Love is a duel.

di KriStewlove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Love is a duel - prologo

Prologo.


Ogni ragazzina sogna il vero amore, il primo amore, io NO.
Ho paura dell'amore, ho paura del sentimento che può legare due persone, perché mai nella mia vita ho avuto amore da qualcuno. Certo, avevo mia sorella Rose e Alex che sono stati le uniche persone che mi abbiano dimostrato un po’ d'affetto nella mia vita, ma nulla di più, anzi la mia vita è iniziata nel peggiore dei modi. Come nelle favore il papà per ogni bambina è il proprio eroe, colui che la salva da tutto e tutti, che vizia e coccola la sua principessa, perché si, le bambine per i loro papà sono sempre delle principesse. Io non ho un padre, ho un mostro, non ricordo nemmeno l'ultima volta che abbia pensato a quell'uomo, l'uomo che ci ha cresciuto -per modo di dire- come mio padre.
Lui ha cresciuto me e mia sorella nel terrore, ci incolpa da sempre della morte di nostra madre, non ha mai voluto bene a nessuna delle due.
Siamo sempre state maltrattate da lui, se facevamo i capricci -cosa normale per due bambine piccole-, lui ci picchiava, e non come un genitore che da una sculacciata al figlio, perché fa il monello, no, lui ci picchiava per farci male e ci lasciava i lividi su tutto il corpo. Quando andavamo a scuola, si giustificava con le maestre dicendo che eravamo cadute dalle scale giocando, ma dopo un po’ nemmeno le maestre , non gli credevano più.
Appena dicevano qualcosa, beh era servito loro lo stesso trattamento che lui riservava a noi.
Con il tempo è diventato un alcolizzato oltre che violento. Più crescevamo più la sua violenza nei nostri confronti aumentava, non potevamo farci nulla eravamo solo due bambine e davanti a lui eravamo impotenti, non riuscivamo a fare nulla.
Crescendo i suoi modi di fare sono peggiorati, dalla sola violenza corporale, in altre parole essere picchiate e ferite mentalmente, ha iniziato anche a voler abusare di noi.


26 giugno 2005 // 26 giugno 2010
Quante volte si sentiva alla tv, degli abusi domestici, di quegli uomini che maltrattavano le moglie e abusavano di loro contro il proprio volere, beh noi eravamo le sue figlie non la propria moglie, ma era la stessa cosa. Questa storia ebbe inizio tutto nel giorno del mio tredicesimo compleanno, quando stranamente lui tornò a casa invece di andare in giro a sbronzarsi, venne da noi e con un sorriso farlo ci augurò buon compleanno.
<< A bambine mie oggi siete diventate delle piccole donnine! >> la sua voce faceva paura, ma più delle altre volte, c'era qualcosa che si leggeva nei suoi occhi, si leggeva che avrebbe fatto qualcosa di cattivo, di sporco che ci avrebbe segnato per tutta la vita.
Noi eravamo lì rannicchiate in un angolo, un’abbracciata all'altra che tremavamo al solo suono della sua voce, ci aspettavamo che lui come ogni sera entrasse nella sua stanza, prendesse la cintura e una volta di nuovo davanti a noi avrebbe iniziato il suo hobby preferito, fustigarci fino a farci uscire il sangue dalle braccia e dalle gambe.
No, quella sera aveva tutt'altro per la mente. << chi delle due vuole una sorpresa ?>> iniziò a dire avanzando verso di noi, più lui avanzava più noi ci addossavamo al muro. Vedevo mia sorella tremare, Rose era sempre stata la più fragile, certo la più giocherellona, colei che, anche se tutto era buio voleva vedere il bello delle cose, ma quella volta vedevo l'orrore e la paura nei suoi occhi, e non volevo, non volevo che lei stesse cosi male.
Così pensai se mi facevo avanti io, lui avrebbe fatto male a me risparmiando lei, e così fu. Mi alzai e avanzai verso di lui con la testa bassa, senza mai guardarlo, era sempre stato così lui parlava noi obbedivamo, guai se cercavamo di ribellarci.
Rabbrividì e subito gli risposi << no. >> alzai lo sguardo e per la prima volta in vita mia lo guardai in faccia, non potevo lasciargli fare del male anche a Rose.
 
 << Picchia me, fa quello che devi ma non toccare lei. >>. La sua reazione alla mia proposta fu quella di venire da me squadrarmi e sfiorarmi con quelle mani che ancora adesso al solo pensiero mi provocano brividi di disgusto e paura<< beh forse posso accontentarti, sul corpicino mingherlino di tua sorella non ci sarebbe sfizio, mentre il tuo... >>.
Da quel giorno, ogni giorno per tre anni lui ha abusato di me, più e più volte, e se cercavo di ribellarmi, mi picchiava, cosi forte che più di una volta ho dovuto correre in ospedale. Non so cosa significa fare l'amore con qualcuno, non ho mai avuto una prima volta come le ragazzine normali, io lasciavo che lui facesse quelle cose, solo ed esclusivamente per non far sì che lo stesso trattamento veniva inflitto a mia sorella, che era ed è tutta la mia vita.
Non mi pento della mia decisione, certo ora sarò segnata a vita, mi porterò dentro di me questa cosa per sempre.
Ma sono contenta che in questi anni lei non è mai stata toccata, almeno non in quel senso, lei è ancora immacolata, la sua virtù la donerà a chi vorrà, a chi amerà e chi l'amerà sul serio. Io beh, per me non conta, ormai per me è diventata una cosa in-colore, è il grigio per me il sesso è il grigio. [...]
Erano passati anni da quel giorno ora crescendo, ho realizzato cosa mi succedeva , forse sono cresciuta troppo in fretta, o forse un infanzia io non l'ho mai avuta, ma ogni sera quando lui faceva i suoi porci comodi mi guardavo allo specchio e mi facevo schifo, mi facevo schifo perché, colui che doveva essere mio padre aveva abusato di me, del mio corpo della mia integrità fisica e mentale e io non riuscivo a far nulla.
Un giorno però dopo aver visto un servizio alla TV, dove una ragazza segregata in casa da un uomo, era morta e seppellita nel giardino di casa, presi una decisione... non volevo fare la sua stessa fine, non volevo quello per me e mia sorella, dovevo andarmene, dovevamo scappare.
 
 Così il giorno del nostro sedicesimo compleanno, mi svegliai di buona ora, andai in bagno facendo attenzione a non far rumore, non volevo svegliare Rose era ancora presto e lei era stanca, la sera prima "il mostro" aveva dato lei il suo regalo di compleanno, l'aveva picchiata fin quando le sue mani non erano diventate rosse.
Mi guardai allo specchio e con quel poco trucco che avevo, iniziai a coprire tutte le lividure e i segni che lui aveva lasciato sul mio corpo, volevo crearmi una vita migliore, certo avremmo avuto difficoltà, non avevamo un lavoro, non avevamo un posto, dove andare, ma tutto sarebbe stato meglio di vivere lì con lui.
Nel tardo pomeriggio, una volta spiegato a Rose ciò che avevo intenzione di fare, guardai l'orologio e controllai che ci fossero almeno 4 ore di tempo per scappare prima che lui tornasse. Presi i documenti di entrambe, rubai dei soldi che lui teneva nel cassetto della biancheria e preso le poche cose che avevamo, uscimmo di casa, chiudendoci per sempre dietro di noi quella porta che dava accesso alla casa degli orrori, alla casa della nostra infanzia tormentata e oppressiva.
Una volta uscite da li tirammo un sospiro di sollievo e prendendo la mano della mia sorellina << Ora riusciremo a vivere Rose, riusciremo a respirare finalmente. >> lei mi sorrise e si strinse a me, vedere il suo sorriso era la cosa più bella che potessi mai desiderare in quel momento.
Rubammo la sua macchina, e fui soddisfatta perché quella fu la prima volta che disubbidì a lui ed ero fiera di me.
Non sapevo, dove andare, ma virai dritto verso la prima autostrada, dopo due ore di viaggio mi fermai, e pensai che ormai a quell'ora lui già fosse di ritorno a casa, e avrebbe visto che noi non c'eravamo più, non avevamo cellulari, non avevamo nulla con il quale lui potesse mai rintracciarci, io avevo tagliato i capelli e Rose aveva tinto i suoi cosi che, se lui avesse messo degli annunci per cercarci, nessuno ci avesse riconosciuto.
Ok, l'ammetto avevo elaborato quel piano da un bel po’. Sorrisi di me stessa e rimisi in moto, guardai i cartelloni stradali e decisi la meta predestinata, Los Angeles.
Una delle città più caotiche del mondo, chi mai sarebbe riuscito a trovare due gemelle li ? Nessuno, nemmeno lui.

"Only a life lived for others is a life worth living" Einstein.

Arrivate a Los Angeles, dopo un giorno di viaggio, non sapevamo, dove andare, eravamo li, in una città nuova, dove non conoscevamo nessuno.
Avevamo solo 15 anni, non eravamo mai uscite di casa se non per fare la spesa e comprare il giornale al mostro, non sapevamo rapportarci molto con le persone gli unici contatti avuti sono stati quelli con i nostri compagni di scuola e le nostre insegnanti.
Per noi in quel momento c'eravamo solo l'una per l'altra, non avevamo altre persone con cui rapportarci, ormai eravamo libere da lui certo, ma sole al mondo. Sapevo che se ci impegnavamo c'è l'avremmo fatta, avremmo avuto una vita, un po’ più decorosa di quella che facevamo prima, almeno questo era ciò che pensavo a 15 anni una volta arrivata li nella terra delle Star.
Per due giorni andammo vagando per la città come due senza tetto, dormivamo in macchina e mangiavamo qualcosa al fast-food.
Avevamo tanto tempo per pensare, per capire come andare avanti, in un primo momento pensai che dovessi trovarmi un lavoro, almeno cosi avremmo potuto trovarci qualcosa da mangiare e chi sa forse un piccolo alloggio, ma ben presto mi resi conto che nessuno prendeva a lavorare una ragazzina di 15 anni appena.
Un giorno però incontrammo un signore, beh non che fosse un tizio molto raccomandabile, ma lui ci disse che se volevamo potevamo avere dei documenti falsi, ma in cambio voleva l'orologio che avevo al polso.
In quel momento ringraziai mentalmente di averlo rubato qualche giorno prima al mostro, l'avevo fatto perché quell'orologio mi era sempre piaciuto, non credevo che potesse valere tanti soldi.
Beh sta il fatto che ci tornò utile, ora avevamo dei documenti falsi Non eravamo più Destiny e Rose Miller ma eravamo Destiny e Rose Cassedy.
Questo cognome l'ho scelto io, era il cognome di uno dei miei protagonisti preferiti del romando On the road. Nessuno ci avrebbe rintracciato cosi, perlomeno non nostro padre.
I giorni passavano e noi non avevamo molto da fare, avevamo trovato un alloggio, in una vecchia casa dismessa, non era messa molto male ma almeno poteva essere funzionale per me e mia sorella, e passarci almeno la notte.
 
<< Rose, su svegliati oggi si va a scuola. >> una mattina di settembre due mesi dopo essere arrivate a Los Angeles avevo deciso che saremmo continuato ad andare a scuola, avevamo dei documenti e in questo stato tutti erano liberi e quindi non avrebbero fatto tanti problemi ad accettarci, e cosi fu.
Non dicemmo a nessuno che non avevamo dei genitori, che eravamo sole, eravamo delle ragazze normali che frequentavano una scuola normale.
Molte volte facevo un po’ da mamma a Rose, anche se avevamo la stessa età lei era quella che vedeva la vita come una favola, voleva giocare e scherzare sempre e a volte volevo essere come lei e non preoccuparmi sempre di tutto anche perché avevo solo 15 anni.
Non avevamo più molti soldi, erano passati due mesi da quando eravamo scappate da casa nostra, e con noi avevamo guadagnato abbastanza soldi per un paio di mesi non per una vita, ormai era rimasto bene poco, cosi iniziammo a dividere ciò che avevamo per conservarli e comprarci da mangiare, avevo voglia di comprarmi nuovi vestiti ma ero costretta solo a prendere gli abiti che davano in chiesa ai senza tetto o alle famiglie più povere.
La chiesa era stata la nostra salvezza, andavamo alla mensa e i vestiti li prendevamo li, certo, erano gli unici lì a sapere di tutta la verità.


Ciò che avete appena letto è solo l'inizio ...


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Ok, ci sono!
Salve a tutti, dopo tantissimo tempo ho ripreso a scrivere, e questa volta sto entrando in un genere da me mai provato prima, sono solita scrivere su Twilight o sul cast del film, ma questa volta ho voluto provare a scrivere una originale. Spero che l'inizio vi sia piaciuto, so che forse sarà un tema un po forte e forse non a tutti piace leggere su queste cose... perà spero che mi seguirete in tanti!!
un bacione Rò

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Capitolo 1

Settembre /Dicembre 2010

I primi giorni di scuola furono molto difficili per noi, non tanto per Rose che riuscì subito ad ambientarsi e farsi un gruppo di amici, erano simpatici, divertenti e anche intelligenti, il mix perfetto per Rose.
Mentre io, beh per me è stato più difficile ambientarmi, mi guardavano tutti come un alieno, non so perché certo forse avevo un carattere un po’ troppo pompato e sicuro di me, ma ero amichevole con tutti, non capivo il motivo di tanta ostilità nei miei confronti. Ma ciò durò molto poco, perché durante il secondo mese di scuola il mio forte carattere andò a scontrarsi contro quello di Lauren Jordan, una delle ragazze più popolari della scuola.
Tutto è iniziato perché senza "volerlo”, le ero andata addosso, non l'ho fatto mica apposta? Ok forse sì, ma era così spocchiosa e antipatica che non ne potevo più, - sentirla ogni santo giorno gracchiare e dare ordini nei corridoi era diventata una cosa insopportabile - e poi dava sempre noia a mia sorella e alle sue amiche e Mike l’unico amico che avevo in quella grande scuola, qualcuno doveva fargliela pagare.
La cosa, alla fine terminò con me in punizione e lei immacolata come sempre grazie ai soldi del suo paparino che contribuiva ai fondi scolastici. Ecco cosa significava per loro essere ricche, avere tutto il mondo ai loro piedi.
Potevo evitare di litigare con qualcuno nella scuola nuova?
Ma certo che no, se no, non sarei stata Destiny Sophie Cassedy. Quel giorno la Jordan continuava a darmi fastidio, qualche giorno prima avevo deciso di aiutar un amico - Mike aveva appena capito di essere omosessuale, ma facendo parte della squadra di basket aveva paura di dirlo a tutti, le avevo ripetuto all'infinito che doveva fregarsene degli alti e che non c'era nulla di male a farlo sapere ma lui nulla, così mi chiese di far finta di stare con lui - ma per nostra sfortuna la strega della Jordan aveva sentito un nostro discorso sull’argomento, e ora minacciava di dirlo a tutta la scuola.
Infuriata come non mai, mi avventai su di lei tirandogli i cappelli, mi dava noia quando vedevo che qualcuno toccava i miei amici.
<< non permetterti più, brutta racchia, capito? >> iniziai a inveire verso di lei che si toccava ancora i capelli dolorante.
<< Perché non dirlo? Tu sei ancora più patetica di lui, fai la parte della sua ragazza, che patetica! >>. Dopo quelle parole non ci vidi più dalla rabbia e cercai di saltargli di nuovo addosso ma l'arrivo del prof Cooper
- il prof più sexy e buono che avessi mai conosciuto in vita mia- mandò in frantumi tutti i miei obiettivi.
<< Permesso, scusate… Che… cosa sta succedendo qua? >>, chiese preoccupato guardando entrambe, per poi soffermatisi su di me e guardarmi, non so se era una mia impressione, ma vedevo la delusione nei suoi occhi, così abbassai lo sguardo e sospirai per poi alzarlo e guardarlo dritto negli occhi.
 Mi guardò male per poi sgridare entrambe << Sarei felice di sapere perché due delle ragazze più capaci dell’istituto, si stavano azzuffando come due galline, in corridoio, ma sono sicuro che il Preside lo sarebbe anche di più. Vero Cassedy? Jordan? >>.
Sgranai gli occhi appena senti la parola “Presidenza”, non avevo proprio voglia di passare un pomeriggio in detenzione.
<< Adesso andate in aula. Jordan, poi né parlerò con il coordinatore della tua classe. Cassedy, tu vieni con me. E che non succeda mai più! >>.
Guardò entrambe per poi mandare tutti nelle proprie classi. Pensai subito che di sicuro mi avrebbe fatto una di quelle paternali che non sarebbero finite più, ed infatti ….
<< Tu ed io ci facciamo quattro chiacchiere >>. Con mia sorpresa però, aveva un tono di voce più calmo e meno deluso e stizzoso di poco prima.
<< Spiegherò io al professore della prima ora, il motivo del tuo ritardo >>
Annui, seguendolo nella sua aula, lui si accomodò sulla cattedra mentre io mi andai a sedere al primo banco, mi sentivo strana, ma allo stesso tempo era come se conoscessi quell’uomo da una vita, invece che da due mesi.
<< Se non ci fossi stato io, un altro insegnante ti avrebbe accompagnato dritto in presidenza, lo sai vero? >>.
Mi chiese con un tono di rimprovero << Sì… io lo so, mi dispiace, non avrei dovuto farlo! >> cercai di apparire dispiaciuta ma non lo ero per niente, anzi ero soddisfatta di ciò che avevo fatto, e non me ne sarei mai pentita.
Lui annui per poi continuare nelle sue raccomandazioni << Per questa volta chiudo un occhio ma che non si ripeta mai più, ma … oggi una punizione non te la toglie nessuno intesi, Des? >>.
Mi guardò negli occhi e quasi mi vene da dire "si papà" sorrisi e prosegui verso l'uscita dell'aula, ma subito dopo rientrai affacciandomi il tanto che bastava
<< aaa emm non mi dispiace per quello che ho fatto se lo meritava! >> dissi divertita per poi scappare e tornare nella mia classe.

Il professor Cooper era un professore eccezionale, era quasi un padre per me, o almeno era la figura che più si avvicinava ad essere un padre. Lui si comportava come un qualsiasi genitore doveva comportarsi con una figlia, anche se io per lui ero solo una semplice alunna, o almeno era quello che nei miei mesi di permanenza a Los Angeles pensavo.
Ma un anno dopo sarei venuta a scoprire che per lui ero davvero come una figlia, la figlia che la sua ex moglie gli aveva portato via.
Non ero mai stata in detenzione, nella mia vecchia scuola, mai avevo avuto una nota o un’ammonizione da parte del preside, e ora invece, mi ritrovavo in quell’aula scura, con altri delinquentelli della scuola, come se io fossi una di loro.
Fu quel giorno però, che conobbi il mio migliore amico Ethan Alexander Davis, per me solo Alex.
Eravamo rinchiusi in quell'aula entrambi da almeno un’ora e davanti a noi ne rimanevano ancora quattro da superare.
 Mi alzai dal mio posto e andai alla finestra, tanto il prof era già uscito da un po’, avevo bisogno di sgranchirmi le gambe che iniziavano a far male. << Non sai che se potrebbe beccarti, sono guai? >> una voce mi giunse alle orecchie, in un tono fastidioso, duro e gutturale, mi voltai verso colui che aveva dato aria alla bocca parlando, e lo guardai in malo - modo.
<< Davvero? Ma dai, non lo sapevo? >> dissi stizzita per poi andarmene al mio posto sculettando soddisfatta, ero sicura che il suo sguardo in quel momento fosse poggiato sul mio fondo-schiena. Il professore venne subito dopo che presi posto, beccando lui all'in piedi, mente io ero comodamente seduta al mio posto, sfoderando la mia miglior espressione da angoletto.
<< Mi dispiace per te bambino ma sono più furba di te >> , ero cattivella e dispettosa ma ero fatta così non mi fidavo di nulla e nessuno, e mettevo una specie di barriera chiamata -indifferenza e menefreghismo- tra me e tutto il mondo.
Beh, a parte mia sorella Rose. << Signor Devis forse non ha capito cosa significa la parola “d.e.t.e.n.z.i.o.n.e”! >>
Sentire la ramanzina che il prof stava impartendo a quel ragazzo mi fece sorridere, cosa che non facevo da parecchio tempo.
<< Maledetta bambina del cavolo! >> sentii imprecare il ragazzo una volta che il prof usci ancora una volta dall’aula,
-era normale una cosa del genere? Ovvero che il prof che deve controllare i ragazzi se ne esca e faccia bellamente i cavoli suoi?- credo proprio di no. Mi dispiaceva per lui, la prossima volta avrebbe fatto più attenzione e non avrebbe dovuto impicciarsi nelle cose che non riguardavano lui.
Quello fu il nostro primo incontro/scontro, da quel momento non passò giorno in cui ci incontravamo e punzecchiavamo a vicenda. Dopo di quel primo incontro capi che era un ragazzo simpatico e a modo, dovevo ammetterlo se non c'era,
lui in quella scuola sa che mortorio sarebbe stato per me.
I mesi passavano e il rapporto mio e di Alex andava mutando di giorno in giorno,
da semplici amici beh, stavamo diventando qualcosa di più.
Ben presto però, mi resi conto che forse, quel sentimento era a senso unico…


26 gennaio 2011

<< Des domani usciamo! >> fermandosi sul ciglio della strada vidi lo sguardo serio e anche un po’ preoccupato del mio amico. Di primo acchito non capi, cosa intendesse, credevo che intendesse una delle nostre solite uscite; comprare cose per la scuola, un cinema con gli amici. Non avrei mai pensato che quello era un modo per invitarmi ad uscire.  << Ok, mi passi a prendere all’angolo come sempre? Che cosa dobbiamo fare? >>.
Alex iniziò a toccarsi la nuca in imbarazzo “Ale in imbarazzo?” non era da lui, non l’avevo mai visto arrossire.
<< No, Destiny domani … usciamo, ti sto chiedendo un appuntamento! >>.
A quelle parole sbiancai, erano settimane che aspettavo una cosa così, lui mi piaceva davvero tanto ma non credevo che anche lui avesse un interesse diverso nei miei confronti.
<< Tu, non hai chiesto Alex … >> dissi divertita, guardandolo negli occhi. Sospirai mi avvicinai a lui, mi alzai sulle punte e gli diedi un bacio sulla guancia, per poi correre verso casa mia e guardarlo. Il mio fu un tacito assenso.


Per uscire Alex aveva scelto il mercoledì più freddo dell’anno, ottima scelta non c’è che dire, ma il bello era che io non riuscivo a calmarmi, ero ansiosa e un po’ preoccupata - un po’ tanto- a essere sinceri. Non ero riuscita a dormire tutta la notte, e il mattino quando la sveglia iniziò a suonare ormai era troppo tardi per andare a scuola, così decisi di non andarci, ma mandargli un messaggio per avvertirlo. Ethan mi aveva chiesto di uscire per la prima volta da ragazzo e ragazza, non più da migliori amici. Era una cosa normale per noi, uscivo spesso con lui, dovrebbe essere una cosa normale, no? Perché dovevo aver timore, o essere agitata? Sarebbe andato tutto come sempre, con un’unica differenza, ora stavamo assieme … o almeno così credevo. La sera prima al solo pensiero diventai euforica, tanto che iniziai a saltellare per tutta la casa svegliando mia sorella, che già dormiva alle nove di sera – cosa strana- pensai. A quel punto però, anche lei vedendomi, iniziò a saltellare come una pazza insieme a me. Eravamo due pazze e anche per questo che amavo così tanto mia sorella. Dopo esserci calmate , sedute sul divano con una fumante tazza di cioccolata calda, gli spiegai quello che era successo.<< Tranquilla sorellina ora inizierai a vivere il tuo sogno. >> quelle parole in altre circostanze mi avrebbero fatto felice ma con il mio passato, non fecero altro che far riaffiorare brutti pensieri. Accennai un lieve sorriso, ma subito alla mia mente vi andò un pensiero "riuscirò mai davvero ad avere una vita normale con un ragazzo? e se mi avrebbe fatto del male anche lui?". Avevo timore degli uomini, avevo paura ad approcciare con loro, perché mi riportavano alla mente le mani sudice di mio padre che incombevano su di me, che mi picchiavano e soprattutto il suo visto misto a piacere quando abusava del mio corpo. Mi faceva schifo solo a pensarlo, ma Alex non era così, l'avevo intuito sin dall'inizio ed io mi sarei fidata. Con quel pensiero il giorno dopo, usci di casa diretta al solito posto, ovvero, due isolati dopo il mio, cosi da andare insieme al Bowling vicino scuola. Non potevo permettermi di far vedere lui dove abitavo, cosi avevo optato per incontrarci direttamente li. Passammo una serata molto piacevole, e poi mi baciò. Quello fu il mio primo bacio, e fu la cosa più bella al mondo, non immaginavo che sarebbe stato così, non immaginavo che potesse farmi sentire così bene, le mie gambe sembravano gelatina.
 Lui poi, era stato di una dolcezza assurda e questo aumentava la mia voglia di averlo sempre vicino, non era stato rude e insistente ma dolce, calmo e anche premuroso. La cosa che più mi divertì quella sera, fu quando venne il mio turno di tirare, i precedenti lanci erano andati decisamente male per me, non avevo mai giocato. Così lui mi venne dietro abbracciandomi e tenendo le sue mani strette attorno alle mie che mantenevano la palla da bowling, pronta per essere lanciata. All’inizio, mi spaventai ma quando lo senti darmi un piccolo bacio dietro l'orecchio …
<< tranquilla piccola ci sono io >> beh mi sciolsi come neve al sole, sentendo quelle parole, -io mi fidavo di lui-, continuavo a ripetermi, annuì semplicemente e lanciammo la palla, insieme. Ovviamente fu Strike!

<< Sei sicura, non vuoi che ti ci accompagno, fino a casa? >> mi domandò per l’ennesima volta, da quando eravamo usciti dal Bowling se poteva accompagnarmi, ma io gentilmente declinavo sempre la sua offerta. Ma quella sera non ci riuscivo, non riuscivo proprio a dirgli di no, non volevo mentirgli più… ma dovevo. Così lo salutai con un bacio a stampo e un sorriso e piano mi incamminai verso casa. Era tardi, ma il quartiere dove abitavo non era malaccio, diciamo che ormai gli spacciatori e i ragazzi li mi conoscevano, e mi proteggevano invece di farmi fastidio, non chiedetemi perché!.  Dopo dieci minuti di cammino arrivai a destinazione. Le luci erano spente, Rose già era a letto… la vedevo sempre più debole in quel periodo, non era da lei andare a letto così presto, di solito rimaneva alzata fine a tardi per scrivere o vedere un film, ma da qualche tempo alle dieci era già a letto.  Mi stavo preoccupando.
Sospirai e pensai a quella serata appena trascorsa, mi accomodai sui primi scalini davanti al piccolo portico, e sospirai accendendomi una sigaretta, non fumavo, non era un vizio ma ogni tanto mi scappava.  I miei pensieri, però furono interrotti da un ombra che vidi davanti a me, avevo proprio il lampione li vicino quindi ogni cosa o persona l’avrei visto, subito mi parti il batticuore ma dovevo stare calma… alzai lo sguardo e tirai un sospiro di sollievo. Ma il secondo dopo fui assalita dal panico più totale.
Mi alzai all’in piedi e cercai di salire uno scalino, ma una mano mi bloccò afferrano il mio polso.
<< Perché? >>. Una semplice domanda.
Lo guardai e feci spallucce, stringendomi nel mio cappotto e affondando sempre di più il viso nella sciarpa.
<< Perché cosa? >> Domandai, come se non sapessi a cosa si riferisse. Sapevo bene cosa voleva sapere ma non ne avevo il coraggio, non riuscivo a dire ciò che portavo dentro ormai da quasi una vita.
<< Questo, Des! Il posto dove vivi, il quartiere… perché? >> Era arrabbiato, era logico, lo capivo benissimo, venire a sapere che la propria migliore amica, ed ora ragazza gli mentiva.
<< Che dovevo dirti che vivo nel posto più squallido di LA? >> sospirai.  << Ho preferito di no >>. Tutta la sicurezza che avevo sempre avuto con lui, sparì all’improvviso, poco dopo mi ritrovai a piangere tra le sue braccia, seduti su quelle scale. Quella notte gli raccontai tutto, tutta la mia vita, mi fidavo di lui e volevo che conoscesse anche le cose brutte di me, che conoscesse la vera me.  Non mi ha mai giudicata, ne compatita, ma in lui vedevo la rabbia che cresceva parola dopo parola…era la rabbia verso quell’uomo che mi aveva segnato per la vita.

 Il 26 gennaio rimarrà per sempre una data da ricordare, e una data fissa sul mio calendario.


I mesi passarono e con lui beh era fantastico, posso dire che fu il primo uomo e probabilmente anche l'unico che mi faceva sentire amata, anche la nostra prima volta, fu una di quelle cose dolci e piene d'amore. Certo la paura all'inizio per me c'era, non volevo farmi toccare, ma lui sapendo ciò che avevo passato non mi diede mai fretta, fin quando non fui io una sera a dire lui che ero pronta. E quella sera fu una delle più belle. Continuammo cosi per un paio di mesi, ma mia sorella non stava bene, era sempre giù di morale -cosa non da lei-, affaticata e con forti fitte allo stomaco. Cosi un giorno con l'aiuto di Ethan la portai in ospedale, e lì quel giorno il 12 marzo, i medici mi dissero che mia sorella era malata, mia sorella aveva il cancro, e noi non avevamo i soldi necessari per le cure che le servivano. Non dissi mai nulla di questo problema a Alex, e feci una cosa che mai avrei voluto fare ma li ormai non era più il posto adatto a noi. Così decisi di nuovo di partire e andare chi sa dove, ma in un posto dove avrei potuto far curare mia sorella, e li nella città dei ricconi non era possibile. L'ultimo giorno alla Crenshaw High School, successe ciò che mai avrei voluto vedere e fare in vita mia, dire addio ad Alex.

<< Non puoi farmi questo Des, io ho bisogno di te come te hai bisogno di me! >> il suo tono era, duro e pieno di rabbia, ma anche di tristezza, ormai avevo imparato a conoscere ogni sfumatura dei suoi occhi. << Beh mia sorella ha bisogno di me! e lei è tutto ciò che ho>> dissi a mia volta, iniziando a piangere come una fontana, perché non capiva che anche per me era difficile dirgli addio, ma lui aveva una vita li, sarebbe andato avanti anche senza di me, mentre io avevo solo mia sorella Rose e se avrei perso lei non aveva più senso vivere. << Come vuoi addio Destiny, ricordati però che qui avevi qualcun altro che ti amava. >>. quelle furono le ultime parole che senti uscire dalla bocca di Alex, mi amava come io amavo lui? Si, forse si, ma io in quel momento  dovevo pensare a Rose.


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Salve salvinooo !!
Sera a tutti, finalmente ho finito di scrivere questo capitolo!! Voglio precisare qualche cosa, se leggete (Alex o Ethan) non ho fatto io confusione, è fatto apposta, è la stessa persona ! Solo avedno due nomi questo benedetto ragazzo, Destiny lo chiama in entrambi i modi e un suo modo di fare ihihihi. Pooooi... se trovate alcuni strafalcioni ç_ç chiedo clemenza ma non ho ancora una beta quindi cerco di fare del mio meglio xD Inoltre questi primi capitoli, sono solo l'introduzione alla vera storia che inizierò a postare partendo dal quarto capitolo, quindi anche il prossimo sarà una panoramica su come Des e Rose arrivano nella nuova città ùù che non vi dico ancoraaa ahahaha
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e se volete un commentino a me farebbe piacerlo avere eh !!
un bacione Rò


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