Dall'ultima sera in poi: storia di alcune seconde possibilità.

di Thumbelina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giusto prezzo ***
Capitolo 2: *** L'ultima sera ***
Capitolo 3: *** Una scena patetica ***
Capitolo 4: *** Un ultimo, disperato, tentativo ***
Capitolo 5: *** Una brutta nottata ***
Capitolo 6: *** Un brusco risveglio ***
Capitolo 7: *** La cena ***
Capitolo 8: *** Ricordi lontani ***
Capitolo 9: *** Tre individui soli, gli ultimi rimasti ***



Capitolo 1
*** Il giusto prezzo ***


Il giusto prezzo

Quando l’expelliarmus riecheggiò nella stanza, la bacchetta di lord Voldemort saettò svelta dall’altro capo della stanza. Lily Evans ebbe appena il tempo di ricominciare a respirare. Una figura sottile, vestita di nero, avanzava piano dalle luci del corridoio.
- Severus? – fece Voldemort mentre i contorni del nuovo arrivato andavano a delinearsi.
Per Lily Evans fu un attimo. Non pensò al signore oscuro, non pensò a quello che un tempo era stato il suo migliore amico, pensò solo a salvarsi e, svelta come non era mai stata, prese il suo bambino dalla culla e corse veloce verso la porta.
Si sarebbe aspettata, che l’uomo che tanto s’era prodigato per salvarle la vita la lasciasse parlare, o che l’aiutasse anche, ma di certo non si sarebbe mai immaginata che Severus Piton la stringesse forte sulle braccia e con una spinta la respingesse dentro, facendola cadere in terra.
- Ferma tu – le intimò entrando nella stanza. E poi si piegò a terra a raccogliere la bacchetta di cui aveva disarmato il suo capo.
Questo lo guardava ancora a metà fra il confuso e l’adirato. Sul volto di Severus Piton, al contrario, poteva leggersi a chiare lettere un grandioso sintomo di serietà e premura.
- Non funzionerà così, mio signore, – si sbrigò a dire l’uomo – non funzionerà se lei uccide il bambino in questo modo.
Lord Voldemort mutò la propria espressione in un moto di domanda.
- Che cosa vuol dire? – disse sputandogli addosso le parole come si trattasse di veleno.
- C’era una parte, - spiegò lui Severus Piton ispirando aria a grandi polmoni, come se ciò che stesse per dire potesse influenzare qualsiasi cosa sarebbe avvenuta poi – una parte che mi ero scordata di dirle, quando ho ascoltato la profezia, un particolare che mi ero scortato, solo poco dopo mi sono ricordato la parte mancante, ma non volevo dirvela perché temevo vi sareste infuriato nel sapere che ero stato così negligente, e me la sono tenuta per me, cercando di capirne il significato, sperando in cuor mio che non si trattasse di nulla di importanza, ci ho pensato giorno e notte, e ci stavo pensando ancora adesso, e ho capito, finalmente, ho capito quello che la parte mancante della profezia voleva dire, e sono corso qui ad avvertirvi, mio signore, ad avvertirvi che non funzionerà, non in quel modo.
- Spiegati, - ordinò lui Voldemort – che cosa diceva quella parte? Perché mai il piano non dovrebbe funzionare?
- Il bambino risorgerà ogni volta che lo ucciderà, e sarà ogni volta più forte, e più forte, e più forte ancora, ed alla fine lei non potrà più sconfiggerlo, signore, e soccomberà se lo uccide in questo modo.
- Ma mi ucciderà anche se non lo faccio! – protestò l’Oscuro signore.
- Non lo farà se lo uccide nel modo giusto. – rispose lui Severus – Per quanto sono riuscito a dedurre, c’è una pozione, una pozione complicata, ho fatto delle ricerche a riguardo, a prepararla deve essere un suo servo, e deve essere somministrata al bambino in modo che lui muoia, e poi lo stesso servo deve seppellirlo senza nessuno intorno, secondo uno speciale rito, ed allora il ragazzo sarà morto definitivamente, e lei, oh mio signore, assorbirà con il tempo tutti i suoi poteri.
Lord Voldemort, il signore delle tenebre, indugiò qualche momento prima di parlare. Il bambino, quell’esserino microscopico che secondo la profezia avrebbe dovuto ucciderlo se ne stava lì, calmo e tranquillo nella sua culla, mentre sua madre era ferma in piedi, come pietrificata, i suoi occhi che saettavano veloci ora verso di lui, ora verso Severus. Tom Riddle pensò che, se solo avesse potuto, la donna sarebbe corsa verso la culla di suo figlio, ne non altro per stringergli la mano, ma la figura quanto mai minacciosa ed imponente di Severus Piton le stava sbarrando la strada. Il bambino ora lo guardava incuriosito. Non capiva davvero quello che stava succedendo, quel moccioso dagli occhi verdi che si passava la manina in bocca e sorrideva divertito, non capiva davvero nulla di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, non sapeva del suo destino, non sapeva che cosa le sole parole di una profezia lo avevano destinato a fare, non sapeva che lui sarebbe stato costretto a ucciderlo per questo? Era un ragazzino di un anno appena, la creatura più innocua sulla faccia della terra, avrebbe detto qualcuno, eppure si presentava, ai suoi occhi come il più temibile dei suoi avversari, la sua nemesi, il suo nemico mortale.
- Oh, Severus, - disse lui il grande mago lasciandosi comparire un sorriso sulle labbra – tu mi stai salvando la vita.
- Posso fare io la pozione, mio signore, - rispose lui Severus, agganciando lo sguardo con il suo - posso occuparmi io di tutto, di tutto. La mia fedeltà appartiene solo a voi.
Lily Evans intanto scuoteva testa in un cenno di diniego, puntando i suoi occhi in modo di supplica verso il suo vecchio migliore amico, che però non la degnava di uno sguardo. Al momento, al giovane Severus Piton stava tendendo il braccio che impugnava la bacchetta del suo signore verso quest’ultimo, come ad offrirgliela. Nel momento esatto in cui lui l’avrebbe afferrata, pensò la giovane facendo saettare lo sguardo ora verso Severus ora verso la sua mano, non ci sarebbe più stato modo per lei di scappare. Sperò con tutta se stessa che il ragazzo stesse bluffando. Ma sì, ma sì non poteva essere vero, non poteva essere davvero sul punto Severus Piton, il suo Severus Piton, di consegnare suo figlio al mostro che gli stava ora dinnanzi. Era lui, d’altro canto, che aveva chiesto all’oscuro signore di risparmiarla, lui che aveva cercato di salvarle la vita, lui che, fino a pochi istanti prima, la giovane avrebbe probabilmente catalogato come il suo angelo, come poteva lui tradirla adesso, offrirsi di uccidere con le sue stesse mani suo figlio, la persona a cui lei temeva più di ogni altra persona al mondo. Era impossibile, non poteva essere vero, Severus Piton stava sicuramente bluffando.
- Ti dirò, vecchio mio, - disse lui Lord Voldemort accennando quasi a una risata, mentre tendeva la mano, sollevato, ad afferrare la sua bacchetta – per un momento ho pensato quasi volessi tradirmi…
- Ah ah ah – fece Severus ritraendo la mano.
A Lily Evans spuntò un momento il sorriso fra le labbra, ed il suo sangue ricominciò a circolare, mentre quello dell’oscuro signore raggelava all’istante.
- Ti ho salvato la vita, ti consegno il bambino su un piatto d’argento, ma non lo faccio per niente. – continuò Severus Piton – Tu lo sai qual è il mio prezzo.
Lo sguardo truce del mago oscuro più grande di tutti i tempi saettò in quell’istante dal suo mangiamorte a Lily. La donna continuava ad osservare la scena con sguardo atterrito. Probabilmente, pensò Lordo Voldemort, non aveva ancora capito.
- Ok, Severus. – disse afferrando la sua bacchetta, prima di stringere la mano del ragazzo – Affare fatto.


Ma ciaooo! Come state? Allora, innanzi tutto devo dirvi che questa storia mi è un pò sfuggita di mano, probabilmente diventerà qualcosa di molto più articolato di quanto io non avessi immaginato in principio e, vi dirò, la cosa non mi dispiace affatto. Inoltre vorrei introdurre una piccola chicca, dato che non so davver come intitolare questa fan fiction e il titolo che c'è al momento non mi piace affatto, vi avverto che a capitolo 10 farò un sorteggio fra quelli che hanno recensito fino ad allora tutti i capitoli di questa storia, ed offrirò al vincitore la scelta sul titolo, tutta sua! E' una cosa che non ho mai fatto prima, spero che l'idea vi piaccia! Baci. Giulia.

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Capitolo 2
*** L'ultima sera ***


L'ultima sera

Lo aveva già capito, lo aveva già capito da un pezzo. Lo aveva capito nell’esatto istante in cui James le aveva detto che andava tutto bene, e che non c’era nulla di cui preoccuparsi, e che adesso sarebbe andato a farsi una doccia, e che era invitata a raggiungerlo, se l’idea le fosse piaciuta. Ma lei lo aveva capito.
Avrebbe voluto parlarne con James, scoppiare a piangere fra le sue braccia, chiedergli di scappare. Ma sapeva benissimo, sapeva benissimo cosa lui le avrebbe risposto. Le avrebbe mentito. Le avrebbe detto che andava tutto bene, che non c’era nulla di cui preoccuparsi, e glielo avrebbe detto perché, e Lily lo sapeva più che bene, suo marito preferiva essere l’unico a preoccuparsi per tutti e due.
Quindi, la donna si tenne la propria consapevolezza per se e, non appena suo marito fu uscito dalla stanza, chiuse a chiave la porta.
Le venne da piangere, ma trattenne le lacrime, perché sapeva che il piccolo Harry, che ora le sorrideva dalla culla di fronte a lei, era spesso spaventata dalle lacrime della madre. Quindi le respinse via tutte, e sorrise al suo piccolo gioiello.
Tutto solo, tutto solo sarebbe stato dopo che la mamma ed il papà lo avrebbero abbandonato, tutto solo, il suo bambino, la sua piccola stella. Si odiò con tutta se stessa per non essere stata in grado di proteggerlo da tutta quella solitudine.
Sapeva che sarebbe morta, sapeva che James sarebbe morto, prima o dopo, ma sarebbero morti entrambi, lo aveva sempre saputo. Eppure aveva sperato di ritardare quell’evento il più possibile, di vivere ancora per sette mesi, almeno. Sì, sette mesi le sarebbero bastati. No, non per uno stupido ed inutile senso di attaccamento alla vita, ma per non lasciare suo figlio da solo.
Se solo avesse potuto godere di soli sette mesi in più sarebbero stati in due.
Pensandoci, con le lacrime abilmente trattenute ben salde agli occhi, portò una mano sul proprio grembo, e chiuse gli occhi.
Forse, poteva ancora scappare.
Poteva prendere in braccio suo figlio in quel momento, e correre da James, afferrarlo per un braccio se si trovava in corridoio, o tirarlo fuori dalla doccia, se poteva servire, e uscire fuori da quella casa infernale il prima possibile, per poi smaterializzarsi chissà dove.
Ed a cosa sarebbe servito? Probabilmente lui li aspettava già fuori alla porta. E se, pur così non fosse, dove potevano andare? A chi avrebbero potuto chiedere aiuto? Probabilmente Peter li aveva appena traditi, chi altro lo avrebbe fatto? Forse, forse solo ad Hogwarts sarebbero stati in salvo, ma Lily sapeva bene che non potevano smaterializzarsi lì, e, tempo di giungere nei dintorni della scuola e di farsi aprire, probabilmente avrebbero finito per essere raggiunti. In qualunque modo andassero le cose, Lily poteva sperare al massimo di vivere qualche giorno di più, ma nessuno le avrebbe mai regalato i sette mesi che le servivano ancora.
Quindi desistette da tutti i suoi piani e si piegò in terra per sorridere all’unico dei suoi figli che avrebbe mai potuto vedere la luce.
- Harry, sei tanto amato – gli sussurrò carezzandolo con la voce.
Un rumore forte dalla porta d’ingresso le giunse alle orecchie. Qualcuno era appena riuscito ad entrare.
- Harry, il papà ti ama, - continuò trattenendo per l’ultima volta le lacrime – la mamma ti ama.
Un grido dal soggiorno. Suo marito James, che le aveva detto che tutto stava andando bene, doveva appena aver cessato d’esistere. E fra poco sarebbe toccato anche a lei.
Sentì i passi del suo carnefice farsi sempre più forti, sempre più vicini.
- Harry, sii prudente, - disse a suo figlio con l’ultima voce – sii forte.
Sotto bacchetta, la porta della stanza si aprì in un momento.
Lily Evans, con le lacrime agli occhi, finalmente, si alzò in piedi parandosi dinnanzi alla culla di suo figlio.
L’uomo dinnanzi a lei avanzava coperto da un lungo mantello nero, ma Lily riusciva comunque a scorgerne il volto. Magro, pallido, poche rughe a incorniciarne lo spettro, l’uomo che stava per ucciderla doveva avere sì e no l’età di suo padre. La cosa le sembrò buffa.
- Tuo marito è morto, mia cara. – le comunicò il mostro in quella che le parve captare come la voce di un serpente.
- Lo so. – rispose lui Lily, ripudiando le lacrime.
- E tu e tuo figlio, molto presto, vi unirete a lui. – continuò Voldemort.
Lily trasse a se tutto il coraggio accumulato in una vita e strinse a se la bacchetta. Sette mesi, ripeté a se stessa impugnandola con forza, sette mesi ancora.
- Io non credo proprio! – disse puntandola contro il suo aggressore.
Non aveva mai pronunciato un’Avada Kedavra prima d’ora, quella fu la sua prima volta, ed andò a perdersi nel vuoto insieme alla sua bacchetta, che volò via distante da lei colpita dall’incantesimo del suo avversario, più veloce di lei.
Perfetto. Era morta. Erano morti tutti.
- Che cosa credevi di fare? – scandì l’uomo dinnanzi a lei, sorridendo leggermente.
Forse tentare di salvare me e i miei figli da quel mostro che si trovano dinnanzi, avrebbe voluto rispondergli la donna, ma tacque.
Volse gli occhi in direzione di suo figlio.
- Oh, beh, è comprensibile comunque, - continuò lui – ed ora possiamo andare avanti.
Andare avanti. Uccidere lei. Uccidere i suoi figli. Questo per lui significava andare avanti. Complimenti, gran bella concezione della cosa.
- Sai, - fece lui muovendo qualche passo nella sua direzione, cosa che la fece indietreggiare - io non voglio ucciderti.
Io. Non. Voglio. Ucciderti.
Io. Non. Voglio. Ucciderti.
Io. Non. Voglio. Ucciderti.
Queste sole quattro parole risuonarono nella sua mente per mille, per mille e mille volte. Il pensiero di rimanere in vita, di sopravvivere a quella notte non le aveva mai sfiorato la mente.
- C,che cosa vuoi, che cosa vuoi dire? – balbettò la donna, gli occhi ridotti a fessure.
- Che tu mi interessi. – le rispose semplicemente il Signore Oscuro – Che la tua vita non mi interessa.
Quell’affermazione suonò quasi insensata agli occhi di Lily, non presa da sola, ma in relazione a quella che l’aveva lasciata di stucco in precedenza.
Lo sapeva che non gli interessasse nulla della sua vita, come non gliene era mai importato della vita di nessuna delle persone che aveva ucciso in precedenza, ma allora perché lasciarla in vita?
- Che cosa vuoi da me? – chiese lui Lily, con un cenno di diniego.
- Nulla. – rispose lei il mago – Nulla davvero. Come ho già detto, - continuò piegando la curva delle sue labbra in una specie di sorriso – la tua vita non mi interessa, ma si dà il caso che interessi ad uno dei più fidati uomini che lavorano per me.
Lily tacque aspettando che il mostro che aveva dinnanzi continuasse il suo discorso. Qualcuno che lavorava fra i suoi che poteva avere a cuore la sua vita, la cosa le sembrava assurda. Un mangiamorte voleva forse salvarla? Strano, nonché impossibile, a dirla tutta.
- Non credo davvero, – rispose lui Lily – sono fiera di non conoscere neppure uno dei tuoi seguaci.
Lord Voldemort abbassò un momento il cappuccio del suo mantello nero per portare la mano sinistra ad asciugarsi le stille di sudore che gli ricoprivano la fronte.
- Ah no? – le chiese risistemandosi il cappuccio sulla nuca.
- No. – scandì Lily.
- Interessante. – commentò l’uomo, penetrandola con lo sguardo.
Le iridi grigie pietrificarono completamente quelle verdi della donna, la agghiacciarono a partire dall’interno, e poi si diffusero per tutto il resto del corpo.
- Strano, – commentò poi a impresa riuscita – davvero, davvero strano. Eppure, mi sembra che quel mio mangiamorte, quel Severus Piton, beh, beh lui diceva di conoscerti.
In frantumi. La statua di ghiaccio a cui Voldemort aveva condannato Lily appena un secondo prima andò in frantumi in quell’esatto istante.
Severus, Severus Piton, dio se se lo ricordava.
Erano stati migliori amici per così tanto tempo che Lily s’era allora illusa che lo sarebbero rimasti per sempre, mentre il motivo della loro rottura le puntava adesso contro la bacchetta.
Le era sempre dispiaciuto che fosse finita, avrebbe sempre voluto riallacciare i rapporti, sempre. L’aveva invitato al suo matrimonio, aveva scritto il suo invito nel momento stesso in cui James le aveva chiesto di sposarlo, eppure lui non era mai venuto. Non le aveva neppure risposto alla lettera, magari non per colpa sua, magari l’invito era andato perduto. Questo, probabilmente, Lily Evans non lo avrebbe mai saputo.
Le era venuta un’altra idea, qualche anno dopo, e le era venuta ben tre giorni dopo aver appreso la fantastica notizia della sua gravidanza. Aveva pensato, e so che era assurdo, aveva pensato che forse avrebbe potuto far lui da padrino al piccolo Harry, che magari gli avrebbe fatto piacere. Lo aveva anche detto a James, con un’aria alquanto entusiasta per l’idea così graziosa che le era venuta. E James, beh, James l’aveva smorzata subito. Aveva detto qualcosa, ora Lily non riusciva così perfettamente a ricordare, le aveva detto qualcosa del tipo “Mocciosus, intendi, ma vuoi scherzare?”, e lo aveva detto ridendo, al che lei gli aveva risposto che era serissima. Non c’era nulla, nulla da ridere. Lui aveva replicato che non si poteva, che lo aveva già promesso a Sirius. “Anche senza chiedermelo?” gli aveva domandato lei, alquanto accigliata, e lui le aveva risposto che aveva dato per scontato che anche lei fosse d’accordo, e che era più giusto che lo facesse Sirius, perché era li loro migliore amico lui. Al ché, lei aveva detto che non era bello esser dati per scontato, comunque, e che si poteva reputare seriamente offesa, e che avrebbe voluto davvero che Severus facesse da padrino a suo figlio, perché era lui il suo migliore amico. James le aveva risposto che sarebbe stato per il prossimo.
Peccato, pensò Lily in quell’istante, peccato davvero che il secondogenito non sarebbe mai nato.
E pensare che James neppure sapeva della sua esistenza, ch’era morto ignorando il piccolo germoglio di vita che stava fiorendo in lei, e che lei, lei stessa, aveva appreso quella notizia solo quella mattina.
Tutte questi ragionamenti e ricordi, si susseguirono nella mente di Lily Evans nel solo arco di sette secondi.
Le parole del suo carnefice che seguirono poi la risvegliarono, tristemente.
- Sai, è un alleato davvero molto fedele il mio Severus, – continuò il Signore Oscuro, mentre Lily rabbrividiva nel sentire quell’orribile suo – quindi avevo sempre pensato che, nel caso mi avesse chiesto un favore, lo avrei accontentato. Ed è per questo che ti sto offrendo la più piena disponibilità a lasciarti in vita, perché me lo ha chiesto in modo così insistente…
Lily fissò il suo interlocutore in modo interrogativo.
- Quando me lo ha chiesto per la prima volta, - spiegò lei Voldemort – devo ammettere di aver rifiutato. Insomma, tenere in vita un stupida piccola sudicia mezzosangue, non ne vedevo davvero il motivo, e poi, francamente, credo che lui possa avere di meglio. Ma lo ha ripetuto più volte, davvero, fino alla nausea, “risparmiala, uccidi chi vuoi ma lei lasciala in vita”, mi ha detto che avrebbe fatto qualunque cosa, qualunque cosa pur di saperti viva. Non sua, bada bene, solo viva. E, alla fine, gli ho detto che forse ti avrei risparmiata. Quindi, mia cara, ti offro adesso quello che non ho mai offerto a nessun altro, a nessun altro prima di te, ti sto offrendo la possibilità di rimanere in vita: consegnami tuo figlio, e almeno tu sopravvivrai. Non devi far altro che toglierti di mezzo.
Lo so che cosa sapete tutti voi, sapete che Lily scelse di non scansarsi, che morì pur di difendere il suo amato figlio, ma la scelta non fu così immediata. Può sembrare strano, ma prima di compiere tale decisione, la donna dovette rifletterci e, badate bene, non perché le stesse a cuore poi più di tanto la propria vita, ma semmai per quella dell’essere che viveva ora dentro di lei.
Se lei si fosse arresa, se lei si fosse scansata, almeno uno dei suoi figli sarebbe potuto rimanere in vita. Il pensiero le solleticò la mente.
Si sarebbe salvato, il bambino che non aveva ancora avuto il privilegio di nascere, si sarebbe salvato con lei, ed avrebbero ricominciato da capo. Severus, l’uomo già destinato a fargli da padrino si era già rivelato più che idoneo per tale compito, salvandogli, a quanto pare, la vita.
Se solo si fosse scansata, avrebbe potuto vivere quei dannati sette mesi, e poi godere della vita di almeno uno dei suoi figli, che sarebbe cresciuto con lei nel mondo babbano, lontano dagli orrori della guerra.
Forse Severus li avrebbe raggiunti. Forse colui che s’era tanto prodigato al fine ultimo di salvarla avrebbe mollato il Signore Oscuro per tornare da lei, e sarebbero stati migliori amici, come prima.
E lei avrebbe dimenticato. Avrebbe dimenticato di James, avrebbe dimenticato di Harry, e sarebbe andata avanti, per il bene di suo figlio. E suo figlio non avrebbe mai saputo di loro.
Sarebbe cresciuto al sicuro, amato e protetto, suo figlio, e non sarebbe stato solo perché lei sarebbe sempre rimasta al suo fianco.
Avrebbero comprato una bella casa, avrebbero cambiato nome, e lei poteva trovarsi un lavoro, sarebbe tutto andato per il meglio. Forse avrebbero avuto un cane, da tempo parlavano di adottarne uno con James. D’estate, sarebbero andati al mare, e Lily avrebbe potuto godere del sorriso di suo figlio che la guardava mentre costruiva gioioso il suo castello di sabbia. Magari poi avrebbero fatto il bagno insieme.
Suo figlio, il suo unico figlio, sarebbe stato un bambino felice.
Forse, potevano ancora farcela loro due.
Pensò di accettare.
Ma poi…
L’idea di dover sopravvivere alla morte di un figlio, chiunque dei due esso fosse, le fece rivoltare il corpo membro a membro. Come avrebbe potuto sopravvivere anche per soli sette mesi al pensiero di non essersi opposta mentre un mostro uccideva suo figlio? Come avrebbe potuto sopravvivere sapendo in sé di non aver fatto di tutto pur di provare a salvarlo? Come avrebbe potuto vivere suo figlio stesso, nell’inganno e nella menzogna di una vita perfetta, senza sapere che suo padre e suo fratello erano morti, mentre sua madre li aveva consegnati al suo assassino su un piatto d’argento pur di salvarlo?
Ed Harry. Quale sarebbe stata l’ultima immagine che quel bambino avrebbe avuto della sua mamma? Una mamma che gli si parava davanti difendendolo fino alla fine, o una che si spostava, restando a guardare l’omicidio del suo carnefice.
No, non poteva sopravvivere all’idea.
Lei sarebbe morta, ed anche il suo bambino, e, probabilmente, tristemente, poco dopo anche Harry li avrebbe raggiunti. E sarebbero stati insieme, loro tre, morti, ma insieme. Anche con James. Potevano esser felici anche così.
L’unico per cui le dispiacque, in tutta questa storia, fu il povero Severus Piton, il suo migliore amico. Lui che tanto s’era prodigato per salvarla, chissà come sarebbe stato distrutto dalla sua morte. Lily, a un passo dalla morte, non riuscì a non provare compassione per lui. Forse, se non si fossero mai separati, se fossero rimasti amici come da bambini, le cose sarebbero andate diversamente. Dopo tutto quello che aveva fatto per tentare di salvarla, la sua anima, probabilmente, sarebbe morta con lei. Un altro piccolo omicidio, signorina Evans, prima sé stessa, poi il suo bambino, ed ora lui. Complimenti davvero.
Ma Severus Piton era un uomo forte, pensò Lily, lo era sempre stato. Lui, lui si sarebbe salvato, Lily ne era sicura. Sarebbe stato triste, forse, devastato, avrebbe pensato di farla finita. Ma alla fine, alla fine sarebbe riuscito ad andare avanti. Lily glielo augurò con tutto il cuore.
Alla fine, quando sarebbe morto anche lui, il più tardi possibile magari, e li avrebbe raggiunti, lei gli avrebbe chiesto scusa, per l’occasione che lui le aveva offerto e che lei aveva sprecato, e gli avrebbe spiegato il motivo della sua scelta, ed avrebbero fatto la pace. Sì, avrebbero potuto tornare ad essere amici anche così, non era necessario rimanere in vita.
La sua decisione era già presa.
La donna guardò negli occhi il proprio carnefice e portò una mano sul grembo come a chiedere al suo bambino il suo consenso. Questo le comunicò che era pronto.
Lily lasciò andare per un istante le lacrime, prima di ricacciarle ai bordi degli occhi. Non c’era nulla da piangere, sarebbero stati felici, sarebbero stati insieme, tutti insieme.
Forse, e questo è davvero assurdo, forse Harry si sarebbe salvato grazie al suo sacrificio. Sarebbe stata una cosa stupenda. Magari sarebbe riuscito a scappare, e a sopravvivere, e Silente di sicuro lo avrebbe protetto. Sarebbe cresciuto, sarebbe diventato grande e forte, ed avrebbe ricordato sempre di come la sua mamma fosse morta pur di salvarlo.
Forse, chissà, Severus lo avrebbe aiutato, comportandosi come il padrino che James non gli aveva permesso di essere, forse avrebbe completato il suo lavoro di angelo custode proteggendo se non lei almeno l’unico dei suoi figli che era riuscito a sopravvivere. Sarebbe stato un sogno. E, soprattutto, sarebbe stato da lui. Sì, Severus era esattamente il tipo di persona che avrebbe potuto fare una cosa del genere. Era una delle persone più buone e coraggiose che lei avesse mai conosciuto, anche se lui stesso non lo sapeva.
Si parò dinnanzi alla culla.
- Dovrai uccidermi, e passare sul corpo straziato mille e mille volte, e non sarà comunque abbastanza, - rispose alla fine Lily, guardando con tutto l’odio del mondo – perché nemmeno la morte potrà mai impedirmi di proteggere mio figlio da te, sappi che non lo consegnerò mai ad un mostro.
I momenti che passavano fra quel discorso e la sua morte furono così interminabili che la Evans si illuse, per un momento, che sarebbe riuscita a sopravvivere.
Sì, lei era lì, le mani sul grembo, forte e fiera, suo figlio poco dietro.
Forse lo avrebbe impietosito. Forse si sarebbe commosso. Forse li avrebbe lasciati andare.
Forse si sarebbero salvati, tutti e tre.
Se solo avesse provato pietà per anche solo un istante, quell’attimo le sarebbe bastato. Se avesse abbassato la bacchetta, avrebbe afferrato il suo bambino e sarebbe fuggita via prima che quel mostro cambiasse idea.
Sarebbe corsa ad Hogwarts, più veloce del vento, con i suoi due bambini, e sarebbero sopravvissuti.
Sopravvissuti per almeno sette mesi, sette mesi sarebbero stati abbastanza. E poi sarebbero stati in tre, e sarebbe stato ancora più bello.
Sì. sarebbero sopravvissuti. E Albus li avrebbe protetti, glielo doveva.
Sarebbero stati al sicuro tutti e tre, e vivi, addirittura.
Forse Severus li avrebbe raggiunti.
Sì, magari li avrebbe raggiunti. Poteva unirsi a loro, lui che aveva tentato di salvarli, poteva essere felice con loro.
Potevano essere amici ancora, stare insieme, sarebbe stato il padrino dei suoi figli, dopo tutto.
Magari, magari avrebbero ricominciato daccapo, tutto daccapo, e sarebbe stato tutto perfetto.
Magari sarebbero cresciuti insieme, i suoi due bambini, e sarebbero stati al sicuro. Lei li avrebbe protetti. Severus li avrebbe protetti.
Magari la guerra sarebbe finita un giorno, e Voldemort sarebbe stato sconfitto, e allora sarebbero stati liberi.
Magari avrebbero potuto comprare una casa, una piccola le sarebbe bastata, ed avrebbero potuto vivere insieme, ed essere felici, perché se lo meritavano tutti e tre, tutti e quattro.
Magari sarebbe stato tutto perfetto, o almeno ci sarebbe andato vicino, non importava poi molto, sopravvivere sarebbe già stato abbastanza, potevano accontentarsi.
Magari sarebbero andati in vacanza al mare, ed il castello di sabbia i suoi bambini avrebbero potuto costruirlo insieme.
Magari sarebbero andati anche in montagna, ed, anche se lei non era capace a sciare, probabilmente avrebbe imparato, avrebbero imparati tutti insieme.
Magari avrebbero potuto stringersi davanti al fuoco nelle domeniche fredde d’inverno, e dormire abbracciati tutti e tre nel lettone quando i bambini avrebbero avuto gli incubi. Avrebbe potuto portarli alle giostre, ed aiutarli a fare i compiti quando li avrebbero trovati troppo difficili. Avrebbero potuto andare a cavallo, a primavera e a vedere una partita di quidditch di quelle che piacevano tanto al loro papà. Avrebbe potuto leggere loro delle favole prima che si addormentassero, e poi avrebbe potuto…
- Avada Kedav...


[continua]

Salve! Ovviamente sì, ho appena plagiato me stessa! Questa fan fiction, infatti, è il seguito di una mia shot, chiamata appunto l'Ultima Sera, di cui ho immaginato un seguito, tutto qui. Spero davvero che la storia non vi deluda. Bacioni. Giulia.

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Capitolo 3
*** Una scena patetica ***


Una scena patetica

(attenzione: le note d'autore alla fine di questo capitolo saranno davvero molto importanti, quindi vi conviene davvero leggerle se volete capire qualcosa di quel che succederà nella storia)


Le scene che ne erano seguite erano state a dir poco pietose.
Dopo che i due mostri che Lily Evans aveva ora davanti avevano sancito il loro accordo, lei s’era protesa in un ultimo gesto disperato a pigliare suo figlio nella culla, ma Severus l’aveva preceduta, prendendo fra le sue braccia il bambino, mentre Lord Voldemort aveva afferrato lei stringendola per il polso, e l’aveva trascinata via.
Avevano percorso il corridoio, mentre le ancora si dimenava pregando Severus, dietro di lei, di scappare, di non fare del male a suo figlio, di lasciarlo andare, ma lui era rimasto impassibile. Se non fosse stata troppo occupata a piangere e supplicare, probabilmente lo avrebbe odiato.
Poi erano passati accanto al cadavere di James, lì disteso sul pavimento, con il suo accappatoio color sabbia in dosso, e Lord Voldemort aveva posato un piede sul volto del suo defunto marito. Lei aveva dovuto impiegare tutte le sue forze per buttare tutto il peso del suo corpo verso destra, in modo da riuscire a entrare nel bagno, altrimenti avrebbe vomito sul cadavere. Non le aveva dato neppure il tempo di sciacquarsi la bocca, dopo che aveva sporcato il pavimento appena vicino alla porta del bagno con conati di vomito e lacrime, e l’aveva brutalmente trascinata fuori. Harry adesso piangeva.
Erano arrivati fuori, nel freddo della notte, e lei indossava solo una maglia ed i jeans, non aveva neppure le scarpe, eppure lui se ne era fregato. Lì fuori, ai suoi piedi, i cadaveri di mezza dozzina di auror coloravano di rosso l’asfalto della strada. Aveva dovuto sforzarsi per non vomitare ancora. Aveva ispezionato i loro volti, prima che Voldemort la trascinasse via di nuovo, anzi questo aveva quasi indugiato contento di farglieli di vedere. Non c’erano membri dell’Ordine fra i caduti, ma erano comunque sei persone. Sei persone. Sei persone che erano morte per salvare lei, Harry e James, ed il loro sacrificio era stato vano. Harry piangeva sempre più forte.
Poi s’erano smaterializzati, lei con Voldemort, Harry con Severus, e lei aveva ancora sperato, tanto non si finisce mai di sperare, che Severus Piton avesse deviato la rotta, che se ne fosse andato via, lontano, al sicuro, e che avesse portato Harry con se. Ma non era successo. S’erano smaterializzati entrambi su una piattaforma ai confini di un bosco, dinnanzi a loro s’erigeva un grosso edificio, tanto imponente da togliere il fiato, che appariva però tutt’altro che maestoso, solo come un misero blocco di cemento grigio. Lord Voldemort s’era avvicinato al palazzo, che doveva essere circondato da qualche protezione magica, ed aveva posto il marchio sui cancelli d’apertura. Le porte s’erano aperte, e lui l’aveva spinta dentro. Severus ed Harry li avevano seguiti.
Voldemort l’aveva trascinata su per le scale, mentre gli altri mangiamorte lì presenti chi da una parte chi dall’altra si voltavano a guardarli, altri ancora s’affacciavano dalle porte delle loro piccole stanze, altri ancora accorrevano da fuori, curiosi tutti quanti vi guardare in faccia il bambino che minacciava di uccidere il loro signore. Strano davvero. A dirsi, a pensarsi, strano davvero che fosse quel piccolo fagottino che ora Severus teneva fra le sue braccia, il peggior nemico che il signore oscuro riuscisse a trovare, quello destinato ad ucciderlo. Sembrava così indifeso, così impotente, la creatura più innocua del mondo, l’avrebbe definita chiunque, eppure il loro signore era piucchè convinto che quel bambino minacciasse, con la sua sola esistenza, di distruggere tutto ciò che loro avevano creato e stavano per creare. Era una cosa assurda.
Ed era lì che erano adesso, dinnanzi ad una delle tante porte grigie, ad una porta chiusa, e lei era ancora stretta al pugno di Lord Voldemort, e Severus Piton reggeva il suo bambino impassibile dinnanzi a lei. Harry aveva da poco smesso di piangere. Severus lo stava come cullando.
- Eccoci qua, madama. – le aveva detto Lord Voldemort come con fare ironico, accennando ad un piccolo inchino – Ci dispiace davvero poterle offrirle soltanto la nostra umile dimora, ma vedrà che Severus farà in modo di farla sentire a suo agio il più possibile.
E ciò detto l’aveva lasciata spingendola con forza contro il corpo di lui. Lei s’era attaccata alle sue braccia per non cadere. Qualcuno aveva riso. Lui era rimasto impassibile.
- Ti prego, Severus, ti scongiuro, – lo aveva supplicato lei in un sussurro, - tu sei buono, tu non puoi…
Lui s’era limitato a scansarla e, liberata da ogni presa lei aveva ingenuamente provato a riprendersi suo figlio, ma Severus Piton s’era allontanato, e due mangiamorte l’avevano afferrata per le braccia mentre lei si dimenava. Lord Voldemort l’aveva definita una scena piuttosto patetica.
È qui che siamo rimasti.
- Signori e signori! – declamò Voldemort in tono maledettamente teatrale – il bambino destinato ad ucciderci ci ha raggiunti, finalmente!
Qualcuno aveva esultato, qualcuno aveva riso, qualcun altro era rimasto in silenzio.
- Guardatelo, guardatelo! – gridò forte il signore oscuro – colui che doveva distruggerci, il bambino destinato a porre fine alla nostra guerra, quello che i presagi preannunciavano, quello di cui parlavano i profeti, è qui è nostro, è a un passo dalla morte! Noi abbiamo vinto.
- Severus, Severus, ti prego, scappa! – pianse ancora Lily – Non consegnarlo a lui! Scappa, non consegnarlo a lui!
- Sai, mia cara, - fece lei Voldemort – mi chiedo se tu sia davvero così ingenua o forse solo troppo stupida. Severus non ti aiuterà, né ora, né mai, è mio, un mio discepolo, un mio seguace, lui è fedele a me! Non farà nulla per aiutarti!
- Non è vero, non è vero – fece la donna, tentando quasi di convincere più se stessa che il suo interlocutore – lui non è così, non è vero, lui è buono, io lo so…
- Lui è stato buono, Lily! – le gridò contro Lord Voldemort – Ma è fra i miei adesso, guardalo! Non t’ha salvato quando eravamo in casa tua, eppure io ero disarmato, poteva portarvi via, poteva mettervi in salvo, poteva tacermi della parte omessa, negarmi la pozione, salvare tuo figlio persino in questo modo, ed invece lo ha consegnato a me, ha consegnato entrambi a me, farà lui la pozione, Lily, sarà suo il braccio che forgerà l’arma che ucciderà tuo figlio, sua la pala che ne scaverà la fossa! La sua anima – aggiunse in un sussurro, portando le labbra all’orecchio della ragazza, che ritrasse disgustata il collo tentando di divincolarsi – è nera quanto la mia.
- No, non è vero – gli ringhiò contro la donna, - lui non è come te, non sarà mai come te! Lui è diverso, è più buono, lui è più forte di te, più umano di tè, è cento e cento volte migliore di te! Lui può ancora salvarsi.
- Lily, smettila – le intimò Severus, degnandola di un mezzo sguardo, senza neppure alzare troppo la voce.
- No, Severus, io non lo faccio – gli rispose Lily – eri mio, amico, io ti conosco, so chi sei…
- Avevamo quindici anni, Lily, non credi che le cose siano un po’ cambiate da allora? – le sbraitò contro Piton - Passavamo i pomeriggi sulle sponde del lago a cercare di scorgere la piovra gigante, facevamo parte del Lumaclub, tu ti facevi le treccine ai capelli ed io dicevo di voler diventar professore, ed ora guardati intorno, guarda dove siamo guarda quello che siamo diventati. Il ragazzo che conoscevi è già morto da un pezzo.
- Ottima orazione, Severus, mi hai messo i brividi, dico davvero – fece Voldemort ponendo una mano sulla spalla del suo alleato, mentre Lily non restava che scuotere la testa, e sussurrare un ultimo, impercettibile, “non è vero”. – Comunque stavamo dicendo, Severus, - riprese il mago – che mi ti occuperai tu della pozione e della sepoltura, se non sbaglio.
- Sarà un onore, - rispose lui Piton – sono sempre stato un abile pozionista, ed appena ho capito la gravità della parte omessa ho cercato di documentarmi: qualsiasi libro presenti anche solo un impercettibile accenno alla nostra pozione è fra le mie mani adesso. Vi prometto che non fallirò, mio signore.
- Bene, molto, molto bene, - commentò lord Voldemort, - ed ora definiamo i restanti dettagli. Innanzi tutto, - fece prendendo una ciocca dei capelli di Lily fra le mani, mentre lei ritraeva schifata il volto – direi che lei è tutta tua, Severus. Fanne pure tutto quello che vuoi, davvero non mi interessa.
Severus Piton si limitò a commentare il tutto con un sottile cenno del capo ed una rapida occhiata Lily. Rimase impassibile.
- Quanto al bambino. – riprese lord Voldemort
- Lo consideri già nella tomba, mio signore – si limitò a rispondergli Severus Piton.
- No, - pianse Lily – no, no, vi prego non lo fate, vi prego, è solo un bambino, non può farvi del male!
- Santo Merlino, piange di nuovo, vi prego fatela tacere! – commentò Voldemort.
- Io, io ho dei soldi, tanti soldi, erano di James, - provò a dire la ragazza – prendili tutti, prendeteli tutti ma lascialo in vita.
Voldemort, dopo averla guardata con aria perplessa per qualche secondo, rise di una risata amara al suono delle sue parole.
- Tu credi davvero, oh mia piccola, ingenua strega – fece indirizzandosi alla ragazza – di poter comprare per denaro la vita dell’essere destinato ad uccidermi? La facevo più intelligente, Severus, - aggiunse rivolgendosi al ragazzo – oltre che sangue sporco è anche stupida, un bel connubio!
I mangiamorte risero. Severus rimase impassibile.
- Mi spiace, mia cara, - continuò lord Voldemort continuando a rivolgersi alla ragazza – ma i tuoi soldi qui non possono comprare proprio niente. D’altro canto tuo figlio è destinato ad uccidermi, lo capisci benissimo da sola che non può rimanere in vita.
- Io, io sono una nata babbana, - tentò ancora Lily – posso vivere senza magia, posso farlo e posso farci vivere anche Harry, lo giuro. Non toccherà mai una bacchetta, mai nella vita, non saprà neppure che cos’è la magia, nemmeno una traccia, non sarà un pericolo per te ma, ti prego, ti prego lascialo in vita. È solo un bambino…
- Te ne potevi scegliere un’altra, Severus, - disse lui a gran voce, con fare ironico – questa è appena arrivata e già ci sta annoiando a morte!
Qualcuno rise, quasi tutti risero, a dire il vero. Lei risolse tutte le sue ultime speranze verso il suo ex migliore amico.
- Severus, Severus ti prego – fece ancora Lily sporgendosi verso di lui – Severus, ti scongiuro, farò tutto quello che vuoi, tutto quello che vorrai, ma ti prego non fargli del male. Eravamo migliori amici: se hai cuore abbastanza per salvare me, non puoi ammazzare un bambino.
- Non è cuore quello! – gridò qualcuno nella schiera, qualcun altro rise per la battuta, ma Lily rimase immobile a guardare speranzosa negli occhi quello che era stato il suo migliore amico.
- Sai, Lily, - si limitò a rispondergli questo in tutta calma – c’è una cosa che mi fa montare su un’infinita rabbia, ed è quello di cuoi tu non ti rendi ancora conto. Ma sarò più chiaro. Io non ti devo proprio niente, Lily. Non sei tu in diritto di dirmi quello che posso o non posso fare, quello che devo o non devo fare, non lo sei mai stata! Sembra che ai tuoi occhi siamo di nuovo due adolescenti noi due, che siamo ancora ad Hogwarts, ai tempi della nostra amicizia, quando tu mi davi degli ordini ed io li eseguivo, beh, le cose sono cambiate, Lily, sono più forte, più sicuro, più convinto, non sono più il tuo giocattolo adesso, sono un mangiamorte, e sono bravo, e questo lo devo solo a te. Sei tu che m’hai lasciato. Come ho già detto, io non ti devo proprio nulla. Sono io che do gli ordini adesso.
- Merlino, come mi piace questo ragazzo! – fece lord Voldemort sorridente – Bravo, bravo, Severus, sono così fiero di averti fra i miei! Ecco, - disse ponendo una mano sulla spalla del ragazzo e dirigendolo verso gli altri mangiamorte – ecco un ragazzo da cui tutti dovreste prendere esempio.
Il ragazzo chinò un po’ la testa, come se gli dessero un po’ fastidio tutte quelle attenzioni, mentre qualcuno dei mangiamorte lo guardava irritato, un po’ geloso delle premure che il signore oscuro riservava per lui. Lily si limitò a piangere.
- Ok, mi sembra il caso di chiudere il discorso, adesso, - concluse lord voldemort – direi che abbiamo passato anche troppo tempo su questa faccenda. Ultimi accorgimenti, Severus?
- Oh, sì, - rispose lui il giovane – sarebbe meglio che il bambino rimanesse con la madre, per il momento.
- Oh bene, benissimo – si limitò a rispondere Voldemort, - Libatela, liberatela! – ordinò ai due mangiamorte che ancora la tenevano ferma per le spalle, mentre Severus poneva fra le sue braccia il bambino.
La giovane strinse suo figlio forte forte a se.
- Il motivo per cui le ho chiesto questo è semplice, mio signore, - spiegò lui Severus – badi bene, infatti, che perché la pozione completi appieno il suo effetto, il bambino non deve captare di essere in pericolo. Non può essere torturato, maltrattato, ed in nessun modo spaventato. Deve credere che sia tutto a posto.
- Un uomo cattivo ha fatto irruzione in casa sua, ha preso di forza la sua mamma, lo ha strappato via dalla culla. Ha messo un piede sul cadavere di suo padre, – gli ringhiò contro la Evans – non credi sia un po’ tardi per questo?
- Zitta – si limitò a ordinarle Severus, guardandola in tono minaccioso.
- Sai, mia cara, sei dannatamente fortunata del fatto che Severus si sia esposto in questo modo per operare alla tua salvezza, – fece lei lord Voldemort – irritante come sei, io ti avrei già ucciso da un pezzo!
Qualcuno rise ancora. Non Severus, comunque, e non lei.
- Vi prego, vi prego – implorò ancora Lily, rivolta ai mangiamorte intorno a lei – vi prego, smettetela, aiutatemi! Potrebbe essere vostro figlio! Potrebbe essere vostro figlio!
Gli uomini introno a lei non risposero, nessuno rispose, e neppure lei si rese davvero conto di a chi avesse appena rivolto la sua supplica. Forse a Francis Goyle, che aveva avuto un figlio solo due mesi prima di lui, o a Cesar Tiger, che era diventato padre solo due giorni dopo di lui, o a Clayton Nott che la guardava incurante comodamente appoggiato allo corrimano delle scale, o magari a Lucius Malfoy, che in quel momento abbassava lo sguardo.
- Nessuno? – chiese loro Voldemort curioso – Nessuno di voi vuole aiutarla? Perchè, ha ragione lei, è davvero un bambino piccolo, avrà si e no l’età dei vostri figli. Nessuno? Clayton? – l’uomo si limitò a ridere, imitato dai suoi compagni – Francio? Cesar? Davvero? Davvero nessuno? Lucius?
L’uomo alzò colpevole verso di lui lo sguardo, poi deglutì, scuotendo la testa.
- Oh, mi dispiace per te, mia cara, – fece il mago oscuro rivolgendosi ancora a Lily – come vedi fra i miei non alberga neppure un’anima pia, perdonaci.
Qualcuno rise ancora.
- Ti prego, ti prego non ucciderlo, - lo supplicò ancora Lily - ti darò tutto quello che vorrai, farò tutto quello che mi chiedi, ma ti prego, ti prego non toccare mio figlio.
- Basta, Lily, stai diventando ridicola – le intimò Severus, rimanendo impassibile.
- Oh, Severus ha ragione, Lily, - l’appoggiò lord Voldemort – stai diventando davvero ridicola.
- Vi prego…
- Taci! – le gridò contro Severus – E’ finita, Lily, smettila di pregare, smettila di supplicare, smettila di strisciare, conserva almeno quel minimo di dignità che ti rimane, se ci riesci.
La giovane incatenò lo sguardo con quello dell’uomo che un tempo era stato suo amico, scuotendo la testa come se non potesse crede alle parole che questo le stava dicendo.
- Tu stai per uccidere mio figlio, - disse – e mi chiedi di non scongiurarti di non farlo?
L’uomo voltò il viso da un’altra parte, poi rivolse lo sguardo al suo signore.
- Ora io vado – disse lui – ci sono degli ingredienti che dovrò procurarmi, se vuole la pozione pronta al più presto.
- Posso mandarci qualcun altro al tuo posto se vuoi, Severus, - rispose lui premuroso lord Voldemort – non c’è davvero bisogno che tu ti disturbi, stai già facendo così tanto per me…
- Insisto, – rispose lui Piton – d’altronde servirvi lo considero il mio più grande onore.
- Squisito, squisito, Severus, - fece Voldemort - un fautore eccellente, non c’è che dire! Lei puoi tenerla tu, te l’ho già detto – fece poi alludendo a Lily – lei e il bambino verranno a stare da te, vedrò di far portare al più presto un letto più grande ed una culla.
- Perfetto, mio signore. – commentò il ragazzo – Se ora permette…
E ciò facendo prese Lily per le spalle facendola girare, e strusciò il marchio che aveva sul braccio sul legno scuro della porta, prima di far leva sulla maniglia ed aprirla.
- Ti prego, ti prego, Severus, per favore – furono le ultime parole che Lily riuscì a dirle, poi lui la spinse dentro e chiuse la porta, ripassandovi sopra il marchio.
Sentiva ancora le urla di protesta della donna dall’interno della sua stanza, ed i colpi ripetuti sopra il legno gli comunicarono che probabilmente ora stava dando dei pugni alla porta. La cosa lo toccò fino a un certo punto. Fece un inchino al suo signore e poi si congedò da lui, correndo prima per il corridoio, verso le scale mentre gli altri mangiamorte continuavano a guardarlo, e dette accidentalmente una spallata a Nott, prima di imboccare la rampa. A passo svelto si diresse ai confini della proprietà, ed aprì strusciandovi contro il marchio i cancelli. Una volta fuori, sigillò di nuovo le porte dietro di sé, usando il solito trucco. Poi si smaterializzò.


Note d'autore:
Allora, ciao, passo subito al dunque, ossia al perchè vi ho praticamente costretto a leggere queste ultime note a margine. Diciamo solo che penso sia opportuno spiegarvi la natura dell'edificio in cui si è svolta la vicenda. Allora, questo è il quartier generale dei mangiamorte, ok, ma mi sono presa molte più libertà a riguardo, ampliando un pò la sua funzione e disegnandola come meglio mi suggerivano le mie strane idee. Innanzi tutto, tutti i mangiamorte, voldemort compreso, vivono qui. Come sta scritto, vi sono diverse stanze, ognuno ha la sua, ci vive come se fosse casa e la tiene come vuole grazie ai propri mezzi (come verrà spiegato in seguito, ad esempio quella di Malfoy è molto più bella e fastosa di quella di Piton, che è alquanto misera). Ognuna ha anche un piccolo bagno al suo interno (un pò strano per un'infrastruttura inglese, non trovate!?!?). Una specie di hotel per soli mangiamorte insomma. I marchi neri fungono da chiavi. si passa il marchio sulla porta e questa si apre o si sigilla, e questo vuol dire che se Piton passa il marchio sulla porta della stanza di Alecto, ad esempio, questa si apre comunque, e viceversa. Stesso vale per le porte d'ingresso a tutte le stanze e ai cancelli principali. Non ci si può smaterializzare all'interno dell'edificio. L'edificio non è individuabile da alcun mago perchè protetto da potentissima magia oscura. La sua esistenza è stata finanziata dai fondi di tutti i mangiamorte, chi più e chi meno, secondo le proprie possibilità. La maggior parte dei mangiamorte ci vive da solo, tenendone fuori la famiglia, esempio Nott, Tiger o Goyle. Malfoy è l'unico a tenere la moglie e il figlio con sè. Che altro dire...? Ah, già, c'è un'enorme sala riunioni, e delle prigioni nei sotterranei. La progettazione di questo edificio è molto funzionale ai fini della storia, dato che avevo bisogno di tenere Severus e Lily non solo costantemente vicini a Lord Voldemort, ma anche ad alcuni dei mangiamorte. Recensite numerosi. Baci. Giulia.

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Capitolo 4
*** Un ultimo, disperato, tentativo ***


Un ultimo, disperato, tentativo

Battè forte i pugni chiusi contro la porta, gridò con tutto il fiato che aveva pregando qualcuno affinché le aprisse, ma non successe niente. Posò il suo bambino a terra, che aveva ricominciato a piangere, e ricominciò a battere più forte, con tutte e due le mani, gridando a gran voce. Nessuno si mosse ad aprirle. Prese in braccio Harry, lo fece spostare di qualche passo, poi con tutta la forza che aveva portò a sbattere il proprio corpo contro il legno duro della porta, provando a spaccarla, ma niente. Spinse più forte, con più violenza, prese una magra sedia di legno situata nel lato destro della stanza, accanto a un tavolo, e la portò con tutte le sue forze ad urtare contro il legno della porta, per una, due, tre, quattro volte, ma il risultato fu ancora niente. Provò ancora una volta, poi una ancora, alla fine, si lasciò scivolare sul pavimento sfinita, con le braccia che le bruciavano ed i lividi alle spalle, e scaraventò in un moto di rabbia la sedia lontana da se. Portò una mano ai capelli, lasciò andare giù qualche lacrima, suo figlio piangeva ancora. Erano soli, insalvabili, bloccati lì dentro da un uomo che s’era illusa di credere capace di salvarli, e che invece li aveva condannati entrambi.
- Maledetto, Severus, maledetto. – furono le uniche parole che la donna riuscì a pronunciare – Maledetto! – riuscì a gridare con quel poco di foga che le restava in corpo. Il suo bambino ora piangeva più forte.
Avrebbe voluto correre verso di lui, Lily Evans, o quanto meno gattonare fino a raggiungerlo, e stringerlo fra le sue braccia, e dirgli che era tutto, tutto a posto, che la mamma era con lui, che la mamma lo avrebbe protetto, che la mamma lo avrebbe portato al sicuro, ma non lo fece. Rimase lì, seduta a terra, a versare in silenzio le proprie lacrime invece di correre a consolare quelle del figlio, forse perché non ne aveva la forza, e non solo la forza di alzarsi e raggiungerlo, ma anche quella di promettergli una bugia. Come avrebbe mai potuto promettergli, che sarebbe andato tutto bene, che se la sarebbero cavata loro due, se ora sedeva a piangere su un pavimento freddo, nella dimora dell’uomo che aveva ucciso suo marito, che voleva uccidere sul figlio, nella stanza dell’uomo che li aveva consegnati a lui. Voleva morire. Solo morire.
Ma no, non era quello il piano brillante che il suo caro vecchio maledetto amico Severus aveva progettato per lei, no, lei sarebbe sopravvissuta, sopravvissuta alla morte di suo marito, alla morte di suo figlio, sopravvissuta per scaldare le lenzuola dell’uomo che aveva contribuito ad ucciderli. Lui, proprio lui, lui per cui si era dispiaciuta sentendo la morte ad un passo, lui, lui, lui proprio lui, lui che lei aveva implorato, supplicato, pregato, lui, lui che sarebbe dovuto essere il padrino di suo figlio lo consegnava ora al suo assassino. Lui, lui il suo migliore amico d’infanzia, lui con il quale sedeva i pomeriggi d’autunno, e d’inverno, e di primavera, sempre nello stesso punto, accanto all’ombra del lago, a buttar l’occhio a veder se compariva la piovra, che non riuscivano proprio a capacitarsi come potesse un animale simile trovarsi lì, e s’erano giurati che sarebbero rimasti amici, amici fino almeno a vederla.
Asciugando una lacrima con la lingua e con le labbra, portò il viso verso l’alto, ed il suo sguardo andò a cozzare contro una piccola finestra, situata in alto, in alto, a limitar della parete dinnanzi a lei. Alta, era alta, ma non irraggiungibile.
- Va tutto bene, amore, - si ritrovò a dire a suo figlio, con lo sguardo volto ancora alla finestra. – va tutto bene, la mamma ti salva.
Ciò detto si alzò di scatto dal pavimento, afferrò il materasso della brandina di Severus, che stava nel lato sinistro della stanza, proprio sotto la finestra, e lo sistemò sotto al tavolo, mettendovi sopra a sedere suo figlio.
- Va tutto bene, amore della mamma, - ripeté al bambino – la mamma ti porta via, la mamma ti salva.
Ciò detto s’alzò ancora in piedi, tornando a guardare la finestra. Dio quanto era alta. Puntò all’armadio che stava accanto al tavolo, un armadio di legno scuro, massiccio, alto due metri circa, largo uno. Tentò di spostarlo, racimolò tutto quel poco di forze che le rimaneva in corpo e accostò alla finestra. Lo aprì. Aggrappandosi a cassetti e al reggi stampelle s’arrampicò fino in cima, poi si alzò in piedi, e poi sulle punte, cercando di allungarsi il più possibile per arrivare alla finestra. Nulla da fare, non ci arrivava. Per poco, ma non ci arrivava.
Si chinò a sedere, poi da quella posizione scese con un salto dall’armadio, facendo per attenzione a non cadere sulla rete della brandina di Severus che le stava sotto, e si guardò in torno in cerca di qualcosa da utilizzare. Staccò via dal muro quel tanto di armadietto per le pozioni e gli ingredienti di Severus e lasciò cadere tutto il suo contenuto sul pavimento, con rabbia. Poi tirò l’armadietto, che le avrebbe fatto guadagnare sette centimetri massimo, sopra l’armadio. Non bastavano. Lo si vedeva ad occhio che non sarebbero bastati. Eppure, la giovane signorina Evans non si diede per vinta. S’armò ancora un volta di buona fiducia e si arrampicò in piedi sull’armadio, e anche sull’armadietto stavolta, ma niente. Scese di nuovo giù. Si guardò intorno. Harry piangeva ancora.
- No, tesoro no, - fece lui Lily – va tutto bene, va tutto bene, molto presto andrà tutto bene, la mamma ti salva, tesoro, la mamma ti salva.
Ciò detto spalancò la piccola porticina di legno che separava la stanza da un piccolissimo bagno comunicante e mise mano ad un secondo piccolo armadietto con specchiera, cinque centimetri di spessore al massimo. Lo svuotò di tutto il suo contenuto, lasciando che saponi e lame da barba s’ammucchiassero nel lavandino, poi ritornò all’armadio grande, e vi gettò sopra anche l’altro armadietto. S’arrampicò di nuovo. Ora alla finestra ci arrivava.
Fece pressione sul vetro freddo, ne fece sui cardini, ma era chiusa a chiave, ci voleva qualcosa per aprirla.
Ritornò giù a terra, e ritenne fin troppo difficile cominciare a rovistare in terra in cerca dei coltelli di Severus, e così tornò in bagno, prese in mano una lametta da barba e con quella tornò all’armadio.
- Va tutto bene, amore di mamma, va tutto bene, la mamma ti salva – ripeté al figlio piangente prima di arrampicarsi di nuovo.
La giovane Lily Evans non era mai stata una gran scassinatrice, né mai lo sarebbe diventata, eppure, fece coincidere il ferro della lametta con il buco della serratura, e fece leva con entrambe le mani affinché questa si aprisse. Nulla. Ci provò di nuovo, con più spinta, con più forza, poi puntò direttamente al vetro, battendovi sopra più volte con la lama per spaccarlo, riuscendo solo a formarvi qualche scheggia. Forse ci voleva qualcosa di più pesante. Scese a terra di nuovo, senza lasciar mano alla lametta, e prese la sedia che stava ancora sbattuta sul pavimento nel punto in cui lei l’aveva scagliata (anzi, non proprio in quel punto, in quanto l’aveva urtata nel primo dei suoi tragitti dal bagno all’armadio spostandola forse di un poco), e la sollevò sulle proprie braccia.
Tentò di arrampicarsi di nuovo sull’armadio con la sedia stretta fra le braccia e la lametta ancora in mano, ma ricadde. Provò un seconda volta, e poi una terza e poi una quarta, e si ritrovò sempre a terra.
- MALEDIZIONE! – ringhiò a gran voce rialzandosi dalla sua quarta caduta – Va tutto bene, Harry, va tutto bene, tesoro – ripeté poi calmandosi al bambino che piangeva sempre più forte – non piangere, amore, la mamma ti salva, la mamma ti salva.
Strinse la sedia più saldamente fra le mani, e la scaraventò con tutta la forza che aveva in corpo fin sull’armadio. La sedia rimbalzò e ricadde in terra. La giovane la raccolse, e poi la tirò sull’armadio ancora, e poi ancora e ancora, per una, due, tre volte, e per tre volte la sedia ricadde, e solo alla quarta si stagliò fra il legno del secondo armadietto. Lily Evans tirò un sospiro di sollievo, e poi riprese la sua arrampicata, tornando a posizionarsi sopra il terzo armadio. Prima di tentare con la sedia, la donna provò ancora a forzare la serratura con la lametta, poi lasciò perdere e, tenendola in mano, prese fra le braccia anche la sedia, e la spinse con forza verso il legno freddo della finestra, una, due, tre volte, ma questa rimase intatta. Lo fece di nuovo. Con tutta la forza che aveva in corpo tentò di mandare nuovamente la sedia a cozzare contro la finestra di vetro, ottenendo come risultato solo vetro un po’ più scheggiato. Provò ancora, poi una terza volta, sempre con la stessa forza, mentre il piede nudo battendo sopra l’armadietto del bagno andava a rompere la superficie liscia dello specchio, spaccandolo in pezzi, ed alcune schegge le si andavano a conficcare nella carne.
- Sette anni di sfiga, ci mancava soltanto – ebbe la forza di commentare a mezza bocca reprimendo un urlo - Non piangere, amore, va tutto bene, la mamma ti salva – ripeté ancora voltandosi in direzione del figlio.
Poi mosse uno, due passi all’indietro per aggiungere alla spinta la forza di una sorta di rincorsa, ma sbagliò il secondo passo, ponendolo sul legno del secondo armadietto là dove non c’era quello del primo, e l’armadietto del bagno scivolò a terra, e lei fu trascinata giù con lui, andando a finire con le costole fra i quadri della rete della brandina di Severus.
Fortunatamente, la sedia che cadde con lei ebbe una traiettoria di cascata assai più ampia della sua, lasciandola illesa, mentre la lametta che la giovane aveva in mano, invece, andò a conficcarsi nell’adduttore del pollice della sua mano sinistra.
Se solo avesse avuto abbastanza energia per farlo, e suo figlio non le fosse stato dinnanzi, piangendo ancora, pensò Lily Evans, probabilmente avrebbe imprecato. Ma non lo fece, forse perché la rete del letto che al momento le bucava la schiena era troppo dura, forse perché il sangue che bagnava la lama bruciava ancora troppo, forse perché la caviglia, che ora sentiva piegata sotto il peso del suo stesso, probabilmente doveva essersi slogata, o perché le scheggie infilatesi nel piede si facevano sentire ora più di prima in tutto il loro appuntito splendore e il dolore era abbastanza da farla tacere. Tentò di far leva sul braccio destro, schiacciato sotto la schiena, per alzarsi, e riuscì a sollevarsi di qualche centimetro quasi, per poi ricadere, troppo era lo sforzo. Riuscì comunque a tirar via la mano destra da sotto la schiena, e poi fece leva con entrambe le mani per liberare anche la caviglia. Poi puntò la lama che teneva ancora conficcata nella mano sinistra, e la entrasse con l’altra mano dalla proprie carni, per poi portare la sinistra alla bocca e succhiare il sangue. Fra le sue labbra, la ragazza sentì un pezzetto di carne reciso dondolarsi un poco dalla sua mano. La cosa quasi la fece vomitare. Tirò fuori la mano. A pensarci, ragionò la Evans contemplandosi il palmo non troppo insanguinato, con quella caduta sarebbe potuta andargli peggio. Innanzi tutto, la sedia, con la sua caduta, avrebbe potuto compiere una traiettoria minore, cadendole addosso, ed in quel modo avrebbe forse potuto persino ucciderla, e poi la lametta, quella lametta che ora le aveva creato un piccolo taglio, quella avrebbe potuto ferirle il petto, o le vene dei polsi, sarebbe potuta morire anche così. Non le era andata tanto male, con solo una schiena dolorante, un piede puntellato, una caviglia slogata e una mano sanguinante, sarebbe potuta andare molto, molto peggio. Morgana, il pensiero di morire in un modo così stupido mentre tentava di salvare lei e suo figlio la mandò in bestia, e fece di nuovo forza sulle braccia per alzarsi a sedere, ma ricadde di nuovo. Morire così, per nulla, che bruttura. Una morte vana, che non sarebbe servita a niente, insomma, un conto era morire per difendere suo figlio, un conto era farlo per nulla, perché nulla sarebbe cambiato se lei fosse morta in quel modo, nulla di nulla.
O forse no… In quel momento, nella testa della Evans un nuovo pensiero andò forte a fissarsi, e la donna dovette alzare le braccia ad una nuova, terribile consapevolezza. Tutto sarebbe cambiato se solo lei fosse morta in quella caduta, tutto, sarebbe cambiato tutto. Tutto saltava in un patto, saltava l’accordo stesso, se uno dei due pegni veniva a mancare, e lei era ciò che Severus aveva voluto tenere per se, l’oggetto su cui lui aveva posto la firma, e tale oggetto era quindi, indubbiamente, indispensabile ai fini stessi del contratto. Non uccidere lei, il patto era non uccidere lei, James sarebbe potuto morire, ed Harry anche, per la sua stessa mano, ma lei sarebbe sopravvissuta, secondo i piani, l’accordo doveva funzionare così. Quindi, finché lei era in vita, finché aveva fiato, finché il suo cuore batteva, fino a quel momento allora l’accordo era valido, il patto sancito, il voto infrangibile. Ma se lei veniva a mancare, allora le carte cambiavano…
Magari, se lei fosse morta sarebbe saltato l’accordo, sarebbe cambiato il patto, d’altronde era lei, lei la merce di scambio, l’oggetto di baratto di quei due uomini orribili, lei il prezzo pagato a Severus Piton dal suo signore in cambio dell’uccisione di suo figlio. Forse, se Severus non avesse avuto lei, magari lo avrebbe lasciato andare… O forse era solo una stupida, stupida ultima speranza che aveva di salvare il suo bambino, l’unica cosa che le veniva ora in mente per riuscire a evitarne la morte. E quindi era meglio tentare.
La donna evitò di indirizzare lo sguardo a suo figlio, che aveva preso a piangere ancora più forte, perché se solo lo avesse fatto probabilmente non sarebbe riuscita a compier ciò che aveva intenzione di fare. Ricacciò in dentro le lacrime, poi afferrò con più forza la lametta, tanto che le unghie delle dita che si chiudevano attorno al manico sottile andarono a bucarle il palmo. Spostò lo sguardo verso l’alto per non guardare, poi contravvenendo a ciò che le ordinava il suo corpo, nonché a tutte le leggi del buonsenso, tracciò dei solchi su entrambi i polsi, all’altezza delle vene, prima su una mano e poi sull’altra, cambiando mano alla piccola lama, e gettò lo sguardo solo un attimo al sangue che aveva preso a sgorgarne, e poi portò di nuovo gli occhi verdi a mirare il soffitto.
- Va tutto bene, Harry, - furono le ultime parole che riuscì a dire al figlio piangente prima di svenire – la mamma ti salva, la mamma ti salva.


Salve, lettori, sentite, c'è una mia amica che sta postando da un bel pò una piacevolissima snevans e non aggiorna da una vita per mancanza di recensioni. Vi dispiacerebbe fare un salto da lei? Il suo nick è VULNERARIA, la storia si chiama DESIDERI PROIBITI. Grazie in anticipo!

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Capitolo 5
*** Una brutta nottata ***


Una brutta nottata

Stava parlottando con qualche mangiamorte prima di passare il braccio del marchio sopra la porta, qualcuno tipo Malfoy, Nott, Mulciber, Yaxley e Rowle. Stavano parlando di un letto da spostare, stringendo in mano il sacchetto degli ingredienti appena comprati, e contrattando con Malfoy per una culla o qualcosa del genere, quando Severus aprì la porta.
Era ancora voltato verso i suoi compagni, e perciò non vide quello che c’era al suo interno. Fu la reazione di Yaxley a farlo voltare, quando l’uomo esclamò, guardando all’interno:
- Ma che diavolo…?
Severus Piton si voltò verso il suo cubicolo non troppo velocemente, ma dopo aver focalizzato la scena corse forsennato verso l’interno, lasciando cadere il suo sacchetto a terra, dopo aver gridato forte: “LILY!”. Non fu il caos a colpirlo, nell’orbita distratta di quel solo sguardo, né Harry seduto sotto al tavolo, che piangeva ancora, i suoi occhi incontrarono istantaneamente il corpo di Lily, bianco di carne e rosso di sangue.
- No, Lily, no. No! – gridò prendendola fra le braccia.
Poi prese i suoi polsi fra le mani e li strinse a se con tutta la forza che aveva.
- Che cosa hai fatto, Lily, che cosa hai fatto? – chiese al suo corpo esanime stringendolo nel suo.
- È…? – tentò di chiedere lui Thorfinn Rowle, entrando con gli altri dentro la sua stanza.
- No, no non è morta. – rispose lui Severus senza distogliere lo sguardo dalla donna che giaceva fra le sue braccia – Sento battere il suo cuore. Sento battere il suo cuore. Sento battere il suo cuore. – portò una mano a liberarle la fronte dalle ciocche di capelli rosso carminio che la ricopriva – Tu non mi lascerai, – le sussurrò portando le labbra a sfiorarle l’orecchio – io non ti premetterò di lasciarmi di nuovo. – lasciò che una lacrime cadutagli dalle ciglia andasse a bagnare il volto della donna, poi alzò il capo verso i mangiamorte - Mi serve dell’estratto di dittamo, e mi serve adesso! – ordinò loro - Ne ho una decina di fiale pronte, - disse – e fate smettere di piangere quel bambino! Va tutto bene, va tutto bene, – sussurrò al corpo di Lily, cullandolo dolcemente – va tutto bene, tesoro, va tutto bene.
- C’è un casino qua a terra: – fece lui Lucius Malfoy – le tue ampolle si saranno rotte probabilmente.
- Vetro elfico, ultra resistente. – rispose lui Severus – Le. Mie. Ampolle. Non. Si. Rompono. E sono etichettate, quindi cercate quel diamine di filtro.
Clayton, nel frattempo, s’era chinato a prendere il bambino.
- Andrà tutto bene, Lily, andrà tutto bene, – continuò a cullarla Severus, stampandole un bacio sulla fronte – io ti giuro che andrà tutto bene. Mi serve quella pozione, sbrigatevi! – gridò ancora in direzione dei mangiamorte.
- Penso di averla trovata. – comunicò lui Carl Mucilber, movendo qualche passo verso il letto per passargli una piccola fiala dal contenuto color arancio sporco.
Severus Piton gliela strappò di mano, nel senso letterale del termine. La aprì con un morso, poi sputò via il tappo, e versò qualche goccia del suo contenuto sul polsi di Lily, bagnandoli come se fosse profumo. Poi notò la ferita sul palmo della mano, e versò qualche goccia anche su quella.
- Tieni. – disse lui Lucius Malfoy allungandogli un’altra fiala, color rosso sangue, dopo averla aperta lui stesso – C’è scritto “Rigenerasangue”, di certo male non le fa.
- Grazie – mormorò lui Severus afferrandola.
Poi passò una mano sulle labbra di Lily facendole scorrere parte del contenuto della fiala fin giù nella bocca, poi la gettò a terra.
- Ha delle schegge nel piede. – gli comunicò Dalton Yaxley – Sembrano di vetro.
- Accio schegge di vetro – evocò Severus Piton, e poi, quando le schegge gli furono nella mano le lasciò cadere sul pavimento, prima di passare una mano bagnata di estratto di dittamo sopra la pianta del piede della donna.
- Lo stai tenendo male. – fece Lucius Malfoy a Clayton Nott, alludendo al bambino che questo teneva in braccio. – Dovresti mettergli una mano sotto per reggerlo bene ed una dietro la…
- Lo so come si tiene un bambino, Malfoy, non scocciare – fu la risposta secca di Nott, che intanto era riuscito non ancora a far cessare totalmente il pianto del bimbo, ma a farlo diminuire notevolmente. - Volevo solo dire… - tentò Lucius.
- Finitela, voi due. – li zittì Severus Piton. Approfittando del fatto che la sua donna aveva le labbra ancora aperte, le fece scorrere in gola anche il restante contenuto dell’ampollina di estratto di dittamo.
Poi tornò a cullarla dolcemente, mentre la pelle della donna riacquistava colorito, e la tenne stretta a se, nell’imbarazzo generale.

*****


- Ho messo tutto a posto qui. – comunicò lui Lucius Malfoy dopo aver sistemato l’armadio con l’ultimo colpo di bacchetta. - Ora hai di nuovo la tua stanza.
- Grazie, per essere rimasto. - si limitò a rispondergli severus Piton, ancora chino sul corpo di Lily.
Le stava fasciando i polsi con delle bende d’acqua calda, per essere precisi. Dopo averla guarita con il filtro, ed essersi accertato che fosse fuori pericolo, s’era limitato a comunicare agli altri mangiamorte che potevano benissimo togliersi di mezzo, e così Yaxley, Muciber, Nott e Rowle se ne erano andati, mentre Malfoy era rimasto lì ad aiutarlo. Avevano sollevato il corpo di Lily, ed avevano posizionato il materasso sulla brandina spoglia, per poi far ristendere la donna. Era ancora senza sensi, ma era un sonno, non un coma. Poi Lucius Malfoy s’era offerto di rimettere a posto quel caos, e così Severus era potuto tornare a dedicarsi alla sua Lily, lavandole il corpo dal sangue rappreso e fasciandole le ferite. Harry intanto, comodamente seduto nella sua cuccetta sotto al tavolo, aveva smesso di piangere, ed osservava la scena sereno.
- Di nulla. – rispose lui Lucius – Hum… - commentò guardandosi intorno nell’ordine appena ripristinato – non deve averla presa molto bene, eh?
- Suo marito è morto, lei e il suo bambino sono stati rapiti, rinchiusi, lei è stata data in premio ad uomo e questo ha giurato di uccidere suo figlio, tu come l’avresti presa? – gli ringhiò contro Severus – Che cosa avresti fatto tu, se un uomo si fosse introdotto in casa tua uccidendo Narcissa, portando via te e Draco, intenzionato ad ucciderlo?
- Beh, io non glielo avrei mica permesso – rispose lui Lucius – gliel’avrei fatta vedere io se solo ci avesse provato.
- Eravamo in due, Lucius, – si limitò a dire lui Severus, pronunciando quella frase come a voler sottolineare solo e soltanto l’idiozia del suo interlocutore. – e lei non aveva la bacchetta.
- Capisco… - commentò Malfoy. Poi aspettò che Severus disse qualcosa, e quando questo non lo fece, e calò sulla stanza un silenzio imbarazzante, almeno per lui, Lucius si limitò a portare lo sguardo altrove, andando a soffermarsi prima sull’armadio, poi sulla porta, e poi su Harry, che ricambiò il suo sguardo sorridendo. – Incredibile, eh? – si limitò a dire distogliendo il suo sguardo da lui – Insomma, ha l’età di Draco, come fa un bambino tanto piccolo ad essere una minaccia così grande?
- Finiscila di parlare a vanvera, Lucius, - rispose lui Severus Piton - il bambino può uccidere il nostro signore, e questo è sufficiente.
- E come?!? – chiese lui Malfoy – Insomma, è solo un bambino, avrà un anno al massimo. Nel momento in cui il Lord ha parlato di lui per la prima volta pensavo che scherzasse. Insomma, era una cosa così assurda! Un bambino dell’età di mio figlio, dell’età di Tiger, dell’età di Theodor, sarebbe stato questo il suo grande avversario? Era così che contava di guadagnarsi l’immortalità? Uccidendo un bambino indifeso che non sarebbe una minaccia neppure per un orsacchiotto di peluche? Quale uomo può strappare un bambino dalla sua culla e definirsi un leader? Come fa a guardarsi allo specchio e a non dubitare neanche un po’ di se stesso, se sceglie di uccidere per i propri fini un bambino dell’età di mio figlio? E quanti altri sono morti poi sempre per lui! Dannazione, è solo un bambino, solo e soltanto un bambino, lui…
- Oh ma che belle parole, Lucius, belle davvero! – gli si scagliò contro Severus lasciando stare il corpo di Lily per alzarsi e voltarsi verso di lui – Ed avrai il coraggio di ripeterle davanti al nostro signore, Lucius? Ce lo avrai? Gli parlerai forse di quanto sia assurda la sua idea e di come sia impensabile rivoltarsi contro a un bambino ancora in culla? Sembrano così sentite le tue parole, Lucius, eppure mi è sembrato che tu avessi abbassato lo sguardo quando Lily ha invocato il tuo aiuto. Il signore oscuro vuole questo bambino, Lucius, è una sua scelta e non sta né a me né a te giudicarla, quindi finiscila di fare il buonista, non è una parte che ti si addice.
Lucius Malfoy abbassò per una frazione di tempo di tipo due secondi lo sguardo sul pavimento.
- Non ti scaldare, – si limitò a rispondere poi – era solo per dire… Comunque per i letti Mulciber ha detto che non c’è problema: domani mattina ne porteranno qui uno matrimoniale. Per la culla invece ci penso io. Sai, quando è nato Draco Cygnus ha avuto la brillante idea di comprargli una culla, immagino fosse l’euforia del primo nipote, il primo riconosciuto almeno, quella Nilfadora là o come diamine si chiama non l’ha mai neppure voluta vedere, comunque, lui ci ha portato la sua culla, ma ne avevo già fatta una anche io, davvero, con le mie mani, e con la mia bacchetta, ovviamente, (senza magia mi sarebbe stato davvero impossibile), ma il mio primogenito se la meritava davvero, e così ne abbiamo due adesso, quindi una ve la cedo volentieri. Quella di Cygnus però, Draco dorme solo nella mia. Probabilmente perché l’unica in cui lo metto mai a dormire…
- Grazie. – fece Severus tappando il discorso – Ora andiamo però, penso che sia per loro che per noi sia arrivato il tempo di dormire, è stata una giornata intensa, - e qui volse gli occhi alla sua Lily che giaceva tranquilla sopra al suo letto – per tutti noi.
- Dove ti appoggi per stanotte? – chiese lui Lucius – Lei occupa tutto il tuo letto.
- Già, fortuna che c’è qualche stanza libera. – rispose lui Severus – Non mi serve molto, m’accontento d’un letto, da domani notte dormirò molto più comodo.
- Perfetto. – commentò Malfoy raggiungendo la porta, - Allora, buonanotte.
- Buonanotte, Lucius.
Risposto all’augurio dell’amico con un lieve cenno del capo, Lucius Malfoy uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di se.
Severus Piton s’alzò dal capezzale di Lily e si recò a prendere Harry fra le braccia, prima di portarlo nel letto della madre.
- Buonanotte, – commentò guardandoli. Poi si alzò in piedi e raggiunse a sua volta la porta, spalancando l’uscio con il marchio del braccio. – a tutti e due.
Ciò fatto, fece per uscire. Il piano genialmente semplice in cui consisteva l’idea del momento, si risolveva nell’occupare una delle stanze momentaneamente vuote dell’edificio, ed appoggiarsi lì per quella notte. Era una soluzione semplicemente pratica e ingegnosa. Sfortunatamente, o fortunatamente, dipende dai punti di vista, fu il pianto acuto di un bambino a distrarlo dai suoi buoni propositi.
Il piccolo Harry Potter, dolcemente appoggiato nel letto della madre, s’era alzato proprio in quel momento a sedere, ed aveva ricominciato il suo pianto.
- Sh, zitto! – gli intimò Severus – Che c’è? Che vuoi? Svegliare tutto l’edificio? Calmati, diamine!
Ciò detto si avvicinò al bambino e lo prese fra le sue braccia. Il bimbo si calmò un tantino.
- Sh, va tutto bene, va tutto bene. – gli sussurrò Severus, prima di seguire con gli occhi la traiettoria dello sguardo del bambino che andava a posarsi sull’immagine della mamma addormentata. – Capisco, – commentò poi – per quanto bella che sia la tua mamma immagino che non sarà un granché di compagnia stanotte. Vuoi venire con me?
Il bambino, ovviamente non gli rispose, ma, tacendo totalmente il suo pianto, si strinse più forte fra le braccia del suo aguzzino, e strusciò il faccino sulla sua tunica nera come a pulirsi le lacrime.
- Capisco, - commentò Severus Piton – lo prenderò per un sì.
E ciò detto, con il piccolo ancora in braccio, si mosse nuovamente verso la porta. Ma, non appena ebbe raggiunto quell’antro, e sorpassato questo d’un passo, il pianto del bambino ricominciò, se possibile, più forte.
- Hey! Hey! Che fai? Ricominci? – fece lui Severus Piton riportandolo in fretta dentro – Sveglierai tutti, smettila!
Il bambino si calmò un pochino.
- Sh! Certo che sei lunatico tu! – commentò Severus – Che cosa vuoi tu, eh? Vuoi restare qui? Vuoi rimanere con la mamma?
Il bambino fece cenno di sì con la testa, portando la manina ad indicare Lily.
- Perfetto, – commentò Piton – perdonami, non ti avevo capito, pensavo che tu volessi… Fa nulla, vuoi restare con la mamma, perfetto.
E ciò detto si mosse verso l’armadio, estraendovi dei copertoni di lana ottimi per le notti d’inverno, poi li stese a terra accanto al letto di Lily, in modo che formassero un tappetino morbido e spesso, e vi posizionò sopra il bambino.
- Ecco fatto, - gli disse poi togliendosi le sue mani dal collo – ora puoi dormire qui con la tua mamma senza la paura che questa si muova nel sonno buttandoti giù dal letto, sei contento? Perfetto, buona notte.
E così, dopo aver strizzato l’occhio al ragazzino, si rialzò in piedi e raggiunse di nuovo la porte. Puntuale come uno svizzero, il pianto del bambino tornò a farsi sentire.
- Che cosa c’è? Che altro vuoi ancora? – gli gridò contro Severus Piton, muovendosi a grandi falcate verso di lui, per farlo zittire – Sh! Farai svegliare la tua mamma, smettila! Si può sapere che altro vuoi?
Il bambino si calmò dal pianto nel momento stesso in cui l’uomo si chinò su di lui. Aggrappò a lui stringendogli la manina sulla tunica nera, e tendendo l’altra a indicare nuovamente la madre.
- Che cosa? – chiese lui Severus contrariato – No, piccolo scemo, oh no, no e poi no, per nessuna ragione al mondo, io non dormirò sul pavimento per lei!
Il piccolo Harry fece tremare il labbruccio, e poi riaprì, lentamente, il rubinetto delle lacrime, facendo infuriare Severus.
- Smettila, ho detto si no! – disse l’uomo – Penso di aver già fatto abbastanza per lei in questa vita, dormire sul pavimento mi sembra troppo, non credi? Quindi smettila di frignare e mettiti a… - il bambino moltiplicò le sue urla – Oh no, no, non così, non di nuovo! Andiamo, ti prego, smettila!
Il bambino spense le lacrime per un momento, momento nel quale le sue iridi verdi andarono a intrecciarsi con quelle dell’uomo che aveva davanti, e nel quale Severus sperò con tutto se stesso che il piccolo avesse finalmente deciso di calmarsi, di smetterla di frignare e mettersi a dormire, finalmente, ed invece, concluso quel piccolo abbozzo di contatto visivo, preso da lui probabilmente come un gioco, ricominciò a piangere ancora più forte.
- No, no, no, no! – protestò Severus – E va bene, va bene, calmati, resto qui, resto qui, resto qui.
E ciò detto, mentre il bambino ricacciava indietro le lacrime, lui si recò, contrariato, a tirar fuori altre coperte dall’armadio.
- Incredibile, - blaterava fra se e se – io, IO, io dovrei dormire sul pavimento. Bambino lagnoso e prepotente che non sei altro, il figlio Potter, tale e quale a lui, spiccicato, così immaturo e viziato. Sì, sì, proprio viziato, pensa, ti conosco da un giorno e già non ti sopporto. Che cosa fanno a voi Potter? Vi iniziano fin da piccoli alla nobile arte di rovinarmi la vita? Ed immagino che lo scettro passi di generazione in generazione, così ora che non c’è tuo padre spetta a te questo grande onore! Sono senza parole, e non voglio diventare volgare, quindi adesso dormi e non ne parliamo più. Buona notte.
E così dicendo, avendo già disteso altre coperte pesanti sul pavimento, si stese alla sinistra di quel futon approssimato, proprio vicino al letto di Lily, con il bambino alla sua destra. Il ragazzino, in tutta risposta a quella burbera buonanotte, gattonò sul corpo del suo compagno di letto, lo scavalcò montandogli sopra, e si sistemò comodamente alla sua sinistra, relegando a Severus la parte destra.
- Oh certo! Vuole stare anche vicino a Lily! – commentò Severus sull’orlo dell’esasperazione – Tu non sei il figlio di Potter, tu sei il suo fantasma tornato sulla terra per vendicarsi di me, ecco cosa sei! Viziato, prepotente, spocchioso, piagnone di un Potter! Ah, ma da domani le cose cambieranno, oh sì che cambieranno, bello, a me arriverà un letto decente e tu, oh mio caro, beh tu dormirai in un culla, proprio una culla, e vedremo chi riderà allora, eh sì, proprio così. Certo, non è che ti sia andata troppo male con la culla di Cygnus Black, insomma, il regalo per il suo primo nipote, per il primo maschio della sua famiglia. Sai, non mi sorprenderebbe se fosse, (che so?), placcata di zaffiri e oro! Sarà una cosa tipo, enorme, e, tipo… no, non lo so, non riesco davvero a immaginarmela, insomma, “la culla di Cygnus Black” – disse dando alla frase un tono autoritario -, deve essere una cosa epica e… e tu ti sei già addormentato da qualche minuto, - realizzò poi - io sto parlando da solo, ed, inoltre, sto avviando un complicatissimo discorso su culle e fantasmi che tu, anche se fossi sveglio, probabilmente non avresti capito. Sono senza parole, Lily è tornata solo da un giorno ed io già ricomincio a dare i numeri, quella donna è indubbiamente patologica per me. Ed io sto continuando a parlare da solo… Ok, perfetto. Buonanotte, - disse voltandosi s dormire dalla parte opposta al bambino - piccolo diavolo.

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Capitolo 6
*** Un brusco risveglio ***


Un brusco risveglio


In quel momento della mattina che non è più sonno e dista un passo dalla veglia, Lily Evans si rigirò nel suo letto, tendendo una mano alla sua sinistra come a cercare il volto di James. La mano le ciondolò a vuoto. Solo in quel momento la sua mente rielaborò i dati, ricordò quello che era successo, ed allora Lily Evans aprì gli occhi di scatto, e s’alzò immediatamente a sedere. Dov’era lei? Dov’era suo figlio? Dov’era Severus?
Si guardò intorno. Si trovava ancora in quella stanza, nella stanza in cui era stata rinchiusa la sera prima, quel che non riusciva a vedere però era suo figlio. Cosa era successo? Dove l’avevano portato? Perché lei non li aveva fermati? Se s’era svegliata doveva per forza significare che s’era addormentata, e come diamine aveva fatto ad addormentarsi in una situazione simile? Si guardò i polsi ancora fasciati, ricordò il suo tentativo di suicidio, la situazione le apparve più chiara.
Tremando, debole preda dell’ira e dell’ansia, Lily Evans scattò in piedi, e mosse qualche passo verso il bagno, dal quale vedeva arrivare della luce e del rumore, e vi si sarebbe fiondata veloce come un fulmine, se prima di arrivare non si fosse imbattuta in… una culla.
Era una culla d’onice e legno scuro, con un plissè si smeraldi collocato sui bordi e dei piccoli draghi verdi e neri che ciondolavano dal piccolo carillon appeso in alto. Suo figlio vi dormiva dentro d’un sonno beato.
- Hey, sei sveglia. - commentò Severus Piton uscendo in quel momento dal bagno. teneva in mano una lametta da barba, e metà del viso era ancora sporco di schiuma.
La donna gli si fiondò contro.
- Tu! – gridò non appena lo vide – Tu, lurido! Tu, verme schifoso! Come hai potuto? Come hai potuto?
- Calmati, Lily, - si limitò a dirle lui con fare premuroso e cordiale – finirai per svegliare tuo figlio.
- NON OSARE PARLARE DI LUI!! – gli gridò in faccia Lily.
- Lily…
- No, non c’è verso – gli comunicò la donna indietreggiando a pararsi dinnazi alla culla – dico davvero, non c’è modo. Per nessuna ragione al mondo ti permetterò di far del male a mio figlio. Tu non riuscirai mai ad ucciderlo, e neppure il tuo signore, non finché io sarò in vita. Dovrai passare sul mio cadavere per torcere anche un solo capello a lui.
- Non essere melodrammatica, Lil… - disse lui allungando una mano come ad afferrarla.
- Non mi toccare! – pronunciò Lily ritraendo schifata il braccio per allontanarlo da lui.
- Lily, ti prego…
- Tu non ti devi azzardare a toccarmi. – scandì la donna indietreggiando.
- Lils, per favore – fece lei il ragazzo.
- Non chiamarmi in quel modo! – gli gridò contro Lily – Non puoi farlo, non puoi! Hai perso il diritto di chiamarmi in quel modo nel momento in cui hai promesso al tuo capo di uccidere mio figlio. Quello era il nome con cui mi chiamava un ragazzo di quindici anni che allora io consideravo il mio migliore amico, che mi aiutava a tener ferma la bacchetta durante le lezioni di Difesa Contro Le Arti Oscure, che m’aveva promesso di portarmi al ballo d’inverno del Lumaclub, che aveva dei pessimi amici, sì, ma era buono, dopo tutto, e che sedeva con me sulle sponde del lago nero a cercare di scorgere la piovra gigante, e che m’aveva promesso che saremmo rimasti amici almeno fino a quando non saremmo riusciti a vederla. Che cosa è successo a quel ragazzo, Severus? Che cosa ne hai fatto di lui?
- Io…
Ma Severus Piton non riuscì a terminare la frase. In un momento, dopo due colpi di pugno sul legno, la porta si aprì, e quattro mangiamorte entrarono trascinando un letto a due piazze fin dentro la stanza. Igor Karkaroff lo teneva per l’estremità anteriore, camminando all’indietro, mentre Mulciber e Goyle tenevano quella posteriore. Yaxley osservava il tutto.
- Permesso… - commentò Karkaroff dando una gomitata Severus per passare, e questo prese Lily per un braccio e la trascinò via verso il tavolo per permetter loro di passare.
Questi si mossero verso la finestra, piegandosi a lasciare il letto là dove la sera prima Severus aveva collocato le lenzuola che avevano fatto da futon per lui e il bambino.
- Lucius ci ha detto che hanno già portato la culla – disse Yaxley indirizzando la sua attenzione verso Severus.
- Sì, è così. – gli rispose lui – Ci hanno pensato Avery ed il maggiore dei Lestrange. O il minore, forse. Non sono mai riuscito bene a distinguerli…
- Penso proprio fosse il minore. – commentò Dalton – Dubito davvero che Bellatrix avrebbe permesso a suo marito di abbassarsi a fare una cosa tanto babbana come portare in una camera una culla…
- Sì, probabile… A proposito, si è più avuto notizie di Evan? – chiese lui Severus – E’ dall’attacco a quella casa di babbani che non lo vedo in giro, che ne è stato di lui?
- Morto. – gli comunicò Dalton Yaxley.
- Oh. – si limitò a commentare Severus.
- È stato quell’auror, Moody. - gli spiegò meglio Yaxley – Ma Rosier gli ha dato filo da torcere fino alla fine. Sai, alcune delle nostre fonti dicono che gli abbia fatto persino saltare un occhio…
E la discussione sulla morte di Evan Rosier sarebbe continuata allungo, se in quel momento una sesta persona non fosse entrata nella stanza, dando inizio al caos più totale.
- Yaxley, sei qui. – commentò l’uomo entrando nella stanza dalla porta lasciata aperta, - Mi manda Bellatrix, lei voleva che ti dicessi, che suo marito chiede se…
Quel che Rodolphus Lestrange voleva, con precisione, era sapere se per lui andasse bene sostituire il suo turno di pattuglia con lui quella notte, in modo che lui e sua moglie Bellatrix potessero occuparsi della ronda insieme la notte successiva. Ma Dalton Yaxley non avrebbe saputo quell’informazione che mezz’ora dopo, poiché non appena il volto del nuovo arrivato fu accessibile alla vista della Evans, gli occhi di lei si ridussero a fessure, e la donna si lanciò in un momento verso di lui.
- Tu! – gridò non appena lo vide – Tu, lurido! Tu, verme! Tu, topo schifoso! Tu!
Peter Minus indietreggiò di qualche passo balbettando qualcosa, mentre Severus Piton, paratosi dinnanzi alla Evans, la teneva ferma per le braccia per impedirle di raggiungerlo.
- Vattene, Minus. – ordinò con straordinaria calma in direzione del nuovo arrivato, continuando a placcare Lily – Esci di qui! Uscite tutti!
- Noi ci fidavamo di te, verme! – continuò a gridare Lily, dimenandosi come impazzita fra le braccia di Severus – James si fidava di te! Era tuo amico!
- Lily, calma, - le sussurrò Severus nell’orecchio, mentre i quattro mangiamorte lasciavano il letto e si dirigevano verso la porta, e Peter Minus indietreggiava fin troppo lentamente balbettando un qualcosa – va tutto bene, sta solo calma.
- Guarda mio figlio! – gli gridò Lily prima che l’uomo potesse raggiungere la porta – E’ uguale a James: guardalo!
Ma era troppo tardi. In un momento, Peter fu fuori dalla stanza, e Dalton sigillò dall’esterno la stanza.
- Sta calma, Lily, sta calma. – continuò a sussurrarle Severus quando tutti se ne furono andati. – Va tutto bene, adesso. Va tutto bene.
- Non mi toccare, tu! – gli ringhiò contro lei strappandosi dalla sua presa – Sei un traditore, sei come lui! Sei un topo come lui!
- Lily, per favore… - fece Severus Piton movendo qualche passo verso di lei mentre la donna indietreggiava furente.
- Peter ha consegnato nelle Sue mani me e James esattamente come tu Gli consegnerai Harry, ed entrambi eravate nostri amici! Noi ci fidavamo di voi. Sei come lui… Come lui!
- No, non è vero. - disse Severus una volta che l’ebbe raggiunta, portando le mani bianche ad accarezzarle il viso – Non è vero, io sono diverso. Io ti ho salvata, Lily. – disse accarezzandola – Ti ho salvata. Tu sei viva grazie a me.
- Viva? – fece Lily indietreggiando d’un passo per scrollarsi le sue mani di dosso – Viva? E viva per cosa, Severus? Viva per cosa?! Per stare qui nella tua stanza, nel tue letto, a scaldare tue lenzuola mentre tu prepari la pozione che ucciderà mio figlio?? Che razza di uomo sei, Severus? – chiese rivolgendosi contro di lui con tutta la rabbia che aveva in corpo – Che uomo sei?
Severus Piton la guardò furente. Se fosse stato un drago, probabilmente, pensò la donna, dalle sue narici sarebbe uscito fumo. Prese un po’ di fiato guardandola con rabbia, e alla fine parlò.
- E chi lo dice? – disse – Chi lo dice che dovrei stare a scaldarmi le lenzuola, mentre io preparo la pozione? Magari potresti aiutarmi! Correggimi se sbaglio, Lily, ma mi pare che fossi notevolmente brava quando eravamo a scuola, certo, in parte era grazie ai miei appunti, ma…
- Ma come sei diventato, Severus? – chiese la donna indietreggiando disgustata – Come puoi essere diventato?
- Getta un occhio agli ingredienti, cara, - continuò calmo Severus – magari ti viene in mente qualcosa…
- Sei un mostro… - commentò la donna.
- Lily…
- Sei spregevole, sei…
- Lily, guardali…
- Sei un verme, un impostore, sei la persona peggiore che io abbia mai…
- LILY, GUARDALI! – gridò l’uomo raggiungendola e stringendola forte per le spalle, in modo da farla voltare verso il tavolo.
La donna chiuse gli occhi per un momento, poi li riaprì sugli ingredienti.
Le sue pupille si dilatarono al limite dell’immaginabile, e si calmò, così Severus potette lasciarle le braccia.
- Artemisia, - disse la donna guardando verso il tavolo, la voce ridotta a un sussurro – fagioli solforosi e… e…
- Radici di asfodelo, sì. – concluse Severus per lei – Ora, – continuò staccandosi dal corpo di Lily per cominciare a girarle accanto come fosse la metamorfosi d’un avvoltoio, esibendosi in un’accettabile imitazione del professor Lumacorno. – Lezione di Pozioni base. Che cosa ottengo, classe, se mischio insieme infuso d’artemisia, succo di fagioli solforosi e radice di asfodelo?
- Un.. - balbettò la donna – un dist.. un distillato..
- Più forte, non riesco a sentirti – commentò Severus.
- Un distillato.. un distillato di morte vivente – concluse Lily, senza staccare ancora gli occhi dal tavolo.
- Risposta esatta! – fece Sev continuando con la sua imitazione – Venti punti a… ‘Lily Evans’? Hum… interessante… Lily Evans… E’ forse parente di Brian Evans, il membro del Wizengamot? Ho avuto ottimi rapporti con il signor Brian Evans, mi è parso una persona deliziosamente cordiale. No? Ah, nata babbana lei dice… hum… Beh, ancora più impressionante, signorina Evans, non c’è che dire! Credo proprio che noi tutti possiamo aspettarci grandi cose da lei! Ha mai sentito parlare del Lumaclub? Sa, si tratta di… Potter! Black! Mettere subito giù quel calderone! Hum, ok, scusa. – fece poi il ragazzo ricomponendosi, tornando alla sua voce – Questa non era buona…
- Severus, - si limitò a dire Lily, che dal principio non aveva ancora staccato gli occhi dal tavolo – Severus, come può un distillato di morte vivente uccidere qualcuno?
- Semplice: - rispose lui piegando dolcemente le labbra in un sorriso prima di raggiungerla – non lo fa.
- Tu… - fece Lily voltandosi con le lacrime agli occhi verso di lui, parlandogli con un tono che variava fra la commovente affermazione e una domanda – Tu non hai intenzione di uccidere mio figlio.
- No, - le rispose lui dolcemente – mai avuta.
A Lily ci volle un attimo, solo un attimo, prima di scoppiarsi a piangere di gioia e buttarsi fra le sue braccia.
Nell’arco di quell’attimo, l’uomo che aveva odiato fino ad un momento prima apparve ai suoi occhi come niente meno d’un angelo, e tutto l’odio, tutto il disprezzo che aveva provato nei suoi confronti, andò a sciogliersi insieme alle lacrime che le bagnavano il viso, trasformandosi in riconoscenza.
Quando lei gli si tuffò fra le braccia, Severus si limitò semplicemente a sorridere e ad accoglierla. La lasciò piangere a dirotto fra le sue esili braccia, si limitò ad accarezzarle i capelli stringendola a se, e preferì farla sfogare un attimo, affinché si calmasse un poco, prima di parlare.
- E’ un po’ complicato da spiegare; – le disse – è che faceva parte del piano. Era l’unico modo per portare via te e tuo figlio da quella casa, portarvi via vivi intendo, io…
- Lo sapevo che non era vero, che non poteva essere così, - riuscì a dire Lily Evans fra le lacrime – sapevo che tu non saresti mai potuto essere il mostro che avevo davanti…
- Sono un mangiamorte, Lily, questo è vero. – le spiegò Severus – Lo sono diventato anni fa ma è stato un errore, una scelta sbagliata. Ed è vero, sono bravo, talmente bravo che da poco ho avuto l’onore di recapitare al signore oscuro l’informazione più preziosa che questo abbia mai avuto, ma io non sapevo… io non potevo sapere che… Lily, appena ho saputo, appena ho saputo che la cosa riguardava te, te e la tua famiglia, appena l’ho saputo mi son reso conto dell’errore commesso, sono corso da Silente e l’ho pregato di proteggervi, ma lui non ci è riuscito. Sono state notti in sonni, sapevo che Albus avrebbe fatto qualcosa, ma temevo che non bastasse ed infatti è stato così. Quando ho saputo, (me lo ha detto Alecto, in verità) quando ho saputo che stava arrivando, che Minus aveva parlato, ho avvertito Silente con un patronus, dicendo che mi sarei inventato qualcosa (è per questo che non c’erano membri dell’Ordine fuori casa tua quella sera) e poi sono corso da voi. Non sapevo che cosa fare, Lily, non ne avevo davvero idea ma… Io dovevo salvarvi. La storia della pozione è tutta inventata, non esiste alcun filtro simile né nessuna frase che avevo dimenticato della profezia, un Avadakedavra sarebbe stato piucchè sufficiente per uccidere tuo figlio. E’… è una cosa che ho inventato sul momento, la prima cosa che mi è venuta in mente, a dire il vero. Subito dopo averti chiusa qui, invece di andare a prendere gli ingredienti son corso da Albus, gli ho spiegato tutto, la mia idea, la sua reazione, e così abbiamo concordato la cosa. Lily in questi giorni io lavorerò al distillato di morte vivente, il problema è che dovrò farne uno che abbia colore ed odore differente a quello convenzionale, e questo significherà dovervi aggiungere altri ingredienti che alterino il suo aspetto ma non il suo effetto. Quando l’avrò ultimato, lo consegnerò al signore oscuro, lui lo farà bere a tuo figlio e mi ordinerà di seppellirlo. Io lo porterò da Albus. E lì sarà al sicuro.
La donna staccò per la prima volta gli occhi dal suo petto, e si limitò a portare il volto all’altezza del suo, e a guardarlo.
- Lo so, - continuò il ragazzo – non è il massimo come piano, ma è tutto ciò che mi è venuto in mente…
- Ho avuto così paura… - disse lei scoppiando a piangere, e abbandonandosi nuovamente fra le sue braccia – All’inizio pensavo che fingessi, ma poi tu… tu hai detto tutte quelle cose e…
- E che cosa potevo fare, Lily? – le chiese lui – Strizzarti l’occhio, sussurrarti qualcosa? Diamine, avevo così paura che potessero scoprirci, se solo un’espressione del mio o del tuo volto c’avesse traditi io…
- Grazie, Severus. – fece la donna stringendosi più forte a se – Grazie, grazie, grazie, grazie, grazia!
- Oh, - disse lui stringendola a se – non sono più la persona peggiore del mondo adesso, eh? Non sono più come Peter Minus.
- No! – esclamò lei con fare spiacente – Tu sei… tu sei buono, sei buono, sei fantastico, non c’entri niente con lui, io credevo… ho creduto che…
- Dovevi crederlo, Lily, tutti dovevano crederlo. – le rispose lui – Tu non hai idea di quanto soffrissi a vederti in lacrime, a doverti trattare così, ma se lui avesse sospettato di me, se avesse sospettato anche solo un attimo… Ma non è stato così, per fortuna. Sh, sh, - fece cullando un poco la giovane donna ancora in lacrime fra le sue braccia – va tutto bene, Lily, va tutto bene adesso.
Severus si scostò dalla donna dopo averla carezzata un po’. Mosse qualche passo in direzione del letto, e come l’ebbe raggiunto s’occupò di sistemare il materasso appena arrivato, e mandare via con la bacchetta quello vecchio.
Lily, nel frattempo, s’era limitata a roteare il corpo verso di lui, a stringersi fra le braccia conserte e a guardarlo.
Se l’idea di dover far sesso con l’uomo che avrebbe ucciso suo figlio la disgustava fino all’infarto, quella di farne con l’uomo che lo avrebbe salvato, pur restando nel gruppo delle cose orrende, appariva comunque un’alternativa preferibile alla prima. Ecco qual era il patto. Il vero accordo non era fra Severus e il signore oscuro, il vero accordo era fra Severus e lei. Lui l’aveva salvata, ed avrebbe portato in salvo anche suo figlio. In cambio, lei sarebbe stata sua.
- Ah, giusto. – disse Severus notando il suo sguardo, rialzandosi in piedi quando ebbe finito – Penso che ci sia un malinteso anche qui.
Mosse qualche passo verso di lei, e lei rimase immobile ad aspettarlo. Si collocò dinnanzi a lei, e a primo acchito la giovane donna distolse lo sguardo da lui per l’imbarazzo, indirizzandolo verso le proprie, interessantissime, scarpe.
- Io non… io non voglio possederti, Lily. – si limitò a dirle Severus.
La donna portò di scatto gli occhi su di lui.
- Che cosa!? – fece a metà fra l’incredula e lo stupita.
- Non voglio possederti. – ripeté Severus – Era parte del piano, mi serviva una scusa per chiedere al signore oscuro di mantenerti in vita ed ho optato per la perversione sessuale, ho pensato sarebbe stata credibile, ed infatti lo è stata, ma non ho davvero quelle intenzioni io non voglio… non ho mai voluto farti del male.
Lily lo scrutò un momento. Le sue iridi color verde intenso andarono ad abbracciare per intero la figura del suo ex migliore amico, sospettato aguzzino ed ora novello angelo.
- Che cosa vuoi allora? – gli chiese poi – Perché lo fai se non vuoi nulla in cambio?
- Avrebbe forse chiesto qualcosa in cambio, Lily, il ragazzo che conoscevi a quindici anni? – le chiese lui sorridendo – Quello che ti chiamava Lils, che ti passava sotto banco gli appunti di pozioni e con il quale giocavi a scacchi perdendo inesorabilmente ogni domenica pomeriggio?
- Ti ucciderà se ti scopre. – commentò Lily commossa – Ti torturerà. E tu vuoi dirmi che fai tutto questo per niente? Per niente salvi una donna che un tempo era stata tua amica e il figlio di lei e dell’uomo che hai odiato di più al mondo?
- James… - si limitò a dire Severus – Mi dispiace davvero di non averlo potuto aiutare, Lily, se fossi arrivato prima avrei inventato qualcosa per salvare anche lui. Probabilmente avrei detto che lo volevo in vita perché volevo vedesse come mi prendevo sua moglie davanti ai suoi occhi, o qualcosa di simile, l’avrei aiutato, comunque, mi dispiace non essere arrivato in tempo. Io l’odiavo, questo è vero, e francamente credo di odiarlo ancora. Ma non avrei voluto la sua morte, questo no.
- Non hai risposto alla mia domanda. – gli fece notare Lily – Perché stai facendo questo?
Severus ci rifletté su un momento. Per quanto accusare un impegno e fiondarsi fuori dalla stanza sarebbe stato, per il momento, un ottimo diversivo, prima o poi sapeva che avrebbe dovuto rispondere a quella domanda. Tanto valeva farlo adesso.
Perché ti amo da tutta la vita, fu la prima risposta che gli venne in mente, eppure decise di optare di qualcosa di più evocativo, e di meno melenso.
- Ricordi… - si limitò a risponderle infine – ricordi quando avevamo tredici anni, e quello scemo di Black ci raccontò che secondo un amico del cugino del padre di suo fratello Regulus c’era una piovra gigante nel lago? Ci pareva una cosa così assurda! Insomma, se ci fosse stata una cosa simile là dentro qualcuno l’avrebbe sicuramente notata, per l’amor del cielo! Non potevamo credere che ci fosse, che ci fosse senza che nessuno di noi se ne fosse mai accorto, e ci riproponemmo di scovarla, se era realmente lì. Promettemmo che saremmo rimasti amici, amici fino almeno a vederla. Sai, Lils, - concluse il ragazzo – io non l’ho ancora vista. E tu?
La donna lo guardò sorridendo, e gli gettò nuovamente le braccia al collo.
- No, - gli sussurrò ridendo all’orecchio – no, non l’ho vista. Siamo ancora migliori amici noi. Ed io non smetterò mai di ringraziarti.
- Oh, tu smetterai, Lily, e smetterai adesso! – fece allarmato Severus Piton, slacciandosi le sue braccia di dosso – Lily, - fece cercando fra le proprie parole il tono più serio che riuscisse a trovare – è una faccenda seria: Voldemort è il cattivo, io sono il bastardo che lavora per lui e tu sei la povera vittima che ci odia, capito? Devi mantenere la parte, Lily, devi odiarmi con tutta te stessa, perché anche se ai tuoi occhi io sono adesso colui che ti ha salvato, agli occhi degli altri devo restare l’uomo che ha promesso di uccidere tuo figlio. È fondamentale. Non posso proteggervi se non collabori, Lily, non ce la posso fare.
- E che cosa dovrei fare allora? – gli chiese lei – Fingere di odiare l’uomo che al momento stimo di più al mondo?
- Esatto, Lily, proprio questo. – le rispose Severus – E non ti chiedo neppure se puoi farlo o no, perché una donna che arriva a tentare di togliersi la vita per salvare suo figlio può recitare una parte del genere ad occhi chiusi. Sbaglio, Lily?
- No, - rispose lui la donna – no, non sbagli, posso farlo.
- Perfetto. – commentò Severus – Quanto alla storia del suicidio, beh, perchè lo hai fatto neppure te lo chiedo, ok? Immagino che fosse una sorta di ultimo, disperato gesto, ma è stato un grande errore e ti pregherei di non provarci mai più, ok?
- Sì, io… io, scusa, insomma, ti ho anche distrutto la stanza ma… io pensavo che tu…
- Non mi devi alcuna spiegazione, dico davvero – ripeté Severus, - devi solo promettermi di non farlo mai più, siamo intesi?
- Sì, - gli rispose Lily – siamo intesi. E grazie.
- Questo l’hai già detto. – commentò Severus.
- Sì, ma non abbastanza, - disse lei - non regge il confronto con quello che hai fatto, non ci si avvicina nemmeno.
- Non fa nulla, dico davvero. – le rispose lui. Poi si limitò a godere un attimo degli sguardi stupendi di lei, e a riprendere un attimo fiato, prima di posarle una lieve carezza sul braccio e a concludere il tutto con un: - Ora io devo andare.
- E dove vai? – gli chiese lei.
- A fingere di fare il bravo mangiamorte, ecco dove, non mi va di parlarne, ok? – chiese poi, e mosse qualche passo verso la porta. – Il pranzo è ognuno per conto suo, manderò qualcuno a portarti qualcosa. – le disse quando ebbe raggiunto il pomello – Se qualcuno prova in qualche modo a farti del male, tu digli semplicemente che melo riferirai. La cena è in comune, invece. Lord Voldemort sta a capo di un’enorme tavolata e noi tutti gli sediamo intorno, ricorda un po’ le tavolate di Hogwarts, se sai cosa intendo. Comunque, penso che vorrà che tu ci stasera, quindi fatti una doccia, e poi ho già provveduto a farti pensare dei vestiti puliti, sono nel mio armadio, faresti bene a indossarli. Hum… c’è dell’altro?
- No, - rispose lui Lily, incerta – io… no, credo di no.
- Perfetto. – commentò Severus – Mi raccomando, pronta per le otto. E vedi di tranquillizzare tuo figlio, mentre io sono via, - le consigliò prima di andare – non ha assistito a delle belle scene ieri. La donna si limitò ad annuire. Severus, dopo averla guardata per l’ultima volta ed aver mormorato qualcosa in saluto, fece scorrere il marchio nero sopra la porta, e questa si aprì per permettergli di uscire.
- Severus! – gridò Lily come a fermarlo.
- Sì? – chiese lui voltandosi a guardarla.
- Un’ultima cosa – disse lei.
- Dimmi. – fece lui.
- Io… - balbettò la Evans – io… io…
- Tu? – la incoraggiò il ragazzo.
- Insomma solo... grazie. Grazie di tutto. – si decise in fine a rispondere Lily.
Lui le sorrise, e in tutta risposta si limitò a strizzarle l’occhio. Poi uscì dalla stanza sigillando la porta dietro di sé.

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Capitolo 7
*** La cena ***


La cena

Erano circa le sette e trenta, quando un trafelato Severus Piton comparve sulla soglia della porta. Lily Evans, con in dosso un golfino ceruleo ed un paio di pantaloni bianco avorio lo stava aspettando con le braccia conserte seduta sui bordi del letto. Quando l’uomo se ne era andato, quella mattina, la donna aveva deciso di rendersi utile il più possibile.
Sentendosi in debito nei confronti del suo miglior amico Severus Piton, ed allo stesso tempo in colpa per il modo in cui s’era comportata nei suoi confronti, la ragazza aveva davvero sperato che dopo la sua esplosione di rabbia distruttiva della sera prima vi fosse rimasto qualcosa fuori posto che lei potesse rimettere in ordine. Forse voleva solo tenersi occupata, forse trovare un modo per sdebitarsi con lui, per essergli utile in qualche modo. Per qualunque ragione il buon proposito le si fosse conficcato in mente, comunque, la giovane donna aveva trovato tutto perfettamente in ordine, quella mattina, e quindi aveva dovuto desistere dal nobile intento.
Aveva quindi aspettato che suo figlio si svegliasse del tutto, lo aveva allattato al seno, rassicurato, ed aveva giocato con lui per tutto il tempo. Nei suoi occhi di bimbo, a Lily Evans parve di leggere, quella mattina, il perdono di suo figlio per la bravata della sera prima. Questo le era bastato per sentirsi meglio. Aveva passato la mattinata con lui, avevano fatto la doccia insieme, poi Lily aveva rivestito suo figlio con degli abitini trovati nell’armadio che dovevano essere appartenuti ad un bambino della sua età, e si era vestita a sua volta con ciò che aveva trovato là dentro.
Verso mezzogiorno, qualcuno aveva bussato alla sua porta, subito dopo era entrato un uomo facendo strisciare il marchio sul legno. Igor Karkaroff era entrato a passi incerti, aveva squadrato Lily, che era indietreggiata, e poi Harry, e stavolta era stato lo stesso mangiamorte ad assumere un’espressione spaventata. Senza dire nulla, aveva appoggiato un piattino di coccio bianco contenente dei tristissimi tramezzini di pane integrale al prosciutto, e poi se ne era andato veloce come era venuto. Se guardata dall’alto, aveva pensato Lily, e non dalla parte di una povera donna rinchiusa in una sorta di fortezza con gli uomini più pericolosi del mondo, quella doveva essere stata una scena bizzarra.
Comunque, il pomeriggio era passato più lentamente di quanto non avesse fatto la mattina. Dopo aver fatto i letti e sistemato i suoi vecchi vestiti in un cestaccio di panni sporchi, la donna aveva avuto l’idea di arieggiare la stanza, proposito da cui era stata portata a desistere dal ricordo di come si era quasi ammazzata la sera prima provando ad aprire la finestra. Così, mentre Harry ricominciava a dormire beatamente nel suo lettino prezioso, Lily si era girata i pollici per un po’. Dopo di che aveva lentamente sgomberato l’armadietto di Severus da tutte le sue fiale ed ingredienti, ed aveva bagnato uno straccio per poi passarlo sopra al legno e rimuoverne la polvere. Non che ce ne fosse molta, a dire il vero, ma era comunque un modo utile per passare il tempo. Dopo di che aveva rimesso tutte le fiale in ordine, seguendo il criterio con cui lo stesso Severus le aveva disposte, e le aveva ordinatamente sistemate tutte con l’etichetta precisamente rivolta verso un possibile spettatore. Non sapendo che cos’altro fare per tenersi occupata, la ragazza si era seduta sul letto e, dopo una manciata di minuti di nulla assoluto, aveva deciso di sprecare un po’ del suo tempo a farsi una treccia. Treccia finita, aveva provato un enorme sollievo a ripulire il letto di una decina di capelli che le si erano strappati nel corso dell’impresa, e così aveva occupato qualche altro minuto. Dopo di che si era risolta nel lavare il pavimento, e poi spolverare il tavolo, e nel rifare il letto una seconda volta, poiché essendocisi seduta sopra, ora presentava due pieghette che proprio non le piacevano. Finite le pulizie, che erano le sette, ed Harry, svegliatosi di nuovo, aveva preteso nuovamente la sua razione serale di latte materno, prima di riappisolarsi. Finito l’allattamento, Lily s’era seduta nuovamente sul letto (un po’ inutile averlo rifatto, non trovate?), ed aveva aspettato con le mani in mano, chiedendosi quanto ancora ci avrebbe messo Severus a ritornare.
La risposta le era arrivata circa trenta minuti dopo.
Comunque, è proprio qui che eravamo rimasti, con l’orologio che tuona le sette e mezza e Severus che torna nella sua stanza, trovando Lily seduta ad aspettarlo.
- Sev, - esclamò la donna non appena l’uomo ebbe richiuso la porta dietro di se – sei qui, sei tornato!
Il giovane uomo volse un mezzo sorriso verso di lei, e poi l’accolse nel suo abbraccio, prima che il piccolo Harry, risvegliatosi da poco, si mettesse a lanciare simpatici urletti come a intimare all’uomo di allontanarsi dalla sua mamma, e così Severus, dopo avergli lanciato un’occhiataccia, si scostò da Lily.
- Come hai passato la giornata? – le chiese quindi guardandosi intorno.
- Bene, possiamo dire. – gli rispose lei – Ho provato a rimettere un po’ in ordine la stanza, ma era giù tutto pulito! Verso l’ora di pranzo è venuto un mangiamorte a portarmi il pranzo. Non ho idea di chi fosse, cioè, sono quasi sicura di non averlo mai visto a scuola, poteva essere uno di quelli che era qui a portare il letto, o forse no, non mi ricordo, comunque…
- Ti ha fatto qualcosa? – si affrettò a chiedere lei Severus. – Ti ha fatto del male?
- No, no, davvero. – gli rispose lei calma – La vista di Harry lo ha totalmente atterrito. E’ un po’ comico, non ti pare?
- Meno male, - commentò Severus – te l’ho detto, devi avvertirmi se qualcuno ti fa del male, se provano a…
- Ho detto che va tutto bene, Severus. – lo calmò lei – Nessuno mi ha fatto nulla, lo giuro.
- Ok, perfetto, va bene. – si risolse lui calmandosi un poco – Ora sei pronta? Dovremo andare.
- Sì, - rispose lui Lily, stringendosi più forte nel suo golfino ceruleo. – sì sono pronta.
- Perfetto, - commentò ancora Severus – sarà meglio andare allora, non mi sembra il caso di arrivare in ritardo. Lasceremo qui Harry, per oggi, chiuderò la porta a doppia mandata, non che io dubiti che qualcuno possa entrare a prenderlo, ma è meglio esser prudenti. E, mi raccomando, ricorda: io non sono tuo amico.
Ciò detto aprì la porta facendole cenno con la mano libera di uscire, e poi la seguì giù per il corridoio. Per chiudere la porta, invece ci strusciare come al solito il braccio con il marchio sopra alla porta, Lily vide Severus appoggiare l’avambraccio sulla porta, e poi farlo ruotare in senso antiorario usando il gomito come perno.
- Il sistema di apertura non si risolve solo nel passare il marchio sopra la porta – le spiegò Severus – in realtà di deve fare pressoché lo stesso movimento che si è fatto per richiuderla. Di solito tutti la chiudiamo nel modo più semplice, ma stavolta faremo così, per precauzione.
- Ok, capito – disse lui Lily.
Immediatamente, mutando la sua espressione in una più dura e cattiva, Severus Piton s’affrettò a stringere a se il braccio sinistro di Lily ed a trascinarla già lungo le scale.
Arrivarono dopo tre rampe al primo piano, e Severus condusse la sua ospite fino alla stanza finale infondo al corridoio.
Quando Severus aprì la porta, Lily si trovò dinnanzi a una lunga stanza con le pareti ricoperte di mattonelle nere e lucide, e senza altro arredamento che un grande, lungo tavolo di un legno scuro che probabilmente doveva essere ebano, con un gran numero di dure sedie scure intorno. All’entrata, sulla sinistra, si apriva di lato una piccola porta, al momento chiusa, dalla quale si sentivano rumori ed un intenso odore di cibo, ed a Lily non servì troppa immaginazione per ipotizzare che si trattasse della cucina. Severus la trascinò verso il tavolo. Attorno a questo, altri mangiamorte giunti prima di loro avevano già preso posto, alcuni si stavano apprestando a sedersi e qualcuno doveva ancora arrivare. Nel punto più lontano dall’ingresso e dinnanzi ad una grande finestra quadrata con annessa grata di ferro, proprio a capo della grande tavolata, sedeva Lord Voldemort, su quella che doveva essere, notò Lily a mano a mano che Severus la spingeva in avanti, l’unica sedia realmente comoda là dentro. Era una specie di grande poltrona di legno con le rifiniture in un tessuto verde scuro in pelle, pareva una specie di trono uscito male. Fra i mangiamorte che Lily potè scorgere intorno al tavolo, alla sinistra di Lorda Voldemort sedeva, con le mani incrociate sul tavolo, una donna dai lunghi, lisci, vaporosi capelli neri. Aveva le ciglia incredibilmente lunge e folte, e gli occhi di un nero intenso, che formavano un immenso contrasto con l’incredibile bianco della sua pelle. La donna, che al momento stava lasciando fulminee occhiate all’uomo alla sua destra, indossava uno strano completo in tessuto nero. Lily pensò che quello doveva essere, probabilmente, uno degli abiti più strani che avesse mai visto. Le cadeva di lato su una spalla, lasciandola scoperta, mentre copriva perfettamente quell’altra. Il tipo tessuto sembrava cambiare attraverso una striscia irregolare ed il corpetto sembrava messo di rovescio. I piccoli ganci erano stati allacciati male, probabilmente, dato che ve n’era uno in sopra più nella parte destra in alto e nella parte sinistra in basso, ed attaccati intorno c’erano ulteriori pezzi di stoffa nera, di una altro tipo ancora, che sembravano esser stati attaccati lì per sbaglio. Tutto il completo era terribilmente sfilacciato, ed ogni singolo pezzo di quello strambo assortimento sembrava sul punto di staccarsi e smontando l’intero abito ad ogni minimo movimento della sua indossatrice. Lily, osservandola, si chiese se quello fosse lo stile in voga fra i mangiamorte, o se magari fosse solo il penoso risultato di una rammendata male riuscita, e se gli strappi fossero voluti o si trattasse soltanto di un vestito molto vecchio. Se solo la cosa non fosse stata terribilmente inopportuna, Lily penso che si sarebbe sporta con il collo dall’altra parte del tavolo, curiosa di vedere come potesse essere la gonna. Vicino alla donna, comunque, alla sua sinistra, sedeva un uomo vestito a sua volta di scuro, con un completo più sobrio comunque di colei che gli sedeva affianco. Aveva anche lui folti capelli bruni, di un castano talmente scuro che Lily si sorprese a chiedersi se non fossero in realtà neri, e che quell’effetto fosse prodotto solo dalla luce, e due basette scure evidenziavano il profilo spigoloso del volto, accompagnato da dei baffi bruni che a loro volta sottolineavano un naso aquilino. Aveva due sopracciglia folte e cespugliose, e Lily si stupì nel notare che probabilmente non aveva mai visto delle labbra così fine. Alla destra dell’uomo ne sedeva un secondo, con i capelli di un castano un po’ più chiaro di quelli del primo, ma anche più spettinati, un mezzo millimetro di barba ad ornargli il volto, dandogli un aspetto per così dire selvatico, e lo stesso ovale spigoloso del primo. Due sopracciglia scure e più o meno curate incorniciavano dei piccoli occhi di un verde incredibilmente spento, e portava una specie di mezzo cerchietto d’acciaio sul sopracciglio sinistro. Se lo spessore del labbro superiore era alquanto esigua, quella del labbro inferiore era praticamente inesistente, e tagliato a tre quarti da una piccola cicatrice rosea. Indossava una camicia senza cravatta di un grigio intenso ed una giacca nera senza bottoni sopra a questa. Doveva avere circa la sua età. Facendo saettare velocemente lo sguardo dall’uno all’altro, Lily si sorprese a notare che i due, sopracciglia a parte, si assomigliavano terribilmente, e, nella sua mente, pose in forse l’ipotesi che i due uomini fossero fratelli. Di fronte a questi sedevano tre tipi dalle facce scure. Alla destra del suo signore, proprio dinnanzi alla donna dai capelli neri, sedeva quello che pareva essere poco più che un ragazzino. Aveva dei disordinati capelli color biondo sporco, ed un corto mantello nero messo per sbieco che sembrava più un poncho metteva in risalto il suo fisico asciutto. Aveva degli occhi neri incredibilmente luminosi, e dei pantaloni scuri fasciatissimo aderivano perfettamente alle sue magrissime gambe, e la sinistra era accavallata sulla destra. Alla sua destra sedeva un altro uomo pallido, con la faccia storta e volgare, e Lily notò che il suo volto era incorniciato da un ghigno perfido. Indossava un lungo mantello scuro, ed aveva una corporatura massiccia. Accanto a lui sedeva uno degli uomini che Lily aveva visto in camera sua quella mattina, se la memoria non lo ingannava. Aveva un viso stranamente appuntito, e due occhiali rettangolari a incorniciargli due profondi occhi bigi. Portava la lunga chioma bionda raccolta in un codino con un laccio nero che gli ricadevano sulle spalle. Seppur fosse già seduto, a Lily sembrò essere un uomo abbastanza alto e ben piazzato. Al momento, l’uomo stava a quanto pare conducendo una coinvolgente conversazione con il suo vicino, ossia l’uomo che Lily aveva visto dialogare quella mattina con Severus, e di questo ne era sicura. Aveva dei capelli di un biondo chiarissimo che sfumava sul bianco, ed un naso piuttosto imponente stonava totalmente con la forma appuntita dl volto. Il suo corpo era magro ma muscoloso, ed indossava un corto mantello nero che si fermava alla vita, seguito da un paio di pantaloni neri. Un altro uomo doveva essere appunto appena arrivato, e si stava appunto sedendo accanto a questo, dopo avergli fatto un breve cenno di saluto. Era un tipo tarchiato, aveva i capelli rossicci, più vicini all’arancio che al rosso vero e proprio, e sfoggiava come fosse un vanto un’enorme cicatrice mal cucita sul braccio sinistro, che teneva ben sin mostra dopo averlo tirato fuori da sotto il mantello nero. Dall’altra parte del tavolo, invece, seduta affianco al tizio con la cicatrice sul labbro, era seduta un’altra donna (non ve n’erano molte di donne in realtà), e l’abbigliamento di questa fece trarre un sospiro di sollievo a Lily, che fino a un secondo primo s’era chiesta se non fosse là dentro considerato un peccato capitola non vestirsi solo e soltanto di nero. La donna in questione, comunque, indossava un abito bordeaux che non pareva essere troppo pesante. La scollatura del suo abito ricalcava il contorno delle sue spalle, e le maniche aderivano perfettamente alle braccia magre. Pareva anch’essa piuttosto alta, oltre che magra, forse perché sovrastava l’altezza del tipo con la cicatrice sul labbro che le sedeva dinnanzi, anche se c’è da dire che lui era appoggiato con la testa sul gomito, appoggiato a sua volta sul tavolo. La donna aveva una pelle bianca come il latte, probabilmente per l’affetto della cipria, ed una folta chioma di liscissimi capelli di un biondo ossigenato le ricadeva morbida sulle spalle. Aveva gli occhi troppo scuri per appartenere ad una bionda, ed il naso alla Cleopatra le donava un profilo interessante. Nel momento in cui si volse un secondo alla sua destra per scambiare una parola con la donna dalla chioma scura, Lily poté notare che il suo abito presentava un’immensa scollatura sulla schiena. Alla sua sinistra sedeva un uomo biondo anch’esso. Era alto e con un fisico statuario, ed i capelli biondi, meno ossigenati di quelli della donna comunque, erano pettinati all’indietro. I suoi occhi erano due pietre grigio-azzurre, fredde come il ghiaccio, e poggiava la mano su un lungo bastone nero che terminava con una testa di serpente in argento, e due occhi verde scuro in quello che doveva essere smeraldo. Lily fu alquanto sicura di averlo già visto ad Hogwarts qualche volta. Reggeva la mano alla donna bionda alla sua destre, ed intanto conversava animatamente con l’uomo alla sua sinistra, un tipo scuro, ben piazzato, con volto schiacciato ed una folta barba nera. Aveva dei denti stranissimi, appuntiti, acuminati, Lily pensò che le ricordavano incredibilmente la dentatura di uno squalo. Accanto a lui stavano prendendo posto due uomini alquanto in carne, il più alto dei quali stava appunto facendo un cenno all’uomo biondo con il bastone, che però finse di non averlo visto. I due presero quindi posto accanto all’uomo con i denti da squalo, e proprio dinnanzi a lui Severus condusse Lily a sedersi. Mentre lei si accomodava e il suo compagno sedeva accanto a lei, un uomo alto e magro, con dei capelli scalati castano scuro, zigomi alti ed occhi di un ceruleo intenso prese posto accanto a Severus, dopo averlo salutato con un lieve cenno del capo dal mento appuntito. Breve, il posto accanto a lui fu riempito da un uomo con l’aria particolarmente distinte. Indossava un elegantissimo completo nero, e camminava in modo signorile. Teneva il mento alto, un’espressione altera gli apostrofava il volto. Aveva i capelli scurissimi e degli elegantissimi baffi neri sotto a un naso imperioso. Il posto al suo fianco fu occupato da quello che Lily riconobbe come l’uomo che le aveva portato il pranzo quel pomeriggio. Sfoggiava un grande, grandissimo sorriso, e salutò animatamente l’uomo dall’aria distinta, che ricambiò con un breve cenno del capo. Teneva una lunga barba nera, e dei tratti siberiani rendevano duri e spigolosi i tratti del suo volto. Intanto, dall’altra parte del tavolo avevano preso parte due uomini che Lily non ebbe neppure un attimo di esitazione a riconoscere come dei vecchi compagni di scuola, quello che prese posto per primo, conversando col compagno, aveva folti capelli neri ed una corporatura alquanto massiccia. La sua bocca era estremamente larga e delle sue sopracciglia incredibilmente sottili sovrastavano due acquosi occhi porcini. Non pareva cambiato poi tanto dai tempi della scuola, e Lily non fece fatica a ricordare che le dava i brividi già da allora. Il suo compagno invece era più magro, ed anche più alto, a dire il vero. I suoi capelli erano di un biondo intenso, tagliati piuttosto corto, e due cespugliose basette bionde. Presero velocemente posto davanti a loro una donna ed un uomo, piuttosto simili fra loro. La donna, che si sedette affianco all’uomo biondo, portava i capelli castani lunghi fino alle spalle raccolti in una scadente messa in piega. Il naso aquilino stonava con la forma rotondetta della faccia, e gli occhi neri saettarono fin da subito sulla figura di Lily. Indossava una tunica nera lunga fino ai piedi, uguale identica a quella dell’uomo che era venuto con lei. Questo aveva la stessa forma tondeggiante del volto, e gli occhi scuri erano ricalcati da un paio di occhiali. Era alquanto alto. Dinnanzi alla donna, prese posto un uomo dalla folta criniera scompigliata e castana, con delle basette divertenti ed un fisico che aveva un che di selvaggio. I suoi occhi erano di un verde mandorla poco matura abbastanza intenso, ed aveva una fossetta alquanto pronunciata sul mento. Accanto a lui, prese distrattamente posto un uomo magro, col volto conigliesco, i capelli biondo paglia e degli occhiali che conferivano alla sua persona un chè di intellettuale. Il suo sorriso aveva un ché di tremendamente inquietante, e le sue dita parvero a Lily particolarmente lunghe. Accanto a lui, prese posto in fretta un uomo ben piazzato, con una folta chiama rossa e il viso piatto. Camminava strusciando un poco col piede sinistro, come se zoppicasse. Doveva aver avuto, un tempo due folte sopracciglia cespugliose, ma ora questo si poteva dire di una sola di queste, la sinistra, dato che la destra era stata come tranciata via da una grossa cicatrice. I suoi abiti neri parevano essere quanto mai sfilacciati e consunti, ed alla camicia mancavano tre bottoni su sei. Dinnanzi a lui, prese posto in breve tempo un uomo magro, ossuto, con dei capelli argentei tagliati corti ed un pizzetto a punta dello stesso colore ad allungargli ancora un po’ il profilo triangolare del mento. Indossava un monocolo rifinito in quello che le parve essere argento ad incorniciargli il sinistro di due occhi grigio fumo. L’ultimo a sedersi, fu un uomo tarchiatello, basso, dai capelli rosso sporco, gli occhi del colore di una noce e le dita tozze. Si mosse timorosamente verso il tavolo, movendo convulsamente le mani, e Lily ebbe un impeto d’ira nel vederlo che l’avrebbe sicuramente portata a scattare in piedi se solo la salda stretta di Severus non l’avesse trattenuta, e così la Evans rimase seduta, ed anche Peter Minus prese posto accanto al tizio col monocolo e i capelli grigi.
- Stai buona. – le intimò Severus a voce abbastanza alta così che tutti lo sentissero – Un’altra scenata come quella di questa mattina e te la farò vedere io la clemenza…
Un brusio di voci d’approvazione si diffuse a basso volume per tutta la tavola, e Lily fu abbastanza sicura di aver scorto un sorrisetto compiaciuto ricalcare la linea sottile delle labbra di Lord Voldemort. L’uomo in questione decise di far scorrere un qualche secondo di tempo, prima di riportare i suoi uomini alla quiete. In quella breve frazione di minuto, comunque, la ragazza poté notare, che la cosa le piacesse oppure no, che il vociferare dei mangiamorte era stato accompagnato da una serie di fulminee occhiate, che erano volate tutte, alcune prima e alcune dopo, proprio su di lei. La più breve, senza dubbio, era stata quella di Peter Minus, che aveva alzato come d’istinto la testa su di lei, e poi era tornato ad abbassarla in un attimo, come sperando di non esser visto. Quella più lunga, probabilmente, le era stata regalata dalla donna con i lunghi capelli biondi, che si era soffermata a fissarla per abbastanza tempo da far sì che Lily diventasse rossa in viso più ancora di quanto non lo fossero i capelli, e che aveva distolto lo sguardo solo quando suo marito le aveva suggerito, a bassa voce, di farlo. Delle occhiate a intermittenza le erano arrivate dalla donna con i capelli castani corti, che la guardava un attimo, poi scambiava una chiacchiera (probabilmente su di lei) con l’uomo al suo fianco, poi tornava su di lei una volta ancora, e poi ancora, e ancora. Altri record erano stati segnati dai due uomini che Lily stessa aveva riconosciuto, che parevano averla riconosciuta a loro volta, e parlando fra di loro senza staccarle gli occhi di dosso la fecero rabbrividire, o dall’uomo elegante seduto accanto a quello con la barba lunga, che le schioccò una singola occhiata di superiorità, prima di distogliere lo sguardo. L’occhiata più inquietante che a Lily parve ricevere, però, non venne da nessuno di loro. Questa la fu lanciata dalla donna con i lunghi capelli neri seduta dall’altra parte del tavolo, che alzò i suoi occhi neri dal bicchiere di vino rosso per puntarli su di lei. Quello che le offrì, fu uno sguardo indecifrabile. Si leggeva curiosità, nei suoi occhi, ma anche tanto, tanto odio. Rapidamente, lo sguardo della donna saettò da Lily a Severus, e poi tornò di nuovo al proprio bicchiere, e bevette un sorso. In quel momento, Lily avvertì una forte stretta allo stomaco, come se questo fosse appena stato stretto in una morsa. Era come se quella donna avesse già compreso ogni cosa… Il solo pensiero fece impallidire Lily, ma bastò una stretta di Severus a calmarla un po’. Anche l’uomo, ovviamente, aveva notato la strana occhiata dalla donna con i capelli scuri, eppure sembrava che questa non l’avesse turbato più di tanto, e stringendo sotto al tavolo la gamba di Lily con fare rassicurante, portò la mano sul proprio bicchiere vuoto per poi dire:
- Wow, ho una sete da matti, com’è il vino, Bellatrix? Me lo consigli?
In meno di un secondo, mentre Severus l’alzava dal tavolo, il suo bicchiere si riempì di un liquore rosso intenso. Il ragazzo portò il bicchiere alla bocca dopo aver accennato di alzarlo verso la donna chiamata Bellatrix a mo’ di brindisi e bevve qualche sorso mentre la donna rispondeva al suo gesto con quella che pareva essere la brutta copia di un falso sorriso.
Due colpi accennati di tosse distrassero Lily dal gioco dei due. A richiamare su di se l’attenzione era stato lord Voldemort in persona che, dopo aver goduto di quel vociferare per un po’, aveva finalmente deciso di prendere fra le mani la situazione.
- Silenzio, silenzio, signori. – disse – Se continuate così farete sentire a disagio la nostra nuova ospite… - e qui i suoi occhi andarono a posarsi a loro volta su Lily.
Erano due occhi d’un nero intenso. La guardavano crudeli, famelici, e Lily credette che probabilmente con quei due occhi avrebbe potuto bruciarla, se solo non ci fosse stato Severus, lì, per difenderla.
- Lei è Lily, – la presentò con quella voce serpentina che Lily si rese conto d’odiare con tutta se stessa – suppongo che nel trambusto di ieri sera io e Severus ci siamo scordati di presentarvela. Severus, mio caro, vuoi fare tu gli onori di casa per la tua cara ospite…
- Credo che dovreste rivedere il vostro concetto d’ospitalità, signore. – gli ringhiò contro Lily rossa in viso - Sono stata rinchiusa nella casa di un uomo che ha promesso di uccidere mio figlio, credo che la mia sia una prigionia, non un lieto soggiorno…
- Ma come è impertinente! – commentò lord Voldemort fulminandola con la sguardo, sorridendo a Severus – Invece di ringraziare l’uomo che ti ha salvato la vita, lurida Sangue Sporco, tu…
Lily fece per rispondergli, ma la stretta di Severus attorno alle sue braccia aumentò a tal punto che la sua bocca fu costretta a cacciare un gemito di dolore, invece che una protesta.
- Smettila immediatamente. – le ordinò Severus – Non ti piacerebbe conoscere le mie cattive maniere.
Questa frase comportò un riso gioviale di lord Voldemort.
- Davvero molto, molto bene, Severus. – disse poi complimentandosi con lui – Mi fa davvero piacere sapere che sei in grado di trattare con la frusta la nostra piccola, irriverente ospite.
Lily gli lanciò un’occhiata di fuoco, trattenendo all’interno tutta la rabbia che le era salita su in gola. Avrebbe voluto sputargli in faccia tutto il suo odio, tutta la sua ira. Gridargli che non doveva parlare con lei, che non doveva neppure osare guardarla in faccia, e che non doveva neppure parlare con Severus, che non doveva azzardarsi a crederlo suo, perché Severus era una persona cento volte, mille volte migliore di lui e che non doveva permettersi di…
Tutte le sue parole, tutte le sue proteste, tutta la collera fu stemperata da una seconda stretta di Severus, che le ridiede conforto.
Mentre qualcuno seguiva a vociferare, lord Voldemort fece cozzare il cucchiaino d’argento contro il vetro sottile del suo bicchiere da vino, producendo un rumore cristallino. Neppure due secondi dopo, con sua sorpresa Lily notò diversi elfi vestiti di sudici stracci uscire da quella porta che aveva iconato come cucina. Portavano fra le braccia scheletriche dei gran vassoi d’argento con coperchio, che posero, uno alla volta, sul tavolo, dinnanzi ai commensali. Il primo ad esser servito fu ovviamente Lord Voldemort. Il mago non degnò l’elfo che l’aveva servito neppure di uno sguardo, e tolse il coperchio dal proprio vassoio facendolo sparire nel nulla. Altri non furono così gentili. Lily vide il mangiamorte Mucilber, o almeno quello che aveva riconosciuto come tale, dare un forte ceffone all’elfo che l’aveva servito, poiché il suo piatto gli era stato portato con due secondi di ritardo rispetto a quello di nome Avery. L’uomo elegante ed altero si scansò al limite dell’immaginabile quando l’elfo si avvicinò a lui per poggiare sulla tavola il suo piatto, e si ripulì con il fazzoletto bianco la giacca lì dove l’elfo l’aveva appena sfiorato. La donna da Severus apostrofata come Bellatrix minacciò il suo elfo gli avrebbe mozzato via un braccio se il suo vino fosse stato un’altra volta caldo come quello in tavola. Lily era stata l’unica a ringraziare il suo servo, una volta che questo le aveva posato il piatto accanto, e all’esserino quelle sue parole dovevano essere sembrate tanto strane da appartenere ad un’altra lingua, dato che il viso gli si era arrossato e gli occhi riempiti di lacrime. Poi era corso via. Quando Lily alzò il coperchio del suo vassoio, questo scomparve nel nulla, così come aveva fatto quello di lord Voldemort, e Lily si ritrovò dinnanzi a un fumoso piatto di zuppa. Dato che la sera prima non era riuscita a mandar giù neanche un boccone, e che a pranzo aveva dovuto accontentarti di tre tramezzini smunti, su può dire che Lily, se solo la cosa fosse stata in suo potere, si sarebbe fiondata sul piatto seduta stante. Ma, guardandosi intorno, la ragazza aveva notato che nessuno aveva ancora neppure preso in mano il cucchiaio, e così pensò bene di desistere anche lei. Spettava a lord Voldemort il primo boccone, capì notando che gli sguardi di tutti vertevano su di lui, e quando il Signore Oscuro, mandò giù il suo primo cucchiaio di zuppa, fu come se a tutti gli altri fosse dato il permesso di cominciare.
Lily portò il primo cucchiaio alla bocca, soffiò sul suo contenuto verdastro e mandò giù la prima sorsata. Il liquido era caldo, il sapore forte, e Lily notò un’eccessiva presenza di pepe. Senza fiatare, con la testa china sul proprio piatto, la ragazza continuò a mangiare, mentre sentiva diversi sguardi concentrarsi su di lei. Lord Voldemort, per primo, la fissava fin dall’inizio. Lily si chiese se non stesse aspettando forse che lei facesse l’ennesima mossa sbagliata, per potersi divertire un po’. Anche la donna con i capelli corti e castani continuava a guardarla, ed ancora di più e di occhiate più violente la fissava la donna dai capelli neri. Pensò che io una situazione normale avrebbe urlato, scansato la sua minestra gridandogli di smetterla, gridando che non era un animale in gabbia, non un fenomeno da baraccone, che stava solo mangiando una zuppa e che la smettessero tutti, ma quella non era una situazione normale, e Severus Piton, da sotto il tavolo, continuava a premergli la mano sulla gamba come a ricordarle la sua presenza al suo fianco, e questo era abbastanza per calmarla.
Tristemente, la seconda portata fu meno tranquilla della prima.
Quando tutti ebbero finito, lord Voldemort fece cozzare di nuovo il cucchiaino contro il bicchiere del vino, ed le scodelle vuote scomparvero nel nulla, mentre gli stessi elfi di prima ritornarono dalla cucina brandendo fra le mani nuovi vassoi d’argento.
Stavolta, Lily notò che a servirla fu un secondo elfo, mentre il primo l’osservava da lontano, senza staccarle gli occhi di dosso. La ragazza ringraziò gentilmente anche il secondo elfo, e questo sgranò gli occhi in maniera incredibile, prima di scambiarsi un’occhiata commossa con il primo elfo che l’aveva servita, e poi anche il secondo, come il primo, senza farsi sentire, scoppiò in lacrime.
Quando il coperchio del secondo vassoio scomparve come aveva fatto quello del primo, Lily si trovò dinnanzi ad un piatto di carne. I pezzi erano tranciati e coperti di una salsa giallognola e dei tocchi di rosmarino. Ai lati del piatto c’erano due cucchiaiate di puré, cinque patate al forno, ed un po’ d’insalata verde. Lily tagliò un piccolo pezzo di carne e lo portò alla bocca. Il sapore era forte, intenso, e senza dubbio buono, sebbene un po’ attenuato da quello della salsa. Lord Voldemort la stava ancora fissando, divertito. Lily finse di non accorgersene, portando alla bocca il secondo pezzo e poi il terzo, concentrando i propri pensieri su qualcos’altro, come a capire che carne fosse quella che stava mangiando. Manzo? No, no di sicuro. Vitella? Improbabile… Forse maiale…
- Le piace? – chiese lei lord Voldemort, dopo aver allontanato il bicchiere di vino dalla bocca.
Lily lo guardò con odio, rimanendo in silenzio.
- Ti ha fatto una domanda. – fece lei Severus – Rispondi.
Il sorriso di lord Voldemort si allargò ancora di più sul suo volto pallido, e poi Lily balbettando rispose:
- Sì, mi piace.
- E sai di che carne si tratti? – insitette il mago, con un sorriso ancora largo sul viso.
- No. – rispose Lily.
- E non vuoi chiederlo? – domandò lei l’oscuro signore.
Lily deglutì. Se quello era un gioco, di certo non le piaceva. Sapeva che non avrebbe mai dovuto parlare, mai dovuto rispondere. Ed ora lui insisteva, tirava avanti con le sue domande, e lei desiderò solo che quel gioco finisse il più presto possibile.
- Di che cosa si tratta, signore? – si risolse quindi a chiedere.
Il sorriso di Voldemort si allargò ancora, aprendosi in modo che Lily vide i canini affilati.
- James… – rispose.
Lily scattò in piedi all’istante, senza neppure rendersi conto di come avesse fatto, ed i suoi occhi si riempirono di conati di lacrime, mentre la risata gelida di lord Voldemort si diffondeva per tutta la tavola.
- Stavo solo scherzando! – rise il mago – Era solo uno scherzo, signorina, non può prendersela così solo per un piccolo scherzo!
Ma Lily era ancora in piedi, con la testa girata nella posizione opposta al tavolo, piangendo ancora. Severus si alzò in piedi a sua volta, portando le sue braccia su quelle della donna.
- Smettila di fare la stupida, Lily, – le disse gelido – ha detto che era solo uno scherzo, non mangiamo mica la gente noi.
Qualcuno rideva ancora. Lily continuava a piangere.
- E’ cinghiale, solo cinghiale, – continuò Severus – anche se capisco che le somiglianze con tuo marito siano notevoli… - risero ancora – Insomma, naso a parte, intendo, e mi pare che James avesse il pollice opponibile…
- NON PARLARE DI LUI! – gli gridò contro Lily staccandoselo di dosso. Sapeva che quella era solo una finta, sapeva che il ruolo di Severus era quello di rimanere credibile, eppure una fitta d’odio le riempì le membra, odio non verso Severus, ma contro tutta quella gente intorno a lui, e sentì il netto bisogno di gridare contro qualcuno. – Non azzardarti a parlare di lui, tu non sarai mai come lui! Mio marito era un grand’uomo, un uomo migliore di tutti, di tutti voi!
- Oh sì, un uomo eccellente. - commentò sarcastico Severus.
- Sai quanto è durato, con me, quel grand’uomo di tuo marito? – chiese lei lord Voldemort. – Meno di quindici secondi. Che sciocco. Se ne stava lì, col suo accappatoio indosso, e senza bacchetta, eppure pensava, ha pensato davvero di potermi fermare! Gli ho detto di scansarsi, è stata la prima cosa, eppure lui mi si è parato davanti, per salvarvi. Che sciocco.
- Voi lo chiamate uno sciocco, - chiese lui Lily sputando dalle labbra tutto l’odio che era riuscita a incanalare – un uomo che muore pur di salvare le persone che ama?
- Oh, Lily, - rispose lei il mago – se quell’uomo ti avesse amato davvero, si sarebbe scansato. Guarda Severus. Severus ha fatto la cosa giusta. Ti amava, voleva tenerti in vita, e per questo mi ha consegnato tuo figlio salvando te. Questo è un gesto nobile, Lily, quello di James Potter è stato solo terribilmente stupido. Sai che cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto consegnarmi vostro figlio, così che io vi avrei risparmiati entrambi, ecco che cosa avrebbe fatto un uomo veramente innamorato.
- Quindi avrebbe dovuto consegnarti nostro figlio!? – gli tuonò contro la Evans.
- Oh, sei una donna giovane, Lily, puoi avere altri figli! – le rispose Severus prima che Voldemort stesso potesse parlare – Pensa un po’ – disse scostandole una ciocca dall’orecchio affinché sentisse meglio, e accarezzandole il viso – questo è proprio il progetto che ho in mente per noi… - Lord Voldemort rise ancora, mentre Lily scuoteva il viso disgustata – Ora siediti, è un ordine.
Ciò detto, sedette trascinando Lily con se. La donna, tornata a sedere, contemplò il piatto dinnanzi a se. Nella foga di alzarsi, aveva fatto in modo che il piatto si allontanasse da lei, ma non l’aveva rovesciato. Severus tese una mano in modo brusco in modo da riavvicinarglielo. Lily portò una patata alla bocca. Sentiva che le occhiate di lord Voldemort sulla sua schiena erano diventate più intense. Mangiò un po’ di puré, e lo trovò alquanto sciapo, poi provò con l’insalata.
- Perché non mangi? – chiese lei Voldemort.
- Lo sto facendo. – rispose lui Lily.
- Intendevo il cinghiale, - specificò il mago - ora che abbiamo chiarito che era tutto uno scherzo mi aspetto che tu finisca il tuo piatto.
- Non ne ho la minima intenzione – rispose lui Lily.
- Hai detto che ti piaceva, ed abbiamo chiarito che quello di James era solo uno scherzo, per cui non capisco proprio perché non dovresti…
Prima che lord Voldemort potesse finire la frase, prima che la stessa Lily avesse trovato qualcosa da rispondergli, una voce chiara cristallina, parlò per lei.
- Non va più neppure a me. – disse la donna dai capelli biondi allontanando un poco il piatto dalla propria persona – Sa, signore, - aggiunse poi – il cinghiale è squisito ma purtroppo ha un sapore molto… selvatico, per così dire. Ora, capisco che vada benissimo per voi uomini, o per quel maschiaccio di mia sorella forse, ma è un piatto un po’ insolito per noi signorine. Ti consiglio si ungere con un po’ di salsa la tua insalata: – aggiunse poi rivolgendosi a Lily, con un mezzo sorriso sulle labbra – ti assicuro che è squisita.
Rispetto al secondo, il dolce si svolse in maniera piuttosto tranquilla.
Dopo che un elfo ebbe servito lord Voldemort, gli altri si precipitarono nella stanza, e Lily notò che, a parte l’elfo che la stava servendo, il primo ed il secondo che l’avevano fatto non erano gli unici a fissarla, ma che anche tutti gli altri elfi presenti in sala concentravano lo sguardo su di lei, tendendo le orecchie, come aspettandosi che lei facesse qualcosa di particolare.
- Grazie mille. – pronunciò la ragazza quando il terzo elfo le ebbe posato il vassoio dinnanzi, e questo e tutti gli altri parvero trovate appagate tutte le loro aspettative.
Ma Lily non fu l’unica a dire qualcosa agli elfi.
- Sulla mia carne ci volevo del pepe – tuonò l’uomo con la cicatrice sul sopracciglio dando un ceffone al suo elfo – e vedi di ricordarlo la prossima volta!
- Giuro che con i tuoi occhi mi ci farò una collana se scopro che sulla mia torta manca la ciliegia come la scorsa volta! – minacciò la mangiamorte Bellatrix.
Lily programmò mentalmente di tirare velocemente la propria ciliegia sul piatto della donna, in caso la sua fetta di torta ne fosse stata priva.
Fortunatamente, una ciliegia candita rossa e tondetta troneggiava superba la torta di Bellatrix, e perciò Lily non ebbe gran lanci da fare. La giovane donna scoprì però, alzando il suo coperchio, che, al contrario di quello che succedeva su tutte le altre fette di torta (quella di Voldemort compresa), sulla sua c’erano ben due ciliegie candite. Temendo che la cosa potesse far adirare qualcuno, o comportare agli elfi una qualche mutilazione come quelle promesse da Bellatrix, vide bene di nascondere fra la panna la seconda delle sue ciliegie, e di mandarla giù all’istante.
Quando il dolce fu finito, e questo avvenne in modo alquanto pacifico, dato che lord Voldemort si astenne dal dire, chessò, che le ciliegie erano gli occhi di James, o la glassa alla fragola null’altro che il suo sangue, e poi tutti fecero per alzarsi.
Lily e Sev scattarono in piedi quasi per ultimi, la donna con i capelli biondi, la prima ad essersi alzata, aveva già raggiunto la porta (e Lily poté notare, guardandola di schiena, che i suoi capelli erano in realtà fermati da un elegante fermaglio di perline bianche), quando lord Voldemort prese parole.
- Hum, strano… - fece il mago – non mi pare di avervi ordinato di alzarvi…
Tutti tornarono velocemente ai propri posti, scusandosi per l’errore, mentre sorrideva soddisfatta la donna chiamata Bellatrix, fiera come non mai di non essersi mai mossa dal suo posto.
- Cara Lily, - fece lord Voldemort – vorrei scambiare con te altre due parole, e vorrei che voi tutti ne foste testimoni.
La giovane donna lo guardò con odio.
- Sai, Lily, - continuò il mago – noi tutti qui dentro pensiamo che Severus sia stato fin troppo generoso nel concederti di rimanere in vita, nel salvarti così come ha fatto, mettendosi in gioco per te. Quindi credo, - e qui fece una breve pausa – che dovresti ringraziarlo.
- Dovrei ringraziare l’uomo che mi ha rapito? – gli ringhiò contro Lily – Colui che ha promesso di uccidere mio figlio? È a quell’uomo che dovrei dire grazie? È così?
- Dire grazie, Lily? No, no di sicuro. – rispose lei il mago – Che cosa pensi che se ne fa un mio uomo delle tue parole? Quello che intendevo – e qui fece un’altra pausa – è un altro tipo di ringraziamento, Lily.
La ragazza non rispose. Qualcuno rise, Severus si limitò a sorridere guardandola, mentre lei non staccava da Lord Voldemort i suoi occhi carichi di odio.
- Sai, Lily – continuò Voldemort – Severus è stato così caritatevole nel prendersi cura di te, nel salvarti la vita, ed è così che tu lo ripaghi? Con questi giochetti? Ho saputo coma hai passato la scorsa notte, Lily, i miei mangiamorte mi hanno informato. Che cosa credevi di ottenere con quello stupido tentativo?
- Volevo salvare mio figlio – gli gridò contro Lily.
- Beh, rassegnati, mia cara, non potrai mai salvarlo, nessuno potrà mai salvarlo! – le tuonò contro il mago – Tuo figlio è mio ora, Lily, e morirà per me, e nessuno potrà impedirlo!
- Ti sbagli invece! – gridò Lily alzandosi in piedi, ma Severus fu abbastanza svelto da scattare in piedi a sua volta e fermarla prima che si lasciasse sfuggire altro.
- Siediti, Lily. – le ordinò quando l’ebbe raggiunta – E smettila di dire queste idiozie, ne abbiamo già parlato, è ora che tu dimentichi quel bambino.
Stretta come non mai dalla presa ferrea di Severus, Lily risedette senza distogliere lo guardo da lord Voldemort.
- Come stavo dicendo, – riprese il Signore Oscuro – sono rimasto davvero molto, molto deluso, dalla scarsa riconoscenza da te dimostrata nei confronti dell’uomo che ti ha salvato la vita. Sei perdonata, per questa volta, ma mi auguro davvero che Severus passi notti molto più piacevoli da oggi in poi. O ne risponderai a me.

- Io non ce la faccio, io lo odio quell’uomo! – gridò Lily non appena furono rientrati nella stanza di Severus, e lui ebbe sigillato la porta dietro di se – E’ la persona peggiore del mondo, è viscido, è cattivo, ed il modo in cui…
- Sta calma, Lily, - disse Severus abbracciandola – va tutto bene, va tutto bene. Perdonami per quello che ti ho detto, lo sai che non le penso quelle cose, ma lui deve sempre pensare…
- Non sono arrabbiata con te! – gli rispose Lily – Io ti devo la vita! Io ed Harry ti dobbiamo la vita! Tu sei buono, tu sei perfetto, ma lui! Lo odio! Lo odio! Non ho intenzione di passare mai più una cena nella sua stessa stanza!
- Ed invece lo farai, Lily. – fece lei Severus in tono autoritario – Perché son quasi sicuro che lui vorrà invitarti ogni sera a cena da noi, per provocarti, ed io non potrò dire che non vieni e portarti il cibo in camera, perché lui deve pensare che ti tratto con la frusta…
- Digiunerò allora! Non mangerò più se per farlo devo stare con lui!
- Non fare la stupida Lily! – la rimproverò il ragazzo – Non devi mangiare solo per te, ma per due!
La ragazza si immobilizzò all’istante, mentre lui portava gli occhi sul ventre di lei.
- Come lo sai? – chiese lui Lily. – Come hai fatto a…
- Avevi una mano sul grembo quando sono arrivato, ho trovato che fosse una cosa un po’ strana. – spiegò lei Severus – E poi ho fatto un incantesimo sul tuo sangue, per controllare, ed i miei dubbi erano azzeccati. Perché non me lo hai detto?
Lily lo guardò per qualche istante, poi scoppiò a piangere sopra il suo petto.
- Io… - gemette la ragazza – io non sapevo come fare! Prima pensavo che tu fossi cattivo, e pensavo che mi avresti fatto perdere il bambino se solo avessi saputo… e poi, poi quando mi hai detto del tuo piano, e stavi rischiando la pelle per me ho pensato… ho pensato che un’ulteriore complicazione… io… mi dispiace tanto…
- Va tutto bene, va tutto bene – fece lei Severus.
- Io volevo… – disse Lily tirando su col naso – io volevo chiederti se volevi fargli da padrino. Sai, avresti dovuto essere quello di Harry, ma Sirius era il migliore amico di James, quindi…
- Lily, io ho intenzione di aiutarti, dico davvero, con Harry come con questo bambino, ma non posso fargli da padrino, non posso accettare.
- Perche? – chiese lui Lily, alzando gli occhi gonfi dal petto di lui per guardarlo in viso
- Perché dovrò fargli da padre, Lily. – spiegò lei Severus. – Lord Voldemort potrebbe ritener pericoloso tenere un secondo figlio di te e James, o magari insospettirsi, se te lo faccio tenere, ma se gli diciamo che è figlio mio, Lily, se gli facciamo credere che è così… Non può uccidere il figlio del più brillante fra i suoi mangiamorte, Lily, non dopo averlo elogiato davanti a tutti gli altri, sono in troppi ad avere figli, Lily, ed ho già visto Lucius tentennare quando si è trattato di uccidere Harry. Se uccidesse mio figlio, Lily, la loro paura superebbe la fede che hanno in lui.
- Lo faresti davvero? – chiese lui la giovane donna – Lo faresti per me?
- Oh beh, sto facendo cose molto più pericolose di questa per te, non è un problema, dico davvero.
Dopo che Lily l’ebbe abbracciato e ringraziato ancora ancora e ancora, ed entrambi furono andati in bagno a turno per cambiarsi, Lily vide Severus armeggiare con una fiala di liquido viola, con la quale si cosparse le mani.
- Ok, queste te la devo spiegare. – commentò il ragazzo avvicinandosi a lei – Hai visto come fa, lui, il Signore Oscuro, lo sai come vuole che io mi comporti. Anche se questa notte fra noi due non succederà assolutamente nulla, lui deve credere che abbiamo fatto sesso stanotte. Ora, dato che dubito che saresti mai stata consenziente in una situazione simile, e dato che credo che la cosa lo renderà ancora più contento, dovremo fare credere che io ti abbia praticamente violentata. A questo serve il filtro. Nei punti nei quali io ti toccherò ti compariranno dei lividi della forma delle mie mani. Non ti faranno male, per nulla, compariranno e basta, lì dove ti tocco. Così potrà pensare che ti ho fatto del male, e ne sarà felice. Scusa.
Lily sorrise con un cenno di diniego, poi lasciò che Severus facesse quel che doveva fare, creandole un livido sul collo, uno sul viso, ed alcuni sul petto e sulla schiena.
Quando ebbero finito, Severus andò a lavarsi le mani, mentre Lily dava un bacio sulla fronte del suo bimbo dormiente.
- Da che parte dormi di solito? – chiese lei Severus una volta tornato in stanza.
- Che cosa? – chiese lui la ragazza.
- Da che parte dormi, del letto, intendo. – spiegò lei Sev.
- No, non puoi farmi una domanda simile, non puoi! – protestò la ragazza.
- Che cosa ho detto di male? – le chiese il ragazzo.
- Non puoi salvarmi la vita, salvare mio figlio, ed il mio secondo figlio, rischiare la pelle per noi e poi chiedermi addirittura dove dormo nel letto, questo è troppo!
- Ma per me fa lo stesso, – rispose lei Severus – spesso dormo da solo. Scegli tu la parte in cui stai meglio, dico davvero.
Lily mosse qualche passo verso la parte sinistra del letto, quella più interna, più vicina al muro, e lui le si sdraiò accanto.
- Scusami, - le disse tirandosi il più possibile verso il bordo del letto, come ad allontanarsi da lei.
- Smettila di fare lo scemo e mettiti comodo, Sev, - lo rimproverò Lily – questo proprio non te lo lascio fare.
Il ragazzo le offrì un mezzo sorriso, e poi si mosse un po’ a venirle più vicino.


Salve, so che questo capitolo è enorme, ma la scrittura mi ha un pò preso la mano, ed ecco il risultato. Spero di aver fornito una descrizione dettagliata di tutti i mangiamorte che sono riuscita a scovare anche se sui nomi e sull'aspetto di molti di loro son dovuta andare a fantasia, e spero che vi abbiate fatto attenzione, dato che saranno molto importanti nella nostra fan fiction. Per chiunque abbia provato nel disappunto nel leggere di una Bellatrix con i capelli LISCI vorrei scagionarmi dicendo che la mia Bellatrix era riccia prima che rileggendo il quinto e quarto libro non ho scoprerto che la sua chioma arruffata era posteriore ad Azkaban e che prima i suoi capelli erano perfettamente lisci come quelli della sorella. Prendetevela con zia Rowling, quindi, non con me. Per quanto riguarda il particolare degli elfi domestici, quello è stato un'improvvisata. Non avevo affatto pensato di aggiungerli, la loro comparsa è saltata fuori dal nulla, e poi ha degenerato, ma penso che saprò divertirmi un bel pò anche con loro....
Infine, qui sotto lascio una lista dell'ordine a tavola tavolata, tanto per essere più chiara e dissipare ogni dubbio o sospetto che vi fosse venuto leggendo. Baci. Giulia.

Lato sinistro (da Voldemort in poi)
Bellatrix Lestrange
Rodolphus Lestrange
Rabastan Lestrange
Narcissa Malfoy
Lucius Malfoy
Walder Macnair
Francis Goyle
Caesar Tiger
Carl Mucinber
Phineas Avery
Alecto Carrow
Amycus Carrow
Micheal Travers
Peter Minus

Lato destro (da Voldemort in poi):
Barty Crouch Jr.
Antonin Dolohov
Thorfinn Rowle
Dalton Yatxley
Ewan Wilkes
Lily Evans
Severus Piton
Gideon Selweyn
Augustus Rookwood
Igor Karkaroff
Jeff Jugson
Clayton Nott
Marcus Gibbon

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Capitolo 8
*** Ricordi lontani ***


Ricordi lontani

Quando la giovane Lily Evans si svegliò quella mattina, Severus Piton era già andato via. Prima di andare, evidentemente aveva posto anche la sua parte di coperta su di lei, così da scaldarla meglio, ed aveva lasciato sul comodino un piccolo biglietto. Questo recitava: “Spero che i tuoi gusti non siano cambiati dai tempi della scuola, e che il bambino gradisca le fragole.”
Quindi, Lily, alzando gli occhi verso il tavolo, notò un piattino bianco con sopra fette biscottate, ricotta e marmellata di fragole.
Harry già scalciava dalla culla, mentre succhiava il suo biberon di latte caldo sorridendo verso la sua mamma, così Lily poté alzarsi, tranquilla, e godersi la sua marmellata di fragole.
Sì, i suoi gusti erano un po’ cambiati dai tempi della scuola. Così come la scoperta della marmellata di fragole aveva soppiantato quella di albicocche quando aveva dodici anni, così a sedici era stata la marmellata di kiwi a primeggiare sulle altre. James gliene aveva portato un barattolino in regalo da non so quale viaggio al ritorno delle vacanze di Natale al loro sesto anno, non si frequentavano ancora loro due, lui era ancora un cretino, eppure quello era stato un regalo gradito. Poi, quando aveva cominciato a convivere con James, accanto ad una tazza di cappuccino fumante, aveva imparato a non far caso a quale barattolo prendesse. Marmellata di pesche, limoni, mirtilli, arancia, fragole, albicocche, kiwi, rose, ciliegie, quel che le capitava in mano spalmava su fette, tranne il miele, il miele la aveva sempre disgustata, anche solo l’odore… Sì, i suoi gusti erano un po’ cambiati dai tempi della scuola, eppure quella piccola coccola, quella piccola premura che il suo vecchio compagno di scuola le aveva riservato, le fece stranamente piacere.
Si servì tranquillamente della sua colazione.
Era strana, strana davvero tutta quella situazione. Strana la loro permanenza lì, il loro soggiorno forzato, strano il loro trucco, lo stratagemma per salvare la vita. Strani gli attori di quella recita, strano ciò che erano stati, strano ciò che erano diventati…
Era stato durante il loro ultimo anno ad Hogwarts, nel fiore dei loro diciassette anni, che s’erano fatte le previsioni. Nessuna profezia, nessun affar serio, chiacchiere fra amici, quelle che si fanno la sera, seduti in circolo nei dormitori, o al chiaro di luna (usciti di nascosto) nel prato, con dei calici di burrobirra fumante, o una bottiglia di idromele da far girare, tutti dello stesso anno, tutti amici, tutti nostalgici, ma allo stesso tempo speranzosi nell’avvenire. Era stata quella la sera in cui l’avevano fatto, lei ed i suoi amichetti Grifondoro. Ricordava ancora nomi e cognomi di tutti quanti… Katie Banks, Sirius Black, Ginevra Callinton, Mary Davis, Alice Gayheart, Caledon Gray, Hugh Laurie, Remus Lupin, Peter Minus, Frank Paciok, August Pay, James Potter, Allison Roscoe, Natalia Stunk, Monica Watson, per ordine alfabetico. Certo, poi c’erano anche le gemelle Laura e Beatrice Dane, ma loro erano due Corvonero convertite, ossia due studentesse dell’altra casata che s’erano trovate meglio con la sua cricca che con quelle dei loro colori, e così ormai loro le davano per acquisite. Si stupivano ancora a sentire assegnati a Corvonero i punti che queste guadagnavano, o a vederle sedere ad un tavolo così distante dal proprio il primo giorno dell’anno, tanto erano abituati a saperle sedute accanto a se, a sentirle tifare per Grifondoro alle partite di quidditch, o ad ospitarle addirittura nel proprio dormitorio, cosa che dal sesto anno in poi Lily e le sue compagne avevano deciso di fare, aprendo anche a loro la stanza. E poi c’era lei, naturalmente. Era una sera d’aprile, se lo ricordava ancora, avevano una bottiglia d’idormele e tre sigarette alla cannella, finite subito. Erano nel dormitorio, nella stanza di James, appositamente ingrandita ed insonorizzata, perché gli altri studenti erano già tre volte che si lamentavano per il troppo chiasso. Quel che ora non si ricordava ora, era come mai fosse uscito il discorso, chi fosse stato a proporlo. Probabilmente Allison, che quando era ubriaca tendeva a parlare a vanvera, ed a buttare lì, nel bel mezzo dei suoi sproloqui, una di quelle domane così difficili, improbabili o esistenziali, dipendeva dalla qualità dell’alcol, domande che in un modo o nell’altro mandavano tutte le precedenti conversazioni a carte 48, e, anche se tutti sapevano che nel giro di sette minuti, otto al massimo, la ragazza avrebbe probabilmente vomitato pure l’anima nel secchio più vicino, o sarebbe finita nel letto di qualcuno, o entrambe le cose, quelle domani buttate lì a caso avevano in sé una sorta di impetuosa potenza, impossibile da descrivere, e volevano, e pretendevano, una risposta. Sì, probabile che l’avesse formulata lei quella domanda. Sì, probabilmente era molto ubriaca.
Ora, di certo le parole esatte con cui questo interrogativo era stato proposto, Lily non lo ricordava neppure lontanamente, il punto era però che la loro attenzione era stata focalizzata su come sarebbero stati i loro, tutti loro, fra dieci, fra vent’anno. Come sarebbero cambiati, che cosa sarebbero diventati, e poi, una bottiglia dopo l’altro, le previsioni si erano espanse a tutti gli studenti del loro anno. Natalia sarebbe diventata una fabbricante di bacchette, Remus ne era sicuro, avrebbe lavorato per dieci anni come apprendista mal pagata sotto Gregorovich probabilmente, ma poi lui le avrebbe insegnato i suoi trucchi, glieli avrebbe lasciati in eredità, e quindi, da lì a vent’anni, sarebbe stato suo il timbro sulle bacchette. Caledon sarebbe diventato un funzionario pubblico, avrebbe lavorato per il ministero, aveva ipotizzato Franck, e Alice e Laura l’avevano appoggiato, mentre Hugh lo vedeva meglio come mendimago. Allison probabilmente sarebbe diventata una spogliarellista drogata, e lei stessa aveva confermato questa teoria vomitando un kilo di rosbif ed alcol sul pavimento, ma c’era anche la voce diceva che si sarebbe miracolosamente redenta un giorno, come diceva Sirius mentre le reggeva i capelli, che avrebbe visto la luce o stronzate simili, e che poi sarebbe diventata una veggente come Coralin. Per tutta risposta, Allison, che in Divinazione aveva Troll e che al momento aveva più alcol in corpo di tutto il resto della compagnia messo insieme, lo aveva scansato con una flebile spinta, e poi aveva detto che lui probabilmente sarebbe finito in prigione. Ora tutte le altre ipotesi non se le ricordava, rammentava che c’era stata una disputa su quale sarebbe stata la coppia più duratura, e Lily e James erano arrivati secondi, mentre Franck ed Alice conquistavano il primo premio. Ricordava che non tutti erano stati d’accordo sul fatto che James diventasse un auror, perché qualcuno ancora sperava potesse diventare una stella del quidditch, mentre la maggior parte della compagnia proponeva Remus come insegnante, e Sirius gli suggeriva invece un impiego come veterinario, facendolo arrossire. Anche su di lei c’era stata qualche teoria. Innanzi tutto, James era più che sicuro che sarebbe diventata sua moglie. Complimenti, ci aveva visto giusto. Beatrice invece, ed August con lei, pensava che James fosse un tipo un po’ troppo immaturo, e perciò pensavano che i due avrebbero convissuto un po’, dieci, quindici anni, e poi lei si sarebbe stancata di raccogliere bottiglie di burrobirra, o calzini sporchi, o stupidi boccini dal pavimento, e così gli avrebbe fatto la valigia, e lo avrebbe sbattuto fuori. Alice era stata più clemente. Per lei avrebbero vissuto felicemente insieme, ad avrebbero avuto cinque figli. Togliendo i riflettori dalla sua relazione con James, invece, anche per lei erano state ipotizzate le carriere più assurde. Remus, August, Monica e Natalia pensavano che sarebbe tornata ad Hogwarts ad insegnare Pozioni, Laura e Ginevra Babbanologia, e Peter s’era timidamente accodato a loro. Katie aveva abbracciato con tutta se stessa l’idea che lei potesse fare l’ostetrica, ma Hugh e Caledon l’avevano tenacemente avversata, sostenendo l’uno che sarebbe diventata cuoca, per il semplice fatto che amava perdutamente le sue focaccine al mascarpone, e l’altro che avrebbe sfondato come avvocato. Mary aveva anche detto che forse non avrebbe avuto bisogno di lavorare, che il lavoro di James avrebbe mantenuto entrambi, ma lei aveva storto il naso. Soltanto James, Sirius e Franck erano stati tanto pazzi e coraggiosi da ipotizzare che lei potesse un giorno diventare auror, mentre Alice sorrideva in risposta ed Allison pronunciava il proprio dissenso vomitando ancora sul tappeto. E poi c’era stato anche il suo turno, il turno di Severus Piton. Subito dopo Amanda Pirtas, un poco prima di Christopher Poch, poiché ulteriore divertimento ed esercizio era stato quello di menzionare tutti i loro compagni in ordine alfabetico, erano arrivati a parlare anche di lui. Dovevano essere le cinque del mattino, l’alba sorgeva già dalle finestre. Le ipotesi su Severus, come su chiunque altro prima di lui, erano state le più disparate, le più assurde. C’era chi diceva che probabilmente nel giro di un anno o due si sarebbe impiccato, chi lo dava già per assunto come impiegato da Magie Sinister, chi, come James, non si stancava dall’idea che sarebbe diventato un mangiamorte, mentre Allison si puliva la bocca nella camicia di Hugh, dicendo che forse sarebbe diventato insegnante, mentre lei si distaccava dal gruppo andando a mordersi il labbro alla finestra, e James la fulminava con un’occhiata.
Ora, a distanza di così tanti anni, quelle ipotesi, quei discorsi assurdi di quella notte ubriaca, le si ripresentavano alla mente sotto una luce totalmente nuova, se possibile ancora più assurda, e certamente più terrificante.
James… James… lo avevano immaginato tutti così vivo, così perfetto, auror, cercatore, pure fannullone ubriaco forse, ma vivo, felice, accanto a lei, ed invece ora Lily non riusciva ad allontanare neppure un momento da se l’immagine del suo corpo esanime così terribilmente accasciato sul quel pavimento freddo. E l’Oscuro Signore che posava il piede sul suo viso…
Morto, suo marito era morto, morto per sempre, e questo nessuno poteva immaginarlo, questo nessuno l’avrebbe previsto.
Il morto non era lui, il morto era Severus Piton. Il suicida, l’impiccato. Eppure Severus era ancora lì, vivo e vegeto, mangiamorte, sì, come aveva detto James, ma nessuno avrebbe mai predetto quello che lui aveva fatto per lei, quello che lui avrebbe fatto per loro, ovvero ciò che nessun altra persona al mondo sarebbe forse stata disposta a fare.
E lei, lei invece? Solo James, Sirius e Franck avevano indovinato, o era stata forse lei a volergli dare ragione? Insomma, aveva sempre voluto far qualcosa di importante nella sua vita, di rendersi utile, necessaria, indispensabile, eppure non aveva mai brillato Difesa Contro le Arti Oscure. Natalia, e Monica, e August, e Remus, e Piter, e Laura, e Ginevra, loro tutti avevano forse avuto ragione. Era da abbastanza tempo infatti, che progettava di diventare insegnante. Il professor Horace Lumacorno s’era dimostrato piucchè felice di offrirle un posto da assistente una volta lasciata la scuola, ed anche la cattedra di Babbanologia, sentendosi in potere di aiutare, come nata babbana, altri nati babbani come lei. Eppure qualcosa l’aveva dissuasa, c’era stato qualcosa che le aveva fatto cortesemente declinare la proposta del professor Lumacorno, che le aveva fatto cancellare dai sogni la cattedra di Babbanologia, e lei di quale qualcosa conosceva nome e cognome. Nel momento esatto in cui Allison Roscoe aveva ipotizzato, seppur lontanamente, che Severus potesse arrivare ad occupare a sua volta una cattedra, aveva allontanato per sempre lei dalla sua. Il pensiero di poterlo vedere ancora, dopo la scuola, di dover avere ancora rapporti con lui, in qualche modo la dilaniava. Immaginava le gomitate nei corridoi, le occhiate imbarazzate sui varchi delle porte se uno dei due si fosse trovato ad entrare là dove l’altro usciva, l’astio che sarebbe cresciuto con l’aumentare degli anni, l’idea che gli studenti se ne sarebbero accorti prima o poi, e ne avrebbero riso, e ne avrebbero fatto strane ipotesi, e poi sarebbero circolate voci incredibili, ed una miriade di altre cose. E poi James sarebbe stato scontento. Sì, il solo pensiero di poter un giorno lavorare con lui l’aveva totalmente terrorizzata. Ed ora invece era lì, nella sua camera, seduta sul suo letto, e lui le aveva salvato la vita.
Strano il futuro alle volte, inimmaginabile davvero, insospettabile, completamente insospettabile. James, l’auror più impavido, il cercatore, era morto in un attimo. Severus, l’impiccato, il mangiamorte, aveva nobilmente salvato la vita a lei e ai suoi figli. E lei, infine, l’insegnante, l’ostetrica, la cuoca, l’auror, l’avvocato, si ritrovava bloccata lì, finta prigioniera, finta schiava, finta amante dell’uomo che aveva avuto così tanta premura di evitare.

Al momento stava dinnanzi a lui, con le braccia incrociate, e lo guardava con aria perplessa.
Quando la quella sera Severus era andato in camera alle sette in punto, lei era già pronta da un bel po’, con un dei pantaloni bianchi e una camicia rosa pallido, ed Harry dormiva già beatamente nel suo lettino. Era pronta per uscire.
Eppure, Lily aveva notato qualcosa di imbarazzato nello sguardo di Severus, qualcosa di strano, che si era risolto quando questo aveva detto, con tono da sembrare quasi infastidito dal suono della propria voce:
- Potresti cambiarti d’abito, per favore?
- Cambiarmi d’abito? – aveva chiesto lui Lily abbassando gli occhi sul vestito – Perché? C’è qualcosa che non va in questo?
- Questo non è… - risposto lei Severus Piton – non è…
- Non è…? – l’aveva sollecitato lei
- Non è abbastanza scollato, ecco. – aveva risposto Sev.
È qui che siamo rimasti.
- Perdonami! – fece Severus Piton – Lo so che è strano chiedertelo, ed imbarazzante anche, molto imbarazzante, e non voglio assolutamente offenderti, ti chiedo scusa ancora, ma, diciamo che Lui…
- Immagino che vorrà vedere come ti sono succube adesso, il modo in cui ti imponi su di me, con cui fai rispettare le tue perversioni da mangiamorte a scapito della mia dignità, - disse Lily – e non serve che tu ti scusi, il mostro depravato è lui, non tu.
- Ciò non cambia il fatto che tutto questo mi dispiaccia. – rispose lei Severus Piton – Che umiliarti così mi dispiaccia.
- Che mi chieda scusa quel porco bastardo assassino maniaco del tuo capo, non tu. – lo rimproverò Lily posandogli una carezza sulla guancia – Ed ora mi vado subito a cambiare.
Ciò detto lo lasciò con un sorriso, mentre lui volgeva il viso a guardarla dirigersi verso l’armadio.
- Che cosa mi metto? – chiese lei voltandosi a guardarlo.
- Non lo so, non le ho la minima idea, - rispose lui – fai tu, metti qualcosa di carino, qualcosa che gli possa piacere.
- Qualcosa che ti possa piacere. – lo corresse Lily – Ricorda che qui dentro io sono tutta per te, mica per lui.
- Già, ma è su di lui che devi far colpo, non su di me. – le ricordò Severus.
- Touchè, - rispose Lily – però se permetti preferisco pensare che mi sto facendo bella per te, piuttosto che per lui.
- Pensa pure quello che ti pare, basta che ti metti qualcosa di sexy, - fece lei Severus – e che arriviamo in tempo per cena.
- Per “sexy” intendi corto, aderente o scollato?
- Tutti e tre è proibito?
- Tutti e tre è troppo presto, sono da te da appena due giorni.  - Punta sullo scollato, non deve avere alcuna difficoltà a notare i tuoi lividi, sono sicuro che lo compiaceranno.
- Già, e questo avalla la teoria del porco maniaco bastardo eccetera eccetera.
Ridendo, sbuffando, Lily tirò fuori un abitino rosso dall’armadio.
- Questo ti va bene? – chiese al suo compagno appoggiandoselo addosso. – Non è di certo il mio colore, né il mio taglio, ma dovrebbe scoprire il seno ed è un colore provocante, davvero improbabile che l’abbia scelto io, sarà certamente portato a pensare che tu l’abbia scelto per me.
- Siete davvero subdole e macchinatrici voi donne, sono sconvolto. – disse lei in rimando Severus Piton – Ad un ragionamento così contorto io non ci sarei mai arrivato.
- Questo perché sei un uomo, e siete molto più ingenui e prevedibili di quanto voi stessi pensiate. – rispose lui Lily sorridendo, e poi si diresse con il vestito all’entrata del bagno, chiudendosi la porta alle spalle.

Quando entrarono nella solita lunga sala del tavolo, quasi tutti i commensali avevano già preso posto attorno al tavolo. Lily dava piccoli spintoni al braccio di Severus tentando di liberarsi dalla sua presa, mentre lui la conduceva a prendere posto intorno al tavolo. Insieme al vestito rosso, Lily aveva anche indossato un paio di scarpe con tacco alto, a spillo, sempre rosse, ma di un’altra tonalità, in modo che si intuisse che non potesse averle scelte lei, ed inoltre erano scarpe palesemente estive, ed erano in pieno inverno. Teneva le mani incrociate sopra il petto, come a cercare di coprire la scollatura, mentre Severus le abbracciava le braccia, e sembrava anche di tremare per la vergogna, mentre muoveva le gambe strette nelle calze a rete verso la tavolata. Severus la fece sedere, o meglio la gettò a sedere, spingendola con un segno d’impazienza che l’Oscuro Signore commentò con un sorriso.
- Signorina Lily, finalmente. – la salutò in modo provocantemente cordiale il grande mago – è arrivata in ritardo quest’oggi, che cosa l’ha trattenuta?
- Non qualcosa, ma qualcuno, - rispose lui Lily infastidita – qualcuno a cui non andava proprio a genio la mia camicetta non andava bene per niente.
La sua affermazione suscitò qualche risata sommessa.
- Beh, - rispose lei lord Voldemort, sorridendo anch’esso – probabile che non ti stesse un granché bene, se Severus ti ha chiesto di cambiarti.
- Oh, sì, - rispose lui Lily con fare ironico – e si può dedurre dal buon gusto con cui ha scelto il mio abito…
La cosa provocò qualche altra risata.
- Io lo trovo molto carino, – commentò lord Voldemort – ed il rosso dovrebbe essere il tuo colore, non sei contenta? E poi mi pare di notare… - continuò facendosi più serio, mentre il suo sguardo scendeva sulla scollatura del vestito di lei – correggimi se sbaglio, mia cara, ma non son forse lividi quelli?
Bingo! Complimenti al più grande mago oscuro di tutti i tempi, pensò Lily congratulandosi con se stessa per le sue brillanti trovate, ci è appena cascato in pieno!
- No, no non lo sono – rispose quindi arrossendo, e portando le mani come a nascondere la pelle tumefatta.
- Ah no? – chiese fece lei l’Oscuro Signore.
- Diciamo solo che mi ha fatto un tantino arrabbiare la scorsa notte, - rispose lui Severus, con fare pacato, mentre portava una sorsata di vino bianco alle labbra, - spero solo che le sia servito da lezione…
- Lo spero anch’io, - l’appoggiò lord Voldemort e, dopo aver alzato a sua volta in bicchiere, movendolo a mo’ di brindisi in sua direzione, portò a sua volta l’alcol alla bocca.

Per quanto snervanti fossero le occhiate di tutti, per quanto fossero macabri i loro discorsi, Lily era più che convinta che avrebbe facilmente definito quella cena piacevole, se paragonata alla precedente. A parte il fatto che la salsa tartara i cannelloni era di gran lunga preferibile al condimento della zuppa della sera precedente, le cose andavano meglio per diversi altri motivi. Tanto per citarne i più stupidi ed innocui, la ragazza si era ben resa conto della familiarità che dimostravano nei suoi confronti, i piccoli elfi del suo signore, e fra quei grossi occhini a palla e quelle orecchie sbilenche s’era sentita, in qualche modo, a casa. Anche lord Voldemort, dal canto suo, pareva essersi deliziato abbastanza per i suoi lividi ed il suo vestito, dato che aveva ridotto i suoi interventi ad appena una decina di commenti sarcastici su di lei, ed aveva anche avuto l buon gusto di comunicarle, ad esempio, che l’abbacchio che aveva nel piatto era in realtà carne di sua madre, o della sua maestra delle elementari. Certo, il mago oscuro non ce la faceva proprio a trattenersi dal decantare, una volta su due, quanto fosse imminente la morte di suo figlio, e quanto inevitabile, e Lily rispondeva impetuosa procurandosi i rimproveri di Severus, come voleva il copione, ma in realtà era molto più calma di quanto non desse a vedere. Suo figlio si sarebbe salvato, alla faccia di quel verme dinnanzi al quale piegava la testa ed a tutti i suoi luridi seguaci.
La situazione cominciò a farsi un tantino più movimentata durante il dolce. Il menù del giorno prevedeva, per inciso, del dolce gelato a mirtilli e whisky ricopriva dei croccanti biscotti al caramello fumante, e Lily stava portando appunto alla bocca il quarto boccone, quando comparve fra le labbra fine di lord Voldemort un argomento di conversazione particolarmente interessante.
- E tu, tu che cosa hai da dirmi, Rabastan? – fece lord Voldemort in direzione di uno dei suoi uomini.
Nel vederlo rispondere, Lily lo ricordò come il tipo col cerchio d’argento sul sopracciglio. Il suo nome era Rabastan. Rabastan, Bellatrix, Avery e Mucinber, tanto valeva cominciare a memorizzare. - Ho eseguito i vostri ordini così come giurato. – rispose lui Rabastan, pulendosi la bocca su un fazzoletto di raso, e scavalcando le gambe per portare il petto più vicino al tavolo. – Mi sono mescolato alla folla vicino all’ingresso del Ministero della Magia, i funzionari erano piuttosto agitati, ed una donna col cappello di lepre, mi pare che si chiamasse Clarisse Dowen, o Dorven, o qualcosa del genere, ha detto che il ministro Caramel è disperato, non per la strage in casa Potter quanto per il suo mandato, immagino, qualcuno ha chiesto le sue dimissioni, ma il suo culo è più attacco alla sua poltrona che quello di una squillo a un… - e qui si interruppe un attimo - Hum, questo non è importante… Come stavo dicendo – riprese il ragazzo dopo una piccola pausa – mi sono avvicinato il più possibile ad un gruppo di auror, così come mi aveva chiesto, ed ho orecchiato il più possibile.
- Eccellente, Rabastan, eccellente. – commentò il signore Oscuro, - Sembra che la tua schiena rimarrà intatta, almeno stavolta…
Lily rabbrividì al solo suono di quelle parole. E così i mangiamorte venivano torturati in caso fallissero nelle loro missioni, frustate, probabilmente, dato che lord Voldemort aveva parlato di schiene. Un ulteriore ondata di panico la avvolse del momento in cui il suo cervello ancora sotto shock arrivò a formulare un altro pensiero. Severus…
- Allora, - riprese il Signore Oscuro con fare tranquillo – che cosa hai scoperto?
- Hanno accusato lui, come dicevate. - rispose lui Rabastan, con un sorriso sublime a modellargli le labbra – Dopo lo scontro con Minus, ah, già, anche lui non pareva avere una gran bella cera, sta meglio, il topo?
Già, Minus, pensò Lily guardandosi intorno, Minus non s’era presentato a cena quella sera, e neppure lo notato. Probabilmente, ad ingannarla era stato il fatto che ci fosse una persona in più nel lato sinistro del tavolo rispetto a quello destro, così come la scorsa cena. Se l’ordine rimaneva la stessa malgrado l’assenza di Minus, questo voleva dire, che doveva esserci per forza anche un’altra sedia vuota. La giovane si guardò intorno cercando di capire di chi potesse trattarsi. Di certo non era la donna con i lunghi capelli neri e gli abiti strani, che aveva continuato a lanciargli occhiate di fuoco per tutta la sera, e nemmeno l’uomo dalla gloriosa cicatrice sul braccio, né quello col bastone da passeggio, e né il tizio che aveva da poco imparato a chiamare Rabastan, e allora chi…? Possibile che, chiunque lui fosse, al momento stesse gridando sotto le strette di una qualche tortura…
- Chi? Chi è accusato? – chiese la ragazza, come pretendendo di scacciare, in questo modo, il pensiero di un supplizio dalla sua mente.
Pensava che fosse una domanda stupida in realtà, della risposta non le importava un granché, né pensava dovesse importarle, era solo un modo per tenere impegnato il cervello, era la prima domanda che le era saltata alla mente, e mai avrebbe potuto aspettarsi che la risposta per lei si presentasse come così tremendamente terribile.
- Il tuo amichetto Sirius, carina. - le rispose la ragazza di nome Bellatrix ridendo dall’altro lato del tavolo – Azkaban, fine pena mai per aver collaborato all’assassinio dell’auror James Potter, e al rapimento di sua moglie e suo figlio.
- NOO! – gridò Lily alzandosi in piedi, sbattendo i pugni sul tavolo. – Non può averlo fatto! Non anche lui! No! – ringhiò contro l’Oscuro Signore – Non distruggerai la sua vita come hai distrutto la nostra, non farai del male anche a Sirius, io non te lo permetterò!
- Fargli del male? – chiese lei Voldemort con fare divertito – Come potrei mai, mia cara? Secondo il ministero, e gli auror, e la stampa, e all’incirca tutto il mondo magico lui è uno dei miei più fidati collaboratori in realtà. Insomma, un gesto davvero leale spifferare a me il vostro indirizzo, di cui era il custode, consegnandomi in questo modo la tua vita, e quella di Harry, e quella di James…
- Non era lui il custode, lurido verme! – gridò Lily – era Minus, Minus, non lui, era lui all’inizio, ma avevamo cambiato, noi…
- Già, hai ragione – rispose lei Voldemort – voi avevate cambiato, e questo lo sappiamo io, te, Minus e James. Ah, già, lo sa anche Sirius, ma dubito davvero che la sua testimonianza sarà giudicata in qualche modo rilevante. Questa mattina è finalmente riuscito a trovare il nostro Peter. Era tutto ieri che lo cercava, poverino, con i suoi colleghi auror alle calcagna. Si sono scontrati in un quartiere babbano, e Gideon ha fatto loro il favore di sterminare di dodici babbani, prima che Peter si tagliasse via un dito trasformandosi in topo, e fuggendo di nuovo qui da me. ah, a proposito, Lucius, – fece rivolgendosi all’uomo biondo con il bastone da passeggio, che il cui nome Lily era troppo sconvolta per registrare – chiedi a Nar…
- Lo farà. – rispose lui l’uomo, senza neppure aspettare che il suo signore finisse la domanda.
- Bene, bene, molto bene, - riprese lord Voldemort – allora, signora Lily, dove eravamo rimasti? Ah, sì, ora ricordo, sembra che il tuo caro amico Sirius Black non abbia solo condannato te ed ucciso tuo marito, ora è anche un pazzo pluriomicida che ha polverizzato anche il secondo dei suoi amici. Ricordami di mandargli un cesto d’arance ed i miei più sinceri complimenti per la sua brillante interpretazione quando lo sbatteranno ad Azkaban.
- Sei un mostro. – commentò Lily rigettando in gola l’ennesimo grido, e trattenendo a stento le lacrime, mentre la stretta della mano di Severus sul suo braccio la portava a sedersi di nuovo.
Si morse forte le labbra ed allontanò il più possibile il piatto, tant’era la nausea. James defunto, Sirius ad Azkaban, due informazioni simili erano troppo per soli tre giorni. Pensava che non potesse esserci nulla di peggio, dopo quello che le era già successo, ed invece ecco, con l’impeto di un F5, con la forza di un terremoto, la crudeltà di quell’uomo tornava ancora una volta a scatenarsi su di lei, colpendo ed annientando ciò che aveva di più caro al mondo. Sirius, il ragazzo con la moto, quello che era fuggito da casa perché gli stavano strette le pareti della sua stanza, ora sarebbe stato rinchiuso da sbarre vere, condannato per sempre, alla rabbia e al dolore. Come quello di James, probabilmente anche il suo animo si sarebbe appassito lì dentro. Non ricordava cosa in quella notte ubriaca lei e i suoi amici avessero ipotizzato per lui, ma di certo i dissennatori non rientravano fra le puntate. Forse c’era un ché di tragicomico in tutto questo, pensò la ragazza mentre Severus le posava un’impercettibile carezza sulla gamba, come a farle forza, Allison Roscoe sarebbe stata un’ottima veggente.



Chiedo umilmente perdono per l'umiliante ritardo, la scuola mi sta uccidendo e la mancanza di ispirazione fa il resto. Non cruciatemi se ci riuscite, il capirolo lungo è per farmi perdonare. Baci. Scusate ancora. Giulia.

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Capitolo 9
*** Tre individui soli, gli ultimi rimasti ***


Tre individui soli, gli ultimi rimasti.


Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
James morto, l’Ordine lontano, Sirius Black ad Azkaban.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Era tutto così assurdo.
Così assurdo essere bloccata lì dentro, così assurdo esser tornata a maneggiare ingredienti da pozione, così assurdo che Harry continuasse tranquillamente a dormire nella sua piccola culla. Assurdo.
La verità è che quella mattina, così come tutte le altre mattine quando Severus usciva a fare i comodi del suo signore e lei rimaneva lì. Ne erano passate solo tre da quando quella storia era cominciata, eppure le pesavano lo stesso. Erano di gran lunga la parte peggiore della giornata, peggiore addirittura della cena, se possibile. È perché la mattina era il momento della giornata in cui tutto ciò che era successo il giorno prima le ritornava alla mente, ed avrebbe di gran lunga gradito trovare un’occupazione per scacciare dalla sua mente tutti quei pensieri molesti, ed invece non c’era nulla da fare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Quella mattina aveva chiesto a Severus di potergli dare una mano con le pozioni. Se ci fosse stato qualcosa di più interessante in quella stanza, qualcosa come un libro o un buon vinile, probabilmente la cosa non gli sarebbe mai passata in mente. Erano anni che non toccava una pozione. Nei primi tempi, dopo la fine della scuola, s’era riproposta di tenersi in costante allenamento, di non perdere la mano in quello che era sempre stato uno dei suoi più grandi talenti, ma poi… Il fidanzamento, e il lavoro di auror, e poi Harry, e la vita coniugale, e poi… L’esercizio delle pozioni era passato, insomma, in secondo piano. Certo, c’era ancora l’infuso di iris e cardo che preparava a suo marito quando questo aveva il mal di testa, ma era molto più vicino a una tisana che a una pozione vera e propria. Eppure quella mattina, Lily Evans sarebbe stata pronta a tutto pur di non rimanere con le mani in mano, pur di poter allontanare i pensieri dalle notizie che aveva ricevuto quella mattina, e che le avevano infestato gli incubi per tutta la notte.
Ma era così ovattato il suono di quel coltello, così opachi i colori di quei fiori secchi, così silenziosa quella stanza… veniva quasi voglia di urlare.
È che lì dentro, con Harry ancora dormiente, senza Severus a farle compagnia, si sentiva terribilmente, terribilmente sola.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
James morto, l’Ordine lontano, Sirius Black ad Azkaban.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
James morto, l’Ordine lontano, Sirius Black ad Azkaban.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Chi era rimasto? Chi era rimasto ora per lei? Con chi poteva sfogarsi, piangere, parlare, se il suo unico compagno dormiva nella sua culla e Severus Piton stava fuori tutto il giorno?
Non che fosse ingratitudine la sua, assolutamente, gli riconosceva di aver salvato la pelle a tutta la parte ancora in vita della sua famiglia, ma certo non le sarebbe dispiaciuta un po’ più di compagnia. Stare sola tutto il giorno, anche se con qualcosa da fare, era comunque terribile.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalogare.
Affettare, sminuzzare, imbottigliare, catalog…

***


Quando Severus arrivò, quella sera, trovò Lily addormentata sul suo letto. Teneva Harry stretto al petto, con la bocca ancora incollata alla sua mammella, addormentato anch’esso. Il sonno doveva essere sopraggiunto proprio nell’ora della poppata.
Se l’ora della cena non fosse stata prossima, se solo Lord Voldemort avesse potuto accettare un rifiuto, probabilmente non li avrebbe mai svegliati, avrebbe continuato a contemplare la donna della sua vita e suo figlio serenamente addormentati per tutta, tutta la notte. La sua Lily, così sdraiata, dormiente, rilassata, ricordava quasi la dama di un quadro, una madonna con in braccio il bambino, in preda all’estasi di un sonno profondo. Sì, se avesse potuto sarebbe rimasto a guardarla in eterno.
Erano quelli i momenti in cui più si sentiva solo. Non al mattino, quando s’alzava all’alba, facendo silenzio per non svegliare nessuno, non durante il giorno, quando seguiva la sua recita portando a termine missioni per il suo signore, con gli altri mangiamorte o in solitaria, né tanto meno la notte, quando crollava stremato quasi nell’attimo esatto in cui chiudeva gli occhi. Era vedere la sua donna stretta al suo bambino che lo faceva sentire davvero molto, molto solo.
Per quanto drammatica fosse quella situazione, per quanto terribili gli orrori che madre e figlio avevano dovuto attraversare, era come se ci fosse comunque un aspetto positivo nel tutto, ossia il fatto che si possedevano a vicenda. Qualunque cosa accadesse, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbero sempre potuto rifugiarsi nella braccia l’uno dell’altra. Lo avevano fatto nei momenti di maggiore pericolo, tristezza, lo aveva potuto vedere lui, dinnanzi ai suoi occhi, il modo in cui quella sera, la sera in cui tutto aveva avuto inizio, la sua Lily si era parata dinnanzi a quella culla, il modo in cui aveva continuato a protestare, a combattere, a supplicare per di salvare suo figlio. Il modo in cui s’era quasi tolta la vira per salvarlo. Ora, anche ora che la felicità, che speranza erano tornate ad albergare nei cuori dei due Potter, eccoli uniti ancora, come prima più di prima, stretti insieme, incatenati da quel cordone ombelicale che sembrava non essersi mai staccato del tutto. Era quasi come se lui fosse ancora parte di lei, che fossero un tutt’uno, ancora, che si nutrissero l’uno dell’altro, così, come nel ventre. E lui, invece, lui che era stato prima fonte di tanta disperazione, lui che rappresentava ora l’unico barlume di speranza che li teneva ancora in vita, lui non poteva entrare a far parte di quel legame esclusivo, a lui un amore simile, una simile comunione sarebbe stata negata per sempre.
Non invidiava al bambino Lily, nella persona esatta che lei rappresentava, ciò che gli invidiava, ciò che invidiava ad entrambi era il nucleo famigliare che ancora rappresentavano, che ancora rappresentavano, una specie d’amore di cui lui non era mai stato reso partecipe.
Era stata una famiglia diversa la sua, fin dai tempi in cui riusciva a ricordare, con un padre freddo, distante, ed una madre succube di lui che faticava a fargli una carezza. Ed eccolo, davanti a lui, forzato al suo sguardo l’immagine di un bambino che poteva bere del nettare di tutto quell’amore, di tutto quell’affetto fino a scoppiare, nessuno ad allontanargli in muso dalla coppa (o dalla mammella), un bambino che, in qualche modo anche grazie a lui, poteva bearsi di tutta quella gioia che a lui era sempre stata negata. A stringere quel bambino fortunato fra le sue braccia, a donarle tutto l’amore di cui era in possesso, proprio la donna che Severus aveva amato per tutta la sua vita.
Sì, aveva un piano, un piano sconosciuto a Voldemort tanto quanto a Silente, un piano nascosto a Lily, un piano che aveva avuto il coraggio di confessare solo a se stesso, ed era in quegli istanti che lo vedeva fallire.
Per quanto cattivo fosse, per quanto buono si sforzasse di essere, la somma di tutti i suoi errori, il premio di tutte le sue vittorie, era sempre e comunque un uomo solo.
Doveva svegliare Lily. Doveva rompere quell’idillio che l’uccideva dentro, che lo faceva sentire abbandonato a se stesso come sempre era stato, doveva staccare dalla sua mamma quel bambino che poteva gioire di tutto ciò che a lui era sempre stato negato, e allontanare lei dalla persona che amava di più al mondo per ricominciare a fingere d’amare lui. Mentre riscuoteva la donna amata dal suo sonno, Severus tentò di convincersi in tutti i modi che quel gesto non fosse dettato dall’invidia, dalla gelosia, dal dolore, ma solo da un fatto di obiettiva imminenza: incombeva la cena.

***


La signora Peckins non avrebbe dovuto mettersi in mezzo. No, non avrebbe dovuto. Con tutte quelle noie su come lui fosse un inquilino moroso, o le lamentele circa le condizioni in cui tornava a casa a notte inoltrata certe volte, ei i suoi commenti sui suoi amici strani, e quei velati riferimenti volti a saziare il suo sospetto che l’uomo tenesse in casa un animale, cosa severamente proibita. Le aveva sopportate troppo a lungo, le sue lamentele, la sua persona, era quasi un anno che andava avanti a sopportare, era sempre stato quello il suo forte. Sopportava fin da quando era bambino. Aveva sopportato il dolore, all’inizio, e la paura, e poi le notti passate da solo ed il suoi aspetto, e poi, con la scuola, aveva imparato a sopportare le occhiate nei corridoi, e le voci, e i terribili sospetti da parte di alcuni, e l’odiata pietà negli occhi di altri. Aveva imparato a sopportare il sapore amaro della sua medicina fin da fine quinto anno, e l’ansia che s’impossessava di lui alla vista di quelle enormi rampe di scale… Anche i vari scherzi, le varie battute dei suoi amici a cui sorrideva senza esitare, aveva imparato a sopportarle pian piano. E poi, uscito da Hogwarts, aveva imparato a sopportare le porte che gli si erano chiuse dinnanzi, e la signora Peckins, e la tanto odiata carità. Ogni cosa era stato in grado di sopportare in questi anni, ogni cosa, ma non quella sera.
Ora non ricordava neppure come fossero andate le cose, tanto era ancora fuso dall’alcol, diciamo solo che è molto probabile che la signora Peckins lo avesse fermato sul pianerottolo o sulle scale minacciando di tagliargli anche l’acqua calda, e rimproverandolo sull’ora. Ok, forse aveva ragione sul fatto che le cinque di mattina non fossero l’ora più idonea per tornare a casa in un condominio, ed anche che erano già ben dieci giorni che evadeva il pagamento della retta, ma questo non toglieva comunque il fatto che la signora Peckins se la fosse andata a cercare.
Diamine, pensò l’uomo rimurginando sull’accaduto con le tempie ancora pulsanti per l’alcol, non si era accorta che era ubriaco? Non s’era accorta che non stava camminando, ma barcollando, arrancando, che doveva reggersi forte al corrimano per non perdere l’equilibrio, per non cadere? Non s’era accorta del puzzo di vodka e rum e brandy, e di qualunque altro liquore il tizio tarchiato dietro al bancone aveva avuto il cuore di versargli nel bicchiere il cui nome adesso non riusciva a ricordare? Non s’era accorta che probabilmente non la stava neppure guardando negli occhi, dato che vedeva ben tre sagome sfocate di lei dinnanzi a se, o che non riusciva neppure a parlare tanto aveva la bocca impastata dall’alcol? Che non aveva capito una sola parola di quel che aveva detto, che al suono d’ogni minima sillaba si sentiva scoppiare la testa?
Aveva provato a ignorarla, a scansarla, ad andare, ma la donna continuava a stargli davanti, a trattenerlo, a bloccargli la strada. Seguitava a ciarlare, a parlare a vanvera, perché non aveva il buon senso di togliersi di mezzo? Perché non lo lasciava vomitare?
- Togliti di mezzo, donna! – aveva gridato spingendo via una delle tre sagome di lei che al momento s’era visto dinnanzi, e mentre la vedeva cadere dinnanzi a se aveva ripreso con enorme fatica la scalata delle scale, per i cinque spossanti scalini che separavano ormai dal suo pianerottolo.
Sì, pensò chiudendo a chiave dietro di sé la porta del suo piccolo, disordinato appartamento, la signora Peckins se l’era andata a cercare.

Vomitò sul pavimento appena sigillata la porta, e senza curarsi di pulire o di sciacquarsi la bocca barcollò fino in camera sua. Probabilmente si tolse la giacca, facendola cadere da qualche parte, nel caos.
Avevano provato a tenerglielo nascosto, avevano osato non avvertirlo appena la notizia era arrivata, gli avevano mentito, loro avevano…
Lì avrebbe uccisi tutti, decise lasciandosi cadere sul suo letto spoglio, non appena il mal di testa fosse finito li avrebbe uccisi tutti. Tutti, uno per uno, uno per uno. Perché non lo avevano avvertito? Perché non lui, non per primo, non appena la notizia era venuta alla luce, perché tutti avevano provato a tenerglielo nascosto? Cos’era stata? Pena? Compassione? Pena e compassione, ancora, quelle che aveva odiato per tutta una vita! O forse no, o forse peggio, forse non s’erano fidati di lui, forse avevano temuto una reazione distruttrice e distruttiva, come quella. Avevano avuto il coraggio di dirgli che l’avevano fatto per proteggerlo. Proteggerlo da cosa? DA CHE COSA? Dalla furia omicida di quello strambo destino, dalla realtà, da se stesso? Ed ora gli davano la notizia così, non per giustizia, ma per proteggerlo ancora da un nuovo mostro a cui non avrebbe dovuto aprire la porta.
Il riso sardonico di alcune figure in una foto sulla sua scrivania gli fece bruciare gli occhi e la testa. Rimase accasciato. Tutto quello, quella realtà, quegli eventi, tutto era ancora vago nella sua mente, nitido solo in alcuni punti, ad illuminare certi dettagli, proprio le cose che avrebbe preferito non sapere. Faceva caldo. La finestra era troppo lontana per venire aperta da uno che non riusciva a neppure a reggersi in piedi, contando soprattutto il fatto che non riusciva neppure a distinguerla nel caos di figure senza contorno che vedeva dinnanzi a se, e così preferì sfilar via la camicia, operazione che gli richiese un grande impiego di tempo ed energia, colpa di quei sette dannatissimi bottoni e della loro brillante idea di conficcarsi nelle asole. S’era drizzato a sedere un momento per sfilarla del tutto, ed stato allora che foto era tornata a brillare in tutto il suo orrore dinnanzi ai suoi occhi. Era posta in una bella cornice in ciliegio, gliela aveva regalata la sua migliore amica appena tre mesi fa. Sentiva un enorme senso di vertigine, gli girava la testa, si sdraiò di nuovo. Continuava a sudare. Aveva i brividi. Gli veniva ancora da vomitare. Visti gli eventi che erano andati a succedersi in quei giorni, vista la sua vita in generale, viste le sue attuali condizioni, l’uomo pensò che se solo la Peckins non glielo avesse tagliato una settimana prima, probabilmente si sarebbe ucciso con il gas. Ogni altra prospettiva di suicidio si mostrava in quel momento ai suoi occhi come estremamente stressante, e troppo complicata da attuarsi. Per impiccarsi gli sarebbe servito come minimo un po’ d’equilibrio, e poi avrebbe dovuto trovare una cravatta, una corda, qualcosa, legarla da qualche parte, e prendere una sedia, e poi fare un cappio, e dare un calcio alla sedia, troppa, troppa fatica, troppe cose da fare nelle sue condizioni. Non poteva neppure tagliarsi le vene, in primis perché con la vista annebbiata e confusa che si ritrovava al momento probabilmente non sarebbe neppure stato in grado di focalizzare le sue stesse braccia, e poi perché i coltelli erano in cucina, e trascinarsi verso la cucina avrebbe richiesto uno sforzo maggiore di quello che si trovava al momento in condizione di sostenere. Neppure un salto nel vuoto si prospettava come un’idea così brillante, abitando lui solo al terzo piano. La possibilità di autoeliminarsi con un incantesimo era anche quella fuori discussione, innanzi tutto perché non sapeva se le cose potessero funzionare in quel modo, e poi perché non aveva idea di dove avesse cacciato la sua bacchetta. Forse era rimasta in una tasca della giacca… Anche il veleno era fuori discussione, insomma, ci avesse pensato prima magari ne avrebbe comprato un po’ prima di ubriacarsi, ma ora, pur avendo qualche filtro in casa, qualche pianta particolare, non riusciva davvero a ricordare quale di queste potesse nuocergli, né dove potessero trovarsi. Altri sistemi di suicidio al momento non gli venivano. Era un vero peccato che la signora Peckins gli avesse tagliato il gas.
Mentre vorticava gli occhi qua e in là per la stanza, cercando un modo per distrarsi da quel mal di testa maledetto che non gli permetteva di dormire, il suo sguardo tornò a posarsi per l’ennesima volta su quella foto. Prenderla era fuori discussione: situata sulla scrivania, troppo lontana, eppure continuava a fissarla, a bramarla, come se non esistesse altro oggetto in quella stanza ad eccezione di quella. Il resto degli elementi roteava vorticosamente, non accennando a fermarsi. Provò a mettere a fuoco altri elementi. Dapprima lo specchio, fosse riuscito a vedere la sua immagine riflessa sarebbe stato un gran buon risultato, magari sarebbe morto di paura per le condizioni in cui si trovava, e non ci sarebbe neppure stato bisogno del gas. Nulla, nello specchio riusciva a vedere solo l’alternarsi di colori che sfumavano l’uno nell’altro, di forme strane, senza contorni, distingueva una macchia color sabbia (doveva essere il colore della sua camicia, se ben ricordava), e poi ceruleo, tanto ceruleo, questo doveva essere il colore delle lenzuola, e poi altre macchie vivaci qui e là. Doveva esserci una sedia, da qualche parte, la sedia su cui appoggiava di solito i suoi vestiti, doveva essere da qualche parte, attaccata al muro, magari sarebbe riuscito a distinguerla, eccola, era lì, alla fine della stanza, nella Terra di Mezzo fra la scrivania e la porta, non riusciva a distinguerla bene, ma vedeva come alcune parallele nere che facevano da riquadro ad alcune macchie ancora meno chiare. Sì, doveva essere per forza una sedia. E l’armadio? Dov’era il suo armadio? C’era un’enorme macchia marrone vicino a lui, una macchia uniforme, indefinita, senza contorno, era forse quello? Eri lì che era situato, ne era sicuro? Era lì che era sempre stato? Per quanto provasse a sforzarsi, a concentrarsi, tutti i suoi tentativi d’identificazione risultavano vani. Con un ché di magnetico i suoi occhi continuavano a voltarsi verso la foto, come obbedendo al canto di una sirena, come se quella fosse l’unica immagine nitida in una stanza di contorni sfocati.
Si drizzò a sedere, nuovamente, ingoiando il sapore amaro del vomito che gli era appena salito alla bocca, concentrò sulle sue gambe deboli tutta la forza che pensava gli fosse rimasta e sì alzò in piedi, e poi si trascinò fino alla scrivania di legno, tenendo una mano aggrappata alla cornice della finestra e l’altra protesa in avanti per mantenersi in equilibrio. Dovette chiudere e riaprire il pugno in aria per ben tre volte, prima di riuscire, al quarto tentativo, ad afferrare la cornice, che aveva preso a muoversi anch’essa. I volti giovani gli sorridevano ancora in un modo accattivante, e lui mandò in frantumi il vetro della cornice con un pugno che gli fece sanguinare la mano di dolore, e poi liberò dalla morsa del ciliegio la carta ingiallita della foto. Dopo averla sollevata con estrema fatica ed aver mosso qualche passo sghembo all’indietro, si lasciò cadere a sedere sul letto. Quegli sciocchi continuavano a ridere.
L’ubriaco focalizzò il suo sguardo sul primo dei volti. Un ragazzino paffuto con dei capelli di paglia e di rame stava in quel momento sorridendo, non guardava in camera, non dava attenzione alla foto, troppo impegnato che era a guardare il ragazzo che gli stava vicino, a idolatrarlo quasi. Aveva un ché di brillante negli occhi, una qualche scintilla che li illuminava facendoli brillare di un colore che non gli era proprio, conferendogli una parvenza ancora più marcata di bimbo. Serrando ancora una volta le sue labbra al vomito, l’uomo infilzò le unghie due volte sul volto del ragazzo, percorrendo il suo volto di una croce, e poi ingoiò, ed andò avanti. Stava accanto a questo, alto in modo da occupare con il suo corpo scolpito tutta la lunghezza della foto, un secondo ragazzo con dei folti capelli corvini, il suo sorriso intenso, malizioso, spavaldo, colorava il suo viso di una bianca quasi come la camicia portata senza cravatta. Al contrario del suo compagno, il suo sguardo puntava dritto in macchina, quasi sfidando l’obiettivo. L’uomo ubriaco uccise anche lui, tracciando con le unghie una croce anche sul volto di lui, mentre lasciava che il proprio viso si rigasse di lacrime al sapore di rum. Il terzo ragazzo gli stava accanto e con un braccio andava a cingere la schiena dell’amico, come ad abbracciarlo, i due si equivalevano quasi in altezza. Aveva dei lunghi capelli castano scuro che gli coprivano le orecchie, e si poteva notare che aveva annodato la prima ciocca in un qualcosa che assomigliava ad una treccina come all’antenato di un rasta. Portava la cravatta, lui, ma era allacciata male, come se, non riuscendo a fare un nodo, avesse deciso di allacciarla così, come veniva, come fosse una sciarpa, o la stringa di una scarpa. Sorrideva a sua volta guardando l’obiettivo, ma non c’era alcuna malizia nel suo sguardo, sulle sue labbra, nessun senso di spavalderia, né di ammirazione. Sembrava che fosse felice, felice e basta. Stringendo forte i denti al punto da farli quasi spezzare l’uomo infilò l’intero dito sul viso del ragazzo, bucando la foto lì dove era stato il volto di lui in maniera netta, irreversibile. L’uomo ubriaco avrebbe volentieri proceduto alla decapitazione di un quarto personaggio, ma in quel momento una seconda ondata di vertigini andò a sorprenderlo con la forza di un enorme giramento di testa che lo fece crollare di nuovo supino sul letto, svenuto, mentre la foto, sfuggita alle sue mani, andava a posarsi sul pavimento. E così ne restò solo uno.



Ciao! Innanzitutto volevo scusarmi con tutti voi per l'enorme ritardo, e poi dirvi che sì, come avrete notato, il titolo della storia è cambiato, e che fra un po' anche il mio nickname cambierà divenendo TheScarlettLetter. Ok, passiamo al capitolo. Lugubre, non vi pare? Triste, più che altro, mi ci sono impegnata davvero. La parte che più spero vi abbia compiaciuto è quella riguardante il "personaggio misterioso" (che immagino abbiate indovinato tutti, direi che questa volta era scontato, ma vi aspettano personaggi-enigma più difficili, prometto!), che diciamo è una new entry nella mia storia. Ho in mente grandi cose per lui, soprattutto un incontro/scontro importante, nonchè un piccolo sorriso nell'epilogo e nella battaglia finale. Spero di non avervi delusi. Baci. Giulia.

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