Fallen Angel di _Whatever_ (/viewuser.php?uid=260680)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Help me...define the light that shines on me ***
Capitolo 2: *** Rock'n'roll star ***
Capitolo 3: *** Here's a thought for every man who tries to understand What is in his hands ***
Capitolo 4: *** And when I leave this planet You know I'd stay but I just can't stand it and I can feel the warning signs running around my mind ***
Capitolo 5: *** Whatever ***
Capitolo 6: *** Live forever ***
Capitolo 7: *** You need to find a way for what you want to say But before tomorrow ***
Capitolo 8: *** Need a little time to wake up ***
Capitolo 9: *** Don't look back in anger ***
Capitolo 10: *** Will you pass me down the wine? ***
Capitolo 11: *** But you're gonna need a line ***
Capitolo 12: *** Up in the sky ***
Capitolo 13: *** Talk Tonight ***
Capitolo 14: *** Half the world away ***
Capitolo 15: *** he's got a cousin ***
Capitolo 16: *** Married with Children ***
Capitolo 1 *** Help me...define the light that shines on me ***
La casa famiglia a cui ho dedicato praticamente tutta la mia vita aveva chiuso, perché non riceveva più i finanziamenti necessari per tirare avanti la baracca e quindi mi ritrovavo senza un lavoro e soprattutto con un curriculum vitae abbastanza fiacco, visto che le uniche esperienze lavorative si erano concentrate soprattutto nell’ambito del recupero dei tossicodipendenti, aiuto per i disabili e servizi per i minori.
Tutti, quando avevo iniziato a studiare, mi chiedevano perché volessi intraprendere una carriera, se così si poteva definire per loro, di questo tipo.
Nessuno riusciva a capire che cosa ci trovassi di così affascinante.
La mia è una famiglia borghese e non ho mai avuto problemi di sorta. Dopo il liceo, i miei genitori credevano che mi sarei iscritta a economia o a giurisprudenza e, devo ammettere, di aver sorpreso tutti, anche me, con la decisione di iniziare un percorso così “originale”.
Non sono mai stata una persona coraggiosa, però dopo l’esperienza del volontariato, fatta attraverso il liceo, ho capito quello che davvero volevo fare della mia vita.
Finiti gli studi, mi sono subito messa a cercare un posto dove potessi essere utile e vi posso assicurare che non ce ne sono molti.
All’inizio mi ero ritrovata a lavorare in una clinica privata piena di personaggi famosi in rehab, ma per quanto anche loro avessero bisogno di qualcuno che li supportasse, mi sentivo un tantino inutile, perché il pregiudizio, un fattore che dovevo eliminare per il mio lavoro, che fossero solo dei bambini viziati, non riusciva ad abbandonarmi e quindi dopo poco di un anno mi sono licenziata.
Il pregiudizio e in genere, ogni tipo di giudizio personale, non è permesso nel mio tipo di lavoro.
Pochi giorni dopo aver abbandonato un lavoro che agli occhi dei più poteva considerarsi appagante, mi sono rivolta al prete di una parrocchia di periferia e, nonostante sia atea, ho iniziato a lavorare nella casa famiglia di questa parrocchia.
Inutile dire che mi stava andando tutto bene, perché questo impiego mi stimolava ed ero a contatto con gente vera, con problemi reali, e non creati dall’eccesso di fama o di soldi.
Le rogne però arrivano e questa volta avevano la forma delle famiglie del quartiere che non erano felici di ospitare nella loro zona questa casa famiglia e quindi eccomi qui al colloquio con lei”
Forse ero stata un po’ logorroica, ma questo tizio, di cui mi ero già scordata il nome, non si era accorto del fatto che mi fossi preparata un discorso; sarebbe potuto sembrare patetico, ma avevo bisogno di quel lavoro.
“Capisco…vede signorina Payne, David mi aveva già detto queste cose e lei mi sembra un’ottima candidata, però è necessario che lei capisca la difficoltà dell’impiego, quindi devo farle delle domande e, se le sembrano strane, quando il colloquio sarà finito, capirà il motivo della mia “originalità”.Quanto era pomposo questo tizio?
“D’accordo” risposi, cercando di sembrare rilassata.
“Lei beve?”
“Sono astemia”
“Fuma?”. Non mi piaceva molto questo tizio, mi sembrava di essere nel bel mezzo di un interrogatorio, piuttosto che ad un colloquio.
“Solo sigarette”
“Si droga?”
“Mi scusi, ma ha sentito tutto quello che le detto prima?! Io mi occupo di riabilitazione, secondo lei, potrei drogarmi?” La mia stima per questo soggetto, già prima non molto alta, iniziava a calare precipitosamente.
“Ha ragione, è solo che, se risulterà idonea, si troverà ad affrontare una situazione alquanto delicata, quindi devo accertarmi che lei sia sempre lucida.”
“Penso di aver visto situazioni molto più delicate di quanto lei possa immaginare.” Ribattei con un po’ di acidità, con chi credeva di parlare?! Non ero una principiante.
“Sembra molto sicura di sé. In ogni caso adesso il signor McGee le spiegherà la situazione.”
A questo punto il tizio senza nome prese su la cornetta e chiese alla sua segretaria di chiamare il Signor McGee.
Dopo nemmeno un minuto di silenzio imbarazzante, un signore un po’ bassino e con la faccia da topo entrò nell’ufficio del tizio senza nome e si presentò, porgendomi la mano.
“Buongiorno, sono Alan, il proprietario della Creations Record. Se il colloquio è durato così tanto, vuol dire che allora ha una qualche possibilità di avere i requisiti che cerchiamo.” Più che promettente, a me sembrava che Alan avesse un tono minaccioso e così non trovai una risposta coraggiosa da dare.
“Vede, signorina…” e lesse il mio nome sul cv”Elizabeth, quello che le sto per proporre, potrà sembrarle una situazione insolita, ma le assicurò la paga sarà buona. Ha mai sentito parlare degli Oasis?” mi chiese con tono che sembrava retorico.
Ciao a tutti, questa è la mia prima fan fiction e in realtà è la prima cosa che assomigli a un racconto, che io abbia mai scritto.
Se vi va, recensite, anche con commenti, consigli e giudizi negativi, possono sempre aiutare a migliorare. |
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Capitolo 2 *** Rock'n'roll star ***
Come potevo non conoscerli? I giornali parlavano delle loro crisi, in
radio c’era praticamente solo la loro musica e le loro facce
erano ovunque.
“Bene, il suo lavoro consisterebbe nel diventare il loro
angelo custode.
Dovrebbe ricordare loro le interviste, gli impegni mondani a cui non
possono mancare, le prove ed esaudire ogni loro desiderio. Tutto questo
però controllandoli. Dovrebbe essere tipo una baby- sitter
non troppo severa”
“Non capisco molto bene” ero allibita, non riuscivo
a capire se mi stesse prendendo in giro.
Avevo studiato per rendermi utile, non per fare la baby-sitter a 2
rockstar montate e sbruffone.
“Le faccio un esempio: siete in tour, a Liam viene voglia di
farsi un giro notturno per la città per bere. Lei non
dovrebbe impedirglielo, nessuno ci riuscirebbe, dovrebbe solo
controllare che Liam non torni troppo tardi dalla scampagnata al pub.
Un altro esempio: Noel ha voglia di farsi una linea, bene, lei lo
lascia fare, ma monitora la situazione.
Poi c’è l’episodio più
classico: Liam e Noel che litigano. Mi sembra inutile dire che lei non
deve mettersi in mezzo, ma mediare la situazione dopo che si sono
urlati addosso ogni tipo di insulto o presi a cazzotti.”
“Mi scusi, ma quanti anni hanno i fratelli Gallagher? Non
riescono a comportarsi da persone adulte senza bisogno di una
baby-sitter?” nella mia mente intanto c’era
l’immagine di due neonati con il ciuccio, che si scagliavano
addosso giocattoli.
“Il problema in questa situazione non è
l’età, ma il successo.
Il successo fa perdere la testa, ma io credo molto negli
Oasis e non voglio che gli eccessi rovinino la loro carriera.
Il problema è che non si può impedire a delle
rockstar di comportarsi da rockstar e allora tutto quello che posso
fare è controllarli e per farlo ho bisogno di un
professionista e non di una semplice bodyguard.
Non amano le autorità, quindi devono pensare a lei come un
supporto, qualcuno con cui poter parlare di qualsiasi cosa, qualcuno
che sappia quali siano i loro bisogni.”
Alan mi sembrava tranquillo, come se quello che mi stesse chiedendo
fosse la cosa più normale del mondo.
“Da quello che ho capito, devo riassumere
l’immagine di una baby-sitter, psicologa, segretaria per
delle persone che odiano le figure autoritarie, ma da cui devo
pretendere rispetto.”
Il mio riassunto spaventava anche me.
“Esatto, però le posso assicurare che ogni sua
richiesta sarà esaudita. Ci impegniamo ad agevolarla in
qualsiasi modo…e in più la paga è
ottima. L’unica inconvenienza è che, nel caso in
cui accettasse questo impiego, dovrebbe seguire la band nei tour
mondiali.”
A parte dover fare la baby-sitter a degli esaltati, il lavoro non
sembrava male: mi avrebbe permesso di viaggiare e non mi sarebbe
affatto dispiaciuto allontanarmi un po’ dalla mia vita
londinese, ma dovevo pensarci attentamente.
“Quanto tempo ho per considerare la sua offerta?”
“Tra due settimane inizia il tour, quindi il prima possibile,
perché, se lei rifiutasse, noi dovremmo trovare un altro
candidato idoneo e fino ad oggi non siamo stati molto fortunati.
In ogni caso, prima che lei vada, le vorrei far conoscere la band,
così potrà farsi un’idea anche di con
chi avrà a che fare. Mi segua.”
Uscimmo dall’ ufficio del tizio senza nome e ci
dirigemmo verso una stanza, che sembrava un salottino privato, con
tanto di tv enorme, divano enorme, frigo enorme, in cui
c’erano cinque ragazzi che ridevano e scherzavano
sguaiatamente.
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Capitolo 3 *** Here's a thought for every man who tries to understand What is in his hands ***
Nessuno si accorse che delle persone erano entrate nel salottino, fino
a quando Alan non si schiarì la voce in modo molto rumoroso.
A quel punto un ragazzo, che sembrava il più giovane del
gruppo, si rivolse verso di noi e con un’espressione quasi
infastidita disse:” Cosa c’è?”
Non mi sembrava una persona molto educata, ma questo me lo tenni per
me, perché Alan non sembrava sorpreso da un atteggiamento
così sfacciato e infatti rispose:”Ragazzi, volevo
solo farvi conoscere una persona che potrebbe unirsi a voi in tour. Lei
è Elizabeth.”
I ragazzi si avvicinarono e si presentarono. Il primo fu proprio quello
che sembrava il meno educato:”Sono Liam” disse e
mi fece un cenno mano, poi fu il turno dei due Paul, di Tom e
di Noel, che molto più cordialmente di Liam, mi strinsero la
mano.
Sembravano cinque ragazzi normalissimi e non c’era nulla di
particolare che mi colpisse in loro e dopo le presentazioni ufficiali
tornarono tutti a fare e dire quello che stavano facendo prima che noi
li interrompessimo.
Li guardai per qualche secondo per ascoltare le loro conversazioni e
osservare i loro atteggiamenti, la loro postura, i loro sguardi e
allora capì il motivo dell’astio che Liam provava
nei miei confronti: il mio arrivo lo aveva interrotto mentre raccontava
una barzelletta volgare; infatti pochi secondi dopo tutti scoppiarono
in una risata fragorosa, anche se non era un capolavoro di barzelletta.
In realtà quasi tutti scoppiarono a ridere, infatti Noel
aveva lo sguardo pensieroso e sembrava non avesse sentito la fine della
barzelletta.
Finito il siparietto, mi voltai verso Alan per congedarmi e stavo per
dirgli che entro il giorno seguente avrebbe saputo l’esito
della mia decisione, quando una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
“Quale sarebbe il tuo ruolo nella troupe? Sei una roadie? Una
tecnica delle luci?” a queste domande Alan sorrise.
“Elizabeth, sai, Noel è soprannominato dal resto
della band e da tutti gli altri The Chief e credo che il
perché sia appena stato reso evidente dalla sua
curiosità nei confronti del tuo ruolo. In ogni caso, se e
quando Elizabeth accetterà il lavoro che le abbiamo
proposto, ti comunicherò personalmente ogni dettaglio del
suo contratto. Fino ad allora, non farti troppe domande.”
Noel non sembrava convinto della risposta che aveva appena ricevuto, ma
non ribatté.
Le informazioni utili che ottenni da quell’incontro fugace
non erano molte: Liam era un ragazzo insicuro che faceva di tutto per
far apparire il contrario e Noel era un maniaco del controllo.
Mentre uscivo dalla creation records, cercando disperatamente le
sigarette che temevo di aver lasciato in macchina, sentì che
qualcuno mi stava raggiungendo alle spalle.
“Non sei una nostra fan, vero?!”Il tono di Noel
sembrava rilassato e io non capii se era un modo per ottenere le
informazioni che prima gli erano state negate, o semplicemente un modo
per socializzare, così lo assecondai per vedere dove voleva
andare a parare.
“No, in effetti non sono una vostra fan, ma semplicemente
perché non ascolto musica. Non penso di aver mai comprato un
cd in vita mia. Comunque so chi siete, tutti parlano di voi e per radio
ogni tanto sento il vostro nome, ma non mi concentro mai ad ascoltare
veramente. Grazie mille” Noel intanto aveva preso fuori un
pacchetto di sigarette e me ne aveva offerta una.
“In realtà non te la meriteresti! Non è
possibile che un essere umano non ascolti musica. È come se
non avessi mai vissuto!” Aveva un’espressione molto
seria, probabilmente quella mia rivelazione era davvero inconcepibile
per lui.
“Non ho mai trovato il tempo di ascoltare musica, sono sempre
stata abbastanza assorbita dal mio lavoro.”
Gettai l’amo e puntualmente la preda abboccò.
“E qual è il lavoro che non ti permetteva di
vivere una vita degna di essere vissuta?” Chiese con
nonchalance, sperando di ottenere qualche informazione interessante per
la sua curiosità morbosa.
Scoppiai a ridergli in faccia e lui capì subito.
“ Non c’è modo per me di
sapere quale cazzo di lavoro fai, vero?!”Aveva
un’espressione risentita, ma non me ne preoccupai
più di tanto.
“No, non lo saprai, finché Alan non
vorrà fartelo sapere e, se proprio vuoi saperlo, penso che
abbia i suoi buoni motivi per tenervi all’oscuro di
ciò. Buona giornata e grazie ancora per la
sigaretta.” Con queste parole e un sorriso di convenienza mi
allontanai da The Chief per raggiungere la macchina.
Noel’s pov
Cosa cazzo aveva in mente Alan?!
Chi era quella sconosciuta anonima ragazza che non ascoltava musica?
Tutto quello che sapeva di lei era che si chiamava Elizabeth, non
ascoltava musica, non si truccava e non si vestiva per farsi notare,
anzi era piuttosto banalotta, ma dal modo di parlare e di atteggiarsi
si vedeva che era una fottuta borghese del cazzo e pure stronza.
Sembrava una maestrina, gli ricordava la signorina Elliot, la sua
insegnante dell’elementari: una zitella triste a cui era
rimasto solo il suo lavoro.
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Capitolo 4 *** And when I leave this planet You know I'd stay but I just can't stand it and I can feel the warning signs running around my mind ***
Quella sera decisi di passarla con David; avevo voglia di vederlo e di
parlarci, era il mio migliore amico e sapeva come farmi arrivare a una
decisione ponderata, forse mi conosceva meglio di me.
Una cosa di me però non la sapeva: non sapeva che per un bel
po’ di tempo mi era piaciuto tantissimo; col tempo ero
riuscita a soffocare i miei sentimenti per lui e lui non se
n’era mai accorto, perché sono molto brava a
fingere e a nascondere i miei sentimenti, nei confronti di chiunque.
Mi invitò a casa sua per cena e prima di andare da lui,
decisi di passare in un negozio di dischi: volevo comprare qualcosa
degli oasis, per capire qualcosa di loro attraverso la musica.
Per fortuna David aveva uno stereo a casa, altrimenti non avrei saputo
cosa farmene di “Definitely Maybe” e
“(What’s the story?)Morning Glory”.
Durante la cena parlammo di una marea di cose, era da una settimana che
non ci vedevamo e la mia nuova proposta di lavoro avrebbe potuto
aspettare.
La colonna sonora della serata furono i due cd, che ascoltai
distrattamente, anche se ogni tanto il suono di qualche parola
storpiata catturava la mia attenzione.
Mentre sparecchiava, David tirò fuori il colloquio di quel
giorno: “Allora?! Sono stato un buon agente? Ti è
piaciuta la soffiata che ti ho passato?” Evidentemente non
sapeva in cosa consisteva il lavoro, altrimenti non sarebbe sembrato
così rilassato.
“Sai quali sarebbero le mie mansioni? Controllare che i
fratellini Gallagher non si devastino.”Il mio tono era acido,
ma David fece finta di non accorgersene.
“Bhè, tu ti sempre occupata di problemi di alcool
e droga, non è molto diverso da quello che hai sempre fatto.
L’unica cosa diversa è che non devi curarli, solo
controllarli, giusto!?”
“Esatto, come posso fare bene il mio lavoro? Io aiuto le
persone a liberarsi delle loro dipendenze senza traumi. Cosa posso fare
con qualcuno che non vuole liberarsi delle proprie
dipendenze?”
Proprio non riuscivo a vedermi assecondare quei fratellini insolenti.
“ Devi proteggerli dall’autodistruzione, senza
però impedirgli di vivere la vita da rockstar”
“Sai vero che se accetto, devo partire in tour insieme a
loro?! Non ci vedremo per tempi lunghissimi!”
Perché non pensava anche ai lati negativi di questo lavoro?!
“Lo so, lo so, ma magari ti farà bene cambiare
aria per un po’.” Di colpo era diventato molto
serio ed evitava il mio sguardo mentre diceva queste frasi.
“Ma non c’è nessun motivo per cui io
voglia cambiare aria, come dici tu” Ero sul serio preoccupata.
“E’ comunque un’opportunità
per viaggiare, visitare posti nuovi.”
“David, mi sto preoccupando, sembra che tu mi stia
cacciando.”
“Non ti sto cacciando, è solo che sto cercando di
convincerti a partire, perché mi sembra la cosa migliore da
fare per te.”
“Allora dovrai trovare delle argomentazioni migliori,
perché così mi stai facendo solo imbestialire.
Mi parli come se per te non sia un problema il fatto che io possa stare
lontano da casa per periodi lunghissimi.” Avevo iniziato ad
alzare un po’ la voce, perché non capivo nulla: le
sue parole, i suoi sguardi.
“Liza, io non posso darti e non potrò mai darti
quello che tu vuoi.” Mentre parlava era in piedi di fronte a
me, ma si guardava le scarpe.
“David, di cosa stai parlando? E guardami negli occhi quando
mi parli.”
“Liza, io non, cioè, io ti voglio bene, sei la
persona a cui tengo di più,
ma…“
“Arriva al punto, David” Non sapevo cosa stesse
farfugliando.
“Il fatto è che ho conosciuto una
persona.”
“E questo cosa c’entra con la nostra
amicizia?” Non sarei stata gelosa della sua nuova ragazza, o
almeno non glielo avrei fatto notare.
“Non pensare che io non sapessi che eri innamorata di
me.”
“Bhe, Sherlock, visto che lo sai, sai anche che lo ero e che
ora non lo sono più.” Era la realtà o
stavo mentendo anche a me stessa?
“Liza, sono gay.” Notai lo sforzo immenso che fece
nel pronunciare quelle ultime parole, ma lui notò
altrettanto bene la mia espressione. Non ero arrabbiata, né
sconvolta. Ero delusa.
“Perché non me lo hai mai detto?”
“Perché non è una cosa facile da dire,
avevo paura che ti arrabbiassi, che mi giudicassi.” A ogni
frase peggiorava sempre di più la situazione.
“Caro David, da quanto ci conosciamo? Da dieci anni ormai e
se in tutto questo tempo non sei riuscito a dirmi una cosa
così importante della tua vita, mi chiedo perché
io sia ancora qui.”
Il mio tono era diventato particolarmente cattivo.
“Liza, sei la prima persona a cui lo rivelo. Non te
l’ho mai detto anche perché non volevo ferirti,
visto che avevo intuito che provavi qualcosa per me. In quella
circostanza ho preferito fare finta di niente, sperando che ti passasse
e fino ad oggi mi sembrava che avesse funzionato.” Il suo
tono era remissivo e colpevole, ma non riuscivo a tollerare il fatto di
non condividere con me una cosa così importante.
“Grazie, sono commossa. Sono onorata di essere la prima
persona a cui lo riveli, peccato che siano passati dieci anni. Tu sai
tutto di me, anche quello che cerco di tenerti nascosto, e tu invece ti
premuri di darmi una notizia del genere solo quando
c’è il rischio serio che tu ti innamori di
qualcuno? Sai che ti dico, grazie per avermi convinto a
partire.”
“Liza, non ti arrabbiare, non decidere solo per quello che ti
ho detto.”Sembrava dispiaciuto sul serio.
“David, fino a dieci minuti volevi convincermi a partire e in
effetti dovrei andarmene. Com’era pure?! Ah si, dovrei
cambiare aria. Ci vediamo.”
Presi le mie cose e uscii di casa, non aspettandomi che cercasse di
fermarmi, non era una persona da scenate o gesti teatrali.
La mattina dopo chiamai McGee per annuciargli che avevo intenzione di
accettare il lavoro e lui sembrava molto sollevato, non so
perché ma era come se quell’uomo si fidasse di me.
Mi disse che sarei dovuta passare dagli studi della Creation Records
per definire e firmare il contratto.
Mi feci una doccia e inizia a prepararmi; quando mi guardai allo
specchio, vidi qualcosa che non mi piaceva: quella notte non avevo
dormito molto e avevo un’espressione che si sarebbe potuta
definire quasi cattiva, oltre che delle bellissime occhiaie.
A colazione comunicai ai miei genitori la notizia e loro erano felici:
secondo loro sarebbe stata un’esperienza fantastica. Bene.
Tutti erano felici per questa opportunità, perché
io non riuscivo a vedere il bello di tutto ciò?
Perché mi sembrava di scappare.
Arrivai all’appuntamento con McGee in anticipo,
così fumai una sigaretta fuori dagli uffici.
“Ti è morto il gatto?!” Una voce mi fece
trasalire, era Liam ed era sbucato alle mie spalle. Ma vivevano in quel
posto?
“No, non ho dormito molto bene.”
“Si vede benissimo.” Pensavo volesse chiacchierare
e invece dopo queste due battute entrò, lasciandomi da sola.
Era arrivato, aveva fatto una battuta sul mio aspetto e se
n’era andato.
La voglia di iniziare a lavorare con loro aumentava sempre di
più.
Dopo pochi minuti lo vidi tornare verso di me:
“Se inizi a lavorare con noi, non puoi stare in quelle
condizioni, noi non siamo tristi e depressi e non vogliamo gente
intorno che sia così.” Disse porgendomi un
caffè con un sorriso.
“Grazie.” La piacevole sorpresa riuscì
addirittura a strapparmi un sorriso sincero.
“Molto meglio ora. L’unico con cui non riesco ad
imporre questa cosa è mio fratello: se riesci a vederlo
sorridere più di una volta al giorno da lucido è
un miracolo. Non capisco perché debba fare sempre il
pesante.”
“Bhè, magari deve pensare a un mucchio di cose e
vuole fare tutto per bene.”
“Sì, ma si rilassa raramente e non lascia gli
altri in pace. E’ un pignolo del cazzo…senti, ma
non ho ancora capito che lavoro farai con noi.” Al contrario
di Noel, stava parlando con me, semplicemente perché gli
andava, non per scoprire qualcosa, solo che non potevo far sapere
niente nemmeno a lui.
“Non ti rovino la sorpresa, tanto McGee ve lo
comunicherà tra poco. Scusa, ma ho un appuntamento con Alan.
Grazie per il caffè.” Sorrisi ed entrai.
L’appuntamento per definire i dettagli durò poco
meno di dieci minuti.
Saremmo partiti dopo due settimane per il tour mondiale.
Liam’s pov
Quella ragazza era strana.
Non era arrossita e non aveva risposto alla mia provocazione iniziale.
Aveva parlato con me tranquillamente, era da tempo che qualcuno non mi
parlava come se non fossi una fottuta rockstar.
La verità è che non gliene fotteva nulla di chi
fossi, non era una fan.
La curiosità attorno alla sua figura però
cresceva: chi era? Quale ruolo avrebbe avuto? Perché non era
in imbarazzo davanti a me?
So che l'inizio è un po' noioso, ma dopo questo capitolo i
Brothers saranno molto più presenti, ve lo assicuro.
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Capitolo 5 *** Whatever ***
I'm free to say whatever I
Whatever I like
If it's wrong or right it's alright
“Cosa hai intenzione di dire al gruppo?” Ero
preoccupata.
“L’importante è far capire il motivo
della mia decisione a Noel, così da renderti il lavoro
più semplice. Deve capire che ti ho assunta per il loro bene
e che non deve metterti il bastone tra le ruote.” Aveva
appena finito questa frase, quando Noel entrò nel suo
ufficio.
“Allora?” probabilmente era sveglio da
mezz’ora.
“Siediti Noel. Conosci già Elizabeth. Lei ha
accettato il lavoro che le ho offerto, ora devi accettarlo
tu.”Alan non sembrava preoccupato, evidentemente era molto
sicuro della sua scelta.
“Ho un fottuttissimo mal di testa, quindi muoviti
Alan.”
“Cosa hai fatto ieri sera?” Alan continuava ad
essere tranquillo.
“Sinceramente non mi ricordo molto, ieri sera ero in giro con
i ragazzi e stamattina mi sono svegliato a casa.”
“Come hai fatto a svegliarti?”Osservavo quella
conversazione in silenzio e studiavo l’atteggiamento di Noel.
“Mi ha svegliato la tua telefonata del cazzo.”
Sempre elegante The Chief.
“Lo sai che tra un’ora hai un’intervista
radiofonica?”
“Lo so ora. Cazzo, Alan, mi stai facendo un
interrogatorio!” Nonostante le sue parole denotassero un
basso livello di sopportazione, la sue espressione era calma, atona.
“Elizabeth si occuperà di ricordarvi gli impegni e
di farvici arrivare in uno stato decente.
Noel, stai vivendo un sogno,ma devi imparare a reggere i ritmi.
Elizabeth vi controllerà. Non vi impedirà nulla,
ma vi fermerà quando riterrà necessario
farlo.”
Nonostante Alan avesse parlato poco chiaramente, Noel sembrava aver
capito tutto.
“Sei una baby-sitter del cazzo?” Solo in quel
momento mi guardò.
“Non sono una baby-sitter e nemmeno un cane da guardia. Non
noterai nemmeno la mia presenza, ma sarò quella che un
giorno dovrai ringraziare per aver fatto in modo che non ti rovinassi
la carriera per colpa della porcheria che sembra piacerti
tanto.” Forse avevo esagerato, ma volevo vedere fin dove
arrivava il suo livello di sopportazione.
“Se sono famoso non devo ringraziare nessuno, tanto meno te e
quello che faccio non sono affari tuoi.” Ora sembrava
veramente arrabbiato.
“Ma sono affari miei. La mia è una scelta
obbligata. Devo proteggere dall’autodistruzione i miei
artisti migliori.”
“Non sono un bambino, Alan. Riesco a controllarmi!”
“Infatti Damon Albarn deve morire di AIDS, no?!” La
stampa inglese era famelica per questo tipo di episodi e tutti ne
parlavano.
“Non sono cose che ti riguardano. Io dico quel cazzo che mi
pare.” Si stava innervosendo, anche perché avevo
toccato un tasto dolente.
“Noel, ascoltami bene. Non ti sto chiedendo un parere su
Elizabeth, su questo non hai potere decisionale. Lei parte con
voi.” La calma di Alan era invidiabile.
“Buona fortuna allora.”disse Noel mentre si alzava
per uscire dall’ufficio.
“Noel, un’ultima cosa. Se vengo a sapere che
mettete il bastone fra le ruote a Elizabeth, ti giuro, che tu sarai
l’unico a pagarne le conseguenze.” Dopo questa
velatissima minaccia, Noel sbatté la porta alle sue spalle.
“Perché dovrebbe pagarne le conseguenze solo
Noel?”
“Perché lui è il capetto del gruppo.
Riesce a imporsi sui ragazzi ed è quello che si mette
più in gioco. Lui ha scritto tutte le canzoni ed
è nato per farlo, ma io ho scoperto il loro talento e
offerto loro un contratto discografico, quindi mi devono qualcosa e io
pretendo che quel qualcosa sia il rispetto nei tuoi
confronti.”
Il discorso di Alan non faceva una piega, ma avevo la netta sensazione
che non sarebbe stato facile comunque vivere con loro.
“Posso spiegarlo io agli altri ragazzi?”
“Perché ci tieni tanto?”
“Perché almeno loro non mi devono vedere come una
tua protetta, devono vedermi come figura di riferimento, altrimenti non
mi rispetteranno mai.”
“Perfetto. Ti devo accompagnare o ci vai da sola?”
“Vado da sola, grazie.” Era un piacere lavorare con
Alan.
I ragazzi erano nella sala in cui li avevo visti la prima volta.
Avevano le facce sbattute, erano anche loro in giro con Noel stanotte.
“Buongiorno. Sapete già chi sono, quindi vi rubo
tempo solo per spiegarvi cosa ci faccio qui.”
“Non vedo l’ora” disse Noel guardandomi
con un tono di sfida.
“Dovete guardare a me come una figura di riferimento per
qualsiasi cosa. Il mio ruolo a volte vi sembrerà sgradevole,
ma ho ricevuto precisi ordini da McGee e intendo rispettarli per il
vostro bene.” Mi rendevo conto che fosse un discorso di
circostanza, ma non volevo sembrare una rompipalle da subito; avrebbero
conosciuto quella parte del mio lavoro con il tempo.
“Quanta diplomazia nel tuo discorso, i miei
complimenti.” Ovviamente Noel non riusciva a tacere e doveva
per forza far notare il suo disappunto.
“Dimenticava di dirvi che lei risponde solo ad Alan e quindi
nel caso la faceste incazzare, lei potrebbe dire tutto a McGee e
fotterci.” Con quest’ultima frase Noel aveva
vanificato il mio tentativo di imporre la mia autorità
indipendente da quella di Alan. Lo fulminai con lo sguardo e lui
sembrava compiaciuto.
“Noel, ti sta aspettando l’automobile per
l’intervista radiofonica, ti conviene muoverti se vuoi
arrivare in orario.” Tutti in quella stanza mi guardarono
sbalorditi, avevo appena ordinato qualcosa a The Chief.
Dopo un momento di sorpresa iniziale, Noel rispose nel modo peggiore:
“Allora andiamo. Non vorrai mica lasciarmi da solo, potrei
dire che cose di cui potrei pentirmi.”
L’ultima cosa che volevo era accompagnare Noel Gallagher da
qualche parte da sola.
Mi prese a braccetto e mi costrinse a seguirlo alla macchina che ci
stava aspettando fuori.
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Capitolo 6 *** Live forever ***
In macchina il silenzio regnava sovrano e di certo io non avevo
intenzione di romperlo, ma dopo cinque minuti di silenzio Noel mi
offrì una sigaretta, in segno di pace.
“Non sono un idiota. Non voglio rovinare tutto quello che ho
conquistato fino ad ora e comprendo il significato del tuo ruolo, ma,
senza offesa, non accetto che una borghese del cazzo mi aiuti.
Non hai visto nulla di quello che ho vissuto io e di certo non puoi
capire nulla della mia esistenza, come non puoi capire Our Kid o
Paul.”
“Se non sei un idiota, allora capisci da solo che se sono
stata assunta per questo lavoro, vuol dire che ho le mie referenze. Non
mi piace questa gara, ma sappi che ho visto per certo situazioni
peggiori di quelle che potresti aver vissuto tu. Ti ringrazio comunque
per l’epiteto che mi hai affibbiato…sai, non ho
scelto io di nascere in una famiglia agiata, ma ho scelto io il lavoro
della mia vita, quindi, comunicazione per il futuro, non sei
autorizzato a giudicarmi, come io non giudicherò
te.” Non avevo voglia di litigare con Noel a tutti i costi,
quindi pronunciai queste parole mantenendo la calma.
“Che lavoro facevi prima di iniziare con noi?”
“Niente di personale, ma non ti riguarda.”
“Un giorno me lo dirai.” Mi guardava negli occhi
mentre parlava e solo in quel momento notai quanto fossero belli.
“Vedremo.”
L’intervista scivolò via in modo noioso, le solite
domande e i soliti complimenti di circostanza. Le uniche parti
interessanti furono le canzoni. Trasmisero Supersonic dal primo album e
Roll with it dal secondo, poi Noel a fine intervista fece
un’esibizione acustica e cantò Live Forever.
La sera prima, anche se avevo comprato i cd, non ero riuscita ad
ascoltarli attentamente, quindi risultavano tutte nuove per me.
Supersonic mi piaceva, ma il testo mi faceva ridere e Roll with it era
allegra e carina, ma entrambe non ressero il confronto con
l’esibizione live di Noel.
Quando suonava, il mondo attorno a lui spariva, la sua espressione era
malinconica, il ragazzo stronzo e pieno di sé non
c’era più. Alan aveva ragione, Noel era nato per
fare questo.
Finita la canzone, Noel mi beccò a fissarlo, quasi incantata
e mi fece l’occhiolino, ma io non distolsi lo sguardo,
perché non avevo nulla da nascondere e gli feci
l’occhiolino di rimando.
“Bella Live Forever” durante il tragitto in
macchina volevo iniziare una conversazione, ma non sapevo di cosa
parlare, allora ripiegai sull’argomento musica.
“Ho notato che ti è piaciuta. E’ la tua
preferita delle nostre?” il suo tono era compiaciuto, come al
solito.
“Non ti offendere, ma ti ho già detto che non mi
è mai capitato di ascoltarvi. Non so nulla della vostra
musica, ma penso che rimedierò a questa mancanza ai
concerti.”
“Ti sorprenderemo. Siamo fottutamente bravi.”
“E modesti, aggiungerei.”
Quel pomeriggio avevo intenzione di iniziare a preparare le cose per la
partenza, ma quando tornai a casa trovai un messaggio di David nella
segreteria telefonica.
“Liza, mi spiace per come è andata ieri sera.
Migliaia di volte ho immaginato il momento in cui te lo dicevo, ma mai
avrei immaginato potesse andare tutto così male. Ho bisogno
di vederti e di parlarti, sei l’unica su cui posso contare e
non posso immaginare la mia vita senza di te. Non mi abbandonare, anche
se capisco di averti deluso. Domani vieni a cena da me, devo anche
restituirti i tuoi cd.”
Il cattivo umore subito si impadronì di me, così
presi la mia copia consumata di Orgoglio e Pregiudizio e me ne andai al
parco a leggere. Sapevo che il signor Darcy non mi avrebbe mai deluso.
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Capitolo 7 *** You need to find a way for what you want to say But before tomorrow ***
Mi stavo preparando per andare a cena da David, quando mia madre mi
disse che un certo Alan mi voleva al telefono.
“Pronto?”
“Ciao Elizabeth! Hai impegni per la serata? Noi andiamo in un
locale a festeggiare il successo della critica per l’album e
mi chiedevo se avessi voglia di unirti a noi!”
“In realtà ho altri programmi per la serata, mi
spiace.”
“Dai, passa a salutarci, va bene a qualsiasi ora, tanto ho la
sensazione che non si concluderà presto.”
Mi feci dare l’indirizzo del locale, promettendo che, se
fossi riuscita, sarei passata.
Non sapevo cosa aspettarmi dalla cena con David, ma ero troppo curiosa
di sapere che cos’altro mi volesse dire e soprattutto, volevo
anche provare a chiarire con lui, perché era pur sempre
David, il mio migliore amico.
Suonai, ma non mi aprì chi mi aspettavo.
“Tu devi essere Elizabeth.”
Un ragazzo stava sulla porta e mi sorrideva. Vedendo la mia espressione
smarrita si affrettò a presentarsi.
“Io sono Thomas. David è in cucina.” Mi
tese la mano e io la strinsi.
“E’ un piacere conoscerti.”
La mia espressione tradiva la sorpresa che provavo. Quel maledetto mi
aveva incastrato in una cena con il suo nuovo amichetto. In quella
situazione di certo non potevamo sbraitarci addosso.
“So che non ti aspettavi di vedermi, ma David mi ha spiegato
quello che è successo. Non è stata
un’idea sua la cena, ma mia. So che sei una delle persone
più importanti nella sua vita e non voglio che la mia
presenza rovini il vostro rapporto.” Io non sapevo cosa
rispondere e nel dubbio restavo in silenzio.
Arrivati in cucina, David, intento a cucinare, abbandonò i
fornelli e corse ad abbracciarmi. Solitamente non era una persona
affettuosa e quel gesto riassumeva tutto quello che provava:
dispiacere, affetto, bisogno.
Ricambiai l’abbraccio restando in silenzio. Non avevo ancora
detto una parola da quando ero entrata in quella casa.
Con calma mi sciolsi e la serata passò tranquillamente,
parlammo di tantissime cose e io facevo una marea di domande a Thomas,
per capire il soggetto e per poi concedere la mia benedizione a
quell’unione inaspettata.
Non avevo mai visto David così, aveva gli occhi felici e
quando Thomas parlava si incantava ad ascoltarlo e a guardarlo, a volte
con l’espressione propria di un pesce lesso.
Thomas era una persona molto interessante e mi piaceva il fatto che
avesse organizzato questa cena per sistemare le cose tra me e David.
Dopo cena anche loro volevano uscire per festeggiare la buona riuscita
dell’incontro e allora proposi loro di andare alla festa
della Creation.
Il locale era affollato, ma intravidi subito il gruppo e feci un cenno
ad Alan che mi sorrise.
Ci sedemmo a un tavolo un po’ distante dal loro,
perché non mi andava di ascoltare le loro conversazioni,
avevo la sensazione che non fossero propriamente interessanti, anche
perché probabilmente erano condite da alcool e solo Dio sa
cos’altro.
A un certo punto si avvicinò al nostro tavolo Paul, quello
con un’incipiente calvizie, e con tutta la
naturalezza del mondo si sedette con noi.
Per educazione lo presentai come Paul, ma lui mi corresse e mi disse
che tutti lo chiamavano Bonehead.
“Sai, sono contento che Alan ti abbia assunto!”
“Sembri l’unico, sai?”
“Noel mi ha spiegato tutto e, anche se odia essere
controllato, anche lui capisce perché Alan l’abbia
fatto e sappi che quando avrai bisogno, e ti assicuro che quel momento
arriverà, potrai sempre contare sul mio aiuto.”
Detto questo, mi fece l’occhiolino e tornò dagli
altri.
Il resto della serata passò tranquillamente e il locale si
svuotava lentamente.
A un certo punto eravamo rimasti solo noi e i ragazzi.
Alan ci invitò a unirci a loro e sembrava maleducazione a
quel punto rifiutare l’invito.
Io non avevo bevuto nulla e David e Thomas avevano ordinato un paio di
birre, ma erano lucidi, al contrario degli altri, che parlavano a un
tono di voce altissimo, senza dirsi per altro niente di interessante.
A un certo punto notai che Liam mi stava fissando, sembrava che volesse
parlarmi, nonostante fosse dall’altra parte del tavolo, e
infatti poco dopo urlò qualcosa che interpretai:
“Perché stai sempre zitta?”
“Perché non ho niente di interessante da
dire!” Gli urlai di rimando e lui sembrò
accontentarsi di questa risposta, ma forse non aveva nemmeno sentito
cosa gli avessi detto, non aveva l’espressione molto sveglia,
come tutti gli altri del resto.
Quando Noel annunciò che per lui era arrivato il momento di
andare a casa, la maggior parte del gruppo lo seguì. Anche
noi ce ne saremmo andati, se Liam non ci avesse chiesto di restare un
altro po’.
Continuava a bere birra, anche se il limite lo aveva passato almeno due
ore prima.
Rimasti noi quattro, Our kid iniziò a farmi mille domande,
sulla mia vita, sul mio lavoro, sui miei gusti musicali, ma a me
sembrava di parlare con un primate, quindi gli diedi solo risposte
evasive.
David e Thomas si divertivano a osservare questa pseudo conversazione,
ma io mi stavo annoiando mortalmente, quindi presi
l’iniziative e proposi a Liam di andare via.
L’avrei accompagnato a casa sua, perché da solo
non sapevo dove sarebbe potuto arrivare.
Dopo essermi congedata da David e Thomas, trascinai Liam alla mia
automobile, mentre lui straparlava o faceva versi, non capivo bene.
In macchina si addormentò, dopo però avermi detto
il suo indirizzo.
Arrivati a casa sua, rovistai nelle sue tasche e trovai un mazzo di
chiavi; lo sveglia con uno strattone e fece le scale di casa usandomi
come stampella.
Il disordine regnava ovunque in quell’appartamento e
sbirciando tra le stanze, individuai al primo piano quella che
assomigliava di più ad una camera da letto.
Cercai di far stendere Liam il più delicatamente possibile,
ma lui non si sforzava nemmeno di aiutarmi, così caddi sul
letto insieme a lui.
Mi rialzai subito e gli chiesi se avesse bisogno di qualsiasi cosa e
Liam sorprendentemente sembrava essersi ripreso, così si
alzò e si avvicinò.
“Fai da solo da adesso in poi, ok?”
“No, non hai capito niente.” Dopo aver pronunciato
queste parole in modo provocante, provò a baciarmi, ma tutto
quello che ottenne fu uno schiaffo.
“Ahia!”
“Hai finto di essere ubriaco per poterci provare con
me!”
“Bhè, fino a questo preciso istante, stava andando
tutto secondo i piani.” Non era arrabbiato per lo schiaffo,
solo estremamente divertito e sorpreso.
“Mi spiace per i tuoi piani, ma non hai considerato il mio
libero arbitrio.”
“Il tuo che?! Comunque ci sono ragazze che venderebbero la
propria madre per trovarsi dove sei tu ora e tutto quello che fai
è tirarmi un fottutissimo schiaffo?! Sei proprio
strana!”
“Quelle ragazze sono delle poverine.”
“Comunque pensavo che tu dovessi esaurire ogni nostro
desiderio.” Come si permetteva?
“Ah sì?! Non sono mica la vostra puttanella se
è questo che intendi dire e se per una volta non trovi
qualcuna da portarti al letto, questo non significa che tu debba
importunare me. Io sono più un appoggio emotivo, non uno
sfogo fisico. Capito?”
“Ok, basta che non ti scaldi.” Crollò
sconsolato sul letto.
“Buonanotte, ci vediamo.” Feci per andarmene, ma
Liam si alzò e mi trattenne per il braccio.
“No, ti prego, resta a dormire qui.”
“Scusa?! Non ne vedo il motivo.”
“Non voglio restare da solo, sai cosa intendo dire?”
“Se intendi dire quello che hai provato a fare prima, sappi
che non resto.”
“Intendo dire che potrei aver voglia di parlare.”
Sorpresa! Liam Gallagher, quello che si era finto ubriaco per poterci
provare con me, voleva parlare.
“Mi stai prendendo in giro?” Rischiava di essere
più lunatico di me con quei cambiamenti d’umore.
“No, sono serio.”
Ci stendemmo a letto, ma presi le distanze da lui immediatamente; io
ero messa a pancia in su e lui era girato verso di me.
Dopo qualche minuto di silenzio, nel quale credevo che si sarebbe
addormentato, iniziò a parlare, all’inizio faceva
un po’ di fatica a lasciarsi andare, ma quando vide che lo
ascoltavo interessata e partecipe, si rilassò e mi
raccontò come se la passava in quel periodo.
Sapeva di fare parte in uno dei gruppi più acclamati di
Inghilterra, ma aveva paura che la gente non lo considerasse
all’altezza, aveva paura di poter rovinare tutto un giorno o
l’altro, perché i media gli facevano troppa
pressione e poi…poi c’era Noel, che lo considerava
un bambino piccolo e che infatti lo chiamava Our Kid. Odiava quel
soprannome e odiava il fatto di non essere mai preso sul serio. Su
quest’ultimo discorso, la poca lucidità che gli
era rimasta, lo abbandonò e lui crollò
in un sonno profondissimo.
Liam Gallagher cercava di nascondere di essere la persona
più insicura del mondo e per non sentire la pressione,
annebbiava le sue preoccupazioni con l’alcool e la droga.
Quella notte, nonostante fosse iniziato tutto nel peggiore dei modi, si
rivelò molto utile. Liam si fidava di me e aveva trovato in
me qualcuno con cui poter parlare liberamente.
Io non riuscivo a dormire, perché Liam si muoveva di
continuo, allora scesi al piano di sotto per esplorare casa sua e in
mezzo al disordine trovai i cd degli Oasis.
Feci partire “Definitely Maybe” a volume basso e mi
stesi per terra vicino allo stereo.
Era una scena surreale:ero al buio nel salotto di Liam Gallagher ad
ascoltare il primo album degli Oasis. Le tracce scorrevano
l’una dopo l’altra, ma il tempo sembrava essersi
fermato.
La voce di Liam era meravigliosa e ascoltai Slide Away due volte,
perché mi sembrava impossibile che lo stesso gruppo di
ragazzi che avevo visto quella sera in un locale, avessero creato un
capolavoro simile.
Dopo i 55 minuti e 55 secondi di Definitely Maybe, mi preparai una
tazza di thè e ascoltai (What’s the story?)
Morning Glory. Stavo ancora pensando alla perfezione di Liam in
Wonderwall, quando la voce di Noel mi sorprese sulle note di
Don’t look back in anger. Solo in quel momento realizzai che
tutte le canzoni era cantate da Our Kid e che Noel si era riservato
solo quella traccia.
Finita Champagne Supernova decisi che era il momento di provare a
dormire e mi stesi sul divano.
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Capitolo 8 *** Need a little time to wake up ***
Liam’s pov
Che cazzo mi era passato la testa?
Chi cazzo era quella per sapere quelle cose?
Però mi ispirava fiducia, doveva solo stare attenta a non
parlarne con Noel.
Liza’s pov
Il rumore di un campanello mi svegliò.
Ci misi qualche secondo per capire dove mi trovassi. Dai rumori al
piano di sopra intuii che Liam stava cantando sotto la doccia,
così andai ad aprire la porta. The Chief di prima mattina
non era proprio una bella vista.
“Buongiorno! Che sorpresa!” Mi sorrise in modo
provocatorio, ma il mio cervello si era appena svegliato e non capivo
perché avesse quell’espressione.
Notando lo smarrimento sul mio viso, aggiunse:
“Anche tu sei caduta nella rete di Our Kid!
Dov’è il Casanova ora?”
“E’ sotto la doccia, ma hai frainteso
tutto.” Ero imbarazzatissima, non mi andava che Noel pensasse
che fossi andata a letto con suo fratello alla prima occasione
disponibile.
“Certo che ho confuso! Arrivo a casa mio fratello e mi viene
ad aprire una ragazza, con la faccia sconvolta per le poche ore di
sonno e con gli stessi vestiti della sera prima. Cosa
c’è da confondere?” era molto divertito
dalla situazione, perché pensava che io avessi ceduto agli
occhioni da cerbiatto di suo fratello.
In quel momento apparve Liam, sorpreso anche lui da quella riunione
mattutina e come se non bastasse, mi diede il buongiorno con un bacio
sulla testa. Noel era l’immagine della soddisfazione
“Cosa vuoi?” chiese innocentemente al fratello
maggiore.
“Mi sono fatto una passeggiata mattutina ed ero qui vicino,
così sono passato a vedere come stavi, visto che ieri sera
non mi sembravi in formissima, però mi spiace avervi
disturbato.” Aveva un sorrisino compiaciuto e avrei tanto
voluto farglielo passare con un pugno, ma ero contro la violenza
gratuita.
“Non ci hai disturbati!” dissi quasi urlando, ma
ormai nulla poteva far cambiare idea a The Chief.
“Parla per te! Io meno lo vedo, meglio sto.”
Borbottò Liam, mentre si preparava il thè.
“Come mai non sei dolce anche con me la mattina?!”
Noel ci stava prendendo in giro per la nostra complicità.
Non volevo tradire Liam, rivelando a Noel tutto quello di cui mi aveva
parlato il fratello minore durante la notte, solo che mi dava
terribilmente fastidio che Noel pensasse che fossi andata a letto con
Liam.
“Io vado a casa.” Fu tutto quello che riuscii a
dire davanti a quei due bambini piccoli.
Noel’s pov
Chi l’avrebbe mai detto? La maestrina a letto con Liam.
Cosa faceva quel ragazzo alle donne? Non era nemmeno così
interessante.
Pensavo che dopo una notte di sesso con lui, la maestrina potesse
essere più simpatica e rilassata e invece risultava ancora
più scorbutica e nervosa.
Forse le scocciava il fatto che l’avessi beccata in pieno.
Liza’s pov
Noel era veramente arrogante e di certo non faceva niente per piacermi.
Avrei pagato per non dover andare a quell’intervista, ma
volevo parlare con Liam e poi non avrei dato la soddisfazione a Noel di
pensare che stessi scappando da lui.
Come quella radiofonica, anche questa all’inizio era
noiosissima: i soliti complimenti, le solite domande e solite risposte
arroganti dei fratelli.
A un certo punto per le cose si complicarono.
La giornalista, una donna, più svestita che vestita, che
fino a quel momento ero stata tutta miele e occhiate ammiccanti nei
confronti di Liam, fece una domanda che fece cambiare espressione ad
Our Kid.
“Avete sentito vostro padre di recente?”
Liam era seduto con le gambe accavallate e fino a quel momento era
rimasto tranquillo, ma appena l’attenzione della giornalista
si concentrò sulle domande sul passato, si
irrigidì e si mosse sulla sedia.
Noel, molto più tranquillamente, sospirò,
appoggiò una mano sulla gamba di Liam, sorrise alla
ragazzina e rispose:
“No e non ci teniamo a farlo. Direi che con questo abbiamo
finito, no?”
La ragazza non sembrò delusa da quella risposta,
evidentemente non si aspettava nulla di diverso.
Liam era turbato e durante il tragitto in macchina non disse nemmeno
una parola, mentre Noel invece parlava con il resto della band, ma non
li ascoltavo, perché stavo ripensando alla reazione di Liam
e mi chiedevo che ruolo avesse la figura del padre nella loro vita.
Arrivati alla Creation, presi Liam da parte. Non sembrava avesse molta
voglia di parlare, ma mi seguì lo stesso.
“Come stai?”
“Bene. Cosa vuoi? “ Era scocciato, non avrebbe
retto l’attenzione per troppo tempo, dovevo abbandonare
l’idea di parlare di suo padre.
“Dovresti dire a Noel che ieri sera non è successo
nulla tra noi.” Era evidente che non gliene fregasse nulla.
“Liam, dico sul serio. Nessuno di voi deve pensare quello che
credevi tu ieri sera e quindi devi dirlo a Noel. Digli che ero con te,
perché eri troppo ubriaco per tornare a casa da solo e che
io sono rimasta, perché ero troppo stanca per tornare a casa
e quindi ho dormito sul divano.”
“Lo faccio, solo se mi giuri che Noel non verrà
mai a sapere nulla della nostra conversazione.”
“Avevi qualche dubbio? Io sono una persona di cui ti devi
fidare, che ti ascolta e che c’è sempre.”
Mi sorrise appena e si allontanò senza aggiungere altro.
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Capitolo 9 *** Don't look back in anger ***
Nei giorni che ci separavano dalla partenza per il tour mondiale non
successe nulla di particolare, a parte un incontro con Alan Mcgee.
Non sapevo il motivo per cui mi volesse vedere, ma quando entrai nel
suo ufficio non era solo; credevo di aver sbagliato orario, ma lui mi
fece segno di accomodarmi.
Noel era seduto e sembrava sul serio arrabbiato.
“Liza, il tour in America è molto importante e
questa volta sono contento che parta anche tu con loro.” Non
capivo questa sua introduzione e il mio sguardo doveva averlo fatto
intendere, perché Alan riprese a parlare.
“L’ultima volta che gli Oasis sono stati in
America, Noel ha abbandonato il gruppo nel bel mezzo delle date,
perché aveva litigato con Liam.”
“Non mi sembra che la mia scappatella sia stata del tutto
improduttiva.” Noel sussurrò, come se parlasse a
se stesso. Non capivo assolutamente niente.
“Tu terrai i passaporti di tutti i ragazzi e mi auguro che tu
riesca ad essere onnipresente.”
“E’ così importante il pubblico
d’oltreoceano?” chiesi innocentemente.
“Il problema non è il pubblico. Lo sanno tutti che
non capiscono niente di musica. Il problema sono le situazioni che
potrebbero crearsi e non possiamo permetterci di trattare con
sufficienza la situazione. In America sarai onnipresente, sarai ad ogni
concerto, ad ogni intervista, ad ogni conferenza e la sera uscirai con
loro..”
“Cazzo, Alan, devi proprio?” Noel era davvero
scocciato.
“Se vi comporterete bene, non vi accorgerete nemmeno della
sua presenza.” Alan non voleva sentire ragioni.
Noel uscì dall’ufficio senza aggiungere altro.
Alan manteneva la tranquillità anche in quella situazione.
Stavo per uscire anche io, quando Alan parlò di nuovo.
“Noel è una brava persona, ma non si impegna. Sa
cosa deve e cosa non può fare, il problema è che
si diverte a dimenticarlo, come si diverte a ricordare a tutti che lui
è il capo. Liam è solo un ragazzo e sa ancora
quanto grande può diventare, perché è
troppo impegnato ad ammirare/invidiare suo fratello. Non so quanto
questo possa esserti utile, però buona fortuna.”
“Incoraggiante!” sorrisi e uscì
dall’ufficio.
Arrivò il giorno della partenza e i ragazzi erano
già un po’ stanchi, perché avevano
fatto delle date in giro per l’Inghilterra, prima ancora che
io venissi assunta.
La prima tappa era Baltimora e il viaggio ovviamente molto lungo.
In aereo mi sedetti vicino a Bonehead, l’unico con cui avessi
mai parlato a parte Liam e Noel.
Noel non aveva nessuno di fianco, quindi di certo non mi ci si sarei
seduta io, mentre con Liam non volevo mettergli pressione, non volevo
che si sentisse costretto a parlarmi o a rivelarmi qualcosa, quindi
avrei lasciato a lui la prima mossa. Volevo scoprire la questione del
padre e cosa fosse successo in America durante lo scorso tour e prima o
poi lo avrei scoperto.
Dopo nemmeno un’ora di chiacchiere Bonehead iniziò
a sbadigliare, così decisi di lasciarlo dormire e ci mise
veramente poco a iniziare a russare.
Guardai Noel e vidi che anche lui aveva sentito la dolce sintonia
prodotta da Bonehead e infatti con un cenno mi invitò a
spostarmi di fianco a lui. Almeno era cortese anche con chi non gli
stava particolarmente simpatico.
Mi spostai vicino a lui e volevo assolutamente chiedergli spiegazioni
sull’America e sul padre, ma ero combattuta,
perché non volevo discuterci subito.
In realtà c’era un altro argomento di cui avrei
voluto parlargli e così decisi di iniziare da quello, anche
se non sembrava avesse voglia di parlare.
“Posso togliermi una curiosità?”
“Se proprio devi” mi rispose senza distogliere lo
sguardo dal paesaggio fuori dal finestrino.
“Ho ascoltato i vostri dischi e ti ho anche sentito cantare
dal vivo e per questo mi chiedevo perché tu abbia registrato
solo Don’t look back in anger.”
Si girò e mi sorrise enigmatico.
“Cosa pensi di quella canzone?”
“Che è molto bella.”
“E cosa pensi delle altre?”
“Anche le altre sono belle.”
“Riusciresti a immaginarmi cantare Cigarettes and Alcohol?
Oppure Supersonic?”
“Non lo so, potresti provare.”
“No, Liam è perfetto per quelle” era la
prima volta che parlava con rispetto del fratello minore.
“Quindi ti sei tenuto per te l’unica che non
andrebbe bene per lui.”
“Mi sono tenuto per una di quelle che volevo cantare a tutti
i costi…comunque io non canto solo quella canzone.”
“Non capisco, quali altre canzoni avresti voluto cantare e
quali altre canzoni hai cantato oltre a don’t look back in
anger?” Mi era sfuggito qualcosa a casa di Liam?
“Ogni volta che esce un nostro singolo,
c’è anche una b-sides; io ho cantanto delle
b-sides che tu non hai avuto modo di sentire. Per quanto riguarda le
canzoni che avrei voluto cantare, ti lascio indovinare.”
Quando parlava di musica era tranquillo e rilassato, non era sulla
difensiva, era perfino piacevole conversare con lui.
“Suppongo che tu tenga particolarmente a Slide Away, o almeno
lo spero, perché è una canzone
meravigliosa…e poi mi viene in mente Married with children.
Ho indovinato o ho sbagliato in pieno?”
“Non ci credo…ci hai preso, ma te ne manca
una!” Evidentemente era vero, perché aveva
un’espressione davvero sorpresa.
“Non mi vengono in mente tutti i titoli. Mi ripeti la
tracklist di What’s the story bla bla bla?”
“D’accordo, ma dalla prossima settimana devi sapere
tutti i nostri titoli a memoria: Hello, Roll with it, Wonderwall,
Don’t look back in anger, Hey Now!, Some might say, Cast no
shadow, She’s electric, Morning Glory e Champagne
Supernova.”
“Ah sì, ci sono, punto su Cast no
Shadow.” Mi pareva ovvio che fosse quella.
“Non è possibile, sono così
prevedibile? Mi devi spiegare il criterio con cui hai scelto queste
canzoni.”
“Slide away è una canzone troppo bella per non
essere stata scritta pensando a una persona in particolare, quindi
penso che la consideri tua tua, non degli oasis. Married with Children
dev’essere frutto di una discussione veramente accaduta,
no?”
“Ok, hai afferrato il concetto. E cast no shadow e
don’t look back in anger?”
“Penso che anche tu sappia che su Cast no shadow, per quanto
sia bella la voce di Liam, ci sarebbe stata molto meglio la tua voce.
Don’t look back in anger probabilmente nella tua testa
è nata solo con la tua voce. Mi sbaglio?” Mi
guardava sbalordito.
“No, non sbagli. E qual è la tua canzone
preferita?”
“Quella sulle lasagne” Scoppiò a ridere.
“Dai seriamente, puoi dirmene anche una per album.”
“Non lo so, ce ne sono molte che mi piacciono: Live Forever,
Slide Away, Don’t look back in anger.”
“Ho capito che tipo sei: tu ascolti prima di tutto le parole
e poi la musica. Hai scelto quelle con i testi più puri e
felici.”
“E’ un problema?” probabilmente aveva
ragione
“No, è solo che ti devo svelare che io non penso
molto a quello che scrivo, a volte mi vengono in mente le parole come
se fossero filastrocche, a volte mi ci devo veramente impegnare per
costruire qualcosa da mettere sulla musica.”
“Va bhè, il risultato mi sembra comunque
buono.” Non mi ero accorta di avergli fatto un complimento.
“Grazie.”
Dopo qualche minuto di silenzio iniziò lui una conversazione.
“Liam mi ha parlato. Mi ha detto che non siete andati a letto
insieme.”
“Bene, ora ci credi?”
“Sì, ma sono certo che ci abbia
provato.” Conosceva fin troppo bene suo fratello.
“Sì, ci ha provato, ma ha ricevuto uno
schiaffo.” Scoppiò a ridere.
“Questo non me l’aveva detto quel
bastardo.”
“Io gli avevo chiesto solo di specificarti quello che non era
successo, non era tenuto a dirti quello che è
successo.”
“Sei lesbica?”
“Scusa?”
“Ti piacciono le donne? Non ho mai visto nessuna rifiutare le
avances di mio fratello, poi, insomma il tuo aspetto. Capito cosa
intendo?” Tutti prima o poi sospettavano questo.
“Con tuo fratello ci devo lavorare e non mi sembra
professionale finirci a letto. Per quanto riguarda il mio aspetto,
scommetto che ti riferisci alla mancanza di trucco,
all’abbigliamento semplice.”
“Sì, ma per me non c’è
problema. Puoi fare quel cazzo che vuoi.” Sempre sboccato.
“Non sono lesbica, semplicemente non ritengo necessario
dovermi truccare per venire al lavoro o vestirmi in modo provocante per
andare a fare la spesa.”
“Come vuoi. Scommetto che hai la fila di ragazzi sotto
casa.” Ovviamente il discorso non poteva che andare a finire
con lui che mi prendeva in giro.
“Sembra che tu sappia già la risposta.”
“Vivi da repressa! Prova a lasciarti andare e a divertirti
cazzo!”
“Magari io non mi diverto a mostrare il mio corpo o a bere o
a drogarmi.”Io ero sul serio infastidita da questo discorso,
mentre lui sorrideva e sembrava volermi dare dei consigli sulla vita.
“Sei una maestrina del cazzo.”
“Lo ritengo un complimento.”
“Non lo è, cazzo! Goditi la vita!” Non
ne potevo più.
“Cazzo, Noel, non sai niente della mi vita. Non sai che prima
di accettare questo lavoro mi occupavo di ragazze madri, di
tossicodipendenti e di senzatetto. Non sai che mi occupavo della
riabilitazione di persone che per motivi più o meno gravi
erano diventate il fantasma di sé stessi.
Raccoglievo i ragazzi dalla strada, non si ricordavano più
chi fossero. Cercavo dei posti per accogliere i senza tetto e dei
lavori per delle ragazze che non sapevano nemmeno badare a se stesse.
Secondo te riuscirei a godermi la vita come fate voi? Io apprezzo le
cose sane della vita, non le cose che rovinano la salute, quindi per
favore, visto che non sono qui per farti abbandonare le tue dipendenze,
non cercare almeno di convincermi che il modo giusto per vivere sia il
vostro.” L’avevo zittito. Per un’ora non
disse nulla, poi quasi come si volesse scusare, sussurrò
“Allora non sei del tutto una borghese del cazzo.”
La storia non segue il tour in modo preciso, perché ho fatto
degli errori con le date tra l’uscita degli album e dei
singoli, quindi perde un po’ di credibilità, ma
spero non vi offendiate.
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Capitolo 10 *** Will you pass me down the wine? ***
Quel giorno restarono veramente poco in hotel. I ragazzi prima di cena
decisero di andare a vedere il posto in cui avrebbero suonato il giorno
dopo, ma io non li accompagnai perché volevo farmi una
doccia e stare lontana da quei buzzurri.
Appena uscita dalla doccia, qualcuno bussò alla porta di
camera mia.
Aprii in accappatoio e mi trovai davanti un ragazzo con cui non avevo
mai parlato, ma che avevo visto in giro con i ragazzi. Probabilmente
era uno dei tecnici.
Teneva in mano una pila di dischi.
“Noel ha detto di ascoltare le b-sides.” Me li mise
in mano e se ne andò senza aggiungere altro.
C’erano Supersonic, Shakermaker, Some might say, Roll with it
e due cd senza titolo.
Decisi che li avrei ascoltati la mattina dopo, in quel momento volevo
solo rilassarmi, ma esattamente due secondi dopo aver chiuso la porta,
qualcun altro bussò.
Bonehead era venuto per avvisarmi che dovevamo uscire per cena; io non
avevo voglia, così gli dissi che sarei rimasta in hotel. Lui
non insistette e prima che se ne andasse, gli ricordai di chiamarmi nel
caso in cui avessero avuto bisogno di qualsiasi cosa. Mi fece
l’occhiolino e tornò dai ragazzi.
mi feci portare dal servizio in camera hamburger e patatine,
in fondo ero in America, non avrei mai ordinato fish and chips e mentre
mangiavo e guardavo la tv in accappatoio, non immaginavo in che modo la
serata si sarebbe trasformata.
Dopo aver visto una serie infinita di sit-com, mi misi a letto, sempre
in accappatoio e presi dalla valigia l’unico libro che mi ero
portata dietro: Great Excpectations.
Non appena mi misi a letto, il telefono squillò.
“Buonasera, signorina Payne. Un certo Bonehead ha chiamato e
ha chiesto di lei, le posso passare la telefonata?” era il
ragazzo della reception, che cercava in tutti i modi di imitare
l’accento inglese per apparire più elegante.
“Si, certo.” Marcai il mio accento per farlo
sentire ancora più Americano.
“Liza, Liam sta bevendo veramente tanto e continua a
provocare Noel. Non è che ti andrebbe di venire?”
Paul cercava di nascondere la sua preoccupazione, ma era evidente che
avevano già provato a calmare Liam con scarsi risultati.
Mi feci dare l’indirizzo del locale in cui erano andati a
divertirsi e mi vestii in circa due secondi per raggiungerli.
Scesa dal taxi davanti al locale, vidi Noel fuori che fumava. Non
sembrava sorpreso di vedermi.
Non ci salutammo, ma mentre gli passavo di fianco per entrare,
sussurrò qualcosa che interpretai come:”Ringrazia
che sono uscito fuori a fumarmi una sigaretta.”
Aveva un ghigno strano dipinto sul volto e avevo paura di questa sua
calma apparente.
Quando entrai nel locale, prima di vederlo, sentii Liam: era seduto al
tavolo con gli altri, urlava insulti.
Insultava ogni persona in quella stanza e ogni tanto ci cacciava in
mezzo un insulto per tutti gli Americani in generale. Gli altri o
ridevano sguaiatamente o, come Bonehead, cercavano di smorzare
l’entusiasmo di una compagnia completamente ubriaca, provando
a far abbassare la voce a Liam o comunque di ridimensionarlo; il
problema era che per lo più erano tutti ubriachi e pensavano
che Liam fosse divertente e Liam a sua volta si gasava per quel
momento, perché era la star indiscussa di quel cabaret
improvvisato.
Mi avvicinai al tavolo, sorridendo tranquillamente, o questo era quello
che si vedeva, ma appena Liam mi vide, decise che io sarei stata il suo
nuovo obiettivo per gli insulti.
“Cazzo, ma allora la lesbica è uscita da quel
cazzo di hotel.” Risate sguaiate da parte del gruppo.
Feci finta di niente per quel commento, tanto ormai era di moda pensare
che fossi lesbica e provai a isolare Liam dal resto del gruppo, per
provare a parlarci in modo più civile.
“Liam, dobbiamo parlare di una cosa, puoi venire fuori un
attimo?”
“Non mi rompere il cazzo, non ho voglia di parlare con
te.” Stavo per rispondere qualcosa come: l’altra
notte non sembrava così, ma non sarebbe stato professionale
provocarlo, così decisi di mentire spudoratamente su una
cosa che l’avrebbe fatto preoccupare.
“Hanno chiamato in hotel da Manchester.”
“Che cazzo è successo?” Urlò,
scattando in piedi. L’argomento “mamma”
era uno dei migliori per convincere Liam a fare qualcosa.
“Andiamo a parlarne fuori.” La compagnia si era
magicamente placata vedendo l’espressione di Liam
così allarmata.
Mentre Liam si dirigeva verso la porta, feci segno a Bonehead di
seguirmi.
Una volta in strada, Liam mi guardò aspettandosi una
spiegazione; Noel era ancora là, con il suo sorriso strano e
lo sguardo assente. La combo perfetta: Noel sotto l’effetto
di sostanze stupefacenti e Liam ubriaco.
“Allora? Che cazzo è successo a mia
madre?” A queste parole anche Noel mi dedicò la
sua attenzione, anche se le sue reazioni erano rallentate.
“Non è successo niente a tua madre, volevo solo
farti uscire da quel locale e per portarti in hotel. Stavi passando il
limite e qualcuno avrebbe finito per farti un occhio nero. Puoi
sbraitare quanto ti pare e insultarmi anche tutta la notte,
l’importante è che questo accada in
hotel.”
Bonehead intanto aveva fermato un taxi e aveva preso Liam per un
braccio per farlo entrare in macchina, Noel invece ci entrò
di sua spontanea volontà.
Mi sedetti di fianco al conducente e durante il tragitto non mi voltai
nemmeno una volta.
Sapevo che Liam era infuriato, sentivo il suo sguardo arrabbiato sulla
testa, ma non avevo voglia di affrontarlo in un taxi.
Arrivati all’hotel, scesi dalla macchina e aiutai Noel a
scendere, perché non si accorgeva di niente di tutto quello
che gli succedeva attorno, poi lo affidai alle cure di Bonehead, che lo
accompagnò in camera.
Liam non sembrava avesse intenzione di andare in camera e non potevo
più evitarlo, così lo guardai negli occhi.
Si avvicinò pericolosamente a me e puntandomi il dito contro
lo sterno mi disse:
“Non ti devi permettere mai più di tirare in mezzo
mia madre per i tuoi giochetti.” Era molto serio.
“Io non ho parlato di tua madre. Nel locale ti ho detto che
avevo ricevuto una telefonata da Manchester e che te ne avrei parlato
solo fuori dal pub. Tutto qui.” Non cercai nemmeno di
assumere un’espressione innocente mentre pronunciavo quelle
parole, perché lo sapeva meglio di me cosa significavano
quelle frasi.
“Non fare la stronza.”
“No, tu non fare lo stronzo! Ho ricevuto ordini precisi da
McGee su questo tour in America. Non potete fare stronzate e lo sai
bene, perché qui avete molto da perdere. Qui non siete gli
idoli di una nazione intera, qui siete sempre in prova; per questo
stavi insultando ogni Americano in quel pub. Non li sopporti
perché non vi capiscono. Bene, ma questo non vuol dire che
vi dobbiate fare odiare.”
“Hai finito?”
“No. Perché quando sono entrata Noel mi ha detto
di ringraziarlo per il fatto che fosse fuori a fumarsi una
sigaretta?”
“Perché stasera era troppo fatto per fare a pugni,
quindi ha preferito evitare.” Si era rilassato un
po’ e sembrava anche divertito dal fatto che suo fratello non
capisse nulla.
“Sappi che, con tuo immenso piacere, questa era la prima e
l’ultima volta che restavo in hotel. Non sarò con
voi solo quando andrete in bagno e sul palco e tutto questo
perché te la sei cercata tu, Ourkid.”
“Almeno tu, non chiamarmi così.” Fino a
quel momento sembrava essersi rilassato, nonostante la minaccia della
mia costante presenza, ma quando sentì quel soprannome, si
irrigidì; non se lo aspettava da parte mia.
“Per stasera te lo sei meritato.”
Rientrammo in hotel in silenzio e ci dirigemmo verso le nostre stanze;
la mia era a due camere di distanza dalla sua e prima di chiudere la
porta, mi ricordai un’altra cosa.
“E comunque non sono lesbica” dissi, senza nemmeno
aspettare una risposta.
Tutto quello che sentii fu una fragorosa risata a due porte di distanza
dalla mia.
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Capitolo 11 *** But you're gonna need a line ***
La mattina dopo mi svegliai con molta calma, perché i
ragazzi non avevano interviste o altri tipi di incontri ravvicinati con
la stampa per far capire al mondo intero che loro la odiavano.
La sera prima comunque ero uscita dall’hotel senza giacca per
la fretta; la sorpresa mattutina di una serie di almeno sette starnuti
mi ricordò la stupidità della mia azione.
Mentre uscivo dalla stanza per andare a fare colazione, mi accorsi dei
cd che quel ragazzo mi aveva portato la sera prima. Decisi che una
volta al piano di sotto avrei cercato un posto per ascoltarli.
Nella sala da pranzo c’era solo Bonehead e quando mi vide, mi
sorrise.
“Buongiorno!”
“Ciao” mentre mi salutava, osservava il suo piatto
con espressione perplessa.
“Dove sono gli altri?” non mi spirava affatto
quella sotto specie di frittata con una roba gelatinosa marrone sopra.
“Penso che stiano ancora dormendo, sempre che Liam non decida
di dare spettacolo un’altra volta.”
“Bene. Come si chiama quello che hai ordinato? Voglio
evitarlo con cura.”
Quella colazione fu uno dei momenti più tranquilli mai
vissuti da quando avevo accettato quel lavoro. Parlammo di un sacco di
cose e Bonehead mi raccontò la storia degli inizi, dei The
Rain, di Liam senza Noel e poi della trasformazione in Oasis.
Voleva bene ai fratelli e aveva molta pazienza, però in
più di un’occasione sentivo il suo tono scocciato
per il comportamento immaturo che avevano Liam e Noel l’uno
nei confronti dell’altro.
Mi raccontò che una volta si beccò addirittura un
pugno al posto di Noel, perché il maggiore dei Gallagher era
riuscito a schivare il destro di Liam, che colpì Bonehead
sul naso.
Una volta finita la colazione, chiesi al ragazzo della reception se in
quell’hotel ci fosse un lettore cd, ma nessuno evidentemente
ne aveva mai avuto bisogno prima.
Stavo tornando in camera per prendere la borsa e uscire a farmi un
giro, ma nel passare davanti alla porta della camera di Noel sentii che
era già sveglio. Volevo bussare per sapere come stesse e se
si ricordasse qualcosa dalla sera prima, ma mentre alzavo il pugno,
partì il suono di una chitarra.
“Take the time to make some sense
Of what you want to say
And cast your words away upon the waves
Sail them home with acquiesce
On a ship of hope today
And as they land upon the shore
Tell them not to fear no more
Say it loud and sing it proud
Today…”
In quel preciso istante il naso formicolò e
iniziò un’altra serie di starnuti.
La musica si era fermata e due secondi dopo Noel aprì la
porta.
Pensavo di aver già visto la sua espressione più
scocciata e invece si riservava il meglio per poche occasioni.
Mi inceneriva con lo sguardo e si aspettava di sapere perché
fossi davanti alla sua porta, ma non me lo chiese.
Lo guardai mortificata e accennai un sorriso.
“Sai…stavo andando in camera mia, ma poi mi
è venuto in mente che dovevo parlarti e quindi eccomi
qua.”
“Non riuscivi a trattenere quei cazzo di starnuti?”
oltre ad essere particolarmente brutto, infatti indossava una canotta
da muratore, che certo non era adatta al fisico di un musicista
mingherlino, e dei pantaloni della tuta adidas blu scuri, la mattina
appena sveglio era anche particolarmente scorbutico.
“E tu non riesci a trattenere la maleducazione?”
“Con certe persone no, soprattutto se mettono in mezzo mia
madre dove non c’entra.” Eccoci, adesso anche lui
doveva proteggere la mamma.”
“Allora la prossima volta riporta tu tuo fratello in Hotel
senza creare casini.”
“Ieri sera sono stato fin troppo bravo.” Intanto si
era allontanato dalla porta per farmi entrare.
“Infatti mi sorprendi. Cosa ti è successo ieri
sera?”
“Non mi andava di picchiarlo il primo giorno.”
Mentre pronunciava queste parole guardava fuori dalla finestra.
“Sai, io potrei anche crederti, ma ho una mia idea per ieri
sera.”
“E scommetto che non vedi l’ora di
dirmela.” Cercava di apparire sicuro di sé, ma
sapeva che io sapevo.
“Ieri sera hai tradito la tua cara amica cocaina, per
spassartela con un po’ di eroina.”
“Chi te l’ha detto?” non sembrava
preoccupato e parlava fingendo disinteresse, mentre faceva finta di
accordare la chitarra.
“Non ho bisogno che qualcuno mi dica che tipo di droga sta
usando.”
“Che brava! Vuoi un premio?”
“Non fare l’idiota, Noel. Quella roba lasciala
perdere, non ne esci più altrimenti.”
“Senti, non rompere il cazzo. Volevo solo provare, era la
prima volta con l’eroina.”
“E anche l’ultima” aggiunsi io.
“D’accordo, d’accordo. C’era
qualcos’altro che volevi dirmi?”
“Sì, che non sono ancora riuscita ad ascoltare le
b-sides, perché non c’è uno stereo in
questo hotel.
Mi puoi aiutare?”
“Sappi che la gente paga per ottenerlo. Questa si chiama Tak
me away ”
Prima che riuscissi a capire cosa stesse facendo, Noel
iniziò a suonare la chitarra.
Cantò cinque canzoni e tra l’una e
l’altra diceva solo il titolo della canzone: dopo Take me
away, suonò D’yer wanna be a spaceman, sad song,
talk tonight, it’s better people.
Inutile dire che la sua espressione era quella che assumeva quando
suonava la chitarra, quella che avevo visto durante
l’intervista radiofonica sulle note di Live forever.
“L’altra non posso cantartela da solo, quindi la
sentirai ai concerti.”
Non sapevo cosa dire, mi aveva appena allestito un set acustico in
camera sua, per farmi sentire che non cantava solo Don’t look
back in anger.
Bonehead quella mattina a colazione mi aveva parlato del loro
precedente tour in America e aveva accenato a Talk Tonight: la leggenda
narrava che fosse stata scritta nel periodo in cui Noel aveva lasciato
la band e che l’avesse dedicata a una misteriosa ragazza.
Ovviamente dopo averla ascoltata ero curiosissima di saperne di
più, ma non mi azzardai a chiedere nulla.
“E quella che stavi cantando mentre ero qui fuori?”
“Ah, quella. È il mio capolavoro.”
“Posso sentirla?”
“Ahahahah, no. Per quella aspetterai come tutti i comuni
mortali. Non meriti un trattamento di favore.” Non riuscivo
ancora a capacitarmi di come il suo umore cambiasse quando si parlava
di musica. Era più tranquillo, rilassato, a suo agio.
Lunatico come pochi.
Il pomeriggio lo passai in giro per Baltimora a cercare un souvenir da
portare a David, poi quando venne l’ora del concerto, tornai
in hotel.
Non sapevo cosa aspettarmi, perché non sapevo
com’era Liam sul palco, cosa faceva, cosa diceva e la stessa
cosa valeva per Noel.
Già dalla prima canzone mi accorsi che da quei due non
potevo aspettarmi nulla di diverso: Liam cantava senza toccare il
microfono ed evitando qualsiasi tipo di balletto o mossa e Noel, dal
suo angolo controllava la band con sguardi attenti di tanto in tanto e
suonava con un espressione a volte concentrata, ma per lo
più rilassata sul volto.
A un certo punto, dopo una serie di canzoni che avevo già
sentito almeno una volta, in una canzone cantata da Liam,
sentii Noel partire a cantare il ritornello.
“Because we need each other
We believe in one another
And I know we are going to uncover
What’s sleepin’ in our soul…”
Eh no, questa proprio non poteva cantarmela quella mattina da solo.
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Capitolo 12 *** Up in the sky ***
Le date previste per quel tour in Nord America erano solo sei, poi
saremmo dovuti tornare in Europa, però i ragazzi avevano
chiesto un pausa di due settimane perché volevano farsi una
minivacanza. Non erano costretti ad andare tutti nello stesso posto,
così parlando con loro, sentii che Liam sarebbe tornato a
Manchester da sua madre per qualche giorno e anche gli altri mi avevano
detto che sarebbero tornati in Inghilterra, ma l’unico a non
parlare mai di quello che avrebbe fatto in quel break era Noel.
Questa cosa mi insospettiva parecchio e ne parlai al telefono con Alan
una sera.
McGee aveva paura a lasciare Noel da solo in America, aveva paura di
quello che avrebbe potuto fare e dire, quindi mi costrinse a fare una
cosa poco piacevole.
“Gli dici che o si fa accompagnare da te ovunque voglia
andare, o che non gli restituisci il passaporto.”
“Alan, non posso, è come sequestrare una
persona!”
“No, è come proteggere una persona e proteggere
tutti i soldi che potrebbe farmi guadagnare.”
“E se si arrabbia? È un’ipotesi non
troppo remota.”
“Se si arrabbia, allora dovrà fare i conti con
me.”
Volevo trovare un’occasione propizia per comunicargli il
lietissimo evento, ma non c’era modo di trovarlo di
buon’umore.
Liam lo provocava in ogni occasione possibile e immaginabile,
perché gli mancava fare a botte con suo fratello, ma in quel
periodo Noel si tratteneva: o evitava direttamente suo fratello, o
faceva finta di non ascoltarlo; il problema è che comunque
Noel si innervosiva, quindi si chiudeva in camera sua o usciva a farsi
un giro.
Questa cosa andò avanti fino all’ultimo, solo che
io dovevo parlargli, allora lo presi da parte dopo l’ultimo
concerto.
Dopo i concerti in genere era euforico, magari avevo qualche speranza
in più che non mi urlasse addosso.
Eravamo seduti nella hall dell’hotel e stavamo aspettando gli
altri che si stavano cambiando per uscire.
Dopo il pseudo set acustico in camera sua, non avevamo parlato
granché, quindi iniziai col fargli i complimenti per le
canzoni e convenevoli simili, solo che le sue risposte erano
monosillabiche e non favorivano la conversazione, così fui
costretta a tirar fuori l’argomento dal nulla.
“Cosa fai durante questa vacanza?”
“Niente.”
“Dove lo farai questo niente?” Non mi guardava
nemmeno, teneva la testa appoggiata sullo schienale della poltrona e
fissava il soffitto.
“Dove mi pare.” Mi aiutavano queste risposte. Non
dissi nulla per due minuti, poi ripresi.
“Ho parlato con Alan l’altro giorno.”
Silenzio.
“Devo darti una notizia che non ti
piacerà.”
Silenzio.
“Mi ha detto che se non ti fai accompagnare da me, non posso
restituirti il passaporto.”
“Andate a fare in culo.”
“Mi dispiace tanto, gli ho detto che ti saresti arrabbiato,
ma non mi ha ascoltato. In ogni caso, sappi che non ti
disturberò affatto, o almeno ci
proverò.”
“Fatti trovare pronta alle 9.30 nella hall. Non voglio vedere
gli altri. ” Detto questo, andò in camera sua. Gli
altri avevano il volo per Londra solo nel pomeriggio, quindi aveva
studiato una vera e propria fuga.
La mattina dopo ero pronta alle 8.00. Non avrei dato a Noel motivi in
più per non sopportare la mia presenza.
Nel tragitto in taxi verso l’aeroporto non disse una parola e
io ovviamente non cercai di istaurare una conversazione, non gli chiesi
nemmeno qual era la destinazione del nostro volo, l’avrei
scoperto in aereoporto. Con noi non c’era nessuno, nessun
bodyguard, perché tanto in America non rischiava di essere
assalito da un’orda impazzita di fan.
Era più rilassato della sera precedente, magari si era fatto
una ragione di quella convivenza forzata.
Non aveva ancora comprato il biglietto, così si diresse a
una delle casse libere e prese due biglietti per Las Vegas. Il nostro
volo partiva alle 12.00 e mancava ancora un’ora e mezza.
Mi consegnò i biglietti e disse:
“Vado a prendermi qualcosa da leggere. Ti lascio i biglietti,
così sei sicura che non scappo. Ti serve
qualcosa?” Mi aveva parlato come se avesse chiesto
l’ora a un passante sconosciuto.
“Un caffè, grazie.”
Era quasi inquietante il suo modo di comportarsi. Gelido. Probabilmente
mi vedeva come il suo secondino e di certo su questo non potevo dargli
torto.
Quando tornò, oltre al mio caffè e un giornale
inglese, reggeva in mano almeno tre cd. Grazie al cielo c’era
un negozio di musica in quell’aeroporto.
Mi ignorò per la maggior parte del lungo viaggio: lesse il
giornale, dormì, fissò il vuoto, scrisse e
cancellò milioni di volte qualche
parola,probabilmente di una nuova canzone, su un pezzo di
giornale. Verso sera, poco dopo che mi ero addormentata mi
svegliò, schiarendosi la gola rumorosamente.
“Oh, scusa, ti ho svegliata?” L’aveva
fatto apposta il bastardo.
“No figurati, stavo solo sognando un mondo migliore in cui
non c’era traccia dei fratelli Gallagher.” Mi ero
stufata di assecondare i suoi tiramenti, quindi avevo deciso di
lasciare libero sfogo alla mia acidità.
“Senza Liam staremmo tutti meglio di certo.”
“E tu non saresti dove sei adesso.”
“Dove? In un aereo con un carceriere che mi deve seguire
ovunque?”
“Ovvio.” Sospetti confermati sul secondino.
“Da una parte mi lusinga il fatto che io valga
così tanti soldi per Alan, ma dall’altra non
sopporto questa cazzo di situazione.”
“Non dirlo a me.”
“Comunque, non devi dire a nessuno cosa farò in
questi giorni. Sono affari miei. Tutto quello che potrai dire
è che siamo stati a Las Vegas perché volevo farmi
un giro dei casinò per cazzi miei.”
“E tutti mi crederanno perché sei un asociale del
cazzo.”
“Hei hei, non si dicono le parolacce, stronza.”
Cercava di fare anche il simpatico, ma i risultati non erano dei
migliori.
“Vaffanculo.”
“Come vuoi, però ti prego di moderare i
termini quando arriviamo.”
“E perché?”
“Perché non vorrei che una mia grandissima amica
pensasse che vado in giro con una buzzurra.”
“Cosa si aspetta da un bestemmiatore di origini irlandesi la
tua amica?”
“Non capisci più nemmeno
l’ironia?”
“Non è colpa mia se sento il suono della tua voce
e il tono delle tue parole così poco spesso da non riuscire
a capire quando scherzi o quando sei incazzato.”
“Rilassati. Non sono così arrabbiato con te, sono
più incazzato con Alan, tu non sei così
importante.”
“Tu invece sei così importante da necessitare
della mia presenza secondo qualcuno. Fosse per me, e sai che non
scherzo, tu potresti essere in una miniera a spaccarti la schiena,
lavorando seriamente.
Quando hai finito di insultarmi e hai qualcosa da dire di serio e
interessato fammi sapere.” Mi stava dando sui nervi, lo
preferivo silenzioso e nervoso.
“Non vuoi sapere perché stiamo andando a Las
Vegas?”
“Perché vuoi andare a trovare quella ragazza che
ti ha ispirato Talk Tonight.” Bonehead mi aveva parlato di
quell’episodio durante la nostra colazione, la prima mattina
a Baltimora.
“Chi te l’ha detto?” la sua espressione
era notevolmente sorpresa.
“Bonehead mi ha raccontato la storia dietro quella canzone
là, com’è che si chiama?” Lo
sapevo benissimo, ma non volevo dargli troppa soddisfazione.
“Talk Tonight e non puoi parlare di quella canzone
là, è bellissima.” Era veramente molto
bella, ma di certo non lo avrei ammesso, soprattutto dopo tutti gli
insulti di quel viaggio.
“E’ così bella che è una
b-side.” Era divertente provocarlo.
“E’ un gioiello e solo i veri fan la
conoscono.”
“Come vuoi tu.”
“Comportati bene con lei. Lei e suo marito ci ospitano a casa
loro, ho già avvisato che ci sarebbe stata una rompipalle
con me.”
“Guarda che posso trovarmi anche un Hotel, andiamo a Las
Vegas, non a Manchester.”
“Gliel’ho proposto, ma mi ha detto testuale- che
lei non è maleducata come me- e quindi insiste per
ospitarti.”
“E’ molto gentile da parte sua. Come si
chiama?”
“E’ fin troppo gentile. Si chiama Sarah, ma si fa
chiamare Sally.”
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Capitolo 13 *** Talk Tonight ***
Noel
mi aveva spiegato come l’aveva conosciuta: era seduto al
bancone del bar ubriaco fradicio, di uno degli tantissimi
casinò.
Sarah
lavorava in quel posto come barista e aveva dato da bere tutta la sera
a quell’inglese che le sembrava di aver visto qualche parte,
ma non sapeva dove. A un certo punto aveva iniziato a preoccuparsi e
non sapeva se continuare a servirlo, perché lui aveva
iniziato a straparlare su quanto gli Stati Uniti facessero schifo e
cose del genere.
Avrebbe
voluto chiamare la sicurezza, ma non stava molestando nessuno, stava
solo sparando insulti un po’ a caso con la testa appoggiata
al braccio, solo che non sembrava intenzionato ad andarsene. Lei
avrebbe finito il turno verso le 3 di notte, così
iniziò a parlargli un po’, per vedere se poteva
aiutarlo in qualche modo. Lui le disse che alloggiava
nell’hotel del casinò e che era un musicista
abbastanza famoso in Inghilterra, ma che era scappato dalla sua band
perché non sopportava nessuno. Ovviamente queste
informazioni erano sparse in mezzo ad altre frase incomprensibili,
considerato il suo pessimo accento inglese.
Sally
decise che a fine turno, l’avrebbe aiutato a trovare la sua
stanza e a l’avrebbe messo a letto, evitando che la sicurezza
intervenisse.
Il
problema è che Noel non voleva andare nella sua stanza,
voleva continuare a bere, allora lei gli disse che lo stava portando in
un locale molto bello, mentre in realtà lo stava portando a
casa sua.
La
mattina dopo, si svegliò a casa di Sally e conobbe anche suo
marito, Simon ed ebbe la sua prima conversazione da sobrio con Sally.
I
ricordi di Noel partono da questo momento, la storiella del
casinò gli è stata raccontata da Sally.
Parlarono
degli Oasis, di Liam, della fama, delle canzoni, dei fan e Sally,
insieme a suo marito, che aveva sentito parlare del gruppo, convinsero
Noel a tornare dalla band.
Da
quel giorno Noel decise che Sally sarebbe sempre stata presente nella
sua vita e infatti, anche se era passato più o meno un anno
da quell’episodio, si erano sentiti spessissimo al telefono.
Sally
e Simon abitavano nella zona residenziale di Las Vegas e quando
arrivammo in taxi, li vedemmo immediatamente perché ci
stavano già aspettando seduti sotto il portico davanti alla
porta d’ingresso. Noel sembrava un bambino a Natale, penso di
non averlo visto così felice, nemmeno quando Alan
l’aveva chiamato per dirgli che (What’s The Story?)
Morning Glory stava vendendo tantissimo un Inghilterra. Non
aiutò nemmeno il taxista a scaricare i bagagli dal taxi. Gli
mise in mano una banconota che valeva almeno il doppio della corsa e
sfrecciò dalla coppia di sposini.
Mr
Noel Ghiaccio Gallagher stava mostrando affetto a una persona: stava
abbracciando Sally; mi sembrava impossibile.
Mentre
mi avvicinavo timidamente, notai che lei era in cinta ed anche di un
bel po’, ecco perché Noel ci teneva
così tanto ad andarla a trovare. Non volevo sembrare
un’impicciona, perché quella era un momento tutto
loro, così rimasi un po’ indietro, ma Simon mi
fece segno di avvicinarmi.
“Piacere
di conoscerti. Noi siamo Simon e Sally.”
Strinsi
la mano a entrambi, mentre Noel se ne stava in silenzio a fissarli
sorridendo.
“E’
un piacere anche per me. Mi dispiace disturbarvi, ma a Noel non
è praticamente più concesso andare in giro per il
mondo da solo.”
“Sappiamo
benissimo il perché della tua presenza e, benché
a Noel non piaccia essere trattato così, sono contenta che
ci sia qualcuno che lo marca stretto.” Nonostante Sally
avesse pronunciato queste parole in tono leggero, si vedeva che non
erano prive di significato.
“Smettete
di parlare di me come se non ci fossi.” Borbottò
Noel.
“Io
sono Noel Gallagher e non nessuno parla di me
così.” L’imitazione di Simon di Noel era
meravigliosa e scoppiai a ridere e anche a Noel sfuggì un
sorriso.
Eravamo
arrivati giusto in tempo per l’ora di cena e la serata
passò in modo tranquillo.
All’inizio
Simon e Sarah facevano una marea di domande a Noel su come stesse
andando il disco in Inghilterra, su come si stesse comportando Liam in
tour e altre cose che per Noel rappresentavano lavoro e infatti lui
rispondeva a queste domande, ma dopo un po’ assomigliava
sempre di più ad un’intervista, quindi
iniziò a rispondere mettendola sul ridere e facendo battute
su qualsiasi cosa gli fosse chiesto. Simon e Sarah gli chiesero se
facesse così anche con la stampa inglese e in quel momento,
per una frazione di secondo divenne serio.
“No,
con la stampa inglese fa molto peggio!” Era arrivato il
momento della mia piccola vendetta per il suo atteggiamento
insopportabile durante tutto il viaggio.
“Alla
stampa dice che Damon Albarn e Graham Coxon, bravi artisti e bei
ragazzi a mio modestissimo parere, dovrebbero prendere
l’AIDS e morire.”
“Che
cazzo! E’ già la seconda volta che me la tiri
fuori questa. So di essere stato indelicato.”
“Indelicato?
Noel, in America, non ci si azzarda nemmeno a dirla tra amici una cosa
del genere. Gli artisti sarebbero allontanati dalla scena pubblica
immediatamente!” Evidentemente a Sarah non era giunta voce di
questa piccola piccola novità.
“Per
fortuna allora non sono Americano! Per i prossimi Brit Awards ho in
mente qualcosa di molto carino.”
“Per
poter dire o fare qualcosa, dovreste almeno riuscire a vincere un
premio.” Era molto divertente mettere in dubbio il loro
successo.
“Hai
qualche dubbio? Cosa è successo!? L’aspetto da
bravo ragazzo di Damon ha colpito anche te?Quel cazzone ha 27
anni e si atteggia ancora come se ne avesse 20.”
“Ok,
ok, abbiamo capito che questo Damon ti sta molto simpatico. Elizabeth
come ti trovi con i ragazzi in giro per il mondo?” Simon era
intervenuto per riportare la pace a tavola, ma non sapeva che aveva
appena scatenato la mia furia vendicativa con quella domanda.
“Oh
benone. I ragazzi sono dei tesori. Liam è stato
così tanto dolce da averci provato con me dopo nemmeno due
giorni che mi conosceva e Noel mi ha chiamato ‘borghese del
cazzo’ per almeno una settimana. L’ambiente ideale
per lavorare al meglio, sembra di essere in una seconda
famiglia.”
Scoppiarono
a ridere, ma a Noel non sembrava dare affatto fastidio essere
denunciato in questo modo a dei suoi amici; a lui importavano troppe
poche cose.
Dopo
cena Simon andò a lavorare, era un autista per una compagnia
che affittava limo, un posto certissimo in una città come
quella.
Io
non volevo essere in mezzo, più di quanto non fossi
già costretta a fare da Alan, così, dopo aver
aiutato Sarah a sistemare, me ne andai a dormire.
Prima
di addormentarmi, mi colse la consapevolezza che Noel non
si era fatto nemmeno una linea di coca, un evento più unico
che raro nei giorni in cui non aveva concerti.
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Capitolo 14 *** Half the world away ***
Ci fermammo a Las Vegas solo qualche giorno, perché poi Noel
voleva tornare a Manchester, da sua madre.
In quei giorni era una persona completamente diversa, era rilassato e
tranquillo, quasi piacevole.
Non sembrava nemmeno che la mia presenza lo infastidisse più
di tanto; in realtà io cercavo di farmi di nebbia il
più possibile, solo che Sarah era incinta e cercavo di
aiutarla il più possibile in qualsiasi modo.
Lei era l’opposto di Noel sotto ogni punto di vista:
simpatica, estroversa, disponibile, gentile, educata e poi sorrideva
sempre, ma non era un sorriso finto o costruito, tipico delle persone
che nascondono un’infelicità congenita che non
vogliono mostrare, era un sorriso vero, sincero.
Una sera, prima di cena, Noel era in giardino con Simon e con la
chitarra e stava suonando la melodia della canzone che avevo origliato
fuori dalla porta di camera sua qualche giorno, ma non cantava il testo.
Io stavo aiutando Sarah a preparare la cena e stavamo parlando del
parto e cose legate alla maternità, ma lei a un certo punto
cambiò discorso improvvisamente.
“In tour si sfonda tanto?” Non c’era
bisogno che mi specificasse l’argomento della sua domanda.
“No, è molto bravo, sa controllarsi.”
“Non devi dirmelo solo per non farmi preoccupare.”
“No, sul serio. Prima dei concerti al massimo si fa qualche
birra, ma nient’altro.”
“Lui odia parlare con me di questa cosa. Non ne capisco il
motivo, visto che comunque so che lo fa e che continuerà a
farlo. Non lo giudico, ognuno fa quello che vuole, solo che ho paura
che possa perdere il controllo. E’ una bellissima persona,
anche se alla maggior parte del mondo sembra un montato e poi
è un grandissimo artista. Non mi sorprenderebbe se un giorno
abbandonasse la band per iniziare una carriera da solista.”
“No, non credo che questo possa farlo, ha bisogno di
Liam.”
Aveva lo sguardo colpevole.
“Non so se ti abbia mai parlato del nostro primo
incontro.”
“Mi ha raccontato quello che tu hai raccontato a lui,
perché ha ammesso di non ricordarsi nulla.”
“Meglio così. Diciamo che non gli ho detto proprio
tutta la verità. Lui non aveva nessuna intenzione di tornare
dal fratello, voleva continuare da solo, tanto diceva di aver
già acquisito un po’ di popolarità in
Inghilterra per poter farcela senza Liam. Voleva continuare da solo
anche perché gli mancava immensamente la sua ex- ragazza.
Voleva poter organizzare da solo la sua vita, perché
desiderava immensamente tornare da Louise. Tutte queste cose
però sono uscite dalla bocca di un ragazzo completamente
ubriaco, così la mattina dopo non le ho tirate fuori, per
vedere se lui se ne ricordasse ancora, ma ovviamente erano tornate
silenti dentro di lui.”
“Penso che l’idea di abbandonare il fratello sia
una costante, anche se gli serve dal punto di vista lavorativo, proprio
non riesce a sopportarlo in mezzo alla gente.”
“Ma come è Liam? Io, come potrai immaginare, non
l’ho mai conosciuto e ne sento parlare solo da Noel, che di
certo non è imparziale.”
“Liam non è cattivo. E’ un ragazzo che
ha raggiunto il successo troppo in fretta ed è insicuro,
anche se fa di tutto per non dimostrarlo. Pensa di dover tutto al
fratello, quindi da una parte gli è infinitamente grato,
dall’altro non lo sopporta, perché pensa di non
essere all’altezza di Noel. Ma non sono comparabili! Noel
è un autore, uno dei migliori a quanto si dice in giro, e
Liam è un cantante, uno dei migliori. Liam è la
forma mentre Noel è la sostanza, ma mentre Noel sembra aver
ben chiaro quanto sia importante per la band, Liam cerca ancora di
dimostrarlo al mondo, provando ad attirare le attenzioni di chi gli sta
attorno in qualsiasi modo. Questo qualsiasi modo include anche far
saltare i nervi a Noel.
Io reputo Noel una persona abbastanza intelligente, ma su questo non si
sta comportando bene.
Sono certa che sa benissimo che gli basterebbero pochissime parole per
sistemare le cose con Liam, ma evidentemente gli piace troppo avere
questa influenza sulla vita del fratello minore, per quanto continui a
dire che non gliene freghi nulla di lui. Ennesimo atteggiamento che
distrugge Liam, sempre in cerca di dimostrare qualcosa al fratello
maggiore.”
“Però, non ci vai mica leggera.”
“Queste sono solo mie supposizioni in realtà, ma
forse un giorno il tempo mi darà ragione. In ogni caso, la
prossima volta che Noel ti racconta qualcosa su Liam, prendilo con le
pinze.”
“Sarei curiosa di conoscere Ourkid.”
“Bhe, una cosa è certa: è veramente un
bellissimo ragazzo, di gran lunga più attraente di Noel
fisicamente.”
“Ma povero Noel! Lo stai demolendo! Non è che ti
interessa?”
“Stai scherzando spero! A me non piacciono le situazioni
complicate e gli uomini così: nella vita privata non dovrei
sentirmi al lavoro, per questo ho bisogno di una persona equilibrata e
senza troppe ombre, con cui vivere una vita normale.”
“Direi che è un no piuttosto deciso e condivido in
pieno tutto.”
La porta di casa si era aperta e Noel e Simon stavano rientrando.
“Non sapete cosa mi ha appena suonato! Una canzone che
dovrebbe essere un singolo e che invece uscirà solo come
b-sides di Wonderwall. È davvero magnifica.” Simon
era eccitatissimo e Noel sembrava quasi imbarazzato per quei
complimenti.
“Oh, Wonderwall è una delle mie preferite del
nuovo album!” Non capivo Sarah, si era accorta che Noel le
aveva dedicato Don’t look back in anger? L’unica
che Noel cantava nell’album tra l’altro.
“Ovvio, sei un’ Americana! Solo alle donne e agli
Americani può piacere quella roba così
mielensa.” Mr Noel dimusicanecapiscosoloio Gallagher.
“Bhè in effetti è molto
bella.” Cercai di soccorrere Sarah, ma Noel non era convinto.
“Cosa ne volete sapere voi di musica? I veri gioielli di
quell’album sono altri, ma se non siete in grado di
riconoscerli da sole, di certo non vi aiuterò io.”
“Mi sa che non dormirò stanotte allora.”
Era troppo tempo che non facevo un commento acido, ne avevo bisogno,
soprattutto dopo quella conversazione con Sally sui fratelli Gallagher.
Il giorno della partenza Noel era triste, se avesse potuto si sarebbe
trasferito da Simon e Sarah permanentemente e li lasciò con
la promessa di tornare a trovarli appena il tour in fosse tornato negli
Stati Uniti.
Io mi ero trovata benissimo da loro, ma non vedevo l’ora di
tornare in patria, anche se il programma non era di certo rilassante:
l’album aveva riscosso enorme successo e quindi le
interviste, i servizi fotografici, le esibizioni televisive erano
fittissimi e parte del mio contratto era seguirli anche in quelle
occasioni.
Durante il volo non avevamo parlato molto senza un reale motivo:
nessuno dei due era di cattivo umore o cose simili, semplicemente non
avevamo molto da dirci e quando è arrivato il momento di
dividerci ci salutammo con un semplice “ci vediamo”.
A Londra all’aeroporto non mi aspettavo nessuno, ma David
aveva telefonato alla Creation ed evidentemente aveva parlato
direttamente con Alan, perché sapeva benissimo a che ora
atterrasse il mio aereo e da dove provenisse.
Per Noel c’era suo fratello Paul, perché sarebbero
partiti insieme per andare a Manchester da Pegghy.
David era venuto a prendermi anche perché voleva convincermi
ad andare insieme a lui alla festa che Thomas aveva organizzato a casa
sua per il suo compleanno. Era una cosa tranquilla e Thomas aveva
invitato i suoi amici e colleghi più cari. In
quell’occasione voleva ufficializzare anche
l’unione con David e quel fifone del mio amico aveva bisogno
della mia presenza.
La festa sarebbe stata quella sera e acconsentii senza farmi pregare
troppo, era un’occasione per stare in mezzo a persone normali
e non buzzurri, anche se ero molto stanca.
Tornata a casa, trovai i miei genitori in giardino a bere il
thè. Erano felici di vedermi e mi fecero un sacco di domande
sull’America e cose del genere. Dall’America avevo
preso solo una riproduzione della Statua della Libertà,
perché non avevo la più pallida idea di cosa
volessero come souvenir.
Finite la tempesta di domande, mia mamma se ne uscì una
frase del tutto inaspettata.
“E’ passato uno della band qui. Ti
cercava.”
“E chi era?”
“Era il cantante, Liam. Mi ha chiesto dove fossi e io gli ho
detto che eri ancora in Nord America con suo fratello.” Mia
mamma parlava tranquillamente, ma non sapeva cosa avesse scatenato.
“Ok, ha detto altro?”
“Oh, l’ho invitato a prendere un tè.
E’ un bravo ragazzo, magari un po’ sboccato, ma a
quella faccia gli si perdona qualche parolaccia!” Non ci
potevo credere, mia mamma e Liam Gallagher che bevono il thè.
“Ma quanto è rimasto qui?”
“Un’oretta. Abbiamo chiacchierato molto. Mi ha
chiesto molte cose di te, di quello che facevi prima. Non è
che gli interessi?” Liam aveva evidentemente conquistato mia
mamma.
“No mamma, stava solo facendo l’impiccione. Tu cosa
gli hai detto?”
“Gli ho detto tutto e sembrava molto interessato. Prima di
andarsene mi ha chiesto se poteva lasciarti un bigliettino per il
ritorno.” Aveva l’aria innocente, probabilmente
pensava che ci fosse scritto qualcosa di dolce, ma io non mi aspettavo
nulla di tutto ciò. Già stavo pensando al fatto
che dovessi dare qualche spiegazione a Liam per essere rimasta con Noel
in Nord America e poi a questo si aggiungeva anche il dover discutere
del mio lavoro precedente, perché probabilmente non aveva
apprezzato l’idea di Alan di assumere una come me.
Trovai il bigliettino sul letto di camera mia e diceva :”Non
sapevo che per aiutare i drogati te li dovessi portare a
letto.”
Non era geloso, semplicemente non capiva perché una donna
potesse preferire Noel a lui, e in effetti non aveva tutti i torti. Da
sobrio Liam era molto più piacevole, senza contare il fatto
che fosse estremamente più bello.
Ci avrei parlato la mattina successiva, tanto dovevo accompagnarlo a
fare un’intervista e saremmo stati soli; avevo cose
più importanti da fare, come cercare qualcosa da mettermi
per la festa di quella sera.
Non uscivo molto, e anche se lo facevo, non badavo troppo
all’abbigliamento, ma quella sera non mi andava di sentirmi
un pesce fuor d’acqua. Thomas lavorava in uno studio legale
prestigioso e di certo i suoi colleghi e amici non erano persone alla
mano e volevo che fosse tutto perfetto per David, non che si
vergognasse della sua migliore amica.
Dopo aver provato combinazioni improbabili, mi ricordai del vestito che
mia mamma mi aveva preso in Francia durante uno dei viaggi di lavoro.
Era un semplice tubino verde scuro: non attillato, ma nemmeno largo,
non molto lungo, ma nemmeno troppo corto e la scollatura non
c’era perché aveva il collo altro. Non era
appariscente, ma non era nemmeno sciatto. Non l’avevo mai
messo, perché non avevo trovato l’occasione, ma
per quella serata era perfetto.
Mi feci una doccia molto molto lunga e mi truccai in poco tempo.
Ero molto stanca per colpa del fuso orario,e, anche se David mi aveva
offerto un passaggio, decisi di andare alla festa con la mia macchina,
così, quando avessi voluto tornare a casa, avrei potuto,
senza portare via David dalla festa. Arrivai ovviamente a festa
inoltrata, perché ero dovuta passare a prendere un regalo e
poi perché mi ero persa. A Thomas avevo preso un libro, Anna
Karenina, perché David mi aveva detto che gli piaceva
leggere, ma che quel classico non lo aveva ancora iniziato. Lo sapeva
bene, perché Anna Karenina era il suo libro preferito e si
indignava quando qualcuno ammetteva di non averlo letto o finito.
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Capitolo 15 *** he's got a cousin ***
Thomas viveva in una bella casa, vicino al centro di Londra. Era molto
grande e arredata con buon gusto. Quando entrai, vidi subito David,
stava parlando con un uomo di spalle a me, cercava di apparire
rilassato, ma non lo era perché non si sentiva di
appartenere a quel mondo di avvocati o liberi professionisti, lavorava
come traduttore di libri dal francese in una casa editrice
molto importante. La sua vita era fatta di letteratura, non di cause.
Lo raggiunsi dopo aver fatto gli auguri a Thomas e avergli consegnato
il regalo.
Raggiunsi immediatamente David e non appena mi vide, la sua espressione
si rilassò un pochino, ma continuò a parlare con
il tizio di prima.
In effetti stavano parlando di una cosa ben nota, sfortunatamente.
“Ecco, Richard, lei è la ragazza di cui ti stavo
parlando.” Disse David a quell’uomo, indicandomi.
“Quindi tu sei quella che lavora con i Gallagher!”
“La mia fama mi precede a quanto pare!” quei due mi
perseguitavano, era evidente.
“No, Liza, ti spiego. Lui è Richard, il cugino di
Thomas e mi stava appunto dicendo che lavora nello studio legale che
segue la casa discografica Emi.” Secondo David questa
spiegazione avrebbe dovuto chiarirmi tutto, anche se le uniche cose
chiare erano il nome, il grado di parentela con Thomas e il suo lavoro.
“Adesso è tutto chiaro!”
Mi porse la mano e decise a presentarsi decentemente.
“Piacere, sono Richard, il cugino di Thomas. La Emi
è la casa discografica dei Blur.”
“Aaah! Damon Albarn! Adesso capisco perché stavate
parlando dei Gallagher! Bhe, in ogni caso io stasera no ho intenzione
di parlare di lavoro, quindi vado a prendermi qualcosa da mangiucchiare
mentre voi parlate ancora di quei cosi.” Annuncia mentre mi
dirigevo verso il tavolo con il buffet.
Non era affatto male quel Richard: era molto alto, aveva i capelli
chiari e gli occhi scuri, aveva qualche segno
dell’età intorno agli occhi, ma non doveva avere
più di 35 anni.
Quando tornai da David, Richard era andato a salutare un collega appena
arrivato.
“Potevi anche evitare di fuggire prima! Avevamo trovato un
argomento di conversazione e tu ti sei eclissata.
Cos’è? Non puoi avere contatti con il
nemico?”
“Ma figurati! Non sapevo neanche che fosse il nemico, come lo
chiami tu! Il problema è che il solo pensiero dei fratelli
Gallagher in questo momento mi dà la nausea.”
“Ok, ok, basta che ti rilassi!” In effetti David
non aveva nessuna colpa per il mio nervosismo.
Intanto ci aveva raggiunto Thomas e io approfittai della sua presenza
per abbandonare David e andare a fumarmi una sigaretta.
Fuori, tra gli altri, c’era anche Richard, che non appena mi
vide, mi raggiunse.
“Mi dispiace per prima, è solo che David mi stava
parlando del tuo lavoro e mi incuriosiva tantissimo sapere qualcosa, ma
se non ne vuoi parlare ti capisco.”
“Il problema del mio lavoro è che non ha orari di
ufficio. Siamo appena tornati dal tour in Nord America e questo
significa aver quasi convissuto con il lavoro. E’ la prima
sera di stacco e penso di essere giustificata se dico che non ho voglia
di parlare di tutto ciò. La questione poi non si ferma al
fatto di non avere turni; sai, stiamo parlando degli Oasis in tour, non
di un gruppo di suore in pellegrinaggio a Lourdes.”
“Certo, certo.” Sembrava aver capito.
Restò un po’ in silenzio e io non lo ruppi
perché non sapevo proprio di cosa parlare.
“Thomas è più felice da quando sta con
David.” Quella frase mi spiazzò, anche
perché non pensavo che sapesse della loro relazione.
Non volevo dirgli che avevo scoperto la cosa da relativamente poco,
così rimasi sul vago.
“Anche David sta molto meglio da quando conosce
Thomas.”
Voleva a tutti costi trovare un argomento di conversazione, ma
apprezzavo il fatto che, visto che non ne trovava, non si sforzava di
prenderne un come il tempo ad esempio. Si limitava a guardarmi, anche
se io evitavo il contatto visivo, perché fingevo di essere
molto interessata ai fiori nel giardino di Thomas. Avevo finito di
fumare, così feci per rientrare, ma mi trattenne per il
polso. Non era stato un contatto violento, semplicemente inaspettato.
“Di solito non faccio queste cose, ma chissà
quando avrò un’altra occasione di incontrarti.
Domani ti andrebbe di venire a cena fuori?”
“Mi hai appena conosciuto e mi chiedi già un
appuntamento?” Ero lusingata, ma allo stesso tempo spaventata
da quello spirito di iniziativa, che così poco
contraddistingueva il mio carattere.
“Bhè, oggettivamente potrei dover aspettare il
prossimo compleanno di Thomas per rivederti. Ti avrei invitato a
prendere un caffè, ma hai detto che il tuo lavoro non ha
orari e magari la sera sei un po’ più libera, come
oggi.” Aveva notato la mia espressione indecisa.
“Non è nulla di formale, è solo che ho
voglia di conoscerti, ma per stasera mi sembra di essere partito con il
piede sbagliato e tu non mi sembri in vena di conversazione. Ho pensato
che magari in una situazione più intima, saresti stata
più ben disposta nei miei confronti.” Continuavo a
tacere e di certo la mia faccia quando aveva pronunciato la parola
“intima” deve avermi tradita, perché
aggiunse in fretta “Non mordo.”
“D’accordo.” Risposi timidamente.
La sera dopo sarebbe passato a prendermi alle 19.00.
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Capitolo 16 *** Married with Children ***
Dopo quella conversazione durante la festa non ci scambiammo
più nemmeno una parola, ma ogni tanto i nostri sguardi si
incrociavano.
Non raccontai nulla a David, perché non sapevo nemmeno come
definire quello che era successo, mi sembrava troppo strano che una
persona così mi potesse chiedere di uscire, così
decisi di non esaltarmi troppo e di aspettare per vedere
l’evoluzione delle cose.
La mattina dopo la mia sveglia era puntata alle 9.00 per andare con
Liam, ma mia mamma entrò in camera mia alle 8.20
perché qualcuno c’era qualcuno al telefono per me.
Le chiesi chi fosse, ma lei mi rispose che non lo sapeva. Mi alzai dal
letto, pensando a chi potesse aver bisogno di me a quell’ora,
visto che non eravamo nemmeno in tour.
“Si?!”
“Buongiorno raggio di sole!” l’aveva di
certo fatto apposta quel demente di Noel.
“Che piacere sentire la tua voce, devo ammettere che mi
mancavi!”
“Ah, lo so, la gente non può fare a meno di me! Mi
dispiace averti svegliato!” Quando era da sua mamma, restava
lucido e diminuiva l’uso delle parolacce, restava solo
l’onnipresente sarcasmo nelle sue parole. Un giorno
o l’altro avrei voluto conoscere quella santa donna.
“Non ti preoccupare, mi stavo giusto preparando per
accompagnare tuo fratello all’intervista con quelli del NME.
Cosa vuoi?” non riuscivo ancora a capire cosa volesse Noel da
me a quell’ora della mattina, di certo non sapere come me la
passavo.
“Ti chiamo appunto per questo. Ho sentito quelli del NME, ho
spostato l’intervista, perché non mi piace che
Liam ci vada senza di me, ho paura di quello che potrebbe dire in mia
assenza. Oggi deve fare solo un paio di foto per il
servizio.” Ecco il gelido calcolatore.
“Ahahahahahahahah. Questa è bella, Noel Gallagher
che si preoccupa delle dichiarazioni che suo fratello potrebbe
rilasciare alla stampa. Mi fai morire dal ridere!”
“Elizabeth, ora sono serio. Io posso permettermi di dire quel
cazzo che mi pare alla stampa, perché sembro più
gentile di Liam, anche se non lo sono, e nessuno mi prende troppo sul
serio. Liam, quando vuole, sa esagerare e non appare simpatico, solo
stronzo.
Poi io sono leader della band, quindi se quelli del NME vogliono
un’intervista, la faranno con me.”
“Mi chiedo ancora come i ragazzi riescano a sopportare le tue
manie di grandezza.”
“Questi non sono cazzi tuoi. Buona giornata.”
Di certo la giornata poteva solo migliorare, visto che era iniziata con
una delle cose più spiacevoli: una conversazione con Mr Noel
Simpatia Gallagher.
Quando raggiunsi la redazione del NME Liam doveva ancora arrivare e mi
fecero accomodare comunque in un salottino vicino al set.
In quel momento dentro c’erano quattro ragazzi, che vidi di
sfuggita, ma capii chi fossero quando sentii il fotografo pronunciare
il nome Damon per dargli istruzioni per le foto. Erano i Blur. Ero
troppo curiosa, così mi affacciai sulla porta fingendo di
essere un’addetta ai lavori. Nessuno si accorse di me,
così li osservai per un bel po’.
Damon era un bellissimo ragazzo con il suo viso angelico e
l’aria di un cucciolo, ma non mi ingannava: tutti dicevano
che fosse stata un’idea sua quella di spostare
l’uscita di Country House in concomitanza con quella di Roll
With It. Idea geniale, infatti era il loro primo singolo a raggiungere
la posizione numero uno in Inghilterra.
Il chitarrista era in evidente imbarazzo e si vedeva che avrebbe dato
qualsiasi cosa pur di non stare davanti all’obiettivo. Graham
Coxon aveva un’aria timidissima e triste, con quegli
occhialoni neri, mi ispirava quasi tenerezza. Chissà cosa
avrebbe detto Noel, se avesse saputo cosa pensavo del chitarrista dei
Blur.
Alex James era veramente bello e quello che si diceva di lui non poteva
che corrispondere alla verità: aveva fama di essere uno
sciupa femmine e non a torto.
Dave Roentree era il più anonimo del gruppo.
Li osservai per un po’, invidiosa della
tranquillità che regnava tra i ragazzi: nessuno rischiava di
beccarsi un pugno sul naso per una battuta un po’ infelice;
non mi risultava che avessero bisogno di qualcuno che svolgesse il mio
lavoro.
Nel mezzo di quei pensieri, sentii un braccio avvolgermi le spalle e
una voce nota che mi sussurrò qualcosa
nell’orecchio.
“Guarda che lo dico a mio fratello che guardi Damon con
l’aria imbambolata.”
“Come se gliene fregasse qualcosa.”
“Ma come, è già finita la vostra
relazione?”
“La smetti? Ti ho già detto che non voglio e non
posso avere relazioni con qualcuno della band.”
“Ceeeerto. Allora siete riusciti a diventare amici e avete
deciso di passare qualche giorno insieme negli Stati Uniti.”
“Non siamo amici, lo sai. McGee mi ha costretto a restare con
lui, perché non sapeva cosa avesse in mente.”
“E cosa aveva in mente?”
“Non sono affari tuoi.”
“Dai, puoi raccontarlo al vecchio e caro Liam!”
“Ma nemmeno per sogno. Non racconto un cazzo a un ragazzo che
si intrufola in casa mia e insinua mia mamma, facendole gli occhioni da
cucciolo.”
“Tua mamma è molto più dolce di te, lo
sai vero?”
“Mia mamma crede che tu sia un bravo ragazzo, quindi non fa
testo.”
In quel momento le truccatrici ci raggiunsero e invitarono Liam a
seguirlo e i Blur abbandonarono il set fotografico passandomi di
fianco, senza nemmeno notarmi.
La mattinata trascorse senza troppi problemi e Liam non si chiese
perché nessuno era intenzionato a fargli
un’intervista e io non pensai più di tanto
all’appuntamento di quella sera.
Il problema si pose nel pomeriggio, perché non avevo impegni
che mi tenessero occupata la mente.
Iniziai a ripensare alla sua proposta e più ci pensavo e
meno mi convinceva l’idea di uscirci: lo conoscevo appena,
era più grande di me, era strano, ma i dubbi mi
perseguitarono tutto il pomeriggio e solo alle 18:30 mi accorsi di
quanto fossi in ritardo sia per avvisarlo, anche perché non
avevo il suo numero e avrei dovuto fare almeno sei telefonate per avere
il suo numero, sia per prepararmi.
Decisi di vestirmi come se non dovessi andare ad un appuntamento e mi
truccai poco, giusto per mettere le cose in chiaro: non ero interessata.
Alle 19:00 ero miracolosamente pronta e mi misi a guardare un
po’ di tv in salotto da sola, perché i miei erano
andati a cena da mia zia.
Ogni tanto guardavo l’enorme orologio che c’era nel
mio salotto.
19:15: prima sigaretta
19:52: seconda sigaretta
20:00: pigiama
20:17: il telefono di casa iniziò a squillare.
“Pronto?”
“Ciao Elizabeth, sono Richard. Non mi sono scordato del
nostro appuntamento è che ho avuto un imprevisto e mi sono
liberato solo adesso. Mi dispiace, scusami.”
“ah, ok. Non preoccuparti.” Il mio tono era apatico
“Comunque non è tardi, possiamo ancora
vederci.”
“Come vuoi.”
Dall’altra parte ci fu un secondo di silenzio. Di certo il
mio tono non era accomodante, ma lui faceva di tutto per far finta di
niente e per provare ad alleggerire il clima, così decisi di
dargli la possibilità di spiegarmi.
“Ti vuoi far perdonare?”
“Sì, mi piacerebbe molto.”
“Bene, allora ti aspetto a casa mia con del gelato e una
spiegazione plausibile per il tuo atteggiamento.”
“Perfetto.”
“Ah, e un’altra cosa.”
“Dimmi”
“Quando pensavo che ti fossi dimenticato del nostro
appuntamento, mi sono messa in pigiama e non ho intenzione di cambiarmi
un’altra volta per te, quindi, quando vedrai questo
obbrobrio, ti converrà non ridere e non fare commenti.
Chiaro?”
“Ahahahaha, ai tuoi ordini.”
Il mio pigiama era veramente qualcosa di terrificante, ma non mi
importava: era composto da un’enorme maglia blu a maniche
corte e da un paio di pantaloni grigi e larghi. Sembravo un rapper
americano con quella roba addosso.
Arrivò circa un quarto d’ora dopo con un chilo di
gelato come pattuito. Al telefono sembrava più rilassato,
perché di persona sembrava un po’ nervoso e
impacciato.
Presi delle coppette e ci accomodammo in giardino, tanto non era troppo
freddo in quei giorni, anche se era ottobre inoltrato.
Notai con piacere che non aveva preso molti gusti alla frutta,
perché io li detestavo profondamente.
Era pensieroso e aveva detto poche parole da quando era entrato.
“Nel tragitto da casa tua a qui ti hanno mangiato la
lingua?” fece un sorriso veloce, ma non troppo convinto.
“E’ che sto cercando un modo di dirti il motivo per
cui ero in ritardo senza farti spaventare, fuggire, precludermi ogni
possibilità prima che qualsiasi cosa inizi.”
“Tranquillo, il tuo preambolo mi sembra il modo migliore in
effetti.” Non sapevo cosa aspettarmi, allora cercavo di
smorzare la tensione così, ma non ottenni i risultati
sperati.
“Il fatto è che, cioè, insomma, quando
ero più giovane mi sono sposato…”
“Scusa, quanti anni hai per la precisione? Prima, mentre ti
aspettavo, ho fatto delle congetture, ma non voglio fare figuracce,
quindi non ti dico le mie ipotesi.” Feci proprio finta di non
aver sentito l’inizio di quella frase, perché mi
spaventava abbastanza come inizio.
“Ho 35 anni. Mi sono sposato quando ne avevo 27 anni. Il
matrimonio è durato fino al 1992, poi io e Laura ci siamo
separati.” Grazie al cielo non era un marito potenzialmente
infedele, per un momento avevo pensato che mi volesse come amante.
“E il tuo ritardo cosa c’entra con
questo?”
“Eh, ci sto arrivando. Nel 1990 è nato Leonard.
Laura mi ha chiamato in ufficio alle sei per dirmi che Leonard aveva la
febbre alta e che sarei dovuto passare in farmacia a prendere i
medicinali. Non sono nemmeno passato da casa e non ho pensato a provare
ad avvisarti in qualche modo. Sono andato da loro e ci sono rimasto un
po’, perché Laura era molto agitata, sai Leo non
aveva mai avuto la febbre così alta, voleva addirittura
portarlo al pronto soccorso. Comunque, appena sono arrivato a casa ti
ho chiamata. E’ abbastanza come scusa?”
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