You forgot me

di Cleofede94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I'm wide awake. ***
Capitolo 3: *** Best Friend ***
Capitolo 4: *** And who the fuck is him? ***
Capitolo 5: *** Green eyes ***
Capitolo 6: *** La scalata è dura ma la vista è meravigliosa ***
Capitolo 7: *** This is my life. ***
Capitolo 8: *** Hold you ***
Capitolo 9: *** Fumo e Cenere ***
Capitolo 10: *** How to save a life ***
Capitolo 11: *** I'm back. ***
Capitolo 12: *** Problemi di bassa pressione ***
Capitolo 13: *** What's today's date? ***
Capitolo 14: *** Party ***
Capitolo 15: *** Little Things ***
Capitolo 16: *** Dimenticare Louis ***
Capitolo 17: *** That's the difference. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Come promesso, eccomi qui con la mia nuova storia.
Ne ho fatta una incentrata su Niall, una su Louis e adesso tocca a ..beh, lo scoprirete...solo vivendo( LoL ). Ok, mi ritiro.
Voglio avvertire che sarà una storia un po’ diversa dal solito. Voglio scrivere un qualcosa di serio, non  la solita storiella banale.
E anche la trama, che è ispirata ad un libro che ho letto, sarà abbastanza differente dalle solite fan fiction. Spero soltanto di non deludervi.
Non è detto che ci riesca, ma per ora è questo il mio intento.
Buona lettura, gente.

Poi, quasi dimenticavo, vorrei dedicare questa fanfiction ad una persona.
Lei ci tiene molto al protagonista maschile di questa storia, per cui mi sembra il minimo dedicarla a lei.
Buona lettura, cara Gina Pasqualina.
Spero che la storia ti piaccia!
La tua Susanna.
( Ci tengo a precisare che Susanna non è ne il mio nome e nè il mio soprannone, è lei che si ostina a chiamarmi in questo modo per qualche strano oscuro motivo).

Baci, bella gente.





Wake me up inside
Call my name and save me from the dark
Bid my blood to run
Before I come undone
Save me from the nothing I've become.
(Bring me to life  - Evanescence)


 






 

<< No, non voglio entrarci in quella fottuta università! Toglimi le mani di dosso! >>
Strattonò sua madre con tutta al forza che era capace di tirar fuori. L'aveva trascinata lì con l'inganno, dicendole tante belle parole, facendole credere che per una volta, per una maledetta volta, avesse accettato la sua vita.
Bugie. Tutte stronzate.
Ora sua madre, Marylin, la tirava per il braccio, stringendole la mano con violenza. Non voleva lasciarla andare, non voleva lasciarla vivere.
<< Alexandra, smettila! Hai 15 anni, è ora di mettere fine a questa storia! Tu dovrai entrare lì dentro, che ti piaccia o no! >>, strillò iniziando ad ignorare gli sguardi di disapprovazione della gente, ormai troppo infuriata per badarvici.
Sua figlia continuava a strascinarla sul ciglio del marciapiede, per evidenziare il disprezzo che provava per quell'edificio grigio che si estendeva a pochi metri da loro.
<< Lasciami! >>, gridò con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Doveva scappare via, al più presto. Non gliel'avrebbe data vinta.
Alex tirò con violenza il braccio e sfuggì alla presa di sua madre, finalmente, ma perse l'equilibrio.
Gli occhi di Marylin si spalancarono.
E successe tutto troppo in fretta.
La donna rimase immobile, lo sguardo terrorizzato puntato in quello di sua figlia.
Alex scivolò all'indietro finendo fuori dal marciapiede.
Il semaforo per pedoni segnava il rosso e le macchine continuavano a sfrecciare veloci, indisturbate.   
E....
Bum.
Il mondo finì.
Tutto divenne nero, all'improvviso.  













Cosa ne dite del banner?
L'ha fatto sempre questa mia amica Gina Pasqualina! (Attenzione, questo non è il suo nome. Semplicemente non siamo in grado di chiamarci come la gente normale fa).
Cmq, carino, vero?
Beh, per qualsiasi cosa o altra roba, basta chiedere!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Spero che mi supportiate anche in questa fanfiction come avete sempre fatto.
Vi adoro, davvero.
Senza di voi adesso non sarei qui a pubblicare la mia terza long.
*si commuove*
By the way, ho usato Emma Watson come contro figura della protagonista.
In ogni caso si capisce dal banner su chi è la storia. LoL
Non sono proprio in grado di fare le sorprese, ammazzatemi.
* si nasconde in un angolino *
Vabbè, C'est la vie.
Ora evaporo.
Al primo capitolo vi voglio tutte qui, ok!?
u.u
Bye!



PS: Perdonatemi, non vorrei ancora che la cosa fosse fraintesa. Alex non va all'università, mi dispiace di non essere riuscita a spiegarmi meglio nel prologo. >_<
Perdono, perdono!
La mamma di Alex l'ha trascinata in quell'università per una specie di orientamento o visita(come volete) per il futuro. Lei va a scuola come tutte le ragazze normali.
Spero di essermi spiegata bene, ora. Scusate ancora! D:
 

 

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Capitolo 2
*** I'm wide awake. ***


     


And now it's clear to me 

That everything you see  
Ain't always what it seems 
(Wide Awake - Katy Perry)




CAPITOLO 1- I'm wide awake.




Alex aprì piano gli occhi ritrovandosi in una stanza completamente bianca, sola.
Un dolore lancinante le spaccava la testa in due e la schiena era completamente distesa a centottanta gradi.
Calcolò che doveva quindi trovarsi in un letto.
Provò ad alzare di poco il collo.
Un tavolo e una sedia giacevano sul fondo, attaccati al muro, e un mazzo di fiori gialli quasi appassiti si trovava alla sua sinistra.
Il soffitto giallognolo la sovrastava ed un lenzuolo leggerissimo le sfiorava il corpo. Notò di essere quasi mezza nuda.
Se non fosse stato per la biancheria, avrebbe giurato di potersi vedere i capezzoli uscire fuori dal lenzuolo.
Ma che è sto schifo, sono in ospedale?
Temeva di sì dato che una sottospecie di ago minaccioso le stava infilato nel braccio, avvolto da quello che sembrava uno strato chilometrico di scotch bianco e una strana impalcatura di plastica attaccato al tutto.
Cosa diamine le era successo?
Provò a sforzarsi di ricordare e sentì una fitta di dolore tranciarle la testa.
Ecco.
Ricordava sua madre che la tirava.
Quell’edificio rivoltante.
Il St. Georg.
Era scivolata, e quella macchina le era finita addosso.
Strano che avesse così pochi aggeggi addosso per l’impatto violento che ricordava di aver avuto.
Ma, a pensarci, si sentiva relativamente bene, non le sembrava di stare per morire.
Che fosse una persona inumanamente dotata?
Tipo Superman, si poteva fare.
D’un tratto la porta bianca davanti a lei si aprì lentamente.
<< Signorina Anderson, si è svegliata >>, la salutò il medico.
No, guarda, dormo con gli occhi aperti.
Alex aveva sempre odiato i medici.
O almeno, credeva che quello fosse un medico.
Indossava uno di quei camici lunghi e fasulli che si vedono nei film e gli occhiali abbassati come un idiota pompato.
Doveva essere per forza uno di loro.
<< Vado a chiamare i suoi parenti >>, la informò dopo averle controllato l’andamento degli strani aggeggi che le stavano attaccati al corpo.
Perfetto, ci mancavano soltanto loro.
Non aveva molta voglia di vederli dopo quello che era successo.
Per colpa di sua madre era praticamente finita sotto un’auto, mentre gli altri non avevano fatto altro che mentirle per tutta la giornata.
Come avevano potuto? Sapevano quanto sua madre la stesse tenendo sotto pressione per via di quell’università, avrebbero dovuto dirglielo.
Dopo neanche un minuto, una voce fastidiosa e squillante si insinuò all’interno della stanza correndole in contro.
<< Tesoro, stai bene?? Ci hai fatto prendere un colpo! Non farlo mai più! >>
Come se fosse colpa mia.
<< Quando mi hanno detto che eri caduta dalle scale io… >>
Le scale?? Quali scale, ti sei già inventata una nuova cazzata per nascondere a tutti che hai tentato di ammazzarmi?
Il resto della famiglia entrò nella stanza insieme a suo padre.
Alex lo osservò con riluttanza.
Un uomo che viveva in casa soltanto per ricordarsi di raccogliere il giornale da terra la mattina.
Non una volta che desse segno della sua presenza.
Un fantasma sarebbe stato più utile.
Che ti costava dirmi che mi stava portando lì, papà?
John aveva gli occhi cerchiati e il viso triste, trascurato. Entrò a passo lento e si avvicinò a sua moglie Marylin, le poggiò una mano sulla spalla e poi si rivolse ad Alex aprendosi in uno sorriso cordiale.
<< Sono contento che tu ti sia ripresa >>, disse solamente.
Ovvio.
Suo padre non aveva mai avuto ampie manifestazioni d’affetto nei suoi confronti. Nei suoi, come nei confronti dei suoi fratelli.
Alex non riusciva a capire se si vergognasse o se fosse semplicemente una persona poco affettuosa.
Stava di fatto che il contatto fra di loro era minimo.
Poi si fecero avanti i suoi due fratelli. Perché si, non bastava avere la disgrazia di nascere in una famiglia orrenda e insensibile come la sua, doveva anche essere l’unica ragazza.
Però, nonostante le infinite pressioni che Marylin faceva a sua figlia per via di suo fratello maggiore, i due andavano abbastanza d’accordo.
<< Ciao, brutto idiota >>, salutò Alex rivolgendosi a suo fratello maggiore con il sorriso sulle labbra.
Eric ricambiò il sorriso avvicinandosi a lei e dandole un bacio sulla guancia.
C’era da dire che suo fratello era davvero un gran bel ragazzo.
Alto, occhi chiari e capelli di un biondo cenere strepitoso.
D’altronde era quasi lo stesso colore di capelli che aveva lei.
Solo che i suoi tendevano più al rosso.
Stupendo, no?
E poi c’era Martin.
Suo fratello minore di...
Oh, cazzo, quanti anni ha!?
Alex spostò lo sguardo sconcertato sulla faccia e sul corpo minuto di Martin, osservandolo allibita, come se fosse appena sceso da una navicella aliena.
<< Che diavolo è successo a Martin?? >>, scoppiò mentre sua madre era ancora intenta a strozzarla e a riempirla di stupide parole comprensive di cui lei non sapeva che farsene.
<< Che vuoi dire? >>, chiese Eric facendo una smorfia.
A quel punto, il medico, che non aveva fatto altro che starsene infondo alla stanza mimetizzandosi fra le pareti bianchissime, si fece avanti.
<< Ecco, signori. E’ questo il problema di cui vi ho parlato l’altro giorno. Temevamo che potesse presentarsi questo strano caso di amnesia, ma a quanto pare non è stato possibile evitarlo >>, spiegò fissando i suoi genitori.
Ma che minchia sta dicendo questo coglione?
<< Amnesia? >>, ripeté sua madre, come se non avesse mai sentito quella parola in vita sua.
Non che Alex ne fosse sorpresa. Sua madre era ignorante, davvero. E faceva di tutto per nasconderlo.
Ma d’altronde, non era colpa sua se da piccola non era riuscita a finire la scuola.
Ora il signor Dottor House si rivolse alla ragazza, fissandola attentamente.
<< Quanti anni ricordavi che avesse tuo fratello? >>, le chiese saccente.
Che razza di domanda è??
Lei lo osservò di sbieco, alzando un sopraciglio.
<< Ha un anno >>, assentì sicura.
E poi, mente osservava trionfante la faccia del medico, si accorse che di trionfante non c’era proprio niente.
Ma come? Non aveva appena dimostrato che ricordava alla perfezione quanti anni avesse Martin?
Tutti i presenti, tranne il medio ovviamente, si portarono una mano davanti alla bocca, allibiti.
Eric la guardò con sguardo vacuo, come se avesse paura.
Leo iniziò a preoccuparsi.
Ok, si può sapere che sta succedendo?
<< E io quanti anni ho? >>, domandò incerto suo fratello maggiore.
<< Diciassette, Eric! Quanti ne dovresti avere?? >>, sbottò irritata.
Quella situazione non le stava piacendo affatto. Sembrava che tutti fossero a conoscenza di chissà quale segreto universale, tranne lei.
E adesso se ne stavano lì a fissarla. Sembra uno scherzo di poco gusto.
A quel punto sua madre scoppiò a piangere e si appoggiò alla spalla di suo padre.
<< Qualcuno vuole dirmi, per favore, che cavolo succede? >>.
Per non dire parolacce.
Martin si avvicinò al suo letto, guardandola dispiaciuto.
In effetti, era un po’ troppo grande per avere un anno.
E da quando aveva imparato a camminare, poi?
<< Sorellina, io ho quattro anni >>, sussurrò il bambino dispiaciuto.
Alex lo osservò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo su Eric.
Effettivamente nemmeno lui sembrava più un diciassettenne.
Ma cosa era successo al mondo?
Le sembrava di aver dormito per anni.
Ad un certo punto si sentì mancare.
Che!?
Cosa!?
Quando!?
Perchè!?
Come poteva Martin avere quattro anni?
Era nato soltanto l’anno scorso, era impossibile.
E lei non era in uno di quei film in cui la protagonista va in coma e si risveglia cent’anni dopo.
O almeno sperava.
<< Signorina Anderson, siamo nel 2012 >>, la informò la voce petulante del medico.
E a quel punto, ogni cosa, anche la più banale, perse senso.
Come potevano essere nel 2012. Non era possibile.
Ma se ieri era ancora 2009, come era potuto accadere?
Non. Può. Essere.
<< Ero in coma? >>, domandò spaventata, cominciando a respirare affanosamente.
Il medico scosse la testa facendola preoccupare ulteriormente.
Ok, probabilmente da un momento all’altro qualcuno sarebbe sbucato fuori dalla finestra con una telecamera accesa e avrebbe gridato: “SEI SU SCHERZI A PARTE!”
<< La ragazza, purtroppo, a causa della caduta recente, ha eliminato buona parte della sua memoria dal giorno in cui fece il primo incidente >>, spiegò ancora House.
Il primo incidente..Cosa?
<< Sapevamo benissimo che dopo quel giorno, il grave  trauma celebrale subito le avrebbe causato dei problemi, ma non credevano fino a questo punto. Avevamo raccomandato la massima prudenza, ma… >>
Nell’intera stanza calò in silenzio.
<< Ascolti >>, si svegliò sua madre iniziando a diventare paonazza.
Diventava sempre rossa quando cominciava ad arrabbiarsi, e sua figlia ne sapeva qualcosa.
<< Non siamo certo noi i colpevoli della caduta di nostra figlia. Era a casa da sola e francamente mi sorprende anche che sia ancora viva visto che è stata ritrovata circa un’ora dopo dalla cameriera. Abbiamo fatto tutto il possibile e ora lei non venga a dirmi che… >>
Il medico la interruppe alzando di poco i palmi delle mani.
<< Signora, non volevo dire questo >>
Ma Alex continuava a non capire, faceva saettare lo sguardo fra i volti dei presenti freneticamente, provando a mettere insieme i pezzi, ma non ci riusciva.
House e Marylin continuarono a discutere alzando le voci, mentre John ed Eric tentavano di mettersi in mezzo e calmare la situazione.
Nel trambusto generale, Martin si avvicinò al suo letto e le prese la mano sorridendole appena.
Lei si distrasse un attimo e portò l'attenzione su di lui.
Cavolo se non’era cresciuto.
Come era possibile che avesse quattro anni? Cosa era successo?
Io ho ancora quindici anni?
A questo punto non sapeva più nemmeno quello.
Ad un tratto sua madre scoppiò a piangere e il medico poté continuare a spiegare ai presenti ciò che era realmente successo.
<< Ieri pomeriggio, cadendo dalle scale, la parte ancora indolenzita intaccata tre anni fa è stata danneggiata maggiormente..e questi sono i risultati. In pratica la sua mente è ancora convinta di trovarsi al tre Maggio 2009. La ragazza non ricorda nient’altro >>, aggiunse passandosi una mano sulla fronte sudata, come se quel discorso lo affaticasse per davvero.
Nella stanza calò il silenzio.
<< Tutto ciò che è successo dopo quel giorno è stato rimosso >>.



Da quando era uscita dall’ospedale erano ormai quattro giorni che Alex rimaneva chiusa in casa a non fare nulla. Una volta tornata si era accorta che tutto era cambiato. La sua stanza in primis. C’erano nuovi poster, nuovi vestiti, era cambiata la disposizione del letto, lei era diventata più alta, aveva un computer nuovo. Ogni cosa. E lei non ricordava assolutamente nulla. Aveva scoperto di avere appena compiuto diciotto anni ad ottobre. Frequentava l’ultimo anno adesso. E non ricordava assolutamente nulla di quello che aveva fatto a scuola in quei due anni precedenti. La sua vita si era come resettata. Era rimasta ferma a quel tre Maggio 2009 di tre anni fa. Le sembrava un incubo. Dimenticare una parte della sua vita, quella più importante. Oh, quanto aveva desiderato avere diciassette anni, e ora, scopriva di averli avuti e di non ricordarlo affatto.
E i suoi amici? Dove erano finiti? Sapeva di avere due amiche con cui andava maggiormente d’accordo. Due compagne della sua scuola di danza, fra le quali una frequentava la sua stessa scuola superiore, o entrambe?. E…si. La Danza, l’Accademia artistica. Non l’aveva lasciata, vero?
Le piaceva così tanto. Dubitava che a distanza di appena tre anni avesse potuto mollarla per chissà quale motivo.
Ma in tre anni accadono tante di quelle cose.
A quei tempi, Alex ricordava di frequentare un’accademia di teatro da quando aveva nove anni, e non l’aveva più lasciata. Le avevano insegnato a cantare, ballare, recitare. E nonostante tutte le lamentele di sua madre, aveva continuato a portare avanti la sua passione senza fermarsi.
Ma ora voleva sapere. I suoi genitori, o meglio, Marylin non le permetteva di parlare con suo fratello per chiedergli della sua vita.
Continuava a ripetere che il medico aveva espressamente detto che bisognava andarci piano con la memoria, non doveva subire forti traumi. Anche se una cosa positiva l’aveva detta. La sua amnesia poteva essere temporanea.
Ciò significava che con un po’ di pazienza, le cose le sarebbero tornate in mente.
Ma Alex ci stava perdendo le speranze. Aveva provato a riaccendere il suo computer, ma non ricordava la password. Aveva provato a guardare delle foto, filmini, fogli sparsi in camera sua, vecchi libri scolastici. Nulla. Vuoto totale. Voleva parlare con suo fratello Eric, chiedergli se era ancora in buoni rapporti con Bonnie e Christine, voleva chiamarle. Chiedere loro della sua vita. Voleva sapere, doveva sapere.
Alex sbuffò mentre fissava il soffitto azzurro della sua stanza. Si buttò giù dal letto ed aprì la porta. Voleva riprendere in mano la sua vita.
Aveva perso così tanto per così poco. Le avevano raccontato che era caduta per le scale come un’impedita mentre era in casa da sola.
Come aveva potuto essere così stupida? Per colpa della sua cretinaggine ora si ritrovava con tre anni di vita in più e tanta roba da imparare in fretta e furia.
<< Eric! >>, chiamò sperando di trovarlo in casa.
Dalla camera da letto vide la chioma bionda, ovviamente tinta, di sua madre che trotterellava correndo fino a lei.
<< Alexandra, che cosa ci fai in corridoio? Devi andare a riposarti >>, le ordinò sfiorandole il braccio.
Dio, quanto odiava quando sua madre la chiamava in quel modo.
Che le costava chiamarla Alex? Tutto il mondo la chiamava Alex. E invece no, lei doveva fare la trasgressiva, l'anticonformista del cazzo.
Come se servisse a qualcosa con la faccia che si ritrovava. Non che non le piacesse il suo nome, sia chiaro. Ma il fatto era che il modo in cui Marylin lo pronunciava la faceva sembrare una strana regina esotica di qualche paese sperduto sull’equatore.
Dava a quel nome un non so che di responsabile. Come se si sentisse l’unico essere umano ad aver capito quale fosse il nome di sua figlia.
Oppure, semplicemente, voleva sentirsi importante perché chiamava Alex con il suo nome completo. Nulla di più fastidioso.
<< Mamma non sto per morire, mi sento bene. Voglio uscire da questo schifo di casa! >>, sbottò scostandosi da lei per raggiungere la cucina.
Suo fratello maggiore la salutò con un cenno della mano mentre beveva del succo all’arancia.
<< Oh, vedo che hai deciso di reagire >>
Lei non ci badò nemmeno.
<< Eric, dov’è il mio cellulare? >>
Lo vide fare una smorfia.
<< Ho uno stramaledetto cellulare, vero? Oppure siamo nel 2078 e abbiamo imparato a comunicare col pensiero e qualcuno si è dimenticato di avvisarmi?? >>, inveì perdendo la pazienza. Stare in casa per quattro interi giorni senza vedere né sentire nessuno era frustrante.
Soprattutto quando sei obbligata a rimanere inchiodata al tuo dannato letto come una malata terminale.
Eric scoppiò a ridere.
<< Noto con piacere che nonostante tutto sei sempre la solita. Comunque... >>, abbassò l voce, << il tuo  cellulare ce l’ho io. Ma mamma non vuole che tu lo usi per via delle cagate del medico o per qualche altro assurdo motivo. Se tieni la bocca chiuse te lo do >>, concluse facendole l’occhiolino.
<< Grazie >>, gli sorrise mentre afferrava un altro bicchiere per versarsi del succo anche per lei.
<< Vedrai, presto ricorderai tutto >>, la rassicurò strofinandole un pugno sui capelli arruffati.
E, no, i suoi capelli non erano in quello stato perché erano giorni che non usciva a prendere aria, ma perché quei capelli, i suoi, erano sempre stati disastrosi. Erano voluminosi, troppo, erano tanti, mossi, gonfi, ricci, non si capiva bene, tendenti ad un rossiccio scadente.
E purtroppo, Alex, non era riuscita ad ereditare gli occhi azzurri che anche suo fratello le sbatteva in faccia ogni santo giorno come fossero un premio oscar. Si limitava ad avere migliaia di lentiggini color cacca di uccello sulla faccia e gli occhi di un marrone sbiadito.
L’unica cosa positiva di se stessa era che, avendo frequentato dei corsi di danza sin da quando era piccola,  il suo corpo fosse ben piazzato, snello e formato. Certo, non aveva un’altezza stratosferica, ma poteva andare.
Come promesso, Eric le lasciò il suo tanto amato cellulare sulla scrivania di camera sua, facendo attenzione a non farsi beccare dalla mamma.
Alex lo afferrò, e dopo essersi accertata che il codice pin fosse lo stesso di tre anni fa e aver ballato la conga per tutta la stanza sentendosi Dio sceso in terra, si decise a fare una capatina fra gli ultimi messaggi ricevuti.
Respirò a fondo.
Uno era di Christine.
Diceva: “ Ci vediamo tra un’ora “. Del 9 Ottobre 2012.
Peccato che quell’ "ora" non fosse mai arrivata.
Perché mi sono fracassata la testa sulle scale.
Poi c’era un messaggio di Bonnie che, in un’apparente confidenza che Alex non ricordava di avere con lei, le ricordava quando fosse stata idiota a dimenticare la collana nella sua borsa.
Beh, per lo meno aveva ancora le sue vecchie amiche.
Poi c’era un messaggio di…un ragazzo.
Ne lesse velocemente il nome, come se volesse strappare un cerotto.
Louis.
Niente.
O quasi.
Si soffermò a fissare il display sforzandosi di ricordare.
Chiuse gli occhi.
Voleva ricordare.
Aspettò qualche minuto.
Percepì una breve fitta alla testa ma non ci badò.
Ah, si.
C’era un Louis che conosceva.
Veniva nella sua stessa classe di Filosofia, ma era un povero idiota.
Era roba vecchia, quindi, in pratica, non aveva ricordato un bel niente.
In quel messaggio diceva: “ Sono superman! :) ” 
Possibile che fosse lui? Aspetta, come faceva di cognome? Tomlinson.
Ci aveva fatto così amicizia? Perchè le scriveva cose cretine per sms? Bah.
Poi, per il resto, c’erano messaggi della segreteria, ricariche, avvisi di chiamate perse da sua madre, Eric.
Gente che le chiedeva i compiti. Nomi conosciuti, altri sconosciuti.
Ma non poteva stare lì ad analizzarli tutti.
Una cosa alla volta.
Adesso faccio un giro fra le ultime chiamate effettuate.
Premette velocemente qualche tasto e si bloccò.
Aggrottò la fronte.
Sopra a tutti c’era un nome.
Un nome strano.
Possibile che conoscesse un ragazzo con quel nome?
Tarzan.
Ma scherziamo?
Chi mai si chiamerebbe Tarzan!?
Eppure non riusciva proprio a ricordare di chi fosse quel numero, o quel nome.
Un altro ricordo nuovo, pensò.
Decise di chiamare, magari ascoltando la voce avrebbe ricordato.
Poteva trattarsi di un adulto, un vecchio, una ragazza, non era detto che fosse per forza un…
<< Pronto? >>.
Una voce calda, apparentemente preoccupata, le rispose.
Alex non seppe perché ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
Lei, che di solito strillava a destra e a manca come una disperata.
<< Pronto?? >>, ripeté più decisa la voce.
Notò che era rauca, profonda. Aveva un non so che di famigliare, ma non riusciva proprio a ricordare di chi fosse.
Fatto stava che l’aveva inchiodata lì, seduta sul letto, incapace di proferire parola.
Poi si riprese e chiuse la chiamata.
Osservò il display ancora per qualche secondo, e alla fine gettò il cellulare sul letto, a pochi centimetri da lei.
Sospirò.
Perché non mi ricordo uno stramaledetto cazzo!?















Ebbe si, ho postato prima. u.u
Ma solo perchè sono agli inizi, eh. è.é
E poi oggi ho fatto la donazione, sono praticamente dissanguata, quindi in qualche modo questo mi ha ispirato. LoL
Ti vedi che tra un po' nei prossimi capitoli parlo di gente che si succhia il sangue, chi si sgozza, malati di leucemia, vampiri...
ahahahah
"ehm...coff.. Bullshit coff coff..." D:
Ok. >_<
Allora, che ne dite? E' abbastanza scioccante come inizio?
Sta tizia non se recorda na minchia di niente(evvai con l'italiano). Precisiamo che ha subito due incidenti.
(Non vorrei che ci fosse qualcuno che mi chiede come ha fatto a resuscitare e poi morire di nuovo.)
Uno è quello del prologo, l'altro è quello in casa, quando cade come un prosciutto per le scale.
Sfigata questa, no? xD
Vabbè, scommetto che TUTTI hanno già capito chi minchia è TARZAN. LOL
In effetti, anche chi non legge il capitolo, non ci mette molto a collegare la cosa. xD
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno ricensito il mio prologo piccolissimo. Davvero, l'ho apprezzato e vi amo.
Spero con tutto il cuore di riuscire a tenervi incollati al PC anche con questa nuova storia!

YEEEEIAAAAAAAHHHAAAAAAAAAA


I WANNA STAY UP ALL NIGHT AND JUMP AROUND UNTIL WE SEE THE SUN!

E la risposta è: si sono pazza. :)


Ribadisco che il banner è una figata. ù.ù



Ed eccoli qui, i presenti ma non presenti in questo capitolo.
Bravo, Louis. Così si fa! xD




:D

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Capitolo 3
*** Best Friend ***





La differenza fra me e te
Tu come stai? Bene. Io come sto? Boh.
(La differenza fra me e te - Tiziano Ferro)



 


Capitolo 2 - Best Friend










<< Signora Anderson, con tutto il rispetto, non possiamo riammettere sua figlia all’ultimo anno >>, affermò nuovamente il preside per la centesima volta.
Ad Alex quella conversazione stava sinceramente stancando. Erano lì da almeno un’ora e sua madre non faceva altro che fare la compassionevole con il signor Smith raccontandogli di quanto fosse stato orribile assistere sua figlia in un letto d’ospedale. Gli aveva riferito del problema che aveva con la memoria, e, con tante moine, stava domandando quando era possibile farla ritornare a scuola. Solo che, da qualche minuto a questa parte, Marylin era diventata tutt’altro che gentile.
<< Sta scherzando?? Non è stata certo bocciata! >>, inveì fissandolo con sguardo truce.
Alex, a guardarli, non stava da nessuna delle due parti.
Certo, non voleva assolutamente ripetere il terzo e il quarto anno, ma anche il preside non aveva tutti i torti. Per arrivare in quinto ci sono ragazzi che si spaccano il culo(non che lei non l’avesse fatto in precedenza), mentre lei si ritrovava lì senza sapere assolutamente un’acca di quello che aveva studiato in quei due anni. Non ricordava nulla, come poteva permettersi di essere alla pari con i suoi compagni di classe se a stento aveva presente quello che aveva studiato al terzo anno?
<< Signora, sua figlia non ricorda nulla degli ultimi due anni! >>, sbottò Smith agitato.
Alex sbuffò, non ne poteva più.
<< Non è idonea! >>, aggiunse sempre irritato.
A quel punto sua madre si arrabbiò e sbatté con violenza una mano sulla scrivania del preside.
Si, beh, erano sempre stati una famiglia piuttosto ricca a causa del lavoro di suo padre.
Quindi, il fatto che sotto il palmo della mano di Marylin ci fossero mille e cinquecento sterline non sorprese per niente la ragazza.
Anzi, si disgustò di se stessa, quasi.
La donna spostò la mano con tutti i soldi nella direzione dell'uomo e lo fissò penetrandolo con lo sguardo.
<< Che dice, adesso è abbastanza idonea? >>




Perfetto, pensò Alex arrivata a casa con aria scocciata.
Il giorno dopo sarebbe ritornata a scuola e non sapeva neanche quali libri avrebbe dovuto portare.
Ora si che le serviva l’aiuto di qualcuno, decisamente. Sua madre le aveva nuovamente confiscato il cellulare e lei non aveva idea del motivo.
Ma non le importava più di tanto visto che era stata capacissima di riprenderselo senza che lei se ne accorgesse.
Stava di fatto, che Alex non avrebbe dato campo libero a quella vipera ancora per molto.
Ovvio, aveva ragione quando diceva che non era poi tanto sana come un pesce, per cui alcune regole erano da rispettare.
Però una cosa positiva c’era del ritornare a scuola: sarebbe finalmente riuscita a prendere un po’ d’aria fuori da quella casa maledetta, e magari avrebbe anche incontrato qualcuno in grado di aiutarla a ricordare. Anche se le sembrava piuttosto difficile.
Da quando era uscita dall’ospedale, l’unica cosa che aveva ricordato era quanti anni aveva. Cosa che, fra l'altro, le era stata detta dai suoi parenti.
Dal piano di sopra, sentì delle voci concitate provenire dall'ingresso.
Che qualche idiota fosse venuto a rompere con le solite pubblicità sulle aspirapolveri?
Non che fosse impossibile. O almeno, tre anni fa accadeva spesso. Se ora era passato di moda era soltanto un bene.
Alex chiuse la porta della sua stanza e si affacciò dalle scale per rendersi conto di chi fosse così impegnato a litigare con sua madre dietro la porta d’ingresso.
<< Signora, la prego. Voglio soltanto vederla! Se domani torna a scuola potrebbe aver bisogno di qualcuno che le dica come prepararsi, andiamo, non faccia così! >>, pregò una voce abbastanza familiare ma che la rossa non ricordava affatto a chi appartenesse. Tanto per cambiare.
La ragazza si sporse un po' di più, ma con scarsi risultati. Così decise di scendere le scale. Si fermò quasi all'ultimo gradino e osservò il viso del ragazzo che si agitava disperato davanti a Marylin.
<< Ti ho detto di no, dannato ragazzo, ma sei cocciuto?? Non può vedere nessuno! Va a casa e... >>
<< Mamma >>, la chiamò affiancandosi lentamente a lei.
Era quel tipo.
Louis.
Castano, carino, occhi azzurri.
Quello che veniva in classe con lei e di cui aveva trovato un messaggio sul cellulare.
Se era venuto fino a casa sua significava che ci aveva stretto amicizia per davvero, incredibile.
Voleva parlargli, magari poteva sul serio darle una mano visto che ogni volta che lo guardava le veniva soltanto da ridere, ma non rammentava nient’altro.
<< Fallo entrare >>, assentì fissandogli ancora il volto, sperando di essere illuminata da un improvviso lampo di genio mentre lo scrutava attentamente.
<< Ciao, Alex >>, le sorrise lui, contento.
Probabilmente, a causa di sua madre che l’aveva tenuta segregata in casa per una settimana, tutti quanti credevano che fosse morta e risorta.
<< Tesoro, non se ne parla. Il medico ha detto che devi stare a riposo! >>, strillò isterica.
<< Non me ne frega niente di quello che ha detto quel ritardato >>, confessò senza smettere di fissare gli strani vestiti che aveva addosso quel ragazzo. Mocassini, pantaloni acqua in casa, maglia da marinaio fallito a righe blu e bianche, espressione da deficiente.
Più lo osservava e meno riusciva a capire come fosse possibile che un tizio simile fosse suo amico.
D’un tratto lo vide trattenere una risata.
Che ho detto di così sconvolgente?
<< Alexandra! >>, inveì sua madre, incredula.
E ora cosa voleva quella, non si ricordava che lei era sempre stata così?
O pretendeva che a causa di una stupida amnesia si trasformasse in una dama da compagnia?
<< Domani tornerai a scuola e sarà un trauma per te, non voglio che questo tizio... >>, cominciò a parlare a vanvera come suo solito.
<< Mamma, basta. Voglio che entri. Ho perso la memoria, non ho la peste bubbonica >>, ironizzò mentre apriva la porta e invitava il ragazzo ad entrare. Lui lanciò un’occhiata di scuse alla donna e poi attraverso l’uscio sorridendo come un idiota.
Ma cos’ha che non va questo tizio?
La riccia gli fece segno di salire le scale per raggiungere la sua stanza e lo seguì.
Stranamente si accorse che lui conosceva già da se la strada per la sua camera, iniziò a preoccuparsi.
Temeva di scoprire da un momento all’altro che lui fosse il suo ragazzo.
Cribbio, non ce l’avrebbe fatta a sostenere una scoperta simile. Come poteva stare con un..bah, che le era saltato in mente.
Pochi secondi prima di chiudere la porta della sua camera, si sentì un urlo snervante provenire dal piano di sotto.
<< Alexandra! >>, gridò sua madre, probabilmente infuriata.
Lei sbattè la porta, sbuffando, non voleva sentirla più.
<< Odio quando mi chiama così! >>, sbottò alzando gli occhi al cielo.
Lo sentì ridere e spostò subito lo sguardo su di lui.
<< Lo so >>, le rispose grattandosi la testa.
Lo sapeva?
<< Bene, a quanto pare sai più cose tu su di me di quante ne sappia io >>, constatò poggiandosi entrambe le mani sui fianchi, leggermente a disagio.
Lui la osservò un po’ dispiaciuto prima che Alex prendesse di nuovo la parola.
<< Mmh, adesso, puoi dirmi chi sei? >>, domandò lei accennando un sorriso di scuse.
Lo vide sbattere un paio di volte le palpebre prima di afferrare l'intero significato di quella domanda, poi spalancò gli occhi e la bocca contemporaneamente, incredulo.
E anche se in quel momento era in un evidente stato di shock, era buffo comunque.
Cribbio, scusa.
<< C-Cosa, non sai chi sono!? >>, balbettò il ragazzo esterrefatto.
Lei prese un bel respiro.
<< Si, cioè. Sei un mio compagno di classe, ma non ricordavo che fossimo così amici  da...insomma, sei venuto a casa mia! >>, spiegò gesticolando animatamente.
Lui prese a muoversi per la stanza, sconcertato.
<< Sai come mi chiamo, almeno? >>, chiese bloccandosi di colpo a guardarla.
<< Louis? >>
<< Cognome? >>
Merda.
Com’era?
<< Tolemanson? >>, tentò.
Se non era quello, era una cosa simile.
<< Tomlinson >>, la corresse lui.
Ecco.
Louis si grattò il mento con fare teatrale e si avvicinò a lei.
Poi mosse velocemente gli occhi, quasi come fosse un pesce arenato su un bancone del mercato.
<< Non ti ricordi il nome della persona più importante della tua vita, ti rendi conto?? >>, si lamentò fissandola.
La persona cosa..!?
Alex per poco non svenne.
<< Sei-sei il mio ragazzo? >>, domandò con una voce stridula.
Lui scoppiò in una risata sguaiata.
Cosa c’era di così divertente?
Giuro che se è davvero il mio ragazzo lo prendo a sprangate sui denti.
<< No, idiota. Sono il tuo migliore amico >>, le sorrise.
Adesso che lo notava, aveva un bel sorriso.
Aspetta, cosa?
Lui è il mio migliore amico!? E da quando??
E dove erano finite le sue amiche donne? Le ragazze? Da quando diventava così amica ad un essere alienoide come lui?
Ad un maschio!
Mi ha chiamato idiota.
Probabilmente se non aveva paura di chiamarla in quel modo significava che avevano davvero confidenza.
Se fosse stato un semplice conoscente avrebbe certamente saputo del rischio di finire all’ospedale in pochi secondi.
<< Oh >>, rispose semplicemente lei dopo quella che le sembrò un'eternità.
Non ci credeva.
Louis la fissò ancora per un po’, e non sentendosi arrivare nessun' altra risposta soddisfacente andò a sedersi sul letto della ragazza.
Alex, lo osservò, diventando improvvisamente triste. Insomma, le dispiaceva. Se erano davvero così amici, incontrare una persona a cui tieni e poi renderti conto che non si ricorda di te, doveva essere frustrante. Non riusciva nemmeno ad immaginarlo.
<< Quando è successo? Cioè, come? L’unica cosa che mi viene in mente quando ti vedo è quell’idiota che prendeva per il culo l’insegnante e che faceva strane battute in classe >>, gli confessò, ricordandosi forse troppo tardi che lo stava facendo sentire una completa schifezza.
Decise di avvicinarsi a lui provando a mostrarsi più sensibile, e si posizionò davanti al suo letto, continuando a guardarlo.
<< Davvero non ti ricordi di me? >>, le domandò ancora lui fissando la coperta azzurra del letto; probabilmente non era ancora riuscito a farsene una ragione.
La rossa annuì scusandosi con lo sguardo e incrociando le braccia al petto per non farle penzolare ininterrottamente.
Lo sentì sospirare.
<< Ci hanno fatto sedere affianco in classe, niente di sdolcinato. Tu non mi sopportavi perché dicevo solo stronzate e non avevi tutti i torti... >>, cominciò a raccontare, ridendo da solo e contagiando anche Alex.
In effetti era vero, constatò lei, perché lo pensava anche in quel momento, quindi doveva averlo pensato per chissà quanto altro tempo.
<< Poi un giorno arrivasti a scuola in lacrime. Avevi litigato con tua madre, come sempre, e io mi sentivo terribilmente in colpa. Insomma, tu stavi male ed io continuavo a prenderti in giro. Così quando uscisti dall’aula mi feci sbattere fuori con una scusa e ti chiesi che cosa era successo. E... >>, si bloccò per qualche secondo.
Lei lo scrutò aspettando che continuasse.
<< Tu mi hai chiesto di abbracciarti >>, concluse sedendosi meglio sul letto e tirando le ginocchia a se quasi come fosse un bambino di dieci anni.
Alex rimase in silenzio.
Chissà cosa era successo di così grave da farla piangere a scuola, in pubblico, davanti a tutti. Non l’aveva mai fatto, odiava mostrarsi debole.
<< Immagino che da quel giorno in poi siamo diventati grandi amici >>, dedusse la ragazza con un sorriso.
Quando alzò il viso per osservare il volto spento di Louis, si sentì infinitamente vuota e sola. Si detestava. Si detestava per non essere capace di ricordare nulla, si detestava per essere caduta dalle scale, perché era una stupida, perché aveva perso due anni della sua vita senza nemmeno accorgersene. Aveva perso dei ricordi con un amico che ora era lì per lei pronto a sostenerla.
E ora voleva riavere tutto. Sentì gli occhi diventarle lucidi e subito si girò a guardare la parete.
Louis si alzò di scatto dal letto, preoccupato.
<< Ehy, cos’hai? >>.
Alex si portò una mano sul viso, quasi a volerlo nascondere, e d’un tratto, anche se sapeva perfettamente di conoscere poco e niente di quel ragazzo, sentì il bisogno di chiedergli una cosa.
<< Sembrerebbe strano se ti chiedessi di abbracciarmi anche stavolta? >>, domandò con un filo di voce.
Rimase a fissare la parete opaca di fronte a lei, sperando di non sembrare una disperata, e quando sentì un paio di forti braccia avvolgerla si lasciò andare. Si voltò completamente verso Louis, nascose la testa nell’incavo del suo collo e si sentì terribilmente in colpa quando si accorse che gli stava bagnando praticamente tutta la maglia, non riusciva a smettere di piangere.
Anche se, quella non era l’unica colpa che sapeva di avere.
<< Scusa >>, sussurrò stringendosi a lui.
<< E per cosa? >>
Alex tentò di rendere stabile la sua voce, voleva smetterla di sembrare una ragazzina impaurita.
<< Perché ho dimenticato tutto >>, si allontanò leggermente da lui sciogliendo l’abbraccio.
Louis sorrise.
<< E mi chiedi scusa per questo? Solitamente non lo fai quando dovresti e ora... >>, si lasciò sfuggire una risatina.
<< Davvero? Sono così crudele? >>, domandò facendo una smorfia divertita.
<< Crudele?? Tu sei...ehm >>, si bloccò tossicchiando. << Una cosa alla volta, potrebbe scioccarti quello che ho da dire >>, continuò lui ridendo.
Anche Alex rise. Almeno aveva smesso di piangere.
<< Comunque >>, riprese lui, << Non è colpa tua. Certo, è un po’ scioccante per me >>, ammise.
<< Adesso dovrò insegnarti nuovamente il nostro codice segreto >>, farfugliò poi fra sè e sè, pensieroso.
<< Abbiamo un codice segreto? >>, chiese lei strabuzzando gli occhi.
Louis scoppiò a ridere.
<< E non solo quello! Ma vedrai, ti farò ricordare in un batter d’occhio tutto ciò che c’è da sapere >>, la rassicurò facendole l’occhiolino.
Alex sorrise e annuì.
Sentiva di potercela fare.




Dopo un’oretta buona, Louis le aveva spiegato in maniera semplice come funzionavano recentemente le cose a scuola, cioè come sempre, quasi. Le aveva detto che ora Christine e Bonnie erano due delle sue migliori amiche, ma che non erano passate a trovarla a causa di sua madre che continuava a strillare ai quattro venti che avvicinarsi a lei era pericoloso. Ma lui l’aveva fatto lo stesso perché, come suo solito, non ascoltava mai la gente. Le aveva chiesto espressamente perché non avesse ripreso ad andare in accademia, e in effetti, lei non aveva alcuna risposta da dargli. Perché non l’aveva fatto? Adorava quel posto. Doveva riprendere pienamente in mano la sua vita se voleva ricominciare, anche se era sicura che sua madre Marylin sarebbe stata sempre in agguato per impedirle di fare ciò che voleva. Come quel giorno in cui l’aveva portata al S. George University. Le venne un brivido solo a ricordarlo. Poi Louis le raccontò della maggior parte delle cose che avevano fatto insieme e Alex si stupì. Ne aveva passate davvero tante con quel tizio. Per non parlare del modo strano in cui si intendevano.
Lei non sapeva di essere così idiota, di essere capace di fare battute così squallide e allo stesso tempo divertirsi come una pazza.
Non sapeva di essere capace di ridere così rumorosamente.
Ma poi arrivò la parte imbarazzante.
<< Cosa, stai scherzando!? Abbiamo dormito insieme?? >>, strillò isterica.
Louis le tappo la bocca con una mano, gesticolando come una donna mestruata e indicando la porta.
<< Ma sei scema, i tuoi non lo sanno! >>, inveì a bassa voce.
Alex lo guardò ancora più sconvolta, alzando un sopracciglio.
<< Che diavolo vuol dire questo? >>, si insospettì scettica.
Lui alzò gli occhi al cielo.
<< Ma non quello, brutta perversa, abbiamo dormito e basta. I tuoi genitori erano in America da tua zia e io ti ho fatto compagnia, tutto qui >>, le spiegò perentorio.
<< Aaahh >>, ululò lei, sospirando di sollievo.
Poi le venne un lampo di genio.
<< Ehy, Louis, hai nulla da dirmi sulla mia vita sentimentale? >>, chiese maliziosa, cadendo seduta sul tappeto ai piedi del letto e invitando il ragazzo a fare lo stesso.
Lo vide tentennare un po’ e guardarsi intorno.
Cos’è, ha qualcosa da nascondermi al riguardo?
Ma prima che Louis potesse soltanto aprir bocca, lei lo precedette con un’altra domanda, dimenticando completamente quella precedente.
<< Ah, si. Ora che mi viene in mente, devo chiederti una cosa! >>, esclamò alzandosi all’improvviso dal tappeto e avvicinandosi alla sua scrivania. Afferrò il cellulare che era riuscita bellamente a rubare a sua madre e si risedette.
Digitò qualche tasto e cercò nervosamente fra i contatti.
<< Chi è questo tizio? >>, domandò porgendo a Louis il cellulare e indicandogli un nome.
Lui spalancò gli occhi quasi impercettibilmente e boccheggiò appena.
<< Sempre se sia un tizio o una tizia. Voglio dire, che razza di nome sarebbe quello? >>, continuò a blaterare lei, incurante.
<< Chi? >>, improvvisò lui, fingendo di non capire.
<< Ma come chi!? Quel tipo lì, Tarzan! >>, sbottò avvicinandosi e appoggiando un dito sul display.
Louis deglutì.
<< Non credo sia il caso di... >>
<< Bene, ora basta! >>, intervenì una voce stridula spalancando la porta.
La madre di Alex aveva appena fatto irruzione nella sua stanza e ora fissava Louis con uno sguardo omicida.
<< Nessuno ti ha mai detto che si bussa? >>, si lamentò la ragazza.
Marylin la ignorò.
<< Giovanotto, è tutto il pomeriggio che sei qui >>
<< Veramente sono appena tre ore >>, si intromise Alex alzando gli occhi al cielo.
Sua madre le lanciò un’occhiata e continuò.
<< Non credi che sia arrivata ora di andare via?? Mia figlia ha bisogno di riposare, credo tu le abbia dato fastidio abbastanza! >>, lo sgridò con modi altezzosi.
<< Lui non mi da fastidio! >>, sbottò la ragazza.
<< Alex, credo che tua madre abbia ragione. Dovrei andare >>, le disse Louis provando ad apparire ragionevole.
<< No, mia madre non ha mai ragione! >>, lo contraddì la riccia infastidita.
<< Avremo tutto il tempo di parlare anche a scuola >>, aggiunse Louis alzandosi dal tappeto e ripulendosi i pantaloni dai pelucchi appiccicosi.
<< Hai sentito il tuo amico? >>, si intromise ancora Marylin.
<< Mamma, per favore, ho capito. Puoi almeno lasciare che lo saluti come si deve? >>, domandò irritata.
Alché sua madre la fulminò con lo sguardo ed uscì dalla stanza borbottando.
Alex sbuffò appoggiando le braccia sui fianchi e guardando ovunque tranne che verso Louis.
Non le andava a genio il fatto che lui avesse dato ragione a sua madre.
Il ragazzo sorrise strafottente e le si avvicinò occupandole prepotentemente la visuale.
<< Non sei credibile quando fai finta di essere offesa >>, la prese in giro.
Detto ciò, lei si sciolse in un sorriso e gliela diede vinta.
<< Va bene, dai. Ci si vede a scuola >>
Si salutarono battendo il pugno e si sorrisero.
<< Devo accompagnarti alla porta? La sai la strada, no? >>, domandò Alex corrucciando il naso.
<< Scherzi? Hai idea di quante volte io sia venuto in questa casa?? >>, ironizzò Louis mentre attraversava l'uscio.
Lei ridacchiò e si affacciò alla porta per osservarlo scendere le scale zompettando in maniera ridicola, poi gli fece un cenno con la mano mentre lui apriva il portone.
<< Buonasera signora Anderson! >>, gridò educatamente il ragazzo, salutando Marylin.
<< Si, si, buonanotte! >>, ribatté sua madre dalla cucina, scocciata.
Il portone si richiuse.
Alex alzò gli occhi al cielo e scosse la testa rintanandosi nuovamente nella sua stanza.
A volte si domandava come avesse fatto uno come suo padre a sposare quella donna.










Shalalalaaaa
Com'è carino Louis con i mocassini, gli occhioni, i pantaloni alla Fantozzi e tutto gentile? *-*
Deihihohoh.
Mi piacciono troppo sti due! Quasi quasi cambio la trama della storia e li faccio mettere insieme. ahahahah
"Alouis"  *o*
Scherzo. ù.ù
E il nostro misterioso Tarzan viene ancora fuori!
Chissà chi è. LoL
Mentre la mamma ha vinto il premio nobel per la scassa maroni più al top dell'anno.
Comunque volevo ringraziare tutte voi, perchè nonostante tutto continuate a seguire le mie fanfiction, a sostenermi e a lasciarmi recensioni degne di un Oscar. u.u
Vi adoro, grazie.
Ancora una volta, per chi non ha letto le altre FF, può tranquillamente farsi un giro nel mio account ed esplorare. xD
Per tutto il resto...C'E' MASTERCARD. LOL
Ok, no, per qualsiasi dubbio o domanda, io ci sono!
Then: Avete saputo dei ragazzi e l'1 Novembre?
Chi ci va?
Io penso di farlo. Sono maggiorenne e tutto, e anche se vivo in Puglia non me ne frega assolutamente.
Mi sono scassata la minchia di rimanere in questa città sfigata del cazzo, voglio vederli! *momento rebel*
Ora vi lascio qualche immagine e poi mi dissolvo nell'aria. :3





Ecco a voi Alex in tutta la sua figaggine EmmaWotsiana(?)



Siete ancora vive dopo questa?
Bene, allora venite a rianimare me. xD



PS: Ci si vede domani con il seguito di " Gli opposti si assalgono". Non mancate! U.U
Give me five!
Bye! :D

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Capitolo 4
*** And who the fuck is him? ***






Some nights, I wish that my lips could build a castle
Some nights, I wish they’d just fall off
( Some nights  - Fun )

 





Capitolo 3 - And who the fuck is him? 







<< Oh, Alex. Non riesco a sopportare il fatto che tu non ricordi di quella volta in cui andammo al grande magazzino >>, piagnucolò Christine abbracciandola.
<< La volta in cui l’amore della mia vita ci rivolse la parola per chiederci della gita scolastica >>, aggiunse ancora facendo finta di piangere.
Alex era arrivata scuola da ben cinque minuti e già cominciava ad agitarsi. Ogni singolo studente che le passava davanti girava la testa quasi a trecentosessanta gradi per guardarla da capo a piedi.
Ripeto, non sono andata in missione di pace in Iraq, ero soltanto in ospedale!
Le sue amiche, che a detta di Louis, dovevano essere le sue migliori amiche, le erano saltate praticamente addosso scusandosi per non essere venute a trovarla a casa. Ma il fatto era che sua madre aveva praticamente bestemmiato dietro a chiunque provasse ad avvicinarsi a lei o a telefonarle, ecco perché avevano preferito stare alla larga da casa sua. Chi non l’avrebbe fatto?
<< Ovviamente le dispiace anche del fatto che tu non ricordi quanto bene ci vogliamo >>, aggiunse scocciata Bonnie, guardando Christine con disapprovazione. Christine, da quello che ricordava Alex, era la solita emotiva, spontanea, sbadata, maldestra, simpatica e vivace ragazza del liceo. Ma era anche unica nel suo modo di essere famigliare. Capelli di un castano quasi biondo e occhi scurissimi, bassina ma slanciata.
Bonnie, invece, era scontrosa, permalosa, scettica, sfacciata, lunatica e sarcastica. E a volte era anche divertente.
Detta così poteva sembrare una tipa insopportabile, ma in realtà era l’amica più leale che potesse mai avere, manteneva sempre la sua parola.
I suoi capelli erano neri come la pece, fantastici a parere di Alex, ma i suoi occhi azzurro ghiaccio mettevano il tutto in un contrasto perfetto.
La riccia si lasciò sfuggire un sorriso.
<< L’amore della tua vita? >>, domandò poi, osservando Christine.
Lei spalancò gli occhi.
<< Oh, mio Dio. Non si ricorda nemmeno come si chiama! >>, strillò lanciando uno sguardo SOS a Bonnie.
Quest’ultima, di tutta risposta, alzò gli occhi al cielo. << Mi pare ovvio >>
<< Comunque si chiana Niall >>, continuò ignorando la bruna.
<< Horan >>, aggiunse.
<< Horan? >>, ripeté Alex. << No, non mi dice niente >>, rifletté.
D’un tratto Christine rimase con la bocca paralizzata a mezz’aria mentre guardava un punto imprecisato dietro alle spalle dell'amica.
<< Ehy, si parla di me? >>
Una voce abbastanza dolce e simpatica richiamò l’attenzione delle tre ragazze. Alex si voltò.
<< N-Niall >>, balbettò Christine sotto un attacco di paralisi acuta.
La rossa, se così la si poteva chiamare, ovvero Alex, decise di salvare la situazione. Christine era troppo occupata a tentare di incanalare l’aria nel tubo giusto delle gola per non morire soffocata, mentre Bonnie se ne sbatteva altamente osservando con occhio critico i vestiti del ragazzo.
<< Non credo, non ho la più pallida idea di chi tu sia >>, si affrettò a dire.
Lui rise buttando uno sguardo alle sue spalle e osservando le due ragazze.
<< Ah, già, la tua amnesia. Spero che ti riprenderai presto, Anderson >>, le augurò prima di dileguarsi insieme ai suoi amici.
<< Ma io mi sono già ripresa! >>, rispose gridando, piccata, quando ormai lui non poteva più sentirla.
Ma evidentemente nessuno si rendeva conto del fatto che lei non fosse in un letto d’ospedale con una pompa d’ossigeno attaccata alla gola.
D’un tratto sentì Bonnie fare una smorfia guardando il fondo del corridoio.
Alex si voltò velocemente e notò un ragazzo castano dagli occhi azzurri che si avvicinava a passo lento.
Louis.
<< Perché quella faccia, è il mio migliore amico >>, tentò di spiegare alla bruna.
Credeva che i suoi amici si amassero alla follia anche fra di loro, ma la faccia di Bonnie diceva tutt'altro.
<< Cosa!? Ti ricordi di lui e non di noi!? >>, sbottò Christine indignata.
<< No... >>, tentò di ribattere ma fu interrotta.
<< Se ti ricordassi qualcosa, ora sapresti perché non lo sopporto >>.
Fece per rispondere alla bruna ma qualcuno le lasciò un bacio sulla guancia salutandola all'improvviso.
<< Ciao >>, salutò Louis rivolto a lei.
Si sporse di poco e sorridente fece un cenno con la mano a Christine che ricambiò il sorriso.
Poi la sua espressione del volto cambiò repentinamente.
<< Stewart >>, accennò brevemente, riferito a Bonnie.
<< Tomlinson >>, rispose lei sputando il suo cognome come fosse la parola più orrenda di questo mondo.
Poi il ragazzo tornò a concentrarsi su di lei.
<< Allora, come va il tuo primo giorno di scuola? >>
In teoria si, era il suo primo giorno di scuola all’ultimo anno.
<< Bene, per ora. Loro due mi stanno aiutando molto >>, rispose facendo un segno con il pollice in direzione delle sue amiche che avevano preso a parlottare animatamente.
Vide il sorriso del castano spegnersi non appena si soffermò a squadrare la sua amica Bonnie.
Ma che diavolo era successo fra quei due??
La voglia di ricordare non le aveva mai premuto così tanto contro il cervello. La curiosità la stava uccidendo.
<< Fantastico, spero che... >>, una strana ragazza dai capelli rossi tinti gli saltò addosso senza permettergli di finire la frase.
<< Louis! >>, esclamò baciandolo sulla guancia con uno schiocco.
Alex rimase apparentemente sconvolta.
<< Mi sei mancato tanto, perché domenica non eri con noi?? >>, domandò civettuola senza staccare le braccia dal suo collo.
E questa gallina chi è?
<< Posso vomitare? >>.
Alex percepì il commento della bruna alle sue spalle, che non si era per niente preoccupata di abbassare la voce. Per poco non scoppiò a ridere.
<< Lorain, stavo parlando >>, le riferì Louis tentando di non apparire scortese.
<< Beh, ma anch’io sto parlando adesso! >>, si lamentò.
Il ragazzo lanciò uno sguardo di scuse ad Alex e la salutò dicendole che si sarebbero visti più tardi.
La riccia annuì, e si rigirò con un sorriso che lasciava chiaramente intendere quante volte si fosse morsa le guance dall’interno per non ridere.
La campanella suonò e lei e le sue due amiche iniziarono ad avviarsi in classe.
<< Ma chi è quella? >>, domandò curiosa.
<< Quella gatta morta? >>, le fece eco Bonnie, << Niente, è solo una che gli sbava dietro >>, si lamentò.
<< E oltre a sbavare lecca anche la merda dalle sue scarpe mentre cammina >>, aggiunse Christine disgustata.
Alex scoppiò finalmente a ridere dopo essersi trattenuta per secoli.
<< Gelose? >>
La biondina sorrise un po’. << Io no, ma lei si >>, rispose indicando Bonnie.
<< Che!? >>, protestò lei.
La riccia continuò a sorridere vedendole battibeccare.
Nonostante non ricordasse nulla, le sembrava di averle lasciate soltanto il giorno prima, si sentiva talmente a suo agio con loro.
Quando arrivarono finalmente all’ingresso dell’aula, prima che la rossa potesse attraversare la porta della classe, buttò uno sguardo al corridoio lì vicino, tanto per essere masochista e capire se davvero non ricordava una mazza di quella scuola.
Ma a qualche metro da lei notò un ragazzo.
Era poggiato agli armadietti gialli, le braccia incrociate al petto, si manteneva in equilibrio con la gamba sinistra poggiando la destra su essa. L’aria da figo. Non che non potesse permetterselo visto gli occhi verdi che si ritrovava. Si notavano da quella distanza, persino.
Ma che razza di capelli ha? Perché non se li taglia?, pensò osservando la montagna informe di ricci che gli ricadeva sul volto.
Non che i miei facciano meno schifo, ovviamente.
Si fissarono per qualche secondo mentre Alex entrava in classe e scompariva dalla sua visuale.
Quel tipo aveva un’aria familiare.




Quando salutò finalmente Louis e le ragazze, le loro domande le rimbombarono doloranti della mente.
“ Perché non torni all’accademia?”
“ Hai smesso di ballare”
“E’ per tua madre?”
“Perché non vieni con noi, oggi?”
Già.
Perché non era ancora tornata in accademia?
Voleva tornarci. Eppure aveva il presentimento che sua madre avrebbe trovato un’altra delle sue scuse.
Non le era mai piaciuto che lei frequentasse quel posto. Mai.
D’un tratto avvistò l’auto di sua madre che l’aspettava dall’altra parte della strada. Oggi sarebbero dovute andare a fare una visita importante, le aveva detto. Era necessaria a causa della sua perdita di memoria. Non che Alex avesse tutta questa gran voglia di accontentare Marylin, ovviamente, solo che si era lasciata convincere perché sua madre aveva tirato in ballo la storia dell’amnesia e tutto il resto.
Tipico. E dato che Alex aveva voglia di ricordare e di riprendere in mano la sua vita, aveva deciso di accontentarla.
Appena entrò nella macchina, sua madre la salutò con un freddo “Buongiorno”. Diamine, le sembrava di parlare con un’estranea.
<< Oggi ho detto a quel ragazzo che faceva da babysitter a Martin che può riprendere il suo lavoro. Sai, non volevo estranei in casa durante la tua convalescenza... >>
Ancora!? Ma la gente proprio non capisce!
<<...e Martin rimarrà di nuovo solo in casa visto che stai riprendendo le tue abitudini >>, continuò spiegando un discorso a cui sua figlia non stava minimamente prestando attenzione, dicendosi per l’ennesima volta che suo fratello piccolo aveva un babysitter fisso a tempo pieno e lei non ne sapeva nulla. Segnò mentalmente quell’appunto per ritornare a fissare le persone che camminavano tranquille sui marciapiedi.
<< Dove stiamo andando? >>, si sentì chiedere dopo minuti di silenzio. Credeva di avere almeno il diritto di sapere dove cavolo la stesse trascinando, visto che Marylin le aveva praticamente rubato tutto il pomeriggio a disposizione.
Proprio oggi che voleva approfittare del fatto di essere tornata a scuola per riallacciare i contatti con i suoi amici.
<< A trovare un’amica >>
Perfetto. Amica che sicuramente era solo sua e che lei si sarebbe dovuta sorbire senza fare storie.
Quanto odiava le visite di cortesia, erano noiose, stupide, insignificanti, e di cortese non avevano proprio niente.
Alex sbuffò fissandosi le scarpe. Se avesse potuto, avrebbe spalancato il finestrino e sarebbe uscita fuori da quell’auto saltando mentre era in corsa.
<< Eccoci arrivate >>, la avvisò sua madre mentre parcheggiava.
No, guarda, pensavo che stessi parcheggiando per diminuire l’inquinamento.
Alzò gli occhi al cielo e scese.
Doveva ammettere che per essere Dicembre faceva piuttosto freddo.
I giubbotti, come sempre, non bastavano affatto a dividere la pelle calda del gelo dell’aria londinese.
Lei e Marylin si avvicinarono ad una bellissima villa di periferia con tanto di giardino enorme che a momenti sembrava un parco naturale e piani rialzati, ne aveva circa tre.
Cribbio, è più grande della reggia di Versailles.
<< Dai vieni >>, la incoraggiò sua madre con un sorriso che annunciava guai in vista.
Quasi come se qualcuno avesse letto nel pensiero di entrambe, la porta di ingresso si spalancò senza dare loro nemmeno il tempo di suonare il campanello. Un uomo dalla faccia buffa e i vestiti da pinguino le squadrò dall’alto in basso e gli fece cenno di entrare.
Saluto Marylin con un sorriso e a lei rivolse soltanto una smorfia contrariata.
Che c’è!? Ma che vogliono le persone dalla mia esistenza!
Senza pensare che probabilmente era per qualcosa fatto in precedenza se la guarda così, in quel periodo della sua vita che doveva ancora afferrare fra le mani.
Dall’interno l’edificio sembrava ancora più enorme, maledizione.
Pareva di essere in uno di quei saloni che fanno vedere nel film di Titanic. Con l’unica differenze che quella era una fottuta nave da crociera apocalittica, mentre quella sarebbe dovuta essere una semplice casa, e non il castello ottocentesco di Dracula.
<< Hai visto che bella? >>, le chiese sua madre con un sorriso a trentadue denti.
Alex fece una smorfia schifata.
Ovvio, se l’aspettava che a quella sclerotica di sua madre piacesse tutto quello sfarzo. Secondo lei invece stava soltanto a rappresentare qualcuno che si credeva immensamente superiore, che era snob, perfettino, insopportabile e tutti quegli aggettivi orrendi che si danno ad una persona con la puzza sotto il naso.
Poi entrambe si voltarono e notarono una signora con un bellissimo cardigan nero vellutato che scendeva le scale dai piani superiori.
Aveva circa tre collare in oro appese al collo e la rossa cominciò a domandarsi quanti esercizi fisici avesse dovuto fare per imparare a reggere la testa dritta con tutti quegli affari spaventosi appesi addosso. Un bracciale in argento e oro le scendeva elegantemente sul polso mente il suo viso perfettamente truccato in modo da non sembrare esagerato, sorrideva.
La ragazza sbarrò gli occhi, incredula.
Ma con che razza di persone aveva a che fare Marylin?
<< Buongiorno, mie care >>, disse la suddetta signora, dai capelli biondi vivamente tinti e corti, aprendo le braccia.
Mie care?
<< Oh, Marylin avresti dovuto avvisarmi che saresti passata, mi sarei resa presentabile >>, la ammonì.
Alex per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Sta scherzando?
<< Mio figlio dovrebbe scendere fra qualche minuto. Andiamo in salotto nel frattempo >>, disse sorridendo ad entrambe.
Nel salotto? E questo cosa diamine è, una mostra archeologica??
La donna entrò in una stanza aprendo una porta in legno abbastanza pesante e fece strada.
Il suddetto salotto incuteva ancora più timore della sala d’ingresso.
La bocca di Alex per poco non cadde frantumata sul pavimento quando vide il tavolo piazzato al centro a mo di tavola rotonda.
Quadri ovunque, candele, bordi dorati, statue, pareti dipinte.
Sembrava di essere nel 1200.
<< Occristo >>, si lasciò sfuggire.
<< Come, cara? >>, le chiese la donna.
<< No, niente >>, si corresse subito.
Si sedettero al gigantesco tavolo e le due donne presero a parlottare fra loro mentre lei continuava a vagare con la mente, disgustata.
Certo, era carino come posto, ma esagerato. Se avesse provato a vivere soltanto per un mese in una casa simile, giurò che si sarebbe alzata la notte urlando per la paura. Seriamente, sembrava di essere in uno di quei film su Enrico VIII.
Inquietante.
<< E tu, Alexandra >>, richiamò improvvisamente la sua attenzione la donna.
<< Come ti senti? Ho saputo del terribile incidente che hai dovuto affrontare, spero che tu ti sia ripresa al meglio. Sono contenta che siate venute, Liam sarà felicissimo di starti vicino e aiutarti >>
La ragazza aprì la bocca e la richiuse.
Liam?
E chi minchia è?
<< Io... >>, tentò.
<< Buongiorno >>, la interruppe una voce.
Tutte e tre si voltarono e videro un ragazzo entrare nella sala, vestito come se dovesse fare un album fotografico per una rivista.
<< Oh, Liam! >>, esclamò Marylin alzandosi in piedi e andando a salutarlo calorosamente.
Anche la donna che, da quello che Alex aveva potuto capire, si chiamare Kate, sorrise amabile al figlio.
Possibile che solo io non ho la più pallida idea di chi questo individuo sia?
Ad un certo punto sua madre si voltò verso di lei assumendo nuovamente quella sua solita aria da vipera insidiosa e le ordinò di alzarsi e salutare il tizio anonimo. Ah, no, si chiamava Liam. Beh, dettagli.
Alex si alzò educatamente e si avvicinò.
Doveva però ammettere che era davvero un gran bel ragazzo. Lineamenti rilassati e morbidi, occhi marroni, capelli castani, labbra perfette come il suo sorriso, fra l’altro, alto, bel fisico muscoloso che si notava perfettamente da sotto la camicia bianca.
<< Ciao >>, lo salutò un po’ imbarazzata.
In confronto si sentiva Heidi nel paese delle meraviglie che sorride ai monti e parla con le capre.
No, aspetta, non era Alice?
Vabbè, si drogavano entrambe.
<< Ciao >>, ricambiò lui piegandosi su di lei e baciandole le guance.
Si sentì avvampare.
Merda, perché quel giorno non era tornata a casa a farsi la piastra e a mettersi qualche vestitino carino?
Ora era lì, con un briciolo di trucco sbavato sulla faccia, i capelli arruffati, le lentiggini spiaccicate sul naso e le converse  sporche di terra.
Perfetto.
<< Lui è Liam, tesoro >>, la informò sua madre.
Questo l’avevo capito.
<< Vuoi qualcosa da bere? >>, le domandò la signora Kate quando sia lei che il ragazzo si sedettero.
Non fece in tempo a rispondere che un signore sbucato dal nulla, parente del pinguino che precedentemente le aveva aperto la porta, le versò del succo d’arancia in un bicchiere.
Ma in quella casa si vestivano tutti uguali?
Alex sorrise riconoscente e iniziò a sorseggiare il suo succo.
<< Tesoro >>, iniziò Kate rivolgendosi a lei, gentile << So che soffri di amnesia e so anche quanto tua madre voglia che tu ti riprenda del tutto, perciò penso sia arrivato il momento di aggiungere un altro tassello al tuo puzzle appena cominciato >>, annunciò molto filosoficamente la donna.
Eh, il puzzle?
Che cazzo ha detto!?

Alex si nascose col visto dietro al bicchiere, non sapendo bene come reagire ad un discorso simile.
Non aveva nemmeno capito se Kate avesse finito, se lei dovesse dire qualcosa in risposta o semplicemente annuire.
<< Perciò vorremmo che ricordassi che tu e Liam siete fidanzati >>, concluse.
Alex strabuzzò gli occhi sentendo la sua trachea stringersi all’improvviso come una cannuccia. Non riusciva a respirare.
Il succo le andò di traverso. Credette di morire in quell’istante, altro che amnesia.
Iniziò a tossire come un’assatanata.
Il ragazzo, accorgendosi della sua reazione, faticò a trattenere una risata e si alzò di scatto iniziando a colpirla dietro la schiena.
<< Così mi ammazzi, cretino, non mi salvi mica la vita! >>, tossicchiò mentre riprendeva il suo normale battito cardiaco.
Le due donne la guardarono sconvolte per qualche secondo, come se avesse appena parlato in arabo. E, francamente, sarebbe stato meglio.
<< Volevo dire, grazie >>, si corresse subito posando con un gesto nervoso il bicchiere sul tavolo e torturandosi le mani.
Voleva sotterrarsi.
Comunque, aveva sentito bene??
No, sicuramente avevano detto qualcosa che assomigliava a...quello che avevano detto.
Tipo, tu e Liam siete sfaldati, siete disperati, vi siete incontrati, vi siete separati, pestati, tagliati, scannati, infilzati.
Ma ora che ci pensava, tutte quelle parole non avevano molto senso.
Ma non poteva essere, cazzo.
Lei aveva un ragazzo? Quel ragazzo, poi? E non ricordava assolutamente un’emerita minchia!
Non si riconosceva più. Da quando era uscita dall'ospedale, la sua vita non le sembrava più sua.
Lei frequentava tipi del genere? Le persone così ricche le avevano sempre fatto ribrezzo, e ora? C’era qualcosa che non andava.
Buttò uno sguardo al ragazzo e notò che lui la stava fissando. Si voltò immediatamente.
Che imbarazzo.
Dannazione, voleva parlare con lui. Voleva sapere.
Sua madre non poteva portarla all’improvviso nel castello di re Artù e poi raccontarle che era fidanzata con il principe azzurro. Era assurdo.
<< Ehm... >>, cominciò schiarendosi la voce e interrompendo le due donne che blateravano in silenzio fra di loro.
<< Potrei parlare con lui? >>, chiese indicando Liam, senza avere neanche il coraggio di guardarlo.
<< Beh, certo >>, gli rispose Kate, contenta, come se le avesse appena chiesto di sposare suo figlio.
Ma notò che entrambe, sia sua madre che la donna, erano rimaste al loro posto, ad aspettare che cominciasse a dire qualcosa.
Ah, già. Avevo dimenticato che qui siamo nel 1800 e che non capiscono cosa vuol dire “parlare con qualcuno”.
<< Io, volevo dire in privato >>, aggiunse fissandole, sperando che non le saltassero addosso per quello che aveva detto perché lo ritenevano oltraggioso.
La signora sembrò riprendersi dopo qualche minuto.
<< Si, potete andare in giardino o nella sua stanza, Liam scegli tu >>, riferì al figlio mentre indicava il parco naturale aldilà della finestra.
Alex lo osservò incerta, ma poi decise di alzarsi quando sentì il rumore della sedia di Liam.
Lui le fece strada fino ad una porta situata infondo ad un corridoio, collegato alla sala d’ingresso precedente. Sembrarono volerci secoli per raggiungere quel maledetto giardino. Alla fine lui aveva deciso di andare lì.
Faceva un po’ freddo ma Alex adorava l’aria pulita.
Uscirono fuori avvolti dalla penombra degli alberi. Il sole era quasi invisibile in cielo, per cui era come se ovunque guardassero fosse sera.
Liam, che era uscito tranquillamente all’aria aperta senza indossare nemmeno una giacca, si voltò verso di lei e accennò un sorriso.
Alex provò a ricambiare, sperando di non sembrare una cretina con un cespuglio anomalo sulla testa.
Perfetto, e ora che gli dico?








Trololool. 
Colpo di scena, gente!
Vi piace la casetta in stile Dracula? :3
E chi se l'aspettava che Liam fosse il riccone di turno? :D
Muahahahah, ma non è finita qui.
Non lasciatevi ingannare dalle apparenze. ù.ù
Cmq, vorrei scusarmi se i capitoli sembrano corti, ma il fatto è che ho bisogno di sviluppare gli avvenimenti un po' alla volta.
Altrimenti succede un casino. >.<
Ora, vi ringrazio tanto tanto tanto.
Questa storia è ancora al terzo capitolo e ha già 11 preferite e 30 seguite.
Ma io vi amo.
In ogni caso, grazie a questa ff, mi sono leggermente ripresa dal trauma dell'altra e dalla sua fine. ç.ç
Spero solo di non deludervi con quest'altra storia. u.u
Ah, si, è vi avviso che da oggi in poi pubblicherò sempre ogni sabato.
Solo, sabato prossimo non ci sono, quindi non si può.
Non ammazzatemi, vengo in pace. :3
Deheh, ora vado via, e non inseguitemi con i forconi. o.O





Ecco a voi quel figo di Horan che francamente non fa svalvolare sono Christine, ma anche me. T.T



Ed Hazza, che in questo capitolo c'è e come. Chissà se qualcuno lo ha capito.
Ma penso che lo capirebbero anche le capre. (ultimamente sto in fissa con la capre D:)
Quanto cazzo è figa sta foto!





E infine, Daddy vi saluta. è.é

Sciao, bele. :D




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Capitolo 5
*** Green eyes ***






The green eyes, 
you're the one that I wanted to find. 
(Green eyes - Coldplay)

 





Capitolo 4 - Green eyes







<< Ascoltami >>, cominciò Alex sospirando e chiudendo gli occhi, quasi come se stesse per fare uno sforzo disumano.
<< Nella mia mente io ho ancora sedici anni, e questa cosa mi ha scioccata. Andiamo, io che ho un ragazzo? Ma che scherzo è?? Io...io >>
Il ragazzo alzò una mano verso il cielo, come se si trovasse a scuola, e lei, guardandolo con una smorfia terrorizzata gli fece cenno di parlare.
<< Alex, tu non sei la mia ragazza >>, le spiegò sorridendo e facendo sembrare quelle, le parole più belle del mondo.
Qualcosa diceva ad Alex che quel ragazzo era stato contagiato dalla falsità di sua madre. Peccato, era un gran bel pezzo di figo.
<< Senti, a che gioco stiamo giocando? M state prendendo per il culo? Io non ricordo niente, lo capite? Non potete prendervi gioco di me in questo modo! >>, sbottò alzando un po’ la voce.
Liam trattenne a stento una risata prima di faticare per tornare serio e risponderle.
Ma cosa c’è di così divertente!?
<< No, è che sono stati i nostri genitori a deciderlo >>, disse ancora, rivolgendosi ad un albero  quasi spoglio lì davanti.
La rossa per poco non ebbe un attacco cardiaco.
I loro genitori?
I loro genitori.
I loro...
Che cosa!?
Ma che siamo nel medioevo!?
D’istinto lei scoppiò a ridere.
<< Bella questa, non sapevo fossi così divertente >>, se ne uscì dandogli una pacca sulla spalla e smettendo di ridere improvvisamente quando lui si voltò a guardare con sguardo schifato la parte in cui l’aveva appena colpito.
Bleah, ma che razza di persona è? Sembrava così buono e gentile.
<< Non sto scherzando. Mia madre vuole che io ti sposi soltanto perchè hai un patrimonio di non so quanti quintali di sterline sotto il culo, grazie a tuo padre, e perchè pensa che tu sia di buona famiglia >>, sputò fuori quasi con disprezzo.
<< Ma non ha capito che sei una poveraccia che non apprezza i valori, anche maleducata fra l’altro >>, aggiunse con una certa aria da saccente.
La bocca di Alex per poco non si staccò dalla mascella per raggiungere l'erba del prato.
<< Scusami!? >>, domandò riuscendo a stento a trattenersi.
Tra un po’ lo avrebbe preso a pugni.
<< Che c’è, hai anche problemi di udito? Queste mi è nuova. Pensavo che avendo perso la memoria saresti diventata almeno più intelligente >>, ribatté credendo di essere simpatico.
Ma vuole morire, questo stronzo oggi??
<< Senti, tu, razza di cretino pompato e con la puzza sotto il naso, i veri valori sono altri e non quello schifo di tavola rotonda in mezzo al salotto di casa tua nel quale vedo soltano uno spreco di alberi abbattuti. Non mi serve essere fidanzata con un decerebrato come te. Perché sei disgustoso e onestamente mi fai anche un po’ schifo >>, lo offese vendicandosi spudoratamente.
Liam spalancò gli occhi e aprì la bocca, ma la richiuse subito dopo senza dire nulla.
<< Di a quella stronza di mia madre che me ne vado >> avvisò la ragazza girando i tacchi in quell’immenso giardino, cercando l’uscita.
Era indignata e nauseata, era orribile.
Ed era ancora più orribile che avesse provato tutto quello sdegno in meno di trenta secondi, doveva andarsene subito.
<< Ma le nostre madri... >>, cominciò lui.
<< Non me ne frega niente di quello che vogliono le nostre madri. Io vivrò la mia vita senza che nessuno mi dia ordini, comprendi? >>, gli riferì fissandolo come fosse un ritardato.
Lo vide portarsi una mano sulla testa per massaggiarsi i capelli folti.
<< Quella botta in testa non ti ha fatto cambiare molto >>, constatò Liam dispiaciuto.
Lei non lo badò e continuò ad allontanarsi cercando una maledetta uscita.
Dannazione, sembrava di essere in una foresta equatoriale lì dentro, una fottuta foresta, maledizione.
<< Non sai dov’è l’uscita >>
<< Beh, allora dimmi dov’è! >>, sbottò irritata Alex voltandosi nuovamente a guardarlo.
<< Potremmo almeno provare ad uscire insieme, no? Faremmo un favore ad entrambi >>, se ne uscì Liam improvvisamente, facendo uno strano calcolo uscito male, sicuramente.
La ragazza si voltò a guardarlo schifata.
<< Io? Con te? Neanche se mi puntano un bazooka alla tempia! >>
<< Non essere così drammatica! >>, esclamò lui indicandole un grandissimo cancello dorato vicino al quale c’era un altro pinguino vestito di tutto punto a controllare chi entrava o usciva.
Bhe, per lo meno le aveva detto come uscire.
<< Sparisci >>, lo salutò la riccia ancora scioccata per gli eventi di quel pomeriggio.
Era assurdo.
Quell' individuo due secondi prima sembrava un angelo, bellissimo, il suo ragazzo. E pensare che stava anche provando ad abituarsi all'idea, anche se l’avrebbe accettato con un po’ di riluttanza, non le era mai piaciuto sentirsi legata. 
Ma cavolo, era un figo pauroso.
Ora invece scopriva che sua madre le aveva come al solito organizzato la vita e che quel Liam era un maleducato con una puzza sotto il naso percepibile fino all’Everest.
<< Ci vediamo! >>, la salutò lui alzando un braccio.
Alex fece una smorfia e se ne andò definitivamente.
Spero di no.
Casa sua era un po’ lontana da quel quartiere, ma pian piano ci sarebbe arrivata.
Sempre meglio che rimanere in quella casa terrificante.
Dopo poco, come volevasi dimostrare, la lunghezza della strada non la infastidiva affatto.
Probabilmente era abituata a fare lunghe passeggiate, notò.
Ovviamente non poteva saperlo perché il suo stramaledetto cervello era deceduto due anni fa.
Circa mezz’ora dopo, quando Alex era ormai nelle vicinanze di casa sua, sentì il cellulare squillare. Lo afferrò sperando che fosse una delle sue nuove amiche o Louis, ma fece una smorfia quando vi lesse “ Strega”, sopra.
Noto con piacere che il suo nome nella rubrica non è cambiato nemmeno dopo tre anni.
<< Mamma, che vuoi? >>, rispose infastidita.
<< Dove diavolo sei!? Ti sembra il caso di abbandonare quel povero ragazzo da solo, in quel modo!? Ma quante cose devo ancora insegnarti Alexandra! Sei una maleducata! >>
Però, ce ne hai messo di tempo per accorgerti che ero andata via.
Effettivamente era passata mezz’ora.
Alex entrò in casa muovendo la bocca a suon di lagna sfottendo la madre, spingendo la porta e tirandosi dietro la cartella che aveva ancora sulle spalle da quella mattina.
<< Senti, volevi startene da quella vecchia bacucca che piscia oro colato dal culo!? E allora cosa vuoi da me? Sei felice e contenta, no? Ciao! >>, sbraitò entrando in cucina.
<< Alexandra Madeleine Anderson! >>
Mhh, ed ecco che ci risiamo con le citazione dell' anagrafe!
La ragazza chiuse la chiamata all’istante lanciando un gridolino di disperazione contro il frigorifero.
Detestava quando Marylin la chiamava in quel modo.
Ma in realtà, la detestava quando la chiamava e basta.
Per inseguire quella scellerata di sua madre le era venuta una leggera fame nervosa, ma nel frigo c’erano solo schifezze vegetali e salutari perchè quell'isterica era perennemente a dieta.
Senza contare che sua madre costringeva tutta la famiglia a mangiare solo porcherie verdi, marroni e color cacca di carota.
Come se le carote cagassero. 
E a parte gli yogurt di Martin, non c'era nient'altro di commestibile.  
<< Martin, posso mangiare uno dei tuoi yogurt? >>, gridò sperando che il bambino, dal salotto, la sentisse.
Poi si accorse che insieme al suono della televisione e a alle risate di suo fratello, c’era un’altra voce che non pensava di aver mai sentito.
Ah, già. Dovrebbe essere il babysitter.
Alex si affacciò al salotto e focalizzò un bambino quasi castano e un...
Aspetta, dove ho già visto quei capelli?
All’improvviso le ritornò in mente quella scena a scuola, prima di entrare in classe.
Il tipo dai capelli strambi!
Ecco dove l’aveva visto.
Quello che le dava l'impressione di avere un’aria familiare.
<< Ciao >>, salutò entrando nella sala spaziosa con lo yogurt in mano.
Martin si alzò immediatamente e le corse incontro abbracciandola.
Alex gli voleva un bene dell’anima e il fatto stesso che avesse perso tre anni della sua vita e della sua crescita la facevano sentire inutile, assente.
Il ragazzo strambo invece si alzò lentamente dal divano senza avvicinarsi, rimase a fissarla per un po’.
Minchia se era bello. Da quella distanza il colore dei suoi occhi era esattamente uguale a quello notato a scuola. Era alto, ben piazzato, un viso veramente mozzafiato. Magari soltanto ai capelli bisognava dare una ritoccatina.
Però...
Il suo volto sembrava inespressivo, ma l’avrebbe notato chiunque quanto invece esprimesse tristezza e delusione.
Probabilmente avrà avuto una brutta giornata.
Lei provò ad avvicinarsi con un sorriso. Provare ad essere simpatici era sempre un buon inizio.
<< Ciao, io sono Alex >>, si presentò porgendogli la mano.
<< So chi sei >>, ribatté lui senza nemmeno curarsi della sua mano tesa in avanti, allontanandosi verso il tavolo.
Okay.
<< Ma io non so chi sei tu >>, ritentò la rossa sforzandosi di guardarlo meglio e ricordare.
Ovviamente era un altro dei tanti che l’aveva conosciuta in quel periodo del quale lei non ricordava assolutamente niente.
E questo ragazzo sembrava parecchio turbato dalla cosa.
Ma cosa poteva farci lei? Era colpa sua?
Si, lo era. Se era caduta dalle scale, se era finita sotto un’auto anni prima, era colpa sua.
<< Harry, ho fame! >>, si lamentò la voce squillante di Martin tirando il ragazzo per una manica della giacca.
Il cespuglioso la sorpassò senza nemmeno rivolgerle un'occhiata, dirigendosi in cucina e sorridendo a suo fratello, quasi come se lei non esistesse.
Ehy, tu, razza di gallo con la cresta ammosciata, ma chi ti credi di essere?
Aveva appena liquidato uno stupido pidocchioso pochi minuti prima, avrebbe dovuto ripetere la scena? Anche se non ne era il caso visto che se questo tizio se ne fosse andato e nessuno avrebbe più fatto da babysitter a suo fratello, sua madre l’avrebbe letteralmente disconosciuta e abbandonata in un orfanotrofio. Non che l’idea fosse peggiore dell’averla davanti dalla mattina alla sera.
<< Alex, vieni a vedere con me i fanta genitori? >>, la richiamò suo fratello risistemandosi sul divano.
Lei gli sorrise.
<< Tra un attimo, arrivo subito >>.
Gli passò di fianco scompigliandogli i capelli.
Si diresse in cucina, ricordandosi solo in quel momento di avere ancora quel dannato yoghurt  in mano.
Ma aveva altre cose da chiarire con quello lì. Non voleva che questo Harry, come l'aveva chiamato suo fratello, ce l’avesse con lei, non poteva farci niente se non ricordava, però avrebbe potuto rimediare.
Se erano stati amici lo avrebbe accettato di buon grado. Anche perché l’avrebbe aiutata a ricordare.
Il cosiddetto tizio era concentrato sul bancone della cucina ad aprire un tramezzino che stata ovviamente preparando per Martin.
Alex gli si avvicinò e ripose nuovamente lo yoghurt nel frigo, le era passata la fame.
<< Ascolta, potresti...cioè, io non ricordo niente sul tuo conto, potresti darmi una mano? >>, domandò grattandosi nervosamente la tempia.
Il ragazzo si voltò di scatto a guardarla.
I suoi occhi verde mare intenso si fiondarono nei suoi senza nemmeno darle il tempo di battere le ciglia.
La sua espressione sembrava diversa da quella di poco fà.
Per un momento lei si sentì mancare, avvertì una strana sensazione e un forte dolore alla testa.
Aiha...
Si portò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi mentre migliaia di immagini con quegli occhi e quel colore infinito le affollavano la testa.
Erba...mare...una canzone...il sole...
Le sembrava di trovarsi su una giostra.
Il dolore aumentò e per poco non si mise ad urlare.
<< Ehy, che ti succede!? >>.
Sentì una voce lontana, ma non riuscì praticamente ad aprire gli occhi per capire da chi provenisse.
Poi si sentì afferrare da due mani grandi e calde che la trascinarono sul divano.
Non si era nemmeno accorta di stare per cadere.
Seduta si sentì improvvisamente meglio e riprese pienamente il controllo di sé.
<< Come ti senti? >>.
Alex si voltò alla sua destra e sbattè le ciglia più volte.
Quello strano ragazzo era lì a fissarla, con la preoccupazione alle stelle, lo avrebbe notato chiunque.
La sua mano bollente ancora le stringeva il polso con delicatezza.
<< Ti prego, dimmi chi sei. Stavo quasi per avere un ictus al cervello per colpa tua. Ti conosco, non è vero? >>, esclamò non badando affatto alla sua domanda.
Per quel breve attimo di trans le si erano parate davanti tante immagini, troppe, confuse.
Con quello sguardo, quegli occhi, ma non ci aveva capito nulla.
<< Non ti ricordi proprio, eh? >>, domandò Harry abbassando lo sguardo, triste.
Lei scosse la testa.
<< Ma posso migliorare. Lo sto già facendo con le mie amiche, mi stanno aiutando. Potremmo ripartire da zero e poi... >>, tentò, incoraggiante.
<< E’ troppo tardi per ripartire da zero >>, rispose lui alzandosi, continuando a fissare un punto indefinito davanti a sé.
Alex fece per ribattere ma la porta d’ingresso, dal soggiorno, sbatté di colpo.
<< Alexandra! >>, ululò la voce di sua madre dall’entrata.
Lei alzò gli occhi al cielo, imprecando mentalmente.
<< Scusami >>, sussurrò a Harry prima di sorpassarlo per dirigersi da quelle strega del Guatemala.
Poi si voltò indietro un ultimo secondo.
<< Non dirle che stavo per svenire >>, sussurrò portandosi un dito vicino alla bocca e imitando una cerniera.
Poi la riccia uscì dalla cucina definitivamente e si preparò alla sgridata del secolo.
Sua madre interpretò i panni di una suocera appena scaricata ad un ospizio mentre rimproverava Alex per aver abbandonato Liam lì da solo a gonfiarsi il petto con il suo ego smisurato. Perchè, poverino, non ce la faceva a dare aria al suo culo tutto solo, aveva bisogno del sostegno morale.
Mentre strillava, Marylin aveva sbattuto un po’ di roba di qua e di là sul tavolo, come suo solito, le era uscita qualche vena dal collo ma poi si era calmata e aveva ordinato a sua figlia di andare in camera sua.
<< Grazie a Dio >>, commentò acida Alex dopo aver fissato il soffitto per tutto il tempo.
Marylin si voltò nuovamente, gli occhi infuocati.
<< Signorina, non mi piace affatto questo tono che hai! >>, cominciò a gridare nuovamente mentre la ragazza saliva le scale, ignorandola.
La rossa, arrivata al piano di sopra, si tirò dietro la porta stroncando sul nascere altre urla di sua madre che per fortuna le arrivarono decisamente attutite e confuse.
Si sedette sul letto ed osservò la sua cartella abbandonata sul pavimento. Forse era meglio cominciare a riguardarsi qualche vecchio appunto, o quell’argomento di Geografia Astronomica che aveva spiegato il professore il giorno stesso. Era già indietro per conto suo, non poteva permettersi di lasciar pascere i suoi libri e farvi crescere la muffa in mezzo. Così si alzò dal letto e aprì lentamente il suo zaino nero per poi afferrare dall'interno un libro. Appoggiò il suo cellulare sulla scrivania e sospirò.
Con quale coraggio avrebbe dovuto affrontare gli esami di maturità quell’anno? Con quale faccia? Ma soprattutto con quale preparazione?
Si voltò per sbagliò e osservò il suo riflesso nel vetro della finestra.
Erano cambiare così tante cose di lei. Ogni volta che si guardava, non si riconosceva mai.
Il suo viso era più serio, da donna, era cresciuto. Sul suo corpo, mente camminava, mentre si vestiva o faceva la doccia, aveva notato nuovi muscoli, nuove forme. Era dimagrita rispetto a ciò che ricordava. Probabilmente in quegli anni non aveva lasciato l’accademia nemmeno una volta. E a proposito, quand’è che ci sarebbe ritornata? Doveva parlarne assolutamente con sua madre. Voleva riprendere il prima possibile.
L’unica cosa di lei che era rimasta più o meno uguale a prima, era l’altezza. Alex non era mai stata un grattacielo, ma nemmeno una formichina. Sempre la via di mezzo.
Ciò che rimpiangeva era che svegliandosi quel giorno in ospedale avrebbe soltanto voluto ritrovarsi dei capelli diversi e più...capelli.
Ma purtroppo aveva ancora in testa quell’ammasso di paglia ramata che ogni tanto sembrava riccia, mentre la maggior parte della volte aveva una forma non identificata.
Le lentiggini sul viso erano aumentate, e anche il suo guardaroba era alquanto diverso. Sembrava più adulto, più determinato.
Niente più stile da ragazzina. Niente più magliettine stupide o troppo rosa.
Alex sospirò e premette per sbaglio un tasto del suo cellulare e lo sbloccò.
Un messaggio: Louis.
“ Uscirai con Christine e Bonnie, più tardi? “.
Ci pensò.
L’avrebbe fatto?
Boh. Non sapeva nemmeno lei quali erano i suoi programmi.
Cosa faceva solitamente?
Poi, una chiamata persa: Christine.
Sorrise vedendo il suo nome nell’elenco.
Più sotto compariva ancora quel nome strano dell’altro giorno.
Quello che le aveva risposto e al quale lei aveva chiuso la chiamata in faccia.
Tarzan!?
Scorse l'elenco fino al nome del suo migliore amico e premette il tasto verde.
Sentiva il bisogno di fare domande, e gli unici che potevano dargli delle rispose erano i suoi amici.
O almeno ci sperava.
<< Ehy, hai da fare più tardi? >>, domandò non appena lo sentì rispondere.
<< Ehy, no, non credo >>
Lei tirò un sospiro di sollievo.
Il suo messaggio era arrivato più di un’ora fa ed era probabile che nel frattempo Louis si fosse organizzato diversamente. Tipo con quella Lorain.
Rabbrividì al pensiero.
Si misero d’accordo per vedersi qualche ora dopo e si salutarono.
Alex sospirò nuovamente e si fiondò con la testa nel libro che aveva avanti.
Voleva concentrarsi almeno per un po’, non le avrebbe certo fatto male.
Più tardi cominciò a vestirsi, niente di complicato. Indossò una bella maglia verde, lunga e larga. Leggings neri e converse. Una bella giacca non poteva mancare dato che a Dicembre il freddo si faceva già sentire paurosamente.
I capelli, per quanto potesse mai aggiustarli, li aveva tirati indietro con un frontino a forchetta, neutro, mentre dietro erano rimasti sciolti.
Aveva deciso di buttarci su un po’ di schiuma, tanto per far sembrare che fossero acconciati, senza avere l’aria di uno spaventapasseri che aveva appena preso una scossa elettrica.
Si buttò sul viso un po' di cipria, phard, mascara, e scese al piano di sotto portandosi dietro la borsa.
Avrebbe aspettato lì Louis, aveva voglia di stendersi un po’ sul divano e soprattutto di riempirsi lo stomaco con qualcosa di commestibile.
Possibile che sua madre non fosse capace di prendersi cura di suo figlio minore nemmeno quando era in casa?
Harry era ancora lì, con la testa china su dei libri, in cucina. Probabilmente studiava, mentre Martin fissava lo scherzo animato della TV.
Marylin parlava al telefono animatamente, dall’altro capo del tavolo, senza curarsi di dar fastidio a quel povero ragazzo mentre urlava come un’oca. Quando vide sua figlia scendere le lanciò un’occhiata critica e si incupì.
<< Scusami, Amelie. Ora devo andare, ci sentiamo prossimamente >>
Prossimamente!? E questa dove l’hai sentita, al TG5??
<< Dove stai andando? >>, domandò sua madre con tono circospetto.
Quando le rivolse la parola, Harry alzò subito lo sguardo dai libri e lo posò su di lei, osservandola attentamente. Alex avvampò leggermente sentendosi osservata in quel modo. Non sapeva perché ma quel ragazzo aveva uno strano sguardo quando si rivolgeva a lei.
Per un momento si disorientò e non seppe cosa rispondere a sua madre, ma quando lui abbassò di nuovo la testa per continuare i suoi compiti, si riprese velocemente.
<< Sto andando a prendere l’acqua, non vedi? >>, rispose sbuffando mentre apriva il frigo.
<< Non voglio che esci con quelle ragazze, sono troppo dispersive per te >>, aggiunse senza che nessuno le avesse detto niente.
Alex alzò gli occhi al cielo e si innervosì leggermente.
<< Non devo uscire con loro, e poi decido io con chi fare amicizia >>
Marylin si alzò da tavolo scostandosi i capelli boccolosi, grazie al ferro, dalla spalla.
<< Non mi dirai che ti stai di nuovo vedendo con quel cafone incivile?? >>, sbottò sbattendo le ciglia all’incirca trenta volte in un secondo.
<< Si chiama Louis, mamma. E smettila di insultarlo >>, rispose riappoggiando la bottiglia dell’acqua in frigo e tentando di mantenere la calma.
Vide la chioma informe del riccio 'studioso' scuotersi un po’ nella loro direzione, segno che stava ascoltando la conversazione; e d’altronde era impossibile non farlo, di li a poco avrebbero cominciato ad urlarsi addosso, come sempre.
<< Quel Tomlinson! Lo sapevo, Alexandra non puoi uscire con lui, tu sei fidanzata! >>, ululò facendosi sentire anche dai vicini della strada opposta.
La figlia la maledisse e strinse i pugni, disgustata.
<< Io e quel Coso non siamo fidanzati! >>, gridò a sua volta, innervosendosi.
Vide la schiena di Harry rilassarsi.
Ma si sta godendo la scena quest’idiota!?
<< Come puoi dire una cosa simile?? Ti ricordo che Liam è uno dei migliori ragazzi di questa città e dovresti essere onorata di averlo vicino >>.
Stronzate.
La rossa cominciò seriamente ad irritarsi. Non la sopportava. Non sopportava quando sua madre faceva la saputella, quando le dava ordini, quando non accettava la sua vita, quando voleva rendere ogni cosa perfetta. Soltanto perché Eric era perfetto, lo era sempre stato. Soltanto perchè suo fratello voleva fare quello che faceva il padre. E suo padre era un medico. Soltanto perché sua madre voleva vantarsi in giro di ogni cosa.
<< A me non frega assolutamente nulla di quello spocchioso petulante che si crede superiore persino alla regina d'Inghilterra >>, sibilò inacidendosi e serrando i pugni.
E le dava ancora più fastidio che quel ragazzo riccio a lei sconosciuto ma che a quanto pare conosceva bene, se ne stava lì ad origliare persino contro il suo volere.
Ma probabilmente se faceva da babysitter a Martin da molto, doveva essere abituato a certe cose, ecco perché non ancora era scappato via urlando.  
<< Alexandra, ti proibisco di uscire con quel tale >>
In quel momento il campanello suonò e lei sorrise strafottente.
<< Come ti pare >>, la liquidò la ragazza.
Alex si voltò e si diresse alla porta acciuffando in fretta la sua borsa e maledicendo il mondo per non aver avuto nemmeno il tempo di cenare.
<< Alexandra! >>, urlò sua madre.
<< Se ti piace così tanto, fidanzati tu con quello schifoso! >>, le gridò di rimando la figlia sbattendosi la porta d'ingresso alle spalle.
Vaffanculo.















Eccomi qui! Scusate il ritardo ma sono stata fuori! >.<
Allora, che ve ne pare?
Colpo di scena!
Liam fa la parte del cattivone. :3
Che carino, non ce lo vedo per niente dopo tutte le cose sdolcinate che ha scritto sull'Italia l'1/11. D:
Ma vabbè, è la vita. u.u
E Harry? E' figo, vero?
Yeah.
Ora, voglio ringraziare tutte voi che continuate a seguirmi e che siete ancora qui.
Non vi dimenticherò mai.
Anche quando non verrò più su questo sito.(Se ma ciò accaddrà!)
Poi: Avete sentito/visto Little Things?
CRIBBIO.
Non so perchè ma quella canzone oltre ad essere paurosamente meravigliosa, ogni volta che arriva al pezzo di Niall, mi fa piangere.
Sul serio, non ce la faccio.
ç.ç
Altra cosa:
Sono curiosa di sapere secondo voi cosa succederà nei prossimi capitoli.
Avanti sparaaaaate! Mi sono accorta che sto seguendo una trama piuttosto contorta.
Voglio vedere se siete malate quanto me o se posso ricoverarmi direttamente. :3 





Una foto killer di Hazza.
(Vorrei maledirmi perchè trovo sempre ste foto molto ehm.....mm...belle...belle...) è.é




Liamuccio il cattivone e Tomnlinsoff sul set di Little Things. :D




Io adoro questa canzone.

Ciao, ragazze.
Alla prossima. ù.ù

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Capitolo 6
*** La scalata è dura ma la vista è meravigliosa ***





And as you close your eyes tonight
I pray that you will see the light
That's shining from the stars above
(More than this - One Direction)






CAPITOLO 5 - La scalata è dura ma la vista è meravigliosa.








<< Tutto bene? >>, le domandò Louis preoccupato, mentre Alex entrava in macchina.
No che non andava tutto bene.
Ma a lui poteva dirlo, no? Era il suo migliore amico.
<< No, una merda assoluta >>, confessò.
Louis buttò un’occhiata alla casa da cui era appena uscita e poi mise in moto.
<< E’ per tua madre? Non le sono mai piaciuto. Prima che perdessi la memoria ti eri abituata a...diciamo, a questo, non ne facevi un problema. Però se non... >>
<< No, non è per quello. Non me ne fotte niente di mia madre >>, biascicò fissando gli edifici che scorrevano dal finestrino.
Lui si lasciò sfuggire un sorriso.
Non era cambiata affatto, con o senza la caduta dalle scale.
<< E’...tutto questo, Louis >>, spiegò gesticolando con le mani e mimando un quantità immaginaria ed indefinita attorno a sé.
<< Non riesco a sopportarlo. Non so niente di me stessa, non ricordo nulla. La gente mi saluta per strada ed io non so chi sia. Ho provato ad aprire il libro di matematica e non ho la più pallida idea di cosa minchia sia un seno o un coseno! Voglio riprendere le lezioni in accademia, ma mi sembra di non essere abbastanza forte per affrontare nuovamente mia madre e le sue proteste. Poi vengo magicamente a conoscenza di essere fidanzata con uno spocchioso petulante... >>
<< Oh, ti hanno presentato Liam >>, commentò divertito girando il volante, mentre lei alzava gli occhi al cielo, irritata.
Ma continuò il suo discorso imperterrita.
<< Quel ragazzo che fa il babysitter ci è rimasto di merda oggi perché non sapevo chi fosse, gli sono svenuta davanti e... >>
Lo vide impallidire.
<< E non so chi cazzo sia Tarzan! >>, concluse esasperata.
Louis non fiatò per qualche minuto, lasciando che l’intero abitacolo dell’auto cadesse nel silenzio.
Lei si insospettì. Fino a poco prima la prendeva in giro tralasciando battutine qua e là mentre parlava, e ora che aveva bisogno di sentirsi tirare su il morale, non fiatava?
Bah.
<< Tolemanson? >>, lo chiamò.
<< Tomlinson >>, la corresse sorridendo.
<< Lo so, volevo vedere se eri attento >>
<< Certo >>, la prese in giro.
<< Louis? >>, lo chiamò ancora.
Lui mantenne il volante con una mano sola e si spettinò i capelli.
<< Dimmi >>
<< Come ti chiamavo prima di perdere la memoria? Avevi un soprannome, un nomignolo? >>, domandò incerta, quasi imbarazzata.
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Il tuo cognome è troppo lungo, e il tuo nome è banale, perciò >>
<< Grazie! >>, si arrabbiò lui lanciandole un’occhiataccia.
<< Scusa, scusa! >>, si difese lei  alzando le mani, << non intendevo in quel senso, io... >>
Trattenne un sorriso.
<< Boo >>, le rispose il castano interrompendola.
<< Eh? >>
<< Chupa, Alex >>
Scoppiò a ridere da solo.
Ma questo ragazzo si droga?
<< Questi giochetti da rammolliti non fanno per me >>, replicò la rossa altezzosamente.
Lo vide sorridere. << Dissi la stessa cosa un anno fa >>
Qualcosa attanaglio lo stomaco di Alex con forza.
Le faceva male sapere cose che non ricordava, specialmente se erano cose che per gli latri erano importanti.
<< Boo, hai detto? >>, domandò riprendendo il discorso precedente.
Louis parcheggiò la macchina e la spense, finalmente.
Uscì dall’auto seguito da Alex e si avviò in direzione di uno strano palazzo altissimo, apparentemente un po’ lontano dal caos cittadino e dalle luci accecanti.
<< Si, è così che mi chiamavi >>
Lei gli si affiancò tenendo “ dove stiamo andando?” compre prossima domanda di riserva.
<< Perché? >>
<< Perché un giorno venisti a casa mia e mia madre, che parla sempre al momento sbagliato, mi chiamò così >>, rispose tristemente.
<< Sembra non piacerti molto la cosa >>, constatò la ragazza.
<< In effetti è un po’ imbarazzante, ma mi faceva piacere quando mi chiamavi così. Non in pubblicò, ovviamente >>, disse l’ultima frase abbassando un po’ il tono della voce e infilandosi le mani in tasca.
Arrivarono davanti al portone un po’ malmesso di quell’enorme palazzo e Louis suonò un campanello.
Alex lo guardò di sottecchi, ma dove diavolo l’aveva portata?
<< Si? >>, rispose la voce metallica del citofono.
<< Signora Johns, sono David >>, mentì.
Chi?
<< Oh, sempre tu, giovanotto. Ti apro subito >>, gracchiò ancora la voce.
Louis sorrise trionfante e non appena il portone si aprì afferrò la riccia per un polso e la trascinò per le scale.
<< Louis, ma dove cavolo siamo! >>, gridò sbraitando mentre arrancava sulle scale per non strafacciarsi al suolo.
<< Ti ricordo che è grazie alle scale se ho perso la memoria >>, aggiunse sempre poco convinta, ansimando per la stanchezza.
Se cado lo ammazzo.
Lo sentì ridacchiare.
Ma io sono seria!
Poco dopo non erano ancora arrivati. Quelle scale sembravano infinite.
<< Dico, ma non sanno che nel XXI secolo hanno inventato gli ascensori!? >>, sbottò lei, sfinita.
<< Eddai, non lamentarti. La scalata è dura ma la vista è meravigliosa >>, sospirò teatralmente mentre continuava a trascinarla.
<< Oh, te lo farò vedere io quanto è dura la scalata quando arriveremo là sopra e avrò abbastanza forza per strozzarti con le mie mani >>, insistette Alex, lasciandosi andare ad un sorriso diabolico.
Poi di colpo andò a sbattere contro la schiena di Louis e per poco non cadde all'indietro per le scale. Se non ci fosse stato lui a sorreggerla, a quest’ora sarebbe di nuovo in ospedale a tentare di ricordare come si chiamasse sua madre.
<< Sta attento! >>
Lui la ignorò prontamente e con agilità sollevò una mattonella leggermente scostata dal pavimento della scalinata e ne estrasse una chiave.
La rossa ipotizzò che probabilmente stavano per rubare in casa di qualcuno, che in quegli anni di cui non ricordava niente fosse diventata una criminale incallita. Impallidì quando vide il suo amico infilare la chiave in quella porta ferrosa e vecchia che giaceva davanti a loro.
Louis la aprì spingendola pesantemente con un piede e poi le sorrise.
<< Vieni? >>
Le porse la mano, ma lei la guardò incerta.
<< Andiamo, ti piacerà >>, la rassicurò.
Alex deglutì e afferrò la sua mano.
Scavalcò il piccolo scalino e si accorse immediatamente che quell’entrata non portava affatto ad una stanza sconosciuta, ma ad un terrazzo.
Un immenso terrazzo, enorme.
All'aperto, senza niente che potesse coprirli o ripararli dal cielo.
Era così enorme che qualcosa di familiare cominciò ad appannarle la mente.
Che ricordasse?
Sentiva che non le era del tutto sconosciuto quello strano posto.
Il pavimento era ruvido, polveroso, rovinato; più in la c’era una piccola isoletta di cemento con alcune antenne sopra, la maggior parte dismesse. Il bordo del terrazzo, cioè il cemento dal quale puoi appoggiarti per non cadere di sotto, era quasi inesistente.
Dovevano essere parecchi metri fin laggiù. Alex ricordava di aver visto un palazzo piuttosto alto da basso.
<< Siamo sul tetto >>, la avvertì Louis nascondendo un sorriso.
Ovviamente stava osservando con attenzione e soddisfazione la sua faccia positivamente stupita.
Di sicuro non si aspettava di essere trascinata sul tetto di un palazzo sconosciuto dal suo migliore amico.
Ma lui aveva ragione, notò la rossa, doveva ammetterlo: la vista era meravigliosa.
Il posto era lontano dal fracasso cittadino, ma da lassù il paesaggio notturno era la cosa più bella che Alex avesse mai visto.
Non avrebbe mai creduto di poter osservare la sua città da quel punto di vista. Piena di luci, calde, colme di vita.
Il Big Bang che si innalzava fiero sui palazzi, luminoso. Il London Eye che lentamente girava quasi come stesse riavvolgendo la pellicola di quel bellissimo film. Il ponte, fantastico. Il riflesso del Tamigi che lento scorreva intorno al tutto trascinando le luci della sera verso la foce, e le piccole increspature dell'acqua che riflettevano il paesaggio sfuocato.
Sembrava di assistere alla collisione di tante stelle notturne. La costellazione più straordinaria del cielo.
Era bellissimo, non le venivano altre parole in mente per descriverlo.
Louis che la portava in un posto simile? Come avrebbe potuto ringraziarlo?
Era senza parole, e contenta.
La ragazza si avvicinò piano all’orlo, incantata.
<< Ehy, piano, non vorrai suicidarti >>, la prese in giro il ragazzo.
<< Dopo aver visto questa meraviglia, dubito possa venirmene la voglia >>, commentò estasiata. Gli occhi che le luccicavano.
<< E non hai ancora visto niente >>, la avvertì Louis ridacchiando e scomparendo dalla sua postazione in un batter d’occhio.
<< Che? Cosa c’è di più sorprendente di questo? >>
Si voltò, ma non lo vide, così decise di rimanere ad ammirare ancora per un po’ quel panorama mozzafiato.
<< Alex? >>, si sentì chiamare.
Si allontanò dal bassissimo balcone e seguì il suono della sua voce.
<< E quella dove l’hai presa? >>, domandò sorpresa mentre osservava una grandissima coperta nera stesa sul pavimento; ricopriva un bel pezzo di terrazzo, proprio dietro quell’isolotto con le antenne.
<< E' una cosetta che usavamo conservare in quello stanzino, per l’occorrenza >>, spiegò indicandole un stanzetta dalla quale si accedeva tramite una porticina all’interno dell’isolotto di cemento.
<< Usavamo? >>
Lui sorrise senza guardarla, mentre si stendeva sull’immensa coperta con naturalezza.
<< Allora, ti muovi o no? >>, la rimbeccò facendole segno di sdraiarsi di fianco a lui.
Alex, un po’ titubante, seguì il suo esempio e si stese. Posizionò le mani dietro la nuca e volse gli occhi al cielo, accorgendosi del secondo spettacolo più stupendo di quella sera.
Due in un giorno, era un record.
Sospirò, sbalordita.
<< Belle le stelle, vero? >>, domandò Louis, continuando a sorridere.
Lei non sapeva che dire.
Quel ragazzo la stava spiaccicando spalle al muro quella sera, la stava disarmando per lo stupore. Tutta quella gentilezza e quel "romanticismo"?
Tra un po', Alex avrebbe esaurito le parole per descrivere tutto ciò che le stava mostrando.
Mi sorprendi, Louis.
<< Come conosci questo posto? >>, chiese.
<< In realtà era il nostro posto >>, la corresse, accentuando maggiormente su quel “nostro”.
La riccia rimase ancora una volta senza parole, tanto per cambiare.
Allora era vero che dimenticando tutto aveva perso la parte più bella della sua vita.
Si sentì improvvisamente triste.
<< L’avevamo trovato insieme, anche se in realtà è stato grazie a te >>, continuò Louis notando che lei rimaneva in silenzio.
Ho trovato una cosa così bella, io? Con Louis.
Merda, si sentì nuovamente debole, delusa da se stessa.
Quanto avrebbe voluto ricordare. Ricordare tutto.
Chissà quante cose avevano passo su quel terrazzo, quanti segreti si erano raccontati, quante stelle cadenti avevano visto.
Sentì una lacrima scenderla giù per la guancia, ma non si scompose. Louis era steso, non poteva vederla.
<< Raccontami >>, lo implorò stringendogli un lembo della giacca.
Lo sentì annuire, e poi prendere un bel respiro prima di cominciare.
<< Era un venerdì pomeriggio, mi pare. Fuori pioveva a dirotto e noi ci trovavamo da queste parti per trovare un posto tranquillo e eventualmente ripararci. Così io ho suonato al portone di questo palazzo, perché come mio solito non mi faccio mai i fatti miei >>.
Alex sorrise un po’, dopo lo incitò a continuare.
<< La signora di prima ci ha risposto e ci ha fatto entrare. Ricordo ancora oggi come ci venne incontro scendendo le scale talmente in fretta da rischiare di frantumarsi il femore, e poi ci chiese di salvare il suo gatto >>, una risatina sfuggì anche a lui.
<< Il suo gatto!? >>, sbottò lei, scioccata.
Louis annuì. << Era rimasto sul terrazzo e non voleva tornare giù, e dato che tu hai sempre voglia di fare opere di bene, siamo saliti fin qui, e sotto la pioggia siamo riusciti a far rientrare al coperto quel maledetto gattaccio peloso >>, commentò sbuffando.
<< Ancora non ho dimenticato come mi prendevi in giro mentre cercavo di rincorrere quella bestiaccia isterica >>, aggiunse accigliandosi.
Era dannatamente buffo.
<< Quando smise di piovere tu mi dissi che da questo terrazzo doveva esserci una visuale stupenda, e che se non fosse stato per la pioggia ne avresti approfittato sicuramente >>
Tipico, pensò Alex scuotendo la testa.
Era sempre la solita approfittatrice.
<< E poi? >>
<< E poi il giorno dopo io ho deciso che dovevamo tornarci, abbiamo chiesto le chiavi alla signora e lei ci ha svelato il segreto della mattonella. E come vedi, ci conosce bene. Anche se crede che il mio nome sia David >>, si incupì.
<< Passavamo la maggior parte del tempo qui >>
La riccia sorrise tristemente, sentendosi in colpa peggio di prima.
Quel posto era fantastico eppure lei non ricordava nulla.
Sentiva soltanto quella strana sensazione all’altezza dello stomaco, come quando aveva guardato quel ragazzo negli occhi, Harry.
Ma poi...nemmeno un’immagine, se non una bella sensazione.
<< Non ricordi nulla? >>
La domanda più dolorosa dell’intera serata.
Non farmi questo, ti prego.
Alex si strinse alla giacca del ragazzo e tentò con tutta se stessa di non pensare al peggio, di non  lasciarsi andare, ma fu inutile.
Iniziò a piangere, silenziosa.
<< Io... >>
Inspirò sentendo il respiro tremare e non riuscì a dire altro.
<< Ehy, non importa, perché ti fai tutti questi problemi? >>, le domandò voltando un po' la testa di lato per guardarla.
Lei quasi si arrabbiò.
<< Perché sono problemi! Perché non ricordo un cazzo della mia vita, perché ti faccio sentire una merda. Mi racconti tutte queste cose e io non reagisco! >>, singhiozzò con il viso nascosto nel suo braccio.
Di tutta risposta Louis le accarezzo i capelli.
<< Sai, la cosa buffa fu che quando venimmo qui quella sera, io volevo soltanto vedere la città dall’alto, e credevo che anche tu lo volessi. Che altro si poteva fare quassù, mi chiedevo. Ma tu per “ visuale stupenda” intendevi tutt’altro >>, continuò a raccontare.
<< Le stelle >>, completò lei al suo posto.
Sorrise.
Per lei la città illuminata era davvero meravigliosa, ma quel cielo stellato lassù era un qualcosa di naturale e fantastico che a Londra non puoi vedere all’ordine del giorno. Con tutte quelle luci, il cielo notturno viene completamente oscurato e alterato, non puoi vedere granché.
Da lì invece, ogni stella acquistava forma. Per quanto mai una stella potesse avere una forma.
<< Esatto >>, sorrise lui.
<< Allora non sono poi messa così male >>, ironizzò lei strofinandosi le guance bagnate, qualcosa la ricordava.
Il castano ridacchiò.
<< Boo? >>, chiamò la rossa.
Lo sentì sorridere.
<< Dimmi >>
<< Voglio ricordare tutto, va bene? >>, lo avvisò alzando lo sguardo e asciugandosi il viso.
Lui annuì.
<< Boo? >>
<< Dimmi >>
<< Mi racconterai tutto, vero? >>, chiese ancora, speranzosa, stringendogli la mano, ma non troppo forte.
<< Certo >>
Infine lei sospirò.
<< Boo? >>
<< Si? >>, rispose Louis con gli occhi socchiusi, il volto diretto al cielo.
<< Ti voglio bene >>, disse appoggiando la fronte contro il suo braccio.
Louis aprì gli occhi e si voltò verso di lei, le spostò una ciocca di capelli dal viso.
<< Anch’io, Alex >>.




Il giorno dopo a scuola, la mattina presto, due ragazzi sembravano apparentemente litigare di fianco agli armadietti.
Ma a quell’ora gli alunni scarseggiavano, per cui potevano conversare indisturbati.
<< Ma lei continua a farmi domande, vuole sapere, perché... >>
<< Non mi interessa quello che vuole sapere >>, ribatté freddamente l'altro ragazzo.
<< Ma perché!? Non riesco a capirlo >>, sbottò richiudendo violentemente il suo armadietto e facendo per andarsene.
Quello lo afferrò per la giacca e lo ritirò indietro.
<< Perché non sa nemmeno chi sono. Non ricorda nulla e non può ricordarlo. Perché è a me che fa male questa situazione, non a lei. Sono io che la guardo negli occhi e vedo che tutto quello che di mio ci vedevo dentro è sparito. Sono già al limite, non chiedermi di sopportare oltre >>, spiegò fissando le sue iridi azzurro scuro, senza fermarsi un secondo. Il respiro spezzato dal nervosismo.
Per un attimo i suoi occhi diventarono lucidi.
<< Non ti rendi conto che ti stai infliggendo dolore da solo, sei uno stupido >>, ribatté cocciutamente l’altro.
<< Tomlinson, ti ho detto di farti gli affari tuoi, non c’entri nulla con questa storia! >>
Louis lo guardò duramente, arrabbiandosi per la millesima volta mentre discuteva con lui.
<< E invece c’entro e come! Lei è la mia migliore amica, non le ho mai nascosto niente! >>
<< Beh, c’è sempre una prima volta >>, si imbestialì.
<< Styles, non mi faccio dare ordini da te! >>, gridò Louis incurante della gente che nel corridoio pian piano aumentava.
Ma erano entrambi talmente presi che nessuno dei due si accorse di niente.
All'improvviso una voce li interruppe.
<< Ciao, Louis! Hai visto... >>, Alex osservò entrambi i ragazzi e sbatté più volte le palpebre.
<< Ma che succede qui? >>
Poi spostò l’intero sguardo sul riccio, rimanendo impalata a guardare il suo viso, così famigliare, per qualche secondo.
Lui la scrutava con uno strano sguardo, come quello dell’ultima volta.
Un'espressione carica di significati nascosti per lei.
<< Ah, ma tu sei il babysitter di Martin! Che ci fai qui? >>, domandò sistemandosi una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio.
<< Tu che dici!? >>, sbottò lui chiudendo il suo armadietto con un tonfo e allontanandosi, sparendo fra la calca di studenti senza salutare né lei e nemmeno Louis.
<< Viene nella nostra scuola >>, le ricordò il suo migliore amico affiancandola.
<< Capisco, siete amici? >>, volle sapere ancora la ragazza, sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.
<< Non proprio >>.
Alex notò Bonnie e Christine aspettarla un po’ più avanti, nel corridoio.
La smorfia di Bonnie nel vedere Louis era visibile persino a quella distanza, notò.
Agitò una mano nella loro direzione.
<< Vai da loro >>, le suggerì il suo migliore amico.
<< Un giorno mi spiegherai perché tu e Bonnie vi detestate così tanto >>, affermò sorridendogli e lasciandogli un bacio sulla guancia, sotto lo sguardo intimidatorio di molte ragazze.
Cribbio, ma che vogliono? Si vede che sei parecchio richiesto dalle donne, Louis.
In risposta lui sorrise soltanto.
Alex si allontanò e iniziò a camminare in direzione delle sue amiche, contenta, finché qualcuno non le finì praticamente addosso dandole una spallata e facendole cadere il libro e il quaderno di fisica sul pavimento.
<< Ops, scusami, tesoro, non volevo >>, cinguettò una voce da oca piuttosto familiare.
La riccia imprecò mentalmente mentre vedeva le sue amiche correrle incontro, si voltò e notò i capelli rossi visibilmente tinti di quella strana ragazza dai lineamenti piuttosto volgari.
Com’è che si chiamava? Lorain?
<< Figurati, se avessi voluto le saresti passata sopra con un trattore, immagino >>, le fece eco Bonnie, acida, bestemmiando contro la figura di Lorain che si allontanava ridendo.
<< Che oca! >>, si lamentò Christine raccogliendo il libro e il quaderno di Alex da terra.
<< Grazie >>, sorrise lei ringraziandole.
<< Sbaglio o l’ha fatto apposta? >>, domandò la rossa serrando la mascella.
<< Non sbagli, è gelosa di te e Louis. Quando eri in ospedale non la smetteva di saltellare come un grillo, era contenta come una pasqua >>, le spiegò Chris scuotendo i suoi capelli biondi.
<< Che troia! >>, esclamò Alex indignata.
<< Quello è un complimento per lei >>, si unì Bonnie entrando per prima in classe con uno sbuffo.










Bene, bene, bene.
Direi che probabilmente la parte iniziale fra Louis e Alex può essere fraintesa. è.é
Ma non pensateci più di tanto.
Farsi problemi sulle possibile coppie di questa storia sta a me, non a voi. LoL
Anyway! Sono consapevole che questi capitoli sono poco interessanti, ma non posso farci nulla!
La vera storia deve ancora cominciare, e ci vorrà un po', temo. D:
Ora, vi ringrazio tantissimo.
E' un periodo orrendo per me.
La scuola mi sta spiaccicano sotto i piedi, e penso che se non sarebbe per EFP, mi sarei già suicidata.
Non sto scherzando.
Quindi, in un certo senso, mi avete salvato la vita. 
(Lato tragico della cosa) lol
Ragazze, lo sapete che ho scoperto di essere una vegente? ahahahahah
Prendete questo capitolo della mia vecchia storia. 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1018266
Verso la fine, Eloise dice a Zayn "fatti biondo!"
LOOOOOOOOOOOOL
E fu così che Zayn Malik si tinse il ciuffo biondo. AHAHAHAHAHAH
CRIBBIO, non ce la faccio AHAHAHAHAHAHAHAH
Quando l'ho notato ho riso per un'ora da sola come una demente!
Oppure, oppure.
Andate a vedere la foto che ho usato in questo capitolo, alla fine.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1155750
E non so quanto tempo dopo, Louis l'ha messa come foto profilo di Twitter.
ahahahahahahaha
Ok, ci sono sono due ipotesi.
1. Sono una fottuta vegente.
2. Spiano le mie fanfiction. LOOOOOOL
Ok, ora basta stronzate.
Ieri ho cucinato i pancake! *O*
Mi sento una figa assoluta!
Ah, e non dimenticatevi di dirmi cosa ne pensate del capitolo e di tutto il resto.
Apprezzo sempre le critiche costruttive. :)
Ciao, gente, vi amo.
Vi amo come Niall ama il cibo, quello italiano sopratutto. lol




Morite in pace. :3





Ciao! :D

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Capitolo 7
*** This is my life. ***






Oh, the time has come
For my dreams to be heard
They will not be pushed aside and turned
Into your own
All ’cause you won’t, listen.
(Listen - Beyonce)

 






CAPITOLO 6 - This is my life.







<< Andiamo al Red coffe dopo? >>
Questo era quello che aveva chiesto Christine una volta suonata la penultima ora. Inutile dire che Alex non avesse la minima idea di cosa il Red coffe fosse. Ma dopo poco scoprì che era un bar abbastanza decente che si trovava a due passi dalla scuola, dove più o meno tutto l’istituto usava soffermarsi di frequente dopo le lezioni. Bonnie le aveva riferito con un sorriso che Chris amava andarci perché spesso Niall e la sua marmaglia di scimmie mutanti erano lì ad importunare la povera gente con le loro risate fracassa timpani.
<< Ragazze, mi sapete dire qualcosa di quel ragazzo riccio che sta parlando con quella tizia? >>, chiese Alex alle sue amiche dopo che anche l’ultima, straziante e rumorosa campanella ebbe segnato la fine della giornata scolastica. Non sapeva bene perché ma quella strana ragazza dai capelli biondi che ora sembrava provarci spudoratamente con Harry le dava immensamente fastidio. E, ancora senza saperne il motivo, probabilmente pensò che si chiamasse Norah. Non era un nome comune, quindi non si spiegava come diamine le fosse venuto in mente.
<< Chi, quel Harry che viene a casa tua? >>, domandò con poco interesse Chris.
Lei annuì ma continuò con un'altra domanda.
<< Per caso quella si chiama Norah? >>
Le sue amiche si bloccarono, si scambiarono uno sguardo ed impallidirono.
<< C-Come fai a saperlo? >>, balbettò Bonnie in preda al panico.
Merda, aveva azzeccato.
Possibile che si ricordasse una cosa così inutile invece di altre molto più importanti?
<< Non so, mi è venuto in mente >>, farfugliò tentando di sembrare disinvolta.
Ma la realtà era che non era per niente male quel che era successo. Se iniziava a ricordare qualcosina ogni tanto voleva dire che stava migliorando, che magari tra un po’ le sarebbe tornato tutto in mente.
Christine la abbracciò di getto cogliendola di sorpresa, mentre Bonnie sorrideva come un’ ebete.
<< Oh, tesoro, ti ricordi qualcosa! >>, esclamò soddisfatta.
Alex sorrise di rimando, era contenta anche lei e accarezzo i capelli chiari e lisci dell'amica.
<< Però non avete risposto alla mia domanda >>, continuò incupendosi. Le interessava davvero la risposta.
<< Il tipo riccio? Beh, a parte il fatto che è il babysitter di tuo fratello, non saprei. Magari quando veniva a casa tua ci hai parlato, non ci hai mai raccontato molto in proposito. Sviavi sempre l’argomento, magari ti stava antipatico >>, rispose la bruna, chiudendo finalmente l’armadietto e rivolgendosi a lei.
Alex si morse un labbro, pensierosa.
No, sentiva che qualcosa era sbagliato.
Si voltò verso il punto in cui prima aveva visto lui e quella Norah, ma notò che erano spariti entrambi.
“ Magari ti stava antipatico”. No, non poteva essere. Sentiva che non era così.
Però moriva dalla voglia di sapere.
Possibile che non avesse mai detto niente alle sua amiche su di lui?
Forse Louis sapeva.
Come cazzo fa schifo non sapere nulla di se stessi.



Tutte e tre si avviarono finalmente a quel maledetto bar mentre Chris non faceva altro che farsi prendere dall' ansia e preoccuparsi per ogni singola cosa.“ Come stanno i capelli? E il trucco? Sembro una pazza? Mi puzza l’alito?”
Assurdo.
Mentre Alex continuava ad osservare il cellulare.
Si portò una ciocca riccia dietro l'orecchio e fece una smorfia.
Louis era sparito nel nulla, volatilizzato.

Non che lei gli avesse mandato qualche messaggio.
Ovviamente era la solita idiota che si aspettava che le persone le corressero dietro come tanti caproni.

Ma cosa pretendeva, dopo che ricordava a malapena i nomi di tutta la gente che aveva conosciuto.
Anzi, non li sapeva proprio.
<< Ma perché Louis non viene con noi? >>, chiese posando nuovamente il cellulare in tasca.
<< Stai scherzando? Se viene lui, io me ne vado >>, inveì Bonnie, schifata.
<< Cosa, perché!? Vuoi dirmi cosa c’è che non va? >>
Francamente nessuno dei due le aveva ancora spiegato perché si odiassero così tanto.
<< Te lo dirò un giorno, ma non ora >>, affermò la bruna sbuffando.
<< Esatto, non ora perché l’amore della mia vita è seduto a pochi passi da noi ed io ho bisogno di concentrarmi >>, le interruppe la bionda entrando nel locale e dirigendosi ad un tavolino vicinissimo a quello di Niall e i suoi amici.
Ordinarono qualcosa e poi trascorsero più di cinque minuti in silenzio.
<< Hai intenzione di rimanere a fissarlo per il resto della tua vita? Perché non fai qualcosa? >>, domando Alex osservando l’amica mentre sudava freddo e si pentiva amaramente di aver scelto un posto così vicino.
<< Perdi tempo con lei >>, spiegò la bruna tirando un sorso di frappé al cioccolato dal suo bicchiere.
<< Si caga addosso non appena lui la guarda soltanto per un quarto di secondo >>
<< Non è vero! >>, gridò Christine irritata, sbattendo con forza una mano sul tavolino.
E forse esagerò un po’ perché Niall e qualche altro ragazzo si voltarono a guardarle interrogativi.
<< Complimenti, guarda che hai combinato >>, sibilò Bonnie sorridendo forzatamente.
<< Ehy, Anderson ti sei ripresa! Quando torni in accademia? >>, domandò uno dei ragazzi del "tavolo-Niall" notandola e alzandosi dalla sedia per raggiungere le tre ragazze.
Era scurissimo, capelli neri, pelle leggermente mulatta, occhi di un marrone profondo e ipnotico. Sembrava quasi fosse indiano.
I suoi jeans erano così bassi che se alzava di poco le braccia gli si leggeva la scritta Calvin Klein sulle mutande, sembrava gli andassero larghissimi. E quella cintura che aveva provato ad abbinarci non serviva ad una cippa.
Alex rivolse uno sguardo interrogativo alle sue amiche. Non aveva idea di chi diamine fosse quel tipo.
<< E’ un cretino che viene a lezione di Hip Hop con noi >>, spiegò Bonnie.
<< Malik, ti abbiamo detto che ha perso la memoria, non sa chi sei, l’hai dimenticato? >>, tentò di sembrare più cordiale Chris.
Lui parve essere attraversato da un’ improvvisa illuminazione divina.
<< Ah, si! E’ vero. E comunque non sono un cretino, Stewart >>, rispose rivolgendosi cupo alla bruna, che di tutta risposta alzò gli occhi al cielo con nonchalance.
Però, osservò Alex, questo Malik era un gran pezzo di figo.
Per la Madonna, sul serio uno gnocco simile veniva a lezione con loro in Accademia?
Doveva tornarci assolutamente allora, a prescindere da tutto. Il suo fisico ispirava sesso selvaggio, i lineamenti del suo viso erano sexy, beh, apparte quel sorriso da ritardato che aveva spiaccicato sulla faccia.
Non che stroppiasse il tutto.
<< In ogni caso, piacere, sono Zayn >>, si presentò lui porgendo la mano ad Alex.
Lei la strinse sorridente.
<< Immagino che tu sappia come mi chiamo >>, ribatté, accorgendosi di un’altra figura che nel frattempo si stava avvicinando a loro.
Lanciò un’occhiata d’allarme a Chris.
<< Bene, siamo ancora alle presentazioni, qui?? >>, domandò una voce familiare dando una sonora pacca sulla spalla a Zayn da dietro.
Quel ragazzo per metà biondo e per metà castano, con gli occhi più azzurri che mai, era appena apparso per magia, sorridendo come se avesse appena scoperto un tesoro di bilioni di sterline.
Christine si irrigidì all’istante e da sotto al tavolo diede un calcio a Bonnie, probabilmente per infondersi coraggio.
<< Aiah! >>, gridò quest’ultima attirando su di se l’attenzione di tutti.
<< Tu sei Niall, vero? >>, provò a distrarli la riccia, sorridendo.
Lui annuì con veemenza.
<< Un tempo mi chiamavi Horan >>, la informò sedendosi all’unica sedia rimasta libera, beccandosi un’occhiataccia da Zayn che era rimasto in piedi.
La bionda si ritrovò il suo principe azzurro a meno di trenta centimetri da lei,  erano seduti l'uno di fronte all'altra e lei stava evidentemente andando a fuoco.
<< Ehy, Bennett, tutto ok? >>, le domandò infatti Niall.
Sembrava così allegro e vivace.
Ecco spiegato il mistero allora.
Ecco perché piaceva così tanto a Christine.
Anche lei amava essere solare, pensava sempre positivo. Con lei sembrava quasi che la vita andasse sempre per il meglio, c’erano cose peggiori del lamentarsi quotidianamente della scuola e dei compiti. Era una ragazza molto ingenua, ma forte.
<< Si, le fa solo un po’ caldo >>, rispose Bonnie al suo posto.
Dopo qualche secondo, Zayn, che era sparito dietro ad un bancone, ritornò con una sedia in mano e la posizionò fra Niall e Alex, sospirando soddisfatto.
<< Quindi da oggi in poi dovrò chiamarti Horan >>, rifletté Alex, con una faccia piuttosto seria.
Il ragazzo scoppiò a ridere.
<< Puoi chiamarmi come vuoi >>
Wow, che risata contagiosa, pensò la rossa.
<< Quindi sei ancora in convalescenza ? >>, questa volta fu l’indiano a parlare, che mentre aspettava una risposta afferrò il frappé già mezzo vuoto di Bonnie e se lo portò alle labbra.
Lei spalancò la bocca, schifata.
<< Ma che cazzo fai! Che schifo, e adesso come faccio a berlo!? >>, sbottò allungandosi e provando a toglierglielo dalle mani.
Alex riuscì in malo modo a trattenere le risate e beccò anche Christine a ridacchiare, magari si era ripresa dal suo stato di trance.
Fatto stava che da quando era arrivato Niall non aveva ancora spiccicato parola.
<< Non sono in nessuna convalescenza, sto bene. Sto soltanto aspettando che mi ritorni la memoria, il più in fretta possibile spero >>, spiegò al moro mentre Bonnie gli strappava di mano il frappé e correva al bar a chiedere una cannuccia pulita.
<< Ordinane uno anche per me! >>, gridò lui riferito alla sua amica.
Certo che dovevano avere parecchia confidenza. Cioè, sembrava si conoscessero da una vita.
E magari anche lei conosceva bene quel ragazzo, ma non ora, purtroppo.
La bruna gli fece un terzo dito in risposta, segno che non avrebbe preso delle ordinazioni per lui nemmeno a morire.
Poi Zayn, con un sorriso da scemo, riportò la sua attenzione sulla riccia.
<< Capisco, però che schifo. Deve essere orribile non ricordarsi nulla >>, rifletté al alta voce.
<< Zayn, Alex sta già abbastanza male per questo, non infierire >>, disse Chris, riprendendo finalmente la facoltà della parola.
Niall si voltò verso di lei, osservandola con attenzione, cosa che la fece arrossire ancora una volta come un pomodoro.
<< Scusa, non volevo >>, si scusò Zayn rivolto ad Alex.
<< Sai, lui non pensa molto prima di parlare >>, lo prese in giro Niall, sorridendo alla rossa in modo sincero.
<< Ha parlato mister intelligenza! >>, ribatté Malik appoggiandosi allo schienale della sedia.
<< Perché, vorresti dire che non è intelligente? >>, se ne uscì Christine irritata, mentre cercava qualcosa nella sua borsa.
All’improvviso però si bloccò, forse accorgendosi della grande stronzata che aveva detto.
Tutti si voltarono a guardarla interrogativi.
Ma Alex sbarrò gli occhi facendole una domanda precisa con lo sguardo.
“ Ma che cazzo dici!?”
La bionda, andando in panico più del normale, tirò un calcio ad Alex da sotto il tavolo.
Quest’ultima lanciò un gridolino di dolore che riuscì miseramente a mascherare con una risatina isterica.
Non capisco perché se sbaglia lei, deve dare i calcia a me! Ma questa ragazza è al contrario!?
<< Ehm, scusate...io..devo andare in bagno >>, farfugliò mentre si alzava con lo sguardo puntato al pavimento. Era molto probabile che volesse sparire a causa della figura di merda appena fatta. Insomma, lo aveva difeso in pubblico, chiunque si sarebbe accorto del perché.
Tranne un uomo naturalmente. Gli uomini erano una massa di scimmioni in stile homo di Cro-Magnon con il quoziente intellettivo pari a quello di un procione impagliato. O almeno sperava lo fossero.
Nel frattempo Bonnie tornò a sedersi fissando Zayn con odio e allontanando la sedia dal tavolo, voleva mettere quanta più distanza possibile fra lei e quell’energumeno mezzo talebano.
Possibile che Bonnie si odiasse con tutti i ragazzi che conosceva?
Ma con che razza di gente sono andata a finire?, si chiese Alex passandosi una mano fra i capelli leggermente arruffati.
Poi afferrò il cellulare per controllare se quell’idiota di Louis si era fatto sentire.
<< Ehy, Anderson, puoi prestarmi il tuo cellulare? >>, domandò ad un tratto Niall, sempre con quel sorriso smagliante. Cribbio se non era bello.
Sono circondata da dei greci ultimamente.
­
Persino quell’handicappato di Liam era uno strafigo assurdo.
Lei dopo aver controllato di non aver nessun messaggio, guardò il biondo un po’ titubante.
<< Devo avvisare mia mamma che torno più tardi e ho finito i soldi nel mio >>, spiegò poggiando i gomiti sul tavolino.
Alex annuì con un’alzata di spalle e gli allungò la mano con il cellulare.
<< Scusa, non puoi chiedere a quel mafioso del tuo amico? Oppure è troppo tirchio per spendere dieci centesimi di chiamata? >>, ironizzò Bonnie sparandone una delle sue.
Troppo tardi, Niall aveva già portato il cellulare di Alex all’orecchio, ma non si preoccupò più di tanto visto che la rossa gli fece segno che non importava, alzando il pollice in aria.
<< Mafioso? >>, le fece eco Zayn, alzando un sopracciglio.
<< Ma ti sei visto? >>, continuò la bruna sfottendolo.
Alex trattenne una risata.
<< Fatto, grazie >>, avvisò Niall porgendole il cellulare.
Chris tornò dal bagno poco dopo con una faccia ancora sconvolta e Bonnie la guardò con sguardo preoccupato.
In quell’esatto momento, dall’entrata del bar, videro arrivare Louis seguito come un cagnolino da Lorain.
Con loro c’erano un’altra ragazza e due ragazzi sconosciuti che Alex non aveva mai visto. E quando mai riconosceva qualcuno di recente?
La finta rossa passò davanti al loro tavolo puntando sia Alex che Bonnie con un’occhiata di piena soddisfazione; ma quella soddisfazione le morì sulla faccia, e ci mancò poco che non cominciasse a strapparsi i capelli dalla testa, quando vide Louis avvicinarsi ad Alex per salutarla.
Il ragazzo fece un cenno a Christine e buttò uno sguardo insignificante alla bruna, la quale lo ignorò bellamente.



Poco più tardi, il bar si svuotò e la marea di studenti che prima l’aveva intasato quasi come fosse una stazione centrale, stava svanendo nel nulla come una mandria di pecore.
Alex salutò le sue amiche e si diresse a piedi verso casa, sospirando sonoramente.
La sua mente stava accumulando troppe cose tutte in una volta, negli ultimi giorni.
Temeva che non sarebbe mai stata in grado di metterle in ordine, di rielaborarle.
Quando arrivò davanti alla porta di casa, posò lo zaino a terra e cominciò a cercare le chiavi di casa al suo interno.
Dopo qualche minuto le tirò fuori, esausta. Ma perché diavolo doveva essere tanto difficile cercare qualcosa in una cartella così enorme?
Appena riuscì a entrare, Alex notò suo fratello maggiore accanto all’attacca panni intento ad infilarsi una giacca in maniera decente, senza successo, ovviamente.
Da quanto tempo non lo vedeva? Ultimamente si era persino dimenticata di avere un fratello maggiore.
- Evvai con le battute maligne.
Tanto ormai ricordo a stento dove abito.
- Che esagerata.
Esagerata un corno.
<< Dove stai andando di bello, Eric? >>
Lo vide fare una smorfia.
<< A pescare sul Titanic, a casa! E dove sennò! >>, sbottò irritato.
Scusa, eh!
<< A casa? Sei così ubriaco da non accorgerti che ci sei già? >>, domandò lei sarcastica.
A quel punto lui le sorrise e le passò una mano sui capelli, arruffandoglieli ancora di più.
<< Cara sorellina smemorata, è da più di un anno che mi sono trasferito altrove >>, le comunicò con un sorrisone, avvicinandosi alla porta.
Già, Eric era maggiorenne da un pezzo ormai e aveva finito la scuola, poteva tranquillamente permettersi di fuggire via da quella casa e di mettere quante più distanze fra lui e quella pazza sclerotica di sua madre.
Alex aprì la bocca, scioccata, ma poi si illuminò.
<< Posso trasferirmi da te? >>, domandò estasiata dal suo ragionamento. << Quanto meno avrai qualcuno che sappia vestirti >>, aggiunse sghignazzando e avvinandosi a lui per aggiustargli il colletto della giacca, rovinosamente conficcato sotto al collo e stropicciato.
Lui la lasciò fare e poi la scacciò con una mano.
<< Credimi, non ti piacerebbe trovare belle signorine mezze nude che girano per casa a tutte le ore del giorno e della notte >>, la liquidò salutandola con un bacio in fronte e tirandosi dietro la porta d’ingresso.
Alex rimase sconvolta.
<< Ma che schifo! >>, sbottò indignata.
Sentì una risatina alle sue spalle e si voltò di scatto, incontrando due bellissimi occhi verdi che la fissavano divertiti. I capelli lasciati andare sulla testa a formare una strana forma non identificata, un naso perfetto e due labbra rosee e carnose incurvate all’insù.
Non seppe perché ma in quel momento pensò che erano davvero morbide, domandosi poi come diavolo facesse a saperlo.
<< Tuo fratello non è più un santarellino di sedici anni >>, la riprese prendendo un trenino di plastica di Martin abbandonato sotto ad un mobile.
L’unica cosa che lei riuscì a fare fu alzare un sopracciglio e continuare ad osservare il suo viso mentre si trasformava in un ghigno divertito.
Quanto cazzo era bello.
Ma no, "bello" non era la parola esatta. In quel momento i suoi pensieri stavano prendendo una strana piega.
Perchè pensava che lui fosse...sexy.
Bene, e ora perché penso che il babysitter di mio fratello sia sexy?
Harry si allontanò lasciandola lì ancora imbambolata.
Le pareva a lei o quel ragazzo aveva completamente cambiato umore da quella mattina?
A scuola l’aveva “ salutata” neanche fosse un tappetino di benvenuto sul quale ti pulisci le scarpe sporche di merda quando fuori piove.
E ora faceva il simpatico.
No, dico, sei disturbato?
<< Alex, dove sei stata tutto questo tempo? >>, la risvegliò la voce di sua madre, una di quelle poche volte che si decideva a non chiamarla Alexandra.
<< Con i miei amici >>, spiegò brevemente togliendosi la giacca e andando in cucina.
Vide suo padre, cosa rarissima, seduto ad una sedia e intento a leggere delle carte.
Suo padre era un medico, neurologo per la precisione, e si cresceva in ospedale dalla mattina alla sera, nello stesso ospedale in cui lei era stata ricoverata. Non lo vedevano praticamente mai. Non aveva orari precisi. Ora era a casa e un minuto dopo il suo cerca persone suonava, e lui spariva alla velocità della luce. John Anderson era sempre così preso dal suo lavoro, distratto, si faceva gli affari suoi. Persino sui suoi figli non aveva mai nulla da dire. Alex non si era mai confrontata con lui, se ne stava sempre in silenzio a farsi gli affari suoi anche quando lei e sua madre si urlavano addosso. Non aveva mai preso le difese della figlia, era soltanto solito annuire quando sua moglie gli chiedeva se avesse ragione o meno, oppure se ne stava soltanto zitto a fregarsene altamente. Ma era sempre d’accordo con la moglie, anche se non esprimeva mai la sua.
Marylin era l’uomo di casa, praticamente.
<< Chi sarebbero questi amici? Non dirmi che c’è anche Tomlinson di mezzo >>, si lamentò la donna sorseggiando del tè in maniera teatrale, seduta al tavolo da pranzo.
Alex ripensò a Niall e Zayn, ma si soffermò soprattutto su quest’ultimo.
“Ehy, Anderson ti sei ripresa! Quando torni in accademia?”.
<< Voglio tornare in Accademia >>, affermò senza nemmeno rispondere alla domanda precedente.
Vide il volto di sua madre diventare livido all'improvviso, impassibile.
Marylin abbassò lo sguardo sul suo tè e poi si pulì delicatamente con un tovagliolo.
<< Non lo farai >>, le rispose seria.
Alex si voltò di scatto a guardarla.
Sua madre aveva sempre odiato quel posto. Odiava il fatto che lei ballasse, cantasse, recitasse. Lo odiava da morire.
Diceva che era solo una perdita di tempo, un sogno, un’illusione. Che doveva mettere la testa a posto e prepararsi per l’università.
L’università in quel posto orribile in cui l’aveva portata quel giorno, quel giorno in cui...tutto ebbe inizio.
Quando quella macchina l'aveva investita.
La rabbia le ribollì nelle vene.
<< Non ho chiesto il tuo permesso >>, disse sprezzante, ricordandosi di essere anche lei ormai maggiorenne.
<< Non sei ancora pronta, è pericoloso, potresti cadere e... >>
Alex si spazientì.
<< Oh, andiamo, mamma! >>, gridò.
<< Lo sappiamo entrambe che non è per quello che non vuoi che ci torni >>, concluse scuotendo una mano in segno di fastidio.
Lei posò il bicchiere del tè sul tavolo e fissò sua figlia con sguardo truce.
<< Alexandra, quello che ti è successo pensavo ti aiutasse a maturare un po’ le idee, ma mi sbagliavo. Devi smetterla di andare saltellando a destra e a manca come un giullare. Devi andare al St. George come tuo fratello. Che ti piaccia o no. Smetti di frequentare gente di scarsa importanza come quel cafone maleducato di Tomlinson e dai un’altra possibilità a Liam >>
Dopo aver concluso il suo bellissimo discorso, sua madre si alzò dalla sedia, senza badare allo sguardo d’ira di sua figlia e si diresse in salotto, credendo che la conversazione fosse finita lì.
Marylin raggiunse Harry e Martin per avvisare entrambi che stava per uscire, ma non appena si piegò su suo figlio, la voce arrabbiata di Alex la fece sobbalzare.
<< Se pensi che ti lascerò comandare e decidere della mia vita ti sbagli di grosso! >>, urlò sua figlia arrivando in soggiorno, furente, senza accorgersi degli sguardi spaventati del fratellino.
<< IO NON ANDRO’ MAI IN QUELL’UNIVERSITA’ DEL CAZZO! NON VOGLIO STUDIARE MEDICINA! NON MI INTERESSA QUELLO CHE FA ERIC, IO NON SONO LUI, LO VUOI CAPIRE!? >>, gridò, fuori di se.
Il rancore tenuto nascosto per anni era ancora lì, come sempre. Era l'unica cosa rimasta intatta.
Sua madre tentò di farla calmare alludendo a Martin con degli sguardi.
<< Alex... >>
<< NO, STA ZITTA! QUESTA STORIA VA AVANTI DA QUANDO AVEVO QUINDICI ANNI, PENSAVO FOSSE FINITA MA LA REALTA’ E’ CHE LE COSE SONO SEMPRE LE STESSE! >>, continuò sbattendo una mano sul tavolo del soggiorno.
Suo fratello le si aggrappò alle gambe, spaventato, mentre anche Marylin perdeva la pazienza e lasciava ai suoi nervi libero sfogo.
<< ALEXADRA, IO HO IL DOVERE DI ASSICURARMI CHE LA TUA VITA SIA PERFETTA! E SE PER FARLO DOVRO’ ANDARE CONTRO LA TUA VOLONTA’, ALLORA LO FARO’! >>, si sgolò sua madre.
<< DEVI SMETTERLA! >>, gridò ancora Alex stringendo i pugni.
<< Liam.. >>, cominciò la donna.
<< IO E QUELLO SCHIFOSO NON STAREMO MAI INSIEME! E NON ME NE FREGA UN CAZZO SE NON TI PIACE LA GENTE CON CUI ESCO! >>, disse ancora, andando in bestia.
Ma poi, qualcosa di inaspettato la colpì in piena faccia, facendole voltare la testa dall’altra parte.
Sentì la presa di suo fratello farsi più forte sulle sue gambe, segno che anche lui aveva percepito il dolore di quello schiaffo.
Sua madre la guardava furente, forse umiliata, ma non sembrava affatto pentita di quel gesto.
Harry era rimasto in silenzio ad osservare la scena per tutto il tempo.
Non era la prima a cui assisteva, d’altronde. Stare in quella casa per due anni significava venire a conoscenza di tutti i segreti, positivi e negativi, della famiglia che la occupava.
Invece John era rimasto in cucina, tramortito dalle urla di sua moglie e sua figlia, ma impotente, come sempre. Non che la sua opinione o il suo intervento avrebbero fatto la differenza, secondo lui.
<< Non rivolgerti mai più a me con quel tono >>, sibilò Marylin assottigliando gli occhi.
Martin si staccò da sua sorella e si mise in mezzo fra la madre e Alex.
<< Mamma, basta, basta! Perché le hai fatto tanto male, non litigate più! >>, prese a strillare mentre cominciava a piangere.
La ragazza rimase in silenzio per tutto il tempo, tenendo lo sguardo vacuo puntato sul pavimento, la guancia che ancora le scottava e bolliva dal dolore.
Prese a fare dei passi verso l’uscita del salotto.
<< Martin, la sorellina ha fatto la cattiva, è normale che venga punita >>, stava intanto spiegando Marylin accarezzando la testa castana di suo figlio.
<< Questa è la mia vita, mamma >>, disse ad un tratto Alex arrivata all’entrata del salotto, richiamando l’attenzione di tutti su di lei.
<< E tu me la stai rovinando >>, concluse mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Poi si voltò e corse al piano di sopra coprendosi la bocca con un mano, per evitare che la sentissero singhiozzare.













Francamente è da un po' che mia mamma non mi prende a schiaffi, quindi non so come reagirei.
E voi?
Io non penso di essere più in grado di tacere e assorbire il dolore, sapete, sono una persona un po' nevrotia. lol
Vabbè!
Che mi dite di Zayn?
Ebbene si!
Zayn Malik sa ballare in questa vita! LoL
Diamo un possibilità anche a lui. xD
Ragazze, oltre a ringraziarvi per tutte le cose meravigliose che mi dite e per tutto quello che fate per me, volevo avvisarvi che probabilmente la mia routine di pubblicare una volta alla settimana se ne adrà un po' a farsi fottere.
Ho dei problemi ultimamente, perciò è un casino.
Scusatemi tanto. Ma sapete comunque che non ci metterò certo un mese, è chiaro.
Ora: "Aria Directioners."
Avete ascoltanto Take Me Home?
Cribbio,cacchio,merdaccia.
Le canzoni sono tutte una più bella dell'altra e non sono in grado di scieglierne una che mi piaccia di più.
Solo, sono morta quando in She's Not Afraid, verso la fine, c'è la risata di Niall come sottofondo.
PORCAMERDA.
Mi è venuto un collasso istantaneo!
e in Heart Attack, quando sempre Niall fa "ahou!"
sriguhdifghsdkfnvudsjdgasdf
Dio, dammi la forza.
Ok, basta.
Ciao! 




Dato che tra un po' saremo in tema natalizio. Non vedo l'ora! :3
(Quanto cacchio è bella questa gif D: )




Ed ecco Zayn-sonofigo-Malik e il suo inseparabile amico Ciuffo.

Enjoy! :D



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Capitolo 8
*** Hold you ***






Give me love like never before
Cos lately I’ve been craving more
And It’s been a while but I still feel the same
Maybe I should let you go
(Give Me Love - Ed Sheeran)

 






CAPITOLO 7 - Hold you







Harry, sei un fottuto idiota.
Il ragazzo cominciò a darsi dei pesanti colpi in testa mentre preparava un toast alla nutella a Martin e poi rinfilava i suoi libri in cartella.
Dato che passava tutti i pomeriggi, e a volte anche la sera, a casa Anderson, ormai, Harry, aveva preso l’abitudine di fare lì i suoi compiti e badare al fratello minore della famiglia contemporaneamente.
Ora, l’immagine di Alex che correva in camera sua piangendo, in quello stato, lo stava torturando, gli stava lacerando lo stomaco.
Harry non voleva avere nessun tipo di rapporto con lei, se non “ lavorativo”. Anche se aveva scoperto che gli sembrava apparentemente impossibile. Quel giorno, appena era entrata in casa, non era riuscito a tenere la bocca chiusa e a non sparare una delle sue solite battutine inutili. Voleva starle lontano perché era complicato, era difficile. Ogni volta che la guardava negli occhi, che la sfiorava, che le era semplicemente vicino, non riusciva a trattenersi. O meglio, combatteva con tutto se stesso per farlo. I ricordi gli affollavano la mente e sapere che lei non sapeva nemmeno quale fosse la verità, lo uccideva dentro.
Come poteva Alex non ricordare? Come aveva fatto a dimenticare tutto?
Si, lui sapeva che era a causa dell' amnesia, ma gli sembrava impossibile. Gli sembrava una punizione divina.
L’aveva dimenticato, come chiunque altro.
L’aveva dimenticato come si dimenticano tutte quelle persone incontrate in treno, con le quali hai scambiato qualche parola per poche ore, e man mano che passano gli anni dimentichi anche che faccia hanno, e vai avanti. E lei aveva fatto così.
Era andata avanti lasciandolo indietro.
Troppo indietro.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Andare da lei è dirle tutto?
Ricominciare da zero?
No, non ce l’avrebbe fatta.
Non si può ricominciare una cosa così.
Ormai il suo era diventato un amore unilaterale. Non puoi costringere una persona ad amarti, non puoi aspettare per sempre che si leghi a te. Quel momento in cui entrambi si erano trovati a vicenda, sotto il vortice di quell’esperienza, era finito.
Era accaduto tutto così in fretta, senza lasciarli ragionare o decidere, ed ora era finito tutto nello stesso modo.
Non poteva stare al fianco di una ragazza che non l’avrebbe mai amato come prima.
Per lei sarebbe stata una costrizione, quasi un obbligo. Soltanto perché lo aveva fatto prima, doveva farlo ora?
No, non funzionano così i sentimenti, e lui non voleva costringere nessuno.
Harry uscì dal salotto dopo aver dato il toast al bambino e si passò una mano fra i capelli arruffati, esausto, triste.
Diede uno sguardo alle scale che portavano al piano di sopra e si disse che doveva smetterla.
Basta pensare a lei.
<< Harry, io sto uscendo. Per le otto e mezza prepara la cena a Martin e se hai bisogno di qualcosa, Alex è di sopra >>, lo informò Marylin afferrando la sua giacca di panno e uscendo di casa velocemente, senza nemmeno preoccuparsi di salutare suo figlio o controllare come stesse Alex.
A volte Harry si domandava che cosa avesse mai in testa quella donna.
D’un tratto avvertì un tonfo pesante provenire dal piano di sopra.
Come se qualcosa di massiccio fosse sbattuto all'improvviso sul pavimento.
Corrucciò la fronte, e senza neanche pensarci si precipitò sulla scale quasi correndo e raggiunse la camera della ragazza in un batter d’occhio.
Si bloccò di colpo, riprendendo fiato e osservando la porta chiusa.
Cosa cacchio sto facendo?
E poi, chi glielo diceva che il rumore proveniva necessariamente da lì?
Udì un altro tonfo provenire esattamente dalla stanza.
Sbarrò gli occhi. Ora non poteva sbagliarsi, l'aveva sentito anche lui, no? Era davanti alla porta.
- Non puoi trovare più scuse, deficiente.
Si maledisse mentalmente.
<< Merda! >>, sentì urlare Alex dall’interno.
Si decise, dopotutto avrebbe avuto quella ragazza davanti per tutto il tempo, non poteva ignorarla e basta.
<< Alex? >>, la chiamò schiarendosi la voce e bussando alla porta.
Tutto quanto si ammutolì.
Ci fu silenzio per qualche secondo.
Poi la porta bianca si aprì delicatamente, mostrando il viso arrossato dal pianto e pieno di rammarico della riccia.
Lei lo osservò un po’ titubante, ma si tranquillizzò subito quando lo vide accennare un sorriso.
Quel ragazzo aveva un sorriso davvero bello, sincero, notò Alex.
E quelle fossette, che prima non aveva notato, lo facevano sembrare un bambino birichino.
<< C’è qualche problema con Martin? >>, gli domandò dopo un po’, abbassando lo sguardo, sentendosi stranamente imbarazzata.
<< No, lui sta bene, io...ho sentito dei rumori, così volevo...è tutto apposto? >>, chiese di getto lui, non sapendo bene come mettere in ordine le parole.
La vide indugiare un po’, con la mano ancora stretta alla maniglia, quasi avesse paura di mostrargli quello che c’era all’interno della stanza.
<< Si, non è successo niente, grazie >>, lo liquidò lei ancora con lo sguardo basso, tentando di richiudere la porta.
<< Alex >>, la richiamò subito lui, infilando un piede nello stipite all'ultimo secondo, evitando che la soglia si chiudesse.
Harry non seppe il perché di quel gesto, in quel momento non ci aveva pensato più di tanto, gli era venuto naturale.
Sapeva che lei stava mentendo, se ne sarebbero accorti tutti.
E lui, che aveva promesso di farsi gli affaracci suoi, ora era lì a fare esattamente l’opposto.
L'ho già detto che sono un idiota?
La riccia rimase stupita, probabilmente non si aspettava un certo comportamento da parte sua.
<< Posso entrare? >>, si ritrovò a chiederle, aspettandosi di essere preso a calci e sbattuto fuori di casa.
Insomma, praticamente lei e lui non si conoscevano affatto, da quel che ne sapeva la ragazza. Per cui sarebbe stato concepibile se avesse cominciato a prenderlo a parolacce.
Inaspettatamente però, lei si scostò dalla porta e lo fece entrare, sorprendendolo.
Ma quello che Harry vide subito dopo in quella camera lo lasciò senza parole.
Alex chiuse la porta con un colpo solo, quasi temendo che qualcun altro potesse scoprirla.
L’intero scaffale dei libri era a terra, completamente rovesciato. C’erano carte, fogli, libri aperti sparpagliati sul pavimento, quasi ovunque.
Era un casino indescrivibile.
<< Io...è caduto >>, disse solamente la rossa, continuando a fissare il parquet scuro, agitata.
Lui osservò il tutto, spaesato, ma se l’ aspettava una cosa simile, in un certo senso. Sapeva che quella ragazza era buona e cara ma che non sapeva contenere la rabbia quando stava male.
L’ultima volta che aveva litigato con sua madre, a pranzo, la metà dei piatti era finita a terra a causa della sua ira.
<< Da solo, immagino >>, gli rispose sarcastico Harry portandosi una mano dietro la nuca, lanciandole uno sguardo furtivo.
Anche ora, mentre le priorità erano altre, non poteva fare a meno di volerla guardare, ma non semplicemente per vederla, ma per osservarla in quel modo che aveva riservato soltanto a lei. Non ce la faceva ad ignorarla. Era bella anche con quei capelli arruffati e un po’ ricci, anche col viso consumato dalle lacrime, anche con quelle lentiggini sparpagliate ovunque, anche se non ci ricordava una mazza di lui.
Una fitta di dolore al cuore si impossessò di lui non appena pensò alla sua memoria ormai sepolta.
Dal canto suo, Alex, era in imbarazzo.
Un ragazzo col quale tutti le avevano detto che non aveva alcun tipo di legame importante, ora era nella sua stanza ad osservare il casino che aveva combinato. E la cosa le risultava alquanto strana, perché sentiva un bruciore immenso infuocarle le orecchie e il viso.
Aveva una voglia matta di stargli vicino, di guardarlo di...ma non sapeva cosa diamine fosse.
Sapeva solo che da quando lui era entrato le sembrava di stare meglio.
Andiamo, perché!?
Ancora una volta si maledisse per aver perso la memoria.
<< Stavo cercando qualcosa che mi aiutasse a ricordare >>, ammise. E un parte di verità c’era in quelle parole. Perché dopo aver combinato quel bordello, la ragazza si era buttata disperatamente sul pavimento per cercare fogli e cartacce con qualsiasi scritta o informazione che le dicessero qualcosa degli anni passati.
Alex vide Harry avvicinarsi al mobile coricato a terra e tentare di sollevarlo.
Si affrettò ad affiancarlo.
<< Vuoi che ti aiuti? >>, domandò quando aveva già preso fra le braccia la parte opposta della libreria.
Lo tirarono su insieme con un po’ di fatica e poi si appoggiarono entrambi alla parete per riprendere fiato. Ammazza se non era pesante.
Uno strano pensiero attraversò la mente del riccio.
Come diavolo ha fatto a ribaltare da sola questo affare!?, si chiese.
Le cartacce, i fogli sparsi ed altri libri rimasero ancora sparpagliati per la stanza.
Alex li osservò e promise a se stessa che ci avrebbe pensato dopo.
<< Ci andrò lo stesso in accademia >>, se ne uscì lei all’improvviso.
Non sapeva per quale motivo l'aveva detto, aveva soltanto voglia di informare qualcuno, e dato che il cellulare di Louis era irraggiungibile e le sue amiche erano in palestra, Harry era l’unico disponibile.
Lo vide sorridere.
<< Lo sapevo già, non hai mai ascoltato tua madre, e quella conversazione va avanti da più di cinque anni >>, replicò il ragazzo, come se la conoscesse da secoli, come se avesse una vera e propria confidenza con lei, come se lei gli avesse già parlato di come si sentiva.
Il che ad Alex parve strano, ma al momento era troppo concentrata ad odiare sua madre per pensarci.
<< Perché non mi accetta? Perché non accetta la mia vita? >>, domandò abbassando la testa e mordendosi il labbro per non ricominciare a piangere.
La sua era una domanda retorica, sapeva già quali erano le ragione di Marylin, la donna gliele aveva appena urlate in faccia, ma comunque era difficile capirle. Perché voleva costringerla a vivere una vita non sua?
Perché non poteva semplicemente provare ad accettare quello che lei era, quello che le piaceva?
<< Tu andrai avanti anche senza di lei, seguirai il tuo sogno. Lo hai sempre detto >>, le riferì Harry rimanendo fermo davanti a lei con le mani nelle tasche; le sorrideva incoraggiante, mentre con quegli occhi così verdi le riscaldava il cuore inconsapevolmente.
E ancora una volta dimostrò di sapere cose che avrebbe dovuto sapere qualcuno come Louis, forse, constatò Alex.
Perché il babysitter di suo fratello era lì a consolarla come se fossero amici?
<< Io non ho bisogno di lei >>, confessò continuando a tenere lo sguardo basso.
La testa piena di pensieri, buoni e cattivi. Suo madre, l'accademia, Harry, la sua amnesia.
<< E’ solo che...Non so... >>. Lei si portò le mani sul viso, esausta.
Una lacrima le sfuggì dalle mani, finendo sul parquet.
Stava diventando davvero debole negli ultimi tempi.
<< A volte vorrei che qualcuno mi supportasse, che fosse lì a dirmi che qualsiasi cosa io voglia, mi starà vicino. Vorrei vedere i miei genitori soddisfatti di quello che sono. Vorrei che mio padre mi parlasse che...Voglio piantarla di combattere ogni giorno >>, sussurrò iniziando a piangere più forte, il viso ancora nascosto fra le mani.
Strinse gli occhi nel vano tentativo di trattenere le lacrime.
Poi percepì  dei passi muoversi verso di lei, all'interno della stana, e all’improvviso due braccia la avvolsero, stringendola forte, ma non troppo, ma quel tanto che bastava per darle protezione. In quel modo perfetto in cui nemmeno Louis sapeva abbracciarla.
Spalancò gli occhi sorpresa, sentendo il corpo caldo di Harry vicino al suo. Si sentì sciogliere, come se avesse un peso in meno da portare.
Ma non sapeva se il suo fosse stato soltanto un gesto di compassione o di affetto, fatto stava che l’aveva sorpresa.
Istintivamente allungo le braccia dietro la sua schiena allacciandosi a lui come se fosse un’ancora di salvezza.
Chiuse gli occhi, e in quell'attimo esatto si sentì al sicuro. Sospirò e improvvisamente provò una strana sensazione, una sensazione che la autorizzava a tirare fuori tutte le sue paure, le sue preoccupazioni.
Era come se ci fosse una voce nella testa che le dicesse: "Adesso puoi essere debole, ci sono io".
Così nascose il volto nel maglioncino scuro di Harry e si lasciò andare ad un pianto liberatorio che durò per tanto di quel tempo da perdere il conto dei secondi e dei minuti in cui rimasero abbracciati.
Alex temeva che ad un certo punto lui si sarebbe stancato e l’avrebbe lasciata lì immersa nella sua futile depressione e nelle sue paure, ma ciò non accadde.
Quando finalmente la rossa si calmò, si allontanò di poco da lui, il necessario per riuscire ad osservare quegli occhi verdi che qualche giorno prima le avevano fatto ricordare una marea di cose confuse e insensate.
Pensò che se anche un minimo di tutta quella confusione le era passata per la mente, significava che era impossibile che lui le fosse completamente estraneo. Solo, non voleva dirle nulla, e lei non ne capiva il motivo.
<< Harry, perché le mie amiche dicono che non abbiamo alcun tipo di rapporto e quando provo a parlare di te con Louis, lui è estremamente evasivo? >>, domandò sospettosa, asciugandosi velocemente il viso con la mano destra, incurante di essere passata da un'atmosfera all'altra senza preavviso.
I loro corpi erano così vicini che era impossibile non percepire quanto si fosse irrigidito quello di Harry dopo quella domanda.
Il riccio si allontanò da lei quasi subito, voltandosi, interrompendo quel contatto fra loro.
La tattica del darmi le spalle non funziona, carissimo.
<< Forse perché è vero >>, improvvisò lui.
Pessimo tentativo.
Alex fece una smorfia insoddisfatta e aggirò il ragazzo posizionandosi nuovamente davanti a lui.
Si sentì prendere da un nuovo desiderio di sapere. 
Perchè lei voleva sapere quale fosse il ruolo di Harry nella sua vita, lo voleva.
<< Perché non vuoi dirmelo? Perché mi hai detto che è troppo tardi?? Cosa vuol dire? >>, incalzò lei.
Lo sguardo del ragazzo vagò per la stanza, soffermandosi ovunque tranne che su di lei.
Lo sapeva, si disse lui, aveva sbagliato di grosso a raggiungerla in camera sua.
<< I-Io devo scendere da tuo fratello >>, balbettò avvicinandosi alla porta.
Cosa!?
No no no no no!
Alex scattò in avanti afferrandolo per un braccio.
<< Non sono stupida, ok? Quel giorno in cui mi venne mal di testa, vidi qualcosa. Ho delle immagini confuse, ma ricordo. C’eri tu e io e...ricordo un prato, i tuoi occhi.. >>, farfugliò sforzandosi in maniera disumana, la testa cominciò a dolerle nuovamente.
Quando alzò lo sguardo notò che gli occhi del riccio erano leggermente spalancati, sorpresi, forse speranzosi.
<< Non potrai tenermelo nascosto per sempre, prima o poi lo scoprirò. E la mia amnesia è temporanea, lo sapevi? >>, lo informò puntano lo sguardo nel suo.
Lo vide aprire la bocca per parlare, ancora esterrefatto.
<< No, non lo sapevo >>, confessò.
Lei si lasciò sfuggire un sorriso di trionfo mente gli lasciava andare il braccio.
<< Ma non cambia molto >>, si affrettò ad aggiunse Harry, assumendo improvvisamente un tono infastidito.
 La rossa spalancò la bocca, incredula.
<< Come sarebbe!? >>, sbottò seguendolo fuori dalla stanza mentre lui tentava di mettere quanta più distanza possibile da lei.
<< Sarebbe che questa conversazione è durata anche troppo >>, aggiunse il ragazzo mentre iniziava a scendere la scale, scappando.
Era consapevole di star fuggendo come un codardo, ma non poteva fare altro.
Ma non ha negato, però. , osservò lei.
Avrebbe potuto dirle che erano solo conoscenti che sapeva determinate cose perché viveva praticamente con loro, e invece no.
Niente.
Sospetto.
<< Tanto lo scoprirò comunque, anche da sola! >>, gli gridò dietro rientrano in camera e sbattendo la porta, arrabbiata.
Ci puoi giurare.


 

Louis se ne stava seduto sul muretto davanti alla biblioteca del parco. Un edificio interamente marrone cacca, imponente e pauroso.
Pensava: se la gente aveva davvero l’intenzione di invogliare i ragazzi a studiare, perché costruire una roccaforte simile che più che farti venire voglia di entrarvici, ti faceva cagare a dosso.
Andiamo, sembrava il castello di Dracula.
E si rese conto che, ancora una volta, pur di prestare attenzione ai discorsi dei suoi compagni di comitiva, preferiva fantasticare su quanto facesse schifo quella biblioteca. Solitamente, su quel muretto malmesso, usava passare le serate con quella cerchia di amici con cui ormai, più che un piacere, era diventato un supplizio starci insieme.
La serata stava trascorrendo in maniera così monotona e noiosa che gli risultava difficile anche fare qualcuna delle sue solite battute.
Si infilò d’istinto la mano nella tasca dei jeans chiari, poiché di solito quando era annoiato, Alex lo tirava su di morale come nessun altro.
Ma si accorse immediatamente che il suo cellulare non c’era.
Corrugò la fronte.
Come poteva non esserci? Si ricordava perfettamente di averlo messo in tasca, e nell' ultima mezz’ora l’aveva controllato anche parecchie volte per informarsi sull’orario, a causa della noia.
Che stesse diventando matto?
Alex mi ha infettato l'amnesia, pensò.
Poi guardò ad uno ad uno i suoi amici intenti a parlottare e ridacchiare fra loro, erano una decina almeno.
<< Ragazzi, qualcuno ha preso il mio cellulare? >>, domandò, sperando di essere calcolato.
Sembravano tutti così presi dai loro discorsi patetici.
<< Ce l’ha Lorain! >>, lo avvertì la vocina stridula di una ragazza.
<< Camilla! >>
La finta rossa rifilò una gomitata allo stomaco dell’amica per poi rivolgere un sorriso smagliante a Louis.
<< E tu perché hai il mio cellulare? >>, indagò lui perforando i suoi occhi neri con lo sguardo, serissimo, quasi infastidito.
Lei gli si avvicinò, isolandosi dagli altri e continuando a sorridere come se bastasse fare quello per conquistare un ragazzo.
Per certi versi poteva essere vero, ma si parla di sorrisi sinceri in quei casi.
<< Stavo guardando una cosa >>, rispose vaga.
<< Dammelo >>, gli ordinò lui senza cambiare tono della voce.
Lorain sbuffò, odiava quando Louis le si rivolgeva in quel modo.
D’altronde lei faceva di tutto per guadagnarsi la sua attenzione, che cosa aveva mai fatto di male per meritarselo?
<< A che ti serve, scusa!? Stai con noi a divertirti, non ti serve a niente! >>, esclamò piccata sedendosi di fianco a lui sul muretto.
<< Lorain, dammi quel cazzo di telefono! >>
Louis stava quasi per perdere la pazienza.
Per quanto quella ragazza, agli occhi di altri, poteva sembrare carina e simpatica, in realtà non era altro che una lagna irritante.
La rossa gli porse il BlackBerry sbuffando e lui glielo strappò immediatamente di mano.
<< Nessuno ti ha mai dato l’autorizzazione di farti gli affari miei, vedi di piantarla >>, le intimò, ancora irritato.
La ragazza alzò gli occhi al cielo accentuando i lineamenti della sua faccia da furbetta vispa, poi si aggiustò un po’ la giacca di jeans e si ravvivò i capelli. Sospirando scocciata, si poggiò con un braccio sulla spalla del castano.
<< Volevo soltanto che stessi un po’ con noi in tutti i sensi, invece che perdere tempo con Quella >>, disse con disprezzo indicando il telefono, perché sapeva che ogni qual volta Louis rispondeva ad un messaggio col sorriso sulle labbra, era merito di “quella”.
Lui capì immediatamente a chi si stava riferendo.
<< Non chiamare ma più Alex in quel modo. Lei è mia amica, finiscila >>, sibilò tentando di scrollarsela di dosso, senza lasciarsi incantare dalle sue movenze completamente studiate per attirare l’attenzione.
Lorain scoppiò a ridere buttando indietro la testa in modo teatrale, apparentemente per un motivo compreso soltanto da lei.
<< Tua amica?? Ma per favore, lo capirebbe anche un mulo che ti viene dietro! >>, esclamò convinta.
Louis strinse la presa sul cellulare e chiuse gli occhi, imponendosi di stare calmo.
Razza di gallina ritardata.
Lui e Alex erano amici. E Alex non voleva Louis, voleva ben altro, solo che al momento non ne era consapevole.
E Louis, lui in quel momento voleva...beh...
Ma che ci pensava a fare? Quella stupida gli stava soltanto facendo perdere tempo.
<< Smettila di dire cretinate e lasciami in pace >>, si lamentò sperando di sembrarle abbastanza convincente, anche se sapeva già che con quella ragazza non c’era mai modo di mettere fine all’agonia.
<< Già, forse preferisci perdere tempo con lei >>, continuò difatti, << O peggio, con quell’altra, com’è che si chiama? >>.
Ed eccolo, il colpo basso.
Louis iniziò ad irrigidirsi.
<< Bunny? >>
<< Bonnie >>, la corresse il castano serrando le labbra.
<< Ecco >>, si illuminò lei poggiandosi completamente sulla sua spalla, neanche lui le avesse dato il permesso di sdraiarglisi addosso.
<< Quella cretina che ti diede buca. Non ti basta che ti abbia già preso per il culo una volta? >>, insistette, incurante, sorridendo come se stesse facendo la conversazione più normale del mondo, quasi soddisfatta di ciò che stava dicendo.
<< Lasciala in pace >>, rispose lui freddo, stringendo la presa sul muretto bianco, tanto da far diventare le nocche bianche.
<< La difendi anche? Dai, quella sera, se non ci fossi stata io, tu saresti... >>
<< Basta, cazzo! >>, gridò lui alzandosi di scatto dal muretto con un gesto rabbioso e mettendo quanta più distanza fra lui e quella noiosa civetta in calore.
Lorain rimase spiazzata vedendolo reagire in quel modo.
Evidentemente lei non si aspettava che quella storia gli desse ancora così fastidio.
Che gli importasse tuttora di quella ragazza?, si chiese preoccupata.
Ma a Louis, oltre che a dare fastidio, quella vecchia questione ormai chiusa(ma per lui ancora in sospeso)dava sorprendentemente sui nervi.
Ne era rimasto così scosso, turbato, risentito, deluso, quasi da non crederci.
A quei tempi non era nemmeno stato capace di parlarne con Alex, si ricordò. Il che era grave.
Le aveva raccontato una balla qualsiasi, convincendo anche se stesso che fosse la verità. Ma non lo era affatto, e lui lo sapeva.
Probabilmente temeva che lei lo sarebbe andata a raccontare alla sua amica, anche se sapeva che Alex non avrebbe mai potuto fargli una cosa del genere.
Quella di Louis era soltanto paura.
O orgoglio spudorato.
Non lo sapeva nemmeno lui.














E come molte di voi sospettavano, Hazza la va a consolare. u.u
Che dire, per una volta sono stata prevedibile!
Ma vi prometto che non accadrà mai più. è.é
La parte di Louis invece nasconde qualche piccolo mistero in più,
ma questa volta mi sto zitta e non vi do nemmeno un indizio.
L'effetto sorpresa è il migliore, vi mette sembre nel sacco! xD
*battute di poco gusto mode on*

E niente, volevo soltanto dirvi che vi amo e vi adoro.
E che per quanto queste parole possano sembrare banali, io le penso davvero.
*attimo di dolciosità*

Ora basta far le serie però. ù.ù
Gente, vi auguro tutti i giorni di smerdare le persone come il nostro Bad Boy AHAHAHAHAHAHAHAAH
Non ci posso ancora credere. ZAAAAAAYYN, TI STIMO. AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
*cade dalla sedia per le risate*
E basta. lol
*ritorna in sè*





Ci tengo a precisare che metto la foto di Hazza solo perchè non sta con Taylor,
altrimenti avrei fatto una bella ripassatina di tutti i santi del calendario e glieli avrei dedicati. :3





E dopo questa me ne vado. T.T
Bye!





Trallallero, trallallà.
lol

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Capitolo 9
*** Fumo e Cenere ***








Ti aspettavi di udire 
"Sei il solo per me" 
Metti l'anima in pace 
Quei giorni son già 
Fumo e cenere
(Fumo e Cenere - Finley) 










CAPITOLO 8 - Fumo e Cenere







Zayn non era mai stato un tipo a cui piaceva legarsi agli altri. Quelle poche volte in cui l’aveva fatto, era rimasto fregato. Perciò non amava andare dietro ad una ragazza per intenzioni serie, non che lui non fosse una persona ragionevolmente seria, relativamente parlando.
Ma il fatto era che, soprattutto dopo un "certo avvenimento", il moro aveva smesso di rincorrere i sentimenti.
Arrivò in accademia con largo anticipo, entrando dalla porta principale e salutando il guardiano in segreteria con un cenno brusco della mano. Percorse un enorme corridoio dai muri beige, intervallati da porte rosse che conducevano ognuna ad un’aula, un auditorium, o quant’altro, per la varie attività svolte in quell’edificio. Zayn arrivò sul fondo del corridoio e svoltò a destra, tranquillo. La prima porta sulla sinistra era lo spogliatoio maschile, mentre quella di fronte era per le ragazze. Nel mezzo, fra i due spogliatoi, c’era una porta semi trasparente che rivelava una palestra spaziosissima. Il moro si tolse il borsone di dosso e lo poggiò sulla cassapanca.
Erano appena le tre di pomeriggio e non c’era anima viva dato che le lezioni cominciavano alle tre e mezza.
Decise di entrare in palestra e provare qualche passo di cui non era sicuro.
Zayn uscì fuori dallo spogliatoio guardandosi intorno per accertarsi che non ci fosse davvero nessuno, gli dava fastidio essere osservato mentre era da solo a provare. Con gli altri ragazzi era diverso, la tensione diminuiva e non ti sentivi sotto pressione, ma essere consapevoli di essere l’unica persona al centro della pista, con chissà quanti paia di occhi puntati su di te, era una cosa insopportabile per lui.
Spalancò la porta della palestra e si posizionò davanti allo specchio, a qualche metro di distanza.
Si fissò e poi cominciò a muovere le gambe lentamente, pensando al tempo dettato dall’insegnante. Accompagnò il corpo con le braccia e guardò attentamente il suo riflesso, si bloccò. No, c’era qualcosa che non andava. Non riusciva a coordinare bene le braccia e le gambe fra loro.
Fatto velocemente, quel movimento sembrava a posto ma osservato con attenzione, era privo di armonia.
Si concentrò ancora e decise di riprovare tutta la coreografia unendola a quel passo complesso.
Ma solo dopo dieci minuti si accorse di non essersi cambiato i vestiti, l’ambiente iniziava a diventare umido e a lui faceva caldo. Non voleva sporcare la maglietta pulita, per cui, certo di essere ancora solo in sala, si alzò la maglia e se la sfilò. Uscì fuori dalla palestra per andare nuovamente in spogliatoio, ma appena aprì la porta, la sentì sbattere contro qualcosa, che poi urlò.
Doveva essere una persona, ipotizzò.
Merda.
Era una ragazza.
E non una ragazza qualsiasi.
<< Meredith, cosa ci fai qui? >>, domandò apparentemente turbato.
La ragazza dai capelli corti e neri alzò un sopracciglio massaggiandosi la parte del braccio che aveva colpito la porta.
Zayn notò che aveva da poco tagliato i capelli, aveva un carré liscio e molto corto dietro.
<< Anch’io frequento questa palestra, che cosa ci faccio qui secondo te? >>, gli rispose imitando il tono del ragazzo.
<< Le lezioni cominciano tra venti minuti >>, le fece notare lui accorgendosi solo dopo qualche istante di essere ancora a petto nudo e di averla messa a disagio dato che lei continuava a guardare a terra o in qualsiasi altro posto piuttosto che verso di lui.
Dannazione, si maledisse. Non voleva più trovarsi in certe situazioni imbarazzanti con lei, non doveva succedere.
La detestava, era arrabbiato con lei, anche se infondo non era vero. Ma un minino di odio lo aveva e come.
E per quello che provava realmente lei nei suoi confronti, era più che sicuro che darle corda era sbagliato.
<< Beh, anche tu sei venuto prima >>, constatò Meredith riuscendo finalmente a puntare i suoi occhi neri in quelli cioccolata di Zayn.
Lui sentì un moto di rabbia invadergli lo stomaco. Non voleva vederla.
Lui la amava, la desiderava, e ora se la ritrovava davanti, con quegli occhi, quei capelli, quello sguardo e...non poteva.
Doveva semplicemente ricordarsi di trattenersi, di star fermo. Perché si.
<< Dovresti imparare ad evitarmi come fanno tutte le ragazze con i loro ex fidanzati >>, la zittì Zayn voltandosi di scatto e lasciandola lì, con la bocca ancora semichiusa nel tentativo di rispondergli.
Si infilò nello spogliatoio e sbatté la porta, irritato.
<< Da quando tu vieni così presto in palestra? >>
Zayn sentì un’altra voce femminile provenire dal corridoio.
Non gli servì molto per capire che si trattava di Bonnie. Lei si, arrivava quasi sempre in anticipo per provare e cambiarsi in tranquillità, non le importava di essere guardata.
La sua risposta pronta era: “ Chi se ne frega”. Non aveva tutti i torni però.
Nemmeno ora, mentre faceva quella domanda a Meredith.
Il moro si portò le mani al viso poggiandosi al muro e sospirò, lasciò scivolare la maglietta sulla cassapanca.
Lui e Meredith erano stati insieme, per un anno.
Un anno intero.
Un anno che gli era sembrato una vita, ma che in un attimo poteva trasformarsi un secondo, come se non fosse stato abbastanza.
Come il secondo che era bastato a lei per rovinare tutto.
L’aveva amata. Anzi no, l’amava ancora.
Tutto quello che avevano passato insieme.
Il legame che avevano costruito, ciò che avevano condiviso, i ricordi, le confidenze, la famiglia stessa, gli interessi, una vita intera.
Tutto sprecato.
Tutto andato in fumo.
Fumo e cenere. Non ne era rimasto altro. Per lei non era stato niente, aveva dimenticato ogni cosa in un attimo, non le importava, non le era mai importato. Mentre lui ci stava ancora male, mentre lui si sforzava di non piangere per una ragazza che non avrebbe mai fatto lo stesso per lui.
Perché lui era Zayn Malik, e Zayn Malik non piange per una donna, soprattutto per una stronza menefreghista. Per una troia che si sveglia un giorno qualsiasi, mentre tu stai per dirle che lei è la cosa migliore che ti sia mai capitata, e ti dice che è finita.
Ti lascia. Ti abbandona. 
Ti pianta sulla sedia scomoda di un bar qualsiasi di Londra e se ne va, senza dire altro.
Solo: “ è stato bello, ma ora non ne ho più bisogno”.
Stop. Questo.
Una frase era tutto quello che era servito a Meredith per ghigliottinare una storia che per lui era stata importante.
E che lo era ancora, importante.
Oh, ma Zayn non si sarebbe lasciato buttare giù in quel modo. Lui era un tipo che reagiva.
Avrebbe dimenticato, come aveva già fatto con qualsiasi altra cosa in passato.
Sarebbe stato forte.
Niente più ragazze, niente più Meredith, niente più sentimenti.
Troppi casini.
<< Zayn, tra poco iniziamo, fai lezione nudo? >>, gli domandò sarcastico un suo compagno.
Cribbio, lo spogliatoio si era riempito all’improvviso.
E lui non se n’era neanche accorto.
Da quanto tempo era in trans a rimuginare sui suoi problemi?
Bene, Zayn, è così che vuoi essere forte?
<< Arrivo >>, avvisò rivolgendosi all'amico.
Finse un sorriso e cominciò a cambiarsi.




Un’ora più tardi Alliscia, la loro insegnate, aveva rispediti i ragazzi negli spogliatoi grondanti di sudore.
Se Hitler era un sadico, Alliscia era una massacratrice nata.
Amava ridurre i suoi ragazzi ai minimi termini, e se almeno tutti non sudavano come porci in calore non era soddisfatta.
Bonnie si avvicinò all’uscita della sala per dirigersi, come le altre, nello spogliatoio, ma non appena aprì la porta si ritrovò davanti Meredith che bloccava Zayn per un braccio.
Alzò gli occhi al cielo.
Che scena disgustosa.
Quella ragazza era una cretina e una vera rompi coglioni.
Se lei fosse stata al posto di Zayn, l’avrebbe già mandata a fanculo nel peggiore dei modi.
<< Che ti serve ancora!? >>, sbottò di fatti lui infastidito, rivolto alla sua ex ragazza.
La bruna col caschetto continuò a guardarlo sfoggiando uno dei suoi soliti sguardi da cucciolo bastonato. Evidentemente si sentiva in colpa e credeva che assumendo quel comportamento, Zayn le avrebbe sorriso e le avrebbe detto di non preoccuparsi, tanto era tutto a posto.
Ma non poteva essere tutto apposto. Quando ami una persona non puoi rimettere tutto in ordine con uno schiocco di dita, non funziona così.
Se tu hai un cuore, non funziona così. Razza di stupida.
E Bonnie lo sapeva bene, ecco perché quella situazione le dava sui nervi in particolar modo.
Perchè le ricordava cose che avrebbe preferito restassero al loro posto nel dimenticatoio.
<< Meredith, porca madonna, perché non la pianti di rompere i coglioni a questo ragazzo? >>, se ne uscì difatti, con tanto tatto e tanta finezza.
Non la sopportava più neanche lei.
Bonnie la vide voltarsi lentamente in stile esorcista verso di lei, le venne quasi da ridere.
Mentre Zayn aveva più o meno la stessa reazione, solo che la sua bocca sembrava volesse per forza pulire il pavimento tanto che era spalancata.
Cribbio, fa così strano vedermi combattere per le cause perse?
<< Non mi sembra siano affari tuoi >>, la rimbeccò la ragazza alzando un sopracciglio.
Bonnie sorrise cordiale.
<< In realtà si, perché è da oggi pomeriggio che scartavetrate i coglioni a mezzo edificio, e in ogni caso non sono nemmeno affari tuoi visto che lo hai scaricato nel peggiore dei modi >>, la zittì.
Come faceva a saperlo? Semplice, le voci in quel posto giravano che è una bellezza, perciò molto spesso ti ritrovavi ad avere informazioni anche senza volerlo.
La breve distrazione di Meredith bastò a Zayn per permettergli di divincolarsi dalla sua stretta e sgattaiolare nello spogliatoio lontano da lei.
Prima di andare a cambiarsi, la bruna psicopatica le lanciò un’occhiata furente e la sorpassò a passo svelto.
Bonnie scrollò le spalle, non le importava un fico secco di quello che pensava quella ragazza.
Nello spogliatoio la vide cambiarsi e lavarsi in fretta e furia senza rivolgere una parola o un sorriso a nessuno, e infine se ne andò senza salutare.
Un’altra delle sue compagne lanciò uno sguardo verso la porta appena chiusa e si voltò a guardare le altre alzando le sopracciglia.
Le scosse la testa, non erano affari suoi se Meredith era di mal'umore.
Bonnie, prima di andar via, si sedette un attimo sulla cassapanca e osservò il cellulare. C’era una messaggio di Chris che le chiedeva come era andata la lezione. La bastarda non era potuta venire poiché aveva una visita dall’oculista, e l’aveva lasciata sola fra le grinfie di Miss “scarico i ragazzi ma ho comunque un bel culo”.
Quando sentì l’ultima ragazza che apriva la porta e la salutava per andar via, le sorrise e poi si decise anche lei a tornare a casa.
Ripose il cellulare nel borsone e si diresse all’uscita.
Quando superò l’ingresso, si accorse, con sua grande disapprovazione, che infinite goccioline d’acqua le stavano inondando la faccia.
<< Merda, ma non ho l’ombrello! >>, gridò pensando ad alta voce come un andicappata.
<< Posso darti una passaggio se vuoi, ho la macchina >>.
Bonnie si irrigidì all’istante e sobbalzò sentendo quella voce, poi si voltò alla sua sinistra, quasi sconvolta e terrorizzata.
Zayn Malik era sotto la cappottina del chioschetto di crepes lì accanto e fumava indisturbato, fissandola, con la sua solita calma imperturbabile, aspettando una risposta.
<< Maledizione, lo sai che la gente può morire di arresto cardiaco quando viene spaventa all’improvviso? >>, si lamentò lei raggiungendo il ragazzo lì sotto per ripararsi dalla pioggia.
<< Questo dovrebbe corrispondere ad un “Si, grazie Zayn, cosa farei se non ci fossi tu?” >>, la prese in girò lui gettando fuori una boccata di fumo in maniera teatrale.
Cosa che la face rimanere alquanto schifata.
Dico io, ma perché ti atteggi di continuo? La gente lo sa che sei un demente, che cosa credi!?
<< Vedo che le tue capacità di comprensione hanno un livello pressoché uniformato con il tuo cervello >>, rispose lei snobbandolo.
Il moro scoppiò a ridere sonoramente, come un idiota.
<< Sei divertente, sai? >>, le fece notare con nonchalance.
Bonnie alzò gli occhi al cielo.
Chissà perché non le avrebbe dato per niente fastidio il fatto di essere accompagnata a casa da Mafia Jawaad Malik.
Anzi, le risultava piuttosto divertente, avrebbe potuto prenderlo in giro in continuazione, e questo la rilassava in maniera fantastica.
<< Grazie per prima, Stewart >>, aggiunse ancora il ragazzo, gettando la sigaretta a terra e pestandola con un piede.
Zayn, poco prima, si era ritrovato Bonnie che prendeva a parolacce la sua ex, tentando di levargliela di torno in modo semplice.
Cosa che lui aveva perso la facoltà di fare a causa della sua debolezza nei confronti di Meredith.
Si era scoperto a pensare: “ La Stewart mi sta difendendo?”, sotto shock.
Lei lo guardò in viso, seria, per la prima volta in quella giornata, e sorrise con semplicità.
<< Non l’ho fatto per te, Mafia, credimi >>, affermò per poi voltarsi di nuovo.
Il moro corrugò il naso e prese a camminare verso la sua auto, accertandosi che lei lo stesse seguendo.
Quando entrarono in macchina lui abbandonò la schiena sul sedile per qualche secondo e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, mentre la ragazza lo osservava con occhio critico. Probabilmente di lì a poco ne avrebbe sparata un’altra delle sue. Decise di anticiparla.
<< Mafia? >>, chiese riferendosi a prima, con aria sfrontata.
Bonnie si lasciò sfuggire un ghigno divertito.
<< Mi stai dicendo che non noti una certa somiglianza fra la tua faccia e quella di Don Lino di Shark Tale? >>
Lui scoppiò di nuovo a ridere, facendo sorridere anche lei.
Possibile che quel ragazzo dovesse ridere per ogni cosa che lei diceva?
Aveva una bella risata però.
<< Allora, metti in moto questa bagnarola o pensi che da un momento all’altro possa trasformarsi nell’Arca di Noè e trasportarci di sua iniziativa verso casa? >>, continuò la bruna tentando di riprendere il suo solito tono brusco.
<< Agli ordini, capitano! >>, la sfotté lui sorridendo e mettendo in moto.
Capitano? Ok, questa me la segno.




Harry arrivò a scuola in ritardo. Ormai le lezioni erano cominciate da un pezzo. Si disse che sarebbe entrato in classe alla seconda ora.
Si poggiò all’armadietto e sospirò. Quella del giorno prima era stata una giornata alquanto movimentata. C’erano stati avvenimenti che mai si sarebbe aspettato, e voleva prendersi a pugni per questo. A partire proprio dal fatto che era andato in camera di Alex per consolarla.
Perché l’aveva fatto?
Era chiaro, era un masochista spudorato.
Poteva semplicemente chiamare Louis e dirgli di venire a casa per starle vicino, anche se quando vedeva quei due insieme, pur sapendo che erano legati da profonda amicizia, provava una punta di gelosia.
Si passò una mano fra i ricci disordinati.
“ Quel giorno in cui mi venne mal di testa, vidi qualcosa. Ho delle immagini confuse, ma ricordo. C’eri tu e io e...ricordo un prato, i tuoi occhi..”
Harry chiuse gli occhi e deglutì.
Allora qualcosa lo ricordava, lei.
Quella mattina in cui avevano entrambi saltato la scuola insieme per raggiungere le strade di campagna completamente al di fuori da Londra e dal mondo stesso. Avevano fermato la macchina in mezzo al nulla e si erano stesi sul prato, fra l’erba verde, incuranti degli insetti che scorrazzavano sul terreno.
Era passato appena qualche mese da quel giorno particolarmente caldo di Settembre.
E Harry ricordava ancora alla perfezione tutto il tempo che loro due erano rimasti abbracciati, che le sue mani avevano sfiorato la pelle fresca di Alex, i suoi occhi limpidi che lo guardavano come se fosse l’unica cosa di cui avesse bisogno.
Basta, pensò staccandosi dall’armadietto per dirigersi in bagno.
Si stava facendo del male.
Lei non lo avrebbe mai più visto in quel modo.
Gli sembrava di star ricordando i tempi andati con una sua ex ragazza, quando invece era molto peggio.
Lei non ricordava nulla.
In effetti sarebbe stato meglio se si fossero semplicemente lasciati, invece che ritrovarsi in quella situazione.
“Non potrai tenermelo nascosto per sempre,  prima o poi lo scoprirò. E la mia amnesia è temporanea, lo sapevi?”
Si batté una mano sulla testa, doveva smetterla.
<< Harry! >>, sentì una voce femminile alle sue spalle e si voltò di scatto, colto alla sprovvista.
Una ragazza dai capelli biondi gli si avvicinò sorridendogli cordialmente.
Oh, era lei.
Norah, era una sua amica che aveva conosciuto grazie a Louis.
Era una ragazza che tempo addietro frequentava il gruppo del castano, mentre ora aveva preso ad uscire con altre sue amiche.
Era una brava ragazza, piuttosto seria, qualcuno con cui potevi scambiare due chiacchiere senza rimanere sotto shock, insomma.
<< Ehy, come mai fuori? >>, le domando, cercando di apparire tranquillo.
Lei si morse il labbro.
<< Dovevo andare in bagno, ma poi ti ho visto. Di nuovo in ritardo oggi, eh? >>
Il riccio sorrise annuendo, si portò le mani in tasca, suo solito vizio incorreggibile.
<< Come va? Ho notato che ultimamente sei un po’ giù >>, continuò lei osservandolo di sottecchi.
Harry si accigliò leggermente. Norah riusciva sempre a capire se c’era qualcosa che non andava in lui. Probabilmente era per il fatto che se ne stesse sempre ad osservarlo in silenzio e a fargli domande che nessuno avrebbe mai ipotizzato.
Quante volte Alex gli aveva detto che quella ragazza le stava antipatica? Lui sorrise al pensiero di ricordarla un po’ gelosa.
La bionda aggrottò le sopracciglia vedendolo sorridere senza motivo e lui si ricompose.
<< No, tutto ok, grazie mille >>, rispose spostando lo sguardo per posarlo sul pavimento.
Norah se ne rese conto, Harry non era bravo a dire le bugie, come non era bravo a nascondere le cose.
Ovviamente pochi si accorgevano delle sue stranezze, perché pochi lo osservavano costantemente e premurosamente come lei.
Sapeva praticamente tutto di quel ragazzo.
E aveva notato che in precedenza Harry aveva un particolare interessamento per una persona, ma non sembrava che i due avessero alcun tipo di rapporto. Anche se quella ragazza non faceva altro che fissarlo tutto il tempo, sorridergli e lanciargli strane occhiate che lei proprio non capiva.
Come aveva notato che ultimamente, da quando quella tipa era stata in ospedale, non si cagavano nemmeno di striscio, il che la faceva sentire stranamente sollevata. Anche se vedere il riccio così triste le procurava un immenso vuoto allo stomaco.
<< Guarda che sono una persona affidabile, io >>, insistette.
Lui fece per ribattere ma la campanella lo precedette, segnando la fine della prima ora.
Norah lo vide spostare lo sguardo verso una classe precisa, seguì la traiettoria dei suoi occhi ritrovandosi davanti la chioma rossiccia e indomabile di Alexandra Anderson.
Cosa, ancora?!
La bionda vide la ragazza voltarsi e guardare nella loro direzione.
Si sentì alquanto a disagio e fuori luogo a starsene in mezzo a quei due che si fissavano in maniera abbastanza intensa e sospetta.
Poi la Anderson spostò lo sguardo su di lei.
Norah si sentì piuttosto in difficoltà. Forse la sua presenza dava fastidio a quella ragazza, forse lei credeva che...
<< Scusami, io devo andare >>, si sentì dire da Harry.
Cavolo, aveva momentaneamente dimenticato di trovarsi di fronte a lui, troppo presa da quella tipa strana che ora aveva ripreso a camminare insieme alle sue solite amiche.
Non fece nemmeno in tempo a voltarsi che vide la schiena del riccio allontanarsi fra la folla e sospirò.
Perché faceva sempre figuracce con Harry?
E poi, credeva si sapere sempre tutto di lui, e invece, in occasioni come quelle, non riusciva proprio a capire nulla.
O probabilmente sono io che mi ostino a non capire.
Norah sospirò e si diresse a sua volta verso l’aula di Storia.














Allora, sono proprio curiosa di sapere quello che mi direte in questo capitolo.
Zayn non sembra più tanto deficiente, ora, vero? *lo spera con tutto il cuore*
Eh, già. Dopo ben due FF interrompo la dinastica di Malik demenziali e provo a farne una seria.
Sperando di riuscirci fino alla fine. è.é
Ditemi, vi sta sul culo il nuovo personaggio di Meredith?
E Norah?
A me in realtà fa un po' pena la biondina. lol
E niente, voglio solo sapere cosa è capace di elaborare ora il vostro cervello perverso.

Ah, gente, volevo mettervi in guardia. Sono di nuovo all'opera.
Sto scrivendo una nuova fan fiction. LooooL
Ma non l'ho ancora pubblicata, chiaramente.
Non so bene su chi è.
*si da un batta in testa*
No, seriamente.
"Se non lo sai tu".
D:
Sono in fase di elaborazione.
Ma la pubblicazione è imminente. u.u
Chi la laggerebbe se la pubblicassi? *-*

And then, in qualità di directioner dico che Mister X ha rotto i coglioni.
Tutti d'accordo?
Si, tutti d'accordo. lol
Okko.
Auguriamo tutti buona fortuna ai ragazzi per stasera al MSG.
è.é
Vabbè, va.
Vi lascio qualche immagine killer lungo la strada e mi dissolvo come l'aria.







Zaynuccio quando era ancora carino e coccoloso. *-*




Scusate, so che Horan non c'entra niente col capitolo ma DOVEVO metterla, DOVEVO.
Voi mi capite vero?
Non sono pazza. D:

aksdfbqwjefbhqjkwdbc

E basta.
Ciao!




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Capitolo 10
*** How to save a life ***







Drive until you lose the road
Or break with the ones you've followed
(How to save a life - The Fray)

 

 









CAPITOLO 9 - How to save a life








Louis sospirò.
Alex non la smetteva di chiedergli in continuazione di quel...di quel...coso riccio idiota e stupido.
Possibile che fossero così naturalmente attratti fra loro da non permettere che lei smettesse di pensarci anche se in teoria aveva dimenticato tutto? Cose da matti.
Louis detestava un po’quel ragazzo, ma si era sempre divertito a vederlo morire di invidia quando Alex gli diceva che voleva passare del tempo con il suo migliore amico. Ma d’altra parte anche il castano se la prendeva quando la rossa passava intere giornate senza degnarlo nemmeno di uno sguardo per stare dietro a quello lì.
Però, da bravo amico quale era, sapeva quanto lei...ci tenesse, per non dire un’altra parola più sdolcinata che proprio non gli andava di pensare.
Ma la cosa più frustrante era che Alex non la smetteva di fare domande sul famoso Tarzan della giungla comparso fra i contatti del suo telefonino.
Louis aveva una fervida fantasia, ma inventarsi una buona scusa ogni volta era difficile.
Tanto più che Styles gli aveva praticamente intimato di tenere la bocca chiusa perché non erano affari suoi.
Deficiente.
Si rendeva conto o no che non poteva tenere nascosta una cosa simile?
Ormai era Dicembre inoltrato e Alex non faceva grandi progressi con la sua memoria, se non su stupidaggini del tipo:
“ mi sono ricordata come si fa il tuppo!”. Ma non avrebbe già dovuto saperlo, in teoria?
Ora, Louis, aspettava la sua migliore amica quasi fuori dai cancelli della scuola.
Quel giorno, come stabilito, avrebbero passato il pomeriggio insieme.
Non se l’era sentita di dirle di no, anche perché non voleva farlo.
Ultimamente provava in tutti i modi ad evitarla per sviare le sue stupide domande su Harry Styles e quant’altro.
<< Ciao >>
Si riscosse e si voltò di scattò alla sua destra.
Alex era lì, circondata dai suoi capelli ramati, ondulati o ricci, quello che erano, che, a parere del ragazzo, andavano bene così com'erano. Le stavano bene.
Louis li preferiva a quelli perennemente piastrati, tinti e pieni di doppie punte di Lorain.
<< Ehy >>, la salutò sorridendo e avvicinandosi a lei.
Con la coda dell’occhio notò che anche le sue amiche erano lì per scortarla fino a lui, per accertarsi che andasse tutto bene, neanche fosse un maniaco stupratore di livello evoluto.
Bonnie Stewart non la smetteva di lanciargli sguardi omicidi dannatamente fastidiosi mentre lui si chinava per salutare la sua migliore amica baciandola sulla guancia.
Ma cosa voleva quella ragazza? Prima combinava i casini e poi se la prendeva con lui.
Avrebbe dovuto essere lui quello arrabbiato, cosa che effettivamente era.
Ma anche se quella cretina si era comportata in modo orrendo, lui, stranamente, non riusciva a smettere di pensare a lei.
Dannata ragazza.
<< Allora noi andiamo >>, avvisò Christine facendo un cenno ad entrambi e trascinandosi dietro Bonnie.
Louis ricambiò il saluto della ragazza e involontariamente spostò lo sguardo infondo al cortile.
I suoi occhi azzurri si scontrarono con un paio di iridi verde smeraldo che lo fissavano intensamente.
Harry li stava guardando, da lontano.
E Louis pensò che ‘guardare’ non fosse la parola adatta a definire l’espressione omicida che aveva in faccia quel ragazzo mentre osservava loro due che si scambiavano saluti amichevoli.
Ma cribbio, se ti da fastidio, dille la verità!
<< Boo? >>, si sentì chiamare, e non poté fare a meno di sorridere.
Sentirsi chiamare in quel modo da lei gli era sempre piaciuto, per qualche strano motivo.
Abbassò lo sguardo su Alex.
<< Non hai da studiare, vero? >>, domandò lei scrutandolo con lo sguardo.
Il castano fece spallucce.
<< No, avevo solo Fisica, ma la prof. domani è al matrimonio di una sua parente, quindi non c’è >>, affermò sfoggiando un sorriso maligno.
<< Bastardo. Io ho dovuto anticiparmi i compiti per domani, mentre tu non hai fatto una cavolo! >>, si lamentò lei.
<< Comunque voglio ritornare lì, oggi >>, continuò fissandolo.
Louis la osservò, notando che da quando aveva perso la memoria il suo comportamento era leggermente cambiato.
Forse perché si sentiva in colpa verso tutti, o temeva di sbagliare sempre a causa della sua amnesia.
Ma la Alex di adesso era più, come dire, dolce? Per un momento non gli sembrò di avere a che fare con la sua migliore amica, ma con una ragazza con la quale aveva un appuntamento, il che lo scioccò, perché era un pensiero alquanto stupido.
<< Alla terrazza? >>
Alex annuì.
La vide vagare con lo sguardo alle sue spalle e immediatamente capì.
Sta guardando quell’idiota patentato. Dio, ma sono ridicoli.
Poi la riccia si voltò e provò a fare qualche passo verso la vera uscita della scuola, finché non si bloccò di scatto arretrando improvvisamente. Una Mercedes di un nero luccicante si era appena fermata davanti a loro, frenando bruscamente, quasi spaventandoli. Era una macchina assurdamente bella e costosa, pulita soprattutto, e lucida.
Louis aggrottò la fronte mentre Alex rimaneva allibita ad osservare la scena.
Chi diavolo poteva possedere un’auto del genere? E soprattutto, che cavolo voleva da loro?
Arrivare in quel modo, poi, cos'è, una nuova moda?
Oh, merda.
Quando il finestrino finalmente si abbassò, Louis alzò gli occhi al cielo, non poteva crederci.
La ragazza, invece, spalancò la bocca e fissò il volto del ragazzo appena comparso oltre il vetro, quasi disgustata, anzi, non quasi, completamente disgustata.
Ci mancava giusto lui, pensò lei.
Liam James Payne stava squadrano Alex dalla testa ai piedi con un sorrisino per niente rassicurante.
Il macio Liam – I’m sexy and I know it - Payne si abbassò gli occhiali da sole volutamente scuri e lanciò anche una veloce occhiata al castano dietro, credendo di intimidirlo.
<< Sai, Alexandra, mi chiedevo come mai con tutti i soldi che hai ti ostini a frequentare queste scuole piene di caproni >>, la salutò, credendo di apparire simpatico, senza sapere che Alex si stava soltanto irritando in maniera smisurata.
Da quando lo aveva visto, focalizzato, a quando lo aveva sentito pronunciare il suo nome completo, la rossa stava praticamente decidendo se spaccargli la faccia attraverso il finestrino o semplicemente mandarlo a fanculo in maniera poco educata.
Louis si voltò indietro, curioso.
Harry li stava ancora fissando, e se è possibile, era ancora più incazzato di prima.
Il castano trattenne a stento un sorrisino divertito.
Mmh, che prospettiva interessante., pensò sadicamente.
Liam era capace di far saltare i nervi a chiunque.
E poi il riccio aveva un motivo in più per detestarlo a morte.
<< Che cosa ci fai qui? >>, sibilò Alex al riccone sfondato che si crogiolava negli sguardi adoranti degli altri studenti che osservavano sia lui che la sua macchina, ammirati.
<< Sono venuto a prenderti. Mia madre vuole che passiamo più tempo insieme, così potremmo conoscerci meglio >>, spiegò con indifferenza, con l'aria di chi aveva voglia di fare tutt'altro.
Alex lo fissò scettica per qualche secondo, poi scoppiò a ridere di gusto.
Oh, ecco, questa è la mia migliore amica!, rifletté Louis soddisfatto.
<< Io non salirei su quella macchina nemmeno se me lo chiedessi scoreggiando a tempo di We Will Rock You mentre balli break dance >>, gli rispose sarcastica.
Liam rimase piuttosto allibito dalla sua risposta; sbatté più volte le palpebre.
Possibile che una cosa del genere non lo facesse ridere?
Louis stava praticamente avendo una guerra mondiale interna per non stendersi a terra dalle risate.
<< Ma tua madre ha detto... >>
<< Mia madre!? >>, sbottò lei.
<< Senti, no, ora taci >>, gli intimò vedendo che Liam non accennava a voler star zitto e ascoltare.
<< Premettendo che non me ne freghi un cazzo di sembrare volgare davanti a te perché sei il figlio della Regina Elisabetta, quindi evita di rimanere sconvolto se dico  parolacce... >>, cominciò mettendo in gioco questa premessa.
Alex davvero non lo sopportava. Se ne stava lì a fissarla, con la sua macchina perfetta, i suoi occhiali perfetti, la bocca perfetta, il viso, ogni cristo di cosa, e poi la prendeva in giro credendosi superiore.
E il fatto stesso che lei il giorno prima avesse litigato con Marylin proprio a causa sua non faceva altro che farla innervosire ancora di più.
<< Tu, mia madre e tua madre, mi avete rotto i coglioni. Non voglio conoscerti meglio, non me ne frega, va bene? Non dovete scassarmi l’anima, piantatela! Ho reso l’idea o vuoi che sia più chiara!? >>, concluse alzando la voce.
Il ragazzo parve voler riflettere un po’ ma non si scompose, probabilmente nemmeno a lui importava molto di quella situazione assurda.
<< Io ho promesso a tua madre che ti avrei riportata a casa, ora se la prenderà con me >>, replicò serio, incupendosi.
Lei si lasciò andare ad un risolino divertito.
Questa era la piena dimostrazione di quanto gli importasse soltanto di fare bella figura.
<< Ti assicuro che l’unica con cui se la prenderà sono io. Sono maggiorenne, per l’amore di Dio, posso fare quel che mi pare. Non mi rompete! >>, sbraitò ancora Alex gesticolando e voltandosi esasperata verso Louis.
Probabilmente il castano avrebbe dovuto intervenire, ma non voleva buttarsi in mezzo agli affari della sua migliore amica in quel modo.
La sua famiglia già lo odiava per qualche strano oscuro motivo, peggiorare la situazione sarebbe stato soltanto un suicidio.
<< Alexandra, Sali in macchina, l’ho promesso >>, insistette Liam togliendosi completamente gli occhiali dal viso per guardarla bene in faccia, serio.
Lei gonfiò le guance, irritata più che mai.
Ma è ottuso, allora?, si chiese.
<< Mi pare che ti abbia già detto di no, dovresti andartene >>, intervenne ad un certo punto una voce.
Tutti e tre, sia Liam, sia Louis e sia Alex, si voltarono all’improvviso alla loro sinistra, sconcertati.
La riccia per poco non si sentì morire quando riconobbe quel tono di voce, quegli occhi.
Harry era in piedi vicino al muretto della scuola, a pochi metri da loro. Sembrava stesse studiando la scena da un po’, appoggiato con la schiena al muro, in maniera quasi elegante e melodrammatica.
Riusciva costantemente ad essere fine anche con un paio di scarpe da ginnastica addosso, pensò la rossa.
<< E lui chi è? La tua seconda guardia del corpo? >>, domandò Liam divertito.
Louis nel frattempo stava squadrano il riccio, piuttosto sorpreso.
Possibile che non si fosse accorto che si era spostato così vicino a loro?
Non riesci proprio a starle lontano, eh, idiota?
La ragazza tentennò un po’ provando a riprendersi dallo shock del momento.
<< Ora vattene >>, disse ancora Alex a Liam, tentando di sembrare autoritaria, quando invece la presenza di Harry l’aveva soltanto destabilizzata maggiormente.
<< Se tua madre si lamenterà io non ne vorrò sapere nulla! >>, sbraitò a quel punto Liam fissando tutti e tre i ragazzi e sbuffando. Il finestrino oscurato della Mercedes si richiuse e la macchina ripartì ingranando la prima con violenza, lasciandoli lì sul marciapiede, in un clima di imbarazzo disarmante.
L’intera folla di alunni curiosi ritornò a guardare altrove, riprendendo le loro conversazioni temporaneamente sospese.
A quel punto, Harry, dopo aver concluso il suo compito, si staccò dal muretto e con sguardo basso si avviò verso casa senza nemmeno salutare. Sentiva di aver esagerato abbastanza per quel giorno.
Alex sentì qualcosa muoversi nel suo stomaco.
<< Harry, aspetta! >>, lo chiamò, maledicendosi immediatamente per averlo fatto.
Non aveva un motivo preciso per averlo fermato, si sentiva soltanto molto stupida per aver dato aria alla sua bocca senza prima pensare.
Lui si girò, ed anche se era lontano si notava benissimo come il verde dei suoi occhi fosse fisso in quelli marroni di lei, in attesa.
Ora è inutile che neghi, se non avessimo alcun tipo di rapporto dubito che a quest’ora avresti provato a difendermi, rifletté.
<< Grazie >>.
Eppure, ecco cosa fu tutto quello che riuscì a dire Alex, a dispetto di ciò che avrebbe voluto davvero urlargli contro.
Avrebbe dovuto combattere, farlo tornare indietro con la forza e sbattergli in faccia la verità, farlo confessare.
E invece si era ridotta e fissarlo da lontano e a ringraziarlo.
Che cretina che era.
La verità era che man mano che passava il tempo, sentiva che qualcosa cambiava dentro di lei.
E capire cosa fosse era un’impresa.
<< Tutto ok? >>, le domandò Louis dopo che Harry si fu nuovamente voltato per proseguire dritto, facendola risvegliare dal suo stato di trance.
Louis sperò con tutto il suo cuore che Alex non ricominciasse a fargli domande su quel babbeo.
Aveva esaurito le scuse.
Giurò a se stesso che qualche giorno di quelli lo avrebbe afferrato per il cravattino e gli avrebbe detto che se non sarebbe stato lui a dire la verità ad Alex, lo avrebbe fatto lui. Che la cosa gli piacesse o no.
<< Si, andiamo >>, rispose la ragazza, provando a nascondere il suo turbamento.




Dopo essersi fatti aprire il portone dalla signora anziana al citofono, Louis ed Alex erano saliti fino all'ultimo piano, avevano tirato fuori una coperta da poggiare a terra e un’altra di riserva per coprirsi dal vento gelido di Dicembre.
<< Come faremo a venire qui quest’inverno? Già ora si muore dal freddo >>, osservò la rossa con una smorfia, fissando le nuvole sopra di loro.
<< Basta attrezzarsi per bene >>, disse lui semplicemente, stringendosi nelle spalle.
<< Boo, perché mi hai dedicato How To Save A Life dei The Fray? >>, se ne uscì all'improvviso Alex girandosi di lato per osservarlo di profilo.
Sentì una piccola fitta alla testa, ma decise di ignorarla.
Louis, dopo aver recepito una ad una tutte le parole della riccia, si alzò a sedere di scatto.
<< Come fai a saperlo!? >>, sbottò con gli occhi spalancati.
Alex si alzò a sua volta e aggrottò la fronte.
<< Non so, io... >>
Qual’era la parola giusta?
<< ...me lo sono ricordato >>, finì alzando lo sguardo su di lui, sorprendendosi di se stessa dopo aver realizzato cosa ciò significasse.
Vide gli occhi del ragazzo sprizzare felicità.
Louis la abbracciò di getto, stringendola più che poté.
<< L’hai ricordato >>, le sussurrò emozionato, quasi più di lei.
Alex, dopo aver afferrato completamente ciò che aveva fatto anche involontariamente, si staccò un po’ da lui.
Gli occhi lucidi di eccitazione.
<< Louis, ho ricordato! Louis! Io...io >>
Finalmente. Ce l’aveva fatta.
Certo, non aveva ricordato chissà cosa. Ma per lei anche i piccoli dettagli erano importanti.
Stavano a significare che non era tutto perduto e che, davvero, poteva uscire completamente fuori da quella stupida amnesia.
Si strinse di nuovo al suo migliore amico, contenta.
<< Ce la farai del tutto, vedrai >>, la rassicurò lui, sorridendo.
La rossa annuì, sperando vivamente che Louis avesse ragione.
E dopo altri minuti di entusiasmo e sorrisi, entrambi tornarono a stendersi sotto la coperta, sospirando.
<< Mi racconti come mai tu e Bonnie vi odiate così tanto? >>.
Ed eccola, la domanda fatidica che Alex conservava da tempo.
Louis si irrigidì appena, ricordandosi che riguardo a quella storia non aveva mai detto la verità a nessuno.
Che potesse farlo ora con Alex? Dopotutto, il destino gli aveva offerto una seconda possibilità per sfogarsi.
E se lei lo avesse raccontato a Bonnie?
Pazienza, era la verità.
<< Perché mi piaceva >>, replicò sospirando stancamente, consapevole di aver sbagliato il tempo grammaticale del verbo.
- Passato?, domandò una vocina interiore guardandolo con occhio critico.
E poi ancora: - Ti piaceva soltanto??
Basta!, pensò lui esasperato.
Alex spalancò gli occhi.
<< Cosa!? >>
<< E’ così >>
Lei alzò la testa per fissarlo, e si tenne su poggiando un gomito sulla coperta.
<< E poi? Cosa è successo? >>, chiese curiosa.
<< Niente, mi ha dato buca. Mi ha preso in giro, nulla di complicato >>, spiegò lui fissando la forma anomala di una nuvola qualsiasi, in alto.
La rossa aprì la bocca per parlare, ma si bloccò.
Bonnie che prendeva in giro le persone? Non era da lei, per quanto ne sapeva.
<< E perché lei ti odia? >>, domandò indagandolo con lo sguardo.
La storia le suonava talmente strana.
Il castano sbuffò. Quello era un mistero che nemmeno lui era riuscito mai a spiegarsi.
Perché Diavolo Bonnie lo odiava se era stato lui quello preso per i fondelli tutto il tempo?
Ma gli dava così terribilmente sui nervi parlare di ciò.
<< Cosa vuoi che ne sappia, è amica tua, non mia >>, sbraitò brusco.
Alex alzò un sopracciglio.
<< Questa storia è assurda e senza senso. Sembra che da quando ho perso la memoria tutti quanti si divertono a prendersi gioco di me >>, si lamentò abbassando nuovamente la testa per stendersi.
<< Mia madre, Harry, tu.. >>, aggiunse.
<< Io non mi sto prendendo gioco di te >>, commentò irritato Louis sentendosi mettere alla pari di quel riccio codardo, ricordandosi che lo stava aiutando nel suo stupido complotto.
<< Si, invece >>, disse lei, sicura.
Per un momento Louis temette di sentirsi dire qualcosa che riguardava quella storia su Harry e andò in panico.
Che cosa avrebbe fatto Alex se avesse scoperto che le stava nascondendo la verità?
<< Si vede da due chilometri che Bonnie ti piace ancora, eppure non me lo dici. Pensavo che i migliori amici si raccontassero ogni cosa. E’ così che funziona ancora nel 2012, oppure sono rimasta indietro? >>, ironizzò gesticolando nell’aria con una mano davanti a sé.
Louis deglutì sonoramente, da una parte sollevato, dall’altra imbarazzato.
<< Non mi sembrava importante >>, ammise distrattamente.
Alex si alzò a sedere all’improvviso, turbata.
<< Tutto è importante per me, Louis. Tu sei importante >>,  confessò fissando gli occhi nei suoi, sicura.
Non ricordava di essere mai stata più seria in tutta la sua vita, tanto per cambiare.
Non ricordo mai un cazzo.
Il ragazzo rimase immobile, forse sorpreso, poi le sorrise.




Quando finalmente, verso le sette, Alex rincasò, si rifugiò in casa chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.
Si fermò all’ingresso e si scaldo le mani portandosele alla bocca.
Si gelava fuori.
Dal soggiorno si avvertiva il brusio della TV accesa, e subito la rossa ipotizzò che potesse esserci Harry che faceva da balia a Martin.
Sentì un moto di tristezza invaderle l’intestino, perché aveva voglia di andare di là e sorridere, passare del tempo con lui, e non sapeva perché, ma non poteva. Si sentiva così strana. Aveva trascorso ore a parlare con Louis, ma il pensiero di quel maledetto ragazzo non l’aveva abbandonata un attimo.
Decise di avviarsi comunque verso il soggiorno, tanto per assicurarsi che suo fratello non stesse provando ad appendersi con una fune al soffitto.
<< Ciao >>, sussurrò sperando di non essere sentita da Harry che era chinato sui quaderni aperti sul tavolo del soggiorno.
Sta ancora studiando?
<< Alex! >>, esclamò Martin non appena la vide. Saltò giù dal divano e le corse incontro.
Harry alzò piano la testa bloccando il movimento circolare della penna sul foglio.
<< Ehy, come va? >>, salutò lei in risposta mentre suo fratello l’abbracciava con foga.
Perfetto, quell’idiota non si degna nemmeno di salutarmi.
<< Male, Hazza se ne sta tutto il girono a studiare e non mi fa giocare! >>, sbottò infastidito il piccolino.
Un leggero sbuffo arrivò dal tavolo sulla destra.
Hazza?
<< Avanti, ho quasi finito. Un po’ di pazienza >>, si lamentò riprendendo a scrivere.
Sbaglio o sembra più scontroso del solito?
<< Martin, se mi dai cinque minuti vado a farmi la doccia e scendo io per stare un po’ con te, va bene? >>, gli sorrise dolcemente Alex accarezzandogli i capelli.
<< Non ce n’è bisogno >>, sbraitò Harry tenendo la testa bassa.
<< Io voglio mia sorella! >>, strillò Martin contrariato.
<< Harry, rilassati, per l’amor di Dio, non ti toglieremo metà della paga per questo >>, disse la riccia alzando gli occhi al cielo e dirigendosi di sopra.
Ma che aveva, oggi? Bah.
Arrivata nella sua stanza si tolse le scarpe ed indosso le sue calde pantofole azzurre mentre frugava nei cassetti per trovare la roba pulita per la doccia. I fogli e i libri caduti l’altro giorno erano ancora sparpagliati ovunque in maniera barbara, e lei si ripromise di metterli apposto più tardi. Ora non le andava affatto.
Non si preoccupò nemmeno di chiudere la porta, non era mica nuda.
D’un tratto il cellulare vibrò come una vespa nella sua borsa.
Alex sbuffò, si avvicinò al suo letto e estrasse in malo modo il telefonino dalla tracolla.
Niente, diceva soltanto che era scarico.
Che palle.
Si diresse alla scrivania e tirò fuori da un cassetto il carica batteria.
Mentre lo maneggiava, si dimenticò di bloccare la tastiera del cellulare e schiacciò per sbaglio qualche tasto a caso.
Merda!
Le partì una chiamata.
Alex osservò il display e andò in panico.
Stava chiamando quel Tarzan.
Istintivamente si portò il telefono all’orecchio.
Sentì il primo squillo, e contemporaneamente una musica stranamente vicina diffondersi fra le mura della casa.
Allontanò il cellulare dall’orecchio all’istante, non proveniva dal cellulare.
Di colpo quello strano suono cessò.
Si portò nuovamente il Samsung all’orecchio.
La chiamata era stata chiusa.
Storse il naso, confusa.
Altro che amnesia, sto diventando pazza. Adesso sento anche le musichette immaginarie.
Lanciò un ultimo sguardo al suo cellulare, dubbiosa, e prima che l’aggeggio tecnologico potesse realmente spegnersi lo attacco alla corrente.
Non fece neanche in tempo ad allontanarsi dalla scrivania che un’altra vibrazione alquanto fastidiosa la costrinse a voltarsi nuovamente.
Ma cazzo!
Afferrò il cellulare con violenza e osservò il display trovandoci un nuovo messaggio da un numero sconosciuto, mai visto prima.


“ Ehy, Anderson! Come butta?”














E adesso, diamo inizio alle danze! LoL
*Game on*, per chi conosce TVD. u.u
Su, avanti, sono curiosa.
Secondo voi chi è il/la  fantasmino/a che ha mandato ad Alex il messaggio anonimo?
Liam? lol
Francamente mi dispiace da morire che sia il cattivone detestato della situazione. AHAHAHAAHAH
Eh, oh, tocca a tutti prima o poi. (?)
Per il resto, avete fatto l'albero di Natale? u.u
Poi, volevo dirvi che chi ne ha voglia, può trovarmi qui su twittah: 
https://twitter.com/CleofeDe
Poi, come una cogliona mi sono iscritta ad Ask. D:
All'inizio volevo soltanto spiare le risposta dei ragazzi, ma non mi fa impazzire sto sito.
Vabbè, ho comprato la bicicletta, e ora pedaliamo. lol
Se volete farmi domande, prego, sarò felice di rispondervi. *-*
http://ask.fm/CleofeDe


Per gli ultimi avvenimenti su Liam ed Harry non mi pronuncio, non mi va di aprire una guerra civile.
Però devo per forza fare un'osservazione.
ZAYN, I CAPELLI DI PERRIE SI ILLUMINANO AL BUIO? AHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAH
Per chi non lo sapesse, l'ornitorinco si è tinto di viola. LOL


#immaginikillertime




Anche se in questa storia questi due non vanno esattamente d'accordo. è.é






E Liam che quando sorride fa sciogliere anche gli Iceberg.

A presto, bellezze.

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Capitolo 11
*** I'm back. ***


 


Run for your life, my love
Run and you don’t give up
It’s all that you are
All that you want
(Run for your life  - The Fray)

 





CAPITOLO 10 - I'm back.








Erano le otto meno un quarto quando Alex scese le scale dei piani superiori per raggiungere la cucina.
La mattina era l’unico momento in cui riusciva a beccare suo padre in casa, mentre sua madre era a ricostruirsi la faccia in bagno.
<< Buongiorno, tesoro. Che cosa fai oggi pomeriggio? >>, le domandò improvvisamente John leggermente nervoso, rigirandosi il giornale fra le mani.
Alex si bloccò di botto in mezzo alla cucina e si voltò verso l’uomo serio e neutrale che sedeva a pochi passi da lei.
Tutta questa curiosità? Da quando?
Già, chissà perché proprio quel giorno.
Il giorno in cui lei aveva deciso di ritornare in accademia insieme alle sue amiche.
<< Non saprei, perché? >>
La riccia si riprese e indossò il suo giubbotto frettolosamente.
Se voleva arrivare a scuola in orario doveva andar via in quell’esatto momento.
<< Beh, potresti venire a trovarmi in ospedale. Sai ci sono tante cose che... >>, deglutì.
Lei storse il naso.
In ospedale?
La storia puzzava parecchio.
<< ...cose interessanti che quando...ecco, l’università... >>
STOP.
Bingo.
C’era lo zampino di sua madre, sicuramente.
La dittatrice aveva chiaramente ordinato a suo padre di trascinarla in ospedale per provare a farle cambiare idea. Inutilmente, si potrebbe aggiungere.
<< Papà, io devo andare a scuola. E comunque non mi interessa, lo sai. Ti sei sempre fatto gli affari tuoi, continua a farlo come tuo solito. Mi faresti il tuo primo favore da padre >>, sentenziò la rossa, pungente, uscendo dalla cucina triste e allontanandosi da quell’edificio che ormai, per lei, era tutto fuorché una casa.
Quando la figlia sparì oltre la porta, quelle parole, minatorie, dolorose e vere, fecero rimuginare John su se stesso per dieci minuti buoni.
Ad Alex invece fecero un effetto soltanto del dieci percento.
Dopotutto aveva detto ciò che sentiva, ed era stata lei stessa a pensarlo. Perché avrebbe dovuto sentirsi in colpa?
Suo padre controllò l’orologio un’ultima volta e si alzò dalla sedia sospirando.
Sono davvero un genitore così pessimo?




Alex si incamminò sul marciapiede. Ora che era finalmente fuori casa, i pensieri potevano ritornare ad affollarle la mente con tranquillità. Quando avvertiva la presenza della madre nelle vicinanze, ogni problema era offlimits perché doveva essere pronta a rispondere e mandarla a quel paese in ogni momento.
Ma ora, il messaggio di ieri sera sul suo cellulare ritornò a fare toc,toc nella sua mente.
“ Scusa, non ho il tuo numero. Chi sei?”
“ Lo so che non hai il mio numero. Cosa pensi che abbia fatto con il tuo cellulare l’altro giorno al Red caffè?”.
E da lì che era rimasta immobile per venti secondi.
Horan?
“ Niall Horan?”
Dopo pochi attimi la risposta aveva confermato i suoi timori.
“ Esatto, sei perspicace.”
Come minchia ha avuto il mio numero?
Facile. Quando Alex gli aveva prestato il cellulare, quel giorno, lui, invece di chiamare sua madre, ne aveva approfittato per farsi uno squillo.
Però, intelligente il ragazzo, pensò lei.
Ma la cosa che preoccupava più di tutte Alex era: Perché ha preso il mio numero?
Dopo quel messaggio non gli aveva più risposto.
Troppo confusa per pensarci ancora.
Magari si trattava di qualcos’altro che lei non ricordava, come al solito.
No, impossibile. Avrebbe già avuto il numero di quell’idiota in memoria.
E poi, poteva dirlo alle sue amiche? O meglio, a Christine? Qualcosa le diceva che la bionda le avrebbe fatto una sfuriata depressiva maledicendosi per non essere abbastanza carina.
E poi l’avrebbe odiata.
Ok, pensiamo ad una soluzione meno complicata.
Ignorare la cosa? Perfetto, era perfetto.
Semplice, facile, veloce.
Dannato Horan mezzo tinto.
Alex attraversò l’entrata della scuola e fece un respiro profondo.
Si stampò un sorriso in faccia e attraversò il primo corridoio.
Quell’oggi avrebbe dovuto affrontare: Bonnie, Christine, ma soprattutto Harry. Ultimamente vederlo a scuola le metteva un’angoscia addosso inequivocabile. Tanto più che spesso era in compagnia di quella maledetta ragazza bionda di nome Norah. Le dava un fastidio immenso, porca miseria.
E ogni giorno desiderava strozzarla sempre di più. Senza contare che quel ragazzo riccio sembrava diventare sempre più magnetico, mentre lei era lo sfortunato ferro di cavallo che faticava a non attaccarsi alla calamita.
Ma che cavolo mi succede?
<< Ciao! >>, la salutò entusiasta Christine non appena la vide avvicinarsi.
Poi si incupì.
<< Perché hai quella faccia? Qualcosa non va? >>
Alex si riscosse.
Perfetto, Alex. Nascondere a tutti quello che ti succede? Lo stai facendo nel modo giusto.
<< Chris, ho dormito poco stanotte. Tutto qui >>
Bonnie sbucò per magia alla sua destra e la osservò anche lei di sottecchi per un po’.
<< Scommetto che quel Tomlinson ieri ti ha fatta tornare tardi >>, commentò un po’ infastidita.
Alex si ricordò improvvisamente della storia raccontatagli da Louis il pomeriggio del giorno prima.
E quella doveva essere una ragazza a cui non importava di lui e che gli dava buca?
Ma per favore.
Era smemorata ma non stupida.
<< Non è stato per colpa sua >>, rispose semplicemente.
Al momento giusto si sarebbe fatta raccontare l’altra versione dei fatti.
Confrontare le teorie a volte è la cosa migliore.
<< Alex, Alex, Alex! >>, gridò ad un certo punto Chris attirando nuovamente la sua attenzione e chiudendo l’armadietto giallo con uno scatto.
<< Ehy >>, disse la riccia sorridendo, aspettandosi una bella notizia in arrivo.
<< Stamattina! >>, esclamò ancora l’amica, piuttosto evasiva ma elettrizzata.
Bonnie alzò gli occhi al cielo.
<< Stamattina, cosa? >>, chiese impaziente la rossa.
La campanella suonò e di fianco ad Alex, una testa riccia e sformata, ed una bionda, attraversarono il corridoio parlottando e dirigendosi verso l’aula di disegno, insieme.
La rossa girò di scatto la testa e strinse i pungi.
Harry.
Ancora con quella ragazza.
Norah.
Porca puttana.
<< Stamattina Niall mi ha sorriso! >>, esclamò eccitata Chris non notando la distrazione dell’amica.
Ma stranamente la mente di Alex tornò magicamente a concentrarsi sulla conversazione della bionda non appena udì quel nome con la “enne” attraversarle i timpani.
Horan, merda. Lo avevo quasi dimenticato.
­





Quando uscirono da scuola, Alex fu felice di comunicare alle sue amiche che sarebbe tornata con loro in accademia.
Da quel giorno si ricominciava, e lei non voleva sentire ragioni. Soprattutto da sua madre. Inviò un messaggio veloce a Louis per avvertirlo di non aspettarla e sorrise a Chris e Bonnie che la presero a braccetto entusiaste.
Loro due, come lei, frequentavano tutti corsi dell'accademia. Musica, teatro e danza.
Alex era sempre stata immersa in quel mondo fino al collo, completamente innamorata di qualunque cosa riguardasse l’arte. Non era mai stata in grado di rinunciare a una delle tre cose. Per lei erano un tutt’uno con quello che era.
Mentre Bonnie era sempre stata più portata per la danza, aveva un talento naturale per ogni passo che eseguiva.
Starla a guardare era uno spettacolo unico. Invece Christine era un asso a recitare. Peccato che sapesse farlo soltanto sul palco, perché nella realtà perdeva la facoltà della parola ogni qualvolta uno strano ragazzo biondino e con gli occhi azzurri le si parava davanti.
<< C’è teatro fino alle cinque, mentre fino alle sei abbiamo danza >>, avvisò Bonnie mentre entrava in spogliatoio e depositava il borsone sul primo spazio vuoto a disposizione.
Alex rimase incantata.
Da quando aveva rimesso piede in quell’edificio non aveva detto una sola parola.
Cribbio, come le era mancato quel posto.
I muri non erano più sbiaditi, ma di un bel giallino tenue e rilassante. Nel corridoio, ovunque c’erano attestati dei ragazzi più bravi, premi, foto. Le sembrava tutto così nuovo.
Si vede che ho dormito per tre anni interi.
Lo spogliatoio era completamente diverso. La disposizione della mobilia era diversa.
Le panche, ora in legno, erano disposte in maniera parallela e non più attaccate al muro come una volta.
La tapparella della finestra era completamente alzata e una tenda di lino bianca la copriva interamente.
<< E’ cambiato parecchio >>, sussurrò guardandosi intorno.
<< Oh, si. Da un bel po’ >>, constatò Chris levandosi la giacca e appendendola sopra il borsone.
<< Alex, ci sei? Luke non sarà poi così contento di rivederti se facciamo ritardo >>, la rimproverò la bruna iniziando ad avvicinarsi alla porta, mentre altre ragazze le precedevano.
Già, per non parlare di quanta nuova gente c’era.
Per ora nessun viso conosciuto.
Si guardò un’ultima volta intorno e poi raggiunse le sue amiche sorridendo.
Era eccitatissima.
Avrebbe rivisto il suo insegnate Luke dopo quelli che le erano sembrati secoli. Chissà se era invecchiato.
Quando entrarono, attraverso la grande porta in legno leggero, Alex intravide i visi di alcune ragazze che già conosceva. Finalmente qualcosa di familiare.
Sono tornata, pensò fra sé e sé.
E questa volta non me ne andrò.
Sorrise.
Appena tutti la videro mettere piede in sala, ci fu uno stupore generale. La rossa si sentì circondare nel giro di pochi secondi sotto gli sguardi allibiti, contenti e confusi di tutte. Le sembrava di essere una di quella popstar super famose che vengono assalite dai fan, incredibile. Abbracciò Lexi, Joanne, Emma, Camilla, David, Peter. Strinse la mano per la prima volta a qualche altro mentre una delle sue amiche spiegava in breve come mai aveva dovuto assentarsi per così tanto. Non poté fare a meno di sorridere, era tornata nel suo mondo.
Poco dopo fece il suo ingresso trionfale il loro insegnante, Luke. Ad un primo impatto rimase fermo sulla soglia con uno sguardo truce, pronto a sgridare chiunque stesse facendo tutto quel baccano, ma non appena intravide una testa riccia e ramata fra il mucchio di persone, spalancò la bocca, esterrefatto quanto tutti gli altri.
<< Alex Anderson? >>, domandò con un filo di voce.
Si avvicinò al gruppo con un bel sorriso, e la ragazza non poté non notare che in realtà dopo tre anni parecchie cose erano cambiate anche in lui. Luke era sempre stato un uomo piuttosto affascinante. Le ricordava tanto quel ragazzo, com’è che si chiamava. Quello che avevano incontrato al Red caffè, Zayn. Aveva la pelle leggermente più scura, come la sua.
Capelli e occhi neri come pozzi di petrolio, lineamenti abbastanza marcati e provocanti, e capelli al vento.
Anche se, notò, ora stavano leggermente diventando brizzolati.
Alex aveva sempre avuto un debole per quell’insegnate, anche se aveva circa dieci anni più di lei.
Quando era ragazza frequentava le sue lezioni come una bambinetta in lotta con le sue ovai, finché...
La sua mente si bloccò di colpo.
- Finché cosa, Alex?
Un forte dolore alla testa le spaccò il cranio in due parti. Mentre Luke la abbracciava, le faceva le solite domande e le dava il benvenuto, Alex strinse forte la mano di Chris, sperando che lei capisse cosa le stava succedendo.
Stava avendo un...una specie di..flashback, ecco.
Iniziò a vedere alcuni sorrisi sfuocarsi intorno a lei.
Merda.
“ Alex, se vengo a sapere che sbavi ancora dietro a quell’individuo vengo a controllarti fino in Accademia... “
Le giunse una voce ovattata da qualche parte della sua mente.
Non riuscì bene a capire di chi fosse, o che senso avesse la frase stessa, ma il tutto le sembrava così familiare.
E uno strano presentimento le balenò davanti agli occhi.
<< Bene, cominciamo? >>, cominciò la voce di Luke sovrastando il brusio generale.
Alex sbatté le palpebre con forza e all’improvviso tutto svanì.
Il flashback, la voce, il dolore alla testa.
Il mondo aveva smesso di vorticarle intorno di botto, e lei aveva perso la possibilità di recuperare un altro piccolo ricordo dal suo cervello.
Sospirò fissando i volti preoccupati delle sue migliori amiche, e scosse la testa.
Ce l’avrebbe mai fatta a ritrovare la memoria?






Quando la lezione di recitazione si concluse, la maggior parte delle ragazze e anche dei ragazzi(perché ce n’erano), si diressero ancora una volta negli spogliatoti per prepararsi per l’ora dopo.
<< Ma guarda chi si rivedere! >>, esclamò una voce all’improvviso mentre tornavano a cambiarsi.
Tutte e tre le ragazze alzarono di colpo lo sguardo verso lo spogliatoio maschile, trovandovi una figura piuttosto alta e penetrante che le osservava, divertita.
<< Mafia, hai fatto prima oggi? >>, lo salutò Bonnie aprendosi inspiegabilmente in un sorriso.
Alex si sentì apparentemente confusa.
Al Red Caffè sembrava lo odiasse a morte e ora invece erano amici.
Mi sono persa qualcosa?
- Mmh, tre anni della tua vita?
<< Mafia? >>, domandò Chris alzando un sopracciglio.
<< Stewart, dovresti sapere che io arrivo sempre in anticipo >>, rispose Zayn ammiccando in modo strano.
Ok, c’era decisamente qualcosa che non andava.
E se ne accorse anche Christine, poiché continuava a lanciare strane occhiate ad entrambi i ragazzi e a dare gomitate ad Alex, allarmata. Purtroppo la sua euforia incontenibile era alquanto difficile da nascondere.
<< Allora, sei tornata? >>, chiese di nuovo il moro, riferito sicuramente alla “smemorata”.
La riccia aggrottò la fronte.
Sta parlando con me? E allora perché continua a guardare Bonnie?
D’un tratto una ragazza dal caschetto nero, si infilò fra di loro, chiedendo prepotentemente il permesso e dando una spallata a Bonnie.
<< Meredith, sta più attenta! >>, commentò la bruna infastidita, mentre sul volto di Zayn si disegnava una smorfia rabbiosa.
Alex si sentì veramente di troppo.
Non c’entrava niente in quella situazione assurda e si sentiva a disagio. E poi chi era quella ragazza appena passata?
Anche Christine si voltò a guardarla mentre si allontanava, pensierosa.
La riccia, all’estremo della tensione, stava per scoppiare a ridere per la situazione alquanto imbarazzante.
Poi si ricordò improvvisamente di una cosa.
A Louis piaceva Bonnie, e il fatto che fra quei due ci fossero quegli strani sguardi indecifrabili non prevedeva niente di buono.
Allora agì.
<< Certo che sono tornata...ehm.. >>, come cavolo faceva di cognome quel tizio?
<< ...Malik. Speravi di no? >>, lo apostrofò provando a distrarlo e quindi a posizionarsi davanti a Bonnie all’improvviso.
Tanto bastò per far riprendere la sua amica, che probabilmente era caduta in un ambiguo stato di trance.
Troppa roba confusionaria in troppo poco tempo.
Già, te ne sei accorta, idiota. E poi si lamenta di Chris. , pensò Alex riferita alla bruna.
<< No, ma che. Sono contento! >>, si entusiasmò Zayn, dopo aver ripreso anche lui il controllo di se stesso.
Beh, sta storia puzzava parecchio.
Quanto tutte e tre entrarono finalmente in spogliatoio, sia Alex che Christine rivolsero a Bonnie due sguardi indagatori e quasi arrabbiati.
<< Che c’è!? >>, sbottò lei mentre sentendosi osservata prendeva la maglia di ricambio dal borsone.






Alex uscì fuori dall’accademia salutando velocemente Zayn e gli altri, sventolando una mano, con un sorriso.
Poi si voltò completamente verso la strada e individuò la Mercedes grigia di suo fratello parcheggiata proprio di lato al marciapiede.
Quel giorno si erano messi d’accordo affinché fosse stato lui a venirla a prendere, e ad Alex faceva soltanto piacere.
Con la scusa che Eric si era trasferito altrove, lo aveva visto poco e niente negli ultimi periodi.
<< Ciao, scemo >>, lo salutò entrando in auto e scostandosi i capelli dal viso ancora accaldato.
Eric sorrise appena fissando il parabrezza, girò le chiavi nel cruscotto e mise in moto.
<< Com’è andata, ti sei divertita? >>, le domandò sinceramente interessato.
Alex si lasciò andare sul sedile e sospirò sognante.
<< E’ stato bellissimo. Mi mancava, tutto. E anche se ogni cosa è cambiata, non mi importa, mi riprenderò in fretta >>, sentenziò senza smettere di sorridere. Il fratello si rilassò sentendola parlare in quel modo. Quando Alex andava in Accademia era sempre stranamente di buon umore, e soprattutto, sognava e sorrideva. Parlava col cuore.
Era così felice per sua sorella, ma allo stesso tempo era preoccupato.
Perché per quanto a lei piacesse tutto ciò che faceva, nella loro famiglia la situazione era complicata.
<< Mamma lo sa che sei qui? >>, provò a domandare mordendosi un labbro.
La tensione nell’abitacolo dell’auto si intensificò all’istante.
<< No, ma penso che l’abbia capito. O almeno, quando mi vedrà arrivare ne avrà la conferma >>, tentò di sdrammatizzare lei provando a sghignazzare, ma notò subito che suo fratello maggiore non era della stessa idea.
Anzi, pareva contrariato.
<< Che c’è, Eric? Lo sai come vanno le cose a casa, non dovresti sorprendertene >>, lo rimbeccò voltandosi a guardare i negozi fuori dal finestrino.
<< Come pensi di agire? >>, domandò lui andando dritto al punto.
<< E’ questo che vuoi fare in futuro, no? Come pensi di andare avanti, e quando lo dirai a mamma e papà che hai già fatto una scelta definitiva? >>, cominciò buttandosi a capofitto nelle sue vesti di fratello protettivo.
Alex strinse le labbra.
Già, cosa avrebbe fatto?
Lei aveva un sogno, un sogno che seppure pallido e poco consistente, aveva sempre avuto la capacità di darle la forza e farla combattere. E ora che era cresciuta, quello, non era più un semplice sogno impossibile, ma una possibilità che poteva essere realizzata soltanto con la forza di volontà.
Ma poteva dirlo ai suoi? Che cosa sarebbe successo?
Quello che era accaduto soltanto il giorno prima con sua madre non sarebbe stato niente in confronto a ciò che si sarebbe realmente scatenato dopo aver confessato le sue vere intenzioni.
<< Non dirmi che vuoi scappare di casa senza dire niente a nessuno. Non puoi arrivare in America in quelle condizioni, hai bisogno di supporto >>, continuò Eric stringendo gli occhi sulla strada.
Alex sgranò gli occhi, sorpresa, e per poco non morì sul colpo.
Come fa a saperlo!?
<< In America!? >>, scoppiò colta alla sprovvista.
<< Si, la Julliard è a New York...hai dimenticato anche questo? >>, la prese in giro seccato.
Lei rimase basita, le mani bloccate a mezz’aria e le bocca semichiusa.
Non poteva essere.
Nessuno sapeva che lei voleva andare alla Julliard, era sempre stato il suo sogno nascosto, il suo segreto.
Come faceva suo fratello a saperlo?
<< N-Non l’ho mai detto a nessuno >>, balbettò, fissando il profilo grave di Eric, ancora sconvolta.
Il ragazzo si incupì e le lanciò una breve occhiata fissandola con i suoi occhi azzurri.
<< Oh, ti sbagli. In questi ultimi tre anni l’hai detto a parecchia gente >>
Bum.
Ecco.
Certo, si ricordò lei. Come aveva fatto a non pensarci? Da quando aveva quindici anni ad ora che ne aveva diciotto aveva sicuramente iniziato a prendere la cosa più seriamente, e logicamente ne aveva parlato con qualcuno.
In quell’esatto momento si ricordò di essere ormai maggiorenne e di dover cominciare a ritagliare un po' del suo tempo per pensare al futuro. Ormai il suo percorso scolastico era al termine.
Improvvisamente fu assalita da un pizzico di ansia.
<< Non l’ho detto a mamma è papà, vero? >>, volle sapere, ancora tesa come una corda di violino.
Troppe rivelazioni in troppo poco tempo. Questo era il lato negativo di soffrire di amnesia, che gli altri avevano il potere di scioccarti senza preavviso e con una sola parola ti mettevano a soqquadro la realtà.
<< No >>, la rassicurò il fratello.
<< Ma dovrai farlo prima o poi, mettitelo in testa >>, le intimò infine lui, sospirando.











Tan tan tan taaaann, tan tan tan taaaan!
Beethoven alla riscossa! lol
Ok, no.
Ebbene si.
Era Horan il nostro fantasmino.
Tante carote per chi aveva indovinato. u.u
Cosa ne pensate del discorsetto di Eric?
Lo so che questo capitolo è orrendo e non succede niente di che, me ne rendo conto.
Ma purtroppo i capitoli di passaggio ci vogliono. D:
Sorry, sorry, sorry.
Spero comunque che vi sia piaciuto. u.u
L'unica cosa ambigua sono Bonnie e Zayn. lol
Vabbè.
Btw, ragazze, mi scuso, perchè nel capitolo precedente me sono dimenticata di ringraziarvi come si deve tutte quante e di dirvi quanto vi voglio bene per quello che mi scrivete e per come siate sempre lì a sostenermi.
Davvero, grazie.
Soprattutto in questo periodo di merda, non saprei come fare senza voi ed EFP.

Volevo avvisarvi che ho preso la patente, quindi non uscite più di casa o finite male. looool
#peace
E niente, il Natale sta arrivando, sorridiamo e resistiamo un altro po'.




Era da un po' che non mettevo robe su Alex. Eccola qua. u.u




Ed ecco a voi Horan e Styles.
Devo dire che mi piacciono insieme, quasi quasi divento una Narry shipper. loool




Up up ohoo oohh cause it's a stand up! 



Carini e coccolosi, gente.
Carini e coccolosi. u.u
Bye!


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Capitolo 12
*** Problemi di bassa pressione ***




 

 

I'm out of touch, I'm out of love
I'll pick you up when you getting down

   And of all these things I've done I think I love you better now
(Lego House - Ed Sheeran)








CAPITOLO 11 - Problemi di bassa pressione






Bonnie si lasciò cadere sulla seggiola scomoda della sala d’attesa e sbuffò.
A quella sadica di sua madre venivano sempre le idee più brillanti il Giovedì mattina.
E ora, lei era lì ad aspettare il suo turno per fare un prelievo di merda.
Era inutile continuare a dire: “ ma io sto bene”, tanto, parlare con i muri sarebbe stato più soddisfacente.
<< Vado a fare colazione >>, la avvisò sua madre con un sorriso.
Eh certo, tanto sono io che devo rimanere a digiuno per farmi prosciugare da questi quattro psicopatici.
La bruna rimase ad osservare la figura della donna che scompariva oltre il corridoio e sbuffò di nuovo.
Aveva un buco allo stomaco per la fame, ed era stanchissima perché si era svegliata un’ora prima del solito.
Poteva andare peggio di così?
Ovvio che si.
Bonnie non fece in tempo a formulare nemmeno il pensiero che dal fondo del corridoio spoglio e pieno di vecchi pensionati, sbucò una figura famigliare.
Anzi, famigliare era dire poco. Per poco non le venne un infarto quando lo vide.
Tomlinson stava camminando a testa bassa, probabilmente di mal umore, verso le sedioline in cui si trovava lei.
Ti prego, dimmi che non viene qui.
Sua madre lo fermò per un attimo in mezzo all’immenso atrio e lo bacio sulla guancia per poi allontanarsi felice.
Bonnie trattenne un sorrisino.
Mammone.
Ma poi la sua faccia divenne nuovamente lugubre quando si accorse che Louis si era improvvisamente bloccato lì davanti a lei e la osservava, sconvolto.
Che palle, non avevo proprio voglia di vederlo dopo quello che mi ha fatto. Lo odio.
<< Stewart >>, sibilò lui trovando come unico posto libero quello di fronte a lei e sedendosi.
Ora Bonnie era praticamente costretta a guardarlo in faccia e a sorbirsi quegli stupidi occhi così dannatamente blu e belli. Ma che cazzo aveva fatto di male?
Muori, Tomlinson, muori.
<< Non c’erano più posti? >>, domandò acida lei, mostrando la sua disapprovazione per averlo davanti ai maroni.
<< Credi che abbia tanta voglia di stare a guardare la tua bella faccia? >>, sbottò lui, con il suo stesso tono.
Qualcosa scattò nella testa della bruna.
Brutto sfacciato, ma come si permette?
Che poi, che minchia era arrabbiato a fare con lei, era lui quello che si era comportato male.
<< Delicato come sempre >>, lo provocò. Ma se ne pentì quasi subito.
D’un tratto delle immagini sfuocate di qualche tempo fa le affollarono la mente.
Non era sempre stato così acido con lei.
E Bonnie conosceva bene quel lato dolce di lui, prima che le cose cambiassero così all’improvviso.
Louis alzò lo sguardo, turbato, e fiondò i suoi occhi azzurro mare in quelli ghiacciati di lei.
Come se le volesse rimproverarla.
Perché anche lui ricordava bene quel periodo in cui ogni cosa andava a gonfie vele fra loro.
Poi, inaspettatamente, un signore in camicie bianco uscì fuori e chiamò Louis dicendogli di entrare.
La ragazza guardò sia lui che il medico in cagnesco.
Ma c’ero prima io, che razza di raccomandazione è questa!
Roba da matti.
Si lasciò scivolare sulla sedia e fissò il soffitto scocciata.
La giornata era cominciata una merda e stava finendo anche peggio.
Dopo poco, il castano uscì fuori dalla stanza tenendosi il braccio destro con una mano e risedendosi sulla sedia di prima, senza staccare gli occhi da lei.
Se non la smetti ti prendo a pugni.
Lo stesso medico di prima la indicò, senza nemmeno chiamarla per nome, e le fece segno di seguirlo.
Bonnie si alzò, constatando che l’educazione era un optional in quell’ospedale ed entrò nella stanza, leggermente turbata dalla vista dell’ago appena aperto dall’infermiere.
Si stese sule lettino inquietantemente bianco e alzò la manica destra del maglione, leggermente nervosa.
Aveva sempre odiato fare il prelievo, il vaccino, e qualsiasi altra cosa avesse a che fare con gli aghi.
L’infermiere le lanciò uno sguardo paterno, come a volerla rassicurare, senza capire che era del tutto inutile.
Le legò il laccio emostatico al braccio e cominciò a tastare la sua pelle per trovare la vena.
Il panico la invase.
<< Tranquilla, signorina. Non morirà di sicuro >>, scherzò il tizio in bianco.
Oh, ma che carino. Sei simpatico come un porco spino in culo.
Senza che Bonnie se ne accorgesse, l’infermiere le infilò l’ago nella vena.
E dopo il sussulto iniziale e un piccolo dolorino, lei non senti più niente. E se ne stupì anche.
Da quanto era che non faceva un prelievo?
Sentì un altro leggero pizzicore alla fine e poi vide il tipo che le chiedeva di tenere stretto un cerottino disinfettante sulla ferita. Non era stato tanto male poi.
Bonnie si alzò soddisfatta dal lettino e fece per uscire.
<< Resti una decina di minuti seduta e se tutto va bene, può andare via >>, la avvertì il medico.
Lei annuì e valicò la porta, tranquilla, sicura che non avrebbe avuto bisogno di aspettare dieci minuti per riprendersi.
Appena uscì fuori scorse ancora la figura fastidiosa di Tomlinson che se ne stava lì immobile come un pesce lesso.
<< Che c’è, soffri di bassa pressione? >>, lo prese in giro, maligna.
<< Di certo non mi sono cagato in mano come te là dentro >>, replicò il ragazzo divertito.
La bruna si morse il labbro mentre si avvicinava alla sua sedia e prendeva in mano il giubbino.
<< Ti piacerebbe >>, disse un po’ infastidita.
Odiava quando la gente la smerdava.
<< Oh, andiamo. Riuscivo a sentire la tua fifa fino a qui. E comunque dovresti aspettare qualche minuto >>, le ricordò Louis, fingendosi di colpo intelligente.
Bonnie alzò un sopracciglio.
<< E rimanere ancora qui con te? No, grazie >>
Gli lanciò un’ultima occhiata di sfida e girò i tacchi, soddisfatta.
Non fece in tempo a fare neanche due passi che un improvviso affannamento cominciò a bloccarle i sensi.
Scorse una patina nera che le circondava la vista a poco a poco, mentre la testa perdeva il senso dell’orientamento e dell’equilibrio.
Merda, forse avrei dovuto dare ascolto a quel coglione.
Bonnie non sapeva nemmeno di star cadendo quando si sentì afferrare da dietro.
E poi più niente.
Dolci sogni e buio pesto.






Quando Bonnie si risvegliò, riuscì a sbattere le palpebre un paio di volte prima di focalizzare il soffitto bianco sopra di sé.
Il primo impulso che ebbe fu quello di mettersi dritta, guardarsi intorno e alzarsi, ma non appena provò soltanto a muoversi, un braccio muscolo e deciso le sbarrò la strada.
<< L’infermiere ha detto che devi rimanere stesa >>, la riprese una voce piuttosto familiare.
La bruna si voltò di scatto e mise a fuoco all’istante la figura di un ragazzo castano e dagli occhi azzurri.
Louis.
Perché era lì?
Lei si ricordò in un batti baleno ciò che le era successo e si maledisse, si sentiva così vittima.
<< Cosa ci fai ancora qui?? >>, gli domandò, provando a sembrare irritata, ma infondo era soltanto sorpresa.
<< Tua mamma non arrivava, ed io ero l’unica persona che ti conosceva in sala. Per cui ho pensato fosse giusto così >>, spiegò fissandola.
Stranamente, aveva un non so che di serio.
Bonnie, che con lui si era autocostretta a fare sempre la sostenuta e la scontrosa, iniziò a trovare difficoltà nel modo di esporsi. Cosa che non le succedeva mai.
<< Capisco >>, gracchiò schiarendosi la voce.
Un momento di pieno imbarazzo scese fra loro.
Silenzio di tomba.
Poi la ragazza si riprese.
<< Ora sto meglio, vorrei andarmene >>, annunciò provando ad alzarsi di nuovo.
Ma non appena lo fece, la stanza intorno a lei iniziò a vorticare come se qualcuno l’avesse letteralmente legata a testa in giù su di una ruota panoramica.
Si sentì afferrare per un braccio e istintivamente si aggrappò a quella stretta, spaesata.
<< Soffri di bassa pressione a quanto vedo >>
Bonnie chiuse le palpebre per pochi secondi e deglutì, quando le riaprì magicamente il mondo aveva smesso di girarle intorno. Si voltò verso la voce e solo allora si rese conto di essersi aggrappata a Tomlinson come se fosse la sua ancora di salvezza, e di trovarsi troppo vicina a lui. Andò subito in panico. In quell’esatto momento cominciò a sentire il respiro venirle meno, l’ansia e l’imbarazzo che le spingevano contro lo sterno.
Merda, no. Questa roba nei suoi confronti mi rifiuto di provarla!
Tomlinson era sempre lo stronzo approfittatore.
Eppure...
Eppure niente. Non voglio avere a che fare con lui.
<< Si, ora sto bene. Voglio tornare a casa >>
<< Ma sei cocciuta? >>, riecheggiò la sua voce mentre non ne voleva sapere di allentare la presa sul suo braccio.
Evidentemente neanche lui aveva voglia di allontanarsi da lei.
Ma Bonnie sapeva che era ingiusto e sbagliato.
<< Ti ringrazio per essere rimasto, di all’infermiere che mi sono ripresa e che sono andata via >>, insistette la ragazza mollando la stretta su di lui e riprovando a rialzarsi in piedi.
Louis fu costretto a lasciarla fare, trovandosi immensamente confuso e spaesato.
Quanto avrebbe voluto parlare con Alex di quello che provava e di ciò che gli stava accadendo.
Magari lei avrebbe potuto dargli una mano, ora che sapeva tutto.
Ma aveva sempre il timore di appesantirla troppo a causa della sua amnesia.
Il ragazzo restò ad osservare la bruna mentre si infilava la giacca poggiata su di una sedia e controllava la sua borsa, poco dopo decise anche lui di andar via.







<< Professore, posso uscire? >>
L’insegnante di filosofia non degnò Alex nemmeno di uno sguardo ma le fece cenno di si con la testa.
Strano come gli insegnati fossero così immersi nelle loro spiegazioni da non accorgersi che più della metà degli alunni pensavano ai cazzi propri.
La ragazza si lasciò la classe alle spalle e non appena si ritrovò nell’aria meno pesante del corridoio, sospirò.
Per colpa della sua amnesia era costretta a studiare il doppio degli altri, e ultimamente si sentiva un vero schifo.
Anche perché il quinto anno è una batostata, e se ti lasci andare non ti riprendi più.
Alex svoltò il corridoio e si diresse verso i bagni.
Voleva rilassare la mente per pochi minuti, non ce la faceva più a fare i conti con quel complessato di Hegel e quel sparaminchiate di Schopenhauer. A volte si chiedeva quali problemi avessero a quel tempo i filosofi per ridursi in quello stato. Forse non avevano ancora scoperto il suicidio all'epoca.
Ma poco prima che la mezza riccia potesse tuffarsi nella porta del bagno, qualcuno la chiamò.
<< Anderson, che sorpresa! >>
Lei si voltò di scatto e aggrottò la fronte.
Si ritrovò davanti due occhi azzurri, una chioma a metà fra il biondo e il castano e un sorriso disarmante.
Niall?
All’improvviso l’ultimo ricordo che aveva di lui la riportò alla realtà.
Quel messaggio misterioso.
<< E-Ehy, ciao >>, balbettò incerta.
Ecco. Lo sapeva.
Quando le cose non si affrontano, ritornano a galla poi, in un secondo momento, cioè quello sbagliato.
Avrebbe dovuto essere lei a prenderlo da parte e chiedergli spiegazioni, anche se non c’era poi chissà cosa da spiegare.
Ma la sua paura più grande era Christine, e il fatto che a tutti i problemi che già aveva, si accodasse anche lui.
Sarebbe diventata matta.
<< Allora, come va? >>, provo a fare conversazione il biondo, in maniera un po’ goffa, portandosi una mano dietro la nuca.
Si trovava in difficoltà, osservò Alex.
Cosa parecchio strana.
Non le piaceva la piega che stavano prendendo gli avvenimenti.
<< Sopravvivo >>, rispose soltanto.
Poi abbassò lo sguardo e tentò un sorriso.
Che situazione imbarazzante.
Quando erano al Red Coffe le era risultato semplice parlare con lui e Zayn, perché c’erano le sue amiche.
Ma ora che era sola si rendeva perfettamente conto di quanto fosse complicato scambiare due parole con qualcuno di cui non ricordi niente di preciso.
<< Beh, ehm...ci si becca in giro? >>, cercò di liquidarlo.
Quell’atmosfera di disagio le stava mettendo ansia.
Che poi, avrebbe dovuto fargli delle domande, ma ovviamente lei era una ragazza intelligente.
<< Si, ehy, no. Io...volevo, dovevo..ho una cosa da chiederti >>, farfugliò Niall confuso più di lei.
Tutto a un tratto Horan era diventato timido?
Era infinitamente carino mentre balbettava, ma perché lo facesse davanti a lei era ancora un mistero.
Alex annuì per incoraggiarlo a continuare.
<< Domani pomeriggio hai da fare? >>, le domando trattenendo il respiro, come se avesse paura della risposta.
La rossa si trovò spiazzata.
<< Io... >>, tentò di mettere in fila qualche parola, ma fallì miseramente.
Era sotto shock.
Che cosa stava cercando di chiederle quel ragazzo?
Niall Horan voleva uscire con lei?
Cosa?
Era il peggiore degli incubi.
Oddio, lui era un bellissimo ragazzo.
Ma lei, lei era piena di..persone, e confusione. Senza contare che Christine l’avrebbe strozzata a morte.
<< Io non credo che... >>
<< Ti prego, non voglio essere frainteso. Devo chiederti una cosa importante >>
Sospirò.
<< Solo una cosa >>, aggiunse fissando Alex negli occhi.
Lei si sentì leggermente spaesata.
Quegli occhi le ricordavano vagamente Louis, anche se i suoi erano più scuri.
Si morse il labbro indecisa.
Dovrei vedermi con lui!?
Il suo cervello non ancora riusciva a rielaborare i dati ricevuti.
<< Per favore >>, continuo il biondo assumendo un’espressione speranzosa.
Infondo deve solo chiedermi una cosa, no?
Avrebbe soltanto dovuto trovare il modo di nasconderlo a Chris.
E se poi lo viene a sapere?
Nel frattempo Niall continuava a guardarla con quella faccia da cane bastonato e quegli occhioni colpevoli, le mani nascoste nelle tasche e l’aria da cucciolo.
Oh, al diavolo!
<< Va bene, sono libera Venerdì, cioè domani >>, si arrese sospirando e lanciando prontamente un’occhiataccia al ragazzo mentre esultava come un ultras.
<< Perfetto. Domani alle cinque davanti a quel bar col tendone verde, infondo alla strada >>, disse lui aprendosi in un bellissimo sorriso gioioso.
<< Ah, si, so dov’è. Allora a domani >>, sorrise di rimando lei.
Poi si infilò nel bagno e si maledisse.
Ma come faceva ad essere così sfigata e stupida allo stesso tempo?
Un’improvvisa voglia di spararsi la invase.
Povera me.






Parallelamente, dall’altra parte dell’istituto, qualcun altro stava sopportando una lenta agonia di nome Matematica.
Louis si era praticamente steso con la testa sul banco e aveva smesso di seguire l’insegnante da circa un’ora.
Due ore di quella materia insopportabile erano troppe anche per lui.
Soprattutto quando ti ritrovi di fianco persone come Lorain che più che seguire la lezione, o, quanto meno, fare finta di farlo, stanno tutto il tempo e toccarti i capelli, il maglione, le mani, il braccio.
Neanche lui fosse un monumento artistico da contemplare.
E non sarebbe stata nemmeno tanto insopportabile la cosa, se non fosse stato per il semplice fatto che, trovandosi in classe, Louis non potesse permettersi di incazzarsi come una iena e gridare a quella maledetta ragazza di stare ferma.
<< Lorain, piantala >>, sibilò, cercando di farsi sentire soltanto da lei.
Ma la finta rossa continuò imperterrita.
Ora era passata ai suoi capelli.
Louis chiuse gli occhi e si impose di stare calmo. Solitamente tante attenzioni o carezze lo rilassavano, lo lusingavano.
Era sempre stato il tipo che reggeva lo scherzo, anzi, che lo assecondava. Ma con lei no, diventava impossibile.
Quella ragazza era una zecca. E per quanto potesse mai considerarla un’amica, non la sopportava molto.
Chiaramente si era accorto dell’interesse che lei aveva nei suoi confronti, e forse era soprattutto per quello che tentava sempre di non esagerare con lei.
Essere trattati con indifferenza dalla gente a cui teniamo, a volte, fa davvero male.
Lorain continuava a torturare Louis incurante.
Averlo per vicino di banco, per lei era un sogno. Lo aveva sotto controllo tutto il tempo, poteva toccarlo, contemplarlo.
D’un tratto il castano si mosse e scacciò le dita della ragazza dei suoi capelli con un gesto brusco della mano.
Ma lei era cocciuta come la pietra.
Gli tirò leggermente un braccialetto che aveva al polso sinistro.
<< Finiscila, dannazione >>, lo sentì ripetere ancora.
Ma lei, imperterrita.
Le dava fastidio essere, in un certo senso, rifiutata.
Ma non si accorgeva di voler soltanto imporre la sua presenza a quel ragazzo.
Prese una matita e gli scarabocchiò il libro.
Louis, apparentemente nervoso, afferrò la gomma e cancellò subito tutto.
<< Che palle >>, lo sentì sussurrare.
Lorain si irritò ancora di più, e dopo essersi accertata che la professoressa non li stesse guardando, allungò una mano e pizzicò Louis nel fianco, soddisfatta.
<< HO DETTO BASTA, CAZZO! >>
Ma purtroppo il castano scoppiò come una bomba a orologeria e lei rimase scioccata a guardarlo.
Tutto rosso, furioso come non mai.
<< Tomlinson, fuori! >>, gridò poco dopo l’insegnante.
Che palle, e ora con chi gioco?, si domandò Lorain.















Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate.
Lo so, ho fatto ritardo!! D:
Ma è che...cioè...io...le feste! è.é
Sono andata a sciare. u.u
E ho ancora il culo rotto per questo, sarò caduta come minimo settordicimiliardi di volte.
Pooi, questo capitolo non mi piace per niente.
Perciò, ancora scusate.
Penso di aver sbagliato qualte tempo verbale, boh. lol
Se trovate errori, ditemelo!
Molte di voi si preoccupavano di Bonnie e Zayn, quindi, come vi sembrano ora Tommo e lei? u.u #Iwanttoknow
E....quanti sono sotto schock per Niall e Alex? LoL
Horan. *-*
Ok, la smetto di fangirlare.
Poooi2°.
Molte di voi sanno già che ho pubblicato una nuova OS, ma per chi non lo sapesse ancora, è questa:

Look After You
Siete libere di passare o fregarvene altamente. u.u
Then:
Tanti auguri di Natale, già passato ovviamente, e buon anno per domani. :)
E auguri anche alle befane per il 6 Gennaio. lol
(me compresa).
Spero stiate passando delle belle vacanze Natalizie.
Volevo soltanto, ancora, dirvi...
A MASSIVE THANK YOU, per tutto quello che mi avete scritto nell'anno precedente.
Voglio che sappiate che è stato il più bell'anno passato su EFP e che continuerò ad esserci anche nel 2013!
A fanculo i bastaDDi che dicevano che il 21 saremmo morti tutti. v.v
Ora me ne vado, va bene.
Lo so che scasso sempre i maroni con i miei monologhi.
Ma purtroppo, prima di abbandonarvi....
#immaginikillertime





Boo. u.u

Ora, volevo dare una faccia a Bonnie e Chris.
Per cui,



 
Questa è Bonnie. Ma immaginate che abbia gli occhi azzurri. lol
E' Ariana Grande. u.u




E Bridgit Mendler è Christine. Quella che fa Buona fortuna Charlie. u.u
So che questa foto non è il massimo della sensualità, ma se associata a Horan, direi che va più che bene. lol

E....




LOOOOOOOOL
Ciao!

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Capitolo 13
*** What's today's date? ***







Cause you, you got this spell on me
I don’t know what to believe
Kiss you once, now I can’t leave
Cause everything you do is magic
(Magic - One Direction)







CAPITOLO 12 - What's today's date?
 






Erano le cinque in punto, e Alex continuava a camminare, svelta.
Doveva ancora arrivare davanti al bar che le aveva indicato Niall.
Non era mai stata una tipa ritardataria, ma qualcosa le diceva che lui era già lì ad aspettarla da un po’.
Era piuttosto irrequieta, non sapeva cosa aspettarsi da quel ragazzo. Non lo conosceva proprio bene, e per colpa sua aveva dovuto sviare tutte le proposte delle sue amiche di fare due passi o quella di Louis di passare del tempo insieme. Senza contare che quest’ultimo, quando lei gli aveva detto che era piuttosto occupata, l’aveva guardata di sottecchi. Merdaccia, non poteva mai nascondere niente a quel ragazzo.
"I lati negativi di avere un migliore amico".
Nulla al confronto di tutti i lati positivi che aveva scoperto, però.
Anche se Alex non ricordava molto di Louis, aveva capito di volergli davvero bene. E sicuramente, quello che provava per lui, non era frutto di un pensiero elaborato in quelle ultime settimane in cui era uscita dall’ spedale.
Era qualcosa di vecchio che già risiedeva dentro di lei; la rossa aveva soltanto bisogno che qualcuno l’aiutasse a farlo tornare a galla.
E poteva dire che Louis la stava aiutando più che bene, anche se involontariamente.
Poco dopo arrivò davanti al bar e scorse una figura bionda a pochi passi da lei.
Vide il ragazzo voltarsi e sorrise automaticamente. Era impossibile rimanere impassibili davanti alla dolcezza di quel biondino.
Le diventava sempre più facile immaginare come mai Chris fosse talmente cotta di lui.
<< Ciao >>, lo salutò sventolando una mano in aria.
Poi si accorse che lui, al contrario di lei, era un po’ nervoso e faticava a rimanere concentrato.
Ma che ha?
La salutò con poco entusiasmo e le fece segno di entrare nel bar.
Alex continuò a guardarlo di sottecchi senza capire.
Spero solo che non si dichiari o robe simili, ti prego.
Ci mancava giusto quello.
Niall le indicò un tavolo dove sedersi e la seguì a ruota.
La riccia, che in principio era rilassata e sorridente, cominciò ad agitarsi.
Rimasero così, in silenzio, per qualche minuto.
Lui con lo sguardo basso sul tavolino e lei che continuava a fissarlo in attesa.
<< Ehm...Horan >>, lo chiamò, rendendosi poi conto di averlo chiamato per cognome, non l’aveva nemmeno fatto apposta.
Lui alzò di scatto la testa verso di lei e la illuminò con i suoi bellissimi occhi azzurri.
<< Si, scusa, è che non è facile per me >>, le spiegò, ancora concentrato.
Cribbio, no. Dimmi che non sta per farmi una serenata.
Alex, per niente tranquillizzata dalla sua spiegazione, sospirò, sperando di scacciare via la tensione.
Non era mai stata nervosa per cose del genere, ma quel ragazzo era estremamente contagioso, in tutto.
<< Beh, capisco, ma...non abbiamo tutto il giorno >>, provò a dirgli, sorridendo.
Non voleva sembrare troppo brusca.
<< I-Io... >>, cominciò lui.
Avanti!
Niall sospirò e prese fiato, ora era pronto.
<< Volevo che tu mi consigliassi. Perché, insomma, lei è tua amica. Tu sicuramente saprai meglio di me come prenderla, cioè, sai cosa intendo. Io non sono esattamente il tipo di ragazzo ideale...che..sai... >>, iniziò a blaterare.
La riccia rimase a fissarlo, un po’ allibita e confusa.
Ma che minchia sta dicendo?
Senza contare che da che non sapeva come parlarle, ora non la smetteva più.
<< Ehy, ehm...di chi e cosa stai parlando? >>, gli chiese, cercando di sembrare cordiale.
<< Tu sei quella con cui avevo più confidenza...ma anche se non te lo ricordi, io...eh? >>, si risveglio all’improvviso.
Si era reso conto soltanto dopo che lei gli aveva fatto una domanda, da bravo rimbambito quale era.
<< Della tua amica >>, rispose, sicuro.
Alex aggrottò la fronte.
<< Quale delle due? >>
La storia si faceva interessante, e a lei veniva sempre più da ridere.
Perché fin dall’inizio aveva pensato chissà cosa.
<< C-Christine >>, balbettò lui imbarazzato, abbassando la testa.
Lei rimase interdetta, la bocca semichiusa nel tentativo di assimilare le sue parole.
<< Aspetta >>, disse lei alzando una mano, << Vuoi che io ti aiuti a conquistare Christine? >>, domandò incredula e divertita allo stesso tempo.
Niall annuì, continuando a tenere lo sguardo basso.
Alex, sotto shock, gonfiò le guance, nel tentativo di non scoppiare a ridere, ma fu inutile.
Si mise una mano davanti alla bocca e cominciò a ridere.
Forte.
Horan alzò la testa e la fissò stralunato.
<< Perché diavolo stai ridendo? >>
Giusta domanda, pensò lei.
Ma non riusciva a smettere.
Insomma, era assurdo. Chris gli moriva dietro, non riusciva a parlare quando lo vedeva, era praticamente ossessionata da lui...e Niall andava da lei per chiedergli di aiutarlo a conquistarla.
Era esilarante, assolutamente.
Senza contare che Alex aveva pensato per tutto il tempo che lui volesse dichiararsi, un mattone in meno dallo stomaco.
<< Scusa...è che...non è per te >>, riuscì a dire infine la ragazza, asciugandosi le lacrime per le risate.
Il biondo alzò un sopracciglio, confuso.
In ogni caso lei non poteva dire a Niall che la sua amica lo amava alla follia, sarebbe stato scorretto.
<< Perché pensi di aver bisogno di me per avvicinarti a Chris? >>, gli chiese, furbamente.
Come poteva un ragazzo allegro, carino e sorridente come lui, essere talmente insicuro?
<< Perché ogni volta che ci sono io, lei non mi guarda per niente, anzi, si ammutolisce. Quasi come se gli dessi fastidio, dice cose strane...penso di stargli antipatico >>, ammise pensieroso.
Alex trattenne un’altra risata.
“Penso di stargli antipatico”.
Dio, ti prego, aiutami a rimanere seria.
<< Non gli sei antipatico, te lo garantisco. Lei è un po’ così, caro Horan. E’ piuttosto timida. Anzi, direi quasi che è lei a pensare che tu la trovi antipatica >>, buttò lì.
Magari farli diventare prima amici era una buona cosa.
Se erano entrambi talmente impacciati, bisognava prima rompere il ghiaccio, altrimenti addio amore e per sempre felici e contenti.
<< Cosa!? >>, sbottò lui.
<< Lei, antipatica!? Assolutamente no! Come le viene un’idea simile?? >>
Sembrava irritato al pensiero.
<< Perché non le parli? Ora che sai che le piaci non dovrebbe essere difficile >>
<< Le piaccio? >>, chiese il biondo tornando a fissarla di colpo, speranzoso.
<< E-Ehm...intendo come persona >>, si corresse subito Alex, mordendosi il labbro.
Che minchia combino.
Niall sbuffò.
<< E a te piace lei? >>, incalzò la rossa.
Voleva assicurarsi che quelle di Niall fossero buone intenzioni. Christine era una brava ragazza, timida, ingenua, impacciata.
Cacciarsi in un brutto guaio con un tizio alquanto esuberante e bastardo non era proprio il caso, non avrebbe retto.
<< Se mi piace!? >>, inveì lui lasciandosi sfuggire un sorriso.
<< Lei è...è bellissima, e dolce, ed è così...quando sorride...e io... >>
<< Oh, va bene, hai reso l’idea. Ho capito >>, lo interruppe lei trattenendo un’altra risata.
Però, che carini che erano, così dolci. Perché per lei non poteva essere tutto così semplice e ingenuo?
No, lei doveva avere l’amnesia e trovarsi venti persone che la prendevano per il culo nascondendole le cose.
Anche Louis le nascondeva qualcosa, se lo sentiva.
E ciò non le piaceva affatto.
<< Quindi pensi che dovrei provare a parlarle? >>, le chiese ancora Niall.
Alex incrociò il suo sguardo, provando ad essere il più convincente possibile.
<< Si, certo. E non lasciarti intimorire se vedi che si ammutolisce o cose così. Ti ho detto che è un po’ timida. Anzi, preoccupati se non le succede. Vuol dire che non glie ne importa di te, capisci? >>, gli spiegò con semplicità.
Niall le sorrise contento e annuì.
Beh, e almeno per oggi una buona azione l’ho fatta, si disse Alex.






Finalmente iniziavano le vacanze di Natale e Alex si ritrovava stesa sul letto a non fare una beata minchia quasi la maggior parte della giornata. Quell’oggi era ventiquattro dicembre e a lei quella data ricordava vagamente qualcosa.
Aveva provato a chiederlo a suo padre ma le aveva risposto con un banalissimo“ Si, è la vigilia di Natale”.
Ma anche no, lo sapeva anche lei che era la vigilia, ma c’era dell’altro, maledizione.
Possibile che in quella casa fossero tutti così ritardati?
Alex si buttò giù dal letto e uscì dalla sua stanza. Erano le nove del mattino e lei era già sveglia.
Come dire, aveva già perso troppo della sua vita, sprecare tempo a dormire non era proprio un’ottima idea.
Mentre scendeva giù, qualcuno suonò il campanello.
Ma che palle, scocciano anche alla vigilia??
La rossa si precipitò all’ingresso e aprì la porta con stanchezza.
Peccato che non appena vide chi era venuto a trovarla, una vampata di calore le invase l’intero viso.
<< H-Harry, che cosa ci fai qui? >>, chiese stupidamente.
Lui alzò lo sguardo su di lei contemplandola per un po’, poi sembrò riprendersi.
<< Ci lavoro >>, disse con nonchalance entrando nell’edificio come se fosse casa sua.
Alex rimase di stucco.
Senza contare che ora, le sue reazioni ogni qualvolta lo vedeva stavano cambiando. Si sentiva strana.
Provava cose bizzarre. E non riusciva a capire se si trattava di una cosa momentanea o passata e che lei ovviamente non ricordava.
<< Cosa? Lavori anche oggi, perché!? >>
Già, come mai quel ragazzo il ventiquattro di dicembre era a casa sua a fare il babysitter invece di starsene con la sua famiglia a rilassarsi?
<< Perché i tuoi non ci sono, come vedi. E io non ho granché da festeggiare, mi servono i soldi, quindi eccomi qui >>, le spiegò freddamente mentre si toglieva la giacca.
Le pareva a lei o Harry stava cercando in tutti i modi di non guardarla in faccia o di darle le spalle?
Ma perché fai così, non capisci che non serve a niente?
<< Dov’è Martin? >>, le domandò poi all’improvviso voltandosi ad osservarla interamente.
Alex fu colta momentaneamente alla sprovvista, per vari secondi rimase in silenzio a fissarlo.
Si ritrovò a pensare a quanto fosse bello.
A quanto fossero belli quegli occhi così luminosi.
Quella faccia imbronciata che continuava a guardarla impaziente, le sue mani così grandi e calde.
Le sue labbra.
Per quella che le parve un’eternità non riuscì nemmeno a chiedersi per quale motivo pensasse tutte quelle cose.
Perché ad un certo punto le venne una strana fitta all’altezza dello stomaco.
Voleva fare qualcosa, valeva fare una cosa.
Le sembrava di essere stata ipnotizzata, non riusciva a smettere di fissarlo.
<< Allora?? >>, domandò nuovamente lui.
Alex si riprese di colpo, cercando con tutta se stessa di scacciare quei pensieri assurdi.
Ma che cazzo mi succede!?
<< Lui è...emh...è..sta dormendo >>, farfugliò in malo modo.
Il riccio annuì e dopo averle lanciato un’ultima occhiata interrogativa, si voltò per dirigersi in soggiorno.
<< Perché non hai granché da festeggiare? >>, se ne uscì lei, capendo solo in quel momento cosa le aveva detto in precedenza.
<< Perché no >>, replicò lui, più distaccato che mai.
La ragazza lo seguì in soggiorno. Per qualche strana ragione non voleva staccarsi da lui.
<< Andiamo, sono il tuo capo, dovresti dirmele certe cose >>, si lamentò, provando a fare la spiritosa, anche se in quel momento era completamente su un altro pianeta.
<< Te ne ho già parlato, non mi va di ridirtelo >>, brontolò lui.
Ma perché si comporta così? Sembra quasi che ce l’abbia con me.
Era come se lui fosse riuscito magicamente a seppellire tutto quello che era successo quel giorno nella sua stanza, mentre lei ci pensava continuamente.
<< Quando me ne hai parlato? >>, continuò, incuriosita.
<< Quando ancora ti ricordavi di me >>, rispose.
Colpo basso.
Alex aprì la bocca per parlare, ma non emise nemmeno un lamento.
Quanto faceva male.
Che colpa ne aveva lei se non ricordava niente?
Le venne un’immensa voglia di piangere, ma non lo fece.
<< Che giorno è oggi? >>, incalzò ancora la riccia per cambiare discorso.
Si sentiva tremendamente a disagio, ora.
Ad Harry sfuggì un sorriso, ma cercò di non darlo a vedere.
A lei parve di vedere la luce vedendolo sorridere, non sorrideva mai quando era con lei.
<< Fammi indovinare, non ti stai riferendo alla vigilia di Natale, vero? >>, le chiese, sarcastico.
Come faceva a saperlo?
La rossa scosse la testa.
<< Incredibile. Ti ricordi di lui ma non di me >>, disse pensando ad alta voce e passandosi una mano fra i capelli.
<< Cosa? >>
Alex si incupì, non stava capendo nulla.
<< Oggi è il compleanno di Tomlinson >>, le spiegò Harry dandole le spalle.
La ragazza sgranò gli occhi.
Cosa?
Stava scherzando?
E lei lo sapeva, sapeva che c’era dell’altro e che non era un semplice ventiquattro dicembre.
Ma allo stesso tempo si maledisse in aramaico per essere così dannatamente stupida.
Lei sarebbe dovuta essere la prima a ricordarsi di una cosa simile.
Ora Louis si sentirà sicuramente una merda.
Senza contare il fatto che avrebbe provato a giustificarla in qualsiasi modo.
Poi si riprese e ripensò alle parole di Harry di poco prima.
“Ti ricordi di lui me ma non di me”.
<< Quindi c’è qualcosa da ricordare su di te >>, affermò.
Prova a distrarmi ora, cretino.
Harry aprì una scatola di puzzle con lentezza e quasi si bloccò a mezz’aria quando sentì le parole di lei.
<< Vai a chiamare a quell’idiota del tuo amico e smettila di scocciarmi >>, se ne uscì piuttosto irritato.
Alex spalancò la bocca.
Cosa!? Ma come si permette!?
<< Smettila di scocciarmi!? >>, sbottò lei alzandosi dal divano sui cui si era seduta e avvicinandosi a lui.
<< Harry, devi piantarla di comportarti in questo modo. Ormai lo so che c’entri qualcosa con me, solo, non riesco a capire cosa diamine ci sia da nascondere, ecco. Quindi dacci un taglio! >>, inveì, irritata.
<< Per favore >>, la implorò lui chiudendo gli occhi per qualche attimo.
<< Per me è complicato, lasciami in pace, ti prego >>, disse ancora, questa volta fissando i suoi occhi verdi in quelli nocciola di lei.
Alex, ancora arrabbiata, gli diede le spalle senza rispondergli e si diresse al piano di sopra.
Quel ragazzo era così stupido e ritardato, non capiva un cazzo, e le dava soltanto sui nervi.
“Per me è complicato..”, fino a prova contraria sono io che ho perso la memoria, non tu.






Arrivata al piano di sopra Alex prese immediatamente il cellulare e chiamò Louis.
Possibile che il suo amico non aveva organizzato niente? Non una festa, una pizza con gli amici.
E se si, perché non le aveva detto nulla?
<< Pronto? >>, le rispose una voce ancora mezza assonnata.
<< Buongiorno, festeggiato. Quanto sei più vecchio, oggi? >>, lo salutò sorridendo da sola come una deficiente.
<< Alex? >>, chiese lui con la voce impastata dal sonno.
<< Te ne sei ricordata?? >>, continuò contento.
<< Si, mi hanno dato un aiutino, ma l’ho ricordato >>, confessò.
Almeno una soddisfazione nella vita.
<< Auguri, Boo >>, aggiunse.
Le venne l’istinto di abbracciarlo ma attraverso un telefono risultava un po’ impossibile come cosa.
<< Grazie! >>, rispose, con forse troppo entusiasmo.
Alex sentì degli strani rumori, segno che il ragazzo si stava rigirando fra le coperte del letto.
<< Allora, festeggerai? >>, domandò, incerta.
E se avesse deciso di non invitarla?
No, ma che idea assurda, come le veniva una cosa simile.
<< Si, ma non oggi. Chi verrebbe al mio compleanno la vigilia di Natale? Festeggio il 28 Dicembre >>, spiegò sospirando.
Alex si morse un labbro.
<< Perché non me l’hai detto? >>
Rispondimi sinceramente, ti supplico.
<< Speravo che lo ricordassi. Ma te l’avrei comunque detto io nel caso >>
Quindi ci sperava davvero che lei lo ricordasse.
Qualcosa si sciolse nel petto della riccia e si complimentò con se stessa per aver scoperto del suo compleanno prima di venirlo a sapere da lui, non sarebbe riuscita a reggere una cosa simile.
<< Capisco >>
<< Aspetta, credevi che non volessi invitarti al mio compleanno? >>, se ne uscì lui di botto.
Lei si meravigliò.
Merda, mi legge nel pensiero.
<< Stai scherzando, spero. Ma sei impazzita o cosa?? >>
Era piuttosto shoccato, constatò Alex.
<< Cosa >>, ribatté sarcastica.
<< Idiota >>, la prese in giro.
Lei rise.
<< Ma ti voglio bene lo stesso >>, aggiunse lui.
<< Anch’io, deficiente >>.














Si, so che siamo un po' "fuori stagione". lool
Mi ricorda le vacanze di natale questo capitolo.
Aiah, che dolore al cuore, non posso farcela. D:
*sigh sigh*
A proposito, com'è stato il rientro a scuola? (mi viene solo da piangere a pensarci. è.é)
Vabbè.
Quindi!
Vorrei darvi tanti bei bacini(?) perchè la maggior parte di voi aveva pienamente sgamato Horan prima di questo capitolo. lol
Ma quanto siete intelligenti. *-*
Poi volevo ringraziarvi per tutte le cose STUPENDE che mi avete detto in the last chapter(lol).
Per gli auguri di buon anno e così via. Siete dolcissime, seriosly. :)
(evvai, metà inglese, metà italiano. perchè io può.)
Then.
Avete visto il video di Kiss You? LOL
Dio, ho risto da quando ho cliccato play a quando è finito.
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAH
Coglioni, patentati. :')
Ora vi saluto, vah.
T.T

#immaginikillertime




ma quanto sono fighi qui?



Ovviamente il nuovo passo trasgressivo non poteva mancare. lol



Yeah.

E niente.
Alla prossima, sweeties.




*me morta*.


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Capitolo 14
*** Party ***







Cause I knew you were trouble when you walked in
So shame on me now
Flew me to places i’d never been
So you put me down 
(I Knew You Were Trouble - Taylor Swift)










CAPITOLO 13 - Party








<< Mi meraviglio che abbia deciso di invitare anche me >>, sbottò Bonnie, cinica come sempre.
Alex alzò gli occhi al cielo.
Ma quanto poteva essere paranoica quella ragazza?
<< Stasera lo rivedrò! >>, se ne uscì urlando e volteggiando per la stanza Christine, ignorando totalmente i discorsi delle sue amiche.
Era completamente in un altro mondo.
La riccia si mise le mani nei capelli.
Ma come le era capitato di avere delle amiche così esaurite?
Quella sera erano tutte e tre a casa di Bonnie a prepararsi per la festa di Louis.
L’idea di incontrarsi lì era stata prettamente di Alex. Perché se sua madre avesse anche lontanamente capito che lei aveva intenzione di andare al compleanno del suo migliore amico, l’avrebbe rinchiusa in casa posizionandole un cane a tre teste davanti alla porta per farle la guardia. Assurdo.
Le ragazze erano praticamente pronte, aspettavano soltanto che Chris si decidesse ad infilare le scarpe e la smettesse di ballare per la stanza. Era in iperventilazione da quanto aveva saputo che Louis aveva invitato anche Niall.
Invece Alex non faceva altro che sbuffare, perché era consapevole che quei due si volevano a vicenda e che per loro la cosa era talmente semplice che avrebbero potuto mettersi insieme anche dormendo, soltanto che entrambi erano due idioti senza speranza.
Nel frattempo Bonnie continuava a scrutarsi nello specchio con un sopracciglio alzato. Vederla da quella prospettiva era persino buffo.
Aveva un vestitino completamente nero, esattamente come i suoi capelli. Stretto e scollato sopra e leggermente largo sotto, mentre dietro, quasi tutta la schiena, era ricoperta dal pizzo. Calze color carne, giacca e tacchi.
Era piuttosto sexy quella sera, constatò la rossa.
Chris invece aveva optato per una gonna a pieghe sul grigio, camicetta, tacchi neri e capelli sciolti, come Bonnie del resto.
Alex invece, osservando le sue due amiche, si sentiva leggermente Alice nel paese delle meraviglie.
Quel vestito azzurro non le andava tanto a genio, anche se Chris e Bon continuavano a dirle che le stava da Dio.
La stoffa sembrava in pizzo, e dal fondo del vestito un velo di tulle bianco usciva fuori di due dita.
Sopra era cucito in stile corpetto, mentre sotto era un po’ più largo. La cinturina nera in vita dava l’ultimo colpo di classe insieme ai suoi tacchi.
Insomma, forse erano un po’ troppo eleganti per un compleanno, ma a quanto ne sapevano, altra gente si sarebbe vestita anche peggio.
La loro era una città di esibizionisti.
Alle nove circa, tutte e tre si infilarono in macchina per farsi scortare da Eric fino al locale in cui si sarebbe tenuta la festa di Louis.
<< Mi raccomando, non bevete troppo >>, se ne uscì Eric una volta fermata la macchina davanti all’entrata del posto.
Alex gli lanciò un’occhiata torva.
<< Sono maggiorenne, fratello. Evita >>, lo apostrofò seguendo le sue amiche fuori dall’auto.
La bruna continuava a camminare dietro di loro. Si sentiva a disagio.
Ancora non si era fatta una ragione del perché Tomlinson l’avesse invitata al suo compleanno.
Insomma, loro due si odiavano.
E l’ultima volta che si erano parlati non erano certo state tutte rose e fiori.
Ma quello che la preoccupava di più era il semplice vederlo e basta.
Sentire i suoi occhi addosso, ricordare cose passate e lasciarsi andare. Perchè lei doveva continuare ad odiarlo e ad essere arrabbiata.
Appena le ragazze entrarono nel locale notarono una calca di gente ammassata ovunque.
Musica in sottofondo che annunciava una serata di disco piuttosto promettente, e tavoli con roba da bere e da mangiare.
Alex prese per mano le sue amiche e le tirò con la forza verso il festeggiato sul fondo della sala. Voleva salutarlo, era il minimo.
E trascinarsi dietro quelle due era un’impresa. Christine continuava a guardarsi intorno come una babbea, mentre Bonnie strattonava l’amica dalla parte opposta perché non voleva avvicinarsi a Louis neanche a morire.
La rossa giurò a se stessa che avrebbe messo a posto le cose fra quei due, a costo di rimetterci la vita.
<< Ehy, Boo >>, salutò l'amico abbracciandolo sorridente.
Louis lanciò un’occhiata alle spalle della ragazza e poi torno a guardarla aprendosi in un sorriso meraviglioso.
<< Ehy. Siete in ritardo >>, disse incupendosi.
La riccia si morse il labbro.
<< Non è stata colpa mia >>, si lamentò.
<< Beh, ti muovi!? Non ci sei solo tu, c’è anche altra gente che vuole salutarlo! >>, sbottò una voce alquanto fastidiosa strattonando il braccio di Alex che era ancora appoggiato su quello del castano.
<< Oh mio Dio, ha invitato cani e porci alla festa! >>, ululò Bonnie da dietro.
Chris trattenne una risata, mentre Louis guardava Lorain con uno sguardo misto fra l’odio e il disprezzo.
Alex fissò Louis con aria divertita e si allontanò da lui lasciandolo libero di salutare gli altri.
<< Alex, aspetta! >>, la richiamò il ragazzo prima che potesse scomparire fra la folla.
Le fece segno di tornare indietro e subito dopo si avvicinò al suo orecchio, sotto lo sguardo infastidito di Lorain.
<< C’è anche Harry, stasera >>, le sussurrò con aria misteriosa.
Lei spalancò gli occhi, spiazzata.
Cosa?!
Cosa significava? E perché glielo aveva detto in quel modo?
Bonnie e Christine la guardarono interrogative.
<< Cosa? Louis! >>, provò a richiamarlo la riccia, ma il castano si era già allontanato.
Si voltò un’ultima volta verso di lei e le fece l’occhiolino.





La serata procedeva piuttosto spedita e tranquilla, si direbbe.
Ormai quasi più della metà degli invitati era ubriaca, mentre il resto o ballava o si ingozzava come un tacchino.
Christine non faceva altro che andarsi a nascondere ovunque e fissare Niall da lontano perché si vergognava troppo, e Alex stava letteralmente per prenderla a schiaffi.
<< Chris, per l’amore di Dio, non è un lupo mannaro, è un semplice ragazzo! >>, le urlò dietro mentre lei si infilava nel bagno, correndo.
<< E se non gli piace come sono vestita!? Forse non vorrà parlarmi mai più! >>, piagnucolo con tono lacrimoso.
Oh, Signore!, imprecò Alex mentalmente.
La rossa era anche piuttosto incazzata.
Perché in quel momento avrebbe di gran lunga preferito aggirarsi per la sala e cercare “una persona”, invece che starsene lì ad incoraggiare gente che non aveva bisogno di nessun incoraggiamento.
Le venne un’idea, forse poteva fare i turni con Bonnie.
Un’ora ciascuno da dedicare a Chris, no?
<< Hai visto Bonnie? >>, chiese all’amica, speranzosa.
La bionda grugnì dal bagno.
<< Cosa vuoi che me ne importi di quella deficiente se l’amore della mia vita è in sala a ridere e scherzare! >>, ululò.
Cribbio, è davvero fuori di testa.
Nel frattempo Bonnie, dall’altra parte del locale, trangugiava Vodka neanche fosse un serbatoio di benzina.
Ma era ancora lucida.
O almeno, era quello che sperava di essere.
D’un tratto si sentì sfiorare la schiena.
<< Sta attenta con quella roba, non fa bene alle signorine >>, la riprese Zayn comparendole magicamente di fianco e poggiandosi al bancone.
Aveva un sorriso disarmante quella sera, notò la ragazza.
Andiamo, perché la gente permetteva ad un figo come lui di andare in giro così tranquillamente?
Era illegale, ma soprattutto dannoso per la salute...mentale di una ragazza.
<< Tu parla per te, il mio fegato è molto più in forma del tuo, Mafia >>, gli rispose a tono, sorridendo.
Il moro scoppiò a ridere, ma lei non seppe spiegarsi bene il perché.
Forse, con tutto l’alcool che aveva inghiottito era diventata alquanto buffa, pensò.
Subito dopo lo vide tornare serio.
Si fissarono per alcuni attimi, poi lui abbassò lo sguardo e sembrò trovarsi improvvisamente in difficoltà.
<< Io, ehm...sei molto se...voglio dire, stai molto bene stasera >>, farfugliò come un demente.
Bonnie spalancò gli occhi.
Okay, decisamente, c'era qualcosa che non andava.
O forse, era semplicemente ubriaca.
Aveva sentito bene?
Mister Mafia Malik che le faceva un complimento?
Wow, ho bevuto davvero tanto.
<< Tu non sei da meno >>, gli rispose, senza nemmeno rendersi conto di quello che diceva.
Probabilmente era la Vodka che la faceva diventare così audace.
Per un momento si sentì una totale cretina.
<< Bon! Vieni un attimo qui, adesso! >>, strillò una voce.
La bruna la ringraziò immensamente per averla salvata da quella situazione imbarazzante.
Salutò Zayn con un gesto della mano e focalizzò Alex in mezzo alla sala che continuava a gridare cose incomprensibili, senza capire che con tutta quella musica era praticamente impossibile starle dietro.
L’amica la trascinò nei bagni e sospirò stancamente.
<< Perché siamo qui? >>, domandò giustamente Bonnie.
Alché Alex alzò la testa e la fissò negli occhi.
<< Dio, ma puzzi da morire, quanto hai bevuto!? >>
La bruna sbuffò.
<< Non molto, ma dovresti farlo anche tu, magari ti torna in mente qualcosa >>, scherzò.
La riccia alzò gli occhi al cielo.
<< Stai qui con Chris, ti prego. Non voglio passare tutta la serata in un cesso >>, le spiegò subito dopo, andando al punto.
<< Che!? Non dirmi che è per colpa di Horan >>, risponde indicando con un dito il bagno in cui era chiusa Christine.
Quasi scoppiò a ridere.
Alex annuì gravemente.
<< Chris se non esci da quel cesso ti lasciamo qui, maledizione, non puoi ridurti in questo stato per uno sfigato come lui! >>, urlò Bonnie gesticolando, avvicinandosi alla porta del suo bagno e sbattendoci due pugni sopra.
All’improvviso una Christine alquanto incazzata e irritata venne fuori con sguardo torvo.
<< Lui non è uno sfigato! >>, gridò.
<< Grazie a Dio è uscita fuori! >>, esclamò Alex contenta e afferrandola per un braccio.
<< Ehy! >>
Bonnie scoppiò a ridere e seguì le amiche fuori dal cesso.





Circa a metà serata le tre amiche si separarono involontariamente vagando per zone diverse del locale, quasi alla cieca.
Alex continuava a guardarsi intorno alla ricerca di nessuno in particolare, chiedendosi di tanto in tanto dove diamine fosse finito Louis.
Era la sua festa o no? Eppure spariva come un fantasma.
A Bonnie invece venne l’impressione di aver bevuto troppo.
Ormai non faceva altro che andare a sbattere contro sconosciuti, chiedere scusa e scoppiare a ridere senza un motivo.
Sospirò, e per la millesima volta si scontrò contro qualcuno.
<< Ops! >>, disse ridendo ancora e barcollando.
Il tizio la mantenne per un braccio poggiandole involontariamente una mano sul fianco.
<< Stewart? >>
Bonnie raggelò all’istante e smise di ridere.
Quella voce la fece ritornare improvvisamente lucida, per magia.
Alzò lo sguardo.
<< Tu soffri di bassa pressione, non dovresti bere >>, la sgridò affettuosamente Louis.
Quegli occhi talmente blu la immobilizzarono, si sentì spaesata per pochi attimi e boccheggiò indecisa.
<< L-Louis, io sto benissimo! >>, se ne uscì provando ad allontanarsi, ma ciò che ottenne in risultato fu soltanto barcollare come una cretina e aggrapparsi a lui ancora di più.
<< Sicura? >>, le domandò scrutandola in viso, preoccupato.
Perché d’un tratto fa tutto il gentile con me!?
<< Si, certo >>, mentì. << Ora vado, ci si becca in giro >>, lo salutò, tentando di non guardarlo in faccia e di non vacillare come una squilibrata.
Ci mancava giusto lui, pensò sdegnata appoggiandosi allo schienale di un seggiolino.






Alex sobbalzò in mezzo alla calca di gente che ballava.
Ma quanti caproni aveva invitato il suo migliore amico?
Qualcuno le aveva poggiato una mano sulla spalla.
E lei era pronta a fare a pugni con i maniaci.
<< Ehy, Anderson >>, si sentì chiamare.
Non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per capire chi fosse.
Alzò gli occhi al cielo chiedendosi per quale snaturata ragione le persone dovessero provare a farle prendere un infarto in ogni maniera possibile.
<< Horan >>, lo salutò, cercando di farsi spazio fra la folla.
<< Dammi una mano, ti prego >>, la supplicò lui facendole gli occhi dolci.
Oddio, tu e le tue facce da cucciolo siete insopportabili.
Alex sbuffò.
<< Cosa vuoi che faccia? >>
Niall si morse il labbro.
<< Prima di tutto, dimmi dov’è Christine >>, gridò cercando di sovrastare la musica.
La rossa fece una smorfia.
Se solo sapesse che sta cercando di evitarlo da quanto ha messo piede qui dentro.
Poi si guardò intorno.
Dove diavolo era quella ragazza?
L’ultima volta l’aveva lasciata vicino al...oh, eccola.
<< E’ lì seduta, vedi? >>, la indicò sorridendogli.
Il ragazzo prese un bel respiro.
<< Perfetto, adesso vieni con me e... >>
<< Cosa? No, no, no, carissimo. Io non faccio la consulente matrimoniale. Sei un uomo, hai le palle, sei grande e vaccinato, muovi il culo e vai da lei >>, lo sgridò scioccata e frustrata allo stesso tempo.
Se lo scorda che faccio l’interprete fra loro due.
<< Ma >>
<< Ma niente >>
<< Solo, Niall... >>, aggiunse poi addolcendosi, << quando le vai vicino non farti vedere, falle una sorpresa >>, gli consigliò, provando a rimanere seria.
Sarebbe capace di scappare come un coniglio se ti vedesse.
<< Perché? >>, domandò lui corrucciando la fronte.
<< Tu fallo e basta >>
Poi gli fece segno di andare.
Il biondo sospirò.
<< Fatti valere >>, lo incoraggiò ancora Alex.
Niall deglutì rumorosamente e si avviò nella direzione della ragazza.
E anche questa è fatta, constatò la rossa.






Bonnie si appoggiò ad un seggiolino in pelle nera e riprese a respirare.
Di sicuro l’alcool e Louis non erano due cose da poter conciliare insieme, pensò.
Si passò una mano sulla fronte e sospirò.
Ma che aveva fatto di male?
Ma non appena vide Lorain camminare nella sua direzione fece una smorfia.
Non c'è mai fine al peggio.
La ragazza si fermò davanti a lei, la squadrò e si portò le mani sui fianchi, stile gangster.
Bene, era pronta per sparare stronzate.
<< La smetti di stare attaccata come una cozza a Louis?? >>, se ne uscì la rossa cercando di uccidere Bonnie con lo sguardo.
Ti sei confusa con te stessa?
<< Ti prego, risparmiamelo >>, rispose la bruna alzando gli occhi al cielo e facendo per andarsene.
Quella ragazza era davvero insopportabile.
Ma Lorain la afferrò per un braccio.
<< Dove credi di andare, non ho finito con te >>, sibilò come una vipera.
Le si avvicinò quel tanto che bastava per farsi sentire alla perfezione.
Bonnie rimase leggermente sorpresa di quel comportamento.
<< Devi stare lontana da Louis, hai capito? E’ finita, lui ti odia, non ti sopporta, perché non riesci a capirlo?? >>, comincio, perfida.
La bruna boccheggiò e cercò di divincolarsi, infastidita.
Non era nelle condizioni per difendersi.
<< Senti, lasciami... >>
Ma Lorain riattaccò.
<< Cos’è, hai dimenticato come ti ha trattata? Cosa ti ha scritto quel giorno? O vuoi che ti rinfreschi la memoria? Non sei nessuno, gli fai pena, lascialo in pace >>
<< Faresti un favore a tutti >>, aggiunse sorridendo, falsa.
Poi allentò la presa sul braccio della ragazza e si allontanò lasciandola lì immobile.
Bonnie rimase attonita.
Perché per quanto non le importasse nulla di quell’arpia, ciò che aveva detto non era del tutto sbagliato.
Si morse le labbra, cercando di rimanere seria.
Lei non piangeva, lei non piangeva mai.
Ma la cosa più scioccante era che a lei non importava niente di Louis, perché stava reagendo così?
Si allontanò dalla sua postazione barcollando ancora e respirando affannosamente.
La Vodka non le aveva fatto proprio per niente bene, non riusciva a controllare le emozioni.
Cercava di arrancare fra la gente e di respirare in mezzo a quella calca di ubriachi e di sudore.
Poi inciampò e finì a terra poggiando le mani al pavimento.
“Cos’è, hai dimenticato come ti ha trattata? Cosa ti ha scritto quel giorno?”
Respirò profondamente, non doveva piangere.
<< Stewart, ti senti bene? >>
Si sent’ afferrare per i fianchi da due mani calde che la tirarono su.
Si voltò, spaesata, ed incontro un paio di occhi color cioccolato che la fissavano preoccupati.
Sbatté le palpebre un paio di volte. Doveva riprendersi.
Era così sbagliato che qualcuno la vedesse in quello stato.
<< Ehy, Mafia. Stai cercando di abbordarmi? Con me non funziona, lo sai >>, tentò di prenderlo in giro per convincerlo.
Zayn corruccio la fronte.
<< Che è successo? >>, le domandò ignorando completamente le stupidaggini che diceva.
Merda.
Bonnie spostò subito lo sguardo altrove. Probabilmente aveva gli occhi lucidi o qualcosa di simile.
<< Niente, non vedi, sono caduta >>, rispose brusca, provando a scansarlo.
Non aveva bisogno di essere capita da lui e non aveva alcuna voglia di raccontare al mondo intero che stava male per una puttana tinta che le diceva cose stupide, era assurdo, non era da lei.
Ma Zayn non era il tipo che riuscivi ad abbindolare facilmente.
<< Vieni con me >>, le ordinò difatti afferrandola seccamente per il polso e trascinandosela dietro.
La bruna rimase principalmente sconvolta ma non oppose resistenza, non ne aveva né la forza e né la voglia.
Bonnie cominciò a vedere le persone sdoppiarsi e si portò una mano alla testa, stava per scoppiarle.
Ma quando riaprì gli occhi si ritrovò per magia in quella stanza sull' azzurrino in cui poco prima l'aveva portata Alex, che angoscia.
La gente che usciva ed entrava tranquilla e incurante.
Il bagno.
<< Che cosa ci facciamo qui? >>, domandò confusa.
Zayn la trascinò vicino ad un lavandino e aprì il rubinetto.
<< Lavati la faccia, sei ubriaca fradicia e dimmi cosa è successo >>, le ordinò, come se non ci fosse niente da obiettare.
Lavarmi la faccia!?
<< Cosa!? No, non mi laverò nessuna faccia in questo cesso di merda! E lasciami! >>, si divincolò la bruna, diventando all'improvviso violenta.
<< Fatti gli affari tuoi, non mi è successo niente! >>, strillò strattonando il braccio a vuoto.
Cribbio, non ce la faccio.
“Lui ti odia, non ti sopporta, perché non riesci a capirlo??”
Gli occhi le diventarono lucidi.
Spostò immediatamente lo sguardo da Zayn. Non poteva crederci. Stava per piangere davanti ad un ragazzo che le era sempre stato antipatico, con cui non aveva mai condiviso niente, che non sapeva niente di lei.
Il moro rimase a fissarla mentre la prima goccia di pianto cominciava a rigarle piano la guancia. La prima di molte altre.
Lei strinse gli occhi per impedire alle lacrime di uscire, ma fu inutile.
Zayn era immobile, la bocca semichiusa.
C’era qualcosa di così dannatamente familiare, ora, in quella ragazza che gli piangeva davanti, non sapeva esattamente cosa fosse, ma sapeva che era così.
Una ragazza della loro stessa scuola entrò nel bagno proprio in quel momento, e prima di lavarsi le mani rimase a fissarli per qualche minuto, incuriosita. Di lì a poco magari avrebbe anche cominciato a fare domande o a chiamare le sue amiche.
A Zayn ciò diede molto sui nervi, così strinse il polso di Bonnie e la portò in uno degli stanzini del cesso che erano in quel corridoio.
Ognuno aveva diritto alla sua privacy, per Dio.
<< Così si faranno i cazzi loro una buona volta >>, farfugliò.
La bruna iniziò a piangere più forte.
Ormai aveva ceduto, non riusciva a controllarsi.
<< Ti prego, abbracciami >>, lo implorò a testa bassa.
A questo punto non aveva neanche più una dignità, si ritrovò a pensare.
Si avvicinò al moro ed incastrò le braccia intorno al suo bacino, nascose il viso sul suo petto e respirò profondamente per evitare di prorompere in altri singhiozzi di pianto disperato.
Zayn, apparentemente sconvolto, la strinse a sua volta, non potendo fare altro.
Ora si ricordava perfettamente che cosa rivedeva in quella ragazza.
Se stesso, tempo fa, e anche ora.
Bonnie gli strinse la  camicia e pianse più forte, come non aveva mai fatto.
Perché forse tenersi ogni cosa dentro per tutto quel tempo le aveva fatto solo male.
<< Vuoi spiegarmi? >>, tentò di distrarla Zayn accarezzandole i capelli corvini.
La bruna alzò lo sguardo su di lui fissando i suoi grandi occhi azzurri in quelli così marroni e profondi di lui.
No, non voleva spiegargli niente.
Non aveva voglia di parlarne, o di parlare in generale.
Ciò che le serviva ora era soltanto dimenticare, distrarsi, non pensare a niente.
Si alzò sulle punte e all’improvviso, e senza neanche lasciare Zayn riflettere, lo baciò.
Sfiorò quelle labbra così morbide che le sembravano fatte di miele e le sentì rabbrividire sotto il suo tocco.
Poi lui la allontanò, ma con delicatezza.
<< Bonnie...che cosa... >>
Ma non fece in tempo a finire la frase che lei gli era di nuovo addosso.
Non voleva parlare.
Le parole erano sbagliate, non servivano a niente.
<< Sei ubriaca, smettila >>, farfugliò lui fra un bacio e l’altro.
No, non era ubriaca.
O almeno non così tanto da non capire cosa stava facendo.
Ma la cosa che sorprese veramente Zayn fu che lui stesso non era pienamente in grado di allontanare quella ragazza da se.
<< Finiscila di parlare >>, questa volta fu lei a dargli un ordine.
Ordine che il moro non faticò poi tanto a seguire.
Approfondirono il bacio con un po’ troppa fretta forse.
Bonnie chiuse gli occhi e infilò una mano fra i capelli di Zayn con violenza.
Lo spinse contro la parete del bagno e si appoggiò definitivamente a lui lasciando che le sue mani le esplorassero la schiena seminuda e le natiche.
Funzionava, stava funzionando.
Grazie a lui riusciva a non pensarci.
Gli morse le labbra rabbiosamente e degustò il sapore amaro del sangue sulla lingua.
Si sorprese di se stessa, perché non era mai stata così aggressiva con nessuno.
Sembrava che avesse sete, sembrava affamata di un ragazzo con cui non aveva mai condiviso nulla se non un passaggio in auto.
Solo che era arrabbiata, con tutti. Con se stessa.
Con Louis.
Louis, Louis, Louis.
Basta!
Non doveva pensare.
Fece scorrere le mani veloci su tutto il corpo del ragazzo fino ad arrivare ai suoi pantaloni.
Non doveva pensare, non doveva pensare e basta.
Doveva spegnere il cervello.
“Lui ti odia”.
Abbassò la cerniera dei jeans di Zayn e gli slacciò il bottone.
“Lui ti odia”.
A quel punto il moro la spinse facendola aderire contro l’altra parte della stretta cabina in cui erano finiti.
Si guardarono intensamente per un tempo indeterminato.
I sospiri affannati che si mescolavano fra loro.
L'eccitazione che cresceva, palpabile.
<< Che cosa mi stai facendo? >>, domandò il moro fissandole le labbra arrossate.
Bonnie gli accarezzò una guancia e poi appoggiò la fronte contro la sua.
<< Niente che non voglia anche tu >>, rispose riprendendo a baciarlo e sfiorando i suoi boxer con le dita.
Zayn la afferrò per i fianchi e la attirò a sé ancora di più sollevandole il vestito e facendola aderire contro la sua erezione.
Qualcosa disse a Bonnie che quella serata sarebbe finita nel modo più inaspettato possibile.
Certo, fare sesso in una cesso non era mai stata una delle sue più grandi ambizioni.














Bene, bene, bene.
LOOOL
AHAHAHAAHAHAH
No giuro, sto provando ad immaginare le vostre facce, e la cosa è alquanto divertente.
AHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHA
Non, uccidetemi. D:
..........
mio Dio, sto ridendo. lol
Che bello, rido da sola.
#ricoveratemi 
Beh, che ne pensate? LOL
A parte lo scandalo, il resto vi va a genio?
Mi scuso se non c'è Hazza in questo capitolo.
Nel prossimo ci sarà per forza. u.u
Ah, volevo confessarvi una cosa...
Io vi amo.
Cioè, no riesco a convivere con questo sentimento, aiutatemi.
Siete fantastiche. :)







Direi che una foto di Malik ci sta.
Sono morta dopo questa.




E visto che siamo in tema:
Konnichiwa! lol



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Capitolo 15
*** Little Things ***









I've just let this little things slip, out of my mouth
Cause it's you, Oh, it' you, it's you
They  add up to
 I'm in love with you
And all this little things
(Little Things - One direction)










CAPITOLO 14 - Little Things







Bonnie era sparita nel nulla, volatilizzata, pensò Alex infilandosi il maglione lungo e rosso che le aveva regalato suo padre per Natale.
Non la sentiva dalla festa di Louis.
Per non parlare di Christine.
Chissà se alla fine Niall era riuscito a parlarle oppure no.
Purtroppo l’effetto delle vacanze è che alla fine perdi i contatti con gli altri soltanto perché passi metà della giornata buttata in un letto a dormire fino a mezzogiorno.
L’unica cosa positiva di quei giorni era stata quando sua madre l’aveva ripetutamente sgridata per via dell’accademia e lei aveva ricordato uno dei tanti momenti passati in cui Marylin le aveva urlato contro.
Non che fosse un bel ricordo, ovviamente, ma sempre meglio di nulla.
Il fatto era che passare la maggior parte del tempo in casa richiedeva incontrare sua madre per i corridoi continuamente, e quindi litigarci anche per cose stupide come: “ quelle calze sono vecchie, buttale”.
E poi, a coronare il tutto, c’era il fatto che quell’oggi i suoi genitori avevano deciso di invitare a pranzo niente popo di meno che la famiglia Payne.
Solo che Alex osava immaginare la faccia presuntuosa di quel ragazzo odioso, le saliva il vomito.
E quella Kate, Dio, era talmente inquietante.
La riccia infilò le bamboline poco prima di sentire il cellulare squillare.
<< Salvami >>, implorò lei sbuffando e afferrando l’aggeggio elettronico.
<< Ho chiamato solo per infonderti coraggio prima dell’oblio >>, la prese in giro Louis sorridendo.
Alex rise.
<< Ti prego, non farmici pensare >>, continuò abbattuta, sedendosi sul letto.
La risata cristallina di Louis attraverso il telefono le aggiustò il morale all’improvviso.
<< Se vuoi posso fungere da digestivo quando l’incubo sarà finito >>, scherzò lui con un pizzico di serietà.
Lei sospirò e si precipitò a socchiudere la porta della sua stanza. Se sua madre avesse scoperto che parlava con Louis al telefono, avrebbe cominciato ad urlare dietro come una cornacchia in calore fino allo stremo delle sue forze.
<< Sul serio? Possiamo vederci dopo? >>, domandò.
Louis si morse il labbro.
Dopotutto era da tanto che non passavano un momento da soli, come ai vecchi tempi.
<< Perché no, appena finisci mi avverti >>, acconsentì.
<< ALEXANDRA! SCENDI IMMEDIATAMENTE GIU’! >>, ululò Marylin da basso, squartandosi i polmoni.
Alex sbuffò alzando gli occhi al cielo.
<< Devo andare ora >>, avvisò.
<< Si, ho sentito >>
Risero entrambi.
<< A dopo, Boo >>
<< A dopo >>, la salutò. 
Alex maledisse sua madre e quel nome che detto da lei sembrava talmente orribile e scese le scale di fretta.
Si fermò in mezzo al soggiorno e si guardò intorno confusa.
Dove diavolo è quella donna?
<< ALEXANDRA! >>
Ommioddio!
Capì immediatamente che la voce proveniva dal bagno e si precipitò nella stanza cercando di restare calma e non irritarsi più del dovuto.
Non appena sua madre la vide arrivare spalancò gli occhi, e la ragazza si preparò alla valanga giornaliera di stronzate che stava per sbarcarle addosso.
<< Cosa diamine ti sei messa!? >>, se ne uscì mentre finiva di passarsi il fard sulle guancie.
Lei, impassibile.
<< E’ il maglione di papà >>, spiegò.
Marylin alzò gli occhi al cielo.
<< Non è il momento per fare la sentimentale, vai subito a cambiarti. O vuoi che Liam ti veda in quello stato pietoso? >>, chiese altezzosa, continuando a ricostruirsi la faccia davanti allo specchio.
Alex fece una smorfia.
<< Non me ne importa niente di quel tizio, pensavo avessi afferrato il concetto, ormai >>
Sua madre continuò ad ignorarla parlando come se sua figlia fosse in quello specchio e non alla sua destra.
<< Alexandra Madeleine, non ti sto chiedendo se vuoi cambiarti, te lo sto ordinando >>
A quel punto la riccia alzò gli occhi al cielo, girò i tacchi e fece per allontanarsi.
"Madeleine" era il suo secondo orribile nome, e non era certo citandolo che l'avrebbe ammorbidita.
<< Dove stai andando!? HARRY VESTI MIO FIGLIO, ADESSO! >>, strillò ancora Marylin come se non fosse niente, facendo tremare tutta la casa.
L’isteria di quella donna era disarmante.
Harry!?
Alex si bloccò immediatamente e spalancò gli occhi.
Finché per qualche strana ragione cominciò a tremare.
Harry era lì?
<< Certo! >>, gridò una voce maschile piuttosto calda e rauca.
Lei si voltò e lo vide, mentre usciva tranquillo dalla cucina e spostava lo sguardo su di lei.
Uno sguardo strano, che Alex ancora non riusciva a decifrare.
Rimase immobile ad osservarlo mentre con una calma snaturata, forse finta, le passava accanto quasi sfiorandola.
<< Comunque per me stai bene così >>, le disse superandola e iniziando a salire la scale per raggiungere la stanza di sul fratello.
Alex si voltò, sotto shock, confusa, e deglutì.
Aveva una sensazione talmente strana alla bocca dello stomaco. Se solo avesse potuto immaginare cosa diamine fosse.
Perché mi dice queste cose?
Prima la respingeva, prima le dava risposte orrende e la ignorava, e poi?
E poi le diceva che “stava bene”.
Senza contare che lei, dall’ultima volta che ci aveva parlato, avrebbe dovuto odiarlo per il comportamento che aveva avuto nei suoi confronti.
E invece nulla.  Non sentiva nulla, neanche un briciolo di rimorso.
Che cosa cavolo mi sta facendo questo maledetto ragazzo?
La rossa provò a riprendersi e si passò una mano sulla fronte.
Doveva stare calma.
Tutto a suo tempo, si disse.
Poi il campanello suonò e un urlò terrificante le spaccò i timpani.
<< SONO ARRIVATI! >>, gridò sua madre catapultandosi fuori dal bagno e spartendo ordini a tutti.
<< Dov’è John? JOHN! Alex, vieni con me... >>
La figlia si sorprese di sentire sua madre chiamarla Alex, per poco non scoppiò a ridere.
Ma perché si lasciava tanto condizionare da una famigliola snob di gente che non valeva nulla?
<< ...Harry dov’è Martin! FALLO SCENDERE! >>
Poi si precipitò alla porta d’ingresso afferrando la figlia per un braccio e portandosela dietro.
Aprì la porta e si stampò sulla faccia il sorriso più falso dell’universo.
<< Oh, benvenuti signori Payne. Sono così felice di vedervi! >>, esclamò sbattendo le palpebre trentadue volte in un secondo.
Alex rimase ad osservare la scena mentre tre figure altamente impregnate di altezzosità occupavano il suo soggiorno.
L’unico di cui non sapeva molto era il signor George Payne. Sembrava un uomo piuttosto distinto. Faceva l’avvocato, per quanto ne sapeva.
Non era vestito di tutto punto come si sarebbe aspettata. Aveva un semplice dolcevita sul nero e un pantalone grigio, non troppo elegante.
Certo, sembrava stesse a lutto, ma tutto sommato andava bene. Il viso rilassato e praticamente uguale a quello di Liam.
Quest’ultimo invece, con la sua solita faccia da saputello, aveva un maglioncino blu e dei semplici jeans.
Non che a lei importasse minimamente dei suoi vestiti, ma sembrava che quel tizio dovesse andare a scuola.
Cribbio, è un pranzo fuori casa tua, mostra un po’ di rispetto, non sei meglio di nessuno.
Invece la signora Kate aveva un tailleur molto simile a quello di Marylin, ma rosso, con una maglia nera sotto.
Insomma, era la più elegante lì in mezzo.
<< Tesoro, non saluti Liam? >>
Ad un certo punto quella domanda riportò Alex nel mondo dei vivi, facendola paralizzare sul posto.
Cadde un silenzio imbarazzante in un solo attimo, mentre tutti, tranne il ragazzo in questione, la fissavano sorridendo come ebeti.
La rossa ruotò lentamente la testa verso sua madre, in stile esorcista.
<< Come? >>, chiese, forzando un sorriso.
<< Il tuo fidanzato, non vuoi salutarlo? >>, continuò Marylin imperterrita.
<< Dai, non vergognatevi >>, si unì Kate.
COS...NO.
Alex alzò lo sguardo su Liam chiedendogli aiuto, sperando che almeno lui le venisse in contro.
Ma la sua faccia impassibile le metteva angoscia.
<< No, grazie >>, rispose provando a sembrare gentile e stringendo i pugni dietro la schiena.
<< Come no? >>, aggiunse ancora la signora Payne.
Cazzarola, razza di cretino, fai qualcosa!
Non aveva alcuna voglia di avvicinarsi a quel ragazzo nemmeno di un millimetro.
Era stupido, odioso, ripugnante, e chi più ne ha più ne metta.
<< Alexandra... >>, sibilò sua madre affiancandola e prendendole un polso per strattonarla verso mister machoman.
Porca troia!
E alla fine cedette.
Perché purtroppo quando ti trovi nella tua stessa casa, sotto al tuo tetto, con tua madre che ti conficca le unghie nel braccio e quarantaquattro paia di occhi in fila per sei col resto di due che ti fissano in attesa, non puoi fare altro.
Doveva soltanto salutare una persona poi, no? Niente di che.
A testa bassa allungo una mano verso Liam, sperando che la tortura finisse in fretta.
<< Cosa stai facendo? >>, la riprese ancora sua madre.
A quel punto, per risponderle, Alex alzò la testa, ma nello stesso momento Liam, prendendola alla sprovvista, le si avvicinò all’improvviso e le stampò due baci sulle guance, per fare contenti tutti.
Lei si paralizzò.
<< Cosa diavolo... >>
Ma fortunatamente venne interrotta.
<< Salve a tutti >>, salutò improvvisamente una vocina piccola, da bambino, attaccandosi al braccio di Alex affettuosamente.
<< Buongiorno >>, si unì John sceso proprio in quel momento insieme a Martin.
Alex, dopo essersi ripresa e aver lanciato uno sguardo omicida a Liam, si voltò per osservare il resto della sua famiglia, e in quello stesso istante, notò Harry dietro a tutti, che ne stava in disparte appoggiato alla ringhiera delle scale.
Le venne una strana idea in mente.
Mi avrà vista mentre questo cretino mi “salutava”?
Che poi, anche se fosse, cose glie ne importava? A lei, a lui.
E poi lui stava...
La riccia lo osservò bene, e poi si voltò nuovamente verso gli ospiti.
...stava fissando Liam.
In maniera piuttosto, com’era, minacciosa?
Ma che ha?
I grandi abbandonarono l’ingresso subito dopo accomodandosi in soggiorno fra una chiacchiera e l'altra, in attesa che il pranzo fosse pronto, mentre i ragazzi rimasero lì, senza un motivo apparente.
<< Oh, ma guarda chi si rivede... >>, sbottò ad un certo punto Liam, ghignando e fissando Harry a sua volta.
<< ...lo sfigatello che fa il paladino della giustizia >>, concluse senza smettere di ridersela fra sé e sé.
Alex spalancò la bocca.
Non poteva credere a quello che aveva sentito.
Anzi, poteva crederci eccome.
Ma non ebbe neanche il tempo di formulare una frase.
<< Meglio sfigato che vuoto >>, si difese il riccio, rimanendo al suo posto, impassibile.
La rossa si sentì tremendamente a disagio trovandosi in mezzo a quella conversazione.
Liam serrò la mascella.
<< Meglio vuoto che pezzente come te e tua madre >>, continuò, con rabbia.
Alex si voltò di scatto verso Harry e lo vide irrigidirsi di colpo.
Il ragazzo si allontanò dalle scale e fece dei passi verso di loro, superò la rossa e arrivò di fronte a Liam.
<< Metti di nuovo in mezzo mia madre e non risponderò di me >>, lo minacciò.
La ragazza se ne stava lì, sconcertata, ad assistere ad una scena alquanto raccapricciante.
Cosa poteva fare?
Quell’idiota che sparava solo cattiverie e...
<< Il paladino della giustizia che combatte per la mammina, che tenero >>
A quel punto Alex scattò, non voleva succedesse niente di scandaloso in casa sua; afferrò Harry per le braccia giusto in tempo.
<< Harry, lascia perdere >>, gli disse piano, trattenendolo mentre lui cessava immediatamente di divincolarsi.
Liam scoppiò a ridere come un deficiente, invece il riccio si calmò involontariamente all’improvviso non appena sentì le mani di Alex sfiorargli le braccia.
<< Dai, Alexandra, andiamo di là con gli altri. Lascia questo pezzente a deprimersi da solo >>, disse ancora machoman ad entrambi superandoli e  dirigendosi in salotto.
Come poteva essere così dannatamente menefreghista e odioso, e irrispettoso?
Alex non gli rispose neanche, ma rimase lì, le mani ancora poggiate sui polsi di Harry, accorgendosi soltanto dopo che, per oscure ragioni, non riusciva a toglierle, come se non volesse lasciarlo andare.
Quel contatto le aveva riportato alla mente ciò che era successo tempo prima nella sua stanza, quando lui l’aveva abbracciata.
E anche se la motivazione per cui ora erano in quello stato era ben altra, la rossa iniziò a sentire i battiti del cuore accelerare all’improvviso, la confusione pervaderle la mente, un profumo familiare investirle le narici.
<< Mi dispiace >>, sussurrò lei, osservando il profilo di Harry, in attesa.
Anche lui rimase fermo, combattuto fra i suoi pensieri interiori, i quali, da una parte, non gli permettevano di allontanarsi da quella ragazza, e dall'altra lo rendevano talmente cinico da portarlo a respingerla.
Ma poi si fece forza.
<< Non fa nulla >>, affermò con tono basso, divincolandosi dalla presa di Alex con gentilezza e voltandosi vero di lei.
Per un attimo si sentì mancare. Starle così vicino, era una tortura.
Perché non poteva toccarla, non poteva accarezzarla.
Le osservò ogni particolare del viso.
Dai suoi occhi castani, a quelle lentiggini che lei tanto odiava ma di cui lui era inconsapevolmente innamorato.
In quel momento anche il profumo dei suoi capelli gli tornò a mente facendolo vacillare; finché non si soffermò su quelle labbra rosee leggermente semichiuse.
Questa volta non si sarebbe ripreso facilmente, doveva allontanarsi da lei il prima possibile.
Alex dal canto suo non era in condizioni migliori.
Ormai era annegata, morta, in quegli occhi verdi da più di un’ora.
Non riusciva più a pensare, a capire.
Perché...quante domande. Avrebbe semplicemente voluto che lui le spiegasse, senza troppe complicazioni.
<< Harry io... >>
Ma proprio quando era giunto il momento di fare la domanda fatidica, ecco che tutto andava in fumo.
La porta d’ingresso subito dietro di loro si aprì di scatto, e la figura alta e snella di Eric comparve sulla soglia tutta trafelata.
I due sobbalzarono all’unisono.
<< Alex, ehm..oh, Harry, ciao! >>, salutò Eric sospirando affannosamente e guardandoli di sottecchi.
Probabilmente era arrivato lì di fretta.
O forse sapeva cose che nemmeno sua sorella sapeva?
<< Alexandra!? Chi è alla porta, è arrivato quello scapestrato di tuo fratello?? >>, tuonò sua madre dal soggiorno.
I due fratelli si guardarono e alzarono entrambi gli occhi al cielo.
<< Si, sono qui! >>, urlò in rimando il ragazzo dirigendosi nell’altra stanza stancamente.
Alex lanciò un ultimo sguardo ad Harry.
<< Vai anche tu, non vorrei che tua madre se la prendesse anche con me >>, la buttò lì il riccio provando a sorriderle, ma in realtà era soltanto distrutto dentro.
<< Si ma io... >>
<< Vai >>, ripeté lui, voltandosi per andare in bagno e mettendo fine alla conversazione.
A quel punto Alex rimase sola a rimuginare su stessa, ad osservarlo mentre si allontanava e a rendersi conto che ancora una volta non era riuscita a concludere nulla con lui.
Piena di dubbi che ad ogni minuto non facevano altro che aumentare.
Si morse il labbro e sospirò, poi decise di raggiungere gli altri.




Quando tutti si sedettero a tavola, per Harry, evitare Alex, divenne probabilmente ancora più...difficile.
Soprattutto dal momento in cui il signor John aveva insistito affinché lui pranzasse insieme a loro invece di starsene in soggiorno a consumare un misero panino. Dopotutto lavorava per loro, qualcosa gli dovevano pure.
Alex era seduta, sicuramente non per suo volere, di fianco a Liam, mentre Harry era stato costretto a prendere posto nell’unica sedia libera, ovvero quella di fronte ai due.
Gli scherzi del destino sono tanto meravigliosi a volte.
Senza contare che Liam continuava a lanciargli sguardi di sfida costantemente, mentre la rossa era un po’ indecisa sul da farsi.
Lei ed Harry, con una pausa di circa due minuti ogni volta, andavano avanti a fissarsi per momenti infiniti, isolandosi dal mondo.
E quando il riccio si accorse che ciò succedeva per caso, senza nemmeno programmarlo, si maledisse.
Ormai stava cedendo, per quanto ancora avrebbe resistito? Per quanto ancora avrebbe portato avanti quella farsa?
Sicuramente quello sarebbe stato uno dei giorni più difficili, soprattutto perché Liam continuava a stare addosso ad Alex come una cozza, ed era insopportabile. Ma forse lo faceva soprattutto perchè aveva intuito quanto fastidio desse ad Harry la cosa. Che stronzo.
Quando il pranzo finì, la mamma di Alex si fece venire un’altra brillante idea che urlò davanti a tutti.
<< Tesoro, perché non accompagni Liam a fargli vedere la nostra casa? >>
Bum.
Alex era sbiancata.
La casa?
Ma non l’aveva già vista?
Oppure, non era già stato lì?
Purtroppo lei non poteva saperlo.
<< Dopo >>, risposte secca, alzando di colpo lo sguardo e incontrando un paio di occhi completamente verdi.
<< Dopo i signori Payne andranno via >>, si lamentò Marylin lanciandole strane occhiate autoritarie dal fondo del tavolo.
Ma alla riccia non andava affatto di starsene da sola con quell’individuo ignobile soltanto per “fargli vedere la casa”.
<< Avanti, non ti violento mica >>, scherzò Liam fissando una persona in particolare davanti a sé.
Sembrava quasi lo facesse apposta.
L’espressione di Alex si trasformò in una smorfia di disgusto.
<< Potrei accompagnarlo io >>, si mise in mezzo Harry, poggiando il tovagliolo sul tavolo e armandosi di un finto sorriso sarcastico.
<< Perché no? >>, disse il signor Anderson.
<< No >>, decise Marylin sbuffando.
<< Lo farà Alexandra >>, aggiunse.
Un improvviso clima di imbarazzo scese fra i presenti, e Alex si sentì immancabilmente a disagio.
Non riusciva a staccare gli occhi da Harry, neanche gli stesse chiedendo il permesso per accompagnare Liam per la casa.
Per quale motivo poi, era ancora un mistero.
C’era decisamente qualcosa che non andava.
D’altro canto l’umore di Harry non era dei migliori. Non era mai stato un tipo troppo geloso, ma il fatto stesso di sapere che Alex non era più sua, lo rendeva irrequieto al massimo. Gli dava fastidio soltanto la presenza di quell’essere ignobile al suo fianco e sapere che quella pazza di sua madre era convinta fossero fidanzati.
Liam, con uno strano sorriso, passò una mano davanti alla faccia della ragazza, scuotendola su e giù.
<< Sei ancora fra noi? Allora, andiamo >>, la richiamò alzandosi di colpo, stando attento a non far strusciare la sedia sul pavimento.
Alex si sentì impotente, ma d’altronde era solo un giro di ispezione, più o meno.
Harry si irrigidì all’istante quando vide che anche lei, seppur scocciata, si alzava da tavola.
Doveva controllare le sue emozioni, si disse.
Non doveva importargli.
Magari era anche meglio per Alex se, alla fine, avesse deciso di fidanzarsi con quel...no, non ce la faceva.
Era più forte di lui.





Alex salì in fretta e furia al piano di sopra con Liam alle calcagna.
<< Il piano di sotto l’hai già visto >>, cominciò quando lui riuscì finalmente a raggiungerla, col fiatone.
<< Lì c’è il bagno, il corridoio, lo studio, la stanza dei miei, la mia camera, in cui non metterai mai piede, e il terrazzo. Ciao >>, concluse sbrigativa, sorridendo falsamente e facendo per tornare di sotto.
Ma si sentì afferrare per il polso.
<< Ehy, non così in fretta >>, la riprese il ragazzo, diventando di colpo stranamente dolce.
Lei lo scrutò con un sopracciglio alzato, poi si divincolò dalla sua presa.
<< Prima cosa: poca confidenza >>, dichiarò scacciandolo con la mano.
Non mi farò abbindolare da te.
Poi si rivoltò e lo guidò verso lo studio di suo padre.
<< Dai, non sono poi così insopportabile >>, se ne uscì seguendola.
Alex aprì la porta e poi si bloccò, scioccata.
<< Stai scherzando? >>, gli chiese guardandolo in faccia.
<< Dovrei sbatterti fuori di casa soltanto per come lo hai tratto! >>, scattò, senza riuscire a trattenersi.
A quel punto Liam si accigliò e fece un passo verso di lei.
<< Perché c’è un dannato soggetto sottinteso nella tua frase? >>, domandò furbamente, scrutandola.
Fece un altro passo verso la ragazza.
Alex indietreggiò, presa alla sprovvista.
Merda, perché un ragazzo così odioso deve essere maledettamente bello? Dio, è ingiusto.
Poi decise di riprendersi adottando una semplice tattica.
<< Quale frase? >>, tentò di fare la finta tonta.
La rossa provò a fare un altro passo indietro ma incontrò il legno duro della libreria, e quel ragazzo le stava troppo vicino, si sentiva a disagio.
<< Quella che... >>
<< No, scusa, non ricordo. Hai dimenticato che soffro di amnesia? >>, disse, sorridendo crudele.
Liam si lasciò andare ad un sorriso sarcastico.
<< Vedi, anche tu sai essere perfida quando vuoi >>, la apostrofò.
Alex si irrigidì di colpo.
<< Ti sbagli, io non sono come te >>
Poi cercò di sgattaiolare via ed uscì dalla stanza, ma il ragazzo le si parò davanti imperterrito.
<< Perché fai così? Dammi una possibilità, scopriresti che in realtà siamo molto simili >>
Lei sbatte le palpebre un paio di volte,ma rimase impassibile.
<< E lascia stare quel ragazzo, non ti merita >>, aggiunse, fissandola, serio.
La riccia spalancò gli occhi, sorpresa, ma anche arrabbiata.
Ma ciò che più le dava fastidio era che avendo vuoti di memoria si sentiva vulnerabile e non abbastanza forte per difendersi.
<< Devi farti gli affari tuoi >>, sibilò superandolo ancora, ma invano, poiché Liam la bloccò di nuovo.
Alex sentì dei passi per le scale, ma non ci badò.
Era troppo occupata a sfuggire alle grinfie di quel ragazzo incomprensibilmente bipolare e stupido.
<< Lasciami in pace >>, supplicò ostile. Non poteva permettersi di urlare in casa sua, altrimenti sua madre l’avrebbe sicuramente rincorsa per tutta la città, ma sperava che la gentilezza servisse ancora a qualcosa.
<< Già, Liam, lasciala in pace >>, si unì una voce dietro di loro.
Purtroppo Harry non era riuscito a starsene al suo posto, e quando si era accorto che i due stavano impiegando più del previsto a tornare, aveva inventato una scusa ed era salito al piano di sopra.
Giusto in tempo, si disse.
Ed ora, la vista di quell’individuo che teneva Alex per il braccio lo stava facendo imbestialire.
<< Chi ti ha chiamato >>, sbottò il castano incenerendolo con lo sguardo.
<< Stalle lontano o te le vedrai con me >>, lo minacciò Harry, non riuscendo a controllarsi.
Ormai era andato.
La rabbia era una delle cose che non era mai stato in grado di sedare.
<< Non è la tua ragazza >>, gli fece notare Liam, irritato.
<< Ora basta, porca miseria >>, inveì a quel punto Alex divincolandosi dalla stretta dell’idiota e mettendosi in mezzo ai due.
Non ce la faceva più a fingere di essere gentile a causa di sua madre. In quella casa si sentiva costantemente condizionata.
E la confusione ormai l’aveva sopraffatta. Ma c’era un limite a tutto.
<< Liam, io e te non siamo simili, non mi interessa nulla di te, lasciami in pace e non provare ma più a toccarmi. E tu >>, poi si rivolse a Harry, che per quanto la mandasse in tilt era pur sempre uno stupido che le mentiva costantemente, la evitava e poi si comportava in quel modo, mandandola in uno stato di paralisi totale, senza nemmeno degnarsi di spiegarle niente. E lei aveva il diritto di sapere.
Era lei l’unica a sentire il peso di quella situazione, mentre gli altri si divertivano a giocare ad “indovina chi”.
<< Sono capace di difendermi da sola, smettila di intrometterti >>, concluse fissandolo.
Harry si sentì all’improvviso un completo idiota.
Un fallito che non faceva altro che arrampicarsi sugli specchi.
Perché se aveva deciso di lasciarla andare, quello non era affatto il modo giusto per farlo.
<< Come ti pare >>, sbottò Liam imboccando le scale per scendere al piano inferiore.
Harry, senza pronunciarsi, fece per fare lo stesso, ma Alex lo bloccò.
<< Non ho finito con te >>, disse trascinandolo in malo modo nella sua stanza.
Era arrabbiata.
Perché probabilmente si era accorta di provare qualcosa per quel ragazzo, ma tutti si ostinavano a non dirle nulla.
E quella frase: “E lascia stare quel ragazzo, non ti merita.”, era stata la ciliegina sulla torta.
Per non parlare di lui e dei suoi comportamenti, e di quello che diceva, e di tutte le cose fuori senso che le erano successe una volta uscita da quello schifo di ospedale, mettendo in prima fila Tarzan e compagnia.
<< Se non scendiamo, tua madre potrebbe... >>, cominciò lui.
<< Non me ne frega un cazzo! >>, esclamò lei chiudendo la porta della sua stanza e tirandolo dentro.
<< Ora, adesso. Parlami, spiegami. Cosa sta succedendo? Perché... >>
Ma non finì di parlare, perché lui iniziò ad andare in panico.
<< Cosa intendi? >>, se ne uscì, stupidamente.
Alex si accigliò.
<< Smettila. Spiegami cosa sta succedendo fra noi, perché ti comporti così? >>, ritentò.
Harry si voltò leggermente di lato per evitare il suo sguardo.
<< Niente, non succede niente. Quel ragazzo non lo sopporto, ecco tutto >>, spiegò.
Lei lo fissò per un istante, poi si passò una mano fra i capelli e sospirò.
<< Mi stai dicendo che...non provi niente per me? niente di niente? >>, domandò, seria.
Perché voleva elle risposte.
Lei sentiva di provare qualcosa per lui, e quel giorno capirlo era stato molto più semplice.
Ma aveva bisogno di sapere se era una cosa momentanea, o se era una cosa che esisteva già in principio. Doveva saperlo.
Harry la guardò negli occhi per sbaglio, e non riuscì più a scollarsi da quelle iridi castane che lo fissavano in attesa.
Come avrebbe fatto a mentirle anche quella volta?
<< Io non... >>
Si trovò in difficoltà.
<< Ti prego, ho bisogno di sapere >>, lo implorò.
Alex non riusciva a smettere di guardarlo, il cuore che le andava a mille chilometri orari, il respiro che le mancava.
<< I-Io... >>, balbettò lui.
Fece un passo indietro, perché la sentiva troppo vicina, ma lei lo seguì avanzando.
<< Non provi niente in questo momento? >>, continuò la ragazza, senza smettere di guardarlo.
Poi sospirò per prendere fiato e tremò leggermente.
<< Vorresti dirmi che quegli sguardi a pranzo li ho solo immaginati? Che non hai sentito niente quando prima ti ho toccato? >>, disse ancora, alzando involontariamente una mano per sfiorargli l’avambraccio.
D’un tratto Alex sentì i battiti aumentare e un calore immenso invaderle il petto. Si vergognava infinitamente per quello che stava facendo, ma in un certo senso, non riusciva ad evitarlo.
<< Vorresti farmi credere che solo io sto tremando adesso, che non ti senti morire quando ci guardiamo negli occhi che... >>
Fece un altro passo verso di lui costringendolo contro la parete.
<< ...il cuore non sta per uscirti fuori dal torace, che...c-he... >>, balbettò, era fuori controllo.
<< ...che non senti niente se ti sfioro così >>, concluse sfiorandogli una guancia, tremante, trovandosi talmente vicina a lui da non capire più nulla. Stava succedendo tutto talmente in fretta che nemmeno lei era più in grado di capirci molto. Cosa stava facendo?
I respiri che ormai si mescolavano fra loro.
Harry chiuse gli occhi, deglutendo e cercando di tenere a bada le sue emozioni.
<< ...vorresti dirmi che, n-non vuoi baciarmi ora? >>, aggiunse infine riuscendo a spostare lo sguardo dai suoi occhi verdi per fissargli le labbra.
Harry stava per cedere.
Tutto quello che aveva portato avanti in quel periodo stava per andare in fumo, perché non era servito a niente.
Anzi, starle lontano non aveva fatto altro che alimentare la voglia di lei.
Portò una mano sul suo viso, incerto, e le accarezzo la guancia con il pollice, delicatamente.
Dio, come le era mancato toccarle la pelle.
Rimasero a fissarsi per un tempo infinito, persi l’uno nell’altra, con l’intero mondo al di fuori.
Si che voleva baciarla in quel momento, lo voleva con tutto se stesso.
Ma c’era ancora qualcosa che lo bloccava.
Quel profumo di vaniglia che lo aveva sempre inebetito, i suoi capelli, il calore della sua pelle, i suoi occhi, il cuore a mille, lei, quanto gli erano mancate tutte quelle cose. Quanto tutto gli era mancato così maledettamente tanto.
E quanto non avrebbe mai dovuto smettere di avere tutte quelle cose con sé.
Ma poi era successo, quel maledetto giorno lei era caduta, e ora non ricordava più nulla di loro due, di tutto ciò che avevano passato insieme, di ciò che erano costretti ad affrontare ogni giorno, di ciò che provano l’uno per l’altra.
Zero, un buco nero senza fine. Ogni cosa cancellata, resettata.
Un buco nero sostituito da questi inutili sentimenti di attrazione che paragonati a quello che avevano condiviso, non era niente.
Alex, ancora stordita, si avvicinò di più lui, insicura.
Lei sapeva cosa voleva.
E sopra ogni altra cosa, voleva capire.
Ma nel momento in cui provò ad avvicinarsi a lui ancora di più, Harry la fermò.
In un primo momento poggiò la fronte contro la sua, ma poi chiuse gli occhi, sospirò e si allontanò definitivamente da lei spostandosi dalla parete.
<< Che succede ora? >>, chiese Alex, confusa.
<< No...io, ascolta >>, le disse Harry fermandosi e voltandosi verso di lei, i battiti ancora accelerati.
<< Non è così che funziona, tu non capisci >>, provò a spiegare.
Alex iniziò a sentire l’irritazione crescerle dentro.
<< E allora spiegamelo! >>, sbottò.
<< Non è così semplice >>
<< Non è semplice? Credi sia semplice non ricordare un cazzo della tua vita e provare a mettere in ordine i pezzi fidandoti soltanto di quello che senti!? >>
<< Quello che è successo ora, non doveva succedere >>, continuò lui imperterrito.
<< Eppure è successo >>, gli fece notare la ragazza, << e deve pur significare qualcosa >>.
<< Non è niente in confronto a quello che sarebbe dovuto essere >>, disse Harry filosoficamente.
La rossa lo fissò.
<< Cosa vuol dire?? >>
<< Che non era nulla >>, spiegò il ragazzo.
<< Harry, spiegami cosa è appena successo in questa stanza! >>, gridò Alex ad un certo punto, perdendo la pazienza e arrabbiandosi.
<< Non puoi semplicemente dimenticare ogni cosa come hai già fatto!? Sei brava in questo, che io sappia >>, le rispose lui spazientendosi, recitando la parte del menefreghista ancora una volta.
A quel punto Alex non ci vide più.
Gli tirò uno schiaffo in pieno viso e faticò a stento a trattenere le lacrime.
Ci fu silenzio all’improvviso.
Come poteva incolparla così spudoratamente, prenderla in giro per...
Era soltanto uno stupido.
Come se lei si burlasse di quella situazione, come se a lei non importasse nulla.
Harry rimase a testa bassa, ma si accorse ugualmente di essere stato capace di farla piangere.
In quel momento infinite emozioni gli affollarono la mente.
Avrebbe voluto fare tante cose, ma non poteva.
Poteva soltanto odiarsi in silenzio e accontentarsi di quello che lui stesso aveva voluto e si era procurato.
Così, provando a spegnere il suo cervello, uscì fuori da quella stanza e si diresse nel primo bagno libero a disposizione.
Si appoggiò al lavandino freddo e si guardò allo specchio, pieno di sconforto.
Sono un idiota.


















Buonasera a tutti. :)
Come prima cosa, vorrei scusarmi perchè questo capitolo è piuttosto lungo.
Pooi, com'è?
In quello di prima mi avete bombardato perchè Hazza non c'era...beh!
Questo è pieno di Hazza, c'è solo lui praticamente. lol
Già, purtroppo, dato che ogni personaggio ha una "storia" quasi a sè, spesso non riesco a fare capitoli in cui tratto più di una coppia.
I'm soo sooorryyy!
(scriviamo come Liam, let's go! LOL)
Volevo solo dirvi che...il personaggio di Liam, ecco..è molto...lol
Mi spiace.
Ma qualcuno doveva proprio fare la parte del cattivone.
Volevo fare la trasgry e provare a farlo fare a Payne, e come vedete, niente è impossibile!
Then: avrei anche voluto pubblicare ieri il capitolo, ma non ho potuto a causa dei compiti. çç
Volevo scrivere qualcosa di profondo sul giorno della memoria, ma vabbè, tutto a puttanone.
Però, vi ricordo lo stesso che ieri era 27 Gennaio. u.u
Avete fatto almeno un pensierino ino ino piccolino?
Pravi pimpi.
Ora, mi dileguo, che sto scrivendo troppo.
Adesso Dante mi fa causa perchè gli ho rubato il record di scassamaroni papiromane.
Occo, e...stop.
Buona la prima! LOL
#aiutatemi







Il Daddy cattivone.  ù.ù



Scusate, non riuscivo proprio a scegliere fra queste due foto di Liamuccio. u.u




E ovviamente Hazza non poteva mancare. ù.u

Volevo soltanto dirvi che cercare queste foto per me è dannoso.
Un giorno vi farò causa per disturbi psicologici e ormonali. lol

Ciao. :)

Ps: vi amo.

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Capitolo 16
*** Dimenticare Louis ***








You’ve read the books, you’ve watched the shows
what’s the best way, no one knows
meditate, yea, hypnotized
anything to take it from your mind
but it won’t- go
you’re doing all these things out of desperation
you’re going through six degrees of separation
(Six degrees of separation - The Script)












CAPITOLO 15 - Dimenticare Louis






Niall si guardò riflesso nel vetro della finestra e si prese a schiaffi, psicologicamente e fisicamente.
Ma quanto cazzo poteva essere stupido?
Non ce l’aveva fatta.
Non era riuscito a prendere coraggio e a parlare con Christine.
Quella sera, quando le era arrivato di fronte e l’aveva guardata, bella com’era, così semplice e pura, meravigliosa, il cuore aveva iniziato a pompargli troppo sangue al cervello e non era più stato capace di ragionare. Senza contare che lo sguardo così sorpreso che lei gli aveva rivolto quando si era accorta che la stava fissando, lo aveva fatto sentire un completo stupido.
Ma come minchia è possibile che io sia così cretino!?
E alla fine, nulla.
Era un dannato perdente. Faceva il figo davanti ai suoi amici, ma la realtà era che quando una ragazza gli piaceva davvero, perdeva la capacità persino di mettere in fila due parole di senso compiuto.
Ecco perché ora, da grandissimo coglione quale era, se ne stava al PC a completare la sua opera da fallito.
Stava creando un contatto falso su Facebook.
Perché era uno sfigato, si disse.
Ma, a suo parere, con quello avrebbe potuto creare un approccio più carino senza fare figure di merda, capire se piaceva a Chris e poi farsi avanti.
Sarebbe stato senz’altro più semplice.
Bene.
Ora, c’era da soltanto da scegliere un nome decente. Anche se la prospettiva di chiamarsi “ Niallsonounosfigato”, era piuttosto eccitante.
Che nome poteva usare? Uno qualsiasi. Sarebbe stato lo stesso alla fine, no?
La prima cosa che gli venne in mente era il protagonista di quel film che aveva visto a scuola con la sua classe, di quel bambino orfano abbandonato a sè stesso. Com’è che si chiamava?
Oliver.
Oliver Twist.
Carino, no?
Vada per Oliver.
Navigò un po’ su internet, e per immagine profilo utilizzò una semplice foto di un tizio di spalle che fumava.
Perfetto.
Dato che il ragazzo della foto fumava, nessuno avrebbe mai sospettato che potesse essere lui.
O almeno ci sperava.
A Niall non era mai piaciuto fumare.
Non appena entrò nel nuovo contatto, la prima cosa che fece fu chiedere l’amicizia ad un paio di personaggi dall’identità sconosciuta, come la sua. Così, tanto per fare vedere che non aveva creato quel contatto soltanto per parlare con Christine.
Anche perché poi, lei avrebbe potuto ipotizzare che si trattasse soltanto di un povero maniaco, che lui non era affatto.
Niall lanciò un’occhiata all’orologio alla parete, erano soltanto le tre del pomeriggio.
Prese un bel respiro e cercò Christine fra le amicizie del contatto di qualche suo amico.
Rimase a fissare lo scherzo per cinque minuti buoni mentre si accorgeva che la sua mano era incapace di cliccare il mouse su “aggiungi agli amici”, di fianco al suo nome.
Come posso essere un tale rincoglionito cronico?
Ma alla fine ce la fece.
Il cuore che gli batteva all’impazzata, neanche fosse un tredicenne in crisi ormonale.
E quasi collassò quando la notifica che la sua amicizia era stata accettata gli balenò davanti agli occhi come un fuoco d'artificio.
Dio, era così difficile.
Forza, Niall, puoi farcela? Chi è un bravo cagnolino, eh? Sei tu, Niall, sei tu!
Ok, no. Sembro un decerebrato.
Fece qualche respiro profondo cercando di reprimere la voglia di ridere, perché pareva un donna in cinta alle prese con le doglie del parto.
Aprì la chat della ragazza e focalizzò la tastiera assottigliando gli occhi.
Perfetto. Cosa cazzo le scrivo, ora?
Iniziò a sudare freddo.
Non sapeva cosa scriverle.
Ma perché doveva essere tutto così dannatamente complicato?
Si fece forza e digitò la prima cosa che gli venne in mente.


“Ciao, Christine. Il 28, alla festa di Louis, eri bellissima.”


Rilesse la frase trecentottantaquattro volte, per assicurarsi che non fosse grammaticalmente sbagliata.
E poi premette invio, sentendosi un povero coglione.
Erano ormai le quattro, e Niall sapeva benissimo che tra meno di un’ora lei avrebbe dovuto staccare il PC per andare a lezione in Accademia, lo sapeva bene.
In un certo senso, questo lo faceva sentire meglio.
Cercare di controllarsi per più di un’ora in una conversazione infinita, con Chris, lo avrebbe portato inesorabilmente al disastro.
Così, invece, era più semplice, no?
La tensione durava di meno.
La risposta arrivò quasi un minuto dopo.


“ Come no. In ogni caso, non riesco a capire chi sei, ci conosciamo?”


Niall rimase paralizzato.
Non tanto per il fatto che lei gli avesse appena domandato chi lui fosse e che quindi avrebbe dovuto inventarsi una risposta alternativa al più presto, ma per...
Per quel “come no”.
Era allibito.
Come poteva una ragazza come lei rispondere “ come no” al posto di “ grazie” ad un’affermazione come la sua?
Christine era bellissima. I suoi capelli erano meravigliosi, chiari, i suoi occhi di quel castano caldo e intenso.
Una pelle chiara e delicata come la neve. Un sorriso sincero e dolce.
Tutto di lei era vero, tutto ti faceva sentire in paradiso.
Era questo che pensava Niall.
Lei era perfetta.
Fissò lo schermo ancora per un po’ e poi si decise.


“Sei bellissima, non voglio obiezioni a questo. Chiaro?”


Christine, dall’altra parte del Computer, finì di infilarsi le calze e visualizzò il messaggio.
Rimase basita.
Cliccò subito sul nome di quell’Oliver per visualizzare il suo profilo. Una curiosità spaventosa la invase.
Olive, Oliver.
Non conosceva nessuno con quel nome.
E nel profilo, tra l’altro appena creato, non c’era nessuna informazione utile.


“Obietterò fino alla morte se non mi dici chi sei.”, scrisse furbamente.


Niall si morse il labbro e sorrise un po’.
Era astuta la ragazza.
Ma lui lo era di più.


“ Ed io te lo ripeterò fino quando non ti sarà entrato in testa, sei bellissima.”


Christine fissò la risposta corrucciando la fronte.
Chiunque ci fosse dietro a quel computer, era un idiota cronico, pensò.


“Ci conosciamo?”, chiese ancora, imperterrita.
Sicuramente non era un tizio che aggiungeva gente a caso da ogni dove.
Le aveva scritto: “ il 28, alla festa di Louis”.
Quindi, punto primo: viveva nella sua stessa città.
Punto secondo: conosceva Louis.
Ma la domanda era, perché non le diceva chi era, senza complicazioni?


“Forse.”, rispose.


La bionda si sdegnò.
Forse!?
Come si fa a conoscere “forse” una persona!?


“Perché non vuoi dirmelo?”
Ma tutti lei li andava a beccare i personaggi strani?



“Perché altrimenti non potrei dirti che sei bellissima, non trovi?”



Ancora.
Sentirsi dire “ sei bellissima” quattro volte di seguito, in meno di un’ora, era decisamente una cosa improbabile quanto assurda, per lei.
Senza contare che non sapere veramente chi fosse a dire una cosa simile la stava irritando parecchio.


“Si che potresti.”


Niall si passò una mano fra i capelli.
Non aveva idea dell’esito del suo esperimento.
Ovvero, stava andando male? Stava andando bene?
D’altronde, era normale mostrarsi relativamente acidi con un estraneo.


“Ma risulterebbe imbarazzante, no?”


Non ce l’avrebbe mai fatta a dire una cosa del genere dal vivo, in persona, a lei.
Riusciva a stento a salutarla, notò.


“Perché mi hai scritto?”


Domanda più che lecita, pensò il biondo.
Perché mai un “anonimo”contatta una ragazza senza dirle chi è, e dicendole che è bellissima?
Vabbè, la risposta sembrava ovvia.
Niall si fece forza.
Tanto Chris non sapeva di parlare con lui, no?
E’ semplice, è semplice.


“Perché mi piaci.”, inviò velocemente, senza darsi troppo tempo per pensare.


Christine rimase a bocca aperta.
Una sensazione piacevole le invase lo stomaco.
In un certo senso, le faceva piacere.


“E sì, mi vergogno a presentarmi realmente. So di essere patetico, ma voglio parlare con te. Lo trovi infantile?”
Scrisse ancora lui.
Voleva giustificarsi.
Si sentiva un cretino, e pensare che anche lei avrebbe potuto definirlo tale gli dava la nausea, doveva evitarlo.


Lei, dall'altra parte, sorrise.
Bene, si stava lasciando trasportare, come sempre.
Ma perché sono così dannatamente sentimentale?
Quello che stava facendo quel ragazzo era maledettamente carino, non infantile.


“Quindi dovresti essere una specie di ammiratore segreto? E non sei patetico. (: “


Ecco, quando Chris cominciava ad aggiungere faccine, significava che era completamente andata.


Niall esultò mentalmente.
“ Si, una specie.”
Dai, forse non era così impedito come credeva.


“Quindi Oliver non è il tuo vero nome, giusto?”
All’improvviso Chris si era interessata ad uno sconosciuto, era incorreggibile.


“Ehm...non posso dirti come mi chiamo.”
Anche se avrebbe voluto.
Ma sapeva benissimo che dopo averlo fatto non avrebbe mai più avuto nemmeno il coraggio di guardarla in faccia.


“Si, va bene. Ora devo andare, caro ammiratore segreto. A presto.”


Il biondo lesse il messaggio e sorrise.
Si, non era andata poi così male.
Per lo meno non lo aveva mandato a fanculo.





Bonnie buttò un’altra occhiata all’orario. Sua madre e suo padre sarebbero dovuti partire per New Castle a momenti. Dovevano andare a trovare dei parenti, cosa che lei si era bellamente rifiutata di fare perché non aveva alcuna voglia di trascorrere le vacanze lontana dai suoi amici.
Tanto più che aveva già visto i suoi cugini qualche giorno prima, non ne trovava il senso. Ma ora, si sentiva involontariamente in ansia ad aspettare che i suoi se ne andassero. Questo perché dieci minuti prima, uno Zayn dal tono piuttosto incazzato l’aveva chiamata al cellulare per dirle che avevano bisogno di parlare, e che se non gli avrebbe aperto, avrebbe sfondato la porta con le sue stesse mani.
Tralasciando la grande finezza con cui glielo aveva detto.
Sarebbe arrivato alle dieci e mezza in punto, ed ora erano le dieci e un quarto di mattina.
Effettivamente, nei giorni che avevano seguito la festa di Louis, Bonnie era stata abbastanza sfuggente con tutti. Non aveva voglia di parlare. Aveva combinato un guaio abnorme, lo sapeva, ma stranamente non riusciva nemmeno a pentirsene, e questo la faceva sentire un mostro di dimensioni bibliche.
Lei, non era ubriaca quella sera. Cioè, lo era, ma solo in maniera “leggera”.
Ricordava ogni particolare di quello che era successo. Louis, Lorain...e infine Zayn.
Perché diavolo ci aveva scopato?
In un cesso, poi.
Che cosa eccitante.
Ah, si. Perché Mafia era sexy quella sera, come negarlo.
Ma cosa cazzo dico!
Bonnie aveva bisogno di distrarsi da Louis, di dimenticarlo.
Doveva capire che con lui era finita per sempre, e doveva autoconvincersi di odiarlo.
Soprattutto perché il modo in cui l’aveva trattata tempo fa non era dei migliori, aveva ragione Lorain.
Eppure lei ci aveva provato in ogni modo, non riusciva a dimenticarlo.
<< Tesoro, noi partiamo >>, la avvisò sua madre baciandole una guancia e avviandosi alla porta con una borsa a tracolla.
<< Ciao, piccola >>, la salutò suo padre baciandole la fronte.
La bruna sorrise ad entrambi e poi si affrettò a chiudere la porta prima che un’ondata di gelo la investisse.
D’un tratto le arrivò un messaggio al cellulare.
Sospirò e lo sfilò dalla tasca.
“I tuoi sono andati via?”
Zayn.
Merda.
Era già lì? Neanche il tempo di chiudere la porta.
Lei si osservò un po’ i vestiti con occhio critico.
Aveva un maglione viola deforme per la casa e un leggings sbiadito decisamente vecchio.
Insomma, alla fine, bastava che non fosse nuda, si disse.
“Si, puoi venire.”, inviò, con una smorfia.
Sinceramente, intraprendere una conversazione con Mafia, su quello che era successo quella sera, era l’ultima delle cose che voleva fare.
A lei piaceva quel ragazzo, diciamocelo. Ma fisicamente.
Perché la sua mentre era ancora occupata a pensare ad un paio di dannati occhi azzurri che la perseguitavano giorno e notte, sfortunatamente.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Il campanello suonò facendola sussultare e Bonnie si affrettò ad aprire.
Poco dopo, un ragazzo dalla pelle ambrata, le ciglia lunghe e nere e uno sguardo decisamente penetrante che ispirava voi sapete cosa, le comparve magicamente.
E poi osava chiedersi perché aveva fatto quello che aveva fatto.
<< Ciao >>, disse invitandolo ad entrare.
Chiuse la porta e rimase immobile a fissarlo mentre con lentezza si sfilava il giubbotto.
<< Ciao >>, rispose lui voltandosi, serio.
Passò un minuto buono.
Bonnie si guardò i piedi, indecisa.
<< Ecco, io... >>
<< No, non dire “ecco, io” >>, la riprese Zayn, scoppiando di botto.
<< Sinceramente, non ho la più pallida idea di cosa diamine sia successo in quel sudicio bagno. E la cosa più assurda è che io non avevo bevuto nemmeno un decimillimetro di alcohol >>, disse ancora.
Poi si passò una mano fra i capelli, sospirò e fece un passo verso di lei.
<< E vuoi saperla un’altra cosa assurda? >>, chiese, guardandola fisso.
<< Che non sono venuto qui per scusarmi. Voglio dire, all’inizio era quello che avevo intenzione di fare, ma ora, non so per quale motivo scusarmi >>
Bonnie fece per parlare, ma Zayn continuò.
<< Il fatto è che a me è piaciuto >>, affermò sicuro, senza abbassare la testa nemmeno per un attimo, fissandola.
La bruna pensò che non aveva mai avuto a che fare con una ragazzo così serio e sicuro di sé.
Louis, al suo posto avrebbe abbassato la testa circa una trentina di volte, sbattuto le ciglia una quarantina, balbettato una sessantina.
Poi Bonnie decise di concentrarsi.
<< Io...Zayn, io penso esattamente tutto quello che hai detto >>, spiegò mordendosi la labbra.
Era leggermente nervosa.
Il ragazzo si perse in quei suoi occhi color ghiaccio.
<< Il fatto è che... >>
<< Io sono ancora innamorato di Meredith >>, concluse lui, sospirando nuovamente.
La bruna rimase per un attimo a bocca aperta.
Poi percepì un pizzico di sollievo all’altezza dello stomaco, ma contemporaneamente si infastidì.
Come poteva lui, essere ancora legato a quella stupida?
<< Cosa!? Ma è... >>
<< Folle, lo so >>
Bonnie si irritò.
Perché diavolo finisce le frasi al mio posto?
<< Non... >>, sbuffò. << E’ solo che lei non ti merita, è un’idiota. Senza offesa >>, si giustifico con un sorrisino.
<< Ma non è folle. So come ci si sente >>, ammise, sconfortata.
<< Pensi ancora a Tomlinson, non è vero? >>, domandò d'un tratto Zayn, senza far trasparire alcuna emozione.
Lei strabuzzò gli occhi.
<< Cosa cazzo hai detto!? >>, strillò quasi.
Il moro si fece sfuggire una risata.
<< A dispetto di quello che tu pensi, sono molto intelligente. E poi lo sa mezza scuola che voi due stavate per mettervi insieme, e per qualche strano oscuro motivo non l’avete più fatto. Sbaglio? >>
La ragazza si accigliò, infastidita.
<< Preferirei non parlarne, francamente. Ho solo bisogno di dimenticare >>, disse in un sussurro, voltandosi di lato per non guardarlo in viso.
<< Ti va di parlarne? D’altronde, tu sai com’è andata a finire fra e me e Meredith >>
Detto ciò, Zayn andò a sedersi sul divano e la fissò, aspettandosi di sentire una lunga storia.
Bonnie lo guardò male, all’inizio. Ma poi ci pensò. Alex non ricordava più nulla, non poteva sfogarsi con lei.
L’unica che sapeva la verità era Christine, che ora se ne stava beatamente con la testa fra le nuvole a pensare a quell' Horan.
Si sedette di fianco al mafioso e incrociò le ginocchia sotto il sedere.
<< In breve, io e Louis eravamo molto amici un tempo, lo siamo stati per tre anni, circa. Quasi come lo sono ora lui ed Alex. Con l’unica differenza che io ero...e sono ancora, innamorata di lui. E beh... >>
Sospirò.
<< Una sera, mentre eravamo insieme, l’ho baciato e gli ho detto cosa provavo. In quel momento, lui mi ha detto che provava lo stesso, ma che aveva sempre avuto paura a confessarmelo >>
Ad un certo punto, gli occhi le diventarono lucidi.
<< Ero così felice, non puoi immaginare. Per una volta le cose nel mio mondo iniziavano a girare nel verso giusto. Abbiamo passato la serata insieme, abbracciati. Ricordo come fosse ieri, le sue mani intrecciate alle mie... >>
Si scostò una lacrima dal viso.
<< C’era il ballo di fine anno il giorno dopo, e Louis mi promise  che ci saremmo andati insieme, ci saremmo incontrati e avremmo parlato di noi, di quello che provavamo >>
<< E poi, invece, cosa successe? >>, domandò Zayn sfiorandole un braccio per rassicurarla.
<< Quel momento non arrivò mai. Alle nove e mezza avrebbe dovuto venirmi a prendere. Ma non venne. Rimasi ad aspettarlo per ore, fra le lacrime. Non mi rispondeva ai messaggi, alle chiamate. Ed io non avevo la forza di dare retta alle mie amiche che continuavano a chiamarmi >>, raccontò ancora.
<< A mezzanotte in punto mi arrivò un messaggio che diceva: “ Ci avevi creduto davvero? Sei solo una povera illusa. Io amo un’altra ragazza, migliore di te. Non cercarmi mai più, lasciami in pace, stupida.” >>, lesse dal suo cellulare con le lacrime agli occhi.
<< Non gli ho nemmeno risposto. Da quel giorno non ci parliamo più, e io mi sono autoconvinta di odiarlo. Come lui odia me, d’altronde. Questo è tutto >>, concluse poggiando la schiena al divano.
Cercò di farsi forza mentalmente.
Zayn rimase un po’ perplesso.
Asciugò un’altra lacrima alla ragazza e poi si incupì.
<< Tomlinson non è il tipo che fa queste cose >>, dichiarò.
<< Eppure l’ha fatto >>, replicò lei, appoggiandosi con la testa sulla sua spalla.
<< Beh, è un povero stupido, allora. Ma cosa diamine gli è preso!? >>, si lamentò lui parlando quasi da solo.
<< Mi dispiace. Quindi è questo che vuoi dimenticare? >>, aggiunse dopo.
<< Se mi riesce >>
<< Ed io sarei il tuo ripiego personale, giusto? >>
Bonnie si rigirò di scatto.
<< No, Zayn, non sei un cazzo di ripiego! Non ho alcuna voglia di cimentarmi in una relazione seria, adesso! >>, sbottò, buttandosi i capelli corvini indietro con un gesto secco della mano.
<< L’ho fatto solo per distrarmi, quella sera >>, aggiunse, stancamente, calmandosi, mentre tentava di scacciare l’immagine di Louis dalla sua mente.
<< E ha funzionato? >>, chiese il moro avvicinandosi a lei pericolosamente.
La tensione tra loro esplose all'improvviso, inaspettata.
Bonnie lo guardò intensamente.
<< Si >>, disse secca, fissandogli le labbra.
<< Anche per me >>, dichiarò lui prima di attirarla a sé per fianchi e baciarla all’improvviso.
Lei gli finì addosso e gli sfilò la maglia.
Si disse che anche per quel giorno, la lista della cose depresse a cui pensare poteva dirsi dimezzata.




Nel frattempo, in casa Anderson, Alex, ancora fuori di sè per la storia di Harry, stava sfogando la sua rabbia sul disordine della sua stanza. Continuava a sbattere oggetti all’aria o a lamentarsi contro qualsiasi cosa le capitasse a tiro.
<< Alex, vuoi smetterla di fare tutto questo casino? >>, si intromise suo fratello Eric all’improvviso, irrompendo nella sua stanza.
<< Non ti ci mettere anche tu, va bene!? Oggi, non  è giornata, sparisci! >>, gli urlò contro.
E il fatto stesso di sapere che quell’idiota di Harry era esattamente sotto il suo stesso tetto a prendersi cura di Martin, la infastidiva ancora di più.
Senza contare che il ciclo che le era venuto proprio quella mattina, non aiutava affatto.
Eric alzò le braccia, impotente.
<< Come ti pare >>, si lamentò uscendo dalla stanza.
Alex lo mandò al diavolo con un gesto della mano e poi si diresse alla sua libreria. Aveva intenzione di “mettere ordine” anche lì.
Ma ben presto si accorse che in un solo scaffale della sua camera c’erano circa una cinquantina di libri.
Ma quanto cazzo leggevo?
Poi ne focalizzò uno enorme con su scritto “ Storia di Roma”, che faceva da sfondo a tutti gli altri.
Era incredibilmente fastidioso e mastodontico, tanto più che a lei non interessava affatto Giulio Cesare e tutti i complessati come Nerone che lo avevano seguito.
Così, sfilò il libro da sotto agli altri con malagrazia, ma non appena fu in grado di prenderlo completamente in mano, si accorse che era estremamente leggero per essere un libro così grande.
Già, questo perché era di plastica, notò.
Lo osservò attentamente.
Ma cosa...
Il libro si apriva, in stile portagioie.
Che cosa strana, no?
Alex alzò un sopracciglio e aprì la copertina leggermente polverosa.
Nel mezzo, dove c’era il vuoto, un altro piccolo libricino, se non quaderno o agenda, giaceva indisturbato.
Aveva la copertina verde, ed era piuttosto consumato.
Era chiuso da un piccolo fiocchetto rosso che univa entrambe le copertine: quella anteriore e quella posteriore.
Alex, incuriosita, si diresse alla porta della stanza e la socchiuse, poi si sedette sul letto e prese in mano l’agenda.
Slegò il fiocchetto rosso e la aprì con delicatezza.
Non appena si accorse di cosa veramente fosse ciò che aveva fra le mani, fu invasa dall’ansia.
Cominciò a leggere.




“ Caro Diario, ............”












....
Io...
Scusatemi.
Chiedo perdono! çç

Gomennasaaai cc
Non volevo, lo giuro, ragazze, perdonatemi.
Non volevo pubblicare così tardi.
E' solo che...con gli esami che si avvicinano, i prof che ci ammazzano di compiti, chi ci opprime per i test d'ingresso...
Sto impazzendo, lo giuro.
E poi ho le mie robe da fare, la mia cazzo di vita, che palle.
Sapete, sto letteralmente andando in esaurimento, ultimamente.
Ma tranquille, non vi abbandonerò mai del tutto!
Non ho nemmeno avuto tempo per rispondere alle vostre recensioni così...così..sono fantastiche, tutte, grazie.
Le ho lette tutte.
Siete l'ammoore, voi.
E' solo per voi se sono ancora viva. e.e
Ora.
Finaaalmente, ecco a voi la storia di "Louis e Bonnie", in versione Bonnie. lol
Considerazioni personali?
E di Horan, cosa ne pensare?
Non è dannatamente coccoloso e jnakdjndfkj? u.u
Lascio a voi i commenti sull'ultima frase del capitolo. LOL

Ora vi saluto, belle. (:
E dato che sono mancata tanto, vi riempio di immagini. <3



Malikuccio.






Awww, sono così intelligenti! lol



Lollè.
Ciao, tesori. 
xxxxx (Danielle's invasion)








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Capitolo 17
*** That's the difference. ***


 



You turned your back on tomorrow
Cause you forgot yesterday
(Payphone - Maroon 5)







CAPITOLO 16 - That's the difference.








27 Settembre 2012
Caro Diario,
Credo di dover ringraziare Louis a vita.
Oggi mi ha coperto le spalle con mia madre. Se quella stronza ci avesse scoperto...sarebbe successo il fini mondo.
Boo è sempre così dolce con me, credo di dovergli qualche attenzione in più. Ma il fatto è che...nella mia mente c’è sempre e costantemente Harry.

Alex smise per un attimo di leggere, le palpitazioni aumentarono e per poco non le mancò il fiato.
Lui, era lui. Il suo diario parlava di lui.
Allora...
Poteva scoprire la verità.
Andò avanti.

Oggi mi ha portata in una campagna anonima lontana dalla città e dallo smog.
Nel prato c’erano ancora i fiori e l’erba verde, perché sebbene siamo a settembre, il sole c’è ancora.
Averlo vicino per tutta la mattinata è stato come vivere in un altro mondo.
Stiamo insieme da tanto, ma per me, ogni momento che passo con lui è come se fosse il primo.
Harry è tutto quello di cui ho bisogno nella mi vita, a parte Louis.
Potrei morire con lui, prendermi il tifo, la lebbra, ma essere comunque felice perché so che è con me.
Lo amo così tanto che...

Alex continuava a leggere con gli occhi spalancati, le mani che le tremavano.
E, mentre le descrizioni del luogo, le sensazioni che leggeva, scorrevano sotto il suo sguardo...un forte dolore alla testa la costrinse a chiudere gli occhi per un attimo.
L’immagine di quel giorno le comparve nella mente come per magia.
D’un tratto ogni cosa divenne nitida, come se la percepisse sulla pelle in quell’esatto momento.
Era spaventata, confusa, ma felice allo stesso tempo.
Decise di continuare.


...ogni cosa di lui mi rende felice. I suoi occhi che vedono solo me. il suo sorriso così bello. Sì, perché lui è così bello. Ma non bello da vedere. Bello da sentire, bello da vivere. Il suo viso, il suo profumo. Il profumo che oggi è rimasto su di me per tutto il tempo.


Sentì gli occhi diventarle lucidi.
Piangeva.
Non poteva credere di aver scritto, pensato quelle cose…lei.
Perché tutto quello che c’era scritto era così maledettamente perfetto, e non sapeva nemmeno di averlo scritto.
Di amare una persona così tanto.
Perché lei...sapeva di provare qualcosa per Harry.
Probabilmente l’aveva sempre saputo.
E lui, glielo aveva nascosto.
Come aveva potuto?
Ad un certo punto si arrabbiò.
Una rabbia ceca le invase il cervello.
Strinse la presa sul diario e cominciò a sfogliarlo velocemente.
Le lacrime che cadevano qua e là a tradimento.


10 Settembre 2012
Caro Diario,
Sono andata a trovare Papà in ospedale e ho incontrato la mamma di Harry che sistemava la flebo ad un paziente....


25 Agosto 2012
Caro Diario,
Non riesco a stare lontana da lui, nemmeno quando mi dice che ha da studiare....


22 Luglio 2012
...Ho paura che prima o poi ci scoprano, nessuno deve sapere di noi due...
E’ così dannatamente difficile fingere davanti a tutti di non conoscerlo nemmeno, non ci riesco. Vorrei baciarlo in ogni momento, ma non posso.


Continuava a far scorrere gli occhi velocemente da una pagina all’altra, e man mano che andava avanti, la rabbia cresceva. Per quale dannato motivo, loro due, dovevano nascondersi??


3 Giugno 2012
...Louis dice che è troppo pericoloso avere una relazione come questa, ma a me non importa. Non riesco a non pensare a lui.
Se i miei lo scoprono, lo licenzieranno, e non può perdere il lavoro. Noi lo paghiamo bene, perché papà sa la sua situazione famigliare.



10 Maggio 2012
Caro Diario,
Ho paura che Horan sospetti qualcosa. Ogni volta che mi becca a fissare Harry, mi fa l’occhiolino. Quell’idiota mezzo biondo!


Non poteva credere ai suoi occhi.
Lei e quel cretino riccio stavano insieme ma lo tenevano nascosto a tutto il mondo?
E l’unico a saperlo era...Louis.
Louis.
Alex imprecò mentalmente.


5 Maggio 2012
...Mia madre crede che io e Liam siamo fidanzati, perfetto. Questo rende le cose ancora più complicate! Se dovesse scoprire la verità, mi ucciderebbe. Avrebbe persino il coraggio di dire che ho tradito “il mio ragazzo”.



 2 Maggio 2012
...Per nascondere il suo nome sul cellulare ho dovuto memorizzarlo con Tarzan. Povero, ora ce l’ha con me.
Tanto “Jane” è sicuramente più bello. lol

 

Aprile

...“Voi vi sposerete”
Ma sta scherzando!?
L’unico ragazzo che voglio ce l’ha sotto il naso dalla mattina alla sera tutti i santi giorni, quella vipera.
Non me ne frega un cazzo di quel damerino sputasentenze che lei crede perfetto.

 
Marzo

...Dovrei dirlo a Chris e Bonnie?


All’improvviso, tutte le parole iniziarono a vorticarle nella mente, quasi fossero un teatrino degli orrori che continuava a farle girare la stanza in tondo fino alla noia.
La testa iniziò a dolerle, le pagine che scorrevano spaventose, le parole mischiate, troppe, cariche di sentimenti, significati, immagini che le facevano esplodere il cervello, la rabbia che le ribolliva nelle vene.

 
Io lo amo...

L’altra sera Harry ha detto che...

...Mia madre non mi accetterà mai...

Non riesco più a fingere...

Ho bisogno di lui...

Louis...credo sia geloso, gli dedico meno tempo..

Ma quanto può essere scemo?

In accademia è stato fantastico!

...il prossimo settembre facciamo un anno!


Alex strinse i pugni e si asciugò le lacrime con un gesto brusco del braccio.
Era arrabbiata.
Questo perché le due persone a cui, a quanto sembrava, teneva di più, le avevano mentito.
Su una cosa simile.
Ma soprattutto Harry.
Come aveva potuto?
<< TESORO! IO VADO CON TUO FRATELLO ALL’IPERMERCATO! >>, strillò sua madre da basso sbattendo la porta d’ingresso.
Ma a lei non interessava più, non le interessava più nulla.
Voleva soltanto urlare e buttare tutto all’aria.





Liam camminò per il parco a passo svelto e calpestò quasi interamente un'aiuola d'erbetta ben curata.
<< Al diavolo sta merda! >>, si maledisse quando si accorse che una sua scarpa si era praticamente sporcata di terra da un intero lato.
<< Non dovresti calpestare le aiuole >>, lo riprese una ragazza, seduta ad una panchina a pochi metri da lui. Era evidente il fatto che avesse appositamente distolto lo sguardo dal suo libro per controllare il comportamento di Liam. Oppure era stata semplicemente distratta dalla sua esclamazione piuttosto commovente.
Liam la osservò.
Capelli biondi e occhi azzurri sprecati, pensò.
Il suo cervello era inutile come quello della maggior parte della gente che lo circondava.
<< Ma non mi dire, pure la Greenpeace doveva scassarmi, oggi >>, si lamentò con una smorfia.
<< Scusami!? >>, chiese lei, scioccata.
Sentire una persona appena conosciuta rivolgersi in maniera così maleducata a lei, era traumatizzante.
Norah era sempre stata una ragazza calma.
<< Menomale che sei bella >>, continuò Liam poggiando la scarpa al muretto per rendersi effettivamente conto di quanto fosse sporca.
<< L'unico stupido qui sei tu. E se non ti dispiace, vorrei continuare a leggere il mio libro...ma oops, forse tu non sai nemmeno cosa sia un libro >>, lo prese in giro guardandolo storto.
Di tutta risposta lui scoppiò a ridere.
<< Dammi un fazzoletto >>, le ordinò, arrogante.
<< Darne uno a te, sarebbe uno spreco per l'ambiente >>
<< Credimi, l'ambiente ti ringrazierebbe a vita se gli permettessi soltanto di toccare la mia merda per un secondo>>, se ne uscì.
Lei per poco non si strozzò con la sua stessa risata.
<< Sei patetico. Gradirei essere lasciata sola, adesso, grazie >>, gli riferì con un finto sorriso e un tono freddo.
<< Sei sempre così dolce con tutti? >>
<< Con chi lo merita >>
Liam alzò un sopracciglio.
<< Addio, Miss Know-it >>, la saluto beffardo.
La ragazza lo osservò mentre si allontanava, e quando fu abbastanza distante, gli fece il verso.
Idiota.
 



Alex scese al piano di sotto, gli occhi gonfi, sfinita mentalmente, arrabbiata con l’universo, e con quel dolore al petto che le causava spasmi incontrollati, a causa del pianto di poco prima.
Nell’ingresso, Harry stava indossando la giacca per andar via, dato che Marylin era uscita con il piccolo Martin.
Si fermò davanti a lui a guardarlo, la testa leggermente inclinata verso il basso e il cervello che le pulsava contro le tempie.
Il cuore che le usciva dal petto.
Il ragazzo si voltò per sbaglio, per dare un’ultima occhiata alla casa. Si bloccò di colpo e aggrottò la fronte.
Pochi secondi dopo, riuscì a mettere a fuoco il viso di lei.
Dopo quello che era successo l’altro giorno, non sapeva bene che fare, e non riusciva nemmeno a capire cosa le fosse successo, adesso.
<< Alex… >>
Ma a quel punto lei gli si avvicinò, quasi percorrendo il corridoio di corsa, gli occhi le diventarono ancora più lucidi, e li strinse, per trattenere le lacrime.
Arrivata davanti a lui, scoppiò.
<< Vaffanculo! >>, urlò gettandogli il diario addosso.
Il viso completamente bagnato e distrutto.
<< Vaffanculo, vaffanculo! >>, continuò ad urlare buttandoglisi quasi addosso e iniziando a tirargli pugni sul torace.
Harry spalanco gli occhi.
<< Alex, che cazzo fai, che succede! >>, gridò.
Ma lei continuava.
Urlava, e piangeva insieme, e nel contempo lo picchiava.
Il diario abbandonato sul pavimento.
La rabbia l’aveva accecata, la delusione.
La sua vita, la sua, le era stata nascosta da quelle due uniche persone di cui avrebbe dovuto fidarsi cecamente.
Le avevano tenuto nascosto una cosa così importante.
Senza accorgersi di farla soffrire.
Lui gli bloccò le mani, all’improvviso.
<< ALEX, SMETTILA, CALMATI! >>
Lei continuò a dimenarsi ancora per poco, finché non si arrese quasi del tutto e iniziò a piangere più forte.
Lo sguardo rivolto verso il basso.
Harry continuò a fissarla, confuso e preso alla sprovvista.
Non riusciva a capire cose fosse successo.
C’era solo un’ipotesi nella sua mente, ma non poteva essere, si disse.
<< Mi spieghi che succede? >>
Alex provò a calmarsi.
Quelle frasi, quelle immagini che aveva visto nella sua testa, i ricordi spezzati, le ricomparvero davanti agli occhi. Come se stesse fissando il finestrino di un treno in corsa.
Si morse il labbro, provò a parlare, e cercò di liberare i polsi, inutilmente.
<< Io vi odio..I-Io ti odio, lasciami stare, sei una merda, c-come hai potuto farlo, perché!? >>, chiese singhiozzando.
In quel momento, lui gettò uno sguardo a quell’oggetto a terra, vicino ai loro piedi, e capì.
Il suo diario.
Credere che non fosse a causa sua che lei era in quello stato, era soltanto un’utopia, doveva accettarlo, o quanto meno, immaginarlo.
<< L’hai scoperto… >>, sussurrò il ragazzo, lasciandole andare i polsi e incupendosi all’improvviso.
Abbandonò il suo sguardo al pavimento, come se si arrendesse alla realtà.
<< Ti prego non… >>, provò a spiegarsi.
<< No! >>, scoppiò lei.
<< Non provare a scusarti! A dire una parola! Sei…Sei una merda, fai schifo. Io ti amavo, e a te invece non importa un cazzo. Preferivi lasciar tutto così, perché era troppo difficile portare avanti una relazione come quella, vero!? >>, disse, indietreggiando per allontanarsi da lui.
Harry aveva alzato lo sguardo per guardarla, e questo era bastato a lei per bloccarle il cuore.
I suoi occhi.
Non riusciva a guardarlo, adesso, non poteva, o avrebbe ceduto.
Doveva essere arrabbiata, per se stessa, non poteva finirgli fra le braccia come se nulla fosse.
Anche se avrebbe voluto.
Purtroppo, ora che era tutto chiaro, i suoi sentimenti non erano più una mera ipotesi.
<< Mi amavi, esatto… >>, se ne uscì lui, sottolineando il verbo al passato e stringendo i pugni.
All’improvviso la rossa rimase muta a soppesare l’errore che aveva fatto.
<< Credo di amarti anche ora, Harry >>, si corresse.
<< …Oppure dovrei chiamarti Tarzan? >>, aggiunse, trovando il coraggio di guardarlo, finalmente.
In quei pochi minuti, il cuore non aveva smesso di pulsarle troppo velocemente contro la gabbia toracica, e le mani continuavano a tremarle.
Era stanca, ma solo psicologicamente.
Lui non si scompose.
<< Sai la differenza qual è? >>, chiese d’un tratto il riccio, stringendo lo sguardo e rilassando i pugni.
Ormai erano troppo lontani per toccarsi, sia fisicamente, che mentalmente. O almeno, lo erano in quel momento.
<< Che io non credo di amarti, io so di amarti, Alex >>, affermò.
Pochi secondi dopo si voltò, lasciandola lì con lo sguardo perplesso.
Si avvicinò all’ ingresso.
Un senso di vuoto, di frustrazione e tristezza lo sopraffarono.
E non seppe se darsi ancora dell’idiota o non definirsi affatto.
Aprì la porta.
<< O forse dovrei chiamarti Jane? >>, concluse infine  prima di chiudersi l’uscio alle spalle e sparire nel nulla.










.........
Tao...
-Saluta con la manina e scappa.-
...
Scusate!
Scusate!
I'm sorry..vi prego, non uccidetemi. ç_________ç
Chiedo perdono infinto.
So che è tipo un mese che non aggiorno, lo so, ma sto nella merda.
Cercate di capirmi.
Mi perdonerete mai?

Dalle ultime rcensioni ho notato che Lorain la amate così tanto! *-*
Dio, scrivete certe poesie su di lei...LOL
Madonna. -Muore soffocata per le risate.-
Credo che sia il personaggio più odioso che io abbia mai creato, dopo Jake della vecchia FF.
Sono fiera di me. LOL
Okay, no...
Passiamo oltre.
Dato che ultimamente mi stanno succedendo un po' di cose, a parte gli esami, la voglia di scrivere mi passa.
So che molte di voi vorrebbero bombardarmi e uccidermi per questo, ma vi offro un'opportunità.
Se non dovessi pubblicare entro tipo, 20 giorni, ricordatemelo.
Bombardatemi di messaggi e sgridatemi, vi prego.
(Masochismo allo stato puro.)
Potete farlo qui: 
http://www.facebook.com/olivia.sardini
Non è il mio originale, ovviamente, ma andrà bene.

Vorrei aggiungere qualcos'altro.
Vi ringrazio tutte, siete troppo belle. Mi scuso se non ho risposto alla recensione di qualcuno, ma non ho avuto proprio il tempo.
L'ho letta, comunque.
Questo posto è l'unico che mi fa stare meglio ogni tanto, ed è uno dei motivi per cui non lo abbandonerò mai del tutto.
Grazie infinite, vi adoro.

Poooi, basta depressione.
Sono stata troppo sdolcinata nelle parti prese dal Diario?
Dio, mi pare troppo surreale. LOL
E Liam e Norah? Che ne dite?

Detto ciò, mi dissolvo, sperando di "rivedervi" presto.
Tanti baci.
-Che schifo!
Muori male.

Ah, dimenticavo...oggi entro su EFP.
169 recensioni.
.....................
SOFFOCO MALISSIMO.
AHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
Hazza is everywhere.

E con questo, la smetto, dai.







Non mi stuprate, Hazza, eh.
Nemmeno col pensiero. e.e





Un salutino da Alex.

Adieu.

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