I Can't Imagine My Life Without You...

di red ribbon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.

Sentii la sveglia dell’orfanotrofio suonare alle 7:00, precise come al solito.
Balzai in piedi e mi tolsi il pigiama per mettermi la divisa, quel vestito nero con il colletto bianco e una specie di cintura bianca.
Indossai le ballerine nere, mi pettinai i miei lunghi capelli rossi ricci e mi truccai con una matita nera, che faceva risaltare i miei occhi verdi, eredità di mia madre.Manco però feci un passo che mi ritrovai Lena, la ragazza che mi rovinava la vita, ogni preciso momento.

-Ciao Kaylie.-Mi disse con quella sua voce stridula.
-Ciao e lasciami passare.-Cercai di uscire dalla porta della mia stanza.
-No, ovviamente cara.-Mi sfiorò il mento e si mise a ridere con quelle sue amiche.
-Sai, forse non dovresti fare colazione, oggi!-
-Lasciami in pace, Lena!-Cercai di nuovo di uscire, ma lei mi respinse buttandomi a terra.
-Guarda, chissà come mai ho le chiavi della tua stanza…-
-No ti prego!-Mi rialzai, ma fu troppo tardi.

Mi avevano chiuso dentro la mia camera, Lena e quelle sue amichette.
-Aiuto! Vi prego mi hanno chiuso dentro!- Bussavo alla porta, sperando che qualcuno mi sentisse, ma niente.
Mi sedetti a terra, sapendo che non potevo fare niente.
La suora Howard, di sicuro mi avrebbe sgridato per essere arrivata in ritardo o di non essere proprio andata a fare colazione e non potevo dire niente su di Lena e sulle sue amiche. Mi rendevano già la vita impossibile e non volevo che la cosa peggiorasse, era per il bene di tutti, starmene zitta.
L’ultima volta che avevo detto qualcosa alle suore, che mi aveva fatto Lena, il giorno dopo lei mi fece andare all’ ospedale cercando di bruciare la mia camera mentre dormivo.
-Signorina Price apra la porta e mi faccia entrare!-Era la suora Howard.
-Ho perso le mie chiavi. Stanotte ho chiuso la porta a chiave e stamattina non le ho più trovate.-Mentii. Le mie chiavi ce le aveva Lena.
Sentii dopo 5 minuti, le chiavi di riserva della suora Howard nella serratura e la porta si aprì con al centro, la figura inquietante della suora che mi fissava schifata.
Mi prese per il braccio e con uno scatto mi trascinò con lei.
Passammo per il corridoio dove Lena osservava la scena ridendo con quella sua voce da oca.
-Ora ti faccio vedere dove finiscono quelle come te, che usano la scusa di aver perso le chiavi, per non mangiare la colazione.- Mi portò nel seminterrato dell’ orfanatrofio e mi spinse dentro, chiudendo la porta a chiave.
-Ops ho perso le chiavi della cantina, ora come farò a farti uscire?!-Fece la mia imitazione, camuffando la voce.
Mi lasciò in quel posto orribile, freddo e sporco.
Mi accucciai a terra e ripensai a tutte le sventure che mi erano capitate qui, in questo squallido orfanotrofio, a tutte le umiliazioni che Lena mi aveva fatto passare ogni secondo.
Dovevo scappare. Non sapevo come, ma lo dovevo fare.
Avevo 16 anni e dovevo aspettare altri 2 anni per uscire legalmente di qui.
Iniziai a studiare il posto fino a quando non trovai una botola.
Esitai, ma poi l’aprii.
Sbirciai e dopo una lunga riflessione, decisi di entrare.
Mi spaventava quest’idea, ma dovevo tentare il tutto per tutto per uscire da questo carcere.
Mi sedetti a terra e scesi le scale della botola fino a quando scivolai e caddi. Il ginocchio mi faceva un male terribile e sanguinava.
Appoggiai la mano sul ginocchio e si sporcò di sangue.
Mi pulii la mano su uno straccio a terra e dopo essermi alzata in piedi, scorsi un lungo corridoio.
Iniziai a correre percorrendolo tutto. Aprii una porta e mi ritrovai nel giardino dell’orfanotrofio.
Scappai senza farmi notare e mi arrampicai sul muro, balzando dall’altra parte.
Sembravo un ladro che evadeva dalla sua cella, mi sentivo ribelle, almeno per una volta.
Ma era questione di poche ore e le suore sarebbero venute a conoscenza della mia fuga.
Cominciai a camminare e guardarmi intorno, era tutto nuovo e Bradford era bellissima. Ma ora che non avevo più un posto dove stare, cosa avrei fatto?
Ero stata un’incosciente a scappare solo per vedere il Mondo, quel Mondo che non avevo mai visto o non me lo ricordavo.
Non lo vedevo da quando avevo 8 anni, da quando il mio soggiorno nel carcere ebbe inizio.
Mentre avevo la testa nelle nuvole, sbattei contro un ragazzo dalle dimensioni gigantesche, muscoloso e con la faccia di un teppista.
-Oh… Ehm… Scusami…-Feci per allontanarmi, ma questo mi prese per il polso e mi avvicinò a lui.
-Nessuno mi deve toccare, capito signorinella? Sai a me non me ne frega un cazzo se sei una ragazza.- Detto questo mi guardò maliziosamente e mi tirò uno schiaffo, facendomi accasciare a terra. Cercai di rialzarmi, ma lui mi prese e mi sbatté sul muro.
-Ti prego, lasciami andare. Non dirò nulla, starò zitta, ma ti prego lasciami stare.-Mi scese una lacrima.
-Sta piangendo signorina?!-Mi tirò un pugnò dritto nello stomaco facendomi sputare sangue. Tossii e mi lasciai andare nelle mani di questo tizio, sapendo che non potevo fare niente. Era tutto inutile. Sembravo un pesce fuor d’acqua, lo ero all’orfanatrofio e anche qua… Era destino.
Un altro schiaffo e mi ritrovai di nuovo a terra, indifesa e inerme. Mi tirò altri due calci e poi se ne andò ridendo lasciandomi là.
Cercai di chiedere aiuto, ma la gola mi bruciava e non avevo la forza di parlare.  



Mah diciamo che questo inizio è un po' drammatico,
infatti ho velocizzato con la fuga,
perché lo volevo scrivere
intorno al terzo capitolo...
Beh ditemi come trovate
questa nuova fan fiction
e ricordate che potete leggere
altre storie scritte da me :)

Per Kaylie ho preso spunto da Josie Loren
l'attrice che fa appunto Kaylie Cruz 
nella serie televisiva
di Giovani Campionesse,
(sono drogata di quel telefilm, 
come potete vedere). LOL




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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***



Capitolo 2.

 
Guardavo a terra con gli occhi spenti, sapevo che era arrivata la mia ora.
Lentamente mi lasciavo andare, gli occhi si chiudevano sempre di più, non ce la facevo più a vivere volevo solo morire e trovarmi nell’aldilà.
Forse solo in quel posto potevo sentirmi al sicuro.
Non potevo, non volevo lottare.
Ad un tratto sentii un paio di mani afferrarmi la vita e d’istinto irrigidii.
La persona che mi stava prendendo se ne accorse e con più delicatezza mi avvolse nelle sue braccia calde.
Sentivo una sensazione strana, mai provata prima.
Mi sentivo al sicuro, protetta.
Aprii leggermente gli occhi e di fronte a me c’era la visione più angelica che abbia mai visto.
Un ragazzo moro con gli occhi color nocciola scuro, che avrebbe potuto incantare chiunque.
Mi sorrise debolmente, aveva un sorriso splendido.
Pensai fossi arrivata in paradiso.
-Mi serve aiuto! Vi prego la ragazza sta male!- Urlò mentre cercava di mettermi in una posizione più comoda sia per me che per lui.
Niente di niente, nessuno c’era in quella via sconosciuta.
-Qualcuno potrebbe aiutarmi? Potrebbe morire! Aiutatemi vi prego.- Una sua lacrima cadde sul mio viso.
Mi strinse la mano. -Ce la farai, devi farcela.- Mi sussurrò.
Io non avevo la forza di rispondergli, neanche con un cenno, rimanevo immobile, priva di forze, abbandonata nelle sue braccia.
Sempre tenendomi delicatamente iniziò ad accelerare il passo sembrava quasi una corsa.
-Ehi, ehi tu! Senta non ho la patente, la ragazza è ridotta male, mi serve un passaggio all’ ospedale. La pagherò se necessario.-
-Non c’è bisogno di soldi, vieni con me.- disse un uomo con la voce un po’ roca.
-Grazie mille signore.-
Io e il ragazzo ci dirigemmo in automobile, continuava a stringermi la mano e a tenermi a stretto contatto con il suo petto.
-Cosa le è successo?- Chiese l’uomo che si era offerto di accompagnarmi all’ ospedale.
-Credo sia stata picchiata. L’ ho trovata in una pozza di sangue per terra.-
Mi accarezzò i capelli.
-Siamo arrivati, sbrighiamoci a portarla da un dottore.- Disse l’uomo.
Il ragazzo aprì la portella dell’auto e delicatamente uscimmo.
-Buongiorno, la ragazza è stata picchiata, in quale reparto la posso portare?-
-Le mandiamo subito degli infermieri a prendersi cura di lei.- Disse la donna al centro informazioni.
Subito arrivarono degli infermieri che mi posarono su una barella e di corsa mi portarono in una sala.
Il ragazzo che mi stava salvando la vita, rimaneva vicino a me, teneva stretta la mia mano e me la baciò.
-Mi dispiace ma lei non può entrare in sala.- Era la voce di un infermiere.
-Ma lei…-
-Ci prenderemo noi cura della ragazza, resti fuori, glielo comunicheremo noi quando potrà entrare.-
Il ragazzo lasciò la mia mano e mi sussurrò nell’orecchio: -Ce la devi fare.-
[…]
Aprii gli occhi. Mi trovai su un lettino, girai la testa e c’era lui.
Perfetto. Perfetto, era l’unica parola che mi veniva spontanea a vederlo dormire come un cucciolo.
-Signorina si è svegliata. Come si sente?- Disse un dottore entrando in sala.
-Molto meglio adesso, grazie.-
-Deve solo ringraziare quel ragazzo, altrimenti poteva rischiare grosso.- Indico il ragazzo.
-È stato un angelo. Appena si sveglia, lo ringrazierò.-
-Ora dovrei andare in un’altra sala, se ha bisogno, suoni il campanello vicino al letto.-
-Grazie dottore.-
Fece un cenno con la testa e chiuse la porta alle sue spalle.
Continuavo a fissare il ragazzo che grazie a lui ero viva.
Gli presi la mano e gli sussurrai: -Grazie a te, ce l’ho fatta.-
Mi appoggiai allo schienale del letto e incominciai a pensare.
Cosa avrei fatto dopo essere uscita?
Come avrei affrontato le suore nel caso tornassi nell’orfanatrofio?
Sarei riuscita a parlare con il ragazzo che mi ha salvato la vita?
Troppe domande, zero risposte.
Ad un tratto il ragazzo si svegliò.
-Lo sapevo che ce l’avresti fatta.-
-Grazie a te.- Annuii debolmente.
-Il mio nome è Zayn, Zayn Malik.-
-Piacere, io sono Kaylie Price.- Arrossii.
-Piacere di conoscerti. Quanti anni hai?-
-Quindici. Tu?-
-Sedici.- Era una conversazione strana. Una di quelle conversazioni, che non sai cosa dire e rispondi solo alle domande, senza aggiungere altro.
-Capito. Perché l’hai fatto?-
-Cosa?-
-Salvarmi. Perché mi hai salvata? Potevi lasciarmi lì.-
-Non è nel mio DNA lasciar perdere una ragazza che sta morendo a terra.-
-Sei stato un angelo. Devo trovare il modo di sdebitarmi.-
-Lascia perdere l’ho fatto con il cuore.- Sorrise, ma questa volta era un sorriso a trentadue denti, ovvero semplicemente stupendo.
Si stava avvicinando sempre di più al mio viso, facendo toccare i nasi.
-Signorin..- Entrò un dottore in camera.
Zayn si allontanò da me con aria imbarazzata e si sedette sulla sedia.
Anche io lo ero a dirla tutta. Ci mancava un soffio e le nostre labbra sarebbero combaciate perfettamente.
-Signorina lei potrà uscire tra cinque giorni. La dobbiamo trattenere qui per degli accertamenti.-
-Okay.-
-Chiamiamo noi i suoi genitori o chi ne fa le sue veci?-
-Nono non vi preoccupate li chiamo io!- Alzai la voce ansiosa.
-Va bene, va bene. Vi lascio di nuovo soli.- Se ne andò.
-Scusami non so cosa mi era preso prima.-
-Non-non ti devi preoccupare.-
-Sono anche fidanzato. Scusami, ma devo andare.-
-No ti prego resta. Non voglio rimanere da sola.-
-Voglio evitare altri momenti come quello di prima.-
-Non succederà, fidati di me.-
Si guardò intorno e poi tornò a sedersi di nuovo.
-Sei fidanzato allora?- Gli chiesi cercando di cambiare discorso.
-Si… Si chiama Perrie. È molto simpatica, te la farò conoscere.- Disse guardando il pavimento.
-Non vedo l’ora.- Sorrisi debolmente cercando di non far trasparire la mia tristezza.
-Sono contenta tu sia rimasto con me. Ti devo due favori!-
-Ehi io lo faccio con il cuore ricordatelo.- Mi fece l’occhiolino.


Mi stavo innamorando di lui, di Zayn Malik.
Ma non era mio. Era della sua ragazza, Perrie.
Mi aveva salvata, mi stava quasi per baciare, ma è stato tutto uno stupido errore!
Dovevo abituarmici all’idea.

 
 

Ehi chicaaas!
Ci ho messo tantissimo
per pubblicare questo capitolo,
ma come sanno già le vecchie lettrici,
mi scoccia.
Ahahah, lasciamo perdere la mia pigrizia
E lasciate una recensione
Per farmi capire se questa ff
Vi piace :3


Non mettevi mai contro il signor Malik eh?








 
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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


 


Capitolo 3.

Mi svegliai all’alba e nel silenzio della stanza vidi una figura maschile avvicinarsi al mio letto: alto, moro, occhi nocciola e con in mano un vassoio di cornetti al cioccolato fumanti.
Era Zayn.
-Buongiorno principessa.- disse baciandomi la fronte.
-Buongiorno…- risposi assonnata.
-Dormito bene?-
-No.. ho dolori dappertutto e le flebo mi stanno massacrando le braccia..-
-Dai che stasera te le tolgono.- mi prese la mano.
Ci guardammo in silenzio per dieci minuti.
La sua presenza era rassicurante e stavo per addormentarmi quando lui mi riportò alla realtà.
-Prendi un cornetto, sono ancora caldi.- E mi porse il vassoio.
Scelsi il più piccolo, poiché non avevo tanta fame.
Appoggiai la schiena allo schienale del letto e iniziai a godermi quella delizia.
-Ti piace?- mi chiese.
-È il cornetto migliore che abbia mai mangiato.-
-Ti sei sporcata tutta di cioccolato!- disse ridendo.
-Oddio, veramente?- stavo per prendere un fazzoletto quando lui si avvicinò con il fazzolettino  mi pulì delicatamente i dintorni della bocca.
I suoi occhi erano meravigliosi, dicevano tutto di lui.
Appena finì, buttò il fazzoletto nella pattumiera e in quel momento entrò in sala una ragazza: capelli biondi, marea di trucco in faccia e occhi celesti.
-Amò quando mi devi accompagnare al negozio di scarpe?- chiese masticando una gomma e provocando un rumore al quanto fastidioso.
Poteva essere Perry.
In realtà speravo con tutta me stessa che non fosse lei la ragazza di Zayn, sembrava una ragazza viziata, che viveva solo di trucco.
-Perry non posso, Kaylie ha bisogno i me ancora.-
-Oh si? Beh lei è Kaylie?-
-Si è lei.- Zayn sorrise.
Arrossii mentre Perry sbuffava.
-Piacere, Perry.- mi porse la mano, sempre infastidita dalla mia presenza.
-Kaylie, piacere.- sussurrai.
-Scusa non ho capito, parla più forte!- disse prendendomi a caricatura.
-Kaylie.- tentai di alzare la voce, ma non mi usciva, ero troppo imbarazzata.
-Perry, basta. La stai mettendo in soggezione. Ora che torno a casa usciamo, okay?- disse Zayn.
-Vabbé amò ti aspetto a casa e non fare tardi.-
Se ne andò barcollando, sui suoi tacchi da ventinove centimetri fuori dalla stanza.
-Ehy scusa, Perry a volte è così.-
-No, non ti preoccupare, è tutto apposto.-
-Perché non le hai detto qualcosa? Ti stava sfottendo!-
-Senti è meglio così, è una mia decisione se parlare o meno, parlare non risolve nulla.- alzai la voce.
-Scusami non-non volevo..-
-No scusami tu.- dissi calmandomi.
-I tuoi genitori non sono venuti a vedere come stai?
‘Genitori’era la parola che più mi infastidiva.
Un lacrima rigò il mio viso, tutta la mia infanzia e quasi una parte di adolescenza bruciata.
Vedendomi turbata, Zayn mi accarezzò la guancia asciugandomi la lacrima.
-Con me ti puoi confidare..-
Esitai. Parlare significava ricordare, ricordare la mia vita da completa sfigata.
Ma d’altronde, potevo sfogarmi e togliere un peso dallo stomaco.
Zayn era l’unica persona che veramente mi capiva, sentivo che era l’unica persona di cui mi potessi fidare.
Presi fiato.
-Fino a sei anni ero una bimba come tutte le altre, felice e spensierata, senza nessun problema.
Poi al sesto compleanno, i miei genitori litigarono di brutto, davanti a tutti i miei compagni di classe e ne fui traumatizzata.
Ogni volta che varcavo la porta della classe, tutti i bambini ridevano e mi sentivo esclusa.
Neanche a casa la situazione non era delle migliori.
I miei litigavano di continuo, a volte anche a mazzate e mio padre minacciava di andare dalla polizia.-
La mia voce si spezzò interrotta da lacrime, lacrime che mi sfiguravano il viso.
-Scusa non ne dovevo parlare, è peggio ricordare tutto.-
-No, non è peggio. Se parli ti riuscirai a liberare. Comunque io sono qui, pronto ad ascoltarti.-
-Grazie ma non ne ho bisogno, sono ormai quindici anni che vivo così e sto bene.-
-Non sai mentire.-
-Questa è la verità!- alzai il tono della voce.
-Non è vero, si vede dai tuoi occhi che non stai bene, dalla tua insicurezza.
Rimasi a fissarlo, aveva ragione, io non stavo bene e mentire non serviva a nulla.
-Va bene, ti racconterò tutto da dove avevo lasciato.-
Mi sorrise e mi strinse la mano.
-Beh all’età di sette anni, i miei chiesero il divorzio e mi affidarono a mia madre.
Il tempo passava e ogni notte vedevo mia madre che si portava a casa un uomo diverso ogni volta, la vedevo che beveva alcol e che pian piano si stava trasformando in qualcosa di spaventoso, non usava più la ragione, sempre con la bottiglia in mano, piena di sostanze stupefacenti.
Fino a quando una notte ero con lei in macchina e guidava ad una velocità pazzesca e ci scontrammo contro un albero.
Mia madre morì sul colpo mentre io rimasi in come per otto giorni.
Dopo che mi ripresi e uscii dall’ospedale, mio padre non si fece vivo e fui costretta ad andare in un orfanotrofio e da quando avevo otto anni sono rinchiusa lì.-
Avevo una tremenda voglia di piangere, la gola mi bruciava, ma non volevo piangere davanti a Zayn, sapevo che quelle che sarebbero uscite, non sarebbero state delle semplici lacrime, ma un vero e proprio pianto.
-Sfogati, lo so che stai soffrendo.-
Lo guardai e poi iniziai a piangere, fiondandomi nelle sue braccia calde.
Lui mi stringeva a sé, accarezzandomi la schiena dolcemente, mentre io piangevo, come se non avessi mai pianto in tutta la mia vita.
Rimasi un paio di minuti abbracciata a lui, quando mi staccai e cercai di calmarmi.
-Come ti senti?- mi chiese.
-In effetti, mi sento meglio. Parlare e sfogarmi con te mi ha aiutata molto.. Grazie mille.- accennai un sorriso.
-Sapevo che avrebbe funzionato.- mi sorrise.
 
Era una meraviglia quando sorrideva, il suo viso era dannatamente perfetto, la dolcezza in persona.
Lui era un angelo, il mio angelo.
 

Chicos y chicas!
sorry per il ritardo c___c
Ma tra tante cose,
non potevo continuare la fan fiction..
Avete comprato Take Me Home?
Oddio è meraviglioso ajdjfjgkj **
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto
e fatemi sapere lasciando una piccola recensione c:



Quanto è cucciolo il nostro Hazza quando sorride agdhfj




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