Storia di un angelo (e dei cacciatori che gli insegnarono a vivere)

di JoJo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il cratere ***
Capitolo 3: *** Castiel ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Nessuno sapeva che fine avesse fatto Dio.
Il Creatore dell’Universo era ormai latitante da secoli e neanche gli arcangeli, che erano a lui più vicini di qualunque altro angelo, erano a conoscenza del luogo in cui si trovasse.
Eppure a volte Lui si manifestava.
Non era sempre facile notarlo. Spesso non era che un sussurro, una brezza leggera che faceva muovere l’aria rinfrescando il viso, poco più che un raggio di sole che si intrufolava fra le foglie di un albero ad illuminare a tratti il terreno.
Ma quella volta…
Quella volta il segno era chiaro, impossibile da non notare.
In Paradiso la voce si sparse in fretta e, vinti dalla curiosità e dal cocente desiderio di rivedere il proprio Padre, alcuni angeli scesero sulla Terra, nel punto esatto in cui sentivano bruciare con forza il Suo potere.
Dio non era lì, però.
La radura risplendeva, perfetta con il suo prato verde spruzzato di rugiada, gli alberi ad abbracciarla come un muro protettivo ed il fresco profumo dei fiori che la ornavano che si diffondeva nell’aria, chiara manifestazione della presenza del Signore, di cui però non vi era altra traccia.
“Padre?” chiamò Michael, l’arcangelo, mentre i suoi piedi strusciavano incerti fra i fili d’erba mentre si addentrava nello sprazzo di verde seguito dai suoi fratelli.
Come lui, anche gli altri angeli si osservavano intorno circospetti, gli occhi vigili e suoi volti eterei la sempiterna speranza di ritrovare il proprio Creatore.
Ma Dio non rispose.
Successe qualcos’altro, però. Qualcosa di inaspettato ed unico.
All’improvviso una luce abbagliante, più di qualsiasi stella di ogni galassia del creato, iniziò ad ardere proprio davanti agli occhi esterrefatti di tutti gli angeli presenti.
Non durò che pochi istanti, quasi come il flash di una macchina fotografica, ma il calore che emanava, la purezza, la bellezza, la Grazia, restarono lì, concentrandosi in una figura accartocciata sul terreno fresco.
Anael fu la prima a riscuotersi da quell’evento, affiancandosi immediatamente alla creatura.
“Un angelo.- sussurrò, passando la mano fra i capelli corvini del suo nuovo fratello, che giaceva addormentato fra le sue braccia- Nostro Padre ha creato un nuovo angelo.”
Gli altri soldati celesti si misero a vociare fra loro, perché erano passati millenni da quando Dio aveva creato l’ultimo angelo, le loro voci piene di meraviglia e pronte ad inneggiare canti di gioia come benvenuto al nuovo arrivato.
Michael si avvicinò alla creatura neonata.
Era speciale, di questo non vi erano dubbi. Aveva intravisto l’ombra delle sue ali, poco prima che la luce da cui era nato sparisse, ed erano enormi, e nere, come mai ne aveva viste prima. Ed era anche lucente e immacolata la sua Grazia, che pulsava viva e brillante.
L’arcangelo gli posò una mano sul capo, chinandosi vicino a lui “Benvenuto fra noi, Castiel.”
Sembrava tutto perfetto.
Il Signore li aveva benedetti con un nuovo angelo, un segno che ricordava loro che c’era ancora speranza e che Lui vegliava ancora su di loro e su questa terra.
Invece, all’improvviso, quella radura perfetta ghiacciò e quei pochi angeli lì radunati si misero subito sull’attenti.
“Benvenuto, sì.- fece eco alla voce di Michael una più profonda e glaciale- Ma non scommetterei sul fatto che rimarrà con voi.”
Michael spalancò gli occhi, riconoscendo immediatamente il nuovo arrivato “Lucifer.”
Il panico assalì i presenti. Lucifer, la Stella del Mattino, l’angelo caduto, era lì di fronte a loro.
“Come osi presentarti alla manifestazione dell’amore di nostro Padre?” sibilò il più antico degli arcangeli, mettendosi in difesa dei suoi fratelli più giovani.
“Michael.- ribatté il dannato, puntando i suoi occhi azzurri e freddi sulla creatura appena nata- Tu sai che cosa voglio.”
La battaglia iniziò così.
Alcuni demoni comparsi dal nulla diedero il via agli attacchi.
Quel luogo, cessò di essere pacifico in quel momento, quando le urla e il sangue di creature millenarie si riversò sul suo terreno.
E mentre Lucifer stava per raggiungere il suo obiettivo, mentre le sue mani stavano per afferrare Castiel, pronte a strappargli la sua Grazia ed usarla per i propri fini di vendetta contro quel pianeta e quegli esseri umani che tanto odiava, Gabriel, l’arcangelo che da secoli aveva fatto perdere le proprie tracce, si mise in difesa del nuovo fratello, frapponendosi fra lui e il demonio.
“Gabriel!” ringhiò Lucifer.
Ma l’arcangelo non rispose. Gli rivolse un ghigno divertito e, sfregando fra loro l’indice e il medio sparì, così come il nuovo angelo.
La battaglia perse importanza in quel momento.
Castiel non c’era più.
L’ultima speranza per il Paradiso era sparita con un semplice schiocco di dita, così come aveva fatto Gabriel poco dopo di lui.
Gli angeli tornarono in cielo subito dopo, incapaci di rimanere in quel mondo pieno di malignità troppo a lungo e i demoni di Lucifero si sparpagliarono, cercando di ritrovare la creatura tanto ambita dal loro signore.
E lì, in quella radura una volta perfetta, non rimase altro che l’eco dell’urlo adirato del Diavolo.

 


NdA: Storia liberamente tratta dal libro di Luis Sepúlveda "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare".  Non so come mi sia venuta questa idea, ma sappiate che sono perfettamente consapevole del fatto che non è propriamente normale. -.-'' Detto ciò, spero che la storia possa interessarvi, e sappiate che mi farà assolutamente piacere avere la vostra opinione, di qualsiasi tipo. Baci -JoJo

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Capitolo 2
*** Il cratere ***


 

La ballerina ammiccava, le labbra tinteggiate di vermiglio piegate all’insù in un ghigno seducente, i lunghi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle e sventolavano qua e là come una bandiera ogni volta che faceva ondeggiare i fianchi in modo sinuoso.
Piegò la testa all’indietro, la bocca aperta a formare una ‘O’ e poi si aggrappò nuovamente al palo, dandosi slancio con le gambe lunghe fasciate da calze a rete nere e cominciando a girarvi intorno in maniera provocante, il tutto senza mai spostare lo sguardo da lui.
Nonostante la luce soffusa, il leggero fumo che si diffondeva nell’aria e la musica che scandiva con un ritmo serrato i movimenti della giovane ballerina, Dean Winchester era  certo di non trovarsi in uno strip club.
Non ne visitava uno da un po’ di tempo, troppo impegnato a vagare su e giù per gli Stati Uniti con suo fratello Sam in un periodo che, sfortunatamente per loro, sembrava essere caratterizzato da un’intensa attività soprannaturale. Tuttavia, nelle ultime settimane i casi si erano radicalmente ridotti, fatta eccezione per le sporadiche segnalazioni di fantasmi, e i due fratelli Winchester non poterono far altro che pensare che quell’improvvisa scomparsa dei demoni non potesse che essere il preludio per qualcosa di ben peggiore.
Dean sapeva di non essere in un vero strip club, perché a Sioux Falls, dove si trovava la casa di Bobby Singer e dove loro si erano recati per compiere delle ricerche riguardo a quanto stava succedendo nel mondo demoniaco, non c’erano strip club.
Quindi, l’unica conclusione possibile era che si stava godendo finalmente, dopo settimane di insonnia e incubi terribili, un sogno che lo avrebbe lasciato, al mattino, riposato e sereno.
O, perlomeno, questo era quello che pensava, finché una voce dal forte accento inglese non lo raggiunse.
“Carino qui. Anche se sono abituato ad ambienti con più classe.”
Dean si ritrovò ad alzarsi dalla poltroncina di velluto rosso su cui era seduto e, con uno scatto agile, si voltò verso la sua destra, dove aveva sentito provenire quelle parole.
Proprio di fianco a lui c’era un uomo, così alto e magro da sembrare uno spaventapasseri, i capelli di un biondo sporco e corti erano leggermente spettinati, e i suoi occhi azzurro ghiaccio pungenti e penetranti.
“Tu chi diavolo sei?” domandò, più confuso che spaventato per quell’improvviso cambio di programma nel suo sogno.
“Non ha importanza- disse l’altro, e con uno schiocco di dita fece sparire il locale notturno, facendo ritrovare entrambi in un capannone abbandonato- Non abbiamo troppo tempo per parlare.”
Dean si osservò intorno guardingo. Non aveva mai ricevuto visite nei propri sogni, ma era piuttosto certo che non fosse una cosa positiva. Forse, pensò, poteva trattarsi di un qualche tipo di demone.
“Non sono un demone.- dichiarò l’altro, come se gli avesse letto nel pensiero- Mi chiamo Balthazar.”
Quella nuova informazione non lo calmò per niente “E che diavolo vuoi da me?”
Balthazar lo fissò con occhi seri e al cacciatore parve anche di notare una certa disperazione su quel volto spigoloso “Devi promettermi che tu e tuo fratello vi prenderete cura di lui.”
“Cosa?- domandò Dean, aggrottando la fronte- Di che cosa stai parlando?”
“Devi prometterlo!- ribadì l’altro con forza- Sfortunatamente voi due siete l’unica speranza che lui ha per sopravvivere e…”
Il maggiore dei fratelli Winchester sembrò ancora più confuso “Lui chi?”
Balthazar non rispose, alzando gli occhi e guardandosi poi intorno come se si aspettasse che qualcuno arrivasse a prenderlo da un momento all’altro “Non abbiamo molto tempo. Prometti! Prometti che gli insegnerai quello che sai, che lo aiuterai a…”
“A fare cosa?” ringhiò Dean, l’irritazione che si faceva sentire sempre più.
“Non posso restare oltre.- sbottò quindi l’altro, mettendogli le mani sulle spalle e scuotendolo come se in questo modo potesse fargli capire l’importanza di ciò di cui stava parlando- Devi prometterlo. Sei l’unica speranza, non capisci? Per noi, per l’umanità. Devi tenerlo al sicuro e insegnarli a difendersi. Devi prometterlo!”
Dean conosceva la disperazione. Quella vera, profonda, che ti strappa in due l’anima e non ti permette di respirare. Ed era quel tipo di disperazione quella che si ritrovava di fronte in quel momento. Quindi, quando si ritrovò più tardi a pensare a quello strano sogno, che probabilmente non era solo materia onirica, si disse che era per via di quella disperazione che quelle parole uscirono dalle sue labbra.
“D’accordo.- si era ritrovato ad annuire, confuso- D’accordo, lo prometto! Ma potresti almeno spiegarmi di cosa…”
Ma Balthazar scomparve in quel momento, improvvisamente come era arrivato. E lui, pochi istanti dopo, si ritrovò sdraiato nella stanza degli ospiti di Bobby, un leggero sudore a imperlargli la fronte e la tremenda sensazione che qualcosa di spiacevole stesse per accadere.

 

Come spesso capitava, i brutti presentimenti di Dean Winchester si ritrovarono fondati.
Il ragazzo aveva riappoggiato la testa sul cuscino da pochi minuti quando una luce accecante si fece strada nella casa addormentata, trovando accesso tramite le fessure lasciate aperte dalle persiane ormai irrimediabilmente vecchie e, pochi attimi dopo, un enorme boato scalfì la tranquillità muta della notte.
“Che diavolo era quello?” domandò Bobby, fra le mani il suo fucile ben carico, mentre i due fratelli Winchester lo raggiungevano alla porta, pronti ad andare a verificare di persona di che cosa si potesse trattare.
“Non ne ho idea.- rispose Sam, la fronte corrucciata- Avete visto quella luce?”
Dean storse la bocca in una smorfia “Un po’ difficile non notarla.”
“Veniva dal retro dell’autorimessa.” borbottò di nuovo Bobby ed era strano vederlo così perché, nella fretta di passare dal relax di un riposo meritato indotto anche da una cospicua quantità di alcool, all’essere completamente sveglio e guardingo, in perfetta modalità ‘cacciatore di creature maligne’, si era dimenticato di indossare il suo inseparabile berretto da baseball.
I tre cacciatori si addentrarono piano in quello che sembrava a tutti gli effetti un cimitero di auto e furgoni. Nella notte, con la leggera nebbia provocata dall’umidità e la consapevolezza che qualcosa di soprannaturale era appena accaduto, quelle lapidi di metallo avevano l’aria decisamente meno amichevole rispetto a quando si trovavano sotto la luce del sole.
Dean avanzava lentamente, i piedi leggeri nel tentativo di rendere i suoi passi il meno rumorosi possibile, seguito da Sam e da Bobby, che copriva loro le spalle con risolutezza.
“Che diavolo…” iniziò a parlare il minore dei fratelli Winchester, quando iniziò a vedere qualcosa che, poca luce o no, non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Si fermarono di botto tutti e tre, fissando con occhi spalancati e stupiti l’immenso cratere che aveva risucchiato gran parte del terreno di Bobby.
“Questo è…Un cratere. Un maledetto cratere come se un maledetto meteorite fosse appena precipitato sulla mia proprietà!” sbottò il cacciatore più anziano, puntando il fucile verso l’enorme buco che si trovavano di fronte.
“Già. Solo che quello non è un meteorite.” Sottolineò Dean, indicando una figura accartocciata all’interno di quella conca.
E, infatti, non era un meteorite.
Sembrava un essere umano.
Ma, ciò che tutti e tre gli uomini sapevano per certo, era che dei semplici ed innocenti esseri umani non piovevano semplicemente dal cielo, non di certo sopravvivendo all’impatto e polverizzando ogni cosa su cui si ritrovassero ad atterrare.
Quello era un essere soprannaturale e, quando gli diceva l’esperienza, era che niente di ciò che è soprannaturale porta a qualcosa di buono.
Era del tutto logico, quindi, che Dean alzasse la mano con cui impugnava l’arma per sparare su quella creatura di origine indefinita.
Solo che, quando stava per premere il grilletto, qualcosa, o qualcuno, lo fermò.
Ricorda, Dean Winchester intimò una voce dallo spiccato accento inglese nella sua testa l’hai promesso.





Hej!So che il capitolo è un po' cortino ma sono a corto di tempo, fatico perfino a trovare la forza di cucinarmi qualcosa e spesso, nonostante abbia milioni di idee che mi vorticano in testa, non riesco materialmente a mettermi davanti al pc e scrivere qualcosa. Quindi ho pensato: un capitolo corto è comunque meglio di niente, no? Oh, perlomeno, è quello che continuo a ripetermi!Eheheh. 
Grazie mille a chi ha recensito (vi risponderò al più presto, lo giuro, ma sappiate che mi ha fatto molto piacere leggere i vostri commenti) e anche a chi ha messo la storia fra preferite/seguite/ricordate. O anche a chi si è fermato per una breve lettura. Spero che mi farete sapere cosa ne pensate e prometto che aggiornerò non appena mi sarà possibile. Croce sul cuore.
Kisses, JoJo

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Capitolo 3
*** Castiel ***


 

Nemmeno Bobby conosceva la natura di quel simbolo.
Non era eccessivamente elaborato. Giusto un cerchio sormontato da un piccolo triangolo. Al suo interno vi era una lettera, spigolosa e disegnata con tratti netti e decisi, e lungo l’intera circonferenza erano sparsi altri sei simboli appartenenti allo stesso alfabeto, talmente antico da essere sconosciuto perfino a loro.
Dean continuava a osservare meditabondo il disegno, scarabocchiato da Sam su un logoro blocco per appunti, fallendo nuovamente a dargli un significato. L’originale si trovava qualche passo più in là, inciso in modo indelebile sul torace glabro dell’uomo del cratere.
Il maggiore dei fratelli Winchester sospirò pesantemente, socchiudendo gli occhi color prato. L’uomo del cratere, sottolineò una vocetta petulante nella sua testa, che gli ricordava fin troppo quella di Sammy da ragazzino, che tu hai promesso di proteggere ad un singolare personaggio durante un incontro onirico che potrebbe, o non potrebbe, essere stato causato da un’eccessiva dose di whiskey assunta l’altra sera.
“Non è un demone.- esordì Sam, quello vero, rientrando nella cucina di Bobby in quel momento- Ne un mutaforma. Ho fatto tutti i test. A quanto pare quel tizio è perfettamente umano.”
“Le persone perfettamente umane non precipitano dal cielo, Sam.- gli ricordò con tono piccato- E nemmeno hanno simboli di dubbia natura incisi sul corpo. Bobby ha scoperto di che razza di sigillo si tratta, poi?”
Il minore dei due fratelli scrollò le ampie spalle “No, ma ci sta lavorando. Dice di ricordar e di aver già visto delle lettere simili a quelle dell’incisione, ma deve fare una ricerca più approfondita a riguardo.”
“Quindi?” aggiunse, dopo aver fissato in silenzio per diversi secondi Dean.
“Quindi cosa?” ribatté l’altro, sulla difensiva.
“Ti comporti in modo strano.- gli fece notare Sam, dopo aver roteato platealmente gli occhi a quell’atteggiamento- Voglio dire, capisco che un uomo che piove dal cielo è inusuale anche per i nostri standard, ma tu ti comporti come se lo fosse ancora di più del dovuto. Mi vuoi dire perché?”
Punto sul vivo il cacciatore si alzò, iniziando a camminare per la minuscola stanza gesticolando “Per prima cosa, non mi comporto affatto in modo strano. E poi, un tizio è appena caduto da chissà dove facendo un buco nel terreno di Bobby. Direi che ho avuto una reazione più che normale.”
“Dean…” il tono usato da Sam era quello che scivolava spesso dalle labbra, fin quando era bambino, ogni volta che si ritrovavano incastrati in quelle discussioni.
“Sta zitto, Sam.”
“Dean.” ripeté, con più determinazione nella voce.
Il maggiore dei due fratelli rimase in silenzio per svariati secondi prima di capitolare “Ho fatto un sogno.”
Sam aggrottò la fronte, preso alla sprovvista da quella confessione apparentemente fuori tema “Cosa?”
“Ho sognato un tizio una ridicola maglietta dallo scollo a V e un accento inglese improbabile e gli ho promesso che avrei protetto qualcuno.” buttò fuori tutto d’un fiato Dean, la voce un borbottio quasi infantile.
Il minore dei due fratelli alzò un sopracciglio, confuso “Qualcuno? Chi?”
Dean si limitò ad alzare le sopracciglia, quasi mimando l’espressione facciale dell’altro ragazzo.
“L’uomo del cratere?” domandò di nuovo Sam, riuscendo finalmente a comprendere lo strano comportamento del fratello.
Il maggiore dei Winchester si passò stancamente una mano sul volto “Senti, lo so anche io che è tutto dannatamente assurdo, ma quando prima ho pensato che forse sarebbe stato meglio sparare e poi fare le domande, quel tizio ha parlato nella mia testa…”
“Ha parlato nella tua testa?” ripeté l’altro cacciatore, incredulo.
Dean lo ignorò “E mi ha ricordato della mia promessa.”
“Oh.- fu tutto quello che Sam disse, dopo essersi preso qualche istante per riflettere- Okay.”
“Tutto qui?” sbottò il maggiore, gli occhi spalancati dallo stupore.
“Beh, non credo di poter aggiungere altro, no?- spiegò quindi l’alto giovane con una scrollata di spalle- Credo che dovremmo aspettare di sentire la sua versione. Scoprire, se davvero deve essere protetto, da che cosa.”
Dean agitò un braccio nella vaga direzione del bunker “Andiamo, Sammy! Tutto questo non è propriamente normale, no? E questa è la tua reazione?”
“Dico soltanto che ora non sappiamo nulla ne dell’uomo del cratere ne di chi possa essere stato a introdursi nei tuoi sogni e nella tua testa.” rispose l’altro, alzando le mani in segno di resa.
“Vuoi dire cosa.” lo corresse Dean con una smorfia.
“Voglio dire che dobbiamo aspettare e saperne di più.- specificò Sam lanciandogli un’occhiataccia- Magari quando riprenderà i sensi questo tizio saprà dirci cosa gli è successo.”
L’arrivo di Bobby nella stanza impedì loro di discutere oltre. Il cacciatore fece scorrere il proprio sguardo attento sui due fratelli prima di parlare.
“Ragazzi. Il Bell’Addormentato si è svegliato.” annunciò, facendo un cenno nella direzione del bunker.

 

 

L’uomo del cratere era seduto sulla branda all’interno del bunker di Bobby.
Le incisioni sul petto, abbastanza profonde ma che non avevano richiesto troppe cure oltre a un’attenta disinfezione e al bendaggio, erano coperte da una vecchia maglietta di Sam, decisamente troppo larga per il suo corpo nettamente  più esile, mentre le gambe, che scivolavano oltre il bordo del materasso di modo che i piedi nudi sfiorassero il pavimento di cemento, erano fasciate in un paio di pantaloni di flanella sdruciti.
L’uomo teneva le mani rivolte verso l’alto appoggiate alle cosce e osservava con espressione affascinata i propri palmi aprirsi e chiudersi a ritmo costante. Sembrava quasi che fosse la prima volta che sperimentava certi movimenti tanto era l’interesse che mostrava nel ripetersi di quel meccanismo.
Dal momento che lo sconosciuto era finalmente sveglio poterono vedere il suo volto più chiaramente. Aveva dei tratti decisi e regolari, il naso perfettamente dritto e gli zigomi alti. Le guance erano spruzzate da un abbozzo di barba che scivolava per un po’ oltre la linea decisa della mascella e mettevano ancor più in risalto le labbra piene e rosa, un po’ troppo screpolate. Erano gli occhi, però, a conferire a quell’uomo piacente, ma decisamente ordinario, un aspetto impossibile da dimenticare. Erano grandi, l’espressività accentuata da delle palpebre un po’ cadenti e delle sopracciglia aggrottate, ed erano blu. Un blu diverso da quello del mare e del cielo. Un blu brillante che non esisteva in natura se non lì, in quegli occhi pieni di stupore, curiosità e anche una certa confusione.
“Ti sei svegliato, finalmente.” parlò Dean, cercando di far capire solo attraverso il proprio tono di voce che non era il tipo di persone a cui giocare qualche brutto scherzo.
L’uomo non rispose, ma si limitò ad alzare il volto per incrociare gli sguardi dei nuovi arrivati.
“Ti abbiamo trovato non molto lontano da qui.- continuò quindi Sam, cercando di usare più gentilezza di quella usata dal fratello- Hai delle ferite sul petto, ma niente di preoccupante. Puoi dirci che cosa è successo?”
Di nuovo, non ottennero risposta, se non il movimento leggero della testa che venne inclinata di lato e l’approfondirsi della ruga di espressione causata dalla fronte aggrottata.
“Puoi stare tranquillo, davvero. Non vogliamo farti niente di male.- gli assicurò di nuovo il giovane- Vorremmo solo sapere cosa ti è successo…Sai, se sei in qualche modo in pericolo.”
Lo sconosciuto inclinò ulteriormente la testa, aumentando ancora di più la propria somiglianza con un passerotto curioso.
“Sapete, non sono sicuro che capisca quello che stiamo dicendo.” li informò Bobby, lo sguardo concentrato fisso sull’uomo seduto sulla branda che ora aveva spostato lo stava seguendo con gli occhi da quando aveva iniziato a parlare.
“Forse è straniero?” azzardò Dean, aggrottando le sopracciglia.
“Forse. Parlez-vous français?- provò a domandare Bobby con scarso successo- ¿Habla usted español? Sprechen Sie Deutsch? Вы говорите на русском?
Il maggiore dei due fratelli lo osservò perplesso “Tu non conosci nessuna di queste lingue.”
“So qualche frase.” rispose il cacciatore con una scrollata di spalle.
“Ok, proviamo con un’altra tecnica.- disse Sam, l’espressione concentrata- Sam.”
Dopo aver pronunciato il proprio nome il ragazzo si appoggiò la mano destra sul petto, per rendere palese l’identificazione.
Lo sconosciuto lo osservava con attenzione, incoraggiandolo così a continuare.
“Dean.- procedette, appoggiando poi il palmo sulla spalla del fratello, per poi passare all’altro cacciatore- Bobby.”
“Davvero, Sam?- sbottò Dean esasperato- Vuoi giocare a Io Tarzan, tu Jane con questo tizio?”
Il più giovane dei Winchester sbuffò sonoramente “Almeno io sto cercando di comunicare.”
Tu guardi troppi film da casalinghe.” ribatté il fratello con un ghigno.
Sam fece roteare gli occhi “Non sono io a svegliarmi di notte per guardare le repliche di Dr. Sexy.”
Bobby stava per intervenire, per riportare l’attenzione dei due fratelli sulla questione più importante in quel momento, ovvero capire se l’uomo che era piovuto dal cielo fosse una minaccia oppure avesse bisogno del loro aiuto e perché, quando la causa stessa di quella confusione, al di là di ogni aspettativa, parlò.
“Dean.”
L’udire il suono di quella voce, bassa e rauca come se fosse stata usata per la prima volta dopo molto tempo in quel momento, fece voltare i tre cacciatori, gli occhi spalancati e le espressioni incredule.
“Come hai detto?” riuscì a esalare l’interpellato.
“Dean.- ripeté lo sconosciuto, con uno stupore nello sguardo al sentire il suono della propria voce che faceva pensare che non l’avesse mai udita prima di allora- Sam. Bobby.”
Sam sbatté più volte le palpebre “Ha funzionato!- esclamò, prima di ripetere i gesti di prima- Sam. Dean. Bobby…”
Lasciò il discorso in sospeso, appoggiando la mano sulla spalla dell’uomo dagli occhi blu, aspettando che questa volta si presentasse anche lui, ma le sue speranze furono disattese.
Lo sconosciuto fissò perplesso prima la sua mano e poi lui “Sam?” domandò, confuso.
“Beh, almeno in parte ha funzionato, Jane.- lo prese in giro il fratello- Magari possiamo chiamarlo Tarzan finché non scopriamo il suo vero nome se la cosa può farti sentire meglio.
Dean non sentì come ribatté alla sua battuta Sam. Quello che sentì fu un’unica parola.
Castiel.
Quel nome gli risuonò nella testa per un istante soltanto, la voce la stessa che gli aveva intimato di salvare quello sconosciuto.
“Castiel?” ripeté ad alta voce, facendo scivolare via dalle proprie labbra quel nome decisamente bizzarro.
L’uomo sulla branda alzò la testa, rispondendo a quel richiamo.
“Castiel?- gli fece eco Sam, per poi rivolgere lo sguardo al moro dagli occhi blu- E’ questo il tuo nome? Castiel?”
L’altro si poggiò il palmo sul petto “Castiel.” confermò, con la sua voce roca e profonda.

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Lo so, lo so. Sono una pessima persona. La verità è che sto passando un periodo folle e che riesco a scrivere solo per poi sentirmi in colpa per aver sprecato del tempo che avrei potuto utilizzare per fare delle cose davvero utili. Come studiare. Come scrivere il paper ostico che devo consegnare fra dieci giorni. Come cercare una casa di modo da non diventare homeless il prossimo semestre. Insomma, abbiate pietà di me anche se sono una di quelle autrici pessime che diventano latitanti e poi se ne piovono qui all'improvviso lasciando solo un misero capitolo, delle scuse e le vane promesse di aggiornare con più frequenza. 
Per conto mio, vi adoro tutti quanti. Sì, proprio voi che leggete e commentate, e voi che leggete e mettete fra preferiti/seguite/ricordate, e voi che leggete e basta.
Alla prossima (a presto?), kisses JoJo

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