Essere una Mezzosangue è una faticaccia - La vendetta di Pitone

di Alyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Giusto per capirci qualcosa ***
Capitolo 2: *** 1. Chirone si prende una febbre da cavallo ***
Capitolo 3: *** 2. Sono comandata da un quadrupede ***
Capitolo 4: *** 3.Per poco non trafiggo la Secchiona ***
Capitolo 5: *** 4. Invasione di Campo ***
Capitolo 6: *** 5. Sparisce un raggio ***
Capitolo 7: *** 6. L'incubo di Louis ***
Capitolo 8: *** 7. Prima fermata: Casa Bonnet ***
Capitolo 9: *** 8. Un simpatico mostriciattolo si auto-invita alla festa ***
Capitolo 10: *** 9. Facciamo arrosto un'Idra ***
Capitolo 11: *** 10. Un sogno mi catapulta a Philadelphia ***
Capitolo 12: *** 11. Temo di morire d'infarto ***
Capitolo 13: *** 12. Qualcosa non quadra ***
Capitolo 14: *** 13. Scopro di avere una sosia nel passato ***
Capitolo 15: *** 14. Il viaggio più imbarazzante della mia vita ***
Capitolo 16: *** 15. Mi incasino la vita ***
Capitolo 17: *** 16. Finalmente una svolta! ***
Capitolo 18: *** 17. Lo scontro finale ***
Capitolo 19: *** 18. Enormi sensi di colpa ***
Capitolo 20: *** Epilogo. Addio ***



Capitolo 1
*** Prologo. Giusto per capirci qualcosa ***


Essere una Mezzosangue è una faticaccia

                                                         Prologo
                                   Giusto per capirci qualcosa



Avevo sempre pensato che la musica mi desse un'energia che neanche l'ambrosia riusciva a darmi.
Una specie di scossa elettrica che sembrava fare pesare meno la spada, scottare meno il sole e muovere più velocemente i piedi.
Quando ero più piccola mi ero iscritta a un corso di danza ma ero stata espulsa dopo che, mentre ero da sola nello spogliatoio, uno scomparto di armadietti aveva preso fuoco.
Poi a dodici anni mia mamma mi aveva rivelato la mia vera natura.
Avevo scoperto di essere una Semidea.
Mi aveva mandata al Campo Mezzosangue.
Da allora non ero praticamente più uscita da lì.
Il Campo è il posto più bello per un Semidio.
È il tuo mondo.
Eppure il mio diciassettesimo compleanno si stava avvicinando sempre di più e l'ultima volta che ero uscita era stato quando mamma si era risposata. Circa quattro anni prima.
Sono cresciuta al Campo, per me sentire parlare di Minotauri e Dèi è una cosa normale, ma forse dovrei cominciare dal principio.

                                                                                          ***

Per una bambina di dodici anni appena compiuti, il mondo è ancora tutto da esplorare.
Ero ancora piccola e non presi troppo male il fatto di essere figlia di un Dio Greco.
Ok.
Diciamo che ero passata dalla fase 'Mamma, non credo più alle favole.' a quella 'Ok. Tutto questo è impossibile!', per poi passare a quella di 'Che figata! Sono figlia di un Dio leggendario!'.
Poi tutto era tornato normale.
La mia vita aveva ripreso normalmente anche se avevo dovuto abbandonare mia madre e andare a vivere con un mezzo cavallo e dei ragazzini come me, che di speciale avevano solo il fatto di avere sangue divino nelle vene.
Le giornate si scandivano in lezioni per imparare a difendersi e ad attaccare.
Avevo sempre amato quelle lezioni, anche se la cosa che preferivo più di tutto era combattere nell'arena in solitario sotto un sole che spacca le pietre mentre canticchio una canzone a mezza voce, distruggendo tutti i manichini disponibili.
Bene, a questo punto voi vi dovreste chiedere chi sono io.
Semplice.
Io sono Camille Davis.
Figlia di Ares.





Angolo dell'Autrice.
OK.
Mi ero ripromessa di non iniziare mai una long quando ne sto facendo un'atra.
Ma per vostra (s)fortuna, credo di essere impazzita e ecco cosa è venuto fuori.
E' solo il prologo quindi è corto ma i prossimi capitoli saranno più lughi.
Non ho mai scritto di Percy & Co. 
E non so neanche a chi sto parlando.
Spero solo che vi piaccia.
Grazie in anticipo a chiunque recensisca.
Un bacio,
Alice

 

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Capitolo 2
*** 1. Chirone si prende una febbre da cavallo ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 1
                                   Chirone si prende una febbre da cavallo


Il sole era fortissimo quel giorno.
Erano solo le sette e mezzo di mattina e già si moriva di caldo.
Non c'era un alito di vento.
Il Campo era deserto.
Io era nel centro dell'arena, da sola, la spada stretta in mano, tesa di fronte a me.
I miei capelli lisci come spaghetti e color del cioccolato era raccolti in una crocchia che sembrava in bilico sulla mia testa.
Era già da un pezzo che mi allenavo e ciocche dispettose sfuggivano all'elastico.
Mi sentivo un po' Medusa, con quei capelli spettinati.
Tuttavia non ci feci troppo caso.
Decine di manichini erano stesi per terra, mutilati da τιμωρία (Timoria), la mia spada.
Il nome era in Greco Antico e letteralmente significava 'Vendetta'.
Era l'unico oggetto che avevo ricevuto da mio padre.
Mi aveva sempre affascinato, a differenza di Ares.
Avevo imparato a non rimanerci troppo male quando non mi aiutava o mi ignorava.
Ares non era fatto per l'affetto.
Anzi, col tempo avevo preferito questa relazione gelida rispetto a quelle finte perfette di alcuni altri Semidei.
A differenza dei miei fratelli doveva aver ereditato il carisma da mia mamma, perché molti rimanevano confusi quando ero carina con loro.
Anzi spesso avevo pensato che si fossero sbagliati.
Che non ero una figlia di Ares.
Però la poca pazienza, gli improvvisi raptus di rabbia e l'abilità e la forza che mi caratterizzano quando combatto, mi confermano la mia appartenenza alla casa numero 5.
Solo un'altra cosa ho ereditato da mio padre.
La capacità di mettermi in guai più grandi di me.
Ma quella mattina ancora non lo sapevo.


Verso le otto tornai nella casa numero 5.
Quando entrai, mentre cercavo di rifarmi una crocchia decente, sentii Clarisse che urlava per cervare di svegliare gli altri.
Quando mi vide entrare, mentre armeggiavo coi capelli, in un bagno di sudore, mi fulminò con lo sguardo.
- Camille! Dove sei stata, per Zeus!? Chirone ti cercava e...-
Alzai gli occhi al cielo e mi avviai verso il bagno.
Clarisse aveva quattro mesi meno di me, nonostante ciò tutti tendevano a vederla coma la rappresentante dei figli di Ares. 
A differenza di lei, io ero sempre stata una ragazza piu o meno tranquilla, magra e abbastanza alta. Inoltre ero piuttosto carina per essere una figlia del Dio della Guerra. E tendevo a essere gentile con le persone, cose che le stupiva non poco e in genere, a meno che non mi vedessero combattere (sono comunque una figlia di Ares, gente!) a prima vista,  non pensavano che appartenessi alla casa di Ares.
- Clarisse, per favore, basta, ho capito... -  borbottai mentre tentavo di chiudere la porta del bagno.
Ma lei, veloce, posò la scarpa vicino allo stipite e la porta le urtò il piede, anziché chiudersi.
- Non pensare di scamparla liscia anche questa volta! Solo perché sei più grande di me di pochi mesi non vuol dire che puoi fare quello che ti pare e piace e sparire sempre così! Se ti succedesse qualcosa ...-
- CLARISSE!- sbottai - Ero andata nell'Arena ad allenarmi,  per tutti gli Dèi! Scusami, ok? Faccio la doccia poi ti prometto che vado da Chirone.-
Mia sorella mi guardò scettica, spostò il piede borbottando e io chiusi in fretta la porta, prima che cambiasse idea.
Ma un attimo dopo stava già strillando per tutte le stanze.


Dovevo incontrare Chirone al Padiglione del Tiro con l'Arco.
Evitai, abbassandomi, una freccia vagante e lo chiamai.
Lui fece posare gli archi e mi invitò a entrare.
Feci una smorfia.
Odiavo quel posto.
C'erano troppi ragazzini incapaci.
Mi avvicinai al centauro mentre gli allievi di Chirone cominciavano a bisbigliare tra loro.
- Chirone...
- Camille. - salutò facendo qualche passo avanti. - Clarisse ti ha detto che...-
- Sì. - lo interruppi. Sapeva che odiavo quel posto ma non sembrava farci troppo caso.
- Bene, dobbiamo parlare.
- Sono tutta orecchi - lo spronai a continuare, mentre i ragazzini cominciavano ad alzare la voce.
- Sei qui da 5 anni, ormai, e sei uscita pochissime volte. Ti ho fatta chiamare perché ho deciso di affidarti un compito speciale.
Stetti zitta, aspettando che continuasse.
- Farai un corso di combattimento con spada.
Lo guardai scettica, tirando fuori una moneta leggermente più grande del normale dalla tasca.
Era l'oggetto nel quale si trasformava Vendetta quando non era una spada.
- Chirone, senza offesa, ma ho imparato a usare la spada 5 anni fa.
Lui rise.
- Oh no, non hai capito. Non parteciperai al corso. Lo terrai. 
Ancora non capivo.
- Quindi?
- Sarai l'insegnate, Camille.
La mia mascella toccò terra. Dietro di me gli allievi avevano alzato la voce e parlavano tranquilli incuranti del mio shock.
- Stai scherzando.
- No.
- Mi stai prendendo in giro.
- Perché dovrei?
- Sai che odio lavorare con i ragazzini!
- Un ottimo motivo per cambiare... - sorrise incoraggiante il mezzo stallone.
Sbuffai ancora e incrociai le braccia al petto.
- Non è un lavoro adatto a me. La Chase è brava in queste cose.- protestai sibilando il nome della figlia d'Atena. 
Chirone sorrise.
- Infatti lavorerai con lei.



Angolo dell'Autrice:
Ecco qui il primo vero capitolo.
Cerco di essere il più possibile fedele al romanzo di Rick Riordan ma mi accorgo che è sempre più difficile.
Se non sono stata chiara la storia è ambientata dopo la Seconda Guerra contro i Titani. In altre parole dopo 'L'ultimo Dio'.
La storia rimarrà abbastanza statica per alcuni capitoli ma vi prometto che poi sarà più movimentata.
Dovete portare solo un pò di pazienza.
Cercherò inoltre di aggiornare abbastanza spesso, avendo già alcuni capitoli pronti.
Spero di non avrer deluso nessuno.
Grazie mille a ElisaJackson e Sprotte98 per le recensioni.
Grazie grazie!
Un bacio,
Alice


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Capitolo 3
*** 2. Sono comandata da un quadrupede ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 2
                                   Sono comandata da un quadrupede



Incrociai le bracci al petto, sbuffando.
Chirone sapeva che odiavo quella piccola mocciosa figlia di Atena.
Lo sapeva.
Per questo aveva deciso che dovevo lavorare con lei.
E sapeva anche che io odiavo i ragazzini.
Un corso base per insegnare ad usare la spada.
Ma dove ero finita?
In quel momento Annabeth uscì dalla casa numero sei, guardandosi intorno.
Forse non era stata una buona idea ordinare a un suo fratello di farla uscire.
Adesso mi avrebbe fatto la predica dicendomi che non dovevo urlare in quel modo con i ragazzi più piccoli.
Sbuffai ancora.
Insomma non ero mai stata come Clarisse ma in quel momento ero parecchio seccata.
La Chase mi vide e scosse la testa.
- Camille non dovresti usare quei toni con i Mezzosangue più giovani...
Bingo. Che vi avevo detto?
Stetti in silenzio.
- Ok, non hai preso bene il progetto di Chirone, vero?- mi chiese la bionda.
- No. Sa che non mi piace lavorare con le matricole.
- E con me.
Io alzai le sopracciglia.
- Andiamo, Annabeth, non siamo mai state molto amiche da quando...
Lei annuì.
Uno dei primi anni, appena arrivata qui, avevo accidentalmente rotto, durante un duello, una collana regalatale da suo padre.
Si era arrabbiata parecchio.
E di solito evitavamo di parlarci.
Era un motivo stupido ma quando era successo eravamo solo delle bambine.
- Camille dobbiamo collaborare. È solo un corso. - Avrei aggiunto stupido corso.-  Poi potremo tornare a ignorarci come sempre. Facciamo un patto, ok? Niente scherzi ne dispetti fino allo scadere delle lezioni.
Ehi, per chi mi aveva preso?
- Mi sembrava scontato.- affermai.
Lei sorrise.
Io mi girai e feci per andarmene.
-Ehi, Camille, che ne dici se domani mattina ci alleniamo insieme? Così potremo cominciare a organizzare un po'...
Io girai la testa verso di lei.
- Certo, Annabeth. Alle 8 all'Arena.
- Benissimo.- poi mi salutò e si avviò verso la casa numero 3.
Io mi avviai invece verso quella di Apollo.
Emily Crane, 17 anni e pochi giorni, alta, magra, bionda, occhi azzurri, e un' assoluta incapacità di fare poesie... Insomma la tipica figlia di Apollo.
Era la mia migliore amica.
Lei e Louis Bonnet, figlio di Atena, fratello di Annabeth Chase, suo padre era uno scienziato trasferitosi dalla Francia a Los Angeles.
Entrai senza tante storie nella casa di Apollo.
Ormai ero come adottata da lui.
E, segretamente, avrei preferito di certo Apollo come padre, piuttosto che
 Ares.
Ma mia madre aveva deciso per me.
Sapevo poco su di loro.
Solo che si erano conosciuti durante una provino, il primo film serio di mia madre.
Non mi ero stupita di questo.
Mia mamma è bella, bionda, occhi blu come il mare.
Bellissima.
Io, invece, sono una specie di piccola Ares, ma carina e loquace come lei.
Non ne andavo troppo fiera.
Di solito tendevano a sottovalutarmi a causa del caratterino tranquillo non proprio da figlia del Dio della Guerra.
Ma non avrei mai voluto essere come Clarisse e la maggior parte dei miei fratelli.
Preferisco sembrare tranquilla e quindi poter parlare alla gente senza che questa voglia filarsela a gambe levate, piuttosto che una macchina spacca tutto- diabolica.
Mio piadre mi ucciderebbe, per questo.
E mi stupisco che non l'abbia ancora fatto.
Una volta entrata nella casa del Dio del Sole cercai di raggiungere il letto della mia migliore amica.
Non mi sarei stupita di trovarla ancora addormentata.
Appena la vidi capii subito che qualcosa non andava.
Era vestita e tutto ma stava sdraiata sul letto supina, con il cuscino in faccia.
-Emily, tutto bene?- azzardai.
Un mugolio indistinto fu il massimo che capii.
Mi misi le mani sui fianchi e sbuffai.
- Raggio di Sole, ti avviso. Non è giornata. Se non ti alzi entro tre secondi vedrò di farti a fettine talmente sottili che il tuo drappo funebre dovrà essere riadattato alle grandezze di una noce.
Emily si mise a sedere di scatto, talmente veloce che il cuscino volò ai piedi del letto.
- Sono sveglia. - mi annunciò annuendo come un asino.
Mi rimangio ciò che ho detto prima.
Non sopporterei mai di essere stupida come Apollo.
- Lo vedo.- le feci notare, poi mi mise a sedere accanto a lei. - Andiamo, che problema c'è?- le chiesi poi tornando nella modalità da 'Brava ragazza' che mi caratterizzava normalmente.
Lei mi guardò scettica per un attimo poi sospirò.
- Credo che mamma se ne sia dimenticata.-
Tre giorni prima c' era stato il suo compleanno e sua madre non le aveva inviato uno straccio di augurio.
Le misi una mano sulla spalla.
- Andiamo non pensarci troppo. Ti va di fare un giro?
- Ti dispiace se andiamo a tirare?- intendeva con l'arco.
Non mi piace un gran che quella disciplina, ma in quel momento era talmente depressa che non obiettai. Essendo figlia di Apollo lo adorava.
- Certo, Raggio di Sole.- 
La chiamavo così spesso, perché era convinta, essendo figlia del Sole, di essere un raggio.
Nulla di che, ma avevo imparato ad accontentarla senza fare troppe storie.
Se no rischiavo di avere un tremendo mal di testa alla fine della giornata.
Emily parla sempre e senza sosta.
Mi chiedo da dove tiri fuori tutta quella esuberanza.
Una volta fuori vedemmo Louis che ci veniva incontro.
La depressione della mia amica scomparve e gli corse incontro gettandogli le braccia al collo.
Io feci una risata mentre lui una smorfia di dolore.
Emily lo abbracciò e stritolò fino a che lui non la minacciò di morte.
Già la seconda in una giornata.
Louis era più grande di noi di un anno e lui e Emily sempre stati come fratelli.
Si erano conosciuti prima di me, quando erano più piccoli e da allora, che nessuno osasse fare del male a Emily o si ritrovava qualche strano marchingegno nel letto.
Si presero per mano e Louis si rivolse a me, con aria tra il divertito e l'esasperato.
- Camille che cos'hai contro i miei fratelli?
- Ero di cattivo umore. E quel bambino non capiva niente. - risposi capendo che si riferiva a quando avevo urlato contro a un giovane figlio di  Atena quella mattina.
Lui sospirò.
- Sei senza speranze.
- A proposito!- urlò Emily. - Perché sei così acida stamattina?
Io la fulminai.
Louis mi guardò scettico.
- Non mi dire! Te la sei presa così tanto per un corso? - mi chiese quasi divertito.
- Che corso?! - intervenne Emily, non capendo.
Io mi assicurai di guardare i miei piedi che si avviavano al padiglione di Tiro con l'Arco. Ancora.
- Devo organizzare un corso di uso della spada per dei primini.- sputai fuori.
Louis fece finta di tossicchiare per intimarmi di andare avanti.
- Con Annabeth.- conclusi allora.
A Emily sfuggì un gridolino.
Louis scosse la testa.
- Davvero? Davvero, davvero?
- Sì, Emily. Davvero, davvero.
Lei cominciò a parlare, parlare, parlare, anche dopo che eravamo arrivato al padiglione e stavamo tirando con l'arco.
Dopo l'ennesima freccia da 40 punti sbottai.
- Emily, stai zitta!
Lei tirò la freccia, confusa dal mio cambio di umore, ma che ovviamente prese lo stesso il centro del bersaglio.
Tipo 99,9 punti.
La facilità che quei ragazzi avevano a tirare con le frecce era impressionante.
Louis mi guardò esasperato.
- Scusa, Emily, ma non riesco a concentrarmi se continui a parlare.- cercai di rimediare ma lei scaraventò l'arco a terra e se ne andò.
- Oggi stai meglio da sola, Camille!
Guardai il mio migliore amico.
Lui scosse la testa e seguì Emily.
Quasi ringhiai e scoccai la freccia.
Inutile dire che presi 100.
D'altronde la rabbia è l'arma segreta di Ares, no?

Angolo dell'Autrice:
Lo so. Lo so.
Sono in ritardo.
Di nuovo.
Ma la scuola mi sa uccidendo.
E non è una scusa.
Sul serio.
Di solito sono abbastanza rapida ma ultimamente la scuola tira fuori il peggio di me.
Nel prossimo capitolo ci sarà più movimento ma mi servivano questi capitoli per ingranare (si dice così, vero?)
Perdonatemi.
Ringrazio tantissimo chi ha recensito, ElisaJackson, Sprotte98 e Owl 99.
Grazie grazie grazie.
Un bacio,
spero a presto.
Alice

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Capitolo 4
*** 3.Per poco non trafiggo la Secchiona ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 3
                                    Per poco non trafiggo la Secchiona




Emily mi tenne il muso tutto il giorno.
Quando andai a letto quella sera non riuscivo a dormire.
Così uscii e mi avviai verso la spiaggia.
Mi misi a sedere sulla riva.
Il vento caldo del giorno appena trascorso continuava a soffiare ma la brezza fresca del mare sembrava a volte contrastarlo.
Pensai a come sarebbe stato bello essere figlia del Mare.
O del Cielo.
Mi sarebbe piaciuto anche essere figlia del Sole. O della Natura.
Sospirai.
Ma non lo sarei mai stata.
Odiavo la guerra.
Era una cosa crudele.
Senza fini leali.
Tirai un sasso sulla superficie dell'acqua, che rimbalzò un paio di volte prima di affondare.
Mi incantai a guardare le onde che arrivavano e si ritiravano sul bagnasciuga.
- Non riuscivi a dormire?
Sobbalzai.
- Scusa, non volevo spaventarti.
Io alzai le spalle.
Louis si sedette accanto a me.
- Che ci fai qui?- sussurrai.
- Stavo parlando con Annabeth e ti ho vista uscire.
Louis cominciò a disegnare strane figure sulla sabbia.
Stetti in silenzio.
Pochissime volte rimanevo sola con lui.
Era Emily quella che preferiva.
- A cosa stavi pensando?
Risposi senza pensare. - A quanto sarebbe bello non essere figlia di Ares.
Avevo sussurrato.
Un flebile lamento.
Forse per paura che mio padre mi sentisse o forse per non farmi sentire da Louis stesso.
Per un attimo si fermò ma poi le sue dita ricominciarono a scorrere sulla sabbia.
- Non ripudiare una parte di te, Camille.
Io alzai le spalle.
- Tutti vorrebbero cambiare qualcosa in loro stessi, non è vero?
Lui cercò il mio sguardo.
- Ma tu non sei tutti.
Sorrisi debolmente cercando di non guardarlo.
Improvvisamente mi sentivo in imbarazzo.
- Grazie Louis. Ma non credo che questo cambi le cose.
Lui esitò un momento.
- Be', puoi sempre cercare di... - lo interruppi.
- Louis?
Si girò a guardami.
Il calore che sentivo sulle guance non centrava assolutamente nulla col fatto che le nostre ginocchia si toccavano.
- Si?
- Grazie. Grazie di tutto.- e prima che potessi anche solo immaginarlo lo stavo abbracciando.

Un raggio di sole mi colpì in pieno viso.
All'inizio cercai di riaddormentarmi, pensando che Tom, un mio fratello più piccolo, avesse dimenticato di chiudere le tende, ancora una volta.
Poi mi ricordai di averle lasciate aperte di proposito visto che dovevo incontrare Annabeth alle 8.
Mi ripromisi di alzarmi dopo 5 minuti, ma sentii un vago rumore di onde.
Così aprii lentamente gli occhi.
Non ero nel mio letto.
Non ero da sola.
Non era colpa di Tom, se c'era tutta quella luce.
Ero sdraiata sulla spiaggia, abbracciata a Louis, le mani poggiate sul suo petto mentre lui mi circondava le spalle con le braccia.
Sbarrai gli occhi, arrossendo.
Rimasi per un attimo così, ferma, immobile cercando di ricordare.
Piano piano ricordai.
Non ero riuscita a dormire.
Ero uscita.
Louis era arrivato.
Avevamo parlato.
Ci eravamo abbracciati.
Poi avevamo continuato a ridere sottovoce e a scherzare fino a che la stanchezza non aveva avuto la meglio.
Tentai lentamente di sciogliermi dall'abbraccio ma non feci in tempo a mettermi seduta che lui era sveglio.
Mi rimisi in piedi, facendo finta di niente e cercando di non guardalo negli occhi.
Mi scrollai la sabbia dai pantaloni e mi tolsi l'elastico dai capelli.
- Dormito bene, Camille?- chiese divertito Louis.
Che ci trovava di divertente in una situazione simile?
- Avrò un terribile mal di schiena per il resto dei miei giorni.- mi limitai a commentare.
Lui si mise a sedere e sentii il suo sguardo puntato sulla mia schiena.
- Stai bene coi capelli sciolti. Perché non li tieni mai così?
 Io arrossii leggermente ma ero girata e sperai che non se ne fosse accorto.
- I capelli sciolti sono scomodi durante il combattimento.
Fiera mi girai verso di lui, mentre mi facevo la coda.
Era buffissimo appena svegliato.
Scoppiai a ridere.
- Che c'è?- chiese scettico.
- O miei Dèi, Louis, sei fantastico!-
I capelli biondi e mossi del mio migliore amico avevano pensato bene di prendere come esempio la pettinatura di Medusa.
Lui si mise una mano dietro la testa.
- Mi vuoi spiegare che succede?
Io ridevo ancora.
Mi inginocchiai alla sua altezza e cercai di sitemargli i capelli.
Lui mi fissava ma mi imposi di non arrossire di nuovo.
Da quando mi faceva quell'effetto?
Non avevo mai pensato a Louis come più di un amico.
E poi, perché lui avrebbe voluto...
Piano, piano, piano!
Camille, stop!
Cosa diavolo stai pensando?
Quando finii di cercare di pettinarlo mi rimisi in piedi.
- Ma la mattina ti pettini, tu?
Lui scosse le spalle.
- No.
- Be', dovresti cominciare perché fai concorrenza a Medusa appena sveglio.
- Anche Annabeth me lo dice sempre...
Io sobbalzai.
- O Zeus! Annabeth!
Louis mi guardò confuso.
- Dovevo incontrarla alle 8!
Lui lanciò uno sguardo al cielo, pensieroso.
- Dovrebbero essere circa le 8, adesso.
- Come fai a saperlo?
- Il moto del sole.- rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Certo. Dimentico troppo spesso che sei figlio di una Secchiona.
Lo presi per mano e lo feci alzare.
- Muoviti! Muoviti! Muoviti! Dobbiamo andare!
- Dobbiamo?
- Non avrai mica intenzione di lasciarmi da sola con quella schizzata, vero? Se non vuoi che venga commesso un omicidio, a te la scelta se io ammazzo lei o il contrario...
- Ok! Ok! Vengo! Andiamo! 
Mi riprese la mano e mi trascinò con lui.
La mia gelida cozzava contro la sua bollente e per un attimo mi sentii bene.
- Possibile che anche in piena estate tu abbia le mani ghiacciate, Camille?
Sorrisi debolmente.
- Corri, sfaticato. Che siamo in ritardo!

In realtà non eravamo in ritardo ma Annabeth era già arrivata e parlava animatamente con Percy.
Non avevo legato molto con quel ragazzo ma mi stava simpatico.
Di solito evitavo di parlargli perché lui e Annabeth stavano, sopratutto negli ultimi tempi, sempre appiccicati.
Avevano sempre detto che erano solo amici, ma dopo il bacio nel lago alla fine della Seconda Guerra nessuno li prendeva più sul serio e loro avevano imparato a non smentire.
A dire il vero mi ero presa una cotta per lui, il secondo anno, ma visto che aveva sempre una scusa per uscire dal campo, avevo cominciato poi a invidiarlo.
Poi cominciai semplicemente a ignorarlo ed eravamo diventati abbastanza amici senza che nessuno andasse di proposito dall'altro.
Qualche volta eravamo finiti in punizione insieme o nella stessa squadra di Caccia alla Bandiera, e cose stupide così.
Avevamo molte cose in comune.
Un sentimento contrastante per i pegasi, una mamma fantastica, un appartamento nella stessa città e la comune consapevolezza che Apollo era un disastro nelle poesie e gli avremmo volentieri tappato la bocca con una mela candita delle bancarelle di Manhattan tutte le volte che cercava di comporle.
Insomma non mi stava per niente antipatico, anzi, ma come ormai avrete capito la vicinanza con Annabeth mi rende più antipatica di Ade in pieno inverno.
Io e Louis salutammo la coppia poi Annabeth mi prese per un braccio e ci avviammo nel mezzo dell'Arena, a quell'ora completamente vuota.
La bionda stringeva una spada tra le mani.
Sapevo che preferiva di gran lunga il suo coltello di bronzo, ma non sapevo perché.
-Allora. Cominciamo?
Tirai fuori dalla tasca una manciata di monete e afferrai Vendetta, rimettendo a posto le altre Dracme.
Feci roteare la moneta in aria.
Scintillò alla luce mattutina e quando la afferrai era diventata una spada.
La roteai tra le mani e con la coda dell'occhio vidi Percy e Louis che si accomodavano uno appoggiato con le braccia conserte alla staccionata e l'altro sedutoci con le gambe a penzoloni.
Sospirai poi mi rivolsi ad Annabeth.
-Programma?
Lei sorrise. -Un combattimento per capire un po' i punti deboli e forti di ognuna e poi si vedrà.
-Bene.
Non aggiungemmo altro.
Le nostre lame si scontrarono con un sonoro suono metallico che riscosse Percy già sul punto di addormentarsi.
Annabeth indietreggiò di qualche passo mentre le spade si scontravano ancora.
Era leggermente in difficoltà.
Ma non abbassai la guardia.
Infatti dopo alcuni colpi la bionda sembrò riprendersi e girando su se stessa tentò uno scontro laterale.
La anticipai di qualche secondo e parai il colpo senza problemi.
Esitò un attimo, abbastanza per me per iniziare a sferrare colpi sempre più veloci.
Annabeth cominciò ancora a indietreggiare e vidi con la coda dell'occhio Percy scendere dalla staccionata e Louis trattenerlo per il bordo della maglietta rossa che indossava.
Forse ero convinta di poter mettere fine alla scontro da un momento all'altro, forse l'occhiolino che mi fece Louis, forse il caldo o forse semplicemente la sfiga, ma rimane il fatto.
Annabeth trovò il tempo per attaccarmi e la sua lama mi ferì due volte il braccio destro col quale tenevo la spada.
Trattenni a stento un gemito di dolore e stavolta intravidi Louis fare qualche passo verso di noi, prima di essere fermato da Percy.
Velocemente afferrai la spada con la sinistra.
Questo parve confondere Annabeth che dopo qualche altro colpo, con uno sgambetto ben assestato, finì per terra con la punta di  Vendetta a pochi millimetri dal suo collo.
Vidi con piacere Percy alzarsi di scatto e cercare di raggiungerci e poco dopo Louis che lo bloccava dicendogli:- Fermo qui, Jackson. È solo allenamento.
Porsi la mano alla bionda che la afferrò e si rialzò.
-Bene. Pare che tu sappia combattere sia di destra che di sinistra.
Io annuii mentre presi un pezzo di stoffa dalla tasca, finita li per non so quale motivo e la legai sul braccio.
-E pare che qualcuno qui sappia dove ferire.
Sorridemmo e ci avviammo dai due spettatori.
-Annabeth!
-Camille!
Ci chiamarono quando fummo a pochi passi da loro e noi scoppiammo a ridere.
I due si guardarono accigliati non capendo il motivo di tanta ilarità.
Louis si precipitò vicino a me mentre Annabeth raggiungeva Percy.
Mi tolse la benda dal braccio e la guardò torvo.
-Brutta ferita.- commentò.
Io quasi risi.- Louis, è solo un taglio.
-Meglio portarti in infermeria.
Io mi ritrassi dalla sua presa.
-No. Non è grave, Louis. Devo continuare con Annabeth.
Lui mi guardò severo.
-Se ti fa infezione, poi...
Io ripresi la benda e la rimisi sul braccio.
-So cosa succede se fa infezione, ma non ho intenzione di andare in infermeria per una sciocchezza del genere.
-Sei testarda come un mulo.
-Sono testarda come Ares.- replicai a denti stretti.
Lui mi guardò un attimo stupito poi scavalcò la staccionata e se ne andò dicendomi solo:-Vado a cercare qualcosa per curarti quella ferita.
Toccò a me rimanere stupita, mentre si allontanava borbottando in francese come al solito quando era seccato.
Annabeth mi chiamò e mi avvicinai ai due.
-Tutto bene con Louis?- chiese Percy.
-Sì, sì. Certo. È andato a prendermi qualcosa per la ferita.
Annabeth mi guardò leggermente preoccupata.
-Sei sicura che va tutto bene?
Io annuii.
-Stavo pensando di andare da qualche parte a discutere su cosa fare a questo corso. Percy vuole stare con noi, così ci può aiutare, se non è un problema per te.
Annuii distratta. -Certo. Nessun problema.
Uscimmo da li e ci avviammo verso i campi di fragole.
Mi guardavo intorno, sperando di vedere Louis per avvisarlo ma non c'era da nessuna parte.
Allora fermai in ragazzino e gli dissi di andare a cercarlo e dirgli di raggiungermi ai campi.
Aveva circa 14 anni ma annuì e se ne andò senza obiettare.
Intanto noi tre ci mettemmo a sedere all'ombra di un albero e Annabeth tirò fuori da non saprei dirvi dove, carta e penna.
Io diedi un'unltima occhiata in giro poi il nostro programma cominciò.


Angolo dell'Autrice:
Ebbene sono tornata!
Non è colpa mia ma scusatemi per questo ritardo.
Mio fratello è riuscito a rompere il computer per due volte in due settimane.
Merita un appaluso.
Ok. Questo è il capitolo.
E' almeno un pochino più movimentato dei precedenti anche se l'azione arriva tra un pò.
Ve lo prometto.
Grazie mille a tutti quelli che seguono e un grazie in particolare a Owl 99, ElisaJackson, Sprotte98, Allii e Trich per le recensioni.
Grazie grazie.
Un bacio, 
alla prossima.
Alice

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Capitolo 5
*** 4. Invasione di Campo ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 4

                                         Invasione di Campo




Lo sapevo.
Oh, si.
Lo sapevo che sarei finita così.
Circondata da mocciosi urlanti.
Per poco non ne presi due a schiaffi.
Annabeth mi lanciava occhiate esasperate ma si vedeva lontano un miglio che sotto se la stava ridendo alla grande.
Capitemi.
Perdonatemi.
Ma impazzii.
Urlai di zittirsi ma nessuno mi prestò attenzione.
A mali estremi, estremi rimedi, no?
Lanciai in aria Vendetta, ancora sotto forma di moneta.
Lentamente la vidi alzarsi sempre di più, fino a che, con un lampo e un sibilo minaccioso, si trasformò in spada e cadde a pochi centimetri dal piede di un ragazzino.
Il silenzio si era fatto palpabile.
-Grazie per la vostra attenzione. Siamo qui per combattere non per giocare a Ruba Bandiera.- soffiai fulminando due ragazzi che fino a un momento prima litigavano per un fazzolettino.
Fortunatamente Annabeth si intromise, prima che potessi combinare qualche altro disastro.
-Mettetevi a coppie. Prendete la vostra spada e se non ce l'avete là giù ce ne sono alcune di riserva. Tra 2 minuti iniziamo.- concluse sorridente la bionda.
Appena i neo-spadaccini ricominciarono a bisbigliare tra loro e alcuni si avviavano verso il fondo dell'Arena, la Sapientona si girò verso di me, le mani sui fianchi.
Sono sicura che stesse cominciando una delle sue ramanzine ma Percy - sia santificato il suo nome!- mi salvò.
-Annabeth!- chiamò sporgendosi dalla staccionata.
Lei mi fulminò, e mi girai anch'io verso il figlio del Mare.
Rimasi delusa ancora prima di capire il perché.
Forse mi ero aspettata che ci fosse anche Louis.
Ma lui non c'era.
Non l'avevo più visto da due giorni prima, quando mi aveva fasciato il braccio.
Ero leggermente preoccupata.
Guardai distratta i due piccioncini che parlavano.
Percy sembrava agitato e Annabeth scettica.
Feci finta di niente e tornai a prendere la mia spada.
-Camille! Camille!- mi chiamò allora Annabeth.
Camminai da lei e mi accorsi che Percy sembrava ancora più agitato. Come quando ti scappa la pipì ma non trovi un bagno nemmeno a pagarlo a peso d'oro.
Anche la bionda sembrava tesa.
-Che succede? Annabeth dobbiamo cominciare: quelli là, da soli, con le spade non mi sembra un'idea brill-
Mi interruppe bruscamente. -Non c'è tempo. Ci penso io a loro. Tu segui Percy. Veloce.
-Ma cosa...?
-Corri! Ci vediamo là!
Lei si precipitò verso i ragazzini.
-Là dove?
-Segui Percy!
A quel punto che potevo fare? Seguire Percy.
Cercai di farmi dire qualcosa ma lui continuò a correre come se non esistessi.
-Percy, per Zeus, che succede?!- strillai a un certo punto, esasperata.
Lui mi indicò un punto, in basso, verso i campi di fragole.
C'era un piccolo gruppo di Satiri e Mezzosangue che combattevano contro tre figure alate.
Adagiato per terra c'era qualcuno ma ero troppo lontana per capire chi.
-Cosa sono, Percy?
-Gorgoni. Non so come hanno fatto a tornare. Medusa aveva detto...
Ma non sentii il resto della frase.
Mi precipitai verso il gruppo.
Non volli sapere chi era per terra e senza guardare superai la figura.
Incrociai di sfuggita gli occhi furiosi di Emily che scoccava frecce verso le tre donne alate.
Erano ferite ma troppo, troppo arrabbiate.
Come erano entrate?
Vendetta si aprì nel mio palmo.
Dovevamo mirare alle ali.
Erano troppo alte per colpirle con la spada.
Vidi Emily sforzarsi mentre lanciava ma le frecce venivano deviate all'ultimo momento.
Dovevo fare qualcosa.
Il mio cervello pulsava, in cerca di una soluzione.
L'unica cosa buona era che in qualche modo la mia amica le aveva accecate.
Ma non bastava per farle morire.
Incrociai di nuovo lo sguardo di Emily.
Mi guardò con disprezzo, come se fosse colpa mia se erano lì quelle tre.
Sentii la rabbia montarsi dentro di me.
Possibile che fosse sempre colpa mia?!
Provai a menare un fendente a una donna leggermente più bassa delle altre, che ululò di dolore quando le ferii la gamba.
Si precipitò su di me.
Istintivamente feci un passo in dietro ma caddi per terra, perdendo Vendetta in un cespuglio di fragole.
Mi trascinai verso il bosco, sperando di trovare qualcosa di utile per difendermi intanto che la moneta mi fosse riapparsa in tasca.
La Gorgone, tuttavia mi afferrò per il collo e si rialzò in volo.
Ero ormai a qualche metro da terra e la presa si fece più stretta.
Un freccia ci mancò di qualche centimetro.
Mi mancava ossigeno e aspettavo impaziente Vendetta.
Ma non arrivava.
Non si poggiava sul fondo della tasca con un piccolo suono metallico.
I miei organi protestavano per la mancanza d'aria.
Con la coda dell'occhio vidi un mostro esplodere in una nuvola di polvere, a pochi metri da me.
Poi le palpebre di fecero pesanti.
Pensai di essere morta ma una freccia mi sfiorò il fianco e trafisse la Gorgone che scomparì, urlante.
Caddì precipitosamente a terra.
La ferita sul braccio si era riaperta ma quella che mi preoccupava di più era quella sul fianco, provocata dalla freccia.
Mi premetti la mani sinistra sulla ferita mentre cercavo disperatamente Vendetta che ricomparve solo in quel momento in tasca.
Zoppicante per il colpo contro un sasso appuntito quando ero caduta, afferrai per la lama la mia spada.
Era l'unico modo.
La faretra di Emily era ormai vuota e cercava di colpire l'ultima Gorgone con l'arco.
La mia mano protestò animatamente quando la lama di Vendetta mi lacerò la pelle.
Feci uno sforzo sovrumano per ignorare il dolore che la ferita al fianco procurava e lanciai con tutta la mia forza rimasta la spada.
Vendetta trafisse la donna alata, poi sparì tra gli alberi.
Il mio ginocchio destro cedette.
Mi ritrovai in ginocchioni, gli occhi appannati di lacrime di dolore.
Sentii Emily correre verso di me.
Ma non si fermò.
Mi superò e corse tra i singhiozzi verso la figura a terra.
Ero messa male per un combattimento non troppo complicato.
Il collo rosso e la gola ancora secca, i miei polmoni chiedevano sempre più ossigeno, il fianco sanguinante, il braccio che bruciava, la mano destra lacerata, il ginocchio pulsante e la caviglia sinistra troppo gonfia.
Premetti più forte la mia ferita sopra l'anca con entrambe le mani, poi mi alzai e mi avvicinai al gruppo di persone chine sul ferito.
Annabeth e Percy erano arrivati e notai con una punta di gelosia che le loro mani si stringevano convulsamente.
Emily era in ginocchioni, piangendo disperatamente, le mani strette al polso della vittima.
Alcuni Satiri suonavano impacciati i loro flauti e alcuni mezzosangue stavano cercando di organizzare una barella di emergenza.
Scostai qualcuno con uno spintone curiosa di sapere chi fosse per terra.
Trattenni il respiro fino a che non sentii il mio cuore fermarsi.
Louis.
I suoi vestiti erano strappati e intrisi di rosso, un livido viola sulla fronte e una pozza di sangue dietro la sua nuca.
Il suo petto era immobile. 
Pericolosamente immobile.
Mi inginocchiai disperata, gli occhi appannati di lacrime, al suo fianco.
-Emily! Emily! Aiutami!
Ma la mia migliore amica sembrava in preda a un attacco di panico o qualcosa del genere.
Annabeth la fece alzare e Percy si inginocchiò al suo posto.
-Che devo fare, Camille?
Pensai velocemente, cercando di lasciar perdere il dolore acuto al mio fianco.
-Sei ferita...
-Lascia perdere me! Premi il suo petto quando te lo dico ok?
Percy annuì, forse capendo quel che volevo fare.
Mi sentivo tremendamente in imbarazzo, nonostante tutto, soprattuto per via di Emily che mi guardava arrabbiata tra le lacrime.
Tappai il naso a Louis.
-Percy. Quando conto tu devi premere.- cercai di mantenermi calma, malgrado non lo fossi.
-Via! 1. 2. 3! Lascia!
Appena Percy si fermò, avvicinai la mia bocca a quella di Louis e soffiai.
Il mio cuore sobbalzò al contatto con le sue labbra ma non mi lasciai distrarre.
Alzai appena la faccia da lui e dissi a Percy di ripetere.
Continuammo così per almeno 5 volte, dopo di che, Louis tossì e mi afferrò il colletto della maglietta con la mano.
Ero a meno di un centimetro dal suo viso, avevo appena smesso di soffiare e lui spalancò i suoi occhi grigi.
Avevo il fiatone e il dolore al fianco era insostenibile.
Non so che ci aveva messo nella freccia Emily, ma molto probabilmente del veleno.
Le ferite normali non fanno così male.
Mi scostai e mi poggia al terreno con le mani, rimanendo a quattro zampe.
-Veloci.- ansimai. -Portatelo. Via.
Mentre un gruppo di Satiri, seguiti da Annabeth e Emily, portavano via la barella, Percy mi afferrò per la vita, cercando di alzarmi.
Gemetti di dolore.
Solo allora mi resi conto che le mie mani erano macchiate di sangue e la maglietta arancione era strappata e rossa.
Percy mi fece alzare e poggiare a lui.
Mi portò in infermeria.
Cercava di tenermi sveglia, ma le mie palpebre volevano chiudersi a tutti i costi.
-Sei stata brava, Camille. Dove hai imparato?
Mi sforzai di rispondergli.
-L'ho visto... L'ho visto fare in un sacco... Di film.- ansimai per lo sforzo.
Lui sorrise.
-Ah. E com'è baciare Louis? 
Arrossii violentemente e bofonchiai una specie di -Non ho baciato Louis!-.
Sentii Percy ridere fragorosamente poi ricordo vagamente l'entrata dell'infermeria.
Dopo di che, il buio.

Quando mi svegliai, la mattina dopo, Emily era aggrappata alle mani di Louis.
Avevo perso molto sangue, perché le bende sul fianco, sulla mano, sul braccio e sul ginocchio erano rosse.
Mi alzai e traballai fino a che Percy non mi scontrò.
Mi prese per le spalle e mi fece mettere ancora seduta.
Il letto di Louis era dall'altro lato dell'infermeria e volevo vederlo ma il figlio di Poseidone mi obbligò a star ferma.
Mentre mi cambiava le fasce mi spiegò cosa era successo, da dopo che ero svenuta.
Louis sembrava fuori pericolo ma era ancora incosciente.
Le ferite erano piuttosto gravi ma ne era uscito abbastanza bene per essere stato attaccato da tre Gorgoni mentre passeggiava con Emily.
La figlia di Apollo si era staccata da lui solo per una fugace colazione.
Adesso sarebbe stata accompagnata da una sua sorella alla capanna e fatta dormire con un sedativo.
Cercai di dissuaderlo ma fu tutto inutile. Aveva deciso Chirone.
Io ero messa piuttosto male.
Due costole rotte, una caviglia slogata, un enorme ematoma al collo e al ginocchio destro più tutto il sangue perso.
Insomma ero un catorcio.
Poi, mentre stavamo parlando, Lucinda, una sorella di Emily, la prese e la condusse fuori di lì.
Quando Percy ebbe finito di cambiarmi le fasce gli chiesi se potevo vedere Louis.
Mi disse di aspettare fino alla mattina seguente.
Dovevo comunque rimanere in infermeria per altri due giorni e dovevo riposare.
Nel pomeriggio mi vennero a salutare Annabeth, Chirone e Clarisse.
Percy non mi aveva lasciata sola fino alla sera, quando uscì mano nella mano con Annabeth.
Mi infilai sotto il lenzuolo e feci finta di dormire quando passarono per spegnere le luci.
In realtà non aveva chiuso occhio in tutto il giorno.
Alla luce della luna, intravidi il petto di Louis alzarsi e abbassarsi ad ogni suo respiro.
Verso le 4 di notte, non resistetti più.
Mi alzai e in punta di piedi raggiunsi il francese.
Mi sedetti sulla sedia accanto al suo letto, gli afferrai una mano e poggiai la fronte sul materasso.
Cominciai a fare discorsi assurdi, sperando che si svegliasse presto.
-Insomma, hai capito no? Come possiamo fare io e Emily, senza te? Non puoi rimanere così! Capisci? Sei... Sei un amico fantastico, Lou, non poi. Se ci tieni alla nostra sanità mentale. E non fare finta di niente. So che almeno un pochino ci tieni. Sopratutto a quella di Emily.- feci una pausa, ingoiando le lacrime. -Devi svegliarti. Non c'è altra soluzione. Devi. Capisci? Devi. Louis Bonnet. Devi svegliarti. Svegliati Louis. Svegliati. Lou. Svegliati...-
Continuai a farneticare cose di questo genere per il resto della notte.
Poi sentii la sua mano nei miei capelli e sobbalzai.
-Da... Da... Da quanto sei sveglio?- gli chiesi il collo dolente per la velocità con la quale avevo alzato la testa.
-Da abbastanza per aver capito che non potresti vivere senza di me.
Ecco. Io lo odio quando fa così.
Non è nella natura dei figli di Atena tirarsela da morire, ma lui è l'eccezione che conferma la regola.
O forse è imparentato con Afrodite.
Magari un lontano parente...
Gli tirai goffamente un pugno sulla spalla.
-Che è successo, Louis?
-Fino a un attimo fa, non ero Lou?
Lo fulminai.
-Louis...
-Stavo passeggiando con Emily. Era frustata perché è 3 giorni che non vi parlate...
-Tra qualche ora sono 5...
-Ho dormito così tanto?!
-Si.
-Tu da quanto sei sveglia?
-Da ieri, Louis. E che è successo poi? Da dove sono venute quelle donne?
Lui si passò una mano nei capelli biondi.
-Non lo so. So solo che abbiamo sentito un sibilo e che si sono avventate su di me. Poi...
Annuii.
-Ricordi qualcos'altro?
Lui si passò ancora la mano nei capelli. Era nervoso.
-In realtà si. So che sembra una cosa stupida. Magari è solo un sogno. Ma... Mi ricordo chi mi stavi baciando...
Arrossii.
Gli strinsi la mano, sperando che il buio coprisse le mie guance in fiamme.
-Non era un sogno.
-Ah-ha! Allora? Bacio bene?
-Ma non è come sembra.- decisi di sorvolare sulla domanda precedente.
-Non era un bacio, Louis. Io e Percy stavamo cercando di rianimarti.
Ti ho fatto la respirazione bocca a bocca. E non andare a vantartene in giro, adesso.
-Come se non lo sapesse già tutto il campo...- bofonchiò lui.
Scossi la testa sconsolata.
-Comunque mi è piaciuto.- sussurrò.
Alzai la testa di scatto.
-Che?!
-Mi è piaciuto.
-Cosa? Rischiare di morire?- dissi sarcastica sperando nella risposta affermativa.
-No. Il tuo bacio.
Cercai di contenermi. -Non era un bacio, Louis.
-Questione di punti di vista. È come se mi avessi baciato da ubriaco.
-E scommetto che tu sappia bene come si baciano gli ubriachi...
Con mia sorpresa lui annuì. -Sì. Non ti ricordi bene il bacio o i dettagli. Ma il sapore delle labbra della persona che ti bacia, o patner, che dir si voglia.
Stavo davvero facendo un enorme sforzo per un arrossire e scappare via.
-Ah si?- cercai di suonare sarcastica. -E io di cosa so?
Lui mi guardò negli occhi. -Sai di libertà, Camille. E non ho mai baciato nessuna che sa di libertà. Oh, un sacco di ciliege, fragole, mente, limoni, persino un pompelmo. Ma mai libertà.
Non feci la domanda della serie, con quante era stato perché lo sapevo benissimo. 
Insomma Louis era bello. Attraente. Affascinante.
Oh miei Dèi, qualcuno mi fermi.
Allora, in pratica si era fatto tre quarti della popolazione femminile del Campo, ok?!
-Andiamo, Louis. Che cosa dici? La bocca di una persona non può sapere di libertà!
Be, volete sapere quanti baci ho dato io?
Un paio. 
Quando avevo giocato al gioco della bottiglia, a scuola.
In pratica nessuno.
-Tu cosa hai sentito?- mi chiese allora.
Ci pensai un attimo.
Elettricità.
Tanta elettricità. Come se Zeus gli avesse folgorato le labbra.
Ma non mi sembrava bello dirlo a lui.
Quindi risposi, acida, anche se non volevo.
-Sangue. Tanto sangue. E un dolore notevole al fianco. Può valere?
Lui scosse la testa.
Io mi alzai.
-Torno a letto. Ci vediamo domani. Ben tornato nel mondo dei vivi, Louis.


Angolo dell'Autrice:
Si, lo so.
Sono in un ritardo mostruoso.
Ma la scuola giuro mi sta spezzando.
Oggi ho iniziato pure i corsi di recupero e vi chiedo solo un pò di pazienza.
Non è un mese facile il mio.
Spero solo di riuscire a farcela lo stesso coi tempi.
Comunque questo è il capitolo.
Finalmente insomma un pò di movimento. 
Grazie mille a chi ha recensito lo scorso capitolo, soni, ElisaJackson, Owl99 e Sprotte98.
Grazie davvero.
Un bacione a tutti quelli che seguono.
Spero a presto!
Alice.

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Capitolo 6
*** 5. Sparisce un raggio ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 5

                                            Sparisce un raggio


Quando mi svegliai la mattina dopo capii subito che c'era qualcosa che non andava.
In infermeria era tutto un via vai agitato, come se avessero perso il cellulare e lo cercassero disperatamente da tutte le parti.
Stavo per alzarmi e chiedere a qualcuno cosa stesse succedendo che sentii che di fronte al mio letto due ragazzi si erano scontrati.
-O miei Dèi, scusami! - esclamò la ragazza.
-Figurati. L'avete trovata?
Riconobbi subito le voci.
Annabeth.
E Percy.
La figlia di Atena sospirò.
-No. Non c'è da nessuna parte. È sparita. Nel nulla.
-Questo non è possibile. Ieri sera era qui! - la voce di Percy era tesa e quella di Annabeth a dir poco esasperata.
-Mio fratello sta impazzendo. Lucinda mi ha detto che continua a strillare e vuole andare a cercarla. Non so quanto potrà ancora tenerlo nel suo letto...
Sapevo di chi stavano parlando.
Louis.
E dovevo aiutarlo.
Mi alzai e mi misi a gambe incrociate sul materasso.
I due piccioncini non sembravano aver notato nulla.
-Abbiamo bisogno di tempo. Magari è uscita stamattina per sgranchirsi le gambe e non è ancora tornata.- la voce del figlio di Poseidone era incerta. -Magari aveva solo bisogno di stare sola.
Annabeth scosse la testa.
-Non credo. Ce lo avrebbe detto. O magari l'avrebbe detto a lei.- si girò verso di me e sobbalzò con un trillo nel vedermi sveglia.
-Oh Zèus! Camille ma sei matta? Vuoi farmi prendere un infarto?-  esclamò la voce stranamente acuta.
Ma io non stavo ascoltando.
Il mio cervello lavorava freneticamente per cercare di capire il soggetto di tutto quella agitazione.
Per un attimo temetti che i due potessero sentirlo pulsare.
-Camille?- mi chiamò Percy.
Mi scossi. -Che è sparita? Chi avrebbe dovuto dirmelo? Chi?!
Annabeth era agitata e evitava di guardami.
-Camille devi riposare...
-NO! Cosa è successo Annabeth!? Chi è sparita!?- mi resi conto troppo tardi di aver urlato.
Percy si intromise. - Calmati, Camille. È tutto sotto controllo. Stiamo cercando da tutte le parti e la troveremo...
Mi alzai dal letto.
Non feci neanche troppo caso alla camicia da notte bianca che mi avevano rifilato, forse durante la notte. Odiavo i vestiti ma ero troppo arrabbiata per farlo notare.
-Non è vero che è tutto sotto controllo! Siete completamente fuori rotta, lo sapete benissimo!- alcuni si girarono verso di me.
Annabeth fece un passo avanti. - Camille...
-Camille un corno! Chi è sparita!? Ditemelo!
Annabeth aprì la bocca ma non emise nessun suono perché Louis comparve all'improvviso, sconvolto e arrabbiato, seguito da una Lucinda esasperata.
Parlò lui, al posto di sua sorella.
-Emily! Hanno preso Emily!- urlò.
Per un attimo non lo riconobbi.
Era fuori di sè.
La voce era incrinata, più acuta del solito, il tono disperato ma arrabbiato e deciso a fare qualcosa.
-Emily?- pigolai.
Percy fece un passo verso di me.
Istintivamente mi ritrassi.
-Camille...
Ma non volli ascoltare.
Con una spallata scansai Annabeth e mi precipitai fuori dall'infermeria.
Corsi verso il letto di Emily, dove qualche giorno prima l'avevo trovata con la faccia sprofondata nel cuscino, quando sua mamma si era dimenticata di farle gli auguri.
Ma tutto quel che trovai, una volta arrivata lì, fu un letto sfatto e il suo braccialetto portafortuna che sporgeva da sotto il lenzuolo.


Chirone e il Signor D sobbalzarono quando battei la mano con furia sul tavolo.
Il braccialetto bianco, rigido, di Emily pendeva troppo largo dal mio polso.
Era stato il primo oggetto regalatale da suo padre, Apollo, quando era solo una bambina.
Mi diceva sempre che non faceva niente di speciale oltre che starsene lì, buono, sul polso, ma ripeteva che era sicura avesse un potere nascosto.
L'avevo sempre presa in giro per questo, dicendole che era una cosa assurda e che magari Apollo le aveva fatto un regalo semplicissimo. Nel mondo dei mortali tante volte avevo visto padri regalare braccialetti alle figlie. Non era niente di che, ma era il pensiero ciò che contava.
Ma Emily si era sempre ostinata col fatto del "potere nascosto".
Non sapevo quanto ero disposta a dare pur di averla lì per ripeterle ancora una volta che era solo un braccialetto.
E allora me lo promisi.
L' avrei ritrovata per dirglielo.
Il Dio alzò un sopracciglio ma non disse nulla.
-Voglio un'impresa.
Chirone mi guardò stupefatto.
-Signorina Babis...- cominciò annoiato Dioniso.
-Davis.
-Quello che è. L'importate in questo discorso è, che, tu non poi avere un'impresa.
Il sangue mi ribolliva nelle vene.
-Devo! Devo averla. Sono disposta a consultare l'oracolo.
-La signorina Dave...
-Dare, signor D.- lo corresse Chirone ma lui non parve farci caso.
-... ha altro da fare al momento che stare a predire il futuro a te!
-La mia migliore amica è sparita! Ed è stata lei a volere quell'incarico! Io stavo benissimo anche se l'oracolo rimaneva la mummia!
-Porta rispetto a Rachel, Camille.- mi riprese duro Chirone. -Era destino. E mi dispiace dirti che il signor D ha ragione. Al momento la ragazza è altrove. Non può venire qui per un'impresa...
Esplosi.
-Vi ho sempre rispettati e non mi pare di avervi mai messo in seria difficoltà col mio comportamento. Ma è una questione seria, questa, e non ho intenzione di starmene qui con le mani in mano.
Se non mi darete voi l'impresa me la organizzerò da sola. A costo di scappare da qui.
Chirone mi guardava leggermente allarmato e sorpreso. Dioniso invece si limitò a bere rumorosamente dalla lattina della sua Diet Coke.
Il centauro allora prese parola.
-Camille so benissimo che vuoi ritrovare Emily ma...
-La domanda è: Mi date l'impresa o me la creo da sola?
Sapevo di essere troppo impertinente con lui ma solo così potevo ottenere ciò che volevo. Se mi fossi presentata titubante e timida mi avrebbero mandato a pulire i piatti in un battito di ciglia.
Ringraziai Ares di avermi dato almeno un po' del suo carattere, che era molto utile quando dovevo ottenere qualche cosa.
Chirone sospirò sconsolato.
-E sia. Domani mattina. Alle nove. Qui. Ci saranno tutti i rappresentanti delle case. Sceglierai i tuoi compagni. E ti dirò le condizioni. Non farmene pentire, Camille.
Sorrisi trionfante.
-Certo che no, Chirone. L'ho mai fatto?

L'avevo visto mentre tornavo verso la casa numero 5.
Era sulla riva e camminava avanti e indietro, dentro e fuori dall'acqua, nervoso ma senza mai bagnarsi.
-Percy.
Lui si voltò.
-Camille. Che ci fai qui?
Per un attimo esitai.
-Sono andata da Chirone.
Lui spalancò gli occhi.
-Gli hai chiesto un'impresa, vero?
Annuii, ma non aggiunsi altro. 
Tanto l'avrebbe saputo presto dell'appuntamento della mattina dopo.
Per un attimo stemmo in silenzio.
-Ho bisogno di voi, di te e Annabeth. 
Lui mi guardò accigliato.
-E Louis? 
Sorrisi. -Certo. Anche lui.
Scosse la testa.
-Non si può. Massimo due compagni.
-Credo che per me non valgano queste regole. Non vederla come un'impresa. Piuttosto come un gita...
-Perché?
-Non sentirò l'oracolo. Ho praticamente obbligato Chirone a offrirmela. Devo recuperare una mia amica pazza. Piuttosto futile come impresa, non trovi?
Lui scosse ancora la testa, i capelli neri gli ricaddero sugli occhi.
-Tu non sai cosa significa per Chirone farci uscire di li. Appena superi quel pino,- indicò il Pino di Talia con un dito mentre si ritirava indietro i capelli- ogni tipo di mosto di attaccherà. Qualunque sia il motivo per cui esci.
Mi limitai a guardalo negli occhi.
-Non aspetterò di certo l'autorizzazione dei mostri per uscire di qui.
Devo farlo. Perché so, ma non so perché, che la mia migliore amica è in grossi guai.
Percy sorrise appena.
-Non credo che Annabeth ti rifiuterà il suo aiuto.
Per un attimo mi allarmai. -E tu?
Percy ghignò leggermente.
-Io? Ho accetto di venire ancora prima che tu elaborassi l'idea...


La Casa Grande non era mai stata così piena, molto probabilmente.
Forse essendo una delle prime 'imprese' dopo la Seconda Guerra, Chirone non aveva avuto tempo e modo di organizzarsi.
Infatti alle 12 case degli Dèi più importanti se ne erano aggiunte altre, come quella di Ade. O di Nemesis. Ormai erano diventate una ventina. Divinità minori e la Casa di Ermes non ospitava quasi più nessuno oltre ai figli del Dio, visto che il numero di Indeterminati era quasi nullo dopo la Guerra.
Percy aveva fatto un buon lavoro.
Quindi in quel momento la casa grande si stava trasformando in una scatola di sardine.
Chirone chiese silenzio mentre una figlia di Demetra apriva la finestra.
-Siamo qui perché Camille Davis si è offerta di uscire dal Campo per cercare la sua amica, scomparsa, Emily Crane. Potrà scegliere due compagni per accompagnarla e il tempo massimo sono due settimane, entro le quali, anche se non avrà portato a termine l'impresa, dovrà essere di ritorno. Intesi Camille?
-Solo due settimane?!- protestai.- Non so neanche da dove cominciare!
-Quindici giorni, Camille. Non un giorno di più.
Sbuffai sonoramente.- Cavolo, un giorno di più potrebbe essere fatale...- commentai sarcastica.
Il centauro di guardò male.
-I tuoi compagni sarebbero...?
Ecco, adesso non avrebbe preso bene l'iniziativa di portarne tre con me anziché due.
-Bonnet. Jackson e la Chase.- snocciolai velocemente.
La figlia che rappresentava la casa di Afrodite mi fissò per un attimo e i suoi occhi brillarono di malizia.
Ecco, entro tre ore io avrei avuto una storia con Percy, dopo aver lasciato Louis e corrotto Annabeth. O qualcosa del genere.
-Se tutti acconsentono a partire siete troppi. Solo due, Camille. Lo sai bene.
-Non è neanche un'impresa vera e propria. Anche se ne viene uno in più che problema c'è?
Chirone sospirò.
-Più uscite da li, meno probabilità ci sono che torniate tutti.
-Se siamo di più, ci aiuteremo e avremo più possibilità si sopravvivere...
-Non sfidare il fato, Camille.
-Io non sto sfidando nessuno. Ho bisogno di loro. Tutti loro.
-Camille...
-Per favore.
Chirone mi guardò sconsolato.
Sapevo quanto le costava darmi ragione così davanti a tutti.
-Quindici giorni. Partirete domani mattina...
-Preferirei uscire il prima possibile. Se non è un problema, stasera.
Per la prima volta il signor D parlò.
-Non ti sembra di pretendere troppe cose, Baris?
-Davis, signore. Mi chiamo Davis.- esclamai esasperata.
-Dettagli. Rispondimi.
I miei occhi cercarono Louis per un secondo.
-Sto solo cercando di salvare la mia amica, signor D. E più aspettiamo meno possibilità abbiamo di trovarla.
Scese il silenzio, poi Chirone riprese parola.
-Bene.- comunicò alzandosi dalla sedia a rotelle.- Stasera alle sei Argo vi accompagnerà. Fatevi trovare pronti per quell'ora. Ai piedi del Pino di Talia.
Grazie a tutti per essere venuti. Potete tornare alle vostre attività.


A pranzo non avevo mangiato quasi niente.
La maggior parte del cibo era finito nel fuoco come sacrificio a Ares, cosa alquanto rara visto che tendevo sempre a dargli il minimo indispensabile.
Forse molti pensarono che volessi ingraziarmi mio papà prima dell'impresa perché mi guardarono un po' male.
Tutti tranne Louis che era occupato a fare lo stesso.
Annabeth stava cercando in tutti i modi di fargli mettere qualcosa sotto i denti ma lui si limitava a fissarmi.
Il che era un po' inquietante.
Come se volesse dirmi qualcosa.
Trasmettermi il suo pensiero nella mia mente.
Scherzavo. 
È molto inquietante.
Comunque alla fine il signor D ci rispedì nelle nostre case.
O meglio rispedì gli altri perché io dovevo stare di turno e aiutare le ninfe e i satiri a mettere a posto e cose noiose così.
Forse non gli era andato troppo a genio il mio comportamento di prima.
Louis invece, sembrava essere caduto in una specie di stato di shock ed aveva passato la mattinata a deprimersi in camera sua.
Ovvero a fare espressioni, studiare, tradurre e tutte quelle cose che fanno i figli di Atena quando escono di testa.
Quindi non mi aspettavo niente di che quando sgattaiolai via da lì,aiutata da un paio si satiri, ciucciandomi il dito come una stupida perché mi ero tagliata con una lattina di Diet Coke rotta.
Insomma mi sorpresi non poco quando vidi con la coda dell'occhio un'ombra e non feci in tempi a mettermi le mani in tasca per prendere Vendetta, che Louis mi aveva bloccata tra una parete di chissà quale casa -forse quella di Efesto- e il suo corpo.
Ora voi direte tipo: -Chissà che forza! Un secchione mingherlino!-
Ora non vorrei allarmarmi ma Louis ci sapeva fare molto bene con il coltello e essendo cresciuto al Campo non era proprio quello che voi pensate come un 'secchione mingherlino'.
Dovete capirmi.
L'ho fatto per legittima difesa.
Istintivamente gli tirai un pugno in faccia.
Il suo naso si storse con un rumore orribile e lui vi ci si portò la mano.
-Ahi!
Sobbalzai appena compresi quel che avevo fatto e cercai di rimediare in qualche modo.
-Scusami! Scusami! Ma ti pare il modo! Fammi vede il naso. Insomma non puoi balzare su una persona e aspettarti che questa non reagisca! Ti ho detto di farmi vedere il naso, Cervellone!
Lui sbuffò sonoramente e scostò le mani.
Feci una smorfia.
-L'ho tirato così forte?
Lui annuì. -Si.- disse con voce strozzata.
Strappai un pezzo della mia benda sul braccio e cercai di tamponargli il naso, per fermare il sangue.
-Cosa volevi fare, di grazia? Violentarmi?
Mi tirò un pizzicotto nel fianco.
-No, Psicopatica. 
-Quindi?
-Ecco... Prima, mi sono, insomma... appisolato...
Sorrisi per un attimo.
-Lo sapevo. Io te l'ho sempre detto che fare le versioni di latino fa venire sonno.
Accennò appena un ghigno.
-Comunque...
Strappai l'ultimo pezzetto della mia benda e continuai a cercare di fermare il sangue che usciva dal naso.
-Stai su con la testa!- ordinai. -Continua, Louis. Che è successo mentre dormivi?
Mi aspettavo che ne so, un attacco ai figli di Atena, un ragno gigante nel vano doccia, un libro di Matematica che prendeva improvvisamente il volo...
-Un incubo, Cami. E c'era Emily.



Angolo dell'Autrice:
Vi chiedo umilmente perdono per questo ritardo spaventoso ma mio fratelloè riuscito a rompere il computer di nuovo.
Andate a controllare nel prossimo libro dei Guiness dei Primati.
Che lo troverete. Ha fatto il record di rotture di computer in tre mesi. -.-''
Sono senza parole.
Se percaso qualcuno segue anche l'altra mi storia di Harry Potter mi scuso anche per loro.
Spero solo di riuscire ad aggiornare presto.
Grazie come al solito a chi ha recensito.
Davvero grazie mille, spero mi lascerete un pensierino anche stavolta.
Vado, sono sul computer di una mia amica ( quella rompipalle santa di Tears ) e glielo sto requisendo. ;D
Un bacio,
A presto spero!
Alice

 

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Capitolo 7
*** 6. L'incubo di Louis ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 6

                                            L' incubo di Louis


 
 

 
Sperai di non aver capito bene.
-Louis?
Le mie mani si erano fermate a mezz'aria.
Louis mi prese per i polsi e socchiuse gli occhi.
Un'altra ragazza la mio posto sarebbe svenuta o avrebbe lanciato un gridolino eccitato.
Mi chiedo spesso che cosa abbiano alcune al posto del cervello.
E mi rispondo. Ormoni. Ormoni adolescenziali impazziti. 
Comunque quello non mi sembrava il momento più adatto per pensare una cosa del genere.
-Cosa... Cosa...- ansimai.
Lui sospirò.
Mi lasciò i polsi e le mie braccia ricaddero come senza vita lungo il corpo.
Louis mi afferró le spalle e ancora con lo sguardo basso, parlò.
-Ero... Ero in una strana vallata. Poi sono entrato in una grotta.  Era tutto... Tutto più brillante. I colori sembravano dieci volte più nitidi del normale.
Lo interruppi tesa. -Louis, sinceramente, ma non mi sembra un dettaglio rilevante. Sai com'è. Emily è sparita e tu l'hai appena sognata.
Lui ancora evitava il mio sguardo.
-Sì. Certo, scusa. E be', continuavo ad avanzare nella grotta ma... Mi sembrava di essere sempre allo stesso punto. Poi ad un tratto ho sentito uno strano rumore. Un sibilo. Ma sembrava ... una voce femminile.
Rabbrividii. Lui parve accorgersene perché sfregò le sue mani contro le mie braccia.
Stette un attimo in silenzio poi con le dita cominciò a disegnare figure immaginarie sulle mie spalle.
Ma non ci facevo troppo caso.
-Continua. Cosa è successo poi?
-Ecco, dopo poco sono arrivato in una zona più ampia. Illuminata da delle strane torce che riflettevano una luce quasi... azzurra. E li c'era... c'era un mostro terribile.
La presa sulle mie spalle si fece forte e non riuscii a trattenere un gemito.
Lui non parve aver sentito perché premette più forte.
-Era... era una specie di serpente. Enorme. Gigantesco. Gli occhi rossi come il fuoco e la pelle rugosa e verdastra. 
Fece una pausa e cercai il suo sguardo, ma lui mi evitava.
-E in angolo. In un angolo c'era Emily. Era seduta su una roccia, credo. Imbambolata. Come se l'avesse ipnotizzata. Aveva una tunica. Bianca e lunga. I capelli sciolti e intrecciati dietro la schiena. Gli occhi rossastri e vacui. Era lei... che sibilava. Io... Io ho cercato di raggiungerla ma il mostro si è messo tra di noi.
-Cosa ti ha detto, Louis? Cosa ti ha detto?
-Rivoglio quel che mi spetta.
Che mi fu sottratto con la forza.
Apollo mi deve ascoltare.
O sua figlia vedrà perire.- recitò a voce bassa come se avesse provato e riprovato a dire quelle frasi per ore.
Il respiro mi si bloccò in gola.
-Louis...- gracchiai.
Lui mi attirò a sé e mi strinse in un abbraccio.
Chiusi gli occhi per un attimo.
-Tu... Tu sai chi è il mostro, vero?
Ci allontanammo.
La sua testa bionda vacillò in avanti e indietro.
-E?
-Pitone.
 
 
Infilai con rabbia alcune cose nel mio zaino, sotto lo sguardo assente di Louis.
Blateravo e non me ne accorgevo.
-Noi la salveremo. Non le farà niente. Non può farle niente!
Louis mi afferrò il polso e le dracme che avevo in mano ruzzolarono a terra.
-Calmati. Dobbiamo prima parlare con Chirone. Dobbiamo dirlo ad Apollo.
Mi agitai e cercai di liberarmi dalla sua stretta ma lui sembrava non sforzarsi neanche un po', mentre mi teneva ferma.
I miei occhi scintillarono verso i suoi.
Grigi.
Come il mare d'inverno.
Agitati come il mare d'inverno.
Ma riusciva a trattenersi e nessuna emozione traspariva dal suo corpo.
E lo odiai per questo.
La mia migliore amica era in pericolo di vita e lui era maledettamente tranquillo.
-Non ci lascerà mai partire se viene a sapere chi ha preso Emily! Lo sai! Louis! Lo sai! Come fai a startene qui! Tranquillo! Non puoi...
Mi tappò la bocca con la sua mano.
Ammutolii all'istante, ma gli lanciai uno sguardo di fuoco.
Fece per parlare ma Percy si sporse dalla porta.
Poco fuori intravidi la chioma bionda di Annabeth, raccolta nella solita coda.
-Cosa succede qui?
Louis tolse la mano dalla mia bocca e si chinò a prendere il mio zaino.
-Andiamo. Ci aspettano.
Strinsi i pugni e, incrociando le braccia al petto, lo seguii fuori da lì.
Percy mi guardava tra il curioso, il divertito e l'esasperato.
Come facesse a mettere tutte quelle emozione in uno sguardo chiedetelo a lui.
Sbuffai.
Annabeth mi affiancò e mi fece qualche domanda ma mi limitai a starmene zitta, a fissare la tasca esterna aperta del mio zaino, in spalla a Louis, qualche metro davanti a me.
Emily aveva sempre quella tasca aperta, pensai con una morsa al petto.
Le si era rotta la cerniera ma non aveva mai accettato l'aiuto di un figlio di Efesto per ripararla.
Senza accorgermene avevo iniziato a giocare con il suo braccialetto.
Sembrava quasi brillare alla luce del sole.
Emily non se lo toglieva mai.
Neanche per dormire.
Era caduto lì per sbaglio?
O l'aveva lasciato di proposito, per dirmi qualcosa?
Me lo tolsi dal polso e cominciai a rigirarmelo tra le mani.
Febbrilmente.
Come una pazza.
Lo fissavo e lo giravo.
Sperando di cogliere, magari, un dettaglio sfuggitomi prima.
Mi scontrai con qualcuno.
Alzai appena gli occhi.
Louis si era fermato e l'avevo preso in pieno.
Fece un passo avanti, per inerzia.
Ebbi paura che potesse cadere e lo afferrai per il braccio.
Solo dopo realizzai che non sarebbe mai caduto, ma era stato un riflesso spontaneo.
Mi guardò per un attimo accigliato.
Lo lasciai andare mentre mi ringraziava, mi parve, in francese.
Eravamo arrivati al Pino.
Argo era in piedi accanto al furgone, affiancato da Chirone.
Mi sembrò che Louis avesse aperto la bocca, allora lo afferrai ancora per il braccio e le mie unghie gli graffiarono i muscoli.
Nonostante tutto servono a qualcosa gli allenamenti.
-Non dire nulla. Non dire nulla.- ripetei.
Mi guardò esasperato.
-Come farà ad aiutarci?
-Possiamo benissimo farcela da soli. Almeno per un po'.- lo supplicai.
Louis sospirò, scuotendo la testa.
-Camille...- iniziò ma Percy lo interruppe comparendo alle nostre spalle.
-Bene, compagni di avventura. Siete pronti?- chiese raggiante. Forse la prospettiva di uscire da lì gli piaceva molto più di quanto avesse detto.
-Percy!- lo richiamò Annabeth, in piedi di fronte a Chirone.
Lui sbuffò.
-Mettete questi dentro!- borbottò porgendoci i loro zaini.
Poi saltellò da Annabeth, Chirone e Argo.
Io e Louis ci avviammo dietro il furgone e poggiammo gli zaini.
Il figlio di Atena mi guardava.
-Louis. Fallo per Emily.
-Come fai a essere sicura che Emily approverebbe?
-È la mia migliore amica e...
Evidentemente quel giorno non eravamo destinati a parlare in santa pace.
Da dietro Louis arrivò la figlia di Afrodite che rappresentava la sua casa.
Quasi ci raggiunse completamente si sporse per baciare Louis sulla guancia,o almeno sperai che l'angolo della bocca si potesse ritenere ancora guancia, e gli fece scivolare tra le mani un foglio rosato.
Storsi il naso.
La ragazza parve accorgersene.
-Oh, scusa. Disturbavo?
Sorrisi ironica mentre dentro di me la mandavo a fare una cosa non anatomicamente possibile.
-No figurati.- risposi, dolce come l'aceto.
Lei mi diede le spalle e tornò a parlare con Louis, mentre sbuffavo sonoramente e incrociavo le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, disgustata dalla lunghezza, se così si può ancora definire, della sua minigonna.
Forse Louis se ne accorse perché ridacchiò sotto i baffi.
Non mi sforzai di ascoltare fino a che non sentii qualcosa come -Dolcezza, a presto- e allora mi strozzai con la saliva.
Cominciai a tossire e Louis la scostò per iniziare a darmi delle pacche sulla schiena, mentre la piccola Afrodite mi fulminava con lo sguardo.
-Louis non potremmo andare a parlare da un'altra parte?- chiese acida mentre davo gli ultimi colpi di tosse.
Come se volesse davvero parlare con Louis.
Decisi di non fare la brava ragazza e afferrai la mano del figlio di Atena e l'altra gliela poggiai sulla spalla.
-Se volete, me ne vado io.- gracchiai con voce più roca di quanto non fosse in realtà.
-Certo. Così mi muori soffocata prima di riuscire a raggiungere Percy e Annabeth.- ribattè lui poggiandomi le mani sulle spalle.
Mi parve di sentire un -magari- dalla parte della ragazza mentre uno strano desiderio di soddisfazione mi cresceva dentro.
-Louis, per favore...
-Scusami, Alexandra. Ma stiamo partendo e non ho proprio tempo.
Lei si girò stizzita.
-Bene, in bocca al lupo, allora.- sibilò mentre portava quel suo didietro pompato lontano da me, ondeggiando sui tacchi -mi chiesi come pensava di poter combattere con quelle scarpe- con lentezza studiata.
Forse sperava che Louis la fermasse.
Be'.
Non lo fece.
-L'hai fatto apposta, vero?
Lo guardai innocente.
-Io?
Lui scosse la testa.
Poi avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
-Bè, grazie. Non mi si scollava più!- sussurrò con voce roca.
O forse me lo immaginai.
Comunque rabbrividii.
Lui se ne accorse e aggrottò le sopracciglia, con un piccolo ghigno.
-Se non ti conoscessi, direi che sei gelosa...
Percy - ho già detto che dovebbre essere santificato, vero?- comparve con Annabeth e fischiò.
-In carrozza!
Annabeth gli tirò una leggera gomitata ma poi si limitò a prendere posto sul sedile anteriore.
Feci per entrare anche io, ma poi mi bloccai, vedendo arrivare verso di me una figura in corsa.
Solo dopo qualche istante mi accorsi che era Harry Bake.
Figlio di Ermes.
Diciamo che in realtà non eravamo amici, ma Emily ne era praticamente cotta da quando aveva tredici anni. 
Forse anche prima.
Aveva meno di un anno in più della figlia di Apollo.
Non era troppo alto, pochi centimetri in più di me, riccio e castano, occhi verdi.
Era più che altro conosciuto in tutto il Campo perché cantava.
Neanche troppo male, devo dire.
Comunque.
Mi raggiunse e mi fissò negli occhi.
Non ci dicemmo niente per qualche secondo.
Poi lui aprì la bocca. 
-Riportala qui.
Io annuii.
Emily sarebbe stata contentissima se avesse saputo che Harry era venuto ad assicurarsi di tornare.
Non gli dissi nient'altro che un debole -Certo.
Poi lui tornò al Campo di corsa.
Rimasi a fissarlo mentre si allontanava sempre di più.
Poi si fermò improvvisamente e fece verso di noi quello strano gesto che facevano spesso i Satiri e Chirone.
Sobbalzai quando Louis mi prese per il braccio.
-Andiamo.
Quando chiusi la portiera, Argo partì sgommando.
Chirone mi fissava da fuori e cercai di sorridergli mentre tentavo disperatamente di non incontrare gli occhi di Louis e di ignorare il pulsare della sua spalla contro la mia.







Angolo dell'Autrice:
Ciao a tutti e anche se in ritardo Buona Pasqua.
Ecco a voi il capitolo.
Mi scuso con tutti quelli che seguono anche la mia storia di Harry Potter.
Volevo aggionare quella ma, ehm, il capitolo è ancora fermo.
Lo so, sono una cosa disgustosa ma spero di fare in fretta.
Mentre invece, alla fine ce l'ho fatta a farli partire questi semidei.
Alla buon'ora (sì, me lo dico da sola :D).
Comunque adesso dovrebbe arrivare il movimento. 
Un bacione e tutti quelli che seguono e uno in particolare a Trich, Soni Sapientona e The Little Lightning che hanno recensito lo scorso capitolo.
Grazie mille.
A presto!
Alice

 

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Capitolo 8
*** 7. Prima fermata: Casa Bonnet ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 7

                                       Prima fermata: Casa Bonnet



 
 
-Dove andiamo?
Fu la prima domanda di Percy. Seria.
Esitai un momento.
-Andiamo a casa mia.- disse Louis al mio posto.
Lo fissai un attimo sconcertata.
Diciamo che era un viaggetto piuttosto lungo arrivare a Los Angeles.
Un giorno di viaggio. 
Più o meno.
Più più che meno...
-Ho delle cose che potrebbero... Ecco. Esserci utili.
Annabeth inarcò le sopracciglia.
-Che genere di cose, esattamente?- chiese la bionda.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Diciamo che ho... Abbiamo una teoria.
-Quale? - chiese indagatrice la bionda fissando me e il suo fratellastro.
Louis portò il viso vicino a quello di lei.
-Mistero.- le soffiò sul naso facendole scuotere la testa.
-Ti odio quando fai così.- disse Annabeth afferrando un libro.
Qualcosa di super noioso, tipo Architettura senza impianti - Aspetti Bioclimatici dell'Architettura Preindustriale, rigorosamente in greco antico.
Solo il nome mi faceva venire sonno.
Percy come prevedibile, infatti, sbadigliò.
-Faccio così come?- le chiese Louis, divertito dal suo comportamento.
Lei non lo guardò neanche, aprendo il libro.
-Quando penso di saperne più di te?- insistette Louis.
Annabeth sbuffò sonoramente ma lasciò cadere il discorso.
Cinque minuti dopo Percy stava già ronfando, Annabeth era totalmente immersa nella lettura e io fissavo fuori dal finestrino cercando di ignorare Louis, che giocava con il suo pugnale.
Fremevo tutte le volte che con la coda dell'occhio mi sembrava che stesse per farlo cadere e impiantarselo nella coscia.
Dopo dieci minuti non resistetti.
Afferrai improvvisamente il polso di Louis.
Il coltello era a mezz'aria, a pochi centimetri dal mio petto.
Il suo proprietario mi fissava scettico.
-Smettila.- sibilai.- Finirai con fare del male a qualcuno.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Sono adulto e vaccinato. So quel che faccio.
Gli lasciai andare il polso afferrando però il pugnale.
-Su questo avrei dei dubbi.
Infilai l'arma nello stivale e accavallai le gambe.
-Cosa faccio adesso io?
Alzai le spalle. -E che ne so. Trova un diversivo.
Poggiai la testa al sedile e chiudi gli occhi, a indicare che la discussione era finita. E che avevo vinto io.
Tuttavia dopo poco lo sentii sbuffare.
Non feci in tempo ad allarmarmi che aveva poggiato la sua testa bionda alla mia spalla e aveva abbassato le palpebre.
Sospirai.
Lui mi afferrò la mano.
Per un attimo rimasi sorpresa.
Ma niente, niente, in confronto a ciò che fece dopo.
Se la posò sulla bocca e la baciò.
Mi irrigidii, ma lui finse di non accorgersene.
Due minuti dopo, stava già dormendo.

 
 
Prendemmo una buca.
Mi svegliai con un gemito.
La mia schiena.
Louis era ancora appogiato a me.
Fuori era buio.
Cercai di alzarmi leggermente.
Percy bofonchiò qualcosa nel sonno -qualcosa sulla salsa di un panino- mentre Annabeth dormiva davanti.
Argo guidava impassibile.
Sentii il figlio di Atena sospirare disturbato dal mio cambio di posizione.
Avevo la gamba destra completamente infirmicolata e la schiena dolorante, come se avessi avuto degli spilli impiantati della colonna vertebrale.
Gemetti piano.
Odiavo la macchina.
-Mhm, Camille... Tutto bene? - mi domandò Louis, la voce impiastrata dal sonno.
Sbadigliai.
-Sì. Ero solo scomoda. Non ti preoccupare.
Nel buio mi sembrò che avesse annuito.
-Senti Cami. Perché Harry Bake è venuto da te, prima, alla partenza?
Deglutii troppo forte per i miei gusti.
-Ecco, lui è... una... specie di amico di Emily.
Lui trattenne una risata assonnata.
-Cos'è esattamente una 'specie di amico'?
Sbuffai.
-Diciamo che non sono abbastanza intimi da essere definiti amici, ma che si conoscono.
Enorme bugia. 
Emily e Harry si erano parlati circa tre volte in tutto il loro soggiorno al Campo.
Era successo più di una volta che lui mi chiedesse di lei, sopratutto dopo l'incidente di sua madre, ma quando c'era Emily nei paraggi, il ragazzo scompariva in un attimo.
Ci sarà stato un perché, visto che era figlio di Ermes. 
Dio dei ladri.
Non è quello che fanno sempre i ladri? Spariscono.
-Ed è venuto per...?
-Perché dovrebbe interessarti?
-Emily è come se fosse mia sorella. E tu sei mia amica. Non è abbastanza?
Consapevole del fatto che se non gli avessi dato una spiegazione avrebbe tormentato la mia anima per il resto dei miei giorni , dissi velocemente: -Semplicemente augurarmi buona fortuna.
Cosa non del tutto vero, ma abbastanza simile. Credo.
-Se lo dici tu. Non è di molte parole, vero?
Alzai le spalle. 
Avrei dovuto smettere di stupirmi per le domande stupide che sparava fuori ogni tanto.
Louis stette un attimo in silenzio.
-Harry.- disse poi senza un particolare motivo. - È un nome stupido.
Mi sentii offesa al posto di Emily. Cosa inaccettabile, oggettivamente.
-È un nome, Louis. Un semplice nome. 
-Bah. A me sembra anche un poco di buono. Mi devo ricordare a Emily di dirle di stare attenta.
Alzai gli occhi al cielo. Tipico comportamento da fratello maggiore iperprotettivo.
Emily avrebbe discusso con lui fino all'alba.
Io invece lasciai perdere. Forse perché ero ancora troppo addormentata.
Passò un bel pò di tempo.
Credo addirittura che ad un certo punto mi appisolai. Poi lui riprese.
-Camille, come salveremo Emily?
Evitai il suo sguardo, fissando il sedile di fronte a me.
-Quando troveremo Pitone, avremmo trovato Emily.
-Come fai a saperlo? E se dovesse farle qualcosa, prima? O, peggio, se non ce la vorrà dare?
-Non ho bisogno della sua autorizzazione per riavere la mia amica...
Cadde il silenzio per un po'.
-Louis, cosa speri di trovare a casa tua?
Riappoggiò la testa alla mia spalla.
-Un modo per conoscere la nuova dimora di Pitone. Apollo lo sconfisse in Italia, a Pozzuoli, ma se tutti gli Dèi si sono spostati con la civiltà, immagino che l'abbia fatto anche lui.
In effetti non ci avevo pensato molto a come trovare il mostro.
Mi vennero in mente le parole del sogno di Louis.
Rivoglio quel che mi spetta.
Che mi fu sottratto con la forza.
-Cosa gli ha preso con la forza, Apollo, di tanto importante?- chiesi.
-L'oracolo.- rispose Louis. E per un attimo pensai che sarebbe stato un'ottima guida turistica. -Si scontrarono e il Dio del Sole, vinse. Prese l'oracolo e, si pensa, il soprannome di Pitio. Poi fondò un gruppo di sacerdotesse, le, appunto, Pitie. Come la Sibilla Cumana. E Pitone non sembrò più essersi ripreso. Almeno fino a questo momento. Ci ha messo un po' di anni per rinascere...
Annuii.
-Ed è lo stesso oracolo che ...
-Interpelliamo prima delle imprese? Sì. 
Lo guardai scettica.
-Quindi è per questo che Rachel non è al campo?
-Non saprei. - disse con uno sbadiglio.
Sembrava sincero.
Chiusi gli occhi e le nostre teste si scontrarono.
Feci appena in tempo a bisbigliare -Buona Notte, Louis.- che Morfeo mi accolse tra le sue braccia.


 
Scesi dal furgone di Argo con un sospiro di sollievo.
Eravamo arrivati in anticipo.
Non volli sapere che cosa avesse combinato il mostro per farci viaggiare più veloci.
In effetti l'unica cosa che pensai appena scesa non fu -Sole! Mare! Aria Fresca! Siamo in California!-.
No.
Niente di tutto ciò.
Perché feci appena in tempo a scostarmi un attimo che vomitai tutto il mio misero pranzo - un pezzo di pane ai cereali-.
Da dietro il furgone sentii Percy fare una smorfia disgustata.
Annabeth invece mi affiancò e mi porse un fazzoletto.
La ringraziai con un cenno del capo.
Mi rimisi in una posizione dignitosa -o almeno ci provai- e afferrai con mani tremanti dallo zaino, l'acqua.
Ne bevvi solo un sorso, che il mio stomaco protestò animatamente.
Storsi la bocca.
-Camille, sei uno straccio.- commentò Percy.
Abbozzai un sorriso sarcastico.
Ho già detto che odio la macchina, no?
Louis, che fino a qual momento aveva rovistato nel suo zaino, si avvicinò e mi porse una pillola.
La afferrai.
-È per il tuo stomaco.- disse solo lui.
Annuii per ringraziarlo e la buttai giù.
-Sembra che hai ripreso un po' di color carne anziché quell'orribile verdastro.- commentò Percy, ma io non mi sentivo meglio di qualche secondo prima.
-Bene,- gracchiai. -Possiamo andare.
Percy guardò Louis.
-Dov'è casa tua?
-A meno di un chilometro da qui.
-E perché Argo non ci poteva portare direttamente la'?- protestò il figlio di Poseidone.
Louis scosse la testa, sconsolato. 
-Per il semplice fatto che dobbiamo attraversare la spiaggia. E non possiamo farlo in macchina.
-Sei sempre stato così pigro, Testa d'Alghe?-  interferì Annabeth, e mi parve che stesse trattenendo un sorriso.
I due cominciarono a discutere mentre ci avviavamo verso la spiaggia.


 
La casa di Louis era una graziosa casetta vicino al mare.
Sembrava in bilico sugli scogli e l'unico modo di raggiungerla dalla spiaggia, era un sentiero tra la fitta vegetazione che la circondava.
L'aria sapeva di salsedine.
Inspirai profondamente.
In effetti avevo sempre pensato che Louis vivesse in un appartamento in centro a Los Angeles.
Invece suo padre aveva affittato quella casetta modesta in una parte sperduta di Santa Monica.
O almeno così pensavo da lontano.
Infatti quando ci avvicinammo di più vidi che non era proprio una modesta casetta.
Era un piccola villa color celeste.
Aveva la piscina, un giardino ben curato - Percy disse che un nanetto da giardino era inquietante- e un gazebo bianco ancora apparecchiato.
Alla vista del cibo il mio stomaco si ritirò in un angolino della mia gabbia toracica.
Evidentemente avevo preso ancora il colorino verdastro in faccia perché Louis mi guardò leggermente preoccupato.
Come se dovessi svenirgli in giardino da un momento all'altro.
E no.
Non avevo intenzione di svenire nel suo giardino.
Ebbi un capogiro ma non lo detti a vedere.
O almeno ci provai.
Annabeth, infatti, mi si avvicinò. Forse per precauzione.
Il sole era accecante li sulla West Coast.
Mi parai gli occhi con la mano e vidi venirci incontro, da dietro la casa, un uomo.
Era abbastanza giovane. 
Alto e ben piazzato.
Moro ma con gli occhi azzurri come l'acqua della piscina lì accanto.
Nonostante i colori completamente diversi somigliava terribilmente a Louis.
E il sorriso.
Il sorriso era identico.
Abbracciò con slancio il mio amico e poi ci strinse la mano.
Ci invitò al gazebo.
Percy annuì e sottolineò molto il fatto che stava letteralmente morendo di fame.
Annabeth accettò guardando male il compagno.
-Ehm...- cercai una scusa per declinare l'invito. Non avevo proprio voglia di vedere qualcosa da mangiare. E soprattutto non volevo vedere Percy, mangiare.
-Dovrei andare in bagno. Dove... Dov'è?
Il padre di Louis mi sorrise raggiante.
Per un attimo sospettai che avesse inventato un nuovo marchingegno per il bagno e che pensava che io fossi la persona perfetta per sperimentarlo.
-Sali le scale sulla destra. Di sopra, la terza porta sulla sinistra.
Aveva parlato con un accento francese, che mi fece sorridere.
-Grazie signor Bonnet.
-Figurati, Camille. E chiamami Julien, davvero. Chiamami Julien.
Annuii con un cenno di capo e mi avvicinai alla casa, seguita dallo sguardo di Louis.
Quando entrai nel corridoio mi bloccai di colpo.
Quella casa era enorme.
E pensare che mi sembrava piccola...
L'azzurro e il blu dominavano.
Poi c'erano conchiglie, pesci, stelle marine, ricci, cappelli da marinaio, da tutte le parti.
Mi tenni sulla destra e salii le scale.
Il piano di sopra non era da meno.
In lungo corridoio azzurro aveva un decina di porte bianche.
Cinque a destra. 
E cinque a sinistra.
Con un enorme sforzo mi imposi di non aprirle tutte per sapere cosa c'era dietro.
Corsi in bagno e mi chiusi a chiave.
Mi sciacquai e mi sistemai alla meglio.
Ero arrivata al secondo gradino delle scale, e stavo per scendere ma udii un rumore.
Dietro una delle porte sentivo un ronzio.
Poi si interrompeva.
E dopo una manciata di secondi riprendeva.
Era strano.
Mi sembrava un suono familiare.
Picchiettai contro la porta da dietro la quale mi sembrava provenisse il rumore.
Quello si interruppe bruscamente.
Accostai l'orecchio all'uscio quando questo si aprì.
All'inizio pensai a una corrente d'aria ma poi mi resi conto che di fronte a me -più o meno. Mi arrivava all'altezza del ventre- c'era un bambino biondiccio, ma non come Louis.
Gli occhi erano azzurri come quelli del signor Bonnet.
Indossava un grembiulino blu e tra le mani teneva una macchinina giocattolo.
Diciamo che era piuttosto complessa per essere un giocattolo ma comunque piccola.
E con le ruote.
Il bambino chinò la testa di lato, come un cucciolo che vede per la prima volta qualcuno.
Feci per aprire la bocca e dirgli che mi spiaceva averlo disturbato, ma lui mi prese per mano.
Mi fece entrare nella sua camera.
Era piena zeppa di giocattoli.
Alcuni erano troppo complessi perché gli avesse fatti lui.
-Hai... Hai costruito tu, tutti questi giochi? - chiesi come una stupida.
Era un bambino forse di 6 anni. E io anziché il suo nome gli chiedevo se aveva costruito quei giocattoli?
-No. Li ha fatto Louis. Quando era piccolo. E viveva ancora con papà.- aveva una voce vellutata, piccola, tenera, dolce.
Per un attimo mi incantai.
I giocattoli, la camera blu, la sua voce...
Mi riscossi.
-Scusami. Come... Come ti chiami?
Il bimbo sorrise.
-Io sono Jean. Louis è mio fratello. Be', da parte di papà.
Alla fine collegai.
Jean era figlio del signor Bonnet e di un'altra donna, forse sposata con lui.
Era colpa della macchina.
Di solito non ero così lenta e capire le cose.
-Oh. Ciao. Ciao Jean.
-Ti sei persa?
-Ehm?- si forse era meglio dire che mi ero persa.- Sì.
-Sei vuoi ti accompagno in giardino...
Era molto sveglio per essere così piccolo.
Mi limitai ad annuire.
Con ancora la macchinina stretta in mano uscì.
Lo seguii fino al gazebo.
-Oh, Camille! Vedo che hai conosciuto Jean!- esclamò il signor Bonnet mettendo le mani tra i capelli del figlio minore.
-Ciao Louis!- salutò il bambino correndo tra le braccia del fratello maggiore.
I due parlottarono un momento in francese mentre Annabeth cercava di far smettere Percy di mangiare.
-Papà. Dobbiamo andare in biblioteca. Ci occorrerà solo un momento.
Julien si era girato verso il cancello d'entrata dove si era appena fermato un camioncino -non chiedetemi come aveva fatto ad arrivare fin lì. Rimane un mistero tuttora per me.
-Deve essere arrivato il pezzo che aspettavo. Prenditi tutto il tempo che vuoi, Louis. Per il momento non dovrei andarci.
Notai in quel momento che il signor Bonnet pronunciava il nome del figlio alla francese e non all'inglese come tutti quelli del Campo facevano.
Non ci pensai per molto perché il ragazzo si alzò dalla sedia e si avviò verso la casa azzurra.
Con un cenno ci fece segno di seguirlo.
Vedevo l'impazienza nella sua camminata.
Era rapida ma cercava di moderarla, con scarso successo.
La mandibola era tesa e le mani strette a pugno.
Lo seguimmo ed appena entrati scendemmo una rampa di scale a chiocciola sulla sinistra.
Arrivammo in una stanza enorme, piena zeppa di libri, moderni e non.
Il biondo si avviò con passo deciso verso il fondo.
Forse sapeva già dove guardare.
Afferrò una decina di libri, passandone alcuni anche a me e ad Annabeth.
Percy si guardava intorno come se non avesse mai visto un libro.
Ci sedemmo su un tavolo al centro della stanza.
Le pareti non si vedevano molto ma avrei scommesso che fossero azzurre.
Louis sfogliò febbrilmente libro dopo libro, mentre Annabeth cercava di farsi dire cosa stesse cercando.
Ma lui rimaneva zitto.
Mi alzai e mi avvicinai ad uno scaffale.
Fissai senza neanche vederli i libri di fronte a me.
Vagai per la stanza fino a che Louis non si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Mi girai di scatto verso di lui.
I nostri sguardi si scontrarono.
La mia impazienza era ormai alle stelle.
Mi sorrise.
-L'ho trovato, Camille. So dove si nasconde. 
Corsi verso il tavolo.
-Dove, Louis? Dove?!
-Siamo fortunati. È vicino. A Badwater.



Angolo dell'Autrice:
Sono tornata!
Sono viva!
E sono in ritardo!
Scusatemi come sempre ma credo che i professori stiano organizzando una congiura contro di me.
Farò la fine di Caligola...
Comunque, questo è il capitolo.
Ho assolutamente inventato la residenza del signor Pitone. 
Sono andata un pò in giro su internet e mi ispirava questo.
E' il bacino di Badwater. 
Per qualsiasi cosa potete chiedere a me o a Wikipedia. :D
Spero sia tutto ok.
Come sempre ringrazio chi recensisce, Trich, Soni Sapientona e The Little Lightning ma anche chi legge soltanto.
Grazie mille davvero a tutti!
Spero in quanche recensione!
Se non muoio prima, a presto!
Alice


 

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Capitolo 9
*** 8. Un simpatico mostriciattolo si auto-invita alla festa ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 8

                    Un simpatico mostriciattolo si auto-invita alla festa






 
 
 
Badwater.
Lo conoscevo.
È un bacino che si trova nel parco nazionale della Valle della Morte.
È chiamato così perché l'acqua è ricca di sali minerali, che la rendono non potabile e un difficile habitat per vegetali e animali.
È conosciuto sopratutto per essere il punto più basso del Nordamerica.
Quasi 90 metri sotto il livello del mare.
Era un posto strano.
Non corrispondeva un granché col sogno di Louis ma infondo sapevo che il mio amico non sbagliava.
Annabeth aggrottò le sopracciglia.
-Voi due sapevate cose cercare?
Percy invece sbiancò.
-Nella Valle della Morte?
Cercai Louis con lo sguardo, ma mi rivolsi a sua sorella.
-Tuo fratello ha sognato Emily, Annabeth. 
Snocciolai alla svelta il sogno.
Pitone.
Emily ipnotizzata che sibilava.
L'impossibilità di salvarla.
Quella cantilena del serpente.
Rivoglio quel che mi spetta.
Che mi fu sottratto con la forza.
Apollo mi deve ascoltare.
O sua figlia vedrà perire.
Rabbrividii.
-Cosa rivuole Pitone?- chiese Percy stranamente serio.
-L'oracolo.- rispose Louis al mio posto. -Vuole l'oracolo.
Annabeth ci fissava pensierosa.
-Ma perché proprio Emily? È una scelta casuale? O no?
Forse fu una mia impressione ma mi parve di vedere Louis irrigidirsi appena.
-Non lo so, Annabeth.- sussurrai.
Scese il silenzio.
Fu interrotto da dei passi leggeri che giunsero dalla scala a chiocciola che portava di sopra.
Da dietro uno scaffale spuntò il piccolo Jean.
-Louis.- pigolò raggiungendo il fratello maggiore, che sorrise alla sua vista.
-Dimmi.
-Papà mi ha mandato qui. Ha detto di stare con te fino a che non finisce una nuova macchina.
Nonostante fossi ancora stordita dal lungo viaggio in macchina capii subito che il signor Bonnet desiderava che suo figlio rimanesse per la notte.
Anche Louis se ne accorse perché si guardò intorno leggermente imbarazzato.
-Ecco, Jean...
-Rimanete vero?- chiese infatti il bambino sbattendo le ciglia dei suoi occhioni azzurri.
-Noi non...
-Mi avevi promesso un nuovo giocattolo. È talmente tanto che non me ne fai uno...
Louis ci guardò cercando appoggio, ma sapevamo di non poter più dire di no.
-Partiremo domani mattina all'alba.- dichiarò Annabeth e afferrando uno dei libri del fratellastro uscì, seguita da Percy, che passando scompigliò i capelli biondi di Jean.

 
 
Jean si era addormentato sulle mie gambe dopo pochi minuti.
Louis aveva cominciato ad armeggiare con alcuni pezzi nella sua camera, facendomi sedere su una poltroncina alle spalle della sua scrivania.
Il bambino si era issato su di me e in poco tempo Morfeo l'aveva accolto tra le sue braccia.
Il silenzio era rotto solo dal lontano rumore di qualche macchinario del signor Bonnet e il sordo suono degli attrezzi di Louis.
-Perché te ne sei andato da qui?- chiesi ad un certo punto in un bisbiglio, mentre passavo le mani nei riccioli biondi di Jean.
Louis non rispose, ma divenne più rigido nei movimenti.
-Hai tuo padre. Un inventore quasi come te. E un fratellino dolce come lo zucchero.  Una bella casa. I soldi. Il mare e la spiaggia.
Il figlio di Atena posò la chiave inglese e si voltò verso di me, poggiando la schiena al banco di lavoro.
-Non sopporto lei.
Alzai lo sguardo.
-Lei?
Louis sospirò.
-La mamma di Jean, Rosalie.
Passammo alcuni secondi in silenzio.
-Mio padre è felice con lei. Io no. Continuavamo a litigare. Già da prima che nascesse mio fratello. Era uno stress per tutti. Poi lei rimase incinta di Jean. 
Le cose peggiorarono. Mi trasferii al Campo. Emily vi ci si trasferì solo dopo l'incidente di sua madre.
Deglutii.
-Vi conoscevate già, vero?
Lui sorrise distratto.
-A nove anni. L'ho vista la prima volta a nove anni. A un colloquio di lavoro di mio padre. Lei aveva solo sette anni. Ma i nostri genitori rendendosi conto che erano nella stessa situazione cominciarono a lasciarci insieme, quando avevano riunioni comuni. Ci perdemmo di vista per quasi due anni, quando andai ad abitare coi Mezzosangue. Compiuti dodici anni la ritrovai al Campo. Fu quasi una sorpresa. Non sapevo fosse una Mezzosangue. E neanche lei di me. E poi con l'incidente... Si trasferì pure lei.
L'incidente.
Di sua madre.
Lo sapevo.
Me lo aveva detto Chirone. 
E dopo molto tempo, lo aveva accennato lei.
Un incidente stradale.
Non era morta ma da allora soffriva di gravi amnesie.
Non sempre temporanee.
Ormai faceva sempre dentro e fuori dal ospedale.
Lousi si rigirò e armeggiò ancora un po' coi suoi attrezzi.
Poi si girò e venne verso di me.
Prese dalle mie braccia Jean e lo poggiò sul suo letto, lasciandogli accanto il nuovo giocattolo.
Era una composizione fatta con scarti di ogni tipo, ma riconobbi chiaramente l'animale.
Era una cerva.
Guardai il mio amico.
-Perché una cerva?
Lui sorrise.
-Mi ha detto che gli piaci. Gli stai simpatica. Poi ha aggiunto che assomigliavi a una cerva.
Aggrottai le sopracciglia, cercando di non arrossire.
-Perché?
-Sei coraggiosa, cauta e intelligente.
Mi lasciai sfuggire una risata per coprire l'imbarazzo.
-Parole sue.
Guardai con tenerezza il bambino.
-Anche lui è molto intelligente.
Louis scrollò le spalle.
-Eredità famigliare. Ma lui lo fa sempre. Associa sempre le persone agli animali.
Gli accarezzai la testa bionda.
-E tu cosa sei?- chiesi poi curiosa, a bassa voce.
-Un'aquila.
Alzai lo sguardo su di lui, interrogativa.
-Perché sono ingegnoso, presuntuoso e mi piace giocare con il cibo prima di mangiarlo.

 
 
La casa di Louis era incredibile.
Enorme.
Riuscirono a trovare una camera per me e Annabeth e una per Percy.
Quando il signor Bonnet ci chiamò per cenare mi accorsi che Louis non c'era.
Solo quando Jean zampettò in sala da pranzo con tra le mani il nuovo giocattolo, seguito da una donna, collegai.
Era bionda.
Credo naturale.
Gli occhi erano verdi come un prato primaverile.
Indossava un vestito leggero, a mezze maniche, bianco con dei minuscoli fiorellini lilla.
Ci salutò educatamente ma mi accorsi che sospirò quando si accorse della mancanza di Louis, non so dirvi se di sollievo o di desolazione.
Mangiucchiai appena un pezzo di pane.
Il mio stomaco mi proibiva di mettere qualcos'altro dentro.
Mi dispiaceva essere in mezzo a quella famiglia.
Mi sentivo fuori luogo.
Sotto gli occhi stupiti di tutti mi riempii il piatto, poi mi alzai.
-Credo che Louis potrebbe avere fame.
E senza aspettare altro, stringendo il piatto al petto, cercai la sua stanza.
Lo ammetto, mi persi, ma alla fine bussai alla sua porta.
Mi giunse un debole -Non rompere. Non vengo giù a mangiare.
Alzai gli occhi a cielo, pensando che si aspettasse suo padre o Rosalie stessa.
Aprii la porta.
Era chino sulla sua scrivania e armeggiava con i suoi attrezzi.
Si voltò di scatto verso di me.
-Ti ho detto di...- si interruppe. -Ah. Sei tu. Chiudi la porta.
Lo feci poi appoggiai il piatto su una specie di comodino.
-Pensavo potessi avere fame.
Mi sedetti sul suo letto.
Mi parve di vederlo sorridere.
-Dì la verità. Quel trio sembra tanto perfetto da metterti in imbarazzo.
Sorrisi e annuii.
Non parlammo per un bel po'.
Sapevo che teneva le mani occupate per non pensare a Emily.
Mi alzai e mi misi al suo fianco.
-Perché non mi insegni a fare qualcosa?
Voltò il viso verso di me.
-Cosa?
-Ho detto...
-So cosa hai detto. Ma lo hai detto sul serio?
Annuii.
Mi porse un utensile -non ho la più pallida idea di cosa fosse.
Mi fece vedere cosa fare ma non ero molto brava.
Va bene. 
Ero un disastro.
Alla fine il biondo scoppiò a ridere.
-Andiamo! Salvi la gente da morte certa e non riesci a tenere una chiave inglese in mano?!
Ah, ecco come si chiamava l'aggeggio.
Un'infinita tristezza mi invase.
Strinsi con la sinistra, la sua mano libera.
-Mi hai fatto morire di paura, Louis. Non ti azzardare a farlo mai più.- sussurrai stringendo forte.
-Una figlia di Ares che ha avuto paura?
-Sono umana, Louis. 
Mi strinse in un abbraccio.
Ne avevo bisogno.
Mi tuffai con le testa nel suo petto e inspirai a fondo.
Sapeva di deodorante per l'ambiente, alcol per le macchine e di muschio bianco.
Per l' ultima cosa sospettai del suo bagnoschiuma.
-Semiumana. - mi corresse in un sussurro.
Poi mi abbandonai tra le sue braccia.

 
 
La sveglia strillò.
Non feci in tempo a realizzare l'idea di doverla spegnere che qualcun altro lo fece per me.
All'inizio pensai ad Annabeth.
Ma poi sentii un movimento nel letto e qualcuno che si sporgeva su di me.
Una mano mi tolse i capelli dall'orecchio e bisbigliò: -È ora di alzarsi.
Sobbalzai e caddi dal letto, portando con me la coperta.
Il cuscino mi cadde sulla faccia poco dopo.
La prima cosa strana era che avevo i capelli sciolti.
La seconda era che Louis era nel mio letto.
La terza era che non mi ricordavo assolutamente di averlo fatto entrare in camera.
-Cosa ci fai in camera mia?! - trillai con voce acuta.
Lui alzò gli occhi al cielo, si sporse dal letto sorridente.
-Veramente sei tu in camera mia.
Arrossii e non mi presi il disturbo di nasconderlo.
-Ehm, allora che ci faccio in camera tua?
-Ti sei addormentata qui, ieri sera. Ti ho messa nel mio letto.
Ecco.
In quel momento avrei voluto essere una figlia di Ade, per poter aprire uno squarcio nel terreno e sparirci per molto tempo.
Mi strinsi con forza le coperte al corpo.
Una ciocca di capelli mi cadde sulla faccia.
Sbuffai.
-Ufff. Perché non hai chiamato Annabeth? Poteva venire a prendermi. O potevi svegliarmi.
Lui alzò le spalle.
-Non hai dormito bene?
-Certo! 
-Allora di che ti lamenti?
-Non... Non mi stavo lamentando...
Bofonchiai confusa.
-Sei imbarazzata?
Aprii la bocca per la sorpresa.
-Certo! Certo che sono imbarazzata! Ma insomma! Mi hai tenuta a dormire nel tuo letto e non me ne sono minimamente accorta! Perché non dovrei essere imbarazzata?!
Lui ghignò.
-Prendilo come un favore tra amici.
Quella affermazione mi fece più male di quanto credessi.
Ma mi alzai nascosta dai miei capelli, sbuffando.
Mi guardai intorno. -Dove è finito il mio elastico?
Lui alzò una mano.
All'inizio non capii poi vidi il mio fermaglio al suo polso.
Allungai la mano, il palmo aperto all'insù.
-Posso riaverlo?
-No.
Aggrottai le sopracciglia, leggermente seccata.
-No?
-No.
-E perché, di grazia?
-Perché mi piaci coi capelli sciolti.
Sbuffai ancora.
-Perché fai questi discorsi assurdi alle 7 di mattina?
-Sei tu che fai domande assurde. Io ti rispondo di conseguenza.
-Ti ho chiesto di darmi il mio elastico. Non è una domanda assurda.
-Per me sì.
Ecco.
In quell'istante mi chiesi se Afrodite avesse preso il posto di Atena come suo genitore divino.
Insomma era perché era mattina o era sempre così stupido?
Decisi di lasciare perdere.
Mi feci una treccia e la infilai sotto la maglietta.
Mi avviai alla porta.
-Quando vuoi farmelo riavere, avvisami. Vado da Annabeth. Ci vediamo dopo.
Feci per uscire.
-No. Rimani qui.
Quasi mi venne voglia di tirare delle testate allo stipite della porta.
-C'è una ragione precisa o solo perché ti sei bevuto qualcosa di molto pesante ieri sera?
-Aspettami. Mi preparo e vengo con te. Devo parlare con mia sorella.
Ero sicura che mi avrebbe rifilato una domanda stupida, perciò rimasi zitta quando disse quel che disse.
-Bene. Muoviti. Non abbiamo tutto la mattina. Dobbiamo trovare Emily e portarla indietro prima che quel serpente gli faccia qualcosa di male...
Lui annuì, scuro in volto.
L'aria divertita di poco prima era sparita.
In pochi minuti fu pronto e andammo da Annabeth.
Era dritta davanti alla porta della sua camera, il suo zaino in spalla.
-Bene. Partiamo?

 
 
Una buca scosse il mio stomaco per l'ennesima volta.
Il tragitto che collegava la strada statale al cratere di Badwater era terribile.
Meno male avevo mangiato poco a casa di Louis perché altrimenti avrei vomitato tutto sulle spalle di Percy.
Dopo la cinquemiliardesima buca, il figlio di Poseidone mi afferrò una mano.
-Camille, sei sicura di stare bene? Hai una sfumatura verde preoccupante.
Non osai aprire bocca per paura di rigurgitare tutto, cuore, polmoni, budella, ed annuii.
Annabeth sbuffò da dentro il libro che stava leggendo.
Non volli nemmeno immaginare come facesse a leggere tranquillamente dentro quella macchina demoniaca.
Louis si affacciò dal sedile del guidatore.
Suo padre ci aveva prestato un furgoncino, visto che Argo era tornato al Campo.
-Proporrei di fermarci. Camille sta per vomitare. O svenire. O tutte e due le cose.
Cercò di frenare il più dolcemente possibile ma per me fu troppo.
Schizzai fuori dalla macchina e mi sporsi dal ciglio.
Quando Louis mi raggiunse mi reggevo sulle ginocchia.
Mi mancava l'aria.
-Camille.
Chiusi gli occhi.
Mi girava la testa.
-Vieni. Reggiti. Non sembri molto in forze.
Quasi non mi accorsi che mi prese, facendo passare il suo braccio dietro la mia schiena.
Sono quasi sicura di avergli vomitato addosso mentre svenivo.
Ma non me ne preoccupai un gran che, perché la prima cosa che vidi nella mia testa  fu il muso sibilante di Pitone.
 
 
Era un incubo coi fiocchi.
Cercavo di svegliarmi ma non ce la facevo.
Allora cominciai a correre.
Correre lontano da quel sibilo infinito.
Mi tappai le orecchie, inutilmente.
La voce del mostro mi raggiungeva comunque.
Poi Emily.
La sua voce.
Il suo urlo.
Cercai di raggiungerla.
Disperatamente.
Intorno a me tutto era avvolto in una strana nebbia.
Gridai il suo nome, prima in modo controllato poi sempre più disperata, fino a che non mi accorsi di piangere.
Invocavo la mia amica, ma il mondo girava su se stesso e il sibilo di Pitone si fondeva con le urla di Emily.
All'improvviso tutto il corpo mi faceva male. 
Come se mille spilli mi pungessero la pelle.
Cercai di divincolarmi ma la mani invisibili di Pitone mi immobilizzavano a terra.
E la sua voce da serpente mi spaccava i timpani.

 
 
Mi risvegliai con un urlo e mi aggrappai alla camicia di Louis.
Ero quasi sdraiata per terra, Percy e Annabeth mi guardavano preoccupati da dietro le spalle del biondo.
All'inizio cercai di trattenermi ma poi scoppiai a singhiozzare sul petto del mio amico.
Molto probabilmente farneticavo cose senza senso, mentre lui mi stringeva e accarezzava la testa, come un fratello maggiore.
Provavo a fermarmi, ma più cercavo di farlo, più i singhiozzi mi scuotevano forti.
-Camille...Camille...
Louis cercava di consolarmi ma lo sentivo appena.
Mi stringevo disperatamente a lui, come se potesse andarsene da un momento all'altro e lasciarmi da sola.
Non so quanto tempo rimanemmo così, io aggrappata al suo petto e lui che mi abbracciava e accarezzava i capelli, ma poi Louis fece scivolare un suo braccio sotto le mie ginocchia e, dicendo a Percy di guidare, tornò sul furgoncino, senza lasciarmi un attimo.
Si sedette sul sedile posteriore, mettendomi quasi sdraiata.
Mi alzai leggermente, affondando la testa nell'incavo del suo collo.
Ricordo solo di avergli sussurrato un -Grazie, nell'orecchio, per poi cadere addormentata, distrutta, stringendomi sempre a lui.
 

 
Mi svegliai accorgendomi che Louis si era addormentato stringendomi, e appoggiando la testa alla mia.
Avevo sul petto il suo giubbotto, come se me lo avesse messo mentre dormivo.
Cercai di dimenticare ciò che era successo poche ore prima.
Era tardo pomeriggio.
Mi accorsi che eravamo fermi.
Il mio sguardo corse ai posti anteriori, vuoti.
Non feci in tempo ad allarmarmi che scorsi con la coda dell'occhio Percy e Annabeth.
Erano fuori, mano nella mano, che camminavano sulle sponde del lago del bacino di Badwater.
Sospirai di sollievo.
Louis mi strinse.
Voltai la testa in alto e mi accorsi che si era svegliato.
Sbadigliò.
-Camille.
Non risposi non sapendo che dire, ma poggiai la fronte sul suo petto.
-Come stai?
Mi limitai ad annuire.
Mi strinse di più, appoggiando la sua testa alla mia.
-Cosa è successo, prima?
Presi un bel respiro.
-Emily. Ecco, ho sognato Emily che urlava. È... È stato terribile.
Gli fui grata perché non disse niente.
Perché mi capiva.
E forse perché anche lui aveva paura che le stesse succedendo qualcosa.
Mi misi seduta, sciogliendo il nostro strano abbraccio.
Vidi Percy che si fermava e prendendo le mani di Annabeth nelle proprie, univa le loro fronti, e le parlava fissando il terreno.
Aprii la portiera e uscii.
Un attimo dopo ero un ginocchio.
Il colpo mi fece perdere un momento il respiro.
-Camille!- urlò Louis precipitandosi da me.
Afferrandomi per la vita mi tirò su.
Cercai di allontanarmi dal suo corpo il più possibile.
Mi faceva uno strano effetto.
Come se sapessi che una volta che ci fossimo toccati non sarei più stata in grado di lasciarlo.
-Sto bene. Mi fanno solo male le gambe. Sarà stata la posizione in macchina.
-Non cercare di arrampicasti sugli specchi. Reggiti a me.
-No! Davvero sto bene!- odiavo dovermi sentire dipendente dal suo aiuto. 
Poi sarei finita come nei film.
Morta dentro appena lui si sarebbe allontanato un attimo.
Percy e Annabeth ci raggiunsero di corsa.
-Oh, i due belli addormentati si son svegliati! Chi ha baciato chi, per spezzare l'incantesimo?
Guardai malissimo Percy.
-Perché non ci avete detto che eravamo arrivati?!
Percy ammutolì.
-Non volevamo disturbarvi. Vi avremmo svegliati tra massimo mezz'ora.
Alzi gli occhi al cielo e tentai un altro passo, con cautela.
Le gambe mi ressero.
Quando pensai di potercela fare crollai tra le braccia di Percy.
-Scusami. 
Mi guardò scettico.
-Che cos'hai?
-Niente. Sono solo indolenzita.
-Non riesci a stare in piedi.
-Si.
-A camminare.
-Solo per il momento.
-Non prenderci in giro.
-Non ho intenzione di diventare un peso. Ne tantomeno restare qui mentre voi andate a salvare la mia migliore amica.
Il figlio di Poseidone sbuffò e mi lasciò piano.
Per dimostrargli che avevo ragione camminai fino alla riva del lago.
Quando arrivai ero stanchissima ma feci bel viso a cattivo gioco e sorrisi nella loro direzione, mentre si avvicinavano.
-Sto benissimo. Non me lo chiedete.
-Dalla tua sfumatura tendente alla pelle di un fantasma non si direbbe.
Fulminai Louis.
-Zitto. Ho detto che sto bene.
Lo si strinse nelle spalle.
-Se lo dici tu. Che facciamo ora?
Cercai di non badare al sole che stava calando.
-Cerchiamo Pitone. Dove c'è lui, c'è Emily.
-E dove può essere? - chiese Percy più ad Annabeth che agli altri.
Lei fece per rispondergli ma qualcosa dietro di me catturò la sua attenzione.
La figlia di Atena sbiancò.
Mi voltai di scatto appena in tempo.
Dall'acqua salata del bacino stava spuntando un'orribile creatura.
Era una specie di enorme drago senza ali, ma con nove teste da serpente.
Lentamente e sibilante il mostro si avvicinò a noi.
Un odore acre di spinse a tapparmi il naso.
Annabeth indietreggiò seguita da noi altri tre.
-Non fate mosse azzardate. È un'Idra. Il fiato e il sangue sono velenosi. - ci avvisò come se stesse parlando delle previsioni meteo.
-Quindi, tradotto, moriremo tutti?- chiese Louis cercando di essere sarcastico.
La sorella lo guardò malissimo.
-Tirate fuori le spade. Quando tagliate una testa, al suo posto ne compaiono due. Quindi, Louis, Percy, evitateci il problema.
Continuammo ad arretrare.
-Sangue velenoso. Bene, riusciremo ad evitarlo con un po' di fortuna. Non spargetene troppo.- constatai senza smettere di fissare la creatura sibilante. -Il fiato potrebbe essere un problema. Lo affronteremo a turni in modo da cercare un punto debole e riuscire a riprendere fiato.
-Riprendere fiato? - chiese Percy incantato dalla creatura.
-La affronteremo senza respirare. È l'unico modo per non inalare il veleno. Ercole la uccise...
-Col fuoco. Tagliò le teste e fuse le ferite col fuoco.- concluse Percy.
Louis lo fissò per un attimo stupito.
-Come fai a saperlo?
-Ercole è il mio eroe preferito.
Intervenni. Non era il momento per uno scambio di hobby.
-Louis. Indovina che ci serve.
-Fuoco.
-No.- intervenne Annabeth. Avevamo ancora solo pochi secondi prima che il mostro ci attaccasse. -Possiamo provare con l'acqua salata del lago.
Dubitai.
-Se proprio dobbiamo...
-Vado prima io.- dissi. -Intanto, Percy, avvicinati all'acqua. Quando tagliamo le teste devi cercare di sbattergliera sopra il più velocemente possibile. Voi due, invece, state pronti a prendere il mio posto, appena non riesco più a respirare...
Mi annuirono, fissandomi per un attimo.
-Ultimo consiglio?- chiese Louis.
-Non morite. Mi occorrete tutti e tre per ritrovare Emily. E inoltre, chi lo sente Chirone poi?



Angolo dell'Autrice:
Salve Popolo!
*frinire di cicale.*
Oook.
Questo è il capitolo.
Vi prometto che aggiorno presto, perchè sono stata un pò cattiva ha lasciarvi così...
Però se non mi fermavo diventava troppo lungo.
Quindi perdonatemi.
Però non vi ho fatto aspettare troppo, no?
:D
Grazie mille a chi a recensito, Soni Sapientona e Trich, ma anche a chi a solo letto.
Un bacione a tutti!
Alice

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Capitolo 10
*** 9. Facciamo arrosto un'Idra ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 9

                                        Facciamo arrosto un'Idra






 
 
Feci un ultimo respiro profondo e, afferrando dalla tasca Vendetta e facendola volare in aria, mi avvicinai al mostro.
Sapevo che avevo solo meno di un minuto prima di aver bisogno ancora di respirare, quindi attaccai subito.
Vidi con la coda dell'occhio due teste dell'Idra precipitarsi su Percy, disturbate dalla sua presenza.
Non potevo ancora staccare nessuna testa, visto che il figlio di Poseidone era impegnato.
Annabeth però raggiunse il ragazzo, aiutandolo, mentre io scansai per un pelo il morso velenoso di una testa.
Non mi sentivo un gran che in forze, visti gli ultimi avvenimenti, ma cercai di concentrarmi e chiedere un minimo di aiuto da parte degli Dèi.
Sarebbe stato carino da parte loro permetterci di sopravvivere ancora un po'.
Un testa mi fece volare via dal polso la spada, che cadde in acqua con un sonoro pluff.
La mano mi pulsava, ero disarmata e ormai quasi senza fiato.
Fulminai con lo sguardo il mostro, come a promettergli che ci saremmo rivisti, che aveva vinto una battaglia, ma non la guerra, e arretrai.
Inspirai.
Per un attimo mi girò la testa.
Sentii la mano di Louis sulla spalla.
Annabeth intanto aveva finito di aiutare Percy e se la stava cavando egregiamente con la bestia.
Per un attimo mi sentii umiliata.
La figlia di Atena combatteva meglio di me.
Un'ondata di rabbia mi invase e se non fosse stato per Louis mi sarei precipitata sul mostro all'istante.
Ma il figlio di Atena mi tenne sul posto, e la rabbia di Ares si estinse, lasciandomi vuota come un nido di rondini a Dicembre.
Percy prese posto poco lontano dalla ragazza bionda, l'acqua che gli arrivava ai polpacci, senza però bagnarlo.
Annabeth tagliò un paio di teste.
E per un attimo non successe niente.
L'acqua intorno al figlio di Poseidone restava immobile.
La paura mi strinse le stomaco.
E se non avesse funzionato?
Ma dopo pochi secondi, un muro di acqua salata si infranse sulla creatura che sibilò arrabbiata.
Credo che per un attimo fu solamente infuriata, ma che poi sentì dolore per il sale sulla parte mozzata.
Le ferite, dove una volta c'erano le teste, si sciolsero come cera e si deformarono fino a diventare solamente una massa informe di carne di Idra.
Ammesso che fosse davvero carne.
Comunque immagino che gli fece parecchio male.
L'Idra si scaraventò su Percy, che perse l'equilibrio e cadde in acqua.
Annabeth cercò di aiutarlo, invano.
Louis corse in aiuto della bionda.
La spinse via, dicendole con gli occhi di allontanarsi.
Lei si allontanò di pochi passi, prese fiato e tornò all'attacco.
Percy cercava disperatamente di tenere a bada le altre sette teste rimaste.
L'acqua si dimenava e alzava vicino a lui.
Louis tagliò un altra testa.
Subito un getto d'acqua si infranse sulla ferita, che come quelle precedenti, si fuse.
Annabeth ne tagliò un altra.
E subito Percy la bagnò.
Rimanevano cinque teste.
Io li guardavo all'opera, come incantata.
Ad un tratto Louis si voltò verso di me, il viso rosso per la mancanza d'aria.
Mi sembra volesse dirmi qualcosa ma non ci feci caso.
Gridai il suo nome, indicando il mostro dietro di lui.
Una testa si preparava per attaccarlo.
Per fortuna fece in tempo ad alzare il suo scudo - che al momento non ricordo quando aveva tirato fuori - e la testa si scontrò contro di esso.
Louis volò indietro per qualche metro.
Rimasi un attimo spiazzata.
Tre teste si stavano occupando di Annabeth.
Le altre due si preparavano per uccidere Louis.
Istintivamente affondai la mano destra nella tasca e cercai Vendetta.
La strinsi e mi precipitai dal figlio di Atena.
Una testa si allungò per raggiungere Louis, ancora stordito per terra, ed io appena in tempo la mozzai.
-Percy!
Non aveva ancora finito di gridare che un muro d'acqua si infranse sulla creatura, e su di me. Infradiciandomi.
La pelle mi bruciò.
La quantità di sale presente nel bacino era vertiginosa.
Persi per un attimo l'equilibrio, cadendo seduta sul terreno.
L'altra testa stava per saettarmi contro.
Rotolai di lato.
Questa sibilò di sorpresa, mordendo una nuvola di polvere al mio posto.
Con la coda dell'occhio scorsi Louis che si allontanava per riprendere fiato per poi correre in aiuto ad Annabeth, rossa per la mancanza di ossigeno.
Rimanevano solo due teste.
Avevano un'aspetto orribile.
All'inizio pensai di riuscire a raggiungere il corpo ed a ferirlo definitivamente, ma quella maledetta testa di serpente sembrava aver capito i miei piani.
Tutte le volte che cercavo di avvicinarmi questa mi sibilava contro.
I polmoni stavano per scoppiarmi perciò arretrai un momento per respirare.
Annabeth prese il mio posto.
Lanciò con forza il coltello nel corpo martoriato della creatura che gemette di dolore ma non si distrusse.
Mi cadde l'occhio sulla sacca di Louis.
Afferrai un arco che spuntava e incoccai una freccia.
Non ero un gran che, ma me la cavavo abbastanza bene con esso.
Chiusi un occhio concentrandomi sul momento giusto.
Le due teste si allinearono per un stante e scoccai.
La freccia prese di striscio la prima e mancò totalmente la seconda.
Imprecai.
Presi fiato e mi avvicinai un po'.
Ma esagerai.
Una testa mi attaccò.
Mi chinai, correndo velocemente da un'altra parte, ma quella mi strappò via dalle spalle la faretra piena di frecce che venne inghiottita con avidità dal mostro.
Mi era rimasta solo quella che avevo in mano.
La spalla mi faceva male per la forza con cui mi aveva strappato la custodia delle frecce.
Strinsi i denti e la incoccai.
Dovevo farcela.
Aspettai pochi secondi.
Quando si concentrarono entrambe su Louis lasciai l'elastico.
La freccia penetrò perfettamente la prima e la seconda testa.
Louis prontamente abbatté la sua spada sul corpo ferito della creatura che esplose in una nuvola di polvere, lasciando sul terreno una discreta pozza di sangue nero come l'inchiostro.


 
Mi accasciai su un masso, sfinita, respirando affannosamente mentre Annabeth si avvicinava con cautela al sangue.
-Ne dovremmo prendere un po'.
Percy uscì completamente asciutto dall'acqua.
-Se voi lasciarmi, non c'è assolutamente bisogno di avvelenarmi.
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso esasperato.
-Percy!- lo riprese con uno sbuffo. Poi si rivolse a noi. -Potremmo intingerci le frecce. 
Io alzai le spalle.
-A meno che non ce ne siamo altre, quelle di Louis se le è mangiate la nostra amica defunta.
Louis alzò gli occhi al cielo e si avviò verso la macchina.
Percy si abbassò accanto ad Annabeth.
Vidi con la coda dell'occhio il figlio di Atena rovistare nel baule e poi avvicinarsi di nuovo a noi con una faretra sulla spalla sinistra.
-Ed ecco a voi altre frecce. E, Annabeth...- la bionda voltò la testa verso il fratellastro.
Louis le lanciò un contenitore che lei prese al volo.
-Che cos'è?
Louis scosse le spalle. -Bo. Era nella macchina. Comunque puoi usarlo per il sangue dell'Idra.
Lei e Percy si misero al lavoro, discutendo come sempre.
-Potremmo usare una conchiglia per prenderlo senza toccarlo.
-Non essere stupido, Testa d'Alghe.
-Non è una cattiva idea.
Risi di gusto all'occhiata che gli lanciò Annabeth.
-Certo che è una cattiva idea.
I due continuarono a discutere mentre Louis mi si sedeva accanto. 
-Sei stato bravo con quella spada. - dissi guardando senza in realtà vederli, i due chini sul terreno.
-Grazie. Tu con quel' arco... Be', Emily ne sarebbe orgogliosa.
Mi limitai ad annuire.
Dopo un attimo, Louis si alzò, scrollandosi la polvere dai pantaloni.
Si voltò verso di me e mi tese la mano, sorridendo.
Io chinai la testa di lato, piegando appena le labbra verso l'alto.
-Hai un bellissimo sorriso, Louis. - commentai a voce alta senza nemmeno accorgermene.
Lui rise.
-Grazie. Anche tu.
Immediatamente abbassai lo sguardo.
Cosa mi era saltato in mente, di preciso?
Lui afferrò la mia mano e mi fece alzare.
Per un momento ebbi paura di essergli troppo vicina.
Ma improvvisamente nell'aria prese forma Chirone.
E dietro di lui, Harry Bake.
Il messaggio iride mi diede un'ottima scusa per allontanarmi il più possibile.
Chirone ero piuttosto nervoso e anche il mezzosangue dietro di lui, anche cercava di non darlo a vedere.
-Camille?- mi chiamò il centauro.
Presi un bel respiro. -Ti vedo e ti sento, Chirone.
-Come sta andando? Tutto bene?
Io lanciai un'occhiata a Annabeth e Percy ancora chini sul terreno.
-Sì. Certo. Abbiamo appena disintegrato un'Idra, che casualmente ci intralciava la strada.
Chirone sospirò.
-Dove siete?
Mi sentii un attimo a disagio. Non gli avevo raccontanti nulla di quel che sapevo... E be', immagino non l'avrei certo passata liscia.
-Siamo... Sulle tracce di Pitone.
-Pitone?
-Sì, ecco, Louis ha fatto un sogno. Pitone ha rapito Emily, Chirone. 
Il centauro aggrottò le sopracciglia.
-Perché?
Louis prese parola prima che io potessi dire qualunque cosa.
-L'Oracolo. Ovviamente. Rivuole l'Oracolo rubatogli da Apollo.
Chirone sembrò per un attimo assente. -Ecco perché...- bisbigliò tra sè, ma non abbastanza piano da impedirmi di sentire.
-Cosa è successo al Campo, Chirone?
Adesso era lui che si sentiva a disagio.
-Apollo era molto teso. È passato di qui, chiedendo notizie di Emily. Ovviamente non potevo nascondergli la sua scomparsa...
-Cosa è successo esattamente?!- chiesi preoccupata.
-Quando è arrivato, ecco. Con lui c'era Rachel. All'inizio non ci ho fatto molto caso. È comunque il Dio degli Oracoli. Erano un po' preoccupati entrambi. Ma non pensavo fosse così... grave.
Mi si strinse lo stomaco.
-Cosa ti ha detto?
-Niente di che. Ma mi ha promesso che sarebbe andato al più presto da Susan, a cercare di darle la notizia con cautela.
Susan era la madre di Emily. 
Da dopo l'incidente era molto instabile.
Delle volte non riconosceva nemmeno sua figlia, si dimenticava chi era, dove viveva...
Tuttavia, non raramente, sembrava una donna normalissima, come se non le fosse successo niente.
Sapevo che Apollo la andava a trovare spesso, e che la vicinanza del Dio la faceva stare meglio.
Io annuii.
Annabeth chiamò Louis che salutò Chirone alla svelta e la raggiunse.
Intanto il centauro continuò.
-Camille devi stare attenta. Pitone non è un mostro normale. Insomma, custodiva l'Oracolo. È stato sconfitto da un Dio. Devi essere molto cauta. 
Spero di riuscire a contattare Apollo il prima possibile e riferirgli la notizia, ma intanto ti devi arrangiare da sola.
-Come ho sempre fatto, no?
-No.- dichiarò il centauro.- Non come hai sempre fatto. Sei una figlia di Ares. Spesso, troppo spesso, agisci di impulso. Cerca di ragionare stavolta. Non spingerti oltre. Non fare il passo più lungo della gamba. Per favore, limitati a prendere Emily e tornare qui il prima possibile. Con tutti i tuoi compagni. 
Rimasi senza parole. Mi stava chiedendo... Di non combattere?
-Ma... Pitone!?!- esclamai.
Chirone mi inchiodò con lo sguardo.
-Se ne occuperà Apollo, come è giusto che sia. 
-Chirone...- cercai di protestare, ma il centauro venne chiamato da qualcuno fuori dalla Casa Grande.
-Devo andare. Fai attenzione, Camille. Mi raccomando.
Il mezzo cavallo scomparve, lasciando posto solo a Harry, appoggiato con noncuranza al muro.
Per un attimo mi ricordò Luke Castellan, tristemente famoso per le sue scelte.
Feci per parlare ma lui mi anticipò.
-Devi riportarla qui.
Sbattei le palpebre, come se mi avesse stupito in qualche modo. Cosa non del tutto sbagliata.
-Certo che...
-Camille per una volta non pensare a te stessa. Non pensare come una figlia di Ares.
-Io...- tentai debolmente di protestare, confusa dai suoi discorsi.
-Devi sopprimere la tua sete di guerra. E sai che quando combatti ti assale completamente. Sei una figlia di Ares, anche se non sempre lo sembri. Quando combatti i tuoi occhi si illuminano come quelli di Clarisse. O di qualsiasi altro figlio della Guerra.
Spalancai la bocca, troppo stupita persino per emettere qualunque suono.
-Per una volta pensa solo a liberare Emily. Non metterla in pericolo per un tuo sfizio personale. Controllati e tutto andrà bene.- continuò Harry.
Stette un attimo in silenzio.
-Lo so che ti stai chiedendo chi sono io per dirti questo, ma non pensare che non mi importi di... Quella ragazza. Lei è... Diversa.- disse con lo sguardo perso.
Stupidamente pensai ad alta voce. -Se ti sentisse Emily...
-Non dirglielo!- scattò in piedi come una molla, risvegliandosi dalla trance e protendendosi verso di me.
Anche se sapevo che era solo una proiezione feci un passo indietro.
-Non dirle niente. Tu pensa solo a salvarla! Solo a salvarla!- e passando una mano nel messaggio iride come a scacciare un insetto fastidioso, scomparve.
 

 
Non feci parola a Louis di quello che aveva detto Harry, ma gli accennai quel poco che aveva detto Chirone mentre era andato da Annabeth, quando raggiunsi gli altri.
Inutile dire che i figli di Atena condivisero subito il pensiero di Chirone di lasciare il mostro ad Apollo.
Percy invece era più dalla mia parte.
Aveva ormai notato che la presenza di mostri lo eccitava come un bambino, anche se lui cercava di nasconderlo.
-Andiamo! Non possiamo andare da Mr. SquameVerdi vestiti da hippie, prendere la ragazza e dirgli che se la veda con Apollo!
-È pericoloso, Percy!- lo sgridò Annabeth.
-Non credo quanto Crono!
Il cielo tuonò, anche se era perfettamente sereno.
Annabeth si guardò intorno.
-Lo sai che a Zeus non piace quando lo nomini...
Il figlio di Poseidone si strinse nelle spalle, mentre la bionda continuava.
-Non devi sottovalutare Pitone, Percy. Solo perché... perché hai combattuto contro qualcuno di più potente, non sei invincibile.
-Ma Pitone...
-Non è una nostra battaglia.- si intromise Louis. -Sta ad Apollo sconfiggerlo. 
-Certo che è una nostra battaglia!- urlai. -Emily è stata rapita da quel coso squamoso e...
Louis abbassò il viso verso il terreno.
-Delle volte non penso che l'abbia rapita.
Assottigliai lo sguardo.
-Cosa stai dicendo di grazia?
-Come ha fatto Pitone ad entrare al Campo senza essere visto da nessuno? Perché Emily non ha cercato di contattarci? Perché...
-Zitto! 
Mi allontanai, irata, prendendomi la testa tra le mani.
Perché diceva quelle cose?
Louis mi raggiunse, le mani affondate nelle tasche.
Non indossava più la maglietta del Campo.
A casa sua si era cambiato. Ora aveva una maglia a righe.
Non ci avevo fatto molto caso fino ad allora.
-Cami...
-Lasciami in pace. Non sei nemmeno... 
Lascia la frase a metà, senza sapere come finirla.
-Perché non riesci a capire? Anche tu devi esserti fatta queste domande.
Mi voltai arrabbiata, puntandogli l'indice contro il petto.
-No! Non ho dubitato nemmeno un attimo! Emily non sarebbe mai... mai andata di propria volontà da Pitone! Contro suo padre! 
Lui mi afferrò il mio polso.
-Perché no? 
 -Perché lei ... non lo farebbe.
Louis sorrise. Ma non mi piacque il modo in cui lo fece. Con sofferenza.
-Non sai nemmeno darmi una buona ragione.
Mi dimenai e con violenza mi liberai della sua presa sul polso.
-Emily vuole bene a suo padre! 
-E come fai a esserne certa? Apollo l'ha abbandonata esattamente come ogni Dio fa con noi!
-Oh no!- sbottai. -C'è appena stata una guerra per questo, Louis! Non può parlare così! E non di Emily! Ha sempre adorato Apollo. Lei lo ha sempre sentito insieme a lei! Sempre!
Louis mi fissava, arrabbiato quanto me.
-Non conosci Emily.
-Sì! Certo che la conosco! È la mia migliore amica! Non parlarmi così Louis Bonnet!
Lui mi spinse, facendomi face qualche passo indietro.
-Ti sei mai minimamente chiesta perché Emily voglia sempre essere così allegra?! Suo padre assente, sua madre prima sempre al lavoro e poi pazza, era sempre da sola. Ha dovuto reagire! Pensi sul serio che ami suo padre incondizionatamente?
Rimasi a bocca aperta, stupita da quei discorsi.
-Emily vuole bene ad Apollo. 
-Come sei ottusa!- urlò lui, mettendosi le mani nei capelli. -Sai una cosa? Non ti rendi nemmeno conto che la tua amica voleva andarsene! Lasciarti!
-Di cosa stai parlando?
-Vedi?- Louis ghignò, quasi disgustato. -Emily voleva unirsi alle Cacciatrici di Artemide, lo sapevi? L'anno scorso. E stava per farlo. Oh sì. Stava per farlo. Tu lo sapevi?
Indietreggiando, inciampai per terra, e caddi miseramente ai piedi di Louis.
-Cosa...?
-Emily voleva andarsene. Allontanarsi da tutti. E tu, Camille, non te ne sei nemmeno accorta. 
-Come fai... A saperlo?
-Me l'ha detto lei.
Abbassai lo sguardo, nascondendomi dietro le ciocche di capelli che sfuggivano alla mia coda sfatta, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.
Era vero?
Emily voleva lasciarmi? 
Abbandonare me, Louis, il Campo... ?
Perché? 
E non me l'aveva detto?
Louis si chinò sulle ginocchia, abbassandosi verso di me.
Scosse la testa bionda e afferrandomi il mento, mi baciò in fronte.
Io mi tuffai nelle mie ginocchia e scoppiai a piangere.
Una delle poche volte della mia vita e così vicino dall'ultima volta che l'avevo fatto.
Questa volta sentii ogni lacrima uscire dagli occhi, scivolare piano lungo le guance e precipitare nella polvere del terreno.
Louis si avvicinò di più a me e cercò di consolarmi.
Dopo pochi minuti mi accorsi di quanto stupida stessi sembrando e mi imposi di smettere.
Restai comunque stretta alle mie gambe, lasciando che il ragazzo mi accarezzasse i capelli.
Quando Louis si rese conto che avevo smesso di singhiozzare, mi fece alzare lo sguardo, e senza che io potessi minimamente immaginarlo, avvicinò il suo viso al mio ancora bagnato di lacrime, e posò le sue labbra sulle mie.








Angolo dell'Autrice:
Lo so. Dovevi aggiornare la long di Harry Potter.
Ma siccome il capito non è ancora finito ho voluto farvi questo regalo.
Questo credo sia il capitolo che mi piace di più in assoluto.
Fin ora, almeno.
Mi sono divertita tanto a scrivere il combattimento contro l'Idra anche se ci ho messo parecchio.
Bello ma faticoso. ;)
Comunque.
Un piccolo avviso per chi tifa per Louis e Camille ( vero Aryelle? XD).
Non cantate vittoria da subito.
Potrebbero esserci... delle complicazioni.
Bene.
Grazie mille a chi ha recensioto lo scorso capitolo, Trich, AleJackson, SoniSapientona e Aryelle e a chi come sempre si limita a leggere.
Spero di non avervi deluse.
Un bacione.
Alla prossima.
Alice

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Capitolo 11
*** 10. Un sogno mi catapulta a Philadelphia ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia



                                                         Capitolo 10
 

                                 Un sogno mi catapulta a Philadelphia




 
 
Mi ritrassi, come scottata, allontanandomi dalle labbra di Louis.
Lui mi guardò confuso.
-Louis...
-Scusa.- disse. -Non... Non volevo.
Io scossi la testa, sbattei le palpebre.
Cosa aveva fatto?
Cosa stavamo facendo?
Perché mi voleva baciare?
Mi alzai di scatto e cercai di allontanarmi.
Louis mi afferrò il polso velocemente.
-Camille... Io... Scusa... Io...- non l'avevo mai visto così impacciato.
-Non... Non importa. 
Mi liberai dalla sua stretta e camminai lontano da lui.
Il mio cuore batteva ancora all'impazzata, mentre un'altra domanda mi assaliva, potente come un'onda durante una tempesta.
Avevo fatto bene a respingerlo?
Ovviamente la parte più razionale di me ne era fermamente convinta.
Ma... Un'altra... Cosa c'era di male?
La testa mi ronzava, come se la ragione e i sentimenti stessero dibattendo.
Strizzai gli occhi e mi appoggiai a una parete rocciosa.
La mia mano toccò le mie labbra, quasi di propria volontà.
Ci eravamo a malapena toccati, ma... Era stato bello.
Sorrisi dentro di me.
Per un attimo mi sentii invincibile. 
Poi tutto il mio mondo vacillò.
Ed ora?
Cosa sarebbe cambiato?
Cosa invece sarebbe rimasto invariato?
Senza nemmeno rendermene conto strinsi Vendetta tra le dita.
Con un trillo la feci roteare in aria e si trasformò nella solita spada.
La piantai nella parete, con potenza.
Cosa avevamo fatto?! Rovinato tutto?!
Combattei con tutto quello che avevo sotto mano, per sconfiggere la rabbia, l'adrenalina, il piacere che infuriavano dentro il mio corpo.
Poi, ad un certo punto Percy bloccò Vendetta con la sua spada.
-Qualche problema?- chiese divertito.
Avevo abbattuto quasi tutto nel raggio di dieci metri.
Le nostre spade di incrociavano ancora.
Roteai su me stessa e mirai al suo fianco.
Percy mi bloccò con facilità.
-Ho solo bisogno di affettare qualcosa.
-Forse allora faresti meglio a venire ad aiutarci.- Ad un tratto si fece serio. -C'è una simpatica famigliola di Serpenti Marini che ci sta attaccando.
 

 
Okay.
Quella sera avevano deciso di non darci pace.
Comunque sconfiggemmo quei Cosi Marini abbastanza in fretta, anche se Annabeth si prese un bel morso nel braccio sinistro.
In effetti le frecce avvelenate si erano rivelate utili.
Percy le aveva afferrate poco dopo che avevano ferito la figlia di Atena.
Non era proprio una cima con l'arco, ma ne aveva presi due in pieno che si era polverizzati dopo qualche minuto.
Altri tre li avevamo rispediti al Tartaro a suon di spada e, incredibile ma vero, calci.
Louis si era lanciato nell'impresa "Prendiamo a calci nel didietro Serpenti Marini".
Infine uno o due se l'erano data a gambe dopo che avevano assistito, più o meno incolumi, alla strage familiare.
Quando se ne furono andati, con dietro Louis che li mandava a fare cose non troppo educate, ci avvicinammo ad Annabeth.
Aveva una fantastica sfumatura grigiastra che le si intonava con gli occhi.
Percy si precipitò a prendere dell'ambrosia e tirò fuori da non so dove il kit di Pronto Soccorso, forse quello del furgoncino.
La figlia di Atena si stringeva il braccio al petto, respirando affannosamente, gli occhi chiusi.
-Annabeth! Lascia andare il braccio!- la sgridava Percy.
Lei dissentiva.
Mi chinai accanto a Percy.
-Chase, dacci quel braccio da curare se non vuoi andare a fare un salutino ad Achille e compagnia.- la minacciai.
Con una smorfia di dolore lei ci porse l'arto.
-Alla buon ora.- bofonchiai mentre Percy si improvvisava infermiere.
-Dove cavolo è finito adesso Louis?!- imprecò il ragazzo.
Io mi guardai intorno.
-Credo che abbia appena finito di mandare al Tartaro quei cosi...- E non sapevo sei letteralmente o solo in senso figurato...
Percy sbuffò.
-Vallo a chiamare di grazia! Io non ho la minima idea di cosa fare col suo braccio!
Sbuffai, alzandomi e andandogli incontro.
-Louis!- urlai. -Vieni subito qui!
Lui accennò una corsa.
-Cosa c'è?!- mi urló di rimando.
-Annabeth!
Il ragazzo mi superò, leggermente indeciso.
Lo seguii dopo alcuni secondi.
Non so cosa fece di preciso a sua sorella ma dopo alcuni minuti Annabeth aveva ripreso un po' di colore e respirava normalmente.
Percy la prese tra le braccia e la portò verso il furgoncino, lasciandomi da sola con Louis.
Il mio stomaco si raggomitolò su se' stesso.
E adesso?
-Non credo sia utile continuare con Annabeth in queste condizioni... Cercheremo Pitone domani. 
Il sole stava tramontando e annuii senza guardarlo.
Louis seguì i due alla macchina, lasciandomi da sola, a farmi mille domande.

 
 
Mi strinsi nel giubbotto, mentre tentavo disperatamente di prendere un po' di calore dalla tazza di the che stringevo tra le mani.
Rabbrividii.
E istintivamente pensai a Emily.
Lei non aveva mai freddo...
Fissavo il limite del bacino di Badwater all'erta.
Mi ero proposta per fare il primo turno di guardia, che sarebbe finito verso le tre del mattino.
Era ancora presto, avevamo mangiato qualcosa di quello che avevamo preso a casa di Louis e poi gli altri tre si erano appisolati.
Annabeth era ancora piuttosto pallida.
Louis le aveva tolto tutto il veleno dei mostri ma doveva riposare, quindi non avrebbe fatto il turno di guardia.
Scattai in piedi, sobbalzando a un rumore di passi, e feci scattare Vendetta.
Mi accorsi che era Percy solo quando la spada era già in movimento.
Il figlio di Poseidone si abbassò alla svelta con un' imprecazione.
-Certo che uno non può neppure venire a farti compagnia che cerchi di ammazzarlo... Si vede che sei sorella di Clarisse...
Abbozzai un sorriso, rinfilando Vendetta in tasca.
-Scusa, principino del Mare.
Lui chinò leggermente il capo.
-Accetto le tue scuse, fedele suddita.
Ci guardammo un attimo negli occhi poi scoppiai a ridere, seguita da lui.
Mi rimisi a sedere.
La tazza si era rovesciata quando mi ero alzata, quindi mi limitai a prenderla e posarla vicino alla faretra che Annabeth mi aveva raccomandato di tenere sotto mano.
-Dovresti dormire un po'.- lo rimproverai.
-Oh, be'. È quello che ho fatto. Ma preferisco stare sveglio che sognare la fine dei miei giorni.
Aggrottai le sopracciglia.
-Cosa...?
-Io, non sono sicuro che ti piacerà.
Percy si mise a sedere, le gambe incrociate, di fronte a me.
-In questo periodo non mi piace niente. Andiamo, racconta.
Lui si mise una mano nei capelli.
-Era Pitone. Stava parlando una strana lingua che non capivo. E poi, qualcuno gli rispondeva.
Sospirai. -Emily.
-Esatto. Parlavano, cantilenavano, sibilavano...Una strana conversazione, a pensarci bene. 
-E lei sta...?
-Per essere rapita da un mostro, sta benissimo. 
Fissai il vuoto davanti a me.
-Grazie per...
-Avertelo detto? Non ringraziarmi. Odio fare questi sogni...
Annuii.
Lui mi prese un braccio.
-Vai a dormire. Ci penso io qui. Hai bisogno di riposare.
Per un attimo protestai, poi mi arresi.
Mentre mi stringevo nel giubbotto e mi avvicinavo alla macchina, sperai di non sognare niente. 
Solo il vuoto.


 
Feci appena in tempo ad accoccolarmi sul sedile posteriore e a chiudere gli occhi che il sogno cominciò.
Con la mia solita fortuna, avrei potuto pregare tutti gli Dei dell'Olimpo - sul serio!- ma loro non mi avrebbero ascoltato.
Ammesso che fosse colpa loro, il mio sonno tormentato.
Ne dubitavo, ma la speranza è sempre l'ultima a morire.
Non avevo mai sognato Emily, quindi mi aspettai di vedere lei.
Invece no.
Ero in una villetta di periferia, in piedi e vedevo una giovane donna di circa trentacinque anni che spolverava tranquilla la mensola del caminetto.
Conoscevo quella casa di vista.
Ci ero stata solo due volte.
Era casa di Emily.
A Philadelphia.
Sua madre, Susan, era la donna che puliva.
Sembrava normalissima in quel momento. 
Forse leggermente assente con il pensiero, ma a chi non capitava ogni tanto?
Il campanello suonò tre volte, una dietro l'altra, due trilli più veloci e l'ultimo più lento.
Susan sorrise radiosa, come se sapesse già chi fosse.
Si precipitò alla porta e aprì.
Avevo visto Apollo solo una volta. E sembrava un diciassettenne.
L'Apollo che venne abbracciato da Susan tuttavia, era giovane certo, al massimo venticinque anni, ma almeno non aveva l'età di Emily...
Indossava dei jeans, un paio di mocassini e una maglietta a maniche corte.
Susan lo baciò sulla bocca.
Immagino non potesse ma Apollo fece finta di niente e la abbracciò.
Sorrisi, e me li immaginai tutti e due ventenni, giovani e innamorati.
Apollo guardò la donna e per un attimo si rabbuiò.
Ma fu solo un attimo.
Susan lo trascinò dentro casa.
Quando chiuse la porta feci appena in tempo a vedere la sua macchina -una magnifica Maserati- parcheggiata lì fuori.
E Rachel appisolata sul sedile anteriore.
-Susan...- chiamò il dio, facendomi girare verso di lui.
Aveva messo la donna a sedere, al tavolo della cucina e le stava preparando un bicchiere d'acqua.
Susan si fece seria.
Mi chiesi ancora che problema potesse avere una donna come lei.
Era bella, i boccoli neri come l'ebano le ricadevano sulla schiena, le ciglia lunghe le incorniciavano gli occhi azzurri e trasparenti e aveva dei denti perfetti.
Dalla pila di fascicoli impolverati sul comò, potevo capire che era stata anche molto intelligente. 
Era stata avvocato.
Una giovane in carriera.
E un brutto incidente le aveva rovinato la vita. 
Apollo continuò.
-Susan, c'è stato un problema al Campo Mezzosangue.
Le sopracciglia della donna si aggrottarono.
-Cosa... 
Apollo rimase per un attimo senza dire niente.
-Apollo. - lo chiamò. -Apollo. Come sta Emily?
Susan strinse le mani al tavolo fino a far diventare le nocche bianche.
Improvvisamente gli occhi le si annebbiarono e diventarono quasi bianchi.
Il suo corpo si irrigidì e lei impallidì.
-Che cos'è il Campo Mezzosangue, Apollo? Di cosa stai parlando?
Rabbrividii.
Come... Come era possibile che un attimo priva andasse tutto bene, e subito dopo era tutto così... agghiacciante?
Apollo sospirò.
-È il posto dove vive Emily, Susan, ricordi? Tua figlia. Nostra figlia.
-Emily?-ripeté la donna. -Emily?
Apollo sembrava abbattuto, ma le si avvicinò, la strinse tra le braccia e la fece poggiare a se'.
-Non ti ricordi? Emily. La nostra bambina.
Mi fece quasi tristezza il modo in cui lo disse.
Apollo voleva davvero bene a Susan. E a Emily. E forse era vero. Magari aveva desiderato delle volte, abbandonare tutto e andare a vivere come un mortale. Con loro.
Susan si rilassò e i suoi occhi tornarono azzurrissimi.
-Certo! Emily! Cosa le è successo?
Apollo sembrava sofferente.
-Emily... Qualcuno l'ha presa, Susan. Ma non ti devi preoccupare. La stiamo cercando. E presto tornerà a casa.
La giovane sembrava molto confusa e spaventata.
-Come... Come l'hanno presa? Come... Come...
Susan si rifugiò nel petto di Apollo e strinse la sua maglietta con forza.
Era crudele tutto quello che doveva sopportare.
-Perché? Cosa stanno facendo alla mia bambina?
Il dio le posò una mano tra i capelli. -Niente, Susy. Niente. La stiamo cercando...
Susan singhiozzò. -Emily!
Apollo la strinse a se'.
-La ritroveremo. Non preoccuparti. Presto tornerà a casa.
Apollo posò lo sguardo su di me. 
Come se sapesse che ero lì.
E il mio sangue gelò nelle vene, nel vedere lo sguardo addolorato del dio del Sole.

 
 
Aprii gli occhi di scatto.
Fuori era ancora buio.
Annabeth si mosse con un gemito.
Louis si allungò a controllare che stesse bene.
Chiusi gli occhi, per evitare che potesse sapere che ero sveglia.
Lo sentii sbuffare.
-Pensi che non mi sia accorto che sei sveglia?
Come aveva fatto...?
Fare finta di niente non mi sarebbe servito a nulla, così mi alzai dolorante e mi portai le ginocchia al petto, il mento poggiato su di esse.
-Come hai fatto a sapere...?
-Il tuo respiro.- mi interruppe. -Hai fatto un incubo, vero?
Mi limitai ad annuire, cercando di non pensare al bacio di poche ore prima.
-Era Emily?
Dissentii.
-Pitone?
Scossi ancora la testa.
-Cosa...?
-Apollo.- gracchiai, la voce roca. -E Susan, sua madre.
Poi mi venne in mente la figura che avevo intravisto sulla Maserati.
-E Rachel.- aggiunsi allora.
-Rachel?
-Era sul carro di Apollo. Sai, credo che il Dio, sappia più di quanto faccia intendere. Insomma, è un caso che Rachel gli giri sempre intorno, mentre il mostro al quale ha rubato l'Oracolo si è riformato e rapito una sua figlia?
Cercai di moderare i toni, visto che Annabeth dormiva ancora.
-Credo di...
-Certo che no! - sbottai. -Apollo sa! Sa perché Emily è sparita. Sa tutto! Ma non ci aiuta!
-Non giungere a conclusioni affrettate, Camille. Chirone ha detto...
-Coma fai a essere così sicuro che Apollo ascolterà Chirone? È solo uno sciocco mezzo cavallo! Un Dio potrebbe spiaccicarlo come un moscerino sul parabrezza di quella sua stupida Maserati!
-Camille...
-Camille un bel niente! La mia migliore amica è stata rapita...
-Non lo sai!- mi interruppe violentemente Louis. -Non lo sai, se l'ha rapita. 
-Emily non sarebbe andata contro suo padre. - sibilai tra i denti.
-E perché? E non rifilarmi la storiella, si voglio bene, sono una famiglia perfetta! Perché lo sai benissimo che nessuno di noi può permettersi una  famiglia!
Ci risiamo.
Stavamo litigando ancora per quello stupido motivo.
-Non vedo l'ora di vedere la tua faccia quando Emily mi darà ragione.- sibilai a pochi centimetri dalla sua faccia.
E al diavolo il bacio di prima!
Era uno stupido egocentrico, doveva sempre avere ragione!
Stava per rispondermi indignato quando con la coda del occhio intravidi un'ombra. 
Gli tappai istintivamente la bocca con la mano.
Mi posai l'incide destro sulle labbra, intimandogli si stare zitto.
Mi sporsi verso il finestrino.
Mi aspettavo un mostro.
Invece c'era Rachel.










Angolo dell'Autrice:
Ta dan! Eccomi qui!
:D
Bè, ve l'avevo detto che non sarebbe stato tutto rose e fiori...
Eh, si. 
Vi do il permesso di pensare che Camille sia una psicopatica squilibrata.
;D
Comunque, all'inizio non sapevo se mettere 'In Philadelphia' o 'a Philadelphia.'
Alla fine ho optato per 'a' ma non ne sono sicura.
Quindi se non vi torna... ditemelo.
Sono stata troppo cattiva a finire il capitolo così?
Nah.. Dai. :D
Se vi lancio una sfida?
Con 6 recensioni aggiorno giovedì prossimo XD
Andiamo, che ce la fate ♥
Grazie mille ovviamente a chi ha recensito lo scorso capitolo, Mnemosines, AleJackson, JupiterEj, Aryelle e Dafne Rheb Ariadne. :D Ma anche a chi ha solo letto.
Un bacione a tutti.
A presto!
Alice

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Capitolo 12
*** 11. Temo di morire d'infarto ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia



                                                         Capitolo 11
 

                                         Temo di morire d'infarto






 
 
 
 
Mi girai allarmata verso Louis, sgranando gli occhi.
Lui si strinse nelle spalle per rispondere alla domanda silenziosa che aleggiava tra di noi.
Che ci faceva qui Rachel?
Si tolse dalle labbra la mia mano, che non avevo ancora tolto dopo avergli tappato la bocca, facendomi sussultare, e tenendo pronto il suo piccolo pugnale scese silenzioso dal veicolo.
Imprecai sottovoce mentre cercavo di raggiungerlo.
Rachel intanto si guardava intorno, tesa.
-Louis!- sussurrai cercando di attirare la sua attenzione, accucciandomi dietro la macchina.
Ma lui non mi sentì - o fece finta di non sentirmi - perchè proseguì e si appiattì dietro un albero.
Sbuffai mentre Rachel si avvicinava al furgoncino.
Evidentemente Percy si era addormentato.
-Rachel?
Scherzavo. Percy era sveglio.
Meglio non fargli sapere che avevo dubitato della sua capacità di stare sveglio e proteggerci.
La rossa sobbalzò.
-Percy. - lo salutò.
-Che ci fai qui?
-Io...
È a questo punto che Louis fece la più grande (non voglio essere volgare. Potete immaginare voi cos'è grande) della storia dell' umanità.
Si incamminò tranquillamente verso Percy e Rachel, il pugnale che pendeva provocante dalla cintura.
-Già. - commentò. - Me lo chiedo anch'io.
Mi trattenni dal sbattere la testa contro lo pneumatico.
-State calmi. Non volevo fare niente di male. - si difese Rachel.
-Che ci fai qui, Dare? - sbottò il figlio di Atena.
Vi dico la verità. Louis mi sorprese e non poco. In genere non è così duro con le ragazze.
Andiamo! Pur di abbordarne una, venderebbe sua madre. E non farebbe un bel affare...
-Volevo solo avvisarvi. - disse Rachel.
Scese il silenzio. Ne approfittai per alzarmi e sporgermi da sopra il tettuccio con aria annoiata, come se fossi sempre stata lì.
-Cosa succede, Rachel?- chiese in modo più tranquillo Percy.
-Apollo non verrà ad aiutarvi. A sconfiggere Pitone. Dovrete cavarvela da soli.
-Cosa?!- scattarono Louis e Percy.
-Perchè no?- chiesi invece io.
Rachel si voltò verso di me. -Ciao Camille.
-Ciao Rachel. Perchè no?
-Perchè non può.
-Non può perchè è accupato a flirtare con una ninfa o perchè è stato invitato a una delle feste di Dioniso?
Nella mia testa vidi un grappolo d'uva farmi una linguaccia, ma scommetto che era un'allucinazione.
-Non scherzo. È una cosa seria.
-Anche sua figlia è una cosa seria.
-Certo che...
-Allora perchè non ci aiuta a salvarla?! E non dirmi che lo fa per il suo bene, perchè gli Dei sono solo degli egoisti eterni bambini immortali!
I tre ragazzi mi fissarono, in silenzio, leggermente allarmati.
Sbuffai e rientrai nel veicolo, sbattendo con forza la portiera.
Mi appoggia al sedile, dando le spalle al gruppo fuori e chiusi gli occhi, cercando di controllare la rabbia e la frustrazione.
Mi sentivo impotente. Magari lo ero.
E lo odiavo.
La mia migliore amica era prigioniera di un mostro psicopatico e io me ne stavo in macchina a dormire, distratta dalle troppo attenzioni di Louis e dalle sue bugie.
Per poco non vomitai.
Sobbalzai e mi girai -immagino con aria truce- quando qualcuno mi afferrò per la spalla.
-Vattene.
-Camille...
-Non voglio parlare con te.
-Che cosa ho fatto, ancora?
Cercai di appiattirmi contro la portiera, allontanandomi da Louis.
-Fai sempre di testa tua!
-Io? Camille, ma ti sei vista?
-Vattene, Louis.
-Camille...
-Ti ho detto di andartene!
Lui stette un attimo in silenzio, limitandosi a fissarmi.
-Non risolverai i tuoi problemi, allontanandomi da te. Anzi. Sono tuo amico. Ho il diritto di aiutarti.
Scossi la testa, cercando di contenere l'ira e la frustrazione.
Quando parlai avevo la voce strozzata e gli occhi lucidi. -Per favore.- lo pregai. -Per favore, vai via.
Lui strinse i denti e i pugni, ma poi uscì ed io lo guardai, mentre scompariva nella notte, calciando con rabbia il terreno sassoso per terra.
 

 
La mattina dopo venni svegliata da Percy.
Assonnata lo segui nei suoi movimenti.
Annabeth stava decisamente meglio perchè riuscì persino a baciare il figlio di Poseidone.
Poi, mentre Percy la aiutava a medicarsi il braccio, si guardò intorno.
-Dov'è Louis?
Mi si bloccò il respiro a metà e per poco non soffocai.
Mi voltai verso Percy.
-Non è tornato?
Percy abbassò lo sguardo a terra.
-No. Nemmeno per il suo turno di guardia...
Allarmata, schizzai fuori dalla macchina.
Merda. 
Merda. Merda. Merda.
-Louis!
La mia voce si limitò a rimbombare nell'aria.
Affondai la mano destra nella tasca a afferrai la moneta che si trasformò nella mia spada.
Mi avviai nella direzione che Louis aveva seguito la notte prima.
-Camille!- Mi urlò Percy. -Dove vai?!
-A cercarlo! È colpa mia se se n'è andato! Torno subito!
E cominciai a correre, oppressa dal senso di colpa,  pensando in effetti, che Percy si sarebbe dovuto applicare per spiegare ad Annabeth che era stato tutta la notte, da solo, a parlare con Rachel.

 
 
Dovevo aver corso almeno un chilometro ma di Louis nessuna traccia.
Lottavo contro le lacrime che stavano per uscire.
-LOUIS!- urlai per la millesima volta.
Come al solito nessuno mi rispose.
Scaraventai Vendetta a terra e mi ritrovai accucciata per terra con le mani nei capelli.
-Louis!- singhiozzai senza lacrime.
-Louis!
Come avevo potuto?!
Come avevo potuto lasciarlo andare via senza fare niente?
Lo avevo cacciato!
E lui adesso era sparito.
-Louis!
La voce strozzata cominciava a venir meno.
Non dovevo piangere.
-Louis! 
Ancora una volta nessuno rispose.
Le unghie mi facevano male, premute troppo forte contro la nuca.
Solo quando sentii Vendetta riapparirmi in tasca, mi riscossi.
La riafferrai e lei, al solito trillo nell'aria, si sguainò.
La stringevo, come se fosse la mia ancora di salvezza.
-Louis!
Camminai un'altra mezzora.
Poi pensai di avere un'allucinazione.
Invece era davvero lui.
Seduto su una roccia, la faccia nascosta nelle mani.
Arrancando corsi verso di lui.
-Louis!
Inciampai miseramente, a pochi metri di distanza.
Louis alzò di scatto lo sguardo, e vedendomi cadere corse ad aiutarmi.
Quando mi rimise in piedi, presi a tempestarlo di pugni nel petto.
-Stupido! Stupido! Come ti viene in mente! Stupido! Come hai potuto!? Non farlo mai più! Stupido!
-Camille... Ahi!... Camille! Ehi...!
Lo colpivo con tutta la forza che avevo in corpo, mentre la paura di averlo perso piano piano diminuiva.
Ma la rabbia no.
Per un attimo pensai che andando avanti così avrei potuto spaccargli qualche costola, ma non mi fermai.
Mi sfogai su di lui, fino a che non mi accorsi di piangere.
Disperatamente tra i singhiozzi lo insultavo.
Poi, evidentemente Louis si stufò di dover fare la mia sacca da Box personale, perchè mi afferrò per i polsi e mi fece fermare.
-Smettila! Che ti prende?
-Mi... Mi hai spaventata a morte! Pen... Pensavo ti fosse successo qualcosa di brutto! Io... Io ho sbagliato! E tu! Tu... Non rispondevi! Avevo... Avevo paura!
Scossa dai singhiozzi mi rifugiai nel suo petto.
Louis mi strinse a se'.
Con forza.
Io mi aggrappai disperatamente alla sua maglietta a righe.
-Ehi... Mi dispiace. Non pensavo di farti preoccupare tanto...
-Tu sei un'idiota! 
-Sì, hai ragione. Ma smettila ok? 
Cercai di darmi un minimo di contegno, sistemandomi alcuni ciuffi dei capelli dietro le orecchie.
-Sei un'idiota.
-Lo so.
-Non farlo mai più!
Lui sorrise.
Poi mi abbracciò, baciandomi la fronte.
-E questo che cos'era?
-Un modo per farti capire quanto ti voglio bene. Anche quando sei spaventata a morte.
Sorrisi imbarazzata.
-Rimani un'idiota lo stesso.
-Lo so. Ma siccome tu non vuoi aprire gli occhi, ed ammettere che sei innamorata di me, devo arrangiarmi.
Avrei ribattuto a rime se non fosse stato per un urlo agghiacciante che rimbombò nel bacino di Badwater.
Inutile dire che lo riconobbi all'istante.
Emily.







Angolo dell'Autrice:
Ed eccomi qui!
Pensavate che vi avessi abbandonati, eh?
Invece no.
Sono qui, viva (più o meno...), vegeta (ancora meno... Ragazzi un consiglio: cercate di NON prendere mai male una palla a bagher. Fa un male boia.), e ... non so più cosa dire.
Ecco il capitolo.
E' uno di quelli che mi piacciono di meno, ma mi occorreva per raccordarmi al prossimo.
:D hihihi, sorpresona eh! (nel prossimo ovvimente... XD)
Spero comunque di non avervi annoiati troppo...
Cercherò di aggiornare il prima possibile.
Ma vi illustro il problema:
In estate vado al mare, dove c'è connessione una volta ogni tanto (tanto poco), ma non ho il computer.
In teoria ho l'Ipad, quinid posso connettermi, ma quella brutta bestia non apre l'editor... perciò non so come fare.
O non vi metto il capitolo, oppure posso mettervelo ma ve lo tenete senza editor fino a che non lo metto a posto con un computer.
Prometto che scriverò e andrò avanti... ma non so.
Ho gia accennato il problema nell'altra mia long di Harry Potter (L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte) e mi hanno scongiurato di continuare ad aggiornare.
Il punto è... che non saprò quando farlo. A meno che non lo vogliate senza editor.
Lo so, che dubbi amletici.
Fatemi sapere, se mai.
Ringrazio le recensioni dello scorso capitolo Dafne Rheb Ariadne, AleJackson, Mnemosines e Aryelle, più tutti quelli che leggono. 
Grazie mille.
Un bacione,
spero nelle vostre recensioni,
Alice
 

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Capitolo 13
*** 12. Qualcosa non quadra ***


          Essere unMezzosangue è una faticaccia



                                                         Capitolo 12
 

                                            Qualcosa non quadra





Lui sorrise.
Poi mi abbracciò, baciandomi la fronte.
-E questo che cos'era?
-Un modo per farti capire quanto ti voglio bene. Anche quando sei spaventata a morte.
Sorrisi imbarazzata.
-Rimani un'idiota lo stesso.
-Lo so. Ma siccome tu non vuoi aprire gli occhi, ed ammettere che sei innamorata di me, devo arrangiarmi.
Avrei ribattuto a rime se non fosse stato per un urlo agghiacciante che rimbombò nel bacino di Badwater.
Inutile dire che lo riconobbi all'istante.
Emily.




 

-Emily!- urlai. -Emily!
L'eco del suo grido si estinse lasciandomi paralizzata a pochi passi da Louis.
Solo quando poggiò la sua mano sulla mia spalla mi riscossi.
-Tutto bene?- mi chiese.
Dissentii. -Come faccio a stare bene quando  la mia migliore amica...- non finii la frase.
Girai appena la testa quando sentii il rumore di un motore che si avvicinava.
Il furgoncino si fermò a qualche metro da noi.
Percy scese di corsa.
-Cosa è successo?! Che cos'era quell'urlo?!
Louis tolse la sua mano da me.
-A noi non è successo niente. Emily...
Annabeth scese scettica dal veicolo, fulminano Percy con lo sguardo.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Che cos'ha?- sussurrai a Percy.
-Non ha preso bene la storia di ... Rachel.
Soffocai, nonostante tutto, una risatina.
-Che cosa ti ha detto dopo che... 
Percy arrossì. -Niente.
Sorrisi, lo presi sotto braccio e lo portai con me, lontano da occhi e orecchie di Annabeth.
-Andiamo. Dimmelo.
Lui fissò il terreno.
-Credo che... Abbia cercato di baciarmi.
-Credi?
-Non ne sono sicuro! Mi sono allontanato prima!
Sorrisi. -La ami, vero?
Lui strabuzzò gli occhi. -Rachel?!
-No! Annabeth, Testa d'Alghe!
Non fece in tempi a dirmi nient'altro perché Louis ci raggiunse.
-Credo di aver captato qualcosa.
Io e il figlio di Poseidone lo fissammo, ansiosi che andasse avanti.
-Con buone probabilità ho capito dov'è Pitone.



Louis ci guidò per il bacino, armeggiando con un computer portatile che aveva tirato fuori da chissà dove.
Si fermò improvvisamente, di fronte a una parete rocciosa.
Porse il computer ad Annabeth e si avvicinò al muro.
Cominciò a toccarlo con il palmo delle mani come se lo stesse analizzando.
-Louis? Cosa stai facendo precisamente?- domandò Annabeth.
Lui non si fermò e la ignorò.
Lo affiancai, poggiando la mia mano destra sulla sua sinistra. -Louis? Cosa dobbiamo fare?
Per un attimo sembrò confuso.
-Dobbiamo cercare...- cominciò ma poi afferrò un sasso di dimensioni di un'albicocca -per me uguale a tutti gli altri- e lo sfilò dalla parete.
Il murò sembrò vacillare poi tutte le pietre caddero, una dopo l'altra, rivelando una galleria nella roccia.
Mi ritrovai a bocca aperta.
Louis mi prese per mano, il pugnale stretto nell'altra.
-Benvenuti nel covo di Mr. SquameVerdi, gente. - bofonchiò Percy precedendoci con Annabeth.
Mi lasciai trascinare nel buio da Louis, tenendo all'erta Vendetta.
Bene. Ero pronta.
Pitone l'avrebbe pagata cara.
Cercai di mettere a tacere la fastidiosa voce di Harry, che mi ripeteva di non essere avventata.



Dentro le viscere di quel corridoio si gelava.
Mi guardavo attorno, attenta, classificando ogni minuscolo particolare che poteva essermi utile, mentre delle nuvolette bianche mi uscivano dalle labbra ad ogni respiro.
Poi un particolare catturò la mia attenzione.
Lasciai alla svelta la mano di Louis e mi precipitai verso il luccichio.
Mi inginocchiai a terra.
Sul terreno umido e sassoso c'era una collana del Campo.
L'avevo riconosciuta già da subito, ma contai comunque le perle che decoravano il filo scuro.
Sentii gli occhi pungermi mentre ebbi la conferma di quel che pensavo.
L'immagine che raffigurava il Vello d'Oro recuperato da Percy pochi anni prima era scheggiato.
Mi si strinse il cuore.
Emily non la toglieva mai, insieme al braccialetto inutile di Apollo erano gli unici gioielli che portava. 
Avevano un valore affettivo, non decorativo.
Strinsi la collana nella mano.
-Camille?- mi chiamò Louis.
Io mi alzai, pregando che il buio lì sotto nascondesse i miei occhi lucidi e lasciai cadere nel palmo del mio amico il ciondolo.
Louis si tese come la corda di un violino.
Automaticamente lanciai uno sguardo al mio polso, dove pendeva rigido come il figlio di Atena il bracciale di Emily.
Perché si era liberata dei suoi unici accessori?
Non mi accorsi di aver stretto le mie dita nei palmi fino a che le unghie non mi graffiarono e fecero un male cane.
Scossi la testa e impugnai meglio Vendetta.
La rabbia che mi stava montando in corpo avrebbe fatto sentire orgoglioso mio padre.
Ma non era quello che mi importava.
Dovevo trovare al più presto quel mostro.
Lanciai un'occhiata al gruppo intorno a me e proseguii a passo deciso ma silenzioso.
Camminammo per un tempo che mi parve infinito, poi finalmente scorsi da lontano un luccichio di fiaccole.
Mi fermai e girandomi mi porsi il dito sulle labbra, intimando il silenzio che già c'era ai ragazzi dietro di me.
Stringendo Vendetta mi diressi verso il tremolio del fuoco, camminando rasente al muro.
Non badai nemmeno al taglio che mi feci scontrandomi contro una pietra.
Strinsi i denti e ignorai l'irritante sensazione del sangue che mi colava giù per la schiena.
Scattai e corsi, Vendetta pronta a colpire.
Era tanto carica che avrei potuto affettare Pitone e farmici un panino.
Peccato che quando girai l'angolo della galleria gelida, mi pietrificai.
Mi fermai col respiro leggermente affannato nel bel mezzo della grotta.
Louis, Percy e Annabeth mi raggiunsero camminando, le armi abbassate, guardandosi intorno confusi come me.
Non c'erano dubbi.
Da come fissava il luogo Louis capii che era il covo di Pitone.
Dai vestiti di Emily accasciati in un angolo.
Da una pallida imitazione di un altare di pietra in mezzo alla grotta.
Da delle scaglie verdastre sul terreno.
Noi ci guardammo negli occhi, sconcertati.
Certo. Che fosse il covo del mostro, non c'era dubbi.
Il problema era che non c'era nessuno.
Pitone ci aveva anticipati.
Ci aveva ingannati.
Eravamo soli.
Pitone se n'era andato.








Angolo dell'Autrice:
Prima che me ne scordi: Ho avuto la brillante idea di mettere la fine del capitolo precedente in quello successivo (?) perchè ho notato che, io per prima, tendo ad andare a leggerla nelle altre storie, quindi ho pensato: perchè scomodare i miei fantastici lettori, quando con un semplice copia-incolla posso farlo io? 
Quindi... Ta dan!! :) -Alzi una mano chi non ha capito nulla.

Bene, adesso possiamo tornare alle cose importanti.

Questo capitolo è penoso. 
Lo so.
E' corto, e non succede niente.
Vi lascio con l'amaro in bocca e delusi ma! il prossimo che ho scritto mi piace particolarmente.

Buona (per voi, cattiva per me) Novella: La mia casa al mare è ancora sotto-sopra (stiamo rifacendo la cucina) quindi fino alla fine del mese me ne resto a casina. Questo implica che posso aggiornare tranquillamente con l'editor. 
Per il momento.

Io vi AMO. 
Vi rigrazio all'infinito come gli alieni verdi di Toy Story (? Non so il perchè di questo paragone...) -che sono un pò irritanti a pensarci bene...- mi avete regalato 9 recensioni!!!
Sono commossa! :')
Mi avete resa la ragazza più felice del mondo ( sì, basta poco per farmi felice :D)
Vi ringrazio tutte, piccole stelle, perchè sono davvero feliccissima! St_rebel, Aryelle, Dafne Rheb Ariadne, AleJackson, DeepInTheDark, The_Owl_99, Soni Sapientona, Mnemosines e campo mezzosangue 4ever. GRAZIE GRAZIE GRAZIE!
Ma ringrazio anche chi legge soltanto. 
Vi adoro tutte, dalla prima all'ultima. :)
Forse alcune scrittrici mi capiranno. Capiranno quanta è la soddisfazione nel vedere la propria storia seguita. :') -Sto diventanto diabetica. E mi sento molto Geronimo Stilton con tutti questi colori

Mi scuso ancora per il pessimo capitolo.
Mi farò perdonare presto.
Spero.
Un bacione e grazie ancora,
A presto, spero di sentirvi! 
Alice


 
 
 
 

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Capitolo 14
*** 13. Scopro di avere una sosia nel passato ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia



                                                         Capitolo 13
 

                                  Scopro di avere una sosia nel passato






Non c'erano dubbi.
Da come fissava il luogo Louis capii che era il covo di Pitone.
Dai vestiti di Emily accasciati in un angolo.
Da una pallida imitazione di un altare di pietra in mezzo alla grotta.
Da delle scaglie verdastre sul terreno.
Noi ci guardammo negli occhi, sconcertati.
Certo. Che fosse il covo del mostro, non c'era dubbi.
Il problema era che non c'era nessuno.
Pitone ci aveva anticipati.
Ci aveva ingannati.
Eravamo soli.
Pitone se n'era andato.


 






-Camille?
Mi fischiavano le orecchie.
Piano piano tutta quella carica, energia, rabbia che sentivo si estinse come una fiamma sotto la pioggia.
-Camille? 
Fissavo la stanza difronte a me, come se fossi stata folgorata. 
Il mio cervello pulsava fastidiosamente.
Non era possibile.
Non poteva essere vero.
Percy mi si avvicinò, mentre Louis e Annabeth cominciavano a girare in cerca di indizi, borbottando tra loro.
-Camille?
Era la terza volta che il figlio di Poseidone mi chiamava. La sua spada era tornata nella forma di penna e gli spuntava dalla tasca dei jeans.
Vendetta, invece, era ancora tesa difronte a me, ancora pronta per attaccare.
-Camille?
Indietreggiai di qualche passo, capendo improvvisamente il nostro fallimento, fino a quando non sentii la parete ruvida contro la mia schiena.
Percy non fece in tempo ad allarmarsi e venirmi accanto che mi lasciai scivolare contro il muro fino a trovarmi rannicchiata, la testa tra le mani.
-Camille!
Louis corse da me, scansando Percy.
-L'abbiamo persa.- sussurrai più a me che agli altri. -L'abbiamo persa.
Il figlio di Atena tentò di rimettermi in piedi.
-E' colpa mia. E' colpa mia. L'abbiamo persa- ripetei.
-Camille! Alzati! E smettila di dire queste cose.
Scossi la testa. Vendetta cadde ai miei piedi, tintinnando e tornando nella sua forma di moneta.
-Dov'è, Louis?- sussurrai lentamente -Dov'è Emily? Abbiamo fallito non vedi? Tra una settimana dobbiamo essere al Campo. E non abbiamo idea di dove sia finito Pitone. Apollo non ci aiuterà. Siamo solo dei ragazzini. Abbiamo perso.- terminai allontanandomi dalla sua presa.
Ma lui mi afferrò il braccio, tirandomi verso di se'.
-No! Non dirlo! Non pensarlo nemmeno! Dov'è finita la Camille di cui...- si interruppe bruscamente per un attimo come se si fosse accorto di essersi spinto troppo oltre. Ma fu solo un attimo. -...di cui mi fido ciecamente?
Improvvisamente mi sentivo vuota. Svuotata di tutte le mie emozioni. Scossi la testa. Poi, presa la moneta da terra e girando sui tacchi, uscii di lì.
Mentre giravo l'angolo oltre al peso dello sguardo di Louis sulla mia schiena, il ricordo delle parole di Harry mi spezzò.
-Mi dispiace Harry.- sussurrai al vuoto, gli occhi troppo lucidi, ancora una volta. -Mi dispiace. Non sono stata abbastanza. Non sono stata all'altezza.
Quasi mi parve di sentirlo sospirare e andarsene da me, deluso e arrabbiato.



Quando fui fuori, la luce del giorno mi accecò.
Mi portai una mano sugli occhi che lacrimavano.
Non mi fermai al furgone ma cominciai a camminare senza una meta precisa.
Tentai di scorgere qualche traccia ma il terreno era troppo arido e non scorsi orme di nessun tipo.
Dopo un tempo che mi parve infinito mi lasciai cadere su un sasso esasperata.
Mi misi le mani nei capelli, chiudendo gli occhi.
-Camille.
Mi alzai di scatto, prendendo Vendetta.
Ma le mani mi tremarono e la moneta cadde e rotolò lontano da me.
Quasi mi parve di sentirla appoggiarsi nella polvere dopo aver girato su se stessa per qualche secondo.
Mi girai verso la voce.
Apparteneva ad una bambina, una ragazzina di circa 12 anni.
Aveva i capelli ramati intrecciati e gli occhi grigi come la luna.
Un arco d'argento le pendeva al fianco.
L'avevo vista pochissime volte, veniva raramente al Campo, ma ero quasi sicura che fosse lei.
-Divina Artemide?
Mi guardò, poi improvvisamente mi sorrise con nostalgia, come se avessi fatto qualcosa di cui mi ero dimenticata. Qualcosa di bello.
-Ciao Camille.
Mi venne vicino e mi si sedette di fronte.
-Che cosa ci fa qui?- chiesi sorpresa.
-Ti devo parlare.
-È qui per suo fratello, vero? 
Lei annuì con un cenno impercettibile del capo.
Strinsi involontariamente i pugni.
Ero più arrabbiata con Apollo di quanto volessi credere.
E delusa. Terribilmente delusa.
-So come ti senti.
-No che non lo sa.- parlai forse senza pensare.
Ma d'altra parte erano fratelli, no? Ci si difende sempre quando si fa parte della stessa famiglia.
-Camille, non puoi sapere...
-È suo fratello.- le dissi, esprimendo a voce alta i miei pensieri. -È ovvio che venga qui a difenderlo. 
-Non sono qui per questo.
Incassai il colpo in silenzio.
-Perchè allora?
La dea sospirò.
-Apollo ha fatto e fa, molti sbagli. Spesso agisce senza pensare. Per soddisfare i propri desideri, senza contare quelli degli altri. Avrà anche milioni di anni, ma rimane comunque un bambino. Non crescerà mai.
Mi stupì molto questo discorso.
-Ma è mia amica.- pigolai. -Emily. È mia amica. 
Artemide sospirò ancora.
-Tutti amiamo qualcuno. O qualcosa. Il nostro cuore ci guida sempre. Ci porta sempre a difendere ciò che più amiamo.
Come prima mi sembrò che mi stesse sfuggendo qualcosa. Mi sembrava che la dea stesse alludendo a qualcosa, qualcosa che chiaramente mi sfuggiva.
-Temo di non capire...
Artemide sospirò.
-Apollo è più umano di quanto pensi, Camille. Commette degli errori.
-Perchè non glielo dice, allora?
-Pensi che io non ci abbia provato? Lui è così. Da tremila anni. 
-Non mi è d'aiuto, divina Artemide.
Mi fissò.
-Camille. Devi cavartela da sola. Combattere per ciò che ami. Contare sulle tue proprie forze. E non arrenderti mai. 
Non capivo, maledizione.
Non capivo perchè parlasse così.
Così, con quell'aria malinconica.
Come se avesse già fatto quel discorso.
Come se l'avesse già fatto, a me.
-Emily è una delle cose più belle della mia vita. Non permetterò a nessuno di rubarmela.
A quel punto, alla ragazzina di fronte a me, luccicarono gli occhi.
Le sue labbra sottili si stesero in un sorriso malinconico, senza smettere di guardarmi tra il fiero e il nostalgico.
-Le somigli così tanto...- disse in un soffio, tanto che feci quasi fatica a sentire.
-A chi?- chiesi piano, ipnotizzata da quell'estasi in cui era entrata Artemide.
-A Camilla. Le somigli così tanto.- ripeté lei.
Camilla.
Quel nome non mi diceva niente.
Solo che era il mio omonimo in italiano, latino, quel che è.
Non feci in tempo a chiederle spiegazioni che la dea cominciò a parlare, presa dai ricordi, l'emozione che le aleggiava intorno come un aura.
-Era una giovane regina, nelle terre del Lazio. Ma prima di essere regina era una combattente. Una guerriera. E una Cacciatrice. Mi era devota come poche ho mai visto in tutta la mia lunga esistenza.
Amava tutto ciò che apparteneva al mio mondo, a quello di Pan, la natura e gli animali, ma sopratutto amava con tutta se stessa la sua patria. E quando il giovane Enea arrivò nel suo territorio...
Seguii la storia, ipnotizzata, chiedendomi se fosse quel Enea di cui stava parlando, ma non ebbi il cuore di interromperla per chiederlo.
La dea sospirò come se le costasse continuare.
-...Quando lui arrivò, fu guerra. Guerra contro il suo paese. La sua patria. E lei è stata sciocca. Ha perso di vista l'ampia visuale della battaglia, come non avrebbe mai fatto, per vedetta personale contro il guerriero Cloreo. E non si è accorta di Arunte che si preparava a colpirla. E sai chi ha invocato, a chi a chiesto aiuto il suo assassino? A mio fratello, Camille. Arunte, grazie all'aiuto di Apollo, l'ha uccisa. Apollo ha ucciso Camilla. Apollo mi ha tradita, mio fratello. Ha fatto cadere la mia più preziosa e valorosa compagna, e amica. 
Ci fu un momento di silenzio in cui quelle parole mi pesarono sulle spalle come macigni.
-Ma non è questo che conta. - riprese Artemide. - Tu sei così simile a Camilla, per un altro semplice motivo.
La mia giovane guerriera ha sacrificato se' stessa, ha dato la vita, per la sua patria. Per ciò che amava. Non ha mai dubitato, non ha mai smesso di tentare, di sperare, di arrivare alla fine di quella guerra da vincitrice. Ha messo davanti a tutto il suo desiderio più grande. Il suo amore. 
E anche se siete in diverse circostanze, in diverse epoche, siete così simili. Perchè sapete per chi combattere. Sapete cosa conta alla fine. E cosa di cui si può fare a meno.
La dea terminò la sua storia con gli occhi lucidi ma con orgoglio.
-Divina Artemide io...
Lei alzò una mano e piegò la testa di lato. 
-Non scusarti, Camille. Non scusarti. Non è nella tua natura. Tu sei nata per combattere. Non per parlare.
Annuii con un cenno del capo.
Mi guardai intorno, poi, leggermente imbarazzata, boccheggiando per trovare la forza per parlare.
-Mi dica solo un'ultima cosa, Divina Artemide.
La dea piegò leggermente il capo in avanti.
-Mi dica. Emily... Emily voleva...?
La dea annuì. -Sì, Camille. Emily è venuta a chiedermi cosa fosse necessario per diventare una Cacciatrice.- disse con voce grave, non adatta alla ragazzina di cui portava le sembianze. -Ed è stata molto vicina a diventarlo. Ma poi, si è accorta che non poteva andare avanti senza il suo amico, Louis. E sopratutto senza la speranza che un certo ragazzino si accorgesse di lei...
Parlava di Harry.
Harry che senza accorgersene, era stato più utile di me. Più utile persino di Louis.
Perché Harry era diventato il suo obbiettivo, da un po' di tempo. La sua speranza. E forse alla fine, sparendo, era riuscita ad attirare definitivamente la sua attenzione.
Artemide si alzò, sistemandosi meglio la faretra sulle spalle e l'arco sottobraccio.
-Ti saluto, ragazza.
Mi affrettai ad imitarla.
-Grazie Divina...
Mi interruppe, e sorrise.
-Torna dai tuoi amici, e soprattutto dal tuo... amico speciale.
Arrossii. Artemide sapeva che io e Louis ci eravamo baciati? Aveva visto tutto? Gli Dèi potevano farlo?
Borbottai un ringraziamento, gli occhi bassi.
-E buona fortuna, Camilla.
Alzai di scatto lo sguardo ma lei era già sparita.
Mi guardai intorno, cercando la dea.
Quando mi resi conto che era troppo tardi, presi a fissarmi le mani che tormentavo tra di loro.
Mi aveva chiamata Camilla.






Angolo dell'Autrice:-oggi mi va il verde :)
BENEEEE!
Ciao mondo! :)
Allora domani parto per il mare e come vi avevo già detto non potrò pubblicare normalmente.
Non vi prometto niente ma spero di riuscirci comuque.
Per qualsiasi altra cosa però ci sono, mi collegherò dall'iPad tutte le sere per rimanere collegata col mondo :)

Alloooora, ecco il capitolo.
Come vi avevo già detto la scorsa volta sono particolarmente contenta di questo.
Non c'è niente di che come azione, o battaglie, o svolgimenti importanti ma, quest'anno, come avrete capito ho fatto a scuola l'Eneide e ho scoperto, con mio grande stupore di qusta Camilla, una ragazza combattente.
Me ne sono innamorata e ho voluto assolutamente fare questo collegamento tra le due.
Spero di non avervi annoiate. 


Che dire? 
Novità?
Mio fratello scambia il mio cane con Zayn Malik, ho litigato come al solito con l'editor perchè lui mi odia e sono di fretta, e ho scoperto da poco che a Firenze ci sarà a settembre un Flash Mob in onore dei One Direction e sono al settimo cielo
Lo so, non ve ne frega  un accipicchia, ma avevo voglia di dirlo a qualcuno xD

Ringrazio come al solito le recensioni, 7 questa volta :). The_Owl_99, Trich, Aryelle, Dafne Rheb Ariadne, mnemosines, AleJackson e JupiterEj.

Grazie grazie grazie a tutte! 
Vi voglio bene!
Grazie ovviamente a chi segue, legge e le 10 preferite.
Grazie mille!!!

A presto!
Un bacione e buon proseguimento di Vacanze e buon inizio per chi ha appena finito gli esami! Auguroni!
Alice :)



 

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Capitolo 15
*** 14. Il viaggio più imbarazzante della mia vita ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 14
                                   Il viaggio più imbarazzante della mia vita





Riassunto capitoli precedenti: Louis è riuscito a rintracciare il covo di Pitone, che ha rapito la migliore amica di Camille, Emily. Insieme a Percy e Annabeth, i quattro ragazzi riescono a entrare, pronti per sconfiggerlo.
Ma nel Covo non c'è nessuno. 
Camille, sconvolta, esce di corsa e vaga nel bacino di BadWater.
Improvvisamente incontra la Dea Artemide che le rivela la storia di una guerriera della Roma Antica, Camilla, che combatte per i suoi stessi principi. Per gli stessi ideali. Con la stessa determinazione. Inoltre scopre che realmente, Emily aveva tentato di far parte delle Cacciatrici, ma all'ultimo aveva rifiutato, grazie alla speranza che ha sempre nutrito nei confronti di Harry Bake, figlio di Ermes del quale è innamorata.



***


Mi incamminai verso il furgone immersa nei miei pensieri.
Le mie azioni e punti di forza si confondevamo sempre di più con quelli dell'eroina guerriera, devota Cacciatrice.
Camilla.
Era solo una coincidenza?
Il nostro nome era quasi uguale.
I nostri scopi erano uniti dal medesimo desiderio.
L'età pressoché identica.
Delle volte pensavo di no.
Quando fui quasi arrivata al veicolo, Louis mi corse incontro.
Le parole della dea della caccia mi rimbombarono nella mente.
Perchè sapete per chi combattere. Sapete cosa conta alla fine. E cosa di cui si può fare a meno.
Sappiamo cosa di cui si può fare a meno.
Era un caso anche quello?
Mi sembrava un'illusione velata verso Louis.
Forse aveva ragione.
Il figlio di Atena corse verso di me, le braccia allargate pronte ad abbracciarmi.
Ma io mi scansai, con sua enorme sorpresa.
-Ehi, che succede?- chiese chiaramente stupito.
-Muoviamoci. Abbiamo poco tempo.- dissi gelida.
Emily aveva bisogno di me.
Artemide aveva ragione.
Non arrendersi mai.
Contare sulle proprie forze.
Improvvisamente mi balenò in testa un'idea, come se fosse sempre stata lì, ma forse ero stata troppo sconvolta per notarla.
Mi voltai verso Annabeth, che mi guardava con aria seria.
-Annabeth. Tu hai un cellulare giusto?
Lei annuì tentennando.
Non c'era bisogno che lo chiedessi a voce alta.
Allungai la mano e lei me lo porse, senza fare domande.
Adocchiai Percy e gli feci cenno di seguirmi.
Ci allontanammo.
Spiegai al figlio di Poseidone cosa doveva fare.
Lui fece una smorfia, poi prese il telefono, compose il numero che gli avevo detto e si allontanò di qualche passo.
Aspettai impaziente che concludesse la telefonata, poi raggiungemmo insieme i due fratelli che ci guardavano senza capirci nulla.
Ignorai Louis e aprii la portiera anteriore del veicolo.
-A bordo, gente. Abbiamo poco tempo. E tanta strada da fare.
Mi misi a sedere e accesi il motore.
I due figli di Atena si guardarono confusi, mentre Percy mi raggiungeva nel furgoncino borbottando un -Sai guidare tu?
Solo dopo che ebbi di nuovo esortato i due fratelli a salire e dopo che l'ebbero fatto, finalmente partimmo, lasciandoci la Valle della Morte alle spalle. 
Verso Philadelphia.



Strizzai gli occhi e mi stiracchiai le spalle, senza lasciare il volante.
Fuori era ormai buio.
Avevamo viaggiato tutto il giorno, io alla guida non avevo mai distolto lo sguardo dalla strada mentre Percy spiegava ai due fratelli la mia idea.
Semplicemente c'era solo un posto dove poteva essere andato Pitone, senza oracolo e con ancora in ostaggio Emily.
Da Apollo.
E per sapere dove fosse il Dio, ci era bastato contattare Rachel.
E grazie a Percy era stato uno scherzo.
Presi una buca e il figlio di Poseidone si riscosse dal sedile anteriore.
Adocchiai i due figli di Atena nei posti posteriori e notai con un sorriso che si erano addormentati, una appoggiato all'altra, le due teste che si sorreggevano a vicenda.
Annabeth teneva ancora sulle gambe il computer di Dedalo che era entrato in stand-by.
-Se non fosse suo fratello sarei geloso.- borbottò a bassa voce Percy verso di me.
Sorrisi silenziosamente ma non aggiunsi altro.
-Tu?
Per poco non mi scivolò il volante.
Che domande erano?
-Cosa... Cosa vuoi dire con questo, Percy?
Lo sentii sorridere, quasi a prendermi in giro -cosa che ero sicura stesse facendo.
-Andiamo Camille. Sarò pure imbranato e ci ho messo quattro anni per capire che io e Annabeth eravamo innamorati, ma mi riesce più facile notarlo negli altri.
Boccheggiai, stringendo le mani al volante fino a che non divennero bianche le nocche.
-Tu... Sbagli.- sussurrai in risposta per non svegliare nessuno dei due di dietro.
-Perchè non ti lasci andare, semplicemente? Sei così spaventata dai tuoi sentimenti?
Mi guardai intorno, consapevole che Percy mi stesse mettendo alle strette.
Ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. 
L'avrei fatto con Emily, se solo ci fosse stata.
-Non è così semplice, Percy.
-Ma non credi di stare complicando le cose, in questo modo?
-Io?! Io le sto complicando?- per poco rischiai di alzare la voce.
-Lui ti piace, no?
Sospirai.
-Credo di sì.
-E allora?
-Allora io non sono nessuno. Sono una ragazzina che l'unica cosa che è brava a fare è combattere. Basta. Non so niente di amore. E sembra che io stia pure parecchio antipatica ad Afrodite.
Percy cercò il mio sguardo ma io continuai a fissare la strada semi buia davanti a me.
-Allora è questo. Pensi di non essere all'altezza della situazione...
-Non lo penso. Lo so. 
-E questo perchè?
-Ho solo paura, Percy. Non ho mia avuto una relazione seria, non ho mai avuto una relazione a pensarci bene! Louis è troppo per me. 
-E chi sarebbe per te?
Sospirai ancora.
-Nessuno. Non posso avere nessuno. Nessuna distrazione. 
-È questo che pensi sia l'amore? Una distrazione?- mi chiese leggermente irritato.
-Sinceramente? Nelle mie condizioni, sì.
-E quali sono le tue condizioni?!
Lo fissai rigida. -Sono alla disperata ricerca di un mostro leggendario, in una battaglia contro il tempo per salvare la mia migliore amica, sono abbastanza come scuse?- sibilai.
-Esatto. Sono solo scuse.
-Percy...
-No, Camille. Ascolta. Guardalo. Guardalo un attimo e dimmi cosa vedi!
Con un sospiro lanciai un'occhiata veloce a Louis, che ancora dormiva -per mia fortuna.
-Un ragazzo. Un bel ragazzo che ha il mondo ai suoi piedi. Un bel ragazzo intelligente che non ha una vita sentimentale stabile. Ecco. Ecco cosa vedo.
Per un attimo Percy mi fissò, come a cercare di capire.
-Sai di cosa hai paura, tu?- mi chiese poi. Non attese risposta. -Non solo di non essere all'altezza. Tu hai paura di rimanere ferita.
Scrollai le spalle. -Potrebbe essere.
Lui mi poggiò una mano sulla spalla. -Camille. Non avere paura. Lui... Lui si comporta in maniera diversa con te. 
Forzai una finta risatina. -Certo. 
-Non ti tradirebbe mai.
-Non farei in tempo a incoccare un freccia che al Campo se la svignerebbe nei bagni con una figlia di Afrodite.- dissi amara.
-Non hai fiducia in lui. E nemmeno in me.
-Scusa Perce, ma... Ma non credo che ce la farei a impegnarmi in una relazione al momento. Richiederebbe troppe energie, troppe attenzioni...
-Te lo stai facendo scappare.
Sospirai.
-Se mi vuole veramente, saprà aspettare.
E con questa frase si allontanò e si zittì.
Facemmo qualche chilometro e pensai di aver chiuso definitivamente la discussione quando lui si girò su un fianco dandomi le spalle, come per dormire, e borbottò: -Delle volte noi ragazzi non sappiamo bene come fare e roviniamo tutto. Delle volte nascondiamo i nostri sentimenti dietro sciocchezze e inutili attenzioni. Delle volte, per difenderci, ci pariamo dietro la scusa di 'quello facile'. Stai attenta, Camille. Perché Louis è molto di più di quello che mostra.
 


Vidi il sole alzarsi nel cielo appena, guardate il caso, passai anche il casello per St. Louis.
Lo trovai uno stupido nero senso dell'umorismo della mia inutile vita, ma mi accontentai.
Per sera saremmo arrivati a Philadelphia, ma la strada era ancora lunga.
Ero praticamente aggrappata al volante, come se ne dipendesse la mia vita. 
Adocchiai l'orologio e scoprii che erano appena le 6 e mezzo di mattina.
Soffocai uno sbadiglio.
Ma un attimo dopo sobbalzai, appena sentii una mano toccarmi la spalla.
-Scusa. Non volevo spaventati.
-Nessun problema. Abbiamo appena passato St. Louis se è questo che vuoi sapere.
Louis rise. -Sono proprio padrone della tua vita. 
-Ti piacerebbe. Puoi tornare a dormire adesso.
-No.
Sbuffai.
-Sei sempre stato così fastidioso?
-Anche io ti voglio bene. Ma adesso facciamo a cambio. Devi riposarti. Sono quasi 24 ore che guidi ininterrottamente. Fai fare a me.
-Sono abbastanza grande da farcela da sola.
-Ma sei umana! E hai bisogno di dormire.
-Semi-umana.
-Hai. Bisogno. Di. Dormire!
-Torna a nanna, Bonnet.
Lo sentii irritarsi.
-Accosta. 
-No.
-Ho bisogno di fare delle cose che tutti gli esseri viventi fanno.
-Rompere al prossimo?
-Devo proprio dirlo?
-Mi correggo. Rompere a me?
-Mingere.
-Che vorrebbe dire nel gergo comune?
-Svuotare la vescica, Camille.
Mi strinsi nelle spalle. -Aspetti la prossima sosta.
Stette un attimo in silenzio.
-Accosta.
-No.
-Ti ho detto di farlo.
-Non sei mio padre. E nemmeno mia madre. 
-Camille...- mi chiamò con tono serio.
-Non urlare. Sveglierai Percy e Annabeth.
Louis si allungò verso i posti anteriori.
-Non fare il bambino! Mi farai fare un incidente. Louis! Torna dietro!
Lui si limitò a mettersi a sedere accanto a Percy, spingendo lo verso la portiera.
Povera anima.
-Louis!
-Bene, accosta.
-Ti ho detto di no. Dobbiamo arrivare a Philadelphia prima di sera!
-È quello che faremo. Guido io. Tu dormi.
-Non ne ho voglia!
-L'hai voluto tu.
Afferrò il suo coltello e lo fece girare in aria.
Per un attimo fremetti, visto quanto era andato vicino a impiantarselo nella coscia.
-Cosa vuoi fare ora? Sgozzarmi? Minacciarmi prendendo in ostaggio Percy?
-Che ne dici di bucare la ruota?
-Cosa?! Non osare!
-In quel caso saresti obbligata a fermarti...
-Non lo faresti.
Louis abbassò il finestrino e si sporse.
-Va bene!- urlai, consapevole che l'avrebbe fatto. -Va bene! Accosto!



Sbattei la portiera, fissando truce da dietro il finestrino Louis che mimò con le labbra -Buona Notte!
Lo mandai mentalmente a fare cose non anatomicamente possibili e incrociando le braccia al petto, mi lasciai andare sul sedile posteriore.
Annabeth si mosse nel sonno.
Louis rimise in moto e dopo pochi minuti sentii Percy urlare un -Razza di idiota! Rallenta! Così stai superando troppo il limite di velocità!
Chiusi gli occhi mentre cercavo di reprimete una risata.
Non me ne resi nemmeno conto. Tre minuti dopo, dormivo.



-È lei che rende tutto dannatamente difficile!
Mi irrigidii, scoprendomi sveglia e mi misi subito all'erta.
Alzando leggermente una palpebra notai Annabeth di fianco a me che batteva concentrata al computer.
Continuai a fingere di dormire.
-Lei sarà difficile, Louis.- commentò la bionda, che sembrava quasi sovrappensiero mentre analizzava lo schermo. -Ma tu devi capire che non è l'ennesima figlia di Afrodite che ti trascini dei bagni. Ne' una qualsiasi sgualdrina. 
-Non ho detto questo! Ci siamo baciati e dopo tre minuti... Puff! Come se niente fosse. E da quando siamo usciti dal covo di Pitone...
-Mr. SquameVerdi- borbottò Percy da davanti.
-... a malapena mi guarda negli occhi! Cosa devo fare ancora per dimostrare le che mi piace, Dèi Immortali! Una normale ragazza sarebbe ai miei piedi già da...
-Ma lei non è una normale ragazza, Louis!- lo interruppe Annabeth, facendomi per poco sobbalzare. -Inoltre, una ragazza normale non ti avrebbe mai reso così... irritabile sul fronte amore.
-Solo perchè Afrodite è particolarmente disponibile nei miei confronti...
-Solo un corno. Dimmi il nome di una, una!, sola ragazza che ti ha dato problemi...
Lui non la fece continuare.
-Camille.
Un brivido mi percorse lentamente la schiena, nel sentirlo nominarmi in quella circostanza.
-Louis, non vuoi capire.- borbottò Annabeth tornando a concentrarsi sul suo lavoro mentre Percy si intrometteva con un -Lei non conta, Cervello Calcolatrice!
-È lei che non capisce.- borbottò in risposta Louis, ignorando Percy.
-Le devi dare tempo.- disse Annabeth.
- Non glielo sto negando, come vedi.
-Ma sei impaziente.
-Vorrei solo poter prenderla, abbracciarla e baciarla fino a che non le fa male la lingua.- disse lui facendomi accigliare mentalmente. Certo, come se lo avrei permesso.
-Che poesie Louis!- commentò sua sorella. -Comunque abbiamo afferrato il concetto.
-Vai così amico!- lo spronò Percy scatenando qualche risata.



Scattai a sedere sul sedile, solo dopo che loro albero cambiato discorso e scoprii che era pomeriggio inoltrato.
-Dove siamo!?
-Ben svegliata, Sleepin'beauty.*- commentò Louis.
-Non chiamarmi in quel modo.
-Come? Sleepin' o Beauty?- ghignò lui.
Arrossii fino alla punta dei capelli.
-Smettila.
-Sai che in verità avresti dovuto svegliarti solo dopo il bacio del vero amore?
-Basta, Louis.- dissi, lo sguardo basso.
-In effetti ci contavo. Mi sarei risparmiato un sacco di piagnistei -che farai adesso- fino a Philadelphia. Una volta giunti a destinazione, ti avrei baciata e tutto risolto.
-Smettila!- urlai, alzando lo sguardo e puntandolo nello specchietto retrovisore , incontrando il suo.
-Smettila! Non sono una bambola! Non puoi parlare di me in questo modo! Smettila!
Mi parve un po' confuso, come se non avesse capito quel che aveva fatto.
Non gli rivolsi più la parola per il resto del viaggio.
Nemmeno quando tentò un approccio pacifico.
Mi limitai a fissare il vuoto fuori dal finestrino, chiedendomi come facesse Emily a essergli amica e quando fosse cambiata così drasticamente la nostra relazione.



Scesi dalla macchina, e la luce rossa del tramonto mi accecò.
Riconobbi la casa di Emily infondo alla strada.
Presi un bel respiro.
Il piano A era entrare e aspettare che Apollo si facesse vivo dalla mamma della mia migliore amica, Susan.
Il piano B era contattare ancora Rachel in caso il Dio non si fosse presentato.
Il piano C, che speravo non si rivelasse necessario, era chiedere aiuto agli altri Dèi. 
Il piano D, non esisteva. Perchè molto probabilmente avrebbe voluto dire che avevamo fallito e che Emily era... andata.
Scossi la testa, come a cercare di cancellare quel pensiero.
Louis mi si affiancò, Percy e Annabeth per mano dietro di noi.
-Camille... Io, scusa per prima.
Alzai un braccio e posi la mia mano tra lui e me.
-Non è il momento, Louis. 
E fu allora che capii appieno le parole di Artemide.
Seppi cosa di cui si può fare a meno.





Angolo dell'Autrice:
Buono. 
A differenza del capitolo dell'altra storia, questo mi soddisfa particolarmente.
Spero vi sia piaciuto quanto a me è piaciuto scriverlo.
Direi che per una volta sono soddisfatta. :D
Bene, gente. 
Siamo credo quasi alla fine.
In realtà nemmeno io so esattamente come sarà la fine... quindi bo!
Grazie mille per le meravigliose 7 recensioni che mi avete lasciato lo scorso capitolo! ;)
Vi ho pensato tanto scrivendo questo. 
Ovviamente per ringraziarvi, nel prossimo capitolo ho una sorpresa -che forse non è tanto sopresa.
Grazie davvero un milione, splendori. :D
Alice



P.s. Mi scuso con chi ha magari letto e recensito l'altra mia storia. Non ho ancora risposto alle recensioni, ma sono piuttosto  schizzata in questo periodo. 
Risponderò al più presto. 
Scusate ancora. (:
Ali

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Capitolo 16
*** 15. Mi incasino la vita ***


             Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 15
                                              Mi incasino la vita





-Allora Camille, tesoro, come vanno le cose al campo? Apollo mi ha detto di Emily. La troverete vero?- chiese Susan con tono agitato versandoci una tazza di te' caldo.
-Signora Crane, stiamo facendo tutto il possibile. Non vorrei mai che succedesse qualcosa ad Emily.- sussurrai con lo sguardo basso, fissando il liquido scuro nella mia tazza.
Lei si sedette sulla sedia di fronte alla mia. -Chiamatemi Susan.
E in quel momento mi chiesi fermamente perchè quella donna fosse stata condannata a una tale vita. Perchè portasse sulle spalle quella orribile maledizione. Perchè proprio lei.
-Sign... Susan- la chiamò Annabeth, il portatile di Dedalo aperto sul tavolo. - il divino Apollo, vi ha detto quando sarebbe venuto a farvi visita?
Gli occhi della donna si illuminarono leggermente, e non ci furono dubbi.
Nonostante stesse cercando di controllarsi e capisse che non c'era futuro per lei e il Dio, quelli erano gli occhi di un'innamorata.
Per un attimo pensai che nessuno mi aveva mai guardata con quel luccichio negli occhi.
-Io e Apollo non parliamo molto di quel che fa, dove va, quanto ci sta e quando  tornerà. Delle volte...- Susan abbassò lo sguardo. -Delle volte temo addirittura che non torni più. Alla fine cosa sono io? Una donna che non è nemmeno capace di essere una madre adatta per sua figlia, non sono men che meno una Dea, non sono affidabile perchè da un momento all'altro l'altra potrebbe prendere il sopravvento. 
Louis le posò la propria mano sopra la sua.
Mi fece quasi male pensare che una volta l'aveva fatto anche a me, che molto probabilmente voleva continuare a farlo e che ero proprio io a tenerlo lontano.
-Susan- la chiamò. La donna alzò il viso, gli occhi vacui, attratta da quella voce come da una calamita e se non avessi conosciuto bene, o almeno abbastanza, Louis avrei scommesso che fosse un figlio di Afrodite. -Susan, non dire così. Non pensare niente di ciò. Sei una donna, una madre, perfetta. E l'altra, l'altra non ti impedisce di esserlo. Non lasciarti andare, Susan, perchè è proprio nei momenti di debolezza che sei più vulnerabile. Sii forte, non perdere mai la speranza.- i suoi occhi su posarono su di me.- E otterrai tutto quel che vuoi. Non importa quanto grandi saranno le difficoltà.
Mentre abbassavo lo sguardo, capii.
Capii che lui non avrebbe rinunciato a me. 
Qualunque cosa fosse accaduta.



-Maledizione.- borbottai a mezza voce, poggiandomi con tutte e due le mani al tavolo del soggiorno, china su una cartina del quartiere procuratomi da Susan.
Percy e Annabeth dormivano al piano di sopra, nella stanza accanto a quella della donna, Louis in quella al piano terra, e io stavo studiando il territorio circostante.
Volevo essere pronta, preparata in caso quello sarebbe stato il campo di battaglia.
Ma la debole lampadina che illuminava la scrivania, dopo aver tremato si era spenta con un rumore sordo.
Il soggiorno cadde nella penombra, la sola fioca luce della luna e delle stelle, filtrava dalle enormi finestre dietro il divano.
-Camille.
Quasi non urlai quando la figura avvolta nell'ombra di Louis mi si affiancò.
Mi portai una mano al cuore, che aveva preso a battere furiosamente dapprima per lo spavento, poi per la sua vicinanza.
Era a quasi un metro da me, ma mi sembrava di sentire comunque il calore che il suo corpo emanava. E di certo il fatto che indossasse solo i pantaloni non era d'aiuto.
-Sembra che tu ti diverta a spaventarmi.- sussurrai riappoggiando i palmi sul tavolo.
Louis si avvicinò, rimanendo comunque qualche passo dietro di me. 
Mi voltai leggermente verso destra in modo da riuscire a vederlo completamente. 
Ringraziai il buio, che nascondeva il mio imbarazzo.
-Scusa.- borbottò.
Mi ero aspettata una battuta meschina, provocante.
-Scusa.- ripeté lui. -Non dovevo trattarti in quel modo. Prima, in macchina.
Annuii.
-È che era vero. 
-Cosa era vero?- sussurrai.
-Che stavi dormendo. Che sei bella. E che...- si interruppe. Che volevi baciami?
Rivolsi la mia attenzione alla cartina. -Scuse accettate, Louis.
Lui parve quasi non aver sentito.
-Guarda qui.- continuai allora per finire quella conversazione imbarazzante. -Poco lontano da questa casa c'è un parco. Abbastanza grande per permettere a Pitone di nascondersi lì. Se nei prossimi giorni Apollo dovrebbe presentarsi dobbiamo fare attenzione ai punti nord e ovest dell'abitazione.
Per quanto riguarda a sud, c'è una schiera di case. Il mostro è troppo ingombrante per permettersi di attaccare da lì. Si ritroverebbe alle strette. A est c'è la strada principale. Un ottima via di fuga in caso si ritrovasse un svantaggio ma anche un ottimo campo di battaglia.
Credo, anzi sono quasi sicura, che porterà con sè Emily, ma non fino in fondo.
Secondo me la nasconderà da qualche parte dove potrà tenerla d'occhio, riprendersela in caso di fuga o minaccia. Dovremmo separarci. Alcuni cercheranno Emily, gli altri combatteranno e difend...-
Non riuscii a terminare la frase.
Sentii una mano di Louis afferrarmi per la nuca, l'altra per la vita.
Con uno scatto repentino mi fece voltare e finii schiacciata contro il suo petto nudo. Lui premette le sue labbra contro le mie, baciandole, assaporandole con lentezza, con dolcezza.
Le mie mani andarono istintivamente a poggiarsi vicino alle sue spalle.
Pensai che quello era il mio primo bacio serio. 
Louis si allontanò un po', appena si accorse che era rimasta perfettamente immobile.
Non riuscii a sopportare il suo sguardo ferito, deluso.
Mi alzai sulle punte delle mie Converse, fino a far toccare ancora le nostre bocche.
Ero piuttosto informata in fatto di teoria, i libri, le riviste, tutte le cose che si dicono a scuola, i film, ma in fatto di pratica ero piuttosto inesperta per quanto riguardava i baci.
Perciò mi limitai a sfiorargli le labbra con leggerezza.
Chiusi gli occhi, sentendo scorrere nel mio corpo elettricità pura, concentrata nei punti in cui ci toccavamo.
Come se con il suo semplice tocco, potesse liberare dentro di me, minuscole particelle impazzite di elettroni.
Velocemente Louis si riprese dallo stato di shock iniziale.
La mano dietro la mia schiena si irrigidì e mi portò contro di lui, e quasi mi parve di sentirlo rinascere.
Non si staccò fino a quando non fu necessario riprendere fiato.
Non lo guardai negli occhi, mi limitai a fissare il suo petto difronte a me.
Sentivo il suo respiro caldo e leggermente affaticato sul viso, poco sopra le labbra.
-Questo...- sussurrai col fiato corto. -Questo...- non era autorizzato.
Ma lui mi interruppe. -È stato il bacio più bello della mia vita. 



Trattenni istintivamente il respiro mentre un brivido mi percorse la schiena.
Non osavo ancora alzare lo sguardo ed incontrare gli occhi grigi di Louis.
-Camille?- mi chiamò abbassandosi per cercare il mio contatto visivo.
Lo sentii sospirare quando non accennai a fare niente. -Camille, cosa... cosa succede adesso?
Già. Cosa sarebbe successo?
-Camille... ti prego. Rispondimi.- sussurrò al mio orecchio facendomi rabbrividire di piacere.
Le mie mani si mossero quasi di loro iniziativa e corsero ad allacciarsi dietro il collo del figlio di Atena, annullando ancora una volta la distanza tra noi due. Ma questa volta non andai a cercare le sue labbra, bensì la sua spalla, l'incavo del suo collo, l'accoglienza  delle sue braccia attorno al mio busto, il calore delle sue mani sulla mia vita.
-Solo...- sussurrai respirando il suo odore inebriante. -Solo... non lasciarmi sola... ok?
Lo sentii rilassarsi contro il mio corpo.
-Quello mai, Mil.- era la prima volta che mi chiamava in quel modo e se in un altro momento l'avessi trovato ridicolo, in quell'istante lo trovai perfetto. -Quello mai. Dovesse cadere il mondo, il cielo, le stelle. Io sarò sempre con te. 
Ebbi voglia di sciogliermi, ma non lo feci. Lo strinsi di più a me.
-Solo un'altra cosa, Louis...
-Sì?
-Dobbiamo dimenticare tutto questo...
-Cosa?!- sbiancò lui.
-Ascolta! ... Fino a che non salviamo Emily.
-Ma...
-No, Lou. Devo. Devi concentrarmi sulla mia migliore amica, adesso. E anche tu. Ti prometto... - gli posai una mano sulla guancia quando lui abbassò lo sguardo, deluso e abbattuto. -Ti prometto che tutto questo non verrà gettato alle ortiche... che ti permetterò di... di amarmi appena tutto questo sarà finito. Te lo giuro.
-Sai vero che è un discorso senza senso questo, sì?- borbottò triste
-Io sono senza senso, Louis.- sospirai.
Alzò lo sguardo, fondendo il suo grigio nei miei occhi coi miei occhi e la mia mente. -E non cambiare mai. Mai. Perche ti amo così come sei.
Sorrisi infiammandomi. Ti amo così come sei.
Stavo per concedergli un altro bacio ma sobbalzai appena una voce sbottò. -Oh per tutti gli Dèi! Mi farete venire il diabete a mille voi due, se dite un'altra parola!
Sobbalzai e tentai un salto all'indietro ma Louis mi afferrò in tempo e mi strinse a se', mentre sentivo andare a fuoco ogni parte del mio corpo per l'imbarazzo.
A qualche metro lontano da noi, in una nuvola di vapore stava la figura sfocata di Harry Bake, pigramente svaccato su una poltrona verde.
-Harry?- chiamai, la voce troppo acuta per i miei gusti mentre ancora tentavo di liberarmi dalla stretta di Louis, cosa che lui non sembrava propenso lasciarmi fare.
-Perspicace la Piccola Ares Innamorata...
-E tu mi sembri un tantino irascibile, Ladruncolo che non sei altro...- affermai strattonando il figlio di Atena e riuscendo finalmente a sciogliermi dalla sua presa.
Harry alzò i palmi al cielo, stringendosi nelle spalle. -Colpito e affondato. Mi dica... - riprese poi. -... a parte tubare con Mr. Cervello Calcolatrice, la qui presente fa qualcosa di utile per la società?
Harry ricevette un dito medio da Louis e un -Ma sta zitto!- dalla sottoscritta.
Non potevo vederlo benissimo a causa della fioca luce della lampada -quando si era riaccesa?- e dal tremolio continuo del messaggio Iride, ma lo trovai piuttosto pallido e teso. 
-Sei preoccupato, Harry?- domandai accigliandomi e incrociando le braccia al petto.
Sentii la presenza di Louis dietro di me anche prima che lui mi posasse le mani sulla spalle.
-Quella piccola e stressante ragazzina... si sente la sua mancanza al Campo. Comunque, Louis, amico rilassati. Non c'è bisogno che ti atteggi da maschio alfa, ho capito che la Piccola Ares è tua e non avevo comunque intenzione di provarci con lei...
Risi mentre Louis lo mandava al Tartaro.
-Harry...- lo chiami poi quando lui abbassò lo sguardo sospirando. -Sto facendo tutto quello che è in mio potere per salvare Emily. La vedrai di nuovo. Te lo prometto.
-Lo spero per te...- borbottò trai denti passandosi una mano nei capelli agitato. -Non sai quanto sia... frustante pensarla in pericolo e non poter fare assolutamente nulla...
-Harry.- feci un passo verso di lui, o almeno verso la sua proiezione. - Tu hai aiutato in modi che nessun altro poteva fare. Tu le hai dai la speranza. La speranza di essere amata.
Harry annuì sommessamente. -Finché non sarà di nuovo qui, a casa, con me, sappi che non sarò contento.- ci furono alcuni attimi di silenzio. - Ah, non sottovalutare il suo bracciale, Camille.- disse adocchiando il patetico braccialetto di plastica bianca che ancora tenevo al polso. -E direi che sarebbe l'ora di arrendersi all'evidenza e chiedere a papino la reale e figa funzione della tua stupida e normalissima spada-moneta.- mi irrigidii. -Manderò qualche offerta in più a zietto prossimamente. Buonanotte Piccola Ares.- muovendo velocemente la mano attraverso il vapore Harry interruppe la comunicazione.
-Buonanotte.- mi ritrovai a sussurrare al muro.



-Camille, svegliati!
Sbattei debolmente le palpebre, cercando di mettere a fuoco Percy difronte a me. Mi portai subito una mano dietro il collo, dolorante a cause della scomoda posizione in cui avevo dormito.
Adocchiai Annabeth e Susan sedute al tavolo del salotto davanti a due tazze di caffé fumante.
Mi ero addormentata sulla poltrona, con ancora la cartina del quartiere in grembo.
-Dov'è Louis?- chiesi dopo uno sbadiglio non vedendolo da nessuna parte.
-È uscito.- si strinse nelle spalle Percy, lasciandosi cadere sul divano.
-E dove è andato?
-Ha detto qualcosa di un parco... poco lontano da qui.- mi rispose Annabeth senza nemmeno voltarsi nella mia direzione.
Un brivido mi percorse la spina dorsale. Oh no.
-E voi l'avete lasciato andare?! Da solo?!- balzai in piedi di scatto.
-Sì... Non ci sembrava niente di pericoloso... Ha detto che aveva bisogno di una boccata d'aria.- disse accigliata ma calma la figlia di Atena.
-Oh no!- piagnucolai portandomi le mani nei capelli che sfuggivano dalla coda dopo la notte.
-Camille, ci stai facendo preoccupare. Cosa sta succedendo?- si intromise Susan mentre Annabeth balzava in piedi.
-Ieri sera...- spiegai. -... gli ho detto che quel parco potrebbe essere un ottimo nascondiglio per Pitone... Lui... sarà andato a... cercarlo.- tralasciai la parte in cui gli permettevo di amarmi solo dopo la sconfitta del mostro e il salvataggio di Emily. E il piccolo particolare che ci eravamo baciati. E -Oh miei Dèi- dichiarati.
-Cosa?!- sbottò Percy e per un attimo temetti di aver detto quel dichiarati e baciati ad alta voce.
-Vado a cercarlo!- esclamai afferrando al volo Vendetta poggiata sopra il tavolo.
Per un attimo mi vennero in mente le parole di Harry.
E direi che sarebbe l'ora di arrendersi all'evidenza e chiedere a papino la reale e figa funzione della tua stupida e normalissima spada-moneta.
In effetti avevo accettato il dono da mio padre senza una parola. C'era davvero un'altra funziona rinchiusa in quella moneta?
Susan mi posò una mano sul braccio. -Non andare da sola.
-Non ti lascerei mai qui senza nessuno a proteggerti, Susan.- dissi dura affidando silenziosamente la missione a Percy e Annabeth. -Non con un possibile mostro che potrebbe suonare al tuo campanello da un momento all'altro. 
La madre di Emily sembrò sul punto di piangere.
Feci per uscire quando Annabeth urlò. 
Susan si era accasciata su se' stessa.
Pero si precipitò ad aiutarla.  I suoi occhi erano vacui e batteva istericamente le palpebre. Seppi che era successo. Che l'altra aveva preso il sopravvento. 
Con i muscoli che fremevano uscii sbattendo la porta dietro di me, mentre l'immagine di Susan che strillava e si dimenava dai miei compagni si imprimeva nella mente. 




Angolo dell'autrice:
Ok, sappiate che sto facendo ottocento cose insieme e che questo capitolo non doveva venire pubblicato fino a domani, credo. 
Ma per vostra (s)fortuna Trich mi ha ricattata e quindi sono stata praticamente obbligata. (Vì è mia.)
Allora sono di fretta quindi... be, questo è il capitolo.
Mi scuso per la lentezza con la quale ho risposto alle recensioni ma senza internet non si va da nessuna parte. :3
Grazie mille, siete state tutte e 10 favolose.  :) Io vi amo. <3
Davvero sono stata contentissima per avere raggiunto quota 10 recensioni. :3
Solo un'ultima cosa poi me ne vado.
Oggi sono andata dal parrucchiere e sono contentissima della mia nuova pettinatura. 
Ahahah, no scherzavo.
Non è questo che volevo dirvi.
Solo che io e Trich (si sempre lei) abbiamo avuto la brillante e ridicola idea (in effetti è un'idea esclusivamente sua) di fare gli account Twitter ai miei personaggi.
Vi lascvio i link, perchè se no Trich mi ammazza. :)
Un bacione a tutte.
Vi voglio bene alla prossima!
Grazie mille ancora di tutto. (:
Alice

Camille
Louis
Harry
Emily
Pitone (?)


 

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Capitolo 17
*** 16. Finalmente una svolta! ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 16
                                        Finalmente una svolta!




Previously on Teen Wolf. -Just Kidding. :3
Nei capitoli precedenti: Louis, Camille, Percy e Annabeth sono arrivati a casa di Susan la madre di Emily, soggetta a una malattia che spesso la fa cadere in trance e non ricorda più niente. I quattro ragazzi sono convinti che Pitone possa attaccare la casa per indurre Apollo a cadergli l'Oracolo, che al momento è dentro Rachel, sì la rossa che ci provava con Percy. 
Louis ha baciato Camille, ma anche Camille a baciato Louis, ma poi gli ha detto che non possono stare insieme perche lei si deve concentrare su Emily, la sua migliore amica che è stata rapita, sempre da Pitone per colpire indirettamente Apollo, anche se sembra che ci sia qualcosa di più sotto. 
Emily aveva cercato di entrare nelle cacciatrici e nei sogni di Percy fa una specie di rituale Voodoo o come si scrive col mostro.- lo so che non ve lo ricordavate. 
Le due settimane concesse da Chirone e il Signor D stanno per scadere e i quattro non hanno ancora recuperato l'amica. 
Camille pensava inoltre che Pitone potesse nascondersi da qualche parte nel grande parco che c'è vicino a casa di Susan e quando si sveglia la mattina dopo Louis non c'è. 
Preoccupata e un po' isterica corre fuori di casa a cercare il figlio di Atena che sembra volersi improvvisare eroe per poter stare finalmente con lei. -.Perchè non esistono ragazzi così nella realtà? Bah.
Ecco cosa vi siete persi su Glee -scherzavo anche qui. 
 


 



Corsi a perdifiato verso il parco, fissandomi le scarpe, la mano in tasca pronta a sguainare la spada in caso si fosse rivelato necessario. 
Tuttavia quasi non caddi quando andai a sbattere contro un uomo. 
Indossava una maglietta aderente rossa, jeans neri e una lunga giacca di pelle nera con un coltello da caccia legato alla coscia.
Portava degli occhiali da sole a mascherina rossi che nascondevano le sue due fiammeggianti orbite vuote in cui ardevano esplosioni nucleari in miniatura, i capelli neri, a spazzola e le guance sfregiate da innumerevoli battaglie.
Sapevo chi era, anche se l'avevo visto pochissime volte.
Ares.
Mio padre.
-Camille.- disse fissandomi.
-Sai che è maleducazione fissare troppo la gente, padre?
-La lingua velenosa di tuo padre e, se ti guardo attentamente, la bellezza travolgente di tua madre...
Scossi la testa.
Mio padre aveva bevuto qualcosa evidentemente. Io e mamma non potevamo essere piú diverse.
Lei bella, bionda, occhi azzurri e un fisico da modella.
Io una ragazzina senza forme, castana e con gli occhi verdi. 
Sì, decisamente. Mio padre era ubriaco.
-Cosa vuoi?
Lui ghignò. -Sicura di non essere tu quella che vuole qualcosa?
Sentii Vendetta pesare gelida nella mia tasca.
-Sono di fretta.
-Siamo in due. Quindi basta convenevoli, Camille.- disse duro. 
Lo era sempre stato. Rude, bruto. E bello, come un Dio.
Presi un respiro profondo. -Che segreti nasconde Vendetta?
Ares sembrò soddisfatto e bofonchiò qualcosa a mezza voce. -Chiamala col suo vero nome, figlia.- disse poi seccato. -La lingua moderna ne sminuisce solo il significato. I poteri. 
-Timoria.- recitai stringendola tra le dita, sentendola improvvisamente più... pesante.
Mio padre annuì grave. -Perchè non la tiri fuori da quella tasca, eh?
Feci come mi era stato detto. 
-Quella piccola moneta racchiude dentro di se' tutta la forza devastante di una scheggia della prima folgore di Zeus sfuggita ad Efesto...
-Immagino tu abbia pensato di impadronirtene durante una delle numerose scappatelle con sua moglie, eh?- insinuai, ma con un'occhiata di fuoco Ares continuò.
-Ha una potenza, un'efficacia, una precisione che una normale spada per quanto ben calibrata non può avere. Stringi tra le dita una porzione relativamente piccola e insignificante del fulmine più potente del Re del Cielo, una delle armi più efficaci della storia. Si trasforma nello strumento meglio armeggiato dal suo utilizzatore, non ha una forma precisa. È tutto e niente. Un arco, un pugnale, una spada, una lancia, qualsiasi cosa...
-Ne stai elogiando le lodi come se fosse una persona famosa, ma io non ci ho mai trovato niente di speciale, padre.- lo interruppi prima che gli occhi potessero diventargli due cuoricini.
-Perchè tu non la usi nel modo giusto, Camille.
-Chirone mi ha insegnato ad armeggiare la spada la prima volta che sono arrivata al Campo e mi ha sempre ritenuta una delle sue migliori allieve!- protestai offesa. 
-Ma questa non è una spada, Camille!- sbottò mio padre. -È LA spada!
-Tienitela tu allora! Dio della Guerra!- gridai lanciandogliela. Lui la afferrò al volo. -Stupida. Non è me che vuole... Non è me che ha scelto!
La moneta scomparve dal suo pugno e riapparve nel mio. 
-Cosa...?- borbottai senza parole. 
-Sei stata scelta da lei. Dal momento in cui hai visto la luce. Vi appartenete a vicenda. 
-Che devo fare?- pigolai piuttosto incredula.
-Chiamala. Invita la a entrare dentro di te. Non limitarti a sentirla come un'arma. Permettile di raggiungere il tuo cuore.- disse Ares. 
Mi limitai ad annuire sommessamente. 
Chiusi gli occhi e le dita introno alla moneta.
Cercai di liberare la mente, concentrandomi solo sul piccolo pezzo di metallo tra le mie mani. 
Dopo alcuni interminabili secondi di assoluta quiete sentii come una forza, un calore, esplodere da Timoria e risalirai lungo il braccio, espandendosi fino ai piedi fino a concentrarsi nel mio petto e depositarsi nel mio cuore, senza però interrompere il collegamento simile a corrente elettrica con la mano, con la moneta.
Istintivamente la feci scattare, trillare in aria ancora con gli occhi serrati.
Non li riaprii fino a quando non sentii il tocco familiare del ferro della mia spada tra le dita.
Seppi che era cambiata ancora prima di vederla. 
La lama affilata alla perfezione era quasi trasparente e aveva -sembravano scorrere nel metallo, come vene- tante e minuscole linee che sfavillavano dell'energia dei fulmini, tutte che percorrevano la lunghezza della spada.
Si concentravano e intrecciavano poi nel manico che brillava come una folgore.
Spalancai gli occhi dallo stupore per poi cercare quelli di mio padre.
Lo guardai stupida mentre lui con un ghigno orgoglioso spariva davanti a me.
Abbassai lo sguardo sulla mia spada e sentii una grande energia ribollirmi nelle vene.
Fissai le chiome degli alberi del parco infondo al viale.
Sto arrivando Emily, pensai. E sono più potente che mai. 



Un ramo scricchiolò sotto il mio piede e mi immobilizzai all'istante, strizzando gli occhi e irrigidendomi.
Era prima mattina ma in quel parco c'era un silenzio innaturale. 
Contenta che nessun mostro fosse saltato fuori dai cespugli per attaccarmi, proseguii il sentiero che avrebbe dovuto portare al cuore del giardino. 
Ad ogni minimo rumore, il cinguettio di un uccello, il rumore delle foglie che si spostavano, sobbalzavo e mi fermavo pregando di non morire lì e in quel momento. 
Deglutii forse troppo rumorosamente, il cuore che batteva all'impazzata per la paura, la spada stretta istericamente nella mano destra. 
Mi imposi di chiudere gli occhi per un attimo e fare un respiro profondo. 
E proprio mentre tentavo di regolarizzare il battito del mio cuore sentii qualcosa venirmi addosso e farmi cadere per terra. 
Urlai mentre Timoria scivolava via tra i cespugli. 
Mi voltai pronta a sferrare calci e pugni a qualunque cosa ci fosse stata ma una mano mi tappò la bocca.
Louis.
-Stai zitta. Stai zitta.- disse sussurrando e togliendo il palmo da me. 
-Tu...- dissi talmente spaventata da non riuscire a sentire quasi la mia voce soffocata dal rumore assordante che faceva il mio cuore e che mi rimbombava nelle tempie. -Tu...- ritentai.
Provai a cercare una parola abbastanza offensiva ma non ci riuscii. 
Mi lasciai circondare dalle sue braccia e nascosi il viso nella sua maglietta, respirando forte. 
-Ti ho spaventato, eh?- chiese crudele. 
Gli tirai una testata nel petto che gli fece perdere il respiro per un attimo. 
-Ahi. Cosa...
-Sei un demente! Un completo idiota!- mi accorsi solo allora che la moneta era tornata nella mia tasca. -Te ne vai così allegramente e poi mi fai questi scherzi! È una cosa seria, Louis! Una cosa seria! Potremmo morire lo sai?! Emily potrebbe morire! E tu! TU FAI IL BAMBINO!
-Zitta! Non urlare!
-E perchè?!
-Credo di avere scoperto qualcosa ok?! È smettila di attaccarmi così sempre!
Mi prusero le mani ma soffocai i miei impulsi di farlo a fettine. E, ammettiamolo, di baciarlo.
-Cosa hai scoperto?
Lui mi fece voltare da una parte e indicò credo l'unico essere vivente presente in quel parco dopo di noi. 
Era un uomo piuttosto alto, era avvolto in un strano impermeabile simile a un mantello nero lungo fino ai piedi. Aveva un cappello grigio calato sul viso e gli occhi nascosti da un paio di occhiali scuri a specchio. Faceva quasi paura. Stava andando avanti e indietro di fronte al bagno femminile e aveva un cellulare in mano.
Strinsi gli occhi cercando di cogliere più dettagli.
Aveva uno strano colore di pelle. 
Improvvisamente si girò a guardare poco lontano da dove eravamo nascosti io e Louis, e un raggio di luce si rifletté sul suo braccio che aveva appena allungato, come se ci fosse stato un orologio. 
Ma la luce che rifletté non era bianca ma verde e al polso non aveva alcun orologio. 
-Credo siano scaglie.- commentò in un sussurro Louis accanto a me, ponendo fine ai miei dubbi e io rabbrividii.
-Credo sia lui, Camille. In effetti mi chiedevo come facesse a passare inosservato. Insomma, un mostro leggendario che dovrebbe essere estinto e esistere solo nelle fantasie degli Antichi, come fa a muoversi per l'America senza suscitare un minimo sospetto? Per quando la Foschia sia efficiente avrebbe dovuto comunque fatto allarmare i Mortali. Chissà cosa vedrebbero, magari un carro armato nazista...
-Louis, per favore. 
-È vero. E ammettilo che nemmeno tu avevi pensato alla possibilità che avesse assunto forme umane...
Sbuffai. -In effetti... è un problema.- pigolai.
Feci per continuare ma un lampo giallo attirò la mia attenzione. 
Il respiro mi si sbloccò in gola e il mio cuore prese a battere a velocità mai raggiunte prima. 
Dal bagno femminile era uscita una ragazza bionda, relativamente alta.
Emily. 
Non sembrava messa così male, almeno non da lontano. 
Aveva un vestito lungo fino a terra, bianco e con una cintura dorata sotto il seno. Aveva un aspetto... Antico, ed era bellissima. 
I capelli biondi le ricadevano sulla schiena in una pioggia di boccoli ed erano perfetti fatta eccezione per un ciuffo corto che le ricadeva tra gli occhi. 
Camminò tirando i bordi della lunga gonna leggermente verso l'alto per non calpestarla e si avvicinò a Pitone. 
Anche a quella distanza vidi chiaramente che era a dir poco infuriata. 
Infatti appena l'uomo, o qualunque cosa fosse quel mostro in quel momento, le si avvicinò e fece per prenderle il braccio lei lo scansò e scivolò indietro di un passo, e quasi mi parve di sentirla ringhiare. 
Pitone, in tutta risposta allungò il braccio squamoso e la spintonò dalla schiena facendola quasi inciampare e cadere per terra. 
Feci per scattare in piedi ma Louis mi afferrò in tempo. 
-Ferma.
-È Emily, Louis! Emily! E Pitone! È il momento che sto aspettando da quasi due settimane! Non puoi dirmi di fermarmi adesso!
-Sei impulsiva! Troppo impulsiva! È il tuo difetto fatale! Devi pensare a quello che fai! 
-Ci ho già pensato. Uccidere quel bastardo. 
-Camille!
-E non venire a farmi la predica. Voglio salvare Emily e ucciderlo! Ucciderlo! Farlo soffrire come mai ha fatto in duemila anni! Per Emily!
-E per me, Camille?! Io non conto?!
-Ma stai zitto! So benissimo perchè sei venuto qui stamattina! Volevi mettere fine a questa storia così sarai libero di baciarmi fino a farmi fare male la lingua eh?!- sputai fuori. Louis arrossì quando citai le sue stesse parole, ma si riprese quasi subito. 
-No... Non è per quello che sono venuto qui.
-E per cosa?! Per fare l'eroe?!
-PER SALVARTI! Perchè ti amo e il solo pensiero che potrei perderti mi uccide, Camille! Ecco perchè! 
-Sono una semidea! Una figlia di Ares! Sono nata per combattere! 
Louis si portò le mani nei capelli disperato. 
-Ma non sei nata per morire così! 
-E tu, pensi di avere più possibilità di me a uccidere quel coso?!
-Sì! Perchè io penso! Io sono uno stratega! Ho bisogno di organizzare tutto e di calcolare tutte le possibilità di successo prima di fare qualcosa! 
-Tu non ti fidi di me!
-No! Perchè sei troppo impulsiva! 
Con la cosa dell'occhio vidi Emily e Pitone avviarsi per il sentiero inverso a quello che avevo preso io. Verso casa sua. 
-Possiamo rimandare le scenate romantiche a dopo?! Devo uccidere un mostro. 
Louis mi afferrò le braccia e mi bloccò in ginocchio. 
-Tu non ti muovi di qui. 
-Impediscimelo, Louis!- gli tirai una testata e girai su me stessa obbligandolo a lasciarmi. Scattai in piedi e cominciai a correre dietro di loro. 
Gli alberi e i cespugli passavano veloci su entrambi i miei lati e non mi accorsi nemmeno di Louis. 
In un attimo mi fu addosso e spinse contro un tronco. 
Mi morsi un labbro per non gemere di dolore. 
-Lasciami.- sibilai. 
-No, Camille. Ti scongiuro ascoltami! Non sai nemmeno come Apollo l'abbia sconfitto, come...
Nei film funzionava sempre. 
Lo baciai. 
Lui rimase talmente indetto che dopo un attimo avevo già ripreso a correre, libera dalla sua presa. 
Era vero. Non sapevo come il Dio del Sole aveva ucciso quel mostro due millenni prima, ma io avevo qualcosa che lui non aveva. Io avevo Timoria. 



Mi accorsi che sbarrare la strada a Pitone, mettendomi in mezzo al sentiero con una spada piuttosto minacciosa puntata davanti a me, non era stata una brillante idea appena il mostro aveva allungato il braccio e, non so per quale impossibile legge fisica o magia oscura, ero stata sbalzata all'indietro col fiato rotto. 
-La pargoletta di Ares.- commentò divertito l'essere -da vicino era veramente terribile e ritenerlo umano era un'offesa all'umanità.- con una voce roca e bassa. -Sai, mi stavo giusto chiedendo quanto ci avresti messo a venire. Era una noia.
Emily accennò una corsa verso di me, ma la mano di scaglie verdi di Pitone le strattonò il braccio e la respinse all'indietro. 
-Stai al tuo posto, tu. 
Assottigliai gli occhi e mi rialzai dolorante, mentre cercavo febbrilmente la spada in tasca. 
Quasi non la feci cadere. Mi tremavano le mani dal nervoso e dalla rabbia. 
Come poteva trattarla così? Che cosa aveva fatto di male Emily per meritarsi tutto quello?
-Lascia andare Emily.- gli intimai facendo trillare la moneta che si estese nella magnifica spada che era. 
-È tutto quello che sei capace di fare, Camille? Dirmi di lasciarla andare? Sai, avresti dovuto organizzarti meglio!
Improvvisamente una lunga coda verdastra uscì dal lungo cappotto che indossava e sferzò l'aria a pochi millimetri dal mio naso.
Sbarrai gli occhi e feci velocemente un passo all'indietro. 
-Dimmi che cosa vuoi, Pitone. Dimmelo e te lo darò. In cambio di Emily.
Emily alzò di scatto il viso da terra e mi fissò spaventata. 
-No, Camille!- urlò.
Pitone le diede un'altra spinta e la mia amica cadde di nuovo a terra. 
-Sai è un proposta curiosa. Sai benissimo cosa voglio, eppure non hai idea di dove sia il caro vecchio Apollo. E, oh, guarda caso ce l'ha lui la cosa che voglio.- sibilò minaccioso. 
Improvvisamente, per la prima volta nella mia vita, non sapevo cosa fare. Non sapevo cosa dire. 
E poi... Si dice che per amore si è disposti a tutto. 
Io pensavo di potercela fare. 
Pensavo che il mio amore per la mia migliore amica sarebbe bastato, che mi avrebbe fatto vincere. 
Ma in quel momento mi resi conto che non era abbastanza. 
Che sarei forse morta, se non ci fosse stato un altro amore. 
Uno molto più grande e potente, più determinato. 
Louis venne fuori dalla boscaglia urlando "Fermi!"
E insieme a lui, c'era Rachel.
Lo so che non era il momento giusto, ma ero gelosa. 
Terribilmente gelosa. 
Quante volte l'avevo visto scomparire tra gli alberi, al Campo?
Quante volte l'avevo visto tornare mano nella mano con una ragazza, mentre ridevano e si abbracciavano?
Quante volte mi ero bloccata ed era stato proprio lui a chiedermi cosa c'era che non andava? 
Ed ero rimasta sempre zitta, immobile, ripetendomi nella mente che non avrei mai avuto un possibilità. 
E invece lui me l'aveva data. E io non l'avevo colta. 
Mi resi conto di essere stata una stupida a pensare che stare lontana da lui, cercare di respingerlo mi avrebbe aiutato. 
I ricordi, le immagini di Louis che usciva dalla foresta del Campo affiancato da una ragazza, e poi un'altra, e un'altra ancora mi annebbiarono la mente. 
Rachel si confondeva con tantissimi altri visi, tutti che mi guardavano maliziosi, che mi dicevano che avevo perso. 
Un'altra volta. 
Non mi ero mai sentita così debole in tutta la mia vita. 
Timoria scivolò via dalla mia mano e cadde con un clangore metallico per terra. 
Quasi non sentii Emily che mi gridava di stare attenta, perché ero troppo impegnata ad affogare nei miei ricordi. 
Mi girai verso il mostro appena in tempo per scorgere tra le lacrime trattenute la figura sfocata della sua lunga coda che si preparava ad abbattersi su di me.
Mi riparai istintivamente il viso con le braccia, ma il colpo era troppo forte. 
Sentii la mia testa dolorante contro il terreno duro poi fu tutto nero. 



Un dolore lancinante sembrava che stesse per staccarmi la testa in due. 
Mi chiesi se era così che si era sentito Zeus prima che Atena uscisse dalla sua mente. 
Gemetti di dolore mentre cominciavo vagamente a sentire il terreno sotto di me. 
-Ferma, Camille. Ferma!
Scorsi molto sfocata una figura femminile, i capelli rossi che le scivolavano sulle spalle e gli occhi verdi che mi guardavano apprensivi. 
Rachel era china su di me, anzi sul mio braccio. 
Urlai di dolore appena la ragazza me lo sfiorò. La testa mi esplose e l'arto sembrava stare ancora peggio. 
-Camille! Aspetta! Devi stare ferma! Sto cercando di curarti! 
Mi dimenai su quello che riconobbi il terriccio secco del sentiero. 
-Mi fa malissimo!- mi lamentai. 
-Sei avvelenata! Devi stare ferma! 
-Come sono avvelenata!?- pigolai stringendo i denti, mentre Rachel mi ispezionava il braccio. 
-La coda ti ha presa in pieno. E ti ha avvelenata. Devi stare ferma mentre cerco...
Improvvisamente mi ricordai tutto. 
-Dove sono Emily? Pitone! E Louis?
Rachel mi mise una mano sulla fronte. 
-Scotti. Chiudi gli occhi e riposati, per favore. 
-Dove sono?!- strillai. 
-Louis... Louis ha cercato di combattere un po' Pitone ma ... Ma non so che è successo. Io dovevo prenderti e portanti al sicuro. Mi aveva detto che sarebbe tornato ma... 
-Che ore sono?- chiesi allarmata. 
-Primo pomeriggio. Sei rimasta svenuta per molte ore. 
-Dimmi che ti ha detto Louis. 
-Di prenderti e di portanti al sicuro. 
-Ho capito! Ma lui...?
-Ha detto che si sarebbe occupato del mostro e che sarebbe tornato presto ma... Non si è ancora fatto vedere.- concluse volgendo gli occhi alle sue spalle. 
-E tu l'hai lasciato andare così?
La ragazza annuì. 
-Si. Mi ha chiesto lui di farlo. E mi ha detto di raccontarti una cosa appena ti fossi svegliata... 
-Non ho voglia di ascoltare nessuna storiella, Rachel! Devo andare ad aiutarlo. Subito!
Lei mi afferrò per le spalle e mi immobilizzò.
-No! Sei troppo debole! E mi devi ascoltare! Mi ha detto di raccontarti come Apollo ha sconfitto Pitone! 
Ammutolii. 
-Veloce. Dimmi tutto. Ti ascolto. 
-Frecce. Arco e frecce. 
Sbuffai. -Non ci posso credere. Arco e frecce? Apollo non era per niente innovativo. 
-Però l'ha sconfitto...
-Però lui è tornato...
-...dopo tremila anni!
-Il punto è che è tornato. Comunque grazie per l'illuminazione!
-No, davvero. Le frecce! Devi usare le frecce. Non puoi avvicinarti troppo a lui o morirai! Questo veleno non solo ti paralizza e stordisce, ma ti soffoca tutti gli organi vitali. Te l'ho tolto praticamente tutto in tempo eppure sei messa male! Dovresti capirlo meglio di me!
-Ho capito! Ma non ho nemmeno un arco io! 
Rachel si guardò attorno poi abbassò la voce. 
-Ares mi ha detto della tua spada. 
Alzai gli occhi al cielo. -A quanto pare hai fatto amicizia con un bel po' di Dèi, eh?
-Questo non conta. La tua moneta non ha una forma precisa...
-Sì invece. Si trasforma nell'arma meglio utilizzata. Non lo decido io cosa diventa. 
-Puoi invece. Con abbastanza forza di volontà.- mi spronò. 
-Ci proverò, ok? Se no una spada nella pancia non gliela toglie nessuno.
Rachel sbuffò. -Vuoi proprio morire, eh? 
-Devo andare da Louis. 
-Non sei abbastanza... 
-Devo andare!- le ringhiai tentando mi mettermi a sedere.
Rachel sembrava indecisa, come se stesse per fare qualcosa di male. 
Non mi preoccupai più di tanto ma poi chiuse gli occhi, si sporse verso di me, arricciando le labbra.
La prima cosa che pensai fu -Mi vuole baciare.
Ma dalla sua bocca uscì un sottile e fresco soffio d'aria.
Sentii i miei muscoli rilassarsi all'istante e il dolore al braccio sparire completamente. 
La testa pulsava ma era più che altro fastidio. 
Mi sentii meglio. Molto meglio.
Feci per ringraziarla ma poi mi venne in mente una cosa. 
-Non stavi cercando di baciare Percy, vero? Al bacino di Badwater?- le chiesi. 
Lei non sembrò minimamente in imbarazzo. 
-No, io... Ho imparato molte in questi mesi con Apollo e con gli Dèi. Volevo aiutarvi. Renderlo più forte ma lui... 
-Ha pensato che volessi... 
-Sì. Infatti è corso via e io... Non ho avuto nemmeno l'occasione per spiegare...- sussurrò abbassando lo sguardo. 
Le poggiai una mano sulla spalla. 
-Tranquilla. Quanto tutto questo sarà finito, potrai scusarti. Potrai anche smetterla di scappare da una parte all'altra e venire a vivere al Campo.
Lei mi guardò negli occhi. -Come fai a sapere che stavamo scappando?
Mi strinsi nelle spalle. -Non sono stupida. Noi mezzosangue siamo abituati a scappare. Ce ne accorgiamo quando qualcun altro lo fa.
Ci sorridemmo. 
Rachel mi aiutò ad alzarmi e si assicurò che fosse tutto ok, ma io stavo proprio bene. Benissimo.
Mi avviai verso il cuore del parco, cercando il posto ideale di Pitone per aspettare. 
Ero praticamente sicura che, avendo visto Rachel, avrebbe aspettato che gliela portassi io stessa in cambio di Emily. 
Non era più necessario minacciare Susan. 
Mi bloccai dopo pochi passi e mi voltai verso l'oracolo. 
-Ehi, Rachel! Sai, dovresti farmi un ultimo favore...
La rossa mi guardò confusa e quasi non scoppiai a ridere. 
Emily diceva sempre che avevo il potere di fare impazzire tutti. 
Non vedevo l'ora di sentirglielo dire di nuovo.






Angolo dell'Autrice:
SONO VIVAAAAA!
SIIII

E sono vergognosa, ma dettagli. 
Sono davvero terribile. Mi dispiace un casino per non aver aggiornato prima, ma ultimamente sia ispirazione che tempo per scrivere scarseggiano. 
Ma non vi ho abbandonate!
Innanzi tutto ringrazio come sempre le meravigliose 9 recensioni dello scorso capitolo. 
Lo sapete che siete voi a mandarmi avanti, vero?

Spero che ci sia ancora qualcuno a leggere questa storia. 
Conto di finirla relativamente presto. 
Non so ancora quanti capitoli ma più o meno 3 o 4 al massimo.
In realtà vorrei iniziare un seguito ma non so se ne avrò il tempo. 
Ho già quanche idea che balena nella mia mente bacata ma ho promesso a me stessa a una mia amica che ne avrei iniziata una anche degli One Direction e quindi non so proprio cosa fare. 
Avere in corso ottantamila long lo escludo a priori. 
Già non riesco a mandarne avanti due!

Non so proprio come faccia certa gente. Non ha proprio nulla da fare durante il giorno? Non ha professori che ogni due settimane fanno il club de ''uccidiamo i nostri alunni bombardandoli di compiti in classe e interrogazioni''? 
Be, io si. 
Per fare la relazione di Fisica oggi ci ho messo forse 4 ore. D:
E' terribile. 
Vado a vivere in Congobelga. Chi viene con me? :3

Comunque... niente. 
Spero vi sia piaciuto anche se non succede poi tanto... :/
Conto di aggiornare prima il prossimo capitolo! 
Mi impegnerò, ve lo prometto!
Grazie mille sempre chi recensisce. Davvero. Mi rendete felicissima tutte le volte che vedo qualcuna di voi farlo. 
Perchè sono consapevole di rubarvi del tempo ma è davvero una bella sensazione vedere che ci tenete a farmi sapere i vostri pareri. Anche se sono poche parole oppure i magnifici poemi del mio Gufetto. :) 

Ok, adesso basta. 
Mi sto commuovendo. :)
Grazie davvero. 
Vi voglio bene.
un bacione.
Alice :)




Ok. solo una cosa poi smetto di stressarvi.
Visto che ormai mi avete sgamata tutte, lo dico al mondo, ok?
Sì, Harry e Louis tendono ad assomigliare a Styles e Tomlinson dei One Direction -Tanto ormai temo tutti sappiamo che mi piacciono. 
Louis però si chiamava così ancora prima che li conoscessi perchè è sempre stato un nome che ho adorato. 
Poi andando avanti nella storia, avendo conosciuto il gruppo inglese, ha cominciato a assomigliarli un pochino. :3
Harry invece è completamente tutto ideato su copia di Styles. 
E' stato un regalo per la mia vera Emily. :)

Bene. Adesso me ne vado e non vi stresso più fino al prossimo capitolo!
Alla prossima gente!
Ali. :3


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Capitolo 18
*** 17. Lo scontro finale ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 17
                                             Lo scontro finale

 

Riassunto Capitoli precedenti:- perchè sono un disastro e aggiorno ogni morte di gallina. Ma state tranquilli!Mio nonno diceva: Alla morte di una gallina se ne fa un'altra!
-Un papa, Uther. 
-No, no. Il nonno. 


Dicevamo, allora. Insomma. (Non me lo ricordo nemmeno io ch'è successo .___.?)
Ah ecco! Camille (la portagonista, ricordate?) ha incontrato il suo papi, Ares che gli ha svelato che la sua spada è speciale (cacchio, sono molto orgogliosa di questa storia :3) che è scaturita dalla scheggia della prima folgore di Zeus (spiegatemi se non io potevo avere una tale idea c'è!) e che in realtà non ha una forma precisa, ma prende quella dell'arma meglio padroneggiata dal proprietario. 
Questo simpatico incontro lo fa mentre cerca di raggiungere Louis (l'altro protagonista, ricordate anche lui? Vi sfido a non ricordarlo. Biondo, occhi grigi, figlio di Atena...). Lo trova ma lui non vuole lasciarla andare da Pitone -oibò il ragazzo ha scoperto dov'era il mostro.- perchè la ama e un sacco di altre romanticherie disgustose che non mi sentirò mai dire...
Ma Camille vuole assolutamente salvare la sua amica, Emily (lei è un personaggio abbstanza importante che non si ricorda mai nessuno secondo me...) e sfida a braccia aperto il mostro. Ma per una serie di eventi di cui nemmeno io ricordo il motivo Camille sviene (tipo Dante nella divina commedia) e quando si sveglia c'è Rachel (l'oracolo, magari questo ve lo ricordavate) che si sta curando di lei. Le dice che Louis è andato a sfidare Pitone nel suo Covo fighissimo nei giardini pubblici di Philadelphia ma non è tornato. Così Camille parte per salvare Louis (cosa che le verrà bene come noterete alla fine del capitolo) e la sua migliore amica, e Rachel le spiega che per uccidere Pitone deve usare delle frecce ma lei non sa dove cazzodizayn prenderle; era sottinteso che doveva usare la spada-multiuso.


 




Un rumore secco mi fece sobbalzare e per poco non sbattei la testa contro la parete bassa. 
Mi girai verso l'entrata e vidi due figure correre chinate nel buio. 
Mi accorsi che si tenevano per mano. 
Aspettai che fossero vicini per alzare Timoria per sbarrargli la spada. 
La luce fioca della mia spada illuminò i visi di Percy e Annabeth che trattennero rumorosamente il fiato. 
-Lo sapete che non siete per niente cauti? Eppure l'avevo detto alla rossa di specificare di fare attenzione...
Percy fissava la spada. 
-Cosa è successo a questa qui?
-Segreti del mestiere. Altre domande? Ci siamo?
-Dov'è mio fratello?- chiese Annabeth. 
-Se non ci sbrighiamo sarà morto. Veloci. Statemi dietro. Mentre distraggo Pitone voi portate fuori Emily e Louis, poi tornate ad aiutarmi se necessario. 
-Che cosa?!- disse offeso Percy.
-No!- ribadì Annabeth. -È escluso che tu rimanga da sola in questa... grotta?-Che ci fa una grotta nei giardini pubblici di Philadelphia?- In questa cosa da sola con quel mostro. 
Sbuffai alzando gli occhi al cielo... anzi al soffitto, molto basso terrei a precisare. 
-Sono una figlia di Ares, qualcosa mi inventerò!
Annabeth mi tirò un pugno sul braccio. -Eh smettila con questa storia! Non è che se sei figlia di Ares sei immortale!
La fissai confusa. -Che...?
-Rimango con te.- disse determinata. 
Percy si lascio sfuggire un gemito. -E a me lasciate la parte più noiosa? Vi ricordo che sono l'eroe che ha salvato il mondo l'estate scorsa...
-Proprio per questo. Il tuo momento di gloria è passato. Ora zitti, avrete tempo per fare la coppia felicemente innamorata dopo. Fate piano e seguitemi. 
Non so bene come feci ma imposi in qualche modo a Timoria di brillare un po' di meno. 
Per una volta mi sentii quasi una figlia di Apollo, quando si divertono a far cambiare la luce del giorno. 
-Come hai fatto?- sussurrò allibito Percy.
Mi strinsi nelle spalle, con un ghigno soddisfatto. 
Dapprima camminammo, poi praticamente strusciammo, lungo quell'umida galleria che sembrava non finire mai. 
Rischiai di sfracellarmi sulle pietre alle pareti un po' di volte e inciampai in un paio di sassi scatenando l'ilarità di Percy.
Il figlio di Poseidone si prese delle occhiatacce degne da figlia di Ares. 
Proprio mentre Percy bofonchiava -Se c'è dell'acqua, posso rimanere io?- la galleria si allargò notevolmente e riuscimmo pure a metterci in piedi. 
A pochi metri di distanza da noi, un debole luce rossa pulsava come una candela al vento. 
Annabeth mi affiancò.
-Come mai non ci ha ancora attaccato nessuno?- sussurrò.
-Lui vuole che arriviamo laggiù. Lui vuole che gli portiamo Rachel. Credo che pensi che io sia disposta a barattarla in cambio di Emily e di Louis. 
-E quando si accorgerà che lei non è con noi, si arrabbierà parecchio...
-E cercherà di ucciderci probabilmente. 
Annabeth mi fissò seria. 
-Credo sia ora che tu ti metta quel cappellino, Chase.- le dissi. -Mi sarai più d'aiuto in quel modo. 
-L'ho dato a Percy. Così spero che Pitone non noti subito che i suoi due prigionieri scappano con un ragazzo invisibile...
Sorrisi. -Grande idea. 
-Grazie. 
Guardai dietro di me appena in tempo per vedere Percy sparire. 
-Tutto ok, ragazze. Sto bene.- disse dopo qualche secondo. 
-Perchè non dovresti stare bene?- chiesi.
-Sono inciampato. Non ve ne siete acc...? Oh. Giusto. 
-Vai avanti tu, Percy!- ringhiai. -E non combinare altre delle tue idiozie! 
-Quelle idiozie che hanno salvato il mondo l'anno scorso?
-Ma sta zitto!- lo riprendemmo insieme io e Annabeth. 
Io e la figlia di Atena seguimmo i ciottoli che si muovevano per terra testimoni che Percy era davanti a noi. 
-Non andare troppo avanti, Percy.- disse in un sussurro Annabeth poco dopo. -Aspetta che distaiamo Pitone, prima di liberare Louis e Emily... 
Sentimmo un sussurrato -Non preoccuparti. 
La luce si faceva via via sempre più vicina. Improvvisamente la galleria fece una curva quasi di novanta gradi. 
Spinsi indietro Annabeth non appena, girato l'angolo, intravidi la coda del mostro. 
-Ok. È lì dietro.- dissi. -Fai andare prima me. Poi mi raggiungi appena mi vedi in difficoltà, ok?
La ragazza annuì di malavoglia. 
Tenni ben tesa Timoria di fronte a me e girai l'angolo, rimanendo adiacente al muro opposto. 
Quel covo aveva una forma a uovo, notai appena mi sporsi all'interno ben attenta a non farmi notare subito, e se io ero nella parte bassa, Pitone e i miei due migliori amici -se Louis si può ancora definire un amico- erano nella parte opposta, quella alta. 
Emily era completamente appoggiata alla parete, si dimenava ma non riuscivo a capire da cosa. 
Louis invece era riverso a terra, immobile. 
Il mio cuore cominciò a batte furiosamente. 
Pitone mi dava le spalle e stava nella sua forma vagamente umana con le braccia conserte di fronte alla mia amica. Dal cappotto usciva una lunga, verde, viscida e appuntita coda da serpente. 
Se Emily mi vide non diete segno di sorpresa e per questo la ringraziai mentalmente.
Louis si mosse debolmente. 
-Come mai non sei ancora morto, stupido umano?- commentò sprezzante il mostro. 
Mi allarmai non poco alla parola umano. Pitone sapeva che Louis era un semidio. Perché chiamarlo in quel modo?
La coda del mostro schioccò nell'aria. 
Senza pensarci due volte mi staccai dalla parete e corsi verso Pitone. 
In un attimo tranciai la sua coda, che cadde pesantemente a terra, a pochi centimetri dal viso di Louis.
Il mostro si girò furioso verso di me e i suoi occhi da gialli diventarono rossi sangue. Un attimo dopo ero spiaccicata contro la parete appuntita, spinta da una forza sconosciuta, mentre la spada scivolava lontano richiudendosi nella sua forma di moneta. 
Emily cacciò un urlo che mi fece venire i brividi. 
Pitone mi si avvicinò, percorrendo dieci metri in due falcate; mi afferrò per un braccio, alzandomi da terra, mentre i suoi artigli affondavano della mia carne. 
Gemetti di dolore mentre il sangue cominciava a colarmi dagli squarci e la mia testa urlava. 
-Quanto sei testarda, figlia di Ares.- commentò sprezzante. 
Da sotto il suo cappotto spuntò dapprima una punta verde, che poi si estese di qualche metro verso l'alto. 
Gli era ricresciuta la coda. 
-Pensi di sacrificarti per i tuoi amici?- Pitone allungò l'altra mano, quasi perfettamente umana se non fosse stato per il colore, verso il mio collo mentre lasciava il mio braccio ferito. Istintivamente congiunsi le mani sul suo polso cominciando a sentire l'aria mancare. 
Da lontano intravidi Annabeth nascondersi dietro un masso. 
Sperai che si sbrigasse se no sarei morta. Presto. 
Emily cominciò a chiamarmi, invocare pietà a Pitone. 
-No! Lasciala! Non è lei che vuoi! Lasciarla! Mostro! 
La vista cominciò ad annebbiarsi un attimo dopo che capii che la mia amica era incatenata per il polso al muro. 
Emily allungò la mano libera verso di me, il palmo rivolti alla schiena di Pitone. 
E proprio mentre pensavo che era finita, che stavo morendo, il braccialetto al mio polso brillò, una luce potentissima scaturì dal pezzo di plastica facendo sbalzare indietro Pitone. 
La luce era accecante e all'inizio e nemmeno io capii cosa stesse succedendo. 
Piano piano la luce diminuì, concentrandosi in un ovale perfetto. 
Diventò pesante e dopo un attimo mi ritrovai al braccio uno scudo di metallo lucente, che non smetteva di brillare e pulsava come se avesse un cuore, come se fosse vivo. 
Cercai subito con lo sguardo Emily che era inginocchiata per terra, il polso incatenato verso l'alto in una posa innaturale. 
Aveva il fiatone e i lunghi capelli biondi le coprivano il viso.
Pitone era ancora riverso a terra. 
Capii che era opera sua quello che era successo ma non c'era tempo per fare i sentimentali.
Infilai la mano nella tasca dei jeans per tirare fuori la spada. 
La feci trillare in aria come sempre e quella si trasformò. 
Corsi verso la mia amica. 
Presi forza e spaccai la manetta che la teneva imprigionata al muro. 
Appena libera non mi guardò nemmeno egli occhi. Con mani tremanti prese un lembo della sua gonna e strappò un pezzo di tessuto. 
Mi si avvicinò e mi fasciò il braccio. La stoffa si tinse subito di rosso, ma lei continuò a stringere. Lo annodò con forza, poi finalmente mi guardò. 
-Te l'avevo detto che quel braccialetto non era inutile...
-Non abbiamo tempo.- dissi velocemente guardando Pitone che cercava per il momento invano di riprendersi e alzarsi. 
-Camille...- tentò Emily. 
-Non abbiamo tempo. Percy!- chiamai.
Il ragazzo si materializzò accanto a me. -Portala fuori. Subito.- gli ordinai. 
Il figlio di Poseidone annuì poi afferrò Emily per un braccio mentre le infilava il cappello degli Yankees.
La mia migliore amica sparì. 
Percy prese a correre verso l'uscita stringendo il vuoto accanto a se'.
Mi voltai e vidi Pitone che si teneva in piedi alla parte, gli occhi chiusi. 
Tutta quella luce doveva avergli fatto male. 
Cercai Annabeth con lo sguardo e la vidi curva su Louis. Corsi verso di loro cercando di non perdere d'occhio Pitone. 
-Come sta?- chiesi allarmata, lasciando cadere per terra lo scudo e la spada, che tornò moneta.
-Non guarisce. Non capisco.- disse con voce rotta la ragazza. -Le nostre ferite guariscono più in fretta! Tutti questi tagli dovrebbero già essersi rimarginati!- alzò la testa verso di me e un ciuffo di capelli le sfuggi dalla coda alta. -Deve avere una specie di veleno ...dentro di se'. Stai attenta, Camille. 
Lanciai un'occhiata a Pitone che cominciava a riprendersi seriamente. 
-Tu stai con Louis. Cerca di rimetterlo minimamente in senso e poi esci di qui! Anche a costo di trascinarlo. Io intanto uccido Pitone. 
Annabeth annuì. 
-Frecce...- borbottò Louis con la voce roca, gli occhi chiusi e la bocca storta in una smorfia di dolore. -Le frecce. 
Mi guardai intorno disperata. 
-Non ho ne un arco, ne tantomeno delle frecce...- borbottai.
Improvvisamente si sentì un urlo e poi di nuovo quella forza e caddi addosso a Louis. 
Annabeth fece appena in tempo a rifugiarsi dietro un masso per non essere sbalzata indietro. 
Louis gemette e io mi rialzai velocemente borbottando un -Scusa!
Annabeth corse verso il mostro. 
Lanciò un coltello che andò a impiantarsi nella coscia di Pitone che ruggì di rabbia. 
Un attimo dopo il corpo umano del mostro cominciò a deformarsi. 
Le braccia si allungarono, le gambe si intozzirono e la testa si deformò. La pelle ruvida che si ritrovava cominciò a trasformarsi in scaglie verdi, dure e lucenti mentre il corpo da lucertola si ingrandiva fino ad arrivare a sfiorare il soffitto.
La testa era sproporzionata, più piccola rispetto al resto del corpo, allungata. Al posto del naso aveva due fessure minuscole, gli occhi gialli e rossi a mandorla e al posto della bocca un muso da cui colava delle bava verde fumante che a contatto col terreno sfrigolava producendo schiuma. 
Pitone aprì la bocca mostrando due denti aguzzi e sottili e una lunga lingua biforcuta. 
-Figlia di Aresss- sibilò allungando di molto la s. -la pagherai cara per quesssto. 
Annabeth fece qualche passo indietro spaventata. Poi facendo un bel respiro afferrò un altro pugnale e lo tirò di nuovo al mostro. 
L'arma si disintegrò a contatto con le scaglie senza nemmeno scalfirle. 
La figlia di Atena deglutì poi prese a correre intorno al mostro alla ricerca di un punto debole. Pitone infastidio cercò di scacciarla.
Sobbalzai appena qualcuno mi afferrò la mano. 
-Camille.- chiamò sofferente Louis. -Timoria può... può, porre fine a tutto.- sputò fuori tutto d'un fiato. -Fallo. 
Annabeth corse dietro un pilastro di roccia e trafficò con la cintura per sguainare la spada. Non avrebbe retto ancora per molto. 
Mi liberai dalla stretta di Louis e afferrai lo scudo di luce. 
Lo lanciai verso Annabeth, ma non arrivò fin dietro il pilastro.
Lei lo guardò un attimo poi corse a prenderlo mentre Pitone ruggiva di rabbia. 
Presi Louis e lo misi con la schiena contro un masso vicino. Lì sarebbe stato più al sicuro. Era piuttosto lontano dall'uscita ma contavo su Annabeth, sarebbe riuscita a portarlo fuori. 
Lo guardai. -Come faccio?- gli chiesi. 
Lui aveva gli occhi socchiusi ma sorrise nascondendo per un attimo la sofferenza.
-Non posso aiutarti. Sono umano adesso.- sussurrò con voce rotta. 
-Che cosa?- strillai. -No! Cosa stai dicendo?!
-Pitone...- rispose. -Il suo veleno ha soffocato il mio sangue divino. Non...
-Louis! Non pensarlo nemmeno. Troveremo un modo per ... Tu non sei umano! Aiutami ti prego! Tu hai sempre una soluzione!
Lui scosse debolmente la testa. 
-Non posso. Ci puoi riuscire solo tu. Con la tua forza di volontà. 
Strinsi le sue mani tra le mie. -Ti scongiuro.- lo pregai. -Ho bisogno di te. Aiutami. 
Rimase un attimo in silenzio. -Prendi la moneta.- ordinò poi quasi senza voce. 
Feci come mi aveva detto. La strinsi nel palmo di Louis, poi strinsi la sua mano a mia volta. 
-Devi entrare in contatto con Timoria. Devi farle capire cosa deve fare, come deve trasformarsi.- spiegò piano la voce sempre più affaticata. -Se è vero che siete destinate, che siete in qualche modo collegate, lei ti capirà. 
Io annuii, cercando di nascondere il terrore. 
-Non... avere paura. Ci sono io. 
Annuii stringendo di più la presa. 
-Aiutami. 
-Lo farò. 
Chiusi gli occhi, cercando di ignorare il battito furioso del mio cuore. 
Sì, sono una figlia di Ares. 
Sì, mi piace combattere. 
Sì, delle volte sembro invincibile e senza cuore. 
Ma in quel momento avevo paura. 
Una paura enorme di perdere le persone che amavo. 



Lasciai andare la mano di Louis mentre lui chiudeva gli occhi e si lasciava piano piano andare.
-Al petto. Tra le zampe. Devi... colpire, lì.
Non disse più niente, quasi spegnendosi. 
-Continua a combattere, Lou.- lo esortai. -Non arrenderti. Torno qui tra un minuto. Dammi il tempo di uccidere quel coso o di capire che non ho un arco. 
Louis bofonchiò qualcosa di incomprensibile. 
Aveva bisogno di Rachel e alla svelta. 
-Annabeth!- la chiamai urlando. 
Lei fece in tempo ad abbassassi mentre la coda di Pitone le sfiorava i capelli. 
-Porta fuori Louis da qui!- le ordinai. 
Il mostro di girò verso di me. -Ti piace giocare a fare l'eroina, ragazzzina? 
-Mi piace giocare a ucciderti!
Feci trillare la moneta. 
Trattenni il fiato rumorosamente mentre speravo con tutta me stessa che avesse funzionato. Avevo implorato l'anima di Timoria di aiutarmi. Di trasformarsi nella cosa di cui avevo il più disperato bisogno. 
Il tempo parve fermarsi.
La moneta sembrò girare lenta, troppo lenta per essere vero, poi si allungò. 
Ebbi un paura folle che non avesse funzionato.
Ma poi la sagoma scura si sdoppiò, prendendo una forma tondeggiante. 
Un attimo dopo avevo in mano un arco magnifico. 
Le venature simili a filmini che erano nella lama della mia spada ricoprivano completamente tutta l'arma, escluso solo il filo sottilissimo e argento. 
Per terra c'era una freccia. 
Una sola freccia uguale identica all'arco. 
Ecco qual era il prezzo da pagare. 
Una sola possibilità. Sbagliavo questo e avevo perso. 
Annabeth rimase pietrificata dallo stupore. 
Non feci in tempo a gridarle -Attenta!- che la coda di pitone la spinse per terra vicino alla galleria per uscire. 
La ragazza non si muoveva.
-Annabeth!- strillai.
Pitone fece qualche balzo verso di me. -Hai perssso tutto ragazzzina. Facciamo la finita qui! 
Guardai Louis immobile contro il masso, e mi sentii impotente come non mai. 
Poi mi girai verso Annabeth. 
Percy era chino su di lei, il cappellino poggiato per terra. 
La afferrò per le spalle e tentò di trascinarla via. 
I due sparirono dietro l'angolo. 
Sentii la paura impossessarsi di me. 
Chi avrebbe aiutato Louis adesso? 
La soluzione era una sola; dovevo uccidere quel mostro. A tutti i costi. 
Incoccai la freccia e chiusi un occhio per prendere la mira. Tirai la corda.
Pitone sibilò quella che doveva somigliare a una risata. 
-Illusa. Non riuscirai mai...
Mi concentrai sulla fessura che aveva sul lato sinistro del petto, tra le scaglie della zampa e quelle del petto. 
Pensai a Emily e a come sarebbe stata perfetta. 
Lasciai il filo prima ancora che il mostro finisse la frase. 
La freccia viaggio alla velocità della luce, fischiando nell'aria e andò a conficcarsi nella pelle del mostro che lanciò un ululato di dolore. 
Feci per correre da Louis ma il grido di pitone si trasformò in una risata. 
-Figlia di Aresss, sssei veramente una sssciocca.- rise strappandosi la freccia di dosso.
Cominciai a respirare affannosamente. 
Come?! Come aveva potuto non funzionare? 
L'arco tra le mie mani si ritrasse nella sua forma di moneta. 
La feci trillare ma non successe niente. 
Pitone si faceva sempre più vicino. Lanciai un occhiata a Louis. 
Ritentai e lanciai in aria Timoria ma lei rimase chiusa in se' stessa. 
-Ho fallito.- sussurrai a Louis, troppo lontano per potermi sentire. -Ho fallito, Louis, mi dispiace. 
Pitone fece tremare il suolo avvicinandosi a me. 
Alzai gli occhi al cielo. -Ti scongiuro, Padre. Ti prego. Salva Louis. In qualsiasi modo tu conosca. Anche il più terribile e doloroso. Salvalo! 
La coda del mostro mi attagliò lo stomaco e mi vede volare all'indietro, verso l'uscita. 
Guardai la galleria buia e vuota, ma rimasi immobile dolorante. 
Il braccio pulsava e la benda che mi aveva improvvisato Emily era gonfia di sangue e pus. 
Non meritavo di vivere. 
Avevo fallito. 
Avevo salvato Emily ma condannato Louis. 
Pitone rise sprezzante.
-Morirai illusssa!
Morirò colpevole. 
Sentii la voce di mio padre nella testa. "Fuggi, Camille! Fuggi piccola idiota!"
Io scossi la testa. 
Non ero stata in grado. 
-Salva Louis ti prego.- sussurrai. 
Pitone improvvisamente si fermò, a pochi passi da me. 
Dal petto, proprio dove l'avevo colpito cominciò a uscire una sostanza nera come la pece. 
-Cosssa?- chiese a se' stesso il mostro, incredulo, portandosi una zampa di artigli al cuore. 
Ma il fluido non smise di uscire. 
Pitone urlò. 
Fissai tra le lacrime quello che stava succedendo, anche se non ci stavo capendo molto. 
Pitone indietreggiò, ingombrante, e cadde contro il pilastro con tutto il suo peso, mandando lo in frantumi.
La terra introno a me cominciò a tremare e dal soffitto cominciarono a cadere detriti di ogni genere. 
Rimasi lì per terra sperando che un masso mi colpisse in fretta per punirmi e mettere fine alla mia vita in fretta. 
"Scappa di lì, Camille!" Ruggì mio padre nella mia testa. 
Io mi alzai ma per correre verso Louis. Lui doveva salvarsi. 
Feci pochi passi che un masso cadde davanti a me. 
-LOUIS!- lo chiamai. -Louis! 
Scorsi la sua figura per terra poco prima che qualcuno mi afferrasse per le spalle. 
-Andiamocene di qui, Camille!
Un ragazzino dai capelli rossi mi strattonò. 
Aveva circa 13 anni, era minuto e secco, i capelli rossi non erano troppo lunghi ma nemmeno troppo corti. Aveva una tuta azzurra e grigia, smunta. Ai piedi portava delle scarpette con ricamate sopra delle ali. In una mano teneva un cappello con le stesse ali ricamate e un bastone.
Ermes. 
-No!- strillai. -Devo salvare Louis! LOUIS!
Una cascata di pietre piovve dal cielo per ostruire quasi completamente il passaggio. 
Intravidi da una fessura Louis che dandomi le spalle, voltava la testa verso di me, sorridendomi debolmente. Mi parve di leggere sulle sue labbra un -Ti amo. 
Cominciai a strillare e piangere. -LOUIS! Louis! LOUIS!- ululai di dolore mentre il ragazzino mi trascinava via, troppo forte rispetto a quello che avrebbe dovuto essere. Io continuavo a cercare di correre dalla parte opposta. Verso il figlio di Atena.
L'ultimo masso otturò completamente la grotta lasciando me e Ermes al sicuro nella galleria. 
Cedetti sulle ginocchia urlando e singhiozzando, invocando il nome di Louis. 
-NOOO! LOUIS! LOUIS!
Nascosi il viso tra le mani, appoggiando i gomiti sulle cosce. 
Non poteva essere. 
Ero io quella che doveva morire. Non lui!
Cacciai indietro la testa urlando -L'AVETE LASCIATO MORIRE!
Era rivolto agli dei, a me, al fato e al karma. 
A tutti. 
Mi sentivo a pezzi, il cuore mi pesava nel petto e i singhiozzi mi percuotevano le spalle. 
Io dovevo morire!
Ermes cercò di alzarmi ma io lo spinsi via con tutte le mie forze. 
-VATTENE! È ANCHE COLPA TUA! SOPRATTUTTO COLPA TUA! L'
 AVETE UCCISO!
"Non fare la piagnona, Camille." Disse freddamente Ares nella mia testa. 
-VATTENE! NON TI VOGLIO NELLA MIA TESTA! NON VOGLIO PIÙ ESSERE FIGLIA TUA! VATTENE!
Avevo ucciso Louis. Era morto. E io non avevo più ragione di vivere.



Angolo dell'Autrice:
Avrete il permesso di offendermi, tirare giù gli Dei dell'Olimpo dal monte, tirarmi le banane e le cippole, comprare una ghigliottina e tirarmi la ghigliottina, e copiere qualsiasi altro atto violento, SOLO dopo avermi un attimo ascoltato. 

So che sarete un pochino shockati dagli ultimi eventi e vi capisco. Lo sono anche io. 
Insomma, uccidere Louis non era nei miei programmi iniziata la storia. 
Farlo vivere felice e contento con tanti pargoli insieme a Camille, questo era il programma. 
Ma io sono mezza folle, anzi folle intera, e quindi dovete tenermi così.
Alzi la mano chi si aspettava una fine tanto tragica come questa? 
Alzi la mano chi si aspetta che io risolva le cose?
Alzi la mano chi vuole uccidermi perchè non lo farò? 
Alzi la mano chi guarda Un passo da cielo e ha capito la battuta all'inizio del riassuntino?... Ok. Basta. 

In realtà vorrei aspettarmi un boom di recensioni in un capitolo come questo ma credo che alcune di voi apposta per farmi un dispetto non recensiranno e mi lasceranno gongolare nella mia disperazione post traumatica. 
Tipo, guardate il riassunto inziale... lì ero nella fase traumatica. 
Ma tranquille, dopo che avete realizzato che il figlio di Atena è morto per colpa di Camille, degli Dei, del karma, del fato, mia, della neve nelle domeniche d'agosto di Gigi d'Alessio (colpa di Extraordinharry che mi ha attaccato questo pallino!), degli One Direction (perchè loro centrano sempre), degli Union J (perchè anche loro centrano sempre), di Jaymi (perchè è un figo che ha avuto le palle di fare coming out, e anche se non conosco gli union J, lo stimo lo stesso), di mio papà che mi ha obbligata a andare a acomprare la pizza mentre stavo cercando di aggiornare, della Libreria Universitaria (perchè c'è la pubblicità qui sotto), e perchè non mi ricordo perchè sto elencando tutta questa gente... Ah! Dopo aver realizzato il fatto sarà figo. 
Perchè la mia è stata un splendida idea. 
Mi sento un po' come la Rowling quando a ucciso i Malandrini, quando la Collins ha ucciso Finnick, quando la Clare ha inflitto a James, quel figo di James, la malattia più terribile del mondo e ha lasciato Will incolume, quando Riordan ha ucciso Selena, quando... ho finito gli autori fighi che conosco. Ah! Quando Harry Styles ha lasciato cadere gli occhiali del cesso e l'ha scritto su Twitter, quando ha rotto l'Iphon5 appena uscito, quando... lasciamo perdere. 
Insomma mi sento un pò padrona del mondo (come quando ho ascoltato Take me Home la prima volta o quando la ascolto per strada delle cuffie e la gente mi sembra stupida) e direi di smetterla perchè mi sto annoiando da sola. 

Prima di dare il via alle danze, ringrazio in modo particolare chi ha recensito: Aryelle, Another_World21, AleJackson, JupiterEj, The_OwL_Gandalf, Trich, WatsonxD_, Dafne Rheb Ariadne e cate394rina


Tre, Due, Uno... Via alla violenza! 

Alice 



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Capitolo 19
*** 18. Enormi sensi di colpa ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 18
                                             Enormi sensi di colpa




     Baby, you don't have to worry 
I'm coming back for you.
Baby, I've been going crazy
So I'm coming back for you.
{Back for youOne Direction}

     
Fissavo le onde di Long Island ormai da cinque giorni. 
Non provavo più sentimenti se non un enorme senso di colpa. 
Sedevo sulla spiaggia del Campo senza fiatare, senza dire una parola. 
Mi ero fatta a malapena curare il braccio. 
Ogni tanto qualcuno veniva per cercare di convincermi a mangiare qualcosa. 
Non avevo nemmeno rivolto parola a Emily se non per dirle un monotono -Ben tornata.- l'unica volta che avevo aperto bocca in quei giorni, da quando ero uscita con Ermes dalla galleria.
Emily aveva pianto, disperato accanto a me,e una volta mi aveva persino raccontato che era venuta a cercarla in infermeria Harry Bake e che le aveva chiesto di uscire il weekend seguente, che le aveva, forse apposta, lasciato un bacio troppo vicino alla bocca. 
Era al settimo cielo e io invece me ne stavo a fissare il mare con l'anima corrosa fino al midollo e non riuscivo a provare nemmeno un briciolo di entusiasmo. 
Solo gelosia. 
Un'enorme gelosia. 
Perché il ragazzo che lei amava non era morto. 
Una volta erano venuti insieme Percy e Annabeth a cercare di consolarmi. 
Un'altra solo Annabeth per piangere con me. Anche se in realtà aveva pianto solo lei. Ma almeno mi ero sentita per un secondo di nuovo umana. Con qualcuno che finalmente mi capiva. 
Ma poi mi ero accorta Annabeth non aveva amato Louis. Era un fratellastro per lei. Non lo aveva amato al mio stesso modo 
Un'altra volta era venuta Clarisse a dirmi che le dispiaceva e che mi ero rammollita. 
Non mi era scappato nemmeno un sorriso. 
Un'altra volta Chirone che mi aveva messo una mano sulle spalle e mi aveva detto che non avevano ancora deciso quando fare il funerale. 
Avevo sputato per terra. 
Che schifo di parola funerale. 
Una volta era venuta una signora vestita per bene. I capelli biondi e ricci erano la sola testimonianza che fosse Atena. 
Mi aveva detto che non dovevo farmene una colpa e che Louis non avrebbe mai voluto vedermi così. 
Il massimo che avevo fatto era stato alzare le spalle. 
Una volta era venuto mio padre per dirmi che ero ridicola. 
Percy veniva tutti i giorni più volte al giorno e mi si sedeva accanto senza dire una parola. Mi portava dell'ambrosia sciolta in un bicchiere d'acqua che io bevevo tutto d'un fiato per poi rimettermi con il mento appoggiato alle braccia a loro volta poggiate sopra le mie ginocchia. 
Era l'unico di cui apprezzavo la compagnia. Perché non diceva niente. Perché sapeva solo vagamente cosa provavo e non fingeva di capire come stavo.
Perché aveva visto morire gente a lui cara ma non Annabeth, perché aveva provato cosa voleva dire rischiare di perdere una madre e la ragazza che si ama ma poi le aveva riavute indietro.
Annabeth una volta mi aveva raccontato di quella volta che pensava che Percy fosse morto ma che in realtà era stato mandato da Efesto all'isola di Calipso. 
Forse solo lei capiva vagamente. Ma poi il suo ragazzo glielo avevano restituito. A me nessuno l'avrebbe fatto. 
Una volta era venuta Artemide a dirmi che era orgogliosa di me. Mi aveva lasciato cadere accanto un volantino della Cacciatrici. 
Una volta era venuto Harry Bake. 
Mi aveva detto solo grazie. 
Poi si era avvicinato e mi aveva baciata sulla guancia. 
Era l'unico che mi aveva colta alla sprovvista perché era venuto di notte e non avevo sentito i suoi passi. 
Una volta era venuta la figlia di Afrodite, quella che aveva tentato di pomiciare con Louis poco prima di partire, quella della minigonna troppo mini, Alexandra.
Aveva il trucco perfetto ma piangeva disperatamente. Mi aveva accusata di essere ipocrita e falsa. Mi aveva detto che non avevo diritto di stare così male perché io non avevo mai amato Louis. Non come lei. Mi aveva accusata di averlo ucciso -cosa vera.
Poi mi aveva tirato uno schiaffo in pieno viso. 
Appena aveva visto con non facevo una piega mi aveva mandata al Tartaro ed era corsa via piangendo, il trucco sempre fatto. 
Una volta era venuto il Signor D. Mi aveva detto che ero arrivata al Campo con un giorno di ritardo, che avevo voluto sfidare la sorte a portare con me tre compagni anziché due e che ne avevo pagate le conseguenze. Poi mi aveva chiamata col mio vero nome, mi aveva detto che era tremendamente dispiaciuto di aver perso un ragazzo tanto brillante e che i funerali sarebbero stati il giorno seguente. 
Aveva capito al volo che non mi sarei presentata. 
Alle cinque del mattino prima della cerimonia si era presentata di nuovo Emily, mi aveva detto che si era sentita un'insensibile e si era messa a piangere di nuovo. Mi aveva portato Timoria visto che era ricomparsa in camera mia. Io di tutta risposta l'avevo presa e l'avevo lanciata in mare. Sapevo che sarebbe riapparsa nella tasca dei miei pantaloni dieci secondi dopo, ma era colpa sua. Era anche colpa sua. Se si fosse aperta forse non avrei perso la speranza. Non avrei perso tempo e avrei salvato Louis. 
Se avesse funzionato subito la sua freccia, avrei salvato Louis. 
Una volta poi era venuto, dopo il funerale, il padre di Louis che mi aveva detto che non era colpa mia se suo figlio era morto e che non era arrabbiato con me. 
All'alba del sesto giorno mi ero addormentata sulla spiaggia, con l'intenzione di non svegliarmi più. 



Quando mi svegliai era sera e il sole stava tramontando.
Accanto a me c'erano solo un paio di bicchieri di ambrosia, quelli lasciati da Percy. 
Sotto il secondo bicchiere c'era un biglietto. 
Diceva soltanto:
"Non perdere la speranza.
C.
"
Non sapevo chi fosse C. Non era la scrittura di Chirone, ne tanto meno di Clarisse. 
Era in perfetta calligrafia femminile e profumava di qualche strano tipo di fiori. 
Lo appallottolai e lo tirai in acqua, pensando che fosse uno scherzo di pessimo gusto. 
Bevvi i due bicchieri. 
Quando li riposai sulla sabbia, il bigliettino era tornato lì. 
Mi guardai intorno. 
E allora la vidi. Era un piccola zattera improvvisata. Si stava piano piano avvicinando a riva. 
Non riuscivo a capire chi ci fosse sopra ma c'era qualcuno. 
L'isola avrebbe dovuto tenere lontani sia mostri che umani. Che ci faceva un naufrago qui?
Rimasi immobile come una statua, le braccia lungo i fianchi le mani aperte con i palmi sulle gambe. 
La zattera ondeggiante si dirigeva proprio verso la spiaggia. 
Pensai che forse sarebbe stato meglio chiamare Chirone, o qualcuno. 
Ma non ne avevo la forza. 
Mi venne in mente che in quei giorni avevo invocato tanto la morte che forse avevo invocato un mostro terribile.
Sperai che fosse così, e che mi avrebbe uccisa subito. 
Chiusi gli occhi e feci qualche passo verso la riva, pronta a morire. 
Sentii dopo troppi minuti la zattera arenarsi al bagnasciuga. 
Strizzai di più gli occhi. 
-Camille?
Sobbalzai e caddi all'indietro. Mi tappai le orecchie stando bene attenta a non aprire gli occhi. 
No. 
Non poteva essere. 
Nessuno merita di soffrire tanto. 
Adesso la sua voce mi avrebbe perseguitata per il resto dei miei giorni. 
Udii vagamente la sua voce dire -Camille, apri gli occhi. 
Sentii dei granelli di sabbia entrarmi nei pantaloni e mi concentrai su quello. 
Cosa aspettava a uccidermi?
-Uccidimi ti prego. Fai in fretta, ti supplico.- pregai in un sussurro, la voce roca dopo sei giorni di assoluto silenzio.
Mi resi conto che sarei morta con gli stessi vestiti che avevo nella grotta. Che sarei morta come quando ero con Louis. 
Due mani morbidissime mi presero i polsi e mi liberarono le orecchie. 
-Ti prego. Fai in fretta. Ti prego, ti prego, ti prego...
-Ma io non ti voglio uccidere. 
Di nuovo la sua voce. 
Forse ero già morta?
Un dito mi percorsa la linea del viso, fino ad arrivare al mento facendomi rabbrividire. 
Ero già morta. Certo. Mi sentivo così bene. 
-Sai...- sussurrò il mostro con la voce di Louis. -dovresti aprire gli occhi...
Magari era Medusa! Sarei morta pietrificata!
Aprii gli occhi. Ma rimasi accecata. 
Nel sole del tramonto c'era il viso di Louis. 
Aveva i capelli biondi spettinati e che andavano tutti in una direzione diversa. 
I suoi occhi grigi brillavano e mi guardavano dolcemente.
Gli intravidi addosso una maglia larga e bianca, un po' sciupata. 
Era bellissimo. 
Sbattei un paio di volte le palpebre. 
-Sono morta. Sono in paradiso, vero?- sussurrai. 
Louis mi accarezzò ancora il viso. 
Era chino su di me, le ginocchia che affondavano nella sabbia. 
-No. Sei viva. Sei al Campo. 
Scossi la testa chiudendo gli occhi.
-Chi sei tu allora?- chiesi allora, sentendomi rilassata dopo quella che mi sembrava una vita. Come se la mia anima stesse uscendo dal corpo.
Il ragazzo mi guardò tra il divertito e il confuso. 
-Sono Louis. 
-No.- commentai. -Louis è morto. L'ho... L'ho ucciso io. 
Lui si avvicinò di più al mio viso. 
-No.- spiegò a un soffio dalle mie labbra. -Sono vivo. 
Non ebbi tempo di dire nient'altro. 
Lui, chiunque fosse, Louis o no, mi baciò. 
Si mise a cavalcioni su di me, sulla mia pancia, senza pesare troppo, senza smettere di baciarmi. 
Approfondii il bacio sentendo la testa leggera.
Le mani del ragazzo percorsero il mio corpo fino a sfilarmi la maglietta. 
Io intanto lo accarezzavo ovunque potevo, il viso, il busto, le spalle...
Volevo morire, e quella era una morte meravigliosa. 
Lui si levò la maglietta e allora mi fermai. 
La sua pelle era perfetta, come quella di un bambino appena nato, tranne in un punto. 
Una cicatrice gli percorreva il lato sinistro del busto e continuava sotto i pantaloni. 
Sembrava il segno della... coda di Pitone. 
-LOUIS!- strillai togliendomelo di dosso. 
Era un sogno
Doveva esserlo. 
Ma lui mi abbracciò. 
Era vero. Era davanti a me. 
-Cosa...?- balbettai.
-È stata Calipso.- spiegò lui mentre ancora io non connettevo.-Mi ha curato. Mi ha persino fatto tornare un semidio. È stata magnifica. Mi ha trattato benissimo io... Sono vivo grazie a lei. 
Scossi la testa sconvolta. -Ma come? Quando? Perché?
-L'hai chiesto tu ad Ares di trovare un modo per salvarmi...
-Sì, certo. L'ho... L'ho chiesto io.- Che cosa...?
-Mi sono svegliato sulla sua isola. Ero messo malissimo. Le mie ferite non si rimarginavano. Stavo per morire. Ero completamente mortale e...
-Non eri mortale. 
-Sì. Il veleno di Pitone... L'ha voluto lui. È stato terribile, Camille. Mi devi credere. Non riuscivo nemmeno a... pensare. 
-E come... 
-Calipso è una maga. È riuscita a guarirmi e... Sono tornato. 
Lo fissai. 
Sembra che qualcuno l'avesse appena messo a lucido. 
Non stavo delirando quando dicevo che la sua pelle era morbidissima, lo era davvero. 
Era... un angelo. 
Sul serio. 
Magari era tornato dagli Inferi. 
Che posto terribile gli Inferi. 
Fu allora che sentii come un click rimbombarmi in testa, come l'incastrarsi di due ingranaggi.
Lui non era tornato dagli Inferi. Era tornato da... Calipso. 
Gli tirai un ceffone. Con tutta la rabbia che avevo in corpo. 
Mi pulsava il palmo dopo averlo colpito. 
Louis mi fissò sconvolto e dolorante. 
-Ma cosa...?
-Con che coraggio mi rivolgi la parola?!- strillai sentendo comunque il cuore martellare nel petto a una velocità impensabile capendo che non era morto. -Sei stato una settimana su un'isola paradisiaca insieme a una ragazza eternamente sedicenne, mentre pensavo che fossi morto, mentre pensavo che ti avessi ucciso, corrosa dai sensi di colpa, sono stata tutto questo tempo fossilizzata su questa spiaggia a fissare il nulla, a cercare di morire lentamente e dolorosamente! E tu eri con Calipso! Con CALIPSO!
-Ma...- aprì la bocca lui. 
-Stai zitto, Santi Numi! Sono morta! Sono morta di paura! Mi sono sentita uno schifo! Per non essere stata in grado di salvarti! Cosa diavolo hai fatto con Calipso una settimana sulla sua isola, eh?!- ero fuori di me dalla rabbia. 
Oh, l'avrebbe pagata cara. Oh sì se l'avrebbe fatto. 
In tutta risposta lui arrossì. 
-Non...
-Ti scongiuro non dirmelo! Non dirmelo!- strillai con voce acuta. 
Mi alzai, raccattai la mia maglietta da terra -ah certo, come se non bastasse mi stavo facendo spogliare da lui.- e senza degnarlo di uno sguardo presi la strada per il Campo, senza maglietta addosso.
Louis era sconvolto, ancora seduto sulle sue ginocchia a petto nudo, senza riuscire a capire. 
Marciai verso la cabina numero 5.
Mi scontrai con Harry e Emily, che si tenevano per mano troppo affettuosamente, che mi fissarono tra il stupito, il meravigliato e lo shoccato. 
-CAMILLE!- sentii chiamare Louis dietro di me mentre superavo la coppia.
 -CAMILLE ASPETTA!
Louis superò alla velocità della luce Emily -che non ci stava ufficialmente capendo più niente e pensava di soffrire di allucinazioni.- e Harry, -che dopo un secondo di puro shock stava chiamando Chirone.- e mi bloccò il polso proprio mentre stavo per entrare in casa mia. 
-Posso spiegare!- disse con appena il fiato affaticato.
Sorrisi amara. -Vai a spiegare alla tua migliore amica come hai fatto a sopravvivere dentro una grotta completamente franata sotto il suolo di Philadelphia.
Lo strattonai e entrai, mirando al bagno. 
-Camille!- sentii appena la voce del ragazzo. 
Poi qualcun altro mi chiamò. -Camille?
Clarisse era in piedi davanti a me, gli occhi che uscivano dalle orbite dalla sorpresa. 
-Chi ti ha convinto a smuoverti di là?
-Louis, Clarisse. Louis!- sbraitai sbattendo la porta del bagno dietro di me e aprendo il rubinetto della doccia. 
Me l'avrebbe pagata cara, oh sì. 


Quando mi sedetti al tavolo insieme ai miei fratelli a cena, tutto il Campo fissava alternativamente me e Louis. 
Non sapevano se essere più sconvolti dal fatto che Louis fosse ancora vivo o che io mi ero smossa dalla spiaggia. 
Chirone aveva fatto un discorso molto incoraggiante sulle dure prove che aveva affrontato Louis per sopravvivere -ovviamente senza accennare a Calipso.- e alla fine mi aveva sorriso raggiante dicendo che era bello avermi di nuovo tra le fila. 
Il Signor D. aveva borbottato qualcosa a proposito del figlio di Atena, storpiando apposta il suo nome e accennando al fatto che avevano sprecato un fantastico drappo funebre per niente. 
Emily era corsa teatralmente tra le braccia di Louis prima di cena visto che dopo che Harry aveva avvisato Chirone del miracolo non erano riusciti a parlarsi. 
Io ero uscita dalla doccia con Clarisse che mi fissava ghignando e mi aveva detto semplicemente -Ben tornata. 
Il buonumore del Campo era alle stelle. 
Tutti erano entusiasti del ritorno di Louis. 
Percy ci aveva parlato parecchio a tavola, visto che Louis si era infiltrato durante la cena al suo tavolo. 
Il figlio di Poseidone aveva fatto una battuta alla quale Louis aveva annuito abbattuto, poco prima che il figlio di Atena tornasse al suo posto.
Dopo cena girava già la voce di Calipso. 
Tornando alla mia capanna avevo intravisto di fronte a quella di Afrodite, Alexandra che supplicava Louis di entrare con lei. 
Avevo sbattuto la porta seccata. 
Poi mi ero lasciata cadere con la delicatezza di un elefante zoppo sul letto. 
-Sai che non dovresti essere così dura con lui, sì?
Sobbalzai appena sentii la voce. 
La capanna era vuota visto che tutti erano alla festa improvvisata in onore di Louis. 
Harry era in piedi, appoggiato con la solita nonchalance al muro nella penombra. 
Perché non lo sentivo mai arrivare? 
Ah già. Figlio di Ermes. 
Mi misi a gambe incrociate sul letto. 
-Mi sento una stupida sentimentale.
Harry si sedette accanto a me. 
-E perché mai?
-Perchè mentre io stavo qui a pensare di mettere fine alla mia vita lui era a spassarsela con una ragazza su un'isola caraibica. 
Harry rise. -Se la metti così sembra quasi una vacanza... È quasi morto. Ha detto che era addirittura mortale. 
Mi strinsi nelle spalle. 
-Mi fa male trattarlo così male. Ma...- affondai le mani nei capelli. -...pensarlo su una spiaggia con una ragazza fa ancora più male. 
-Perchè?
-Perchè lui è fatto così. Ogni essere femminile lo attrae come una calamita. Mentre... Dio, che stupida! Ci ho creduto come una scema!
Harry aggrottò le sopracciglia. 
-Camille?
-Mi sono lasciata incantare come tutte! Ho creduto che mi amasse!
-Lui ti ama davvero. 
Risi sprezzante. 
-Certo. 
-Te lo sta dimostrando proprio in questo momento.- commentò il figlio di Ermes. 
Lo guardai confusa. 
Lui mi fece alzare e mi portò alla finestra, una mano amichevolmente posata ben alta sulla mia schiena.
Feci appena in tempo a vedere Alexandra lì di fronte correre via da Louis in lacrime e il ragazzo sospirare mentre portava lo sguardo alla mia cabina. 
Fece qualche passo incerto verso l'entrata. 
Sperai che entrasse. 
Ma poi si fermò e camminò tranquillo verso la sua casa, non interessato minimamente alla festa che stavano facendo per lui. 
Mi girai verso Harry ma non c'era nessuno. 
Chiusi la bocca e rimasi alla finestra fino a che Louis non sparì dalla vista. 
Poi tornai a letto. 
Ero talmente stanca che mi addormentai completamente vestita. 



Mi tremavano le mani. 
La punta della freccia di conseguenza non stava un attimo ferma e stavo sudando freddo nonostante fosse piena estate. 
Lasciai andare il filo. 
La freccia mancò di parecchi centimetri il bersaglio. 
Lasciai cadere a terra l'arco, imprecando. 
Emily saltò giù dal palo di legno sul quale si stava dondolando da un po'.
-Cami?
Mi lasciai cadere sulle ginocchia. 
-Non ci riuscirò mai. 
-È solo il primo giorno che riprendi in mano l'arco... È normale che tu sia spaventata!
La mia amica si inginocchiò accanto a me, posandomi una mano sulla spalla. 
Come era possibile che non riuscissi neppure a impugnare l'arco? 
Cosa aveva che non andava il mio cervello?
-Dai, riprova. 
Ma il problema era che non riuscivo più a mirare e vedere il vero bersaglio. 
Vedevo solo il petto di scaglie di Pitone, il viso pallido e malato di Louis morente, la pioggia di sassi che mi lasciava al sicuro con Ermes mentre rinchiudeva il ragazzo nella grotta...
Rabbrividii. 
Sentii Emily abbracciarmi. 
Era l'unica che mi era venuta a cercare quella mattina, come sempre. 
Ci eravamo scusate a vicenda un milione di volte e poi le avevo chiesto se sarebbe venuta con me al poligono del tiro con l'arco, per aiutarmi. 
-Non dovresti pensare a quelle cose.- disse la mia amica, capendo il problema come sempre. 
-Non lo faccio apposta. 
-Ma ora va tutto bene. Mi hai salvata, Louis è tornato vivo, l'oracolo è ancora di Apollo... Va tutto bene
Scossi la testa. 
-Come faccio a guardare in faccia Louis e non pensare che mentre io, mentre noi, soffrivamo pensandolo morto, lui era...
-Non ha fatto niente con Calipso.- disse dura Emily. -Assolutamente niente. L'ha solo curato. Ci ha messo un po' a farlo. Ha dovuto trovare pure un modo per togliere il veleno di Pitone senza portare via anche il sangue divino di Louis. Ma non ha fatto niente. 
Emily sospirò appena vide che non accennavo ad alzare lo sguardo dalle mie ginocchia. 
-Tutto questo dobbiamo dimenticarlo. Io ho sbagliato ad arrabbiarmi così con te due settimane fa, ho sbagliato a tenerti nascosto che volevo diventare una Cacciatrice e ho sbagliato a non dirti che ieri Harry mi ha baciata, ma dobbiamo dimenticare tutto questo e ricominciare da cap-
La interruppi alzando la testa e prendendo la per le braccia. 
-Harry ha fatto cosa?!
Emily rise. -Mi ha baciata. Ieri. Alla festa per Louis-anche-se-Louis-non-c'era.
Sorrisi dimenticandomi per un attimo di tutto. 
-Miei Dèi era l'ora! 
Emily mi tirò un pugno nel braccio. 
-Dai, Mil. Prendi quell'arco e fagliela pagare!
Le sorrisi mentre tornava a sedersi sulla palizzata, con le gambe a penzoloni. 
Impugnai l'arco e mirai. 
Stavo per scoccare la freccia quando una risatina acuta mi distrasse. 
Alexandra era accanto a Louis tutta allegra come se la sera prima non fosse successo nulla. 
Sentii fin da lì la sua voce stridula dire -Louis! Aiutami!
Il ragazzo le si avvicinò e si mise dietro di lei. 
Le mostrò come impugnare l'arma.
Scorsi la ragazza appiccicare il su corpo formoso a quello di Louis che sorrise imbarazzato ma continuò a cercare di farle capire come tendere l'arco. 
Sentii la gelosia rodermi dentro. 
Mi vennero in mente le parole che Annabeth mi aveva detto dopo cena. 
Che se avessi continuato così, l'avrei perso completamente. 
Senza accorgermene lasciai andare la freccia. 
Poi buttai per terra l'arco e marciai a grandi passi verso Louis. 
-Tu!- urlai quando fui a pochi metri. 
Alexandra mi ghignò divertita mentre Louis mi fissava tra lo speranzoso e l'imbarazzato.
Gli scrollai di dosso la ragazza dicendole un -Levati gallina. 
Poi afferrai Louis per il colletto della maglia facendolo piegare in avanti. Mi alzai leggermente sulle punte e lo baciai. 
Lo baciai con rabbia ma appena mi staccai, lui mi guardava come un ebete. 
Lo lasciai andare e me ne tornai verso Emily, che mi guardava orgogliosa e divertita. 
Lanciai un'occhiata alla freccia che si era incastrata tra la linea azzurra del 10 e del 20. Un punteggio pietoso per me ma decisi che avrei avuto tutta l'estate per riabituarmici. 
Scavalcai con un balzo la palizzata mentre Emily si girava e mi seguiva. 
Sentii dietro di me i passi scoordinati di Louis. 
Avevo sofferto abbastanza. L'avevo aspettato abbastanza. Mi aveva aspettata abbastanza. 
Era arrivata l'ora di divertirsi.



Angolo dell'Autrice:
Ho scoperto di essere una molto pessima attrice perché molte -troppe- di voi si sono accorte subito che Louis non poteva essere morto per davvero.
E quindi la conclusione è: il mondo del Cinema non fa per me. 
La prossima volta che deciderò di far morire un personaggio, lo ucciderò sul serio, così non dovrò fingere niente. :)

Comunque, io volevo aggiornare sabato 24 ma quando sono tornata dal ristorante, ho acceso tutta tranquilla il computer e ho scoperto che si era rotto. 
Direi che possiamo ridare il via alle danze dal titolo "L'agonia del computer scacio di Alice" perché non ho idea di quanto riuscira a sopravvivere ancora.

Ora, 12 recensioni. 
Avete idea di cosa questo significhi per me? *.*
Oddio, sono al settimo cielo. Potrei morire di felicità! 
Davvero grazie un milione a Trich, AleJackson, Another_World21, WatsonxD_, TaliafigliadiZeus, The_OwL_Gandalf, Dafne Rheb Ariadne, JupiterEj, Ailea Elisewin, Aryelle, Writer96 e care394rina.
Siete fantastiche, vi adoro :')

Vi saluto perchè mio fratello sta sclerando in aramaico antico che vuole il computer :3

Grazie davvero un milione. 
Spero di non avervi deluse, alla prossima con l'epilogo!
Alice (:

ps. Ma non ci sta troppo benissimo quella canzone all'inizio? asdfghjkl xD
Vi ho messo il link sul titolo. Vi scongiuro ascoltatela. Anche se non vi piacciono gli One Direction :)

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Capitolo 20
*** Epilogo. Addio ***


Essere unMezzosangue è una faticaccia

  Epilogo 
 Addio 


I'll be by your side,
Don't you worry. (...)
Just know that we'll meet again
and we'll always be together.
Forever, always.
{Always be together - Little Mix}

 

Quella mattina mi svegliai sentendo il senso di colpa opprimermi il petto, come da due settimane a quella parte. 
Settembre si avvicinava pericolosamente e io avrei voluto solo pregare gli Dèi di tornare al mese precedente. 
Non avevo mai avuto paura della fine dell'estate visto che ero sempre rimasta al Campo con i miei migliori amici accanto, ma quell'anno sarebbe stato diverso. 
Stavo per rovinare tutto. 
Saltai come sempre la colazione e mi avviai verso il padiglione; avevo solo voglia di sfogarmi un po' con la spada. 
Ci avevo messo tre settimane per ritrovare il coraggio di far trillare in aria Timoria e da allora non l'avevo più lasciata. Ovviamente aveva ripreso la sua normale forma di spada e non aveva mai minimamente accennato a trasformarsi in un arco.
Succedeva ancora che mi svegliassi nel cuore della notte, senza fiato, sudando freddo e col cuore che batteva a mille, a causa degli incubi. E non riuscivo a calmarmi fino a che non mi alzavo, mi vestivo e andavo alla cabina di Atena per controllare che Louis fosse addormentato lì. 
Non ne avevo mai parlato con lui delle mie notti insonni, ma sospettavo che Annabeth, che spesso mi aveva vista entrare e uscire di soppiatto dalla sua cabina, l'avesse confessato al fratello.
Louis non smetteva mai di abbracciarmi, di baciarmi e di ricordarmi che sarebbe sempre stato lì con me, per sempre. E solo quando mi era vicino ne ero sicura. 
Quella mattina Emily mi affiancò tranquilla, per accompagnarmi al padiglione nonostante non indossasse i vestiti per l'allenamento. 
-Allora?- mi salutò impaziente. -Gliel'hai detto?
Scossi la testa, 
Emily sbuffò.
-Camille! Cosa stai aspettando? Che qualcuno lo dica a Louis? Che riesca a fare due più due e che lo capisca?
-Emily!
-È vero!- si difese lei. -Avevi promesso una settimana fa che gliel'avresti detto.
Mi sentii troppo in colpa. -Lo so. 
Emily mi fissò. -Lo devi fare. Oggi. 
Annuii poco convinta. 
-Camille.- ordinò la mia amica. -Oggi. Per davvero. 
Sospirai. 
-Io vado.- disse la bionda facendo per girarsi. 
-E dove?
Emily ghignò. -Harry mi porta in un posto speciale, oggi.
Alzai gli occhi al cielo. -Ancora?
Lei si avvicinò al mio orecchio. -Sì.- sibilò contenta. 
-Siete terribili.- commentai ridendo. Quei due sparivano troppo spesso per i miei gusti. 
-Siamo romantici.- mi corresse Emily. 
-Vattene!- le dissi spingendolo via. 
Lei sorrise e prese la direzione opposta alla mia. 
E io ripiombai nel baratro dei miei sensi di colpa. 



Infilzai il manichino per l'ennesima volta, cercando di tenere occupata la mente. Feci per ricominciare ma due braccia mi presero per i fianchi, facendomi sobbalzare. 
-Oddio!- imprecai mentre Louis si affacciava dalla mia spalla. 
-Bonjour, ma cherie.
Sbuffai. -Se fossi una figlia di Afrodite, capirei e ti risponderei. In rima. 
Louis rise. 
Ridendo, mi lasciò un bacio nel collo. -Sei tesa ultimamente.- constatò poi soffiandomi sulla pelle. -Tutto bene?
Annuii. -Sì. Certo. 
-Non sembrerebbe. 
-Sono caduta dal Pegaso l'altro giorno e sono un po' tesa per quello.- improvvisai. 
-Tu non cadi mai dal Pegaso...- si accigliò lui.
-Sbagliare è umano.
-Ma tu non sei umana. 
Mi girai e allacciai le braccia sul suo collo mentre le mani di Louis scivolavano un po' troppo in basso sulla mia schiena. -Ma stai zitto. 
Gli tappai la bocca con un bacio. E lui ne parve contento. 
-Sei libera domani sera?- mi chiese col fiato corto. 
Feci finta di pensarci. -Forse. 
-Ok. Disdici tutti i tuoi impegni. Sarai occupata con me. 
Sorrisi sulla sua bocca. -E perché mai?
-Domani è l'ultimo giorno di Agosto. C'è la cena tutti insieme con chi andrà via per l'anno scolastico. 
Sentii l'aria posarsi pesante nei polmoni. Sentivo le viscere attorcigliarsi su se stesse. 
-Tutto bene? Camille?
Annuii scostandomi in fretta da lui. 
-Ehi, che succede? Sai pallidissima. Camille!
Corsi via verso l'uscita del padiglione, seguita dal ragazzo. E sotto lo sguardo preoccupato e teso di Louis, vomitai l'anima. 



Emily bussò alla mia porta l'indomani sera, capendo al volo perché fossi tanto agitata. 
-Avevi detto...- cominciò. 
-So cosa avevo detto, Emily! Ma non è così facile!- la interruppi ancora prima che iniziasse. 
-Sì, invece!- disse arrabbiata. -Non deve per forza prenderla male! Sono solo 9 mesi in fondo!
-Emily...
-Stasera. Giuralo. 
Mi limitai a fissarla in silenzio. 
-Non farlo, e glielo dirò io.- minacciò uscendo.
-Emily!- cercai di richiamarla.
-Glielo dirò io! 



Non mi ero messa in ghingheri per quella sera. Anzi. Se avessi potuto mi sarei vestita a lutto. 
Louis mi venne a prendere, ed era al settimo cielo. Mi stampò un bacio sulle labbra.
In quell'istante mi sentii quasi bene. 
-Pronta?- mi chiese con gli occhi che luccicavano. 
Aveva sempre detto che il periodo che amava di più al Campo era proprio l'inverno perché se lo poteva godere insieme alle persone a cui teneva di più senza avere primini eccitati fra i piedi. 
Io gli sorrisi. Mi cadde lo sguardo sui miei vestiti. Un paio di jeans, una camicia leggera con la manica a tre quarti e le solite converse.
Lui invece aveva dei pantaloni scuri, una camicia bianca e addirittura la cravatta. 
Teatralmente slacciata, ma pur sempre una cravatta. 
Mi sentii stupida, pensando che avrei potuto comunque vestirmi meglio, ma lui non sembrava pensarla come me. 
-Sei bellissima stasera.- commentò infatti abbracciandomi stretta. 
Mi limitai ad affondare il viso nella sua spalla e sussurrare un -Anche tu. 
Louis allacciò le nostre mani e insieme uscimmo per andare verso la mensa. 
Lui prontissimo per l'ultima cena, io completamente terrorizzata. 



Intravidi tra la folla Emily e Harry che si baciavano sotto un albero, proprio dietro la spiaggia dei fuochi d'artificio. 
Sospirai e alzai gli occhi al cielo. 
Se 'baciare Harry Bake' fosse stata una materia scolastica Emily avrebbe avuto di certo il massimo dei voti. 
Louis si accorse della mia espressione e scoppiò a ridere. 
-Sono una bella coppia.- commentò.
-Direi che dopo anni di sofferenza, Emily si stia meritando questa relazione con Harry, ma la situazione sta degenerando!- commentai trattenendo le risate. 
-Sono solo innamorati.- ribatté Louis. 
-Sì, ma potrebbero essere denunciati per atti osceni in luogo pubblico! Guarda!- esortai Louis. 
Lui lanciò uno sguardo veloce. -E smettila di fissarli! 
-Che cosa?!- esclamai sconvolta fissando la coppia -Adesso vado lì e li interrompo. Guarda! Guarda Louis! 
Il ragazzo mi prese per le spalle e mi fece alzare. Ci spostammo di una decina di metri e Louis si rimise a sedere in un punto dal quale non avrei potuto vedere Harry sollevare la maglia di Emily. 
-Così...- cominciai mettendomi a sedere accanto a lui. Cavolo, andava ancora un po' più lontano e i fuochi d'artificio li avremmo visti con il binocolo! E col cacolo che controllavo la mia amica da laggiù. -Non riesco a vedere nient-
Louis mi baciò, zittendomi.
-Non vale...- borbottai dopo.
-Mi sembra di ricordare che anche a te è sempre piaciuto adottare questa tattica...- disse facendo passare un braccio intorno a me, avvicinandomi. 
Alzai gli occhi al cielo ma non feci in tempo a ribattere. 
Dal mare cominciarono a scoppiare i fuochi artificiali. 
Non aprii bocca per almeno dieci minuti, limitandomi a guardarli distratta mentre dentro di me, infuriava la battaglia 'Diglielo-Non dirglielo'.
Alla fine mi decisi e presi coraggio. -Louis...- sussurrai. 
Lui non dette segno di avermi sentita. 
-Louis!- alzai allora la voce. 
Lui si girò sorridendo verso di me. Vedendo la mia faccia, si fece subito serio. 
-Ti devo dire una cosa.- dissi. 
Lui si agitò. -Lo so. 
Mi mancò il respiro. Come faceva a saperlo?
-E come...?
-Non sono stupido. So fare due più due, Camille.- borbottò a voce bassa tanto che feci fatica a capire. -Cosa stavi aspettando a dirmelo?
-Io...
-Si vede lontano un miglio che sei distratta, tesa, confusa. Se voi tiro a indovinare cosa vuoi dirmi. 
La sua voce esprimeva solo delusione. 
-Pensavo che non avresti mai pensato a... mettere in dubbio il mio amore per te. 
-Non è... non è colpa tua!- dissi con le lacrime agli occhi. 
-Certo che lo è!
-No, Louis!
-Queste cose si fanno in due!
Mi bloccai improvvisamente. In due? Di cosa stava parlando? 
-Ma...
-Ti starò lo stesso accanto! Non sarà questo a farci dividere, anzi!
-Fermo!- ordinai allora. C'era qualcosa che non andava. -Di cosa stai parlando?
-Sei incinta, no?- mi chiese come se fosse ovvio. -Io ti ho vista... 
-No!- urlai. -No, no, no! Non sono incinta! 
Louis mi guardò stranito. -Ma come...? Allora di cosa stai parlando?
-Me ne vado.- dissi -Tra una settimana inizio l'ultimo anno di studi in un liceo a New York. Mia mamma è... riuscita a farmi entrare.- conclusi in un sussurro. 
-Cosa?- domandò allibito Louis. -Te ne vai? 
Annuii. 
-Quando torni? 
-Per la prossima estate. Dopo gli esami. 
-Ma... Non hai mai vissuto fuori dal Campo per così tanto tempo!
-Mi verrà affidato un Satiro Custode. Io...starò bene. 
Louis cercò il mio sguardo basso. -Ma io no. Lontano da te. Per più di nove mesi... 
Alzai il viso, scontrandomi coi suoi occhi grigi, lucidi. -Lo sai quanto ho sempre desiderato uscire di qui, studiare, avere una vita normale...
-Pensavo che ormai ti fossi abituata alla tua vita da semidio! Ho provato cosa vuol dire essere mortali! Non è come credi che sia! 
-Lo so. Ma io lo voglio comunque. Andarmene, vivere, conoscere il mondo... Il mondo è tutta una sfida e...
-E per una figlia di Ares è impensabile rinunciare a una sfida, no?- concluse aspro. 
-Se mi ami veramente, capirai. E mi lascerai andare. 
-Se mi amassi veramente, capiresti quanto ti amo. Capiresti che voglio solo stringerti, saperti accanto a me, baciarti, toccarti...
-Per quello ci sono...
-Non dirlo, Camille!- mi interruppe arrabbiato, capendo quel che stavo per dire. -Non pensarlo nemmeno! Io amo te! Non le figlie di Afrodite! Amo te! Voglio baciare te! Voglio stare con te! Non con loro...
-Io voglio partire. Andare a New York e vivere i miei sogni. Stare con mia madre e sentirmi dire da lei ogni sera "buona notte.", voglio girare per le strade, guardare le luci dei negozi, uscire la sera con i miei compagni... 
-Perchè io non rientro nei tuoi desideri?
-Perchè tu sarai qui. Perché tu fai parte di questa vita. Quella che sta per diventare la mia vecchia vita. 
-Grazie. Ora si che hai pestato per bene il mio cuore.- disse alzandosi.
-Louis! No!- mi alzai di scatto. -Aspetta un attimo! Devo spiegarti! Io ti amo! Ti amo come mai ho amato nessun altro! Ma sii realistico! Come potremmo mantenere una relazione in queste condizioni? Io a New York, tu qui. Io a scuola, tu ad allenarti tutto il giorno. Magari all'inizio potrà sembrare anche fattibile ma poi, quando cominceremo a rimandare le telefonate perché siamo occupati, cominceremo a non avere voglia neppure di mandarci un messaggio e dirci 'ti amo'. Le poche volte che ci vedremmo ci sentiremo tanto imbarazzati e lontani da sembrare solo ridicoli. Ho paura di quel che potrà fare la distanza alla nostra storia...
-Tutte queste belle parole, vogliono dire che mi stai lasciando no? 
Mi sentivo irrequieta e spostai il peso da un piede all'altro.
-Preferisco ricordarmi di noi così come siamo adesso e non come potremmo finire tra tre, cinque mesi. Preferisco l'estate prossima decidere se riprovarci e sentirmi di nuovo innamorata come adesso che evitarti come la peste per l'imbarazzo...
-Stai dicendo tante belle cose, tutto quello che vorresti tu, ma non pensi a me? Io ti vorrei qui, insieme a me, come sempre. Vorrei passare con te tutto il tempo che posso, sempre. Vorrei...
-Ti scongiuro Louis. Cerca di capire...- lo interruppi. 
-NO!- sbraitò mentre gli ultimi fuochi d'artificio davano il colpo di grazia all'estate e alla nostra storia. -Non capisco! Non capisco, perché io ti amo, te lo sto cercando di dire in tutti i modi, e l'unica cosa che so è che sono stato fino ad ora con un'insensibile egoista che pensa solo a se' stessa! Che forse non mi ha nemmeno amato almeno la metà di quando l'abbia fatto io! Che mi sta mollando per uno stupido sogno che come minimo la farà uccidere! Cosa devo capire di più, Camille?! Che sono solo un fallito? Un illuso? 
-Louis, non parlare così...
-Sai una cosa? Vai! Vattene a New York. Vai e fatti una nuova migliore amica, un nuovo fidanzato, una nuova vita... Tutto nuovo. Ma non pensare nemmeno di tornare qui l'estate prossima e riprendere da dove ti sei fermata. Non sono un film, Camille. Anche io vado avanti quando lo fai tu. Vai. Ma non pensare che io capisca, che io ti appoggi in tutto questo. Perché tutto quello che riesco a vedere, è una stupida ragazza che crede ancora nel sogno di una bambina. Una stupida ragazza che crede di poter cambiare le cose. Sarai sempre figlia di un Dio, Camille. Anche se farai finta del contrario. E sai che dio? Ares. Non fare finta di non sapere quel'è il tuo posto, perché sappiamo benissimo che è in quella capanna numero 5, insieme ai tuoi fratelli e alla tue sorelle, insieme alla tua migliore amica, insieme a me. Insieme alla tua famiglia. 
-Louis...- lo chiamai ormai con gli occhi lucidi posandogli una mano sul braccio. 
Quando si girò notai due lacrime alla luce della luna e dei fuochi artificiali sparire verso il suo collo. 
-Sei talmente insensibile, egoista e cieca che non sei nemmeno capace di versare una sola lacrima per quello che stai facendo. Hai preso il mio cuore, hai fatto finta di amarlo mentre intanto già tramavi per infilzarlo con la tua spada. Mi hai baciato, mentre pensavi che avresti dovuto dirmelo prima. Ma sei pure codarda. Tanto codarda da non ammettere che nemmeno tu vuoi tutto questo. Che è solo un desiderio di una bambina. Ma svegliati, Camille. Hai 17 anni. Non lo sei più.
Si divincolò dalla mia presa lasciandomi da sola, in piedi in mezzo alla spiaggia che mi mordevo il labbro per non scoppiare a piangere, mentre si alzava un coro di urla per la fine dello spettacolo. 
Seguii con lo sguardo la sua sagoma scura sparire dietro gli alberi, in direzione della cabina di Atena e continuai a fissare il vuoto anche dopo che se n'era andato. 
I ragazzi intorno nemmeno se ne stavano accorgendo. 
Tutto ad un tratto bisbigliai tra me -Ma cosa ho fatto?



Quando mi svegliai il mattino del giorno seguente, fui colta da un senso di vertigini. Dovetti rimettermi seduta sul letto per non rischiare di cadere rovinosamente a terra. 
Clarisse evidentemente già sveglia da un po', già entrata in modalità "Gente, sloggiate!", mi guardò perplessa, quasi preoccupata. 
Il mio litigio con Louis non era passato così inosservato come avevo creduto. 
Mi ritrovai a fissare i miei miseri bagagli appoggiati ai piedi del letto, mentre Clarisse riprendeva a urlare minacce sempre più terribili. 
-Sai che tua madre non ha molta pazienza.- mi avvisò poi avvicinandosi un po'. -Se alle 10 in punto non sei al pino di Talia si arrabbierà. 
Mi alzai come un'automa ed entrai in bagno chiudendo la porta a chiave dietro di me. 
Mi lasciai scivolare lungo la parete. Non avevo ancora versato una lacrima per quello che era successo la sera prima. E forse fu per quello.
Affondai le mani nei capelli e fissai il pavimento. Le orecchie mi fischiavano. Al posto del caos al di là della porta cominciai a sentire le parole del figlio di Atena.
Quei -Vattene!- sprezzanti mi rimbombarono nella testa. Rividi il suo viso prima deluso, poi arrabbiato. Le lacrime che non si era preoccupato di trattenere. 
E finalmente scoppiai in singhiozzi. 


Abbracciai Emily. 
-Ci sentiremo spesso...- promisi. 
Lei sospirò. -Lo sai che non lo faremo. 
-Non...
-Non potrei mai chiamarti sul cellulare pensandomi qui al sicuro e tu laggiù a Manhattan senza protezione... Cosa ti sfugge del concetto che i telefonini sono come dei razzi segnaletici attira-mostri?
-Per sentirti potrei anche rischiare di farne a pezzetti qualcuno ogni tanto...
-Forse dovresti rischiare un po' meno per me, e un po' di più per Louis.
Mi sembrò di aver appena ingerito una palla di piombo. Mi guardai intorno anche se sapevo che Louis non sarebbe venuto a salutarmi. 
-Non doveva prenderla troppo male, eh?- chiesi retorica usando le sue parole.
-Io avevo detto che poteva anche non prenderla troppo male...- mi corresse Emily. Poi sorrise. -Gli passerà. 
-Non ne sono così sicura. 
-Anche lui pensava lo stesso appena tornato dall'isola di Calipso. Poi alla fine ti è passata...
La abbracciai di nuovo. -Mi mancherai. 
-Si. Anche tu. 
Emily sciolse l'abbraccio che aveva gli occhi lucidi. -Dovresti andare. Tua mamma ti aspetta. Attenta a non farti ammazzare.
Annuii. 
Mi sporsi dietro Emily e salutai con la mano Harry, che in tutta risposta mosse il capo. 
Mi girai e cominciai la salita verso il pino, sistemando meglio lo zaino sulle spalle.
Percy e Annabeth erano già in cima, pronti per andare a New York. Insieme.
Arrivata lassù, mi voltai. 
Emily era abbracciata a Harry e muoveva il braccio verso di me. Sorrisi e feci per andare oltre quando lo vidi. 
Louis era in piedi, da solo, lontano da tutti. Curvo nelle spalle con le mani infilate nelle tasche dei jeans. Vederlo con la maglia arancione del Campo non mi aveva mai fatto tanto male. 
Sospirai rumorosamente cercando l'aria che sembrava non voler entrare nei polmoni. 
Intravidi Emily che si girava guardando nella mia direzione, ma molto probabilmente non riusciva nemmeno a vederlo. 
Rimasi lì ferma a fissarlo mentre lui faceva lo stesso, fino a che sentii un clacson suonare e la voce lontana di mia madre urlare il mio nome. 
Mi voltai scuotendo la testa mentre Louis faceva la stessa identica cosa. 
Cominciai a scendere la Collina Mezzosangue, sforzandomi di non girarmi più. 
Nove mesi. Sarei tornata lì dopo nove mesi. 
Ma dovevo concentrarmi su un'altra cosa in quel momento: tutto stava per cambiare. 



'Cause you turned your face, 
and now I can't feel you anymore.
'Cause you turned your face,
so I can't see you anymore. 
Walk away until you're not standing at my door.
Turn your face, walks away and stay. 
{
Turn your face - Little Mix}



 

Fine


Angolo dell'Autrice:
Nel caso non aveste mai finito una fan fiction, bè, vi assicuro che è una sensazione orribile e meravigliosa allo stesso tempo. 
Insomma, questa cosa qua l'ho iniziata esattamente il 22 Gennaio dell'anno scorso: poco meno di un anno fa. Mi ha accompagnata per due mezzi anni scolastici. Mi sono scervellata non poco per far combaciare tutte le cose, per cercare un nemico figo, per non farla cadere mai nel banale, per correggere tutti quei merdosi errori di battitura che puntualmente metto ovunque. 
Ho ignorato ore e ore di lezioni per scriverla a scuola, mi sono sentita un genio quando mi venivano dei lampi di ispirazione, anche nei momenti meno opportuni come durante il compito di matematica o mentre ero sotto la doccia. 
Ho accompagnato Camille ovunque, l'ho fatta innamorare, piangere, strillare, incazzare una quantità di volte incontabili.
Ed ora ve l'ho pure resa una stronza di dimensioni cosmiche.
Vi ho fatto morire Louis, ve l'ho ridato. 
Ed ora ve l'ho di nuovo tolto.
In ogni caso, spero di avervi fatto ridere qualche volta, imprecare contro di me quando non capivate che cazzo avessi in mente, commuovere quando c'era da commuoversi. 
Ammetto che sono stata abbastanza cattiva a lasciarvi un epilogo del genere, ma non sono una tipa da lieti fine. 
E poi poensatela in modo positivo: mi da un ottimo slancio per un possibile sequel. 
Perchè sì, ho alcune piccole, pallide e stupide idee per un seguito che non escludo farò. 
Ma non credo lo avrete presto. 
Non riscirei mai a sopportare tre long contemporaneamente. (ehm. più o meno.)
Perchè si. Inizierò una nuova long prima dell'anno nuovo. 
Ma sapete quanto sono lenta e noiosa nelle long. Che quando vi trovate un capitolo nuovo lo dovete segnare di fucsia sul calendario perchè è un avvenimento.
Non sarà sul mondo di Percy Jackson come ho anticipato ad alcune di voi. Ma sui One Direction.
L'ho promessa a troppa gente e non posso più rimandare. 
So che a molti di voi non piacciono come gruppo, ma sono sempre io. Forse rischio di cadere molto più spesso nel banale, ma sempre io. 
Potete sempre fare finta che siano una band musicale inventata, totalmente sconoscita al mondo e blablabla.
Ovviamente nessuno vi obbliga a leggerla, comunque per chi fosse interessato in settimana posterò il primo capitolo. 
Ora. 
Sono stata abbastanza noiosa. 

Le canzoni sono delle Little Mix come avete notato. IO AMO QUELLE QUATTRO. 
Le amo. Sono OSSESSIONATA.
Non so se rendo l'idea. 
La mia eterosessualità è pesantemente messa in dubbio quando le vedo. (Viva l'omosessualità!)
Ok. Sto impazzando.
Aspettate. Fatemi cercare un immagine dei One Direction e torno me stessa. 

Bene. Fatto. 
Sono di nuovo qui. 
Era appena uscito il CD quando stavo scrivendo e quindi ve le ho spiattellate lì. 
Che non è ancora uscito in Italia, ma siccome io ho un'amica figa e pandosa, lei me l'ha regalato ieri per Natale richiedendolo da non so quale posto estero sconosicuto. 


Sto per dichiararmi un'altra volta omosessuale alla loro vista quindi passiamo oltre. 

Già. E' finita così. 
Ma non mi ammazzate, ok? 
Chi ve lo scrive poi il sequel?

Poi. 
13 recensioni.
13 RECENSIONI.
13 RE CEN SIO NI.
1 3  R E C E N S I O N I .
!!!

Non so se rendo l'idea. 
Voi mi volete morta. Punto. 
Siete delle assassine.  :')

Trich, Catnip Elizabeth Weasley, AleJackson, WaitFotIt, Another_World21, Idiotwhoreads, Writer96 (che adesso mi disconosce, me lo sento.), The_OwL_Gandalf, Aryelle,  Dafne Rheb Ariadne, cacciatrice di Artemide, TaliafigliadiZeus e WatsonxD_

Ma quanto posso amarvi?!

A questo punto, visto che questo Angolo sta diventando più lungo del capitolo stesso e mi sento noiosa e ingombrante, ringrazio solo le 13 preferite e le 25 seguite. 
Nessuno se la ricorda questa storia. 
Ahahahahah :3

Bene posso lasciarvi. 
A presto, spero veramente. 
Mi mancherete tanto. Voi, questa storia, tutti. 

Un bacione enorme, GRAZIE di tutto. 

Oddio ora mi metto a piangere. 
Ciao!

Alice 

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