inganno.

“Mikey ha chiamato. Vuole vedere Gerard al più presto. Domattina partiamo per il Connecticut, saremo di ritorno tra un paio di giorni”,l’aveva detto in maniera molto fredda per nascondere il suo entusiasmo.
“Va bene, okay. Salutatemi Alicia e Mic, e abbracciateli forte forte!”.

Ora che avevano ottenuto una specie di consenso non c’era più nulla che li fermava e Gerard si sentiva un po’ più in pace con se stesso. Non ha mai amato fare le cose di nascosto.
Terminata la cena, andò in bagno per farsi una doccia e mettersi il suo bellissimo pigiama. Stavolta ce l’avrebbe fatta da solo. Nel togliersi i pantaloni che il moro gli aveva prestato, notò che dalla tasca anteriore era caduta una foto, una foto di loro due. Ripensò a quanto Frank fosse fantastico e quanto questa faccenda avesse avuto il suo risvolto positivo, a come aveva fatto in fretta ad organizzare una piccola vacanza per stare con lui ma nonostante “l’approvazione” di Jamia, Gerard aveva ancora paura. Paura di ferire il povero Frank. Una parola sbagliata e temeva sarebbe potuto crollare. Uscì dal bagno, scese le scale e si sistemò sul divano. I bambini erano già a letto e anche la moglie, tranne Frank che stava scribacchiando qualcosa su un pezzo di carta.
“Che scrivi?” domandò il rosso incuriosito.
“Lo saprai a tempo debito”, si avvicinò a lui e gli schioccò un bacio in fronte. Gli sussurrò all’orecchio: “Buonanotte amore mio. Ci vediamo domani mattina”.
 
 
“Amore svegliati, dobbiamo prendere l’aereo tra un’ora”, il buongiorno di Frankie nessuno poteva sostituirlo. “Ho preparato il caffè quindi alzati sennò si raffredda troppo”. A sentir la parola “caffè”, Gerard spalancò gli occhi e si alzò di scatto, e questo gli provocò un enorme giramento di testa.
“Frank, che ore sono?”. Quando guardò l’orologio, sbottò: “Sono le cinque e mezza del mattino!”.
“Gli unici biglietti per il Messico disponibili erano alle 6.30  e devi ancora fare colazione, vestirti, dobbiamo caricare le valigie e andare all’aeroporto in città”. Era eccitato come un bambino il primo giorno di scuola. Sicuramente si era alzato almeno alle quattro per poter svegliare Gerard in perfetto orario, vestirsi e fare il caffè.
Il rosso si alzò dal divano con i capelli tutti arruffati e quella mattina faceva già caldo, quindi decise di togliersi subito il pigiama per rimanere in boxer. Frank era rimasto tutto il tempo a guardarlo e stava per avvicinarsi pericolosamente a lui quando Jamia cominciò a scendere le scale. Gerard infilò veloce un paio di pantaloni del moro e la maglietta della loro band. Era molto sexy perché gli stava tutto troppo stretto e infatti il moro continuò a guardarlo come se fosse la cosa più bella al mondo, anche dopo che Jamia fu in salotto.

“Già pronti per partire?” chiese incredula, effettivamente era molto presto.
“Frank ha detto che erano gli unici biglietti disponibili per una partenza immediata”, aveva dovuto rispondere Gerard, il moro era ancora troppo assente e concentrato a guardare altro.
“Amore, vai a salutare i bambini dai, sono già svegli”.
- Richiamalo “amore” e ti mordo – stava pensando il rosso guardandola dritto negli occhi in cagnesco.
Frank salì le scale e due minuti dopo fu già di ritorno con tanto di valigia. Quella di Gerard era già in salotto ancora dal giorno precedente.

“J, noi partiamo”, se lo sarebbe sognata che lui dicesse  - se avete bisogno, telefonate e torniamo subito – anche perché non l’avrebbero mai fatto.
“Va bene, prima un bacio dato che non ti vedrò per due giorni”, prese tra le braccia il marito e lo baciò con amore. Lui non rispose molto ma Gerard si arrabbiò comunque.

Presero le loro valigie e le caricarono in macchina. Salirono, Frank ingranò la marcia e si avviò per l’aeroporto. Pochi minuti dopo inchiodò di colpo, facendo sobbalzare il rosso.

“Ehi, ma che fai? Vuoi farmi morire d’infarto per caso?” disse praticamente terrorizzato.
“Ti sei arrabbiato per uno stupido bacio come quello?!”
“Mi sembra una cosa molto più che normale, non credi?”
“Honey, per me non ha significato proprio nulla. Non ho nemmeno risposto se hai notato”
“Ho preferito non rimanere a guardare come ti baciava, Frank”, era una considerazione ovvia la sua.
“Presto le dirò tutto e vedrai che la prenderà bene, non ti preoccupare”.
“Come potrà prenderla bene scoprendo che suo marito la lascia per stare con altro uomo? Spero solo che non abbia la stessa reazione di Lindsey”
“Primo, tu non sei un altro uomo, tu sei il mio Gerard, solo mio, e io sono solo tuo. Secondo, è molto comprensiva, vedrai che andrà tutto bene. Diremo tutto anche ai bambini a tempo debito”.
“Va bene, ma ora riparti sennò facciamo tardi”.

Si rimisero in marcia e poco dopo giunsero all’aeroporto. Sbrigate tutte le procedure, salirono sull’aereo. Avevano i posti vicini, ovviamente.
Gerard si era portato il sombrero che aveva comprato in Messico quando c’era andato con Frank. Se lo poggiò sulla testa e ripetè le stesse cose che gli disse anni fa.
Check into the hotel Bella Muerte”.
Frank non resisteva a come lo diceva così gli schioccò un rapido bacio nonostante tutte le persone che li stavano osservando, alcune curiose, altre con occhiate discriminatorie.

<< Partenza per il Messico, allacciare le cinture >> disse le hostess. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Capitolo 5                                            Hotel Bella Muerte – parte prima
 
Trascorsero le cinque ore di viaggio in silenzio assoluto, scambiandosi solo ogni tanto qualche sguardo e si erano sempre tenuti la mano. Frank aveva abbastanza paura di volare quindi stringeva la mano del rosso quando c’erano delle turbolenze.

Gerard non sapeva come sarebbe stata quella vacanza ma aveva deciso che non l’avrebbe toccato, o almeno avrebbe provato a non farlo. Ci sarebbe stato qualche momento un po’ più spinto e l’avrebbe “tollerato” ma non sarebbero andati oltre. Gerard non voleva e sapeva che Frank non avrebbe capito. Si erano mancati anche fisicamente quindi era normale che il moro avesse certi istinti, non che il rosso non li avesse ma cercava di non darlo a vedere per non incoraggiarlo.

Frank si aspettava proprio tutto il contrario. Per lui sarebbe stata una vacanza di fuoco e credeva che anche Gerard fosse d’accordo ma, mentre sul sedile dell’aereo lo vedeva immerso nei suoi pensieri, cominciò ad avere qualche dubbio. Stavolta era sicuro che non sarebbe finita però meditò su come stava per iniziare la loro relazione: la depressione del rosso e la sua paura di farlo soffrire. Ammetteva che non fosse un grande incipit ma senza dubbio non poteva andare peggio di come non fosse andata un anno fa.

Mentre erano immersi nelle loro considerazioni, si accorsero che stavano per atterrare. Frank gli strinse ancora di più la mano e il più grande lo guardò intensamente negli occhi:
“Stai tranquillo, andrà tutto bene, pensa che se atterriamo vuol dire che siamo già in Messico!”
< I passeggeri sono pregati di scendere. La compagnia vi augura una buona permanenza in Messico >
Frank non si era nemmeno accorto di essere atterrato, era così immerso nelle parole e nello sguardo di Gerard che non ci aveva nemmeno fatto caso. Scesero insieme, andarono a prelevare e aspettarono un taxi, che arrivò poco dopo.

“Hotel Bella Muerte, por favor”
“Subito señor”. Il tassista caricò le valigie e si diresse verso l’hotel.
Lungo la strada Gerard si dilettò a parlare con il tassista in una qualche strana lingua che doveva essere lo spagnolo; il fatto era che Frank non ci capiva nulla quindi si limitava ad annuire se gli facevano delle domande.

Il tempo passò in fretta e poco dopo si trovarono sulle gradinate dell’hotel. Non era molto lussuoso ma a loro piaceva. Erano finiti lì due anni fa casualmente, quando erano in tour con la band: volevano stare un po’ soli e Frank l’aveva trascinato dentro, affascinato dalla monocromia della hall, tutta nera. Non sapevano che però in tour lì vicino ci fosse anche la band di Lyn-Z, che li aveva seguiti, dato che era sospettosa avessero una relazione e quando li sorprese ne ebbe la conferma. Decisero di prendere ancora la 6277, in memoria. Tutte le stanze erano libere quindi potevano fare quello che volevano, senza curarsi delle conseguenze. La receptionist fece preparare loro un pranzo, cosicché poi potessero andare a sistemare i bagagli. Dopo aver mangiato e aver notato che molte cose di quell’hotel erano cambiate, prima di tutto constatarono che era tutto troppo colorato, presero l’ascensore e si diressero con il passo spedito di una coppia appena sposata verso la loro camera. La aprirono e notarono che tutto era nero, mobili e tende comprese, pure il bagno.

“Ho chiamato ieri per farla preparare così, mi sembra molto più intimo..la verità è che mi piace ancora il nero”, confessò infine mentre portava dentro le sue valigie.
Gerard era ancora fermo sulla porta, un’espressione di terrore sul volto. Non c’era nulla di cui temere ma sapeva che con il termine “intimo”, Frank intendeva quell’intimo. Erano mesi e mesi che non toccava Lindsey e anni invece con Frank, ed era molto spaventato. Nonostante tutto varcò la soglia e portò dentro la valigia, facendo un grande respiro come se avesse appena ripreso a farlo.

Frank non ci pensò nemmeno a disfare la sua valigia, aprì solo la cerniera e la lasciò aperta, tanto di vestiti ne sarebbero serviti pochi.

Gerard lo avvisò che andava a farsi una doccia fredda, lo faceva sempre quando era agitato o nervoso. In quel momento lo era entrambi. Cominciò a spogliarsi e quando rimase nudo, entrò Frank solo in boxer, che lo guardò con occhi maliziosi.

- e adesso cosa faccio? Non posso respingerlo, non è moralmente corretto. Ok, lanciamoci..ma non se ne parla nemmeno! Gerard, stai calmo, respira..Dio! E da quando è così Frank? Cosa mi sono perso un anno fa? Respira, dentro e fuori, dentro e fuori.. –
“Gee, stai bene? Mi sembri perso, agitato, più che altro scioccato..c’è qualcosa che non va?”, si stava avvicinando con cautela, come se stesse parlando a un pazzo.
“No, non ti preoccupare, sto bene. Anzi no, non sto bene! Non sto per niente bene, per niente, io non so bene” la sua voce era un continuo decrescersi, fino a che diventò un sussurro a se stesso.
Gerard piombò a terra, prese una salvietta e se la gettò addosso, si portò le ginocchia al petto e cominciò a fissare il vuoto.
“Dimmi cosa c’è che non va! Mi sto preoccupando seriamente! Gerard Arthur Way, guardami! Non ti senti bene?”. Frank diventava sempre più agitato, sentiva il suo cuore che a momenti sarebbe potuto collassare.
“Frank non capisci? Io non posso, non è che io non voglia è solo che non posso! Non voglio che succeda di nuovo, io non potrei sopportarlo”.
Il moro si era seduto accanto a lui, un’altra volta per ascoltarlo e soffrire insieme. Il rosso gli accarezzò il profilo del volto, soffermandosi poi sul suo naso, estremamente piccolo ma proporzionato per il suo Frankie.
“È  questo che ti preoccupa? Che lei venga qui di nuovo a rovinare tutto? Se ti preoccupa anche il fatto che io non abbia perdonato il tuo tradimento con Lindsey, è acqua passata, stiamo ricominciando da capo, eliminando tutto quello che è successo di brutto tempo addietro”.
“Lasciami tempo per pensare. Mi sento così confuso, sento che potrei rovinarti la vita ancora una volta e io non voglio, voglio che tu sia mio per sempre. Frank, sposami! Saprò di essere tuo tu sarai solo mio! Ma cosa sto dicendo? Tu non vuoi sposarmi! Nemmeno Lyn-Z lo voleva, l’ha fatto solo per dimostrarmi che sono stato un cretino a stare con te!”

Frank gli portò una mano alla fronte e constatò che era bollente.

“Gee, tu hai la febbre. Vieni, ti porto a stenderti, hai bisogno di riposare”. Fece alzare Gerard, gli mise addosso una maglia e lo aiutò a mettersi i boxer per poi portarlo a letto. Lo fece entrare e gli rimboccò le coperte, terminando tutto con un bacio sulla fronte al rosso, che sussurrò: “Ti amo”.

Frank lo sentì appena e non fece in tempo a rispondere che si addormentò.
“Anche io ti amo, non sai quanto”.

Gerard si addormentò di colpo, sognando tutto l’opposto delle sue paure e pensando a un possibile futuro con Frank.
Il moro lo guardò per un po’ dormire e a sorridere nel sonno, sorridendo anche lui. Aveva sempre fatto la parte del ragazzino giovane e indifeso, mentre stavolta era proprio tutto il contrario.

“Non ti lascerò mai solo, non pensarci nemmeno. Stavolta non ti libererai facilmente di me”.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Capitolo 6                                          Hotel Bella Muerte – parte seconda
 
Gerard si svegliò un paio di ore dopo quindi si potrebbe dire che il primo giorno di vacanza con Frank era volato. Dicono che la notte porti consiglio, anche se non era propriamente notte, ed effettivamente dormire gli aveva fatto cambiare idea riguardo a come sarebbe stata quel viaggio. Frank stava guardando fuori dalla finestra mentre fumava. Il rosso si alzò con molta calma e di soppiatto per non farsi sentire, piombò dietro Frank, gli rubò la sigaretta per spegnerla, prese il moro e lo condusse velocemente sul letto, stendendolo e bloccandogli i polsi vicino alla testata, saltandogli letteralmente addosso.

Cominciò a baciarlo con molta passione, facendo incontrare le loro lingue, quando Gerard si staccò con violenza, si tolse alla svelta la maglia per rimanere a torso nudo. Frank cercò di liberarsi dalla presa senza successo, ma il rosso protestò:
“Non porti la maglia, non hai ragione di divincolarti quindi lasciami lavorare”
“Gerard tutta questa violenza mi sorprende. Ieri non eri nemmeno sicuro di volermi baciare quasi e dopo poche ore ti va addirittura di fare l’amore?”, era leggermente perplesso.
“Io ti amo, ok?! Non voglio perdere un altro minuto di questa vacanza che hai organizzato per una stupida depressione, non ne vale la pena. Sono sicuro di volerlo fare, non ho nessun motivo per non volerlo”.

Gerard si chinò sul suo collo, per cominciare a baciarlo con delicatezza, poi si soffermò nell’incavo per lasciargli un succhiotto. Ora Frank era veramente solo suo. Il moro alla fine riuscì a togliersi dalla presa, usò tutta la sua forza per spostare Gerard, mettendolo sotto di lui, e cominciò a giocherellare con l’elastico dei boxer. Il rosso stava andando a fuoco, la sua faccia era dello stesso colore dei suoi capelli e cominciò ad eccitarsi spropositatamente. Credeva che fosse Frank quello da mandare sulla Luna, ma il moro aveva ribaltato il gioco. Alla fine tolse le mutande a Gerard e lo stesso fece anche lui, per poi dire con voce sensuale: “Ora siamo pari”.

Gerard cominciava a non poterne più di questi preliminari e il moro l’aveva notato così cominciò a giocare con la sua erezione. Il rosso era spaventato a morte, aveva paura di fare qualcosa di sbagliato se avesse preso in mano la situazione così si limitò ad assecondare i movimenti di Frank. Gerard però arrivò al momento culmine e cercò di avvisare in qualche modo il moro, troppo tardi. Frank era felice di questo, sapeva almeno di star facendo qualcosa di giusto. Il rosso cominciava a stufarsi letteralmente della sua passività così si alzò, prese il moro mettendolo a petto in giù sul letto e cominciò a far correre un dito lungo la sua schiena, facendolo gemere.

“Sei pronto?” chiese al più piccolo.
“Posso dire di esser nato pronto?”
Gerard cominciò a entrare in lui, prima lentamente, poi più deciso e veloce, con spinte sempre più ritmiche e assecondate dai movimenti del bacino di Frank. Continuarono così ancora per un po’, facendo combaciare i loro corpi sudati sempre con più passione. Il rosso cominciava ad essere sfinito, così terminò il tutto con dei baci sulla schiena e sul collo. Si stese accanto all’amore della sua vita, dandogli un lieve bacio sulla guancia. Frank non si era ancora mosso.
“Amore stai bene?” chiese al moro.
“Non sono mai stato così felice in tutta la mia vita. Ti amo”
“Ti amo anche io”, gli diede un altro bacio per poi riaddormentarsi sfinito accanto al suo Frankie e il sorriso sulle labbra.
 
 
Si svegliarono la mattina presto del giorno dopo, erano andati a dormire senza cena ma non gli importava.
Gerard si alzò baciandolo e andò a farsi una doccia, ma d’altra parte non voleva farlo per non togliersi il profumo di Frank che aveva addosso. Prese dalla valigia dei vestiti e si diresse verso il bagno. Quando si specchiò, quasi gli scappò un urlo. Poteva sembrare un atteggiamento da donna ma aveva una crescita dei capelli incredibile. Lui odiava questo così fece la doccia alla svelta, si vestì e svegliò Frank.
“Amore, dai alzati, dobbiamo scendere a fare colazione e devo trovare un parrucchiere il più presto possibile”
“Gee, ma ti senti? Un parrucchiere, ma che..”
“Ho la ricrescita! Faccio schifo! Dai su.. corri a farti la doccia, scendiamo a mangiare qualcosa e poi andiamo in città”.
Frank si alzò malvolentieri, si diede una sciacquata e ancora tutto assonnato si vestì, mettendosi la maglia al contrario e una scarpa diversa dall’altra.
“Ok, andiamo, sono pronto”.
“Mmh, Frankie… fossi in te controllerei la maglia e le scarpe”
“Oh Cristo! Ti farai ancora i capelli rossi?” chiese il moro mentre si sistemava, sperava in una risposta positiva.
“Deciderai tu, per me non fa differenza”.

Scesero nella hall per poi dirigersi a far colazione. Gerard aveva fretta, non voleva che altre persone lo vedessero con una crescita del genere. Prima non vi aveva mai fatto caso perché era impegnato a non uccidere Lindsey e a risolvere tutto quel casino che si era creato. Gli mancava tremendamente sua figlia e Frank notò che il rosso era sovrappensiero.
“A che pensi?”, chiese con un sorriso per incoraggiarlo a parlargli.
“Bandit, mi manca tanto. Non so se me la farà rivedere ancora”
“Gerard, non ti preoccupare, la rivedrai. Ti sembrerà strano ma manca tantissimo anche a me, sono affezionato a quella piccola, è come una figlia per me”.
Finirono la colazione e chiesero alla receptionist dove potevano trovare un parrucchiere. Disse che ce n’era uno dall’altra parte della città ed era il più bravo, ma dovevano attraversare dei quartieri malfamati.
Aspettarono un taxi fuori dall’hotel, che poco dopo arrivò, e riferirono al tassista le informazioni per raggiungere il negozio tali e quali quelle della donna.
Fatta un po’ di strada, li fece scendere dicendo: “Io non mi addentro lì, manca qualche metro al negozio”. Scesero mano nella mano e notarono quanta miseria ci fosse, quando due ragazzi possenti si avvicinarono.

“Cos’abbiamo qui? Oh, due checche..interessante..siete capitati nel posto sbagliato purtroppo per voi”.
Buttarono a terra facilmente Frank e Gerard e cominciarono a picchiarli violentemente, fino a che non rimasero a terra agonizzanti. Quello messo peggio per ora era il moro.
“F-Frankie, ti senti bene?”
“Ma sentitelo… Frankie..che schifo!” e quello che sembrava essere il più aggressivo diede un calcio allo stomaco a Gerard, facendogli sputare sangue. Quando videro che non si rialzavano più, se ne andarono. Frank dopo un paio di minuti si sollevò da terra e si sedette accanto al rosso, accarezzandogli i capelli.
“Ricrescita, eh? Non è stata una buona idea”, cercava di scherzarci su, senza successo dopo aver sentito Gerard piangere.
“Ti sto solo rovinando la vita, sono un fottuto bastardo, dovrei davvero suicidarmi che almeno non rovino più la vita a nessuno”.
“Smettila! Ora alzati che torniamo indietro”.
Gerard aveva la faccia violacea e il segno della scarpa sul ventre. Frank aveva un labbro tagliato e un occhio nero. Fuori quel quartiere, li aspettava ancora lo stesso tassista: “Venite, vi riporto all’hotel”.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Capitolo 7                                                                  A black eye, a revelation, and come home
 
Il tassista li riportò all’hotel e appena entrarono nella hall, la receptionist chiese che portassero del ghiaccio. Gerard prese quanto gli porgevano e cominciarono ad avviarsi verso l’ascensore per salire nella camera. Avrebbero preso l’aereo la mattina presto, non potevano tornare a casa in quello stato, anche perché al ritorno Frank avrebbe spiegato tutto a Jamia. Andarono sotto la doccia per lavarsi via il sangue, uscirono, si vestirono e si misero entrambi nel letto con il ghiaccio sui segni del pestaggio.
Frank si prese molta cura del rosso perché era quello messo peggio: aveva oltre all’occhio nero, le labbra gonfie, il torace completamente viola e una caviglia slogata. Gerard urlava dal dolore.
“Frankie, ma come facciamo a tornare a casa così?”, chiese con un filo di voce per poi ritornare ad urlare quando il moro gli applicò altro ghiaccio.
“Torniamo e basta, tanto poi le spiegherò tutto. Sappiamo già dove andare perché ho acquistato un appartamento fuori Los Angeles, nel caso mi lasciasse fuori casa”.
“Sapevi già che sarebbe successo prima o poi?”
“L’avevo comprato quando stavamo insieme, un anno fa, avevo pensato a tutto”.
Gerard gli rivolse un sorriso dolce, per poi voltarsi dall’altra parte per non mostrare il dolore a Frank. Poco dopo il rosso riuscì ad addormentarsi e con lui anche il moro, per smaltire un po’ il dolore.
 
<<“Frank, dov’è nostra figlia?”
“Noi non abbiamo una figlia”.
“Tu eri incinto prima del coma!”
“Quale coma?”
“Quando stavamo tornando all’aeroporto dopo la nostra vacanza abbiamo avuto un incidente”
“Ah, quello. Ora nostra figlia è tua e di Lyn-Z. I miei complimenti!”
“C-Che cosa??” >>
 
Gerard si svegliò di soprassalto. Quello non era un sogno, era un incubo, misto ad una rivelazione.
“Frankie, Frankie svegliati! Devo parlarti! Ahia!” si era mosso troppo in fretta.
“Che c’è? Non ti senti bene?”, il moro era allarmato.
“Sì, no, ecco..ho fatto una specie di sogno, ma mi sembrava così reale, come se l’avessimo vissuto veramente. Ti chiedevo dove fosse nostra figlia..può essere vero? Ma cosa sto dicendo..certo che no..”
“Ecco Gerard, io non so come dirtelo” sembrava quasi scusarsi, “è giunto il momento che tu lo sappia, finalmente potremo essere una vera famiglia se lei lo vuole”.
“Chi lei? Frank Iero, cosa vai dicendo?”
“Bhè ecco..Bandit è nostra figlia”.
Gerard era veramente confuso. Credeva fosse tutto un gioco, che lo stesse prendendo in giro, ma il moro era tremendamente serio.
“Se questo è uno scherzo, sappi che non mi piace per nulla. Insomma come potrebbe essere possibile che io..che tu.. so che esistono certi casi ma..”
“Lasciami un paio di secondi, torno a respirare..” ora Frank stava piangendo, “credevo non l’avresti mai saputo! Lindsey mi aveva ricattato, aveva detto che se te lo avessi minimamente accennato o fatto capire, per distruggere me avrebbe distrutto te”
“Cosa centra quella brutta strega?”
“Ora ti spiego tutto”, si sedette sul letto e cercò di ricomporsi. “L’ultima volta che siamo venuti in Messico, ti ricorderai bene che avevamo deciso che sarebbe stato per sempre e abbiamo fatto l’amore. Era piombata Lindsey, che voleva portarti via ma ti sei rifiutato. Siamo rimasti per un altro paio di giorni e io continuavo a non sentirmi bene, vomitavo e avevo sbalzi di umore così abbiamo deciso di ripartire e di annullare il tour. Abbiamo preso il taxi per andare all’aeroporto ma abbiamo avuto un grave incidente. Il tassista è morto sul colpo e noi due siamo entrati in coma per un paio di settimane. Al risveglio però tu non ricordavi nulla dell’incidente così sei tornato a casa per sistemare le cose con Lyn-Z lasciandomi solo in ospedale. Nel frattempo io avevo saputo dai medici che per un raro caso ero rimasto incinto ma che con il coma o dovevo abortire inconsciamente o mi affidavo a una madre in affitto che avrebbe portato a termine la gravidanza. Sfortunatamente essendo in coma c’è qualcuno che ha preso questa decisione al posto mio: Lindsey, si è presa nostra figlia, facendola passare per vostra. Quando il dottore mi ha spiegato tutto, l’ho chiamata subito e mi ha ordinato di non dirtelo se non volevo pagarne le conseguenze e che dovevo interrompere ogni rapporto con te. Sono tornato, ho bussato alla porta  di casa tua e ho troncato perché tu mi avevi tradito, ma era tutta una scusante e così a te sarebbero tornati tutti i conti. Ho cercato di rifarmi una vita con Jamia e c’ero quasi riuscito, finchè tu non sei arrivato di nuovo e hai stravolto la mia vita, in senso positivo intendo. Ora che sai la storia, cos’hai intenzione di fare? No, dai Gee..Amore..non piangere..non sapevo che altro fare e poi era per il tuo bene e per quello di Bandit, io..”
“Non sto piangendo perché hai commesso una forma di errore non dicendomi la verità ugualmente, ma perché potremo diventare davvero una famiglia. Non possiamo prendere prima l’aereo?”
“Volendo possiamo partire anche ora, il biglietto di ritorno non ha né data né ora”
“ Bene, facciamo le valigie. Voglio nostra figlia e voglio quella strega fuori dalla sua vita e dalla nostra”.
Cominciarono a riporre i pochi vestiti che avevano usato dentro la valigia, chiusero la porta in fretta e scesero nella hall. Mentre saldavano il conto, la receptionist chiamò un taxi che non tardò. Li portò velocemente all’aeroporto, sbrigarono le faccende connesse al biglietto e al check-in, e partirono per Los Angeles.
Gerard fremeva di rabbia, non sentiva quasi più neanche il dolore.
Frank era preoccupato per l’Apocalisse che questo fatto poteva provocare.
Trascorse le sei ore di viaggio in silenzio proprio come all’andata, sul taxi il rosso finalmente parlò: “Questa cosa la risolviamo insieme. Vieni con me da Lyn-Z”.
“Mi ucciderà letteralmente, lo sai vero?”
“Non lo farà, se osa solo toccare te o Bandit sarà lei a morire”.
 

 

 
Davanti alla casa di Lyn-Z, suonarono il campanello e, coincidenza, fu proprio lei ad aprire.
“Non avrei mai pensato che saresti tornato. Cos’altro vuoi da me?”
“Tu, brutta strega…” aveva preso la donna per la maglia e l’aveva spinta violentemente dentro casa, parlava con una voce che grondava di veleno. Frank sbatté la porta. “Perché mi hai nascosto di nostra figlia, eh? Avevi paura che ti avrei piantata all’istante vero? Hai privato Bandit della sua vera famiglia, hai privato Frank di sua figlia! Ora fai scendere la piccola Way-Iero e la porto via con me. Non resterà qui un momento di più”.
“Tu..vai all’inferno!” si stava riferendo al moro. “Bandit, scendi, c’è tuo padre..o i tuoi padri..cosa devo dire Gerard?”. La piccola scese alla svelta e saltò al collo del rosso, che poi passò la figlia al ragazzo.
“Frank, tu esci, io preparo le cose” disse con fermezza, il moro annuì.
“Dove andiamo zio Frankie?”, chiedeva Bandit.
“Lontano da qui, lontano da lei. Ti va di stare un po’ con me, i miei figli e tuo papà?”. La bambina annuì, tutta contenta, ignara di quanto stava succedendo.
 

“Non puoi portarmela via” disse Lindsey con acidità.
“Sfidami a non farlo. Tu non dovevi portargliela via”, disse Gerard a denti stretti, sputando le parole come se bruciassero nella sua gola.
“È contro natura!”, stava urlando, piena di rabbia.
“Primo non sei tu a giudicarlo, secondo non mi interessa più cosa pensi tu. Oh, credo che non mi sia mai interessato”, concluse la frase con un falso sorriso.
Il rosso salì le scale e prese dei vestiti di Bandit, li mise in un borsone e velocemente andò incontro a Frank, che era già pronto in macchina.
“Non puoi farlo..non potete farlo!”
“Sei sicura? Tu non avevi il diritto di fare quello che hai fatto! Sei una persona orribile”.
Salì sull’auto dopo aver caricato nel portabagagli la borsa insieme alle loro valigie e Frank si diresse verso quello che sarebbe dovuto essere il loro appartamento, lasciando Lindsey furente sulla soglia di casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Capitolo 8                                       The truth sometimes is painful but now we’re finally a family
 
Si misero in viaggio verso il loro appartamento, non era molto distante da Los Angeles come Gerard credeva ma poteva andare bene. Aveva un po’ di giardino, quattro finestre davano sulla strada e nel cortile c’era un’altalena, che molto probabilmente aveva aggiunto dopo per Bandit o per i suoi figli.
“Allora, vi lascio le chiavi, intanto io vado da Jamia”.
“Le spieghi già tutto?”, chiese mentre scendeva dall’auto.
“È più che necessario, Gerard. Sarebbe meglio che tu dicessi qualcosa anche a nostra figlia, per farle capire un po’ la situazione in generale”.
“Sì, certo. Bandit, vieni tesoro”, la fece scendere e cominciò a scaricare le valigie.

La bambina prese la mano del padre e si avviarono insieme verso il vialetto di casa. Aprì la porta e vide che era già tutto arredato. Era uno stile moderno ma allo stesso tempo antico, proprio secondo il gusto di Gerard. La piccola si lanciò sul divano nero in pelle e accese la tv, ma il rosso subito e si sedette accanto a lei.
“Honey, devo dirti un paio di cose. Adesso noi staremo qui, in questa casa per…”
“Per sempre?”
“Sì, credo proprio di sì. La mamma ha fatto una cosa tanto brutta a me, a te e a zio Frankie che non si può perdonare. Tra un po’ ti spiegherò tutto meglio ma per ora può bastare”
“I figli di zio Frankie dove sono? Staranno qui con noi?”
“No, tesoro, verranno ogni tanto. Saremo solo noi tre. C’è altro che vuoi chiedere?”
“Perché solo noi tre?”
“Perché tu hai un legame molto forte con Frank e papà forse ancora di più”
“Vi volete tanto bene?”
“Sì amore, ci vogliamo più che bene quindi vivremo tutti e tre insieme”
“Mi piace, è una bella idea daddy. Voglio bene a zio Frankie”
“Ok, ora se vuoi accendere la tv, fai pure, mentre io sono di sopra”. Baciò la figlia in fronte e se ne andò in salotto per prendere le valigie.
 
 
Frank giunse davanti a casa sua e vide Jamia fuori a fumare. Appena lo vide, fece un sorriso enorme e cominciò ad andargli incontro.
“Amore, sei già tornato?”, appena cercò di baciarlo, lui spostò la testa di lato. “Cos’è successo? Cos’è quel labbro tagliato?”, la donna aveva gli occhi sbarrati, “Ti hanno picchiato. È stato Gerard?”
“No! No, lui è messo peggio di me. Ci hanno fatto questo perché eravamo in giro insieme per le strade di un quartiere del Messico”
“Come in Messico? Non eravate in Connecticut da Mikey e Alicia? Frank, c’è qualcosa che devi dirmi?”
“Jamia, io e Gerard stiamo insieme. Siamo stati insieme un anno fa, anche quando io ero ‘fidanzato’ con te e lui con Lindsey, e siamo andati in Messico per stare soli, insomma è stata una sorta di fuga romantica tutta organizzata da me. Ti voglio bene J, mi hai dato tre splendidi figli ma io non posso rimanere sapendo che amo Gee e Bandit”
“Oh, Cristo, Frank ma ti senti? Cosa centra Bandit?”, era in lacrime.
“Lei è nostra figlia, io ero incinto quando ero caduto in coma dopo quell’incidente, ricordi? Lyn-Z l’ha fatta passare per sua e nessuno avrebbe saputo niente”
“Mi hai mentito per tutto questo tempo. Questa cosa mi sta uccidendo. Ma poi, com’è possibile che tu..che lui..?”
“È stata una sorpresa anche per me. Ti prego di provare a capire”
“Mi hai usata per dimenticare lui. Ti prego, vattene. Verrai dai tuoi figli il venerdì e il sabato, anche la domenica se vorrai, e potrai portarli con te. Sei sicuro di quello che fai?”
“Jamia, ne sono più che sicuro”. Le diede un bacio sulla guancia, rigata dalle lacrime. “Io me ne vado”
“Addio, Frank Iero. Sappi che ti ho amato, forse troppo”.
Il moro mise in moto l’auto e si avviò di nuovo verso il loro appartamento. Aveva messo a tutto volume The ghost of you e capì che la band era definitivamente sciolta, Jamia era acqua passata, Lindsey una strega e Gerard e Bandit il suo nuovo futuro.
 
 
Arrivò all’appartamento dove c’erano Gerard e Bandit, scaricò la sua valigia e si avviò alla porta. Suonò il campanello e fu proprio la bambina ad aprire: “Papà è di sopra a sistemare le sue cose”.
Prese la piccola e la abbracciò forte. Non poteva ancora crederci che sua figlia e l’uomo che amava di più al mondo fossero nella stessa casa con lui.
“Ti voglio bene, non dimenticarlo mai. Ora và, che raggiungo tuo padre”.
Svoltò a destra del corridoio, salì le scale e trovò Gerard nella camera matrimoniale in boxer mentre si cambiava d’abito. Lasciò cadere la valigia sul pavimento e si avviò con passo deciso verso il rosso. Lo buttò sul letto e gli si mise a cavalcioni sopra, lo baciò intensamente, come mai aveva fatto prima. Gerard chiuse gli occhi, per non mostrare che erano rossi per il pianto, Frank fece lo stesso ma per godersi il momento. Il più grande prese il moro per i fianchi togliendogli la maglietta, lo strinse a sé, si alzò e lo spinse contro la parete. Prese a baciargli il collo e il torace, poi lo fece voltare violentemente per baciargli la schiena. Stava per andare oltre, cercando di sbottonargli i jeans quando Frank lo fermò: “Non con la porta aperta”. Quando vide che il rosso stava per andare a chiuderla, aggiunse: “Non con Bandit sveglia e in giro per casa. Stasera”.
Gerard lo portò vicino a lui, lo prese per la nuca e lo baciò un’ultima volta mordendogli il labbro inferiore. Il moro si riprese e si mise la maglia. Andò a recuperare la valigia, la portò sul letto e cominciò ad estrarre i vestiti. Si girò per metterli nell’armadio, quando Gerard gli passò accanto e gli diede un colpo sul sedere. Frank sobbalzò: “Ma che ti prende?”, e nel frattempo rideva. Ridevano entrambi, non si ricordavano il tempo di farlo. Il rosso si piegò leggermente in avanti per sistemare le cose nei cassetti e il moro per rispondere al gesto di prima, gli prese i fianchi e gli morse il collo. “Ma che ti prende?” lo scherzò Gerard, cercando di imitare la voce di Frank, senza successo ovviamente ma scatenò ulteriori risate da parte di tutti e due. Il rosso si vestì e scese a prendere il borsone di Bandit, per sistemare tutto nella stanza dall’altra parte del corridoio.

Il moro si accorse che erano le sette di sera: “Chi prepara la cena?”. Nessuno rispose, Gerard ovviamente fece finta di non sentire. “Ok evidentemente devo farlo io. Grazie Gee, mi hai fatto capire che diventerò la donna di casa”.
Il rosso gli fu accanto in un attimo: “Ma tu sei la donna di casa!”
“Brutto antipatico! Stanotte ti faccio vedere io chi è la donna!”
“Abbassa la voce…cos’hai intenzione di fare?”, un sorriso sul volto.
“Se te lo dicessi, non sarebbe più una sorpresa”, disse con occhi maliziosi.
“Ahia…Frank Iero che cerca di prendere il controllo! Udite, udite popolo!”
“Finiscila, ragazzo”
“Sì, mamma”, lo scherzava Gerard. Si misero di nuovo a ridere, la situazione era esilarante. Dopotutto chi aveva sempre avuto il potere nella loro relazione era il rosso e vedere Frank che cercava di imporsi, faceva morire dalle risate il più grande.

Il moro scese le scale, andò verso la cucina a preparare qualcosa da mangiare e Bandit si era già seduta a tavola per osservarlo mentre era alle prese con le pentole.
“Honey, cosa sta combinando zio Frankie lì? Ci avvelenerà tutti?”, gridava il rosso dal piano di sopra in direzione della figlia.
“La vuoi finire o no, Gerard Arthur Way? Ho cucinato spesso, diglielo Bandit!
“È vero, daddy” intervenne la piccola, “Preparava sempre dei panini”
“Che cucina elaborata, signor Iero, ne sono sorpreso”, il rosso rideva e nel frattempo scendeva le scale. “Stasera che piatto ci ha preparato?”
“Pasta, l’unica cosa che c’era nella dispensa”.
Bandit scoppiò a ridere vedendo che Gerard aveva messo un grembiule rosso con tanto di pettorina: “E questo l’avevi comprato per te?”
“Toglilo e siediti a mangiare, stupido”.
Erano tutti insieme a tavola, proprio come una vera famiglia felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Capitolo 9                                          Helena
 
Finito di cenare, toccò sempre a Frank lavare i piatti mentre Gerard metteva a letto la bambina, che si addormentò in un istante tanto era stanca. Effettivamente questa situazione era stressante anche per lei. Il rosso scese poi le scale e andò in cucina.
“Molla i piatti che loro non hanno bisogno di te”, gli sussurrò all’orecchio.
“E chi finisce di lavarli? Sicuramente non lo faranno da soli”.
“Lo farò io domattina. Ora vieni con me”.
Gerard lo prese in braccio e si diresse verso la camera matrimoniale. Mise Frank sul letto e poi andò a chiudere la porta a chiave.
“Cercherò di controllarmi così Bandit non si sveglierà. Se non erro, devi mostrarmi la tua sorpresa e il perché dovrei essere io la donna di casa”.
Il moro scattò in piedi, prese Gerard per le maglia e lo buttò sul letto. Si tolse la felpa che aveva messo prima di cenare per poi fiondarsi sul rosso. Cercò di togliergli la t-shirt con l’immagine di una parte del loro video “Helena”. Il perché la indossava poteva significare solo una cosa.
“È già domani?”, chiese Frank prima di levargliela del tutto e porla sul comodino con molta cura.
“Sì, già. Bhè non pensiamoci ora. Comunque verrai con me e Bandit, vero?”
“Non dovresti nemmeno chiedermelo”.
Si chinò e prese a baciarlo con dolcezza, le lingue cominciarono a incontrarsi con leggerezza per poi passare ad un ritmo, accompagnato dai movimenti del bacino del moro. Frank cominciò a sbottonargli i pantaloni e il rosso se li tolse facendo scorrere i piedi sulle gambe per non far togliere il ragazzo, che alla fine si alzò lo stesso per togliersi i jeans e le scarpe, rimanendo entrambi in boxer.
“Ora che si fa, signorina Iero?”
Frank prese a giocare con l’elastico delle mutande del rosso per alla fine toglierli.
“Ah ma questo è un classico, nulla di che”, ma quando Gerard cercò di ribaltare il gioco, il moro glielo impedì, “Oh, adesso si ragiona”.
Il più grande imitò il moro, ma non prendeva la cosa sul serio e quando anche lui rimase nella sua stessa condizione, disse: “Ecco l’universo!”
“Cerca di rimanere serio, non è un gioco”.
“No, è vero, ma è divertente per ora. Mmh, Frankie..”
“Dimmi…”
“Stiamo praticamente parlando senza combinare nulla”
“Oh, sì scusa”, scoppiò a ridere, “Ah, dato che ho poca forza essendo una donna, voltati da solo”
“Ma c-che?!”
“Va bene, visto che non vuoi farlo..”, Frank cercò di muoverlo con tutta la sua forza, ottenendo uno scarso risultato, al che il rosso decise di girarsi autonomamente.
Il moro prese a baciargli il collo e a soffiargli sulla schiena.
“Sei rumoroso Gee, sveglierai Bandit se continui così”
Con sorpresa del rosso, il moro entrò in lui con molta facilità e con spinte ritmiche. “Chi è la donna adesso?”
Gerard non rispondeva, non aveva fiato a sufficienza. Teneva stretto il lenzuolo per fare meno rumore possibile. Frank continuò fino a che non fu esausto e non lo fu molto presto. Dopodiché si affiancò al rosso e gli arruffò i capelli, poco rossi e molto castani, sussurrandogli all’orecchio: “Buonanotte”.
L’unica risposta di Gerard fu: “Ti amo”, ed entrambi piombarono in un sonno profondo.
 
 
Verso le otto di mattina si svegliarono per il bussare incessante della bambina alla porta.
“Daddy, apri! Sta suonando il telefono!”
Gerard mugugnò qualcosa, maledicendo forse chi lo stava chiamando a quell’ora. Si vestì velocemente e svegliò Frank.
“Dai ragazzo, alzati. C’è Bandit alla porta”
“Oh, Cristo, sì aspetta..Tra un secondo arriviamo, Honey!”
“Vestiti alla svelta amore”, buttò al moro gli stessi vestiti della sera precedente, erano i primi che aveva trovato. Intanto il rosso andò ad aprire la porta. La bambina teneva in mano il cellulare che squillava: era Mikey. Rispose alla svelta con un mega sorriso sul volto. Intanto Frank scese con la piccola in salotto.
“Ehi Gee”, disse il fratello non appena Gerard accettò la chiamata.
“Mik! Come stai?”
“Bene, insomma. Senti per la ricorrenza…”
“Vieni in città?”, nel frattempo si sentiva il moro che stava giocando con Bandit.
“Non credo di riuscire, per questo di ho chiamato. Ehi ma, è la voce di Frank quella che sento in sottofondo?”
“Sì, è lui. Viviamo insieme ora. Lui, io e nostra figlia”.
“Come vostra figlia? Cosa mi sono perso?”
“Ti basti sapere che Bandit è figlia mia e di Frank e che stiamo di nuovo insieme”.
“Che cosa? Gee, non ci sto capendo nulla in quello che mi stai dicendo. Jamia? Lindsey?”
“Frank l’ha lasciata, non poteva continuare a mentirle, e Lindsey è una brutta strega che ci odia”.
“Ascolta bene le mie parole. Sei sicuro di quello che stai facendo?”
“Ne sono molto più che sicuro, Mikey. Sai che c’è sempre stato un legame molto forte”.
“Sì ma state convivendo ora! Sei felice con lui?”
“Immensamente, sai quanto l’ho amato e puoi immaginare quanto io lo possa amare ora sapendo che abbiamo una figlia”, il moro l’aveva sentito e stava sorridendo, nonostante sapesse che Gerard non poteva vederlo.
“Questo mi basta. Ora devo lasciarti fratello. Saluta nonna Lee, Frank e Bandit da parte mia”
“Certo, lo farò. Ehi, grazie per l’appoggio”.
“Lo avrai sempre da parte mia, bro. Ci sentiamo” e riattaccò velocemente.
Frank salì le scale velocemente e raggiunse Gerard per dirgli che aveva preparato la colazione ma il rosso non aveva voglia di mangiare, effettivamente aveva una certa nausea che lo stava devastando.
Gerard andò a farsi una doccia velocemente, uscì dal bagno e andò a prendere in camera il completo nero su misura con la camicia bianca che a Helena piaceva tanto. Lo indossò e scese in salotto dove trovò i due già pronti. Bandit indossava un vestitino nero, abbinato a delle scarpe dello stesso colore e a delle calze rosse. Frank era vestito come il più grande e teneva in mano una rosa rossa che aveva recuperato dal giardino dei vicini. Gerard sorrise.
“Allora siamo pronti per partire”.
Il moro prese le chiavi, aprì la porta e fece uscire i due per poi chiudere l’appartamento a chiave. Salì in auto e la mise in moto, dirigendosi verso il cimitero di Los Angeles, non molto distante dal loro appartamento.
Gerard mise come canzone ovviamente Helena, cercando di trattenersi dalle lacrime, tenendo in braccio Bandit e stringendosela al petto sempre di più.

Dopo essere arrivati, Frank parcheggiò e si diressero verso l’entrata del cimitero. La tomba era in terra, nella terza fila, con un angelo per monumento.
“Gee, c’è qualcuno sulla tomba di Helena”.
Gerard guardò e si rese conto che era una donna. Andò a passi veloci verso quella figura e rimase sorpreso nel vedere che era Lindsey. Quando lo sentì arrivare, si girò.
“Ciao Gerard”, disse priva di sentimento.
“Vattene via. Non ti vogliamo qui, nemmeno lei ti vuole qui”, disse indicando il nome sulla tomba.
“Mi dispiace per come mi sono comportata ma cerca di capire come posso essermi sentita”.
“Non è tempo per scusarsi e nemmeno per dire parole false. Sicuramente nemmeno te ne penti di come hai trattato Bandit”. Vide Lindsey che chinò la testa come per ammettere che era stata cattiva.
“Tieni, questi  sono i documenti da firmare per il divorzio”, gli pose una stilografica.
“Ok, ora che ho firmato puoi andartene. Non voglio più vederti”.
“Addio Gerard”.
Il rosso non rispose nemmeno, quasi la odiava quella donna. Si inginocchiò davanti alla tomba e venne presto raggiunto da Frank e Bandit. Il moro gli porse la rosa e il più grande la mise subito nelle mani dell’angelo.
“Mi manca, Frankie”.
Il moro gli posò una mano sulla spalla e la bambina invece lo abbracciò.
Pregarono per un paio di minuti e il rosso disse mentalmente alla nonna cosa era successo in questo ultimo periodo. Poco dopo uscirono in silenzio.

Gerard aveva cercato di non piangere ma alla fine scoppiò, pieno di sofferenza.

Sofferenza placata poi da un bacio di Frank con in braccio Bandit.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Capitolo 10                                           Have you heard the news that you’re pregnant?        prima parte
 
Frank l’aveva baciato per un semplicissimo automatismo, senza badare al fatto che aveva Bandit in braccio, che infatti in quel momento li stava fissando senza capire nulla. Gerard se ne accorse e si staccò violentemente dalle labbra del moro, per cercare di limitare il ‘danno’. La piccola si aggrappò ancora di più al collo di Frank, non fece alcuna domanda, come al contrario i due si aspettavano, ma si limitò a dire che questa ‘nuova’ famiglia gli piaceva, perché era molto unita e il sorriso della coppia si fece ancora più grande. Il rosso prese per mano il ragazzo e tutti e tre insieme si diressero verso l’automobile per ritornare a casa quando d’un tratto Gerard si fermò, portandosi una mano allo stomaco.
“Tutto bene, amore?”, chiese Frank.
“No, per nulla, è da stamattina che ho una certa nausea e non ci pensa ad andarsene. Non capisco il perché”.
“Sarà qualche virus nell’aria, vuoi che ti accompagni dal medico?”.
“Spero mi passi tra poco, non mi va di andare in un ambulatorio dall’odore nauseabondo di sterile”.

Salirono in auto e andarono a casa. Appena entrarono nell’appartamento, Gerard salì le scale in fretta e si diresse verso il bagno per vomitare. Frank lo raggiunse il prima possibile: “Credo sia meglio tu vada dal medico. A cena ieri hai mangiato poco niente, stamattina a colazione non hai nemmeno bevuto il tuo solito caffè. Non è una cosa normale. Su,” gli diede una mano a rialzarsi, “ti preparo un te caldo e vediamo come va”. Scesero in cucina, il moro aiutò Gerard a stendersi sul divano e gli porse una coperta. Poco dopo lo raggiunse la figlia.
“Daddy, stai bene?”, chiese con aria turbata la piccola.
“Ma certo amore, non preoccuparti. Intanto che zio Frankie prepara il te, mettimi su un cd per cortesia, così cantiamo qualcosa. Ti va?”.
Bandit si alzò e andò a prendere “Danger days – The true lives of the fabulous killjoys” dal porta-cd accanto al televisore e lo mise nel lettore. Gerard, coccolato dalla musica, si addormentò per poi svegliarsi dopo mezzogiorno, quando sentì Frank cantare “Destroya”.
“…I just believe we’re the enemy uh uh uh ah…”
Il rosso non se la sentiva di cantare, non stava ancora bene, ma quando il moro vide che era sveglio, lo trascinò in un ballo poco ortodosso. Naturalmente non poteva far altro che assecondarlo nonostante le sue condizioni di salute.
“Bandit?”, chiese il più grande, non vedendo più la figlia nei dintorni.
“È da mia madre, così adesso possiamo andare tranquillamente dal medico”.

Gerard si infilò la giacca e uscì con Frank, dirigendosi verso l’auto. Poco dopo arrivarono ad un ambulatorio troppo bianco, sul campanello una targhetta ‘Mr.White”.
“Non è stato il tuo stesso medico di quando eri incinto, Frank?”
“Sì, ma è anche un semplice dottore”. Fu la prima volta che il moro mentì, sapeva che c’era qualcosa che non andava nel rosso, dato che aveva gli stessi sintomi di quando era rimasto lui incinto.
Suonarono il campanello e venne un uomo ad aprire, di all’incirca quarant’anni.
“Signor Iero! Che piacere vederla!”, spuntò su di lui un sorriso enorme.
“La prego, ora mi può chiamare signor Way”, lo corresse il moro.
“Ma sì, certo, chiedo perdono. Lei dev’essere il famoso Gerard Way, e non solo per la sua fama da cantante. Molto piacere.”, si strinsero fortemente la mano e il medico ritornò a rivolgersi a Frank: “La bambina? Come sta?”.
“È in ottima salute, vive con noi ora. Le abbiamo spiegato la maggior parte delle cose”.
“Ottimo, ottimo. Entrate! Chi dei due deve fare una visita?”
“Gerard, è da stamane che non mangia nulla e continua a vomitare”.
Li condusse nella sala visite e fece stendere il rosso su un lettino, dopo avergli fatto togliere la giacca e la camicia.
“Facciamo un’ecografia allo stomaco, vediamo cosa c’è che non va”. Uno sguardo d’intesa corse tra Frank e il medico.
Applicò il gel e cominciò a far scorrere il macchinario sul suo torace e si fermò su quel punto.
“Frank, mi spieghi una cosa. Vi siete per caso messi d’accordo?”
“C’è qualche problema?”, chiese allarmato il rosso.
“No, vede, come il suo compagno cinque anni fa, anche lei è incinto. Congratulazioni, il vostro secondo figlio!”
Il moro scoppiò a piangere, non con tristezza però e si chinò ad abbracciare Gerard, ancora sconvolto per quanto stava accadendo. Frank chiese che il dottore li lasciasse soli, perché potessero parlare un minuto.
“Che cosa c’è che non va, amore?”, chiese il ragazzo.
“Teoricamente nulla, praticamente non riesco a capire come sia possibile”.
“È successo anche a me, Gee, ciò vuol dire che è molto più che possibile. Stai pensando forse di abortire?”, chiese tristemente.
“No! Non potrei mai! Come ti salta in mente di dire una cosa del genere, Frank Anthony Iero?”, si portò una mano all’addome, “Qui c’è nostro figlio o figlia, come puoi solo pensare che io possa negarlo?”
“Questo mi solleva”, rispose semplicemente e diede un lieve bacio a Gerard per poi aiutarlo a togliersi il gel. Dopo che si fu rivestito, uscirono e raggiunsero il medico nella sala d’aspetto.
“Signor Way, le prescrivo queste vitamine perché il bambino ne ha bisogno e lei non mi sembra particolarmente in carne. Ah, un’altra cosa, lei fuma?”
“Secondo me anche troppo”, fu Frank a rispondere e Gerard a momenti lo inceneriva con lo sguardo.
“Dovrà smettere se vuole che il bambino non abbia alcun problema. Per qualsiasi cosa, chiamate questo numero. Vi voglio vedere ogni mese per l’ecografia” gli porse un biglietto da visita e li accompagnò verso la porta.
“Grazie per la visita, dr. White”, disse il moro.

Si strinsero la mano e salirono in macchina. Frank la mise in moto e non disse alcuna parola ma poco dopo Gerard parlò.
“Come lo chiamiamo, o la chiamiamo?”, era tutto entusiasta.
“Ti prego, Gee, nessun nome strano o impronunciabile. Già ‘Bandit’ non so quando l’hai pensato”.
Il rosso scoppiò a ridere: “Volevo avesse un nome originale”.
“Sicuramente l’hai trovato molto, molto originale”, rise anche il moro.
“Per il futuro componente della famiglia, ci penseremo a tempo debito. Come facciamo a dirlo a nostra figlia?”
“Oh..Oh..le diremo semplicemente che sei incinto!”
“Frank! Sii serio”, sbottò Gerard.
“Non lo so. Quando comincerà a notarsi, le spiegheremo tutto. Comunque per qualche settimana non dovrebbero esserci problemi”
“Mi fido di te che ci sei relativamente passato”.
“Ehi, andrà tutto bene, non ti preoccupare”
“Sì, immagino te lo ripetessi spesso anche quando tu ti sei accorto di essere incinto”
“Esattamente”
“E ha funzionato?”
“Non proprio, la paura è rimasta”
“Come immaginavo”

Andarono a riprendere Bandit da Linda e ritornarono a casa.
Gerard si ritirò in bagno per farsi una doccia. Quando uscì, rimase per molto tempo a fissarsi allo specchio. Era semplicemente un miracolo che fosse ricapitato a loro. Il problema era se Bandit l’avrebbe accettato ma era sicuro che un compagno o una compagna di giochi non le sarebbe dispiaciuto. Il pomeriggio passò velocemente e arrivato il momento di andare a dormire, Gerard si infilò il pigiama e si coricò nel letto con affianco Frank.
Il moro gli stampò un bacio appassionato e poggiò l’orecchio e poi le labbra sulla pancia del rosso, lasciandogli un piccolo bacio.
“Buonanotte amore mio, e buonanotte anche te, ragione della mia piccola esistenza”, disse rivolgendosi a Gerard. 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Capitolo 11                                 Have you heard the news that you’re pregnant?     seconda parte
 
Quando Gerard si svegliò, aveva di nuovo la nausea ma cercò di trattenersi per non alzarsi dal letto. Frank lo sentì agitarsi così si svegliò anche lui.
“Ti serve qualcosa?”, chiese ancora tutto assonnato.
“No, nulla, ricomincia la nausea però. Che ore sono?”
“Le sette di mattina…caspita! Dobbiamo portare Bandit all’asilo!”
I due si alzarono e il rosso andò a svegliare la figlia, che non voleva saperne di andare a prepararsi, così Gerard chiese l’intervento del moro che si fiondò nel letto a fare il solletico alla piccola. Scesero poi a fare colazione tutti e tre insieme, il rosso si limitò alla sua tazza di caffè e fece per accendersi una sigaretta ma Frank gliela requisì subito.
“Cos’ha detto il medico?”, disse con tono accusatorio.
“Ma non posso smettere da un giorno all’altro, Frankie!”
“Almeno provaci! Non è una cosa essenziale fumare!”
“Disse colui che iniziò a sedici anni e che ancora non ha smesso”
“Io non fumo tanto quanto te, Gerard, e lo sai. Fallo almeno per lui o lei!”, disse indicandogli la pancia.
Gerard chinò il capo, estrasse il pacchetto dalla tasca, accendino compreso, e lo porse a Frank: “Forse è meglio che lo tenga tu, io potrei non resistere”
“Va bene, hai altre riserve in giro per casa?”
“Due stecche nella borsa, nello scomparto alto dell’armadio”
“Due stecche?? Gerard Way, te ne rendi conto? Ne va della tua salute!”
“Dopo che il piccolo sarà nato, diminuirò. Te lo prometto”, e per suggellare questo patto, lo baciò, proprio come Romeo e Giulietta, ma questo non era un romanzo, era semplicemente la vita reale.

Bandit annunciò che era pronta per andare, con il suo zainetto nero della band in spalla e dentro la divisa rossa che avrebbe indossato là. Salirono in macchina e si diressero verso l’asilo in centro a Los Angeles.
Quando arrivarono, non fu Gerard a scendere.
“Accompagnala dentro tu”, disse al moro.
“Davvero?”, un sorriso enorme sul suo volto, per la prima volta si sentiva seriamente il padre di Bandit. Il rosso si limitò ad annuire e Frank fece uscire dall’auto la piccola, la accompagnò nell’atrio e prima di lasciarla la abbracciò, facendo scendere una piccola lacrima di felicità a Gerard.
Il moro risalì in macchina, la mise in moto e si diresse verso il centro per accompagnare Gerard dal parrucchiere, senza il rischiò di essere picchiati stavolta. Ora il ragazzo era veramente inguardabile. Frank decise che glieli avrebbe fatti rifare rossi. A lui piaceva quel colore perché lo rendeva incredibilmente sexy. Uscirono dal parrucchiere dopo circa un’ora e ritornarono a casa a condurre la loro vita.
 


 
1 month later
Gerard stava abbastanza bene e quel giorno, era un giorno veramente importante: la prima ecografia. Arrivati nella sala d’aspetto del dr.White, il rosso si sentì alquanto imbarazzato. Attorno a lui una decina di donne, tra cui una sedicenne, tutte incinte almeno al quarto mese, una cosa normale, poi c’era lui. Un uomo dai capelli rosso fuoco, la carnagione pallida, gli occhi di un verde liquido misto all’oro e po’ di pancia che cominciava a notarsi, grazie alla maglia verde di una taglia più piccola rispetto alla sua. Le stava osservando una ad una e tutte osservavano lui, realizzando nella loro piccola mente tutte le fantasie che hanno sempre tenuto nascoste, in seguito spostarono lo sguardo su di Frank, bello quanto il rosso e scatenava in loro la stessa reazione ma lui sembrava totalmente perso in quell’ambiente in parte famigliare. Si stava accumulando troppo imbarazzo in quella stanza così il moro cominciò a camminare avanti e indietro, ma poco dopo arrivò il medico a chiamarli: “Way e Iero, avanti”.
Li fece entrare nello studio e Gerard cominciò a spogliarsi.
“Come sta andando, ragazzo? Problemi?”, chiese in tono professionale.
“Nessuno per ora, ma mi sembra che la pancia sia già troppo evidente per essere al primo mese”.
“Quello è vero, d’altra parte però non è una normale gravidanza, non so nemmeno se durerà nove mesi o meno”.
Applicò il gel e cominciò l’ecografia. Cominciava ad intravedersi la struttura di un piccolo essere, sembrava quasi trasparente. Il medico catturò l’immagine, la stampò e la diede a Gerard. La teneva tra le mani come se fosse porcellana e poi la porse a Frank, che subito baciò il rosso sussurrandogli all’orecchio un “Ti amo” molto leggero.
“Tutto a posto, ragazzi. Come ti senti ultimamente, Gerard?”
“Piuttosto bene, la nausea va diminuendo, ho ripreso a mangiare normalmente e ho smesso del tutto di fumare con l’aiuto di Frank”
“Se va tutto bene, possiamo vederci il mese prossimo. Arrivederci”.

Salutarono il medico e tornarono a casa da Bandit per cominciare a spiegarle quanto stava succedendo.
“Amore, dobbiamo dirti un’altra cosa. Tra poco avrai un altro compagno di giochi”, Gerard era imbarazzato allo stato massimo, non sapeva come comportarsi.
“Poco quanto?”, un sorriso enorme sulle labbra della bambina.
“Circa otto mesi”, si morse un labbro e si portò la mano all’addome.
Bandit non aveva capito il senso di quel gesto ma si era limitata ad annuire e ad accendere la tv.
 
 


3 month later
Frank chiese a Gerard se gli andava di vedere Mikey. Ovviamente la risposta del rosso non fu negativa e appena il moro aprì la porta d’ingresso, il più grande saltò al collo di Way Junior.
“E questa pancia cos’è Gee? Non dirmi che..”
“Te lo devo dire invece. Sono incinto, fratello”, un sorriso sulle sue labbra.
“Non ci posso credere! Maschio o femmina? Scusa se la prendo alla leggera ma è un miracol0! Diventerò zio per la seconda volta!”, abbracciò Frank: “Non voglio sapere cos’hai fatto per farlo rimanere incinto ma congratulazioni!”
“Vedi, Mik, ho semplicemente..”, il moro aveva cominciato a spiegare a Mikey com’era successo ma Gerard lo bloccò in tempo.
“Vi preparo un caffè”. La pancia ormai era abbastanza visibile ed era stupito che il fratello l’avesse presa così bene.
“Alicia?”, chiese Frank.
“Ne ha approfittato per andare da sua madre. La piccola Bandit?”
“È all’asilo, la dovrebbe riportare a casa la madre di una sua amica tra poco”
“Come sta?”
“Bene, sta prendendo con calma e serenità tutta la situazione che la circonda. Non capisce il fatto che io sia incinto  ma verrà a chiedermi altre spiegazioni tra un paio di mesi suppongo, quando la pancia comincerà a notarsi di più. Ha intenzione di parlarle Frank stavolta però”
“Le ecografie come stanno andando?”, si sedettero al tavolo a bere il caffè.
“Tutto apposto, ultimamente mangio tantissimo. Spero che il piccolo non abbia la stessa indole anche dopo la nascita”
“Per quando è previsto?”
“Il medico dice per la fine di agosto ma forse anche prima, dipende da come cresce il piccolo”
“Quindi sappiamo che è un maschio? Un nuovo Way!”
“Way Iero”, intervenne Frank, “non vogliamo saperlo, sarà una sorpresa”
“Ragazzi, state commuovendo al massimo stato Mikey Pokerface. Sapevo che eravate uniti ma così..”, si alzò e andò ad abbracciarli forte, poi si chinò sulla pancia di Gerard: “Posso?”
Il rosso spostò indietro la sedia e Mikey poggiò un orecchio per sentire. Era affascinato e gli scese una lacrima, lui non avrebbe mai potuto avere tutto questo, Alicia non poteva avere figli. Si sentiva leggermente il piccolo che si muoveva.
“Quando sarà il momento, bro, io voglio esserci”
“All’ottavo mese vivrai da noi così sarai sempre ‘a portata di mano’”
Rimasero a chiacchierare per un altro po’ dei vecchi tempi e del futuro Way Iero, dopodiché Mikey si alzò e raggiunse sua moglie dalla madre.
Frank e Gerard andarono sul divano a guardare la tv, abbracciati e nel frattempo aspettavano che la figlia tornasse dall’asilo.

Tutto procedeva per il meglio, per ora.
Erano felici, ignari di quanto sarebbe accaduto di lì a poco.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Capitolo 12                         Have you heard the news that you’re pregnant?   terza parte
 
5 month later
“Gee, hai finite le vitamine. Vado in farmacia a prendertele. Cinque minuti e arrivo”
“Sì, certo, noi non ci muoviamo”, disse indicandosi la pancia che era aumentata ancora di più.
 
1 hour later   
Gerard decise di chiamare Frank, era troppo tempo che era via e la farmacia era a quattro passi. Non rispose nessuno. Decise di incamminarsi, quando cento metri dopo vide due ambulanze e l’auto di Frank ridotta alla grandezza di una foglia. Si mise a correre per raggiungere il paramedico: “Cos’è successo qui? Il mio compagno sta bene?”
“Sì, calmi. Lei chi è?”, chiese il dottore, bloccandolo.
“Sono Gerard Way. Frank Iero è il padre di mia figlia e del bambino che nascerà tra circa quattro mesi”
Il medico chinò il capo. Questo gesto non fece altro che allarmare il rosso.
“No..no..no!”, scoppiò a piangere, portandosi una mano al volto e una al ventre.
“La condizione è critica, per ora è in coma. Dovrebbe cavarsela. Mi dispiace. Lo portiamo ora in ospedale”
“Mi dica cos’è successo, ora!”
“Un’auto ha preso l’incrocio contro mano e la sua auto è stata compressa da quella dietro di lui e da quella davanti. Ha riportato diverse lesioni gravi e, come ho detto, è in coma. Non si riprenderà molto preso, suppongo. Ora noi andiamo, se vuole seguirci…”.
Il rosso non se lo fece ripetere due volte. Bandit era da Donna, la avvisò di quanto successo e disse che l’avrebbe tenuta con se per una settimana.
Arrivati all’ospedale ed effettuati gli accertamenti di routine, Gerard si sedette al capezzale del moro e gli prese una mano: “Ti prego, amore mio, ragione della mia esistenza, riprenditi. Senza di te io non posso vivere, e nemmeno lui”, disse portandosi una mano alla pancia e riprese a piangere.
 
 
7 month later
La vita di Gerard era un inferno. Frank non si era ancora svegliato. Erano due mesi che era in coma. Ogni giorno andava all’ospedale per chiedere notizie, che erano sempre le stesse, e per parlargli un po’. Le ecografie dimostravano che il bambino stava bene ma si notava inoltre che erano entrambi sotto stress, perché Gerard stava perdendo peso e dormiva pochissimo e questo si ripercuoteva anche sul piccolo. Bandit viveva da Donna e in un certo senso anche lui, ma la maggior parte del tempo la passava in ospedale.
Era quasi la fine di giugno e un giorno Gerard decise di recarsi già di mattina da Frank, perché aveva un estremo bisogno di parlargli. Non averlo intorno lo stava facendo impazzire. Si sedette accanto a lui. Aveva ancora il volto violaceo a causa degli innumerevoli lividi, il gesso che aveva su una gamba e su un braccio era sparito: stava guarendo. Non poteva che essere un buon segno, ma il roso non riusciva a vedere alcun lato positivo in tutto questo.
“Amore mio, ieri ho fatto l’ecografia. Sta bene, però ci manchi. Ti prego svegliati”, gli baciò una mano, “non andartene, non lasciarmi solo”.
“N-non lo farò mai”. Il moro aprì gli occhi con difficoltà, la voce roca, ma debolmente rispose subito alla stretta di Gerard, che si alzò dalla poltrona e andò a baciarlo con leggerezza. Uscì di corsa a chiamare il medico, che fece dei controlli prima di confermare che tra una settimana sarebbe potuto tornare a casa e riprendere la sua vita normale. Rimase lì tutto il giorno per raccontargli quello che si era perso mentre era in coma e Frank constatò che la pancia del rosso sembrava quasi una mongolfiera. Per il resto della settimana prima del suo rilascio, stettero a parlare di come avrebbero chiamato il bambino.
Se era un maschio, Thomas Arthur Way Iero.
Se era una femmina, Ann Way Iero.
Sì, avrebbe portato entrambi i cognomi.
 
 
8 month later
Stava quasi per giungere il termine della gravidanza e, come promesso, Mikey si trasferì da loro per poi poter assistere al parto. Il dr.White annunciò che mancava molto poco, il bambino era completamente sviluppato, aspettavano solo il momento in cui Gerard avrebbe avuto le doglie. Bandit era tornata a vivere da loro e se ne occupavano Mikey e Donna, mentre Frank e Gerard si occupavano di loro reciprocamente.

27 luglio
Per tutto il pomeriggio Bandit era rimasta da Donna e aveva deciso di farla rimanere a dormire, aveva sempre bisogno di un po’ di compagnia. In piena notte, Gerard si svegliò urlando dal dolore.

Era arrivato il momento.

Nessuno dei tre sapeva cosa fare. Mikey prese le chiavi dell’auto e la mise in moto, Frank aiutò il rosso ad alzarsi dal divano, su cui dormiva in quest’ultimo mese, e lo condusse dentro la macchina. Arrivarono in ospedale alle 23.15 alla velocità di 80 km/h. Cercarono subito il dr.White, il quale faceva sempre i turni di notte quando il pomeriggio non lavorava in ambulatorio. Questo capitava raramente ma era il loro giorno fortunato. Caricarono Gerard su una barella e lo portarono in sala parto. Mikey e Frank si misero il camice e si disposero come nei concerti: il moro alla sua destra, il fratello alla sua sinistra. Il rosso urlava, non ce la faceva più. Era come se gli continuassero a infilare un coltello nella schiena. L’infermiera prese subito la siringa per fargli l’epidurale ma Gerard si oppose con violenza, spingendo via la ragazza. Temeva gli aghi come se fossero la morte. Frank lo chiamò verso di lui, cercando di distrarlo, mentre nel frattempo gli l’infermiera svolse il suo dovere. Poco dopo, il dr.White procedette con il cesareo. Gerard dava l’impressione di essersi calmato dopo l’anestesia ma il suo cuore cominciò a battere a mille quando il 28 luglio, alle 2.15, nacque Thomas Arthur Way Iero.
Frank non ci pensò due volte a prendere il loro figlio tra le braccia, ancora sporco di sangue, e poi lo passò  al rosso.
“Amore mio, questo è il più bel giorno della mia vita”, disse il moro con un soffio di voce. Era immerso nelle lacrime, proprio come Mikey, che continuava a ripetere: “Sono zio! Sono zio!”, per paura che qualcuno nel raggio di 100 km non l’avesse sentito.
Presero il neonato e lo portarono via per delle visite, intanto misero dei punti a Gerard e lo portarono in una stanza bianca e vuota dove c’erano semplicemente loro tre.
“Io vi lascio soli. Chiamo Donna, Alicia, Linda e Ray”.
Mikey uscì dalla stanza con in mano il telefono. Avrebbero giurato che la sua felicità avrebbe messo di buon umore tutta Los Angeles. Frank si sdraiò accanto al rosso, che esausto si addormentò in un istante. Dopo un paio d’ore portarono Thomas Arthur Way Iero e lo posero in mezzo a loro due. Donna arrivò nel pomeriggio con Bandit, che sembrò gradire la presenza del fratello.

Si sentivano una vera famiglia, una di quelle che nemmeno l’Apocalisse avrebbe potuto distruggere, ma presto il cuore di Gerard collassò. La macchina collegata emetteva un lungo ‘bit’, le infermiere entrarono di corsa e attaccarono al petto del rosso il defibrillatore. Dopo la prima scarica non si riprese e Frank cominciò a temere il peggio. Un’altra infermiera venne per portare via il bambino, e intanto procedettero con un’altra scarica. Finalmente il cuore riprese a battere e Gerard spalancò gli occhi, iniettati di sangue. Frank riacquistò un po’ di colorito alle guancie e prese la mano del rosso, tremante.
“Ho avuto paura di lasciarti solo”, confessò, dopo che se ne furono andati tutti.
“Ho avuto paura che tu morissi”, disse il moro.
Si sedette accanto a lui e rimasero in silenzio, pensando al miracolo che si era compiuto quel giorno, un semplice 28 luglio dell’anno 2014.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Capitolo 13                                                           The worst is not passed yet
 
Dopo il collasso, i medici decisero di trattenere Gerard una settimana sotto osservazione. Almeno una volta al giorno il cuore smetteva di battere per dieci secondi per poi riprendere il suo corretto funzionamento. Non aveva mai avuto questi problemi e non si capiva perché si presentassero ora. Il piccolo Thomas Arthur era sanissimo, aveva gli occhi e le labbra di Frank e il naso di Gerard: non poteva essere più perfetto di così. Donna gli stava sempre accanto e, scaduta la settimana, la diagnosi dei medici fu che il rosso aveva una strana malformazione che si manifestava dopo il trentacinquesimo anno di età. Tutto combaciava e l’unica soluzione per salvarlo era un trapianto di cuore.
“Mi offro io”, disse prontamente il moro.
“Scordatelo, preferisco morire che uccidere te”, replicò il rosso.
“Non posso vivere senza di te”
“Se mi donerai il tuo cuore, sarai costretto a farlo”
“Almeno so che vivrai con i nostri figli”
“No, non pensarci nemmeno. Te lo impedisco!”
“Non puoi farlo”, e Frank uscì per andare dal medico.
Gerard chiamò subito l’infermiera: “Bloccate subito il mio compagno, trattenetelo!”. La ragazza eseguì il suo ordine, ma il rosso stava per avere un collasso.

Entrò subito un chirurgo per portarlo in terapia intensiva. Mentre stavano per entrare nell’ascensore, si udì uno sparo e le guardie si mobilitarono all’istante. Gerard era incosciente e non capiva cosa stava succedendo. Frank non era con lui, nessuno l’aveva più visto così come non avevano più visto Donna. Dopo avergli fatto l’anestesia, stavano per cominciare ad aprirgli il torace per controllare che fosse tutto apposto, quando il chirurgo ricevette notizia che era disponibile un cuore. Portarono una donna su una barella, coperta da un lenzuolo bianco ricoperto di sangue. Quando lo tolsero, il medico capì chi era. Scosse il capo in segno di dispiacere e cominciò ad espiantare il cuore da quel corpo con un foro di proiettile sotto il mento. Trapiantarono l’organo al ragazzo e dopo quattro lunghissime ore ritornò nella sua camera. Finalmente Frank riapparve, era rimasto fuori tutto il tempo a fumare ed era leggermente fuori di sé per la situazione in generale e per la rabbia, dato che non poteva salvare Gerard. Forse ora era già morto. Spinto dal dolore, ritornò nella camera e vide il rosso sveglio che guardava fisso il muro, mentre piangeva disperato.

“Gee, sei ancora vivo!”, e andò ad abbracciarlo, baciandogli la fronte.
“Lei no! Frank, lei no!”, gli prese un braccio e se lo porto al cuore.
“Lei chi? Non capisco..ah, dov’è Donna?”
Il rosso si mise a urlare, ancora di più man mano che Frank parlava.
“Gerard, dimmi cosa sta succedendo!”
“M-mamma mi ha donato il suo cuore. Lei si è uccisa per colpa mia. Non posso vivere con questo rimorso, Frank. Non posso! È tutta colpa mia, è sempre colpa mia”.
Il moro si era completamente bloccato, sembrava sotto shock. Cadde in ginocchio, proprio davanti al letto di Gerard, e cominciò a piangere anche lui.
“Non è colpa tua, amore mio. L’ha fatto perché ti ama”
“Non le ho chiesto di sacrificarsi per me”, disse quasi con un ringhio.
“Tu non l’avresti fatto per Bandit o Thomas Arthur?”, cercava di farlo ragionare ma anche lui stesso non riusciva a credere a quanto era appena successo. Gli sembrava tutto un brutto scherzo.
“Ovviamente, che domande sono?”
“Il ragionamento è lo stesso. Come ti senti?”
“Come vuoi che mi senta? Sto bene fisicamente, ma del resto puoi immaginare”.

Entrò un’infermiera per fare un paio di controlli e per poi portare il loro figlio. Prima lo prese Frank e lo strinse forte al petto, poi lo diede al rosso, che lo tenne proprio all’altezza del cuore, nonostante sentisse il dolore dei punti.
“Lo senti? Tua nonna mi ha fatto un regalo”, e scoppiò ancora a piangere ma il piccolo gli prese il dito della mano destra e lo strinse forte, come per alleviare il dolore del padre.
Gerard durante la settimana post-trapianto non presentò sintomi di rigetto e fu poi dimesso. Tornarono tutti e tre a casa, dove trovarono Mikey in lacrime, così come Bandit. Fecero un abbraccio di gruppo per farsi forza ma ognuno di loro aveva una spada inflitta nel cuore che continuava ad affondare sempre di più il colpo, fino all’impugnatura.

Il 5 settembre si tenne il funerale di Donna. Erano presenti solo i parenti e gli amici più stretti. Erano tutti rigorosamente in nero con la cravatta rossa, e le donne con un vestito lungo che giocava su quei due colori. Di sottofondo ‘The ghost of you’, la canzone che le piaceva tanto e più adatta al momento. Alla fine, come da testamento, venne cremata e le ceneri vennero poste in un’anfora nera che Gerard decise di tenere sul tavolino in salotto con accanto una foto dove erano tutti insieme. Erano molto giovani ma era l’unica fotografia di famiglia che avevano.
Il dolore restò per molto tempo nel cuore del rosso, e anche in quello del moro. Aveva perso entrambe le sue figure di riferimento: prima Helena, poi sua madre Donna.
Il tempo passava e il bambino cresceva benissimo. Bandit aveva capito che loro due erano i suoi veri genitori, Frank aveva trovato il modo di spiegarglielo con molta calma, e capì che Thomas Arthur di conseguenza era suo fratello. Tutto andava per il meglio. Il venerdì e il sabato, come stabilito, i figli del moro stavano da loro. Erano una famiglia molto numerosa. Le discriminazioni non mancavano quando andavano in città ma cercavano di non prestarvi molta attenzione.

Una sera andarono tutti e quattro a cena nel ristorante più romantico del pianeta ed era il compleanno di Gerard.

Frank aveva deciso di fargli un regalo.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Capitolo 14                                                  The end of our story, but not of their…
 
Mentre stavano cenando, giunse una piccola orchestra sul palco, allestito proprio davanti al loro tavolo.
Cominciarono a suonare le note di ‘I don’t love you’ e a Gerard venne un colpo.
Frank si alzò dalla sedia velocemente e prese tra le mani il microfono.

-Adesso cos’hai intenzione di fare con questa canzone, Frankie?-

“Gee, ti ricordi quando eri disperato a casa mia quel giorno? Una sera mi chiedesti cosa stavo scrivendo su quel pezzo di carta e io ti risposi che l’avresti saputo a tempo debito. Vedi, ho apportato qualche modifica alla nostra canzone, spero non ti spiaccia..”
L’orchestra suonò le note del ritornello e il moro cantò: “I love you, more than I did yesterday..
Gerard sentiva che stava morire in quell’istante e dopo l’esibizione di Frank, arrivò un cameriere a porgergli una rosa rossa. La prese tra le mani, il moro abbandonò il microfono velocemente, frugò nella tasca della giacca ed estrasse un cofanetto.

Stava per avere un altro infarto.

Frank s’inginocchiò davanti a lui: “Gerard Arthur Way, vuoi sposarmi?”
“Sì, sì, mille volte sì!”
Scoppiò un applauso generale nella sala.
Il moro gli infilò l’anello sull’anulare sinistro, dentro vi erano incise le loro iniziali unite da un cuore.
Al rosso scesero delle lacrime di immensa felicità. 
 
 

 
Questa è la storia dei nostri genitori.
Ora che siamo adulti, abbiamo deciso di trascriverla e pubblicarla, affinché vi sia di esempio sul fatto che nulla è impossibile e che bisogna seguire il proprio cuore, e affinché resti impressa nella vostra memoria.
                                                                                                                                            Bandit & Thomas Arthur

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1296457