Fallen Angel

di _Whatever_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Help me...define the light that shines on me ***
Capitolo 2: *** Rock'n'roll star ***
Capitolo 3: *** Here's a thought for every man who tries to understand What is in his hands ***
Capitolo 4: *** And when I leave this planet You know I'd stay but I just can't stand it and I can feel the warning signs running around my mind ***
Capitolo 5: *** Whatever ***
Capitolo 6: *** Live forever ***
Capitolo 7: *** You need to find a way for what you want to say But before tomorrow ***
Capitolo 8: *** Need a little time to wake up ***
Capitolo 9: *** Don't look back in anger ***
Capitolo 10: *** Will you pass me down the wine? ***
Capitolo 11: *** But you're gonna need a line ***
Capitolo 12: *** Up in the sky ***
Capitolo 13: *** Talk Tonight ***
Capitolo 14: *** Half the world away ***
Capitolo 15: *** he's got a cousin ***
Capitolo 16: *** Married with Children ***



Capitolo 1
*** Help me...define the light that shines on me ***


La casa famiglia a cui ho dedicato praticamente tutta la mia vita aveva chiuso, perché non riceveva più i finanziamenti necessari per tirare avanti la baracca e quindi mi ritrovavo senza un lavoro e soprattutto con un curriculum vitae abbastanza fiacco, visto che le uniche esperienze lavorative si erano concentrate soprattutto nell’ambito del recupero dei tossicodipendenti, aiuto per i disabili e servizi per i minori.
Tutti, quando avevo iniziato a studiare, mi chiedevano perché volessi intraprendere una carriera, se così si poteva definire per loro, di questo tipo.
Nessuno riusciva a capire che cosa ci trovassi di così affascinante.
La mia è una famiglia borghese e non ho mai avuto problemi di sorta. Dopo il liceo, i miei genitori credevano che mi sarei iscritta a economia o a giurisprudenza e, devo ammettere, di aver sorpreso tutti, anche me, con la decisione di iniziare un percorso così “originale”.
Non sono mai stata una persona coraggiosa, però dopo l’esperienza del volontariato, fatta attraverso il liceo, ho capito quello che davvero volevo fare della mia vita.
Finiti gli studi, mi sono subito messa a cercare un posto dove potessi essere utile e vi posso assicurare che non ce ne sono molti.
All’inizio mi ero ritrovata a lavorare in una clinica privata piena di personaggi famosi in rehab, ma per quanto anche loro avessero bisogno di qualcuno che li supportasse, mi sentivo un tantino inutile, perché il pregiudizio, un fattore che dovevo eliminare per il mio lavoro, che fossero solo dei bambini viziati, non riusciva ad abbandonarmi e quindi dopo poco di un anno mi sono licenziata.
Il pregiudizio e in genere, ogni tipo di giudizio personale, non è permesso nel mio tipo di lavoro.
Pochi giorni dopo aver abbandonato un lavoro che agli occhi dei più poteva considerarsi appagante, mi sono rivolta al prete di una parrocchia di periferia e, nonostante sia atea, ho iniziato a lavorare nella casa famiglia di questa parrocchia.
Inutile dire che mi stava andando tutto bene, perché questo impiego mi stimolava ed ero a contatto con gente vera, con problemi reali, e non creati dall’eccesso di fama o di soldi.
Le rogne però arrivano e questa volta avevano la forma delle famiglie del quartiere che non erano felici di ospitare nella loro zona questa casa famiglia e quindi eccomi qui al colloquio con lei”
Forse ero stata un po’ logorroica, ma questo tizio, di cui mi ero già scordata il nome, non si era accorto del fatto che mi fossi preparata un discorso; sarebbe potuto sembrare patetico, ma avevo bisogno di quel lavoro.
 “Capisco…vede signorina Payne, David mi aveva già detto queste cose e lei mi sembra un’ottima candidata, però è necessario che lei capisca la difficoltà dell’impiego, quindi devo farle delle domande e, se le sembrano strane, quando il colloquio sarà finito, capirà il motivo della mia “originalità”.Quanto era pomposo questo tizio?
“D’accordo” risposi, cercando di sembrare rilassata.
“Lei beve?”
“Sono astemia”
“Fuma?”. Non mi piaceva molto questo tizio, mi sembrava di essere nel bel mezzo di un interrogatorio, piuttosto che ad un colloquio.
“Solo sigarette”
“Si droga?”
“Mi scusi, ma ha sentito tutto quello che le detto prima?! Io mi occupo di riabilitazione, secondo lei, potrei drogarmi?” La mia stima per questo soggetto, già prima non molto alta, iniziava a calare precipitosamente.
“Ha ragione, è solo che, se risulterà idonea, si troverà ad affrontare una situazione alquanto delicata, quindi devo accertarmi che lei sia sempre lucida.”
“Penso di aver visto situazioni molto più delicate di quanto lei possa immaginare.” Ribattei con un po’ di acidità, con chi credeva di parlare?! Non ero una principiante.
“Sembra molto sicura di sé. In ogni caso adesso il signor McGee le spiegherà la situazione.”
A questo punto il tizio senza nome prese su la cornetta e chiese alla sua segretaria di chiamare il Signor McGee.
Dopo nemmeno un minuto di silenzio imbarazzante, un signore un po’ bassino e con la faccia da topo entrò nell’ufficio del tizio senza nome e si presentò, porgendomi la mano.
“Buongiorno, sono Alan, il proprietario della Creations Record. Se il colloquio è durato così tanto, vuol dire che allora ha una qualche possibilità di avere i requisiti che cerchiamo.” Più che promettente, a me sembrava che Alan avesse un tono minaccioso e così non trovai una risposta coraggiosa da dare.
“Vede, signorina…” e lesse il mio nome sul cv”Elizabeth, quello che le sto per proporre, potrà sembrarle una situazione insolita, ma le assicurò la paga sarà buona. Ha mai sentito parlare degli Oasis?” mi chiese con tono che sembrava retorico.








 Ciao a tutti, questa è la mia prima fan fiction e in realtà è la prima cosa che assomigli a un racconto, che io abbia mai scritto.
Se vi va, recensite, anche con commenti, consigli e giudizi negativi, possono sempre aiutare a migliorare.

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Capitolo 2
*** Rock'n'roll star ***


Come potevo non conoscerli? I giornali parlavano delle loro crisi, in radio c’era praticamente solo la loro musica e le loro facce erano ovunque.
“Bene, il suo lavoro consisterebbe nel diventare il loro angelo custode.
Dovrebbe ricordare loro le interviste, gli impegni mondani a cui non possono mancare, le prove ed esaudire ogni loro desiderio. Tutto questo però controllandoli. Dovrebbe essere tipo una baby- sitter non troppo severa”
“Non capisco molto bene” ero allibita, non riuscivo a capire se mi stesse prendendo in giro.
Avevo studiato per rendermi utile, non per fare la baby-sitter a 2 rockstar montate e sbruffone.
“Le faccio un esempio: siete in tour, a Liam viene voglia di farsi un giro notturno per la città per bere. Lei non dovrebbe impedirglielo, nessuno ci riuscirebbe, dovrebbe solo controllare che Liam non torni troppo tardi dalla scampagnata al pub.
Un altro esempio: Noel ha voglia di farsi una linea, bene, lei lo lascia fare, ma monitora la situazione.
Poi c’è l’episodio più classico: Liam e Noel che litigano. Mi sembra inutile dire che lei non deve mettersi in mezzo, ma mediare la situazione dopo che si sono urlati addosso ogni tipo di insulto o presi a cazzotti.”
“Mi scusi, ma quanti anni hanno i fratelli Gallagher? Non riescono a comportarsi da persone adulte senza bisogno di una baby-sitter?” nella mia mente intanto c’era l’immagine di due neonati con il ciuccio, che si scagliavano addosso giocattoli.
“Il problema in questa situazione non è l’età, ma il successo.
 Il successo fa perdere la testa, ma io credo molto negli Oasis e non voglio che gli eccessi rovinino la loro carriera.
Il problema è che non si può impedire a delle rockstar di comportarsi da rockstar e allora tutto quello che posso fare è controllarli e per farlo ho bisogno di un professionista e non di una semplice bodyguard.
Non amano le autorità, quindi devono pensare a lei come un supporto, qualcuno con cui poter parlare di qualsiasi cosa, qualcuno che sappia quali siano i loro bisogni.”
Alan mi sembrava tranquillo, come se quello che mi stesse chiedendo fosse la cosa più normale del mondo.
“Da quello che ho capito, devo riassumere l’immagine di una baby-sitter, psicologa, segretaria per delle persone che odiano le figure autoritarie, ma da cui devo pretendere rispetto.”
Il mio riassunto spaventava anche me.
“Esatto, però le posso assicurare che ogni sua richiesta sarà esaudita. Ci impegniamo ad agevolarla in qualsiasi modo…e in più la paga è ottima. L’unica inconvenienza è che, nel caso in cui accettasse questo impiego, dovrebbe seguire la band nei tour mondiali.”
A parte dover fare la baby-sitter a degli esaltati, il lavoro non sembrava male: mi avrebbe permesso di viaggiare e non mi sarebbe affatto dispiaciuto allontanarmi un po’ dalla mia vita londinese, ma dovevo pensarci attentamente.
“Quanto tempo ho per considerare la sua offerta?”
“Tra due settimane inizia il tour, quindi il prima possibile, perché, se lei rifiutasse, noi dovremmo trovare un altro candidato idoneo e fino ad oggi non siamo stati molto fortunati.
In ogni caso, prima che lei vada, le vorrei far conoscere la band, così potrà farsi un’idea anche di con chi avrà a che fare. Mi segua.”
 Uscimmo dall’ ufficio del tizio senza nome e ci dirigemmo verso una stanza, che sembrava un salottino privato, con tanto di tv enorme, divano enorme, frigo enorme, in cui c’erano cinque ragazzi che ridevano e scherzavano sguaiatamente.

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Capitolo 3
*** Here's a thought for every man who tries to understand What is in his hands ***


Nessuno si accorse che delle persone erano entrate nel salottino, fino a quando Alan non si schiarì la voce in modo molto rumoroso. A quel punto un ragazzo, che sembrava il più giovane del gruppo, si rivolse verso di noi e con un’espressione quasi infastidita disse:” Cosa c’è?”
Non mi sembrava una persona molto educata, ma questo me lo tenni per me, perché Alan non sembrava sorpreso da un atteggiamento così sfacciato e infatti rispose:”Ragazzi, volevo solo farvi conoscere una persona che potrebbe unirsi a voi in tour. Lei è Elizabeth.”
I ragazzi si avvicinarono e si presentarono. Il primo fu proprio quello che sembrava il meno educato:”Sono Liam” disse e mi  fece un cenno mano, poi fu il turno dei due Paul, di Tom e di Noel, che molto più cordialmente di Liam, mi strinsero la mano.
Sembravano cinque ragazzi normalissimi e non c’era nulla di particolare che mi colpisse in loro e dopo le presentazioni ufficiali tornarono tutti a fare e dire quello che stavano facendo prima che noi li interrompessimo.
Li guardai per qualche secondo per ascoltare le loro conversazioni e osservare i loro atteggiamenti, la loro postura, i loro sguardi e allora capì il motivo dell’astio che Liam provava nei miei confronti: il mio arrivo lo aveva interrotto mentre raccontava una barzelletta volgare; infatti pochi secondi dopo tutti scoppiarono in una risata fragorosa, anche se non era un capolavoro di barzelletta.
In realtà quasi tutti scoppiarono a ridere, infatti Noel aveva lo sguardo pensieroso e sembrava non avesse sentito la fine della barzelletta.
Finito il siparietto, mi voltai verso Alan per congedarmi e stavo per dirgli che entro il giorno seguente avrebbe saputo l’esito della mia decisione, quando una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
“Quale sarebbe il tuo ruolo nella troupe? Sei una roadie? Una tecnica delle luci?” a queste domande Alan sorrise.
“Elizabeth, sai, Noel è soprannominato dal resto della band e da tutti gli altri The Chief e credo che il perché sia appena stato reso evidente dalla sua curiosità nei confronti del tuo ruolo. In ogni caso, se e quando Elizabeth accetterà il lavoro che le abbiamo proposto, ti comunicherò personalmente ogni dettaglio del suo contratto. Fino ad allora, non farti troppe domande.” Noel non sembrava convinto della risposta che aveva appena ricevuto, ma non ribatté.
Le informazioni utili che ottenni da quell’incontro fugace non erano molte: Liam era un ragazzo insicuro che faceva di tutto per far apparire il contrario e Noel era un maniaco del controllo.
Mentre uscivo dalla creation records, cercando disperatamente le sigarette che temevo di aver lasciato in macchina, sentì che qualcuno mi stava raggiungendo alle spalle.

“Non sei una nostra fan, vero?!”Il tono di Noel sembrava rilassato e io non capii se era un modo per ottenere le informazioni che prima gli erano state negate, o semplicemente un modo per socializzare, così lo assecondai per vedere dove voleva andare a parare.
“No, in effetti non sono una vostra fan, ma semplicemente perché non ascolto musica. Non penso di aver mai comprato un cd in vita mia. Comunque so chi siete, tutti parlano di voi e per radio ogni tanto sento il vostro nome, ma non mi concentro mai ad ascoltare veramente. Grazie mille” Noel intanto aveva preso fuori un pacchetto di sigarette e me ne aveva offerta una.
“In realtà non te la meriteresti! Non è possibile che un essere umano non ascolti musica. È come se non avessi mai vissuto!” Aveva un’espressione molto seria, probabilmente quella mia rivelazione era davvero inconcepibile per lui.
“Non ho mai trovato il tempo di ascoltare musica, sono sempre stata abbastanza assorbita dal mio lavoro.”
Gettai l’amo e puntualmente la preda abboccò.
“E qual è il lavoro che non ti permetteva di vivere una vita degna di essere vissuta?” Chiese con nonchalance, sperando di ottenere qualche informazione interessante per la sua curiosità morbosa.
Scoppiai a ridergli in faccia e lui capì subito.
 “ Non c’è modo per me di sapere quale cazzo di lavoro fai, vero?!”Aveva un’espressione risentita, ma non me ne preoccupai più di tanto.
“No, non lo saprai, finché Alan non vorrà fartelo sapere e, se proprio vuoi saperlo, penso che abbia i suoi buoni motivi per tenervi all’oscuro di ciò. Buona giornata e grazie ancora per la sigaretta.” Con queste parole e un sorriso di convenienza mi allontanai da The Chief per raggiungere la macchina.


Noel’s pov

Cosa cazzo aveva in mente Alan?!
Chi era quella sconosciuta anonima ragazza che non ascoltava musica?
Tutto quello che sapeva di lei era che si chiamava Elizabeth, non ascoltava musica, non si truccava e non si vestiva per farsi notare, anzi era piuttosto banalotta, ma dal modo di parlare e di atteggiarsi si vedeva che era una fottuta borghese del cazzo e pure stronza.
Sembrava una maestrina, gli ricordava la signorina Elliot, la sua insegnante dell’elementari: una zitella triste a cui era rimasto solo il suo lavoro.  

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Capitolo 4
*** And when I leave this planet You know I'd stay but I just can't stand it and I can feel the warning signs running around my mind ***


Quella sera decisi di passarla con David; avevo voglia di vederlo e di parlarci, era il mio migliore amico e sapeva come farmi arrivare a una decisione ponderata, forse mi conosceva meglio di me.
Una cosa di me però non la sapeva: non sapeva che per un bel po’ di tempo mi era piaciuto tantissimo; col tempo ero riuscita a soffocare i miei sentimenti per lui e lui non se n’era mai accorto, perché sono molto brava a fingere e a nascondere i miei sentimenti, nei confronti di chiunque.
Mi invitò a casa sua per cena e prima di andare da lui, decisi di passare in un negozio di dischi: volevo comprare qualcosa degli oasis, per capire qualcosa di loro attraverso la musica.
Per fortuna David aveva uno stereo a casa, altrimenti non avrei saputo cosa farmene di “Definitely Maybe” e “(What’s the story?)Morning Glory”.
Durante la cena parlammo di una marea di cose, era da una settimana che non ci vedevamo e la mia nuova proposta di lavoro avrebbe potuto aspettare.
La colonna sonora della serata furono i due cd, che ascoltai distrattamente, anche se ogni tanto il suono di qualche parola storpiata catturava la mia attenzione.
Mentre sparecchiava, David tirò fuori il colloquio di quel giorno: “Allora?! Sono stato un buon agente? Ti è piaciuta la soffiata che ti ho passato?” Evidentemente non sapeva in cosa consisteva il lavoro, altrimenti non sarebbe sembrato così rilassato.
“Sai quali sarebbero le mie mansioni? Controllare che i fratellini Gallagher non si devastino.”Il mio tono era acido, ma David fece finta di non accorgersene.
“Bhè, tu ti sempre occupata di problemi di alcool e droga, non è molto diverso da quello che hai sempre fatto. L’unica cosa diversa è che non devi curarli, solo controllarli, giusto!?”
“Esatto, come posso fare bene il mio lavoro? Io aiuto le persone a liberarsi delle loro dipendenze senza traumi. Cosa posso fare con qualcuno che non vuole liberarsi delle proprie dipendenze?”
Proprio non riuscivo a vedermi assecondare quei fratellini insolenti.
“ Devi proteggerli dall’autodistruzione, senza però impedirgli di vivere la vita da rockstar”
“Sai vero che se accetto, devo partire in tour insieme a loro?! Non ci vedremo per tempi lunghissimi!” Perché non pensava anche ai lati negativi di questo lavoro?!
“Lo so, lo so, ma magari ti farà bene cambiare aria per un po’.” Di colpo era diventato molto serio ed evitava il mio sguardo mentre diceva queste frasi.
“Ma non c’è nessun motivo per cui io voglia cambiare aria, come dici tu” Ero sul serio preoccupata.
“E’ comunque un’opportunità per viaggiare, visitare posti nuovi.”
“David, mi sto preoccupando, sembra che tu mi stia cacciando.”
“Non ti sto cacciando, è solo che sto cercando di convincerti a partire, perché mi sembra la cosa migliore da fare per te.”
“Allora dovrai trovare delle argomentazioni migliori, perché così mi stai facendo solo imbestialire.
Mi parli come se per te non sia un problema il fatto che io possa stare lontano da casa per periodi lunghissimi.” Avevo iniziato ad alzare un po’ la voce, perché non capivo nulla: le sue parole, i suoi sguardi.
“Liza, io non posso darti e non potrò mai darti quello che tu vuoi.” Mentre parlava era in piedi di fronte a me, ma si guardava le scarpe.
“David, di cosa stai parlando? E guardami negli occhi quando mi parli.”
“Liza, io non, cioè, io ti voglio bene, sei la persona a cui tengo di più,  ma…“
“Arriva al punto, David” Non sapevo cosa stesse farfugliando.
“Il fatto è che ho conosciuto una persona.”
“E questo cosa c’entra con la nostra amicizia?” Non sarei stata gelosa della sua nuova ragazza, o almeno non glielo avrei fatto notare.
“Non pensare che io non sapessi che eri innamorata di me.”
“Bhe, Sherlock, visto che lo sai, sai anche che lo ero e che ora non lo sono più.” Era la realtà o stavo mentendo anche a me stessa?
“Liza, sono gay.” Notai lo sforzo immenso che fece nel pronunciare quelle ultime parole, ma lui notò altrettanto bene la mia espressione. Non ero arrabbiata, né sconvolta. Ero delusa.
“Perché non me lo hai mai detto?”
“Perché non è una cosa facile da dire, avevo paura che ti arrabbiassi, che mi giudicassi.” A ogni frase peggiorava sempre di più la situazione.
“Caro David, da quanto ci conosciamo? Da dieci anni ormai e se in tutto questo tempo non sei riuscito a dirmi una cosa così importante della tua vita, mi chiedo perché io sia ancora qui.”
Il mio tono era diventato particolarmente cattivo.
“Liza, sei la prima persona a cui lo rivelo. Non te l’ho mai detto anche perché non volevo ferirti, visto che avevo intuito che provavi qualcosa per me. In quella circostanza ho preferito fare finta di niente, sperando che ti passasse e fino ad oggi mi sembrava che avesse funzionato.” Il suo tono era remissivo e colpevole, ma non riuscivo a tollerare il fatto di non condividere con me una cosa così importante.
“Grazie, sono commossa. Sono onorata di essere la prima persona a cui lo riveli, peccato che siano passati dieci anni. Tu sai tutto di me, anche quello che cerco di tenerti nascosto, e tu invece ti premuri di darmi una notizia del genere solo quando c’è il rischio serio che tu ti innamori di qualcuno? Sai che ti dico, grazie per avermi convinto a partire.”
“Liza, non ti arrabbiare, non decidere solo per quello che ti ho detto.”Sembrava dispiaciuto sul serio.
“David, fino a dieci minuti volevi convincermi a partire e in effetti dovrei andarmene. Com’era pure?! Ah si, dovrei cambiare aria. Ci vediamo.”
Presi le mie cose e uscii di casa, non aspettandomi che cercasse di fermarmi, non era una persona da scenate o gesti teatrali.


La mattina dopo chiamai McGee per annuciargli che avevo intenzione di accettare il lavoro e lui sembrava molto sollevato, non so perché ma era come se quell’uomo si fidasse di me.
Mi disse che sarei dovuta passare dagli studi della Creation Records per definire e firmare il contratto.
Mi feci una doccia e inizia a prepararmi; quando mi guardai allo specchio, vidi qualcosa che non mi piaceva: quella notte non avevo dormito molto e avevo un’espressione che si sarebbe potuta definire quasi cattiva, oltre che delle bellissime occhiaie.
A colazione comunicai ai miei genitori la notizia e loro erano felici: secondo loro sarebbe stata un’esperienza fantastica. Bene. Tutti erano felici per questa opportunità, perché io non riuscivo a vedere il bello di tutto ciò? Perché mi sembrava di scappare.
Arrivai all’appuntamento con McGee in anticipo, così fumai una sigaretta fuori dagli uffici.
“Ti è morto il gatto?!” Una voce mi fece trasalire, era Liam ed era sbucato alle mie spalle. Ma vivevano in quel posto?
“No, non ho dormito molto bene.”
“Si vede benissimo.” Pensavo volesse chiacchierare e invece dopo queste due battute entrò, lasciandomi da sola. Era arrivato, aveva fatto una battuta sul mio aspetto e se n’era andato.
La voglia di iniziare a lavorare con loro aumentava sempre di più.
Dopo pochi minuti lo vidi tornare verso di me:
“Se inizi a lavorare con noi, non puoi stare in quelle condizioni, noi non siamo tristi e depressi e non vogliamo gente intorno che sia così.” Disse porgendomi un caffè con un sorriso.
“Grazie.” La piacevole sorpresa riuscì addirittura a strapparmi un sorriso sincero.
“Molto meglio ora. L’unico con cui non riesco ad imporre questa cosa è mio fratello: se riesci a vederlo sorridere più di una volta al giorno da lucido è un miracolo. Non capisco perché debba fare sempre il pesante.”
“Bhè, magari deve pensare a un mucchio di cose e vuole fare tutto per bene.”
“Sì, ma si rilassa raramente e non lascia gli altri in pace. E’ un pignolo del cazzo…senti, ma non ho ancora capito che lavoro farai con noi.” Al contrario di Noel, stava parlando con me, semplicemente perché gli andava, non per scoprire qualcosa, solo che non potevo far sapere niente nemmeno a lui.
“Non ti rovino la sorpresa, tanto McGee ve lo comunicherà tra poco. Scusa, ma ho un appuntamento con Alan. Grazie per il caffè.” Sorrisi ed entrai.
L’appuntamento per definire i dettagli durò poco meno di dieci minuti.
Saremmo partiti dopo due settimane per il tour mondiale.


Liam’s pov
Quella ragazza era strana.
Non era arrossita e non aveva risposto alla mia provocazione iniziale.
Aveva parlato con me tranquillamente, era da tempo che qualcuno non mi parlava come se non fossi una fottuta rockstar.
La verità è che non gliene fotteva nulla di chi fossi, non era una fan.
La curiosità attorno alla sua figura però cresceva: chi era? Quale ruolo avrebbe avuto? Perché non era in imbarazzo davanti a me?



So che l'inizio è un po' noioso, ma dopo questo capitolo i Brothers saranno molto più presenti, ve lo assicuro.

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Capitolo 5
*** Whatever ***


I'm free to say whatever I
Whatever I like
If it's wrong or right it's alright




“Cosa hai intenzione di dire al gruppo?” Ero preoccupata.
“L’importante è far capire il motivo della mia decisione a Noel, così da renderti il lavoro più semplice. Deve capire che ti ho assunta per il loro bene e che non deve metterti il bastone tra le ruote.” Aveva appena finito questa frase, quando Noel entrò nel suo ufficio.
“Allora?” probabilmente era sveglio da mezz’ora.
“Siediti Noel. Conosci già Elizabeth. Lei ha accettato il lavoro che le ho offerto, ora devi accettarlo tu.”Alan non sembrava preoccupato, evidentemente era molto sicuro della sua scelta.
“Ho un fottuttissimo mal di testa, quindi muoviti Alan.”
“Cosa hai fatto ieri sera?” Alan continuava ad essere tranquillo.
“Sinceramente non mi ricordo molto, ieri sera ero in giro con i ragazzi e stamattina mi sono svegliato a casa.”
“Come hai fatto a svegliarti?”Osservavo quella conversazione in silenzio e studiavo l’atteggiamento di Noel.
“Mi ha svegliato la tua telefonata del cazzo.” Sempre elegante The Chief.
“Lo sai che tra un’ora hai un’intervista radiofonica?”
“Lo so ora. Cazzo, Alan, mi stai facendo un interrogatorio!” Nonostante le sue parole denotassero un basso livello di sopportazione, la sue espressione era calma, atona.
“Elizabeth si occuperà di ricordarvi gli impegni e di farvici arrivare in uno stato decente.
Noel, stai vivendo un sogno,ma devi imparare a reggere i ritmi.
Elizabeth vi controllerà. Non vi impedirà nulla, ma vi fermerà quando riterrà necessario farlo.”
Nonostante Alan avesse parlato poco chiaramente, Noel sembrava aver capito tutto.
“Sei una baby-sitter del cazzo?” Solo in quel momento mi guardò.
“Non sono una baby-sitter e nemmeno un cane da guardia. Non noterai nemmeno la mia presenza, ma sarò quella che un giorno dovrai ringraziare per aver fatto in modo che non ti rovinassi la carriera per colpa della porcheria che sembra piacerti tanto.” Forse avevo esagerato, ma volevo vedere fin dove arrivava il suo livello di sopportazione.
“Se sono famoso non devo ringraziare nessuno, tanto meno te e quello che faccio non sono affari tuoi.” Ora sembrava veramente arrabbiato.
“Ma sono affari miei. La mia è una scelta obbligata. Devo proteggere dall’autodistruzione i miei artisti migliori.”
“Non sono un bambino, Alan. Riesco a controllarmi!”
“Infatti Damon Albarn deve morire di AIDS, no?!” La stampa inglese era famelica per questo tipo di episodi e tutti ne parlavano.
“Non sono cose che ti riguardano. Io dico quel cazzo che mi pare.” Si stava innervosendo, anche perché avevo toccato un tasto dolente.
“Noel, ascoltami bene. Non ti sto chiedendo un parere su Elizabeth, su questo non hai potere decisionale. Lei parte con voi.” La calma di Alan era invidiabile.
“Buona fortuna allora.”disse Noel mentre si alzava per uscire dall’ufficio.
“Noel, un’ultima cosa. Se vengo a sapere che mettete il bastone fra le ruote a Elizabeth, ti giuro, che tu sarai l’unico a pagarne le conseguenze.” Dopo questa velatissima minaccia, Noel sbatté la porta alle sue spalle.
“Perché dovrebbe pagarne le conseguenze solo Noel?”
“Perché lui è il capetto del gruppo. Riesce a imporsi sui ragazzi ed è quello che si mette più in gioco. Lui ha scritto tutte le canzoni ed è nato per farlo, ma io ho scoperto il loro talento e offerto loro un contratto discografico, quindi mi devono qualcosa e io pretendo che quel qualcosa sia il rispetto nei tuoi confronti.”
Il discorso di Alan non faceva una piega, ma avevo la netta sensazione che non sarebbe stato facile comunque vivere con loro.
“Posso spiegarlo io agli altri ragazzi?”
“Perché ci tieni tanto?”
“Perché almeno loro non mi devono vedere come una tua protetta, devono vedermi come figura di riferimento, altrimenti non mi rispetteranno mai.”
“Perfetto. Ti devo accompagnare o ci vai da sola?”
“Vado da sola, grazie.” Era un piacere lavorare con Alan.



I ragazzi erano nella sala in cui li avevo visti la prima volta. Avevano le facce sbattute, erano anche loro in giro con Noel stanotte.
“Buongiorno. Sapete già chi sono, quindi vi rubo tempo solo per spiegarvi cosa ci faccio qui.”
“Non vedo l’ora” disse Noel guardandomi con un tono di sfida.
“Dovete guardare a me come una figura di riferimento per qualsiasi cosa. Il mio ruolo a volte vi sembrerà sgradevole, ma ho ricevuto precisi ordini da McGee e intendo rispettarli per il vostro bene.” Mi rendevo conto che fosse un discorso di circostanza, ma non volevo sembrare una rompipalle da subito; avrebbero conosciuto quella parte del mio lavoro con il tempo.
“Quanta diplomazia nel tuo discorso, i miei complimenti.” Ovviamente Noel non riusciva a tacere e doveva per forza far notare il suo disappunto.
“Dimenticava di dirvi che lei risponde solo ad Alan e quindi nel caso la faceste incazzare, lei potrebbe dire tutto a McGee e fotterci.” Con quest’ultima frase Noel aveva vanificato il mio tentativo di imporre la mia autorità indipendente da quella di Alan. Lo fulminai con lo sguardo e lui sembrava compiaciuto.
“Noel, ti sta aspettando l’automobile per l’intervista radiofonica, ti conviene muoverti se vuoi arrivare in orario.” Tutti in quella stanza mi guardarono sbalorditi, avevo appena ordinato qualcosa a The Chief.
Dopo un momento di sorpresa iniziale, Noel rispose nel modo peggiore: “Allora andiamo. Non vorrai mica lasciarmi da solo, potrei dire che cose di cui potrei pentirmi.”
L’ultima cosa che volevo era accompagnare Noel Gallagher da qualche parte da sola.
Mi prese a braccetto e mi costrinse a seguirlo alla macchina che ci stava aspettando fuori.

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Capitolo 6
*** Live forever ***


In macchina il silenzio regnava sovrano e di certo io non avevo intenzione di romperlo, ma dopo cinque minuti di silenzio Noel mi offrì una sigaretta, in segno di pace.
“Non sono un idiota. Non voglio rovinare tutto quello che ho conquistato fino ad ora e comprendo il significato del tuo ruolo, ma, senza offesa, non accetto che una borghese del cazzo mi aiuti.
Non hai visto nulla di quello che ho vissuto io e di certo non puoi capire nulla della mia esistenza, come non puoi capire Our Kid o Paul.”
“Se non sei un idiota, allora capisci da solo che se sono stata assunta per questo lavoro, vuol dire che ho le mie referenze. Non mi piace questa gara, ma sappi che ho visto per certo situazioni peggiori di quelle che potresti aver vissuto tu. Ti ringrazio comunque per l’epiteto che mi hai affibbiato…sai, non ho scelto io di nascere in una famiglia agiata, ma ho scelto io il lavoro della mia vita, quindi, comunicazione per il futuro, non sei autorizzato a giudicarmi, come io non giudicherò te.” Non avevo voglia di litigare con Noel a tutti i costi, quindi pronunciai queste parole mantenendo la calma.
“Che lavoro facevi prima di iniziare con noi?”
“Niente di personale, ma non ti riguarda.”
“Un giorno me lo dirai.” Mi guardava negli occhi mentre parlava e solo in quel momento notai quanto fossero belli.
“Vedremo.”


L’intervista scivolò via in modo noioso, le solite domande e i soliti complimenti di circostanza. Le uniche parti interessanti furono le canzoni. Trasmisero Supersonic dal primo album e Roll with it dal secondo, poi Noel a fine intervista fece un’esibizione acustica e cantò Live Forever.
La sera prima, anche se avevo comprato i cd, non ero riuscita ad ascoltarli attentamente, quindi risultavano tutte nuove per me. Supersonic mi piaceva, ma il testo mi faceva ridere e Roll with it era allegra e carina, ma entrambe non ressero il confronto con l’esibizione live di Noel.
Quando suonava, il mondo attorno a lui spariva, la sua espressione era malinconica, il ragazzo stronzo e pieno di sé non c’era più. Alan aveva ragione, Noel era nato per fare questo.
Finita la canzone, Noel mi beccò a fissarlo, quasi incantata e mi fece l’occhiolino, ma io non distolsi lo sguardo, perché non avevo nulla da nascondere e gli feci l’occhiolino di rimando.
“Bella Live Forever” durante il tragitto in macchina volevo iniziare una conversazione, ma non sapevo di cosa parlare, allora ripiegai sull’argomento musica.
“Ho notato che ti è piaciuta. E’ la tua preferita delle nostre?” il suo tono era compiaciuto, come al solito.
“Non ti offendere, ma ti ho già detto che non mi è mai capitato di ascoltarvi. Non so nulla della vostra musica, ma penso che rimedierò a questa mancanza ai concerti.”
“Ti sorprenderemo. Siamo fottutamente bravi.”
“E modesti, aggiungerei.”


Quel pomeriggio avevo intenzione di iniziare a preparare le cose per la partenza, ma quando tornai a casa trovai un messaggio di David nella segreteria telefonica.
“Liza, mi spiace per come è andata ieri sera. Migliaia di volte ho immaginato il momento in cui te lo dicevo, ma mai avrei immaginato potesse andare tutto così male. Ho bisogno di vederti e di parlarti, sei l’unica su cui posso contare e non posso immaginare la mia vita senza di te. Non mi abbandonare, anche se capisco di averti deluso. Domani vieni a cena da me, devo anche restituirti i tuoi cd.”
Il cattivo umore subito si impadronì di me, così presi la mia copia consumata di Orgoglio e Pregiudizio e me ne andai al parco a leggere. Sapevo che il signor Darcy non mi avrebbe mai deluso.

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Capitolo 7
*** You need to find a way for what you want to say But before tomorrow ***


Mi stavo preparando per andare a cena da David, quando mia madre mi disse che un certo Alan mi voleva al telefono.
“Pronto?”
“Ciao Elizabeth! Hai impegni per la serata? Noi andiamo in un locale a festeggiare il successo della critica per l’album e mi chiedevo se avessi voglia di unirti a noi!”
“In realtà ho altri programmi per la serata, mi spiace.”
“Dai, passa a salutarci, va bene a qualsiasi ora, tanto ho la sensazione che non si concluderà presto.”
Mi feci dare l’indirizzo del locale, promettendo che, se fossi riuscita, sarei passata.
Non sapevo cosa aspettarmi dalla cena con David, ma ero troppo curiosa di sapere che cos’altro mi volesse dire e soprattutto, volevo anche provare a chiarire con lui, perché era pur sempre David, il mio migliore amico.
Suonai, ma non mi aprì chi mi aspettavo.
“Tu devi essere Elizabeth.”
Un ragazzo stava sulla porta e mi sorrideva. Vedendo la mia espressione smarrita si affrettò a presentarsi.
“Io sono Thomas. David è in cucina.” Mi tese la mano e io la strinsi.
“E’ un piacere conoscerti.”
La mia espressione tradiva la sorpresa che provavo. Quel maledetto mi aveva incastrato in una cena con il suo nuovo amichetto. In quella situazione di certo non potevamo sbraitarci addosso.
“So che non ti aspettavi di vedermi, ma David mi ha spiegato quello che è successo. Non è stata un’idea sua la cena, ma mia. So che sei una delle persone più importanti nella sua vita e non voglio che la mia presenza rovini il vostro rapporto.” Io non sapevo cosa rispondere e nel dubbio restavo in silenzio.
Arrivati in cucina, David, intento a cucinare, abbandonò i fornelli e corse ad abbracciarmi. Solitamente non era una persona affettuosa e quel gesto riassumeva tutto quello che provava: dispiacere, affetto, bisogno.
Ricambiai l’abbraccio restando in silenzio. Non avevo ancora detto una parola da quando ero entrata in quella casa.
Con calma mi sciolsi e la serata passò tranquillamente, parlammo di tantissime cose e io facevo una marea di domande a Thomas, per capire il soggetto e per poi concedere la mia benedizione a quell’unione inaspettata.
Non avevo mai visto David così, aveva gli occhi felici e quando Thomas parlava si incantava ad ascoltarlo e a guardarlo, a volte con l’espressione propria di un pesce lesso.
Thomas era una persona molto interessante e mi piaceva il fatto che avesse organizzato questa cena per sistemare le cose tra me e David.
Dopo cena anche loro volevano uscire per festeggiare la buona riuscita dell’incontro e allora proposi loro di andare alla festa della Creation.
Il locale era affollato, ma intravidi subito il gruppo e feci un cenno ad Alan che mi sorrise.
Ci sedemmo a un tavolo un po’ distante dal loro, perché non mi andava di ascoltare le loro conversazioni, avevo la sensazione che non fossero propriamente interessanti, anche perché probabilmente erano condite da alcool e solo Dio sa cos’altro.
A un certo punto si avvicinò al nostro tavolo Paul, quello con un’incipiente  calvizie, e con tutta la naturalezza del mondo si sedette con noi.
Per educazione lo presentai come Paul, ma lui mi corresse e mi disse che tutti lo chiamavano Bonehead.
“Sai, sono contento che Alan ti abbia assunto!”
“Sembri l’unico, sai?”
“Noel mi ha spiegato tutto e, anche se odia essere controllato, anche lui capisce perché Alan l’abbia fatto e sappi che quando avrai bisogno, e ti assicuro che quel momento arriverà, potrai sempre contare sul mio aiuto.” Detto questo, mi fece l’occhiolino e tornò dagli altri.
Il resto della serata passò tranquillamente e il locale si svuotava lentamente.
A un certo punto eravamo rimasti solo noi e i ragazzi.
Alan ci invitò a unirci a loro e sembrava maleducazione a quel punto rifiutare l’invito.
Io non avevo bevuto nulla e David e Thomas avevano ordinato un paio di birre, ma erano lucidi, al contrario degli altri, che parlavano a un tono di voce altissimo, senza dirsi per altro niente di interessante.
A un certo punto notai che Liam mi stava fissando, sembrava che volesse parlarmi, nonostante fosse dall’altra parte del tavolo, e infatti poco dopo urlò qualcosa che interpretai:
“Perché stai sempre zitta?”
“Perché non ho niente di interessante da dire!” Gli urlai di rimando e lui sembrò accontentarsi di questa risposta, ma forse non aveva nemmeno sentito cosa gli avessi detto, non aveva l’espressione molto sveglia, come tutti gli altri del resto.
Quando Noel annunciò che per lui era arrivato il momento di andare a casa, la maggior parte del gruppo lo seguì. Anche noi ce ne saremmo andati, se Liam non ci avesse chiesto di restare un altro po’.
Continuava a bere birra, anche se il limite lo aveva passato almeno due ore prima.
Rimasti noi quattro, Our kid iniziò a farmi mille domande, sulla mia vita, sul mio lavoro, sui miei gusti musicali, ma a me sembrava di parlare con un primate, quindi gli diedi solo risposte evasive.
David e Thomas si divertivano a osservare questa pseudo conversazione, ma io mi stavo annoiando mortalmente, quindi presi l’iniziative e proposi a Liam di andare via.
L’avrei accompagnato a casa sua, perché da solo non sapevo dove sarebbe potuto arrivare.
Dopo essermi congedata da David e Thomas, trascinai Liam alla mia automobile, mentre lui straparlava o faceva versi, non capivo bene.
In macchina si addormentò, dopo però avermi detto il suo indirizzo.
Arrivati a casa sua, rovistai nelle sue tasche e trovai un mazzo di chiavi; lo sveglia con uno strattone e fece le scale di casa usandomi come stampella.
Il disordine regnava ovunque in quell’appartamento e sbirciando tra le stanze, individuai al primo piano quella che assomigliava di più ad una camera da letto.
Cercai di far stendere Liam il più delicatamente possibile, ma lui non si sforzava nemmeno di aiutarmi, così caddi sul letto insieme a lui.
Mi rialzai subito e gli chiesi se avesse bisogno di qualsiasi cosa e Liam sorprendentemente sembrava essersi ripreso, così si alzò e si avvicinò.
“Fai da solo da adesso in poi, ok?”
“No, non hai capito niente.” Dopo aver pronunciato queste parole in modo provocante, provò a baciarmi, ma tutto quello che ottenne fu uno schiaffo.
“Ahia!”
“Hai finto di essere ubriaco per poterci provare con me!”
“Bhè, fino a questo preciso istante, stava andando tutto secondo i piani.” Non era arrabbiato per lo schiaffo, solo estremamente divertito e sorpreso.
“Mi spiace per i tuoi piani, ma non hai considerato il mio libero arbitrio.”
“Il tuo che?! Comunque ci sono ragazze che venderebbero la propria madre per trovarsi dove sei tu ora e tutto quello che fai è tirarmi un fottutissimo schiaffo?! Sei proprio strana!”
“Quelle ragazze sono delle poverine.”
“Comunque pensavo che tu dovessi esaurire ogni nostro desiderio.” Come si permetteva?
“Ah sì?! Non sono mica la vostra puttanella se è questo che intendi dire e se per una volta non trovi qualcuna da portarti al letto, questo non significa che tu debba importunare me. Io sono più un appoggio emotivo, non uno sfogo fisico. Capito?”
“Ok, basta che non ti scaldi.” Crollò sconsolato sul letto.
“Buonanotte, ci vediamo.” Feci per andarmene, ma Liam si alzò e mi trattenne per il braccio.
“No, ti prego, resta a dormire qui.”
“Scusa?! Non ne vedo il motivo.”
“Non voglio restare da solo, sai cosa intendo dire?”
“Se intendi dire quello che hai provato a fare prima, sappi che non resto.”
“Intendo dire che potrei aver voglia di parlare.” Sorpresa! Liam Gallagher, quello che si era finto ubriaco per poterci provare con me, voleva parlare.
“Mi stai prendendo in giro?” Rischiava di essere più lunatico di me con quei cambiamenti d’umore.
“No, sono serio.”
Ci stendemmo a letto, ma presi le distanze da lui immediatamente; io ero messa a pancia in su e lui era girato verso di me.
Dopo qualche minuto di silenzio, nel quale credevo che si sarebbe addormentato, iniziò a parlare, all’inizio faceva un po’ di fatica a lasciarsi andare, ma quando vide che lo ascoltavo interessata e partecipe, si rilassò e mi raccontò come se la passava in quel periodo.
Sapeva di fare parte in uno dei gruppi più acclamati di Inghilterra, ma aveva paura che la gente non lo considerasse all’altezza, aveva paura di poter rovinare tutto un giorno o l’altro, perché i media gli facevano troppa pressione e poi…poi c’era Noel, che lo considerava un bambino piccolo e che infatti lo chiamava Our Kid. Odiava quel soprannome e odiava il fatto di non essere mai preso sul serio. Su quest’ultimo discorso, la poca lucidità che gli era rimasta,  lo abbandonò e lui crollò in un sonno profondissimo.
Liam Gallagher cercava di nascondere di essere la persona più insicura del mondo e per non sentire la pressione, annebbiava le sue preoccupazioni con l’alcool e la droga.
Quella notte, nonostante fosse iniziato tutto nel peggiore dei modi, si rivelò molto utile. Liam si fidava di me e aveva trovato in me qualcuno con cui poter parlare liberamente.
Io non riuscivo a dormire, perché Liam si muoveva di continuo, allora scesi al piano di sotto per esplorare casa sua e in mezzo al disordine trovai i cd degli Oasis.
Feci partire “Definitely Maybe” a volume basso e mi stesi per terra vicino allo stereo.
Era una scena surreale:ero al buio nel salotto di Liam Gallagher ad ascoltare il primo album degli Oasis. Le tracce scorrevano l’una dopo l’altra, ma il tempo sembrava essersi fermato.
La voce di Liam era meravigliosa e ascoltai Slide Away due volte, perché mi sembrava impossibile che lo stesso gruppo di ragazzi che avevo visto quella sera in un locale, avessero creato un capolavoro simile.
Dopo i 55 minuti e 55 secondi di Definitely Maybe, mi preparai una tazza di thè e ascoltai (What’s the story?) Morning Glory. Stavo ancora pensando alla perfezione di Liam in Wonderwall, quando la voce di Noel mi sorprese sulle note di Don’t look back in anger. Solo in quel momento realizzai che tutte le canzoni era cantate da Our Kid e che Noel si era riservato solo quella traccia.
Finita Champagne Supernova decisi che era il momento di provare a dormire e mi stesi sul divano.

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Capitolo 8
*** Need a little time to wake up ***


Liam’s pov
Che cazzo mi era passato la testa?
Chi cazzo era quella per sapere quelle cose?
Però mi ispirava fiducia, doveva solo stare attenta a non parlarne con Noel.



Liza’s pov
Il rumore di un campanello mi svegliò.
Ci misi qualche secondo per capire dove mi trovassi. Dai rumori al piano di sopra intuii che Liam stava cantando sotto la doccia, così andai ad aprire la porta. The Chief di prima mattina non era proprio una bella vista.
“Buongiorno! Che sorpresa!” Mi sorrise in modo provocatorio, ma il mio cervello si era appena svegliato e non capivo perché avesse quell’espressione.
Notando lo smarrimento sul mio viso, aggiunse:
“Anche tu sei caduta nella rete di Our Kid! Dov’è il Casanova ora?”
“E’ sotto la doccia, ma hai frainteso tutto.” Ero imbarazzatissima, non mi andava che Noel pensasse che fossi andata a letto con suo fratello alla prima occasione disponibile.
“Certo che ho confuso! Arrivo a casa mio fratello e mi viene ad aprire una ragazza, con la faccia sconvolta per le poche ore di sonno e con gli stessi vestiti della sera prima. Cosa c’è da confondere?” era molto divertito dalla situazione, perché pensava che io avessi ceduto agli occhioni da cerbiatto di suo fratello.
In quel momento apparve Liam, sorpreso anche lui da quella riunione mattutina e come se non bastasse, mi diede il buongiorno con un bacio sulla testa. Noel era l’immagine della soddisfazione
“Cosa vuoi?” chiese innocentemente al fratello maggiore.
“Mi sono fatto una passeggiata mattutina ed ero qui vicino, così sono passato a vedere come stavi, visto che ieri sera non mi sembravi in formissima, però mi spiace avervi disturbato.” Aveva un sorrisino compiaciuto e avrei tanto voluto farglielo passare con un pugno, ma ero contro la violenza gratuita.
“Non ci hai disturbati!” dissi quasi urlando, ma ormai nulla poteva far cambiare idea a The Chief.
“Parla per te! Io meno lo vedo, meglio sto.” Borbottò Liam, mentre si preparava il thè.
“Come mai non sei dolce anche con me la mattina?!” Noel ci stava prendendo in giro per la nostra complicità. Non volevo tradire Liam, rivelando a Noel tutto quello di cui mi aveva parlato il fratello minore durante la notte, solo che mi dava terribilmente fastidio che Noel pensasse che fossi andata a letto con Liam.
“Io vado a casa.” Fu tutto quello che riuscii a dire davanti a quei due bambini piccoli.


Noel’s pov
Chi l’avrebbe mai detto? La maestrina a letto con Liam.
Cosa faceva quel ragazzo alle donne? Non era nemmeno così interessante.
Pensavo che dopo una notte di sesso con lui, la maestrina potesse essere più simpatica e rilassata e invece risultava ancora più scorbutica e nervosa.
Forse le scocciava il fatto che l’avessi beccata in pieno.


Liza’s pov
Noel era veramente arrogante e di certo non faceva niente per piacermi.
Avrei pagato per non dover andare a quell’intervista, ma volevo parlare con Liam e poi non avrei dato la soddisfazione a Noel di pensare che stessi scappando da lui.
Come quella radiofonica, anche questa all’inizio era noiosissima: i soliti complimenti, le solite domande e solite risposte arroganti dei fratelli.
A un certo punto per le cose si complicarono.
La giornalista, una donna, più svestita che vestita, che fino a quel momento ero stata tutta miele e occhiate ammiccanti nei confronti di Liam, fece una domanda che fece cambiare espressione ad Our Kid.
“Avete sentito vostro padre di recente?”
Liam era seduto con le gambe accavallate e fino a quel momento era rimasto tranquillo, ma appena l’attenzione della giornalista si concentrò sulle domande sul passato, si irrigidì e si mosse sulla sedia.
Noel, molto più tranquillamente, sospirò, appoggiò una mano sulla gamba di Liam, sorrise alla ragazzina e rispose:
“No e non ci teniamo a farlo. Direi che con questo abbiamo finito, no?”
La ragazza non sembrò delusa da quella risposta, evidentemente non si aspettava nulla di diverso.
Liam era turbato e durante il tragitto in macchina non disse nemmeno una parola, mentre Noel invece parlava con il resto della band, ma non li ascoltavo, perché stavo ripensando alla reazione di Liam e mi chiedevo che ruolo avesse la figura del padre nella loro vita.
Arrivati alla Creation, presi Liam da parte. Non sembrava avesse molta voglia di parlare, ma mi seguì lo stesso.
“Come stai?”
“Bene. Cosa vuoi? “ Era scocciato, non avrebbe retto l’attenzione per troppo tempo, dovevo abbandonare l’idea di parlare di suo padre.
“Dovresti dire a Noel che ieri sera non è successo nulla tra noi.” Era evidente che non gliene fregasse nulla.
“Liam, dico sul serio. Nessuno di voi deve pensare quello che credevi tu ieri sera e quindi devi dirlo a Noel. Digli che ero con te, perché eri troppo ubriaco per tornare a casa da solo e che io sono rimasta, perché ero troppo stanca per tornare a casa e quindi ho dormito sul divano.”
“Lo faccio, solo se mi giuri che Noel non verrà mai a sapere nulla della nostra conversazione.”
“Avevi qualche dubbio? Io sono una persona di cui ti devi fidare, che ti ascolta e che c’è sempre.”
Mi sorrise appena e si allontanò senza aggiungere altro.

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Capitolo 9
*** Don't look back in anger ***


Nei giorni che ci separavano dalla partenza per il tour mondiale non successe nulla di particolare, a parte un incontro con Alan Mcgee.
Non sapevo il motivo per cui mi volesse vedere, ma quando entrai nel suo ufficio non era solo; credevo di aver sbagliato orario, ma lui mi fece segno di accomodarmi.
Noel era seduto e sembrava sul serio arrabbiato.
“Liza, il tour in America è molto importante e questa volta sono contento che parta anche tu con loro.” Non capivo questa sua introduzione e il mio sguardo doveva averlo fatto intendere, perché Alan riprese a parlare.
“L’ultima volta che gli Oasis sono stati in America, Noel ha abbandonato il gruppo nel bel mezzo delle date, perché aveva litigato con Liam.”
“Non mi sembra che la mia scappatella sia stata del tutto improduttiva.” Noel sussurrò, come se parlasse a se stesso. Non capivo assolutamente niente.
“Tu terrai i passaporti di tutti i ragazzi e mi auguro che tu riesca ad essere onnipresente.”
“E’ così importante il pubblico d’oltreoceano?” chiesi innocentemente.
“Il problema non è il pubblico. Lo sanno tutti che non capiscono niente di musica. Il problema sono le situazioni che potrebbero crearsi e non possiamo permetterci di trattare con sufficienza la situazione. In America sarai onnipresente, sarai ad ogni concerto, ad ogni intervista, ad ogni conferenza e la sera uscirai con loro..”
“Cazzo, Alan, devi proprio?” Noel era davvero scocciato.
“Se vi comporterete bene, non vi accorgerete nemmeno della sua presenza.” Alan non voleva sentire ragioni.
Noel uscì dall’ufficio senza aggiungere altro.
Alan manteneva la tranquillità anche in quella situazione.
Stavo per uscire anche io, quando Alan parlò di nuovo.
“Noel è una brava persona, ma non si impegna. Sa cosa deve e cosa non può fare, il problema è che si diverte a dimenticarlo, come si diverte a ricordare a tutti che lui è il capo. Liam è solo un ragazzo e sa ancora quanto grande può diventare, perché è troppo impegnato ad ammirare/invidiare suo fratello. Non so quanto questo possa esserti utile, però buona fortuna.”
“Incoraggiante!” sorrisi e uscì dall’ufficio.


Arrivò il giorno della partenza e i ragazzi erano già un po’ stanchi, perché avevano fatto delle date in giro per l’Inghilterra, prima ancora che io venissi assunta.
La prima tappa era Baltimora e il viaggio ovviamente molto lungo.
In aereo mi sedetti vicino a Bonehead, l’unico con cui avessi mai parlato a parte Liam e Noel.
Noel non aveva nessuno di fianco, quindi di certo non mi ci si sarei seduta io, mentre con Liam non volevo mettergli pressione, non volevo che si sentisse costretto a parlarmi o a rivelarmi qualcosa, quindi avrei lasciato a lui la prima mossa. Volevo scoprire la questione del padre e cosa fosse successo in America durante lo scorso tour e prima o poi lo avrei scoperto.
Dopo nemmeno un’ora di chiacchiere Bonehead iniziò a sbadigliare, così decisi di lasciarlo dormire e ci mise veramente poco a iniziare a russare.
Guardai Noel e vidi che anche lui aveva sentito la dolce sintonia prodotta da Bonehead e infatti con un cenno mi invitò a spostarmi di fianco a lui. Almeno era cortese anche con chi non gli stava particolarmente simpatico.
Mi spostai vicino a lui e volevo assolutamente chiedergli spiegazioni sull’America e sul padre, ma ero combattuta, perché non volevo discuterci subito.
In realtà c’era un altro argomento di cui avrei voluto parlargli e così decisi di iniziare da quello, anche se non sembrava avesse voglia di parlare.
“Posso togliermi una curiosità?”
“Se proprio devi” mi rispose senza distogliere lo sguardo dal paesaggio fuori dal finestrino.
“Ho ascoltato i vostri dischi e ti ho anche sentito cantare dal vivo e per questo mi chiedevo perché tu abbia registrato solo Don’t look back in anger.”
Si girò e mi sorrise enigmatico.
“Cosa pensi di quella canzone?”
“Che è molto bella.”
“E cosa pensi delle altre?”
“Anche le altre sono belle.”
“Riusciresti a immaginarmi cantare Cigarettes and Alcohol? Oppure Supersonic?”
“Non lo so, potresti provare.”
“No, Liam è perfetto per quelle” era la prima volta che parlava con rispetto del fratello minore.
“Quindi ti sei tenuto per te l’unica che non andrebbe bene per lui.”
“Mi sono tenuto per una di quelle che volevo cantare a tutti i costi…comunque io non canto solo quella canzone.”
“Non capisco, quali altre canzoni avresti voluto cantare e quali altre canzoni hai cantato oltre a don’t look back in anger?” Mi era sfuggito qualcosa a casa di Liam?
“Ogni volta che esce un nostro singolo, c’è anche una b-sides; io ho cantanto delle b-sides che tu non hai avuto modo di sentire. Per quanto riguarda le canzoni che avrei voluto cantare, ti lascio indovinare.”
Quando parlava di musica era tranquillo e rilassato, non era sulla difensiva, era perfino piacevole conversare con lui.
“Suppongo che tu tenga particolarmente a Slide Away, o almeno lo spero, perché è una canzone meravigliosa…e poi mi viene in mente Married with children. Ho indovinato o ho sbagliato in pieno?”
“Non ci credo…ci hai preso, ma te ne manca una!” Evidentemente era vero, perché aveva un’espressione davvero sorpresa.
“Non mi vengono in mente tutti i titoli. Mi ripeti la tracklist di What’s the story bla bla bla?”
“D’accordo, ma dalla prossima settimana devi sapere tutti i nostri titoli a memoria: Hello, Roll with it, Wonderwall, Don’t look back in anger, Hey Now!, Some might say, Cast no shadow, She’s electric, Morning Glory e Champagne Supernova.”
“Ah sì, ci sono, punto su Cast no Shadow.” Mi pareva ovvio che fosse quella.
“Non è possibile, sono così prevedibile? Mi devi spiegare il criterio con cui hai scelto queste canzoni.”
“Slide away è una canzone troppo bella per non essere stata scritta pensando a una persona in particolare, quindi penso che la consideri tua tua, non degli oasis. Married with Children dev’essere frutto di una discussione veramente accaduta, no?”
“Ok, hai afferrato il concetto. E cast no shadow e don’t look back in anger?”
“Penso che anche tu sappia che su Cast no shadow, per quanto sia bella la voce di Liam, ci sarebbe stata molto meglio la tua voce. Don’t look back in anger probabilmente nella tua testa è nata solo con la tua voce. Mi sbaglio?” Mi guardava sbalordito.
“No, non sbagli. E qual è la tua canzone preferita?”
“Quella sulle lasagne” Scoppiò a ridere.
“Dai seriamente, puoi dirmene anche una per album.”
“Non lo so, ce ne sono molte che mi piacciono: Live Forever, Slide Away, Don’t look back in anger.”
“Ho capito che tipo sei: tu ascolti prima di tutto le parole e poi la musica. Hai scelto quelle con i testi più puri e felici.”
“E’ un problema?” probabilmente aveva ragione
“No, è solo che ti devo svelare che io non penso molto a quello che scrivo, a volte mi vengono in mente le parole come se fossero filastrocche, a volte mi ci devo veramente impegnare per costruire qualcosa da mettere sulla musica.”
“Va bhè, il risultato mi sembra comunque buono.” Non mi ero accorta di avergli fatto un complimento.
“Grazie.”
Dopo qualche minuto di silenzio iniziò lui una conversazione.
“Liam mi ha parlato. Mi ha detto che non siete andati a letto insieme.”
“Bene, ora ci credi?”
“Sì, ma sono certo che ci abbia provato.” Conosceva fin troppo bene suo fratello.
“Sì, ci ha provato, ma ha ricevuto uno schiaffo.” Scoppiò a ridere.
“Questo non me l’aveva detto quel bastardo.”
“Io gli avevo chiesto solo di specificarti quello che non era successo, non era tenuto a dirti quello che è successo.”
“Sei lesbica?”
“Scusa?”
“Ti piacciono le donne? Non ho mai visto nessuna rifiutare le avances di mio fratello, poi, insomma il tuo aspetto. Capito cosa intendo?” Tutti prima o poi sospettavano questo.
“Con tuo fratello ci devo lavorare e non mi sembra professionale finirci a letto. Per quanto riguarda il mio aspetto, scommetto che ti riferisci alla mancanza di trucco, all’abbigliamento semplice.”
“Sì, ma per me non c’è problema. Puoi fare quel cazzo che vuoi.” Sempre sboccato.
“Non sono lesbica, semplicemente non ritengo necessario dovermi truccare per venire al lavoro o vestirmi in modo provocante per andare a fare la spesa.”
“Come vuoi. Scommetto che hai la fila di ragazzi sotto casa.” Ovviamente il discorso non poteva che andare a finire con lui che mi prendeva in giro.
“Sembra che tu sappia già la risposta.”
“Vivi da repressa! Prova a lasciarti andare e a divertirti cazzo!”
“Magari io non mi diverto a mostrare il mio corpo o a bere o a drogarmi.”Io ero sul serio infastidita da questo discorso, mentre lui sorrideva e sembrava volermi dare dei consigli sulla vita.
“Sei una maestrina del cazzo.”
“Lo ritengo un complimento.”
“Non lo è, cazzo! Goditi la vita!” Non ne potevo più.
“Cazzo, Noel, non sai niente della mi vita. Non sai che prima di accettare questo lavoro mi occupavo di ragazze madri, di tossicodipendenti e di senzatetto. Non sai che mi occupavo della riabilitazione di persone che per motivi più o meno gravi erano diventate il fantasma di sé stessi.
Raccoglievo i ragazzi dalla strada, non si ricordavano più chi fossero. Cercavo dei posti per accogliere i senza tetto e dei lavori per delle ragazze che non sapevano nemmeno badare a se stesse.
Secondo te riuscirei a godermi la vita come fate voi? Io apprezzo le cose sane della vita, non le cose che rovinano la salute, quindi per favore, visto che non sono qui per farti abbandonare le tue dipendenze, non cercare almeno di convincermi che il modo giusto per vivere sia il vostro.” L’avevo zittito. Per un’ora non disse nulla, poi quasi come si volesse scusare, sussurrò “Allora non sei del tutto una borghese del cazzo.”




La storia non segue il tour in modo preciso, perché ho fatto degli errori con le date tra l’uscita degli album e dei singoli, quindi perde un po’ di credibilità, ma spero non vi offendiate.

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Capitolo 10
*** Will you pass me down the wine? ***


Quel giorno restarono veramente poco in hotel. I ragazzi prima di cena decisero di andare a vedere il posto in cui avrebbero suonato il giorno dopo, ma io non li accompagnai perché volevo farmi una doccia e stare lontana da quei buzzurri.
Appena uscita dalla doccia, qualcuno bussò alla porta di camera mia.
Aprii in accappatoio e mi trovai davanti un ragazzo con cui non avevo mai parlato, ma che avevo visto in giro con i ragazzi. Probabilmente era uno dei tecnici.
Teneva in mano una pila di dischi.
“Noel ha detto di ascoltare le b-sides.” Me li mise in mano e se ne andò senza aggiungere altro.
C’erano Supersonic, Shakermaker, Some might say, Roll with it e due cd senza titolo.
Decisi che li avrei ascoltati la mattina dopo, in quel momento volevo solo rilassarmi, ma esattamente due secondi dopo aver chiuso la porta, qualcun altro bussò.
Bonehead era venuto per avvisarmi che dovevamo uscire per cena; io non avevo voglia, così gli dissi che sarei rimasta in hotel. Lui non insistette e prima che se ne andasse, gli ricordai di chiamarmi nel caso in cui avessero avuto bisogno di qualsiasi cosa. Mi fece l’occhiolino e tornò dai ragazzi.
mi feci portare dal servizio in camera  hamburger e patatine, in fondo ero in America, non avrei mai ordinato fish and chips e mentre mangiavo e guardavo la tv in accappatoio, non immaginavo in che modo la serata si sarebbe trasformata.
Dopo aver visto una serie infinita di sit-com, mi misi a letto, sempre in accappatoio e presi dalla valigia l’unico libro che mi ero portata dietro: Great Excpectations.
Non appena mi misi a letto, il telefono squillò.
“Buonasera, signorina Payne. Un certo Bonehead ha chiamato e ha chiesto di lei, le posso passare la telefonata?” era il ragazzo della reception, che cercava in tutti i modi di imitare l’accento inglese per apparire più elegante.
“Si, certo.” Marcai il mio accento per farlo sentire ancora più Americano.
“Liza, Liam sta bevendo veramente tanto e continua a provocare Noel. Non è che ti andrebbe di venire?” Paul cercava di nascondere la sua preoccupazione, ma era evidente che avevano già provato a calmare Liam con scarsi risultati.
Mi feci dare l’indirizzo del locale in cui erano andati a divertirsi e mi vestii in circa due secondi per raggiungerli.
Scesa dal taxi davanti al locale, vidi Noel fuori che fumava. Non sembrava sorpreso di vedermi.
Non ci salutammo, ma mentre gli passavo di fianco per entrare, sussurrò qualcosa che interpretai come:”Ringrazia che sono uscito fuori a fumarmi una sigaretta.”
Aveva un ghigno strano dipinto sul volto e avevo paura di questa sua calma apparente.
Quando entrai nel locale, prima di vederlo, sentii Liam: era seduto al tavolo con gli altri, urlava insulti.
Insultava ogni persona in quella stanza e ogni tanto ci cacciava in mezzo un insulto per tutti gli Americani in generale. Gli altri o ridevano sguaiatamente o, come Bonehead, cercavano di smorzare l’entusiasmo di una compagnia completamente ubriaca, provando a far abbassare la voce a Liam o comunque di ridimensionarlo; il problema era che per lo più erano tutti ubriachi e pensavano che Liam fosse divertente e Liam a sua volta si gasava per quel momento, perché era la star indiscussa di quel cabaret improvvisato.
Mi avvicinai al tavolo, sorridendo tranquillamente, o questo era quello che si vedeva, ma appena Liam mi vide, decise che io sarei stata il suo nuovo obiettivo per gli insulti.
“Cazzo, ma allora la lesbica è uscita da quel cazzo di hotel.” Risate sguaiate da parte del gruppo.
Feci finta di niente per quel commento, tanto ormai era di moda pensare che fossi lesbica e provai a isolare Liam dal resto del gruppo, per provare a parlarci in modo più civile.
“Liam, dobbiamo parlare di una cosa, puoi venire fuori un attimo?”
“Non mi rompere il cazzo, non ho voglia di parlare con te.” Stavo per rispondere qualcosa come: l’altra notte non sembrava così, ma non sarebbe stato professionale provocarlo, così decisi di mentire spudoratamente su una cosa che l’avrebbe fatto preoccupare.
“Hanno chiamato in hotel da Manchester.”
“Che cazzo è successo?” Urlò, scattando in piedi. L’argomento “mamma” era uno dei migliori per convincere Liam a fare qualcosa.
“Andiamo a parlarne fuori.” La compagnia si era magicamente placata vedendo l’espressione di Liam così allarmata.
Mentre Liam si dirigeva verso la porta, feci segno a Bonehead di seguirmi.
Una volta in strada, Liam mi guardò aspettandosi una spiegazione; Noel era ancora là, con il suo sorriso strano e lo sguardo assente. La combo perfetta: Noel sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e Liam ubriaco.
“Allora? Che cazzo è successo a mia madre?” A queste parole anche Noel mi dedicò la sua attenzione, anche se le sue reazioni erano rallentate.
“Non è successo niente a tua madre, volevo solo farti uscire da quel locale e per portarti in hotel. Stavi passando il limite e qualcuno avrebbe finito per farti un occhio nero. Puoi sbraitare quanto ti pare e insultarmi anche tutta la notte, l’importante è che questo accada in hotel.”
Bonehead intanto aveva fermato un taxi e aveva preso Liam per un braccio per farlo entrare in macchina, Noel invece ci entrò di sua spontanea volontà.
Mi sedetti di fianco al conducente e durante il tragitto non mi voltai nemmeno una volta.
Sapevo che Liam era infuriato, sentivo il suo sguardo arrabbiato sulla testa, ma non avevo voglia di affrontarlo in un taxi.
Arrivati all’hotel, scesi dalla macchina e aiutai Noel a scendere, perché non si accorgeva di niente di tutto quello che gli succedeva attorno, poi lo affidai alle cure di Bonehead, che lo accompagnò in camera.
Liam non sembrava avesse intenzione di andare in camera e non potevo più evitarlo, così lo guardai negli occhi.
Si avvicinò pericolosamente a me e puntandomi il dito contro lo sterno mi disse:
“Non ti devi permettere mai più di tirare in mezzo mia madre per i tuoi giochetti.” Era molto serio.
“Io non ho parlato di tua madre. Nel locale ti ho detto che avevo ricevuto una telefonata da Manchester e che te ne avrei parlato solo fuori dal pub. Tutto qui.” Non cercai nemmeno di assumere un’espressione innocente mentre pronunciavo quelle parole, perché lo sapeva meglio di me cosa significavano quelle frasi.
“Non fare la stronza.”
“No, tu non fare lo stronzo! Ho ricevuto ordini precisi da McGee su questo tour in America. Non potete fare stronzate e lo sai bene, perché qui avete molto da perdere. Qui non siete gli idoli di una nazione intera, qui siete sempre in prova; per questo stavi insultando ogni Americano in quel pub. Non li sopporti perché non vi capiscono. Bene, ma questo non vuol dire che vi dobbiate fare odiare.”
“Hai finito?”
“No. Perché quando sono entrata Noel mi ha detto di ringraziarlo per il fatto che fosse fuori a fumarsi una sigaretta?”
“Perché stasera era troppo fatto per fare a pugni, quindi ha preferito evitare.” Si era rilassato un po’ e sembrava anche divertito dal fatto che suo fratello non capisse nulla.
“Sappi che, con tuo immenso piacere, questa era la prima e l’ultima volta che restavo in hotel. Non sarò con voi solo quando andrete in bagno e sul palco e tutto questo perché te la sei cercata tu, Ourkid.”
“Almeno tu, non chiamarmi così.” Fino a quel momento sembrava essersi rilassato, nonostante la minaccia della mia costante presenza, ma quando sentì quel soprannome, si irrigidì; non se lo aspettava da parte mia.
“Per stasera te lo sei meritato.”
Rientrammo in hotel in silenzio e ci dirigemmo verso le nostre stanze; la mia era a due camere di distanza dalla sua e prima di chiudere la porta, mi ricordai un’altra cosa.
“E comunque non sono lesbica” dissi, senza nemmeno aspettare una risposta.
Tutto quello che sentii fu una fragorosa risata a due porte di distanza dalla mia.

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Capitolo 11
*** But you're gonna need a line ***




La mattina dopo mi svegliai con molta calma, perché i ragazzi non avevano interviste o altri tipi di incontri ravvicinati con la stampa per far capire al mondo intero che loro la odiavano.
La sera prima comunque ero uscita dall’hotel senza giacca per la fretta; la sorpresa mattutina di una serie di almeno sette starnuti mi ricordò la stupidità della mia azione.
Mentre uscivo dalla stanza per andare a fare colazione, mi accorsi dei cd che quel ragazzo mi aveva portato la sera prima. Decisi che una volta al piano di sotto avrei cercato un posto per ascoltarli.
Nella sala da pranzo c’era solo Bonehead e quando mi vide, mi sorrise.
“Buongiorno!”
“Ciao” mentre mi salutava, osservava il suo piatto con espressione perplessa.
“Dove sono gli altri?” non mi spirava affatto quella sotto specie di frittata con una roba gelatinosa marrone sopra.
“Penso che stiano ancora dormendo, sempre che Liam non decida di dare spettacolo un’altra volta.”
“Bene. Come si chiama quello che hai ordinato? Voglio evitarlo con cura.”
Quella colazione fu uno dei momenti più tranquilli mai vissuti da quando avevo accettato quel lavoro. Parlammo di un sacco di cose e Bonehead mi raccontò la storia degli inizi, dei The Rain, di Liam senza Noel e poi della trasformazione in Oasis.
Voleva bene ai fratelli e aveva molta pazienza, però in più di un’occasione sentivo il suo tono scocciato per il comportamento immaturo che avevano Liam e Noel l’uno nei confronti dell’altro.
Mi raccontò che una volta si beccò addirittura un pugno al posto di Noel, perché il maggiore dei Gallagher era riuscito a schivare il destro di Liam, che colpì Bonehead sul naso.
Una volta finita la colazione, chiesi al ragazzo della reception se in quell’hotel ci fosse un lettore cd, ma nessuno evidentemente ne aveva mai avuto bisogno prima.
Stavo tornando in camera per prendere la borsa e uscire a farmi un giro, ma nel passare davanti alla porta della camera di Noel sentii che era già sveglio. Volevo bussare per sapere come stesse e se si ricordasse qualcosa dalla sera prima, ma mentre alzavo il pugno, partì il suono di una chitarra.
“Take the time to make some sense
Of what you want to say
And cast your words away upon the waves
Sail them home with acquiesce
On a ship of hope today
And as they land upon the shore
Tell them not to fear no more
Say it loud and sing it proud
Today…”
In quel preciso istante il naso formicolò e iniziò un’altra serie di starnuti.
La musica si era fermata e due secondi dopo Noel aprì la porta.
Pensavo di aver già visto la sua espressione più scocciata e invece si riservava il meglio per poche occasioni.
Mi inceneriva con lo sguardo e si aspettava di sapere perché fossi davanti alla sua porta, ma non me lo chiese.
Lo guardai mortificata e accennai un sorriso.
“Sai…stavo andando in camera mia, ma poi mi è venuto in mente che dovevo parlarti e quindi eccomi qua.”
“Non riuscivi a trattenere quei cazzo di starnuti?” oltre ad essere particolarmente brutto, infatti indossava una canotta da muratore, che certo non era adatta al fisico di un musicista mingherlino, e dei pantaloni della tuta adidas blu scuri, la mattina appena sveglio era anche particolarmente scorbutico.
“E tu non riesci a trattenere la maleducazione?”
“Con certe persone no, soprattutto se mettono in mezzo mia madre dove non c’entra.” Eccoci, adesso anche lui doveva proteggere la mamma.”
“Allora la prossima volta riporta tu tuo fratello in Hotel senza creare casini.”
“Ieri sera sono stato fin troppo bravo.” Intanto si era allontanato dalla porta per farmi entrare.
“Infatti mi sorprendi. Cosa ti è successo ieri sera?”
“Non mi andava di picchiarlo il primo giorno.” Mentre pronunciava queste parole guardava fuori dalla finestra.
“Sai, io potrei anche crederti, ma ho una mia idea per ieri sera.”
“E scommetto che non vedi l’ora di dirmela.” Cercava di apparire sicuro di sé, ma sapeva che io sapevo.
“Ieri sera hai tradito la tua cara amica cocaina, per spassartela con un po’ di eroina.”
“Chi te l’ha detto?” non sembrava preoccupato e parlava fingendo disinteresse, mentre faceva finta di accordare la chitarra.
“Non ho bisogno che qualcuno mi dica che tipo di droga sta usando.”
“Che brava! Vuoi un premio?”
“Non fare l’idiota, Noel. Quella roba lasciala perdere, non ne esci più altrimenti.”
“Senti, non rompere il cazzo. Volevo solo provare, era la prima volta con l’eroina.”
“E anche l’ultima” aggiunsi io.
“D’accordo, d’accordo. C’era qualcos’altro che volevi dirmi?”
“Sì, che non sono ancora riuscita ad ascoltare le b-sides, perché non c’è uno stereo in questo hotel.
Mi puoi aiutare?”
“Sappi che la gente paga per ottenerlo. Questa si chiama Tak me away ”
Prima che riuscissi a capire cosa stesse facendo, Noel iniziò a suonare la chitarra.
Cantò cinque canzoni e tra l’una e l’altra diceva solo il titolo della canzone: dopo Take me away, suonò D’yer wanna be a spaceman, sad song, talk tonight, it’s better people.
Inutile dire che la sua espressione era quella che assumeva quando suonava la chitarra, quella che avevo visto durante l’intervista radiofonica sulle note di Live forever.
“L’altra non posso cantartela da solo, quindi la sentirai ai concerti.”
Non sapevo cosa dire, mi aveva appena allestito un set acustico in camera sua, per farmi sentire che non cantava solo Don’t look back in anger.
Bonehead quella mattina a colazione mi aveva parlato del loro precedente tour in America e aveva accenato a Talk Tonight: la leggenda narrava che fosse stata scritta nel periodo in cui Noel aveva lasciato la band e che l’avesse dedicata a una misteriosa ragazza. Ovviamente dopo averla ascoltata ero curiosissima di saperne di più, ma non mi azzardai a chiedere nulla.
“E quella che stavi cantando mentre ero qui fuori?”
“Ah, quella. È il mio capolavoro.”
“Posso sentirla?”
“Ahahahah, no. Per quella aspetterai come tutti i comuni mortali. Non meriti un trattamento di favore.” Non riuscivo ancora a capacitarmi di come il suo umore cambiasse quando si parlava di musica. Era più tranquillo, rilassato, a suo agio.
Lunatico come pochi.



Il pomeriggio lo passai in giro per Baltimora a cercare un souvenir da portare a David, poi quando venne l’ora del concerto, tornai in hotel.
Non sapevo cosa aspettarmi, perché non sapevo com’era Liam sul palco, cosa faceva, cosa diceva e la stessa cosa valeva per Noel.
Già dalla prima canzone mi accorsi che da quei due non potevo aspettarmi nulla di diverso: Liam cantava senza toccare il microfono ed evitando qualsiasi tipo di balletto o mossa e Noel, dal suo angolo controllava la band con sguardi attenti di tanto in tanto e suonava con un espressione a volte concentrata, ma per lo più rilassata sul volto.
A un certo punto, dopo una serie di canzoni che avevo già sentito almeno una volta,  in una canzone cantata da Liam, sentii Noel partire a cantare il ritornello.
“Because we need each other
We believe in one another
And I know we are going to uncover
What’s sleepin’ in our soul…”

Eh no, questa proprio non poteva cantarmela quella mattina da solo.

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Capitolo 12
*** Up in the sky ***


Le date previste per quel tour in Nord America erano solo sei, poi saremmo dovuti tornare in Europa, però i ragazzi avevano chiesto un pausa di due settimane perché volevano farsi una minivacanza. Non erano costretti ad andare tutti nello stesso posto, così parlando con loro, sentii che Liam sarebbe tornato a Manchester da sua madre per qualche giorno e anche gli altri mi avevano detto che sarebbero tornati in Inghilterra, ma l’unico a non parlare mai di quello che avrebbe fatto in quel break era Noel.
Questa cosa mi insospettiva parecchio e ne parlai al telefono con Alan una sera.
McGee aveva paura a lasciare Noel da solo in America, aveva paura di quello che avrebbe potuto fare e dire, quindi mi costrinse a fare una cosa poco piacevole.
“Gli dici che o si fa accompagnare da te ovunque voglia andare, o che non gli restituisci il passaporto.”
“Alan, non posso, è come sequestrare una persona!”
“No, è come proteggere una persona e proteggere tutti i soldi che potrebbe farmi guadagnare.”
“E se si arrabbia? È un’ipotesi non troppo remota.”
“Se si arrabbia, allora dovrà fare i conti con me.”

Volevo trovare un’occasione propizia per comunicargli il lietissimo evento, ma non c’era modo di trovarlo di buon’umore.
Liam lo provocava in ogni occasione possibile e immaginabile, perché gli mancava fare a botte con suo fratello, ma in quel periodo Noel si tratteneva: o evitava direttamente suo fratello, o faceva finta di non ascoltarlo; il problema è che comunque Noel si innervosiva, quindi si chiudeva in camera sua o usciva a farsi un giro.
Questa cosa andò avanti fino all’ultimo, solo che io dovevo parlargli, allora lo presi da parte dopo l’ultimo concerto.
Dopo i concerti in genere era euforico, magari avevo qualche speranza in più che non mi urlasse addosso.
Eravamo seduti nella hall dell’hotel e stavamo aspettando gli altri che si stavano cambiando per uscire.
Dopo il pseudo set acustico in camera sua, non avevamo parlato granché, quindi iniziai col fargli i complimenti per le canzoni e convenevoli simili, solo che le sue risposte erano monosillabiche e non favorivano la conversazione, così fui costretta a tirar fuori l’argomento dal nulla.
“Cosa fai durante questa vacanza?”
“Niente.”
“Dove lo farai questo niente?” Non mi guardava nemmeno, teneva la testa appoggiata sullo schienale della poltrona e fissava il soffitto.
“Dove mi pare.” Mi aiutavano queste risposte. Non dissi nulla per due minuti, poi ripresi.
“Ho parlato con Alan l’altro giorno.”
Silenzio.
“Devo darti una notizia che non ti piacerà.”
Silenzio.
“Mi ha detto che se non ti fai accompagnare da me, non posso restituirti il passaporto.”
“Andate a fare in culo.”
“Mi dispiace tanto, gli ho detto che ti saresti arrabbiato, ma non mi ha ascoltato. In ogni caso, sappi che non ti disturberò affatto, o almeno ci proverò.”
“Fatti trovare pronta alle 9.30 nella hall. Non voglio vedere gli altri. ” Detto questo, andò in camera sua. Gli altri avevano il volo per Londra solo nel pomeriggio, quindi aveva studiato una vera e propria fuga.


La mattina dopo ero pronta alle 8.00. Non avrei dato a Noel motivi in più per non sopportare la mia presenza.
Nel tragitto in taxi verso l’aeroporto non disse una parola e io ovviamente non cercai di istaurare una conversazione, non gli chiesi nemmeno qual era la destinazione del nostro volo, l’avrei scoperto in aereoporto. Con noi non c’era nessuno, nessun bodyguard, perché tanto in America non rischiava di essere assalito da un’orda impazzita di fan.
Era più rilassato della sera precedente, magari si era fatto una ragione di quella convivenza forzata.
Non aveva ancora comprato il biglietto, così si diresse a una delle casse libere e prese due biglietti per Las Vegas. Il nostro volo partiva alle 12.00 e mancava ancora un’ora e mezza.
Mi consegnò i biglietti e disse:
“Vado a prendermi qualcosa da leggere. Ti lascio i biglietti, così sei sicura che non scappo. Ti serve qualcosa?” Mi aveva parlato come se avesse chiesto l’ora a un passante sconosciuto.
“Un caffè, grazie.”
Era quasi inquietante il suo modo di comportarsi. Gelido. Probabilmente mi vedeva come il suo secondino e di certo su questo non potevo dargli torto.
Quando tornò, oltre al mio caffè e un giornale inglese, reggeva in mano almeno tre cd. Grazie al cielo c’era un negozio di musica in quell’aeroporto.
Mi ignorò per la maggior parte del lungo viaggio: lesse il giornale, dormì, fissò il vuoto, scrisse e cancellò milioni di volte qualche parola,probabilmente  di una nuova canzone, su un pezzo di giornale. Verso sera, poco dopo che mi ero addormentata mi svegliò, schiarendosi la gola rumorosamente.
“Oh, scusa, ti ho svegliata?” L’aveva fatto apposta il bastardo.
“No figurati, stavo solo sognando un mondo migliore in cui non c’era traccia dei fratelli Gallagher.” Mi ero stufata di assecondare i suoi tiramenti, quindi avevo deciso di lasciare libero sfogo alla mia acidità.
“Senza Liam staremmo tutti meglio di certo.”
“E tu non saresti dove sei adesso.”
“Dove? In un aereo con un carceriere che mi deve seguire ovunque?”
“Ovvio.” Sospetti confermati sul secondino.
“Da una parte mi lusinga il fatto che io valga così tanti soldi per Alan, ma dall’altra non sopporto questa cazzo di situazione.”
“Non dirlo a me.”
“Comunque, non devi dire a nessuno cosa farò in questi giorni. Sono affari miei. Tutto quello che potrai dire è che siamo stati a Las Vegas perché volevo farmi un giro dei casinò per cazzi miei.”
“E tutti mi crederanno perché sei un asociale del cazzo.”
“Hei hei, non si dicono le parolacce, stronza.” Cercava di fare anche il simpatico, ma i risultati non erano dei migliori.
“Vaffanculo.”
“Come vuoi, però  ti prego di moderare i termini quando arriviamo.”
“E perché?”
“Perché non vorrei che una mia grandissima amica pensasse che vado in giro con una buzzurra.”
“Cosa si aspetta da un bestemmiatore di origini irlandesi la tua amica?”
“Non capisci più nemmeno l’ironia?”
“Non è colpa mia se sento il suono della tua voce e il tono delle tue parole così poco spesso da non riuscire a capire quando scherzi o quando sei incazzato.”
“Rilassati. Non sono così arrabbiato con te, sono più incazzato con Alan, tu non sei così importante.”
“Tu invece sei così importante da necessitare della mia presenza secondo qualcuno. Fosse per me, e sai che non scherzo, tu potresti essere in una miniera a spaccarti la schiena, lavorando seriamente.
Quando hai finito di insultarmi e hai qualcosa da dire di serio e interessato fammi sapere.” Mi stava dando sui nervi, lo preferivo silenzioso e nervoso.
“Non vuoi sapere perché stiamo andando a Las Vegas?”
“Perché vuoi andare a trovare quella ragazza che ti ha ispirato Talk Tonight.” Bonehead mi aveva parlato di quell’episodio durante la nostra colazione, la prima mattina a Baltimora.
“Chi te l’ha detto?” la sua espressione era notevolmente sorpresa.
“Bonehead mi ha raccontato la storia dietro quella canzone là, com’è che si chiama?” Lo sapevo benissimo, ma non volevo dargli troppa soddisfazione.
“Talk Tonight e non puoi parlare di quella canzone là, è bellissima.” Era veramente molto bella, ma di certo non lo avrei ammesso, soprattutto dopo tutti gli insulti di quel viaggio.
“E’ così bella che è una b-side.” Era divertente provocarlo.
“E’ un gioiello e solo i veri fan la conoscono.”
“Come vuoi tu.”
“Comportati bene con lei. Lei e suo marito ci ospitano a casa loro, ho già avvisato che ci sarebbe stata una rompipalle con me.”
“Guarda che posso trovarmi anche un Hotel, andiamo a Las Vegas, non a Manchester.”
“Gliel’ho proposto, ma mi ha detto testuale- che lei non è maleducata come me- e quindi insiste per ospitarti.”
“E’ molto gentile da parte sua. Come si chiama?”
“E’ fin troppo gentile. Si chiama Sarah, ma si fa chiamare Sally.”

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Capitolo 13
*** Talk Tonight ***


Noel mi aveva spiegato come l’aveva conosciuta: era seduto al bancone del bar ubriaco fradicio, di uno degli tantissimi casinò.
Sarah lavorava in quel posto come barista e aveva dato da bere tutta la sera a quell’inglese che le sembrava di aver visto qualche parte, ma non sapeva dove. A un certo punto aveva iniziato a preoccuparsi e non sapeva se continuare a servirlo, perché lui aveva iniziato a straparlare su quanto gli Stati Uniti facessero schifo e cose del genere.
Avrebbe voluto chiamare la sicurezza, ma non stava molestando nessuno, stava solo sparando insulti un po’ a caso con la testa appoggiata al braccio, solo che non sembrava intenzionato ad andarsene. Lei avrebbe finito il turno verso le 3 di notte, così iniziò a parlargli un po’, per vedere se poteva aiutarlo in qualche modo. Lui le disse che alloggiava nell’hotel del casinò e che era un musicista abbastanza famoso in Inghilterra, ma che era scappato dalla sua band perché non sopportava nessuno. Ovviamente queste informazioni erano sparse in mezzo ad altre frase incomprensibili, considerato il suo pessimo accento inglese.
Sally decise che a fine turno, l’avrebbe aiutato a trovare la sua stanza e a l’avrebbe messo a letto, evitando che la sicurezza intervenisse.
Il problema è che Noel non voleva andare nella sua stanza, voleva continuare a bere, allora lei gli disse che lo stava portando in un locale molto bello, mentre in realtà lo stava portando a casa sua.
La mattina dopo, si svegliò a casa di Sally e conobbe anche suo marito, Simon ed ebbe la sua prima conversazione da sobrio con Sally.
I ricordi di Noel partono da questo momento, la storiella del casinò gli è stata raccontata da Sally.
Parlarono degli Oasis, di Liam, della fama, delle canzoni, dei fan e Sally, insieme a suo marito, che aveva sentito parlare del gruppo, convinsero Noel a tornare dalla band.
Da quel giorno Noel decise che Sally sarebbe sempre stata presente nella sua vita e infatti, anche se era passato più o meno un anno da quell’episodio, si erano sentiti spessissimo al telefono.

Sally e Simon abitavano nella zona residenziale di Las Vegas e quando arrivammo in taxi, li vedemmo immediatamente perché ci stavano già aspettando seduti sotto il portico davanti alla porta d’ingresso. Noel sembrava un bambino a Natale, penso di non averlo visto così felice, nemmeno quando Alan l’aveva chiamato per dirgli che (What’s The Story?) Morning Glory stava vendendo tantissimo un Inghilterra. Non aiutò nemmeno il taxista a scaricare i bagagli dal taxi. Gli mise in mano una banconota che valeva almeno il doppio della corsa e sfrecciò dalla coppia di sposini.
Mr Noel Ghiaccio Gallagher stava mostrando affetto a una persona: stava abbracciando Sally; mi sembrava impossibile.
Mentre mi avvicinavo timidamente, notai che lei era in cinta ed anche di un bel po’, ecco perché Noel ci teneva così tanto ad andarla a trovare. Non volevo sembrare un’impicciona, perché quella era un momento tutto loro, così rimasi un po’ indietro, ma Simon mi fece segno di avvicinarmi.
“Piacere di conoscerti. Noi siamo Simon e Sally.”
Strinsi la mano a entrambi, mentre Noel se ne stava in silenzio a fissarli sorridendo.
“E’ un piacere anche per me. Mi dispiace disturbarvi, ma a Noel non è praticamente più concesso andare in giro per il mondo da solo.”
“Sappiamo benissimo il perché della tua presenza e, benché a Noel non piaccia essere trattato così, sono contenta che ci sia qualcuno che lo marca stretto.” Nonostante Sally avesse pronunciato queste parole in tono leggero, si vedeva che non erano prive di significato.
“Smettete di parlare di me come se non ci fossi.” Borbottò Noel.
“Io sono Noel Gallagher e non nessuno parla di me così.” L’imitazione di Simon di Noel era meravigliosa e scoppiai a ridere e anche a Noel sfuggì un sorriso.
Eravamo arrivati giusto in tempo per l’ora di cena e la serata passò in modo tranquillo.
All’inizio Simon e Sarah facevano una marea di domande a Noel su come stesse andando il disco in Inghilterra, su come si stesse comportando Liam in tour e altre cose che per Noel rappresentavano lavoro e infatti lui rispondeva a queste domande, ma dopo un po’ assomigliava sempre di più  ad un’intervista, quindi iniziò a rispondere mettendola sul ridere e facendo battute su qualsiasi cosa gli fosse chiesto. Simon e Sarah gli chiesero se facesse così anche con la stampa inglese e in quel momento, per una frazione di secondo divenne serio.
“No, con la stampa inglese fa molto peggio!” Era arrivato il momento della mia piccola vendetta per il suo atteggiamento insopportabile durante tutto il viaggio.
“Alla stampa dice che Damon Albarn e Graham Coxon, bravi artisti e bei ragazzi a mio modestissimo parere, dovrebbero prendere l’AIDS  e morire.”
“Che cazzo! E’ già la seconda volta che me la tiri fuori questa. So di essere stato indelicato.”
“Indelicato? Noel, in America, non ci si azzarda nemmeno a dirla tra amici una cosa del genere. Gli artisti sarebbero allontanati dalla scena pubblica immediatamente!” Evidentemente a Sarah non era giunta voce di questa piccola piccola novità.
“Per fortuna allora non sono Americano! Per i prossimi Brit Awards ho in mente qualcosa di molto carino.”
“Per poter dire o fare qualcosa, dovreste almeno riuscire a vincere un premio.” Era molto divertente mettere in dubbio il loro successo.
“Hai qualche dubbio? Cosa è successo!? L’aspetto da bravo ragazzo di Damon ha colpito anche te?Quel cazzone  ha 27 anni e si atteggia ancora come se ne avesse 20.”
“Ok, ok, abbiamo capito che questo Damon ti sta molto simpatico. Elizabeth come ti trovi con i ragazzi in giro per il mondo?” Simon era intervenuto per riportare la pace a tavola, ma non sapeva che aveva appena scatenato la mia furia vendicativa con quella domanda.
“Oh benone. I ragazzi sono dei tesori. Liam è stato così tanto dolce da averci provato con me dopo nemmeno due giorni che mi conosceva e Noel mi ha chiamato ‘borghese del cazzo’ per almeno una settimana. L’ambiente ideale per lavorare al meglio, sembra di essere in una seconda famiglia.”
Scoppiarono a ridere, ma a Noel non sembrava dare affatto fastidio essere denunciato in questo modo a dei suoi amici; a lui importavano troppe poche cose.
Dopo cena Simon andò a lavorare, era un autista per una compagnia che affittava limo, un posto certissimo in una città come quella.
Io non volevo essere in mezzo, più di quanto non fossi già costretta a fare da Alan, così, dopo aver aiutato Sarah a sistemare, me ne andai a dormire.
Prima di addormentarmi, mi colse la consapevolezza che Noel non si era fatto nemmeno una linea di coca, un evento più unico che raro nei giorni in cui non aveva concerti.

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Capitolo 14
*** Half the world away ***


Ci fermammo a Las Vegas solo qualche giorno, perché poi Noel voleva tornare a Manchester, da sua madre.
In quei giorni era una persona completamente diversa, era rilassato e tranquillo, quasi piacevole.
Non sembrava nemmeno che la mia presenza lo infastidisse più di tanto; in realtà io cercavo di farmi di nebbia il più possibile, solo che Sarah era incinta e cercavo di aiutarla il più possibile in qualsiasi modo.
Lei era l’opposto di Noel sotto ogni punto di vista: simpatica, estroversa, disponibile, gentile, educata e poi sorrideva sempre, ma non era un sorriso finto o costruito, tipico delle persone che nascondono un’infelicità congenita che non vogliono mostrare, era un sorriso vero, sincero.
Una sera, prima di cena, Noel era in giardino con Simon e con la chitarra e stava suonando la melodia della canzone che avevo origliato fuori dalla porta di camera sua qualche giorno, ma non cantava il testo.
Io stavo aiutando Sarah a preparare la cena e stavamo parlando del parto e cose legate alla maternità, ma lei a un certo punto cambiò discorso improvvisamente.
“In tour si sfonda tanto?” Non c’era bisogno che mi specificasse l’argomento della sua domanda.
“No, è molto bravo, sa controllarsi.”
“Non devi dirmelo solo per non farmi preoccupare.”
“No, sul serio. Prima dei concerti al massimo si fa qualche birra, ma nient’altro.”
“Lui odia parlare con me di questa cosa. Non ne capisco il motivo, visto che comunque so che lo fa e che continuerà a farlo. Non lo giudico, ognuno fa quello che vuole, solo che ho paura che possa perdere il controllo. E’ una bellissima persona, anche se alla maggior parte del mondo sembra un montato e poi è un grandissimo artista. Non mi sorprenderebbe se un giorno abbandonasse la band per iniziare una carriera da solista.”
“No, non credo che questo possa farlo, ha bisogno di Liam.”
Aveva lo sguardo colpevole.
“Non so se ti abbia mai parlato del nostro primo incontro.”
“Mi ha raccontato quello che tu hai raccontato a lui, perché ha ammesso di non ricordarsi nulla.”
“Meglio così. Diciamo che non gli ho detto proprio tutta la verità. Lui non aveva nessuna intenzione di tornare dal fratello, voleva continuare da solo, tanto diceva di aver già acquisito un po’ di popolarità in Inghilterra per poter farcela senza Liam. Voleva continuare da solo anche perché gli mancava immensamente la sua ex- ragazza. Voleva poter organizzare da solo la sua vita, perché desiderava immensamente tornare da Louise. Tutte queste cose però sono uscite dalla bocca di un ragazzo completamente ubriaco, così la mattina dopo non le ho tirate fuori, per vedere se lui se ne ricordasse ancora, ma ovviamente erano tornate silenti dentro di lui.”
“Penso che l’idea di abbandonare il fratello sia una costante, anche se gli serve dal punto di vista lavorativo, proprio non riesce a sopportarlo in mezzo alla gente.”
“Ma come è Liam? Io, come potrai immaginare, non l’ho mai conosciuto e ne sento parlare solo da Noel, che di certo non è imparziale.”
“Liam non è cattivo. E’ un ragazzo che ha raggiunto il successo troppo in fretta ed è insicuro, anche se fa di tutto per non dimostrarlo. Pensa di dover tutto al fratello, quindi da una parte gli è infinitamente grato, dall’altro non lo sopporta, perché pensa di non essere all’altezza di Noel. Ma non sono comparabili! Noel è un autore, uno dei migliori a quanto si dice in giro, e Liam è un cantante, uno dei migliori. Liam è la forma mentre Noel è la sostanza, ma mentre Noel sembra aver ben chiaro quanto sia importante per la band, Liam cerca ancora di dimostrarlo al mondo, provando ad attirare le attenzioni di chi gli sta attorno in qualsiasi modo. Questo qualsiasi modo include anche far saltare i nervi a Noel.
Io reputo Noel una persona abbastanza intelligente, ma su questo non si sta comportando bene.
Sono certa che sa benissimo che gli basterebbero pochissime parole per sistemare le cose con Liam, ma evidentemente gli piace troppo avere questa influenza sulla vita del fratello minore, per quanto continui a dire che non gliene freghi nulla di lui. Ennesimo atteggiamento che distrugge Liam, sempre in cerca di dimostrare qualcosa al fratello maggiore.”
“Però, non ci vai mica leggera.”
“Queste sono solo mie supposizioni in realtà, ma forse un giorno il tempo mi darà ragione. In ogni caso, la prossima volta che Noel ti racconta qualcosa su Liam, prendilo con le pinze.”
“Sarei curiosa di conoscere Ourkid.”
“Bhe, una cosa è certa: è veramente un bellissimo ragazzo, di gran lunga più attraente di Noel fisicamente.”
“Ma povero Noel! Lo stai demolendo! Non è che ti interessa?”
“Stai scherzando spero! A me non piacciono le situazioni complicate e gli uomini così: nella vita privata non dovrei sentirmi al lavoro, per questo ho bisogno di una persona equilibrata e senza troppe ombre, con cui vivere una vita normale.”
“Direi che è un no piuttosto deciso e condivido in pieno tutto.”
La porta di casa si era aperta e Noel e Simon stavano rientrando.
“Non sapete cosa mi ha appena suonato! Una canzone che dovrebbe essere un singolo e che invece uscirà solo come b-sides di Wonderwall. È davvero magnifica.” Simon era eccitatissimo e Noel sembrava quasi imbarazzato per quei complimenti.
“Oh, Wonderwall è una delle mie preferite del nuovo album!” Non capivo Sarah, si era accorta che Noel le aveva dedicato Don’t look back in anger? L’unica che Noel cantava nell’album tra l’altro.
“Ovvio, sei un’ Americana! Solo alle donne e agli Americani può piacere quella roba così mielensa.” Mr Noel dimusicanecapiscosoloio Gallagher.
“Bhè in effetti è molto bella.” Cercai di soccorrere Sarah, ma Noel non era convinto.
“Cosa ne volete sapere voi di musica? I veri gioielli di quell’album sono altri, ma se non siete in grado di riconoscerli da sole, di certo non vi aiuterò io.”
“Mi sa che non dormirò stanotte allora.” Era troppo tempo che non facevo un commento acido, ne avevo bisogno, soprattutto dopo quella conversazione con Sally sui fratelli Gallagher.


Il giorno della partenza Noel era triste, se avesse potuto si sarebbe trasferito da Simon e Sarah permanentemente e li lasciò con la promessa di tornare a trovarli appena il tour in fosse tornato negli Stati Uniti.
Io mi ero trovata benissimo da loro, ma non vedevo l’ora di tornare in patria, anche se il programma non era di certo rilassante: l’album aveva riscosso enorme successo e quindi le interviste, i servizi fotografici, le esibizioni televisive erano fittissimi e parte del mio contratto era seguirli anche in quelle occasioni.

Durante il volo non avevamo parlato molto senza un reale motivo: nessuno dei due era di cattivo umore o cose simili, semplicemente non avevamo molto da dirci e quando è arrivato il momento di dividerci ci salutammo con un semplice “ci vediamo”.
A Londra all’aeroporto non mi aspettavo nessuno, ma David aveva telefonato alla Creation ed evidentemente aveva parlato direttamente con Alan, perché sapeva benissimo a che ora atterrasse il mio aereo e da dove provenisse.
Per Noel c’era suo fratello Paul, perché sarebbero partiti insieme per andare a Manchester da Pegghy.
David era venuto a prendermi anche perché voleva convincermi ad andare insieme a lui alla festa che Thomas aveva organizzato a casa sua per il suo compleanno. Era una cosa tranquilla e Thomas aveva invitato i suoi amici e colleghi più cari. In quell’occasione voleva ufficializzare anche l’unione con David e quel fifone del mio amico aveva bisogno della mia presenza.
La festa sarebbe stata quella sera e acconsentii senza farmi pregare troppo, era un’occasione per stare in mezzo a persone normali e non buzzurri, anche se ero molto stanca.
Tornata a casa, trovai i miei genitori in giardino a bere il thè. Erano felici di vedermi e mi fecero un sacco di domande sull’America e cose del genere. Dall’America avevo preso solo una riproduzione della Statua della Libertà, perché non avevo la più pallida idea di cosa volessero come souvenir.
Finite la tempesta di domande, mia mamma se ne uscì una frase del tutto inaspettata.
“E’ passato uno della band qui. Ti cercava.”
“E chi era?”
“Era il cantante, Liam. Mi ha chiesto dove fossi e io gli ho detto che eri ancora in Nord America con suo fratello.” Mia mamma parlava tranquillamente, ma non sapeva cosa avesse scatenato.
“Ok, ha detto altro?”
“Oh, l’ho invitato a prendere un tè. E’ un bravo ragazzo, magari un po’ sboccato, ma a quella faccia gli si perdona qualche parolaccia!” Non ci potevo credere, mia mamma e Liam Gallagher che bevono il thè.
“Ma quanto è rimasto qui?”
“Un’oretta. Abbiamo chiacchierato molto. Mi ha chiesto molte cose di te, di quello che facevi prima. Non è che gli interessi?” Liam aveva evidentemente conquistato mia mamma.
“No mamma, stava solo facendo l’impiccione. Tu cosa gli hai detto?”
“Gli ho detto tutto e sembrava molto interessato. Prima di andarsene mi ha chiesto se poteva lasciarti un bigliettino per il ritorno.” Aveva l’aria innocente, probabilmente pensava che ci fosse scritto qualcosa di dolce, ma io non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Già stavo pensando al fatto che dovessi dare qualche spiegazione a Liam per essere rimasta con Noel in Nord America e poi a questo si aggiungeva anche il dover discutere del mio lavoro precedente, perché probabilmente non aveva apprezzato l’idea di Alan di assumere una come me.
Trovai il bigliettino sul letto di camera mia e diceva :”Non sapevo che per aiutare i drogati te li dovessi portare a letto.”
Non era geloso, semplicemente non capiva perché una donna potesse preferire Noel a lui, e in effetti non aveva tutti i torti. Da sobrio Liam era molto più piacevole, senza contare il fatto che fosse estremamente più bello.
Ci avrei parlato la mattina successiva, tanto dovevo accompagnarlo a fare un’intervista e saremmo stati soli; avevo cose più importanti da fare, come cercare qualcosa da mettermi per la festa di quella sera.
Non uscivo molto, e anche se lo facevo, non badavo troppo all’abbigliamento, ma quella sera non mi andava di sentirmi un pesce fuor d’acqua. Thomas lavorava in uno studio legale prestigioso e di certo i suoi colleghi e amici non erano persone alla mano e volevo che fosse tutto perfetto per David, non che si vergognasse della sua migliore amica.
Dopo aver provato combinazioni improbabili, mi ricordai del vestito che mia mamma mi aveva preso in Francia durante uno dei viaggi di lavoro. Era un semplice tubino verde scuro: non attillato, ma nemmeno largo, non molto lungo, ma nemmeno troppo corto e la scollatura non c’era perché aveva il collo altro. Non era appariscente, ma non era nemmeno sciatto. Non l’avevo mai messo, perché non avevo trovato l’occasione, ma per quella serata era perfetto.
Mi feci una doccia molto molto lunga e mi truccai in poco tempo.
Ero molto stanca per colpa del fuso orario,e, anche se David mi aveva offerto un passaggio, decisi di andare alla festa con la mia macchina, così, quando avessi voluto tornare a casa, avrei potuto, senza portare via David dalla festa. Arrivai ovviamente a festa inoltrata, perché ero dovuta passare a prendere un regalo e poi perché mi ero persa. A Thomas avevo preso un libro, Anna Karenina, perché David mi aveva detto che gli piaceva leggere, ma che quel classico non lo aveva ancora iniziato. Lo sapeva bene, perché Anna Karenina era il suo libro preferito e si indignava quando qualcuno ammetteva di non averlo letto o finito.

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Capitolo 15
*** he's got a cousin ***


Thomas viveva in una bella casa, vicino al centro di Londra. Era molto grande e arredata con buon gusto. Quando entrai, vidi subito David, stava parlando con un uomo di spalle a me, cercava di apparire rilassato, ma non lo era perché non si sentiva di appartenere a quel mondo di avvocati o liberi professionisti, lavorava come traduttore  di libri dal francese in una casa editrice molto importante. La sua vita era fatta di letteratura, non di cause.
Lo raggiunsi dopo aver fatto gli auguri a Thomas e avergli consegnato il regalo.
Raggiunsi immediatamente David e non appena mi vide, la sua espressione si rilassò un pochino, ma continuò a parlare con il tizio di prima.
In effetti stavano parlando di una cosa ben nota, sfortunatamente.
“Ecco, Richard, lei è la ragazza di cui ti stavo parlando.” Disse David a quell’uomo, indicandomi.
“Quindi tu sei quella che lavora con i Gallagher!”
“La mia fama mi precede a quanto pare!” quei due mi perseguitavano, era evidente.
“No, Liza, ti spiego. Lui è Richard, il cugino di Thomas e mi stava appunto dicendo che lavora nello studio legale che segue la casa discografica Emi.” Secondo David questa spiegazione avrebbe dovuto chiarirmi tutto, anche se le uniche cose chiare erano il nome, il grado di parentela con Thomas e il suo lavoro.
“Adesso è tutto chiaro!”
Mi porse la mano e decise a presentarsi decentemente.
“Piacere, sono Richard, il cugino di Thomas. La Emi è la casa discografica dei Blur.”
“Aaah! Damon Albarn! Adesso capisco perché stavate parlando dei Gallagher! Bhe, in ogni caso io stasera no ho intenzione di parlare di lavoro, quindi vado a prendermi qualcosa da mangiucchiare mentre voi parlate ancora di quei cosi.” Annuncia mentre mi dirigevo verso il tavolo con il buffet.
Non era affatto male quel Richard: era molto alto, aveva i capelli chiari e gli occhi scuri, aveva qualche segno dell’età intorno agli occhi, ma non doveva avere più di 35 anni.
Quando tornai da David, Richard era andato a salutare un collega appena arrivato.
“Potevi anche evitare di fuggire prima! Avevamo trovato un argomento di conversazione e tu ti sei eclissata. Cos’è? Non puoi avere contatti con il nemico?”
“Ma figurati! Non sapevo neanche che fosse il nemico, come lo chiami tu! Il problema è che il solo pensiero dei fratelli Gallagher in questo momento mi dà la nausea.”
“Ok, ok, basta che ti rilassi!” In effetti David non aveva nessuna colpa per il mio nervosismo.
Intanto ci aveva raggiunto Thomas e io approfittai della sua presenza per abbandonare David e andare a fumarmi una sigaretta.
Fuori, tra gli altri, c’era anche Richard, che non appena mi vide, mi raggiunse.
“Mi dispiace per prima, è solo che David mi stava parlando del tuo lavoro e mi incuriosiva tantissimo sapere qualcosa, ma se non ne vuoi parlare ti capisco.”
“Il problema del mio lavoro è che non ha orari di ufficio. Siamo appena tornati dal tour in Nord America e questo significa aver quasi convissuto con il lavoro. E’ la prima sera di stacco e penso di essere giustificata se dico che non ho voglia di parlare di tutto ciò. La questione poi non si ferma al fatto di non avere turni; sai, stiamo parlando degli Oasis in tour, non di un gruppo di suore in pellegrinaggio a Lourdes.”
“Certo, certo.” Sembrava aver capito.
Restò un po’ in silenzio e io non lo ruppi perché non sapevo proprio di cosa parlare.
“Thomas è più felice da quando sta con David.” Quella frase mi spiazzò, anche perché non pensavo che sapesse della loro relazione.
Non volevo dirgli che avevo scoperto la cosa da relativamente poco, così rimasi sul vago.
“Anche David sta molto meglio da quando conosce Thomas.”
Voleva a tutti costi trovare un argomento di conversazione, ma apprezzavo il fatto che, visto che non ne trovava, non si sforzava di prenderne un come il tempo ad esempio. Si limitava a guardarmi, anche se io evitavo il contatto visivo, perché fingevo di essere molto interessata ai fiori nel giardino di Thomas. Avevo finito di fumare, così feci per rientrare, ma mi trattenne per il polso. Non era stato un contatto violento, semplicemente inaspettato.
“Di solito non faccio queste cose, ma chissà quando avrò un’altra occasione di incontrarti. Domani ti andrebbe di venire a cena fuori?”
“Mi hai appena conosciuto e mi chiedi già un appuntamento?” Ero lusingata, ma allo stesso tempo spaventata da quello spirito di iniziativa, che così poco contraddistingueva il mio carattere.
“Bhè, oggettivamente potrei dover aspettare il prossimo compleanno di Thomas per rivederti. Ti avrei invitato a prendere un caffè, ma hai detto che il tuo lavoro non ha orari e magari la sera sei un po’ più libera, come oggi.” Aveva notato la mia espressione indecisa.
“Non è nulla di formale, è solo che ho voglia di conoscerti, ma per stasera mi sembra di essere partito con il piede sbagliato e tu non mi sembri in vena di conversazione. Ho pensato che magari in una situazione più intima, saresti stata più ben disposta nei miei confronti.” Continuavo a tacere e di certo la mia faccia quando aveva pronunciato la parola “intima” deve avermi tradita, perché aggiunse in fretta “Non mordo.”
“D’accordo.” Risposi timidamente.
La sera dopo sarebbe passato a prendermi alle 19.00.

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Capitolo 16
*** Married with Children ***


Dopo quella conversazione durante la festa non ci scambiammo più nemmeno una parola, ma ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano.
Non raccontai nulla a David, perché non sapevo nemmeno come definire quello che era successo, mi sembrava troppo strano che una persona così mi potesse chiedere di uscire, così decisi di non esaltarmi troppo e di aspettare per vedere l’evoluzione delle cose.


La mattina dopo la mia sveglia era puntata alle 9.00 per andare con Liam, ma mia mamma entrò in camera mia alle 8.20 perché qualcuno c’era qualcuno al telefono per me.
Le chiesi chi fosse, ma lei mi rispose che non lo sapeva. Mi alzai dal letto, pensando a chi potesse aver bisogno di me a quell’ora, visto che non eravamo nemmeno in tour.
“Si?!”
“Buongiorno raggio di sole!” l’aveva di certo fatto apposta quel demente di Noel.
“Che piacere sentire la tua voce, devo ammettere che mi mancavi!”
“Ah, lo so, la gente non può fare a meno di me! Mi dispiace averti svegliato!” Quando era da sua mamma, restava lucido e diminuiva l’uso delle parolacce, restava solo l’onnipresente sarcasmo nelle sue parole.  Un giorno o l’altro avrei voluto conoscere quella santa donna.
“Non ti preoccupare, mi stavo giusto preparando per accompagnare tuo fratello all’intervista con quelli del NME. Cosa vuoi?” non riuscivo ancora a capire cosa volesse Noel da me a quell’ora della mattina, di certo non sapere come me la passavo.
“Ti chiamo appunto per questo. Ho sentito quelli del NME, ho spostato l’intervista, perché non mi piace che Liam ci vada senza di me, ho paura di quello che potrebbe dire in mia assenza. Oggi deve fare solo un paio di foto per il servizio.” Ecco il gelido calcolatore.
“Ahahahahahahahah. Questa è bella, Noel Gallagher che si preoccupa delle dichiarazioni che suo fratello potrebbe rilasciare alla stampa. Mi fai morire dal ridere!”
“Elizabeth, ora sono serio. Io posso permettermi di dire quel cazzo che mi pare alla stampa, perché sembro più gentile di Liam, anche se non lo sono, e nessuno mi prende troppo sul serio. Liam, quando vuole, sa esagerare e non appare simpatico, solo stronzo.
Poi io sono leader della band, quindi se quelli del NME vogliono un’intervista, la faranno con me.”
“Mi chiedo ancora come i ragazzi riescano a sopportare le tue manie di grandezza.”
“Questi non sono cazzi tuoi. Buona giornata.”
Di certo la giornata poteva solo migliorare, visto che era iniziata con una delle cose più spiacevoli: una conversazione con Mr Noel Simpatia Gallagher.

Quando raggiunsi la redazione del NME Liam doveva ancora arrivare e mi fecero accomodare comunque in un salottino vicino al set.
In quel momento dentro c’erano quattro ragazzi, che vidi di sfuggita, ma capii chi fossero quando sentii il fotografo pronunciare il nome Damon per dargli istruzioni per le foto. Erano i Blur. Ero troppo curiosa, così mi affacciai sulla porta fingendo di essere un’addetta ai lavori. Nessuno si accorse di me, così li osservai per un bel po’.
Damon era un bellissimo ragazzo con il suo viso angelico e l’aria di un cucciolo, ma non mi ingannava: tutti dicevano che fosse stata un’idea sua quella di spostare l’uscita di Country House in concomitanza con quella di Roll With It. Idea geniale, infatti era il loro primo singolo a raggiungere la posizione numero uno in Inghilterra.
Il chitarrista era in evidente imbarazzo e si vedeva che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non stare davanti all’obiettivo. Graham Coxon aveva un’aria timidissima e triste, con quegli occhialoni neri, mi ispirava quasi tenerezza. Chissà cosa avrebbe detto Noel, se avesse saputo cosa pensavo del chitarrista dei Blur.
Alex James era veramente bello e quello che si diceva di lui non poteva che corrispondere alla verità: aveva fama di essere uno sciupa femmine e non a torto.
Dave Roentree era il più anonimo del gruppo.
Li osservai per un po’, invidiosa della tranquillità che regnava tra i ragazzi: nessuno rischiava di beccarsi un pugno sul naso per una battuta un po’ infelice; non mi risultava che avessero bisogno di qualcuno che svolgesse il mio lavoro.
Nel mezzo di quei pensieri, sentii un braccio avvolgermi le spalle e una voce nota che mi sussurrò qualcosa nell’orecchio.
“Guarda che lo dico a mio fratello che guardi Damon con l’aria imbambolata.”
“Come se gliene fregasse qualcosa.”
“Ma come, è già finita la vostra relazione?”
“La smetti? Ti ho già detto che non voglio e non posso avere relazioni con qualcuno della band.”
“Ceeeerto. Allora siete riusciti a diventare amici e avete deciso di passare qualche giorno insieme negli Stati Uniti.”
“Non siamo amici, lo sai. McGee mi ha costretto a restare con lui, perché non sapeva cosa avesse in mente.”
“E cosa aveva in mente?”
“Non sono affari tuoi.”
“Dai, puoi raccontarlo al vecchio e caro Liam!”
“Ma nemmeno per sogno. Non racconto un cazzo a un ragazzo che si intrufola in casa mia e insinua mia mamma, facendole gli occhioni da cucciolo.”
“Tua mamma è molto più dolce di te, lo sai vero?”
“Mia mamma crede che tu sia un bravo ragazzo, quindi non fa testo.”
In quel momento le truccatrici ci raggiunsero e invitarono Liam a seguirlo e i Blur abbandonarono il set fotografico passandomi di fianco, senza nemmeno notarmi.
La mattinata trascorse senza troppi problemi e Liam non si chiese perché nessuno era intenzionato a fargli un’intervista e io non pensai più di tanto all’appuntamento di quella sera.
Il problema si pose nel pomeriggio, perché non avevo impegni che mi tenessero occupata la mente.
Iniziai a ripensare alla sua proposta e più ci pensavo e meno mi convinceva l’idea di uscirci: lo conoscevo appena, era più grande di me, era strano, ma i dubbi mi perseguitarono tutto il pomeriggio e solo alle 18:30 mi accorsi di quanto fossi in ritardo sia per avvisarlo, anche perché non avevo il suo numero e avrei dovuto fare almeno sei telefonate per avere il suo numero, sia per prepararmi.
Decisi di vestirmi come se non dovessi andare ad un appuntamento e mi truccai poco, giusto per mettere le cose in chiaro: non ero interessata.
Alle 19:00 ero miracolosamente pronta e mi misi a guardare un po’ di tv in salotto da sola, perché i miei erano andati a cena da mia zia.
Ogni tanto guardavo l’enorme orologio che c’era nel mio salotto.
19:15: prima sigaretta
19:52: seconda sigaretta
20:00: pigiama
20:17: il telefono di casa iniziò a squillare.
“Pronto?”
“Ciao Elizabeth, sono Richard. Non mi sono scordato del nostro appuntamento è che ho avuto un imprevisto e mi sono liberato solo adesso. Mi dispiace, scusami.”
“ah, ok. Non preoccuparti.” Il mio tono era apatico
“Comunque non è tardi, possiamo ancora vederci.”
“Come vuoi.”
Dall’altra parte ci fu un secondo di silenzio. Di certo il mio tono non era accomodante, ma lui faceva di tutto per far finta di niente e per provare ad alleggerire il clima, così decisi di dargli la possibilità di spiegarmi.
“Ti vuoi far perdonare?”
“Sì, mi piacerebbe molto.”
“Bene, allora ti aspetto a casa mia con del gelato e una spiegazione plausibile per il tuo atteggiamento.”
“Perfetto.”
“Ah, e un’altra cosa.”
“Dimmi”
“Quando pensavo che ti fossi dimenticato del nostro appuntamento, mi sono messa in pigiama e non ho intenzione di cambiarmi un’altra volta per te, quindi, quando vedrai questo obbrobrio, ti converrà non ridere e non fare commenti. Chiaro?”
“Ahahahaha, ai tuoi ordini.”
Il mio pigiama era veramente qualcosa di terrificante, ma non mi importava: era composto da un’enorme maglia blu a maniche corte e da un paio di pantaloni grigi e larghi. Sembravo un rapper americano con quella roba addosso.
Arrivò circa un quarto d’ora dopo con un chilo di gelato come pattuito. Al telefono sembrava più rilassato, perché di persona sembrava un po’ nervoso e impacciato.
Presi delle coppette e ci accomodammo in giardino, tanto non era troppo freddo in quei giorni, anche se era ottobre inoltrato.
Notai con piacere che non aveva preso molti gusti alla frutta, perché io li detestavo profondamente.
Era pensieroso e aveva detto poche parole da quando era entrato.
“Nel tragitto da casa tua a qui ti hanno mangiato la lingua?” fece un sorriso veloce, ma non troppo convinto.
“E’ che sto cercando un modo di dirti il motivo per cui ero in ritardo senza farti spaventare, fuggire, precludermi ogni possibilità prima che qualsiasi cosa inizi.”
“Tranquillo, il tuo preambolo mi sembra il modo migliore in effetti.” Non sapevo cosa aspettarmi, allora cercavo di smorzare la tensione così, ma non ottenni i risultati sperati.
“Il fatto è che, cioè, insomma, quando ero più giovane mi sono sposato…”
“Scusa, quanti anni hai per la precisione? Prima, mentre ti aspettavo, ho fatto delle congetture, ma non voglio fare figuracce, quindi non ti dico le mie ipotesi.” Feci proprio finta di non aver sentito l’inizio di quella frase, perché mi spaventava abbastanza come inizio.
“Ho 35 anni. Mi sono sposato quando ne avevo 27 anni. Il matrimonio è durato fino al 1992, poi io e Laura ci siamo separati.” Grazie al cielo non era un marito potenzialmente infedele, per un momento avevo pensato che mi volesse come amante.
“E il tuo ritardo cosa c’entra con questo?”
“Eh, ci sto arrivando. Nel 1990 è nato Leonard. Laura mi ha chiamato in ufficio alle sei per dirmi che Leonard aveva la febbre alta e che sarei dovuto passare in farmacia a prendere i medicinali. Non sono nemmeno passato da casa e non ho pensato a provare ad avvisarti in qualche modo. Sono andato da loro e ci sono rimasto un po’, perché Laura era molto agitata, sai Leo non aveva mai avuto la febbre così alta, voleva addirittura portarlo al pronto soccorso. Comunque, appena sono arrivato a casa ti ho chiamata. E’ abbastanza come scusa?”

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