Desire to be together

di Blue Eich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La promessa di Vera ***
Capitolo 3: *** Conclusioni affrettate…! ***
Capitolo 4: *** Nessuno si fa gli affari propri ***
Capitolo 5: *** Ecco chi mancava all'appello! ***
Capitolo 6: *** Immersi nei fiori ***
Capitolo 7: *** Uno spavento ogni tanto ci vuole! ***
Capitolo 8: *** Chi vincerà? ***
Capitolo 9: *** Di biciclette e marshmallows ***
Capitolo 10: *** Lulù entra in scena! ***
Capitolo 11: *** Si aprono le danze e cala il sipario! ***
Capitolo 12: *** Si cambia musica! ***
Capitolo 13: *** Una scommessa per Harley ***
Capitolo 14: *** Grazie, Altaria! ***
Capitolo 15: *** Tra la nebbia di Memoride ***
Capitolo 16: *** Regali inaspettati ***
Capitolo 17: *** Ogni azione ha le sue conseguenze ***
Capitolo 18: *** Sperduti nella neve ***
Capitolo 19: *** Il mistero del Lago Arguzia ***
Capitolo 20: *** Finalmente Nevepoli! ***
Capitolo 21: *** S.O.S. Cucciolo da salvare! ***
Capitolo 22: *** Viva lo shopping! ***
Capitolo 23: *** Giusto un pizzico d'imbarazzo! ***
Capitolo 24: *** Esploratori per un giorno ***
Capitolo 25: *** Preparatevi a passare dei guai! ***
Capitolo 26: *** Sapore di sale, sapore di mare… ***
Capitolo 27: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 28: *** Su col morale, Masquerain! ***
Capitolo 29: *** Subdole strategie ***
Capitolo 30: *** I'm the best! ***
Capitolo 31: *** Tuoni e grembiuli ***
Capitolo 32: *** Inconvenienti femminili ***
Capitolo 33: *** Argomento tabù ***
Capitolo 34: *** Aria di mare familiare ***
Capitolo 35: *** Caccia agli spiriti! ***
Capitolo 36: *** Fantasma o Pokémon? ***
Capitolo 37: *** Chi tardi arriva… ***
Capitolo 38: *** Pensieri al chiaro di luna ***
Capitolo 39: *** Giro al Mercato! ***
Capitolo 40: *** Ultima conquista ***
Capitolo 41: *** Ad ogni timore corrisponde un motivo ***
Capitolo 42: *** Addio pause ***
Capitolo 43: *** Coincidenze? Io non credo ***
Capitolo 44: *** Non manca più nessuno ***
Capitolo 45: *** Stalkerando con Brianna ***
Capitolo 46: *** Là fuori ***
Capitolo 47: *** Come fratello e sorella ***
Capitolo 48: *** Come una rosa rossa ***
Capitolo 49: *** Qualquadra non cosa ***
Capitolo 50: *** Si avvicina la finale ***
Capitolo 51: *** Negli occhi tuoi si specchiano i miei ***
Capitolo 52: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


♥ Desire to be together ♥

~ Prologo ~

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Il Grand Festival di Johto era finito. Vera e Drew avevano perso, di nuovo, per un soffio. C’era sì una nota di malinconia nell’aria, dopo un anno di allenamenti e duro lavoro, ma entrambi sapevano di avere ancora tanta strada da fare. L’importante era che si fossero impegnati al massimo.
Stavano parlando da un po’, mentre ammiravano un pittoresco tramonto, proprio come quando si erano salutati a Kanto; stavolta speravano che nessun ficcanaso venisse a interromperli. Era come se il calare del sole segnasse la fine di quel percorso.
Di punto in bianco, Drew prese un respiro profondo e fissò intensamente la rivale. Stava facendo un disperato sforzo per apparire imperturbabile. «Vera… Ho una proposta da farti.»
«Cioè? Di che si tratta?»
Dannazione. Avere i suoi occhi curiosi addosso rendeva alle parole più difficile uscire fuori. Si sforzò dentro di sé e alla fine riuscì a dirlo: «Ti andrebbe di intraprendere un viaggio insieme?»
Silenzio.
«Eh? Cosa…?»
«Sei diventata sorda? Ti ho appena chiesto se ti andrebbe di viaggiare con me!» ripeté, spazientito. La sua esitazione lo stava facendo divorare dall’ansia.
Vera ebbe bisogno di un attimo per assimilare il tutto. Un viaggio. Loro due insieme e nessun altro. Il suo cuore esplose prepotentemente di gioia. «Sì!» esclamò, emozionata. «Mi farebbe molto piacere.»
A quel punto le labbra di Drew si curvarono in un sorriso e un impeto di sollievo lo pervase: aveva accettato. Era stato sciocco a pensare, anche solo per un istante, a un suo rifiuto. «Però questo non significa che non saremo più in competizione, tienilo bene a mente» disse, scostandosi il ciuffo con una mossa vanesia.
«Certo! Altrimenti dove lo troverei un altro rivale come te?»
«In effetti dubito che ne esistano di migliori» asserì, offrendole una rosa che spuntò da dietro la sua schiena come per magia.
Vera la prese, senza paura perché come sempre le spine erano state accuratamente tolte in precedenza. Una busta era attaccata al gambo con un nastrino.
«Ci vediamo.»
Prima che avesse il tempo di fare domande, Drew stava già prendendo il largo dopo aver alzato un braccio in segno di saluto.
«A presto…» mormorò Vera, ancora imbambolata, seguendolo con lo sguardo finché non fu lontano. Solo allora si ricordò della busta e la aprì: conteneva un biglietto del traghetto per Sinnoh che sarebbe partito la settimana successiva. Se lo strinse al petto, incurante di stropicciarlo. Drew sapeva che avrebbe detto di sì. Chissà da quanto progettava di chiederglielo… Sorrise con candore al pensiero che non sarebbero più stati costretti a separarsi. L’alba avrebbe portato con sé un nuovo inizio.

 

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Spero che in molti apriranno questa mia storia sulla Contest! Questo è solo il prologo, i capitoli saranno molto più lunghi! Le lunghezze varieranno in base agli avvenimenti… Spero mi lascerete una recensione, mi farebbe molto piacere! :) Bye.
-Alex-

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Capitolo 2
*** La promessa di Vera ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 1: La promessa di Vera ~

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La nuova avventura era ufficialmente iniziata. I due Coordinatori si erano dati appuntamento al molo di Porto Selcepoli, di prima mattina.
Drew ebbe tutto il tempo di fare una passeggiata sulla spiaggia, la stessa dove anni prima aveva conosciuto Vera. Il frisbee, la sua voce di bambina, le labbra increspate e l’esplosione di rabbia perché l’aveva presa in giro… Fin dal primo istante ne era stato attratto. Era un vulcano di ingenuità, goffa, dinamica e sognatrice. Il ricordo bastò a strappargli un sorriso. Si lasciò solleticare i capelli dalla brezza mattutina, con le mani in tasca. Solo l’infrangersi ritmico e frusciante delle onde gli faceva compagnia.
Erano cambiate così tante cose da quel primo incontro. E loro? Erano cambiati oppure no? Se ne andò con questa domanda in sospeso nella mente, lasciando una scia di orme sulla sabbia granulosa di Hoenn.
 
Vera era arrivata in ritardo, correndo così tanto da farsi bruciare i polmoni, ma fortunatamente erano riusciti a salire sul traghetto per Sabbiafine, un attimo prima che il marinaio ritirasse la passerella.
«Per un pelo, menomale» commentò lei, ancora col fiatone.
«Se l’avessimo perso, il prossimo sarebbe stato dopo tre ore» puntualizzò Drew, con una leggera nota di rimprovero. In realtà non era arrabbiato, perché sapeva che la sua rivale e la puntualità non andavano d’accordo, quindi se lo aspettava già.
«Qui c’è un bar, vero? Sto morendo di fame, dai, andiamo!»
Vera si fece strada tra i corridoi canticchiando sottovoce e a Drew non restò altro da fare che seguirla pazientemente. Era strana l’idea che d’ora in poi sarebbero stati sempre insieme, senza rivedersi per caso dopo settimane ma condividendo invece la maggior parte dei momenti della giornata.
Trovarono la sala bar e si accomodarono a un tavolino centrale. C’erano parecchi Allenatori di tutte le età.
«Tu non hai ancora fatto colazione, vero?»
«Non faccio mai colazione, in realtà» rispose Drew, facendo spallucce.
«Eh?! Davvero?!» Vera sgranò gli occhi, poi sollevò l’indice con fare da maestrina. «Male, non è per niente salutare. Servono energie per affrontare la giornata al meglio!»
«Se lo dici tu…»
Drew ordinò solo un tè con due biscotti di accompagnamento, mentre Vera un bicchiere di succo e un tramezzino strabordante di prosciutto.
«Senti un po’, Drew… Tu sei mai stato a Sinnoh?»
Prima di rispondere, lui avvicinò la tazzina alle labbra e bevve un lungo sorso. «No, so solo che è una metropoli in mezzo al verde, o almeno così dicono.»
«Io ne ho visitato una piccola parte e sì, direi che calza come definizione.» Lei diede un energico morso ed ecco sparire metà panino in un colpo solo. «Sai, a dire la verità non mi aspettavo che mi avresti chiesto di intraprendere un viaggio insieme… Però cerchiamo di non litigare una volta scesi da qui, okay?»
Drew inarcò un sopracciglio. «Cosa intendi?»
«Dai, lo sai benissimo» insistette Vera, pulendosi la maionese dalla faccia con un tovagliolino. «Tu mi provochi e io mi arrabbio, o ti arrabbi tu con me e addio viaggio…»
«Non siamo più bambini ormai, sta’ tranquilla. Abbiamo abitudini diverse, ma immagino che potremo venirci incontro.»
«Sì, hai ragione!» Vera sorrise, rassicurata. Si era sempre chiesta come fosse trovarsi sempre al suo fianco, senza che se andasse via piantandola in asso con una rosa. «Ehi, ma non lo finisci quello?» domandò, lanciando un’occhiata bramosa al biscotto rimasto intoccato sul suo piattino.
«Tutto tuo» rispose Drew, sorridendo di rimando.
 
 
«Vado un po’ fuori.»
Vera socchiuse la porta della loro cabina, senza neanche ascoltare la risposta del rivale, che probabilmente si era limitato a un cenno o a un grugnito d’assenso, immerso nella lettura della sua rivista.
Andò sul ponte della nave, dove non c’era nessuno, accostandosi al parapetto con le braccia nivee. Ebbe un brivido. A Hoenn l'aria sapeva sempre un pizzico di sale, o era consumata dalla cenere, tiepida e carezzevole. A Sinnoh era fresca, pungente e si potevano respirare l’odore di terra bagnata e aghi di pino, così ricordava dall’ultima visita. Sorrise: stava davvero realizzando il suo desiderio infantile di viaggiare per il mondo, dopotutto.
Teneva una Poké Ball ormai un po’ graffiata dal tempo e dall’usura stretta tra le dita.
«Blaziken, vieni fuori.»
Il Pokémon Vampe, obbediente, ne uscì in un getto di luce. «Blaze?» Le rivolse uno sguardo interrogativo, ma aveva già intuito che fosse qualcosa di serio, rivolto a lui soltanto, altrimenti avrebbe chiamato la squadra al completo.
«Ascolta, Blaziken, questo viaggio sarà molto importante per noi, perciò stavolta dobbiamo impegnarci sul serio… Sento che ce la faremo, perché sono più determinata con Drew al mio fianco, sempre pronto a spingermi a migliorare. È con te che ho cominciato ed è con te in particolare che ci terrei a realizzare il mio sogno. Ti voglio bene, Blaziken» disse, con una dolcezza sincera, che veniva dal cuore. «Voglio farti una promessa… Ti prometto che m’impegnerò anch’io al massimo!»
«Blazeken!» Il suo starter si sporse per abbracciarla, con occhi lucidi di commozione. Non avrebbe mai deluso la sua adorata Allenatrice, per niente al mondo: ricordava ancora quando era solo un piccolo Torchic affettuoso, al Laboratorio del Professor Birch. Un pulcino capace di andare a sbattere dappertutto, oppure di incantarsi meravigliato davanti a un fiorellino, che piangeva al primo attacco subito. Se era diventato forte, evolvendosi, il merito andava solo a Vera, che non si era arresa di fronte a nessun ostacolo. Erano cresciuti insieme, giorno dopo giorno, sfida dopo sfida, sbagliando e imparando, cadendo e rialzandosi.
 
Drew e Roserade li osservavano da lontano e per sbaglio avevano assistito alla scena. Tra loro non c’era bisogno di parole, perché Drew non era mai stato bravo a esprimere le emozioni: bastò uno sguardo. Avrebbero lavorato sodo per tener testa a quei due.
Vera stava iniziando ad avere la pelle d’oca, perché si avvicinavano a Sinnoh e la temperatura col calar della sera stava scendendo. Sentì un fruscio dietro di sé e non fece in tempo a girarsi che un gilet familiare le coprì le spalle.
«Così non prenderai freddo.»
«Grazie…» mormorò, con le guance imporporate. Non si aspettava un gesto così galante e dolce. Sfiorò un lembo di stoffa, come per accertarsi che fosse reale.
Drew e Roserade occuparono lo spazio accanto a loro, per ammirare il tramonto nel suo crescendo di sfumature rosa e violacee.
 
 
Quella notte per quanto fosse stanca Vera non riusciva a prendere sonno, eppure alla mattina non avrebbe desiderato altro che accoccolarsi di nuovo al calduccio.
L’unica luce accesa era l’abat-jour sul comodino di Drew. Stava scribacchiando qualcosa su un taccuino e ciò sembrava assorbire completamente tutta la sua attenzione. Dopo un po’ lo richiuse con un tonfo secco.
«Sei ancora sveglia, eh?»
Lei sobbalzò dalla sorpresa. «Già… Come l'hai capito?»
«Sai com’è, di solito non si dorme con un occhio aperto» le fece notare Drew, mentre sistemava il taccuino e la penna dentro una tasca dello zaino.
Vera si tirò il lenzuolo fin sopra il naso per nascondere anche metà del viso. La verità era che non riusciva ad addormentarsi perché, ogni volta che ci provava, temeva che il suo respiro fosse troppo pesante e non voleva disturbarlo. Sarebbe stato così ogni volta?
«Ti conviene dormire, altrimenti domani toccherà a me buttarti giù dal letto.»
«Se proprio ci tieni a svegliarmi ti do il permesso, ma non sarà facile, te lo assicuro. Basta che non fai scherzi idioti del tipo versarmi l'acqua addosso, o potrei non rispondere delle mie azioni» lo avvisò, assottigliando gli occhi con aria minacciosa.
«Oh, non ne sarei capace.»
«Su questo ho dei dubbi…»
 
 
Fuori gli Wingull si libravano sopra il mare cristallino e il sole andava a irradiare di luce la cabina.
Drew era già in piedi, con le scarpe indosso e i denti lavati, pronto per uscire. Si parò davanti al letto dove la sua nuova compagna di viaggio era ancora raggomitolata. «Ehi, Vera…»
«Lasciami in pace, sto dormendo…» Vera strinse la presa sul cuscino, ignorando la mano delicata che le scosse la schiena.
«D’accordo, allora me ne andrò da solo in giro per Sinnoh. Ci si vede.»
La porta si aprì con un cigolio.
«Guai a te!» squittì lei, scostandosi immediatamente le coperte di dosso.
«Stavo scherzando.»
Lui, con un sorrisetto, dopo aver richiuso la porta lanciò una rosa sul suo materasso. Possibile che non sbagliasse mai la mira, mentre lei quando tirava qualcosa non riusciva a centrare l’obiettivo neanche a un palmo di distanza dal proprio naso? Sbatté più volte le palpebre per metabolizzare.
«Sarebbe questo il tuo metodo per svegliarmi?»
Drew fece un distratto cenno d’assenso. «In alternativa avevo preparato l'acqua» disse, indicandole una bottiglietta sul comodino ancora chiusa.
«A quest'ora saresti già morto… Non ti conviene provarci mai, se vengo svegliata in malo modo non hai idea di ciò che potrebbe succederti.»
«Agli ordini, signorina… Di’ un po’, ti decidi a cambiarti o vuoi rimanere così tutto il giorno?»
Vera divenne paonazza, ricordandosi improvvisamente di essere ancora in pigiama, con i capelli tutti arruffati. «Sai com’è, lo farei volentieri, se tu ti girassi!» sbottò.
«Non guarderei comunque, non sono mica un maniaco, cosa credi?» si difese Drew, seccato. «Non c'è bisogno di tante scene.»

 

 

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Angolo Autrice
Ma ciao!
Questo capitolo è dedicato soprattutto a Blaziken. Ho cercato di mettermi un po' nei panni di Vera: se fossi stata al suo posto, anch'io avrei fatto al mio amato starter lo stesso discorso! Spero di aver fatto una buona impressione, dato che sono i capitoli iniziali quelli che "contano".
Ci terrei a proporvi una cosa:
ogni due capitoli ho pensato di mettere una curiosità sulla storia (più o meno interessante) che potrà riguardare il capitolo dov'è collocata oppure essere generale. Cominciamo subito!
#Curiosità1: Per un lungo periodo di tempo, solo il prologo ed il primo capitolo furono con i segni «», mentre il resto della storia con i trattini.
Alla prossima!
CiaoCiao
-Alex-

 

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Capitolo 3
*** Conclusioni affrettate…! ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 2: Conclusioni affrettate…! ~

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Vera scese l’ultimo gradino della scaletta con un allegro saltello. Ecco: erano sbarcati sul suolo di Sinnoh. “Che inizi l'avventura!” pensò, entusiasta.
C’erano poche case a Sabbiafine, inframmezzate dalla strada. In lontananza si scorgevano le montagne, mentre alle loro spalle il mare bagnava pacatamente la sabbia bianca e soffice.
«Penso che dovremmo fermarci qui per un giorno, per capire il sentiero da percorrere e informarci su dove terranno le prossime Gare. Sei d’accordo?» chiese Drew, mentre camminavano.
Vera annuì. «Sì, va bene. Per stanotte ci fermiamo al Centro Pokémon?»
«Ovviamente, sennò dove?» replicò lui, con un sopracciglio inarcato.
«Se fossimo lontani dalla civiltà o non ce ne fosse uno, in tenda» fu la risposta spontanea di Vera. «Vuoi farmi credere che in tre anni di viaggio non hai mai dormito in tenda?!»
Drew fece spallucce, girando il capo dall’altra parte per l’orgoglio. «Qualche volta, ma se posso evitarlo, preferisco mille volte dormire in un letto pulito, con un bagno vicino.»
Continuando la passeggiata tra le umili case, Vera lo guardò a occhi sgranati. Non riusciva a concepire un viaggio senza le notti sotto il cielo stellato avvolta nel sacco a pelo. «Non sai cosa ti perdi, non c’è niente di più bello di svegliarsi all’aria aperta. Ti farò cambiare idea!»
«Questo è tutto da vedere… »
 
Il Centro Pokémon era di modeste dimensioni, nascosto in mezzo ai pini. Non era stato immediato trovarlo perché era posto in fondo alla città.
Entrarono, trovando un po’ di fermento perché non erano gli unici Allenatori a essere scesi dal traghetto.
Un’Infermiera Joy e il suo Chansey se ne stavano pazientemente dietro al bancone. Si avvicinarono e sorrise loro. «Buongiorno, ragazzi, come posso aiutarvi?»
«Vorremmo fermarci per la notte, se possibile. Avete una camera con letti separati?» prese parola Drew, con la solita scioltezza.
«Mi dispiace, ma oggi abbiamo già ricevuto un sacco di prenotazioni. Mi è rimasta solo una matrimoniale. Per voi non sarà un problema, vero?»
Non era colpa sua, come potevano rifiutare davanti a quel sorriso incoraggiante e persuasivo? Si scambiarono un’occhiata d’intesa, per poi annuire lentamente.
«Perfetto. Allora sono dieci Pokédollari a testa!»
Vera si pietrificò. Stava per metter mano al portafoglio, ma Drew era stato più svelto di lei e aveva già messo sul banco due banconote.
«Ma…»
«Su, non fare storie. Verrà il giorno in cui dormiremo in mezzo al bosco, ma non è questo.»
«Oh, che giovanotto gentile! Sei proprio una ragazza fortunata!» ridacchiò la donna.
Vera arrossì come le fiamme sui polsi del suo Blaziken e si mise a negare animatamente con le mani. «No, non è come pensa!»
Quella rise ancora di più, dando in custodia la chiave argentata al suo rivale. «Sì, sì, dicono sempre tutti così!»
Salirono le scale che conducevano a cinque delle dieci stanze totali. Vera seguì Drew e arrivati davanti alla porta laccata di bianco sospirò pesantemente. «Mi chiedo se a tutti facciamo quell’impressione» pensò ad alta voce.
«Beh, è probabile.»
«Non ti dà fastidio?»
Drew scosse la testa. «A te sì?» chiese, lanciandole un’occhiata prima d’infilare la chiave nella toppa. «Non bisogna mai lasciarsi influenzare dagli altri.»
«Hai ragione…» si affrettò a rispondere la Coordinatrice, pensierosa.
 
 
Più tardi Vera, seduta da sola su uno scoglio, sospirò ancora. Drew era andato ad allenarsi nei dintorni e si erano dati appuntamento per cenare insieme alla sera in una locanda che sulla sua Guida Gastronomica aveva ottime recensioni.
Lanciò un sassolino in mare, che affondò con un brusco flop. Quel ragazzo non si dava pace, si esercitava per ore e ore con degli obiettivi precisi da raggiungere entro la fine di ogni giornata. Avrebbe dovuto prendere esempio, come le diceva sempre Max con la sua aria da saputello.
A distrarla fu un acuto squittio, appena percettibile. Alzò lo sguardo, scrutando i dintorni con curiosità, ma senza vedere nulla. Che fosse stato un Pokémon? Alzandosi fece appena in tempo a scorgere una batuffolosa coda marrone che spariva dentro i cespugli in lontananza. Non aveva mai visto nessun Pokémon con una coda del genere.
Tirò fuori dalla tasca il Pokédex che il Professor Elm, un anno addietro, era stato così gentile da regalarle al suo arrivo a Borgo Foglianova e poi scosse d’istinto la testa. No, non andava bene, ne serviva uno nuovo.
«Uhm… Forse so come fare!» si disse, alzandosi, con uno slancio di vitalità.
 
Più tardi Vera si trovava nel Laboratorio del Professor Rowan. Non aveva l’aria bonaria di Birch e di Oak… A prima vista le era parso un vecchio burbero, sotto quegli occhi severi e la barba folta, invece l’aveva invitata subito a entrare con cortesia.
«Eccoci qui, signorina. Parlami un po’ di te. Hai detto di essere un’amica di Ash, Lucinda e Brock, giusto?»
Seduta sul divanetto di pelle rossa, Vera annuì. «Sì! Ho viaggiato con Ash e Brock per due anni, a Hoenn e Kanto. Poi ho interrotto il mio viaggio a Johto, l’anno scorso, per venire qui a partecipare alla Coppa Adriano e lì ho conosciuto Lucinda. Adesso siamo grandi amiche!» spiegò, con un sorriso. «Quest’anno invece ho deciso di visitare tutta Sinnoh e provare a vincere il Grand Festival. Ma non sono sola, c’è un amico con me.»
Rowan fece un cenno di assenso col capo. «Insomma, sei un’Allenatrice esperta ormai, dopo tutti questi viaggi» constatò, alzandosi. «E, come ogni Allenatrice esperta giunta in una regione sconosciuta, avrai senz’altro bisogno di un nuovo Pokédex.»
Gli occhi di Vera s’illuminarono. «Esatto, professore, proprio così!» Poi aggiunse, timidamente: «Mi scusi se sono indiscreta, ma… Potrei averne uno anche per il mio amico? Sa, è un Coordinatore straordinario!»
«Certo. Seguimi e vediamo che posso fare per voi.»
Anche lei scattò in piedi e gli si accodò. Attraversarono una stanza arieggiata e luminosa, dove adulti in camice bianco stavano armeggiando con monitor e apparecchiature tecnologiche, indaffarati, al punto da non notare il loro passaggio. Si fermarono davanti a una porta. Rowan la aprì e accese la luce: era pieno di scatoloni e plichi di documenti sugli scaffali arrugginiti.
«Perdona la confusione, un giorno o l’altro dovrei farmi aiutare dai miei assistenti a sistemare questo posto.»
«Si figuri, non è affatto un problema!»
Diede un’occhiata rapida in mezzo agli scatoloni, come se sapesse perfettamente dove cercare. Ne sollevò uno e con un leggero sforzo lo appoggiò sul tavolo: dentro ci saranno stati almeno cinquanta Pokédex di colori differenti.
«Ecco a te. Scegli pure quelli che preferisci.»
«La ringrazio tanto, professore!» esclamò Vera, al settimo cielo. Era la prima volta che aveva la possibilità di decidere il colore del suo Pokédex. Fu un po’ indecisa sulle prime, ma alla fine ne prese uno verde per Drew, perché le ricordò proprio lo stesso verde di quando Roserade era ancora un Roselia, per sé invece uno arancione in onore dell’adorabile Torchic che era stato il suo Blaziken.
 
 
«Era ora. Dove ti eri cacciata?» domandò Drew, quando Vera lo raggiunse correndo.
«So che sono in ritardo, scusami…» ansimò, mentre cercava di riprendere fiato. «Però ho qui una sorpresa: tadan!» esclamò, mostrandogli i Pokédex lustri che teneva stretti tra le mani. «Questo qui è per te.»
«Oh, ti ringrazio» rispose Drew, sorpreso. «Ma come hai fatto ad averli?»
Vera ridacchiò. «Segreto! Dai, entriamo, ho una fame tremenda!»
Lo trascinò per un braccio e a Drew, con un sorriso rassegnato, non restò altro che seguirla all’interno del locale con le lanterne appese al soffitto, dal quale proveniva un delicato profumo di carne speziata.
 
A cena gli argomenti non erano mai mancati e nemmeno qualche risata. Drew sapeva essere una buona compagnia a dispetto delle apparenze. Vera era riuscita a finire due ciotole fumanti di ramen e le era rimasto anche lo spazio per una fetta di torta che avevano diviso a metà.
«È andata davvero così, lo giuro: proprio allora Torchic si è evoluto in Combusken e ha affrontato il capo dei Breloom, poi hanno stretto amicizia e insieme hanno fatto volare via il Team Rocket!»
«Wow, proprio una bella avventura.»
«Eh già!»
Chiacchierando salirono le scale, ma tutta la serenità sparì quando entrarono in camera e d’un tratto diventarono improvvisamente taciturni. Il motivo era semplice: il letto era uno solo e l'idea di condividerlo li metteva a disagio.
«Drew?»
«Che c’è?»
«Girati» intimò Vera, accigliata. Il suo nuovo compagno di viaggio obbedì senza fiatare.
 
«Hai finito di tremare?»
«No… Ma come fai a sapere che tremo, se sei dall’altra parte?»
«Il letto trema con te, Miss Intelligenza.»
Dire che Vera fosse terrorizzata era riduttivo. Se provava a chiudere gli occhi sentiva riecheggiare risatine sinistre e scricchiolii provenienti dall’interno delle pareti. Ci mancava solo il Centro Pokémon stregato! «Ci sono dei rumori strani qui…» affermò, sottovoce, stringendo l’orlo della coperta.
«Sarà un Pokémon fuori, oppure degli altri Allenatori. Non siamo i soli su questo piano.»
«No, sono sicura che c’è qualcosa! Il mio sesto senso non sbaglia mai!» borbottò, guardinga, per poi spuntare con la testa fuori dalle lenzuola.
«Vai a controllare in corridoio, allora» fu la risposta imperturbata di Drew.
«Non ci vado lì, da sola
Un sibilo prolungato interruppe il loro dibattito e fece nuovamente sussultare Vera, che rotolò come un Caterpie per avvicinarsi di poco all’altra sponda del letto.
«L-L’hai sentito?!»
«Uhm, stavolta sì.»
«E se fosse un fantasma…?»
«Suvvia, i fantasmi non esistono, non essere sciocca… Sarà il vento.»

 

 


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Angolo Autrice
Salve, ecco a voi un nuovo capitolo! Ho notato che nessuno ancora segue la storia, ma non importa, non devo perdere subito le speranze. :)
Dunque, l'avventura che cita Vera salendo le scale si riferisce all'episodio 358.
A presto!
-Alex-
 

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Capitolo 4
*** Nessuno si fa gli affari propri ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 3: Nessuno si fa gli affari propri ~

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Vera stava così comoda che avrebbe voluto continuare a dormire per sempre. Si sentiva protetta, invasa da un piacevole tepore in tutto il corpo. Aveva passato proprio una brutta nottata, dormendo sì e no quattro ore. Infastidita da un raggio di sole che entrava dalla finestra, aprì leggermente gli occhi per poi spalancarli di botto. Tutta la calma di poco prima si era appena trasformata in agitazione, perché… Stava abbracciando Drew. Aveva le braccia strette intorno al suo collo e l’insolito calore che sentiva era grazie al corpo di lui, ancora assopito. Dovette trattenersi dal gridare, come avrebbe fatto normalmente, rovinando quel momento così precario e delicato. Era lei che lo stava abbracciando, giusto? Non il contrario, perciò lui non aveva colpa. E poi, come avrebbe fatto a fargli una scenata? Era così sereno, mentre dormiva… I capelli erano più spettinati del solito, come un prato selvatico, il suo viso rilassato. Il solito ciuffo ribelle gli ricadeva sulla fronte. Sorrise e con delicatezza lo aggiustò di lato: aveva sempre desiderato compiere quel gesto. Fu in quel momento che lui arricciò il naso e fece un mugolio infastidito. Vera, in preda al panico, affondò la testa sul suo petto e richiuse gli occhi, fingendo di dormire ancora.
Drew aprì i suoi e la osservò per un attimo, incuriosito.
«Lo so che sei sveglia, è inutile che ti nascondi» sussurrò, con voce melodiosa, facendola avvampare all’istante. Sgusciò via, sciogliendosi da quella posa.
A entrambi non era dispiaciuto ed entrambi lo sapevano, ma scelsero di far finta di niente perché era più facile così.
Vera balzò in piedi e si stiracchiò, andando innanzitutto ad aprire la finestra per far circolare un po’ d’aria fresca. «Stavolta ho vinto io, mi sono svegliata prima di te.»
«Non sapevo fosse una gara.»
«Lo era. E oggi hai perso tu!»
 
Scesi al pian terreno videro l’Infermiera Joy che, insieme al suo Chansey, stava smistando uno scatolone di Pozioni e Revitalizzanti.
«Buongiorno, ragazzi! Dormito bene?» chiese, con un’allegria quasi irritante, dal momento che si vedeva benissimo che no, non avevano affatto dormito bene. Vera faticava a tenere la testa su e a Drew, per quanto cercasse di nasconderlo, ogni tanto veniva da chiudere brevemente gli occhi.
«Qui ci sono i fantasmi!» fu la prima cosa che disse Vera. «È stata una notte terribile…»
«Oh, sì, ogni tanto qualche Pokémon Spettro viene a farci visita… Sapete, si divertono a disturbare le giovani coppiette innamorate!»
Se gli sguardi avessero potuto incenerire, Vera l’avrebbe già ridotta a un insulso cumulo di cenere. Era decisamente l’Infermiera più ficcanaso che avesse mai conosciuto!
Un istante prima che le porte automatiche del Centro si chiudessero, vide un Haunter che dall’entrata del corridoio le faceva le boccacce. Ecco di chi era la colpa! Decise che non si sarebbe mai più fermata lì per dormire, mai più.
 
 
Si lasciarono alle spalle Sabbiafine e proseguirono per il Percorso 202. Superarlo richiedeva tempo perché si snodava tra campi d’erba altissima.
Stavano camminando quando Vera mise un piede in avanti e, dopo aver tastato una superficie stranamente morbida con la suola della scarpa, quasi scivolò.
«Du-biiiiii!»
«Sei proprio imbranata, come al solito» commentò Drew, pacato.
Davanti a loro c’era un castoro grasso con i dentoni e l’aria furente, che doveva essersi appena svegliato bruscamente da un pisolino. Vera riconobbe la coda buffa che aveva visto il giorno prima vicino alla spiaggia.
«Scusami, piccolo, non l’ho fatto apposta…» Fece appena in tempo ad accendere il Pokédex nella sua tasca per sapere come chiamarlo, che quello corse via nel folto della gramigna.
«Bidoof, Pokémon Topaffuto. Rosicchia continuamente legno e rocce per affilare i denti anteriori. Nidifica vicino all’acqua.»
«È già scappato via? Che peccato, avrei voluto offrirgli una Superpozione per farmi perdonare…»
«Dai, non preoccuparti: ci saranno sicuramente degli alberi di Baccarance qua intorno, vedrai che starà bene.»
Vera annuì, ancora un po’ triste per l’accaduto. Era davvero impossibile vedere qualcosa con tutta quell’erba spessa e ruvida.
Quando finalmente ne uscirono rimasero a bocca aperta. Davanti a loro si stagliava una vera e propria metropoli. Nulla confronto alla misera e tranquilla cittadina precedente: Giubilopoli pullulava di persone, di vita, negozi e grattacieli. Videro una folla di ragazzini uscire da scuola con ancora le divise indosso, mentre sul mega schermo della Giubilo TV veniva trasmessa la pubblicità della Gara. Il Centro Pokémon era enorme e nella piazza dinnanzi gli Allenatori combattevano e si allenavano approfittando dello spazio.
Stavolta perfino Drew sorrideva. «Forte questo posto, non trovi?»
Vera annuì energicamente, felice che anche lui mostrasse un po’ di entusiasmo.
«Ehi, voi due! Aspettateeee! Solo un secondo, per favore!»
Al sentire quella voce si girarono curiosi. Un cameraman dall’aria smarrita che reggeva una grossa videocamera si affannava per star dietro a una giornalista con indosso un tailleur giallo canarino. Con il fiatone, quando li raggiunse, quest’ultima puntò loro il microfono davanti. «Siete di passaggio? Che ne pensate della gioisa Giubilopoli?»
«È davvero una città splendida!»
«Oddio, fatti guardare meglio… Ma tu sei proprio la Principessa di Hoenn!» esclamò, cacciando un grido d’emozione. Sarebbe stato un servizio super interessante con un’ospite discretamente famosa!
Vera fece una risatina nervosa; non era abituata a essere fermata per strada per la sua carriera. «Sì, sono io…»
«Cosa ti ha spinta qui a Sinnoh? Vuoi dire qualcosa ai nostri telespettatori?» domandò la donna, impaziente, avvicinando il microfono così tanto che avrebbe potuto entrarle in bocca.
«Sì: questa volta sono ancora più determinata a vincere il Grand Festival!» dichiarò lei, rivolgendo un segno di vittoria alla telecamera, che non smetteva di inquadrarla.
«E questo bel ragazzo chi è? Il tuo fidanzato?»
«M-Ma no! Niente affatto!»
«E allora chi è?» insistette la giornalista, sempre con quegli occhi fissi e indagatori che riuscivano a mandarle il cervello nel pallone.
Drew, vedendola in difficoltà, sospirò. «Sono Drew di LaRousse… Dovreste aver sentito parlare di me» spiegò, sfoderando uno dei sorrisi migliori del suo repertorio.
«Ah, ma sì, certo… Tu sei il Principe delle Rose, quale onore incontrarti!» Alla donna brillarono gli occhi e si dimenticò completamente di Vera. «Vuoi lasciare un messaggio per le tue innumerevoli fans sparse per il mondo?»
Drew si scostò indietro il ciuffo, vanitosamente. «La vittoria stavolta sarà mia, non ci sono dubbi a riguardo. È solo questione di tempo.»
«Ditemi un po’, cosa ci fanno il Principe e la Principessa insieme? State forse tenendo nascosta la vostra romanticissima e piccantissima love story al pubblico?!»
«No!» sbottarono i due, all’unisono, arrossendo.
«Ma siete proprio sicuri? Perché sarebbe uno scoop grandioso, la stampa e la TV impazzirebbero!» Entrambi annuirono più volte, giusto per ribadire il concetto. «Sarà, ma non me la raccontate giusta, voi due…»
«Ecco, scusateci, adesso noi dobbiamo proprio andare ad allenarci per la Gara… Non è vero, Drew?»
«Già, un vero peccato…»
Indietreggiarono prima di qualche passo, per poi scappare definitivamente via come fulmini.
«Grazie per l’intervista, ragazzi!» li salutò la giornalista, con un braccio alzato. «Hai ripreso tutto, vero?» chiese speranzosa al cameraman. «Sarà una trasmissione piena di colpi di scena, c’era tutto! Determinazione, imbarazzo, allegria, freddezza, charme… Un successone!»
Lui osservò l’obbiettivo e subito dopo si spiattellò una mano sulla faccia. «M-Mi sono dimenticato di togliere il tappo, scusami, Rhonda!»
«Jack, dannazione, io ti licenzio!»
 
Vera e Drew trovarono rifugio su una panchina del centro. Davanti avevano una gigantesca fontana in marmo bianco che rigettava acqua in continuazione. Due bambini passarono in skateboard davanti a loro, mentre una signora di mezza età portava a spasso un Glamew.
«L’abbiamo scampata bella, eh? Speriamo di non finire in TV…» commentò Vera, con un sorrisetto rassegnato. «Certo che erano proprio invadenti!»
«Già, fin troppo» concordò Drew, con una nota acida: non sopportava gli impiccioni.
«Adesso parliamo di cose serie.» Vera frugò un attimo nello zaino e fece emergere la sua nuova Guida Gastronomica, con in copertina un Lickilicky col cappello e grembiule da chef che impugnava un mestolo. La sfogliò con smania, emozionata. «Dove ceniamo stasera? Abbiamo l’imbarazzo della scelta, c’è di tutto e di più, basta che tu mi dica cosa vorresti mangiare!»
Drew si avvicinò per vedere meglio e le loro gambe si sfiorarono, in modo spontaneo. «Uh, questo dove fanno il riso alla zucca e le lasagne non sembra male.»
«Ohhhhh, ma come siete cariniiiii!»
Entrambi sussultarono ed entrarono subito in allarme. Da dietro la panchina comparve il volto malizioso di un uomo con in testa un bizzarro, familiare copricapo.
«Harley?!» gridò Vera, incredula.
«Al tuo servizio, splendore! Anche voi in giro per Sinnoh?»
Sembrava quasi un loro amico, da come parlava. Ma entrambi sapevano il vero intento che si celava sotto a quella maschera smielata.
«Esatto» prese parola Drew, improvvisamente imbronciato. Se non era sfortuna, non sapeva proprio come altro chiamarla.
«Oh, suvvia, perché quelle facce? Non siete contenti di rivedermi?» domandò l’uomo, beccandosi due sguardi truci. «Che c’è, per caso ho interrotto qualcosa? Voi due… Qui… Soli soletti…»
«Insomma, non mettertici anche tu oggi!»
«Ti chiedo scusa, mia carissima Vera, la prossima volta farò più attenzione a quando venire a salutarvi… Oh, comunque tra poco chiudono le iscrizioni per la Gara, lo sapevate?»
«Che cosa?!» esclamò la Coordinatrice, sobbalzando.
«Proprio così! Vi conviene sbrigarvi se volete partecipare!»
«A dopo, devo scappare!» gridò, iniziando a correre a perdifiato verso l’Arena delle Virtù: non poteva perdersi un’occasione soltanto perché era arrivata tardi alle iscrizioni!
«Non la segui?» chiese innocentemente Harley a Drew, che era rimasto sulla panchina, senza muovere un muscolo.
«Sei proprio meschino. Le iscrizioni alla Gara chiudono tra due ore, perché la Gara è domani
«Accidenti, speravo proprio di fartela.»
«Certo, ti piacerebbe che fosse così semplice ingannarmi» asserì, voltandosi per andare a ripescare la sua ingenua compagna.
«Presto lo vedrai quanto sarà semplice…» mormorò l’uomo tra sé e sé, con un sorrisetto malvagio. Aveva in serbo un sacco di magnifiche idee per quei due…

 

 

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Angolo Autrice
Grazie mille a chi segue la storia! ^^
Cercherò di aggiornare spesso ma è perché per ora ho i capitoli pronti. Vi avviso che potrei anche bloccarmi di punto in bianco, perciò se rallento non sorprendetevi… Però questa storia voglio impegnarmi a finirla. :)
#Curiosità2: La giornalista ed il cameraman che appaiono in questo capitolo, non sono altri che Rhonda e Jack, apparsi numerose volte nella serie DP!
Bye
-Alex- 
 

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Capitolo 5
*** Ecco chi mancava all'appello! ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 4: Ecco chi mancava all'appello! ~

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Il pomeriggio successivo tutti i partecipanti alla Gara si riunirono nel backstage per disputare la prima fase.
A Sinnoh era richiesto un determinato dress code, perciò Vera riutilizzò l’abito della Coppa Adriano, con il velo legato da un diadema e la gonna lunga, che le lasciava la pancia scoperta.
«Tadan, rieccomi» annunciò con una giravolta, uscita dal camerino.
«Oh, salve principessa.»
Drew la aspettava e la accolse con un baciamano sfacciato che la fece avvampare come un peperone. Indossava un completo blu, con uno scialle bianco appuntato con una spilla e per finire orecchini e bracciali d’oro ai polsi. A vederli così sembravano davvero un principe e una principessa orientali.
Vera era la numero ventotto, Drew il trentacinque, Harley il dieci. I primi due stavano seduti vicini sulla panca e commentavano le esibizioni sullo schermo. Quando vedevano un Pokémon che non conoscevano, lo scannerizzavano col Pokédex per non arrivare impreparati alla fase di lotta.
Il loro rivale fece uscire Banette con un’esplosione di fulmini grazie al sigillo sulla capsula della sua Sfera. Terrorizzò i presenti con una potente successione di Tuoni, che infine bruciarono il terreno disegnandovi il contorno della sua faccia spaventosa, simile a una zucca intagliata di Halloween. Altro che grazia ed eleganza, il suo stile era strano e inquietante! Ma aveva un certo impatto sul pubblico, questo non lo si poteva negare.
Quando fu finalmente il suo turno, Vera salì sul palco tra gli applausi entusiasti.
«Ed ecco a voi... Vera di Petalipoli, che con questa gara fa il suo primo debutto nella regione di Sinnoh!» la presentò Marian, con la sua voce armoniosa che risuonava grazie al microfono.
Non avrebbe potuto desiderare un’accoglienza più calorosa. «Tocca a te, Glaceon!» esclamò, lanciando con impeto in aria la Poké Ball incapsulata.
La volpe delle nevi fece il suo ingresso accompagnata da uno spruzzo di stelle, per poi divaricare le zampe ed emettere un verso combattivo.
«Vai con Palla Ombra e poi con Geloscheggia!» gli ordinò Vera, senza perdere nemmeno un istante.
Glaceon creò una sfera di energia e, dopo una rapida capriola, la sparò in aria. Prontamente fece un salto all’indietro seguito dallo sparo di schegge di ghiaccio, che andarono a inseguire la circonferenza scura.
«Codacciaio!»
Finì con una rincorsa seguita da un balzo e ultimata da una rovesciata nella quale, sfruttando la coda illuminata d’argento, frantumò il tutto in pochi secondi. Atterrò elegantemente vicino a Vera, mentre magnifiche scintille dalle sfumature nere, azzurre e viola andarono a posarsi sugli spalti dell’intero stadio.
Più tardi per il suo esordio Drew scelse Absol, il membro più misterioso e affascinante della sua squadra. Gli bastò schioccare le dita e il suo alleato sparò un concentrato d’acqua che, dopo aver illuminato le sue zanne di forza, spezzò creando un bellissimo effetto e una pioggerella rinfrescante. Anche i giudici applaudirono e lo valutarono con tre perfetti dieci.
 
Vera passò senza difficoltà tutti gli incontri della seconda fase. Ogni volta si sentiva in colpa a mandare in frantumi le speranze di giovani Coordinatori, vedendo il sorriso spegnersi sui loro volti quando i loro Pokémon andavano knock-out. Ci era passata: sapeva quanto faceva male e poteva demoralizzare una sconfitta, le prime volte… Con questi pensieri un po’ tristi e nostalgici in testa, si sistemò sul divanetto più vicino al televisore. Teneva gli occhi fissi sullo schermo, perché lo scontro sarebbe iniziato a momenti e nel frattempo accarezzava Glaceon, che si era sdraiato ai suoi piedi. I Coordinatori entrarono a passo lento. Chi avrebbe vinto, scontrandosi con lei in finale? Drew con il suo Ninetales o Harley con il suo Octillery?
 
 
 
Prima di lasciare Giubilopoli, Vera insistette per fare shopping. Comprò nuovi bolli, capsule per le Sfere e qualche confezione di Pokémelle assortite già pronte: dopo la vittoria, Glaceon e Munchlax ne meritavano assolutamente un paio. Ma l’acquisto più importante che fece, così come Drew, fu il Pokétch. Vera ne voleva uno da quando aveva visto quello di Lucinda e poi la pubblicità sullo schermo della Giubilo TV assicurava che “tutti i migliori Coordinatori dovevano assolutamente averlo!”
Usarono la mappa sul dispositivo per non perdersi all’interno del Varco che conduceva a Mineropoli.
Quest’ultima era una città a ridosso delle montagne, non c’erano grattacieli ma solo normalissimi palazzi. Si sentiva fin da lontano il rumore delle ruspe provenienti dalla cava di estrazione del carbone, dove uomini e Pokémon Lotta trasportavano lastre e assi da una parte all’altra.
Drew decise di consolarsi per la brutta sconfitta subita e prenotò una camera in un albergo a tre stelle, com’era solito fare prima di viaggiare insieme a Vera. C’erano il bagno privato con la doccia e un set di asciugamani a disposizione, il terrazzo e la TV.
La Coordinatrice appoggiò lo zaino sul letto immacolato e si sedette. «Non è male, lo ammetto, ma ne vale davvero la pena?»
«Se non ti comoda nessuno ti obbliga a stare qui.»
«Ehi, non c’è bisogno di essere così acidi, non mi stavo mica lamentando» bofonchiò lei. Era meglio lasciarlo tranquillo per un po’ di tempo. Chiunque sarebbe nervoso dopo una sconfitta inflitta da Harley, ma d’altronde con uno svantaggio di tipo simile – acqua contro fuoco – era difficile avere la meglio.
«Ci vediamo dopo, vado a iscrivermi per la Gara di domani.»
«Non è troppo presto? Secondo me dovresti allenarti invece di essere così precipitosa, o finirai per montarti la testa.»
«Ah, grazie tante, eh» commentò Vera, offesa. Sapeva di potercela fare.
 
 
L’indomani Vera indossò di nuovo il suo vestito tradizionale, ma quando uscì dal camerino non c’era Drew ad ammirarla. Si era alzato prestissimo quella mattina, furtivo come un Liepard, lasciandole un biglietto con scritto “buona giornata” sul comodino. Lo conosceva abbastanza da poter essere sicura che si stesse allenando proprio con Ninetales, per rafforzarlo contro gli attacchi d’Acqua. Sarebbe venuto a vederla oppure no…?
A interrompere quel flusso di pensieri, fu una mano che le si posò con poca gentilezza sulla spalla, come fosse l’artiglio di un Braviary bramoso d’infilzare la sua preda. Sobbalzò e, quando voltò la testa, vide l’unica persona che non avrebbe voluto vedere in tutto l’universo: Brianna, avvolta in un abitino color limone e con una fascia a fiocco a tirarle indietro i capelli.
«Vera! Qual buon vento? Non sapevo fossi anche tu qui…»
«Già, anche per me è una sorpresa incontrarti» le rispose, a denti stretti, costringendosi a ricambiare il suo sorriso d’apparenza. Ma si erano tutti messi d’accordo per andare a Sinnoh, quell’anno?!
Brianna s’incupì da un secondo all’altro, rivolgendole un’occhiataccia intimidatoria e sprezzante d’odio. «A quanto pare siamo di nuovo rivali, anche in amore: non è cambiato nulla.»
«Eh? Che intendi dire?»
«Lo sai benissimo cosa voglio dire! Ormai non puoi continuare a negare che ti piace Drew, lo sanno tutti!» la aggredì, puntandole il dito contro.
«Q-Quante volte devo dirti che n-non mi piace Drew!» ribatté Vera, arrossendo.
«Cosa credi, carina, che io sia scema?!»
Dopo quest’ultimo scoppio d’ira, tutti i Coordinatori nella sala si girarono a fissarle.
«Abbassa la voce…!» borbottò Vera, che avrebbe voluto essere un Pokémon per usare l’attacco Fossa e sotterrarsi da sola. Che figuraccia!
Quando l’altoparlante annunciò il numero sedici, Brianna fece un verso di superiorità e con una Mega Ball incapsulata stretta tra le dita si avviò verso il palco. I suoi occhi fiammeggiavano.
 
Aspettando che comparissero i risultati sul tabellone Vera si mordeva un labbro, preoccupata, tenendo Misdreavus tra le braccia. Erano entrambi giù di morale perché l’esibizione non era andata come previsto, per colpa dell’attacco Ultimocanto che non era riuscito potente come avrebbe dovuto.
Accanto a lei Brianna, nonostante il suo Dratini avesse fatto un ottimo lavoro con la combinazione di Tornado e Salvaguardia, camminava avanti e indietro incessantemente tormentandosi le mani.
Dopo un’attesa insopportabile le foto dei dieci Coordinatori apparvero in successione.
Il cuore di Vera ebbe un tuffo e abbassò lo sguardo: il suo volto non c’era. Non capitava da anni che la tagliassero fuori così, al primo round.
«Missss…» mormorò Misdreavus, preoccupata, strofinandole il musetto sul braccio.
Lei fece un sorriso mesto e l’accarezzò. «Non è colpa tua, piccolina mia, hai fatto del tuo meglio e questo è l’importante.»
Invece Brianna fece un gridolino e saltò di gioia. «Evviva, ce l’ho fatta, ce l’ho fatta!» Poi realizzò che non avrebbe combattuto contro la rivale e un briciolo della sua contentezza scemò. «Mi dispiace che tu non sia passata, ci tenevo a essere in finale con te» le disse, abbozzando un sorrisino consolatorio.
«Ehilà, ragazze.» Drew era alle loro spalle. «Ho visto tutto. Complimenti, Brianna, il tuo Dratini è stato straordinario.»
Quell’elogio bastò per mandare Brianna in tilt e cambiò colore diventando rosso pomodoro. «G-Gra-zie m-mille…»
«Sarà per la prossima volta, Vera.»
Vera annuì, rivolgendo un sorriso amorevole a Misdreavus: sì, la prossima volta ce l’avrebbero fatta. Non dovevano arrendersi.

 

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Angolo Autrice
Ciao! Ecco un altro capitolo. So che la maggior parte di voi (se non tutti) detesta Brianna, ma è necessaria, così come Harley… Non appaiono mai senza uno scopo ben preciso! Che il più delle volte è portare caos. XD
Sarei molto felice di sapere cosa ne pensate, spero di ricevere qualche recensione. :)
Bye
-Alex-

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Capitolo 6
*** Immersi nei fiori ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 5: Immersi nei fiori ~

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Il viaggio doveva continuare. Prepararono gli zaini e scesero dabbasso per la colazione gratis, uno dei benefici di stare in albergo anziché al Centro Medico.
Drew prendeva sempre i soliti tè e croissant vuoto, ovunque andasse, mentre a Vera piaceva variare. Ordinò due volte la cioccolata calda al cameriere e arraffò parecchi biscotti dalla campana di vetro, sgranocchiandoli energicamente. Il suo compagno la osservava perplesso e incuriosito al tempo stesso, perché non capiva come potesse avere un appetito simile appena sveglia.
«Da che parte andremo adesso?» gli chiese lei, che l’anno prima a Johto si era persa innumerevoli volte grazie al suo pessimo senso dell’orientamento.
Drew alzò la manica della maglia per scoprire il Pokétch sul polso e consultarlo. «Dunque… Più avanti ci sarebbe la Pista Ciclabile, ma non abbiamo nessuna bici» disse, concentrato sullo schermo. «Perciò dobbiamo ripassare per Giubilopoli e fare il giro lungo per arrivare a Giardinfiorito» concluse, chiudendo con un click il software della mappa.
 
Impararono presto che Sinnoh era piena di grotte buie e le grotte buie erano fastidiosamente piene di Zubat aggressivi, inoltre mai sedersi sulle rocce perché ogni roccia poteva essere in realtà un Geodude – con cui Vera aveva avuto un incontro fin troppo ravvicinato, facendo ridere a crepapelle Drew. Possibile che a lui non capitassero mai imprevisti del genere?! Pensava, col broncio, impiastricciata di melma per colpa dell’attacco Fangata che aveva ricevuto.
Appena raggiunsero l’uscita, Vera si fermò davanti al fiume per lavare la bandana, sciacquarsi il viso e i capelli, che tamponò con l’asciugamano. «Sono sempre sfortunata» si lamentò, sospirando.
«Beh, non si può certo dire che viaggiare con te sia noioso» commentò Drew, con un sorrisetto: era davvero buffa.
«Se fosse successo a te faresti meno lo spiritoso.»
 
In breve tempo raggiunsero Giardinfiorito, che si trovava più avanti. Lì le case erano immerse tra i fiori, c’erano aiuole dappertutto, senza asfalto, solo erba e terra. Un profumo dolce e delicato, appena percepibile, riempiva l’aria.
«Wow, hai visto che meraviglia?» domandò Vera, incantata.
Drew annuì con un insolito entusiasmo. «Sai, penso che da adulto mi piacerebbe trasferirmi proprio in questa città.»
Vera sorrise con candore. «Non sarebbe una cattiva idea, piacerebbe anche a me… Ehi, ho un’idea, ti andrebbe di fare una passeggiata qui intorno?»
Drew ebbe appena il tempo di rispondere che la rivale lo prese per mano e iniziò a guidarlo, spigliata. Arrossì senza volerlo. La sua mano era liscia e tiepida come un raggio di sole e si incantò a osservare le sue labbra curve in quel sorriso spensierato, zuccherino. Perché non aveva mai avuto prima il coraggio di prenderla per mano? In quel momento sembrava un gesto naturale, piacevole, semplicemente giusto.
Si fermarono in mezzo a un campo e si sdraiarono sull’erba umida. Attorno a loro c’erano tulipani, rose, giacinti e crisantemi… In una miscelanza di colori spettacolare, mentre i Coombee ronzavano debolmente in sottofondo.
«Guarda, quella nuvola assomiglia a un Pikachu!» esclamò Vera, puntando l’indice verso il cielo terso. «Lo vedi anche tu? Lì ci sono le orecchie e lì la coda.»
Drew soffocò una risatina. «Guarda meglio, è chiaramente un Raichu.»
«Tu dici?»
«No, sciocchina, ti sto prendendo in giro.»
Vera gonfiò le guance, un po’ offesa. «Antipatico.»
Era così carina e nemmeno se ne rendeva conto. Drew d’istinto allungò la mano e catturò di nuovo la sua. Stavolta fu lei a sussultare e imporporarsi, ma dopo pochi secondi consolidò la stretta, perché era un contatto semplicemente… Bello.
Lo sguardo di Drew corse in fondo al campo, dove cominciavano gli alberi. Ci sarebbe stata bene una casa, là. A due piani magari, col tetto rosso. E se fosse stato lui stesso a costruirla, per abitarci con la sua… Famiglia? Con la fantasia immaginò per un brevissimo istante una figura ridente e minuta che danzava tra quei fiori. Scosse la testa e strizzò forte gli occhi, per scacciare tale visione: era ancora troppo giovane.
Si riscosse quando Vera accentuò lievemente la stretta delle loro mani. «Sai, Drew… Questo viaggio mi sta piacendo moltissimo. Sono contenta di essere qui con te
Il cuore di Drew fece un violento sussulto. «Anche io…» rispose con semplicità. Stette in silenzio per un po’ e, di punto in bianco, diede voce ai propri pensieri: «So che può sembrarti strano, ma ammetto che a volte ti invidio.»
Vera alzò la testa per guardarlo, confusa, credendo di aver capito male. «Cosa? Tu invidieresti me
«Già, perché non hai mai paura di esprimere agli altri ciò che senti» le confessò Drew. La vide scuotere subito il capo e sorridere con un velo mesto.
«Ma no, ti sbagli… Spesso mi sono cacciata nei guai perché parlo troppo, tu invece dici sempre la cosa giusta al momento giusto.»
«A volte vorrei dire la cosa sbagliata, invece…» mormorò, pensieroso. Decise che aveva parlato fin troppo e si alzò di colpo, scrollando via la terra dai pantaloni. «Lascia perdere, non mi aspetto che tu capisca. Adesso sarà meglio andare.»
Vera si riscosse e si tirò su. A volte era proprio strano.
 
 
C’erano fiori a decorare anche l’arena dei Contest, sui bordi del tetto apribile e sui davanzali di ogni finestra, una vista incantevole.
Alcuni giorni dopo Vera e Drew erano lì, vestiti di tutto punto come ormai stava diventando consuetudine, in attesa del proprio turno.
Drew stavolta si esibì con Roserade, guadagnandosi un ottimo punteggio con un turbinio di Fogliamagica e Petalodanza che il Pokémon aveva creato girando su se stesso.
Vera invece chiamò Beautifly, che grazie a un sigillo fece la sua entrata con uno scoppio di luccichii. Bastò un potente Ventargenteo in direzione del sole per provocare una pioggia brillante che si rigettò sullo stadio, causando la meravigliando il pubblico.
Fin qui tutto bene, erano passati entrambi… Ma che altro succedeva alla maggior parte delle Gare a cui partecipavano entrambi? Che si ritrovavano a dover competere in finale ed era tutta questione di concentrazione: bastava anche la minima distrazione di uno che l’altro ne approfittava, cogliendolo di sorpresa e togliendogli l’opportunità di vincere.
Era un continuo lanciare attacchi e contrattacchi: Fogliamagica contrastata da Raffica, Millebave schivato, Petalodanza respinto dal Ventargenteo…
Chi avrebbe vinto? Nessuno sapeva dirlo, i punteggi erano pressoché identici quando un attacco a sorpresa cambiò le sorti dell’incontro: «Solaraggio!» gridò Drew.
Un accecante fascio di luce uscì dalle rose che il Pokémon aveva al posto delle mani. Beautifly non riuscì a evitarlo e cadde al suolo, stremato.
«Beautifly non è più in grado di combattere. Vincono Drew e Roserade!» annunciò Marian. La folla non la finiva più di applaudire. Era stato proprio uno scontro avvincente!
Vera sorrise: aveva fatto del suo meglio, ma Drew sembrava sempre un passo avanti a lei, anche se in fondo era giusto così… Altrimenti che gusto ci sarebbe nell’allenarsi, se non si avesse nessuno da superare?

 


 

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Angolo Autrice
Hola!
Sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, nonostante sia venuto piuttosto corto rispetto agli altri (si accorciano sempre di più, penso di dover iniziare a preoccuparmi…)
Va boh, spero che a voi sia piaciuto. L'editor mi sta facendo impazzire, ma non intendo affatto dargliela finta.
Vi lascio con un'ennesima seppur banale curiosità:
#Curiosità3: Nel videogioco esiste già una casetta nel punto indicato da Drew.
Bye!
-Alex-

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Capitolo 7
*** Uno spavento ogni tanto ci vuole! ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 6: Uno spavento ogni tanto ci vuole! ~

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«Uffa, lo sapevo che non avrei dovuto darti retta!»
«Sono io che non avrei dovuto dar retta a te, altrimenti saremmo ancora sul sentiero giusto!»
Niente da fare: per quanto Drew ricontrollasse il Pokétch non cambiava nulla, non c’era segnale e la mappa non funzionava.
Visto che non possedevano una bicicletta – Vera ancora malediva Ash Ketchum in situazioni simili – non avevano potuto prendere la scorciatoia della Pista Ciclabile ed erano stati costretti a passare per il Bosco Evopoli, dove si erano persi da ore. Ogni tanto trovavano dei cartelli, ma invece di indicazioni qualcuno aveva pensato di scriverci degli stupidi e scontati consigli per Allenatori principianti. Il cielo si stava già scurendo e i Murkrow gracchiavano sopra le loro teste.
«Guarda, c’è qualcosa là in fondo!» esclamò Vera.
In lontananza, sfocato dalla nebbia, s’intravedeva un edificio. Senza bisogno di cenni o parole, si avvicinarono. Tutti i vetri delle finestre erano spaccati, sulle tegole del tetto cresceva l’edera e il portone era semiaperto, come per invitarli a entrare.
«Dev’essere una villa abbandonata» constatò Drew. «Potremmo rifugiarci qui per la notte.»
«Neanche morta!» s’indignò Vera. Non vedeva un riparo, bensì una potenziale casa dell’orrore pericolante, da cui sarebbe stato meglio allontanarsi. Nei film succedeva sempre qualche disavventura ai ragazzi che decidevano di esplorare posti del genere.
«Saremo senz’altro più al sicuro lì dentro che fuori nella tenda» commentò il Coordinatore, piccato. Poi si accorse che la sua compagna lo stava fissando con una faccia scandalizzata. «Oh, ti prego, non dirmi che credi ai fantasmi e sciocchezze simili.»
«Certo che no!» rispose lei, abbozzando un sorriso per convincerlo. «Però, sai, penso che la tenda in fondo non sarebbe…»
«Gneeeeee!» Venne interrotta da un fascio di luce proveniente dal suo marsupio: Skitty uscì senza essere chiamato e cominciò a correre.
«Skitty, fermati! Dove stai andando?!»
Troppo tardi: era già sparito dentro l’abitazione.
Drew non riuscì a nascondere la sua aria soddisfatta. «Beh, ora non ci resta che entrare.»
Vera udì la chioma di un albero vicino frusciare e corse accanto al rivale. Aveva un brutto, bruttissimo presentimento, ma doveva farsi coraggio.
 
«Ti prego, piccolo, vieni fuori! Non è il momento di giocare!»
Vera stringeva i pugni e nonostante la paura avanzava. Sospirò. Separarsi da Drew per ottimizzare la ricerca non era stata una buona idea, ma ormai il danno era fatto. Sentiva un continuo senso di oppressione, come se qualcuno la stesse fissando in segreto. Prima di salire la scalinata osservò le due statue di Spearow che la affiancavano e le si gelò il sangue nelle vene: non sapeva perché, ma era come se quei finti occhietti trasmettessero cattiveria. Le ragnatele primeggiavano dappertutto, mentre per terra c’erano cocci di vetro e pezzi d’intonaco. Il tappeto in cima alla rampa ai suoi tempi di sicuro doveva essere stato di un bel rosso vivido, anziché smorto e macchiato dall’umidità.
D’un tratto un miagolio ruppe quel silenzio macabro, risuonando per via dell’eco: «Gna, gna, gna, gna! Gnaaa!»
«Skitty!» disse Vera, sollevata. Eccolo lì nell’angolo, il fuggitivo, che si stava destreggiando in un numero da giocoliere facendosi saltellare una pallina nera a ripetizione sulla coda.
«E quella dove l’hai presa? Sarà tutta sporca.» Quando Vera cercò di prenderla, Skitty fece una smorfia e strinse di più la presa coi denti. Decise di lasciar perdere per il momento. Lo prese in braccio e innalzando il suo corpicino gli rivolse un’occhiata severa. «Non farlo mai più, siamo intesi?»
Il micio abbassò le orecchie e fece un’altra smorfia, stavolta più dispiaciuta. Forse si era pentito della sua marachella.
Proprio allora Vera avvertì una mano gelida che le si posava sulla spalla. Cacciò un urlo e si accucciò a terra, tremante, abbracciando il suo Pokémon per proteggerlo. «Vi prego, non fateci del male! Adesso ce ne andiamo!»
Una risata, fragorosa e familiare: Drew.
Gli rivolse un’occhiataccia furibonda, mentre si rialzava e ripuliva i pantaloncini dalla polvere. «Ehi, non è stato affatto divertente!»
«Perdonami, ma la tentazione era irresistibile. Sei proprio una fifona!»
Uno stridente scricchiolio li fece girare, interrompendo il discorso: il portone d’ingresso si chiuse di colpo, da solo.
«Cosa?!»
«Uhm, questo potrebbe essere un problema…» considerò Drew, prima di voltarsi. «Andiamo, magari c’è un’altra uscita da qualche parte.»
Ignorò lo sguardo supplichevole della compagna, che gli si attaccò al braccio come un Octillery.
 
Finirono in quella che aveva tutta l’aria di essere una Sala Banchetti. La occupava interamente una tavolata con sopra una tovaglia lisa, ormai non più bianca, con candelabri ricoperti di ragnatele. Era ancora apparecchiato con tutte le posate, come se il tempo si fosse fermato e gli invitati dovessero ancora arrivare.
«Avevano organizzato una cena in grande, a quanto pare…» commentò Drew, storcendo il naso per la troppa polvere nell’aria.
Vera si sentiva ancora inquieta e ogni rumore la metteva in allarme. Si ripeteva nella mente di stare calma, che andava tutto bene e sarebbero usciti presto. Ma tutti i suoi sforzi per auto-convincersi vennero meno quando si sentì picchiettare di nuovo la spalla. Ma stavolta Drew le era davanti. Si girò di scatto, a occhi sgranati.
Vide un signore in abito scuro, di statura imponente, a pochi centimetri dalla sua faccia. Lo fissò pietrificata dallo shock finché non si sciolse in una nuvola di fumo e mutò in una gigantesca figura spettrale, che spalancò la bocca luminescente e sguainò gli artigli per agguantarla. Solo allora Vera serrò forte gli occhi e riuscì a emettere un grido di purissimo terrore, il più acuto che le sue corde vocali le concessero.
Drew che ovviamente non aveva visto alcunché si tappò le orecchie, indispettito, voltandosi indietro. «Ma si può sapere che ti prende?!»
In una frazione di secondo Vera lo soffocò in un abbraccio, affondando il viso nel suo petto. «F-F-Fantasmaaa!» cercò di dire, con la tachicardia che le faceva rimbombare i battiti del cuore nelle orecchie come colpi di cannone.
Drew accolse goffamente quel contatto improvviso, ma non la scacciò. Non l’aveva mai vista così nel panico. «Ne sei sicura? Non te lo sarai immaginato?»
Vera annuì ripetutamente, senza dar cenno di volersi staccare.
Lo sentì sospirare con rassegnazione. «Okay, ho capito: troviamo un modo per andarcene. Questo posto è troppo sporco per i miei gusti.»
Sciose l’abbraccio, cupa come non mai. «Sono troppo giovane per diventare cibo per fantasmi» borbottò, a pugni stretti. «Skitty, vieni qui.»
Il micio, che stava mordicchiando il suo nuovo giocattolo indisturbato, la raggiunse docile. Lasciarono la Sala Banchetti e si posizionarono in cima alla scalinata, che dava dinnanzi al portone d’ingresso.
«Che intendi fare?»
Alla domanda ingenua di Drew, Vera tese un braccio e puntò l'indice in avanti. «Attacco Assistente!»
Al suo comando, dalla bocca di Skitty uscì un potentissimo Solaraggio preso in prestito da Munchlax che sfondò la porta come se fosse di carta, aprendo un varco verso l’esterno.
«Sempre molto delicata, tu…» commentò Drew, a bassa voce.
Con il petto gonfio d’orgoglio e un’andatura sicura di sé, Vera s’incamminò fuori, vedendo con piacere che le ante erano state rotte e piegate di lato: proprio un ottimo lavoro. Finalmente era tutto finito. Una volta fuori, però, fece l’errore di gettare un’ultima occhiata alla villa. Alla finestra del pian terreno vide l’anziano dagli occhi di ghiaccio che agitava le dita, mimando col labiale: “Arrivederci, a presto.
Il suo cuore fece un tuffo ed ebbe un mancamento dallo shock.
Drew la sorresse giusto un attimo prima che scivolasse a terra. «Ehi, Vera…?» Provò a scuoterla un po’, senza ottenere nessuna reazione. Sospirò pesantemente. «Su, Skitty, andiamo» intimò al gattino, che lo seguì trotterellando, mentre si caricava la sua padroncina in braccio.

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Come avrete intuito, la villa menzionata sarebbe l’Antico Château. Purtroppo nell’anime non l’hanno reso spaventoso come nel videogioco, ma è semplicemente una villa moderna abitata da un Rotom birbante. Niente fantasmi o misteri. Perciò, senza stravolgere il canon, ho pensato di non dare nomi. Mi sono ispirita più al mini-episodio di Pokémon Generazioni con Demetra e Chansey, dura solo 5 minuti quindi ve ne consiglio la visione.
La descrizioni non sono complicate, ma spero sia venuto ugualmente bene. Alla prossima!
-Alex-
 

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Capitolo 8
*** Chi vincerà? ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 7: Chi vincerà? ~

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Vera si svegliò al buio, un po’ frastornata, ma al caldo. Sentiva il gracidante canto dei Kricketot e Kricketune in sottofondo. Tastando con la mano capì subito di essere all’interno del sacco a pelo arancione dalle cuciture un po’ sdrucite che la accompagnava dal suo esordio a Hoenn. Aprì la zip e si tirò lentamente su. Non aveva i guanti e nemmeno la bandana, che erano ordinatamente ripiegati accanto al suo zaino, ma non ricordava di averli tolti da sé. Quando era andata a dormire? Ah, già. Rabbrividì e con un moto di agitazione ripensò alla villa abbandonata, al fantasma che stava per divorarla senza pietà… Ma non era successo.
Il sacco a pelo verde acqua di Drew, visibilmente nuovo, era a poca distanza dal suo. Lo sbirciò, guardinga: dormiva e respirava in modo appena percettibile.
Poverino, ha dovuto portarmi fino a qui…” pensò, sentendosi in colpa. Gli sorrise con dolcezza: forse ci teneva a lei, dopotutto. Si riaddormentò tranquilla col pensiero che erano insieme e perciò sarebbe andato tutto bene.
 
Si svegliarono e innanzitutto fecero uscire le loro squadre di Pokémon, per dar loro un po’ di Pokémelle e farli abbeverare al torrente. Lavarono i denti nei rispettivi bicchieri di plastica dura, per il disappunto di Drew che avrebbe desiderato tantissimo un lavandino, poi ripiegarono tenda e sacchi finché non divennero magicamente piatti.
Ripresero il cammino e in un’ora poterono attraversare il ponte sopra il corso d’acqua che conduceva alla città. Era ancora presto, perciò gli Starly pigolavano e svolazzavano da un albero all’altro in frenetici frullii d’ali, mentre alcuni pescatori mattinieri armati di canne, sparsi qua e là, aspettavano che qualcosa abboccasse al loro amo.
Arrivati a Evopoli si sistemarono in un modesto albergo, perché Drew ne aveva bisogno e Vera stava iniziando ad abituarsi alle comodità. Alla reception trovarono un volantino che pubblicizzava il Museo di Storia Civile e, di comune accordo, decidettero di farci un salto.
Nel pomeriggio quindi raggiunsero l’edificio imponente situato nel mezzo di un giardino, composto prettamente da vetrate, con da un lato dell’ingresso la scultura di Dialga e dall’altro quella di Palkia.
Entrarono e all’interno videro dipinti di paesaggi, fossili, pietre evolutive, una sala con la riproduzione in scala della Torre Spazio-Tempo e le statue dei Guardiani dei Laghi. Vera dovette trattenere gli sbadigli quando la guida in completo azzurro spiegò la storia della creazione di Sinnoh: si sentiva come se fosse ancora a scuola e d’altronde c’erano dei motivi se aveva scelto di diventare Allenatrice anziché continuare gli studi. Drew al contrario ascoltava attento e non si accorse subito che la sua compagna, furtivamente, si era dileguata.
Riapparve una decina di minuti dopo, sorridente, con piattino di plastica e posata in mano. Al bar vendevano il Dolce Gateau ed era impensabile che una buongustaia d’eccellenza come lei non lo provasse. «Vuoi assaggiare?» gli domandò innocentemente.
Anche se colto un po’ alla sprovvista, Drew acconsentì e nel giro di un secondo si trovò la forchettina con su un boccone troppo grande spiattellata dentro la bocca, dove esplose un sapore di fagioli rossi, frutti di bosco e zucchero. Riuscì miracolosamente a non soffocarsi e deglutire.
«Allora, com’è?» gli chiese Vera, allegra, infilzando un altro cubetto gelatinoso per poi masticarlo di gusto.
«Buono…» commentò Drew, tossicchiando per riprendersi. «Ma che hai preso?» chiese, rivolto al sacchettino che portava sul braccio.
«Ah, già!» Lei sembrò illuminarsi e gli mollò il piatto, per frugare proprio dentro quel sacchettino. «Ho preso questi per noi» annunciò, mostrandogli due portachiavi, uno con un piccolo Dialga e uno con un piccolo Palkia. «Cioè, per i nostri zaini… Ho pensato fosse un’idea carina.»
«Oh, grazie» rispose il Coordinatore, sorpreso; la sua generosità così naturale spesso lo stupiva. Soppesò il drago con le strisce fucsia e decretò con un sorriso: «Sì, mi piace, direi che è abbastanza forte per stare sul mio zaino.»
 
Più tardi s’incamminarono verso l’Arena dei Contest, chiacchierando del più e del meno; Vera si preoccupava già per dove cenare, mentre Drew era indeciso sul Pokémon con cui si sarebbe allenato nelle ore successive.
Entrambi videro una figura familiare uscire dalla porta scorrevole e si bloccarono.
«Ehi, ma quella non è…»
«Sì, sembra proprio lei» disse sicuro Drew. «Solidad!»
Al richiamo, la donna dalla cascata di fluenti capelli color salmone li notò e si avvicinò con un sorriso mite.
«Ehi, ragazzi, non mi aspettavo di trovarvi qui!» Tacque per un secondo. «… Insieme» concluse, alzando un sopracciglio con aria indagatrice, mentre i due venivano percorsi da un brivido, come se li avessero appena accusati di aver commesso un crimine.
«Già, lunga storia» tagliò corto Drew, a denti stretti, come a farle intendere che l’avrebbe incenerita con lo sguardo se solo avesse fatto una qualche battuta fuori luogo.
Solidad, colto il segnale, sfoderò un sorriso angelico e si limitò a chiedere: «Parteciperete alla Gara di dopodomani?»
«Sì, certo.»
«Io no, per stavolta passo.»
Era stata Vera a negare.
«Un vero peccato» commentò Solidad. «Io sono di passaggio qui a Sinnoh, ho pensato di partecipare solo per svagarmi un po’.»
«Oh… Quindi non avremo altre occasioni di sfidarci, quest’anno?»
«A quanto pare no, mi spiace…»
«Che peccato, sarebbe stato bello…» commentò lei, un po’ abbattuta. «Va beh, allora che vinca il migliore!» esclamò, stringendo un pugno in segno di determinazione.
 
 
Il giorno della Gara, Vera prese posto in una delle prime file per assistere, con Skitty in braccio, sia per avere un po’ di compagnia, sia perché voleva utilizzarlo alla prossima competizione e non gli avrebbe fatto male osservare altri Pokémon all’opera. Anche semplicemente guardando si poteva imparare e trarre ispirazione, per questo era serena e non si pentiva della sua scelta. Non sarebbe stata più precipitosa.
Presto venne il turno di Drew, che per partecipare aveva scelto Butterfree. La farfalla creò dei getti color arcobaleno, flebili come fossero un’illusione, che dissolse poi con una decisa folata di vento. Elegante al punto giusto e sicuro di sé, come sempre.
Poco dopo Solidad fece il suo ingresso in abito celeste, con orecchini a cerchio e tacchi alti del medesimo colore.
È davvero bellissima…” pensò Vera, imbambolata, guardandola dirigersi al centro del palcoscenico.
Per una coincidenza fortuita anche lei chiamò Butterfree, che si materializzò accompagnato da bianchi fasci luminosi. Non fece mosse complicate, no, affatto. Danzò in mezzo a una pioggia di polvere velenosa, che poi dissolse con il Salvaguardia e la sua luce verde speranza che gli illuminò le ali.
 
I punteggi sul tabellone andavano calando ogni secondo che passava. Dalle tribune Vera si tormentava le mani, senza staccare gli occhi dal campo: ormai restava solo un minuto allo scadere del timer.
«Butterfree, Raffica!» ordinò decisa Solidad.
«Presto, evitalo e usa Volo!»
La farfalla a sinistra agitò in fretta le ali e creò una corrente d’aria. La sua simile la usò come spinta e salì in alto fino al soffitto, per poi discendere veloce in picchiata.
«Protezione!»
L’attacco venne bloccato da una barriera invisibile che lo tenne a distanza. Entrambe si sforzavano, l’una di mantenere lo scudo, l’altra di spezzarlo.
«Psicoraggio!» gridarono i Coordinatori all’unisono.
I due Butterfreee sprigionarono dei getti di energia dai colori psichedelici che andarono a scontrarsi violentemente.
Skitty nascose il musetto sul petto di Vera, che dovette coprire gli occhi per ripararsi dall’eccessiva luminosità. Quando li riaprì, Marian stava per comunicare a gran voce il risultato: «Il vincitore è...»

 

 

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Angolo Autrice
Salve a tutti, gente!
Questo capitolo mi ha resa piuttosto insicura, ma credo che adesso sia a posto. Come al solito, ringrazio chi ha iniziato a sostenermi e seguirmi :)
Mi rivolgo ai lettori più timidi: ricordatevi anche meno di una riga mi rende felicissima. Anche solo la garanzia che qualcuno ha letto il capitolo fino in fondo, davvero, per me è fantastica.
Ora, come d'abitudine:
#Curiosità4: Non avendo visto con troppa attenzione la serie DP non avevo idea che il vestirsi elegante per le Gare fosse un obbligo, così come le capsule per le sfere o che avessero eliminato i punteggi ^^" quindi ho dovuto modificare radicalmente parecchie scene.
Alla prossima.
-Alex-

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Capitolo 9
*** Di biciclette e marshmallows ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 8: Di biciclette e marshmallows ~

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«Signore e signori, ci troviamo di fronte a un pareggio!» esclamò Marian, sorpresa. Vera sbatté le palpebre, altrettanto sorpresa: nonostante i tanti anni di esperienza, era la prima volta che assisteva a un pareggio in finale. I due Butterfree erano stati entrambi centrati in pieno dall’attacco che avevano lanciato e giacevano a terra, malconci. I Coordinatori li fissavano, immobili e carichi di tensione. Le regole erano chiare: dovevano aspettare che uno dei due trovasse la forza per rimettersi in piedi, anche solo per pochi secondi, che sarebbero bastati a decretare il vincitore.
Dati i danni che avevano riportato, Vera trovava che fosse un metodo troppo crudele in questo caso. Anche i giudici di sicuro lo sapevano, perché confabulavano tra di loro con aria preoccupata, mentre il resto del pubblico, col fiato sospeso, taceva religiosamente.
A spezzare quella tensione fu uno dei Butterfree, che con un: «Free…» mozzato e debole, cominciò a inarcare le ali tremanti.
Il pubblico fece un’ovazione per lui, incoraggiandolo, Vera prima tra tutti, che aveva unito le mani in segno di preghiera. Alla fine Butterfree, con il respiro affannoso e il corpo imperlato di sudore per lo sforzo, spalancò le ali, alzandosi di pochi centimetri dal terreno, mentre il suo simile giaceva ancora inerme cercando vanamente di sollevare il capo.
«E il Fiocco di Evopoli va a… Drew di LaRousse!»
 
«I miei complimenti» si congratulò Solidad, che risalì sul palco dopo la premiazione per raggiungere il rivale. L’arena si stava svuotando e tutti si dirigevano verso le uscite.
«Grazie, è stata una bella sfida» rispose Drew, cortese. Si strinsero la mano, da veri sportivi. «Spero di rivederti presto.»
«Anche io. Ah, buona fortuna con l–»
Sapeva perfettamente cosa stesse per dire: allarmatissimo le tappò la bocca, beccandosi un’espressione confusa da Vera, che avendoli appena raggiunti non aveva sentito una sola parola.
«Con le Gare, naturalmente!» rettificò la rossa, ridacchiando. “Ce la faranno mai questi due?” pensò, rivolgendo loro un sorriso dolce. «Mi raccomando, voglio vedervi entrambi in finale. A presto!»
«Non rimarrai delusa, vedrai! A presto!»
Mentre se ne andava Vera la salutò con la mano e Drew tirò un sospiro di sollievo. Il suo segreto, ancora per un po’, sarebbe stato al sicuro.
 
 
Qualche giorno dopo erano pronti per rimettersi in marcia. Avevano fatto scorta di viveri, per loro stessi e per i Pokémon, anche se Drew sperava ardentemente di non doversi fermare all’aperto.
Noleggiarono due biciclette elettriche a pagamento e attraversarono la Pista Ciclabile. Era un po’ come un’autostrada, con l’ovvia differenza che invece delle macchine c’erano solo biciclette.
«Uno Slugma andrebbe cento volte più veloce di te!» esclamò Vera, spensierata, che padroneggiava la strada sentendosi libera come il vento.
«Ah sì?» domandò Drew, con aria di sfida. Con poche pedalate più energiche si portò in pari. «Dicevi?»
«Solo perché non sto andando veloce…!»
Fece un verso di superiorità e, tenendosi al manubrio con una mano, riuscì a scostarsi il ciuffo dalla fronte, anche se stette quasi per sbilanciarsi.
«Guarda che è pericoloso andare con una mano sola!» lo ammonì la ragazza, girandosi per guardarlo, cosa che non avrebbe assolutamente dovuto fare.
«Vera, sta’ atten–» Sbatté contro la colonna posta in mezzo alla pista e il suo mezzo di trasporto si fermò con un violento sobbalzo. «–ta…» concluse Drew, sentendo quasi dolore al suo posto: se fosse stata un maschio, a quell’ora si sarebbe di sicuro messa a gridare. «Niente di rotto?» le chiese, mentre lei annuiva a bocca serrata e cercava di riportarsi in pista.
«Beh, se non altro non sono caduta…» osservò, togliendo i piedi da terra e ripartendo così a tutta birra per via della discesa.
 
La Pista non copriva tutto il tragitto per Cuoripoli, solo la metà, perciò lasciarono le bici nel parcheggio apposito e scesero per proseguire a piedi.
Purtroppo per Drew campeggiare per quella notte fu inevitabile. Scelsero una zona tranquilla vicino a corso d’acqua per rimontare la tenda con i sacchi a pelo e mandarono Absol e Glaceon alla ricerca di pietre e rami per accendere il fuoco.
«Dai, dillo che potresti abituarti» scherzò Vera con un sorriso.
«No, credo proprio di no» rispose scettico Drew. «Penso che noi ci alleneremo ancora un po’.»
«Aspetta! Ti alleni sempre da solo… Per una volta potremmo allenarci insieme, non credi? Forse ci farebbe bene.»
La squadrò per qualche attimo, indeciso, poi annuì. «D’accordo, ma sappi che il meglio lo terrò segreto fino all’ultimo.»
 
«Skitty usa Incanto, Misdreavus vai con Palla Ombra!»
Il micio rilasciò nell’aria una scia di cuori rosa che il fantasmino fece esplodere lanciando una sfera di energia scura dietro l’altra. Il risultato fu una delicata pioggia di brillantini.
«Bravissimi, ottimo lavoro!» li elogiò Vera, contenta. «Allora, Drew, che te ne pare?»
«Davvero una bella combinazione. Finalmente stai tirando fuori il meglio dal tuo Misdreavus» commentò lui, soddisfatto. «Sia per me che per te al Grand Festival sarà la prima esibizione in doppio. Sono tutta un’altra cosa, eh?»
«Già» rispose lei, chinandosi sulle ginocchia per accarezzare entrambi i Pokémon. «Qui a Sinnoh ci sono così tante regole… Ma questo rende tutto più emozionante!»
«Sì, sono d’accordo. E direi che per oggi come allenamento può bastare.» Drew si voltò verso Masquerain e Ninetales che attendevano pazientemente ordini e sorrise loro. «Anche voi siete stati bravi.»
«Ah già, quasi mi stavo dimenticando!» Vera lo prese d’improvviso per mano e lo trascinò davanti al falò che avevano allestito. Frugò nel proprio zaino col pupazzetto di Dialga penzolante e tirò fuori una confezione di marshmallows giganti con dentro anche dei bastoncini. «Tadan! Non è vero campeggio senza i marshmallows.»
Drew la fissò un po’ attonito e poi rise. «Certo che sei proprio imprevedibile, tu.»
Cenarono in compagnia dei Pokémon che sbecconcellavano croccantini da due grandi ciotole, mentre loro gustarono un paio di onigiri comprati prima della partenza da Evopoli. Come dolce arrostirono i marshmallows davanti al fuoco scoppiettante, seduti fianco a fianco sull’erba umida a raccontarsi storie e avventure.

 

 

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Angolo Autrice
Hallo!
In questo capitolo non sapevo cosa far succedere, vuoto totale, perché non immaginavo che il cammino fino a Cuoripoli fosse tanto lungo. Perciò ho optato per una scena easy e natural. Nelle versioni precedenti della storia le evitavo sempre e soprattutto non accennavo mai al fatto che i Pokémon mangiassero lol
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 10
*** Lulù entra in scena! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 9: Lulù entra in scena! ~

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L’Arena delle Virtù di Cuoripoli era enorme, sovrastata da una cupola trasparente.
Stavano andando insieme a iscriversi alla Gara, ma un volantino attaccato sul muro a lato della porta scorrevole attirò la loro attenzione.
«“Cuoripoli presenta una Gara speciale che unirà il talento degli Stilisti Poké e la bravura dei Coordinatori, in palio per il vincitore un Fiocco valido per il Grand Festival”» lesse Vera, curiosa. «Wow, sembra interessante! Tu cosa ne pensi?»
«Non saprei…» rispose Drew, leggendo a sua volta. «Dovremmo scoprire più informazioni, qui non si dice nulla sul funzionamento di questa Gara speciale.»
«Ah, secondo me non vi conviene affatto perdervela!»
«Pi–ppiplup!»
Alle loro spalle c’era una ragazzina dai lunghi capelli color oltremare lisci come la seta e con addosso una minigonna che, secondo i gusti di Drew, era decisamente inappropriata. Un piccolo e buffo pinguino la accompagnava.
«Lulu!» esclamò Vera, abbracciandola di slancio. «È una vita che non ci vediamo!»
«Hai proprio ragione» rispose Lucinda, sorridente. «Che ci fai qui? E non sei sola, vedo… Lui chi è? Il tuo ragazzo?» azzardò, maliziosa.
«M-Ma no, che ti salta in mente! Sono in viaggio qui a Sinnoh con il mio rivale, Drew.»
«Piacere di conoscerti, Drew!» I due si strinsero amichevolmente la mano. «Il mio nome è Lucinda, anch’io sono una Coordinatrice.»
«Oh, lo so, ho visto il vostro incontro dell’anno scorso in televisione. So anche che ti chiamano la Reginetta di Sinnoh.»
La ragazzina annuì, fiera del titolo che aveva conquistato e al quale doveva ancora abituarsi.
«Lulu, parteciperai anche tu al Grand Festival di quest’anno?» le domandò Vera.
«Sì, l’idea sarebbe questa, anche se ultimamente sono un po’ impegnata… Sai, mi sono appena trasferita in un appartamento tutto per me!»
«Davvero? Caspita, che fortuna!»
«Si trova proprio a cinque minuti da qui» proseguì, raggiante. «Facciamo così: andiamo tutti a iscriverci alla Super Gara di domani e poi facciamo un salto da me a bere un tè! Dovrei anche avere dei dolci, se Piplup non li ha mangiati tutti.»
«Pluuup!» protestò il pinguino, offeso, con le zampette incrociate.
 
Nel monolocale di Lucinda c’erano un divano bianco panna, un doppio armadio e una scaletta che portava a un piano rialzato con un letto matrimoniale e una scrivania cosparsa di fogli volanti, forbici, matite e campioncini di tessuti colorati. La cucina era sostanzialmente attaccata all’ingresso, così come il tavolino che si trovava proprio di fianco alla porta, tutto sui toni del bianco.
Nonostante fosse piccolo, ciò non voleva dire che non fosse ospitale. Lucinda li fece accomodare sul divano e portò loro tè ai frutti di bosco e pasticcini alla crema.
«Quindi, se ho capito bene, oltre alle Gare ti stai dedicando anche allo stilismo?» domandò cordiale Drew, con la propria tazza in mano.
Lucinda assentì. «Esatto! Ci sono delle sfilate dove si sfila insieme al proprio Pokémon, con abiti e accessori abbinati. Vorrei lanciare la mia linea di moda, sia per Pokémon che per persone… Sto lavorando sodo, ma non so ancora se avrò successo in questo campo, perciò nel tempo libero cerco lo stesso di partecipare alle Gare.»
«Caspita! Coordinatrice, stilista e modella. Sei un portento, Lulu!» esclamò Vera, sinceramente sorpresa. «Ma toglimi una curiosità: come farai a partecipare alle Gare, se devi rimanere qui per il tuo lavoro?»
«Niente di più semplice!» trillò Lucinda, allegra. «Mi ci porta il mio fidanzato con la macchina. Sai, ha una decapottabile stupenda!»
«Wow!»
«Prima o poi te lo presenterò, promesso. E se vuoi ti farò anche provare qualche mia creazione!»
«Sì, sarebbe fantastico!» rispose Vera sorridente. Stava per allungare una mano verso il vassoio sul tavolino, ma Piplup era stato più svelto e aveva furtivamente preso l’ultimo pasticcino, lasciandola con un pugno d’aria tra le dita.
«Piplup!» tuonò Lucinda con le guance gonfie di rabbia. «Piccolo maleducato che non sei altro, vorrà dire che stasera salterai la cena!»
 
 
Era il giorno della Super Gara. Lucinda spiegò loro in anticipo in cosa consistesse: c’erano tre fasi. Sfilata di moda, danza e recitazione, senza nessuno scontro fisico; i giudici avrebbero deciso tutto dando dei punteggi. I concorrenti sarebbero stati venti in totale, tra cui Vera, Drew, Lucinda e…
«Oh, no… Fa’ che non venga da noi, fa’ che non venga da noi…»
Le preghiere sussurrate da Vera a quanto pare vennero ignorate da Arceus, perché pochi attimi dopo sentì una familiare vocina esclamare con gaudio: «Ciao, Drew!» Sospirò sconsolata, mentre la stessa vocina con un’aria decisamente più fredda salutava anche lei: «Vera.»
«Oh, Brianna, che piacere incontrarti di nuovo» ricambiò Drew, rivolgendole uno dei suoi sorrisi migliori, che conservava sempre per i riflettori e gli ammiratori. Bastò quello a farla sciogliere come burro al sole e colorare di rosso il suo viso ammaliato.
«Già, che bello…» borbottò Vera, laconica.
Brianna cambiò subito atteggiamento, accigliandosi e puntando il dito contro la rivale. «Noi due dovremmo fare un discorso, signorina!»
«Io non ho proprio niente da dirti!»
«E invece sì!»
«Ragazze, state calme!» le ammonì Drew, mettendosi in mezzo a loro con le braccia tese. Brianna s’imbarazzò tantissimo e si scusò più volte, mentre Vera tirò un sospiro di sollievo, ringraziandolo mentalmente per l’intervento.

 

 

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Angolo Autrice
Salve gente!
Brianna fa il suo glorioso ritorno, sempre pronta a rompere le scatole, eheheh.
E, incredibile, siamo già alla quinta:
#Curiosità5: Nella versione precedente del capitolo 9, non veniva accennato nulla riguardo al lavoro, il fidanzamento e la nuova abitazione di Lucinda.
Grazie a chi segue, chi legge e chi recensisce! ;)
A presto.
-Alex- 
 
 

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Capitolo 11
*** Si aprono le danze e cala il sipario! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 10: Si aprono le danze e cala il sipario! ~

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La fase di moda non causò difficoltà a nessuno. Le ragazze si erano divertite ad agghindare i loro Pokémon con gli accessori che avevano trovato nell’apposito camerino. Fiocchetti, lustrini, foglie, fermagli, buffi occhiali… C’era di tutto! I problemi, però, sorsero subito dopo.
Enta, il direttore dello spettacolo nonché sindaco di Cuoripoli che aveva organizzato l’evento, comparve sulla soglia del backstage femminile. «Ragazze, cambiatevi anche voi, si va in scena tra cinque minuti!»
Veloce com’era entrato, sparì, dando il via a un lagnoso coro di proteste generali.
«Almeno tu, dimmi che ho capito male…»
Brianna scosse il capo, sconsolata. «No… Purtroppo dobbiamo ballare davvero!»
«Andiamo, non sarà poi così terribile!» minimizzò Lucinda.
«Qualcosa non va, ragazze?» Drew fece capolino sulla soglia del camerino femminile, stando attento però a non varcarla, per rispetto nei loro confronti.
«Succede che dobbiamo ballare anche noi» fece Vera, preoccupata. Al pensiero che avrebbe avuto gli sguardi curiosi di tutta quella gente puntati addosso, sentiva già un lieve senso di nausea allo stomaco. Nelle Gare normali erano i Pokémon a dover risplendere sul palco, non i Coordinatori!
«Suvvia, vedrete che sarà divertente!» ripeté Lucinda.
«Niente affatto, invece!» la contraddisse Brianna, nel panico. Aveva paura di fare una figuraccia proprio sotto agli occhi di Drew e che lui la ignorasse con freddezza, dirigendosi dritto verso Vera. Uno dei suoi peggiori incubi. Al solo pensarci le saliva un brivido lungo la schiena.
«Guardate il lato positivo, la prossima manche sarà… Un balletto a coppie sorteggiate!» cinguettò Lucinda, con tutto l’entusiasmo possibile.
Non avrebbe potuto dire cosa migliore per far tornare a luccicare d’emozione gli occhietti verdi di Brianna. «Dici davvero?» squittì, già eccitata al pensiero che, se la fortuna fosse stata dalla sua parte, avrebbe ballato proprio con il suo beniamino. Si sentiva già colorire le guance, mentre fantasticava su quell’idea.
«Ragazze, è il vostro momento!» annunciò la voce concitata di Marian, che sbucò da dietro la tenda rossa e pesante del palcoscenico.
Le due Coordinatrici di Hoenn s’irrigidirono e, dopo essersi scambiate uno sguardo solidale e carico di preoccupazione, presero in braccio i loro Pokémon.
 
La prima a entrare sul palco a luci spente, grazie a uno scherzo del destino, sarebbe stata la povera Vera.
Fece la sua entrata con una giravolta dopo l’altra, senza fermarsi, seguita da Skitty che le piroettava a fianco inseguendosi la coda. Indossava un vestito rosa chiaro e un cerchietto con le orecchie da Skitty. Arrivò sul palco e si fermò sollevando di poco le pieghe dell’abito, come ad accennare una riverenza. Dopodiché si fece da parte, precisamente al primo posto illuminato da un occhio di bue. Il cuore le batteva all’impazzata.
La seconda fu Brianna. Lei portava un abito color crema-pesca, dello stesso tipo di quello di Vera, ma dietro al suo c’erano delle ali da Vibrava. Inoltre in testa aveva un buffo cappellino da Surskit che le andava un po’ largo. Il Pokémon stesso, per imitarla, girava senza difficoltà su se stesso come se pattinasse su uno specchio d’acqua. Gira, gira e rigira arrivarono al loro posto.
L’ultima fu Lucinda, che si presentò in un vaporoso abito a balze color cioccolato, guanti di seta e ovviamente una fascia con cotonate orecchie da Buneary. La suddetta coniglietta si muoveva armoniosa con un saltello dopo l’altro.
Dietro al suo vestito si celavano delle ali bianche, con scaglie blu e rosse, che iniziavano con una spirale, cioè la fedele riproduzione di quelle di un Togekiss.
Sfortunatamente toccava a Vera dover aprire le danze, ma credeva di aver capito come doveva fare. Partì una musichetta allegra e lei, impacciata, fece quattro passi per turno: destra, destra, sinistra, indietro. Poi indietro, salto, avanti, sinistra. Skitty la imitò e con non poca fatica, data l’espressione crucciata sul suo musetto.
Tutte ripeterono più o meno esatta la combinazione, tranne Brianna e un’altra delle ragazze che non conoscevano, che non rispettarono il ritmo.
Drew le osservava a braccia incrociate, con un sorrisino beffardo stampato in volto, da dietro le quinte.
Brianna prese un respiro profondo e, con le labbra serrate per l’imbarazzo, improvvisò: destra, avanti, indietro, sinistra; sinistra, indietro, avanti, destra. Si tirò indietro, respirando di nuovo, ma stavolta di sollievo: era andata.
Proprio quando tutte cominciavano a prenderci la mano e a sciogliersi un po’, fu il turno di Lucinda, che aveva già un piano per ingannare le altre concorrenti. Avanti, indietro, avanti, indietro; destra, destra, destra… Sinistra! Brianna e Vera sbagliarono, si scontrarono e caddero l’una sopra l’altra, precisamente Vera sopra Brianna. Calò il sipario, lasciandole così, mentre il resto delle partecipanti si inchinava.
«Levati! Sei pesante!»
«Eh?! Semmai sei tu quella pesante, non io!»
«Come?! Ti sbagli, io sono magra come un chiodo!» sbottò Brianna, con superiorità, rialzandosi. Nonostante in passato ogni tanto si fossero comportate da amiche, da quando aveva saputo che lei e Drew viaggiavano insieme non riusciva più a considerarla tale.
Vera strinse nervosamente i pugni. «Io. Non sono. Grassa» ripeté, con la rabbia che ribolliva.
«Complimenti, siete delle ballerine nate!» Drew fece il suo ingresso con un battito di mani e il solito sorrisetto strafottente sulla faccia, ch’ebbe l’effetto di far arrivare all’apice la pazienza di Vera.
«Se ti prendo io ti…» la sua minaccia s’interruppe lì, perché la voce proveniente dall’altoparlante situato in un angolo del soffitto annunciò il turno dei concorrenti maschi.
 
Le attenzioni di Brianna, Vera e Lucinda erano puntate solo su Drew. Era il terzo, e indossava una camicia verde e dei pantaloni lunghi color menta. Nelle mani stringeva due rose finte, una rossa e una blu, seguito dal suo Roserade che alzava su e giù le sue vere, danzando in perfetta armonia con lui, che si limitava a stento a muoversi a destra e a sinistra. Ingannò tutti coi passi: avanti, avanti, indietro, avanti, destra, sinistra, destra, indietro.
«Sei stato fantastico!» lo accolse Brianna, con occhi adoranti e le mani unite portate al petto. Da come lo guardava sembrava fosse una divinità.
«Come hai fatto a non sbagliare nemmeno una volta?» gli chiese Vera, incredula e un po’ seccata, quando si ripresentò davanti a loro.
«Grazie mille, Brianna.» La ragazzina si sentì quasi mancare e diventò di nuovo rossa come un peperone, a quella risposta così gentile. «Sai com’è, Vera, basta avere un minimo di eleganza.»
La sua rivale gonfiò le guance, offesa a morte. Il solito presuntuoso!
Nemmeno un attimo di tregua che il sindaco Enta annunciò: «Ultimo balletto!» chiamando tutti a raccolta sul palco.
«Come sapete, l’ultimo ballo è a coppie, regola che vale sia per il Coordinatore che per il Pokémon!»
Fece il giro dei concorrenti con una scatola chiusa ma avente un foro abbastanza grande da far passare una mano. Ciascuno pescò un bigliettino e i due che avrebbero avuto la lettera identica sarebbero stati in coppia assieme.
«Dunque… Lettera H» borbottò Vera, fissando il proprio. «Chi ha la lettera H?» esclamò, guardandosi in giro, dopo aver sollevato il biglietto.
Si sentì picchiettare una spalla e non appena si girò vide Drew con una mano sul fianco e l’altra che stringeva il biglietto con… La H.
«Siamo in squadra assieme?» sussurrò, incredula. Da una parte le faceva piacere, perché ballare con uno sconosciuto sarebbe stato ancora più imbarazzante e anche perché le avrebbe dato leggermente fastidio veder ballare lui con un’altra. Però le sembrava una coincidenza troppo grande.
«Già…» commentò lui, taciturno. Non seppe dire se la cosa gli facesse piacere oppure lo annoiasse.
«No! Non è giusto! È un’ingiustizia!» Brianna già si lamentava e minacciava di scoppiare in lacrime, mentre il suo povero cavaliere non aveva idea di che cosa fare per calmarla: qualunque cosa avesse fatto, lei lo avrebbe rifiutato. Non molto utile per la sua autostima.

 

 

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Angolo Autrice
Ciao! Mi sto portando avanti coi capitoli perciò non preoccupatevi che continuerò a ritmo regolare… Almeno per ora!
Vi è piaciuta la mia idea di far ballare anche i nostri cari Coordinatori? Non perdetevi il prossimo capitolo, a parer mio è uno dei più romantici! :3
Grazie, come sempre, a chi legge/segue/recensisce!
Alla prossima.
-Alex-
P.S. Un grazie in particolare a Daya99! Una chiacchierata con lei mi ha ispirato gran parte del capitolo. :)
 

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Capitolo 12
*** Si cambia musica! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 11: Si cambia musica! ~

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Il ballo a coppie cominciò con una canzone al pianoforte lenta, dalle note armoniose.
«La signorina mi concede questo ballo?» domandò Drew, scherzosamente, con la mano protesa.
Vera fece un passo indietro, scarlatta sulle guance, con un sorrisino di scuse. «Ecco, vedi, non so ballare i lenti…»
«Non avevo dubbi Mi sa proprio che dovrò insegnarti io, allora.»
Drew le cinse i fianchi con sicurezza e discrezione. Rabbrividì per il contatto improvviso, ma si fece coraggio e si aggrappò delicatamente alle sue spalle.
Iniziarono a muoversi, seguendo gli altri concorrenti. Quando passò davanti a loro con il suo compagno, Lucinda le fece l’occhiolino. Vera sapeva bene cosa significava: era un tacito incoraggiamento. Abbassò gli occhi, ancor più a disagio.
«Dovresti rilassarti un po’» le consigliò Drew, con una voce incredibilmente più dolce del solito.
Lei annuì. «Guarda i nostri Pokémon» sussurrò poi. «Sono proprio buffi.»
Nella mischia, Roserade trascinava Skitty alzato sulle punte con un po’ di difficoltà.
«Anche in una situazione simile il mio Roserade riesce avere più classe del tuo imbranato Skitty!» commentò Drew, con superiorità.
«Ma il mio Skitty è sempre più carino!» ribatté Vera, sorridendo, con lo stesso tono. La sua espressione cambiò in spaventata quando incrociò lo sguardo di Brianna, che li stava tenendo sotto controllo fin dall’inizio. Stringeva nervosamente la presa sulla giacca del suo compagno, tremante e convinto di aver a che fare con una pazza. Vera temeva che la sua avversaria nascondesse un bazooka tra le pieghe del vestito e stesse solo aspettando il momento giusto per tirarlo fuori. Immersa in quei pensieri, per poco non inciampò e si fermarono. «Scusa, mi sono distratta…»
Drew all’improvviso le alzò il mento, costringendola a guardarlo dritto negli occhi. Il suo cuore riprese a battere all’impazzata. «Non fa niente, ma stavolta guarda me, non il pavimento. Okay?»
Annuì ripetutamente. Era proprio il giorno più imbarazzante e carico di emozioni della sua vita.
Non ebbero neanche il tempo di riprendere, che il ritmo della canzone accelerò diventando più vivace. Tra la confusione generale, le voce del presentatore esaltata dal microfono annunciò: «Si cambia musica!»
«Cosa?» protestò Drew, lasciando la presa sui fianchi morbidi di Vera. Sembrava aver perso tutta la sicurezza che lo aveva spinto a comportarsi da impeccabile cavaliere fino a poco prima.
«Evviva!» esultò la Coordinatrice, prendendogli le mani. «Che aspettiamo?»
«Ferma, io non la so ballare questa roba!» protestò lui, nel panico, ma la sua dama fece un risolino.
«Non preoccuparti, ti insegno io!»
Iniziarono a volteggiare per la pista. Stavolta era Vera a guidarlo, stando attenta a non scontrarsi con nessun’altra coppia.
«Dovresti essere un po’ più sciolto, signorino!» Fece un altro riso spigliato che lo fece arrossire e distogliere orgogliosamente lo sguardo. «Andiamo più veloci?» gli chiese, con aria di sfida.
«Va bene… Ma ricorda che l’hai voluto tu!» replicò Drew, con un sorrisetto.
Fu allora che le danze presero per davvero una piega diversa.
I movimenti del Coordinatore diventarono rapidi e sicuri, per la gioia della sua partner, che rise per quell’audacia improvvisa e si lasciò guidare.
Il resto dei partecipanti – sia umani che Pokémon – rallentò per osservarli a bocca asciutta; Brianna la aveva così aperta che avrebbe potuto slogarsi la mascella.
Giravano dappertutto come Baltoy e non staccavano gli occhi l’uno dall’altra, in una sintonia perfetta… Il mondo non esisteva più, c’erano solo loro e la musica.
Sulle ultime note Drew allungò un braccio e Vera fece una leggiadra piroetta, per poi tornare avvolta tra le sue braccia con una gamba sollevata. Roserade alzò in alto Skitty, che si mise in posa su una zampina sola per imitare la padroncina.
Il pubblico esplose in un boato di applausi e fischi. S’inchinarono, con due sorrisi smaglianti sulle labbra e l’adrenalina ancora in circolo.
«Sei un’ottima ballerina» sussurrò poi Drew all’orecchio di Vera, con voce vellutata. Le appuntò una rosa profumata tra i capelli e andò a prepararsi per l’ultima prova, lasciandola ancora intontita in mezzo al palco, rossa come un pomodoro.
 
 
La giuria era rimasta incantata dal castello appuntito di ghiaccio che Skitty aveva creato durante la terza esibizione, uguale a quello che aveva sfoggiato anni addietro nella prima fase del Grand Festival di Hoenn. Ciò aveva permesso a Vera di vincere il tanto sospirato Fiocco.
Brianna continuava a fare avanti e indietro per il camerino, esasperata. Era un fascio di nervi, sentiva che sarebbe esplosa da un momento all’altro. Non aveva smesso nemmeno per un secondo di rivedere nella mente l’immagine di Vera e Drew che ballavano insieme, così affiatati, così vicini…
«Ehi, tutto okay?» le chiese la diretta interessata, con una lieve nota di preoccupazione.
«Hai vinto la battaglia, ma non la guerra!» mugugnò lei, con il capo chino per non guardarla. Se ne andò portandosi dietro uno sgradevole senso di delusione.
«Che tipa strana…» commentò Lucinda, intenta a ripiegare il proprio abito.
«Puoi dirlo forte!» accordò Vera, con un sospiro. Per fortuna non l’avrebbero rivista per un po’ di tempo, o almeno così si sperava.
 
 
Lucinda era stata così gentile da invitarli a cena ed a passare la notte a casa sua anziché al Centro Medico. Vera aveva dormito con lei nel letto matrimoniale ed erano state con l’abat-jour accesa fino a tardi a raccontarsi pettegolezzi e segreti. Drew, escluso da quello che aveva tutte le caratteristiche per essere definito un pigiama party, aveva dormito sul divano del soggiorno, rigirandosi in continuazione perché non riusciva a prendere sonno. Anche se la stanza era chiusa e lontana, sentiva lo stesso i loro risolini complici e si chiedeva cosa avessero di così interessante da dirsi. Il dubbio che potessero aver parlato anche di lui lo invase per un attimo, ma poi si disse che no, era impossibile.
La mattina, la sveglia a forma di Starly sul comodino suonò. Lucinda, stropicciandosi un occhio, si alzò per cliccare il pulsante al centro e spegnerla.
«Ma che ore sono?» mugugnò Vera, con voce lamentevole e impastata dal sonno.
«Le sei e mezza… Mi dispiace, ma io devo scappare, ho una Gara questo pomeriggio e per arrivare là servono cinque ore di macchina!»
Vera fece uno sbadiglio gigante, ancora sotto alle coperte calde, mentre la sua migliore amica aveva già sceso la scaletta e in bagno si affannava tra spazzola, lucidalabbra e correttore.
 
Lucinda fece una serie di inchini ripetendo che le dipiaceva. Diede un’occhiata al Pokétch al polso. «Cavolo, sono in ritardo, il mio fidanzato mi aspetta! Scusatemi ancora, ragazzi, a presto e buon viaggio!»
Corse in fretta e furia giù per le scale con Piplup addormentato su una spalla, lasciando i due fuori dalla porta ormai chiusa.
Perciò dovettero riprendere il cammino per forza, in silenzio e a passo strascicato. Vera non vedeva l’ora di arrivare a Flemminia soltanto per prenotare una stanza e rimettersi a dormire. Anche a Drew sarebbe piaciuto, ma il suo buonsenso gli avrebbe impedito di farlo.
Usciti dalla città arrivarono presto in una radura nei pressi del Percorso 209. Il cielo era ancora tinto di scuro.
«Fermo» sussurrò Vera, con le orecchie tese. «Sento dei rumori…»
«Ora senti i rumori, domani sentirai anche le voci e vedrai gli spiriti… Oh, aspetta, uno l’hai già visto» la schernì Drew, con un sorriso furbetto.
La rivale lo guardò torva, perché non c’era niente da ridere, poi riprese a scrutarsi intorno, circospetta e un po’ intimorita.
Una risata roca, dal timbro profondo, pietrificò entrambi. Si girarono lentamente, ma non videro nessuno. Soltanto un pozzo di pietra.
«Okay, forse non hai tutti i torti...» ammise il Coordinatore, all’improvviso un po’ preoccupato. D’istinto lei gli si avvicinò, arpionandogli il braccio.
«Spiiiiiiiir…»
Sobbalzò violentemente dallo spavento e quando riaprì gli occhi, proprio come nei cartoni animati, si ritrovò in braccio a Drew.
«Q-Quanto sei fifona…»
«S-Senti chi parla… Tanto lo so che stai morendo di paura anche tu…»
La mise delicatamente giù e prima camminando svelti, poi correndo a perdifiato, se ne andarono da quel percorso maledetto.
 
«Che corsa…» commentò Vera, affannata, sostenendosi sulle ginocchia.
«Già…»
«Ehi, guarda!» Indicò alle loro spalle. Il sole stava per sorgere: il cielo era illuminato di arancioni, rosa e rossi misti allo scuro della notte che pian piano svaniva. Uno spettacolo incantevole.
«Mi è sempre piaciuto vedere un nuovo giorno che comincia...» rivelò Drew, con un sorriso sincero rivolto all’orizzonte.
Vera si portò una mano al cuore, mentre l’altra la strinse nella sua. Era tutto così tenero e perfetto che sembrava di essere in un sogno da cui nessuno avrebbe voluto svegliarsi. Infatti, era tutto troppo perfetto per durare.
«Amici miei, carissimi! Non vedevo l’ora di incontrarvi!»
I due Coordinatori sobbalzarono, la magia si sciolse assieme alla loro stretta e diventò soltanto un bel ricordo. Dietro di loro, Harley agitava la manina con aria innocente.
«Mi spiace di non poter dire lo stesso» sibilò Drew, fulminandolo con un’occhiataccia.
«Oh! Ho scelto il momento sbagliato anche stavolta?» L’uomo si mise una mano sulla bocca, fingendo un dispiacere che a loro risultò solo snervante. «Mi dispiace tanto di avervi interrotti…»
«Non hai interrotto un bel niente!» sbottò Vera.
«Ah no? Allora come mai voi due siete qui… Soli soletti… A guardare l’alba… Vicini vicini…» Drew pensò con stizza “E cosa diavolo ci fai tu qui alle sette del mattino?” mentre il loro rivale terminava con un teatrale: «Sono desolato di aver interrotto questo romantico, magico momento!»
Vera, ribollendo di rabbia e d’imbarazzo fino all’orlo, chinò il capo. Avrebbe tanto voluto essere un Blaziken per tirargli un bel Calciardente nelle parti basse.
«Ohh, la piccolina arrossisce!» esclamò Harley, fingendosi intenerito. «Ci vediamo sul palco, pivellini, non vedo l’ora di stracciarvi di nuovo!» gridò, allontanandosi.
«Lasciamolo perdere, è solo un pagliaccio» fu il secco commento di Drew.
La Coordinatrice annuì, anche se non poteva reprimere la sensazione di fastidio che provava ogni qualvolta venivano presi in giro.


 

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Angolo Autrice
Vi prego, immaginateli Vera e Drew che ballano. Perché sono belli e preziosi e romantici.
Per la casa di Lucinda mi sono ispirata a un monolocale che ho visitato.
La scena del Pozzo è basata sull’anime/videogioco e la risata che sentono è di Spiritomb che abita lì dentro, anche se loro non lo sanno.
#Curiosità6: Scrivendo e correggendo questo capitolo ascoltavo una versione rallentata della canzone Everytime we touch di Cascada durante la prima parte del ballo, per poi passare a una versione remixata durante la seconda. Secondo me è perfetta!
Alla prossima!
-Alex-

 

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Capitolo 13
*** Una scommessa per Harley ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 12: Una scommessa per Harley ~

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A Evopoli il soggiorno non era stato piacevole: c’era muschio fin sulle pareti – di un bianco abbastanza deprimente – per non parlare dei letti, così sottili che sembravano dover crollare sotto al loro peso. Perciò, quando Vera entrò nella stanza che avevano prenotato a Flemminia, le cadde il borsone di mano: era meravigliosa! Semplice, tutta di legno, ma accogliente, con le coperte a quadri sui materassi morbidi.

«Non è bellissimo?» chiese, non appena entrò anche Drew e posò distrattamente il proprio zaino a piè di uno dei due letti.

Lui alzò un sopracciglio, scettico. Se fosse scoppiato un incendio, quella stanza avrebbe preso fuoco come una banana flambé. Ma sapendo quant’era paranoica Vera era meglio che si tenesse tal considerazione per sé. «Uhm, sì, carina.»

Poco dopo, mentre lei stava togliendo e sistemando alcune cose nella borsa, Drew si decise a farle una domanda, che ormai gli frullava in testa da un po’: «Senti… Potresti non partecipare alla Gara?»

Vera si girò. Per un attimo, un sorrisetto trionfale le apparve sul viso: le stava forse chiedendo, in modo implicito, di lasciargli una vittoria, perché aveva paura di essere sconfitto? Anche se, effettivamente, non sarebbe stato un comportamento degno del suo rivale. «E per quale motivo?» chiese perciò, stranita.

«Voglio dare una lezione a quella sottospecie di cactus ambulante.»

«Intendi Harley?»

«E chi sennò?»

 

Poche ore dopo ebbe inizio la Gara. Vera, confusa con il resto della folla, era concentrata nei suoi pensieri, al punto da non far caso alle esibizioni che si susseguivano sul palco, di cui, francamente, non le importava. L’importante era venire a capo di quel mistero: perché Drew aveva insistito così tanto per sfidare Harley un’altra volta? Arrivò a due possibili opzioni. Opzione uno: per orgoglio, siccome dal primo giorno che li aveva visti insieme non aveva più smesso di tormentarli e prenderli in giro. Opzione due: per fargli capire che, per quanto le sue parole potessero essere velenose, sarebbe rimasto sempre un perdente. O forse entrambe, chissà cosa gli passava per la testa. Se glielo avesse chiesto, di sicuro non le avrebbe risposto, o nella peggiore delle ipotesi si sarebbe arrabbiato.

La trance in cui era immersa, venne rotta come una bolla di sapone dalla voce giuliva di Marian, che annunciava la venuta del turno di Drew. Vera si riscosse, cominciando a sentire di nuovo gli schiamazzi circostanti.

Eccoli, lui e Roserade, immancabilmente eleganti persino mentre compivano un’azione semplice come camminare. Un turbine di foglie violacee alternato alla polvere paralizzante invase l’arena, tanto bello quanto pericoloso. Il sorriso sul volto di Vera, mentre li applaudiva, venne presto sostituito da una smorfia: il concorrente dopo era Harley. Affiancato dal suo Cacturne, con quel sogghigno sempre onnipresente.

 

Drew aveva scelto Roserade in quanto suo starter, cioè il Pokémon un passo avanti al resto della squadra. Le mosse speciali degli altri le stava tenendo segrete in preparazione al Gran Festival, ecco perché a volte si alzava all’alba e spariva, andando chissà dove ad allenarsi. In quelle occasioni, quando Vera si svegliava, trovava una rosa sul comodino e un biglietto di avviso; il letto accanto al suo era perfettamente fatto, come se la notte non ci avesse dormito nessuno, infatti di lui non v’era traccia, però era sempre di ritorno nel giro di alcune ore.

Comunque, tornando a noi, era una coincidenza curiosa che anche Harley per quello scontro avesse scelto il proprio starter: quasi come se, in realtà, avesse ben chiare le sue intenzioni. Infatti, quando Drew lo fermò nel backstage per dirgli: «Facciamo una scommessa» l’uomo non sembrò affatto sorpreso.

«Oh oh. Che scommessa sarebbe?»

«Se perdi, la smetterai di dare fastidio a me e a Vera» propose Drew, guardandolo in un modo che non lasciava trapelare emozioni. Sul suo viso non c’era ombra d’ironia.

Harley, invece, sembrava trovare divertimento nella cosa. Chissà quali pensieri meschini gli frullavano in mente. «E se vinco, invece, cosa ci guadagno?»

«Ti regalerò uno dei Fiocchi che possiedo.»

Bastò quella frase per far rizzare le orecchie al suo avversario, che si sfregò le mani, deliziato dal suono soave che aveva l’idea di “Fiocco gratis”. «Ohhhh, allora ci sto! Ti pentirai di essere stato tanto ingenuo!»

«Dubito che vincerai» sentenziò Drew, prima d’imboccare il corridoio d’entrata. Harley iniziò a seguirlo a distanza, sciogliendo le dita che aveva tenuto incrociate dietro la schiena per tutto il tempo.

 

«Megassorbimento!»

«Schivalo e vai con Semitraglia!»

«Svelto, Roserade!»

«Ros!» Il Pokémon Floreale si scansò all’ultimo secondo, mandando così a vuoto la violenta raffica di chicchi che si infranse contro il terreno. Colto l’attimo di sconcerto alzò le rose all’alto e cominciò ad attirare verso sé, in una lieve luce verde, l’energia del suo avversario, che si buttò in ginocchio straziato. Drew, a quel punto, schioccò le dita. L’energia risucchiata da Roserade esplose sul campo in una pioggia di freschi luccichii. In contemporanea alle grida meravigliate degli spettatori, ci fu anche il suono che segnava l’eliminazione di Harley sul tabellone.

«Nooooo!» protestò, indignato, portandosi le mani nei capelli. Non riusciva ad accettare di essersi fatto battere ancora da quel piccolo insolente!

«Cacturne non è più in grado di combattere! Vincono Drew e Roserade!»

All’annuncio di Marian, Vera sorrise e applaudì. Non aveva avuto dubbi nemmeno per un attimo sul fatto che alla fine Drew avrebbe vinto, lasciando quel furfante con l’amaro in bocca. Poi, però, si ricordò che quel Fiocco per Drew era già il terzo, mentre lei era ancora al secondo… Possibile che riuscisse sempre a superarla?

 

Vera, mentre tutti si alzavano per andarsene, sgattaiolò sul palco sia per congratularsi di persona con Drew, sia per trascinarlo via, altrimenti avrebbe corso il rischio di ritrovarlo sepolto sotto un’orda di fan malate d’amore.

«Siete stati bravissimi!» esclamò, sorridendo.

Il verde, fingendosi lusingato, si scostò elegantemente il ciuffo. «Grazie, ma avremmo potuto fare di meglio.»

«Non credo proprio» lo contraddisse Harley, ch’era spuntato, come un Foongos, alle loro spalle. Adesso non rideva più.

«Che ti avevo detto?» lo derise il Coordinatore, con un’alzata di spalle.

Harley imprecò in silenzio. «Tutta fortuna! Ah, a proposito.» Il sorriso però tornò presto sul suo volto falso. «Avevo le dita incrociate, quindi della scommessa non se ne fa niente!» Esplose in una risata grossolana e fece qualche passo in direzione dell’uscita, voltandosi indietro un’ultima volta. «Ah, ricordatevi di spedirmi l’invito per il vostro matrimonio, non posso proprio mancare!»

Drew era troppo maturo per aver anche solo sperato che lui mantenesse la parola e per offendersi per una presa in giro così banale. Vera, invece, normalmente sarebbe andata fuori di testa, fumando come una teiera dalle orecchie per l’imbarazzo. Questa volta, invece, ridusse gli occhi a due fessure per calmarsi. «Certo, puoi contarci! Sarai il primo ad essere invitato!» sibilò, a denti stretti, con un sorriso sghembo e sornione.

Harley fece una smorfia, sorpreso che fosse stata al gioco: non c’era divertimento così… Fece un verso sdegnato e – finalmente, aggiungerei – se ne andò.

 

 

«Aaah, basta, è da un’eternità che camminiamo!» Le ginocchia molli di Vera cedettero, lasciandosi andare a terra. «Questo Percorso non finisce più!»

«È la centesima volta che lo ripeti» le fece notare Drew, girandosi verso di lei con le braccia sui fianchi. «Quanto ancora continuerai?»

«Fino a quando non ci fermeremo!»

Drew fece schioccare la lingua in segno di disapprovazione, ma ormai si era già seduta e non poteva trascinarla con la forza. «Soltanto cinque minuti, è pericoloso stare qui» concesse.

Era proprio un’incosciente. Ma non lo capiva che entro poco avrebbe fatto buio? Non vedeva i Kriketot che li spiavano dal folto dell’erba alta, sfregandosi le chele, come se non aspettassero altro che il momento giusto per attaccarli? Oppure che ogni roccia che incrociavano era in realtà un Geodude che, al loro passaggio, appena si voltavano rivolgeva loro un’occhiataccia intimidatoria?

«Grazie, grazie!» La Coordinatrice tirò un sospiro di sollievo e allungò le gambe, levandosi la borsa dalle spalle indolenzite. L’allegria che le incorniciava il viso, però, in un attimo si tramutò in dubbio. «Drew?»

«E ora si può sapere che c’è?»

«Inizio ad avere fame! Abbiamo qualcosa da mangiare, vero?»

Silenzio.

Drew si bloccò e sbatté le palpebre, colto alla sprovvista, perché il suo stomaco non aveva ancora dato segnali di protesta. Il cibo era stato uno dei suoi ultimi pensieri. Contava di comprare qualcosa al Caffè che secondo la Mappa avrebbero incontrato lungo la strada, prima di scoprire che quel giorno era chiuso. Uhm. Poteva essere un problema.

«Allora?» incalzò lei, impaziente.

«No.»

«Eh?»

«… Vera, no, non abbiamo niente.»

Ancora silenzio. Vera si era incantata: non si muoveva più e fissava un punto nel vuoto.

«Vera? Ehi?» Drew le passò un mano davanti alla faccia. Niente, restava immobile. «Vera?!»

«M-Moriremo di fame…»

«Avanti, non è mica la fine del mondo.»

«Non è la fine del mondo?!» ripeté, indignata che lui non capisse la gravità della situazione. «Invece sì! Moriremo qui e diremo addio ai nostri amici e alle nostre famiglie senza mai realizzare il sogno di diventare Super Coordinatori!»

«Suvvia, sono solo due giorni da qui a Memoride…»

Vera sgranò gli occhi e si sentì mancare, cascando sull’erba come un sacco di patate. Drew sospirò: la solita drammatica mangiona.

 

 

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Angolo Autrice
Ciao!
Ho fretta di scrivere il prossimo capitolo, poi questo lo riguarderò… Ma è già tanto che pubblico perché oggi ho fatto la cresima e sono appena tornata dall'Iper (mi sono comprata la Wii :3 :D)
Ringrazio ancora chi legge e chi recensisce, mi fate davvero tanto felice! :) Alla prossima!
CiaoCiao
-Alex-
 

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Capitolo 14
*** Grazie, Altaria! ***


 

♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 13: Grazie, Altaria! ~

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Vera dischiuse piano gli occhi e si voltò, finendo distesa su un fianco. Grazie a quel movimento una rosa, che era stata posata sopra le coperte in prossimità del suo petto, cadde di lato. La raccolse, curiosa, rigirandosi lo stelo tra le dita. Ne annusò il profumo dolce per svegliare almeno il proprio naso, mentre cercava di ricordarsi qualcosa della sera prima. Iniziò col capire dove fosse, cioè dentro la loro tenda. Poi si accorse di avere ancora addosso i vestiti da viaggio invece del pigiama, tranne bandana e guanti, che erano stati ripiegati con cura sotto il suo cuscino anziché solo buttati lì tutti spiegazzati come al solito. Il posto accanto era vuoto, in perfetto ordine. Si tirò su, strofinandosi gli occhi con l’indice, per poi aprire la tenda e uscire a gattoni sull’erba rugiadosa. Pensava di doversi riparare dal sole, ma il cielo portava ancora con sé i colori scuri della notte che andavano sbiadendosi. Il suo rivale sarebbe stato pazzo a volersi allenare a un orario del genere, come invece capitava spesso nelle prime ore del mattino. Infatti non era lontano: lo trovò accucciato dietro dei cespugli, in religioso silenzio, che non muoveva un muscolo come se fosse una scultura.
«Drew…» lo chiamò, con voce più mugugnante di quanto avesse voluto. «Che ci fai sveglio a quest’ora? È prestissimo…»
«Ma buongiorno, principessina.»
«Che mi è successo…?»
«Ieri sera sei svenuta» tagliò corto il rivale. Non sembrava voler intrattenere una conversazione, forse perché era troppo presto – esisteva una tacita regola secondo la quale non si dovevano fare domande che non implicassero risposte a monosillabi prima delle otto. Oppure, dato che sembrava perfettamente sveglio, era troppo occupato in qualcosa d’importante che al momento a lei sfuggiva per parlare. Arrossì al pensiero che di sicuro l’aveva presa in braccio, rimboccandole premurosamente le coperte.
Avrebbe voluto dirgli grazie, ma si bloccò appena in tempo, perché non avrebbe saputo spiegare il perché di quel grazie senza andare nel pallone. Perciò meglio far finta che non fosse accaduto nulla. «Mi dici che stai combinando?» gli domandò piuttosto, curiosa, sporgendosi da dietro le sue spalle. Tutto ciò che vide furono pini scuriti dal buio, come nel resto del paesaggio.
«Aspetto.»
«Aspetti? E che cosa?»
Drew si arrese con uno sbuffo alla sua curiosità. «Ho sentito che uno stormo di Swablu e Altaria che sta migrando verso sud dovrebbe sorvolare questa zona, oggi… Ci tenevo a vederli.»
Il cuore di Vera al sentire il nome Swablu ebbe un sussulto. Fece un sorriso mesto, mentre la nostalgia le stringeva il cuore. Quanto tempo era passato da allora? Tre anni, forse meno, forse di più. Prese a giocherellare con due fili d’erba, fingendo che fossero ciuffetti azzurri, lontana con la mente.
Siccome non aveva risposto con entusiasmo come al solito, Drew si voltò. Qualcosa nel suo sguardo non lo convinceva. «Tutto bene?»
«Sì, non preoccuparti.»
Neanche quel piccolo sorriso lo convinse. Le rivolse un’occhiata dubbiosa, ma decise di non insistere. Piuttosto, gli venne in mente un modo per risollevarle il morale, qualsiasi cosa avesse. «Se ti va, ho trovato del cioccolato nel mio zaino… È un po’ vecchio, ma sempre meglio di niente.»
Si aspettava un gridolino di gioia e di vederla frugare con impeto tra la sua roba buttando tutto all’aria, invece no.
«Non ho fame» rispose, pacata.
Il verde a quel punto inarcò un sopracciglio, perché non era mai capitato che la sua compagna rifiutasse del cibo. Si preparava sempre dei panini giganti e ordinava almeno due porzioni di pasta nei locali, inoltre doveva cominciare la giornata almeno con un’abbondante tazza di latte, cascasse il mondo. Si soffermò inavvertitamente sui suoi fianchi, chiedendosi come potessero essere così snelli e armoniosi... Distolse subito lo sguardo con orgoglio. Di sicuro si convertiva tutto in energia, era l’unica spiegazione plausibile, che spiegava anche perché fosse sempre un tornado di buonumore. Tranne quella mattina. «Ho sentito bene? Vera, non è che hai la febbre?»
Si avvicinò per tastarle la fronte e la ragazza gli spostò gentilmente la mano. «Sto benissimo, te lo assicuro, solo che adesso non ho fame.»
Drew assimilò la risposta in silenzio, poi si alzò in piedi. «Ferma qui» le impose, con il risultato di venire seguito dai suoi occhi confusi durante il tragitto fino allo zaino, al quale s’inginocchiò davanti per aprire la tasca anteriore. Quando tornò nell’esatto posto di prima stava scartando un involucro argentato da una tavoletta.
Vera ebbe appena il tempo di farfugliare: «Che stai facendo…?» che subito dopo le venne ficcato in mezzo alle labbra un quadratino di cioccolato. Prima sbatté le ciglia, sbigottita, poi masticò lentamente e nella sua bocca si diffuse un amarognolo sapore di cacao. Fu un sollievo e all’improvviso si ricordò dell’esistenza del proprio stomaco, così insaziabile, che ora conteneva solo quell’irrisoria quantità di zuccheri. «Forse ho cambiato idea, un po’ di fame mi è venuta…»
Senza dire nulla, il rivale le passò la barretta con un sorriso compiaciuto.

La Coordinatrice mangiò in silenzio, lanciandogli occhiate indiscrete di tanto in tanto. Non aveva dubbi preferisse il cioccolato fondente, duro come la pietra e che impastava la bocca d’amaro, invece dei tipi più dolci che si scioglievano al primo morso. Non finì tutta la tavoletta, perché si sarebbe sentita in colpa a non lasciarne neanche un po’ per lui. Perciò, prima che la sua mano si muovesse da sola e ne staccasse in automatico altri pezzi, si alzò per rimetterla a posto.
Dopo aver mosso un passo, però, il suo piede beccò un sassolino che le fece perdere l’equilibrio. Gridò per la sorpresa e cadde addosso a Drew, che attutì involontariamente la sua caduta finendo sdraiato sul terreno.
«C-Che diavolo ti salta in mente?!»
«Scemo, sono caduta!»
«Fammi capire, chi sarebbe lo scemo?!»
L’imminente battibecco dei due venne stroncato sul nascere da un ringhio. Si pietrificarono.
«Cos’è stato?» domandò lei, col batticuore. Afferrò d’impulso la giacchetta del rivale, scostandosi piano piano dal suo corpo, ma senza lasciare la presa per la paura.
«Non lo so, ma faremmo meglio ad andarcene…» suggerì il verde, mentre entrambi con cautela si riportavano in piedi; la mano di lei ancora agguantava ansiosa la stoffa lilla.
Dagli alberi della foresta sbucò fuori un Ursaring, che ringhiò di nuovo, un ringhio rauco e cavernoso che li fece trasalire.
Drew indietreggiò, trascinando l’amica con sé. Lanciò un’occhiata agli zaini con dentro tutte le Sfere Poké, troppo lontani per essere raggiunti senza uno scatto. E di fare scatti non era proprio il caso, o la situazione sarebbe potuta finire male. Nel frattempo il terreno tremò sotto alla mole di altri due bestioni che affiancarono il loro simile.
«Le nostre urla devono averli svegliati…» intuì lui, senza muoversi di un millimetro.
Vera non l’aveva mai visto così teso, ma era comprensibile, perché sarebbe stata sufficiente una semplice zampata per procurare seri danni a entrambi. «Non avranno il mio cioccolato» borbottò, serrando la presa sulla barretta sotto al suo braccio. Proprio allora il capobranco la perforò con gli occhi e avanzò minaccioso, facendola sobbalzare.
«Dagli quello stupido cioccolato, Vera! O forse preferisci morire?!»
La ragazza rimase paralizzata. Non tanto per l’indecisione di dire addio alla sua unica attuale fonte di sopravvivenza, ma perché aveva paura di fare una mossa sbagliata. Ne sarebbe bastata solo una per ritrovarsi dilaniata in una pozza di sangue.
«Aaaaeeelt!»
Proprio allora dei versi eufonici accompagnati da frenetici battiti d’ali si fecero sentire e uno stormo di cotone bianco coprì il cielo.
«Gli Altaria!» gridarono all’unisono i Coordinatori, mentre gli orsi si guardavano attorno per capire cosa stesse succedendo.
All’improvviso, uno dei volatili azzurri si lanciò in picchiata colpendo l’Ursaring più vicino a loro con un Aeroassalto così violento da sbatterlo contro un tronco. I restanti arretrarono, troppo colti alla sprovvista per un contrattacco, mentre l’Altaria protendeva in avanti la testa e strideva un verso d’avvertimento.
Perché ci ha aiutati?” Era la domanda che si ponevano i due, da inerti spettatori.
Il Pokémon Canterino approfittò di quegli attimi di tregua per accovacciarsi con le soffici ali ritratte e fu allora che puntò i piccoli occhi in quelli di Vera. Furono pochi istanti, ma le bastarono per capire.
«Sei… Sei tu?» sussurrò, avvicinandosi.
In risposta, Altaria le strusciò con affetto il muso contro la faccia. La ragazza gli gettò le braccia al collo, sentendo le lacrime di gioia pizzicarle senza controllo gli occhi. «Piccolo mio, sei davvero tu?» richiese, ancora troppo meravigliata per crederci sul serio. Venne avvolta in un abbraccio morbido e dolce come zucchero filato. «Mi sei mancato tanto…»
Drew assistette in silenzio alla scena e non riuscì a trattenere un sorriso intenerito.
Il commovente incontro venne interrotto dai ringhi sommessi degli Ursaring, perché il capo si era ripreso dalla botta e digrignava rabbiosamente i denti, in testa al gruppo.
L’abbraccio si sciolse e Vera rivolse all’amico di vecchia data un’espressione combattiva, che la ricambiò con un deciso asserimento.
«Altaria, usa Canto!»
Il drago si voltò, determinato, lasciando fluire fuori dal becco bianco una melodia celestiale che gremì l’aria con la pienezza delle sue note. In poco tempo una tremenda sonnolenza colse i nemici, che crollarono a terra con un tonfo, addormentati l’uno sopra l’altro.
 

Quando furono abbastanza lontani, Vera non la smetteva di accarezzare Altaria e di ripetere quanto fosse cresciuto e diventato forte in quegli anni di lontananza.
«Dimmi un po’, come vi siete conosciuti?» le domandò Drew.
Vera diede un’altra carezza amorevole al Pokémon sotto alla gola e sorrise. «Vedi, durante il mio viaggio a Hoenn mi sono presa cura di lui per un po’, quand’era ancora uno Swablu.» Chiuse gli occhi, ripensando all’immagine dell’uccellino rannicchiato e spaurito che conservava nella mente. «Purtroppo era stato ferito alle ali durante un temporale…»
«Oh, capisco. Dev’essere stato un grande shock, per lui…»
«Già, ma con il mio aiuto e quello dei miei amici ha imparato di nuovo a volare! Vero, piccolo?»
«Aaaalt!»
«Beh, perché non lo catturi?» propose Drew, spontaneamente.
Quella proposta spiazzò la sua compagna di viaggio. Non aveva pensato a quell’alternativa: era convinta di dovergli di nuovo dire arrivederci, piangendo solo una volta che fosse sparito nel cielo, ma forse…
«Altaria… Ti andrebbe di venire con me?» gli domandò, con il cuore in gola.
Il drago tacque, ma in realtà aveva già fatto la sua scelta nell’istante stesso in cui si era distaccato dal resto del branco per accorrere in aiuto della sua preziosa amica. Strusciò di nuovo il muso sul suo volto, in cui si fece subito strada la più sincera emozione.
 


 

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Angolo Autrice
 Ciao!
Piaciuto questo capitolo? Ho visto qualche giorno fa la puntata di Swablu e ho pianto tanto… Non era giusto che se ne andasse, allora perché non farlo tornare qui in Desire?

#Curiosità7: Per tutta la storia, inizialmente, fu usata Lilian come presentatrice delle Gare. Fu una grande svista, dal momento che la presentatrice di quelle a Sinnoh si chiama Marian, Lilian invece presenta quelle di Kanto e Vivian quelle di Hoenn.
Grazie a chi legge, recensisce e anche chi segue in silenzio!
Alla prossima!

-H.H.- 

 

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Capitolo 15
*** Tra la nebbia di Memoride ***


♥ Desire to be together ♥
~ Capitolo 14: Tra la nebbia di Memoride ~
 
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«Ahi! Insomma, vuoi stare attenta a dove voli?!»
«Levati, ti stiamo venendo addossoooo!»
Drew ordinò a Flygon un’ottima manovra e si spostarono di lato, appena in tempo per non essere investiti.
Siccome il tragitto sul Percorso 210 in direzione di Memoride si prospettava faticosamente lungo, oltre che avvolto da una perenne cortina nebbiosa, avevano avuto la grande idea di percorrerlo a bordo dei rispettivi Pokémon Volanti, per arrivare prima. L’unico problema era che Vera non aveva la minima esperienza di volo e non riusciva a dare le indicazioni giuste al momento giusto.
«Sei un’imbranata» la rimbeccò il rivale, acido. «Scommetto che il tuo Altaria non saprebbe nemmeno affrontare un combattimento aereo» insinuò, mentre la libellula della sabbia virava, rimettendosi sulla rotta corretta.
Gli occhi di lei s’infuocarono. «Come ti permetti di prenderci in giro?!» gridò, prima di puntare un braccio in avanti, crucciata. «Dragospiro, vai!»
«Anche tu, Flygon!» contrattaccò prontamente lui, lieto di aver dato il via a una sfida per movimentare un po’ la giornata.
I getti di calore si scontrarono, causando un’esplosione che costrinse entrambi ad arretrare.
«Argh…! Dragospiro, Dragospiro, Dragospiro, Dragospirooo!» ripeté la ragazza, agitando furiosamente braccia e gambe: stava perdendo la pazienza!
«Tutto inutile» fu la cantilena superba dell’altro, mentre il Pokémon Magico, senza nemmeno bisogno che gli venissero dati ordini, evitava tutti gli attacchi con eleganti capriole, facendoli andare a vuoto o addirittura a urtarsi in potenti scoppi.
«Altaria, ora usa Beccata!»
Il volatile azzurro si sporse, puntando in picchiata verso l’avversario, che però salì con una spinta data dalla corrente d’aria.
«Mi spiace, la nostra lotta finisce qui. Devo andare a controllare una cosa, nel frattempo vedi di non cacciarti nei guai» fu la rapida raccomandazione di Drew. Poi sparì insieme all’alleato sopra a una coltre di nuvole, grazie a un agile rimbalzo.
«Ehi, aspetta!» provò a chiamarlo lei, tendendo un braccio, mentre Altaria sbatteva ancora placidamente le ali. Sbuffò, seccata: proprio non sopportava quando la piantava in asso in quel modo, senza spiegarle mai niente.
 
«Dove siete? Drew, Flygon?» chiamò a gran voce la Coordinatrice, non vedendo i due ancora da nessuna parte. Si era stancata di stare lì in mezzo come una scema ad aspettarli. Continuava a guardarsi in giro, per quanto le enormi ali di cotone che sbattevano senza sosta del suo Pokémon glielo permettessero. «Altaria, andiamo un po’ più giù, forse sono scesi…» ipotizzò, sporgendosi verso la testolina del drago, che annuì vigoroso per poi iniziare goffamente a planare.
Più scendevano e più la loro visuale si sfocava. La nebbia avvolgeva tutto come sotto un mantello, colorando il cielo di un bianco sporco e cinereo.
Altaria frenò di colpo allo sbattere bruscamente il muso contro una parete di roccia. Spinse forte, aiutandosi con le ali, per tirare fuori il becco dal buco creato dall’impatto.
«Ehi, piccolo, come stai?» gli chiese Vera, preoccupata, facendogli una carezza sul capo per rassicurarlo.
«Aet…» rispose abbuiato il Pokémon, ancora dolorante. A quanto pareva era rimasto un po’ maldestro come ai vecchi tempi.
«Cos’è questo rumore?» domandò lei, curiosa, anche se sapeva che purtroppo non le sarebbe arrivata la risposta del rivale. Proseguendo verso sinistra udirono più chiaro un forte scroscio e percepirono l’aria pregna di umidità.
«C’è una cascata!» esclamò, meravigliata. Avvicinò le mani al corso e si sciacquò la faccia, schizzandosi un po’ i capelli con le goccioline zampillanti. Era acqua gelida, ma pura e limpida, come ci si aspetterebbe da qualsiasi fonte montana.
«In realtà ce ne sono due, di cascate» la corresse una voce.
Si girò e vide Drew a neanche un metro di distanza da loro, sempre in groppa al suo Flygon, che sorrideva con sicurezza. «Drew!» fece, sollevata. Ma subito il sorriso contento che le era spuntato senza volerlo sulle labbra si sostituì con una smorfia. «Insomma, dov’eri finito? Non è carino sparire così!»
«Stavo controllando quale fosse il sentiero più breve da seguire. Se continuiamo a volare a questo ritmo arriveremo tra una ventina di minuti.»
«Perfetto!» esclamò Vera, entusiasta. «Che aspettiamo? Forza, Altaria, facciamogli vedere di che pasta siamo fatti!» Alzò un braccio con decisione e il Pokémon Canterino partì a tutta birra.
Drew rise e sfrecciò nella direzione opposta. «Memoride è dall’altra parte, imbranati
 
Memoride era costruita su diversi livelli di pietra. Si percepiva un’atmosfera strana, come se si fosse ancora nel passato, passeggiando tra le sue vie. Nel livello più basso si trovava una grotta, con delle massicce statue di Dialga e Palkia riprodotte fedelmente all’entrata, uno a destra e l’altro a sinistra.
La prima meta dei Coordinatori fu il Centro Pokémon, sia per prenotare il soggiorno per la notte, sia perché Vera aveva fretta di posizionarsi davanti al videotelefono.
Mentre componeva il numero Drew si fece da parte sedendosi su un divanetto, per lasciarle un po’ di privacy. Inizialmente vide come sfondo parte del salotto di casa sua, cioè mezzo sofà color crema e una pianta vicino all’ingresso. Poi spuntò la faccia di Max. «Sorellona, sei tu!»
«Ciao, fratellino! Come te la passi?» domandò lei, sorridendogli. Dato che non si vedevano più tutti i giorni ma solo di rado si sforzavano di non litigare, perché in fondo sentivano la reciproca mancanza. Si sorprese anche stavolta di quanto fosse diventato grande: il suo viso stava perdendo rotondità e il suo corpo magro allungandosi, nulla a che vedere con l’immagine del nanetto a cui era abituata ad associarlo.
«Non c’è male! E tu? Com’è Sinnoh?» domandò curioso il ragazzino, sistemandosi gli occhiali. Mancava poco al compimento dei suoi dieci anni, così finalmente avrebbe potuto intraprendere un viaggio tutto da solo e scegliere un Treecko come starter, il suo sogno da quando di anni ne aveva solo sei.
«È una regione splendida!» gli assicurò la sorella. «Guarda qua, ho già vinto due Fiocchi!» annunciò, tirando fuori il cofanetto dal marsupio per mostrargli le sue conquiste provenienti da Giubilopoli e Cuoripoli.
«Quanti ne ha vinti Drew?» azzardò saccente il più piccolo. Sapeva già da subito avrebbe colpito nel segno, infatti vide la fierezza di lei vacillare, come un palloncino che si sgonfiava punto da uno spillo.
«… Tre, ma non ha affatto importanza, perché presto lo raggiungerò!»
«Certo, certo…»
In quel momento spuntò Caroline, con addosso uno dei suoi classici grembiuli casalinghi, sempre gli stessi da quando i figli ne avevano memoria.
«Mamma!» esclamò Vera, con l’emozione negli occhi, mentre la donna si avvicinava allo schermo e le rivolgeva un sorriso. Sentì una fitta di nostalgia al pensiero che di sicuro stava preparando dei gustosi tramezzini da portare a papà nella serra, oppure dei buonissimi e fragranti biscotti.
«Come stai, tesoro, tutto bene?» le chiese, premurosamente.
Lei annuì e le mostrò il cofanetto, spiaccicandolo contro al vetro. «Guarda qua!»
«Che brava, ne hai già due? Complimenti, bambina mia!» Gli elogi della mamma erano sempre una botta di autostima: sapere che la sosteneva nella sua passione per le Gare la rendeva felice. «E dimmi, come va con Drew?»
«I-I-In che senso come va?» squittì, già in allarme perché intuiva dove sarebbe andata a parare la conversazione. Il chiamato in causa, al sentirsi nominare, si era girato indiscretamente.
«Vi siete già fidanzati?»
«MAMMA!» urlò Vera, all’apice dell’imbarazzo. Avrebbe tanto voluto sparire, perché sapeva che lui aveva perfettamente sentito tutto.
Fu allora che il Coordinatore si alzò e decise d’intervenire, con la massima discrezione. «Salve» disse, con un sorriso cordiale dipinto sulle labbra.
«Oh, Drew!» lo salutò Caroline, allegra, suscitando ancora più terrore nella figlia, perché temeva avrebbe potuto dire qualcos’altro di fuori luogo. «Come stai tu, caro?»
«Molto bene, signora, la ringrazio.»
«Ti stai prendendo cura della mia bambina? Ha combinato tanti guai?»
«Stia tranquilla, è in buone mani. No, non ha fatto danni… Almeno per ora.»
«Ehi!» protestò Vera, a guance gonfie d’orgoglio.


 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Che ne pensate di questo capitolo? Avendo giocato più volte a Pokémon Diamante, ricordo che la strada per Memoride mi trasmetteva sempre un’aria misteriosa, per questo ho voluto dedicarci un capitolo, pensando a come sarebbe figo attraversarla su un Pokémon. E la chiamata finale mi serviva per occupare un po’ di spazio, mettiamola così!
Grazie mille a chi legge, chi segue e chi recensisce! (Sì, sono ripetitiva, lo so XD)
Alla prossima.
-H.H.-
 

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Capitolo 16
*** Regali inaspettati ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 15: Regali inaspettati ~

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«Scusate, siete voi Vera di Petalipoli e Drew de LaRousse?» chiese cortesemente un postino. Si era presentato davanti ai Coordinatori con due scatole tra le mani, una sopra all’altra, avvolte da fiocchetti rossi.

«Sì, perché?» rispose lei, a nome di entrambi.

L’uomo posò i contenitori sul tavolino di vetro dinnanzi al divanetto dove i giovani stavano sfogliando insieme una rivista sui Contest, prima che li interrompesse. «Questi sono per voi» annunciò, sospirando di sollievo per essersi finalmente liberato di quella consegna.

Lo ringraziarono, vedendolo aggiustarsi il cappellino rosso sulla fronte e oltrepassare la porta automatica per raggiungere la bicicletta parcheggiata contro alla facciata del Centro.

«Chissà come ha fatto a sapere che eravamo proprio qui…» sussurrò Vera, sbattendo le ciglia.

«E chissà chi ci manda questi…» pensò invece ad alta voce Drew, che soppesò uno dei pacchi per capire se fosse fragile o meno e se contenesse qualcosa di grande o piccolo. «Beh, non ci resta che aprirli per scoprirlo.»

La sua compagna non aspettò che lo ripetesse e si fiondò subito sull’altro, come se fosse una grossa torta al cioccolato. Tolse il fiocco e sollevò i lati di cartone, trovando all’interno un cappotto di un delicato rosa. Vicino c’erano degli stivaletti marroni che arrivavano poco prima delle ginocchia, abbinati a una gonna a pieghe più scura. Per finire sul fondo vide una sciarpa e un basco di morbidissima lana di Mareep, insieme a un paio di pattini trasparenti come il ghiaccio.

«Che bello, che bello, che bello!» gridò, al settimo cielo. Strusciò il viso contro la sciarpa, così calda e soffice, passando il dito sulle frange. Non aveva mai avuto una mise speciale e alla moda apposta per l’inverno.

«L’altro pacco dev’essere per forza mio…» ipotizzò il verde, curioso. Sfilò elegantemente il nastro che legava la scatola ancora intatta, lasciandolo ricadere ai piedi del tavolo. La sua era una giacca con la cerniera, di un bel viola scuro, scelta per essere indossata insieme allo scaldacollo e agli scarponcini da neve, mentre i pattini erano gemelli di quelli nel primo pacco.

Nel frattempo, la ragazza aveva già messo il nuovo capo e si rimirava. «Allora, come mi sta?» domandò, sorridente, esibendo una piroetta.

«Bene» rispose sincero Drew, ma con un fondo di critica, perché non voleva che si montasse la testa. In effetti avrebbe dovuto provare tutto anche lui, per assicurarsi che la taglia fosse giusta. Quando infilò anche la seconda manica della giacca, però, una busta scivolò sul pavimento. La raccolse e mentre l’apriva gli occhi curiosi della rivale gli si piantarono addosso. Conteneva una lettera, ovviamente, scritta in penna blu e piegata in due identiche metà.

 

Ciao, ragazzi! Come va? A quest’ora scommetto che sarete diretti a Nevepoli… E scommetto anche che non avete nulla di adatto da mettere! Ma tranquilli, come potete vedere ho già pensato a tutto io! Spero vi piacciano, sono tra le mie ultime creazioni per la linea autunno-inverno di quest’anno. Vi ho lasciato anche dei pattini: serviranno senz’altro di più a voi che a me.

Divertitevi in mezzo alla neve e mi raccomando, venite a trovarmi se ripassate a Cuoripoli!

A presto ♥

Lucinda

 

Vera lesse il messaggio a voce alta. Poi le spuntò un sorriso. Allora Lulu era seria quando le aveva promesso di farle provare qualcosa il prima possibile. In effetti, notò che sul retro degli stivali c’era un’etichetta con scritto in corsivo Lucinda’s Style, in blu glitterato, la stessa nascosta nel resto della roba. Perché, così come nelle Gare aveva imparato che dovevano essere i Pokémon le star e non il Coordinatore, lei voleva che fossero le creazioni e non il nome a risaltare. Sfiorò la stoffa sorridendo dolcemente. Era felice per i regali inaspettati, sì, ma anche perché la sua migliore amica stava piano piano realizzando il suo sogno.

«È stato un pensiero gentile» commentò il ragazzo, nel mentre, riportandola alla realtà. Fece un verso d’assenso, agguantando in un colpo solo le scarpe e la sua amatissima sciarpa per rimetterle a posto e portare tutto in camera.

 

 

La bruna decise di non partecipare nemmeno alla Gara di Memoride, perché non si sentiva ancora pronta. Stava preparando un numero speciale con Glaceon da esibire a Nevepoli: chi meglio di lui sarebbe stato a proprio agio tra le montagne innevate?

Drew invece preferiva non perdere tempo. Gli era bastato il solito schiocco di dita seguito da una combinazione di mosse ad effetto, in questo caso un’Idropulsar combinata a Flash, che aveva letteralmente abbagliato la giuria, assicurandogli un posto in finale. Non c’era nessuno dei suoi vecchi rivali a ostacolarlo, per cui conquistare la vittoria contro uno di quei poveri ragazzini – determinatissimi, per carità, ma pur sempre principianti – era stato semplice.

 

Passarono il resto del pomeriggio nella loro stanza. Era fredda, spoglia del superfluo e i muri davano l’impressione di essere vecchi ma di poter reggere ancora parecchi colpi. Fuori dalla finestra il buio si stava piano piano insediando nel cielo, un misto tra il blu della notte e un tenue violetto.

Vera si era sdraiata in fondo al proprio letto, per giocherellare svogliata con la cerniera di uno degli stivali, mentre il rivale stava leggendo la stessa rivista del mattino. Come lei sospettava fin dall’inizio si trattava di riviste sulle Gare, o che parlavano di geografia, curiosità e leggende nel mondo, ecco perché era sempre così informato su tutto.

Momenti del genere, lontani dalla cena ma non abbastanza da poter organizzare qualcosa da fare, erano una noia per la Coordinatrice. Non c’era nemmeno un computer a disposizione per rispondere alle mail dei suoi amici lontani e un paese come quello non aveva negozi da offrire, o posti dove mangiare, tranne un’umile locanda. Inoltre aveva l’ansia di fare inavvertitamente un rumore che spezzasse il silenzio, disturbando il suo compagno, che a stare fermo non provava alcuna difficoltà. Sospirò, dando un’altra spintarella alla cerniera per farla ondeggiare. Poi, per caso, finì a soffermarsi sullo stivale destro. Scorse appena il pezzo di un biglietto, ripiegato con cura all’apice della punta. Furtiva, infilò la mano dentro e lo tirò fuori. Evidentemente era un messaggio super top secret destinato solo a lei. Si sdraiò di nuovo, stavolta dalla parte del cuscino, rivolta verso la porta per dare le spalle all’altro.

 

Ciao, Vera!

Allora, ti piace il cappotto? Con quello farai certamente colpo su Drew! Non hai nulla contro il rosa e il marrone, vero? Sono sicura che su di te staranno d’incanto.

Mi raccomando: la prossima volta che vi vedo voi due dovete essere già fidanzati, ci conto, eh! Buona fortuna ♥

Lucinda

 

Strinse convulsamente il foglietto. Lei non aveva bisogno di uno stupido cappotto invernale firmato Lucinda’s Style per fare colpo e poi non voleva fare colpo… O sì? Comunque sia non ne aveva bisogno, quindi decise – non per fare un dispetto all’amica, ma per orgoglio – che non lo avrebbe messo, a costo di morire congelata. Ma magari sui pattini poteva farci un pensierino…

 

 

Il giorno dopo si erano già rimessi in cammino, ma Vera come suo solito aveva insistito per fare una pausa. Tirava un vento gelido e il sentiero veniva incorniciato dai sempreverdi spruzzati di neve.

«Ti conviene lasciar perdere, io dico che cadi.»

«No, ho già imparat–» La ragazza fece un urletto di paura e, con gli straordinari riflessi che si mostravano solo ed esclusivamente quando ne aveva stretto bisogno, si avvinghiò con le braccia alla corteccia dell’albero più vicino per non cadere.

Il verde, che per un attimo l’aveva già vista col sedere per terra, cacciò un sospiro. «La vuoi smettere di fare l’incosciente?» la rimproverò.

«Eh?»

«Rifletti: se cadi e ti fai male mi spieghi cosa dovrei fare, visto che la città più vicina dista ore da qui? Come ti ci porterei?» le chiese, piccato.

Lei si rabbuiò: non voleva addossargli una simile responsabilità. Ma d’altra parte le dava anche fastidio che la trattasse come una bambina da accudire. Avevano la stessa età, perciò avrebbero dovuto trattarsi da pari.

«Non cadrò, non portare sfortuna» borbottò, prima di tentare una coraggiosa e tremula avanzata. Si muoveva… Si stava muovendo! Si aggrappò al pino successivo per fermarsi. «Ehi, Drew, guardami! Ci riesco, ci riesco!» cantilenò, entusiasta.

Drew sorrise. Era impossibile reprimere il pensiero che fosse carina, mentre volteggiava da una parte all’altra e la sua risata cristallina riempiva l’aria. «Tutta fortuna» commentò.

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Continuo a portarmi avanti perciò non preoccupatevi, gli aggiornamenti continueranno a essere più o meno regolari :)
Nell’universo che ho creato Lucinda è una stilista e tutto ciò mi sembra molto nello stile dell’anime, oltre che da anime in generale. Per entrambi gli outfit descritti mi sono basata su una fan art stupenda che vedrete tra qualche capitolo.
#Curiosità8: La ragazza a cui viene consegnata la bici verde è Bebe, l’inventrice del sistema di memoria dei box di Sinnoh, soltanto che i nostri protagonisti non lo sanno!
Grazie mille a chi segue, chi legge e chi recensisce!
Alla prossima.
-H.H.-
 

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Capitolo 17
*** Ogni azione ha le sue conseguenze ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 16: Ogni azione ha le sue conseguenze ~

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Vera iniziava a non sentirsi bene. La testa le vorticava, a stento riusciva a tenere gli occhi aperti e respirare a pieni polmoni le risultava estremamente difficile. Ancora sui pattini, stava appoggiata in precario equilibrio a uno dei tanti alberi.
Poco distante, Drew approfittava di quel tempo per allenarsi con Butterfree. Confusione, oltre a illuminargli le ali di un’aura color ametista, indirizzava verso l’alto gli Psicoraggi che uscivano dalla sua piccola bocca per scontrarsi e creare fini piogge arcobaleno. Si stava concentrando solo sul suo Pokémon, perciò non notò l’affanno della compagna, che sentiva le forze diminuire lentamente come se qualcuno gliele stesse succhiando via dal corpo, prosciugandolo. Senza rendersene conto, poi, allentò la presa… Cadde rovinosamente su un fianco, con un gemito di dolore e la mente offuscata che si spense.
Fu il tonfo sul ghiaccio a far voltare il Coordinatore. Stava già per formulare in automatico una battuta perché la goffaggine alla fine aveva trionfato sulla fortuna, invece no. Il suo cuore perse un battito: Vera non stava mugugnando di essersi fatta male, ma non si alzava più. Le corse incontro e si chinò per scuoterla.
«Vera?! Vera, dimmi qualcosa!» Niente, non si muoveva e gli occhi non si aprivano. Lui borbottò un’imprecazione, dando mentalmente della stupida prima a lei per aver voluto rimanere in maniche corte nonostante la temperatura vicina allo zero, poi a se stesso per non essersi accorto prima che aveva qualcosa. Restò una manciata di secondi con l’amaro in bocca e l’angoscia addosso, a pugni serrati, poi reagì. Prese dalla cintura la terza Sfera Poké, lanciandola verso il cielo. «Flygon, vai a cercare un riparo!»

La libellula della sabbia tornò una decina di minuti dopo, che al suo padroncino erano sembrati eterni. Le salì sulla schiena, stando attento a posizionare l’amica priva di sensi in maniera tale che, sorreggendola, non cadesse. Spiccato il volo s’introdussero a capofitto nel folto dei pini, ignorando gli aghi dei rami che spesso li sferzavano.
Arrivarono in una grotta abbastanza grande per entrambi. Tutti i Pokémon collaborarono per renderla un posto accogliente, senza distinzioni di squadre, spalando la neve fuori con le zampe o pulendo con le code.
Le tre farfalle afferrarono un lembo di sacco a pelo a testa e lo adagiarono sul terreno. Drew non sprecò altro tempo e vi distese la ragazza priva di sensi, con delicatezza. Le sue guance di norma rosee come pesche erano arrossate e respirava piano, affannosamente. Provò a metterle una mano sulla fronte, ma la ritrasse subito: scottava.
«Oh, no, non dirmi che hai la febbre…» sussurrò, pur sapendo che non gli sarebbe arrivata risposta. A volte la sua voce, ancora bianca e con una perenne nota ingenua, lo infastidiva. In quel momento invece avrebbe voluto sentirla più di ogni altra cosa. Giurò a se stesso che d’ora in poi avrebbe ascoltato tutto ciò che sarebbe uscito dalle sue labbra dolci, anche le lamentele e i pensieri più assurdi.
In cerca d’attenzione, Skitty gli strofinò il musetto sulla gamba. Teneva goffamente in bocca una coperta proveniente dallo zaino dell’Allenatrice. Perché lei si era presa cura di lui quando lo aveva incontrato senza forze la prima volta, nei pressi del Percorso 211, portandolo in un Centro di Aromaterapia.
Il verde sorrise, intenerito da quel gesto. «Siete molto preoccupati per lei, eh? Si vede che le volete bene.» Scompigliò il pelo del micio, che mollò la stoffa e dopo aver scrollato la testa corse dagli altri Pokémon.

Più il tempo passava, più l’ansia di Drew cresceva. E… Se non si fosse svegliata? Se non fosse riuscito a guarirla? Avrebbe avuto una vita umana sulla coscienza per sempre e si sarebbe pentito di non averle mai detto apertamente quanto per lui fosse importante. Quante occasioni aveva sprecato e buttato via? Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso, affaticato e irrequieto, come se fosse succube di un incubo. Si alzò come una molla, decidendo di fare qualcosa.
«Glaceon, Blaziken, mi serve il vostro aiuto» chiamò, severo.
I due Pokémon prima si scambiarono uno sguardo, come a darsi il reciproco okay di obbedire agli ordini di qualcuno che non fosse la loro Allenatrice. Poi fecero un passo avanti e un verso interrogativo all’unisono, in attesa di indicazioni.
«Glaceon, potresti raffreddare questo?»
La volpe artica annuì. Inspirò ed espirò profondamente, a occhi chiusi, così il suo alito gelido raggiunse il fazzoletto sul palmo di Drew che si coprì di una lievissima brina. Venne subito steso sopra la fronte calda della malata per darle un po’ di sollievo. Il suo respiro sembrò farsi meno agitato, ma era ancora scossa dai tremori.
«Blaziken, ora dovresti usare Braciere per accendere il fuoco» annunciò il Coordinatore, indicando un cumulo di bastoni accatastati in un angolo. «Gli altri attacchi sono troppo potenti, rischieresti di fare danni.»
«Blazeken…» sussurrò il Pokémon Vampe, dubbioso. Erano anni che non usava più Braciere. Non ne aveva più avuto bisogno una volta evoluto in Combusken, con l’apprendere di Turbofuoco… Scosse il capo, rassegnato.
«Rose rose!» (Non si ricorda più la mossa!) spiegò Roserade.
«Andiamo, Blaziken! Quante volte abbiamo contrastato il tuo Braciere? Com’è possibile che non ti ricordi come usarlo?!» sbottò Drew, adirato.
«Blaze blaze!» (Non è colpa mia!) protestò lo starter, a tono, con i pugni stretti dalla frustrazione che già fiammeggiavano.
«Ros, rooos!» (Ehi, state calmi!) Roserade si parò in mezzo ai due per separarli, poi protese una rosa verso il lottatore, prima che perdesse le staffe e lanciasse una Vampata improvvisa.
Il verde s’incupì. Non avrebbe trovato facilmente dei sassi, con tutta quella neve fuori, per accendere il fuoco da sé. Andò dal mucchio di bastoni, per cercarne uno che non avesse bisogno di essere smussato troppo, come gli avevano insegnato da bambino agli scout, ma era una causa persa in partenza, perché non aveva niente con cui creare una base e nemmeno un’esca per la brace. Infatti inveì sottovoce, scagliando quell’inutile pezzo di legno contro alla parete.
Fu in quel momento che Vera riprese un po’ di contatto con il mondo esterno. Vedeva sfocato, senza riuscire a distinguere facce e contorni. Alle sue orecchie arrivava solo un insieme di versi, ovattati da un fastidioso fischio di fondo. Nonostante ciò riconobbe subito la sagoma rossa e imponente che le era inginocchiata davanti.
«Braciere…» sussurrò, flebilmente, prima di richiudere gli occhi.
Qualcosa di sopito in Blaziken si risvegliò. Era la sua voce, che gli aveva fatto una richiesta… In un flashback fulmineo rivide le vittorie, le sconfitte, la paura, gli abbracci, quand’erano ancora un Torchic e una ragazzina alle prime armi… No, non aveva davvero dimenticato. Si posizionò davanti al bersaglio, strinse i pugni e provò ad aprire la bocca. Una scia di chicchi incandescenti si scontrò con la legna, generando al contatto un fuoco, autentico e ardente.
«Ce l’hai fatta!» esclamò Drew, sorridendo.
«Rooos!» (Evviva!)
Ci era riuscito! Blaziken ci era riuscito! Si sentì scoppiare il petto di gioia e orgoglio. Anche il resto della squadra si congratulò con lui, che andò a sistemarsi accanto alla malata, avvolta dalle soffici ali di Altaria accucciato sul sacco a pelo. Sorrise vedendo che aveva smesso di tremare e sul suo viso angelico si era dipinta un’espressione di sollievo.

Lo sfrigolio delle fiamme era l’unico rumore in quel freddo tardo pomeriggio. Drew fissava il paesaggio fuori dalla grotta, assorto.
D’un tratto Vera riprese conoscenza e tentò di alzarsi, ma sentì pulsare di dolore la parte destra del fianco e ricadde col fiato mozzato.
«Vera!» Lui, preoccupato, le si precipitò accanto. «Come ti senti?» chiese senza pensare, reggendola con una mano dietro la schiena.
«Male…» fu la roca risposta, seguita da un colpo di tosse.
«Ti rendi conto dello spavento che mi hai fatto prendere?!» l’attaccò subito, mentre lei chinava il capo, floscia come un fiore appassito.
«Scusami… Non volevo farti preoccupare…»
Quel mormorio così mortificato zittì il verde. Non doveva essere piacevole sentirsi rimproverare con durezza da appena coscienti. La vide posarsi una mano sulla fronte e poi strofinarla sugli occhi lucidi, frastornata, perché vorticava ancora tutto come se fosse sulle montagne russe.
«Mi vuoi spiegare perché non hai voluto mettere il cappotto di Lucinda?» le chiese, stavolta senza rabbia. «Eppure sembravi così felice all’inizio…»
Lo sguardo di Vera s’intristì. «Lucinda mi ha detto che con quello avrei fatto colpo su di te… Ma io non voglio fare colpo su di te per merito di un cappotto firmato…» mormorò, ancora rossa per la febbre, che probabilmente le aveva dato il coraggio di confessare la verità.
Il primo gesto che Drew fece fu darle una carezza sulla guancia, delicatamente, come se fosse qualcosa di prezioso. «Non hai bisogno di un cappotto per fare colpo, sai da quanto lo hai già fatto su di me? Ne hai bisogno per non ammalarti, ma ormai è successo… Pensa a guarire adesso.»

Stregata dal suono dolce della sua voce Vera annuì e richiuse gli occhi. Lui si sporse e le diede un lungo bacio sulla fronte per augurarle la buonanotte. Poi si appoggiò con la schiena alla parete di roccia, per cercare di addormentarsi.
Ormai erano rimasti svegli solo gli starter, che avevano osservato la scena dall’esterno del riparo, con le zampe affondate nella neve.
«Rose rose?» (Credi che ci vorrà ancora molto?)
«Blaze blazeken blaze.» (Secondo me per la fine del Grand Festival ce la faranno.)
«Ros?» (Come lo sai?)
«Blazeken!» (Conosco la mia Allenatrice!)
«Ros, rose ros… Roserade, roose!» (E io conosco il mio, non sarà facile… È così timido e riservato, a volte!)
«Blaze blaze? Blazeken!» (Quindi che si fa? Non voglio aspettare così tanto!)
«Ros rose rose!» (Allora credo proprio che ci sarà bisogno del nostro aiuto!)
Un sorriso increspò la bocca di Blaziken. «Bla?» (Hai un piano?)
Anche Roserade sorrise astutamente. «Rade!» (Esatto!)


 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Non ci credo, abbiamo superato le 50 recensioni *.*
Ci ho messo un bel po' a scrivere questo capitolo, ed è stata questa la causa del rallentamento improvviso degli aggiornamenti, ma ne sono soddisfatta almeno un po'. Spero che non risulti noioso. È nato tutto dall'idea di Blaziken che non sapeva più usare Braciere.
Grazie mille a chi legge e recensisce, mi fate davvero felice. 
Alla prossima!

-H.H.-

 

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Capitolo 18
*** Sperduti nella neve ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 17: Sperduti nella neve ~

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Avevano deciso di fermarsi per due giorni alla grotta, sacrificando un po' delle loro provviste, per permettere a Vera di rimettersi in sesto. La mattina della partenza sembrava aver imparato la lezione, infatti si era coperta per bene, con il cappotto rosato e la gonna di velluto di Lucinda. Inoltre, aveva infilata tra i capelli una splendida rosa rossa. Dove cavolo le prendeva Drew le rose fresche in mezzo alla neve? Bella domanda, ma a cui a noi non è dato sapere la risposta…

Lei e Drew camminavano con gli stivali immersi nella neve sul sentiero meno impervio che erano riusciti a trovare.

«Ce la fai?» chiese lui, indicandola con un cenno.

Vera annuì vigorosa, davanti al grosso – ma soprattutto scivoloso – cumulo di neve che avrebbe dovuto superare. Lui le tese lo stesso la mano per aiutarla a scendere, da bravo cavaliere. Lei, siccome non voleva rischiare di cadere all'indietro, la afferrò e si lasciò tirare. Dopo qualche passo di discesa si ritrovò appiccicata contro di lui. Si squadrarono a vicenda per qualche istante, un po' imbarazzati dall'essere così vicini così all'improvviso.

«Grazie…» gli disse, timida, ritraendosi.

 

 

«Benvenuti al nostro fantastico Reality Show!» Due mani a quadrato inquadrarono il paesaggio, fatto solo di neve, pini e bianche montagne all'orizzonte. «Oggi l'intrepida esploratrice Vera si trova in mezzo ai ghiacci…»

«Quando la finirai con questa pagliacciata?» la rimbeccò Drew, che camminava imperterrito davanti a lei.

«Mi invento queste cose per non aver paura, perché sono terrorizzata!» esclamò, buttandosi con le ginocchia a terra. «Non troveremo mai più il sentiero per Nevepoli!»

Drew si girò verso di lei con l'aria estremamente seccata e le braccia sui fianchi. «Sì, ci siamo persi. E allora? Ne usciremo. Ti ricordo che non è la prima volta che capita.»

Vera cacciò un sospiro demoralizzato. Aveva assolutamente bisogno di un letto ed una cioccolata calda. «Da che parte andiamo, ora?» chiese, dopo aver dato uno sguardo in avanti. Si creavano due strade divise dagli alberi, che probabilmente portavano infine su un sentiero diverso.

«Sinistra» propose Drew.

«Il mio sesto senso mi dice destra» intervenne Vera, guardando fisso nella direzione che aveva scelto. «Quindi, che si fa?»

Il verde non ebbe nemmeno un attimo di smarrimento: si tirò leggermente su la manica della giacca, quanto bastava per far emergere lo schermo del suo PokéKron. «Testa o croce?»

«Uhm… Croce!»

C'era silenzio e tensione nell'aria mentre la moneta virtuale guizzava in alto sullo schermo. Ricadde poi in contemporanea al suono di un tintinnio.

«… Croce» sospirò il verde, mentre la sua compagna già saltellava entusiasta di quella piccola e fortuita vittoria.

 

Più avanzavano, più faceva freddo e la neve aumentava di altezza. Erano arrivati a un punto in cui gli arrivava alle ginocchia e la fatica per muoversi era immane.

«Basta, non ce la faccio più!» Vera emerse da un mucchio nevoso con i capelli bagnati e il viso tutto rosso. Starnutì, strofinandosi rassegnata un dito sul naso: non era ancora del tutto guarita e quel clima non le faceva certo bene.

«Troveremo una soluzione prima o poi!» Drew sbucò accanto a lei, anch'egli nelle stesse disperate e fradice condizioni.

Ma Vera non sembrava disposta ad aspettare altro tempo. Scosse avanti e indietro con ira una Sfera Poké, che si aprì, rivelando il suo Blaziken che fece ardere i polsi di fuoco con un ruggito.

«Blaziken, Turbofuoco!» gridò, puntando il braccio in direzione di… Tutto.

Lo sguardo del Pokémon si fece serio e dalla sua bocca uscì una potentissima fiammata che rivolse a destra e a sinistra. La massa bianca in cui erano incastrati i due Coordinatori si sciolse lentamente sotto i loro piedi, finché l'aria nella zona fu consumata e non rimase che un'acquosa fanghiglia al posto della neve.

«Ottimo lavoro!» lo elogiò la padrona, prima di farlo rientrare. «Coraggio, Drew, andiamo!»

Vera e i suoi metodi delicati parte due…

Ora avrebbero avuto la strada spianata per proseguire un po' senza difficoltà. Iniziarono a camminare, con gli stivali che pestavano pozzanghere d'acqua evaporata, quando la castana all'improvviso di arrestò. Le era sembrato di intravedere una sagoma azzurrina tra i pini e poi di udire un verso impaurito. Avvertiva che c'era un'altra presenza oltre a loro, lì intorno.

«Cosa c'è? Spiriti, voci, rumori?» chiese il verde, beffardo.

Lei scosse la testa, ancora scossa, senza dar peso alla sua ironia. «Ho sentito il lamento di un Pokémon…» la sua affermazione veniva smentita dagli alberi che ondeggiavano placidi assieme al vento gelato ed il cielo terso. Insomma, non sembrava possibile che ci fosse scompiglio in una giornata così tranquilla.

«Sarà una tua impressione…» affermò con freddezza, dandole le spalle, pronto a continuare il cammino.

«Ti dico di no! L'ho sentito!» insistette Vera, imbronciata. Non le credeva mai! Eppure diceva la pura e semplice verità.

«Non è una novità che tu veda cose che non ci sono» fu un altro dei commenti scettici di Drew.

«Cosa vorresti insinuare con questo?» domandò, arrabbiata, parandoglisi davanti, a qualche centimetro dal suo naso per la precisione.

Lui diminuì ancora di più la distanza e ghignò. «Solo che hai una mente molto fantasiosa!»

«Quindi io mi inventerei le cose, eh?!» Gli occhi di Vera si assottigliarono. «Adesso ti faccio vedere io!» minacciò, dandogli una spinta che lo fece sbattere contro uno dei mucchi di neve accatastati ai lati salvi dall'attacco di Blaziken. «Muori, muori, muorii!» augurò con un'altra spinta, affogandogli completamente la faccia nella neve, mentre lui annaspava cercando di rialzarsi. Soddisfatta, si sedette nel punto dove sotto lo aveva annegato. Incrociò le braccia con orgoglio ed aspettò i suoi disperati lamenti poco virili in cui la pregava di togliersi perché stava per soffocare. Che però non arrivarono. Si sentì sollevata da due mani e poi buttata di lato.

Fece un gridolino allarmato ed atterrò a faccia ingiù dall'altra parte, sentendosi subito dopo schiacciata da un peso. Alzò lo sguardo. Drew era sdraiato comodamente sulla sua schiena con un'espressione trionfale stampata in viso.

«Ti dispiace? Dovrei alzarmi!» gli disse, irritata ed imbronciata, con le lacrime agli occhi dal nervoso.

Lui scosse la testa e negò con il dito. «Così impari a fare la furba.»

«E dai, sei pesante! Non riesco a muovermi!» mugugnò lei, con un vano tentativo di toglierselo di dosso.

«Io? Pesante? Parli proprio tu che mangi peggio del tuo Munchlax!»

«Non ho chiesto il tuo parere!» sibilò, acida.

«Vuoi che mi tolga? Va bene!» Mentre lei si stava dimenando furiosamente per alzarsi, Drew, con una sola elegante mossa, si scostò. La castana, alzatasi con troppa foga, stava perdendo l'equilibrio e precipitando all'indietro, così si girò di scatto e cadde dritta sulla ginocchia del rivale. Non ci fu nemmeno il tempo di commentare quella posa imbarazzante, perché in quel momento un tenero esserino azzurro e nero, con la coda a forma di stella ninja, atterrò accanto a loro. «Shin, shin!»

«Sei tu!» esclamò Vera, sistemandosi più comoda sulle ginocchia di Drew per osservarlo. «Visto? Te l'avevo detto che c'era qualcuno tra gli alberi!»

Il verde, nel frattempo, aveva già frugato in tasca alla ricerca del Pokédex, che si aprì in automatico. «Shinx. Pokémon Baleno. In caso di pericolo, la sua pelliccia si illumina. Il nemico rimane accecato e lui ne approfitta per fuggire» illustrò la voce meccanica, sul cui schermo era apparso lo sprite del leoncino.

«Quant'è carino!» squittì Vera.

«Shi, shinx!» rispose il Pokémon, entusiasta del complimento.

«Ehi piccolo… Vieni qui…» lo chiamò, tendendo amichevolmente una mano in avanti. Il cucciolo la annusò. Stava per fare un passo, ma d'improvviso aguzzò le orecchie. Rivolse uno sguardo cauto indietro e, con un balzo agile, corse via nel folto degli alberi.

«Aspetta! Non te ne andare!»

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma dovevo aspettare che i capitoli li leggessero un po' di persone… 
Per adesso a scrivere mi sono fermata un attimo, ma sono già al 30 quindi gli aggiornamenti state tranquilli che saranno regolari! ^^
#Curiosità9: Non avendo mai visto la serie Battle Frontier, non ero a conoscenza di quali Pokémon possedesse Harley all'infuori di Cacturne e Banette. Tutti i suoi incontri, dunque, sono stati modificati in modo radicale.
Ringrazio tanto chi legge, segue e recensisce! :D
Spero che continuerete a seguirmi.
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 19
*** Il mistero del Lago Arguzia ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 18: Il mistero del Lago Arguzia ~

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«Terrai il broncio ancora per molto?» chiese Drew, scocciato dal suo atteggiamento immaturo. A dieci anni sarebbe stato ancora ancora accettabile, ma quattordici proprio no.

«Sì» mugugnò Vera. Ci era rimasta male quando lo Shinx se n'era andato, era così carino… Le sarebbe piaciuto molto catturarlo e non capiva cos'aveva fatto di sbagliato per farlo scappare. Forse era stata troppo precipitosa?

«Accidenti, inizia a nevicare» bofonchiò il verde, quando un fiocco di neve gli bagnò la punta del naso. E fu solo il primo di una lunga serie, che con lo scorrere dei secondi aumentava sia di numero che di intensità…

Lei cercò di nascondersi nella vaporosa sciarpa bianca che aveva al collo, dopo averle fatto un altro nodo. «E ora che facciamo?»

«Risparmia il fiato e corri, sciocca!» la prese per mano, facendola arrossire, ed iniziarono a correre a perdifiato.

 

Drew lo aveva letto, sul PokéKron, che avrebbe potuto esserci una tormenta. L'aveva previsto Serenella, la meteorologa più famosa di Sinnoh.

Il vento gli sparava addosso i fiocchi di neve, tanto che dovevano tenere gli occhi socchiusi. Intorno a loro non vedevano niente, soltanto altri fiocchi fitti fitti che cadevano e si confondevano con il terreno imbiancato che, come se non bastasse, diventava sempre più alto.

«Da che parte?» chiese lei, quando furono fermi dinnanzi a un altro bivio.

«Sinistra» sibilò lui, trascinandosi a fatica nella direzione, con lei attaccata al braccio. Nonostante le insidie del meteo, continuavano il loro cammino senza battere ciglio. Anche se Vera starnutiva sempre più spesso ed aveva seriamente paura di potersi prendere una polmonite.

 

Uno scaltro Pokémon di colore scuro con una piuma rosa in testa camminava circospetto, a debita distanza da loro. Si stavano dirigendo al di fuori del Percorso, cioè nei pressi del Lago Arguzia; non dovevano andare lì se non cercavano guai. Il grande Azelf non li avrebbe perdonati. Non poteva assolutamente permettere che interferissero proprio in quel momento, dopo quello che altri esemplari della loro stessa ignobile specie avevano compiuto. Tenerli lontani era la sua importantissima missione e non avrebbe fallito, a costo di ricorrere a misure drastiche.

 

Dopo circa un'ora la tormenta si era calmata, trasformandosi in una tranquilla e pacata nevicata. Non sapevano neanche loro come avevano fatto ad uscirne vivi, ma ce l'avevano fatta, ed era quello l'importante.

«Basta, sono stanca, non ce la faccio più!» si arrese Vera, gettandosi a terra.

«Non mi sembra il momento!» sbottò Drew.

«Ma ha smesso di grandinare!» protestò. Adesso che scusa aveva? Una pausa avrebbero anche potuto concedersela! «Ehi, guarda là! C'è un cartello… La nostra salvezza!» la castana s'illuminò subito di vitalità e dimenticò per un attimo tutta la stanchezza che si portava addosso, correndo verso la fine del sentiero.

«Meno male che eri stanca!» replicò lui, seguendola a ruota.

«Non ci posso credere… Ce l'abbiamo fatta!» esclamò, dopo aver strofinato il guanto su un cartello coperto di brina, per leggere cosa c'era scritto:

Da Percorso 217 a Lago Arguzia ------->”.

«Te l'avevo detto. Avevo ragione, lo sapevo che ne saremmo usciti!» Il verde, soddisfatto, si scostò indietro il ciuffo. Aveva atteso tanto il momento giusto per farlo.

«Che vanitoso! Pure questo mi rinfacci, eh… Prendi questa!» Vera si chinò a terra e formò una palla di neve che gli spiattellò in piena faccia. Rise divertita dalla sua espressione sorpresa. Dopo un attimo di smarrimento il verde sorrise con aria di sfida, se la scrollò dalla faccia e, dopo essersi velocemente chinato a terra a formare un'altra palla compatta, contrattaccò.

La castana schivò per un pelo saltando di lato. «Mancata! Mancata! Mancata!» canticchiò con un'allegra risatina. Drew approfittò del momento di distrazione per colpirla di nuovo. Vera, sorpresa, si riscosse dal freddo e cercò di contrattaccare di nuovo. Insomma, si era dato il via ad una vera e propria guerra, mentre correvano e si riparavano dietro agli alberi.

Continuarono così per un po', finché non si sedettero a terra, esausti ed imbiancati dalla testa ai piedi. Dopo essersi scambiati un'occhiata ed aver visto come si erano ridotti, scoppiarono a ridere.

 

Decisero di seguire la direzione che indicava la freccia sul cartello, perché secondo il Pokékron di Drew era esattamente accanto a Nevepoli. Lui era un vero genio nell'usare quell'aggeggio, mentre Vera era capace soltanto ad impostare la sveglia per il mattino e disegnare scarabocchi.

In poco tempo scorsero un varco nel ben mezzo gli alberi coperti di mucchietti di neve e decisero di dare un'occhiata: si trattava del Lago Arguzia. Infatti dopo pochi metri di terreno si stagliava un grande lago, limpido e cristallino, al cui centro c'era uno spiazzo di terra con una grotta. Non sembrava molto profonda, perciò sarebbe stato carino esplorarla. Comunque, il silenzio che aleggiava nell'aria era così marcato da sembrare innaturale. Stavano per avvicinarsi alla sponda, ma qualcosa – o meglio, qualcuno – sbarrò loro il cammino.

«Sni!» Un'esemplare di Sneasel, con gli artigli sguainati, gli si parò davanti.

Vera indietreggiò e si nascose dietro l'amico. «Cosa vuole da noi?» chiese, sbirciando timorosa da dietro alla sua spalla.

«Probabilmente abbiamo violato il suo territorio…» le rispose il verde, con una smorfia. I Pokémon territoriali, come gli Ursaring che avevano trovato sulla strada per Memoride, non erano mai un buon segno.

Sneasel si avvicinò. Con la sua la sua velocità avrebbe potuto farli fuori in un colpo solo, ma non se la sentiva. In fondo erano spaventatissimi – o almeno, quella strana vestita di rosa lo era – e non sembravano avere cattive intenzioni. Bastava solo che si tenessero a distanza.

Ma Drew, invece, fece un passo avanti. Aveva la mano in tasca, pronta a lanciare una delle sue Sfere Poké in caso di aggressione.

«Sni…?» La donnola, cauta, si mise in posizione d'attacco.

Drew cercò di fare un altro passo, ma per sbaglio mise male il piede in un punto dove la neve non era neve, ma solido e scivoloso ghiaccio. Il Pokémon, spaventato dal suo movimento brusco, protese il braccio e lanciò un attacco Geloscheggia. Soltanto che quel Geloscheggia non si limitò a colpirlo, ma lo spinse leggermente. Drew non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare la situazione che sentì un freddo così acuto da fare male, come uno schiaffo di spine, in tutto il corpo, mentre veniva risucchiato verso il basso. Una sensazione fin troppo familiare.

«Snì!» esclamò Sneasel, allarmato. Non voleva che finisse così, non voleva fargli così tanto male, era stato soltanto un incidente!

Vera, pur essendo rimasta travolta e scioccata dagli eventi, si fece coraggio e si chinò sul bordo del lago. Immerse la mano nell'acqua, stupendosi di quanto fosse gelida, e cominciò a tirare il braccio di Drew, con tutte le forze che aveva. Era troppo pesante per lei da sola. Ma non voleva lasciarlo andare, non poteva lasciarlo andare. Sneasel si disse che se voleva estinguere la sua colpa doveva innanzitutto porvi rimedio. Si sporse anche lui verso il lago e quando la sua zampa riemerse i suoi artigli erano stretti sulla giacca firmata di Drew. Vera non perse che un'istante per meravigliarsi del suo gesto ed insieme ricominciarono a tirare, con più forza, ed il corpo del ragazzo cominciò a ritornare pian piano in superficie.

Sneasel si tirò indietro e Vera, con gli occhi che minacciavano di piangere da un momento all'altro, lo scosse per le spalle. «Drew! Drew, svegliati!» si aggrappò alla sua giacca. «Ti prego…» sussurrò, stringendolo forte. L'unica parola per descriverlo in quel momento era freddo. Dai suoi capelli e dai vestiti gocciolava acqua, ma a Vera non importava di bagnarsi. «Per favore, Drew, svegliati…» mormorò ancora, mentre una sua calda lacrima si andava a posare sul viso cereo del Coordinatore. Lui arricciò piano il naso e socchiuse gli occhi impiastricciati d'acqua. La prima cosa che mise a fuoco nel suo campo visivo fu Vera, china su di lui, ancora terrorizzata.

«Cosa… Cosa mi è successo?» chiese, con voce roca, senza la forza di sollevare il capo dolente.

«Drew! Grazie al cielo, ti sei svegliato!» esclamò Vera, abbracciandolo di nuovo, più stretto di prima. Aveva avuto una paura folle che non si risvegliasse più, e ora capiva cosa aveva provato lui quando per via della febbre era caduta dai pattini… Decise che non avrebbe mai più fatto nulla che l'avrebbe fatto stare così male come ora era stata anche lei. Anche quella volta che erano rimasti soli sull'Isola Miraggio e lui era quasi annegato aveva avuto la stessa identica paura di perderlo e non rivederlo mai più…

«Vera… Stai piangendo…» disse lui, sorpreso, appoggiandole delicatamente una mano sulla guancia fradicia. Infatti lei per l'emozione era scoppiata, non ce la faceva più a trattenersi.

«Credevo che non ti saresti più svegliato… Perché devi sempre cadere in acqua?» la sua voce, man mano che parlava, era sempre più acuta, ed i suoi singhiozzi si facevano più forti.

Drew si ammutolì per un attimo, iniziando a capire cosa era successo ed il perché non lo ricordava. «Dai, smettila… Sto bene, sono qui, accanto a te, sciocchina…» le disse, dolcemente, accarezzandole una ciocca di capelli.

«Sì… Lo so…» lo strinse ancora più forte mentre lui con un dito asciugò le gocce che le continuavano a scorrere sulle gote.

«Coraggio, adesso calmati…» Lei annuì e fece un respiro profondo. Il verde sorrise e le diede un lieve bacio sulla fronte con tanto di schiocco, facendola arrossire vistosamente. «Stai meglio?»

Lei annuì ancora, come in trance. «Grazie...» sussurrò, con un sorriso sincero ed un po' imbarazzato. Anche se Drew sapeva di dover essere lui a dirle grazie, perché non c'era mai stata una persona che avesse pianto per lui, o si fosse preoccupata per lui in quel modo.

 

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Angolo Autrice
Ciao! Scusate il ritardo… Ho avuto qualche problemino con la connessione ultimamente, poi la scuola mi va da schifo (^^”) e negli ultimi giorni sono dovuta uscire…
Grazie mille a chi continua a leggere, seguire e recensire!
CiaoCiao,
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 20
*** Finalmente Nevepoli! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 19: Finalmente Nevepoli! ~

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Drew era riuscito a rimettersi in piedi e continuava a strizzarsi i vestiti ed i capelli, con una smorfia scocciata. Era ridotto proprio uno schifo e, come se non bastasse, tremava come una foglia.

Vera, preoccupata, gli porse un asciugamano. Drew lo accettò senza fiatare. Si voltò dall'altra parte per togliersi giacca e maglia e una volta a torso nudo cercò di asciugarsi il più possibile. La sua giacca era così zuppa che rimetterla era impossibile. Cercò una maglia di ricambio nello zaino e, scrollandosi un'ultima volta i capelli, la mise. Avrebbe dovuto cambiarsi anche i pantaloni e le mutande, ma data la presenza di Vera era fuori discussione. Avrebbe aspettato di arrivare a Nevepoli.

«Stai un po' meglio?» gli chiese, timidamente.

«Sì, tranquilla» le rispose, senza batter ciglio. Era così carina a preoccuparsi per lui. In momenti simili non sembravano nemmeno i soliti rivali.

«Snisol sni…» (Traduzione: Mi dispiace per ciò che è successo…) s'intromise il Pokémon, mortificato, a testa bassa.

«È stato lui a farti cadere nel lago… Ma credo che non l'abbia fatto apposta, vero, Sneasel?» domandò la castana, facendogli un sorriso incoraggiante. Il colpevole, sempre a capo chino, annuì. Questi dovevano proprio essere umani diversi dagli altri.

«La prossima volta cerca di stare più attento a dove lanci gli attacchi» gli intimò lui, cercando di non apparire troppo severo, anche se in realtà avrebbe voluto sbottargli addosso di tutto, in primis che se non fossero stati così rapidi sarebbe sicuramente morto: con l'acqua non si scherza.

L'espressione del gatto delle nevi divenne determinata. «Sni… Snisol, snis snis!» (Traduzione: Ehi… Venite, devo mostrarvi una cosa!) prese Vera per la manica del giubbotto, con decisione.

«Ehi! Dove mi porti?» chiese lei, stranita, rischiando per poco d'inciampare, mentre Sneasel si voltava a guardarla per un'istante e poi riprendeva a correre verso un antro tra gli alberi.

«Aspettate!» protestò Drew, seguendoli.

 

Sneasel condusse Vera a una sponda nascosta del Lago, in mezzo ai pini spruzzati di neve. Degli Snover, Abomasnow, Ursaring, Smochum e Jynx erano sparsi in cerchio attorno a qualcosa. Avevano l'aria di essere molto preoccupati.

«Sniso!» chiamò il Pokémon, guadagnandosi l'attenzione generale. Tutti si spostarono di lato, rivelando cosa c'era al centro: il leggendario Azelf, fluttuante, vicino a un cucciolo di Teddiursa.

«Az!» Il leggendario azzurro con incastonata una lucente pietra rossa sulla testa si diresse cauto davanti alla ragazza.

«Sni! Sni, snisol sni!» (Traduzione: Sono amici! Ci aiuteranno, non hanno cattive intenzioni!) spiegò Sneasel, mettendosi in mezzo ai due, prima che il guardiano potesse fraintendere.

«Azel…» (Traduzione: E sia…) sentenziò Azelf, girandosi verso Teddiursa.

«Che cos'ha? Sta male?» chiese Vera, avvicinandosi. Sneasel annuì. «Quindi volevate solo proteggerlo, per evitare che qualcuno lo catturasse, ecco perché non potevamo avvicinarci…» mormorò, stupita di quanto l'intelligenza e l'altruismo dei Pokémon fossero grandi. «Io però posso aiutarvi!» si chinò a terra per frugare nello zaino e tirò fuori un'Iperpozione, che teneva da parte solo per i casi d'emergenza come quello.

«Che succede?» Drew si precipitò accanto a lei, che era già inginocchiata davanti a Teddiursa, che presentava diverse ferite su tutto il corpo ed aveva uno sguardo triste ed impaurito.

«Questo piccolino sta male, dobbiamo aiutarlo!» spiegò la castana, che non perse tempo in chiacchiere. Tenne premuta una parte del flacone da cui uscì lo spray guaritore, che andò a spruzzare nei punti in cui l'orso era ferito.

«Oersa!» (Traduzione: Ahia!) si lamentò lui, strabuzzando gli occhi e stringendo forte i denti.

«Non ti agitare, brucia un po' ma poi passa tutto!» lo rassicurò, sotto gli sguardi dubbiosi degli altri Pokémon, pronti a scattare al minimo segno di malessere del cucciolo. L'orsetto all'improvviso smise di dimenarsi e poi sorrise, riconoscente e sorpreso.

«Orsa, orsa!» (Traduzione: Sto meglio, sto meglio!) esclamò, allegro, con un paio di saltelli gioiosi. Le ferite che gli ricoprivano il corpicino erano svanite, come d'incanto. Corse dalla sua mamma Ursaring, che era in prima fila e lo accolse a braccia aperte insieme agli altri Pokémon, visibilmente sollevati.

Azelf fissò i due Coordinatori per un lungo istante, come se fosse indeciso sul da farsi. Poi esibì un'elegante danza attorno a loro, girando su se stesso in tutte le direzioni. Lui, nonostante fosse il Guardiano del Lago, non era riuscito a proteggere adeguatamente uno dei suoi abitanti. Quegli umani li avevano aiutati e quindi meritavano di essere ricompensati per la buona azione che avevano compiuto. Il leggendario si tirò indietro e spinse avanti Sneasel con il capo; aveva una colpa da assolvere con quei due umani quindi era giusto che andasse con loro.

«Credo che vogliano che porti con te Sneasel…» suggerì Vera, accucciandosi davanti al Pokémon per dargli una carezza. Anche se all'inizio le era sembrato cattivo, era molto amichevole; lo dimostrava il suo sorriso.

Drew fece una smorfia. «Uhm… Devo pensarci. Non sono molti i Pokémon degni di far parte della mia squadra» spiegò, scostandosi meccanicamente il ciuffo.

La castana, scocciata dai suoi metodi, gli diede un pugno sulla testa procurandogli un bel bernoccolo. «E smettila, vanitoso! Ho deciso che tu catturerai questo Sneasel, quindi non discutere!» Infilò la mano nella tasca dello zaino dell'amico, dopo aver cercato un po' tirò fuori una sfera vuota rimpicciolita e la ingrandì con un click al centro, mentre lui si massaggiava ancora il punto colpito.

«Ehi, aspetta, ferma!» esclamò, tentando di afferrare l'oggetto sferico, che lei prontamente tirò indietro; lo bloccò spiattellandogli l'altra mano sulla faccia.

«Niente storie, signorino!» Gli fece la linguaccia con un risolino e corse nella direzione opposta, seguita a ruota da lui.

«E dai, dammi la sfera!»

«Neanche per sogno!» rispose lei, divertita, con una piroetta aggraziata.

Mentre si inseguivano sul ghiaccio, con i disperati tentativi – tutti falliti – del verde di recuperare la Poké Ball, lei rapida la lanciò in direzione di Sneasel, che dopo averla presa al volo la fece roteare su un artiglio e vi entrò.

«Hai catturato uno Sneasel!» fece Vera, entusiasta, porgendogli la sfera con un gran sorriso radioso stampato in volto.

Il verde sospirò e se la fece saltellare sulla mano, per poi riporla insieme alle altre, nascoste appese alla cintura.

«A quanto pare...» commentò, rassegnato. In realtà fare nuove catture in quella regione non era nei suoi piani, ma forse quel Pokémon gli sarebbe tornato utile, e poi a dirla tutta non voleva smorzare l'entusiasmo ormai alle stelle della sua compagna di viaggio.

«Grazie mille di tutto, Azelf! Fai buona guardia al Lago Arguzia, mi raccomando, arrivederci!» disse la castana, allegra, agitando un braccio in direzione di tutti i Pokémon del lago, che si erano radunati vicino alla sponda per salutarli.

 

 

Finalmente arrivarono a Nevepoli, la città imbiancata, in tutto il suo splendore di ghiaccio. La Palestra risiedeva esattamente nel mezzo. Il Centro Medico ed il Pokémon Market erano posizionati nei due angoli in basso, nascosti a prima vista dagli alberi. La neve cadeva lenta e calma, ma nessuno sembrava farvi caso. C'era calore nell'aria… Ma non era un calore tangibile, sembrava sprigionato dalle persone, dai loro animi, candidi come la neve. In quel posto non c'era niente, ma forse era proprio questo a renderlo speciale.

 

Per una volta, Drew non assistette a una Gara di Vera. Per forza, lei glielo aveva tassativamente vietato. “Guai a te se quando torno ti vedo alzato!” lo aveva minacciato, prima di sbattere la porta ed uscire. Così non gli era restato altro da fare che sospirare e dormire, avvolto tra le coperte del letto, finalmente al caldo e con degli abiti asciutti.

Vera, come aveva già deciso, partecipò con il suo fedele Glaceon, che si esibì con una perfetta combinazione di Geloscheggia e Specchiovelo e batté con estrema facilità gli avversari che credevano scioccamente di poterle dare del filo da torcere. Riuscì così a conquistare il suo terzo Fiocco. Fu una gioia la sensazione di poterlo stringere – erano così vellutati quei nastrini a righe bianche e azzurre! – e specchiare il proprio riflesso nella luccicante medaglietta color oro.

Avrebbe voluto mostrarlo subito a Drew, ma quando entrò nella sua camera fermò la frase a metà ed il piede a mezz'aria. Lui dormiva, con i pugni stretti ad un lato della coperta ed i capelli scompigliati. Si mise una mano sulla bocca e sorrise, intenerita, cercando di fare meno rumore possibile.

 

Quando il verde si tirò su, reggendosi sui gomiti, trovò un vassoio con una tazza fumante sul comò che divideva i loro letti. Sull'altro c'era Vera che gli sorrideva radiosa con in mano la propria tazza.

«Quanto ho dormito?» chiese, stupendosi subito dopo di quanto la sua voce suonasse roca e flebile. Si passò una mano tra i capelli. Erano spettinatissimi, lo sentiva, e per un attimo provò vergogna al pensiero che Vera lo stesse guardando in quello stato, senza sapere che per lei era semplicemente adorabile.

«È quasi ora di cena» gli rispose. «Dai, bevine un po'!» lo incoraggiò, sporgendosi per prendere la tazza e dargliela.

«Grazie» rispose, un po' stupito, mentre fissava il liquido bollente e scuro al suo interno. Cioccolata calda, probabilmente. «Dovremmo decidere dove andare… Quali città non abbiamo ancora visitato?»

«Dopodomani c'è un traghetto per Rupepoli giù al molo, mi sono informata» rispose, sempre sorridendo. Drew ci si perse, in quel sorriso. Riusciva sempre a sorprenderlo… «Fammi controllare se hai ancora la febbre» mormorò, mentre si spostava andando sul suo letto. Drew rimase ancora più sorpreso. Gli aveva anche misurato la febbre…? Vera si sporse verso di lui e gli baciò la fronte, lasciandolo totalmente spiazzato. Era così bella in quel momento che anche senza le ali sarebbe stata un angelo perfetto. Rimase a bocca aperta dallo stupore per quegli istanti che parvero un'eternità.

«Perfetto, è scesa un po', con una notte di riposo dovrebbe passarti!»

Non sapeva cosa dirle. Un altro grazie sarebbe stato superfluo. La sua corazza da duro, in quel momento, era dispersa chissà dove, e sentiva il cuore riscaldato dai sentimenti che provava.

«Devi prendere un po' di sciroppo, adesso» annunciò lei, andando a frugare nello zaino a piè dell'altro letto. Ne estrasse una boccetta marrone con il tappo bianco ed un luccicante cucchiaio argentato pronto all'uso.

«No, non ho bisogno di nessuno sciroppo, non lo voglio!» premetté il verde, frettolosamente. Ricordava con orrore i momenti in cui sua sorella maggiore lo inseguiva per tutta la casa; per quanto scappasse veloce, alla fine lei riusciva sempre ad acciuffarlo e ad infilargli quella schifezza in bocca a forza.

«Non fare il bambino» lo schernì Vera, con le braccia sui fianchi. «Ho dovuto prenderlo anch'io, ma adesso sto molto meglio, non tossisco più.»

«Ti dico che non mi serve!» borbottò, a denti stretti, ma lei lo ignorò e versò la giusta dose di liquido denso sulla posata ovale.

«Apri la bocca, fai aah, da bravo» ordinò, paziente, ricordandosi di come faceva sua madre con Max quando era piccolo e raffreddato. Drew si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie. Avrebbe tanto voluto sotterrarsi. Scocciato, aprì la bocca ed attese che lei ci ficcasse dentro quel dannatissimo cucchiaio. Se non altro, usava metodi più carini di sua sorella, non c'erano dubbi.

«Bleah!» Dopo aver ingoiato iniziò a tossire e si fiondò subito sul resto della cioccolata calda ancora sul comò, incurante di scottarsi la lingua. Tutto pur di eliminare quell'orribile sapore. «Che schifo, che schifo!»

«Era così terribile?» gli chiese la vocina allegra di Vera. Il ragazzo la trucidò con lo sguardo. Non si era mai sentito così umiliato. Sperava che una scena del genere non si ripetesse mai più, ma mai proprio nella vita.

 

Ormai era notte fonda, ma Vera non riusciva ancora a dormire. Nonostante le due coperte di lana che aveva, – una era andata a chiederla alla reception – il suo corpo non accennava a scaldarsi nemmeno un po'. Ci sarebbe stata una soluzione per risolvere subito il problema, ma… Era il caso? Se avesse continuato a pensarci, lui si sarebbe addormentato ed addio occasione. Doveva provarci e basta. Fece un respiro profondo e silenzioso per farsi coraggio, anche se non era ancora convinta delle parole che sarebbero uscite dalla sua bocca e non immaginava la reazione del rivale.

«Drew?» chiamò timidamente.

«Uhm?» chiese lui, voltandosi, anche se non poteva vedere la sua faccia, rintanata sotto le coperte.

«Senti… Mi chiedevo… Fa freddissimo stanotte… Ti darebbe fastidio se io… Ecco…»

«Vieni.»

Drew, che aveva capito fin da subito dove voleva andare a parare, si spostò di lato per farle un po' di posto. Lei sorrise, sorpresa e contenta che avesse intuito le sue intenzioni senza bisogno di spiegazioni. In punta di piedi si alzò dal proprio letto e si avvicinò al suo.

«… Davvero posso? Grazie mille!» Si accomodò accanto a lui, sul materasso morbido; visto che lo spazio era poco erano distanti qualche millimetro e potevano sentire l'uno il leggero respiro dell'altra. La ragazza tirò su la coperta fino alla fronte e chiuse gli occhi. Niente da fare, continuava a tremare, e probabilmente lui se ne era accorto.

«Io ho ancora freddo… E tu?» gli chiese, con un occhio mezzo aperto.

Il verde fece un sorrisetto malizioso, poi strinse le braccia alla sua vita, avvolgendola alla perfezione col suo tenue calore. Lei sussultò al contatto, ma iniziò lentamente a riscaldarsi e sul viso le si dipinse un'espressione di beatitudine.

«Io? Ora non più» fece il Coordinatore, con aria furbetta.

«Neanche io…» rispose lei, sorridendo, mentre si appoggiava sul suo petto tiepido. Era felice di potersi prendere piccole grandi libertà come quelle… Ma visto che lui gliele concedeva sempre più spesso, che cosa significava? Che i loro sentimenti erano forse cambiati? Beh, meglio non rovinare tutto con sciocche ed inutili domande.

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Ditemi, sono noiosi Vera e Drew nell'ultima parte? La scenetta del freddo a Nevepoli ci voleva. :P
#Curiosità10: Dal capitolo 16 in poi c'è stata la possibilità di usare le parentesi per comprendere i dialoghi dei Pokémon cosa che, prima, era del tutto assente, dal momento che non se n'era presentato il bisogno.
Bye
-Alex-
P.S. Vorrei dirvi che gli aggiornamenti sono in base a quante persone leggono i capitoli, perché tanto per fare un esempio se quello precedente l'hanno letto 78 persone e quello dopo 64 io aspetto che si mettano in pari!

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Capitolo 21
*** S.O.S. Cucciolo da salvare! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 20: S.O.S. Cucciolo da salvare! ~

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Il sole splendeva senza nuvole attorno, ma non riscaldava per nulla l'ambiente in cui il bianco dominava sugli altri colori, assieme al verde scuro dei pini.

Purtroppo si erano svegliati tardi ed avevano dovuto fare tutto di fretta, infatti Vera correva con ancora la brioche della colazione in bocca. Quando arrivarono al piccolo porto che precedeva l'inizio della città, il loro battello era già spinto placidamente al largo sull'acqua e si stava allontanando.

«Che guaio! L'abbiamo perso!» esclamò Vera, reggendosi sulle ginocchia per riprendere fiato.

Era la prima volta in vita sua che Drew arrivava tardi e perdeva un mezzo di trasporto. Ma aveva la sensazione che con la compagna di viaggio sbadata che si ritrovava questo sarebbe capitato spesso.

Sospirarono all'unisono, mentre lui tirava distratti calci alla neve sul terreno e lei, con le mani sulle guance, si era seduta a bordo del ponte con le gambe a penzoloni verso l'acqua.

Il loro sospiro sconsolato, però, non venne ignorato. Poco distante da loro, un uomo aveva assistito alla scena. «Vi serve un passaggio, ragazzi?»

Alzarono lo sguardo e videro quest'uomo, dall'aria pacifica, sopra una barchetta di legno che aveva l'aria di potersi ribaltare o affondare da un momento all'altro.

«Davvero sarebbe disposto a darci un passaggio, signore?» chiese Vera, allegra, alzandosi. Drew nel frattempo si era irrigidito e fissava la barca con occhi penetranti e stralunati.

«Ma certo! Dovevo proprio fare un giro stamattina, saltate su» disse, facendogli cenno di salire con la mano.

«Allora, Drew, andiamo?» gli chiese Vera, con un sorriso radioso. Lui non annuì né le rispose, si lasciò semplicemente trascinare dal suo braccio.

 

«Drew, si può sapere che ti prende?» alla domanda innocente della castana, il verde non rispose. Continuava a fissare il fondo della barca, immobile, con le mani unite ed un'espressione turbata. «Ehi, Drew!»

Lui alzò di scatto la testa per guardarla e forzò un sorriso. «Sono solo un po' stanco» disse, con una voce che non sembrava nemmeno essere la sua. Ciò non fece che insospettire la sua compagna ancora di più. Era in ansia per lui: insomma, come mai sembrava così… Teso? Avrebbe voluto fare qualcosa per farlo sentire più a suo agio. Per una volta toccava a lei la parte dell'audace.

«Ti… Spiace se mi avvicino? Ho un po' freddo» improvvisò.

Si sentì rispondere con un distratto: «Fa' pure.»

Scivolò lentamente fino ad arrivare vicino a lui, così vicino che i loro corpi si sfiorarono. Ma non sembrava fargli molta differenza. Perciò Vera tentò un gesto ancora più azzardato, ma che era il suo obiettivo fin dall'inizio: prendergli la mano. E lo fece. Drew voltò di nuovo velocemente il capo, sempre con lo smarrimento nello sguardo, ed incrociò il sorriso rassicurante di Vera. Cercò di sorridere anche lui e consolidò la stretta per farsi coraggio. Era un delicato modo per aiutarlo senza violare i suoi segreti.

Continuarono così il tragitto per un po', con il signore davanti che dava energiche vogate con i remi increspando l'acqua limpida, di sicuro gelida come quella del Lago Arguzia, ma il paesaggio aveva un che di affascinante.

Ma la tranquillità del viaggio venne interrotta quando sentirono due versi.

«Sheeeen!»

«Rarrhh!»

I tre alzarono lo sguardo: uno Shinx – lo, Shinx – e un Houndoom dall'aria arrabbiata si stavano inseguendo tra alberi innevati. Il cane dalle corna affilate usava Lanciafiamme, cercando di colpire il cucciolo e non curandosi minimamente degli alberi. Se continuavano di questo passo avrebbero causato un incendio!

«Shinx, sei tu! Non preoccuparti, piccolo, ti aiuto io!» esclamò Vera, alzandosi di scatto dal suo posto, mentre la barca si arrestava. Contorse il viso in una smorfia e lanciò una sfera in aria. Wartortle uscì con un'elegante capriola e si catapultò in acqua. Era stata una vera fortuna aver scambiato Venusaur con lui, usando la macchina degli scambi appena arrivata a Nevepoli.

«Wartortle, vai con Idrondata!» puntò il dito in direzione di Houndoom, che ringhiava già contro il suo nuovo avversario ed aveva lasciato perdere il precedente. La tartaruga mosse avanti e indietro le zampe. Un'ondata d'acqua obbedì al suo comando ed andò a scontrarsi contro il nemico, che fu troppo spaventato per evitarla. Quando si rialzò, fradicio ed umiliato, l'ardore della battaglia in lui si era ormai spento. Si diede una scrollata e fece dietrofront, sparendo dalla loro vista dopo aver mugolato infastidito.

Un sorriso di sollievo si stava già dipingendo sulle labbra di tutti, ma si spense subito non appena la neve nel punto in cui era fermo Shinx franò.

«Shin, shin!» li chiamò il cucciolo, che annaspava furiosamente nel tentativo di tenersi a galla.

Drew al vederlo sentì come una spina al cuore e rimase pietrificato. Vera, al contrario, non perse tempo ed ordinò: «Wartortle, aiutalo, ti prego!»

Il Pokémon partì subito al salvataggio e si immerse nell'acqua. Il suo guscio ruvido sollevò lo Shinx, che smise di dimenarsi e vi si acquattò, con il pelo tremante e ritto come un fuso.

«Grazie, sei stato bravissimo!» esclamò, mentre prendeva in braccio Shinx tutto bagnato ed infreddolito. Fece subito rientrare il suo alleato nella Poké Ball e si affrettò a cercare un panno in cui avvolgere ed asciugare il cucciolo, che batteva i denti e stava rannicchiando sulle sue ginocchia premendo un po' con le unghie per la paura.

«Sta bene?» chiese il capitano, con un viso in cui c'era spazio solo per la serietà.

«Sì, ma ha bisogno di cure…» Vera fece una carezza al leoncino, che ancora non la smetteva di tremare convulsamente.

«Farò il più in fretta possibile!»

 

Più prendevano il largo da Nevepoli e più l'acqua si tingeva di blu scuro, diventando l'unica cosa visibile a perdita d'occhio. Attraccarono dopo mezzora di viaggio, durante il quale Drew era stato completamente ignorato da Vera, che pensava soltanto al suo “piccolo cucciolino malato”. Perciò non c'era da sorprendersi che fosse di cattivo umore quando scesero. Tirò un tacito sospiro di sollievo al sentire la terra di nuovo sotto ai piedi. Vera si precipitò subito al Centro Medico dopo essersi inchinata ed aver ringraziato il gentile signore che li aveva aiutati. Lui, invece, preferì prenderla con più calma e fare un giro per schiarirsi le idee.

Se aveva usato gli aggettivi “brulla e polverosa” per descrivere Mineropoli, dovette ricredersi, perché Rupepoli era molto peggio. Non c'era casa o edificio che fosse sulla strada, era tutto rialzato su ripiani di roccia. Ma la gente sembrava non farci caso. I ragazzini correvano dandosi finti calci e pugni e le persone che vedeva avevano tutte il cellulare all'orecchio o borse di carta da shopping, o ridevano tra di loro. C'era allegria e vitalità, insomma.

Quando arrivò al centro, trovò Vera che stringeva le mani sui pantaloncini e fissava per terra con aria triste.

«Come sta?» le chiese soltanto.

«Gli hanno dato un Antigelo e altre medicine per rimetterlo in forze» spiegò. «Ma sono ancora preoccupata…»

Drew sospirò e le si sedette accanto. «Vedrai che starà bene» fu tutto ciò che riuscì a dirle e lei annuì, nonostante fosse ancora poco convinta. Oltre al bagno ghiacciato aveva riportato anche delle lievi lesioni, probabilmente dovute dalle fiamme di quell'Houndoom. Quale dispetto gli avesse fatto il cucciolo per farlo arrabbiare a quel modo rimarrà per sempre un mistero, ma Vera ora iniziava a capire perché aveva sentito il suo verso quel giorno sul sentiero innevato e perché era scappato via all'improvviso.

 

C'era abbastanza tensione nella sala d'aspetto, anche perché erano gli unici ad occuparla. Vera faceva avanti e indietro per il corridoio: era il rumore dei suoi passi a riempire il silenzio. Drew era seduto sulla panchina con una lattina di Lemonsucco accanto, fresca di distributore automatico. Aveva la testa appoggiata al muro e gli occhi chiusi, ma non stava dormendo. Semplicemente, pensava. A tutto ciò che era successo fino ad allora durante il loro viaggio. Certo che ne erano successe di cose, nonostante il poco tempo che era passato! Ce n'erano stati di momenti belli, i più significativi quasi sempre interrotti da qualcuno – i riferimenti a cactus ambulanti effeminati sono puramente casuali – che non si faceva gli affari suoi. Però, se doveva essere sincero, gli mancavano i vecchi tempi. Le prese in giro, le sfide, le rose… C'erano anche adesso, ma erano diversi. Soprattutto le rose: gliene regalava una alla prima occasione adatta che si presentava, ma non avevano più lo stesso valore e la stessa magia di prima…

«Drew? Ehi, ci sei?» la ragazza gli sventolò la mano davanti alla faccia. «Sei sveglio?» avvicinò pericolosamente il viso al suo, che improvvisamente si riscosse e sbatté le palpebre un paio di volte per tornare alla realtà.

«Eh?»

«Si può sapere che cos'hai oggi?» gli chiese, a bruciapelo. «Sei sulle nuvole, quasi non ti riconosco…»

«Sto benissimo» tagliò corto, anche se in realtà gli aveva fatto piacere che si fosse interessata di nuovo a lui.

All'improvviso la porta bianca con incollato l'adesivo di una croce rossa si aprì. L'Infermiera Joy, con la mano ancora ferma sul maniglione, rivolse loro un sorriso. «Ragazzi, se volete andare a vedere come sta Shinx ora potete farlo. Ma mi raccomando, non disturbatelo troppo: ha bisogno di riposo!»

I due si alzarono ed aprirono completamente la porta. Nella stanza all'interno c'era una barella con sopra il cucciolo, che sonnecchiava sereno coperto da un candido lenzuolo. Sembrava in ottima salute rispetto a poche ore prima. La tensione nell'aria se n'era andata e Vera lo guardava con un sorriso intenerito. Ma uno starnuto improvviso di Drew fece scattare la sua memoria.

«Ehi, Drew» lo chiamò, voltandosi verso di lui, che si era appena passato dignitosamente la manica del gilet sul naso. «Sai cosa mi sono appena ricordata?» gli chiese, pimpante.

«… Cosa?» chiese lui, facendo un passo indietro. Aveva una bruttissima sensazione di panico, che diventò fondata quando da dietro la schiena della ragazza spuntò la famigerata boccetta marrone. «No… No, stai indietro con quel coso, non ci provare!»

«Su, non comportarti da bambino piccolo!» lo schernì, avanzando verso di lui che con aria terrorizzata si era già appiattito contro il muro. «Coraggio, fai aah!»

Drew rimase immobile ed incollato alla parete, mentre il viso sorridente di Vera con quel dannato cucchiaio si faceva sempre più vicino. Chiuse forte gli occhi ed aprì di poco la bocca, sopportando quel sapore amarissimo.

 

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Non vedo l'ora di pubblicare il prossimo capitolo e capirete presto perché.
Grazie mille a chi legge, segue e recensisce! :)
Alla prossima,
CiaoCiao!
-Alex- 
 

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Capitolo 22
*** Viva lo shopping! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 21: Viva lo shopping! ~

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Nei dintorni non c’erano posti adatti per allenarsi senza allontanarsi eccessivamente dalla città e la Gara era fissata per il giorno successivo. Perciò, usciti dal Centro Pokémon, entrambi i Coordinatori si guardarono per qualche istante, indecisi sul da farsi.
Poi l’espressione di Drew s’illuminò all’improvviso. «Ehi, Vera, ti andrebbe di vedere i meteoriti? Da quel che ho letto sembra che Rupepoli sia nata proprio attorno a essi, caduti misteriosamente dal cielo centinaia di anni fa.»
La sua voce tradiva una nota di emozione, notò Vera, che non era al contrario molto convinta. «Beh, immagino di sì, se ci tieni… Dici che troveremo dei souvenir?»
«Può darsi.»
«Oh, menomale!» esclamò, leggermente più sollevata. «A mio fratello di sicuro piacerebbe qualcosa del genere.»
«Ma che souvenir ti aspetti di trovare, scusa?» domandò Drew, con un sopracciglio inarcato.
«Non lo so!» Vera fece spallucce. «Un portachiavi a forma di meteorite, magari… Comunque dopo dovrei prendere giusto alcune cose in un negozio, ti andrebbe di accompagnarmi?» Il suo sorriso si allargò mellifluo.
«Sì, sì, d’accordo» rispose distrattamente Drew, mentre consultava un dépliant preso dal tavolo del Centro Medico per capire da che parte dovessero andare.
Vera ridacchiava silenziosa, perché il poveretto ancora non sapeva cosa lo aspettasse: se a lei toccava osservare dei “grandi sassi” per chissà quanto fingendo fossero estremamente interessanti, anche lui avrebbe avuto la giusta dose di supplizio.
 
Fortunatamente, accanto al buco dove giacevano i meteoriti – assopiti, immobili – c’era anche una bancarella. Così Drew osservò a lungo i suoi “grandi sassi” mentre Vera, indecisa tra un portachiavi, una sciarpa con scritto Rupepoli in maiscolo color ruggine e una calamita, scelse infine la calamita del meteorite. Era una riproduzione realistica, con anche gli incavi e le sfumature: Max l’avrebbe adorata. Per sé invece prese un ciondolo portafortuna, composto proprio da un pezzo di meteorite lavorato a forma di ovale e lucidato.
«Eccomi, possiamo andare» proclamò Drew, spuntando al suo fianco dopo un lasso di tempo incalcolabile (per lui cinque minuti, per lei come se fosse trascorsa un’ora).
«Oh, finalmente! Adesso tocca a me!»
«Che intendi?»
«Lo scoprirai presto. Andiamo, dai!» Un’altra risatina furba e si ritrovò trascinato dal suo braccio senza pudore. Stava iniziando a spaventarsi un po’.
 
“Centro Commerciale di Rupepoli
Un negozio pieno di sogni!”
Così recitava il cartello, con i tre starter di Sinnoh sorridenti di sfondo; era grande oltremisura e sgargiante cosicché ai visitatori risultasse automatico notarlo.
Drew aveva capito la trappola in cui era caduto, già a metri e metri di distanza, quando aveva intravisto il gigantesco edificio arancione. Impossibile non vederlo: era sicuro non ce ne fossero di più alti in tutta la regione. Man mano che si avvicinavano i suoi piedi diventavano più pesanti, mentre quelli di Vera scattavano sempre più vivaci e impazienti. Drew trasse forza dal suo sorriso estatico: non poteva essere così terribile, giusto?
Si inoltrarono nella folla vociante. Era difficile star dietro alla compagna, che guizzava come un Goldeen da una vetrina all’altra. Il primo negozio che scelse, come da aspettativa, fu di abbigliamento.
Prese un cestino azzurro all’ingresso e in ogni corsia dove passava arraffava qualcosa. Come da tradizione, per ogni nuova regione c’era bisogno di nuovi costumi da bagno perché “il suo corpo era ancora in crescita”, un nuovo pigiama estivo con i Ponyta perché “un cambio ci vuole sempre”, degli stivali rosa con i brillantini perché “se piovesse come si farebbe senza?”, un set di fermagli ispirati a Beautifly perché “erano stupendi”, poi venne catturata dal reparto abiti da sera e lì si incantò.
«Credo proprio che me ne serva uno» decretò a bassa voce, con gli occhi luccicanti. «Drew?» chiamò, voltandosi. Il suo compagno stava osservando con criterio delle giacche di pelle da uomo e forse valutava davvero di prenderne una.
«Che c’è?»
«Dimmi come mi stanno! Da sola non riesco a decidere e non posso prenderli tutti.»
Drew la raggiunse senza troppe proteste, anche perché sapeva di non avere scelta. Lei gli mollò il cestino tra le mani e cominciò la selezione dei capi da provare, ovviamente ognuno in più varianti di colore. Quando ne ebbe abbastanza da creare una montagna tra le braccia sparì dietro la tenda di tessuto spesso del primo camerino.
Il Coordinatore aspettò paziente e approfittò dello specchio da terra che aveva di fianco per controllare che i suoi preziosi capelli fossero in ordine. Si lanciò un auto-sorriso stampato: perfetti. Aveva un nitido ricordo di quando era più piccolo e gli toccava accompagnare sua sorella maggiore proprio in quel genere di negozi, più o meno ogni settimana, quindi si poteva dire che fosse abituato – e spesso lo shopping riguardava anche il suo guardaroba.
La tendina si spalancò con un colpo deciso, destandolo dai propri pensieri. «Tadan! Che ne pensi?»
Drew rimase senza fiato. Si trattava di un vestito di un rosso vellutato, a più balze, che gli ricordò subito una giovane rosa sbocciata. Infatti il suo primo pensiero fu che una vera corolla di rosa le sarebbe stata d’incanto tra i capelli. «Ti sta davvero bene.»
Vera arrossì, felice, perché si sentiva che era un complimento sincero. Richiuse il drappo con un tintinnio metallico, aprì l’abito che le scivolò giù dalle gambe e ricadde sul pavimento come una nuvola di cotone. Fu svelta a infilarne un altro, il primo della pila disordinata sulla sedia.
Di nuovo, la tenda si scostò come il sipario di un teatro.
«E questo?»
Stavolta, Drew rimase a bocca aperta e sgranò gli occhi dallo shock. Non poteva crederci. Vera – a poco meno di quattordici anni – aveva avuto il coraggio di indossare un abitino lilla che oltre a lasciare nude le spalle, arrivava sotto i glutei di pochi, scarsissimi centimetri. Cosa sarebbe successo se lei si fosse leggermente chinata in mezzo alla strada? Tutti le avrebbero visto le mutandine. Per non parlare del vento di montagna di Sinnoh: non avrebbe avuto pietà nel farlo svolazzare al primo spiffero.
«T-Toglitelo» bofonchiò, distogliendo orgogliosamente lo sguardo da lei.
Tutto l’entusiasmo di Vera svanì da mille a zero, come se qualcuno avesse schiacciato un pulsante istantaneo per spegnerlo. «Mi sta così tanto male?» domandò, delusa. Forse si era montata troppo la testa.
«No, no!» Drew scosse più volte il capo e agitò le mani. «Sei splendida, ma è troppo… corto. Ti prego, non mettere mai più niente del genere, abbi un po’ di buonsenso.»
Ecco, lo aveva detto. Vera sbatté le ciglia e abbassò lo sguardo, crucciata dal dubbio. «Forse hai ragione» commentò, con un sorrisetto di rassegnazione. «Pazienza, sono certa che i prossimi andranno meglio!»
 
Drew era sicuro che ormai Vera avesse provato abbastanza vestiti da aver coperto ogni colore dell’arcobaleno esistente. Avrebbe tanto voluto salire all'ultimo piano e buttarsi giù per soffocare il rossore che gli imporporava le guance. Perché aveva la tendenza a provare cose non adatte alla sua età? Le stavano fin troppo bene, era quello il problema!
Stava rimuginando su questo, quando con l’ennesima apertura di tendina ricomparve Vera, la solita Vera, con il solito completo. Drew non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo perché avevano finalmente finito e le porse il cestino. Sorprendentemente, l’unico vestito che ci finì dentro fu anche il primo che aveva provato, quello rosso con le balze. Tutti gli altri tornarono con i loro simili sulle grucce.
«Sei sicura?» le domandò Drew, un po’ sorpreso.
Vera annuì, con un sorriso candido. «Uno può bastare, lo userò per il Grand Festival, ecco perché era importante scegliere bene. D’altronde quest’anno la vittoria sarà mia, quindi dovrò essere al meglio per il mio pubblico!»
Il Coordinatore ricambiò il sorriso: adesso era tutto chiaro. «È ancora presto per cantare vittoria, signorina.»
 
E un negozio era andato. Ma di dirigersi verso l’uscita non se ne parlava: erano appena che al secondo piano su quattro.
La prossima tappa erano le scarpe e Drew non poteva protestare, dato che dopo un anno e mezzo di attività le sneakers di Vera effettivamente non sembravano più così linde e resistenti. D’altronde avevano affrontato neve, fango, pioggia, percorsi boscosi e montani impervi.
«Wow, che meraviglia!» Vera però venne attirata prima da un paio di tacchi, che sfavillavano su tutta la fila con la loro vernice rosso fiammante. «Si abbinerebbero benissimo al mio vestito nuovo, non trovi?»
Stavolta, il suo compagno non riuscì a trattenersi e sbottò con una smorfia: «Ma sei pazza, hai visto che tacco?! Lascia perdere, sei ancora troppo piccola. E poi non eravamo qui per cercare delle scarpe da ginnastica?»
La faccia di Vera divenne paonazza e si gonfiò come quella di un Jigglypuff. «Drew di LaRousse» tuonò, indignata. «Mi stai sfidando, per caso?!»
«No, ho solo detto la verità.»
«Ti sbagli! Piccolo sarai tu forse e adesso te lo dimostro!» disse in un ringhio. Ne andava di difendere il suo onore. Con passi decisi e delicati quanto quelli di uno Snorlax in una cristalleria, fece irruzione nella boutique e prese una delle scatole col proprio numero. Una delle commesse a cui passò accanto la guardò con un po’ di timore, perché emanava un’aura tremendamente oscura.
Drew la seguì mogio, pregando in silenzio di non fare brutte figure.
Vera si sedette sullo sgabello, calciò in un angolo le sneakers consunte con i calzini dentro. Lì il suo animo vacillò: era la prima volta, a dire la verità, che metteva dei tacchi, ma aveva visto la mamma indossarli spesso, quindi non poteva essere difficile. Riuscì a infilarli con una smorfia di dolore: no, non erano comodi, per niente. Si tirò su, tenendosi col braccio alla colonna dietro di sé. Le sembrava di essere sui trampoli, altroché!
«Visto che non cado?» esclamò, tronfia.
«Ah sì? Allora vieni qui… Se ci arrivi.»
C’era un pizzico di malizia nel ghigno di Drew: sembrava che trovasse tutto molto divertente.
La Coordinatrice ridusse gli occhi a due strettissime fessure e non se lo fece ripetere. Il suo orgoglio era in fiamme. Fece un passo, tremolante, senza mollarsi. Ancora uno. Fu costretta a lasciare il suo prezioso appiglio, ma avanzò strisciando le calzature a terra, senza alzarle. Uno. Due. Piano piano. Sembrava una bambina piccola che deve imparare a camminare per la prima volta e ci mette tutto l'impegno del mondo.
«Non è stato affatto diff–» Proprio quando le mancava un passo – uno soltanto, dannazione! – per arrivare davanti a lui, il suo corpo si sbilanciò e le mani annasparono disperate cercando qualcosa a cui aggrapparsi. Chiuse forte gli occhi, aspettandosi di sbattere contro il pavimento, ma venne afferrata per le spalle da due mani sicure.
Sfarfallò le ciglia, rendendosi conto di essere ancora in piedi. Sospirò di sollievo, anche se il suo cuore era ancora fuori controllo. «Grazie…» mormorò.
«Testarda» la canzonò Drew all’orecchio, in un sussurro melodioso. Non accennava a voler togliere le mani ed era un contatto delicato, piacevole per entrambi.
Vera fece una risata, un po’ a disagio. «Almeno non sono caduta!» disse, per sdrammatizzare. Fece appena in tempo a finire la frase che il ragazzo, con un sorrisetto malizioso, lasciò per un istante la presa. Lei, spaventata, si gettò subito in avanti per afferrargli la giacca. «Sei impazzito?» borbottò, stringendolo più forte, un po' imbarazzata.
«Ti avrei ripresa, sciocca» rispose Drew, dandole un buffetto scherzoso sul naso. «Allora, li compri?»
«Uh… Penso di no, insomma, a vederli meglio non sono poi così belli» decretò Vera, facendo un gesto di diniego con la mano.


 

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Angolo Autrice
#Curiosità11: L'idea del Centro Commerciale è stata una delle prime che ha fatto nascere Desire, convincendomi ad ambientare la storia nella regione corrente.
Grazie come sempre a chi legge, a chi recensisce e chi mette la storia tra le preferite/seguite/ricordate! :D
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 23
*** Giusto un pizzico d'imbarazzo! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 22: Giusto un pizzico d'imbarazzo! ~

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«Te l'ho detto che dovresti perdere peso, rassegnati!»
«Io non sono grassa, è la lampo che è difettosa! Mettici un po' di forza in quelle braccia, su!»
«Così?!»
Uno squittio di dolore. «Mi fai male, piano, con più delicatezza!»
«Ma se sei stata tu a dire di metterci più forza!» protestò Drew, adirato. Se avesse saputo che sarebbe finita così, non si sarebbe mai offerto di aiutarla.
 
«Vera, tutto a posto lì dentro?»
Drew ormai non sapeva più cosa fare per passare il tempo, avendo finito di contare le piastrelle sul pavimento. La sua compagna di viaggio non dava cenni di vita da almeno dieci minuti, per cui stava iniziando a preoccuparsi.
«Scusa, non riesco a chiudere la cerniera!»
«Oh. Vuoi che ti aiuti?»
Calò il silenzio. Era una cosa che, essendo delicata, di solito si chiedeva alle amiche o al massimo ai fidanzati.
Vera, dopo qualche attimo di esitazione, gli diede un timido okay. Si fidava di lui, era un ragazzo con la testa a posto e poi non c’erano altre soluzioni.
 
«Ahi, che male! Non respiro!» strillò lei, quando si fece tutto così stretto che sentì mancare il fiato.
«Sta’ ferma, almeno!» Il Coordinatore sbuffò, tirando un'altra volta la cerniera per riprovare.
«Ma se mi fai male! Cerca di essere più delicato, ti hanno mai detto che le ragazze si trattano delicatamente come si trattano i fiori?!»
Sospirò esasperato e indietreggiò, alzando le mani. «Basta, mi arrendo!»
«E dai, facciamo ancora un tentativo!» lo pregò Vera, con occhioni languidi. Si era innamorata a prima vista di quel vestito e purtroppo era l’ultimo rimasto, quindi non c’erano altre taglie. Doveva essere suo.
Drew, avendo capito che ci teneva, annuì solenne. “A noi, stupida cerniera” pensò, preparandosi a tirare con tutte le forze che aveva. Uno, due, tre… Zap.
«AAAAAAAHHH!» Vera si coprì immediatamente il petto. La cerniera si era rotta ed era rimasta in mano a Drew, di conseguenza l'abito non reggeva più il davanti, che si era afflosciato ed era ricaduto.
«Ops… Pardon…»
«Guarda che hai combinato!» lo rimproverò Vera, tutta rossa in viso, mettendosi frenetica le mani attorno al seno per coprirlo più di quanto il reggiseno non facesse già.
«Chi è che mi ha chiesto di chiuderla?!»
«Non ti ho chiesto di romperla!»
«In sostanza la colpa sarebbe mia?!»
«Anche! Ma ora passami la mia roba e girati!» ordinò, senza ammettere repliche. Drew infatti non osò replicare, perché c’era in gioco il pudore di una donna e su cose del genere non si permetterebbe mai di scherzare. Prese il pullover arancione abbandonato sullo sgabello e, senza voltarsi, glielo lanciò, insieme ai pantaloncini. Era rigorosamente girato e sentiva soltanto il fruscio della stoffa, ma era messo in tentazione dalla parete a specchio, che rifletteva perfettamente il corpo della rivale. Gli cadde l’occhio giusto per un istante, ma avvampò e lo distolse. “Calmati, Drew, non hai appena visto Vera in intimo, non hai appena visto Vera in intimo…” si ripeté, chiudendo gli occhi per rimuovere dalla mente quell'immagine. Ma sapeva di non volerla davvero rimuovere, infatti restava lì, più pensava di volerla dimenticare.
«Ehi, Drew?» si sentì chiamare dalla sua vocina innocente. «Guarda che ho finito, possiamo uscire.»
Lui sobbalzò e spalancò gli occhi. Poi cercò di riscuotersi e la seguì, felice di abbandonare quell’angusto camerino una volta per tutte. Gli era passata tutta la voglia di fare acquisti… Non che prima ne avesse molta di più, eh.
Ad aspettarli fuori, però, c'era una commessa con le braccia incrociate. «Qualche problema, ragazzi? Vi ho sentiti gridare…»
«Nessuno ha gridato, è stata una sua impressione!» rispose Vera con un risolino nervoso, stringendosi di più al petto il vestito incriminato.
«Infatti!» le fece eco Drew, a denti stretti, mentre si apprestava a sollevare le tre borse che in quanto gentiluomo gli toccava trasportare.
Ricevettero un’occhiata dubbiosa.
«Oh, come si è fatto tardi, dobbiamo proprio andare!» Vera finse di guardare un orologio immaginario sul polso e infilò il vestito in mezzo a una pila là vicino, ovviamente girandolo dalla parte davanti per non mostrare i danni.
«Arrivederci!» esclamarono all'unisono, correndo fuori dal negozio prima di essere scoperti.
 
Si sedettero sulla prima panchina fortunatamente libera. Tutt’intorno la gente andava e veniva su e giù per le scale mobili, affollando ogni angolo, ignara della loro (dis)avventura.
«L'abbiamo scampata bella…» commentò Vera, col fiatone.
«Già…» concordò Drew, abbandonandosi stanco sulla panchina. Il suo naso captò un profumo dolciastro che proveniva dalle vicinanze e guardandosi attorno vide uno stand con la fila davanti dove stavano servendo dolciumi. «Che ne diresti di mangiare qualcosa?»
Mai proposta suonò più allettante alle orecchie di Vera. Scattò in piedi come una molla, rianimandosi. «Sì, sì, ottima idea!»
Così la giornata si concluse con una lattina di Lemonsucco a testa e dei Lavottini caldi e fragranti, che come Vera tenne a precisare non erano niente in confronto a quelli di Cuordilava.
 
 
Quella sera stavano – come al solito – nella camera del Centro Medico di turno. L'unica differenza era Shinx, che saltellava allegro sul letto di Vera come fosse un trampolino.
«Di lui cosa ne facciamo?» chiese Drew, squadrando il leoncino, che interessato si era messo a pancia insù e aveva aguzzato le orecchie per ascoltare.
«Non saprei» rispose Vera, perplessa. «Di certo non possiamo liberarlo in un posto che non conosce…» rifletté, con una mano sul mento.
«Allora penso proprio che ci toccherà tenerlo con noi.» Il verde sospirò, come se la cosa gli desse estremamente fastidio ma fosse inevitabile. «Avanti, catturalo e chiudiamo questa storia.»
«Parli di lui come un oggetto, sii più gentile!»
«Ripeto, cattura palla di pelo e fine!»
«Palla di pelo ha un nome!»
«Per me si chiama palla di pelo» concluse, con un ghigno divertito.
«Sheeeen!» Il piccolo approfittò del momento per lanciare una scossa contro Drew, che coi capelli bruciacchiati e il viso sporco cadde di lato sul letto immacolato. Vera tese una mano, preoccupata, poi la ritrasse.
«Stai bene…?» osò chiedere.
Drew sbatté le palpebre, frastornato. «No» rispose, per poi richiudere gli occhi e distendersi. Gli girava la testa come se l’avessero messa dentro una centrifuga alla massima potenza per trenta secondi.
«Così impari! Vero?»
Shinx saltò in braccio alla sua nuova padrona, che gli diede un paio di carezze, mentre il ragazzo, intontito, ancora tentava di rialzarsi.
 
«Come mai non ti piace il mio piccolino?» L'ora successiva Vera era riuscita a catturare senza difficoltà Shinx: era bastato che la sfera sfiorasse il suo nasino roseo et voilà, senza bisogno di combattimenti. Ma nonostante ora avesse una sfera, aveva deciso di farlo restare fuori ancora un po'.
«Non mi piace e basta… E credo sia odio reciproco» sibilò lui, rivolgendo un'occhiataccia al leoncino, che stava già rizzando il pelo.
«Non è che per caso… Sei geloso che passo più tempo a coccolare lui che a parlare con te?»
A quella domanda maliziosa, il verde arrossì di botto. «Ma no! Io geloso? Di un Pokémon, poi? Ma figuriamoci!» borbottò, visibilmente agitato. «Che stupidaggine» aggiunse, sempre bofonchiando.
La ragazza ridacchiò. «Sei davvero buffo, dovresti vederti, hai il viso tutto rosso!» commentò, scoppiando poi in una fragorosa risata.
«Non è vero!» protestò Drew, che avrebbe tanto voluto cancellare quel giorno e ricominciarlo da zero. Prima al Centro Commerciale nel camerino, poi una tale umiliazione… Era tutto troppo imbarazzante! E non andava affatto bene! Doveva essere Vera quella imbarazzata, non lui! Era così, di solito, no?
«Sheen, sheeen!» Shinx lo fulminò ancora. Lui cadde esausto contro la spalla di Vera, che lo guardò con un tenero sorriso: aveva preso così tanta elettricità quel giorno che non aveva retto un'altra scarica.
«Poverino… Sarà meglio fare qualcosa!» Prese un fazzoletto di stoffa e gli pulì la faccia dalle superficialissime ustioni, strofinandovelo sopra, poi lo distese e gli mise il cuscino sotto alla testa. «Ecco fatto!»
Sorrise, soddisfatta del proprio lavoro, e si perse a guardarlo. «Com'è carino quando dorme…» sussurrò, scoccandogli un sorriso intenerito. Controllò i dintorni, circospetta. Poi fece cenno al Pokémon in stanza con lei di stare in silenzio, che annuì e si sedette, curioso.
Vera, cauta, avvicinò piano il suo viso a quello di Drew. Gli schioccò un piccolo bacio appena accanto alle labbra. Non appena ebbe sentito abbastanza contatto con la sua pelle gelida, si staccò. Fece una risatina imbarazzata e si mise una mano sulla bocca, indietreggiando timidamente. Si sentiva sciocca ma felice.
«Vieni, Shinx, andiamo di sotto a mangiare qualcosa!» propose allegramente e si chiuse la porta alle spalle, seguita a ruota dalla lince azzurrina.
Quando il Coordinatore fu certo di essere rimasto solo aprì prima un occhio, poi l’altro. Dormiva? No, era semplicemente un bravo attore! Sentì le guance avvampare, si mise a sedere e fece un respiro profondo.
In quel momento, dalla tasca del suo zaino una Poké Ball si aprì con un getto di luce. Ne uscì Roserade, che sorrideva malizioso.
«Rosé rosé, rosé!» (Traduzione: E bravo il mio Drew, continua così!) Roserade ridacchiò e alzò le rose su e giù, euforico e contento per i progressi fatti dal suo padroncino.
«E dai, Roserade! Non è successo niente che già mi prendi in giro ed esulti!» sbottò il suo Allenatore, con le braccia incrociate.
«Ros, ros!» (Traduzione: Scusa, non ce la faccio!) Continuò a ridere, girò e saltò intorno a lui facendo una specie di danza della felicità. Drew s'imbronciò e arrossì, mantenendo però quel briciolo di orgoglio e dignità che gli restavano… Sempre ammesso che gliene restassero.
 

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Avrei voluto aggiornare domani ma ho deciso di anticipare di un giorno! 
Comunque, anche se in anticipo, lo dico lo stesso:
Buon Nataleeeeeee! 
Tornando alla storia, come vi sembra questo capitolo? Non sapevo come farlo concludere ma alla fine mi sono inventata qualcosa ;D
Grazie mille a chi legge, a chi segue e chi recensisce!
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 24
*** Esploratori per un giorno ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 23: Esploratori per un giorno ~

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«Vai, Munchlax! Solarraggio e poi Centripugno!»
Il Pokémon Mangione inondò il palco con un potente getto di luce ascendente e poi lo colpì con un pugno, così da creare un effetto di brillantini abbaglianti ovunque. Fu così che Vera si aggiudicò il suo quarto Fiocco: Drew non aveva partecipato per permetterle di raggiungerlo, ma si disse che l’avrebbe superata di nuovo alla prima nuova città che avrebbero trovato, cioè Pratopoli.
 
Camminavano sul Percorso 214 con gli zaini in spalla e Vera era di buonumore per l’ultima conquista.
«Che bello! Ancora un Fiocco e potremo partecipare entrambi al Grand Festival» esultò, mentre già fantasticava sull’avere tra le mani la lucente Coppa Fiocco. «Non sei contento?»
Drew però non aveva prestato attenzione alle sue parole.
«Ehi? Mi stai ascoltando?» gli chiese la rivale, piantando le mani sui fianchi. Non era mai così distratto, silenzioso sì, ma distratto no. «Si può sapere che ti prende oggi?»
«Niente, che dovrebbe prendermi?» ribatté lui, col suo tono all’apparenza arrogante, che però non era lo stesso di sempre.
Lei fece una smorfia poco convinta. «Hai la testa tra le nuvole… Si può sapere a che cosa stai pensando?» Gli si avvicinò un po’ troppo al viso e lo guardò negli occhi, seria e determinata. Drew indietreggiò, colto alla sprovvista. Non riusciva più a guardarla con la stessa disinvoltura, dopo il camerino e poi il bacio…
«A niente» mentì laconico e si voltò, riprendendo a camminare.
 
«Lo senti anche tu quest’odore?» chiese Vera a un certo punto, aguzzando l’olfatto. Non pioveva da parecchi giorni, eppure l’aria sapeva di pulito e di terra bagnata.
«Uhm?» Drew si fermò per annusare a sua volta. «Sì, lo sento anch’io! Forse viene da laggiù» detto ciò, indicò uno stretto passaggio tra gli alberi. Si poteva anche udire uno scroscio seppur lieve.
«Che aspettiamo? Inizia l’esplorazione!» Vera alzò un braccio in alto, piena d’allegria, per poi prendere per mano il compagno di viaggio e trascinarlo.
Più si addentravano nel sentiero, più il petricore e lo scrosciare ininterrotto si intensificavano. I Pokétch non mandavano nessun segnale.
«Ormai non ci sono più dubbi, questo dev’essere il Sentiero Fonte!» esclamò Drew, con un entusiasmo da parte sua insolito. «E l’abbiamo trovato proprio noi, per caso. È strardinario!»
«Eh?» domandò ingenuamente Vera, che non stava capendo.
Drew sospirò. «Tu sei proprio un caso perso. Si tratta della strada che conduce alla Fonte Saluto, il quarto Lago di Sinnoh, la cui l’esistenza è considerata una leggenda!» le spiegò, con un sorriso che tratteneva a stento l’eccitazione.
«Davvero?» Vera s’illuminò. «Allora adesso dobbiamo arrivare al Lago! Già che ci siamo, non possiamo tirarci indietro!»
«Sì, per questa volta concordo!»
Si sorrisero e avanzarono.
 
A ogni passo la nebbia s’infittiva, finché vi si trovarono completamente immersi, anche i contorni degli alberi erano indistinguibili. Vera camminava guardinga e non mollava la mano di Drew, un po’ perché le dava coraggio e un po’ perché aveva paura di perdersi e rimanere da sola. Con questi pensieri per la testa dimenticò di guardare davanti a sé e sbatté dritta contro una parete di roccia.
«Ahi!» si lamentò, massaggiandosi il naso. «E questa qui chi ce l’ha messa?»
Drew ridacchiò e formò una telecamera immaginaria con le mani per inquadrarla. «E il primo premio per Miss Goffaggine va a Vera di Petalipoli, signore e signori.»
«Ah, ah, ah» rispose Vera, imbronciata. «Intanto è merito del mio naso se siamo qui! Dunque, cari telespettatori, ci troviamo immancabilmente di fronte a un ostacolo. Ma non preoccupatevi, perché i vostri intrepidi esploratori troveranno presto una soluzione!»
Dopo la sua telecronaca, Drew sospirò, perché ormai era abituato a quel bizzarro passatempo.
La nebbia era troppo fitta per rivelare cosa ci fosse in cima al muro, anche se lo scroscio ormai sempre più forte lasciava sottintendere che si trattasse del Lago Fonte.
«Come saliamo, ora?» domandò Vera. Nel frattempo Drew stava tastando la roccia con i palmi in più punti. «Ehi, ma che stai combinando?»
«Ah, trovato!» esclamò, perché le sue dita avevano toccato qualcosa. Si avvicinò meglio e scoprì una scaletta di corda che penzolava placidamente. «Lo sapevo: se questo luogo in passato era frequentato dall’uomo, doveva senz’altro esserci un metodo per salire fin lassù. Semplice logica.»
«Ohh…» commentò Vera, in un sussurro, ammirata dall’intelligenza del suo ragionamento.
«Un attimo, freniamo l’entusiasmo. Non mi sembra molto solida…» Drew fece schioccare la lingua, seccato, mentre tastava meglio la scaletta. «Rischieremmo di cadere.»
«Ma no, dai. Se non fosse sicura sarebbe già crollata al primo temporale, non credi?» disse Vera, affiancandolo e mettendo già il piede sul primo appiglio. «Io dico di fare un tentativo, altrimenti non saremmo dei veri esploratori!»
 
Drew aveva insistito per andare avanti per primo, così da procedere lentamente e assicurarsi che ogni appiglio fosse sicuro. Appena i suoi piedi salivano di un gradino, nel gradino precedente Vera andava ad aggrapparsi con i guanti.
«Ci siamo» annunciò Drew e con un’ultima spinta si ritrovò sull’erboso manto della terraferma.
«Finalmente, era o… AAAAH!»
Fu un istante: la scaletta cedette di botto e Vera stava per precipitare verso il basso, ma Drew ebbe la prontezza di afferrarla con forza per un braccio. Rimasero entrambi pietrificati per lo shock per alcuni secondi, coi battiti che rimbombavano nei petti.
«N-Non mi lasci andare… vero?» domandò lei con un filo di voce e le lacrime agli occhi.
«Non ti lascerai mai» sussurrò Drew, riscuotendosi. Usò tutta l’energia che aveva per issare la compagna al suo fianco.
Lei riprese fiato, stringendo la stoffa del completo in prossimità del cuore. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere durante i suoi viaggi, ma la sensazione era la stessa: una folle, cieca paura. «Grazie…» fu la cosa più sensata che le venne in mente d’istinto di dire.
«Mi hai fatto prendere un colpo» bofonchiò invece Drew, ma prima che potesse lamentarsi di quanto fosse stato stupido salire su quella scala pericolante, Vera fece un verso di meraviglia.
«Wow, guarda là!»
In una cavità sotto di loro c’era il famoso Lago, cristallino e incontaminato, dove si specchiavano le pareti di roccia. Sui bordi cresceva una scia di candide margherite dove dei Bellossom, Cherrim e Combee danzavano in armonia. I Pachirisu si inseguivano tra gli alberi di Baccapesche squittendo allegri. La nebbia, lassù, scompariva del tutto e lasciava il posto ai raggi tiepidi del sole.
«Per i Pokémon questa è un’oasi di pace» commentò Drew. «Gli antichi hanno voluto nascondere questo posto e col tempo è diventato una leggenda, così non è mai stato contaminato dall’uomo…»
Vera strinse di nuovo la mano di Drew e si appoggiò alla sua spalla, come quando avevano visto l’alba a Flemminia… Ma stavolta Harley non sarebbe saltato fuori a dividerli.
Per un po’ nessuno dei due parlò più, incantati dal panorama.
 
Avevano lasciato il Lago Fonte con la promessa di non farne parola con nessuno per non violare la quiete dei Pokémon che lo abitavano.
Proseguire in volo appariva la scelta più sensata, anche se Vera diceva di essere troppo stanca per cavalcare Altaria; perciò aveva accettato di salire su Flygon insieme a Drew, avvolgendo la sua vita.
Se all’inizio erano entrambi un po’ tesi con il tempo si rilassarono, lasciandosi cullare dalla dolcezza di quel contatto. Era rilassante solcare il cielo scuro, lontani da tutto e da tutti, in silenzio.
«Tra poco scendiamo» annunciò a gran voce Drew per sovrastare la corrente. Non udendo risposta, voltò leggermente la testa e si accorse che Vera nell’abbracciarlo si era teneramente appisolata, da chissà quanto tempo. Sorrise: l’avrebbe lasciata riposare ancora un po’.
Volarono a ritmo sostenuto per un’altra mezzora e così arrivò il momento dell’atterraggio, anche se Drew in cuor suo ammetteva che sarebbe rimasto volentieri avvolto in quella bolla di calore. Si soffermò un istante di troppo sul viso candido di Vera e la scosse delicatamente, sussurrandole: «Ehi… Sveglia, principessa, siamo arrivati.»
Vera dischiuse appena gli occhi e fece un grosso sbadiglio. «Arrivati? Dove?» biascicò.
«Siamo a Porto Valore, se non sbaglio tu sei già stata qui.»
Sbatté le ciglia qualche volta per svegliarsi un po’ e solo allora si rese conto dell’ambiente circostante. «Ah, sì, quando ho partecipato alla Coppa Adriano. Ehi, ma lo sai che qui vicino c’è il ristorante più famoso di Sinnoh?»
«Certo che lo so» rispose Drew, smontando da Flygon con un’agile mossa. Le offrì la mano per aiutarla a scendere. «La signorina mi concede di invitarla a cena?»
Vera fece una risatina, accettò l’aiuto e gli balzò accanto. «Oh, ne sarei onorata!» rispose, stando al gioco. «Anche se non credo sarà facile entrare senza prenotazione…»
 
Invece era stato facilissimo. Al rivedere la Coordinatrice, Roman e Kylie – i giovani proprietari – la salutarono calorosamente e senza bisogno di alcuna lotta attraversarono il campo di battaglia e si ritrovarono nella sala principale, seduti all’unico tavolo sulla terrazza con vista mare, il più costoso.
Drew tirò indietro la sedia per Vera, con un bel sorriso, poi si accomodò nel posto di fronte al suo.
«Adoro quando fai il gentiluomo!» ridacchiò Vera, entusiasta.
Drew sopportò l’imbarazzo per quell’affermazione sfacciata e come progettava da tutta la sera fece apparire da dietro la schiena una rosa rossa, appuntandogliela all’orecchio.
Stavolta fu Vera ad arrossire. Portò una mano a sfiorare il fiore. «Sai, mi mancavano le tue rose…» confessò con un sincero sorriso, che scaldò il cuore del rivale.
 
Dalle vetrate esterne, uno sciagurato trio di delinquenti spiava la scena.
«Ma quella è la mocciosa con la bandana, ancora lei! Ma non era in viaggio per Johto?!»
«Non è possibile! Ovunque andiamo ce n’è sempre uno!»
«Waaavvaffeeeet!» commentò un Wobbuffet, uscito senza consenso dalla Sfera per esprimere la sua opinione, con una zampa dietro alla nuca in stile militare.
«Miao!» Degli artigli vennero illuminati dal chiarore lunare, insieme all’ombra di un sogghigno. «Già che ci siamo perché non diamo un po’ fastidio a lei e al suo fidanzatino? Poi riprenderemo la strada per il Quartier Generale e diranno addio per sempre ai loro adorati Pokémon!»

 

 

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Angolo Autrice
Salve!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, sulla prima parte – quella del Sentiero Fonte – sono un po' incerta: fatemi sapere cosa ne pensate, se volete!
Ne approfitto per augurare a tutti voi un buon 2013 e chiudo con una solita curiosità :3
#Curiosità 12: ---
Alla prossima.
-Alex-
 

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Capitolo 25
*** Preparatevi a passare dei guai! ***


Desire to be together ♥

~ Capitolo 24: Preparatevi a passare dei guai! ~

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«Che ti prende?» chiese il Coordinatore, visto che la sua compagna di viaggio guardava il pavimento e rispondeva a monosillabi da quando si erano seduti al tavolo.
Vera si strinse nelle spalle come per rimpicciolirsi e dopo un attimo d’esitazione rispose: «Ecco… È che non mi sento a mio agio, qui sono quasi tutti adulti… E tutti vestiti eleganti.»
«Pff, per me non è un problema, il mio outfit è sempre elegante» si vantò Drew con uno dei suoi sorrisi sicuri di sé.
«Certo, certo…» lo assecondò Vera, con un gocciolone dietro la testa.
«Tu, piuttosto, non ti preoccupi mai di cose del genere.»
«Beh, no… Ma ti ricordo che questo è il posto più raffinato di tutta Sinnoh, non i ristorantini alla mano dove mangiamo di solito!» Vera aprì in un lampo la cerniera del suo zainetto che aveva posato a piè della sedia e gli spiattellò in faccia la Guida Gastronomica. «Vedi? Ci sono addirittura quattro pagine intere a riguardo.»
Drew rispose con un cenno d’assenso e diede una rapida occhiata in giro. In effetti, nella sala erano tutti in abito da sera; ogni tanto qualcuno rivolgeva loro uno sguardo maligno e parlottava sottovoce. In particolare, una ragazzina con i codini arricciati e un vestito tutto balze li fissava insistentemente con una strana smorfia.
«Te l’avevo detto…» sussurrò Vera. «La gente ci guarda come se fossimo dei criminali.»
«Sono solo dei gran maleducati, indipendentemente dall’aspetto» commentò Drew, piccato. «Puoi comprare la moda, ma non la classe.»
«Sì, hai ragione!» esclamò Vera, sentendosi subito più rincuorata dalle sue parole. Non aveva senso rovinarsi una bella serata per una ragione così superficiale, l’importante era passare del tempo insieme.
«I signorini vogliono ordinare?» chiese con finta cordialità una voce che si fingeva profonda.
Alzarono lo sguardo. Di fronte a loro c’era una donna dai lunghi capelli fucsia, in divisa da sala con pantaloni lunghi e papillon, affiancata da un uomo dalla corta capigliatura azzurrina che indossava invece – con estrema naturalezza – grembiule e gonnellina. Entrambi sfoggiavano un sorriso, tanto smagliante quanto tirato, reggendo penna e block-notes con un’eccessiva innocenza…
«Sì, grazie» rispose Drew, pacato.
Vera però non era per niente tranquilla. Quei tizi le erano familiari… Si limitò a ordinare innanzitutto un piatto – che si era raccomandata facessero molto grande – di spaghetti al sugo con polpette, lui invece un risotto alla pescatora.
 
«Et voilà, le vostre ordinazioni!» I due misteriosi camerieri apparvero alle loro spalle, di colpo, facendoli sobbalzare.
«Finalmente, stavo morendo di fame!» esultò Vera, fiondandosi sul suo piatto, che sprigionava un profumo irresistibile. Cominciò velocemente ad arrotolare uno spaghetto dopo l’altro, incurante di sporcarsi la bocca, con gli occhi brillanti di gioia.
«Sei sicura di non essere in realtà un Munchlax?» la prese in giro Drew, bonario, mentre consumava il suo riso speziato con calma. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, guardarla mangiare con tale foga lo metteva di buonumore.
«Che male c’è ad apprezzare il buon cibo?» si difese Vera, con le guance gonfie come un Pachirisu.
Proprio quando erano più tranquilli e con le pance piene, un Meowth s’infiltrò sotto il tavolo e frugò nei loro zaini, prendendo maldestramente quante più Sfere Poké gli stavano tra le zampe.
Il trucco era troppo semplice, tuttavia, per non essere scoperto in breve tempo. «Fermo!» gridò Drew, che protesse all’istante l’ultima Poké Ball rimasta, così come Vera.
Prima che i due avessero modo di comprendere cosa stava succedendo, le luci si spensero di colpo, causando un indignato brusio della clientela.
Partì un’inconfondibile musichetta di sottofondo e dei fari di luce comparsi dal nulla illuminarono un ben noto trio.
«Preparatevi a passare dei guai…»
«Dei guai molto grossi…»
«Oh no…» sussurrò Vera, demoralizzata. Non erano bastati due anni di tormento?!
«Proteggeremo il mondo della devastazione…»
«Uniremo tutti i popoli nella nostra nazione…»
«E questi buffoni chi sono?» chiese Drew, scocciato, interrompendoli. Aveva vaghi ricordi di quei pagliacci.
Loro lo ignorarono e il sottofondo ripartì.
«Denunceremo i mali della verità e dell’amore…»
«Estenderemo il nostro potere fino alle stelle…»
«Io sono Jessie!» La donna in un’agile mossa si levò la divisa da cameriera e le rimase addosso la sua originale da delinquente.
«E io sono James!» Il collega la imitò, rivelandosi con una rosa in bocca, come aveva sempre nella prima serie ormai lontana.
«Team Rocket, pronto a partire alla velocità della luce!»
«Arrendetevi subito o preparatevi a combattere!»
«Miao, proprio così!» confermò il gatto, dietro di loro, impegnato a reggere tutta la refurtiva.
«Quanto sono ridicoli» li sbeffeggiò Drew, scostandosi il ciuffo.
Vera sospirò. «Lo so, pensa che io sono anni che li sopporto… Mi perseguitano, sono dei veri piantagrane!»
«Stupido moccioso! Come ti permetti di non prenderci sul serio!?» lo ammonì Jessie, già furibonda. Se c’era una cosa che col tempo non era cambiata era la sua suscettibilità.
«Ma non avevate cambiato motto? E non dovreste essere a inseguire Ash a Unima come dei disperati?» domandò Vera, tranquillamente, come se stesse parlando con semplici conoscenze di vecchia data.
Il resto del ristorante, dinnanzi a quel bizzarro incontro, taceva per lo shock.
«Volevamo farvi sentire più a vostro agio col vecchio!» precisò James.
«Il capo ci ha dato una promozione, non abbiamo più bisogno di quell’insulso Pikachu! Siamo in viaggio per il Quartier Generale per una missione di massima importanza» spiegò la mascotte del team, con orgoglio.
«Esatto!» gli fece eco James, levandosi di bocca la rosa.
Drew fece una smorfia. «Tsk, le rose sono una mia esclusiva! Dovete avere davvero poca fantasia per arrivare a copiarmi. Siete patetici!»
«Ti sbagli! Io uso le rose da ancora prima che tu nascessi!» protestò James, a pugni stretti.
«Questo conferma che sei solo un vecchio che dovrebbe già essere in pensione!» lo prese ancora in giro Drew, con un ghigno, che lo fece ribollire di rabbia.
«Vi spiace ridarci i nostri Pokémon senza fare storie? Almeno vi evitiamo il solito volo!» propose Vera, allegra.
«Neanche per sogno!» protestò Meowth, stringendo avidamente le Sfere con gli artigli.
«Allora… Preparatevi a combattere!» disse Vera, scimmiottandoli con una risatina.
«Ehi! C’è il copyright, abbiamo i diritti d’autore!» disse James.
«Parli proprio tu di copiare!» lo ammonì Drew, alzando gli occhi al cielo.
«Ho un leggero languorino» annunciò il gatto e con una rapida zampata si portò alla bocca le ultime golose polpette dal piatto di Vera.
«Ehi! Come ti sei permesso?!» strillo lei, infuocandosi.
«Andiamocene!» suggerì Jessie, così i tre si diedero alla fuga saltando giù dalla terrazza.
«Aaaaah, non ve la caverete così!» Vera partì all’inseguimento senza perdere nemmeno un secondo.
Prima di scavalcare a sua volta la ringhiera della terrazza, Drew ebbe la decenza di voltarsi e fare un leggero inchino, accompagnato da un sorriso di disagio, ai clienti che non avevano smesso per un secondo di fissarli a occhi sgranati. «Torniamo subito…»
 
«Ridatemi i miei Pokémon!» Vera nell’inseguirli aveva due fiamme al posto dei soliti occhi azzurro brillante. Ciascun membro del trio le fece la linguaccia, mentre correvano verso il Percorso 222.
«Neanche per sogno!» cantilenò Meowth, che però mentre era girato verso di lei inciampò su una pietra. Le Sfere gli scivolarono via dalle grinfie e, dopo essere ruzzolate sull’erba madida e scura, si aprirono. In un unico fascio di luce, le due squadre si materializzarono.
«Incapace!» lo sgridò Jessie.
«Non volevo!» si giustificò lui, mortificato.
«Blaaaazeee!» fece Blaziken, tremendamente arrabbiato che quegli sporchi ladruncoli avessero osato infastidirlo.
«Blaziken, vai con Turbofuoco!» ordinò Vera, accesa dall’impeto della battaglia. Un pericoloso ciclone di fiamme investì gli avversari.
I tre sbatterono le palpebre, intontiti e bruciacchiati, così Vera ebbe il tempo di affiancare la propria squadra e quella dell’amico, che attendevano ordini.
Il gatto, però, dopo una frazione di secondo ghignò. «Ci credevi sconfitti, non è vero? Invece ti sbagli!» Fece apparire da dietro la schiena un joystick simile a quelli della PlayStation, con un grande bottone rosso al centro, che premette con euforia. Dagli alberi nelle vicinanze, che vennero brutalmente abbattuti e schiacciati, sbucò un carrarmato dalle sembianze del Pokémon Omanyte. Esso aprì la bocca meccanica e iniziò ad aspirare tutto, con la facilità che impiega un aspirapolvere ad attirare a sé gli acari.
«Aaah!» gridò Vera, che stava per essere risucchiata all’interno di quello strano marchingegno. Forse li aveva sottovalutati.
«Così non c’è gusto!» gongolò Meowth, poi schiacciò un pulsante blu accanto al primo. Un tentacolo azzurro di metallo afferrò la castana, impossibilitandola a ogni più piccolo movimento, mentre i suoi Pokémon e quelli del suo rivale uno a uno venivano aspirati senza pietà. Persino Blaziken, che quando aveva provato a emettere una fiammata questa era stata subito estinta dalla corrente.
«Vera!» Drew accorse, si tenne saldo al terreno e si coprì con la mano per non venir spazzato via. «Roserade, Petalodanza!» ordinò al suo starter, che gli copriva le spalle seguendolo come un’ombra.
«Rossé!» Il Pokémon Floreale fece un rapido salto in alto, ruotò con grazia e lanciò un gruppo di petali in ascendente, verso la luna nel firmamento stellato che si stagliava sopra le loro teste.
«Oh-oh, che peccato: ritenta e sarai più fortunato!» lo prese in giro Meowth, sghignazzando assieme al trio.
Drew sorrise con malizia, perfettamente sicuro di sé e delle capacità del suo fido compagno. «Questo lo vedremo!»
L’attacco d’erba seguì la direzione della brezza del vento. Virò con l’eleganza esclusiva che sembravano possedere solo i componenti della squadra di Drew e ruppe il tentacolo che imprigionava Vera. Quest’ultima saltò giù perfettamente illesa assieme a una pioggerella di petali rosati.
«Grazie mille!» disse riconoscente, mentre Roserade atterrava accanto al suo padroncino con una gamba più avanti dall’altra, posa che ricordava molto quella che assumevano i ninja quando balzavano giù dai tetti.
«Rosé!» fece, sorridendo.
«Chee?!» strillò in coro il Team Rocket, esterrefatto.
I Coordinatori si guardarono: sapevano già che cosa fare. «Flygon, Altaria, Dragospiro!»
I draghi volanti ruppero dall’interno la pancia del finto Omanyte, che si aprì con uno squarcio, fusa dal calore degli attacchi. Tutti i prigionieri si riversarono fuori.
A quel punto i rivali si scambiarono uno sguardo d’intesa e annuirono solennemente, quando vennero raggiunti dai secondi Pokémon che entrambi avevano mai catturato.
«Masquerain…» iniziò Drew.
«Beautifly…» proseguì Vera.
«Ventargenteo!» gridarono all’unisono. Le due farfalle accelerarono il battito d’ali, in simbiosi impeccabile, così da provocare una raffica talmente forte da lanciare in aria i delinquenti assieme alla loro macchina guasta.
 
«Abbiamo fallito ancora!» si lamentò Jessie, già in orbita.
«È destino, continueremo sempre a fallire!» sospirò Meowth, demoralizzato.
«Con questa spinta arriveremo prima a Kanto, guardate il lato positivo!» commentò James.
«Un corno!» replicò Jessie, esasperata. «Uhm… No, invece rimarremo qui!» annunciò, ghignante. Aveva già in mente un altro piano: vedere quella mocciosa le aveva provocato un’improvvisa nostalgia per le Gare…
«Il Team Rocket riparte di nuovo alla velocità della luce!» strillarono in coro, svanendo all’orizzonte in un pallino bianco, che luccicò un’ultima volta, prima di non lasciare più alcuna traccia di sé.
 
«Ce l’abbiamo fatta!» esultò Vera, rivolgendo un sorriso splendente a Drew. «Siamo una bella squadra, noi due!»
«Già.» Drew ricambiò teneramente il sorriso e, in uno slancio di audacia, le prese la mano. «Andiamo?»
Vera per una frazione di secondo ne fu sorpresa, ma si affrettò ad annuire. «Dopo tutta questa fatica ci meritiamo un bel dolce, non sei d’accordo? Qui fanno un tiramisù spettacolare, ma anche la cheescake non è male! Non so proprio cosa scegliere…»
Si allontanarono sotto il cielo stellato chiacchierando, uniti da quel contatto, intimo e speciale.
 

 

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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Sì, lo so che questo capitolo è uno dei più lunghi che io abbia mai scritto.
Non so se avete notato che per molte battute mi sono ispirata all'episodio dell'anime, quello dell'Isola Miraggio, soprattutto per il finale. Non ho saputo resistere! ** adoro alla follia quell'episodio.
AVVISO:
Nel prossimo capitolo e in quello dopo, Drew potrebbe sembrarvi un pochino OOC, perché verrà fuori un suo lato un po' pauroso che nella serie non si è mai mostrato. Sto facendo del mio meglio per adeguare i dialoghi al suo carattere.
Come sempre (sì, sono monotona lo so ;P) grazie mille a chi recensisce, ma anche solo a chi legge e segue in silenzio!
Alla prossima,
CiaoCiao!
-Alex-

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Capitolo 26
*** Sapore di sale, sapore di mare… ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 25: Sapore di sale, sapore di mare ~

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I due Coordinatori, dopo il breve ma intenso scontro con il Team Rocket, avevano terminato in tutta tranquillità la loro cena. Dopodiché erano andati a prenotare una suite all’Hotel Grande Lago. A Drew, leggendo il conto, era quasi venuto un colpo.
Vera la mattina dopo si era svegliata di buon ora, attratta dal sole e dagli schiamazzi che provenivano dalla spiaggia. Al Centro Commerciale aveva comprato tanti costumi nuovi, perciò sarebbe stato un peccato lasciarli lì, nel suo zaino, soli soletti.
«Drew?» sussurrò all’orecchio del rivale, con voce suadente. Provò a scuoterlo con tutta la dolcezza del mondo e lui, senza muoversi di un millimetro, si limitò ad arricciare il naso.
«Drew?» lo chiamò ancora, picchiettandogli insistentemente la spalla con l’indice. Lui si girò dalla parte opposta, ignorandola. «DREW, INSOMMA!» urlò Vera, furibonda, a pugni stretti.
«Ma si può sapere cosa vuoi a quest’ora?»
«Voglio andare in spiaggia! E dai, alzati!»
Sulla faccia impaziente di Vera arrivò il cuscino che Drew, senza nemmeno degnarsi di prendere la mira, le aveva tirato. «Vacci da sola» bofonchiò, mentre l’espressione sul viso di lei diveniva di puro sconcerto: era pronta a ogni tipo di frecciatina, ma non a una cuscinata. Pensando a quant’era antipatico, decise di giocare d’astuzia.
«D’accordo. Non vedo l’ora: ci saranno tantissimi ragazzi carini, gentili e disponibili, che vorranno passare del tempo con me!»
La sua mano rimase ferma sul pomello della porta, a mo’ di minaccia.
Come previsto, la testa spettinata di Drew emerse dalle coperte; la sua bocca era curva in una smorfia di fastidio. «Okay, vengo anch’io.»
Vera si godette la sua vittoria a braccia incrociate, con un sorrisetto trionfale.
 
Si fermarono alla fine della scalinata che conduceva alla spiaggia. Proprio in quel momento, davanti a loro passarono due bambini che si rincorrevano, zigzagando tra teli, ombrelloni e rastrelli abbandonati. C’era parecchia gente. Ad esempio, una bimba con un cappellino in testa, che giocava con delle formine colorate a forma di Staryu, accanto alla madre, ferma come una statua. Oppure, i classici giocatori giovani di beach-volley, che in ogni spiaggia affollata che si rispetti non mancano mai. Qualche Pokémon selvatico, senza farsi vedere, ogni tanto spuntava dagli scogli, osservando curioso gli esseri umani in tutte le loro sfaccettature.
Vera lanciò in aria le sei Sfere Poké da cui uscì il suo team al completo. Annunciò in tono allegro: «Andate tutti a divertirvi, ma non allontanatevi troppo!»
Loro, dopo aver esultato, cominciarono a sparpagliarsi in giro.
Anche Drew fece lo stesso, ma i suoi Pokémon mostrarono più contegno e si avviarono calmi in direzioni diverse. Tutti, tranne Roserade, che rimase fedele al suo fianco.
«Ah, che bello!» Vera, senza dare alcun preavviso, si alzò la t-shirt.
«Ma sei impazzita?!» strillò Drew, voltandosi di scatto.
«Calmati, ho il costume sotto!» rispose lei, tranquilla, mentre finiva di togliersi anche i pantaloncini e vi buttava sopra la bandana stropicciata. Anche il Coordinatore, dopo aver emesso un sospiro di sollievo, si sfilò la maglia, sicché aveva già addosso un costume viola con un riga nera laterale.
«Ehi, Drew… Come sto?»
Al sentire la voce – ch’era suonata stranamente soave – di Vera, Drew si girò di nuovo. La vide con indosso un bikini verde chiaro, dannatamente stretto, in posa da modella, con un disarmante occhiolino. Deglutì, strabuzzando per un istante gli occhi e guardando dove non avrebbe dovuto guardare.
«Hm… Stai…» La frase rimase così, troncata a metà.
«Sto?» gli chiese lei, ansiosa, avvicinandosi.
«Niente male» ammise, cercando a tutti i costi di distogliere lo sguardo, pur di non incrociare il suo.
«Che hai?» Vera diminuì ancor di più le distanze tra di loro. «Come mai balbetti? Come mai sei tutto rosso? Come mai indietreggi?» chiese a raffica, curiosa e innocente, a un soffio dalla sua bocca.
«C-Chi, io?» negò Drew, tirandosi un passo indietro.
Roserade scoppiò a ridere di gusto, cosa che fece vergognare ancora di più il suo padroncino.
«Roserade! Non ricominciare!» lo ammonì, a denti stretti. Avrebbe tanto desiderato sparire dalla faccia della terra, mandando tutti al diavolo.
«Ricominciare?» Ecco l’innocenza di Vera tornare alla carica. «Che vuol dire, non è la prima volta che si comporta così?»
«Lascia perdere…» rispose Drew, con acidità nella voce.
Nel frattempo, Roserade agitò le rose in alto, un segnale che Blaziken colse al volo. C’era bisogno di un loro intervento: quale occasione migliore?
Il tipo Fuoco, prontamente, si posizionò dietro a Vera. Lo stesso fece Roserade con Drew.
«Che state combinando?» alla domanda confusa di lei, non venne data risposta.
«Bla…» (Uno…)
«Ros…» (Due…)
«Ze…» (Tre…) «Ken!»
«Rade!» (Via!)
I due starter in contemporanea spinsero i loro Allenatori che, goffamente, finirono l’una addosso all’altro. Senza volerlo le labbra morbide di Vera si posarono su quelle di Drew. Ed era una sensazione così bella, nuova e dolce che entrambi ne furono catturati. Drew le cinse gentilmente un fianco, mentre Vera d’istinto gli allacciò le braccia attorno al collo e affondò le dita tra i suoi folti capelli verdi. Era il suo primo bacio! Un bacio delicato, che sapeva di rose. E di Drew, il suo presuntuoso rivale. Aveva letto nei libri di baci lunghi e passionali, consigli su riviste per ragazzine e visto tante scene nei telefilm, oppure persone per strada che non si curavano della presenza altrui. Ma… Provarne gli effetti sulla propria pelle era diverso. Era come se il resto del mondo fosse svanito. Le labbra di Drew premevano contro le sue, scatenando un calore che si diffondeva in tutto il resto del corpo.
Drew non osava rovinare quel turbinio di emozioni, confuse e sovrapposte. Perché nonostante fosse il Principe delle Rose e il sogno proibito di tutte le fangirl, anche per lui era il primo bacio. Non era mai stato attratto da nulla più che il fisico o la fama nelle altre ragazze. Vera era l’unica a riempire i suoi pensieri, così buffa, tenera, determinata e sorridente…
Dopo un tempo incalcolabile, quando entrambi erano ormai senza fiato, un po’ di malavoglia staccarono lentamente le loro bocche. Erano fronte contro fronte e riuscivano a udire i reciproci respiri.
«Mi gira un po’ la testa» commentò Vera, con un sorrisino.
«Scusa…» sussurrò Drew, pensando di aver esagerato.
«È tutto quello che sai dire?» Abbassò gli occhi, mortificato… «Insomma, si può sapere perché abbiamo interrotto tutto proprio sul più bello?»
Vera riavvicinò i loro visi, tirandolo con un vigoroso strattone per il polso. Drew sgranò gli occhi dalla sorpresa, totalmente spiazzato dalla sua audacia. Tuttavia Vera si staccò barcollante subito dopo.
«Calma, bisogna anche respirare, sai?» la schernì con un sorriso Drew. «Ricordatelo la prossima volta, se non vuoi soffocare.»
«Antipatico» bofonchiò, imbronciata. Ma in realtà era felice che avesse spazzato via ogni traccia d’imbarazzo scherzandoci su come al solito. Poi metabolizzò le sue parole: “La prossima volta”…
 
«Ros! Rosé, ros ros!» (Era ora! Sono anni che mi impegno per far scoccare la scintilla!)
«Blaze… Blaze!» (Che dolci… Adesso piango!)
«Ros ros… Rosé rosé!» (La prima parte è fatta.. rimangono le altre due!) pianificò il Pokémon Floreale, scrivendo una X un po’ storta su un foglio – rubato insieme alla penna al suo padroncino, naturalmente. C’erano, in tutto, tre punti: il primo raffigurava delle labbra, il secondo una vignetta vuota con dei puntini di sospensione e l’ultimo un fuoco d’artificio stilizzato. Accanto a ognuno c’era una casella da barrare. Eh sì, quei due facevano proprio sul serio, il loro piano aspettava solo di essere messo in atto.
 
«Ci decidiamo a entrare in acqua? Sono venuta qui per questo!» Vera prese Drew per un braccio, ma lui rimase ancorato sulla sabbia.
«Non voglio» sibilò.
Vera si fermò; si era accorta subito che nel suo rifiuto così netto c’era qualcosa che non andava. «Perché no?»
«Ho… Ho detto che non voglio» ripeté Drew, indietreggiando di un passo. L’espressione del suo viso era seria, cupa.
«E posso sapere perché?» gli richiese, innocentemente, inclinando la testa da un lato. «Non sai nuotare, per caso?»
Calò un pesante silenzio, rotto solo dalle risa dei bambini e il moto delle onde. Drew con le labbra serrate dalla vergogna fissava in basso.
«Oh…» fece lei, un po’ sorpresa. «Come mai? Non hai mai voluto imparare?»
«Non voglio, fine della questione. Lasciami in pace!» sbottò, nervoso, con un vero e proprio sguardo di ghiaccio che intristì subito la sua rivale.
«Scusa, la mia era semplice curiosità… Non sarei capace di prenderti in giro per una cosa così seria.»
Sentendosi in colpa per aver alzato la voce in quel modo, Drew rifletté qualche istante. Alla fine, decise di correre il rischio di aprirsi con qualcuno per la prima volta nella sua vita.
«Okay, te lo dirò.»

 

 

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Angolo Autrice
Ciao! Come vi è sembrato questo capitolo? Quella della spiaggia è stata una delle prime idee che ha fatto nascere Desire, insieme a quella dello shopping :)
Grazie mille a tutti, ragazzi! :) Siamo oltre le 90 recensioni… Wow, sono commossa!
AVVISO:
La storia del perché Drew non sa nuotare ovviamente sarà frutto della mia testolina fantasiosa. Potrebbe sembrare un tantino OOC, ma ricordo che nonostante lui sia vanitoso arrogante e tutti gli aggettivi che volete, è pur sempre anche un essere umano in grado di provare paura e ci tenevo a evidenziare un suo timore per dimostrare appunto che non può essere sempre forte e spavaldo in ogni situazione.
Detto ciò concludo con:
#Curiosità13: Essendo piccola ed inesperta durante la prima stesura del capitolo 25, ho chiesto l'aiuto di un'amica più grande per descrivere al meglio il bacio. Ora che è corretto, sono però rimaste alcune sue frasi.
Alla prossima!
-Alex- 
 

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Capitolo 27
*** Questione di fiducia ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 26: Questione di fiducia ~

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Il sole era stato coperto da qualche nuvola passeggera, perciò erano tutti sulla terraferma, tranne un Nuotatore al largo e due bambini che non avranno avuto più di sette anni. Vera li osservò mentre rifiutavano di tornare a riva, ignorando i richiami spazientiti della madre. Fu una scena che per una frazione di secondo le strappò un sorriso, portandole alla mente suo fratello Max. Ricordava con nostalgia le estati in vacanza a Bluruvia, quando saliva sulle spalle di papà per tuffarsi con i braccioli o riempiva secchielli interi di conchiglie fino al tramonto.
Comunque, i loro team si stavano rilassando. Scrutando con attenzione il cielo si potevano intravedere due sagome lanciarsi dentro e fuori da quelle nuvole, una verde un po’ più aggraziata e una azzurra un po’ più impacciata. Invece le tre farfalle si erano rifugiate in un prato in cima a un’altura, un paradiso di polline e fiori di campo variopinti. Individuare Skitty e Shinx non era semplice perché alternavano il rincorrersi le code a vicenda e il fermarsi a sonnecchiare all’improvviso, acciambellati sotto al tepore del sole. Sneasel e Absol erano tornati nelle loro Sfere perché soffrivano troppo la calura, mentre Wartortle stava in mare con le zampe stese nella posizione del morto.
Dulcis in fundo, gli starter ovviamente muniti di occhiali da sole come dei veri boss si scambiavano consigli e pettegolezzi, sdraiati comodi sulla sabbia.
«Dimmi tutto, ti ascolto» disse Vera, cercando di apparire incoraggiante. Stava a gambe unite sul suo telo di cotone rosa, sotto l’ombrellone che avevano affittato e montato al loro arrivo. Tra le mani teneva un cono alla fragola-vaniglia, perché è fuori discussione ascoltare un racconto importante a stomaco vuoto alle undici di mattina. Certo, stomaco vuoto senza contare il croissant che aveva divorato insieme a un bicchiere di succo di frutta prima di uscire dall’Hotel, ma ormai Drew sapeva che per lei il concetto di fame era relativo.
Al contrario, lui quel gelato al pistacchio non riusciva proprio a toccarlo. Più lo fissava e più avvertiva un vago senso di nausea. Ci concentrò lo sguardo per distrarsi e lasciar fluire, finalmente, le parole intrappolate in gola: «Sono idrofobico.» Precedendo la sua vocina che avrebbe chiesto senza vergogna cosa significava, chiarì: «Cioè ho la fobia di annegare.»
«Ah, ho capito…» commentò la compagna di viaggio, titubante. «C’è un motivo particolare per cui lo sei?»
Ecco la domanda che temeva di più. Strinse istantaneamente i pugni e annuì a bocca serrata. «Una volta da bambino sono quasi affogato… E…» Si bloccò. No, aveva già detto troppo. «Niente, tutto qui.»
La ragazza stette in silenzio per un po’, a riflettere, tracciando cerchi immaginari sulla palla gonfiabile che si era portata in mezzo alle gambe. Ora si spiegava perché non avesse reagito, al Lago Arguzia e sull’Isola Miraggio. «Mi dispiace, dev’essere stato davvero brutto per te… Chissà com’eri carino da piccolo, però!» esclamò, sorridendo da sola al pensiero di una versione baby del suo rivale in lacrime.
«Ero carino e lo sono anche ora…» replicò lui, piccato. Avrebbe dovuto aspettarsi un commento del genere. Per un attimo, però, provò a immaginare una Vera ancora più dolce e paffuta sorridergli candidamente. Chissà come sarebbe stato il loro rapporto se si fossero incontrati prima, senza le Gare di mezzo…
«Beh, io potrei farti passare la tua paura! Potrei insegnarti a nuotare!» propose la Coordinatrice, a bruciapelo, alzandosi.
«Neanche per sogno, scordatelo!» provò a obiettare Drew, allarmato.
Lei sembrò non ascoltare la sua protesta; abbandonò il pareo sul telo e finì in un gran boccone il fondo di biscotto del gelato. Poi gli rivolse un’occhiata determinata, come quando si preparava a salire sul palco per un’esibizione. «Non potrai avere paura per sempre, no? Ti prometto che non ti accadrà niente!» lo rassicurò, con un bel sorriso. «Allora, ti fidi di me?» gli chiese teneramente, tendendogli la mano.
Drew la fissò incerto, stregato dalla dolcezza di quelle parole. Poi annuì adagio, afferrandola. Sapeva già che una volta messo piede in acqua gli avrebbe preso il panico, ma… Forse era davvero ora di superarlo.
 
«Vera, ti prego, torniamo a riva…»
«Mi dispiace, signorino, ma ho detto che ti avrei insegnato a nuotare e così sarà!» rispose lei, continuando a tirarlo per un braccio verso la distesa oceanica, dove si stavano immergendo sempre di più.
«Ecco, qui va bene!» decise, fermandoli in un punto dove l’acqua arrivava quasi alla vita di entrambi. «Dimmi, è così terribile?»
Drew, spaesato, si guardò attorno. Acqua. Fredda, così fredda che gli dava i brividi a ogni movimento. C’era solo una grande e sconfinata massa di liquido blu, all’orizzonte e intorno a lui. Una grande e sconfinata massa di liquido blu che avrebbe potuto inghiottirlo da un momento all’altro per trascinarlo in fondo agli abissi, mozzandogli il respiro. Il cuore prese a battergli all’impazzata e riafferrò d’istinto la mano della rivale, che rimase un po’ sorpresa dall’impulsività del gesto e dal gesto stesso.
«Ti prego… Torniamo a riva…» ripeté, tremante, stringendo forte l’unico contatto che gli dava un po’ di calma.
«Non preoccuparti, non ti succederà niente! Ehi, ma… Come sei pallido…» Solo allora Vera notò che era sbiancato.
«Ti prego…» sussurrò. Gli luccicavano gli occhi.
Lei si sentì improvvisamente in colpa per averlo trascinato fin lì. «Coraggio, calmati…» gli disse, dispiaciuta, osservando l’espressione sconvolta sul suo viso.
 
«Dai, non essere così rigido. Non puoi affogare, te lo assicuro!»
Tutti i suoi tentativi si stavano rivelando vani: Drew rimaneva ancorato nello stesso punto, come un burattino.
«Non ce la faccio!» esclamò, con le sopracciglia curve verso il basso in segno di malessere. «Vera, smettiamola, non voglio.»
«Ma non abbiamo neppure cominciato!»
«Non m’interessa, io voglio andare via di qui!» gridò, a pugni stretti. Il suo orgoglio bruciava, non riusciva più a reggere una situazione simile. Non avrebbe accettato di fare ancora la figura del debole davanti a lei.
«Adesso mi hai stancata.» Vera incrociò le braccia al petto. «Vediamo un po’ come te la cavi da solo, io vado a farmi una nuotata!» Mollò bruscamente la sua mano e s’immerse, andando dove non si toccava, per essere certa che non l’avrebbe seguita. Se non funzionavano la dolcezza e la gentilezza, sarebbe passata a metodi più drastici.
«Vera, aspetta!» la chiamò Drew, tendendo un braccio, ma era già troppo tardi. Ormai se n’era andata. Aveva svoltato l’angolo, abbandonandolo lì in mezzo. Bell’amica. Ma in fondo era anche colpa sua, che non le aveva dato retta e si era lasciato sopraffare dalla paura. E se ci pensava, spesso anche lui l’aveva piantata in asso… Ecco come ci si sentiva allora.
Si appoggiò a una roccia. E adesso come tornava in spiaggia? Si erano allontanati così tanto che i Pokémon non avrebbero potuto accorrere in suo aiuto.
Non si era mai sentito così impotente e stupido. Il tempo scorreva e la sua amarezza cresceva, in quel silenzio rotto solo dal moto regolare delle onde. A pelo dello specchio che stava fissando intensamente d’un tratto vide una figura. Era lieve, quasi invisibile, ma la vedeva. Una figura che gli riportava a galla ricordi dolci, nostalgici, che scaldavano il suo cuore. Avrebbe tanto voluto che fosse reale. Ma quando cercò di sfiorarla, la sua mente l’aveva già fatta sparire. Tirò un pugno secco all’acqua che schizzò bruscamente all’impatto, così forte da farsi male. Una lacrima furtiva gli rigò il viso e la scacciò subito via.
In quel momento, un verso – che pareva un canto, da quant’era limpido – attirò la sua attenzione. Dal mare spuntò un pesce a strisce che prese a sguazzargli attorno, spensierato. Il verde lo studiò qualche secondo prima di riuscire a identificarlo.
«Wow, un Lumineon!» esclamò, stupito. Da ciò che aveva letto erano creature marine che solitamente vivevano solo sui fondali, come i Lanturn, perciò era un evento rarissimo averne incontrato uno in superficie. Tese la mano con cautela e la farfalla acquatica prima la osservò curiosa, poi ci strusciò il muso contro. Le sorrise, perché era un esemplare stranamente amichevole ed empatico, che aveva cancellato la sua tristezza in tempo record.
Proprio allora un urlo di terrore si fece sentire in lontananza. Drew si allarmò. Da dove proveniva? Cos’era successo?
«Vera?» chiamò, impensierito. Avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. «Qualcuno che conosco è in pericolo... Per favore, potresti aiutarmi?» domandò, serio.
Lumineon, che aveva capito la gravità della situazione, annuì e gli fece cenno di reggersi. Il ragazzo lo ringraziò sinceramente, lasciandosi trascinare dalle sue pinne sottili come veli.
 
Trovarono Vera in trappola contro una parete rocciosa, circondata da un gruppo di Tentacool capitanati da un grosso Tentacruel.
«Ti prego, allontanali da me, fa’ qualcosa!» gridò al ragazzo appena lo vide, mentre le piovre azzurre si avvicinavano e minacciavano di avvolgerla con i loro viscidi tentacoli intrisi di veleno.
Drew si bloccò. Voleva salvarla, o quantomeno rendersi utile. Ma… Ciò significava attraversare l’acqua, in quel punto ancora più scura e profonda. Avrebbe potuto rischiare, sì, ma… Se fosse affogato? Non l’avrebbe rivista più. Anche ai suoi Pokémon avrebbe detto addio e la sua carriera di Coordinatore non avrebbe mai avuto un futuro… Non voleva che succedesse anche a lui. Poi guardò gli occhi luccicanti e spaventati di Vera: teneva troppo a lei per permettere che le accadesse qualcosa di male. Fu ciò a dargli la forza e il coraggio per avanzare. D’istinto staccò un pezzo appuntito da una roccia, come fosse una lancia, per scagliarlo contro la testa abnorme del capo.
Questo si voltò, fulminandolo con un’occhiata intimidatoria per aver osato provocarlo. Lasciò perdere il bersaglio precedente e gli sparò contro uno sputo di veleno, senza pietà. Lui si riparò con le braccia e chiuse gli occhi per proteggersi, ma Lumineon si mise in mezzo: il suo corpo splendette di una tenue luce verde speranza, che deviò la tossina facendola scivolare ai lati. Poi un potente raggio, luminoso come il sole ma dei colori più brillanti dell’arcobaleno, uscì dalla sua bocca.
Il Pokémon Tentacolo non riuscì a evitarlo e cadde, stordito, anche se non del tutto knock-out. Proprio allora, una Poké Ball gli rimbalzò sul testone e venne risucchiato all’interno dalla luce rossiccia. Ma… Chi l’aveva lanciata? In giro – apparentemente – non c’era nessuno, e non erano certo stati Vera o Drew!
La palla bicolore si fermò, galleggiando placida nell’acqua. I Tentacool, spaventati all’idea di non avere più un capobranco, si sparpagliarono disordinatamente in mare. Vera tirò un sospiro di sollievo: menomale che se n’erano andati, proprio non sopportava quei Pokémon!

 

 

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Angolo Autrice
Hola!
Io non dovrei aggiornare oggi, lo sapete? Ma fa nulla. Già che ho tempo, meglio non sprecarlo!
Ho fatto del mio meglio affinché Drew non risulti OOC. Il titolo di questo capitolo mi è venuto ancor prima di scriverlo e penso che non ce ne siano di più adatti.
Come ho già specificato sopra, Lumineon è un Pokémon che solitamente sta solo sui fondali marini, ma questo Lumineon qui ha fatto un'eccezione solo per una volta e to' le coincidenze. Nell'anime ogni tanto appaiono quei Pokémon amichevoli fin da subito con gli umani senza una particolare ragione, ahaha.
Wow, manca solo una recensione per arrivare a 100! *^*
Grazie mille a chi legge, segue e recensisce. Alla prossima!
-H.H.-

 

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Capitolo 28
*** Su col morale, Masquerain! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 27: Su col morale, Masquerain! ~
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«Finalmente siamo salvi…» commentò Vera, sospirando un'altra volta. «Ehi, Drew, ma… Stai a galla da solo!» esclamò poi innocentemente, sorpresa.
Il ragazzo, ignaro, abbassò lo sguardo su di sé. Al rendersi conto che non riusciva a toccare il fondo sabbioso con le dita, i suoi muscoli si paralizzarono e sentì il respiro mancargli. Fu una reazione istintiva, quella di attanagliare il polso della sua ingenua compagna di viaggio. «Non muoverti» le ordinò a fatica senza guardarla in faccia, mentre lei arrossiva appena.
Come agire in una situazione del genere? Conosceva un unico rimedio, magico, per curare ogni timore. Lo avvolse in un abbraccio e dopo poco sentì i brividi che lo scuotevano attenuarsi. Fu il turno di lui di arrossire, perché poche volte si erano trovati così vicini e perché la parte superiore del suo bikini gli premeva contro ai pettorali, mentre le sue braccia candide lo stringevano. Più gli attimi passavano, più un siero di calma gli s'iniettava nelle vene, finché il battito del cuore tornò normale.
«Grazie…» balbettò, un po' a disagio.
Lei lo interpretò come un segnale che era sufficiente e potevano anche staccarsi, perciò così fece.

Senza che se ne fossero accorti, l'obiettivo di una macchina fotografica subacquea li aveva inquadrati proprio durante quel momento di tenerezza. Il rumore dello scatto era stato così leggero e lontano che sarebbe stato impossibile notarlo.
Un cappello annacquato spuntava in mezzo agli scogli, mimetizzandosi col muschio, insieme a un boccaglio che copriva un sorriso maligno. Il proprietario s'immerse lentamente fino a sparire, portando via con sé una Sfera Poké gocciolante dentro a una rete da pesca.

Lumineon fece un lungo verso per attirare l'attenzione dei Coordinatori, che sembravano essersi scordati della sua presenza.
«Ti ringrazio per averci aiutati» gli disse sinceramente Drew, sfiorandogli appena la pelle ruvida e scivolosa. «Non so come avremmo fatto senza di te.»
«Già, sei stato davvero gentile!» aggiunse Vera, allegra. Stava per dire qualcos'altro, poi sbatté le ciglia e si poggiò l'indice sulle labbra. Era abituata a portare in automatico la mano alla borsa per prendere il Pokédex, peccato che stavolta non lo avesse con sé. «Un attimo, che Pokémon sei?»
«Ma a scuola tu dormivi sul banco tutto il tempo, per caso?» la schernì il rivale, schiarendosi poi la voce. «Si chiama Lumineon, di solito vive nei fondali marini e attira le prede con la luce delle sue pinne. Sono comuni, qui a Sinnoh, ma è strano incontrarne uno in un posto dove la marea è così bassa…»
«Siamo davvero fortunati, allora!» esclamò la ragazza, emozionata. Le avventure in giro per il mondo le avevano insegnato ad apprezzare ogni Pokémon come un tesoro, perché ognuno era incredibile e speciale. Accarezzò con gentilezza quelle che sembravano ali e al contatto il pattern nero s'illuminò, facendole spuntare un grosso sorriso di meraviglia.
Lumineon continuò a seguirli paziente verso la spiaggia. Anche quando uscirono completamente dall'oceano, mettendo di nuovo piede sulla battigia morbida, lui era rimasto in attesa a scavare leggermente sulla sabbia bagnata con le zampine pelviche.
«Sembra che voglia venire con noi… Che dici, dovrei catturarlo?» propose Drew, pensieroso. «Ha del talento, potrebbe essere un ottimo Pokémon da Gara.»
«Chiediglielo, secondo me non aspetta altro!» asserì l'amica, sorridendo.
Lui annuì con serietà e s'incamminò verso l'acqua, per accucciarsi davanti al pesce e domandargli semplicemente: «Lumineon, vorresti far parte della mia squadra?»
«Luum…» rispose quello, in segno che ci stava riflettendo su. Poi guizzò fuori dal mare con una capriola. «Luuum!»

Gli zaini erano stati al sicuro, perché Blaziken e Roserade avevano occupato i loro asciugamani senza muoversi di un millimetro dall'ombra. Perciò il ragazzo cercò una Poké Ball e quando la lanciò in aria Lumineon spiccò un balzo per raggiungerla, dando un bacio alla capsula. Nel frattempo, Vera era già in fila al bancone del bar per ordinare un rinfrescante ghiacciolo al limone e canticchiava sottovoce.
Era da un po' che non si prendevano completamente una pausa da Gare, allenamenti e guai… Soprattutto Drew, che aveva bisogno di uno svago che non fosse fare shopping o pattinare.

«Tutto qui quello che sai fare?!» esclamò la castana, ridendo e schermandosi con le braccia mentre lui la schizzava in viso.
Era da qualche minuto che continuavano così, riparati dagli scogli, lontani dagli schiamazzi della gente. Solo loro due.
Poi il ragazzo sorrise con furbizia, o forse sarebbe più corretto dire in modo furbamente sadico. La tirò per un braccio e le spinse la testa sotto quei pochi centimetri d'acqua, ignorando il suo urletto spaventato. Dopo una ventina di secondi decise che la pena era stata scontata abbastanza, così le consentì di riemergere: guardò divertito la sua espressione assassina mentre sputava, tossiva e riprendeva aria.
«Così impari a piantarmi in asso!» le spiegò, compiaciuto, avvicinandosi un po' troppo al suo volto paonazzo.
«Ehi… Tu l'hai fatto un milione di volte, con me!» replicò lei, mostrandogli un'infantile linguaccia. Gli fece leva sulle spalle con le mani per spingerlo giocosamente e caddero insieme, così finì distesa sul suo petto.
Il Coordinatore rise e le diede un buffetto sulla fronte. «Dove vuoi che me ne vada, sciocca?» sussurrò, prima di sporgersi in avanti per baciarla. E lo fece.
Vera chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal momento, mentre le braccia di Drew le afferravano gentilmente i fianchi nudi, così morbidi senza la stoffa a coprirli. Era un bacio semplice, dolce, che avrebbe potuto benissimo sfociare in qualcosa di più se lui le avesse slacciato il costume, unendo i loro corpi come due perfette metà. Ma non lo fece, perché non ne aveva il diritto. Non ancora. Perciò stettero così, con il batticuore, sentendosi più grandi, a lasciare che le loro labbra umide si sfiorassero all'infinito in quello che pareva un bel sogno.

Dopo cena Drew si era accordato con il proprietario di una villetta, chiedendogli di poter usare la sua piscina. Voleva allenarsi un po' con Lumineon, per misurarne le abilità.
La sua compagna si sistemò su una scalinata vicina per far da spettatrice insieme a Masquerain e Beautifly, perché trovava giusto che anche loro ammirassero le stelle che quella sera punteggiavano il cielo, lasciandosi sfiorare dalla piacevole brezza.
Innanzitutto il verde consultò il Pokédex per controllare le mosse della sua nuova cattura. Le studiò per qualche secondo, combinandole già insieme nella mente. «Raggiaurora!» ordinò per cominciare, deciso.
Il pesce sparò verso l'alto un getto di luce iridescente, girando su se stesso come una trottola, per farlo ricadere a cascata verso il basso.
«Bene. Adesso Ventargenteo!»
Aumentò la velocità delle giravolte e iniziò a sbattere le pinne pettorali, così il raggio precedente si dissolse in una splendida pioggia luccicante.
«Bravissimi!» gridò Vera da lontano, battendo le mani. Era la prima volta che assisteva a un allenamento del rivale, perciò voleva studiare attentamente le sue tecniche. Anche Beautifly osservava con curiosità appollaiato sulla bandana della padroncina, senza schiacciarla col proprio peso, altrimenti le avrebbe fatto male.

«Rain…» sussurrò Masquerain. Volò un po' rasoterra prima di afflosciarsi completamente, come una pianta che appassisce, poi si lasciò cadere amareggiato sul terreno con le ali piegate verso il basso.
La farfalla fu la prima a notarlo, perciò lasciò la postazione per andargli subito accanto. «Beautiflyy?» (Che succede?) gli domandò, in pensiero.
«Maaasq! Masq, masquerai!» (Drew mi ha sostituito! Ha sostituito il mio Ventargenteo!) rispose quello, con due lacrime a margine degli occhietti.
«Fly, fly!» (Non dire così, non ti ha sostituito!) cercò di consolarlo l'amica volante, dispiaciuta. Strusciò dolcemente il muso contro al suo, perché era l'unico modo che conosceva per confortarlo.
Dopo un po' la Coordinatrice si accorse della mancanza di Beautifly dalla sua testa e, guardandosi in giro per cercarlo, lo vide intristito vicino a Masquerain.
«Qualcosa non va?» chiese a entrambi, con sincera indiscrezione.
Per spiegarle la situazione, la farfalla sprigionò un leggero vortice argenteo e con la proboscide a girandola indicò Lumineon, che in quel momento stava aggraziatamente saltando in alto come se volesse raggiungere la luna, ricoperto di goccioline.
L'Allenatrice impiegò un po' per interpretare correttamente il tutto, ma quando lo ebbe fatto s'inginocchiò davanti alla falena rivolgendole un sorriso dolce. «Credo di aver capito… Dai, non prendertela! Il tuo Ventargenteo è mille volte migliore di quello di Lumineon e solo tu potrai sempre usarlo in coppia con Beautifly! Drew a volte tende a essere un po' freddo, ma sono certa che ti vuole un sacco di bene, come ne vuole anche ai tuoi compagni di squadra!»
Masquerain alzò il capo, commosso dalla sua gentilezza. Annuì, sentendo di nuovo la determinazione scorrergli in circolo. Poi prese a svolazzare attorno a lei, felice: segno che la Contestshipping si era guadagnata un nuovo sostenitore.

Quando rimasero soli in stanza d'Hotel Vera decise che doveva parlare a Drew di cos'era successo, sperando non reagisse male. Uscì dal bagno dopo essersi messa lì il solito pigiama color crema, trovando il compagno sdraiato a sfogliare in silenzio una rivista. Tutto tranquillo, insomma.
«Drew, possiamo parlare?» gli disse di punto in bianco.
Lui fece un cenno d'assenso, curioso, spostandosi per lasciarle un po' di spazio per sedersi.
Così la bruna prese il cuscino come supporto psicologico e si spostò in fondo al suo letto fresco. «Non hai notato niente di strano, oggi, nei tuoi Pokémon?»
Il ragazzo rifletté su quella domanda. A parte Roserade che aveva insistito per rubargli gli occhiali da sole e Sneasel che aveva spiluccato appena un pugno di croccantini invece di abbuffarsi, nulla degno di nota. «No. Perché?» le chiese perciò, a corto di idee.
«Pensaci bene: chi, oltre a Lumineon, sa usare Ventargenteo e attacchi d'Acqua?»
«Masquerain» rispose subito, inarcando un sopracciglio. «Cos'ha che non va?»
«Ecco… Ora che hai un nuovo Pokémon simile a lui, crede che tu lo abbia sostituito» gli rivelò lei, con una sincerità disarmante. «Prima era davvero triste, ma ho cercato di spiegargli che per te sarà sempre speciale.»
Drew chinò il capo e non rispose. Quel silenzio che gli stava servendo per riflettere sui propri errori venne interpretato come un brutto segno.
«Per favore, non arrabbiarti… Non è colpa sua se si sente così.»
«Avrei dovuto accorgermene da solo…» mormorò, piccato. Odiava non riuscire mai a capire fino in fondo la sensibilità dei suoi Pokémon, nonostante li conoscesse e allenasse da anni. «Domani mi scuserò con lui.»
«Sì, mi sembra un'ottima idea» rispose Vera, contenta che per una volta avesse messo da parte il suo orgoglio d'acciaio per ascoltarla. Anche se la rattristava un po' pensare a come doveva sentirsi il Coleottero in quel momento…
«Sai una cosa?» cambiò argomento il rivale, che si distese nuovamente per fissare il soffitto, con la rivista ormai scivolata di lato con noncuranza. «Ho scelto di allenare Masquerain per tenere testa al tuo Beautifly» ammise, scoccandole un sorriso.
«Davvero?» domandò la ragazza, sentendosi all'improvviso più importante. «E come mai proprio un Masquerain?»
«Perché mi piaceva il significato del suo nome, maschera della pioggia» le spiegò soddisfatto Drew. «Invece Butterfree vuol dire farfalla libera, ma lui l'ho preso per contrastare quello di Solidad.»
«Wow… Quindi tu allevi i Pokémon in base ai tuoi rivali e alle parole da cui deriva il loro nome? Non l'avrei mai detto!» esclamò Vera, stupita. C'era ancora così tanto che non sapeva di lui… Con quel pensiero posò il viso sul materasso e la stanchezza della giornata la catturò.
Quando Drew le diede uno sguardo, si era già addormentata. Abbracciava teneramente il cuscino e per un attimo lo sfiorò il pensiero di come sarebbe stato bello trovarsi proprio al posto di quel cuscino, che la rendeva così serena stringere. D'altronde era già successo, a Nevepoli, scena che ricordava come un sogno distante. Scosse la testa dandosi dello stupido in un borbottio, poi si fece spuntare una rosa rossa da dietro la schiena e la infilò delicatamente tra i suoi capelli.


 

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Angolo Autrice
 Bonsoir!
Io non dovrei aggiornare oggi né tantomeno a quest’ora, ma con tutte quelle recensioni mi pareva eccessivo aspettare oltre. (Siamo oltre le 100, ormai! *-*)
Lo sapevate che un normale Beautifly pesa quasi 30 kg? Ecco perché secondo me quello di Vera si appoggia solo, immaginate avere un insetto di 30 kg che vi schiaccia la testa lol
A proposito di Pokémon, mi sono permessa di reinventare un po' il significato del nome di Masquerain, rendendolo un po' più poetico.
Come di routine, voilà: 
#Curiosità14: Il rating della storia è stato innalzato a giallo per colpa di lievissimi accenni sessuali che, crescendo, ho trovato impossibile non mettere.
Grazie mille a chi segue, legge e soprattutto recensisce sempre!
Alla prossima.
-H.H.-



 

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Capitolo 29
*** Subdole strategie ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 28: Subdole strategie ~

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Il giorno dopo, purtroppo, era anche l'ultimo delle loro vacanze al mare. Dovevano rimettersi in marcia per Pratopoli, altrimenti avrebbero perso la Gara che si svolgeva lì ed avrebbero dovuto aspettare un sacco di tempo prima che ne venisse organizzata un'altra.

«Dai! Ti prego! Solo una!» pregò Vera, con il suo sguardo supplichevole.

Drew, impassibile, si rigirò nella sdraio. «È da bambini giocare a palla» fu il suo acido commento. «E ora spostati, mi fai ombra» concluse, alzandosi un'istante gli occhiali da sole per rivolgerle una distratta occhiata.

«Fino a prova contraria noi siamo, dei bambini!» replicò, con un cipiglio scocciato. Odiava quando cercava di fare il figo, lato completamente opposto a quello dolce che sfoderava quando le faceva un complimento.

Lui emise un breve sbuffo. «Certo, certo…» Poi si alzò, portandosi gli occhiali tra i capelli. «Solo una, e speriamo che non ci veda nessuno.»

 

«Sai che avevi ragione? È davvero divertente!» ghignò il verde, quando Vera mancò la sua ennesima schiacciata. Incredibile che in ogni cosa riuscisse ad essere migliore di lei, facendola sembrare una totale imbranata.

«Ti stai divertendo a fare lanci impossibili da prendere, non è vero?» chiese, mentre andava a riprendere la palla, leggermente trasportata tra le onde.

«Chi, io? Figuriamoci!» ironizzò lui. «E stavolta vedi di fare un tiro decente» si raccomandò, col suo odioso sorrisetto provocatorio.

Vera assottigliò gli occhi, guardandolo davvero male, ma poi tornò a concentrarsi sul gioco. Prese bene la mira sulla sua faccia – tutto amore, questo – e lanciò con tutta la forza che aveva, anche se per poco la palla non le cadde di mano ancora prima di essere lanciata.

«Così è troppo facile» la schernì il verdolino, che bloccò il pallone in arrivo con solamente un dito, su cui poi lo fece abilmente roteare. Glielo rilanciò, più piano, per permetterle di riprovare un'altra volta.

«Adesso vedrai» minacciò lei, stringendo i denti. Non poteva sbagliare ancora, ne andava del suo orgoglio. Prese un po' di rincorsa ed agitò il braccio, come quando doveva lanciare una Sfera Poké. Si prospettava davvero un ottimo lancio, peccato che proprio nel momento in cui avrebbe dovuto tirare perse l'equilibrio e cadde all'indietro, con la schiena sulla sabbia. Si maledisse da sola per i suoi poveri capelli puliti! Come se non bastasse, la palla le ricadde sulla testa; ma, fortunatamente, era leggera e non le fece male.

Drew rimase un attimo interdetto. Poi, quando ebbe realizzato la situazione in tutta la sua ridicolezza, scoppiò in una fragorosa risata.

Vera, paonazza di vergogna, lanciò il pallone dietro a sé. «È proprio da bambini giocare a palla» bofonchiò, mentre Drew ancora rideva della sua figuraccia, piegato in due e quasi con le lacrime agli occhi.

 

 

Dopo aver fatto su teli, zaini e quant'altro, si erano rivestiti ed avviati. Si accorsero di essere ancora impregnati dell'odore del mare, salato e stancante. Man mano che si allontanavano, nell'aria la salsedine spariva sempre di più. Pratopoli aveva uno stile diverso dalle città che avevano incontrato precedentemente: era stata costruita attorno al verde, senza minimamente rovinarlo. Infatti non c'erano strade, solo erba ed alberi dietro alle case. Un po' come a Giardinfiorito, dove però l'atmosfera era più serena ed aleggiava il profumo dei fiori. Lì, invece, si sentiva soltanto il “profumo” dell'erba e della terra bagnati.

«Andiamo ad iscriverci alla Gara?» chiese Vera, prendendo Drew per mano, che annuì. Ormai stava diventando un gesto così naturale che non si imbarazzavano più. Proprio mentre stavano per incamminarsi, un palmo venne posato sulle loro spalle, facendoli sobbalzare. Quando si girarono, trovarono Harley, che li guardava con la solita malizia.

«Ma ciao, ragazzi! Che sorpresa vedervi!»

«Cosa vuoi?» chiese Drew, gelido e sgarbato, come a dichiarare subito guerra.

«Ma come siamo suscettibili, volevo solo salutarvi!» rispose il viola, mostrandosi offeso, sempre con quella voce fastidiosissima.

«Allora adesso te ne puoi anche andare» gli suggerì Vera, con una smorfia. Quando c'era lui in giro non succedeva mai niente di buono, non si poteva abbassare la guardia nemmeno per un attimo, perché lui ne approfittava.

Infatti rivelò la sua reale natura con un ghigno. Da dietro la sua schiena spuntò una macchina fotografica, che probabilmente aveva nascosto con la mano fin dall'inizio, e un veloce flash illuminò i due Coordinatori.

«Ma cosa fai?!» strillò Vera, imbarazzata.

Il viola esplose in una grossolana risata. Diede loro le spalle e se ne andò, mentre il suo riso eccessivo – ed inquietante – si faceva più flebile, fino a svanire.

«Cosa avrà intenzione di farci?» chiese la ragazza, ma poi lo intuì subito dopo.

Ambedue si scambiarono uno sguardo preoccupato. «Oh, no…» sussurrarono, all'unisono. Di sicuro c'era di mezzo la prossima Gara… Dovevano tenere gli occhi aperti. Avrebbe potuto combinare di tutto. Ma stavolta – ne erano certi – avrebbe fatto di tutto per metterli in imbarazzo sul loro rapporto.

 

Drew, per quanto fosse seccante che Vera ottenesse il suo ultimo Fiocco prima di lui, decise di non partecipare. Voleva tenere d'occhio quel manigoldo, perché non si fidava neanche un po' di lui. Vera, invece, era decisa a dargli una lezione una volta per tutte, perciò non si tirò indietro. Aveva un orgoglio da difendere e che quello sbruffone calpestava da anni.

 

Chi, meglio di Wartortle, poteva gareggiare in una città così annacquata ed immersa nella natura? Vera aveva preparato un numero più elaborato del solito, che sarebbe stato degno del Grand Festival, perché non voleva assolutamente perdere.

«Bollaraggio!» gli ordinò, svelta e determinata. Il Pokémon sparò nell'aria una raffica di bolle, ma con estrema lentezza, una sulla precedente. Così facendo, in poco tempo si formò un'unica bolla gigante e fluttuante al centro del palco.

«E ora Geloraggio, vai!»

All'ordine, Wartortle prese un respiro profondo e poi soffiò sulla bolla, che andò subito a ghiacciarsi. Sapeva già cosa fare: le si parò sotto e la lanciò in alto come fosse una palla, impedendole di cadere.

«Rapigiro!»

Schizzò in alto con un balzo, chiudendosi dentro il guscio, che iniziò a girare velocissimo e frantumò la bolla di ghiaccio in tante piccole schegge e goccioline. Godendosi gli applausi del pubblico, la tartaruga atterrò sulle zampe anteriori e fece una verticale, mentre Vera s'inchinava, felice che avesse avuto così tanto successo, nonostante il poco tempo che avevano avuto per esercitarvisi su. Imboccarono il corridoio per tornare nel backstage, ma fu proprio lì che incontrarono Harley, che teneva stretta una Poké Ball. Non si dissero nulla: lei fece una smorfia, lui un sorrisetto maligno. Poi ognuno per la sua strada: lei dentro, lui fuori.

 

Vera andò sulla prima panchina libera, assieme agli altri Coordinatori. Wartortle le si sedette accanto, facendo penzolare le zampe posteriori e reggendosi con le anteriori. Aveva notato che la sua Allenatrice non era tranquilla, ma non riusciva a spiegarsi il perché, visto che avevano fatto un ottimo lavoro e non c'erano stati errori.

Lei aspettava con ansia di vedere quale sporco trucco aveva in serbo Harley. Magari ne progettava uno già per la prima manche. Non vedeva l'ora che dalla porta facesse capolino Drew; la sua presenza l'avrebbe rassicurata. Sarebbe stata carina anche una rosa, ma doveva smetterla di fantasticare. Eccolo, Harley era salito sul palcoscenico e si preparava a lanciare la sfera. Vera si aspettava Octillery, Banette, Ariados o al massimo Wigglytuff, ma non fu così. Da quella sfera uscì un Tentacruel. Le si raggelò il sangue nelle vene e non reagì nemmeno alla zampa del suo Pokémon, preoccupato, che le si era posata sulla gamba. Non poteva essere una coincidenza. Sarebbe stata troppo grande. E si sa che le coincidenze non esistono. Continuava a guardarlo, ammutolita e con occhi tremanti. Infine chinò il capo e strinse i pugni. Un po' per la rabbia, un po' per la paura. Paura che sembrò influenzare anche Wartortle, che le afferrò un braccio, non capendo cosa le fosse preso così all'improvviso.

 

La finale tra lei e Harley si faceva sempre più vicina. Quando non era sul campo per lottare, si sentiva i suoi occhietti malefici addosso, ma non osava girarsi per controllare che la stesse fissando davvero. Puntava sulla psicologia, come al solito, perché a quanto pareva di bravura era sprovvisto.

Vennero annunciati come due finalisti sul tabellone, e fu allora che lui, con aria spensierata, le si avvicinò. «Che ti prende, Miss Tent? Sbaglio o non sei felice di essere passata?»

Quel soprannome. Si sforzò di ignorarlo, per non dargli la soddisfazione di averla fatta arrabbiare.

 

I due Coordinatori, schierati uno da una parte una dall'altra, mandarono i loro Pokémon sul campo di battaglia. Ci fu una lunga pausa, durante il quale gli occhi penetranti di Tentacruel fissarono quelli spaventati di Vera. Rimaneva imbambolata e una serie di ricordi umilianti le tornavano in mente. Anche il suo Pokémon, in attesa di ordini, la guardava, preoccupato.

«Che succede? Kamo-chan ha paura?» la schernì Harley, giulivo, utilizzando un altro dei suoi occasionali soprannomi. «Drew, amore mio, luce dei miei occhi, vai a dare una lezione a questi brutti cattivoni che mi trattano male!» fece, con una scarsa imitazione della sua voce acuta. Il pubblico iniziò a ridacchiare, perché tutti sapevano che tra Vera e Drew c'era qualcosa.

E quei mormorii derisori non fecero altro che innervosire lei ancora di più. Serrò i pugni ed alzò lo sguardo, infuocato e serio come non mai. «Non ti azzardare a metterlo in mezzo!»

«Suvvia, non c'è bisogno di scaldarsi tanto!» Il sorriso sul volto di Harley si accentuò. «Tentacruel, facciamole vedere cosa sai fare!»

Accadde tutto così veloce che la Coordinatrice non ebbe il tempo di contrattaccare: Tentacruel allungò uno dei suoi vischiosi tentacoli verso Wartortle, che – preso dal panico e non ricevendo alcun ordine – venne intrappolato e stretto come un limone da spremere.

Drew, dalle tribune, stringeva i denti dal nervoso ed assisteva alla scena. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per aiutarla, ma era contro il regolamento. Roserade, accanto a lui, taceva.


 

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Angolo Autrice
Hello friends! ;D
All'inizio non mi piaceva per niente questo capitolo, ma ho fatto del mio meglio per portarlo allo stesso livello degli altri.
Ne approfitto per ringraziare di cuore, tutti coloro che continuano a recensire ogni santo capitolo e continuano a spronarmi a scrivere: grazie, senza di voi non so come farei! :)
Alla prossima.
CiaoCiao
-Alex- 
 

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Capitolo 30
*** I'm the best! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 29: I'm the best! ~

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Harley non poteva limitarsi a delle semplici prese in giro. Troppo poco meschino per i suoi standard. «Ehi, gente, guardate un po' qua!» esclamò, mentre tirava fuori da una tasca interna della sua felpa un poster.

Vera, al vederlo, si sentì morire. Non poteva credere che avesse avuto il coraggio di fare davvero una cosa simile. Quella era una foto gigante del loro primo bacio. Le veniva da piangere se pensava alla reazione che avrebbe potuto avere Drew. Magari si sarebbe arrabbiato così tanto da non volerle mai più parlare. Più la guardava e più sentiva la testa scoppiare.

«S-Smettetela» sussurrò, mentre sentiva come ruotare attorno a sé tutte quelle risa. Si rannicchiò a terra, tappandosi le orecchie. Tremava. «Smettetela!»

«Tra rose e fior, nasce l'amor.» Harley iniziò una strampalata danza, in cui trascinò con sé anche il poster. «Nasce l'amor! Veeera e Dreeew, si voglion sposar!»

Lei stringeva i pugni così forte da farsi male da sola. Avrebbe tanto voluto svanire, andare via da lì e lasciarci tutto l'imbarazzo che stava provando.

Anche Drew si sentiva sotto pressione, con tutti quegli sguardi addosso, e stringeva i pugni dalla rabbia così tanto da far sbiancare le nocche. Avrebbe voluto salire sul palco, prendere quel farabutto per la maglia e tirargli un pugno, così gli sarebbe passata la voglia di fare certi scherzi idioti. Ma non poteva, doveva trovare un'altra soluzione per aiutare Vera, che sembrava sul punto di scoppiare a piangere da un momento all'altro.

«Roserade» chiamò. Lo starter, accanto a lui, sembrava già pronto, come se non avesse aspettato altro fino a quel momento. «Petalodanza!»

Infatti, al suo ordine, fece scattare prontamente le rose in avanti. Un'ondata di petali rosa come fiori di ciliegio andò a sfiorare le mani di Harley, togliendogli il “poster”, che venne alzato e rimase fermo a mezz'aria.

Lui rimase dapprima confuso, poi un altro sorriso del soliti tornò sul suo viso. «Tanto posso riprenderlo quando voglio!»

Anche le labbra di Drew s'incresparono in un sorriso. «Adesso!»

Roserade alzò di nuovo le rose, ma stavolta provocò un'ondata di foglie, morte e contornate di un alone psichico, che andarono a far volare e virare la refurtiva proprio in direzione della mano di Drew, già pronta per accoglierle.

Mentre la mascella di Harley si apriva, così come gli occhi di Vera, un coro di urletti femminili acclamava il verdolino, che si scostò il ciuffo, tanto per ribadire la propria bellezza. Mai sottovalutare il mitico Roserade.

«Com'è possibile?!» strillò Harley, per poi, all'improvviso allarmato, frugare nelle tasche dei pantaloni. «Ehi! Dove sono le altre?!» alla sua domanda, Drew fece comparire sull'altra mano tre fotografie, ovviamente girate.

Vera, nel frattempo, si alzò e si asciugò le lacrime dagli occhi. Poi diede uno sguardo al tabellone: mancavano soltanto due minuti al termine della Gara!

«Wartortle, attacco Geloraggio!» ordinò, ritrovando il solito tono determinato.

La tartaruga, felice che fosse tornata di nuovo in sé, non se lo fece ripetere due volte: si mise a sparare ghiaccio dalla bocca, cogliendo impreparato Tentacruel, che era di spalle rispetto a lui, rivolto verso il suo padrone ancora indignato. Neanche il tempo di rendersene conto, che venne completamente intrappolato in una lastra di ghiaccio, senza riuscire a muovere nemmeno un tentacolo. Poteva sembrare un bestione all'apparenza, ma c'era anche da considerare che era un Pokémon appena catturato, ancora selvatico; e un Pokémon selvatico non può competere con uno che, da anni, si allena e viaggia con un essere umano.

«Tempo scaduto!» annunciò Marian. «Vincono, con una straordinaria rimonta, Vera e Wartortle!»

Delle grida, stavolta d'approvazione, si levarono dagli spalti, mentre Harley gridava un lunghissimo: «NOOOOOOO!» accasciandosi a terra e sbattendoci i pugni. Nonostante l'impegno che ci metteva, quell'insulsa ragazzina riusciva sempre a batterlo. Sempre.

«Sei stato grande, piccolo mio!» Vera s'inginocchiò ed aprì le braccia, lasciando che la sua tartarughina le corresse incontro. «Ti chiedo scusa per come mi sono comportata…» Al suo sorrisetto amaro, Wartortle scosse il capo in segno che era acqua passata e l'abbracciò ancora più forte.

Drew, dal suo posto, li guardava con un sorriso intenerito, mentre il resto degli spettatori applaudiva senza sosta.

«Ros, rosrade?» (Traduzione: Sono stati bravi, vero?) gli chiese il suo starter. «Rade?» (Traduzione: Ohi, ci sei?) fece, tirandogli la manica del gilet, visto che non veniva ascoltato. Lo picchiettò un po' sul braccio per disincantarlo; solo allora il suo Allenatore distolse lo sguardo dalla piccola foto che stringeva in mano, alternato al meraviglioso sorriso sul viso angelico della sua Vera.

«Eh?» rispose, spaesato, guardandosi freneticamente attorno.

«Ros, rosé rosé!» (Traduzione: Su, va' a congratularti con lei!)

«Ci stavo andando» protestò, in tono più acuto del solito. Rimise la foto che stava guardando in una tasca, le altre tre – compresa quella formato poster, ridotta ad un piccolo quadratino – nell'altra. Poi aspettò che lo stadio fosse completamente sgombro e fece il giro corto per andare direttamente sul palco, da lei, che stringeva in mano il nuovo Fiocco.

«Sei stata brava» fu tutto ciò che riuscì a dire, un po' scosso da tutti gli avvenimenti che erano successi.

Lei, che stava ancora accarezzando Wartortle, si alzò e gli sorrise. «Grazie, ma il merito è anche tuo… Se non avessi recuperato quella foto non so davvero come avrei fatto…» Il sorriso divenne più timido. «Non so davvero cosa mi sia preso, ma il pensiero che la stavano guardando tutti mi ha messa sotto pressione…»

Drew abbassò il capo e non disse niente, perché capiva perfettamente come si era sentita. Di sicuro, entro poco, si sarebbe sparsa la “notizia” che avevano una storia d'amore segreta. Era abbastanza maturo da non arrabbiarsi, perché sapeva che la colpa non era sua, ma di quel cactus effeminato parlante.

«Se quello scocciatore del tuo ragazzo non si fosse messo in mezzo, a quest'ora avresti perso!» Come si dice: parli del diavolo e spuntano le corna. Li lasciò con quell'ultima frase, prima di uscire definitivamente, di umore nero.

«Si è meritato la sconfitta» rispose il verde, pacato.

«A proposito…» Vera iniziò a congiungere gli indici e guardare in basso per l'imbarazzo della domanda che stava per porre. «Ecco… Le foto… Le hai ancora?»

Drew, con disinvoltura, le tirò fuori. Una li ritraeva sulla panchina di Giubilopoli mentre litigavano, l'altra era stata scattata quel giorno stesso, quando si erano presi per mano, appena arrivati in città.

«Ma scusa, con il poter non erano quattro?» domandò, confusa. Drew scosse la testa, cercando di sembrare inespressivo. Intanto tastò l'interno della giacca per assicurarsi un'ultima volta che il suo piccolo segreto fosse al sicuro.

 

 

«Oh, ti prego, dimmi che stai scherzando.»

«No… Dobbiamo per forza passare di qui!»

Drew fissava con l'orrore negli occhi l'immensa distesa di fanghiglia del Percorso 212. Doveva essere soltanto un brutto sogno ed entro poco si sarebbe risvegliato nel letto del Centro Pokémon.

«Io non lo faccio» sentenziò, tirandosi indietro, con le mani in alto.

Vera, tappandosi il naso, rispose: «Non abbiamo scelta!»

«Oh, sì, invece!» Un lampo folle gli illuminò lo sguardo, mentre preparava già la Poké Ball di Flygon. «Non mi abbasserò mai a fare una cosa del genere!»

«Ah no?» Vera, scocciata dal suo egocentrismo, decise che era ora di fargli provare un bel bagno. Gli diede un'energica spinta, cogliendolo totalmente di sorpresa e facendolo cascare dritto nel fango, come fosse un lago.

Lui emerse pochi secondi dopo, con il viso completamente marrone, l'unica nota colorata era l'iride dei suoi occhi… Assatanati di vendetta. Agguantò bruscamente Vera per una gamba, tirandola nella mischia ed ignorando il suo urletto di spavento. Annaspò con le braccia, fino a riemergere.

«Vuoi la guerra, Drew di LaRousse?!»

«Hai cominciato tu» le ricordò, in tono esasperato. «Hai visto come siamo conciati, adesso?» chiese, strattonandosi una manica del gilet, che da lilla era passato a marrone ed era diventato pesantissimo. Nel farlo, per sbaglio, schizzò del fango dritto sul viso di Vera.

«Ehi!» squittì lei, “pulendosi” con stizza. «Dovresti cambiare vestiti ogni tanto, l'ho fatto solo per quello!»

«Io mi vesto come voglio… E poi non mi sembra che le mie fans si lamentino!» lo disse con una tale acidità che Vera si arrabbiò così tanto da dargli un'altra spinta in là, più violenta della precedente. Eh no, quello proprio non avrebbe dovuto dirlo!

Drew, che stava per chiederle cosa diavolo le fosse preso, si accorse che… Stava sprofondando. Non riusciva più a tenersi a galla.

«Aiuto, aiutami!» gridò, debolmente, mentre delle “forze oscure” lottavano per trascinarlo sempre più giù. Si stava lasciando prendere dal panico ed era paralizzato, collegando quella sensazione all'affogare. Perché in un certo senso era così. Sarebbe affogato, anche se quella non era acqua.

«Fatti aiutare dalle tue fan, non hai bisogno di me, no?!» si sentì rispondere; lei era voltata e fingeva indifferenza, con le braccia incrociate.

Drew le diede mentalmente della stupida: non era proprio quello il momento di fare la gelosa. «Okay, ho bisogno di te! Ma ora aiutami!» gridò, mentre il suo busto, ormai quasi del tutto andato, affondava sempre di più.

«Non ho sentito bene» trillò lei, rifiutando ancora di girarsi.

«Ho. Bisogno. Di te!» ripeté Drew, al limite dell'esasperazione, mentre sentiva il panico espandersi a macchia d'olio e non riusciva più a muoversi.

«Ti sei dimenticato la parolina magica…»

«VERA, PER FAVORE, SBRIGATI!» tempo di pronunciare quelle parole, d'un fiato, che ormai la fanghiglia gli era arrivata al mento e presto avrebbe raggiunto la bocca.

Solo allora Vera si decise a girarsi e per poco non le venne un colpo: stava seriamente affogando! Subito protese un braccio per cercare il suo ed iniziare a tirare. Era bloccato. Cercò di tirare più forte e, alla fine, riuscì a far riemergere le parti di lui che erano state sepolte. Si allontanarono in un punto dove il fango era più basso e riuscivano a sentire il fondo di terra sotto ai piedi.

Drew fece una serie di respiri profondi per riprendere fiato e riprendere se stesso dallo shock. Vera, accanto a lui, era diventata improvvisamente premurosa e cercava di togliergli il fango dalla giacca e dai capelli, che ne erano completamente impiastricciati. Si era dimenticata della sua idrofobia e si sentiva in colpa per la disavventura che gli aveva fatto passare. Lo trovava incredibilmente tenero con quel broncio sulla faccia, sembrava un bambino.

D'un tratto lui diede uno sguardo alla terraferma e sembrò allarmarsi. «Vera… Giù!» borbottò, senza darle nemmeno il tempo di metabolizzare le sue parole e spingendole il capo verso il basso, cosa che – dopo aver preso dell'altro fiato – fece anch'egli.

«Che c'è?!» borbottò lei, a sua volta, scocciata.

«C'è Harley! Ti conviene stare zitta e ferma, se non vuoi un'altra foto!» sussurrò lui, tappandole la bocca, per quanto la situazione gli permettesse di esprimersi senza ingurgitare fango. Lei annuì e cercò di non muovere nemmeno un muscolo, come gli aveva detto. Temevano che potesse spuntare dietro di loro anche in un momento ed in un posto “scomodi” come quelli.

Passati alcuni minuti, la testa di Drew spuntò fuori, cauta. Ma non doveva preoccuparsi molto: era ridotto in condizioni così pietose che si confondeva perfettamente con il resto dell'ambiente. Harley, di cui aveva visto di sfuggita l'inconfondibile sagoma, sembrava sparito.

Prese il braccio di Vera e lo usò come appiglio per farla risalire in superficie. Entrambi tirarono un sospiro di sollievo. Con certi individui effeminati in giro non si poteva nemmeno più viaggiare liberamente. Cominciarono a farsi strada e “nuotare” per cercare di raggiungere l'altra sponda. All'apparenza sembrava lontana, ma in realtà non lo era poi così tanto.

«Ehi, Vera?» chiamò Drew, all'improvviso, facendola girare con aria innocente ed interrogativa. Non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli “cosa c'è?”, perché lui approfittò dell'occasione per lanciarle in faccia del fango, come fosse acqua.

«Allora non ti è bastata la lezione?» gli chiese, sorridendo sotto alla maschera di melma e passandosi un braccio sul viso.

Si ritrovarono così a rincorrersi e prendersi a palle e schizzi di fango, ormai incuranti dei vestiti e di tutto il resto. Drew non aveva mai riso così sinceramente né si era mai divertito così in tutta la sua vita. Solo con Vera riusciva ad aprirsi in quel modo.

«I'm the best!» si vantò, in posizione di trionfo, con il piede sopra la schiena dell'amica e le braccia incrociate in segno di gloria. Se avessero usato i loro Pokémon per volare non sarebbe stato altrettanto divertente, doveva ammetterlo.

«Ma fammi il piacere! Andiamo, “the best”!» Lei si alzò, lo prese per un orecchio e finalmente uscirono, infangati dalla testa ai piedi.

 

 

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Angolo Autrice
Hola! Come vedete mi rifaccio viva.
Come si può non amare Harley? È così palesemente effeminato ma al contempo crudele.
Direi che non c'è molto da dire: mi sono divertita a scrivere della lotta nel fango, la considero una delle parti più belle!
Ed adesso è ora della curiosità :3
#Curiosità15: Il primo bacio di Vera e Drew avviene esattamente a metà storia, ossia nel capitolo 25, calcolando che ce ne sono 50 in totale. Coincidenze?~
Alla prossima!
-Alex- 

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Capitolo 31
*** Tuoni e grembiuli ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 30: Tuoni e grembiuli ~

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Wartortle aveva gentilmente lanciato un getto d’acqua fresca sui due, ripulendoli da capo a piedi dal fango. Drew pensava già alla faccia stranita che avrebbero fatto le persone vedendoli entrare fradici nel Centro Medico di Cuoripoli. Erano diretti là, perché la strada per Arenipoli era ancora chiusa e per quanto riguarda Canalipoli ci sarebbero voluti giorni di cammino per raggiungerla.

Era tardo pomeriggio. Le nubi grigie che si stavano radunando e formando nel cielo presagivano un acquazzone. Ma c’era qualcuno che, anche in quel clima spento, non mancava di allegria.

«La vuoi smettere di vantarti?» sbuffò Drew.

Vera scosse la testa con soddisfazione, facendo qualche saltello dentro a una pozzanghera, stretta nel suo adorabile impermeabile rosa confetto con gli stivali abbinati.

«Dicevi che la roba che mi ero comprata era inutile, o sbaglio?» fece, immergendosi meglio nell’acqua piovana, cosicché le suole dei suoi stivali gommosi stridessero a contatto con la terra liquefatta.

«Come potevo prevedere che una settimana dopo sarebbe piovuto? Non sono mica un indovino» replicò lui, scocciato.

«La tua è tutta invidia, caro mio…» ridacchiò lei, mentre apriva il suo ombrello nuovo cliccando il pulsante sul manico. Non vedeva l’ora di provarlo, per cui era felice che finalmente si fosse presentata l’occasione giusta.

L’atmosfera e l’umorismo durarono finché non cominciò a piovere sul serio. L’unico lato positivo era che i loro capelli appiccicaticci e i vestiti infangati si erano ripuliti meglio che col getto della tartaruga.

«Cerchiamo un riparo!» esclamò Drew, che lottava contro il vento impetuoso e le gocce che gli si abbattevano senza tregua sul viso.

Pratopoli era sempre stata famosa per i temporali improvvisi.

 

Giunsero a una caverna, non molto spaziosa, ma abbastanza grande per entrambi e – cosa più importante – asciutta all’interno.

Vera si accucciò in un angolo, abbracciandosi le ginocchia. Drew le si sdraiò accanto, incrociando le braccia dietro la testa.

Non parlavano, ascoltavano il ticchettio della pioggia che batteva irregolare su ogni cosa, anche sulle stalattiti in bilico sopra alle loro teste.

Un tuono brutale squarciò il silenzio e Vera ebbe un sussulto.

Non tardò a farsene sentire un altro, più forte e minaccioso del primo, che riuscì addirittura a far tremare il suolo, provocandole un tuffo al cuore. Strinse convulsamente la presa, iniziando a dondolarsi.

«Vera… Tutto bene?»

A quella domanda annuì frettolosamente più volte, a labbra serrate, anche se Drew era certo che mentisse. Non ebbe esitazioni: stavolta era il suo turno di rassicurarla. Afferrò con sicurezza i suoi fianchi e se la portò dolcemente sulle ginocchia. Vera si lasciò avvolgere, sentendosi protetta. Le lacrime le salirono prepotenti agli occhi e parlò: «Sai, Drew… Ho paura dei tuoni…»

«Perché? Ci sono io con te, non succederà nulla.»

«Q-Quella volta non c’eri» disse con voce rotta. «Non c’era nessuno… Un tuono ha colpito l’albero dietro di me e mi ha travolta. Non riuscivo a muovermi e sentivo un dolore terribile…»

«Come hai fatto a salvarti?» le domandò il rivale.

«Sono riuscita con fatica a premere la Poké Ball di Blaziken, che ha spostato il tronco e poi mi ha portata in braccio fino alla città più vicina» raccontò, mentre i ricordi le affollavano la mente. Ricordava chiaramente il respiro affannoso dello starter e il fruscio delle sue zampe che leste correvano sull’erba, mentre le gocce d’acqua li sferzavano senza pietà.

«Mi dispiace» commentò Drew. «Avrei voluto essere stato lì con te…»

Rimasero in silenzio. A ogni nuovo rimbombo Vera sussultava e Drew le accarezzava i capelli per farle sentire tutta la sua vicinanza. A un certo punto lei si voltò e lo abbracciò, appoggiando la testa nell’incavo tra le sua spalla e il collo.

«Drew…»

«Uhm?»

«Ho sonno…»

«Dormi, principessa» le sussurrò Drew, senza smettere di accarezzarle i capelli e di dondolarsi leggermente. Era una posizione così calda e confortevole che Vera dopo poco si addormentò.

 

La mattina dopo il sole splendeva alto, accompagnato da un meraviglioso e nitido arcobaleno, perfetta cornice per il paesaggio. La rugiada scendeva a piccole goccioline dalle foglie degli alberi. La natura si stava risvegliando col tenue chiarore dei primi raggi solari: gli Starly iniziavano a volare in cielo, i Pachirisu si rincorrevano spensierati tra gli alberi e i Barboach sguazzavano in armonia con gli Whiscash, saltando di tanto in tanto in superficie.

Vera sbatté le palpebre e con un mugolio sommesso si scostò da Drew, che ancora non si era svegliato. Lo guardò: il suo petto si alzava e abbassava lievemente, era disteso a gambe unite e teneva la testa appoggiata alla parete rocciosa della grotta. Un po’ le dispiacque per questo: chissà com’era stato scomodo… Anche se spesso e volentieri voleva fare la figura del duro, quando tirava fuori il suo lato galante non poteva che provare un’assurda tenerezza per lui e sentirsi la ragazza più fortunata del mondo. Poi rivolse lo sguardo fuori e rimase subito incantata dallo spettacolo che vide.

«Drew! Svegliati!» bisbigliò, scuotendolo per le spalle.

Il ragazzo, con ancora gli occhi impastati dal sonno e i capelli in disordine, si tirò svogliatamente a sedere. Ma la sua espressione mutò subito e si sfregò un braccio sugli occhi per vedere meglio. «Wow!» esclamò, a bocca aperta.

Vera si appoggiò al suo braccio e guardarono insieme quel bellissimo arcobaleno, che sembrava così vicino da poterlo toccare, finché non si dissolse nel cielo senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.

 

 

Erano per la seconda volta a Cuoripoli, più precisamente nel modesto appartamento di Lucinda. Quest’ultima aveva promesso di impartire loro una lezione speciale di cucina sulla preparazione dei Poffin, perché “era scandaloso che fossero a Sinnoh da così tanto tempo senza saperli preparare”.

«Allora, la procedura è un po’ più complessa di quella delle Pokémelle… O almeno credo…» esordì Lucinda, anche se dei dolci per Pokémon tipici di Hoenn in realtà non sapeva proprio nulla, ma non voleva fare la figura dell’insegnante impreparata. «Ahhh! Emergenza!» D’un tratto si coprì la bocca con le mani, indignata. «Vera, il tuo grembiule non s’intona assolutamente con il vestito!»

«Dici di no?» domandò Vera, ingenuamente.

Lucinda scosse il capo e marciò verso il suo gigantesco armadio bianco panna. Tornò indietro con un grembiule arancione, che Vera infilò senza storie al posto di quello rosso, mentre Drew alzava gli occhi al cielo e sospirava in silenzio.

«Ora che siamo tutti fashion, possiamo cominciare!» Lucinda batté le mani e mise loro davanti un coltello ciascuno. «Allora, per prima cosa dovete sminuzzare delle Bacche, così otterrete la sostanza del vostro Poffin…»

 

«Molto bene» commentò Lucinda, soddisfatta, davanti al lavoro impeccabile svolto da Drew. Spostò lo sguardo poco più in là e dovette trattenere un’esclamazione di sorpresa. «Vera, ma cos’hai combinato?!» chiese, allarmata.

«Niente» rispose lei, con naturalezza, mentre ancora muoveva con fatica la frusta elettrica all’interno del pentolino, dove il suo miscuglio gorgogliava minacciosamente. Aveva tracce di crema su tutto il viso, anche un po’ tra i capelli ed era riuscita a sporcare perfino la parete dinnanzi al fornello.

Drew spense il suo fuoco perché ormai l’impasto era pronto, denso al punto giusto. «Ti aiuto io, sciocca» annunciò, con aria di superiorità.

«Guarda che me la cavo benissimo anche da sola…» borbottò Vera, col broncio.

Drew fece finta di non sentirla e avvolse la mano nella sua che reggeva il frustino, così girarono insieme in senso orario. «Ecco, bisogna avere fermezza e pazienza…»

Sembrava filasse tutto liscio, poi per sbaglio il dito di Drew scivolò sul pulsante per aumentare la velocità da uno a cinque. Fu questione di un secondo: l’aggeggio sfuggì al loro controllo, schizzando come una furia da tutte le parti. Lucinda si affrettò a staccare la spina mentre i due, confusi, sbattevano le palpebre.

«Almeno è buono!» assicurò Vera, dopo essersi leccata le labbra.

«Non ho parole, davvero…» fece Lucinda, scuotendo il capo e spiaccicandosi una mano sulla fronte per non vedere quello scempio all’arte culinaria.

 

 

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Angolo Autrice
Ciaaaaao.
Okay, questa volta ammetto le mie colpe: sono in ritardo pazzesco.
Però, ultimamente sono molto stressata e faccio fatica a scrivere… In compenso c'è da dire che grazie al cielo ho finito il cap 40 :D
AH! Nel prossimo capitolo, lol, c'è una parte un po' ridicola, siete avvisati! ^^”
Come ho già anticipato, il ritmo della storia si velocizzerà.
Va beh, grazie mille a chi legge segue e recensisce.
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 32
*** Inconvenienti femminili ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 31: Inconvenienti femminili ~

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Dopo aver ripulito il pasticcio tutti insieme, versarono gli impasti nelle teglie con gli stampini e dopo cinque minuti di raffreddamento li tolsero.

«Oddio» fece Lucinda, incredula, davanti al primo vassoio. «Giuro, in tutta la mia vita non ho mai visto dei Poffin viola! Sembra ci abbiano messo sopra del colorante!»

Il volto di Vera s’illuminò di felicità e batté le mani. «Oh, sono speciali, allora!»

Lucinda forzò un sorrisino nervoso e decise di stendere un velo pietoso sulla cosa e proseguire. «Che ingredienti avete usato?» chiese, lanciando un’occhiata al cestino contenente un mix di Bacche di diverse forme e colori sul tavolo, che aveva comprato fresche al mercato la stessa mattina per prepararsi al loro arrivo.

«Delle Baccapesche e delle Baccafrago» spiegò Drew. «Volevo che fossero dolci e delicati, come piacciono al mio Roserade.»

Lucinda prese uno dei suoi Poffin di un blu uniforme e lo assaggiò. «Ottimo!» esclamò, annuendo con approvazione.

Anche Vera, curiosa, non ci pensò due volte a provarne uno. «Wow, è davvero buono!» commentò, inghiottendolo, mentre l’interessato sfoggiava un sorrisetto di trionfo.

«Riguardo a questi…?» domandò Lucinda, scrutando con preoccupazione l’altro vassoio. Non sapeva perché, ma aveva un brutto, bruttissimo presentimento.

«Sapete, ho voluto usare alcune Bacche un po’ particolari di Hoenn! Baccamora, Baccamodoro e Baccalici!» spiegò Vera, entusiasta.

«Penso… Che ci vorrebbe una cavia…» commentò Lucinda, con un sorrisetto. «Io sono a dieta, mi spiace, non posso proprio mangiarne un altro!»

Anche Drew forzò un sorriso e portò le mani avanti. «Anch’io passo, mi è venuta un po’ di nausea tutta su un colpo…» s’inventò, indietreggiando.

Vera sospirò sconsolata davanti alla sua opera incompresa. «Beh, non ho altra scelta… Venite fuori!» Lanciò le sei Sfere, da cui in un getto di luce si materializzò tutta la sua squadra. «Ehi, amici, ho preparato questi con le mie manine!» Porse davanti a loro il vassoio. «Sono dei dolci, ho deciso di chiamarli… Sorpresa Viola Due

Blaziken, Beautifly e Skitty vennero percorsi da un brivido lungo la schiena e fecero un rigido passo indietro, contemporaneamente. Shinx, Altaria e Munchlax, al contrario, stavano per compiere l’errore di avvicinarsi, sereni com’erano loro tre anni prima, ma soprattutto ignari di ciò che li aspettava.

«Blaze, blaze!» (Fermi, è veleno!) urlò lo starter, allarmatissimo, tendendo un braccio verso di loro. Il leoncino e il drago si bloccarono, in allerta.

«Munch? Munch, muuunchlaaax!» (Veleno? Cosa dici, sono buonissimi!)

Invece il Pokémon Ghiottone ne ingurgitò una manciata tutta d’un fiato, come se fosse immune a qualunque tipo di sapore avessero.

«Ti piacciono, piccolo mio? Ah, lo sapevo! Tu sì che sai come rendere una cuoca realizzata!» esclamò Vera, con gli occhi luccicanti d’emozione.

«Munch!» rispose affermativamente il Pokémon, tendendo le zampe per chiederne ancora.

Drew e Lucinda li guardavano con un grosso gocciolone dietro la testa, ancora increduli.

 

 

Dovevano muoversi in fretta, se volevano raggiungere Canalipoli. Drew era impaziente di conquistare il suo ultimo Fiocco (forse perché Vera non perdeva occasione per rinfacciargli di essere un passo avanti a lui). Perciò si erano dati da fare: avevano salutato Lucinda un’altra volta e con qualche giorno di cammino raggiunto Giubilopoli.

Si trovavano nella loro stanza al Centro Medico, in una mattina che si prospettava essere tranquilla.

Vera si stiracchiò, con un placido sbadiglio. «Buongiorno.»

«’Giorno» salutò Drew, senza troppi convenevoli. «Andiamo a fare colazione» annunciò, pacato, alzandosi dal letto. Non avrebbe avuto pace finché, stretto tra le sue mani, non ci sarebbe stato il Fiocco di Canalipoli.

Lei però si rimise giù, emettendo un lungo mugolio. «No. Ho ancora sonno, e poi fa freddo!»

Il Coordinatore sbuffò, non dando retta ai suoi capricci. «Sbrigati.» Dandole le spalle finì di mettersi una delle solite t-shirt, che fino a qualche istante prima giaceva piegata con cura sull’orlo del letto. Quando ebbe finito, vide che lei era ancora arrotolata a Sandshrew sotto alle coperte. «Sbrigati» ripeté, seccato.

«Ho detto che non voglio» replicò lei, girandosi dall’altra parte.

«Siamo un po’ nervosette oggi, o sbaglio?» chiese lui, ironico, mentre era chino per terra a chiudere la cerniera del proprio zaino.

«Anche se fosse?»

«Che c’è, sei nel tuo periodo?»

Lei spuntò rapida dalle lenzuola e gli tirò con rabbia il cuscino in faccia. «Maleducato, non si chiedono queste cose alle ragazze!» esclamò, paonazza in volto.

«Puoi anche dirlo, eh, non mi scandalizzo mica» replicò lui, alzando gli occhi al cielo. Era vissuto con una sorella maggiore, in fondo, per cui ne sapeva qualcosa. Raccolse la soffice munizione che lei gli aveva lanciato, ormai finita a terra, per poi rilanciargliela con più calma.

«Non sono affari tuoi» precisò lei, guardinga, afferrando il cuscino al volo e rimettendolo al suo posto. Decise di alzarsi, dato che ormai era riemersa ed il piacevole tepore delle coperte se ne stava già andando.

Fu in quel momento che lo sguardo di Drew, da solo, si posò dove non avrebbe dovuto posarsi. Subito dopo arrossì violentemente e fece un’espressione di stupore. Stupore in senso negativo.

«Ehm… Vera…» iniziò, agitato. Come glielo diceva, adesso?

«Sì?» chiese lei, girandosi, indiscreta. «Che c’è? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma…» commentò, dato il suo colorito d’un tratto pallido e la sua espressione… Non riusciva a trovare un aggettivo per definirla. «Non ci sono fantasmi, vero?!» domandò poi, guardandosi frenetica in giro.

Lui scosse il capo. Si coprì il viso per pudore e la indicò. «Penso che dovresti cambiarti…»

La Coordinatrice, ignara, abbassò gli occhi su di sé. Le ci vollero alcuni secondi di sconcerto per metabolizzare che aveva una gigantesca macchia rossa sui pantaloncini del pigiama. Cacciò subito un urlo. «Oddio, che vergogna, che vergogna!» Si tirò giù la maglietta più che poteva nel tentativo di coprirsi e corse in bagno, sbattendo la porta.

Drew ne approfittò per tirare un grosso respiro di sollievo. Perché con sua sorella cose così dannatamente imbarazzanti non erano mai successe?!

Vera, dopo aver soffocato l’imbarazzo appoggiandosi alla parete, prese coraggio e sbirciò fuori. «Drew…?» chiamò, timidamente.

«… Cosa?»

«Puoi prendermi i vestiti e la scatolina trasparente che ho in borsa? Per favore…»

Drew non se la sentiva di dirle di no. Prese il pullover ed i pantaloncini ancora sulla sedia e glieli lanciò insieme. Poi si chinò sul suo zaino e si mise a cercare questa fantomatica scatolina, anche se l’idea di toccarla lo schifava abbastanza, perché intuiva cosa potesse esserci dentro.

«Non aprirla!» si raccomandò lei.

«Oh, per carità» si sentì rispondere in modo scettico, mentre anche la scatolina incredibilmente leggera le veniva lanciata. Subito dopo, la porta si chiuse.

Drew si concesse un altro sospiro silenzioso. Sperava soltanto di poter scendere presto a far colazione e rimettersi in marcia, scordando quell’incidente.

Quando la castana uscì, con movimenti lenti e l’aria frastornata, le chiese: «Tutto bene? Sei a posto ora?» con un’aria stranamente premurosa.

«Sì, tranquillo, ho un po’ di nausea ma sono a posto…» rispose, un po’ in soggezione, intuendo benissimo il delicato significato di “essere a posto”.

«Farò finta di non aver visto niente» annunciò il Coordinatore, girandosi di spalle.

Vera sospirò: era decisamente una delle umiliazioni più grandi della sua vita.

 

 

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Angolo Autrice
Ehm, buongiorno… *Esce dal suo nascondiglio*
Nell'anime non sarebbe mai e poi mai successa una cosa del genere ma ahimè, se si viaggia in compagnia di una ragazza può capitare! XD
Vi lascio con una curiosità riguardante proprio questo cap:
#Curiosità16: /
Grazie mille a chi continua a leggere e recensire, se non fosse per voi la storia sarebbe già stata cancellata!
Alla prossima.
-Alex-

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Capitolo 33
*** Argomento tabù ***


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♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 32: Argomento tabù ~

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ATTENZIONE! Questa immagine segnala che siete incappati in un capitolo speciale, filler, non collegato alla storia principale. È il frutto di due menti perverse che a dodici (*sospira* io) e quattordici anni (Eurydike insiste per essere citata ) hanno prodotto questo sclero completamente OOC.

Siate clementi e ridete con noi del nostro degrado.

 





– Inizio degrado –



Dopo aver percorso un breve tratto, i due Coordinatori si sedettero a riposare su una panchina. Era situata nel ben mezzo della natura, come se fosse stata messa appositamente per i forestieri stanchi che avrebbero potuto passare di lì. C'era silenzio. Si godevano l'ombra fresca degli alberi, mentre ascoltavano i molteplici suoni di quella giornata assolata. Sopra di loro, le nuvole, che assomigliavano a dei batuffoli di cotone, si muovevano vivamente nel cielo creando diverse forme.

Vera era impaziente di porre a Drew una domanda. Sentiva che, se non l'avesse fatto ora, non l'avrebbe fatto mai più. Però era talmente imbarazzante che, di sicuro, dopo se ne sarebbe pentita. «Drew, tu sai sempre tutto, giusto?» domandò, stringendo la presa sui proprio pantaloncini.

«Veramente sei tu quella che non sa mai niente» le rispose il verde, increspando le labbra in un sorrisetto di scherno. Aveva le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi chiusi, perché sperava di godersi un po' di relax. Ma non sapeva ancora che la sua speranza sarebbe stata del tutto vana.

«Non prendermi in giro!» mugugnò l'altra. «È una cosa seria!»

«Okay, spara, allora» accordò il Coordinatore, con un sospiro. L'aggettivo “serio” pronunciato da lei poteva significare qualunque cosa. E sottolineo qualunque.

«Ecco… Mi chiedevo…»

«Ti chiedevi?»

«Sai, molte volte ho visto Uova di Pokémon e neonati… Ma…» La castana arrossì di botto e si mise a giocherellare nervosamente coi pollici.

Drew ebbe già da lì un brutto presentimento: quel tono e quegli atteggiamenti non promettevano niente di buono. «Ma?» esordì, seccato, aprendo un occhio per squadrarla.

«Non viene mica Delibird a portare le Uova e i neonati, no? Quindi…» iniziò, titubante, indecisa su come formulare la domanda e se formularla o meno.
«Quindi?»
«Quindi come… Come si creano i bambini? Cosa bisogna fare per averne uno? Da grande vorrei provarci anch'io, ma non ho la minima idea di come fare!»

Regnò il silenzio. Drew era a dir poco scandalizzato. Si sarebbe aspettato ogni genere di domanda, dalla più intelligente alla più stupida, ma non quella!

«… Ho capito bene? Sei seria?»

«Certo!»

Il verde si ammutolì di nuovo, sentendosi addosso il suo sguardo curioso e dannatamente innocente. Gli aveva appena chiesto come fare sesso, se ne rendeva conto?! No, probabilmente no.

«… Non sono io la persona giusta per spiegartelo!» farfugliò, agitato.

«Sì che lo sei! Dai, ti prego!» lo supplicò, con occhioni dolci.

«M-Ma anche no! È fuori discussione, queste sono cose da chiedere alla propria madre! E poi come fai a non saperlo ancora, alla tua età?!» Lui, in realtà, lo aveva scoperto da solo e in segreto, senza che glielo spiegasse nessuno. Non era una cosa poi così complicata, ma a quanto pare lei era così ingenua da non riuscire ad arrivarci.

«Mi sono sempre vergognata a chiederglielo e, da quando sono partita, non ho più avuto tempo…» ammise, guardando in basso, con un po' di nostalgia.

«Beh, non credo che morirai se aspetti il prossimo ritorno a casa» rispose lui, piccato, pensando di riuscire così a scamparla.

«E dai, che ti costa dirmelo?» avvicinò il viso al suo. «Oppure il grande Drew si vergogna?» chiese, maliziosamente, avvicinandosi ancora di più.

«Neanche un po'!» bofonchiò lui, indietreggiando. «D'accordo, te lo spiegherò… Ma dì soltanto una volta “bleah, che schifo!”» fece, imitando scarsamente la sua vocina acuta. «E smetto!» avvisò, con severità.

«Va bene, prof!» rispose lei, diligentemente.

Accidenti… Da dove comincio?” si chiese, in un sibilo, messo sotto pressione dal suo sguardo impaziente. «Uhm… Allora, saprai già che i bambini crescono nel ventre delle donne, suppongo, altrimenti saresti proprio scema.»

«Certo» cantilenò lei, acida, in risposta. Anche se era molto piccola, aveva visto com'era sua mamma quando era incinta di Max. «Però, io voglio sapere come si creano

Drew cacciò un grande e lungo sospiro. «Perché, secondo te, maschi e femmine sono anatomicamente diversi?»

«Perché sennò avremmo tutti crisi d'identità?»

«… Anche…» Sospirò un'altra volta. Si stava rivelando più complicato del previsto. «Ma i nostri corpi sono fatti ad incastro e, unendosi, danno origine a una nuova vita» concluse, d'un fiato, con il cuore che batteva all'impazzata.

«Forte!» esclamò Vera. «E come si uniscono?»

Drew cercò di non perdere la calma e frugò nella mente per ricordarsi come lo spiegavano di solito tra i banchi di scuola. «Ascolta, noi siamo due ingredienti, okay?»

«Io che ingrediente sono?» domandò, innocentemente.

«… La X» rispose, dopo averci pensato un attimo, con la remota speranza che lei cogliesse i doppisensi. Speranza vana.

«E tu?»

«La Y» concluse. Ci sarebbe voluto un disegnino per farglielo capire, forse. Ma non si sarebbe mai abbassato a tanto.

Vera fece un verso pensieroso. «E… Scusa, ma questo ingrediente Y, se è così importante, dove lo devo mettere?»

Drew strabuzzò gli occhi ed avvampò violentemente. Ma perché capitavano tutte a lui?! «P-Per favore, cambiamo a-argomento…!»

«No, dai, adesso continui!» si impuntò la ragazza, decisa.

Lui sospirò per la millesima volta. «Non te lo posso dire…!» spostò lo sguardo altrove, per non dover incrociare il suo, che lo metteva tremendamente in soggezione.

«Perché no?» chiese Vera, delusa.
«Perché ti farebbe schifo!» rispose il verde, stizzito.
«Questo non potrai saperlo finché non me lo dici, sarò io a decidere se mi fa schifo oppure no, tu che ne sai!»

«Invece lo so già, quindi risparmio la fatica di scervellarmi per spiegartelo!»

«Non è vero!» si difese.
«E invece sì!» replicò lui.

«No!»

«Sì!»

«No!»

«SÌ!»

«NO!»

«HO DETTO SÌ!» esplose Drew, rabbioso, avendo perso la pazienza.

«E IO HO DETTO NO!» insistette la castana, senza lasciargli la soddisfazione di aver vinto il duello.

Si guardarono fissi negli occhi, entrambi arrabbiati e rossi in viso, mentre riprendevano fiato. Quel silenzio, dopo un po', sembrò calmare le acque.

«Sentimi bene, Vera» disse il verde, a un certo punto, serio. «Noi siamo come un puzzle. Ma tu non puoi decidere di unire un puzzle con chiunque, eh! Devi farlo solo con la persona che ami. Sono stato abbastanza chiaro?»

«Mi sembrava ovvio» rispose lei. «L'amore è una cosa seria, lo so bene…» tacque per qualche secondo, come se stesse riflettendo. «Comunque non mi sembra complicato, mi piacciono i puzzle» commentò lei, allegramente, accavallando le gambe e sfiorando per sbaglio la sua.

«… STAI LONTANA DA ME!» Drew si alzò, scandalizzato, facendola scivolare sulla panchina, mentre lei non capiva che cosa gli prendesse così all'improvviso. «Vedi di darti una calmata e rimettiamoci in marcia, per favore! Abbiamo già perso troppo tempo!»

«Ma…»

«Basta, comprati un libro di anatomia: io non apro più bocca!» annunciò, facendo segno di sigillarsi le labbra col dito. Lui – e l'autrice – non vedevano l'ora che quella stramaledetta conversazione finisse.

Lei si rabbuiò. «Sissignore» sospirò, delusa. Uffa, ma che aveva fatto di sbagliato?

 

– Fine degrado, grazie della pazienza e della comprensione –


 

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Angolo Autrice
Stendiamo un velo pietoso su questa cosa ed andiamo avanti, vi prego.
-Alex-

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Capitolo 34
*** Aria di mare familiare ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 33: Aria di mare familiare ~

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Il sole filtrava a chiazze attraverso gli alberi, creando giochi di ombre maculate. Era un pomeriggio così tranquillo che non sentivano nemmeno l’esigenza di parlare tra di loro, per non rovinare l’atmosfera e godersi al meglio tutti i suoni e odori della natura. Improvvisamente alle loro orecchie giunse un rumore, continuo e regolare, di qualcosa che sbatteva sul terreno. Svoltarono l’angolo e, alle porte di Duefoglie, si trovarono a osservare una bimba. I suoi capelli erano raccolti in due buffi codini grazie a una coppia di fermagli arancioni, tondi come biglie. Indossava un grembiulino da scuola materna e una fascia con un vistosissimo fiocco rosso le attraversava la testa. Stava saltando la corda, che frustava energicamente sull’erba a ogni lento giro. Teneva anche piano il conto, ma quando arrivava a dieci si fermava e ricominciava da capo.

D’un tratto, però, il ritmo s’interruppe: la piccola perse l’equilibrio, inciampò sul filo e cadde a terra. Tempo neanche mezzo secondo che due lacrimoni si fecero strada sui suoi occhietti color cioccolato. «Ahiaaaa!» strillò, iniziando a piangere e singhiozzare a dirotto.

Vera le corse incontro e le s’inginocchiò davanti, preoccupata. «Ehi, tesorino, ti sei fatta male?»

Lei alzò lo sguardo e la esaminò, chiedendosi chi fosse, ma non aveva l’aspetto di una persona cattiva, perciò decise di risponderle: «Sì, mi fa tanto male» mugugnò, tra un singhiozzo e l’altro.

«Poverina… Dai, adesso passa tutto!»

«No, non passa!» si lamentò, riprendendo il suo lamento in modo ancora più acuto di prima.

Drew si tappò le orecchie per non sentirla: non sopportava proprio i bambini quando si mettevano a frignare e urlare, incuranti del fastidio che provocavano alle orecchie degli altri.

«Allora ti faccio una magia» annunciò Vera. Agitò la mano guantata sopra il ginocchio con la leggera sbucciatura e recitò: «Via via, bua, vola via!»

Il pianto della bambina si arrestò improvvisamente e guardò prima Vera, poi spostò lentamente lo sguardo sulla propria gamba. «Non mi fa più male! Wow, hai fatto davvero una magia!»

Vera fece una risatina, perché era un trucco che con il suo fratellino aveva sempre funzionato. Dopodiché si tolse lo zaino dalle spalle e lo aprì, frugandoci dentro con fretta. Tirò fuori una scatoletta un po’ ammaccata.

«Ecco qua» disse, scartando un cerotto per appoggiarlo sulla ferita della bambina, così da coprirla. Il non vederla era anche un modo per dimenticarsene più in fretta. Frugò in un’altra tasca e fece spuntare un pacchetto di fazzoletti, uno dei quali lo usò pazientemente per asciugarle il viso, cancellando del tutto il passaggio delle lacrime. «Stai meglio, adesso?»

«Sì…»

«Adesso, piccolina, mi spieghi cosa ci facevi qui da sola?»

«Sono scappata di casa» tagliò corto la bambina, con una smorfia.

Anche Drew, che se ne era stato in disparte fino a quel momento, sgranò gli occhi.

«Cosa?! E come mai?» domandò Vera.

«Perché il mio fratellone è partito per diventare Allenatore di Pokémon e io non ho più nessuno con cui giocare!» esclamò la bambina, in un impeto di rabbia.

«Dove abiti? A Sabbiafine?» le domandò Drew.

«Sì, ma non voglio tornarci!» fu la risposta impetuosa che ricevette.

«Però, pensa un po’ se tuo fratello sapesse che sei scappata! Sarebbe felice, secondo te?» le chiese Vera, con una lieve punta di rimprovero.

La piccoletta ci rimuginò su. «No…»

«Ecco. E tu non vuoi che lui sia triste, vero?»

Scosse la testolina, già più ragionevole.

«Allora che ne dici se adesso noi ti riaccompagniamo a casa, dalla tua mamma e il tuo papà? Così, se durante il mio viaggio incontrerò tuo fratello, potrò dirgli che ha una bravissima sorellina che gli vuole un mondo di bene!»

«Okay!» rispose, allegra, rialzandosi. «Io mi chiamo Mary e ho cinque anni.»

«Wow, hai proprio un bel nome, lo sai? Io mi chiamo Vera e lui è il mio amico, Drew!»

 

Tornarono indietro verso Sabbiafine e la sua caratteristica aria salmastra. Era tutto tranquillo: degli Starly litigavano per delle briciole di pane che una signora scacciava via dalla tovaglia dal piano superiore di una casetta, alcuni ragazzini giocavano ad acchiapparello e l’Infermiera Joy spazzava fuori dall’entrata del Centro Medico; appena li vide sorrise, maliziosa.

«Guarda un po’ chi si rivede! Ragazzi, come va?» chiese, in tono all’apparenza amichevole.

«Bene» risposero all’unisono i due, senza darle eccessiva confidenza.

«Avete già messo su famiglia, eh? Non siete un po’ giovani?» domandò, indicando Mary, con un’espressione beffarda.

«M-Ma cosa dice?! Non è figlia nostra!» protestò Vera, avvampando all’istante.

«Lo so, stavo solo scherzando! Quindi alla fine hai deciso di tornare, cara?» domandò la donna alla bambina.

«Sì, sono tornata!»

«Cioè, mi faccia capire: lei l’ha vista scappare di casa e non le ha detto niente?!» sbottò Drew, irritato da una simile irresponsabilità.

«Dovete sapere che la piccola Mary, ormai, scappa almeno una volta alla settimana» rispose quella, con perfetta noncuranza, lanciando un’occhiata alla bambina, che non sembrava aver fatto caso più di tanto alle sue parole, tant’era distratta a cercar di stare in equilibrio su un piede solo.

«Comunque, ci deve quaranta Poké!» proseguì piccato Drew. «Il soggiorno, in tutti gli altri Centri Pokémon della regione, è gratuito. Lo sa che una cosa del genere è perseguibile penalmente?»

L’Infermiera sussultò, come se le avessero trafitto il cuore con una freccia. «Certo, perché gli altri Centri vengono anche finanziati dalla regione…» commentò freddamente, a bassa voce. «Purtroppo, mettendo il soggiorno a offerta libera nessuno versava un centesimo, quindi è l’unica soluzione possibile per coprire le spese di manutenzione.»

«E perché non riceve aiuto?» domandò Vera, curiosa.

«Ahimè, non lo so» rispose la donna con un sorriso amaro. «Ho mandato diverse lettere, ma la mia richiesta di ristrutturazione è sempre stata respinta a causa dei costi elevati rispetto alla poca affluenza di Allenatori.»

«Il suo non è comunque un comportamento corretto» disse serio Drew. «Se avesse spiegato subito la situazione, noi avremmo pagato senza problemi, magari lasciando anche più soldi.»

«Hai ragione…» L’Infermiera annuì, pentita, stringendo la presa sulla scopa che teneva tra le mani. «Per farmi perdonare posso regalarvi due biglietti per il traghetto di Canalipoli. Allora, ci state?»

I due si fissarono un attimo, poi annuirono, per tacito accordo. Proprio quello che faceva al caso loro, che coincidenza. Ormai mancava poco tempo al tramontare del sole e rimettersi in viaggio vero Duefoglie non aveva senso, perciò decisero di fermarsi a Sabbiafine fino all’indomani e prenotarono una camera, stavolta con letti singoli.

Quando si allontanarono l’Infermiera guardò con malinconia le pareti esterne e malandate del Centro. Il suo Centro, il suo lavoro, la sua routine. Ma per quanto sarebbe stato in piedi, ancora…?

 

 

I Coordinatori si allenarono per un po’ sulla spiaggia, Vera con Venusaur e Drew con Sneasel. Poi li fecero rientrare nelle Sfere, tolsero calze e scarpe e si arrampicarono tra gli scogli. Venendo entrambi da una regione marittima come Hoenn erano abituati e sapevano dove mettere i piedi per non ferirsi. Si sedettero sullo scoglio più grande e più in alto. Drew era taciturno; nonostante la pace che regnava lassù, stare così vicino all’acqua gli metteva sempre una punta di ansia nel cuore, infatti si teneva a debita distanza dal bordo. Al contrario suo, Vera lasciava penzolare le gambe e le dondolava ritmicamente. Non parlavano, per ascoltare lo sciabordio delle onde che s’infrangevano di continuo sulle superficie rocciosa sotto di loro.

Fu Drew a spezzare il silenzio: «Comunque, sai, non pensavo tu fossi così brava con i bambini…» ammise, a occhi semichiusi, godendosi la brezza che gli accarezzava i capelli.

Vera fece un sorrisino e portò avanti le mani. «Ma no, non ho fatto niente di speciale! Forse mi è venuto naturale comportarmi in quel modo perché sono una sorella maggiore…» rifletté, pensierosa. «E a te piacciono i bambini? Non hai scambiato neanche mezza parola con Mary…»

«Mi piacciono di più quando non piangono, mettiamola così» rispose Drew. «Ovviamente con i miei figli sarebbe diverso perché li educherei nel modo giusto.»

«Beh, i bambini piangono spesso, ma il trucco è sapere come farli smettere» gli spiegò la rivale, con l’indice puntato all’insù. «Per le mie bambole ero una fantastica mamma» disse con orgoglio. Nella sua testa partì automaticamente la vocina saccente di Max che ribatteva: “Bugiarda, le lasciavi sempre ovunque e senza vestiti!” ma finse di ignorarla.

«Per forza: le bambole non piangono, non sporcano e non urlano» la rimbeccò Drew.

Vera gonfiò le guance a palloncino e borbottò: «Va beh, ma con un po’ di pratica sicuramente sarei brava anche con un bambino vero…»

I tuoi figli saranno fortunati ad avere una mamma come te.” Fu solo un pensiero, ma per quanto si sforzasse Drew non riusciva a esprimerlo ad alta voce. Perciò scelse la via più facile: infilò una mano dentro la giacca e ne fece spuntare fuori una rosa rossa, porgendogliela con un sorriso mellifluo.

Vera sbatté le ciglia, un po’ sorpresa, per poi accettarla sorridendo a sua volta. Sentiva che quella rosa, vivida e giovane com’erano loro, portava con sé dei sentimenti importanti. «Grazie…» sussurrò. Poi fu solo per un attimo, ma nella sua testa comparve una figura velata, minuta e sorridente che la chiamava mamma. Scosse leggermente il capo e fece un luminoso sorriso. “Quando sarò pronta non vedo l’ora di conoscerti” pensò, anche se la figura era già sparita.

 

Il copione era lo stesso dell’inizio del loro viaggio: avevano cenato nello stesso ristorante dall’atmosfera accogliente, chiacchierando avevano salito le scale per poi ammutolirsi davanti alla porta della loro stanza.

Vera si guardava ossessivamente attorno, cercando qualcosa che non andasse. Sembrava tutto immobile e dove lo avevano lasciato prima di spegnere la luce, ma aveva una brutta, bruttissima sensazione d’inquietudine addosso. «Non riesco a dormire, sembra che fuori dalla porta ci siano i fantasmi, finché non lo saprò non riuscirò a chiudere occhio…»

«Beh, allora vai a controllare in corridoio» propose Drew, tranquillamente.

Lei lo fulminò con lo sguardo. Al suo posto, Ash si sarebbe alzato senza fare storie. «Non ci vado lì, da sola

«Chissà perché sto avendo un déjà-vu» ironizzò Drew.

Uno scricchiolio in mezzo alle pareti, come di una porta che si apriva lentamente, si fece sentire e Vera sobbalzò. Cos’era? Un mostro? Uno spettro?

Il Coordinatore sbuffò e si voltò su un fianco. «Se ti dimostro che qui non c’è nessun fantasma, poi mi lasci dormire in pace?» chiese, con un sorrisino tollerante. La ragazza, freneticamente, annuì.


 

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Angolo Autrice
Hello…
Il capitolo precedente – come temevo – non è piaciuto alla maggior parte delle persone, ed è comprensibile. Ma ormai ha un valore affettivo troppo alto per me, mi spiace cancellarlo. :)
Spero, con questo, di aver rimediato. Si torna – fino alla fine – seri!
Ecco un'immancabile curiosità, adesso:
#Curiosità17: Il capitolo più corto in assoluto è il 15, di sole 102 righe.
Alla prossima!
-Alex-

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Capitolo 35
*** Caccia agli spiriti! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 34: Caccia agli spiriti! ~

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«Voglio tornare dentro… Ti prego!» Vera si strinse convulsamente al braccio di Drew. Provò a trascinarlo verso il lato opposto del lungo e stretto corridoio, ma lui la bloccò senza il minimo sforzo.

«Tranquilla, non ti succederà niente se sei con me, fifona…» le disse, in tono un po' canzonatorio, mentre lei aumentava la presa.

Di certo non era una cosa da tutti i giorni vedere due ragazzini in pigiama che si aggiravano per un Centro Medico per Pokémon.

Gli angoli, decorati da quadri pittoreschi, rendevano l'atmosfera tetra, evidenziata dall'intonaco bianco spento, che deformava le ombre degli oggetti più insignificanti, trasformandoli in possibili “entità oscure” per la testolina paurosa di Vera; camminava a braccetto con Drew, senza mollarlo un attimo.

Un fruscio squarciò il silenzio tagliente, tipico da film horror.

La ragazza sobbalzò e si fermò, mentre un brivido le percorreva la schiena. «Cos'è stato?» chiese, stringendosi forte al verde, anch'egli col fiato sospeso e il batticuore.

«Non ne ho idea, però veniva da quella parte…» Lui indicò con sicurezza una porta, chiusa, situata alla fine di una malandata rampa di scale.

«Non vorrai andare a controllare, spero…»

«Certo, altrimenti che ci saremmo venuti a fare qui?» rispose Drew, con ovvietà, trascinandosi verso l'entrata con la castana tremante avvinghiata al polso.

Mentre il verde si avvicinava con cautela alla porta e lei lo osservava attentamente, per distrarsi dal panorama spettrale tutt'intorno, uno spirito alle loro spalle ghignava tra sé e sé. Si avvicinò a Vera e le picchiettò la spalla destra con una delle sue dita invisibili. Lei si girò di scatto; non vide nessuno, così voltò di nuovo la testa, pensando di averlo solo immaginato. Ma pochi secondi dopo si sentì toccare di nuovo, stavolta la spalla sinistra, e quando si girò trovò lo stesso vecchietto dello Château che le mostrava un'orribile boccaccia.

«AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!» gridò, in preda a un attacco di panico, con le mani strette a pugno sul petto. L'urlo spaventò il vecchietto, che in una leggera nuvoletta di polvere biancastra sparì.

«Aiuto, aiuto, un fantasmaaaaaaa!» urlò ancora, abbracciando la vita di Drew. Tremava come una foglia.

Lui, sbigottito dalla sua reazione, sussurrò: «Ohi, stai calma» per poi passarle una mano tra i capelli. Ma lei si rifiutava di aprire gli occhi, era paralizzata.

«Vera…Vera, così però mi stritoli…» rise e lei, imbarazzata, allentò un poco la presa.

Fece un respiro profondo. «Giusto, scusa…» Si tirò indietro e si allontanò da lui di due passi, a disagio, con le mani dietro la schiena.

«Hunte hunte hunte!» Quella risata sguaiata risuonò per tutto il centro.

Vera e Drew, dopo una frazione di secondo, si guardarono con aria terrorizzata. Poi, senza bisogno di dirlo, corsero con due scatti da record verso la loro camera.

«Chiudi, chiudi, svelto!»

Il ragazzo prese frettolosamente la piccola chiave argentata situata all'interno del comodino e sigillò l'entrata il più veloce possibile. Quando ebbe fatto appoggiò la schiena alla porta, ancora ansimante per la corsa di prima.

«Siamo salvi…» sussurrò Vera, accasciandosi accanto a lui, come per bloccare ulteriormente il passaggio.

«Vera…?»

«Sì…?»

«I fantasmi attraversano i muri, lo sai?» Alla sua domanda, Drew non ottenne risposta. «V-Vera..?» fece, passandole una mano davanti alla faccia.

La ragazza prese a tremare convulsamente e poi poof, esplose. «AAAAAAAAAAH… AAAAHH!» gridò, stritolandogli di scatto il busto e serrando forte gli occhi.

Il verde, quasi soffocando per la sua vigorosa stretta, borbottò: «La prossima volta farò meglio a stare zitto…»

La Coordinatrice tacque, ma lo guardò con occhi luccicanti e smarriti. Ricevette in cambio un mezzo sorriso, dovuto alla tenerezza che le stava facendo. La prese per mano e la condusse su uno dei due letti della camera; non aveva ancora smesso di guardarlo. Si distesero girati su un fianco e lo sguardo di entrambi passò al soffitto. Erano un po' stretti, ma ci stavano. Vera, d'un tratto, con aria estremamente imbarazzata, gli afferrò il gilet.

«Hai ancora paura?» le chiese Drew. Lei annuì. Lui, per tutta risposta, le avvolse le braccia attorno alla vita e portò i loro visi più vicini. «Tranquilla, piccola…» quando si capacitò di come l'aveva appena chiamata, si affrettò a correggere: «Sciocca! Piccola sciocca!»

Vera lo squadrò confusa per qualche istante. Ma poi un dolce sorriso le spaziò sul volto. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma conosceva un modo migliore per farlo. Portò le proprie braccia attorno al suo collo e scattò avanti con il capo, facendo sfiorare un'altra volta le loro labbra. Stavolta fu Drew a sorprendersi del suo gesto, ma poi chiuse lentamente gli occhi e ricambiò il bacio. Assaporarono istante per istante, dimenticandosi del tempo e di tutto il resto. Lui, però, stava portando le braccia sempre più su. Nella foga del momento, come se si muovessero da sole. Quando arrivarono vicino al seno, Vera soffocò un gemito. Lui sentì che era turbata ed aveva trattenuto il respiro dall'agitazione, perciò rimase immobile. Se lei non voleva, non doveva costringerla a fare niente. Anche perché, francamente, erano troppo piccoli per consumare subito una cosa così importante. Le loro labbra umide si staccarono. Erano entrambi affannati e non osavano rompere quel silenzio, rotto soltanto dal suono flebile dei loro respiri.
 

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Avevano dormito bene, riscaldati l'uno dal corpo dell'altra. Ma il punto era quanto avevano dormito.

Drew, quando si svegliò, vide per prima cosa i capelli di Vera baciati dai raggi del sole. Era schiacciata contro al suo petto, perciò non poteva vedere che espressione avesse sul viso. Però sentiva il suo profumo; un profumo di qualche fiore, pulito e dolce. Poteva anche sentire la sua pancia abbassarsi ed alzarsi lievemente. I ricordi di quella notte gli riempirono la mente. Se ripensava a cosa stava per fare, si sentiva tremendamente in colpa. E se pensava che le era venuto naturale chiamarla piccola, si chiedeva quando i sentimenti che provava per lei si fossero evoluti così tanto. Era così bello guardarla dormire e stare abbracciati che non avrebbe voluto togliersi, rovinando quell'atmosfera così perfetta. Ma si disse che avrebbero avuto altre occasioni in futuro, invece di traghetto per Canalipoli ce n'era soltanto uno.

«Ehi, Vera…» le sussurrò, scuotendole leggermente le spalle.

La vide alzare di poco il capo e guardarlo con occhi ancora addormentati. «Cosa c'è?» gli chiese, con tono estremamente lento, impastato dal sonno.

«È tardi, dobbiamo andare.» Sgusciò via, facendola finire con la faccia contro al cuscino. Vera si mise seduta con le gambe divaricate sul letto, stropicciandosi gli occhi. Cercò di ricordare l'ultima cosa che aveva fatto prima di addormentarsi. Quel bacio infinito, le carezze di Drew sulla sua schiena… S'irrigidì, pensando fino a quanto si erano spinti in là. Non avrebbe mai neanche lontanamente immaginato che si sarebbero ritrovati a fare cose di quel genere… Se l'avesse saputo suo padre, gli avrebbe staccato la testa a morsi. A lui, s'intende.

«Vera, sbrigati.»

Sobbalzò dalla sorpresa, risvegliandosi dai propri pensieri, quando vide la sua faccia imperturbata; come di consueto metteva a posto la roba nello zaino. Sembrava il solito Drew. Di sicuro non si faceva tutti i complessi mentali che si faceva lei.

 

«Sono pronta» annunciò Vera, dieci minuti dopo. Portò la mano alla bocca per fermare un ennesimo sbadiglio, ancora seduta davanti allo specchio.

Drew la squadrò con occhio critico. «Non per essere pignolo, ma avresti bisogno di una pettinata…»

«È già tanto se sono riuscita a vestirmi…» replicò lei, stiracchiandosi in avanti come un Purrloin.

«Infatti hai la bandana al contrario…» le fece notare, con un sorrisino sghembo e rassegnato.

«Fa niente» rispose, assonnata.

Il verde alzò gli occhi al cielo e le si avvicinò. «Ferma» ordinò, afferrando la spazzola in precario equilibrio sul beauty-chaise dell'amica, appoggiato in un angolo del robusto mobiletto di legno.

«Che fai?» chiese, attonita, quando lui con un'abile mossa le sfilò la bandana e le passò delicatamente la spazzola rossa sui capelli.

«Ti do una sistemata» rispose, pacato, sciogliendole qualche piccolo nodo. Alternava le mani in modo incredibilmente coordinato: con una le spostava piano le ciocche una alla volta e con l'altra le pettinava, senza però arrecarle alcun male. Lei ad ogni suo leggero tocco sussultava un po'. Nonostante cercasse di restare abbastanza ferma le causava un certo imbarazzo che lui armeggiasse con i suoi capelli.

«Tocco finale…» sussurrò, sistemandole con classe la frangetta. Si fece da parte, mise le mani sui fianchi ed attese paziente un commento sul suo lavoro. Vera si stropicciò gli occhi, strofinandoli con un dito, per svegliarsi completamente.

«Wow, grazie mille!» disse, sorpresa, quando scorse il proprio riflesso sul vetro. Si sentiva molto più carina del solito. Drew sorrise con una punta di soddisfazione.

 

«Lo sapevo» sussurrò Vera, stringendo i pugni dalla rabbia. Dal fondo del corridoio un Haunter rideva di gusto, facendole le boccacce. Probabilmente era il Gastly dell'ultima volta, evoluto e dispettoso il doppio di prima…


 

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Angolo Autrice
Hola: sono sempre io, Alex, ma con un diverso nickname.
In questo preciso istante sono le 2.44 di notte ma, che volete farci, con l'arrivo delle vacanze ritorno la Vampiretta del sito! ;)
Sì, io non dovrei aggiornare tecnicamente. Perché:
1. Il capitolo necessiterebbe di correzioni.
2. Mi ero ri-ri-ripromessa di non farlo.
Ma una mia amica (di nome JessFly17!) è riuscita a farmi cambiare idea, perciò ringraziate lei se avete potuto leggere questo capitolo :)
Sto considerando l'ipotesi di abbandonare proprio la Contest e, stavolta, non è un capriccio causa “poche recensioni” :P
Ma Desire… Desire è Desire, ecco. Non so se mai arriveremo al 50esimo capitolo, lo spero. Dipende tutto da me, lo so.
Ora la pianto di annoiarvi e invece di dormire (cavolo, sono le 2.52, ci sto mettendo un po' a trovare le parole giuste!) provo ad andare avanti.
Vi ringrazio se recensirete e, infine, ringrazio chi ha recensito e ancora legge.
Alla prossima (si spera).
CiaoCiao!
-H.H.-

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Capitolo 36
*** Fantasma o Pokémon? ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 35: Fantasma o Pokémon? ~

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«Era ora…» si lamentò Drew, quando scorsero il piccolo battello a vapore su cui avrebbero attraversato il tratto di mare del Percorso 218. Si arrestò accanto alla terraferma, emettendo una nuvoletta di fumo. La porta automatica si spostò di lato e vennero fuori un paio di scalini per poter salire a bordo. L'altra gente che era stata lì ad aspettare come loro cominciò ad accalcarsi all'interno.

Quando venne il loro turno di salire, trovarono una signorina dalla divisa color caramello che bloccava l'ingresso. «Biglietti, prego.»

«Ecco a lei» fece il verde, consegnandone uno.

Vera stava frugando ossessivamente in tutte le tasche alla ricerca dell'altro, cioè il suo, ma senza successo. Proprio quando credeva di averlo perso, Drew lo fece spuntare nell'altra mano e lo consegnò al posto suo.

«Drew, quello nella tua tasca come c'è finito?» chiese, sospettosa e contrariata dell'idea che avesse frugato tra le sue cose.

«Lo avevi dimenticato sulla scrivania, sciocca» la rimbeccò, col solito tono canzonatorio.

La ragazza sbuffò, mentre vagavano come anime in pena alla ricerca di due posti liberi. Era talmente stanca che, doveva ammetterlo, non se n'era proprio accorta. Aveva un disperato bisogno di rimettersi a dormire. Scelse uno dei sedili color ciliegia e si sistemò nel posto vicino al vetro, Drew in quello accanto, con disinvoltura. L'imbarcazione iniziò a spostarsi placidamente sull'acqua. Il panorama, al contrario di quello che aveva immaginato Vera, non era poi così straordinario. Quando rivolse di nuovo lo sguardo al suo compagno, lui era immobile; aveva gli occhi chiusi ed il respiro leggero. Sorrise: allora non era del tutto immune al sonno come aveva sempre creduto, anche lui come tutti i comuni mortali necessitava di dormire. Vederlo le fece venire da sbadigliare, così si appoggiò allo schienale e approfittò dei pochi minuti rimanenti all'arrivo per appisolarsi un po' e recuperare le forze.

 

Vennero svegliati di soprassalto da un lungo ed acuto stridio. Il battello fece un sobbalzo, per poi fermarsi di colpo. I due rimasero frastornati per qualche secondo, mentre il resto dei passeggeri vocianti scendeva, poi si decisero ad alzarsi di malavoglia e fare lo stesso.

Canalipoli era attraversata da un grosso canale che la divideva in due. Attaccate a dei paletti con delle corde c'erano barche e gondole di ogni condizione e dimensione. Un fortissimo profumo di sale aleggiava per le vie e si sentiva sempre qualcuno che gridava a qualcun altro, ma non per litigare, anzi, davano l'impressione di essere persone genuine e bonarie.

«Wow… Quanto mi piacerebbe fare un giro in barca!» ammise Vera, che guardava con ammirazione ogni barca a pelo dell'acqua a cui passavano davanti.

Drew decise di farsi coraggio. Non era disposto a sprecare un'occasione che gli stava venendo servita su un piatto d'argento soltanto per colpa di una stupidissima fobia. «Se vuoi ti ci potrei portare…» propose infine.

«Dici sul serio?» chiese lei, stupita. Lui annuì con discrezione e subito la vide portarsi i pugni sul petto dalla felicità. Sulle sue labbra affiorò un sorriso: se era per farla felice, avrebbe fatto quello e altro.

 

Avevano molte cose da fare: Drew doveva iscriversi subito alla Gara e poi dovevano anche prenotare una stanza al Centro Medico per la notte, peccato che non trovassero né la struttura dei Contest né il centro. Ma la loro ricerca s'interruppe: dalla tasca di Vera – chi la aveva aperta? – saltò fuori una pallina color pece. Prima che uno di loro due avesse il tempo di prenderla, questa si mise a rimbalzare lontano sulla strada, come dotata di vita propria.

«Gneeeeeee!» Skitty uscì da solo dalla sfera e cominciò ad inseguirla, scodinzolante.

«Skitty, fermati, torna indietro!» La sua Allenatrice non perse tempo e gli corse dietro, così come Drew. Il micio continuava la sua fuga giocosa e saltava a destra e a sinistra, ma mancava sempre di poco il suo bersaglio, che sembrava però sbilanciarsi quando i suoi agguati lo sfioravano.

«Vieni qui, adesso dove vai?!» Vera si sporse per prenderlo, ma lui si scostò. Il risultato fu che lei scivolò su una mattonella rialzata e, dopo aver preso una storta, cadde rovinosamente a terra. Un dolore lancinante le si diffuse nel ginocchio.

«Ahi, che male…» mugugnò, col viso arrossato e un po' spiaccicato per la botta.

«Dai, alzati.» Drew le tese la mano per aiutarla. Lei la afferrò e cercò di tirarsi su, ma ricadde di nuovo con un gemito sommesso. «Stai bene?» le chiese, inginocchiandosi accanto a lei.

Vera annuì e strinse i denti, cercando il suo micetto con lo sguardo, ma non lo scorse più. Non le importava niente del dolore, voleva soltanto ritrovarlo. Le si stringeva il cuore al pensiero che avrebbe potuto capitargli qualcosa di brutto… Ed il senso di colpa, in quel caso, avrebbe fatto più male di una banale storta.

 

«Gna, gna, gna, gna, gnaaa!» Skitty saltava in continuazione, senza successo però: la sua adorata pallina galleggiava nell'aria, avvolta da un'aura scura tutt'altro che rassicurante.

«Skitty!» Vera, non appena lo vide, cercò di andargli incontro. Peccato che non ci riuscì: per il male, cadde in ginocchio a gambe divaricate. «Ahi..» mugugnò, con il fiato mozzato. Drew le si precipitò affianco, ma non ebbe il tempo di dirle niente. Una risata sguaiata confermò il clima oscuro e ghiacciò l'aria. Perfino il gatto, captata l'agitazione, si fermò; mosse vanamente il musetto di qua e di là per intercettare la fonte del rumore. I due Coordinatori, spaventati, si guardarono freneticamente attorno, finché il loro sguardo si andò a posare su una casetta dal tetto rotto e l'aria abbandonata.

«C-Cos'è stato?» Vera, tremante, strinse d'impulso il braccio del rivale. Il suo sesto senso prevedeva qualcosa di brutto.

«Non lo so e non voglio saperlo.» Il verde deglutì, prima di afferrarle un polso. Anche lui aveva una brutta sensazione.

«Ma come, non mi riconoscete? Ci siamo già visti altre volte…» disse una voce, altisonante, ma ridotta ad un soave sussurro.

Vera, dopo qualche secondo passato a tremare, indietreggiò. «V-Va' via!» intimò, terrorizzata. Ricevette uno sguardo interrogativo dal suo amico, ma era troppo impaurita per spiegargli, cosa di cui nemmeno ci fu bisogno: un altro riso, stavolta più sommesso, riecheggiò nell'aria. Una nuvola di gas apparve a pochi passi da loro, per poi mutare in una figura dalla schiena arcuata.

«Non sei felice di rivedermi, piccola?» Ebbene sì: il vecchietto dello Château, che avevano rivisto anche al Centro Medico di Sabbiafine, li squadrava coi suoi grandi occhi infossati. Un sorriso di malizia era dipinto sulle sue labbra carnose.

Drew, che non le aveva creduto neanche una volta quando lei gli aveva detto di aver visto un fantasma, stava lì, a bocca aperta ed occhi sgranati. Non riusciva a crederci. Eppure quello era lì, che sorrideva, con il corpo velato di un alone trasparente, come fosse solo un'illusione.

«Cosa vuoi da noi?» chiese, e il suono della sua voce apparve più acuto del solito. Ma come biasimarlo! Era già tanto che fosse riuscito a parlare. Vera, invece, tremava come una foglia stretta al suo gilet, senza nemmeno il coraggio di guardare.

«La mia Poké Ball» spiegò lo spettro, con le braccia incrociate, guardandoli con una leggera smorfia.

«Non abbiamo preso nessuna Poké Ball» si difese Drew.

«Ah no?» Grazie a quella che con molte probabilità era telecinesi, l'anziano portò davanti a loro la pallina nera, a cui Skitty ormai aveva rinunciato, nonostante la seguisse ancora languidamente con lo sguardo.

«Quello è solo il giocattolo del mio Skitty!» prese parola Vera, adirata. «È per quella stupida palla che ci perseguiti?»

«Non è una stupida palla, ma una Sfera Poké!» si sentì gridare con fervore. In effetti, osservandola bene, s'intravedeva il contorno di una capsula…

«Forse sarebbe meglio non contraddirlo…» sussurrò il ragazzo, a denti stretti.

«È la mia Poké Ball, un ricordo del mio Allenatore» affermò poco dopo, facendosi saltellare l'oggetto in questione su un palmo. Skitty, al vederlo, dovette stringere forte i dentini e resistere all'impulso irrefrenabile di prenderlo.

«C-COSA SEI?!» chiese Vera, con voce alterata, anche se – col cuore in gola – temeva già quanto assurda potesse essere la risposta. «S-Sei un umano, no? Non puoi aver avuto un Allenatore!»

«Ti ho appena detto di non contraddirlo…» cantilenò sempre a denti stretti Drew, spiaccicandosi una mano sulla fronte dall'esasperazione. A volte gli sembrava proprio di parlare con un muro.

«Sbagliato!» rispose la creatura, pimpante: fece un giro su se stessa, dopo il quale il suo aspetto mutò radicalmente. Il sorriso si era trasferito in una bocca grande e profonda, mentre l'iride degli occhi era diventata minuscola confronto al bianco in cui era contenuta. Inoltre, il corpo non c'era più. Stavano parlando con una massa di gas violaceo, che però aveva una contorno ben solido e delineato: un Haunter. Quell'Haunter.

 

 

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Angolo Autrice
Ma ciao!
Anch'io sono una fantasmina, riappaio con questa long quando meno ve l'aspettate o avete perso le speranze!
Una cosa: ASPETTATE! Prima di dire “Alex è uscita di testa” aspettate il prossimo capitolo. Ha tutto un senso. Più o meno.
Comunque, ta-ta-ta-tà (?), curiosità:
#Curiosità18: Il capitolo più lungo in assoluto è il 24, con 226 righe. Al secondo posto si piazza il 29, di 188.
Grazie a chi continua a seguire e recensire, a chi continua a incoraggiarmi, chi continua a spronarmi ad andare avanti (o mi ricorda di aggiornare). GRAZIE!
Ora mi dileguo, sono le 2.53!
Bye!
-H.H.-

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Capitolo 37
*** Chi tardi arriva… ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 36: Chi tardi arriva… ~

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«Sei… Sei l’Haunter del Centro Medico!» esclamò Vera, puntandogli il dito contro. Ancora non ci capiva niente, solo che le fonti dei suoi peggiori spaventi non erano due ma una sola.
«Proprio così!» Il Pokémon fece un giro completo su se stesso, come per farsi ammirare. «Ogni tanto faccio visita al Centro Medico di Sabbiafine, dove vi ho incontrati già due volte… Per vostra sfortuna!» Fece un sogghigno, mentre Vera fremeva dalla voglia di lanciargli qualcosa di pesante addosso, peccato che, anche se l’avesse fatto davvero, gli sarebbe passata attraverso. «A casa, nello Château, mi piace assumere le sembianze del mio ormai deceduto padrone… Sapete, per tenere viva per sua memoria.» Era strano sentirlo mentre parlava: la sua voce era sì grave, ma suonava melodiosa.
Drew stava iniziando a tranquillizzarsi e il suo equilibrio psicologico si era ripristinato. Aveva tutto una spiegazione. Niente entità oscure, solo un Pokémon Spettro! Era così sollevato ed euforico che gli chiese: «Come mai sai parlare?» come se stesse conversando al bar con un conoscente.
«Oh, immagino avrete sentito parlare del Gastly della Scogliera del Promontorio della Fanciulla.» Dava l’impressione di essere ben educato, dal modo in cui si esprimeva e il suo sorriso, or più discreto e cordiale.
«Oh, sì, mi hanno raccontato spesso quella storia, da bambino.» “Era una delle leggende con cui mia sorella si divertiva a spaventarmi…” pensò Drew, rassegnato a quei ricordi d’infanzia che non aveva interesse di condividere.
«Io sono un suo lontano parente!» rivelò Haunter, con un’altra giravolta. «Sapete, tutti in famiglia abbiamo il dono della parola.»
Vera continuava a sbirciarli e a passare il suo sguardo stralunato da l’uno all’altro. Non riusciva proprio a concepire una cosa simile, perciò decise che era meglio mettere fine a quel bizzarro incontro. Prese un respiro profondo. «C-Credo sia meglio se ce ne andiamo…»
«E smettila di fare la fifona» si sentì schernire dal rivale, scocciato dall’interruzione, ma non gli diede troppo peso.
Si voltò verso Skitty, che non aveva smesso – nemmeno per un secondo – di fissare la Sfera Poké negli artigli d’ombra del rispettivo proprietario. «Skitty, saluta la pallina: appartiene ad Haunter e deve riprendersela, hai capito?»
Il micio abbassò le orecchie e poi il muso. Era un addio troppo doloroso per il suo cuoricino, ma doveva essere forte: fece ciao-ciao con la zampa. Se la si osservava bene, comunque, la capsula al centro e la linea divisoria c’erano; come avevano potuto non accorgersene? Non che la Coordinatrice fosse al corrente che quell’affare avesse soggiornato nella sua borsa per tutto quel tempo, sia chiaro.
«Grazie e arrivederci» li salutò Haunter, educatamente. Poi si scompose nell’aria, lasciando come traccia di sé solo una lieve nube violacea.
Non l’avrebbero davvero rivisto più? Nessuno poteva saperlo con certezza.
«Phew…» La ragazza emise un sospiro di sollievo. Si alzò zoppicando, reggendosi alla spalla del rivale. «Se fosse rimasto ancora un po’, giuro che mi sarebbe venuto un colpo!» affermò, portandosi una mano al cuore ancora in agitazione.
In quel momento sentì un gelido respiro sul collo che la fece rabbrividire da capo a piedi. Cacciò un urlo così acuto che fece tremare le finestre delle abitazioni vicine, volar via un Wingull appollaiato su un palo da ormeggio e tappare le orecchie al Coordinatore.
«Grazie tante» sbottò quest’ultimo.
Il Pokémon Spettro proruppe in una fragorosa risata: erano anni che non si divertiva così. Sempre ridendo si allontanò e, più si allontanava, più la sua figura si rimpiccioliva, finché sparì del tutto.
 
Furono necessari alcuni minuti prima che le labbra di Vera smettessero di tremare e riacquistasse il controllo. Incanalò aria nei polmoni e contò pazientemente fino a dieci, guardandosi attorno con paranoia. Nessun pericolo all’orizzonte.
«Ti sei calmata?» domandò Drew, mentre controllava il PokéKron al polso per la milionesima volta. Mancavano solo venti minuti alla chiusura delle iscrizioni per la Gara, dovevano sbrigarsi.
Vera annuì e tentò di muovere un passo, ma una fitta la pervase da cima a fondo come una scarica elettrica. «Ahi…» mugolò.
«Sta’ ferma» l’ammonì Drew. «Non puoi camminare in quello stato.»
Vera abbassò lo sguardo sulla propria gamba destra. La caviglia era gonfia e arrossata; provò a sfiorarla con l’indice ma lo ritrasse subito stringendo i denti, perché il dolore era insopportabile.
«Sali, così andiamo al Centro Medico» annunciò Drew, che era girato per farla salire su di sé.
La Coordinatrice esitò. Ormai aveva già deciso, non c’era altra scelta. Si pentì improvvisamente dell’abbondante colazione di quella mattina: di sicuro sarebbe stata pesantissima…
«Beh, che aspetti?»
Si fece coraggio e, sostenendosi sul piede sano, avvinghiò le braccia al suo collo. Poco dopo, sentì le sue ginocchia che venivano avvolte dalle braccia di lui. Non le era mai capitato di essere trasportata a quel modo da qualcuno: si sentiva tremendamente agitata e, allo stesso tempo, un po’ elettrizzata. Però anche in imbarazzo, perché visti da fuori potevano sembrare ridicoli e non voleva che lui sembrasse ridicolo a causa sua. Attanagliata da una miriade di pensieri simili, poggiava piano il capo contro alla sua schiena e vedeva il paesaggio scorrerle davanti agli occhi.
 
Raggiunto il Centro Pokémon entrarono e Drew si chinò in prossimità dei divanetti in pelle, così Vera scese piano e si sedette, osservandolo mentre con la solita sicurezza si avviava alla reception per prenotare loro una stanza. Cercava di cogliere in lui cenni di affanno, per capire se avesse faticato a portarla fin lì. Forse aveva mal di schiena o alle gambe e simulava di star bene? Dopo aver studiato i suoi movimenti, ne dedusse di no. O forse era un attore bravissimo?
Lo sentì ringraziare con calore l’Infermiera Joy e ritornò con tra le mani un po’ di garza e un flaconcino di disinfettante dal tappo verde, che posò sul tavolo di vetro di fronte a lei.
«Sai medicarti da sola?»
Vera annuì, anche se titubante.
«Perfetto, allora io vado a iscrivermi alla Gara.» Drew controllò che il Pass fosse al suo posto nel taschino del portafoglio e le lasciò la sua chiave. «Non ci metterò molto, okay?»
«Va bene, a tra poco…»
Così rimase sola. Gettò un’occhiata seriosa alla garza, come se fosse un nemico da cui mettersi in guardia. Quando Altaria da Swablu si era ferito all’ala era stata lei a cambiargli regolarmente le bende. Fasciare se stessa non poteva essere tanto più difficile, no?
 
Drew entrò in camera e non vide esattamente ciò che si aspettava di vedere. Vera era sì sul suo letto, sana e salva, ma…
«E dai, non guardarmi così, non è poi tanto male» si difese lei, girando la testa, un po’ offesa ma con le guance color porpora. «Almeno ci ho provato.»
«Menomale che eri capace» la schernì, sedendosi al suo fianco. Quella era la fasciatura più goffa e storta che avesse mai visto. Cominciò a disfarla con mano abile e la riavvolse più dritta e morbida. «Così ti stringe?»
La ragazza scosse il capo. Era incantata da come potesse sembrare esperto anche mentre compiva un gesto così semplice. C’era qualcosa che Drew Ross non sapesse fare bene?
«Ecco, ora è a posto.»
«Grazie, sei stato gentile…» gli disse, abbozzando un sorrisino. Cercò di dimenticarsi la scena al più presto e anche la figura da sciocca che aveva fatto. «A che ora comincia la Gara?»
Drew, rialzandosi, distolse lo sguardo. «Le iscrizioni erano chiuse. Non posso più partecipare.»
Fingeva che non gli importasse, ma Vera sapeva quanto ci fosse rimasto male e si sentì divorare da un viscerale senso di colpa. «Oh… mi dispiace» disse, sporgendosi per abbracciarlo. Una vocina nella sua testa l’aveva avvertita che avrebbe potuto essere respinta bruscamente per un eccesso d’ira, invece no. Strinse la presa sulla sua giacca. «Se non avessi dovuto aiutarmi, saresti arrivato in tempo…»
Drew per istinto si pietrificò e arrossì davanti al suo affetto così spontaneo e candido, poi i muscoli si rilassarono. «Va bene così» commentò solo. Le riservò una carezza fugace tra i capelli, accompagnata da un sorriso: Vera valeva molto più di una stupida Gara.

 

 

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Angolo Autrice
Hallo!
Abbiate pazienza se la prima parte non è pienamente razionale ^^”
Una cosa. Grazie… Grazie di cuore a tutti voi… Cosa sarei, io, senza di voi? Siete liberi di non credere che leggendo le vostre recensioni (e il numero delle visite) mi viene da piangere, – anche ora – ma siete molto importanti per me. Anche solo due righe mi scaldano il cuore… Non vi deluderò. Lo prometto.
Adesso vado, avrei leggermente sonno… (3.56!)
Alla prossima,
Bye-bye!
-H.H.-

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Capitolo 38
*** Pensieri al chiaro di luna ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 37: Pensieri al chiaro di luna ~

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Quella sera, come promesso da Drew, avevano affittato una piccola barca a remi e si erano spinti un po' al largo. L'acqua, calma e cristallina, sembrava uno specchio, dove la luna si rifletteva. Splendeva di luce propria, come un faro, sul mare ed il cielo bui che quasi si confondevano.

Vera teneva una mano a pelo dell'acqua tiepida, per sentirla incresparsi lentamente con l'avanzare della barca. La fasciatura sulla sua caviglia era una delle prime cose che si notavano di lei, oltre al fatto che non aveva la solita bandana in testa ed i capelli le ricadevano morbidi fino alle spalle.

Drew, ogni tanto, le gettava un'occhiata sfuggevole: non poteva fare a meno di pensare che fosse carina, anche per un dettaglio insignificante come quello. Lui remava con forza, senza dire una parola. Nonostante fosse circondato dall'acqua, la punta di agitazione del suo cuore veniva calmata dall'atmosfera circostante. Serena, dolce, come se non fosse possibile che succedesse qualcosa di brutto e fossero protetti dentro a una magica bolla di sapone. Perciò gli bastava fare un respiro profondo: si sentiva ancora agitato, ma era controllabile.

Anche Vera, ogni tanto, gli lanciava uno sguardo. Era completamente assorto nel suo compito, non batteva ciglio. Era sempre bravo in tutto, lui. Certo, aveva i suoi difetti, ma come una stella spiccava sempre sugli altri per la sua brillantezza. Se volessimo paragonare anche lei a una stella, sarebbe piccola e non spiccherebbe per la brillantezza ma per l'impegno e la dedizione messi nel voler diventare brillante. Però non riusciva a vedere quel pregio di se stessa. Iniziava a chiedersi se fosse davvero la ragazza giusta per uno come Drew… E se lui, alla fine, la avrebbe scelta.

Il verde, ad un certo punto, smise di remare e la barca rimase placidamente ferma. Non voleva che si spingessero troppo al largo: se fosse successo qualcosa non sarebbe stato in grado di intervenire. Gettò un'altra occhiata distratta alla sua compagna, per poi soffermarsi meglio sulla sua aria velata di malinconia. «Non sei felice?» chiese, per rompere il ghiaccio che si era creato.

Lei tirò su il capo e gli rivolse un sorriso, ma aveva qualcosa di diverso dal solito. «Sì, ti ringrazio molto per avermi portata qui.»

«Eppure non mi sembri molto contenta…» borbottò, senza smettere di guardarla. Ci stava rimanendo male, perché era stata lei ad aver insistito per quel giro in barca, e nonostante avesse accontentato il suo desiderio, lei non era felice. Aveva qualcosa di malinconico per la testa, si vedeva dai suoi occhi, di un azzurro più limpido e brillante dell'oceano in cui andavano a specchiarsi.

«Ti chiedo scusa, è che sono un po' sovrappensiero!» esclamò, sfoggiando un altro sorriso, che però stavolta sembrava più sorpreso: non aveva idea che si preoccupasse così tanto.

Drew distolse lo sguardo da lei e lo posò sulla luna, che quella sera sembrava risplendere di più apposta per loro. «A cosa pensi?» chiese. Nella sua voce non c'era aria di scherno o di scocciatura. Anzi, sembrava solo curioso, una curiosità sincera.

«Ecco…» Vera cominciò a torturarsi le mani, perché ora non sapeva cosa dirgli. «Drew… Perché hai scelto proprio me?» Il cuore iniziò a batterle all'impazzata e strinse la presa delle mani sui pantaloncini, cosa che faceva sempre quando era nervosa per qualcosa.

Lui la squadrò per qualche istante, confuso ed indeciso su cosa rispondere. «Non lo so» ammise, nel silenzio. Avrebbe voluto dichiararsi, dirle cosa provava per lei una volta per tutte, ma le parole non riuscivano a uscirgli dalla bocca, erano bloccate.

Anche Vera tacque. Non si aspettava certo una valanga di complimenti, non sarebbe stato nel suo stile, però… Era delusa, in qualche modo. Un sorriso amaro le increspò le labbra. «Forse dovrei lasciarti perdere, non hai motivo di stare con… Una come me.»

Si sentì alzare di scatto il mento, da due dita che la costrinsero a guardarlo dritto negli occhi. Sembravano adirati e decisi, quegli occhi smeraldini, mentre i suoi erano smarriti ed un po' spaventati. «Non dire sciocchezze» sussurrò Drew, prima di catturare le labbra di lei nelle sue, più fini di un petalo di rosa. Vera, dapprima sorpresa, si abbandonò alla dolcezza infinita di quel bacio, con tutto l'affetto ed il piacevole calore che sprigionava e si diffondeva in tutto il corpo. Avrebbero potuto baciarsi altre mille volte, ma sarebbe stato sempre magico. Stavolta, però, fu diversa dalle precedenti: schiuse leggermente le labbra, quel poco sufficiente a concedere alla lingua sinuosa di lui s'incontrare la propria. La luce pallida della luna illuminava il contorno dei loro volti ed i loro corpi, cullati nel frattempo in un dolce abbraccio. Una sagoma a forma di cuore spuntò dall'acqua e fece un salto vicino alla barca, lasciando dietro sé una scia di schizzi luccicanti. Un segno, forse…?

 

Vera si era addormentata col sorriso, pensando a tutto ciò che era successo durante il giorno, ma soprattutto a cosa era successo con Drew. A quale ragazza perdutamente innamorata non è capitato almeno una volta di addormentarsi così?

Il mattino, comunque, sembravano già dei ricordi sfocati. Essendo tornati tardi si erano svegliati più tardi al mattino, ma dovevano rimettersi subito in marcia. Drew, se non fosse riuscito ad iscriversi al più presto alla Gara di Arenipoli, sentiva che sarebbe uscito di testa. Vera captava il suo nervosismo nell'aria, perciò cercava di assecondarlo e di non farlo arrabbiare.

 

Era bastata una gara di velocità – in cui la rotta era continuamente contesa – in groppa ad Altaria e Flygon, per velocizzare l'andamento del viaggio.

Camminavano a passo svelto sul Percorso 222, quello che conduceva ad Arenipoli ed era stato finalmente riaperto. C'era un tratto di spiaggia, ma non era vitale ed affollato come quello del Percorso 213: l'unico rumore che si sentiva era il moto soffuso delle onde. Non c'erano persone in costume, soltanto qualche pescatore, e stavano tutti in religioso silenzio; chi si fumava una sigaretta, chi teneva il cappello calato sugli occhi ma non perdeva di vista la propria canna.

«L'avvincente spedizione dell'Allenatrice Vera continua! Lei ed il suo amico Drew questa volta sono diretti ad Arenipoli, per permettere a lui di conquistare il suo ultimo Fiocco. I piani dopo non sono ben chiari, ma poco importa, perché di sicuro non si annoieranno nell'attesa del Grand Festival!»

Vera, quel giorno, aveva sentito un'improvvisa nostalgia del suo “programma televisivo”, per cui fingeva di riprendere il paesaggio da una parte all'altra con le mani unite e trasformate in un obbiettivo immaginario.

«Insomma, amici, il reality show si fa sempre più emozionante e movimentato, perciò non perdetevi la prossima, entusiasmante puntata!» completò, con aria estremamente allegra.

«Tu sei tutta matta» decretò il verde, scuotendo la nuca. Lei ignorò il suo commento acido, continuando a “riprendere”. Per quanto atteggiamenti del genere fossero sciocchi, doveva ammettere che un po' lo facevano sorridere, perché gli ricordavano i vecchi tempi, quando avevano appena dieci anni e lei era un'imbranata totale mentre lui non aveva rispetto per nessuno. O meglio, soprattutto nei suoi confronti. Okay… Solo, nei suoi confronti.

 

Arrivarono – con un grande sospiro di sollievo da parte di Drew – ad Arenipoli. Era costruita attorno a una baia su un promontorio e, la maggior parte delle abitazioni, non si trovavano a terra. C'era un labirinto di passaggi sopraelevati, come potevano esserlo un'autostrada o la Pista Ciclabile, e la gente ci camminava tranquillamente sopra. Si stupirono, a proposito, di quanta gente ci fosse. Ne vedevano una calca continua passare sui pannelli; alcuni si sporgevano ed altri facevano foto, quindi dovevano essere dei turisti.

Vera e Drew stavano cercando un qualche cartello o qualcuno a cui chiedere dove poter trovare la struttura dei Contest. Ma non ebbero il tempo di farlo subito, perché una delle Sfere dallo zaino di Vera si aprì.

«Sheeeeen!» L'incubo vivente del verde, denominato più comunemente Shinx, si materializzò con eleganza sulla spalla sinistra della Coordinatrice.

Il ragazzo balzò subito indietro, guardingo. «Vada retro, mostriciattolo elettrostatico!»

«Ma ciao, piccolino mio!» Ecco, Vera iniziava già a fargli le moine, dopo neanche un minuto che era uscito di propria volontà dalla Sfera. «Vuoi fare un giretto con noi?» domandò, dandogli una lieve carezza sotto il mento.

«No che non vuole!» sibilò Drew, a denti stretti, che già aveva un brutto presentimento.

«Non l'ho chiesto a te» replicò lei, scocciata. «Se vuoi tu puoi pure restare qui.»

Ricevette in risposta un'occhiata malevola, a pugni serrati.

Shinx atterrò incolume sul terreno. Dopodiché scrollò il muso e cominciò a saltellare su se stesso. Dalle sue guance e dalla sua coda partirono lievi e controllate scintille.

«Che cosa fa?» chiese Vera, fissandolo, senza capire a cosa fosse dovuta tutta quell'euforia.

«Qua intorno c'è troppa elettricità» spiegò lui, pacato come al solito.

«Eh?»

«Quando un Pokémon di tipo Elettro viene a contatto con troppa elettricità tutta in una volta, sente il bisogno di muoversi. Però devono stare attenti ed eliminare quella in eccesso, come sta avendo la furbizia di fare palla di pelo.» Piantò le mani sui fianchi, con la solita aria di superiorità.

Shinx, per come si era sentito chiamare, rizzò le orecchie e smise di dimenarsi. I suoi occhietti color miele, che parevan d'oro, si posarono su Drew.

«Sheeee…» sibilò, con il pelo attraversato da un impulso ritto e pungente.

«Uh, che paura, tremo già!» ironizzò il ragazzo, beffardo ed insolente come suo solito.

«D-Drew… Io fossi in te mi metterei al riparo…»

Ignorando il consiglio, alzò gli occhi al cielo. «Ma fammi il piacere.»

«Sheeeeeen!» Shinx si liberò di tutta l'energia immessa nel proprio corpo, scatenando un bagliore accecante.

«Caspita, che potenza!» Vera si abbassò, impensierita, mentre udiva il ronzio dell'attacco apparentemente senza fine. Ma in fondo, le intenzioni del baby felino non erano ucciderlo, perciò non c'era da preoccuparsi più di tanto… Anche se lo sguardo spossato della vittima faceva intuire il contrario.


 

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Angolo Autrice
Heyyy!
Cioè, mi ero bloccata tipo… Un mese, a questo capitolo. °-°
Drew sarà morto fulminato? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! ;D
Ta-ta-ta-tà, curiosità!
#Curiosità19: La parte dove Vera viene portata in spalla da Drew, durante la prima stesura era stata tagliata e sostituita da un'imbarazzante scena in biblioteca, che riprendeva il filler del capitolo 32. Trovandolo troppo ridicolo ed imbarazzante da correggere, le due ora sono state scambiate: la biblioteca è diventata un taglio, mentre l'infortunio parte della storia.
Vi ringrazio ancora per le recensioni, siete fantastici. <3
Alla prossima, bye!
-H.H.-
P.S. Ho pubblicato di recente una mini-long completa (due capitoli) Contest, “The vampire heart”, che ne dite di passare anche lì?

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Capitolo 39
*** Giro al Mercato! ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 38: Giro al Mercato ~

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«Shen!» Shinx alzò il mento, superbo, non appena terminò la sua “opera”.

«Drew!» Vera si inginocchiò davanti a lui: era steso sull'asfalto, in balia di tremolii ininterrotti. Ancora poco ed i suoi abituali vestiti, ora irrimediabilmente anneriti, si sarebbero carbonizzati come il Superfulmine di Pikachu aveva carbonizzato la bici di lei all'inizio del suo primo viaggio.

«Q-Q-Questa volta non la passa liscia…» borbottò il verde, in cerca di vendetta per lo stato pietoso in cui era ridotto. Nessuno e sottolineo nessuno si era mai permesso di trattarlo così.

«Cosa vuoi fare?» chiese lei, sottovoce.

«Voglio… Vendetta…»

«D-Drew, mi fai paura…» balbettò, inquieta, osservando le sue sopracciglia inarcate ed i suoi occhi, che sembravano d'ardere d'astio.

Il verde, con la mano ancora tremante, impugnò una delle sfere appese alla sua cintura, nascosta sotto alla maglia. Non si sforzò nemmeno di lanciarla: semplicemente, voltò il palmo verso il pavimento cremisi e la lasciò cadere.

Ne uscì un Roserade piuttosto seccato, che lo guardò mettendo le rose sui fianchi.

«Ros, ros ros! Rosé?» (Traduzione: Lo sai che a quest'ora faccio sempre il mio pisolino pomeridiano! Cosa c'è?) gli chiese, con sgarbo.

Drew si limitò a puntare un dito verso Shinx, che al vedersi indicato fece uno sguardo confuso ed innocente. «Paralizzante» sibilò.

«Ros ros?» (Traduzione: Attaccare un cucciolo?) chiese lo starter, alzando un sopracciglio dalla sorpresa. «Rosè rosè, ros?» (Traduzione: Sei caduto così in basso, Drew?)

«Fallo e basta!» sbottò lui, trattenendo i pugni per la rabbia mal repressa.

«Rose, rosé rosé…» (Traduzione: Va bene, non ti scaldare…)

Roserade si voltò verso il bersaglio e, svogliatamente, allargò le braccia. Una nebbiolina color ocra iniziò a spargersi nell'aria. Shinx si sporse sulle punte delle zampine e fece per annusarla, ma venne attraversato da un brivido. Provò a rimettere giù le zampe, ma non ci riuscì.

«Sheeeeeeeee!» pianse, frustrato, stringendo forte i denti.

«Il mio piccolo!» Vera accorse, una volta che il gas si fu diradato. Lo prese in braccio e fu come se avesse preso una statua: i suoi muscoli rimasero ancora nella posizione di prima, ma il suo sguardo era intristito e gli occhietti, spaventati, svettavano da una parte all'altra.

«Ben gli sta!» Drew sorrideva in modo sadico, tutt'altro che rassicurante, senza pentirsi neanche un po' del gesto che aveva compiuto. Roserade preferì non infierire oltre, mentre Vera ridusse le palpebre a due fessure: era consapevole di non poter ribattere. In un certo senso, quel birbante meritava di essere punito, ma non in modo così… Appropriato!

 

Il lampo di follia che guizzava nelle iridi di Drew era sparito. Ciò non appena Shinx, traumatizzato, aveva cessato di divincolarsi ed era stato costretto a rientrare nella sua Sfera. Non avevano a disposizione né un flacone di Antiparalisi né Baccaliegie, né eventuali rimedi contro la paralisi, per cui avrebbe dovuto aspettare che arrivassero fino al Centro Medico della città. E questo faceva godere tanto, ma tanto, il Coordinatore, perché di sicuro d'allora in poi si sarebbe dato una regolata con le scosse, imparando la lezione.

«La Gara sarà domattina…» disse Vera, a bassa voce, davanti alla struttura dei Contest che avevano finalmente raggiunto. Drew, naturalmente, non appena la aveva vista era corso subito dentro e si era iscritto. La signora alla reception era trasalita al trovarselo di colpo davanti con quel sorriso nervoso e la mano che, tremante, le porgeva la tessera.

«Costi quel che costi la vincerò» disse, in un sibilo.

«Dai, non preoccuparti, mancano due mesi al Gran Festival!» tentò di rassicurarlo l'amica, con un sorriso.

Lui lo ricambiò e fece un distratto cenno d'assenso con il capo. Era un po' una questione d'onore, ecco perché ci teneva così tanto.

«Ehi, guarda là!» esclamò Vera.

«Cosa?»

«Lì! C'è un tendone gigante!» insistette, agitando il braccio nella direzione che stava indicando. Una struttura, con un tetto triangolare estremamente curvo, si stagliava davanti a loro. Una fila di bandierine rosse-blu, unite da un sottile filo, erano appese alle estremità, mosse appena dal vento.

«Dev'essere il Mercato di Arenipoli!» esclamò a sua volta Drew, che sembrava aver ritrovato un po' d'entusiasmo. «È famosissimo in tutte le regioni.»

«Grandioso, allora approfittiamone!» Gli occhietti di lei si fecero due rombi luccicanti di meraviglia. «Scommetto che ci sarà qualcosa d'interessante!»

Senza lasciare a Drew il tempo di acconsentire, rifiutare o anche solo valutare la proposta, lo agguantò con euforia per un braccio, trascinandolo insieme a lei per andare a controllare più da vicino.

 

Vera aveva la bocca curvata in una tonda “o” per lo stupore, e anche Drew dovette ammettere che quel posto era davvero incredibile. Sembrava di essere stati trasportati in un paese straniero, di quelli dove le donne indossano sempre il velo ed i sandali ai piedi. Le pareti erano rifinite di motivi arabeschi e gli scatoloni, dietro alle bancarelle, troneggiavano pile di scatoloni di cartone – sicuramente pieni di merce pesante – ammassati l'uno sull'altro. A proposito delle bancarelle: i negozianti si sfregavano le mani e guardavano con occhi languidi chiunque si avvicinasse, invogliando con tono persuasivo ed estremamente allegro a comprare qualcosa. Vera, stringendosi di più al braccio di Drew mentre camminavano, pensò che le mettevano addosso un leggero senso d'inquietudine. Ai banchi erano esposti gioielli, tanto sfarzosi all'apparenza ma ahimè finti, statuette di Pokémon di legno, pesanti tappeti e vestiti dai colori arlecchini appesi in alto, ma anche tanto altro.

«Andiamo da questa parte?» Vera mollò il braccio di Drew e lo prese per mano, voltandosi verso di lui con un bel sorriso. Lui rimase leggermente sorpreso dal gesto e dal contatto con la sua mano vellutata e calda, poi annuì. Era da molto che non succedeva, però era contento che lei si prendesse una libertà così.

Come al Centro Commerciale, lo trascinò da una parte all'altra, facendo un gridolino o un'esclamazione ad ogni oggetto carino che vedeva, per poi chiedergli conferma. Lui si limitava a sorridere, intenerito dalla sua euforia. Decise di regalarle un paio di orecchini orientali e dei braccialetti argentei e larghi, così avrebbe potuto abbinarli al vestito da principessa egiziana che aveva indossato l'ultima volta alla Coppa Adriano e progettava di usare di nuovo al Grand Festival di quell'anno almeno una volta.

 

«Uhm… Allena ancora un po' il tuo Empoleon, non è degno di portare su di sé il Fiocco di Merito.»

Quella voce critica giunse alle orecchie dei due, che si fermarono per intercettarne la fonte. In un tavolino nell'angolo sinistro, una ragazza bruna, con le mani sui fianchi, stava dando dei consigli con aria severa ad un ragazzo vestito di rosso. Accanto a lui, un'imponente pinguino imperatore storceva il becco, contrariato dalle parole che sentiva fuoriuscire da quella bocca saccente.

«Ehi, ma quello non è Lucas?» chiese Vera, indicando il ragazzo. «Wow, deve averne fatta di strada per avere un Empoleon!»

«Ma non abbastanza, a quanto pare» commentò Drew, con un sorrisetto tronfio. Sperava con tutto il cuore che non venisse a salutarli o, peggio, che Vera volesse andare a salutare lui. «Dai, proviamoci anche noi!»

«Eh? Ma io volevo…» Prima che avesse il tempo di protestare che voleva appunto andare a salutare Lucas, venne afferrata per un braccio da Drew, che iniziò a condurla al bancone che, essendo vuoto, nessuno degli altri passanti considerava. Quando Vera cercò il suo amico in mezzo alla folla, non lo trovò più. Le balenò per un attimo l'idea che Drew l'avesse fatto apposta, ma poi si disse che non era possibile.

«Siete Allenatori di Pokémon?» chiese loro la signorina dietro al banco, di cui spiccavano a prima vista gli occhi, profondi e scrutatori, e la gemma rossa che pendeva sulla sua fronte grazie a una collana che le attraversava la testa poggiando sulle orecchie a sventola. Li squadrò, in cerca di potenziali indizi che potessero rispondere alla domanda appena porta.

«Coordinatori» rispose Drew. «Esperti, Coordinatori» aggiunse poi, con un sorrisetto vanesio, prima di scostarsi la frangia con un'abile mossa.

Vera sorrise a sua volta, felice che avesse tirato in mezzo anche lei usando sempre l'aggettivo “esperto”. «Cosa fate qui?» domandò, guardando sul tavolo bianco. Non c'era un bel niente, solo le mani intrecciate della signorina.

«Regaliamo Fiocchi di Merito» spiegò, frugando in tasca, per poi estrarre una coccarda contornata da tanti nastrini, che sembrava un sole. «Se mi mostrate i vostri Pokémon più cari, valuterò se ne meritano uno» propose, con un sorrisetto di sfida, che celava un qualcosa di provocatorio.

I due si scambiarono un'occhiata: lui non era molto convinto, ma al faccino supplicante di lei si costrinse a un cenno d'assenso.

«Venite fuori!» Lanciarono le sfere simultaneamente. Roserade fece il suo elegante ingresso, per seconda volta nel giorno, e Blaziken gli si accodò. Sembravano confusi di essere stati chiamati in un posto così caotico, insieme.

«Interessante!» commentò la signorina, che si mise subito addosso ai due. Li guardò negli occhi, nella bocca, persino nel naso, continuando a cambiare posizione molto velocemente, mentre loro – con due gocce dietro la testa – cercavano di stare il più rigidi ed immobili possibile.

«Allora? Ce li dà questi Fiocchi o no?» chiese Drew, stufo di aspettare, con una smorfia in viso. Non gli andava che qualcuno si permettesse di giudicare lui ed i suoi compagni senza nemmeno conoscerli o averli visti all'opera.

«A dire il vero, mi pare sia più affiatato quel Roserade in coppia con te, che quel Blaziken in coppia con lei.» Un dito accusatorio si puntò contro Vera ed il suo fido starter, che trasalirono dalla sorpresa.

Lei chiuse le mani a pugno e la guardò con una smorfia. «Ah sì?»

«Si vede fin da subito che quel Roserade ha più esperienza alle spalle» decretò quella. «Sto decidendo se questo è abbastanza abile da eguagliarlo.» Non staccava gli occhi da Blaziken, che iniziava a sudare freddo e si sentiva però molto offeso.

«Posso sapere il suo metodo di criterio?» chiese Vera, piccata, imbronciandosi ancora di più. «Perché io e questo qui» agguantò il braccio di Drew. «Abbiamo partecipato alle stesse Gare e abbiamo la stessa esperienza!» sibilò, sempre con un'occhiataccia torva.

La signorina tacque per qualche istante, anche lei imbronciata, come se non volesse crederle. Poi gettò un ultimo sguardo al Pokémon. «E sia, lo avrete entrambi.»

Sulle labbra di Vera spuntò subito un sorrisetto di trionfo. Non dovevano più permettersi di sottovalutare lei e la sua squadra in quel modo!


 

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Angolo Autrice
Bounjour!
Non so come mi sia venuta in mente la cosa dei Fiocchi di Merito, alla fine… Dovevano solo fare un giretto, ma poi la mia testolina ha allungato il tutto!
Ah, preciso che il Mercato di Arenipoli io me lo sono un po' immaginato perché in realtà, nel gioco, sarebbe minuscolo e di tutt'altra forma.
Drewuccio ha avuto la sua vendetta contro Palla di Pelo 3:') Non so voi, ma io sono dalla parte di Drew xD
Grazie mille a chi legge, segue e recensisce! :3
Alla prossima,
CiaoCiao!
-Alex-

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Capitolo 40
*** Ultima conquista ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 40: Ultima conquista ~

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«Sneasel, Geloscheggia!» ordinò Drew, durante la manche iniziale della Gara. La donnola sapeva esattamente ciò che doveva fare: sparò i pezzi di ghiaccio aculeati, che fluttuarono nell'aria.

«Ombrartigli!»

Fece uno scatto e sguainò gli artigli, che andarono poi a tagliare con estrema velocità, tanto che non si vide il suo tocco ombrato, tutte le schegge ghiacciate. Si tramutarono subito in minuscoli frammenti e luccichii.

«Danzaspada, vai!»

Il folletto eseguì una danza rapida, in cui sembrava stesse facendo delle mosse di arti marziali, in mezzo a quello spettacolo di abbaglianti e schegge che, come piccoli vetri, cadevano dall'alto. Terminò con un salto aggraziato accanto al suo padrone, inchinandosi come un ninja. Il pubblico in visibilio li avvolse di applausi e fischi. Il ragazzo gli scoccò un'occhiata fugace: per la prima volta non si pentì di averlo catturato. Imparò, dunque, che non bisogna giudicare un Pokémon dalle apparenze, ma conoscerlo ed allenarlo al meglio.

Fu grazie a quelle ingegnose combinazioni e alla rapidità del suo alleato che il verde conquistò l'ultimo, meritato Fiocco della regione di Sinnoh.

Ricapitolando, Vera aveva vinto i Fiocchi di (vi do dei piccoli aiuti, giusto per stimolare la vostra memoria): Giubilopoli (giornalisti), Cuoripoli (ballo), Nevepoli (raffreddore), Rupepoli (shopping!) e Pratopoli (foto).

Drew, invece, quelli di Giardinfiorito (campo), Evopoli (Solidad), Flemminia (Harley), Memoride (nebbia) e Arenipoli (palla di pelo).

Ormai avevano girato tutte le città… Perciò, che fare, nell'attesa del grande debutto finale?

 

Ormai l'inverno stava lasciando il posto alla bella stagione. Il che, per Vera, significava un solo avvenimento su cui aveva progetti fin dall'anno prima. Seduta a bordo del letto, si concentrò per ricordare la scena svoltasi nei confini di Johto.

«Ehi, Drew!» Vera andò incontro all'amico, che camminava indisturbato per la stretta stradina di Fiorpescopoli. Aveva corso così tanto pur di raggiungerlo che non aveva più fiato nei polmoni.

«Buongiorno, Vera» rispose lui, cordiale e fintamente sorpreso come al solito.

«Guarda qua!» esordì lei. Gli mostrò, giuliva, il suo cofanetto arancione, più scuro della maglia senza maniche che indossava. «Sono riuscita a vincere il mio quarto Fiocco!»

«Ti faccio i miei complimenti» la elogiò, fingendosi estremamente stupito. «Per la cronaca, io ne ho già cinque» si vantò poi, esponendole il proprio, in cui erano posizionati i nastri dalle medagliette luccicanti, due in basso, due in alto e uno al centro.

«Non ti smentisci proprio mai, eh?»

«Già, io mi do da fare.»

«Lo vedo… A proposito, perché non ti stai allenando, oggi?» gli chiese, curiosa. Negli ultimi tempi, ad ogni loro casuale incontro – anche fosse nel folto di una foresta o nel centro di una città – lo trovava sempre intento ad allenare singolarmente o due a due i suoi Pokémon.

«Solo per oggi faccio una pausa, siccome è il mio compleanno» spiegò, con un verso concessivo.

«È il tuo compleanno?!» ripeté lei, strabuzzando gli occhi.

Lui inarcò un sopracciglio. «Sì, perché tanto stupore?»

«Perché oggi è il 21 marzo! Cioè il giorno in cui inizia la primavera!» esclamò, senza perdere quel suo tono concitato. Era nato in una data davvero speciale, come faceva a non rendersene conto? «Allora auguri» gli disse poi, con un sorrisino lievemente imbarazzato.

«Grazie.»

«Se me l'avessi detto prima avrei potuto farti un regalo…» rimuginò, sentendosi un po' in colpa.

«Oh, ti ringrazio del pensiero, però non sarebbe stato affatto necessario» negò il verde, parendo stranamente lusingato. «Non sono abituato a ricevere tanti regali.»

«Non importa, l'anno prossimo io ho deciso che te ne farò uno!» promise Vera, illuminandolo con uno dei suoi bei sorrisi.

«Posso sapere perché t'importa?» domandò a bruciapelo.

«Perché tu regali sempre rose…» il suo tono divenne meno frenetico e più mesto quando concluse con: «Al mio Beautifly…»

Quando rialzò lo sguardo, Drew le lanciò una rosa rossa delle solite. Chissà come faceva sempre a farle apparire con tanta immediatezza.

«Questa è per te, sciocca» disse, con un sorrisino furbo. Stava per lasciarsi sfuggire che erano sempre state tutte per lei, ma non era necessario che lo sapesse proprio in quel momento, per cui preferì rimanere zitto. Vide il volto di lei illuminarsi di un sorriso ampio e felice, mentre se la portava al petto e s'inebriava di quel dolce e delicato profumo.

Vera teneva molto a mantenere quella promessa. Il problema, però, era che non aveva proprio la più pallida idea di cosa regalargli. Aveva paura che alla fine non gli piacesse e di fare brutta figura… Cosa fare, dunque?

 

Approfittò di una sera, mentre il verde era sotto la doccia, per attuare uno dei suoi piani più estremi.

Si guardò attorno, per sicurezza. Sentiva lo scroscio dell'acqua calda che scorreva, oltre la porta del bagno. Perciò prese un respiro profondo e si parò davanti allo zaino. Quello zaino color melanzana che non si era mai permessa di sfiorare nemmeno con la punta di un dito. Il suo contenuto era sconosciuto e tale doveva rimanere. Anche se sarebbe stata curiosa di frugare tra la roba di Drew…

Andiamo, Vera, non è questo il momento!” si auto-intimò, dandosi un rapido ed indolore schiaffo su una guancia per “riprendersi”. “Uffa, dove tiene le Sfere?” pensò, a denti stretti. Si sentiva una ladra in missione segreta: se veniva scoperta era la fine. Addio progetti.

Provò una tasca casuale. Sarebbe stato facile individuare il suo obiettivo: bastava sentire qualcosa di tondo attraversato da una linea di chiusura, senza la necessità di sbirciare. Andò avanti tastando alla cieca, finché in un angolo sul fondo scorse un luccichio, brillante… Un luccichio che l'affascinò.

«E questa cos'è?» bisbigliò. Si trovò ad osservare, tenendolo per la fine catenina incredibilmente leggera, un medaglione. Ammaliata dalla lucentezza di quella superficie color oro perfettamente rifinita, quasi si dimenticò del vero scopo della sua fugace ricerca. Moriva dalla voglia di vedere quale foto ci fosse all'interno, ma decise di non farlo: non sarebbe stato corretto nei suoi confronti. Lo ripose dove lo aveva preso, sperando che lui non se ne accorgesse. Chissà cosa sarebbe accaduto se, proprio in quel momento, l'avesse colta sul fatto! Avrebbe dovuto: o rovinare la sorpresa, o inventare una scusa e passare per delinquente, guadagnandosi una sua occhiataccia di disprezzo, oltre che dei punti in meno sulla fiducia.

D'interessante trovò anche, riposte in modo ordinato in una fila, delle riviste. Saranno state cinque o sei e le fece scorrere fuori per osservarle, giusto per assicurarsi che non fossero porno, altrimenti l'alta stima che aveva di lui sarebbe vertiginosamente calata. Niente porno, per fortuna, soltanto numeri del Poké Chic. Notò con disappunto che, in tutte le copertine, era raffigurata la stessa ragazza dai lunghi capelli lilla. In una dava un bacio a una Chic Ball, con un primo piano sul viso; impossibile non ammettere quanto il suo profilo ed il suo nasino a patata fossero perfetti. In un'altra era su una spiaggia deserta, con il mare dietro; la sua fluente chioma era messa in movimento dal vento ed indossava un cappello di paglia ed un lungo vestito bianco, candido e leggero come una piuma. Ce n'era persino una in mezzo a uno scenario di neve, con in vista il ramo di un pino nell'angolo, dove teneva su una tavola da snowboard e – sempre sfoggiando quel sorriso ammaliatore – indossava una tuta da sci davvero graziosa, ispirata al Pokémon Furret per via dell'accostamento di colori, con il cappuccio di pelliccia che sembrava così morbido e caldo da far venire voglia di accoccolarci la testa dentro. Tornò a posare lo sguardo sulla prima che aveva notato, quella del bacio. In verde scuro, corsivo, era scritto “Violetta Ross: il fior all'occhiello della moda”. Ma la cosa che la incuriosì fu un qualcosa che spuntava, come fosse stato usato a mo' di segnalibro. Aprì per sfogliare proprio in quel punto e rimase interdetta: il segnalibro non era altri che una foto. L'ultima foto scattata da Harley, di cui Drew aveva negato l'esistenza. La foto dove lui era terrorizzato dall'acqua e lei lo abbracciava per cercare di tranquillizzarlo. Le scappò un dolce sorriso a quel ricordo, mentre richiudeva il magazine e lo rimetteva a posto, assieme agli altri. Però… Che lui avesse una cotta per quella modella? Fece una smorfia. Quanto a bellezza e grazia, non poteva nemmeno lontanamente sognarsi di competere con lei, sembrava una dea… Ma magari era solo una sua amica, non c'era motivo di allarmarsi senza sapere i fatti. Non tutti i fan sono ossessivi ed innamorati come Brianna, bisogna considerare anche questo. Per cui aveva già perso anche troppo tempo, quando si era ripromessa di non ficcanasare, ed era meglio riprendere le ricerche. Solo allora si ricordò che… Accidenti! Le Poké Ball lui le teneva sempre attaccate alla cintura… Ma la cintura dov'era? O la portava con sé assieme agli indumenti stropicciati sul pavimento della doccia, oppure si trovava piegata nella borsa.

Tra i suoi vestiti io non ci frugo, no no!” avvampò al solo pensiero, riponendo di scatto lo zaino, a cui sigillò bruscamente la zip. La cerniera quasi si inceppò a metà, facendola imprecare sottovoce.

«Ehi, Vera, io ho finito.» Il Coordinatore, con soltanto l'asciugamano giallo pallido legato in vita, si materializzò sulla porta. La castana trasalì: salvata in extremis!

«Eh? Ahhh, sì! Subito! Vado subito!» farfugliò, imbarazzata da quella vista e dall'accaduto di poco prima. Raccolse il necessario, già previdentemente preparato sul letto, poi si fiondò rapida nel bagno, sbattendo la porta.

Uffa, e ora come chiedo aiuto a Roserade per trovare un regalo a Drew?” pensò, sconsolata, spiaccicandosi una mano sul viso. “Dovrò tentare in un'altra occasione.” Sospirò, gettandosi sotto il flusso d'acqua bollente.

Quel comportamento, timido e fin troppo velocizzato, lasciò il verde perplesso.

«Bah… Lei e i suoi sbalzi d'umore.» Sbuffò, elevando gli occhi verso il cielo in segno di scocciatura. Quando aprì l'unica tasca che Vera non aveva avuto ancora occasione di controllare, prese i vestiti di ricambio, identici a quelli che indossava di solito. Rimase qualche istante in silenzio, esitante. Poi infilò la mano di nuovo dentro allo zaino e tirò fuori il medaglione d'oro.

«Mamma…» sussurrò, malinconico, stringendo l'oggetto tra le dita tremanti. Un sussurro così flebile che nessuno riuscì a udire. Rapido, lo nascose nuovamente: non voleva più vederlo, almeno per quel giorno. Cominciò a cambiarsi come se nulla fosse, seppur la sua espressione risultasse… Cupa. Gelida.

Che forse quello sprezzante Coordinatore celasse un mistero riguardo al suo passato? Stava a Vera scoprirlo. (Oh, beh, allora siamo proprio messi bene…)

 

 

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Angolo Autrice
Hola!
Le rivelazioni su Drew sono appena cominciate, vi avviso!
IL PROSSIMO SARÀ UNO DEI CAPITOLI PIU' IMPORTANTI DI DESIRE. Il prossimo, ossia il 40.
Ta-ta-ta-tà, curiosità!
#Curiosità20: Nella prima stesura, durante il flashback si parlava anche del compleanno di Vera e del significato del suo nome. Questa cosa è stata poi tolta, parendomi troppo forzata.
E dopo ciò vi lascio… Alla prossima!
-Alex-
 

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Capitolo 41
*** Ad ogni timore corrisponde un motivo ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 40: Ad ogni timore corrisponde un motivo ~

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«Ti prego, Roserade, sforzati!»

«Roooos!» (Traduzione: Non sapreeeei!)

«Roserade, ti prego. È questione di vita o di morte!» enfatizzò Vera: ormai le aveva tentate tutte, quella era la sua ultima speranza. «Ho meno di un giorno! Per favore!» pregò, inginocchiandosi umilmente al cospetto dello starter, con le mani unite ed un'espressione a cui era impossibile dire di no.

«Ros rosè ros…» (Traduzione: Il mio padroncino odia ricevere regali…) disse, pensieroso. «ROS!» (Traduzione: EUREKA!) esclamò. «Rosè rosè» (Traduzione: Sono un genio) si vantò, puntando i fusti sul gambo. Sì, era in quelle occasioni che si capiva che quello era un Pokémon allevato dall'illustre Drew in persona. Cominciò a gesticolare animatamente con le rose, illustrandole la sua proposta, a cui lei, che si era seduta a gambe incrociate come se stesse ascoltando un'importantissima lezione da parte di un maestro giapponese, annuì.

 

Il 20 marzo si trovavano a Giardinfiorito. Ovviamente lui non le aveva minimamente accennato dell'imminente compleanno, come se non avesse alcuna importanza. Però lei se lo ricordava fin troppo bene, non aveva pensato ad altro durante tutti quei giorni. Non era un caso che avesse insistito facendogli gli occhioni dolci pur di andare proprio a Giardinfiorito, la sua città di Sinnoh preferita. Non lo mostrava, ma di sicuro era felice di questa scelta che lei sperava trovasse casuale.

Con l'avvicinarsi della sera, era ormai ora di attuare la OCP: Operazione Compleanno Perfetto.

«Ah, sono proprio stanchissima!» esclamò Vera, lasciandosi cadere seduta sul proprio letto. «Ho un po' esagerato con gli allenamenti, oggi.»

«Vuoi già andare a dormire?» chiese lui, scettico, dopo aver alzato un sopracciglio. «Non è nemmeno buio fuori…» obiettò, rivolgendo un'occhiata distratta alla finestra, da cui si poteva vedere il colore azzurrino un po' spento del cielo.

«Va beh!» obiettò a sua volta lei, con un sorrisetto tirato ed un grosso gocciolone stile cartone animato dietro la testa. I suoi piani non dovevano assolutamente saltare. «Scusami, davvero, non ce la faccio a restare sveglia» disse, simulando un grosso sbadiglio che coprì con una mano. Prima che lui s'insospettisse ancora di più, era meglio finirla. Si alzò e gli appoggiò le mani sulle spalle. «Buonanotte» lo salutò, con la sua vocetta dolce, scoccandogli un rapido bacio su una guancia, con cui sperava di abbindolarlo un po'.

Il verde, quando lei si staccò, parve vagamente deluso. «Okay, 'notte.» Veloce e con naturalezza si sporse in avanti col viso, per rubarle un bacetto a fior di labbra della durata di qualche intenso secondo. Quando si allontanarono, lui sfoggiava un sorrisino strafottente, mentre lei uno imbarazzato ma contento. Avevano preso da poco l'abitudine di salutarsi così, come due fidanzati, anche se ufficialmente non lo erano. Però la cosa non spiaceva a nessuno dei due, quindi non c'erano problemi.

Vera si tirò le coperte fin sopra i capelli e cercò di fingersi più immobile che poteva, mentre lui si sedette alla scrivania a leggere qualcosa che aveva tutta l'aria di essere una lettera, scritta in bella grafia. L'ultima frase precedente alla firma era un “Ti voglio bene!” seguita da un cuoricino trasparente all'interno ed una tilde, che riuscirono per un istante a strappargli un sorriso. Sempre la solita: anche a distanza, riusciva a trasmettere la sua allegra presenza.

 

Ormai erano le undici e cinquanta. Drew si annoiava. La sua mente era persa in ricordi lontani, dolenti, dolci, amari, malinconici… Ricordi che era costretto a far riaffiorare per timore di perderli. Da una parte avrebbe voluto perderli, dimenticare, voltare completamente pagina, facendo finta che niente fosse mai successo, che non fosse successo proprio a lui. Ma dall'altra vi era troppo legato e non riusciva a separarsene, non voleva. Sotto questo punto di vista si sentiva un bambino egoista, ma erano emozioni troppo intense per poterle controllare, più forti della sua volontà.

Di scatto si alzò, un oggettino luccicante stretto tra le dita, il cui contorno dorato contrastava quello fulgido della luna.

Vera, sentendo la porta della camera richiudersi, si tirò su di scatto. Dove stava andando, nel cuore della notte? Così le rovinava i piani! Per un attimo le venne la paura che potesse incontrarsi con una ragazza in segreto… Doveva assolutamente seguirlo.

 

Tirava un fresco venticello sul Campo Fiorito, luogo in cui Drew aveva cercato un po' di pace. Le stelle splendevano nitide in quel cielo scuro, immenso. Si appoggiò con la schiena ad un albero, a braccia conserte, e lì chiuse gli occhi. Più scene della sua infanzia gli riaffiorarono prepotentemente in mente, una dopo l'altra. Vera gli aveva chiesto perché non festeggiasse mai il compleanno. Era una mezza bugia, perché da piccolo lo festeggiava eccome. Finché quella data divenne simbolo di una disgrazia… Cos'avrebbe avuto, dunque, da festeggiare?

Senza che se ne rendesse conto, una lacrima amara sfuggì al suo controllo ed andò a infrangersi sul terreno.

Dannazione no, non posso, non… Non devo, non ora…” imprecò mentalmente. Il Grande Drew non poteva cadere così in basso. Troppo tardi. Un'altra goccia gli inumidì la guancia fredda, seguita da un'altra e un'altra ancora. Ecco farsi sentire anche il primo singhiozzo, fioco come la luce di una candela.

Lasciò cadere le braccia sui fianchi, afflitto. Si sentiva patetico, un fallito, impotente di fronte a qualcosa di più forte di lui.

«Drew…» mormorò Vera, dispiaciuta, che aveva assistito alla scena.

Drew, come colto sullo scenario di un crimine, sbiancò. Dopo aver sgranato gli occhi lucidi, strinse nervosamente i pugni. Eh no, tutto ma quello no: farsi vedere da lei era il peggio che potesse accadere. Non poteva mostrarsi debole davanti alla sua rivale, che figura avrebbe fatto? E l'orgoglio, la sua maschera da duro dove andavano a finire?

«V-Vattene, Vera…» sibilò, a testa china, cercando d'apparire distaccato. Lei scosse il capo, avvicinandosi di qualche passo. «T-Ti ho detto di andartene…» ripeté, a denti stretti, asciugandosi il viso con la manica della giacca.

«Cos'hai?» gli chiese, con voce dolce e preoccupata, facendo un altro passo ancora.

«Vattene!» sbraitò lui, mostrandole un'espressione rabbiosa nella quale era racchiuso tutto il rancore che serbava verso se stesso. Rancore che doveva servire ad allontanarla.

Vera inizialmente indietreggiò, intimorita, e sentì come se le avessero punto il cuore con una miriade di frecce. Proprio come quando lui le aveva dato della smidollata, a Kanto, troppo orgoglioso per accettare un suo consiglio. Ma stavolta sentiva che c'era qualcosa di diverso, che doveva andare fino in fondo e non arrendersi. «Di' la verità, tu non vuoi che io me ne vada» commentò, risoluta, nel pesante silenzio della notte.

Quella frase lasciò di stucco il verde. Capì che ormai nascondersi non acquistava più alcun significato. L'ennesima goccia, piccola e furtiva, gli rigò il viso dalla carnagione chiara.

«Drew?» si sentì chiamare, dolcemente. Non appena alzò lo sguardo, senza poter pronunciare “A” si ritrovò avvolto in un abbraccio. Un abbraccio capace di scaturirgli una piacevole sensazione di calore al petto, che via via si espanse in tutto il corpo. Portò lentamente le braccia dietro la sua schiena e la strinse più forte. Vera non disse una parola. Si limitò a un sorriso dolce, sentendo i suoi singhiozzi sommessi, mentre gli accarezzava piano i capelli. Stettero così per lungo tempo, finché i singhiozzi si affievolirono del tutto.

«Ora me lo dici che cos'hai?» provò a richiedere, sempre con estrema dolcezza.

Drew tirò su col naso ed abbassò gli occhi. «Ormai, tanto vale… Chissà cosa penserai adesso di me…» disse, in un soffio.

Vera gli prese di scatto il viso tra le mani, costringendo i suoi occhi, per una volta smarriti, a guardare nei propri, accesi da un fuoco di sicurezza. «Penso che tu sia un ragazzo fantastico con un cuore grande. Che però dà troppa importanza al parere della gente.»

Un sorriso amaro affiorò sulle sue labbra. «L'ultima volta che ho pianto è stato alla mia prima Gara, dopo essere stato sconfitto.»

«Sì, me l'hai detto…» si lasciò sfuggire Vera, ricordandosi di come si era incupito dopo che lei gli aveva chiesto conferma, avendo sentito quella notizia, parsa così strana, da Solidad.

Drew prese un respiro profondo. Forse si sarebbe sentito meglio, dopo averle raccontato tutto. O forse no, ma era arrivato a un punto in cui non aveva voglia di pensare troppo. «Vedi, Vera, non è solo perché da piccolo sono quasi affogato, che sono idrofobico…»

«C'è un altro motivo?» chiese lei, che non aveva ancora tolto le mani dalle sue spalle e lo fissava, curiosa.

Lui annuì, a capo chino. Frugò in tasca e le lanciò il medaglione d'oro, quello visto da lei il giorno in cui aveva frugato nella sua borsa alla vana ricerca delle sue Sfere Poké. Lei, dopo averlo preso al volo, lo squadrò. Se gliel'aveva dato, era perché voleva che lo aprisse. Spostò di lato la parte superiore, scoprendo la foto al suo interno. Era consumata, come se fosse stata scattata con una macchina fotografica molto vecchia. Una donna, dai lunghi capelli verdi, teneva in braccio un bambino col ciuccio in bocca, all'incirca di due o tre anni. Lei aveva un sorriso carico d'amore mentre gli sfiorava il capo, un zazzera un po' spettinata del suo medesimo colore. Il bambino era volto verso l'obbiettivo, con un'innocenza evidente in quegli occhioni vispi.

«Questo sei tu da piccolo?»

Il ragazzo sospirò. «Già, mi complimento per la brillante deduzione.»

«Oooooh, guarda che amore! Che occhioni dolci, e che belle guanciotte!» esclamò lei, unendo le mani: era una delle cose più carine ed al contempo buffe che avesse mai visto in vita sua! Avrebbe potuto stare per ore ed ore a guardarla senza stancarsi.

Il rivale arrossì dignitosamente, rivolgendo lo sguardo altrove. «Non sono io il soggetto principale» le ricordò.

«L'avevo detto io che eri adorabile! E guarda che carino col ciuccio…» farneticò, sognante ed ammaliata.

«Vera...» la richiamò ancora lui, sospirando.

«Ah, sì! Scusa!» rimediò lei e cercò d'imporsi un contegno, data la serietà della situazione. «Quella è la tua mamma, vero?»

«Già.»

Sorrise, chiedendosi se in futuro avrebbe potuto addirittura conoscerla. Drew, in fondo, la madre di lei l'aveva già vista molte volte. «Ti somiglia moltissimo. Ha l'aria di essere una brava persona!»

«Era.»

Vera, sussultando per la freddezza marcata con cui era stata pronunciata quella semplice parola, venne subito abbandonata dall'esuberanza che aveva fino a poco prima ed il sorriso si spense di colpo. «Quindi stai cercando di dirmi che… Non c'è più

«Già…»

«Oh, Drew, mi dispiace! Se solo lo avessi immaginato non te l'avrei mai chiesto!» squittì, sentendosi tremendamente in colpa. Di sicuro, per uno come lui, non era facile parlare di una cosa così delicata.

Il verde distolse ancora lo sguardo, per non vedere la sua reazione alle parole che stava per pronunciare. «È morta in un naufragio, in crociera… L'abbiamo saputo dal telegiornale, nel giorno del mio compleanno, in cui sarebbe dovuta tornare a casa…»

Giorno del suo compleanno… Ma è tra un po'! Ecco perché piangeva... Ed ha paura dell'acqua perché è proprio colpa dell'acqua se la sua mamma non c'è più…

«Dev'essere stato terribile…» Ora la ragazza comprendeva molti dei suoi atteggiamenti schivi e cinici: se gli era stata sbattuta in faccia una verità così scioccante, come uno schiaffo, forse aveva imparato lui stesso a sbatterla in faccia agli altri senza il minimo tatto. Non riusciva ad immaginare una vita senza la figura premurosa e presente di una mamma…

Fu allora che i rintocchi di un campanile si fecero sentire in lontananza, segnando così la fine del 20 marzo e l'inizio del 21… Era cominciata la primavera.

 

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Angolo Autrice
Ehm-Ehm.
Alex ha tentato l'impresa più PERICOLOSA che potesse tentare riguardo alla Contest: far piangere Drew… E CE L'HA FATTAAAA! Na na na na na na na *si mette a saltare come una pazza*
Allora, che ne dite della storiella inventata dalla sottoscritta su Drew? Per eventuali chiarimenti non esitate a chiedere nelle recensioni :)
Alla prossima!
CiaoCiao
-Alex-

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Capitolo 42
*** Addio pause ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 41: Addio pause ~

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La campana suonava ed annunciava così l'arrivo della bella stagione. Forse, all'apparenza, non era cambiato nulla. Invece, all'insaputa di ogni essere vivente, il territorio si era risvegliato dall'intorpidimento invernale come per merito di una magia… La magia di madre natura, forse?

La brezza, prima freddina e furtiva, aveva in un'istante lasciato posto a spifferi caldi e gradevoli. Le corolle dei fiori, pronte a mostrarsi in tutto il loro splendore, aspettavano solo il sorgere del sole che sarebbe stato divampante e presente l'indomani. Anche i giovani boccioli degli alberi attendevano impazienti il mattino, per potersi mostrare al mondo e rinascere più rigogliosi che mai.

Quando l'eco dell'ultimo rintocco echeggiò, Vera sorrise. «Auguri, buon compleanno Drew!»

Il Coordinatore parve sorpreso. «Te ne sei ricordata! Eppure ne è passato di tempo…» rispose, beandola di quell'espressione indiscreta che poche volte aveva scorto sul suo viso. Inizialmente aveva creduto scherzasse, o che l'avesse detto così tanto per dire… Invece, a quanto pare, lei ci teneva.

«Certo che sì, come avrei potuto scordarmene?» replicò, giuliva.

«Conoscendoti, l'ho dato subito per scontato.»

«Spiritoso, molto spiritoso!» rispose, fingendosi acida. «Così spiritoso che mi passa la voglia di darti il tuo regalo!» affermò, girando i tacchi dal lato contrario.

«Allora fai sul serio con questa storia…» disse l'altro, storcendo la bocca dal disappunto.

«Io sono sempre seria!» replicò lei, imbronciandosi. Era così buffa, sembrava un pulcino arrabbiato.

Drew si avvicinò al suo viso con un sorrisetto malizioso. «Se tu sei sempre seria, io non ho nemmeno una fan.» Vera, con una vena di rabbia che gli pulsava sulla tempia, gli assestò un pugno in testa, e sentì subito dopo il suo acuto: «Ahia!»

«Così impari» soffiò, con le braccia incrociate. Sapeva bene che quando tirava fuori le fan le dava un fastidio assurdo.

«Posso avere 'sto benedetto regalo, ora?» chiese, esasperato, massaggiandosi la nuca ancora dolorante.

Vera non se lo fece ripetere due volte e gli sbatté un pacchetto direttamente in faccia, fasciato in modo un po' impreciso. «Tieni!»

Lui, chiedendosi cosa ci sarebbe stato all'interno, sfilò il fiocco giallo oro. L'interno sembrava piatto e morbido. Infatti sotto alla carta si rivelò esserci un completo estivo, che comprendeva un'aderente maglia nera a maniche corte, un gilet anch'esso sbottonato e senza maniche, color lilla. Un abbigliamento quasi uguale all'attuale, ma che aveva un pizzico di stile in più e, di sicuro, gli avrebbe dato un'aria più da adolescente.

«Almeno li userai al Grand Festival!» esclamò Vera, con un sorrisetto imbarazzato, aspettando un qualche commento che sperava non fosse negativo.

Lui trattenne un riso. Aveva avuto un pensiero davvero carino. «Oh, ti ringrazio» le disse, con voce suadente, prima di tirarla a sé in un veloce abbraccio con la sua presa d'acciaio. Era bastata la sua presenza per far diventare un momento di pura debolezza soltanto un ricordo.

 

 

Il compleanno di Vera, ovvero l'1 maggio, non sarebbe potuto andare meglio.

All'inizio il verde finse d'essersene dimenticato, suscitando in lei un terribile senso di delusione. Quando, invece, si scostò in modo vanesio la frangia e le porse un cofanetto, riuscì a scaldarle il cuore di gioia.

Mesi fa, a Rupepoli, le aveva comperato di nascosto una collana a forma di rosa rossa. Inutile dire che, non appena la vide, fece un gridolino emozionato e gli saltò al collo per abbracciarlo forte e baciarlo senza vergogna, con trasporto e dolcezza. Si sentiva la ragazza più felice del mondo.

 

 

«Vera, sei pronta?» chiese Drew, solennemente.

La castana annuì. Riva Valore era rimasta uguale all'ultima volta che la avevano visitata, baciata dal sole e rallegrata dagli schiamazzi dei turisti che arrivavano ovattati alle loro orecchie. Sperava che da una delle navi bianche ormeggiate giù al porto potessero arrivare i suoi vecchi amici, il suo fratellino o i suoi genitori, com'era tornata lei da Ash per disputare la Coppa Adriano. Ma stavolta non era lì per confermare il proprio titolo di Principessa di Hoenn e onorare la sua regione natia, bensì per provare, una volta per tutte, a realizzare il sogno di diventare Super Coordinatrice. Lei e Blaziken avrebbero dato il tutto e per tutto, come promesso al tramonto dell'inizio di quell'entusiasmante avventura.

Anche per Drew era la resa dei conti, definitiva. Dopo tre anni di fila a cui gli era mancato un misero soffio, stavolta non avrebbe permesso a nessuno di ostacolarlo. Nessuno. La sua Vera compresa: fuori dal campo di battaglia potevano anche comportarsi da adorabili fidanzatini, ma era decisamente ora di tornare gli agguerriti rivali presi dall'adrenalina della battaglia, davanti al pubblico in delirio col fiato sospeso a chiedersi chi dei due avrebbe prevalso sull'altro.

C'erano così tanti Coordinatori che era impossibile contarli. Parlavano gli uni con gli altri, spazzolavano o davano leccornie ai loro Pokémon, oppure semplicemente si allenavano con combinazioni che non richiedevano uno spazio così ampio da danneggiare gli altri. C'era comunque da stare attenti camminando là in mezzo. Sembravano tutti accesi dallo spirito della battaglia, decisi a non farsi eliminare tanto facilmente.

Accanto all'arena a cupola – dalle dimensioni triplicate rispetto al normale – c'erano le camere d'albergo destinate ai concorrenti.

Vera strinse la mano del suo pseudo-ragazzo per non perderlo tra la folla vociante e, insieme, si misero in fila per compilare il modulo d'iscrizione. Non gli lasciò la mano nemmeno un istante, come avesse paura che, nel momento esatto in cui l'avrebbe fatto, uno stormo di fan impazzite si sarebbe avventato su di lui; paura sciocca ma, in uno certo senso, fondata. Il fan club del verde sicuramente si annidava segretamente in qualche angolo, aspettando solo una minima distrazione di lei per agire… Okay, forse stava diventando leggermente paranoica.

 

«Uffa, le nostre camere sono lontane» disse la castana, delusa, leggendo con lieve disappunto i numeri segnati su due foglietti che gli avevano consegnato alla reception: 275 e 307.

Quello ghignò, sussurrandole con malizia all'orecchio: «Non mi risulta ci sia il divieto d'introdursi nella camera di un altro… Magari di notte…»

«Drew!» avvampò l'altra, arrossendo fino alla punta del naso e strappandogli una risata. Stava solo scherzando, ovviamente.

«Ora, se non ti dispiace, vorrei dare un'occhiata alla mia» la informò, facendo per svoltare l'angolo e imboccare il corridoio di destra. Ma dovette fermarsi quando notò che la ragazza gli si era saldamente avvinghiata al braccio, e non sembrava avere intenzione di mollarlo.

«Vera?» chiese, aggrottando un sopracciglio.

«Sì?» rispose all'appello lei, facendo la finta tonta.

«Potresti per favore lasciarmi?»

Scosse capricciosamente il capo. «Altrimenti so già come andrà a finire» borbottò, con le gote gonfie d'aria come palloncini.

Il Coordinatore parve confuso. «Cioè? Come andrà a finire?»

«La prossima volta che ti vedrò sarai circondato dalle ammiratrici e non avrò più un minuto per parlarti!» sbottò, costringendosi ad uno sbuffo.

«Dai, ora non esagerare. Ti prometto che non mi toccheranno nemmeno con un dito, okay?» le disse il verde, in tono rassegnato ma sincero.

«Okay…» concesse Vera, mollandogli il braccio, anche se non era ancora del tutto convinta. «Allora a dopo, ciao!» lo salutò, correndo nella propria stanza e sbattendo delicatamente la porta.

 

Quella sera entrambi andarono ad ammirare il panorama nei rispettivi davanzali e sussurrarono, da due luoghi completamente opposti e senza esserne coscienti, la stessa frase: «Io ce la farò.»

Questa è la mia occasione più grande. Non la sprecherò: riuscirò a sconfiggerti, Drew.” La Coordinatrice strinse con determinazione un pugno e rivolse lo sguardo alla luminosità della luna. Sulle sue labbra splendeva un sorriso che non si sarebbe mai spento.

I sentimenti non dovranno interferire. È guerra aperta, mia piccola, dolce Vera.” Il ragazzo soffocò un ghigno mentre si scostava il ciuffo dalla fronte e, chiudendo quei suoi magnetici occhi smeraldini, si godeva il silenzio offerto dalla notte.
 

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Angolo Autrice
Hola!
Avete davanti il capitolo che mi ha fatta stare in pena per mesi e dico mesi, mesi interi, su cui ho riflettuto ore ed ore la notte tarda senza concludere niente e di cui ho cancellato lettere su lettere.
Ebbene, ce l'ho fatta, credo. Ho cercato di allungare il tutto con pensieri ben distinti dei due, ritornando al mio stile semplice di una volta :) mi era mancato, lo ammetto.
Ho intenzione di finire la storia. Una volta per tutte.
Prima di andare, come da rituale:
#Curiosità21: Qui, per moltissimo tempo, c'è stata una grossa gaffe di cui nessuno si è accorto: avevo scritto bolero invece di gilet, convinta che bolero significasse giacchetta senza maniche maschile… Per poi scoprire che è un capo di puro uso femminile! Scusami, Drew!
Bye
-H.H.-

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Capitolo 43
*** Coincidenze? Io non credo ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 42: Coincidenze? Io non credo ~

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Vera, che era sulle gambe di Drew, voltò il capo per parlargli. Erano finiti così perché, essendo su un muretto, lui aveva paura che lei cadesse e le aveva offerto le sue ginocchia come supporto. «Senti, Drew…»

«Uhm?» rispose lui che, con i capelli un po' spettinati, fissava l'orizzonte, immerso nei suoi pensieri.

«Quando arriverà la mia famiglia, ecco… Non ascoltare le sciocchezze che dirà mio padre.»

A lui sembrò quasi di sentirla afflosciarsi come un fiore a cui manca da troppo tempo l'acqua. «Uhm?» ripeté, in tono più interrogativo.

La Coordinatrice soffocò il rossore nelle guance scuotendo il capo. «L-Lasciamo perdere!»

«E quando dovrebbe arrivare?»

«Domani. Si è preso le ferie dal lavoro in Palestra apposta per venire a vedermi!»

«Oh, già.» Drew si scostò il ciuffo. «Quasi dimenticavo che tuo padre è un Capopalestra.»

Vera provò a lanciargli una frecciatina: «Sì, e dalle mie parti siamo piuttosto famosi anche io e Max!» Ridacchiò al ricordo di lei spaesata, Torchic che sparava Braciere a raffica e i paesani in delirio con megafoni, bande e striscioni.

«Questo giro di parole porta a…?»

«Non sei il solo ad avere degli ammiratori» proclamò, con una punta d'orgoglio, piegando le braccia ai lati del busto.

«Oh, ma certo» la assecondò Drew, cingendole i fianchi da dietro. «Sei la Principessa di Hoenn, è normale che tu abbia degli ammiratori» le sussurrò, all'orecchio, col suo respiro caldo.

Ella pregustò in bocca il dolce, meraviglioso sapore della vittoria.

«Voglio comunque ricordarti che io ho un intero fan club, invece.»

E Vera cascò a terra in stile anime, umiliata un'altra volta.

 

Era pomeriggio inoltrato. Nel cielo tendente all'indaco le poche nuvole faticavano a muoversi. Fuori c'era sempre gente che provava i propri numeri.

Vera aspettava Drew, vicino a uno dei paletti di legno del molo. Aveva promesso di portarla a cena al Ristorante, quella sera. Poi il suo piano era di convincerlo a fare una passeggiata sul lungomare. Già visualizzava la scena: lei, vestita non da allenamento ma con un'elegante abito, a piedi scalzi, che saltellava sulla sabbia umida; Drew dietro di lei, la raggiungeva ad andatura moderata e, quando lei si fermava rapita dal cielo, le regalava un quarto, dolce bacio… Questi erano i piani più o meno casti della Coordinatrice. E sì, teneva il conto dei loro baci, mentre delle sue rose lo aveva perso da tempo immemore.

Era così immersa in quei sogni che non si era accorta di qualcuno. Quel qualcuno, appostato dietro di lei, sghignazzava in silenzio con una mano aperta sulla bocca, pensando alla propria meschinità.

«BUH!»

«AAAAHH!» Il cuore di Vera fece un tuffo dalla sorpresa. Stava per imprecare contro il/la pazzo/a, con i denti digrignati, ma la identificò appena in tempo: «Lucinda!» Sorrise, felicissima, stringendole entrambe le mani delicate e lisce come velluto.

«Ehi!» La blu si rivelò in tutto il proprio splendore, facendole l'occhiolino. L'iride dell'occhio che non chiuse, notò Vera, era sempre blu come il fondo del mare. Il suo abbigliamento forse un po' audace non era cambiato, e nemmeno il pinguino orgoglioso che spuntò dietro la cascata dei suoi capelli oltremare, innalzando una pinna in modo amichevole.

«Mi hai fatto prendere un colpo.» La ragazza si posò un palmo sul cuore, sorridendo, rassegnata.

Lulù ridacchiò. «Scusami, ma non ho proprio resistito! Eri così distratta… A che pensavi?»

Vera rivide il flashback di lei e Drew a scambiarsi dolci effusioni sotto le stelle e il cielo limpido… «Ehm, niente d'importante!» sviò, con il viso rosso fuoco solo in due punti, come avesse una lieve linea di febbre.

Si sedettero a gambe unite, con il peso rivolto su un fianco.

«Hai già visto le camere? Sono fantastiche, la mia ha una vista spettacolare, si vede il Lago Valore!» raccontò la blu, emozionata, mentre Piplup le si posizionava accanto con le zampe a penzoloni. Quasi quasi chiedeva alla padroncina se poteva tuffarsi, anche se erano un po' stanchi, essendo appena arrivati in bicicletta da Cuoripoli.

«Davvero? Dalla mia si vedono il ristorante e il mare! In che stanza sei?»

«469.»

«Oh! È nell'ala opposta alla mia, la 277, che peccato» si rabbuiò Vera. Sarebbe stato bello avere almeno la sua più cara amica come vicina.

«Già… Comunque, tu hai scelto il vestito adatto per le esibizioni? Io non riesco a decidermi, quelli che ho sono tutti bellissimi!»

E andarono avanti a parlare così, del più e del meno come due vere migliori amiche, finché non toccarono un tasto più “interessante”.

«Sai, qualche mese fa sono andata a Unima a trovare Ash, per il Pokémon World Tournament. Se la passa bene. Ha una nuova compagna di viaggio, si chiama Iris.» Sembrava serena mentre parlava, ma aveva una punta di malinconia nella voce. La viola era simpatica, tuttavia trattava Ash come un bambino incompetente. No, lui era solo un ragazzo poco sveglio, ma nel momento del bisogno tirava fuori un'indole da vero eroe, che le mancava, così come mancava a Vera e Misty.

«Come sarebbe bello se fosse qui con noi… Sarà un anno che non lo vedo.» La più grande delle due appoggiò le mani sulle gote, con un senso di angoscia nello stomaco che, lo sapeva, non se ne sarebbe andato al contrario di lui. Lucinda la imitò, dopo un lungo sospiro.

«Pikapìììììì!» sentirono quel gaio squittio in lontananza, seguito dal rumore di piccole zampine sul marmo.

Le due si guardarono. «È Pikachu!» esclamarono, prima ancora che la figura del roditore dalla coda seghettata e le guance rosse come mele le raggiungesse.

«Ciao, Pikachu! Che bello vederti! Cosa ci fai qui?» Vera lo accolse a braccia aperte, come era solita fare all'inizio dell'Advanced Generation.

«Chaa!» Il topolino agitò le zampe, prima di sfregarsi contro la seconda compagna del suo padrone.

«E a me non saluti?» si finse offesa Lulù, prima che il Pokémon elettrico la abbracciasse di slancio, sorridente e ad orecchie abbassate.

La domanda esatta nella mente delle due era: “Dove diavolo è finito Ash?!” Doveva esserci anche lui! A meno che Pikachu non fosse scappato da chissà dove, ma era pressoché impossibile.

Prima che avessero tempo di controllare i dintorni, due braccia forti le avvolsero entrambe per le spalle facendole lievemente arrossire e una spettinata testa corvina sbucò in mezzo alle loro.

«Sorpresa!»

«Ash!» lo accolsero le due, gettandogli le braccia al collo abbronzato.

«Sei venuto a vederci!» disse Vera, con gli occhi luccicanti d'emozione.

Il ragazzo era cambiato rispetto all'ultima volta: era più alto e portava una giacca a mezze maniche, dei pantaloni scuri e un cappello biancorosso con una Ball azzurra al centro. Il sorriso che sfoderò però era spavaldo come sempre: «Non mi sarei perso per niente al mondo la Gara finale delle mie Coordinatrici preferite!»

Le due, dopo aver disteso i muscoli in un'espressione intenerita, si scambiarono un'occhiata complice.

«Sei il migliore maestro del mondo!»

«E l'amico, migliore del mondo!»

Gli scoccarono simultaneamente un bacio sulla guancia, una a destra l'altra a sinistra. Dal colorito rosa vivo assunto da Ash, gli occhi sbarrati e le sue labbra serrate, capirono che ancora poco e sarebbe svenuto.

 

Nel frattempo, un trio che non aveva gettato la spugna nonostante voli fuori dall'orbita terreste e fallimenti, spiava tutta la scena dal cespuglio dietro all'Hotel Grande Lago.

«Guarda!» squittì James mettendosi a puntare l'indice, tremante, in avanti.

Meowth si asciugò le finte lacrime di commozione. «Non ci credo! Per una volta che non lo cerchiamo è il moccioso a venire da noi!»

«In questo momento ho altro a cui pensare» si dissociò Jessie, misteriosamente girata di spalle e retta sulle ginocchia.

«Ma che stai facendo?» chiese James, dopo un attimo di smarrimento.

La donna dai lunghissimi capelli fucsia esplose in una risata maligna. Si tirò via i vestiti in un colpo, come un esperto trasformista.

«Sono stata tante splendide Coordinatrici…» cominciò, col volto ombrato di nostalgia. «Jessebella… Jessadia… Jessilinda, Jessilynlyn, Jessirilyn…» elencò, mentre i compari la guardavano sgomenti. «E ora… Ridate il benvenuto alla mitica Jessilina!» Dopo il suo annuncio spalancò le braccia, mettendole poi sulla vita. Indossava il vecchio travestimento: capelli raccolti in codini da fiocchetti gialli a farfalla, appariscenti occhiali di carta abbinati al vestito color mandarino lungo fino alle ginocchia dalla gonna gonfia come una mongolfiera.

«Cos'hai intenzione di fare?» chiese il Pokémon Graffimiao, cauto. Ormai aveva imparato quanto fosse pericoloso contraddire Jessie, ma era altrettanto pericoloso lasciarle campo libero in qualcosa.

«Ma è semplice!» esordì la cattiva, che portò uno stivale di cuoio più avanti dell'altro. «Vincerò il Grand Festival! Il mio Biglietto-Gare non ha scadenza, no?»

«Dimentichi che ti servono cinque Fiocchi» le ricordò James, che non le prestava troppa attenzione, piuttosto sorvegliava con un binocolo Pikachu e Piplup rincorrersi vicino all'acqua, mentre il moccioso faceva ridacchiare le mocciose.

«Non sarà un problema» fece la rossa, con nonchalance. Aveva già un piano.

 

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Jessie si accorse che i suoi due compagni avevano preparato un congegno mobile a forma di guantone da box, come ai vecchi tempi, la cui molla la stavano manovrando verso il mostriciattolo dalle orecchie a punta. Appena fu distratto e col sorriso sul musetto, il pugno meccanico lo agguantò stretto alle spalle.

«Piiiiii!» squittì, dimenandosi, invano.

I tre ragazzi, ancora intenti a parlare, sentito il lamento si girarono.

«Chi siete?» Ash si alzò, furibondo, seguito dalle due, altrettanto tese.

Una gola si schiarì la voce. «Per te c'è un guaio…»

«Fanne un paio…»

«Oh santo cielo, per favore, no!» Lucinda si tappò le orecchie, esasperata: non era possibile!

«Ma che bel guaio!» trillò James con un sorrisetto cretino.

«Fanne un paio…»

«Cosa ci fate voi qui?!» strillò Vera, a bocca spalancata, che rischiava una crisi di nervi.

«Non ti scaldare, mocciosa: stavolta non siamo qui per mandare a monte il romantico appuntamento con il tuo amato verdolino» intervenne il gatto, lisciandosi un artiglio. Sapeva di aver colpito nel segno.

La Coordinatrice sentì il viso ribollire di rabbia e vergogna, mentre i suoi amici del cuore la guardavano senza capire.

Proprio quando il sottofondo che avrebbe dovuto portare inquietudine iniziò, Ash lo interruppe: «Risparmiatevi il motto, per cortesia: ormai lo sappiamo a memoria!» fece, annoiato: e lui che si aspettava qualche nuovo super criminale… Che delusione!

«Bene, vorrà dire che leveremo prima le tende!» Meowth scrollò le spalle, mentre James infilava la refurtiva vivente, che lanciava versi allarmati, dentro un sacco di gomma.

«Na na na na na!» Il trio gli fece le boccacce mentre correva verso la spiaggia a quell'ora spoglia.

«Tornate subito qui!» li ammonì la castana, come se la ascoltassero davvero.


 

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Angolo Autrice
Hey!
Scrivere questo capitolo è stato semplice e difficile, perché:
Semplice perché lo aspettavo tipo quando ho iniziato la storia il ritorno di Ash, era tutto progettato, non vedevo l'ora di scriverlo.
Difficile perché quando lo scrissi non mi andavano i tasti A e S, e non vanno tutt'ora. Quindi ho due tastiere attaccate al portatile, e siccome alcuni tasti non funzionano su una ed altri sull'altra, sono essenziali entrambe LOL.
Ringrazio i pochi che mi sono rimasti fedeli ed ancora apprezzano la semplicità un po' infantile di Desire. Grazie a tutti!
Purtroppo sono bloccata al cap 46, ma prima o poi si risolverà. Ora vado. Bye!
-H.H.-

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Capitolo 44
*** Non manca più nessuno ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 43: Non manca più nessuno ~

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«Ash, ma il Team Rocket non era alla ricerca di Meloetta?» chiese Lucinda, nel ben mezzo dell'inseguimento. Visualizzò nella mente l'immagine di Ash, con il suo sorriso allegro e Meloetta in braccio.

«Già, proprio così! Non capisco cosa li abbia spinti a cambiare rotta…»

Ormai si stavano allontanando troppo e, se non avessero fatto qualcosa, li avrebbero seminati!

«Stiamo per farcela!» gongolò James; aveva il fiatone, ma non poteva arrendersi quando forse per la prima volta in tanti anni un loro piano stava riuscendo senza alcun intoppo. Ancora un metro al varcare il sentiero che li avrebbe condotti a Pratopoli…

«Fermi!» ordinò una voce grave, stuzzicante, maturata nel corso del tempo.

La sagoma di un cane nero come il buio, a denti digrignati, sbarrò la strada al trio. Dei disegni ad anello color della luna risplendevano su di lui.

«Umbreon, Riflesso!»

Il misterioso lupo illuminò i propri occhi di un'aura fucsia. Il trio lo ignorò bellamente, siccome ormai era a pochi passi dalla salvezza, ma sbatterono tutti la faccia contro una barriera, lucente ma invisibile all'occhio umano.

«Ahi!» strillò Jessie, massaggiandosi il naso dolorante, prima che gli altri due le cascassero sopra.

«Gary?!» il grido allibito di Ash venne seguito dal suo amico d'infanzia che scivolava su una parete di roccia, atterrando al loro fianco. Il suo mantello nero si gonfiava al vento accompagnato dal suo sguardo severo.

«Gary, mio eroe!» trillò la blu.

«Ehi, piccola, vi salvo giusto in tempo» sorrise lui, dandole una dolce carezza alla guancia che la fece arrossire leggermente.

«Piccola?!» ripeterono sia Ash che Vera, solo il primo con lieve fastidio l'altra in modo realmente confuso. Che fosse lui il fidanzato fantastico di cui le aveva tanto parlato?

«Vi spiegheremo più tardi» tornò serio il castano, notando che i criminali davano cenni di ripresa.

«Ma quello non è il primo rivale del moccioso?» borbottò James.

«Ah, il ragazzino viziato» decretò Jessie, con stizza.

«Ragazzino a chi, vecchia befana?!» rispose per le rime, senza darle il tempo di arrabbiarsi, perché ordinò: «Psichico, vai!»

Al comando, gli occhi rosso scuro del Pokémon Lucelunare brillarono ancora e, stavolta, alzarono da terra gli sventurati. Il sacco con Pikachu si allontanò dalla loro portata, tornando dal legittimo proprietario.

«Amico mio!» Ash s'inginocchiò per poter slacciare il nodo. Di nuovo libero, il topo giallo gli saltò al collo squittendo un dolcissimo: «Chaa!». Vera, che si era abbassata sulle ginocchia per vedere la scena, s'intenerì al leggere il sollievo nello sguardo del suo mentore.

«Ash, che ne dici di concludere come ai vecchi tempi?» propose bonario Gary, che aveva lasciato apposta il trio a mezz'aria a dimenarsi, sorretto da un'aura viola.

Il ragazzo strinse i pugni in segno di determinazione. «Non vedevo l'ora!»

Piplup balzò giù dalla spalla della padrona. «Vi dispiace se mi unisco?»

«A questo punto manco solo io!» Il Blaziken della Principessa di Hoenn uscì dalla Poké Ball, dopodiché si scrollò stringendo i pugni di fuoco.

«A voi l'onore.» Gary tirò su le mani in segno di astinenza, con un sorrisetto furbo, segno che si sarebbe divertito di più ad assistere.

«Ehi! Si può sapere cosa state confabulando?» strepitò la donna, intenta ad agitare braccia e piedi.

«Già! Non è carino parlare alle nostre spalle!» s'imbronciò James, a braccia incrociate e testa capovolta.

«Piplup, Mulinello!»

«Blaziken, facciamogli vedere un bel Turbofuoco!»

«E noi, Pikachu, rinfreschiamogli la memoria con un bel… Superfulmine

I tre si videro arrivare addosso un vortice gigante di bolle, circondato da anelli di fuoco ed un recinto statico di strepitanti scintille.

«Oh-ho…» riuscirono a balbettare prima di subire la temibile combinazione: lavati, asciugati ed infine fulminati!

«Addio, Team Rocket!» li sfotté Vera, agitando la manina verso di loro.

«Team Rocket riparte di nuovo alla velocità della luceee!» gridarono in modo isterico, una volta in orbita.

«Sapete una cosa, ragazzi? Mi mancava dire quella frase!» ammise James, grattandosi il capo.

«E a me mancavano le scosse di Pikachu!» aggiunse Meowth, che aveva il pelo bruciacchiato e i baffi afflosciati.

«Chiudete il becco voi duee!» li rimbeccò Jessie, al limite della sopportazione.

 

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«Se fosse stata una Gara avremmo ottenuto il massimo dei voti!» La blu sorrise, battendo il cinque all'amica.

«Già!» ridacchiò Vera, della stessa opinione. Diede un'occhiata distratta al PokéKron e soffocò un gemito di stupore. «Ragazzi, io devo andare, ci vediamo stasera!» Corse via, diretta al molo.

Quando arrivò i polmoni le dolevano e la bandana verde stava per snodarsi. Si fermò, esausta, con una mano appoggiata al cuore.

«Eccomi, Drew!»

Lui tirò su la manica della t-shirt per controllare l'ora. «In ritardo di… Tre minuti, ventisette secondi e due decimi di secondo.»

«Mi scusi, Mister-pignolo!» rispose, reggendo il proprio peso sulle ginocchia per riprendere aria. «Sono venuti a trovarmi i miei amici, abbiamo avuto un contrattempo!»

Il Coordinatore si fermò un attimo a pensare. «Allora rimandiamo la cena ad un'altra volta: su, va' da loro.»

La bocca semiaperta di Vera si curvò ingiù: pensava ancora alla bella serata che avrebbero potuto trascorrere tramutando le sue fantasticherie in realtà. «Va bene…»

«Dai» disse, passandole una mano tra i capelli. «Sarà per la prossima volta, uhm? Vai e divertiti» le sussurrò, premendo le labbra contro la sua guancia rosea.

«Aw!» Vera lo baciò a stampo sulla bocca, senza vergogna né esitazione, perché per una volta si sentiva di farlo. «Grazie, Drew!»

 

Trovarono un accordo: sarebbero andati al Ristorante Sette Stelle tutti insieme. Gary, perciò, prenotò una tavolata da cinque. Voleva comportarsi da signore, pagando lui il conto. Tanto, per un famoso ricercatore e nipote del Professor Samuel Oak non era niente di che, soltanto un banale favore a dei cari amici.

Lucinda si presentò a braccetto con lui, avvolta nel suo abito blu oceano e una piuma di Swanna luccicante come fermaglio, che aveva comprato durante il breve soggiorno a Unima. Vera indossò un vestito rosso a tanti strati, mancante di un spallina, tipico delle ballerine spagnole. Gary portava un completo nero informale ed i capelli castani scarmigliati grazie ad una passata di gel. Ash come da allenamento, senza berretto e polsini però; non aveva con sé abiti di classe e non sarebbe stato nel suo stile sbarazzino indossarne uno. Quanto a Drew, una camicia bianca sbottonata; con la sua aria, elegante già di per sé, non necessitava d'altro.

«Lucinda, non sto più nella pelle, ti decidi a raccontarci tutto?» incalzò Vera, notando le occhiate d'intesa che la sua amica ed il giovane Oak si lanciavano.

«Beh, ecco…» Lei arrossì con un sorrisino, e prese a giochicchiare con l'orlo della tovaglia a quadri.

«Ci siamo rincontrati un paio di volte» accorse in suo aiuto l'altro, che le mise saldamente un braccio attorno al collo.

«E com'è scoccata la scintilla?» chiese la castana, con gli occhi brillanti, sporta verso di loro. Adorava sentire storie d'amore.

Gary sfoderò un ghigno: «Sapessi.»

L'altra gonfiò le guance e si guardò i saldali, imbarazzata. Drew passò anche a lei un braccio attorno alle spalle, con nonchalance, forse per “consolarla”.

«Allora, ragazze, pronte a dare il massimo?» Ash sorrise, innalzando forchetta e coltello come spade medievali.

«Puoi contarci!» assentì Vera, con aria determinata.

 

Drew e Lucinda assunsero la stessa espressione di fastidio non appena Ash e Vera ordinarono esattamente lo stesso menù. Gary e Vera, invece, non tolleravano i rifiuti di Lulù a causa della linea: il primo perché la trovava perfetta così, la seconda perché avrebbe pagato per entrare in vestitini minuti come i suoi.

Verso le dieci e un quarto, un'Infermiera Joy si avvicinò al loro tavolo. «Drew di LaRousse?»

Tutti la fissarono, chiedendosi cosa volesse.

Il verde si alzò in piedi, per nulla sorpreso. «Sì, sono io.»

«È arrivata la chiamata che stavi aspettando.»

Vera lo vide irrigidirsi nelle spalle. «Vogliate scusarmi…» Accennò un rapido inchino e varcò la soglia della porta.

La cena proseguì tra risate, chiacchiere e racconti di esperienze. Tipo le ricerche che Gary stava conducendo su uno scavo di fossili ad Evopoli, ecco il secondo motivo della sua presenza. Ash si preparava per la Lega di Unima, Lucinda aveva, finalmente, trovato ispirazione grazie al Pokémon Musical e puntava ancora al Grand Festival di Sinnoh.

Vera ascoltava con la mente altrove. Qual era la chiamata che Drew aspettava? Forse di una ragazza segreta? Al pensiero dovette stringere i denti e lo stomaco le si contorse. Certo, Drew sarebbe stato liberissimo di avere un'altra ragazza, in fondo loro non stavano insieme. Però in certe occasioni era come se fosse una cosa sottintesa…

 

Erano appena usciti dal ristorante. L'Infermiera Joy era tornata per comunicare che il “signorino Drew” non si era sentito bene ed era tornato nella sua camera, per cui Vera era un po' giù di morale, perché ancora sperava in quella magica sera in riva al mare. Non faceva che forzare sorrisi e stringere la collana con la rosa che portava sempre al collo. A Lucinda cose del genere non sfuggivano ed aveva proposto di uscire a fare una passeggiata, siccome c'era un'aria fresca e tranquilla. Ma nessuno immaginava che ci sarebbe stato un cambiamento di programma.

Un bambino con le braccia spalancate correva gridando: «Sorellonaaaa!»

Gli occhi spenti di Vera diventarono lucidi di felicità non appena Max arrivò da lei, abbracciandola. «Fratellino!» esclamò, ricambiando la stretta. «Come sei arrivato qui? Dove sono mamma e papà?»

Il bambino, alto qualche centimetro in più, sorrise: «Mi ha accompagnato Misty, mamma e papà arrivano domani con il traghetto di mezzogiorno! Volevo farti una sorpresa, allora, ci sono riuscito?»

«Certo!» rispose, abbracciandolo ancora più forte e scompigliandogli un po' i capelli.

«Misty?» Ash scese dalle nuvole.

Un dito deciso gli picchiettò la spalla. «Ehi!» disse quella voce, calda e sonante, che l'aveva accompagnato durante gli anni d'esordio.

«Misty!» Gli occhi del corvino brillarono di una luce intensa, al vedere i suoi, due pozze di verde speranza. Portava il completino giallo pastello del Regno dei Togepi e, accanto a lei, strisciava un Azurill dalle guanciotte adorabili.

«Maax, ora noi andiamo a vedere la mia camera: lasciamo i due piccioncini da soli!» sghignazzò la Coordinatrice.

«Ma sorellona!» protestò il ragazzino.

«Niente ma!» Lei gli afferrò il colletto della maglia ed iniziò a trascinarlo via, mentre le due “anime ritrovate” si dicevano qualcosa, con un fervore ben evidente sulle guance di entrambi.


 

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Angolo Autrice
Hey!
Ricordo che scrissi questo capitolo mesi fa, come un lampo, perché finalmente mi avevano procurato una tastiera nuova owo
Ora mancano solo i genitori di Vera! O Alex vi nasconde qualche personaggio? HEHEHE.
Sono ferma al capitolo 47… Ma ricordo che mi ero bloccata un'infinità di tempo al 40, eppure alla fine mi sono sbloccata!
Come di consueto, voilà:
#Curiosità22: Le camere di Vera, Drew e Lucinda, sono scelte in base al numero del loro episodio di apparizione nell'anime. (Vera nel 275, Drew nel 307, Lucinda nel 469.)
Ringrazio chi ancora apprezza la semplicità di Desire e mi sostiene ancora. Alla prossima!
Bye
-H.H.-
 
 

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Capitolo 45
*** Stalkerando con Brianna ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 44: Stalkerando con Brianna ~



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Regnava una quiete quasi surreale nella 277.

Una mano inguantata bussò alla porta. «Vera?»

La Coordinatrice, beata, si rigirò tra le candide lenzuola baciate dai raggi del sole. Era ancora così intontita dal sonno che quella voce le arrivò lontana e si disse di averla soltanto immaginata.

«Vera, dai, svegliati! Lucinda è disperata!» la voce, vagamente rassegnata, non riuscì ancora a raggiungere le sue orecchie addormentate.

Un'altra, più cinica e sprezzante, prese il comando: «Vera, farai tardi alla prima manche se non ti alzi ORA!»

Dallo spioncino rotondo videro i suoi occhietti socchiudersi, ancora fuori dal mondo. «Tardi… Prima manche…» Si spalancarono di colpo non appena realizzò a tutti gli effetti quell'informazione. «Oh cielo!» Allarmata, si tolse di dosso le coperte, alzandosi. «Avevo promesso a Lulu di aiutarla a scegliere un vestito, me n'ero dimenticata!»

Si diede una passata veloce ai capelli sciolti, poi aprì di scatto la porta, trovandosi davanti il suo migliore amico ed il suo storico rivale.

«Grazie di avermi svegliata!» trillò, prima di richiudere loro la porta in faccia. In realtà era una bugia che avrebbe fatto tardi alla prima manche, perché lei gareggiava di pomeriggio, ma perlomeno era servita a farla alzare.

 

«Non so proprio aiutarti… Non ho mai visto un guardaroba così!»

La blu spiegò le tende di tulle, lasciando intravedere la meravigliosa vista del Lago Valore, puro, come cosparso di sale luccicante.

«Io pensavo a… Questo.» Dai vestiti da sera ammassati l'uno sopra l'altro sul materasso, Lucinda ne estrasse uno ceruleo, uguale a quello di Cenerentola, con tanto di guanti delicati e scarpette trasparenti di cristallo. «Per la fase in doppio, con Togekiss e Piplup.»

«Wow, che bello!» La castana insistette per toccarne i vaporosi strati. «Sì, direi che è perfetto! Gary cadrà ai tuoi piedi, vedrai.»

L'altra soffocò un risolino. «Poi… Questo qui per la prima fase.» Fu il turno dell'abitino rosa abituale, abbinato ai fiocchetti e le scarpe rosse.

«Sì, così si stupiranno dopo!» considerò Vera, con un battito di mani. «Anche quello che ti sei messa l'altra sera al Ristorante era davvero bellissimo!»

«Uhm, dici?» rifletté un attimo. «Allora userò anche quello, ho deciso!»

«Io invece voglio che sia una sorpresa!» Vera fece l'occhiolino.

La blu unì le mani, con aria fintamente supplichevole: «Dai, giuro su tutti i miei cataloghi di moda che non lo dico a nessuno!»

Sospirò, dopo aver lanciato una rapida occhiata intorno. Si avvicinò all'orecchio dell'amica, bisbigliandole qualcosa che le fece emettere un gridolino emozionato.

 

 

Vera verso mezzogiorno aveva raccomandato a Drew di tenersi a distanza da lei e lui non ne comprendeva il motivo. A volte l'ignoranza era una benedizione, ma lui non era della stessa idea. Si appostò dietro ai cespugli dell'Hotel Grande Lago, lo stesso nascondiglio utilizzato dal Team Rocket durante il tentato rapimento di Pikachu.

Vedeva perfettamente Vera, seduta in mezzo a Max ed Ash, a sua volta vicino a Misty. Gli sembrava una tipa a posto questa Misty, molto cordiale e matura. Sul primo punto, se l'avesse sentito Ash, sarebbe scoppiato a ridere di gusto, con conseguente pugno da parte della diretta interessata.

«Eccoli, arrivano!» Il più piccolo del gruppo si alzò in piedi, lo sguardo rivolto all'orizzonte, da cui sbucò una nave diretta proprio al molo.

«Evviva!» Vera non poté fare a meno di alzarsi anch'ella e agitare le braccia al largo.

È vero!” Drew l'aveva dimenticato. Anche per lui c'era una visita, che doveva essere per forza su quel traghetto.

«Mamma! Papà!»

Vera corse subito tra le braccia di Caroline, che non vedeva da mesi ma era sempre la stessa mamma modello, di quelle che in ogni momento sanno che cosa è meglio dire, e in quel momento un abbraccio caldo era sufficiente più di mille parole.

Dietro di lei, con due valige per le mani, c'era Norman; nonostante cercasse di apparire rigido e composto, due lacrime gli scendevano dagli occhi. «La mia bambinaaaa!» Le due lacrime si trasformarono in una fontana quando cinse Vera con le sue braccia, forti come quelle del suo Vigoroth.

«Papà, mi sei mancato anche tu.» Sorrise, lasciandolo sfogare e pattandogli piano la spalla. Anche a lei era mancato ed era davvero contenta del fatto che fosse riuscito a prendersi una settimana di ferie per stare a vederla lì, di persona e non da casa come negli anni precedenti.

Drew, sempre nascosto, aggrottò un sopracciglio. Tipo strano per essere un rinomato Capopalestra. Ma era parente di Vera, si disse, per cui non c'era tanto di che stupirsi.

«Le esibizioni cominciano oggi!» trillò Max, inserendosi in mezzo ai tre. «Comunque, Misty è stata un'ottima accompagnatrice.»

«Spero che nostro figlio non ti sia stato di troppo disturbo» disse Caroline, lanciando un mezzo sorriso di scuse alla ragazza seduta vicino ad Ash. «Ma ci teneva davvero molto ad arrivare qui prima di noi.»

«Nessun disturbo!» replicò Misty, dando una carezza all'Azurill che aveva in braccio. «Anzi, mi ha fatto davvero piacere non aver viaggiato da sola!»

«E tu, Ash, come te la passi?» chiese Norman, staccandosi di dosso da Vera e sembrando aver riacquistato la “normalità”, cosa che un Capopalestra di tipo Normale teoricamente dovrebbe sempre avere.

«Molto bene!»

Drew, ormai, aveva smesso di seguire la conversazione e fissava intensamente la scaletta della nave da cui scendeva un viavai di gente frettolosa e differente. “Dai, dai…” pregava dentro sé con impazienza. Una ragazza con un foulard attorno alla testa e degli occhiali da sole scese, passando inosservata a tutti, tranne al verde, decisamente più sollevato di prima.

 

«Perché proprio a me?» Un singhiozzo. «Perché? P-Perché?»

Vera si girò. Poco più in là, rannicchiata con la testa tra le ginocchia sull'orlo della fine del molo, c'era Brianna, che usava vana un bastoncino per fare cerchi sulla piattaforma di legno.

«Ehi, Brì, ma allora ci sei anche tu! Che succede?» chiese Vera, dopo aver fatto cenno ai suoi amici di andare avanti. Da lì a poche ore avrebbero avuto luogo le primissime esibizioni.

«Chi ti ha detto che puoi chiamarmi Brì?» replicò la rossa, in tono piatto e capriccioso, non realmente arrabbiato con lei, piuttosto in generale.

«Scusami, volevo dire Brianna… Ora mi dici cos'hai?» La Coordinatrice si sedette accanto alla sua presunta amica-nemica e aspettò una risposta. Se fosse stata al suo posto non era certa che avrebbe ricevuto un trattamento così gentile, ma era fatta così, non le piaceva vedere le persone tristi.

E Brianna sembrava avere qualcosa di molto serio. «I miei Fiocchi…»

«I tuoi Fiocchi?»

«Sono…»

«Sono?»

«Fammi parlare!» obiettò, paonazza in viso. «Sono… Sono spariti!»

«Cosaaaa?!» sbottò la castana, interdetta. «Ma… Ormai le iscrizioni sono chiuse…» farfugliò, con un fil di voce.

«Lo so. Tutta la mia fatica…» Brianna strinse i pugni. Due lacrime le rigavano il viso, ma non come quelle di Norman: queste erano di tristezza, non di commozione. Era come se tutto il mondo le fosse crollato addosso e non fosse riuscita a sostenerne il peso. «Sono una stupida.»

«No!» Vera le prese d'impulso le mani. «Sei riuscita a conquistare tutti i Fiocchi e questo in sé è già uno splendido traguardo! Devi essere fiera di te stessa.»

Brianna sostenne il suo sguardo ed annuì. Si stava facendo consolare dalla sua principale rivale in amore, che cosa patetica. «Devo ritrovarli, però. Non mi arrendo così.» Si passò un braccio sul viso per asciugarlo, alzandosi. Non importa quante volte cadi, ma quante volte hai il coraggio di rialzarti. «Oh, ma quello non è Drew?» dopo aver pronunciato quel nome, il discorso aveva già cambiato completamente rotta.

«Sì, è proprio lui. Ma dove sta andando?» Vera non fece a tempo a finire la frase che Brianna, di nuovo nel pieno delle proprie forze, stava già avanzando furtivamente in direzione dei cespugli.

«Accipicchia, come cambia umore velocemente, quando si tratta di qualcosa che le interessa…» borbottò, un po' seccata. Decise di piazzarsi dietro di lei in quel pedinamento illecito. Lei non aveva alcun bisogno di nascondersi: era la compagna di viaggio di Drew nonché la sua quasi-fidanzata, non una stalker irrecuperabile come Brianna, ma già che c'era non voleva lasciarla andare da sola.

«Non sei obbligata a seguirmi, sai?» le fece notare la rossa, mentre avanzavano. Stavano finendo fuori dal Percorso, dal Lago Valore, che Lucinda era così fortunata da poter vedere ogni mattina quando spiegava le tende della stanza 469.

«Cerchiamo di andare d'accordo, per una volta!»

«Eccolo! Shh!»

Sì, ecco Drew. Mani in tasca, aria disinvolta. Aprì gli occhi soltanto quando un rumore di passi delicati catturò la sua attenzione. Era una ragazza. Si tolse il foulard trasparente dal viso, scrollando la sua chioma riccia, lilla e fluente come una cascata. Usò l'indice per alzarsi gli occhiali da sole sulla fronte a mo' di cerchietto, rivelando due occhietti piccoli come perle. Indossava dei leggings aderenti, un paio di sandali col tacco alto ed un soprabito.

«Finalmente, stavo morendo di caldo» borbottò, tirando fuori con un'agile mossa un ventaglio a forma di Beautifly, che si sventolò vicino alla faccia. «Hai visto che sono riuscita a venire?» parlò in modo un po' strafottente ma allo stesso tempo dolce. «Non c'era bisogno di preoccuparsi tanto, sciocchino.»

«Io? Non ero affatto preoccupato» si smentì il verdolino, girando il capo dalla parte opposta per orgoglio. «Ma grazie di essere qui, Violetta.»

Le due Coordinatrici, in ginocchio nei cespugli, tremavano dalla rabbia. Brianna voleva spaccare qualcosa per sfogarsi, perché non poteva credere che lui avesse un'amante segreta. Vera assisteva alla scena, confusa, avendo la sensazione di aver già visto quella ragazza, ma non riusciva proprio a ricordare dove.

«Dai, fammi vedere dove dormi, prima che inizino le esibizioni.» Gli diede una pacca sulla spalla per farlo avanzare. Drew sorrideva.

Quando i due se ne furono andati, Brianna scuoteva Vera, usando il suo corpo imbambolato come sfogo ed imprecando cose del tipo: “Chi è quella? Che stava facendo con Drew? Se sai qualcosa, parla!” Ma questa volta, Vera ne sapeva tanto quanto lei.

 

 

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Angolo Autrice
Hey!
Sono riuscita a finire il capitolo 48 ieri sera e quindi ho pensato fosse ora di aggiornare! Dai che posso farcela! E quando ce l'avrò fatta una revisione della storia non me la toglie nessuno XD
Praticamente non mi segue più nessuno, ma io continuerò ad aggiornare lo stesso :) se qualcuno mi facesse vedere che ancora mi segue, ne sarei felice però.
Alla prossima!
-H.H.-

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Capitolo 46
*** Là fuori ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 45: Là fuori ~

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Una luce intensa come un raggio di sole abbagliò gli spalti. Da quel chiarore che aveva portato brusio tra il pubblico emerse una figura lupesca, che fendette l'aria con abili mosse di coda d'argento, per poi atterrare con grazia. Il padrone, accanto a lui e serio come non mai, si scostò il ciuffo dalla fronte.

Gridi scatenati partirono dalle tribune. Drew, soddisfatto della propria semplice eleganza, imboccò l'uscita con il suo Absol pacatamente al seguito.

Stette lì, in mezzo alla gente ancora in attesa del proprio turno, che borbottava e fremeva d'agitazione. Non aveva ancora visto Vera in giro. Sperò che non si fosse dimenticata o avesse fatto tardi. Ah, già, il turno di lei era al pomeriggio. Concorrente numero 151. Lui era il 62.

«Absool» sentì il suo Pokémon sussurrare. Fissava lo schermo in alto. La sua attenzione era stata attirata dal concorrente numero 64, perché la performance era molto simile alla loro, soltanto che al posto di Codacciaio stavano usando Sfuriate.

«È brava, vero?»

«Sì, se la cava.»

Drew vide in viso chi gli stava parlando. Un ragazzino basso, dal sorriso ampio quasi quanto quello di Ash e i capelli rossicci. L'aveva visto parlare un po' rabbuiato con Lucinda all'ingresso, tempo prima, perciò dedusse che fosse un suo amico o un suo fan, anche se la prima era l'ipotesi più probabile.

«Quella ragazza ha molto talento, anche se è davvero modesta. Io sono Kenny di Duefoglie, comunque, piacere.»

«Drew di LaRousse.» Ricambiò la cortesia stringendogli la mano. Sembrava un tipo allegro, pieno di energie. «Che numero sei?»

«Oh, prima di me ce n'è ancora parecchi. Sto studiando le tecniche avversarie.»

«Io credo che andrò, ciao.» Fece un cenno di saluto con il braccio, girandosi lentamente indietro. Doveva trovare Vera, o almeno accertarsi che non fosse tornata nel letto a dormire. Le avrebbe fatto piacere il fatto che stava indossando i vestiti nuovi che gli aveva regalato al compleanno.

 

Vera aveva chiesto a Lucinda se poteva stare un po' nella sua camera. O meglio, rintanarsi nella sua camera. Almeno lì nessuno l'avrebbe trovata. Aveva fatto male a fidarsi così tanto di Drew. Era tutto troppo perfetto, avrebbe dovuto immaginare di non essere l'unica ragazza nel suo cuore: si era solo illusa, credendo con fermezza in qualcosa d'impossibile.

Stava con la testa china dietro il paravento e davanti a sé aveva il terrazzino aperto. Aldilà delle sbarre del davanzale si stendeva una delle sponde luccicanti del Lago. Non aveva niente con sé, nemmeno un orologio. Ma non doveva preoccuparsi per quello: Lucinda aveva detto che sarebbe venuta a chiamarla. Nel frattempo stringeva al petto la sua collana, cullata nei bei ricordi di quel viaggio. Più ci pensava e più le sembrava di riviverli sulla propria pelle.

 

«Quella povera, piccola stolta.» Harley si fece girare sull'indice il cerchio metallico che aveva attaccata una chiave color orzo. Ce l'aveva fatta. Il suo piano stava procedendo meglio del previsto: non aveva neanche dovuto chiedere l'aiuto della ragazzina stalker.

Tutto in quella stanza lo disgustava. In primis le coperte rosa confetto del letto, così da “femminuccia indifesa che non aspetta altro che il principe azzurro”, e la bandana abbandonata sullo schienale della sedia.

«Uhuhuh, eccole qua.» Il sorriso crudele sulle labbra di Harley si allargò, mentre tendeva le braccia verso la piccola borsa sulla scrivania. «Venite da papà.»

Mise le grinfie sulle Poké Ball di Vera. I mostriciattoli all'interno, completamente ignari di ciò, dormivano. Se le mise in mano una ad una, come un goffo giocoliere, e guardò un'altra volta intorno pronto ad andarsene.

Un colpetto gentile alla porta. «Vera? Apri, sono io

«Ah!» borbottò l'uomo cactus, tra i denti. «Quel rompiscatole del suo fidanzato!» Non trovando altre vie di fuga, strisciò sotto al letto arricciandosi come un Caterpie, con le Poké Ball in bilico, prossime a scivolargli via.

Drew tastò il pomello della porta, accorgendosi con sospetto che era aperta. Ebbe una strana sensazione dando un'occhiata generale. La prima cosa che notò fu la bandana di Vera. Lei non se la toglieva mai. D'istinto la prese: non era molto superstizioso, ma credeva comunque che non le avrebbe portato fortuna fare la prima manche senza.

Quando la porta sbatté di nuovo, Harley si lasciò andare e finalmente respirò. Gli adulti come lui non erano fatti per stare sotto ai letti per bambini. Massaggiandosi la schiena dolorante, scelse infine di mettere le Poké Ball nel marsupio di Vera, che si nascose momentaneamente dentro il cappello triangolare, per non dar nell'occhio.

Ma ne aveva dimenticato una, che ancora ondeggiava leggermente, capovolta e riparata dalle lenzuola.

 

Lucinda era venuta a chiamare Vera cinque minuti prima di esibirsi, così l'amica la poté vedere dal backstage e quando rientrò la avvolse in un abbraccio dicendo che era stata formidabile. Poi era dovuta andare perché aspettava un abbraccio – e qualcosa di più – anche da Gary. Di sicuro si sarebbero imboscati da qualche parte, forse nel folto della foresta del Lago o vicino agli scogli del mare, posti romantici ed appartati insomma.

Vera camminava per il corridoio affianco a Max, Ash e Misty, che si erano offerti di tenerle compagnia. Alla fine, aveva scelto d'indossare un vestito semplice, di un color salmone delicato come un fiore, attraversato in vita da un fiocco viola non troppo appariscente.

«Come sono agitata!» esclamò, cercando le rassicurazioni dei suoi amici.

«Andrai bene, vedrai! E poi ci saremo noi in prima fila a fare il tifo per te.» Ash le sorrise, cercando il verso d'assenso di Pikachu, sulla sua spalla.

«Su questo avrei dei dubbi: sono quasi più agitato di lei!» Dopo quella sfacciataggine, a Max arrivò un colpo in testa dalla sorella che gli fece spuntare un bel bernoccolo.

 

«… DOVE SONO» iniziò Vera, contorcendo le mani dalla disperazione ed assumendo una smorfia di panico. «LE MIE SFERE POKÉ?!»

«Vera, stai calma! Le troveremo!»

«C-Come faccio a stare calma!?» strillò, coprendosi il viso. «Tra meno di mezz'ora tocca a me e non ho neanche uno dei miei Pokémon!»

«Ma non ricordi proprio dove puoi averle messe?» chiese cordialmente Misty, mentre si abbassava sulle ginocchia, nel dubbio le Poké Ball fossero magari cadute per terra. «Ehi, ragazzi, qui sotto c'è qualcosa!»

«Eh?» chiese Ash, attonito, tirando via le mani dal cassetto in cui stava vanamente cercando.

Max, che era il più minuto di statura, si mise a gattoni sotto al materasso, in esplorazione. «Eccone una! La riconosco, è quella di Munchlax!» Sbucò fuori porgendo la sfera, all'apparenza illesa.

«Oh, meno male!» Vera se la portò al petto, sollevata. Mancavano ancora Blaziken, Glaceon, Beautifly, Venusaur e Skitty. Shinx era troppo piccolo e poco allenato per un tal evento e l'aveva spedito a casa con il Teletrasporto delle macchinette del Centro Pokémon, assieme ad Altaria. Per la prima esibizione, che doveva essere di regola la più semplice, avrebbe usato il suo Skitty.

Munchlax, con sorpresa generale, uscì in un fascio di luce rossa, fissando pacato i presenti.

«Muuunch.»

«Oh, no, non ci voleva, credo che abbia fame…» Vera sapeva bene che la sua stecca a forma di Poké Ball Porta-Pokémelle era dentro il marsupio. «Mi sa che dovrai aspettare un po', Munchlax.»

Ash si sporse all'orecchio di una Misty attonita per spiegarle che il Professor Oak aveva inventato una ricetta speciale per Munchlax, chiamata Pokémella Rosa, un cubetto piccolo e innocuo ma che allietava e gonfiava la pancia come una mongolfiera in un nanosecondo.

«Mi è venuta un'idea!» esclamò Max. «Ehi, Munchy, le vuoi le Pokémelle?»

Le orecchie del Pokémon Ghiottone si drizzarono all'istante. «Muunch?»

«Vai e trovale! Se le trovi, potrai mangiarle tutte, fino all'ultima, promesso!»

Tempo neanche di finire la frase, che il Pokémon era già schizzato fuori dalla stanza sollevando un polverone dietro la scia dei suoi piedi.

«Ottima idea, fratellino!»

«Manca un quarto d'ora!» li avvisò Misty, controllando l'orologio.

 

«Credo proprio che la tua fidanzatina non si presenterà.» Harley aveva le braccia incrociate sul muro del backstage, rilassato come se fosse in vacanza al mare, ci mancavano solo un cocktail ed una sdraio. Oppure un flacone di pop-corn da cinema, per gustarsi l'espressione affranta di Vera – meglio di qualsiasi film tragicomico che per lui potesse esistere – quando sarebbe spuntata in lacrime annunciando il suo ritiro davanti all'intero stadio. Povera, piccola, ingenua.

Drew lo penetrò con uno sguardo gelido come la punta di un diamante. Sapeva che c'era sotto qualcosa di losco.

«Muuuuuuunch!» Un tornado color verde pino si fece strada urtando persone su persone, senza preoccuparsene, con gli occhietti che saettavano qua e là come il mirino di un cecchino.

«E tu che vuoi, grassone?» Harley, sentendo i sudori freddi, si appiattì contro la parete come se davanti a lui avesse un mostro orrendo.

Munchlax avanzava, tendendo le braccia all'alto, verso di lui, con sempre più insistenza e sempre maggiore schifo da parte dell'uomo, che dal modo languido con cui veniva guardato aveva paura di essere stato scambiato per una succulenta pietanza.

«Che ti prende, Munchlax?» chiese Drew, inginocchiandosi vicino al Pokémon, che ormai aveva imparato a riconoscerlo e quindi si fidava di lui.

«Mun, mun, muun!» (Traduzione: lì, lì, lì!)

Gli altri arrivarono insieme correndo. Ci avevano messo un po' a capire in quale direzione era guizzato il loro radar.

«Tu!» Vera, tremante dalla rabbia, indicò il viola. «Sei stato tu. Lo sapevo. Ne ero certa. Chi altri poteva essere, sennò?!»

«Pff!» Harley incrociò le braccia, scostandosi di lato con un eccesso d'orgoglio. «Avete una bella faccia tosta ad accusare me, vostro caro amico…»

Mentre blaterava scuse su scuse con una certa teatralità, Max gli si era avvicinato alle spalle. Munchlax, in braccio a lui, allungò una zampa per sfilargli via il cappello.

«Muunch!»

«Aaaaaaah!»

Come previsto, il marsupio di Vera era cascato a terra. Munchlax l'aveva subito aperto e già masticava piccole Pokémelle una dopo l'altra, Harley era rimasto basito in una posizione da colpevole, e tutto il gruppo lo guardava male. Molto male.

«Ehehe… E quello come c'è finito lì? Non ne ho la minima idea…»

Vera stava ribollendo di rabbia come acqua sui fornelli. Aveva voglia di andare lì a tempestarlo di pugni, oppure di raccontare l'accaduto ad un'Agente Jenny: era pur sempre furto e violazione di proprietà altrui.

Si rilassò soltanto quando sentì la bandana che le veniva allacciata morbidamente in testa. «Avrai la tua vendetta là fuori» quel debole sussurro veniva dalle labbra sensuali di Drew, che le aveva appena preso le mani nelle sue, dove aveva posato una delle solite rose senza spine.


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Angolo Autrice
Gente, rieccomi! Volevo darvi una bella notizia:
H O  F I N I T O  D E S I R E .
La scritta sopra è così apposta, almeno è impossibile non notarla lol
Dopo secoli, ma ho finito, e
devo solo pubblicare i prossimi capitoli. Non sapete quanto ne sono felice. E come prometto da sempre, appena avrò finito, revisione generale capitolo per capitolo.
Vi lascio, come di consueto, con una cara curiosità:
#Curiosità23: Avevo un'idea che reputavo geniale per lo scherzo di Harley a Vera prima della sua esibizione. Ma il distacco da Desire al momento di scriverlo fu così tanto che purtroppo me n'ero dimenticata e dovetti inventarne un altro, cioè l'attuale, il furto delle Sfere.
Ringrazio chi ancora mi segue e mi fa sentire il suo appoggio, è davvero importante per me. <3
-H.H.-

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Capitolo 47
*** Come fratello e sorella ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 46: Come fratello e sorella ~

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Jessie uscì gongolando, diretta al backstage. A suo parere era stata insuperabile, con Woobat e Seviper in coppia. Ormai la ragazzina isterica a cui aveva rubato i Fiocchi si era rassegnata ed il trucco non era né sarebbe stato scoperto. Il suo primo – e si sperava non ultimo – colpo ben riuscito in tanti anni di servizio criminale. Era fiera di se stessa. Più di quanto non lo fosse normalmente, s'intende.

«Lucinda, come mai sei voluta rivenire qui? C'è qualcuno che vuoi vedere?»

«Ma sì, già che ci sono!»

Le mocciose” pensò Jessie, a denti stretti, girandosi indietro con mille gocce che le scendevano dalla testa. MocciosaTre e MocciosaDue che chiacchieravano spensieratamente. Decise che era meglio dileguarsi in tutta fretta e, quando si rigirò di nuovo, andò a sbattere contro qualcuno.

«Attento a dove metti i piedi!» sbottò, acida come le zanne del suo Seviper.

«Oh, mi scusi, non l'avevo vista.»

Jessie soffocò un verso di stupore, senza preoccuparsi dell'espressione sconvolta che aveva fatto. Anche la MocciosaUno, quella che chiamavano pel di carota. Era un complotto. Di sicuro. Jessie corse via come se avesse un branco di Mightyena al seguito, mentre Misty tendeva vana una mano in avanti chiedendosi se quella signora vestita in modo così insolito – diciamo che il suo sembrava un costume di Carnevale – stesse bene.

 

Vera era così tesa che sarebbe benissimo potuta svenire, non aveva nemmeno il coraggio di guardare la scena, troppo impegnata a sussurrare una serie di “ti prego” rivolti ad Arceus nella speranza che le mandasse una manna dal cielo o preferibilmente un qualcosa di duro, tipo un mattone, che colpisse la testa di suo padre.

La ragione di cotanta preoccupazione si trovava di fronte a lei. Norman, cupo come non mai, faccia a faccia con Drew, per la prima volta.

«E così… E così sei tu, il famoso Drew.»

«Sì, signore, sono io. Lieto di fare la sua…»

«Avanti… Confessa!» Norman, con le labbra che tremavano dalla rabbia, puntò il dito così vicino al povero Drew da costringerlo ad indietreggiare. «COSA HAI FATTO ALLA MIA BAMBINA?»

«I-Io… Niente! Sua figlia è sempre stata in ottime mani!» balbettò il verde. Una reazione così timida non era da lui, avrebbe voluto ribattere che non sarebbe mai stato capace di fare del male alla sua Vera ed avrebbe spezzato le ossa di chiunque si fosse permesso di toccarla e con quelle ossa ci avrebbe giocato a sciangai. Le uniche “colpe” che aveva erano quando, senza volerlo, stava per andare oltre ai baci, quella volta in spiaggia e quella nel letto. Aveva come la sensazione che lui sapesse tutto, per questo era così agitato.

Norman assottigliò gli occhi, minacciosamente. «Mani in alto, ragazzo.»

«C-Come?»

«Fermo.» Scrocchiò tutte e dieci le dita insieme, avvicinandosi al verde. «Devo perquisirti. Non ti conviene fare passi falsi.»

«Papà!» esclamò Vera, a dir poco oltraggiata dal suo comportamento da bambino dell'asilo. «Lascialo in pace!» Si parò in mezzo a loro a braccia incrociate. Era ora di mettere fine a quella ridicola scena.

«No, figlia mia. Non posso permettergli di farla franca!»

Proprio quando Vera, a guance gonfie di rabbia, ordinò a Drew di andarsene da lì, lui tese un braccio per fermarla e disse sottovoce di lasciar fare a lui. Poi si schiarì la gola. «Signor Norman, mi chiedevo… Sarebbe disposto a farmi un suo autografo? Sa, sono un suo grande, grandissimo ammiratore…»

E L'oscar come miglior attore del Pokéwood di quest'anno va a… Drew di LaRousse!

La collera di Norman lasciò il posto per un attimo allo stupore. Quando aprì la bocca per dire qualcosa, Vera pensava già fosse una cascata di insulti. Invece… «Ma certo! Nessun problema! Hai buon gusto, figliolo!»

«Magari, mentre mi firma questo autografo, potremmo sederci e parlare un po'. Fanno dell'ottimo caffè al bar qua vicino.»

Vera guardò Drew quasi come se fosse l'ultima volta che poteva. Perché si stava gettando nella fossa del Pyroar? Mimò un “non andare” con le labbra mentre i due se ne andavano, Drew cordiale come al solito e Norman che camminava a grandi falcate, con una faccia felice, come un Monkey dopo una scorpacciata di Baccabane.

 

Alla fine Drew ce l'aveva fatta. Aveva conquistato la simpatia di Norman, il padre più protettivo dell'universo. Vera credeva che per colpa sua nessun ragazzo sarebbe mai restato al suo fianco. Un attimo… Ma… Quindi Drew era il suo ragazzo?

Immersa in quei pensieri, vide un cappio che pendeva da una corda appesa al ramo di un albero. L'ultima cosa che si sarebbe aspettata di trovare durante una semplice passeggiata vicino al lago.

«E questo cos'è?» chiese, a bassa voce, consapevole del fatto che non c'era nessuno che le avrebbe risposto. Allungò una mano verso il cappio ma, prima che potesse rendersene conto, esso si strinse forte al suo polso trascinandola verso l'alto con il suo gridolino impulsivo di sottofondo.

«AH-HA!» Dal folto dei cespugli spuntò il corpo minuto di Brianna. «Sei in trappola, ladruncolo dei miei stivali!»

«Si può sapere che hai in mente?!» imprecò Vera, divincolandosi e facendo ondeggiare la corda. Si sentiva come se la stessero impiccando e di sicuro le sarebbe rimasto il segno sul polso, che reggeva da solo tutto il corpo, stretto come in una morsa d'acciaio dentro al cappio. Un attimo, Brianna non ci stava molto con la testa, non aveva mica pensato di farla fuori per poi avere campo libero con Drew?!

La rossa mise giù l'arco di legno che le aveva puntato contro, rivelando il suo viso dipinto di due segnetti porpora sulle guance ed un cerchietto di piume di Starly tra i capelli. «Uffa, ma possibile che ovunque vada ci sei sempre anche tu?»

«Fammi scendereeee!»

Brianna lasciò immediatamente andare il nodo fatto a un paletto che legava la trappola al terreno.

Vera precipitò a terra con un altro gridolino. «V-Volevi uccidermi, non è vero?» mugugnò, massaggiandosi la testa.

Brianna le rivolse uno sguardo severo. «Ma no, sciocca! Non farei mai una cosa così alla mia più grande rivale!» Vera si sentì sollevata dopo quelle parole, anche se ne dubitava ancora. «Volevo catturare il ladro dei miei Fiocchi, non certo te…»

Seguì un sospiro nel silenzio dopo tutto quel caos. «Capisco. Però, se non togli questa trappola, altre persone innocenti ci finiranno dentro…»

Brianna annuì mentre raccoglieva la corda rotta. Avrebbe dovuto escogitare un altro metodo, perché non era disposta ad arrendersi così.

 

Vera aveva detto a tutti che non si sentiva molto bene e voleva stare un po' da sola. Si era fatta una doccia calda ed ora indossava il suo comodo pigiama, sporta sulla ringhiera del balconcino della sua stanza. L'aria le solleticava il collo ancora un po' umido e le punte dei capelli. Pensava, a tutto ciò che era successo in quei pochi giorni. L'indomani avrebbe scoperto se era stata ammessa alla fase in doppio, dopo la performance di salti che lei e Skitty avevano eseguito dentro le mosse di quest'ultimo.

D'un tratto sentì bussare.

«Chi è?»

«Ehi, Vera, posso entrare?»

Quando la porta si aprì, Vera si trovò davanti il sorriso rassicurante di Ash, un sorriso che per un attimo riuscì a cancellare tutte le preoccupazioni presenti nella sua mente, come se qualcuno ci avesse passato una gomma sopra.

Lui andò a farle compagnia dal davanzale, per parlare un po'. In fondo, se c'era una figura maschile importante nella vita di Vera, si trattava proprio di Ash.

«Ehi, Ash» gli disse, a un certo punto. «Cosa faresti se avessi visto la ragazza che ti piace insieme ad un altro ragazzo?»

Ash pensò per un attimo ad una risposta. A lui non erano mai capitate cotte serie, provava sentimenti forti a volte, ma non li metteva mai in chiaro, perché qualcosa di più dell'amicizia lo metteva a disagio. «Beh… Non lo so.»

«Non ti arrabbieresti?» chiese, sorpresa.

Lui scosse le spalle. «Non vedo il perché… Se il mio sentimento fosse corrisposto, immagino che dovrei fidarmi dell'altra persona, non credi anche tu?»

Vera rimase a bocca aperta. Molti consideravano Ash uno sciocco, ma in certi momenti lui aveva proprio la frase migliore da dire. Rivolse lo sguardo al buio del lago sottostante, poi mormorò “grazie” sorridendo. Lo sguardo si spostò all'alto, alle stelle, che cercavano di spiccare l'una sull'altra pur essendo così piccole, in quella distesa di blu. «Lo sai, un po' invidio Lucinda…»

«Uhm?»

«Ma sì, l'hai vista? Lei è perfetta, non sbaglia mai, ha un ragazzo fantastico ed è bellissima…»

«Ti sbagli» sussurrò Ash, a bruciapelo.

Il modo in cui l'aveva detto era stato strano, come se fosse convinto al cento per cento del contrario. «E perché?»

«Neanche lei all'inizio era brava e piangeva spesso… È cresciuta senza un padre, e io so cosa significa. È sempre sotto pressione, perché tutti si aspettano il meglio dalla figlia di Olga. Inoltre la storia con Gary la rende un po' triste, perché il suo lavoro è impegnativo e spesso non possono vedersi…»

Vera rimase senza parole. Tutte le convinzioni che si era fatta sulla perfezione di Lucinda si erano appena sgretolate in una montagna di granelli di sabbia. Certo, dopotutto tutti hanno i loro problemi, quella di Lucinda era una maschera ben costruita, un sorriso finto ma lo stesso meraviglioso.

«E quanto alla bellezza… Non so, io vi trovo carine allo stesso modo!» aggiunse il corvino, con una risatina spensierata.

La Coordinatrice lo guardò con occhi brillanti, posandosi una mano sul cuore. Una chiacchierata molto bella. Che si chiuse al meglio quando entrambi tirarono fuori la metà del loro fiocco, il fiocco di Terracotta, e la unirono come buon augurio per la fase in doppio del giorno dopo ed in segno che nonostante il tempo, non importava chi avrebbe occupato il posto più importante nei loro cuori, sarebbero sempre rimasti affiatati. Come fratello e sorella.

 

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Angolo Autrice
Woah! Non pensavo di produrre un capitolo intero in una sera. *w*
Prima che qualcuno me lo corregga, sul mio dizionario sciangai è scritto così.
Comunque, questo capitolo era stato progettato mooolto tempo fa XD per cui potete immaginare la mia gioia nello scriverlo. Vedo che, ora che gli aggiornamenti sono più vicini, qualche lettore c'è ancora <3 ne sono davvero felicissima, quindi grazie a tutti. Bye!
-H.H.-

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Capitolo 48
*** Come una rosa rossa ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 47: Come una rosa rossa ~

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In una Gara, le fasi in doppio erano un'occasione d'oro per i Coordinatori: c'erano migliaia di combinazioni possibili che avrebbero generato un effetto leggermente diverso. Vera lo sapeva bene, per questo ne aveva scelta una un po' insolita, ma azzeccata.

«Vai!» Glaceon soffiò una ventata di gelo sul palcoscenico, che fece venire all'istante i brividi a Marian ed agli spettatori nelle prime file; la brina aleggiava lenta nell'aria. «Coraggio Beautifly, tocca a te!»

Il corpo della farfalla, illuminato di Mattindoro, sbatteva aggraziatamente le ali e si muoveva lasciando dietro di sé una polvere brillante, come una lucciola in mezzo ad una tormenta. Un tornado di Vertargenteo ridusse nullo l'attacco di prima, lasciando il posto ad una pioggia di abbaglianti ghiacciati che rinfrescarono il palco e la punta del naso della Coordinatrice, con Beautifly sulla testa e Glaceon inchinato affianco. Una delle sue performance più elaborate ed ingegnose, a cui il pubblico applaudì caloroso.

Quando Vera, soddisfatta di se stessa e che tutto fosse andato per il meglio, varcò l'antro per tornare nel backstage, due labbra si stamparono dolcemente sulle sue e due braccia le circondarono i fianchi. Lei arrossì lusingata e fu felice, quando riaprì gli occhi, di vedere il viso di Drew. «Direi che non è male questa accoglienza» disse, ironicamente.

Il verde, scostandosi la frangia, si affrettò a dire: «Solo perché te lo sei meritato.»

Lei s'imbronciò. Stava per ribattere qualcosa come “allora non ti posso nemmeno baciare quando voglio?”, poi si ricordò che non erano fidanzati in modo ufficiale, perciò sarebbe stata un'affermazione troppo arrogante.

 

L'esibizione di Drew era stata fantastica, Vera si era preoccupata per niente. Non avrebbe dovuto sottovalutarlo, in fondo Drew è sempre the best. Solo che pensava che Masquerain si sarebbe rifiutato di eseguire un doppio Ventargenteo assieme a Lumineon o anche solo di stare in coppia con lui. Invece avevano invaso lo stadio di una pioggia di gocce brillanti e creato meravigliose cascate d'argento che si alternavano verso il cielo. Sorrise, intenerita: le parole che gli aveva detto quel giorno gli avevano fatto ritrovare la fiducia nel suo Allenatore.

 

 

«Ti prego, io… Chiedo umilmente il tuo aiuto. Sei l'unico a cui posso rivolgermi…»

Drew rimase impassibile di fronte alle mani unite e l'espressione triste di Brianna. Alla fine annuì. «Ho capito. Ti aiuterò.»

«Davvero? Ahh, ti ringrazio!» squittì lei, arrossendo vistosamente. Drew gentile con lei che acconsentiva ad una sua richiesta: un sogno divenuto realtà.

Se ne andarono con Brianna che trotterellava allegra, anche se stavano andando a fare una cosa seria. Non c'era bisogno di impiccagioni o vesti da indiana per scoprire chi era il fantomatico ladro, soltanto del portatile in camera di Drew. Trovarono uno schedario interessante, in mezzo a quelli degli altri concorrenti ancora in gioco nel Grand Festival:

Nome: Jessilina

Età: Maggiorenne

Team: Wobbuffet – Seviper – Woobat – Meowth – Cacnea - Pumkaboo

Provenienza: Kanto

Tessera-Gare: Senza scadenza

Iscrizione: 26/08

Camera: 123

Sotto la voce “Fiocchi” c'erano proprio gli stessi vinti da Brianna. Anche la data d'iscrizione corrispondeva a quella del furto. Non poteva trattarsi di una coincidenza. Ricordava di aver visto di sfuggita un uomo/donna con dei capelli fucsia, occhiali da sole e baffi finti prima di essere addormentata con la spora soporifera di un Seviper che, guarda caso, si trovava nella squadra della sospettata che, sempre guarda caso, aveva i capelli fucsia.

«Okay.» Drew richiuse il portatile. «Lascia fare a me.»

Brianna annuì vigorosamente. Si sentiva come una principessa che veniva salvata dal prode cavaliere… Ma aveva come una spina nel cuore, uno strano senso di colpa, perché sapeva che quello non era il suo cavaliere.

 

Jessie batté le mani. «Millebave!»

Yanmega fece un ronzio e iniziò a muoversi, trafficando qua e là in un tornado di bianco, così veloce che non si capiva cosa stesse facendo, finché si fermò. Aveva realizzato una scultura di se stesso fatta di filo, perfetta in ogni minimo dettaglio. Jessie applaudì ed iniziò a gongolare follemente sull'essere la migliore, l'imbattibile e più furba Coordinatrice di Sinnoh o, perché no, dell'universo. Così presa da quel momento glorioso, non si accorse delle due figure leggermente furiose dietro di lei, mentre Yanmega agitava le ali con una goccia dietro la testa.

«Hai finito? La risata di un Murkrow sarebbe più aggraziata.»

«Come ti permetti, insolente!» Quando la donna si girò impallidì di colpo, al vedere lo pseudo-fidanzato della mocciosa con la bandana e lei.

«Ridammi i miei fiocchi!» sbraitò, con una Poké Ball salda in mano e pronta all'uso.

Jessie fece un verso di superiorità. «Non è colpa mia se ti sei fatta fregare, carina!» Si girò indietro, con un sorriso scaltro, pronta a fuggire. Ma la strada le venne bloccata da un “minaccioso” Surskit ed un Masquerain. «Ho visto peluche più spaventosi.» In seguito al suo commento le arrivarono due Getto d'Acqua dritti in faccia, che le fecero strillare qualcosa sui suoi poveri capelli.

«Bollaraggio!» I due Pokémon lanciarono un altro attacco in simbiosi, sempre sulla faccia di Jessie, che venne subito dopo affiancata dal suo alleato.

«Yaaam!» fece la libellula, parandosi davanti per difenderla.

«Mi avete solo colto alla sprovvista, bambocci.» Jessie scosse il capo, si diede un'altra passata lampo di rossetto per poi ordinare perentoria: «Sonicboom!»

«Il mio Surskit!» esclamò Brianna, dispiaciuta, mentre la lamina argentea si avvicinava sempre più al suo piccolino. Drew, a denti stretti, stava per ordinare a Masquerain un contrattacco, quando una luce accecante illuminò il corpicino esile di Surskit. In quei pochi attimi, da quella luce rinacque un vispo Masquerain che planò in alto appena in tempo.

«C-Cosa?!» esclamò ancora Brianna. «Drew! Drew! Hai visto?»

«I miei complimenti» le disse lui, scostandosi il ciuffo.

«Non ho tempo da perdere con voi due!» Nella confusione, Jessie ritirò Yanmega e si girò, ma purtroppo per lei un altrettanto “minaccioso” Beautifly le sbarrava il cammino.

«Guarda e impara come si fa un vero Millebave!» Al seguito di quella vocetta armoniosa, Beautifly si mise a danzare in cerchio a Jessie, che non sapeva più dove fuggire e, mentre veniva ricoperta di filo, imprecava isterica “che schifooo!”.

«Vera?» esclamarono Brianna e Drew, quando videro l'amica in questione saltar fuori da dietro un albero con il suo segno di vittoria.

«Ho pensato che fosse il caso di darvi una mano» disse, con una scrollata di spalle. «Dove nascondi i Fiocchi?» domandò poi a Jessie, che giaceva in un bozzolo bianco e si agitava ai suoi piedi.

«Ti conviene ridarmeli subito!» ordinò Brianna, puntandole sul naso un bastoncino appena raccolto da terra.

«Li ho buttati» cantilenò Jessie con un sorriso furbetto.

Vera, mentre la sua “amichetta” si deprimeva già, disse, scettica: «A chi vuoi darla a bere? Non butteresti mai una cosa così preziosa, perché sei una Coordinatrice anche tu! Perquisiamola!»

 

Qualche minuto dopo, Jessie giaceva appesa a testa ingiù nella trappola precedentemente costruita da Brianna, imprecando contro tutto e tutti, in primis sui suoi inetti compagni che chissà dov'erano in quel momento. Probabilmente in un angolo a fare una scorpacciata di tramezzini e hotdog avanzati dal lavoro.

Brianna rimirava il suo prezioso cofanetto, che ormai non sperava più di ritrovare, dando carezze al suo nuovo Masquerain, uguale a quello di Drew, ma non ancora al suo livello. A proposito di Drew, si avvicinò a lui, ignorando completamente Vera – un grazie prima era stato più che sufficiente – e, rossa in viso, si fece coraggio: «Ti ringrazio, Drew, è tutto merito tuo, sei fantastico come sempre…»

«Beh, figurati, mi piace dare una mano» rispose, con un bel sorriso.

Quel momento alla luce arancione del tramonto venne interrotto da una risatina dolce e matura. All'orizzonte, una ragazza camminava verso di loro, con un sorriso dipinto nel volto ombrato.

«Ma come. La tua fidanzata non era quella graziosa ragazzina castana?»

Vera s'irrigidì ed arrossì violentemente. Ragazzina graziosa. Fidanzata.

Drew, sconvolto, fece un passo indietro. «V-Vì!»

«Non ti facevo così dongiovanni, fratellino.» Il velo trasparente venne sfilato, lasciando fluire una cascata di bei boccoli lilla, e due affascinanti occhietti smeraldini fissarono i presenti.

«Fratellino?» Vera e Brianna si scambiarono un'occhiata, sentendosi invadere dentro da un senso d'imbarazzo. La ragazza del lago! Era sua sorella! Era per lei che probabilmente Drew si era anche assentato dal ristorante…

«Non è vero» borbottò, offeso, a braccia incrociate, mentre lei ridacchiava ancora.

«Suvvia» disse, sempre spensierata. «Allora è lei?»

Drew annuì schivo ed un po' in soggezione, mentre Vera univa le mani dietro la schiena, altrettanto agitata. Drew l'aveva presentata come la sua ragazza. Allora forse lo era.

«Piacere di conoscerti!»

«P-Piacere mio!» disse, timida, stringendole la mano. E quando guardò quegli occhi così belli, che le ricordavano proprio Drew, si ricordò della modella in posa sulla rivista che aveva trovato nel suo zaino. «M-Ma allora… Sei tu! Ti ho vista su una rivista! Caspita, hai una sorella famosa e non me l'hai detto?» fece, rivolgendosi poi a Drew, che alzò le spalle.

Violetta le fece un occhiolino in stile Lucinda e si posò un dito sulla bocca. «Nessuno deve sapere che sono qui. Comunque mi ha fatto davvero piacere conoscere la mia futura cognatina!»

«VIOLETTA!» Drew, esasperato, mentre Vera era improvvisamente sobbalzata dalla sorpresa, iniziò a trascinare la ragazza, che ancora ridacchiava, dicendole che per oggi si era presentata abbastanza.

Nel frattempo, Brianna, nell'angolo, disegnava cerchi a terra con il bastoncino di prima. Si era immaginata un sacco di volte la scena di Vera e Drew in procinto di sposarsi e lei che spalancava le porte della chiesa, dicendo: “fermate questo matrimonio!”, sposandosi lei al posto di Vera. Ma pensandoci ora, non ne sarebbe valsa la pena. Perché rovinare un amore in procinto di sbocciare, come una rosa rossa?

«Hai vinto» disse, a una Vera che la guardava spiaciuta e con una mano chiusa a pugno sul cuore. «Non cercherò più di fermarti. Drew è fantastico, sei fortunata…»

«Oh, Brì…»

«… Non. Chiamarmi. Brì!»


 

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Angolo Autrice
Fate partire i cori dell'alleluia XD va beh dai, alcune cose sono un po' forzate, ma ce l'ho fatta. La fine mi è piaciuto scriverla, e a voi è piaciuto leggerla? :)
So di non avere scusanti per aver di nuovo abbandonato la fic, ma mancano 2 capitoli… Piano piano ^^”
Immancabilmente, ecco qua:
#Curiosità24: Jessie si è riferita a Misty, Vera e Lucinda, chiamandole rispettivamente Mocciosa1, Mocciosa2 e Mocciosa3. I numeri sono riferiti al loro ordine di debutto nell'anime.
Spero di non aver perso i pochi che ancora mi seguono. Alla prossima!
-H.H.-

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Capitolo 49
*** Qualquadra non cosa ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 48: Qualquadra non cosa ~

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Vera passò la notte a rigirarsi tra le coperte sfatte, col fresco leggero che entrava dalla finestra.

In camera di Lucinda, invece, la porta si era aperta e poi furtivamente richiusa, dando il via ad una serie di sfiziosi baci e dolci carezze da parte di Gary, capaci di mandarla in estasi e farle dimenticare tutta l'ansia e lo stress provati. Dopo un po' aveva ceduto alla stanchezza ed erano rimasti così, incatenati l'uno all'altra, incuranti del caldo soffocante che comportava una simile posizione.

 

Il giorno dopo, Kenny scoprì di non aver passato il turno e ricevette una chiamata che gli chiedeva di tornare a casa il più presto possibile. Appresa la notizia, si radunarono tutti per cortesia dal molo.

«Allora ci vediamo, Lulù» disse, con un sorriso enorme ma il luccichio negli occhi, perché ormai con lei sentiva di aver perso le speranze. Vedere quell'altro che la abbracciava da dietro, mentre lei agitava la mano per salutarlo, fu orribile. Una delle delusioni più grandi e difficili da accettare della sua vita. Come una pillola amara in bocca, che si rifiutava di scendere giù.

«Certo che l'ha proprio friendzonato per bene!» commentò Max, schietto, beccandosi subito dopo un pugnetto in testa ed un'occhiata truce da parte di Vera: insomma, un po' di sensibilità per un poveretto con il cuore infranto!

 

Sia Vera, Drew che Lucinda, erano arrivati nella Top 10. Ciò significava che ancora pochi scontri avrebbero determinato il vincitore del Grand Festival.

Proprio quella mattina, Vera ed il suo stomaco di ferro avevano deciso di prendersi un Lemonsucco fresco ai distributori che – secondo lei – le avrebbe schiarito le idee per una nuova impegnativa giornata. Peccato che rischiò di strozzarsi malamente proprio grazie a quel Lemonsucco dopo aver letto con chi era stata abbinata.

«Vera, tutto bene?» Lucinda accorse, posandole una mano dietro la spalla, prima di rimanere anch'ella sbigottita da ciò che lesse sul tabellone.

«Allora, ragazze, contro chi disputerete il prossimo incontro?» Ash fu il primo ad arrivare vicino a loro. «Che facce, è successo qualcosa?»

«I nostri rivali» disse Vera, a bruciapelo.

«Però al contrario» aggiunse Lucinda.

«Eh?» Ash alzò gli occhi al tabellone e finalmente capì cosa intendevano dire. Lucinda era finita contro Harley, il nemico più acerrimo di Vera, mentre Vera era finita contro Ursula, la nemica più acerrima di Lucinda. Harley non era altro che una spina nel fianco, un essere insipido e maligno, agli occhi di Vera. Mentre Ursula non era altro che una ragazzina viziata e con la puzza sotto al naso, agli occhi di Lucinda.

«Devi assolutamente batterlo/a!» si dissero, guardandosi in contemporanea, con occhi di fuoco.

 

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Di questi due stravaganti scontri il primo sarebbe stato tra Lucinda ed Harley, sotto lo sguardo serioso di Vera, nel backstage accanto a Drew, che aveva usato il trucco astuto dello stravaccarsi per metterle un braccio attorno alle spalle.

Lei avrebbe usato Mamoswine, mentre lui il suo Wigglytuff, che già ghignava con un'aria poco rassicurante.

Harley scoppiò a ridere di gusto. «Oh, ma andiamo!» fu il suo scettico commento. «Seriamente? Una ragazza così fragile con un Pokémon così grosso e brutto?»

Mamoswine in risposta diede una zampata possente al terreno, protestando col suo verso, mentre Lucinda, indispettita, disse: «Ehi! Come ti permetti?» Non le importava nulla delle dimensioni, aveva cresciuto quel Mamoswine da quand'era un piccolo Swinub ingordo di Poffin e gli voleva bene così.

«Uh, che paura» fece Harley, fingendo di avere i brividi addosso, imitato in tal gesto dal suo alleato sul campo.

«Che persona odiosa» commentò Misty dalle tribune.

«Già, ha sempre causato un sacco di guai a Vera» fu la risposta tollerante di Ash.

«Se prova anche solo a sfiorare Lucinda…» Gary strinse convulsamente un pugno, lasciando intendere il resto della frase.

«Che lo scontro abbia inizio!» annunciò Marian a gran voce col suo microfono, mentre i tre giudici sorridevano immobili ai loro posti.

Harley stese in avanti la mano, quasi con superiorità. «Prima le signore!»

Lucinda fece uno dei suoi sorrisi furbetti, mentre portava la mano dal petto in avanti: «Allora forse era il caso che cominciassi tu! Mamoswine, Introforza!»

«Come si permette quella piccola insolente» bofonchiò lui, con odio. «Introforza anche tu, Wiggly-chan!»

I concentrati d'energia si andarono a scontrare tra di loro, annullandosi a vicenda con piccole esplosioni.

«Wiggly-chan, diamole una lezione!»

«Wiig!» Il mostriciattolo aprì al massimo la bocca e creò un altro concentrato di energia, però diverso dal precedente, dall'aspetto metallico. Quando si formò una palla abbastanza grande, la spinse in avanti con una brusca panciata.

Lucinda s'imbronciò, ma ovviamente ebbe il contrattacco pronto: «Mamoswine, non lasciarti intimidire da così poco: mangialo!»

Ash, sugli spalti, fu così sorpreso che un po' della sua bibita gli andò sì di traverso, ma anche finì sul vestito di Misty. Lei gli inveì contro con una raffica di insulti mentre lui, mortificato, cercò subito di tamponare le macchie alla bell'e meglio con un fazzoletto. Gary invece alzò un sopracciglio, incuriosito, ma non perse il sorriso, pienamente fiducioso nella sua Lulu.

Harley intanto rideva come un matto, mentre la Vortexpalla avanzava e lo sguardo attento di Mamoswine attendeva il momento buono.

«Gelodenti!» ordinò Lucinda, perentoria. Mamoswine avanzò di corsa, sciogliendo la palla argentea coi suoi denti ghiacciati, per dimostrare che niente e nessuno poteva fermare la sua avanzata e le sue zanne possenti.

«Che cosa?!» squittì Harley, del tutto incredulo.

«Ebbene sì signore e signori, Mamoswine è riuscito a mangiare l'attacco, una mossa davvero inaspettata!» commentò Marian, a bordo palco. «Questo segnerà una svolta!» Ed aveva ragione: Harley si vide più di un quarto del punteggio ridotto in un sol colpo.

«Mamo!» fece il Pokémon, coi suoi minuscoli occhi torvi puntati su quelli vacui del suo avversario, che in quel momento era leggermente nel panico.

«Wiggly-chan, Doppiasberla!» ordinò Harley, frettoloso. «Ehi, ci sei o ci fai? Ascoltami!»

Ma il mostriciattolo, prima di fare in tempo ad eseguire l'ordine, venne schiacciato dalla zampa pelosa di Mamoswine.

«Wigglytuff non è più in grado di combattere. Perciò la vittoria va a Lucinda di Duefoglie!»

Sotto gli applausi del pubblico, Lucinda corse incontro al suo “bestione” per abbracciarlo ed inchinarsi elegantemente accanto a lui.

 

«Lulu è stata formidabile!» commentò Vera, con un sorriso. «Quel farabutto ha avuto la lezione che si meritava, finalmente. Però adesso tocca a me…» Guardò la Sfera Poké di Glaceon. Forse avrebbe dovuto scegliere Munchlax, oppure Venusaur, che quell'anno non avevano ancora debuttato. Ma aveva la sensazione che in uno scontro con una persona del genere servissero di più l'eleganza e la velocità, piuttosto che la forza e l'energia.

 

Vera era abbastanza nervosa, perché la stavano guardando tutti, Drew compreso dal backstage.

«Fagliela vedere a quell'antipatica!» strillava Lucinda munita di pompon, agitandosi in braccio a Gary che le intimava con un sorriso tollerante di stare più ferma.

«Coraggio, bambina mia, metticela tutta!» gridava invece Norman, accanto a Caroline e Max che sgranocchiava popcorn.

Ursula, dall'altra parte del campo, squadrava Vera in modo critico, come se fosse una madame d'alta classe mentre lei una misera schiava. «Vedremo se sei davvero degna del tuo nome.»

Vera sfoderò un sorriso combattivo, cliccando il tasto per ingrandire la sua Sfera Poké. «Te lo dimostro volentieri: Glaceon, vai!» detto ciò, Glaceon fece la sua entrata.

Ursula fece un “pff” di superiorità, gettando in aria la sua Poké Ball.

«Flaaa!» Il Flareon che ne uscì portò una zampa più avanti dell'altra, fissando l'avversario con occhi penetranti.

«Oh, uno scontro tra Eevoluzioni!» esclamò Gary, entusiasta.

Lucinda si girò curiosa verso di lui, riponendo i pompon. «Eevoluzioni?»

«Gli Eevee possono evolversi in ben sette diverse forme, che gli scienziati chiamano appunto “Eevoluzioni”» fu lieto di spiegarle, con l'indice puntato all'insù.

«Non perdi colpi, eh, ricercatore?» fece Misty, con un bel sorriso ironico, che venne all'istante ricambiato.

Lucinda gonfiò le guance di gelosia, per poi riottenere la sua attenzione con altre domande ingenue, mentre gli cingeva il collo con le braccia.

Nel frattempo lo scontro era cominciato ed i due Pokémon finora non avevano fatto altro che inseguirsi a suon di Codacciaio, nella speranza vana di danneggiare l'altro, finché Ursula si scostò i capelli, vanesia: «Ora mi sono stancata dei giochini, Turbofuoco!»

Flareon obbediente scattò ed evocò una raffica di anelli di fuoco che crescevano e lo avvolgevano come uno scudo, diretti al suo avversario.

«Eh no!» obiettò Vera, scattando di lato per dare meglio ordini al suo alleato. «Geloraggio!»

Glaceon non si fece ripetere l'ordine due volte e riuscì a congelare in un cerchio di ghiaccio puro quello che fino a poco prima era fuoco.

Ursula fece una smorfia, mentre Flareon si liberava di quei fastidiosi cerchi ghiacciati a suon di altri Codacciaio.

«Allora, sono abbastanza degna?» chiese Vera, con allegra aria di sfida. «Geloscheggia, vai!»

«Glaaace!» il verso sibillino di Glaceon ed un movimento del suo capo seguirono un'avanzata di lamine ghiacciate ed affilate come rasoi.

Ursula scoppiò in una risata malevola. «Avanti, piccolo, fatti una scorpacciata di ghiaccioli

«Che cosa!?» A Lucinda si drizzarono i capelli come spilli. «Come si permette di copiarmi! Quella strategia è mia, MIA, MIAA!» Aveva lei stessa il fuoco negli occhi e, se non ci fosse stato Gary a stringerle la vita e dirle di calmarsi – stavano leggermente attirando l'attenzione – si sarebbe fiondata sul palco ad insultarla.

«Sai, Lucinda, non avrei mai creduto che tu mi tornassi utile!» sghignazzò quella, tenendosi elegantemente una mano in prossimità del volto.

«Io la uccido. Io. La. Uccido!» bofonchiava la blu, stringendo i pugni.

Peccato che Ursula, troppo orgogliosa della sua idea, si fosse per un attimo dimenticata la regola principale di una lotta: mai distrarsi. Flareon stava sì mangiando i “ghiaccioli” grazie all'attacco Rogodenti, ma nel frattempo Glaceon aveva avuto tutto il tempo necessario a pararglisi alle spalle per un fulmineo Palla Ombra.

«Oh, no!» disse la ragazzina, a denti stretti. «Rialzati ed usa anche tu il Palla Ombra!»

«Flaaar!» La volpe del fuoco, alzandosi un po' ammaccata da terra, lanciò un medesimo Palla Ombra che Glaceon, essendo più in forze, schivò all'ultimo istante.

«È arrivato il momento del gran finale: Geloraggio!»

All'ordine, Glaceon sparò un potente raggio che andò a ghiacciare da capo a coda il suo avversario, cuore compreso, cosa che evidentemente alla sua Allenatrice era già successa, dato il nervosismo con cui pestò un piede a terra e fece rientrare il suo alleato nella sfera.

«Sììì, sei stata bravissima! Così impara, quella brutta antipatica!» esultava Lucinda tenendo alti i pompon fruscianti, sotto lo sguardo tollerante di Gary, mentre affianco Ash e Misty sorridevano.

 

 

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Angolo Autrice
Niente allarmi, tranquilli. Questo è il 49 XD ne manca ancora uno, l'ultimo, e penso che voi possiate intuire cosa succederà in esso!
Purtroppo, questa è l'ultima curiosità! Ecco a voi:
#Curiosità25: Nel capitolo 16, si fa leva sul fatto che Blaziken abbia disimparato Braciere. Questa è una mia teoria, perché dopo la sua evoluzione non l'ha più usato; è plausibile, siccome nei videogiochi si scordano le mosse deboli per impararne di più forti.
Ringrazio come sempre chi non mi ha abbandonata. Madò, ho già nostalgia xD
Alla prossima!
-H.H.-

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Capitolo 50
*** Si avvicina la finale ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 49: Si avvicina la finale ~

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Al pomeriggio sul palcoscenico c'era molta più tensione. Il motivo era semplice: se hai qualche tuo amico o conoscente che gareggia, prima o poi è inevitabile che finiate l'uno contro l'altro. Ma questa volta il database aveva scelto due persone di cui anche solo sentire i nomi vicini era… Strano.

Drew, da una parte, guardava fiero il suo Butterfree. Dall'altra, Lucinda era chinata a dire parole d'incoraggiamento alla sua Buneary: era così felice di poter scendere finalmente in campo che saltellava in continuazione e mandava baci al Pikachu di Ash, il quale, dalle tribune, ricambiava agitando la zampa con un sorriso quasi impaurito. La ragazza indossava un vestito di una semplicità disarmante, bianco come la neve, con ballerine coordinate; anche Buneary ne portava uno uguale, in miniatura ovviamente.

«Buona fortuna, Drew!»

«Anche a te!»

Gary sembrava calmo. Fin troppo. Quella calma che sembra calma, ma è una calma molto precaria, un po' come quelle emoction troppo sorridenti, che in realtà significano “ti ucciderò stanotte mentre dormi”.

Vera, accanto, si ammazzava di popcorn, senza sentirne nemmeno il sapore. Voleva solo annebbiarsi la mente da qualsiasi pensiero.

«Sbaglio o quei due sono un po' tesi?» borbottò Misty in confidenza all'orecchio di Ash.

«Valli a capire» rispose, scrollando le spalle. «Tu li capisci, Pikachu?» chiese poi al suo fedele amico. «Pikachu?»

«Lascialo stare, è innamorato» fece Misty, in tono sognante, mentre al roditore continuavano a salire i brividi lungo la schiena per le occhiate ammiccanti di Buneary.

«Che lo scontro abbia inizio!»

Entrambi i due sfidanti sfoderarono un'espressione combattiva.

Drew tese elegantemente i palmi. «Prima le fanciulle.»

«Oh, ti ringrazio.» Lei sorrise, prima che la sua espressione mutasse in seria. «Calciosalto, Buneary!»

«Non così in fretta: Raffica!»

«Free, free!» Butterfree ebbe la prontezza di sbattere le ali, velocissimo, causando un turbine di vento che andò addosso a Buneary mentre era a mezz'aria.

«Buuunn!» La coniglietta perse l'equilibrio, schiantandosi violentemente al suolo col ginocchio. «Bun…»

«Oh no, piccolina! Stai bene?» chiese Lucinda, preoccupata, mentre la coniglietta annuiva con le orecchie basse e si rialzava.

«Solo perché hai un Pokémon tenero non significa che gli avversari debbano essere teneri» commentò Drew, scostandosi la frangia.

«Ma quando la finisce…» Gary strinse nervosamente il suo bicchiere. «Di fare il damerino?!» Dalla rabbia mal tenuta lo strinse talmente da ridurlo ad una sottiletta, incurante della bibita che stava colando fuori.

«Gary, ma si può sapere che ti prend-» Ash, non appena aprì bocca, si ritrovò un pugno in testa dalla mano fuori controllo del suo rivale. «Ehi!»

«Smettetela di fare i bambini, voi due» intervenne Misty, accigliata. «Guardate sul palco piuttosto!»

I due non obiettarono e fecero come lei aveva detto, proprio in tempo per vedere un grazioso spettacolo: Buneary aveva reso di ghiaccio l'attacco Psicoraggio di Butterfree, creando un effetto di colori simile all'aurora boreale, e ora ci pattinava a suon di balzi e piroette.

«Siamo ancora così indifesi, adesso?» fece Lucinda, con aria combattiva.

Drew le regalò un sorriso furbo, prima di schioccare elegantemente le dita. Alche, gli occhioni di Buttefree s'illuminarono di un rosso fosforescente. In contemporanea, la lastra iniziò a creparsi, finché si ridusse ad un cumulo di macerie di ghiaccio, a terra. «Ops, la magia si è spezzata.»

Lucinda, inizialmente delusa per la sua pista di pattinaggio andata in frantumi, non si fece scoraggiare. «Vai, Stordipugno!»

«Bun bun!» Buneary scattò in alto, così in alto che sembrava stesse volando, cercando di raggiungere Butterfree. Drew a quel punto avrebbe dovuto ordinargli di usare Protezione, o di scansarsi, ma non lo fece: ecco ciò che Lucinda non si spiegava. Ma l'esperienza di lui sapeva gestire bene i tempi. Infatti non ci fu bisogno di alcuna protezione: Buneary si fermò a mezz'aria per il dolore represso alla caviglia, per poi ricadere rovinosamente a terra.

«Oh, no, Buneary!» Lucinda, ancora più preoccupata di prima, corse dalla sua coniglietta, ignorando che il tempo non fosse ancora ufficialmente scaduto. Era esausta. Nel frattempo che la vittoria di Drew veniva annunciata, Lucinda raccolse la sua piccolina e lanciò a lui uno sguardo solenne. «Avresti potuto attaccarla di nuovo, ma non lo hai fatto… Ti ringrazio.»

Drew sorrise, raggiungendo a metà campo il suo Butterfree svolazzante. «Mi sembra il minimo… Non abbatterti, in fondo sei la Reginetta di Sinnoh.»

Lucinda annuì, piacevolmente sorpresa che fosse stato così gentile da dirle quelle parole. «È stato un onore battermi con lei, Principe di Hoenn!» ridacchiò, lasciandolo confuso per quel soprannome, mentre fingeva una riverenza.

 

Vera, quando uscirono tutti insieme dalla struttura dei Contest, sospirò. Per tutta la durata della manche aveva continuamente girato il capo a destra e a sinistra, non sapendo per chi dei due fare il tifo. Come quella volta alla Palestra di Petalipoli in cui era indecisa tra suo padre ed Ash.

«Allora, come ti è sembrato il mio fratellino?» sentita quella frase e un dito delicato che le picchiettava la spalla, Vera si girò di scatto.

«Davvero bravo!» commentò, con un gran sorriso.

Al che, anche Drew si voltò di scatto. «Oh, ciao, Vì. Potevi farti vedere un po' prima, eh.»

Quella sfoggiò un sorrisetto degno del fratello minore. «È da quand'è iniziato l'incontro che tengo d'occhio quel ragazzo, non voglio perdermi lo spettacolo!»

«Quale spettacolo?» alla domanda ingenua di Vera, Violetta puntò l'indice poco più avanti. C'erano Gary impassibile e Lucinda intristita.

«Ma si può sapere che hai?» gli chiese lei, girandosi, imbronciata. «Da quando siamo usciti non mi rivolgi la parola…»

Lo sguardo che ricevette fu duro come la pietra. «Fatti consolare da Drew se proprio ci tieni, no?»

«Eh?» La ragazza alzò un sopracciglio, scettica. «Dai, non essere geloso.»

Gary le rivolse un'altra occhiataccia torva. «Non sono geloso!»

«Allora dimmi che hai!»

«Non ho niente, se ti senti così sola vai da qualcun altro, ne hai di pretendenti, no?!»

Lei, con le mani sui fianchi, gli s'impuntò davanti ed usò il tono più autoritario che le uscì: «Gary Oak, questa è una tipica scenata di gelosia!»

«Quando ti fissi su qualcosa sei davvero insopportabile!» sbottò lui, con rabbia. Poi gli cadde lo sguardo su di lei: due lacrime le facevano capolino accanto agli occhi, che però cercavano di mantenersi arrabbiati. Era così tenera con quelle guance gonfie e rosse, sembrava una bambina, ma come al solito cercava di fare l'adulta. «Okay, scusami piccola. Sei stata formidabile.»

Lucinda lo abbracciò di botto, lasciandosi cullare tra le sue braccia forti, mentre si lasciava andare ad un pianto liberatorio calmato dalle sue carezze e le sue sussurrate parole di conforto. Finiva sempre così, ad ogni loro litigio.

«Lo sapevo che avrebbero fatto pace!» commentò Violetta, schietta. «Perché non litigate anche voi due così?»

«Vì!» protestò Drew. «Vera non è il tipo da fare scenate, e poi non vedo che bisogno ci sarebbe.»

Violetta rivolse a Vera uno sguardo complice che sembrava dire: “Fatti valere, tesoro!”. Lei fece uno sguardo imbarazzato. «Beh… Ecco, non mi è piaciuta l'ultima frase che hai detto a Lucinda! Avresti anche potuto risparmiartela!» disse, prendendo il coraggio a due mani.

Drew alzò gli occhi al cielo. «Ash mi ha detto che Lucinda è una ragazza che crolla molto facilmente, non volevo abbatterla, tutto qua.»

«Seh, certo… E quelle occhiate, quei sorrisi?»

«Vera, lasciatelo dire, sei pessima a fingere di arrabbiarti.»

«… E qui ci sta il bacio. Dai, fratellino, baciala!» commentò la viola, in totale franchezza e con un bel sorriso innocente.

«Vì…» sbraitò tra i denti Drew.

 

 

Per festeggiare la recente vittoria di Vera, i suoi genitori pensavano di portarla da soli a mangiare al ristorante, una cena di famiglia insomma. Ma, sorpresa delle sorprese, incontrarono Violetta e Drew con la stessa idea e – con grande imbarazzo dei due spasimanti – unirono i due tavoli. Violetta e Caroline presero in mano il discorso, parlando di moda e di cosmetici, argomenti di cui ovviamente Vera s'interessava ma non era affatto pratica.

«Almeno te li sei scelti ricchi.»

«Max!» borbottò, dando un pugno alla testa del suo fratellino, come al solito con la lingua troppo lunga, ma cercando di non farsi vedere dagli altri.

 

Nel frattempo, fuori dal ristorante, all'ombra di un cespuglio c'erano tre poveri sventurati in cerchio, che si dividevano un misero e freddo hotdog, adagiato all'interno di un cartone di pizza macchiato d'olio.

«Dai, Jessie! Su col morale!» esclamò James, improvvisando un sorriso a trentadue denti, con quel suo tono da eterno bambinone.

La donna alzò mollemente un pugno. «Ye» fece, con l'espressione e l'entusiasmo pari ad un Espurr. Non aveva ancora accettato di essere stata espulsa così dal Grand Festival, ma ormai era troppo tardi per fare qualunque cosa, ed avrebbe dovuto continuare a vivere miseramente, accanto a quei due stolti. Però, pensandoci bene, ormai si era abituata a vivere miseramente accanto a quei due stolti, condividendo il poco che avevano, un fallimento dopo l'altro, ed il sogno impossibile di gloria. Finalmente un sorriso solcò le sue labbra tinte di rossetto.

«Questo è per consolarmi!» arraffò senza alcun preavviso l'hotdog, mettendoselo in bocca. «Mm, che delizia!»

«JESSIE!» Ciò causò un pianto disperato da parte di James, ed altrettanta disperazione da parte di Mewoth, mentre la donna si puliva tranquillamente la bocca con un tovagliolo. Nonostante tutti i “dispetti” che avesse potuto combinargli, quei due non l'avrebbero mai abbandonata.

 

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Angolo Autrice
Niente allarmi, tranquilli. Questo è il 49 XD ne manca ancora uno, l'ultimo, e penso che voi possiate intuire cosa succederà in esso!
Ringrazio come sempre chi non mi ha abbandonata. Madò, ho già nostalgia xD
Alla prossima!
-H.H.-

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Capitolo 51
*** Negli occhi tuoi si specchiano i miei ***


♥ Desire to be together ♥

~ Capitolo 50: Negli occhi tuoi si specchiano i miei ~

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Era arrivato il giorno fatidico. Il giorno più importante di tutti, il giorno del giudizio, il giorno che avrebbe determinato il futuro di uno dei due. Di chi sto parlando? Ma di Vera e Drew, naturalmente.

A destra del campo c'erano Vera, Blaziken e Beautifly. A sinistra del campo Drew, Roserade e Masquerain. Non sarebbe stata un'ardua sfida solo per i due Coordinatori, ma anche per i loro Pokémon, che durante quel viaggio avevano imparato a convivere e collaborare.

Blaziken e Roserade, ah, che bella amicizia c'era tra loro! Quanti momenti avevano condiviso, quanto avevano faticato per aiutare i loro padroni. Prima di entrare in campo si erano scambiati una solenne stretta di mano, seri in volto come mai erano stati prima d'allora.

«Ken.» (Traduzione: Buona fortuna.)

«Ros.» (Traduzione: Anche a te.)

Così, per segnare che qualunque fosse stato il risultato, tra di loro non sarebbe cambiato nulla. In realtà non vedevano l'ora di scatenarsi di nuovo sul campo, stavolta da veri rivali, senza alcuna pietà, al meglio delle loro energie, la vera prova che avrebbe dimostrato cos'avevano davvero imparato in tutti quei duri anni. Che adesso erano davvero degni di essere chiamati professionisti. Perché loro erano gli starter.

Quanto alle due farfalle, anche loro provavano gli stessi sentimenti. Però erano meno agguerrite, perché si volevano un gran bene ed avevano paura di ferirsi a vicenda.

Ormai non c'era più tempo per indugiare. Anche Vera e Drew si lanciarono uno sguardo solenne. Lo sapevano bene. Sul campo non contavano i sentimenti, sul campo dovevi pensare a te stesso e basta. Ma dovevano vederla come un gioco, un: “Chissà stavolta chi tra me e te la spunta! Fammi vedere cosa sai fare!”

«Eeeee… Che l'incontro abbia inizio, signore e signori!»

Iniziarono subito con mosse potenti e combinate. Masquerain, sotto ordine svelto di Drew, aveva creato un elegante Ventargenteo che Roserade aveva poi cosparso di polvere Paralizzante. Un tornado bello da vedere ma assai pericoloso.

Vera si corrucciò un istante, prima di contrattaccare determinata: «Beautifly, coraggio, spazzalo via!»

La farfalla si fece avanti ed iniziò a sbattere le ali più veloce che poteva e con tutta la forza che aveva, per creare un muro di vento. Dall'altra parte, però, il tornado che brillava d'arancio spingeva con altrettanta determinazione. Proprio quando il muro iniziò a vacillare Blaziken gli si parò davanti, lanciando un attacco Lanciafiamme, che riuscì sia ad eludere il tornado sia a colpire gli avversari.

«Niente male, Vera, complimenti» il tono di Drew era quasi malizioso, fin troppo tranquillo. Approfittando della cortina di fumo che era esplosa sul campo dopo la collisione, Masquerain, senza alcun cenno di preavviso, iniziò a muoversi a zigzag e a lanciare fuori scie di Geloraggio che squarciarono la nuvola ancora non dissolta. I due avversari, un po' in difficoltà, le evitavano scansandosi goffamente da una parte all'altra.

«Rosè!» D'improvviso, al Geloraggio s'aggiunse un'ondata di Fogliamagica che andò a colpire come frecce i due Pokémon, danneggiando leggermente sia loro sia il loro punteggio.

Alche Vera decise che era ora di smetterla con gli attacchi a distanza ed affrontarsi faccia a faccia. «Vai a prenderli, Blaziken! Usa tutto il tuo repertorio!»

All'ordine, lo starter scattò veloce come un ninja verso la nuvola avversaria, che ormai si stava lievemente dissolvendo. Una volta là, iniziò a sferrare calci a non finire, calci di fuoco, calci potenti, calci lunghi, calci, calci, calci, in ogni direzione, alla cieca, captando i suoni e i movimenti nemici. I due padroni non potevano vedere cosa stava succedendo all'interno sfocato della nuvola, sentivano soltanto una serie di colpi che andavano a segno l'uno contro l'altro.

«Non mi piacciono gli appuntamenti al buio… Ventargenteo!»

Masquerain in un attimo spazzò del tutto via la nuvola, facendo chiarore sulla situazione. Roserade, un po' ammaccato, si teneva una rosa sulla pancia, mentre Blaziken, più in là, era inginocchiato a riprendere fiato. Il più danneggiato era Roserade, che aveva ricevuto dei Calciardenti in pieno ventre, ma in compenso Blaziken era fermo per colpa delle spore paralizzanti che gli erano finite addosso e si sentiva pervaso da una scossa se provava a muovere troppo i muscoli.

«Forza, bambina mia, non mollareeee!» gridava Norman, cercando quasi di scavalcare le tribune per stare più vicino a lei.

«Sì, coraggio sorellona!»

Il cuore di Vera, che fino ad allora non aveva smesso di battere all'impazzata, venne scaldato da quegli incoraggiamenti delle persone che le volevano bene. Le sentiva vicine, doveva vincere anche per loro, soprattutto per Lucinda, ma ancora di più per se stessa.

Drew non aveva bisogno di controllare tra il pubblico: sapeva che Violetta lo stava osservando a braccia incrociate e lo sosteneva. Drew era sempre stato indipendente, si era sempre rialzato da solo da ogni caduta e stavolta non avrebbe fatto eccezione.

Lo scontro proseguì acceso poco dopo, ma i bersagli s'invertirono: Blaziken cercava di colpire Masquerain con Stramontante, il quale si difendeva a suon di bolle, mentre Roserade lanciava una foglia stregata dopo l'altra mirando a Beautifly, che creava nell'aria piccoli giochi di Millebave per difendersi. La situazione cambiò quando Drew, annoiato da quell'inutile confronto, schioccò le dita. Alche, il suo team si tirò indietro.

«Smettiamola di giocare, Vera, altrimenti non andremo da nessuna parte» fu il suo schietto commento.

La rivale, con i pugni stretti, stette pronta a una qualsiasi manovra a tradimento da parte sua. Poi i suoi muscoli si rilassarono per un attimo: aveva capito cosa intendeva con quella frase. Voleva che sfoderassero entrambi le mosse più forti che possedevano, e l'ultimo rimasto in piedi avrebbe vinto. Beh, perché no?

«Attenzione signori, sembra ci sia un cambio di scena!» esclamò Marian, un po' stranita. «Che cosa avranno in mente i nostri due finalisti?»

Si misero in posizione, in modo da risultare uno perfettamente davanti all'altro, seri ed impassibili. Poi, i volti dei due sembrarono diventare uno la metà dell'altro, mentre battaglieri ordinavano il comando finale.

Ventargenteo contro Ventargenteo, quella mossa tanto speciale che spesso le due farfalle avevano combinato in simbolo della loro unione. Accanto, però, veniva sprigionata una potenza ben più micidiale, che tagliava l'aria come burro e se qualcuno si fosse avvicinato troppo avrebbe potuto risucchiarlo. Sto parlando di una potentissima ed altissima Vampata a cui, non si sa come, teneva testa un determinato Solarraggio. Tutta questa potenza diede vita a un'esplosione, la più grande esplosione che ci sia mai stata in quell'arena che dava in aperto cielo, un'esplosione che accecò telespettatori, tifosi e persino i due sfidanti stessi, che si coprirono il viso col braccio, in trepidante attesa, venendo spazzati di poco via dalla loro posizione originale.

I secondi scorrevano lenti, mentre si cercava di capire cosa fosse successo, e soprattutto quali erano stati i danni. Quando il fumo si dissolse, la prima cosa che saltava all'occhio erano le due farfalle. Entrambe allo stremo delle loro forze, giacevano di schiena, con i disegni variopinti delle loro ali in vista.

Mentre loro… Loro sembravano knoch-out, ma non lo erano. Avevano gli occhi ancora leggermente socchiusi, e cercavano di usare le loro ultime energie per riportarsi in piedi. Perché lo sapevano. La regola era che l'ultimo rimasto in piedi sarebbe stato il vincitore.

«Coraggio, Blaziken!» gridò Vera, con il cuore in gola e gli occhi che luccicavano come due zaffiri, preoccupati. «Io lo so che puoi farcela!»

«Pikachu pìììì!» gridò Pikachu in testa al cappello di Ash.

«Puoi farcela Blaziken, non ti arrendere!» anche Max volle dargli il proprio sostegno, come tutti gli altri, che insieme gridavano ognuno una cosa diversa.

«Dai, Roserade, rialzati» disse Drew, a denti stretti e con una leggera smorfia.

In contemporanea, i due Pokémon cominciarono a muoversi, lentamente e faticosamente. Entrambi coperti di ferite, respiravano con affanno, e non sentivano quasi più i muscoli da quanto facevano male. Ma ce la stavano mettendo tutta, per i loro Allenatori, per ciò per cui avevano tanto faticato.

Io so già chi vinse, ma fate uno sforzo, non è difficile capirlo.

Per chi stava combattendo, Roserade? Per Drew, perché quello era stato fin dall'inizio il suo scopo, era sempre dovuto essere il migliore e correggere ogni più piccolo errore. Ma loro erano da soli. Non c'era nessuno a fare il tifo per lui, a sostenerlo veramente, quello sprono che avrebbe dovuto dargli la forza che gli mancava. D'improvviso gli si mozzò il respiro, e si lasciò andare, cadendo lentamente a terra, con un tonfo, che sembrò più pesante di quel che era.

Blaziken, tremante, fece l'ultimo sforzo, e ci riuscì. Riuscì a rimettersi in piedi, spinto dall'amore che provava nei confronti della sua Allenatrice, da tutti i loro sacrifici, tutte le persone che contavano su di lui. Ce l'aveva fatta.

«E la vincitrice del Grand Festival di quest'anno è… VERA DI PETALIPOLI!»

La ragazza si portò le mani al viso, mentre una cascata di lacrime incontrollate di felicità le rigava le guance. Corse subito da Blaziken, che ricadde in ginocchio dallo sforzo e si lasciò abbracciare forte dalla sua Allenatrice, che non riusciva a smettere di piangere, tant'era commossa. Lui sorrideva fiacco, sentendosi finalmente in pace con se stesso… Francamente non gli importava del successo, gli importava solo che la sua Vera fosse felice. Ella raccolse in braccio Beautifly, e si godette quegli istanti, in cui il pubblico ed i suoi amici l'acclamavano.

Dall'altra parte del campo, Drew si stava avvicinando a Roserade. Roserade si aspettava un sorriso finto, o un silenzio tombale che avrebbe seguito la sua rimessa nella sfera insieme ad un'ondata d'umiliazione. Eh no. Se fosse successo così, questo viaggio e questa storia sarebbero stati inutili.

Drew si chinò e mise una mano sulla spalla di Roserade, che al contatto sussultò. «Ehi, come mai quel muso lungo? Faremo meglio la prossima volta, compagno.» Lo starter rimase in un primo frangente sorpreso, poi tornò il sorriso anche a lui, che mise le rose al collo del suo padrone, per abbracciarlo di slancio, felice.

Vera rimase colpita da quella scena: era la prima volta che vedeva Drew così sereno, e si perse un'istante a fissarlo. Fu proprio quell'istante che i due starter avevano progettato per un anno intero e colsero al volo, scambiandosi un veloce sguardo d'intesa: Roserade spinse energicamente Drew, Blaziken spinse energicamente Vera, finché essi, imbarazzati, si trovarono vicini. Come al loro primo bacio.

Drew, stranamente, non si sentiva afflitto o arrabbiato. Anzi, sorrideva. Sorrideva, perché Vera alla fine era riuscita a superarlo. In un attimo di follia e di coraggio, s'inginocchiò proprio come un principe e le prese la mano. «Allora signorina Super Coordinatrice… Che ne direbbe di diventare la ragazza del sottoscritto?»

Stava sfidando la morte: si era dimenticato di Norman tra il pubblico, che in quel momento aveva la bocca spalancata dallo shock. Non solo lui: quella dichiarazione aveva sconvolto tutto il pubblico, e ancor più Vera, a cui luccicavano gli occhi dall'emozione. Non avrebbe mai pensato che Drew avrebbe compiuto un gesto così carino, ignorando tutti i presenti. Questo significava che era davvero innamorato di lei e non aveva voluto annunciarlo solo a lei, ma anche al resto del mondo.

Gli rispose con un bacio impulsivo, gettandosi tra le sue braccia, in quello che era il giorno più bello della sua vita, tra fischi maliziosi del pubblico, i sorrisi contenti dei loro amici in tribuna e quelli fieri dei loro starter che assistevano alla scena a braccia incrociate.

 

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Angolo Autrice
Calma Alex. Respira. Hai soltanto FINITO UNA STORIA DI 50 CAP CHE ANDAVA AVANTI DA QUASI TRE ANNI
NULLA DI CHE INSOMMA
Ah
Fermi qui voi lettori, dove pensate di andare :3 c'è ancora l'epilogo, obv-
Cercherò di pubblicarlo DOMANI, perciò tenete d'occhio la storia.
È davvero un traguardo fantastico per me e ringrazio come sempre chi ancora mi supporta e mi sostiene dopo tutto questo tempo.
-H.H.-

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Capitolo 52
*** Epilogo ***


♥ Desire to be together ♥

~ Epilogo ~

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E così alla fine Vera era riuscita a realizzare il suo sogno. Era una Super Coordinatrice, aveva superato Drew, dimostrando che l'affetto a volte conta di più degli allenamenti.
C'era stata la premiazione e si era inchinata un'ultima volta davanti al pubblico, mentre la stampa si faceva avanti per fotografarla. Anche suo padre, che non la smetteva di piangere come un rubinetto rotto, l’aveva fotograta da ogni angolazione possibile con la lucente Coppa Fiocco in mano.
A proposito di foto: Drew, nel frattempo, litigava con sua sorella che, ridendo ed approfittando del proprio corpo slanciato, teneva in alto il telefonino per non farglielo raggiungere. Non avrebbe mai immaginato che il suo fratellino potesse cambiare così tanto a causa di una ragazza, al punto di non arrabbiarsi dopo una sconfitta importante ma addirittura inginocchiarsi a chiederle fidanzamento. La foto dov'era inginocchiato doveva assolutamente fare il giro di tutti i loro parenti! Quando Drew si rassegnò con uno sbuffo, la sorella gli scompigliò amorevolmente i capelli prima che se ne andasse. Era rimasto ancora un po' brontolone come quando era piccolo, in fondo.
 
Ormai era calata la sera ed erano tutti in un'area allestita a festa. Vera era molto in imbarazzo dal fatto che tutto ciò fosse stato preparato per lei e vi partecipassero così tante persone, quasi come nel regno di Camelon. I lampadari di cristallo erano splendidi e illuminavano la stanza piena di persone. Nei tavoli del buffet c'era qualunque cosa, dalla carne al pesce, dal succo di frutta al vino. E naturalmente lei era incollata lì, entusiasta di mangiare finalmente qualcosa di diverso da ciò che offriva il Ristorante Sette Stelle. Finché qualcuno non le schermò delicatamente il viso con le mani. Si girò, ancora con la bocca piena di cibo come un Pachirisu.
«Mi concede questo ballo?» chiese Drew, con nonchalance, una nonchalance a cui lei non seppe dire di no e dimenticò in un istante ciò che stava facendo prima.
Iniziarono a piroettare sulla pista, Vera con lo stesso vestito elegante dello scontro e Drew in smoking. Passarono insieme quel momento speciale, il primo vero momento romantico da fidanzati.
A Vera venne poi un'idea, vedendo che anche Ash e Misty stavano goffamente e timidamente ballando da un po'. «Ci scambiamo i cavalieri?» chiese allegra, staccando le sue mani da quelle di Drew e prendendo quelle calde di Ash, senza aspettare nemmeno risposta.
Non appena si guardarono, lei e il suo “mentore” sorrisero.
«Complimenti Vera, sei stata bravissima» le disse, con dolcezza.
Lei si sporse per dargli un innocente bacio sulla guancia. «Grazie, Ash! È anche merito tuo se sono arrivata fino a qui…»
«Ma no, che dici, è solo merito del tuo impegno!»
A interrompere la loro conversazione fu Lucinda, fino a poco prima cullata da un abbraccio lunghissimo con Gary, che si frappose tra i due. «Ora tocca a me!» disse soltanto, afferrando tranquilla e sorridente le mani di Ash, mentre Vera finiva faccia a faccia con un Gary un po' sorpreso.
«Ehm, salve» cercò di sdrammatizzare, mentre lui, da buon cavaliere, la trascinava in un ballo formale, senza batter ciglio. Era molto carino Gary, il ritratto della perfezione e della bellezza, ma preferiva non entrare troppo in confidenza con lui. Era imbarazzata, forse, dalla sua vaga somiglianza caratteriale con Drew.
Continuava a tener d'occhio gli altri e fu ben felice di aver raggiunto Misty e Drew, che fino ad allora avevano ballato sorridendosi quietamente a vicenda. «Caaaambio!» Vera si appigliò alla spalla di Drew, che ricevette abilmente di nuovo le sue mani, mentre Misty finì appiccicata a Gary e, sempre con l'imbarazzo che regnava sovrano, cominciarono a danzare distogliendo orgogliosamente lo sguardo l'uno dall'altro. Il loro ballo non durò molto, perché il ricercatore si sentì picchiettare una spalla e si trovò davanti Max, a braccia incrociate. «Vorrei ballare io con lei» disse, gonfiando il petto come un Torchic che vuole sembrare già un Combusken.
-Ah, contento tu: tutta tua. -
Mollò subito le mani della Capopalestra, che fece un sorriso intenerito e afferrò quelle di Max. Lui si stupì di quanto fossero fresche e distolse lo sguardo, portandolo al pavimento, mentre danzavano piano. Quando li vide, Vera per poco non scoppiò a ridere: il suo fratellino così imbarazzato era davvero buffo!
 
Più tardi, Vera e Drew andarono fuori, lontani dal caos della festa. Si sedettero vicini sulla sabbia, cullati dal rumore delle onde.
Pensavano a tutto ciò che era successo durante quell'anno. Ne avevano passate di cotte e di crude, davvero. Erano stati ovunque, ma proprio ovunque. Si erano presi a schizzi d'acqua di mare, a palle di fango e di neve. Erano stati al mercato, al centro commerciale, sdraiati in un campo di fiori e persino in una cucina a preparare Poffin. Avevano visto l'arcobaleno, l'alba, il tramonto, ed erano stati insieme in barca al chiaro di luna. Affrontando il caldo insopportabile, un acquazzone con i tuoni e un'immancabile bufera di neve. Avevano volato insieme in mezzo alla nebbia, remato su un lago ghiacciato. Erano stati in sacchi a pelo all'aperto, in Centri Pokémon e hotel. Avevano ballato come quella sera stessa, si erano arrabbiati spesso e si erano dati il loro primo bacio.
E adesso eccoli lì, a tenersi timidamente ma saldamente la mano, sotto la notte scura e stellata.
«Senti, Drew… Ecco, io…» cominciò Vera, rompendo il silenzio. «Volevo chiederti… Ti è piaciuto questo viaggio?»
«Ma che domande fai, sciocca» le rispose lui, un po' acido. «Certo, non c'è nemmeno bisogno di chiederlo.»
Lei gonfiò le guance, fingendosi arrabbiata con lui. «Sempre il solito.» Poi rivolse uno sguardo meravigliato al cielo, nell'istante in cui cadde una stella. «Drew! Drew! L'hai vista?!» gli chiese, cambiando del tutto atteggiamento e guardandolo con occhi luccicanti d'emozione.
«Sì, e ho anche espresso un desiderio… Ma forse non ce n'era bisogno, dato che si è già avverato da un pezzo.»
«Eh? Che desiderio sarebbe?»
Drew preferì non replicare e scosse il capo, ridacchiando lievemente tra sé. L'unico desiderio che gli era venuto in mente in quel momento era di stare per sempre con Vera, ma sapeva già di suo che ciò non dipendeva da una stella… E si era già avverato.




 

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Angolo Autrice

Caspita, ragazzi, io… C-Ce l'ho fatta… Ho finito Desire. Ancora non mi sembra vero. Dopo due anni e mezzo.

Ringrazio da morire chi mi ha spronata ad aggiornare, chi ha fatto lo sforzo di recensire per quella mia fissa del numero delle recensioni, per chi nonostante molti capitoli fossero infantili ha continuato a seguire pazientemente, grazie a chi è arrivato in fondo, grazie per avermi spronata a continuare nonostante all'inizio non fossi brava, per non avermi tolto subito le ali, per così dire.

Ho visto che – siccome è stato pubblicato insieme a questo – il capitolo 50 non sta venendo letto e mi dispiace, perché a mio parere è anche uno dei più belli. Dateci un'occhiata, uhm? Soprattutto la fine!

Scusate, ma preferisco lasciarvi in grande stile, invece che con un semplice saluto, condividendo con voi un piccolo sclero a parte! Buona lettura:

 

L'autrice Alex, dopo due lunghi anni di lavoro e con una stupida canzoncina giapponese nelle orecchie, si prese un attimo di riposo dopo aver scritto le ultime righe dell'epilogo di Desire. Ancora non le sembrava vero di aver finalmente finito quell'impresa folle.
«Già, sei stata proprio folle!»
«Eh? Chi ha parlato?» chiese Alex, spaventata, scattando sulla sua sedia.
In quel momento successe una delle cose più improbabili di questo mondo, ma non dimentichiamo che questa è una fanfiction. Davanti a lei apparvero, con le braccia sui fianchi e un'espressione corrucciata, Vera e Drew.
«Ma insomma, ti rendi conto di quello che ci hai fatto fare?» protestò Drew, allargando le braccia in segno d'esasperazione. «L'episodio della spiaggia… La foto!» continuò poi, quasi disperato.
«E che dire di me?!» intervenne poi Vera. «La cosa dei bambini… Il ciclo…!»
«Suvvia, ragazzi» cercò di calmarli Alex. «Avete avuto molto successo, eh. E poi… Non erano cose così terribili, dai.»
I due sospirarono, coscienti che fosse inutile protestare ormai, perché era tutto scritto e pubblicato e l'avevano già letto in tantissimi.
«Ma la prossima volta non farmi piangere. Mai più. Né scene come quelle sulla spiaggia!»
«E per me niente più cose imbarazzanti, per favore!»
Anche Alex sospirò e gli concesse un cenno del capo in assenso, mentre si dondolava sulla sua sedia cigolante. «Okay, terrò presente queste cose per la nuova serie» disse, distrattamente.
«Nuova serie!?!» scandirono in coro i due, già allarmatissimi.
Alex si scostò con improvvisata classe una ciocca di capelli – come un certo personaggio che durante questa storia ha fatto anche troppe volte – e con due click del mouse mostrò loro un'altra cartella.
«”Looking Ahead”… Che cos'è?» fu l'ingenua domanda di Vera, mentre Drew già si corrucciava.
«Semplice, Veruccia cara, sarà la storia che racconterà il concepimento e la crescita dei vostri figli.» Alla parola “figli”, pronunciata con così tanta naturalezza, entrambi sobbalzarono, diventando rossi come due Baccamodoro.
«Wo, wo, wo, frena.» Drew deglutì prima di formulare la fatidica domanda: «Tu… Hai intenzione di… Farci avere… Dei figli…?» chiese, con estrema fatica, come se l'idea gli sembrasse davvero improponibile.
«Uh, sì sì, ne avrete ben tre, ho già la bozza della vostra prima volta e…»
«DAMMI QUEL COMPUTER!» Drew, trattenuto malamente in vita da Vera, cercava di raggiungere il portatile sulla scrivania di Alex. «Non ti permetterò di scrivere altre cose compromettenti su di me…!»
«Ma non sono compromettenti» obiettò Alex, offesa. «Dai, fidatevi di me, la prossima volta farò un buon lavoro!»
Drew sbuffò, liberandosi dalla presa di Vera. «Sarà meglio.»
«Beh, Alex, fai quello che ti senti» concluse infine. «Tanto ormai, più rovinati di così! Giusto, Drew?»
Il verde fece un cenno col capo in assenso e poi un colpetto di tosse. «Già. Beh, eravamo solo passati per un saluto, ora penso che dovremmo andare. Giusto, Vera?»
«Di già?» mugugnò lei, delusa.
«No, dai, restate! Ci prendiamo un tè con le Gocciole!»
«Sìììì, biscotti!» esclamò Vera, così a Drew non restò altro che accettare quel bizzarro invito in quella bizzarra situazione.
Alex andò in cucina a prendere il pacco dei biscotti e a mettere su il tè. Nell'attesa si girò, con le mani dietro la schiena, rivolgendosi a voi. Sì, proprio voi che state leggendo queste righe in questo momento. «Entro la fine del secolo pubblicherò la storia dei figli di Vera e Drew, o direttamente il viaggio dei figli. Spero che mi seguirete anche allora nei miei umili scleri! Grazie per tutto il vostro sostegno, alla prossima! ♥»
 
Nel frattempo, in camera…
«Guarda! C'è una cartella di immagini chiamata “Contest”, la apriamo?»
«ALEEEEEEEEEEX!»

 

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