I learn how to swim? I think not di The Cactus Incident (/viewuser.php?uid=124153)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** chapter 4 ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 ***
Capitolo 12: *** Chapter 11 ***
Capitolo 13: *** Chapter 12 ***
Capitolo 14: *** Chapter 13 ***
Capitolo 15: *** Chapter 14 ***
Capitolo 16: *** Chapter 15 ***
Capitolo 17: *** Chapter 16 ***
Capitolo 18: *** Chapter 17 ***
Capitolo 19: *** Chapter 18 ***
Capitolo 20: *** Chapter 19 ***
Capitolo 21: *** Chapter 20 ***
Capitolo 22: *** Chapter 21 ***
Capitolo 23: *** Chapter 22 ***
Capitolo 24: *** Chapter 23 ***
Capitolo 25: *** Chapter 24 ***
Capitolo 26: *** Chapter 25 ***
Capitolo 27: *** Chapter 26 ***
Capitolo 28: *** Chapter 27 ***
Capitolo 1 *** Prologue ***
Sch chapter prolog
Huntington Beach, ottobre 1998
Stacey P.O.V.
-Allora…. ci siamo, eh? :D- Messaggio da Meggie, assurdo. Doveva
averci messo minimo sei ore per scriverlo. Sorrisi distrattamente e
risposi.
-Finalmente! Non vedevo l’ora! Sono mesi che aspetto di trasferirmi in California-
Rispose decisamente subito per i suoi standard: doveva essersi esercitata parecchio.
-Ohhh anche io! >.< ci sarà da divertirsi, posso assicurartelo-
-Cazzo si! xD-
-Miss Floor, non diventi scurrile v.v—
-Miss Window, i nostri nomi fanno cagare <3-
-Decisamente <3-
Tre ore. Mi aspettavano ancora tre ore di aereo e finalmente saremmo arrivati a Los Angeles.
Da lì, altri cinquanta minuti per una cittadina dal nome lungo e
strano (ovvero Huntington Beach) dove avrei vissuto almeno per i
prossimi cinque anni con i miei genitori. Un vero record per gli
standard di mio padre e il suo continuo viaggiare, non c’è
ché dire.
Fortunatamente avevo i Guns e un’altra trentina di band ad
accompagnarmi in quel lungo viaggio, visto che i miei genitori erano in
coma profondo, spaparanzati su i loro seggiolini.
C’è da dire che ad Orlando non mi lasciavo questo
granché. Si, avevo parecchi “amici”, uscivo sempre
ed ero popolare, ma non me ne fregava una beneamata mazza di quella
gente. Erano tutti…. sintetici. Puzzavano di finto da un
chilometro e io con loro mi ero comportata di conseguenza.
Poi, un bel giorno, la nostra brillante prof di scrittura creativa ebbe
la balzana idea di fare un esperimento con “pochi eletti”
scelti a caso dalla dea bendata. L’aveva definito “un
progetto interessante che vi farà crescere e conoscere nuove
persone alla vecchia maniera”: amici di penna.
Aveva vari indirizzi di varie persone da tutt’America e io,
essendo una degli “eletti” mi ero accaparrata quello di una
Californiana che rispondeva al nome di Margaret Window.
Questo progetto, iniziato il primo anno e finito in primo, io e lei
l’avevamo tirato avanti fino ad allora, ovvero terzo anno.
Cominciato un po’ come un obbligo per entrambe (e inizialmente
per me era tragica: Meggie ha una scrittura oscena) era diventata una
bella cosa ed eravamo diventate amiche.
Ci sentivamo spessissimo, soprattutto telefonicamente, ma continuavamo
a scriverci e mandarci cartoline, foto, di tutto. In estate ci era
anche capitato di incontrarci, un paio di volte, mettendoci
d’accordo e facendo i salti mortali e c’è da dire
che andavamo decisamente d’accordo pure “dal vivo”.
Quindi, quando all’inizio dell’estate mio padre mi aveva
annunciato che verso ottobre ci saremmo trasferiti in California, ero
stata più che felice. Inutile dire che Margaret era al settimo
cielo anch’essa. Si preannunciava un futuro interessante per me.
Mi rigirai distrattamente fra le dita uno dei lunghi boccoli castano
chiaro e guardai fuori dall’oblò, vedendo solo nuvole. Wow.
Ah! Comunque io sono Stacey Floor, sedici anni, Orlando High School fino a ieri.
Abbastanza alta, fisico asciutto, lunghi capelli ricci castano chiaro,
occhi gradi color cioccolato, labbra carnose (a detta di Meggie pure
troppo, soprattutto il labbro inferiore) e guardandomi, tutto si
potrebbe pensare tranne che ascolto musica metal, che fumo e che spesso
e volentieri alzo abbondantemente il gomito. Beh, l’abito non fa
il monaco, no? Fortunatamente, nel mio caso il mio aspetto copriva bene
la mia vera natura “ribellina” (ma che stronzata).
Buttai uno sguardo all’orologio. Non ce la facevo più a stare lì.
Cullata dalle note di Welcome to the Jungle, partii in coma e dormii per un bel po’.
Margaret P.O.V.
“Dai Jimmy! Avevi promesso che mi avresti accompagnato!”
sbottai inseguendolo per le scale che lui scendeva tre gradini alla
volta. Ma che razza di gambe aveva?
“Non rompere, Meggie, ho da fare” disse divertito,
tamburellando distrattamente con le bacchette sul corrimano,
continuando a scendere.
“Ti ricordo che mi devi tre birre: sei in debito con me”
“Facciamo che ti presto la macchina e in cambio mi annulli il
debito” “Andata!” Mi tirò le chiavi della
macchina e improvvisò un assolo sul corrimano.
Un batterista eccezionale, con quelle bacchette riusciva a far musica
anche con un bidone dell’immondizia (e posso assicurarvi che il
risultato non era niente male). Le portava dietro ovunque, sempre
pronte (pronte a cosa, poi, era un mistero).
“Prima però mi dai uno strappo da Matt?” chiese e io
alzai gli occhi al cielo, provocando una sua ennesima risata “Ok,
basta che ci diamo una mossa”
C’infilammo nella vecchia carretta del mio vicino di pianerottolo
e ci dirigemmo alla villetta dei genitori di quella montagna di Sanders.
Una volta arrivati, spinsi Jimmy fuori dalla vettura (se così
poteva chiamarsi quel trabiccolo che continuava a camminare grazie a
chissà quale divinità orientale).
Il garage era spalancato come al solito e si intravedevano Matt, Val e
un tipo con i capelli verde acido che proprio non mi ricordavo.
“Ehi Nessie! da quando rubi auto?” Ecco, lui proprio non lo avevo notato. Peccato.
“Haner! sei ancora vivo, eh?” si avvicinò alla
macchina col suo solito sorrisetto strafottente e si poggiò alla
carrozzeria, con fare figo. Seh vabbè….. meglio non
commentare.
“Così sembrerebbe… dispiaciuta?”
“Decisamente si, carciofo” fece una sorta di sorriso tirato
e batté un colpetto sul tettuccio della macchina. Osservai
distrattamente il suo braccio destro, su cui s’intravedeva il
solito e unico tatuaggio sulla metà superiore.
“Che ci fai nella vecchia carretta di Jim?” “Cazzi
miei a Los Angeles” risposi tranquilla “Tu hai davvero
qualcosa da fare a Los Angeles?” disse completamente allucinato
“Sai Bee, il mio mondo non gira attorno a voi quattro, non so se
mi spiego”
Fece una faccia strana, tirando le labbra in una “o”
minuscola e socchiudendo gli occhi. Ogni volta che mi rivolgeva la
parola, sentivo l’irrefrenabile desiderio di riempirlo di
schiaffi, ma desistevo semplicemente perchè gli volevo bene.
“Ma non mi dire…. qualche esemplare di specie maschile
talmente morto di figa da provarci con te?” “Parli per caso
di un tuo gemello con dei gusti migliori dei tuoi, Haner?”
“Non offenderei mai così un mio consanguineo” gli
feci una smorfia.
“Quando la pianterai di rompere così tanto il
cazzo?” “Ehi, rompere il cazzo al mostro di Loch Ness
è un privilegio” “Invece insultare un coglione del
tuo calibro è un’esperienza più unica che
rara” “Io non ci scommetterei” “La piantate voi
due?!” tuonò Matt nella nostra direzione, salutandomi con
un cenno della mano al quale risposi nello stesso modo.
La storia del mostro di Loch Ness risaliva ad una vacanza studio
risalente all’estate fra la terza media e il primo superiore in
cui, mia madre e Brian Haner sr., avevano avuto la brillante idea di
spedire entrambi fra le piovose e fredde Highlands scozzesi. Come se
una ventina di americanini senza arte né parte, fra gli undici e
i quattordici anni potessero trovare interessante un posto del genere.
Comunque, orribili gusti dei genitori a parte, in una visita guidata al
lago di Loch Ness, per via del sopraccitato coglione, finii in acqua e
qui arriva il bello: io non so nuotare.
Assurdo per una californiana, certo, ma io e l’acqua non eravamo
proprio compatibili. La storia finisce con sempre lo stesso coglione
che si butta in acqua e mi recupera. Ecco perché mi chiamava
Nessie (nome del mostro di Loch Ness).
Ma tranquilli, ho restituito il favore salvandogli a mia volta la vita,
un paio di estati prima: eravamo tutti al fiume, in aperta campagna.
C’era chi pescava, chi beveva, chi pescava e beveva. Haner, del
tutto sobrio era andato a recuperare legna e io stavo al tavolo a bere
una birra, quando lo vedo mollare tutta la legna e correre verso
“l’accampamento” reggendosi la mano.
Nel giro di una manciata di minuti, Haner era svenuto per terra, quasi
in shock anafilattico, dovuto alla puntura di un’ape, a cui lui
è allergico.
Resta da dire che l’unica nelle condizioni di poter guidare ero
io. E così, con solo tre lezioni di guida fatte da Jimmy,
completamente senza patente, avevo caricato Haner sul furgone di Matt e
avevo guidato fino al più vicino pronto soccorso. Grazie solo a
Jimi Hendrix sa chi, arrivammo sani e salvi, solo il furgone di Matt ne
risentì un po’ (una fiancata del tutto rigata, uno
specchietto perso per strada e un faro distrutto). Ecco perché
lo chiamavo Bee (ape).
“Ci si vede e occhio a te” dissi giocando appena col pedale
dell’acceleratore “Lo stesso vale per te” rispose lui
con un mezzo sorriso, facendomi l’occhiolino e prima che potesse
dire altro, sgommai via repentinamente (un gesto che Jimmy mi avrebbe
fatto pagare caro, ne ero certa).
Ok, questa sono io.
Margaret Window, sedici anni, studentessa della Huntington Beach High School.
Classe 1982, un metro e sessantatre di sarcasmo, cattiveria verso chi se la merita e amore incondizionato per i propri cari.
Fisico asciutto un pò troppo muscoloso, capelli castani
incasinati e con un taglio di capelli avanti di almeno dieci anni, con
un enorme ciuffone, castano ramata.
Occhi color cioccolato, sempre truccati pesantemente di nero per
sembrare più grandi e intensi, pelle simil- diafana, qualche
lentiggine sul naso, lineamenti del viso un tantino spigolosi che (a
detta di Jim) si addolcivano quando sorridevo, grazie a qualcosa come
sette-otto fossette che mi spuntavano sulle guance e sul mento un
po’ ovunque. Amica di una banda di metallari liceali con le idee
un tantino confuse fra ormoni, birra, erba e musica metal a palla.
Diretta a Los Angeles per salutare/dare il benvenuto ad una ragazza
della mai stessa età, rispondente al nome di Stacey Floor (si,
Floor e Window: ci manca solo Door), Orlando, Florida, in questo
momento su un aereo.
A quanto mi aveva spiegato per cellulare, sarebbe arrivata fra due ore,
avrei dovuto farcela egregiamente visto che Huntington- Los Angeles
sono più o meno cinquanta minuti.
Volevo partire bene, sarebbe dovuta stare ad Huntington per almeno i
prossimi cinque anni e io ero l’unica ragazza di sua conoscenza
(più o meno) per il momento. Volevo fare bella figura con la mia
amica di penna. (forse avrei fatto meglio a mettere qualcosa di diverso
da jeans da uomo strappati ovunque, maglietta striminzita dei Metallica
dello scorso secolo e camicia a quadri rossi e neri da
boscaiolo…. Mmm….).
Fortunatamente, grazie sempre al caro vecchio Hendrix sa chi, arrivai
in orario per un pelo: avevo trovato un traffico spaventoso che mi
aveva bloccato e invece di 50 minuti, avevo impiegato un ora e tre
quarti.
Parcheggiai davanti all’aeroporto e mi fiondai all’interno,
la camicia completamente aperta e calata su una spalla e i pantaloni un
po’ troppo enormi che minacciavano pericolosamente di cadere
(maledetta cintura che si era fregata Jimmy).
Dopo un paio di minuti, la vidi arrivare trascinandosi dietro un trolley e le andai incontro.
Stacey P.O.V.
Quando scendemmo dall’aereo non potevo crederci. Mi sembrava
strano ricominciare a camminare, ma dovetti darmi una mossa e andare a
recuperare i bagagli con i miei genitori.
Fortunatamente i nostri bagagli arrivarono vivi e vegeti e dopo averli
recuperati tutti, uscimmo per addentrarci nell’ingresso. Alzai
stancamente la testa, scrutandomi attorno e trovai quella testa
quadrata, con i capelli castani strani che mi sorrideva in un tripudio
di fossette.
“No….. oddio!” tirandomi un trolley le cui rotelle
minacciavano di abbandonarmi da un momento all’altro le
andai incontro, ma feci fare a lei il grosso del tragitto.
Mi abbracciò forte e io contraccambiai, mollando il trolley.
“Ahahah! che bello rivederti, canottona mia!” “Vale
lo stesso per me, nana” fece una mezza smorfia e si
separò, prendendo il trolley che si era gentilmente allungato
sul pavimento.
Dopo un paio di minuti ci raggiunsero anche i miei genitori.
“Salve signori Floor” “Oh, Margaret! quanto
tempo!” le disse sorridente mio padre mentre le stringeva la
mano. “Meggie, non sapevo saresti venuta” aggiunse mia
madre, abbracciandola. “In verità non era sicuro. Problemi
di trasporto, ma alla fine sono riuscita a recuperare un veicolo e sono
venuta” “Beh, allora credo che potresti darci un passaggio
fino ad Huntington, ancora non abbiamo chiamato un taxy” Meggie
sorrise tranquilla “Certo nessun problema, però non
spaventatevi per via del…. veicolo. Cammina che è una
bellezza anche se è un po’ fatiscente”
Strano ma vero, arrivammo ad Huntington dopo poco meno di due ore e Meggie si fece spiegare da mio padre dove avremmo vissuto.
Aveva parcheggiato e i miei erano già scesi, quando le
suonò il cellulare. Sentii chiaramente la voce maschile urlare
dall’altro capo del telefono.
“Jim…” “Dove cazzo sei e dov’è la
mia macchina?!?!?!?!??!” “Cazzo Jim te l’avevo detto
che dovevo scendere a Log Angeles! Comunque sono appena arrivata ad
Huntington” “Ok, dove sei” disse decisamente
più tranquillo, ma io lo sentivo lo stesso. Meggie si
guardò un attimo attorno e poi sorrise fra sé.
“Davanti alla casa del nano” Nano? la guardai interrogativa
e lei mi fece segno come a dire “ti spiego dopo” scrollai
le spalle e scesi dalla macchina.
Poco dopo mi seguì, ancora a telefono. “Se Jim, ok, arrivo
fra un’oretta, ok?” “Mi serve la macchina”
“Allora passati il pomeriggio da Johnny e quando ho finito ce ne
andiamo insieme” il tipo sbruffò chiaramente “Seh,
ok” “Ciao Jim” disse ridendo e rimise il cellulare in
tasca.
“Allora…serve una mano?” chiese poi sorridendo.
Il soggiorno era invaso da scatoloni di tutte le dimensioni possibili e c’era solo qualche mobile.
“Mi aiuti a portare la roba mia in camera?”
“Certo” “Mààà!”
“Si?” “Qual è la mia camera?”
“Secondo piano, a destra del bagno” “Ci entra
Rachel?” “Certo!” sbuffò mio padre.
Dopo aver studiato un po’ tutti gli scatoloni, identificai i miei e Meggie mi aiutò a portarli sopra.
“Ok, andiamo”
Dopo aver capito quale fosse il bagno, camera mia fu facile da scovare.
Pareti bianche con una strana greca viola e dei contorti motivi lilla
nella metà inferiore separata dalla greca. “Però,
figo” commentai osservando le pareti.
Oltre ai muri il resto era parecchio asettico: letto, armadio bello grande e scrivania, tutti bianchi con bordi viola e lilla.
Mollammo i primi scatoloni e poi cominciammo a fare su e giù per portarli tutti.
“Ehi, ma questa è tua, giusto?” disse Meggie indicando la custodia della grancassa della mia batteria.
“Si, porta pure quella, poi la montiamo”
Finiti scatoloni e pezzi di batteria, sistemai il mio tappeto a scacchi
fucsia e nero e cominciai a tirare fuori un pezzo alla volta di Rachel,
la batteria appunto.
Rachel era una Pearl a righe nere e bianche con gli infissi di metallo color piombo.
“Cazzarola! Non capisco un tubo di batterie, ma questa è
stupenda!” sorrisi soddisfatta “Meggie, ti presento
Rachel” “E’ un piacere. Qualche volta devo
presentarti Beast” “Bestia?” chiesi quasi allarmata.
“Si, la mia chitarra” “Magari! potremmo suonare
insieme qualche volta” “Assolutamente si! Tanto adesso
abbiamo tutto il tempo possibile, no?” scrollai le spalle e
sorrisi, mentre armeggiavo con il rullante.
“Direi di si”
Dopo aver svuotato qualche scatolone in camera mia e aver piazzato la
mia bellissima poltrona imbottita di polistirolo a forma di palla da
tennis (la notte era semifosforescente), Meggie venne chiamata di nuovo
dal fantomatico Jimmy e se ne dovette andare.
“Beh, allora ci vediamo domani, giusto? Vengo a darvi una
mano” “Oh, sei davvero gentile Meggie”
cincischiò mia madre “Si figuri, per me è un
piacere” fece l’ennesimo sorrisone e fece per avviarsi
all’uscita.
“Aspetta, ti accompagno”
Appena chiusa la porta, tuffò una mano in tasca e si mise fra le
labbra una sigaretta (Marlboro gold). Dopo un paio di tiri gliela
fregai.
“Meglio che vada, prima che Jimmy mi uccida” “Si,
vai” dissi restituendole la sigaretta “A
domani….” fece qualche passo e io feci lo stesso in
direzione del protone, quando mi chiamò.
“Stacey?” “Si?” “Welcome To The Fucking
Family!” urlò in modo teatrale prima di attraversare la
strada, correndo verso uno spilungone con i capelli biondi sparati come
a farne una corona e con gli occhiali affiancato da un nano che vicino
a lui sembrava ancora più basso.
Sorrisi fra me, oh si, ci sarebbe stato da divertirsi.
E genteeeeeee!
:D
Si,
Cactus è tornata con una nuova long fic v.v
Ammettiamola,
sono finita in un dannato cliché, ma m’ispirava troppo! >.<
Se
non li avete mai visti e v’interessa, avrei un po’ di foto dei sevenfold in età
scolare:D
Giusto per rendere di più l’idea v.v
Johnny:
http://media.tumblr.com/tumblr_lkndc5cnT61qf9aqw.jpg
Matt and Jimmy:
http://a8.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/270652_164479293617735_5973480_n.jpg
Zack:
http://a7.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/284533_173799916019006_3330125_n.jpg
e,
signore e signori, la foto più brutta esistente di Brian:
http://a7.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc7/319215_214883301910667_1262644877_n.jpg
(dovrebbero
vedersi tutte e.e spero)
(ne metterò anche altr,e visto che la storia farà qualche balzo negli anni v.v)
Bene,
detto questo non mi resta granché da dire v.v
JD
vedi di recensire ho la prossima volta ti brucio il culo e volontariamente <3
Recensioni
sarebbero gradite :D
See you next time! (Dio se
odio ‘sta frase)
The Cactus Incident (Is Fucking
Back)
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Capitolo 2 *** Chapter 1 ***
Sch chapter 2
Stacey P.O.V.
Mio padre mi avvertì che era ora di svegliarsi con la sua solita delicatezza.
“Stacey Cazzo! Ti vuoi svegliare? E’ tardi!”
Chissà perchè, quando mi sveglia lui è sempre
tardi. Vabbè.
Dopo essermi preparata per bene, scesi a fare colazione (con tutta la
calma, altro che tardi) e mentre mi lavavo i denti, suonarono alla
porta.
“Stacey! Sbrigati! è arrivata Meggie!” finii di
sciacquarmi la bocca, mi diedi una ravvivata ai boccoli, controllai
eventuali sbavature della matita e mi fiondai giù dalle scale.
“Prima o poi le scale te le fai di faccia” commentò
mia madre “Ciao mamma! Buona giornata anche a te!” dissi
sarcastica e mi trascinai Meggie fuori dalla porta.
“Buongiorno!” dissi solo dopo aver chiuso la porta. Lei
sorrise e s’incamminò fuori dal vialetto. Faceva davvero
caldo per essere ottobre. Il clima era mite e temperato, come in
primavera. Pazzesco.
Appena voltato l’angolo, tirai fuori il pacchetto di Pall Mall Los Angeles e tirai una bella boccata. Ah, ci voleva.
“Mi presti l’accendino?” mugugnò Meggie con
fra le labbra una sigaretta spenta. Allungai il braccio e la feci
accendere. “Grazie”
Prese una grossa boccata e parlò “Allora, pronta per il
primo giorno?” “Si, direi di si. E tu pronta a farmi da
guida?” “Si, direi di si” “Come sei arrivata
fin qui?” “Jimmy” disse tranquilla.
“Ma era il tipo biondo dell’altra sera?” “Si,
quello” “Ma è alto due metri o cosa?”
“Nah, solo 1,93” sorrisi della sua faccetta divertita e
continuammo il tragitto commentando quello che ci circondava e Meggie
cominciò a spiegarmi qualcosa della scuola.
Quando arrivammo non potevo crederci: l’ingresso era delimitato da palme.
“Ma che diam…” “Benvenuta in California!
Nazione di surfisti, birra e palme in grande quantità”
disse lei, divertita “Dovrebbe anche essere la nazione
dell’abbronzatura, ma non tutti ci stanno” disse con fare
teatrale, come se fosse una sorta di segreto che non doveva essere
divulgato.
“Tipo te?” dissi inarcando un sopracciglio, divertita
“Tipo me” “Ok, mi accompagni in segreteria? Devo
ritirare l’orario” “Certo”
Una tipa grassa, vecchia e sorridente, con un paio di occhiali a culo
di bottiglia stava seduta dietro una cattedra trascinata lì e
fatta passare per scrivania.
“Dimmi tesoro” “Salve, io sarei Stacey Floor, una
studentessa nuova” “Oh si, me ne hanno parlato. Ecco a te,
tesoro” dopo un mezzo sorriso sgommammo via.
“Ok, prima ora?” “Biologia, laboratorio 1B26”
“Ok, è al secondo piano. Il corridoio che
t’interessa è segnato con una B e penso che fino a 26 tu
sappia contare” disse scrutando il mio orario e confrontandolo
col suo. “Uh figo, alla quarta abbiamo fisica insieme e oggi
pomeriggio due ore di teatro. Mi raccomando, sempre secondo piano. Il
primo numero indica il plesso, il secondo il nome del corridoio e il
terzo il numero dell’aula, ok?” annuii “Si,
facile” “Io devo andare che ho lezione nel terzo plesso,
dall’altro lato di questa baracca. Ci vediamo dopo, ok?”
disse mentre già sia allontanava, lasciandomi sola in quella
baraonda.
La salutai con un cenno della mano e cominciai a salire le scale.
Tutto sommato non ebbi grossi problemi. Bastava chiedere ogni tanto a
qualche bidello o qualche professore e arrivai tardi solo alla terza
ora perchè nel terzo plesso.
Come ogni primo giorno che si rispetti, lo passai completamente da
sola, solo qualche domanda delle mie nuove compagne ogni tanto.
Alla quarta ora trovai Meggie nel corridoio. “Allora, come sta
andando?” “Bah, non male. Cosa ci aspetta con
fisica?” In fisica me l’ero sempre cavata egregiamente
“Prova pratica nel laboratorio”
L’ora di fisica passò abbastanza velocemente “Ehi la
mensa è al primo piano, chiedi al bidello o segui la corrente di
alunni affamati. C’incontriamo direttamente lì, ok?”
“Va bene”
All’ora di pranzo, Meggie si fece gentilmente trovare davanti
alla porta e entrammo insieme. Dopo aver preso qualcosa da mangiare
andammo a sederci ad un tavolo vuoto, poco più a destra del
centro.
“Allora, come ti trovi?” chiese mettendo in bocca una
forchettata d’insalata. “Piuttosto bene per essere il primo
giorno. Non sono male i californiani sai?” “Parli di
esemplari maschili o di noi in generale?” feci un mezzo sorriso
“Tutt’e due” “Qualche giorno ti
presenter….” “Neeeeessiiiie!” un urlo
(più simile ad un grido di battaglia spaventosamente acuto) si
diffuse della mensa e il tipo sembrava puntare diritto verso di noi.
“Oh Cristo” Meggie lasciò cadere la testa, afflitta.
Si, il tipo puntava decisamente verso di noi.
Osservai la fonte delle grida e vidi un tipo biondo, con un taglio di
capelli che lo faceva vagamente somigliare ad un ananas (rasati
tutt’attorno alla testa e “in cima” folti ciuffi
scombinati e biondi) e che correva verso di noi. Aveva qualche
tatuaggio sulla parte superiore del braccio destro e, sinceramente, non
era tanto bello (per non dire che era proprio brutto). Però
aveva dei bei occhi scuri.
“Dolcezza! Sai che non ti trovavo?” disse sedendosi vicino
a Meggie “Ma certo, Bri, accomodati pure” disse lei,
caustica “Oh, sapevo che lo avresti detto” sorrisi appena e
questo sembrò attirare l’attenzione del ragazzo.
“Ciao, io sono Brian” disse sorridendo e tendendomi la mano
che strinsi “Stacey” mi limitai a dire “Sei
un’amica di Nessie?” “Di chi?” chiesi alzando
un sopracciglio “Si Bri, è amica mia. Che vuoi?”
Allora era lei Nessie? Come il mostro di Loch Ness? Ma WTF?
“Oggi passi da Matt?” “Non posso, ho da fare con
Stacey. E’ nuova, l’aiuto con il trasloco” “Non
vuoi che abbia a che fare con i tuoi amici di una vita?” disse
facendo una strana faccia, forse per impietosirla, ma non ebbe effetto.
“Sai com’è, vorrei salvaguardare i suoi neuroni
almeno fino a Natale” “Se i neuroni te li salvaguarda lei,
sei fottuta, tesoro” disse voltandosi verso di me.
“Ok Haner, passiamo domani, va bene?” le
schioccò un bacio in testa “Benissimo mostriciattola. Ci
vediamo dopo a musica” “Ok” “Stacey, ci si vede
e occhio: se si arrabbia, morde” “Haner sgomma!”
urlò Meggie tirandogli dietro un cucchiaio di plastica mentre
afferrava il suo vassoio e se ne andava. Scoppiai a ridere.
“Bene, quello è Brian Haner, coglione amico di una
vita” “Andate molto d’accordo, eh?” dissi
sarcastica “Uh si, propri tanto” rispose ridendo, sempre in
tono sarcastico.
Non riuscii a finire di dire una frase che arrivò una ragazza
davvero carina con i capelli corti fino alle spalle e nerissimi, forse
per via della tintura a giudicare dai riflessi viola decisamente
innaturali. Aveva un pantalone verde militare enorme, una maglietta
bianca di cotone che lasciava una striscia di ventre scoperto. Sopra,
una camicia da boscaiolo di cotone decisamente troppo grande.
“Ehi Meggie” “Val!” “Libero?”
chiese quasi incerta, mordendosi il labbro “Per te, sempre”
disse la castana, sorridendo. Val sorrise e scivolò sulla panca
di plastica dal lato di Meggie.
“Val, lei è Stacey. E’ arrivata da poco da Orlando.
Sty, lei è Valary” le strinsi la mano e poi mi misi ad
ascoltare la loro conversazione.
“Sai dirmi dov’è Matt? Gli ho prestato il distorsore
due mesi fa per un live con gli MPA e ancora non me l’ha
ridato” “Credo ce l’abbia ancora il
chitarrista” “Lo conosco?” “Zacky? E’ un
tipo strano che si fa chiamare Vengeance” Inarcai il sopracciglio
e Meggie fece una faccia perplessa.
“No, decisamente non lo conosco. Boh parlerò con Matt.
Indi per cui, dov’è?” “A casa con la febbre.
Ieri s’è beccato un’insolazione da record per
aiutare quei cretini di Dameon e Abell alla capanna”
Meggie scosse la testa, afflitta “Prima o poi quei due ci
moriranno là dentro” “Fin quando crepano quei due e
Matt si salva non è questa grande perdita” e scoppiarono a
ridere. Io intanto le osservavo un tantino perplessa. Bah. Avrei capito
un giorno? Forse si.
Poi Val portò suoi grandi occhi nocciola su di me.
“Allora Stacey, qual è la tua prossima lezione?” tirai fuori il foglietto dalla tasca.
“Scrittura creativa” “Con Shoffol?”
“Uhm… si” “Ok, allora possiamo andare
insieme” disse sorridendo. Però, gentile
“Magari…” “Primo giorno?” “Si, si
nota tanto?” dissi grattandomi la testa, imbarazzata “Nah,
sei già seduta ad un tavolo con altre forme di vita, non ti
và poi così male” sorrisi della battuta e lei fece
lo stesso.
“Oggi passi da Matt?” chiese poi, voltandosi verso Meg
“No, aiuto lei con il trasloco, forse domani. Se provano gli MPA
rimango a casa” “Mi pare…” “Ok, ci
vediamo un’altra volta” “Dai! Haner si
preoccupa!” “Haner lo inculo a sangue. L’ultima volta
mi ha distrutto il “Wah Wah” per fare il cretino e ancora
non me l’ha ricomprato”
Ok, non ci stavo capendo un cazzo. Che diamine era il “Wah Wah”?
Presi a guardarmi intorno e trovai tre ragazze che puntavano nella
nostra direzione con alla testa una quasi identica a Valary. Aveva una
lunga chioma castano scuro e delle ciocche bionde sparpagliate nel
ciuffo laterale e sulla testa, in più, era vestita in modo molto
più femminile rispetto alla sorella.
“Ehi ragazze” “Ciao Mich” disse Meggie
stiracchiando un po’ il sorriso. L’avevo vista sorridere
un’infinità di volte quella giornata e questa volta mi
sembrava un tantino finto.
“Ciao Meggie! Oggi passi da Matt?” “Sai che sei la
terza a chiedermelo nel giro di venti minuti? Comunque no, ho da
fare” “Oh, mi dispiace. Vabbè, mica hai visto
Brian?” “Si, prima mentre inseguiva un pavone sui muri, in
cortile. Se ti sbrighi lo trovi ancora” Mich fece una faccia
strana.
“O-ok” poi spostò lo sguardo su quella che doveva
evidentemente essere la sorella gemella “Val, passi per
casa?” “Si, devo prendere un paio di cose e poi vado da
Matt” “Ok, ci vediamo dopo” “Ok Mich” e
si dileguò con le due al seguito.
Guardai un tantino interrogativa Meg e Val le lanciò una strana occhiata.
“Se mi stai simpatica tu non vuol dire che lo debba essere anche
lei solo perché avete la stessa faccia” si
giustificò la mia amica di penna “Si, ma sono tre anni che
vi conoscete, un minimo…” “Quando la smetterà
di guardarmi con sufficienza e ti ascoltare i Back Street Boys ne
riparliamo, ok?” Valary sorrise soddisfatta.
“Sei una stronza, lo sai?” Meggie scrollò le spalle e sorrise all’amica.
“Sono cose che capitano, non tutte le ciambelle riescono col buco” disse sorridendole.
Finito il pranzo, io e Valary ce ne andammo per la nostra strada, verso l’aula di scrittura creativa.
“Allora. Con Shoffol bisogna semplicemente seguire due regole:
sorridi e annuisci. Se sorridi e non lo mandi a fanculo passi il suo
corso senza dover aprire nemmeno un libro” “Ah si?”
“Si, è un vecchio rimbambito che altri due anni e se ne
và in pensione. Giusto per far diplomare noi senza intoppi, ti
pare?” Mi sorrise complice e io la ricambiai. Possibile che la
maggior parte dei californiani fossero davvero così affabili
come si raccontava nel resto del continente?
Comunque, Valary aveva decisamente ragione: Shoffol era un coglione.
Margaret P.O.V.
“Nessie! Aspettami!” mi fermai e aspettai che Haner mi raggiungesse.
“Oh, grazie” disse sistemandosi meglio la chitarra in spalla e osservando che io non ce l’avevo.
“Dov’è finita Beast?” “Oggi l’ho
dimenticata. Mi farò dare la cara vecchia acustica mancina
abbandonata nel ripostiglio”
Sfortunatamente, quando andai cercare la chitarra in questione, non la trovai.
“Prof, mi scusi, ma non riesco a trovare la chitarra acustica
mancina” “Oh si Window, l’ha presa il ragazzo di un
altro corso. Un certo Zacky Baker, un ragazzo davvero strano, ma
dotato” Possibile che fosse lo stesso Zack del distorsore? Questo
Zack non lo conoscevo nemmeno e già mi stava sui coglioni.
“Oh, grazie. Quindi? Mi metto alle percussioni?” “Si
Window, aiuta Farrell che mi sembra un tantino in difficoltà con
quei piatti”
Farrell era una cretina che si era iscritta al corso di musica per
mancanza di altro. L’unica cosa che era stata in grado
d’impugnare erano stati i piatti e andava pure fuori tempo.
Andai a sedermi in cima ad gradini, vicino a Farrell che guardava quei due piatti come se fossero un testo in arabo.
“Dai Veronika, ti serve una mano?” dissi scocciata,
poggiandomi al muro, osservandola. Dal basso della sua postazione di
chitarrista, sotto al naso del prof (ovvero dove stavano gli strumenti
solisti), Haner mi faceva la linguaccia. Gli mostrai un terzo dito e il
prof mi richiamò.
Veronika rifiutò di farsi aiutare e su un ennesima piattata sbagliata, mi colpì il naso con uno di quei cosi.
“Aaarrrgghh!” Buttai una sorta di grido demoniaco, tenendomi il naso e allontanandomi da quella stronza inetta.
”Ma sei cretina, cazzo? Ma ci vedi o gli occhi ce li hai in
culo?!” avevo gli occhi pieni di lacrime per il dolore e come se
non bastasse era appena cominciata una bella emorragia nasale che
sgocciolò sul pavimento, facendo diventare verdi un paio di
ragazzi.
“Su Windonw, non faccia così, non l’ha fatto
volontariamente. Haner, accompagnala in infermeria, in quanto a
lei…..” e cominciò a fare una ramanzina a Farrell.
Scesi i gradini stringendomi il naso e Haner mi diede un fazzoletto di
carta che in breve tempo si tinse di rosso, mentre andavamo in
infermeria.
“Ce la fai a camminare?” “Ha provato a staccarmi il
naso, mica un piede” Alzò gli occhi al cielo, esasperato e
sorrisi. “Tranquillo, tu mi hai fatto di peggio” dissi
divertita “E’ un modo per farmi sentire in colpa?”
“Forse”
Facemmo qualche passo in silenzio, quando sentii la testa girare e mi
poggiai al muro, lasciando anche un’impronta sulla piastrella per
via della mano sporca di sangue.
Haner mi circondò le spalle con un braccio.
“Non mi pare che tu ce la faccia, sai?” “Si è
abbassata la pressione, come al solito. Mi basta un attimo”
“Ti serve una mano?” alzai un sopracciglio, mentre guardavo
il suo visetto stranamente e insolitamente innocuo.
“Cosa avresti intenzione di fare?” “Prenderti in
braccio” “Dici sul serio?” “Scommettiamo una
birra che lo faccio sul serio?” il solito sorriso beffardo gli
tinse le labbra e capii che non scherzava affatto.
“Manca tutto il terzo plesso, il cortile e fra tre minuti suona
la campana quindi i corridoi si riempiranno di gente che ti
vedrà. Mi porti sul serio in braccio fino all’ingresso
dell’infermeria?” “Ci stai a scommettere?”
“Certo che si!” Anche se stavo decisamente meglio, mi feci
prendere in braccio da Haner. Passò un braccio nella piega delle
ginocchia, uno attorno alla schiena e mi sollevò da terra senza
sforzi.
“Diamine, non pesi un cazzo” scrollai le spalle, mentre continuavo a tenermi il naso col fazzoletto.
“Come sei sexy, Nessie” “Tu nemmeno da questa
prospettiva, Bee” dissi scompigliandogli quei ciuffi biondi
rimasti su quel testone.
La campanella suonò e i corridoi si riempirono di studenti e di qualche professore.
Passammo davanti a Valary e Sty che ci guardarono ridendo e dopo aver
attraversato il plesso, incrociammo Michelle a cui Haner fece
l’occhiolino e il suo sorriso sghembo migliore. Lei sorrise a lui
e lanciò un’occhiata indecifrabile a me. Ti brucia, eh?
“Ti piace?” chiesi dopo averla sorpassata. Haner diventò appena appena rosso sulle guance semi scavate.
“Nah” “Nah, eh?” “Forse un
po’” “Un po’ tanto, direi” alzò
gli occhi al cielo e si fermò per affermarmi meglio.
“Ok, mi piace. Adesso mi sfotterai fino alla morte”
“No, su questo no. Potrei sfotterti dicendo che somiglia ad un
cavallo e che è la versione discount, commerciale e zoccola di
Valary, che è un oca e che mi odia per un motivo a me non molto
noto, ma non lo farei mai” dissi sorridendo. Gli avevo appena
detto tutto il possibile, dicendo che non glielo avrei mai detto: era
divertente, dai.
“E quello che hai appena finito di dire tu come lo chiami?”
“Constatazioni realiste” dissi convinta, provando ad
allentare la presa sul mio naso dolorante e sentendo ancora più
dolore.
“Mamma che combino a Farrell se mi capita sotto mano”
“Tu occhio ai piatti: potrebbe diventare peggio di Xena”
“Seh, vabbè. Ma l’hai vista? Il massimo che
può fare è scoppiare a piangere per impietosirmi”
“Si, ma tu ricordati che il fratello sta nella squadra di
rugby” “E tu ricordati che Jimmy quest’estate
l’ha pestato a sangue” fece una faccia compiaciuta e mi
poggiò per terra: eravamo arrivati.
“Nessie, mi devi una birra” “Ci sto, sono stata comoda. Bravo Haner”
In infermeria mi fermarono l’emorragia e mi diedero un lecca
lecca. Per par codicio, l’infermiera lo diede anche ad Haner.
“Ok, adesso tornate in classe” disse apprensiva la cara
Sweetheart.
“Perché non passi da Matt con quella riccia…
Stacey?” disse giocherellando col chupa chups in bocca, le mani
in tasca “Perché dobbiamo sistemare casa sua e
perché non voglio averti fra i piedi” dissi tranquilla
tirando fuori il dolciume e osservando la sua colorazione rossa
brillante.
“Uff…. nemmeno io ho tanta voglia di starmene al garage a
sentire i MPA” “Bee, ma tu mica conosci un certo Zacky
Vengeance?” “Più che altro di vista. E’ il
chitarrista dei MPA ed è un tipo davvero strano”
“Cazzo se lo dici tu deve essere sul serio fuori di testa sto
ragazzo” mi diede uno schiaffetto su un braccio e io gli diedi
una spallata che gli fece deviare la traiettoria perfettamente diritta
del vialetto.
“Ehi, saltiamo quest’ora?” propose lui ammiccando
“Hai le sigarette?” “Certo” Ovvio, che domande
stupide che facevo. “Ok, andiamocene nel cortile est”
Il cortile est era l’ex unico cortile che poi era stato
abbandonato quando ne avevano fatti in quantità industriale un
po’ in tutta la struttura. Il cortile est era un posto che non si
cagava nessuno e che in pochi conoscevano perché separato dal
campus da una rete coperta da una siepe che, in un punto nascosto da
alberi e rami della siepe, Jimmy aveva bucato con un paio di tenaglie
in modo da farne un’apertura abbastanza larga per far passare
anche tutto il suo metro e novantatre e quando saltavamo qualche ora
andavamo a rintanarci lì.
Mi stesi sul vecchio tavolo di legno, lì abbandonato e Brian si stese sulla panca messa di fianco al tavolo.
Chissà per quale strano motivo, quando eravamo soli noi due,
(quasi) smettevamo di prenderci per culo e stuzzicarci in continuazione.
“Dai Bri, passa una Marlboro” sbruffò e mi passò una sigaretta, già accesa.
“Allora, Haner, come ti va la vita?” “Bah, tutto
normale. A te?” “Alla grande: ho un bel po’ di amici
simpatici, una mia grande amica si è appena trasferita nella mia
stessa città e non trovo uno schifo di ragazzo da agosto. Tutto
perfetto direi” “Jimmy ucciderebbe chiunque si avvicinasse
troppo a te” “Uh, fin ora si sono sempre salvati tutti dal
mirino del Reverendo” rise soddisfatto.
“Quanti anni sono che ci conosciamo noi due?” Sbottò
Haner dopo un po’. Dovetti pensarci un po’, prima di
rispondere con chiarezza.
“Uhm….. dalla recita il primo anno delle elementari per me
e il secondo per te, giusto? Quando misero me a fare la bella
addormentata e te il principe” “Cristo è vero. Sai
che mia madre tiene ancora in bella mostra la foto di noi due e di quel
bacio che mi costò la mano di Margot?” “Cristo
Margot! Provò a picchiarmi. Da quella recita sono ufficialmente
diventata un maschiaccio e credo sia colpa tua” dissi sedendomi a
gambe incrociate, sempre sul tavolo.
“Ehi, io ti ho dato il tuo -e mio- primo bacio!” disse
tirandosi su a sedere sulla panca “No idiota, il primo bacio me
l’ha dato Jimmy una sera nel cortile del nostro condominio”
“Perché?” “Perché era San Valentino.
Si, grande storia d’amore, durò dalla merenda fino
all’ora di cena a quel punto decidemmo che eravamo troppo amici
per fare i fidanzati” rise divertito.
“Ehi! Jimmy era davvero un bel bimbo. Molto biondo e
sorridente” dissi in difesa del mio vicino/fratello acquisito
“Anche io ero molto biondo e sorridente” “Vuoi
mettere il fascino di un bel paio di occhi azzurri?” “E tu
vuoi mettere il fascino di un bel paio di occhioni scuri?”
“Ce li ho anche io quelli” scrollò le spalle.
“Sulle altre ragazze funzionano” “Io non sono mica le
altre ragazze” dissi alzando il mento, orgogliosa. Sgranò
gli occhi e mi guardò come se avessi svelato la formula della
coca cola.
“Cazzo, vuoi dire che sei una ragazza?!” “Se fossi
stato qualcun altro ti avrei proposto di controllare, ma piuttosto che
dartela faccio la zitella acida” sorrise divertito.
Deeeeeeeeh
Aggiorno subito, visto? V.v
Sono brava, dai v.v
Non mi viene da dire
granchè, tranne che cominciano a vedersi un po’ tutti i
personaggi (e Val al liceo era bruuuuna) e che mi sto rompendo per
questo aggiorno v.v
Ma voi sapete mica se Val ha partorito? Io aspetto ancora questo pargolo armato di rubber ducky blu v.v
Vabbè, me la lasciate
una recensioncina piccina picciò? *fa la faccia da cucciolo o
piazza davanti qualsiasi sevenfold voi preferiate*
Dai, lo so che ci siete, belve! V.v suvvia, non siate timidi!
(se siete timidi la cancello e.e no, vabbè scherzo)
Dichiamo amore a _diable_ che è una ragazza fantastica, anche se senza volto v.v
E boh, bye bye =3
The Cactus Incident (Diamine, stavo per firmare col mio vero nome….)
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Capitolo 3 *** Chapter 2 ***
Sch chapter 3
Margaret P.O.V.
“Allora? Oggi andiamo al garage di questo fantomatico
Matt?” chiese Stacey mentre uscivamo da scuola. “Nah,
lascia perdere. C’è solo un sacco di caciara e un
po’ di birra. Hai voglia di fare qualcosa?” “Si,
biscotti” “Ok, allora andiamo a fare la spesa e poi andiamo
a casa mia a farli. Ricordi la ricetta a memoria?” “Si,
tranquilla. Sono proprio semplici”
Dopo esser passate per un minimarket vicino casa mia, occupammo la mia
cucina e ci mettemmo all’opera per preparare biscotti al
cioccolato con il cuore morbido e scioglievole.
“Allora, prima che cominciamo mettiamo in chiaro una cosa: io
sono una mezza sega in cucina” “Sai sciogliere il
burro?” “Si” “Sai pesare zucchero e
farina?” “Si” “Sai rompere un uovo?”
“Si” “Sai accendere il forno?” “Si”
“Ok, allora puoi fare questi biscotti”
Cosa assurda: ci stavamo riuscendo. Erano nel forno a cuocere, il
profumo era eccezionale e io stavo accucciata davanti al forno a vedere
le nostre creazioni che crescevano, mentre Stacey chiudeva farina e
zucchero.
“Meggie dove và sta roba?” “Mensola a
destra” Buttai il burro in frigo e misi la cioccolata nella
credenza vicino al frigo. “Ok, vado a lavarmi le mani in
bagno” disse lei “Ti ricordi dov’è?”
“Si, tranquilla” “Perfetto”
Tornai a fissare quei tesori, quando si spalancò la porta.
“Non dirmi che hai imparato a cucinare?” Disse Jimmy, addentrandosi per casa mia come nulla fosse.
Ci eravamo abituati, era come se i nostri appartamenti fossero uno
solo: entravamo in casa dell’altro senza nemmeno bussare.
“Direi proprio di no, ma Sty è in grado e io ho fatto da
assistente sciogliburro- pesafarina”
“Permesso….” Matt Sanders, decisamente più
educato di noi due, si fece un minimo di scrupoli.
“Shad! Entra senza dire stronzate! Fra due minuti sono
pronti” gli dissi sorridendo e lui scrollò la testa
ridendo.
Il timer suonò e spensi il forno. Aprii e misi i guantoni per
tirare fuori le due teglie. Le poggiai sulla cucina per farle
raffreddare e misi lo zucchero a velo.
Matt e Jimmy, seduti sugli sgabelli del bancone della cucina,
già si leccavano i baffi “Se non volete ustionarvi vi
conviene aspettare” disse Stacey tornando dal bagno e Matt si
voltò a guardarla.
Avete presente quelle scene da film di quarta categoria, dolciastre e melense da far venire il diabete pure a Rambo?
Ecco, io e Jim eravamo spettatori silenziosi di una di queste.
Si guardarono negli occhi e i loro sguardi rimasero incastrati. Dalla
mia posizione vedevo entrambi di profilo, mentre Stacey avanzava. Matt
si era improvvisamente alzato in piedi e la guardava, quasi serio, un
leggero sorriso accennato solo sulle labbra e gli occhi che brillavano
come non avevo mai visto in anni di conoscenza e amicizia, nemmeno con
Valary che era la sua ragazza.
“Ma che diamine…?” bofonchiò Jimmy e i due
sembrarono riscuotersi dallo stato di trance in cui erano finiti.
“Matt, Stacey. Stacey, Matt” dissi prendendo il primo
biscotto e constatando che era semplicemente eccezionale. Continuai a
tenere d’occhio quei due e Jimmy fece lo stesso. A stento si
rivolgevano qualche parola, entrambi troppo imbarazzati, ma vedevo i
loro sguardi cercarsi venire in contatto e rimanere come fulminati. Ma
Cristo Santo. Erano da diabete, porca puttana.
Guardai Jimmy interrogativa e lui aveva una faccia decisamente preoccupata.
Sapevo bene che nella testa di entrambi riecheggiava la stessa domanda: Adesso chi lo dice a Val?
Stacey P.O.V.
“Ti assicuro che non c’è niente” “Cazzo,
quello non mi sembrava per niente un niente” disse Meg buttandosi
sul divano e osservandomi mentre sgranocchiava biscotti.
Sospirai e mi buttai sul divano, tanto valeva dirglielo.
“Sono rimasta…. abbagliata, scioccata, folgorata. Non so,
non mi è mai capitato prima! Quando ho incrociato il suo sguardo
non ho capito niente più, non esisteva niente più che
avesse bisogno di essere capito” Meggie si massaggiò la
faccia a disagio.
“Ehi, è così terribile?” chiesi tranquilla e
sognate “Sty….. Matt è fidanzato” Olè,
sganciata la bomba. Colpita e affondata.
“Ah…” “Con Val” secondo colpo mandato a segno “Aaah!!” presi un respiro e la guardai.
“Cazzo” “Già”
“Io non…” cominciò preoccupata, ma la
interruppi “Ehi tranquilla. Tanto è stato solo uno
sguardo, no? passerà” fece una mezza smorfia.
“Sicura?” annuii prima di dire “Per niente” e
affondare la faccia in un cuscino. Gattonò sul divano e
poggiò il mento sulla mia testa, cominciando a carezzarla.
Abbracciai il cuscino che fino a poco prima mi soffocava e sbruffai.
“Però che palle….” bofonchiai
“Già… i migliori sono sempre impegnati” disse
con fare simil profetico.
“Ci andiamo a fa na birra?” propose dopo un po’
“E vai và” feci io, alzandomi “Porto i
biscotti” disse lei e scoppiai a ridere.
Mi offrì e il braccio e a braccetto arrivammo fino al primo
locale, prendemmo un paio di birre e andammo a fare il nostro spuntino
sulla spiaggia.
“Sai che sei davvero una cuoca eccezionale? Io brucio pure
l’acqua” commentò addentando l’ennesimo
biscotto “Addirittura? Cucini talmente male da andare contro le
leggi della fisica?” mi fece una smorfia e sorrisi “Era per
dire” “Sarà” dissi divertita, mentre osservavo
il mare davanti a me.
“Ok, oggi andiamo al garage di Matt” Annunciò Meg
mentre uscivamo da scuola. Era una settimana che andavo a scuola e ogni
santissimo giorno, almeno tre o quattro degli amici di Meg e che pian
piano stavo conoscendo si fermavano a chiederle ‘Ma oggi vieni da
Matt?’
Che cazzo era? Un Bar?
“Ma cosa avrebbe di speciale questo garage?” “Mah,
è la sala prove di un po’ di persone. C’è
sempre la birra e persone simpatiche. E’ dannatamente piccolo, ma
ha uno spiazzo davanti, quindi si piazzano tutti lì, tranne quei
pochi che entrano sul divano o sulle poche sedie dentro mentre Matt e
gli altri suonano. Se ci sono i MPA, ce la diamo a gambe levate”
“Perché?” “Conosco il batterista: uno stronzo
che mi odia, ma che sa troppe cose che non dovrebbe sapere”
Le sopracciglia arrivarono all’attaccatura dei capelli.
Che la mia amica abbia un passato losco da tenere fuori dalla sua vita?
“No Sty, non stavo nella mafia, se te lo stai chiedendo, ma lui
sa delle cose della mia famiglia e si diverte a spiattellarle in
giro” “Ah… ok”
Sinceramente? Ero un tantino emozionata.
Non chissà quanto, ma restava il fatto che ero sulla buona
strada per partire per la tangente e la mia tangente aveva dei dolci
occhi verdi, le fossette e un piercing al labbro.
Dopo una fermata a casa mia e una alla sua, Meg si mise a implorare un
po’ Jim che alla fine ci accompagnò con la sua vettura (se
così si poteva chiamare quella bara con le ruote) e andammo al
fantomatico garage.
Casa Sanders era una delle infinite villette bianche e tutte uguali che
riempivano i quartieri borghesi di Huntington, con giardino e un grande
garage il cui portellone era aperto e dove c’erano poco meno di
una decina di persone.
Jim parcheggiò sul lato opposto della strada e quando
attraversammo la strada, Matt ci venne incontro con un grosso sorriso
che fece rischiare la vita a un gatto che aveva incrociato il mio
cammino.
Figura di merda N.1, andata.
Al fianco di Matt apparì Haner tutto urlante che cominciò a dire qualcosa in direzione di Meg.
“Oh, la mia Nessie! Cominciavi a mancarmi” “Tu no,
Haner, chissà come mai” e lì cominciarono a
battibeccarsi come sempre. Jim diede una pacca sulla spalla di Matt e
poi avanzò verso il garage dicendo qualcosa tipo “Datemi
una fottutissima birra prima che non vi smutandi uno dopo
l’altro!”
Matt mi guardò con un leggero sorriso imbarazzato.
“Alla fine sei venuta” “Si…” “Dai,
vieni” si voltò e io lo seguii nel fantomatico Garage.
Alla fine era un garage, solo che infondo c’era una batteria,
parecchi amplificatori, un paio di microfoni, qualche chitarra, una
spaventosa quantità di poster su tutte le pareti che potrebbe
far soffrire seriamente un claustrofobico e un divanetto blu
semidistrutto su cui stavano sedute decisamente più persone di
quante quell’affare potesse sopportare.
Mi buttai di fianco alla batteria, su un puff che minacciava di
smontarsi sotto il peso di chiunque e rimasi a guardare quella banda
che faceva cretinate e simili, fin quando Jim non mi si parò
davanti.
“Tu suoni la batteria, vero?” e adesso che voleva?
“S-si…..” Sul suo viso si aprì un sorriso
spaventoso.
“Bene! Che ne dici di una jam io e te?” “Uhm….
ok, ma non ho le bacchette” “Ho un paio in più”
Merda. Afferrai le bacchette che mi porgeva e dopo un respiro profondo mi guardai attorno.
“Mi dai un charleston e una grancassa? Ah, magari pure quella grata di metallo lì e quella cassetta di legno”
Ed ecco a voi una pseudo batteria!
Integrando una batteria vera con due grancasse con altri oggetti
recuperati (fra cui anche il casco di un motorino e un carburatore)
cominciai a creare un tempo interessante e Jim mi stette dietro.
Lo sentivo ridere divertito e dopo qualche risatina acceleravo e
modificavo bruscamente il tempo, mandandolo in una leggera confusione
per qualche secondo, ma poi si riprendeva in modo egregio.
“Dai, non sai fare di meglio?” mi stuzzicò lui. Lo
guardai malissimo, prima di accelerare e attaccare a fare dei
sedicesimi così puliti e perfetti che lui si fermò per
osservarmi meglio mentre suonavo. Anche Haner e un tipo altissimo con
un basso appeso al collo si fermarono dalle loro prove e rimasero a
guardarmi.
Ok, ero un tantino imbarazzata, ma fanculo.
Dopo il mio spaventoso assolo che fece accapponare la pelle a parecchi
dei presenti, alzai la testa (e le bacchette) e presi il mio meritato
applauso.
Mi tirai indietro i capelli che in parte mi erano ricaduti sul viso e
trovai Matt in prima fila che mi guardava stupito e allegro, Val, poco
distante mi mise una mano su una spalla.
“Wow Sty, sei davvero una forza” mi grattai distrattamente la testa “Beh, grazie…”
Modestia a parte, ero in gran forma.
“Beh, se Jim fa lo stronzo sappiamo già a chi
riferirci!” Fece Matt divertito, sorridendomi sincero e io
sorrisi imbarazzata.
“Nah vabbè, io sono solo da jam, non ho mai avuto una band” Matt sgranò gli occhi.
“Oh davvero? E’ un peccato, sei un portento”
“Eh vabbè, se mai capiterà
l’occasione….” E lasciai la mia postazione dietro
alla pseudo batteria, tornando sul mio puff. Davanti ai miei piedi si
sedette Meg e che mi offrì il pugno da battere e si
complimentò anch’essa.
Dopo poco l’attenzione si focalizzò su ben altro e io
tornai ad ascoltare e ridere delle stronzate che dicevano Jim, Matt, il
bassista altissimo (anche noto come Justin Sane) e un po’ tutti i
presenti. Quel posto ti ispirava stronzate, ammettiamolo.
Stavo osservando un tipo con la cresta verde fare un groal spaventoso quando nel garage entrò un cane.
Il mio cane.
“Jack!” mi alzai dal divanetto e mi avvicinai al mio cane.
Mi inginocchiai davanti a lui e mi riconobbe, provando a leccarmi la faccia e facendomi le feste.
“No Jack, a cuccia, a cuccia Jack!” Gli presi la testa fra le mani e lo guardai.
Era grosso e biondiccio, un incrocio fra un Hasky e
qualcos’altro. L’avevano abbandonato poco lontano da casa
mia quando vivevo ad Orlando e da allora era mio. Aveva gli occhi
gialli e un orecchio probabilmente atrofizzato che non si muoveva mai,
una grossa coda da lupo ed una faccia da cuccioline.
Era il cane più dolce che esistesse, un po’ avventuriero visto che spesso scappava, ma alla fine tornava sempre.
“Che ci fai qua tu, eh? Come ci sei arrivato? Ohh ma quanto mi sei mancato”
Si, mi stavo rendendo ridicola davanti a una quantità di gente
spaventosa, ma poco importava, tenevo più al mio cane che a loro.
Meg si avvicinò anche lei.
“Mio Dio sei bellissimo! E’ questo il cane che era
scappato?” “Si, finalmente è tornato, fa sempre
così quando ci trasferiamo” “Probabilmente era da
queste parti e ha sentito il tuo odore” Fece Matt accovacciandosi
e osservando il cane.
“Morde?” “No tranquillo, è dolcissimo”
Gli mise la mano in testa facendogli dei grattini dietro
l’orecchio e Jack cominciò ad accovacciarsi sulla sua
mano, con gli occhi socchiusi.
“Beh, gli stai decisamente simpatico” feci io osservando l’espressione compiaciuto di Matt.
“Oh, è davvero bellissimo… come si chiama?”chiese ancora il ragazzone tutto fossette e muscoli.
“Jack” dissi io tranquilla, osservandolo mentre coccolava il mio cane.
Mio Dio… come faceva a essere così… così… perfetto?
Quel ragazzo non era umano, diamine. Aveva un solo difetto: era fidanzato.
Emisi un triste sospiro mentale e tornai a giocare col cane.
“Beh, io devo riaccompagnarlo a casa prima che scappi di
nuovo” dissi tirandomi sopra e afferrandolo per il collare. Matt
si rimise in piedi e mi guardò.
“Se vuoi posso accompagnarti io col furgone di mio padre”
“Lo faresti davvero?” feci guardandolo adorante. Casa
mia-casa di Matt non era esattamente poco.
“Certo! Nessun problema” fece sorridendo e facendo sporgere quel dannato labbro decorato dal piercing.
Mi sistemai i capelli dietro l’orecchio e sorrisi.
“Perfetto!” Matt si voltò verso il resto della combriccola.
“Beh, non distruggetemi la casa. Jim tienili a bada tu”
“Sarà fatto, bellezza” “Chiamami di nuovo
così e per sederti avrai bisogno della ciambella” fece
Shadows per niente divertito mentre recuperava le chiavi del furgone e
usciva dal garage passando per la casa.
Io mi spostai sul vialetto con ancora Jack stretto per il collare e aspettai che Matt uscisse.
Salutai un po’ tutti e poi feci salire il mio cane sul retro del furgone del padre di Matt.
“Grazie tante, Matt, ma quel cane è uno stronzo” rise distrattamente mentre si sedeva al posto di guida.
“Sai, si dice che gli animali sono uguali ai padroni” inarcai un sopracciglio e lo guardai, divertita.
“Mi stai dando della stronza?” “Oh no!
Assolutamente!” fece scusandosi repentinamente e poi sorrise
“Io mi preoccuperei più di un eventuale cane di
Haner” “Bah, no credo che in un solo cane possano
concentrarsi tutti i difetti di quel ragazzo” rise distrattamente.
“Lo conosci da poco, ma hai già capito che tipo è,
vero?” “Non ci vuole granché per capirlo. Solo Meg e
Jimmy possono sopportarlo senza arrivare all’esaurimento”
“Probabilmente perché sono talmente andati anche loro che
ormai non fa più tanta differenza” “Si, ormai quei
tre sono tutti uguali, si sopportano per inerzia. Ma si conoscono da
molto?” “Da che io conosco Jim, c’è sempre
stata Meg e attorno a Meg Brian. Jim e Bri si sono conosciuti grazie a
lei e sono diventati migliori amici. Dove devo svoltare?” fece
lui senza staccare gli occhi da sopra la strada. Controllai dove
fossimo e feci mente locale. Non ho questo grande senso
dell’orientamento.
“A destra e poi di nuovo a destra” “Oh, non abiti
esattamente vicino…” “Per niente, in effetti,
dall’altro lato della parte residenziale. Comunque, dicevi?
Grazie a Meg si conoscono quei due?” “Si, Jim e Meg sono
praticamente nati insieme, mentre Meg e Haner si conoscono per via dei
genitori. In verità hanno sempre avuto a che fare, ma hanno
cominciato a rivolgersi la parola solo in età scolare, se non
sbaglio. Non so è sempre difficile capire come stanno le cose
perchè in base a chi ascolti ti racconterà una cosa
diversa e pretenderà di avere ragione” Sorrisi divertita.
“Vabbè, una causa persa, in pratica… Mi ha detto
Meg che hai una band” “Due in verità, i Successful
Failure in cui sono il bassista e i Mad Porno Action in cui
canto” “Mi piacerebbe venire a vedervi, qualche
volta” scrollò le spalle.
“Appena c’è qualche live in programma ti faccio
sapere, ok?” “Va bene…” “Hai mai
ascoltato la band di Jim e Brian?” “Hanno una band?”
“Si, i Pinkly Smooth, sono loro e altri due ragazzi di
un’altra band, ma meritano. Oh se meritano!”
“Wow….. non ne sapevo niente” “Non si sono mai
esibiti, ma io li ho sentiti spesso provare a casa mia e sono
grandi” Matt si guardò un po’ attorno .
“Sicura di vivere qui? Dov’è che devo andare
adesso?” “Uhm…” mi guardai attorno, ma non
trovai nessun punto che conoscevo.
Anzi, in effetti mi sembrava la prima volta che finivo in quel lato della città.
Sinceramente non era proprio un bel quartiere, tutt’altro. Era sporco e vecchio, come semi abbandonato.
“Ehm, non ne ho la più pallida idea” Matt
scoppiò a ridere e spinse la testa indietro contro il
poggiatesta.
Oh, che carino quando ride……. Pensai mentre lo guardavo come una cogliona e nervosamente mi mordevo il labbro.
“Perfetto…. dimmi un po’ il tuo indirizzo”
Dopo aver recitato a memoria il mio nuovo indirizzo, Matt
scoppiò a ridere.
“Cara la mia Miss Floor, siamo dall’esatto lato opposto della città rispetto a casa sua”
Rimasi di sasso. Bella figura di merda.
“Ah” “Eh si” “Uhm… bene!”
“Bene un corno, sono a secco” rispose ridendo e io
aggrottai le sopracciglia.
“Che c’è di divertente?” “Che la
prossima pompa di benzina è a due chilometri e di qui non passa
mai un’anima, mettici pure che io sembro un avanzo di galera,
possiamo anche schiattare qui”
“Io ho un cellulare” feci trionfante e il suo sorriso
divenne ancora più sarcastico, accompagnato da un sopracciglio
inarcato.
“Ah si?” Fece sarcastico poggiando la testa sul pugno, il gomito puntato sullo sterzo.
“Eh si” estrassi il cellulare dalla tasca e capii perché Matt se la rideva.
“Merda, non prende” “Uhm, una novità”
fece ironico. Lo fulminai con lo sguardo e mi sorrise, mostrando quelle
fantastiche fossette.
“Sembri quasi felice del fatto che siamo bloccati qui”
azzardai osservandolo. “Oh non lo sono, ma preferisco ridere
sulle cose piuttosto che incazzarmi. Sto imparando a
controllarmi” “Controllarti?” E chi era? Hulk?
“Si, problemi di gestione della rabbia…. diciamo che mi
hanno cacciato da due scuole perchè ero un tantino…..
irrequieto” Sorrisi divertita. Era sempre interessante sentire le
storie degli altri… E magari evitare di raccontare la mia.
“Che hai combinato?” feci sorridendogli complice e divertita. Scrollò distrattamente le spalle.
“Bah, risse e qualcosa di peggio” “Tipo?”
“Tipo che te lo racconterò quando sarai maggiorenne, uhm?
Adesso vediamo di trovare un modo per tornare nella parte
civilizzata” e scese dal furgone.
Io feci lo stesso e lo osservai mentre si grattava distrattamente la nuca.
“Ok, li c’è un bar che conosco, andiamo là
così chiamiamo Jim e ci facciamo portare un po’ di
benzina” annuii e lo seguii mentre si dirigeva verso un bar
tutt’altro che bello.
Un’insegna al neon fatiscente e semi fulminata informava la
gentile clientela che quella topaia riuscita male si chiamava
“Crime Pepper”, ma sfortunatamente non diceva niente a
proposito della puzza di rancido che quasi mi stese quando attraversai
la porta.
“Stammi vicino, ok?” disse distrattamente Matt mentre
puntava al bancone. Salutò amichevolmente il brutto ceffo al bar
e poi chiese se poteva usare il telefono.
Dopo di ché ci spostammo sul retro e Matt chiamò Jimmy.
Io mi guardavo distrattamente attorno con buona parte del locale che ci
fissava. Ma che bel posticino….
Matt finì di parlare con Jim, prese una busta di carta dal tipo
dietro al bancone e gli mollò un paio di banconote che non
distinsi in mano. Che cazzo gli aveva dato?
Mentre mi facevo i peggiori filmini sul contenuto della busta, uscimmo
da quel posto orribile per andare a sederci nel cassone del furgone,
abbassando il portellone di dietro e lasciando le gambe penzoloni.
Jack si strusciava sulla mia schiena, riducendo la mia felpa ad un
maglione di cane e Matt aprì la misteriosa busta di carta.
“Tieni, offro io” disse distrattamente lui, mostrandomi un
leggero sorriso e porgendomi la busta di carta, aperta. Pensai
seriamente di essere un’idiota quando in mano mi trovai una
bottiglia di Heineken.
“Diamine, non lo il moschettone… e nemmeno
l’accendino” bofonchiò Matt scocciato non sapendo
come aprire la birra e io schioccai la lingua.
“Ti faccio vedere io come si fa” Saltai in piedi e mi
avvicinai al davanzale della finestra di una casa abbandonata. Poggiai
il collo della bottiglia proprio sul pezzo di marmo che sporgeva dal
davanzale, nel punto in cui il tappo era fissato all’apertura.
Con un colpo secco del palmo sul tappo, questi schizzò via e la
bottiglia fu aperta. Mi voltai verso Matt che mi aveva seguito e gli
porsi la birra aperta, ricevendo quella ancora chiusa.
“Wow…. meglio così che con i denti”
“Direi di si” feci soddisfatta aprendo anche l’altra
birra e prendendone un sorso.
Dopodichè andammo di nuovo a sederci sul retro del furgone, con
Jack dietro che rompeva dolcemente i coglioni ad entrambi.
Rimanemmo quindi a parlare distrattamente un bel po’,
perchè posso assicurarvi che Jim se la prese con tutta la calma
di questo mondo e ridemmo e scherzammo su tutto quello che capitava.
“Qualche volta potremmo suonare insieme, non sarebbe male”
Propose lui “Si, una jam Bateria-basso” “Oh comunque
io suono anche chitarra e pianoforte… e in effetti anche
la batteria”
Alzai le sopracciglia, sorpresa e sorrisi.
“Nient’altro? Io oltre alla batteria mi diletto col
citofono… per non parlare delle maracas, con quelle sono un vero
portento” Le mie cazzate lo fecero ridere e mentre sghignazzava
parlai ancora.
“Qualche volta mi piacerebbe sentirti cantare” annuì
distrattamente “Di certo ce ne sarà occasione, appena
c’è un concerto con i MPA te lo dico” “Siete
chiassosi?” “Una cifra” “Perfetto! Proprio il
mio genere!” feci sorridendo e lui sorrise a sua volta.
“Fino a mezz’ora fa ero convinto fossi timida”
“Ma difatti fino a mezz’ora fa ero timida, ma per evitare
di annoiarmi tendo a strafare e questi sono i risultati”
“Potresti farlo più spesso, sai?” “Oh
beh… vedrò di non mancare….” Dopo essermi
guardata un po’ attorno e aver lasciato qualche carezza sulla
testa di Jack che mi stava sul grembo parlai ancora.
“Pure tu sembri distrattamente timido” “Oh, ma lo sono” fece lui ovvio e io feci una smorfia.
“Timido che si esibisce…. non ha molto senso”
“Tendo ad essere timido quando non conosco la persona con cui sto
parlando e non so cosa aspettarmi” “Oh, capisco… un
po’ come tutti in pratica” “Tranne Jim e Haner”
risi distrattamente.
“Giusto, Jim ti tratta da subito come se ti conoscesse da una
vita e Brian continuerà a guardarti schifato anche fra
vent’anni, quindi non ci sono speranze” rise “Si, hai
decisamente colto nel segno”
“Stavamo tranquillamente discutendo di quanto potesse essere
grande l’ego di quel chitarrista ossigenato quando la carretta
del 15-18 che Jim si ostinava a guidare ci arrivò davanti
strombazzando all’impazzata.
“I soccorsi sono arrivati dolcezza!” urlò Jim
mettendo la testa fuori dal finestrino e noi saltammo giù dal
cassone.
Matt si avvicinò e afferrò la latta che Jim sporgeva fuori da finestrino, insieme alla testa.
“Grazie amico, ti devo un favore” “Uno dei tanti,
bro, ma altrimenti gli amici che ci stanno a fare?”
“Già, mi pare giusto” disse Matt distrattamente,
mentre si avvicinava alla bocchetta del serbatoio.
Dopo un saluto, Jim se ne tornò da dov’era venuto e noi tre (ehi, ricordatevi di Jack) ci rimettemmo in viaggio.
“Adesso, se permetti, me la vedo io” fece Matt rimettendo
in moto il furgone e mostrandomi l’ennesimo sorrisone del
pomeriggio. Ma gli stavo simpatica io o era lui ad essere estremamente
sorridente?
Beh, in un modo o nell’altro, Matt che sorrideva era uno spettacolo magnifico.
“Permetto eccome, tranquillo” dissi distrattamente, mentre
vedevo il paesaggio che ci aveva tenuto compagnia per un’oretta
sparire.
“Mi dispiace averti fatto perdere tempo…” Dissi dopo
un po’ e lui scrollò le spalle distrattamente, incurvando
un angolo delle labbra verso l’alto. Ogni volta che sorrideva,
venivano contagiati anche quegli stupendi occhi verdi. Erano delle
macchioline color nocciola quelle che s’intravedevano nelle sue
iridi chiare?
“Figurati, tanto quegli stronzi li vedo tutti i giorni…
quando mi ricapitava di farmi una birra con una natia di Orlando e
imparare come aprire le birra sui davanzali delle finestre?”
“Funziona anche con i gradini e le panchine”
“Vedrò di ricordarmelo” fece buttandomi
distrattamente un’occhiata.
“Come mai in cane si chiama Jack?” chiese dopo un po’
“In onore del Jack Daniel’s” “Oh figo…..
se mi regalano un cane credo che lo chiamerò Jim Bean”
“Perché non Black Label?” “Deciso, lo
chiamerò Heineken” “Ma si parlava di wisky”
“Lo so, ma sai che figo chiamare un cane Heineken? E’ un
nome fantastico!” “Oh si guarda…” feci
scettica e lui fece il broncino.
“Si Matt, è un nome fantastico” e le sue labbra si tirarono su in un sorriso.
Si, così andava meglio.
In una ventina di minuti arrivammo nel mio quartiere e dopo un paio di
indicazioni (questa volta giuste), il furgone Sanders si fermò
davanti casa mia.
“Beh, allora grazie tante, eh” “Figurati. Ci vediamo
domani?”” Domani?” chiesi stranita e lui sorrise,
ancora. Speravo di ricordare ognuno di quei sorrisi, più bello
del precedente. Si, sono già andata al secondo capitolo, non
fateci caso.
“A scuola” Vabbè, sono cogliona. “Oh, si,
certo” feci smuovendo la lunga e folta chioma riccioluta prima di
scendere dal furgone, far scendere Jack e avviarmi sul vialetto di
casa, mentre salutavo Matt con una mano, mentre se ne andava dopo una
breve strombazzata.
Dopo aver avvertito i miei genitori del ritorno di Jack e aver
assistito a mia madre che sgridava il cane, lo sistemai nella sua
cuccia sotto la veranda ed entrai in casa per cenare anche se davanti
agli occhi continuavano ad apparirmi quei fantastici occhi verdi.
Vabbè, sono fottuta.
E quindi! :D
Sono qui di nuovo v.V
Mi mancavate, che ve devo dì v.v
Dai, aggiorno in fretta, no? :D (neh, ho i primi sei
capitoli già conclusi e sistemati v.v è DOPO che viene il bello!)
Beh, altra foto! :D
Credo che il tipo fra Matt e Zack sia Justin Sane (il primissimo bassista dei sevenfold). Se
così non è ditemelo voi, perchè ormai nella mia mente il tipo ha quella faccia
v.v Ancor auna foto in cui Brian fa cagare :’)
https://p.twimg.com/AwVLATSCIAAXhd3.jpg
Beh, si ringraziano la mia semi-omonima Rebs Destroyer
Cactus e Danyel per aver recensito lo scorso capitolo v.v
E bah, tanti baci a tutti! :D
Alla prossima v.v
The Cactus Incident
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Capitolo 4 *** Chapter 3 ***
sch chapter 3
Stacey P.O.V.
“E fermati un attimo!" "Sti cazzi! non ci penso proprio!" "Tanto non puoi correre all'infinito, stronzo!"
Ok, ora di pranzo, solite cazzate fra Jimmy e Justin.
Jimmy si ostinava a rincorrere il bassista suo amico per issarlo su una
spalla come al solito, mentre il resto dell'allegra combriccola stava
un tantino più tranquilla (se non facciamo caso ai soliti
battibecchi di Haner e Meg, certo), mangiando in modo più o meno
civile.
C'era anche quella noia assurda di Michelle che non faceva altro che
ridere a qualsiasi stronzata dicesse Brian, divertente e non che fosse.
Talmente gatta morta, che era andata in decomposizione. Mi chiedevo
come diamine avessero fatto a sopportarla per tipo due anni.
Verso metà pausa pranzo, Val si ricordò che mancava meno di una settimana a Halloween.
"Ehi! Ma che si fa il 31?" "Si beve!" statuì il chitarrista convinto.
"Grazie Bri, capitan ovvio" commentò caustico Matt.
Il chitarrista biondiccio scrollò le spalle "Figurarti".
"Ok, oltre a bere? Facciamo una festa?" Continuò l'unica diBenedetto degna di nota.
"Si, ma dove?" il chitarrista "Bah, io direi o in culo alla luna o a casa di Johnny" ecco, le solite uscite di Jimmy.
"Che ne dite del lato nord del molo?" propose molto più intelligentemente Matt.
"Lato nord? Quale sarebbe?" Bastava parlare di feste e improvvisamente tirare i capelli a Brian perdeva interesse per Meggie.
"Si, dove abbiamo festeggiato il compleanno di Jim due anni fa" specificò M. Shadows.
"Ah......wow" emise scocciata la mia amica, arricciando il naso.
"Come 'Ah... wow'? Che c'è di sbagliato nel vecchio molo?" chiese Brian
"Beh, è il molo: se finisco in acqua come l'ultima volta chimi
recupera?" "Io, come l'ultima volta" disse Brian con un mezzo sorriso
ebete e mi sembrò di sentire la mascella di Mich scricchiolare.
"Non mi piace esserti debitrice, Haner" "Lo so, per questo continuo" ed
ecco per l'ennesima volta l'insopportabile risata di Michelle. Ahiiiii
che palle!
"Ok, andata: vada per il vecchio molo" esclamò soddisfatto Jim e Meg sbruffò.
"In maschera, si?" "Naturale!" "Ovvio!" "Uff......" "Yee...." "Figo!" "Seh, vabbè.." "*Rutto*"
La mia risposta (ovvero l'ultima) si meritò un applauso da parte di (quasi) tutti i presenti.
“Ok, festa al molo, vedete di esserci tutti, di mascherarvi,
d'invitare un pò di gente e di fargli portare alcolici”
Margaret P.O.V.
“Fanculo! che cazzo mi metto?” Sbruffai nella cornetta del
telefono, sperando che la mia amica potesse aiutarmi. “Non lo so
Meg, una stronzata qualsiasi” “Eeeeh cazzo Val! Seriamente"
“Vestiti da Jimmy" "Questo sarebbe il tuo concetto di
seriamente?"
Ero a telefono con Val, a casa di Sty che aveva le idee decisamente
più chiare di me. Jack, l’adorabile cane di Sty,
gironzolava per la camera abbaiando e non contribuiva di certo.
"Vabbè, vedrò che combinare..... grazie, eh" dissi sarcastica.
"Ahaha! Ci vediamo domani a scuola" chiusi la chiamata e guardai
Stacey, seduta sul letto che sfogliava vecchi libri fantasy Horror,
nella speranza di trovare uno straccio d'idea.
"Allora? che ha detto Val?" chiese la mia amica senza altare la testa dal libro.
“'Vestiti da Jimmy'” dissi scimmiottando malamente la sua voce.
"Uhm" disse (o forse è meglio dire emise) dubbiosa, aggrottando le sopracciglia.
"Già" "Ehi! che ne pensi di questa?" girò il libro verso di me, mostrandomi l'illustrazione della pagina.
"Ehi..... direi di si, cazzo! Ok, abbiamo due giorni per trovare tutto"
''Cazzo solo due giorni! Merda!" "Dai dai! Ce la facciamo!"
***
“Hai visto? ce l'abbiamo fatta” dissi soddisfatta mentre mi osservavo allo specchio.
“Si, certo dopo due giorni a scazzarci per questo fottutissimo costume!'”
“Come sei volgare, cazzo!” “Woah detto da te!”
Avevamo usato uno shampoo colorante e adesso avevo tutti i capelli neri
con due ciocche laterali tinte di bianco (quelle grazie alle
bombolette). Anche se il taglio dell’originale Lady Frankestein
era molto alla Marge Simpson, non eravamo state così fortunate
da trovare una parrucca del genere e quindi avevamo recuperato delle
extension nere per allungare un po’ i miei capelli da applicare
alla attaccatura dei capelli, e avevamo tirato dietro la testa alcune
ciocche per mostrare le due bianche sulle tempie.
Il vestito non fu molto difficile da trovare: una maglietta stretta a
righe bianche e nere orizzontali (il troppo bianco dell’originale
non mi piaceva) e sopra una sorta di tunica bianca che però
avevamo schizzato di colore acrilico rosso in modo da farlo sembrare
sangue fresco.
Era più corta del vestito originale che arrivava fino al
pavimento, mentre a me si fermava poco sopra al ginocchio, sotto un
paio di calze pesanti con la stessa fantasia della maglietta e i miei
immancabili anfibi neri della Dr. Martens sulla cui punta avevo
disegnato tre raggi rossi e due bianchi, stile bandiera Inglese.
Per il trucco avevo schiarito ancora di più il viso con una
sorta di cerone un tantino più naturalistico, le labbra nere, un
grosso strato di matita sugli occhi (un tantino simil Cleopatra). Un
bullone che mi usciva ai lati del collo, qualche cicatrice finta
all’attaccatura della mascella e vicino alle orecchie ed era
fatta.
Stacey aveva uno spettacolare vestito da goth, col corpetto con fibbie
davanti e nastrini rossi sulla schiena. Le braccia erano coperte,
sempre di nero e sempre con delle fibbie e una gonna di tulle nero con
molti strati, alcuni anche col bordo di raso, di diversa lunghezza come
a fare tre o quattro balze diverse. Calze nere e spesse che però
aveva riempito di buchi, lasciando intravedere quelle rosse sotto e un
paio di stivaletti-carrarmati-mattoni della New Rock presi in prestito
dalla sottoscritta.
Aveva anche uno spettacolare mantello nero con la fodera rossa e il
colletto alto, simile alla strega di Biancaneve, i canini finti e dalle
labbra scendeva un rivolo vermiglio che sembrava colare direttamente
dal rosso delle sue labbra, tinte di quel colore e sfumate di nero sui
bordi. Gli occhi pesantemente tinti di nero e il viso pallido,
parecchio somigliante al mio stesso colorito. Unghie sempre di un rosso
acceso.
Fine dei conti: avevamo dei travestimenti eccezionali.
“Vabbe dai, lasciamo stare e muoviamoci” “Si, giusto”
Afferrammo le borse e uscimmo per andare ad importunare il mio vicino
di pianerottolo e chiedergli gentilmente (ricattarlo) un passaggio.
''Ciao Jim... che cazzo ti sei messo addosso?!?"
"Ha parlato.... tu che hai in testa? Una puzzola morta?" a questo punto
Stacey cominciò a ridere rischiando di ingoiare uno dei canini
di plastica.
Jim aveva una tunica di una strana tonalità di rosa antico con
strani motivi semifloreali gialli e bianchi che davano
l’impressione di essere quegli adesivi che s’illuminano al
buio, per bambini.
Solita acconciatura alla ‘Ho infilato le dita nella presa e me ne
vanto’ e il viso truccato come se avesse tirato una testata su
una bandiera. Tutto bianco, con una striscia rossa verticale che dal
centro della fronte arrivava al mento e due strisce orizzontali, una
all’altezza degli occhi e una della bocca.
Una volta arrivati al molo, Jimbo ci guidò fino al capanno dismesso dove si teneva la festa.
"Ma..... WTF?" feci io "Cazzo quello non è Haner?" chiese la vampira al mio fianco.
"Sotto quello strato di cerone e stoffa nera? Si, proprio lui”
''Ma che cazzo s'è messo addosso?'' chiese la riccia ''Sono
semplicemente i nostri costumi di scena.'' ''Woooah!'' facemmo noi in
coro.
Per evitare troppe frecciatine con Haner, io andai ad aiutare Justin e
Dameon con tavoli e casse e Stacey andò ad aiutare i ragazzi con
gli strumenti.
“Allora Meg, come te la passi?” chiese Juss con spostata
sul viso, di lato, una maschera da hokey sporca di sangue finto. Anche
la maglietta bianca che portava sotto la felpa e delle strane e
consunte bende che gli fasciavano polsi e parte delle mani, erano
imbrattate di rosso.
Io e Justin Sane, bassista e pianista davvero talentuoso, che a quanto
mi aveva detto Jimmy li aveva aiutati parecchio nel progetto
“Pinkly Smooth”, l’estate prima eravamo stati insieme
per tipo un paio di mesi.
Niente di ché, era finita perché ci cagavamo meno del
dovuto anche a due amici. Però era simpatico e in fin dei conti
eravamo rimasti in buoni rapporti. In più era motorizzato e
questo era già un bel passo avanti.
“Bah, tutto regolare. Tu?” scrollò distrattamente le
spalle e mi scrutò dal suo metro e novantacinque (si ragazzi,
più alto di Jimmy) facendomi sentire decisamente piccola.
Era questo che mi piaceva, il fatto di sentirmi minuscola vicino a lui,
forse uno strano senso di protezione, non so. “Una festa qua, un
concerto là, ogni tanto a scuola” sorridemmo divertiti.
“Ogni tanto, eh?” “Vabbè, scherzi a parte. Se
non va bene con la musica, credo che prenderò legge”
Rimasi davvero sorpresa. Sapevo che era un ragazzo con la testa a
posto, ma non avrei mai pensato che avrebbe continuato gli studi.
“Davvero?” “Si, così se arrestano Jimmy, almeno saprà a chi rivolgersi” disse divertito.
Dopo il soundceck arrivarono Josh (aka: un tipo) e Anthony (ovvero,
altro tipo) con tutti gli alcolici che avevano recuperato (ed erano
abbastanza) e con una trentina di persone che fecero partire la festa.
Poco dopo arrivarono anche Matt e Val e a quel punto ci rimasi male io
per Sty. Erano una supersorridente e tenebrosa coppia coordinata di
vampiri. Cazzo.
Stavo per andare a cercare Stacey e deviare la sua traiettoria, quando
il concerto dei Pinkly Smooth cominciò e un tipo truccato come
il primo leader dei Misfits mi venne addosso.
“Ma porc….” Mi bloccia perchè rimasi
completamente incastrata in quegli occhi semplicemente stupendi, di una
tonalità di verde così simile allo smeraldo, davvero
stupefacente.
“Ehi Lady Frankestein mi scusi, spero di non averla
importunata” fece lui, mettendo su un tono di voce davvero
strano, Io gli tenni il gioco.
“Oh si figuri Misfits-fan” dissi sorridendo “Che ne
dice di seguire il concerto insieme?” propose quasi subito
“Con immenso piacere”
Dopo poco, dimenticammo quegli scherzosi formalismi e cominciammo a
scatenarci, fra pogo e strani balletti che Jimmy faceva sul palco,
dietro alla tastiera, per non parlare di Haner, che sembrava sotto
effetto di acidi, mentre si dimenava in quella ridicola mise.
Fortunatamente c’era Val, patita della fotografia che non avrebbe
di certo perso occasione per riprendere tutto e ricattarli per tutta
vita natural durante.
Oh, fra dieci anni si sarebbero di certo pentiti di questa stronzata visto che avremmo di certo continuato a prenderli in giro.
Stacey P.O.V.
Stavo osservando la testa elettrizzata di Jimmy muoversi sul palco
ancora buio, quando mi trovai davanti la versione più alta,
muscolosa e sorridente (la versione californiana, in pratica) di
Dracula.
Matt, con un sorriso che scopriva i canini parecchio simili ai miei, mi guardava, porgendomi un bicchiere di carta rossa.
"Oh grazie, Vlad" "Figurati. Bel costume" disse osservandomi "Grazie,
anche il tuo è figo" "Sai, anche Val è vestita da
vampira, ci siamo accordati" disse ingenuamente, forse trovando anche
carina la cosa. Avevo lo stesso costume (o almeno lo stesso
travestimento) della ragazza del ragazzo che mi piaceva.
Ah. Bene. Woah. Che culo.
"Ah.. d-davvero?" "Si, dovrebbe essere da queste parti" Meglio sparire
e alla svelta "Ok Matt, ci si vede eh" "Ehi ma....." e me ne andai,
prima dell'arrivo dell'altra Lady Dracula.
"Ehi Sty! ti sei messa d'accodo con Matt?" "Seward, ficcati un palo del
telegrafo il culo e statti zitto" "Ma che ho fatto?" "Respiri" e lo
liquidai, svuotando in gola il bicchiere e buttandolo per terra.
Mi avvicinai al tavolo degli alcolici e afferrai il mio grande amore.
Jack Daniel's. Buttai via il tappo e prendendo lunghe sorsate cominciai
ad aggirarmi per il capanno, pieno di gente.
Il concerto era già cominciato da un pò e io mi muovevo a
ritmo quasi in un angolo, continuando a bere. Dopo 1/3 della bottiglia
di Jack, non so come, mi ritrovai su uno dei tavoli/ cubi per ballare,
al fianco di una zoccola vestita da diavoletta che limonava con
un’angioletta un tantino svergognata.
Ignorai quelle due, ballando per i cazzi miei. Di certo non avrei mosso
il culo e dimenato tutto il dimenabile come quelle due impegnate in una
lesbo- lap dance.
Non so come, mi ritrovai giù dal tavolo a ballare con Michelle
diBenedetto, davanti al palco. Non mi è per niente chiara la
dinamica di tutto, mi ritrovavo da un lato all’altro del capanno
senza nemmeno rendermene conto tutto girava, era tutto confuso.
L’unica cosa chiara era una voce casuale di qualcuno (che spesso
cambiava) che chiedeva chi fossi e che per risposta riceveva un
“Boh, ma un tipo la chiamava JD, prima”
Ragazzi, ecco a voi la nascita di JD. Una ragazza partita che beve e balla per non pensare.
Margaret P.O.V.
Il concerto non durò molto, difatti dopo una quarantina di
minuti stavano smontando gli strumenti per lasciare spazio solo alla
musica delle casse (sempre nel nostro stile, s’intende: non sia
mai detto che ad una nostra festa salti fuori musica blasfema come pop
o disco).
“Che ne pensi di uscire da qua dentro?” propose Misfits
“Prima andiamo a prendere qualcosa da bere, eh?” ci
dirigemmo al tavolo degli alcolici e dopo aver afferrato tre bottiglie
di birra ciascuno uscimmo nell’aria fresca e pungente del molo.
Forse vi chiederete da dove vengano fuori tutti questi alcolici, ma la
risposta è semplice: rubati! Non so da chi, non so quando, non
so dove, sapevo solo che era questa la loro provenienza.
Ci poggiammo alla parete esterna del capanno in cui si teneva la festa e rimanemmo un po’ lì.
“Però, mica male quei quattro, eh?” chiese lui
“Si, sono in gamba ma è il cantante- tastierista la mente
del gruppo” “Io direi che anche il chitarrista ci mette il
suo” “Bah probabile, ma il chitarrista è un rotto in
culo: levagli la chitarra di mano e lo puoi buttare” “Ahah,
lo conosci?” disse lui, divertito “Si, è un mio
pseudo amico” “Beh, è davvero stupido”
“Perché?” “Conosce te e ti ha solo per amica?
Dev’essere davvero un coglione patentato” disse con fare
ammiccante.
Inarcai le sopracciglia e sorrisi.
“Ci stai tipo provando?” “Forse….”
“Beh, lo nascondi malissimo” “Perché dovrei
nasconderlo?” sorrisi e svuotai il gola una bottiglia.
“Ti và se andiamo a salutarli?” dissi facendo un
cenno della testa al capanno in cui si teneva la festa “No di
certo” “Dai Misfits, andiamo” gli diedi un colpetto
su una spalla e tornammo dentro.
C’era una massa di corpi fasciati nei travestimenti più
strani e impensabili. Parecchia di quella gente la conoscevo e mi
salutavano con dei cenni della testa o con un “Ehi Nessie!”
(tutto merito di quello stronzo di Bee).
Arrivammo fino al retro, dove Jimmy e gli altri ragazzi stavano
sistemando ordinatamente tutti gli strumenti nel solito “furgone
da tour”. Ancora non mi era molto chiaro di chi fosse questo
furgone, eppure saltava fuori ogni volta che c’erano da spostare
strumenti e amplificatori.
“Haner, cosa cazzo sarebbe questo omaggio a Hitler?” dissi
io osservandolo mentre bevevo da una delle bottiglie di birra.
Aveva i colori della bandiera della Germania che gli facevano tre
larghe strisce verticali dalla fronte fin sotto al naso, dove
un’altra striscetta nera e orizzontale ricordava i baffetti di
quell’esaltato tedesco, mentre il resto del viso era tutto
bianco. Indossava un mantello nero con il cappuccio, presumibilmente
senza maglietta visto che s’intravedeva il petto nudo e anche
parecchio sudato. Ai piedi due barche-scarpe da clown che al buio si
erano rivelate fosforescenti.
“E tu? Che cazzo ti sei messa? Un lenzuolo? Ma sulla testa hai
una puzzola morta o cosa?” “No, quella ce l’hai tu
nelle mutande” Misfits al mio fianco scoppiò a ridere e io
sorrisi soddisfatta.
Haner lanciò un occhiataccia al tipo al mio fianco e forse disse
anche qualcosa al ragazzo, ma venni distratta dal bassista dei Pinkly
Smooth.
“Buck?” chiesi incerta guardandolo. Lui sorrise e venne a
salutarmi “Ciao Meg!” “Che diamine ci fai tu
qui?” “Suono, non s’era capito?”
Buck Silverspur era un mio compagno del corso di pittura e per quelle
poche volte che ci avevo parlato non credevo suonasse, che poi suonasse
Avant- garde metal! Ero decisamente sorpresa.
Buck era un tipo tranquillo e abbastanza timido che se ne stava per i
fatti suoi a disegnare senza dare alcun tipo di problema. Spesso
portava magliette di Beatles, Led Zeppelin e Iron Butterfly. Quando
vidi una spilletta dei Guns credevo che quello fosse il suo massimo e
invece…..
“Come sei finito qui?” “Jim me l’ha chiesto e
io non ho rifiutato” “Beh, non sapevo suonassi” si
grattò la testa un tantino imbarazzato “Veramente sarei
anche il cantante dei Ballistico” a quel punto rimasi davvero
sconcertata.
Un paio di volte ero stata a qualche concerto dei Ballistico, una band
locale discretamente nota, ma non avevo mai prestato troppa attenzione.
Alla fine erano serate in cui c’erano loro a suonare, ma
l’attenzione non era focalizzata su di loro, quindi tranne
qualche rapida occhiata (e pensieri sul fatto che il cantante sembrava
completamente fuori di testa per quel poco che si vedeva) non mi ero
mai sprecata più di tanto.
“Quindi tu saresti il famoso El Diablo! Sinceramente non
l’avrei detto” dissi soddisfatta dandogli una pacca su una
spalla e lui scrollò le spalle, forse un tantino in imbarazzo.
“Beh, allora che ti sembra?” chiese orgoglioso “Che
siete una figata assurda, sul serio! Sapevo che Jimmy stava preparando
qualcosa di nuovo, ma non credevo così nuovo! Si sente da un
chilometro che v’ispirate ai Mr. Bungle” dissi convinta
scrutando Jimmy che parlava con Haner e Matt che li aveva raggiunti nel
backstage “Si, colpa di Rathead e poi non potevamo non ispirarci
a loro, sono troppo bravi!” [NB: se non lo sapete, Rathead
sarebbe Jimmy prima di diventare The Reverend Tholomew Plague,
ricordatelo eh]
“Ehi Buck! Cazzo sei davvero un mito!” Toh’, Misfits
conosceva Buck “Grazie Zack. Beh ragazzi, io vado a posare un
paio di cose, ci vediamo dopo, eh?” mi voltai verso Misfits che
adesso stava il mio fianco.
“E quindi ti chiami Zack, eh Misfits” “Zacky
Vengeance, qui per servirla, madame” disse teatralmente facendo
un piccolo cenno della testa.
Ehi, aspetta un attimo.
“Vengeance?” “Si. Perché?” chiese
osservando la mia faccia “Sei mica il chitarrista dei MPA?”
“Uh, la mia fama mi precede” disse convinto bevendo dal
bicchiere di carta “Caro il mio Vengeance, tu hai il mio
distorsore” fece una faccia stralunata.
“Cazzo quindi tu saresti la fantomatica Window?!” disse semi sconvolto.
“Fantomatica? Che avrei di fantomatico?” dissi divertita
“Sei tu quella che ha spaccato la bottiglia di birra in testa a
Jeff?”
Minchia, ancora quella storia.
Verso giugno dell’anno prima, ad una festa c’era questo
tipo che ci provava insistentemente. Aveva la brutta fama di essere un
mezzo pervertito e avevo sentito brutte storie.
L’avevo rifiutato già spesso, anche altre volte, ma quella
sera proprio non ne voleva sapere di staccarsi. Ero uscita a fumare,
quando me lo ritrovai davanti, di nuovo all’attacco. Essendo soli
credeva di potermi “convincere” con la forza, ma non aveva
calcolato che io non avevo paura di lui e che avevo una bottiglia di
vetro. Il resto è storia.
La cosa più brutta è stata che però hanno dato la
colpa a me, essendo lui un mezzo figlio di papà. Anche se non
è stata sporta denuncia (non avrebbero potuto visto che avevo le
braccia piene di segni dell’aggressione e c’erano pure un
paio di testimoni a mio favore) quei pezzi di merda dei suoi amici
erano andati spargendo la voce che avevo fatto tutto io.
Guardai gli stupefacenti occhi di Zack e sospirai afflitta.
“Si, sono io” dissi abbattuta “Ragazza sei un mito!” disse sorridendomi e abbracciandomi.
“Mito?” Mi avevano definito in parecchi modi per quella cosa, ma nessuno minimamente piacevole.
“Si cazzo, Jeff era uno stronzo maniaco. Se l’è
meritata” sorrisi “Oh, alleluia! Finalmente qualcuno che
ragiona!” “Già, ho avuto un paio di volte a che fare
con quello stronzo e quando ho saputo di una ragazza che gli aveva
spaccato una bottiglia in testa non ho potuto far altro che esserle
grato. Quindi, grazie” disse sorridendo soddisfatto e stampandomi
un bacio di cerone sulla guancia.
“Beh, grazie, ma quando mi ridai il distorsore?”
“Appena mi ricordo” “Ti serve mica una cura di
fosforo?” scoppiò a ridere “Ahaha! Ho finito le
pasticche, quando le ricompro te lo riporto, ok?” “Ah
beh……”
Mi fece l’occhiolino e io sorrisi. Toh’, che piacione.
Salutai/conobbi anche il batterista, Ben, anche noto come D-Rock o
Super Loop anche lui proveniente dai Ballistico e poi decisi di andare
alla ricerca di Sty.
“Sty?” “Wooooooohooh! Miiiiich!”
dopo un po’ trovai Stacey che se ne stava su un tavolo a ballare con Michelle e una bottiglia di whisky.
“Dai Stacey, scendi” “Dai Meeeeeeg! Vieni a
ballaaaaare!” “Dai Bri Bri, vieni pure tu!”
Urlò la castana al suo fianco, con un vestito da ape davvero
fuori luogo.
Spostai la testa verso dove puntava Michelle e mi resi conto di Brian
che arrivava, completamente ubriaco, senza più quel mantello
nero o quelle scarpe ridicole (ma la faccia Hitleriana c’era
ancora).
Salì pure lui sul tavolo, strusciandosi con la ragazza. Bah.
Guardai Sty che incurante di quei due continuava per la sua strada.
Un tipo vicino a me, vestito da zombie urlò una roba del tipo “Dai JD, wooooh!” verso la mia amica.
JD? E da dove saltava fuori questo?
Stavo quasi pensando di fare la matura per una volta, quando mi
arrivò Jimmy davanti che mi quasi costrinse ad aprire la bocca
per buttare giù un cicchetto di quello che sembrava assenzio
puro.
“Brava ragazza! Su, divertiti!” mi prese per le mani e
cominciammo a “ballare” come hippie tenendoci per mano
girando in tondo e saltellando, spintonando gli altri e fregandocene
delle bestemmie che ci tiravano dietro. Dopo un po’ si
avvicinò anche Zack e Jim mi lasciò le mani, spingendomi
quasi fra le sue braccia.
“Scusalo, è fuori di testa!” provai ad urlargli nell’orecchio.
Lui mi mostrò un sorriso assurdo, poi mi prese la mano e mi fece
fare una piroetta per poi spingermi indietro tenendomi per mano e
facendomi poi arrotolare e arrivare a due centimetri dal suo viso. A
quel punto mi sorrise e mi spinse in un casché mentre ridevo.
“Ahahah! Sei completamente pazzo!” “Altrimenti non
farei volteggiare Lady Frankestein” mi tirò su in
posizione eretta e ci avvicinammo al tavolo degli alcolici.
“Non credo che nessuno mi abbia mai fatto volteggiare
così” “Tesoro, io sono un Gentleman” mi
sorrise e mi porse un bicchiere di carta pieno di liquido ambrato
“Detto da uno truccato da Misfist…” “E’
l’anima che conta, non l’aspetto esteriore. Tuo marito lo
sa bene” sorrise soddisfatto, mentre beveva da una bottiglia di
birra.
“Com’è a te la birra a me il Jack? Vuoi farmi
ubriacare?” “Sarebbe un’ipotesi…. E in effetti
anche parecchio allettante” buttai giù un sorso e gli
passai un braccio attorno alle spalle “Non ti stai rivelando
molto meglio di Jeff” “Uso maniere molto più
delicate. Se tu volessi, potresti anche andartene”
Gli feci un ghigno, compiaciuta e poi continuai a bere.
“Beh, facciamo un’altra volta, uhm?” “Certo,
non direi mai di no ad una bella donzella. Balliamo?” a quel
punto buttò per terra la sua birra e il mio bicchiere la
raggiunse poco dopo.
Finimmo a ballare musica punk o metal andando decisamente fuori tempo e
fuori luogo. Vicino a noi c’era una massa di corpi che si
contorceva, si scalmanava mentre noi andavamo piano, ci allontanavamo,
ci riavvicinavamo, gli sguardi incastrati che non si scioglievano in
alcun modo, nemmeno con i vari battiti ci ciglia. Una lentezza ed una
calma innaturale per entrambi muoveva in sincrono i nostri corpi, forse
era quasi estenuante per chiunque ci guardasse. Quando mi
afferrò per la vita e mi guardò bruciante, con gli occhi
appena dischiusi rimasi incantata a guardare quel riflesso rosso e
completamente innaturale che avevano assurto quelle iridi smeraldo per
via delle luci.
“Com’è possibile che tu sia un semplice
adolescente?” chiesi spontanea, puntando a quelle labbra dipinte
e sbavate di cui il contorno non si distingueva bene, ma a primo
impatto sembravano gradi e carnose.
“Mi chiedo la stessa cosa guardandoti” rispose lui e per un
secondo sembrò davvero volesse baciarmi (e io l’avrei di
sicuro baciato) ma poi fece un mezzo sorriso e mi posò le labbra
sullo zigomo, per poi avvicinarle al mio orecchio.
“E stato un onore farle girare la testa. Ci vediamo a
scuola” “Ma se non so nemmeno che faccia hai”
“Forse no, ma conosci i miei occhi” mi diede un bacio sul
collo e sparì fra la massa di corpi.
Io rimasi lì ferma con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra.
Ma che bella gatta da pelare. Beh, mi ero trovata un bel passatempo con
gli occhi verdi e il nome biblico (perché Zack era il diminutivo
di Zachary, vero? Mica poteva chiamarsi sul serio come un cane?).
Mi guardai attorno, con un sorriso soddisfatto e vero sulle labbra e
dopo aver afferrato una bottiglia di vodka alla pesca andai a fare
compagnia a Stacey che adesso stava sul tavolo insieme ad un rosso
Zombie niente male che quando allungò troppo le mani volò
giù con un calcio della riccia.
Stacey P.O.V.
“H-h-ah……..” cominciai a mugugnare prima di
svegliarmi. Mi stiracchiai e le mie mani incontrarono qualcosa di
piatto e di ricoperto di simil moquette. Aprii gli occhi ed ero sul
seggiolino anteriore di una macchina. Dopo un analisi mi resi conto che
quello seduto al posto di guida era Jimmy con una maschera da maiale
sulla faccia (poteva anche nascondergli la faccia, ma di certo non
copriva i capelli biondi diritti in su).
Stava seduto perfettamente diritto con la testa penzoloni. Si sarebbe di certo svegliato col mal di schiena.
Provai a voltarmi e sentii un conato di vomito cominciare a farsi
strada. Tolsi la sicura allo sportello (dopo aver provato ad aprirlo
senza risultati) e vomitai appena fuori dalla macchina. Beh, eravamo
ancora al molo.
Wow, che bello. Dopo aver rimesso tutto il rimettibile, chiusi lo
sportello e tornai a sedermi. Trovai un pacchetto di Kleenex e mi pulii
la bocca con un fazzoletto che poi volò fuori.
Mi voltai e sul retro c’erano Meg e Johnny che tenevano le teste
poggiate su entrambe le spalle di un ragazzo alto e con i capelli molto
corti. L’avevo già visto, si chiamava J…..
John… no, non era John… Jasper? Forse…..
Stavo per svegliarli, quando Jim emise un rantolo che lo
sbilanciò e la testa finì sullo sterzo, facendo partire
il clacson che svegliò tutti e uccise i miei timpani.
Mettendogli una mano sul petto lo spinsi di nuovo indietro.
“Cazzo Jim….. ci hai ucciso” bofonchiò il
forse Jasper. Meg mugugnò qualcosa e abbracciò il
ragazzo. Lui inizialmente la abbracciò a sua volta, poi
aprì gli occhi e sorrise guardando la ragazza.
“Meg…. Meg su, svegliati” disse scuotendola appena
per una spalla. Lei mugugnò qualcosa su “Juss torna a
dormire…..” per poi aprire gli occhi di scatto e guardare
il ragazzo.
“Justin….” Ok, si chiamava Justin, non Jasper,
pardon “Meg…. Comoda?” chiese divertito “Come
sempre” si scambiarono un sorriso complice e imbarazzato, per poi
mettersi entrambi seduti diritti. Justin si tolse di dosso il nano
strattonandolo per una spalla e facendogli picchiare la testa sul vetro.
“Aaaahhhhrrg!” “Ben svegliata, principessa. Alza il
culo, nano” disse Juss scocciato “Sei un bastardo”
commentò il nano “Tu mi hai dormito addosso!”
“Anche lei” commentò piccato il più piccolo
“Si da il caso che sia la mia ragazza e che io non sia gay”
Ehi, aveva sul serio detto “la mia ragazza”? Nah, forse ero troppo rincretinita dall’alcol.
“La tua ragazza?” chiese Jim dopo un po’. Il biondo
aveva tolto di mezzo la maschera e guardava quelli dietro. La faccia
completamente impiastricciata di schifo bianco e rosso.
“Cioè…. Una ragazza” disse Justin dopo un
po’. “Una ex ragazza” aggiunse Meg ridendo appena e
Justin le sorrise. Erano ex e sorridevano e scherzavano così?
Wow.
“Jiiim…. Mi riporti a casa?” Bofonchiai io “Ti
ricordo che stai a casa mai” aggiunse Meg “Ah si,
giusto”
“Beh ragazzi, ci si vede. Jim, Meg, nano, JD, alla
prossima” scavalcò (ovvero si butto a peso morto su)
Johnny e se ne andò.
Rimanemmo un po’ tutti un silenzio, poi Meg alzò la testa
con le sopracciglia aggrottate e la faccia di chi deve vomitare.
“Ehi, come ti ha chiamato?” disse poi guardandomi dallo specchietto retrovisore.
Ed eccoci qua! V.v
Finalmente arriva anche Zack! :D
Ho aggiornato subito perché JD rompeva leggermente i
coglioni v.v
Ps: ho già usato questo soprannome per un altro personaggio,
in un'altra fan fic, ma fa niente v.v <3
Se volete vedere quei pezzi da novanta di Rathead, Haner
& co. ai tempi dei Pinkly Smooth, eccovi serviti:
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m41568XazE1qzd1fko1_500.jpg
http://25.media.tumblr.com/tumblr_m22wntMgjq1rq3qnqo1_500.jpg
si ringraziano tutti quelli che hanno recensito e chi ha
preferizzato, seguito e ricordato questa fan fic v.v
See you next
time!
The Cactus
Incident
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Capitolo 5 *** chapter 4 ***
sch chapter 4
Margaret P.O.V.
Quando il lunedì dopo Halloween tornammo a scuola, io avevo portato il binocolo.
Sul serio, non sto scherzando. A parte che avevo ancora i capelli neri
con delle strisce bianche perché la tintura temporanea aveva
resistito a tre shampoo che avrebbero fatto cadere i capelli a molte
ragazze, mi aggiravo per il cortile col binocolo.
“Ma la pianti?” chiese scocciata Stacey. Oh, pardon…. JD.
“No, devo trovare Misfits” “E in cosa ti aiuterebbe
il binocolo?” “Non lo so, ma se vuoi dopo ci sono gli
allenamenti della squadra di basket. Andiamo a dare una sbirciatina a
Matt” dissi sarcastica ammiccando e Sty mi tenne il gioco.
“Ok, oltre a fare la guardona quindi a cosa dovrebbe servirti?”
“Così ho sotto controllo tutto il cortile”
“A questo punto mettiti sulle spalle di Jimmy e allora si che
avrai tutto sotto controllo. Ma il nano non viene nella nostra
scuola?” Oh, anche lei aveva fatto amicizia con Johnny Seward.
“No, Seward và alla Marina High School” bofonchiai io da dietro il binocolo.
“Uhm…. La pianti?!” chiese ancora, più stizzita di prima e io le lasciai la stessa risposta.
“No, devo trovarlo” sbuffò e aumentò il passo.
“Dove vai?” chiesi guardandola “In classe!”
scrollai le spalle e continuai la mia osservazione. Poco dopo mi
arrivò qualcuno da dietro, facendomi il solito scherzo cretino
della ginocchiata nell’interno del ginocchio.
“Che fai sgorbietto? Cerchi qualche povero orbo su cui buttarti?” Eccolo là, ci mancava solo lui.
“No, trovo qualche puttana buona per te. Oh, guarda tu che
coincidenza, sta arrivando Michelle. Sono brava, eh?” Brian mi
fulminò con lo sguardo ed emise anche strani brusii animaleschi,
prima di superarmi per avvicinarsi alla ragazza e baciarla.
“Bah, un altro po’ e le strappa le tonsille” commentò Jim divertito, alle mie spalle.
“Beh, Haner potrebbe operarla, tu che dici. Anche se non credo
che nelle sue competenze ci siano anche trapianti di cervello”
“Ahahaha! Ti sei svegliata bene oggi, eh?”
“Benissimo!” dissi sorridente.
“Come mai in osservazione? Sei a caccia?” Jim mi guardò incuriosito, lanciando occhiate al binocolo.
“Si, di Misfits” “Non credo troverai qualche componente della band da queste parti…”
“Che hai capito! Misfits è Zack” “Zack
chi?” “Uno che ho conosciuto venerdì sera alla
festa” “Wow… Beh, buona caccia: io ho da fare”
Tutti di fretta oggi, eh?
Lasciai per un secondo il binocolo penzoloni sul collo e mi guardai
attorno. In effetti c’era qualcuno che mi fissava con una faccia
più preoccupata del solito, ma ci ero abituata.
Mi sistemai meglio la chitarra in spalla (ora di musica!) e avanzai a
passo deciso verso la scuola, continuando a guardarmi attorno, alla
ricerca di quegli stupefacenti occhi verdi.
Starete di certo pensando “Ma perché non chiedere a Matt?” E che gusto ci sarebbe stato?
Dopo pranzo, mentre mi dirigevo alla classe di musica con Haner che
continuava a fare battutine a cui io rispondevo più acida del
solito, stizzita dal fatto di non aver ancora trovato Zack, mi
passò di fianco un tipo che correva tutto sparato verso la
nostra stessa classe, dove noi ci dirigevamo con molta più calma
(sapendo che tanto il professore avrebbe fatto tardi come suo solito).
“Ma quello?” chiese Brian con un sopraciclgio inarcato, non
riconoscendolo. Non era un nostro solito compagno di corso.
Scrollai le spalle “Ah boh. Forse qualche studente nuovo”
entrammo in classe e il ragazzo armeggiava con la chitarra mancina
della scuola, un’acustica della terza guerra mondiale che quando
suonavi tendeva a calare con una velocità impressionante e con
un suono non più caldo e cristallino tipico del modello.
Mark, un ragazzo che suonava la batteria (bravo, ma talmente
rott’inculo che non mi rivolgeva mai la parola per un motivo a me
non noto) parlava tranquillamente col nuovo arrivato.
Il tipo sorrise e alzò la testa e a quel punto mi pietrificai nel bel mezzo della porta.
Eccoli quei dannatissimi occhi verdi. Però, anche il resto non era niente male…..
Si accorse che lo guardavo e mi guardò per un attimo, poi
distolse lo sguardo, per poi guardarmi ancora, sorridente e appena
appena sorpreso.
Gli feci un cenno con la testa e Haner mi guardò stranito, ma lo notai appena.
“Ma che ti sei rincretinita?” alzai gli occhi al cielo e lo guardai.
“Tu pensa ai cazzacci tuoi che sono pure tanti e belli grossi,
uhm? Graziee” ed entrai in classe col solito passo sicuro e
strafottente.
Mi misi al mio solito posto e attaccai la chitarra all’amplificatore.
“Non trattarmi così…” mi bofonchiò Brian lamentoso, quasi nell’orecchio.
“Non è colpa mia se tu mi obblighi” dissi tenendo il mio tono stizzito.
“Io non ti obbligo” bofonchiò incrociando le braccia al petto.
“Guarda che sei tu che cominci ogni santissima volta!”
Brian mollò la chitarra al posto suo (vicino a me), io tirai
fuori l’accordatore e tenendolo poggiato sul banco sistemai
l’accordatura della chitarra (sapevo farlo anche a orecchio, ma
quell’affarino è un po’ più preciso).
“Wow, sei mancina” disse Misfits, avvicinandosi a me e quasi sobbalzai.
“Eh si. Anche tu a quanto ho visto” lanciai un’occhiata distratta alla chitarra.
“Si, non siamo in molti, eh?” “Se non sbaglio uno ogni cento persone su questa terra”
“Ah davvero?” rispose lui sorpreso e io annuii energicamente.
“Eh si” dissi accompagnando lo stesso gesto e dopo un
po’ di silenzio un tantino imbarazzate scoppiammo a ridere.
“Questa conversazione fa schifo!” sbottò dopo.
“Puoi dirlo forte” asserii io, con una mezza risata.
“Mi hai trovato eh?” disse divertito e un tantino soddisfatto. Io mi strinsi distrattamente nelle spalle
“Beh, ci siamo trovati. Come hai fatto a capire che ero io?”
“I capelli aiutano e poi non eri così truccata” disse ovvio. Beh, sono cogliona, quindi va bene così.
“Non quanto te, almeno”
“Beh, facevo la mia figura, ammettiamolo” disse convinto indicandosi il petto.
“Facciamo che lo ammetti solo tu”
“Con qualche birra in corpo sei meno un osso duro” scrollai le spalle e lui diede un’occhiata alla chitarra.
“Hai un’Ibanez davvero bella” commentò.
“Ti piace? Lei è Beast”
“Oh, piacere mio” disse prendendo la paletta e scuotendola come se fosse una mano da stringere.
Alzò il viso e mi guardò, stranito.
“Silenziosa la ragazza” fece indicando la chitarra con un pollice.
“Siamo in classe, non si può divertire come vorrebbe”
A quel punto mi arrivò di fianco Haner, un’Ibanez identica
alla mia ma destra, appesa al collo e una mano tesa verso Zack. Si,
avevamo la stessa chitarra e no, non era voluto.
“Io sono Brian” si presentò, un tantino freddo.
“Ehi, sei il chitarrista dell’altra sera?” disse Zack tranquillo, quasi sorridendogli.
“Si, in persona” rispose acido il mio amico.
“Oh complimenti! Sei una forza”
“Grazie” Più caustico della soda. Zack fece un
sorriso imbarazzato, provando a fare conversazione (impresa impossibile
con Haner incazzato).
“Te l’hanno mai detto che somigli a Brian Haner?”
Haner alzò gli occhi al cielo e se ne andò borbottando
roba incomprensibile, mentre io ridevo. [nda Cactus: se qualcuno di voi
non lo sapesse, il padre di Gates è un comico più o meno
famoso in USA v.v]
Zack si sporse verso di me.
“Ho detto qualcosa di male?” chiese stranito, guardando
Haner che se n’era appena andato, incazzato come una biscia.
“Uhm a parte che somiglia a suo padre? No, mi pare di no”
“Ah quindi è lui Junior” Al solo udire quella
parola, vidi le nocche di Brian diventare rosse, poi viola e poi
biance, per poi rilassarsi.
“Si, ma gli da fastidio che lo si chiami così”
“A quanto mi pare gli do fastidio pure io…” scrollai le spalle.
“E’ un tipo un pò strano, ma non è cattivo.
Solo… irascibile, egocentrico, pieno di sé, stronzo,
donnaiolo, alcolizzato…” avrei continuato ancora un
po’, ma Zack mi fermò.
“Woh woh woh! Capito, mi basta così” dise parandosi
le mani davanti come a fermarmi e sorrisi, guardandolo ancora. Aveva
degli occhi semplicemente stupendi.
“Come mai qui? Cambiato corso?” chiesi io distrattamente.
Ero io l’intrusa in quella classe, di un anno avanti rispetto
agli altri.
“Ho cambiato un altro corso e mi hanno cambiato un po’ di
lezioni, fra cui anche musica” spiegò “Oh
capito”
Il professore entrò in classe e la lezione cominciò, mettendo fine alle nostre chiacchiere.
Stacey P.O.V.
La mia voglia di presentarmi a storia dell’arte era semplicemente
inesistente, ma c’era un piccolo fattore che mi spingeva a farlo.
Era un fattore di uno e ottantacinque con gli occhi verdi, i tatuaggi,
il piercing al labbro che quando era possibile si sedeva di fianco a me
e faceva di tutto per distrarmi, facendoci richiamare spesso dal
professore. Un fattore che era di un anno indietro col corso di storia
dell’arte e per questo stavamo in classe insieme.
Mi buttai sul penultimo banco come sempre e qualche minuto Matt si
tuffò di fianco a me, di corsa come sempre giusto un secondo
prima che il professore arrivassi in classe.
“Anche questa volta dentro per un pelo, eh Sanders?”
“Gioco a basket prof, gli ultimi secondi sono sempre i decisivi”
“Peccato che non valga così anche per la scuola, eh?
Lasciamo perdere, giochi a basket, cosa posso mai aspettarmi da
te…”
Matt si accigliò e prese a giocare distrattamente col piercing e, guardando davanti, cominciò a parlare.
“Che dici, latte inacidito o yogurt scaduto?” Osservai un
po’ lui che con le sopracciglia corrucciate e il labbro di sotto
un po’ sporgente mentre continuava a guardare il professore.
“Io scommetto su moglie con ciclo”
“Uh, brutto periodo il ciclo” inarcai un sopracciglio.
“Anche tu soffri della terribile settimana ketchup?”
“Non direttamente, capiscimi”
“Si, ho capito” Mi mise una mano in testa e mi scompigliò i capelli.
“Brava ragazza. Sappi che hai la testa più piccola di un pallone da basket”
“Ehm… grazie?” Era una sorta di complimento?
“Ehi, è un complimento. Quella di Meg ancora un po’ e lo supera” Scoppiammo a ridere.
Povera Meg, lei e la sua testa enorme (ma davvero, eh).
“Voi due lì dietro, almeno aspettate che cominci a
spiegare per attaccare a parlare” ci richiamò il
professore.
“Certo prof”
Disse Matt mostrando un sorrisone a trentadue denti.
“Sanders, se continui così ti spedisco nel corso di primo”
“Oh prof, sarebbe un peccato non vederlo più”
“Sfortunatamente io non posso dire lo stesso. Adesso sturate le orecchie e aprite a pagina 394”
Dopo qualche secondo di silenzio, Matt tornò all’attacco.
“Prof non riesco a trovarla” “Sanders non è
difficile, fatti aiutare da Floor” alzai la testa da sopra al
libro “Nemmeno lei riesce a trovare le pagine nelle mie
orecchie” e tutta la classe scoppiò a ridere.
Era più o meno sempre così.
“Sanders fuori! E Floor, anche tu!”
“Prof ma io….” E che ho fatto?
“Ho detto fuori tutti e due!” la vena sul suo collo si
gonfiò in modo pericoloso. Raccogliemmo la nostra roba e uscimmo
dall’aula.
“Certo che è strano forte, eh” dissi io una volta richiusa la porta alle nostre spalle.
“Ma una bella scopata così non rompe a noi?”
“Pure na sega andrebbe bene, basterebbe che la piantasse” Matt rise di gusto e poi si guardò attorno.
“Che ne dici di andarcene in cortile?”
“Si, tanto. Sanders hai le sigarette?” scosse la testa
“Uhm… no, finite” Sbuffai pesantemente.
“Diamine, mi tocca prendere le mie”
“Sei spilorcia!”
“Un po’….”
Dopo essere passati per gli armadietti per recuperare il pacchetto di
Pall Mall, andammo in cortile e mi sedetti sull’erba,
dopodiché mi accesi una sigaretta.
“Ne vuoi una?” gli chiesi, ma fece distrattamente di no con la mano, prima di buttarsi su una panchina.
“Paura di sporcarti il pantalone?” dissi divertita, osservando le foglie che facevano ombra sulla mia testa.
“No, sono allergico all’erba” Alzai la testa e inarcai un sopracciglio.
“Ma davvero?”
“Eh si. Mi riempio di bolle”
“Porca miseria!” scrollò le spalle distrattamente e io tornai a stendermi.
“Mi ha detto Meg che quei piercing te li sei fatti da sola” disse indicando col mento il mio orecchio destro.
Scrollai distrattamente le spalle, prendendo l’ennesima boccata dalla sigaretta.
“Si, buona parte. Ne vuoi uno anche tu?”
“No, volevo una mano per quanto riguarda un’altra cosa. Sei mica pratica di dilatatori?”
“Abbastanza. Vuoi dilatarti uno dei buchi?”
“Entrambi, in verità, ma non so proprio da dove
partire” disse divertito mentre si grattava la testa, leggermente
imbarazzato.
Diamine se era bello.
Sorrisi di rimando e mi tirai su, facendogli segno di avvicinarsi.
“Forza, fammi dare una controllata” diedi un’occhiata
ai lobi con ognuno un unico buco da cui pendevano dei banali piercing a
barretta.
“Quanto tempo fa li hai fatti?”
“Uhm…. due anni, se non ricordo male”
“Passati più di sei mesi di sicuro?”
“Si, sicurissimo”
“Beh, sono pure abbastanza centrati. Quando sei disponibile
andiamo insieme a comprare tutto l’occorrente per cominciare, ok?
Conosci un negozio di piercing?”
“Quanti ne vuoi!” disse sorridendo elettrizzato.
“Perfetto” e buttai via la cicca della sigaretta.
“Che ne dici di giovedì?” mi propose.
“Uhm… si, direi che giovedì è perfetto”
“Ok allora dopo scuola ci troviamo al solito posto e poi andiamo”
“Si, dobbiamo passare in un negozio di piercing e in farmacia”
“Farmacia?” disse stranito aggrottando le sopracciglia. Il
fatto che non avesse mai avuto problemi con piercing al labbro o con i
tatuaggi, doveva essere un mezzo miracolo.
“Si, ti servono un paio di cose per disinfettare il buco e i dilatatori. Poi andiamo a casa e cominciamo”
“Va bene!” sembrava parecchio su di giri, un po’ come un bimbo al luna park.
“Prepara un po’ di soldi, non so bene che misura tu abbia.
Ne compriamo un paio così stai a posto per un po’”
annuì convinto e per qualche secondo calò il silenzio.
“Grazie tante JD” disse sentitamente.
“Oh anche tu con quel soprannome?” dissi esasperata voltando gli occhi al cielo e lui rise soddisfatto..
“Perché fai così? E’ figo” rimasi un po’ a valutare l’ipotesi.
“Ah si? Lo trovi figo?”
“Certo!” scrollai distrattamente le spalle.
“Sarà”
“Se uno ti chiede di aiutarlo con la dilatazione, è buon
segno?” chiesi distrattamente mentre, appollaiate su una panchina
sul lungo mare, io e Meg ci dividevamo una tavoletta di cioccolata al
latte.
“Che?” chiese lei con voce strana, dopo un secondo però ci arrivò.
“Vuoi dire che Matt ti ha chiesto di aiutarlo a dilatare il buco?” chiese distrattamente.
“I buchi, comunque si” scrollò le spalle, staccando un altro morso dal cioccolato.
“Beh, credo di si. Ci sono tanti piercer o gente dilatata ad
Huntington e sai quanto Matt sia popolare. Forse vuole stringere i
rapporti con te”
“Aaah…. è troppo bello, sorridente, bravo,”
“Si, ok, il ragazzo perfetto, abbiamo capito” disse divertita e forse intenerita.
Spostai lo sguardo dal cielo azzurro e la guardai.
“Tu piuttosto, l’hai trovato più Zack?”
“Sure baby” asserì convinta, buttando la carta della cioccolata nella borsa e recuperando le sigarette.
“E com’è?” chiesi curiosa.
“Un figo della miseria”
Prese un respiro profondo prima di cominciare a descriverlo
“Ha i capelli neri, le labbra carnose e rosee, è mancino e ha due occhi che…”
“….Che sono un piccolo pezzo di paradiso, si, questo
l’avevamo già capito” Aveva rotto le palle due
giorni lei e gli occhi di questo ragazzo misterioso.
“Piuttosto, dove l’hai beccato?” mi accesi anche io una sigaretta.
“A musica, con Haner che sclerava”
“Quando mai Haner non sclera” dissi divertita e lei non poté far altro che essere d’accordo.
“In effetti….”
Giovedì, dopo scuola, andai quasi nel centro della città,
al solito punto di ritrovo dove già c’era Matt che mi
aspettava stravaccato su una panchina. Appena mi vide sul suo volto si
aprì un grosso sorriso e mi fece un cenno della mano, come se
non l’avessi visto.
Diamine, quando sorrideva era ancora più bello, con quelle
adorabili fossette sul viso perfetto o quel piercing che sporgeva e
sembrava dire ‘Ehi, sono a portata di labbra, ti và di
provare?’
Cazzo cazzo, no. Era il ragazzo di Val. Val, l’adorabile diBenedetto, non la zoccola castana e oca che si scopava Haner.
“Sono in ritardo?” chiesi distrattamente, arrivandogli davanti.
“No, io in anticipo”
“Uhm. Fai strada?” “Certo” e spalla a spalla c’incamminammo per le strade di Huntington.
“Allora prima regola fondamentale: NON si dilata assolutamente con la spirale, intesi?” cominciai.
“Spirale?” Bene, non ne capiva una mazza.
“Sarebbe quell’orecchino a forma di spirale, appunto” annuì.
“Oh, capito”
“Bene, seconda cosa: per i primi tempi usa solo Tunnel o Plug di
acciaio chirurgico e quando ne compri di nuovi ti faccio vedere io come
si fa prima di metterli”
“Va beeene”
“Terza cosa: Ogni volta che cambi… taglia, devi tenere l’orecchino nuovo almeno un mese e mezzo”
“Un mese e mezzo?” chiese scandalizzato.
“Anche due o di più se non riesci a mettere quello dopo.
Intesi? Se non vuoi ritrovarti senza lobi, fai come ti dico”
annuì e fece una sorta di saluto marziale.
“Agli ordini capitano” gli diedi una mezza pacca su una spalla.
“Bravo, soldato, bravo”
Dopo una decina di minuti, finimmo in un rock shop e ci spostammo sulla sezione piena di gioielli di ogni genere.
“Ooook, questo, questo qua, e anche questo” dissi prendendo alcuni gioielli.
“Non li dilato entrambi contemporaneamente?”
“Come vuoi, solo che allargandone uno per volta spendi di meno e
almeno hai un lato su cui dormire quando cambi taglia” rise
divertito. “Ok, facciamo come dici”
Pagati i due tunnel e un plug andammo in farmacia.
“Sicura che mi entrerà?” disse scrutando il plug,
ovvero il gioiello più piccolo di quelli che avevamo comprato.
“Certo che no, ho portato un paio di miei piercing più
grandi di quelli che hai ora. Prima metti quelli e poi avanzi con quel
plug”
Si fermò in mezzo alla strada e io feci lo stesso.
“No ma tranquilla, torniamo indietro e li compriamo, non voglio esserti di disturbo…”
“Per un paio di pezzi di metallo con delle palline? Ma che ti
frega! Forza, andiamo in farmacia” dissi prendendolo sotto
braccio e continuando a camminare, anche se non sapevo in che direzione
fosse una cazzo di farmacia.
“Ehm, Sty? A destra” “Oh, scusa” e voltai nella traversa indicatami da lui.
Arrivati nella piccola farmacia dovemmo fare un po’ di fila.
“Allora… che mi serve?” chiese mentre facevamo la fila.
“Una bottiglia di soluzione fisiologica, sapone PH neutro, un tubetto di Bepantenol…”
“Bepantenol? ma non è quella roba per bambini?”
“Si, ma evita le infezioni. O quello o la vaselina, e a quanto mi hanno detto, sulle orecchio brucia”
“Oh, capisco… vada per il Bepantenol. Nient’altro?”
“Olio di jojoba”
“Dilatare un fottutissimo buco è più complicato di quanto sembri” scrollai le spalle.
“Se ci tieni a rimanere con due orecchie si, se poi vuoi una
dilatazione da due centimetri in una settimana che poi ti fa prendere
infezione a tutto il lobo e devono amputartelo…”
soffiò l’aria fra i denti e si portò una mano
all’orecchio con una faccia sofferente.
“Ok, Soluzione fisiologica, sapone PH neutro, Bepantenol e olio
di jojoba, tutto chiaro” disse annuendo convinto. Sembrava quasi
un bambino quando scuoteva la testa così energicamente.
La tizia davanti a noi pagò e Matt si fece avanti, portando le mani sul bancone.
“Salve, vorrei una bottiglia di soluzione fisiologica, sapone PH
neutro, del Bepantenol, dell’olio di jojoba e i soliti
preservativi”
A quella richiesta, il vecchietto dietro di noi si schiarì la
voce e la signora al suo fianco fece una faccia scandalizzata. Il tipo
dietro al bancone annuì e andò a recuperare quello che
gli era stato richiesto.
Cliente abituale, eh? Matt si voltò distrattamente verso di me,
mordicchiandosi distrattamente l’interno della guancia e
poggiandosi al bancone.
Osservò lo sguardo dei due dietro di noi e corrucciò le sopracciglia. La vecchietta mi guardava schifata.
No signora, per mia sfortuna non li deve usare con me!
Il farmacista tornò con quello che Matt gli aveva chiesto e infilò tutto in una busta.
Tutto tranquillo fin quando imbustò l’occorrente per la
dilatazione, ma quando guardai distrattamente il pacco di preservativi
mi resi conto del colore e quindi della taglia.
Oh Cristo. Ma che diamine aveva fra le gambe? Improvvisamente la
battutine di Jimmy su quella dannata “terza gamba” di Matt,
non assumevano più connotati di presa in giro…..
Matt pagò, afferrò la busta e uscimmo da lì con i due vecchietti che ci guardavano ancora indignati.
“Allora, serve altro?” chiese distrattamente mentre io
pensavo a quanto fossi sfigata ad andare dietro ad uno così,
semplicemente perfetto e fidanzato.
“JD? Ci sei?” chiese scrollandomi distrattamente.
“Uhm? Che? Ah, si”
“Sicura?” chiese un tantino preoccupato, scrutandomi.
“No è che mi ero persa nel mio mondo, tranquillo”
“Allora abbiamo tutto l’occorrente?” Si, ce l’abbiamo, proprio tutto. E quando dico tutto, dico… tutto.
“S-si, andiamo a casa tua e ti spiego tutto” dissi distrattamente accelerando leggermente il passo.
”Ehm… Sty?” “Che c’è?” “A sinistra” “Ohh! Diamine!”
“Allora per prima cosa devi bollire il gioiello”
“Bollire?” Sembrava un bambino quando alzava le
sopracciglia così, col labbro inferiore un po’ sporgente.
“Si, così uccidi tutti i batteri. Prendi un pentolino, un paio di pinze e ti faccio vedere”
Mi porse uno di quei pentolini per riscaldare il latte e io lo riempii d’acqua.
Quando arrivò a ebollizione ci buttai dentro il piercing a
banana che gli avevo portato io e aspettai un po’. Lo estrassi
con le pinze e lo poggiai su un pezzo di carta imbevuto di fisiologica.
Buttai l’acqua e il pentolino nel lavandino e aspettammo un
po’ che il gioiello si raffreddasse.
“Ok, pronto” Svitò l’orecchino che aveva e
prese il piercing appena sterilizzato. Dopo qualche tentativo andato a
vuoto sorrisi e gli feci un cenno della testa.
“Andiamo, siediti” Si buttò su una delle sedie del
tavolo della cucina e presi il gioiello. Matt voltò il viso di
lato e potei mettergli il piercing.
Diamine, avevo quel collo perfetto a bianco a portata di labbra….
“Aia…” disse lui distrattamente quando forzai per far entrare l’orecchino.
“E’ un po’ stretto”
“Me ne sono accorto, sai?”
“Ok, andato” Avvitai la pallina e Matt prese a giocare un po’ con il piercing a banana che gli avevo messo.
Presi il flacone di Bepantenol e gli feci segno di porgere la mano. Gli
misi una piccola quantità di crema sulle dita e lui prese a
massaggiarsi il lobo.
“Bene, questo è quanto. Per un paio di giorni ti
andrà stretto, poi ti andrà normalmente a quel punto
aspetta più o meno due settimane e poi disinfetta e metti
questo” dissi indicandogli l’altro piercing che gli avevo
lasciato.
”Non avevi detto un mese e mezzo?”
“Con i dilatatori, questo è un piercing” “Oh, capisco…..”
“Bene, questo è tutto” “Il plug me lo metti tu, vero?” chiese continuando a massaggiarsi.
“Se non ci riesci da solo…. Comunque conviene cambiare
taglia dopo una bella doccia calda. Ogni giorno lavati i lobi con acqua
tiepida e sapone neutro, massaggiati il lobo con l’olio e non
dovresti avere problemi” Annuì “Ok, capito tutto.
Grazie” scrollai le spalle “Figurati”
Finito di far assorbire la crema mise a posto tutto l’occorrente e mi guardò curioso.
“Come mai sai tutte queste cose?”
“Mistero….”
“Uuhh…. wow”
“Scherzi a parte, mi piacciono un sacco sia i tatuaggi che i
piercing, sopratutto i piercing e quindi mi informo su certe
cose”
“Vuoi fare la tatuatrice e piercer?”
“Forse, perché no”
“Verrò a tatuarmi da te allora” disse sorridendomi allegro.
Oh Dio, quel sorriso non era di questo mondo, dannazione.
Sarei morta a furia di tachicardia stando a contatto con lui.
Perché d’esserci la solita sfiga del ragazzo perfetto e perfettamente fidanzato?
Fanculo, porca prostituta.
Yeeee, i’m here!
Oh, ma quanto sono carini Matt e Stacey? Quaaaaanto? :’)
Son troppo bellini <3
Brian, Brian v.v come si deve fare con te! v.v (si fa, si fa.... *trollface*)
Beh, come al solito aggiorno subito, dai dai v.v
Questo chap è tuuuuuutto dedicato a JD che ha un
lividone brutto e che fra poco parte per Londra :’)
(Divertiti pure per me c.c <3)
Si ringrazia il mio grande amore, anche noto come
_diable_ e tutti gli altri che hanno recensito i precedenti capitoli! :D
Dai, forza, me la lasciate una recensioncina? Lo so
che ci siete! :D
Beh, non mi resta niente da dire, tranne che ho caldo,
ma dormo col piumone v.v
See you next time!
The Cactus Incident
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Capitolo 6 *** Chapter 5 ***
Sch chapter 5
Fine novembre, 1998
Meg P.O.V.
Pausa pranzo di un giorno come tanti e come capitava alle volte, ero
leggermente scazzata e volevo scrivere un po’ per i fatti miei,
mangiucchiando distrattamente.
Stacey era con alcune ragazze che aveva conosciuto e l’allegra
brigata senza arte né parte se ne stava al solito tavolo sotto
l’acero canadese dove ci sedevamo sempre tutti.
Io ero dall’altro lato del cortile, sotto un altro acero,
più malandato che si diceva volessero tagliarlo, con la
Moleskine che mi aveva regalato Brian Sr. al compleanno aperta davanti
e la mia solita penna nera ad inchiostro gel mentre scrivevo
rapidamente, sbavando talvolta l’inchiostro con il lato della
mano sinistra che si muoveva freneticamente. Che scrittura oscena, mio
Dio.
Avrei dovuto fare un corso. Stacey mi pigliava sempre per culo,
piazzandomi davanti fogli da riempire di letterine come si fa alle
elementari per insegnare a scrivere ai bambini.
Ero immersa nel mio momento creativo, testa incassata nel cappuccio e
mano destra che reggeva il panino che stavo mordendo, quando qualcuno
mi tuonò davanti.
“Chi è quel ragazzo?” alzai la testa e guardai quell’ananas biondo di Brian Haner.
“Quel ragazzo chi?”
“Quello del corso di musica di tre settimane fa” fece lui, sempre più scazzato e… innervosito?
Tre settimane fa? E se ne ricordava solo adesso?
Ma che gli prendeva?
“Oh, si chiama Zack, è il chitarrista dai MPA, la band di Matt” feci io tranquilla, tornando a scrivere.
Brian alzò gli occhi al cielo, desolato.
“Mio Dio…. Zacky Vengeance?! Fra tanti coglioni ti metti
dietro a Zacky Vengeance?!?! Ma uno stronzo migliore, no, eh?”
Alzai la testa e lo guardai interrogativa.
Ok, lo ammetto, erano tre settimane che passavo più tempo con
Zack a scuola o in giro per Huntington che con tutti gli altri messi
insieme, ma boh, ci stavo troppo bene e poi era una persona nuova da
conoscere e se c’è una cosa che adoro è avere a che
fare con persone nuove, con cui magari si sta pure alla grande.
Non che trascurassi gli altri, ma al momento volevo conoscere un po’ meglio Zack, semplicemente.
Fra l’altro, mi piaceva pure. Non credete che fossi partita per
la tangente o cose simili, ma m’intrigava e incuriosiva e poi,
diamine, ma avete visto che occhi?
Come fai a rimanere completamente indifferente a uno con due occhi così?
Tornando ad Haner che sclerava e diceva stronzate senza senso…..
“Ma che cazzo farnetichi? E poi io non sto proprio dietro a nessuno” sbottai piccata.
“Vi ho visto, ti accompagna in classe, ti porta i libri, ti
compra le sigarette e si fa scrivere e disegnare sulle
braccia….”
“Ehm… e con questo? Brian dove diamine vuoi arrivare?” feci inarcando un sopracciglio.
Questo è Brian Haner, se volete avere a che fare con lui,
preparate ansiolitici, valium e sonniferi per cavalli: non vi
darà pace. Oscilla in modo irregolare e discontinuo fra il non
cagarti minimamente al farti diventare il centro del suo mondo e
l’interesse di ogni suo pensiero.
E posso assicurarvi che è meglio quando non vi caga,
perchè quando s’interessa diventa… diventa
così, come sta facendo.
“Non va bene per te” disse secco.
“Grazie del consiglio, ma con tutto il bene che ti voglio,
vaffanculo” feci tirando un sorriso e sbuffò pesantemente,
mentre sotto a quello che avevo scritto, cominciavo a disegnare un
albero contorto e nodoso. Presi le penne colorate e cominciai a fare
sfumature rosse e arancio sulla chioma, un po’ come
l’albero sotto il quale ero seduta. Peccato che glia ceri in
California si ammalassero, mi piacevano così tanto….
Forse vi chiederete, che cazzo avrà mai scritto questa deficiente? Eh eh eh, è un segreto.
Brian prese un respiro profondo e con molta più calma
cominciò a elencarmi tutti i motivi per cui, secondo lui, Zacky
Vengeance era l’essere peggiore sulla terra.
“Lo tormentano i bulli” Stronzata uno.
“Beh, dovrei aiutarlo” feci preoccupata, continuando a disegnare figure sinistre a decorare il foglio.
“I bulli tormentano le loro vittime e chi gli sta vicino”
“E a me passa per l’anticamera dei coglioni che non ho”
“Uhm… si droga” alzai la testa e lo guardai. Uno
sguardo e capì quello che intendevo dire, così
capì che doveva passare al prossimo punto. Un giorno saprete il
perchè di quella occhiata, è una promessa.
“Si trucca” stronzata tre.
“E con questo?” feci tranquilla.
“Si trucca!” ripete con più veemenza.
“Anche Axl Rose si trucca, pure tu ti trucchi” disi tranquilla.
“Si, ma entrambi solo quando siamo su un palco, diamine” disse convinto, incrociando le braccia.
“E con questo terrei a sottolineare che tu sul palco ti trucchi
come un clown e che metti delle scarpe fosforescenti, uhm? Come ti
permetti di giudicare un’altra persona? Bri da quando sei
diventato così una merda? Ti credevo diverso” Feci con
voce tranquilla e pacata.
Se ci fate caso, un insulto vale tremila volte di più se detto con tranquillità che con rabbia.
Alzai appena lo sguardo e cogliendo i suoi occhi capii che avevo fatto centro.
“Meg io….” Cominciò, scuro in volto mentre si
fissava le scarpe come un bambino che viene sgridato dalla mamma.
“Meg un cazzo. Tu che ti fermi alle apparenze? Andiamo! Quegli
acidi che ci siamo fatti in camera tua ti hanno completamente
spappolato il cervello o cosa? C’è rimasto un solo neurone
funzionante o sono andati tutti in necrosi? Quando riesci a rianimarne
almeno uno, potrai pure rivolgermi di nuovo la parola” a quel
punto andai a sedermi sul prato, vicino alla siepe che separa il
cortile super affollato da quello est e mi accesi una sigaretta,
continuando a scrivere, tanto il pranzo l’avevo finito.
Avevo aperto una nuova pagina e avevo cominciato a scrivere quando mi trovai due gambi davanti.
“Porca puttana Brian, vaffanc….” Mi arrestai perché decisamente non era Brian.
“Oh, ciao Zack”
“Ciao. Nervosa?” fece con un leggero sorriso. Risposi nello stesso modo.
“Nah, figurati. Vuoi sederti?” Mentii e gli mostrai un sorriso sincero.
“Certo, perchè no” E si sedette a gambe incrociate
davanti a me, sull’erba e si accese una sigaretta, osservandomi.
“Che scrivi?” scrollai le spalle distrattamente.
“Troppa roba e troppo diversa per essere descritta”
“Puoi fare almeno un tentativo?”
“Oh no, è un segreto” feci convinta annuendo e lui sorrise divertito.
“Oh, capisco… ci sei venerdì? Suono con gli MPA al Road House” chiese dopo un po’, osservandomi.
“Oh certo! Sarebbe fantastico”
“Ok, uhm… vuoi un passaggio? Andiamo insieme”
fece scollando distrattamente le spalle e passandosi una mano sulla
nuca. Ma quanto era carino quando lo faceva?
“Uhm, certo, perchè no?”
“Ok, allora passo a prenderti alle otto e mezza” e si tirò sulle ginocchia.
Momento.
“Ehi, ma come fai a sapere dove abito?” Feci divertita, aggrottando le sopracciglia.
Si guardò attorno furtivamente come avevo fatto io prima e
abbassò la voce nel mio stesso modo. Proprio a prendermi per
culo, in pratica.
“E’ un segreto” Asserì convinto e io sorrisi divertita prima che non mi seguisse anche lui.
“Non vale” feci dandogli un finto schiaffo su un braccio e lui rise divertito.
“Oh si che vale, come vale per te”
“E’ diverso”
“Io non ci trovo proprio niente di diverso” fece un sorriso
divertito e controllò distrattamente l’orologio, poi fece
una smorfia.
“Uff, s’è fatto tardi..” Mi diede un rapido
bacio sulla guancia che sfiorò l’angolo delle labbra e
dopo aver emesso un rapido “Ciao Meg” se la squagliò.
Rimasi un attimo a guardare la sua sagoma che correva per il cortile,
poi sorrisi, scrollai le spalle e scrissi un altro paio di righi, prima
di chiudere la moleskine e avviarmi verso la classe.
Stacey P.O.V.
Al solito tavolo stavamo a dire stronzate e ridere come sempre, Matt
stava raccontando un paio di stronzate della festa di Halloween di
qualche settimana prima che avrei preferito evitare.
“Diamine Sty, tu e Michelle ci davate dentro pesante!”
Diventai di un rosso intenso che ricordava parecchio le foglie
dell’albero sopra di noi e feci una risatina sarcastica e
nervosa, mentre Michelle un po’ più in là sembrava
soddisfatta della cosa. Così contenta di essere zoccola? Bah.
“Non ero nel pieno delle mie facoltà, non vale”
“Oh, vale e come ragazza” fece Matt facendo una faccia che era tutto un programma.
Momento.
Faccia tutto un programma? Matt? Riferito a me ubriaca? Cristo Santo ho fatto qualche cagata.
“La prossima volta io rimango sobria e voglio vedere che combini
tu da ubriaco” Gli altri cominciarono a ridere e sta volta fu
Matt a sembrare disturbato dalla cosa. Oserei dire qualche vecchio
episodio di ubriachezza molesta.
“No Jim, voglio sapere” Feci guardando lo spilungone al mio fianco.
Jim continuava a scompisciarsi dalle risate.
“Dai!” Lo incitai e lui lanciò uno sguardo a Matt, prima di cominciare a parlare.
“Una volta lo abbiamo ritrovato di domenica mattina, in mutande,
sulla torretta di un ponte di attraversamento dell’autostrada a
sei km dal locale dove stavamo la sera. Era ridotto una merda, non
ricordava più che giorno fosse e volevano arrestarlo
perché durante la notte aveva minacciato di levarsi le mutande e
buttarsi dal ponte”
Guardai allucinata Matt che teneva la faccia affondata nella mano e che
bofonchiò un “Voglio morire” io risi appena. Certo,
che diamine, spararti sei km, completamente ubriaco e in mutande poteva
farlo solo lui.
Gli diedi un paio di pacche su una spalla.
“Suvvia, ne ho sentite e viste di peggiori” alzò la testa e mi guardò speranzoso.
“Ah si?”
Ci pensa un po’.
“No, in verità no, era giusto per farti coraggio” gli altri scoppiarono a ridere, lui compreso.
“Apprezzo il tentativo” scrollai le spalle e sorrisi.
“Figurati”
A quel punto si persero tutti in varie conversazioni e ne approfittai
per parlare un po’ con quel caucasico che al momento aveva un
colorito bordeaux.
“Come va il buco?” feci indicando con il mento il suo orecchio.
“Oh, sta alla grande, oggi quando arrivo a casa cambio orecchino
e metto quello più grande. Sono passate due settimane, posso,
no?”
“Si, ma ricordati che col dilatatore…” cominciai, ma lui continuò al mio posto.
“…. ci vogliono almeno un mese e mezzo o due, lo so, ho
capito. Non sono così coglione come vuole far credere Jim,
sai?”
“Oh, ci mancherebbe” Mi fece una smorfia e io scossi distrattamente la testa, sorridendo.
Stavamo parlando tranquillamente di varie stronzate fatte da ubriachi,
quando al nostro tavolo approdò Brian scazzato come non
l’avevo mai visto.
Jim si avvicinò a lui e dopo alcuni mormorii, i due sparirono.
Qualche minuto dopo dovetti andare via perché avevo lezione nel
terzo plesso e dovevo spararmi tutto il territorio scolastico e di
certo non avevo voglia di correre per andare a lezione.
Così salutai tutti, Matt mi fece l’occhiolino e me ne
andai con tutta la calma di cui ero capace, lanciando un’occhiata
distratta a Meg e Zack che seduti sul prato, parlavano tranquillamente
mentre fumavano.
Erano carini quei due insieme, così pallidi e oscuri, con quelle
facce da cadaveri truccati di nero e i Misfits sparati 24 ore al
giorno. Erano in grado di farti venire lo schifo di quella band,
davvero.
***
Finalmente la giornata scolastica arrivò al termine e fummo tutti liberi di tornare a casa.
Venerdì, finalmente uno spettacolare venerdì sera che si prospettava davvero interessante.
Beh, c’era il concerto dei Mad Porno Action al Road House, quindi era un buon motivo per stare allegri.
“Passa a prenderci Jim?” chiesi a Meg.
“Si, tanto ha tempo da perdere, avete tutto il tempo del mondo” aggrottai le sopracciglia.
“Avete?”
“Si, io vado con Zack”.
Un sorriso che era tutto un programma si aprì sul mio viso,
mentre Meg osservava il cielo, leggermente imbarazzata. Faceva tanto
l’osso duro e poi si squagliava.
“E quindi vai con Zack, eh? bene bene….”
“Bene bene che? Vado con Zack, fine” fece affondando la testa nel cappuccio.
“Beh, è una cosa buona, no?”
“Direi di si, visto che ce la intendiamo alla grande….”
“Beh, divertitevi”
“Diamine, non sono così zoccola” fece lei divertita e io alzai gli occhi al cielo.
“Ma non mi riferivo a quello..”
“Ah no, eh?” fece lei scettica.
“No”
“Seh, vabbè….Quindi vai con Jim, a voi sta mettervi d’accordo per che ora”
“Si, poi vediamo, senza fretta…. oggi pomeriggio ci stai? Andiamo a farci un giro in centro”
“Si dai, facciamo fare una passeggiata a Jack?” Delle volte
sembrava decisamente innamorata del mio cane, Beh, era perfetto, come
darle torto.
“Si, se hai voglia di tenerlo tu al guinzaglio” “Certamente”
Dopo aver passato il pomeriggio in giro, con Jack che tirava peggio di
un mulo e che era un’attrazione spaventosa per tutti i passanti,
ci salutammo e ognuno andò a casa sua. Io mi misi
d’accordo con Jim per la serata e lui fu puntuale come un
orologio svizzero.
Alle otto e mezza suonò il campanello di casa mia, facendo prendere un infarto a mia madre.
“Buona sera signora” salutò gentilmente Jim, che in casa mia sembrava starci stretto.
“Uhm, mamma, Jim è un mio amico. E’ solo alto, non
ti spaventare” Certo, alto e con un cappotto color cachi davvero
orribile, con dei capelli biondi sparati in tutte le direzioni e un
paio di occhialetti alla Harry Potter, ma era tranquillo.
“Beh, ci si vede, eh. Ciao mà, non aspettarmi”
“Arrivederci!” urlò Jim mentre lo spingevo fuori da casa mia e lo seguivo.
“Perchè fai così? Volevo parlare con tua madre!” fece quasi offeso.
“E che dovevi dirle?” chiesi aggrottando le sopracciglia mentre mi sedevo al posto del passeggero.
Faceva leggermente freddo… Beh, in effetti eravamo a fine novembre, forse era anche normale, eh.
“Beh, non so, volevo semplicemente intrattenere amabilmente
conversazione” aggrottai ancora di più le sopracciglia.
“E Perché?”
“Perché è sempre bene essere educati e avere a che
fare con quante più persone possibile” fece lui convinto e
io lo guardai con una faccia allucinata.
Lui mi sorrise tranquillo e mi porse un pacchetto di Lucky Strike.
“Vuoi una sigaretta?”
“Si, grazie” accettai leggermente titubante e me
l’accesi, mentre lui guidava tranquillamente e parlavamo del
gruppo.
“Da quanto tempo esistono gli MPA?”
“Uhm, da quest’estate, agosto forse, non ricordo non
moltissimo, comunque. Se la cavano, non sono il massimo, ma ci stanno.
Il batterista è insopportabile e inascoltabile”
“Suona così male?”
“Oh si, stasera vedi. Uno schifo, probabilmente non gli
riuscirebbe nemmeno il 4/4 decentemente e si mette a fare cose
più complicate che gli vengono una merda”
“Mio Dio….” Esclamai allucinata.
“Si, raccapricciante. Fra l’altro spesso e volentieri litiga con Meg”
“Come mai?” Jimm scrollò le spalle.
“Questioni per via del padre”
“Padre?”
Ora che ci pensavo Meg non aveva mai accennato a suo padre più di tanto.
“Si, il tipo comincia a dire stronzate e Meggie s’incazza
come una belva” scrollai distrattamente le spalle, prima di
cambiare argomento.
“E Matt? Come canta?”
“Oh, Matt è un asso, una vera bestia da palco, screama in
maniera spaventosa e riesce ad esaltare il pubblico meglio di molti
frontman di band famose. Sarei davvero onorato di averlo come
frontman” fece convinto e seriamente ammirato.
“Jim, ma se sei tu il frotman dei Pinkly Smooth”
scrollò le spalle e svoltò in un incrocio, rischiando di
stirare una vecchietta.
“Vabbè che c’entra, in un’altra band, magari”
“Zack come se la cava?”
“Oh, Zack ha l’anima punk. A tecnica Brian lo stende anche
a occhi chiusi, ma quel mancino ci mette tutta l’anima che ha
quando suona, ma mi stai facendo parlare troppo! Diamine non vuoi
goderti la sorpresa?” “Uhm… preferisco sapere a cosa
vado in contro”Fece una smorfia.
“Ah, sei troppo…… accorta. Non ti piace buttarti nel vuoto?”
“Spesso, ma adesso stiamo facendo una questione filosofica su un concerto?”
“E’ sulle cose banali che esprimiamo quelli che siamo
davvero. Perché impegnarsi a mentire sulle piccolezze? E’
molto più facile architettare un piano per le grandi occasioni
che per i comuni venerdì sera, non ti pare?” Si
voltò a guardarmi e spense il motore.
Io stavo rimuginando distrattamente su quello che aveva detto.
“Beh, si, direi di si…. adesso andiamo?”
“Certamente, bellezza” fece offrendomi il braccio che accettai.
Meg P.O.V.
“DLIN DLON” Oh, era arrivato. Mia madre mi precedette e andò ad aprire.
“Oh salve signora, Meg?” Mi affacciai di fianco a mia madre
e Zack mi sorrise. Aveva un cappello di lana nero con un grosso teschio
stampato sopra, una sciarpa nera con i bordi rossi e una giacca di
pelle abbastanza pesante.
“Ciao” fece sorridente.
“Ciao Zack, allora, andiamo?”
“Mi raccomando…” Fece mia madre guardandomi con un sopracciglio inarcato e io le strizzai l’occhio.
“Si, tranquilla, ci si vede, eh, non aspettarmi!”
“Non lo faccio ormai già da tanto” disse divertita.
“Meno male, no?” evitò di rispondere (fortunatamente) e io e Zack scendemmo dalle scale.
“Però, figa tua madre, è molto giovane”
“Uhm, si, abbastanza, sono nata presto” dissi io distrattamente.
“Doveva essere davvero bella…”
“Si, molto, ma non le somiglio granché”
“Oh, allora tuo padre doveva essere un figo” fece mostrandomi il suo solito sorriso.
“Si, un bell’uomo” feci scrollando le spalle. Meglio
non approfondire l’argomento padre, sarebbe saltato fuori troppo
da dire.
“Mi dispiace passare così presto, ma sai com’è, fra sound check e il resto….”
“Oh, figurati, mi piace sempre vedere i sound check e se vuoi posso dare una mano”
“Oh davvero?”
“Si, sai com’è lo so come si collega una chitarra ad un amplificatore” Rise distrattamente.
“Beh, impegnativo” fece ironicamente.
“Collegare una spina, cosa vuoi che ci sia di più difficile?”
“Collegarne due” scoppiammo a ridere, mentre
c’infilavamo nella sua macchina e andavamo alla Road House, non
molto distante, giusto un paio di isolati più a est.
Lo aiutai portando la pedaliera e qui ricordai un piccolo particolare.
“A fine live mi riprendo il distorsore, intesi?” dissi secca, puntandogli contro un dito.
“Ma…”
“Niente ma, è un distorsore della Boss, costa una cifra ed è adorabilmente giallo”
“Va bene, te lo restituirò”
“Uhm, bravo così, Vengeance”
Aiutai Matt e gli altri che conoscevo solo di vista (il bassista era
Logan, un figo rasato originario di Brooklyn e il batterista, TJ uno
stronzo che mi conosceva pure troppo bene, allampanato e strafatto come
al solito) a sistemare gli strumenti e poi mi piazzai con Val di fianco
al palco.
“Allora, che ci fai qui?” chiese lei divertita.
“Sono venuta con Zack, mi è venuto a prendere lui”
“Oh capisco…” fece mostrando un sorrisetto che sembrava saperla lunga, dandomi di gomito. Scoppiai a ridere.
“Eh sono queste facce! Respira, siamo amici”
“Sono sempre tutti amici, sai?”
“Eh vabbè, da qualche parte bisogna pur cominciare,
no?” feci sorridendole mentre le strizzavo l’occhio.
a soundcheck ultimato, Zack saltò giù dal palco e Valary si avvicinò a Matt.
“Allora? Tutto bene?”
“Oh si, tutto alla grande, sto qui a dire stronzate con Val. L’acustica non è proprio il massimo, eh?”
“Nah, in effetti fa abbondantemente schifo….. quasi come il nostra batterista” Feci una smorfia.
“Già, ho avuto a che fare con lui, qualche volta”
“Ah si?”
“Si, ma adesso lasciamo perdere, uh? Beh, comincia ad arrivare
gente, ti toccherà firmare autografi” fece un sorrisetto
sarcastico mentre si grattava la nuca.
“Oh si, in grande quantità” “Toccherà fare la fila”
Mentre chiacchieravamo distrattamente, arrivarono anche Jim e Stacey e
dopo poco i ragazzi cominciarono a suonare. C’era una discreta
folla di metallari che si agitava davanti al palco non molto alto.
Diamine, Matt era davvero un frontman fantastico. Esigente peggio di
una suocera, ma ripagava fino all’ultimo rimprovero mostrandoti
di cosa era capace sul palco. Secondo la mia discreta opinione, il
ruolo di frontman gli si addiceva molto più di quello di
bassista, come nella sua altra band, i Successful Failure.
Chissà che diamine avrebbe combinato nella vita, oltre alla musica.
Mi voltai a guardare Zack, che ci dava dentro come avevo visto fare solo a pochi.
Sembrava in tutti i modi provare a rimettere in carreggiata il batterista, ma i suoi tentativi erano quasi vani.
Il batterista, TJ, era un tale coglione.
JD mi si avvicinò con un bicchiere in mano e le labbra aggrottate.
“Non sono male, vero?” Chiesi io tranquilla.
“No, ma il batterista fa davvero schifo. Porca puttana, non puoi
usare così il doppio pedale!” Io, che di batteria ne
capisco quanto di aeronautica militare, usai il vecchio metodo del
“annuisci e asserisci” (leggermente diverso dal più
celebre “sorridi e annuisci”)
“Si diamine…. avrebbero proprio bisogno di un nuovo batterista”
“Perché Jim non suona con loro?”
“Perché Jim ha tante di quelle band in cui suona tanti di
quegli strumenti che potresti spaventarti. Il garage di Matt è
solo una particella di tutta la musica che si sviluppa ad Huntington e
dintorni”
Sty sollevò le sopracciglia, sorpresa.
“Davvero? E in tutto questo non riescono a trovare un batterista
decente?” scrollai le spalle e Matt annunciò che avrebbero
avuto qualche minuto di pausa.
“Dai, andiamo” bofonchiai e poi afferrai Sty, e ci
avvicinammo al palco su cui saltammo, per poi andare dai ragazzi che
stavano discutendo animatamente.
“Porca puttana Tj ma che cazzo fai?” fece Matt provando a
non urlare e mantenere la calma, cosa leggermente difficile.
“Sembra tu ti sia messo d’impegno per fare schifo!”
bofonchiò Logan scocciato mentre si sistemava la tracolla del
basso.
“Ah si? Bene, allora se faccio così schifo, da questo
momento in poi non avete più u batterista” Matt
scattò in avanti e lo afferrò per la maglietta.
“Tu adesso finisci il concerto e poi te en vai” ringhiò il cantante a muso duro TJ sorrise.
“Dai, colpiscimi, sai che non sentirò niente. Io me ne vado, siete una massa di checche isteriche….”
Matt lo lasciò scivolare per terra e lui si rialzò e se
ne andò come se niente fosse, sorseggiando una birra.
Matt si voltò e si passò una mano sul viso.
“Merda, dobbiamo annullare…” disse sconsolato.
“Porca puttana Matt! 200 dollari! A costo di suonare senza batterista, io continuo” Sbottò Zack.
Matt mi guadò e inarco un sopracciglio.
“Meg, dov’è Jimmy?” fece afferrandomi per le spalle e guardandomi speranzoso.
“Uhm… ubriaco in giro con Justin. Prima vaneggiavano
riguardo a delle mucche e del fumo e poi se ne sono andati” feci
grattandomi la test imbarazzata.
Matt lasciò cadere le mani da sopra le mie spalle e lasciò cadere la testa afflitto.
Stacey starnutì e Matt bofonchiò un “Salute”
a cui lei rispose educatamente e a quel punto vidi gli ingranaggi nella
testa di Matt fare il secondo miracolo della serata (ovvero funzionare).
“Sty, tu le sai le canzoni dei Metallica?”
“Uhm… tutta la discografia”
“E i Misfits?”
“Me la cavo… ma dove voi arrivare?”
Matt alzò la testa e guardò Zack. Il chitarrista aveva le sopracciglia aggrottate.
“Fai sul serio?” bofonchiò poi.
“Non abbiamo altre possibilità e posso assicurarti che è quaranta volte meglio di TJ”
“Logan, tu sei disposto a darle una mano?”
“Certo, ormai so le parti di batteria meglio di TJ”
Tutti e tre si voltarono verso JD che aveva una faccia terrorizzata.
“Cosa volete fare?” Chiese quasi intimorita.
“Sty, per favore…” bofonchiò Zack facendo gli occhi dolci.
“Ti dichiaro schiavitù eterna” annunciò Logan che nemmeno la conosceva.
Matt fece un passo avanti e la guardò.
“Per favore, ti prego, ti imploro, puoi essere la nostra batterista? Guarda, mi metto in ginocchio”
E lo fece davvero. Sanders s’inginocchiò e Stacey assunse
una colorazione bordeaux. Mentre Matt con le mani congiunte la pregava.
Stacey aggrottò le labbra, come a rispondere negativamente.
“Ovviamente poi dividiamo i soldi” si affrettò ad
aggiungere Matt, JD mi guardò e io scrollai le spalle. Poi
svuotò in gola il suo bicchiere e voltò gli occhi al
soffitto.
“Andiamo, forza” Matt le abbracciò la vita e lei gli
fece “Pat pat” sulla testa, prima che si sollevasse.
JD andò a sedersi dietro la batteria e mi mollò borsa e
giacca mentre parlava con Logan di roba che io non capivo minimamente.
Le incasinai i capelli, le augurai in bocca al lupo e stavo per
scendere dal palco, quando Zack mi afferrò per la vita e mi
stampò un bacio su uno zigomo a cui io risposi sorridendo, prima
di rischiare di saltare su un metallaro in prima fila.
Andai a posizionarmi vicino a Val e mi godetti lo spettacolo.
Stacey P.O.V.
Merda.
Alla fine erano solo cover che sapevo e Logan mi avrebbe aiutato con
gli arrangiamenti che avevano fatto, ma era la mia prima esibizione e
Matt si aspettava qualcosa di decisamente buono da me.
Logan continuava a spiegarmi cose mentre io mi abituavo alla batteria.
Tzè, la mia era quaranta volte meglio di quella cagata,
lì.
Matt si voltò come a chiedere come fossimo messi.
“Pronti” dissi io e Matt annuì. Presi un respiro profondo mentre Matt cominciava a parlare.
“Ok, pausa finita! Siete pronti a ricominciare?” un urlo
strano da quei tipi là davanti “Allright….”
E attaccammo a suonare.
Attaccai io, per la precisione, e tutti e tre si voltarono verso di me.
Logan e Zack con delle facce stupite, Matt con un sorriso orgoglioso.
Poco dopo bassista e chitarrista mi furono dietro e Matt attaccò
a cantare.
Fortunatamente i pezzi originali li avevano già fatti tutti e i
due che non avevano fatto avevano dei tempi così ridicoli e
scontati che con l’aiuto di Logan non ebbi grossi problemi.
Era divertente, dannatamente divertente anche se i miei capelli mi
rendevano la vita un inferno. Cazzo, la prossima volta un elastico,
assolutamente.
Prossima volta? Sinceramente speravo ci fosse, mi piaceva un sacco. La
mia mente sembrava già sapere dove andare a parare e con
l’improvvisazione me l’ero sempre cavata egregiamente.
Era dannatamente divertente e spesso Matt si voltava per mandarmi
sorrisi e occhiolini o mimava con le labbra dei “Vai alla
grande” a cui rispondevo con dei sorrisetti.
Speravo solo di non fare facce da totale deficiente, come il batterista dei Guns, Matt Sorum.
Diamine, l’avete mai visto quello mentre suona? Sembrava un
bambino di tre anni che mastica un pacchetto intero di Big Babol,
raccapricciante in qualsiasi fotografia durante i live.
La mia parte di concerto non durò molto, una quarantina di
minuti e sull’ultima canzone avevamo allungato il finale in modo
da far sì che Matt facesse le presentazioni.
Quando toccò a me ci misi pure un mezzo assolo di batteria che
esaltò il pubblico e Zack che scoppiò a ridere urlandomi
“Diamine, Sty, sei una figa!” e gli strizzai l’occhio
facendo finta di ammiccare.
Finimmo definitivamente di suonare e mi alzai da dietro alla batteria con ancora le bacchette in mano.
Mi ravvivai i capelli tirandoli indietro e mi ritrovai stritolata da
quei tre che continuavano a urlare complimenti e “Ci hai salvato
la serata!”. Per completare l’opera mi afferrarono e
cominciarono a lanciare in aria mentre urlavo e ridevo.
Quando finalmente Matt mi prese in braccio e mi rimise a terra,
sembrarono darsi un po’ tutti una calmata e mi tirai indietro i
capelli per l’ennesima volta.
Una ragazza ci scattò qualche foto tutti insieme e poi tutti si
dileguarono. Vidi anche Zack tuffarsi in direzione di Meggie che stava
poco distante dal palco con un sorrisone a 32 denti.
Mi voltai e mi trovai Matt ancora sorridente ed esaltato che mi guardava felicissimo.
“Wow Sty, sei stata un portento, davvero. Sei una ragazza e una
batterista fantastica, davvero perfetta” sorrisi imbarazzata.
“Beh, grazie, vi serviva una mano, quindi perché no?” Ti sei inginocchiato per me davanti a una cinquantina di persone, quindi perché no?
Lui sorrise apertamente.
“Beh, che ne diresti di diventare la nostra batterista? Sarebbe
davvero fantastico. E’ la prima volta che ho una ragazza nella
mia band. Ho sempre pensato che quel genere on fosse roba per ragazze,
fino a che non mi sono imbattuto in te”
Sbattei un paio di volte gli occhi.
“Uhm… ah…. ok! Andata!” Mi afferrò per la vita e mi abbracciò, mentre mi sollevava.
“Oh grazie! Non te ne pentirai!” Speriamo…..
Qualcuno si schiarì la voce e ci voltammo.
Ecco, sapevo dall’inizio di quella baraonda che questo momento sarebbe arrivato.
“V-val! Stacey è la nuova batterista dei MPA”
“Si, ho visto” fece stiracchiando un sorriso allucinato nella mia direzione.
Non era la classica faccia di quella gelosa, lei proprio non se lo aspettava.
“Complimenti…”
“G-razie” feci grattandomi la testa imbarazzata.
“Beh, s’è fatto tardi e io devo andare”
“Ma dobbiamo festeggiare..” bofonchiò Matt sembrando seriamente dispiaciuto.
Hai una ragazza, porca puttana.
“Festeggiamo un’altra volta, ok? Ciao ragazzi” E
saltai giù dal palco con ancora le bacchette di quel tipo, TJ.
“Ti chiamo per le prove! E i soldi!” Urlò Matt e io feci ok con la mano senza nemmeno voltarmi.
Che l’Inferno abbia inizio.
EEEEEEEEh!
Sono tornata! V.v
Contenti?
Bah, manco tanto xP
Lo
so, è completamente assurdo e inverosimile che acchiappi uno qualsiasi e ci fai
40 minuti di live, ma dai, è una fanfiction, fatemela passare v.v
E
poi Stacey è troppo brava <.<
Beh,
non mi viene granchè da dire, al solito tranne che ho fatto un LEGGERO balzo in avanti nel tempo (due settimane o.o) :/
Ringraziamo
quelle anime buone di _diable_, Danyel, Black is The New Black (che se la crede
perché gioca a basket xD) e Rebs
Destroyer Cactus che hanno recensito lo scorso capitolo! :D
Al
prossimo chap v.v
The
Cactus Incident
|
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Capitolo 7 *** Chapter 6 ***
sch chapter 6
Inizio dicembre, 1998
Margaret P.O.V.
Stavo morendo di sonno, davvero. Quella notte avevo dormito poco e malissimo, di questo complice Haner e le sue crisi.
Haner in crisi è uguale a telefono che squilla a orari
indicibili e lui che esordisce con un “Ti ho
svegliato?” e dopo un po’ di tira e molla attacca a
parlare parlare parlare…..
Mi stravo letteralmente trascinando fino a scuola, la sigaretta fra le
dita, fumata dal vento e Sty di fianco che mi guardava un tantino
preoccupata.
“Sicura che sia solo il sonno?”
“E il ciclo” aggiunsi poco dopo, affondando le mani nelle
tasche della felpa enorme e incassando la testa nelle spalle, nascosta
dal cappuccio.
“Ah, questo spiega già qualcosa in più”
“Uhm…. Oggi durante l’ora della Wilcox una dormita non me la leva nessuno”
“Fai bene… geografia. Che materia del cazzo. Per di più fatta da lei diventa completamente inutile”
“Si, ore di svago o di sonno”
Spiaccicai la faccia contro il muro di recinzione di mattoni, sperando
di addormentarmi lì e magari di non essere disturbata da
nessuno, quando Stacey disse “Ehi, ma quello non è
Zack?”
Aprii un occhi e controllai la direzione in cui puntava la riccia.
“Forse. I capelli sembrano quelli. Ma quella gente?” chiesi
strizzando gli occhi per vedere meglio. Che dovessi indossare gli
occhiali da riposo anche quando ero stanca?
“Eh… appunto”
Zack era attorniato da fighetti della squadra di basket che credevano
che la scuola fosse loro (l’unico a salvarsi della squadra di
basket era Matt). Peggio di loro c’erano solo quelli della
squadra di surf che delle volte venivano pure a scuola con la divisa
(avete presente quelle magliette di gomma che si usano per fare sport
acquatici? Ecco, quelle. Ps: si, abbiamo una squadra di surf. Siamo in
California, ragazzi!) e si aggiravano nella scuola con sorrisi da
fattoni che facevano squagliare le matricole. Bah, valle a capire le
matricole.
“Cazzo….. Zack è nei guai….!” dissi
svegliandomi, visto che il mio amico-ma-forse-qualcosa-di-più
era nei casini.
“Cazzo gli altri non sono ancora arr…. Dove cazzo vai?”
Questa era Stacey che provava a farmi ragionare, mentre ero già
scattata in avanti, diretta dall’altro lato del cortile
all’ingresso, dove si trovavano quelli.
Che poi che cazzo avrei potuto fare? Avrei dovuto inventarmi qualcosa alla svelta. Bah, speriamo bene.
“Eh-ehm” mi schiarii la voce e si voltarono. Uuuh ma quello
non era Scott Clegg a capeggiare l’allegra banda di balordi? Bene
bene, allora mi sarei divertita.
Zack mi lanciò un’occhiata preoccupata e spaventata per me alla quale risposi con un mezzo ghigno.
“Ma guarda un po’ Baker, ti fai salvare da una ragazza”
“Non una ragazza qualsiasi, Clegg. Leva le mani da lì”
“Mh-meg?” il tipo biondo ossigenato con
quell’orribile taglio da ananas che Haner aveva appena
(fortunatamente) messo nel dimenticatoio (rinunciando almeno
all’ossigenatura e tornando al suo castano chiaro naturale), mi
guardò semi-terrorizzato. Ah, che goduria.
“In carne ed ossa. Adesso se non vuoi che la tua cara nonnina si
arrabbi e ti levi la macchinuccia, sgomma con tutti i tuoi amichetti e
andate a farvi le seghe da qualche parte, uhm?”
“Ah, non oserai…”
“Oh se tu mi costringi mi ci vuole un attimo, tesoro”
sbuffò dalle narici come un toro arrabbiato e poi si
voltò verso Zack, una mano ancora stretta sul suo mento.
“Sta volta t’è andata bene, femminuccia”
“Scott, cosa non ti è chiaro di ‘leva le mani da
lì’?” continuai, incrociando le braccia al petto e
aggrottando le sopracciglia. Alzò le mani e mi passò di
fianco, sfilando con tutti i suoi amici che si chiedevano il
perché della ritirata.
Uno di questi mi piazzò una mano sul culo e per tutta risposta
si beccò una ginocchiata nei gioielli di famiglia che lo
piegò in due.
“Sai che non finisce qui, vero Window?” chiese Scott già a qualche metro di distanza.
“E’ sempre finita quando dico io Clegg” a quel punto
tirai un sospiro di sollievo e lasciai cadere la posa rigida che mi era
costata parecchio vista la stanchezza.
Per un attimo avevo pensato che si sarebbe girata male per me.
Mi voltai a guardare Zack che aveva un occhio violaceo e il labbro spaccato.
Mi sorrideva tranquillo, l’occhio chiaro buono semi aperto, l’altro un po’ più chiuso.
“Cristo santo…. Ma che diamine hanno fatto?”
“Bah, un paio di cazzotti, niente di ché” disse
distrattamente scrollando le spalle. Tirò fuori il pacchetto di
sigarette dallo zaino buttato ai suoi piedi e io lo feci accendere.
“Perché non fai qualcosa?”
“Beh, cinque contro uno mi sembrava un po’ un
suicidio” si sedette per terra sul gradino e io gli fui subito
accanto.
“Cinque contro uno si, ma se chiedi a Matt una mano te la da…” Zack scosse energicamente la testa.
“No, non voglio coinvolgere Matt in queste stronzate”
“Non sono proprio stronzate”
“Ma a che mi serve Matt se ho te, uhm?” disse sorridendomi, facendo sanguinare il labbro.
“Beh, ben poco. Su, in infermeria che sei ridotto uno schifo”
“Nah, lascia perdere”
“Vuoi me al posto di Matt? Allora si va in infermeria, di
corsa” sbuffò e mi sorrise, ma si alzò di buon
grado e mi seguì in infermeria.
“Che gli è successo?” chiese la cara signora
Sweetheart che stava nell’infermeria. Una vecchietta prossima al
pensionamento dolce quasi quando il suo nome che ci aiutava sempre,
complice forse il fatto che suo figlio ormai grande non veniva mai a
trovarla con le nipotine.
“Ha dato una facciata sui gradini, all’ingresso” fece una mezza smorfia e poi guardò Zacky.
“Zack, di nuovo Scott?” Vee si strinse nelle spalle, calciando l’aria.
“Si signora” ammise senza guardarla in faccia. Sweetheart
fece una faccia preoccupata, prima di avvicinarsi al lettino.
“Su Zack, salta qua” Gli presi lo zaino, lui mi
ringraziò con un cenno della testa e poi andò a farsi
medicare.
A fine “seduta” diede un lecca lecca a testa come al solito e poi ce ne andammo, ancora in orario per la prima ora.
“Dove devi andare?” mi chiese dopo un po’. Ci
riflettei un po’, ma niente. Alla fine mi arresi e presi il
diario “Teatro”
“Io ho chimica”
“Con la Vargas?”
“No, un altro… non mi ricordo” disse ridendo, mentre si girava in bocca il lecca lecca.
“Wow, credevo di essere l’unica a non ricordare ancora tutti i nomi dei professori”
“Io ne ricordo giusto qualcuno….” Disse tranquillo scrollando le spalle.
Arrivammo davanti all’ingresso interno del teatro. Il lecca lecca
mi stava lasciando in bocca quella patina fastidiosa, così lo
tenni in mano, osservando la colorazione brillante, gusto ciliegia.
“Beh, io vado. Ci vediamo dopo?” sospirai distrattamente voltandomi verso di lui.
In risposta Zack affondò le mani nel mio cappuccio e si
chinò su di me, dandomi un bacio al sapore di sigarette e
fragola che mi lasciò di stucco. Lo guardai negli occhi per
tutto il tempo, non avevo fatto in tempo nemmeno a chiuderli, ma non ci
pensai. Ero troppo impegnata a muovere le mie labbra sottili insieme a
quelle morbide e straordinariamente piene di lui.
Si separò e mi guardò con quegli occhi cristallini che brillavano, un mezzo sorrisetto beffardo e le labbra umide.
“Si, ci vediamo a pranzo” si passò distrattamente la
lingua sull’angolo delle labbra e se ne andò.
Rimasi come una cogliona a guardarlo fin quando la sua giacca di jeans
non sparì nella folla di studenti e solo allora mi ridestai ed
entrai nel teatro.
Stacey P.O.V.
Meg aveva una faccia di marmo/da poker come espressione e gli occhi
scuri e solitamente quasi spenti che invece brillavano. Sembrava sul
punto di scoppiare a piangere.
“Cristo Meg che è successo?” dissi preoccupata. Era
più pallida del solito, ma le guance appena colorate di rosso e
le labbra sottili di un rosa pallido. Con il mio intervento
sembrò riprendere vita.
“Chi? Io? Nah, niente” disse tranquilla, prima che un
sorrisetto le colorasse le labbra. Sorrisi anche io di rimando e le
diedi una leggera gomitata.
“Dai dai dai, che succede?”
“Beh si…. Zack mi ha baciato”
“E stai così?” chiesi allucinata.
“Così come?”
“Sembri sul punto di scoppiare a piangere!”
“Chi? Io?” chiese stranita.
“No io” Dissi sarcastica.
“Ah?” Mi ero già rotta i coglioni della sua versione tutta soli cuori amori.
“Meg ripigliati, cazzo!” Scosse energicamente la testa, riprendendosi da uno stato di trance.
“Ah si… scusa!”
Sorrisi e poi tornai a guardare la Wilcox, nascosta dietro un paio di
occhiali semplicemente enormi che le ingrandivano gli occhi a dismisura
e sul punto di prendere sonno anche lei. Ce n’erano già un
paio che dormivano e il resto della classe che combatteva contro il
sonno.
“E poi?” chiesi io, sperando che rispondesse decentemente.
“Poi niente, mi ha lasciato con un ‘ci vediamo a pranzo’….” scrollò le spalle e io annuii.
“Daaaai, che ti metti col caro Misfits” sorrise arrossendo
leggermente. Oh, che carina quando si comportava da persona normale.
“Non sarebbe mica male…”
“Per niente” “Eh già”
Dopo poco finì in coma profondo anche Meg e quando suonò la campanella, svegliarla fu quasi un’impresa.
L’ora dopo avevo storia dell’arte. Mi ci voleva proprio un’ora di risate con Matt.
Quel ragazzo mi attirava troppo, diamine.
Andiamo, siamo sinceri, come fa a non attirarti Matt Sanders? Aveva una
nominata a scuola che terrorizzava una tale quantità di studenti
da poter riempire tutti gli spalti del campo da football senza problemi.
Eppure era così carino…. e poi era simpatico, gentile, grosso, con un sorriso che uccideva e aveva un c….
No, questo forse è meglio non dirlo. E’ a rating giallo, giusto? Eh, allora stiamo zitti.
Eravamo nella seconda settimana di dicembre e il freddo di cui quelli
del posto si lamentavano tanto a me sembrava quasi una presa in giro.
Non che Orlando abbia questo clima tanto rigido, ma faceva davvero
caldo per essere a dicembre.
Avanzai tranquillamente fino alla classe di storia dell’arte e a
metà strada trovai Matt che combatteva con l’armadietto.
“Ti serve una mano?” feci sorridendo “Grazie, prima o
poi mi esploderà in faccia…” “Ma una
ripulita?” “Nah, sarebbe troppo gentile nei confronti di
quello a cui toccherà l’anno prossimo”
Afferrò un libro e lo richiuse, cominciando a camminare e avanzando subito.
Era caduto un foglio, ma ormai Matt era scomparso fra il tumulto del
corridoio. Voltai il foglio fra le mani, per vedere se era qualcosa
d’importante e cominciai a leggere…
“Your hazel green tint eyes watching every move I make.
And that feeling of doubt, it's erased.
I'll never feel alone again with you by my side.
You're the one, and in you I confide.”
E continuava con altre frasi dolci di cui una mi balzò decisamente all’occhio.
“I give my heart to you.
I give my heart, cause nothing can compare in this world to you”
Il titolo del foglio, ripassato più volte con penne nere e rosse recitava “Warmess On The Soul”
Oh, bene.
Canzoni dolcissime che ragazzi fottutamente innamorati scrivono per le loro ragazze.
Bene.
No, non è bene, non è per niente bene. E’ una
merda! E’ una grandissima merda perchè a me un ragazzo del
genere manca decisamente e il ragazzo dietro al quale sbavo attualmente
è quello che ha scritto questo che ora ho in mano e che non
è decisamente dedicato a me.
Oh, fanculo. Ma non poteva piacermi uno single, no? No, troppo facile.
Ficcai il foglio in tasca e corsi verso l’aula di storia dell’arte.
Matt mi aveva tenuto il posto e andai a sedermi vicino a lui,
cominciando a chiacchierare delle prime prove che avevo fatto con i Mad
Porno Action, il giorno prima.
“Logan e Zack sono davvero entusiasti e gasati e anche io! Diamine, sei stata una vera manna dal cielo”
“Seh, vabbè, che esagerato”
“No non esagero, Jim ubriaco, TJ che se n’era
andato… sei stata davvero una botta di culo” Disse lui
seriamente felice. Inarcai un sopracciglio e trattenni male un sorriso.
“Delicato, Sanders”
“Scusa… ti sei offesa?” fece imbarazzato, mentre si grattava la nuca.
“Naaah” dissi io distrattamente, mentre tiravo fuori il libro e la prof entrava in classe.
Miracolo, ci richiamarono solo un paio di volte e la prof non ci cacciò dall’aula sclerando come suo solito.
“Ah, comunque ha chiamato TJ e ha detto che rivoleva le bacchette e la batteria” Inarcai le sopracciglia.
“Come?” Matt fece un sorriso malefico.
“Non puoi mollare M. Shadows nel bel mezzo di un concerto e
sperare che non succeda niente. Gli ho fatto a pezzi la batteria e
l’ho sparpagliata un po’ in giro. Le bacchette le hai tu,
vero?”
“S-si”
“Beh, tienile pure. Scusa, ma adesso devo andare” Mi
strizzò l’occhio e se ne andò via quasi correndo.
Cosa intendeva esattamente per “Sparpagliata un po’ in giro”?
Nota mentale: non fare incazzare Matt e lasciare la mia Rachel incustodita.
Meg P.O.V.
Ero seduta a gambe incrociate sulla panca mentre prelevavo gli ultimi
maccheroni dal mio piatto di pasta, quando mi planò davanti Zack.
“Ciao Ragazza!” fece tutto allegro e sorridente. Sorrisi anche io di rimando.
“Salve Misfits”.
“Com’è la pasta?” fece indicando col mento il mio piatto.
“Potrebbe essere migliore. Mangiato?”
“Si e adesso devo scappare, volevo solo chiederti se venerdì volevi uscire”
“Uhm, si, c’è tutta la banda… al solito, no?”
“Veramente io pensavo a me e te… da soli, intendo”
fece grattandosi la testa, imbarazzato. Oh, che bella figura di merda
che avevo fatto.
“Quante ne abbiamo venerdì?”
“Uhm… undici”
“Ok, si, per me non ci sono problemi… qualche programma?” scrollò le spalle distrattamente.
“Bah, stiamo in giro così, niente di
speciale….” disse stringendosi nelle spalle e calciando
distrattamente qualche pietruzza immaginaria.
“Oh… uhm… si, ok.” Diamine, se sembro cogliona. E non mi ci devo nemmeno impegnare!
“Al Johnny’s o preferisci da qualche altra parte?”
“Oh no, il Johnny’s è perfetto” Ma razza di tono di voce era il mio? Santa Reparata…..
“Ok, allora alle otto e mezza passo da te, va bene?”
“Sssì..”
“Perfetto” Mi diede un rapido bacio sul naso e
scappò via. Che aveva sempre da correre non l’avevo mai
capito.
Ehi, un momento. Avevo un appuntamento con Zack?
Oh diamine.
***
La campanella della fine delle lezioni suonò, annunciandoci l’inizio del fine settimana tanto agognato.
Marcava ormai poco alle vacanze di Natale e io già mi ero rotta i coglioni di andare a scuola.
“Allora, stasera passa Jim e facciamo il solito giro?”
chiese Sty mentre tornavamo a casa. Osservai il cielo plumbeo. Uhm, non
prometteva niente di buono. Era da quella mattina che ogni tanto
cadevano due gocce, ma adesso sembrava essere decisamente peggiorato.
“Uhm, no…. esco con Zack. Da soli, intendo...” feci
leggermente imbarazzata mentre mi grattavo la testa nascosta sotto
l’enorme cappuccio.
“E brava ragazza! Ok, quindi mi molli con Michelle, eh?
Vabbè, vedrò d’invitare qualche altra
ragazza….”
“Dovrebbe esserci anche Amy, la sorella di Matt, lei è simpatica”
“Si lo so, l’ho conosciuta l’altro giorno alle prove”
“A proposito… come va con la band? Zack è
completamente su di giri, dice che sei la batterista perfetta”
scrollai le spalle distrattamente.
“Secondo me sono tutti esagerati con i complimenti, ma mi trovo
bene. Certo, hanno la delicatezza di un bulldozer guidato da Jim
ubriaco, ma ci sono abbastanza abituata” scrollai le spalle.
“Si, sono tutti così… che ci vuoi fare”
Mi preparai senza mettere niente di ché: uno dei pochi jeans
(chiarissimi) da donna che avevo, le New Rock (giusto per sembrare un
po’ più alti), una maglietta del Misfits (anche questa
stranamente da donna) con una felpa grigia e viola sopra e la mia
stupenda giacca di jeans nero a doppio petto. Solita quantità
industriale di collane e bracciali.
Una bella linea di eye-liner sugli occhi e sulla palpebra delle
sfumature fatte con l’ombretto panna-lilla-viola che mi piacevano
un sacco.
Mi sistemai i capelli con le punte leggermente sparate (intossicandomi di lacca) e una spruzzata di profumo.
Ok, i’m ready.
Oddio, sembra una brutta cosa. Chissà perchè a me sembra sempre tutto una brutta cosa…
Ok, sono depravata, ma non fateci caso, eh?
Va bene, la smetto.
Mi stavo legando le New Rock quando suonarono alla porta.
Questa volta fui più rapida di mia madre che mi lanciò comunque un’occhiata che era tutto un programma.
Zack mi guardò e mi sorrise.
“Finita l’analisi?” chiesi divertita.
“Si, direi di si. Mi piace il tuo stile” scollai le spalle e sorrisi.
“Allora, andiamo?” annuì e scendemmo fino alla sua macchina.
Chiacchierammo distrattamente per tutto il tempo. Non c’era
nessun tipo d’imbarazzo o cose così, era tutto come
sempre, ma con qualcosa di diverso che aleggiava nell’aria.
Arrivammo al Johnny’s e ci sedemmo ad un tavolo piccolo e leggermente appartato, giusto per non stare troppo in mezzo.
Ordinammo da mangiare e da bere e lo sguardo di Zack si posò un
una delle mie collane, un di quelle col laccio più lungo.
“Ma non ti danno fastidio?”
“Nah, ormai ci sono abituata. Mi piacciono un sacco”
“Ehi, ma questa è… una meccanica?” fece stranito afferrano il ciondolo.
Per chi non lo sapesse, la meccanica e la cosiddetta “chiavetta” della chitarra o del basso, intesi?
“Si, è la meccanica di un basso”
“Perché?” chiesi curioso.
“Era di uno dei bassi di mio padre”
“E l’hai conservata?”
“Si, spaccò questo basso per terra quando concessero il mio affidamento a mia madre e io l’ho tenuta”
“Oh quindi i tuoi sono divorziati…”
“Beh, non proprio, non si sono mai sposati. Mio padre se
n’è andato quando avevo due anni e questo è
quanto” Fece una faccia da cane bastonato.
“Oh, mi…… scusa” fece triste, lasciando il ciondolo.
“E di cosa?” feci tranquilla.
“Di aver tirato fuori questa cosa” scrollai distrattamente le spalle.
“Oh ma non ti devi preoccupare, è la semplice
verità, l’avresti saputo prima o poi” feci
mostrandogli un leggero sorriso a cui lui rispose nello stesso modo.
Zack stava per aprir bocca, quando un ragazzo con una cifra di piercing
facciali e gli spikes corti e rossi si fermò a salutarlo.
“Woh amico! Finalmente ti vedo! E’ tutta la giornata che
volevo farti gli auguri” disse con una voce così nasale e
simil raffreddata che al confronto Haner aveva una voce da uomo/la
stessa voce di Ville Valo (decidete voi quale delle due più vi
aggrada).
“Oh Adam, figurati, grazie tante” rispose tranquillo Zack, con un sorriso.
Auguri?
Il tipo strinse la mano di Zack e lo abbracciò dandogli una pacca su una spalla.
“Oh, ma stai festeggiando con la tua ragazza, eh? Beh, vi lascio
soli allora. Buon compleanno Vengeance!” Festeggiare? Ragazza?
Compleanno?
Cazzo, che colossale figura di merda.
“Grazie bro!”
Quando Zack si voltò verso di me, avevo assunto una colorazione bordeaux e mi torcevo le mani.
“Ehm…” fece imbarazzato grattandosi la nuca.
“E quindi è il tuo compleanno” feci io facendo una faccia di cazzo, mordendomi il labbro superiore.
“Già” emise in un sospiro, dopo aver trattenuto il fiato.
“E perché non me lo hai detto?”
“Perché non volevo ti sentissi obbligata a farmi un regalo….” Inarcai le sopracciglia.
“Ohw… mi sembra un po’ una stronzata, sai?” feci facendo una mezza risatina.
“Improvvisamente lo sembra anche a me” fece con un mezzo sorriso.
Lo guardai e gli sorrisi, mordicchiandomi leggermente il labbro superiore.
“Ho la strana impressione di aver fatto una figura di merda” sospirai afflitta e con un sorriso.
“Oh no, perché? Sono io ad aver fatto una figura di
merda… avrei dovuto dirtelo, ma volevo passare la serata con te
senza troppi convenevoli….” Ecco, diventai completamente
blu.
“Oh beh…. Wow” mi passò un braccio attorno
alla vita e mi attirò a sé, facendomi appoggiare al suo
petto. Mi mollò un bacio sulla tempia e m’incasinò
i capelli. Alzai il viso e lo guardai con un sorriso sincero.
“Sei un bastardo, lo sai?” sorrise divertito e scrollò le spalle.
“Cose che capitano, ma se non lo fossi non ti piacerei” sorrisi divertita.
“E chi ti garantisce che mi piaci?”
“I tuoi occhi, mi pare ovvio” la sua mano si spostò
sulla mia guancia e prese a carezzarmi le labbra e il viso.
Passava lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra e viceversa.
Sorrisi leggermente un’ultima volta, prima di spingermi leggermente in avanti e fare scontrare le nostre labbra.
Le labbra di Zack erano quello che di più morbido esisteva al
mondo. Erano dolcissime e delicate, come dei petali, ma erano
così calde, quasi roventi di baci. Avrei passato anche il resto
della serata incollata alla sua bocca, con le palpebre socchiuse ad
osservare i suoi occhi stupefacenti farsi liquidi e dolci mentre mi
baciava.
Quando si separò mi specchiai completamente in quelle stupefacenti iridi smeraldo e mi sorrise.
Oh, diamine, ero leggermente partita.
“Scusa se l’altro giorno sono stato scortese, ti sono
saltato addosso così…. ma boh, avevo voglia di
farlo” sospirò sulle mie labbra.
“Non credere che mi sia dispiaciuto, come adesso, del resto”
“Oh, meno male” fece aprendo un sorriso sornione e unendo ancora le nostre labbra.
Saremmo rimasti attaccati ancora a lungo, se un rumore di vetri rotti non ci avesse fatto e sobbalzare e allontanare.
“Ma che diamine…?” voltai la testa e trovai Brian,
con il viso rosso d’alcol e con un’espressione
completamente allucinata che dopo averci guardato girò sui
tacchi e se ne andò.
“Oh…. ma piaci a Brian?” chiese Zack distrattamente.
“Cosa? No, diamine! Siamo cresciuti insieme, è disgustoso!” feci io allucinata.
“Reazione da fratello maggiore o cosa?” azzardò Zack e scrollai le spalle.
“Probabile…Ti va se andiamo a fare un giro?” sospirai dopo e annuì.
Pagato il conto uscimmo nel locale stringendoci ognuno nella propria giacca.
“Fa freddino, uhm?” bofonchiò lui sorridendo e io
affondai il naso nella sciarpa. Stavo ancor pensando alla strana
reazione di Brian…. Bah, avrei dovuto parlargli il prima
possibile.
“Un pò....... come va con la band?”
“Oh, va bene, Stacey è davvero una grande ma, non so,
c’è qualcosa che non mi convince...... boh, ho
l’impressione che non siano ancora quelli giusti”
“Giusti per cosa?”
“Per sfondare” fece lui ovvio.
“Oh.... davvero? Cioè, la prendi seriamente?”
“Certo, perchè non dovrei?” dal suo tono di voce così ovvio, sembravo io quella che diceva stronzate.
Mi strinsi nelle spalle.
“Beh, no so….. non ti sembra un po’…. Difficile e irrealizzabile?”
“Se ce l’hanno fatta i Metallica, e mi pare che loro
abbiano delle facce di merda peggio delle nostre, perché
non dovremmo farcela noi? Che ci manca? Sei troppo scettica” fece
divertito.
“Sono realista” scoppiò a ridere.
“Vedremo quanto sarai realista, quando vincerò una caterba
di Grammy Awards” fece convinto mentre incrociava le braccia al
petto e guardava il cielo come se lo stesse sfidando.
“Addirittura i Grammy?” dissi divertita, inarcando un sopracciglio.
“Certo e da sopra al palco urlerò “Fanculo Meggie!””
“Delicato”
“Quasi quanto te, ti pare?” Mi prese la mano e mi fece fare
una piroetta, prima di posare una mano sulla mia schiena, l’altra
ancora stringeva la mia e cominciare a ballare, senza musica sul
marciapiede pieno di persone che ci guardava come se fossimo due poveri
disperati.
Disperati forse si, ma certamente più felici di loro.
Mise su una faccia ridicola e un detestabile accento inglese,
cominciando a parlare mentre ondeggiavamo non proprio leggiadramente.
“Miss, è una serata stupenda, non trova? Le stelle emanano
una luce così particolare come a volerci illuminare” Ma
come diventava poetico/capitan ovvio quando cominciavamo a face di
queste stronzate. Misi su una faccia che scimmiottava una qualsiasi
aristocratica altezzosa e gli tenni il gioco.
“Sono pienamente d’accordo”
“C’è da dire però che nessuna di loro eguaglia la sua bellezza. Stasera è incantevole”
“Oh, lei è un adulatore”
Un sorriso sghembo dipinse le sue labbra e avvicinò maggiormente il viso al mio.
“No, sono realista” e mi lasciò un bacio a stampo.
“Beh, signorina, gradirei trascorrere con lei il maggior tempo
possibile concesso a due umani, ma sfortunatamente non credo sia
possibile” arricciai le labbra, mettendo un po’ da parte il
nostro giochetto.
“La vedo difficile”
“Beh, per il momento che ne direbbe di diventare la mia ragazza?”
“Beh, direi che è un offerta che va colta al volo, non le pare?”
“Mi pare, si, si affretti, forza!” scoppiammo a ridere e mi
afferrò per la vita, facendomi fare un giro in aria mentre
ridevo.
Bah, un giro di Valzer alla volta eravamo arrivati fino al parcheggio, wow.
“Tu sei completamente pazzo, Vengeance” dissi divertita
quando mi rimise per terra senza sciogliere le braccia dalla mia vita.
“Oh, ma questo era cosa già nota, mylady. Sfortunatamente
per lei è diventata l’oggetto del desiderio di un povero
pazzo, quindi si prepari ad un mondo nuovo, mi raccomando” e mi
stampò un bacio su uno zigomo per poi scostarsi e rimanere a
guardarmi negli occhi per tornare il solito Zack di sempre e mettere da
parte il suo gioco di ruoli.
“Beh, per il momento questo mi va più che bene come regalo
di compleanno” aggrottai le sopracciglia mentre sorridevo e
affondavo la fronte nel suo collo.
“Non ricordarmi della mia figura di merda, grazie” con
l’indice mi carezzò la guancia e il profilo della mascella.
“Oh certo, è un giorno da ricordare” sospirò convinto.
“Beh, meno male che hai fatto coincidere le due date, perchè altrimenti non l’avrei mai ricordato”
“Beh, ci siamo conosciuti il giorno di Halloween, ci siamo messi
insieme quello del mio compleanno… Chissà cosa
succederà a Capodanno” fece scrollando le sopracciglia e
mettendo su una faccia da maniaco. Gli tirai uno schiaffo su un braccio
e si lamentò, mentre ridevo.
“Sei un pervertito del cazzo”
“Semmai della figa” Mi passai una mano sul viso.
“Santa Reparata, è una delle battute più squallide che io abbia mai sentito” mi strinse di nuovo a se.
“Suvvia, era una delle tante”
“E’ questo che mi preoccupa” feci guardandolo e lui scrollò le spalle.
“Puoi sempre lasciarmi”
“Diamine, arriviamo almeno ad un’ora! Non sono nemmeno venti minuti!”
“Ok, fra quaranta minuti mi lasci quindi?”
“Dipende dai prossimi quaranta minuti”
“Se ti portassi in spiaggia…”
“Uhm..” sospirai aggrottando le sopracciglia.
“…in spalla” inarcai un sopracciglio
“mentre canto… Iron Man dei Black Sabbath!” aggiunse in fine.
Spalancai gli occhi. Incrociai le braccia e ridussi gli occhi a due fessure.
“Tanto non lo fai….”
“Scommettiamo? Se ci riesco, stiamo come minimo una settimana
insieme, altrimenti mi lasci fra quaranta minuti. Sempre se non ti
lascio prima io”
“Ma non penso propr…. AAAAAH!”
Ci pensate che lo fece seriamente?
Ok, ammettiamolo, la spiaggia era a cinquanta metri, ma chi di voi si
è fatto cinquanta metri con un sacco di patate che ti sghignazza
sulla schiena mentre cantate a squarciagola Iron Man senza beccare
neanche una parola? Il tutto il giorno del vostro compleanno. Che
è anche lo stesso giorno in cui vi siete messi col sopraccitato
sacco di patate, eh.
Ci ritrovammo stesi sulla sabbia a fare più o meno la fine delle
cotolette, mentre ridevamo come pazzi e lui riprendeva fiato.
Alzò i pungi in aria come simbolo di vittoria e io gli lasciai un bacio su una guancia.
“Beh, Vengeance, ti sei assicurato una settimana”
Ohw Ohw Ohw :’)
Mi dispiace per Stacey c.c
Se la vede leggermente di merda e.e
Ma l’appuntamento di quegli altri due? *-*
Oh oh oh, ditemi se non sono carini :’)
Behhhhhhhhhh dovrei uscire fra venti minuti e non me ne tiene granchè, ma devo uscire v.v
La mia JD se ne sta sotto la
pioggia di Londra (fra l’altro mi sono anche dimenticata
quand’è che devi tornare <3)
Si ringrazia quelle anime buone che recensiscono sempre :’)
Senza di voi non avrebbe avanti <3
E si ringraziano anche chi ha preferizzato/ seguito/ ricordato v.v
I Luv U <3
See you next time!
The Cactus Incident
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Capitolo 8 *** Chapter 7 ***
sch chapter 7
Margaret P.O.V.
Vacanze di Natale, finalmente.
Era da settembre che aspettavo questo momento, non so se mi spiego.
“Ehi, ma la vigilia? Mamma voleva sapere se tu e tua madre
volevate venire a mangiare da noi. Dopo che il ringraziamento è
saltato…..” mi propose Stacey mentre facevamo un
giro per Huntington completamente addobbata con luci natalizie.
Adoravo il Natale, era la mia festa preferita insieme ad Halloween e al mio compleanno.
“I’m sorry tesoro, abbiamo una tradizione che mia madre di obbliga a rispettare”
“E sarebbe?” chiese lei stranita.
“A cena dagli Haner”
“Cooooosa?! Di nuovo?!?!” JD sembrava seriamente sconvolta
di quella rivelazione, ma era la pure a semplice verità.
Noi e la famiglia Haner eravamo un corpo e un anima. Mia madre e Brian
sr. si conoscevano dai tempi del liceo (stesso gruppo di amici: mia
madre era più giovane B sr.) e l’amicizia inizialmente
quasi forzata fra me e Bee era dovuta a loro e al loro strettissimo
rapporto. In più Brian sr. era il miglior amico di mio padre e
quando era scomparso, Brian sr. aveva stretto maggiormente i rapporti
con noi due.
Questo implicava che ogni festa comandata (Ringraziamento, Natale,
Capodanno, Pasqua e compleanni vari), io la passavo in compagnia di
Haner, (la maggior parte delle volte) a casa Haner a scartare regali
Haner e fare regali agli Haner.
In più, quest’anno c’era una novità: Mckenna.
La piccola Haner aveva quasi due anni ed era davvero un tesoro di
bambina.
“Beh divertiti” fece Stacey sarcastica.
“No, almeno quello: c’è sempre da ridere. Nonna
Haner è un mito. Certo, obbliga me e Brian a mettere t-shirt
natalizie, ma è una figa assurda”
“T-shirt natalizie?” chiese stranita.
“Siamo in California, per i maglioni fa troppo caldo” feci ovvia.
“Ah wow”
***
“Buon Natale Nessie!”
“Buon Natale anche a te Bee” dopo saluti, baci e auguri a
tutti, io Brian e Brian sr. ci ritrovammo in compagnia di nonna e nonno
Haner.
“Su ragazzi, questi sono per voi. Andate a cambiarvi forza” disse la nonna porgendoci un pacco a testa.
“Grazie nonna” biascicammo in coro. Salimmo al piano di
sopra e lui s’infilò in camera sua e io in bagno.
Aprii il pacco e osservai la maglietta: rossa, a maniche corte, con un
pupazzo di neve stampato sopra e una freccia che puntava a destra e
diceva “I’m with my Christmas’ Friend”
corredata di cappellino rosso con pon pon e pelliccetta bianchi.
“Grazie tante nonna” Biascicai sarcasticamente mentre
infilavo la maglietta, misi anche il cappellino e uscii dal bagno.
Qualche secondo dopo, Brian uscì dalla sua stanza con una
maglietta come la mia, ma al posto del pupazzo c’era un omino (o
per meglio precisare, donnina) di pan di zenzero e la freccia puntava a
sinistra. Stesso cappellino.
“Sai che adoro tua nonna?” dissi un tantino sarcastica,
mentre mi strofinavo le braccia infreddolite. Certo, faceva caldo, ma
fino ad un certo punto.
“Già…. Davvero fantastica” infilò la
testa in camera sua, afferrò una felpa aperta e me la
tirò addosso.
“Tieni, me la ridai a fine giornata”
“Non so se voglio metterla…”
“Cazzi tuoi, sei tu che avrei freddo fino a stasera”
sbruffai e infilai quella felpa esageratamente grande come piacciono a
me, comoda e calda, mentre già scendevamo le scale spintonandoci
e facendo a gara.
“Primo!” decretò lui
“Sticazzi!” ribattei io.
“Meg!” mi richiamò mia madre.
“Scusa….” biascicai.
“Su Lay, non è successo niente, sono ragazzi” Santo Brian Sr. che giunge sempre in mio soccorso.
“Oh ragazzi, siete davvero carini” commentò la
nonna. Io e Bee ci scambiammo un’occhiata a metà fra il
puro odio e la quinta essenza dello schifo e poi guardammo di nuovo
nonna Haner.
“Grazie nonna” sempre in coro. “Oh, figuratevi. Su,
andiamo di là…. Che ne dite di fare quattro
chiacchiere?” sospirammo (in contemporanea) e seguimmo la
vecchietta.
“Dai, ci sono i Christmas cracker”
Nonna Haner tirò una decina di pacchetti-caramella a me ed Haner.
Dopo un’occhiata come a dire “lo facciamo anche
quest’anno?” ci sorridemmo complici e ci spostammo ai piedi
del divano per avere più spazio.
Se ve lo state chiedendo, si, a Natale regredivamo di dieci anni e no, non ce ne fotteva un cazzo.
“Ok Haner, passa le caramelle” “Le caramelle sono mie, la cioccolata è tua”
Volete una panoramica della scena? Immediatamente.
Avevamo delle corone di carta velina infilate nei cappellini (io gialla
e Haner azzurra), una decina di collanine e pendenti di plastica appesi
un po’ ovunque e io facevo a Brian quei tatuaggi trasferelli che
abbiamo fatto un po’ tutti durante l’infanzia.
“Dai, un’altra margherita sulla faccia del tuo albero contorto ed ho finito” Si, tatuavo il suo tatuaggio.
“Ok, tanto la casetta sulla fronte non te la leva nessuno”
“Io ho una cosa chiamata ciuffo, tesoro. Nasconde quell’orrore che mi hai fatto”
Mi posò un baciò sulla guancia che mi lasciò un orribile stampo di cioccolata.
“Sei un cretino!”
“Si, lo so! Non sono fantastico?” gli stampai la faccia di un micio su una guancia.
“Adesso, sei fantastico” in tutto questo, Brian sr. ci faceva foto di nascosto.
Una volta buttati tutti gli involucri ormai vuoti e aver diviso
equamente tutte le sorprese, finii con una spada di plastica lunga
dieci centimetri, sulla sua schiena, mentre correva per la casa.
“Forza! All’attaaaaaacco!”
“Le scale non le faccio…”
“Zitto e galoppa, destriero!” feci dando un colpo di reni, nemmeno fosse davvero a cavallo.
“Che ne dici se facciamo a cambio?”
“Non ci penso proprio! Non abbiamo più dieci anni: pesi troppo e hai troppi ormoni in corpo”
“Su te non ne scaricherei nemmeno uno: non sono mica gay”
detto questo cominciai a picchiarlo e stramazzò al suolo, con me
ancora sopra.
“Com’è? Io sarei un uomo, eh? Chiedi a Zack quanto sono uomo!” arma segreta contro Haner: solletico.
“Nononononono! Ahahahahahha! Sm-ahhaha-smettil-ahahahahaha!”
“Voi due, smettetela subito. Non avete più otto anni, su.
È pronto” venne a richiamarci divertita mia madre e la
nostra battaglia s’interruppe.
Mi sollevai dal suo torace e aspettai che si mettesse in piedi.
“Comunque…. Zack? Cosa dovrebbe sapere Zack?” chiese dopo poco.
“Com…. non sai niente?”
Ci aveva visto una settimana fa che limonavamo animatamente al Johnny’s e non sapeva niente?
Ah, capito: era ubriaco. Un classico.
“Che dovrei sapere?” chiese innocentemente.
“Sto quasi….. quasi eh, con Zack”
“E cazzo gliel’hai già data?!” disse sorpreso-sconcertato.
“Certo che no! Minchia, mica sono Michelle!” mi
fulminò con lo sguardo e io gli risposi alzando un sopracciglio.
“Andiamo Bri, ammettilo, con me puoi parlare: te l’ha data, vero?” ci volle un po’ per rispondere.
“Ehm… è diverso”
“Vedi? Vedi? Ah-ah! Lo dico io che è zoccola!”
“Michelle non è zoccola, intesi?”
“Seh, come no. Chiedilo a Dameon, ad Abell, a Riky, a Josh, Ron,
Freddy, Ash, Mark, forse pure a Zack….” “Cazzo
nessuno più?!” disse semi sconvolto e io scrollai le
spalle.
“E questo è niente. Valary se li ricorda quasi tutti”
“Quasi?” emise allucinato. Ma come mi diverto a smontare Haner.
“Tutti non se li ricorda nemmeno Mich” “Ah”
Il nostro discorso s’interruppe perché ormai eravamo arrivati nella grande sala da pranzo.
“Poi parliamo” “I’m here, bro”
Dopo una grossa abbuffata, eravamo in giardino sul dondolo a sperare di digerire almeno metà dell’ingerito.
“Allora…. Che stavamo dicendo prima?” faceva fatica anche a parlare.
“Chi cazzo lo sa….. merda, mi viene da vomitare” a
quel punto il mio vicino esordì con un rutto e io scoppiai a
ridere.
“Sai che fai schifo?”
“Tu non devi essere tanto meglio se perdi tempo con me, no?” scrollai le spalle.
“Facciamo che ti rispondo domani, quando forse avrò digerito” dissi sistemandomi meglio sulla sedia.
“Allora facciamo pure fra una settimana”
“Ahaha…. Direi di si”
Dopo un po’ sembrò ricordarsi di cosa stavamo parlando prima.
“Ah si…. Zack. Allora, da quando stai con Zack?” chiese voltando appena la testa verso di me.
“Dall’unici dicembre, poco più di una decina di giorni”
“Ti piace?” chiese ancora con quel tono strascicato. Scrollai le spalle e sorrisi, completamente andata.
“Si, direi di si” tirò un sospirò per poi sbottare sconcertato.
“Ma sei completamente ammattita?!” rimasi a fissarlo, incredula.
“Perché? Che c’è di male in Zack?”
“Cazzo ma l’hai visto?!” aggrottai le sopracciglia.
“Bri, ma ti sei visto?”
“Ehi” fece offeso.
“Oh” risposi io di rimando.
“Ok, mi sto zitto” disse offeso e alzai gli occhi al cielo.
“Dai, parla” poggiai la testa sulla sua spalla e lui sospirò.
“Quel tipo mi sta sul cazzo” confessò e io sorrisi.
“Perché?”
“Boh e poi mi guarda sempre male….. fottutissimo mancino”
“Cosa minchia hai contro i mancini?” mi sentivo DECISAMENTE tirata in causa, appartenendo alla categoria.
“Contro te niente, contro lui tutto. Che razza di figli tirerete fuori?” Ma che diamine farneticava?
“Ma mica ho detto che me lo sposo! E poi che intendi dire con ‘che razza di figli tirerete fuori’?”
“Tu sei un’esaurita, lui è un coglione, siete
mancini!” scattai seduta diritta per guardarlo in volto,
sconcertata.
Ma che diceva? Non so dove volesse andare a parare, ma mi aveva fatto incazzare parecchio.
“Ma che cazzo dici?! Pensa ai figli tuoi e di quella puttana!”
“Non è una puttana!”
“No, infatti, si tratta proprio di prostituta: chiediglielo, forse te la dà pure a pagamento”
Brian mi tirò uno schiaffo in pieno viso e io rimasi
completamente esterrefatta per almeno tre secondi. Quando alzai lo
sguardo su di lui, sembrava essersi pentito del suo gesto, ma ormai
quel che è fatto e fatto.
“No Meg, perfav…”
“Sai Brian, mi ha appena rovinato il Natale”
Mi alzai di scatto e me ne andai scavalcando la siepe del giardino
senza dare spiegazioni a nessuno, mentre Haner mi urlava dietro.
Al primo cassonetto, buttai il cappellino e mi chiusi la felpa di Brian per nascondere quell’obbrobrio di maglietta.
Faceva abbastanza freddino, ma si poteva stare in giro tranquillamente.
Mi calai il cappuccio troppo grande sulla testa e cominciai a camminare senza nemmeno guardare dove stessi andando.
Che Natale di merda…..
Mentre vagavo per le strade completamente vuote di Huntington cominciai a sentire qualcuno che urlava il mio nome a raffica.
“Cazzo Meg! Fermati!” mi fermai e alzai gli occhi al cielo, esasperata.
“Seward, che cazzo vuoi” dissi atona e irritata.
“Che ci fai qui?” chiese curioso e sorridente. Diamine, per essere un ragazzo era un nano.
“Fuggo. Tu?”
“Perdo tempo” fece distrattamente, scrollando le spalle.
“Il giorno di Natale?” chiesi sconcertata e lui rispose, tranquillo, con una scrollata di spalle.
“E’ un giorno come un altro: mia madre lavora, mio padre
non è potuto venire…. Speravo di beccare qualche stronzo
in giro, ma a quanto pare tutti hanno una famiglia” feci un mezzo
sorriso sarcastico e triste.
I genitori separati dovevano essere una bella gatta da pelare.
“Anche io in un certo senso, ma poi ci si mette di mezzo Haner e non si capisce più un cazzo”
“Meg ma….. che diamine hai sulla fronte?” disse
aggrottando le sopracciglia e fissando oltre la spessa coltre del mio
ciuffone.
“Niente, stronzaggine di Haner” lo liquidai sistemandomi
meglio i capelli in modo da coprire quello schifo di trasferello.
“Dai, per una volta fai finta di non odiarmi: andiamo alla
capanna?” disse mostrandomi un sorriso smagliante, rivoltante
quasi quanto quello dei politici nelle campagne elettorali.
“Se il tuo intento è scopare, no; se invece hai intenzione
di stronzeggiare con gli strumenti di Abell e Dameon, di corsa”
“Speravo nella prima, ma se proprio non ci stai, possiamo tranquillamente ripiegare sulla seconda”
Feci un mezzo sorriso e gli diedi una mezza spallata, prima di
cominciare a correre in direzione della scogliera, dove si ergeva la
capanna.
Anche se affettuosamente soprannominata “baracca”,
“capanna”, “loculo”, “Lasciate ogni
speranza voi che entrate” e “bara”, la capanna era
una vera e propria casa, villetta in effetti, in ottime condizioni e
completamente abbandonata.
I vecchi proprietari erano morti anni prima e non avendo figli, nipoti
o altro, ce ne eravamo appropriati noi, o più precisamente Danny
Abell e Dameon Ash che passavano moltissimo tempo lì.
Ognuno di noi aveva le chiavi (ringrazio il cielo che mi portavo sempre
dietro un moschettone con tutte le mie chiavi altrimenti io e il nano
saremmo rimasti fuori) e potevamo andare quando volevamo.
Appena arrivati, accendemmo il fuoco (ancora non è molto chiaro
dove Abell e Dameon prendessero la legna, ma ce n’era sempre in
abbondanza) e Johnny sequestrò il basso acustico di Dameon,
ormai abbandonato lì e che il proprietario non suonava mai.
Io girai le corde alla chitarra acustica che era stata abbandonata
lì la sera di una festa e poco dopo due nani di 1 e 63
(ciascuno) suonavano canzoni di Guns, Metallica, Misfits e tutto il
suonabile in chiave acustica.
“Woah Meg! Sei una figa assurda!” esordì dopo un
po’, alla fine di una cover di Don’t Cry dei Guns.
“Ehi nano, di che parli?” dissi scherzosa.
“Della tua voce, cazzo!”
“Perché? Come chitarrista faccio schifo?”
“Di chitarristi ce ne sono pure troppi, di cantanti che esprimono
la tua grinta e passione, no” rimasi un tantino sorpresa, con le
sopracciglia che arrivavano all’attaccatura dei capelli, a
guardare il nano.
“Beh, grazie J” Scrollò le spalle.
“Semplice verità”
“Sai che anche tu come bassista sei davvero bravo? Sinceramente
non l’avrei mai detto, con le mani che ti ritrovi” rise
tranquillo e si grattò distrattamente la testa.
“Si, in effetti ho le dita fottutamente corte, ma con un
po’ d’impegno sulla velocità ho compensato” lo
guardai, compiaciuta.
“Bravo nano!” dissi battendogli una pacca su una spalla.
“Ma se sono alto quanto te!”
“Si, ma sei un ragazzo. Questo fa di te un nano”
Passammo il pomeriggio lì, qualche birra rimasta
dell’ultimo passaggio di Ash e Dam e gli strumenti con cui
tenerci impegnati. Trovammo pure delle caramelle a fragola e panna e
una scatola di Pop Tarts alla fragola.
Ehi, non poteva andarci meglio di così.
Passarono qualcosa come quattro ore, quando decidemmo di tornare fra i comuni mortali.
“Cazzo J, dobbiamo farle più spesso ‘ste jam”
“Direi di si, ci siamo divertiti, cazzo!” ci passammo un
braccio attorno alle spalle e camminammo con calma così fino al
centro abitato che col calare del sole sembrava aver ripreso vita
(almeno in parte).
In spiaggia c’erano parecchi ragazzi che festeggiavano insieme e
le strade erano piene di famigliole e coppiette fra cui il rosso in
abiti, cappotti, guanti, sciarpe e cappelli era d’obbligo.
In tutto questo, io e Seward stonavamo di brutto, completamente vestiti
di nero e anche un tantino trasandati, visti gli abiti enormi di
entrambi, le movenze e le espressioni da fattoni, mentre camminavamo
incrociando le gambe in maniera assurda e rischiando di far cadere noi
stessi e chi ci camminava di fianco.
Sentivo commenti cattivi e sarcastici, ma li ignoravo bellamente,
canticchiando “This Is Halloween” di The Nightmare Before
Christmas e beccandomi strane occhiate dai bambini.
“Ehi, vuoi vedere come mi pestano?” disse dopo un po’ il nano vicino a me.
“Cazzo ma ti piace proprio prenderle, eh J?”
“Uh, una cifra” salì in piedi su una panchina e si mise ad urlare.
“Un momento di attenzione, miei spettatori!” si
schiarì la voce e ci fu davvero qualcuno che si fermò ad
ascoltarlo. Io intanto mi chiedevo cosa diamine volesse combinare.
“Ho una bellissima notizia per tutti i bambini! Cari tesori,
sappiate che Babbo Natale non esiste e che ogni anno fate spendere ai
vostri genitori metà degli stipendi in fottutissime
stronzate!” detto questo, ci fu un momento di silenzio e poi si
levò al cielo un coro di pianti e di grida di marmocchi.
A quel punto Johnny mi prese per un braccio e cominciammo a correre,
inseguiti da qualche padre furente e nonne selvagge armate di ombrello
o borsetta.
Corremmo fino ad essere quasi fuori dal centro.
“Ahahah! Perfetto!” commentò allora lo gnomo, divertito.
“Sei un pezzo di merda, Seward” dissi offrendogli il pugno su cui battere il suo.
“Grazie Window” rimase un attimo zitto, poi alzò la
testa, tenendola piegata di lato, come quei rapaci notturni.
“Ehi, non ci avevo mai fatto caso, hai lo stesso cognome del
bassista dei Trapnest [Nda Cactus: se c’è qualche fan
dell’anime/manga NANA, che non mi trucidasse, per favore, ma
nella fanfic non si parla di quei Trapest c.c]”
“Uhm, wow” Eccome se lo sapevo….
“Che razza di cognome è Window?”
“Che razza di essere vivente sei, Seward?”
“Un brutto risultato della genetica” disse sorridendo
soddisfatto e io scoppiai a ridere, prima di stringergli un braccio
intorno al collo e affondargli un pugno in testa.
“Cazzo, ti adoro!” feci mentre le mie nocche sfregavano sulla sua testa nera fino a creare scintille.
“Io adorerei la tua mano lontano dalla mia testa, magari sul mio cazzo”
“Se la mia mano finisce sul tuo cazzo, significa che ti sto
strappando le palle, Seward” gli stampai un bacio su i capelli e
ricominciammo a vagare.
Era ormai buio e cominciava a fare freddo. In più io con addosso
solo una t-shirt e una felpa (calda ed enorme, ma pur sempre una felpa)
cominciavo a tremare.
“Ohi, freddo?” “Un po’….” “Forse dovresti tornare a casa”
Cazzo! Tutto il bel pomeriggio col nano mi aveva fatto dimenticare Natale, Haner e le sue battutacce sul mio (quasi) ragazzo.
“Uhm….. mi aspetta una bella scartavetrata di coglioni” feci scocciata arricciando le labbra.
“Sarebbe?”
“Maternale”
“Non si diceva paternale?” da quando lo gnomo era un precisino?
“In mancanza del padre, la madre si adegua” Johnny aggrottò le sopracciglia e poi mi guardò.
“Tu sei…” non lo feci finire.
“Si, io sono. Ok, vado”
“Beh, vengo anche io”
“Ehi figli di puttana gesuiti!” ci voltammo verso
quell’assurda voce (che conoscevamo bene entrambi) e trovammo
Jimmy che ci correva incontro con un orribile cappotto color cachi
maturo lungo fino a metà polpaccio.
Il modo di vestirsi di quel ragazzo non lo avrei mai capito, giuro.
“Allora non siete morti! Meno male, ho il vestito da funerale in lavanderia, sarei venuto in mutande”
“No, per questa volta t’è andata liscia” dissi abbracciandolo.
“Cribbio Meg sei gelida” constatò preoccupato.
“Eh, fa freddo” aprì quell’orrore di cappotto
e mi strinse a sé, avvolgendomi fra le braccia e per un secondo
tremai per il cambio di temperatura.
“Va meglio?” “Si, grazie Jim” dissi strofinando la guancia sul suo torace, come un micio.
“Sai, vero, che Haner sta rivoltando mezza Huntington per
trovarti? Mi ha chiamato in disperazione non avendo la più
pallida idea di dove fossi” sbruffai e fermai la guancia sul
petto caldo di Jim.
“E’ uno stronzo”
“Si, ma gli hai distrutto il Natale”
“Jim, mi ha dato un schiaffo”
“Uhm”
Non era il fatto di essere stata “picchiata”. Io e Haner ce
le eravamo sempre date di santa ragione, ma quello schiaffo, era un
insulto, un’umiliazione bella e buona.
Non mi aveva fatto granché male (ma non credete che sia stato
delicato, eh) fisicamente, ma mi aveva dato fastidio a livello quasi
viscerale e sapeva benissimo di averlo fatto.
“Vabbè…. Non puoi fare un’eccezione? E’
il giorno di Natale! E per di più sono due mesi che mi
rompe le scatole per il tuo regalo!”
“C-cosa?” alzai la testa inarcando un sopracciglio.
“Si, il regalo di Natale per te”
“Vuoi dire che non lo sceglie Susan?” vidi le sopracciglia di Jim inarcarsi con un angolazione non umana.
“Spero tu stia scherzando. Brian ogni anno sceglie personalmente
il tuo regalo e comincia a pensare prima di Halloween per cercare
quello giusto”
Ecco, Jim mi stava smuovendo una serie di sensi di colpa grossi quanto una casa.
“Non credevo che….”
“Meg, Brian ti vuole bene come ad una sorella. Sei la sua
compagna di giochi e cazzate da anni. Ci tiene davvero a te”
Minchia se mi sentivo una merda.
“Jim…..” dissi triste e lui fece un mezzo sorriso.
“Ti riporto a casa Haner?” sospirò dolcemente. Ma come avrei fatto senza di lui?
“Direi di si…..” Jim lanciò un occhiata a Johnny che fumava tranquillamente.
“Andiamo gnomo malefico, lo vuoi un passaggio?”
“Puoi giurarci!”
Ancora stretta al suo petto (stavo troppo calda e comoda per muovermi)
mi feci guidare fino alla sua macchina. Mi buttai stancamente davanti e
Johnny si mise dietro.
“Perché sempre io dietro?” bofonchiò.
“Sei una matricola in macchina con un anziano e una al penultimo anno. Ti basta come risposta?”
“Beh, di certo sei più gentile di Justin” rispose Johnny al batterista.
“Justin chi?” chiesi io “Sane” specificò Johnny.
“Quello si che è un figlio di puttana. Che ha fatto?” disse Jimbo, ridendo
“Mi ha messo nel bagagliaio! Ha fatto una cosa del tipo
“sei troppo basso per stare in una fottuta macchina: se ti vedono
senza seggiolino per bambini mi arrestano” e mi ha chiuso nel
porta bagagli” io e Jim scoppiammo a ridere.
Si, Justin era uno stronzo, ma l’ho già detto che era simpatico, no?
“Ahahaha! Devo fargli una statua d’oro, cazzo!” dissi ridendo.
“Beh, fanculo. Voi ci siete a Capodanno? C’è un concerto dei Ballistico al Chain Reaction”
“I Ballistico sono arrivati al Chain Reaction per la sera di Capodanno? Ma stiamo dando i numeri?” dissi sconvolta.
Ok che erano bravi e suonavano da parecchio, ma al Chain (locale
fighissimo e parecchio selettivo sulla scelta delle band di Huntington)
a Capodanno (serata da pienone assicurato) mi sembrava assurdo!
“A parte che ci saranno in tutto una decina di band e i
Ballistico saranno i meno conosciuti e poi, Meg, sei rimasta indietro.
Sono tre mesi che hanno firmato con un’etichetta”
m’informò Jimbo.
“E quale?” chiesi curiosa e il nano scrollò le spalle.
“Bah, non ricordo. Di certo non la Warner o la Hopeless”
“Minchia, la Warner è un’utopia” dissi sarcastica.
“Per me diventerà realtà. Ancora devo chiarire bene
con chi di quella banda di coglioni, ma di certo firmerò con la
Warner. I tipi della Warner verranno a baciarmi il culo per farmi
firmare con loro, quanto è vero che mi chiamano Rathead!”
“Ma che schifo di soprannome è?” commentai io, per l’ennesima volta.
“E’ figo e insolito, ma sto lavorando a qualcosa di più figo e più lungo da scrivere”
“Tipo?” chiesi curiosa.
“The Reverend qualcosa…. non so ancora di preciso”
“Beh, è figo” commentò il nano dietro
“Zitto bimbo, stanno parlando i grandi” rispose Jim ridendo e Johnny sembrò quasi rimanerci male.
“Dai su, crescerai” dissi scombinandogli i capelli corti e castano chiari.
Il tragitto continuò così, con progetti per Capodanno
(oltre al concerto c’erano un paio di feste interessanti alle
quali imbucarsi) e battutine.
“Ok ragazza, siamo arrivati” presi un respiro profondo e
misi la mano sulla maniglia dello sportello. Mi voltai verso quei due.
“Beh ragazzi, buon Natale” sospirai guardandoli.
“Buon Natale, Meg” salutò lo gnomo facendomi l’occhiolino.
“Buon Natale, dolcezza!” quasi urlò Jimmy. Prima o poi ci avrei rimesso un orecchio con le sue urla.
Mi strinsi nella felpa e suonai il campanello della villetta che
conoscevo bene. C’erano un paio di luci accese, ma nessuno veniva
ad aprire.
Presi un respiro profondo e provai ad abbassare ugualmente la maniglia,
scoprendo che infatti la porta era aperta. Solo a quel punto vidi Jimmy
e la sua carretta sgommare via.
Chiusi la porta e mi addentrai nella casa, silenziosa e apparentemente vuota.
La sera di Natale andavamo sempre (e dico SEMPRE, ogni fottutissimo
anno) a vedere “A Christmas Carol” a teatro, anche se da
qualche anno, io e Bee declinavamo gentilmente l’invito e
uscivamo a bere qualcosa o rimanevamo a casa a vedere film natalizi che
passavano alla tv. Ma perché lasciare la porta aperta?
Mi addentrai nel salotto e trovai il televisore acceso che passava
“Mamma, ho perso l’aereo” e sul divano c’era
Brian spaparanzato che beveva una birra. Sul tavolino davanti ai suoi
piedi c’erano due o tre pacchi ancora chiusi, forse per me. Non
si voltò nemmeno a guardare.
“E’ già finito lo spettacolo? Ah, Meg non
s’è fatta vedere” fece con tono grave e scazzato.
“Lo so, sono io” si alzò di scatto e si voltò verso di me.
“Meggie!” disse avvicinandosi e guardandomi come se fossi un miraggio.
“Che occhio… da quando usi il mio nome?” ignorò la mia battutina sarcastica e mi venne vicino.
“Meg io….. mi dispiace un sacco, non avrei dovuto. Sono stato un cretino a….”
“Woh woh woh, tranquillo. Non stiamo insieme, non devi
giustificarti così. Anche io ti devo le mie scuse, ho esagerato.
Non dovevo dire quelle cose su Michelle” a quel punto, mi
abbracciò. E fu strano, perché mi abbracciava così
solo nelle situazioni critiche.
Mi aveva abbracciato così quando da piccola morì il mio
criceto, poi il cane, quando la mia prima storia (alle medie)
finì una merda o quando morì la mia unica nonna ancora
viva, l’anno prima.
Ricambiai l’abbraccio e cominciò a parlare, ma come al
solito non era un granché a chiedere scusa (apprezzavo
l’impegno).
“Lascia perdere, sono un coglione. Ero arrabbiato e…. Scusami”
“Dai, è andata. Scuse accettate?”
“Certo. E tu?”
“Logico! Ho ancora dei regali da scartare, non posso tenerti il
broncio” mi strinse un braccio attorno al collo e affondò
il pugno nella mia testa.
“Ehi Meg, siamo sotto il vischio” disse mettendo su un sorrisetto malizioso e abbracciandomi di nuovo.
Alzai al testa ed era vero, all’arco di segno che delimitava
l’ingresso del salotto, c’era un rametto di vischio col
fiocco rosso.
Gli poggiai le mani sul petto e gli afferrai la maglietta, tirandolo
leggermente verso di me…. per poi spintonarlo nel salotto
ridendo.
“Adesso non più” feci ridendo e lui scoppiò a
ridere mentre si ributtava sul divano. Accesi la luce del salotto e poi
andai a sedermi vicino a lui, fregandogli un paio di sorsi dalla birra.
“Allora… questo è il mio” disse mettendomi in
mano un pacchetto grosso quanto il palmo della mia mano. Tolsi la carta
e rimasi ad osservare la scatolina di carta, tipica dei gioielli
d’acciaio.
“Ti prego! Dimmi che è un anello di fidanzamento!!!
Torniamo sotto all’arco col vischio e fammi tuaaa!!!”
cincischiai facendo una voce cretina e facendomi aria con una mano, in
modo teatrale, facendolo ridere.
“Eeeeh, mi dispiace deluderti, tesoro. Quello l’anno
prossimo” aprii la scatolina e rimasi senza parole sul serio.
“Bri….. cazzo io ti adoooro!” dissi saltandogli al collo e abbracciandolo.
Era un braccialetto d’acciaio color piombo, con la
“catena” a maglie abbastanza larghe da cui pendevano un
paio di charms. Ce n’era uno a forma di chitarra elettrica (per
di più mancina) e nera che ricordava vagamente la mia Beast
(un’ibanez RG Prestinge nera) e un altro a forma di cuore, di
metallo, tutto intarsiato (e in effetti pure un tantino graffiato sul
cerchietto di metallo che lo fissava al braccialetto).
“Ehm…. quello non guardarlo” disse passandosi una mano sul viso, imbarazzato.
“Perché mi hai regalato una roba col cuore?” dissi divertita.
“Allora… la chitarra l’ho fatta mettere io- e meglio
non dirti quanto c’ho messo per trovarla- sul braccialetto che mi
piaceva. Solo che il bracciale già montava in partenza quel
cuore. Ho provato a farlo togliere all’orefice, al ferramenta, ma
niente, solo che mi piaceva un sacco! Cioè, di solito sono tutti
color acciaio, questo invece è più scuro è
più figo…”
“Woh Bri, tranquillo. È perfetto così,
grazie” gli dissi sincera facendolo sorridere e facendogli
prendere fiato.
“Allora? Piaciuto il mio regalo?” chiesi allora.
“Quello di tua madre è stato davvero stupendo: i boxer con le chitarre mi mancavano”
“Ahahahhaha! Si, da quando le hai detto che collezioni oggetti a
forma di chitarra o con le chitarre stampate sopra si è data
alla pazza gioia, ma il mio regalo non è quello”
“Lo so, infatti è ancora qui” disse prendendo uno dei pacchetti dal tavolo e passandomelo sotto al naso.
“Dai, apri! Pure io ci ho messo parecchio per trovarlo,
sai?” scartò il pacco, aprì la scatola e rimase a
fissare il contenuto.
“Mi hai regalato una collana tamarra” sentenziò.
“Non è una collana tamarra, genio! E’ una catena,
poi se vuoi metterla al collo, al jeans o al tuo cane sei libero di
farlo” sorrise divertito e si passò il grosso pendente di
metallo a forma di teschio (col cilindro in testa e le fauci
spalancate) fra le mani.
“Comunque il teschio è un accendino” aggiunsi.
“Dici sul serio?” disse sorpreso. Presi il pendente e con
un gesto del dito (come uno Zippo) aprii il cappello del teschio,
mostrando la testa dell’accendino.
“Nuoo! Che figata assurda! Grazie Meg!” disse abbracciandomi.
“Ti piace sul serio? Non è che lo trovi davvero tamarro?”
“Ehi cazzo, scherzi? È perfetto! Visto che non trovo mai
l’accendino…” disse convinto e sincero, mentre
giocava con il teschio.
Si mise a giocare, vedendo fino a che punto poteva arrivare la fiamma.
“E’ ricaricabile?” chiese dopo un po’, mentre
io provavo a chiudermi il braccialetto con scarsi risultati.
“Aspetta… ti aiuto” disse prendendo il braccialetto dalle mie mani.
“Oh grazie, comunque si. In sostanza è uguale ad uno
Zippo” chiuse il braccialetto e scossi il polso per osservarlo
meglio. La chitarra era assicurata con due anelli, per sicurezza e il
cuore super resistente se ne stava penzoloni, per i fatti suoi, dal
lato opposto.
“Oh perfetto. È davvero bellissimo” dissi continuando ad osservarlo e sorridere.
“Bene, sono contento che ti piaccia” disse poi, mentre io
guardavo soddisfatta il mio polso. Cuore compreso (nah, meglio a parte)
era davvero carino.
“I vecchi?” chiesi poi.
“Tutti a vedere quel cazzo di spettacolo. Ne ho pieni i coglioni di Scrooge e di quei fantasmi rompicoglioni”
“Dai coglione…. Mi dispiace di averti rovinato la giornata”
“Forse sarà pure come dici, ma il tuo è decisamente
il regalo migliore che ho ricevuto non solo quest’anno, ma molti
altri”
“Vuoi dire che il portachiavi a forma di chitarra dell’anno
scorso o la sveglia con Slash di due anni fa non ti sono
piaciuti?” dissi aggrottando le sopracciglia.
“Certo che mi sono piaciuti!” disse sventolandomi il suo
mazzo di chiavi sotto al naso, dal quale pendeva il sopra citato
portachiavi “Ma questo mi piace di più” disse
tranquillo scrollando le spalle e io mi buttai comoda sul divano.
“Bri?” “Uhm?”
“La nonna ha fatto la solita sciarpa?”
“Certo, ma quest’anno ha usato lana bianca e nera e ci ha
fatto dei teschi. Ce ne sono pure un paio rossi…” aprii il
pacchetto e in effetti Brian aveva quasi ragione. Sullo sfondo nero
c’erano dei teschi bianchi davvero belli e sul finale (da
entrambe le estremità) c’era un teschio verde acido.
“Ehi non vale! E’ più bella la tua!”
sbottò lui “L’anno scorso a me è andata
peggio: mica sei stato tu a ricevere quella rosa e fucsia”
sorrise beffardo e io affondai il viso nella sciarpa morbida che
odorava di lavanda.
“Cazzo, mi sa che questa la uso” decretai dopo un po’.
“Credo anche io” nel pacchetto c’era un bigliettino.
“-Nella speranza che almeno quest’anno le mettiate, brutti figli di puttana. Buon Natale. Con amore, nonna-”
Oooooooh ma non sono un amore quei due? :’)
Lo so, lo so, in questo
capitolo Stacey c’è poco o niente e non proferisce parola,
ma nel prossimo parla solo lei, promesso v.v
è un po’ lungo, ma non potevo tagliare, daaaaai :’)
Quei due mi piacciono troppo, niente da fare v.v
In questo chap Zack è stato un tantino eclissato……..
vabbè, dai v.v dopo l’appuntamento dell’ultimo chap, Brian si doveva vendicare *spunta Brian*
“Sei una zoccola, Cactus, lo sai?”
“Brian, chiamami di nuovo così e l’accendino te lo ritrovi su per il culo, intesi?”
“Mi ricordi Meg se fai così *^*”
“-.-‘ L’ho creata io, vorrei ben vedere”
“Vuoi dire che non esiste? Q.Q”
“No, Brian, no” *spunta Meg*
“Sticazzi!” *li fa tornare al loro posto*
Eh-ehm…. dicevamo? Ah, si
Zack si rifarà a breve, tranquilli *I due dell’Avemaria tornano all’attacco*
“Oh, Zack *^*”
“Fottutissimo mancino….” “NON VI AVEVO DETTO
DI TORNARE DENTRO?!” *in coro* “si
‘-‘”
“Ah Brian, dì di nuovo qualcosa sui mancini e il Natale rovinato sarà una bazzecola”
“Ok…..”
“Però sei bello <3”
“Zaaack :Q____” “Meg e porc…”
EH-EHM.
Si, vabbè, in pratica il Corner è un altro capitolo :’)
Si ringraziano _diable_, Danyel e Black is The New Black per le recensioni :’)
see you next time!
“Ci siamo pure noi al prossimo capitolo? *fa occhioni dolci” “Non lo so, Bri, poi vedo v.v”
“Grazie Cactus
:’)” “Non ho detto di si o.o” “Ma tu mi
adori :’)” “…”
The Cactus Incident “Che nome del cazzo” *parte scappellotto a Brian*
“E vorrei dire che il vero mito è la nonna di Bee v.v” “Grazie Nessie”
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Capitolo 9 *** Chapter 8 ***
sch chapter 8
Stacey P.O.V.
Il mio telefono cominciò a squillare e io aprii la chiamata senza controllare chi fosse.
“Tesoooooooooooro?!”
“Oddio Haner mi preoccupi…..”
“Ciao dolcezza, Buon Natale. Ti sei divertita? Hai mangiato tanto tanto?”
“Haner, mi preoccupi sempre di più” Lui sghignazzò divertito e poi cominciò a parlare.
“Scusa il disturbo ma questa volta toccava a me fare il giro di chiamate”
“Per cosa?”
“Stavamo pensando di andare a pattinare tutti insieme, il ventotto. Sei dei nostri?”
“Ph-pattinare?” chiesi semiterrorizzata.
“Si hai presente, no? Pattini con la lama, ghiaccio, corse,
spintoni, gente che cade e si squarcia una mano” disse tranquillo
e, quasi sicuramente, sorridente.
“Ma che cosa carina….”
“Estremamente carina… allora? Ci sei?”
“Beh, non lo so… non ho mai pattinato”
“Susu, non ci vuole niente! Ci riesce Meg, puoi farcela pure tu”
“Ah beh, se ci riesce Meg…” dissi sarcastica e lui non colse il sarcasmo.
“Vedi? Perfetto! Il ventotto alla piazza centrale. Hanno montato
la pista di pattinaggio davanti alla Marina High School”
“Uhm, ok. Che ora?” “Sette”
“Perfetto. Ci sarò” “Ok” “Ah.. Bri?”
“Si tesoro?” “Prenota un’ambulanza” “Sarà fatto”
Consegnai le mie scarpe, mi diedero un paio di pattini numero 41 e un
paio di buste. Mollai cappotto e borsa, misi il numero al collo e dopo
aver messo le buste ai piedi, provai a mettere quegli affari. In mio
soccorso arrivò Meggie.
“Stringi tirando qua e poi chiudi abbassando questo. Facile, no? Solo un po’ duro” “Uhm”
Una volta pronte, arrivammo al limite dell’enorme pista di pattinaggio ed ebbi voglia di tornare indietro.
“No Meg, io non ce la faccio”
“Ma dai è semplice! Se all’inizio non ci riesci vai
bordo bordo, ti tieni con le mani ed è fatta”
“Ma cado!”
“E ti alzi!” urlò Jim che mi sfilò di fianco
e si buttò sulla pista ad una velocità spaventosa,
cominciando a piroettare e disegnare cerchi perfetti come un
pattinatore olimpionico.
“Dai, forza!” Meggie salì sulla pista e si
voltò di spalle, per guardarmi. Era la prima volta che mettevo
piede sul ghiaccio, porca puttana. Meggie mi aiutava tenendomi una
mano, mentre con l’altra mi tenevo al bordo. Dopo i primi tre
secondi, caddi. Rialzarsi fu un impresa, ma grazie a Meg, anche se col
culo bagnato, ci riuscii.
A quel punto arrivò la mia disgrazia: Haner.
“Ehi Nessie! Da quando cammini come se ti avessero ficcato una
banana in culo?” urlò mentre si allontanava a centro
pista. Meggie gli lanciò uno sguardo tremendo e lasciò la
mia mano.
“Scusami eh”
Si buttò come una furia verso Haner e lo centrò in pieno, spiaccicandolo contro il parapetto.
“Oh Cristo…. e adesso?” provai ad avanzare un
po’ e per i primi tre minuti ci riuscii, poi caddi. Non riuscivo
nemmeno ad alzarmi, quando davanti a me frenò qualcuno che a
giudicare dalle gambe era un uomo.
Alzai lo sguardo (sempre rimanendo con entrambe le mania aggrappate al
bordo e il culo al freddo) e trovai Matt con un maglione nero, un
cappello rosso e bianco con tanto di sciarpetta coordinata che mi
sorrideva tranquillo. Si avvicinò, mi afferrò e mi rimise
in piedi lui, senza che io dovessi fare il minimo sforzo.
“Oh… grazie Matt”
“Figurati…. prima volta?”
“Decisamente…si” feci un altro mezzo millimetro e
gli rovinai addosso. Fortunatamente ebbe la prontezza di aggrapparsi
con una mano al bordo e con l’altra avvolse la mia schiena,
così non cademmo entrambi. Mi rimise in posizione eretta.
“Mi sa che ti serve una mano, eh?” disse divertito “Magari….”
Mentre io giravo a vuoto, mantenendomi, ascoltando e mettendo in
pratica i suoi insegnamenti, lui mi pattinava di fianco
tranquillamente, senza fretta, con le mani in tasca e dandosi delle
leggere spinte ogni tanto. C’è da dire che migliorai
parecchio.
“Così vuoi imparare a suonare la chitarra?” fece lui dopo un po’ che facevamo conversazione.
“Si, mi piacerebbe, ma Haner come insegnante mi terrorizza.
E’ troppo esaltato, non so se riuscirebbe a insegnarmi qualcosa
di decente e Meg non credo sia in grado di spiegare qualcosa a
qualcuno”
“Beh, se vuoi ci sono io disponibile” Eh, magari quella frase avesse avuto un altro senso….
“Uhm, davvero?” chiesi sistemandomi la sciarpa e ridestandomi dalle mie fantasie.
“Si, se vuoi possiamo cominciare già nelle vacanze di
Natale, così mi aiuti anche a cambiare taglia al
dilatatore… il cinque sei disponibile?”
“Direi di si…. al garage?” chiesi voltandomi per guardarlo.
“Alle 4?”
“Ok, perfetto. La chitarra ce l’hai, vero?”
“No, suono con l’air guitar. Certo che ce l’ho”
“Ma non trattarmi male” dissi mettendo un finto broncio e lui sorrise .
Intanto, Meggie e Brian correvano come dei forsennati e il bello era
che non vinceva nessuno dei due. Continuavano a correre per tutto il
perimetro, continuando ad insultarsi.
“Tanto sono meglio io, brutto stronzo!”
“Ahah questa è tutta da vedere, mostriciattolo!”
“Quei due non la smetteranno mai” constatò Matt guardandoli con un mezzo sorriso.
“Ma fanno sempre così?”
“Da che li conosco io, si, ma a detta di Jimmy hanno sempre fatto così”
“Cazzarola… e no si sono ancora stancati d’insultarsi?”
“Predisposizione naturale: quei due sono stati fatti per
insultarsi e aiutarsi a vicenda. Aspetta un attimo e guarda”
Come faceva a sapere che Haner sarebbe andato diritto in una curva, per
me rimane tuttora un mistero. Resta il fatto che provando a frenare,
Brian cadde rovinosamente a culo per terra e subito Meggie
arrivò in suo soccorso. Haner la tirò giù e lei
finì seduta sulle sue gambe. Scoppiarono a ridere, prima di
aiutarsi a vicenda a mettersi in piedi.
“Wow…. secondo me farebbero una bella coppia” dissi
osservandoli mentre si scrollavano vicendevolmente il ghiaccio di
dosso, prima di cominciare a correre di nuovo.
“Secondo me rischierebbero di scannarsi ogni venti secondi, ma si amerebbero in eterno” Affermò Matt.
“Beh, sarebbero carini… ma Brian sta con Michelle,
giusto?” chiesi conferma e lui scrollò le spalle per poi
osservarmi.
“Non incurvarti troppo, poi piangi per una settimana con la
schiena” provai a mettermi un tantino più diritta e in
effetti la mia schiena ne fu grata.
“Comunque credo di si, ma conoscendo Mich, non so quanto dureranno”
“Perché?”
“Michelle è una sorta di assatanata! Non credo abbia tutte le rotelle al posto giusto” alzai un sopracciglio.
“Addirittura?” fece una faccia un tantino dubbiosa, e poi continuò in a pattinare in silenzio.
“Ma come mai Val e Mich non sono venute?”
“Non sono qui a Natale. Lo passano tutti insieme in Florida, dal fratello più grande di loro due”
“Uh, capito”
“Ma Meg sta con Zack?” chiese un tantino dubbioso, sorpreso e forse anche preoccupato. Annuii.
“Si, dal giorno del compleanno di Zack. Se chiedi a Meg ti
risponde con un “quasi insieme” ma stanno insieme”
“Beh, devo ricordarmi di augurarle buona fortuna” sorrisi divertita.
“Perché?” chiesi curiosa.
“Zack è completamente fuori di testa. Un attimo prima sei
il centro del suo mondo e quello dopo sembri essere diventato
invisibile” scrollai le spalle.
“Allora direi che si troveranno benissimo insieme”
sorrise appena fra sé, guardando diritto davanti a sé poi
fece un mezzo sorrisetto malizioso e mi guardò.
“E Tu? Ragazzi all’orizzonte?” Eh… devo proprio risponderti? Pensai triste.
Lui giocava distrattamente col piercing sul suo labbro, aspettando una
risposta. Io, mettendo la mia poker face migliore, scrollai
distrattamente le spalle e guardandolo negli occhi me ne uscii con un
banale.
“Nah, nessuno d’interessante… tranne te”, aggiunse mentalmente.
Ehi, aspetta un attimo. Sicuri che fosse stato aggiunto solo mentalmente….?
No, non di nuovo.
Mi misi una mano sulla bocca e sgranai gli occhi.
“Cazzo l’ho detto ad alta voce?” chiesi in un sussurro a me stessa.
Matt già fermo immobile da un paio di secondi mi guardò con un mezzo sorriso sorpreso e gli occhi stretti.
“C-come?”
“Cosa?” chiesi io innocentemente.
“Che hai detto?”
“Niente”
“Non è vero”
“No, niente” e provando a fare la disinvolta caddi di nuovo.
Un tantino preso in contropiede non riuscì a fermare il mio
scontro con il suolo ghiacciato e gli toccò rialzarmi. Una volta
su non mi lasciò la mano, né si allontanò.
“Guarda che ho sentito” sospirò, continuando a
sorridere, forse un tantino compiaciuto… anvedi sto
bastardo….. (in tono affettuoso, chiaramente)
“E’ l’alcol” Vai, spara la prima cagata che ti viene.
“E quando avresti bevuto?” chiese lui inarcando un sopracciglio.
“A….casa”
“Ma se prima di venire qua sei stata a provare al garage con Logan”
“Appunto. Con Logan a casa... tua”
“Ma non puzzi di alcol”
Cristo, quando avremmo continuato ancora? Si allontanò e mi
guardò sorridendo, continuando come se niente fosse i nostri
giri a vuoto, le mie lezioni di pattinaggio e la nostra chiacchierata
disinvolta.
“Cheffigura dimmerda!” Sbottò Meg, dopo aver sentito il racconto dell’accaduto.
“A chi lo dici, cazzo….. terribile, davvero terribile” dissi mettendomi il mascara.
Finito il cenone di capodanno, Meg era corsa a casa mia (ovvero aveva
tirato Haner per le orecchie costringendolo a farsi dare un passaggio,
facendo leva anche su Brian sr.) e adesso ci stavamo preparando per
uscire. (Haner intanto aspettava in macchina: si era rifiutato di
chiacchierare con i miei genitori… peccato)
“Sty…. sicura che debba uscire proprio così?” chiese dubbiosa.
“Si, dai, per una volta all’anno….”
“Ma finisce che ti rovino il vestito”
“Non me lo rovini, tranquilla”
“Ma guarda che è esagerato tutto questo…
l’hanno scorso finimmo sulla spiaggia e dopo un bagno di mezza
notte tutti vestiti finimmo a rotolarci sulla sabbia come cotolette,
completamente ubriachi”
“E vabbè. Si lava”
Era davvero divertente obbligare un maschiaccio come lei a tirarsi a lucido come una qualsiasi ragazza.
Passai un lucidalabbra chiaro sulle mie labbra carnose e aspettai altri
cenni di vita da Meg che stava nel bagno della mia camera, la porta
appena socchiusa per farsi sentire.
“Uhm… non è che mi senta proprio tanto a mio agio, eh”
“Basta che ti siedi con le gambe chiuse e non ci saranno problemi”
“Ma a Zack gli piglia un infarto se mi vede così”
“E faglielo pigliare st’infarto!”
“Ok….Pronta?” “Siiiii…”
Aprì la porta e la osservai. Wow!
Aveva un tubino nero con le spalline larghe con dei delicati ricami
rossi e ingarbugliati, le rifiniture del vestito di un rosso acceso.
Sotto una maglietta nera di pizzo con lo scollo a barca e a maniche lunghe e un tantino svasate. Calze color carne.
“Cazzo Meg!” esclamai sorpresa.
“Merda sono così terribile?” disse quasi terrorizzata.
“Non sei per niente terribile! Tutt’altro!”
aggrottò le sopracciglia e si posò una mano sul fianco.
“Dici sul serio?” annuii convinta, sorridendole.
“Sai, credevo che avrei battuto i denti per il freddo e
invece….. mi sento un po’ una zoccolaccia, ma va
beh…” disse osservandosi le gambe.
“Ehi, se uno si veste così una volta all’anno non
è niente, se ogni volta che metti naso fuori dalla porta si
agghinda a festa con una gonna del genere allora si che è una
zoccolaccia” asserii convinta mentre prendevo un paio di cose da
mettere in borsa.
“Come va con le scarpe?” chiesi poco dopo.
“Bah, diciamo. In effetti pensavo peggio. Mi sento Jimmy”
disse sorridendo, dondolando su i tacco 11 + plateau comprati per
l’occasione.
Per l’occasione aveva lasciato in pace i suoi capelli e stavano
giù perfettamente lisci e finivano con qualche boccolo,
mostrando tutto il taglio scalato, il ciuffone sempre sulla fronte ma
aveva la punta rivolta in su ed era spostato un tantino più di
lato.
“Beh, ti trucco io” decretai alzandomi dalla sedia della mia scrivania per farle posto.
“Cosa? Oh nononononono”
“Oh si, tesoro”
“Tanto peggio di così” la diedi una spinta su una spalla e la feci sedere.
Fondotinta, phard, e basi varie…. labbra di un rosso scuro,
purpureo. Occhi con un pesante strato di matita e eye-liner e qualche
sfumatura con l’ombretto bianco, nero e argento con i brillantini.
“Mi stai mettendo dei brillantini” disse fredda e atona.
“Si” fece un verso triste e io sbruffai.
“Fammi finire! Poi vedi, cazzo!”
C’è da dire che a lavoro ultimato, era una figa assurda, un tantino irriconoscibile, ma una figa.
Rimase dieci minuti buoni a scrutarsi allo specchio.
“No ma….. come diamine hai fatto?” disse sorridendo. Era una mia impressione o aveva gli occhi lucidi?
Scrollai le spalle e sorrisi “Guarda che non ci vuole molto, eh.
Non sei mica una cessa, solo un tantino maschiaccio”
“Wow….. sembro quasi una ragazza” le diedi un mezzo pugno su una spalla.
“Dai, andiamo prima che Haner ci molli qua” posò lo
specchio, afferrò il doppio petto grigio e un tantino lungo, la
borsetta (si, signori, una pochette); io presi il mio doppio petto nero
e la mia pochette e scendemmo.
“Possiamo pure essere tirate a lucido, ma per le scale sembriamo
dei cavalli” commentò divertita e io sorrisi. Beh, aveva
ragione.
Passammo a salutare i miei genitori, ancora tanti auguri e bla bla bla e uscimmo di casa.
Meg si sedette davanti e rischiammo di vedere le orbite di Haner rovesciarsi sulla moquette della macchina.
“Gh…” emise il poveraccio, gli occhi sgranati.
“Dai, Bri, parti” disse gentilmente e tranquillamente Meg, con voce un tantino languida, guardandolo negli occhi.
“Gh” Brian voltò la testa e mise in moto la
macchina, mentre io ridevo e Meg mi sorrideva dallo specchietto
retrovisore.
Io e Meg parlammo tranquillamente per tutto il tragitto, mentre Haner
sembrava aver perso ogni capacità cognitiva e di comunicazione.
Emetteva ogni tanto un “Gh” e se ne stava a bocca aperta e
occhi spalancati a fissare l’orizzonte.
“Bri, ci saranno Val e Mich?” chiese dopo un po’ Meg
e lui sembrò non sentire proprio. Lo scosse per un braccio e lui
voltò la testa.
“Gh?”
“Valary e Michelle, stasera”
“Hhh…”
“Brian cazzo, sembri un coglione” Lui si schiarì la voce e sembrò più o meno riprendersi.
“Ehm… n-no. Cioè, Val c’è, ma Michelle
torna domani. Meg ma quella è una gonna? Una gonna vera?”
Fissava in modo strano le gambe di lei avvolte nei collant.
“Ehm… si, Bee. Perché?” disse lei guardandolo dubbiosa e divertita.
“Nh-no, nj-nj-nj-niente”
Io trattenevo a stento le risate, mentre Meg sembrava sul punto di scoppiargli a ridere in faccia.
“Comunque non sarete le uniche ragazze. Ci sono ah-anche Amy, la
sorella di Matt, la nuova ragazza di Justin ed Alice. Meg ma quelli
sono tacchi?” Ok, avevamo perso Brian e non aveva ancora bevuto!
Si preannunciava una nottata interessante.
“Si Bri, se vuoi te li presto”
“Nh-nh-no, stanno meh-meh-meglio a th-th-te”
“Alice?” chiesi io, dubbiosa, ignorando Haner che ormai
balbettava come un povero demente. Che poi, da quando Haner balbettava?
“Si, sarebbe la cugina di Jimmy. E’ alta tipo uno e
ottanta, bionda, con gli occhi azzurri e completamente pazza, ma
simpatica” disse Meg sorridendomi.
Arrivammo al punto d’incontro, ovvero sotto una delle palme nella
piazza principale dove c’era già un gruppetto non molto
folto.
Quando ci avvicinammo, dal gruppo si staccò una furia con una
chioma bionda lunghissima che sfumava diventando nera e che sembrava
una modella, anche mentre urlava “Meeeeeeeeeeg!” come una
sorta d’indiano all’attacco. Si buttò al collo
dell’amica al mio fianco, facendola sbilanciare pericolosamente.
“Alice, si ok, mi uccidi… Alice, cazzo, mi fai male!”
“Oddio scusa, mamma, sei una figa stratosferica!”
“Quando sei tornata, bionda?” aveva un paio di leggins neri
di cotone tutti strappati sul davanti che mostravano un paio di collant
verde acido sotto (integre), un paio di Dr. Martens neri con i pois
bianchi e un maglione bianco e lungo, sopra una giacca di pelle enorme
e consunta.
“Stamattina! Ma tu farti vedere, no, eh?”
“Avevo da fare! Comunque ti presento Stacey, o JD. Sty, lei
è Alice Sullivan nota anche come Sully” ci stringemmo la
mano e poi tutti e quattro (Haner ci aveva aspettato) ci avvicinammo al
gruppetto.
Zack si separò e sia avvicinò a Meg, dando quasi una
spallata ad Haner che stava troppo attaccato al fianco della ragazza.
Io e Alice avanzammo, lasciando un minimo di spazio alla coppietta.
Andai a salutare Amy, la sorella alta, bionda e sorridente (cazzo, ma tutte così, eh?) di Matt.
Salutai anche tutti gli altri ragazzi e feci amicizia con Giusy, la ragazza di Juss.
Sembrava non c’entrarci davvero niente là dentro, pure
meno di me. Era piccola e carina, con dei grandi occhioni cioccolato, i
capelli lunghi, lisci e scuri e il sorriso angelico. Era una di quelle
ragazze che t’ispirava dolcezza e bisogno di protezione, come un
cucciolo e, per assurdo, Justin sembrava seriamente interessato a lei.
Incrociava in continuazione lo sguardo con il suo e dopo un attimo lei
abbassava lo sguardo imbarazzata. Sembravano usciti da una cartolina di
S. Valentino, ma erano davvero troppo carini.
Matt e Val erano strani, si, lui teneva il braccio intorno alle sue
spalle e lei gli teneva la mano, ma sembravano in posa, ogni tanto si
scambiavano un bacio davvero triste e poi tornavano a seguire la
conversazione. Un paio di volte ebbi l’impressione che Matt mi
guardasse un po’ troppo intensamente, ma feci finta di niente.
Zack e Meg intanto limonavano per i fatti loro nel loro piccolo
angolino, scambiandosi ogni tanto qualche occhiata strana e qualche
parola e Alice mi sommergeva di domande assurde a cui rispondevo
ridendo per la metà delle volte.
Haner non mi sembrava propriamente contento mentre parlava con Abell di non so cosa, forse il tour della serata.
Dopo aver riflettuto un attimo, ci dividemmo nelle varie macchine a
disposizione e andammo a casa di questo fantomatico Frank che aveva
dato una festa spaventosa.
Beh, sappiate che finii in macchina con Meg, Zack, Haner e la sorella
di Matt. In un angolino c’erano quei due che cincischiavano,
Haner non parlava e stringeva convulsamente lo sterzo e io parlavo con
Amy, ma c’era una tale tensione che ci risultava difficile.
Arrivati finalmente a casa di Frank, si dispersero tutte le coppiette e
ci ritrovammo io, Amy, Haner, Alice e Jimbo a guardarci come coglioni.
A quel punto Jim urlò e cominciammo a festeggiare pure noi.
La casa di ‘sto tipo era davvero enorme e, oh poveraccio, semi
distrutta dalla festa che si stava tenendo al suo interno (sembrava il
video della cover di Whisky in The Jar fatta dai Metallica).
Beh, staccai il cervello e poco dopo stavo con Alice e Jim seduti al
bancone della cucina con tre bicchieri e tre bottiglie, a cantare
canzoni della Disney buttando giù shot di vodka come acqua
fresca.
“Ora vieni con meeeee, verso un mondo d’incaaantooo.
Principessa è tanto che il tuo cuore aspetta un siiiii”
Eravamo davvero carini, tutti e tre con quel coretto da alcolizzati.
Poco dopo a noi si aggiunse Matt e io poggiai la testa sul marmo del bancone, completamente ubriaca.
“Allora, Mattolino-ino-ino….. dov’è andata la
bella italiana?” chiesi ridendo. Che poi Val d’italiano
aveva solo il nome, ma sono dettagli…
“Ha trovato una sua amica e mi ha mollato da solo. Posso
unirmi?” disse triste, afferrando uno sgabello e sedendosi vicino
a me.
“Ceeeerto, prendi una bottiiiglia, un bicchieeeere e unisciti a
noooooi” dissero Alice e Jimmy in coro, con le stesse cadenze e
poggiando poi la testa uno contro l’altra.
E poco dopo, tutti a cantare canzoni casuali dei Pinkly Smooth stonando e urlando in maniera spaventosa.
“Why is this happening again?
I’m being ostracized
And I can’t seem to calm you down
I’m still your father, child, whoa, whoa”
Verso le cinque del mattino, eravamo tutti nella piazza centrale, per
terra, sulle panchine, nelle aiuole fra chi vomitava, chi dormiva, chi
rideva e chi parlava.
Al mio fianco, Giusy e Justin dormivano abbracciati, io Alice, Jimmy e
Amy continuavamo a parlare e Matt e Val limonavano, ma ogni tanto
biascicavano qualche insulto rivolto a non si sa chi.
Beh, poco importava.
No, stocazzo, ma facciamo finta di niente.
Con il sole che sorgeva alle nostre spalle, vidi Zack e Meg che
arrivavano, lei con le scarpe in mano e la gonna mezza alzata, lui la
camicia con i bottoni mezzi saltati, i capelli che erano tutti un
programma mentre ridevano come forsennati. Uh, di certo quei due si
erano divertiti.
Io e Alice, parecchio andate, ci girammo a guardare il crepuscolo,
mentre Zack e Meg ci rovinavano di fianco, ridendo come cretini e
biascicando roba senza senso e con qualche parola smielata, mentre si
abbracciavano.
Oltre a un post sbornia epico, l’anno nuovo portava sempre
più vicino la mia prima fatidica lezione di chitarra. Matt me
l’aveva ricordata anche qualche giorno prima, con quello strano
sguardo, fattosi da un giorno all’altro indecifrabile.
E quindi…. eccoci qua.
“Bene, ti ricordi come si chiamano le corde?”
La mia lezione, fino a quel momento prevalentemente teorica, continuava tranquillamente da ormai una mezz’oretta.
Avevamo già cambiato il dilatatore, davvero esilarante con Matt
che faceva “Aia aia aia aia aia” e io che spingevo
l’orecchino. Da registrare, davvero.
Dopo quello, avevo deciso di dare sfoggio delle mie qualità da
batterista, sedendomi dietro la batteria che stava nel suo garage e lui
fece una faccia compiaciuta.
Compiaciuto un corno, come minimo avrebbe dovuto inchinarsi e adorarmi
per essere entrata nella sua band, ma vabbè, non soffermiamoci
troppo su questi particolari…
Comunque, eravamo passati alla chitarra e soprattutto alla parte pallosa: teoria.
“Mi, Si, Sol, Re, La, Mi” risposi convinta sfiorando una corda per volta.
“Brava! Impari in fretta!” disse sorridendomi soddisfatto e io ricambiai.
Spostò un po’ lo sgabello e si posizionò davanti a
me, facendomi da leggio umano mentre mi mostrava un foglio di carta con
dei disegni a me non noti.
“Ok, questa e la tablatura di un accordo. Mi minore, cazzata
più grande non c’è. Il numero corrisponde al dito e
ti mostra su quale tasto e corda metterlo. Chiaro?”
“Si, sembra facile” sorrise come a dire ‘Aspetta e vedrai’
“Ok, adesso posiziona le dita come dice il foglietto”
Facendo rimbalzare lo guardo dal foglio al manico della chitarra,
sistemai le dita come diceva il foglio e poi guardai Matt che mi
mostrava un sorrisetto beffardo.
“Dai, prova” fece un cenno della testa quasi come se
volesse sfidarmi e io diedi una pennata, provocando un suono orribile
che mi fece accapponare la pelle e che fece strizzare un occhio a Matt.
“Beh, hai sbagliato un paio di cose, adesso ti faccio
vedere…” Posò il foglio sul divano e poi
tornò da me.
“Allora…. Mano destra sul corpo e sinistra sul manico, fin qui ci sei?”
“Si, tenerla in mano non è difficile” dissi
tranquilla, osservando lo strumento. Prese lo sgabello su cui era
seduto fino a poco prima e si sistemò quasi dietro di me, alla
mia destra.
“Nah, direi di no” disse divertito, quasi nel mio orecchio
e la mia schiena fu percorsa da brividi che quasi la inarcarono.
“Distanzia il gomito dal corpo, così…” le sue
mani scorrevano sulle mia pelle con delicate carezze, aggiustando la
postura e la posizione di ogni muscolo.
“Piega il polso, no, non così, verso il basso” fece
passare un dito sulle vene, esercitando una leggera pressione per farmi
piegare il polso nel verso giusto e sentii i nervi tesi cominciare a
farmi male.
“No, la schiena diritta. Non vorrai la gobba, uhm? Sarebbe un
peccato….” Passò una mano sul mio fianco sinistro e
mi tirò appena verso di sé, in modo da raddrizzarmi e
giusto per uccidermi mi sospirò sul collo.
Perché stava facendo così? Voleva che morissi alla mia prima lezione di chitarra?
“Allora…. Come và?” quando la sua voce
s’era fatta così bassa? Forse mentre sospirava troppo
vicino al mio orecchio e io non l’avevo notato?
“Beh… f-fa male” riuscii a balbettare come una
povera demente e lo sentii sorridere mentre affondava il naso nei miei
ricci.
“Beh… all’inizio è normale. Che ne pensi di
riprovare l’accordo di prima?” Perché quella
proposta aveva un ché di porno detta da lui in quel modo?
“Ehm… ok” Sapevo, lo sapevo che avrei dovuto
scansarlo, ma come si fa ad allontanare Matt Sanders che ti sussurra
così in un orecchio? Cristo santo….
Poggiò la mano sul mio gomito e la fece scivolare, lentamente
fino a poggiarla sulla mia mano e coprirla con la sua, decisamente
più grande.
“Dito medio su secondo tasto su La, ovvero la seconda corda da
sopra, anulare stesso tasto ma una corda sotto, sul re. Inarca le dita,
se le tieni così blocchi tutte le corde e non suona”
Poteva essere spettacolare quando volete avere Matt come insegnate che
provava a mandarti i neuroni al Creatore, ma faceva un male della
miseria tenere le dita così!
“Ok adesso….” L’altra sua mano si
spostò sulla mia e stringendo le mie dita sul plettro,
accompagnò la pennata sulle corde provocando un suono che mai
avrei immaginato essere in grado di creare con una chitarra.
Certo, un accordo di Mi minore è davvero una stupidaggine, ma
per una abituata ai “Tum”, “Cha”e via
discorrendo in tutti i tempi possibili era tanto, eh.
“Beh, già va meglio, ti pare?” liberò la mia
mano sinistra, quella che soffriva sul manico e feci una faccia
dolorante “Si, ma non tanto per la mia mano” sorrise
appena, senza allontanarsi, tenendo sempre il naso affondato nei miei
capelli. Cristo, ancora un po’ e sarei morta.
La sua mano fu di nuovo sulla mia e sfiorò i polpastrelli rossi su cui era rimasto impresso il solco delle corde.
“Fanno male” bofonchiai osservandomi la mano.
“Passa subito, tranquilla” mi rassicurò e il suo
piercing entrò in contatto col mio lobo, rischiando di mandarmi
al Creatore, ancora una volta. Voltai appena il viso verso di lui e
rimasi incastrata in quel verde stupendo che erano i suoi occhi e quei
due neuroni sopravvissuti alle sue mani, partirono per la tangente.
Rimasi lì, immobile, in quella posizione un tantino scomoda a
far rimbalzare lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra e viceversa.
Sospirò e per un secondo pensai volesse dire qualcosa, ma il
secondo dopo, invece che parlare, premeva le sue labbra calde sulle mie.
Si separò un secondo per incrociare il mio sguardo, ma subito
dopo chiuse gli occhi e mi baciò di nuovo, mentre le sue
mani affondavano nei mie capelli.
Feci scivolare lentamente la chitarra che arrivò sul pavimento
quasi senza fare rumore e voltai anche il resto del corpo verso di lui.
Chissà quali neuroni avevano permesso tale gesto, perché
il mio cervello mi sembrava completamente staccato, mentre le labbra di
Matt dischiudevano appena le mie avendo così libero accesso alla
mia bocca.
Le nostre lingue entrarono in contatto per la prima volta e dalle sue labbra uscì un leggero mugugno.
Dopo non so quanto, troppe emozioni tutte in un colpo mi avevano fatto
perdere la cognizione del tempo, si staccò come ustionato. Mi
guardò con gli occhi sgranati, come se fossi stata io a far
partire tutto.
Dopo due minuti per riprendere fiato, in cui lo sguardo vagava nella stanza senza un minimo di senso, parlai.
“Ehm….. io… vado.” bofonchiai un paio di
minuti dopo, mentre mi sistemavo freneticamente i capelli dietro
l’orecchio.
“Si” fece lui secco.
“Ciao” e sgommai fuori dal garage.
Afferrai la giacca e cominciai a camminare verso casa mia a passo
spedito. Un sorriso ebete stampato in faccia e troppi pensieri
sconclusionati in testa.
Oh, ma quanto sono carini :’)
Adorabili, sul serio, era ora che is baciassero v.v
Diamine, ci sono voluti otto capitoli!
Era ora, direte v.v
ehehehhehehehe il bello arriva adesso v.v Oh, ma quanto adoro i tira e molla :’)
No, in verità no, però vabbè v.v
E questo era il secondo Chap per quanto riguardava le vacanze di Natale! :D
Che bello pattinare :’)
(meno bello è dover sollevare il culo di JD dal ghiaccio, ma ci
divertimmo, tanti secoli or sono……. Si, amo sputtanarti
<3)
Cosa succederà adesso? v.v
Eeeeeh, bella domanda v.v
Io lo so, ma me sto zitta, al solito v.v
E ringraziamo quegli amori che
recensiscono! L’intramontabile _diable_ e Danyel che non vuole
essere ringraziata, ma io lo faccio lo stesso v.v
The Cactus Incident “Io continuo a pensare che sia un nome del cazzo v.v” “Haneeeeeeeeeer!”
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Capitolo 10 *** Chapter 9 ***
sch chapter 8
Margaret P.O.V.
Era dalle vacanze di Natale che Sty era un tantino strana e non capivo
il perché, in più non avevamo nemmeno avuto occasione di
parlare e la scuola era cominciata senza aver risolto.
“Allora, mi dici che succede?” lezione di fisica, provavo a chiederle qualcosa, senza grandi risultati.
“Niente!” disse tranquilla.
“Usciamo?” Proposi allora.
“Sigaretta?” chiese voltandosi verso di me e facendo un
mezzo sorrisetto. Non mi piaceva per niente fumare nel bagno, ma dovevo
parlarle, quindi per una volta avrei fatto un’eccezione. Scrollai
le spalle “Ok”
Il permesso di uscire ci fu accordato e andammo a rifugiarci nei bagni
del terzo piano, adibiti solo a sala fumatori. Aprimmo una delle
finestre e cominciammo a fumare.
“Allora, adesso mi dici che succede?” Sty scrollò le
spalle e controllò per sicurezza in tutte le cabine che si
rivelarono tutte libere.
“L’altro giorno, sulla pista Matt mi disse ‘Ehi, vuoi
imparare a suonare la chitarra?’ e sai no che è un
po’ che voglio imparare, quindi non mi sono rifiutata. In effetti
credevo che dopo al figura di merda sulla pista, la nostra lezione
fosse disdetta, ma mi chiama un paio di giorni prima e fa “Mi
raccomando la lezione!” quindi io sono andata. All’inizio
tutto regolare, abbiamo cambiato il dilatatore, poi s’è
messo a fare lezione e per la prima mezz’ora tutto ok, la teoria
e bla bla bla. Provo a fare un accordo di Mi minore e mi viene davvero
uno schifo. Lui si avvicina per mostrarmi come sistemare le dita e il
polso. Beh, eravamo lì da soli, l’accordo suonava un
po’ meglio con le sue mani come guida, uno sguardo di
troppo……” la guardai aggrottando la fronte (della
serie: WTF?). Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata.
“Ci siamo baciati Meg”
Rimasi qualche secondo ad elaborare quello che aveva detto.
“Ma bacio a stampo o…..?”
“No, bacio bacio”
“Azz…” rimasi un po’ a grattarmi il mento,
tirando una grossa boccata dalla sigaretta. Com’era possibile che
Matt, il super fedele Matt, il Matt super innamorato di Val, avesse
baciato un’altra con la lingua?
“Okokok, ma sei stata tu a baciarlo?”
“Ehm… in verità e stato lui a cominciare…..
e io ho…. continuato” sorrisi appena, ma non per la
situazione, ma per la faccia di Sty.
“Dai giuggiolona, si sistemerà tutto” dissi abbracciandola e lasciandole un bacio sui capelli.
“Ma non c’è niente da sistemare! Non parlo con Matt dall’altro giorno….”
“Da quando vi siete baciati?”
“…Si”
“Uffa….. vabbè dai” Buttai la cicca fuori dalla finestra e le sfiorai la spalla con un pugno.
“Forza, adesso torniamo in classe e tu vedi di parlare con Matt”
“E che dovrei dirgli?”
“Quello che devi e che ti passa per la testa. Dai, andiamo”
Stavamo silenziosamente camminando per i corridoio quando mi venne un’idea.
“Comunque, sabato c’è un uscita tutti insieme.
Andiamo sulla scogliera, da lì si vedono anche i
faraglioni*”
“Faraglioni? Qui ci sono faraglioni?” chiese allibita.
“Ehi siamo in California! Qui non ci manca niente!”
“Ma sul serio?” Chiese sempre più sconcertata.
“Non sono grandissimi, ma ci sono”
“Wow!”
“Si, credo porterò l’album da disegno. Se sono
fortunata in poco tempo saranno tutti ubriachi come scimmie e
potrò disegnare in pace”
“E non c’è rischio che si buttino giù dalla scogliera?”
“Non sono coglioni fino a questo punto e poi se si ubriacano
basta chiuderli nella capanna e non si muovono da
lì” dissi tranquilla.
“Uh, allora credo ti farò compagnia, sempre se non parto anche io, certo” sorridemmo e tornammo in classe.
Ok, dovevo avvertire Haner e dovevamo organizzare un’uscita di gruppo sulla scogliera entro due giorni.
Si, si poteva tranquillamente fare.
“Ok, tanto basta chiamare Abell e Dameon e abbiamo anche tutti
gli alcolici che vogliamo. Solita quota per la spesa e solita
gente?”
“Ok, alla spesa ci penso io. Soldi subito, come sempre. Grazie
Jim, quello stronzo di Haner non ha voluto aiutarmi” Il gigante
biondo scrollò le spalle, accennando un sorriso.
“Figurati. Ho capito la situazione, ma non so come non far ubriacare Matt”
“Giocatevi a carte il ruolo di sobrio per riaccompagnare tutti e imbroglia come tuo solito” rise soddisfatto.
“Ecco perché ti rifiuti sempre di giocare!”
“A parte che detesto i giochi di carte, sono anni che ho capito che imbrogli, Jimbo”
“Oh, brava la mia vicina!” disse affondandomi un pugno in testa.
“Si, sono tanto brava, adesso però diamoci una mossa, eh”
“Agli ordini capo” fece un saluto militare davvero teatrale
e se ne andò saltellando come quei tipi dei musical da quattro
soldi.
Stacey P.O.V.
Il perché mi avesse trascinato lì non era tanto chiaro,
ma era un bel posto e quando arrivammo (ormai io e Johnny arrivavamo
sempre insieme per qualche brutto motivo), verso le 12, Haner e un
altro paio di ragazzi che identificai subito come Danny Abell e Dameon
Ash erano già semi ubriachi.
No, in effetti era Brian a essere solo semi, gli altri due erano
proprio andati. Mi guardai intorno, alla ricerca di qualche faccia un
po’ più conosciuta e trovai Michelle.
Oh, aveva cominciato a stare sul cazzo anche a me. Era talmente
spocchiosa e piena di sé e la cosa più assurda era che
Haner sembrava parecchio andato per lei.
Bah, quel ragazzo forse non l’avrei mai capito.
“Ehi Stacey!” Eccola là.
“Ciao Mich, hai mica visto Val o Meg?” chiesi speranzosa.
“Val non c’è, è a casa con la febbre mentre
Meg l’ho vista due secondi fa che portava dentro delle casse di
birra con Jimmy”
“Ok grazie”
Entrai nella capanna (che più che capanna era una casa vera e
propria completamente rivestita di legno) e trovai quei due che
sistemavano alcolici e altre cose e Matt che portava dentro legna.
Incrociai per un attimo il suo sguardo e lui lo spostò subito in un altro punto.
Bene, Matt mi evitava come la peste, perfetto.
Lanciai uno sguardo disperato a Meg che aveva visto tutto e lei a sua
volta guardò Jimmy che sbruffò e scrollò le
spalle, cominciando a cantare una canzone degli AFI.
Afferrai le bacchette di Jimmy e me ne andai nella stanza adiacente alla cucina.
Dopo aver spostato un tavolo e una sedia, aver preso un secchio di
metallo e uno di plastica, una vecchia radiglia arrugginita che non
avrebbero usato e un affare vagamente somigliante ad un piatto, ma di
metallo, cominciai a suonare quella batteria improvvisata, giusto per
non alzarmi e scagliarmi contro Matt senza il minimo risultato.
Stavo suonando con tutta me stessa per scaricarmi e non pensare a per
quale cazzo di motivo non mi parlava se era stato lui a cominciare,
quando la mano bianca e ossuta di Jimmy si posò sul mio polso
che si muoveva freneticamente.
Alzai di scatto la testa, nervosa e lo trovai a mostrarmi un sorriso
tranquillo che contagiava anche quelle iridi così azzurre
nascoste dagli occhiali.
“Faccio troppo rumore?” chiesi quasi infastidita.
“Non abbastanza da coprire quello del tuo cuore che si spezza e
sanguina” lo osservai alzando un sopracciglio. Ok, quel tipo
cominciava a preoccuparmi seriamente.
Sapevo che era un tipo particolare, un mezzo genio e che si vestiva in
modo assurdo, ma che sapesse anche leggere nella mente mi mancava
proprio.
Mi guardai attorno, ma c’eravamo solo noi due e Jim aveva anche chiuso la porta che avrebbe dato nella cucina.
Si sedette sul tavolo che avevo davanti e recuperò le sue
bacchette, giocandoci e lasciando distrattamente qualche colpo sul
tavolo.
“Allora, so tutto, me l’ha detto Matt” disse tranquillo dopo un po’.
“Uhm”
“Dai dolcezza, non fare quella faccia”
“Se sai tutto, mi spieghi perché non mi parla?”
“Non è arrabbiato, se è quello che pensi. E’ solo parecchio…… confuso”
“Uhm” Emisi scettica.
“Riesci a emettere qualcosa di più?” disse divertito.
“Se ne vale la pena, si”
“Ok, i tuoi sentimenti valgono abbastanza per alzare il culo e
fare qualcosa? Pensaci eh” mi ridiede le sue bacchette e
uscì fuori dalla cosiddetta capanna.
Poco dopo infilai le bacchette in tasca e uscii. Mi strinsi nel
cappotto e osservai per un po’ Danny e Seward che armeggiavano
col barbecue nel garage vuoto mentre in casa, Haner e un altro tipo
lottavano per accendere il fuoco nel camino. Matt continuava a portare
dentro legna e ogni tanto faceva qualche battutina su quei due,
ignorandomi quanto più possibile.
Stavo condendo insalata, quando mi si avvicinò Meggie.
“Ti fissa” disse secca.
“Ma chi?” chiesi io facendo la finta tonta.
“Babbo Natale. Come chi? Matt!”
“Seh, certo. Al massimo Abell che sembra un allupato”
“Te lo giuro, appena ti volti ti guarda” Strinsi la mascella impercettibilmente e scrollai le spalle.
“Ok”
“Come ok?” chiese la castana più bassa, mezza allibita.
“Ok” mi diede una spallata che rischiò di sbilanciarmi.
“Non cominciare a fare così” chiese come se stesse cominciando ad incazzarsi.
“Così come?” dissi indifferente.
“Così come stai facendo”
“Non sto facendo proprio niente” Meg strinse maggiormente la mascella già serrata.
“Hai centrato il punto, JD: non fai niente”
“E che devo fare?”
“Che ne so! Mandalo a fanculo, tiragli un calcio, vedi di
spiegargli i tuoi sentimenti o di chiedere spiegazioni, bacialo,
sputagli in faccia….. una qualsiasi reazione e magari prima
della fine del millennio! Siamo agli inizi del ’99, vedi tu come
vuoi regolarti” afferrò la grossa ciotola e la mise sul
tavolo, poi si mise a tagliare panini.
Cazzo, sia Jimmy che Meg avevano ragione, ma non sapevo nemmeno cosa avrei potuto fare!
Dopo pranzo, fra chi dormiva e chi strimpellava con la chitarra, io e
Margareth, un tantino alticcia, andammo a disegnare. Ci sedemmo su una
grossa roccia calcarea e cominciammo a disegnare. C’è da
dire che da ubriaca, Meg disegnava quasi meglio che da sobria, le varie
sfumature del chiaroscuro sembravano più realistiche.
Dopo un po’ che disegnavo mi alzai da lì mollando sulla roccia album e matita.
“Vado a scroccare qualche tiro da Jimbo o da chi capita. Vieni anche tu?”
“Nah, voglio dissssegnare” e calò di nuovo la testa
sul foglio, mentre canticchiava Don’t Cry dei Guns n’ Roses.
“*Talk to me softly (Parlami dolcemente)
There’s something in your eyes (C’è qualcosa nei tuoi occhi)
Don’t hang your head in sorrow (Non mettere la tua testa nel dolore)
And please don’t cry (E per favore non piangere)
I know how you feel inside I’ve (So come ti senti dentro)
I’ve been there before (Ci sono passato prima)
Somethin’s changin’ inside you (Qualcosa sta cambiando dentro di te)
And don’t you know (E tu non capisci)*”
Eh cazzo, Axl, quanto ci hai beccato.
Quelle parole con la voce cristallina e malinconica di Meg erano qualcosa di struggente.
Entrai nella capanna e andai a sedermi vicino a Jimmy, spaparanzato sul
divano consunto e sfondato. Mi buttai al suo fianco e poggiai la testa
sulla sua spalla, guardandolo implorante.
“Jimbo bello, mica mi offri gentilmente una sigaretta?”
“Fiiiiiiiiiinite dooolllllcezza! Chiedi a Matt-ich!”
“Uhm…” prima che potessi dire qualcosa, una mano
grande e perfetta mi offriva gentilmente una sigaretta. Seguii il
braccio coperto dalla larga felpa dei Maiden e arrivai al viso
apparentemente tranquillo di Matt.
Da quando fumava? Rimasi un po’ a guardarlo, prima di alzare la mano e accettare la sigaretta.
“G-grazie” lui scrollò le spalle e tornò a evitare che Abell buttasse in nano malefico nel camino.
Il suo sguardo era stato una coltellata. Lo sguardo perennemente sereno
e pacifico di Matt, che metteva gioia e allegria come quello di un
bambino, improvvisamente si era fatto triste e assente, liquido di
troppi pensieri.
Matt? Che ti succede? Perché stai così? È colpa mia? Colpa tua? Di Val?
Perché erano diventati così illeggibili quegli occhi?
Merda, se Axl aveva ragione.
Dopo aver finito la sigaretta, torna fuori da Meg, le strinsi le
braccia intorno alle spalle e stavo per poggiare il naso su i suoi
capelli, quando tirò di scatto la testa indietro e il CRACK del
mio naso contro quella su testa fuori misura fu decisamente netto.
“Aaahhhrrrg!”
“Oh cazzo! Cristo Ssssty ti ho rrrrotto il naso!”
“Aa…ah….” Non riuscivo nemmeno a parlare,
faceva un cazzo di male! Come minimo mi aveva fatto rientrare dentro la
cartilagine.
Margareth intanto mi guardava preoccupatissima, con entrambe le mani con i guanti tagliati a coprire la bocca.
“Oddio ssscusssami!” Per quale cazzo di motivo parlava
così, quando era mezza ubriaca, non l’avrei mai capito.
“No… non fa niente” dissi provando a respirare
o usar ei muscoli circostanti, ma usare il naso faceva male
“Come non fa nieeente?! Ti ho rrrrotto il nassso cazzo!”
“No dai, non è niente, davvero”
“Ti porto in osssspedale”
“Ma hai visto come parli? Cazzo che male….”
“Giuuusto” Voltò il viso verso la capanna e
urlò un “MAAAAAAATT!” che avrebbero sentito fin
dall’altro estremo dei famosi quattordici chilometri di spiaggia
di Huntington.
Il ragazzone che non mi parlava più, uscì dalla porta, un
tantino accigliato e scocciato, ma dopo poco si rese conto del mio
colorito purpureo, della faccia sofferente sotto quel colorito e della
mano che stringeva convulsamente il naso, visto che avevo la strana
sensazione che si staccasse da un momento all’altro.
Scattò verso di noi e mi guardò preoccupato.
“Che è successo?” disse facendo balzare lo guardo da me a Meg e viceversa.
“Le ho rrrrotto il naso”
“Non mi ha rotto il naso” bofonchiai mentre continuavo a reggermi il naso.
“Zzzsszssitta! Le ho rrrotto il naso, portala in ospedale”
Matt mi si avvicinò davvero tanto, quasi come l’ultima
volta e poggiò le mani sulle mie che però non mossi di un
centimetro.
“Dai, fammi vedere. Non si direbbe, ma posso assicurarti che ogni
tanto so essere delicato” provò a convincermi con una
sorta di voce suadente, ma svuotata rispetto a quella che aveva usato
quel giorno, col naso affondato nei miei capelli.
Alzai di colpo lo sguardo e lo fissai nel suo. Per un momento lo vidi
vacillare e indietreggiò di qualche millimetro, come spaventato,
per poi premere appena sulle mie mani e spostarle. Il dolore fu come
amplificato e quando posò delicatamente la mano sul mio mento
per osservare bene le malefatta della nana, le sue mani tremavano
leggermente.
Mi fece l’occhiolino e poi si voltò verso Meg, mettendomi contemporaneamente un braccio attorno alle spalle.
“Si Meg, tranquilla. Tu rimani qui a disegnare, la accompagno io in ospedale”
“Oh bravi, andate. E vedete di metterrrrci almeno un paio di orrrrre”
“Si, certo, tu vedi di non buttarti giù dalla scogliera, ok?”
“Non ssssssono mica cosssssì ssstupida” Matt
scrollò le sopracciglia e continuando a tenermi stretta a
sé arrivammo fino alla sua macchina.
C’infilammo dentro la vettura e uscimmo da quel posto semi abbandonato.
“Sto bene, non è rotto, fa solo male” decretai ancora una volta.
“Lo so”
“Allora cos’è questo perbenismo?”
“Non è perbenismo, è un modo per stare soli”
“Come l’ultima volta? Così non mi parli per un mese?”
Fermò la macchina in una stradina sterrata e completamente
vuota. Spense il motore della macchina, tirò il freno a mano e
si voltò completamente verso di me.
“Senti Sty, io faccio schifo a parole” inarcai le
sopracciglia e lo guardai come a dire “Vallo a raccontare a
qualcun altro”. Per tutta risposta lui mi guardò
innocentemente e spaesato, in cerca di spiegazioni.
“Ho letto la bozza di Warmness of The Soul” Matt assunse un vago colorito purpureo.
“Io… si… insomma… non….”
“Lo so che è dedicata a Valary e che voi due vi amate, ok?
Finiamola qua, basta metterlo in chiaro. Se tu non provi niente, me ne
farò una ragione e amici come prima”
“Quand’è che siamo stati amici?” rimasi di
sasso. Avevo appena cominciato a vomitare tutto quello che avevo da
dire e un’interruzione, per di più con una domanda simile,
non me l’aspettavo proprio.
“Come?” chiesi stranita.
“Cazzo Sty io sono rimasto folgorato dal primo secondo che ti ho
guardato, ok?! È una cosa da coglioni, da sfigati e da dodicenni
esaltate e isteriche, ma quando ti ho vista a casa di Meg, con
l’odore di biscotti al cioccolato e quel sorriso magnifico non ho
capito niente più, è andato tutto a puttane e non mi
è chiaro più niente da allora!”
Rimasi a fissarlo, un tantino esterrefatta. Aveva quasi il fiatone per
aver detto tutte quelle parole in un colpo solo, il viso paonazzo di
vergogna e i grandi occhi verdi, sgranati e lucidi. Potevo quasi
sentire il suo cuore pompare all’impazzata.
“Cazzo dici davvero?” dissi quasi innocentemente e lui fece
un mezzo sorriso nervoso, grattandosi la testa imbarazzato.
“Si…..”
“Woah….” emisi con un mezzo sorriso.
“Eh si” fece una pausa, in cui prese a torturarsi le mani e
poi alzò la testa per guardarmi con quei suoi magnifici occhi
verdi con quella punta di nocciola tutt’attorno e dentro la
pupilla con alcune macchioline.
“Comunque, Warmness non l’ho scritta io, è stata Val” sgranai gli occhi.
“Cazzarola! Sul serio?” mi spostai la folta chioma
riccioluta e lui sorrise appena, perdendosi a guardare le mie mani che
smuovevano i boccoli color cioccolato.
“Allora…. Cos’hai intenzione di fare?”
“Cosa abbiamo intenzione di fare, vorrai dire” mi corresse.
“Ah no, sta a te decidere: mollare Val o non provarci proprio con
me” emise un suono, come se volesse parlare, ma le parole gli
morirono su quelle labbra perfette e decorate da quel piercing al lato.
“Torniamo dagli altri?” dissi dopo un po’, rompendo il silenzio che si era creato.
Stavo riallacciando la cintura di sicurezza, quando mi trovai
sovrastata da lui e dalle sue labbra che si muovevano sopra e insieme
alle mie, dalle sue mani ai lati della mia testa che affondavano quasi
convulsamente nei miei ricci e dal suo respiro caldo che si era
interrotto nel preciso istante in cui il nostro contatto era cominciato.
Si può morire per un bacio? Una volta avevo sentito di una
cretina che al suo primo bacio aveva avuto un infarto ed era finita in
ospedale. Certo assurdo, se a baciarti non è Matt Sanders.
Si separò appena per dischiudere gli occhi e guardarmi appena,
prima di tuffarsi di nuovo sulle mie labbra, felice e tormentato.
Come saremmo andati a finire?
Meg P.O.V.
“Uuuuhm….. Jiim, il tuo cappotto mi fa schifo” bofonchiai.
“Ok, ma per favooooore non decoraaaarlo…. col tuo vomito” rispose con un mezzo mugugno.
“Nah, mi fa talmente schifo che mi fa pure passare la voglia di vomitare”
Lui era ubriaco, io ero decisamente troppo brilla e ci capivamo alla grande, Hendrix sa come.
Ci buttammo nella sua auto, io sul posto del passeggero e lui si mise alla guida.
Non ero proprio ubriaca, ma anche troppo brilla, forse era per questo
che ricordavo un po’ tutto e soprattutto ricordavo di Matt e Sty.
Nessuno di noi due era in grado di guidare, ma molto gentilmente se
l’erano squagliata tutti e adesso ci toccava sfidare la sorte per
l’ennesima volta.
“Jim….. Ma JD e Ssssssshhadowwwssss?” borbottai
mettendo una mano sugli occhi mentre lui cominciava a provare a guidare.
“Secooondo meeehe, hanno limonato, poi boh”
“Ma Matt che dice?”
“Che non ci sshsta capendo un cazsshzo di tutta quesshsta storia”
“Oh bene…..”
In qualche modo riuscimmo ad arrivare al centro della città e
mentre guidava per quelle strade completamente impossibili, la macchina
gli morì sotto per un errore da pivellino e scoppiammo a ridere
come due coglioni davanti al Johnny’s pieno di gente come ogni
sera/nottata come quella, di qualsiasi stagione.
“Quei due si mettono insihchieme, te lo dico io, bella
bimba” disse convinto Jim, chiudendo gli occhi e stampandosi un
sorriso coglione in faccia.
“Ah, lo so, tanto Matt ha deehetto che molla Val, vero?”
dissi mollando al testa sulla sua spalla e incrociando gli occhi mentre
lo guardavo.
“Così mi pare…” bofonchiò senza aprire gli occhi.
“Mi disssshasspiace perrrrhò…. la conossshco da tanto..”
Ci perdemmo in un’oasi di silenzio, ognuno nel suo mondo fin
quando non mi resi conto di qualcuno davanti al Johnny’s che mi
salutava.
Sollevai la testa e strizzai gli occhi per guardare, sistemandomi gli
occhiali da lettura che avevo ancora su da quando avevo disegnato,
prima.
Un momento…. Zack?
Abbassai il finestrino, mentre il chitarrista si avvicinava e io lo
guardavo con una faccia da cogliona (dovuta all’alcol, che vi
credete)
“Vee, che ci fai qua?” feci sorridendo e guardandolo estasiata.
“Ho finito le prove con i ragazzi ed eravamo venuti a bere
qualcosa, ma voi che combinate? Non avevate la festa?” Quindi
quei due stronzi se n’erano andati alla prove, eh? Bella merda.
“E’ finita e adddsscho proviaaamo a tornare a caaasa” Arricciò un po’ naso e labbra, pensieroso.
“Oh, capisco” Mollò la birra per terra e aprì
il mio sportello. Diede una controllata a Jim, ma si era addormentato e
avrebbe continuato così fino alla mattina seguente, come minimo.
Mi prese per mano, afferrò la mia tracolla e mi mise un braccio
attorno alla vita, prima di richiudere la macchina di Jim lasciando le
chiavi dentro.
“Che combini Vee?” feci osservando il suo viso a qualche
centimetro dal mio, con un sorriso davvero ebete. Non era molto
più alto di me, ma andava benissimo così.
“Salvo la mia ragazza da una morte certa, non posso?” fece
sorridendomi e strizzandomi l’occhiolino mentre mi guidava fino
alla sua macchina.
“Ohw…… grazie, Zack” feci sfiorandogli
distrattamente i capelli neri e corti e il suo sorriso
s’illuminò mentre mi guardava. Sfiorò
distrattamente le labbra con le mie e borbottò un
“Figurati” prima di aprire l’auto.
“Forza bella ragazza, a bordo” Mi aiutò ad entrare
visto che rischiai di tirare un paio di facciate davvero epiche e poi
si mise a guidare tranquillamente per le vie buie di Huntington.
“Devo riportarti a casa?” chiese tranquillo.
“Uhm? No, mamma sa che dormo da Stacey”
“E Stacey?”
“Non mi ricordo..” feci ridendo distrattamente e lui sorrise.
“Ti va bene se rimani a casa mia? I miei non ci sono”
annuii distrattamente mentre strusciavo la faccia sul seggiolino e mi
mettevo più comoda abbracciando la borsa sullo stomaco.
Quando arrivammo scese prima lui per aprire la porta e accendere le
luci, e poi venne recuperare me che barcollavo decisamente e non ero
proprio nel pieno delle mie facoltà.
Mi portò in casa e mi guidò fino al piano superiore in
camera sua. Aveva una stanza abbastanza grande e incasinata, abbastanza
simile alla mia, solo un po’ più grande.
Mi disse dov’era il bagno e mi diede anche una sua t-shirt enorme da usare come pigiama.
Quando uscii avevo la faccia pulita da tutto il trucco sbavato, la
vescica vuota e addosso la sua t-shirt che andava già grande a
lui e che mi andava come vestito.
M’infilai sotto le coperte e poco dopo lui si stese vicino a me.
“E il divano?” feci sarcasticamente.
“Se ti do fastidio posso anche andarmene” fece ridendo
distrattamente, ma bofonchiai qualcosa d’insensato mentre
poggiavo la testa sulla sua spalla e mi stringevo sul suo petto.
Ero troppo distrutta per aver voglia di rispondere.
“Si Meg, notte anche a te” Sospirò distrattamente
fra i miei capelli prima di spegnere la luce e addormentarsi a sua
volta.
La mattina dopo dovetti correre a casa perché era tardissimo e
mollai Zack che ancora dormiva con un biglietto in cui spiegavo tutto
sul comodino, prima di filare di corsa a casa.
Qui ebbi una bella litigata con mia madre per quanto riguardava
l’alcol, il mio rapporto con l’alcol, su quello che ne
stavo facendo della mia vita e della gente che frequentavo che
sfociò alla fine nelle solite grida da parte sua e sbuffi dalla
mia.
Erano le undici e mezza di sera del giorno dopo, avevo già
parlato con Zack e gli avevo spigato di mia madre (anche giustamente)
sclerotica, avevo ricostruito la giornata precedete per Brian e Jim e
avevo pure smesso di parlare con JD da qualche ora quando,
imbestialita, afferrai il cellulare e mandai un messaggio.
Una stronzata, certo, ma era un piccolo passo verso una grande battaglia i cui soldati rientrano nella fascia dei –teen.
Dai, cazzo.
Stacey P.O.V.
Avevo le cuffie nelle orecchie e speravo di cominciare a dormire,
quando mi arrivò sul cellulare un messaggio che non mi
aspettavo, da Matt.
-Ho la tua sciarpa, l’hai dimenticata alla lezione. Profuma come i tuoi capelli-
Ok, Matt si stava sniffando la mia sciarpa. Speravo che non ci si soffiasse il naso.
No, stronzate a parte, perchè sniffare la sciarpa di una persona, se di questa non ti frega una mazza?
Non sapendo nemmeno cosa rispondere, feci cadere il cellulare/mattone
(perché nel ’99 altro che touch….. se uno di quei
telefoni ti toccava la testa come minimo ti ritrovavi un trauma
cranico) al mio fianco e tornai a guardare il soffitto, perdendomi nei
miei pensieri.
La mia mente era persa fra le note di “The
Unforgiven” dei Metallica, quando arrivò un altro
messaggio, da parte di Meg, insolito quasi quanto il primo.
Insomma, ne avevamo parlato già altre volte, ma lei aveva sempre
detto di no, per via della madre che sarebbe stata certamente
contraria. Insomma, lo aveva ribadito anche quel giorno stesso! Non
credevo che a distanza di qualche ora avrebbe accettato.
“Domani al garage. Porta ago e il resto: il mio orecchio ti aspetta”
Il primo piercing di Meg sarebbe stato opera mia.
Uhm, ok.
*Ok, sono abbastanza convinta che i faraglioni lì non ci siano, ma voi fate finta di niente, uhm? v.v
Saaaaalve! :D
Da questo capitolo salta fuori anche l’anteprima del chap v.v
Che bello, anche in questo Chap c’è una cosa successa durante quest’anno scolastico :’)
No, non me ne sono andata ubriaca in giro per Huntington con Jimmy….
Ho solo rotto il naso di JD v.v
Sfortunatamente non c’è stato Matt a soccorrerla, solo io e la prof di pittura DDD:
Questa sarebbe la mia idea di “capanna” (1) (2)
guardate Vaaaaal o.o è una quattrocchi :’)Beh, è un capitolo “di passaggio”
Non c’è sto granché di avvenimenti, ma vabbè v.v
E Zack si piglia la rivincita su Brian! :D
Il prossimo capitolo
sarà quasi esilarante per quanto riguarda quel chitarrista da
strapazzo con l’ex taglio da ananas ;) *appare Haner*
“Cactus, sei una stronza”
“Di solito dicono tutti che lo stronzo sei tu, Bri. Detto da te dev’essere un complimento”
“Puoi giurarci v.v” *appare Meg*
“Haner è un pivello Po Po Po! :D”
“Due stronze, siete “-.-”
Tornando a noi…
Si ringrazia chi ha recensito lo scorso capitolo! v.v _diable_, Danyel, Empathy, Carboncino_93
see you next time! :D
The Cactus Incident
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Capitolo 11 *** Chapter 10 ***
sch chapter 10
Seconda metà di gennaio, 1999
Stacey P.O.V.
“Piercing! Oggi, io, faccio, il piercing! Ye-ye!”
“Meg che cazzo ti sei fumata?” scrollò le spalle, prima di saltellare tutta felice.
“Sono feliiice!”
“Che è successo con Zack?” chiesi sorridendo e
inarcando un sopracciglio. Lei si arrestò di colpo e assunse un
colorito bluastro.
“Niente” disse secca.
“Ah davvero” risposi scettica, incrociando le braccia.
“Oh si”
“Uhm uhm”
“Ok, hai capito”
“Credo di si”
“Andiamo?” Propose affrettando il passo.
“Si, dai”
Ci stavamo dirigendo al garage di Matt, cosa che davvero non capivo.
“Perché stiamo andando da Matt?” chiesi appunto.
“Perché oggi lui non c’è e perché è il posto più indisturbato che conosco”
“Ah si? E chi dovrebbe aprirci la porta?”
“Amy, mi pare ovvio! E poi ci sono Haner e Jim che provano un paio di cose dei Pinkly Smooth”
“Uhm… sarà”
‘Sto garage era tipo la casa del buon Gesù, eh.
“Comunque…. con Matt?” chiese dopo un po’. Guardai il marciapiede, afflitta.
“Niente di niente. Sono diventata invisibile, gli interessa solo
della band” Meg si morse l’interno della guancia e
corrucciò le sopracciglia.
“Ma non aveva..?” cominciò e io non la lasciai continuare.
“Eh, aveva. Il giorno della festa alla capanna tante belle
parole, il bacio….. e adesso non mi parla più”
“Beh, però ti lancia delle occhiate che valgono più di una dichiarazione” disse ovvia.
Bah, ovvio solo per lei, come sempre. Alzai un sopracciglio e la guardai scettica.
“Ah?”
“Tu mica hai notato che Matt e Val sono sempre più
distanti e che lui ti guarda come se fossi la creatura più bella
di questo mondo, no, eh?”
“Che ti sei fumata?” feci scettica e lei scrollò le spalle, ovvia.
“La varrichina, me l’hai passata tu”
Sorrisi distrattamente. Bah, forse aveva ragione. Uno dei passatempi di
Meg era osservare le altre persone. Glielo aveva insegnato una sua
compagna del corso di spagnolo come capirle dai gesti, comportamenti e
sguardi e metteva in pratica i suoi insegnamenti. Ogni tanto la vedevi
che si perdeva nel vuoto o che gli altri parlavano e lei non ascoltava
per niente.
Ecco il perché (e anche perchè non voleva ascoltare e pensava ai cazzi suoi, in effetti).
Arrivammo in poco tempo e come predetto, ad aprirci la porta fu quella
stanga della sorella di Matt. Diamine se era alta, quanto il fratello,
in pratica. Forse anche per questo era un asso del basket.
Dopo essere passati a fare un saluto ai due decidemmo che era giunto il momento.
Muahuahau!
Margareth P.O.V.
“Allora, pronta?” chiese Stacey, sorridendo. Ero nervosa,
sentivo un po’ d’ansia, ma non vedevo l’ora.
Un litigio con mia madre mi aveva spronato a farmi bucare
l’orecchio da JD. Era assurdo, ogni volta che litigavo con mia
madre, la voglia di fare stronzate aumentava esponenzialmente. Sapevo
bene che farmi fare un buco sull’orecchio avrebbe potuto portare
anche altri problemi, come l’eventuale recisione di un nervo che
mi avrebbe paralizzato la faccia o roba così, ma fanculo.
A quelle due parole di Sty, Haner smise di suonare.
“Pronta per cosa?” Chiese stranito.
“A soffriiire!” fece JD facendo una voce cretina e Haner
aggrottò le sopracciglia, Jim fermò una rullata e anche
Amy sembrò curiosa.
“Sanders, ti dispiace se ci chiudiamo in bagno per qualche
minuto?” chiese Stacey alla bionda dannatamente alta e lei
annuì un tantino dubbiosa.
“Uhh sgorbio! Lo dicevo che eri lesbica! Sei troppo brutta per
essere etero” fece Haner e Jimmy scoppiò a ridere,
beccandosi un’occhiataccia dal chitarrista. Mi sa quasi che
c’era qualcosa sotto, ma vabbè.
“E tu troppo coglione per tenerti una ragazza con un minimo di
cervello per più di due ore. Ah, ti saluta Michelle!”
dissi alzandomi, seguendo Stacey e beccandomi delle occhiatacce da
Haner.
Andammo nell’ampio bagno dei Sanders e io rimasi a torcermi le mani mentre Stacey tirava fuori l’arsenale.
“Allora, che devo fare?” chiesi sorprendendomi di quanto la mia voce sembrasse tranquilla.
“Prendi questa e infila l’orecchio sotto l’acqua corrente gelida”
Rimasi un po’ a guardare la forcina per capelli ed entrò Amy.
“Ma che dovete fare?”
“Un piercing” risposi io, con la molletta fra due dita. Amy
fece una faccia scandalizzata prima di cominciare ad urlacchiare frasi
senza senso, abbastanza terrorizzata, in effetti.
“Oddio! Ma ve lo prendo io l’ago!!! Aaaah! Nnonononooo! Ma
sei pazza?!?! Con la forciiiina!” Rimasi un po’ a
guardarla, provando a capire che diamine intendesse e poi Stacey
intervenne, poggiando una mano sull’avambraccio della ragazza.
“Amy, è per i capelli” Uh, capito.
“Ma sei cretina? Mica vuole farmi il buco con la forcina!” dissi scandalizzata e divertita e Amy si calmò.
“Ah davvero?”
“Si!” rispondemmo in coro noi due e poi posizionai la
molletta in modo da tenere i capelli sopra l’orecchio destro,
indietro.
Rimasi un po’ a guardarmi davanti allo specchio, prima di aprire
l’acqua fredda e cominciare a massaggiare l’orecchio,
mentre l’acqua mi entrava a fiotti in un occhio, struccandomelo.
Amy poggiò una mano sulla mia spalla e cominciò a
massaggiare lei il mio orecchio destro, mentre soffrivo e facevo strani
versi.
“Aaaahh! E’ freeeeedda cazzo!”
“E sopporta un po’, ya” Stacey intanto non sapevo
nemmeno che diamine facesse, ma Amy continuava imperterrita ad evitare
che togliessi la faccia da sotto il lavandino.
Diamine che gelo! Speravo solo che servisse a qualcosa, perché già quella era una tortura.
“Ok, io sono pronta. Meg?”
“Credo di si…” Non mi sembrava di aver poi tanto
perso la sensibilità all’orecchio, ma vabbè.
JD chiuse il copri wc e mi fece segno di sedermi. Nello stesso momento
sentimmo bussare e la voce di Haner. Amy uscì dal bagno e si
chiuse la porta alle spalle.
“Allora, dove lo vuoi?” chiese Stacey guardandomi e io scrollai le spalle.
“Sulla cartilagine, fai tu dove”
“Sicura?”
“Seeh, tanto”
Mi strofinò l’orecchio con un pezzo di carta per
asciugarlo e poi con un batuffolo imbevuto di alcol (quello rosa, non
acqua ossigenata, precisiamo).
Sul dito aveva un ditale di quelli che usano le nonne mentre cuciono e
in mano l’ago che credevo essere di una siringa (ma che poi
scoprii essere un ago da cucito), appena disinfettato.
Mi persi a fissare le mattonelle grigio-azzurre che rivestivano il
bagno e quando sentii l’ago entrare nel mio orecchio strizzai un
occhio
Uhm. Credevo peggio! Certo, aveva fatto male, ma era sopportabilissimo.
Visto che non emettevo nemmeno un suono, Stacey chiese notizie.
“Allora? Com’è?”
“Meglio di quanto credessi” E visto che mi sentivo la
faccia e riuscivo a muovere le labbra senza problemi, non avevamo
beccato nervi. Yee!
La porta si spalancò e Haner mi guardò allucinato. Avevo un ago infilato nell’orecchio.
“Ma voi siete cretine!” sbottò paonazzo.
“Rilassati Haner, abbiamo quasi finito” disse Stacey
tranquilla, mentre recuperava l’orecchino d’oro che aveva
portato.
Brian si avvicinò e osservò un po’ il mio orecchio, accigliato.
“Esce mica sangue?” chiesi distrattamente.
“No, neanche un po’” Stacey lo scansò e tolse l’ago dalla mia cartilagine.
Ecco, quello fece più male del buco.
“Ah” emisi appena.
“Scusa”
“No, figurati” La guardai con la coda dell’occhio.
Era la prima volta che faceva un buco a qualcuno che non fosse
sé stessa, era nervosa.
Ci mise un po’ per ritrovare il buco e quando spinse dentro
l’orecchino, decisamente più grande dell’ago, fece
male. Credo sia stata quella la parte più dolorosa di tutto.
Nonostante tutto però, rimasi completamente immobile, con un
occhio strizzato e l’altro puntato su Brian che, poggiato al muro
con le braccia incrociate mi guardava senza fare nemmeno una piega.
Mise la chiavetta e disinfettò di nuovo.
Stacey mi lanciò uno sguardo soddisfatto.
“Niente sangue, i tuoi muscoli facciali sembrano funzionare e non sei svenuta. Come ti senti?”
“Bah, tutto regolare, anche se l’orecchio mi pulsa un
po’” dissi distrattamente tornando a guardare la riccioluta
piercer alle prime armi, o forse sarebbe meglio dire prima arma.
“Tranquilla, è normale” passò una pomata sul buco e poi mi alzai per andare ad osservarmi.
Era il venti gennaio del 1999, avevo l’orecchio fucsia, il trucco
completamente sbavato su un occhio e completamente scomparso
sull’altro, ma nella parte superiore del mio padiglione
auricolare destro, spiccava una piccola stellina d’oro che
riluceva leggermente alla luce posta sopra lo specchio del bagno.
Entrò anche Amy e si accertò che fossi viva. Fuori dal
bagno c’era anche Jim.
“Non ti ho sentito urlare. Sicura che abbia centrato il tuo di orecchio?” disse divertito.
“Sure man, guarda qua” dissi girandomi e facendo osservare a Jim il mio orecchio.
“Uhm, complimenti” disse rivolgendosi a JD che stava rimettendo a posto tutto.
Haner mi sembrava un tantino accigliato. Ci avrei parlato appena possibile.
***
Stacey P.O.V.
Quel giorno Meg non era venuta a scuola, non rispondeva né al
cellulare né sul fisso e io dovevo sfogarmi, quindi, presa in
prestito l’auto di mia madre (che tanto se ne stava lì a
marcire in garage tranne quando andava a fare spesa, cosa successa il
giorno prima) mi ero diretta alla palazzina in cui viveva e adesso mi
ero attaccata al campanello, senza ottenere risultati.
Avevo poggiato la schiena al muro, aspettando chissà cosa.
Sbruffai e stavo per andarmene, quando si aprì la porta opposta a quella della mia amica.
“Se aspetti che Meg venga ad aprirti puoi passare qua pure tutto
l’anno: ha la febbre e Meg con la febbre è uguale a Meg
sorda e rincoglionita” Cazzo.
“Ah ok…. Grazie Jim” mi staccai dal muro e stavo per
andarmene, quando Jim mi sfiorò appena il braccio.
“Ehi Sty, che succede?” chiese preoccupato lo spilungone.
Quei dannati occhioni azzurri erano un’arma impropria.
Scrollai le spalle “No, niente”
“Ti và di entrare? Ho dei biscotti al cioccolato che aspettano solo di essere sgranocchiati”
Guardai Jimbo negli occhi, mentre mi faceva quel mezzo sorriso
consapevole e mi trapassava l’anima con quegli occhi
stupendamente azzurri. Sospirai e sorrisi, prima di annuire.
“Jim, quel ragazzo mi manderà al manicomio….”
Dissi afflitta, mentre addentavo l’ennesimo biscotto e fissavo il
televisore su cui passavano uno speciale sui Pantera.
Jim si buttò vicino a me, sul divano e mi porse una birra.
“Non pensi che beviamo un po’ troppo per avere solo diciotto anni?” chiese poco dopo osservando la scritta.
“Tu ne hai ancora diciassette” specificai io.
“Ancora per poco”
“Si, ma pur sempre diciassette, io ne avrei ancora sedici,
diciassette a giugno e in questo momento non me ne frega proprio”
dissi afferrando la birra che mi porgeva e buttandone giù una
grossa sorsata gelida.
“Matt è un ragazzo… semplice. Non credo sia
abituato a questi grattacapi e va nel pallone, ma è davvero un
bravo ragazzo, credimi”
“Lo so, ma non può fare questo tira e molla del cazzo. Non
sono un giocattolo…. e lo stesso vale per Val”
Stavamo continuando a parlare quando qualcuno si attaccò al campanello. Jim sbuffò e si alzò.
“Scusami un attimo JD” Andò ad aprire ed era Brian.
“Meg non risponde. E’ successo qualcosa?” chiese allarmato il chitarrista.
“Sono felicissimo anche io di vederti, man, e si, sto alla grande. Grazie del pensiero”
“Seriamente” fece Haner, serio e Rathead alzò gli occhi al cielo.
“No, coglione, ha la febbre come ogni anno” Brian prese un sospiro di sollievo.
“Oh, meno male… come te la passi, Jim?” fece
entrando e Jim bofonchiò ridendo un “Accomodati
pure….”
Il chitarrista sembrò leggermente sorpreso di vedermi.
“Oh, Stacey, ciao” “Ciao Haner” “Come mai qua?” “Per il tuo stesso motivo”
“Merda, mi sento un ripiego adesso” Fece Jim venendo a
sedersi di nuovo sul divano. Brian si spaparanzò al suo fianco e
tutti e tre ce ne rimanemmo tutto il pomeriggio a dire stronzate e
guardare film cretini o horror di bassa lega.
Stavo commentando con Jim quanto in verità un’arteria
recisa potesse spruzzare lontano il sangue, quando Brian
c’interruppe bruscamente.
“JD, mi fai un piercing?”
“Se è sul pene, la risposta è no”
“Io miravo all’orecchio, ma se vuoi allungare le mani, fai
pure” fece lanciando un sorriso che era tutto un programma.
Mi fai schifo, Haner, come te lo devo dire?
“Si Brian, te lo infilzo come una salsiccia allo spiedo e poi
vediamo” parti un “Ssssh!” di dolore da entrambi i
miei interlocutori e entrambi si portarono le mani sul pacco come a
constatare che fosse tutto al posto giusto.
“L’orecchio va benissimo” die Haner, ancora dolorante. Tzè, femminuccia.
“Ok. Jim, dov’è la roba del cucito di tua madre?”
Ago, ditale, piercing (prelevato dal mio orecchio) sterilizzato nel pentolino, pomata cicatrizzante, acqua ossigenata.
Stessa scena di qualche giorno prima, solo nel bagno dei Sullivan.
Feci sedere Brian mentre sterilizzavo l’ago prima con l’accendino e poi con l’acqua ossigenata.
“Allora man, dove?”
“Un po’ più giù di dove l’hai fatto a Meg, ma sull’orecchio sinistro”
“Va bene”
Disinfettai il suo orecchio e poi osservai bene il punto da infilzare.
“Ok, tu sta immobile e andrà tutto bene”
sospirò e cominciai a spingere l’ago nel suo orecchio
aiutandomi col ditale per non farmi male. Sapevo di avere
un’espressione concentrata davvero da primato e Haner uggiolava
come un cane sofferente.
Quando l’ago trapassò il suo orecchio emisi un
sospirò di sollievo e sollevai la testa, osservando il mio
operato.
“Dai forza, non fare il melodrammatico”
“Mi hai fatto malissimo, Sty!”
“Ancora non abbiamo finito, lo sai?” Feci con un sorriso sadico e lui rispose con una faccia sofferente.
“Eh, lo so, è questo il problema”
Presi il piercing e mi avvicinai al suo orecchio.
“Sta fermo, perchè se perdo il buco è la fine” Mi avvicinai a lui, ma tirò indietro la testa.
“Haner porca miseria, sta fermo” Provai ad inseguirlo, ma
la cose era impossibile. Arrivò a puntare la testa contro il
muro e io non riuscivo a raggiungere il suo orecchio.
“Ah, eh così? Io ti metterò questo piercing, cascasse il mondo”
Allargai le gambe e mi sedetti a cavalcioni su di lui.
Ormai era una questione di principio. Il lavoro è lavoro, cliente volente o nolente.
Gli bloccai la testa nell’angolo creato dal muro e il mio
avambraccio premeva sulla sua mascella, in modo da immobilizzarla
completamente.
Riuscii a tirare fuori l’ago e Brian cominciò a lamentarsi.
“JD ti prego smettila, per favore, ti prego, fa piano, cazzo. Ah!
Ahia!” Ignorando le sue urla, avvicinai il volto al suo orecchio
e individuai il leggero puntino rosso che era la traccia fatta
dall’ago.
“Sssh, fermo, non è niente!”
“Non è niente un cazzo! Mi stai uccidendo!”
Mentre continuava ad urlare, poggia il piercing in corrispondenza del
buco, lo allineai nello stesso modo in cui avevo fatto entrare
l’ago e aiutandomi con il ditale cominciai a spingere.
“E’ stretto cazzo!” Urlò Haner quasi in
lacrime e per un attimo mi sembrò di sentire qualcuno che
parlava nella casa di Jim.
Ora che ci pensavo, prima mi era sembrato di sentire il campanello suonare.
Bah, forse mi stavo rincoglionendo pure io.
Io tenevo il viso a tre centimetri dall’orecchio di Haner, seduta
a gambe aperte sulle sue e lui ormai quasi ansimava con la testa contro
il muro.
Ero divertita e innervosita al tempo stesso.
Haner era una primadonna del cazzo, davvero. Come si faceva a sopportare un ragazzo del genere nella stessa casa?
“Ti prego Sty, non resisto! E’ troppo stretto, cazzo!”
Mentre sghignazzavo, ormai a lavoro quasi finito, la porta si
spalancò di botto e con tutta la calma mi voltai verso la porta
aperta, per poi rischiare l’infarto.
Matt tutto trafelato, stava decisamente fraintendendo le cose.
Dopo venti secondi di totale silenzio e di strani sguardi, con Matt
sbiancato, il ragazzone fu in grado di riprendere l’uso della
parola.
“Uhm… vi lascio… continuare” Fece con una faccia trasalita.
“Matt…” bofonchiai.
“Ci si vede, eh….”
“Matt aspetta!” Ma uscì dal bagno.
Affondai definitivamente il piercing, Brian buttò un urlo, misi
la pallina e mollai in mano al chitarrista l’occorrente per
disinfettare ancora e la crema.
Uscii al bagno, ma Matt se l’era già squagliata.
Dopo due secondi di semi depressione, tornai da Haner prima che non si
cavasse un occhio in un modo qualsiasi. Magari col tubetto di crema.
Dopo aver sistemato definitivamente Brian, che finalmente l’aveva
piantata di frignare come una bambina di tre anni che fa i buchi, e il
suo orecchio, me ne tornai a casa, più scazzata di prima.
Matt aveva preso fischi per fiaschi e adesso si stava certamente sparando filmini mentali da record, ci avrei giurato.
Mi buttai sul divano a casa a guardare polizieschi di bassa lega che adoravo e mangiare popcorn, quando suonarono alla porta.
Erano tipo le sei di sera e avevo un po’ le palle piene.
Contro ogni pronostico andai ad aprire e rimasi un po’ allibita quando mi trovai davanti Matt infreddolito.
“Shadows” Era raro che lo chiamassi così.
“JD. Posso entrare? Mi starei gelando le palle” Ma quant’è delicato…
“Oh, certo” e mi spostai di lato.
“Vieni in cucina, stavo pensando di fare la cioccolata calda, ne
vuoi un po’?” chiesi distrattamente mentre mi mettevo ad
armeggiare con pentolini e roba varia.
“Oh, magari, grazie”
“Togli pure il cappotto e mollalo dove ti pare, tranquillo” Annuì e si tolse cappotto e sciarpa.
“Oh, quasi dimenticavo, sono venuto a riportarti la sciarpa”
“Sciarpa?” chiesi non capendo a cosa si riferiva.
“Si, quella che hai dimenticato al garage un paio di settimane fa” fece porgendomi la bustina.
“Oh, grazie” Feci afferrandola e mettendo la sciarpa al
collo. Sono una cultrice delle sciarpe sempre al collo. Ne ho
parecchie, posso decretare.
“In verità era questa la scusa per venire” fece quasi imbarazzato, mordicchiandosi il labbro, nervoso.
“Beh.. ok. Devi dirmi altro?”
“Nah, avevo voglia di vederti…. magari senza Haner” fece leggermente acido.
Sorrisi fra me.
“Sei geloso?” chiesi sforzandomi di non ridere.
“Uhm….. no, perché dovrei?” chiese infastidito.
“Perché sembra proprio di si”
“Ok, sono geloso” Sospirai e misi a bollire il latte.
“Ma tu e lui…. state insieme?”
“No, decisamente” dissi secca. Io? Con Haner l’ex ananas? Per carità.
“Ohw… e siete…s-scopamici? Perchè a casa di
Jim, diamine! Fra tanti posti! Adesso mi farà schifo pisciare da
Rathead….” aveva un tono così triste e abbattutuo,
anche se urlava quasi. Ah, come godo.
“Uhm, Matt, non stavamo facendo niente. Non so se hai notato le
urla di Haner, ma l’unica cosa che è entrata e uscita
è stato l’ago dal suo orecchio, per mano mia”
Rimase un minuto buono a fissarmi, gli occhi leggermente sgranati, la bocca stretta in una “O” perfetta.
“Oh…. gli hai fatto un piercing?”
“Eh si”
“E basta?”
“E basta” gli assicurai.
Sorrise guardando il tavolo e poi scoppiò a ridere, passandosi una mano sul viso.
“Sono un coglione” Sorrisi distrattamente, mentre recuperavo i biscotti.
“Ti piacciono i marshmallows nella cioccolata?”
“Uhm, si, grazie” E presi anche le caramelle gommose sopraccitate.
Quando la cioccolata fu pronta, la versai in due tazze e ci mettemmo a
mangiare distrattamente, lanciandoci qualche occhiata di tanto in tanto.
“Comunque se vuoi la sciarpa puoi tenerla” feci dopo un
po’ e lui si mordicchiò distrattamente un labbro.
“Facciamo uno scambio. Io ti do la mia e tu m dai la tua, ok?” scrollai le spalle.
“Per me va bene”
Passammo un po’ di tempo insieme come se non ci fosse quella
tensione solita del cazzo che ormai era la nota tipica/critica del
nostro tempo insieme e per un po’ fummo quei due amici che,
obbiettivamente, non eravamo mai stati.
Dopo un po’ si era fatto tardi e dovette andare. Davanti alla
porta di casa ci scambiammo le sciarpe che avevamo entrambi legate al
collo e mi sorrise. Non c’era nessuna promessa del cazzo o cagate
del genere, era solo così, perchè ci andava e volevamo
farlo.
Dopo essersi sistemato la mia sciarpa nera che sfumava grigia e io la
sua enorme nera e morbidissima che mi penzolava dietro la schiena tanto
era lunga, fece scontrare delicatamente le nostre labbra.
Quel bacio era proprio come quel “gesto” di scambiarci le
sciarpe. Nessuna promessa, nessun altro significato, semplicemente
perchè volevamo.
“Sii paziente, nient’altro, ok?” fece sfiorando la
punta del naso col mio e annuii tristemente, beandomi del suo profumo
che mi circondava.
Mi baciò ancora e dopo poco si separò e andò via
con tutta la calma. Prima d’infilarsi in macchina si voltò
e mi salutò con la mano visto che stavo ancora lì ad
osservarlo e se ne andò prima che potessi rispondere.
Oh, wow.
Perché wow era la cosa adatta, vero?
Meg P.O.V.
“Un piercing, davvero? Ma ti ha fatto molto male?” Chiese
il mio ragazzo preoccupato, dall’altro capo del telefono.
“Nah, macchè, una sciocchezza” Feci io distrattamente, mentre giocavo con una penna.
“E dove? Ti prego dimmi al capezzolo…” chiese speranzoso.
“Zack non fare il maniaco! All’orecchio” dissi ridacchiando.
Stavo parlando con Zack a telefono dell’esperienza di un paio di
giorni prima, visto che non ci eravamo visti né tanto meno
sentiti causa mia febbre, quando mia madre entrò in camera mia.
“Meg, c’è Suzy che mi ha chiamato sul cellulare. Ha
detto che Brian sta provando a chiamare da venti minuti e vuole parlare
con te” Sbuffai pesantemente.
“Va bene, adesso stacco e lo chiamo” sollevai di nuovo la cornetta.
“Che succede?” chiese Zack leggermente divertito.
“Devo chiudere…” feci scocciata e lui sospirò.
“Vabbè, tanto domani vieni a scuola, vero?”
“Sure baby” asserii convinta.
“Allright, sweetheart, ci vediamo lunedì”
“Ciao ciao Zucchina”
“Zucchina?!” fece scandalizzato e divertito.
“Ehi, in tono affettuoso” feci io convinta mentre lui ridacchiava.
“Si, ma perchè?”
“Te lo spiegherò….. un giorno”
“Va bene, vado anche io, eh. Ciao ciao Lady Frankestein”
“Good Bye Misfits”
Chiusi il telefono e composi il numero di casa Haner che sapevo a memoria.
Dopo tre squilli, fu Brian Jr. a rispondere.
“Wela Nessie, ancora viva?” fece tutto pimpate senza
nemmeno dire “Pronto” e vorrei solo ricordarvi che nel
’99 non c’erano i telefoni che ti facevano vedere il numero
di chi era a chiamarti.
“Ciao Merda, che mi dici di bello?” Potei quasi sentire che scrollava le spalle, come suo solito.
“Bah, il cielo non è azzurro, ma tendente al grigio, il
sole splende poco e gli uccelli di certo non cantano visto che sono
migrati. a Te?”
“Lunedì vengo a scuola”
“Finita la convalescenza?”
“Yep”
Dopo una pausa ricominciai a parlare.
“Dovevi dirmi qualcosa?” chiesi leggermente scocciata.
Insomma, avevo chiuso con Zack per parlare con lui , speravo che almeno
fosse importante.
“Si, JD mi ha fatto un piercing”
“Sei un copione di merda!” sbottai io.
“Leggermente, ma lo volevo!”
“Fanculo, sei un copione uguale!”
“Fanculo!” Fece ridendo per qualche motivo a me non noto.
“Vabbè, com’è andata?” Chiesi distrattamente e lui sbuffò.
“Devo dirti la verità o la versione di cronaca?”
“Verità, ovviamente” feci… beh, ovvia.
“Un male della miseria! Stacey mi si è dovuta sedere
addosso per tenermi fermo perché una volta messo l’ago non
riusciva più né a toglierlo né a mettere
l’orecchino”
Mi tirai un *palmface* ridendo distrattamente.
“Sei ridicolo, Haner, davvero”
“Ma faceva male”
“Ma vaffanculo, dai! Mackenna sarebbe in grado di sopportare
meglio di te, coniglio del cazzo che non sei altro. Come cazzo hai
fatto a farti quel tatuaggio?”
“Ma col tatuaggio è diverso, brucia un po’, ma quell’affare ti trapassa, cazzo!”
“Haner fanculo”
TU-TU-TU-TU
***
“Meg? Ehi Meg? Meg ci sei? Ma è caduta la linea? Pronto?!”
Eh-ehm v.v
Scusate lo spaventoso ritardo e
il non aver risposto a quei tesori che hanno recensito, ma è
morta la mai bis nonna, ho avuto qualche problemuccio v.v
Ci terrei a dire che parte degli eventi narrati è realmente accaduta v.v
Fate finta che io sia Meg, che
la mia JD sia quella JD e che la sorella di Matt sia un’altra
ragazza, il tutto nel bagno di un hotel :’)
Grande cosa le gite, ragazzi v.v
Per chi di voi non l’abbia mai vista, c’è una foto “d’epoca” di Amy Sanders (QUI per voi). Credo sia databile per il 2002 circa… Ma boh!
(QUI ce n’è una più recente, ma dovevo metterla v.v la faccia di cazzo di Matt era TROPPO epica!)
E JD è tornata :’) tanto non recensisce lo stesso <.<
A giorni dovrebbe tornare la mia Haner :’) Dajeee! ci divertiremo v.v
Beh, un grazie spropositato al
supporto recensionico (a cui non ho risposto c.c perdonatemi DD:) !
_diable and Danyel i love you so much <3
e ci si rivede al prossimo chap! :D
The Cactus Incident
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Capitolo 12 *** Chapter 11 ***
sch chapter 11
febbraio, 1999
Margaret P.O.V.
Dopo scuola, io e Sty decidemmo di andare a fare un giro in centro, giusto per perdere un po’ di tempo.
Finalmente le giornate ricominciavano ad allungarsi e il sole tornava.
Ero felice si essere nata il California, col suo inverno cortissimo e
mite e le sue estati quasi perenni. Non ero fatta per le temperature
troppo basse e poi la mia allergia al polline mi avrebbe reso la vita
un inferno in qualsiasi altro posto.
Ci appollaiammo su una panchina e mentre JD cercava il suo accendino,
io cominciai a guardarmi attorno. Mi è sempre piaciuto guardare
i passanti, per farti due risate o anche solo per osservare il loro
modo di vestire, di camminare, il loro portamento…. O magari
rifarsi gli occhi con un bel figo, cose così.
A proposito di questo il mio interesse, il mio sguardo fu attratto da un maschio bianco sulla ventina.
Un ragazzo davvero bello. La testa piena di rasta che arrivavano fino
alla schiena, di un bel castano scuro che sulle punte diventavano
più chiari, alcuni anche biondi e decorati con alcune perline di
legno.
Alto e con i muscoli delicatamente definiti, la pelle olivastra, leggermente abbronzata.
Le braccia erano colorate da alcuni tatuaggi old school tutti in nero e grigio.
Le orecchie erano piene di piercing, la mascella squadrata, valorizzata
dagli zigomi sporgenti se facevano risaltare maggiormente un paio di
stupefacenti occhi color giada che sembravano quasi puntare nella mia
direzione. Le labbra delicatamente piene piegate in un sorriso
divertito e sorpreso, come se stesse davvero guardando qualcosa e il
naso perfettamente diritto, decorato da un piercing di lato, a
completare quei lineamenti perfetti.
“Ammazza che figo!” commentai spontaneamente.
“Fatti sentire da Zack, mi raccomando” sbuffò Sty
mentre ancora cercava l’accendino disperso nello zaino.
“Zack è Zack, ma quello è un figo!”
alzò stancamente la testa e si guardò attorno. Quando
capì in che direzione puntavo mi voltai verso di lei per
osservare la sua reazione e la trovai con gli occhi sgranati.
“Mio Dio”
“Che?” si alzò e si mise lo zaino in spalla.
“Nononononononononononono!”
“Sty che cazzo fai?” chiesi stranita.
“Andiamocene! Subito prima che sia troppo tar….”
“Bionda!”
“Oh Cristo…”
Il figo di cui parlavo prima, guardava JD mostrando un sorriso stupefacente e aspettando una sua reazione.
Stacey si voltò verso di lui e sorrise.
“Simon!” il ragazzo sorrise ancora di più e la
abbracciò, affondando il naso nella sua spalla e chiudendo gli
occhi, mentre JD rispondeva dandogli delle tristi pacche sulla schiena.
In tutto questo io avevo recuperato il mio accendino e mi fumavo una
sigaretta, osservando quei due che si abbracciavano. Dopo un po’
Sty quasi se lo staccò di dosso e lo guardò.
“Allora S, che ci fai qui?” disse sorridendo, ma mi sembrava un tantino di plastica.
“Che domande, sono passato a salutarti! Studio a Los Angeles,
appena ho saputo che ti eri trasferita ad Huntington mi sono
precipitato!”
“Ma che bravo… Sim, lei è una mia amica, Meg. Meg, Simon”
“Salve” dissi io sorridendo e facendo un cenno della testa, senza alzarmi dalla panchina.
“Piacere mio” disse sorridendomi e facendomi l’occhiolino.
Sty si sedette sulla panchina e Simon di fianco a lei, mentre io stavo
appollaiata sul muretto di marmo che toccava lo schienale della
panchina, al lato libero di Stacey.
“Allora, da quanto stai qui?” chiese lui curioso. JD mi
guardò facendo un cenno e io le tirai l’accendino.
“Da ottobre” Accese e me lo ripassò.
“E non mi hai detto niente?” fece lui quasi offeso, ma per
finta (spero). JD fece un mezzo sorriso e si passò una mano fra
i capelli, nervosamente.
“Sim, non mi sembra il caso di dirti tutto quello che faccio…”
“Tutto no, ma almeno gli avvenimenti importanti…”
“Simon, la nostra storia è finita” quasi mi affogai col fumo e i due mi guardarono.
“S-scusate, saliva di traverso” Quei due erano stati
insieme? Wow. Speravo solo che Stacey avesse almeno quattro validi
motivi per averlo lasciato.
Mi sentivo appena appena di troppo. Avrei dovuto comprare un reggi moccolo… alla prima bancarella, magari.
Quei due continuarono a parlare, mentre io fumavo guardandomi intorno,
muovendo piedi e testa a tempo di una qualche canzone che si sentiva
solo nella mia testa e osservando il mare cristallino poco distante da
noi.
Cristo che palle.
Simon era palesemente ancora invaghito di Stacey e lei sembrava essersi
altamente rotta il cazzo di lui. Peccato, era talmente bono….
Scattai in piedi sulla panchina e guardai i due che mi guardavano dal basso.
“Cari i miei made in Florida con espatrio, io vado. Ci si vede, eh”
“Meg ma…” cominciò JD, ma io dissi la prima cosa che mi passava per la mente, per squagliarmela.
“Zack mi attende! Au revoir!” e li mollai là,
lanciando un bacio a JD che mi guardava con il suo classico
‘questa me la paghi’ e mi diressi a fare un giro per il
centro.
Entrai in uno dei numerosi negozi di cd che conoscevo come le mie
tasche, difatti il commesso mi salutò e io gli risposi
schioccando la lingua e con un occhiolino prima di dirigermi verso i
nuovi arrivi della sezione per i “duri”.
“Si, quello non è niente male… ottima scelta,
donzella” disse qualcuno (ma qualcuno a caso, eh) alle mie spalle
e mi posò le labbra sulla tempia, stringendomi le braccia in
vita. Sorrisi e voltai il viso verso di lui, incrociando i suoi occhi
meravigliosi.
“Hola Misfits, come mai da queste parti?”
“Pensavo di fare un regalo ad una figa assurda con cui mi vedo”
“Uh.. la conosco?”
“Mmmh… forse, non saprei” disse vago.
“Beh, è una ragazza un tantino strana se un regalo glielo compri qui, ti pare?”
“Non è strana, è speciale” sospirò prima di far scontrare le labbra con le mie.
Era questa la cosa che più adoravo di quel chitarrista
completamente fuori di testa: mi faceva sentire speciale ed unica, ed
era meraviglioso per una come me che aveva sempre avuto a che fare con
persone che davano tutto e tutti per scontato.
“Oh, ma che carino…”
“Ecco, adesso vedi di perderti nella sezione pop che devo
comprare una cosa” alzai gli occhi al cielo e scrollai le spalle,
prima di dirigermi nella sezione pop e commerciale, un po’
distaccata dal resto.
Dopo un po’ fu lui che venne a ripescarmi.
“Finito” annunciò tornandomi davanti.
“Bene bene. Stasera ci sei?” chiesi esaltata.
“Stasera?” chiese stranito. Perfetto, se n’era dimenticato.
“Il compleanno di Jimmy” statuii secca e Zack fece una faccia allucinata.
“Cazzo è stasera? Merda….. non posso” disse piccato.
“Come mai?” chiesi triste.
“Torna quella palla al piede di mia sorella col suo ragazzo e
mamma pretende che io stia a casa. Cazzo volevo venire….”
“Beh dai, Jim se ne farà una ragione. Potrai riciclare
l’album dei Faith No More che hai comprato adesso regalandolo a
lui, vedi che ti perdonerà”
Mi sorrise divertito.
“Non è dei FNM”
“Oh si che lo è” Scosse la testa divertito, per poi tornare a guardarmi.
“No, adesso mi spieghi come cazzo hai fatto a sapere che avevo
comprato un album dei Faith No More” disse agitando la busta di
carta rossa, sigillata con dei punti di spillatrice, davanti al mio
naso e scrollai le spalle.
“Sono una mente superiore. Avevi ancora qualche dubbio?”
“Adesso non più”
Uscimmo dal negozio e c’incamminammo tranquillamente per le vie
del centro, parlando del più e del meno. “Domani sera ci
sei?” chiese dopo un po’.
“Uhm… se mi riprendo dal compleanno di Jim credo si, ti farò sapere”
“Non dire così che mi viene voglia di sabotare il benvenuto in famiglia del ragazzo di mia sorella.”
“Oh non vorrei mai” dissi ridendo.
Dopo qualche ora dovette andare e io tornai a casa.
Stavo suonando l’assolo di My Michelle dei Guns, da sola a casa,
quando cominciò a suonare il telefono di casa. Inizialmente lo
lasciai squillare a vuoto, ma visto che continuavano imperterriti a
chiamare, dovetti rispondere per forza. Speravo non fosse qualcuno che
aveva voglia di parlare.
“Pronto?”
Stacey P.O.V.
“Sei una merda!” urlai nella cornetta appena rispose.
“Ehm… Mi dispiace, ha sbagliato numero” Mi aveva
lasciato squillare a vuoto per almeno cinque minuti, col cazzo ci
cascavo!
“Meg non attacca, sei una stronza”
“Perché?” chiese distrattamente.
“Come perché?! Mi hai mollato lì con Simon!”
“E allora?” chiese quasi scocciata.
“E allora dopo è arrivato Jim e per tutta risposta ha invitato anche lui al compleanno!”
“Ehm…. ok?” disse tranquilla e distratta.
“No, non è ok, perché Simon mi sbava dietro e mi si appiccica addosso come una sanguisuga”
“Beh….. è la volta buona che Matt si sveglia”
Momento.
Ehi, forse la nana aveva ragione.
“Ah si?” chiesi improvvisamente più calma.
“Si, così forse capisce che non esiste solo lui e che
c’è una schiera di bell’imbusti pronti a saltarti
addosso” “Delicata” dissi sarcastica e la sentii
chiaramente che rideva nel telefono.
“Come sempre” Sentivo dei suoni in sottofondo.
“Ma che combini?”
“Niente, suono un po’. Oh! Ti devo lasciare! Ci vediamo stasera! Ciao ciao ciao!”
“Non ho ancora finito di insul…!” TU-TU-TU-TU “Fanculo” e riattaccai.
Però, tutto sommato, forse Meg aveva ragione.
Male che andava, avrei avuto bevute assicurate offerte dal caro Simon
per almeno i prossimi due mesi, fin quando sarebbe diventato troppo
appiccicoso e lo avrei mollato, di nuovo.
I capelli mi ricadevano lunghi e lisci (si, lisci!) quasi fino a
metà schiena, il trucco era impeccabile ed ero vestita come al
solito, niente di impegnativo (sarei finita ubriaca come una zucchina a
rotolarmi o dormire sull’erba, non c’era motivo di tirarsi
a lucido).
“Quando vai?” chiese mia madre mentre preparava la cena per
lei e papà. Io avevo già mangiucchiato qualcosa, giusto
per non bere a stomaco vuoto.
“Passano a prendermi”
“Chi?” chiese curiosa.
“Simon” dissi, convinta che avrebbe capito.
“Simon chi?”
“Quello di Orlando? Te lo ricordi?”
“Oh quel Simon! E’ vero, studiava a Los Angeles. E sta qui?”
“Si, un paio di giorni” risposi distrattamente.
“Che avete regalato a Jim?” Soliti bruschi cambi di argomento/terzo grado.
“Dei pezzi della batteria, abbiamo fatto un regalo tutti insieme”
“Belli?”
“Stupendi” Li avevamo scelti io, Matt e Justin, gli unici a capire qualcosa di batteria.
“DLIN DLON” “Oh è arrivato” Afferrai la
borsa e mi fiondai fuori dalla porta con un “Ciao
mà” Senza far nemmeno entrare Simon in casa.
“Salve” Disse sorridendo e io risposi nello stesso modo.
“Allora? Tu sai dov’è la festa?” mi chiese una volta entrati in macchina.
“Si tranquillo… E’ un posto non molto lontano dal Central Park”
“Oh, capito” Puntai il pacchetto di Lucky Strike rosse, poggiato nel portaoggetti.
“Posso?”
“Certo” Ne presi una e lui mi offrì
l’accendino. Mi stavo godendo a pieno la prima boccata, quando mi
tirò il pacchetto sulle gambe dopo averne prelevata una per
sé.
Lo guardai, interrogativa.
“Tienile pure” disse “Oh…. grazie” e mise in moto, seguendo la direzione che gl’indicai io.
In una decina di minuti arrivammo al posto, pieno di gente, con la
musica a palla ce rimbombava pure a un chilometro di distanza.
“Cristo sembra un rave party!” Disse divertito Sim, al mio fianco. Risi divertita.
“Su dai, scendiamo” spense la macchina e ci avviammo alla
festa. Dopo essere andati a fare ancora gli auguri a Jim ci infiltrammo
nel tumulto di gente. Da lontano vidi Meg che mi faceva dei cenni con
la testa. Seguii il suo sguardo e mi resi conto che puntava a Matt che
mi fissava con una faccia indecifrabile.
Passai un braccio attorno alla vita di Simon e lui per tutta risposta
mi sorrise e ne mise uno attorno alle mie spalle, bevendo da un
bicchiere di carta rossa contenente un qualche intruglio alcolico
semi-micidiale che avevo provato già ad un’altra festa.
Era un “cocktail” ideato da Jim.
Lui lo chiamava “Lavandino sporco” per dei motivi a me non
noti, ma non era male. Saliva alla testa prima che scendesse del tutto
nello stomaco.
Meg P.O.V.
“Chi è quello?” Mi chiese Matt più incazzato
che curioso, puntando il mento in una direzione che io seguii con lo
sguardo. Guardava Simon e Sty che ridevano e parlavano allegramente,
seduti su un muretto, mentre bevevano birra.
Uh uh uh, Matt è geloso. Che stesse finalmente aprendo gli occhi?
“Si chiama Simon, è un grande amico di JD”
“Uhm….” Il ragazzone bofonchiò qualcosa
d’insensato e se ne tornò da dov’era venuto. Poco
dopo fui raggiunta da Jimmy, tutto saltellante con un paio di
calzoncini fluo che avrebbero ucciso anche un daltonico.
“Allooora ragazza! Come procede?” disse buttandomi un braccio sulle spalle e guardandosi attorno.
“Tutto regolare, tranne che Matt fa il geloso”
“Almeno forse così muove il culo, ti pare?”
“Mi pare si”
“Dai, che Val non è stupida e lui ci sta male” disse
dopo un po’, osservando la ragazza nominata che parlava
tranquillamente con altri ragazzi.
“Non è che Stacey stia tanto meglio….” buttai
di nuovo un occhio al muretto dov’era seduta con Simon. Al
momento sembrava tranquilla e sorridente. Speravo che Matt si desse una
mossa, prima che Simon si facesse avanti…. di nuovo.
“Bah, speriamo bene. Brian?” mi chiese Jim scrollai le spalle e presi un sorso dalla birra.
“Non saprei. L’ho visto oggi a scuola mentre limonava con Mich, ma credo sia un po’ scazzato”
“Ehi, limonava con Mich?”
“Si, perché, che c’è di nuovo?”
“Nah, niente” disse distrattamente e poi mi sembrò puntare qualcosa.
“Uh, che sventola! Ci si vede domani, eh” e dopo una pacca su una spalla, sparì.
Sorrisi al vuoto e poi mi guardai intorno alla ricerca di qualche faccia conosciuta.
“Meeeeeg!” Alle spalle mi arrivò Alice che mi mise le braccia al collo e mi saltò sulla schiena.
“Prima o poi mi ucciderai!” bofonchiai divertita mentre la facevo scendere.
“Oh, non lo farei mai!” disse scandalizzata.
“Allora bellezza, andiamo a prendere qualcosa da bere?”
“Si, non è una brutta idea” e ci avvicinammo al tavolo degli alcolici.
Eravamo ancora troppo sobrie per essere lì da un’ora e mezza, diamine!
Stacey P.O.V.
“Ahahaha! Dameon sei uno spasso” Simon aveva subito stretto
amicizia con l’allegra brigata della capanna e io, leggermente
andata, me ne stavo seduta vicino a lui con un sorriso allegro e la
testa leggera, tutto merito dell’alcol. Il mio ex mi teneva un
braccio in vita e le mie gambe stavano poggiate sulle sue, mentre in
quattro (io, Sim, Dameon e Justin) ci passavamo una canna che aveva
fatto Justin.
Me ne stavo lì, persa nel mio limbo di alcol e droghe leggere,
quando sentii qualcosa di caldo scontrarsi delicatamente con le mie
labbra.
Misi a fuoco il viso di Simon a tre millimetri dal mio mentre mi
baciava, ma ero troppo andata per spostarmi da lì. Dopo un
po’ che continuava a baciarmi, sentii qualcuno battermi sulla
spalla. Voltai stancamente il viso e incrociai due occhi verdi che mi
guardavano liquidi e tristi.
“Oh… ciaaaaao. Dov’è la tua ragazza? Che c’è? Cerchi un rimpiazzo, Matt?”
“Stacey che stai combinando?” fece quasi a mo di rimprovero, nemmeno fosse mio padre.
“Quello che combini tu… faccio soffrire gli altri, vero
Simon?” il tipo vicino a me annuì, ancora più
rincretinito di me e sorrise prima di baciarmi di nuovo.
Matt sbuffò pesantemente e lo scansò non proprio gentilmente.
“Dobbiamo parlare” statuì stizzito.
“Adesso che sono andata devi parlare, eh? Comodo così, domani non mi ricorderò più un cazzo.”
“Sty, davvero” sbuffai come una bambina e mi separai a fatica da Simon.
“Scusa bimbo bello, torno subito” Mettersi in piedi fu
un’impresa, portata a termine solo grazie a Matt che mi tenne su
con un braccio. Ci allontanammo un po’ dalla caciara, io che
continuavo a ridere e cantare mentre lui che mi trascinava.
“Era lu-lu-lù era dì-dì-dì, era
lù, era dì, era lu-ne-dì!” Continuavo a fare
la deficiente, ma non era proprio colpa mia. Ehi, delle volte mi
riducevo a parlare con lo sfondo del cellulare, questo è niente.
“Aia Matt, mi fai male!” feci strattonando il mio braccio
che era finito in quella tenaglia di mano che si ritrovava. Mi reggevo
il polso dolorante e lo guardavo accigliata.
Mi sedetti su una cassetta di birra capovolta e lui si passò una mano fra i capelli corti, camminandomi davanti.
“Io ti faccio male? Pure tu mi fai male!” alzai al testa.
“Punto uno, non urlare, sono ubriaca ma ci sento. Punto due, che
cazzo dici?” sospirò e si piegò sulle ginocchia,
avendo il viso più o meno alla mia altezza.
“Sty secondo te mi piace vederti limonare con uno qualsiasi?”
“A parte che Simon non è uno qualsiasi, e inoltre secondo
te per me invece è divertente vederti attaccato a Val
ventiquattro ore su ventiquattro, eh? Capisci come cazzo ci sto io,
ogni santissimo giorno? Non sei tanto una brava persona come credi di
essere” Il tono strascicato della mia voce impastata di alcol
dava al tutto un ché di malinconico e patetico.
Poggiò le mani sulle mei ginocchia per tenersi in equilibrio e
abbassò leggermente la testa. Quando la alzò aveva lo
stesso sguardo triste di prima e io la stessa faccia da fattona, il
viso molto vicino al mio.
Poggiai le mani sul suo viso, osservando tutti i particolari nella
penombra. Col pollice sfiorai il labbro inferiore, sorridendo quando
arrivai al cerchietto di metallo che lo decorava.
“Mi piacciono i piercing….” mormorai.
“Uhm?” emise stranito.
“I piercing, sono belli”
“Ok…. quanto hai bevuto, Sty?” chiese con un tono
molto più dolce e comprensivo. Sorrisi ancora di più e
portai lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi.
“Un po’”
“Un pò tanto, mi sa”
“Forse” poggiai la guancia contro la sua e lo strinsi in
qualcosa di simile ad un abbraccio. “Oh Matt, sai che sei
proooprio un bel ragazzo?” rise sommessamente, sedendosi vicino a
me.
“Grazie, Sty” emise sul mio collo, leggermente imbarazzato.
“Non ringraziare me, ringrazia tua mamma” poggiai la testa
sulla sua spalla e lui mi tirò quasi sulle sue gambe,
carezzandomi la schiena. Aveva un buon odore.
“Mi piaci un sacco con i capelli lisci”
“Grazie, pure tu ci stai bene” Rise della mia frase
completamente sconnessa e prese a giocare con una ciocca di capelli.
“Tu mi piaci un sacco e basta” fece dopo un po’,
forse leggermente triste, ma non ci feci caso più di tanto,
andata come ero. Sospirai sul suo collo e gli provocai una leggera
pelle d’oca.
Sorrisi distrattamente e gli carezzai il fianco, giocando col lembo della maglietta.
“Simon mi sta di certo cercando…”
“Devi andare?”
“Credo di si, visto che devo dormire a casa sua”
“A-ah-ah si?” Ci rimase decisamente male, ringraziando il cielo.
Te lo meriti Sanders, triste ma vero. Ti concedo di farti tutte le
seghe mentali che vuoi, tanto io a casa di Sim mi limito a dormire.
“Si, mamma sa che dormo da Meg, ma ssssh! Tu non dire niente
eh” feci portandomi un dito sulle labbra e guardandolo come se
fosse un segreto della massima importanza.
Lui annuì distrattamente, un po’ triste.
“Tranquilla non dirò niente”
“Bravo. Ti meriti un premio, sai?”
“Ah si?” e lo baciai.
Era la prima volta che ero io a baciare lui.
Baciarsi da fatti/ubriachi è fottutamente strano, come tutto,
del resto. Però mi piacque, sarà che era Matt o che la
canna di Justin aveva il flow di una bomba, ma fu un bel bacio, in cui
mordicchiai anche quel dannatissimo piercing.
Mi separai da lui che ancora mi guardava leggermente sconcertato e dopo
un pat pat sulla testa, mi sollevai dalle sue gambe e feci per tornare
da Simon.
“Ciao ciao Matt, è ricordati che sei cattivo” feci a
metà strada, voltandomi e facendogli “ciao ciao” con
la manina.
Ci misi un pò a trovare Simon, ma alla fine mi trovò lui.
“Oh, finalmente….”
“Andiamo Simmy, ho sonno” Cazzo, ero proprio andata per chiamarlo così.
Lo abbracciai e poggiai la testa sul suo petto. Lui mi
scompigliò leggermente i capelli e poi mi mise un braccio
attorno alle spalle. L’odore di Matt era decisamente migliore.
“Si, andiamo. Tu ti ricordi dove abbiamo parcheggiato?” Lo
guardai come a dire ‘predi per culo?’ e rendendomi conto
che diceva seriamente, risposi.
“Decisamente no”
“Bene”
Passammo una buona mezz’ora vagando ala ricerca della macchina.
Passammo dieci minuti provando ad aprire un’auto esattamente
identica e poi capimmo che non era la sua e ricominciammo a cercare.
Dopo un po’, mi addormentai su una panchina e lui pure, ma verso le cinque mi svegliai.
A quel punto, un tantino più lucida, svegliai pure lui e andammo
finalmente al parcheggio dove aveva lasciato l’auto e da
lì all’albergo in cui dormiva Simon.
Collassammo nuovamente sul letto e rimanemmo lì per le seguenti sei ore.
Meg P.O.V.
La festa fu uno sballo. Buona parte della gente se n’era andata e non vedevo più Sty, ma poco importava.
Non sapevo che ora fosse, ma ero su un divano semidistrutto, insieme ad
Sully a cantare Sweet Child O’ Mine con in mano una bottiglia di
Jack vuota e in testa un cilindro che avevo rubato a un coglione
vestito da Slash che ci aveva provato con me.
“Were do we go now! Ah- ah- ah- ah-ah- ohw yeeeeeee! Ooooh! Were do we go now!”
Stonavamo come delle dannate, ma ci divertivamo troppo per smettere.
Davanti a noi franarono Haner e Jim che si tenevano un braccio attorno
alle spalle, provando a rimanere diritti, mentre ridevano quasi quanto
noi due.
“Giiiiirl noi andiamo a prendere le brioches. Sieeete con noooi?”
“Sure baby!” urlai con voce grattata e Alice annuì facendo strani versi e tirandosi sopra.
Una volta in piedi c’infilammo tutti in macchina di Brian che si mise alla guida.
Continuando a cantare Sweet Child O’ Mine, Brian cominciò a guidare.
Eravamo in macchina da più o meno dieci minuti, quando guardai
fuori dal finestrino. Era tutto sfuocato e appannato, ma riconobbi
l’ingresso del Central Park.
“Ehi, ma siamo al parco?” chiesi stranita, sorprendendomi che la mia voce avesse ancora un senso…
“Siiii! Facciamoci un giiiiiiiiiiiro!” Urlò Alice e Brian seguì quello che aveva detto la ragazza.
Cominciò a girare a vuoto, ci mancò poco che non
finissimo nel laghetto e dopo un bel po’ in cui continuavamo a
ridere e urlare, stavamo uscendo fuori dal parco (in cui di solito non
possono entrare le macchine, ovviamente), ma Gates puntò su una
delle due ante del cancello.
Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo uno: “Stronzo! Il
cancello!” e lui in risposta mi rifilò un completamente
assurdo e senza senso: “I’m Synyster Fuckin’ Gates
and I’m Awesome! Uuuuuh uh!” urlato con tutto il fiato
possibile.
Niente da fare, lo prese in pieno.
Vidi il collo di Brian fare una strana piega e la testa di Jim
rimbalzare sul cruscotto. Io finii con un occhi nello spigolo del
poggiatesta di Jim e Alice tirò una testata sotto al tettuccio,
ma eravamo tutti vivi.
La macchina emise un ultimo rantolo e il motore morì. Dopo un
minuto di silenzio, in cui ognuno si accertò delle proprie
funzioni vitali, cominciammo a ridere tutti e quattro, come una massa
di coglioni. Alice aprì lo sportello e vomitò, ma dopo
poco Brian svenne e noi altri ci addormentammo.
“Aaaaaaaaaaaah!!!!”
Mi svegliai di soprassalto per via delle grida di qualcuno e mi trovai
nella macchina di Brian sr., parcheggiata in modo alternativo contro un
cancello.
“Che cazzo uuuuurli….” bofonchiò Jim. Sentivo
la sua voce da davanti. Mi misi a sedere e mi guardai attorno provando
a capire qualcosa di quella situazione.
Prima constatazione: dolore, tanto dolore. Che cazzo avevo combinato? Mi sentivo tutta indolenzita.
Sully mi dormiva di fianco, un grosso bernoccolo sulla fronte e il dito in bocca come i bambini.
Jim dormiva sul posto del passeggero, davanti a me e Brian stava seduto al posto dell’autista, le mani nei capelli.
“Ma che diamine…. Siamo al parco?” constatai
spostandomi leggermente un cilindro che non sapevo di chi fosse da
sopra la testa e osservando la papera che dormiva sul cofano
accartocciato.
“La macchina di mio padre!”
“Uhm, bravo, ma non urlare…” disse Jim girano le spalle a Brian.
Io e Brian provavamo a capire se era il caso di fare qualcosa, quando qualcuno bussò sul vetro di Brian.
Il ragazzo aprì la portiera e sorrise all’agente di polizia che lo guardava nervoso.
“Agente! C’è qualche problema?” dopo un
faceplam di cui mi pentii nello stesso momento in cui me lo diedi,
venimmo trasportati tutti e quattro in centrale.
Credevo che avrebbero semplicemente chiamato i nostri genitori e ci
avrebbero spediti a casa, ma come maggiori di quattordici anni, ci
presero le impronte e ci fecero anche la foto segnaletica.
Uhm, bene.
Ci buttarono su una panca ad aspettare e uno alla volta i nostri genitori vennero a recuperarci.
Il primo ad andarsene fu Brian. Si alzò dalla panca e si voltò verso di noi.
“Woooh! Sei un grande Synyster Gates!” Gli urlai dietro
battendo le mani e prendendomi due schiaffi sul collo per aver alzato
troppo il tono: uno da Alice e uno da Jim.
Poi toccò ad Alice. Dopo quell’ episodio non la vedemmo per un mesetto.
Io e Jim rimanemmo lì un’altra ora buona in cui ci mettemmo a fare il resoconto della serata.
Stavamo provando a capire di chi fosse il cilindro che avevo ancora in
testa, quando arrivò mia madre arrabbiata come una vipera.
Dopo aver pagato la cauzione mi fece entrare in macchina e
cominciò a urlarmi roba da mamma, ma io rincoglionita
com’ero ne capivo meno di metà.
“Quando ti sarai ripresa continuerò e sappi che non uscirai fino alla fine del mese”
“Ma oggi è il otto…”
“Veramente è sette e venti giorni di reclusione non ti
faranno che bene. Uscirai solo per andare a scuola e se dovesse
crollare la casa”
“Ok…..”
Rimase un po’ in silenzio, poi riprese.
“Chi era che guidava?” chiese un po’ più tranquilla.
“Brian, credo. Quando mi sono svegliata c’era lui al posto
di guida” avevo la bocca impastata dal saporaccio post sbornia e
non riuscivo nemmeno a parlare decentemente.
“Che hai fatto all’occhio?”
“Nell’impatto sono sbattuta contro il poggiatesta, almeno così ricordo”
“Forse sarebbe meglio andare da un medico…”
“Forse…. Ah, potresti dire a Brian sr. che ho visto il
collo di suo figlio fare una piega innaturale? Credo si sia fatto
male”
“Riferirò”
Rimanemmo in silenzio, fin quando una nuova consapevolezza si fece largo in me.
“Ah mamma, scusa, puoi fermare un momento? Dovrei vomitare”
Ed ecco ci qua!!!! v.v
Le cose si fanno sempre più complicate v.v
Adesso salta fuori anche l’ex v.v
Ci voleva ammettiamolo, magari Sanders si da una smossa, che cazzo.
QUESTO
sarebbe Simon *^* In verità si chiama Samuel Larsen o qualcosa
del genere e ha recitato in qualche puntata di Glee, ma è troppo
bono *ç*
Zack quasi non si vede, ma si rifarà, lo prometto v.v
Ehi, ma in questo capitolo c’è anche la nascita di Synyster Gates! :’)
Mi pare che le cose siano
davvero andate così, ma non so se sui posti di dietro ci fosse
seduto qualcuno o se fosse il compleanno di Jim v.v
Sta di fatto che erano ubriachi, che guidarono nel Central Park e che Gates si ficcò nel cancello v.v
Voglio dire solo che se vis tate
dilatando, NON usate i dilatatori di plastica c.c altrimenti avrei una
sorpresa come la mia di ieri sera DDDDD: terribile, troppo terribile.
Beh, dopo questo JD sarà contenta, visto che cominceranno i capitoli “nuovi” anche per lei
(la dolce baldVacca ha avuto un LIEVISSIMO spoiler di 6 capitoli)
Si ringraziano le due supersiti! :D _diable_ e Danyel v.v
Una volta eravate in più a recensire, che fine avete fatto?
Forza forza! Il posto non ci manca :D
si ringrazia chiunque legga questa storia e chi la preferizza/ricorda/segue
al prossimo chap v.v
The Cactus Incident
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Capitolo 13 *** Chapter 12 ***
sch chapter 12
Stacey P.O.V.
Lunedì. Un ennesimo terribile lunedì.
In più non sarebbe nemmeno passata Meg, visto che le era vietato
anche passare a prendermi. Non la vedevo da venerdì sera, ovvero
il giorno del misfatto.
Quella festa era stata l’apocalisse, da tre persone
all’ospedale di cui una con un braccio rotto e uno in qualcosa di
molto simile al coma etilico, Meg che non poteva più uscire,
Alice che era sparita come nel nulla a io che ricordavo ben poco di
quello che era successo.
Mi erano chiare poche cose, fra cui la macchina di Simon, la canna
fatta da Justin che ti stendeva peggio di un tir, una panchina di marmo
su cui mi ero svegliata ad un certo punto e il piercing di Matt.
Ricordavo qualcosa per quanto riguardava la conversazione con lui, ma
erano più che altro sensazioni, qualche parola e il suo buon
profumo.
Attraversai il cancello della scuola e mi sedetti sui gradini
all’ingresso che ormai era il nostro luogo d’incontro di
prima mattina, stringendomi distrattamente nell’enorme felpa blu
che avevo rubato il giorno prima a Simon.
Quando mi ero svegliata nella sua camera il giorno dopo la festa, avevo
decisamente bisogno di una doccia e la mia maglietta non era più
in condizioni umane, così mi aveva detto di prendere qualcosa in
prestito.
Peccato che quella felpa mi piacesse troppo.
Nah, probabilmente non gliel’avrei restituita.
Stavo a fumare una delle Lucky Strike gentilmente offerte, quando vidi
arrivare Brian Haner con un collare di quelli post incidente, labbro e
sopracciglio spaccati e una faccia da funerale che non avrei mai
dimenticato. Al suo fianco Jimbo con lo stesso collare e
un’escoriazione sullo zigomo e sulla fronte, ma con le mani in
tasca e un sorriso tranquillo sulle labbra, come se non fosse successo
niente.
Vennero a sedersi vicino a me e poco dopo arrivarono anche Matt e Val.
Lui continuava a mandarmi occhiate indecifrabili che mi imbarazzavano e
lei teneva lo sguardo basso e triste, mentre teneva distrattamente la
mano di lui poggiata sulle sue spalle in modo casuale e per niente
affettuoso.
Che fossero in rotta? Mi sa che Simon aveva sortito l’effetto
desiderato… Povero, un po’ mi dispiaceva di usarlo e farlo
soffrire così, ma in guerra e in amore tutto è concesso.
Per ignorare i sensi di colpa spostai la mia attenzione su Brian, seduto alla mia sinistra.
“Allora, che hai combinato, Synyster Gates?” Meg era
riuscita a fare una chiamata e mi aveva spiegato un po’ tutta la
situazione, dell’accaduto, della sua punizione esemplare e anche
del ridicolo nome che aveva tirato fuori Brian.
“JD, non infierire” scrollai le spalle e intervenne Jim, in piedi di fronte a lui.
“Io lo trovo un nome davvero figo. Potresti usarlo come nome
d’arte” Brian rimase un po’ in silenzio, forse a
valutare la cosa.
“Tu dici?”
“Si, è figo e insolito, Gates” fece Matt, guardando il chitarrista
“Hoka Hey!” una voce truce e agghiacciante si levò dalle spalle di Jimmy.
Meg e Zack si erano uniti a noi. Lei con un paio di occhiali da sole
davvero enormi e inutili e lui che guardava preoccupato lei,
mordicchiandosi distrattamente un labbro.
“Che significa Hoka Hey?” chiese Val e Zack e Meg risposero in coro.
“E’ un buon giorno per morire”
“Della serie, viva la vita, eh!” disse Jim ridendo.
“Piuttosto, come mai gli occhiali? C’è davvero tanto solo oggi, eh Nessie?” la punzecchiò Brian.
“Carciofo non infierire che per colpa tua sono un mostro” rispose lei stizzita e Haner schioccò la lingua.
“Capirai che novità”
“Brian, piantala” arrivò in difesa Zack e Brian sbruffò alzando gli occhi al cielo.
“Che è successo?” chiesi io e lei si torturò
un angolo del labbro inferiore su cui già svettava un taglietto
rosso. “Niente, ho mal di testa e la luce non aiuta”
disse piccata.
Lanciai uno sguardo a Zack in cerca di spiegazioni e lui alzò le spalle, dimostrando che ne sapeva quanto noi.
“Piantatela con queste occhiate, dai” disse scazzata la mia
amica. Si alzò gli occhiali sulla testa e mostrò un
occhio viola davvero da primato. Tutta la cavità oculare destra
e anche il lato del naso erano di un viola intenso con sfumature rosse,
giallognole e marroni.
“Aia” commentai io. Haner sembrava sul punto di fare una
delle sue uscite, ma si arrestò di botto quando Zack strinse un
braccio intorno alla vita di Meg e le carezzò delicatamente lo
zigomo leggermente viola, mostrandole un sorriso dolcissimo e
convincendola a guardarlo negli occhi. Lei alzò lo sguardo
titubante e lui non fece altro che sorriderle discretamente.
Eravamo rimasti tutti in silenzio a guardare quei due in un momento
talmente dolce, ma silenzioso che vidi gli occhi di Val velarsi di
tristezza, quelli di Brian di rabbia, quelli di Jim di dolcezza e
quelli di Matt guardavano me, solito sguardo indecifrabile mentre si
torturava l’angolo del labbro inferiore con i denti.
Abbassai lo sguardo non sapendo come rispondere e mi schiarii la voce
distrattamente. Tutti sembrarono ridestarsi dai propri pensieri, mentre
Meg sorrideva appena a Zack e lui la guardava dolcemente. La
chitarrista poggiò la testa sulla sua spalla e lui rimase
così a carezzarle la testa.
“Allora Jim, festa davvero epica, complimenti!” dissi io,
smorzando quel silenzio innaturale e i discorsi ripresero allegri come
al solito. Quando arrivò Michelle e si attaccò al fianco
di Brian, lui la calcolò a malapena, ancora reduce degli sguardi
di quei due.
Erano destabilizzanti per chiunque altro, davvero.
Meg venne a sedersi vicino a me e Zack rimase a discutere con Jim della
festa a cui lui non era potuto venire. Chissà perchè.
“Sai che è davvero figa questa felpa?”
commentò distrattamente Meg con un mezzo sorriso, gli occhiali
ancora poggiati sulla testa che lasciavano scoperto sia il suo viso
adesso abbondantemente asimmetrico e struccato, sia il piercing fatto
da me forse un paio di settimane prima.
La felpa era di un bel blu acceso con la scritta “KAPPA” con i bordi bianchi, sul petto.
“Vero, eh? L’ho fregata a Simon sabato mattina”
“Ahaha! Povera bestia, prima le sigarette, poi la felpa…”
“Non è colpa mia se lui è tanto gentile”
Rimase un po’ in silenzio, poi sparò una delle sue solite
domande indagatrici che mi stavano un tantino sui maroni, in effetti.
“Chi è che ha pagato sabato sera?”
“Simon” dissi ovvia e lei scoppiò a ridere. Io
sorrisi distrattamente. In effetti sfruttavo un tantino quel ragazzo,
ma vabbè, dettagli.
“Spero che almeno non abbia dovuto sborsare troppo…”
“Venti dollari, o ventidue, non ricordo. C’erano anche un
paio di suoi amici. Simpatici” Lei scrollò distrattamente
le spalle.
“Bah, però ha dei bei gusti in fatto di felpe, è davvero un bel blu”
La campanella suonò avvisando che dovevamo darci una mossa e ci dileguammo tutti in direzioni differenti.
Camminavo distrattamente per il corridoio. Sarei dovuta andare al corso
di storia dell’arte e sinceramente non avevo voglia di stare
cinquantacinque minuti con Matt che mi guardava con una faccia da poker
e si distruggeva il labbro fino a farlo sanguinare.
Così, decisi di marinare la lezione. Andai a recuperare le
sigarette e me ne andai sul tetto della scuola. Era stato Matt a
mostrarmi come arrivarci, in uno dei tanti giorni in cui il prof aveva
sclerato e ci aveva cacciati dalla classe.
Mi stesi per terra, sul tetto/terrazzo con la testa poggiata sul libro
di letteratura che avrei dovuto usare nell’ora, le cuffie nelle
orecchie che passavano i Metallica, una Lucky Strike fra le dita e la
mente che vagava osservando le nuvole bianche, mentre quel tiepido sole
di febbraio m’inondava il viso.
Finita la sigaretta chiusi gli occhi, finendo in una sorta di stato di
torpore avvantaggiato dal sole che mi riscaldava leggermente.
Credevo di essere davvero sul punto di addormentarmi quando sentii qualcosa sfiorarmi appena la gamba.
Aprii gli occhi stancamente, per niente pronta a cominciare ad urlare e
a correre a gambe levate, ma arrestai il mio brillante piano, quando mi
resi conto che era Matt che si era seduto di fianco a me.
Le ginocchia alte, gli avambracci poggiati su di esse e una mano
nell’altra, mentre guardava davanti a sé come se non ci
fossi.
Mi sedetti e rimanemmo un po’ in silenzio, così mi tolsi
una cuffia e abbassai il volume visto che era talmente alto da far
fungere le cuffiette da cassa.
“Metallica?” chiese distrattamente lui senza guardarmi.
“Si riconoscono così tanto?” feci io osservandolo e lui si limitò a scrollare le spalle.
“Abbastanza”
Altro momento di silenzio. Staccai la musica e rimisi in tasca cuffie e resto.
“Se vuoi restare solo…” chiesi dopo un po’,
non capendo perché stesse lì a fare la statua.
Finalmente sembrò guardarmi, con la coda dell’occhio.
“No, rimani”
Incrociai le gambe e rimasi a guardare il panorama davanti a noi. Da lì si vedeva anche il mare.
“Uhm…. ma quel Simon è…. un tuo… amico?”
“Si” risposi secca, mentre la sua voce era parecchio titubante.
“Perché hai la sua felpa?” Aveva origliato il mio discorso con Meg?
“Ehm…. rubata” In effetti era un prestito obbligato. Vidi le mani di Matt contrarsi e le nocche sbiancare.
“Uhm… capisco” disse torvo.
“No Matt, non stiamo insieme” risposi alla domanda
silenziosa che di certo aleggiava nella sua mente. Sorrise appena e le
mani si rilassarono.
“Oh, capisco” disse fermo, un tono leggermente divertito e
più rilassato nella voce. Rimasi un attimo in silenzio, ma poi
cominciai a parlare.
“Sai, non mi pare che tu abbia capito proprio un cazzo. E’
passato un mese, ma non mi pare sia cambiato niente. Devo leggere le
cose per quello che sono? Stai con Val definitivamente?” Per
assurdo, la mia voce suonava molto più pacata di quanto non lo
fossi io in verità in quel momento.
Finalmente puntò del tutto gli occhi su di me, con un’espressione triste.
“Perché dici così?”
“Che altro dovrei dire? Se non hai il coraggio di prendere una
posizione di certo non posso farlo io al posto tuo” sbuffò
e io mi alzai, diretta ad un qualsiasi altro posto in cui non ci
fossero lui e i suoi sguardi da cane bastonato. Come se dovessi essere
io a fare qualcosa, certo.
Ma che cazzo ci facevo ancora lì? Ma speravo pure che alzasse il
culo? Ogni maledetto giorno che passava le speranze che facesse
qualcosa e lasciasse Valary diminuivano esponenzialmente.
Mi afferrò una caviglia, punto di me più vicino a lui, e
mi fece praticamente cadere sopra le sue gambe. Rimasi un secondo
spaesata a chiedermi come mi fossi ritrovata lì, ma i miei
pensieri furono disintegrati dal suo viso e dal sul sguardo triste.
Sbuffai distrattamente. Mi sarebbe piaciuto accovacciarmi sul suo
petto, sfiorare il suo collo con le labbra mentre mi stringeva fra le
braccia, ma non potevo.
Poggiai la fronte sulla sua spalla, distrattamente, abbastanza distante
da poterlo più o meno guardare in viso. Le sue braccia andarono
a circondare la mia schiena, facendo sì che davvero mia
accovacciassi sul suo petto.
“Hai freddo?” chiese in un sussurro, premuroso.
“No, sto bene” prese a carezzarmi distrattamente la lunga chioma che arrivava fino alla schiena.
“Mi piacciono un sacco i tuoi capelli…”
“Anche i tuoi non sono male” feci a mo di battuta, facendo ridere entrambi.
“Dovrei offendermi?” chiese mentre ancora rideva.
“No dai, si sta freschi così?”
“Moltissimo” Mi sistemai un po’ meglio sulla sua spalla e lui mi strinse di più a sé.
“Hanno un buon profumo, sanno di cocco” decretò dopo un po’.
“E’ il balsamo. Se ti piace, qualche volta te lo presto”
“Certo che ti diverti proprio a fare battute sui miei capelli pressoché inesistenti, eh?”
“Come tu ti diverti a farmi soffrire. Sono stanca Matt. Ho sedici
anni e sto a disperarmi per questioni sentimentali. Non è da me,
per niente, e mi sono stufata” lasciò cadere la mano che
mi carezzava la testa.
“Io….. mi dispiace” sbuffò dopo un po’.
“Anche a me” sospirai quasi contro il suo collo, dove
s’intravedeva un succhiotto pronto a sparire, provocandogli la
pelle d’oca. Voltai lo sguardo altrove, feci per alzarmi, ma lui
strinse appena la presa.
“Lo vedi che ti piace vedermi soffrire?” dissi distrattamente.
“Beh, in effetti in questi casi tendo al masochismo”
“Allora sei coglione due volte”
“No, almeno trecento. Una per me e le altre duecentonovantanove per te”
“Uhm, almeno hai capito il concetto….”
Staccarmi da lui fu quasi un dolore fisico, ma alla fine avevo ancora
un briciolo di dignità. Quando uscii dal terrazzo una domanda mi
aleggiava nella mente.
Ma adesso che cazzo ci faccio con la dignità?
Margareth P.O.V.
“Signorina Window tolga quegli occhiali, non siamo in spiaggia” ordinò il prof di musica.
“Prof ma…” “Niente ma, li tolga immediatamente
se non vuole che glieli sequestri” Ma che palle…
Già ero spettacolare di solito, ci mancava solo l’occhio
viola e l’impossibilità di truccarsi. Mi sentivo davvero
il mostro di Loch Ness.
La figura al mio fianco mi prese la mano e la strinse a mo d’incoraggiamento.
“Dai, non preoccuparti” sussurrò appena, mentre mi
trafiggeva con i suoi occhi smeraldo. Sospirai afflitta e tolsi gli
occhiali poggiandoli sul banco.
“Oh, capisco…. forse avrebbe fatto meglio a tenerli”
commentò quasi schifato lo stronzo di musica prima di spostare
lo sguardo sulla sua prossima vittima.
“Haner, e lei? Riesce a suonare?”
“Più o meno….” fece Brian con voce afflitta.
“Cosa le è successo?”
“Un incidente d’auto e mi si è bloccato il collo.
All’ospedale mi hanno rimesso a posto ma devo portare il collare
perché altrimenti mi fa male” Il professore fece una
faccia compiaciuta e si voltò verso il resto degli alunni.
“Ma che bella classe. Un panda e una giraffa/bloccasterzo. Abbiamo per caso aperto i cancelli dello zoo?”
“Prof la pianti” sbottò Zack al mio fianco e io gli
strinsi la mano come a dire “’sta zitto”.
Ma il prof si voltò nella nostra direzione, avendo riconosciuto la sua voce.
“Come Baker? Credo di non aver capito” Zack si mise più diritto sopra la sedia.
“Invece si che ha capito, la smetta di prenderli in giro. Mi
sembra irrispettoso, infantile e per niente professionale”
“E i tuoi amici non sanno dirlo? Hanno bisogno dell’aiutante?”
“Haner non saprei, ma la mia ragazza eventualmente si”
Io assunsi una colorazione tendente al blu-viola mentre Brian si diede una manata sulla faccia, pentendosene subito dopo.
“Oh, la tua ragazza. Ma che carini. Baker in detenzione”
“Ha semplicemente detto la verità, non mi sembra giusto
che..” aggiunsi io, ma fui interrotta da quella merda.
“Anche Window in detenzione”
“Prof, ma lei è uno stronzo!”
“E non c’è due senza tre! Haner, in detenzione. Con
questo direi che possiamo anche cominciare la lezione”
Brian sbuffò sonoramente e io voltai lo sguardo verso Zack che
mi guardava preoccupato, mentre io sorrisi appena, divertita.
“Beh, almeno possiamo stare un po’ insieme e non devi subito tornare a casa” disse con un mezzo sorriso.
“Uh, wow” dissi divertita e lui rise di rimando.
Si sporse verso il mio banco e con la penna rossa scrisse sulla parte
interna della copertina del mio quaderno, già piena di pezzi di
canzoni, faccine, disegni e chi più ne ha più ne metta.
-Gliela faremo pagare, parola di Vengeance-
Ora di pranzo, angoscia.
Le mie prima parole quando avevo incontrato al riccia erano state
“Che diamine ha fatto quello stronzo del cazzo?” e lei
aveva distolto lo sguardo sbuffando, guardando il cielo azzurro sopra
di noi come per non piangere.
Dopo una breve infarinata di quello che era successo, avevamo mangiato
con calma e senza scocciatori. Solo verso metà pausa pranzo era
arrivato Zack con un suo amico nano, identico a lui, un certo
Frank…..
Finito di mangiare, era avanzato un po’ di tempo e rimanemmo nel cortile a goderci il sole (scarso).
JD stava seduta al contrario sulla panchina di marmo, tenendo i gomiti
poggiati sul tavolo e godendosi un Chupa Chups alla ciliegia mimando
involontariamente qualcosa di porno (povera, non è colpa sua se
nel cervello ha una prugna secca), mentre io tenevo la testa adagiata
sulla spalla di Zack, parlando distrattamente e provando a convincerlo
a spiegarmi che diamine voleva fare con il prof di musica.
“Ssssh, saprai tutto a cose fatte, sappi solo che riguarda quello schifo di concerto di primavera”
“Uhm…. sarà, spero solo che tu non ti faccia espellere”
“Naah, non succederà”
Giocavo distrattamente con una collana da cui pendevano un paio di
piume, quando vidi un energumeno tatuato con la faccia da cane
bastonato che puntava nella nostra direzione.
Non alzai nemmeno al testa, ma lo sguardo si puntò su di lui.
Zack aveva intuito che c’era qualcosa che non andava fra JD e
Matt, ma si era gentilmente fatto i cazzi suoi.
Matt guardò intensamente JD, ma sfortunatamente non potevo
vedere la faccia della ragazza, di cui intravedevo a stento un
orecchio, uno zigomo e il bastoncino del lecca lecca.
Matt emise un respiro pesante e poi rispose al saluto che gli aveva
rivolto Zack poco prima, puntando lo sguardo su di lui per meno di un
decimo di secondo, continuando a guardare la riccia.
Per quel poco che vedevo, lei continuava a guardare distrattamente
diritto davanti a lei, un gomito poggiato sul tavolo e una mano sulla
stecca del lecca lecca giocherellandoci.
Il volto di Matt era indecifrabile. Non riuscivo a capire cosa passasse nella tua boccia rasata.
Sembrava triste per quello che era successo, probabilmente impaziente
dalla voglia di risolvere e coglione per via di quello che Stacey stava
facendo al Chupa Chups.
Stacey P.O.V.
Ce l’avevo davanti. Non contento adesso era diventato pure uno
stalker? Mi guardava con una faccia da pesce lesso e per qualche strano
motivo fissava convulsamente il lecca lecca che avevo fra le labbra.
“Sanders mi oscuri la visuale” feci distrattamente, senza guardarlo nemmeno.
Lui scosse la testa e si spostò di lato.
“Possiamo parlare?”
“Sentiamo, cos’hai da dire?” il suo sguardo
scivolò su Meg e Zack alle mie spalle che probabilmente avevano
tirato fuori i popcorn per godersi al meglio la scena.
“In privato, magari” sbuffai pesantemente e mi alzai come se al posto del culo avessi un macigno.
Camminammo fino ad intrufolarci nel cortile est, quello abbandonato.
Andai a sedermi sulla solita panchina sotto a quell’albero che
proprio non avrei saputo dire che diamine fosse e lui si piantò
davanti a me, quasi inginocchiandosi e poggiando le mani sulle mie
ginocchia, anche per tenersi in equilibrio.
“Allora?” bofonchiai distrattamente, guardandolo.
Lui si mordicchiò il piercing prima di alzare lo sguardo da cane bastonato su di me.
“Mi dispiace” Sospirò per poi zittirsi. Inarcai un sopracciglio. Tutto qui? Era questa tutta l’urgenza?
“Mi dispiace di essere così stupido, ma ho parlato con
Val, gli ho chiesto una pausa perché non mi sto raccapezzando
più” Beh, questo si che era un bel passo avanti, direi.
“Io non sono così diamine, non sono fatto per avere troppi casini per la testa, mi stresso subito”
“Diamine, rischi di diventare calvo” La mia frase dal tono leggero lo fece sorridere speranzoso.
Si, bel pezzo d’idiota, mi piaci, quindi muovi quel bel culo che ti ritrovi, forza.
Diamine, cominciavo a parlare con Meg, che brutta fine.
“Davvero?”
“Si, diamine, non sai che lo stress è una delle principali cause di calv…”
Non potei continuare perché dalla sua posizione si era sporto in
avanti incollando le labbra sulle mie, con tutto lo stecco sul chupa
chups che minacciava di andargli nel naso.
Gli misi un braccio attorno al collo e mi separai appena, per togliere di mezzo quel lecca lecca.
“Forse è meglio così, uhm?” sospirai e lui
sorrise a un centimetro dalle mie labbra, prima di baciarmi ancora.
Matt era un ragazzo speciale.
Forse non era questo grande lume di scienza o delicatezza (come tutti
lì, del resto), in ogni frase ci metteva almeno tre
“Fuck” e talvolta qualche sputazzata, ma aveva la
spettacolare capacità di rendere speciali i momenti più
banali con quel sorriso spettacolare e unico che contagiava le
fantastiche iridi chiare che si ritrovava. Ti guardava come se fossi la
cosa migliore del mondo e riusciva a mettere dolcezza in qualsiasi cosa.
Talvolta sembrava quasi un bambino, per il modo in cui guardava
sorpreso alcune cose o le faccette innocenti che faceva, altre volte
sembrava già un uomo in grado di prendersi responsabilità
e di sistemare le cose.
Il sabato sera tendeva ad esagerare e aveva una delle voci più
fantastiche che avessi mai sentito (magari quando non screamava, che
lì non c’era niente di così unico).
Il mio uomo perfetto in pratica.
Ah diamine, speravo solo si desse una mossa.
Meg P.O.V.
“Che dici, JD s’è ritrovata il chupa chups in gola?” Fece Zack divertito.
Che il mio ragazzo fosse più intelligente di quello che faceva pensare?
“Io direi più che è passato nella gola di Matt” feci io scrollando le spalle e Zack rise.
“Diamine, l’ho capito dal primo momento che fra quei due
c’era qualcosa. Si guardano troppo…… troppo boh,
come se fossero gli unici due sulla terra. Sono mielosi”
“Ah si? Anche alle prove?”
Alzò gli occhi al cielo.
“Alle prove non ti dico… Stacey è una batterista
eccezionale e su questo non ci piove, ma ogni volta che riarrangia
anche una sola battuta, Matt le fa tanti di quei complimenti come se
avesse scritto gli spartiti per un intero album dei Dream Theater e lei
diventa bordeaux”
Risi divertita.
“Diamine, devo passare più stesso quando provate”
“Si, avresti dovuto sentire il discorso che Matt ha fatto a Logan
in privato quando il bassista ci ha provato con JD. Era una roba
spettacolare, perchè Logan lo guardava stranito e gli chiedeva
‘Ma a te che frega?’ e Matt cominciava a balbettare e
assumere coloriti innaturali, da registrazione, ti giuro!” fece
ridendo.
“Ahahahah! Dovrà essere stato fantastico”
“Si, spettacolare” fece divertito e la campanella suonò.
“Diamine, dobbiamo andare” feci scocciata alzandomi dalla panchina e lui mi seguì.
“Ci vediamo in punizione oggi pomeriggio?”
“Direi di si, sai che spasso” feci sarcastica e lui mi baciò.
“Su, almeno non devi tornare subito a casa, Panda” Lo guardai male.
“Chiamami di nuovo Panda e ti ficco il professore di musica su per il culo”
La faccia allucinata di Zack fu qualcosa di stupendo e dopo un sorriso,
affondò le mani nel mio cappuccio e mi baciò, staccandosi
mentre ancora provavo a riprendermi e lasciandomi con un “Ci
vediamo dopo” che era tutto un programma, come il suo sguardo che
fissavo come una ritardata.
Oh, well.
Oooooh, dai, si comincia a vedere la luce infondo al tunnel Matt-Stacey v.v
Forza forza, ancora uno sforzo Mattolino!
Beh, cosa avrà in mente quella cocozza di Zack?
Si saprà in primavera, niente da fare v.v
Povero Brian, bloccasterzo :’) certo che il prof di musica è un bastardo <.<
vabbè, ringraziamo le
tre stelline che hanno recensito!:D Danyel, _diable_ e Destroyer Cactus
(n’altra D no, eh? o.o)
Forza gente, non siate timidi! Lo spazio per le recensioni non ci manca di certo! :D
Non mi viene molto da dire, tranne che oggi è tornata la mia Haner e stasera ce la spassiamo v.v
see you next time!
The Cactus Incident
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Capitolo 14 *** Chapter 13 ***
sch chapter 13
Cactus è tornata! :D
Un unico avviso prima che cominciate a leggere: preparate l’insulina, tanta insulina.
Come perché?
Diabete ragazzi!
Ok, vi lascio leggere, ci vediamo sotto c.c
Stacey P.O.V.
Quella mattina aprii gli occhi e pregai con tutta me stessa di essermi
ammalata, di avere una gamba rotta che mi bloccava a letto o che mi
fosse morto il pesce rosso per poter rimanere a casa, da sola.
Come mai tutta questa voglia di svegliarsi e andare a scuola?
Quella mattina era il 14 febbraio.
Giorno nero, anche noto comunemente come San Valentino.
Uccidetemi, per favore. Pregherò per voi dall’inferno, ma evitatemi questo supplizio.
Non avevo per niente voglia di una giornata estremamente stucchevole,
in cui Matt avrebbe deciso sicuramente che era meglio la sua ragazza,
piuttosto dell’ultima arrivata e passare una giornata di merda,
da sola, visto che tutti erano impegnati con la propria dolce
metà. Magari Jimmy era libero….
Come minimo mi sarebbe arrivato Simon con uno stock di cioccolatini, ci avrei scommesso.
Contro ogni voglia, fui costretta a uscire da sotto le coperte e quando
passai davanti alla mia scrivania trovai una rosa con una piccola
confezione di quei cioccolatini con le frasi sdolcinate, must per San
Valentino.
Mio padre mi reputa così sfigata da dovermi regalare lui i cioccolatini? Wow.
Buttata carta e biglietto, ne buttai giù un paio, prima di andare a prepararmi e vestirmi.
Scesi le scale più svogliatamente del solito, feci colazione e
mentre guardavo i biscotti che stavo mordendo svogliatamente, suonarono
alla porta.
Era Meg.
“Giorno!” disse tutta pimpante.
“Si, giorno” corrucciò le sopracciglia e la feci entrare.
“Mi vado a lavare i denti e andiamo” dissi come al solito e tornai sopra.
Quando scesi di nuovo, stava tranquillamente parlando con mia madre.
“Andiamo?” chiesi io e lei annuì.
“Si, certo”
“Buon San Valentino, ragazze!” Ci augurò mia madre mentre uscivamo.
“Grazie, anche a lei!”
“Se, ciao mà”
Appena girammo l’angolo e Meg mi afferrò per l’avambraccio.
“Ho un regalo per te” disse convinta e io inarcai un sopracciglio.
“Che..?!”
“Sssh! Dammi un momento” Affondò quasi fino ai
gomiti nelle tasche dei jeans e ne tirò fuori un pacchetto di
Marlboro da dieci stra consumato.
Aprì il pacchetto e dentro c’era un unica sigaretta con un cuore disegnato sulla carta.
Si, avete capito bene, un cuoricino rosso al limite del filtro, sulla carta bianca.
“Nuooo! Che figata!”
“Visto, eh? Mi sono impegnata. Tutta per te. Fuma tranquilla, l’ho fatto col pennarello alimentare”
“Ma dove l’hai presa?” Perché dovete sapere
che la ragazza al mio fianco e me medesima avevamo “smesso di
fumare”.
“Secondo te Haner che esiste a fare? Dobbiamo pur trovargli uno scopo nella vita!”
“Hai l’accendino?”
“Sure, baby”
Tirò fuori il portafoglio (da vecchia, ma vabbè) e dalla
tasta interna tirò fuori il mio ex accendino, affidato a lei
quando avevo “smesso” anche io.
“Prego madame”
“Grazie” Le stampai un bacio sulla testa e poi accesi la sigaretta.
Tirai una grossa boccata e il fumo invase i miei polmoni portando con
sé il suo effetto benefico (almeno per il cervello, ai polmoni
un po’ meno, ma fanculo).
“Ohh graaazie!” L’abbracciai e lei mi diede un paio di pacche sulla spalla.
“Tranquill. Adesso andiamo?” Annuii e andammo fino alla
scuola. Logicamente Meggie mi scroccò un paio di tiri, ma tutto
regolare.
Stavamo entrando con tutta la calma e c’erano già coppiette che si baciavano in ogni angolo.
“Che hai regalato a Zack?” chiesi distrattamente.
“Un paio di boxer con su scritto ‘I’m sexy and i know
it’ con un enorme cuore rosa sul pacco” scoppiai a ridere.
“No, seriamente… cosa?” scrollò le spalle.
“Un po’ di ferraglia”
“Ah?” emisi inarcando un sopracciglio e lei mi liquidò con un gesto della mano.
“Lascia perdere” Scrollai le spalle. C’era da perderci le speranze con quella, che ci vuoi fare.
Davanti al cancello della scuola, qualche stronzo aveva attaccato uno striscione che recitava:
- Se ami due persone nello stesso momento, scegli la seconda,
perchè se amassi veramente la prima non ti saresti innamorato
della seconda.*-
Rimasi venti secondi a guardare quella roba, un’espressione di totale sorpresa sul viso.
“Cristo Santo che boiata…..” sbottai dopo un po’.
“Ma chi è questo deficiente?” aggiunse Meg.
“Non lo so, ma dev’essere davvero morto di figa se a San
Valentino fa di queste cagate” Meg scrollò le spalle e
avanzammo oltre il cancello.
“Uh ecco Zack” disse tranquilla e fece un mezzo sorriso.
Tutto sommato, non gliene fregava un cazzo di questo giorno, lo sapevo,
ma era la prima “festa” insieme a Zack, visto che il Natale
avevano deciso di saltarlo perchè stavano da troppo poco insieme
(a quanto mi aveva detto Meg, l’aveva minacciato per non farsi
comprare un regalo e alla fine lui le aveva comunque fatto un
pensierino), vabbè, cazzi loro.
“Bionda!” Jim mi passò di fianco e mise un braccio attorno alle spalle.
“Bruno!” dissi io, a mo di battuta. Era di un biondo stupido davvero singolare, come io non ero di certo bionda.
“Allora? Niente regalini all’orizzonte?”
“Nah, sembrerebbe di no. Tu?”
“Ho fregato qualche cioccolatino ad Haner, ma a me ancora niente.
Quel ragazzo potrebbe aprire un negozio con tutta la roba che ha
ricevuto”
Difatti ci passò Brian di fianco con moltissimi pacchetti in
mano e un sorriso smagliante. Aveva le mani piene e li teneva su usando
anche il mento, per evitare che cadessero.
“Oh cazzo!” emisi sorpresa. Andiamo, ok che aveva
finalmente messo da parte l’ananas biondo, ma per
favore….. dimostrava trent’anni!
“Si, è sempre così” fece Jim scrollando le spalle.
“Ciao ragazzi! Ne volete un paio?” disse Haner tranquillo e sorridente.
“No, passo” dissi facendo un gesto della mano.
“Io si!” mentre Jimmy afferrò un pacchetto di Baci, della Perugina.
“Ne vuoi uno?” mi offrì lo spilungone.
“Uhm.. si, dai” afferrai uno dei cioccolatini e buttai la carta senza controllare la frase.
“E la frase?” “Che si fotta, tanto sono solo cagate” dissi mordendo il cioccolatino.
“Diamine, pure Meg controlla la frase…. e poi li fa mangiare a me”
“Ahaha! Come?”
“Si, le fanno schifo. Odia le nocciole e ancora di più il coccolato fondente”
“Non capisce cosa si perde”
“Lasciala fare, fin quando li mangio io…” disse
sorridendo. Si guardò attorno prima di parlare di nuovo.
“Hai visto lo striscione all’ingresso?”
“Era difficile fare il contrario, Sullivan”
“E che ti pare?” chiese divertito.
“Che mi pare….. una cagata, come tutto quello che si fa a
San Valentino. Certa gente avrebbe seriamente bisogno di una
ragazza”
“Dai, non è così terribile…”
“Sullivan, mica l’hai messo tu?” chiesi dubbiosa e lui sgranò gli occhi, parandosi con le mani davanti.
“Certo che no!”
“E allora?” chiesi scazzata.
“Niente… conosco quello che l’ha messo” borbottò stringendosi nelle spalle.
“Oh cazzo… non credevo te la facessi con certa gente” feci semi sconcertata.
“Non dirlo a me….” ed entrammo nell’istituto.
Nel corridoio ci separammo e io mi avviai al mio armadietto. Almeno adesso avevo un buon sapore di cioccolato in bocca.
Digitai la combinazione dell’armadietto e questo non si
aprì, incastrato. Diedi una strattonata e si spalancò,
lasciandomi a bocca aperta.
C’era un mazzo di rose rosse semplicemente enorme, almeno un paio di dozzine, come minimo.
Rimasi un po’ a guardare i fiori, chiedendomi chi potesse essere
stato, quando notai un bigliettino che quasi soffocava fra tutti quei
petali morbidi e profumati.
Riuscii a recuperarlo e sopra c’erano scarabocchiate poche
parole, con una scrittura elegante e pendente verso destra che sul
momento non riuscii nemmeno a riconoscere.
“I want you” né più, né meno.
Mi voltai, magari sperando di trovare qualcuno che aspettava una mia
reazione e quando mi trovai a un palmo dalla mia schiena lui, fui sul
punto di collassare.
Mi sorrideva, tranquillo, le fossette in bella mostra e gli occhi liquidi.
Gli strinsi le braccia attorno al collo e lui mi pressò con la
schiena contro il muro di armadietti gialli, baciandomi, fregandosene
del corridoio pieno di ficcanaso e di avermi quasi fatto male.
Beh, questo era Matt, per niente delicato, ma tanto dolce…..
Separò appena le labbra dalle mie e a mezza voce emise un
“Sorpresa…” sfiatato e svogliato mentre continuava a
guardare le mie labbra su cui si rituffò poco dopo.
“Ma Val…”
“Ma niente. Non ci sono ma, non c’è nessuna Val,
alcun perché o altre stronzate. Ci siamo solo noi due. Voglio
te, e basta” Non ebbi il coraggio di ribattere e mi limitai
a sorridere, mentre mi baciava ancora.
Sentii una sorta di sospiro sognate venire da qualcuno che girava dalle nostre parti, ma lo ignorai.
La campanella interruppe il nostro momento idilliaco e Matt si
separò da me, con un sorrisone enorme e si congedò con un
“Ci vediamo a pranzo” sparendo nel corridoio.
Rimasi un paio di secondi a contemplare la sua figura che si
allontanava tutta saltellante e allegra, poi buttai lo zaino nel poco
spazio rimasto nell’armadietto, scavai per recuperare il libro
per la prima ora e me ne andai tranquilla e saltellante fino alla
classe, con in testa tutte cazzate da post-primo bacio semiufficiale e
vedendo pony rosa e arcobaleni in tutto quello che mi circondava.
Contemporaneamente, nel cortile della scuola…..
Meg P.O.V.
“No! Tu! Ma com… cos…. nuooooooo!!” e mi abbracciò stretto, quasi soffocandomi.
Ok, il mio regalo era piaciuto.
Eravamo seduti su una panchina di marmo, nel cortile, e Zack stava attentando alla mia vita con un abbraccio.
“Si Zack, anche io ti voglio bene, ma così ci resto
secca” allentò la presa e tornò a guardare il
regalo, gli occhi che gli sbrilluccicavano (più del solito).
“Scusa… ooooh, che carino!”
Ok, forse non era per niente un regalo da San Valentino e forse il
termine ‘carino’ non era adatto ad un bracciale di pelle
nera con una placca di metallo con su era inciso il simbolo dei
Misfits, ma mi era sembrato….. adatto. Era il suo gruppo
preferito e la prima cosa che avevo notato di lui, in un certo senso.
Fra l’altro c’era una seconda placca di metallo su cui
avevo fatto fare un incisione che quando ero andata dal gioielliere mi
era costata un occhiata di traverso davvero epica.
“Fuck the world! Zee, you are awesome. Meg” lesse ad alta
voce, un tantino divertito, prima di stamparmi un bacio rapido.
Afferrò lo zaino e dopo un paio di bestemmie e aver scavato come
un cane, facendomi sorridere, tirò fuori un pacchetto.
“Ok, adesso tocca a te, dolcezza” Rimasi a fissare un po’ la scatola quadrata di cartone spesso, nera.
Gli lanciai un occhiata e rimossi il fiocco argentato al vertice. Aprii
e su un cuscinetto di raso bianco era poggiato quello che a primo
occhio sembrava un porta gioie rotondo, di metallo, con un teschio e
delle rose incise sulla parte superiore.
Infilai la mano e lo tirai fuori, scoprendo che non era un portagioie,
bensì un carillon. Lo poggiai sul palmo della mano e rimasi un
po’ ad osservarlo.
“Sai, dovresti girare la chiavetta, geniaccio” mi disse divertito.
“Si…. Stavo osservando gli intarsi. Sono una figata! Dove
l’hai recuperato un carillon con i teschi e le rose?”
“Sssh, questo non conta. Dai, gira la chiavetta!” disse eccitato battendo un paio di volte le mani.
Gli sorrisi e diedi la carica, prima di sollevare il coperchio. A quel
punto partì l’intro e poi il ritornello di Nothing Else
Matters, all’infinito. Era una delle mie canzoni preferite in
assoluto e lui se ne era ricordato.
Mi coprii la bocca con entrambe le mani e gli strinsi le braccia al collo, mentre lui sorrideva.
“Oddio Zack!!! Sto cincischiando ma è troppo bello!! E’ stupendo!!” Mi carezzò la testa e rise.
“Mi piace quando cincischi, è divertente ogni tanto”
e mi posò un bacio poco più su dell’orecchio.
“Grazie…. E’ davvero bellissimo”
“Ci voleva qualcosa di speciale, al tuo livello”
“Vaffanculo Zack, con tutto il cuore”
“Ma che cariina” disse come se gli avessi fatto un complimento o qualcosa di simile.
Si separò di poco e mi prese per il mento.
Mi guardò a lungo negli occhi e io cominciai a sospettare che si
fosse rincoglionito. Stavo per uscirmene con una delle mie solite
battutine, quando si decise a parlare.
“Ti amo” rimasi di sasso. Era la prima volta che me lo
diceva e io non glielo avevo ancora mai detto. Sorrisi e lo baciai,
stra felice, stringendogli le braccia intorno al collo.
Quando mi separai sembrava stesse per dire qualcosa, ma fu interrotto dalla campanella. Sbuffò e fece un mezzo sorriso.
“Dai andiamo” Riposi il suo regalo nella scatola nello
zaino e lui si tolse un bracciale che aveva per mettere quello che gli
avevo regalato io.
Mi passò un braccio attorno alle spalle ed entrammo nell’istituto.
Ci separammo in mezzo al corridoio, salutandoci con un bacio leggero e prendendo due direzioni diverse.
Arrivai in classe, con un sorriso coglione stampato in faccia e mi
trovai JD in condizioni peggiori di me, al penultimo banco che guardava
fuori dalla finestra e sorrideva al vuoto.
Sventolai una mano davanti al suo viso e non ottenni reazioni.
L’afferrai per una spalla e dopo una grossa scossa sembrò
riprendersi.
“Woh… che ti prende?!” chiese stralunata.
“A me? Che prende a te! Sembra che ti abbiano fatto il lavaggio
del cervello” fece un altro sospiro e tornò nella stessa
posizione di prima.
“Allora?” chiesi.
“Allora che?” rispose, sempre sognante. Mi veniva quasi voglia di darle due schiaffi, ma era troppo tenera.
“Che ti è successo?”
“Armadietto, rose, Matt, baaaacio”
“Fammi capire. Nel tuo armadietto c’era Matt con le rose
che è saltato fuori e ti ha dato un bacio?” dissi ridendo.
Trovare la possibilità più stupida per qualsiasi cosa,
era una mia prerogativa. Alzò gli occhi al cielo, tornò
la solita JD e parlò.
“Ho aperto l’armadietto ed era pieno di rose, mi sono voltata e c’era Matt che mi ha baciato”
“Aaaaah”
“Eeehh” e tornò a sospirare guardando il vuoto.
Rimase così tutta la lezione e quando uscii dalla classe con
lei, mi trovai Matt sulla porta che m’ignorò
completamente. Che carini!
“Ciao” Lui.
“Ciao” lei.
“Ciao” lui. Alzai gli occhi al cielo.
“Seh, vabbè. Ciaoo!!” e me ne andai alla mia prossima lezione, dannatamente intenerita da quei due.
Biologia, corso del quarto anno. Sinceramente non sapevo nemmeno come
fosse possibile che fossi di un anno avanti in biologia, ma questo mi
era costato un altro corso con Haner.
Buttai le mie cose all’ultimo posto e poi mi misi a parlare con un paio di ragazze.
Buttai un occhio fuori alla porta e vidi una ragazzetta minuscola e
carina, completamente imbarazzata, dare un pacco a Brian. Lui
ringraziò con un sorriso e un bacio sulla guancia e lei, dopo
essere diventata bordeaux, sgommò via. Alzai gli occhi al cielo,
sconcertata.
Entrò, più strafottente e montato del solito e dopo
avermi guardato, assunse una posa da macho mezzo frocio e parlò.
“Ma che gli faccio io alle donne?” disse convinto, indicandosi il petto e io feci una smorfia disgustata.
“Schifo, Haner, schifo” Non si smosse di un centimetro,
inarcò un sopracciglio e allargò ancora di più il
suo sorriso.
“Sei solo invidiosa”
“Seh, col cazzo!”
“Quanti regali hai ricevuto?”
“Uno che conta e mi sono ritrovata un paio di bigliettini e
cioccolatini nell’armadietto. A proposito, sono Baci
Perugina” dissi schifata.
“Woh! Cioccolata italiana!”
“Già. Li vuoi tu?” dissi seccata. Quei cosi mi facevano dannatamente schifo.
“No, ne ho già troppi. Dalli a Jim” scrollai le spalle.
“Ok, devo ricordarmene”
“Piuttosto… ne vuoi uno al latte?” mi offrì.
“Quello lo accetto. Hai mica qualcosa della Lindt?”
“Certo che si, ma mica li do a te”
“Sei una merda!”
“Lo so, amore, ma le ragazze di questa scuola mi adorano, quindi va benissimo così”
Mi tirò un cioccolatino e mentre lo scartavo mi venne improvvisamente voglia di frecciatine.
“E Michelle?” Indurì la mascella e il sorriso
sparì. Minchia, così male? Per far smettere di sorridere
Brian Haner, il giorno di San Valentino, doveva essere stata proprio
stronza.
“Niente” mi andò di traverso la cioccolata e dovetti tirarmi un paio di pugni sul petto.
Il prof entrò in classe e mise fine al nostro discorso per
qualche secondo. Andammo a sederci e riattaccammo. Tanto il prof non
faceva altro che leggere dal libro e far finta di spiegare.
“Come niente?” chiesi subito dopo l’appello.
“Niente! Ha detto che ci vediamo oggi pomeriggio…..”
“Ma tu le hai comprato un regalo?”
“…Si…” bofonchiò imbarazzato e sulle mie labbra spuntò un sorriso sornione.
“Cosa?” diventò rosso.
Eeeh si. Rosso come un peperone.
“Questi non sono affari che ti riguardano!”
“Andiamo Haner, ti conosco da prima che ti uscissero pure delle
vere sopracciglia, con me puoi parlare” Prendere per culo Haner
fra tre…due…uno…
“Orsacchiotto” mi cadde la testa e tirai una frontata sul banco, afflitta.
“Così terribile?” chiese afflitto, mordendosi il labbro.
“Peggio di terribile, Haner! E’ una catastrofe! Ma porca puttana come ti viene?!”
“Ma non lo so! Non sapevo proprio che cazzo comprarle, quindi….”
“Andiamo è la tua ragazza da mesi, cazzo!”
“Non è la mia ragazza… noi… facciamo sesso e basta”
Mi passai una mano sul viso, tirandolo verso il basso per trattenermi
dalla voglia di dare un'altra testata sul banco. Si era finalmente
alleggerito il viola dell’occhio maltrattato al compleanno di
Jim, meglio non calcarlo di nuovo.
“E allora che cazzo vuoi regalarle a San Valentino? Un vibratore?” dissi sarcastica.
“Dici che sarebbe più adatto?”
“Ma sei coglione?!?!?!?” Alzai un po’ troppo il tono
e il prof sollevò la testa, ci ammonì e tornò
giù.
“E dai! A te Zack che ti ha regalato?” Sperava che pure Zack avesse fatto cilecca, eh? Eh no, caro mio!
“Un carillon”
“Un carillon” ripeté, quasi schifato (anzi, senza quasi).
“Si, un carillon” dissi orgogliosa.
“Wow” disse del tutto disgustato.
“Un carillon di metallo, rotondo con inciso sopra un teschio con
le rose e quando lo apri parte Nothing Else Matters” Mi
guardò sgranando gli occhi.
“Wooooooooow!”
“Eeeh si” dissi sorridendo orgogliosa.
“Quando muori me lo lasci in eredità?” Inarcai un sopracciglio.
“Cosa ti assicura che tirerò le cuoia prima di te?”
“La speranza” Feci una smorfia e schioccai la lingua.
“Comunque lo porterò con me nella tomba, quindi non lo avrai mai”
“Fanculo”
“Piuttosto….. non c’è qualcosa di decente che potresti riciclare per la tua…. ragazza?”
“Ho tanta di quella cioccolata da far venire il diabete pure a Willy Wonka e mi hanno regalato diverse stronzate”
“Tipo?”
“Pupazzi a forma di teschio, tanti orsacchiotti, qualche
rosa,…. una tipa mi ha regalato pure un set di corde Ernie
Balls”
“Che calibro?”
“0.11 antiruggine”
“Woooh! Molla Mich e mettiti con le, è un ordine” Scrollò le spalle.
“In effetti è anche carina, si potrebbe fare, ma lasciare
Michelle il giorno di San Valentino…….” lo guardai
come a dire ‘perché no?’ e lui sgranò gli
occhi.
“Non sono così stronzo!” lo guardia scettica.
“No infatti, di più”
“Sei una stronza”
“E tu un coglione”
“Mi aiuterai?”
“Ti ho mai mollato nei casini?”
“Grazie”
“Fottiti”
Stacey P.O.V.
Lezione di scrittura creativa, Shoffol. Ehi ma…..
Oooooooh cazzo. A quel corso c’era anche Valary! Porca
prostituta……Era già da un po’ che Matt e lei
si erano lasciati, ma a quell’ora di certo aveva già
saputo di quello che era successo nel corridoio, ad inizio giornata.
Forse mi conveniva starmene nel mio angolino, in santa pace, zitta
zitta.
Vicino a me si sedette Veronika, una ragazza che (botta di culo)
somigliava in maniera spaventosa a Val, tranne per il fatto che era
bionda mentre la diBenedetto era bruna.
Giusto per aumentarmi i sensi di colpa, eh.
La lezione stava per cominciare, quando entrò Val, due secondi prima che il prof chiudesse la porta.
Il viso completamente privo d’espressione e gli occhi leggermente rossi.
Si buttò ad un posto in fondo alla classe, vicino ad un certo Creg e rimase lì, immobile per tutto il tempo.
Chissà perché, mi aspettavo che da un momento
all’altro mi sarebbe arrivato un banco fra capo e collo e che
Valary avrebbe cominciato ad urlarmi dietro, ma dovetti ricredermi.
Stavamo parlando di Valary, mica di Michelle. Feci in modo di essere il
meno visibile possibile e anche quando il prof mi fece i complimenti
per i temi appena corretti, mi limitai ad un sorriso e non fiatai.
Quei cinquantacinque minuti mi sembrarono dannatamente lunghi. I più lunghi di tutta la mia vita.
Quando finalmente la campanella suonò, raccattai di fretta la
mia roba e mi alzai, ma prima d’infilare la porta feci il grande
errore di voltarmi verso Val.
Aveva gli occhi puntati su di me, pieni di odio e tante altre emozioni per niente carine.
Senza emettere un respiro, uscii dalla classe e dopo aver buttato i
libri nell’armadietto mi poggiai con la schiena contro il muro di
metallo.
Cristo, quella mi uccide, pensai mentre prendevo un respiro profondo.
Da quando mi facevo intimorire da una ragazza? Per di più anche più bassa di me?
La California mi stava facendo male, senza alcun dubbio.
I dubbi sparirono quando il motivo della disputa con la ragazza
puntò diritto verso di me, affiancato da Jim e da un altro tipo
che non conoscevo. Ah no, era Justin.
Sembrava quasi basso fra quei due, mentre con un sorriso raggiante attraversava il corridoio.
Da quando il mondo andava a rallentatore? Dovevo essermi persa qualche passaggio della scienza moderna.
I due spilungoni si separarono, sfilandomi davanti e salutandomi con un
“Ciao Sty” in coro a cui io risposti con un cenno della
testa e della mano, per poi tornare a guardare Matt, anche noto come
“motivo della disputa” che adesso si era fatto più
vicino.
Si chinò, mi prese il viso fra le mani e mi baciò. Mio
Dio, così mi fai diventare epilettici i neuroni, cazzo.
“Allora? Andiamo?” disse tranquillo, sorridendomi beato a qualche centimetro dal mio viso.
Rimasi a fissarlo come una menomata, ci scommetto.
Annuii e si separò, cominciando a camminare. Dopo qualche passo
mi mise un braccio sulle spalle e io intrecciai la mano alla sua.
“Beh, com’è andata oggi?” fece distrattamente,
continuando a sorridere facendo sporgere il labbro inferiore. Dopo
avrò da fare col tuo piercing, è una promessa.
“Tutto tranquillo. Credo che Val voglia uccidermi, è
normale?” dissi un tantino preoccupata. Il sorriso di Matt
diventò di marmo.
“Ah….. Forse avrei dovuto dirglielo prima di te… di noi, insomma” scrollai le spalle.
“Ormai quel che è fatto è fatto”
“Comunque non credo farà scenate…. almeno
spero” feci una faccia preoccupata e lui mi sfiorò la
guancia.
“Ti proteggo io” fece con fare quasi infantile, sfiorandomi
di nuovo la guancia e io risi, rincoglionita dal suo sorriso e da
quelle adorabili fossette.
“Che ti pare lo striscione davanti alla scuola?” fece sorridendo e io risi divertita.
“Sssi, una boiata. Io mi chiedo chi sia stato quel
coglion…..” Matt mi guardava con una faccia da cane
bastonato, molto bastonato, forse troppo.
“No Matt non dirmi che….”
“Eh si, invece, sono io quel coglione” fece mordicchiandosi il labbro e dopo una faccia divertita lo abbracciai.
“Oh diamine! Avrei dovuto capirlo quando Jim provava a convincermi che non era tanto male!”
“Vabbè dai, se ti fa tanto schifo…” fece lui mogio. Merda, c’era rimasto una chiavica.
“Ma no! Tu ancora mi ascolti? E’ una bella frase. Dove l’hai presa?”
“L’ho scritta io…”
“Oh, ma che carino che sei! Forza forza, andiamo a mangiare che sto morendo di fame”
Merda.
Il pranzo tutto sommato andò bene, niente Val che provava ad
uccidermi e nemmeno Michelle si vedeva all’orizzonte. Meno male,
diamine.
Come al solito il mio orario di merda non mi permise di passare ancora
un pò tempo con i ragazzi e dovetti separarmi da Matt con un
lungo bacio.
Stavo camminando tranquilla e scazzata come al solito, quando mi resi
conto delle semi urla di Brian e Jim. Attirata dal nome di Meg mi
fermai a ascoltare.
“Meg mi ha aiutato con i regalo per Mich, ringraziando il
cielo… stavo per fare una colossale figura di merda”
“Quella ragazza è la tua salvezza bro, davvero”
“Tzè, convinto, eh?” Potei quasi sentire gli occhi di Jim puntarsi su Brian e fare uno sguardo sarcastico.
“Cosa?!” chiese innocentemente il chitarrista, messo in soggezione dallo sguardo dell’amico.
“Andiamo bro, ammettilo, Meg non è solo un’amica”
“Jim ma che ti sei fumato? Non dire stronzate!”
“Andiamo Bri, che la sera di capodanno stavi morendo”
“Forza Jim, non dire stronzate. Meg è Meg” Il batterista sbuffò pesantemente.
“Si, ma c’è una cosa che tu non hai ben chiaro, ma
gli altri si, puoi starne certo: Meg è una ragazza e pure
parecchio carina” gli spiegò Jim e sentii Brian sbuffare.
“Meg non è carina…. È Meg, cazzo! E’ come se dicessi che tu sei carino!”
“Sono carino?” chiese convinto lo spilungone e a Brian quasi prese una sincope.
“Jim!” urlò con una voce assurda.
“Curiosità….. secondo me sono un gran figo….” disse fra sé il più alto.
“Potresti piantarla?” fece Brina scazzato.
“Okok, parlavamo di te, vero?”
“Non proprio”
“Se si parla di Meg tu c’entri sempre”
“Ma…. WTF?”
Jim sospirò pesantemente e sono abbastanza sicura che alzò gli occhi al cielo, mezzo disperato.
“Brian, porca puttana, quando lo capirai che Meg non è un
uomo, che tu passi il 90% del tuo tempo con lei e per il restante 9
pensi a lei e alle prossime cazzate che potresti fare con lei?”
“Nove? Ci manca un 1 %”
“Quello lo passi a sopportare e/o scoparti Michelle. Dice
stronzate pure quando fate sesso o lì si ammutolisce?”
“No, tranquillo. È troppo impegnata a fare altro per poter
parlare” disse divertito e Jim fece una risatina soddisfatta, poi
il chitarrista continuò.
“Ma a me Mich piace….” disse dopo un po’ Brian, quasi imbarazzato.
“A te piacciono il culo e le tette di Mich, nient’altro”
“Non farmi così animale….”
“Qual è il suo color preferito?” chiese Jim.
“Il viola” rispose di getto Brian.
“La sua band preferita?” ritentò Jim
“I Guns n’ Roses” Haner fu repentino come la prima volta.
“Il suo membro preferito dei guns”
“Slash” Brian rispose e Jimmy sbuffò
“Bro, questo sei tu o al massimo Meg. Michelle non sa nemmeno che
forma abbia una chitarra. Prova a dire che Slash è pelato e ti
dirà di si. Dì la verità che tu hai detto qualcosa
e lei non ha fatto altro che dire ‘wow, anche io!’ e tu ci
hai creduto”
Brian sospirò afflitto.
“Minchia bro, con te non ci devo più parlare: mi sento troppo coglione”
“Certo che mi devi parlare! Sono io che riattivo ogni tanto il
tuo cervello! È grazie a me che ancora non è morto del
tutto!” la voce di Jim si era alzata di almeno tre
tonalità e aveva cambiato timbro.
“Jim e dai….” Rev fece uno strano verso e cambiò timbro, diventando quasi serio.
“Brian, io ti voglio bene, lo sai, no?”
“Certo, sei il mio migliore amico”
“Ecco. Io lo dico per il tuo bene. Non puoi essere geloso di Meg
se dici che non ti piace e non puoi dichiarare amore ad una bambola
gonfiabile che ti segue come un cagnolino fedele e te lo succhia ogni
volta che vuoi, ok? Adesso su, dimmi, cosa ti piace di Michelle?”
il ragazzo ci rifletté parecchio.
“Il fatto che…. Mi adori e sembri dipendere da ogni mio
movimento o preferenza. Di base ha la stessa intelligenza di una
zucchina, ma è sexy e mi adora”
“E cosa ti piace di Meg?”
“Meg non mi piace” disse l’altro e tranquillo, convinto.
“Come amica, intendo” specificò Jim, stufo di non essere capito al volo dall’interlocutore.
“Beh… Meg è completamente fuori di testa, riesce a
farmi ragionare e farmi quasi credere che ci sia arrivato da solo
oppure me lo sputtana senza farsi scrupoli. Non s’imbarazza
quando sta vicino a me, mi abbraccia, scherziamo, ci picchiamo, capisce
quello che voglio e penso e tu non sai quanto possa diventare dolce
quella ragazza”
“Tu come lo sai?” ero abbastanza sicura che Jim lo sapesse,
ma lo aveva chiesto a Brian per farglielo dire ad alta voce. Dire le
cose ad alta voce le rende reali.
“Semplicemente mi ha parlato di Zack e ho visto i suoi occhi
cambiare luce e il suo sorriso illuminarsi. Credo le piaccia sentirsi
amata e ricambiare questo amore”
“Sei geloso?” ci pensò un po’, ormai troppo sincero.
“Si, ma non di Zack, ma dei loro sentimenti, del loro rapporto.
Io non potrò mai avere una cosa del genere con la zucchina,
là. Lei mi venera, non mi ama. Mi adora, non mi contraddice mai.
È come un rapporto fra una divinità e un fedele.
È….. cazzo, è orribile” Credo di aver
sentito il coro di Alleluia che si levò nella testa di Jimmy.
“Beh, cosa farai adesso?” Gli ingranaggi del cervello di Brian scricchiolavano fin da qui.
“Penso…. Lasciare Michelle. E magari trovarmi una ragazza vera”
“Quindi è questo il punto del problema?”
“Si, credo di si. Sono geloso del loro rapporto che sembra vero,
basato su i sentimenti” Jim scrollò le spalle e fece una
faccia strana.
“Bene, l’importante è che tu abbia capito cosa vuoi, no?”
“Si, almeno credo…”
“Briiii….”
“Si, vado” disse più convinto.
“Dove?” Chiese Jim non capendo.
“A mollare Michelle. Anzi no, la mollo lunedì”
“Perché lunedì?”
“Perché venerdì e sabato usciamo, me la scopo e dopo la lascio” Jimmy scoppiò a ridere.
“Sei un fottutissimo pezzo di merda!”
“Forse, ma non sai che numeri….”
Oh cazzo.
Stavo seriamente pensando di doverne parlare con Meg quando mi
arrivò un messaggio della diretta interessata che a pranzo se
l’era squagliata.
-Zack mi ha detto che mi ama. E’ grave?-
Miiinchia…… Si stava creando una situazione leggermente interessante, non trovate?
*La frase dello striscione in verità è di quel figo di Johnny Deep, quindi se vi fa schifo prendetevela con lui.
Ehm, salve.
Mi vergogno come una ladra, lo ammetto
Quanto tempo è che non aggiorno?
Quasi sicuramente prima del compleanno di Shad o.o
Sono stata impegnata….
Avete presente il “MA DATTI ALL’IPPICA!” che urlate
mentalmente ad ogni capitolo?
Ecco, ho seguito il consiglio.
Forse potrebbe andare un po’ meglio di come sta andando….. babbè.
E dopo tutto questo tempo, me ne vengo fuori con questa…. Cosa.
Dio, che cosa orribile…
Vi è servita l’insulina, vero?
Ci avrei giurato v.v
Beh beh beh v.v
Io vi saluto, ringraziando la mia semi-Omonima per aver recensito :D (amori mie dove sieteee c.c <3)
Me lo lasciate un commentino? Anche solo per dirmi che fa schifo….
E poi vorrei chiedervi una cosuccia… Io avrei cominciato a pubblicare QUESTA
storia, che aggiornerò quando ci sarà un po’ di
sole, quest’oggi visto che adesso sono quasi le due…..
Potreste gentilmente dirmi se fa
schifo? Non so, mi lasciate una racensioncina… perchè
comincio a soffrire di depressione c.c
Baci baci <3
The Cactus Incident
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Capitolo 15 *** Chapter 14 ***
sch chapter 14
Margaret P.O.V.
Voi avete presente le diBenedetto?
E avete presente che quella zoccola di Michelle è una delle ragazze più popolari della scuola?
Per non dire che è anche una cheerleader e che farebbe di tutto per la sorella.
Beh, diciamo pure che con una sola mossa tutta la scuola si era messa
contro Matt e Stacey e per proprietà transitiva su me, Zack e
Brian. Si, il nostro era un “rapporto a tre”.
Diamine non pensate male! Non sono mica la tipa da farsela con due ragazzi contemporaneamente, andiamo!
Sta di fatto che Haner era forse ancora più colloso e appiccicoso di quanto non fosse mai stato.
Per di più in presenza di Zack non mi prendeva mai in giro e
provava a far vedere al mondo quando andassimo d’accordo io e lui.
Tornando alla scuola contro di noi… Contro Jim non ci avevano
proprio provato, era una delle persone con la reputazione più
brutta di tutta la scuola (per non dire di tutti gli adolescenti di
Huntington).
Si narrava che una volta aveva fatto a botte diciassette volte in un
solo giorno e non era una leggenda, posso assicurarvelo, io
c’ero. Secondo voi chi è che ha contato quante volte
s’è messo a dare mazzate, eh?
Diamine, che giornata memorabile.
Ok, sto divagando di nuovo.
Sta di fatto che Michelle si era incazzata così tanto da usare
il suo “potere” e capacità persuasive più che
collaudate (in pratica l’aveva succhiato a tutta la squadra di
basket, Matt escluso, credo) anche contro il suo tesoruccio puccio
puccio di Brian.
In effetti lui ci era finito in mezzo perchè stava attaccato al mio culo e a quello di Zack quando successe.
Successe cosa, vi chiederete voi.
Una delle battaglie più epiche dell’Huntington Beach High
School, nella palestra, prima della partita di basket degli Oilers* (la
nostra squadra) contro i Tigers (squadra ospite di non so dove).
Eravamo seduti sugli spalti noi quattro, Brian e Stacey su un gradino
superiore e io e Zack quello sotto, per guardare Matt che giocava nella
squadra e Rathead che minacciava la mascotte (che fra l’altro era
Abell vestito da oliatore per auto).
C’era lo spettacolo delle cheerleader e Haner sbavava come un
Sambernardo a Los Angeles ad agosto (si, le nostre cheerleader erano
leggermente zoccole) quando una cascata di in liquido denso e verde che
odorava di lime si rovesciò su noi quattro, prendendo Stacey in
pieno, ma imbrattando abbondantemente anche noi tre.
Mi voltai e trovai Scott Clegg con uno dei suo scagnozzi che rideva beffardo.
Fu un attimo, io e Brian ci tuffammo indietro contemporaneamente,
scavalcai Stacey in un modo di cui ancora non mi capacito e io mi
ritrovai su Clegg e Brian su quell’altro che, mi resi conto
essere TJ, l’ex batterista dei MPA.
Subito si formò uno spazio sugli spalti attorno a noi, mentre
continuavamo a dare a mazzate a quei due. Io stavo praticamente a
cavallo di Clegg e gli davo tante di quelle mazzate da far invidia a
Rocky Balboa.
Insomma, sono pur sempre la vicina di pianerottolo di Jim, mi aveva
insegnato parecchie cose fra cui anche come fare a botte e come
appiccare il fuoco con una foglia e degli occhiali da sole.
Per tutta risposta afferrai il coperchio di uno di quei frigoriferi da
viaggio, di quelli che mantengono i cibi freddi (in cui precedentemente
c’era la roba che ci avevano buttato addosso) e glielo suonai in
faccia, facendolo svenire.
Mi tirai da sopra a quello stronzo e guardai Haner che aveva gonfiato
di mazzate TJ. Ci guardammo in faccia, sorridemmo e battei il pugno su
quello che mi offriva lui nell’esatto momento in cui
arrivò il vicepreside con l’allenatore della squadra di
basket. Ci afferrarono e sbatacchiarono in malo modo e ci portarono in
presidenza.
Qualche minuto dopo, mentre aspettavamo, arrivarono anche Stacey e Michelle.
Stacey ancora zuppa di quella merda verde e dal forte odore di lime e
Michelle in lacrime, il trucco completamente sbavato e un pezzo di
carta a tamponargli il naso.
“Che è successo?” chiesi a Stacey inarcando il sopracciglio e lei mi guardò con un ghigno.
“Hai presente quell’affare che ha suonato sulla faccia di
Scott? Io l’ho usato come frisbee e lo suonato sulla sua di
faccia” mi spiegò JD schioccando un’occhiata maligna
alla tipa in lacrime.
“Sei una puttana!” Sbottò Michelle singhiozzando.
“Puttana sarai tu” rispose secca JD.
“E’ una storia in cui tu non centri niente, volevi solo un
pretesto per rendertela con Stacey e me, dì la
verità” sbottai io incazzata prima che Michelle potesse
rispondere e si zittì un attimo, poi guardò Brian.
“E tu non dici niente?” fece piccata in direzione del mio amico e lui inarcò un sopracciglio.
“E che devo dire? Se la cosa è partita da te, quel coso in
faccia te lo sei meritato tutto. Sono scherzi infantili e stupidi e poi
è una storia in cui tu non c’azzecchi niente. E’ una
questione fra Valary, Matt e Stacey, il semplice fatto che tu e tua
sorella abbiate la stessa faccia non ti autorizza a cercare
vendetta” Spiegò con calma Brian, le braccia incrociate e
lo sguardo scocciato, mentre la faccia grondava goccioloni verdi.
“Che fra l’altro Val non vuole” aggiunsi io, che con Valary ci avevo parlato.
Ci stava male, certo, ma se ne stava facendo una ragione. Ormai era
passata una settimana da San Valentino, Matt non era di certo
l’unico ragazzo sulla faccia della terra e Valary era una bella
ragazza, se avesse voluto non ci avrebbe di certo messo molto a
trovarsi un nuovo ragazzo.
Michelle stava per cominciare ad urlare di nuovo, quando il preside disse a me e Brian di entrare nel suo ufficio.
“Oh, ma chi abbiamo qui, Haner e Window, le due rockstar, era un bel po’ che non ci vedevamo”
“Sa com’è, signor preside, cominciavate a mancarci” fece Brian divertito.
“Mio padre le manda tanti saluti” aggiunsi io, sorridendo,
tralasciando sul fatto che non vedevo mio padre da quando avevo nove
anni. Funzionava sempre col preside.
Era una detestabile persona che prima di guardare in faccia ad una
persona, ne leggeva l’albero genealogico e vedeva se c’era
qualcosa d’interessante. Nel mio c’era una quantità
di roba interessante che potrebbe farvi accapponare la pelle. Un giorno
saprete tutto, è una promessa.
“Oh, ricambia! E’ un po’ che non lo sento, sta bene?”
“Alla grande” mentii. Non ne ero granché sicura.
“Beh, che avete combinato sta volta?” fece guardandoci distrattamente, con un sorriso viscido sulle labbra.
Haner si mise più comodamente sulla sedia.
“Nah, niente di ché, le solite ragazzate, siamo stati
provocati e abbiamo risposto” “Alla nostra solita maniera
poco ortodossa” aggiunsi con un sorriso.
Quell’uomo era una persona ignobile, ma ci adorava e andava bene così.
“E siete verde lime perché…?”
“Perché ci hanno svuotato addosso un frigo portatile pieno” spiegai io.
“A quel punto abbiamo risposto” aggiunse Brian.
“Oh, dovete farmi sapere chi è stato, assolutamente, non
ci si comporta così” disse aggrottando le sopracciglia e
scuotendo la testa, infastidito.
“Credo siano in infermeria” disse Brian distrattamente. Era
lui il lecchino migliore e il più adorato fra noi due.
“Eh eh eh, ragazzi, non dovete andarci giù così
pesante, non si fa” fece il preside scuotendo il dito grassoccio
come una mamma che rimprovera il figlio di aver mangiato biscotti poco
prima del pranzo.
“Lo sappiamo, signor preside, ma sa com’è, non
possiamo sopportare i soprusi” feci io con una faccia pentita da
cane bastonato davvero memorabile.
Diamine, dovrei provare a fare l’attrice.
“Oh, va bene! Forza, andate a darvi una ripulita e sparite, prima
che cambi idea” disse sorridente e mentre ce ne andavamo tutti
tranquilli, il preside chiamò in infermeria per far salire i due
che avevamo gonfiato come zampogne.
Fuori trovammo Michelle e Stacey che non si guardavano nemmeno in
faccia e dopo aver spiegato che noi ce l’eravamo cavata senza
ostacoli e un “In bocca al lupo”, Brian mi mise un braccio
sulle spalle, io uno attorno alla sua vita e ce ne andammo, continuando
a gocciolare roba verde un po’ ovunque.
Stacey P.O.V.
Io e Michelle non fummo fortunate come quei due.
Dovrei ancora capire come diamine avessero fatto, ma con noi il preside
non aveva sentito ragioni. Aveva capito che la cosa di quella roba
verde era di certo partita da Michelle e da quei due coglioni di Scott
e TJ, ma comunque io non ero rimasta ferma a guardare, quindi
punì tutti e quattro con una punizione davvero orribile:
ripulire tutta la palestra a fine partita, cera sul legno e lavare gli
spalti compresi, sotto la supervisione del bidello che se ne occupava
di solito.
Prima però andai a casa a farmi una doccia per ripulirmi di
tutta quella merda e quando tornai a scuola, Matt e gli altri
lanciavano in aria il loro capitano della squadra di basket.
Erano arrivati in finale, un’ultima vittoria e si sarebbero aggiudicati il campionato studentesco.
Era stata una grande stagione per gli Oilers e adesso un paio dei
migliori stavano per ottenere una borsa di studi completa per il
college.
No, non Matt, adesso non esageriamo. Se la sarebbe spesa in droghe e
viaggi per l’America e poi non era poi così eccezionale a
basket, era bravo.
Beh, comunque andai da Matt che stava festeggiando e lo salutai mentre sorrideva.
“Ehi, Jim mi ha raccontato cosa è successo con quella roba
verde. Tutto ok? Stai bene?” Lui era negli spogliatoi con la
squadra, non aveva visto niente.
“Io si, pure se ho quasi rotto il naso a Michelle” dissi tranquilla, scrollando le spalle.
Matt scoppiò a ridere.
“Brava ragazza!” disse facendo scontrare le labbra con le mie, esultate.
“Complimenti per la partita, mi ha detto Meg che li avete stracciati”
“Si l’ho vista, grondava roba verde insieme ad Haner. Ma Zack?”
“Inizialmente grondava anche lui, ma credo sia andato a farsi una doccia, come me, del resto”
“Oh, capisco. Adesso andiamo a festeggiare con la squadra, vieni anche tu?” fece contento e io arricciai le labbra.
“Non posso, il preside ha messo in punizione me, Michelle e quei
due che ci hanno rovesciato quella roba verde addosso: dobbiamo pulire
tutta la palestra, adesso”
Matt sgranò gli occhi.
“Mio Dio, che bastardata. Non è che ti fanno qualcosa?”
“Non credo, saremo sorvegliati a vista dal bidello, non dovrebbero proprio pensarci”
“Uff…. Dai, rimango qua con te” sbuffò dopo un po’ e io sgranai gli occhi.
“No, tu te ne vai a festeggiare con gli altri”
“Oh che mi frega, dai….” fece provando a convincermi.
“Lo so che ci tieni, forza, andate” sbruffò pesantemente e mi baciò.
“Quando hai finito mandami un messaggio, ti vengo a pendere e andiamo insieme alla festa a casa del Capitano”
Il Capitano (che ormai si chiamava Capitano per tutta la scuola) era
Steve, uno dei ragazzi con la borsa di studio sopraccitata. Sembrava
uscito da un inserto sull’NBA di quelle riviste di sport.
Superava di qualche centimetro i due metri e aveva una muscolatura spaventosa.
I genitori erano pieni di soldi e il padre era il manager di molti sportivi importanti.
Era il ragazzo più popolare della scuola, oltre che bel ragazzo
che talvolta faceva il modello per l’Adidas o quella roba
lì.
Resta il fatto che mi aspettava tutto il pomeriggio nella palestra da
pulire in compagnia degli esseri più detestabili del mondo.
Fu un supplizio lungo e estenuante, ma il bidello divise la palestra
assegnando una zona ad ognuno, in modo che quando uno avesse finito la
sua parte, non sarebbe stato vincolato ad aspettare gli altri.
Era un signore simpatico, bassino e con dei grossi baffi che mi
ricordava vagamente Super Mario e che aveva capito le cose come stavano
e che io ero solo la vittima di tutta quella merda, ma di certo non mi
risparmiò niente, mi diede solo il piacere di guardarlo mentre
umiliava gli altri tre stronzi.
Quando finii la mia parte (e fui la prima) era ormai buio e chiamai Matt.
“Ragazza! Allora? Finito?” Diamine, pensavo che l’avrei già trovato ubriaco, e invece…
“Si, vado a casa a darmi una sistemata che faccio schifo e mi passi a prendere lì, ok?”
“Come preferisci, passo fra tre quarti d’ora, ok?”
“Perfetto” Chiusi la chiamata e mi precipitai a casa, abbastanza vicina alla scuola.
Mi feci l’ennesima doccia ultrarapida della giornata, mi cambiai
e mi truccai ma Matt arrivò prima che io avessi finito e
suonò alla porta.
Aprì mio padre.
“Stacey! Sono venuti a prenderti!” mi avvertì lui.
“Sii! Un attimo!” Urlai mentre provavo ad essere quanto più rapida possibile.
Quando scesi al piano di sotto trovai Matt e mio padre che parlavano
tutti felici di basket e mio padre si complimentava per la vittoria.
“Oh! Anche io ai miei tempi giocavo a basket. Ah, che partite
ragazzi, ero la guardia delle Cavallette di Atlanta, New Jersey.
Vincemmo il campionato due volte con me in squadra”
Mio padre si voltò e mi guardò.
“Oh Sty! Stavo parlando con il tuo amico. Mi ha detto che state
andando insieme alla festa per l’arrivo in finale, eh?”
“Eh si” feci io imbarazzata e Matt si alzò,
avvicinandosi.
“Oh, io invitai tua madre alla festa dopo la finale, ah! Che
serata! Beh, ragazzi, divertitevi! Spero di vederti presto, Matt”
disse mio padre sorridente, mentre assestava un paio di pacche sulla
sua schiena.
“Lo spero anche io, signore”
“Oh! Chiamami Phil”
“Va bene Phil” Fece Matt sorridendo, mentre io mi volevo sotterrare.
“Si, ok Ciao papà!” “Non fare tardi! E mi raccomando Matt, tienimela d’occhio!”
“Sarà fatto!” Urlò il mio ragazzo mentre lo spingevo fuori dalla porta.
C’infilammo nel furgone e io presi un respiro profondo, mentre Matt rideva.
“Ehi, che è quella faccia? E’ un tipo apposto”
“Gli hai detto che sei il mio ragazzo?”
“No” fece tranquillo.
“Ecco perché è un tipo apposto” feci convinta e lui scrollò le spalle.
“Beh, vedremo che dirà la sera del ballo” Cambiai colore.
“Ballo?” chiesi stranita.
“Certo! Il ballo di fine anno, ad Orlando non lo facevano?”
“Uhm, sssi, ma non credevo che tu ci volessi andare”
“Oh, certo che si, diamine, non mi perderei di certo
l’occasione di vederti tirata a lucido. E poi mi ci vedi con lo
smoking?”
Rimasi a mordermi le labbra.
“Per caso tu non vuoi andare?” chiese preoccupato, mentre
guidava e mi guardò in cagnesco. Ci teneva così tanto?
“Oh! Certo che si, solo che non ti facevo tipo da ballo”
“Oh, invece si. Quindi, signorina Floor, verrebbe al ballo di fine anno con me?”
“Con immenso piacere, Sanders”dissi e lui sorrise, accelerando leggermente.
Andammo alla festa e c’era tantissima gente, un sacco di alcol e
musica tecno a palla. Io andavo in giro con Matt che mi teneva per mano
oppure mi fermavo a parlare con alcune ragazze che conoscevo.
Quello era un po’ un mondo a parte, niente Brian e Meg che si
riempiono di insulti in qualsiasi momento o Jim che ti propone di far
saltare in aria una buca delle lettere.
C’era tutta la crem de la crem della scuola, tutta l’elite,
quella massa di fighetti che ti guardava perennemente schifato e io
c’entravo ben poco, ma se Matt ci teneva tanto, si poteva fare e
poi c’erano comunque un paio di volti amici.
Come Zoey, una ragazza con i capelli viola scuro del mio corso di
teatro che aveva già recitato in alcuni film ma che anche se
faceva parte dell’elite era simpatica e affabile e un paio di
volte eravamo uscite insieme o Jason, uno biondo abbronzato della
squadra di surf della scuola che aveva deciso d’insegnarmi a
tutti i costi a fare surf e così qualcun altro.
Insomma, la serata poteva passare senza annoiarsi.
E andò alla grande per un paio d’ore, poi arrivarono le diBenedetto.
Michelle (che come già spiegato) faceva parte dell’elite
si era portata dietro la sorella che aveva una faccia tutto
fuorché allegra.
Era un po’ che non mi rivolgeva la parola, forse addirittura da
prima del compleanno di Jim. Era capitato qualche scambio di battuta
durante le prove degli MPA, ma niente di più.
Mi odiava, e sinceramente mi sembrava anche giustificata.
Ecco, Val era giustificata, Michelle no.
Quando Valary si era rifiutata di pretendere vendetta, Michelle era subentrata al posto suo.
Era palese che fosse una scusa: voleva farla pagare a Meg perché
amica intima di Brian e aveva colto la palla al balzo per prendersela
sia con me che con la mia amica.
Mio Dio, era così falsa e insopportabile!
Era strano che non si fosse portata anche Brian, probabilmente avevano
avuto qualche bisticcio per via della mezza discussione nel corridoio,
qualche ora prima visto che il ragazzo non si era schierato dalla sua
parte.
Michelle non aveva calcolato che talvolta (e ci terrei a sottolineare
talvolta) Brian non è stupido come sembra e vede le cose per
come stanno. Se non ti chiami Jimmy Sullivan o Meg Window, Haner non
era il tipo da schierarsi dalla tua parte a tutti i costi.
Un po’ strano come tipo, ma una volta capito come funzionava ci si poteva vivere senza grossi problemi.
Beh, sta di fatto che le due diBenedetto erano arrivate e Michelle puntava diritta nella direzione mia e di Zoey.
Michelle mi si piazzò davanti e attaccò a dire stronzate, sicura di sembrare grande e forte davanti ai suoi amici.
Eh, certo, secondo te.
“Allora Stacey, finito di levare il lime? Eppure continui ad avere un colorito verdastro…” fece convinta.
“E tu? Il tuo naso non mi sembra essersi ripreso del tutto.
E’ una gobba quella che vedo? Diamine, di questo passo dovrai
ricorrere alla chirurgia molto presto. A quando le tette nuove?”
Michelle stava per ribattere, quando arrivò Valary. E qua cominciai a preoccuparmi un po’ più seriamente.
Michelle non aveva il diritto d’insultarmi, Val si.
La gemella bruna dai capelli corti fece una faccia scocciata e preoccupata guardando la gemella.
“Michelle, piantala con questa stronzata, intesi? Mi sono rotta
le scatole pure io” La sorella le lanciò una smorfia e
incrociò le braccia offesa, per poi andarsene sculettando.
Valary si voltò verso di me, una faccia difficile da interpretare.
“Possiamo parlare da sole?” Mi chiese un po’ titubante e annuii.
Uscimmo dal grosso villone del Capitano e andammo sul terrazzo da cui alcuni si buttavano nella piscina.
“Mi dispiace per quello che vi sta facendo passare Michelle, so
che sta diventando una piaga” Certo che si, ma mica posso dire la
verità? E’ comunque tua sorella diamine.
Mi strinsi leggermente nelle spalle.
“Beh, diciamo che da quando tu ti sei allontanata per ovvi
motivi, lei sembra voler… prendere il tuo posto” Ecco, che
bella risposta democratica. Val sgranò gli occhi.
“Vuoi dire che ci sta provando con Matt?!”
“Oh nononono assolutamente! E’ solo che tu sei sempre la
mente della situazione, quella che si occupa un po’ di tutti e
rimette apposto le cose, quindi adesso questa figura manca e Michelle
fa pressioni per essere considerata alla tua stregua” Val
scrollò la testa.
“Mio Dio…. non ha mai capito che il solo fatto di essere
nate con sette minuti di differenza non significa che siamo un corpo e
un anima… Non la sopporto quando fa così,
davvero” Si passò una mano sul viso.
“Sinceramente, quando Matt mi ha detto che voleva una pausa avevo
già capito tutto, non sono così stupida, ma devo
ammettere che non mi piace granché il fatto che ti sia messa col
mio ex ragazzo” continuò.
Feci una smorfia dispiaciuta, una sorta di sorriso tirato e colpevole.
“Io…. non sono tipa da fare queste cose, non l’ho
mai fatto, davvero, ma con Matt….. non so cosa sia successo, mi
sento in colpa, ma boh… Non ho mai creduto a quelle cagate del
colpo di fulmine e stronzate varie, e poi…..” Val
scrollò le spalle.
“E’ questo il bello di Matt, è un ragazzo speciale,
l’unico buono dentro che poi si comporta come un teppista della
peggior specie” rise distrattamente e con un velo di malinconia
nella voce e io le fui dietro.
“Te ne farà passare di tutti i colori, stanne certa,
starai in ansia quando sparirà dei giorni interi e
tornerà con una faccia da cadavere e con un odore di morto da
far schifo, ma se riesci a stargli vicino e volergli bene, ‘sta
pure certa che starete insieme tutta la vita” Risi quasi
divertita.
“Dai, adesso non esageriamo” Val mi mostrò un sorriso beffardo.
“Vedrai se non ho ragione, Matt è un ragazzo semplice,
pochi principi, ma ben saldi e uno di questi è la famiglia. Non
nell’immediato futuro, s’intende, ma è legatissimo
ai genitori e alla sorella e fra non molto anche a te. Non per
vantarmi, ma se ha mollato me –e so io quante ne abbiamo passate-
devi davvero aver fatto breccia” Prese un sorso dal suo bicchiere.
“Oppure si è bruciato di acidi e non me ne sono accorta, non saprei” risi appena e poi la guardai sorridendo.
“Quindi cos’è, una sorta di passaggio del testimone?” dissi divertita e Valary scoppiò a ridere.
“Vedila come vuoi, ma poi vedi e che testimone!” disse con un sorriso malizioso e scoppiai a ridere anche io.
“Ah si?”
“Oh si, tesoro. Beh, io devo andare, quello che ti dovevo dire te
l’ho detto. Ah, per il momento sto ancora un po’ per i
fatti miei, non prendetevela nel gruppo, ma tornerò a breve,
ok?” Annuii.
“Va benissimo” Mi strizzò l’occhio e dopo un mezzo abbraccio tornò dentro.
Stavo per fare lo stesso, quando una voce troppo vicina mi fece sobbalzare.
“Allora, sei sopravvissuta?” chiese Matt divertito, e io
poco ci mancò che non saltassi giù, diritta nella piscina.
“Diamine, Matt, vuoi uccidermi?”
“Nah, non voglio diventare vedovo così presto. Ho visto che tu e Val stavate parlando, tutto ok?”
“Si, tranquillo, mi ha detto un paio di cose”
“Ma ce l’ha con te?”
“Non più di tanto, fortunatamente, e ha detto che fra un
po’ tornerà ad uscire con tutta la banda, le serve solo un
altro po’ di tempo”
“Oh, wow! B-bene…..”
“Si, direi di si, così magari Michelle la pianta di essere
così appiccicosa” Matt alzò gli occhi al cielo.
“Porca puttana, è una piattola, ma adesso non pensiamoci,
uhm?” Un sorrisetto gli dipinse le labbra e mi mise le braccia in
vita, prima di baciarmi.
Istintivamente chiusi gli occhi e mi persi a giocare col suo piercing, finalmente a mia completa disposizione
Quando separò le labbra dalle mie, entrambi buttammo un occhio alla piscina di sotto.
“Ehi, che ne pensi?”
“Penso che stiamo per fare una grandissima stronzata”
Tenendoci stretti per mano, salimmo sul parapetto e ci buttammo di sotto, prima che il buonsenso avesse la meglio.
Lo SPLASH che emettemmo fu qualcosa di spaventoso, due palle di cannone
al prezzo di una, completamente vestiti (nel ‘99 i telefoni
cellulari non erano diffusi come oggi, non li portavamo sempre dietro).
Una volta completamente entrati in contatto con l’acqua, sentii
avvolgermi dalle sue braccia muscolose e con qualche tatuaggio e mi
spinse contro di sé.
A fatica aprii gli occhi, e grazie alle luci nella piscina lo vidi
sorridermi, prima di baciarmi di nuovo, in un immerso azzurro, spezzato
solo dai suoi occhi.
Le nostre riserve d’ossigeno si sfuggirono dalle labbra prima del
previsto, ma poco importava visto che eravamo troppo impegnati a
perderci l’uno nell’altra.
Meno male che la piscina non era così affollata.
***
Margareth P.O.V.
Avevo un braccio allacciato alla sua vita e lui ne teneva uno attorno
alle mie spalle, mentre passeggiavamo tranquillamente per le strade di
Huntington.
Era da poco che avevo finalmente recuperato la libertà, negatami
per via della festa di compleanno di Jim e io e Zack eravamo usciti.
C’era una cosuccia che non avevamo risolto più da San
Valentino e ormai erano abbondantemente passate tre settimane e io non
avevo proprio affrontato l’argomento. Per di più Zack non
si era ripetuto e la cosa era caduta lì. Eppure spesso ci
pensavo.
Mi era piaciuto sentirgli dire quelle due parole, così dolci…. che io non avevo avuto il coraggio di ripetere.
“A che stai pensando?” Mi chiese tranquillo Zack, visto che mi ero persa nei miei pensieri.
Scrollai distrattamente le spalle.
“Bah, niente di ché, ripensavo a San Valentino”
dissi sfiorando il suo polso su cui s’intravedeva un pezzo del
mio regalo, mezzo nascosto dalla giacca.
“Uhm, quindi?” Chiese non capendo.
Mi voltai verso di lui e gli misi le braccia in vita.
Eravamo in una piazza semideserta e mi fermai a guardarlo.
“Quindi pensavo che sono fortunata ad avere un ragazzo come te,
che mi porta in spalla cantando Iron Man” Inarcò un
sopracciglio.
“Oh, si che sei fortunata, quasi quanto me ad avere una ragazza
in grado di riempire di cazzotti uno stronzo qualsiasi completamente
imbevuta di gelatina al lime”
“Beh, ci vuole un certo allenamento e una certa tecnica….” Sospirai avvicinandomi alle sue labbra.
“Beh, capisco, solo le tipe speciali come te possono esserne capaci”
“E che sono cresciute con Jimmy Sullivan, aggiungerei” E
Zack scoppiò a ridere, avvolgendomi la schiena con le sue
braccia.
“Si, direi che bisogna essere davvero speciali”, sospirò a un millimetro dalle mie labbra.
“Ti amo, Zack” disis di getto e sentii quasi un peso sul petto dissolversi con la comparsa del suo sorriso.
“Sono tre settimane che aspettavo questo momento” disse rapidamente, prima di baciarmi.
Diamine, quanto mi piaceva.
Mentre eravamo nel nostro piccolo momento dolce, ci passò di
fianco una grossa Jeep nera che correva tutto sparato, sul quale
tettuccio c’erano due figure a me note, completamente zuppe che
urlavano e si baciavano.
Mi separai appena da Zack e aprii un occhio.
Qualcosa mi diceva che gli Oilers avevano vinto anche la finale.
“Ma quelli non sono Matt e JD?” Zack volto il viso e
sorrise in direzione dei due che, completamente ubriachi, ci salutarono
sbracciandosi, prima che i tipo alla guida non si dileguasse.
“Si direi di si, dicevamo?” sospirò prima di baciarmi di nuovo.
Le nostre labbra erano appena entrate in contatto, quando il telefono prese a squillare.
Zack sbuffò.
“Dai rispondi”
“Che si fottano, al momento sono impegnata” Zack sorrise
contro le mie labbra e continuammo, col mio cellulare di sottofondo che
continuava imperterrito e che noi continuavamo ad ignorare.
****
Non sapeva nemmeno perché l’avesse chiamata, era stato un moto istintivo, visto quello che era successo.
Aveva appena fatto sesso con la sua ragazza che, qualche tempo dopo
quella mezza litigata, era tornata da lui e quella sera se
n’erano andati a fare i loro porci comodi alla capanna, ma una
volta raggiunto l’orgasmo aveva fatto la figura di merda
più grande della sua vita.
Aveva detto il suo nome, quello di Meg.
Chissà per quale cazzo di motivo l’aveva chiamata al cellulare, di certo non glielo avrebbe raccontato.
Nessuno doveva sapere niente. Michelle sembrava non essersene nemmeno
accorta ed era meglio così, ma pure se fosse non avrebbe parlato
lo stesso, ne era certo.
Si sarebbe portato il segreto nella tomba, Meg l’avrebbe fatto a fette se gli avesse detto una cosa del genere.
Ancora senza maglietta, rimase a guardare le stelle dalla roccia poco
distante dalla capanna, dove Meg si appollaiava sempre per disegnare.
E poi Brian fra qualche mese si sarebbe diplomato e poi sarebbe andato
all’Università, ad Hollywood, di certo se la sarebbe
dimenticata, no? L’avrebbe vista così di rado…..
Sentì un dolore al petto, al pensiero di non rivederla più. Diamine, Jim aveva sempre avuto ragione, fanculo.
Come aveva fatto ad essere così coglione? Così cieco?
Guardò ancora una volta il telefono che aveva in mano, prima di
rimetterlo definitivamente in tasca. Si passò una mano fra i
capelli castani e scombinati, prima di buttare uno sguardo alla luna.
Aveva freddo, ma aveva bisogno di qualcosa che lo distraesse, anche se
non ci riusciva granché.
Si, ancora un po’ e si sarebbero allontanati così l’avrebbe dimenticata.
Almeno sperava.
*Mi sono informata (ho passato
una mattinata sul sito internet della scuola alla ricerca degli annuari
che non ho trovato): la squadra della HBHS si chiama davvero
così e credo che le loro divise siano arancioni e color
vinaccia, a mio avviso, leggermente vomitevoli
Sappiate inoltre che io di
basket non ne capisco un cazzo e non so nemmeno quando cominciano o
finiscono le stagioni sportive .___.” (Black Is The New
Blaaaaaaaack!)
Mi sono buttata a cazzo, quindi amatemi così come sono <3
eh-ehm v.v
Saaaaaaaalve” :D
Scusate se è un secolo che non aggiorno, ma ci sono stati un sacco di casini a casa….
L’ippica non è
adatta a bambini di quattro anni che vogliono avere a che fare con
puledre di quattor mesi estremamente gelose, ricordatelo v.v
Diamine che stucchevolezza :’)
Direi che ho accontentato un po’ di gente con questo capitolo, uhm? v.v
tutti lì col “MegxBrian” “Quei due ….” E difatti v.v
ma non credete che sia così semplice v.v
Ehehehehe, sono troppo cattiva per risolvere tutto in modo tranquillo e soprattutto rapido D:
scusate se non ho risposto alle vostre recensioni, miei due tesori, ma ho avuto non pochi grattacapi DD: <3
Bacione! :D
The Cactus Incident
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Capitolo 16 *** Chapter 15 ***
Sch chapter 15
Marzo 1999
Margareth P.O.V.
Da quando JD e Matt si erano messi insieme, con tanto di benedizione di Val, le cose stavano andando alla grande.
Niente più seghe mentali, niente più crisi isteriche,
niente più colossi dal cuore spezzato che non sapevano dove
andare a parare……
Io e Zack resistevamo, di settimana in settimana e ormai stavamo insieme da tre mesi e qualcosa e andava alla grande.
C’era una sola, piccola cosa che mi preoccupava: il concerto.
Si, perché con l’avvento della primavera, ci sarebbe stato
il concerto di primavera, insieme al ballo, fra l’altro e la cosa
mi stava già torcendo le budella.
Gli anni precedenti al ballo o non ci ero andata proprio (primo anno) e
ci eravamo andati in massa, vestiti in maniera “non
consona” (come aveva detto la prof di teatro vedendoci) e ci
eravamo divertiti come mai al mondo.
Ma quest’anno sarebbe stato diverso…. Insomma, non
c’era Haner con cui far cadere quelli che ballavano o Jim che
faceva a botte col dj.
Quest’anno ci saremmo stati io e Zack. E un ridicolo vestito che Stacey mi avrebbe obbligato a indossare.
Si, avremmo fatto la cosa più odiosa, detestabile e melensa che avessi mai fatto: doppia coppia al ballo.
Mio Dio, mi veniva voglia di tagliarmi le vene al solo pensiero…
No, non mi piace come battuta (un giorno saprete perchè,
promesso).
Zack nemmeno mi sembrava troppo convinto, ma lui si era fatto
trascinare dall’euforia di Matt e io da quella di Stacey e adesso
io e la ragazza stavamo facendo compere.
“JD davvero…. ma che cazzo? E’ un ballo, mica un
matrimonio!” dissi scandalizzata, vedendo quello che mi proponeva.
“Infatti, peggio, ci sarà tutta la scuola, ci sarà Michelle e tu devi essere una figa stratosferica”
Ehi, aveva detto il nome magico.
“Michelle? Davvero?” Chiesi mentre un sorriso sornione si apriva sulle mie labbra.
“E’ una cheerleader, è ovvio che ci sarà anche lei” disse ovvia Sty e in effetti aveva ragione.
“Quindi è anche ovvio che tu dovrai farla crepare,
intesi?” disse puntandomi un dito contro e io annuii, guardandola.
“Ok, però niente di esagerato”
Seh, fate finta che io non abbia pronunciato quella frase, uhm?
Comunque, prima di questa parentesi, cos’è che stavo dicendo?
Ah si, il concerto.
Zack era ancora in combutta contro il prof di musica per via
dell’umiliazione dopo il compleanno di Jim e aveva intenzione di
fargliela pagare il giorno del concerto che, fra parentesi, era anche
il giorno del ballo.
Il concerto si sarebbe tenuto di mattina, il ballo di primavera di sera.
Non avevo la più pallida idea di quello che voleva fare e il
fatto che lo chiamassero “Vengeance” non mi convinceva per
niente.
Quindi avevo due pensieri che mi torturavano: il ballo e il sabotaggio
di Zack, perchè in qualche modo l’avrebbe come minimo
sabotato, ne ero convinta.
Avevo provato più volte a convincerlo dal desistere, ma lui no.
Zack non aveva proprio dei sani principi, uno di questi, ad esempio, era la vendetta.
Era il suo modo di farsi rispettare, di riscattarsi dai torti subiti e di far vedere agli altri chi è che comanda.
Io ero più per l’approccio diretto: ti faccio vedere che comando io dall’inizio. E basta.
Più alla “occhio per occhio, dente per dente” mentre
Zack era alla “braccio per capello, ghigliottina per
dente”, no so se mi spiego.
Fortunatamente, nella nostra storia non comandava nessuno dei due, altrimenti sarebbe stata la fine, quasi sicuramente.
Stacey P.O.V.
Andava tutto alla grande.
Con Matt era tutto perfetto, certo, eravamo agli inizi della seria
“conosciamoci visto che la cosa più intima che abbiamo
fatto fino ad ora è stata cacciarci la lingua in bocca o
cambiarti l’orecchino”, ma per il momento si stava alla
grande, speravo solo che durasse.
Matt in fin dei conti era un ragazzo semplice, pochi principi e ben
saldi e mi trattava come se fossi la prima e l’ultima della sua
vita.
No, non avete capito. Non è che mi arrivava davanti ogni giorno
col fascio di rose recitando roba melensa o cagate del genere.
Era il suo modo di guardarmi, le piccole attenzioni e i gesti dolci che
sbucavano fuori ogni tanto in modo inaspettato, senza la fanfara.
Matt non era un tipo da grandi cerimonie, per i suoi standard, era
già stato troppo teatrale a San Valentino con tutte le rose e lo
striscione (mi ero fatta perdonare per la storia degli insulti a
quest’ultimo e lui non se l’era presa come sembrava, non
disperate).
Anche in quel momento, mentre fumavamo nel giardino della scuola,
invece di starcene nell’auditorium a trovare un posto per il
concerto.
Sta volta si era portato la coperta per mettersi sull’erba ed
evitare di diventare fucsia e si era steso, con me che gli stavo
praticamente poggiata addosso e gli piazzavo la sigaretta fra le labbra
di tanto in tanto.
“Di che colore è il tuo vestito?” chiese ad un tratto e io inarcai un sopracciglio.
“Uhm?”
“Il tuo vestito, per il ballo” specificò, tranquillo.
“Blu acceso. Perché?”
“Per i fiori, che domande” fece ovvio.
“Parli di quelli che si legano al polso?”
“Si, proprio quelli”
Mi raggomitolai sul suo petto e lo guardai divertita, mentre lui si mordicchiava il piercing.
“Ma ti metti lo smoking?” dissi divertita.
“Eh si, dolcezza, sono obbligato, altrimenti mia madre non mi fa uscire di casa” risi divertita e lui rise con me.
“Beh, saremo una coppia spettacolare” dissi quasi sarcastica e lui mi guardò con un sorriso uccidi- neuroni.
“Si che lo saremo. Insomma, guardaci, siamo perfetti!”
“Beh, tu, in solitario, magari qualche accenno di perfezione ce
l’hai, ma l’insieme non so quanto possa giovarti”
“Solo qualche accenno?” disse scettico inarcando un
sopracciglio. Ecco, era bello e sapeva di esserlo, era forse un reato?
Non se sei Matt Sanders. Se invece sei Brian Haner (e siamo nel
’99, specifichiamo), potrebbe.
“Sei un adolescente, gli adolescenti non sono mai uno spettacolo,
fra qualche anno diventerai un figo da paura e lì mi
pentirò di averti lasciato” il sorriso di Matt morì.
“Perchè dovresti lasciarmi?” scrollai le spalle.
“Boh, non so, siamo adolescenti, possiamo durare fino al
matrimonio così come tre mesi, chi può dirlo” Matt
scrollò le spalle.
“Personalmente punto all’eternità, se poi qualcosa va storto, pazienza”
“Eternità?” chiesi stranita mentre mi sedevo sulle sue gambe e gli mettevo le braccia attorno al collo.
“Si, ti spiego. Se mi metto con una persona è
perché mi piace davvero, non sono il tipo di mettersi con una
tanto per non stare solo. Se voglio scopare e sono single non ho grossi
problemi a trovarmene una, sembro più grande di quello che sono,
capirai che ci voglio. Ma se devo stare con una ragazza fissa è
diverso, voglio che ci sia qualcosa di vero. Scelgo bene le mie
malcapitate” disse convinto e lo guardai compiaciuta.
“Beh, Matt, sei……. maturo, non l’avrei mai
detto” dissi sorvolando sul suo “se voglio scopare
ecc….”. Di quello si sarebbe parlato un’altra volta,
uhm?
Mi beccai un finto cazzotto su una spalla.
“Ehi!” disse facendo il finto offeso divertito e io risi.
“Dai Matt, non ti conosco, lasciami un po’ di tempo”
avvicinò il viso al mio, le punte dei nasi che si sfioravano.
“Tutto il tempo che vuoi” sospirò prima di baciarmi e sorrisi appena prima di intrecciare le nostre labbra.
La realista riccia e il sognatore con le fossette.
Si, avevamo buone probabilità di durare un bel po’, forse aveva ragione.
Almeno fino all’università se mai mi fossi decisa ad andarci.
Il nostro bacio idilliaco fu distratto da una mandria di pecore che veniva cacciata nel cortile.
Che diamine stava succedendo?
Meg P.O.V.
Il concerto del coro del prof doveva iniziare e noi eravamo seduti tutti nell’auditorium, ma non cominciava.
Erano ormai venti minuti di ritardo e per quanto riguarda la Huntington
Beach High School posso assicurarvi che era qualcosa di ineccepibile e
spaventoso.
Zack continuava a ridacchiare, al mio fianco e io mi avvicinai a lui.
“Allora?” mi guardò con un sorriso sornione.
“Aspetta che se ne accorgano tutti, non voglio rovinarti la
sorpresa” e mi lasciò un bacio a fior di labbra, mentre
ancora sghignazzava.
Un tipo secco e con una zazzera arancione (non rossa, proprio arancione) entrò nell’auditorium correndo.
“Venite a vedere cos’hanno fatto nell’aula di musica!”
Noi che eravamo fra le ultime file ci alzammo e uscimmo subito, quasi a
capo di quell’armata di curiosi che invase i corridoio per
dirigersi verso la classe.
Riuscimmo ad entrare per un pelo, vista quanta gente c’era.
Dal soffitto, dove dei grossi ganci tenevano su i lampadari al neon, pendeva un groviglio indicibile ed enorme di microfoni.
Si, esattamente, quasi sicuramente erano tutti i microfoni della scuola
(e la nostra scuola era grande e ben fornita, posso assicurarvelo)
uniti e incastrati in un groviglio spaventoso di fili e gelati del
microfono che in alcuni casi pendevano quasi fino al pavimento.
In più dietro al groviglio, c’era un grossa scritta sul
muro, in un rosso intenso e grondante che sembrava quasi sangue.
“Ehhhi… vendehttha siih?” lessi incespicando e Zack
mi si avvicinò, mettendomi le braccia in vita abbracciandomi da
dietro e lasciandomi un bacio sulla guancia.
“E’ italiano, significa ‘e vendetta sia’. Ti
piace?” sospirò tranquillo sulla mia spalla, per non farsi
sentire da nessuno e io emisi un verso stranito mentre continuavo ad
osservare quello che aveva combinato il mio ragazzo.
“Italiano?” chiesi stranita
“Mia madre è italiana, non te l’ho detto?”
“Uhm… no” Scrollò le spalle
“Bhe, adesso lo sai” Uscimmo dalla classe giusto dopo aver
visto il professore di musica che si disperava e ce ne andammo, certi
che non ci sarebbe stato nessun concerto del coro.
Zack mi teneva tranquillamente la mano, mentre uscivamo dalla scuola.
“Ma come hai fatto?”
“Prima ho fatto una copia delle chiavi del bidello, poi sono
entrato la notte scorsa. Mi ero anche informato e ho saputo che la
guardia notturna era in vacanza, giusto per stare un po’
più tranquilli. Sapevo che avevano già disposto tutto per
il concerto e quindi che i microfoni sarebbero stati tutti
nell’auditorium.
Non ho fatto altro che prelevarli, metterli in un sacco e quando li ho tirati fuori erano già aggrovigliati così.
Per la scritta è bastata una bomboletta spray ed ecco qui, il mio tesoro è vendicato” disse sorridente.
“Lo ammetto, era un po’ che volevo farlo, aspettavo solo il
pretesto giusto e anche la motivazione” Mi strizzò
l’occhio e accennai una leggera curva con le labbra.
Zack mi scrutò a lungo.
“Che c’è? Non ti è piaciuto?”
“No che non mi è piaciuto Zack, è una stronzata. E
se qualcuno venisse a saperlo? Potrebbero arrestarti!”
“Io e te siamo gli unici a saperlo, il professore di musica
è pieno di “nemici”. Se tu non dirai niente, non
rischio niente”
“Certo che non dirò niente, ma tu potresti anche evitare
di fare di queste stronzate” dissi scazzata e Zack indurì
la mascella, sconcertato.
“Era la tua vendetta, l’ho fatto per te!” Sgranai gli occhi.
“Non ho bisogno di queste dimostrazioni di affetto e,
personalmente, trovo la vendetta una cosa stupida e infantile” Mi
guardò come se gli avessi rivolto l’insulto più
grande possibile.
“Peccato che la mia vita si basi su una vendetta e una rivincita continua”
“C’è differenza fra vendetta e rivincita. La
vendetta è da stupidi, la rivincita è da chi vuole
mettersi sempre in gioco”
“E allora io sono entrambi”
“Al momento mi sembri più uno stupido” dissi secca e lui incrociò le braccia al petto, offeso.
“Non mi capisci, nessuno ci riesce”
“Io non capisco perché dovrei essere felice del fatto che
hai rovinato il muro della scuola e fatto una cagata del genere!”
Zack sgranò gli occhi.
“Quindi adesso è una cagata! Alla prossima frase che dici?
Che sono uno stronzo e che non vuoi venire al ballo con me?”
quasi mi urlò contro e io presi un paio di respiri profondi, per
tornare completamente calma.
“Certo che no, io ti amo, Zack, ma questi comportamenti sono stupidi e infantili”
“E allora sono io a essere stupido e infantile”
“Quando fai così, si” Serrò la mascella.
“Bene, passo a prenderti alle otto da Stacey, con Matt” e se ne andò.
Io rimasi lì, come una cogliona, ancora incazzata, ma mi dispiaceva di averlo trattato così.
Però se l’era meritato, diamine!
Ok, anche io faccio una miriade di stronzate, ma questa è proprio una cosa infantile.
La nostra è una scuola fornita, in altre quello che abbiamo noi
se lo sognano, detesto che dei coglioni come Zack rovinino quello che
abbiamo, così.
Avrei preferito se avesse dato fuoco alla macchina del prof, sul serio.
Non ci sarebbero state ritorsioni sulla scuola, solo su quello stronzo.
Ma Zack no, Zack doveva fermare tutto il concerto perché
è una fottuta primadonna e vuole che quello che fa rimanga nella
memoria di tutti.
Ancora scazzata me ne tornai a casa per prendere l’occorrente per
andare da Stacey. Aveva insistito perché mi preparassi a casa
sua, un po’ come a capodanno e per alcune cose la cara JD
è irremovibile, a me mi frega fino ad un certo punto e quindi
gliela do vinta.
Stavo aprendo la porta di casa, scazzata, quando la porta di Jim si aprì e ne uscirono Jim e Brian.
“Ohi Nessie! Stasera sei dei nostri? Come l’anno scorso?” chiese Brian con un sorriso.
“No, vado con Zack” diamine, dal tono da funerale che avevo usato sembrava avessi detto che ci andavo con mia madre.
“E non è un bene?” chiese Brian stranito dal mio tono.
“Certo” bofonchiai prima di sbattere il portone alle mie spalle.
Afferrai l’occorrente già preparato sul divano e quando
riaprii il portone avevo quei due davanti, con la braccia incrociate e
le espressioni preoccupate.
“Mi fate passare? Non voglio fare tardi da Stacey. Jim mica mi dai uno strappo?”
“Se mi dici cosa è successo, si” disse Jim secco.
“Che è successo….. ho litigato con Zacky venti
minuti fa, ecco che è successo” dissi stizzita e col tono
stanco. Brian mi guardò preoccupato.
“Dev’essere serio se stai così” chiese mentre mi scrutava.
“Certo che è serio, solo con te litigo per le stronzate” dissi con voce stanca.
“Vuoi davvero andare al ballo con lui?” chiese Jim
rilassando le bracci lungo i fianchi e scansandosi appena, facendomi
uscire di casa e chiudere il portone a chiave.
“Certo, dobbiamo parlare, non voglio che rimanga in sospeso”
“Ok, come preferisci. Se vuoi, noi siamo lì” mi propose Brian dopo un leggero cazzotto su una spalla.
“Ma tu non vai con Michelle?” gli chiesi stranita e in
risposta Brian sgranò gli occhi e cambiò colore.
“Oh cazzo!” bofonchiò prima di correre via come un
forsennato. Io e Jim rimanemmo a guardarci prima di scoppiare a ridere.
“Dici che se n’è sul serio dimenticato?” commentai io divertita e Jim annuì.
“Dico proprio di si” Mi mise un braccio attorno alle spalle
e mi guardò. “Forza, ti accompagno io che devo recuperare
una camicia preferibilmente a tinta unita, magari bianca”
Lo guardai allibita, mentre scendevamo le scale.
“James Sullivan con una camicia a tinta unita?! Mi prendi in giro?”
“No, ma se non trovo un amico con cui andare al ballo, mi tiro a
lucido e vedo di fare conquiste sul posto” disse tranquillo e
annuii.
“Ti conviene provare da Matt, lui ne ha qualcuna e più o meno dovrebbero andarti”
“Buona idea, ragazza, direi proprio che Shad è la mia ultima spiaggia”
Dopo avermi scaricato da Stacey, continuò in direzione della casa di Sanders.
Stacey P.O.V.
Meggie arrivò con una mezza faccia da funerale e la custodia del vestito in spalla.
“Ohi, che succede?”
“Ho litigato con Zack” sgranai gli occhi, scandalizzata.
“Ha deciso di portare un’altra al ballo e adesso tu vai con Haner o cosa?” fece una faccia quasi schifata.
“No, diamine. Hai presente il casino nella sala musica?”
“Si”
“E’ stato lui” disse secca.
“Cazzo”
“Per questo abbiamo litigato” Sbuffai mentre salivamo al
piano superiore. Dopo esserci chiuse in camera mia, schiaffai Meg nel
mio bagno per cambiarsi, mentre io mi cambiavo in camera mia.
“Se ne è uscito fuori con “l’ho fatto
per te, era la tua vendetta” e roba del genere, ma a me non me ne
fotte un cazzo della vendetta! Se lo arrestano devo averlo pure sulla
coscienza, diamine” mi spiego dal bagno.
“Meg, lo sai che Zack è quello che è, non puoi di
certo aspettarti che metta la testa a posto” risposi io mentre
mettevo i collant leggeri.
Buttai un occhio al mio vestito blu lapislazzulo appeso
all’armadio. Era un semplice vestito di shantung, lungo fino al
pavimento, avvitato e aderente fino alle anche per poi aprirsi
leggermente. Lo scollo diritto con le spalline sottili, era decorato da
ricami di perline bianche che scendevano sul lato destro e alcuni
ricami uguali erano anche sulla fine del vestito e salivano fino al
fianco, dal lato destro. Semplice, niente di esagerato.
L’abito lungo è d’obbligo in queste serate. In molte
scuole se non ce l’hai non ti fanno proprio entrare, vi pare
giusto?
Scivolai nel vestito e aspettai che uscisse Meg per chiudermi la zip sulla schiena.
“Bene, con questo vestito mi sento una vacca e la mia voglia di
andare al ballo e sotto i tacchi” bofonchiò incazzata
uscendo dal bagno.
A Meggie il rosso stava una favola, non si poteva obbiettare. Anche se
detestavo quel colore (il preferito di Matt, fra l’altro) a lei
stava bene. Pure se il suo, di colore preferito, era il viola.
Il suo vestito era della stessa stoffa del mio, ma era a due pezzi.
Aveva un corpetto senza spalline rosso di base con del tulle nero
cucito su entrambi i lati e due strisce nere sottili sul davanti e una
centrale, lo scollo leggermente più sagomato rispetto al mio, ma
egualmente…. “generoso”, ecco. Non che si vedesse
granché, visto come eravamo messe entrambe. Beh, almeno non
eravamo di certo volgari, poco ma sicuro.
La gonna era nera, sempre di shantung e lunga fino al pavimento, ma
leggermente più stretta della mia e aveva le stesse strisce del
corpetto, come se ne fossero la continuazione, ma con i colori
invertiti.
“Meg, stai una favola, posso assicurartelo”
“Sarà” disse stizzita, sedendosi sul letto, aspettando che mi preparassi io.
“Mi trucchi tu anche sta volta?” chiese distrattamente,
mentre carezzava la testa di Jack, ma impedendogli di avvicinarsi
troppo.
“Certo, dammi un attimo che finisco io. Puoi chiudermi il vestito?”
Si alzò e mi chiuse la zip, sospirando un “Certo” per poi tornare a sedersi sul letto, ancora scalza.
“Metti le stesse scarpe di capodanno?” chiesi distrattamente e lei annuì.
“Tanto, sono nuove e sono gli unici tacchi che ho” disse
tranquilla. “Jack che ne pensi di venire al ballo con me? Eh
cuccioline? Andiamo io e te e mollo Zack qua, che ne pensi?”
Jack scodinzolò ed emise un “Woff!” convinto.
“Oh, l’ho sempre detto che i cani sono meglio di molti ragazzi”
“Dai, adesso non essere tragica, vedrai che con Zack le cose si
sistemeranno” sospirai alzandomi e facendole segno di sedersi al
posto mio.
“Boh, speriamo bene”
I capelli le erano cresciuti parecchio e glieli tirai tutti da un lato,
facendole una cascata di boccoli col ferro (perchè a casa mia
c’era un ferro, me lo stavo chiedendo anche io, ma vabbè)
col ciuffo che ricadeva in una curva morbida insieme ai capelli.
Più o meno le feci lo stesso trucco di Capodanno, ma un
po’ più chiaro ed elegante.
I miei capelli (sempre più lunghi) erano perfettamente lisci e
tirati da entrambi i lati sulla nuca, congiungendosi sotto , nascosti
dalla massa di capelli castani tirati indietro e leggermente cotonati
sopra.
Linea di eyeliner un po’ retrò e sfumature con l’ombretto blu e perlaceo.
C’infilammo i tacchi vertiginosi (mica siamo cretine e andiamo in
giro con quei cosi dall’inizio?), afferrammo le borsette in cui a
stento entrava il pacchetto di sigarette. Il cellulare non ci provai
proprio.
Un’ultima occhiata allo specchio e mia madre ci avvertì
che “erano arrivati i nostri cavalieri”, parole sue.
Ci lanciammo un’occhiata e scendemmo le scale.
Stavamo attraversando gli ultimi gradini quando mio padre ci scattò una foto.
“Papà”
“Ehi, è un giorno da ricordare!” si giustificò lui, facendoci un’altra foto.
Avrei voluto ribattere ancora, ma fui distratta da un figo che mi sorrideva.
Oh, era Matt.
Il mio ragazzo era impeccabile, aveva uno smoking nero, semplice, la
camicia bianca perfetta e la cravatta nera, dal taschino dello smoking,
usciva un fiore bianco con i bordi blu che sinceramente non sapevo
proprio cosa diamine fosse, ma era molto simile a quelli che aveva
nella scatola di plastica che aveva fra le mani.
Mi avvicinai e gli sorrisi.
“Sei bellissima” disse tranquillo e mi porte i fiori.
“Neanche tu sei male” dissi con un mezzo sorriso e scoppiò a ridere.
Mi mise una mano in vita e TACK! di nuovo mio padre.
“Papà”
“Dai, siete carini” mia madre fece una faccia sconvolta.
Da quando a mio padre piaceva il ragazzo con cui uscivo?
Li aveva sempre detestati, soprattutto Simon, per via dei capelli. Matt
aveva il piercing e parecchi tatuaggi, ma non sembrava dargli fastidio.
Bah, chissà che si erano detti quella volta che avevano
chiacchierato.
Zack era vestito nello stesso modo di Matt, ma invece della cravatta
aveva il papillon, i capelli ordinatamente (e insolitamente) tirati
indietro. Fra le mani aveva una scatola uguale a quella di Matt, ma con
alcune rose molto particolare i cui petali erano bianchi
all’esterno e rosso scuro all’interno (non chiedetemi cosa
fossero, non ne capisco niente di botanica).
Meg si avvicinò a lui e lo guardò con aria colpevole, lui
aveva la faccia da cane bastonato. Credo si sentissero entrambi in
colpa per essersi urlati addosso, ma sembravano abbastanza propensi a
fare pace.
Meno male, dai. Papà cominciò a fare foto anche a loro
due visto che Lay, la madre di Meg, gli aveva chiesto di farne al posto
suo, visto che lavorava e non avrebbe potuto vedere la figlia tirata a
lucido, una novità.
Meg sistemò il papillon di Zack (mio padre gli fece ancora una
foto) e, dopo una foto tutti e quattro, c’infilammo nella
macchina di Matt.
“Ehi, che fine ha fatto il furgone?” chiesi distrattamente.
Davanti avevo una Mustang nera tirata a lucido che era al fine del
mondo.
“Non mi sembrava il caso, questa è l’auto di mio
cugino, se gliela graffio sono morto” disse aprendomi lo
sportello del passeggero. Zack fece lo stesso a Meg sul posto di dietro
e poi fece il giro della macchina per sedersi di fianco alla ragazza.
Cominciarono a bisbigliare per tutto il tempo e a guardarsi con le
facce da cani bastonati. Io e Matt ci lanciavamo occhiate, provando a
capire che dicessero, ma alla fine scollammo le spalle e scoppiammo a
ridere.
Legai i suoi fiori al polso, come da manuale e cominciammo a parlare
distrattamente per quanto riguardava la serata e cosa avrei dovuto
aspettarmi.
Quando arrivammo davanti alla scuola (molto vicina a casa mia, ma Matt
aveva fatto un giro panoramico per far sì che i due parlassero
con calma), Meg e Zack si tenevano la mano con dei sorrisi tranquilli e
Matt mi prese sottobraccio.
“Beh, sembra che quei due si siano riappacificati, no?”
dissi io tranquilla mentre avanzavamo verso l’ingresso.
“Non cantare vittoria troppo presto… Oh, foto!”
sospirò Matt mettendomi al suo fianco, mentre il ragazzo davanti
a noi scattava la foto.
“Beh, adesso non pensiamoci, uhm? Siamo al ballo, forza!” Ma si divertiva davvero così tanto? Wow.
La palestra era addobbata e era stato montato un piccolo palco su cui
c’era il DJ con la console, il tavolo delle bibite e di alcune
tartine non identificabili come commestibili.
Meg P.O.V.
La serata tutto sommato andò bene.
Io e Zack chiarimmo e mi promise che non avrebbe fatto più
cagate del genere dedicandole a me o utilizzandole come segno del suo
amore. E io promisi di essere meno sclerotica e paranoica nei suoi
confronti.
Insomma, si poteva fare, no?
Zack si era dileguato con alcuni suoi amici e io stavo parlando con
Val, quando mi ritrovai davanti Haner. Aveva un completo nero e una
camicia bianca senza colletto, i capelli ordinatamente tirati indietro
e il solito sorrisetto sbruffone.
“Haner, a quale chierico hai rubato la camicia?” Scusate,
ma mi venne naturale, voi non avete idea di come fosse conciato.
“Nah, me la prestato il ragazzo di quella gothic sadomaso a cui hai rubato il corpetto. Ti va di ballare?”
“Haner dove hai abbandonato mia sorella?” chiese Val divertita.
“Oh è da qualche parte con le sue amiche…. Come
parte del comitato studentesco deve occuparsi di quella roba per la
reginetta del ballo” spiegò distrattamente.
“Quindi sarei il ripiego alla tua ragazza assente?” dissi
caustica e divertita. Era troppo divertente lanciargli frecciatine.
Haner sbuffò pesantemente prima di afferrarmi per una mano e
portarmi sulla pista.
C’era un lento del cazzo e mi mise le mani in vita. Io leggermente imbarazzata poggiai le mie sulle sue spalle.
Mi guardò mentre ondeggiava a tempo di musica. Non sapevamo
ballare, semplicemente ondeggiavamo a tempo sembrando grano
scompigliato dal vento.
Mi guardava con un sorrisetto accennato sulle labbra.
“Mi spieghi quella faccia?” chiesi divertita.
“Quale faccia? Non posso ballare con l’estensione della mia famiglia e sorridere?”
“Certo che puoi, ma sembri mongoloide così” Alzò gli occhi al cielo e sorrise.
“Per una volta che non ti insulto in pubblico”
“Per questo è strano…..” Sbuffò e mi sorrise.
“Piuttosto, risolto con Mr. Vengeance?”
“Certo che si, adesso è tutto alla grande” dissi ovvia e lui sorrise.
“Quindi siete tornati in modalità sole cuore amore, eh? Sono felice per te”
“Si, guarda, sprizzi allegria da tutti i pori” dissi sarcastica e sbuffò pensatemene per poi guardarmi serio.
“Lo sai che quel ragazzo non mi piace”
“Beh, se così non fosse significherebbe che sei gay”
provò a fare il serio ancora un po’, ma alla fine
scoppiò a ridere e io gli fui dietro.
“Ok, come non detto” sorrise allegro.
“Bri, davvero, non ho bisogno di qualcuno che prenda le decisioni
al posto mio. Urge più un amico, come fratello mi basta e avanza
Jim” Mi sorrise ancora.
“Sai Meg, stasera sei quasi guardabile”
“E’ il massimo che posso ottenere da te, vero?”
“Certo che si” scrollai le spalle.
“Mi accontenterò” la canzone finì e poggiai
le labbra pesantemente colorate sulla sua guancia. Giusto per far
incazzare Michelle e poi venni rapita da Jim per ballare insieme a noi
due come dei deficienti.
In breve sia giunse anche Zack e gli altri, ballando come una bassa di
mongoloidi a tempo di quello schifo commerciale e inascoltabile, ma il
senso del ritmo ce l’avevamo tutti, quindi ci si accontentava.
Si, non male come ballo del terzo anno.
Ehm, salve.
Sono una reietta, una stronza etto quello che volete.
È un secolo che non mi
faccio vedere, ma credo che questo mese di agosto sia identificabile
come il più brutto che la mia famiglia abbia mai attraversato.
Ma spero di tornare al vecchio ritmo! :D
Dia, ce la posso fare *anf anf*
Ma adesso torniamo alla storia….
In verità si racconta che
Zack li abbia semplicemente rubati i microfoni, ma io sono più
teatrale e poi dovevo far litigare quei due, mi serviva v.v
Lo vedete lì dietro le
quinte? No? Beh, è solo Haner che balla la lambada con uno
scopettone per la gioia di quei due che litigano, cosa volete che sia
:’)
Beh, di Brian avevo QUESTA idea v.v
Bello, eh? Un amore (sono
leggermente sarcastica. Prego notare il piercing che al giorno
d’oggi non ha più eheheheh)
Vi consiglio di vedere le rose che Zack regala a Meg, anche note come Rose Osiria, semplicemente stupende.
Mio Dio, Matt rischia di mandarmi all’obitorio. Mi si alza la glicemia che non vi dico, sul serio.
Non lo faccio di proposito, mi
viene melenso in modo carino :/ (perchè è carino, vero?!
Non è melenso e basta, eh?!?!)
JD apprezzerà v.v (spero) Simon un po’ meno DDD: povero, piccolo, strafigo….. <3
è finito nel dimenticatoio v.v cose che capitano.
Ringrazio Black Is the New Black che ha recensito lo scorso capitolo :D (ragaaaaaazze? Dove sieeeete?)
Me lo lasciate un commentino per insultarmi? Eh?
Saluti! :D
PS: se vi dicessi che in pratica siamo a metà della storia?
The Cactus Incident
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Capitolo 17 *** Chapter 16 ***
chapter 16
Inizio giugno, 1999
Stacey P.O.V.
Avete presente il termine “americanata”?
Sono di quelle cose che si vedono solo nei film per adolescenti
made in U.S.A. e che non vedrete mai in nessun altra nazione o
continente. Sapete, no, il ballo di primavera, quello di fine anno, la
squadra di football, quella di baseball, le cheerleader e tutte queste
cose qua…….
Fra le varie americanate contemplate nella nostra scuola, spiccava
anche l’autolavaggio, uno dei metodi più rapidi di
incassare soldi.
Fare l’autolavaggio era competenza del comitato studentesco
e chiunque vi rientrasse, avrebbe avuto dei bei crediti scolastici.
Era per questo che io e Matt ci stavamo dirigendo al posto che avevano scelto per la loro attività.
Volevamo goderci lo spettacolo, perché vi chiederete voi,
beh forse perchè quelle due menti brillanti di Meg e Jim erano
entrati nei comitato studentesco per ottenere dei crediti e adesso
avrebbero lavato automobili in mise…. Succinte, ecco.
Le ragazze con shorts e bikini, i maschi con i bermuda.
Matt passò per casa mia e col suo furgone ci dirigemmo fin lì.
“Ti farai lavare la macchina?” chiesi distrattamente e lui annuì
“Mi pare ovvio, voglio vedere quella bomba sexy di Jim che si spiaccica sul mio cofano”
All’immagine di Jim che faceva il sexy con schiuma e spugna,
sul cofano del furgone di Matt scoppiai a ridere e il mio ragazzo mi fu
dietro.
“Mio Dio è raccapricciante!”
“E lo hai solo immaginato, pensa a vederlo dal vivo”
Arrivammo in poco tempo e Matt consegnò le chiavi al
ragazzo che “smistava” le macchine. Dopo di ché,
granita gelida alla mano e occhiali da sole sul naso, ci piazzammo su
una panchina (una delle poche libere) per goderci lo spettacolo.
Jim a torso nudo faceva il suo lavoro, fischiettando allegro con i
capelli sparati in tutte le direzioni come al solito e la schiena
pallida leggermente scottata. Col fisico asciutto e leggermente
muscoloso che si ritrovava non faceva di certo brutta figura e a
dispetto della mia “fantasia” non si spiaccicava su i
cofani insaponandosi.
Quando si trovò davanti al naso il furgone
dell’amico, lo riconobbe e cominciò a guardarsi attorno
per trovarci e quando ci scovò sulla panchina si aprì in
un grosso sorriso e sventolò la grossa spugna gialla.
“Ehi ragazzi! Da quanto siete qui?!” urlò sbracciandosi e noi ci avvicinammo.
Gli offrii la mia granita e ne prese una grossa sorsata.
“Oh grazie JD. Vi godete lo show?” disse divertito e noi annuimmo ridendo.
“Sei il più gracilino qua in mezzo, Sullivan” lo prese in giro Matt e il batterista scrollò le spalle.
“Che ci vuoi fare, mi ci vedi grosso e palestrato? Sarei
ridicolo” disse convinto. Come se non fosse quello con i capelli
biondo stupido più assurdi di tutta Huntington Beach, certo.
“Sullivan, non sei qui per parlare!” Una tipa bionda
tutta cotonata, che se non ricordo male faceva parte della combriccola
di Michelle, richiamò il mio amico che annuì e si rimise
a lavorare.
“Ragazzi, non credevo che sarei caduto così in basso,
ma vorrei essere promosso e lasciare quella scuola di merda, quindi mi
tocca sgobbare. Ci vediamo dopo, uhm?”
“Ok, ma Meg?” chiesi curiosa.
“Oh, è lì” disse indicandoci un
gruppetto che lavava un’auto a tre di distanza da dove ci
trovavamo noi. Si erano divisi in cinque gruppi per smaltire meglio la
gente.
Dopo una pacca sulla spalla rossa di Jim per cui bestemmiò
tutti i santi, ci allontanammo da lì per andare a rompere i
coglioni a Meg.
Beh, col fisico asciutto che si ritrovava nemmeno lei aveva
granché da invidiare a quelle patinate vip della scuola, anche
se a differenza di quest’ultime, lei lavorava, quelle no.
Aveva un bikini nero con una miriade di teschietti verde acido e
un paio di shorts di jeans che non arrivavano a metà coscia,
tutti sfilacciati. I capelli corti tirati in una corta coda disordinata
e una linea di eyeliner resistente all’acqua più sottile
delle sue solite.
“Allora Window! Si lavora, eh?” dissi avvicinandomi a lei che mi lanciò un’occhiata terribile.
“Mi sto scuocendo il culo, giuro, e ho una sete che non
v’immaginate” Le passai la mia granita e anche lei ne prese
una grossa sorsata.
“Uh, anguria” disse dopo un po’.
Poi mi restituì il bicchiere. Stava per parlare quando qualcuno la chiamò.
“Ehi Nessie!” SPLASH.
“Figlio di puttana!”
Haner era arrivato con un secchio blu di plastica che aveva
svuotato su Meg e adesso sghignazzava come una iena mentre la mia amica
provava a riprendersi.
Dopo essersi passata le mani sul viso rimuovendo un po’
d’acqua in eccesso e essersi tirata indietro i capelli corti e
apparentemente neri perchè bagnati, afferrò il suo
secchio di acqua (saponata e sporca, nel suo caso) e lo svuotò
su Haner.
Io e Matt scoppiammo a ridere vista la faccia di Brian che si
tolse gli occhiali da sole e stava per rispondere, quando Michelle lo
chiamò.
“Sfortunatamente devo andare, ma aspetta un po’ e vedrai che vendetta” la minacciò prima di andarsene.
Dopo poco arrivò Zack a tenerle compagnia e io e Matt ce ne andammo.
“L’anno prossimo lo fai pure tu?” mi propose Matt.
“Vuoi vedermi in bikini che lavo macchine o cosa?”
“L’idea sarebbe quella” alzai gli occhi al cielo
e lui mi schioccò un bacio sulla guancia, prima di mettermi un
braccio attorno alle spalle e farci un giro per Huntington.
Meg P.O.V.
Con le ultime forze arrivai a quello stramaledetto terzo piano,
facendomi forza e facendo forza a Jim, più o meno nelle mie
stesse condizioni.
“Cristo Jim…. io esco da quella squadra di pazzi….”
“A chi lo dici…. che si fottano i crediti scolastici: non ci voglio crepare mica in quella scuola”
Avevamo provato a sperare in una media di fine anno migliore e
quello che la alzava meglio di tutti era far parte del comitato
studentesco. Peccato che fossero in magra e il ballo di fine anno
incombesse minacciosamente quindi, grande genialata, avevano messo in
atto la classica stronzate del lavaggio auto.
Vi dico solo che la vendetta di Haner consistette in un set
fotografico per cui gli avrei volentieri ficcato la macchinetta su per
il culo.
Tutto sommato ci eravamo divertiti e quando era passato Zack non era stata così male, ma era davvero troppo distruttivo.
Avevo le mani distrutte ed ero a pezzi, per di più avevo
anche cominciato a cuocermi la schiena, troppo bianca per poter
sopportare il sole cocente di Huntington Beach.
“Fanculo…. non m’interessa… adesso vado
a dormire. Stasera non credo proprio di farcela ad uscire” dissi
io raggiungendo l’ultimo scalino aggrappandomi al corrimano.
“Bah, direi che anche io rimango a casa…. o forse
no” sorrise stancamente Jim e poi ci separammo, spostandoci
ognuno sul proprio lato del pianerottolo.
Mi sciolsi il codino per evitare che mia madre non mi sgamasse il
piercing fatto da JD (ancora non mi aveva beccato!) e presi un sospiro.
Infilai le chiavi nella porta e mi bastò mezzo giro per aprirla, quindi mia madre era a casa.
“Maaamma!” urlai appena passata la porta.
“Meg! Vieni in cucina! C’è una….
sorpresa” mi chiamò lei dalla cucina, quasi un
tutt’uno con l’ingresso.
“Se per sorpresa intendi una dose di adrenalina o di valium
ti faccio una stat…..” Rimasi gelata appena entrata nella
cucina.
Al bancone, seduto su uno sgabello e con una tazza di caffè fra le mani, c’era lui.
Parecchi piercing sulle orecchie e tatuaggi, i soliti occhi
azzurro ghiaccio e il solito mezzo sorriso in cerca di
compassione. I capelli scuri lunghi fino a metà collo
erano pettinati con la riga nel mezzo e scompigliati in leggere curve
castane.
Un jeans strappato, una maglietta scambiata dell’Hard Rock, gli occhiali da sole piantati sulla testa.
Sciolsi la mia posa sorpresa e feci una faccia scocciata. Mi
passai una mano fra i capelli e piantai i miei occhi meravigliosamente
opposti a quelli di lui, nei suoi.
“Ah…. sei tu” dissi schifata. Incrociai lo
sguardo di mia madre e fui ben felice di notare che nemmeno lei era
tanto entusiasta di averlo di nuovo a casa.
“Tanti auguri tesoro” Sgranai gli occhi fino all’inverosimile. Mi voltai verso mia madre.
“Che diamine ha detto?” e lei fece una faccia come a
dire ‘Ormai non ci sono più speranze’ per niente
divertita o sarcastica.
“Non vieni a salutarmi?” insistette.
“Perché dovrei?” dissi tranquilla e lapidaria.
Mollai la mia borsa sul divano e passai nella cucina per vedere se
c’era qualcosa da mangiare.
“Sei diventata davvero una bella ragazza” continuò a parlare.
“Grazie. Sei venuto a riprenderti il basso o cosa? Mamma dove sono i biscotti?” dissi io ignorandolo.
“Qui sul tavolo, Meg” Disse lei tranquilla e sorridendomi complice.
Per quanto potesse essere impegnata col lavoro e poco presente, mi
aveva cresciuto bene e sopratutto mi aveva fatto capire una cosa: mio
padre non meritava compassione.
Si, quella rock star di poco meno di quarant’anni era mio padre.
James Window, bassista dei mitici/storici Trapnest [Nda Cactus: ho
preso il nome dall’anime NANA, non avevo idee .__.”
perdonatemi], e padre peggiore dell’anno da sedici anni e tre
quarti a questa parte.
Infilai la mano nel barattolo e ne estrassi qualcuno.
“Allora? Che vuoi?” chiesi scocciata, guardandolo distrattamente.
Possibile che invecchiasse così bene? Per essere
così spregevole da abbandonare una donna di appena
vent’anni e una figlia di due, si portava bene tutto lo schifo
che faceva.
“Volevo solo salutarti”
“Uhm ok, ciao” dissi distrattamente addentando un biscotto con le gocce di cioccolato.
“Perché mi tratti così?” Si permetteva pure di fare il cane bastonato, lo stronzo.
“Sai com’è, ho imparato da te,
papà” l’ultima parola uscì dalle mie labbra
come un insulto.
“Ti avevo portato un regalo…”
“Tienitelo” dissi secca.
“Ma almeno aprilo…..” Seguii il suo sguardo e
notai un grosso intruso nel salotto, poggiato contro il divano.
Possibile che prima non l’avessi notato?
Era una custodia nera, di quelle rigide, che solo la custodia
comincia a costare intorno ai 200 dollari, con un grosso fiocco rosso
in cima.
“Uhm”
Mi affacciai e la adagiai sul divano. Feci scattare le due
aperture e rimasi a contemplare quello strumento, quello spettacolare
strumento. Percepii che mio padre si era accovacciato vicino a me,
davanti al divano, ma che osservava me e non quell’opera
d’arte.
Era una Schecter. Una stupenda, graffiante e spettacolare Schecter, nuova di zecca.
Floyd Rose, Symour Duncan Pickups, tastiera d’ebano con
intarsi in madre perla, corpo laccato di un verde lime trasparente che
lasciava vedere le venature del legno utilizzato.
Ci sarei morta per una chitarra del genere (colore a parte).
I miei occhi brillavano, mentre con lo sguardo carezzavo le sue
forme sinuose e perfette. Sentivo le mie mani fremere al pensiero di
sfiorare quelle corde nuove e perfette. Già vedevo Haner che
sbavava. Una cosa del genere poteva vederla solo nell’intoccabile
arsenale di suo padre. Chissà che suono eccez…..
No. Non avrei mai accettato un regalo da mio padre.
Ehi, un momento. C’era stato un piccolo particolare che per assurdo non avevo notato fin da subito.
Beh, papy, hai fatto una toppata più grossa dell’ Empire State Bulding.
“Sedici anni sono un traguardo importate e bisogna
ricordarlo in modo speciale” Vai, continua a sparare cagate, vai.
Verde. Una spettacolare chitarra di un verde che sarebbe stato un cazzotto in un occhio anche per un daltonico.
Chiusi di scatto la custodia e ancora più repentinamente voltai il viso verso mio padre.
“Uhm. Bella. Riportatela” dissi fredda.
“No, è per te” isistette.
“Peccato che se avessi fatto attenzione almeno ai miei primi
due anni di vita ti saresti reso conto che sono mancina proprio come
te. O forse te lo ricordi, solo che l’hai fatta comprare a
qualcun altro che logicamente non lo sapeva”
“Scusa…. posso farla cambiare… io…”
Mi tirai diritta in piedi, porgendogli la custodia ormai chiusa.
“Hai già fatto abbastanza. Riportatela e la prossima
volta almeno accertati che sia mancina, così quando te la
restituisco la conservi per te. Ah, per tua informazione il mio
compleanno è il due settembre, non il due giugno e
quest’anno dovrei farne diciassette, non sedici” scoccai
un’occhiata a mia madre che annuì e andai in camera mia.
Afferrai lo zaino, ci buttai un cambio, lo spazzolino, lo shampoo
e il pigiama. Rimasi un secondo a osservare la custodia poggiata contro
il muro e dopo un “Fanculo” sussurrato, l’afferrai e
me la portai dietro.
“Mamma io esco va bene? Ci vediamo domani mattina” le lasciai un bacio sulla guancia, mentre lui mi guardava.
”Dove vai?” chiese e io lo fulminai con lo sguardo.
“Da qualcuno che ha fatto il padre meglio di te. Ciao James”
“C-ciao Meg” mentre mi chiudevo la porta alle spalle
sentii un chiaro “Sta parlando di Brian, vero?”, ma feci
finta di niente, perché aveva ragione.
Piazzai il sedere sul corrimano e scivolai giù così, volevo darmi una mossa.
Tutta la stanchezza era sparita, c’era solo rabbia e risentimento e non era per niente bello.
Uscii in fretta e furia dal palazzo e cominciai a correre in
direzione del mio porto sicuro, mentre le lacrime cominciavano ad
inondarmi gli occhi.
Era ormai il tramonto quando arrivai davanti la villetta, il fiato
corto, i muscoli talmente doloranti da impedirmi una corretta azione
motoria, il collo completamente bagnato di lacrime e il respiro sul
punto di collassate per lo sforzo.
Suonai il campanello e Susan venne ad aprirmi. Appena mi
guardò mi strinse forte fra le braccia, mentre il respiro si
spezzava ancora una volta.
“Tesoro…. è tornato, vero?” annuii,
mentre mi carezzava la schiena semi ustionata da sopra la maglietta
leggera di cotone che avevo sopra al bikini, ma senza farmi alcun male.
Non avevo nemmeno fatto in tempo a cambiarmi. Avevo ancora bikini, shorts e maglietta.
“Mamma dove sono le mutand…. Meg!” Brian
attraversò a grosse falcate il soggiorno e Suzy lasciò
spazio al figlio con addosso solo l’accappatoio e mi feci
abbracciare, mentre continuavo a piangere.
“Ssssh Meg, tranquilla, ora sei qui….. non devi
preoccuparti” tirai un pungo senza forza sul suo petto bagnato.
“E’ mio padre, Bri! E’ mio padre e mi ha portato
una chitarra per destri, convinto che oggi fosse il mio
compleanno!” sbraitai nervosa.
Mi carezzò piano la testa senza toccarmi la schiena che sapeva bene essere in condizioni non accettabili.
“Tranquilla, adesso se ne andrà e quando
tornerà fra dieci anni lo spedirai fuori dalla porta a calci in
culo” Fui spezzata da un altro dannatissimo singhiozzo.
“Appena diventerò famoso, sarò io a comprarti
una chitarra. Sarà una Schecter stupenda, viola e mancina, col
Floyd Rose originale. Magari una sette o otto corde, così
vediamo se riesci a farmi il culo, uhm?” sussurrò sulla
mia testa, provando a calmarmi. Sorrisi contro il tessuto spugnoso e
morbido in cui era avvolto e lo abbracciai.
“Solo per curiosità… che chitarra era?” chiese dopo un po’.
“Una Schecter con Floyd Rose originale, tre paia Symour
Duncan e di un verde lime talmente brutto che avrebbe fatto schifo pure
al chitarrista dei Poison” Scoppiò a ridere di gusto.
“Verde? Che cazzo di colore è per una chitarra?”
“Non lo so, ma solo il grande James Window poteva fare una cagata del genere” Mi diede un bacio sulla testa.
“In più era convinto che oggi fosse il mio
compleanno…” sentii il labbro tremare pericolosamente e
scoppiai ancora.
“Non può esistere davvero un padre del genere! Non
è possibile! Non puoi presentarti dopo sei anni che non ti fai
vedere, ai primi di giugno convinto che sia il mio compleanno con una
chitarra di 1300 dollari che sogno da una vita, di un colore orribile e
per destri, maledizione! Non puoi!” tirai un mezzo pugno sul
petto di Haner, mentre ci piantavo la fronte contro.
“Ssh, Meg…. Dai, che ne dici di una bella doccia?
Mamma ha fatto dei biscotti che sono la fine del mondo”
abbassò un po’ il volume “Li ha un po’
bruciati sotto, ma non si sente nemmeno” sorrisi e mi asciugai
gli occhi.
“Dai Meg, il bagno sai bene dov’è. Occhio a non
cadere che mi sono appena lavato io, eh? Vorrei evitare una bella corsa
all’ospedale…. ancora” Scoppiai a ridere mentre
entrambi salivamo al piano di sopra, quando Haner si ricordò che
non aveva più chiesto alla madre dove fossero le sue mutande.
Io proseguii per il bagno e dopo due secondi che avevo poggiato lo
zaino sul mobiletto bianco di legno, arrivò Suzy con un paio di
asciugamani per me e con il mio accappatoio (si, avevo un mio
accappatoio a casa Haner. Credo l’abbiate capito che eravamo una
sorta di grande famiglia allargata).
La abbracciai e lei ricambiò con un solo braccio.
“Sono sempre un disturbo, ma non so come faremmo senza di voi. Grazie tante, Suz”
“Oh tesoro, non preoccuparti. Tu sei come una figlia e tua
madre come una sorella, non sarai mai di disturbo. Né tu
né tua madre. E poi lei cucina troppo bene per essere
d’impiccio!” disse sorridendomi e facendo sorridere anche
me.
Susan non era proprio una cuoca eccezionale, se la cavava, a
differenza di mia madre che sembrava una sorta di chef. Peccato che io
non avessi preso da lei….
“Dai, adesso ti lascio alla tua doccia. Vado a prepararti la camera. Rimani a casa stasera o esci?”
“No, credo di restare a dormire… sono troppo distrutta”
“Ok, allora restiamo anche noi”
Ecco, gli avevo rovinato al serata.
“No assolutamente! Qualsiasi cosa dobbiate fare, andate. Io
resto qua a dormire, potete tranquillamente chiudere con me
dentro”
“Non ti chiuderei mai in casa da sola! Costringo Brian a restare a casa”
“Suzy davvero, se vuole uscire io rimango qui nel mio
angolino. Voglio solo un posto tranquillo dove non ci sia James che
continua a fare domande e dire cose stupide. Grazie per tutto quello
che fate tu, Brian…. e Brian, ma non c’è bisogno di
tutto questo disturbo, davvero” Sbruffò divertita e
uscì dal bagno.
“Vi preparo la cena e poi usciamo, va bene?” disse poi, infilando solo la testa.
“Grazie tante Susan”
“Oh, figurati tesoro”
Dopo una bella doccia scivolai nel mio pigiama (pantalone della
tuta grigio con i bordi rosa e una maglietta nera a maniche corte con
degli avanzi di borchiette tondeggianti ancora attaccate: una volta era
una bella maglietta), inforcai gli occhiali da riposo e infilai le
converse senza i calzini. Portai le mie cose nella stanza degli ospiti
che Susan preparava sempre per me, quella fra il bagno e la stanza di
Brian, e poi scesi al piano terra.
Erano le dieci, quindi credevo che Brian fosse già uscito e
che fossi da sola a casa, ma quando scesi lo trovai in una tenuta
simile alla mia (pantalone della tuta verde con i bordi grigi,
maglietta nera reduce di un lavaggio con candeggina che l’aveva
resa tendente al marrone con punti più chiari e ciabatte) mentre
guardava distrattamente il televisore e mangiava.
“Uh, credevo ci fossi morta in quel bagno” disse divertito mentre mangiava patate fritte.
“E tu? Che ci fai qua?” chiesi tranquilla e lui scrollò le spalle.
“Non avevo voglia di uscire. E’ un reato?”
“Per te si. E’ venerdì sera e sei a casa. Non
ricordo una cosa del genere da quando ti rompesti una gamba”
“Ti ricordo che uscii lo stesso e Jimmy fece ribaltare la sedia a rotelle” risi distrattamente.
“Ah, vero” bofonchiai rubando una patatina dal suo piatto.
“Hamburger?” chiese mostrando il suo piatto e
alzandosi quando annuii. Schiacciò un paio di tasti sul
microonde e poi tornò a sedersi.
“Come va la schiena?”
“Uhm… ha visto tempi migliori, ma anche nettamente
peggiori, quindi non posso lamentarmi. E tu? Hai già portato i
rullini a sviluppare?”
“Si, vado a ritirarle domani mattina, tesoro”
Il microonde suonò informandoci che aveva finito di
riscaldare il mio hamburger con patatine e Brian mi mise il piatto
davanti, su una tovaglietta di vimini con una birra fresca appena
stappata.
“Ma come sei romantico” cincischiai ridendo.
“Aspetta eh” Si alzò e andò a recuperare
una candela vagamente somigliante a quei ceri per i morti. La
tirò fuori dal tubo di plastica rosso, lo accese e lo
piazzò in un piatto, andò a spegnere la luce, accese un
paio di lampade e poi piazzò la candela al centro della tavola.
“Ahahahahahah! tu sei fuori di testa!” Mi
lanciò un paio di finte occhiate languide, prima di
scoppiare a ridere anch’egli.
“Dai, è una seratina speciale tutta per noi”
“Poco ma sicuro, guarda” Cominciai a mangiare e guardai distrattamente la partita dei Lakers che stava guardando.
Piombò il silenzio fra noi due, mentre continuavamo a
cenare, ad un certo punto mi voltai verso di lui e gli sorrisi,
sinceramente grata.
“Grazie tante, Bri. Sei davvero un fratello” Lui mi
sorrise e m’incasinò i capelli, prendendo un sorso dalla
mia birra.
“Ehi!” Mi lamentai io, provando a recuperarla, con scarsi risultati.
“Sssh! Non è per i bambini questa”
“Ma fottiti!” Mi stampò un bacio quasi in un
occhio (o meglio, su una lente degli occhiali) e mi restituì la
birra.
Finimmo di mangiare e lavammo i piatti. Stavo per andare a buttarmi sul divano, quando Brian mi prese per un polso.
“Ehi, ho visto che hai portato Beast: che ne dici di tirarla
fuori e farci una jam? E’ un po’ che non suoniamo solo noi
due….”
“Non è Beast, Bri. E’…. l’altro,
Junior” rimase un attimo di sasso e il suo sorriso si
congelò, con una certa compostezza.
“Oh… e perché l’hai portato?”
“Sinceramente non lo so. Ti va di suonare lo stesso?”
Chiesi speranzosa, mordendomi un labbro e lui mi sorrise, da fratello
maggiore. Mi piaceva quando si comportava così, non lo faceva
con nessun altro, mi sentivo un po’ speciale.
“Certo” Ce ne andammo in camera sua e facemmo una jam session con strumenti elettrici senza amplificatori.
Mi piaceva suonare con Brian, che fosse la mia Beast o il basso
che mio padre aveva abbandonato a casa nostra quindici anni fa, quando
se n’era andato.
Avevo sviluppato uno strano affetto per quel basso, non so
perché. Forse perchè inizialmente cominciai ad
approcciarmi alle corde proprio con quello, di nascosto da mia madre
che voleva buttarlo.
Non lo facevo per mio padre, ma proprio per il basso. Non ricordo
come lo chiamasse James, ma per me era Junior. Lo chiamai così
quando avevo otto anni, non ricordo nemmeno il perché.
Junior era uno spettacolare Cort quattro corde, rosso brillante
col batti penna nero e con aerografato sul retro a lettere cubitali
“FUCK THE SYSTEM” in bianco e sul davanti, vicino al
battipenna c’era una “X” bianca che a primo occhio
sembrava fatta con lo scotch, ma che in verità era sempre
aerografata.
Una volta che lo avevo portato a casa di Matt e, collegato ad un
vero amplificatore per basso, si era scoperto avere un suono
semplicemente eccezionale e me ne ero innamorata ancora di più.
Era un modello unico, personalizzato proprio per quello stronzo.
Il corpo aveva due punte, coma un basso Les Paul Gibson, ma con “le corna” come la SG.
Amavo quel basso, era parte della mia infanzia, del mio odio e del
mio amore. Era un pezzo di me che avrei conservato fino alla fine dei
miei giorni come il più grande cimelio.
Era grazie a quello che il mio stile da chitarrista era
così cupo e con questi riff molto ritmati che spesso spezzavo
con dei repentini cambi che facevano tanto impazzire Jim (Mezmer dei
Pinkly Smooth l’avevamo scritta io e lui e solo in un secondo
tempo si era inserito Haner con quella parte di chitarra che faceva
semplicemente accapponare la pelle. In senso buono, naturalmente).
Jim diceva sempre “Riconoscerei te e il tuo stile anche fra
trecento registrazioni, tutte della stessa canzone e fatte con lo
stesso strumento” e io potevo dire la stessa cosa di lui e della
sua batteria.
Era stato Brian sr. a iniziarmi alla chitarra e poco dopo di me,
cominciò anche Brian jr., rivelandosi una sorta di virtuoso che
smontò la mia autostima con l’introduzione di Stearway to
Heaven dopo il primo pomeriggio di lezioni.
Certo, anche io ero decisamente portata e facevo passi da gigante in pochissimo tempo, ma lui era a dir poco mostruoso.
E continuavo a pensarlo, anche a qualche anno di distanza, con le
sue braccia che cominciavano ad inchiostrarsi, seduti su un letto,
spalla a spalla a suonare e cantare quelle stesse canzoni che facevamo
anche da piccoli.
“Uhm Bri…. sai che non riesco a scegliere cosa fra
chitarra e basso mi piaccia di più? Li amo entrambi” mi
sistemai distrattamente gli occhiali sul naso e poggiai la chitarra al
comodino. Non li mettevo quasi mai, ma mi stavano simpatici. Forse li
avevo portati in una vita precedente.
“E allora amali entrambi, che ti frega” disse lui tranquillo, mentre posava la chitarra e si rollava il drum.
“Ma i tuoi lo sanno che fumi così tanto?”
“In un certo senso…. Beh, mamma lo sa, ma non dice
niente perchè fuma anche lei ogni tanto, di nascosto da
papà. Papà lo sa ma non dice niente perchè fuma
anche lui di nascosto da mamma e viviamo felici e tranquilli. La palla
arriva quando entrambi vengono a scroccare da me” scoppiai a
ridere.
“Oh dio… ma sul serio?”
“Eh si…. mamma ha ripreso da poco, sai
com’è, Mckenna, ma papà non ha mai smesso” Si
accese la sigaretta artigianale e rimase a guardarmi, mentre stesa sul
suo letto osservavo il soffitto viola.
“E tu? Quant’è che non fumi?”
“Uhm….. ufficialmente da inizio febbraio, ma se non sbaglio due mesi fa c’è scappato un tiro”
Eh si, avevo smesso di fumare. Non chiedetemi perché, non
ho voglia di mettermi a spiegarvi tutti i miei problemi di salute.
“Il tutto se non contiamo le canne” aggiunse lui divertito.
“Con Jim nei paraggi almeno una a settimana ci scappa” dissi scrollando le spalle.
“Quel ragazzo riuscirebbe a far fumare anche la Madonna”
“Devi vedere se non c’è già
riuscito” sorrise e si stese anche lui, la testa vicino alla mia,
con il corpo orientato nella direzione opposta del mio.
Si metteva sempre così, anche se non ho mai capito il
perché. Strusciava la parte superiore della testa contro la mia
spalla e accartocciava le gambe per non puntarle contro il muro e
rischiare così di rovinare uno dei numerosi poster.
“Come sta il piercing?” chiese dopo un po’.
“Alla grande, il tuo?”
“Bene.. è vero che è JD che sta aiutando Matt a dilatare i buchi?”
“Si, anche me e Zack”
“Hai i buchi dilatati?” chiese sorpreso.
“Solo uno, Bri” alzò la testa e si girò
per guardarmi, spostandomi una ciocca di capelli e scoprendo il mio
lobo destro.
“Non si nota per niente” disse tranquillo.
“Perchè è ancora 3 mm e uso i plug, i dilatatori chiusi. Se mi becca mia madre mi uccide”
“Non me l’avevi detto” disse stendendosi di nuovo, forse un tantino offeso.
“Ok che siamo migliori amici Bri, ma mica mi ricordo di dirti proprio tutto”
“D’insultarmi però non ti passa di mente, eh?” disse velenoso.
“Quello neanche a te” ribattei io e sospirò,
segno che non aveva voglia di litigare e sinceramente nemmeno io.
“Touché” bofonchiò convinto, facendo l’ennesimo tiro.
“Piuttosto, passa il drum” dissi stizzita.
“E i due mesi di astinenza?” mi provocò.
“Li mando a puttane e poi è una brutta giornata, mi è concesso”
Bofonchiò qualcosa d’incomprensibile, ma allungando
un braccio mi piazzò il drum fra le labbra e poi tornò a
starsene buono e tranquillo, mentre io fumavo.
“Ah… un po’ mi mancava, sai?”
“Un po’?” fece sarcastico.
“Si, non sono mai stata troppo attaccata alle sigarette. Mi
piace il fatto del fumo che esce leggero, parlottare come se ci si
fosse morsa la lingua e il fumo caldo che scende per la gola, ma niente
di più”
“Niente effetto benefico della nicotina?” chiese quasi sconcertato.
“Non più di tanto”
“Wow” fece sorpreso.
“Uhm.. tieni, finiscitela tu” Mi alzai e gliela piazzai fra le labbra.
Mi ridistesi e feci un grosso sbadiglio. Doveva essere abbastanza
tardi e la stanchezza di quel maledetto autolavaggio cominciava a
ripiombarmi addosso come un macigno.
Le parole di Brian si fecero sempre più strascinate e
sconnesse, almeno per le mie orecchie e le palpebre erano diventate
dannatamente pesanti.
Sentii qualcosa di morbido e caldo scontrarsi delicatamente col
mio zigomo e qualcosa carezzarmi delicatamente la testa. Un paio di
braccia calde e forti che mi sollevavano per poi poggiarmi da qualche
altra parte che odorava di pulito. Sentii sfilarmi anche gli occhiali e
le scarpe.
“Su, che è stata una giornata lunga. Notte,
Nessie” bisbigliò nel mio orecchio (o almeno credo) e se
ne andò.
***
Brian tornò nel salotto e si buttò sul divano alla
ricerca di qualcosa di decente da guardare, visto che non aveva sonno,
quando suonarono alla porta. Chi è lo stronzo che caga il cazzo
a quest’ora?
Beh, le opzioni erano poche: Jim ubriaco, Michelle ubriaca o un tipo qualunque ubriaco.
Scazzato si alzò e andò ad aprire. Rimase parecchio perplesso quando riconobbe la figura sulla porta.
“Zack” disse secco e il mancino fece un sorriso sarcastico.
“Ah quindi mi chiamo così? Grazie per avermelo detto.
Dov’è Meg?” sputò fuori, preoccupato sul
finale.
“Sta dormendo, che vuoi?” No solo gli veniva a cagare
il cazzo a quell’ora, adesso si permetteva pure di fare
l’incazzato. Ma vedi che gente….. Solo Meg poteva mettersi
con uno stronzo del genere, eh.
“E’ tutta la serata che la cerco, dovevamo uscire e
nessuno sapeva dove fosse, poi sono passato al locale dove lavora la
mamma e mi ha detto che l’avrei trovata qui. Mi spieghi che cazzo
ci fa la mia ragazza a casa tua?” Brian alzò gli occhi al
cielo. Bene, adesso ci mancava solo la scenata di gelosia a mezzanotte
e tre.
“Niente di quello che credi tu, intesi? Meggie viene spesso
a dormire qua, siamo una sorta di…. famiglia allargata, ok? Non
farti strane idee, ha la sua stanza, per i cazzi suoi. Io non te la
tocco di certo”
Zack fece una smorfia.
“Meg avrà pure la testa fra le nuvole, ma io non sono
un cretino, Haner, provaci con la mia ragazza e sei un uomo
morto” Detto da uno di una spanna più basso di lui e con
la faccia da Bambi era divertente, ve l’assicuro. Brian
inarcò un sopracciglio, stranito.
“Vengeance, Meg è come mia sorella, ok? Piuttosto
vedi TU di non farla soffrire come a quel cazzo di concerto di
primavera, altrimenti se tu quello morto, e adesso buonanotte”
rispose lapidario e gli chiuse la porta in faccia mentre provava a
ribattere. Dopo aver chiuso a chiave, staccò il campanello a cui
ti ragazzo chiuso fuori s’era attaccato e se ne andò a
dormire.
Ma vaffanculo, va, non solo cominciava ad avere dubbi per i cazzi
suoi, ci volevano pure le minacce dell’esaurito mancino,
tzè.
Ehm…. buon salve! :D
Come ve la passate?
Io bene, è il mio compleanno *pretende auguri* (no, vabbè, sto a scherzà)
Mi sento vecchia e.e che cosa orribile v.v
Tornano al capitolo…..
Mi piace un sacco! Personalmente ADORO i momenti fra Brian e Meg :’)
Son bellini, dai :’)
E poi Zack geloso sul finale….. oh, forza!
Il padre di Meg, lo vedo come il cantante dei Buckcherry,
ma facciamo finta che sia un bassista e di una band che abbia un
ché di mitico/mistico…. Uhm? Tanto è tutto
inventato v.v
Beh, non ho nient’altro da
dire, tranne che ucciderei per una foto di Jim al liceo che fa il sexy
su una macchina insaponata *pensa a chissà quale video di Pink
che ha visto di striscio una volta*
Ok, la smetto di dire stornzate
Ringrazio quelle quattro fighe
che mi hanno recensito! Destroyer Cactus, AlisGee, Saretta95 e, udite
udite, JD Shadow! Si, proprio lei gente v.v Potrei piangere per questo
(‘nné vero)
Alla prossima! :D
The Cactus Incident (stasera non riesco a scrivere Incident)
|
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Capitolo 18 *** Chapter 17 ***
sch chapter 17
Stacey P.O.V.
Andare a scuola era diventata una fottuta tortura. Faceva davvero troppo caldo.
Stare chiusi fra quelle quattro mura era davvero terribile.
La campanella suonò annunciando la pausa pranzo e mi diressi con
passo stanco e strascicato fino alla mensa e una volta recuperato un
pasto, al cortile.
Stavo camminando verso il solito posto quando intercettai al voce di
Meg e Brian, stravaccati dietro un albero, dalla parte opposta da
quella a cui arrivavo io, praticamente non mi avevano visto, ma riuscii
a captare solo una parte del loro discorso.
"Si hai capito bene.... vuole farle qualcosa di speciale per il suo compleanno"
"Ok, ma questo! Povera JD, rischierà di rimanerci secca...."
"Ehi, mica Matt si chiama Nessie!"
"Ma vaffanculo Bee!"
M'intromisi nei bisbigli che avevo captato.
"Che si dice?" I due saltarono beccati a confabulare come due zitelle.
"JD! Ciao!" Disse Brian stiracchiando un sorriso e Meg gli fu dietro.
"Ciao Sty, che combini?"
"Che combinate voi due! Di che parlavate?" Si guardarono con gli occhi sgranati e in stereo dissero.
"Chi? Noi? Niente!" feci una smorfia per niente convita mentre guardavo quelle due facce di cazzo.
"Ah si..... non è che avvicinandosi la fine dell'anno
scolastico, e di conseguenza il mio compleanno, state architettando
qualcosa?"
"Naaaaah"
"Quando parlate in stereo non è mai un buon segno”
Si guardarono in faccia, prima di scattare in piedi.
“Beh, io vado, che ho il corso di recitazione, eh” annunciò Brina mentre correva via.
“E io ho arte!” E se la diedero a gambe levate.
Ok, questa volta mi erano scappati, ma le parole “Matt” e
“qualcosa di speciale per il suo compleanno” mi avevano
messo in guardia.
Diamine, speravo solo di non finire all’ospedale il giorno del mio compleanno.
Margareth P.O.V.
Una volta messami in salvo da JD che voleva rovinare la sorpresa del suo ragazzo, mi diressi al mio armadietto.
Il mio sguardo incontrò il plettro che avevo legato al collo, che mi aveva regalato Zack.
Erano tre giorni che mi evitava in tutti i modi possibili.
Ok, lo ammetto, il giorno dell’autolavaggio gli avevo dato buca,
ma con tutta la storia di James avevo completamente dimenticato che
dovevamo uscire.
Avevo provato a chiedergli scusa e lui aveva fatto finta di niente ignorando ogni mio tentativo di parlare.
Era dal pomeriggio di quel giorno che non mi parlava e io provavo in
tutti i modi a farlo ragionare, ma sinceramente cominciavo ad averne le
palle piene.
Dopo l’ora di arte, stavo tornando al mio armadietto, quando
passai davanti al suo e mi ci fermai davanti, dietro un colosso di
baseball che stava poggiato lì a chiacchierare con una.
Zack girò attorno al colosso e quando si trovò davanti me sbianco ancora di più, se possibile.
Sembrava stesse per andarsene, ma non fece in tempo.
“Adesso mi spieghi cosa cazzo c’è che non va” sbottai frustrata afferrandolo per un braccio.
Mi guardò a lungo negli occhi, poi lasciai cadere la presa e rispose.
“Mi da fastidio il fatto che passi tutto quel tempo con
Brian” Spalancai gli occhi e aggrottai le sopracciglia.
“Sei geloso di Brian? Ma dico, sei impazzito? E’ come se
fossi geloso di mia madre!”
“Oh, questa menata del fratello maggiore forse va bene fino a 10
anni, ma a diciassette non ci crede più nessuno, Meg”
Incrociai le braccia mentre lui apriva l’armadietto.
“Io si” dissi convinta e lui alzò gli occhi al cielo.
“Oh andiamo! Non puoi essere così cretina da credere che ti voglia bene senza secondi fini!”
“Peccato che vada avanti così da prima che riuscissi a legarmi le scarpe”
“E dovrei crederti?” fece scettico.
“Se non ti fidi è un problema tuo, io di certo non me la faccio con Brian, sarebbe disgustoso!”
“Oh si, guarda, ogni volta che gli parli hai il ribrezzo stampato in faccia” disse sarcastico e lo guardai, ferita.
“Sei un coglione Zack, davvero un coglione. Aveva ragione Brian” Stiracchiò un sorriso sarcastico.
“E chi salta fuori? Brian! Io voglio stare con te, non con te e
il tuo amichetto” disse avvicinando il viso al mio in modo quasi
minaccioso, mentre il suo dito indicava il vuoto, come se Brian fosse
lì.
Senza muovermi di un millimetro piantai le mani sui fianchi.
“Allora dovrebbe infastidirti anche Jimmy, Justin, il cane di JD,
Stacey, mia madre e già che ci siamo pure Johnny!”
“Oh, piantala di fare queste menate molto teatrali. Ok, forse tu
non provi niente per lui, ma di certo non gli sei indifferente e se qua
c’è un idiota quella sei tu che non vede le cose come
stanno. O forse anche io, per essermi messo dietro a una con i
paraocchi!” disse paonazzo per la rabbia.
“Bene!” urlai sbattendo il suo armadietto, prima di andarmene.
“Bene!” ripeté lui allontanandosi nella direzione opposta, quasi coperto dal suono della campanella.
Ma vattene a fanculo, và.
Un esaurito, mi ero messa con un esaurito che si spara i filmini mentali!
Brian dietro a me, tzè, per piacere. Sarebbe come mettersi dietro alla propria cugina, per carità!
Speravo solo che questa idea balzana passasse subito a Zack,
perchè io di certo non volevo stare con una persona per
litigarci per via di quello che faccio o di chi frequento.
Non si fidava di me? Fantastico! Mi chiedevo che ci facessimo ancora insieme.
seconda metà di giugno, 1999
Stacey P.O.V.
Uff.... quel giorno cominciavano gli esami al liceo. Di certo non per
me o Meg, ma per Matt, Zack, Jimmy, Brian e Justin era il momento di
sperare in un miracolo e superare i test con almeno il minimo dei voti.
C'eravamo messi d'accordo per accompagnarli, aspettare che finissero e
poi andarcene tutti a bere una birra, per poi far tornare i cari cinque
a studiare per il test dell'indomani.
Altra cosa davvero bella: il giorno del mio compleanno, ovvero il 26
giugno, avevano il penultimo test, quindi il 27 l’ultimo,
ciò voleva dire che non avremmo potuto fare baldoria fino
all'indomani perchè quegli stronzi dovevano essere almeno svegli
mentre scrivevano.
Mi alzai, mi vestii, truccai e misi un elastico al polso per legare i
capelli, ormai troppo lunghi, una volta fuori dalla pronta di casa. Se
li avessi legati prima, i miei genitori avrebbero di certo notato il
mio orecchio destro pieno di buchi che mi ero fatta da sola (ero
abbastanza brava come piercer: i buchi fatti a Meg o Brian non avevano
dato il minimo problema).
Mentre facevo colazione (fetta di anguria!! Adoro l'estate) bussarono
alla porta. Mia madre andò ad aprire ed entrarono Meg, Jimmy e
Sully, la cugina strafiga di Jim.
"Buongiorno ragazzi! Oggi è il grande giorno per qualcuno, eh?"
disse mia madre osservando l'allegra combriccola. Jimmy annuì
sorridendo e fece un cenno della mano.
"Eh si. Vedremo di dare il meglio" Magari studiare un minimo durante l'anno no, eh? Bah.
"Prego accomodatevi!" Andai a lavarmi mani e denti e mentre stavamo uscendo tutti da casa, Johnny suonò alla porta.
"Dai Seward, giusto in tempo" dissi battendogli una pacca sulla spalla.
"Altri due secondi e saresti venuto a piedi, nano" disse Jim guardandolo.
"Meglio a piedi che in cinque nel tuo rottame" bofonchiò il più piccolo. Jim scrollò le spalle.
"Nessuno ti obbliga. Puoi pure rimanere a casa" disse passandogli di fianco e noi ragazze dietro di lui.
"E dai ragazzi scherzavo!"
"Muoviti o il portabagagli non te lo leva nessuno!" urlò Meg che si era seduta al posto del passeggero.
Con tutti i finestrini aperti e gli Slayer a palla arrivammo fino alla Huntington Beach High School.
Inforcai gli occhiali da sole e mi legai i capelli prima di scendere e
addentrarmi nell'afa più tremenda con cui avessi mai avuto a che
fare.
Dannazione, si crepava di caldo! Gli altri sembravano un tantino
più a loro agio, ma si stavano squagliando più o meno
quanto me.
Sul cancello d'ingresso, all'ombra di un albero (che non era una palma,
poco ma sicuro) c'erano Brian, Matt, Justin, Giusy e Zack. Ah, pure
Michelle. C'era un tira e molla assurdo fra lei e Brian.... Bah, cazzi
loro, valli a capire.
Maggie inforcò anch’essa gli occhiali da sole e a passo svelto si diresse fin sotto l'albero.
Poggiò la schiena vicino al muro fresco, dov'era poggiato anche
Zack. Stessi occhiali da sole, stessa posizione e stesso incarnato
cadaverico. Fatti l'uno per l'altra.
Come al solito parlavano per i fatti loro quasi bisbigliando,
lanciandosi occhiate decisamente eloquenti pure se entrambi avevano gli
occhiali da sole. Ultimamente però mi sembravano un tantino
diversi dal solito....... sorridevano di meno e le effusioni erano
sempre più rare, mentre le frecciatine velenose abbondavano.
Boh, forse Meg me ne avrebbe parlato.
Per il momento lasciai perdere la questione Meg e Zack come il resto
del mondo e mi concentrai sul mio ragazzo che mi mostrava un sorriso
raggiante mentre mi stringeva appena le mani in vita.
"Buongiorno sunshine" Esordì Matt e io gli feci una faccia disgustata.
"Ti prego è orribile"
"Si, in effetti fa decisamente schifo. Meglio JD" si corresse e io annuii.
"Molto meglio JD" e mi baciò.
Dopo un pò fummo quasi costretti a separarci per via di tutti i
fischi e simili che ci stavano investendo e così separai le
labbra dalle sue, senza però spostare la mia posizione di un
centimetro (che si fotta il caldo: ci sto troppo bene fra le sue
braccia).
"Dai Sty, vieni a casa mia. Solo un saluto: devo darti il mio regalo"
m'implorò Matt per l'ennesima volta, bisbigliando nel mio
orecchio e io voltai gli occhi al cielo. Sarei andata di corsa a casa
sua il giorno del mio compleanno, ma il signorino avrebbe avuto un test
il giorno dopo.
"Devi studiare per i test" ripetei per l’ennesima volta.
"L'ho già fatto!" disse sorridendomi e alzando le mani come un
bambino che vuole le caramelle e io lo guardai un tantino scettica,
senza riuscire a trattenere un sorrisetto divertito. Alzai un
sopracciglio.
"Dovrei crederti?"
"Si, ho studiato con Amy e Zack"
"Bah, diciamo pure che ti credo, uhm?"
"Grazie" Sfiorò appena le labbra con le mie, esultante e insieme
agli altri esaminandi corse dentro l'edificio per fare il test di
matematica.
Io, Meg, Johnny, Giusy e Sully restammo fuori ad aspettare insieme a
parecchi altri studenti, nel cortile, a crepare di caldo. Michelle se
ne andò non so dove con Dio sa chi e noi andammo ad occupare uno
dei pochi tavoli con panche all'ombra, pronti ad un'attesa che sarebbe
di certo sembrata infinita.
Passarono tre ore e ancora non si davano una mossa. Ammazzavamo il
tempo cantando con la chitarra che Brian aveva abbandonato lì
prima di entrare, mentre io portavo il tempo con due ramoscelli
picchiettando su tavolo, panchina e la borsa di Meg che essendo piena
di borchie e catene suonava.
C'è da dire che Sully era un'ottima cantante e una brava chitarrista, oltre ad essere una bellissima ragazza.
"Uff.... quanto ci mettono? Mi sono rotta le palle di stare qui!"
Sbottò Meg scazzata. Fino a quel momento era rimasta seduta o
stesa sul tavolo a cantare e dire cretinate con noi, ma non resisteva
più.
Anche Alice tolse le mani dal manico della chitarra esasperata e Giusy
ci guardò un tantino preoccupata da dietro i vetri degli
occhiali da vista stretti e rettangolari a dispetto di quegli orrori
rotondi che tutti portavano all'epoca.
"Cristo che palle!" sbottai io.
"Ci sonooooooo! Arriiiiivo!!!" Dal cancello del cortile arrivò
correndo una furia che puntava diritto nella nostra direzione.
Maglietta bianca e capelli insolitamente platino.
"Val che cazzo hai combinato?" disse Meg saltando in piedi e andando in
contro alla diBenedetto che da un pò aveva completamente
superato gli istinti omicidi nei confronti miei e del suo ex ragazzo.
Era tornata finalmente in squadra e ne ero ben felice, perchè
era una ragazza fantastica e Michelle che provava a prendere il suo
posto non la si poteva più reggere.
"Cambio di vita, cambio di look. Che te ne pare?"
"Sono stupendi! Ti stanno davvero bene" disse Sully sorridendo e Giusy
asserì convinta. Le sorrisi e lei venne a sedersi sulla mia
stessa panca, separata da me solo da Giusy.
"Allora... da quanto sono dentro?" Johnny controllò l'orologio
"Tre ore"
"E ancora non escono? Cazzo!" Scrollai le spalle.
"Forse staranno pregando ancora per un aiuto dall'alto" commentai sarcastica e Val sorrise.
"Matematica oggi, giusto?"
"Si, quelli messi peggio sono Jim e Zack" disse Meg.
"Juss se la cava, di sicuro gli avrà dato una mano" disse Giusy e Seward emise uno strano verso, scettico.
"Guarda che fa lo stronzo solo con te e altri pochi eletti" lo fulminò Meggie e il nano alzò gli occhi al cielo.
"Che culo" commentò sarcastico mentre provava ad accendersi una sigaretta.
Scrollai le spalle e tornai a guardare Val col suo nuovo colore di
capelli. Qualche altro giorno e io li avrei fatti nero blu, ormai
mancava pochissimo al mio diciassettesimo compleanno.
Quando i ragazzi uscirono, sembravano saltati fuori da un film horror proprio nell’attimo prima che venissero trucidati.
“Mio Dio, uccidetemi, un'altra giornata così non me la faccio” Annunciò Jimbo, uscendo per primo.
Tutti un po’ scossi, uscimmo dal cortile in massa e andammo a fare un giro, prima di sparpagliarci.
***
La sveglia suonò e aprii gli occhi, stranamente subito, ammutolendola.
26 giugno 1999.
Mi preparai e vestii con tutta la calma, quella mattina non avrei
accompagnato Matt a fare gli esami perchè di certo il telefono
avrebbe squillato tutta la mattinata perchè zia, zii, cugini,
nonni e amici avrebbero chiamato per fare gli auguri. La famiglia Floor
era più grande di quello che sembrava.
Stavo a telefono con mia cugina che aveva attaccato uno sproloquio
spaventoso, quando suonarono alla porta. Andai ad aprire e trovai Meg
con le braccia incrociate e la migliore espressione di scazzo che le
avessi mai visto, e visto che Meg, beh, è Meg, posso assicurarvi
che era davvero scazzata.
Quasi attaccai il telefono in faccia a mia cugina e Meg stiracchiò un sorriso.
“Tanti auguri! Ti ho portato un cupcake al cioccolato con gocce
di cioccolato e il regalo che in pratica mi avevi chiesto”
Mi piazzò in mano una scatolina di carta di quelle delle pasticcerie e un pacchetto rettangolare non molto grande.
Aprii la scatolina di carta e c’era un cupcake con la glassa
azzurra su cui era scritto “JD” col cioccolato fondente e
c’era una scaglia di coccolato a mo di cartellino con su il
numero 17.
“Oh, che carino, grazie” Misi il cupcake (abbastanza grande, in effetti) in frigo e scartai il pacchetto.
Tintura per capelli, neroblu.
“Ooooooh diamine! Grazie” Dissi abbracciandola e lei sorrise quasi sul mio collo, mentre mi abbracciava
“Se vuoi ti do una mano subito”
“Ma Zack?” Scrollò le spalle.
“L’ho accompagnato, i test mica glielo devo fare io” Aggrottai le sopracciglia.
“Avanti sputa il rospo, che succede?” Dissi mentre le
facevo segno di salire al piano di sopra e andare in camera mia, magari
per fare subito la tintura. Tanto i miei lo sapevano, di certo non
avrebbero potuto rasarmi.
Si buttò quasi a peso morto sul mio letto, ancora gli occhiali da sole sul naso.
“Va di merda, JD, va proprio di merda, ogni volta che parliamo
finiamo per litigare. Provo a risolvere e litighiamo ancora, non
dureremo ancora a lungo. Allora, la facciamo questa tintura?”
disse scattando in piedi, mentre mollava gli occhiali da sole sulla mia
scrivania.
Nello scatolino c’era tutto l’occorrente, così, una
mezz’oretta dopo, io avevo tutta la testa impiastricciata di una
crema dall’orrore orribile e che mi pizzicava la cute.
“Quanto devo stare così ancora?” dissi dopo che già era passata una cifra di tempo.
“Uhm, ancora un oretta, l’hai detto a Matt?” Scossi la testa.
“Nah, ma gli piaceranno, spero”
“Mollata perché aveva cambiato colore di capelli, nah, Matt non è il tipo”
La voce di Meggie era smorta e stanca, come se al solo pensiero di dover parlare ancora, si sentisse stanca e distrutta.
“Già, non credo proprio, piuttosto, tu? Quando ti tingerai?” Scrollò le spalle.
“Quando non vivrò più con mia madre, prima di
allora meglio non rischiare, vorrei evitare di sembrare una pecora
tosata di fresco” disse scocciata, mentre se ne stava stancamente
poggiata al bordo del lavandino.
“Diamine Meg, se devi stare così, lascialo, da quando sei diventata un cadavere pur avendo dormito?”
Meg abbassò il viso, mogia.
“Mio padre è tornato a Los Angeles e sta continuando a
chiamarmi. Vuole che passi l’estate con lui, a Miami con la sua
nuova moglie, ma sinceramente l’idea non mi alletta
granché”
Non era molto che Meg mi aveva spiegato di suo padre, del suo lavoro e
di come avesse abbandonato lei e la madre quando era piccola.
La sua insistenza era solo un’altro problema per Meg, in crisi con Zack.
“Sinceramente stavo pensando di lasciare Zack dopo il compleanno
di Brian e poi andarmene a Miami, ma il solo pensiero di passare dei
giorni con mio padre, mi provoca un tale disgusto che non immagini.
E’ un persona viscida e ignobile che ti contatta solo quando ha
bisogno di te o glielo impone il tribunale. Lo detesto, ho avuto troppi
problemi per colpa sua. Se non fosse stato per il padre di Brian, che
ha fatto anche un bel po’ il mio di padre, molte cose sarebbero
andate peggio di come sono andate in verità” disse
scrutando le piastrelle chiare del bagno.
Improvvisamente Jack che scappava e tornava dopo tre giorni, non era poi questo grande problema.
“Per questo sto così di merda con Zack, avrei bisogno di
un minimo di… aiuto, di appoggio in un momento così e lui
non fa altro che rinfacciarmi di tutto, soprattutto che ogni volta che
litighiamo, vado da Gates. Insomma, lui c’era da prima che Zack
venisse anche a conoscenza dell’esistenza di Matt, figurarsi di
me e continua ad insistere sul fatto che ci prova con me. Ma lui non ci
prova con me! E una vita che fa così, soprattutto nei periodi
più di merda in cui non avevo nessuno a fianco che mi capisse.
Zack sta diventando soffocante, nevrotico e paranoico e sinceramente
non ho nemmeno diciassette anni, non siamo sposati e non abbiamo figli,
posso tranquillamente mandarti a fanculo, so vivere anche senza di
te” disse nervosa e stanca, ma ero abbastanza convinta che non
pensasse del tutto quello che aveva detto.
Meg voleva davvero bene a Zack. Certo, quasi sicuramente non era
l’amore della sua vita, ma stavano insieme da sei mesi ormai e
nel mondo degli adolescenti sono comunque un po’ di tempo.
Ma se doveva stare così per quel coglione…..
Continuammo a parlare per tutto il tempo, fino a quando non giunse il
momento di rimuovere quello schifo che mi stava uccidendo.
M’inginocchiai davanti alla doccia e Meg, ancora con i guanti, mi
lavò i capelli da tutta la tintura.
Quando mi tirai in piedi, osservai il mio riflesso nello specchio.
Lunghe curve che da bagnate sembravano completamente nere, ma con
tantissimi riflessi blu, anche nella luce innaturale del bagno.
Una volta asciutti, saltarono fuori molti più riflessi. La
tintura aveva preso bene sui miei capelli castano chiaro che adesso
erano di un blu scuro poco nero che al sole avrebbe di certo avuto una
miriade di riflessi.
Finita l’opera, abbracciai Meg e dopo essermi scrutata nello
specchio con i capelli finalmente asciutti, se ne andò, dicendo
che doveva pranzare con sua madre e che avrebbero dovuto parlare di un
paio di cose.
Dopo pranzo mi arrivò un messaggio sul cellulare.
-Allora? Così impegnata a festeggiare senza di me che mi hai completamente dimenticato?
Che ne dici di fare un salto a casa mia? Non c’è nessuno <3-
Uuuuuuh uh! Arrivo, Matt.
Mia madre mi obbligò a portare un pezzo di torta ai Sanders e
dopo aver fatto il pacchetto, presi in prestito la sua auto per
l’ennesima volta e guidai spedita fino a casa del mio ragazzo.
Da fuori sembrava vuota, il garage chiuso, nessun auto sul vialetto.
Sicuri che ci fosse qualcuno?
Mi avvicinai alla porta e la trovai aperta.
La spinsi e nell’ingresso non c’era nessuno, così mi
addentrai in cucina chiamando ogni tanto il nome di Matt.
“Matt? Dove sei?”
Mi si parò di scatto davanti, prima che entrassi in cucina,
bloccandomi un’eventuale ingresso con le mani. Aveva la faccia
sporca di farina e su una guancia aveva quello che sembrava colore
azzurro.
“Ehi tesoro, come mai già qui?”
“Appena mi hai mandato il messaggio sono corsa, ma tu che stai combinando?”
“Niente, piuttosto tu, i tuoi capelli” disse divertito, osservando la mia chioma.
“Ti piacciono? Ok, sono un po’ insoliti, ma mi sembrava una bella idea…”
“Sono perfetti, davvero fantastici” sospirò prima di chinarsi a baciarmi.
Mentre giocavo con le sue labbra posai le mani sul mio viso e mi
accertai che quella che aveva sulla guancia fosse panna con del
colorante azzurro.
“Matt che combini? Le tue labbra sanno di zucchero e hai della panna sulla faccia”
Sospirò e poi si allontanò, per poi spostarsi di lato e permettermi di entrare.
Sul grosso tavolo di legno della cucina, una torta al cioccolato veniva
decorata con della panna azzurra, ma era stata lasciata a metà.
“Credevo che avrei finito, ma mi manca ancora un
po’…. quasi sicuramente fa schifo, ma ci ho provato, lo
ammetto, mi ha aiutato Amy, ma l’ho tirata fuori dal forno da
solo e anche io l’ho tagliata e farcita, difatti è storta
e leggermente informe, ma mi avevi detto che oggi i tuoi genitori
lavoravano, quindi tua madre avrebbe comprato una torta quindi ho
provato a fartene una io, ma sono abbastanza sicuro che non sia il
mass…..” Come al solito, quando s’innervosiva
cominciava a parlare senza fermarsi e diceva tutto quello che gli
passava per la testa, così gli posai un paio di dita sulle
labbra e lo guardai negli occhi.
“E’ perfetta, ok? Adesso la finiamo di decorare e poi la
mettiamo in frigo. Qui ho un pezzo di quella che ha comprato mia madre,
la metto in frigo?”
“Si, dai pure a me” Mentre lui sistemava la torta, mi legai
i capelli e afferrai la spatola che stava usando per sistemare la panna
azzurra e continuai quello che stava facendo lui.
“Ok, lo fai meglio tu di me”
“Nah, non credere che poi sia molto più brava…..
Piuttosto, sembra buona, con cosa l’hai farcita?”
“Panna al Baileys e gocce di cioccolato, è stata una mia
idea, visto che ti piace tanto…” disse imbarazzato e gli
sorrisi.
“Non credevo fossi tipo da fare una cosa del genere”
“Nemmeno io, poi ho pensato: ‘Ehi, perchè non gli
fai una torta! Potrebbe essere divertente!’, ma fortunatamente
è intervenuta Amy, perché stavo già facendo un
mezzo schifo”
“Dai, sopravvivremo”
Finito con la panna blu, lasciai che fosse lui a decorarla e a scrivere
col gel alimentare blu scuro “Auguri JD” in cima e mettesse
le gocce di cioccolato.
Una volta finito, facemmo qualche foto con la sua macchinetta e la mettemmo in frigo.
Si sedette su una sedia e io mi misi in braccio a lui, prima di
mangiare la panna avanzata a cucchiaiate fino alla nausea. Ne era
avanzata un po’ troppa.
“Credo sia il miglior compleanno che abbia mai avuto”
“Mi dispiace che non possiamo festeggiare come facciamo di solito
con i compleanni…. questi dannati esami sono una piaga, ci
saremmo divertiti un sacco. Avremmo fatto una mega festa alla capanna
con una cifra d’imbucati che non conosceva nessuno a parte Jimmy
o Dameon e avremmo bevuto fino allo schifo, per poi scendere sugli
scogli e tuffarci in piena notte da otto metri, completamente ubriachi,
rischiando la vita” disse triste.
Gli misi le braccia intorno al collo e lo guardai sorridendo.
“Rimandiamo al tuo compleanno? Tanto è solo un mese” Subito si aprì un sorriso sulle sue labbra.
“Si, si può fare” Stava per baciarmi di nuovo, quando sembrò ricordarsi improvvisamente di una cosa.
“Diamine il tuo regalo!”
“Non bastava la torta?”
“Certo che no, quella verrà mangiata e non ti
rimarrà niente, tranne che un brutto mal di pancia, visto che
quasi sicuramente farà schifo. Puoi tranquillamente mettere una
mano nella tasca destra dei miei pantaloni”
Sorrisi e gli sfiorai la gamba dal ginocchio fino ad arrivare alla tasca ed estrarne una scatolina ti cartone spesso, nera.
“E’ una sciocchezza, ma ci tenevo a regalarti qualcosa”
Aprii lo scatolo e rimasi a guardarne il contenuto.
Era una delicata catenina d’acciaio con un ciondolo rotondo di
metallo su cui erano stampate le lettere JD in un a scrittura gotica,
in nero. Ai lati del ciondolo c’erano due anellidi di decorazione
in metallo con dei delicati decori blu.
“Wow Matt, che bello!”
“Se lo giri c’è una M. rossa e una S. blu, con la
stessa scrittura. Allora, che ne pensi? Il tipo in gioielleria credeva
lo prendessi per il culo quando gli ho chiesto le iniziali JD e di
incidere su tutti e due i lati”
“E’ davvero fantastica. Mi aiuti a metterla?”
Gli passai la catenina e gli diedi le spalle, dandogli modo di chiudermela.
“Oh, è perfetta” dissi osservando fra le mani il
ciondolo di metallo e osservando la seconda incisione i cui parlava.
“Diamine, potrebbe essere una pubblicità occulta alla MS” disse di botto Matt e io sorrisi.
“Matt, è perfetta, davvero e nessuna pubblicità
occulta, sono solo le nostre iniziali” sospirò e mi
sorrise, mentre avvicinavo la testa alla sua.
“Buon compleanno Sty”
“Grazie tante, Matt”
“PRESTO DOSI MASSICCE D’INSULINA! LA STIAMO PERDENDO! LA STIAMO PERDENDO!!”
Buonsalve v.v
Quei due mi manderanno all’ospedale per coma iperglicemico, santodio.
Ma come ve la passate? :D
Tutto bene? :D
Questa volta sono stata rapida dai v.v
Questo è un po’ un capitolo di passaggio, in attesa del prossimo v.v
Lì ne succederanno davvero di tutti i colori, ve l’assicuro v.v
Ci accingiamo a raggiungere la conclusione della prima parte di questa storia v.v
Si, la prima è più lunga, di tre v.v
Oh, ma quanto ho adorato le vostre recensioni! *-*
Mi rendete felice, davvero! :’)
Un bacio! :D
The Cactus Incident
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Capitolo 19 *** Chapter 18 ***
sch chapter 18
Margareth P.O.V.
Finalmente, la pace. La scuola era finita da una quindicina di
giorni e almeno una rottura di coglioni era stata eliminata
dall’interminabile lista che mi si srotolava davanti.
Ne rimanevano due, belle grosse, evidenziate in rosso e sottolineate.
Una l’avete già capita di sicuro: Zack e su questo argomento mi sembra di aver parlato a sufficienza.
La nostra storia avrebbe avuto vita breve, ormai ne ero certa.
Ci sarei stata male, certo, ma meglio male per un po’ che
poi sarebbe passato che continuare a trascinarsi un’inutile
fardello fatto di gelosie stupide e infondate e di mancanza di fiducia
nei miei confronti.
Forse vi chiederete quale sarà altra rottura. Beh, sappiate
che ha un nome ben preciso. No, non sto parlando di Brian, ormai
è una rottura storica quella, non ci faccio nemmeno più
caso.
Di chi parlo? Ma di James Window! Mi pare di avervi già accennato qualcosa in precedenza, no?
Il mio spettacolare, fantastico e fantasmagorico padre (ma quanto
sono sarcastica) sembrava aver intenzione di torturarmi tutta
l’estate.
Era di nuovo a Los Angeles e aveva intenzione di tenermi con lui
nei mesi estivi. Mi tartassava la telefono, che ormai tenevo sempre
spento, e riuscivo ad evitare d’incontrarlo sempre per miracolo.
Non fui abbastanza fortunata quella mattina, però.
Brian mi aveva chiamato e aveva proposto se quella mattina avevo
voglia di fare un giro in BMX perché dovevo aiutarlo con una
questione per quanto riguardava Michelle.
Finalmente Bee aveva finito gli esami, liberà anche per
lui. Fra non molto, fra l’altro ci sarebbe stato anche il suo
diciottesimo compleanno e stavamo organizzando una bella festa che
sarebbe stata anche un po’ di Stacey, visto che la sua era
saltata.
Matt era riuscito a farsi prestare la barca da non so chi e
avremmo passato la mattinata lì festeggiando solo fra i
più intimi, per poi andare la sera a fare baldoria alla capanna
e sulla spiaggetta poco distante con una cifra di gente e una massa
d’imbucati assicurati.
Pensavo a tutto questo, quando arrivai a casa Haner e Brian sr. mi aprì la porta, sorpreso.
“Meggie”
“Salve Brian, Brian?” chiesi divertita.
“E’ già uscito, era diretto a casa tua se ho capito bene” mi spiegò e aggrottai le sopracciglia.
“Davvero? Eppure non mi ha detto nie….” “Meg?”
No, per favore no.
Brian mi guardò dispiaciuto, come se si sentisse in colpa e
si spostò di lato per farmi entrare anche se non ne avevo la
minima intenzione.
James si alzò e mi venne davanti, con un sorriso.
“Meg, ciao!”
“C-ciao” Emisi quasi balbettando e dopo un’occhiata a Brian sr., entrai in casa.
“Tesoro allora? Hai pensato alla mia proposta? Hai pensato a quando preferisci venire con me?”
“Si, mai” risposi secca e il suo sorriso si affievolì leggermente.
“Perché? Miami è davvero fantastica”
“Scusa, ma preferisco la California alla Florida”
“Beh, ma se vuoi, posiamo andare dove preferisci, anche in Europa se vuoi”
“Ti ho detto di no” dissi secca e lui mi lanciò uno sguardo triste.
“Perché fai sempre così? Io provo a essere gentile…”
“Oh ma davvero? Ho apprezzato la tua gentilezza quindici
anni fa, quando ci hai mollato qui senza un soldo o otto anni fa,
quando ti sei ricordato che avevi una figlia e quegli esaltati del
tribunale ti hanno pure dato ascolto, provocandomi una crisi di nervi a
nove anni e incontri assicurati con lo strizza cervelli per il resto
della mia vita. Non ti pare che abbia capito pure troppo quanto tu
possa essere gentile?”
James scattò e mi piazzò un dito davanti alla faccia.
“Senti un po’ signorina, tu verrai a Miami con me, che
ti piaccia o no” disse secco e un ghigno si dipinse sulle mie
labbra.
“Il tribunale ti permette davvero una cosa del genere? Basta
una sola chiamata e ti becchi l’ennesima denuncia, così
magari ci crepi un uno schifo di carcere e mi lasci in pace!”
“Non ti permetto di parlarmi così!”
“E io non ti permetto di azzardarti anche solo a decidere
cosa io debba fare, dopo che te ne sei strafottuto per tutta la durata
della mia vita!” gli urlai a muso duro, prima di uscire da casa
Haner di corsa e saltare in sella alla BMX che avevo lasciato sul
vialetto, per pedalare furentemente fino alla pista.
James era in grado di tirar fuori il peggio di me come non ci riusciva nessuno.
Quando arrivai alla pista, Brian non c’era. Mi buttai sul
nostro solito posto all’ombra e mi abbracciai le gambe in attesa
che arrivasse.
Questo avvenne più o meno un quarto d’ora dopo il mio arrivo.
Brian buttò la bici a terra, tutto trafelato e si sedette
di fianco a me. Dopo una manciata di minuti per riprendere fiato, in
cui mi guardava preoccupato mentre io fissavo i tipi che facevano
skate, parlò.
“Sono passato per casa mia, papà mi ha raccontato tutto”
“Uhm” mi passò un braccio attorno alle spalle e poggiai la testa sulla sua spalla.
“Mi sta andando tutto di merda al momento, Bri. Zack fa
scenate di gelosia del cazzo e James se ne viene fuori con sparate come
se potesse vantare qualche diritto su di me…. pure il dilatatore
mi ha dato qualche problema ieri sera!” feci lamentosa.
“Sssh, tranquilla Nessie, vedrai che con un po’ di
calma si sistemerà tutto. Pensa che sei una delle poche persone
che riesce a tener testa a James Window, una delle rock star più
caga cazzo esistenti, pensa che è grande amico di Slash, che
razza di esaltato può essere. Io sarei orgoglioso di riuscire a
fare il culo a uno così” tirai su col naso, anche se non
stavo piangendo.
“Capirai che novità, metà del mio DNA è suo, sono una stronza esaltata anche io”
“Nah, sei più stronza che esaltata, quello stronzo e esaltato sono io”
“Oh, andiamo bene”
“Alla grande oserei dire, ci facciamo un giro?”
“Massì, dai, ultimamente sto usufruendo troppo della tua spalla per piagnucolare”
“Cazzo, co le lacrime acide che ti ritrovi me ne dovrai una nuova in poco tempo”
Gli feci una smorfia e lui rispose nello stesso modo, prima di sorridere e inforcare le bici.
Stacey P.O.V.
“Asciugamano, crema….. gli occhiali da sole sono
lì.. uh, l’elastico. Il regalo ce l’ha Matt, ok ci
sono”
Stavo facendo mente locale su quello che mi serviva.
Era il giorno del compleanno di Brian e fra non molto ci saremmo imbarcati.
Eravamo giusto i più stretti: Matt, io, Brian, Michelle,
Jim, Alice Meg, Zack, Valary, Johnny e Justin, la barca era abbastanza
grande, ma meglio evitare di ammassarci come sardine in scatola.
Matt sarebbe passato a prendermi a momenti e poi tutti al molo per imbarcarci.
Avremmo avuto anche la torta a quanto avevo capito e il giorno
prima Brian mi aveva pregato di spegnere le candeline insieme a lui
perchè era anche colpa sua se io non avevo avuto la mia festa.
Ne stavano facendo una questione di stato, a me non importava poi
così tanto, ma lì sembravano avere una vera e propria
cultura delle feste di compleanno.
Così, tutti a fare i marinai per un giorno. Matt si era
proclamato capitano e Jim gli aveva piazzato in testa un cappello della
marina militare che davvero mi chiedevo dove l’avesse recuperato,
soprattutto perchè sembrava originale.
La gita in barca stava procedendo alla grande, anche se le cose fra Meg e Zack andavano palesemente di merda.
Erano appena dietro di me e li sentivo appena appena confabulare,
ma volevo evitare d’immischiarmi in questioni che non mi
riguardavano.
Forse avrei fatto meglio a non farmi i cazzi miei, visto quello che successe subito dopo.
Le ultime cose che sentii, prima di uno dei momenti di ansia
più completa della mia vita, furono Zack che diceva “Ma
non ci credo che non sai nuotare!” E poi uno splash bello pesante.
Zack aveva buttato Meg in mare. Meg, la californiana che non sa nuotare.
Dopo una manciata di secondi mi avvicinai al bordo della barca per vedere e la testa di Meg non compariva da nessuna parte.
“Zack che cazzo hai fatto?!” urlai sconvolta.
“Andiamo lo so che sta bluffando, adesso salta fuori” disse convinto e gli tirai un ceffone su una spalla.
“Tu sei pazzo!”
Mi voltai per chiedere aiuto e quasi fui travolta da Brian che per
togliersi la camicia fece saltare tutti i bottoni e Jim che si
buttò giusto un secondo dopo aver mollato gli occhiali in mano a
me.
I due si tuffarono e dopo pochi minuti dannatamente lunghi emersero, senza Meg.
“Torniamo sotto, non si vede!” urlò Haner prendendo grosse boccate, prima di tornare sotto.
“Vi do una mano” e anche Justin si buttò.
In tutto questo Zack era rimasto impalato a fissare il punto in cui Meg e il suo bikini nero e viola erano scomparsi.
Avrei voluto urlargli contro, ma Alice non me ne diede l’occasione.
“Ma sei del tutto coglione?! Te l’aveva detto che non
sapeva nuotare! Come cazzo ti viene di buttarla in acqua?! Ma sai
quanti metri sono da qua? Sotto ci sono gli scogli, capisci?!”
Alice urlava, mentre Zack fissava il mare, bianco come un cadavere e
gli occhi sgranati.
Io facevo rimbalzare lo sguardo da Zack all’acqua, sperando di vederli emergere.
Quando finalmente vennero fuori, Brian e Jim tenevano Meg ed emisi un sospiro di sollievo.
Sospiro che mi rimangiai nello stesso momento in cui Brian
l’adagiò per terra, e si rese conto che quasi non
respirava più. Le aveva scostato tutti i capelli resi
innaturalmente scuri dall’acqua e avvicinato l’orecchio al
suo viso per poi ringhiare incazzato e sbattere un pugno per terra.
“Porca puttana non respira! Juss dammi una mano!”
rantolò, ancora non del tutto ripreso dall’apnea
prolungata.
Justin s’inginocchiò davanti a Brian,
dall’altro lato di Meg e dopo uno sguardo complice Justin disse
qualcosa del tipo “Come al corso?”
“Come al corso” rispose l’altro.
Avete mai visto quelle scene di Baywatch in cui ripescavano
qualcuno di quasi morto affogato? Ecco, quella scena era dannatamente
simile.
Justin continuava a ‘martellare’ sul petto immobile di
Meg contando fino a quattro e a quel punto Brian soffiava aria nei suoi
polmoni tenendola per il mento e per il naso.
Dovettero ripeterlo quattro o cinque volte prima che Meg
scaturisse con un colpo di tosse pieno d’acqua e Brian
l’aiutasse a mettersi seduta.
Brian tirò un respiro di sollievo, mentre
l’abbracciava per le spalle. Sembrava quasi che fosse stato sul
punto di perdere la persona più cara al mondo.
“Dio, respira…. brava, così….” le
carezzava delicatamente la testa, mentre lei stava aggrappata al suo
braccio e rantolava, riaccogliendo dolorosamente l’aria nei
polmoni.
“Oh bene, ci sei Meg?” chiese prendendo il viso di lei
fra le mani e costringendola a guardarlo, mentre ancora rantolava. Lei
annuì e lo abbracciò.
A quel punto tutti gli occhi si puntarono su Zack che fissava la ragazza, allibito.
“Io….” Cominciò, ma Brian scattò
in piedi, lasciando Meg appoggiata a Justin che si accertava che avesse
del tutto preso conoscenza e scattò verso il chitarrista mancino.
“Tu cosa?! Ti rendi conto che hai appena provato ad
ucciderla, eh?! Se una persona ti dice che non sa nuotare, non sa
nuotare, è così difficile da capire?!”
Brian era paonazzo, mentro inveiva contro Zack e lo spintonava di
tanto in tanto. L’altro in risposta, non faceva niente,
continuava a guardare Meg, seduta per terra che prendeva grossi respiri
e guardava i due.
Meg emise un debole “Brian….” che fu tranquillamente ignorato.
“Mi sei sempre stato sul cazzo, dal primo momento, ma adesso ho proprio voglia di farti a pezzi!”
“Bri smettila…” Nessuno aveva il coraggio
d’intervenire. Brian era una belva, non l’avevo mai visto
così incazzato e a giudicare da alcune facce dei presenti, non
dovevo essere l’unica a pensarla così.
“Oggi doveva distrarsi per stare un po’ più
tranquilla da quello che è successo e tu per tutta risposta
provi ad affogarla?!” ‘Quello che è successo’?
Che ci eravamo persi?
“Brian sta zitto!” quasi urlò Meg, avendo poco
dopo il fiatone e finalmente il ragazzo si girò verso di lei.
Meg si alzò facendo forza sul braccio che Justin gli aveva
offerto e si avvicinò ai due.
“Brian per favore, non dire altro” si guardarono negli
occhi, dicendosi molto più di quanto noi altri avremmo mai
potuto capire e il ragazzo si scostò, tenendo lo sguardo basso.
“Se non vi dispiace, io me ne tornerei a
casa…..” disse lei imbarazzata e a quel punto ci
riprendemmo un po’ tutti.
“Meg tranquilla, adesso attracchiamo e puoi scendere”
disse Matt avvicinandosi appena e lei mormorò un
“Grazie..” sentito e stanco.
“Ti accompagno” disse Brian e lei scosse la testa.
“No Bri, davvero. Rimani qua e divertiti, sono stanca.
Già non ci volevo venire, ma era la tua festa di
compleanno…… Facciamo che dopo mi porti al torta, eh? E
se ti mangi tutta la cialda di zucchero ti affogo io, intesi?”
disse provando a fare una battuta, ma Brian non era nelle condizioni di
ridere.
“Perché secondo te ci riesco a divertirmi, eh?”
“Andiamo Bri! Non mi ci sono buttata da sola! E’ stato
un incidente e adesso ho voglia di andare a casa” Lui
abbassò il viso, abbattuto e lei gli poggiò una mano su
una spalla, come a convincerlo che stesse bene.
Haner alzò lo sguardo e rispose con un mezzo sorriso allo
sguardo triste e il sorriso stanco che le rivolgeva la ragazza.
Sono abbastanza sicura di aver sentito la mascella di Michelle fare uno scricchiolio sinistro, non molto distante da me.
Non capivo cosa ci fosse fra Meg e Brian, davvero. Un momento
prima si scannavano, quello dopo parlavano e ridevano tranquillamente e
di tanto in tanto c’erano questi momenti in cui si guardavano e
capivano tutto, meglio di una coppia che sta insieme da anni.
Il loro era un rapporto unico, un po’ come quello che tutti
si aspettano da due fratelli gemelli, ma nel loro caso era dettato dal
destino e da chissà quali altri fattori di cui quasi
sicuramente, nessuno avrebbe mai saputo niente all’infuori di
loro due.
“Va bene, come vuoi, ma chiama, ok?”
“Va bene” e Meg si sedette, mentre la festa riprendeva
lentamente il suo corso. Zack rimase di sasso ancora qualche secondo,
prima di andare a sedersi vicino alla sua ragazza e beccarsi
un’occhiata da Brian che avrebbe tranquillamente potuto ucciderlo.
Restituii gli occhiali a Jim, passai quel che restava della
camicia a Brian che mi borbottò un
“Grazie…” che di “grazie” non aveva
proprio un cazzo e andai nella cabina di pilotaggio, vicino a Matt che
con quel ridicolo cappellino da militare guidava la barca verso il
punto di attracco più vicino.
“Ma quante patenti hai?”
“Motorino, moto, auto, nautica, autotrasporti, due assi, pullman…….”
“Autotrasporti?” feci scandalizzata. Che diamine ci faceva con una patente del genere?
“Si, però niente carichi eccezionali o autoarticolati” fece tranquillo.
“E che diamine ci fai?” scrollò le spalle distrattamente.
“Nella vita non si può mai sapere, metti che un giorno mi sveglio e voglio diventare camionista” disse ovvio.
“Previdente” dissi colpita e anche abbastanza sarcastica. Lui scrollò le spalle, sorridendo.
“Forse troppo”
Meg P.O.V.
“Davvero Zack, tranquillo….. però evita di guardarmi così” dissi scocciata e triste.
“Meg, ho provato ad ucciderti, ok?!” sbuffò nervoso e scandalizzato.
“Diciamo che me ne sono accorta, ma adesso non fare così!” dissi alzando leggermente il volume.
“Mi dai un cazzo di momento?!” Fece quasi urlando e guardandomi semidisperato.
“Un momento per cosa?” chiesi interrogativa e stranita.
“Per riprendermi!” Strizzai gli occhi, davvero non capivo.
“Per riprenderti? E che ti devi riprendere? Mica sei stato tu a farti un’apnea di tre minuti!”
“No, ma sono stato io a fartela fare, quindi dammi un momento, cazzo” fece scocciato.
Mi alzai incazzata e gli schioccai un’ultima occhiata afferrando la mia t-shirt dei motorhead.
“Prenditi pure tutti i momenti che vuoi, mi hai rotto i coglioni, è finita qui, con me hai chiuso”
Zack mi guardò stranito, e arrabbiato.
“Stai scherzando?”
“Mai stata così seria in tutta la mia vita. Ti amo,
ma con te sto talmente male che preferisco stare da sola. Ultimamente
mi tratti uno schifo, non ti sei nemmeno reso conto che mio padre mi
sta rovinando la vita, troppo che eri preso a fare la tua buona parte
nella mia distruzione. Non ti fidi di me? Benissimo, non
c’è più motivo di portare avanti questa
storia” E mi allontanai di qualche passo, poi tornai indietro.
“E fra l’altro, rivoglio il mio pedale, dallo pure a Matt, me lo farà avere lui”
Qualche secondo dopo, Matt stava attraccando e Jim mi aiutò a scendere.
“Forza ragazza, fatti una bella doccia, mangia qualcosa che stasera si festeggia!” fece ridendo e io risi con lui.
“Tu sei fuori di testa, Jim” dissi con le lacrime agli occhi per quello che avevo appena fatto.
Avevo lasciato Zack, non potevo crederci.
Mi abbracciò stretto, spingendomi contro il suo petto e io
gli misi le braccia attorno alla vita sforzandomi di non singhiozzare
come una disperata.
Mentre stavo così, rincuorata dalle braccia del mio vicino di pianerottolo, sentii un rantolo provenire dalle mie spalle.
“Meg….” Sbuffai, non avevo voglia di trattarlo
ancora male, ma le sue stronzate cominciavano a darmi su i nervi. Mi
voltai verso Zack che aveva uno sguardo allucinato. Avevo gli occhi
talmente pieni di lacrime che lo vedevo sfuocato.
“Che c’è? Già finiti i momenti che ti
servivano? Guarda che puoi prendertene ancora tanti, eh, oramai non
devi più rendermene conto”
Jim mi carezzò un braccio come a dirmi di fare più
piano e io abbassai il viso incazzata, per poi alzarlo, guardando negli
occhi quello spilungone biondo.
Era preoccupato per tutta quella situazione del cazzo che
cominciava a non avere più capo né coda. Ormai qualsiasi
pretesto era buono per litigare e Zack era sempre più
irascibile, avevo fatto bene a finirla lì.
“Beh, ci si vede, eh” bofonchiai passando di fianco a
Zack e mi limitai a guardarlo, non sapendo bene che espressione avessi
sul viso.
Sbracciandomi salutai tutti quelli che stavano sulla barca, dopo
aver afferrato le mie cose che Sty aveva tirato a Brian e che Brian mi
passò.
“Sicura che non ti devo accompagnare?” chiese Brian
preoccupato scendendo anche lui sul molo e guardandomi come se non ci
fosse nient’altro nel raggio di chilometri, osservando a lungo i
miei occhi strabordanti di lacrime.
“Si, tranquillo, mi faccio un giro per la spiaggia e poi
torno a casa” feci distrattamente, mettendomi lo zainetto nero
con i fiorellini bianchi in spalla.
“Te l’ho detto, appena vuoi, chiama, ci sono” fece carezzandomi distrattamente una spalla.
Diamine, non si era mai comportato così con me, non in pubblico, almeno.
“Davvero Bri, tranquillo. Sto bene, grazie tante”
mentii e presi un respiro, profondo, ingoiando un singhiozzo, emettendo
un rantolo innaturale.
In quell’esatto istante, Brian mi afferrò e mi spinse
contro il suo petto e io cominciai a piangere in disperazione, sul
piccolo molo dove Matt aveva attraccato per farmi scendere.
“Ehi, sssh, è tutto ok, non preoccuparti”
“Ho… Io ho… La-a sigh!-sciato Za-ah-ack” singhiozzai come una poteva demente e Brian sospirò.
“Si, ti ho sentito prima”
“Sarai felice….” dissi con uno sforzo immane.
“Assolutamente no, stai troppo male per esserlo, sono felice
solo del fatto che lui starà di merda e si renderà contro
troppo tardi dell’abnorme stronzata che ha fatto”
Rimasi ancora poco a singhiozzare sul suo petto nudo e poi mi
allontanai asciugandomi gli occhi col dorso della mano. Grossa
stronzata, visto che era piena di sale incrostato.
“Stai un po’ meglio?” chiese tenendomi per le spalle e guardandomi preoccupato. Annuii, era vero.
Salutai lui con un sorriso, e mi diressi alla spiaggia,
probabilmente con la solita faccia da scazzo che mi dipingeva sempre il
viso appena non c’era nessuno a farmi parlare.
Era troppo presto per tornare a casa, mia madre si sarebbe
insospettita e non avevo decisamente voglia di mettermi a darle
spiegazioni su tutto l’accaduto. Come minimo mi sarebbe costata
solo un’ennesima seduta dallo psicologo che già vedevo
troppo spesso. Era un’obbligazione del tribunale, saprete
perché, un giorno.
Così, decisi di fermarmi in spiaggia.
Trovai un bel posticino e stesi il mio telo. Dopo una sguazzata
per annullare la faccia d’anima in pena per via delle lacrime,
andai a fare una doccia (gelida) sulle docce in spiaggia e andai a
stendermi sul telo, nella speranza (vana) di prendere colore. Mi
cosparsi per bene di crema e mi stesi al sole tenendomi sui gomiti,
sperando di raggiungere almeno un colorito umano.
Passai qualcosa come un paio d’ore ad osservare i bambini
che giocavano e i tipi tutti pompati di steroidi che mi passavano di
fianco e accennavano sorrisi disgustosi.
“Piuttosto che diventare così, mi taglierei un
braccio, anzi facciamo un dito và, ed è pure
troppo” Sobbalzai quando sentii quella voce e una figura alta e
ossuta si sedette vicino a me.
“E tu che ci fai qui, Rathead?” chiesi scandalizzata e lui scrollò le spalle.
“Mi ero scocciato” bofonchiò guardando diritto davanti a sé.
“E secondo te ti credo?” chiesi io sprezzante.
“Certo che no, ma non ho voglia di dare troppe spiegazioni e
mi mancava la tua spalla su cui sonnecchiare” fece prendendo
posto sulla mia spalla. Visto il dislivello era sempre una posizione
abbastanza innaturale, ma a detta di Jim, non c’era niente di
più comodo.
Che è un tipo strano non ve lo devo dire io, vero?
“Come va con i polmoni?” chiese dopo un po’.
“Tutte bene, sento un po’ tutto l’esofago
irritato, ma visto che al momento dovrei essere morta, mi ritengo
fortunata”
“Il tuo cuore?”
“Stanno meglio i polmoni” dissi a mo di battuta e Jim emise un sorriso mesto.
“Dai, hai battuto la morte ancora una volta, non ne sei felice?”
“Certo che si, e per l’ennesima volta grazie a te e Brian” Rise distrattamente.
“Siamo uomini onesti, ricambiamo i favori”
“E quando ti avrei salvato la vita?”
“Mi hai salvato dal soffocamento il giorno del mio decimo
compleanno o quella volta che stavo per mangiare uno scarafaggio finito
nel mio panino durante il pic nic. Direi che me l’hai salvata la
vita, ti pare?”
“Già, forse si”
Dopo un po’ si alzò e si piazzò davanti a me,
usandomi come poltrona umana e spostando le mia braccia a circondargli
le spalle. Poggiai la guancia sulla sua testa bionda e rimasi a
guardare il mare davanti a noi.
Jim era così, in perenne bisogno d’affetto, ogni
tanto arrivava e si piazzava fra le tue braccia, come se cercasse
protezione. Forse una sorta di complesso inverso dovuto alla sua
altezza.
Sta di fatto che, indifferentemente dalle occasioni e dalle
persone, lui talvolta aveva bisogno di abbracciare qualcuno o di essere
abbracciato. Uomo, donna, palo della luce o cane che fosse. Tutto,
tranne i piccioni.
Gli posai un bacio sulla testa e gli scompigliai i capelli.
“Comodo?”
“Come sempre, baby” gli diedi un pizzico sul fianco e sobbalzò.
“Aia!”
“Baby ci chiami qualcun altro”
“Sempre acida come yogurt scaduto”
“Ovvio”
Alla fine il rapporto fra me e Jim, era proprio come due fratelli.
Se quello con Brian aveva alti e bassi da far invidia alle montagne
russe di Disneyland, quello con Jim era caratterizzato da una calma
piatta non indifferente che sfociava al massimo in qualche zuffa
scherzosa.
Un po’ come due fratelli, abituati talmente tanto
l’uno all’altra da conoscersi troppo bene pure per aver
voglia di litigare e prendersi troppo in giro.
Passammo molto tempo sulla spiaggia e alla fine fu lui a riaccompagnarmi a casa.
Passai la nottata a rimuginare su una cosa ben precisa e anche
quando Brian venne a suonare alle tre di notte e pretese che scendessi
a salutarlo, quel pensiero non mi abbandonò.
“Brian, sono le tre, diamine” dissi scocciata vedendomelo saltellare davanti.
“Tanto lo sooo che non dooormi, ti conossshco” disse
ridendo come un coglione. Aveva gli occhi lucidi e il viso rosso per
via dell’alcol.
Mi mise un braccio attorno alle spalle e poi mi guardò attentamente, sembrando un bambino.
“Stai bene, Nessie- Essie- Essie?” mi sfiorò la punta del naso con l’indice.
“Si Bri, sto bene” dissi divertita.
“Oh meno male tesooooooooro, perché altrimenti
l’avrei uccisho quel mancino del cazzo. Mancino del cazzo,
sarà pure una sega a letto, ci scommetto”
Se vi dicessi che non era così ubriaco? Per i suoi
standard, domani mattina avrebbe anche ricordato quello che aveva fatto
e detto. Aveva solo questo modo strascicato di parlare,
un’esagerata salivazione e un’espressività esagerata.
Dopo un po’ di vaneggi mi abbracciò stretto e mi strinse contro il suo petto.
“Io ti voglio bene Meg, e non ci devono essere stronzi che
ti fanno soffrire, intesi? Tu devi seeeempre essere feliiiice e stare
bene” mi sorrise e sul suo viso si stampò un sorriso
ebete, prima che non premesse le sue labbra sul mio naso e poi
stringermi di nuovo contro il suo petto.
“Credo che andrò da mio padre quest’estate” dissi dopo un po’.
Passo talmente tanto tempo che pensavo non avesse sentito. Quando rispose ebbi bisogno di un attimo per collegare
“Oh, sei sicuuura?”
“Ho bisogno di cambiare aria per un po’, anche se
questo significa stare con mio padre. In fondo so come si fa per
gestirlo, basterà evitare di passare del tempo con lui”
“L’improtraante e che tu sia sicura, bellezza” Com’è che aveva detto “Importante”?
Rimanemmo ancora abbracciati a lungo.
“Quando tornerai non ci sarò più, lo
sai?” disse dopo un po’, sempre quella strana cadenza da
ubriaco
“Che intendi dire?” chiesi stranita.
“Mi hanno preso al Musican Institute, a settreeeeembre me ne vado a Hollywood”
“Quindi non ci sarai nemmeno per il mio compleanno?”
“Non lo so, vedrò di esserci, te lo meriti, non posso mancare ai tuoi 18 anni”
Mi strinsi di più a lui.
“Quindi questo è un addio? Un addio alla nostra amicizia come l’abbiamo sempre conosciuta?”
“Credo proprio di si, bellezza, ma io sarò a
cinquanta chilometri da qui, vedrò di tornare almeno un paio di
volte al mese” Perché improvvisamente mi sembrava sobrio?
Si allontanò.
“Ci vediamo domani mattina, da questo momento fino a quando
partirai, non pensare di liberarti facilmente di me, uhm?”
“Va bene” m’incasinò i capelli e si separò.
“Ti voglio bene, belva” disse allontanandosi con passo incerto e saltellato.
“Anche io, coglione”
Tornai dentro e mi misi a dormire.
Ed ecco ci qua! Il capitolo più triste che sia mai giunto fino a questo momento in questa fan fic!
Meg partirà, a settembre Brian se ne va e Zack?
Zack si fa in culo!
Con questo capitolo si conclude lo specchio “adolescenza” dei nostri eroi.
Dal prossimo capitolo vedremo le cose mooolto diversamente v.v
Ci sarà la prima versione
dei sevenfold (SENZA Johnny, ma con Justin Sane al basso), ci
sarà l’università e tante belle cose che non vi
dico v.v
Quello che ho rivelato basta e avanza v.v
Amori belli ma quanto amo le vostre recensioni *-*
Adoro anche tutti quelli che
continuano ad inserire la storia in una delle tre liste :’) avete
appena creato il mio record personale e non ve ne sarò mai
abbastanza grata.
Ultima notte di libertà, domani a quest’ora sarò nel mio letto a far finta di dormire
Un grandiiiiiisssssssimo bacio a tutti! :D
The Cactus Incident
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Capitolo 20 *** Chapter 19 ***
Sch chapter 19
Buonsalve! :D
Scusate, speravo di aggiornare prima, ma la ripresa delle lezioni mi ha semplicemente spiazzato o.o
Spero mi perdoniate <3
Voglio dire giusto un paio di cose, poi vi lascio leggere.
Come avevo anticipato, c’è stato un salto, e adesso siamo nel 2002.
Cosa vuol dire? Vuol dire che i Sevenfold sono finalmente nati e sono in tour col loro primo bassista, Justin
Che Val e Stacey si sono immolate alla causa band e che li seguono in questa stronzata perché sono brave e belle
E che Meg se n’è
andata all’università. Si, è una stronza. Ma ehi,
c’è stato un ritorno di fiamma v.v
Ci si vede sotto <3
Salem, inizio Luglio 2002
Meg P.O.V.
E per quest’anno scolastico avevo finito i corsi all’università.
Adesso dovevo tornare a casa, ma l’avrei fatto solo fra due
settimane, perché prima avrei passato il mio piccolo pezzo di
tour con quei scapestrati dei sevenfold.
Sapevo che vivevano in dieci in un furgone enorme, fra strumenti e
borsoni, lavandosi nelle docce degli autogrill o quando erano
più fortunati si fermavano per una notte in qualche motel da due
soldi, ma la cosa non mi spaventava. Avevo già spedito i miei
bagagli ad Huntington e mi ero portata quello che mi aveva detto Brian
mi fosse concesso (oltre a quello che avevo addosso): un cuscino, una
coperta, due jeans/pantaloni, tre magliette, una felpa, una giacca,
biancheria e calzini a volontà e scarpe comode che avrei tenuto
addosso. Ammessi trucchi e roba come bagnoschiuma e deodorante.
Assolutamente vietati oggetti frangibili e di vetro. Il tutto in
borsoni morbidi, niente valigie rigide.
A quanto avevo capito, sugli autogrill/ nei motel facevano anche il
bucato. Mi chiedevo come cazzo avessero fatto a vivere in quelle
condizioni per due mesi, soprattutto Stacey! Quando l’avevo
lasciata era ancora un esemplare civilizzato della razza umana, oppure
Val…. Bah, Hendrix sa.
Comunque, ero pronta a due settimane di questa vita e la trovavo davvero allettante.
Arrivai a Salem verso la tarda serata e fino a che non trovai il posto
del concerto si fece tardi, così quando arrivai avevano
già finito da un pezzo e la gente se n’era quasi tutta
andata.
Entrai nella sala, il borsone in spalla, le gambe un tantino distrutte
e venni quasi travolta da Johnny che, appena finito l’anno
scolastico (prima di quello universitario, visto che il brutto nano
andava ancora al liceo), si era precipitato dagli amici più
grandi.
“Tu! Che diamine ci fai qui!” chiese sorpreso mentre mi abbracciava. Non era cresciuto neanche di un centimetro, eh?
“Faccio prendere infarti ai californiani, mi pare logico, no?”
“Brutta rospa!” disse stringendomi.
“Ciao nano di merda” erano tre mesi che non vedevo nessuno dei miei amici, da Stacey fino a Johnny.
“Adesso vado a salutare gli altri, eh. Ci vediamo dopo” Mi
spostai verso il palco, dove Jimmy stava ancora smontando gli ultimi
pezzi della batteria e lo abbracciai da dietro.
“Ciao biondo” sussurrai sulla sua schiena. Lui si girò fra le mie braccia e mi mostro un sorriso enorme.
“Meg! Tu… come…. Ce l’hai fatta!” Disse Jimmy abbracciandomi e stringendomi a se.
“Visto bro? E’ stato un mezzo miracolo/impresa, ma ci sono riuscita. Come procede questo primo tour?”
“E’ distruttivo, stressante e non faccio una doccia degna
di essere chiamata tale da una settimana, ma non mi sono mai divertito
tanto!” mi allontanai un po’ da lui.
“Sono contenta per te, gli altri?”
“Dietro quella porta” disse facendomi un cenno con la testa
verso una porta rossa e aperta, dove doveva esserci una sorta di
backstage o qualcosa di vagamente simile.
Gli battei una pacca sulla spalla e saltai giù dal palco
abbastanza alto. M’infilai dentro la porta rossa e mi scontrai
con Haner a cui feci cadere degli scatoloni.
“Cazzo! Ma gli occhi ce li hai in cu…… Gesù
Cristo santissimo, Nessie!” Disse quasi sconvolto mentre mi
abbracciava stretto come se fossi tornata dalla guerra.
“Eh si Bee, visto? Sono proprio io” per un po’ provai
a fare la sarcastica, ma poi mi mandai a fanculo e lo strinsi forte a
me come volevo fare.
“Oh Bee! Minchia quanto mi sei mancato. Tanti auguri!”
“Grazie!” disse esaltato. Era il sette luglio da forse un paio di ore.
“Dopo ti do il tuo super regalo, ma adesso devo vedere quel fottutissimo chitarrista….”
“Non so dove sia finito, prima l’ho visto dileguarsi nel
mini salottino… Scusa ma devo sistemare ancora un po’ di
roba, ci vediamo dopo, eh” disse portando gli scatoloni di quelle
che sembravano magliette ordinatamente piegate e riposte ognuna in una
busta. Uhh merchandising.
Mentre arrivavo a destinazione salutai anche Valary e intravidi la
chioma di Sty che usciva da dove era sparito anche Brian, ma adesso
volevo vedere Zack.
In effetti, ufficialmente non lo vedevo da tre mesi, ma in
verità era venuto a trovarmi una settimana prima di partire per
il tour e mi aveva chiesto di rimetterci insieme.
Sinceramente non avevo capito il perché, ma quando mi aveva
guardato con i suoi stupendi occhi verdi totalmente sinceri, non avevo
saputo dire di no. Da allora mi aveva chiamato quasi tutti i giorni.
Certo, ad orari indicibili e talmente distrutto che mi sembrava
un’altra persona, ma l’aveva fatto, ed era una cosa che
apprezzavo parecchio.
L’unico a sapere che forse sarei riuscita a raggiungerli per le
loro ultime due settimane di tour era Jimmy, ma era più un no
che un si. Alla fine però ce l’avevo fatta senza
confermare niente a nessuno.
Si, una sorpresa insomma.
Col borsone ben piantato in spalla mi addentrai in un corridoio stretto
e completamente buio che portava al suddetto salottino e mi resi conto
che la porta era appena socchiusa. Bastò una leggera spinta con
due dita e la porta si aprì, mostrandomi uno spettacolo che mi
gelò il sangue nelle vene. Da dov’ero non mi avevano
nemmeno visto, ma io vedevo loro anche troppo bene.
Zack stava seduto su una poltrona, senza maglietta e con una birra in mano. Fin qui, tutto regolare.
La nota dolente arrivava guardando appena più giù, dove
c’era una tipa mezza nuda con la faccia fra le sue gambe, La mano
di quello che si considerava il mio ragazzo stringeva i suoi capelli
scuri lunghi e lisci accompagnando i movimenti della testa di lei e le
palpebre se ne stavano leggermente socchiuse mentre guardava il
soffitto, in preda alla lussuria.
Non riuscivo a muovermi, né scappare via, né entrare del
tutto nella stanza, urlare o piangere, non riuscivo nemmeno a chiudere
gli occhi o girare il viso dall’altra parte.
Ero lì, completamente raggelata per fare qualsiasi cosa, tranne continuare a guardare quella merda.
La tipa alzò la testa da lì e la testa di lui scattò verso di lei, mollando la lattina di birra.
“Chi ti ha detto di fermarti?” la sua voce mi faceva
schifo, ma c’è da dire che a me non si era mai rivolto con
quel tono dittatoriale.
“Mi sono rotta le palle. Perché non te lo fai succhiare
dalla fantastica ragazza che ti vanti tanto di avere?” La
afferrò per le spalle e la sollevò fino a portarla vicino
al suo viso.
“Non azzardarti a nominarla, non meriti di paragonarti alla mia
ragazza” la tipa si leccò le labbra, come se le piacesse
essere sottomessa e Zack spinse ancora la testa di lei verso le sue
gambe, dopo aver schioccato la lingua.
A quel punto mi partì l’embolo, l’occhio destro
prese a tremarmi e sentii una rabbia talmente forte che mi spaventai di
me stessa. Era come una sensazione di calore che partiva dallo stomaco
e si diffondeva nel mio corpo, come a darmi la forza di spaccare tutto,
di distruggere e di fare male. Strinsi pungi e mollai il borsone per
terra prima di entrare in quello schifo di stanza, prima che la ragazza
ricominciasse.
Tirai un calcio alla porta, facendola sbattere contro il muro, giusto
per farmi sentire, ed entrai. La tipa provò subito a coprirsi
utilizzando le braccia e Zack scattò con la schiena diritta,
mentre mi guardava come un povero demente. Nel breve tragitto dalla
porta alla poltrona tirai un calcio a un tavolo che si ribaltò e
per poco non prese la ragazza con le tette al vento. Dopo meno di un
secondo, mentre il tavolo era ancora in caduta libera, afferrai uno
sgabello e lo scaraventai contro il muro lasciando i segni
sull’intonaco e intaccando la vernice rossa che ricopriva le
pareti.
Presi un respiro e lottando contro la nausea che mi aveva provocato quella scena, guardai la ragazza.
“Tu. Sei una zoccola. Ma il tuo quoziente intellettivo non
raggiunge quello di un arachide e va bene così. Da questo
momento non farti più scrupoli: non ha più una
ragazza” voltai il viso verso Zack che si era richiuso i
pantaloni. Giusto per, gli tirai un ceffone in pieno volto che gli fece
voltare il viso verso destra, ma poi tornò a guardarmi, sempre
come un cane bastonato.
“Mh-Meg”
“Prova anche solo a dire ‘mi dispiace’ e i coglioni
te li ritrovi nello stomaco. Sei un vile, una merda e così
dicendo faccio un’offesa agli escrementi. Dire che mi fai schifo
è un complimento. Fai vedere ancora il tuo brutto muso e ti
spacco la faccia” sputai per terra e come un treno rapido me ne
andai fuori da li, afferrando si e no il mio bagaglio. Attraversai il
corridoio buio e lungo con una velocità spaventosa, mentre
cominciavo a sentire gli occhi pizzicare e il petto farmi talmente male
da spezzarmi il respiro, facendomi rantolare in modo sconnesso.
Alla fine del corridoio uscii all’esterno dalla porta sul retro e mi trovai davanti Brian.
Lo guardai negli occhi, lui emise una “C” di “Che
cazzo è successo?” e io scoppiai a piangere, il viso fra
le mani. Lui mi abbracciò immediatamente e mi strinse a
sé.
Non so quanto rimasi così a disperarmi, mentre lui mi carezzava
la schiena e la testa, ma quando mi separai appena c’era una
grossa macchia di bagnato sulla sua consunta t-shirt di New York.
Brian mi sorrise, ma poi la sua attenzione fu attratta da qualcosa e il
sorriso sparì. Guardò un po’ lui (perché
sapevo che era lui) un po’ me e poi disse.
“Ehm…. vado a sistemare il furgone” e si dileguò.
Rimasi girata di spalle fin quando non sentii dei passi avvicinarsi
nella mia direzione. Sentii due dita sfiorarmi il braccio e a quel
contatto rabbrividii per il ribrezzo, allontanandomi di qualche passo.
Mi voltai mostrandogli il mio volto disgustato e contratto dal dolore,
bagnato di lacrime che non si meritava di certo.
“Non provare a toccarmi! Che vuoi” abbassò la mano
rimasta a mezz’aria dopo quel contatto e abbassò anche il
viso.
“Io non…” alzò di scatto il viso e mi fronteggiò, il muso quanto più duro possibile.
“Mi sentivo solo, ok? Dovevo sfogarmi” sbottò alla fine. Ah beh.
“Farti na sega no, eh?” fece un mezzo sorriso.
“Non c’è niente da ridere. Non era una
battuta” commentai io, per niente divertita. Si passò una
mano fra i capelli e allargò i palmi come se dovesse mostrarmi
che non era armato.
“Senti, mettiamoci una pietra sopra. Ci tengo troppo a te per….”
“Ma con quale faccia riesci a dire una cosa del genere dopo che
mi hai messo le corna con la prima zoccola che ti sei trovato davanti?
Quando stavamo insieme al liceo eri geloso di Brian. Adesso mi richiedi
di rimetterci insieme e come una cogliona accetto, mi fido e tu mi
metti le corna con la prima zoccola che trovi?
Davvero Zack, voglio capire fino a quanto riesci a non farti schifo per
trattarmi così tranquillamente come se avessi semplicemente
mangiato i miei biscotti preferiti o finito il dentifricio! Ma fatti
curare, cazzo!”
“Meg non fare la bambina, io ti amo” provò a
baciarmi e a quel punto mi partì (ancora) l’embolo. Per un
attimo pensai sul serio di essere impazzita perché sentivo di
essere anche capace di ucciderlo, ma poi capii che era solo la rabbia a
farmi ragionare.
Ci fu meno di un contatto casuale fra le nostre labbra, quando lo
allontanai tirandogli un cazzotto sul viso, ma insisteva. Mi prese i
polsi facendomi male e provando a parlarmi, continuando a dire
stronzate che non volevo più ascoltare e cominciai a tirargli
calci, nella speranza che si allontanasse.
Finalmente lo beccai nel punto critico e si piegò in due mentre
si teneva entrambe le mani sul pacco e io continuavo a riempirlo di
calci, piangere e urlare come una povera pazza.
Prima che potessi ucciderlo, arrivarono Jimmy e Brian a trattenermi e
fecero uno bello sforzo a giudicare da quanto ci misero per spostare
una ragazzina di un metro e sessantatre che scalciava come un asino
drogato.
Brian mi avvolse un braccio in vita e l’altro intorno alle
spalle, stringendomi da dietro contro il suo petto e trascinandomi nel
parcheggio, lontano da dove avevo riempito di botte il mio due volte ex
ragazzo.
Quando finalmente arrivammo al furgone blu scuro, aprì il
portellone laterale e mi fece sedere. Qualche secondo dopo, lui mi fu
vicino e mi mise un braccio intorno alle spalle mentre mi porgeva un
fazzoletto di carta.
Mi soffiai il naso, pulii gli occhi, sistemai il trucco sbavato e mi voltai verso di lui.
“Ti ho per caso fatto male?” chiesi distrattamente.
“Mi hai tirato un paio di calci, ma niente di grave. Credo che sopravvivrò”
“Uhm” emetto e rimanemmo in silenzio per un po’.
“Dai Meg, non vale la pena stare così per uno che ti ha trattato in quel modo”
“Mi dai almeno un’ora per metabolizzare? Questa frase
puoi dirla se per caso, fra due giorni mi dispererò
ancora”
“Non so te, ma fra due giorni Zack di certo non avrà
ancora metabolizzato tutti quei calci” disse divertito, ma io non
sorrisi.
“Ben gli sta. Se non foste arrivati tu e Jim gli avrei fatto molto di peggio”
“Poi te ne saresti pentita”
“Non credo proprio”
“Sai bene che adesso non sei tu a parlare, ma la rabbia. Dormici su e poi ne riparliamo”
Decisi che era meglio cambiare argomento, visto che aveva ragione.
“Adesso si riparte, giusto?” chiesi.
“Ci diamo una lavata nel locale e poi andiamo” disse
tranquillo. Si ok, avevo detto cambiare argomento, ma c’era una
cosa che volevo sapere e che mi ronzava nel cervello da un paio di
secondi.
“Bri, solo una cosa…. tu lo sapevi che Zack mi tradiva?”
“Io sapevo che Zack si scopava un sacco di ragazze, ma non che vi
foste rimessi insieme. Se l’avessi saputo, sta tranquilla che
avresti ridotto Zack in quelle condizioni almeno un mese e mezzo
fa” Feci una strana smorfia.
“Cazzo sono così cornuta?” Scrollò le spalle.
“Quasi quanto me con Michelle” feci un mezzo sorriso e lo abbracciai.
“Su, adesso vai a lavarti, tranquillo. Io cerco Val per vedere
dove sistemare le mie cose e dove posso dormire”
S’infilò in parte nel furgone e ne estrasse un borsone blu
molto simile al mio, poi si alzò e si voltò verso di me.
“Ok, allora se becco Val te la mando qua. Ci vediamo fra una
mezz’ora” S’era già voltato, quando lo
richiamai.
“Brii!”
“Woh?” disse girandosi parzialmente.
“Hai una sigaretta?” chiesi lamentosa e lui arricciò le sopracciglia.
“Ma non avevi smesso anni fa?”
“Ribadisco: hai una sigaretta?” fece un sorriso e mi
tirò tutto il pacchetto e il porta chiavi dal quale pendevano
ancora l’acendino a forma di teschio e il portachiavi a forma di
chitarra che gli avevo regalato io anni prima.
“Non finirmele tutte, eh” e se ne andò.
Rimasi per un secondo a guardare il pacchetto di Marlboro rosse.
“Però, ti tratti bene, eh Gates?” dissi fra di me,
prima di piazzarmene una fra le labbra e accenderla. Tirai una grossa
boccata che fu una sorta di benedizione.
Nemmeno mi ricordavo quanto tempo era che non fumavo più, ma era decisamente troppo.
Stacey P.O.V.
“Woh woh woh Haner, dove vai?” dissi poggiando una mano sul
petto del ragazzo e lui mi guardò sollevando un sopracciglio.
“A lavarmi?”
“Ci sono tre docce e in questo momento sono tutte e tre occupate”
“E da chi?!” sbottò scandalizzato.
“Matt, Jimmy e Justin” voltò gli occhi al cielo.
“Quanto dovrebbero metterci ancora?”
“Fra esattamente tre secondi Val stacca l’acqua calda a
Matt e Juss, Jimmy può stare ancora un po’”.
“Ho finito, non rompete!” Urlò Matt dalla cabina. Si
arrotolò dalla vita in giù in un asciugamano da spiaggia
rosa e arancione e uscì dalla cabina schizzando goccioline
ovunque e dopo avermi scoccato un bacio a distanza si dileguò
nello spogliatoio. Brian emise un “Finalmente” scocciato e
stava per andare a spogliarsi anche lui, quando si fermò.
“JD, Meg ha lasciato Zack perchè l’ha beccato mentre
si scopava una” Sgranai gli occhi e per poco non mi cadde la
mascella.
“Momento… Zack e Meg stavano insieme?”
“Così sembra. Meg sta una pezza e ha riempito di mazzate
Zack che adesso non so dove sia. Lei sta al furgone che fuma”
“Fuma?!?!”
“Capisci la gravità della situazione? Io adesso vado a
lavarmi. Basta che mi dai mezz’ora poi posso stare io con
lei”
“Tranquillo, fai con calma” dissi soprappensiero
battendogli una pacca su una spalla sudaticcia. Mamma quanto cazzo
sudavano.
Val mi passò di fianco, le spiegai la situazione e dissi che doveva occuparsi lei delle docce.
“Tranquilla JD, vai pure, penso io a questi stronzi. Matt è uscito?”
“Si, adesso dovrebbe entrare Brian. Stacca Juss che sta lì
da mezz’ora” Val sorrise malefica e io andai al furgone a
vedere Meg. Mi era sembrato di averla intravista, prima, ma non credevo
fosse seriamente lei.
Era un po’ che non la sentivo.
Come detto da Brian, stava lì, a giocare distrattamente con
l’accendino del ragazzo, lo sguardo perso nel vuoto mentre fumava.
“Da quanto hai ricominciato a incrostarti i polmoni?” dissi
con un mezzo sorriso a cui lei rispose. Fece finta di controllare un
immaginario orologio sul polso.
“Bah, da quanto ho scoperto di portare un bel palco di
corna” Mi osservò un attimo “Sei dimagrita”
scrollai le spalle.
“Vorrei ben vedere, sono due mesi e mezzo che campiamo di
stenti” mi fece un po’ di spazio e andai a sedermi vicino a
lei, mentre sghignazzava per quello che le avevo detto.
“Guarda che non è una battuta. Siamo completamente al
verde. Abbiamo un dollaro a testa al giorno per vedere di recuperare
qualcosa da mangiare. Ovviamente non ci basta e svaligiamo puntualmente
i negozi alimentari” Sgranò gli occhi.
“Oddio”
“Già, ci siamo specializzati. Alle ragazze tocca distrarre
il tipo alla cassa, se è femmina ci pensano Matt e Jim o Zack.
Se eventualmente c’è qualche telecamera, uno si piazza
davanti in modo da attirare l’attenzione su di se –in
queste cose, Johnny è un maestro- mentre qualcun altro si
riempie le tasche e le borse del possibile. Facciamo una colletta e
paghiamo qualcosa giusto per far vedere e a quel punto ce ne andiamo
come se nulla fosse” scoppiò a ridere con quella sua
risata assurda e contagiosa, ma io non stavo scherzando.
Certo però, che situazione assurda.
“Devi vedere le prime volte! Ci hanno quasi beccato. Ci vedevi
mentre correvamo come pazzi fuori dal negozio! Jim che rideva come un
ossesso e Matt che mi tirava per una mano mentre Haner bestemmiava
anche in turco e diceva qualcosa sul fatto che lui aveva una laurea e
dei pantaloni troppo larghi per correre. C’è da dire che
il periodo in cui c’era Michelle ed era lei a distrarre il tipo
alla cassa, abbiamo mangiato più di tutto il tour” Meg si
asciugò gli occhi e fece un paio di respiri profondi.
“Cristo santo…. siete completamente fuori di testa”
“Ma tu dovresti vedere con i liquori. Non ho capito come, ma Jim
riuscì ad infilarsi una bottiglia di Jack Daniel da due litri
nei pantaloni e nessuno si accorse di niente fin quando non la
tirò fuori, nel furgone. Le birre sono facili da rubare”
“Se ti sentissero i tuoi genitori crederebbero che ti hanno fatto il lavaggio del cervello”
“Uh, loro se ne sono andati a Seattle e mi hanno mollato in
California da sola: errore loro fidarsi. A te? Come và
all’università?”
“Mi bestemmio ancora addosso per quando ho cominciato e ho dovuto
allontanarmi da voi, ma mi piace un sacco e sto imparando tantissime
cose che prima ignoravo completamente. Quando quegli stronzi ne avranno
bisogno, sarò io a creare il loro palcoscenico”
Eh si, Nessie la Furia (nome di battiaglia che ancora dovevo caprie chi
le aveva dato) frequentava l’università da due anni e si
accingeva a diventare scenografa. Mica male, eh?
“Vedi di non metterci fuoco: ultimamente Justin tende ad essere un piromane” dissi divertita.
“Che ha combinato quel palo della luce?”
“Ha dato fuoco all’auto di un tizio che non ci ha pagato.
Fortunatamente era in un parcheggio isolato e non ha né
distrutto altre auto né fatto male a qualcuno, ma credevo fosse
davvero andato fuori di testa. Valary, Brian, Matt ed io ci siamo
incazzati come belve. Credo ci sia mancato poco che Matt non lo
spedisse a calci ad Huntington” Sgranò di nuovo gli occhi
e tossicchiò il fumo.
“Non è da Juss… non c’è mai stato
tutto con la testa, quasi quanto Jim, ma da questo fino a dare fuoco ad
una macchina…”
“Jim l’ha aiutato”specificai.
“Ecco appunto….” disse divertita tirando un’ennesima boccata.
“Brian mi ha detto cosa è successo…. con Zack” arricciò naso e labbra, come suo solito.
“Mmmm… non è un bell’argomento”
“Per niente…. se mi avessi detto che stavate insieme avrei
provato a…” Meg m’interruppe con un mezzo sorriso
triste.
“Sty, tranquilla, tu non c’entri niente. Capisco che tutte
le responsabilità sono riversate su te e Val e che vi tocca
stare attente a tutti e tutto, ma Zack non era competenza vostra. O
almeno non quelle che si scopava. Avrei dovuto
sospettarlo….”
“E come facevi, in un’altra nazione mentre ti facevi il culo quadrato a studiare!”
“Non so…. comunque ho chiuso. Definitivamente. Gli ho
quasi rotto qualcosa e mi sta bene così” Feci un mezzo
sorriso e sospirai.
“Mica gli hai rotto qualche mano?”
“Boh, forse” Mi passai una mano fra i capelli, completamente distrutta.
Meg mi batté un colpo sulla spalla e mi porse la sigaretta fumata meno di metà.
“Toh’ rilassati, poi vai a farti una bella doccia. Ne hai bisogno, sei stressata”
“Un po’…”
“Un po’ tanto” disse divertita mentre io
m’infilavo nel furgone per recuperare le mie cose, la sigaretta
ancora fra le labbra.
Essere il capitano in seconda aveva un sacco di svantaggi, soprattutto
per quanto riguarda la questione docce. Una delle prime volte, io e Val
avevamo fatto il grande errore di lavarci contemporaneamente con
l’effetto che quegli stronzi di Justin e Zack ci staccarono
l’acqua calda e rubarono le asciugamani. Non è stata una
colossale figura di merda solo perché è intervenuto Matt.
Non abbiamo più ripetuto quell’errore.
In quei due mesi e mezzo ne avevamo passate di tutti i colori e avevo
imparato a destreggiarmi con cose e comportamenti che davvero non
credevo avrei mai fatto o avuto.
Beh, è la vita, e mi stavo divertendo come mai al mondo.
Salutai Meg scompigliandole i capelli e buttai il mozzicone della sigaretta prima di tornare nell’edificio.
Incrociai Matt che quando notò la puzza di fumo aggrottò le sopracciglia.
“Sono passata da Meg, sta fumando come un turco vicino al
furgone” sembro bersela (o almeno me lo fece credere) e io
continuai verso le docce.
Avevano finalmente finito tutti e toccava a me ed Alice (si,
c’era anche la super cugina di Jim in tour con noi). Andai a
cambiarmi e poi m’infilai nella cabina.
Dopo una bella doccia ed essermi rivestita, lasciai i capelli umidi
sciolti che, viste le leggere curve che avevano da bagnati, arrivavano
fino al gomito.
Quando tornai al furgone per mettere al proprio posto le mie cose, trovai Zack.
Aveva il viso viola in più punti e si reggeva il polso, piegato in due mentre se ne stava steso nel furgone.
“Ah, sei qua” constatai caustica. Lui mi guardò come per identificarmi e poi voltò gli occhi al cielo.
“Anche tu per farmi una ramanzina?”
“Nah, non mi piace perdere tempo con i coglioni. Che sei una
merda lo sai e già te l’hanno detto: perché dovrei
ripetertelo”
“Apprezzo”
“Non farlo, fai comunque schifo” fece un sospiro.
“Lo so” scrollai le spalle.
“E’ gia qualcosa” e me ne andai alla ricerca di tutti i membri della combriccola.
Mentre cercavo Johnny, m’imbattei nel mio ragazzo completamente poggiato al muro con una sigaretta in mano.
Mi avvicinai e poggiai la testa sulla sua spalla.
Lui voltò il viso e mi lasciò un bacio sulla testa.
“Sei stanco” sospirai.
“Un po’ troppo”
“Da quando fumi?” chiesi stranita. Il massimo che fumava era qualche tiro fregato a me, quando fumavo.
“Da quando tu hai ricominciato”
“Bravo” dissi divertita e lui emise un mezzo sorriso.
“Grazie” Si raddrizzò e mi stinse fra le braccia. Io poggiai il viso sul suo petto e ispirai forte.
“Vedi di non bruciarmi i capelli, eh” dissi scherzando e lui rise.
“Male che và ti faccio il mio stesso taglio e stai a posto così”
“Ahh... non ci tengo”
“Perché? Guarda che è comodo”
“Ah si?” dissi divertita mentre lui mi carezzava la testa, una guancia poggiata su di essa.
“Si, uno shampoo in venti secondi” sorrisi divertita prima di cambiare argomento.
“Prima pensavo una cosa…..” cominciai.
“Al matrimonio?” continuò lui. Alzai la testa di
scatto, come se avesse detto una bestemmia e rischiai quasi di dargli
una testata.
“Come ti viene?!”
“Ahahahahaha! Scherzavo!”
“Peccato….” dissi convinta e lui sgranò gli occhioni verdi e stanchi.
“Ah?!”
“Ah-ah! Adesso sei tu ad esserci cascato!” Mi fece una smorfia e io gli feci la linguaccia.
Per tutta risposta mi afferrò il mento e mi baciò.
Sapeva di birra, sigarette e menta. Strinsi le braccia attorno alla sua
vita e lui affondò le mani nei miei capelli, in qualche modo
senza bruciarmi nemmeno un capello.
“E’ tanto che non stiamo un po’ soli noi
due…..” sospirò con voce rauca e bassa sulle mie
labbra.
“Eh si… diventa difficile con tutta questa gente al seguito”
“Sembriamo degli zingari” disse divertito facendo scendere
le braccia attorno alle mie spalle e poggiandomi le labbra sulla tempia.
Gli fregai la sigaretta e tirai un paio di boccate osservando il fumo azzurrognolo che si disperdeva nella notte.
“Comunque… che stavi pensando?” chiese curioso.
“E’ l’avventura più bella che abbia mai vissuto”
“Anche io e di certo non finirà fra due settimane” voltai il viso per guardarlo negli occhi.
“Che intendi dire?” mi sorrise dolcemente e mi fece una
carezza. Mi baciò di nuovo e due secondi prima di separarsi si
riprese la sigaretta ormai giunta agli ultimi tiri. Tirò una
boccata e parlò prima di cacciare fuori il fumo.
“Ogni cosa a tempo debito”
“Mmmh…. non me la conti giusta, Sanders”
“Ogni cosa a tempo debito” ripeté con fare
profetico, mentre mi poggiava sulle labbra la sigaretta per
l’ultimo tiro, poco prima di tirarla lontano.
“Signorina Floor, è sempre un piacere steccare con
lei” disse separandosi dal muro e facendomi un inchino,
mentre mi teneva la mano.
“Un piacere raro, certo, ma pur sempre un piacere” aggiunsi
io, prima che non incrociasse le dita con le mie, stringere le mani
dietro la schiena e baciarmi ancora.
Adoravo quei momenti dolci che c’erano di tanto in tanto, a fine
serata quando tutti erano ancora dispersi Dio sa dove. Liberò le
mie mani che andarono a circondargli la vita e le sue scivolarono sul
mio collo, provocandomi brividi che corsero lungo tutta la spina
dorsale, prima d’insinuarsi sulla mia nuca, scivolando fra i mei
capelli da poco districati.
I suoi occhi erano socchiusi e liquidi, mentre avvicinava le labbra
alle mie in modo che lasciava intendere tutto quello che gli passava
per la testa in quel momento. Era davvero parecchio tempo che non
stavamo soli…. noi due e tutto il mondo fuori.
“Sty….” sospirò tirandomi su di lui come se prima ci fosse anche un solo millimetro a separarci.
“Matt, ho capito ma…. dove?” dissi facendo un mezzo sorriso sulle sue labbra.
“La doccia” sospirò prima d’intrecciare le labbra con le mie.
“Ehm… ragazzi scusate, dobbiamo ripartire” Una voce
stranamente timida e femminile c’interruppe e le nostre labbra si
separarono all’instante, voltammo entrambi i visi verso la fonte
dell’interruzione, guardando Val che si sistemava gli occhiali
sul naso dopo essersi legata i capelli nuovamente neri in una coda
quasi minuscola.
Matt si allontanò appena da me, ma fece scivolare due dita
nell’incavo della spina dorsale, provocandomi al pelle
d’oca per poi spostarsi sul gomito e farle scivolare fino alla
mia mano, intrecciando le nostre dita.
Val sgommò via e io sospirai. Il nostro piccolo momento lussureggiante ormai sgretolato.
“Non mi piace vederla così” sbuffai.
“Dai, ormai non prova più niente per me…. sono passati anni”
“Lo so, ma ancora s’imbarazza”
“Val è fatta così…. e poi sono stato il suo
primo ragazzo… credo dipenda anche da questo”
“Uhm, sarà” Mi diede un altro bacio e mano nella
mano prima controllammo di non aver lasciato niente di nostro e poi
andammo fino al furgone dove c’erano già tutti che si
stavano sistemando.
Sully (ovvero Alice) mi venne incontro quasi correndo.
”JD, abbiamo un problema”
“Ovvero?”
“Meg e Zack…. Abbiamo dei problemi su dove far dormire lei
visto che lui continua a tenersi a distanza di sicurezza,
spaventato” Mi passai una mano fra i capelli.
“Vuoi che parli con Zack?” disse Matt osservandomi preoccupato e gli sorrisi guardandolo negli occhi.
“Conosco anche troppo bene il tuo parlare e ci ha già
pensato Meg a ‘parlarci’. Ci penso io” Strinsi un
po’ la sua mano prima di lasciarla e poi avanzai. Non ero mai
stata tipa da mettersi in prima fila a riparare i casini altrui o dare
ordini, ma la totale mancanza di cervello di quella squadra aveva fatto
sì che il mio si desse da fare per tenerli a bada.
“Allora, vediamo un po’ che si può fare, eh? Cam,
c’è posto nella macchina?” oltre al furgone,
c’erano Cam, Abell e Dameon che ci seguivano con la macchina.
“Direi proprio di no, tesoro”
“Okokokok…..” mi premetti le meningi con entrambe le
mani e dopo due secondi trovai la soluzione, forse la più ovvia
che potesse esserci.
“Ho trovato. Haner!”
“Dimmi” rispose il ragazzo.
“Credi di poter fare un po’ di spazio a Meg?” Il ragazzo scrollò le spalle.
“Si, credo di si”
Brian dormiva fra il portellone sul retro del furgone e gli strumenti
che creavano una sorta di barricata/separè con la “zona
notte” dove dormivamo in cinque (sei quando c’era Michelle)
come degli sfollati del terremoto.
Io ero quella un po’ più fortunata. Da un lato avevo la
parete del furgone col finestrino e dall’altro Matt che mi stava
praticamente attaccato alla schiena. Inutile dire che dormivamo con
tutti i finestrini aperti.
“Ok allora abbiamo risolto. Meg, sistema coperta e cuscino”
“C’è un posticino in cui il tuo borsone ci sta che
è una meraviglia…” cominciò Haner guidando
la ragazza verso la sua minuscola zona notte. Era uno spazio largo si e
no mezzo metro e lungo quanto tutto il furgone.
Lui era l’unico che potesse starci visto che Jim e Juss erano
troppo alti, Zack troppo rompi coglioni per adattarsi e Matt troppo
enorme per poterci entrare (avevamo fatto un tentativo: si era
incastrato per via delle spalle). Johnny dormiva nel portabagagli
dell’auto di Cam, fra alcuni pezzi della batteria di Jim e quel
minimo di vettovaglie che avevamo.
Quando guidava Haner, nel suo piccolo posticino ci dormivano Alice o
Valary essendo davvero perfetto per una ragazza, in più
c’era il finestrino di dietro che era stato sfondato e che quindi
permetteva un ricambio di aria eccezionale che dall’altro lato
della barricata era invece un po’ più scarso.
“Ok ragazzi, tutti a nanna, ci si rivede domani, eh” Val si
avvicinò Ad Alice e Jim per illustrare il percorso sulla cartina
e io e Matt ci posizionammo nel furgone.
Mi pressai con la schiena contro la parete beatamente fredda di metallo
e affondai la testa nel cuscino. Lui gattonò fino a stendersi
vicino a me e si stese come al solito sul fianco. Poggiò la
testa su una mano facendomi un mezzo sorriso dolce che mostrava appena
quelle fossette stupende, io lo guardai dubbiosa e sorrisi a mia volta.
“Cosa?” scrollò le spalle e tolse la mano da sotto
la testa. Scivolò un po’ e poggiò la testa vicino
alla mia spalla, chiudendo gli occhi e facendomi il solletico sul collo
con le lunga ciglia nere. Sospirai e mi avvicinai un po’ a lui,
prima di chiudere a mia volta gli occhi.
Meg P.O.V.
“Ok, questo lo mettiamo qui. La coperta ti conviene metterla sotto, come materasso”
“Bri, ma come ci mettiamo?”
“Uhm….. Io da un lato e tu dall’altro tanto non puoi
stenderti del tutto, rimani sempre mezzo seduto quindi non avrai i miei
piedi in faccia. A questo proposito…. metti le scarpe in una
busta e mettila nel borsone. Forse ti converrebbe usarlo come secondo
cuscino, come faccio io”
“Si, forse si”
Sistemai la coperta sotto, il borsone vicino alla parete del bus e sopra il mio cuscino.
“Perfetto” disse guardandomi e guardando il mio minimale
giaciglio. Era strano che trovassi il tutto estremamente esilarante?
“Un paio di avvertimenti: Matt russa come una motosega e Jim
parla, o meglio urla, nel sonno, quindi non spaventarti. Domani mattina
occhio a quando aprono i portelloni: rischi di rotolare per terra
mentre ancora dormi”
“Ti è capitato” dedussi e lui sorrise.
“Si. Quello stronzo di Matt”
“Ok, dormiamo?”
“Si, vai prima tu così eventualmente domani sono io a cadere”
“Oh che romantico” voltò il viso verso
l’interno del furgone, mentre io mi stendevo facendomi quanto
più piccola possibile e trovando una posizione abbastanza comoda
per dormire.
“Sully! Vieni a chiudere il portellone!” urlò.
“Arrivo!” La bionda arrivò mentre Haner si stendeva
e dopo avermi dato un bacio sulla guancia e avermi incasinato i capelli
ci augurò la buona notte e chiuse i due battenti del portellone.
“Non si sta tanto male” Constatai. Io avevo la schiena
semirivolta agli strumenti mentre Haner si era girato con la schiena
quasi verso il portello, nell’angolo.
“Si dai, si può anche dividere tranquillamente con il
mostro di Loch Ness” Gli feci una smorfia e gli diedi uno
schiaffo sulla gamba che era la parte di lui che avevo più
vicino.
“Aia!” “Zitto bastardo” mugugnò qualcosa e si mosse un po’.
“Dai Bri, facciamoci una bella dormita”
“Si, tanto stanotte tocca a Matt e Stacey guidare dopo”
“Fate a turni?” m’informai.
“Per forza”
“Capito. E in quanti dormono dall’altro alto degli strumenti?”
“Cinque per volta: uno guida, uno fa compagnia ed evita che chi
guida si addormenti e gli altri dormono. Quando c’è
Michelle, sono in sei”
“Quindi stasera ci dormono….?”
“Uhm… Matt, Stacey, Valary, Justin e… Zack”
l’ultimo nome lo pronunciò con un mezzo sussurro, come se
avesse paura che m’incazzassi.
“Quindi guidano Jimmy e Sully?” dedussi io.
“Yess”
“Ok, capito. Adesso dormiamo, dai”
“Si, sono stanco morto”
Feci passare qualche secondo ed ero convinta che stesse già dormendo.
“Brian”
“Mh?” No, non dormiva.
“Ce la farete, me lo sento”
“Anche io, sai?” disse sognante e divertito.
“Ok, adesso dormi”
“E tu piantala di parlare!” sorrisi e chiusi finalmente gli occhi.
“Ma che cazzo fai?! Zack lasciato due volte nel giro di due capito?!?! Sei una stronza!”
Si, già vi sento mentre mi insultate e date della battona della peggior specie, ma capitemi
Sono un cactus e sono un’idiota, cosa se ne può mai cavare di decente? D:
Comunque, la seconda parte della storia si aggira per il 2002 e appunto riguarda il primo tour dei sevenfold
Ci tenevo troppo a scrivere qualcosa del genere!
A ispirarmi sono state questa FOTO, QUESTA e quest’ALTRA
Bellini, eh?
Fate finta che quel carciofo laureato sia già sbocciato e diventato un figo, almeno un po’.
Mio Dio quanti siete stati a recensire *-*
Davvero, sono commossa! :’)
Adesso mi uccideranno uno ad uno per via di questo capitolo
Mi è servito, capirete poi perché <3
Baci baci
The Cactus Incident
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Capitolo 21 *** Chapter 20 ***
sch chapter 20
Meg P.O.V.
La mattina dopo venimmo svegliati da dei colpi sul portellone del
furgone, segno che stavano per aprire. Alzai al testa dal cuscino e
afferrai la gamba di Brian cominciando a scuoterla.
“Bri…. Bri svegliati” biascicai, ancora mezza
addormentata. “Si Mich…. così….. Mi
piace”
Oh Cristo. Alzai gli occhi al cielo e mi sollevai, mettendomi a
cavallo delle sue gambe, cominciando a scuoterlo per la maglietta.
“Haner dai! Alza il culo!” dissi con un po’ di
grinta in più, ma proprio poca, essendomi appena svegliata era
già tanto.
Brian aprì gli occhi e mi guardò, dopo il primo secondo sgranò gli occhi.
“Che cazzo ci fai addosso a me?!”
“Voglio stuprarti” Sgranò gli occhi scandalizzato.
“Che?!?!”
“Ma sei coglione? Provo a svegliarti, idiota! Sono tre ore
che bussano” a quel punto il portellone si aprì uccidendo
i nostri poveri occhi e mostrano me a cavallo di Brian.
Da qui partirono i fischi e strani versi.
“Ehi ragazzi bastava dirlo ieri sera, vi avremmo dato
qualche altro minuto” disse Cam prendendoci in giro e facendo
ridere tutti, beccandosi però un bel dito medio da parte mia.
Scesi da Brian e mi sedetti, recuperando le scarpe da dentro il borsone.
Dopo essermi allacciata le Converse nere mi alzai in piedi e mi stiracchiai.
Tutto sommato non avevo dormito tanto male. Mi ero aspettata
peggio. Grazie al vetro rotto non avevo avuto caldo ed ero stata
abbastanza comoda. Mi guardai attorno per scoprire che eravamo in un
autogrill. Presi le mie cose e mi avviai verso il bagno per darmi una
rinfrescata e lavarmi la faccia.
Quando uscii da lì e andai a rimettere le cose a posto,
guardai la mai tracolla e mi ricordai del regalo di Brian. Presi la
busta viola col fiocco argentato un tantino stropicciato e andai alla
ricerca di Jim.
Lo trovai che armeggiava con un distributore.
“Rev, abbiamo un regalo da consegnare” aveva una
cassetta degli attrezzi e stava davanti a questo distributore
automatico di merendine, all’esterno dell’autogrill.
“Vuoi dire che quel tipo ce l’ha fatta?” disse sbalordito, mentre armeggiava con un cacciavite.
“Te l’ho detto: ho gli agganci giusti” dissi soddisfatta, incrociando le braccia al petto.
“E soprattutto i favori giusti da chiedere”
“Sssh, dettagli. Piuttosto, mi devi dare la tua parte dei soldi e dobbiamo darlo a Brian”
“Di corsa, ma quanti biglietti sono?”
“Tre” diede un pugno alla macchinetta e questa si aprì.
“Signorina, scelga qualcosa per la colazione” disse
facendo un gesto verso il distributore, poi continuò a parlare.
“Uh, spero sia abbastanza saggio e giusto da darne uno a testa a
noi due” continuò poi.
Guardai per un attimo Jim in viso, che con una tranquillità
spaventosa mi chiedeva di rubare merendine. Gli sorrisi e mi affacciai,
così dopo una rapida occhiata ne presi qualcuna e le misi in
borsa, mentre ne mangiavo una. Dopo il primo morso afferrai anche una
bottiglia d’acqua e una di succo d’arancia. Giusto per fare
colazione.
Lui ne riempì una borsa fin quasi a svuotare il
distributore e poi lo richiuse come se niente fosse. In effetti con
quei vestiti larghi e la cassetta sarebbe potuto passare per uno della
manutenzione.
“Spero di si e male che và, una telefonata e vedo se
riesco ad ottenerne ancora un paio, sempre a prezzo super stracciato,
s’intende”
“Ma come fai?” disse sbalordito mentre scartava una merendina.
“Mi sono chiesta la stessa cosa quando hai aperto quel distributore” scrollò distrattamente le spalle.
“Non è niente, Matt riesce a far rimbecillire gli
sportelli automatici delle banche e a farsi tirare fuori qualche
centone. Mai più di trecento dollari, ma comunque bei
gruzzoletti”
“E non l’hanno mai beccato?” Cazzo, non sapevo che Matt facesse cose simili. Non me lo sarei mai aspettato.
“A quanto ho capito il cugino gli ha passato un aggeggio che
manda in corto le telecamere e lo sportello, così lui preleva e
nessuno lo vede”
“Wow!”
“Wow si, ma non lo usa quasi mai: ha paura di essere beccato, ovviamente”
“E fa bene”
“In effetti si, ma in questi giorni in tour ci ha salvato
dalla fame un paio di volte e poi lo usano a turni lui e Abell”
Parlando tranquillamente arrivammo di nuovo al furgone dove Brian
stava strimpellando la chitarra acustica di Matt. Io e Jim ci piazzammo
davanti a lui e lui alzò la testa, si tolse la sigaretta dalle
labbra e ci guardò.
“Ehi, che succede?”
“Taaanti auguri a teeee, taaanti auguri a teeeee! Tanti
auguri a Bria… Syny… a Gaateees, Tanti auguri a
teeee!” cantammo in coro, inceppandoci pure su come chiamarlo. Io
gli porsi la busta e Jim un paio di merendine.
“Oh ragazzi, grazie. Non dovevate preoccuparvi. Per me essere in tour con voi è già tanto!”
“Ok, allora se permettete il regalo lo tengo io” disse
Jimbo afferrando la busta, visto che prima di tutto Brian aveva
arraffato le merendine.
“Ehi, scherzavo. Allunga la busta” disse il chitarrista serio e io scoppiai a ridere.
“Mamma quanto sei permaloso” bofonchiò Jim
facendo l’offeso e ridandogli la busta che Gates afferrò
senza troppi convenevoli.
Con una merendina in bocca, la sigaretta fra due dita e la
chitarra in grembo, Haner aprì la busta e quando capì di
cosa si trattava sgranò gli occhi allucinato. Mise in salvo la
chitarra prima di buttarsi ad abbracciare me e Jim, rischiando di
spiaccicarmi la merendina nei capelli mentre farfugliava senza senso.
Si tolse il prodotto dolciario dalla bocca e parlò con gli occhi
quasi pieni di lacrime.
“O mio dio ragazzi! Cazzo non ci posso credere! Tre
biglietti per il concerto dei Metallica! Ed è la data di Los
Angeles! I biglietti sono esauriti da mesi! Come diamine avete
fatto?!” disse abbracciando e baciando entrambi su guance,
fronte, naso, capelli con le labbra ancora sporche di briciole e
zucchero…… una schifezza, insomma.
“Bro io ancora non l’ho capito, ho solo sborsato i
quattrini. E’ tutto merito di Meggie” mollò la presa
da Jim e prese a stringere solo me, mentre saltellava.
“Meg! Oddio ma io ti amo! Ti giuro che non ti chiamerò mai più Nessie per il resto della mia vita”
“Si, sono un genio” dissi convinta e per una volta non
rispose con battutine sarcastiche ma mi sorrise e strinse forte fra le
braccia.
Torturare Haner e metterlo in croce era una cosa che ho sempre
amato, ma se c’era una cosa che adoravo di più era vederlo
così felice per merito mio.
Dopo un po’ mi lasciò e si voltò verso me e Jim, ancora un sorrisone stampato in faccia.
“Logicamente andremo noi tre insieme, eh” a quel punto
fummo io e Jim a buttarci su Haner e stringendolo in un sandwich
amichevole cominciammo a saltare tutti e tre insieme, come dei dementi,
mentre le persone nel parcheggio dell’autogrill ci guardavano
come se fossimo pazzi. E mica si sbagliavano.
Stacey P.O.V.
“Tintura per capelli” Haner osservò il flacone
quasi terrorizzato “Perché tintura per capelli?”
“Per tingerti i capelli, mi pare logico”
“Ehi, è nera?” Chiese Meg, facendosi vicino e
osservando il colore. “Uuuh si, nera! Me ne servirebbe un
po’ per via della ricrescita”
“Tienila tu, allora” disse Haner piazzandogli in mano la scatola.
“Ma a me ne basta poca. Possiamo usarla entrambi”
“Perché volete tingermi?” chiese terrorizzato il ragazzo, guardandomi.
“Perché quei capelli castani con quelle cose bionde
ogni tanto sulla testa non si possono guardare” asserì
Alice e io le fui subito dietro
“E poi l’ha detto anche tu, no? Che volevi tingerti”
“Uhm….. ok”
E quindi eccoci qua, nel bagno del locale dove devono esibirsi a
fare tinture a mezzo “staff” (si, in questo cazzo di tour
sono tutti tinti e tutti di nero): Zack, Meg, Brian, Matt e Val. Dio
lodi il mio blu scuro e i miei capelli con la crescita lenta.
Meno male che per qualche strano motivo, Val ha quelle scorte di
tintura da parrucchiere, perché altrimenti non ce
l’avremmo mai fatta.
Il primo fu Brian.
“Uh.. carne fresca” commentò Alice con un
sorriso maligno, mentre si avvicinava al ragazzo brandendo il pennello.
Brian ingoio a vuoto, terrorizzato.
Rimase tutto il tempo a dire “Pizzica, brucia, puzza”
mentre si dondolava in modo sinistro con il sedere poggiato al muro.
Meg se ne andava tutta tranquilla e saltellante con quella roba in
testa, Matt s’era seduto in un angolino con le cuffie nelle
orecchie e se ne stava per i cazzi suoi a leggere una rivista. Zack
parlava tranquillamente con me ed Alice e ogni tanto si grattava la
testa con il pettine.
“Comunque, siamo dei gay, cazzo” commentò Brian
ad un certo punto e giusto per dare più enfasi, Zack se ne
uscì con un “Stacey mi metti lo smalto?” nello
stesso istante in cui aveva parlato il primo.
“Ecco appunto” bofonchiò l’altro chitarrista.
“Bri, lo vuoi pure tu?” chiesi mentre recuperavo la boccetta dal beauty.
L’ex biondiccio scrollò le spalle “Perché no”
Praticamente avevamo occupato il bagno e ne avevamo fatto un
centro estetico. Fra poco avrebbero anche dovuto esibirsi, quindi altre
tre ore per truccarsi….
Minchia se erano gay.
“Sty per favore… sto morendo” m’implorò Brian.
“Cazzo ma è la prima volta che ti tingi?”
“Una volta mi sono decolorato, ma non era così. Brucia, cazzo!”
“Che cazzo di decolorazione hai fatto se non
bruciava?” chiese Zack, l’ex decolorato laterale che
avevamo tinto completamente di nero.
“Ma non lo so! Mi aiutò Michelle” si grattava in modo convulso col pettine.
Controllai l’orologio.
“Dai, possiamo sciacquare” Lo ficcai di testa sotto al
lavandino e mentre gli frizionavo la testa emetteva strani versi.
“Ah….si…. Oh Dio si…. finalmente! Che
goduria…!”
“Haner se non la pianti ti spacco il culo, intesi?”
Commentò Matt togliendosi una cuffia e abbassando una rivista.
Sembrava proprio una di quelle vecchiette che passa i pomeriggi dal
parrucchiere.
“La tua ragazza è un ché di eccezionale con le
mani” per tutta risposta si beccò una ginocchiata sui
gioielli mentre continuavo a sciacquargli la testa.
“Brava amore” si complimentò Matt sorridendomi e io feci un segno della testa nella sua direzione.
Gli passai lo shampoo due volte e poi finalmente gli feci tirare sopra la testa.
“Toh’ guardati” i capelli che non arrivavano a
coprire le orecchie, adesso erano tutti di un nero corvino che faceva
risaltare i suoi occhi scuri.
“Wooooah!” commentò osservandosi allo specchio.
“Alla faccia Sty! Sono un figo!” commentò
passandosi una mano fra i capelli bagnati e tirandoseli indietro, mi
schioccò un bacio su una guancia e salutò.
“Grazie di questo bel regalo di compleanno. Io esco da qua
dentro che puzza. Ci si vede nel parcheggio” e uscì mentre
già si piazzava una sigaretta fra le labbra.
Dopo aver sciacquato tutti, ripulimmo alla meglio e sgommammo a sistemare il merchandising per il concerto.
Il tour procedeva tranquillo e spedito e così fu per una
settimana. Meg si rendeva più che utile e dava una mano quanto
più possibile.
Mancavano dieci giorni al termine del tour, quando quella mattina Zack cominciò ad urlare come un ossesso.
Ci eravamo fermati da poco ad una stazione di servizio, che il
ragazzo aveva preso a sparare insulti con una faccia allucinata mentre
si teneva la mano destra.
“Zack? che cazzo succede?” chiese Matt avvicinandosi.
Zack si teneva la mano destra con la sinistra e provava a muoverla,
lentamente.
“La mia fottutissima mano!”
“Ti fa male?” chiesi io e lui imprecò addentandosi un labbro.
“Mi fa male? Da quando Meg mi ha picchiato mi fa male! Oggi non mi fa male! Non si muove decentemente, cazzo!”
“Ti fa male la mano?! E tu è una settimana che suoni
tutte le sere con una mano fuori uso!??!?!” Sbottò Matt
urlando. Il mio ragazzo era dannatamente stressato.
“Si porca puttana, ma non credo di poter continuare! Il
dolore posso sopportarlo, ma come faccio a suonare se non si
muove?”
“Zack, da un medico. Ora” fece minaccioso Jim incrociando le braccia al petto.
Jimmy, Cam e Zack s’infilarono nell’auto e se ne
andarono alla città più vicina alla ricerca di un pronto
soccorso o qualcosa di simile.
Meg P.OV.
Esito dell’infortunio:
“Non posso muovere il polso per almeno due settimane”
Disse Zack a testa bassa mentre si teneva la mano destra, fasciata.
Matt si tirò una manata colossale in faccia.
Volevo sotterrarmi, in un angolo dietro al furgone. Era colpa mia
se Zack era fuori uso per tutta la fine del tour. Sinceramente mi
dispiaceva per i ragazzi, di Zack non me ne fotteva un cazzo.
“E adesso? Dove cazzo lo becchiamo un chitarrista che
conosca tutte le nostre canzoni?” Sbottò Matt frustrato,
tirando un pugno al furgone “Per di più mancino!” a
quel punto Brian voltò il viso verso di me.
Dopo qualche secondo avevo tutti gli occhi puntati addosso.
“So di avergli fatto male io, ma non vorrete mica uccidermi?” dissi terrorizzata, un sorriso nervoso sulle labbra.
“Meg tu sei ancora mancina, vero?” chiese il neo bruno.
“Bri prendi per il culo? E’ una vita che caghi il cazzo perchè scrivo con la sinistra”
“Ma suoni ancora, vero?”
“Certo che si”
A quel punto capii dove volevano andare a parare.
“Ohhh no. No no no no! Io sul palco al posto suo non ci salgo nemmeno se mi pagate!”
“TU! Nana infame vieni qua!” urlò Matt correndomi dietro.
Merda, Shad incazzato alla calcagna non l’avevo mai avuto.
Vi dico solo che finii su un albero e che mentre lui saliva io
saltai giù all’altro alto dove però mi trovai Jim
davanti con le braccia incrociate. Lo guardai dal basso della mia
posizione accovacciata post salto, sembrandomi fottutamente alto.
“Tu hai fatto il danno e tu lo ripari. Forza, assumiti le
tue responsabilità, ragazza” Mi offrì una mano per
rimettermi in piedi e io l’accettai, segno anche che mi ero
arresa.
“Ok, suono io” annunciai a Matt che era appena saltato
giù dall’albero, ricordandomi vagamente King Kong.
“Uhm bene. Zack, Syn, datele una mano” ordinò
il leader, ma non aveva capito che io non sono di certo uno dei suoi
chitarristi.
A me i piedi in testa non me li metti e per di più non mi obblighi a lavorare con Zack.
“Ah non pensarci proprio. Del Povero Martire voglio solo la chitarra, mi aiuta Brian”
“Ma…!” “Ma un corno Matt. Suono io?
Decido io chi deve insegnarmi o così o ci metti Seward a suonare
la chitarra” Sbuffò e si voltò a direzione del
nostro gruppetto, a qualche metro di distanza.
“Seward?! Suoni la chitarra?”
“No, ma sono un bassista migliore di Justin!” urlò speranzoso il nano.
“Vaffanculo! Non mi servi!” urlò scocciato il
cantante. Si voltò verso di me e fece un sorriso tirato.
“E sia. Chitarra di Zack e Brian per professore.
Divertitevi” e se ne andò bofonchiando bestemmie di vario
genere dirette a me, Zack, una capra, un frullatore e Dio.
Guardai Brian, poi Jimmy e poi mi diressi anche io verso il furgone.
“Ci sarà da divertirsi” commentai sarcastica.
Afferrata l’elettrica di Zack, io e Brian passammo tutto il
tempo a suonare e suonare e risuonare tutti quei dannatissimi pezzi. Ma
quanti diamine erano?
Ne conoscevo buona parte, ma li avevo imparati qualcosa come due
anni prima, non li ricordavo quasi più! E poi tutti quelli
nuovi… Cristo santissimo.
In più fra due giorni c’era anche un festival di tre
concerti in tre città diverse e un concorso per band hardcore a
cui avremmo dovuto assolutamente partecipare (a quanto avevo capito,
era il quarto concorso che si facevano in due mesi e mezzo e i primi
tre li avevano vinti tutti, mentre il festival era qualcosa come il
sesto o il settimo….) quindi dovevo impegnarmi più di
quanto già non facessi.
Detestavo il fatto di dover suonare quella dannata chitarra, ma
non avevo scelta: o quella o l’acustica di Matt con le corde
girate e proprio non mi sembrava il caso.
“I cori li sai?” domandò ad un certo punto Brian.
“Cori?” Chiesi scandalizzata alzando la testa dalla chitarra e puntando lo sguardo su un Brian con le palle piene.
“Non so se hai notato che sul palco io e il caro chitarrista
a cui hai quasi rotto una mano, cantiamo. Li sai i cori si o no”
“Approssimativamente”
Altre due ore solo per imparare la scaletta della serata e si trattava di otto fottutissime canzoni.
Ma, ehi, ci riuscii.
Facemmo il soundcheck e poi andai a prepararmi. Alice si mise ad armeggiare con i miei capelli e con il trucco.
“Sully, è hardcore, non devo sembrare Marilyn Manson”
“Non sembrerai Manson, tranquilla”
Alla fine avevo i capelli tutti perfettamente piastrati e con le
punte un po’ alzate, ma non in modo da vecchia, in modo un
tantino emo, le cavità oculari abbondantemente nere e la faccia
di un bianco cadaverico.
“Maledetta me quando ho deciso di seguirvi in questo cazzo
di tour” commentai mentre saltellavo sul posto, davanti al palco
per riscaldare un po’ i muscoli.
“Quanto tempo è che non ti esibisci?” disse
Haner divertito mentre scioglieva i muscoli del collo. Alzai lo sguardo
e osservai i suoi capelli. Aveva fatto la riga nel mezzo con i ciuffi
che gli ricadevano sul viso, tenuti su dalla vertigine sulla fronte e
rischiando di andargli negli occhi, dandogli un ché di
tenebroso. Gli occhi truccati di nero e il viso pallido, molto simile a
me. Stava decisamente meglio così che con quei cosi biondicci e
tirati indietro.
“Uhm…… il talent show al liceo alla fine del secondo anno”
“Cazzo Meg, era il 98!” sbottò scandalizzato.
“Già” come a dire ‘Non aiuti’.
“Minchia Meg, era il millennio scorso”
“Uhm, lo so Haner, non infierire. Spero solo di ricordarmi ancora come si fa”
“Tu sei una bestia da palco, te lo dico io” disse guardandomi convinto.
“Come fai a saperlo? Non lo so io!”
“Ti conosco da troppo. Lo so e basta” si voltò
verso di me e posò le mani sulle spalle, abbassandosi un
po’ per guardarmi diritto negli occhi.
“Tu ce l’hai nel sangue Meg, e per quanto tu voglia
rinnegare l’uomo di cui porti il cognome, il suo sangue scorre
nelle tue vene insieme alla voglia di fare musica”
“Questo non dovevi dirmelo, stronzo” dissi sentendo
gli occhi farsi pieni di lacrime. Me le asciugò col pollice.
“Sssh, adesso non è il momento, ti si squaglia il
trucco. Dicevo… Potrà anche essere stato il peggior padre
del mondo, ma è un grande musicista e tu sei come lui. Ti dico
per esperienza personale che appena salirai là sopra saprai
già cosa fare. Siamo sulla stessa barca, Meg, in nostro cognome
si fa una reputazione e noi ci sputiamo sopra per ricostruircene una
daccapo”
Mi mostrò il sorriso più dolce e fraterno che avesse
mai fatto in tutti quegli anni di amicizia e poi mi abbracciò.
Mi strinsi forte a lui, facendo collidere le nostre chitarre e
provocando un suono orribile che rimbombò nella sala gremita.
Scoppiammo a ridere e quando mi separai da lui notai che aveva gli
occhi lucidi. Mi rimise le mani sulle spalle e mi guardò con
più grinta di prima.
“Adesso vai là sopra e dimostra di valere tre volte
quel pezzo di merda di cui porti la chitarra e dodici quello di cui
porti il cognome, uhm?”
“Ehi! mio padre vale più di Zack! Almeno musicalmente parlando…”
“Così ti voglio! Suona per te stessa, fallo per te e per dimostrare che puoi fare tutto”
“Cazzo si Haner! Dovresti fare questo nella vita, ti riesce alla grande!”
“Il fratello maggiore?” disse lui orgoglioso.
“No, la cheerleader!” e corsi sul palco dietro a Matt.
Si accesero dei faretti mobili di colore verde, rosso e blu e poi
cominciammo ad accordare gli strumenti e provare i microfoni.
“Prova prova prova prova prova prova” Haner
“Prova prova prova muori prova prova vaffanculo prova prova” Jimmy.
“Prova prova prova prova. I’m a Barbie girl, in a Barbie world prova prova” io.
Mi beccai strane occhiate dal pubblico e sentii anche un paio di
“Ma chi cazzo è questa?” ma feci finta di nulla,
tutto sommato avevano ragione.
“Prova prova prova, ok, funziona. Buona sera! Noi siamo gli
avenged sevenfold. Scusateci, ma il nostro secondo chitarrista ha avuto
un infortunio e l’abbiamo momentaneamente rimpiazzato” a
quel punto smise di parlare in modo comprensibile e attaccammo a
suonare Remissions, mentre lui screamava come una bestia.
Una vera esibizione (o almeno qualcosa di simile) di più o meno quaranta minuti.
Ah, Brian aveva dannatamente ragione. Per quanto potessi rinnegare
e odiare mio padre, mi aveva lasciato un DNA niente male che mi
tramutava in una bestia da palco che lasciò tutti a bocca aperta.
Matt forse si aspettava che tutto il mio coraggio, sul palco
evaporasse, che sarei rimasta in un angolino oscuro, magari pure dietro
a Jimmy mentre lui avrebbe avuto tutto lo spazio per muoversi come una
sorta di tigre chiusa in gabbia, ma non fu così. Non fu per
niente così.
Per sua sfortuna, eravamo “compagni di cella” e quello spazio non bastava nemmeno a me.
Il pubblico sembrava apprezzare parecchio la sostituta dei sevenfold e io non potei far altro che esserne ben felice.
Mi stavo divertendo come non mi capitava da anni. Salire sul palco
era una cosa dannatamente eccitante e quando la gente se ne accorge di
quanto tu ti stia divertendo, s’esalta anch’essa.
Il concerto non durò molto, più o meno quaranta
minuti, ma fu semplicemente stupendo. Il solo pensiero di ripetere
quell’esperienza per ancora dieci giorni mi faceva venire la
pelle d’oca dall’emozione.
Quando lasciammo il palco, col pubblico in visibilio, ero
completamente su di giri (oltre che sudata). Mollai la chitarra vicino
a quella di Haner e lui mi abbracciò, sollevandomi di almeno
mezzo metro da terra.
“Sei stata una forza, cazzo!” Il terrore arrivò
quando Jim e Juss cominciarono a tirarmi per aria e io urlavo per
scendere, ridendo come una matta.
Anche Matt, suo malgrado, venne a complimentarsi. Aveva scampato
parecchie palettate davvero per poco, soprattutto quando mi spostavo al
centro del palco, spalla a spalla con Synyster (essere mancini è
fottutamente divertente), ma tutto sommato era una coesistenza
fattibile.
“Cazzo Meg! Sei stata eccezionale!”
“Oh JD! Fatti abbracciare!” dissi esaltata e la strinsi energicamente.
“Woh fai piano!” disse dandomi un paio di pacche su
una spalla. “Scusa…” dissi separandomi da lei. In un
angolo quasi buio notai che l’infortunato mi guardava con un
mezzo sorriso dolce e malinconico, mentre beveva una birra.
“Allora! Vi prego ditemi che andiamo a festeggiare, per
favore! Devo scaricarmi, cazzo!” Dissi saltando al collo di Jim
che mi accolse fra le sue braccia con un sorriso.
“Oh nana, non saprei.. Val? Che si fa stasera?”
“Si rimane qui… domani il festival è a trenta
chilometri, partiamo e arriviamo direttamente domani mattina”
“Quindi stanotte si dorme in albergo?” chiese Brian e Val scosse la testa.
“Seh, non sono riuscita a trovare uno schifo di posto in tutta questa dannata cittadina”
“Uhm.. ragazzi, scusate” Un signore alto e ben
piazzato, con le braccia coperte di tatuaggi un po’ sbiaditi e la
barba tagliata in modo strano si avvicinò a noi.
“Ho sentito che cercate un alloggio per stanotte” continuò.
“Si, Fredd” Disse Val facendo un mezzo sorriso al tipo. Lo conosceva?
“Beh, stasera siete stati davvero formidabili, ho fatto
degli incassi da record e il tutto grazie al vostro concerto. Ho una
casa completamente vuota. Non credo ci siano letti sufficienti per
tutti, ma è abbastanza spaziosa e ha tre bagni (unica cosa buona
di quel posto). Se a voi sta bene potreste passare lì la
notte”
“Oh Fredd, sul serio?!” chiese Val facendogli un sorriso spaventoso.
“Certo! Mi ricordate me alla vostra età. Anche io
feci un tour molto sgangherato” rise fra sé
“Ah… bei tempi… Comunque, v’interessa?”
disse facendo un sorriso, sicuro della nostra risposta.
“Certo che si!” rispondemmo (più o meno) tutti in coro.
“Ahahah! Perfetto! Val, vieni con me che ti spiego dove si trova e ti do le chiavi”
“Certo, Jim, a rapporto”
“Certo madame” e i tre si dileguarono, mentre noi andavamo a lavarci (a turno, come sempre).
Davvero intelligenti questi locali con le docce, eh.
Finito di sistemare tutti gli strumenti, le magliette (avevamo
avuto buoni incassi quella sera) e che si fossero lavati tutti, andammo
alla casa dataci per una notte da Fredd, nel centro della cittadina.
C’erano un letto matrimoniale e quattro singoli, ma
c’erano due divani enormi e i tappeti erano alti e comodi. Noi
avevamo cuscini e coperte, quindi ci saremmo stati più che bene.
Anche se disabitato, era molto pulito, sembrava dimesso da molto poco, in pratica.
Sistemammo tutto e a quel punto, decidemmo che non era proprio il caso di rimanere rintanati dentro.
“Gente, se v’interessa dei fan ci hanno invitato a una
festa. Hanno detto che visto che siamo noi, la band e la nostra crew
avranno tutto gratis!” disse Jim raccogliendo i consensi di tutti.
A questo punto devo ancora spiegarvi perchè decidemmo di non rimanere a dormire?
Arrivammo ad una pista da skate a cui c’era un po’ bel
po’ di gente e cosa migliore di tutto: alcol gratis. Jimmy si
avvicinò ad un tipo secco e tatuato, con un cresta verde acido,
sorpassando tutta la fila e questo strinse la mano con un sorriso a
Jim, per poi timbrare la mano a tutti noi senza sborsare nemmeno un
centesimo. Cosa che notai, noi avevamo un timbro rosso, mentre a tutte
le altre persone era nero.
Wow, già mi piaceva essere una mezza vip.
Il ragazzo ci salutò con un “Ci si vede domani al
festival!” e poi ci lasciò liberi di scorrazzare per il
posto. C’era parecchia gente che faceva skate e alcolici gratis
(almeno per noi), musica metal a palla e gente che ci fermava per
complimentarsi con noi e in alcuni casi chiedere anche un autografo.
“Tu, cristo santo sei un mito! Non ti avevo mai visto con
loro, sei nuova?” Era un tipo altissimo e ben piazzato, con la
cresta, il piercing centrale al labbro identico al mio e con un
tatuaggio sul collo, di lato.
Era decisamente carino.
“Il secondo chitarrista s’è fatto male e io lo sostituisco temporaneamente” spiegai tranquilla.
“Complimenti, stasera eri davvero una bomba sul quel palco. Hai mica un gruppo tuo?”
“No, sono una studentessa. Mi sono accodata al tour da poco”
“Io ho già seguito qualche altra data, ma questa
è la prima a cui ti vedo, almeno sul palco. Sei la ragazza di
Gates, vero?” aggrottai le sopracciglia. Ma come gli era venuto?
“Uhm… no, per niente” scrollò le spalle.
“Uh, allora meglio così” disse lanciandomi
un’occhiata strana. Uh, qualcosa mi diceva che avevo fatto
conquiste.
“Come hai detto che ti chiami?” continuò dopo un po’.
“Non l’ho detto infatti” Mi avvicinai al tavolo
degli alcolici e presi un paio di birre. Una l’aprii subito con
il portachiavi apribottiglie che tenevo al moschettone fissato al
passante del jeans, l’altra la tenni in mano ancora sigillata.
“E non vuoi dirmelo?” fece quasi implorante, mentre bevevo.
“Tu come ti chiami?” chiesi in tono di sfida.
“Trevor”
“E io Meg”
“Piacere mio, Meg. Ti faccio vedere la festa?” Lo guardai negli occhi. Aveva un paio di occhi scuri e interessanti.
Tanto in qualche modo dovevo pur scaricarmi, no?
“Perché no”
Stacey P.O.V.
“*Take me down to the Paradise city where the grass is green
and the girls era pretty!*” Saltai sul muretto, pericolosamente
traballante e misi un braccio intorno al collo di Matt che
oscillò ridendo prima di ricominciare a cantare.
“*Take! Me! Down! Yeeeeah!*” facemmo in coro e quasi
mi affogai con lo strano intruglio alcolico che avevo nel bicchiere.
Ero abbastanza certa che ci fosse anche una qualche droga in dosi
minime, perché non era il classico effetto dell’alcol.
C’erano troppi colori. Beh, meglio così, avrei fatto prima
ad andare fuori di testa.
“Braaava amore!” bofonchiò ridendo Matt facendo
scontrare le mie labbra con le sue e facendo barcollare entrambi
pericolosamente.
A quel punto mi sedetti con le gambe penzoloni dal muretto e
attaccai a cantare una canzone dei Papa Roach, mentre Matt, ancora in
piedi come su un palco, cominciò a fare “no” con
testa e mani.
“Aaaah no. Tuuutti, ma non quel –hic!- culattooone di Shaaaaddix!”
“Ma vaffanculo! E’ un grande!” urlai io in difesa.
“Io sono un grande e ce l’ho pure grande!” Io
continuai indisturbata a cantare insieme ad una tipa con i capelli
fucsia a caschetto, un tantino più bassa di me che non sapevo
nemmeno chi cazzo fosse, ma che si era seduta vicino a me e andava bene
così.
“Iiiio sono trooooppo dotato –hic!- per l’intimo
femmi-hic!-niiiiiile, veeero Val?” Continuò Matt, in
direzione della sua ex decisamente andata anch’essa. Se fossi
stata sobria, la cosa mi avrebbe dato fastidio, ma andata com’ero
non ci feci caso.
Voltai stancamente la testa verso la tipa al mio fianco e smisi di cantare.
“Ehi mirtilla, che ce l’hai na sigaretta?” In
risposta questa prima mi baciò e poi mi piazzò fra le
labbra quella che a giudicare dal sapore era una Wiston blu.
“Gghazie” bofonchiai in risposta e quando mi voltai
verso Matt lo trovai a un palmo dal mio naso che mi guardava come un
bambino che ha trovato un enorme regalo sotto l’albero di Natale,
ma che non è sicuro che sia suo. Le guance rosse d’alcol
aiutavano a dare l’impressione che fosse un bimbo.
“Posso stare in-hic!- mezzo?”
“Oooooh che cariiiino che seeei!” cincischiai in
risposta buttandomi sulle sue labbra, mentre con l’indice
sfioravo quelle stramaledette fossette che adoravo. Finii praticamente
stesa su di lui, sul muretto, mentre gli mordicchiavo le labbra e lui
rideva.
“Saaalve ragazzi!” Alzai la testa perchè
distratta dal saluto di Haner che non aveva adescato una ragazza, ma
bensì due e le teneva entrambe strette per la vita, entrambe le
mani quasi sul culo, mentre se ne andavano nel parcheggio.
“Ehi bro, se ti serve una mano chiamaaaa!” Urlò Abell, poco distante da noi.
“Ma sono due gemelle?” Commentò Val che di
gemelle ne sentiva la puzza da chilometri e forse aveva anche ragione,
ma in quel momento la mia attenzione fu attratta da Matt che mi
piazzò una canna in bocca e mi fece tirare una boccata, mentre
ancora stavo stesa su di lui.
“E questa?” dissi una volta tirato fuori il fumo denso
e dolciastro. Matt tirò una grossa boccata e poi stese il
braccio, passandola a Rev che adesso notavo essere lì con noi.
“Boh, Rev passa, io fumo! Mi fai fare un tiro?” Gli
feci aspirare dalla sigaretta e poi lo baciai, facendo passare il fumo
dalla sua bocca alla mia, per poi tirarlo fuori.
Matt mi sorrise divertito (e parecchio andato) e poi si
tirò sopra, facendomi ritrovare in ginocchio fra le sue gambe.
Girai i piedi e mi adagiai con la testa sulla sua spalla, mentre lui
teneva le mani puntate dietro di sé e reggeva entrambi. Tanto a
farlo bere, fumare e a baciarlo ci pensavo io.
Non so quanto tempo passammo a quella festa, ma alla fine
raccattata buona parte della combriccola, ce ne tornammo alla casa di
Fredd, segnando il nostro cammino con abbondanti rigurgitate di tutti,
nessuno escluso e in alcuni casi (tutti maschili) anche di qualche
“Marcamento del territorio”, diciamo così, giusto
per non essere volgari.
Arrivati alla casa, tutti collassarono un po’ ovunque e
avrei fatto lo stesso anche io, se non fosse stato per il mio ragazzo
sovreccitato che mi trascinò in bagno mentre mi mordeva il
collo. Chiuse a chiave la porta, prima di sbattermici contro.
“Matt…. dai” “Sssh, che tanto so
andati” sospirò facendo scivolare le mani sotto la
maglietta, mentre faceva scivolare la mia di mano in altri lidi, nei
suoi jeans.
Perché improvvisamente era lucido? Beh, se si parla di sesso gli passa sempre tutto.
La luce filtrava dalla finestra, la percepivo nella stanza in cui
mi trovavo. Feci per muovermi e mi resi conto di avere qualcosa di
decisamente pesante che mi rendeva difficile la respirazione e che la
mia schiena protestava per aver passato la nottata in un posto non
propriamente comodo.
Mi passai le mani sul viso e aprii gli occhi, trovandomi il
testone di Matt sul petto, mentre ancora dormiva beatamente, la bocca
un tantino aperta.
Dopo aver contemplato con aria da beota il mio ragazzo, mi resi conto di essere in una vasca di ceramica, in un bagno.
Mi guardai attorno stranita e poi arrivarono pian piano e molto dolorosamente tutti i ricordi della serata.
Il concerto, Fredd che ci presta casa sua, la festa,
l’alcol, le canne, il ritorno a casa, Matt che mi trascina nel
bagno e…. e qua la storia cambierebbe rating, quindi taccio.
Gli feci un paio di carezze sulla testa e sulle spalle nude, nella speranza risvegliarlo, ma sembrava una mezza impresa.
“Matt? Matt! Dai, svegliati! Mi stai comprimendo un polmone
e tre costole…” Si mosse un po’, stringendo le
braccia intorno alla mia vita e strusciando la guancia sul mio seno.
Avrei dovuto ricordargli di farsi la barba.
“Mhh *gnof gnof* sei comoda” sospirò sulla mia pelle, provocandomi i brividi.
“Grazie amore, ma non respiro” sbuffò
sonoramente e puntando le mani nella vasca si sollevò un
po’. Girò il viso verso il vuoto e sbadigliò
sonoramente.
Cambiai posizione e sentii crocchiare tutta la spina dorsale. Non
fu esattamente piacevole, ma il sorrisino di Matt alla vista di me in
desabillè a due centimetri dal suo naso, migliorò
un po’ la cosa.
“Buongiooorno” disse alzando il viso e guardandomi
finalmente negli occhi, ancora quel sorrisetto strafottente sulle
labbra che gli illuminava anche gli occhi.
“Giorno Sanders, dormito bene?”
“Una favola. tu?”
“Una chiavica” corrucciò le sopracciglia e il sorriso sparì.
“Mi dispiace…” scrollai le spalle.
“Fa niente, la mia schiena tornerà a posto, prima o
poi…” si morse un labbro mentre pensava e poi si
tirò in piedi, nella vasca. Certe visioni dovrebbero essere
vietate di prima mattina.
Mah, facciamo pure in tarda serata.
Mi offrì una mano e mi tirò sopra. Dopo avermi
rimesso in piedi, afferrò il suo bagnoschiuma alla pesca (si,
era adorabilmente infantile per certi versi) e chiuse la tendina,
aprendo l’acqua calda e piazzando la cornetta nell’incastro
in alto, avendo così le mani libere e il getto d’acqua
calda diritto su di noi.
“Cos’è quel sorrisetto da maniaco?” dissi
divertita, mentre mi beavo del getto caldo che mi scioglieva i muscoli
doloranti, ma poco dopo, insieme all’acqua arrivarono anche le
sue mani a massaggiare la mia schiena.
“Non molto. Mi sono impegnato di più con chitarra e basso” feci un mezzo sorrisetto e lo lasciai fare.
Quando uscimmo puliti e asciutti dal bagno (Matt con una
asciugamano in vita era andato anche a recuperare un cambio
d’abiti ad entrambi, nella stanza in cui avevamo mollato i
borsoni, tutto mentre ancora la casa era in completo coma), la mia
schiena stava decisamente meglio e Matt era tutto saltellante e
orgoglioso di se stesso per avermi rimesso in sesto.
“Non sapevo fossi anche un mezzo fisioterapista”
scrollò le spalle e mi lanciò un’occhiata da attore
tenebroso e pieno di sé di una serie tv di quarta serie.
Un’occhiata alla Gates, in pratica.
“Ci sono molte cose che non sai di me, bambola”
perchè sembrava una brutta imitazione di Presley estremamente
esilarante e fuori luogo?
“E tu non sai che se mi chiami di nuovo bambola, avrai bisogno di supporti ortopedici per reggere il microfono”
“L’importante è che non intacchi le mie capacità riproduttive”
“Quello sarebbe uno spreco”
Mi lanciò un sorriso divertito scuotendo la testa e poi
tutti i collassati cominciarono a riprendersi per mano di Val che si
era svegliata e andava facendo caciara, il tutto mentre noi due ce ne
stavamo sul balcone a fumare un paio di sigarette rubate ad Haner.
“Ti piacerebbe andare in Europa?” chiesi lui ad un tratto.
“Uh, il vecchio continente… una volta sono stata in
Francia con i miei genitori, ma mi piacerebbe visitare l’Italia,
o magari andare ad Amsterdam” dissi facendo un sorrisetto
malizioso.
“Amsterdam non sarebbe per niente una brutta idea… i coffee shop, il quartiere rosso… uuuuh!”
“Affacciatici solo nel quartiere rosso e avrai bisogno di tutte le tue capacità da fisioterapista”
“Il mio corpo potrei anche cederlo ad altre, ma il mio cuore
sarà sempre e solo tuo” disse con fare teatrale,
mettendosi il dorso della mano sulla fronte.
“Dopo di ché, anche una bambola gonfiabile si lamenterà della tua prestazione”
“Addirittura?”
“Sei fortunato che non abbia nominato “Federica la mano amica”, invece della bambola gonfiabile”
“Si, in effetti sarebbe anche peggio” alzò un
palmo e se lo scrutò. “Se si lamentasse anche lei sarei
proprio fottuto”
“Chiedi a Seward com’è sentirsi rifiutato anche
dalla propria mano” scoppiò in una fragorosa risata e un
flacone di deodorante vuoto lo beccò sulla testa, producendo un
rumore metallico che non avrebbe dovuto emettere una testa umana.
“Qua c’è gente che prova a riprendersi,
stronzo” biascicò il bassista dei sevenfold, che col
passare delle settimane in tour era diventato sempre più acido.
“Scusami un momento” sospirò Matt sulle mie
labbra, prima di piazzarmi la sua sigaretta fra di esse e rientrare
dentro urlando un paio di cose per niente carine a Justin.
Il posto di Matt sul balcone fu occupato da Meg che dopo una doccia aveva ancora un aspetto rincoglionito.
“Buongiorno” emisi e lei grugnì.
“…ngiò….”
“Andiamo bene, eh?” Si stiracchiò alzano del
braccia e mostrando quella sorta di rosone gotico che aveva tatuato
alla base della schiena.
“Alla grande…..” disse sarcastica.
“Ti sei divertita ieri sera?”
“Si, per quello che mi ricordo. C’era anche un
ragazzo… T… Tylor… no, Trevis…
forse… non ricordo” scoppiai a ridere.
“Cazzo mi sembri Haner. Sei messa proprio male, ragazza”
“Una chiavica. A proposito del misterioso tipo T…. hai mica le pillole?”
“Per il mal di testa?”
“No genio, mica mi ha fatto venì il mal di testa. Dico quelle del giorno dopo”
Piiiiccola, era un tantino imbarazzata. Uno che non la conosceva o
che comunque la conosceva poco non l’avrebbe mai notato, ma al
suo tenere le mani in tasca (tipico di lei) si era aggiunto un
leggerissimo stingersi nelle spalle, tipico di quel leggero imbarazzo.
“Ah quelle! Si, dopo te ne do una… Quindi ci siete
andati giù pesante?” si grattò la testa, provando a
ricordare qualcosa di più.
“Per quanto mi ricordo…”
“Vuoi qualche ultimo tiro di una sigaretta che una volta apparteneva a Matt?” scrollò le spalle.
“Perché no” Le passai la sigaretta e si
poggiò alla ringhiera del balcone, guardando distrattamente in
strada.
“Non doveva essere granché questo Mr. T” commentai io.
“No, tutt’altro, ma ero talmente andata…. e lui
non era messo meglio di me. Era anche parecchio simpatico”
“Beh, ormai è andata” Spensi la sigaretta sotto
la suola della scarpa e la buttai in strada. Dopo poco Meg
ripeté lo stesso gesto.
“Dai, andiamo a recuperare sta pillola” dissi
mettendole un braccio sulle spalle, mentre entravamo e lei me ne mise
uno in vita. Qualche volta provavamo ancora a fare al contrario, ma il
divario di altezza che passava fra noi due non permetteva che
resistessimo a lungo così.
“La sicurezza non è mai troppa! Non voglio un figlio da uno con la cresta nera e rossa” disse.
“Uh, però, figo”
“Te l’ho detto che non era niente male”
Dajeeeeeeeeeeeee!
Sono di nuovo qui, ancor aio, ancora a cagarvi il cazzo con questa storia v.v
Con l’ultimo capitolo credo di aver ucciso parecchie recensitrici DDD:
Scusatemi, mi serviva e saprete il perché v.v
Non c’è molto da
dire….. tranne che invidio Haner per il suo regalo di compleanno
e che immaginatevi Trevor (si chiama Trevor, giusto?) come un figo v.v
Ho un gatto *-* Credò che lo chiamerò Stark, come Tony Stark perché ha la faccia da stronzo :’)
Volevo chiamarlo Loki, ma mia madre avrebbe avuto da ridire v.v (“Hai chiamato il gatto come un medicinale!”)
Beh, un bacione ha chi ha
recensito lo scorso chap <3 (non ricordo nemmeno se vi ho risposto,
sono troppo sfasata, sono una persona ignobile)
See ya next time!
The Cactus Incident
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Capitolo 22 *** Chapter 21 ***
sch chapter 21
Stacey P.O.V.
Rimesso tutto nel furgone, passammo a lasciare le chiavi della
casa a Fredd e partimmo alla volta della prossima città, dove ci
sarebbe stato il festival.
Brian e Meg, nell’angolino più pressato del furgone,
continuavano a provare, mentre io e Matt alla guida, coprivamo il loro
turno per dare alla ragazza la possibilità di esercitarsi ancora.
Eravamo sempre in due a tenere d’occhio la strada, uno che
guidava e l’altro che controllava la cartina e, durante la notte,
teneva sveglio il guidatore.
“Ok, facciamo la stessa scaletta di ieri sera, ripetiamo?” “Certo”
“Remission, To End The Rapture, Turn The Other Way, We Come
Out The Night, An Epic Of Time Wasted e The Art Of Subconscious
Illusion”
The Art era una delle mie canzoni preferite. Adoravo la voce di
Val mentre sceamava e quei tre secondi in cui si esibiva era stupenda.
Per assurdo, lei si vergognava come una ladra a salire sul palco e fare
la pazza per una manciata di secondi, mentre a me sarebbe piaciuto
moltissimo avere la sua voce.
“Bene, ripassiamo An Epic Of Time Wasted?” propose Meg.
“Certo” e attaccarono a suonare, mentre Val cantava a mezza voce e Jim teneva il tempo per aiutarli.
Provarono per tutto il tempo e quando arrivammo erano pronti.
“Val fammi passare!” Disse Zack, visto che la ragazza
si era piazzata davanti all’uscita del furgone e non si spostava.
“Mi sono incastrata con la catena” Provando a tirare cadde tirandosi addosso Zack.
“Cazzo!” sbraitò il chitarrista.
“Porca puttana levati di dosso!” bofonchiò Val innervosita.
“Si sono incastrate le cinture”
“E vaffanculo Zack!”
Intervennero Meg e Brian e riuscirono a liberarli, ma Val zoppicava. Oh grandioso.
“Cazzo e adesso come ci sali sul palco?” Fece Matt
sbuffando, passandosi una mano sul viso. Sembrava essersi decisamente
rotto le palle di tutti quegli incidenti. Beh, aveva ragione.
“Non ci salgo, semplice. Canti solo tu”
“Ma dai! Era troppo figa una ragazza che screamava!”
Dopo tre secondi, tutti gli occhi erano puntati solo su una
persona. Quando si rese conto del silenzio, Meg alzò la testa
per trovarsi ancora una volta tutti gli occhi puntati addosso.
“E checcazzo! So diventata la tappabuchi!” sbottò frustrata quando capì a cosa puntavamo.
“Sei l’unica che potrebbe farlo” commentò Brian, mordendosi l’interno della guancia.
“E fra l’altro ti trovi già sul palco” aggiunsi io.
“Fanculo avete rotto i coglioni, in tour con voi non ci vengo mai più”
“Andiamo Meg! Solo per oggi” la implorò Val, anche contenta di non dover salire sul palco.
“O così, o devi imparare un’altra canzone in
due ore” le spiegò Brian e calò la testa, scocciata.
“Ok Val, com’è la parte?”
Meg P.O.V.
Finite le mie prove vocali di screamo e a soundcheck ultimato, decisi di fare un giro per il posto, per perdere tempo.
Fortunatamente il palco si trovava sotto una sorta di Hangar
enorme e abbandonato. C’erano poco meno di una decina di band in
cartellone, in cui le ragazze si contavano sulle dita di una mano.
Eravamo in quattro: c’erano due cantanti, una bassista e io, in tutto il festival. Wow.
Stavo parlando con una delle cantanti, Claire, una tipa che mi
somigliava vagamente, solo un po’ più bassa, con i capelli
castano ramati e con gli occhiali da vista, oltre che molti più
piercing alle orecchie di quanti ne avessi io, quando mi arrivò
Haner alle spalle, colpendomi sui fianchi e facendomi sobbalzare in
avanti.
“Sei una merda!”
“Oh amore mio, non chiamarmi così” alzò lo sguardo su Claire e le sorrise, interessato.
“Ciao”
“Salve” disse lei tranquilla, mostrandogli un sorriso sornione.
“Synyster Gates” disse offrendole la mano.
“Claire” rispose lei accettandola.
“Beh, voi fate amicizia, io me la squaglio che ho un lampo
di genio. Bri la chitarra di Zack sta dove l’ho lasciata,
vero?” dissi.
“Yesss baby” e mollai i due a parlare, mentre andavo
alla ricerca di una chitarra mancina, un pezzo di carta e una penna,
per mettere per iscritto il motivo che mi ronzava in testa da
più di una settimana.
Recuperata la chitarra e le chiavi, andai a nascondermi nel
furgone ormai vuoto e cominciai a buttare giù un paio di
pensieri.
“*Never will I forget you, and all the memories past. (dimenticherò mai te e i nostri ricordi?)
So rarely I get to see your face. (riesco a mala pena a distinguere il tuo volto)
Growing I looked to you in guidance. (sei sempre stato il punto di riferimento nella mia crescita)
We knew that time would kill us, but you're still so close to me.
(sapevamo che il tempo ci avrebbe distrutti ma tu sei
ancora tanto vicino)
To me you were my life. (eri la mia vita)
To me you were my soul companion. (era la mia anima gemella)
Now you are so far away. (adesso sei così lontano)
Nothing can take away the times and the memories we had. (niente e
nessuno potrà cancellare quello che c'è stato tra noi, i
nostri ricordi)
Come back - to the days when we were young (vorrei tornare indietro, quando ancora eravamo bambini)
Come back - to the days when nothing mattered (vorrei tornare indietro, quando niente importava)
To the days when nothing mattered (quando niente importava)*”
Ed ecco che nacque la prima parte di Second Heartbreath, un mio “regalo” tutto per Zack.
In una mezz’ora completai il resto del testo. Ce
l’avevo in testa già da un pò, ma non avevo avuto
modo di buttarla giù, quindi quel giorno non feci altro che
mettere per iscritto quello che avevo in testa.
Finito di scrivere, rimisi tutto a posto e buttai i fogli nella
mia tracolla, continuando i miei giri per perdere tempo in qualche
modo.
Mi poggiai ad un pilastro e stavo ascoltando un gruppo che faceva
il sound check, quando sentii due mani stringermi di colpo la vita. Per
tutta risposta tirai una gomitata nello stomaco di chiunque fosse e mi
voltai pronta a dargliene tante di più, ma mi fermai col
pugno a mezz’aria quando mi resi conto che era il ragazzo della
sera prima, Mr. T.
“Cristo scusa!”
“No tranquilla, avrei potuto evitare questi assalti”
bofonchiò con voce dolorante, mentre ancora si teneva
l’addome.
“Picchi duro, ragazza” sospirò reggendosi con
una mano al pilastro, mentre l’altra stava ancora stretta
sull’addome.
“Ehm… mi dispiace, ma arrivare davanti alle persone
come fanno tutti no, eh?” scrollò le spalle e si
tirò su, come se fosse passato tutto.
“Allora… ciao!” disse tranquillo.
“C-ciao” risposi io, divertita.
“Già fatto il soudcheck?”
“Si, siamo stati fra i primi. Tu sei qui come fan o..?”
“No, sono il bassista di un gruppo. In verità mi
hanno reclutato in mancanza del loro da più o meno un mese”
“Siamo nella stessa situazione. allora”
“Si, qualcosa di simile” disse tranquillo mentre prendeva un sorso da una bottiglia di birra.
“Perché sei venuto a cercarmi?” chiesi io, curiosa.
“Ti da fastidio?”
“No! Mi chiedevo solo perché… insomma, credevo
che fosse iniziato e finito tutto ieri sera” scrollò le
spalle e mi sorrise, grattandosi la nuca rasata e sistemandosi la punta
rossa della cresta.
Tornò a guardarmi mentre si torturava il piercing al labbro, centrale, identico al mio.
“Non sarebbe male farlo continuare… che ne pensi?”
“Penso che dovresti ripetermi il tuo nome e che dopo un po’ di conoscenza si potrebbe anche fare”
“Diamine, abbiamo un po’ bruciato le tappe, che dici?” disse divertito e io risi con lui.
“Direi di si. Ieri sera ero esaltata per via del
concerto…. Sembra una giustificazione, ma di solito non sono
proprio così” scrollò le spalle.
“Sei adulta e vaccinata. Credo tu sia libera di fare quello che vuoi”
“Wow! Uno che ragiona e non mi ha preso per una zoccola”
“Ho fatto la stessa cosa io, perché dovrei giudicarti?” disse tranquillo e divertito e io sorrisi sorpresa.
“Com’è che ti chiami?”
“Trevor”
“Ok, scusa”
“Figurati Meg. Vuoi fare un giro? Ti faccio da guida”
Mi offrì il braccio da incastrare col suo e io lo accettai.
“L’importante è che non finiamo come ieri sera” dissi divertita, cominciando a seguirlo.
“Non mi sembrava ti fosse dispiaciuto” disse sorpreso e con un mezzo sorriso.
“Nient’affatto, ma adesso ci sono troppe persone sobrie per mettersi a fare cazzate”
“Vero”
Stacey P.O.V.
“Dai, sul palco, forza!” Urlò il tipo di fianco
a me che controllava che tutte le band salissero in orario sul palco. I
quattro Sevenfold +1 si sistemarono gli strumenti e salirono. Una volta
collegati agli amplificatori, Matt fece la solita introduzione giusto
per ricordargli che avevano un nome e quale fosse e cominciarono a
suonare. Allo stand del merchandising c’erano Val, Johnny e gli
altri, mentre Zack se ne stava vicino a me, con la faccia da cane
bastonato come ogni concerto a cui non poteva suonare.
“Dai bro, ti rimetterai presto” dissi distrattamente.
“E’ meglio di me” si limitò a dire mentre
guardava Meg che si agitava sul palco, tenendo la parte da dura. Ogni
tanto sbagliava, ma non si notava nemmeno. Io me ne accorgevo
semplicemente perché avevo sentito tante di quelle volte quei
pezzi da avermi dato il voltastomaco, ormai (non è vero,
è solo un modo di dire).
“Puoi scommetterci” Abbassò la testa, afflitto.
Era dal giorno della litigata che piangeva lacrime di coccodrillo e
ancora di più da quando lei aveva preso momentaneamente il suo
posto.
Sinceramente, se fossi stata in Meg, non credo che l’avrei fatto.
“Soffre molto?” chiese dopo un po’.
“Non lo dà a vedere più di tanto. Gli unici
che potrebbero saperne qualcosa di più sono Jim e Brian e sai
bene che loro non ti direbbero mai niente”
“Mi sorprende che non mi abbiano picchiato”
“Aveva già esagerato Meg, non volevano rimanere del tutto senza chitarrista”
“Allora devo ritenermi fortunato?” Scrollai le spalle
e buttai uno sguardo su Brian e Jim. C’è da dire che il
primo stava magnificamente con i capelli neri. Chissà se un
giorno saremmo riuscite a tingere anche il secondo…..
uhm….
“Direi di si. Hai mai visto Jim durante una rissa?
Immaginatelo che si avventa su di te” Sgranò gli occhi
allucinato, probabilmente immaginandosi la scena e poi tornò a
guardare il concerto.
“Pensi che dovrei abdicare in suo favore?” disse dopo un po’.
“E poi che fai? Il barbone?”
“Potrei giocare a baseball” disse convinto e io lo guardia sarcastica.
“Seh, vabbè, a baseball. Ma sta zitto” dissi
spintonandolo per una spalla e lui bofonchiò. “Sai bene
che per quanto Meg voglia bene a Jim e Brian, non accetterebbe mai di
mollare l’università per inseguirli in questa cosa. Non ci
tiene a diventare famosa. Almeno non così”
“E’ uno spreco. Guardala!”
In effetti, Meg sembrava fatta per stare su un palco. Sarà
che il padre era quello che era e la genetica fa parecchio in queste
cose, ma sprizzava vitalità ed energia con ogni singola nota.
Saltava da un lato all’altro con addosso una consunta maglietta
del Jack Daniel’s a cui aveva tagliato le maniche e aveva
ampliato lo scollo, una paio di pantaloni verde militare che non
arrivavano al ginocchio e che a quanto avevo capito erano del tipo che
aggiungi o togli i pezzi in modo da farne uno lungo o uno corto e una
marea di accessori fra colane, catene, bracciali e cinturone. Aveva
anche un polsino a metà avambraccio sinistro.
Lo metteva sempre per suonare, diceva che sbatteva sulla chitarra quando dava le pennate e che si faceva male.
Bah, io rimanevo nel mio universo di mani distrutte dalle vesciche
causate dalle bacchette. Speravo che Jim non si rompesse un polso,
perché altrimenti non ci sarei saltata sul palco al posto suo.
Seh, rimpiazzare Jimmy Sullivan. Ma chi volete prendere in giro…. Nemmeno Portnoy in persona sarebbe adatto!
Stavamo ancora seguendo il concerto, quando mi voltai verso Zack e
lo trovai a parlare con un tipo altissimo, con le spalle larghe e con
una cresta, che lo faceva sembrare ancora più alto, nera e
rossa, il piercing centrale al labbro e qualche tatuaggio, fra cui
anche uno laterale sul collo.
Sembrava un mezzo punk, con un pantalone rosso a scacchi, una
grossa catena, parecchie spille da balia che tenevano delle toppe nere
di alcuni gruppi che non avevo mai sentito e una maglietta
semidistrutta dei NOFX. Un giubbotto di jeans senza maniche, con
moltissime borchie e ancora toppe nere dei gruppi dai nomi
improponibili, anche più di “avenged sevenfold”.
Mi avvicinai ai due, giusto per rompere le palle.
“Zack, se t’interessa hanno appena attaccato con The
Art of Subconscious Illusion, quindi fra un po’ dovremmo
sgombrare. Sta volta ce la dai una mano o fai sgobbare noi
donzelle?”
“Per quello che posso….”
“Dai che i cavi li puoi arrotolare, non fare il moribondo”
“Zack su, non fare lo scansafatiche” disse il tipo, rivolto al chitarrista, poi voltò il viso verso di me.
“Se vi serve una mano, sono disponibile. Avete una chitarrista troppo simpatica”
Uhm. Questo mi mancava.
“Piacere, io sono Trevor” disse gentile, sorridendo e
offrendomi la mano. La strinsi e lo osservai. Sul collo, vicino al
tatuaggio aveva un succhiotto enorme e guardandolo bene aveva
l’aria un tantino assonnata.
“Piacere Stacey”.
Alto, con la cresta rossa, il piercing al labbro, iniziale T e
reduce da una nottata interessante. In più, reputava Meg
simpatica, una novità per uno che non la conosce da almeno tre
giorni (minimo).
Oh oh oh. Ho capito che trova di simpatico questo!
“Ehi, ma dovrebbe cantare Meg, vero?” chiese Zack e io annuii. Trevor fece una faccia che era tutta un programma
“Oh, voglio ascoltare” disse avanzando di qualche
passo e sorpassando sia me che Zack. Ok, il bel punk era partito per la
tangente.
Quell’energumeno rimase a guardare Meg per tutto il tempo,
un mezzo sorrisetto stampato sulle labbra e una birra fra le mani da
cui sorseggiava distrattamente.
Bah, valli a capire i semi punk.
Io mi persi a guardare Matt che aveva fatto a cambio di posto con
Meg per qualche secondo, scambiando i microfoni sull’asta della
ragazza e utilizzando quello di lei, giusto per il tempo di quelle
poche frasi.
Trying hard to figure out what s done.
I scramble but now I run.
( The images in my head)
All the problems that I've been fed.
Punching slowly my mind can't change the speed. (As my victims bleed)
No matter what I do or how hard I try.
Diamine, mica me la ricordavo così……
screamava peggio di Matt, a sentirla senza vederla non credo che
qualcuno sarebbe stato in grado di capire che era una ragazza.
“Wow!” disse Trevor, sbalordito.
“Eeeh, visto che tipo? Quella ragazza è un
portento” disse orgoglioso e malinconico Zack, mentre entrambi
guardavano la ormai mora che si agitava sul palco, imbracciando una
chitarra non sua e che, per giunta, detestava.
“Occhio Zack, potresti restare disoccupato”
“Oh spero di no, diamine”
“Finirà a pulire vetri, te lo dico io” dissi,
cattiva e feci ridere lo spilungone. Cazzo, che fosse più alto
di Jim?
Si, quasi sicuramente, ma la cosa spaventosa era che oltre ad
essere altissimo aveva anche due spalle larghe che incutevano timore.
I gusti di quella nana non li capirò mai….
Il loro concerto finì e salimmo tutti e tre insieme a loro
per sgombrare. Meg e Trevor praticamente appiccicati e Zack che
sembrava stare peggio di prima.
“Ehi Sty, ma Meg se la fa con quello?” chiese acido l’infortunato.
“Uhm… Sinceramente? Credo proprio di si…”
“Che ci troverà…”
“Vuoi un’altra risposta sincera? E’ un figo
della miseria” A quel punto mi arrivò una pacca sul culo e
mi girai di scatto, pronta a mandare brutte parole, ma trovai Matt che
mi guardava con un mezzo sorriso e un sopracciglio inarcato.
“Chi sarebbe un figo della miseria?” chiese mentre arrotolava il cavo del suo microfono personale.
“Uhm…. ma il frontman dei Sevenfold! Chi se non altri?”
“Ti sei salvata a culo, lo sai?”
“Certo” dissi aprendo un sorrisone, mentre Trevor mi passava di fianco con tre pezzi della batteria di Jim.
Matt lo guardò un secondo sbalordito.
“Stanno rubando la batteria di Jim o cosa?”
“No, è un amico di Meg, ci sta aiutando”
“Gentile… Haner perché non prendi da lui?”
“Io suono la chitarra, quindi smonto la chitarra, che me ne fotte della batteria” rispose lui asciutto.
“Delicato” commentò sarcastica Meg e lui sorrise caricandosi la pedaliera in braccio.
“Come sempre”
Caricammo tutto sul furgone, pronti per ripartire per una nuova città, sempre con quel festival.
I due giorni seguenti, Trevor li passò praticamente con
noi. Spariva solo quando si trattava di suonare, fare il soundcheck o
viaggiare. Per il resto, era uno di noi.
Altra cosa insolita era che Brian e Trevor non
s’incrociavano mai. Non è che l’uno, infastidito
dall’altro quando lo vedeva se ne andava, ma sembrava proprio che
di proposito non s’incrociassero mai.
Brian stava appiccicato a una tipetta di una band, una cantante
anche abbastanza brava, bassina e occhialuta che si chiamava Claire.
Sono abbastanza convinta che scopassero o qualcosa del genere,
perchè Haner continuava a chiedere preservativi in giro e non
credo ci facessero i palloncini.
Vabbè, Haner se la intendeva con Claire, Meg con Trevor e
Zack stava a fare il cane bastonato e cagava il cazzo a me e Val. Matt
ogni tanto si scocciava e rischiava di lanciarlo contro il muro.
In più il mio ragazzo credo stesse rischiando una sorta di
esaurimento nervoso perchè stava puntualmente a fare da
“papà” a tutta quella banda di scalmanati e spesso
provava a ritagliare in qualche modo un po’ di tempo e spazio per
noi, ma era impossibile. Come sperare in una televendita di
aspirapolvere nel bel mezzo della finale di Champions, non so se mi
spiego.
Me ne stavo stesa sul cofano del furgone a fumare e prendere il
sole, indisturbata, quando assistetti ad una scena che non credo
dimenticherò facilmente.
Justin e Seward. Urlavano. Ma urlavano. Ma quando dico urlavano,
dico che erano sul punto di venire alle mani, di fare proprio a mazzate
e non so come ne sarebbe potuto uscire uno come Johnny (metro e
sessantatre, si e no 50 kg) contro uno come Justin (mentro e
novantasei, tanti kg di più).
Non capivo nemmeno cosa diamine stessero urlando, so solo che ad
un certo punto vidi la mano di Justin serrarsi sul collo di Johnny e
sollevarlo, la schiena contro un pilastro di cemento.
Il viso di Johnny divenne paonazzo e io saltai giù dal
cofano. Prima che potessi avvicinarmi, vidi Dameon fermare Justin e il
bassista mollò la presa sul collo del piccolo Seward che
finì accartocciato a terra mentre tossiva.
I due bassisti maggiorenni se ne andarono e io mi avvicinai a Johnny.
“Ci sei, bro?”
“Non tanto *cof cof*”
“Forza, tirati su, andiamo a prendere qualcosa da bere”
Dopo aver recuperato un paio di bottiglie da un distributore con
un trucco che mi aveva insegnato Jim, ci sedemmo su una panchina.
“Allora, che è successo?”
“Ma niente, solite stronzate di Justin….”
“J non mi pare sia mai arrivato a tanto”
“Ultimamente è sempre più stronzo e poi
è dannatamente nervoso e irascibile, a volte mi spaventa”
disse lui, piccato, prima di prendere un’avida sorsata dalla
bottiglia.
“Uhm….. ne devo parlare con Matt?”
“Si, così poi mi ammazza del tutto? Bah meglio evitare”
“Vuoi tornare ad Huntington? Ormai non manca molto, non ti perderesti niente….”
“Lascia perdere, davvero”
Fece un grosso sorrisone e se ne andò.
“Bah, vaffanculo, bro” e tornai sul cofano del furgone.
Meg P.O.V.
“Beh dai, io devo andare”
“Passo dopo al tuo furgone?” Fece lo spilungone, speranzoso.
“Uhm, come vuoi Trev, tanto io sto lì”
“Ok faccio il soundcheck, sistemo un paio di cose e arrivo”
“Con calma! Mica stiamo insieme” Dissi ridendo e sorrise anche lui.
“Cazzo, sembro esaltato! Non so che diamine mi pigli”
“Il caldo ti dà alla testa, forse” ci scherzai io. Scrollò le spalle divertito, e mi guardò.
“Potrebbe anche essere. Beh, ci vediamo dopo” M’incasinò i capelli e se ne andò.
“E’ troppo alto” Sobbalzai, sentendo la voce di Justin vicino a me.
“Sane cazzo! Mi hai fatto pigliare un infarto!” Juss
fissava il punto in cui Trev se n’era andato, masticando
distrattamente un panino con fare bovino e lo sguardo vuoto.
Leggermente incurvato verso il basso come sempre, vista
l’altezza.
“E’ troppo alto, quelli troppo alti hanno problemi al cervello” Lo guardai aggrottando le sopracciglia.
“Juss ti senti bene?”
“Il sangue non arriva al cervello e vanno in apnea”
“Juss ma…” Voltò lo sguardo su di me e
sentii dei brividi corrermi lungo tutta la spina dorsale. Il suo
sguardo mi spaventò. Era vuoto e assente, spiritato, eppure mi
stava guardando il ché era ancora più agghiacciante.
“Ricordati questo, Meg, quegli troppo alti hanno sempre dei
seri problemi mentali” e se ne andò con un passo
più oscillato di quanto non fosse mai stato.
Bah.
Recuperai il mio pasto grazie al buono che ci avevano dato come band e andai a sedermi sulle scale.
Un panino bello grosso col prosciutto cotto, una bottiglietta
d’acqua da mezzo litro e una barretta di cioccolato al latte. Con
un sorriso in più e un paio di complimenti al panzone che
distribuiva i pasti avevo avuto anche una birra. Detestavo dover fare
quelle cose, ma qui si trattava di sopravvivenza, cazzo!
Comunque, me ne stavo su questi due gradini, all’ombra, quando qualcuno venne a sedersi vicino a me.
Quel qualcuno era lui.
L’infortunato, la merda, il mancino bruciato o semplicemente
Zack, cercava forse la frattura multipla di tutti e quattro i suoi
arti. Sta di fatto che venne a sedersi vicino a me.
Ero arrivata al punto che anche il suo respiro m’irritava, figurarsi averlo di fianco mentre mangiavo.
“Ieri sei stata grande” disse dopo un po’.
Dovetti fare un respiro profondo per non rispondere male. Ultimamente
il mio autocontrollo era pressoché inesistente.
“Ok” risposi dopo parecchio tempo, quasi da far sembrare che non avessi sentito la domanda.
Rimase ancora in silenzio, mentre io bevevo la mia birra e mangiavo il mio panino. Cazzo se avevo fame.
“Sei davvero un’ottima chitarrista” alzai gli
occhi al cielo, presi un altro respiro profondo e lentamente voltai la
testa verso di lui. Dovevo avere una sorta di espressione disgustata di
quarto livello, perchè vidi nei suoi occhi il riflesso delle mie
labbra contratte e le sopracciglia praticamente accartocciate.
“Che vuoi” feci lapidaria e atona, in una sorta di sibilo secco.
“Chiedere perdono”
“Non sono Gesù Cristo quindi la mia risposta è
no, adesso potresti sparire? Ho fame e vorrei evitare di vomitare
quello che ho mangiato”
Una spettacolare capacità che avevo era quella di non dare
scelta alle persone. Non so come facessi o cosa, ma le smontavo. Non so
se non ci provavano proprio a controbattere o cosa, ma in un modo ho
nell’altro loro se ne andavano con la coda fra le gambe.
L’unico con cui non ci riuscivo era Jim. Lui rideva e mi
rispondeva di nuovo, ma vabbè, Jim è fuori dal comune,
quindi non conta.
Sta di fatto che Zack si alzò e, a testa bassa e passo ciondolante, se ne andò.
“Ah, alleluia” sospirai e Zack si fermò.
Tornò indietro e si sedette per terra, a gambe incrociate,
davanti a me. Si accese una sigaretta e rimase a guardarmi mentre
mangiavo.
Dopo un po’ mi scocciai.
“Ti stai godendo lo spettacolo?”
“Almeno quello….”
“Scontenta per te” scrollò le spalle.
“Ok” E rimase lì, a fissarmi.
Cristo che nervi.
“Se non te ne vai, svuoto questa bottiglia in gola e te la
tiro dietro, intesi?” dissi sollevando la bottiglia di Heineken e
lui fece un mezzo sorrisetto.
“Tanto dimmi tu che cazzo ho da perdere. Ho distrutto
l’unica storia d’amore della mia vita, non posso suonare e
in questo momento sono d’intralcio a una ventina di persone”
Indicò la bottiglia.
“Forza, tanto sai che non ti denuncerei, ti amo”
mascherai il dolore con una faccia scocciata e con una scrollata di
sopracciglia davvero teatrale.
“Ma davvero? Bel modo di amare che hai, Vengeance,
davvero…. singolare, diciamo così. Sai
com’è, non ho voglia di diventare estremamente volgare..
di nuovo”
“Peccato, adoro quando ti arrabbi”
“Zack smettila porca puttana. E’ finita, mi hai ferito e ok, adesso che cazzo vuoi fare?”
“Non ne ho la più pallida idea, magari solo farti incazzare”
“Ci stai riuscendo alla grande, tranquillo”
Continuai ad addentare il mio panino e lui col mento indicò
ancora la bottiglia di vetro che adesso stava poggiata sul gradino,
vicino a me.
“Forza, tiramela in testa, mi faresti solo un piacere. A me e tutta la band”
“Ecco, già perché hai detto ‘mi faresti
un piacere’ non te la tirerò, perchè l’ultima
cosa che voglio farti, è un piacere e per di più, sei un
coglione. Sai bene che se non fosse per te, probabilmente i sevenfold
nemmeno esisterebbero. O almeno avrebbero un nome più banale e
pronunciabile” e svuotai la bottiglia di birra.
“Si certo….. andiamo, cosa pensi che non vi ho visto
sul palco? Sono meglio senza di me, siete meglio senza di me”
“Io non voglio fare la rockstar, tu si”
“Ma chissà perché a te riesce molto
meglio” Accartocciai l’involucro del panino e lo ributtai
nella busta. Afferrai la cioccolata e l’acqua.
“Qui passiamo ad una discussione a livello di genetica e
lì c’è poco da fare. Ce l’ho nel sangue, non
posso farci niente”
“Potresti sfruttarlo”
“Non ne ho voglia, comunque fallo tu il chitarrista, a me
basta la scenografa. Sai com’è, non sono abbastanza
bastarda e montata per fare la rockstar, a me basterebbe un ragazzo
poco appiccicoso, intelligente e fuori da questo mondo del cazzo per
essere felice”
Scartai la barretta di cioccolato.
“Beh, Trevor è l’ideale” fece sarcastico.
“Trevor sarà anche in parte invischiato in questa
cazzata di mondo musicale da quattro soldi, ma a differenza di te e
buona parte di quei palloni gonfiati di testosterone, birra ed ego, fa
una cosa che tu proprio non conosci, nemmeno per sentito dire o vista
in cartolina: ragiona. Sai che significa, eh Zack? Ragionare? Questa
parola ti dice niente?” feci frustrata e nervosa. Presi un
respiro, staccai un pezzo dalla barretta e mangiai. Uhm, buono. Non era
nemmeno squagliata.
“Eh certo, perchè una che comincia a dare calci alla cieca ragiona”
“Oh! Scusami tanto se tu continuavi ad ammassare stronzate e
io volevo levarmi le tue manacce di dosso! Perdonami!” Feci
sarcastica.
“No, non ragioni” disse convinto, nessuna traccia del precedente tono derisorio.
“No Zack, non ragionavo, per niente. Addirittura ti amavo,
ho preso parte a questo cazzo di tour per te, per poi trovarti che te
lo facevi succhiare dalla prima troia del cazzo, pensa tu che
cogliona” A quel punto lui rimase di sasso e io me ne andai,
sacchetto in mano e morale sotto i piedi.
Già, proprio un idiota. In verità però dovevo
solo benedirmi per aver deciso di prendere parte a quel tour. Se non
l’avessi fatto, Zack non mi avrebbe detto niente, noi ci saremmo
rimessi insieme per il resto del mondo solo dopo il loro ritorno e io
sarei stata una cornuta per tutta la vita. Lui probabilmente avrebbe
continuato a tradirmi all’infinito e via così, fino a Dio
sa quando.
No, era stato traumatico, drastico e terribile, ma almeno era
stato rapido. Meglio così che essere Michelle diBenedetto, che
continuava a correre dietro a Brian.
Finalmente avevo capito la logica di quella ragazza. Michelle non
era stupida e forse (forse, eh) nemmeno troia. Era talmente innamorata
da essere così disperata da cercare in altri quello che Brian
proprio non le dava, ma proprio per niente, eh. Forse sperava anche di
farlo ingelosire, ma parliamo di Haner, Haner l’ameba. Quello che
pure se glielo dicessi non lo capirebbe che sta riducendo a schifezza
una povera ragazza.
Questo almeno secondo il mio modesto parere.
Michelle era alcolizzata, poco ma sicuro, aveva dei gusti pessimi
in fatto di vestiti e la musica non sapeva nemmeno cosa fosse, ma non
era stupida. Era solo fottuta.
Speravo solo che aprisse gli occhi.
Finita la cioccolata buttai tutte le cartacce e la bottiglia di
vetro, mi ficcai la bottiglia d’acqua in tasca e gli occhiali da
sole a caramella sul naso. Fregai una sigaretta ad un passante che me
la accese pure e mi feci un giro per lo stand, in attesa di una qualche
fulminazione divina o qualcosa di simile, fin quando non vidi Justin
che si sparava una dose in vena.
Wow, andiamo bene.
E……. salve!
E’ un capitolo traumatico e praticamente inutile, ammettiamolo, ma ci voleva una chiacchierata fra Zack e Meg v.v
E poi volevo far cantare Meg v.v
Non mi viene un cazzo da dire, tranne che sono raffreddata, il mio
gatto (maschio) è una puttana e che ho bisogno di un nuovo
amplificatore .__.
Un bacione a tutti quelli che recensiscono questa cosetta qui e che continuano a inserire la mia storia nelle tre liste ;)
Oh, _diable_ is Back <3
Vi adoro tutti, indistintamente <3
Xoxo
The Cactus Incident
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Capitolo 23 *** Chapter 22 ***
sch chapter 22
Stacey P.O.V.
“We are living in a Yellow Submarine! Yellow submariiiine! Yellow submariiine!”
Si, siamo dei grandi, ammettiamolo. Grossi, cattivi, tatuati e
amanti dei Beatles. Almeno io, Val e Jim, gli altri sopportavano e
cantavano insieme a noi.
A guidare erano Meg e Haner. La ragazza urlava insieme a noi anche
se praticamente ricordava solo “We are living in a yellow
submarine” e Haner, dopo un po’, per disperazione, si era
messo a cantare pure lui.
Eravamo ormai agli sgoccioli del tour. Fra due giorni (ovvero
altri due concerti) ci sarebbe stato il concorso, poi ancora due
concerti e poi finalmente a casa. Eravamo solo a un centinaio di
chilometri di LA, non mancava più tanto (questo giusto per farvi
capire quanto diamine avevamo girato con quel cazzo di tour) e io
personalmente ero esausta.
Per quella sera però ci sarebbe stata una grande cosa:
camere d’albergo. Certo, camere da 19 $ a notte, ma comunque
camere con al massimo altre due persone, con un bagno per sé e
con un letto vero, con delle lenzuola! Non potevo crederci! Era
più di un mese che non ci fermavamo in un albergo, in un letto
vero.
Arrivati nel parcheggio, rimanemmo un po’ a sgranchirci le
gambe, mentre Val e Alice parlavano col tipo della reception per vedere
quante camere avrebbero avuto.
“Uhm… Sty? Posso parlarti in privato?” fece Meg
avvicinandosi. Aggrottai le sopracciglia e ci spostammo lontano da
tutta quella brigata.
“Che succede?”
“So che non sono affari miei, ma….. ieri ho visto Justin che si faceva”
“Cazzo” Mi passai una mano fra i capelli.
“Insomma, sai bene che io non posso giudicare proprio
nessuno, ma credo sia l’unico che…. si insomma, si fa in
vena”
Meg aveva ragione, là in mezzo nessuno (e quando dico
nessuno, intendo proprio nessuno, eh) era nella posizione di poter
giudicare in quanto a uso di sostanze stupefacenti.
Chi più chi meno c’eravamo passati sotto tutti e
qualcuno come me, Brian, Meg o Val ne eravamo usciti praticamente
subito, mentre c’era gente come Jim, Matt o Justin per cui era
stata davvero dura.
Ormai però era un capitolo chiuso per tutti e anche da un po’, o almeno così credevamo.
Fra l’altro nessuno era arrivato a farsi in vena, quindi non so…..
“Se lo dico a Matt lo caccia dalla band” bofonchiai.
“Forse dovremmo parlargliene dopo il tour, spiegare la situazione sia a lui che a Jim, no?” propose.
“Si, credo sia meglio”
Sinceramente non ce ne preoccupammo più di tanto.
All’epoca eravamo talmente stupidi e giovani da credere di essere
invincibili ed eterni. Peccavamo esageratamente di presunzione e quindi
decidemmo di accantonare la questione Justin almeno fino alla fine del
tour.
Meg tornò a parlare con Jim e Dameon e io entrai nell’albergo.
“Sty, puoi venire un attimo? Mi serve una mano con le
camere…..” fece la corvina tour manager del gruppo.
“Certo Val”
Mi avvicinai alla ragazza che con gli occhiali sulla punta nel
naso, stava osservando un foglio di carta e alcune chiavi sul bancone
della reception.
“Ok, io credo che nella prima stanza possiamo mettere
Justin, Abell, Jimmy…” cominciò lei e io la fermai
subito.
“Vuoi davvero mettere nella stessa stanza Jimmy, Juss e Abell?”
“Uhm… no, direi di no. Allora….. Justin, Cam,
Dameon nella prima; Zack, Abell e Johnny nella seconda..”
“Si, l’importante è togliere Jim” asserii io.
“Si, è lui che fa partire l’embolo a tutti”
“A chi lo dici…. quindi nell’altra… Brian, Jimmy e Matt” Ma Val m’interruppe.
“No, Matt no”
“Uh?” emisi inarcando un sopracciglio.
Si guardò un momento attorno, come se avesse paura di essere osservata e mi allungò una chiave.
“Consideralo un regalo di compleanno per Matt leggermente in anticipo o uno per te in mega ritardo”
Rimasi ad osservare la chiave sul suo dito prima di sorridere ed abbracciarla.
“Oddio Val…!!” le cincischiai nell’orecchio.
“Sssh, tranquilla. E’ una sciocchezza”
“Non è una sciocchezza e lo sai bene. Cazzo Val, sei una santa, dovrebbero farti un monumento!”
“Facciamo che ci pensi tu quando finiamo questo cazzo di
tour, uhm? Su, ficcala in tasca e smettila con le smancerie”
Disse sorridendomi complice e strizzandomi l’occhio.
Le sorrisi ancora prima di mettere la chiave in tasca e tornando a guardare il foglietto.
“Quindi nell’altra tu, Meg ed Alice…..”
“No, solo io ed Alice”
“E Meg? In stanza con Jim e Brian? Non potreste fare Tu, Meg
ed Alice in quella da tre e Jim e Brian in quella da due?”
“Si, se Alice non avesse litigato con Brian e di conseguenza avuto un diverbio con Meg”
“Cristo santo….. Ma perché, poi?” dissi allucinata, passandomi una mano fra i capelli.
“Ah boh, l’hanno capito solo loro” rispose Val, sistemandosi gli occhiali da vista sul naso.
“Ok, quindi per forza Meg, Jim e Brian”
“Uhm…si… tanto non dovrebbe essere un problema per lei”
“Si, sono cresciuti insieme…” Scrollai le spalle. In effetti avevamo ragione.
Demmo la caparra e subito Val diede le chiavi ad ognuno, mentre io mi avvicinai a Matt con un sorriso stampato in volto.
“Faccio una fuga e caccio dalla tua stanza chiunque ci sia?” sospirò mentre mi baciava.
“Non ce n’è bisogno… Val ci ha dato una stanza tutta per noi”
“Oh…” disse sorpreso e felice.
“Si, credo che per via di questa mossa, Meg sia finita in camera con Jim e Brian”
“Povera ragazza” disse ridendo sulle mie labbra, forse già pregustandosi la nottata.
“Beh, poteva andarle peggio… pensa se doveva stare in camera con Johnny”
“Si, ma Johnny non urla nel sonno” ribatté lui.
“Se si ubriaca, Rev non urla” specificai io.
“Uhm... vero” disse compiaciuto.
Meg P.O.V.
“Sono la ragazza, quindi mi lavo prima io”
“Sei una palla” sbuffò scocciato Brian mollando
il borsone, mentre io già cercavo le mie cose per chiudermi e
fare una doccia. Acqua calda, finalmente.
“Beh, intanto che voi bisticciate, io vado a fare un
salutino agli altri” Disse tranquillamente Jim e si
dileguò.
Brian osservava attentamente la stanza minuscola.
“Certo, una stanza da tre così, possono farla
tutti” commentò sedendosi su un letto e testandolo
rimbalzando un po’ col sedere.
Erano un letto singolo e uno matrimoniale posizionati su due
pareti opposte e per arrivare dall’altro alto della stanza, dove
c’era la porta del bagno, bisognava rotolare su un letto o
sull’altro.
Era più che logico che era una stanza da due, riadattata.
Scrollai le spalle “L’importante è che sia un
letto vero, sai che mi frega se per entrarci devo saltare su di te o su
Jim”
“Dormi tu in quello matrimoniale?” chiese dopo un po’.
“Certo che no, io sto nel singolo”
“Ehi! Dai, fallo per il mio lato etero, messo a dura prova
da settimane di astinenza dal sesso: mettitici tu nel letto con
Jim” Disse implorandomi e io lo guardai allucinata.
“Dopo questa rivelazione, non dormirò mai più
nella stessa camera con te, intesi?” sorrise soddisfatto (la sua
sparata aveva sortito l’effetto desiderato) e mi abbracciò.
“Oh no no! Fin quando non torna Michelle non avvicinarti più a me!” dissi scostandomi da lui.
“Dai stavo scherzando!”
“Si, raccontalo ad Elwin, là sotto” e lui fece
una smorfia, prima di scoppiare a ridere in contemporanea con me.
“Ok, vado a lavarmi, eh? Non giocare troppo con Elwin che diventi cieco”
“Ma vaffanculo!” disse ridendo mentre prendeva le sue
cose per lavarsi dopo di me e io gli feci un dito medio proprio prima
di entrare.
Dopo una bella doccia rigenerante, uscii come nuova da quella
stanza con la sola idea di farmi una bella dormita. Sapevo che Justin e
i suoi compagni di stanza stavano architettando una sorta di festino,
ma non ero proprio in vena (si, chiamatemi nonnetta, ma stavo morendo
di sonno e volevo usufruire di un materasso più o meno decente).
Avevo lavato anche un paio di cose che misi ad asciugare
nell’unico centimetro quadrato della stanza dove non
c’erano letti e Brian mi diede il cambio in bagno.
Jim intanto non si era ancora fatto vedere e quando Brian
uscì dal bagno, fresco come una rosa e con un malloppo di abiti
umidi in mano, ancora non era tornato.
“Ok, abbiamo perso Jim. Vai anche tu da Justin e gli altri?” chiesi mentre metteva ad asciugare i vestiti.
“Non ci penso proprio… sono un vecchiaccio voglioso
di una bella dormita” disse stiracchiandosi e sbadigliando come
un ippopotamo
“Tanto non credo che Jim tornerà” aggiunsi io.
“Credo proprio di no”
“Bel pigiamino Haner” commentai. Era in boxer con una t-shirt consunta dei Metallica.
“Anche il tuo non è male. Dormi senza reggiseno,
dì la verità” commentò lanciando uno strano
guardo allo scollo a V (fatto con le forbici in una giornata troppo
calda per uno scollo stretto) della mia maglietta di Slash.
Per una volta, mi aveva risposto per le rime e non sapevo nemmeno come controbattere perchè lo stronzo aveva ragione.
“Non credo siano affari che ti riguardano, sai?”
“Peccato…. comunque bei pantaloncini” erano un
paio di shorts di cotone viola con i bordi bianchi. Un tantino
orribili, ma per dormire con quel caldo erano perfetti (o quelli o in
mutande e in stanza con quell’allupato non mi sembrava il caso).
“Non sfottere”
“No, seriamente è un bel viola” disse serio.
“Uhm.. grazie” bofonchiai titubante mentre lo guardavo sospettosa.
“Qualche volta me li presti?”
“Quando vorrai darti da fare con Jim saranno tuoi. Sai come sei sexy con questi addosso?”
“Si, mi è sempre piaciuto il viola. trovo che mi stia una favola” disse convito.
“Io trovo che sia ora che ti metti a letto”
“Si, in effetti” asserì e s’infilò fra le coperte.
Spensi la luce e mi misi a dormire beatamente.
Non so quanto tempo passò, quando vennero a bussare energicamente alla porta.
“Meeeeg… la pooorta” bofonchiò Brian.
“Sei più vicino tuuuu…” risposi prima di
affondare la faccia di nuovo nel cuscino. Visto che non mi alzavo e
continuavano a bussare, Brian fu costretto al alzare il culo.
“Che palle….” commentò prima di aprire la porta che dava sul corridoio fottutamente illuminato.
La luce mi colpì diritta in faccia, facendo ridere Haner, tutto soddisfatto.
“Sei una merda, Gates” commentai prima di girarmi dall’altro lato, ma lui m’ignorò.
“Chiedo asilo politico” sentii dire al disturbatore e
mi ci vollero un paio di secondi prima di riconoscere la voce. A quel
punto mi voltai di nuovo con gli occhi aperti (o quasi).
“Jim è collassato e quegli stronzi l’hanno
portato sul mio metto. Non riesco a trovare un cazzo di posto in cui
dormire….. quindi mi chiedevo se potessi usufruire del posto di
Jim…” Entrambi mi mandarono un paio di occhiate fugaci e
io mi sedetti sul letto.
“Beh non so se….” cominciò Brian e la mia risposta arrivò secca.
“No”
“Dai Meg….” provò a convincermi Haner e
io mi rivolsi a Zack che teneva il volto stanco rivolto verso il
pavimento. Da quando stavano nella stessa band erano diventati grandi
amici. E pensare che Brian qualche anno prima l’avrebbe
volentieri ucciso.
“Perché non vai a farti ospitare da una delle tue
amichette? Con tutte quelle che ti sei scopato se ti fai un giro per
l’albergo di certo ne trovi almeno una” Sbottai nervosa.
“Meg la stanza non è solo tua. Zack resta” rispose Haner con voce dura.
“E allora dormite in due sul letto piccolo, non m’interessa” dissi ributtandomi fra le coperte.
“Non fare la bambina” continuò il chitarrista con gli occhi scuri.
“E tu non fare lo stronzo”
“Dai, mi metto io nel letto con te e Zack sul singolo”
“Ho detto di no. In stanza con quello non ci dormo”
“Dai Bri, tranquillo… Me ne vado da qualche altra parte” provò a dire Zack.
“Non ci pensare proprio. A costo di dormire in due sul letto singolo tu rimani qua”
Ed ecco che entra il ballo l’orgoglio di Haner.
Era sempre stata così. Finivamo ad incornarci come due
cervi maschi che si combattono una cerbiatta (che paragone del cazzo
che ho fatto, ma va beh…. rendo l’idea?)
“Dai Syn, sul serio, non fa nie….”
“Zack, cammina” disse lui secco facendolo entrare e poco dopo richiuse la porta e accese la sua abajour.
“Su, dentro” gli intimò indicando il letto singolo.
“Stai scherzando?!”
“Zack ficcati in quel letto prima che ti prenda a calci in
culo” In tutto questo io mi ero tirata il lenzuolo fino a sotto
al naso per non farmi vedere mentre ridevo soddisfatta.
Continuarono a discutere per non so quanto e ad un certo punto,
quando fui più o meno convinta di riuscire a trattenermi, mi
sedetti sul letto, dopo aver acceso anche la mia lampada.
“Allora? Ce la fate? Vorrei dormire, grazie” Sul
finale la voce mi si ruppe quasi dalle risate quando vidi quei due
raggomitolati su quel lettino minuscolo.
“Vaffanculo Meg, questa me la paghi”
“Ricordati i biglietti dei Metallica. Sai che se voglio posso renderli inutili pezzi di carta?”
“Non oseresti…”
“Oh oserei… Mi basta una telefonata e ti ritrovi con
un pugno di mosche in mano” Brian sbruffò e si
ributtò di schiena, facendo cigolare il letto sotto di lui.
Sorrisi soddisfatta e spensi la luce.
Appena mi richiusi gli occhi, si sentì un rumore tremendo
di legno che si spacca, un’imprecazione da parte di Zack e Brian.
A quel punto scoppiai a ridere come una pazza.
“In culo alla balena Meg! S’è rotto!”
Disse piccato Brian mentre si metteva in piedi e accendeva la luce
“Ahahahahah! Siete due obesi del cazzo!” dissi mentre mi
rotolavo nel letto.
“Obesa ci sarà quella troia di tua sorella!”
commentò ancora Brian mentre Zack continuava a bestemmiare per
alzarsi.
Sollevarono il materasso e scoprirono che c’erano solo
quattro doghe di legno e che ovviamente non avevano retto al peso di
quei due. Rimasero un po’ a guardare quel problemino.
“Cazzo bro, finisce che ce lo fanno pagare per nuovo”
“Sti cazzi!” a quel punto sbuffai esasperata e misi
l’orgoglio da parte. Avevo troppo sonno e mi ero fatta troppe
risate per essere ancora arrabbiata con Brian (non credete che basti
così poco per farmi fare pace con Zack: quella era si e no una
tregua giusto di qualche ora.).
“Brian, Coso, spostate il materasso. Smontate anche
l’altro letto e prendete l’ultima doga sul lato sinistro.
Vi faccio vedere io come si fa”
“Come fai a sapere che sull’altro letto le doghe non sono di quelle lunghe?” chiese Zack.
“Lo so e basta. Esegui”
Dopo aver spostato il materasso con sopra ancora tutte le coperte,
incastrai le doghe in modo da rimetterle insieme e poi nel mezzo
aggiunsi anche l’altra che era stata recuperata dall’altro
letto.
“Rimetteteci il materasso, ma fate piano, non lanciatelo:
è giusto per non farci pagare il letto, ma non reggerebbe
nemmeno un bambino di due anni”
Fecero come avevo detto e poi si guardarono.
“E adesso dove dormiamo?” chiede Brian, guardandomi
con la faccia da cane bastonato “Tu nel letto con me, il coso
nella doccia” Brian sbuffò.
“Dai Meg… è anche mezzo distrutto…” provò a muovermi a compassione.
“Perché è mezzo distrutto?”
“Perchè tu l’hai riempito di botte”
“E perchè io l’ho riempito di botte?”
Brian sbuffò e strinse i pungi, perché non poteva
rispondere.
“Dai Meg, siamo tutti stanchi e assonnati. Fai una tregua di
una nottata. Solo una notte” Sbuffai, rimpiangendo di averli
aiutati e mi misi nel letto, senza più obbiettare.
Alla mia destra si mise Gates e a sinistra il coso.
Brian allungò un braccio e spense la luce. “Notte”
Nel silenzio più assoluto cominciammo a sentire degli ansiti e dei gemiti dalla stanza di fianco.
“Oh Cristo” sbottò Brian esasperato io e il
coso sbuffammo in contemporanea e rimanemmo così, mentre quelli
nella stanza di fianco si davano da fare.
Ad un certo punto Zack aggrottò le sopracciglia.
“Ehi ma…avete sentito?”
“Sarebbe difficile non sentirli, che dici?” dissi io scocciata.
“No, intendevo… la tipa ha detto ‘Matt’” disse ridendo e feci un sorriso pure io.
“Oh cazzo……non è che
sono…?” questa volta sentii chiaramente anche io il
“Matt” e scoppiai a ridere insieme a Brian.
“Cazzo sono quei due porci della nostra band!”
“Hai capito la riccia…” commentò Zack e si prese uno schiaffo su un braccio da parte mia.
“Più che la riccia hai capito come ci da dentro il nostro cantante!” commentò Brian ridendo.
“Sentite, piantiamola con sta storia. Dai, stanno insieme,
saranno fatti loro, no?” dissi provando a difendere la mia amica,
ma quei due dall’altro lato erano davvero indecenti.
“Ti ho capito ma un bavaglio no, eh?” disse Brian ridendo e non potei far a meno di ridere anche io.
“Sentite, prima o poi la pianteranno, no? E poi che cazzo ce
ne fotte… Madonna, sto morendo di sonno…. io dormo e voi
vedete di non cagare il cazzo”
Mi rimisi nel letto e poco dopo anche i due al mio fianco la
piantarono e si misero a dormire (anche se quei due dall’altro
lato del muro continuavano imperterriti…. ma che cazzo!).
“Ehi Meg, che ne dici se gli facciamo sentire che sappiamo fare noi due?”
“Haner, se vuoi ancora scopare con qualunque cosa tu voglia
ti conviene stare zitto, perché altrimenti ti strappo i
coglioni”
“Zack, com’era Meg a letto?” insistette il mio
“amico”. Puah! Un calcio in culo la prossima volta che si
definisce così.
“Facciamo che te lo dico un’altra volta, uhm?” Almeno Zack tenette la bocca chiusa.
“No dai! Siamo in argomento….!”
“Brian, dormi porca puttana!” urlammo sia io che Zack, anche un tantino imbarazzati, in effetti.
“Come siete suscettibili…”
“Sei tu che vuoi morire giovane, è diverso”
bofonchiai io e finalmente calò il silenzio…. almeno
nella nostra stanza.
Riuscii a prendere sonno e mi addormentai, ignorando il fatto di
avere alle mie spalle il mio ex che mi aveva spezzato i cuore, davanti
il mio migliore amico che continuava a sparare cagate e
dall’altro lato del muro… Beh, s’è capito che
Stacey e Matt di certo non giocavano a carte.
Almeno nella mia mente, c’era pace.
Zacky P.O.V.
Aprii gli occhi molto presto forse le tre o le quattro, non saprei. Potevo ancora rimanere a letto, la sveglia era per le nove.
Eppure avevo aperto gli occhi presto, come mi capitava qualche
anno fa. Mi capitava sempre quando nel mio stesso letto c’era
Meg, non ho mai capito il perché.
Mi voltai a guardarla e con mia sorpresa scoprii che durante la notte s’ era girata nella mia direzione.
La stanza era immersa nel buio tranne per una fioca luce che la
piccola e alta vetrata sulla porta faceva passare, illuminando appena
appena proprio il suo viso.
I capelli sparpagliati sul cuscino, in contrasto con la pelle
chiarissima e pallida che trovava delle sfumature rosee solo in
prossimità dalle guance e solo mentre dormiva.
Il viso rilassato ma non del tutto, visto che le sopraciglia erano appena corrucciate.
Erano secoli che non la vedevo struccata. Aveva sempre avuto uno sguardo dolcissimo senza tutti quei chili di matita e ombretto.
Era identica a quando si svegliava a casa mia dopo aver passato la notte insieme e, come quella notte, io mi svegliavo prima.
No, mi correggo, non era identica perché quanto ci
trovavamo a casa mia aveva il viso completamente rilassato, un
leggerissimo sorriso che appena le colorava le labbra e la schiena
scoperta sembrava brillare di luce propria, o forse essendo così
chiara rifletteva la luce che entrava dalla finestra della mia camera.
Adoravo baciare quella schiena bianca e perfetta, farle delle
carezze, far passare la lingua o le labbra nell’incavo della
spina dorsale, farvi passare le mani e sentire un suo sospiro quando le
facevo scivolare sull’addome, rivolto sul materasso o le facevo
scivolare più sopra…
Erano passati anni da quei giorni, da quelle mattine così
belle che avrei di certo ricordato per sempre, o almeno così
speravo.
Quelle mattine avevo sempre una sensazione stupenda nello stomaco,
una sensazione che non avevo più provato da quando ci eravamo
lasciati e di cui avevo visto il bagliore solo più o meno due
mesi prima, quando aveva accettato di rimettersi con me.
Era quella sensazione che solo le ragazze speciali come lei
possono darti, quelle che si sentono amate e protette da te e te lo
fanno capire, ed è trecento volte meglio del sentirsi amato a
tua volta da qualcuno a caso che può adorarti solo per una notte
o per qualche ora.
Cazzo, Meg mi facevo sentire un uomo quelle dannate mattine,
quando col visto disteso e rilassato sembrava aspettare un bacio e che,
quando arrivava, le faceva appena dischiudere gli occhi e avvicinarsi a
me poggiandomi la testa nell’incavo del collo e spostare una
gamba quasi fra le mie, mentre con un braccio mi cingeva il torace.
Mi faceva sentire grande, speciale, ed è una cosa che non
avevo provato più e guardarla in quel momento, quello stesso
viso disteso (o quasi) mi faceva pensare davvero a quanto fossi stato
coglione a spezzarle il cuore, a trattarla in quel modo……
I miei comportamenti non avevano alcuna giustificazione, ma avrei fatto di tutto purché mi perdonasse.
Peccato che Meg è sempre stata un osso duro e non sarebbe
mai tornata indietro. Piuttosto si sarebbe amputata da sola la mano
sinistra e due dita della destra e aveva ragione.
Non meritavo che mi perdonasse. La mia unica possibilità
era cambiare, imparare dai miei errori mentre cercavo un’altra
ragazza che avrebbe potuto rimpiazzarla, un giorno.
No, adesso no, per assurdo l’amavo ancora.
Scivolai un po’ sotto le coperte in modo da avere il viso alla stessa altezza del suo, le labbra a pochi millimetri.
Uno solo, un ultimo bacio dato senza grida e urla, come avevo
provato a fare qualche tempo prima, provando a calmarla e sortendo
l’effetto contrario.
Mi avvicinai titubante e come ogni volta che la baciavo chiusi gli
occhi, giusto un attimo dopo aver notato un leggero bagliore fra le sue
palpebre apparentemente chiuse, segno che aveva gli occhi appena
aperti.
Posai delicatamente le labbra sulle sue immobili e le mossi
appena. Erano così calde e dolci…. mi era sempre sembrato
impossibile che delle labbra così sottili fossero invece
assurdamente piene e morbide al tatto.
Per assurdo mosse le labbra insieme alle mie. Furono dei movimenti
così delicati da poter essere quasi casuali o creati dalla mia
mente, ma quelle labbra magnifiche si mossero. Sapendo che era sveglia
credevo mi avrebbe allontanato bruscamente, ma non lo fece, e ne fui
ben felice.
Forse cominciava a non odiarmi, o forse aveva troppo sonno per
urlare, chi può dirlo cosa passava per la testa di quella
dolcissima esaltata.
Separai le labbra dalle sue e dischiusi appena gli occhi, senza alzare lo sguardo su di lei.
“Ti amo e mi dispiace per quello che ti ho fatto. Grazie per
essere rimasta” non so nemmeno perché o con quale forza,
ma sussurrai quelle poche parole e chiusi gli occhi.
Quel gesto provocò quella piccola gocciolina che stava nel
mio occhio da due mesi a questa parte e sentii qualcosa di caldo
rotolarmi giù sulla guancia, partendo dall’occhio sinistro.
La guardai ancora un secondo, venendo ancora quel lieve bagliore
scuro fra le sue palpebre e posai di nuovo la testa sul cuscino,
ricominciando a dormire.
Meg P.O.V.
Ero beatamente adagiata fra le braccia di Morfeo che era un figo
della miseria quando sentii riportarmi giù nel mondo dei vivi.
Sentivo un respiro caldo scontrarsi ad ondate regolari col mio
viso e per i primi secondi non capii né dove mi trovassi
né con chi.
Dischiusi appena gli occhi, giusto per vedere due occhioni magnificamente verdi chiudersi e avvicinarsi al mio viso.
Un paio di labbra calde come l’estate, umide e dolci di
baci, ma con terribile retrogusto di fiele e dolore si scontrarono con
le mie lasciandomi un casto bacio a stampo che non respinsi.
Non avevo né la voglia né la forza di urlare o
piangere ancora, nel cuore della notte in quel letto che mi sembrava
comodissimo dopo dieci giorni a dormire su due coperte in un furgone.
Le sue labbra si mossero appena sulle mie e inizialmente io rimasi
immobile, senza irrigidirmi, ma poi la mia mente partì in
automatico, muovendole appena insieme alle sue e assecondando piano i
suoi movimenti dolci e titubanti. Rimasi a guardarlo per tutto il
tempo, non ce la facevo a chiudere gli occhi. Se li avessi chiusi mi
sarei addormentata di nuovo.
Dopo poco per i suoi standard si separò appena di qualche millimetro e respirò ancora sulle mie labbra.
“Ti amo e mi dispiace per quello che ti ho fatto. Grazie per
essere rimasta” fu meno di un sussurro, una sorta di respiro, ma
la sua voce sembrava sincera e pentita.
Si allontanò un po’ e aveva gli occhi chiusi. Davanti
ai miei occhi assonnati e stanchi, vidi una sola ed unica lacrima
srotolarsi sulla sua guancia e gocciolare dal mento, arrivando sulla
mia mano.
Lui richiuse gli occhi e io rimasi qualche secondo ad osservare
quella gocciolina che mi stava bruciando la pelle. Potevo sentirla
scavarmi la carne, come se fosse acido.
Alzai la mano e la pulii via con le labbra prima di tornare a
dormire, di qualche millimetro più vicino al
mio……. Forse, in un giorno ancora lontano, amico.
Stacey P.O.V.
Cominciai a svegliarmi e mi stiracchiai come un gatto fra quelle
lenzuola non esattamente da cinque stelle, scontrandomi poco dopo col
suo corpo caldo.
Aprii appena gli occhi, un sorriso già stampato sul viso e
mi avvicinai a lui che aveva cominciato a muoversi, sotto le lenzuola.
Lo guardai mentre si stiracchiava, mettendo in tensione tutti
quegli spettacolari muscoli dell’addome e sorridermi poco dopo,
prima di affondare il viso fra i miei capelli, sparpagliati sul cuscino
e stringermi a sé facendo scivolare le sue mani grandi e calde
sulla mia schiena.
Era stata una nottata con i controfiocchi, come non se ne vedevano da un bel po’.
“Buon giorno…” sospirai voltando le labbra
verso il suo orecchio. Lui per tutta risposta si ributtò di
schiena sul materasso, tirando me sopra di lui e poi spingendo il mio
viso contro il suo.
“Mmm… rimaniamo qui… io, te e un letto. Che ne
pensi?” sospirò nel mio orecchio, sfiorandomi il lobo col
suo piercing gelido, dopo avermi baciato con passione.
“Penso che sia una proposta davvero allettante…. per niente fattibile, ma allettante”
“Si, qualche volta dovremmo andarcene in vacanza. Io e te in un posto sperduto”
“Sai che noia?”
“No, fin quando non finiscono i preservativi…”
“Ehi, ci sono anche le pillole del giorno dopo, sai?”
mi rotolò sopra, schiacciandomi sul materasso e tenendomi i
polsi fermi con entrambe le mani, mordendomi le labbra.
“Ma tu lo sai che ti amo, vero?” disse passando a
baciare la mascella su cui di sicuro avevo una cartina geografica di
morsi e succhiotti, più o meno come il suo collo o il suo petto.
“Uhm… si, mi pare tu me l’abbia accennato un
paio di volte” rise sulla mia pelle e proprio in quel momento
sentimmo dei colpi sulla porta.
“Forza gente! Giù dalle brande! Fra mezz’ora nel parcheggio!”Valary
“Chi non c’è lo molliamo a terra!” Alice.
Rimanemmo a guardare la porta giusto il tempo di quel rumore, poi Matt,
che non si era spostato di un centimetro da sopra di me, tornò a
guardarmi con un sorriso malizioso.
“Vedi? E’ la nostra occasione buona per liberarci
dell’allegra brigata: hanno detto che ci mollano qui!”
“E tu ci credi ancora?”
“Ci spero” mi lasciò i polsi e cominciò a baciarmi il collo.
“Dai… dobbiamo muoverci e ho decisamente bisogno di
una doccia” sospirai contro voglia, mentre gli stringevo la
spalle.
“Anche io, sai?” sospirò malizioso, prima di
sollevarmi di peso con tutto il lenzuolo e portarmi nel bagno, mentre
ridevo.
Quaranta minuti dopo, puliti e felici uscimmo dalla nostra stanza
con i nostri bagagli e nel corridoio incrociammo Meg appena uscita
dalla stanza vicino alla nostra, anche lei fresca di doccia, ma
decisamente meno sorridente di me.
Matt la salutò con un poderoso “Buongiorno!”
abbagliandola con un sorriso e la superò portandosi anche il mio
borsone.
Meg mi guardò con un sorriso malizioso e un sopracciglio inarcato.
“Quindi eravate voi! Adesso ne ho la certezza! Cazzo, vi si sentiva pure dall’altro alto dell’albergo”
“Addirittura?”
“Senti la prossima volta registro, eh? Sembrava che si stesse girando un film porno nella stanza vicino alla nostra”
La porta della sua stanza si aprì e ne uscì Brian
con i capelli bagnati. Voltò lo sguardo su di me e fece lo
stesso ed identico sorriso con sopracciglio inarcato che aveva fatto
Meg. Quei due sembravano fratello e sorella.
“Ma chi si vede! Allora… passato una bella nottata,
eh? Il mio cantante è proprio uno stallone!” Disse
stringendomi un braccio attorno al collo e affondandomi un pugno in
testa.
“Cazzo, mica era eravamo così eclatanti”
“Cara JD, si sentiva pure il letto che cigolava… ci
avete dato dentro parecchio, eh? La voglio pure io una ragazza
così” disse facendo una strana faccia verso Meg, mentre mi
abbracciava e si beccò una gomitata nello stomaco.
“Giù le manine Haner, che te le spezzo e poi voglio proprio vedere come la suoni la chitarra” feci io.
“Ok…” disse con la voce soffocata dal dolore,
mentre mi lasciava andare. Qualche minuto dopo uscì anche Zack
dalla loro stanza, i capelli fradici.
Un momento… Zack? Nella stessa stanza di Meg?
Lanciai un’occhiata interrogativa a Meg è lei chiuse
gli occhi come a dire “Si, c’è stato tutta la notte
e non ti dico”
“Giorno Sty” disse tranquillo lui e io gli risposi con
un cenno della testa prima che si avviasse verso l’uscita, con
Brian che cominciò a corrergli dietro urlando qualcosa del tipo
“Zaaaack! Mi devi raccontare di Meeeeg!” con una delle sue
solite voci cretine.
Voltai il viso verso Meg.
“E’ sopravvissuto ad una nottata nella tua stessa stanza?”
“Si, l’hanno sfrattato e Brian l’ha fatto entrare. Se fosse stato per me avrebbe dormito fuori”
“Ma Jim?”
“Non è tornato proprio. Stamattina presto è
venuto a recuperare il suo borsone, ha lasciato quello di Zack e se
né andato di nuovo, il tutto senza svegliarci”
“E come ha fatto ad entrare?”
“Ah boh” disse tranquilla, prima di mettersi il borsone in spalla e avviarsi insieme a me fuori da quel posto.
Nel parcheggio trovammo (ovviamente) Brian e Zack che rompevano le
palle a Matt per la storia degli schiamazzi notturni e tutti gli altri
che facevano colazione. Alice tirò un paio di merendine anche a
me e Meg (si, alimentazione molto salutare, ma era già tanto se
mangiavamo) e poi tutti nel furgone.
Alla guida si misero Valary e Justin, mentre tutti noi altri nel
retro a suonare (Brian aveva sequestrato la chitarra acustica di Matt,
mirata solo a rendere sopportabili i viaggi di giorno) e cantare fino a
perdere la voce, l’unico che se ne stava zitto, era per
l’appunto Matt che preferiva evitare di perdere la voce per i
concerti (mica Haner poteva perdere una mano se suonava troppo).
Meg che nascondendosi dietro i Rayban urlava a squarciagola, stava
spalla a spalla con Alice che si era legata una collana di cuoio
intorno alla testa, sembrando davvero una hippie.
Zack canticchiava e disegnava in un angolino dietro alle spalle di
Valary e Jim scandiva il tempo con un bongo tascabile. Mi aveva anche
dato le sue bacchette e picchiettavo distrattamente sulle pareti del
furgone e sulla suola della mia converse andando a tempo di una
terribile versione di Don’t Cry, giusto per rimanere allegri.
Brian faceva anche strane mosse con al testa, emulando il modo che aveva Slash di muoversi sul palco.
Eh bene…. questo è un tour con i sevenfold.
Ragaaaaaazze! :D
Si, lo ammetto, non ce la facevo a tenere il muso a Zack v.v
Non è una riappacificazione…. È più un inizio di tregua, molto lontano, ecco.
Tanto è una fan fic, niente di tutto questo è avvenuto o avverrà mai e quindi fanculo v.v
Questo Chap mi è stato ispirato da QUESTA foto
Dehehehhehehe è adorabile x3 molto Synacky, ma adorabile v.v
Ringrazio quelle tesore che ormai recensiscono ogni chap :’) mi rendete felici dei miei scleri, davvero ç.ç
E JD che come al solito non recensisce, ma boh, la storia le piace e bene così v.v
Se Hendrix ce la manda giusta, andrò in Inghilterra ad ottobre
:’) (ho la strana sensazione che mi manderanno in qualche landa
sperduta a pascolare pecore, ma sono troppo felice *-*)
So perfettamente che non ve ne frega una mazza, ma io ve lo dico lo stesso v.v
Baci baci, al prossimo chap!
The Cactus Incident
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Capitolo 24 *** Chapter 23 ***
sch chapter 23
Stacey P.O.V.
Tutto sommato, il resto del tour procedette alla grande.
Vinsero anche l’ultimo concorso e tornammo a casa più
squattrinati di prima, ma con un minimo di fondo cassa sevenfold e con
un bel po’ di fans in più. Era stata una bella esperienza
e finalmente io potevo cominciare a fare quello per cui avevo studiato:
tatuaggi. Per ora avevo inciso la mia gamba, un pezzetto prestato da
Meg e innumerevoli pezzi di pelle sintetica e di maiale. Matt si era
rifiutato, procurandosi un’astinenza prolungata e il ritorno in
auge di “Federica la mano amica”.
Solo Jim, di tutta la band, mi aveva concesso di tatuarlo.
Fra l’altro era il suo primo tatuaggio e, beh, era bello grosso.
Prendeva dalla spalla al gomito il braccio destro e mi aveva chiesto
una Madonna zombie. Avevo fatto diversi bozzetti e poi avevo scelto il
più adatto.
Jim si fidava, io un po’ meno.
“Cazzo Sty, su quel fottutissimo maiale hai fatto dei lavori
fantastici, perché adesso dovresti sgarrarmi il braccio?”
“Bella domanda” dissi mentre mi mettevo i guanti in lattice.
“Dai, ce la puoi fare”
“Si cazzo, faccio finta che tu sia il maiale!” feci per convincermi, provocando la sua ilarità.
“Uhm… come preferisci” fece ridendo.
Applicato lo stencil si guardò allo specchio e mi mostrò
un sorrisone sussurrandomi un “Vai, cazzo” e inchiostro,
ago nuovo e gel anti arrossamento sul fazzoletto, cominciai.
Dopo un po’, l’ansia sparì e cominciai a tracciare le linee con molta più tranquillità.
“Ti faccio male?”
“E’ sopportabile, da come frignava Haner credevo peggio”
“Haner è una dannata checca isterica”
“Oh, poco ma sicuro. Tanto il prossimo che dovrai tatuare sarà lui”
“E chi te lo dice?” dissi divertita.
“Aspetta che gli altri vedano questo capolavoro e vedi come si ricrederanno”
“Se Matt prova a fare battute, gli tatuo un cazzo”
“Ahahahaha! Ma è stato così cattivo?” Sbuffai.
“Pessimo, davvero pessimo” dissi mogia.
“Che bestia” Strofinai con la carta imbevuta e mi
allontanai appena, osservando le linee già fatte, per poi
ricominciare.
“Se n’è venuto fuori con una cosa del tipo ‘Ti
amo, ma queste cose lasciale fare agli altri’ oppure altri
discorsi maschilisti che mi hanno fatto incazzare”
“Ma è vero che l’hai lasciato al fai da te?”
“Si, fin quando non mi chiede scusa, sta bene con la sua mano” scoppiò a ridere.
“Sei una stronza!”
“Stronzo lui!”
Fine dei conti: il tatuaggio venne davvero una figata assurda. Avevo
usato un sacco di colori e la madonna col trucco da Misfits era
stupenda.
“Mio Dio…. sei un genio! E’ fantastico, cazzo!” continuava ad esclamare Jim osservandosi il braccio.
“Oh, infatti sono stata proprio brava! Adesso che ne pensi anche
di un altro cambiamento?” inarcò un sopracciglio,
spaventato.
“Ovvero?”
“Non sei stanco di essere così…. biondo?” si
passò distrattamente una mano fra i capelli biondo stupido con
quattro dita di ricrescita di biondo scuro.
“Uhm…. perché dovrei?”
“Non sarebbe meglio un bel nero intenso?”
“Ripeto: perchè dovrei?”
“Dai Jim, lentine e capelli neri, ci staresti bene” le
sopracciglia assunsero una forma strana, poi si passò una mano
sul viso. Dopo un sospirò spalancò le braccia con gli
occhi chiusi (strizzati) e voltò il viso di lato.
“Ok, torturami, sono tuo”
“Eh, magari non farti sentire dal segaiolo”
“Cazzo, da quando gli hai chiuso i “viveri” e fottutamente irascibile”
“Ben gli stà”
Non è che mi divertissi tanto a fare guerra a Matt, per di
più non si divertiva solo lui ad “utilizzare” quelli
che Jim aveva chiamato “viveri” ma non avrebbe dovuto fare
quelle sparate sessiste che mi davano sui nervi.
“Allora? Tintura?”
“Tintura sia”
Rimisi completamente a nuovo Jim: capelli nuovi, nuovo tattoo.
“Se casomai volessi anche un piercing…” avevo fatto anche quel corso.
“Per oggi ho sofferto abbastanza, grazie. Facciamo un’altra volta, eh?”
“Come vuoi”
Mi pagò (dehehhehe primi soldi!) e se ne andò tutto saltellante con un braccio fasciato di plastica.
Meg P.O.V.
Tre… Due… Uno…..
SPLASH. Secchio d’acqua, andato.
“Vai!” SPAT. Farina, andata.
“SIETE DELLE MERDEEE!”
“Corri cazzo, corri!”
“Tanto vi ho visto! Haner quando torni qua sei mortooo!”
“Sto cazzo, Shad, stocazzooooo!” urlò il bruno al mio fianco.
“Pedala babbuino!” lo ribeccai io.
“Pensa a te, Loch Ness”
“Vorrei ricordarti i biglietti del concerto, love”
Avevamo fatto uno scherzo a Shad. Un classico. Una bella secchiata
d’acqua sulla porta del garage e poi una di farina, giusto per
incollargliela fin dentro le mutande.
Ora, il motivo era uno: Shad era un dittatore. Da quando lui e Stacey
avevano litigato era diventato una sorta di Hitler tatuato e senza
baffetti.
Di questo, quelli che ne risentivano di più erano i ragazzi
della band e io che avevo deciso di dare la mia canzone a loro. Io di
certo non avrei potuto farci granché, vi pare?
Così Second Heartbeath era finita in mano loro. Non vi dico la
faccia di Zack quando l’avevo fatta sentire a tutti o quella di
Jim mentre guardava il suo chitarrista con un’espressione da
“Sei una grandissima merda”.
Beh, comunque com’era più che logico, Matt voleva
apportare delle modifiche, ma Zack era ancora parzialmente fuori uso e
quindi dovevano sfruttare me.
Da qui, questa rivolta dei chitarristi.
Jim se ne fotteva e Justin era scomparso. Da quando eravamo tornati dal
tour, Justin non si era fatto più vedere. Dameon che era suo
grande amico ci aveva spiegato più o meno come stava la
situazione.
Giusy, la ragazzi di Justin, era rimasta incinta prima della partenza
per il tour e i suoi genitori, che l’avevano saputo forse un paio
di giorni dopo il nostro ritorno, non l’avevano presa per niente
bene.
Justin intanto stava sempre peggio, era stressato, nevrotico e
probabilmente sempre più bucomane. Già in tour tendeva a
degli sbalzi d’umore che rasentavano il bipolarismo e ne avevamo
tutti le palle piene, ma non ci aveva mai spiegato il perché di
tutto quello.
Comunque, tornando a noi, io e Haner avevamo fatto questo cazzo di
gavettone + infarinata a Shad e adesso pedalavamo spediti sulle nostre
BMX (in verità tutte e due di Haner) diretti al molo.
Per muoversi ad Huntington, d’estate, erano decisamente
più comode le bici. Con tutta la folla di turisti, muoversi in
auto diventava un supplizio, a piedi faceva troppo caldo, mentre con la
BMX (o una bici qualsiasi) passavamo pure sui marciapiedi, per non
parlare delle piste ciclabili che correvano in lungo e in largo per
tutta la città.
Arrivati al molo, ci fermammo al bar per prendere due birre, mollammo
le bici sul legno e ci sedemmo, le gambe penzoloni e il tramonto
davanti a noi.
“Huntington è dannatamente suggestiva” disse Brian mentre mi passava una birra, già stappata.
“Si, stupenda. Proprio da cartolina” asserii io, osservando il tramonto.
“Senti un po’, Bri, ma tu l’hai più sentito
Juss?” feci io e il mio amico si strinse nelle spalle, guardando
l’acqua.
“Ieri sono andato anche a casa sua, ma i genitori mi hanno detto
che sono due giorni che non si fa vedere. Allora sono passato alla
capanna, e l’ho trovato addormentato sul divano. Ho provato a
parlargli e mi ha tirato dietro delle bottiglie di birra vuote.
L’ho detto a Dameon che è il suo migliore amico e mi ha
detto che anche lui a provato a parlarci e per risposta si è
ritrovato un sopracciglio spaccato. Credo abbia bisogno di stare un
po’ da solo a riflettere. Cioè, cazzo, avrà un
figlio! Ti rendi conto?” Diamine…..
“Cazzo… non credevo che la situazione fosse così tragica…”
“Tu piuttosto, hai visto Giusy?” mi chiese dopo un po’.
“Scomparsa dalla circolazione. Comincio a pensare anche che si
siano trasferiti, la casa sembra vuota” Brian sgranò
gli occhi.
“Addirittura?”
“Non so, può essere che hanno semplicemente cambiato casa,
ma al cellulare non risponde e non saprei proprio dove andare a
cercarla”
“Cazzo…. credo si metta male per Juss”
“Già…”
“In tutto questo sai Shad cos’è stato in grado di
dire? ‘Vabbè tanto c’è Dameon’”
la brutta imitazione della voce di Shad mi fece fare un sorrisetto
sarcastico.
“Ma ti rendi conto?! Quello è in crisi, si spara in vena
pure il succo di frutta e tu ti fotti solo che per un po’ stiamo
senza bassista?!” Fece Haner, sempre più incazzato. Se
c’era una cosa che gli dava su i nervi, ma proprio che lo faceva
incazzare come una belva, era quando non si rispettavano i momenti
critici degli altri.
Si, Haner non ha un senso, lo so, ma è fatto così, che ci volete fare.
“Ma che cazzo, Matt peggiora di giorno in giorno, eh” commentai.
“E’ diventato completamente insopportabile da quando ha
litigato con Stacey per la storia dei tatuaggi e lei ha smesso di
dargliela” mi bloccai.
Momento.
“Aspetta… coooosa!?!??!” dissi scandalizzata.
“Non lo sapevi?”
“No!” Scrollò distrattamente le spalle.
“A me lo ha detto Jim che glielo ha detto Matt. A quanto ho
capito, con la storia dei tatuaggi, Matt ha cominciato a fare discorsi
sessisti come suo solito e sparare minchiate sul ‘potere agli
uomini’ e Stacey ha deciso di dimostrargli che senza le donne il
suo potere se lo può anche ficcare in culo”
“Certo che quel ragazzo diventa davvero insopportabile quando fa così” Haner annuì.
“Nemmeno io so tutta sta delicatezza ed eleganza, poi con le
donne… vabbè, ma almeno evito di fare sti discorsi, se
poi davanti alla mia ragazza o addirittura con la mia
ragazza…” Ecco.
“Ma con Michelle?” chiesi di getto e lui rispose ancora più rapidamente.
“Scopiamo”
“Contento te”
“Contento lui” fece indicandosi il pacco.
“Eh beh, contento lui, contento tutto, no?”
“Si, più o meno” Aggrottai le sopracciglia, incuriosita dal tono triste che aveva usato il ragazzo.
“Come come come…. che succede?” scrollò le spalle e si grattò distrattamente la nuca.
“Niente di nuovo…. non sarebbe male innamorarsi, almeno
una cazzo di volta. Andiamo, non mi è mai capitato”
“Mai?” dissi sgranando gli occhi.
“Mai…. altrimenti lo sapresti, ti pare?” fece sorridendo e io annuii.
“Giusto”
“Si insomma, una ragazza con cui ridere e scherzare, con
interessi comuni, con cui uscire. Un po’ come te, ma in
più attraente e che me la dia” schioccai la lingua.
“Grazie eh. Praticamente mi ha appena detto che sono uno scafandro” dissi secca.
“Ma no! Con te è diverso. Non sei brutta, figurati, ma
sarebbe come scoparmi mia sorella o mia madre, cazzo!” feci una
faccia allucinata.
“Cosa ti assicura che io te la darei?”
“Fra l’altro. Vedi? Ci conosciamo troppo per avere anche la remota possibilità di stare insieme”
“E meno male. Senza offesa, ma ho visto tutte le fasi della tua
crescita e non ci tengo a fare parte di questa
‘evoluzione’” dissi con una faccia schifata.
“Perché poi io di te alle elementari non mi ricordo, vero?”
“Ecco, evitiamo di fare questi discorsi raccapriccianti” rise divertito.
“Forse è meglio”
“Dicevamo? Comunque la bastardata a Shad è venuta alla grande”
“Si, anche se ce la farà pagare con gli interessi”
“Io quanto finiamo di sistemare Second Heartbeath e poi levo le tende, cazzi tuoi”
“Ma che gentile” fece sarcastico e io gli diedi una mezza pacca sulla spalla.
“Come sempre, bro, come sempre”
Ci fu un momento di buio completo, ognuno perso nei suoi pensieri, poi fui io ad interrompere.
Era una cosa che volevo fare da un paio di giorni, ovvero quando era successa una cosa abbastanza singolare.
“Comunque…. hai mai pensato che forse, sotto sotto,
Michelle abbia un cervello?” Sul viso di Gates si dipinse
l’espressione più allucinata che io abbia mai visto in
tutta la mia vita.
“Momento momento momento momento….. TU, Margareth Window,
nel pieno delle tue facoltà mentali e fisiche, stai mettendo una
buona parola per Michelle diBenedetto, oca bona che me la dà da
parecchi anni a questa parte senza obbiettare?!?!”
“Uhm… si” Mi afferrò per le spalle e cominciò a scuotermi.
“Mio Dio Meg! Cosa ti hanno fatto?!?!?!”
“Ma ti dai una calmata?! Sto bene!” Ma lui continuò
imperterrito, tastandomi un po’ ovunque per accertarsi delle mie
condizioni.
“No, non stai bene! Hai al febbre? La mononucleosi? La
brucellosi? Cosa?! Cosaaaa?!?! Rispondimi! Stai morendo? Hai il
cancro?!?!” Gli tirai un ceffone e la smise di blaterare a
vanvera.
Si mise la mano sulla guancia offesa, massaggiandola distrattamente.
“Aia” fece atono, guardandomi con una smorfia.
“Ecco. Adesso mi fai parlare?”
“Ok” disse mogio.
“L’altra sera ho parlato con Michelle”
“Ma proprio parlato parlato o parlato alla Shad?” Feci una faccia scocciata e afflitta.
“Ti pare che Mich sia all’ospedale con le ossa rotte e io in carcere?”
“In effetti no, però con te non si può mai sapere”
“Dicevo.. le ho parlato, come parlano le persone normali, e
sinceramente non credo si meriti di essere trattata come fai, non
è cattiva”
“E chi ha mai detto il contrario” disse scrollando le spalle.
“E allora….?”
“Meg, Mich è un buco, intensi? Un beeel buco tanto carino e ospitale”
“Ma non pensi che questo buco meriti un minimo di possibilità?”
“Meg, in anni di conoscenza non ha mai dato un cazzo di motivo
per far nascere qualcosa di più a parte le sue capacit….
a parte cose di cui con te non posso parlare” si corresse. Mio
Dio, forse era meglio non sapere.
“Perdonami. Tu hai detto che vuoi innamorarti, lei è un
caro buco completamente andato per te, perchè non
provarci?” Rimase un po’ a torturarsi il labbro, le birre
ormai vuote mollate sul legno del molo e le gambe che si muovevano
avanti e dietro penzoloni sull’acqua cristallina.
Avrei mai imparato a nuotare? Penso di no.
“Tu dici?” scrollai le spalle.
“Non so, bro, non mi sembra tanto male come ragazza. Alla fine mi
pare che potreste andare d’accordo, magari le fai ascoltare un
po’ di musica decente, eh, però infondo siete fatti della
stessa pasta”
Annuì distrattamente. “Se lo dici tu…..”
Rimase un po’ in silenzio, per poi voltarsi verso di me con un
mezzo sorriso.
“E tu?”
“E io che? Se voglio mettermi con Michelle?”
“Ma che! Intendo a livello sentimentale”
“Mah, ultimamente la mia voglia di cavarmi il cuore dal petto e
seppellirlo infondo al mare aumenta sempre di più, ma che ci
vuoi fare, andiamo avanti”
“Ma in tour non ti sentivi con un tipo?” Lui probabilmente non l’aveva nemmeno visto.
“Nah, è finita con la fine del festival”
“Oh, capisco. Avete scopato?”
“Yess” risposi istintivamente, rendendomi conto solo troppo tardi che la sua domanda era sarcastica.
“Coooosa?!?!” fece, forse più allucinato di prima. Mi credeva vergine o cosa?
“Sai com’è….. pure io sono un buco, che ci vuoi fare”
Stacey P.O.V.
Ormai vivevo da sola.
Avevo questo piccolo appartamento in un condominio, in una palazzina
poco distante da quella in cui vivevano anche Jim e Meg e almeno quello
me lo pagavano ancora i miei genitori che, intanto, se n’erano
andati a Seattle.
Dicevo, vivevo da sola e vivere da sola implica dover pulire, lavare,
cucinare e tutta questa roba e, appunto, vivere soli. Mi piaceva la mia
piccola indipendenza e solitudine, col mio lavoro in un locale che mi
permetteva di camparmi, oltre che andare a chiedere favori ai macellai
ed esercitarmi a casa con i tatuaggi.
Miglioravo in maniera spaventosa, davvero.
Il corso per tatuatori che avevo fatto era stato fantastico e
utilissimo, da sola non avrei mai raggiunto quei risultati, ma adesso
stavo un po’ sperimentando e in più c’era
l’annuncio della mia “attività” anche nel
locale e mi era capitato di fare qualche tatuaggio dopo Jim ed era
andata alla grande.
Tatuavo a casa mia certo, ma comunque cominciava a girare la voce. Quel
giorno avrei dovuto tatuare anche Dameon e un suo amico. Il mio
più grande pregio era che costavo meno di un tatuatore vero, ma
che facevo un lavoro di una certa qualità, cosa che di solito
non avviene con i tatuatori alle prime armi.
Merito di un buon corso, gente, niente da fare.
Comunque, ero a casa, da sola. Avevo dato una ripulita al bagno e anche
alla cucina, lavato un paio di piatti e stavo caricando la lavatrice,
quando mi ritrovai in mano una maglietta di Matt.
Uhm…. diamine.
Avere una casa mia e un ragazzo giovane e aitante implicava che il
secondo passasse parecchio tempo con me ed era una cosa che mi piaceva,
avere finalmente il nostro spazio dopo mesi di convivenza forzata con
decisamente troppe persone.
Questo fino a quando non avevamo litigato, s’intende.
Mi mancava averlo in mutande in giro per casa, quando per merito della
sua grazia elefantina accorciava la vita a tazze e bicchieri, quando
provava a cucinare con risultati pessimi, migliori solo di quelli di
Meg o quando mi svegliavo sul suo petto o con la sua testa sul mio.
In sostanza, mi mancava.
In fondo erano otto giorni che quasi non ci parlavamo e che lui non passava per casa mia.
Buttai la sua maglietta nella lavatrice, avviai il lavaggio e tornai in cucina, desiderosa di fare un ciambellone al cioccolato.
Non so perché, ero in vena di cioccolato, sarà la
sindrome premestruale anticipata o boh. Ero dannatamente iperattiva e
non riuscivo a stare ferma. Forse mi stava venendo la febbre, chi lo sa.
Dopo aver constatato che avevo tutti gli ingredienti, ficcai nello
stereo un cd degli HIM e accompagnata dalla voce di Ville Valo mi misi
a fare il ciambellone.
Mentre quell’affare venuto alla grande era in forno, andai a
tirare fuori i panni dalla lavatrice e li misi ad asciugare. Col caldo
che faceva, tempo mezz’ora e sarebbero stato asciutti.
Mi persi ad osservare ancora un po’ la maglietta di Matt, quella
dei Guns n Roses a cui teneva tanto e poi appesi pure quella.
Arrivò Dameon, cominciai a fare lo stencil, estrassi il
ciambellone dal forno e mentre quello si raffreddava tatuai il ragazzo,
tatuai pure l’amico, incassai i soldi e li sistemai al loro
posto, nascosti nel frigo dentro al miniripiano del cassetto di sotto,
sempre pieno di birre.
Dopo la fine del terzo giro completo, cambiai il cd con uno dei Korn e
andai a controllare i panni, asciutti, li estrassi e ripiegai visto che
proprio non ero tipa da stirare le magliette di cotone e i jeans.
Diamine, ero in preda all’iperattività più pura.
Altri due minuti ad osservare la consunta maglietta di Matt che adesso
odorava di pulito e non più di lui e risistemai tutti i miei
vestiti nell’armadio.
Lasciai la maglietta sul mio letto e andai ad assaggiare il ciambellone. Uhm buono.
Afferrai un piatto, ci schiaffai dentro una parte del ciambellone,
decisamente troppo per una sola persona e lo imballai con la pellicola,
per poi schiaffarlo in una busta di carta. In un’altra busta ci
misi la maglietta, pronta alla mia proposta di tregua.
Non ce la facevo più, senza di lui ero schizofrenica e paranoica e non era da me, porca puttana.
I primi giorni ce l’avevo fatta, ma adesso proprio no. Ancora un
po’ e avrei consumato il pavimento a furia di pulirlo così
come anche i bicchieri e le posate.
In quella settimana la mia casa era diventata talmente pulita da poter
mangiare su qualsiasi centimetro quadrato di qualsiasi stanza. Non era
da me, non era decisamente da me.
Occhiali da sole sul naso, busta con ciambellone, busta con la maglietta e biglietto dell’autobus.
Autobus numero B26 (ahimé non potevo proprio permettermi una macchina), quarta fermata.
Villetta bianca col garage adibito a sala prove, chiuso. Strano.
Attraversai il vialetto e dal piano superiore sentivo la musica rombare
potentemente. Era una chitarra elettrica con dei toni bassi o un basso
abbastanza acuto. Non erano né Gates né Zack e nemmeno
Justin, loro non suonavano così e soprattutto non lo facevano
nel piano superiore di casa Sanders.
Era lui, per forza, Amy non sapeva suonare e al momento era ancora
impegnata con i campionati di basket della squadra
dell’università.
Presi un respiro profondo, mi decisi a suonare alla porta e aspettai. Il vuoto.
Suonai una seconda volta, aspettai ancora e niente.
A quel punto mi attaccai al campanello come una forsennata e dopo due
minuti, il suono animalesco del piano superiore s’interruppe e
continuai a suonare fin quando la porta non si spalancò di botto
e io feci un passo indietro, quasi spaventata.
Matt col fiatone, la barba incolta e senza maglietta, mi guardava sorpreso e con la bocca leggermente aperta.
Io lo guardavo con una faccia certamente stupida/stupita. Dopo un
po’ mi rimisi diritta dalla mia posa semi terrorizzata per via
dell’irruenza con cui era stata aperta la porta e mi schiarii la
voce.
“Stacey…” Mio Dio….. ma come ho fatto a litigare con te?
“Ho fatto il ciambellone” Frase intelligente Sty, complimenti.
“Mi stai parlando” Nemmeno tu scherzi, eh Matt?
“Vuoi una fetta?” Siamo due decerebrati, ammettiamolo.
Visto che continuava a guardarmi ancora con quella faccia sorpresa e da
bambino (per niente influenzata dalla leggera barba incolta), scivolai
dentro la casa e aspettai che lui chiudesse la porta e si voltasse
verso di me.
Detto fatto. Si voltò e io presi a tirarmi distrattamente la chiavetta del Monroe, a disagio.
“Ho portato anche la tua maglietta, quella dei Guns che ti piace tanto, l’avevi lasciata a casa mia”
“Hai tagliato i capelli”
“Si, un po’” Un po’ dieci centimetri. In quella
famosa settimana di iperattività avevo fatto anche quello.
Ehi, l’aveva notato. Wooah.
“Ci stai bene” fece un mezzo sorriso colpevole e io risposi
nello stesso modo. Mollai il ciambellone su un tavolino vicino al
divano e mi guardai distrattamente attorno.
“Beh, tieni la maglietta, io andrei…” Gli mollai la busta in mano e gli passai davanti.
“Sty..”
“Uhm?” Mi guardò prima per un secondo, quasi
indeciso sul da farsi, ma poi sembrò trovare la scelta
più saggia.
Fece cadere la busta con la maglietta e si buttò in avanti,
bofonchiando un “Fanculo l’orgoglio” mentre mi
stringeva contro di sé e mi baciava.
L’“Alleluia!” di tutti i miei neuroni probabilmente
lo sentì anche Meg dall’altro lato della città.
Amavo queste scene da film che erano comuni e innumerevoli nella nostra
storia. Sarà che lui era dannatamente impulsivo e passionale o
boh, ma erano fantastiche. Mi correggo, lui era fantastico.
Continuava a baciarmi freneticamente e senza sosta come se non ci fosse
un domani, dandomi a stento il tempo di respirare e continuando a
sussurrare “Scusami” “Sono un’idiota” e
“Sei bellissima”.
Niente, è l’uomo perfetto. O forse aveva bisogno di scopare, più probabile.
Beh, al momento non era importante il perché delle sue azioni, ma esse nel complesso.
Persi completamente la testa quando gemette uno
“Sty…” roco sulle mie labbra, mentre le sue mani si
stringevano sul mio sedere, avvicinandomi a qualcosa di decisamente
sveglio nei suoi pantaloni che si scontrava col mio fianco.
“Dovrei lasciarti venire nelle mutande, lo sai?” Le sue
labbra scivolarono sul mio collo languide, mentre continuava a gemere
con voce bassa e roca quel maledetto diminutivo di tre lettere facendo
scivolare le sue mani sotto la mia maglietta e oltre l’orlo dei
jeans. Oooh Cristo.
Gliela do (eheheh, birichini, subito a pensare male) vinta? Daai, un ultimo tentativo.
“Ho il ciclo”
“Non è vero, me lo ricordo quando ti viene e manca una settimana abbondante”
E vabbè dai, andata.
Saltai con le gambe intorno alla sua vita e presi sul suo viso fra le
mani, mentre salivamo al piano di sopra, in camera sua e lui
bofonchiava un “bentornata”, soddisfatto.
“Lo ammetto, hai vinto tu e io avevo torto. Mi dispiace, non
avrei dovuto dire quelle cose e fare commenti affrettati e stupidi. Ero
nervoso per la storia di Justin e niente…. Perdonami”
Oooooh, musica per le mie orecchie. Avrei dovuto registrarlo e usarlo
come suoneria, diamine. Sanders post scopata è dannatamente
gestibile e di buon umore.
Misi una mano sul suo mento per avvicinarlo leggermente e lo baciai di nuovo.
Ero completamente stesa su di lui, sotto le lenzuola dopo una serie di
numeri da capogiro che non salterebbero fuori nemmeno con la tombola (o
col kamasutra, come preferite).
Lui si era scusato, io avevo interrotto la faida e il mondo era tornato
felice, sereno e animato da tanto sano sesso. Ah, un bene per entrambi
non c’è che dire. Ne guadagnavamo in salute e dolcezza.
Il leggero bacio che gli avevo dato, diventò in breve una
limonata in piena regola e Matt ribaltò le posizioni,
schiacciandomi sul materasso mentre scendeva sul mio collo, famelico.
“Ancora non sei soddisfatto?” feci sorridendo, mentre le
sue labbra scendevano sempre di più e le sue mani salivano.
“Ho avuto una settimana d’inferno in cui l’unica cosa
che mi avrebbe aiutato saresti stata tu e una casa libera e per via
della mia idiozia non ho potuto averti, permetti se recupero il tempo
perso?”
Le sue labbra arrivarono a torturare i miei seni e in un sospiro
riuscii a dire “accomodati pure”, proprio prima che la sua
lingua non cominciasse a torturare i miei capezzoli, insieme alle sue
mani che già facevano il loro.
Persa nel piacere che mi provocava, il suo cellulare con quella suoneria dannatamente stupida fu una mazzata.
“Non rispondere, ti prego” Riuscii a dire trattenendo la sua mano e il suo viso sul mio seno.
“Non ne avevo la minima intenzione” sospirò con voce
bassa e roca lasciando poi una grossa leccata che mi provocò un
gemito acuto molto mal celato.
Quando il cellulare sembrò arrendersi, le mie mani si spostarono
su altri lidi, ben più giù rispetto a spalle o testa e
Matt gemette sonoramente una volta arrivata fra le sue gambe.
Poggiò la mano sulla mia, provando a forzare l’andatura
sul suo membro duro e io gli addentai il collo, facendogli emettere un
sibilo.
Il cellulare continuò per tutto il tempo, ma noi eravamo ben
impegnati in altro e quando un bel po’ di tempo dopo, ormai in
tarda serata, decidemmo che era giunto il momento di darsi una
sistemata, ci ficcammo nella doccia.
Oh, anche quello mi era mancato parecchio. Le sue mani sul mio corpo,
l’acqua calda, la schiuma profumata, il suo di corpo….
Cazzo, ero dipendente da lui e dai suoi comportamenti, atteggiamenti e
abitudini.
Una volta fuori dalla doccia, asciutti, puliti e saltellanti ci
rivestimmo e solo allora Matt si decise a vedere chi cazzo era stato a
chiamarlo per tutto il tempo dell’ennesimo amplesso del
pomeriggio.
Mi stavo asciugando i capelli in camera sua con un asciugamano, quando si mise a telefono.
Vidi la curiosità iniziale passare a un leggerissimo nervosismo,
per poi sfociare in una sorpresa per niente gradita e tendente al
terrore, accompagnato da un colorito tendente al Dracula/Zack.
Il suo cambio di espressione mi distrasse da quello che rispondeva al
tipo a telefono e non capii un cazzo tranne sul finale, abbastanza
inutile.
“Ok, arriviamo subito” Pausa “Si, c’è
anche Stacey qui con me” chiuse il cellulare e lo ficcò in
tasca.
Si passò una mano sul viso improvvisamente pallido e si sedette vicino a me sul suo letto ancora sfatto.
Mollai l’asciugamano e mi avvicinai a lui, circondandogli le spalle con un braccio.
“Ohi, che succede?” disse con voce tremante.
“Justin è… in ospedale”
“Come in ospedale? Perché?”
“L’hanno trovato qualche ora fa in fin di vita. Ha… lui ha…. provato a suicidarsi”
Sgranai gli occhi.
“Ti prego…. Ti prego dimmi che non c’è riuscito”
“Fortunatamente no, ma è ancora in pericolo di
vita…. No…… non si sa nemmeno se supererà
la notte” Lo strinsi forte e poi mi tirai in piedi.
Lui alzò il viso e mi guardò, mentre gli offrivo una mano per tirarsi su.
“Forza, tu non vieni? Vorrei solo ricordarti che non sono un
granché a guidare quel carro funebre che ti ritrovi al posto di
un’auto”
Fece una sorta di verso felicemente sorpreso e mi prese la mano.
Intrecciò le dita alle mie mentre si metteva in piedi e
lasciò la mia mano solo quando s’infilò
nell’auto.
Guidò con abbastanza calma fino all’ospedale.
Una volta parcheggiato, camminavamo uno di fianco all’altra e
dopo aver fatto distrattamente toccare le nostre falangi, le
intrecciò di nuovo.
Attraversammo l’ingresso fottutamente pallido e ci facemmo spiegare dove si trovava.
“Il Signor Justin Sane, ricoverato questo pomeriggio”
Chiese Matt poggiandosi al bancone dell’accettazione, la mano
sempre intrecciata alla mia.
Alla parola “Rianimazione” le sue dita si contrassero e la
mia mano strinse istintivamente di più la sua, sciogliendo la
posa rigida in cui si trovavano le sue falangi.
“Stanza 207”
“G-grazie” E cominciammo quasi a correre per i corridoi
fino a ché non arrivammo all’ingresso di rianimazione.
All’ingresso perchè è qui che trovammo i restanti
sevenfold più Valary, quelli che dovevano essere i genitori di
Justin, la sorella più piccola e Dameon.
Giusy non c’era e nemmeno Meg.
“Matt” fece la chitarra solista, alzando la testa.
“Brian” Lo sguardo di Haner scivolò per un secondo
su di me, ma poi tornò all’amico. Io feci per
allontanarmi, ma il pollice di Matt carezzò il mio palmo e le
falangi tennero gioco distrattamente con le mie, convincendomi ad
abbracciare il suo braccio mentre lui parlava con Brian.
“Allora?” Il chitarrista ci venne incontro e si
allontanò dal gruppetto, forse per via dei genitori, arrivando
un po’ più avanti nell’ingresso.
“Si è tagliato le vene nella capanna. Gli stanno facendo
delle trasfusioni, ma quando è arrivato il battito era quasi
inesistente, dipende tutto da come và la nottata, non si
sa”
Matt si mordicchiò il labbro, annuendo e giocando col piercing.
Io poggiai la fronte contro la spalla sinistra, ancora non tatuata, di
Matt.
Dopo un po’ di delucidazioni sulle condizioni del bassista, mi
venne in mente una cosuccia da chiedere a cui Brian mi rispose con un
sorrisetto sarcastico e tornandosene al gruppetto in attesa di notizie.
“Ehi, ma Meg?”
Meg P.O.V.
“Tesoro sono così felice di vederti!” “Si papà, pure io. Oh, buon compleanno”
Eh-ehm v.v
Guai in paradiso, eeeeh?
Lia bbiamo risolti subito v.v
Una cosa per quanto riguarda Justin: la storia della gravidanza della
sua ragazza e del suo tentativo di suicidio sono entrambe vere.
Non so come si chiamasse la ragazza, né come avesse provato a
suicidarsi, ma ne parlò una volta Matt, parlando delle due I
Want See You Tonight.
In pratica una vede la storia dal punto ti vista di Justin, l’altra dal punto di vista degli amici v.v
Ok, avevo da dire solo questo v.v
Ragazzi, da oggi contate dieci giorni, dopo di ché sparirò per ben tre settimane v.v
Non vogliatemene, ma la Regina chiama e il Cactus risponde :D
Le anime sante che continuano a recensire: vi amo, davvero, e voglio
ringraziare Charlie per i suoi consigli riguardo ai Muffin :D
Un beso
The Cactus Incident
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Capitolo 25 *** Chapter 24 ***
sch chapter 24
Meg P.O.V.
Volevo morire.
Oddio, forse morire morire, no, però volevo almeno una
pseudo morte con cui svignarmela o una scusa plausibile per scappare da
lì.
Ero a Los Angeles, ero ad una festa super esclusiva e mi ero ampliamente rotta il cazzo.
Mio padre era arrivato a cifra tonda, quaranta, e aveva fatto
questo mega party in questo villone di Los Angels ed ero stata
obbligata ad andare. C’erano anche paparazzi e un sacco di VIP.
Un esempio? C’era Slash che continuava a fare avanti e
indietro dal tavolo degli alcolici e a due metri di distanza avevo Joan
Jett che parlava con alcuni tipi.
Inutile dire che avevo dovuto posare per una quantità di
foto che rasenta la truzzaggine e inorridisce al solo pensiero che io,
fino a una settimana prima, vivevo in un furgone.
Ero seduta su questo divanetto, poco distante dal tavolo degli
alcolici (Slash ancora un po’ e sarebbe collassato, me lo
sentivo) con in mano un intruglio alcolico di colore verde acceso in
cui c’erano almeno tre tipi di vodka diversi fra cui quella alla
menta (o c’era la vodka alla menta o collutorio, dovevo ancora
decidermi) osservando la mia gonna. Si, avevo la gonna.
Se devo dirla tutta, almeno quello mi piaceva. Era uno spettacolare vestito di non so chi, ma era fantastico.
Era senza spalline e aveva un corpetto nero decorato da intricati decori oro, con lo scollo diritto.
Da sotto al corpetto di taffettà che creava delle minuscole
pieghe tutte in orizzontale e perfettamente parallele, quasi fosse
stropicciato, si apriva una gonna di tulle nera a varie balze, dove si
arrampicavano gli stessi decori color oro, più corta avanti dove
arrivava sopra al ginocchio mentre dietro poco sopra la metà
polpaccio.
Avevo delle spettacolari decoltè di raso tacco dodici col plateau e il tacco decorato di strani ghirigori oro.
I miei capelli, ormai lunghi fino a superare abbondantemente le
spalle, erano stati tirati tutti dietro un orecchio, nemmeno avessi
avuto una rasatura e fatti ricadere tutti sulla mia spalla destra in
una cascata di perfetti boccoli castano ramati, quasi rossi (si, mi ero
tinta… di nuovo).
Solito trucco scuro per cui avevo dovuto minacciare il truccatore della mia… matrigna e rossetto quasi bordeaux.
In conclusione: ero e mi sentivo una figa. Certo, non era
granché abituata a essere vestita in quel modo, ma mi sentivo
bella e speciale.
Bene, sorpassata abbondantemente la sorpresa per lo spettacolare vestito, era subentrata la noia.
Quindi, torniamo pure alla spettacolare serata.
Ero al quarto bicchiere di quella pisciazza e non erano nemmeno le nove di sera.
Alla fine, Slash mi franò di fianco, sul serio. Avevo il
mio mito di fianco e non potevo nemmeno chiedergli l’autografo o
una foto perchè era a metà fra la dormita e il coma
etilico.
Bella merda. Non riuscivo a trovare un solo lato positivo.
Mettendomi in equilibro su quei tacchi vertiginosi attraversai con
falcate eleganti la sala per l’ennesima volta.
Stavo pensando di fare harakiri con lo stuzzicadenti di una tartina quando mio padre mi fu di fianco, ancora una volta.
“Tesoro, sono così felice che tu sia qui”
“Io non esattamente, l’ho fatto perchè voglio
bene alla mamma e lei ci teneva” feci lapidaria e schietta.
“Questo lo so e non ti sarò mai grato abbastanza per stasera. Ti stai divertendo?”
“Ho la faccia di una che si sta divertendo,
papà?” Si, dovevo pure chiamarlo papà. Volevo solo
sotterrarmi.
“Beh, mi dispiace, se vuoi puoi anche andare…..”
“Certo, non prendermi in giro. E poi ti devo un favore, no?
Tu mi hai dato i biglietti per i Metallica e io ti faccio da trofeo.
Forza, a chi mi devi presentare questa volta?”
Non so perché, adorava espormi come una trofeo e se ve lo
state chiedendo, si, glielo dovevo perché avevo fatto un regalo
fantastico ad Haner, ma lo dovevo anche a quell’esaltato del mio
amico, quindi niente.
Non credo ci sia niente di più degradante di essere
considerata alla stregua di un gingillo da mostrare a tutti gli
amichetti rocchettari e milionari.
Ammettiamolo, i figli dei rocker non vengono su sempre alla
grande. I genitori non ci sono, niente figura paterna o materna e
quindi i risultati spesso non sono proprio eccelsi.
Io invece ero da esporre. Io ero la figlia ventenne tanto carina
ed educata, suonavo bene sia a livello tecnico che espressivo, mi stavo
laureando e non facevo abuso di sostante stupefacenti o alcol.
Uso di alcol si, poi per quanto riguarda le sostanze stupefacenti
era un capitolo aperto e chiuso abbastanza rapidamente. Picchia cuti di
fessaggine adolescenziale accresciuta da Haner e dalla
reperibilità di alcuni acidi che ci facevamo in camera sua
quando i suoi genitori non c’erano.
Della marijuana non parliamone proprio, eh. Per un certo periodo
della mia vita, grazie alla generosità di un paio di soggetti,
il venerdì sera era diventata alla stregua delle sigarette. Non
che non ne fumassi più, ma era da tempo che mi davo molto
più una regolata.
Tornando alla serata super esclusiva, io ero il gingillo di papà.
Aveva una moglie biondo stupido, di plastica che aveva si e no sei
anni più di me, completamente siliconata, ex coniglietta di play
boy che si aggirava fasciata in un vestito oro di Roberto Cavalli.
Mio padre aveva anche una figlia con questa cosa. Era una bimba
piccola, capricciosa e brutta che aveva dei comportamenti completamente
irrispettosi e chiamava la madre puttana (non che sbagliasse, ma
suvvia, non si fa). Per ovvi motivi era stata segregata in qualche
angolo con una tata sul punto di imitare Kurt Cobain.
La moglie era alcolizzata e Dio sa dove si era cacciata, la mia
sorellastra era un diavolo della Tasmania con i denti storti e il
monociglio (si, quattro anni e aveva il monociglio), quindi
l’unica cosa presentabile ero io.
Fui però sul punto di sentirmi male, quando davanti mi ritrovai Nikki Sixx.
Mio Dio. Mio Dio Nikki Sixx.
Forse l’unico bel ricordo (oltre proprio a unico ricordo,
senza il bello) di me e mio padre che facciamo qualcosa è quando
mi portò al concerto dei Motley Crue. Non sono mai stata una
grande fan di quella band, ma Nikki Sixx era un dio, diamine. Ho sempre
avuto una passione per i bassisti delle grandi band.
Nikki Sixx, Gene Simmons, John Paul Jones, (ahimé) mio padre…… DNA, che ci volete fare.
“Nikki, lei è mia figlia Meg. Meg, Nikki Sixx”
“Lo so, papà” ogni volta che dicevo quelle quattro lettere mi sembrava di dire una bestemmia. Bello, eh?
Dopo qualche scambio di battute simpatiche, qualche risata, un
paio di foto dal fotografo della serata e un autografo, Sixx se ne
andò e mi dileguai per tornare da Slash.
“Woh, man, firma qua” mi sembrò alzasse
leggermente la testa, ma da là sotto… beh, non saprei
dire.
“Sono ubriaco” bofonchiò con la sua voce già bassa e mugugnata a prescindere, figurarsi da ubriaco.
“E che me ne fotte, mi serve un autografo”
“Allora si” e mi scarabocchiò la sua firma su
un foglio di carta oleata che stava come intermezzo nel menù.
“Ecco, firma pure qua” dodicesimo foglio del mio
quaderno, riempito solo in quella serata. “Perfetto, grazie man,
ci si vede, eh”
“Si bambola, rock on” e crollò di nuovo.
Ficcai il mio adorato cimelio nella borsetta e tornai a fare pubbliche relazioni.
Sorridi, sii naturale, affabile ed intelligente. Si, ce la potevo fare.
Mamma, Brian, lo faccio per voi, ricordatevelo.
Era ormai l’una, io ero piena di tartine e sazia di alcol e
autografi, mentre continuavo a fare foto con mio padre e altra gente.
Per qualche strano motivo ci sapevo fare, se mai avessi voluto
intraprendere quella carriera, avrei avuto tanti di quegli agganci da
far schifo anche al peggiore scalatore sociale.
In tutto questo però, facevo anche un atto di bene verso i
miei amici. Spesso e volentieri saltava fuori l’argomento
“Esperienza musicale” e lì partiva
un’infarinata sulla vita underground dell’ultimo periodo e
della mia brevissima fase da turnista in questa band giovane e molto
promettente.
Finii a parlare con alcuni manager della Warner Bros. che a quanto
avevo capito cercavano band per un mercato più…. rumoroso
e giovanile, così glieli servii su un piatto d’argento.
“In verità sono già sotto contratto, ma
c’è stato qualche cambio di line-up e la band ne ha
guadagnato in maniera esorbitante, meritando molto più del
contratto che hanno. A quanto so stanno cercando una nuova etichetta,
qualcosa di più grosso”
“Ma davvero? James, tu li hai mai sentiti?” chiese il manager a mio padre.
“Uhm… sinceramente credo di si e sono interessanti.
Molto diversi dal mio genere, s’intende, ma hanno del
potenziale” Bravo papà, solo con questo hai guadagnato
parecchi punti, sappilo.
“Potresti davvero farmi avere un contatto con loro?”
“Si” afferrai la penna e sul braccio del tipo scrissi
il numero di cellulare di Val e appunto “Valary
diBenedetto”.
“Questa è la loro tour manager. Il loro primo cd
è in vendita già da un po’” Il tipo si
guardò il braccio divertito.
Si chiamava Larry Jacobson e sarebbe stata la più grande benedizione capitata agli avenged sevenfold.
Verso le quattro meno un quarto (di notte, eh) accesi il cellulare
perché volevo chiamare la mamma e vidi un’infinità
di chiamate perse di tutti i miei amici e un messaggio di Brian.
-Princess Window abbiamo un problema. Quando puoi chiamami, a
qualsiasi ora… credo che stanotte non dormirò. Passa una
bella serata pure per me-
Che diamine era successo?
Uscii nel giardino del locale e mi accesi una sigaretta mentre armeggiavo col cellulare.
Recuperai il numero di Brian fra le chiamate perse e feci partire la chiamata.
Quattro squilli e poi rispose.
“Meg?” teneva il tono molto basso, come se non potesse parlare.
“Brian ho visto adesso il messaggio. Che succede?”
“Uhm… Sei già tornata a casa?” Il suo tergiversare m’innervosiva.
“No, sono ancora ad LA, mi dici che cazzo succede?!”
“Ehm… siamo tutti in ospedale. Justin…. ha
fatto una cazzata, una grossa cazzata” Brian incespicava nelle
parole, sia per il tono basso e borbottato e sia perché sembrava
fosse qualcosa di troppo grosso per lui.
“Che intendi?”
“Qualcosa di familiare… familiare a te”
“Bro non ti capisco”
“Meg, Justin s’è tagliato le vene” disse secco.
BUM.
Ricordi.
Troppi ricordi.
Troppo sangue nella vasca.
L’acqua calda.
Le forze si affievoliscono.
Scivolo nel calore.
C’è troppo sangue, troppo.
Quanto se ne perde prima di svenire? Un litro? Due?
“M-meg? Meg ci sei?” “Uhm” “Sicura?” “Uhm…”
“Meg cazzo…” “Bri?” “Ohi” “Arrivo”
E chiusi la chiamata.
Buttai la sigaretta fumata meno di metà, tornai dentro e andai diritta verso mio padre.
“Papà, devo parlarti”
“Solo un secondo…”
“Papà è urgente” si voltò e
fissò le iridi chiare nelle mie scure. Si congedò dalle
persone con cui stava parlando e ci spostammo di un po’ per
parlare con un minimo di privacy.
“Mi serve una macchina, un taxi o quello che vuoi, devo tornare ad Huntington”
“Che succede?”
“Un… un mio amico… si…. si è tagliato le vene”
Mio padre sbiancò, vidi la sua attenzione sparire, persa
nei meandri del tempo e dei ricordi che si speravano seppelliti e
affievoliti, ma i brutti ricordi non spariscono mai, non quando ti
segnano così e non quando riguardano tua figlia.
“Sicura che…?”
“Si papà è proprio per questo che devo andare.
Credo abbia bisogno di qualcuno che lo… capisca”
“Ma si tratta di Brian?” il solo pensiero di Brian che
si tagliava le vene mi strinse una morsa nel petto più di quanto
non l’avessi già per via di Justin.
“Assolutamente no! Se si trattasse di Brian sarei svenuta,
avrei avuto una crisi di nervi o qualcosa di simile. E’ un altro
mio amico”
“Uhm, ok. Chiamo il mio autista, predi pure la limo”
“Papà ma….” Detestavo dovergli essere debitrice.
“Sinceramente al momento non ci sono altre macchine
disponibili, con un taxi non mi fido e sono paranoico. Vai”
Mentre io recuperavo la giacca leggera, James chiamò il suo
autista e quando uscii fuori dal locale super vip in cui si teneva la
serata, c’era il suo autista che mi aprì lo sportello.
Dentro c’era anche il borsone con le mie cose. Sinceramente
non avevo nemmeno voglia di cambiarmi. L’autista fu un grande:
arrivò in due ore (di norma ci vogliono attorno a cinquanta
minuti senza traffico e più di quattro ore con i casini
notturni. In questo bisogna contare due tratti bloccati per lavori e
due incidenti di camion, non so se mi spiego cosa riuscì a fare
quell’uomo con quel transatlantico di vettura) davanti
all’ospedale in cui era ricoverato Juss e uscii senza che venisse
ad aprirmi lo sportello.
“Man, sei stato un grande, davvero, puoi anche tornare da James”
“Signorina, ma il signor Wind..” cominciò ma lo interruppi.
“Il signor Window è stato un tesoro, ma davvero, ce
l’ho anche io la gente che mi scarrozza avanti e dietro, come
quel tipo lì che sembra una statua. Lo vedi? Quello aspetta
me” Diedi una pacca sulla spalla al tipo, afferrai il mio borsone
e salii i pochi gradini.
Alle prime luci dell’alba di quel giorno di quasi fine
luglio, trovai Brian Haner che, a braccia incrociate, faccia stanca e
leggero sorrisetto strafottente, si caricò in spalla il mio
borsone e mi guidò fino all’ascensore.
“Come sta?” chiesi dopo un po’.
“Ancora non sappiamo niente”
“Diamine… comunque dopo ricordami che ho una cosa da
darti” dissi pensando solo per un secondo all’autografo di
Slash, per poi darmi mentalmente della stupida.
“Uh bene. Comunque…. Meg…”
“Si?”
“Sei bellissima” Sembrava quasi che gli pesasse lo stomaco a farmi quel complimento.
“G-grazie” feci leggermente titubante e lui annuì. Da quando Haner è così….. schivo?
“Scusa un attimo, eh” Mi poggiai alla sua spalla e mi
sfilai i tacchi vertiginosi che dopo sei ore erano diventati una vera e
propria tortura.
“Ah, alleluia”
“Minchia se sei nana senza”
“Eh si, ma non li sopportavo più”
“Eri sexy con quei così” disse scrollando le spalle e inarcai un sopracciglio.
“Sarò anche sexy, ma dopo sei ore sembro un tirannosauro”
“Nah, ci cammini bene”
“Sei in vena di complimenti?”
“Si, anche troppo. Diciamo che questa…. cosa che
è successa a Justin mi ha riportato alla mente tante situazioni
passate” Capii pure troppo bene di che parlava “Uhm”
E dopo questo calò il silenzio fino a quando non arrivammo al piano di rianimazione.
Stacey P.O.V
“Buona notizia, Justin è fuori pericolo”
Sospiro di sollievo. Avevamo passato la nottata tutti alla
capanna, dove avevano dovuto ripulire tanto di quel sangue da far
invidia a un film horror (e qui, posso dire che lo stomaco lo ebbero
solo Matt, Jim e Dameon) e poi ci mettemmo un po’ ovunque a
dormirci addosso nella speranza che il bassista più stronzo del
globo si ripigliasse, parlando e sperando per il meglio.
Verso le cinque e qualcosa ci eravamo tutti avviati di nuovo
all’ospedale e avevamo beccato proprio a culo di medico che stava
per andare a parlare con i genitori di Juss che invece erano rimasti
là.
Ciò che era avvenuto, era già qualcosa, visto che
Matt già stava buttando giù l’elogio funebre,
beccandosi tanti di quegli insulti da Jim e Dameon da far invidia al
peggiore dei camionisti.
Il medico si dilungò in roba più specifica che non
ascoltammo minimamente e disse che potevamo entrare, ma solo due per
volta e non potevamo rimanere troppo perché doveva riposare.
I primi ad entrare furono i genitori e noi ci perdemmo in
esclamazioni di gioia e balletti ridicoli come Jim o Abell. Abbracciai
Matt e lui sorrise.
“Ecco, adesso quel cazzo di foglietto lo puoi pure
ingoiare” dissi dandogli un finto pugno su una spalla.
Chissà se ne rese conto.
“Ma come siete cattivi, sono solo previdente”
“Allora scriviti il tuo di elogio funebre” fece Jim continuando a fare gestacci.
“Quando qualcuno di voi creperà e nessuno
saprà come si scrive un elogio funebre, non venite a piangere da
me”
“Ma chi ti pensa!” fece Abell stando dietro a Jim.
Ridemmo un po’ per quelle stronzate e poi mi ricordai improvvisamente di una cosa.
“Ma Meg? E Brian?”
“E’ uscito per fumarsi una sigaretta, ma a questo
punto credo sia andato a piantare il tabacco per fabbricarsela”
controbatté Matt.
Mentre discutevamo animatamente su quanto tempo ci mette una
pianta di tabacco per crescere, la porta del corridoio si
spalancò e arrivarono Brian tutto saltellante con un borsone in
spalla e Meg con un vestito elegante, i capelli perfettamente
acconciati, trucco ancora impeccabile e dei tacchi vertiginosi in mano.
Brian aveva detto che era al compleanno del padre, ma mica credevo un party di gala.
“Buongiorno” Fece una volta arrivata, poi osservò Jim e Abell.
“Beh, direi che sta bene”
“Si, credo anch’io” asserì Brian prima di
cominciare a ballare pure lui con quei due cretini. Ancora un po’
e le infermiere ci avrebbero cacciato tutti. Quasi quasi ci speravo.
Detto fatto, i nervi di quelle tipe resistettero ancora per venti
minuti e poi ci sbatterono fuori nella fresca prima mattinata di
Huntington e ci sparpagliammo quasi completamente.
Rimanemmo io, Jim, Matt, Brian e Meg a guardarci in faccia.
“Allora? Che si fa?” fece Jim.
“Andiamo a fare colazione?” propose Brian e fummo tutti d’accordo.
Ce ne andammo in un bar qualsiasi e mangiammo.
Mentre Jim e Matt si sfidavano ad una cruenta battaglia a
“Morra cinese” e Brian faceva il tifo e teneva il
punteggio, cominciai a parlare con Meg della serata.
“Allora? a che ora avete finito?”
“Veramente me ne sono andata prima della fine per venire da Juss”
“Ma la torta?”
“Si, quella abbiamo tagliata io, mio padre e la mia
sorellastra a mezza notte, subito prima dell’arrivo
dell’ambulanza” Sgranai gli occhi.
“Ambulanza?”
“Si, Slash ha avuto un problema cardiaco, ma a quanto mi ha
spiegato la moglie è tutto normale, c’è stato un
piccolo problema col defibrillatore che gli hanno impiantato. Io so
pure perchè c’è stato un problema e credo
l’abbia capito chiunque l’abbia visto quella sera. Ha
bevuto talmente tanto che credo sia collassato proprio sul divanetto su
cui ero seduta” Mio Dio.
“Wow”
“Già, c’era un sacco di gente” fece bevendo il suo succo di frutta alla pesca.
“Ma hai dormito?”
“Nemmeno un po’, alla festa avevo abbastanza da fare e in limousine ero troppo agitata”
“Limousine?”
“Si, James mi ha prestato la sua per farmi accompagnare ad Huntington”.
Giri limo, abiti da più di mille dollari, essere ad una
festa con Slash e James Window e continuare a fare la faccia scocciata.
Vi presento Margareth Window, sostanzialmente un’idiota.
“Mi ha detto Brian che Juss si è tagliato.. le
vene” disse dopo un po’, niente più tono scazzato.
“Si, alla capanna”
“Cazzo”
“Jim, Matt e Dameon hanno ripulito” Sgranò gli occhi fino all’invero simile.
“Cazzo”
“Non dirlo a me. Quando ho visto com’era messa la
capanna mi è tornato su il cenone di Capodanno del 2000 con
tutte le lenticchie”
“Mio Dio….”
“Woooooohhhoh! E Shadows vince per l’ennesima
volta!” Fece Matt al mio fianco e sorrisi. Con quelli le opzioni
erano due: ridere o piangere e io preferivo ridere.
“Ehi, ma avete fatto pace?” chiese Meg sorridendo e
annuii “Meno male, dai così la smette di piantare grane
con la band”
Rimase un attimo in silenzio, prima di urlare un “Cazzo Val!”
Afferrò le sue scarpe e cominciò a implorare Brian.
“Che vuoi?” disse lui scocciato.
“Devi accompagnarmi da Val” disse lei secca mentre si infilava le scarpe con una faccia sofferente.
“Perché?” continuò lui senza scollarsi dalla sedia.
“Questione di vita o morte” disse lei agitata.
“Morte di chi?”
“Dei sevenfold!” Brian scattò in piedi.
“Potevi dirlo prima, cazzo!” si alzarono e correndo se
ne andarono. Jim rimase un po’ a guardare quei due, poi si rese
conto di essere rimasto come terzo in comodo.
A quel punto cominciò ad urlare gridando il nome di Meg e
Brian e io e Matt rimanemmo seduti al tavolo. Dopo uno sguardo,
passò un braccio attorno alle mie spalle e rimanemmo lì a
fare la coppietta sdolcinata scambiandoci effusioni e sorrisetti da
diabete
“Amore?” fece lui dopo un po’, sfiorando al punta del naso contro il mio.
“Si tesoro?” feci zuccherosa.
“Quelle tre merde se ne sono andate senza pagare”
Sparito tutto lo zucchero.
“Cazzo”
***
Justin non stava bene.
Fisicamente parlando si era ripreso davvero bene e l’avevano
anche cambiato di reparto, visto che in terapia intensiva non avevano
più che fargli, ma era cambiato, non era più lo stesso
Juss di una volta.
Già durante il tour c’erano stati dei cambiamenti per
quanto riguardava il suo comportamento, ma da quando aveva provato a
togliersi la vita, era peggiorato drasticamente.
Riempiva di brutte parole chiunque gli si avvicinasse, genitori, amici… tutti.
L’unica che riusciva a non farsi insultare completamente era Meg.
Non so perché, non so per quale motivo o grazie a quale
miracolo, ma lei era l’unica che riusciva a rivolgergli la parola
senza che le venissero tirati dietro piatti o quant’altro (e a
Matt e gli altri ragazzi, l’aveva fatto, posso assicurarvelo) e
talvolta riusciva pure a farlo ragionare.
Avevo provato a chiedere qualcosa, su questo strano feeling, ma nessuno sapeva dirmi niente.
Insomma, ok che un secolo e mezzo fa erano stati insieme, ma non credevo mica che fossero ancora così legati.
Meg P.O.V.
Quando Justin si era ripreso e aveva cominciato ad insultare tutte
le persone che si trovavano sulla sua strada, decisi che era il caso di
farmi avanti.
Ero entrata quasi furtivamente nella sua stanza e lui aveva incollato gli occhi scuri sulla mia figura.
“Che vuoi” aveva emesso completamente atono, la faccia completamente corrucciata.
Io con movimenti lenti e senza distogliere lo sguardo dal suo, mi
ero seduta sulla sedia e avevo cercato la frase giusta da dire.
“Ti mostro il mio marchio se tu mi mostri il tuo*”
Inizialmente non aveva capito, ma poi mi ero spostata tutti i
bracciali e gli avevo mostrato quelle due linee pallide che si
stagliavano sui miei polsi.
Non prendevano completamente il polso perché da quando me
l’ero fatte erano passati così tanti anni che ero
cresciuta, ma comunque erano abbastanza grandi.
Justin mi guardò interrogativo, provando a trovare una
spiegazione. Presi un respiro profondo, pronta a spiegargli una storia
che di certo non sarebbe uscita da quella stanza.
“Avevo nove anni e odiavo mio padre.
Lui per tutta risposta aveva fatto causa a mia madre e aveva
ottenuto il mio affidamento. Così mi aveva trascinato a Miami
dove viveva all’epoca con quell’oca della sua ragazza da
copertina di Playboy con cui stava all’epoca (che fra
l’altro mi odiava) e mi aveva completamente staccato da mia madre
da un giorno all’altro.
Ancora mi chiedo perché diamine io l’abbia fatto.
Ricordo solo che non mangiavo, piangevo ogni santissimo giorno, dormivo
pochissimo e mi svegliavo in lacrime.
Stavo facendo il bagno e sul mobile davanti al lavandino
c’erano un paio di grosse forbici, le usava sempre la tipa di mio
padre per darsi una ritoccata alle extension.
Non so cosa fece scattare una molla nel mio cervello, ma ricordavo
che l’avevo visto fare in un film ad una persona che era molto
triste, così afferrai le forbici e le dopo averle aperte
affondai uno dei due lati in entrambi i polsi.
Arrivai all’ospedale in fin di vita, trasfusioni e sono
tornata da mia madre, anche se da allora mi hanno tenuto sotto stretta
sorveglianza psicologi e assistenti sociali fino a quando non sono
stata maggiorenne.
Ti dico solo che per cinque anni non è stato permesso a mio padre di avvicinarsi a me.
Adesso vuoi dirmi che ti succede?”
Abbassò la testa, affranto e prese a passarsi le dita sulle fasciature sui polsi.
Era spaventato da tutto quello che stava succedendo,
quell’inizio di successo che stava avendo la band, Giusy che se
n’era andata e che era incinta, sua nonna (la persona a cui
Justin teneva di più) che era morta e quel qualcosa di sbagliato
che c’era sempre stato nella sua mente era scattato.
Tutt’ora vedeva il suicidio come unica soluzione di tutti i suoi problemi.
“No Juss, ascoltami, l’unica cosa a cui non si
può porre rimedio è la morte e posso assicurarti che per
quanto tu possa essere arrivato in fondo, per quanto tu abbia
strisciato nelle parti più basse della società, armandoti
di buona volontà puoi tirarti sopra.
Te lo dice una che ha provato a suicidarsi a nove anni per colpa
del padre e che qualche giorno fa si è agghindata come un albero
di Natale ed è andata al suo compleanno, la figlia di uno che ha
rischiato tre coma etilici, ha avuto un’overdose e un infarto
eppure lui è campato, io pure e faccio finta di volergli bene.
Per nessun motivo vale la pena morire, nessuno.
Ti sembrerà assurdo che sia io a dirtelo o ti
sembrerà assurda proprio come frase, ma la vita è
bellissima Juss e ce n’è una sola, non puoi buttarla
così.
Non ti pace? Cambiala! Nessuno ti obbliga a fare niente. Molla la
band, molla Huntington e trasferisciti, continua gli esami per la
laurea e molla tutte queste puttanate se non te la senti.
Sai bene che se non sei in grado di reggere adesso, non ce la
farai quando la band crescerà- perché crescerà te
lo dico io. Fallo per il tuo bene, segui i tuoi sogni e non farti
trascinare da Jimmy, perché se c’è un grande dono
che ha quel ragazzo è spronarti a seguirlo in qualsiasi cosa
voglia, non contando che qualcuno non può farcela proprio a
stargli dietro”
Justin rimase per tutto il tempo in silenzio, poi mi abbracciò forte e affondò il viso nella mia spalla.
“Grazie Meg” disse semplicemente. Speravo di essergli stata utile.
“Figurati Juss, se vuoi parlare io ci sono. Ti chiedo solo
un favore: tieni per te la mia esperienza con le forbici, ok? Sono in
pochi a saperlo e va bene così”
“Certo”
“Bravo”
Dopo quel primo giorno andai più volte da lui per parlare e
quando uscì dall’ospedale, mandò a fanculo i
sevenfold e tornò all’Università. Spesso mi
chiamava e andavamo a farci una birra per parlare un po’.
Sta di fatto che non rivolse più la parola a Matt, agli altri pure pure, ma a Matt…..
Probabilmente lo vedeva come il colpevole principale di tutta quella storia.
Matt ci rimase di merda e per un periodo se ne stava per i cazzi suoi a suonare e scrivere da solo con Stacey o Jim.
Dopo una settimana dall’abbandono di Juss, chiamò la band e gli propose due nuove canzoni.
Da questa esperienza tutt’altro che rosea, saltarono fuori “I Want See You Tonight Pt. 1 e Pt.2”
Il nuovo manager aveva contattato Val ed era interessato a fargli registrare il secondo album con la sua casa discografica.
Justin venne sostituito da
Dameon Ash giusto il tempo di registrare il nuovo album. Ash a sua
volta fu rimpiazzato da Jonathan Seward, in seguito battezzato Johnny
Christ da Zacky Vengeance, che mollò la scuola e divenne il
bassista degli Avenged Sevenfold a tutti gli effetti.
Il resto, è storia.
* frase di Harry Potter, ma non fateci caso, uhm?
Buonsalve! :D
Capitolo un po’……. Così
Con questo, si conclude anche la seconda parte della storia v.v
Credo che la terza comincerò a pubblicarla al mio ritorno (se mai partirò)
Ah ragazzi, il mio liceo non è una cosa fattibile, vi giuro
Uno dice che poi fa una strage…..
Vabbè, tornando a noi…..
Ho ADORATO le vostre recensioni, davvero *-*
Non mi viene molto da dire, tranne che dopo questo capitolo sono sicura
che perderò metà dei lettori e che adesso devo fare le
polpette v.v
Bye Bye <3
The Cactus Incident
|
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Capitolo 26 *** Chapter 25 ***
sch chapter 24
E ci siamo! Siamo nel 2007 e tutto verrà spiegato nel chap
Buona lettura v.v
Huntington Beach, 2007
Stacey P.O.V.
“*Like walking into a dream....*”
Perchè mettere la SUA parte vocale della SUA canzone, della
SUA band, come sveglia? Si era montato parecchio il mio ragazzo,
eh….
“Se non stacchi quel cellulare, giuro che ti estirpo le corde vocali” bofonchiai nel dormiveglia.
“*russata poderosa*”
“Maaaatt…” Silenzio.
“Maaatt….!!”
“Oh….”
“Il teleeeefono…”
“Dì che non ci sono…”
“E’ la sveglia!” Tirò una manata poderosa
sul povero touch (come minimo l’aveva crepato) e si voltò
di nuovo di faccia nel cuscino, bofonchiando strane cose.
Mi spostai sulla sua schiena e poggiai le labbra sulla sua spalla scoperta, cominciando a parlare.
“Forza, su, ti devi svegliare, oggi avete il primo incontro con Isham per il video….”
“Non ne ho voglia…. ci metteranno una controfigura”
“Seh, o magari Christ” sorrise divertito, aprendo appena un occhio e guardandomi.
“Ce lo vedi? Sarebbe esilarante”
“Mio Dio….. agghiacciante più che esilarante.
A questo punto metteteci Michelle al tuo posto e abbiamo risolto”
“Di certo quella ha più palle del nano”
“Quante ne abbia non lo so, ma come le fracassa lei, non ci riesce nessuno”
Mi strinse le braccia in vita e poggiò le labbra dietro al mio orecchio, sorridendo.
“Oh, ma come sei dolce di prima mattina”
“Quasi come il chili piccante che fa Jim”
“Quello è cianuro, non è commestibile”
strusciò il naso dietro al mio orecchio e posò di nuovo
le labbra sulla mia pelle.
“Beh, credo di dovermi alzare e andare a fare una doccia.
Magari mi raso pure” sbuffò distrattamente senza muoversi
di un centimetro.
“Magari” Voltò il mio viso verso di sé e
presi a passare la mano fra i capelli biondicci e stranamente lunghi o
per meglio dire, visibili.
“Non ti piaccio biondiccio e con i capelli?”
“Certo che si, ma meglio rasato” sgranò gli occhi.
“Credo tu sia la prima che lo dice”
“Oh, credo di essere anche l’unica che non ti chiama Boccia, Boccia”
Fece una smorfia.
“A Gates questa pigliata per culo è costata una gamba dolorante e dei lividi su faccia e stomaco”
“Meno male che non sono Gates, allora”
“Eh già, meno male….”
E si tuffò sulle mie labbra, schiacciandomi contro il materasso.
Mi stava mordicchiando il labbro inferiore, quando sembrò decidersi che era ora di darsi una mossa.
“Su, prima sistemiamo e prima torno a casa”
Scivolò da sotto le lenzuola e si chiuse nel bagno adiacente
alla camera.
Mentre lui stava tre ore a farsi bello, io andai a fare colazione
e quando sentii una mezza bestemmia e la porta del bagno sbattere,
tornai al piano di sopra e gli diedi il cambio.
Mi stavo insaponando la lunga chioma, mentre canticchiavo (o
meglio, storpiavo una canzone) distrattamente, quando
quell’energumeno incapace di trovarsi anche i calzini
buttò un urlo.
“Styyyy! Dove cazzo sono i diamond theeth?”
“Controllato in bocca!??!?” urlai io, distrattamente.
Aprì la porta del bagno e mi guardò mettendo il broncio.
“Ah ah ah, simpatica come un calcio in culo”
“Se è ben centrato, decisamente” sorrise e scosse la testa, poi provò a tornare serio.
“Dai, dove sono i diamond theeth?”
“Uhm… l’ultima volta che ho visto quella
dentiera erano nella tua valigia. Probabilmente saranno
nell’armadietto del bagno”
Aprì il mobiletto e ne tirò fuori l’astuccio di quell’apparecchio riuscito male.
“Ma che ci devi fare? Non è solo un incontro?”
“Li preparo per domani. Mi è arrivato un messaggio di Larry, cominciamo le riprese verso le sei del mattino”
Speravo si scocciasse presto di quei cosi, perché erano
dannatamente orrendi. Sembrava quel personaggio di un vecchio film di
007 che spezzava le catene con i denti.
Davvero poco carino.
“Grazie, cara” e dopo avermi buttato un’occhiata compiaciuta, chiuse la porta e se ne tornò giù.
Finii di lavarmi, mi vestii e quando tornai al piano di sotto era
ancora lì. Seduto che armeggiava col cellulare, il solito zaino
buttato davanti ai piedi.
“Allora? Non vai?”
“Tu non vieni?” chiese da dietro i Ray Ban, il cappellino da basket girato di lato.
Si, di lato, non dietro.
“Uhm…. no, ho da fare in negozio”
“Ma domani per le riprese ci sarai?”
“Credo di si, almeno un po’” fece una smorfia.
Mi avvicinai e posai le labbra sulle sue, provando a sciogliergli il broncio. Un po’ ci riuscii.
“Dai, non fare così” dissi e lui sbuffò.
“Perché ti ostini a lavorare, non l’ho capito”
“Perché adoro il mio lavoro e non ci tengo a fare la mantenuta” aggrottò le labbra e lo baciai ancora.
“Se fai quelle smorfie non hai le fossette” rise divertito, contagiando anche me e poi si allontanò.
“Beh, allora ci vediamo. Sul frigo ti ho lasciato
l’indirizzo di dove dovremmo fare le riprese. Eventuali cambi
saranno comunicati” disse facendo una voce cretina.
Afferrò lo zaino, le chiavi della macchina e uscì.
Sorseggiai con tutta calma il mio caffè, e poi afferrai borsa e cellulare e andai al mio negozio.
Su una delle piazze più belle di Huntington, vicino alla spiaggia, c’era il mio studio di Tattoo.
L’insegna “Ink Shadows Tattoo” Era bella grande e tetra, visibile anche dalla spiaggia.
Erano già tre anni che il mio studio aveva aperto e stava
andando a gonfie vele. Oltre a me c’erano altri tre tatuatori e
un altro piercer.
Mi costa ammetterlo, ma il fatto che Matt fosse il mio ragazzo
aveva fatto sì che i clienti fossero molti già
dall’inizio, anche se chiedevano tutti death bat, pezzi di
canzoni e la sigla A7X scritta ovunque.
Ad un certo punto mi era venuta voglia di attaccare un cartello
con su scritto “Qui non facciamo Death bat o altri tatuaggi
inerenti ai sevenfold”, ma poi avevo desistito.
Insomma, sarebbe stato da stronzi, visto che io per prima avevo la
frase iniziale di “Seize The Day” tatuata sul costato, a
destra.
Qualche minuto dopo arrivarono anche i miei dipendenti e i primi
clienti. Chi aveva prenotato, chi doveva prenotare e chi sperava in un
buco libero per farsi fare un tatuaggio.
Siamo in California, gente, se i tatuaggi non li mostrate qui, non li mostrate da nessuna parte.
Margareth P.O.V.
“*riff iniziale di Sweet Child O’ Mine*”
Tirai una manata sul cellulare e affondai di nuovo la faccia nel cuscino.
Erano le due del mattino, dovevo essere sul set prima delle
quattro per rifinire gli ultimi dettagli prima che arrivassero gli
artisti per le sei e non avevo proprio voglia di alzarmi da quel letto.
Ero reduce dal jetlag con il Galles e non avevo nemmeno avuto il tempo
di riprendermi che ero dovuta tornare sul campo.
Avevo passato tutta la settimana precedente a lavorare e
organizzare tutto, mentre i due giorni prima per sistemare tutto nella
location. Oggi bisognava rifinire gli ultimi dettagli e cominciare le
riprese.
Presi un respiro profondo, mi ricordai di chi avrei dovuto incontrare quel giorno e mi misi a sedere goffamente sul letto.
Pochi secondi dopo suonò il cellulare.
“Buon giorno tesoro! Il sole non brilla in cielo, gli
uccellini dormono come il resto dello Stato e se non porti subito qui
il tuo bel culo, per sederti avrai bisogno di un cuscino!”
Sapevo che scherzava, perchè altrimenti lo avrei già ucciso di botte.
“Wayne, ficcati una mazza in culo”
“Forza dolcezza! Ho fatto bene a chiamarti?”
“Probabile”
Wayne Isham (si, il regista) era il mio capo. Io ero la sua scenografa e, per questo video, anche sceneggiatrice.
“Dai, che oggi ci sarà da divertirsi”
“Uhm, lo spero” e richiusi il telefono.
Qualche secondo dopo, mentre sceglievo cosa mettere dopo la doccia, il cellulare squillò ancora.
“Wayne, che cazzo, ho capit…!”
“No tesoro, hai sbagliato” disse il mio ragazzo dall’altro capo del telefono, divertito.
Trevor, si, lo stesso Trevor mezzo punk del tour.
Ci eravamo rincontrati qualcosa come due anni dopo il nostro primo
incontro, quando io mi ero trasferita a San Diego e adesso stavamo
insieme da parecchio. Da qualche mese viveva con me nel mio
appartamento.
Lui insegnava all’università (il professore
più giovane che avessero mai avuto lì) e si occupava del
mio cane quando io non c’ero (ovvero spessissimo).
Non aveva più la cresta e nemmeno il piercing al labbro, ma i tatuaggi erano rimasti.
“Scusa Trev, ma quel cretino di Wayne…”
“Si, non ti preoccupare. Volevo solo sapere come andava. Sei già lì?”
“No, dovrei esserci fra quasi due ore. Ma tu sei ancora sveglio?”
“Si, volevo sentirti…” disse mezzo imbarazzato e io sorrisi dolcemente.
“Dai vai a dormire, poi come ci vai in università?”
“Amore, siamo alle prime ore di sabato”
“Ah… davvero?” chiesi stranita.
“Eh si”
“Uhm… bene!” rise divertito.
“Vabbè dai, ti lascio andare”
“Dai, tranquillo. Non dai fastidio, tu”
Sorrise divertito e sentii il nostro cane che abbaiava in sottofondo.
“Tutto bene con Harry?”
Harry, il mio cane era un Labrador nero di quattro anni che sulla
fronte aveva una macchia bianca che sembrava una saetta. Come Harry
Potter in pratica.
“Si, fa un po’ il depresso perchè non lo coccolo…”
“Una carezzina ogni tanto non sarebbe poi tanto male”
“Uhm, sarà….. beh, io devo andare. Il nostro letto freddo e vuoto mi attende”
“Pensa che sono solo a una cinquantina di chilometri, fra al massimo quattro giorni sarò da te”
“Non ti occupi anche del montaggio?” chiese sorpreso.
“No, sta volta no, non credo che potrei farcela e poi devo finire di lavorare ad un progetto”
“Uh, ok. Beh, adesso vai, forza, e fai vedere chi sei e quanto vali, tesoro. Bye bye”
“Ciao Broccolo” e richiusi il telefono.
Dopo una bella doccia, mi vestii come mio solito per il set (un
paio di short verde militare un tantino larghi, tenuti su da un
cinturone, una canotta bianca e una felpa nera per il freddo mattutino,
Pass al collo, converse), mi truccai di nero come sempre, piastrai per
bene i capelli sistemando il mio taglio che non arrivava alle spalle,
più lungo avanti e più corto dietro, con un grosso
frangettone sulla fronte che arrivava quasi sugli occhi, i capelli
bordeaux scuro con sfumature nere.
Afferrai tutte le mie scartoffie, il pc, buttai tutto nella mia
borsa a tracolla e chiamai un taxi per farmi portare al luogo
dell’incontro.
Avremmo realizzato il video di una band parecchio nota che non
aveva la più pallida idea che ci fossi io dietro tutto quello.
Loro non sapevano di me, che ero stata io a presentare i progetti
per il nuovo palco e che il loro manager mi aveva comunicato le loro
richieste, per permettermi di modificarlo secondo i loro gusti.
Sapevo che stavano registrando un nuovo album che sarebbe uscito
fra due mesi, anticipato dal video che ci accingevamo a girare. Il demo
della canzone che mi avevano dato per fare sceneggiatura e scenografia
era eccezionale, ma non li sentivo da una vita…
Chissà se mi avrebbero riconosciuto da subito….
Dehehehe, sarebbe stato divertente. Magari potevo chiedere a Wayne
di non dire fin da subito chi fossi, così mi sarei divertita un
po’……
La macchina arrivò in poco tempo, pagai e andai tranquilla,
mostrando il pass agli addetti alla sicurezza in modo da poter passare
e andare sul set senza problemi. A quanto sapevo, Wayne aveva discusso
il giorno prima con i cinque che erano stati entusiasti delle nostre
idee e che avremmo cominciato a girare subito il video.
Assonnata e morta di fame, andai alla postazione di Wayne per ricevere ordini da dare.
“Oh, Sweet Kitty è arrivata!” Ancora dovevo
capire perchè mi chiamasse così, ma vabbè…
poteva andarmi peggio. Ormai però sul set, ero Kitty.
“Sweet Kitty qui per voi! Che mi tocca fare?”
“Tutto, come al solito. Supervisiona la scena principale e poi le altre per le scene singole”
“Le candele sono arrivate?”
“Si, chiedono disposizioni per posizionarle. Anche il
teschio c’è” disse tirandomelo in mano. Lo guardai,
gli feci una carezzina e lo lanciai di nuovo al regista.
“Bene. La ragazza?”
“Quella domani”
“Oh, ok. Come stanno al trucco?”
“Myriam è pronta, anche ai costumi è tutto
pronto, devono solo arrivare i ragazzi. Se vuoi andare a controllare. I
ragni?”
“Kate mi ha chiamato, ha detto che le tarantole oggi non
potranno essere qui. Quindi per prima cosa ci conviene fare la scena
principale sullo sfondo scuro. Ma siamo sicuri che Jim lo farà?
Da che lo conosco io è sempre stato più aracnofobico di
Paris Hilton” scrollò le spalle.
“Ha detto che ci sarebbe stato, male che và potremmo
fare a cambio con Brian” scrollai le spalle, guardando le foto
fatte per provare la luce. “Vedremo. Vado a dare
un’occhiata”
Mollai la felpa sulla mia sedia (si, di quelle che si vedono nei
film, con su scritto il nome. Sulla mia quei bastardi avevano scritto
Kitty), misi le cuffie e andai a posizionarmi davanti al palco
allestito per la scena.
Era un’ora e mezza che davo ordini per sistemare le varie
cose sul “palco” quando fui avvertita dell’arrivo
della band, ma non me ne occupai più di tanto: ci avrei pensato
dopo.
“Ryan, più a destra. No, a destra…. Ho detto a
destra! Ryan l’altra destra!” e finalmente quel citrullo
capì dove posizionare quell’affare con le chitarre di
Brian.
“Bene, ecco, quello dall’altro lato. Così,
bravo. Vedo che almeno hai capito qual è la sinistra. Facciamo
progressi Ryan” Mi voltai verso l’assistente di Wayne.
“Dov’è il tecnico della batteria? Non ditemi
che alla fine deve montarla Rev, andiamo….” il tipo
annuì e sgommò via.
“Bene Ryan, non è difficile. I pezzi della batteria
portali lì e non rompere niente! Quella batteria costa
più della nuova versione del tuo cervello. Se trovo un solo
graffio la farò detrarre dalla tua paga”
Mi abbassai le cuffie sul collo e andai a versarmi un
caffè. Stavo spillando dall’enorme caraffa, pensando
seriamente di andare a controllare com’erano messi al trucco e di
dover mangiare qualcosa prima di svenire, quando mi arrivò una
figura di fianco.
Alzai a malapena lo sguardo e mi trovai Synyster Gates con un sorriso che era tutto un programma.
Mi sorpresi di una cosa: era bello. Era diventato dannatamente
bello e sexy. L’avevo già notato dalle foto, ma dal
vivo…. wow.
Gli occhi scuri, segnati da una perfetta linea di eye-liner, le
braccia completamente tatuate e non più a macchie come un tempo.
I lineamenti del viso si erano induriti e definiti mostrando gli zigomi
sporgenti e le labbra sottili piegate nel solito sorrisetto
strafottente, solo più… consapevole.
Adesso aveva il piercing al naso e aveva anche tinto i capelli
definitivamente di nero, sparati per aria con precisione millimetrica.
Sicuri che fosse lo stesso coglione che avevo mollato ad Huntington qualche anno prima?
“Tu devi essere la famosa Sweet Kitty” fece con voce
languida, una voce che a me non aveva mai rivolto, sapendo che ero io.
Come non detto: poteva anche esser diventato sexy, famoso e
pluripremiato, ma era lo stesso coglione di un tempo. Ok, che ero un
pò più tatuata, che avevo del tutto cambiato i capelli e
che in quel momento avevo degli enormi occhiali da sole, ma
dai…..
“Si sono io” risposi tranquilla, provando anche a
camuffare leggermente la voce, utilizzando un tono leggermente
più alto del mio di solito. Dai, vediamo fin quando avrebbe
retto.
“Di Sweet però non hai molto….” si morse
un labbro, con fare provocante…. minchia se se la credeva!
“Infatti è sarcastico. Tu sei?” dissi
rivolgendogli un mezzo sorriso. Fece un sorrisetto beffardo e si
avvicinò un po’.
“Come se non lo sapessi….” Presi un sorso dal
bicchiere e lo guardai, mentre provava spudoratamente a rimorchiarmi.
Sembravo davvero una facile?
“E invece…… di certo non sei un fattorino. Non sei quello che deve portare i regni, vero?”
“No, decisamente no, ma ho un camerino tutto mio che per te è aperto. Quando vuoi….”
Continuava a fare quella faccia da piacione e a lanciarmi quegli
sguardi languidi. Ma davvero gi bastava così poco per farle
cadere ai suoi piedi?
“Beh, magari potrei passare a farti un saluto….. e
portarti una delle sciarpe di nonna Haner” sorrise, poi
capì il senso delle mie parole e si raggelò, sbiancando.
“Cos…” mentre chiedeva mi alzai gli occhiali e li poggiai sulla testa, sorridendogli apertamente.
“Andiamo, Gates, non ci stai a far entrare nel tuo camerino
una vecchia amica?” la faccia da piacione sparì, lasciando
spazio ad un sorriso vero che gli illuminò tutto il viso come un
bambino a Natale.
“Meeg! Cristo santo sei tuuuu!” Mi strinse forte fra
le braccia e mi sollevò da terra, continuando ad abbracciarmi e
baciarmi la testa.
Quando mi rimise giù mi prese la testa fra le mani, come
per controllare che fosse vera, la faccia ancora completamente
allucinata.
“Ahahaha! Si, sono io, visto?”
“Mio Dio sono così felice! Ohh vieni qua!!” e mi abbracciò di nuovo, spingendomi contro il suo petto.
“Anche tu mi sei mancato…Dai, però così mi uccidi!”
“Che diamine fai qui?!?!”
“Lavoro! Sono la vostra scenografa, baby”
“Sei una merda, sei sparita!” mi accusò, allontanandosi di poco.
“Non mi pare che tu ti sia fatto sentire”
“Ero impegnato!”
“Perché secondo te io me la gratto? Chi è che
ha disegnato il tuo nuovo superfighissimo palco, eh? Eh?”
“Vuoi dire che sei stata tu?! Mio dio è fottutamente
stupendo! Ci entreranno le spogliarelliste?” chiese elettrizzato
e io feci una smorfia.
“Questo non lo voglio sapere e non sono affari miei. Io ho
realizzato quello che mi avevano chiesto, e ho apportato le modifiche
richieste. Se ci vuoi le spogliarelliste, piazzale sugli
amplificatori” Mi sorrise e poi mi abbracciò ancora.
“Oh, non puoi capire quanto sia felice di rivederti…”
“Oh anche tu… mi sei mancato!” dissi
abbracciandolo quando qualcuno che si schiariva la voce
c’interruppe.
Mi voltai distrattamente e….. No. No, vi prego. Ancora lei!
“Michelle!” dissi sorridendo, facendo finta di essere felice di rivederla.
“Margareth?” chiese lei scrutandomi da dietro un
frangettone biondo perfetto e… rughe? Quella donna della mia
stessa età aveva delle rughe attorno alla bocca? Oh, Dio.
“Si! Ti trovo bene!” Bugia!
“Grazie, ma tu sei davvero fantastica! Questo colore ti sta benissimo”
“Ah, grazie, anche tu stai bene bionda” Meglio non aggiungere delle rughe, eh.
“Che c’è Mich?” chiese Gates, incrociando le braccia e la ragazza gli sorrise appena.
“Cosa? Oh no, niente. Wayne ha detto che mancava poco alla registrazione”
“Veramente manca più di mezz’ora” La
corressi io controllando sulla cartellina che avevo in mano e che
stavamo rispettando a pieno regime.
La ragazza sorrise “Come non detto” e si
dileguò. Appena sparì mi voltai guardando Gates con una
smorfia. Lui sorrise e si versò del caffè.
“Cosa?”
“Stai ancora con quella?” scrollò le spalle.
“In un certo senso”
“Che senso?”
“Che ufficialmente sto con lei, ma poi, non le sono fedele.
In verità non le sono per niente fedele, proprio zero”
“Già, l’avevo notato…. Mi fai quasi
schifo, sai Bri?” lui scrollò le spalle e si versò
un bicchiere di caffè.
“Non mi pare sia una novità”
“Già… Comunque, parlando di lavoro, per questa
ripresa qua usa la chitarra nera e dì a Zack di prendere la
rossa. Ah! E sappi una cosa” gli puntai un dito sul petto.
“Prova a fare quelle mosse da gay che sembra sul punto di
pisciarsi sotto che fai di solito sul palco e ti tiro un calcio in culo
che non ti siedi fino all’uscita del tuo prossimo album” Mi
guardò un tantino preoccupato e forse spaventato, poi sorrise e
mi abbracciò.
“Non sei cambiata per niente. E’ una cosa che
apprezzo” mi disse tranquillo in un orecchio e io ricambiai
l’abbraccio. Aveva un buon odore, come sempre.
“Una delle mie poche qualità. Tu mi sembri un tantino diverso, ti sei montato, dì la verità”
“Un po’, lo ammetto, ma basta spegnere i riflettori
che torno quello di sempre” disse tranquillo, dandomi davvero
l’impressione del ragazzo poco tatuato che avevo lasciato in tour
con una band non proprio ben assortita, ma con tanta passione e
talento. Sospirai sul suo petto e poi mi allontanai.
“Si, ok, io apprezzo anche la professionalità.
Chiaro?” Mi fece il saluto militare portandosi la mano alla
tempia.
“Si signore!”
“Bravo soldato! Riposo” e scoppiammo a ridere.
Dopo un po’ dovetti lasciarlo perchè era arrivato il
tipo con i piccioni bianchi ammaestrati (si, niente colombe: erano
finite).
Stavo controllando lo stato del corridoio in cui avremmo girato la scena di Matt, quando mi sentii chiamare.
“Meg!” Mi voltai e sorrisi apertamente al ragazzone altissimo che mi veniva in contro.
“Jimbo bello!”
“Tu! Quando Brian me l’ha detto non ci potevo
credere!” mi arrivò davanti e mi abbracciò.
“Oh, sei una figa assurda. Che ti hanno fatto?” gli tirai
uno schiaffo su una spalla.
“Jim cazzo quanto sei ingrassato” constatai
osservandolo e affondando un dito nella sua pancia. Lui mi
liquidò con un gesto della mano.
“Tutti muscoli”
“Seh, credici” scostai lo sguardo sulla figura al suo
fianco, parecchio più bassa. Aveva i capelli neri tirati
indietro col gel, una camicia azzurra col papillon nero e teneva le
mani nelle tasche di dietro del pantalone, un tantino imbarazzato.
“Ciao Zack” lo salutai tranquilla.
“Hey Meg” disse sorridendomi, leggermente imbarazzato
ma io mi avvicinai a lui, assestandogli un paio di pacche su una spalla
e lui sembrò sciogliersi un po’.
“Hai tolto il septum?” constatai tranquilla.
“Si, aveva cominciato a darmi su i nervi. Comunque questo look è fantastico!”
“Visto? Tutto merito mio…. e della hair stilist”
“Come te la passi?”
“Alla grande, sto lavorando un sacco”
“Larry mi ha detto del palco, complimenti!” si complimentò Jim.
“Palco?” Chiese Zack un tantino spaesato.
“Si, il vostro nuovo palco, l’ho disegnato io” Zack si tirò una manata in faccia.
“Vuoi dire che sei tu lo scenografo a cui ho rotto le palle
per un mese con le continue modifiche?” chiese imbarazzato e io
scoppiai a ridere.
“Ahahah! Si, proprio io”
“Cristo scusami!”
“No dai, perché? Se non andava, non andava”
Stacey P.O.V.
Stavo sistemando le ultime sfumature di un ala di un’aquila,
quando mi vibrò il telefono. Lo feci prendere
all’apprendista e gli chiesi di aprire il messaggio e mettermelo
davanti al naso. Era di Matt.
-Vedi di raggiungerci appena puoi, perché c’è una sorpresa- Uhm.
Finito il tatuaggio che stavo facendo, lasciai i ragazzi in
negozio e a bordo della mia auto andai alla location, una sorta di
capannone abbandonato. Nel parcheggio trovai Matt che mi evitò
problemi con la security e mi aprì lo sportello una volta
parcheggiato.
“Allora, che succede di così sconvolgente?”
“Eeeh, entra e lo saprai” disse tranquillo mentre io
richiudevo l’auto col telecomando. Entrammo e in un angolo
stavano posizionando un pannello bianco, Jim che gironzolava da quelle
parti.
C’era una ragazza di spalle che dettava ordini mentre mangiava una ciambella.
“Ryan e porca puttana ma lo sai come si usa un cacciavite? Ma hai un arachide al posto del cervello o cosa?”
Si voltò verso un tipo al suo fianco.
“Nick, prendi nota: se questo coglione lo prendete pure al
prossimo video, io me ne vado, intesi?” Il tipo annuì e io
mi avvicinai alla tipa alquanto sclerotica.
“Puzzolina morta!” Lei si voltò e sorrise apertamente.
“La mia bestiaccia indefinita!” disse venendo ad abbracciarmi.
“Ahaha! Sei davvero stressata!”
“Nah, gente che dovrebbe stare a casa e non fare lavori che non gli si addicono. Ma tu? Sei una figa!”
“Oh grazie. Anche tu stai davvero bene”
“Dai, andiamo a bere qualcosa”
Ci avvicinammo ad un tavolo pieno di bottiglie e lei prese un
bicchiere di caffé e un’altra enorme ciambella ricoperta
di zucchero.
“Vuoi qualcosa? Prendi pure, tanto paga tuo marito”
disse facendomi la linguaccia e mostrando il piercing che le avevo
fatto io stessa, qualche anno prima. Era stata la prima a fidarsi dopo
il corso da piercer.
“Ragazzo Meg ragazzo, adesso non esageriamo. Comunque, non
mi avevi detto che eri tu a lavorare per il video” scrollò
le spalle, addentando la ciambella e scoprendo che era ripiena di
cioccolata.
A differenza dei ragazzi, io e Meg ci sentivamo ed era capitato
anche di vederci spesso, sfortunatamente mentre la band era in tour.
“Non credo ti faccia bene mangiare questo schifo” dissi arricciando il naso.
“Lo so, ma ho bisogno di zuccheri, sono due mesi che non
torno a casa e mi faccio una dormita come si deve. Stamattina mi sono
svegliata alle due per essere qui in tempo per preparare tutto”
“Diamine!” dissi sorpresa, versandomi del caffé.
“Eh si, cazzo. E’ un lavoro che non ha orari. Una
volta dovevamo girare un cazzo di video al tramonto, ci sono voluti due
mesi per completarlo! Ti rendi conto? Due mesi, ogni giorno
all’alba e al tramonto e puntualmente quella zoccola non si
presentava nemmeno!” scossi la testa distrattamente.
“Allora, che ti sono sembrati i ragazzi?”
“Sono cambiati una cifra! No, in effetti Matt è
uguale a prima, tranne per il piercing al labbro. Detesto quella
ferraglia che mette in bocca”
“A chi lo dici, ma che ci vuoi fare, ha di queste fisse…. e gli altri? Zack? Brian?”
“Zack è diventato più bello di quanto fosse
una volta. E’ venuto a trovarlo la sua ragazza, visto che
c’è anche lei nel video, per il costume. Stanno davvero
bene insieme e poi lei è dolcissima”
“Si, Gena è davvero fantastica ed è una
parrucchiera eccezionale. L’hai messa in guardia?” chiesi
scherzosamente e lei rise.
“In effetti ci avevo pensato, ma poi ho preferito farmi gli
affari miei… non si sa mai. Jim è ingrassato, dobbiamo
metterlo a regime, diamine” disse convinta, scuotendo la testa,
il naso sporco di zucchero. “Christ è il solito nano
insolente e… nano”
“Hai il naso sporco”
“Oh grazie” si ripulì e poi continuò.
“E Brian…..” fece un mezzo sospiro, guardando
distrattamente il bruno, parecchi metri più vanti che urlava in
una videocamera con un bicchiere di carta in mano.
“Brian?”
“Brian, non lo so. E’ cambiato”
“E’ passato parecchio dal vostro ultimo incontro?”
“Era il 2004”
“Cazzo! Ci passano due cd. Te lo sei perso nella fase
‘capelli lunghi’ l’avresti sfottuto fino alla
morte”
“Oh, ma l’ho fatto! Via messaggio e chiamate, ma
l’ho fatto. Comunque non ci stava male…..” Inarcai
un sopracciglio scettica. Non poteva dire seriamente…..
No, diceva proprio seriamente.
“Aveva raggiunto e abbondantemente superato i massimi
livelli di tamarraggine consentita a un chitarrista, sembrava la
Madonna!” dissi io.
“Dai, era affascinante” Il caffé mi andò di traverso.
“Meg che cazzo ti prende? Sei in un periodo di magra con Trevor?”
“No macchè! Con Trev và alla grande, pure se
non lo vedo dal vivo da un mese. Dico solo che Brian è diventato
un bell’uomo”
Al sopracciglio inarcato aggiunsi gli occhi spalancati e la bocca
semi aperta. Non era possibile che Meg stesse facendo dei complimenti
ad Haner.
“Che c’è!?!?!” Chiese osservando la mia
espressione. Gli presi al testa fra le mani, tastando
quell’abominevole calotta cranica.
“Meg cosa ti hanno fatto?!?! Riprenditi Meg, riprenditi!
Fatti una scopata e riprenditi! Ti presto M… No, Matt non te lo
presto, però riprenditi!” Posò le mani sulle mie,
staccandole dalla sua testa.
“JD, respira. Non voglio scoparmi Haner e non mi hanno fatto
il lavaggio del cervello. Sto solo constatando che è diventato
un bell’uomo, anche se rimase sempre il solito coglione”
“Quindi Haner è sempre un coglione, vero nana?” annuì decisa.
“Sure baby” tirai un respiro di sollievo e mi misi una
mano sul petto, consolata che forse da qualche parte c’era ancora
la vecchia Meg.
“Oh, grazie a Dio, non sei del tutto ammattita, è
già qualcosa” rise divertita e mi diede una pacca su una
spalla.
“Su, mettiti comoda da qualche parte, adesso mi tocca sgobbare. Fai la brava, eh ”
“Detto da te….”
“Appunto!” E sgommò via, in una mano ciambella
e bicchiere, nell’altra la cartellina mentre urlava “Ryan!
Che cazzo fai?!?!” come se fosse la bestemmia peggiore del mondo.
Mi sistemai sulla postazione della regia e dopo aver salutato
Wayne mi godetti lo spettacolo dei ragazzi che registravano la scena
“bianca”.
Però, era un lavoro affascinante.
Ehm…. Salve! :D
E’ qualcosa come 20 giorni (?) che non mi faccio vedere v.v
Bene così v.v
E con questo capitolo diamo inizio alla terza (ed ultima) parte della storia
Sinceramente non so quanti capitoli saranno, ne ho completati due e ho qualche spezzone
Fra l’altro non so nemmeno la storia come e quando si concluderà :D (amatemi)
So solo che in questa parte,
forse, Matt e Sty andranno un po’ da parte e forse ci sarà
un nuovo personaggio….
Ho qualche idea, ma non saprei v.v E’ tutto in forse
Sta di fatto che questa sarà la sezione delle rivelazioni, non dico altro v.v
Per i pochi interessati: il mio
viaggio in Inghilterra è stato tranquillamente mandato a fanculo
dall’istituzione scolastica e quindi fuck ._. (ho una voglia di
uccidere che nemmeno immaginate)
Dichiaro amore a quelle sette anime belle che hanno recensito lo scorso capitolo (siete fighe, sul serio <3)
Colgo l’occasione per
ringraziare xLumos che è una ragazza fantastica, ma io sono una
merda e mi pare di nona verle nemmeno risposto (col tuo messaggio mi
hai commosso, davvero e sono io a ringraziare TE e tutti quelli come te
che continuano a darmi un motivo per scrivere)
Non mi viene troppo da dire, tranne che il mio belliffffimo Stark dorme qua di fianco e fusa peggio di una motosega v.v
In verità
un’ultima domanda, un sondaggio in verità: se pubblicassi
qualcosa nella sezione “AvengeRS” qui ci sarebbe qualche
anima buona interessata?
Baci baci
The Cactus Incident
|
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Capitolo 27 *** Chapter 26 ***
sch chapter 26
Margareth P.O.V.
“Allora Brian, siediti qua, così, bravo.
Comodo?” dissi sarcastica e lui sorrise, mentre si posizionava
fra le numerose candele. “Occhio a non bruciarti, eh. Non
vogliamo ripagarti per nuovo, visto che non lo sei”
“Mi sento una macchina usata se dici così!” rispose lui, divertito.
“Pensa ad una Porche usata, su”
“Bella merda….”
“Ti presento Billy” Dissi mostrandogli il teschio che
avevo in mano. “Billy sarà il tuo compagno”
“A Zack quella gnocca di Gena e a me una testa di morto?!”
“Che ci vuoi fare, pensa che Jim s’è ritrovato
i ragni e Christ i piccioni, t’è andata bene”
“In effetti….” constatò osservando il teschio ancora nella mia mano.
“In più reciti come un cane, quindi non potevamo farti fare niente di più”
“Ehi!” fece offeso.
“Senza offesa, eh” Gli tirai Billy e lui se lo rigirò un po’ fra le mani, osservandolo.
“Ma mica è un teschio vero?” Forse meglio non dirgli che fra le mani aveva il trisavolo di Wayne….
“No, tranquillo, è di plastica”
“Fatto bene però, sembra vero…” disse osservandone i denti.
“Allora, bando alle ciance. Non devi far altro che guardare il teschio e seguire le istruzioni di Wayne, chiaro?”
“Cristallino”
“Bene”
Wayne arrivò e in una ventina di minuti girammo la scena, senza problemi.
Andiamo, avrebbe potuto farla anche un bambino (ma Ryan il fattorino no di certo).
Smontato tutto, passammo a quella di Christ, all’esterno.
Tutto bene, se non si conta il fatto che uno dei piccioni bianchi
ammaestrati era morto in volo. Era stato orribile: un momento prima
volava tranquillo e spensierato e quello dopo si spiaccicava contro un
muro, per poi andare al suolo.
Stavo guardando i resti del piccone morto sul set, adagiati in una
scatola di scarpe, quando sentii due braccia calde e muscolose
avvolgermi la vita; il petto di lui aderire alle mia schiena. Riconobbi
le mani grazie al tatuaggio sul dorso e il mio battito accelerò
per la sorpresa più che gradita.
Chinò il viso suo mio orecchio e mise un leggerissimo “Sorpresa”, sfiorando il mio lobo con le labbra.
Mi voltai nelle sue braccia, mettendogli una mano dietro la nuca e
una su un braccio lo baciai passionalmente. Era troppo che non lo
vedevo, il mio gigante.
Trevor era un aitante californiano Made in San Diego, alto un
metro e novantaquattro, con due spalle larghe e muscolose, qualche
tatuaggio di cui uno di uno zombie che sembrava un quadro ad olio su
una mano e un tirapugni con delle rose al lato del collo che mi faceva
semplicemente impazzire.
Aveva gli occhi cangianti che quel giorno erano verdissimi, i
capelli corti, neri e scombinati e un sorriso dolcissimo e
strafottente, perennemente divertito che sembrava quasi prenderti in
giro.
Si, ci separavano trentuno centimetri di differenza, ma fanculo, mi piaceva troppo.
Mi separai dalle sue labbra e gli sorrisi.
“Ti amo, lo sai?”
“Meno male, altrimenti mi sarei fatto due ore e mezza di
macchina senza un motivo” Mi baciò ancora e di nuovo.
“Ah, e per la cronaca, ti amo anche io” aggiunse dopo un
po’ e io lo baciai ancora una volta.
Stacey P.O.V.
Quando arrivai, tardi come sempre, la mia attenzione fu attratta
quasi subito da un energumeno che stringeva Meg fra le braccia. Ah
Trevor. Cazzo, era abominevole quell’uomo….
E poi era Matt quello enorme, eh?
C’era da dire che erano dannatamente carini e dolci. Si
lanciavano degli sguardi dolcissimi (fra un controllo delle tonsille e
l’altro, certo).
La mia attenzione fu attratta dal mio omaccione senza maglietta
che si sbracciava per salutarmi, come fanno i bambini al parco, per
farsi vedere dalle mamme mentre vanno sullo scivolo.
Sorrisi divertita e lo salutai con un gesto della mano. Sembrava volesse raggiungermi, ma doveva girare la sua scena.
Per un attimo tornai a guardare la coppietta felice, ma fui
distratta dallo scricchiolare di una mascella che conoscevo pure troppo
bene.
“Brian! Mai pensato a un po’ d’olio? La tua
mascella cigola” dissi guardando il chitarrista, poco distante da
me con una faccia da funerale inaspettato.
“Cos..? Ah, ciao Sty, ok” Non aveva sentito un cazzo,
come al solito. Seguii il suo sguardo e mi resi conto che fissava
convulsamente quei due che si scambiavano effusioni.
Gli poggiai una mano su una spalla e mi guardò.
“Brian, che ti prende?” fece una faccia afflitta e abbassò lo sguardo.
“Io no, è che…… devo andare” e si
dileguò, urlando il nome del suo batterista come se non ci fosse
un domani.
Ma che diamine…..?
Bah.
“Stacey!” “Woh Zack” e fui distratta dalle
chiacchiere del chitarrista e dalla sua voglia di ripassare un paio di
tatuaggi un tantino sbiaditi.
Margareth P.O.V.
Stavamo girando la scena di Zack e Gena. JD al mio fianco osservava in religioso silenzio insieme a me.
Io fumavo distrattamente guardando si e no lo schermo davanti a me.
Avevo voglia di andare in albergo da Trevor. L’avevo spedito
via da poco, perchè era davvero stanco e adesso avevo voglia di
raggiungerlo.
Beh, erano le quattro di mattina e ancora non avevamo finito.
Era l’ultima scena della giornata, Christ se n’era
già andato e Matt che puntava nella nostra direzione credo
avesse le stesse intenzioni. Si avvicinò a Stacey e le
mostrò un sorrisone abbagliante. La riccia al mio fianco non
rispose, semplicemente sorrise anch’essa e si dileguarono
bofonchiando appena un “ci si vede domani”.
Di fianco mi arrivò Jim che con una faccia assurda mi fece un inchino e parlò con un tono assurdamente ridicolo.
“Signorina, permette questo ballo?” Mi piazzai la
sigaretta fra le labbra e poggiai la mano sulla sua. Dopo tre secondi,
ci rendemmo conto che non sapevamo nemmeno come si mettessero le mani.
“Ma come cazz…? Jim sei un imbranato”
“Eh beh, meno male che ci sai fare tu, eh” Vidi una
mano poggiarsi sulla spalla di Rev e seguii con lo sguardo il braccio
tatuato fino ad individuarne il proprietario.
Brian, con una faccia leggermente scocciata, scansò
l’amico con uno “Scusa eh” e si posizionò
davanti a me, stringendomi con una presa sicura e poi piazzandosi la
mia sigaretta, quasi al termine, fra le labbra.
Si portò la mia mano su una spalla, posò la sua
nell’incavo della mia schiena facendoci più vicini e fece
un sorriso divertito.
Dopo uno sguardo cominciò a ballare trascinandosi dietro me
in modo sinuoso ed elegante come se fosse un grande ballerino. Beh, era
bravo e stava facendo ballare me che in coppia mi muovevo come un
grillo zoppo.
“Dove hai imparato?”
“Sorpresa, eh? Sono un gentleman, io” disse convinto.
“Seh, con quale dito?”
“Quello medio” fece ovvio.
“Oh, capisco”
Continuammo a ballare per un po’ e andò tutto alla
grande, fin quando non ebbe la brillante idea di farmi fare una
piroetta per poi lasciarmi la mano di qualche centimetro. Un giramento
di testa dovuto ad un calo di zuccheri e alla stanchezza mi fece
perdere l’equilibrio.
Esclamai chiaramente un “Ok, cado” prima di tirare una
culata al suolo. Mi ritrovai seduta sul cemento levigato, ridendo.
Brian si accovacciò osservandomi preoccupato, mentre tirava
l’ultima boccata alla sigaretta e poi la tirava via lontano.
“Ti sei fatta male?”
“Nah, sto bene”
“Dai, andiamo a sederci” mi prese la mano e mi
tirò sopra. Andammo nel suo camerino e ci buttammo sul divanetto
verde, uno di fianco all’altro.
Si spaparanzò chiudendo gli occhi mentre io mi girai di
lato e poggiai la testa su un gomito puntato sullo schienale,
osservandolo.
Era così diverso da come l’avevo lasciato. Anche
caratterialmente era un po’ cambiato, sembrava sorprendersi di
meno, ma fare le stesse stronzate, se non di più.
Gli anni erano passati e lui non era cresciuto, anzi, era
diventato ancora più sbruffone, ma sembrava apprezzare di
più le piccole cose.
Aprì uno degli occhi perfettamente truccati e poco dopo anche l’altro.
“Sei molto stanca” fece guardandomi.
“Abbastanza, non ho avuto il tempo di riposare”
“Ah no?”
“No, sono da poco tornata dal Galles, ho avuto a che fare con i Bullet For My Valentine” Sorrise distrattamente.
“Pure io, sono simpatici”
“Molto, anche se hanno quel detestabile accento…”
“La lingua che strascica non ce l’avrà mai
nessuno come noi californiani” e tirò sopra i pugni, come
una sorta di gesto di esultanza per poi lasciarli cadere mollemente.
“Nemmeno gli italiani scherzano”
“Uhm, forse. Li adoro ai concerti! Saltano, ballano e cantano dall’inizio alla fine” fece esaltato.
“Hanno dei buoni polmoni per stare dietro a Shad” feci io sorpresa.
“Credo proprio di si”
Rimase un po’ in silenzio.
“Il tuo ragazzo è molto… alto” disse poi.
“Un po’”
“Un po’ tanto. E’ più alto di Jim?”
“Si, di un centimetro o due…” risposi io scrollano le spalle.
“Wow…. E io che credevo ti saresti messa con un nano”
“Io credevo che tu ti saresti messo con un’altra
ragazza. Quanti anni sono che stati insieme tu è
Michelle?” scrollò le spalle, scazzato.
“Troppi, mi sa che la lascio”
“E’ dal liceo che lo dici, lo sai?” feci divertita.
“Lo so, ma fa dei pomp… meglio non parlarne con te, và”
Sentii un leggero brivido e vidi l’immagine e la frase sovrapporsi ad un’altra di molti anni prima.
“Ehi, ho avuto un deja vù”
“Probabilmente ne avremo già parlato quando gli anni che stavamo insieme io e Mich avevano una sola cifra”
“Sono dieci anni?” feci scandalizzata, no, mica erano così tanti.
“Era per dire, non credo…. spero di no, cazzo!”
“Devo chiedere a JD, più o meno state insieme da
quando stanno insieme lei e Matt, giusto?” Scosse la testa
distrattamente e semi disperato.
“Da prima, se non ti ricordi…. facevamo tira e molla
già prima che Stacey si trasferisse da Orlando” fece
scocciato.
“Cazzo” Emisi sorpresa, mica lo ricordavo.
“Già” bofonchiò e chiuse gli occhi, poggiando di nuovo la testa quasi contro il muro.
Mi avvicinai e presi a disegnare il suo profilo con la punta delle
dita, fermandomi soprattutto nel tratto fronte- punta del naso. Volete
far dormire Haner? Ecco il trucco. Parte in tempo record.
“Oh Meg, avrei proprio bisogno di una dormita” fece
divertito strascicando le parole, segno che stava già partendo.
“Si vede….” Aprì gli occhi di scatto,
già diventati leggermente rossi e mi mise le mani in vita,
facendomi sedere sulle sue gambe. Rimasi interdetta a quel gesto: non
era mai stato troppo espansivo con me, perdeva troppo tempo a chiamarmi
“cesso” o simili per poter fare una cosa del genere.
Dopo meno un attimo d’imbarazzo, calcolai quanto era comodo
e mi poggiai col gomito sulla sua spalla, riprendendo a tracciare il
suo profilo, ma stavolta lui aveva gli occhi socchiusi e mi guardava
con un sorriso dolce.
Dio Haner quanto sei bello…..
Oh cazzo. No, momento, cos’è che ho appena pensato? Haner?! Bello?!?! Oh cazzo.
Lui continuava a guardarmi con quelle spettacolari pozze color
cioccolato, talmente liquide e dolci da potervisi perdere….
Perché continuo a parlare così di Haner?
“Perché te ne sei andata” Sospirò ad un
certo punto, ma non era una vera domanda, era parecchio retorica.
Sospirai e non risposi, perdendomi a fissare un punto casuale del suo viso.
“Sono passati tanti anni… sono cambiate molte cose, sai?”
“Ad esempio?”
“Io” aggrottai leggermente le sopracciglia, guardandolo negli occhi.
“Non così tanto come credi”
“Oh si, invece, e anche tu, solo che non te ne rendi conto”
“Ho solo perso un po’ l’abitudine” mi giustificai.
“Oh, capisco… Che ne pensi se qualche volta usciamo?
Io e te da qualche parte a bere birra e ridere delle coppiette come ai
vecchi tempi”
“Brian, non abbiamo più quindici anni, lo sai?”
“Diamine se lo so…..”
Rimanemmo ancora un po’ così, in silenzio, e ci addormentammo entrambi.
Continuai a dormire con la testa poggiata sulla sua spalla fin
quando il suono della sirena non annunciò che le riprese erano
finite e la porta del suo camerino si aprì di colpo, facendoci
sobbalzare.
Era Michelle. Mi lanciò un’occhiata al vetriolo mentre mi stiracchiavo e mi sollevavo dalle gambe di Brian.
“Abbiamo finito” annunciò la bionda, guardandomi malissimo.
“Dai forza, è pure ora di andare. Diamine Bri, sembri uno zombie” dissi sistemandomi i capelli.
“Perché non ti sei vista tu, Kitty”
“Fanculo, Haner”
Quando il taxi fermò davanti al mio albergo erano le sei del mattino.
Arrivai fino in camera, mi spogliai e mi buttai sul letto,
stringendomi all’imponente figura di Trevor che dormiva
beatamente.
Mi svegliai parecchie ore più tardi, sola nel mio letto.
Erano quasi le due del pomeriggio, era anche plausibile che Trevor
fosse andato a fare come minimo due pasti.
Difatti sul comodino trovai un suo biglietto.
-Visto che è l’una e che stai ancora dormendo direi
che hai saltato anche il pranzo. Non preoccuparti, sono in giro con
alcuni miei vecchi amici. Quando ti riprendi, chiamami. Trevor
*cuoricino*
PS: non credertela per il cuore, l’ho fatto solo perché mi piace il modo in cui bofonchi il mio nome mentre dormi-
Sorrisi distrattamente mentre gli scrivevo un messaggio col cell.
Mentre scavavo nella valigia per trovare qualcosa da mettere, il mio
cellulare avvisò che era arrivato un nuovo messaggio.
Subito mi precipitai, sorpresa del fatto che Trevor avesse sentito
subito il cellulare (spesso e volentieri viveva nel suo mondo
più di me).
Difatti non era Trevor, era Brian. Possibile che avesse ancora lo
stesso numero? E io che ero convinta che l’avesse cestinato.
Perchè quando si diventa famosi è sempre così: la
prima cosa che fai è cambiare numero telefonico.
-Mi sono fatto dare il tuo nuovo numero da Wayne. Non ti dispiace, vero? Ma certo che no.
Io pretendo ancora la nostra uscita. Fammi sapere.
Ah, comunque sono Brian-
Mentre prelevavo un’enorme T-shirt dei Lakers dalla valigia
(maglietta che mi era costata tante di quelle occhiatacce e battutine
dal mio ragazzo, accanito tifoso dei San Diego States) chiamai Brian.
“Pronto?”
“Haner! Sono a sua disposizione”
“Uh, bene” fece in tono malizioso e mi spaventai.
“Signor Gates, da quando mi parla con questo tono?”
“Sssh, era per dire, sei sempre la solita tappa cessa”
“E tu sempre il solito coglione. Almeno il tuo culo è
ancora pallido come me lo ricordo o ti sei lampadato e tatuato pure
quello?”
“Nah, bianco sempre come le tette che non hai mai avuto”
“Eh no caro mio, quelle mi sono cresciute, non puoi dire il contrario” feci afferrando un paio di shorts di jeans.
“Okok, lo ammetto, hai messo su un minimo di davanzale. Allora, ci stai ad uscire con me?”
“Anche subito, devo mangiare”
“Ancora non hai pranzato?”
“Non ho nemmeno fatto colazione” Sghignazzò divertito.
“Nemmeno io”
“Perfetto! Sei a Los Angeles?”
“Sure, baby” disse convito.
“Allora passa al Plaza fra una mezz’oretta. Il tempo di farmi una doccia”
“Non mancherò” e riattaccò prima di salutare.
Classico di Haner, mai una volta che chiudesse una chiamata in modo decente.
Buttai il telefono sul letto e m’infilai in bagno con i vestiti puliti in mano.
Dopo una bella doccia di cui avevo decisamente bisogno, un filo di
eyeliner con un po’ di ombretto viola chiaro sfumato in modo figo
sugli occhi, matita sotto, un po’ di piastra per gestire quel
frangettone malefico. Mentre afferravo la borsa e gli occhiali da sole,
squillò il telefono della stanza, avvertendomi che un certo
Brian Haner mi stava aspettando alla reception.
Maglietta grigia enorme dei Lakers con lo scollo che avevo fatto
io con un paio di forbici in una giornata troppo calda, shorts di jeans
mezzi sfilacciati, converse basse e nere con un paio di scritte,
parecchio vissute, borsa color vinaccia e i miei spettacolari occhiali
a caramella sul naso.
In pratica non avevo un minimo di senso, sembrava che mi avesse vomitato addosso l’armadio, come al solito.
Brian aveva un cappellino con la visiera stranamente girata in
avanti, un paio di Ray Ban a goccia con le lenti a specchio, un bermuda
grigio pieno di tasche, una maglietta a caso della Syn Gates Clothing e
un paio di discutibili infradito di gomma.
Si gente, Brian Haner vive di infradito, ancora un po’ e li userebbe pure per fare i concerti.
Personalmente, abolirei volentieri quegli orrori, sia per donne che per uomini.
Appena mi vide, mi sorrise da dietro gli occhiali da sole e dopo
un mezzo abbraccio ci dileguammo per le strade di Los Angeles per
cercare un posto in cui mangiare.
Alla fine ci ritrovammo in un ristorante cinese a mangiare pollo alle mandorle, involtini primavera, tempura e gelato fritto.
“Il pollo è meglio di quello che ho mangiato in Cina, diamine” fece convinto Brian.
“Sei stato in Cina?”
“Si, l’anno scorso, un paio di date. L’anno prossimo dovremmo tornarci”
“Figo! A me l’Asia manca ancora. In compenso mi sto girando Europa e Africa del nord in lungo e in largo”
“Ah si?”
“Si, molte pop star esaltate vanno matte per il deserto o
gli scenari arabi e quando sono pieni di soldi, ci tocca fare quello
che dicono”
“Dev’essere un bel lavoro il tuo” disse convinto.
“Tu ti conosci, Haner, pensa avere a che fare 365 giorni
l’anno con gente esaltata trecento volte più di te, piena
di soldi, patinata più di una copertina di Playboy e che si
crede in cima al mondo”
“Improvvisamente concerti annullati, teatri che ti cadono
addosso e intervistatori che vogliono sapere pure quanti peli hai in
culo non mi sembrano poi così male….”
Risi distrattamente.
“Dai, non parliamo di lavoro…. Come te la stai passando?”
“Al momento alla grande, il cd è una gran
figata… Oh, a proposito, questo è per te” Mi porse
la custodia di plastica in cui c’era un cd vergine su cui, con un
pennarello blu era scritto “Avenged Sevenfold”.
“E’ una copia in esclusiva. In totale ne sono state diffuse
nove per il momento: una a testa per noi della band, una per la nostra
casa discografica, una per il manager, una per Valary e una per
te”
“Wow… grazie! Appena posso lo ascolto”
“Figurati, ci tenevo che lo avessi. Hai sempre avuto
un’anteprima, prima dell’uscita ufficiale, non volevo
interrompere la tradizione” Sorrisi e infilai il cd nella borsa.
“E quindi nuovo cd, nuovi capelli..”
“Ti piacciono?” fece passandosi una mano sulla nuca.
Non era da molto che aveva abbandonato i capelli lunghi per quel nuovo
taglio che dava l’impressione che avesse messo le dita nella
presa della corrente.
“Molto, ci stai davvero bene”
“Anche tu stai alla grande con la frangetta… e questo
colore.. Wow, non pigliarmi per culo se inizialmente non ti ho
riconosciuto”
“Ma dai, certo che ti piglierò per culo!”
“Ehi! Qualche anno fa non eri così, mentre
adesso…. porca miseria, sei uno schianto, Meg!”
Sbottò convinto e io rimasi interdetta.
“Haner”
“Si?”
“Mi stai sul serio facendo un complimento?”
“Si, ma non ti ci abituare” Scrollai le spalle.
“Va bene, però questa è una data da ricordare”
“Ok, segnatela pure. Ehi, però dopo il cinese andiamo a farci una birra, vero?”
“Assolutamente si”
Mentre mettevo del tempura nel mio piatto, buttai l’ennesima frecciatina.
“A quando le nozze che Michelle?” Brian rischiò
di strozzarsi e cominciò a tossire. Dopo un paio di pacche e
qualche sorso d’acqua, sembrò riprendersi.
“Macchè, scherzi? Io quella non me la sposo nemmeno se mi pagano”
“Gates, state insieme da prima che Jim scoprisse la marijuana” alzò al testa e mi guardò.
“Adesso non esageriamo” fece serio.
“Ok, in effetti sto esagerando… Però state
insieme da una vita, da prima che esistessero i sevenfold, cazzo! Se
non ti decidi a lasciarla, finirete in breve al matrimonio”
sgranò gli occhi e si passò una mano sul viso.
“Mio Dio…. dovrei decidermi. Il problema è che non ci riesco”
“Perché?”
“Perché….. perchè te lo spiego
un’altra volta, uhm? Io adesso voglio il gelato fritto. Quando si
muovono?”
Gli lasciai sviare il discorso, forse non ne voleva parlare al momento e lo capivo.
Finito il gelato fritto, Brian attaccò una storia sul
pagare lui il conto e non avendo voglia di battibecchi inutili lo
lasciai pure fare.
Usciti da lì mise un braccio sulle mie spalle, stingendomi
a sé e si guardò attorno. Gli occhiali che pendevano
dallo scollo della maglietta.
“Allora, tesoro, birra time?”
“Direi di si, Synyster”
“Ok, alla ricerca di un bar!”
Passammo un bel pomeriggio, come non ne passavamo davvero da anni
e fu bello tornare adolescenti per un pomeriggio. Scherzare e ridere,
seduti in modo scomposto su una panchina con i fan che lo fermavano e
qualcuno che sperava che fossi la sua nuova ragazza. A quella domanda
ci guardammo e scoppiammo a ridere.
“No, tesoro, lo conosco troppo bene per mettermici
insieme” feci tranquilla, ma finii anche io nelle foto di quelle
ragazze col loro idolo.
Quando ci lasciarono in pace, tornammo a sederci e lo guardai.
“Quando avevamo quindici anni questo non succedeva”
“Ehi, vuoi mettere tutte le ragazze che mi correvano
dietro?” gli tirai una pacca sulla spalla che lo fece sbilanciare
da sopra la panchina.
“Adesso non esageriamo, uhm? Ok che ti venivano dietro delle povere orbe, ma mica così tante come ora”
“Ma ci pensi a quanta gente vorrebbe scoparmi? E’ fantastico!” fece esaltato e io feci una smorfia.
“Io lo trovo quasi raccapricciante, ma vabbè”
dissi scrollando le spalle e lui mi liquidò con un gesto della
mano.
“Andiamo, chi non vorrebbe scoparmi?”
“Io” sentii una sorta di punta allo stomaco come se
avessi detto una bugia e pensai seriamente di essere sul punto
d’impazzire.
“E Zack” aggiunsi dopo un po’ con una faccia di sufficienza.
Lui alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Si guarda, tolti voi due, il resto della band e
probabilmente, JD e la mia famiglia, il resto del mondo vuole
scoparmi”
“Certo, Micheal Jackson non aspetta altro che infilarsi
sotto le tue lenzuola. Oh, e occhio a Marilyn Manson, ce l’ha la
faccia da maniaco da strani giochetti a letto”
La faccia raccapricciata di Haner fu epica. Probabilmente si era
visto piegato a novanta, legato e imbavagliato, mentre il grande Manson
lo frustava con un frustino da fantino o qualcosa di simile.
“Mio Dio, da questo momento in poi se mi troverò in
situazioni imbarazzanti con un’erezione impertinente,
saprò come rimetterla al suo posto senza bisogno di andare in
bagno”
“Oh, direi che è un bene, no?”
“No, decisamente no. Se la prossima volta che scopo mi salta
in mente quella scena, sappi che ti riterrò responsabile di
un’eventuale cilecca” Aggrottai le sopracciglia.
“Non oso immaginare come poi me la faresti pagare” il
sorrisetto depravato che dipinse le sue labbra non mi fece presagire
nulla di buono.
“Oh, tranquilla che qualcosa la troverò… in un modo o nell’altro”
“E questo che mi preoccupa”
“E fai bene”
Eh-ehm v.v
Saaaaaaaaaaaalve! :D
Ed ecco questo nuoooooooooooovo capitolo v.v
Avrei una notizia non esattamente felice da darvi….
Questo è l’ultimo capitolo COMPLETO che ho ._.”
Il ché vuol dire che se non comincio a pregare per il ritorno dell’ispirazione, sto co i cazzi .-.
Ho qualche spezzone sparso qua e là e una mezza idea per il prossimo chap, ma bohhh DDD:
Non uccidetemi, vi prego c.c me vi vuole bene <3
A proposito di questo…. IO VI AMO. Si, voi lì, quelle otto recensioni dello scorso capitolo *-*
Ah, siete fantastiche, ragazze, sul serio!
ABBIAMO SUPERATO LE 100! *-* è la prima volta che mi capita :’) sono emoZZionata *v*
Bene, adesso mi dileguo :3
Bye bye
The Cactus Incident
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Capitolo 28 *** Chapter 27 ***
sch chapter 27
Meg P.O.V.
Girai le chiavi nella toppa e mi chinai a baciare il pavimento del
mio appartamento. Davvero, erano almeno due mesi che non lo vedevo.
“Oh, casa dolce casa” dissi inginocchiandomi sul
pavimento mentre aspettavo che arrivasse il mio cane a farmi le feste.
“Si, però adesso tirati sopra che devi svuotare le valigie” disse Trevor divertito girandomi attorno.
“Lo faccio domani, sai che mi frega. Dov’è
Potter?” mi guardai attorno alla ricerca del mio Labrador nero,
ma non si vedeva da nessuna parte.
“L’ho lasciato da Tess” Tess era la sorella di Trevor, era spostata e con due figli.
Aveva una pasticceria a San Diego e una casa molto grande. Fra
l’altro i suoi figli adoravano il mio cane e mi chiamavano zia.
“Oh giusto, non potevi mica lasciarlo qua” mi tirai
sopra e portai le valigie nella stanza da letto. Non ero stanca, quindi
c’infilammo nel grosso 4x4 di Trevor e andammo da sua sorella a
recuperare il cane.
Tess mi salutò calorosamente come al solito e ci disse di
andare a casa dove avremmo trovato i bambini. Per un attimo mi chiesi
perchè non fossero a scuola, poi mi resi conto che eravamo a
luglio.
Luglio. Il cd dei ragazzi sarebbe uscito ad ottobre e io
già ce l’avevo, pure se non l’avevo ancora
ascoltato. In tempo scarseggiava spesso, per me.
Tess era sempre gentile. Era decisamente più bassa dal
fratello e un tantino rotondetta, con dei dolci occhi verde foresta e i
capelli castano scuri, quasi neri molto folti, sempre tenuti in una
treccia ordinata.
Quando arrivammo a casa sua, i due figli, Jake e Martin ci saltarono al collo.
Erano due gemelli di undici anni, ma Jake aveva i capelli quasi
neri e gli occhi verdi, come la madre, mentre Martin era biondo
rossiccio con gli occhi grigi, come il marito di Tess, Josh, e alto una
spanna più del fratello.
Mentre Trevor appendeva a testa in giù sotto il suo
braccio, Jake che sghignazzava divertito, Martin venne a salutarmi e
poi mi guardò dubbioso e con le braccia incrociate. Potter
arrivò di corsa ed evitargli di saltarmi addosso fu difficile.
“Potter ha vomitato di nuovo” disse Martin mentre carezzavo la testa del mio cane.
“Cazzo” mi lasciai sfuggire. Se Tess mi avesse
sentito, mi avrebbe fatto lo scalpo, ma Martin non sembrava tanto
scandalizzato.
“Già, non ho capito cosa Trevor gli dia da mangiare,
ma ha passato tutta la prima giornata che è stato qui a
lamentarsi”
“Beh, per farmi perdonare ho una cosa per te” subito si aprì in un mezzo sorriso.
“Che genere di cosa?”
“Del genere che ti piacerà” afferrai la busta e
gli porsi il pacco blu col fiocco rosso, dalla forma più che
ovvia. Strappò la carta e il suo sorriso si spalancò
mostrando un buco dove stava spuntando un dente nuovo.
“Uno skateboard nuovo!”
“Il tuo non sta più in piedi, abbiamo già
dovuto rimontargli tre volte la base. Questo è bello nuovo e poi
giralo” la parte di sotto era completamente disegnata.
“Lo hai disegnato tu?!” chiese elettrizzato. Ci avevo
aerografato il suo nome in stile graffito, mi ero fatta aiutare da
Stacey.
“Eh si, scricciolo. Ti piace?”
“E’ bellissimo!” disse abbracciandomi.
“E a me niente?” chiese Jake piccato, ancora sulla
spalla di Trevor. Il mio ragazzo gli diede una scrollata e lo rimise in
piedi.
“Ce ne uno anche per te, ometto” disse Trevor
indicandomi con la testa visto che in mano avevo un secondo pacco, con
la carta rossa e il fiocco blu.
Dopo un bel “Grazie zia Meggie” in coro arrivò anche Tess e quando vide gli skateboard mi guardò male.
“Oh, che belli! Ma perchè li riempi sempre di regali?” scrollai le spalle e misi le mani in tasca.
“Al loro compleanno ero in Galles, glieli dovevo”
risposi tranquilla e lei fece una smorfia. Era molto grata per i regali
che avevo fatto alle due pesti, ma non le piaceva che spendessi soldi
per i suoi figli.
“Ma non gli devi proprio niente”
“Ci tengo, davvero, sono troppo simpatici” sospirò.
“Grazie tante, Martin rischiava di farsi male ancora di
più. L’altra volta ha perso una rotella mentre faceva uno
di quei salti assurdi e c’è mancato poco che non si
rompesse l’osso del collo”
Sul divano di casa, Trevor, Martin e Jake studiavano gli
skateboard divertiti, comparando i particolari dei disegni e buttandosi
in una competizione a “Tanto è più bello il
mio!” tipica di ogni fratello.
Anche se non avevo avuto un fratello naturale, sapevo bene in cosa
consisteva quella sorta di competizione morbosa. Era una cosa fissa fra
me e Jimmy o fra me e Brian… oppure tutti e tre. Eravamo
cresciuti insieme, tutti insieme ed era ovvio che talvolta
dimenticassimo di non essere fratelli.
Questo succedeva da piccoli, ormai le cose erano cambiate. Per
Brian e Jimmy forse non tanto, ma io ormai ero stata quasi
“tagliata fuori” dalla santissima trinità, come ci
chiamava sempre mia madre.
“Mi ha detto Martin che Potter ha vomitato” dissi a Tess, cambiando argomento e lei sbuffò.
“Si, credo che mio fratello ancora non abbia capito come dare da mangiare a un cane” scrollai la testa.
“Non è per lui, è già tanto che non me
l’abbia ammazzato, ma io non ho mai il tempo per
occuparmene”
“Sei sempre in giro, è normale” sbuffai e misi il guinzaglio a Poter.
“Forza, credo sia ora di andare a casa, ormai, devo ancora disfare le valigie”
“Si, forse è meglio” salutammo le due pesti e ce ne tornammo a casa.
“Erano davvero belli gli skateboard, ai ragazzi sono piaciuti tantissimo”
“Eh si, mi ha aiutato Stacey”
“Perché non ne hai fatto uno anche a me?” alzai
gli occhi al cielo divertita. Avevo pensato anche a lui, erto, solo che
era una sorpresa e che sarebbe arrivata per posta fra un po’.
“Perchè sei un ciuccio vecchio e se ti rompi una mano
non suoni più” mi fece una smorfia a cui risposi con una
smorfia e continuò a guidare fino a casa.
Una volta disfatte le valigie decisi che era ora di fare un bagno
a Potter, così lo ficcai nella vasca e cominciammo la lotta.
Alla fine io ero più bagnata di lui, ma almeno adesso aveva un buon odore.
Andai a buttarmi sul divano, vicino a Trevor che armeggiava al pc,
con gli occhiali da lettura sul naso. Erano molto simili ai miei, solo
un po’ più massicci e con la montatura grigio scuro.
Strinsi le braccia attorno al suo torace e posai il viso sul suo petto.
Trev odorava sempre di buono, anche quando fumava. Su di lui
l’odore delle sigarette si attaccava in modo diverso, più
leggero e non impregnava del tutto gli abiti.
Gli diedi un bacio sul petto e la sua mano si spostò sui
miei capelli, carezzandomi la testa. Fece scivolare il portatile sul
tavolino e mi avvolse con le braccia.
“Cosa? Voglia di coccole?” sussurrò fra i miei capelli.
“Non sarebbe una brutta idea…” feci scivolare
le labbra fino a raggiungere il suo collo e sfiorai il tatuaggio che
tanto mi piaceva.
Ho sempre trovato sexy i tatuaggi sul collo, sia di lato che
dietro. Davanti no, erano terribili e mi davano un senso di
soffocamento.
Le mie mani scivolarono sui suoi fianchi mentre torturavo quel lembo di pelle colorata.
“Mmmh…. se fai così non so se ho voglia di fermarmi alle coccole, sai?”
“E allora non farlo, non mi offendo” fece scivolare una mano sulla mia coscia, facendomi sedere sulle sue gambe.
In breve si portò le mie gambe intorno alla sua vita e si alzò.
“Forse conviene spostarsi in camera, uh?”
sospirò con voce bassa sulle mie labbra e annuii mentre spostavo
le braccia attorno al suo collo.
“Ti piace parecchio il surf?” chiesi dopo un po’.
“Parecchio, è uno sport interessante. La tua
città è davvero l’ideale, devo ammettere, meglio di
San Diego”
“Huntington è il paradiso del surf, quattordici
chilometri di spiaggia in cui è possibile surfare quasi
ovunque”
Camera da letto, sotto le lenzuola, petto di Trevor sui cui
spiccava una maschera giapponese tatuata in maniera eccellente di cui
io continuavo a ripassare i contorni con la punta del dito.
“Che ne dici se qualche volta andiamo ad Huntington? Mi
piacerebbe vedere dove sei cresciuta…” In effetti non ci
eravamo mai andati insieme. Era capitata qualche visita sporadica
quando mi trovavo da quelle parti, ma col video dei sevenfold non ne
avevo avuto occasione.
“Uhm, si, credo si possa fare” dissi tranquilla.
“Quanto tempo è che non vedi tua madre?” chiese
tranquillo e dovetti pensarci parecchio, senza comunque riuscire a
ricordarlo. La mia memoria non era mai stata un granché.
“Un secolo, diamine”
“Sarebbe fico conoscerla”
Alzai la testa guardandolo in viso.
“Che hai in mente, punk?” chiesi indagatoria e lui alzò le mani in segno di resa.
“Niente! Perdonami se voglio conoscere la donna che ha generato quella che è mia ragazza da tre anni”
“Cazzo stiamo davvero insieme da tre anni?” chiesi io sgranando gli occhi.
Diamine, credevo di meno…..
“In modo fisso, si. Se poi contiamo dalle prime sporadiche scopate….”
“Ecco, quelle sorvoliamole, magari”
“Perché? Eri sexy” disse divertito.
“Perché adesso faccio schifo?”
“No, adesso sei più sexy, sei mia” per
rafforzare il concetto fece scivolare una mano sulla mia gamba e la
fece risalire su per la mia schiena.
“Mmm…. quando vorresti andare?” chiesi avvicinando il viso al suo.
“Tu quando hai tempo?” chiese mentre le sue labbra
risalivano sul mio collo e invertiva le posizioni. Ci pensai qualche
secondo.
“Adesso”
“Piena estate?” Chiese stranito. Era strano che non
avessi da fare a luglio, in effetti, ma avevo un buco di un paio di
settimane.
“Per me sarebbe perfetto. Potresti conoscere per bene anche
i ragazzi! Tu?” Sapete cosa vuol dire che durante le riprese del
video al massimo aveva incrociato al strada a Jimmy?
“Certo che sono disponibile” feci scontrare le labbra con le sue.
“Perfetto”
Stacey P.O.V.
Quelle tavole mi piacevano un sacco.
Erano semplicemente perfette per il cd dei ragazzi, davvero.
Continuavo a guardare le anteprime che aveva portato Matt a casa, studiandone tutti i particolari.
“Allora? Che te ne pare?” chiese Matt da sopra la mia spalla.
“Che sono fantastiche, davvero. Ma chi lei ha fatte?” Lui scrollò le spalle.
“Boh, un qualche amico di Cam, mi pare, lui era troppo
impegnato e allora ci ha passato il nome di questo illustratore”
“Mi piace, dovrei parlare con Cam, voglio conoscerlo”
dissi continuando ad osservare gli angeli per “afterlife”.
Erano tutte illustrazioni che sarebbero andate nel libretto del cd con
i testi delle canzoni.
“Devi parlare con Zack, se non sbaglio dovrebbero
incontrarsi. Lui vuole una mano per la Vengeance University”
Annuii e posai tutti i cartoncini sul tavolo, vicino al suo fianco.
Si era quasi seduto sul tavolo della cucina dove stavo osservando le tavole.
“Questo cd sarà fantastico, ne sono certa”
dissi convinta e lui mi guardò divertito con le braccia
incrociate la petto che mettevano in tensione la maglietta leggera sui
suoi pettorali.
“Anche se non ti piace Critical Acclaim?” chiese divertito e io provai a giustificarmi.
“Io non ho mai detto che non mi piace, solo che non…”
“Non ti piace, ammettilo” continuò e mi arresi.
“Non molto, in effetti” sorrise divertito mettendo in mostra le sue fantastiche fossette e sorrisi a mia volta.
“Devo parlare con Zack, quindi”
“Direi di si”
“Tu hai qualche impegno?”
“Si, Jimmy ha non so quale idea per una bonus track”
“Figo”
“Eh si, ma fra almeno due ore” e mi rivolse la sua
miglior faccia da pervertito. Sorrisi e quasi si sedette sulle mie
gambe, prendendomi l viso fra le mani e cominciando a baciarmi.
SI separò appena per riprendere fiato e mi resi conto che suonava il telefono.
“Lascia perdere” sospirai e lui sorrise
“Guarda che è il tuo”
“Meglio ancora” e mi spinsi di nuovo contro le sue
labbra mentre lui affondava maggiormente la mani nei miei lunghi
riccioli di un bel blu intenso, sfiorandomi il collo con la punta delle
dita.
“Pesi un accidenti, lo sai?” bofonchiai divertita
contro le sue labbra, mentre le mie mani si stringevano sulla sua
schiena.
“Uh uhm” annuì poco convinto mentre liberava il
mio collo dai capelli e cominciava a sfiorarlo con le labbra, intanto
il telefono continuava incessantemente a suonare.
A un certo punto Matt sbuffò e sollevò il viso dal mio collo.
“Mi rifiuto di fare sesso con Never Too Late come
sottofondo” sbottò. Allungò una mano e
afferrò il mio telefono. Osservò il nome sul display e mi
passò il telefono.
Io ero ancora allibita, ma risposi mentre lui riprendeva a torturarmi il collo.
“Pronto?”
“Era ora! E’ la terza volta che chiamo!” sbuffai pensamentemente.
“Meg che vuoi?”
“Momento sbagliato?” Matt sghignazzò sul mio collo e sbuffai.
“Esattamente” dissi secca.
“Scusa”
“Parla”
“Sto arrivando” sbottò pratica e non capii.
“Dove?”
“Come dove! Ad Huntington!” Ci mancò poco che
non tirassi una testata a Matt perché anche lui aveva sentito.
“Davvero? E’ fantastico!” Matt non mi sembrava tanto d’accordo.
Fra non molto avrebbero ricominciato con i concerti e questo era
l’ultimo periodo che avremmo passato insieme prima del grande
tour che stavano preparando.
“Eh si, vabbè, sappi che sento quel toro di tuo marito che respira nel telefono, ci sentiamo dopo, eh”
Stavo per ribadire per l’ennesima volta che non siamo
sposati, ma attaccò prima di darmene la possibilità.
Chiusi il telefono e lo mollai sul tavolo.
Matt mi guardò con aria poco felice.
“Dai, è Meg!”
“Lo so, ma Brian non c’è, quindi starà con te”
“Mio Dio sei geloso?” chiesi divertita e lui s’imbronciò come un bambino.
“Non sono geloso, ma fra un po’ finirò su un pullman con quei quattro stronzi per chissà quanto”
“Si, ma questo non avverrà nell’immediato
futuro” dissi lanciandogli un’occhiata eloquente, mentre
gli carezzavo l’interno coscia col pollice. Matt sembrò
vacillare, per poi mandarsi a fanculo da solo e riprendere da dove
aveva interrotto quando aveva chiamato Meg.
“Te l’ho già detto che ti amo, vero?”
“Si, credo di si”
Quando Meg arrivò, andammo subito a romperle i coglioni alla casa che avevano affittato per un paio di settimane.
“Ragazzi! Non ci avete messo molto” dissi mentre
entravo e Travor mi salutò con un mezzo abbraccio. Se solo
avesse voluto, avrebbe potuto stritolarmi.
“Che bello rivederti”
“Lo stesso vale per me” e lo sorpassai, andando dalla mia amica
Matt sembrò guardarlo un attimino perplesso.
Li guardai uno di fronte all’altro e mi resi conto che
Trevor era di una spanna più alto di Matt, cazzo. Il più
alto sorrise gentile e gli offrì la mano.
“Tu devi essere Matt, immagino” il mio ragazzo si
riprese e sorrise, stringendo la mano che l’altro gli offriva.
“E tu Trace”
“Trevor” lo corresse l’altro mentre lasciava la presa.
“Scusami, coi nomi faccio schifo” si giustificò
e Trev rise divertito. Li lasciai a fare conversazione mentre io andavo
da Meg.
“Allora, come procede?” chiese lei e per un attimo non capii. “La tavola” specificò.
“Alla grande, ho quasi finito. Devo solo levigarla, con la
resina protettiva ho finito” Avevo aerografato una tavola da surf
che Meg aveva intenzione di regalare a Trevor. L’avevamo
progettata insieme e adesso me ne stavo occupando io, sotto pagamento.
“Non credevo ne sapessi tanto” scrollai le spalle.
“Mi sta aiutando un ragazzo che lavora allo studio. Il padre fa quello per professione”
“Oh, capisco”
“Devo farti vedere le tavole per il cd dei ragazzi, mi piacciono parecchio”
“Le hai fatte tu?” chiese stranita. Sapeva bene che quello non era per niente il mio stile.
“Nah, un amico di Cam. Ho parlato con Zack e lo incontriamo oggi pomeriggio”
“Allora credo che domani passerò in studio, va bene?” disse sorridente.
“Perfetto”
“Finalmente ho anche comprato il regalo per Brian, spero gli piaccia…” chiese dubbiosa. Regalo?
Aggrottai le sopracciglia stranita, poi capii.
Quello stronzo non gliel’aveva nemmeno detto.
“Ehm, Meg, Brian non c’è” la mia amica aggrottò a sua volta le sopracciglia.
“Che intendi dire?”
“Due giorni fa sono partiti lui e Michelle per un tour
dell’Europa, tornano il quindici luglio” Meg prima sgrano
gli occhi poi cominciò a tremarle l’occhio sinistro e
sembrò estremamente schifata.
“Brian e Michelle da soli il giorno del suo compleanno? Davvero?”
“Volevano passare un po’ di tempo insieme prima del
tour, è stata un’idea di Haner” a ogni frase Meg
sembrava più stranita.
“Ma Michelle non si fa il tour con loro?” mi strinsi nelle spalle.
“Credo di si, non saprei….” Meg mi sembrò decisamente stranita.
“Bah, ok….. significa che prenderò per me il
suo regalo. Almeno quello stronzo poteva sprecarsi a dirmelo” si
lamentò, piccata.
“Dai, forza, oggi rivedrai tua madre! Non sei contenta?” dissi sarcastica. Lei alzò gli occhi al cielo.
“Eh, le devo anche presentare Trevor. Sono tipo…. Terrorizzata?”
“Andiamo, tua madre stava con James Window, cosa può spaventarla ancora?”
“Ehi, mica sono la figlia di Marylin Manson”
“No però di certo non si farà intimidire da quel wrestler venuto male del tuo ragazzo”
“Non sembra mica un wrestler…” si voltò
a guardarlo, confrontandolo inevitabilmente con Matt. Non credevo che
sarei stata così contenta di qualcuno con un ragazzo più
enorme del mio.
“Ok, forse un pochino”
“Allora dov’è l’appuntamento?” chiesi a Zack mentre mandavo un paio di sms.
“Al Johnny’s” rispose il chitarrista mentre guidava tranquillo per le strade di Huntington fino al bar.
Parcheggiò e una volta entrati ci guardammo attorno alla
ricerca di Cam. Lo trovammo vicino al bancone in compagnia di una
ragazza.
Era minuta e dal fisico quasi etereo, la carnagione più
chiara che avessi mai visto e i capelli cortissimi e neri, aveva un
paio di shorts neri e una t shirt degli NY Yankees , con un paio
di Adidas.
Il trucco era retrò e le labbra di un rosso intenso.
Mentre camminavano verso di loro, mi resi conto che Zack si era fermato sulla porta. Mi voltai e lo guardai.
“Zack… stai sbavando?” si scosse e andò avanti.
“Scusa, stavo facendo fantasie perverse sulla nuova ragazza di Cam” bofonchio.
“Forza, muoviti” lo afferrai per una mano e lo tirai dentro.
Andammo al bancone e Cam mi salutò con un abbraccio.
“Stacey! Quanto tempo che non ti vedo!”
“E’ un bel po’ in effetti. Come stai?”
“Alla grande. Zack! Sei ingrassato?”
“Tu stai diventando sempre più stempiato o mi
sbaglio?” rispose il chitarrista divertito mentre lo salutava con
un mezzo abbraccio.
“La tua nuova ragazza è fantastica” disse buttando un occhio alla brunetta.
La ragazza aggrottò le sopracciglia, poi si distese in un sorriso.
“Non sono la sua ragazza, sono Allison, l’artista che ha fatto le tavole per il vostro album”
Avete presente il lenzuolo della pubblicità dell’Omino Bianco?
Quel lenzuolo che prima è di un grigetto spento/ bianco sporco e che poi diventa bianco bianco.
Questo è quello che successe alla faccia già bianca di Zack: sbiancò.
La parola SESSISTA si accese nella mia mente a lettere
fosforescenti. Alzai gli occhi al cielo e ordinai qualcosa da bere al
barista.
“A-ah….. complimenti.. Allison. Io sono Zack”
“Si, lo so, Cam mi ha fatto avere i tuoi bozzetti”
rispose lei con un sorriso mentre stringeva la mano del chitarrista
“Oh si, giusto” Scansai il mio amica e mi presentai, offrendole la mano.
“Io sono Stacey”
“Piacere. Cam mi ha fatto vedere alcuni dei tatuaggi che hai fatto, sono davvero fantastici”
“Oh grazie”
“A proposito di questo sarei interessata…..”
“Certo, chiama allo studio e fissa un appuntamento, non ci
sono problemi” dissi mentre le offrivo un biglietto da visita.
Lei se lo rigirò fra le mani e lo mise nella tasca di dietro
degli shorts.
Passammo parecchio tempo con Cam e Allison e più guardavo
Zack, più mi convincevo che a breve, Gena avrebbe avuto un paio
di corna nuove fiammanti.
._.’’
Salve.
Dopo tanti secoli (è un mese o tre settimane?) che non aggiorno,
torno all’attacco con questa schifezzetta qui che, fra
l’altro, è pure un capitolo di passaggio ._________.”
però ho introdotto un nuovo personaggio v.v
Meg rosica *ye ye*
Sono una persona ignobile DDDDDD:
BUON NATALE! :D spero che il vostro sia andato meglio del mio
Vorrei dire che il prossimo chap arriverà presto, ma non vi
prometto niente visto che per il momento ho scritto due righi…
ma ho una mezza idea v.v
Spero che non ci sia nessuno che voglia uccidere Allison (lo so,
l’ho descritta come una sorta di gatta morta, ma in verità
è piccola pucciosa e carina )
A tutte le stupende fighe che hanno recensito los corso chap: vi amo
Ringrazio _diable_ per gli auguri di natale *v* (bella lei) e Destroyer
Cactus per aver recensito il flop più cosmico che IO abbia mai
fatto <3
Ok, mi dileguo
adieux e buon capodanno <3
The Cactus Incident
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