Back for you.

di MissTostaPayne
(/viewuser.php?uid=176229)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. An Happy Meal and a salad, please! ***
Capitolo 2: *** A spy dressed as a bridesmaid ***
Capitolo 3: *** Don't touch my Giovanna! ***



Capitolo 1
*** 1. An Happy Meal and a salad, please! ***


 

1. An Happy Meal and a salad, please!

Sono seduta, finalmente!
Dopo un’ardua lotta sono riuscita a conquistare 30 cm di sedia libera tra la marea assordante di persone in attesa di prendere un treno che le porterà in tanti posti diversi, lontani o vicini tra loro.
Sono così superficiali le conoscenze che fai in luoghi come questi! Puoi incontrare un completo sconosciuto, raccontargli vita, morte e miracoli, per poi salutarlo e non vederlo mai più.
Sto facendo questi pensieri molto profondi quando avviene l’incontro che cambia per sempre la mia vita.
Ho esagerato un pochino? Forse si, dopotutto è per questo che si chiama “frase ad effetto”.
Ad ogni modo ho appoggiato il mio posteriore da appena due minuti che inizia a brontolarmi la pancia in modo inequivocabile. Attiro lo sguardo divertito dei miei vicini e il ragazzo di fronte a me fatica a trattenersi dal ridere.
Porco spino non è mica colpa mia se la sveglia non ha suonato in tempo e non ho fatto colazione per correre qui!
Lancio uno sguardo d’avvertimento al simpaticone qui davanti, ma non deve essere molto convincente perché scoppia a ridere come una matto. Mi trattengo a fatica dal saltargli addosso e strappargli tutti i bei ricciolini che ha in testa solo perché mi fregherebbero il posto. Si, non sono una con molta pazienza però anche lui potrebbe avere un minimo di non-chalance. Stringo i pugni e assumo un’espressione indifferente.
Lui, con una lentezza indicibile, si ricompone, asciugandosi gli occhi e ridacchiando ancora.
Fa un sorrisetto e dice: “Fame, eh?”
E quando si dice la goccia che fra traboccare il vaso..
Scatto verso il ragazzo e faccio per afferrargli la prima ciocca di capelli ma lui mi blocca senza il minimo sforzo prima ancora che possa sfiorarlo.
“Ma come ti permetti, razza di..”
Inizio a dimenarmi.
“Fai la brava, su! Non fare i capricci”
Ma chi si crede di essere ‘sto qua?
Arrossisco come un peperone alla griglia. (I peperoni alla griglia arrossiscono, vero?)
Miro a un punto indistinto fra le sue gambe e lo colpisco con un calcio inesorabile.
Vorrei aggiungere un “HII-AH!” del genere PowerRangers ma la mia dignità ha dei limiti grazie al cielo.
Il fatto che mi molla all’improvviso per proteggersi le sue parti basse, ormai distrutte, mi fa intuire che la mia mira non ha fallito.
Bene. Sorrido serafica.
Mi volto e mi verrebbe voglia di tarargli altri due calci: il posto è ormai un ricordo.
Una signora con il suo bambino in braccio e una valanga di borse intorno si è seduta e ovviamente non la farei mai alzare. Chissà che fatica per lei!
Probabilmente ho ancora stampata la faccia arrabbiata perché fa per alzarsi, dicendomi: “Scusa, cara, era tuo il posto?”
Mi risveglio e con un sorriso, rassicuro la signora, borbottando qualcosa sul fatto che dovevo andare comunque.
Stringo la maniglia del mio mini-trolley azzurro, lancio uno sguardo sprezzante al ricciolo, che nel frattempo sembra essersi ripreso, e mi metto in cammino. Mi dirigo verso il McDonald della stazione, sperando di trovare qualcosa di lontanamente dietetico, quando da dietro mi salta addosso un qualcosa munito di braccia.
“Ehi, dove scappi? Abbiamo un conto in sospeso noi! Non credere di passarla liscia così.”
Non. Ho. Parole.
Me lo strappo di dosso e mi volto, sgomenta.
Ovviamente mi ritrovo a guardare lo sconosciuto di prima che mi fissa sorridendo con i suoi occhi verdi.
“Ma che sei? Un maniaco?”
“No, sono Harry, piacere!” allunga una mano.
“Il piacere è tutto tuo”
“Che cattiveria, mamma mia!” finge di essere offeso.
Lo guardo per un attimo e faccio dietro-front camminando spedita verso il fast-food, pregando che si mettesse a correre verso di me con i suoi hamburger fritti.
Harry mi segue saltellando, girato verso di me per parlare.
“Aspetta! Mi dispiace davvero per averti fatto perdere il posto!”
Sbang! Credo abbia preso in pieno un cartellone pubblicitario che, dato guardava me, intuisco non abbia visto. Risultato: è a terra con le gambe al vento.
Sospiro. “Non importa, sto andando a mangiare ora.”
“Perfetto! Vengo anch’io.”
Mi fermo e lo fisso, eloquente.
“Voglio farmi perdonare” dice rialzandosi e massaggiandosi la faccia. Ammazza che botta deve aver preso!
Mi sta sorridendo, in modo meraviglioso tra l’altro, ma mi obbligo a non farci caso.
Sospiro esasperata e bofonchio qualcosa tipo “fa come ti pare!”
“Woooh! Fantastico!” esclama “Tu cosa prendi? Hamburger col bacon o sei più il tipo da insalata e maionese?”
“Non mi piace la maionese. In realtà, non sopporto niente di fritto” rispondo sinceramente. Bene, ora sembrerò la sfigata di turno.
Infatti Harry è scioccato e pare essere incapace di pronunciare qualcosa di lontanamente simile a una frase di senso compiuto.
“Ehi non ti ho mica detto di essere sposata con un orsetto lavatore o di essere un’agente dell’FBI o chissà cos’altro!”
“Quello non mi avrebbe stupito più di tanto!” afferma “Ma come possono non piacerti le patatine fritte?!” l’ho sconvolto, poverino.
La sua faccia è a dir poco comica con la bocca a penzoloni e tutto il resto.
“Tranquillo, va tutto bene, va tutto bene” dico facendogli pat-pat sulla testolina riccioluta “Adesso ti prendi un bel Happy Meal con la sorpresina e tutto tornerà a posto, vedrai”
Mi sto sforzando seriamente di non ridergli in faccia.
“Pff..” sbuffa, scansa la mia mano e si ravviva un po’ i capelli, sorridendomi suo malgrado.
“Scusa allora spiegami, perché stiamo andando in un McDonald?”
 “Ti pare che sia qualche altro posto dove mangiare in questa benedettissima stazione?”
“Giusto.”
Pausa di silenzio.
Sbircio con la coda dell’occhio. Lo trovo che fa finta di asciugarsi una lacrimuccia di commozione.
“Che c’è adesso?”
“No pensavo al tuo coraggio… al tuo spirito di sacrificio..” mi sta prendendo in giro o sbaglio? “..degni di una cavaliera!”
“Cavaliera?”
“Cavalleressa!.. Cavallerizza?..beh il concetto è quello!”
Alzo gli occhi al cielo, facendolo ridacchiare.
Nel frattempo siamo arrivati alla cassa del McDonald dove il commesso, un cinesino cicciottello, strilla ogni frase che dice, così posso assicurarvi che i clienti prima di noi hanno ordinato  quattro porzioni di patatine, due hamburger con tripla salsa, sei milk-shake, di cui uno alla fragola e cinque al cioccolato e nocciole.
Ho un brutto presentimento. Arriva il nostro turno, Harry dice: “Per me un Happy Meal” e facendomi l’occhiolino aggiunge: “vi prego ditemi che avete ancora le macchinine!”
Il cinesino lo guarda impassibile. Si gira verso la cucina e urla: “Un Eppi Mill!”
Poi si volta verso di me, in attesa.
“Mmm… allora, per me potete fare solo un piatto di insalata?”
“Non liesco a capile, scusa.”
“Una semplice porzione di insalata”
“Con maionese?”
Ma perché la maionese deve essere sempre ovunque?
“No, insalata. Solo insalata!”
“«Insalata»? Cos’è «insalata»?”
Sono tentata di sbattermi la testa sul bancone, ma decido di tentare.
“Ha presente quelle foglioline verdi che mettete negli hamburger?”
“Hambulgel? Pelfetto! La vostla ordinazione allivelà subito! Se volete accomodalvi..”
“No, aspetti! Non voglio un hambulgel!” Maledetto accento cinese.
“Il plossimo!”
Harry, che ha riso per tutta la conversazione, mi tira via per un braccio e mi porta fino a un tavolo lontano dal bancone.
Appena seduto si sfila la sacca per gli abiti che portava su una spalla. Io parcheggio il mio trolley in modo che non impedisca a nessuno il passaggio.
“Non so ancora con chi ho il piacere di pranzare” fa lui, sorridendo.
“In effetti tu non lo sai ancora, ma hai l’onore di parlare con la regina d’Inghilterra” rispondo io con fare teatrale.
“Elisabetta II?”
“In persona.”
Fa un fischio. “Le devo fare l’inchino?”
“Stia pur comodo”
Sogghigna.
“E, mi dica, che ci fa così lontana dalla sua patria?”
“Sono a New York per un viaggio d’affari” improvviso.
“Alla sua età?”
“Ehi, mi sta dando della vecchia?”
“Non mi permetterei mai!”
“Potrei farla processare!”
“Non siamo nel suo campo d’azione, ricorda?”
“Acciminchia!” borbotto.
“Wooh anche le parolacce adesso? Che trasgressiva!”
Sto per ribattere ma una cameriera ci porta le nostre ordinazioni. Ovviamente non comprendono il piatto d’insalata.
Lancio uno sguardo assassino al bancone, dove il cinesino di sorride e mi fa il pollice alzato, incoraggiante.
Sospiro rassegnata fissando il mio hamburger superfarcito da cui cola qualcosa di denso e marrone. Trattengo a malapena un “bleah” di disgusto, quando noto che la cameriera è ancora ferma al nostro tavolo. Alzo lo sguardo ma vedo che lei è tutta intenta ad ammirare Harry che invece riserva tutte le sue attenzioni al suo hamburger.
“Grazie mille, può portarci il conto?” chiedo cercando di attirare l’attenzione della donna.
Lei mi guarda come se si fosse appena accorta della mia presenza e mi squadra dall’alto al basso, scuotendo la testa. Alzo una sopracciglia.
Lei sospira, gira i tacchi e se ne ritorna in cucina.
Appoggio il mento su una mano, guardando sconsolata il mio piatto ma cercando di non avvicinarmi troppo.
Harry alza lo sguardo, ridacchia e si mette a frugare nella sua borsa. Dopo un minuto di ricerca estrae una ciotola di plastica blu per il cibo e me la porge, sorridendo.
La prendo un po’ esitante.
“Tranquilla” fa lui “è il piatto speciale di mia madre, Ratatouille la chiama lei, per me è solo un miscuglio indistinto di verdure, ma credo che ti possa piacere più del tuo hamburger. Non ti preoccupare, non avrà un grande aspetto ma giuro che è fresca di stamattina!”
“Sicuro?” la roba dentro non sembra molto incoraggiante.
“Parola di lupetto!”
Ridacchio e apro la scatola, prendo le posate di plastica che mi porge lui e azzardo un assaggio.
Assaporo bene. 



...

Ma è fantastica! Assolutamente goduriosa! Sublime! Perfetta! Brillante! Magnifica!” esclamo tutto d’un fiato.
“Ci avrei scommesso una chiappa che ti piaceva!” ride soddisfatto.
“La tua chiappa ringrazierà i miei gusti strambi, suppongo.”
Annuisce. “Ti è debitrice”
Per qualche minuto mangiamo in silenzio. Ne approfitto per ragionare. Sto mangiando il cibo che mi ha dato uno sconosciuto, che tra l’altro mi ha fatto fottere il posto, in un McDonald gestito da un cinesino analfabeta che ha cercato di rifilarmi un panino avvelenato. Che bel quadro incoraggiante!
“Connie” mormoro quasi senza accorgermene.
“Che cofa?” chiede lui con la bocca piena.
“Mi chiamo Connie.”
“Carino” mi mostra di nuovo il suo sorriso. “diminutivo di..?”
Mi preparo all’inevitabile risata e bofonchio “Cornelia”
“Un nome originale!.. Però preferisco Connie” dice, facendomi l’occhiolino.
“Anch’io” rispondo sorridendo.
“Allora, dimmi Connie, dove sei diretta?”
“A San Francisco” rispondo prendendo un altro boccone dalla ciotola.
“Non ci credo.”
“Perché che ha di male San Francisco?”
“Oh assolutamente niente! Sono solo sorpreso perché anch’io devo prendere quel treno”
“Naaa non ci credo!”
“Inizia a farlo allora”
“Quante possibilità ci sono? Insomma quante persone prenderebbero il treno invece dell’aereo per attraversare mezza America?”
“Noi si”
Lancio un’occhiata al tabellone degli orari fuori dal vetro. “Sarà meglio sbrigarci se non vogliamo perderlo”
Harry lascia qualche banconota sul tavolo, prendiamo i nostri bagagli e ci incamminiamo verso l’uscita.
La cameriera ci fissa insistentemente. Quando Harry non guarda le faccio la linguaccia. Tiè.
“Ultima chiamata per il treno 6553 per San Francisco. Ultima chiamata per il treno 6553 per San Francisco.” Gracchia l’altoparlante.
“Acciminchia è il nostro!” urlo come una deficiente guardando Harry.
Lui grida “Corri!”, mi afferra la mano e mi trascina con sé nella folla della stazione.




---------------------------------------------------------
Buongiorgio a tuttiii :3
Allora sono un pochino agitata perché essendo la mia prima FF ufficiale non so cosa aspettarmi D:
Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate mi raccomando! La mia mancata autostima ne ha un forte bisogno lol ;)
Un bacio, Chiara <3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A spy dressed as a bridesmaid ***


2. A spy dressed as a bridesmaid

“È proprio destino che noi dobbiamo conoscerci” fa Harry divertito.
Abbiamo scoperto di essere quasi vicini di posto.
“Questa è la peggiore frase per rimorchiare che abbia mai sentito” rispondo io, alzando gli occhi al cielo.
Ridacchia, sistemando il mio trolley e la sua sacca nello scompartimento sopra le nostre teste. Io ho il posto vicino al finestrino e sono felice come se avessi appena ricevuto un barattolo di Nutella, mentre il posto di Harry è tre file più avanti.
Lui si siede in quello vicino al mio che per ora è libero “Appena arriva il proprietario tolgo il disturbo, promesso”
Lo dice con un sorriso così dolce che non posso protestare. Cioè perché sembrerei maleducata, ovviamente.
“Allora dimmi un po’, cosa vai a fare a San Francisco?” chiedo. Mi ritrovo interessata alla vita di questa ragazzo di cui non so praticamente nulla e che il caso mi ha fatto incontrare. O meglio che la mia pancia brontolante mi ha fatto incontrare.
Lui però ha una reazione che non mi aspettavo: il suo sguardo divertito di poco prima diventa indecifrabile, è come se avessi spento improvvisamente la luce.
Borbotta qualcosa che somiglia vagamente a un “Niente di che” fissando il vuoto.
Mi accorgo che evita il mio sguardo. Beeene Connie, direi che si vede che non socializzi da un po’, eh? A quanto pare ho centrato l’unico argomento che vuole evitare. Grande.
Poi si riscuote all’improvviso, recupera il sorriso come se avesse cancellato gli ultimi trenta secondi e chiede “E tu che ci vai a fare di bello?”
Sto per rispondere ma mi fermo perché da sopra i riccioli di Harry intravedo che qualcuno si è fermato proprio dietro di lui. Lui si gira a guardare e riesco a vedere una signora sulla settantina dall’aria simpatica che sta studiando i numerini microscopici dei posti.
Lei abbassa lo sguardo su Harry, che scatta in piedi, sbattendo la testa rovinosamente contro lo scompartimento per le valige. Ahia. Massaggiandosi distrattamente la testa esclama: “Si deve sedere? Mi scusi, mi ero solo seduto finché non arrivava il proprietario, il mio posto è laggiù!”
“Ma no! Non ti preoccupare, caro ragazzo. Vi conoscete?” chiede, allungandosi a guardarmi. Io sorrido cortesemente.
“In realtà ci siamo conosciuti da poco in stazione” risponde Harry. “è una storia strana in effetti”
“Oh, ma allora mi dispiace interrompere la conversazione.. Se mi dici dove si trova il tuo posto, posso accomodarmi là”
Harry glielo mostra e l’aiuta a mettere a posto il suo cuscinetto anti-cervicale. Dopo aver provato circa una novantina di posizioni differenti sembra aver trovato quella giusta e torna a sedersi vicino a me.
“Maledetto chi li ha inventati!” borbotta.
Sorrido innocentemente “Che gentile vecchina
Lui mi fulmina con lo sguardo. “Non provarci neanche”
Ridacchio, girandomi a guardare del finestrino la gente che si affanna a salire sui vari treni. C’è un signore anziano tutto elegante nel suo cappotto blu, una signora di mezz’età con dei capelli di un colore bizzarro, un ragazzo che ha tutta l’aria di uno studente universitario con la sua valigetta e c’è anche una giovane coppia. L’uomo tiene sulle spalle una bambina di quattro anni al massimo che ride, picchiettando dolcemente sulla sua testa. La mamma la osserva attentamente per paura che cada, tenendo per mano il marito.
Per un attimo mi chiedo se anche la mia famiglia appariva così una decina di anni fa, quando conoscevo solo la felicità.
Scuoto la testa, scacciando quel pensiero doloroso. Non è decisamente il momento di abbandonarsi ai ricordi.
Con la coda dell’occhio noto lo sguardo interrogativo di Harry su di me. Pazienza, lui ha i suoi segreti, io ho i miei.
Sembra captare il mio pensiero, perché fa finta di niente e dice: “Allora, a quanto pare sarai costretta a sopportarmi mentre russo e sbavo come un cavallo perché passeremo tutto il viaggio vicini vicini!” esclama entusiasta.
Non posso fare a meno di sorridere. “Porco spino mi sono dimenticata a casa i tappi per le orecchie, come farò adesso a superare il viaggio indenne?”
“Dovrai farti forza” risponde con fare teatrale, annuendo solennemente. “Perché ho tutte le intenzioni di scoprirne di più sul tuo conto”
Acciminchia, lui e la sua curiosità. “Non ti assicuro che ti piacerà. Ho una vita orribilmente monotona.”
Non si scoraggia “Lo vedremo” e si mette a fissarmi come se aspettasse di vedermi tirar fuori un cilindro da illusionista dalla borsa e faccia uscire il classico coniglietto bianco.
Sospiro “Cosa vuoi sapere?”
“Mmm..” ci pensa su un secondo “che ne dici di iniziare dal nome? Se mia madre sapesse che sto socializzando con una sconosciuta mi sgriderebbe”
“Mi chiamo Connie, ti sei già dimenticato?” mi fingo offesa.
“Come potrei? Su, su continua!” Appoggia il mento alla sua mano e mi guarda come un bambino guarda la nonna quando gli racconta la storiella.
Cerco di non scoppiare a ridere mentre lo guardo “Vivo a New York, frequento il college..”
Scatta sulla sedia e mi afferra un braccio “No! Aspetta, non dire niente. Voglio indovinare io!”
“Ok, ma hai solo tre tentativi. Se sbagli tutte e tre non potrai mai più sapere la mia identità misteriosa” lo avverto.
Assume un espressione concentrata “D’accordo. Sono pronto a correre il rischio”
“Forza, allora.. prima ipotesi?”
“Sei una spia inviata dal governo che cerca di confondersi tra i newyorkesi ignari e sei nel pieno di una missione pericolossissima.”
Cerco di rimanere impassibile “E in cosa consiste la mia missione?” sussurro.
Rimaniamo a fissarci in silenzio per un momento e mi accorgo che ci siamo avvicinati piano piano e che il mio viso è a pochi centimetri di distanza dal suo.
Mi allontano di scatto, fingendo un attacco di tosse, mentre lui si gratta la testa, guardando altrove.
“Dovrò pensarci con più attenzione. Appena avrò una teoria precisa te la farò sapere” borbotta.
“D’accordo.”
“D’accordo.”
Silenzio imbarazzante. Mi accorgo solo adesso che siamo partiti. Dovevo essere molto concentrata nella conversazione.
La mia mente è alla disperata ricerca di qualcosa da dire. Tutto inutile, la mia testa bacata non serve a una ceppa come al solito così mi ritrovo a pregare tipregodìqualcosatipregodìqualcosatipregodiqualcosa.
“Il biglietto per favore.”
Non è esattamente la voce che mi aspettavo di sentire ma giuro che non ho mai amato tanto un controllore come in questo momento. Credo che sarei capace anche di baciargli la sua dolce testolina pelata. Guardando meglio, ho cambiato idea.
Gli passiamo i nostri biglietti, che ci vengono restituiti subito con una smorfia di disgusto.
Quasi l’apparizione dell’uomo l’avesse ispirato, Harry riprende la conversazione “Lasciamo perdere per un attimo la questione di prima. La mia prossima domanda è: perché vai a San Francisco?”
All’inizio sono tentata di non rispondere, dato che lui aveva fatto lo stesso, poi mi rassegno “Sono stata invitata a un matrimonio”
“Wow, che bello! Non mi sembri molto entusiasta però.. non dirmi che lo sposo è il tuo ex ragazzo che sta con la tua peggior nemica e tu stai andando là con l’intenzione di fermarlo?”
“Mi dispiace deluderti ma non vivo in un telefilm”
“E allora di chi è?”
“Di mia sorella.”
“Non ti piace il futuro marito?”
“No, al contrario. Jake è un uomo fantastico, il migliore che Allie potesse trovare”
“Non capisco dove sta il problema allora.”
“Non c’è nessun problema infatti”
“Mmm.. E i tuoi? Non vanno al matrimonio?”
Eccola. Lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.
“Sono già là” mentii, distogliendo lo sguardo.
“Sai già che vestito metterai?” continua lui.
“Sono la damigella d’onore. È già stato tutto scelto da sei mesi circa”
“Vorrei proprio vederti tutta infricchettata” ridacchia.
Arrossisco, pur sapendo di non averne motivo. È solo una constatazione, non significa niente. “Meglio di no, fidati. Se non faccio una gaffe di qualunque tipo è un mezzo miracolo. Odio stare al centro dell’attenzione, mi rende estremamente nervosa”
Inizia a risalirmi il terrore che provo da quando Allie mi ha annunciato che avrei fatto la sua damigella d’onore a costo della vita. Maledetta me e quando avevo accettato!
“Sarai perfetta vedrai” mi sorride dolcemente Harry.
Vorrei rispondergli che non sa proprio ‘na ciosba, ma è così gentile che non posso che mormorare “Grazie”
“Se sei in difficoltà, chiamami”
“Seee certo! Blocco tutto e ti chiamo, contaci.”
“Mandami un messaggio telepatico”
“Ti faccio un fischio”
“Per chi mi hai preso? Ti sembro un cane?”
“Eeeeeh, adesso che mi ci fai pensare..” mi gratto il mento, studiandolo.
Lui mi da una pacca leggera sul braccio, facendomi ridacchiare.
“Ora è il mio turno per le domande..”
“Neanche per sogno! Non ti ho ancora chiesto se sei appassionata di botanica, se dormi ancora con il tuo peluche preferito, se hai una fobia per i ragni, se capisci qualcosa di matematica, se credi nell’amore a prima vista, se..”
“Calma un momento! Facciamo così: una domanda per ognuno, d’accordo? E ho la precedenza assoluta.”
“E da quando scusa?
“Perché sono una donna, ovvio.”
“Non sono mai stato un gentiluomo mi dispiace”
“E la simpatica vecchietta di prima?”
“Eccezione alla regola solo per le ultraottantenni”
“Povera signora. Che modi! Io le davo al massimo 57 anni”
“Vuoi scherzare? Stiamo parlando della stessa vecchietta decrepita, vero?”
Scoppio a ridere. “In effetti non è in gran forma” ammetto. “In tutti i casi tocca a me perché tu ne hai già fatte due” incrocio le braccia, sfidandolo a controbattere.
“Porco spino” borbotta.
“Ehi, quella è la mia imprecazione!”
“Mi stai contagiando, patatina” e mi schiocca un bacio sulla guancia, per poi tornarsene ad appoggiarsi beato al sedile.
No, frena i cavalli. Patatina? Patatina?! Qua la situazione mi sta sfuggendo di mano.
“E questo cos’era?”
“Un innocente bacetto”
“Vediamo di trattenerci, né?”
Come risposta ottengo solo un sorrisetto. Poi sbadiglia.
“Caspita, ma guarda che belle tonsille! Mi pare di scorgere anche lo stomaco” commento.
“Ah-ah-ah” ride sarcastico.
“Lo so, lo so” faccio finta di asciugarmi una lacrimuccia.
“Credo che mi farò un riposino..”dice sottovoce, mettendo le mani unite sotto la sua guancia.
“Ma non sono nemmeno le due del pomeriggio!” protesto.
“Buonanotte” mormora sorridendo già ad occhi chiusi.
Sospiro. “Notte”
“Notte notte”
“Buonanotte” ripeto.
“Buonan..”
“Ma non avevi sonno tu?” lo interrompo.
Ridacchia piano, sempre ad occhi chiusi.
“Le domande sono solo rimandate” lo avverto.
Penso quasi che stia per dire qualcos’altro, ma inizia subito a respirare profondamente.
Il mio sguardo si perde ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino e mi ritrovo ad accarezzare il punto in cui ha lasciato «l’innocente bacetto».
Ma che mi prende?







Saaaalve bella gente :D
Si lo so, sono come un cactus nel posteriore. Sto tra le palle, in poche parole. Mi dileguo subito, giusto il tempo per dire che mi sono inventata il treno che va da NY a San Francisco,
ma poi ho scoperto che esiste davvero e che è tipo una crociera per l’America (?) Immaginatevi la mia realizzazione :’)
Grazie a tutti quelli che hanno recensito/messo tra le preferite/seguite/ricordate e anche a chi ha solo letto per il semplice fatto di sopportarmi :3
Un bacio, Chiara <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Don't touch my Giovanna! ***


3. Don’t touch my Giovanna!

Solletico. Io odio il solletico. E lo sento proprio sotto al naso. Ma chi acciminchia mi fa il solletico sotto il naso?
Apro gli occhi e capisco ho la faccia affondata in una marea di riccioli. Alzo la testa di scatto, non vorrei mica annegare. Poi mi ricordo di botto dove mi trovo. La mia mente sembra quasi una macchina da scrivere. Matrimonio. Treno. Harry. Vecchietta decrepita. Bacio. Oh cazzo!
La massa di riccioli fa un movimento indecifrato e mi accorgo che la testa di Harry è appoggiata alla mia spalla. Ecco perché vedevo riccioli ovunque prima!
Aspé. La testa di Harry è appoggiata alla mia spalla. Mmm. Beh è del tutto naturale, no? Il treno può aver fatto una curva troppo secca e tac! La testa è caduta casualmente.
Si è sicuramente successo così.
Fisso torva la sua testa, in cerca di altre soluzioni possibili. Ho già considerato gli alieni, gli spiriti e le fatine dei denti (qualunque cosa centrino in questo momento), quando lui alza la testa, strizzando gli occhi per la luce del tramonto che entra dal finestrino.
“Ehii” borbotta “che mi sono perso?”
Scruto attenta fuori dal finestrino “Mmm a quanto pare siamo quasi già arrivati a Chicago”
“Ah-ah!” mi punta contro l’indice “Beccata! Anche tu hai fatto un pisolino, a quanto pare”
Sorride. È sicuro di aver già vinto.
Alzo le mani in segno di resa. “Lo ammetto. Però è solo per colpa dei tuoi riccioli, sono vergognosamente morbidi. Mi sembrava quasi di sentirli fare swisssh come quelli della tipa bionda della pubblicità! Non lo ritenevo possibile, lo confesso”
Lui mi fissa confuso “Hai usato i miei capelli come cuscino?”
Porca paletta. Devo ricordarmi di fare una preghierina per ricordare a chiunque ci sia lassù di darmi una forma di intelligenza superiore a quella di un bradipo.
“Solo perché tu ti sei appropriato della mia spalla!” cerco di ritrovare un minimo di dignità.
“Oddio!” salta sul sedile “Sul serio?”
E poi si mette a osservare attentamente il mio decolleté. Ora, non che io sia incredibilmente dotata ma essendo donna la cosa non mi lascia indifferente. Non in senso positivo, sia chiaro, non sono ancora una zoccola.
“Vuoi una foto?” chiedo con le sopracciglia alzate.
“A posto così, grazie” non alza nemmeno lo sguardo, sto pervertito.
“Auaioh!” gli tiro una schiaffetto sulla guancia.
Lui si risveglia di scatto “Che c’è?” fa, innocente.
“Ma dico, ci conosciamo da neanche mezza giornata e tu già miri ai piani alti? Gli uomini sono tutti uguali.”
Lui mi guarda stupito per un attimo. Poi grida “Ma no! Che hai capito? Stavo solo controllando di non averti sbavato la maglietta!”
Se vabbé. “E io sono Maria Teresa di Calcutta.”
“Giurin giurello, parola di bidello!”
“Non mi sono mai fidata dei bidelli”
“Fai bene, sono dei gran spioni.”
“Ehi, non insultare la Giovanna!”
“Scusa!”
“Ti perdono, va là”
“Perché sono figo?”
“Idiota” trattengo un sorriso e gli tiro una pacca dietro alla nuca.
“Ahia”
“Ci sto quasi prendendo gusto” affermo.
“Ma fra tutte quelle che c’erano proprio la violenta dovevo beccare io?” si lamenta.
“Ma fra tutti quelli che c’erano proprio il maniaco?” lo imito. Sorride, scuotendo la testa.
Il treno intanto è entrato nella stazione e si ferma con un ciocco tremendo. La gente intorno a noi inizia a recuperare i bagagli e a infilarsi i cappotti in una grande confusione generale.
“Che succede?” chiedo, voltando la testa a destra e a manca come un orologio a cucù impazzito. Mmm pensandoci meglio forse è meglio il pendolo, dà meglio l’idea. Però né il cucù né il pendolo hanno la testa. Ma ditemi perché mi devo complicare la vita con le metafore, porca trota!
“C’è una sosta di due ore in città.” Risponde Harry, alzandosi a raccogliere la sua roba. Ancora una volta sembra essere abituato a fare questo viaggio. Tira giù anche il mio trolley azzurro che gli cade in testa con un tonfo.
“Cacchiarola ma cosa hai messo qua dentro?”
“Cemento e qualche mattone, non si sa mai cosa mi serve quando sono lontana da casa” rispondo con fare innocente.
Ridacchia e si incammina per il corridoio. Per un attimo ho paura che mi lasci sola. Cioè spero che mi lasci sola. Spero.
Poi dice “Ti aspetto giù”
“Ok” mormoro. E mi sento come salvata da quel mare in tempesta che è poi la mia vita. L’immagine di Harry come salvagente rosso gigante mi fa scoppiare a ridere da sola.
Quanto dovevo sembrargli disperata? Aveva intuito anche solo minimamente la mia solitudine?
Mi do una sistemata veloce e scendo, guardandomi attorno come se fossi improvvisamente atterrata sulla Luna.
Harry mi osserva divertito. “Allora primo giudizio di Chicago..?”
“Totalmente negativo.” affermo convinta “È tutto così cupo e grigio.. e poi c’è una puzza!”
Scoppia a ridere “Bene! Vorrà dire che ti convincerò io.”
“E come, se mi è consentito chiederlo?”
“Ti porto fuori a cena, ovviamente”
“Wow, a lume di candela? Ricordati che al primo appuntamento deve essere tutto perfetto” rispondo con un sorriso sarcastico.
“Lo sarà, Connie” sussurra, sfiorandomi l’orecchio con le sue labbra. Rabbrividisco senza volere. Strano come suona bene il mio stupido nome detto da lui..
Mi prende la mano gelata e la scalda con la sua, mentre mi porta verso il ristorante misterioso.
La curiosità ha la meglio su di me, lo ammetto. Mi conduce verso un sacco di stradine secondarie e il mio senso dell’orientamento non fatica a perdere il filo. Adesso per tornare al treno dipendo totalmente da Harry, che, tanto per ricordarmelo, ho conosciuto al massimo sei ore fa.
La mia parte razionale ha quasi avuto la meglio su di me e sto per lasciargli la mano e correre via, quando lui si volta e con gli occhi che brillano mormora: “Adesso devi chiudere gli occhi, sarà una sorpresa”
Brutto segno. Bruttissimo. Le sorprese nella mia vita non sono mai positive.
Lo guardo, esitante.
“Fidati” sorride lui.
“Va bene..” chiudo le palpebre e piombo nell’oscurità più totale.
“Non sbirciare”
“E tu non farmi sbattere contro un palo, và”
Ridacchia piano.
Per un momento sento solo silenzio poi le mani di Harry mi prendono dolcemente le spalle da dietro, guidandomi in avanti e poi facendomi girare un paio di volte a destra. O era a sinistra?
E all’improvviso più niente. Non sento più le sue mani. Silenzio. Vuoto. Buio.
E uno qui potrebbe considerarmi una cretina perché mi ostino a non aprire gli occhi quando con tutte le probabilità di questo mondo sono stata abbandonata in mezzo a una strada di una città sconosciuta e considerato il fatto che ho un terrore tremendo del buio (non esagero. Anche la mia cuginetta di tre anni mi considera una fifona).
Beh non so cosa abbia in testa ma me ne sto immobile con gli occhi chiusi per un tempo che pare interminabile.
Mi mordo il labbro inferiore, nervosa, mentre mi scaldo le braccia. Ma cosa mi è saltato in testa? Andare in giro per Chicago con un ragazzo. Proprio io che mi consideravo così razionale e con i piedi per terra!
Stupida. Stupida. Stupida.
“Harry..” sussurro, e senza rendermene conto mi metto a gridare “Harry, Harry, HARRY!”
Stringo forte i pugni, conficcando le unghie nei palmi,  e strizzo gli occhi.
“Ehi, sono qui” mormora all’improvviso la sua voce. Le sue mani avvolgono i miei pugni ancora stretti e li sciolgono. Apro gli occhi, quasi sorpresa di sentirlo ancora lì, e incrocio il suo sguardo di smeraldo, leggermente preoccupato.
Non so veramente cosa mi prenda ma devo essere molto spaventata perché gli salto con le braccia al collo, stritolandolo.
“Ehi” ripete lui, ricambiando l’abbraccio inaspettato da entrambi.
“Dove diavolo ti eri cacciato?” esclamo contro la sua felpa.
Mi stacco da lui all’improvviso, così come mi ci ero lanciata. Lo guardo perplessa e, senza lasciarlo rispondere,  dico una cosa senza senso del tipo “perché hai su solo una felpa a dicembre?” o qualcosa del genere.
Lui scoppia a ridere “Mi stai facendo preoccupare, Connie”
“Ero nel panico più totale! Mi hai lasciato qui da sola senza dirmi niente!” esclamo mettendomi a gesticolare come un’ossessa. Se sta pensando di chiamare un’ambulanza non lo biasimo.
Invece mi afferra le mani e dice: “Stavo solo preparando la sorpresa! Mi dispiace”
Non riesco a rispondere. Forse il freddo mi ha dato alla testa e sto per collassare al suolo.
Poi mi torna in mente una cosa e strillo “Scusa!” portandomi una mano alla bocca.
“Per cosa?” Sembra divertito.
“Ho aperto gli occhi” rispondo semplicemente.
Lui sgrana gli occhi per un momento. Poi sorride, guardando altrove e massaggiandosi distrattamente il petto.
“Che c’è?” chiedo.
“Niente..” mormora lui, tornando a guardarmi “è strano.. ho il cuore a mille..è da un po’ che non succedeva”
Mi appoggio al muro che ho scoperto avere vicino per non cadere stesa al suolo.
Io che non mi sono mai innamorata, rimanendo sempre rifugiata nel mio mondo, io che non sono mai nemmeno uscita con un ragazzo al liceo, ora sto tremando per qualche parola detta da questo ragazzo di cui non so praticamente nulla. Non so da dove viene, quando è nato, se preferisce il gelato alla fragola o al cioccolato, i cani o i gatti, l’inverno o l’estate, eppure sono qui con il fiato corto e le guance arrossate, non certo per il freddo pungente.
“Tutto ok?” mi accorgo che mi sta fissando.
“Ehm si.. ho un po’ di mal di testa” mento.
“Che stupido! Vieni il ristorante è questo” fa lui sorridendo.
Noto solo adesso il piccolo ristorantino all’angolo. E’ a dir poco stupendo e così caratteristico, tutto addobbato con le luci di Natale.
Sorrido entusiasta “E’ bellissimo!”
Lui ricambia “Sono contento che ti piaccia. Vieni, entriamo”
Apre la porta di legno, facendo suonare una campanella. Dentro è ancora meglio: tanti tavolini di legno nella luce soffusa delle candele appese ovunque e al centro di ogni tavolo.
C’è anche un grande albero pieno di quelle che sembrano palline colorate me che, avvicinandomi meglio, sono in realtà foto di persone ritagliate a cerchio.
“C’è ogni cliente che sia mai entrato qui” spiega Harry, notando il mio sguardo interessato.
“Tutti tutti?”
“Tutti” afferma.
“Wow..” poi mi viene un dubbio “ci sei anche tu?”
Lui sorride e annuisce.
“Dove dove?” passo in rassegna le fotografie, curiosa.
“Qui” mi sposta leggermente a destra e me ne indica una leggermente troppo in alto per il mio metro e sessantacinque scarso.
Mi metto in punta di piedi e tirandola un pochino, me la ritrovo sotto al naso. E il mio cuore cade sotto i piedi.
Harry è più giovane e più felice che mai, con gli occhi verdi che brillano mentre tiene stretta a sé una bellissima ragazza con una treccia bionda e gli occhi grandi e dolci.
Ho improvvisamente la gola secca. Mi sforzo di sorridere mentre chiedo: “Chi è lei?” anche se non sono sicura di volerlo sapere.
“Lei è Nat” risponde solo lui.
Alzo lo sguardo, intenzionata a scoprire di più, ma la domanda mi muore sulle labbra vedendo la sua espressione mentre fissa la fotografia. La conosco bene purtroppo. E’ dolore, puro e incontestabile dolore.
Poi scompare all’improvviso quando si volta di scatto verso di me e dice: “Forza, non perdiamo tempo con queste sciocchezze o perderemo il treno se non ci sbrighiamo a mangiare qualcosa.”
Io sorrido imbarazzata, cercando di rimuovere il suo sguardo dalla mia mente, ma so già che rimarrà impresso lì come scolpito e non riuscirò mai a dimenticarlo.
Il cameriere spuntato dal nulla ci accompagna al piano superiore e ci lascia soli. Dal nostro tavolo c’è una vista spettacolare sulla città, che dall’alto, con tutte le sue luci, inizia a piacermi.
Quando mi volto verso Harry, esattamente di fronte a me, vedo che anche lui ha lo sguardo perso fuori dall’enorme vetrata. Chissà forse sta pensando a quando è venuto con quella ragazza bionda. Con Nat.
Accidenti a me e a tutti questi pensieri.
La cena è a dir poco squisita ma non riesco ad assaporarla bene perché l’umore di Harry è cambiato a vista d’occhio. Si è come chiuso a riccio.
All’inizio pensavo di fargli qualche domanda dato che è il mio turno ma a questo punto ho già cambiato idea e piombiamo in un silenzio che mi mette in estremo imbarazzo.
Dopo un po’ lui guarda l’orologio e annuncia che è meglio se ci mettiamo in cammino per tornare alla stazione, così ci alziamo e scendiamo le scale per tornare al piano terra.
Senza volere, lancio un ultimo sguardo all’albero.
“Haaaaarry!”
Ci voltiamo entrambi verso la voce e Harry viene buttato a terra da una specie di giocatore di rugby formato maxi.
“Mark!” l’urlo di Harry è smorzato dai 150 chili che ha sopra.
“Non saluti più i vecchi amici?” il gigante si rialza e aiuta anche Harry.
“Ho fatto solo una toccata e fuga” risponde lui senza fiato.
“E’ da un po’ che non ci si vede! In effetti da quando..”
“Eh già” taglia corto Harry.
“Beh che modi sono questi? Non ti ho insegnato proprio niente eh? Non mi presenti la tua amica?” e detto questo gli assesta una pacca micidiale sulla spalla.
“Lei è Cornelia” risponde, grattandosi distrattamente la nuca.
Arriccio il naso, infastidita. “Chiamami Connie” dico porgendo la mano al baffuto amico di Harry.
Lui la stringe facendo un sorrisone a settantaquattro denti. “Piacere, Connie. Io sono Mark”
“Senti, amico, noi dobbiamo scappare oppure perderemo il treno per San Francisco. Mi dispiace ma mi fa piacere di averti rivisto. Prometto che passerò più spesso a trovarti.”
“Hai dato la tua parola, ricordatelo.” fa Mark e poi si abbracciano.
“Arrivederci signorina” mi apre la porta, galante.
“Arrivederci Mark, spero di rivederla! E grazie mille per la cena, era tutto delizioso” gli sorrido ed esco.
“Forza, la stazione non è così vicina” mi dice Harry e si incammina girando l’angolo velocemente. Lancio un ultimo sguardo al ristornate e poi mi getto al suo inseguimento, avendo paura di perderlo di vista.
“E’ simpatico il tuo amico” butto lì per intavolare una conversazione.
“Mmm” mugugna lui.
“Lo conosci da tanto?”
“Già”
“Poi mi dovrai dare l’indirizzo”
“D’accordo”
Ed ecco ancora il silenzio imbarazzante.
Mi blocco di botto in mezzo alla strada. Si ferma anche lui, sorpreso.
“Ti sei pentito vero?” dico con un sorriso amaro.
“Cosa?”
“Ti sei pentito di avermi incontrata, non è così?” ripeto.
“No, perché mai dovrei esserlo scusa?”
“Beh direi che il tuo comportamento lo conferma alla grande” abbasso la testa per nascondere gli occhi lucidi. Perché mai mi venga da piangere poi, lo so solo io.
Chissà come gli sembrerò stupida in questo momento. Come una bambina che fa i capricci, proprio come mi aveva definita lui la prima volta che ci siamo rivolti la parola.
Anche quella volta rideva di me.
“Ma cosa stai dicendo?” esclama lui afferrandomi i polsi e piantandosi con la faccia a pochi centimetri dalla mia. Spero che il buio nasconda le mie guance bagnate.
“La verità” borbotto ma mi si spezza la voce.
All’improvviso mi stringe forte in un abbraccio, bloccando le mie braccia contro il suo petto.
“Mi dispiace, scusami” sussurra al mio orecchio. “è solo colpa mia, tu non centri niente”
Fa una piccola pausa e poi pronuncia lentamente queste parole: “Io non mi sono mai pentito di averti incontrata... e perseguitata in un certo senso, né mai me ne pentirò. Non me andrò via, a meno che tu me lo chieda.”
Tiro su col naso. “Allora non andartene” mormoro e poi affondo la testa nell’incavo del suo collo vergognandomi di ciò ho appena detto.
Lo sento alzare la testa verso il cielo, poi dice: “Guarda, sta nevicando”
Lo imito anch’io puntando il naso all’insù, verso le stelle.
Carramba qua se non ci muoviamo diventiamo due pupazzi di neve!” esclamo.
Lui scoppia a ridere. “Quante esclamazioni hai ancora in serbo per me?”
“Quante sarai pronto ad ascoltarne”








SCUSATE SONO IMPERDONABILEE D:
È da quasi due settimane che non aggiorno ma in mia discolpa posso dire che il liceo mi sta uccidendo e che ho colto il primo giorno di pausa per scrivere il nuovo capitolo :)
Che è uscito fuori ‘na mierda (?) AHAH
Vabbé dai spero che a voi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate :3
Un bacio, Chiara <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1389548