Storia di un angelo (e dei cacciatori che gli insegnarono a vivere) di JoJo (/viewuser.php?uid=4512)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il cratere ***
Capitolo 3: *** Castiel ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Nessuno sapeva
che fine avesse fatto Dio.
Il Creatore dell’Universo era ormai latitante da secoli e
neanche gli arcangeli, che erano a lui più vicini di
qualunque altro angelo,
erano a conoscenza del luogo in cui si trovasse.
Eppure a volte Lui si manifestava.
Non era sempre facile notarlo. Spesso non era che un
sussurro, una brezza leggera che faceva muovere l’aria
rinfrescando il viso,
poco più che un raggio di sole che si intrufolava fra le
foglie di un albero ad
illuminare a tratti il terreno.
Ma quella volta…
Quella volta il segno era chiaro, impossibile da non notare.
In Paradiso la voce si sparse in fretta e, vinti dalla
curiosità e dal cocente desiderio di rivedere il proprio
Padre, alcuni angeli
scesero sulla Terra, nel punto esatto in cui sentivano bruciare con
forza il
Suo potere.
Dio non era lì, però.
La radura risplendeva, perfetta con il suo prato verde
spruzzato di rugiada, gli alberi ad abbracciarla come un muro
protettivo ed il
fresco profumo dei fiori che la ornavano che si diffondeva
nell’aria, chiara
manifestazione della presenza del Signore, di cui però non
vi era altra
traccia.
“Padre?” chiamò Michael,
l’arcangelo, mentre i suoi piedi
strusciavano incerti fra i fili d’erba mentre si addentrava
nello sprazzo di
verde seguito dai suoi fratelli.
Come lui, anche gli altri angeli si osservavano intorno
circospetti, gli occhi vigili e suoi volti eterei la sempiterna
speranza di
ritrovare il proprio Creatore.
Ma Dio non rispose.
Successe qualcos’altro, però. Qualcosa di
inaspettato ed
unico.
All’improvviso una luce abbagliante, più di
qualsiasi stella
di ogni galassia del creato, iniziò ad ardere proprio
davanti agli occhi
esterrefatti di tutti gli angeli presenti.
Non durò che pochi istanti, quasi come il flash di una
macchina fotografica, ma il calore che emanava, la purezza, la
bellezza, la Grazia, restarono
lì, concentrandosi in
una figura accartocciata sul terreno fresco.
Anael fu la prima a riscuotersi da quell’evento,
affiancandosi immediatamente alla creatura.
“Un angelo.- sussurrò, passando la mano fra i
capelli
corvini del suo nuovo fratello, che giaceva addormentato fra le sue
braccia-
Nostro Padre ha creato un nuovo angelo.”
Gli altri soldati celesti si misero a vociare fra loro,
perché erano passati millenni da quando Dio aveva creato
l’ultimo angelo, le
loro voci piene di meraviglia e pronte ad inneggiare canti di gioia
come
benvenuto al nuovo arrivato.
Michael si avvicinò alla creatura neonata.
Era speciale, di questo non vi erano dubbi. Aveva intravisto
l’ombra delle sue ali, poco prima che la luce da cui era nato
sparisse, ed
erano enormi, e nere, come mai ne aveva viste prima. Ed era anche
lucente e
immacolata la sua Grazia, che pulsava viva e brillante.
L’arcangelo gli posò una mano sul capo, chinandosi
vicino a
lui “Benvenuto fra noi, Castiel.”
Sembrava tutto perfetto.
Il Signore li aveva benedetti con un nuovo angelo, un segno
che ricordava loro che c’era ancora speranza e che Lui
vegliava ancora su di
loro e su questa terra.
Invece, all’improvviso, quella radura perfetta
ghiacciò e
quei pochi angeli lì radunati si misero subito
sull’attenti.
“Benvenuto, sì.- fece eco alla voce di Michael una
più
profonda e glaciale- Ma non scommetterei sul fatto che
rimarrà con voi.”
Michael spalancò gli occhi, riconoscendo immediatamente il
nuovo arrivato “Lucifer.”
Il panico assalì i presenti. Lucifer, la Stella del Mattino,
l’angelo caduto, era lì di fronte a loro.
“Come osi presentarti alla manifestazione
dell’amore di nostro
Padre?” sibilò il più antico degli
arcangeli, mettendosi in difesa dei suoi
fratelli più giovani.
“Michael.- ribatté il dannato, puntando i suoi
occhi azzurri
e freddi sulla creatura appena nata- Tu sai che cosa voglio.”
La battaglia iniziò così.
Alcuni demoni comparsi dal nulla diedero il via agli
attacchi.
Quel luogo, cessò di essere pacifico in quel momento, quando
le urla e il sangue di creature millenarie si riversò sul
suo terreno.
E mentre Lucifer stava per raggiungere il suo obiettivo,
mentre le sue mani stavano per afferrare Castiel, pronte a strappargli
la sua
Grazia ed usarla per i propri fini di vendetta contro quel pianeta e
quegli
esseri umani che tanto odiava, Gabriel, l’arcangelo che da
secoli aveva fatto
perdere le proprie tracce, si mise in difesa del nuovo fratello,
frapponendosi
fra lui e il demonio.
“Gabriel!” ringhiò Lucifer.
Ma l’arcangelo non rispose. Gli rivolse un ghigno divertito
e, sfregando fra loro l’indice e il medio sparì,
così come il nuovo angelo.
La battaglia perse importanza in quel momento.
Castiel non c’era più.
L’ultima speranza per il Paradiso era sparita con un
semplice schiocco di dita, così come aveva fatto Gabriel
poco dopo di lui.
Gli angeli tornarono in cielo subito dopo, incapaci di
rimanere in quel mondo pieno di malignità troppo a lungo e i
demoni di Lucifero
si sparpagliarono, cercando di ritrovare la creatura tanto ambita dal
loro
signore.
E lì, in quella radura una volta perfetta, non rimase altro
che l’eco dell’urlo adirato del Diavolo.
NdA: Storia liberamente
tratta dal libro di Luis
Sepúlveda "Storia di una gabbianella e del gatto che le
insegnò a volare". Non so come mi sia venuta questa
idea, ma sappiate che sono perfettamente consapevole del fatto che non
è propriamente normale. -.-'' Detto ciò, spero
che la storia possa interessarvi, e sappiate che mi farà
assolutamente piacere avere la vostra opinione, di qualsiasi tipo. Baci
-JoJo
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Capitolo 2 *** Il cratere ***
La ballerina
ammiccava, le labbra tinteggiate di vermiglio
piegate all’insù in un ghigno seducente, i lunghi
capelli biondi che le
ricadevano sulle spalle e sventolavano qua e là come una
bandiera ogni volta
che faceva ondeggiare i fianchi in modo sinuoso.
Piegò la testa all’indietro, la bocca aperta a
formare una
‘O’ e poi si aggrappò nuovamente al
palo, dandosi slancio con le gambe lunghe
fasciate da calze a rete nere e cominciando a girarvi intorno in
maniera provocante,
il tutto senza mai spostare lo sguardo da lui.
Nonostante la luce soffusa, il leggero fumo che si
diffondeva nell’aria e la musica che scandiva con un ritmo
serrato i movimenti
della giovane ballerina, Dean Winchester era
certo di non trovarsi in uno strip club.
Non ne visitava uno da un po’ di tempo, troppo impegnato a
vagare su e giù per gli Stati Uniti con suo fratello Sam in
un periodo che,
sfortunatamente per loro, sembrava essere caratterizzato da
un’intensa attività
soprannaturale. Tuttavia, nelle ultime settimane i casi si erano
radicalmente
ridotti, fatta eccezione per le sporadiche segnalazioni di fantasmi, e
i due
fratelli Winchester non poterono far altro che pensare che
quell’improvvisa
scomparsa dei demoni non potesse che essere il preludio per qualcosa di
ben
peggiore.
Dean sapeva di non essere in un vero strip club, perché a
Sioux Falls, dove si trovava la casa di Bobby Singer e dove loro si
erano
recati per compiere delle ricerche riguardo a quanto stava succedendo
nel mondo
demoniaco, non c’erano strip club.
Quindi, l’unica conclusione possibile era che si stava
godendo finalmente, dopo settimane di insonnia e incubi terribili, un
sogno che
lo avrebbe lasciato, al mattino, riposato e sereno.
O, perlomeno, questo era quello che pensava, finché una voce
dal forte accento inglese non lo raggiunse.
“Carino qui. Anche se sono abituato ad ambienti con
più
classe.”
Dean si ritrovò ad alzarsi dalla poltroncina di velluto
rosso su cui era seduto e, con uno scatto agile, si voltò
verso la sua destra,
dove aveva sentito provenire quelle parole.
Proprio di fianco a lui c’era un uomo, così alto e
magro da
sembrare uno spaventapasseri, i capelli di un biondo sporco e corti
erano
leggermente spettinati, e i suoi occhi azzurro ghiaccio pungenti e
penetranti.
“Tu chi diavolo sei?” domandò,
più confuso che spaventato
per quell’improvviso cambio di programma nel suo sogno.
“Non ha importanza- disse l’altro, e con uno
schiocco di
dita fece sparire il locale notturno, facendo ritrovare entrambi in un
capannone
abbandonato- Non abbiamo troppo tempo per parlare.”
Dean si osservò intorno guardingo. Non aveva mai ricevuto
visite nei propri sogni, ma era piuttosto certo che non fosse una cosa
positiva. Forse, pensò, poteva trattarsi di un qualche tipo
di demone.
“Non sono un demone.- dichiarò l’altro,
come se gli avesse
letto nel pensiero- Mi chiamo Balthazar.”
Quella nuova informazione non lo calmò per niente
“E che
diavolo vuoi da me?”
Balthazar lo fissò con occhi seri e al cacciatore parve
anche di notare una certa disperazione su quel volto spigoloso
“Devi
promettermi che tu e tuo fratello vi prenderete cura di lui.”
“Cosa?- domandò Dean, aggrottando la fronte- Di
che cosa
stai parlando?”
“Devi prometterlo!- ribadì l’altro con
forza-
Sfortunatamente voi due siete l’unica speranza che lui ha per
sopravvivere e…”
Il maggiore dei fratelli Winchester sembrò ancora
più
confuso “Lui chi?”
Balthazar non rispose, alzando gli occhi e guardandosi poi
intorno come se si aspettasse che qualcuno arrivasse a prenderlo da un
momento
all’altro “Non abbiamo molto tempo. Prometti!
Prometti che gli insegnerai
quello che sai, che lo aiuterai a…”
“A fare cosa?” ringhiò Dean,
l’irritazione che si faceva
sentire sempre più.
“Non posso restare oltre.- sbottò quindi
l’altro, mettendogli
le mani sulle spalle e scuotendolo come se in questo modo potesse
fargli capire
l’importanza di ciò di cui stava parlando- Devi
prometterlo. Sei l’unica
speranza, non capisci? Per noi, per l’umanità.
Devi tenerlo al sicuro e
insegnarli a difendersi. Devi prometterlo!”
Dean conosceva la disperazione. Quella vera, profonda, che
ti strappa in due l’anima e non ti permette di respirare. Ed
era quel tipo di
disperazione quella che si ritrovava di fronte in quel momento. Quindi,
quando
si ritrovò più tardi a pensare a quello strano
sogno, che probabilmente non era
solo materia onirica, si disse che era per via di quella disperazione
che
quelle parole uscirono dalle sue labbra.
“D’accordo.- si era ritrovato ad annuire, confuso-
D’accordo, lo prometto! Ma potresti almeno spiegarmi di
cosa…”
Ma Balthazar scomparve in quel momento, improvvisamente come
era arrivato. E lui, pochi istanti dopo, si ritrovò sdraiato
nella stanza degli
ospiti di Bobby, un leggero sudore a imperlargli la fronte e la
tremenda
sensazione che qualcosa di spiacevole stesse per accadere.
Come spesso
capitava, i brutti presentimenti di Dean
Winchester si ritrovarono fondati.
Il ragazzo aveva riappoggiato la testa sul cuscino da pochi
minuti quando una luce accecante si fece strada nella casa
addormentata,
trovando accesso tramite le fessure lasciate aperte dalle persiane
ormai
irrimediabilmente vecchie e, pochi attimi dopo, un enorme boato
scalfì la
tranquillità muta della notte.
“Che diavolo era quello?” domandò Bobby,
fra le mani il suo
fucile ben carico, mentre i due fratelli Winchester lo raggiungevano
alla
porta, pronti ad andare a verificare di persona di che cosa si potesse
trattare.
“Non ne ho idea.- rispose Sam, la fronte corrucciata- Avete
visto quella luce?”
Dean storse la bocca in una smorfia “Un po’
difficile non
notarla.”
“Veniva dal retro dell’autorimessa.”
borbottò di nuovo Bobby
ed era strano vederlo così perché, nella fretta
di passare dal relax di un
riposo meritato indotto anche da una cospicua quantità di
alcool, all’essere
completamente sveglio e guardingo, in perfetta modalità
‘cacciatore di creature
maligne’, si era dimenticato di indossare il suo inseparabile
berretto da
baseball.
I tre cacciatori si addentrarono piano in quello che
sembrava a tutti gli effetti un cimitero di auto e furgoni. Nella
notte, con la
leggera nebbia provocata dall’umidità e la
consapevolezza che qualcosa di
soprannaturale era appena accaduto, quelle lapidi di metallo avevano
l’aria
decisamente meno amichevole rispetto a quando si trovavano sotto la
luce del
sole.
Dean avanzava lentamente, i piedi leggeri nel tentativo di
rendere i suoi passi il meno rumorosi possibile, seguito da Sam e da
Bobby, che
copriva loro le spalle con risolutezza.
“Che diavolo…” iniziò a
parlare il minore dei fratelli
Winchester, quando iniziò a vedere qualcosa che, poca luce o
no, non avrebbe
dovuto trovarsi lì.
Si fermarono di botto tutti e tre, fissando con occhi
spalancati e stupiti l’immenso cratere che aveva risucchiato
gran parte del
terreno di Bobby.
“Questo è…Un cratere. Un maledetto
cratere come se un
maledetto meteorite fosse appena precipitato sulla mia
proprietà!” sbottò il
cacciatore più anziano, puntando il fucile verso
l’enorme buco che si trovavano
di fronte.
“Già. Solo che quello
non è un meteorite.” Sottolineò Dean,
indicando una figura accartocciata all’interno
di quella conca.
E, infatti, non era un meteorite.
Sembrava un essere umano.
Ma, ciò che tutti e tre gli uomini sapevano per certo, era
che dei semplici ed innocenti esseri umani non piovevano semplicemente
dal cielo,
non di certo sopravvivendo all’impatto e polverizzando ogni
cosa su cui si
ritrovassero ad atterrare.
Quello era un essere soprannaturale e, quando gli diceva
l’esperienza,
era che niente di ciò che è soprannaturale porta
a qualcosa di buono.
Era del tutto logico, quindi, che Dean alzasse la mano con
cui impugnava l’arma per sparare su quella creatura di
origine indefinita.
Solo che, quando stava per premere il grilletto, qualcosa, o
qualcuno, lo fermò.
Ricorda, Dean
Winchester intimò una voce dallo spiccato accento
inglese nella sua testa l’hai
promesso.
Hej!So che il capitolo
è un po' cortino ma sono a corto di tempo, fatico perfino a
trovare la forza di cucinarmi qualcosa e spesso, nonostante abbia
milioni di idee che mi vorticano in testa, non riesco materialmente a
mettermi davanti al pc e scrivere qualcosa. Quindi ho pensato: un
capitolo corto è comunque meglio di niente, no? Oh,
perlomeno, è quello che continuo a
ripetermi!Eheheh.
Grazie mille a chi ha recensito (vi risponderò al
più presto, lo giuro, ma sappiate che mi ha fatto molto
piacere leggere i vostri commenti) e anche a chi ha messo la storia fra
preferite/seguite/ricordate. O anche a chi si è fermato per
una breve lettura. Spero che mi farete sapere cosa ne pensate e
prometto che aggiornerò non appena mi sarà
possibile. Croce sul cuore.
Kisses, JoJo
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Capitolo 3 *** Castiel ***
Nemmeno Bobby
conosceva la natura di quel simbolo.
Non era eccessivamente elaborato. Giusto un cerchio
sormontato da un piccolo triangolo. Al suo interno vi era una lettera,
spigolosa e disegnata con tratti netti e decisi, e lungo
l’intera circonferenza
erano sparsi altri sei simboli appartenenti allo stesso alfabeto,
talmente
antico da essere sconosciuto perfino a loro.
Dean continuava a osservare meditabondo il disegno,
scarabocchiato da Sam su un logoro blocco per appunti, fallendo
nuovamente a
dargli un significato. L’originale si trovava qualche passo
più in là, inciso
in modo indelebile sul torace glabro dell’uomo del cratere.
Il maggiore dei fratelli Winchester sospirò pesantemente,
socchiudendo gli occhi color prato. L’uomo
del cratere, sottolineò una vocetta petulante
nella sua testa, che gli
ricordava fin troppo quella di Sammy da ragazzino, che
tu hai promesso di proteggere ad un singolare personaggio durante
un incontro onirico che potrebbe, o non potrebbe, essere stato causato da un’eccessiva
dose di whiskey assunta l’altra
sera.
“Non è un demone.- esordì Sam, quello
vero, rientrando nella
cucina di Bobby in quel momento- Ne un mutaforma. Ho fatto tutti i
test. A
quanto pare quel tizio è perfettamente umano.”
“Le persone perfettamente umane non precipitano dal cielo,
Sam.- gli ricordò con tono piccato- E nemmeno hanno simboli
di dubbia natura
incisi sul corpo. Bobby ha scoperto di che razza di sigillo si tratta,
poi?”
Il minore dei due fratelli scrollò le ampie spalle
“No, ma
ci sta lavorando. Dice di ricordar e di aver già visto delle
lettere simili a
quelle dell’incisione, ma deve fare una ricerca
più approfondita a riguardo.”
“Quindi?” aggiunse, dopo aver fissato in silenzio
per
diversi secondi Dean.
“Quindi cosa?” ribatté
l’altro, sulla difensiva.
“Ti comporti in modo strano.- gli fece notare Sam, dopo aver
roteato platealmente gli occhi a quell’atteggiamento- Voglio
dire, capisco che
un uomo che piove dal cielo è inusuale anche per i nostri
standard, ma tu ti
comporti come se lo fosse ancora di più del dovuto. Mi vuoi
dire perché?”
Punto sul vivo il cacciatore si alzò, iniziando a camminare
per la minuscola stanza gesticolando “Per prima cosa, non mi
comporto affatto
in modo strano. E poi, un tizio è appena caduto da
chissà dove facendo un buco
nel terreno di Bobby. Direi che ho avuto una reazione più
che normale.”
“Dean…” il tono usato da Sam era quello
che scivolava spesso
dalle labbra, fin quando era bambino, ogni volta che si ritrovavano
incastrati
in quelle discussioni.
“Sta zitto, Sam.”
“Dean.” ripeté, con più
determinazione nella voce.
Il maggiore dei due fratelli rimase in silenzio per svariati
secondi prima di capitolare “Ho fatto un sogno.”
Sam aggrottò la fronte, preso alla sprovvista da quella
confessione apparentemente fuori tema “Cosa?”
“Ho sognato un tizio una ridicola maglietta dallo scollo a V
e un accento inglese improbabile e gli ho promesso che avrei protetto
qualcuno.” buttò fuori tutto d’un fiato
Dean, la voce un borbottio quasi
infantile.
Il minore dei due fratelli alzò un sopracciglio, confuso
“Qualcuno? Chi?”
Dean si limitò ad alzare le sopracciglia, quasi mimando
l’espressione facciale dell’altro ragazzo.
“L’uomo del cratere?” domandò
di nuovo Sam, riuscendo
finalmente a comprendere lo strano comportamento del fratello.
Il maggiore dei Winchester si passò stancamente una mano sul
volto “Senti, lo so anche io che è tutto
dannatamente assurdo, ma quando prima
ho pensato che forse sarebbe stato meglio sparare e poi fare le
domande, quel
tizio ha parlato nella mia testa…”
“Ha parlato nella tua testa?” ripeté
l’altro cacciatore,
incredulo.
Dean lo ignorò “E mi ha ricordato della mia
promessa.”
“Oh.- fu tutto quello che Sam disse, dopo essersi preso
qualche istante per riflettere- Okay.”
“Tutto qui?” sbottò il maggiore, gli
occhi spalancati dallo
stupore.
“Beh, non credo di poter aggiungere altro, no?-
spiegò
quindi l’alto giovane con una scrollata di spalle- Credo che
dovremmo aspettare
di sentire la sua versione. Scoprire, se davvero deve essere protetto,
da che
cosa.”
Dean agitò un braccio nella vaga direzione del bunker
“Andiamo, Sammy! Tutto questo non è propriamente
normale, no? E questa è la tua
reazione?”
“Dico soltanto che ora non sappiamo nulla ne
dell’uomo del
cratere ne di chi possa essere stato a introdursi nei tuoi sogni e
nella tua
testa.” rispose l’altro, alzando le mani in segno
di resa.
“Vuoi dire cosa.”
lo corresse Dean con una smorfia.
“Voglio dire che dobbiamo aspettare e saperne di
più.-
specificò Sam lanciandogli un’occhiataccia- Magari
quando riprenderà i sensi
questo tizio saprà dirci cosa gli è
successo.”
L’arrivo di Bobby nella stanza impedì loro di
discutere
oltre. Il cacciatore fece scorrere il proprio sguardo attento sui due
fratelli
prima di parlare.
“Ragazzi. Il Bell’Addormentato si è
svegliato.” annunciò,
facendo un cenno nella direzione del bunker.
L’uomo
del cratere era seduto sulla branda all’interno del
bunker di Bobby.
Le incisioni sul petto, abbastanza profonde ma che non
avevano richiesto troppe cure oltre a un’attenta disinfezione
e al bendaggio,
erano coperte da una vecchia maglietta di Sam, decisamente troppo larga
per il
suo corpo nettamente più
esile, mentre
le gambe, che scivolavano oltre il bordo del materasso di modo che i
piedi nudi
sfiorassero il pavimento di cemento, erano fasciate in un paio di
pantaloni di
flanella sdruciti.
L’uomo teneva le mani rivolte verso l’alto
appoggiate alle
cosce e osservava con espressione affascinata i propri palmi aprirsi e
chiudersi a ritmo costante. Sembrava quasi che fosse la prima volta che
sperimentava certi movimenti tanto era l’interesse che
mostrava nel ripetersi
di quel meccanismo.
Dal momento che lo sconosciuto era finalmente sveglio
poterono vedere il suo volto più chiaramente. Aveva dei
tratti decisi e
regolari, il naso perfettamente dritto e gli zigomi alti. Le guance
erano
spruzzate da un abbozzo di barba che scivolava per un po’
oltre la linea decisa
della mascella e mettevano ancor più in risalto le labbra
piene e rosa, un po’
troppo screpolate. Erano gli occhi, però, a conferire a
quell’uomo piacente, ma
decisamente ordinario, un aspetto impossibile da dimenticare. Erano
grandi,
l’espressività accentuata da delle palpebre un
po’ cadenti e delle sopracciglia
aggrottate, ed erano blu. Un blu diverso da quello del mare e del
cielo. Un blu
brillante che non esisteva in natura se non lì, in quegli
occhi pieni di
stupore, curiosità e anche una certa confusione.
“Ti sei svegliato, finalmente.” parlò
Dean, cercando di far
capire solo attraverso il proprio tono di voce che non era il tipo di
persone a
cui giocare qualche brutto scherzo.
L’uomo non rispose, ma si limitò ad alzare il
volto per
incrociare gli sguardi dei nuovi arrivati.
“Ti abbiamo trovato non molto lontano da qui.-
continuò
quindi Sam, cercando di usare più gentilezza di quella usata
dal fratello- Hai
delle ferite sul petto, ma niente di preoccupante. Puoi dirci che cosa
è
successo?”
Di nuovo, non ottennero risposta, se non il movimento
leggero della testa che venne inclinata di lato e
l’approfondirsi della ruga di
espressione causata dalla fronte aggrottata.
“Puoi stare tranquillo, davvero. Non vogliamo farti niente
di male.- gli assicurò di nuovo il giovane- Vorremmo solo
sapere cosa ti è
successo…Sai, se sei in qualche modo in pericolo.”
Lo sconosciuto inclinò ulteriormente la testa, aumentando
ancora di più la propria somiglianza con un passerotto
curioso.
“Sapete, non sono sicuro che capisca quello che stiamo
dicendo.” li informò Bobby, lo sguardo concentrato
fisso sull’uomo seduto sulla
branda che ora aveva spostato lo stava seguendo con gli occhi da quando
aveva
iniziato a parlare.
“Forse è straniero?” azzardò
Dean, aggrottando le
sopracciglia.
“Forse. Parlez-vous
français?-
provò a domandare Bobby con scarso
successo- ¿Habla usted
español?
Sprechen Sie Deutsch?
Вы говорите на
русском?”
Il maggiore dei due fratelli lo osservò perplesso
“Tu non
conosci nessuna di queste lingue.”
“So qualche frase.” rispose il cacciatore con una
scrollata
di spalle.
“Ok, proviamo con un’altra tecnica.- disse Sam,
l’espressione concentrata- Sam.”
Dopo aver pronunciato il proprio nome il ragazzo si appoggiò
la mano destra sul petto, per rendere palese
l’identificazione.
Lo sconosciuto lo osservava con attenzione, incoraggiandolo
così a continuare.
“Dean.- procedette, appoggiando poi il palmo sulla spalla
del fratello, per poi passare all’altro cacciatore-
Bobby.”
“Davvero, Sam?- sbottò Dean esasperato- Vuoi
giocare a Io Tarzan, tu Jane con
questo tizio?”
Il più giovane dei Winchester sbuffò sonoramente
“Almeno io sto cercando
di comunicare.”
“Tu guardi troppi
film da casalinghe.” ribatté il fratello con un
ghigno.
Sam fece roteare gli occhi “Non sono io a svegliarmi di
notte per guardare le repliche di Dr. Sexy.”
Bobby stava per intervenire, per riportare l’attenzione dei
due fratelli sulla questione più importante in quel momento,
ovvero capire se l’uomo
che era piovuto dal cielo fosse una minaccia oppure avesse bisogno del
loro
aiuto e perché, quando la causa stessa di quella confusione,
al di là di ogni
aspettativa, parlò.
“Dean.”
L’udire il suono di quella voce, bassa e rauca come se fosse
stata usata per la prima volta dopo molto tempo in quel momento, fece
voltare i
tre cacciatori, gli occhi spalancati e le espressioni incredule.
“Come hai detto?” riuscì a esalare
l’interpellato.
“Dean.- ripeté lo sconosciuto, con uno stupore
nello sguardo
al sentire il suono della propria voce che faceva pensare che non
l’avesse mai
udita prima di allora- Sam. Bobby.”
Sam sbatté più volte le palpebre “Ha
funzionato!- esclamò,
prima di ripetere i gesti di prima- Sam. Dean.
Bobby…”
Lasciò il discorso in sospeso, appoggiando la mano sulla
spalla
dell’uomo dagli occhi blu, aspettando che questa volta si
presentasse anche
lui, ma le sue speranze furono disattese.
Lo sconosciuto fissò perplesso prima la sua mano e poi lui
“Sam?”
domandò, confuso.
“Beh, almeno in parte ha funzionato, Jane.- lo prese in giro
il fratello- Magari possiamo chiamarlo Tarzan finché non
scopriamo il suo vero
nome se la cosa può farti sentire meglio.
Dean non sentì come ribatté alla sua battuta Sam.
Quello che
sentì fu un’unica parola.
Castiel.
Quel nome gli risuonò nella testa per un istante soltanto,
la voce la stessa che gli aveva intimato di salvare quello sconosciuto.
“Castiel?” ripeté ad alta voce, facendo
scivolare via dalle proprie
labbra quel nome decisamente bizzarro.
L’uomo sulla branda alzò la testa, rispondendo a
quel richiamo.
“Castiel?- gli fece eco Sam, per poi rivolgere lo sguardo al
moro dagli occhi blu- E’ questo il tuo nome?
Castiel?”
L’altro si poggiò il palmo sul petto
“Castiel.” confermò,
con la sua voce roca e profonda.
_____________________________________________________________
Lo so, lo so. Sono una pessima
persona. La verità è che sto passando un periodo
folle e che riesco a scrivere solo per poi sentirmi in colpa per aver
sprecato del tempo che avrei potuto utilizzare per fare delle cose
davvero utili. Come studiare. Come scrivere il paper ostico che devo
consegnare fra dieci giorni. Come cercare una casa di modo da non
diventare homeless il prossimo semestre. Insomma, abbiate
pietà di me anche se sono una di quelle autrici pessime che
diventano latitanti e poi se ne piovono qui all'improvviso lasciando
solo un misero capitolo, delle scuse e le vane promesse di aggiornare
con più frequenza.
Per conto mio, vi adoro tutti quanti. Sì, proprio voi che
leggete e commentate, e voi che leggete e mettete fra
preferiti/seguite/ricordate, e voi che leggete e basta.
Alla prossima (a presto?), kisses JoJo
|
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