Agnello carnivoro

di Remedios la Bella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1st Chapter ***
Capitolo 2: *** 2nd Chapter ***
Capitolo 3: *** 3rd Chapter ***
Capitolo 4: *** 4th Chapter ***
Capitolo 5: *** 5th Chapter ***
Capitolo 6: *** 6th Chapter ***
Capitolo 7: *** 7th Chapter ***
Capitolo 8: *** 8th Chapter ***
Capitolo 9: *** 9th Chapter ***
Capitolo 10: *** 10th Chapter ***
Capitolo 11: *** 11th Chapter ***
Capitolo 12: *** 12th Chapter ***
Capitolo 13: *** 13th Chapter ***
Capitolo 14: *** 14th Chapter ***
Capitolo 15: *** 15th Chapter ***
Capitolo 16: *** 16th Chapter ***
Capitolo 17: *** 17th Chapter ***
Capitolo 18: *** 18th Chapter ***
Capitolo 19: *** 19th Chapter ***
Capitolo 20: *** 20th Chapter ***
Capitolo 21: *** 21st Chapter ***
Capitolo 22: *** 22nd Chapter ***
Capitolo 23: *** 23rd Chapter ***
Capitolo 24: *** 24th Chapter ***
Capitolo 25: *** 25th Chapter ***
Capitolo 26: *** 26th Chapter ***
Capitolo 27: *** 27th Chapter ***
Capitolo 28: *** 28th Chapter ***



Capitolo 1
*** 1st Chapter ***


In quella piccola cittadina del Wisconsin, il cui nome veniva a malapena riportato sulle cartine geografiche degli Stati Uniti e del mondo, i giorni passavano lenti, tediosi e con una tale monotonia che chiunque si sarebbe stufato di stare in un posto tanto noioso. Eppure, per i duemila abitanti di quella cittadella, in cui l’unico svago che si poteva offrire alla gente era un vecchio cinema che proiettava alle volte i nuovi film in uscita nelle sale, quella poteva considerarsi un oasi di pace, fuori dal mondo e dal trambusto della vicina città di Milwaukee,  set del telefilm”Happy Days” e casa di gente di notevole fama, da psicologi e criminali.
Quei pochi giovani risiedenti in quel paese passavano i pomeriggi come meglio potevano, fumando per strada, facendo qualche sana partita a baseball o spettegolando all’unico Mc Donald che si poteva trovare in quel borgo disabitato. I vecchi dondolavano sulle loro sedie, le donne pulivano in casa, gli uomini si armeggiavano in lavori manuali come meccanici o camionisti. Un’unica pompa di benzina al lato della città, un insulso cimitero per appena cinquecento persone.
Insomma, un buco in mezzo al grande Stato. E in quel buco ci abitava Julie.
Julie era una ragazza, ecco. Una ragazza normale, curiosa, carina, con un ciuffo di capelli rossiccio castani simili alla pelliccia di uno scoiattolo, viso tempestato di lentiggini, occhi castano chiari tendenti a un verde scolorito, strani occhi per un aspetto anche più strano. Era carina e slanciata, curiosa nei modi di fare, apatica nel socializzare. Non aveva amici né compagnie, e preferiva la lettura di un buon libro, specialmente un horror o un noir, alla compagnia delle poche pettegole che erano rimaste nel suo paese.
Andava alla scuola di quel paese, aveva buoni voti ma non eccelleva, e in estate diceva di annoiarsi come Snoopy sopra la sua cuccia. Una persona normale, che tutti potrebbero incontrare per strada o facendo la spesa.
Non aveva ammiratori, e questo non le interessava. Amava sua madre, anche quando fumava la sua amata sigaretta giornaliera, e amava suo padre, meccanico di paese. Aveva un diavolo per capello dato che sua madre le dava ogni lavoro, ed essendo figlia unica era felice di non dover condividere la sua roba con nessuno in famiglia. Aveva un gatto, bianco con una macchia nera sul muso, che lo rendeva diverso da tutti gli altri gatti randagi che gironzolavano la notte in paese. Lo aveva chiamato Sebastian. Le piaceva.
Una ragazza normale per un paese altrettanto normale. Eppure, aveva nella sua curiosità un lato perverso che la rendeva inquietante, nonostante si mostrasse del tutto apatica con il resto dei ragazzi della sua età: fin da quando aveva visto un documentario sulla mente dei serial killer americani, aveva sviluppato una specie di attaccamento a storie di assassini e pazzi omicidi. Ogni volta che beccava qualche caso di cronaca nera, voleva scoprire ogni minimo dettaglio della storia, fino ad arrivare a immergersi nei giornali locali, circondata da ritagli di articoli e foto. Per sua madre, il suo atteggiamento era tra i più odiosi che la figlia potesse assumere: durante quei periodi, la ragazza diventava più taciturna del solito, quasi istericamente pronta a afferrare un coltello e a sgozzare qualcuno, pur di provare la stessa sensazione dell’uomo che andava analizzando.
Era un’ossessione morbosa, forse l’unica che la portasse al di fuori delle tediose mura di quella cittadina.
Per il resto, continuava a rimanere curiosa ma distaccata, normale.
 
Il sole le picchiava in faccia, mentre con sguardo assente osservava fuori dalla finestra di camera sua la strada deserta e irradiata dal sole estivo. Guardò di sfuggita i suoi Cd dei Green Day, liquidando da subito l’idea di ascoltarli per l’ennesima volta.
Guardò la pila di libri di Stephen King, “Shining” aperto alla solita pagina, la sua preferita, dove Wendy urlava dal terrore vedendo l’ascia trapassare la porta. Sbuffò e ripose il suo sguardo oltre la finestra, accarezzando Sebastian dietro le orecchie e lasciandolo fare le sue fusa da gatto.
Il pezzo di asfalto che guardava con tanto interessa venne, improvvisamente, coperto da un mezzo enorme.
“Azienda Traslochi Finnegan.” Lesse sussurrando. Un nuovo vicino? Pensava da sempre che la casa di fronte fosse abbandonata, ma non pensava che qualcuno si sarebbe deciso a comprarla.
Alzò la testa incuriosita, e vide i due addetti al trasloco iniziare a scaricare il mobilio dal camion. Poco distante da lì, si parcheggiò una Fiat 500, un’auto che lei aveva visto solo nei cataloghi di suo padre. Una macchina di marca italiana in un buco come quello era come un pezzo d’oro in mezzo alla sabbia del ruscello di montagna.
“ Deve essere ricco …” pensò, alzandosi dalla sua posizione vegetante al sole della finestra e dirigendosi al piano di sotto, dove sua madre preparava il pranzo.
“ Mamma, chi è il nuovo vicino?” chiese la ragazza, affacciandosi alla finestra della cucina di casa sua.
La madre alzò gli occhi e guardò verso la figlia. Per aspetto fisico, la donna differiva dalla figlia solo per stazza leggermente più robusta e assenza di lentiggini in viso. Per il resto, le due potevano essere scambiate per gemelle, data la sconvolgente giovinezza della donna:” Non lo so tesoro … pensavo che sarebbe stata demolita, un giorno o l’altro quella casa.”
“ io vado a fargli visita!” fece Julie, correndo svelta verso la porta.
“ Julie! Ci andiamo tutti insieme dopo! Non è cortese, stanno mettendo adesso le cose in casa!” le urlò da dietro la madre. Troppo tardi, la curiosona era già per strada, sotto il calore del sole delle undici, mentre a passi lenti marciava verso uno degli addetti al trasloco. Quello la guardò affaticato, e si asciugò rapido il sudore:” Che vuoi, ragazzina?”
“ Se non le dispiace …” cercò di focalizzare il nome sulla tuta del giovane bruno che le si parava davanti:” Signor … Thomas, vorrei sapere chi abiterà questa casa.”
“ Un uomo solo, non posso dirti altro, questione di privacy.”
“ Capisco …” fece la ragazzina, avvicinandosi di più alla casa. L’altro uomo, un po’ più vecchio dell’altro, stava attaccando con un chiodo una targa di ottone al davanti della casa.
Interruppe il suo lavoro appena vide la giovane:” Salve, posso fare qualcosa per te?”
“ Vorrei sapere chi abita qui.” Tagliò corto lei, cercando di sbirciare il nome sulla targa.
L’uomo le sorrise, e finì di attaccare la targa, poi si scostò:” Leggi.”
La ragazza lesse a voce alta il nome del nuovo vicino, e un brivido le corse lungo la spina dorsale: Adam … Dahmer. Lo stesso cognome del … tutto questo le trasmise una scarica elettrica di insano piacere.
“ Grazie mille, è stato davvero gentile!” salutò l’uomo e si fiondò nel viale della casa, non notando il vicino fuori casa. Salì le scale d’ingresso, e come se fosse stato un suo parente, suonò in fretta il campanello due volte.
Si rese conto tardi di quel che aveva fatto, quando si vide la porta cigolare e il nuovo vicino guardarla con aria interessata.
Era un uomo, poteva essere sulla … trentina d’anni, lei non sapeva dare un’età alle persone.
Era di gradevole aspetto, capelli color sabbia e occhi bovini e nocciola. Indossava una maglietta a maniche corte nera, muscoli definiti ma non troppo scolpiti, alto e robusto. Un uomo in forma, una bocca affabile, un naso strano ma piacevole alla vista e forse al tatto.
Julie lo fissò per un lungo istante, e lo rassomigliò per un po’ a una di quelle persone che nascondono chissà che  in casa loro, non sapeva nemmeno lei perché.
“ Salve.” La salutò lui, con voce cordiale e priva di toni bruschi. La ragazza sorrise:” Buongiorno a lei, signor …”
“ Adam, lo hai letto anche sull’insegna no?” concluse l’uomo, scostandosi dalla porta :” ora, penso che il mobilio per la cucina ci sia. Mi sembra doveroso offrirti una tazza di the. Come ti chiami?”
“ Julie, Julie Baxter.” Disse la ragazza, passando oltre l’uomo.
“ Cosa ti ha spinto a volermi far visita?”
“ Oh, niente … pura e semplice curiosità, in fondo ci si annoia così tanto in questo paesuccolo …” fece eco lei, guardandosi attorno. La casa non puzzava di vecchio, le finestre erano spalancate per fare circolare l’aria, priva di finestre e tutto era eccessivamente illuminato. Il vuoto di quella casa le mise una certa tristezza, anche se sapeva benissimo che l’uomo si era appena trasferito.
“ Cosa posso offrirti?” chiese lui, dall’atrio dell’ingresso.
“ Un the freddo, sempre se non la disturbo …” rispose lei, continuando ad ammirare l’abitacolo.
“ Dammi del tu, in fondo saremo vicini. Pesca o limone?”
“ Limone, grazie.” Concluse lei, trovando una sedia solitaria coperta da un telo di plastica e sedendosi lì.
Si sentì la porta d’ingresso chiudersi, e i passi dell’uomo giungere da un’altra stanza.
Poco dopo, Adam giunse con un vassoio, due bicchieri colmi di the e un piatto di patatine.
Li pose sul tavolo davanti a Julie.
“ Ecco qui.” Disse, porgendo il bicchiere alla ragazza.
“ Grazie mille … cosa ti ha spinto fin qui, Adam? In fondo questo posto è così … vuoto.”
“ Volevo solo stare in pace con me stesso … sai, ho avuto un periodo piuttosto difficile.”
“ Ti va di raccontarmelo? Tanto non ho niente da fare …” la ragazza tentava di attaccar bottone, e lui sembrò assecondare le scelte della ragazza.
“ Se vuoi, ma sappi che sono logorroico come non mai.” Le sorrise fascinoso, e lei ci inciampò in quel sorriso. Nella calura si poteva sentire un corvo gracchiare.

-Angolo della scrittrice:
Come va? Sono tornata, con una nuova idea tutta da sviluppare! ora, non è che il capitolo dia a vedere quel che la trama dice, sia chiaro. 
Se sarete così pazienti tanto da seguire le vicende, non ve ne pentirete. I bocconi si assaggiano con lentezza per gustarne a pieno il sapore.
Beh, ringrazierò chiunque sarà interessato a leggere la storiella, dato che è solo un esperimento.
Se poi non avrà successo, mi darò all'ippica! *prepara cavallo*

Au revoir, alla prossima! 
Remedios

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Capitolo 2
*** 2nd Chapter ***


Julie continuava a guardarsi attorno, mentre Adam parlava e parlava, preso com’era dal fatto che una persona avesse voluto fare amicizia con lui. La ragazza spostò lo sguardo sulla finestra, da cui passava l’irradiante luce del sole di quel giorno estivo tanto afoso, e che illuminava con un tono pacato le pareti giallognole dell’abitacolo.
L’unico arredo che Adam sembrava aver disposto erano un tavolo, delle sedie e una poltrona, e una scatola, da cui ancora non aveva estratto niente.
La ragazza tentò di spostare la conversazione sul contenuto di quella scatola: “ Cosa c’è lì dentro?”
“ Oh qui?” l’uomo si alzò dalla sedia, andò accanto alla scatola e la aprì, liberandola dal sigillo di nastro adesivo che ne chiudeva il coperchio di cartone. Vi introdusse la mano e ne trasse fuori un libro, dalla copertina spessa e marrone, vecchio e che testimoniava quante volte quell’uomo lo avesse riletto.
“ Libri? Ti piace leggere?” la ragazza era affascinata,  aveva appena trovato una persona con i suoi stessi gusti. Adam la guardò, sorrise mesto, e poi le porse il libro:” Se mi aiuti a metterli sullo scaffale, dopo te lo presto.”
La ragazza lesse il titolo dell’opera, e se ne compiacque: “Delitto e Castigo” di Fedor Dostoevskij, uno dei quei libri che i ragazzi della sua età si sarebbero sognati di leggere. Anzi, non avrebbero nemmeno avuto la premura di sfogliarne le prime pagine.
“ Ti piacciono i romanzi psicologici?” chiese lei, leggendo le prime righe del primo capitolo.
“ un po’ di tutto …” fece Adam, continuando a tirare fuori libri dalla scatola:” ma specialmente polizieschi. Ti piacciono?”
“ Tantissimo!” disse lei con evidente entusiasmo nella voce. Si avvicinò all’uomo per sbirciare i titoli dei libri che stava estraendo. Una grossa pila si era accumulata al fianco destro del tipo, libri grossi come mattoni , dal contenuto anche più difficile di quello che il titolo dimostrava. Julie pensò da subito di aver trovato pane per i suoi denti.
“ Chiediamo ai due fuori di portar dentro la libreria, così mi aiuti …” si alzò e andò verso l’uscio:” Ehi voi due! Cominciate a portare la roba dentro?”
I due non se lo fecero ripetere due volte. Un grande trambusto venne dall’ingresso, e Julie vide i due di prima portare in peso una grossa libreria in legno, semplice ma capiente, per poi poggiarla al centro del salotto. Andarono poi fuori a scaricare il resto della roba.
“ Aiutami a sistemarla!” esclamò Adam, rivolgendo un sorriso innocente a Julie.La ragazza lasciò la sua patatina e si affrettò a poggiare quel mobilio all’angolo, secondo le preferenze dell’uomo. Già alla prima posa, trovò la locazione del tutto perfetta.
“ Direi che può andare … coraggio, riempiamola.” Iniziò a prendere i suoi libri e a impilarli, uno a uno, in fila sugli scaffali, fino a riempirli del tutto. La varietà di colore delle copertine e i loro vari spessori conferì all’insieme un non so che di variopinto che si riflesse negli occhi di Julie, che metteva libri su libri in compagnia di Adam.
Non si accorse nemmeno che, a pila a pila, l’ora di tornare era già passata da un pezzo. Mentre finiva di mettere un libro su uno degli scaffali più in alto, sentì un leggero crampo allo stomaco. Aveva fame.
“ Ah! È quasi ora di pranzo! Meglio che adesso torni, scusa!” fece, avviandosi verso la porta.
“ Non fa niente, se vuoi ci vediamo questo pomeriggio .. ah! Questo è il libro, te lo sei meritato.” Le porse il librone in mano, e quella lo afferrò senza esitazione.
“A dopo allora ... e grazie!” la ragazza corse attraverso il vialetto e si fiondò nel giardino di casa sua. Prima di rientrare, agitò la mano bene in aria, appena vide quell’uomo varcare la soglia per salutarla da lontano.
 
Un altro caso di omicidio. Un altro fatto che suscitò l’immensa curiosità nascosta di Julie. Una donna era stata trovata in un fosso nel bel mezzo del bosco, a cinque minuti di macchina da Milwaukee. La vittima presentava tagli al petto in corrispondenza di alcuni tatuaggi che possedeva, come se gli fossero stati asportati. Il corpo era stato poi tagliuzzato e privato di alcuni organi interni. Era una donna, secondo le indagini della polizia la prostituta di una cittadina poco distante dal centro dove abitava Julie.
La notizia venne diffusa dal telegiornale, poche ore dopo che Julie aveva pranzato.
“ Cielo, che abominio …” aveva detto la madre, coprendosi la bocca terrorizzata. Il padre era rimasto piuttosto indifferente alla notizia, mentre per Julie fu una vera e propria manna dal cielo. Non aveva mai avuto a che fare con casi di assassini colleziona tatuaggi, o che erano tanto crudeli da mutilare le loro vittime.
Si, le era capitato di imbattersi in antropofagi o persone con tendenza sadiche, ma non pensava davvero che ne potessero esistere ancora del genere. Di solito, casi del genere erano da ricondurre a anni come 1960 e compagnia.
La cosa la eccitò come non mai. Corse in camera sua, presa dalla febbre di informazioni, e cercò dettagli sulla nuova vittima con cui aveva a che fare.
“ Samantha Damon … 35 anni, professione prostituta …” lesse il nome della città sottovoce, come per focalizzarlo e inserirlo nella sua testa:” trovata stamattina morta nei pressi di Milwaukee, in mezzo alla boscaglia. Il corpo è stato riconosciuto grazie al riconoscimento del volto, non deturpato come il resto del corpo da ferite e mutilazioni.
La vittima è stata privata di cuore, un seno e reni. A ritrovarla è stata un cacciatore, incuriosito dal fatto che il suo cane stesse abbaiando di continuo. L’assassino non sembra aver lasciato tracce del suo passaggio, la vittima sembra morta per strangolamento, dati i vistosi segni che presentava sul collo al momento del ritrovo.
Si attendono accertamenti sulla vittima.” Così recitava l’articolo su Internet. La ragazza ne rimase alquanto turbata.
“ A poca distanza da Milwaukee? Allora l’assassino dev’essere di questa zona …” rifletté, iniziando a spaventarsi. Era sempre dell’idea che sarebbe stato meglio sempre trovarsi a debita distanza dal covo di azione dell’omicida. Questo era l’unico limite che imponeva alla sua curiosità, sia per proteggersi che per proteggere la sua famiglia. Sapeva benissimo che la sua fissazione ai suoi non andava a genio, e più di tutto non voleva davvero che loro venissero coinvolti in un crimine.
Chiuse in fretta il computer, e scese giù. Notò l’ora, e sbirciando verso la casa vicina, mandò un sorrisetto alla madre, che ne capì ogni intenzione.
“ E va bene! Fammi solo finire di confezionare questa e poi ci andiamo!” le disse, mentre finiva di farcire una crostata di mirtilli. La ragazza annuì e si buttò sul divano, afferrando il gatto che si era appena coricato lì. Lo prese tra le mani e iniziò ad accarezzarlo dolcemente.
Le fusa del felino non tardarono a farsi sentire.
Mentre guardava la Tv, venne distratta dal suono del campanello. Andò ad aprire, e le si parò davanti una donna biondo platino, scollatura vistosa su un seno abbondante e, a detta di Julie, rifatto, con la sigaretta in bocca tenuta a lato.
“ Ciao dolcezza! Tua mamma è in casa?” Disse quella donna, con voce gracchiante a causa del fumo. Julie la guardò di sottecchi e chiamò rapida la madre:” Salve Cindy!” salutò il padre, dalla sua poltrona.
La madre arrivò trafelata:” Posso fare qualcosa per te Cindy?”
“ Mi chiedevo … ho sentito dire che ha appena traslocato un uomo qui accanto .. sapete dirmi che tipo è? Sapete, non ci sono più i clienti di una volta!” affermò la donna,aspirando la cicca ridotta a poco più di un mozzicone che teneva in bocca.
“ Se vuoi puoi venire con noi, andiamo a fargli visita tra poco.” Fece Julie:” io ci sono andata stamattina, ma non penso che sia il tuo tipo.”
“ L’apparenza può sempre ingannare, un imbecille di giorno e un leone di notte fa sempre comodo sai?” Cindy voltò gli occhi verso la dimora e uno sguardo lussurioso le apparve negli occhi:” Non guadagno tanto da quanto Jack è crepato l’altro giorno … Julie! Che ne dici di darmi una mano, bambina?” la donna posò la sua mano sulla spalla della ragazza, che si ritrasse subito.
“ Non mi interessa, e poi ho appena sedici anni.”
“ Io ho imparato alla tua età! Vedrai, sarà divertente! Sempre se tua madre …”
“Cindy, ti ho detto mille volte di non parlare così a mia figlia!” sbottò la madre, interrompendo il suo lavoro al forno.
“ Dai! Scherzavo … però mia cara .. non saresti niente male con qualche parte di pelle scoperta … hai delle belle tette! Perché le nascondi?” Julie si ritrasse in casa guardando con occhi storti la donna, che mostrò i denti ingialliti ma dritti.
“ Grazie, ma sto bene così … sei ancora decisa a fargli visita?”
“ Penso che farò da sola … ci vediamo!” la donna si allontanò lungo il viale, e Julie ne seguì i movimenti, fino a che non la vide apparire davanti all’uscio della casa di Dahmer. La vide suonare il campanello, e lui uscire e guardarla stranamente.
Non riuscì a sentire la loro conversazione, ma vide solo la prostituta più famosa nel paese entrare in casa di Adam, per poi sentire la porta sbattere dietro di lei.
Non voleva immaginarsi nemmeno cosa sarebbe successo tra i due, e se Cindy sarebbe riuscita a tentarlo, la casa sarebbe diventata un vero macello.
“Tesoro, credo sia meglio andarci stasera, appena quei due hanno fatto …” conclude sua madre, che aveva osservato tutto dalla finestra.
Julie la guardò e annuì, un po’ delusa. E dire che avrebbe voluto lei passare le ore con il nuovo vicino.
Decise di rintanarsi nella sua stanza, a leggere il libro che Adam le aveva prestato. Ma le parve strano che, durante tutto quel tempo, non avesse sentito nessun rumore provenire dalla casa di fronte, né gemiti né tanto meno urla belluine.
“ Avranno già fatto …” pensò rimettendo gli occhi sul libro.
Quella sera, andando a casa di Adam, pensò di incontrare anche Cindy in casa sua. Ma appena, con sua madre, venne accolta dentro la casa del vicino, non sentì l’odore tipico di Colonia che la prostituta si portava a presso.
Alzò le ciglia sorpresa, ma non diede peso ai suoi sospetti.

Angolo della scrittrice:
Eccomi! mi ha fatto piacere ricevere due recensioni, la storia non è ancora entrata nella sua essenza, ma presto entreremo nel vivo della questione ... speriamo :) 
alla prossima!
Remedios

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Capitolo 3
*** 3rd Chapter ***


In casa di Adam, tutto era stato sistemato, a parte ancora qualche scatola in giro per la casa e un telo di plastica ingombrante che stava sul pavimento del salotto.
“ Spero accetti, è una crostata di mirtilli …” la madre di Julie porse la torta all’uomo che la prese volentieri.
“ Adoro i mirtilli, sarà un vero piacere … entrate pure, prego.” L’uomo fece passare sia Julie che sua madre, che si accomodarono nel salotto che la ragazza già aveva adocchiato da quella mattina.
“ Io sono la signora Emily Baxter, conosce già mia figlia Julie …” si presentò la donna poi voltandosi verso la ragazza, che invece di stare seduta gironzolava per la casa.
“ Sì, è davvero una ragazza molto simpatica, sono sicura che non tarderemo a fare amicizia …” disse lui, con tono pacatissimo mentre versava le bibite nei bicchieri che aveva predisposto per le visite.
Julie ancora cercava qualche traccia della presenza di Cindy, ma annusando non riusciva proprio a rintracciare l’odore tipico della donna.
“ Prima ti ha fatto visita una donna, giusto? Cosa ti ha chiesto?” domandò la ragazza, rivolgendosi a Adam. Lui la guardò in modo quasi vuoto, per poi affermare che la donna gli aveva proposto quel che le prostitute offrono di solito:” L’ho invitata in casa e le ho offerto qualcosa. Niente di che … se ne è andata dopo due ore:” disse lui, tranquillo.
Julie alzò il sopracciglio perplessa, era strano che Cindy fallisse nei suoi intenti. E più strano le parve non aver sentito la donna uscire dalla casa del tizio, o almeno qualche segno della sua uscita. Non aveva avvertito niente durante tutto il pomeriggio, nemmeno con la finestra aperta. A meno che non fosse uscita da un’altra parte, era improbabile che quella fosse sgattaiolata a piedi nudi dalla casa.
“ Io non ho sentito niente … pensavo fosse ancora qui …” confessò la ragazza, sedendosi.
Adam la fissò:” probabilmente eri tanto immersa nella tua lettura che non ti sei resa conto dell’uscita della donna …”
“Mmh …” mugolò lei, arresa all’idea di aver davvero mancato il momento di fuga di Cindy.
Cercò di passare la serata senza pensarci troppo, mentre Adam le fece visitare il resto della casa. Piano di sopra, con camera, bagno e ripostiglio, e il resto della casa, comprendendo cucina e anche un piccolo studio, arredato di moderna scrivania, computer e sedia con rotelle. Ci si sedette sopra, e iniziò a ruotarci sopra, divertita.
“ Julie! Che modi!” La rimproverò la madre, ma Adam le sorrise:” la lasci pure, in fondo basta che non rompa niente.”
Il giro sulla sedia provocò alla ragazza un leggero capogiro che la fece barcollare:” Compramene una uguale!”
“ non se ne parla!” fece la madre. Julie mise un finto broncio e andò verso la scrivania. Era messa in ordine in modo quasi maniacale, ogni oggetto sembrava avere la sua propria posizione. Anche un specie di barattolino messo accanto al portamatite. Era pieno di piccole pastiglie, Julie lo prese e ne lesse l’etichetta.
“ psicofarmaci …” mormorò, leggendone la marca. La scoperta la lasciò alquanto perplessa, e osservò verso Adam, che conversava in modo apparentemente tranquillo con Emily.
“ Non sembra uno di quelli che deve prendere farmaci …” pensò,poggiando al suo posto la boccetta marrone. Spostò lo sguardo sul resto della scrivania, e intravide una pila di fogli, su cui in cima stava una foto.
L’afferrò e la guardò a lungo: era una donna, capelli bruni lisci e lunghi, occhi truccatissimi e bocca piccola coperta da un lieve rossetto fucsia.
L’analizzò attentamente, stranita dal fatto che quella foto si trovasse lì: magari poteva essere la fidanzata del padrone di casa, o una sua conoscente. Eppure, c’era qualcosa in quella ragazza, che a Julie parve davvero familiare. Forse una sua impressione.
Senza farsi troppi scrupoli, glielo chiese direttamente:” Chi è?”
“ Una mia conoscente … tagliò corto lui, avvicinandosi e togliendo di mano la foto a Julie. La ripose dov’era prima, e Julie potè intravedere il volto di Adam contrarsi, in una sorta di smorfia.
“ Su Julie, penso sia ora di andare … il signor Adam è sicuramente stanco.” Mormorò la madre della ragazza, tirandola per il braccio.
La ragazza, senza protestare troppo, la seguì fino alla porta, dove salutò con fare pensieroso l’uomo. Prima di andare però, lui le disse:” Domani mattina esco a pesca … se sua figlia è interessata, potrebbe venire a farmi compagnia.”
Gli occhi di Julie si illuminarono:” Mi dai il permesso?”
La madre la guardò perplessa sulla scelta di lasciare la figlia nelle mani di un totale sconosciuto, ma osservando la ragazza, non ottenne intesa di arresa da parte dello spirito della ragazza. Pensò che almeno tutto questo l’avrebbe distratta dalla sua “mania”.
“ D’accordo …” acconsentì sospirando. La figlia l’abbracciò al volo e poi corse dritta in casa, lasciando Adam e Emily a farsi gli ultimi saluti.
Julie era euforica per la notizia. Era sempre meglio che restarsene in casa sua a dover aiutare la madre. E poi, Adam le era piaciuto sin dall’inizio,e quell’uscita non avrebbe fatto altro che ampliare in qualche modo la loro amicizia.
Però rimaneva in lei il dubbio immane sulla foto: perché quel volto le era sembrato … già visto? Come se …
Si fiondò nell’armadio, e trasse fuori, con frenesia quasi isterica, uno scatolone vecchio e quasi rotto ai bordi, sul punto di cedere e rovesciare il suo contenuto.
Lo aprì sprigionando un gran nuvolone di polvere. Dentro, tutti quei reperti che lei collezionava nella sua ricerca ossessiva di omicidi e vittime: foto di persona scomparse, annunci e ritagli di giornale con gli articoli più interessanti, sottolineati con precisione maniacale e chissà quante volte visti e rivisti.
Prese in mano i fogli, e scartando veloci, osservò ogni minima faccia femminile che le si parò davanti, finché non le apparve di sfuggita un volto, che constatò essere … lo stesso volto, bruno e dalle labbra fucsia della foto che aveva visto in precedenza.
“ è la stessa donna …” mormorò, inginocchiata sul documento. Era un annuncio di scomparsa:” Rosita Mc Allister … “ lesse il nome e il resto dell’annuncio con fare assorto.
Non notò nessuna somiglianza tra lei e Adam. La donna era scomparsa da almeno sei mesi, nessuna notizia.
E se fosse stata ritrovata morta, lei di certo se ne sarebbe accorta.
“ Tutto questo è molto strano …” spostò lo sguardo verso la finestra, incontrando gli occhi luccicanti di un gufo che si era appollaiato sul ramo dell’albero in giardino.
Si prese un lieve spavento e ripose il tutto dentro la scatola. Si sporse alla finestra e guardò verso il marciapiede. E, tirando un sospiro di sollievo, si disse che almeno in qualcosa Adam era stato sincero: Cindy era al suo solito posto, il fumo della sua sigaretta veniva evidenziato dalla luce del lampione sotto cui stava.
Aveva un’aria scocciata, come se fosse stata la sua peggior nottata. Julie sorrise e decise di coricarsi a quell’ora, dato che la mattina dopo avrebbe dovuto destarsi presto.
Aveva rimandato ogni suo sospetto alla giornata dopo.

Angolo della scrittrice:
Stavolta mi è uscito davvero corto, che disdetta ... spero con il prossimo di rifarmi.
Mi fa piacere di aver trovato persone a cui la mia storia sta piacendo! é un genere nuovo per me, quindi sapere come la pensano gli altri per me è importante :)
Alla prossima!
Remedios

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Capitolo 4
*** 4th Chapter ***


La bizzarra idea che il quella Fiat 500 ci potesse davvero stare l’attrezzatura da pesca aveva sfiorato la mente insonnolita ma euforica di Julie, che si ritrovò a sedere accanto al vicino non su quella macchina italiana, di ridotte dimensioni e troppo preziosa per un viaggio in aperta campagna, ma su una  Land Rover di tutto rispetto, con tanto di ruote adatte ai terreni impervi e ai sentieri boschivi che l’avrebbero condotta a un piccolo lago dovrebbe avrebbe passato la giornata all’aria aperta, sotto un bel sole cocente.
Si era vestita casual, tanto per non fare la preziosa, e si era fatta prestare da Adam una canna da pesca di prima categoria, maneggevole e pure semplice da utilizzare, data la sua scarsa esperienza nel campo.
“ Ti vedo entusiasta … vedrai che oggi pescheremo tantissimo!” le fece Adam ,mentre caricava la roba nel cofano della macchina, vedendola quasi saltellare.
“ Speriamo! Mi insegnerai come fare vero?” gli rispose lei, porgendogli la borsa e il contenitore delle esche, che puzzava terribilmente.
“ Certamente! Vedrai, sarà divertente! E se non becchiamo pesci potrò sempre offrirti una pizza!” fece lui scherzando e mostrando un sorriso sereno e compiaciuto.
Lei sorrise a sua volta e si catapultò sul sedile del passeggero, seguita a ruota da Adam, che prima di salire in macchina controllò di avere tutto in tasca.
“ Possiamo andare …” fece, mettendo in moto la macchina.
L’auto partì rombando silenziosamente dentro il viale, ancora assopito sotto il sole delle 9 di mattina. La vettura oltrepassò il cartello di entrata alla cittadina e si inoltrò rapido nella boscaglia vicina, in direzione di una piccola stradina, fuori dalle carte geografiche e che solo Adam, a detta di Julie che glielo aveva sentito dire prima di partire, conosceva.
“ Dove andiamo?” fece lei, osservando la strada sfrecciare sotto i suoi occhi intenti a rallentare la corsa delle ruote.
“ C’è un laghetto, dove andavo a pescare con la mia famiglia da piccolo … è un posto carino, di nostra proprietà. “ fece lui, continuando a guardare la strada. Lei non replicò, troppo presa a guardare all’esterno del finestrino dell’auto. Il sole le arrivava in faccia, per fortuna si era munita di occhiali da sole. Se li infilò in fretta prima di rischiare di rimanere accecata dal sole. L’auto continuava a percorrere la strada, per il momento intonsa da vegetazione vistosa, e dopo un po’ giunse a un tratto di bosco, con grandi alberi, forse querce, che graffiavano con i  loro lunghi rami la macchina che sfrecciava nel loro mezzo.
Julie rimase a guardare fuori, e una strana stretta allo stomaco la pervase tutta: quegli alberi,che lei non aveva mai visto e dentro cui non si era mai inoltrata, parvero ai suoi occhi già visti. Non tanto per il loro odore di erba e selvatico che penetrava dai finestrini leggermente abbassati dell’automobile, quanto per il loro aspetto, la loro piegatura sulla strada, che la ragazza notò essere piuttosto ricurva e oscura … come se lì quella vegetazione volesse e potesse nascondere un oscuro segreto contenuto tra le fronde che si intrecciavano nell’aria.
Adam si accorse del senso di inquietudine della ragazza:” Tutto bene?” chiese, con voce pacata e dolce.
Lei si risvegliò dallo stato di trance che quella vista le aveva causato:” Sì … mi ero imbambolata, scusa …”
“ Niente … comunque manca poco …” disse lui, svoltando a sinistra e imbucando un sentiero nella foresta. Qui la vegetazione era più bassa rispetto al sentiero di prima, fiori selvatici venivano mossi da un leggero venticello mentre si nutrivano del sole che picchiava sul ciglio del sentiero e sulle rocce, da cui sbucavano i ciuffi d’erba.
In lontananza, Julie potè intravedere un biondo campo di granoturco, che mosso del vento creava onde immaginarie nell’aria e una macchia gialla nel mezzo della terra senza ombra di cemento che circondava il resto del posto.
“ Eccoci arrivati ..” disse Adam. Julie si sentì schiacciata sul sedile, mentre l’auto impennava, probabilmente in salita su una stradine piuttosto in rialzo.
Un cancello rosso e scrostato dalla ruggine bloccava il passaggio a un viale tutto alberato, come quello che Julie aveva visto prima.
Adam uscì dall’auto, e tirando fuori un mazzo di chiavi, aprì il lucchetto che teneva chiuso il cancello, che cigolò rumorosamente libero dalle catene.
L’uomo rimontò in auto e fece andare avanti l’auto.
In poco tempo erano giunti a una radura immersa nel verde, in cui spiccava una casa piuttosto vecchia e all’antica, che si affacciava con un pontile in legno a uno specchio immenso di acqua dolce, nelle cui acque calme si rifletteva il cielo sferzato da leggere nuvole.
L’auto, unico elemento estraneo a quella quiete, si parcheggiò vicino alla dimora.
Quando i piedi di Julie toccarono il suolo, si sentì immersa in tutto un altro mondo. Anche se la sensazione che le aveva attanagliato lo stomaco la sera prima e poco prima in auto non era sparita del tutto.
L’esca le fuggì per l’ennesima volta dalle dita, e mentre tentava invano e imprecando forte di agganciare il vermicello vivo all’amo, Adam rideva divertito dallo spettacolino comico.
“ Davvero non vuoi che ti dia una mano?”le disse, mentre riavvolgeva il filo della canna, constatando che il movimento di prima era stata solo una sua impressione.
“ Ce … la faccio … benissimo … da sola! E no!” il verme era di nuovo strisciato via dalle sue dita, per poi cadere in acqua. Esca persa.
“ Uffa che disdetta ..” brontolò Julie, afferrando un’altra esca dalla borsa e cercando in tutti i modi di riagganciarla.
“Tienimi la canna un attimino …” si sentì dire da Adam ,che le si fece accanto. L’uomo prese delicatamente l’amo di Julie in mano, e con fare da vero pescatore riuscì a infilzare , dalla parte della cosa, il minuscolo lombrico, che si divincolò.
“ Devi infilarlo dalla parte della cosa, altrimenti il pesce non abbocca perché si accorge che è morto … va bene?” le disse, porgendogli di nuovo l’attrezzo. Julie gli sorrise totalmente imbarazzata dal momento.
Un’imbranata totale, ecco cosa era. Si mise seduta sul pontile accanto a Adam che si sedette vicino a lei, e gettò l’amo in acqua, seguendo i movimenti di chi aveva accanto.
“ Non sei mai stata a pescare?” le chiese l’uomo, mordicchiando la spiga di grano che teneva in bocca.
“ Poche volte,ma ero piccola quindi non ho mai preso in mano questo affare …” confessò lei, dondolando le gambe a pelo sull’acqua del lago.
“ Allora perché hai accettato l’invito?”
“ Semplicemente perché mi sarei annoiata a stare in casa tutto il giorno … e poi qui mi divertirò nonostante tutto!” sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi, e Adam le sorrise di risposta.
“ Non ne … Julie!” urlò, rivolto alla ragazza che si voltò rapida verso l’acqua. La lenza veniva strattonata con forza da qualcosa, e Julie riavvolse rapida il filo, prima che quella forza la trascinasse in acqua.
“ Tira! Vai così!” La ragazza sentì un palmo enorme sovrapporsi alla sua mano, nell’intenzione di aiutarla a girare più velocemente. Si lasciò guidare, senza protesta, non vedendoci niente di malizioso, e mandò la schiena all’indietro per dare maggior forza alla sua tirata. Andò a sbattere contro il petto di Adam, che la guardò per un istante, e poi le sorrise:” Ci siamo quasi … Adesso!”
Diedero un ultimo strattone e finalmente qualcosa uscì dall’acqua, guizzando nell’aria. Un meraviglioso pesce era abboccato all’amo e, adesso nelle mani di Adam, si divincolava, in cerca di ossigeno e in balia dell’amo agganciato alla sua bocca. Era una trota di medie dimensioni, le cui squame rilucevano alla luce folgorante del sole.
“ la fortuna del principiante!” urlò lei, emozionata all’idea di aver pescato quella meraviglia. Si fece aiutare dall’uomo a togliere l’amo dalla bocca della trota:” vado a metterla nella borsa …” fece, tenendo in mano quell’animale tutto umido e ormai morto. Lui le sorrise, e riprese in mano la sua canna da pesca:” vedrò di portare un bottino simile a casa pure io …” si risedette sulla banchina, mentre Julie andò a poggiare il pesce nel ghiaccio della borsa frigo. Mentre rialzò la testa dopo averla chinata sulla borsa, notò fugacemente una piccola stradina, accanto alla casetta. Si voltò verso il vicino di casa, intento a fissare l’acqua e a riavvolgere la lenza, e si diede il via libera nella sua testa. Chiuse la borsa e andò piano verso il sentiero che aveva visto.
Era una piccola stradina immersa nel verde, quasi mangiata da tutta l’erba che ricopriva la sabbia del sentiero. La ragazza si protese in avanti, per vedere cosa ci fosse oltre, e fu allora che una striscia rosso scuro, secca ma ancora vistosa per l’occhio più aguzzo, le si presentò stampata su una roccia lì vicino. La striscia era accompagnata poi da alcune gocce, nel senso che immetteva all0’interno della boscaglia.
“ ma cosa …” Julie vi si avvicinò, e chinandosi sul sasso, constatò che non aveva la lucentezza tipica delle vernici, ma era opaco, quasi che quella macchia fosse lì da tanto tempo.
Provò a sfiorare la traccia con un dito e si accorse che quel colore era presente anche in certi steli d’erba, andando avanti nel sentiero.
Si alzò lentamente, e fece per seguire le tracce , che anche se ben nascoste erano visibili. Ma cosa stava seguendo veramente? Forse era il sangue di qualche animale ferito, ma non vide carcasse accasciate oppure animali o tracce di essi. Non erano visibili segni di zampa di animale, e quindi escluse la sua ipotesi. Accanto alle gocce oppure strisce che intravedeva, a volte piuttosto lunghe, poteva vedere anche un lieve solco sul terreno, come se lì fosse stato passato un bastone o qualcosa di appuntito.
I suoi passi erano attutiti dall’erba sottostante, ma lei era così tanto concentrata sul suolo ai suoi piedi che il bernoccolo che si beccò in seguito al suo schianto con un ramo non glielo evitò nessuno.
Alzò rapida la testa, dolorante:” Che male …” si mise le mani sulla ferita, leggermente sanguinante, e guardò dove era finita.
Le venne un groppo alla gola: il nastro giallo della scientifica, quello che lei vedeva nei telefilm come C.S.I. o N.C.I.S, circondava con la sua scritta di allerta e la sua lunghezza un fosso. Non c’era nessuno nei paraggi, ma la ragazza, avvicinandosi a passi lenti, fu come se rivedesse ogni membro della scientifica sul luogo del delitto.
Guardò dentro il fosso: Una grossa macchia rossa, nessun cadavere. Il cadavere, lei lo sapeva, era stato già portato via.
“ L’omicidio della prostituta …” sibilò. Le tracce che aveva seguito erano di sangue. Il fosso conteneva, fino a poche ore fa, un corpo smembrato con crudeltà. Le tracce, che solo ai suoi occhi erano apparse, partivano da una casa in riva a un lago.
E la casa apparteneva a un certo Adam Dahmer.


Angolo della scrittrice:
Ok, non ho aggiornato subito. Pazienza, ho un sacco di compiti arretrati e di interrogazioni da dare, mi sta uccidendo tutto questo.
Spero vi siate goduti ciò che ho scritto ... non so come, ma ho avuto l'idea! mitico.

Remedios

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Capitolo 5
*** 5th Chapter ***


Rimase immobile per lungo tempo, con gli occhi persi nella voragine ancora colorata dal sangue della vittima smembrata, a chiedersi un sacco di quelle cose che non avrebbe assolutamente voluto scoprire, nonostante lei ci dedicasse la sua esistenza a tali eventi.
Lui … Adam Dahmer … un assassino della peggior specie? Più e più volte, in quegli istanti passati a fissare l’impossibilità di ciò che aveva davanti agli occhi, aveva negato il collegamento tra sangue, casa di Adam e omicidio.
Ma poi ripensò a tutte quelle cose viste in casa del suo vicino: psicofarmaci, la foto della scomparsa … e quel cognome omonimo al serial killer di Milwaukee. Poteva essere una mera coincidenza quest’ultima circostanza, chissà quante altre persone in America possedevano quel cognome, ma una coincidenza a dir poco nauseante.
“ E adesso cosa faccio?” pensò lei, girando lo sguardo verso il sentiero. Vide le fronde fitte, barriera tra la cruda realtà e un’oasi di pace a pochi passi da lì.
“ Devo cercare di stare calma …” pensò, mentre, senza che i suoi piedi fossero comandati dal suo stesso cervello, si muoveva verso il sentiero, per tornare laggiù, vicino a un potenziale assassino:” Di certo non mi metto a dirgli ‘Ehi, sai che ho trovato un cadavere vicino a casa tua? Non è che sei un assassino? Forte!’ … potrebbe farmi del male …” si fermò, nel bel mezzo del sentiero e trasse un enorme respiro.
“ l’unica cosa da fare penso sia ignorare ciò che ho visto …” si disse, riprendendo a camminare. Ogni passo che faceva era come un sussurro della sua coscienza, che le dettava di stare indietro, di correre dalla polizia, di cercare aiuto imminente. Ma un’altra parte di lei le diceva di affrontare la situazione, di fidarsi in qualche modo di quella piccola parte degli esseri umani che nega, nonostante l’evidenza.
Per un momento Julie fece prevalere quella sua parte in minoranza e, con passo calmo ma calcolato, tornò nei pressi del lago.
Adam era ancora sul pontile, ma non seduto; era coma accovacciato su se stesso, chino su qualcosa che Julie non riusciva a vedere.
La ragazza ingoiò saliva:” Su, non hai visto un bel niente …” si disse in testa. Si avvicinò a passi lenti al molo, e cercò di vedere su cosa fosse chino Adam.
“ Adam?” lo chiamò. Lui voltò lentamente la testa, Julie potè notare nel suo sguardo un non so che di ambiguamente stanco, come se improvvisamente avesse assistito al peggior shock. Il nocciola delle orbite dell’uomo era cupo e denso, irriconoscibile.
“ ma ti senti bene?” la voce di Julie suonò preoccupata. L’uomo scosse lentamente la testa e rigirò lo sguardo su ciò che prima ammirava.
La ragazza sporse la testa in avanti, portandosi poi una mano alla bocca: un coltellino svizzero era piantato nelle rosse viscere di un pesce di medie dimensioni, e Adam continuava a rigirare la lama nell’essere, con le mani sudice di sangue e un respiro affannato e per niente convincente circa il suo stato mentale stabile.
Con gesto meccanico, la ragazza mise una mano sulla spalla di Adam:” Adam … smettila.” La sua voce di solito tranquilla era cupa. La ragazza aveva improvvisamente paura, mentre le venne in mente l’episodio della giovinezza di Jeffrey Dahmer. Il suo stesso sviscerare animali,la nascita di una follia incontrollabile, che Julie vedeva nascere anche negli occhi del suo vicino.
“ Aspetta … fammi fare un’ultima cosa …” sussurrò lui. Estrasse il coltello, e con la minuzia di un chirurgo, recise un organo ancora intatto del pesce, piccolo e rosso.
“ Il suo cuore … che dici? Sarà buono?” disse lui, leccandolo con la punta della lingua.
“ Adam! Ma che ti prende?” Julie era sconcertata davanti a quella scena a dir poco vomitevole.
“ Niente … sto benissimo. Tu piuttosto … dov’eri?” disse lui, voltando i suoi occhi verso la giovane. Il cuore di Julie prese a battere in modo egoisticamente esagerato, mentre una paura madornale le faceva mancare il fiato.
Com’è che l’uomo più gentile della terra si era mutato in una specie di caso psicologico grave, che non aveva la minima lucidità di ciò che stava facendo?
Rifletté su come rispondere:” Lì …” indicò dietro di lei, con mano tremante.
“ perché tremi?” se ne era accorto, nonostante il suo attuale stato.
“ Ho … solo freddo … “ mentì spudoratamente, e con una scusa a dir poco non credibile, dato il sole che picchiava a quell’ora:” Dimmi adesso cosa stavi facendo …”
“ Mi piace l’anatomia … sai la morbidezza degli organi? A me piace tanto il fegato d’oca sai … anche crudo, a volte …”
Adam stava dando di matto sicuramente, e dato il possesso dell’uomo di un coltello nella sua mano, Julie indietreggiò. Nauseata e tenendo fisso lo sguardo sull’oggetto in mano a lui.
“ Tu sei matto …” sussurrò la ragazza, continuando a indietreggiare. Lui avanzò, mentre le sue mani cominciavano a formare tracce sul legno del pontile del lago.
“ No … sono solo curioso,come te … ma per altre cose …”
“ Certo, come no …” Capì che indietreggiare ancora avrebbe solo stuzzicato qualche oscuro istinto di chi aveva davanti e smise di farlo, rimanendo sul posto con gambe tremanti. Allungò però la mano, tanto vicina da poter prendere la mano di Adam che impugnava il coltello:” Dammelo adesso …”
Stranamente, l’uomo non oppose resistenza a Julie. La ragazza gli prese delicatamente l’arnese dalle mani e poi lo mise in tasca, non la disgustava sporcarsi di sangue di pesce dopotutto. Prese per mano Adam:” Siediti e calmati …”
Quel suo atteggiamento tanto anomale era forse dettato da un sangue freddo fuori dai suoi limiti, cercava soltanto di non peggiorare la situazione. Lo condusse sulle gradinate della casa, e lo fece sedere.
Adam si prese la testa tra le mani, senza però iniziare a piangere o a ridere. Julie lo fissò preoccupata.
Poi si ricordò della capsula di psicofarmaci che l’uomo possedeva. Si ricordò di come lui avesse tastato le proprie tasche prima di partire. Lo vide senza indumenti con tasche, e camminò verso l’auto, aperta. Sul sedile posteriore c’era la giacca. La prese, frugò e sentì qualcosa di cilindrico in mano. Trasse fuori la mano della tasca, e constato che era proprio ciò che cercava.
“ Forse non l’ha presa …” pensò lei. Si mise il barattolo in tasca e poi si avviò da Adam, che aveva iniziato a dondolarsi come un matto sul posto.
“ Adam? Vieni, entriamo dentro …”
“ NO! DENTRO NO! QUI FUORI MI PIACE!” urlò lui improvvisamente, alzandosi di scatto e afferrando le braccia di Julie e iniziando a stringerla eccessivamente.
“ Non stai bene … è meglio se … ti riposi …” la calma di Julie stava sfumando a causa del dolore che la stretta di Adam le provocava. Tentò invano di liberarsi, e alla fine tirò fuori il coltello dalla tasca:” Stai calmo o ti pungo …” fece, tirando fuori la lama.
Gli occhi senza espressione di Julie girarono sulla lama, fissandola per lungo tempo. E al posto di sentire la stretta venire meno sul suo braccio, Julie assistette al laceramento del palmo di Adam, che era venuto a contatto con la lama affilata del coltello ancora sporco e adesso sporco più di prima, ma di sangue umano.
La ragazza urlò terrorizzata. Tirò via il coltello, tagliando il palmo a Adam che si afferrò la mano e la guardò come spaventato.
“ Oh mio dio! Resta qui!” Lo spinse via, precipitandosi verso la porta. Ma non si accorse nemmeno che le cadde di tasca la bottiglietta di pillole per terra, rotolando in direzione di Adam.
La ragazza aprì la porta con la chiave che poche ore prima l’uomo le aveva dato, e si sbatté la porta dietro, immergendosi nel buio della dimora, polverosa e leggermente maleodorante.
 Era nelle grinfie di un pazzo senza coscienza, e appena si tastò la tasca  che prima aveva la bottiglietta di pillole, il suo respiro divenne ancora più incontrollato.
“ delle bende … delle bende … delle bende …” l’unica cosa a cui stava pensando, in quel momento, era dover curare la ferita che aveva provocato nella mano di Adam. Tastò il muro in cerca dell’interruttore. Lo trovò e accese la luce. La prima cosa che vide davanti a sé, senza dare conto al resto della casa, fu una porta piccola e semiaperta, da cui proveniva un odore di vecchio; Il seminterrato.
Non ci pensò oltre. Si fiondò sulla porta aprendola, e accese l’interruttore della lampadina che illuminava le scale di discesa. Con un fiato mozzo, corse giù, alla ricerca convulsa di qualcosa da mettere sulla mano del suo vicino, senza curarsi di ciò che realmente stava facendo.


Angolo della scrittrice.
Lo so, non ha molto senso come capitolo. Ma devo farvi rendere conto di quanto quel grazioso uomo sia  a dir poco curioso senza le sue medicine ... cucciolo lui :3
Nel prossimo ... non anticipo niente.
Ringrazio chi ha recensito e chi, eventualmente, vorrà farlo in futuro :)
Vado!
Remedios la Bella

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Capitolo 6
*** 6th Chapter ***


Uno scantinato buio e maleodorante le diede il benvenuto, la lampadina affissa al soffitto era sul punto di cadere per terra, dati i pochissimi fili che la collegavano a un soffitto in mattoni rossi. Appena accese la lampadina, Julie constatò di trovarsi davanti a due porte, e le venne una leggera crisi isterica.
“ ora devo pure fare la caccia al tesoro, porca paletta.” Si disse, fiondandosi su una delle porte, che trovò aperta per sua enorme fortuna.
Accese rapida l’interruttore, e una serie di scaffali impolverati, pieni di barattoli di conserva e oggettini vari la confuse più di quanto non era già tramortita da ciò che le era successo. Cercò subito con gli occhi la cassetta del pronto soccorso. Mettendo sottosopra scaffali e barattoli, ma dovendo sfortunatamente verificare che di bende, o attrezzi medici, non ce n’era la minima traccia.
Imprecò sottovoce, mentre il respiro le si fece quasi inudibile.
Uscì rapida dalla stanza e appena puntò gli occhi sull’altra porta, la sua mano fu sulla maniglia in un batter d’occhio. Si accorse, solo facendosi male alla mano da quanto stringeva la maniglia, che la porta era chiusa a chiave. Da dentro poteva però sentire uno strano odore, come di marcio. Ma non se ne preoccupò granché all’inizio.
Rientrò nell’altra stanza rapidissima, poiché si ricordava di aver visto una chiave appesa al muro.
La rivide, l’afferrò rapida e poi uscì fuori. Mise la chiave nella toppa della porta chiusa e girò freneticamente. Intanto udì un suono dall’alto, come di porta sbattuta.
“ porco …” fece, girando rapida la chiave e entrando. Un tanfo insopportabile le mozzò il respiro già corto, e dovette reprimere le lacrime a causa di quel tanfo tanto nauseante.
“ Questo posto è così … puzzolente …” pensò, tastando il muro nel tentativo di premere l’interruttore che le avrebbe permesso di permettere ai suoi occhi di non annegare nel buio che copriva la stanza. Sentiva con la mano il ruvidissimo muro di cemento, e ritrasse rapida la mano appena sentì un dolore acuto travolgerle il dito.
“ ahi …” succhiò il dito sanguinante, e  afferrando il cellulare dalla tasca potè esaminarsi la ferita. Era un taglio piuttosto profondo, non era come se fosse stata semplicemente punta. Era proprio tagliato e la carne bruciava sotto l’effetto della saliva di Julie.
Diresse la luce verso la cosa che l’aveva ferita e vide un qualcosa di lucente affisso al muro, sporco sicuramente del suo sangue di fanciulla.
Aguzzò la vista:” ma è un’ascia …” disse, riconoscendo l’accetta tagliente. Si risucchiò il dito e, contenendo il fastidio, si orientò con il cellulare sul muro, fino a vedere l’interruttore.
Lo schiacciò senza esitazione e il buio finì di torturarle gli occhi.
Appena si girò, rimase perplessa: Un enorme telo bianco ricopriva una serie di mobili, e sul fondo della stanza, piccola e maleodorante, c’era un freezer enorme, che decisamente non funzionava.
Si aggirò curiosa per la stanza, osservando tutto quel bianco che la disorientò più del nero di prima.
Poi, ripensò rapida al motivo per cui era arrivata sin lì, e scostò rapida il telo bianco da uno degli scaffali. Come per miracolo, le si presentò una scatola bianca con una croce rossa stampata sopra.
“ Finalmente!” esclamò, aprendo rapida. Afferrò le bende fulminea e si fasciò il dito, che continuava a sanguinare, interrompendo l’emorragia. E fu solo per caso che scorse un barattolo, e curiosa lo afferrò.
Per poco non gli scivolò dalle mani: trattenne un urlo, realizzando che dentro un liquido trasparente, di dubbia provenienza, galleggiava un’orbita oculare di color nocciola, con tanto di vasi sanguigni collegati  e nervi. Il tutto deliziosamente rivolto verso di lei, in uno sguardo a dir poco soffocante.
“ ma cosa diavolo …” Julie continuò a fissare il reperto:” ma è … un occhio umano!” rimise il barattolo al suo posto subito e nel farlo urtò il resto del tendone, che come un foglio cadde a terra, rivelando l’orrore di quella stanza.
L’odore che Julie aveva percepito era dato semplicemente dalla quantità di organi che, messi dentro una sottospecie di liquido maleodorante, galleggiavano come liberi di movimento, esposti come trofei su scaffali lignei.
La ragazza soffocò le urla per non farsi sentire da Adam, mentre i suoi occhi viaggiavano da parte a parte, vedendo altri occhi di colori diversi e addirittura un cuore umano fissarla come un disgustoso teatrino degli orrori.
“ ma non è possibile …” si disse, continuando a guardare. Al muro c’erano poi alcuni quadri, ma non erano quadri affatto normali. Incorniciati, c’erano pezzi di pelle tatuata,e lì la ragazza riconobbe uno dei tatuaggi della vittima di pochi giorni fa.
Una nausea terribile iniziò a bruciarle l’esofago, mentre iniziò a barcollare e si dovette reggere al congelatore per non rischiare di cadere svenuta.
La sua mente offuscata dall’orrore non le diede modo di rendersi conto che aveva appena messo le mani sulla maniglia del freezer, aprendolo.
E stavolta, l’urlo non tardo a scappare.
Lei aveva sempre avuto la passione dei cadaveri, ma non aveva mai desiderato averne uno davanti agli occhi. Sembrava, però, che il destino le avesse voluto giocare uno scherzetto a dir poco macabro.
Un intero corpo di donna, senza testa. Nudo, lacerato all’altezza del cuore e privo di lembi di pelle, terribile e diretto nella mostruosità della verità che si nascondeva dentro il congelatore.
Ovviamente, la testa, rigorosamente senza occhi e a bocca spalancata e sanguinante come solo un cadavere si può permettere, fissò la ragazza, che continuò a urlare in preda all’angoscia.
Fu in un piccolo lampo di lucidità che, osservando il colore dei capelli della testa, ricollegò il corpo senza vita alla foto a casa di Dahmer. La estrasse rapida e fece il confronto.
Era lei.
Non fece in tempo a urlare di nuovo, che una mano le si pose prepotente sulla bocca e non era la sua. Non si era accorta di lui.
Si dimenò con tutte le sue forze, ma venne bloccata dal sussurro di lui, che le impose di stare zitta con calma.
Le lacrime rigarono le sue guance in poco tempo.

Angolo della scrittrice:
Eccomi! spero vi piaccia!
Remedios

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Capitolo 7
*** 7th Chapter ***


Cercò di dimenarsi come poteva, ma Adam le serrava la bocca con la mano sana, l’altra mano, quella ferita precedentemente dalla ragazza, era fasciata e le stringeva il corpo in una morsa che la bloccava del tutto.
Julie mugolò qualcosa di incomprensibile, come se lo stesse scongiurando di lasciarla andare, ma lui riuscì a zittirla :” Vieni con me … ti assicuro che non ti accadrà niente.”
Continuò a piangere, mentre piano piano sentì il suo corpo essere trasportato da braccia che non erano sue fuori dalla stanza, fino a salire le scale all’indietro e giungere nella casa vera e propria. Un divano in tessuto vecchio ma ancora in buono stato era l’unico arredamento privo di polvere di quel posto. Le pesanti tende erano tirate, dunque Adam accese una lampada che diffuse nella stanza una luce soffusa e che non contribuiva granché a far distinguere i contorni degli oggetti.
Adam posò finalmente la ragazza sul divano, e lei si mise a urlare con tutta se stessa, facendosi chiudere nuovamente la bocca dalla mano dell’uomo.
“ Fa silenzio!”
In preda allo spavento, Julie tirò fuori la lingua e gli leccò la mano, che venne ritratta in fretta.
“ Pretendi che io possa stare zitta dopo quello che ho visto? Ti rendi conto che c’è un cadavere nel TUO scantinato?” gli urlò contro, cercando di trattenere quelle stupide lacrime che le rigavano le guance:” Sei un fottuto ….”
“ Julie! Per la miseria! Fammi parlare!” urlò lui, puntando le mani sullo schienale del divano e fissandola con quegli occhi nocciola, che avevano riacquistato la loro lucidità.
Lei lo fissò stranita, serrando i denti e singhiozzando:” Prendila …”
“ Cosa?”
“ Voglio che tu prenda una di quelle dannate pillole, proprio davanti a me … devi assicurarmi che io non stia parlando con un matto totale.”
“ Come vuoi …” Adam trasse dalla tasca la bottiglietta di psicofarmaci, tirò fuori da essa una pillola e la ingurgitò, senza prendere nemmeno un sorso d’acqua. Poi guardò Julie, sconvolta: “ Ascoltami adesso … ok?”
 La ragazza si limitò ad accucciarsi sul divano tirando le gambe verso il suo petto, come uno scudo impenetrabile da pugnali o possibili violenze del suo animo stravolto.
L’uomo le si sedette accanto:” Non avevo intenzione di farti vedere quelle cose …”
“ perché? Perché lo hai fatto ... dimmelo.” Si limitò a dirgli lei, senza guardarlo in faccia per paura di essere uccisa da tutto quel peso che la stava opprimendo.
“ Non sono io che decido per me stesso, ma la mia pazzia.”
“ Bella scusa … non tentare di propinarmi cazzate!” stavolta alzò la testa per avvicinarla a quella di Adam, che si ritrasse sorpreso:” La tua foto, quella donna e quelle sottospecie di reliquie che ho rinvenuto! Adam … non mentirmi.”
“ non voglio farlo, ma devi solo darmi ascolto. Quindi, calmati …” La mano dell’uomo si posò delicatamente su quella di Julie, che la intrecciò senza pensarci, tanto per farsi trasmettere da chi aveva accanto un po’ di fiducia.
“ Sputa il rospo.”
“ Soffro di una rara forma di schizofrenia, che mi induce a commettere cose che non sono dettate dalla mia coscienza … divento curioso, ossessivo e mi fisso con le cose, finendo per commettere azioni vomitevoli.”
“ E gli omicidi?”
“ Quelli? Di solito non arrivo mai a tanto con la mia pazzia … ma ho le mie strane manie …”
“ Le tue vittime erano tutte prostitute …”
“ Sono single, devo pur passare il tempo. Però … non arrivo a ucciderle, ma solo a fare quello che devo fare con loro. È … è che perdo il controllo e non mi accorgo minimamente di quando perdo la mia ragione … sai, sono tanto sbadato che a volte mi dimentico di prendere le medicine.”
“ tanto sbadato da uccidere le persone …” disse lei con tono altamente sarcastico. Lui sorrise mestamente:” Anche prima … non ero in me, e penso tu ti sia spaventata.”
“ Ma non mi dire! Spaventata è poco, cazzo …” disse lei, cercando di sorridere, nonostante il cuore le battesse troppo forte per poter rimanere dentro il suo petto.
“ Vorrei che tu non rivelassi a nessuno ciò che hai visto … nessuno. Non è colpa mia, ma della mia pazzia. Quindi, sono un innocente in balia dell’ascia del boia, mi capisci?”
“ più o meno … ma non potrò recuperare la parte di me stessa incolume da quest’evento … hai ucciso! Ti rendi conto?”
“ Ti assicuro che fa più male a me che a te … davvero, i miei raptus di follia andrebbero soppressi, ma non so come …”
“ non esiste un farmaco abbastanza potente?”
“ Non credo ... Se riesco a controllarmi con quello che ho, non farò danni …”
“ Lo spero …” sospirò lei, leggermente più calma di prima. Ora che sapeva che Adam nascondeva quel lato perverso e mal ridotto dalla sua smemoratezza, anche se non sapeva come sarebbe andata a finire, sperava con tutto il cuore che tutto quello che nascondeva quella dimora sarebbe rimasto dietro quelle quattro mura tinte di oscurità.
“ Speralo pure. Promettimi solo di tenere il segreto … solo tu, e mio fratello, lo sapete. E mio fratello non è magnanimo quanto te.”
“Che intendi?”
“ Mi ha minacciato di spedirmi in manicomio appena avesse scoperto un altro mio omicidio. E fa sul serio. E sinceramente, ho sempre avuto una paura terribile di quel posto … ma meglio non addentrarmi nella questione, scusa.”
“ capisco, ognuno ha i suoi traumi. Cercherò di tenere la bocca chiusa, comunque sia. Ma tu … promettimi solennemente una cosa; non ucciderai davanti a me. D’accordo?”
“ prometto.” Adam mostrò il mignolo del giuramento, e lo strinse attorno a quello di Julie, in un patto apparentemente infantile ma che i due intesero come essenziale per quella confessione, che nella sua piccolezza rimaneva enorme.
“Se rompo la promessa, Julie … uccidimi. Preferisco finire all’inferno piuttosto che in manicomio. L’ultima cosa che voglio è questo. Non opporrò resistenze.” Disse alla fine lui, sconvolgendola.
La ragazza si limitò a fissarlo senza dargli risposta, e solo dopo aver visto negli occhi del trentenne una scintilla di determinazione, annuì debolmente a quella richiesta.
I due si fissarono intensamente. Patti chiari, amicizia lunga, sembrarono dirsi.


Angolo della scrittrice:
Hola! Dopo una settimana di deserto sono riuscita a concludere qualcosa :')
Spero sia piaciuto, anche se secondo me non l'ho reso come speravo ( autostima portami via ..)
Vabbè, l'importante è che piaccia! 
Remedios

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Capitolo 8
*** 8th Chapter ***


“ Non puoi lasciare quel coso lì dentro …” fece la ragazza, mentre i due erano in viaggio di ritorno dalla “ casa degli orrori” :” puzzerà, qualcuno se ne accorgerà e io non potrò fare in modo che tu finisca in prigione, o peggio in manicomio.”
“ nessuno abita da quelle parti … non se ne renderanno conto fidati.” Disse Adam, continuando imperterrito a guidare. Anche se i due avevano, come dire, stipulato il contratto silenzioso sul segreto degli omicidi di Adam, Julie aveva ancora in testa le immagini del corpo nel congelatore, e dato che non erano tanto cancellabili, doveva trovare il modo di distrarsi e dimenticarsene, per paura di finirci lei dentro il manicomio.
“ Ma non penso che tarderanno a notare le tracce di sangue della fossa …” esclamò allora lei, continuando a guardare fuori dal finestrino. Vide che il paesaggio aveva iniziato a correre più lentamente, e un botto la risvegliò. La macchina era ferma sul ciglio della strada, e Adam, senza che lei se ne fosse accorta, era a un centimetro di distanza dal suo viso:” Vedo che sai anche di quello …”
“ quindi l’hai uccisa tu?!” All’inizio lei non ci aveva dato considerazione, ma lui era caduto nel tranello del pensiero della ragazza. Lui sbarrò gli occhi e si ritrasse, sbattendo la testa indietro sul sedile.
“ Adam!” urlò lei, avvicinandosi. Lui voltò rapido gli occhi, divenuti senza espressioni:” Era una troia …”
“ Quindi sei tu l’assassino di quella donna?”
“Prova a intuirlo, ci sei già arrivata.”
“ Ma che ci trovi di divertente nel farlo?! E poi era tutta smembrata! Adam!” la ragazza continuava a gridare, lui a non rispondere ma a digrignare i denti, come furioso.
“ te l’ho già detto, non sono io quello che infierisce sulle persone, ma l’altro me stesso …”
“ ma non credo che l’altro te stesso sia quello che si cura di nascondere i corpi delle vittime! Ma perché lo fai? Cosa spinge quel tuo lato a fare certe cose?”
“ Forse il fatto che … mio padre era un po’ come me … anche lui amava eccessivamente le donne.” Fece Adam, spostando lo sguardo fuori.
“ Che intendi? Tuo padre …”
“ Lui era fedele, era mia madre che … si era fatta l’intero paese. E mio padre non ci vide più dalla rabbia.”
“ E allora tu perchè … fai quello che fai?”
“ Per colmare il vuoto che mio padre ha dovuto subire dopo che mia madre lo aveva tradito. Io sono il giustiziere di quelle come mia madre.”
“ E uccidi le prostitute per … oh santo cielo.” Più che sconvolta, era davvero senza parole. La pazzia dell’uomo che aveva davanti a lei non era legata solo a un piccolo fatto psicologico, ma a una vera e propria mania di vendetta. Lui uccideva chi era simile a sua madre, o compensava il dolore di suo padre imitando in qualche modo sua madre,e poi uccidendola.
Un gioco senza fine, che non aveva senso, detto in pochi termini.
“ Tuo padre … cosa …”
“ Si tolse la vita impiccandosi nell’albero dietro casa … io venni dato in custodia ai miei zii e mio fratello con me … mia madre al suo destino di puttana.” Disse lui borbottando.
“ Quindi … sei misogino?” chiese lei, pronta a afferrare lo sportello della macchina per scappare da quel maniaco.
“ non ci andrei a letto se lo fossi … lo faccio solo per sfizio, ma sto vaneggiando vero?” sentì il respiro di Adam mozzarsi, come se … stesse piangendo in silenzio. La ragazza allentò la presa e si voltò verso di lui, e vide un riflesso negli occhi nocciola del trentenne. Sì, stava versando lacrime.
“ Adam ….” Si sentiva strana, era in macchina con un tipo che strano era poco definirlo, eppure non aveva l’istinto primitivo di scappare a gambe levate prima che lui la uccidesse o tentasse di farlo.
Lei aveva la passione per casi psicologici tanto intricati, e trovarsene uno tanto intricato era un’occasione d’oro per la sua curiosità senza limiti.
Quindi, gli si fece vicino e … lo abbracciò, circondandogli la testa con le braccia:” Non vaneggiare più di tanto …”
“ Tu non hai problemi Julie, come me …”
“No, non hai alcun problema … sei solo confuso. Sai … non ho mai avuto un vero amico, a parte il mio gatto.”
“ Davvero?” L’uomo si scostò un poco per guardarla negli occhi, e la vide sorridere leggermente.
“ esatto … quindi, dato che tu sei un amico, un po’ strano, tenterò di restarti fedele … intesi?” disse lei, accarezzandogli la guancia:” ma tu devi farti aiutare da me, ok?”
“ Sì …” disse lui, sorridendo.
“ Ora possiamo andare … ah! Un’ ultima cosa … il tuo numero, così posso aiutarti meglio per la tua situazione.”
“ certo!” L’uomo mise in moto la macchina e ripartì, dopo aver dato a Julie il cellulare per memorizzarsi il numero.
Julie osservò la schermata del cellulare dell’uomo. Sullo sfondo, un ritratto di famiglia con un bambino in braccio a un uomo con gli occhiali. Riconobbe negli occhi del bimbo allegro lo stesso sguardo sereno di Adam, quando non pensava ai suoi problemi psicologici. Sorrise tristemente.
 
Un rivolo di sudore le marcò il volto, mentre il fiato le si era fatto corto e accelerato. Si ritrovò stretta nelle spire delle coperte, piuttosto leggere, del suo letto e si rese conto che era stato tutto un terribile sogno.
A svegliarla dalla vista ossessiva di uno zombie a forma di cadavere senza testa che era appena spuntato da un congelatore, un suono di sveglia insistente, una vibrazione sorda che continuava a stordirla data l’ora tarda.
Afferrò rapida il corpo che vibrava e guardò l’ora, disattivando la sveglia. L’una di notte. Le dodici ore del foglio medico erano passate.
Chiamò rapida chi doveva chiamare, e la voce insonnolita di Adam le rispose:” Pronto?”
“ Ora della medicina.” Borbottò lei, ancora con la scarica di adrenalina dell’incubo nelle vene.
“ Oh … grazie.” Sentì uno spostamento d’aria nella cornetta, e si alzò dirigendosi verso la finestra, dove vide Adam affacciato, con in mano la boccetta, che inghiottiva la dose del farmaco.
“ Bravo bimbo.” Fece lei, sporgendosi ancora in pigiama. Lui le fece l’occhiolino, nonostante la scorgesse poco con la poca luce della luna di quella notte afosa e interrotta nel suo silenzio solo dal canto dei grilli.
“ Sei sudata … lo vedo dal luccicchio della fronte … incubo?” chiese lui, corrucciando le sopracciglia.
“ Indovina che cosa ho sognato …” fece lei, sarcastica. Lui storse le labbra e capì al volo:” Oh … non ci riesci proprio eh?”
“ no … Adam, devi provvedere, o diventerò matta.” Disse, con una sincerità fuori dalla sua portata. Lui volse gli occhi al cielo:” e sia … ma tu mi dai una mano.”
“ Ossia?”
“ Capirai appena torneremo laggiù …” disse lui, chiudendo la finestra rapido. Una strana ansia si impossessò di lei, e come in un flashback malefico, si vide le mani tinte di sangue immaginario, come se avesse davanti a lei già il cadavere.
Senza trattenerlo, corse in bagno a vomitare. Non le piaceva affatto quella cosa. Ma il patto era stato fatto ,e aveva promesso di restargli vicino.
Non dormì quella notte, cercando di prepararsi psicologicamente a cosa avrebbe dovuto, evidentemente, fare.

Angolo della scrittrice:
Oddio, le idee sono talmente tante e disordinate che la storia sta venendo un macello! Chiedo venia ...
Spero di recuperare per la mia negligenza in futuro, non voglio che esca la banalità più assurda che potrebbe venire fuori se non sto attenta.
Comunque ... spero sia piaciuto.
E ... lo so: molti hanno pensato che Julie e Adam abbiano crisi d'identità, ma a me i monotoni e fissati non è che piacciano tanto ... meglio variegare!
Remedios

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Capitolo 9
*** 9th Chapter ***


“ Julie … stai male?” Emily era piuttosto preoccupata, sua figlia non dava segni di esistenza da dietro la porta della camera da almeno due ore, cosa che inquietava parecchio la donna. Non ottenne risposta, e lasciò perdere, per l’ennesima volta.
“ Si vede che ha la sue cose …” pensò, allontanandosi dalla stanza.
Julie era dentro, e aveva sentito tutto, ovvio. Ma non aveva risposto di sua spontanea volontà, immersa com’era nella lettura del libro che le aveva prestato Adam, “ Delitto e Castigo”. Alla fine, per fare in modo che gli incubi non le mangiassero il cervello, aveva deciso di cimentarsi nella lettura di quel romanzo dalla psicologia altamente complicata, e ci aveva preso così tanto gusto che aveva passato tutta la notte attaccata a quelle righe fitte e piene di parole che scivolavano sotto i suoi occhi.
All’inizio l’idea di un uomo che abitava in una soffitta, dove non poteva pagare un affitto, non l’aveva attirata granché, ma andando avanti nella lettura, l’idea di uno pseudo assassino, che fa il minimo calcolo per poter compiere il suo delitto contro Aliona Ivanovna, l’usuraia, per poi vivere in uno stato di completo smarrimento, aiutato solo dalla sua in qualche modo anima gemella Sonia, la povera prostituta,l’aveva presa in modo così violento che si era rifiutata di mangiare la colazione che sua madre le aveva portato quel mattino per poter leggere sino alla fine. Si rivide in Sonia, in quell’amore che la fanciulla nutriva verso il miserando Rodja Raskolnikov, un assassino incapace, una sorta di manichino nelle mani della povertà, un uomo come tutti gli altri, ma che aveva commesso un delitto,  con lucidità ma impazienza, se così si poteva dire.
Poteva paragonarlo ad Adam? Adam uccideva in stato di pazzia, ma Raskolnikov ne venne colpito solo dopo, con una febbre pazzesca e un senso di colpa ineguagliabile. Invece Adam, nonostante il suo strano modo di fare, riusciva a pensare lucidamente, come il più spietato dei serial killer. E lui lo era, in un certo senso, perché Julie non poteva certo negare i due omicidi sicuri di Adam, quelli che lei aveva scoperto, piuttosto la confortava il fatto di non essere a conoscenza di qualche altro misfatto del trentenne.
Ma di una cosa era certa: voleva salvarlo. Voleva fare in modo che dentro quella testa non germinasse l’idea di un mondo sanguinario e senza più delusioni, voleva che lui guarisse dalla sua malattia, se malattia poteva chiamarsi il fatto di uccidere in preda alla pazzia chiunque potesse ricordargli sua madre, cosa alquanto inquietante e inspiegabile.
Aveva deciso di diventare la Sonia di Rodja, la Julie di Adam, l’anime che con il suo candore riuscì a guidare l’anima del peccatore verso la giustizia.
Si alzò dal letto e mise il segnalibro, poi afferrò il telefono cellulare. Era già mezzogiorno, ma non sentiva la fame dovuta alla mancanza di aver fatto colazione. Chiamò Adam:” Ehi ..”
“ Ehi .. che succede?” rispose lui, leggermente sorpreso.
“ Volevo solo fare una chiacchierata … vieni alla finestra …” la ragazza si affacciò, prendendo in braccio Sebastian appisolato sulla verandina, e guardò fuori. Come detto al telefono, Adam si affacciò. Aveva l’aria di essere tranquillo.
“ Non è ora della medicina …” disse, sorridendo.
“ Lo so, lo so …. Piuttosto … stanotte quando hai detto che avremmo risolto il problema del tu sai cosa … non intendevi quello vero?”
Adam corrucciò le sopracciglia, e abbassò lo sguardo come colpevole:” Non ne hai il coraggio vero … sei mai stata da un macellaio?”
“ Si … ma non so se me la sento di fare ciò che tu intendi …”
“ Hai paura, non è così?” fece lui, prendendola in flagrante. La ragazza arrossì e iniziò a sudare, la bocca le divenne un pastrocchio di saliva e balbettii: “ Io .. non .. cioè …”
“ Vieni un attimo a casa …” le disse, per poi chiudere la finestra rapidamente. Lei rimase un po’ perplessa da quella richiesta, ma accettò, senza dare poi spiegazioni alla madre sul perché stesse uscendo poco prima che fosse pronto il pranzo. Bussò a casa del vicino, che le aprì non appena ebbe sentito i due tocchi tipici di Julie:” Entra …” le disse, facendola passare.
Lei mise piede in casa e si accomodò sulla poltrona. Inspiegabilmente, iniziò a tremare, ma tenne a freno i tremori stringendosi su di sé. Purtroppo per lei, lui se ne rese immediatamente conto. Le venne vicino e la sua mano andò a finire su quella di Julie, in preda a un’inspiegabile terremoto interiore:” Hai paura … come pensavo.”
Lei non rispose, ma singhiozzò, e guardando Adam negli occhi, soffocò le lacrime e le parole ingoiando saliva e girando la testa dalla parte opposta a quella dell’uomo.
“ Non devi farlo per forza, posso pensarci io, tu non devi preoccuparti …”
“ No, non posso lasciartelo fare da solo … gli incubi tornerebbero vividi come non mai, e poi … se ti scoprissero?” la sua preoccupazione maggiore era proprio quella, che qualcuno lo vedesse nascondere le reliquie degli omicidi e che informasse la polizia. Non voleva che tutto quello accadesse. Lui strinse la presa sulla mano di Julie:” Julie … fidati, non succederà, ma non voglio obbligarti se nemmeno te la senti …”
“ ma io … “
“ Non obbligo nessuno a seguirmi. Stai tranquilla.” Le passò il braccio attorno alle spalle e la strinse a sé in un abbraccio:” Non preoccuparti, farò tutto da solo.”
“No … ti devo aiutare …” dopo tutto quello che la ragazza si era ripromessa poco prima, non poteva rimangiarsi tutto. Aveva stretto il patto con lui, ma qualcosa la bloccava e le pungeva lo stomaco fino a farle vomitare ogni singola lacrime di sangue e paura che aveva in corpo. Ebbe un singulto, e una lacrima le scese sulla guancia:” te l’ho promesso, ti avrei dato una mano se necessario … ma non so, ho paura, tanta …”
Lo ammetteva, aveva paura di farsi contaminare dalla pazzia, e non doveva lasciare che quel sentimento la divorasse. Però era più forte di lei, quindi scoppiò a piangere istericamente, davanti a lui.
Si sentì trasportata verso di lui, che l’abbracciò forte:” povera piccola …” disse, dolcemente:” Dovrò insegnarti io … vieni adesso.”
Le prese la mano, e la fece alzare, anche se lei ancora piangeva. La condusse nel giardino sul retro, dove lei finalmente smise di piagnucolare. C’era un cancello nello steccato, da cui si poteva uscire.
“ Cosa vuoi fare?” chiese lei turbata. Lui la guardò:” Ho un’idea per farti capire cosa dovrai fare di preciso. Ti porto in un posto.”
Aprì il mini cancello e fece uscire la ragazza, tenendola sempre per mano. Lei non fece ulteriori domande, e lo seguì, mentre camminavano uno dietro l’altro, dirette verso la zona periferica di paese.
Nemmeno dieci minuti di cammino, che giunsero a una struttura recintata a filo spinato, da cui proveniva un odore di marcio e bruciato insieme che fece venire a Julie il voltastomaco. Il sole accentuò il senso di disgusto, provocandole un forte mal di testa.
“ Sei pronta?” fece lui, aprendo un enorme cancello in vernice rossa tutta scrostata, che cigolò rumorosamente appena venne aperto.
“ A fare cosa? E … perché mi hai portato al mattatoio abbandonato?” era inquieta, non voleva davvero scoprire oltre su quella faccenda e fece per girare i tacchi, ma venne trattenuta da lui:” Non è più abbandonato, è diventato un canile … ci devo lavorare nei weekend, oggi è chiuso. Ma ti ci ho portato per un motivo ben preciso.”
“ A che scopo?” chiese alzando il sopracciglio.
“ Devo insegnarti a non aver paura di aiutarmi, e oggi ne avrai una dimostrazione.”
“ ma al canile non si portano i cani randagi? Perché mi dovresti … oh … mio..”
“ Non faccio una cosa molto bella … sono addetto all’abbattimento dei cani moribondi.” Fece lui, entrando dentro. Julie lo seguì a ruota, e potè sentire deboli latrati misti a guaiti e a un fracasso del diavolo dovuto sicuramente a una montagna di cani rinchiusi dietro quelle mura scrostate.
“ è orribile …”
“ Già, non lo augurerei a nessuno. Ma questo è niente …” disse lui, spostandosi. La ragazza lo seguì per poi giungere a un piazzale aperto e maleodorante. C’erano due cucce, da cui però non provenivano rumori, ma solo rantoli e sospiri.
“ qui …”
“ Si, sono i malati terminali … dato che soffrono, ho deciso che sarebbe stato meglio …”
“ ma andrebbe contro la natura!” protestò lei, lacrimando al sol pensiero di vedere un cane ammazzato e sanguinolento.
“Meglio che sia tutto d’un colpo … e poi è l’unico lavoro che ho trovato in grado di poter placare i miei scatti di .. hai capito. Ma non sarò io a farlo fuori, sarai tu.” Fece lui, tirando fuori dalla cuccia la bestia, un pastore tedesco spelacchiato e ossuto, che ormai rantolava in preda alle infezioni che sicuramente lo stavano divorando da dentro.
Una cappa di lacrime annebbiò la vista della ragazza:” Io cosa?”
“ Tu, sì … devi farlo, per il bene dei tuoi incubi e di ciò che sai e che hai visto. Non devi aver paura di farlo, e l’unico modo che hai di sopravvivere è imparare. E questo è il modo migliore, anche se sadicamente crudele.”
Prese il cane in braccio e aprì una porta lercia con il piede, entrando dentro la struttura.
Julie iniziò a piangere a dirotto, seguendolo dentro e soffocando a causa dell’aria di chiuso che regnava in quello stanzino, ove al centro c’era un tavolo di ferro, e sulle pareti strumenti come mazze e qualsiasi altro oggetto capace di uccidere un cane indifeso.
“ Non posso farlo …” disse, rimanendo sulla soglia. Lui la guardò, dopo aver appoggiato il cane sul tavolo.
“ Julie … vuoi o no aiutarmi? E io te lo sto facendo fare.”
“ ma non in questo modo, non posso uccidere un cane …”
“ ma è sempre meglio di una persona … Ascoltami.” Le andò vicino e l’abbracciò, facendo attenzione a non sfiorarla con le mani sporche di pelo e infettate dal cane malato:” Devi riuscirci.”
“ Non lo so …” singhiozzava ormai, tentando di tornare indietro e scappare da quell’incubo.
“ Si che lo sai, sei o non sei Julie Baxter, testimone oculare della mia pazzia?” le sussurrò al lobo.
Lei annuì debolmente. Si ricordò del perché gli avesse esposto le sue paure, del perché avrebbe dovuto diventare la Sonia Marmeladova di Rodja Romanovich Raskolnikov. Avrebbe perdonato quel peccato? Forse.
Si liberò dall’abbraccio e guardò negli occhi persi nel vuoto della povera bestia riversa sul tavolo. Il respiro del cane era velocissimo, sarebbe morto in una lenta agonia.
Guardò le pareti e afferrò ,senza troppo pensarci, una mazza da baseball. Si asciugò le lacrime con il braccio e fissò Adam , che le accennò un sorriso.
“ Sicura?”
“ penso di sì.” Fece lei, guardando intensamente dentro gli occhi del cane.
Chiuse gli occhi, alzò il braccio con la mazza e sussurrò:” Mi dispiace.”
Un tonfo sordo nascosto dal rumore dell’asfalto e delle macchine seguì la discesa della mazza.

Angolo autrice:
Ho scritto, finalmente. Conoscete il morbo del "blocco dello scrittore?" Ecco, ne ero afflitta. Ma sono guarita, menomale.
Avviso: non ho niente contro i cani, anzi li adoro.  Non farei assolutamente loro del male ... ma dovevo evitare che la storia velocizasse troppo sugli eventi, e sono dovuta ricorrere a questo. Mi dispiace davvero, so che mi odierete per aver appena mandato a morte un cane, una povera creatura. Ma è stato necessario.
E poi, non sarà l'unica crudeltà che inserirò! *risata malvagia in lontananza*
Ora vado, e se state piangendo ... vi assicuro che anch'io sono nella stessa situazione.
Remedios

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Capitolo 10
*** 10th Chapter ***


La mano di Adam scendeva e saliva sulla schiena curva a terra di Julie, che piangeva come una fontana davanti a una specie di ciminiera che vomitava fumo nero e puzzolente. L’inceneritore della struttura aveva appena divorato  con gusto il cadavere del cane che Julie, con un solo colpo di mazza, aveva abbattuto, seppur ad occhi chiusi e con la nausea che si manifestò in un conato dopo che vide il sangue della creatura colare dal banco da macello.
“ Sei stata brava.” Le sussurrava di continuo:” Fatti coraggio, sarebbe morto lo stesso.”
“ ma non doveva morire così … è così ingiusto …” la voce di Julie era rotta dai singhiozzi, aver ucciso un animale era per lei qualcosa di veramente straziante. Lo aveva fatto per tener fede alla sua promessa di dover aiutare Adam a guarire dal suo stato, ma anche quel gesto le era sembrato eccessivo. Forse non trovava davvero il coraggio di sacrificare i suoi ideali di ragazza per bene per portare un po’ di serenità nell’anima invasa dalla zizzania di Adam.
Non udì risposta a quel suo lamento da Adam, ma una pressione più forte della mano sulla schiena. Tirò su con il naso, il calore della ciminiera la stava facendo sudare tantissimo e non stava più sopportando il calore che le ustionava la pelle delle braccia.
“ Andiamo? Tua madre si starà preoccupando …”Disse l’uomo, facendola alzare.
Lei  annuì debolmente, e lo seguì senza proferire parola, con il volto ancora rigato di lacrime. Attraversarono il cancello dello stabilimento e tornarono nel quartiere, erano già le due e appena Julie girò il viso verso casa sua, vide sua madre attendere il suo ritorno sulla soglia.
“ Devo tornare … scusa, ci vediamo più tardi …” disse la ragazza, dirigendosi verso casa sua, dove sua madre la accolse con una specie di rimprovero.
“ Dove sei stata?” le chiese, con tono visibilmente preoccupato:” Ho chiamato a casa di Adam, ma non mi ha risposto nessuno … è perché hai gli occhi lucidi?”
“ niente, abbiamo solo fatto un giro e il sole era talmente forte che mi ha fatto lacrimare, non preoccuparti … non ho fame, comunque sia.” La ragazza si diresse spedita nella sua stanza, e vi si chiuse dentro, lasciando Emily perplessa sul  perché sua figlia si stesse comportando in quel modo tanto bizzarro.
“ Va bene …” pronunciò al donna, tornando in salotto, dove suo marito aveva osservato tutta la scena, senza dire niente.
“ Julie inizia a preoccuparmi seriamente …” fece la donna, sedendo accanto al marito e accendendosi la sigaretta con fare nervoso. Tirò rapidamente e soffiò il fumo:” Come facciamo? Da quando ha conosciuto quel tizio, Adam … non fa che comportarsi in quel modo.”
“ sarà uno dei suoi periodi strani, ricordati come fa quando succede un omicidio … se vuoi ci vado a parlare io con lei.” L’uomo si alzò e guardò verso la moglie:” Forse a me lo dirà.”
“ Lo spero tanto Mike. Cerca di convincerla d’accordo?” disse la donna. L’uomo annuì e salì rapidamente le scale. Bussò alla camera di Julie:” Julie, sono io, tuo padre. Ti va di dirmi cos’hai?”
“ No … nemmeno a te.” Fu la risposta della ragazza:” Non sto bene, tutto qui.”
“ Sicura? Non dico niente alla mamma, te lo prometto.” Insistette l’uomo, aspettando dietro la porta. Un silenzio cadde dopo quella frase, e dopo Mike potè sentire il pavimento vibrare a causa dei passi di Julie. Un rumore proveniente dalla porta e la porta si aprì in uno spiraglio:” Ciao papà …”
“Ciao Julie … posso entrare?” disse il padre, comprensivo.
La porta si aprì di più e la ragazza fece passare l’adulto, sedendosi poi sul letto e invitando la figlia a fare lo stesso. Lei obbedì, senza fiatare, e prese in braccio il gatto, che si strusciò sulle braccia della giovane facendo le fusa.
“ Di cosa vuoi parlarmi?” chiese la ragazza, senza voltarsi verso l’uomo.
“ Del tuo comportamento … la mamma non è molto tranquilla, stai iniziando a fare cose insolite addirittura per te.”
“ ma c’è stato un omicidio pochi giorni fa … sai bene come faccio io in questi casi.” Disse lei, balbettando.
“ lo so e me ne sono reso conto. Ma da quando è arrivato il nuovo vicino, sembra che tu … insomma, non è da te. È come se nascondessi qualcosa, e c’entra Adam.”
“ non penserai mica che io abbia una tresca con lui?!” sbottò Julie, fissando il padre con i suoi occhi verdognoli sbarrati e stupefatti. Lui alzò le sopracciglia e poi scosse la testa:” Non ho mai voluto accennare a qualcosa di simile … sono certo che tu non arriveresti mai a tal punto, vero?” disse, guardando la figlia. Lei annuì debolmente, senza nemmeno guardarlo. Il padre si insospettì:” Julie … quanti anni hai?”
“ Io? Sedici, quasi diciassette …”
“ E Adam?”
“ Trenta, credo … papà non crederai davvero che io e lui …”
“ potrei credere di tutto in questo momento, ma promettimi che non arriverai mai a invaghirti di uno che ha quindici anni più di te … è assurdo.”
“ papà, fidati! Siamo solo amici!” insistette la ragazza, che si vedeva costretta a dover reprimere quell’istinto che la spingeva a dire tutto, ma proprio tutto, ai suoi genitori:” Come ti viene in mente?”
“ Non sono io a pensarla così, ma tua madre.” Disse Mike, stringendo i pugni sulle ginocchia:” vedi … poco fa è arrivata Cindy.”
“ Cindy? Che c’entra lei?” chiese Julie, sudando freddo.
“ Niente, ha bussato e ha parlato con la mamma. Non che io mi sia immischiato nel loro discorso, ma da quel che ho captato, ha intravisto te e Adam vicino al canile …”
“ Stavamo facendo una passeggiata, tutto qui …” intervenne Julie senza far notare al genitore di essere come stata presa alla sprovvista da quella rivelazione.
“ Si, ma ha detto che vi ha visti entrare … non voglio intromettermi nella questione, ma cerca di stare attenta ok?” detto questo, Mike si alzò e uscì dalla porta, senza far proferire parola dalla bocca della figlia, che invece afferrò il suo cellulare, assicurandosi prima che suo padre non fosse dietro la porta.
“ Quella … dov’era quando ci ha visti?” pensò la ragazza in preda alla rabbia di essere stata vista mista allo spavento che quella rana dalla bocca larga quale Cindy avrebbe spiattellato chissà quali ipotesi perverse alla madre.
Inviò rapida il messaggio all’uomo:” C’è un problema …” inviò rapida e aspettò al risposta, che arrivò sotto forma di squillo da parte di Adam:” Cosa è successo?”
“ Indovina un po’! Cindy ci ha visti nei pressi del canile … e ha detto questo a mia madre.”
Seguì un lungo silenzio, dopo il quale di udì un sospiro strascicato di Adam:” Ci parlo io.”
“ No, ci penso io … Cindy potrebbe pensare che tu mi stia difendendo se intervieni, meglio che ci parli io, saprò farla stare in silenzio …”
“ Vedo che hai imparato qualcosa …” disse l’uomo con tono quasi divertito. Julie arrossì:”Non pensare che arriverò a farle del male, voglio solo che mantenga il silenzio e che non pensi cose che non sono accadute. Conosco come è fatta, arriverebbe a spiattellare qualcosa di assurdo a tutto il paese, e dovrei scappare lontano da qui, fino ai confini dell’Alaska.”
“ Affido tutto a te allora … e grazie.” Disse alla fine Adam, chiudendo al chiamata rapidamente. Julie rimase un po’ intontita dall’ultima parola dell’uomo, e deglutì. Avrebbe dovuto convincere la peggior pettegola di paese a non spargere niente di falso o compromettente sul suo conto. E non sarebbe stato facile.
Si sedette alla scrivania e aprì uno dei suoi numerosi libri. Guardò l’orario e rifletté.
“ Penso che stasera alle sette sarà al solito posto ad aspettare la clientela ..” pensò rapida, mettendo gli occhi sulle righe della pagina.
Il lampione tipico della prostituta. Lì avrebbe parlato alla donna, senza dover far trasparire niente della sua missione di salvataggio nei confronti dell’anima di Adam.

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Capitolo 11
*** 11th Chapter ***


Essendo estate, il cielo a quell’ora era ancora illuminato da deboli raggi di sole, mentre tutto si stava rinfrescando, perdendo parte dell’afa acquisita nel mattino. Sul marciapiede polveroso, il rumore dei passi frettolosi della ragazza erano l’unico modo per scostare la massa di polvere accumulata nel deserto di quel silenzio tanto piatto,e lei camminava, diretta dove sapeva. Svoltò rapida l’angolo, controllando che prima di tutto nessuno la stesse guardando o seguendo, e poi la vide.
Ferma, sotto la fievole luce del lampione alto e tutto impiastricciato, il suo preferito. Il fumo della sigaretta visibile grazie alla luce elettrica si raccoglieva in aria sottoforma di una nuvola puzzolente e asfissiante, che avvolgeva quel corpo affusolato e ancora in forma nonostante l’età della donna. Vestita con abiti piuttosto vistosi, attendeva il prescelto per passare la sua solita serata all’insegna dell’alcool, e poi del sesso a pagamento, ciò che in fondo la manteneva in quel paesino senza anime. Era tranquilla, un braccio sotto il seno in bella vista, e una gamba piegata come per sostenersi meglio.
Julie buttò fuori l’aria repressa nei polmoni:” Avanti …”
Si incamminò rapida verso la donna, che la notò dato il rumore dei passi della ragazza.
“ Qual buon vento ti porta, cara?” le fece la donna, voltandosi verso di lei e soffiando il fumo della sigaretta appena aspirato.
“ Una passeggiata … “ disse lei, fermandosi davanti a Cindy:” Niente oggi?”
“ è ancora presto, la corsa dei cavalli è quasi terminata, e quelli delusi usciranno a momenti dal pub … è quella l’ora propizia.” Esclamò la donna, sorridendo e mostrando la fila di denti macchiata dal fumo delle sue sigarette.
“ Vuoi?” tirò fuori il pacchetto di Malboro dalla borsetta, tirandone una fuori. Julie scosse la testa:” Non fumo …”
“ Come vuoi, ma avrai pure qualche vizio no?” disse, e non tentò di nascondere nemmeno un certo tono malizioso in ciò che aveva appena detto. La stava stuzzicando, e Julie se ne era accorta.
Senza che Cindy se ne rendesse conto, la ragazza ingoiò un grosso grumo di saliva che le impastava la bocca, pronta a parlare e a chiedere:” Non direi … non ho voglia di rovinarmi la vita per adesso.”
“ Non mi riferisco a fumo, alcool o droga … anche a altre cose sia chiaro.” Continuò la prostituta, guardandola di sottecchi.
“ Non capisco lo stesso, e comunque non mi interessa a cosa ti riferisci …”
“ Non ti interessa quindi?” la donna mosse un passo verso Julie, che indietreggiò d’istinto.
“Per niente. E non dovrebbe interessarti ciò che mi piace o no.” Rispose la ragazza, tentando di rimanere a contatto visivo con la bionda. La donna, come scocciata da quella risposta tanto fredda, sputò un filo di fumo in faccia a Julie,che tossì infastidita.
“ Vedi di tenermi rispetto ragazzina. So cose di te che non andrebbero raccontate in giro.”
“ Tu dovresti essere la prima a non dirle, dato che le sai … non credo che mia madre abbia saputo quelle cose per caso.”
“ Io ho solo riferito, tutto qui.”
“ vedi allora di non dirlo troppo in giro, non è come pensi.” Concluse secca Julie, guardandola arrabbiata:” Vedi di non impicciarti, e poi devi aver frainteso.”
“ Sai? Ho iniziato alla tua età il mio bel lavoro, non ci trovo niente di male …”
“ Non seguirò di certo le tue tracce, stanne sicura.”
“ Come vuoi, ma non puoi negare l’innegabile … tu e quell’Adam avete una storia?”
“ Le tue solite conclusioni affrettate! Per niente, ci conosciamo appena e non puoi già presumere che io abbia una storia con lui.”
“ Non dico di certo questo … ma ho notato che passi molto tempo con lui, e tua madre si sta davvero insospettendo per questo, come tutti del resto …” il tono della voce di Cindy era diventato uno spillo che riuscì a trafiggere le orecchie di Julie data l’acutezza che aveva assunto.
“ Chi si fa i cavoli suoi campa cent’anni, lo sai vero?”rispose a modo la ragazza.
“ Tanto moriremo tutti presto, meglio approfittarne adesso no? E poi …” a questo punto i visi delle due erano a una distanza davvero minima, e Julie poteva sentire un filo di alcool misto a fumo proveniente dall’alito della prostituta, cosa che le fece rivoltare lo stomaco:” Non  negarlo … sei attratta da lui, te lo si legge negli occhi.”
Questo colse di sorpresa la sedicenne. Si ritrovò ingarbugliata all’improvviso in mezzo a un intrico di quesiti circa la sua situazione: nonostante avesse scoperto la natura nascosta del suo vicino, si era promessa di aiutarlo ad ogni costo, perché sapeva che nonostante tutto lui era bravo. E poi, sarebbe potuta rimanere un’eternità a fissare quegli occhi nocciola tanto sfumati, tali da far cadere una donna nel tunnel della perdizione.
L’unica cosa che la frenava era proprio la differenza d’età, e il fatto che non sarebbe dovuta cadere in un tranello così meschino come l’amore a prima vista. Lui non era normale, non che lei lo fosse ma, rispetto al suo vicino, poteva considerarsi nella norma.
Che soffrisse della sindrome di Stoccolma, se fosse la rapinata che si innamora del suo rapinatore? Nemmeno a questo riusciva a darsi una risposta esauriente. Optò per riguardare in faccia la donna:” Vedi di non trarre conclusioni alla cavolo.”
“ Su, non mentire a te stessa … si vede lontano un …”
Cindy non fece in tempo a finire, dato che un sonoro schiaffo, che fece più male alla mano di Julie che a lei, le colpì la guancia.
“ Chiudi la bocca una volta per tutte.” Sibilò la ragazza, con una luce quasi assassina negli occhi.
La donna si mise una mano sulla guancia, e guardò la ragazza con occhi iniettati di disprezzo:” piccola stronza, come ti …”
“ Sera.” Una voce estranea a quella di Cindy e Julie interruppe il discorso delle due femmine, e dalla strada in fondo si fece avanti la figura alta e pacata dell’uomo dagli occhi nocciola tanto discusso poco fa.
“ Adam! Che ci fai tu …”
“ Sono uscito per una boccata d’aria tutto qui … come vanno le cose?” chiese lui, noncurante della situazione alquanto tesa.
Julie lo fissò supplicante, e lui ricambiò, con occhi quasi comprensivi:” Cindy, sei libera stasera?”
“ Tutta tua tesorino.” Fece lei, avvinghiandosi a lui.
Per la testa di Julie passò l’idea peggiore che potesse venirgli in quel momento. Probabilmente aveva sentito ogni minima parola della discussione, ed era intervenuto in tempo per salvarla dalle grinfie di quella pettegola, che ora si strusciava contro Adam come un gatto in cerca di fusa.
Lo afferrò per un braccio, e si limitò a fissarlo, ma con occhi che stavano ad intendere:” Non ucciderla, non arrivare a tanto.”
E lui aveva capito benissimo ciò che aveva da dirgli.
“ Stai attenta, ok?” le posò un dito sulla fronte, per poi allontanarsi parlando con la prostituta, che alla fine si voltò verso Julie con sguardo quasi provocatorio.
La ragazza non potè fare a meno di salutarla alzando il dito medio, giusto per farle capire quanto le stesse simpatica in quel momento. Li seguì, dato che casa sua era in quella direzione, e prima di rientrare in casa mandò un messaggio a Adam, che quello lesse pochi minuti dopo rispondendo affermativamente.
Julie sperò con tutto il cuore che, dato che lei aveva come fallito, Adam sarebbe stato all’altezza della situazione e avrebbe fatto tacere quella lì, senza però ricorrere a metodi troppo spregiudicati.
In fondo, gli voleva bene da sano, non da pazzo psicopatico.

Angolo di Remedios:
Ah, se non ci fosse Adam! Ci ho goduto quando ho fatto dare lo schiaffo a Cindy da parte della dolce Julie :D
Spero sia piaciuto, prometto che gli altri saranno più avvincenti ... e molto più moltosi di questo.
A presto
Remedios

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Capitolo 12
*** 12th Chapter ***



Una lunga e fastidiosa vibrazione  fece sussultare Adam, che mugolò assonnato. Accese la lampada sul suo comodino, emise un lungo sbadiglio e afferrò rapido il telefono cellulare. Come sospettava:” Pronto?”
“ Indovina che ora è …” la voce della sua vicina lo destò dal sonno ancora notevole, dato che la serata con Cindy lo aveva tenuto sveglio fino a mezzanotte. Lo aveva fatto per convenzione, ora abitava con dei vicini accanto, non doveva disturbare il sonno di nessuno.
“ Ho capito, madama …” abbozzò un sorriso, e si voltò dall’altra parte del letto. L’altro cuscino era occupato da una massa di capelli biondi e scombinati, una faccia pesantemente truccata, un corpo da quarantenne nudo, i cui seni era coperti a malapena dal lenzuolo bianco. Cindy non si era nemmeno accorta che Adam si era svegliato, anzi dormiva pesantemente, esausta dalla serata. Già, se c’era una cosa in cui Adam era abile era proprio soddisfare i piaceri delle prostitute, e non permetteva loro di fare il contrario.
Si mise seduto sul materasso del letto cigolante e afferrò il barattolo degli psicofarmaci. Ingoiò rapido una pasticca, facendo sentire per telefono a Julie il suono dell’acqua che scendeva giù per l’esofago.
“ Bravo … Cindy è ancora lì?” gli chiese lei, che nel mentre era coperta fin sopra la testa dal lenzuolo, stesa sul letto in attesa di prendere sonno.
Adam avvicinò il telefono alla bocca della donna, che non era tanto silenziosa mentre dormiva. Il lieve russare della bionda convinse la ragazza, che sospirò tranquillizzata.
“ Perlomeno respira ...” disse, non nascondendo un tono alquanto sollevato.
“ Ho visto il messaggio, e sai bene che non faccio ciò che sai se sono totalmente cosciente delle mie azioni … piuttosto, poche ore fa ti ho salvato dalle sue grinfie.”
“ Già, e dire che mi ero ripromessa di farcela da sola … grazie ancora.” Sussurrò lei, per paura che i suoi la sentissero:” Quella stupida mi stava facendo perdere la pazienza.”
“ Tieni pazienza, io ne ho conosciute di peggiori …” aggiunse lui, con tono rassicurante:” è stato puro caso che io stessi passando da quelle parti.”
“ Oh certo, hai un sesto senso per certe cose! Ammettilo … mi hai seguita.”
“ Per niente, stavo uscendo da casa e ho sentito dei mormorii da dietro la strada … e ho intuito fossi tu. Se non ci fossi stato io, a quest’ora chissà come sarebbe andata a finire tra voi due.”
“ …” lei non rispose subito, forse delusa dal fatto che senza l’aiuto di Adam se la sarebbe vista molto male con Cindy, e che quindi la situazione dei sospetti della prostituta sarebbe peggiorata.
“ … Mah … grazie, davvero.” Si rassegnò a dire, girandosi sul materasso sul fianco sinistro e voltandosi a guardare fuori dalla finestra il cielo buio e ricco di stelle.
“ Di niente … beh, io sono ancora stanco quindi penso che tornerò a dormire …”
“ Ehm … notte …” tolse il cellulare da vicino all’orecchio e fissò il display digitale, che contava i minuti di chiamata trascorsi. Lo fissò per due secondi, sperando che in qualche modo lui la chiamasse di nuovo al cellulare, lei non aveva il coraggio di continuare la conversazione. Fissò i secondi che passavano, con viso teso e ansioso, e fu presa così tanto da quella cosa che trasalì appena sentì la voce grossa di Adam:” Julie?”
“ Si?” rispose senza nascondere quello spavento che l’aveva fatta trasalire e al tempo stesso sollevare dall’ansia che teneva in corpo.
“ Riguardo a quella cosa …”
“ Sono disposta ad aiutarti.” Ecco perché aveva atteso che fosse Adam a chiamarla, lei non aveva intenzione o voglia di fargli capire che pensava perennemente a quel corpo che era la prova dei crimini del suo vicino di casa.
“ … dici sul serio? Ti ho già detto che …”
“è stato complicato, ma … alla fine … quando vuoi, anche stasera.” La sua voce tremava non poco, ma era spedita nel spiccicare quelle parole che rivelavano la sua intenzione di essere la Sonia di Rodja.
“ Direi di no per stasera ..” fece lui, ridendo. Anche lei rise, per poi augurargli la buonanotte. Lui ricambiò e chiuse la chiamata.
La ragazza si rigirò nel letto e fissò per un lungo istante il cielo dietro la finestra chiusa. Aveva davvero detto ad Adam che era disposta a fargli da complice?Si.
Aveva ammesso di volerlo aiutare a fare una cosa che andava contro la legge?Si.
Stava ammettendo a sé stessa che quell’uomo ormai era parte della sua esistenza? … forse, non ci voleva pensare proprio pochi giorni dopo averlo conosciuto. Ma quella scarica di fatti accaduti tutti in un sol botto le stava facendo perdere la testa. E una parte di quella perdizione, lo sospettava, era riservata al trentenne.
 
Osservava costantemente fuori dalla finestra quella scena disgustosa: Cindy era appiccicata a lui come solo una zecca saprebbe fare, e le continue moine di quella donna le fecero risalire una strana sensazione in gola, come se tutto quello le stesse dando un immenso fastidio.
“ Se non vuoi guardare, non guardare no?” le disse sua madre, osservando anche lei qualche sprazzo della scena. Qualche attimo dopo videro Cindy allontanarsi accendendosi una sigaretta, e Adam voltarsi verso la finestra. Gli sguardi di Julie e dell’uomo si incontrarono per un breve istante, e la madre lo notò.
“ C’è qualcosa che devi dirmi Julie?” le chiese Emily puntando la mano sul piano cucina dove era appoggiata la figlia. La ragazza trasalì e si voltò rapidamente:” Che dovrei dirti? Non sopporto quella vipera tutto qui. E tu non devi credere alle sue insulse dicerie.”
“ Quali dicerie? Julie, io mi fido di te … non penso che tu possa fare tali cose, sul serio.” La voce della madre non era tanto convincente,e la figlia se ne rese conto:” Non so … io vado da papà.” Uscì, non sapeva nemmeno lei come replicare a sua madre. Prese le chiavi di casa, aprì la porta e sbattendosela dietro andò in direzione dell’officina dove lavorava il padre. Lo trovò intento a cambiare le ruote di una vettura.
“ Oh Julie! È raro vederti qui figliola!” fece l’uomo, vedendola. Lei alzò le spalle e gli diede un bacio sulla guancia:” posso restare? Non disturbo.”
“ certo tesoro.” Le sorrise dolcemente per poi tornare al suo lavoro. La ragazza girò per il garage dell’officina, nell’intento di distrarsi dall’idea di dover ignorare Cindy e le sue provocazioni. Osservò i vari aggeggi appesi alle pareti, pezzi di automobili sparsi per quella piccola officina a poca distanza da casa sua, e la scrivania dove il padre teneva i conti, le ricevute e il materiale da contabile per gli affari. Guadagnava quel tanto che bastava a mantenere la famiglia, e il suo lavoro lo faceva bene.
Andò verso il tavolo e curiosò tra le carte, senza trovarci niente che la potesse interessare particolarmente. Sfogliò, e solo per puro caso trovò un resoconto, risalente a una cambio di ruote andato a costare quasi 200 dollari.
Guardò la data, risalente a circa una settimana fa. Lesse il nome della vettura e chi aveva chiesto il lavoro, trasalendo.
“ papà?” esclamò riguardando attentamente quel nome:” Non mi hai mai detto che Adam ti aveva chiesto di cambiargli le ruote alla Fiat 500.”
“ Ah quello? Oh, pensavo non ti potesse interessare, in fondo è solo un cambio di ruote … ma devo dire che quelle ruote erano davvero mal messe! Sembrava che avesse fatto un rally in campagna con quella macchinina di lusso!”
La ragazza ebbe un sussulto:” e quelle ruote dove sono adesso?”
“ Me ne sono disfatto, non valevano più a niente dopotutto. Ma perché questa domanda, Julie?” il padre interruppe ciò che stava facendo e la guardò interrogativo. Lei deglutì, rendendosi conto che in qualche modo aveva come fatto capire a suo padre che lei ne sapeva qualcosa.
“ Curiosità … non badare a me.” Liquidò la questione con quella risposta che non avrebbe retto nessuna giustificazione plausibile, ma che il padre fece passare come se niente fosse.
La ragazza invece si rimise a fissare la ricevuta di Dahmer. Quella era un’eventuale prova di uno dei suoi crimini, o soltanto uno stupido foglio di carta con su scritto una cifra a caso, un lavoro che sarebbe parso normale e niente di rilevante per un omicidio irrisolto?
Non sapeva cosa pensare, ma non le venne in mente di bruciare quel foglio, o suo padre avrebbe pensato sicuramente male. Quindi lo rimise dov’era, e intravista la porta dello sgabuzzino aperta, vi si ficcò dentro, vedendo che il padre non l’aveva intravista.
Un odore di naftalina e robaccia chimica la costrinse a trattenere il respiro. Lo stanzino era pieno di flaconi nauseanti, contenenti anti ruggine, detersivi per auto e qualunque cosa potesse servire in un’officina, anche alcuni pacchetti di Arbre Magique.
Curiosò in cerca di distrazioni, e vi trovò un bottiglione contenente calce. Non si chiese nemmeno il perché avesse trovato quel materiale da fabbricazione dentro un’officina. Solo un’idea, repentina come lo scatto di un serpente a sonagli, le balenò in testa, una scintilla sadica che non era da lei.
Pensò alle parole acqua e calce, e le unì all’infine. Non se ne era resa conto da subito, la sua psiche stava pensando come un serial killer.
Il termine “ Decomposizione organica” le lampeggiò davanti agli occhi come una luce al neon di un cartellone di Las Vegas.
Afferrò il cellulare:” Domani sera alle sei. Sai a che mi riferisco.” Lo inviò a chi sapeva lei, senza voler attendere la risposta.

Angolo di Remedios:
Sono tornata con questo capitolo, che ho scritto proprio a caso dato che non avevo idee buone per farlo andare avanti. Da qui in poi però le cose andranno filate, perchè so come continuare il caso. Spero non mi lanciate uova, dato che sono mancata per più di due settimane ç__ç

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Capitolo 13
*** 13th Chapter ***


“ Sei davvero decisa?” le chiese per l’ennesima volta. Lei si voltò verso di lui, dopo aver messo la tanica di calce sul retro della vettura di Adam.
“ Sapevo che i miei non ci sarebbero stati per tutto il pomeriggio” Ripeté :” Oggi è l’unico giorno che ho a disposizione per aiutarti, l’unica maniera che abbiamo per sbarazzarci di ciò che sai … non vedo altro modo e altro giorno …” Fece  per salire in macchina, quando lui le pose l’ultima domanda:” Sei gracilina … sei certa di riuscire a trasportare 54 chili di carne da sola? E non hai nemmeno paura di …”
“ vedi questa maglietta?” disse Julie mostrando a Adam il suo indumento, una Tshirt gialla tutta scolorita, decisamente troppo stretta:” Mia madre pensa che io l’abbia ormai buttata perché non mi sta più, ma io l’ho nascosta perché mi piaceva … se me ne disfacessi lei non noterebbe niente di diverso di me. Quindi, non ho paura di macchiarmi di sangue, anche i pantaloni sono vecchi.” I suoi jeans , che arrivavano fino alla caviglia, erano difatti strappati e inguardabili:” Ho il cambio nella borsa, non preoccuparti.”
“ Mi fai quasi paura con il tuo atteggiamento … sicura di essere la Julie che è scappata a gambe levate quando mi ha visto in fase “pazzia incurabile”?” fece lui, tentando di essere ironico. Lei sorrise :” Tutta questa storia va risolta prima o poi no? Tu piuttosto …”
“ Non farmi la predica, sai già che tipo di persona sono cara … e … non hai paura dell’odore di carne morta che rimarrà attaccato alla tua pelle?”
“ Ho abbastanza guanti e sapone per potermi lavare fino a scorticarmi … tu più che altro dovresti pensare a come fare a non farti scoprire!”
“ Ho i miei metodi … ora andiamo, o faremo tardi …” l’uomo salì in macchina e allacciò rapido le cinture di sicurezza.
Il tratto di strada, quello stesso tratto che Julie aveva trovato soffocante la prima volta che ci era andata, le appariva adesso come un abile nascondiglio per oscuri segreti, un po’ come l’ultima volta che ci era stata. Solo che stavolta non avrebbe scoperto nuove cose, ma avrebbe fatto in modo che nessuno scoprisse le cose che lei già conosceva.
Il piazzale davanti alla casa era illuminato dal fievole tramonto che rifletteva i suoi raggi nello specchio d’acqua nera del grande e misterioso lago.
La macchina si fermò con un rombo che si disperse nell’aria circostante, e i due scesero dalla vettura. Un leggero senso di nausea chiudeva le orecchie a Julie, che si diresse verso l’entrata della casa dopo aver preso la tanica di calce.
“ Ah, mi rispieghi  a cosa ti serve quella?” le chiese Adam, che nel mentre prese le chiavi dalla sua tasca.
“ lo vedrai appena saremo davanti al coso …” disse lei. Lui aprì la porta della casa, che puzzava di chiuso e muffa, accese rapido la luce e poi andò verso la porta laterale a quella dello scantinato:” Tu scendi, ti raggiungo subito.”
La ragazza annuì, e portandosi dietro quel carico che le stava per strappare le braccia, scese nell’atrio del piano di sotto. Fu lì che poggiò il recipiente e che un improvviso malessere la colse. La vista le si annebbiò, dovette reggersi alla parete vicino alla scala con la mano per non rischiare di svenire, stava sudando.
“ Che mi … prende?” sussurrò tra sé e sé mettendosi una mano davanti alla bocca. Stava reprimendo un conato, lo mandò giù in gola sentendo l’acido martoriargli le pareti del tubo digerente. Era l’odore del cadavere a farle quell’effetto … o piuttosto un senso di pentimento, di paura e angoscia che si stava rinnovando dopotutto? Non lo sapeva nemmeno lei al momento, fatto sta che se Adam l’avesse vista in quelle condizioni, non le avrebbe permesso di aiutarlo come lei si era ripromessa di fare. Respirò profondamente, e lo vide poi scendere da sopra la scala, con una busta dell’immondizia in mano.
Gli sorrise e lui ricambiò senza proferire parola.
L’uomo entrò nella stanza accanto a quella dove era custodito il reperto, lo sgabuzzino, e ne uscì con le chiavi.
“ Andiamo su …” disse, girando la chiave nella toppa. Lo scatto fece sobbalzare Julie, e un alone di aria chiusa e putrefatta le entrò nelle narici, facendo rinascere i conati, stavolta inarrestabili.
“ il bagno …” sussurrò, prima di coprirsi la bocca piena di succhi gastrici.
“ primo piano, porta a destra della scala.” Disse lui, guardandola preoccupato.
Lei corse e nonostante qualche schizzo sul pavimento, riuscì ad arrivare in tempo per rigettare il suo disgusto e la sua angoscia nel basso buco di ceramica.
Si resse alla tavoletta con le mani, respirando acremente e sentendo la sensazione stomachevole in bocca e su per le narici.
“ perché sono così debole? Devo … farcela.” Tentò di alzarsi, ma le sue gambe non ressero. Vomitò ancora e tossì platealmente. Adam, che aveva visto il disagio della ragazza, era salito in bagno per assisterla. Le porse un bicchiere d’acqua di lavandino, con cui lei si pulì la bocca marcia.
“ Julie ..?”
“ Ce la posso fare, è stato un momento di debolezza …” intervenne lei prima che lui potesse dire qualcosa a riguardo:” Lasciami rinfrescare e sono da te.”
Lui la guardò sofferente e acconsentì chiudendo gli occhi e alzandosi.
Lasciò il bagno e si ridiresse nello scantinato aspettandola poco fuori dalla porta. Lei arrivò pochi minuti dopo, la faccia fresca di lavaggio e gli occhi rossi, come se avesse addirittura pianto.
“ Lasciatelo dire, se non ne hai coraggio non ti obbligo.”
“ Devo dar fine ai miei incubi,  e questo è l’unico modo.” La ragazza estrasse un fazzoletto dalla tasca e se lo mise davanti alla bocca, per evitare di venire colta da altri malori.
“ Se lo dici tu …” la porta si aprì cigolante e il tanfo della stanza, misto all’aria di chiuso,uccise per un breve istante i polmoni e le narici della ragazza, che però resistette.
Si fece avanti nella stanza degli orrori, fino ad arrivare al congelatore mal funzionante.
“ Sta indietro …” le disse Adam poggiando la busta dell’immondizia per terra. Lei indietreggiò, lui aprì il congelatore e mettendoci le braccia dentro, senza essere minimamente disgustato, tirò fuori come un corpo addormentato il cadavere, in via di putrefazione e maleodorante.
Se quando Julie lo vide la prima volta gli sembrò di morire, ora poteva giurare che le pessime condizioni di conservazione lo avevano reso un pezzo di carne morta che avrebbe mandato all’altro mondo chiunque lo avesse toccato.
La pelle era diventata nerastra, il sangue che ornava la ferita da dove era stato asportato il cuore era aperto e violacea, tutto aveva un’inquietante aria di morte.
Adam lo poggiò sul pavimento steso, e poi andò verso la parete, afferrando la grande ascia appesavi sopra.
“ Hai intenzione di …”
“ Non ci sta tutto nella busta, va tagliato anche per risparmiare spazio no?” fece lui, brandendo l’ascia e guardando Julie, che non osava posare gli occhi sul cadavere o sul mobilio di organi custoditi nei barattoli.
“ Capisco ...” si limitò a dire, coprendosi gli occhi. Non voleva vedere un corpo venire diviso in pezzi come carne da macello, o vedere il sangue schizzare dalle vene del cadavere, sempre che ce ne fosse ancora.
Lui rimase a fissarla dall’alto della sua statura, senza agire sul pezzo di carne.
“ Julie … esci dalla stanza, non sei obbligata a restare.”
“ ma …” la ragazza stava per replicare, ma come lui scosse la testa le parole le morirono in bocca:” No. Esci adesso. Ne soffriresti più di quanto non stia già soffrendo.”
“ Adam … non posso.”
“ Si che puoi.” Lasciò l’ascia accanto al corpo e aprì le braccia, come per accoglierla in un abbraccio consolatorio: “Su …”
Appena Julie lo vide fare quel gesto tanto simbolico, lacrime calde e salate le scivolarono sulla guance inarrestabili. Si stava dimostrando debole e indifesa, stava reprimendo la voglia di aiutarlo, il suo istinto di serial killer nato quando aveva collegato la calce alla decomposizione di un corpo stava scemando come nebbia in una giornata di sole. Perché? Cosa la stava facendo ritornare allo stato di ragazza spaventata dalle cose?
Si buttò sul petto dell’uomo, aspirando il suo profumo di acqua di colonia e stringendolo a sé. Singhiozzava e non proferiva parola, e lui la strinse, poggiando il mento sui suoi capelli rossicci:” Dai …”
“ Non so perché … sigh … mi ero ripromessa di farlo, ma … sigh sigh … ” i singhiozzi non le davano pace, e la stretta aumentò. L’odore stantio della stanza era sparito, a contatto con quello di Adam. Si beò per un attimo di quell’odore e vi immerse il naso.
“ Hai solo paura … il mio era solo un consiglio. Se non hai forze per farlo, non ti costringerò.” Glielo stava ripetendo per l’ennesima volta, come un ritornello insopportabile. Alzò la testa, tirò su con il naso e si immerse nel nocciola degli occhi dell’uomo, mentre lui si perse in quelli verdi della giovane.
“ Aiutami a farcela.” Sussurrò lei. Si sciolse dal suo abbraccio, afferrò l’ascia da terra e si mise davanti al corpo.
“ che intenzioni hai?” disse lui, guardandola con il sopracciglio alzato.
“ Guidami.” Tese la mano tremante e lui capì. Un breve sorriso apparve sul suo volto. Si mise dietro di lei, posò le mani sopra quelle della ragazza che impugnavano l’arma:” Segui i miei movimenti e sta attenta ai piedi, piccola Chucky.”
“ bel soprannome.” Proferì lei. 

Angolo di Remedios:
Non ho niente da dire, giudicate voi cari :) 
Alla prossima! 

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Capitolo 14
*** 14th Chapter ***


Il colpo d’ascia calò dritto sul cadavere, il cui arto destro venne spezzato via dalla spalla in un tonfo sordo, e l’ascia non tardò a macchiarsi di sangue e a spargere chiazze rosse sul circondario nonché sui vestiti dei due. Appena vide l’osso in due, la ragazza trattenne un conato e il respiro e chiuse gli occhi per resistere. Un altro colpo d’ascia, le mani di Adam sulle sue che le davano la maniera di impugnare quell’arma infernale. Il braccio si staccò del tutto stavolta, e Julie si riprese da uno strano fiatone che la stava perseguitando.
“ Stai bene?” le chiese Adam, sciogliendo la presa dalle mani della ragazza. Lei lo guardò con occhi lucidi di una strana scintilla che spuntava negli occhi della giovane solo quando si presentava l’occasione di omicidi e casi da risolvere. Una luce quasi sadica, che la faccia sudata e tesa rendeva inquietante e misteriosa nello stesso momento. La ragazza sfoggiò un sorrisetto nervoso annuendo:” Possiamo continuare.”
“ Mi fai paura.” Proferì lui ridendo e afferrandole di nuovo le mani. Toccò all’altro braccio, poi con un po’ di fatica si occuparono delle gambe, che spezzarono dalla coscia al ginocchio. Il fatto che un’ascia riuscisse a tagliare carne umana e ossa dure stupiva Julie, ma la scioccava di più il fatto che lei stesse facendo tutto quello, senza preoccuparsi più di tanto del fatto che il sangue della vittima le stesse imbrattando i vestiti e che ormai il suo non era un respiro, ma un rantolo quasi perverso.
Quando arrivò il turno del busto, essendosi accorto della situazione di Julie, Adam allentò la presa sull’ascia e la fermò prima che potesse scagliare l’arma sulla costole del pezzo di carne.
“ credo che come prima esperienza possa bastare per te.” Disse, prendendole l’ascia di mano e facendole dipingere sul volto una faccia quasi delusa.
“ perché?” chiese lei, tentando di riprendere l’ascia:” devo aiutarti a no?”
“ Julie, ti stai riducendo a un serial killer maniacale. Controllati ti prego.” Fece lui, mettendole una mano sulla testa:” Ti sei vista in faccia?”
Lei sbarrò le palpebre e rimase immobile. Rivolse gli occhi al palmo delle sue mani, rosse sia per il sangue sia per come teneva stretta l’ascia poco fa, e constatò che un odore cadaverico le imbrattava i vestiti.
“ Non è tanto di quello che devi preoccuparti, più per il fatto che avevi il respiro simile a quello di un pazzo. Ora rilassati, ci penso io qua.” Poggiò l’ascia al muro, e afferrò da sotto gli scaffali un arnese lungo e grosso, che si rivelò essere una motosega.
“ Ah … e stavolta, esci da qui. Non penso ti farà piacere vedere pezzi di intestino sparpagliati dappertutto. Intesi?” Lei guardò la motosega e il cadavere, e andò in direzione della porta senza nemmeno proferire parola. Si chiuse la porta alle spalle, si riguardò le mani criminali e come risvegliata da un coma che le aveva permesso di fare quello che aveva fatto nemmeno dieci minuti fa, lacrime calde le solcarono il viso schizzato di sangue e si coprì gli occhi scoppiando in pianto, e accasciandosi contro la porta dello sgabuzzino.
Non capiva nemmeno lei la sua reazione tanto contraddittoria, lei stessa era un mistero tutto da scoprire. Prima aveva pianto perché non se la sentiva, poi era scoppiata in una sadica reazione di fronte alla soddisfazione nel fare quasi a pezzi un corpo umano. Lei che aveva pianto dopo aver dato una botta in testa a un povero cane malato, si era sentita quasi soddisfatta nel tranciare gli arti a una donna senza testa. E ora una crisi di pianto non le permetteva di prendere il respiro bene e  di gridare al niente che tutto quello era contro la sua natura di sedicenne con tutta la vita davanti.
“ per chi lo faccio? Per me o per Adam?” pensò, singhiozzando. Singhiozzava mentre da dentro si sentiva il rombo della motosega attutito dall’urto sordo della lama dentellata contro la massa di muscoli e organi che andava a fare a pezzi.
Forse lo faceva per lui, per aiutarlo a guarire. Già, era davvero probabile che facesse tutto quello solo per lui.
“ che io mi sia …” la sindrome di Stoccolma. Il rapinato che si innamora del rapitore. Ne era affetta anche lei o era solo altruismo il suo? Le uniche risposte che sapeva darsi non era convincenti e sfumavano nella sua testa come nebbia.
“ Il tempo, forse il tempo mi aiuterà.” Risolse, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. Si voltò verso la porta, da dove proveniva il rombo dell’arnese, che si interruppe all’improvviso. Sentì dei passi, e la porta si aprì dietro di lei, facendola quasi cadere indietro. Adam la scansò e con il piede la aiutò a non sbattere sul pavimento.
“Julie … non dirmi che stavi …”
“ No no!” si asciugò rapida gli occhi e sfoggiò un sorriso a trentadue denti:” Tutto a posto. Tu hai finito?” cercava di far finta di niente, e guardò dentro.
“ Si, ora mi servi tu per mettere le cose dentro la busta. E porta anche la calce con te.” Le porse la mano per metterla in piedi, lei prese la tanica di materiale lattiginoso e entrò dentro dove il tanfo della carne putrefatta la fece quasi morire sul colpo. Si pulì le mani sulla maglietta, e senza guardare eccessivamente,prese in mano la busta nera, mentre Adam le porgeva i pezzi da buttare dentro il sacco.
 
“ prendi l’acqua.” Disse Julie, buttando sul mucchio di vestiti la sua maglietta sporca di sangue e buttandoci sopra l’ennesima dose di calce. Insieme ai vestiti di cui disfarsi, avevano riversato il contenuto dei barattoli dello sgabuzzino in un mucchio presso la riva del lago, ben nascosto tra i cespugli alti. Adam, non avendo il cambio, era in mutande per il momento, e Julie aveva sempre la faccia spostata dalla visuale del petto poco peloso ma definito del trentenne, che se la rideva di come la ragazza fosse pudica su certe cose.
“ Agli ordini.” Disse lui, prendendo un grosso secchio di acqua dal lago e porgendolo alla ragazza:” ma sei sicura che andrà bene anche per i vestiti?”
“ Ti ho chiesto di indossare roba di cotone appunto perché è una fibra vegetale. Che pensi, non sono mica scema.” Fece lei, versando piano l’acqua sul mucchio. Il liquido, a contatto con la calce, iniziò a sprigionare come un vapore e si notò bene come i tessuti delle cose imbevute di calce, si stessero sciogliendo, nemmeno fosse acido corrosivo.
“ Che ti dicevo? Niente fuoco, e poi è pure nascosto.” Disse lei, finendo di versare le ultime gocce d’acqua che scioglievano le prove della loro colpevolezza.
“ Davvero niente male. Ora occupiamoci di questa.” Disse, indicando la busta dell’immondezza circondata dalle mosche per il puzzo proveniente da essa. Ricoprirono per prevenzione il mucchio di vestiti con la terra e ci misero sopra delle fronte, mentre ancora si stavano decomponendo.
Prima però di salire sulla barca che li avrebbe portati al centro del lago, Julie insistette perché Adam si mettesse qualcosa addosso. Lei era vestita per sua fortuna, altrimenti avrebbe dovuto subire gli occhi di Adam puntati sul suo fisico di sedicenne in pieno sviluppo. Lui si guardò e un lieve rossore gli imporporò le guance:” il cambio è nella barca. Voltati un attimo.”
Lei obbedì e aspettò cinque minuti, prima di potersi girare e vedere Adam vestito:” E ora, fa attenzione e sali.”
Le porse la mano per farla salire sull’imbarcazione di legna che barcollò sotto il peso di un altro passeggero e poi afferrò la busta che pose sotto le sue gambe.
“ Si parte.” L’uomo si sedette, afferrò i due remi di legno e iniziò a spingere, muovendo la barca dritta davanti a sé con una certa destrezza. La riva si stava allontanando e il bosco appariva più suggestivo da quella distanza. Il dondolio dell’imbarcazione sferzava il pelo dell’acqua calma della grande distesa acquifera. Giunsero a un punto abbastanza lontano dalla riva, e Adam afferrò la busta informe.
“ addio, è stato un piacere conoscerti cara.” Disse, lanciando il suddetto oggetto, che sprofondò sotto il peso delle cose che aveva dentro causando un’onda che per poco non fece cadere la ragazza dall’imbarcazione.
“ è stato veloce.” Fece Julie, osservando l’immagine offuscata dall’acqua della busta nera che cadeva verso il fondo del lago.
“ Meglio no?” penso sia ora di tornare adesso … e se ti tornano gli incubi dimmelo.” Fece Adam ,muovendo i remi. Lei sorrise, convinta perlomeno che lo zombie che spuntava dal freezer non si sarebbe presentato per un bel po’ di tempo.
Anche se al posto suo si sarebbe presentato qualcosa di molto più grosso e preoccupante.


Angolo di Remedios:
Eccomi! Non sono morta dopo tutte le interrogazioni che ho dato alla fine, e domani è l'ultimo giorno! FINALMENTE.
Spero di aver trovato l'ispirazione giusta per il racconto, d'ora in poi penso che pubblicherò più spesso data la libertà che avrò nelle vacanze! A presto e spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 15
*** 15th Chapter ***


“ Un’altra!” gridò l’uomo con voce rauca e sporcata dall’eccessiva dose di alcool appena ingerita. Il barista non se lo fece ripetere, riempì il boccale con birra e lo passò al cliente, che trangugiò il liquido sbrodolandosi sul mento irsuto e e macchiandosi la camicia da boscaiolo. Accanto a lui, Cindy si fumava la sua sigaretta sorseggiando la vodka. A breve anche lei avrebbe perso il lume della ragione, cadendo nei fumi dell’alcool.
L’uomo si asciugò con la manica della camicia la bocca e poi iniziò a parlare, con voce raschiata dalla birra:” Sai, ieri ho visto una cosa in campagna!”
“ Un cervo morto?” chiese lei, poco interessata alle chiacchiere del suo cliente, un uomo sulla quarantina che dimostrava molti più anni di quelli che portava in corpo, con faccia rugosa, barba ispida, muscolatura possente e abiti sempre sozzi di fango.
“ Stavo passando dalle parti del lago, e ho visto due tizi in una barca …”
“ E allora?” chiese lei, bevendo d’un sorso la vodka, che la riscaldò d’un colpo.
“ Non so … forse ero troppo lontano per vederli, ma ho visto che gettavano qualcosa in acqua … ho fatto finta di niente, poi però ho visto che una delle persone è la figlia di Emily Baxter.”
“ Come dici?” nonostante non fosse poi tanto lucida, in Cindy crebbe una strana attenzione, dettata dalla scoperta eclatante che gli aveva rivelato l’uomo:” Jeremy, non tenermi sulle spine! Con chi era?”
L’uomo si fece portare l’ennesima birra e bevve d’un sorso, barcollando sullo sgabello:” Non lo so … non l’avevo mai visto …”
“ Sforza quel cervello bacato!” ingiuriò lei, già sospettando l’accompagnatore di Julie.
“ Vedi di non insistere, donna. Se non lo ricordo non è colpa mia! E poi quei due erano lontani … lei l’ho riconosciuta per il colore dei capelli … quel rosso si vede a metri di distanza!”
“ Dio che fesso …” fece la prostituta, scolandosi il terzo bicchiere di vodka:” vedrò di saperlo da me …”
“ Ci tieni tanto a saperlo?” chiese lui, guardandola interrogatorio.
“Come non mai, Jeremy.” Fece lei lasciva. La sua mente già fabbricava la trappola per mettere alle strette la ragazza.
 
I suoi incubi erano finiti. Con quella mossa tanto rischiosa quanto necessaria era riuscita a scacciare lo spettro del cadavere dalla sua mente e a fare in modo che Adam e lei si avvicinassero di più tra di loro.
Però … un strano senso di inquietudine era rimasto in lei, come se da un angolo inaspettato, o peggio, prevedibile, potesse spuntare un’ombra che avrebbe rivelato al mondo i suoi peccati, i suoi segreti più profondi. Qualcosa, o qualcuno, avrebbe rovinato l’equilibrio. Julie aveva già dei sospetti in merito, ma preferiva volerli scacciare per paura di entrare in paranoia e angoscia, anche se non smetteva di stare all’erta nonostante tutto.
Adam si accorse di come la giovane stava sull’attenti, se ne accorse grazie a quegli occhi tanto spalancati e persi nel vuoto che la ragazza aveva mentre lui poggiava la caraffa della limonata sulla tavola.
“ C’è qualcosa che ti turba?” le chiese, riempiendo i due bicchieri.
Lei scosse la testa, sentendo la voce di Adam, e balbettò qualcosa di incomprensibile. Adam rifece la domanda, e stavolta la ragazza rispose:” Niente di che …”
“ Non mi sembra una faccia da “niente di che” quella che hai … riguardo a ieri?”
“ Gli incubi se ne sono andati, e poi basta che tu non commetta più errori simili … davvero, non è quello.”
disse lei, afferrando il bicchiere di limonata sul tavolo basso del salottino.
Bevve piano, per paura di congelarsi le meningi, mentre Adam prese a giocherellare con i cubetti di ghiaccio dentro la bibita:” Posso rivelarti una cosa?”
“ Dimmi … “ fece lei, alzando le sopracciglia. Lui bevve prima e poi, umettandosi le labbra:” Ieri ho avuto una strana sensazione …”
“ Era la prima volta che ti liberavi di un cadavere?”
“ Non è quello … più che altro, mi sono sentito osservato, e non da te …”
Per poco la limonata non andò di traverso nella gola della ragazza. Era solo una sua impressione, o quell’uomo sapeva leggere nella sua mente? Era, in pratica, la stessa sensazione che angosciava anche lei: quando erano sulla barca, aveva sentito addosso un paio di occhi diversi da quelli nocciola di Adam. Una presenza estranea alla loro, che in qualche modo avrebbe potuto influenzarli in futuro. E non di certo positivamente, data l’occasione.
“ Cazzo …”
“ Anche tu vero?” chiese lui, ricevendo un sì sibilato dalla ragazza.
L’uomo emise un sospiro:” Pensi che ci abbiano visto?”
“ Non so, ma tutto ciò mi lascia alquanto perplessa …” era davvero preoccupata.
“ A chi lo dici.” Lui era nella sua stessa situazione. I due bevvero rapidi e uscirono di casa, per sgomberare la testa da idee tetre. Mentre passavano davanti al bar vicino alla pompa di benzina, Julie si voltò verso l’uomo appoggiato alla ringhiera del locale, un certo Jeremy che lei conosceva unicamente come cliente di suo padre. L’uomo le rivolse un’occhiata per salutarla, aggrottando le sopracciglia.
“ Julie?” la richiamò Adam. Lei era rimasta colpita dagli occhi dell’uomo, che la stavano come scrutando nel più profondo. Come se sapesse.
“ Andiamocene di qui.” Fece lei, girando rapida e afferrando per il braccio il suo accompagnatore. Una strana ansia le era entrata nelle vene dopo l’incontro fulmineo con le pupille di Jeremy e la sensazione non sparì nemmeno all’ora di cena. Mangiò rapida e andò in camera sua, e cercò di rifugiarsi tra le pagine dei suoi libri.
Doveva distrarsi, per non rischiare di ammattire.
Si addormentò, mettendo la sveglia all’ora della pillola, e dormì poco perseguitata da quel paio di occhi che la fissavano. Si svegliò e per prima cosa andò in salotto.
Ad attenderla trovò niente di meno che la donna che aveva sullo stomaco più di chiunque altro in quel periodo. Quella la salutò, i denti giallastri stesi in un sorriso viscido:” Buongiorno cara.”
La voce strascicata di Cindy le fece accapponare la pelle. L’ombra tanto temuta non avrebbe tardato a farla soccombere. 

Angolo di Remedios:
Rieccomi! L'estate è iniziata finalmente, e spero che il tempo libero mi aiuti ad aggiornare la storia più spesso! Le cose si stanno facendo interessanti ... come farà Julie a liberarsi di Cindy? Lo scoprirete nel prossimo episodio! *sclero da caldo*
Alla prossima, spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 16
*** 16th Chapter ***


“Cindy! Che cosa ci fai tu qui?” Julie tentò di controllare il tono della sua voce, in modo da non far trasparire quel senso di enorme fastidio e disappunto che la vista della donna le stava provocando. Ne uscì un tono cordiale e quasi invitante.
La donna la squadrò, una scintilla di terribile lussuria le bruciava le pupille:” Bene. Tua madre mi ha invitato per un caffè, spero non ti dispiaccia.”
“ Figurati.” Rispose la ragazza, andando a sedersi sulla poltrona, tanto per non starle vicino. La madre la guardò con uno sguardo che implorava perdono, sicuramente la prostituta si era auto invitata a casa loro giusto per scambiare “quattro chiacchiere” con la suddetta Julie. Si vedeva che Emily non era molto d’accordo sulla visita, posò il recipiente dove teneva la tazzina del caffè sul tavolo come se fosse sul procinto di sbatterlo per terra indignata.
“ Quanto zucchero?”
“ Amaro, non disturbarti.” Fece l’altra, dando un tiro di sigaretta. Soffiò il fumo e poi si rivolse a chi doveva:” Allora cara … cosa hai fatto in questi giorni?”
“ Le solite cose. Mi sono annoiata a morte quasi quasi.” La stizza le salì in corpo, quella smorfiosa voleva metterla alle strette.
“ Oh … potresti sempre passare del tempo in mia compagnia.”
“ pensò che Julie non ci tenga a stare con te, Cindy …” fece Emily, schiaffandole quasi in faccia la tazzina di caffè:” è ancora piccola, le tue idee tienitele per un altro momento.”
“ Era solo un consiglio, non scaldarti tanto Emily.” Disse quella, agganciando la tazzina con le unghie smaltate e poggiandoci le labbra. Bevve un piccolo sorso e poi riprese:” Tu e il vicino avete fatto molta amicizia vero?”
Un brivido corse lungo la schiena di Julie, le si dilatarono le pupille tanta era la paura che le correva in corpo. Nascose il suo terrore accavallando le gambe:” Si … anche se mi sembra che anche tu ci abbia fatto amicizia,no?”
“ Stai ad ascoltare la gente per caso? Sporcacciona. E comunque quell’uomo ha un gran talento …” la voce della prostituta gracchiò di lussuria, e a Julie si accapponò la pelle dal disgusto. Emily si sedette rumorosamente sulla sedia:” Cindy, i tuoi dettagli professionali tienili per te. Grazie!”
“ Julie non è una bambina di sette anni Emily!”
“ Ma non ci tengo a sapere lo stesso, mamma ha ragione!” sbottò la ragazza, rossa in volto. La donna diede un’altra tirata, e poi si alzò:” vedo che non siete di umore adatto, tornerò più tardi. Ci vediamo!”
“ All’inferno …” aggiunse sibilando Julie, salutandola con un accenno della mano.
La madre la guardò:” Ti dà fastidio vero? Comunque anch’io ho notato che tu e il vicino …”
“ lo hai già detto altre volte mamma, non c’è bisogno di ripeterlo … scusa, ma ho da fare.” Sfuggì alla conversazione alzandosi rapida e rintanandosi in camera sua. Era ancora presto per uscire di casa, quindi fece l’unica cosa che aveva in mente di fare. Digitò quel numero che ormai sapeva a memoria, un filo di fiato uscì dalla sua bocca secca.
“ pronto?” la voce di Adam apparve insonnolita.
“ Scusa se ti ho svegliato, ma è urgente … indovina un po’ dove è andata a ficcare il naso la civetta …”
Ci fu una pausa, poi un lungo sospiro:” La civetta sta suonando alla porta, e non sembra che stia portando la lettera per Hogwarts. Che facciamo?”
“ Trattieniti dall’ucciderla, dobbiamo farle capire che deve stare zitta ….”
“ Per quello non c’è problema, ma devo capire chi è stato a vederci …” fece lui. Julie sentiva i passi del vicino nella chiamata, si stava sicuramente avviando ad aprire la porta.
“ Ok, io vado. Risolvi tu con lei.” Disse la ragazza chiudendo la chiamata. Aveva paura che, vedendo l’uomo con il cellulare in funzione, Cindy avesse subito pensato a lei, e allora sarebbe stato difficile smuovere quella donna dai suoi inconfutabili sospetti.
Rimase dietro il vetro della finestra a osservare come quella donna salutasse Adam con un tono così falsamente cordiale che le fece venire il voltastomaco.
“ non so cosa ci sia a trattenermi dal cavarle gli occhi.” Pensò, vedendo la donna entrare in casa dell’uomo.
Si mise alla scrivania e lesse, per togliersi dalla mente l’immagine di Cindy.

 
L’ospite si sedette a gambe accavallate sulla poltrona, e Adam non potè fare a meno di andare in cucina per prendere qualcosa da bere.
“ non ti disturba la mia presenza tesoro vero?”
“ Mi sono svegliato poco fa, ma poco importa. Alcoolici?”
“ Whisky per cortesia.” Disse lei, alzandosi dalla poltrona e andando a curiosare sugli scaffali. Lui intanto tornò con il vassoio del whisky, un bicchiere di cristallo e del ghiaccio in una caraffa.
Versò la bevanda nel bicchiere e ci mise il ghiaccio, invitando Cindy a sedersi e bere.
“ Sempre gentile.” Fece lei, afferrando la sua bevanda. Lui sorrise forzatamente:” Cosa ti porta da me a quest’ora?”
“ Ho fatto un saltino dalla tua vicina, ma non sembrava di umore adatto per una discussione, così .. sono passata da te.”
“ Bel pensiero.” L’uomo nascose una certa nota di fastidio, non si aspettava di certo che fosse lei a fargli visita al mattino presto.
“ Comunque, se posso intromettermi … vedo che tu e Julie avete fatto conoscenza.”
“ Diciamo di sì … come mai sei tanto interessata?”
“ Quella ragazza non è mai stata tanto socievole con i suoi coetanei, mentre con te, venuto da chissà dove, ha subito legato … mi pare solo strano …” la donna diede un attacco di tosse catarroso, quasi anomalo.
“ Può capitare no?” fece lui, guardandola e bevendo dal suo bicchiere.
La tosse non cessò facilmente, e Cindy pensò che fosse dalla sigaretta appena fumata:” Mi indichi il bagno per cortesia.”
“ Di là.” Le fece segno con il pollice verso l’andito della casa, e lei andò, le gambe leggermente tremanti. Lui la seguì con gli occhi, fino a che non chiuse la porta del bagno.
Da lì furono rantoli e strida, seguiti poi da un rumore sordo, come di qualcosa che cade a terra.
Adam si alzò, aprì il bagno con estrema tranquillità e ammirò.
Cindy giaceva sul pavimento, un filo di bava le usciva dalla bocca. Il tacco a spillo si era spezzato durante la caduta. I polmoni ancora reagivano.
Un sorriso quasi sadico apparve sul suo volto.

Angolo di Remedios:
Che fine sadica. Ah, qual goduria *risata malvagia*
Spero vi sia piaciuto. 

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Capitolo 17
*** 17th Chapter ***


Quei rantoli … Julie, da dietro la sua scrivania, aveva sentito un brivido di terrore solcarle la schiena rapidamente, e poi aveva sentito quel tonfo sordo proveniente dalla casa vicino.

Non se l’era ripetuto due volte. Si era avvicinata come una furia alla finestra e aveva guardato ossessivamente, in cerca di un segno.

Era ancora presto per poter uscire, ma non ci stava nemmeno pensando all’ora. Dopo nemmeno cinque minuti, era corsa trafelata verso la porta di casa Dahmer, bussando isterica.

Adam le aprì la porta, il suo viso era illeggibile.

“ Oh, che bellezza vederti già da quest’ora.” Disse lui, facendola entrare. Lei entrò cercando con lo sguardo qualcosa, poi si voltò verso di lui e il tavolo con i due bicchieri di whisky.

“ Hai ospiti?”chiese la ragazza, correndo verso il tavolo. Ma qualcosa la raggiunse più velocemente. La mano callosa di Adam la bloccò prima che potesse afferrare i bicchieri:” Calma, Holmes.”

“ Adam, dimmi che hai rispettato il patto!”

“ Non capisco prima di tutto come tu abbia un sesto senso per certe cose.”

“ Ho sentito il presentimento e non ho potuto fare a meno di precipitarmi qui! Adam, hai tradito la mia fiducia!!” era arrabbiata e spaventata, nonostante sapesse che Adam era lucido perché la pastiglia l’aveva presa all’ora stabilita, si rendeva conto che l’uomo doveva aver commesso qualcosa, e lei sapeva fin troppo bene contro chi si fosse scagliato l’animo assassino di Dahmer.

“ Non ho tradito un bel niente!” sbottò lui sconcertato.

“ Si che l’hai fatto! Fammi vedere subito, sempre che non ci sia sangue che copra il suo corpo!”

“ Volentieri, il bagno è di là!” urlò lui, mostrandole la porta. Lei si precipitò e come sospettava trovò la prostituta che giaceva sul pavimento, come l’aveva trovata Adam. Notò però che il petto si muoveva ancora.

“ è …” si avvicinò per tastarle la iugulare, in cui il battito cardiaco era misero, ma udibile ancora:” viva …”

La voce di Adam la colse:” Vedi che non ho tradito nessuna fiducia?”

Julie lo guardò, un misto di spavento e rabbia le dipingeva il volto:” Ok che la odiamo, ma devi stare attento per l’amore di Dio! Cosa hai intenzione di fare adesso? Appena si sveglierà sai che disastro!”

“ Sempre che voglia parlare dell’accaduto appena sveglia …” un sorrisetto puramente sadico apparve sulla labbra del trentenne. Alla ragazza venne la pelle d’oca. Si mise davanti al corpo svenuto della donna e protese le braccia come per farle scudo:” Non osare violentarla in queste condizioni!”

“ Chi vuole violentarla? Sto solo dicendo che farò in modo che non spiccichi parola né su noi due né su quel che sembra sapere.”

La spiegazione di Adam venne interrotta da un rantolo proveniente dal corpo di Cindy, che mosse le dita della mano, segno che stava per svegliarsi.

“ Merda … che facciamo?” disse Julie, guardando la vittima muoversi.

Adam si allontanò per un attimo. Si sentì un rovistare di bottiglie di vetro, e l’uomo tornò sul posto con un barattolo piccolo tra le mani, contenente uno strano liquido.

“ prendiamo tempo.” Fece, tranquillo. Prese un fazzoletto dalla tasca dei suoi pantaloni, aprì il barattolo e chiudendo l’apertura con il fazzoletto capovolse per un istante il contenitore, imbevendo la stoffa di liquido.

“ Cloroformio?” chiese Julie. Lui annuì, poi si accostò al corpo di Cindy e premette il fazzoletto contro il muso della donna. Quella si scosse per un attimo, e subito dopo finì di muoversi, cadendo in un sonno profondo dato dall’effetto della sostanza inalata.

“ Portiamola di sopra.” Disse l’uomo, prendendola in braccio e caricandola in spalla.

Scostò Julie dalla porta e salì le scale per il piano superiore, seguito da una Julie con gli occhi fuori dalle orbite per lo spavento.

La camera da letto dell’uomo puzzava un po’ di chiuso, ma era ordinata tutto sommato. L’uomo poggiò Cindy sul letto matrimoniale, e poi le legò i polsi alla testiera del letto.

“ Adam, tu sei pazzo.”

“ Lo so …” fece l’altro:” Comunque lei rimarrà qui fino a che le acque non si saranno calmate. E ho scoperto anche chi è stato veramente a vederci.”

“ E chi?” Julie forse lo sapeva già, non voleva mandare giù il boccone e basta. L’occhiata di Jeremy le era bastata a farla sentire colpevole più di quanto già non lo fosse.

“ Vieni con me.” Fece Adam facendola uscire dalla stanza. Il cuore della ragazza accelerò i battiti all’improvviso:” Adam!”

“ Che c’è?” disse lui, portandola verso la porta poco sotto la scala.

“ Se non hai tradito la mia fiducia con Cindy …”

“ Non l’ho proprio tradita la tua fiducia. Ma sai … quando decido di fare una cosa, nessuno mi impedisce di farla, dato che mi piace risolvere i miei problemi. E dire che non volevo coinvolgerti ancora in questa faccenda … “

Accese un interruttore dietro una porta sotto la scala, che illuminò diverse lampadine illuminanti delle scale ricoperte di muffa e puzzolenti.

I due scesero rapidi le scale, fino a giungere a uno spiazzo abbastanza ampio da poterci organizzare una festa, ma troppo pieno di roba perché questo potesse accadere.

Un calore infernale pervadeva quel luogo.

“ Com’è che qui fa così caldo?” chiese Julie, che più che altro sudava freddo per la terribile sensazione che quel posto pieno di ragnatele e topi le suscitava.

“ Si trova la caldaia … dietro di te.” In effetti, appena Julie voltò il viso, vide l’apparecchio per riscaldare l’acqua e tutto l’occorrente per tenere la casa al caldo d’inverno.

“ è estate, a che ti serve tenere questo luogo al caldo?”

“ Il mio ospite morirebbe di freddo altrimenti.” Fece l’altro, facendo luccicare i denti attraverso la poca luce che la caldaia emanava.

Si sentì un lamento, e Julie si voltò verso qualcosa che si muoveva nel buio.

“ Saluta Julie, ti presento Jeremy.” Fece l’altro, nascondendo a malapena una risata malvagia. Gli occhi di Julie si spalancarono spaventati. Si avvicinò cauta a una sedia da cui poteva intravedere piedi da uomo e stivali da lavoro. Un altro lamento e un luccichio di occhi coperti di lacrime. Un viso vecchio e sudato, stancato dalla fatica e dal caldo. Un corpo legato stretto a una sedia e una bocca bloccata con un panno che stringeva abbastanza da non far uscire parola.

“Oh santo cielo …” fece Julie. Quegli occhi che lei vide luccicare erano gli stessi che l’avevano scrutata la sera prima, sospettosi. Ora la scintilla negli occhi di Jeremy simulavano più una sorta di spavento che un vago presentimento.

“ Adam, tu sei pazzo.”

“ Lo so, mia cara.” Fece l’altro. Gli occhi nocciola di Adam si erano colorati di un’intensa tonalità di marrone scuro, segno che qualcosa stava per accadere, e non di certo un balletto popolano.


Angolo di Remedios:
Hola! Penso che alcuni di voi abbiano creduto che la cara Cindy fosse morta prima ... e invece no! *risatina* ma vedrete ...
Alla prossimaa!!

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Capitolo 18
*** 18th Chapter ***


Jeremy prese a divincolarsi disperato, Julie non poteva reagire davanti a quella sua disperazione dato che Adam la osservava ossessivo, come se stesse aspettando un suo tradimento nei movimenti del corpo.
La vittima farfugliava da dietro il bavaglio conficcato in bocca, rivoli di sudore gli marcavano il viso rugoso e invecchiato dal tempo, dal lavoro e dall’alcool.
La ragazza si voltò verso Adam, non disse niente ma cercò di far capire al trentenne che tutto quello era da pazzi e che stava perdendo il controllo.
“ Julie, vieni qui un attimo.” Disse Adam con voce pacata ma in cui si poteva sentire una nota di perdita della ragione irreparabile. La ragazza avanzò pianissimo, e appena fu a cinque passi di distanza da Adam si fermò. Nel suo volto era dipinta l’angoscia più nera.
Non riusciva a scappare, aveva le gambe bloccate. Non poteva farlo in verità, l’uscita verso le scale era bloccata dalla presenza del proprietario di casa e se avesse lasciato da solo Jeremy con Dahmer, chissà cosa sarebbe successo.
L’unica cosa che poteva fare, forse, era cercare di convincere il suo”amico” a calmarsi e lasciare libero Jeremy, in cambio della segretezza dei crimini.
Adam schiuse le labbra piano:” Ti vedo spaventata.”
“ Secondo te come dovrei essere? Hai addormentato Cindy e adesso mi ritrovò quell’uomo legato a una sedia nel tuo scantinato. Non devi aspettarti una reazione felice e entusiasta. Ti devi calmare, e poi devi chiedere consiglio a me su certe cose intesi?”
“ Cara, ma se ho visto benissimo che hai paura di tutto questo?” replicò lui, con tono sicuro. Lei sobbalzò, colta in flagrante. Aveva … paura? Proprio in quel momento, lei aveva paura delle conseguenze dei suoi gesti? Lei, che si era offerta volontaria? Non voleva ammetterlo, non doveva davanti a chi aveva giurato fedeltà.
“ Paura? Io?! Non dire sciocchezze!”
“ Io non dico sciocchezze, io guardo la realtà … se continui di questo passo impazzirai.”
“ Tu se continui di questo passo impazzirai! Ti rendi conto delle tue azioni? Se dovesse succedere l’inevitabile, ti ritroverai la polizia alle calcagna e io non potrò aiutarti!”
“ In verità l’inevitabile l’ho già fatto, e come vedi gli sbirri non mi hanno ancora incastrato. Trai i risultati.” Scostò a lato la ragazza e avanzò verso la sedia a cui era legato Jeremy, che appena vide Adam avanzare iniziò ad agitarsi furioso e disperato.
Julie sbarrò gli occhi spaventata e corse verso Adam per bloccarlo nella camminata, ma l’altro la scansò rapido buttandola con una certa forza per terra. Dalla manica della giacca di Dahmer spuntò fuori qualcosa che luccicò nella poca luce della caldaia accesa al massimo. La lama del coltellino scivolò dal braccio e finì in mano ad Adam, che si leccò le labbra lascivo.
La ragazza, con le ossa doloranti, si rialzò dopo la botta  e osservò la scena, tentando di alzarsi e di fare qualcosa prima che quell’oggetto in mano al suo amico finisse conficcato in qualche parte del corpo grassoccio di Jeremy, che aveva aumentato il ritmo del suo dondolio disperato.
“Adam, che cavolo vorresti fare?” urlò la ragazza mettendosi in piedi. Le sue parole furono come brezza, dato che Adam non voltò nemmeno la testa verso di lei.
La sedia venne messa in bilico sulle gambe posteriori e messa in equilibrio dal braccio di Adam che teneva lo schienale con una mano. Si avvicinò al viso di Jeremy, lo guardò dall’alto verso il basso, poi si avvicinò al suo orecchio:” Sai, non mi sono piaciuti gli spioni.” Sussurrò rocamente.
Avvicinò la lama alla guancia della vittima, che insistentemente osservava quel luccichio sinistro sfiorargli la pelle, pronta per graffiarla e farlo sussultare di dolore.
“ è da un po’ che non fai la barba vero?” fece Adam, accarezzandogli la guancia con l’arma. Scese giù sul collo, il cui pomo d’Adamo aveva deglutito rumorosamente. Jeremy ebbe un tremore appena sentì la punta dell’arma stuzzicargli la giugulare.
Adam si divertiva nel guardare il terrore negli occhi dell’altro, si divertiva come non mai. Aprì lentamente un bottone della camicia dell’uomo e infilò il coltello dentro, stuzzicandogli la pelle con la punta della lama e facendolo respirare a fatica.
“Dimmi, come preferisci? Morte lenta o veloce?” sibilò Adam, roteando la punta dell’arma ora vicino all’occhio del boscaiolo, pronto a piangere di paura.
Julie osservava terrificata, e non sapeva come diavolo fare. Doveva bloccarlo prima che facesse seriamente del male a Jeremy, e doveva fare anche in modo che l’altro non spiattellasse tutto e stesse zitto su questa situazione.
Ad un tratto gli occhi di Jeremy puntarono su Julie. Imploravano pietà e aiuto, e la ragazza ebbe un fremito. Adam si voltò verso il punto dove le pupille dell’uomo stavano guardando e sorrise:” Non preoccuparti, sto solo giocando con lui. Vedi com’è docile alle mie carezze?”
“ Ti prego smettila.” Disse lei, con voce tremante. L’altro rimise la sedia di Jeremy in equilibrio, si avvicinò a lei rimettendo il coltello a posto e le porse una mano:” Alzati.”
Senza afferrare la mano di nessuno, Julie si mise in piedi di fronte ad Adam, guardandolo dritto negli occhi:” Stai facendo la cosa sbagliata. Non risolverai niente così.”
“ Non parlare proprio tu, cara. Io sto solo facendo quello che la mia natura da assassino mi detta di fare.”
“ Tu non sei un assassino! Sei solo uno che ha bisogno di aiuto e che non uccide la gente!” urlò disperata, aggrappandogli le spalle e cercando di scuoterlo, per farlo “rinvenire” dalla situazione.
“ Lascialo andare! Gli faremo promettere di non dire niente ma ti prego!” il crollo di ogni singola lettera in quella frase suggeriva una crisi di pianto immediata. Abbassò la testa e represse un singhiozzo.
Sentì una presa leggera sulle sue mani ancorate alle spalle del trentenne e qualcosa di morbido toccarle la fronte. Le mani di Adam erano sulle sue gote:” Non posso.”
Lei rimase in silenzio e si scostò da lui. Negli occhi dell’uomo era dipinta la sofferenza mista alla pazzia, qualcosa che Julie non aveva mai visto in vita sua. Come se si stesse pentendo, ma non avesse la forza per lasciare tutto.
“ Adam …”
“ Vai a controllare Cindy. Non puoi uscire da questa casa, ho chiuso tutto prima di farti venire qui in modo da bloccarti la fuga. Controlla che non si sia svegliata, usa il cloroformio se accenna segni di risveglio. Ci penso io qui.”
“ Ma …” lei non sapeva come replicare la scelta di Adam, ma tacque appena lui le baciò la guancia furtivo:” Non lo ucciderò, prometto.”
Lei arrossì violentemente e fuggì verso le scale, alla volta della camera da letto. Entrò piano, Cindy era sul letto e il suo sonno poteva reputarsi pesante. Si sedette lì accanto senza far piegare troppo il letto e osservò quella donna per lunghi istanti.
Cosa stava facendo? Perché assecondava le richieste di un uomo che stava torturando un suo simile in uno scantinato? Forse … si … ne era davvero innamorata?
No, forse era solo pazza, pazza da legare. Nessuno si farebbe abbindolare così, lei invece …
Sospirò parecchie volte, guardando la porta aperta e Cindy dormiente.
“ Cosa sto facendo …” pensò tenendosi la testa tra le mani. Quei baci innocenti che le aveva dato erano forse una conferma? Non lo sapeva nemmeno lei.
Poi, qualcosa interruppe il flusso dei suoi pensieri. 


Angolo di Remedios:
Si, lo so. Vi aspettavate chissa che e invece ... no! Mi piace farvi cuocere nel brodo dell'incertezza, vedremo di far andare male le cose molto più avanti <3 ( sapete che vi amo, risparmiate i pomodori per il pranzo!)
Besos, Remedios.

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Capitolo 19
*** 19th Chapter ***


Un calpestare furioso di passi la spaventò a tal punto da farle scappare un urlo strozzato. Si alzò rapida dal letto e si affacciò sulla balaustra della scala, sbarrando gli occhi. Jeremy, visibilmente indemoniato, stava combattendo a colpi di attizza braci preso con furia dal camino in salotto contro un Adam che non possedeva niente in mano e che tentava, nonostante fosse indifeso, di tenere il controllo sul prigioniero che si era liberato. Di sicuro il calpestare di prima era stato dovuto a Jeremy e Adam in inseguimento sulle scale dello scantinato.
“ Che qualcuno mi aiuti!” continuava a urlare Jeremy, agitando davanti a sé l’attrezzo di ferro pesante. Adam cercava di proteggersi con le braccia, e con mosse agili riusciva a schivare i colpi di Jeremy, che andavano a colpire e a distruggere l’arredamento del salotto. Una lampada cadde a terra, frantumandosi in tanti pezzi di porcellana bianca e tagliente e la libreria subì molti colpi, scheggiandosi e ammaccandosi.
“ è inutile che tenti di urlare, scemo!” gli urlava addosso Adam, facendosi schermo con il divano e le poltrone, ridotti a cumuli di piume dalla potenza lacerante dell’arma di Jeremy.
“ Si invece! Tu sei un pazzo, e anche la tua amica! Lo sapevo che stavi combinando qualcosa di sbagliato!” sbraitò il boscaiolo, agitando l’attizzatoio sopra la testa a mò di sbarra e poi sbattendola per terra, dove poco prima si trovava Adam.
Julie guardava sconcertata la scena da sopra. Sapeva benissimo che quelle urla non sarebbero passate inosservate tanto facilmente, anche a finestre chiuse. Non sarebbe stato normale sentire tanto chiasso in un mattino placido e noioso come quello, e presto qualcuno sarebbe venuto a chiedere cosa stesse succedendo. Allora lei sarebbe finita nei guai sicuramente, Adam avrebbe fatto la fine di una cane soppresso e Jeremy e Cindy avrebbero avuto un sorriso di trionfo sul volto per tutto il resto della loro vita.
E un’altra cosa la preoccupava. Se Adam e Jeremy avessero continuato a urlare come stavano facendo, Cindy sicuramente si sarebbe svegliata e avrebbe urlato come una matta attirando l’attenzione. Dunque la ragazza si precipitò sulla soglia della porta della stanza a controllare. Cindy era ancora addormentata, anche se le membra erano in movimento. Probabilmente stava davvero per svegliarsi.
Il cuore di Julie fece un balzo d’ansia, e il respiro le mancò per un istante. Cercò con gli occhi qualcosa, quel qualcosa che avrebbe risolto la situazione per il momento.
Girò la testa dentro la stanza, e vide attaccata alla serratura della porta la chiave della stanza, luccicante alla luce del sole.
Senza pensarci due volte, la sfilò senza fare rumore e la infilò dall’esterno, chiuse cautamente la porta e girò la chiave due volte, evitando che lo scatto facesse troppo rumore.
“Perlomeno se si sveglia non reca danni …” pensò la ragazza, infilandosi la chiave in tasca e riprendendo a guardare verso il salotto di giù.
Il casino combinato dalla paura mista alla rabbia di Jeremy aveva completamente distrutto gli arredi, mentre Adam non sembrava aver riportato alcuna ferita. Julie si sbalordì: La stanza dove stavano lottando era piccola, quindi lo spazio per i movimenti era limitato e ostacolato dall’arredamento. Come Adam avesse fatto a non inciampare e beccarsi colpi era un mistero per la ragazza.
Jeremy rincorreva l’uomo come un cane rincorre una volpe a caccia, agitando l’arma con furia e andando a fare danni ad altri mobili.
“ Vacci piano amico! Quelle cose le ho pagate!” urlò Adam, schivando un altro colpo.
“ Tra un po’ pagherai tutto, in carcere!” rispose Jeremy, stavolta sferrando un colpo che Adam non riuscì ad evitare. La sbarra colpì forte il gomito di Adam, che fece un suono sinistro di rottura. Adam rantolò, il colpo era davvero potente e gli si fermò il respiro per un istante, una sensazione di conato lo pervadeva.
Julie fu lì lì per intervenire a dare man forte ad Adam vedendolo in difficoltà per la prima volta.
“ Adam!” corse verso l’inizio le scale, pronta per correre al piano di sotto a dargli soccorso, ma la voce dell’uomo, roca e debole per il colpo subito, interruppe le sue intenzioni:” Ho tutto sotto controllo.” Si teneva il braccio ferito con l’altra mano, mentre guardava Jeremy che teneva sul volto un sorrisetto di trionfo per aver fatto centro.
“ Sei finito!” Jeremy mosse l’attizzatoio pronto per arrivare in testa ad Adam, ma fallì il colpo. Nonostante il gomito rotto e il braccio dondolante, l’uomo riuscì a spostarsi in tempo e, per sfortuna di Jeremy, l’attizzatoio andò a incastrarsi a fondo in una fessura profonda tra le mattonelle del camino.
“ Merda!” imprecò Jeremy, cercando di tirar fuori l’arma. Adam gli si fece dietro e con il braccio sano estrasse un coltello che aveva in tasca, puntandolo alla schiena grassa dell’ostaggio:” Ti consiglio di non fare mosse false, bestione.”
Ora il tono di voce del trentenne suonava rauco e minaccioso. La punta del coltello andò a lacerare la camicia di Jeremy in un punto vicino al fegato, la pelle abbronzata sbucò dal tessuto sfibrato.
Il contatto della lama fredda con la schiena causò a Jeremy brividi più freddi di quelli che stava provando dopo essere stato messo alle strette.
Il coraggio che prima aveva acquisito era scemato appena aveva sentito la paura toccargli ogni nervo del corpo:” Non uccidermi …”
“ Non ne ho l’intenzione. Tu fai il bravo e ti lascio andare.”
“ Chi mi dice che non mi ucciderai eh?”
“ Ho dato la mia parola.” Disse alla fine, rivolgendo di sfuggita lo sguardo verso Julie, che appena udì quelle parole ebbe un sussulto di gioia.
“ Sta rispettando il nostro patto … nonostante tutto.” La ragazza era stata ascoltata fino a quel momento, sempre. Si coprì la bocca per fermare un singulto e guardò in direzione di Adam con occhi pieni d’affetto. Lui ricambiò frettoloso e arrossendo. Poi ritornò a Jeremy:” Non dirai niente su quello che è successo?”
“ Niente prometto! Ma tu non uccidermi!” il tono di supplica di Jeremy suonava piagnucoloso e ridicolo, e ciò fece capire a Adam la sincera paura che gli stava procurando quel trattamento, unito a quello che gli aveva già fatto passare.
“ Voltati verso la porta e torna a casa tua. Io e te non ci siamo mai visto. Se osi parlare, non mi farò scrupoli.” Fece Adam serio. Jeremy lasciò la presa sull’attizzatoio e camminò verso la porta, Adam continuava a tenergli il coltello puntato verso la schiena.
Quando l’altro fu davanti alla porta, Adam girò la chiave e aprì:” Sei libero coniglietto, torna a mangiare le tue adorate carotine.”
Il boscaiolo uscì dalla porta, guardò che non ci fosse nessuno a guardare e poi corse via, diretto verso chissà dove lontano da lì.
Solo dopo che la porta fu chiusa, Julie corse giù per le scale andando accanto ad Adam, che nel mentre aveva ignorato o cercato di ignorare il dolore pungente e intenso che provava al gomito.
“ Mio dio! Stai bene?” fu la domanda che uscì rapida dalla bocca della ragazza. Luì tossì e strizzò gli occhi e i denti:” Non tanto, ho bisogno di andare subito all’ospedale.”
La ragazza annuì e gli aprì la porta. Senza pensare ad altro, la macchina di Adam lasciò il viale diretta verso il pronto soccorso più vicino.

Angolo di Remedios:
Lo so. Tutti vi aspettavate un omicidio, e mi ammazzerete per questo. Ma se mi ammazzate non sapete come va a finire! *risata malefica*
Considerando tutto ciò, direi che le cose si sono fatte interessanti, tra un pò sarà tutto molto più puntato al finale della questione. Vi aspettate un lietofine o un dramma? beh ... sta a me decidere! *acidità al massimo*
Bando alle ciance, spero sia piaciuto!

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Capitolo 20
*** 20th Chapter ***


“Signor Dahmer.” La voce atona dell’infermiera risuonò nella sala d’attesa del reparto d’ortopedia. L’interessato si alzò, dicendo sottovoce a Julie di stare lì ad aspettarlo. Lei obbedì ributtandosi a sedere sul posto, intimorita dallo sguardo degli altri.
La porta degli ambulatori dell’ospedale si chiuse inghiottendo dentro il suo amico e lei la fissò a lungo, pregando il cielo che la ferita di Adam non fosse niente.
Aveva mantenuto la promessa e Jeremy era rimasto vivo. Lo aveva fatto per farle un piacere? O semplicemente le sue condizioni non gli permettevano una fuga rapida? Tante domande bombardavano la sua testa, tutte senza risposta e accompagnate dal strano presentimento che le cose sarebbero solo peggiorate da quel momento in poi. L’ostaggio era fuggito, e se anche non avesse parlato, rimaneva Cindy. La prostituta era ancora nella camera da letto, e appena si fosse svegliata, avrebbe urlato a squarciagola rivelando la sua posizione a mezzo vicinato e facendo accorrere le forze dell’ordine.
Erano nella merda, e lei se ne stava rendendo conto.
Continuò a fissare la porta dell’ambulatorio, battendo il piede sul pavimento e mordendosi il labbro inferiore.
“ E adesso? Come si fa?” continuava a pensare, torturandosi le mani e intrecciando le dita tra di loro. Abbandonò la testa all’indietro mandando uno sbuffo, e poi si alzò per camminare un po’, nessuno si curava abbastanza di lei per osservarla fare quelle mosse trasudanti nervosismo.
Si avvicinò a una delle infermiere:” Mi scusi, il signor Dahmer sta bene vero?”
“ Non ha niente di troppo grave signorina, la prego di aspettare qui per il momento. Il suo amico sta bene.” Rispose l’altra sorridendole appena. La ragazza si grattò il naso con l’indice e ritornò al suo posto, sbuffando.
Passarono diversi minuti, se non un’ora, prima che Adam ritornasse nella sala d’attesa.
Il suo gomito non era stato gessato, bensì fasciato in fretta e fermato con una barra di ferro.
Julie gli andò incontro guardandolo torvo:” Come mai questa cura grossolana? Hai il braccio fratturato!”
“ Non abbiamo tempo da perdere in ricoveri e gessi …” rispose lui, salutando l’infermiera e prendendo per mano Julie. Uscirono rapidi dall’edificio e camminarono fino ad arrivare alla Fiat di Adam. Solo lì Julie sciolse la presa dalla mano di Adam:” Quindi anche tu sei preoccupato?”
“ Ovvio. Cindy è ancora in casa, e anche se l’ho legata, non l’ho imbavagliata. Non possiamo tornare a casa … cazzo …” emise un sospiro rabbioso a denti stretti e guardò davanti a sé, fissando il vuoto.
“ L’unica è scappare vero? È per questo che non ti sei gessato il braccio?”
“ Se mi avessero gessato non avrei potuto guidare lontano con una mano, a meno che tu non muova le marce e io il volante, ma sarebbe rischioso e strano.”rispose lui, aprendo la portiera e entrando. Aprì la portiera a Julie, invitandola a entrare.
 Appena la ragazza chiuse, lui si volse verso di lei:” Vuoi davvero scappare tu?”
Lei alzò le sopracciglia sorpresa e lo guardò. Negli occhi del trentenne lampeggiava una luce decisa e che non ammetteva repliche o titubanze. Sì o no, queste le uniche risposte che avrebbe potuto dare. Invece strinse le labbra e si morse il labbro inferiore, indecisa:” Perché mi chiedi tutto questo?”
“ Tu non hai fatto male a nessuno. Cindy non ha buona fama e non verrà ascoltata più di tanto. Jeremy penso sia troppo scioccato per dire qualcosa sul tuo conto. Io invece sono sospetto. Lascia che ti accompagni fino a casa tua, mentre io scapperò lontano per non farmi trovare. Non voglio farti vivere una vita infernale per dei miei errori.”
Era stato chiaro, sin troppo. Le aveva detto che, non c’entrando niente e non avendo fatto male a loro, lei era in qualche modo salva. Lui no, avrebbe dovuto scappare. Lei no, sarebbe dovuta rimanere per vivere la sua vita tranquilla. Ma come poteva pretendere di riprendere una vita normale dopo quello che aveva vissuto?
Scosse leggermente la testa, un velo di lacrime le copriva gli occhi:” Non voglio abbandonarti.”
“ Julie, lo sto dicendo per il tuo bene.”
“ So io cosa devo fare, e se ho deciso di scappare con te … beh, che sia. Non mi interessa come andrà a finire, se ho deciso di aiutarti a guarire sta pur certo che resterò fino alla fine.” Non ci stava credendo nemmeno lei. Quel fiume di parole tanto profondo era appena sgorgato dalle sue labbra come lava da un vulcano. Sì, sarebbe rimasta, volente o nolente. Più volente.
Lui la guardò per un lungo istante, e avvicinò il viso contro quello di Julie, che indietreggiò lentamente colta di sorpresa e rossa in volto.
“ Sei così lunatica a volte. Non riuscirò mai a capirti.” Disse, la voce roca e divertita. Esplose in una risata liberatoria che coinvolse anche Julie e poi poggiò la testa sul sedile:” Sei davvero sicura?”
“ Non insistere.” Rispose lei, quasi infastidita. La mano di Adam sfiorò quella della ragazza, donandole una lieve scossa che la fece trasalire:” Capisco.”
Girò la chiave nel cruscotto, il motore della 500 rombò nel parcheggio dell’ospedale. Con un po’ di fatica, Adam impugnò il volante con entrambe le mani e lasciò il parcheggio, dirigendosi verso l’uscita della città. Nessuna valigia predisposta per quel viaggio, nessun piano. Solo loro due, una macchina e i portafogli di Adam e Julie, unica cosa che si erano premurati di portare con loro prima di andare all’ospedale. Probabilmente sapevano che cosa fare ancora prima di partire, lo sapevano entrambi e non avevano bisogno di dirselo.
Il cartello con la scritta “ora state lasciando” e la scritta della cittadina sfrecciò via dalla loro visuale e la Fiat si inoltrò nella strada deserta che conduceva verso il resto del Wisconsin, dalla parte opposta rispetto a Milwaukee. Non sapevano dove andare, ma “il più lontano possibile” sarebbe stata la loro tappa per lungo tempo.
Per smorzare la tensione, Julie accese la radio e “Chop Suey” dei System of a Down risuonò potente nelle casse della macchina. Lei si abbandonò al tono metal della canzone, e Adam ascoltava senza replicare. Una lieve interferenza però disturbava il tranquillo scorrere della canzone. Adam cerco di aggiustare l’interferenza, e fu così che capitò nella radio locale:

"Stamattina, verso le 9, nella casa del signor Dahmer Adam è stata ritrovata una donna legata al letto, ancora viva e scioccata. Le urla della donna, che si era svegliata dopo che le era stato somministrato del sonnifero, hanno richiamato la curiosità del vicinato, che è entrata in casa e l’ha trovata nella camera dell’uomo, che non era in casa in quel momento. La donna, ancora visibilmente scossa, testimonia:” Quell’uomo è un pazzo! Lui e la sua amichetta! Trovateli, voglio dar loro una lezione!” Presumibilmente, la donna si riferisce a Julie Baxter, la ragazza di sedici anni che da pochi giorni era diventata conoscente e amica di Dahmer, destando sospetti nel resto della cittadina. La polizia è già sulle possibili tracce dei due cercando testimonianze tra i vicini.”

“ Adesso anche la radio …” pensò Julie, terrorizzata. Guardò Adam di sfuggita, e lui ricambiò, pigiando il tasto sull’acceleratore.
“La notizia si è sparsa rapida a quanto pare … are you ready baby?” chiese l’uomo, sorridendo appena.
“ Oh yeah.” Rispose lei, mettendosi comoda sul posto. La macchina aumentò di velocità, non vedendo altre macchine davanti a sé. Scappavano, da tutto e da tutti. Senza niente, solo soldi e tanta voglia di nascondere la dura verità.
Per quanto tempo il destino non li avrebbe beccati?

Angolo di Remedios:
Ecchime! Cindy come sempre combina casotti, tutti sperano che schiatti come un insetto schiacciato sotto la suola di una scarpa. Anch'io lo spero, state tranquilli!
Spero sia piaciuto, il mio corpo è pronto a insulti o complimenti!
Remedios

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Capitolo 21
*** 21st Chapter ***


La Fiat 500 si fermò nel modesto parcheggio battuto dal sole di un altrettanto modesto motel a pochi metri dall’autostrada. Adam spense il motore e poi sospirò:” Che facciamo esattamente?”
Julie lo guardò, e dopo aver riflettuto per un attimo, rispose:” Prenotiamo una stanza con nomi falsi, e poi .. ho un’idea. Tu non andare prima che io abbia finito.” Pensava come una vera criminale, ormai. Pronta per la latitanza. Questo le metteva paura, ma la eccitava, un’eccitazione euforica e senza descrizioni ulteriori.
I due uscirono dalla macchina, e mentre Adam l’aspetto appoggiato alla macchina, Julie intravide un piccolo supermercato postato da quelle parti. Vi entrò, contò i soldi che aveva in tasca e decise che quelli le sarebbero bastati. Si diresse verso il reparto degli oggetti per la cura personale,e dopo aver adocchiato quello che cercava, prese senza pensarci i prodotti e pagò, dirigendosi poi verso l’uomo.
“ Cosa hai comprato?” chiese lui curioso. Lei sorrise e tirò fuori una scatola di tinta per i capelli:” Ci facciamo belli!”
Poi lo spinse con sé verso un rozzo bagno per camionisti.
 
Adam si riguardò parecchie volte nello specchio, prima di sorridere come uno scemo:” Sono un figurino!” il suo colore castano scuro era stato reso di un piacevole biondo cenere in tinta con il nocciola dei suoi occhi. Le mani di Julie avevano scolpito poi un acconciatura non troppo corta, con un ciuffo che ricadeva leggero sugli occhi. Era molto bello e sembrava addirittura dimostrare meno anni di quanti ne avesse in realtà:” Grazie Julie, sei una fata!”
“ Di niente!” sorrise lei compiaciuta del suo lavoro. Il rosso dei suoi capelli era stato sostituito da un nero quasi bluastro, che con gli occhi formava una mise di mistero e fascino insieme. Invece di tenerli come sempre legati, aveva optato per tenerli sciolti, non poteva tagliarseli da sé e Adam non ne era capace, ma non le era dispiaciuto.
“ Da quando sai tingere i capelli?”
“ Mia madre non si fida delle parrucchiere in paese, così chiede a me ogni volta. È un miracolo che quella marca di tinta sia facile da applicare!” fece, scuotendo la chioma corvina.
“ Ti dona il nero.” Fece lui, con tono mellifluo. Julie arrossì:” Grazie. Possiamo andare ora.”
Adam annuì e uscì dal bagno, buttando prima la busta contenente i suoi capelli dentro la pattumiera poco lì accanto.
Poi si avviò verso il banco per le prenotazioni in motel. Julie aspettò fuori, lo vide uscire poco dopo:” Siamo fortunati che questo posto sia così poco caro. Io sono Dereck Everdeen e tu la mia sorellina Cassidy.  Possiamo andare, stanza 65.”
I due si diressero verso la stanza. Piano terra, un quadrato abbastanza grande da non sembrare soffocante  con un letto matrimoniale, una piccola zona cucina e una tv con due poltrone. Julie impallidì alla vista del matrimoniale. Adam la guardò divertito:” Ti preoccupa?”
“ Un po’ … cioè … non sto insinuando chissà che ma …” ormai stava balbettando, imbarazzatissima. Sapeva per certo che Adam non era il tipo da allungare le mani verso di lei, ma un letto unico per due persone è sempre indice di brutti affari. E se si fosse ritrovata avvinghiata al trentenne? Al pensiero, scosse la testa paonazza.
“ Sei tutta rossa.” Osservò lui, avvicinando il viso. Lei lo scostò rapidamente:” Che ti aspetti?”
“ Sei la mia sorellina, se ti tocco mi accusano di molestie. Tranquilla, dormirò unendo le poltrone.”
“ Ma no! Basterebbe che dormissimo ai fianchi opposti del letto no?” un tono quasi incitante uscì dalle labbra della sedicenne. Lui alzò un sopracciglio:” Ti fidi tanto?”
“ non voglio avere schiene rotte sulla coscienza.” Si limitò a dire lei.
Lui sorrise appena:” Sia. Tanto qui rimarremo solo due notti. Non possiamo restare tanto in un posto.”
“ Durerà a lungo questa storia?” chiese Julie, mordendosi poi la lingua. Altre preoccupazioni, questo non voleva proprio farlo sentire ad Adam.
Lui sospirò:” Credo di sì, finché le acque si saranno calmate. Siamo all’inizio della tempesta mia cara!” disse poi, sorridendo. Lei si accigliò un po’ alzando le spalle.
“ Ti va un po’ di tv?”
“ Va bene.”
 
Qualcuno bussò alla porta. Un bussare quasi nervoso che fece sobbalzare Emily. La donna si alzò di scatto dal divano dove era seppellita a causa dell’ansia procurata dalla scomparsa della figlia e andò ad aprire. Un uomo alto, castano e con due occhi nocciola stretti in occhi piccolissimi si presentò alla porta:” Lei è Baxter Emily?”
“ Sì … lei invece?” la donna era lievemente sorpresa di incontrare quell’uomo. O forse era troppo scioccata per poterlo rassomigliare a qualcuno.
L’altro porse la mano:” Christopher Dahmer, il fratello del vostro vicino.”
Per poco la donna non cacciò un urlo:” Oh! Quindi ha saputo?”
“ Mi hanno avvisato quasi subito. Sono praticamente corso. Lei come sta?”
“ Male signore, male. Mia figlia è praticamente scappata di casa.” Se prima era riuscita a reprimere le lacrime, ora il nodo alla gola andava districato. La sua voce venne rotta da un pianto liberatorio, a cui Christopher reagì imbarazzato:” Signora … non volevo.”
“ Non è colpa sua. Si accomodi comunque.” Fece lei, asciugandosi maldestramente le lacrime con il dorso della mano.
L’uomo prese posto in casa e Emily gli offrì un caffè:” per cosa è venuto precisamente?” chiese lei, sedendosi sul divano e guardandolo attentamente. Somigliava davvero al fratello, solo con qualche anno di più.
L’uomo bevve un sorso, poi si fece serio:” Ho i mezzi per rintracciarlo, catturarlo e spedirlo in manicomio come promesso.”
Alla donna vennero i brividi. In quella tonalità nocciola tanto simile a quella del fratello lesse la determinazione quasi severa che incendiava l’animo di Christopher.

Angolo di Remedios:
Salve! mi scuso per il ritardo, come sempre. Non ho voluto fare un capitolo tanto importante perchè voglio arrivare piano verso la fine. Posso solo dire che, se non scrivo altri capitoli entro il 31, questò sarà l'ultimo prima che io vada al mare nei primi giorni di settembre, di conseguenza l'altro arriverà o tra pochi giorni o tra ben tre o due settimane. 
Mi auguro che sia stato di vostro gradimento! alla prossima!

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Capitolo 22
*** 22nd Chapter ***


Un brusio lievissimo bastò a destare Julie dal suo sonno alquanto leggero. Sbatté le palpebre, e per un attimo parve disorientata davanti alla diversità che i suoi occhi le mostravano: non vedeva davanti a sé la parete con i poster della sua stanza, ma una finestra sporca di escrementi di mosca da cui penetrava una debole luce, forse quella dell’insegna del motel.
“ Vero … sono scappata.” Sembrò ricordarsi. Era stesa nel suo lato del letto matrimoniale, dopo la storia avvenuta la sera prima su come lei e Adam dovessero dormire. Lui aveva optato per lasciarle il letto mentre lui si sarebbe accontentato della poltrona, ma l’insistenza di lei sul fatto che in fondo dormire insieme non le procurava fastidi aveva prevalso. Così si era ritrovata a stare al fianco estremo del lettone, mentre il “compagno” sarebbe stato al lato opposto.  Il patto poi si era concluso in modo assai insolito:
 
Flashback
“Non ti capisco proprio: prima diventi paonazza nel vedere il letto matrimoniale e poi insisti perché dormiamo insieme. Quando capirò cosa gira in quella tua testolina mi riterrò soddisfatto.” Aveva esclamato ironicamente Adam, guardando intenerito le guance di Julie gonfie in segno di protesta. Lei si limitò a girare la testa, quasi stizzita:” Non mi va di avere una schiena rotta sulla coscienza!”
“ Ma la poltrona è comoda!”
“ Non c’entra niente! Basterà dormire ai lati estremi … se è quello che ti preoccupa …” era diventata rossissima in volto, e sul volto dell’uomo si allargò un sorriso.
“Cosa dovrebbe preoccuparmi precisamente?” avanzò verso di lei, cogliendola di sorpresa. La ragazza fece un balzo indietro, e nel farlo sbatté contro il letto, finendoci distesa.
“ Oh mio dio …” fu l’unica cosa che riuscì a pensare, prima di ritrovarsi il corpo e il viso del trentenne a pochi centimetri dal suo viso. Fissò intensamente gli occhi nocciola del giovane, divenuti improvvisamente torbidi e deglutì a fatica.
Adam alzò il sopracciglio e mise le mani ai lati della chioma corvina della ragazza:” Non mi rispondi?”
Lei aprì la bocca, come per rispondere, ma la richiuse subito dopo, imbarazzata. Lui si limitò ad avvicinare ancora di più il suo viso, sorridendo appena.
Solo allora lei reagì:” Ti ricordo che fingiamo di essere fratelli. Che intenzioni hai?”
Lui sbatté gli occhi divertito e poi rise:” Non amo gli incesti, sorellina … ma per te farei uno strappo alla regola …” nel dire le ultime parole però il suo viso si velò di serietà.
Il cuore di Julie prese il galoppo. Com’era possibile potersi ritrovare a pochi centimetri dal volto di quell’uomo che in pochi giorni le aveva sconvolto la vita e sentirsi mancare ogni singola fibra del corpo? La gola le si seccò, e al posto di un gemito venne fuori un sospiro impiastricciato appena schiuse le labbra.
Adam allargò le palpebre e allontanò il viso:” Scusami, non volevo mett –“ Non concluse la frase. Prima che riuscisse a rimettersi in piedi per aiutarla a rialzarsi, un paio di labbra tremanti si erano impresse sulle sue incollandosi e lasciandolo con il fiato sospeso. Prese coscienza della situazione, ma stranamente non respinse l’invito e rispose al bacio tremante della ragazza, che aveva timidamente infilato le dita tra la chioma biondo rame del trentenne. Lei poteva solo sentire il battito di mille farfalle sbatterle dentro lo stomaco, la sensazione di soffici capelli tra le dita e un calore inebriante invaderle il corpo, con una fitta acuta nel basso ventre. Schiuse poco le labbra staccandosi appena, ma Adam le afferrò dolcemente la testa e la fece posare sul materasso, intrappolandole le labbra tra le sue e muovendo appena per tastare il terreno.
Le braccia di Julie non tardarono ad avvolgere Adam, e mentre rispondeva lentamente al bacio la ragazza sentiva una strana euforia nelle vene e a fior di pelle. Piegò la test, per far aderire maggiormente la bocca soffice dell’uomo, che capì e mosse frenetico e passionale, baciandola poi a schiocco e riprendendo fiato con la fronte incollata a quella di Julie.
“Cassidy, non stiamo facendo la cosa giusta …” sussurrò, mordendole il labbro inferiore delicatamente. Lei rise gutturalmente e schiuse poco le labbra senza rispondere. Fece guizzare poco la lingua, e ovviamente il trentenne recepì il messaggio. Approfondì il bacio, esplorandole la bocca piano ma con passione, ricambiato con entusiasmo da Julie.
“Sai di buono.” Le sussurrò contro la bocca, mordendola appena.
L’abbracciò continuando a baciarla, sentendola gemere. Sapeva però che non avrebbe potuto continuare.
Dunque il buon senso prevalse sull’istinto.
“Se ci vedono siamo fottuti … avanti, alzati.” L’uomo si alzò, rimettendosi a posto i vestiti e tese la mano a Julie, ancora febbricitante e stordita. Tirandola su, la attirò tra le sue braccia: “E così ti piaccio?” le fece all’orecchio. Lei impallidì, e scostandosi appena lo guardò negli occhi, balbettando un flebile “Sì”. Non sapeva nemmeno lei da dove le provenisse tutto quel coraggio.
Poi sorrise, baciandogli il mento coperto da una leggera barba incolta:” Ne sei stupito?”
“ Un po’ … sai, non sono tipo da relazioni serie, ho più la tendenza a scappatelle occasionali, sai già come … ma con te è diverso … e dire che tutto è successo nel giro di pochi giorni!” concluse ridacchiando e stringendola ancora di più:” Però … per stanotte niente festeggiamenti, se ne parla quando sarai maggiorenne.”
Julie arrossì a quell’allusione tanto diretta e sbottò:” Non voglio di certo arrivare subito a quello!” Nel farlo spinse via Adam, che le afferrò delicatamente i polsi dandole poi un bacio sulla fronte:” Che violenza …” le fece poi l’occhiolino, lasciandola andare. Si sorrisero e si accorsero dell’ora.
“ Andiamo a dormire?”
“ D’accordo ..”
Si stesero, ma ebbero vergogna di mettersi vicini, così si guardarono e si diedero la buonanotte.

Fine Flashback
 
Ancora pensierosa, voltò la testa dal lato di Adam, afferrando prima il cellulare per controllare l’ora. Mancavano venti minuti all’una di notte, l’ora della pastiglia. Per fortuna, la ragazza aveva raccomandato Adam di portarsi sempre a presso il barattolo degli psicofarmaci, così se avesse avuto una crisi avrebbe potuto provvedere da sé.
Strabuzzò gli occhi nel buio appena rischiarato dalla luce della luna, ma non riusciva a vedere granché. Allungò la mano per tastare e incontrò il materasso, vuoto ma ancora tiepido. Un lieve senso di panico la attraversò:” Adam?” chiamò a voce bassa. Non ricevette risposta. Guardò verso la porta d’ingresso, e si accorse che era socchiusa. Senza nemmeno pensarci, saltò giù dal letto e corse fuori. Il piazzale del motel era placido nella pallida luce dell’insegna del motel e un vento afoso spirava sollevando il lieve strato di polvere accumulatosi durante le ore di luce. Di Adam, per quanto la vista di Julie offuscata dal sonno e dal panico le permettesse, nessuna traccia. Corse, cercando di non fare troppo rumore, lungo tutto il parcheggio chiamandolo a bassa voce, usando però il nome falso nel caso in cui l’addetta alle stanze si fosse accorta di lei.
“Dereck!” chiamava sbirciando dappertutto. Da alcuna stanze, nonostante l’ora, provenivano suoni attutiti e luci soffuse, e la ragazza non volle indagare sulla natura di alcune urla e gemiti provenienti dai piani superiori. Poi però le venne un dubbio: che Adam, voglioso, fosse andato in cerca di qualche prostituta per soddisfare le sue esigenze? Non che la cosa la urtasse, dato che conosceva le sue abitudini; poteva darsi che il bacio del giorno prima non gli fosse bastato, ma non aveva voluto approfittarne con una minorenne.
“Saggio …” pensò, senza ritenerlo un’offesa ai suoi sentimenti, ma pur sempre con una leggera fitta di stizza e gelosia. Tentò di salire alle stanze di sopra, e stavolta udì chiaramente grida eccitate. Totalmente imporporata dalla vergogna e con un sorriso sciocco sulle labbra, spiò ogni finestra, coprendosi prima gli occhi per evitare spiacevoli visioni. Ma stranamente non vide l’amico in compagnia di alcuna donna.
Ritornò al piano terra con un senso di straniamento in corpo, e solo allora riuscì a sentire un urlo strozzato provenire da un vicolo nascosto dietro l’edificio. Corse in quella direzione, facendosi luce con il cellulare. Vide ciò che temeva: un Adam con il fiatone e la fronte imperlata di sudore, accanto al corpo di una ragazza, vestita succintamente e dalle forme minute e graziose. La chioma castana le ricadeva come un velo sul volto pallido e immobile in modo inquietante. Essendo caduta di fianco, Julie potè intravedere sulla nuca il segno di colpo, probabilmente una ferita da corpo contundente. Accanto ad Adam, giaceva un pezzo di legno robusto e all’apparenza pesante.
Le pupille dell’uomo si restrinsero sotto la luce del cellulare della ragazza, impietrita davanti alla scena. Il trentenne scosse subito la testa, come allibito:” Io … io …” non riusciva a pronunciare vocabolo comprensibile. Julie tentò di avvicinarsi ma lui la cacciò con un gesto della mano, quasi urlando:” Vattene!”
“ Ad – Dereck!” inveì lei, infuriata. Allungò il passo verso la ragazza e le pose due dita sulla giugulare, Con suo enorme sollievo, un lieve battito cardiaco le solleticò i polpastrelli.
“ è viva.” Fece secca, alzandosi. Andò accanto a un Adam scioccato e senza senso di responsabilità e lo abbracciò:” Non è morta tranquillo.” Gli fece con voce dolce, come una mamma che cerca di addormentare il suo bambino spaventato da un incubo.
Dovevano pensare velocemente al da farsi.

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Capitolo 23
*** 23rd Chapter ***


Misurando i passi sull’asfalto, Julie riportò Adam verso la sua stanza, controllando sempre che non ci fosse nessuno ad osservarli.
Lo fece sedere poi sulla poltrona e frugò nelle sue tasche.
“ Ora della pastiglia, cucciolo.” Disse, tirando fuori dalla boccetta quel piccolo medicinale e porgendoglielo:” Tutto d’un fiato.”
L’altro, come se Julie fosse stata sua madre, eseguì l’ordine bevendo poi tutto d’un sorso il bicchiere d’acqua che la ragazza gli porse.
“ Ora a nanna. Resta qui nel mentre.” Lo fece coricare, dandogli poi un bacio sulla fronte. Lei non era intenzionata comunque a seguirlo a letto. Si diresse verso la porta, prendendo nel mentre le chiavi della stanza:” Aspettami qui.” Gli fece, uscendo e chiudendo poi la porta a chiave dall’esterno.
Si ridiresse verso l’angolo buio dove giaceva la ragazza. Il corpo era ancora lì, come si era immaginata.
Stavolta poteva vedere chiaramente che, seppur debolmente, la ragazza respirava.
Con molta cautela, si avvicinò e prese, proteggendosi la mano con la manica della giacca, il pezzo di legno che le giaceva accanto. Poi, usando tutta la sua forza, lo scagliò lontano. Avrebbe evitato domande compromettenti.
Poi,sempre piano, la voltò in modo da poterle vedere bene la faccia. Le poggiò bene la schiena all’asfalto, le controllò il respiro e tentò di svegliarla. Ma quella non dava segno di ripresa immediata.
“ Lasciarla qui è rischioso …” pensò. Il colpo che Adam doveva averle inferto doveva essere stato davvero forte.
“ Se questa qui non si sveglia, non posso di certo portarla dentro la stanza … succederebbe il finimondo!” sussurrò tra sé e sé, guardando la ragazza a lungo. Rabbrividì al pensiero di quello che il lato pazzo di Adam era intenzionato ad infliggere a quella ragazza. Già, il suo amato uomo complicato era capace di pazzie, se non veniva controllato da vicino.
Tentò altri modi di risveglio, la schiaffeggiò varie volte addirittura ma quella continuava a dormire. Tastò il bernoccolo sulla nuca, constatando che era davvero grosso.
“ Devo chiamare l’ospedale …” pensò, tirando fuori il cellulare. Subito, però, il dubbio la invase:  e se con quella chiamata, avessero rintracciato lei e Adam? Non poteva rischiare di farsi scoprire con un gesto tanto stupido.
“ L’unica è lasciarla qui e aspettare … ma potrebbe morire e allora sarebbero guai seri.” Non vedeva altre soluzioni in vista, e guardava frenetica la vittima, maciullandosi le meningi per cercare di cavarsela da quella situazione tanto disperata.
Alla fine, poteva solo fare una cosa, non molto sicura in verità:” La reception … potrei dirle di aver trovato la ragazza … ma se quella accenna a Adam? Cazzo!” non era una buona idea. Se il colpo non era stata abbastanza forte da toglierle addirittura la memoria, quell’inerme donna sarebbe stata capace di mandare a monte ogni piano di fuga dei due. All’improvviso, Julie provò un senso di astio nei suoi confronti:” Il mio futuro dipende da una ragazza che si veste poco … in cosa sono incappata?” pensò, non nascondendo un lieve senso di odio.
Presa da un senso di panico soffocante, riprese a scuoterla e schiaffeggiarla, quasi urlandole di svegliarsi:” Perché diamine non apri gli occhi!” ghignò. Il suo impreco però non fu urlato al vento.
Sentì dei passi dietro di lei e si voltò, accecata poi dalla luce di una torcia elettrica troppo potente. Potè vedere, nella poca luce offertagli da quel mezzo, il viso della ragazza che c’era alla reception quella mattina, gli stessi occhi neri come la notte scrutarla attenti e la stessa chioma castana ricadere come una cornice su un volto pallido come la luna.
“ Ehi, che succede?!” gridò quella, quasi correndo. La sedicenne, nonostante la gola le si fosse seccata in pochi istanti, tentò di sembrare spaventata. Pensò a qualcosa di triste, davvero triste. Le venne in mente quando, qualche mese fa, vide sua madre piangere la morte della zia, afflitta da un terribile tumore. In quel dolore era scoppiata anche lei.
Lacrime per metà nostalgiche e per metà di pura finzione le rigarono il viso:” La prego mi aiuti! Stavo … girovagando perché non prendevo sonno e … quando … sono passata di qui … l’ho vista … è viva, ma non si sveglia! Mi aiuti!”
L’altra, che nel mentre aveva verificato anche lei che la ragazza a terra era viva, sembrava tenere un atteggiamento abbastanza calmo:” Perché non hai chiamato l’ambulanza subito?!”
“ Sono .. spaventata! Non ho nemmeno la forza per tenere il mio cellulare in mano!” fingendo in modo maestrale un tremore isterico alle mani, fece ondeggiare la luce del display del cellulare tra le sue mani, e nel tentare di digitare i numeri sulla tastiera, per poco non gli cadde dalle mani.
“ Ok ok, qui me ne occupo io! Tu torna nella tua stanza, sembri scossa … vuoi qualcosa da bere?”
“ No grazie …” fece con voce debole, dentro di sé quasi esultando. La soluzione era come venuta da sé, solo per il momento comunque. Il suo talento da attrice aveva prevalso sulla situazione.
Per non far crollare la sua posizione, si fece accompagnare fino alla stanza, salutando poi flebilmente la donna, che ritornò fulminea dalla vittima dell’aggressione.
Julie, rapidamente, entrò dentro. Adam dormiva su un fianco, muovendo appena la cassa toracica in un sonno lieve e senza disturbi. Il farmaco aveva fatto giusto in tempo a fare effetto. Lo contemplò, scuotendo poi la testa sconsolata:” Cosa mi fai passare …” gli carezzò la spalla affettuosamente, distendendosi poi accanto a lui, non più lontano. Un lieve rossore le colorò le guance, e il sonno tardava a accoglierla con sé. Sospirò, guardando il soffitto e di tanto in tanto accarezzando il viso di quell’uomo così pacifico e così letale a volte. Ripensò alla ragazza, al fatto che di lì a poco l’ambulanza l’avrebbe soccorsa, alla possibilità che forse avrebbe spiattellato tutto alla polizia.
Presa allo stomaco da questo pensiero, non fece in tempo ad accorgersi che Adam si era svegliato e la stava osservando:” Qualcosa non va?”
“ Tutto non va …” fece lei sussurrando e reprimendo la voglia di piangere. Era stanca e forse angosciata da tutto quello.
L’uomo sembrò capire il suo stato d’animo, e senza preavvisarla, l’abbracciò stretta, facendola sussultare:” Mi dispiace davvero di starti cacciando in queste brutte situazioni. Se potessi fare qualsiasi cosa …”
“ Non fare niente, ti prego. Va bene così.” Rispose Julie, abbracciandolo di risposta e baciandolo all’altezza del cuore:”Ora dormi. Domani ci toccherà scappare.”
Chiuse gli occhi, facendo scivolare una lacrima che l’altro asciugò con il pollice. La baciò delicatamente e restò abbracciato alla sua pupilla:” Buonanotte, folle.”
 
La luce del tramonto rosato si rifletteva placida sulle acqua leggermente mosse dal vento del lago che faceva da specchio alla dimora Dahmer, la casa di campagna di Adam. A disturbare quel rosa, flash rossi e blu e sirene che disturbavano il canto degli uccelli abituati ad animare l’atmosfera lì intorno. Una ventina di agenti, tutti chiamati d’urgenza, erano stati chiamati a nome di Christopher, fratello di Adam, e di Jeremy e Cindy, unici nonché pericolosi testimoni delle colpevolezze dell’uomo. Infatti, nonostante gli incitamenti di Adam a non dire niente, a Jeremy era stata cavata qualche parola sulla sua testimonianza, spinto forse dallo sguardo magnetico, preciso e identico a quello di Adam, del fratello Christopher, che arrabbiato come non mai era poi corso sul posto. Una squadra di agenti si era infiltrato in casa, mentre altri, guidati da un Jeremy scosso, erano partiti con una barca e una squadra di sommozzatori alla ricerca del sacco nero di immondizia, contenente i pezzi di corpo e le uniche prove esistenti per incastrare Adam.
A seguirli c’era anche Emily, che continuava a singhiozzare e a voler evitare ogni fastidioso paparazzo avido di informazioni su quella succulenta notizia che, per colpa della lingua lunga di Cindy, aveva fatto il giro del paese in meno di mezza giornata. La diretta interessata, nonché una delle testimoni più lucide, sembrava godersi il momento di fama più che mai, sputando volentieri veleno sul presunto flirt tra Julie e Adam.
“ Quei due piccioncini stavano sempre insieme, è impossibile non pensare che addirittura ci fosse una storia d’amore seria. Quel degenerato ha trascinato quella povera ragazza tra le sue grinfie. Anche se in effetti sospettavo che quella lì non fosse tutta casa e chiesa!” miagolava abbagliata dai flash delle macchine fotografiche avide della sua anima e della sua immagine di sopravvissuta a qualche catastrofe.
Emily doveva solo sopportarla, anche se sentirla deridere così sua figlia le dava solamente fastidio. A un certo punto trovò lecito che quello strano vicino di casa avesse istinti omicidi verso quella bocca larga di Cindy.
Verso le sette della sera, quando ormai il rosa del cielo era stato sostituito dal ciano del cielo della prima sera, la squadra di sommozzatori emerse con a presso qualcosa. Lo portarono rapidamente a riva, e la squadra della scientifica potè davvero constatare che Jeremy aveva visto giusto.
Secondo il verbale della polizia, “ la dimora emanava odori di putrefazione e chiuso, sono state rinvenute varie armi contundenti insieme a un sacco dell’immondizia con all’interno pezzi in via di decomposizione di un corpo di donna sui venti-venticinque anni, testa a parte. Dietro un cespuglio sulle rive del lago sono stati ritrovati pezzi di indumenti e organi ricoperti di calce viva, in via di corrosione.”
Emily non volle guardare lo scenario raccapricciante del puzzle umano che la polizia aveva ritrovato, ma pianse più forte. Christopher era colmo di rammarico e di cieca rabbia:” Fratello, stavolta in quella clinica ti ci rinchiudo. Vivo o morto.” Sibilò stringendo i pugni e osservando le gesta di Adam.
Poi, a voce alta esclamò:” Credo che questo sia una prova più che sufficiente. Possiamo rintracciarlo. Posso farlo. L’ho sempre tenuto d’occhio. E …” indicò con il dito tutti quanti:” Vivo o morto, prima di arrestarlo, lo voglio vedere e suonargliele di santa ragione.” Fece, aggressivo. Tutti, anche il commissario, inghiottirono spaventati un grumo di saliva annuendo.
L’altro nel mentre tirò fuori il cellulare attivando il Gps:” La caccia abbia inizio.”

Angolo di Remedios:
Eccomi! Sono riuscita miracolosamente a sopravvivere a una settimana di scuola, yay! E questo è il risultato. Spero vi sia piaciuto, ho cercato di inserire tensione, romanticismo e rabbia tutto in uno, e i prossimi capitoli saranno quelli decisivi. Cosa si combinerà? Lo scoprirete presto!
PS: Volevo ringraziare JulieKarbon per aver magnificamente rappresentato, nel suo stile e su mia richiesta, i due personaggi della storia. LOVE YOU SO MUCH, MY DEAR!
Remedios
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Capitolo 24
*** 24th Chapter ***


Il sole poteva dirsi sorto da appena 5 minuti. Il leggero chiarore della prima luce del giorno creò ombre sfocate sull’asfalto del motel, ma la notte poteva ancora prendere il sopravvento. Chiusa a chiave la porta piano, Adam lasciò qualche banconota e il mazzo delle chiavi davanti alla porta della stanza, mentre Julie si avviava verso l’automobile.
Salirono poi, quello accese il motore e la Fiat 500 lasciò quel parcheggio disperso nel nulla, pronta a battere una nuova strada, sconosciuta ai due fuggitivi.
“ Dove ci dirigiamo stavolta?” chiese Adam, tenendo la strada, deserta a quell’ora.
“ Ovunque lontano da qui.” Rispose l’altra, guardando fuori dal finestrino. L’altro la guardò, perplesso:” Puoi dirmi cosa ho fatto stanotte?”
“ Non ricordi niente?”
“Vagamente …”
“Hai aggredito una fanciulla, io ti ho in qualche modo salvato il culo, e poi ti ho dato la medicina.” Fece, tagliando corto lei:” E aggiungo che abbiamo dormito abbracciati.”
“ Quello me lo ricordo benissimo …” disse il trentenne, ammiccando allegro. Poi però tornò serissimo:” Di quella ragazza cosa ne è stato?”
“ Devono aver chiamato l’ambulanza, è stata portata via poi. Chissà …”
“ Non hai paura che possa spiattellare tutto?”
“ Un po’, potrebbe ricordarsi tutto … ma un colpo del genere alla nuca stordisce abbastanza …” rifletté la ragazza, guardandolo. Lui alzò le spalle, come per niente turbato:” Era buio dopotutto, la cosa che non mi ricordo è da dove l’ho colpita … se da dietro o di fronte.”
“ Se l’hai colpita mentre era di spalle, allora siamo salvi, perlomeno non ti ha visto in faccia.”
“Non pensi che però la nostra fuga risulterà sospetta?” sbottò lui, accelerando in vista di un bivio e svoltando a destra.
A quell’osservazione Julie sbiancò lievemente, ma poi scosse la testa:” Pensa se fossimo rimasti. Interrogatori a non finire, e chissà cos’altro. Poi hai lasciato il biglietto davanti alla porta, quindi quella dell’affitto crederà alle parole scritte!” Fece convinta. In verità, la riflessione dell’amico le aveva fatto crollare certi muri saldi costruiti durante tutto il piano di fuga: e se alla fine quella donna li avesse voluti cercare? Non trovandoli, avrebbe sospettato di loro per l’aggressione della ragazza? Forse, era provabilissimo. Ma sarebbe stato impossibile iniziare la ricerca, dato che nessuno si era accorto da che parte se n’erano andati. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
“ Come vuoi tu … e per quanto riguarda la tua famiglia?” chiese ancora Adam, osservando la strada. Julie deglutì rumorosamente. Non ci aveva pensato. La sua fuga avrebbe infangato il nome di suo padre e di sua madre, li avrebbe gettati nello sconforto più totale.
Con tutto il bene che le voleva la madre, come aveva potuto scappare senza confidarle tutto?
Quel moto di panico scatenato dalla domanda di Adam le fece salire le lacrime agli occhi, senza che lei se ne potesse rendere conto.
“Julie?” la voce preoccupata di Adam risultò ovattata alle sue orecchie, la sua testa era da tutt’altra parte. Correva nelle mille domande e nelle mille preoccupazioni che stava sicuramente recando a sua madre.
Abbassò la testa per nascondere le lacrime, ma non riuscì a velare le sue intenzioni. Si portò le mani al viso e iniziò a singhiozzare, asciugandosi rapidamente gli occhi bagnati con le dita intrecciate sugli occhi. Così messa, si rese conto solo con l’udito che la macchina si era fermata.
Alzò la testa, il paesaggio al di fuori del finestrino era fermo.
Si voltò verso Adam, che aveva dipinto sul volto un cipiglio tenero. Senza nemmeno dirle qualcosa, aprì le braccia, invitandola a ripararsi.
Lei non ci pensò due volte. Gli buttò le braccia al collo, e prese a piangere  contro la sua spalla, irrefrenabilmente, mentre lui le accarezzava la schiena.
“ Vuoi camminare un po’ e schiarirti le idee?” le chiese piano all’orecchio. Lei non rispose, ma si limitò a alleviare il pianto e staccarsi un po’. Si asciugò con la manica della giacca le lacrime spiaccicate ai lati dei suoi occhi verdissimi:”Non ce n’è bisogno … sto bene.”
“ A me non sembra … mi dispiace.”
“Non è colpa tua, è lecito fare certe domande … Possiamo riandare se vuoi.”
“Sei sicura?”
“ Si ... “ gettò la testa all’indietro sul sedile, piegando il collo e respirando a fondo. Si voltò verso Adam che aveva stampata negli occhi la compassione.
“Non guardarmi così …” fece lei, sorridendo mesta. Lui continuò a guardarla, poi le si avvicinò per stamparle piano un bacio sulle labbra. Impresse bene la sua bocca su quella di Julie, e appena si staccò le mormorò un “Mi dispiace”, ripartendo subito dopo.
Lei continuò a guardarlo, per tutto il resto del viaggio. Cosa doveva fare, seguirlo o ritornare?
 
Aprendo lentamente gli occhi, venne accecata da una strana luce al neon, racconta in tubi lunghi appesi al muro. Poteva sentire, accanto a lei, il rumore di una macchina e il suo ritmo regolare. Voltò piano la testa, constatando che si trattava di un elettrocardiogramma. Un senso di panico la accolse appena notò in che situazione si trovava.
“ Che cosa ci faccio qui? Come ci sono finita?” urlò, tentando di alzarsi di botto, nell’intenzione di scappare. Una fitta allucinante alla nuca la costrinse a tornare nella posizione di prima, e l’infermiera le fu accanto subito.
“ Signorina, non si sforzi. Ha preso un colpo ieri sera ed è stata colpita alla nuca. È stata portata all’ospedale.”
“All’ospedale?Quale colpo?” non sembrava ricordare niente, o forse era stato l’avviso troppo diretto dell’infermiera a stordirla ancora di più.
“ Ci è stato riferito ciò, ora si rilassi e riposi un po’.” Fece l’latra, rimboccandole le coperte. Ma la ragazza non sembrava volersi calmare:” Io non so nemmeno come ci sono finita qui! Ieri sera ero al motel fuori città e stamattina mi ritrovo qui! Dovete darmi delle spiegazioni!” urlò, facendo voltare il resto dei pazienti verso la sua direzione.
A zittirla ci pensarono due persone. O per meglio dire, un poliziotto e un uomo, sui trentacinque anni, capelli castani e occhi nocciola. Quello esordì, guardandola comprensivo:” Buongiorno signorina. Dovrei porle qualche domanda a proposito di ieri.”
“ Come? Ho subito un colpo, da quello che mi ha detto l’infermiera.” Rispose lei, confusa e guardinga. L’uomo si voltò verso il poliziotto, che trasse fuori da una tasca interna della sua giacca alcune scartoffie e documenti. Li diede in mano all’altro, e questi ne tirò fuori una foto:” Lo riconosce? O lo ha visto da qualche parte?”
La ragazza afferrò la foto tra le mani per esaminare bene il ritratto. Dall’aspetto, sembrava che il ritratto della foto somigliasse a quello dell’uomo accanto a lei.
“ Visto così non mi dice niente … ma non mi è nuovo …” fece lei, continuando a guardarlo.
L’uomo gliela prese di mano lievemente, rimettendola a posto:” Quindi non le è nuovo … chi è stata l’ultima persona che ha visto ieri?”
“ Se non sbaglio un mio cliente …”
“ Cliente?” fece l’altro, come interessato. La ragazza se ne accorse e arrossì fino alla punta dei capelli:” Faccio la prostituta … comunque mi sembrava fosse biondino … mi fa rivedere la foto?”
L’altro gliela ridiede, schiarendosi per un attimo le idee. La ragazza riprese in mano la foto e stavolta le si spalancarono gli occhi:” Se quest’uomo nella foto avesse i capelli biondi sarebbe identico a quello che ho visto io!”
“ Dice sul serio?”
“ Sì! Stessi occhi, stesso viso bello … posso dire di ricordarmelo. Mi si è avvicinato chiedendomi di fare il mio lavoro e io ovviamente ho accettato … poi però non ricordo cosa sia successo.”
“ Le dico io cosa è successo: quel pazzo di mio fratello l’ha aggredita e io so finalmente da dove iniziare a cercarlo! Grazie mille!” le strinse la mano piano per non farle male, e con un gesto sia entusiasta sia galante della testa la salutò, lasciandola interdetta sull’ultima affermazione fatta.
“Ha detto fratello?” si chiese, tentando di sporgersi per guardarlo, ma costretta dalla fitta alla nuca a ritornare con la testa sul cuscino.
 
Christopher Dahmer uscì dalla struttura ospedaliera con un sorriso trionfante in volto:” Abbiamo una pista!” Il commissario gli si fece vicino:” Cosa ha detto di preciso?”
“ Che se questo nella foto …” indicò il fratello Adam nella foto:” avesse avuto i capelli biondi, sarebbe stato simile a quello che ha incontrato ieri al motel!”
“ Quindi è stato lì?”
“ Sembra di sì, ma dobbiamo chiedere conferma alla responsabile delle stanze. Cosa ha detto?”
“ L’abbiamo contattata poco fa, una pattuglia della polizia è andata a interrogarla. Sembra che abbiamo un altro indizio sulla presunta presenza di suo fratello, oltre alla traccia del GPS.”
“ E cosa di preciso?” l’interesse di Christopher era cresciuto notevolmente.
“ Sembra che il cliente abbia lasciato un biglietto stamattina, con su scritto che ringraziava del servizio e che purtroppo non poteva rimanere a lungo per un problema urgente. Ci hanno mandato una foto del biglietto.”
Il commissario tirò fuori il cellulare, e mise davanti agli occhi dell’uomo la foto, abbastanza chiara, del pezzo di carta su cui era riportata una calligrafia in stampatello non troppo rozza ma nemmeno elegante. Christopher aguzzò la vista, tirando fuori poi dal suo portafoglio una serie di foglietti, su cui erano riportate scritte nella calligrafia di Adam. Fece un confronto rapido e un sorriso gli aleggiò in volto:” Abbiamo una nuova accusa  e sappiamo da che parte si potrebbe essere diretto.”
“ Non perdiamo tempo allora.” Fece il commissario, montando in macchina e rabbrividendo davanti al cinismo dimostrato da quell’uomo tanto voglioso di catturare un suo familiare.

Angolo di Remedios:
Ma salve! Vedo che gli ultimi capitoli dopo la confessione dei due vi stanno aggradando parecchio! Dato che siamo quasi alla fine, ho fatto un pò i conti e, visto che ho una fissa per i numeri che finiscono con 5 o 0, ho deciso che la storia verrà composta da almeno 30 capitoli, uno di più uno di meno.
Spero che questo capitolo, non molto importante sinceramente, vi sia piaciuto!

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Capitolo 25
*** 25th Chapter ***


Un altro motel, un’altra giornata di fuga. I due fuggiaschi ritornarono, dopo nemmeno un’ora, alla situazione del giorno precedente: la ricerca di un posto dove stare per la notte e il trascorrere della giornata come se niente fosse successo.
Stavolta però non si fermarono al primo motel che trovarono, bensì a quello ai limiti del secondo paesino che attraversarono, un agglomerato di nemmeno cento case, il solito luogo dove tutti sanno vita morte e miracoli di tutti.
Il posto sembrava desolato, quei pochi abitanti lì in zona non avrebbero badato più di tanto all’arrivo di due turisti. Se poi la radio locale non avesse funzionato, avrebbero potuto starci per chissà quanto tempo.
“Per stanotte ci fermiamo qui … come ti sembra?” chiese Adam a Julie, andando a prenotare la stanza sotto i nomi di Nicolas e Katie McQuinn.
“ Non è male … un piccolo nido per due piccoli uccelli.” Rispose lei, sorridendo e guardando le bacheche dietro il banco delle prenotazioni.
Nessun manifesto, in fondo erano passati nemmeno due giorni, e nessun avviso particolare. Tirò un immaginario sospiro di sollievo.
I due entrarono nella loro stanza, che a detta di Julie era arredata meglio rispetto a quella dove avevano alloggiato il giorno prima.
Un mobilio decente e non consumato dai tarli offriva un’aria accogliente a una stanza rettangolare non troppo stretta, completa di due letti singoli separati, piano cucina, tv e zona da pranzo. Un bel posticino, fu quel che pensò la ragazza esplorando la casupola.
“ Sembra l’appartamento di una coppietta felice … ai primi della loro convivenza.” Osservò, ridendo di cuore a quella sua affermazione tanto sognante.
Adam non potè che confermare la sua osservazione, baciandola sulla tempia teneramente.
Esplorò anche lui la casa, più in cerca del telecomando, mentre Julie esaminava i residui alimentari dentro il frigo.
L’uomo accese la tv, e si diresse subito verso un canale di cronaca 24 su 24. Il cavo non riceveva molto bene, l’immagine era parecchio disturbata, ma l’audio era accettabile.
Julie osservò storta quel che Adam stava facendo:” Anche tu ti fai le paranoie?”
“ Beh, se è vero che ho fatto quelle cose a quella ragazza, nel peggiore dei casi se lo deve essere ricordato, sai com’è …”
A quell’osservazione Julie ebbe un tuffo al cuore: ci aveva pensato anche lei quella mattina, ma aveva cercato di cancellare quella preoccupazione, solo per qualche momento della giornata. Non voleva farsi mangiar viva dalla preoccupazione, aveva sedici, quasi diciassette anni. Con tutte quelle preoccupazioni, sarebbe morta di crepacuore nel giro di pochi giorni.
“ Cosa dice quindi?”
“ Per ora niente di particolare, la notizia della nostra fuga deve essere già passata, ma vedendo lo scarso numero di gente presente qui non penso che ci daranno importanza … la notizia della ragazza sembra non esserci …” tentò di alzare il volume, ma non sentì accenni a “aggressione” o “ragazza colpita alla testa” di nessun genere.
Quindi, preso dalla noia, iniziò a fare zapping, beccando un canale sportivo. Non si interessava più di tanto di sport, ma era meglio che annoiarsi per l’intero arco della mattinata.
Julie nel mentre aveva tirato fuori le uniche cibarie rimaste:  scatole di conserva dall’aspetto sospetto, due o tre foglie di lattuga, un cartone di latte evidentemente scaduto e dei ravanelli, cibo che lei non avrebbe ingerito nemmeno sotto tortura.
“ Credo che andrò a comperare qualcosina … tu rimani qui?” chiese al suo amico, che annuì impercettibilmente e distratto dalla partita di baseball che stava seguendo.
La ragazza prese per un sì quell’azione, gli si avvicinò e gli piantò un bacio sulla guancia in fretta, arrossendo leggermente:” vuoi qualcosa in particolare?”
“ Mi va bene di tutto, grazie.” Stavolta lui si girò, acchiappandole il mento tra due dita e lasciandole un bacio a stampo sulle labbra. Le sorrise e lei ricambiò, rossa in volto.
“ Come vuoi, caro.” Fece lei. Prese i soldi per il necessario e uscì, risalutando sulla soglia. Osservò in zona e per sua fortuna il supermercato più vicino era a nemmeno 500 metri da lì.
Fece uno scatto e giunse sul posto in un batter d’occhio.
 
Il contenuto delle buste della spesa deformava notevolmente la plastica che le componeva. Julie era stata fortunata a trovare prodotti commestibili e utili a prezzi accessibili. Aveva fatto scorta anche per il viaggio, e aveva acquistato alimenti che avrebbe mangiato con Adam quello stesso giorno.
Guardò soddisfatta le buste dondolarle sui fianchi come altalene, e si diresse piano verso la sua stanza, osservando che nessuno la stesse pedinando o guardando male, tranquillizzandosi quando osservò di essere stata ignorata.
Bussò alla porta dell’appartamento, e Adam le aprì immediatamente. Sul voltò del trentenne, però, non aleggiava un’aria felice.
Julie se ne accorse dallo sguardo in cagnesco che l’uomo rivolse all’esterno appena aprì alla sua compagna.
Posò la roba sul tavolo da cucina senza tirarla fuori dalle buste, dirigendosi poi verso di lui:” Cosa è successo?”
“ Un tipo … secondo me ci stava osservando poco fa.”
“ Chi? Io non ho visto nessuno …” l’ansia della ragazza era tornata più vivida che mai.
“ Non sei stata abbastanza attenta allora … guarda bene …” la tirò per un braccio, mettendola davanti alla finestra e scostando poco poco la tenda, in modo da farsi notare il meno possibile. Lei aguzzò la vista, ma quello che vide fu soltanto un tratto di strada senza edifici davanti, un cane che marcava il territorio su un palo della luce e un pagliericcio rotolare per la strada. Niente di niente.
“ Io non vedo nessuno …”
“ Io ti dico che c’è …” il volto di Adam era leggermente imperlato di sudore freddo. La ragazza lo osservò a lungo, e notando gli occhi lucidi di Adam, gli mise una mano sulla fronte. Non scottava, stranamente.
“Stai bene amore?” gli chiese, fissandolo negli occhi. Aveva il respiro accelerato, i battiti del cuore si potevano sentire anche solo premendo le mani lungo il corpo. Non stava bene, era come sotto una crisi.
“Oddio …” la ragazza diede una fugace occhiata alla sveglia sopra il comodino del suo letto. Le 12:20. L’ora della pastiglia non era quella, eppure Adam non era particolarmente in sé. Eppure, se fosse stato davvero l’inizio della psicosi, avrebbe potuto aggredirla da un momento all’altro.
Ma niente sembrava darle modo di capire come lui avrebbe agito di lì a poco.
“ Coricati.” Gli disse, spingendolo verso il letto e aiutandolo a distendersi.
“ Non sono stanco …”
“ Si che lo sei. Preparo il pranzo, tu riposati un po’.” Fece per dargli un bacio sulla fronte, ma lui spostò il viso in modo da toccarla con le labbra poco sopra il mento, per poi intercettarle le labbra. Lei, colta di sorpresa, prese il gesto come una dimostrazione d’affetto e ricambiò. Lui, con tutta tranquillità, approfondì il bacio, lasciandola per cinque minuti buoni incollata alle sue labbra.
Fu lei a staccarsi, quasi senza fiato:” Preparo da mangiare.” Fece, con nonchalance ma sentendo le gambe cedere.
Andò al banco cucina e tirò fuori gli ingredienti necessari per fare da mangiare. Non sapeva cucinare particolarmente, ma non ci voleva una laurea specialistica per preparare dei panini imbottiti.
Si mise a farli, osservando di tanto in tanto Adam mentre riposava. Il suo petto si muoveva lentamente su e giù, ma la cosa strana era che il respiro non sembrava tanto placato come, bensì più sotto l’influenza di un moto di agitazione. In più l’uomo si muoveva frequentemente sul letto, borbottando qualcosa di tanto in tanto.
“Che stia avendo gli incubi?” si chiese Julie, affettando il pomodoro a fette. Tutt’a un tratto il coltello gli scivolò quasi di mano, dopo che un bussare frenetico alla porta la colse di sorpresa.
Un grandioso tuffo al cuore la bloccò sul posto: chi poteva essere? L’unico pensiero che le veniva in mente era la polizia. Sì, era tanto pessimista da pensare al peggio.
Guardò Adam steso ancora, stavolta immobile diretto verso la porta. Si disse mentalmente di non andare ad aprire, di ignorare l’invito a farsi scoprire. Sfortunatamente, qualcuno non la pensava come lei. Il bussare si fece più rumoroso, e venne accompagnato dal vocione di qualcuno:” Aprite!” dal tono sembrava un uomo piuttosto autorevole.
La cosa diede parecchio fastidio ad Adam. Julie lo vide alzarsi e voltarsi verso di lei, intimandole con la sola forza dello sguardo di nascondersi dietro la parete. Lei reagì obbedendogli ciecamente e mettendosi nell’angolo di parete che divideva la zona letto da quella cucina. Lo spiò da lì dietro, vedendolo aprire la porta e salutare chi aveva davanti. Era un uomo in divisa, come temeva lei: il distintivo appuntato sulla camicia fresca di biancheria luccicava nella luce del primo pomeriggio, l’uomo sbarbato teneva il cappello calcato su un paio di occhi luccicanti e verdi incastrati su un viso abbronzato e privo di rughe. Quell’uomo poteva avere sì e no la stessa età di Adam.
“ Buongiorno agente.” Fece Adam, con un tono di voce che non tradiva affatto il suo senso di inquietudine.
L’uomo rispose al suo buongiorno, masticando dubbioso il chewing gum e osservandolo dall’alto in basso:” Buondì. Non ho potuto fare a meno di notare che siete arrivato oggi in città. Sono venuto per una visitina, spero di non averla disturbata buon uomo.”
“ Per niente, stavo solo concedendomi un riposino. Cosa la porta qui di preciso?”
“ C’è gente pericolosa in giro, a quanto si sa. Un buon agente deve sempre assicurarsi che tutti siano al sicuro no?” rispose quello, entrando a passo di cowboy dentro. Si guardò attorno, sorpassando Adam. Julie si nascose bene dietro, dando un’ occhiata spaventata al tavolo ancora pieno di roba da mangiare.
Il poliziotto notò il tavolo:” Vi stavate preparando da mangiare a quanto pa …” Non concluse quello che stava per dire. Julie udì un rantolo e poi un suono sordo di caduta.
Si affacciò piano e vide quello che temeva. L’uomo giaceva steso per terra, forse privo di sensi. Adam stava sopra di lui, teneva le mani strette tra di loro, modellate in un pugno. Era anche più sudato di pochi istanti fa.
“Ci risiamo.” Pensò lei, disperatamente. Guardò verso la sveglia del comodino, e notò che ancora non era arrivata l’ora della pastiglia. Poi però guardò un altro tipo di orologio. Mise gli occhi sul display sotto la tv,e notò l’orario lampeggiante. Le 13 e 25.
Era impossibile che fosse passata un’ora, e l’unica spiegazione era che la sveglia avesse l’orario sbagliato.
Adam era già in fase di crisi, e il gesto che aveva compiuto avrebbe avuto risvolti soltanto catastrofici.

Angolo di Remedios:
Hurray! Finalmente sono riuscita ad aggiornare la storia, per la gioia dei miei lettori! *canto di grilli* *tossicchia*
Comunque. Spero vi sia piaciuto, sono soddisfatta del fatto che sia uscito più lungo rispetto ad altri capitoli che ho pubblicato. Ovviamente il successivo sarà ancora più lungo. Spero.
Bando alle ciance! Recensite e ditemi come vi sembra!
Con affetto, Remedios

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Capitolo 26
*** 26th Chapter ***


“Sono nella merda. Ci sguazzo dentro ormai.” Questo fu l’unico pensiero logico che Julie, in preda al panico, riuscì a formulare.
Adam era fuori controllo, aveva attaccato l’agente e ora sarebbe toccato a lei, molto probabilmente. Lo sentiva, dentro di lei. Un pazzo non ha il controllo di sé, poco ma sicuro.
Rimase nella posizione in cui era per chissà quanto, respirando profondamente nel tentativo di calmare la tremarella che le scuoteva le membra dalla testa ai piedi, che iniziarono a picchiettare nervosi.
Adam non si muoveva, fissava il corpo senza sensi dell’uomo con sguardo languido, quasi innocente, piegando la testa in un modo che altri, oltre Julie, avrebbero definito inquietante.
Lei continuava a restare ferma, e intanto cercava di decifrare il volto del suo amico: sguardo perso, viso teso in una smorfia di resistenza, mani quasi strette a pugno e leggero oscillamento del corpo. Era in fase delirante, lo poteva notare bene.
Azzardò, una sola parola riuscì a farsi strada dalle sue labbra:” Adam?” lo chiamò.
Lui alzò lentamente gli occhi verso di lei, fissandola in una maniera quasi sconvolta, supplicante. Occhi quasi taglienti, che dilaniavano il cuore, che lasciavano scorrere sangue. Gli occhi di uno che all’apparenza dimostra calma, ma dentro sa di aver sbagliato. E tanto.
La stava supplicando in silenzio, lei se ne accorse quasi subito.
“ Sei così impulsivo …” la voce di Julie traspariva una falsa calma, quel tipo di sentimento che le persone cercano di imporsi quando sanno che tutto è perduto, che non c’è via di scampo, ma non demordono e cercano di arrivare fino alla fine del tunnel, per uscirne, sia che le cose vadano bene sia che vadano terribilmente male:” Quando imparerai?”
Lui non rispose, ma stirò le labbra in un sorriso quasi rassegnato, e poi andò a sedersi sul letto, tremante:” Controlla.”
“ Cosa?”
“ Che non sia morto …” fece lui, continuando a fissarla ossessivamente. Lei deglutì e eseguì i suoi ordini, chinandosi piano e senza staccare gli occhi dal trentenne. Aveva paura che, girando la testa da qualche altra parte, lui la potesse attaccare di soppiatto, vinto dallo stato della malattia, e spaccarle la testa in men che non si dica.
Sempre fissandolo, mise due dita sulla giugulare dell’agente. Sentì il cuore battere, debolmente.
Tirò dentro di sé un enorme sospiro di sollievo:”Non c’è niente di cui preoccuparsi per lui.” Sussurrò, rivolta verso Adam, che non proferì parola alcuna e si limitò a sbattere le ciglia come stanco.
“ Sei un disastro.” Fece poi, con voce roca. Tirò su con il naso, sentiva il naso pizzicarle, stava per mettersi a piangere. Per l’ennesima volta. Serrò le labbra in modo che non le sfuggisse alcun gemito di tristezza, e poi andò verso il comodino di Adam, cautamente e sempre all’erta.
Notò solo allora che le pastiglie non erano sul comodino.
“ Le pastiglie?”
“ Non lo so … CHE NE POSSO SAPERE IO?” urlò lui, in preda a un improvviso momento di rabbia. La pazzia stava facendo effetto, e Julie se ne stava rendendo conto.
Indietreggiò mettendo le mani davanti:” Calmati, ti ho chiesto dove sono le …”
“ NON LE VOGLIO QUELLE DANNATE PASTICCHE!” sbraitò l’altro, alzandosi di scatto dal letto e andandole contro.
“Quindi è così che funziona: prima lo smarrimento, poi la furia.” Pensò Julie, scappando in tempo per non essere buttata a terra da Adam. Negli occhi dell’uomo, e lei poteva notarlo benissimo ormai, si leggeva il mare in tempesta, preda dei venti e dell’uragano. Era fuori controllo, e tutto perché non aveva preso una stupida medicina. Julie non riusciva a capire perché la sveglia non avesse suonato all’orario giusto, e solo allora si ricordò che la batteria del cellulare era scarica.
“ Fanculo!” pensò, tentando di restare calma mentre l’altro la fissava a occhi sbarrati e pieni di propositi omicidi.
Non poteva calmarlo in quello stato, per niente. Avrebbe dovuto bloccarlo e fargli ingurgitare la medicina, oppure sarebbe stata violentata e poi uccisa, come lui faceva con le sue vittime.
“Non ho calcolato questo tipo di situazione! Sono davvero nei guai!” pensò, ora in preda al panico totale. La lucidità che le rimaneva, quel briciolo vitale che le serviva per non buttarsi tra le braccia della morte troppo presto, le suggerì di fiondarsi in cucina e armarsi, di qualsiasi cosa fosse fornita quella piccola cucina.
Sarebbe bastato anche un coltello.
Gettò uno sguardo di sottecchi al tavolo, dove riluceva la lama del coltello che stava usando prima. Non era proprio eccellente come arma, ma sarebbe stata sufficiente per tenerlo a bada sotto minaccia.
Fece uno scatto repentino verso la cucina, ma fu come se Adam avesse letto nella sua mente. L’altro fece un balzo scavalcando il letto con un salto,allungò il passo in maniera felina e arrivò a afferrare il coltello in contemporanea con Julie, urlando come un ossesso.
La paura prese il controllo della ragazza, che serrò la mano sul manico del coltello nel tentativo di non mollarlo per lasciarlo in mano a Adam.
Cercò addirittura di spingerlo via, ma non ci riuscì, e si beccò una gomitata sul fianco che la fece boccheggiare per qualche secondo.
Per contrattacco, gli mollò uno schiaffo in pieno viso, facendolo indietreggiare abbastanza per prendere il coltello e andare dall’altra parte del tavolo.
Lui, con la mano davanti al viso, si asciugò il filo di saliva che gli usciva dalla bocca e sogghignò:” Sei in trappola.” Prese il tavolo ai due lati e fece per spingerlo contro di lei, per bloccarla del tutto.
Lei oppose resistenza puntellandosi addirittura sui piedi, stringendo i denti per non urlare.
“Riprenditi cazzo!” gli sibilò, spingendo le mani sul tavolo per evitare di venir schiacciata. L’altro continuava a spingere, e stava avendo la meglio sulla situazione.
Fu allora che Julie si fece prendere dalla disperazione: afferrò bene il coltello che aveva in mano e attaccò Adam, ferendolo sul dorso della mano sinistra. Quello cacciò un urlò lasciando il tavolo e lei si defilò dal luogo stretto in cui era stata rinchiusa, passandogli accanto velocemente, ma non tanto da scappargli del tutto.
L’uomo la afferrò per il braccio saldamente:” Mi hai fatto male, puttanella!”
“ Lasciami Adam … ADAM MI FAI MALE CAZZO!” urlò, graffiando la mano all’uomo nel tentativo di liberarsi. Lacrime calde le segnarono le guance, la sola speranza di potersi liberare e scappare prima di venir uccisa dal suo migliore amico nonché amato alimentava il suo animo.
L’altro strinse la presa e poi, all’improvviso la spinse via, facendola sbattere contro il muro della stanza. Poi successe l’inaspettato: si sentì un rantolo provenire dal pavimento e entrambi, Julie dolorante per il colpo subito e Adam eccitato dal suo gesto, si voltarono verso l’agente che si stava alzando e toccando la testa stordito.
Fu un attimo: Adam riuscì a rubare il coltello di mano a Julie, e deciso, andò verso l’agente, in piedi ormai e inconsapevole di quello che gli sarebbe successo.
La lama penetrò la sua carne tenera all’altezza dello stomaco, in modo secco. Non emise urlo, solo l’ultimo sospiro vitale rubato dalla posata. Gli occhi del giovane divennero bianchi e spettrali, e il suo corpo si accasciò a quello di Adam, che tremante lo posò a terrà sfilando il coltello pregno di sangue.
Julie inorridì come non mai. Le labbra le tremarono, anzi tutto il suo corpo era un solo ramo scosso dal vento.
“ Oh mio dio ..” i suoi occhi divennero lucidi di pianto, e si mise la mano davanti alla bocca per non urlare e farsi sentire ulteriormente. Adam stava ancora con il coltello in mano, e stavolta la fissò, ma senza la furia omicida che aveva prima negli occhi.
Julie sembrò interpretare quello svanimento di intenti omicidi come il fatto che, uccidendo quell’uomo, finalmente l’altro si fosse calmato e avesse sfogato le sue paure.
Fece per avanzare, timorosa di farlo in verità, ma l’altro sembrò indietreggiare.
“Adam … perché?” Julie si fece vicina al cadavere, il cui sangue ormai aveva creato una chiazza nerastra in contrasto con il parquet chiaro della stanza.
Le forze la abbandonarono, cadde in ginocchio davanti all’uomo senza vita e prese a piangere come non aveva mai fatto prima.
Adam le arrivò dietro, e inginocchiandosi  inzuppò la sua mano nel sangue della sua vittima.
Afferrò poi da dietro la testa della sua amica e le passò il pollice bagnato di sangue sulle labbra, sussurrandole a poca distanza dall’orecchio:” Vedi cosa succede a fidarsi di me?”.
In un gesto di totale delirio si leccò poi le dita, e lei dovette reprimere il conato di disgusto che le si fece strada in gola.
“ Tu sei un pazzo.” Disse lei, cercando di allontanarlo.
Lui si strinse ancora di più:” E tu ami questo pazzo. Peggio per te.”


Angolo di Remedios:
Lo so, mi state odiando a morte. Lo posso immaginare e accetto il vostro odio *sogghigna*.
La coppia felice ha appena avuto una rissa e sembra che il peggio stia per arrivare no? 
AL PROSSIMO EPIDOSIO! E sappiate ... CHE NON HO RIMPIANTI! *sparisce in una nuvola di fumo*

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Capitolo 27
*** 27th Chapter ***


Non riusciva a crederci. O più che altro, non voleva farlo. Adam era incontrollabile, e lei probabilmente sarebbe morta ammazzata. Perché è questo che succede a chi si mette contro un assassino: fa l’eroe, poi muore tragicamente. Non è come nei film, dove quattro parole piene di significato riescono a fermare l’istinto omicida di qualcuno. Nella realtà, solo la forza combatte la forza, e solo l’intervento di qualcuno può salvarti in certi casi.
Julie poi aveva esaurito ogni parola che l’avrebbe potuta aiutare in qualche modo: in quel momento tanto drastico, con una vittima a terra e il suo amico in quelle condizioni pietose, l’unica cosa legittima da poter fare era urlare e scappare a gambe levate, o combattere. In un caso lui sarebbe morto, sia psicologicamente che fisicamente freddato da qualche colpo di pistola, nel secondo caso sarebbe morta lei, freddata da lui.
Ma tra le due opzioni non voleva che la prima si ficcasse nella sua testa. Avrebbe preferito combattere piuttosto che scappare.
Perché era così masochista?
L’aveva detto Adam poco prima:”Tu ami questo pazzo. Peggio per te.”
Vero. Purtroppo per lei, in quel caso, lo amava. Non sapeva se da sempre, sin da quando si erano visti. Non un colpo di fulmine, ma forse una sorta di attrazione magnetica, trasformatasi in curiosità, poi ammirazione e poi nel sentimento che frega tutti, in un modo o nell’altro: l’amore.
Nonostante tutto, lo aveva sempre sostenuto, le era sempre piaciuto; e poi, al di là della maschera di assassino, lui nascondeva un cuore magnanimo e capace di amare il prossimo. E lei, adolescente in preda alle crisi ormonali, si era lasciata sfuggire la situazione e si era innamorata. Troppo presto, troppo frettolosamente, ma era successo.
“ Adam …” singhiozzò, tentando di liberarsi dalla presa dell’uomo e di guardarlo in faccia.
Adam allentò di poco la presa, sempre tenendola accanto a sé e le voltò il viso tanto da poterla guardare in quelle orbite smeraldine che adesso sembravano gocce di rugiada posate sulla terra all’alba.
“ Julie, piccola Julie …” iniziò, la voce melliflua e i modi suadenti:” vedi cosa succede a innamorarsi? Si perde il senno, come me. Non sai che si soffre amando? Ovvio che non si soffre nello stesso modo in cui si soffre se una lama ci trapassa da parte a parte.” parlava a vanvera, e invece di guardarla in faccia, i suoi occhi erano fissi nel vuoto, lucidi di pazzia. Tremava e scottava, come se avesse la febbre.
“Ti rendi conto che stai delirando?” sibilò lei, affondando le unghie nel braccio di Adam, che non reagì alla sensazione tagliente che la ragazza gli stava procurando.
“ Non mi rendo conto di niente ormai. Solo del sangue e del senso di libertà che si prova nel togliere di mezzo qualcuno.” Emise una risata gutturale e tenebrosa, che rizzò i peli sulla schiena a Julie. Tirò su con il naso e, con voce quasi assente, lo supplicò di lasciarla libera.
Lui la osservò con la testa inclinata e poi mostrò una fila di denti bianchi e dritti in un sorriso sghembo e da pazzo psicopatico:” Sai vero che un assassino non lascia mai le sue vittime … altrimenti quelle scappano e lui non si diverte.”
“ Non scapperò.” Fece lei, di getto. Aveva già deciso di voler combattere e non si sarebbe tirata indietro.
“ Cosa diavolo farnetichi? E’ ovvio che scapperai.”
“ Non ti fidi della mia parola? Finora ti ho sempre tenuto fede, e di certo non mi tirerò indietro nemmeno adesso.” La voce le tremava, e sinceramente non aveva motivo di dover dar retta alle sue stesse parole. Ma qualcosa, nel profondo, le suggeriva che quella era l’unica soluzione.
“ Non mi fido …” sentenziò lui, allentando comunque il braccio attorno al collo e le spalle della ragazza:” Facciamo così.”
Si avviò verso la porta, con Julie a presso, e afferrata la chiave dell’appartamento girò questa nella serratura, chiudendo ermeticamente tutto. Tirò poi le tende, per nascondere lo scenario all’esterno.
Ritornò poi al centro della stanza e, per qualche miracolo, lascò andare Julie che subito andò dall’altra parte della stanza, massaggiandosi il collo e guardandolo con aria rammaricata.
Lui piegò la testa di lato, una luce puramente sadica balenava nei suoi occhi acquosi.
“ Parliamone con calma. So che in fondo (molto in fondo) hai ancora della ragione nascosta dentro di te.” Incominciò lei, tenendosi a una certa distanza e indietreggiando in modo da dirigersi verso la cucina. Pensava che, se quello avesse tentato di aggredirla, più fosse stata alla cucina dove ogni genere di roba tagliente era custodita, più possibilità avrebbe avuto di scamparla.
Lui, in tutta risposta, rise gutturalmente:” Cosa ti fa pensare che io sia ancora tanto lucido da voler conversare amabilmente?”
“ il fatto che tu mi stia parlando adesso è un buon segno, no?” rispose lei, senza nascondere un certo tremore che le scuoteva le membra. Lucida, pensava, devo rimanere lucida e vigile.
Tirò su con il naso e si fermò:” Sei disponibile?”
L’altro storse la bocca in un sorriso sghembo:” Non lo so. Forse.”
“ Lo prendo per un sì. Ascoltami … tu non sei così. Questo non sei tu.” Ecco, pensò, sto agendo come uno di quegli idioti da film che tentano di calmare tutti con le parole e alla fine vengono ammazzati.
“ Come non sono io?”
“ Tu sei … buono. Oddio Adam, io ti conosco. Questo che stai vivendo è solo un trauma, un incubo da cui tu non vuoi svegliarti, perché ti senti libero di fare ciò che vuoi.”
“ Non sparare cazzate ragazzina.” Fece lui in tono sprezzante, avanzando a grandi passi verso di lei e scavalcando l’agente morto. Lei indietreggiò d’istinto e deglutì a fatica il groppo di saliva che le era salito in gola:” è un sogno. Finalmente la mia vendetta sarà compiuta, il mio spirito sarà libero di fare ciò che vuole!”
“ Stai delirando, te ne rendi conto?” disse lei, quasi urlando:” è solo uno stato mentale pericoloso in cui tu sei ingabbiato! Quale vendetta poi? Come puoi vendicare qualcosa che tu non hai scatenato?”
“ Pensi forse che mia madre avrebbe continuato a fare la puttana se veramente mi avesse amato? PENSI DAVVERO CHE AVREBBE DATTO QUELLO CHE FACEVA? No, Julie … Una donna non tradisce suo marito andando a letto con gli altri per puro divertimento! Lo fa perché è infelice di quello che vive, lo fa perché non è soddisfatta della sua vita … e questo peso ricade sui figli!” sbraitò lui, avanzando pericolosamente avanti. Julie non fece in tempo a indietreggiare abbastanza per tenerlo almeno a distanza di un metro, e se lo ritrovò praticamente faccia a faccia:” Tu non ne sai niente … è un dolore incommensurabile. E forse è quello che mi costringe a non farmi amare da nessuno.”
Julie corrucciò la fronte, cercando di allontanarsi, ma sentì Adam spingerla contro la parete minaccioso: “Io non posso capire il tuo dolore, perché i miei genitori mi vogliono bene … ma non capisco perché tu non voglia provare l’amore quando è stata tua madre a non volerlo.”
“ Ragazzina, sei così …”
“ Mi chiamo Julie. Julie Baxter. Adam, tu non sei solo come pensi.” Disse lei, con la voce tremante e da cui trapelava preoccupazione affettiva. Nel vedere la straordinaria fragilità di quell’uomo dalle mille sfaccettature, ora provava un senso di compassione mista a terrore nello stare con lui, mezzo impazzito, in una stanza di motel fuori dal mondo.
“Julie … JULEI CRISTO SANTO!” urlò lui, sbattendole le spalle contro il muro:” Non devi impicciarti in certe questioni!”
“ E invece lo faccio per il tuo bene! Vuoi che sia tuo fratello a occuparsi di te? Vuoi questo?” urlò lei, spazientita, o per meglio dire, spaventata.
“ Ti stai reputando troppo all’altezza del compito che ti spetta!” fece lui, scostandosi appena.
“ Non mi ritengo adatta al ruolo, so solo che è meglio che sia io a occuparmene piuttosto che tuo fratello!”
“ SO BADARE A ME STESSO, CAZZO! E STA ZITTA!” stavolta la tolse violentemente dal muro e la spinse, facendola ricadere sul letto e posandosi poi pesantemente su di lei, sorreggendosi con le mani:” Perché ti ostini a volermi aiutare, perché? Io non l’ho mai capito!”
“Perché ti voglio bene forse?” fece lei, tentando di spostarsi da quella posizione in cui era facilmente sopprimibile.
“ Perché sei pazza.” Aggiunse lui.
“ Tu sei quello pazzo. Io sono solo disperata.” Aggiunse lei, spingendolo via  e riuscendoci:” Per come sei, non hai speranze da solo.”
“ TI HO DETTO DI SMETTERLA!” Adam prese il coltello e lo conficcò sul materasso, a pochi millimetri dall’orecchio di Julie, che trasalì:” Falla finita una volta per tutte!”
“ Continuerò a parlare fin quando non capirai che hai bisogno d’aiuto!” rispose lei, arrabbiata. Gli occhi di Adam si restrinsero. Afferrò il pugnale e lo sfilò dal materasso, poi afferrò la testa di Julie, premendole la bocca per costringerla ad aprirla. Un attacco di terrore la pervase in quel momento. Lui con un coltello in mano non era l’abbinamento più adatto.
Cercò di togliere la presa di Adam dalla sua faccia affondandogli le unghie nella carne del polso, ma quello non sentì nemmeno una fitta di dolore. Se con una mano bloccava il volto di Julie, con l’altra teneva il coltello in pugno, puro sadismo dipinto negli occhi.
“ Ti farò tacere allora.” Fu quello che lui aggiunse, avvicinando la lama alla bocca di Julie, che emise gemiti rumorosi e piagnucolanti.
La lama fredda le toccò le labbra, formando un piccolo solco freddo e che iniziò subito a bruciare. E nell’attimo in cui la lama le toccò uno dei denti, la porta sussultò rumorosamente per poi schiantarsi fragorosamente a terra, scardinata.
 La voce di un agente tuonò nella stanza:” MANI IN ALTO! SEI IN ARRESTO!”
Adam indietreggiò lanciando via il coltello e alzando poi piano le mani sopra la sua testa. Julie spalancò le palpebre terrorizzata e si portò una mano sulla labbra sanguinanti. Il sapore ferroso del sangue le invase la bocca.
Nella stanza irruppero tre agenti, che tirarono fuori i manganelli all’istante. Julie vide le loro intenzioni e urlò più che potè:” NON FATEGLI DEL MALE!”
I tre sobbalzarono sentendola implorare pietà verso chi, poco prima, aveva tentato di mutilarle la bocca.
Lei prese a piangere:”  Non … fategli del male, ve ne prego.”
“ Ragazzina …” fece uno degli agenti:” Sei solo scossa, ci pensiamo noi.”
“ Sono lucida invece. Portatelo via se dovete farlo, ma non colpitelo.” Fu la sua risposta, prima di accasciarsi sul materasso e piangere sfogando l’ansia repressa durante il discorso con Adam.
Il trentenne, sentendo le parole della ragazza, si era limitato a sorridere e a consegnarsi spontaneamente ai tre agenti.
Sulla soglia poi apparve Christopher, un sorriso smagliante sul volto.
“ Ciao fratellino.” Fece, con evidente tono di scherno nella voce. Volse poi lo sguardo su Julie, storcendo la bocca:” Che diavolo stavi combinando?”
“ Niente di quel che tu pensi … E se osi toccarla, giuro che te la faccio pagare. Lei non c’entra. Riportatela dai suoi se volete.” Disse Adam, guardando con estremo rammarico la figura di Julie rannicchiata sul materasso. Lei alzò il viso rigato di lacrime e lo guardò di nuovo.
Colse poi, dalle labbra dell’uomo, una sola parola:” Grazie”. Dopo di che questo abbassò il viso e vene scortato fuori.
La ragazza, prima di dover essere portata via a forza dagli altri agenti di polizia, rimase sospesa al momento in cui le labbra del suo uomo avevano scandito quella parola tanto effimera quanto profonda.

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Capitolo 28
*** 28th Chapter ***


L’uomo teneva le dita intrecciate e i gomiti poggiati alle ginocchia, seduto sul letto e pensieroso. Quel giorno la luce filtrava dalla finestra abbondantemente, il sole sembrava preannunciare una bella giornata e lui più tardi sarebbe uscito per la sua solita passeggiata del pomeriggio.
Si alzò, e misurò per l’ennesima volta la sua stanza a passi lenti e lunghi. Uno, due, ormai aveva perso il conto delle mattonelle che era riuscito a contare nei momenti di totale noia che ormai poteva concedersi sempre.
Si avvicinò alla porta della stanza, in cui era piantata una reticella per comunicare con l’esterno.
“Novità, Philippe?” chiese a qualcuno lì fuori. L’interessato si voltò verso di lui e inarcò un sopracciglio:” Non sembra, Dahmer. Niente come sempre.” Indossava una divisa ospedaliera e picchiettava con la sua penna biro sulla cartella clinica di qualche paziente.
Adam, deluso dalla risposta del dottore, tornò verso il suo letto e vi si stese. Guardò verso il comodino, dove la scatolina di psicofarmaci rifletteva la luce del sole in un riflesso giallognolo.
Sospirò, portandosi poi le mani dietro la nuca e canticchiando un motivetto infantile senza aprire la bocca.
Nel mentre, una macchina nera e dai vetri oscurati passava davanti al viale dell’ospedale psichiatrico e parcheggiava proprio davanti all’entrata. Dal posto del guidatore ne scese un poliziotto che aprì la portiera dietro, facendo scendere una ragazza dai capelli rossi, su cui si intravedevano segni di tinta corvina, e una faccia lentigginosa illuminata da due occhi verdi-castani acquosi e pensierosi.
Julie teneva le mani dietro legate da una manetta che tintinnava a ogni suo movimento, e scoccò al guidatore un’occhiata diffidente.
“Muoviti.” Le tuonò l’uomo, afferrandola per il braccio e portandola dentro la struttura. Lei non oppose resistenza, aveva chiesto lei di andarci in fondo, ma non le piaceva il modo in cui veniva trattata.
All’ingresso, vennero accolti da un’infermiera che chiese loro chi fossero venuti a visitare. La donna non si risparmiò dal volgere a Julie un’occhiata irrequieta, come se temesse che quella ragazza le potesse saltare addosso.
“Dahmer Adam.” Fece con voce atona il poliziotto. L’infermiera scorse la lista nella sua cartella e poi sorrise:” Da questa parte, prego.”
Li guidò attraverso un corridoio asettico e bianco quasi accecante, oltrepassarono una porta a doppia anta e finirono in un corridoio costeggiato di porte e medici in divisa acqua marina, che camminavano su e giù, erano tanti quante erano le porte.
Camminarono ancora per un po’, e la ragazza potè sentire gli sguardi, forse impauriti, che la trafiggevano da parte a parte. Tentò di non mostrare interesse per quel gesto che ogni volta la metteva a disagio, ma tirò comunque un sospiro di sollievo appena furono davanti a una stanza targata “493”.
“ Visitatori.” Squittì la donna rivolta al dottore, che distese le labbra in un sorriso. Scoccò un rapido sguardo verso Julie, ma non sembrò mostrare alcun sentimento negativo in quella ragazza che fino a poco tempo prima era stata nominata in quasi tutti i giornali del paese per complicità in casi di omicidio colposo.
“Ehi, Dahmer! Hai visite!” urlò quello, rivolto all’interno della stanza.
Adam, sentendosi chiamato in causa, si alzò e andò a controllare chi fosse stato così “gentile” a venire a vederlo quel giorno. Quando vide l’interessata pensò di avere le allucinazioni.
“Oh …” si limitò a dire, quasi confuso.
Philippe aprì la porta e fece entrare dentro Julie. Il poliziotto fu in procinto di entrare anche lui, ma il medico lo bloccò:” Lasci che parlino un po’. Sono sotto controllo, non possono organizzare niente di male.”
Lanciò un rapido occhiolino al suo paziente, e il poliziotto non insistette, anche se visibilmente irritato perché di sicuro mancava meno a uno dei suoi compiti principali.
La porta si chiuse alle spalle di Julie, e quella rivolse subito uno sguardo carico di sentimento all’amico, che si limitò a sedersi sul letto e a ritornare nella sua posizione pensante di prima. Sembrò non averla vista nemmeno.
“ Bè … non saluti?” fece lei, con una punta di acidità nella voce.
“ Oh scusa … ciao.” Si limitò a dire lui, senza alzare lo sguardo. Tutto ciò la ferì abbastanza.
“ Cos’è? Non vuoi vedermi?”
“ Ti avevo raccomandato di non venire.” Rispose lui, ora guardandola. Lei lesse nei suoi occhi una punta di preoccupazione.
“ Non potevo non farlo, mi dispiace.”
“ Volevo risparmiarti la vista di un povero condannato a morte, ma sei la solita testarda …” continuò a lui, alzandosi stavolta e andandole incontro.
“ E’ proprio di questo che voglio parlare.” Disse lei,cercando di poggiargli una mano sul petto:” Mi rifiuto di lasciarti andare alla sedia elettrica.”
“Julie, è una mia scelta, non l’hai ancora capito?” disse lui, intrecciando la sua mano a quella della ragazza, che trattenne il respiro al contatto tanto dolce che non si concedeva con lui da mesi ormai.
Le erano mancate quelle mani ruvide e grandi, soprattutto calde, e nei mesi di detenzioni al carcere femminile, aveva sognato ogni notte di poterlo rivedere.
Non ne aveva il permesso: lui, assolto dall’accusa per aver compiuto i fatti non nel pieno delle sue facoltà mentali, era stato spedito per la gioia del fratello a un prestigioso ospedale psichiatrico non lontano da Milwaukee, e lei era stata arrestata. Non aveva opposto resistenza, ma aveva pianto silenziosamente per l’impossibilità di poter vedere gli occhi nocciola di Adam.
Ora che era lì, tutto le sembrava surreale.
“ Non sono venuta fin qui per farmi dare un rifiuto da parte tua!” urlò, premendosi una mano sugli occhi nel tentativo di non mettersi a piangere.
“Julie … non voglio rischiare di morire rinchiuso qui.”
“ Ma impazzisci solo se non prendi quelle!” fece lei, indicando con veemenza le pillole sul comodino:” Per altro sei una delle persone più dolci che io abbia mai conosciuto!”
“ Cara, non farti accecare da sentimenti che nemmeno tu sapresti gestire, ti prego …” nel tono dell’uomo suonò la supplica.
“Ci vedo benissimo invece. Non voglio che tu muoia di tua volontà su un terribile attrezzo per la morte, mi scoppierebbe il cuore dentro.” Le parole le ruzzolarono dalle labbra come un fiume non arginabile, e una lacrima le scivolò lungo la guancia.
“ Non fare l’egoista ...” Adam stava tentando di farla ragionare, ma lei scosse energicamente la testa:” Tu non fare l’egoista maledizione! Tuo fratello gioirebbe se tu dessi fine alle tue sofferenze!”
“ Pensi che a lui importi di me davvero? E’ anche per quello che voglio dar fine a tutto!” urlò lui, facendola trasalire. Nel suo tono di voce, di solito davvero calmo, Julie scorse una nota di impazienza.
“ E a me non pensi?” aggiunse lei, scuotendolo per le spalle.
Lui la fissò per un tempo indeterminato, poi abbassò gli occhi scuotendo la testa:” Ci penso fin troppo a te.”
“ E allora perché? Perché hai voluto che acconsentissero a darti la pena di morte, addirittura volontariamente?!”
“Vuoi davvero sapere perché?” sibilò lui, poggiandole una mano sui fianchi. Lei non gliela tolse, anzi si beò di quel contatto, ma era tesa.
“ Ovvio.” Fu la sua risposta.
Lui sorrise, e la baciò sulla labbra, senza violenza, un bacio carico di quello che Julie assaporò come affetto, o amore.
Si sciolse tra le braccia dell’uomo e lo abbracciò, muovendogli le labbra contro nel tentativo di tirargli via ogni filo di anima che aveva in corpo.
Si staccò poi, a malincuore:” Non mi hai ancora detto perché lo vuoi fare.”
“ Sei troppo lontana per poter provvedere tu alla riuscita di tutto.” Rispose Adam, accarezzandole i capelli vicino alla tempia.
Una piccola ruga le apparve sulla fronte:” Cos …” ma non finì la frase, perché aveva già capito.
Si staccò lentamente da lui, indietreggiando verso la porta:” Non puoi chiedermi di farlo.”
“ Hai promesso.” Disse lui deciso.
“ Non so se riesco a mantenerla.”
“Una promessa non si distrugge, ricordalo.”
“ Ma … mi stai davvero chiedendo …”
“ Si, esatto. Mantieni la promessa che ci facemmo mesi fa. Ti prego.” Rispose lui con veemenza, avvicinandosi cauto alla ragazza.
Lei aveva gli occhi sbarrati dalla paura. Non poteva dire sul serio: se avesse accettato, lui sarebbe morto. Se no, lui sarebbe morto lo stesso. Era davanti a un maledetto vicolo cieco.
Singhiozzò, coprendosi la faccia con le mani per non far chiaramente intravedere che stava iniziando a piangere davvero.
Adam le aveva appena chiesto di ucciderlo, secondo il patto che avevano stipulato quella volta in cui Julie aveva scoperto il cadavere nello scantinato della casa di campagna dell’uomo, quello secondo cui, se lui avesse ucciso davanti agli occhi della ragazza, lei avrebbe dovuto sopprimerlo.
Purtroppo, lui aveva davvero assassinato qualcuno davanti allo sguardo attonito di lei, ma le circostanze successive non avevano permesso di attuare la promessa.
Nel corso di quei mesi, comunque, a Julie non era minimamente saltato in testa di adempiere al suo compito. Ci teneva troppo a lui.
E ora che se lo trovava davanti,glielo stava chiedendo, e lei non sapeva per niente come agire.
“Non puoi chiedermelo, ormai.” Mugolò lei, tentando di reprimere l’ondata di lacrime che ormai le offuscava la vista.
“Julie, te lo chiedo per favore.”
“ Ti ho detto di no.”
“ Sarà rapido e indolore.”
“ Non mi interessa! Non voglio finire come Romeo e Giulietta!” tirò quella scusa dal niente, confusa. Non sapeva nemmeno lei più cosa dire.
“ Non finiremo come loro. Io avrò pace e tu vivrai ….”
“ Ma se tu muori …”
“ … e sconterai le tue colpe vivendo. Davvero Julie, non cercare di farmi cambiare idea. Sono stanco di quello che devo sopportare.” Nel dire questo, andò verso il letto e vi si lasciò andare, stanco.
“ Ma …” doveva tentare di fermarlo in qualche modo:” Io … come faccio a passare il resto della mia vita sapendo che tu … tu non sei più su questa terra?”
“Non fare la sentimentale, ti dico tutto questo perché non voglio davvero che tutte le mie frustrazioni ti ricadano contro.”
“Ma le tue frustrazioni io le ho vissute dannazione!” sbraitò lei, tanto che la voce le uscì quasi raschiata e le fece male la gola:” Come pretendi che io possa vivere tranquillamente sapendoti morto? Lontano? Scordatelo, non voglio che tu muoia! Se sarà necessario, morirò per impedirtelo.”
“Non dire sciocchezze, non meriti la morte quanto me.” Tuonò lui, avvicinandosi a lei di nuovo a afferrandole i polsi, senza che lei avesse modo di scansarlo. Lei evitò accuratamente di guardarlo negli occhi, ma quello le sollevò il viso poggiandole pollice e indice sotto il mento:” Guardami.”
Lei voltò lo sguardo verso la sua sinistra, incerta, ma lui fece in modo che incrociasse il suo sguardo. Julie lesse in quegli occhi nocciola sfumati un tale senso di determinazione che si sentì stringere le viscere dall’ansia.
“ Te lo chiedo per l’ultima volta. Lo farai o no?” le fece, una punta di minaccia nella sua voce.
Lei deglutì forte, calcolando la risposta. Ma non calcolò un bel niente in verità, perché si limitò a scuotere la testa e spingerlo via come rassegnata:” Non posso farci niente.”
Lui sospirò, rassegnato quanto lei. Le prese la mano e la avvicinò al letto. Vi si sedette e la pregò di mettersi cavalcioni su di lui.
Il volto di Julie si imporporò all’istante, ma obbedì, trovandosi a diretto contatto fisico con Adam.
“ Ci restano cinque minuti di visita. Facciamo i piccioncini?” chiese lui, una nota di divertimento nella voce. Lei inarcò le sopracciglia ma poi sorrise, non tanto convinta:” Se proprio ci tieni …”
Lo baciò di nuovo, stavolta con più ardore. Quello, probabilmente, sarebbe stato l’ultimo scambio di labbra che si sarebbero dati in vita loro.
Accadde qualcosa poi che le tolse ogni dubbio. Sentì il palmo della mano aprirsi e qualcosa di freddo posizionarsi lì. Stringendo la presa, notò con allarme che era … un’arma.
Aprì gli occhi di scatto, e incontrò le iridi castane di Adam. Teneva gli occhi socchiusi e lo sentì mormorare un “mi dispiace” contro le labbra.
Gli occhi gli si dilatarono come se avesse subito un colpo fortissimo. La mano di Julie era stata tirata contro di lui, e dopo un minuto di orrore lei si era accorta che l’arma che le aveva fatto impugnare contro la sua volontà aveva trafitto Adam all’altezza del cuore. Sangue caldo e nerastro bagnò la camicia dell’uomo, che emise un rantolo di dolore sulla bocca di Julie.
Lei smise di baciarlo e guardò con orrore ciò che lui le aveva costretto a fare. Tentò di togliere la lama o di urlare, ma lui le tappò le bocca con le sue labbra, stringendo le mani sulla presa. Tentò di divincolarsi, di chiedere aiuto, di fermare le lacrime che ormai correvano all’impazzata fuori dai suoi occhi.
Poi sentì meno la presa sulle labbra, e vide la luce della vita negli occhi di chi aveva davanti spegnersi piano, come una fiamma mossa da uno spiffero male riparato.
La presa sulle mani diminuì fino a scomparire totalmente. Il peso di Adam andò a colpire il materasso, e Harry ne vide la faccia: sulle labbra appena socchiuse per il bacio appena dato era stampato un sorriso tranquillo, quasi che lui avesse atteso quel momento da chissà quanto tempo.
Lei, invece, davanti a quella realtà tanto straziante, non potè fare altro che guardarsi le mani insanguinate e cacciare un urlo disperato, a cui Philippe accorse attonito.
 
Poteva essere mezzanotte circa, non poteva saperlo. La luna penetrava pallidamente dalla finestra sbarrata poco sopra di lei, ma per la ragazza era come se tutto fosse buio, quasi inesistente. Teneva le ginocchia contro il petto, il viso nascosto tra le gambe, e una bottiglia contenente una polverina bianca in mano che agitava di tanto in tanto.
La sua cella non le era mai sembrata tanto fredda. Tanto poco accogliente. Mai in quel momento provò un tale senso di disgusto a stare lì, senza fare niente, mentre il corpo del suo Adam veniva portato via dalla stanza in cui lo aveva visto morire per mano sua.
Stava lì, raggomitolata, e non osava fiatare. Era forse troppo scossa addirittura per pronunciare qualche parola.
Qualcosa rintonò nel corridoio del carcere e riuscì a scuoterla appena per farle riprendere la nozione del tempo.
Si alzò, bestemmiando in silenzio per il dolore alle gambe tenute in quella posizione per troppo tempo e si affacciò alle sbarre della cella. L’orologio lì vicino ticchettava costante e fastidioso, e segnava che era appena passata l’una del mattino.
L’una del mattino. A quel pensiero le labbra della ragazza si distesero in un sorriso.
Si rimise schiena contro la parete, e si decise ad aprire la bottiglietta che teneva in mano. Si guardò furtivamente intorno, alla ricerca di qualcuno che la stesse osservando, ma non intravide nessuno.
Annusò il forte odore di mandorla che proveniva dall’interno di quel contenitore e vi immerse due dita.
Poi se le avvicinò alla bocca, mormorando prima qualcosa come:” Sto per compiere una cazzata, ma ormai non so più che altro fare.”
Poi si mise le dita in bocca, succhiando la polverina.
Un sapore amaro le invase il palato, mentre ogni organo sembrò protestare per la brutta sensazione che stava provando. La vista le si offuscò rapidamente, e la mano che teneva la boccetta la lasciò cadere, e quella si frantumò fragorosamente. Il rumore sembrò svegliare qualcuno, poiché una luce si accese nel corridoio.
Lei però non la vide poiché il buio le aveva invaso gli occhi. Un glaciale sorriso le si impresse sul volto. 

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