Percy Jackson e La costellazione della Macchinetta del Caffè

di Ella_Sella_Lella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Galeotto fu l'invito e chi lo (ri)chiese ***
Capitolo 2: *** La profezia di RED ***
Capitolo 3: *** La costellazione della Machinetta del Caffè ***
Capitolo 4: *** Chi semina vento raccoglie tempesta ***
Capitolo 5: *** Ecate ha capito tutto dalla vita ***
Capitolo 6: *** Alle divinità minori piace fingersi umani ***
Capitolo 7: *** Cháos to̱n géf̱seo̱n ***
Capitolo 8: *** Come l’Atlantide Zoe decise di impersonarsi Tiranna di cuori ***
Capitolo 9: *** Una mezza verità ***
Capitolo 10: *** Mai accettare mele caramellate dalla dea della Discordia ***
Capitolo 11: *** Il semidio rinuncia all'arco di Stelle ***
Capitolo 12: *** Seguire le stelle serve sempre ***
Capitolo 13: *** Il pegno di Annabeth ***
Capitolo 14: *** Incastrato in una medaglia dai poli diametralmente opposti ***
Capitolo 15: *** Lady Liberta' ***
Capitolo 16: *** Centaure in gonnacorta ***
Capitolo 17: *** La sfortuna e' amazzone ***
Capitolo 18: *** Combatti il fuoco con il fuoco, il veleno con il veleno ***
Capitolo 19: *** Messaggi dall'Oltre tomba ***
Capitolo 20: *** Avviso ***
Capitolo 21: *** Ragazzi da Parete ***
Capitolo 22: *** Gemelli ***
Capitolo 23: *** Non ber d'un sorso il tè di Hypnos ***
Capitolo 24: *** Dolce è l'Attesa ***
Capitolo 25: *** Come in cielo ... ***



Capitolo 1
*** Galeotto fu l'invito e chi lo (ri)chiese ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Galeotto fu l’invito e chi lo (ri)chiese
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Artemide, (Presenti: Sally Jackson e due sconosciuti)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1406
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Il senso di questa ff è sconosciuto persino a me …

3. La coppia Clou (Si può dire?) è … Inaspettata … Neanche un po’ …

4. C’è un mito, di cui ho scelto solo una versione, molto bello e mi chiedo perché RR l’abbia totalmente ignorato.

5. Perché la storia ha un titolo tanto idiota? Avete mai dato un’occhiata alla costellazioni? C’è ne una che sembra una macchinetta per il caffè, non vi dico qual è, perché è il fulcro di questa ff.

6. Trovare un genere a questa ff è stato assurdo come un avvertimento. Diciamo che è ambientato dopo il quinto libro … :9 (Volutamente 9)

 

Buona lettura …

 

 

Galeotto fu l’invito e chi lo (ri)chiese

 

Non capitava spesso che qualcuno che si dicesse un’amica di scuola di Percy suonasse alla porta della loro casa e questo Sally lo sapeva. Percy non aveva amiche, escludendo Annabeth, Thalia e Clarisse, che lei conoscesse, figuriamoci a scuola, dove suo figlio non aveva neanche uno straccio di amico e se poi l’aveva, si rivelava qualche strana creatura, tipo un satiro o un ciclope o un  oracolo. Dunque non sapeva come comportarsi, le aveva aperto ma subito aveva avvertito suo figlio. Percy si era piazzato accanto alla porta, con vortice, nella forma di una penna stretta tra le mani, Sally era dietro la porta che guardava dallo spioncino.

Sul pianerottolo c’era una ragazzina dai capelli ramati, il volto dolce, quasi divino, ma in qualche modo severo, gli occhi  quasi miele, da sembrare stelle lucenti, era piccola, poteva avere massi tredici anni e continuava a dondolarsi sull’uscio aspettando che qualcuno le aprisse. Sally la descrisse al figlio, “Ne sei sicura?” chiese Percy, stringendo di più vortice, aveva conosciuto una sola persona che corrispondeva a quella descrizione, ma non poteva essere lei, perché non avrebbe avuto senso. “Si” rispose Sally, prima di avere il consenso del figlio ad aprire la porta, la ragazza era ancora lì, continuando a ciondolare la davanti, si era lei, Percy non avrebbe dimenticato mai un volto tanto importante, la ragazzina si riscosse dai suoi pensieri guardando madre e figlio che la guardavano.

“Entri, tesoro?” chiese dolce Sally, Percy guardò la ragazzina, “Certo signora Jackson” rispose,  la ragazza si spostò ed in modo regale la ragazzina dai capelli ramati si accomodò. “Vuoi dei biscotti?” chiese ancora la donna, la fanciulla declinò di grazia e Percy convinse la madre ad andare in cucina, mentre loro si sarebbero diretti in salotto. “È molto gentile tua madre” constatò la ragazzina, Percy deglutì, non riusciva proprio a capire cosa ci facesse Lei lì.

Si stabilirono in salotto, Percy adocchiò il divano, ma quando notò che la ragazzina non era intenzionata a sedersi, non lo fece neanche lui, per non sembrare irrispettoso e per non infastidirla, temendo di ritrovarsi trasformato in qualcosa di sconveniente, tipo un Jacklope. “Come mai è qui Divina Artemide?” chiese Percy, con gli occhi bassi, la giovane dea lo guardò, poi si lasciò cadere sul divano, puntando le mani strette sulle ginocchia nude, “Siediti Eroe”  impartì poi, con un tono con ammetteva repliche, ma che nascondeva un comando a fin di bene, come se quello che avrebbe detto poi, sarebbe stato più facile da affrontare se Percy fosse stato già seduto su una superficie morbida.

Artemide, la dea della caccia e della luna, era ancora seduta sul divano, il suo braccio era attaccato a quello del figlio di Poseidone che nervosamente guardava il salotto della sua casa che per la prima volta gli sembrava così angusta. Sally fece capolinea in salotto con un vassoio con dei dolcetti blu e due bicchieri d’acqua, “Se vi venisse fame ragazzi” si giustificò, andando via, senza scollare gli occhi dalla nuova venuta, con una profonda curiosità, Sally lo percepiva che non era umana, la foschia non l’ingannava ed Artemide l’aveva capito.

“Eroe, devo farti una richiesta” cominciò Artemide, Percy annui e si mise ad ascoltare, non contraddire mai gli dei, specialmente quella che odiava i maschi, se bene considerasse Percy un uomo e questo lo faceva sentire davvero importante, a quattordici anni, Artemide l’aveva chiamato uomo, perché aveva avuto la forza e il coraggio di sorreggere il cielo, “Mi dica” concesse alla fine, la dea si voltò verso di lui, con uno sguardo intenso, sembrava diversa, come se per la prima volta non fosse la dea della caccia, ma solo della luna, o magari neanche quello. Era come se fosse una semplice ragazza, i suoi occhi esprimevano sensazione, Percy non capiva quale, anche perché era già abbastanza sconvolto dal fatto che Artemide non sembrasse di marmo, ma sembrasse viva. “Una richiesta privata” aveva poi aggiuntò, strinse i pugni, rischiando di conficcarsi le unghia nella care, “Di cui non dovrai far parola con nessuno. Particolarmente le cacciatrici” aveva terminato, il suo voltò era tornato una lastra senza emozioni, come se finalmente fosse tornata ad essere l’impassibile dea che cacciava per le selve.

“Ehm … Cosa dovrei fare?” chiese Percy, sentendosi improvvisamente a disaggio, era teso come una corda di violino ed il suddetto violino era nelle mani di Artemide che nel suo non fare nulla e restare in assoluto silenzio era come se di divertisse a pizzicarlo con l’archetto, nell’attesa di cominciare il brano migliore dell’opera che stavano interpretando. Artemide si voltò di nuovo verso l’eroe, intrecciò le proprie dita e roteò i pollici tra loro, “Te lo farò sapere!” concluse alla fine la dea vergine, alzandosi dal divano, si avvicinò al tavolo ed alla fine prese un biscottò, “Blu?” aggrottò le sopraciglia, Percy annui, Artemide curvò appena le labbra in un sorriso, che a Percy pareva raccapricciante, ma che sarebbe dovuto essere dolce. Addentò il biscotto, salutò Percy schiva, quasi che la sua presenza nei dintorni del ragazzo fosse una schifa concessione e non che fosse lei che era andato a cercarlo, andò via, salutando ovviamente prima Sally.

Percy rimase nel soggiorno chiedendosi quale incarico richiedeva la sua presenza per la divina Artemide?

Ci pensò tutta la notte, mentre sbirciava dall’angolo della finestra, le poche stelle che si vedevano sul cielo di Manhattan.  La dea gli era sembrata così poco lei, così fragile, così umana, così fanciulla. Non diversa da una tredicenne afflitta da un ricordo forse doloroso, che le premeva sulla bocca dello stomaco. C’era stato qualcosa di profondamente diverso in lei. Qualcosa di sbagliato. Aveva deciso si sarebbe lanciato in quella missione, solo per tornare a vedere il volto di Artemide rigido, che si imboniva solo quando parlava con le sue cacciatrici, voleva rivedere la determinazione ardere in un corpo al limiti nell’atto di sorreggere il cielo e non quella gracile  Dea che era stata seduta sul divano con lui.

Socchiuse gli occhi. Si addormentò.

Il mare era un’intensa distesa desolata. Percy si era guardato attorno per capire dove fosse, c’era solo acqua, anche lui era sul l’acqua, indossava un chitone bianco corto, una clamide sbiadita. Poi si era accorto che al suo fianco vi era un cane splendente. Si era guardato allungo intorno, poi aveva ripreso a camminare in una direzione imprecisa, era lì che passeggiava sulla superficie dell’oceano come fosse stata una qualunque via, le onde si increspavano appena sui piedi nudi, al suo seguito c’era il cane, ma  Percy continuava a camminare. 

Era lui e non era lui. Sapeva di essere Percy Jackson, ma quelle azioni erano già programmate, già svolte, già avvenute, non era la prima volta che gli capitava di ritrovarsi nel passato, in un preciso momento, in un corpo specifico. Doveva semplicemente lasciar correre. Aveva continuato per la strada di gocce, fino a che non era sorta all’orizzonte un isola dalle coste d’avorio e un bosco intriso di nero, si erano fermati entrambi a guardare le coste, poi le avevano raggiunte. E solo quando aveva sentito la sabbia sotto i piedi, Percy aveva realizzato quanto fosse immenso, anche il cane era enorme, erano due giganti. 

“Voi chi siete?” urlò, quasi di battaglia, una freccia d’argento si conficcò a pochi centimetri dai suoi piedi, una ragazza uscì dalla foresta, la più bella fanciulla che lui avesse mai veduto, non per Percy ma per il padrone di quel corpo, a cui vennero alla mente altri due volti, ma quella donna, forse ancora un po’ bambina, era divina, di certo non poteva essere una mortale, forse una musa o una ninfa? No Doveva essere per forza una dea, anzi La dea. Forse era Afrodite? No, possedeva una fierezza quasi regale, indossava pelli d’animale e brandiva con forza un arco d’argento. I capelli erano di cuprum brillante e gli occhi accessi, di un intenso colore, da sembrare la luna,  due distinte lune splendenti e mai tanta leggiadria aveva visto in un volto e  tanta grazia in un corpo. Artemide Agrotera.  Era lei. “Chi siete voi?” urlò di nuovo la Dea, puntando l’arco d’argento verso il volto di Percy.

Il figlio di Poseidone si era svegliato di soprassalto. Perché aveva sognato l’incontro con Artemide. Non poteva davvero associare alcun eroe o uomo alla dea della caccia, davvero non riusciva a pensarlo, eppure sapeva che un legame doveva esserci tra il gigante e la dea e sicuramente quel rapporto avrebbe influenzato la sua missione, qualunque essa fosse.

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Capitolo 2
*** La profezia di RED ***


Avventure scolastiche

Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Sam Rockoverstreet, Artemide e Rachel E. Dare (Sally e Paul Stockfiss)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1470 (è un po’ corta xD)
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. In questo capitolo appare un nuovo personaggio: Sam. Ma bandate bene non è un OC, ma non è neanche proveniente dalla mano di RR, basta su di lui non vi dico altro.

3. Per la Profezia perdonatemi ero incapace di inventare di meglio … Mi ci sono scervellata, penso che sia abbastanza comprensibile per chi ha capito il mito.

4. Red è il soprannome inglese di Rachel, ovvero il “Rossa” con cui la chiama sempre Percy, sia per i suoi capelli (che dovrebbe dirsi in inglese Ginger e non Red), ma anche per la Sigla, Rachel Elizabeth Dare, RED.

5. Rachel diventa l’oracolo se non lo sapevate ed è una pittrice.

6. La frase che dice Sam a Percy sull’interrogare La ghiandola Pineale è tipica di una particolare religione Eretica, che sarà spiegata più avanti.

7. Tentete d’occhio Sam. Sto cercando di renderlo adorabile, ma non mi viene.

Buona lettura

 

La Profezia di RED

Quando il  primo raggio di sole era  filtrato dalla finestra, Percy aveva aperto gli occhi. Era sceso dal letto ed aveva trovato già sua madre in cucina che faceva le frittelle blu per lui e per il suo patrigno.
“Buon giorno ragazzo” esclamò l’uomo con un bel sorriso, Sally era andata da Percy e gli aveva stampato un bacio amorevole sulla guancia, “ ‘Giorno tesoro” disse poi la donna, scompigliando i capelli di Percy che li fece notare che ormai era grande, ma Sally aveva controbattuto che per lei, lui non sarebbe mai stato troppo grande.

Era andato a scuola. Si era dovuto sorbire il suo vicino di banco, l’unico compagno con cui avesse un minimo di contatto, che l’aiutava a copiare ai compiti a causa della sua dislessia e che pur troppo aveva un’enorme fissazione per le divinità. Conosceva tutti i miti e tutte le divinità, dalla prima generazione dei titani alla più insulsa personificazione. Lui amava l’olimpo, ma sperava di non doverne sentire parlare almeno quando non era al campo, anche perché cercava di concentrarsi su Artemide che aveva bisogno di lui e dello strano sogno che aveva fatto. “Il mito più bello è quello di Orione …” stava dicendo Sam con enfasi, mentre gli occhi piccoli, scorrevano sulle pagine di un libro di epica che non sarebbe dovuto essere letto durante l’ora di letteratura, “Lo conosci?” chiese Sam, Percy scosse il capo prima di ricordare al compagno di classe che faceva già molta fatica a concentrarsi, il ragazzo sorrise demoralizzato. Sam Rockoverstreet era un ragazzo dal fisico magro, la pelle bronzea, i capelli bruni, tagliati in malo modo, la frangia impari continuava a cadere sempre sul naso, coprendo gli occhi neri, così scuri da avere l’impressione di poterci sprofondare ed un sorriso malinconico. Sostanzialmente non era affatto un cattivo ragazzo, aveva qualche vizietto, come un quintale di catrame nei polmoni per via della sua dipendenza da nicotina, ma non era male, era solo molto sfortunato ed era una calamità per i bulli, forse per questo Percy c’aveva stretto una specie di regalo, perché quel tizio smilzo vestito con abiti grigi gli aveva ricordato lui prima che imparasse a difendersi, prima che scoprisse di chi era figlio. Certo non si sarebbe stupito se avesse scoperto che Sam era qualche orribile mostro, ma sperava veramente fosse il primo normale amico della sua vita.

Quando suonò la campanella dell’ora dopo, Sam trattenne il figlio di Posidone qualche istante. “Percy non so cosa tu abbia oggi … Sei anche più strano del solito” cominciò Sam, cercando di spostare con un frettoloso gesto di mano i capelli che erano sempre davanti agli occhi, il figlio di Poseidone alzò le spalle, non gli avrebbe potuto spiegare nulla, altrimenti Sam l’avrebbe preso per matto o, cosa ancora più probabile, avrebbe voluto entrare a forza in quel mondo. “Ma se hai qualche interrogativo, poni la domanda a chi sicuramente è più sapiente di te” terminò il ragazzo, gli occhi erano vispi, Percy non badò tanto anche alla forma alquanto anomale di porre la domanda, visto che non era il modo comune di parlare degli adolescenti e tanto meno di Sam, ma Percy pensò solo a quello che aveva detto, gli venne in mente Rachel, l’Oracolo, non che lo stupì, probabilmente Sam quando gli aveva detto quello non aveva pensato ad una ragazza con la capacità di guardare il futuro, anzi chi sa a chi si riferiva, ma per un attimo, questione proprio di un secondo, Percy nel fissare gli occhi scuri dell’amico, attraversati da un barlume  particolare, aveva pensato parlasse seriamente dell’oracolo. “Si credo lo farò …” borbottò confuso l’eroe, Sam sorrise amichevole e poi aggiunse: “Ho come dice sempre mia sorella, quando si  ha un dubbio irrisolvibile: Consulta la tua ghiandola Pineale” prima di andare via con un sorriso inquietante, Percy non si stupì molto, infondo era un suo amico, il suo unico amico mortale, non poteva essere normale.

Tornato a casa, aveva mangiucchiato qualcosa insieme a Paul ed avevano parlato del più e del meno (Scuola, Annebeth e cose varie). Poi Percy aveva finalmente “consultato la sua ghiandola pineale”, ma non aveva ricevuto risposte da essa, qualcosa cosa fosse e dove fosse, aveva deciso di concentrarsi sulla sua prima idea: chiamare Rachel. Aveva il suo numero in rubrica, ma visto che gli doveva chiedere una profezia aveva ritenuto fosse meglio chiamarla con l’I-Phon, dunque si era rintanato in bagno e con uno specchio, l’acqua del lavandino ed una dracma aveva ritracciato al ragazza. Rachel era seduta su uno sgabello e dipingeva, non si era accorta di lui, disegnava un ragazzo mai visto, dal volto inumano tant’era divino, “Rossa” esclamò Percy, Rachel  non si voltò, ma, senza smettere di dipingere, disse: “In perfetto orario” poi si voltò verso Percy dicendoli che si era profetizzata da sola la sua chiamata. “Rachel devo farti una domanda” disse serio Percy, la ragazza dai capelli rossi e le lentiggini sulle guance sorrise, prima di annuire, già a conoscenza di tutto, “Artemide vuole che io faccia qualcosa. Cosa? E un cane splendente ed un gigante che legame hanno con lei?” chiese, Rachel sorrise questa volta malinconica, non poteva dare al suo amico le risposte giuste, poteva solo relegargli una confusa profezia, sospirò, Percy abbassò il capo, aveva capito.

“Le strada bianca va seguita, ove due eroi dal sangue fraterno si scambieranno, per adempiere si destini sospesi. Perché l’uno possa per la volta errare, ritrovando una perduta anima ed incontrando leggende. E l’uomo di stelle possa tornare all’Eterna che da secoli l’aspetta. Per la durata del bacio di Nyx,ove la Nuova Luna sia fatta sorgere da chi ne aveva il dovere primariamente  e la strada maestra dalla moglie reietta sia creata” enunciò Rachel con fare teatrale, “Non puoi dirmi davvero altro?” chiese Percy speranzose, Rachel mosse il capo sconfortata, poi però sembrò ripensarci: “Dai un’occhiata alle costellazioni Percy, credo che la risposta sia nella volta celeste” stava per passare una mano sulla comunicazione, ma poi si arrestò, prese il quadro incompleto e lo mostrò all’amico, “Lui è la soluzione” biascicò, indicando il volto del ragazzo, poi passò una mano sulla visione, interrompendo la comunicazione. Percy aveva fissato nella mente il volto del ragazzo, delicato, semi divino, ed al col tempo rozzo, con i capelli ricci colore del mogano lucente, tagliati in un modo rozzo, forse gli aveva tagliati da solo con una lama di coltello, e gli occhi: erano grandi, due distese azzurro intenso, anzi il colore esatto era il colore celestino che prendeva l’orizzonte dove l’acqua ed il cielo si mischiavano. “Lui è la soluzione” si ripeté fra se e se Percy, non che la cosa lo aiutasse molto. Anzi adesso era peggio. Non sapeva che fare, perché, aveva una profezia inutile ed il volto di un ragazzo. O si questa volta era stato davvero fortunato.

Ora dopo aver consultato l’oracolo e la ghiandola Pineale, Percy aveva capito che al mondo esisteva solo una persona che aveva davvero tutte le risposte ed era la sua dolce Annabeth, solo che Artemide aveva detto che lui non poteva parlare con nessuno e già aveva violato il patto parlando con Rachel, anche se be, lei era l’oracolo, sapeva sempre tutto. O va be, magari le avrebbe parlato solo della profezia o neanche di quella, la verità è che le mancava tanto e non vedeva l’ora di rivederla, la sua dolce Annabeth. Un piccolo passerotto si appollaiò sulla sua finestra e cominciò a picchiare il becco sul vetro, fece risvegliare Percy dai suoi dolci pensieri su Annabeth, il ragazzo guardò confuso l’animale, che non aveva smesso di picchiare il becco sul vetro, si alzò ed aprì la finestra per prenderlo, ma questo si era già librato in volo ed era entrato nella stanza,  si era posato sul pavimento e poi si era illuminato di una incantevole luce argentea, che aveva costretto il figlio di Poseidone a serrare gli occhi per il fastidio, riaperti poco dopo, aveva ritrovato nel centro della sua camera, non un passerotto, ma la divina Artemide con il suo parca argenteo e l’arco alla mano. “Eroe” esclamò con voce neutra, il suo volto era rigido e privo di ogni emozione, eccola la dea che lui venerava e stimava, “Cosa vi ha detto l’Oracolo?” chiese Artemide, Percy non si chiese come mai la dea sapesse, si limitò a raccontare il tutto.

“Questa notte Eroe …” cominciò Artemide, imperiosa, come se annunziasse una missione, “ … Dovrai studiare le stelle” aggiunse, lasciando il figlio di Poseidone di stucco, “Il firmamento, Percy,  è importante per un semidio …” continuò Artemide,  aggiunse:“È la glorificazione di Eroi e degni rivali … È teatro d’amore” l’ultima frase l’aveva pronunciata con una dolcezza nella voce davvero inusuale, come se parlasse di se stessa, “Ed infondo è ciò che l’oracolo vi ha consigliato” soggiunse, tornando una maschera rigida.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Nel prossimo capitolo Percy andrà a studiare le stelle con Annabeth, ma sfortunatamente riceverano una visita.  Gradita o Sgradita? E questa visita a cosa porterà?

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Capitolo 3
*** La costellazione della Machinetta del Caffè ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Sam Rockoverstreet, Cheryl ( Nel sogno: Cani, Zoe e Artemide)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1502
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Avete a lungo pensato chi fossero i due importuni visitatori? Chiunque abbiate pensato, be è sbagliato.

3. Cheryl. Un bel tipetto, spero concorderete con me.

4. Io amo follemente Zoe, specialmente la sua parlata, dunque non potevo non metterla in questa ff.

5. Perdonatemi la svista di Annie, ma serviva per il quinto capitolo

6. Ammetto che anche se lo revisionato questo capitolo non mi dice niente …

7. Per la costellazione che sembra una macchinetta del caffè, la pensa come me anche Nonciclopedia xD (Giuro l'ho scoperto dopo)

Buona Lettura

 

La Costellazione della Macchinetta del Caffè

 

A Manhattan non si vedevano le stelle, ma dal Planetario New Yorkese si. Percy aveva deciso di andarci con la sua ragazza, lui doveva studiare le costellazioni e alla sua ragazza piaceva semplicemente quel posto. Avrebbe voluto andare con lei a vedere le stelle dall’osservatorio sull’Empire, ma sua madre non si era dimostrata troppo disponibile a lasciare che suo figlio passasse tutta la notte fuori casa con la sua ragazza. Quindi Percy si era dovuto accontentare di studiare una riproduzione della volta, ma Annabeth ne era stata ugualmente entusiasta, anzi sarebbe stato più corretto dire che era andata totalmente in fibrillazione, aveva passato tutto il giorno prima ad indossare vestiti su vestiti, sentendosi per quello anche terribilmente stupida, per scegliere quello più adatto, con la sua matrigna che ogni tanto gli dava qualche parere, del genere che il turchese risaltava meglio con la sua carnagione, fino a che non aveva trovato l’abbigliamento che le era sembrato più adatto e c’era riuscita, visto che quando Percy l’aveva vista era rimasto per qualche secondo  muto ad ammirarla, poi le aveva fatto anche i complimenti e lei era arrossita. Stavano insieme già da un po’, eppure ogni volta arrossiva, cercava di farlo in un modo discreto( a differenza di Percy), ma non ci riusciva proprio. Alla fine ripresasi dal rossore sulle gote, Annabeth aveva afferrato con un movimento fluido  la mano del ragazzo, ancora assorto a fissarla con lo sguardo da pesce lesso,   e si erano diretti assieme dentro il planetario, scambiandosi sguardi dolci e qualche imbeccata, perché non ci riuscivano proprio ad esser languidi con le parole.

“Come mai sei voluto venire qui?” chiese Annabeth mentre si sedevano sulle sedie morbide che si trovano sotto la cupola in cui era riprodotto tutto il firmamento, “Volevo imparare qualcosa sulle costellazioni” rispose Percy con innocenza, indicando il cielo, Annabeth sorrise e cominciò ad indicarle varie costellazione, come cambiavano i cieli, “Quello è Perseus” Annabeth indicò una V alla rovescia, molto malformata, Percy annui. Poi Annabeth continuò indicando Il Grande Carro, i gemelli, la Cacciatrice – di cui gli osservatori non riuscivano ancora a darsi un’idea da dove fosse spuntata fuori – ed altre. Percy aveva fissato con grande astio la costellazione di Ercole, ritenendo che lui non meritasse quel posto per il dolo fatto a Zoe, che con orgoglio ora era il centro del cielo lucente. Percy smise di ascoltare le costellazioni che stava illustrando Annabeth, quando la stessa ragazza aveva posato la sua testa sulla spalla del ragazzo ed aveva commentato il tutto con un complimento ad un cielo che sarebbe stato splendido vedere con gli occhi.

Il cielo era cambiato, adesso c’era il cielo invernale ed Annabeth aveva ricominciato ad illustrare le costellazioni invernali. Percy era rimasto catturato da una, che sembrava brillare di mille soli rispetto alle altre, era proprio lì, che sembrava dire a Percy: Guardami! Guardami! Brillo più di tutte! “Cos’è quella Annabeth?” chiese Percy alla sua ragazza, cercando di indicarla, ma la ragazza non riuscì a capire, “Quale Percy?” chiese gentile, il ragazzo aggrottò le sopraciglia, poi rispose: “Quella che sembra una macchinetta per il caffè! Quella che brilla più di tutte!” indicando insistentemente, una costellazione che sembrava una macchinetta per caffè – o una clessidra- con due lunghi braci curvi da polipo, “Ah quella!” esclamò Annabeth avendola finalmente vista, poi si era zittita, cercando di ricordare cosa fosse, non le veniva proprio in mente, poco sotto c’era Sirio, la stella luminosissima, dunque vedeva la sagoma del cane, si ricordò perché era stato situato lì e disse a Percy: “Il padrone di Siro …  Sarà stato qualche eroe importante” era mortificata dal fatto di non saperlo, il ragazzo le baciò la fronte, “Un eroe di poco conto visto che gli hanno relegato la sagoma di una macchinetta da caffè” ridacchiò Percy con una certa sfrontatezza, che fece comunque ridacchiare Annabeth, che poi tornata seria l’ammoni, ricordandogli che tutti gli abitanti della volta celeste erano stati nel passato gloriosi.

“Jackson! Percy Jackson!” il figlio di Poseidone si sentì chiamare da una gioconda voce amica: Sam. Si voltò imbarazzato, perché tutto il planetario stava guardando accigliato il ragazzo che aveva rotto il silenzio e lui. Sam non era solo, con lui c’era una ragazzina bassina, dai capelli ondulati e lunghi, il colore era grano ardente, il volto poco dolce, anzi imparziale e severo e gli occhi marrone scuro. “Sam” mormorò Percy salutandolo con la mano, Annabeth guardò la coppietta molto curiosa, il ragazzo dai capelli castani scivolò tra i posti, assieme a quella che doveva essere la sua ragazza perché l’afferrò la mano senza vergogna per condurla dove andava. Si sederono accanto ad Annabeth e Percy, lei aveva uno sguardo di sufficienza, come se la loro presenza le mettesse il ribrezzo, lo schifo più assoluto, ma decise di trattenere qualsiasi commento. “Tu devi essere Annabeth … Percy parla di te, continuamente!” esclamò Sam, guardando la ragazza dell’amico, Annabeth arrossì un po’, “Lui è Sam, un mio amico” lo presentò il figlio di Poseidone, sperando che Sam non se ne uscisse con qualcosa di imbarazzante, Sam sorrise, poi indicò la ragazza che era con lui, “Lei è Cheryl”  la presentò, la ragazza sorrise a Sam dolcemente, prima di regalare ai due un’occhiata gelida, mascherata da un forzato sorriso freddo, per compiacere il ragazzo.

Guardavano le stelle tutti e quattro, poi Sam era andato un attimo in bagno ed aveva lasciato Cheryl con la coppia. “Ercole non merita di stare lì …” biascicò alla fine Percy dopo averci pensato tutto il tempo ed aver abbandonato l’idea della macchinetta del caffè, “Lo so” bisbigliò Annabeth, Cheryl sorrise soddisfatta, “Non mi capita spesso di sentire qualcuno con il mio stesso parere su ciò” rivelò, mostrando per la prima volta una voce graffiante, che liberò sulla schiena di Percy diversi brividi di inquietudine, stesso effetto provò Annabeth, “Come scusa?” chiese poi la ragazza. Cheryl rispose: “Tutti adorano ed imitato Ercole. A me non è mai piaciuto …” si fermò, spostò gli occhi da Ercole a Zoe, Percy seguì lo sguardo e si chiese perché la fissasse con tanta intensità, “Poi dopo quello che ha fatto a l’Esperide Zoe” sibilò, sperando quasi Percy e Annabeth non la sentissero, i due fidanzati si guardarono preoccupati tra loro, prima che potessero dire altro, Sam era tornato. “Che mi sono perso, Cher?” chiese Sam, la ragazza lo squadrò il malo modo a quel nomignolo, il ragazzo sorrise bonario. Annabeth e Percy si guardarono tra loro preoccupati, spaventati da Cheryl. Come faceva a sapere di Zoe? Poi quella voce così graffiante, c’era qualcosa di strano. “Penso sia qualcuno, o qualcosa,  che si sta servendo di Sam per arrivare a te” bisbigliò Annabeth nell’orecchio di Percy, che si voltò verso Sam, che stava chiacchierando amabilmente con la ragazza, che di tanto in tanto volgeva a loro uno sguardo altezzoso.

Dopo esser tornato a casa, Percy aveva dimenticato totalmente le costellazioni e si era concentrato su Cheryl, non aveva fatto altro che pensare a lei, se fosse successo qualcosa a Sam per colpa sua , non se lo sarebbe mai perdonato. Era andato a dormire, mosse da inquieti pensieri, come i sogni che lo accompagnarono la notte.

Percy non sognò Cheryl e nulla che la riguardasse. Era in un bosco, il cane splendente dell’ultima volta era accanto a lui, ma non era solo, anche un altro lo affiancava. Tutti e tre erano nella foresta, cercavano qualcosa con molta insistenza. Un rumore dietro i cespugli, puntò l’arco che aveva tra le mani, un piccolo coniglio era saltato fuori, scoccò la freccia e l’abbatté, i cani latrarono felici. Dai cespugli giunsero due splendide fanciulla, una era Artemide, Percy la riconobbe immediatamente e l’altra era Zoe, Percy rimase sconvolto nel vederla, era passato così tanto tempo, che aveva quasi cominciato a dimenticare i tratti nel viso della cacciatrice, “Mia signora è sempre lui!” esclamò Zoe con quel tono astioso, per i maschi, che aveva mostrato dal principio e che sono lui, Percy, era riuscito a cancellarle, “Ancora voi, cacciatore?” chiese irritata Artemide, Percy, anzi colui che possedeva il corpo, si era chinato ed i cani l’aveva imitato, “Ecco divina …” bisbigliò l’uomo, afferrando la carcassa del coniglio, “L’offro a voi, come pegno per la dea della caccia”  aggiunse, la voce era roca e profonda ed il tono ossequioso, “Accetto l’offerta Cacciatore” disse Artemide, con il volto che come sempre era una lastra di marmo,  raccolse dalle mani di lui il piccolo coniglietto, il manto bianco era macchiato di rosso ed una freccia gli aveva passato il collo di netto, accennò un sorriso, quello era talento, anche su una piccola preda lo poteva stabilire, quello non sarebbe stato un semplice cacciatore, quello sarebbe stato Il Cacciatore. “Ed ora vi autorizzo a dirmi il vostro nome” aggiunse, addolcendo appena la voce, Percy si ritrovò ad alzare il volto e fissare negli occhi la dea, Zoe dietro era curiosa ed i cani guaivano spaventati.

Il nome del cacciatore, Percy non l’udì, perché il suono della sveglia, l’aveva costretto a ritornare tra i presenti.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Percy si ritroverà ad avere un confronto con Cheryl in Central Park. Mentre per un breve cameo avremo la comparsa di una personaggio che, per conto di qualcuno, dovrà portare qualcosa da qualche parte.

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Capitolo 4
*** Chi semina vento raccoglie tempesta ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Chi semina vento raccoglie tempesta
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Cheryl, Thalia Grace e cameriere.
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1854
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Non so descrivere le scene di guerra, dunque ho evitato di farlo.

3. Gli dei non possono attaccare gli uomini, finché non sfidati, la dea in questo capitolo prende come primo colpo la frase che metterà Percy nei guai. (Oppure la sfida si apre quando Percy punta la spada verso di lei, perché per la dea il pugno non era considerabile un attacco). Ammettiamolo dai, gli Dei minori non rispettano mai le regole, tanto nessuno se li fila.

4.Ho detto che quattro dei minori avrebbero aiutato Percy, lei non è tra questi, però non è cattiva, alla fine.

5. So che non vede l’ora di scoprire “avremo la comparsa di una personaggio che, per conto di qualcuno, dovrà portare qualcosa da qualche parte”. Be scoprirete solo il chi, per conto di chi e il dove(molto importante). Per il cosa dovrete aspettare un altro po’ … Sarebbe dovuto uscire fuori nel sesto, ma poi ho deciso di ritardarlo, tanto è una cosa inutile e solo lo sfizio di lasciarvi il dubbio.

6. Sono davvero da questo cap, dunque vi prego di essere sinceri (non crudeli o mi deprimerò troppo)

7. Occhio al cameriere … xD

Buono lattura

 

Chi semina vento raccoglie tempesta

All’uscita da scuola, Percy stava parlando con Sam, cercando di trovare le parole giuste da dire all’amico, per consigliarli di evitare Cher. “Vuoi un passaggio?” chiese Sam, mentre una donna, non più giovane veniva verso di loro, aveva la pelle nera, i capelli crespi e ricci, nerissimi, la labbra grandi, curvate in un sorriso accogliete, gli occhi erano cioccolato ed era veramente bella, si era avvicinata a Sam e gli aveva carezzato i capelli, “Tesoro …” aveva detto, “Percy lei è mia madre …” la presentò Sam, Percy rimase sconvolto, la pelle di Sam era bronzea, ma non così scura da poter essere nera o mulatta, era una pelle latina, quella delle donna sembrava quasi africana, poi aveva pensato che probabilmente quella donna era una sua matrigna e che come lui Sam avesse un solo genitore, be più o meno, “ ‘Giorno Percy, sono Nicol” si presentò la donna, mostrando una dentatura perfetta con un sorriso splendido, accarezzando nuovamente i capelli di Sam, “Stavo offrendo a Percy un passaggio!” esclamò il ragazzo, la donna si mostrò amichevole, “O si … Se vuoi” si mostrò gioconda la donna, Percy rifiutò dicendo che non abitava affatto lontano, con voce gioconda la signora Nicol si diresse alla sua macchina, un’utilitaria verde rame, “Vado Percy” biascicò Sam , seguendo sua madre, “Sam … Riguardo alla tua ragazza …” cominciò Percy, il ragazzo si mostrò molto interessato, sperando forse in un commento positivo, “Non mi piace … C’è qualcosa di strano in lei” disse Percy, dosando bene le parole, come dire ad un ragazzo che pensava che la sua ragazza fosse un mostro, “Ehm … Ok” rispose solamente Sam, sentendosi molto a disaggio, come se be, la stranezza l’avesse colta anche lui, ma che gli dispiacesse che anche Percy l’aveva notata.

Percy aveva passato il pomeriggio a studiare le varie costellazioni su dei vecchi libri ritrovati per casa, mancava poco per arrivare alla costellazione della macchinetta del caffè, quando qualcuno aveva bussato con violenza sulla porta, Percy con vortice stretto nella mano era andato alla porta, dallo spioncino aveva visto Cheryl che spazientita batteva il piede sullo zerbino e di tanto in tanto dava forti colpi sulla porta, così forti da render bianche le nocche. Il primo pensiero fu come era arrivata lì senza aver citofonato, ma poi il semidio aveva pensato che aveva potuto trovare la porta aperta. Ma come faceva a sapere dove viveva? Forse Sam gliel’aveva detto? “Eccomi!” urlò Percy aprendo la porta e trovando la ragazza con il pugno a mezz’aria già pronta a percuotere di nuovo la superficie di legno, “Perceus Jackson!” tuonò imperiosa lei, prima di tirargli un pugno in pieno stomaco, che fece capitolare Percy a terra, “Vieni … Non ho nulla contro tua madre … Per rovinargli la casa …” sibilò Cheryl, adocchiando Vortice nella mano del figlio di Poseidone, si girò e si diresse verso l’ascensore, “Muovi quelle chiappe” ringhiò, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano e lei scivolava dentro, Percy provò a raggiungerla, ma quella aveva già cominciato la sua discesa,  così lui era sceso di corsa dalle scale, con una mano ancora sul centro dello stomaco dove era certo sarebbe spuntato un livido, il pugno di Cheryl era stato duro come il ferro. Si pose davanti l’ascensore con Vortice sfoderato, aspettando che la figura della bionda comparisse a tiro di schioppo, ma quando le ante dell’ascensore erano scivolate ai lati, non c’era nessuna Cheryl ad aspettarlo, ma una divina donna, dagli occhi neri, totalmente, pupilla, iride e sclera, tutte e tre di un nero intenso, al posto dei capelli di grano, c’erano filamentosi capelli d’argento, che luccicavano come le lame che venivano affilate, erano lunghi e scomposti, la pelle era bianchiccia, sembrava quasi malata, le labbra erano viola, non tinte di viola, ma proprio viola, cianotiche, come se non respirasse più e il suo cuore fosse totalmente difettoso, indossava una giacca di pelle nera, aperta sul davanti, un’aderente maglietta rossa, dei pantaloni di pelle e degli anfibi neri, tutti i vestiti erano macchiati di sangue cagliato, c’era sangue vergine, nuovo, rosso, ancora gocciolante ed altro così incrostato da lasciar pensare che fossero millenni che era lì, lei  stringeva con una mano una falce a mezzaluna. Ora ne era davvero certo, Cheryl non era umana. Ma cos’era?

“Chi sei?” chiese Percy puntando Vortice alla gola della ragazza, lei chiuse l’indice ed il medio sulla mia spada e la sfilò via come fosse imbratta d’olio, “Non qui, figlio di Poseidone!” sibilò, mi riconsegnò la spada ed uscì dall’ascensore con fare imperioso, chiudendo la mano libera in un pugno stretto sulla vita, “Per la cronaca …” cominciò: “Io sono la grande Dea Ker”, il tono era minaccioso e pungente, sebbene Percy in mitologia non fosse ancora molto ferrato, percepiva in quella dea qualcosa di più forte del solito, non era una semplice dea minore, doveva essere qualcosa di più. Lei lo condusse a Central Park, in un posto con così tanta nebbia da sembrare quasi invisibile, delle immonde creature alate, con i denti aguzzi e nere come la pece, ruotavano nel cielo e gracchiavano, “Le mie ancelle, Jackson” le presentò con un sorriso soddisfatto la dea, volgendosi verso di lui, “Dopo oggi, imparerai l’arte del tacere …” enunciò, prima di scagliare la  falce sul fanciullo e ferirlo al braccio. Percy si premé la ferita e gemette, aveva affrontato innumerevoli mostri, titani ed anche divinità, eppure la sola presenza di Ker lo inquietava, aveva addosso un angoscia enorme e la consapevolezza di trovarsi in un duello già perso in partenza.

Percy ci provò, credetemi ci provò davvero, a combattere quel duello, ma Ker era la dea del Destino e della morte in battaglia dei guerrieri e si lui aveva sconfitto Crono ed affrontato Ares, ma Ker era un altro livello, certo era una dea minore, ma non era Una dea minore, lei era l’emblema delle uniche forze inarrestabili per un mortale e semidio, la morte e il destino. Ogni colpo andava a vuoto, ogni affondo la sfiorava appena, lei non sbagliava un colpo, aveva già ridotto il suo bellissimo scudo ad una groviera, sferrando fendenti, Percy aveva anche ipotizzato che la lancia fosse fatta di stinge come la spada di Nico, questo pensiero era durato pochi istanti, il tempo di scivolare a terra per evitare di ritrovare la sua testa mozzata tra capo e collo. “Sai piccolo figlio di Poseidone … Non capisco perché voi Semidei dovete sempre fare gli eroi”  ringhiò Ker con una voce metallica, lanciando lo scudo di Percy lontano, “O perché vi sentiate sempre il centro del mondo” puntò la lama scintillante al collo del figlio di Poseidone, dopo aver piazzato il piede sinistro su Vortice per bloccarlo, “Sam non c’entra nulla con te” chiarì immediatamente la dea, “Non eri neanche nei miei piani Percy Jackson … Invece tu vai a dire al mio uomo che c’è qualcosa di strano in me!” la voce era diventata quasi elettrica, “Dovrei ucciderti adesso Jackson, così avresti la degna morte di un eroe in guerra …”diede come l’idea che l’avrebbe fatto, che l’avrebbe ucciso nel mezzo di Central Parck, ma non lo fece, “Sfortunatamente il fato ha altri programmi per te … E poi Ares ha sempre richiesto questa gloria” aggiunse togliendo la falce dal collo di Percy, non prima d’averlo ferito superficialmente. “Vorrei dirti Percy se morirai in gloria o no … Come d’altronde a tutti i figli di Poseidone è successo …” conficcò la lama a terra a qualche centimetro dalla faccia di Percy, “Be più o meno” soggiunse beffarda, con un ghigno maligno sulle labbra, “Teseo buttato giù da una torre, Orione stroncato da una freccia in capo, povero e abbandonato Colombo o vecchio decrepito Polo. Capiterà anche a te Percy?” chiese retorica lei, il suono del suo nome, pronunciato con quella veemenza  maligna, sibilò qualcosa in greco antico, se non arcaico, che Percy non riuscì a comprendere, per la troppa velocità usata e per il tono carico d’odio, (*) gli procurò un vuoto nello stomaco, tolse il piede da Vortice e estrasse da terra la lancia, “Sam è mio. Puoi essere suo amico, ma non osare mai più metterti tra noi” urlò,  Percy cercò di alzarsi, portandosi una mano al collo, sporco di sangue, un leggero taglio l’attraversava, “Perché chi semina vento, raccoglie tempesta” finì, prima di perdersi in una nube nera con le sue ancelle alate.

Reazione spropositata per un consiglio dato ad un ragazzo, da parte di una fanciulla. Ma era di Dei che si parlava e Percy non poté fare a meno che ringraziare di essere ancora vivo.

Lungo la via per tornare a casa, Percy sperava vivamente di non incontrare nessun’altra persona o dio, particolarmente irrequieto, sfortunatamente ciò non accadde, Percy incontrò qualcuno, certo chi incontrò fu persona gradita: La sua faccia di Pigna preferita. Thalia Grace si riaggiustata la catena scintillante che aveva al collo e faceva stregare le gambe coperte dalle calze a rete tra loro, c’era ancora l’inverno, certo non era freddissimo e tutta la neve era sciolta, ma faceva ancora un certo freddo e la primavera sembrava poco intenzionata a venire, la cacciatrice sfregava anche i palmi nelle mani tra loro. “Thalia che fai. qui?” chiese Percy, la ragazza si destò dai suoi pensieri, “Testa d’Alghe” lo salutò, con un sorriso sghembo, il cerchio d’argento scintillava sul capo scuro, “Ho dovuto fare una consegna per la Signora” rispose Thalia, indicando quella che sembrava una sala da tè, non era molto che aveva aperto, ma si era già fatta una certa fama in quanto alla bontà delle torte. Il locale era carino, si presentava bene, occupava il primo e il secondo piano di edificio tipicamente New Yorkese, aveva grosse vetrate, che mostravano l’interno fatto di scale in mogano, drappeggi caldi, tavolini verde scuro, dai ghirigori sulle gambe che si univano a cono e si separavo sui piedi con quattro spirali in versi differenti e tutto fatto di marmo bianco, rosa e rosso,  l’insegna era sopra la porta automatica, scritta di rosso scarlatto: Chaos Ton Gefseon. (**)Non aveva mai notato che l’iscrizione era Greca, Caos di Sapori. “Perché qui?” chiese Percy, Thalia sorrise, poi rispose: “Dietro a questa sala da tè, c’è L’Assistenza Cliente dell’Ermes Express”, Percy guardò la sala da tè, non l’avrebbe mai detto.  Un giovane uomo ci guardò interessato dall’interno del locale, aveva una leggera peluria, i capelli erano castani e spettinati, gli occhi erano di brace, sorrise cortese, era forzato, un muto invito per farli entrare, “Io non lo farei Testa d’Alghe” bisbigliò Talia, “Già … Faccia di Pino” mormorò lui e ripresero a camminare lungo il marciapiede. “Cosa hai fatto al collo?” chiese Thalia, dopo aver finalmente notato la ferita sul collo del cugino, “Ker la dea del Destino” rispose il figlio di Poseidone con non curanza, accompagnando il tutto anche con un’alzata di spalle, “E sei vivo?” chiese alquanto stupita la cacciatrice, Percy avrebbe voluto rispondere sfrontatamente che era ovvio, ma non lo fece, altrimenti ne era certo, avrebbe mancato di rispetto alla dea e la cosa non lo avrebbe affatto giovato, era una dannata certezza che gli scorreva nelle vene.

**

(*): Non costringermi a scoprirlo.  Quello che dice Ker.

(**): Diciamo che è la pronuncia dell'attuale modo di dirlo, ho usato il traduttore, non avendo mai studiato greco ma solo latino (Proprio in tema, visto che oggi ho fatto il compito)

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Annabeth assieme ad uno speciale assistente si occuperà di scoprire il nome della costellazione, riferendo tutto poi a Percy, che preso da un'illuminazione capirà tutto. Nel frattempo l'assistente svelerà ad Annabeth in modo implicito, di esser caduto vittima dell'unico Tiranno di cui l'umanità non si libererà mai (Se avete studiato la poesia medievale capirete cosa intendo)

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Capitolo 5
*** Ecate ha capito tutto dalla vita ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Ecate ha capito tutto dalla vita
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Sconosciuto
(Hem forse non più), Artemide, Nico Di Angelo, Annabeth Chase
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1705
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Un capitolo cortissimo, ma importante. Finalmente Percy sarà colto dall’illuminazione.

3. DA LEGGERE PRIMA DEL CAPITOLO: Ecate non compare in questo capitolo, non viene neanche citata. Semplicemente il titolo si rifà al proverbio Due teste sono meglio di una, in questo caso tra teste sono meglio di una. (Che sono la testa di Annabeth, Percy e Nico). Ma perché Ecate? Semplicemente la dea in questione ha tre teste. Ecco semplice.

4. Questo capitolo è pessimo e nulla di quello che potrete dire potrà cambiare ciò.

Buona lettura

 

 

Ecate ha capito tutto dalla vita

Sta volta lei non l’aveva veduto. Percy era rimasto nascosto dietro il biancospino, mentre lei parlava con una ninfa della foresta. Artemide era così immensamente bella e se bene Percy, l’avesse sempre pensato infondo, non riusciva a comprendere come mai la concezione di ciò, era molto più forte. Non era un suo pensiero, era del proprietario del corpo, lo riconosceva. Era del cacciatore, che non riusciva a sciogliere il suo sguardo dal volto di Artemide, che quella volta non sembra una lastra di marmo, ma il volto una gioviale e gentile fanciulla. Divina e bellissima. L’immaginava ornata d’oro e di porpora, con il capo coperto e le labbra colorate di rosso, l’immaginava più donna che dea, ma non lo era e ciò era una cosa che doveva comprendere, per quanta fatica gli costasse. Artemide si sollevò regalmente la sua giacinto, congedando la ninfa a tornare alle sue opere e con passò lento e calmo, si avviò, verso il gigante, che in umane fattezze, con i suoi cani, nascosto, i capelli di rame, lasciati sciolti, ondulavano, battendo sulla schiena, avvolta dalla leggera veste bianca, il suo volto era tornato di marmo freddissimo, Percy si era richiuso in se stesso per non farsi vedere.“Siete ancora voi, cacciatore?” chiese Artemide, ma era una costatazione non una domanda, ma Percy come il propriterio di quel corpo non badò alla frase, ma al tono, Artemide aveva avuto un tono inusuale per quando parlava con un uomo, non rispettoso, semplicemente gentile. “Si mia divina” rispose lui,  poco prima di deglutire, Percy vide sul volto della dea, nascere per la durata d’un battito d’ali di farfalla un piccolo sorriso dolce e sincero.

Poi aveva aperto gli occhi e si era ritrovato appisolato su un libro d’epica, nella sua stanza a New York.

*

 Annabeth si era rintanata negli ultimi giorni nella sua casa alla ricerca della Costellazione del padrone di Sirio, non gli era andata giù che non ricordasse il nome del padrone del cane maggiore, alla fine aveva anche convinto Nico Di Angelo ad aiutarla, che alla fine se ne intendeva di miti e divinità, anche se dava un punteggio a tutto, avendo ancora i ricordi di quel gioco che faceva da bambino e che era costato la vita a sua sorella. “Quanti libri di divinità hai?”  chiese sconvolto Nico, guardando tutti i libri disposti sulla libreria di Annabeth ed altri erano sparsi sulla scrivania insieme ad una tela mezza sfatta, molto carina, ma si vedeva che era ancora alle prime armi, “Sono la figlia della dea della Sapienza, non posso essere impreparata” rispose Annabeth, con un sorriso sghembo, afferrando un libro, che passò immediatamente al figlio di Ade, “Ripetimi ancora come mi hai convinto” biascicò il figlio di Ade, guardando scocciate ed anche con malincuore il tomo, che teneva fra le mani, “Serve a Percy” mentì Annabeth, in realtà non era menzogna, ma la figlia di Atena non lo sapeva ed era totalmente certa che se fosse stato per Percy, Nico avrebbe fatto qualsiasi cosa ed infatti aveva già aperto un libro delle costellazioni e cercava la macchinetta del caffè.

“Quindi ora vivi di nuovo a New York?” chiese Nico, disinteressato, guardando Annabeth assorta nella lettura, “Si, si … Mio padre ha ritenuto fosse meglio per me” rispose la ragazza, con un sorriso dolce, quando aveva raccontato il fatto del padre, “Tu? Vivi anche tu nella grande mela o eri solo di passaggio quando ti ho trovato davanti a quella Sala da tè?” chiese Annabeth, ricordando di aver incontrato il figlio di Ade appiccicato davanti alla vetrina di una sala da tè, con l’interno di marmo rosa. “Di passaggio … Non ho una casa, precisa” rispose Nico, sfogliando una pagina controvoglia, Annabeth annui, questo comportamento di Nico non riusciva proprio a capirlo, non aveva una casa, ma al campo l’adoravano tutti ed aveva anche costruito la cabina di Ade, poteva stare lì, ma lui si rifiutava manifestando la sua presenza solo durante le vacanze, dicendo che suo padre non viveva nell’Olimpo, allora lui non avrebbe vissuto al campo. Era un po’ strano, ma infondo era o non era un figlio di Ade? “Però praticamente vivo 299 giorni all’anno a Los Angeles e, be, tre volte a settimana sono a cena da mio padre”  aggiunse Nico, girando un’altra pagina, Annabeth non espresse pareri, anche se lo riteneva ingiusto che Ade ignorasse totalmente la regola di non aver contatti con i propri figli, ma il Dio dell’Orco ormai aveva la sua inattaccabile difesa, cioè che l’avevano relegato sotto terra, con una sorella-suocera che veniva a trovarlo di continuo per la figlia e non era affatto una visita di cortesia ne tanto meno gradita. “Per il resto dell’anno, sono in giro per l’America” aveva terminato Nico, “E che ci facevi davanti la Sala da tè?” chiese Annabeth, prima di ricordarsi che Nico non mangiava da parecchio e che appena era venuto a casa sua si era mangiato buona parte di quello che aveva trovato nel frigorifero, ma al contrario di ciò che la figlia di Atena si sarebbe potuta aspettare, il ragazzino era arrossito violentemente e lei non era stupida. Neanche un po’.  “Hai una cotta per qualche cameriera?” domandò Annabeth, ma più che una domanda era un’affermazione, non aveva avuto un tono stupido da oca, cioè da figlia di Afrodite, ma non nascose affatto lo stupore, Nico aveva tredici anni e l’ultima cosa a cui aveva mai pensato nella vita erano le ragazze, “Senza offesa Annabeth, preferirei parlarne con Percy” rispose solamente Nico, la bionda annuì lievemente demoralizzata, ma comprensiva. Riprese a cercare la costellazione.

Annabeth aveva dovuto dare un’occhiata ad altri dieci libri, ma c’era riuscita , aveva trovato Sirio. “Il cane splendente” urlò la figlia di Atena, passandosi le mani tra i capelli biondissimi, “Cos’hai trovato?” chiese Nico, sfregandosi una mano sull’occhio, per la noia venutoli per aver letto tutti quei libri, “Sirio, una stella appartenente alla costellazione del cane maggiore, che era il compagno di caccia del Cacciatore …” Annabeth fece un attimo di pausa, poi lesse il nome: “Orione” voltò la pagina, trovando la costellazione del cacciatore con la rappresentazione figurata delle stelle, era la costellazione di cui non ricordava il nome. “Me lo ricordo … Ci sono forse due mila miti riguardanti  lui” biascicò Nico, ricordando quanti punti valeva la sua carta, “Ma non me li ricordo” enunciò alla fine, cosciente che questo l’avrebbe portato a leggere tutti libri che trattavano i miti su Orione che avrebbero trovato nella casa della ragazza, “Avverto Percy” annunciò Annabeth alzandosi per prendere qualche dracma, Nico si era alzato repentino e aveva spinto Annabeth di nuovo sulla sedia, la ragazza non riuscì neanche a formulare un pensiero che Nico si era offerto di farlo lui, “Tranquilla, ci penso io” esclamò, afferrò una dracma dalla tasca e corse alla ricerca di un bagno, Annabeth sbuffò ed abbandonati i libri sul firmamento, ritornò a quelli sulla mitologia, cercando più informazioni possibili su Orione e cosa poteva essergli successo. Cominciò a leggere, alla prima riga sorrideva già, una delle leggende raccontava che Orione il Cacciatore era figlio di Poseidone, era un fratello di Percy. Alla fine in un modo o nell’altro tutti i suoi pensieri vertevano a lui.

Nico lanciò la dracma affondò all’arcobaleno che aveva creato nella vaca da bagno di Annabeth assieme ad uno specchietto, “O Iris, dea dell’Arcobaleno, accetta la mia offerta” esclamò ossequioso  Nico, prima di pronunciare il nome di Percy, si era creato davanti a lui, l’immagine di Percy che seduto sul letto della sua camera metteva un cerotto su un brutto taglio che aveva sul collo, “Nico!” esclamò vedendo il cugino, con il cerotto ancora sulle dita, “Che hai fatto?” chiese, indicandosi il collo, Percy si schiacciò il cerotto sul collo e rispose: “Ker …  Non è una dea molto amichevole”, Nico evitò di emettere qualunque commento.”Perché mi hai contattato?” chiese Poi Percy, il figlio di Ade rivelò la scoperta di Annabeth, “Si è davvero data tanta pena per una costellazione di cui non ricordava il nome?” chiese stupito Percy, l’ammetteva dalla sua ragazza si aspettava una vena maniacale da perfezionista, ma per le architetture e non per le costellazioni,  “Chi è?” chiese alla fine incuriosito, “Orione  rispose Nico, sedendosi sul bordo della vasca. Percy si bloccò, Orione? Era tra i vari figli di Poseidone che aveva citato Ker, quello morto con una freccia in capo? Così aveva detto la Dea?

“Bene” rispose Percy, non che la cosa gli interessasse seriamente, anzi neanche un po’ il solo sentirne parlare gli ricordava la Dea, “Era un cacciatore” aggiunse Nico indifferente, le orecchie di Percy si tesero. Orione era un cacciatore figlio di Poseidone? Non è che … “Percy devo andare, praticamente ho invaso casa di Annabeth e non vorrei disturbare oltre. Presto dobbiamo vederci, devo parlarti di una cosa” disse Nico, prima di interrompere la conversazione, ma Percy non aveva badato più a lui, non aveva neanche ascoltato che era a casa della sua ragazza, era rimasto totalmente concentrato sulle sue teorie.

Un figlio di Poseidone può camminare sul mare. Orione era un cacciatore. Figlio di Poseidone. Dunque poteva. Annabeth aveva detto che era il padrone del cane maggiore. Nel sogno il cacciatore che camminava sull’acqua era accompagnato da uno o due cani. Splendenti, come se fossero fatti di stella. Era ovvio. Il cacciatore era Orione. Quando si addormentava, sognava quello che Orione aveva vissuto e visto. Artemide era spesso protagonista di quei sogni, forse lo era perché era la dea della caccia e dunque Orione era a lei molto grato, ma eppure in quel momento, quando aveva potuto vedere Artemide con gli occhi di Orione, non aveva non potuto non pensare che c’era qualcosa di più di ammirazione. Sembrava anche solo sbagliato pensarlo e lo sapeva, perché Artemide era una dea vergine e casta, ma quando l’aveva veduta con gli occhi del suo fratellastro non aveva non potuto provare amore. Che Orione fosse innamorato della Dea della caccia? Possibile?

Ma allora cosa gli era accaduto? Come una freccia in capo aveva potuto stroncare la sua vita? Che era successo?

Una dietro l’altra sempre più domande invasero la mante del giovane eroe, tutte senza risposta, ma che vertevano in unico punto. Artemide, certamente lei avrebbe avuto tutte le risposte.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Alla rosa degli assurdi tipi strani conosciuti da Percy, si aggiungeranno due nuovi dei minori. Ed una terza dea, esterna al duetto, ringrazierà Percy per un favore concesso ad un defunto ragazzo.  Nel frattempo il nostro giovane Eroe, dovrà dirigersi all'Assistenza Clienti dell'Ermes Express, dove lo aspetta una certa, e a detta di tutti irritabile come Dioniosio da Sobrio, Heather.

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Capitolo 6
*** Alle divinità minori piace fingersi umani ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Alle divinità minori piace fingersi umani
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Thantos (Tyler), Nemesis(Noemy), due tipi(Inutili), Lyssie
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1587
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Io adoro Lys, personalmente credo di averla resa pazza abbastanza. Ovviamente lei è Nemesis sono solo comparse.

3. Che dea è Lys? Sparate.

4.Ditemi che ne pensate di Tyler, ho cercato di renderlo più particolare possibile.

5. Tra Ker e Thantos ci sono dei disguidi. C’è chi sostiene che Ker sia la dea della morte violenta e Thantos della morte guerriera e chi il contrario. Io sono tra i contrari.

6. Questo è un capitolo transitorio se non per Tyler

7. Indovinate? Non ne sono soddisfatta. Anche perché è cortissimo. Ma giuro il prossimo è lungo, il più lungo che abbia mai scritto.

8. Dedico questo cap. alla mia sorellina (Sorellona caso mai) che oggi mette il 2 davanti alla sua età (20 tondi tondi). Alla mia migliore amica solo perché è qui accanto, xD…

Buona lettura

 

Alle divinità minori piace fingersi umani

Percy non aveva avuto il tempo di pensare ad Orione a come era morto e che rapporto avesse con Artemide, perché sua madre l’aveva convinto a studiare a studiare per il compito di algebra che avrebbe avuto e alla fine aveva ceduto, ma non aveva studiato un granché, il suo deficit dell’attenzione funzionava sempre e la sua dislessia aveva anche con i numeri oltre che con le lettere. Avrebbe potuto sperare in un aiuto di Sam se a Matematica quel relitto del professore non avesse messo il suo amico nel banco più lontano della classe dopo essersi accorto che si passavano i compiti.

Era alla fermata  del bus scolastico, mentre aspettava quel maledetto autobus, con lui c’erano un turpe ragazzetto di primo ed uno smilzo di quarto anno a cui avevano ritirato la patente per aver guidato in stato d’ebbrezza davanti alla scuola. Era un giornata di sole e non faceva eccessivamente freddo, finalmente la primavera aveva deciso di cominciare a preannunciarsi, una cosa che non poté  non dargli piacere, prima arrivava la primavera, prima passava e prima arrivava l’estate, dunque il campo, cioè tutti i giorni con Annabeth, Grover e gli altri.  Ma ancora una volta il fato aveva per Percy altri programmi, compreso ritardare l’annunziarsi della primavera, di fatti era improvvisamente giunto un’aria fredda, gelida e pungente. Percy si era irrigidito molto ed anche i due mortali ai suoi lati, uno di loro espresse anche, con parole poco gradevoli, il suo disappunto su quell’improvviso gelo, l’altro con più lucidità interrogò se stesso e probabilmente gli altri due, senza aspettarsi davvero una risposta, sul perché fosse venuto improvvisamente il clima che c’era stato nel dicembre passato.

Percy aveva alzato gli occhi al cielo, Apollo era verso gli inizi del suo percorso, non c’era una nuvola in cielo, ma il clima avrebbe suggerito anche la probabilità di una futura nevicata, il che non era un buon segno. È lui? sentì una vocina sibilante nella sua testa,  Il figlio di Poseidone?  La voce era orribile, sembrava quella di un piccolo essere, denutrito, scarno, qualcosa di schifoso, spaventoso, che rimbombava nella sua testa serpentino, infilò una mano nella tasca, dove c’era vortice, Si è lui. È lui. disse ancora la voce, riferì a qualcuno, che Percy non poteva sentire, che adesso stringeva anaklumos ed era insicuro, Ty credo che cercando di frugare nella sua mente, abbia lasciato aperto un collegamento … la voce non era più così sibillina, era mortifica ed umiliata, come se avesse commesso l’errore più stupido del mondo e forse era così. Poi parlò, anzi sbraitò, qualcuno che doveva essere inequivocabilmente maschio, “Lys per l’Ade, sei più stupida di Pandora” Percy questa volta la voce la sentì chiara, come i due mortali, che si fissarono confusi, non riconoscendo delle espressioni comuni quelle pronunciate dalla voce, si voltarono tutti e tre meccanicamente.

Dietro di loro c’erano una ragazzina minuta e smilza, i capelli erano corteccia di frassino, intrecciati in due lunghe trecce che scendevano sul petto piatto, indossava abiti colorati, ma semplice, la pelle era caucasica, il naso era schiacciato, un sorriso folle, letteralmente l’avresti visto solo sul volto di una pazza, aveva il classico sorriso da pazza, ma Percy era rimasto stregato dagli occhi, Eterocromi, l’occhio destro di uno splendido occhio verde mente, caloroso ed amichevole, quello sinistro castano, freddo ed austero, accanto a lei c’era un ragazzo dall’alta statura, un barba  appena accennata, i capelli bruni, gli occhi di brace, che sembravano animati da una severità immensa, occhi che di spogliavano, che uccidevano, eppure al figlio di Poseidone il ragazzo sembrava famigliare, l’aveva già visto, ma dove?

Poi gli venne in mente Thalia che era andata al Chaos Ton gefseon, il locale ed il cameriere che gli aveva fissati dall’interno. Era lui. Il cameriere con il sorriso forzato.

 

“Buon giorno, signor Jackson”  disse il ragazzo, si voltò verso la ragazza, “Lys sistema i mortali con la foschia” aggiunse, ammiccando alla ragazza, Percy li guardò confuso, la ragazza alzò una mano e schioccò le dita, un alone si era condensato sulle sue dita, era viola scuro, che poi si era condensato sui volti dei due ragazzi, “Lys ho detto foschia, non follia”l’ammonì severo lui, la ragazza ancora una volta mortificata ridacchiò imbarazzata, “Scusa Ty avevo capito male”si difese lei, l’alone da viola era schiarito fino a raggiungere una tonalità biancastra, il ragazzone di nome Ty  guardò in modo truce, oserei dire, violento quella che doveva essere Ly, lo sguardo era così feroce ed animalesco, che Percy aveva seriamente temuto che l’avrebbe aggredita ed era già pronta a salvarla, indipendentemente da chi fossero quei due. “Signor Jackson deve seguirci” disse imparziale il ragazzo, quando intravide l’autobus della scuola svoltare per venire in questa direzione, Percy afferrò vortice, “Non siamo qui per combattere o farvi del male” precisò subito la ragazza con una voce dolce, prima di insinuarsi di nuovo nella mente di Percy con quella voce orribile, “Lavoriamo al Chatos Ton gefson e ieri è stato lasciato un pacco non consegnabile per lei” disse chiaro Ty, “Seguici” bisbigliò Lys a voce, ma con quella snaturata voce orribile.

Alla fine Percy si ritrovò a seguirli indotto da qualcosa nella sua testa. “Certo che sei carino. Mi avevano detto che lo eri, ma non pensavo così tanto” bisbigliò Lys guardandolo con occhi curiosi, pigiando con un dito anche i muscoli del braccio di Percy, “A proposito mi chiamo Lyssie” aggiunse, sempre con quel sorriso da pazza sul volto, “L’antipaticone è Tyler”  aggiunse, Percy annui poco sicuro. Perché gli stava seguendo? Chi diavolo erano quei due? E chi aveva consegnato un pacco per lui?

 

“Cosa siete?” chiese alla fine il figlio di Poseidone, Lyssie fissò Percy nei suoi occhi blu con malizia, “Signor Jackson noi siamo solo molto grati a voi”  rispose Tyler, prima che Lys precisasse la loro entità, divinità minori. “Perché girate sempre da umani?” chiese il ragazzo, “Non so Signor Jackson, anche con la foschia come pensi reagirebbero gli umani nel vedere un orrido uomo con le ali ed una squinternata con i capelli sfasati” rispose irritato Tyler, “Semplicemente è più facile essere umani, avere nomi tipici e comportarsi come loro. Di fatti non ci interessa neanche esser glorificati” rispose Lys, prima di vedere una ragazza sul ciglio della strada.   “Noemy” urlò Lys saltando al collo della ragazza, si vestiva esattamente come Ker nella sua versione divina, solo che al posto degli anfibi aveva degli stivali con tacco vertiginoso e dei guanti di pelle nera, i capelli rame, mossi, il volto magro,  gli occhi castani, ma Percy era certo d’averli già visti, “Lei è Noemy” la presentò subito Lys ancora aggrappata al suo collo, l’altra si staccò infastidita, prima di presentarsi a Percy con il suo divino nome, Nemesis, la madre di Ethan, ecco perché quegli occhi castani avevano ricordato al figlio di Poseidone qualcuno, aveva visto quel ragazzo che per amore di sua madre si era alleato con i titani ed aveva provato poi ad uccidere Crono, perché sua madre avesse il suo trono; E lui, Percy, aveva realizzato il sogno di Ethan e di Luke, ad ogni dio minore il proprio trono e che tutti gli dei riconoscessero i propri figli.

“Volevo ringraziarvi di persona” declamò la dea, “Dovere divina Nemesis” rispose Percy con rispetto, la donna sorrise, poi chiamò Lyssie e la convinse ad uscire con lei per fare un po’ di confusione come ai vecchi tempi, “Ci pensi tu, Ty?” chiese con quella vocina, che fece irrigidire Percy, mentre la ragazzina allungava le mani per arrivare al collo del ragazzo, ma lui era davvero troppo alto, “Si, Lys …” rispose lui, la scostò con violenza, facendola indietreggiare ed anche inciampare, di fatti pochi istanti dopo era stesa su un marciapiede new yorkese, il semideo l’aveva aiutata a rialzarsi, “Noemy assicurati che la sua stupidità non crei troppi problemi” raccomandò Tyler, la divina Nemesis  fece cenno d’assenso, unendo pollice ed indice, allungando le altre tre dita, “Tu porta Percy  da Heather” raccomandò a sua volta la dea, “Possibilmente vivo” aggiunse cordiale, cosa che non fece troppo piacere all’eroe, che voleva arrivare dalla suddetta Heather, chiunque essa sia, vivo.

Le due dee andarono via, disperdendosi tra la gente, “Andiamo Signor Jackson non ho tutto il giorno” esclamò il dio, afferrando Percy per un braccio e trascinandolo di forza nella direzione della Sala da Tè. “Che divinità sei?” chiese Percy, Tyler lo guardò: “Sono la personificazione della morte violenta Signor Jackson” rispose, “Thantos” precisò con orgoglio, il semidio ringraziò nuovamente la dea fortuna che quando si trattava di lui non era mai minimamente generosa, anzi probabilmente provava un gusto quasi sadico nel metterlo nei guai, se  l’immaginava in quel momento, bendata che rideva delle sue disgrazie. Perché davvero farla passare dalle mani di Ares a quelle di Ker, a quelle di Thantos e poi in quelle di Heater e chi sa che razza di dea Era, certamente non avrebbe portato a nulla di buono.

Poi erano arrivati, il Chaos Ton Gefson, con la scritta di rosso, le pareti di vetro e gli interni in marmo delicato che si vedevano da fuori, “Provo per voi, signor Jackson, rispetto. Dunque vi porgo il mio consiglio …” gli disse Thantos prima di entrare nel locale, Percy lo guardò, speranzoso di sapere qualcosa di utile, il dio aggiunse: “Mia sorella non ama particolarmente gli umani ed è irritabile quanto Dionisio da sobrio. Dunque vi consiglierei di non provocarla troppo”, Percy annui, non aveva assolutamente intenzione di provocare una dea, ma era dannatamente certo che inconsciamente l’avrebbe fatto, come da routine. 

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Percy conoscerà finalmente Heather e non solo. Iparerà che le divinità minori sono totalmente imprevedibile e pazze per la maggior parte delle volte. Rincontrerà  la "tranquillissima" Cheryl e troverà qualcuno di inaspettato.

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Capitolo 7
*** Cháos to̱n géf̱seo̱n ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Chaos ton gefseon
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Phil, Thantos(Tyler), Eris(Heather), Harmony ed altri ( tra cui: Sam Rockoverstreet)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 2826
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Questo è il capitolo più lungo che ho scritto fin’ora, ma c’è da dire che sono quasi tutte descrizioni.

3. Ditemi che vi piace Eris, mi sono impegnata.

4. Buona fortuna ad indovinare tutti gli dei minori. Una è totalmente Palese. È lì vorrei che provaste ad indovinare chi è l’attrice a cui pensavo, quando l’ho fatta.

5. Risponderò con i nomi delle divinità giusto, eccetto per una, quella comparsa alla fine, dove dirò solo no se avete sbagliato. Se la indoviniate siete geni, perché davvero non ho dato indizi, se non che è il più grande, inteso per me come il più forte. È l’unico che non sta al gioco dell’iniziale.

6. Per Ed ho preso un mio personale credo, che qualcuno capirà.

7. Erik è una povera stellina. E con questo dico tutto.

8. Che ne pensate di Harmony?

 Buona Lettura ...

Cháos to̱n géf̱seo̱n.

 

 

Percy e Ty entrarono dentro il locale, la foschia era così intensa da aver portato il figlio di Poseidone ad avere un mal di testa atroce, gli erano anche cedute le gambe e Ty l’aveva dovuto sorreggere  svogliatamente,  aveva faticato ad abituarsi e solo quando finalmente l’ambiente sembrava essersi stabilizzato, una ragazza era venuta verso di loro, aveva i capelli di un biondo scuro, quasi castano, erano filamentosi e lucenti, come gioielli preziosi e li teneva raccolti in una crocchia, la pelle caramello e gli occhi lievemente a mandorla, di un colore caldo, imprecisato, era davvero strano che non riuscisse ad identificarlo, era come con Tysone la foschia gli impediva di vederli, si era anche sforzato ma non c’era riuscito, lei indossava cerchietti d’oro come orecchini, erano graziosi e le donavano un’aria così regale, vestiva un’informe da cameriera, con grembiule, nastro in testa, gonna larga e ballerine basse, sorrideva smaniosamente, come se ne sarebbe andato della sua vita. Era immensamente sublime. Una come lei l’avresti amata ed onorata, come davvero una dea meritava. Emanava un’aurea di buonismo immensa, sprigionava amore da ogni poro. Se non avesse saputo per certo che Afrodite era la dea della bellezza e dell’amore, avrebbe scommesso che era lei, la dea designata per tale scopo. Forse era Afrodite in vesti umane? Forse era una sua figlia semimortale? Perché era divina certamente, ma era incarnata in un umano corpo. Percy incrociò le dite e pregò Zeus che quella fosse la dea che l’aspettava, Heater. Se fosse stato possibile, lei sorrise di più e si presentò: “Io sono Phillys” Percy sorrise, come da programma ogni sua speranza era vana,  “Percy Jackson” rispose il ragazzo, “Vi stavamo aspettando” aggiunse la dea nell’umano corpo ancora sorridente, per un istante agli occhi del giovane Eroe il colore delle iridi di lei era stato visibile, grigie come un cielo tempestoso, Annabeth, azzurre come un fulmine, Thalia, nere come la pece, Bianca e verdi come gli smeraldi, egli stesso. Gli occhi erano stati di tutti i colori insieme e di uno solo specifico e contemporaneamente di nessuno, per un istante solo. 

“Sorvolate Phil, non è qui per mangiare dolci, ma per Heather” esclamò Ty, con una certa riverenza nella voce, come se la sola presenza di lei lo rendesse più rispettoso, la ragazza sorrise, prese Percy per una mano e lo condusse per il locale, Percy lo guardava rapito, era frequentato da ogni genere di creatura ma era semplicemente stupendo, dal lampadario di cristallo, che rifletteva l’arcobaleno, la scala a schiocca levigata di un bel castano, che portava al piano superiore, che era un soppalco di legno con una splendida ringhiera con i ghirigori, i tavoli al piano di sotto erano quelli visibili dal fuori, quelli di sopra erano più semplice, di legno a quattro gambe perpendicolari, erano apparecchiati con tovaglie rosa pallido. Era immenso, in confronto a quello che immaginava, doveva esserci assolutamente qualche incantesimo.

È meraviglioso” biascicò Percy rapito, Philys sorrise, “Io e l’Arseide Harmony ci abbiamo messo tutto il nostro impegno” rispose la dea, Percy si interrogò chi fosse Harmony, ma si ritrovò solo a sperare non fosse un’altra pazza dea che volesse ucciderlo, anche perché l’epiteto utilizzato dalla fanciulla non l’aveva tranquillizzato neanche un po’, Harmony figlia di Ares.Tre ragazzi da un tavolo, guardarono Percy curioso, uno era un ragazzo splendido, dai capelli biondissimi, un accenno di barba, una ragazza dai capelli nerissimi, la pelle abbronzata ed un naso greco, lei era splendida, ma inequivocabilmente umana, e poi c’era un ragazzo dal volto dolce un po’ femmineo, i capelli castani e gli occhi chiari, Percy l’aveva fissato per qualche istante, ma non capiva se era un ragazzo femmineo o una ragazza mascolina, fatto stava che gli ricordava sia Luke sia Silena, una cosa davvero strana, pensò; “Ciao Ed, Penny, Erik” gli salutò la dea, prima di presentare frettolosamente il ragazzo, “È stato un piacere conoscerla Percy Jackson” disse cordiale e sofisticato, il biondo di nome Ed, prima che la ragazza posasse la sua testa sulla spalla, “Anche se frettolosamente” aggiunse, sul suo viso si formò un ghigno, che al figlio di Poseidone ricordò Ares, Deimos e Phobos e tutti i ragazzi della cabina di Ares.  Philys si era fermata davanti ad una porta, di legno nero, c’era una scritta in inglese, Privato A.C.E.E. , l’intera porta era coperta da perline rosa e bianche, “Cos’è l’Acee?” chiese Percy, Philys gli fece l’occhiolino, “Mia sorella tende ad essere un po’ stravagante a volte” rispose solamente aprendo la porta, sconvolgendo il figlio del dio del mare, non c’era stanza dietro quella porta, ma solo una distesa nera, “L’assistenza cliente dell’Ermes express è qui dietro, è come una piccola parte dell’Olimpo, dunque chiama Heather sempre Divina, anche se lei dovesse dirti di non farlo, prendi il tuo pacco ed esci alla svelta, pagala con dracme d’oro da un pezzo …” esclamò Philys, per un secondo seriosa, poi riprese quel sorriso a trentadue denti che la rendeva totalmente splendida, “Se quando uscirai sarai eccessivamente sconvolto ti offrirò un pezzo di torta” aggiunse con tondo dolce, lasciò la mano di Percy e al ragazzo sembrò che improvvisamente tutto diventasse freddo, poi con delicatezza lei lo spinse all’interno dell’oscurità.

Per un attimo era stato buio. Poi una luce soffusa, aveva illuminato una stanza con pavimento di marmo, pareti dipinte di corallo, colonne appoggiate al muro, soffitto di marmo, torce di fuoco appese ai muri ed alcune di legno che si erigevano dal pavimento, blocchi di marmo come panche ed un altare al centro della stanza, su cui una ragazza era rannicchiata, scribacchiando su fogli, evidentemente aveva fatto di quello il suo ufficio. “È lei la divina Heather?” chiese Percy, la ragazza sollevò una mano, con un palmo teso, dove c’era una brutta cicatrice, facendo segno al ragazzo di attendere, Percy silenzioso annui,  dopo esser restato qualche istante fermo, mentre la ragazza continuava a scrivere quello che faceva, provò a fare un passo, “Non muoverti, Sirenetto”  sibilò lei, Percy si irrigidì, non voleva essere cattiva o inquietante, era solo seccata, un po’ come lo era sempre Dionisio, però sentire la sua voce aveva dato a Percy lo stesso effetto che gli avevano dato Ker, Thantos e Lyssie. La ragazza muoveva velocemente la mano, che teneva una piuma, che di tanto in tanto intingeva in un inchiostro rosso e denso come il sangue e Percy ebbe la sgradevole sensazione che lo fosse. Rimase immobile, sia Thantos sia Philys gli avevano consigliato di non dar noie alla dea.

La ragazza, Heather, posò la piuma bianca intrisa di rosso sull’altare, macchiandolo appena, prese i fogli che aveva appena finito di compilare gli infilò in una fotocopiatrice-scanner-fax  che aveva sull’altare e gli infilò dentro a forza, prese il telefono, cominciò a girare su quella che evidentemente doveva essere una sedia girevole, “Si, si … Ti sto faxando tutto. Vieni presto …” disse, annoiata, “Si, si … Di a George che ho un topo morto per lui … Si l’ho anche per Maria …” restò in silenzio qualche istante, “No, può fare reclamo quando vuole, il vaso adesso non è più suo, che vada alla fonte del problema” era un po’ isterica, si sentiva dalla voce in falsetto, si zittì, poi stupita chiese: “Non è illegale o immorale?  Perfino io non mi spingerei a tanto …” trattenne una risata, poi aggiunse: “Si, si … Peggio di Afrodite. Ti ricordi quando …  Ha .. Haha … Povera Psiche. Si, comunque hai ragione, sono sempre io la peggiore” la voce ora testimoniava che era totalmente divertita, schioccò le dita, poi chiuse la conversazione salutando l’interlocutore.

Si voltò con la sedia e guardò Percy maliziosa, “Puoi venire qui, pesciolino” disse suadente, facendo cenno al ragazzo di avvicinarsi con un movimento di mano. “Si, sono io Heather … Ma in questa forma dovete chiamarmi con in mio nome …” disse, quando il ragazzo fu a pochi centimetro dall’altare, la voce era inquietante e spaventosa, ma in qualche modo affascinate, lei era affascinante, sebbene fosse agghiacciante, aveva i capelli neri, smorti, che cadevano lì, intorno al viso, sulle spalle, senza vita, avvolti la bende intrise di sangue rappreso, la riga in mezzo,il volto appunta, la pelle livida, le labbra tinte di un rosso fuoco, fine e piccole, curvate in un quel sorriso, più raccapricciante del ghigno di Ares,spesso le inumidiva con la punta della lingua, come per risentire il sapore che era su di esse, aveva un piccolo naso all’insù, gli occhi erano grandi, la pupilla era stretta e nera, l’iride rossa come il sangue e la sclera grigiastra, era vestita di rosso, ma non quello brillante, era un rosso morto, spento, angosciante, il vestito era appeso ad una sola spalla, la sinistra, ed aveva un lungo spacco, che lasciava  vedere la magra gamba sinistra, indossava scarpe alte, di un nero carbone, Percu però non aveva neanche provato a guardarle le scarpe, era rimasto a fissarla negli occhi. Ticchettava lei, le dita affusolate sul marmo dell’altare, aveva unghia lunghe ed affilate, come quelle di un’animale, “Quale sarebbe?” chiese Percy dopo aver chinato il capo, sentendo che quello era il giusto da farsi, mentalmente si interrogò perché il servizio d’assistenza clienti non fosse gestito da Philys con quel bel sorriso.

“Vuoi una mela, Pesciolino?” rispose lei, porgendo al semidio un mela spuntata da chissà dove, lui deglutì, Heather ghignò sadicamente, “Mi chiamo Eris, Pesciolino. E sono la dea della discordia e del caos” aggiunse lei, addentando la mela, che Percy aveva tacitamente rifiutato, mostrando ad il ragazzo una seghettata dentatura come quella degli squali. Finito il suo spuntino, Eris si era chinata ed aveva estratto dal pavimento un pacco, “Sei stato fortunato, Pesciolino. La divina Artemide ha pagato la quota del ritiro per voi” esclamò licenziosa, posando il pacco sull’altare, che ora si era ingrandito ed era diventato uno scrigno di ferro grande quanto un’anfora, come non pesasse nulla  la spinse verso Percy, prese una pergamena, la slego e la distese, prese una piuma pulita e tese una mano verso Percy, “Dammela …” disse, ma sembrava più un ringhio, il ragazzo ubbidì, “Ermes si accontenta dell’inchiostro. Io preferisco essere più precisa … Sperando che così Zeus mi esoneri da questo ingrato compito …” disse, cominciando quello che Percy si sentiva sarebbe stato un lungo soliloquio, sorrise arcigna e riprese: “Insomma d’accordo ammetto di non esser stata uno stinco di santa … Ho provocato la Guerra di Troia e in questo modo ho influito con le guerre puniche. Sono stata l’ancella di Tifone. Ho influito nella seconda guerra mondiale …” la dea continuò allungo, citando anche il fatto che fosse stata madre di Attila, di un’altra serie di nomi di personaggi che Percy ricordava nella storia come sanguinari, tra cui aveva sentito anche un certo inglesino di nome Jack e se non si sbagliava aveva sentito anche il nome di Bin Laden, ma alla fine la dea aveva ripreso a parlare di lei, che era vero che fosse la signora del pianto, ma essere costretta ad esser gentile con le persone era troppo per lei. E se quello era gentile, Percy non voleva proprio scoprire com’era di malumore. Nel frattempo, aveva il dito di Percy tra il pollice e l’indice ed aveva stretto fino a che l’unghia affilata non aveva perforato la carne, facendo trattenere un gemito di dolore al ragazzo, aveva tolto la mano ed aveva interrotto la narrazione per dire al ragazzo di non muoversi,  si era portato il proprio dito al naso, aveva odorato il sangue di lui e poi l’aveva succhiato via, “Hai un sapore ottimo” aveva aggiunto libidinosa e Percy aveva temuto per se stesso. Aveva ripreso la narrazione, poi aveva riafferrato la mano di Percy, mentre prendeva una piuma e la intingeva nel piccolo foro sul pollice del ragazzo, che infastidì molto Percy. “Bene, ma tutto ciò non può reggere al confronto con il fatto che sono stata la Tutto-fare di Zeus. Ho fatto davvero di tutto” stava dicendo, “Ho invertito anche il percorso del sole. Hai idea di quanto ci voglia a sradicare il sentiero del sole, poi quello della luna ed invertirli, mentre Elios con il suo carro viene a gran velocità verso di te, Sirenetto?” adesso sembrava un’esaltata, mentre ruotava la punta di ferro celeste, nella carne di Percy per prendere più sangue, l’estrasse con un gesto turpe e pose la piuma a Percy, “Firma qui, Pesciolino, nella lingua che più desideri, tanto le capisco tutte” aggiunse, indicando un punto sulla pergamena che aveva steso prima, la sua voce sembrava essersi calmata, sembrava esseri improvvisamente ammorbidita,   doveva essere molto lunatica.  Percy firmò, “Be puoi andare, scusa se sono stata un po’ turpe” esclamò lei, ma non sembrava nemmeno un po’ dispiaciuta, aveva un sorriso sadico stampato sul volto, evidentemente quella doveva essere la parte che le dava più gioia del suo lavoro: Fare male alle persone.

Percy afferrò lo scrigno, pesantissimo, e con fatica uscì fuori, una ragazza l’aspettava, non era Phil, ci restò un po’ male, sembrava una quindicenne, era una bionda slavata con i capelli arruffati, gli occhi azzurri come il cielo, un po’ sporgenti ed un’espressione stupita, la pelle diafana, vestiva colorata e stravagante ed aveva appesa al collo una collana superba, d’oro bianco con una gemma splendente in fondo, al  figlio di Poseidone quella ragazza ricordava un’attrice di cui non gli veniva il nome, “Perseus Jackson” cominciò, “Io sono Harmony e sono immensamente onorata di conoscervi” esclamò ossequiosa e a Percy, sembrò incredibile che una dea fosse così cerimoniosa per lui, la ragazza si avvicinò, posò le mani  sulle spalle del semidio e si mise sulle punte delle scarpe da tennis a scacchi e fece la cosa che Percy non si sarebbe mai aspettato, lo baciò.   Lo shock lo portò a lasciare lo scrigno che cadde sul suo piede, aprendosi e lasciando cadere un arco lucente ed una cintura scintillante, la ragazza si staccò, con il sorriso sul volto, guardò per terra, “L’arco e la cintura di Orione? Pensavo fossero perduti” disse, ridacchiò ed andò via, lasciando Percy sconvolto davanti alla porta di Eris.

“È una Pu … Lzella d’ottima famiglia” sentì alle suo spalle, la voce di Eris, si voltò, ma non trovò la stessa inquietante donna di prima, ma una umana ragazzina, con i capelli castani spettinati, gli occhi verde scuro, il colore della gelosia, sempre grandi, le labbra lucide come ciliege e la pelle chiara,  bassina, dal corpo magro e piatto, ancora acerbo, sembrava una tredicenne, indossava abiti scuri, maglia scura, felpa aperta scura, calzette scure, scarpe scure, se non per dei pantaloncini rosso fragola marcia, “Phil non vuole che io l’offenda …” si giustificò, “Ma con quel suo fare da principessina delle buone azioni, ho una voglia folle di buttarla a calci giù dall’olimpo” aggiunse, “Voi siete?” chiese Percy confuso, “Sei carino, ma stupido forte. Più che un pesciolino, credo tu sia un calamaro orbo” esclamò, infastidita prima di bisbigliare qualcosa in una lingua arcaica, che a Percy non diceva niente, “Heather non maltrattare Percy” intervenne Philys, con le mani sulla vita stretta, “E come potrei, lui e l’eroe che ci ha portato alla ribalta. Acida principessina dallo stesso delizioso odore di Nereo” disse Eris con finta voce stucchevole appiccicandosi al figlio di Poseidone che ora fissava confuso gli oggetti di Orione. Phil ignorò totalmente la dea e il suo modo d’offender garbato e staccando Percy da quella medusa mortale gli disse: “Vieni stellina ti ho promesso un dolce” esclamò Phil, circondando le spalle del ragazzo con un braccio, era così confortevole, Percy aveva raccolto gli oggetti e gli aveva rimessi nello scrigno che si era trascinato per il locale, la dea aveva liquidato la sorella rivelandogli che il ragazzino che la veniva sempre a guardare era tornato.

“C’è un ragazzino che si è preso proprio una bella sbandata per Heather in tutte le sue forme”  gli stava spiegando Phil, “Strani gusti” biascicò piano l’altro, “Dopo che avrai mangiato la sua famosa torta di mele, non ti sembrerà una cosa così assurda” rispose Phil, ridendo gioviale. “Cheryl porta una  dfetta del dolce di Heater qui” esclamò la ragazza dagli occhi a mandorla, facendo accomodare Percy su uno dei tavolini verdi, a quel nome al figlio di Poseidone si era rizzati tutti i peli, “Posso presentarti il più grande dei miei fratelli? Anche se penso che tu lo conosca già” chiese dolce come lo zucchero filato Phil.  Si alzò dalla sedia verde, lasciando il posto libero, arrivò Cheryl vestita da cameriera e l’aspetto umano, con violenza lasciò sbattere il piatto con il dolce sul tavolino, poi un ragazzo era sbucato da dietro le spalle di Cher e si era seduto sul posto libero, “Ciao Percy. Abbiamo marinato entrambi il compito, eh?” chiese scherzoso lui, Percy era sconvolto. Seduto sulla sedia di fronte alla sua c’era nei suoi capelli neri tagliati male, con la frangia davanti gli occhi, che erano neri intenso, la pelle bronzea ed il sorriso buono, solo vestito da cameriere, ma era lui, il suo amico Sam.

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Per chiarire un po' il rapporto Artemide/Orione. Dovremmo fare un salto nel passato ... E vedere il rapporto dagli occhi di chi c'ha messo 2000 anni e passo per rivalutare gli uomini. E scoprire come un certo tipo si è immischiato in quella storia. Che cosa poi abbia fatto non lo scoprirete, però, tanto presto.

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Capitolo 8
*** Come l’Atlantide Zoe decise di impersonarsi Tiranna di cuori ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Come l’Atlantide Zoe decise di impersonarsi Tiranna di cuori
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Artemide, Orione, Zoe Nightshade, Phoebe (Citato Apollo)

Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 908
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Ho aggiornato prima perché domani parto e per quasi una settimana non sentire parlare di me, ma tranquille vi ho lasciato un capitolo che non porta davvero da nessuna parte ed è anche cortissimo, penso davvero sia corto. Ma più lungo perdeva l’effetto che doveva avere, qualunque esso sia.

3. Questo capitolo risponde a Come è successo che Un Dio abbia deciso di immischiarsi in questa faccenda …  Che cosa faccia ve lo spiegherò poi …

4. In the Lost Hero, Phoebe è convinta che i ragazzi rapiscano le ragazze e probabilmente era una coetanea di Zoe. Sempre in the Lost Hero si scopre che sa far guarire le persone in fretta, dunque si ipotizza (Non so da chi) che sia figlia di una certa divinità, ma RR non ha detto nulla, io l’ho preso per buono lo stesso.

5. So che Zoe parlerebbe come Dante (Volgare si intende) ma questo capitolo è ambientato nella Grecia antica e penso che Zoe parlasse correttamente il greco, quindi in questo capitolo parlerà normale. (Cosa avrei dato per cimentarmi nella sua parlata. RimedieròOoopsss … Ho detto troppo)

6. Badate bene sia un capitolo Flash-Back e non un sogno di Percy, dunque di tutto ciò che accade qui, Percy non ne ha idea, prossimamente Artemide gli dirà qualcosa …

Buona Lettura

Come l’Atlantide Zoe decise di impersonarsi Tiranna di cuori

Ricordava quello sguardo innamorato, quel rossore sulle guance, il sudore sulla fronte ed il groppo in gola. Era la condanna di ogni donna. Era stata la sua e per questo era fuggita dagli uomini. Ma ora? Che la sua signora sembrava ammalata di quella strana malattia che quella Tirannide di Afrodite spargeva per il mondo senza fornirne una cura, che poteva fare?

Originariamente non aveva pensato che la sua signora, Artemide, avrebbe rischiato di infrangere il voto, fatto al divino Zeus. Era solo preoccupata che quel cacciatore, Orione, distruggesse il cuore della sua signora. All’inizio aveva visto negli occhi del cacciatore solo devozione, che aveva compreso e concordato, si era unita a lui, non temendolo come uomo. Zoe, però, cominciando a ritrovarlo continuamente intorno a loro, aveva anche cominciato a provare una certa simpatia per lui, nonostante odiasse profondamente i ragazzi. Poi dalla devozione era passato all’amore, Zoe lo leggeva, in quegli occhi colore dell’abbraccio del mare con il cielo e l’aveva trovato divertente, Artemide tollerava la presenza di Orione, quasi la rallegrava, ma era certa che se la dea avesse anche solo sospettato i sentimenti del cacciatore, l’avrebbe trasformato in un Jacklopes. Ma Orione non lasciava sfuggire niente, era bravo, non provava per la sua signora attrazione, era qualcosa di più profondo, sincero e puro, quando il cacciatore guardava Artemide, Zoe non rivedeva lo sguardo di Ercole, per questo non aveva detto nulla alla sua signora ne alle altre cacciatrici, ma poi qualcosa si era incrinato.

Era successo mentre era nella foresta con Phoebe, stavano dando la caccia ad una splendida orsa, che entrambe avevano veduto i due. Orione aveva un aspetto umano, era seduto sul manto erboso e con quello sguardo innamorato, parlava di caccia con la divina Artemide, che seduta su una roccia piana l’ascoltava e commentava. Gli occhi grandi della dea erano totalmente rapiti dal cacciatore, erano, e Zoe si spaventò a pensarlo, innamorati. “So già come andrà a finire” disse Phobe, Zoe la zittì prima che la sua compagna potesse esporre la sua idea, che era certa si sarebbe riferita ad un Ratto, visto e considerato che per Phoebe le cose finivano sempre allo stesso modo: Lui rapiva anche Lei. Anche se il lui in questione era un semidio gigante e la lei una dea.

Ma per Zoe la situazione era più grave, la dea si stava invaghendo del ragazzo, lo leggeva in ogni sguardo, in ogni piccolo sorriso in ogni gesto. “Peggio, Phoebe è peggio” rispose l’Atlantide, afferrando il polso della robusta ragazza, “Che succede?” domandò Phoebe non capendo le parole della compagna, “La signora si sta innamorando” sussurrò quella in risposta, sembrava vergognoso anche solo pensarlo e Zoe si era sentita ignobile per averlo pronunciato, ma per quanto desiderasse di sbagliarsi, sapeva di aver ragione.  “Per il voto delle tre dee vergini, Esperide Atlantide non può essere così” si lasciò sfuggire Phoebe, l’altra decise di ignorare che l’avesse chiamata Esperide ed Atlantide, due appellativi che ora ripudiava, “Sorella è così” rispose solamente Zoe, dopo aver deglutito, “Dobbiamo fermare questa cosa” aggiunse, quasi spaventata dalla realtà che si insinuava maggiormente, diventando sempre più vera.

 

Fermare l’amore non era un’impresa facile. Non c’era mai riuscito nessuno, se non Eros, ma lui non andava mai contro la sua orribile madre, eppure Zoe e Phoebe dovevano trovare il modo, prima che l’impensabile si realizzasse. Di fatti qualche giorno dopo la comprensione, Artemide aveva accennato vagamente al suo luogotenente che se non fosse stata vincolata al voto, avrebbe potuto sposare Orione  e a quel punto che la cacciatrice aveva deciso che era arrivato il momento di agire, perché ancora poco tempo e sarebbe stato troppo tardi.

“Potremmo chiedere ad Eos, ho scoperto che Orione è sposato con lei” cominciò Phoebe infastidita, perché odiava gli uomini che rapivano le donne e quegli che le tradivano, suo padre, a detta di lei, era l’emblema di ciò. Zoe rifiutò la proposta, per una certa maledizione quella dea si innamorava di ogni mortale che le capitava attiro e probabilmente aveva già smesso di dolersi per il marito e già giaceva con qualcun altro. “Potremmo spedirlo ad Ogigia dalla tua sorellastra” propose nuovamente Phoebe, Zoe inarcò un sopraciglio, “Tornerebbe … Metti a confronto una semititana con una dea” rispose spiccia la fine la figlia di Atlante. Avevano impiegato un pomeriggio intero per pensare chi poteva accorrere in loro aiuto, chi avrebbe sfidato la perfidia di Afrodite e a malincuore Zoe aveva trovato un solo essere. “Phoebe, penso chi possiamo rivolgerci solo ad una persona” il tono della figlia di Atlante era gravoso, come se fosse lei stessa disgustata da quell’idea eppure fosse cosciente che non ci potesse essere altra soluzione, “È un uomo, vero?”  chiese sconfortata Phoebe, lo capiva dallo sconforto nella voce della compagna, “Non solo” rispose Zoe, “Sorella, non vi starete riferendo …” Phoebe non riuscì neanche a finire la frase tanto la disturbava quel pensiero, perché per evitare alla divina Artemide quell’errore avrebbe accetto l’aiuto di chiunque, ma non di lui. Era per principio, per orgoglio, per rancore. Non lo sapeva neanche lei, ma l’odiava. “Si sorella, dovremmo chiedere aiuto a vostro padre” esclamò Zoe, che non amava chiedere l’aiuto degli uomini, comprendeva l’odio che provava la sua consorella per il suo divino padre, perché lei stessa era mossa da tale odio e poi non amava particolarmente quel dio, sebbene fosse l’unico che avrebbe dato se stesso per la divina Artemide.

Il suo gemello, Apollo Akesios, il guaritore.

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Percy sogna nuovamente il suo fratellastro e alla dea, dove nota un interessante particolare nei discorsi dei due. Percy prende una scelta al posto di Sam. Finalmente nel pomeriggio il figlio di Poseidone riceverà la visita tanto attesa e avrà, più o meno, le spiegazioni da tanto dovute.

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Capitolo 9
*** Una mezza verità ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Una mezza verità
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Artemide, Sam Rockoverstreet, Orione
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1741
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Vi sono mancata? Ovviamente no!

3. Su questo capitolo non ho niente da dire … E venuto fuori così e non avrei saputo fare diversamente …

4. In questo caso Artemide è OOC, ma in mio parere non sarebbe potuta essere diversa. Calatevi voi nei suoi panni …

5. Corcyra è Corfù. Ho visto l’occhio blu dal vivo …

6. Hem … La scena della darcma di Sam non è buttata lì per caso …

Buona Lettura

 

 

Una mezza verità

Dopo aver scoperto che l’unico amico normale che aveva non era mortale, Percy era certo che null’altro al mondo l’avrebbe potuto stupire. Ovviamente non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto la stessa notte.

Lasciatosi scivolare tra le braccia di Morfeo inquieto, anche perché le conoscenze fatte il giorno l’avevano agitato, Thantos, Eris, Lys, Nemesis, Phil, Harmony e gli altri. E quanto pericoloso si sarebbe rivelato Sam? Perché Phil l’aveva tanto incantato e quella Harmony come andava trattata?

E cosa doveva farci con l’arco brillante e la cintura, con tre pietre splendenti, di Orione? Perché Artemide aveva fatto in modo che gli arrivasse ciò. Non era arrivato a soluzioni. Si era steso a letto con la cintura accanto, le tre pietre erano così luminose che l’avevano infastidito molto, ma Percy non aveva voluta metterla altrove. Quell’oggetto era appartenuto ad un suo fratello, che adesso non c’era più.

Quando aveva aperto gli occhi, non era nella sua stanza, non era a Manhattan, non era in America e quasi certamente non era nel ventunesimo secolo. Era in una caverna, con le pareti di cristalli rosati e l’acqua, era immerso fino alla vita, davanti a lui, una parete si immergeva totalmente nell’acqua cristallina, aveva  un grosso squarcio, dalla forma circolare, che dava un effetto stranissimo, rendendo l’acqua di un ciano intenso, quasi sembrasse dipinta.  Percy, come il possessore del corpo, la guardava rapito. Lo sentiva sotto la pelle che ogni domanda era risolvibile tramite quel passaggio, avrebbe risolto ogni dubbio e ogni problema, tuffandocisi dentro.

“Siete incantato mio cacciatore?” gli chiese una voce, eccessivamente dolce, allora Percy realizzò di non esser solo, ma d’esser nella grotta con al dea Artemide, con i capelli rame davanti raccolti in due trecce che terminava in uno chignon, era vestita di pelli d’animale, che probabilmente lei stessa aveva cacciato ed ucciso, orecchini fatti di sciabole fossilizzate e porpora sugli occhi. “Perché mia divina mi avete portato qui?” chiese, quello che Percy ormai aveva capito fosse stato, Orione, “Mio cacciatore, siete figlio di Poseidone, dovevate vedere l’occhio blu di Corcyra” rispose lei, con una voce licenziosa, che Percy non avrebbe mai associato a quella stessa dea che aveva conosciuto, il volto era raggiante, non luminoso, non era esser dea che la rendeva splendida, ma esser felice la rendeva così. Bellissima. “Porta fortuna, ho sentito dire” rispose semplicemente Orione, adesso guardando con desiderio l’occhio, “Per questo vi ho portato qui, mio cacciatore”  aggiunse lei, “Ci serve fortuna” aggiunse lei, sorridendo mielosa. Per Percy era davvero incredibile, vedere un’Artemide così dolce, non fragile come gli era parsa di recente, ma zuccherosa; “Meno male che ci siete voi, mia divina” bisbigliò Orione, muovendosi verso di lei e prendendogli la mano, solo allora il figlio di Poseidone aveva notato che i due continuavano ad usare gli aggettivi possessivi, sentiva l’amore di Orione e vedeva quello di Artemide. Si chiamavano mia e mio, come lui ed Annabeth si chiamavano Sapientona e Testa d’Alghe,  come Juniper e Grover si chiamavano Dolcezza e Zuccherino e come facevano, orridamente, Clarisse e Chris appellandosi come Bimba e Bimbo. Era una cosa loro, una cosa intima, da innamorati o, forse, in questo caso da amanti.

Poi si era svegliato.

La mattina era passata velocemente, tralasciando che Percy aveva lanciato sguardi storti a Sam, cercando di scoprire che dio era. Il suo amico, se così lo poteva chiamare, aveva fatto finta di  niente con lui, come se l’incontro alla Sala da Tè non fosse mai avvenuto, aveva continuato al sua vita tranquillamente, cominciando a giocare però con una dracma. “Testa o croce, Percy?” chiese Sam, indicando la monetina, mentre erano a mensa, “Testa” rispose incerto Percy, guardando la monetina con una pessima sensazione, Sam sorrise poi aggiunse: “Facciamo che è uscito testa” infilandosi la monetina in tasca, poi guardando il figlio di Poesidone guardarlo confuso disse: “Per scegliere a volte uso la monetina. Questa volta ho fatto scegliere te”quell’ultima frase confuse il semidio, “Sperò di non averti fatto fare una scelta stupida” disse poi, “Sono sicuro che frutterà solo bene” esclamò Sam, battendo una mano sulla spalla di Percy; “Lo mangi il pollo?” chiese poi Sam, allungando la forchetta verso il pollo di Percy, “Si è mio” rispose il figlio di Poseidone, lanciandosi con il dio in un duello all’ultima forchetta, abbandonando il buon senso, ovvero quella di non sfidare un’entità divina.

Il pomeriggio Percy aveva ricevuto una visita che non lo sorprese molto. Era come dire questione di tempo. Artemide era venuta da lui.

Con il volto di marmo, che sembrava infrangibile e inviolabile, “Devo parlarti Eroe” disse imperiosa, mentre alcune ciocche di capelli sfuggivano alla presa dell’elastico, “Mi dica”  rispose solamente Percy, Artemide sospirò, entrando in casa e tornando per un istante la ragazza fragile che Percy aveva visto negli ultimi tempi, ben diversa da quella che era stata un attimo prima o quella dolce che era compagna di Orione.

Si sederono sullo stesso divano dell’ultima volta. “Hai scoperto chi è Orione. E vuoi sapere certamente cosa c’era tra noi” cominciò Artemide, accavallando le gambe e socchiudendo gli occhi, forse immaginando nuovamente i contorni del volto di quel cacciatore. “Eroe, lui era la persona più perfetta che io avessi mai conosciuto” biascicò Artemide, Percy inclinò il capo, Artemide sorrise malinconica, poi continuò: “Mi sono sempre sentita orgogliosa di essere donna ed ho sempre odiato gli uomini” la sua voce era tagliente come una lama, “E mi sono odiata. Perché lui era un ragazzetto, mortale, già sposato, che oltre alla moglie aveva fatto la corte ad un’altra donna … Eppure era riuscito a farmi sentire stupida come una ragazzina” ora ringhiava, c’era rancore, rabbia e vergogna, eppure si evinceva una certa tristezza.  “Lo volevo sposare. Volevo sciogliere il voto. Volevo passarci tutta la vita, tutta l’eternità. Volevo cacciare con lui per sempre” la voce era sincera e straziante, sembrava che stesse per abbandonarsi in un pianto rotto, quella dea lì, Percy si rifiutava di credere fosse Artemide, non poteva davvero essere lei. “Cos’è successo?” chiese Percy, dopo qualche attimo di silenzio, la dea lo ignorò deliberatamente, riprendendo il suo emotivo, forse eccessivamente, discorso: “Ero veramente felice con lui, Percy. Lui mi rendeva fragile. Mi sentivo sicura solo stretta a lui. Stavo perdendo la mia natura divina” si fermò, prese un bel respiro, “Ma ero veramente felice” sorrideva fra il malinconico e il raggiante, uno di quei ricordi splendidi, che ami prendere, rivivere e consumare all’infinito, ma ogni volta che viene messo da parte, fa solo più male. Un dolore che neanche il tempo potrà attenuare. Un ricordo dolce, che alla fine ti lascia l’amaro. Un sorriso dolceamaro era quello della dea.

“Il mio egoismo Percy, l’ha condannato”  bisbigliò poi, “Ed io l’ho ucciso” aggiunse, Percy aveva pensato inizialmente che la dea fosse stata causa della morte, ma poi ricordando che Orione era stato ucciso da una freccia sulla testa, aveva pensato che forse la dea era stata l’artefice della stessa morte. “Avete scoccato voi la freccia?” chiese Percy, rispettoso temendo di alterare la dea, “Si, Eroe …” rispose, ricordando precisamente l’attimo in cui aveva puntato la freccia brillante in quella funesta direzione ed aveva scoccato la freccia. “Per sbaglio … Non è stato un incidente, ma è stato involontario” bisbigliò, Percy si chiese come fosse possibile che l’uccisione di Orione fosse stata involontaria, ma non un incidente. “Divina che significa?” chiese alla fine il figlio di Poseidone, con le sopraciglia aggrottate, Artemide abbassò il capo, “Fui ingannata” bisbigliò, con una voce divorata dall’ira, finì “Una gara di tiro con l’arco … Il bersaglio era Orione, ma era troppo lontano e non l’avevo riconosciuto” non c’era più traccia di rabbia nella sua voce, ma solo colpa, tristezza e malinconia, “Chi vi ha ingannato?” chiese Percy, Artemide tornò di marmo, guardò il semidio con uno sguardo tagliente, “Questa è un’altra storia, Eroe” ringhiò, il figlio di Poseidone, per il suo bene, comprese che non sarebbe stato saggio chiedere ad Artemide altro su chi la avesse ingannata, altrimenti si sarebbe potuto ritrovare come la suddetta cosa o persona, perché era certo  che non poteva aver vissuto a lungo, dopo ciò che aveva fatto alla dea. Il ragazzo deglutì.

“Ora, Eroe, devo rivelarvi  la vostra missione” cominciò Artemide imperiosa, dopo qualche minuto di silenzio, “La prossima luna nuova sarà l’anniversario della morte di Orione” riprese la dea, Luna nuova? A Percy venne in mente la profezia, ma non tutta due pezzi ben specifici, La strada bianca va seguita, ove due eroi dal sangue fraterno si scambieranno, per adempiere si destini sospesi e E l’uomo di stelle possa tornare all’Eterna che da secoli l’aspetta. Per Percy ora tutto sembrava avere senso, lui ed Orione erano le persone della profezia, Artemide voleva che per la durata del bacio di Nyx lui ed Orione si scambiassero. All’anniversario della sua morte, il suo fratellastro sarebbe potuto ritornare alla vita per una notte sola a patto che lui andasse nel cielo, come recitava l’altro pezzo della profezia: possa per la volta errare, ritrovando una perduta anima ed incontrando leggende.

Divina lei vuole che io prenda il posto di Orione per una notte?” chiese il ragazzo dopo il lamo di genio avvenuto, “Ufficialmente te lo sto chiedendo” rispose la dea, adesso tornata veramente se stessa, imperiosa, posata con il volto severo, “Ufficiosamente?” chiese Percy, un piccolo sorriso increspò il volto e la bellezza perfetta di Artemide, rendendola meno divina, più umana, ma ugualmente magnifica, “Ufficiosamente, Eroe, è già scritto che tu lo farai” esclamò la dea, guardò poi Percy intensamente, “Ti ho fatto recapitare la cintura e l’arco perché tu capisca come si usino”, il ragazzo la guardò confuso, “Tra voi c’è un legame di sangue, credo che quegli oggetti possano aiutarti  a capire Orione” spiegò, incerta, poi si alzò dal divano. “Puoi farne parola con i tuoi amici, da solo non penso riusciresti in quest’impresa” aggiunse, si passò una mano sul parca d’argento, “Domani con Annabeth, Grover e Nico, vai a Central Park, qualcuno ti dirà cosa fare” disse, guardò Percy qualche istante, “Ma non dire nulla alle cacciatrici” terminò la dea, imparziale, Percy annui e la dea prese le sembianze di un piccolo passerotto e spiccò il volo, passando dalla finestra della sala. Percy rimase seduto sul divano a fissare il vuoto, con le dita che ticchettavano sulla gamba, si alzò alla ricerca di una dracma, se le cose stavano così aveva assoluto bisogno di parlare con Annabeth, perché Atena ha sempre un piano e a lui serviva assolutamente.

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Capitolo sfizio. Percy andrà al parco con i suoi amici per incontrare qualcuno, ma chi gli attende?Una svolazzante farfallina. 

Nico nel frattempo rimedierà un appuntamento destinato a finire in modo bizzaro, con un retrogusto di mele caramellate. Ed Annabeth farà la conoscienza della sosia di Evanna Lynch. Ed ancora una volta Percy avrà a che fare con bizzare divinità minori in una macchina.

Ed Eos reietta chi è?

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Capitolo 10
*** Mai accettare mele caramellate dalla dea della Discordia ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo:  Mai accettare mele caramellate dalla dea della Discordia
Fandom: Percy Jackson
Personaggi:  Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Nico Di Angelo, Juniper, Phil, Harmony, Eris (Heather) e tre divinità minori
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 2191
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Bene questo capitolo è un capitolo sfizio … Non ha alcuna utilità … Spero vi piaccia lo stesso …

3. Cercavo di renderlo sul comico ma ho fallito miseramente …

4. Uh be, oggi sono di uno strano umore, mi sono divertita parecchio, abbiamo fatto i dolci :) …

5. Lo sapete che ho cominciato a leggere Elogio alla Follia … E parecchio strano, ma non è male … La narratrice è la Follia(Che ormai io chiamo Lyssa) che ogni due per tre se la prende con Pallade Atena.

6. Quello della Row non so come mi sia uscito fuori … xD

Buona lettura

Mai accettare mele caramellate dalla dea della Discordia.

(Capitolo Sfizio)

Annabeth era rimasta confusa dall’ambiguo messaggio di Percy,  specialmente perché il suo ragazzo gli sembrava così confuso, ma non aveva detto niente, quando il ragazzo aveva promesso che gli avrebbe spiegato tutto il giorno dopo. Annabeth era fuori il cancello della sua casa, con indosso un capotto, ma vestita sportiva, mentre continuava ad attorcigliarsi una ciocca di capelli biondi sul dito,  Percy era venuto nella sua direzione, “Sapientona!” urlò lui, regalandoli un sorriso, “Testa d’Alghe” esclamò la bionda, prima di stringerlo in un abbraccio e premere le sue labbra su quelle del ragazzo. “Ti devo raccontare qualcosa …” esclamò Percy, appena le loro labbra si erano staccate, “Qualcosa?” chiese Annabeth, curiosa, “Molte cose, in verità” si corresse il figlio di Poseidone, raccontando alla figlia di Atena tutto, nei minimi dettagli, della richiesta di Artemide, dei sogni, della profezia, del dipinto, delle divinità minori, di Orione e della cintura, tralasciando la parte in cui Harmony lo baciava.

I due continuarono lungo la strada di Central Parck, dove avevano appuntamento con, Nico, Grover e(d ovviamente) Juniper, anche se non era stata chiamata.

Avevano trovato i due fidanzatini camuffati dalla foschia che si abbracciavano e si scambiavano tenere effusioni su una panchina, “Hei piccioncini!” gli disturbò Annabeth, notando che un gruppo di bambini gli guardava scandalizzati, visto che non dovevano risultare molto casti, o forse lo erano, ma solo per i parametri di ninfe e satiri. “State turbando i bambini” esclamò Percy invece, cercando di censurare la scena, Juniper rise di imbarazzò, diventando rossa come un pomodoro, per fortuna che aveva un aspetto umano, altrimenti sarebbe diventata vedere come una felce,  “Hei là, ragazzi” si intromise un nuovo elemento, Nico Di Angelo, i quattro si voltarono verso di lui, rimanendo stupiti di non averlo trovato da solo. Era con una ragazzina bassina, con i capelli castani arruffati, gli occhi verdi ed il sorriso smaliziato, poteva avere tredici anni e Percy, purtroppo, sapeva chi era.

“Sei in dolce compagnia, Nico” esclamò il satiro , il ragazzino arrossì, la ragazzina sorrise in un modo che a Percy, solo a lui, sembrò perverso, “Si … Hem …” balbettò il figlio di Ade in vistoso imbarazzo, la ninfa sorridendo bonaria, si fece portavoce, vedendo il ragazzino ancora nel panico, e lì presentò: “Io sono Juniper, lui è Grover, lei è Annabeth e lui è Percy, il cugino di Nico”. La figlia di Atena si allarmò nel vedere quella ragazzina, visto che dovevano parlare di affari olimpici e si rattristò per Nico che avrebbe dovuto rinunciare al suo appuntamento. “Lei è Heather” la presentò   Nico, superando leggermente l’imbarazzò, “Hey là” esclamò la ragazzina con un sorriso sornione, poi fermò i suoi occhi verdi su Percy ed aggiunse, esclusivamente per lui, “Pesciolino”, “Lei è la persona che devo incontrare, vero?” chiese Percy, preso dallo sconforto, perché chiunque sarebbe stato, certamente, più di aiuto di lei. “No, Pesciolino, dovete incontrare Phil” rispose, tranquillizzando Percy, poi si era voltata appena verso Nico ed aveva aggiunto: “Ma io sono venuta lo stesso” un piccolo sorriso dolce si formò sul suo volto, il che rese il figlio di Poseidone ancora più spaventato. Annabeth, Grover e Juniper  tra loro si guardavano confusi, anche se la ninfa aveva avvertito che quella fanciulla non era umana ed il satiro aveva intuito che c’era qualcosa di strano,  Nico, invece, si preoccupava di capire al meglio il discorso, abbastanza informato.

“Io vado a comprarmi qualcosa da mangiare … Forse zucchero filato o mele caramellate. Ninfa Juniper mi accompagni?” chiese Heather, con voce, stranamente, mielosa, che rese Percy solo più preoccupato, di fatti aveva pensato di fermare la ragazza del suo migliore amico, ma poi gli era venuto in mente che il nome di Juniper non era stato elencato da Artemide, “Certamente” rispose la ninfa, non preoccupandosi che la ragazzina sapesse cosa fosse, l’aveva capito che non era umana, a primo sguardo.

“Inquietante, ma carina” esclamò Grover, dando un colpetto sulla spalla a Nico, “Lei mi ha fatto questo” bisbigliò Percy indicandosi un dito fasciato, prima di ricordarsi la ferita sul collo, dei lividi sulle braccia, causati dagli strattoni di Ty ed un livido sulla pancia, le divinità minori, lo stavano letteralmente uccidendo. “Sai chi è vero?” chiese poi il figlio di Poseidone, Nico sorrise sornione poi rispose: “La dea della discordia” Percy avrebbe voluto stupirsi della tranquillità del cugino, ma in effetti il figlio di Ade che si invaghita della dea della Discordia e del Caos, aveva una logica, contorta ma l’aveva, “O mie dei” bisbigliò Annabeth.

“Eroi!” gli chiamò una voce carezzevole, che Percy conosceva, si voltarono trovando la splendida Philys davanti a loro, con il solito sorriso stampato sulla faccia bellissima, i capelli biondo scuro raccolti nella crocchia e dei vestiti semplici, di colori chiari, che ricordavano un campo in fiore. “Phil” la salutò Percy sorridendo, la ragazza contraccambiò con un sorriso più ilare, se possibile, Annabeth  si sarebbe dovuta arrabbiare, per il sorriso ebete nato sul volto del ragazzo e avrebbe anche voluto, ma nel vedere quella Phil non gli era venuto alcun sentimento negativo, era come se quella ragazza non riuscisse ad ispirare brutti sentimenti, Grover era rimasto come stregato da Phil e Nico aveva cercato di regolare il rossore sulle sue guance, con uno scarso risultato. Phil era il buon sentimento, l’amore per il tutto, si vedeva, si capiva, si percepiva.

“Conoscete tutti la storia e la missione?” chiese Philys con un sorriso dolce, Percy si assicurò che avrebbe chiarito tutto lui, “Bene, la profezia è elementare, ma io non posso dirvi nulla” disse costernata lei, posando anche una mano sul cuore, mostrando anche uno sguardo afflitto, “Ma Artemide ha ricevuto da Moros il permesso per aiutarvi”  aggiunse con un sorriso onesto, “Almeno in piccola parte”  aveva però dovuto aggiungere. I quattro l’avevano fissata intensamente, un po’ confusi, Phil disse: “Dovete parlare con l’unica persona certa nella profezia”, Percy si fermò a riflettere, la profezia citava di due figli di Poseidone, probabilmente lui e Orione, incontrare leggende, un anima persa, l’Eterna, certamente Artemide, una moglie reietta, colei che aveva il compito primariamente e Nyx e il suo bacio. La notte. La chiave era la notte. “Dobbiamo parlare con la divina Nyx?” chiese Percy, Phil annui, “Non esattamente facile. Non credo che la divina dea della notte terrestre non vive proprio a quattro passi” esclamò Annabeth, che conosceva bene la profezia, “Invece si. È risaputo che viva a Brooklyn” belò il ragazzo capra, guadagnandosi le occhiate confuse dei semidei, “Sai anche l’ubicazione precisa?” chiese Nico guardando il satiro, “Nel quartiere polacco, credo” provò Grover dopo averci riflettuto un po’, Philys cercò di trattenere una risata canzonatrice, fece cenno di negazione e disse: “Siete mortali. Non vi è consentito saperlo” sembrava rilassata. “Quindi dovremmo girare tutta Brooklyn, per trovarla?” chiese Percy, Phil sorrise serena, “No, tranquilli … Ci penseremo noi” bisbigliò, battendo una mano sulla spalla di Percy. “Voi?” chiese Grover, “Venite al Gaston Ton Gefson” sussurrò la ragazza, prima che la dea si era scomposta, lasciando davanti a loro solo una bella farfalla dalle ali azzurrine, con macchie arancioni, era volata via, “Strana dea” aveva detto Nico, mentre osservavano il volo della farfalla a zigzag, che poi si era posata sulla spalla di una ragazzina bionda che gli osservava da lontano, era Harmony, si portò una mano sulla bocca e lanciò un bacio a Percy. “Perché la sosia di Luna Lovegood ti manda baci?” chiese Annabeth, con una certa tensione nella voce, Percy dopo l’imbarazzo ed il panico, sentendo Annabeth aveva detto: “Ecco chi mi ricordava!”, “In effetti somiglia ad Evanna Lynch” aveva constatato Grover. E mentre la dea figlia di Ares, con la farfalla sulla spalla, si era allontanata, Percy non aveva risposto alla ragazza, ma avevano continuato a fare considerazioni sull’attrice Britannica.

È stimolante sapere che alla vigilia di una missione che prevede un viaggio nel firmamento, giovani eroi preferiscano parlare del libro scritto da una figlia di Apollo” gli richiamò alla realtà Heather, che era tornata con Juniper ed avevano mele caramellate per tutti, “La Rowling è una semidea?” chiese sconvolto Grover, “Come Tolkein e Lewis. Pensi che oltre ai figli di Apollo qualcun altro avrebbe potuto inventare cose simili?” chiese retorica e scocciata la dea. “Vi abbiamo preso delle mele” esclamò Juniper porgendo una delle due stecche dove erano incastrate le mele a Grover, l’altra la morse lei, Heather aveva tre mele in mano, una la diede a Nico e una a Percy, la terza la tenne in mano, guardò Annabeth, poi nuovamente la mela, riportò i suoi occhi sulla bionda, come se avesse valutato bene cosa fare, poi aveva detto alla semidea: “Sei una figlia di Atena. Lo sai che la mia mela non ti spetta” era totalmente maligna, poi addentò la mela che il caramello aveva reso d’orata, “Ovviamente” sibilò Annabeth, Nico morse la mela, con  allegria, come Grover che non scollò lo sguardo dalla sua ragazza. “Vuoi?” domandò Percy, allungando la mela alla sua ragazza, “Ma sei pazzo. Non bisogna mai accettare mele d’oro da Eris” rispose  Annabeth, ricordando bene il mito, in cui sua madre non veniva scelta come la più bella, come per i ragni, le mele d’oro non rendevano i figli di Atena felici, “Ma questa è di caramello” disse Percy suadente, Annebeth assottiglio lo sguardo, poi enuncio: “Bene. Mai accettare mele caramellata dalla dea della Discordia  Percy aveva guardato la mela, il sorriso sadico di Heather, la sua ferita sul dito ed avendo anche un vago ricordo citatogli da Sam qualche mese prima su tre dee vittime dello scherzo di Eris, aveva deciso di seguire saggiamente il consiglio della sua ragazza.

“Non buttarla, la faresti infuriare” esclamò Annabeth, fermando il ragazzo da quell’azione suicida, avendolo visto vicino ad un cestino, “Seguitemi alla Sala da Tè” ordinò Heather, mettendosi a braccetto del figlio di Ade, “Andiamo” enunciò Juniper, intrecciando le sue dita a quelle del fidanzato, Annabeth e Percy si presero la mano, “Allora perché quella bionda ti ha lanciato un bacio?” chiese lei, il figlio di Poseidone alzò le spalle, fingendo di non saperne nulla, “Spero non lo rifaccia, altrimenti non mi importerà che sia una dea” sottolineò Annabeth, prima che Percy si sporgesse per darle un bacio, “Testa d’Alghe, sono sincera” precisò Annabeth, seria, ma Percy per tutta risposta le diede un altro bacio, “Giuro siete più vomitevoli di Penny ed Ed”  esclamò Heather, “È loro sono il peggio dell’olimpo” ci tenne a precisare.

Usciti da Central Park, erano tornati nell’urbana Manhattan,  avevano camminato per un po’, quando una macchina sportiva nero lucente , con tanto di finestrini oscurati, si era fermata davanti a loro, quando il finestrino accanto a quello del conducente si era abbassato, aveva mostrato il volto di una ragazza, dai capelli sabbia, la pelle bronzea, gli occhi allungati con dell’eye-liner nero, aveva le fattezze tipiche di un egiziana, se non per i capelli, “Heather cara” salutò, “Ophelia, sorella, avevo sentito il nauseante odore della miseria …” rispose Heather, “Non fare la seria e vieni in macchina. Andiamo a far casino, io, te, Hype e Anselma” disse quella che doveva esse Ophelia, il finestrino dietro si aprì, mostrando una bambina, dalle pelle pallida, i riccioli biondi e gli occhi ingannevoli, “Sali Heather. Tanto al locale dei cattivi ci sono solo Morris e Ginger” si udì una voce maschile e si sporse poco per mostrarsi, un bel ragazzo, anche se il primo pensiero dei compagni di Heather era stato che aveva uno sguardo un po’ troppo addormentato. “A questo punto devo accettare” esclamò Heather, tentata da quei tre, si voltò verso Nico e gli sfiorò il volto con le nocche, “Alla sala da tè, dite ad Noemy, Lys e Aghelma, che le aspettiamo. Se non capiste chi è Aghelma è quella che non riesce a tenere i piedi per terra” aggiunse, si voltò verso Percy e toccandoli il ventre disse: “Buona fortuna, Pesciolino” afferrò la mela dalle mani del ragazzo e notando che lui non l’avrebbe di certo mangiata, non dopo aver lanciato un pessimo sguardo ad Annebeth, c’avrebbe pensato lei. Salì in macchina, sul posto dietro, prima di chiudere lo sportello, mandò un bacio a Nico promettendoli che si sarebbero rivisti al più presto, la macchina lucente partì a tutta velocità, disperdendosi in un’ombra.

“Nico, su 60 000000 di persone, tu scegli la dea della discordia?” chiese retorico Percy al cugino, Nico mosse le spalle, “Bene andiamo al Caos di Sapori” esclamò Annebeth, “Già ma Percy non dovresti darci qualche spiegazione?” chiese Grover, il figlio di Poseidone annui, cominciando a raccontare la storia dal principio, senza tralasciare nulla, censurando Harmony ed effettivamente quanto l’avesse percosso Ker. “Penso che presto Percy dovresti farti bello. Perché sono certa che finiremmo a parlare con Eos” esclamò Juniper, infilandosi le mani in tasca, “E chi sarebbe?” chiese Nico, “La moglie reietta” rispose solamente Juniper, prima di raccontare brevemente di Eos e la sua maledizione, ovvero di innamorarsi di soli mortali e che dopo aver guarito il Cacciatore dalla cecità, l’aveva sposato. A Percy era venuto un dubbio, se fosse stata lei l’Eterna che aspettava Orione? Infondo era o non era la moglie?

Ma i sogni che faceva sul cacciatore non lasciavano dubbi.

Era Artemide

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)


Con nuove e vecchie conoscenze, Percy raggiungerà Nyx per chiederle il suo aiuto, ma per ottenerlo dovrà dare una dote, ma che cosa?

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Capitolo 11
*** Il semidio rinuncia all'arco di Stelle ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Il semidio rinuncia all’arco di Stelle
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Juniper, Nico Di Angelo ed altre divinità minori (Tra cui Nyx)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 2026
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Esattamente non so come mi sia venuta in mente come pegno l’arco.

3. Uh … Visto che nessuno la notato i tre che avevano incontrato ieri erano Oizys, Hypnos ed Apate. Aghelma invece è Ate.

4. Penso di adorare Ty, è abbastanza scorbutico …

5. Un parere su Talassa e Nyx?

7. Ginger e Morris, sono Geras (La vecchiaia) e Momo (Il biasimo)

8. Marcia è Macaria, se non fosse stato chiaro, apparirà nel prossimo capitolo. È una dea esistente, che ho trovato in qualche sito essere in contrapposizione con Thantos

Buona lettura

 

Il semidio rinuncia all’arco di Stelle  

Erano arrivati alla sala da tè. Phil era già lì, ma grazie agli dei non c’era Harmony, però Percy aveva riconosciuto la figura smilza di Sam che serviva i tavoli, con un sorriso bonario, e Ty seduto ad uno dei tavoli, seccato ed annoiato, “Salve … Abbiamo perso la divina Eris per la strada” disse Nico, a quelle parole, un inferocita ragazzina con la pelle nera e tutti i capelli raccolti in finissime treccine nerissime, guardandola avevi l’impressione che i suoi piedi fossero qualche centimetro sopra il suolo, come se lievitasse, “Non mi ha aspettata” urlò, veramente inferiorità, guardo Phil come per cercare qualche conferma, ma non ricevendola dalla dea, uscì dal locale ancora più infervorata, se ciò fosse stato possibile, “Perdonate Aghelma è molto irrequieta” spiegò Phil con il sorriso sulle labbra, appena  l’altra fu fuori dal locale.

“Dovete portarci dalla divina Nyx, vero?” chiese Percy con una certa insistenza, “Rallenti il ritmo, signor Jackson” disse sbuffante Tyler, ticchettando le dita sul tavolo verde,  Phil sorrise dolce: “Ty provvederà a questo, ma non tutti potete andare” aggiunse, soffermando per prima il suo sguardo, forse, visto che gli occhi non erano visibili, sulla ninfa, che aveva ben compreso di non esser stata veduta da nessuno per quella missione, “Serve una mano per i dolci?” chiese poi, Phil le mise una mano sulla spalla, “Come te la cavi con i sarcastici e con le anziane che hanno avuto la loro storia?” chiese la dea, Juniper rispose che era molto paziente, tranne quando Grover prestava troppo attenzione alle altre ninfe degli alberi, “Ginger e Morris ti adoreranno” esclamò Phil, prima di pregare Sam di portarla dai due, tutto con un immensa cortesia. Grover non sembrava molto contento, ma Percy aveva chiesto se ora potevano andare, “Ora potete” proferì la dea con un tono dolcissimo, “Ty provvederà ad accompagnarvi”  aveva aggiunto, indicando il ragazzo che seccato si era alzato.

Il mezzo di trasporto di Thantos era una carrozza infernale, trainata da due buoi scheletrici, il tutto molto style Ares, aveva  pensato il figlio di Poseidone, Phil li aveva accompagnati al mezzo, ma prima che Thantos li facesse salire, aveva afferrato per un braccio il figlio di Ade, “Per te, Nico ci sono altri programmi”  aggiunse, carezzandoli i capelli, “Se  Percy desidera scambiarsi di ruolo con Orione, avrà bisogno di un pass per l’oltretomba” aveva illustrato la dea, “E come figlio di Ade immagino che io possa essere d’aiuto per ottenerlo” aveva constatato Nico, “Si credo che tu e Marcia potreste farcela” esclamò Phil e a quel nome femminile Ty era diventato improvvisamente più teso e le sue guance si erano tinte di un rosso pallido, i quattro mortali l’avevano notato immediatamente, Phil sorrise comprensiva. Così mentre Nico rimaneva con la dea sorridente, per poi andare da Ade; Grover, Percy ed Annabeth salirono sulla carrozza della morte, mentre Tyler, una volta chiuso lo sportello, aveva ripreso le originali sembianze: era un uomo barbuto, con ali enormi, di un nero profondo, sui polsi aveva le catene rotte, ricordo di Sisifio ed anche se i tre non avrebbero potuto vederlo, aveva cuore di ferro e viscere di bronzo. “Preparatevi” esclamò con voce grave Thantos, accomodandosi sul posto del cocchiere, poi scosse con violenza le redini e i buoni cominciarono la loro corsa, librandosi nel cielo e sparendo in una nera nube.

Annabeth guardava stranita il posto accanto a lei che era vuoto, anzi era occupato da un mazzo di fiori di campo appassiti, anche Grover lo guardava incuriosito, Percy invece aveva pensieri solo per la dea Nyx, si interrogava su che risposte avrebbe potuto dargli. “Come mai divino Thantos ci sono dei fiori?” chiese alla fine Annabeth, “Non toccateli. Sono per la divina Macaria rispose grossolanamente il dio, mostrando un certo nervosismo nel pronunciare quel nome, “O divino T. avete una cotta!” disse sfrontatamente il satiro, il dio borbottò qualcosa di incomprensibile, “Amico, io non infastidirei il dio della morte” gli consigliò Percy, che aveva imparato a suo spese che dar fastidio ad un dio non conveniva mai., “O si, mi scuso” disse immediatamente Grover, rimettendosi composto.

La nube nera si era solidificata davanti ad un edificio  fatiscente con i mattoncini rossi, “Qui vive la mia divina madre …” esclamò Thantos aprendo lo sportello della carrozza, “Però è strano, Sam vive nell’Upper East Side, ha sempre detto che viveva con la famiglia …” constatò Percy, che, be, era consapevole che Sam poteva avergli mentito, ma perché dirgli che abitava con la famiglia a Manatthan quando la madre viveva a Brooklyn? Perché certamente Nyx era la madre di Sam, quindi ciò lo portava a considerare il fatto di aver potuto già incontrare la dea, quando si era spacciata per Nicole. “Sam vive con Erebo, il nostro divino padre”  rispose spazientito il dio, lanciando uno sguardo fulminante, con quei suoi macabri occhi, i quattro, Percy deglutì ed uscì, lo stesso fecero i due e la bionda fece attenzione a non rovinare i fiori appassiti. “Dove abita la divina?” chiese Grover, Thantos sorrise beffardamente, poi disse: “Ringraziate che non vi abbia fatto pagare nulla” e si disperse in una polvere nera, Percy sorrise in modo tirato e Grover imprecò in greco antico, per l’antipatia del dio.

I tre cominciarono a guardarsi   intorno cercando qualche appiglio, poi Percy aveva sentito l’odore più buono del mondo, quello del mare, forse era un po’ eccessivo da risultare nauseante, come quando passavi in mezzo al mercato del pesce, ma tutta quella salsedine a Percy non dispiaceva, poi l’avvertiva qualcosa di primordiale in quell’odore, come di un mare perduto, limpido, lontano dalle mani umane, un mare originale, per così dire. “Siamo finiti in una pescheria?” chiese Annebeth schifata, Percy e Grover si guardarono intorno cercando di comprendere da dove venisse quell’odore, finché Grover non belò, perché il tombino dove aveva poggiato i finti piedi, aveva preso a muoversi. L’avevano guardato circospetto con Annabeth che teneva già pronta il pugnale e Percy stringeva la sua penna a sfera, il tombino si era spostato e Grover aveva parlottato di un pagliaccio che viveva nelle fogne, ma da quelle non era uscito nessuno uomo con il naso rosso e i capelli coordinati, ma una ragazza, di sedici anni massimo, con i capelli neri che sotto la luce del sole davano riflessi blu, gli occhi colore del mare e le labbra grandi. “Lei è Nyx?” chiese Annabeth, “No, figlia di Atena. Sono sua nipote” rispose lei, “Seguitemi” con voce neutra, ripercorrendo la scala in verticale per scendere, i tre si guardarono confusi ma scesero ugualmente.

La nipote di Nyx li aveva aspettati su un piccolo pianerottolo e quando l’avevano raggiunta, lei gli aveva condotti lungo un corridoio, accanto al fiume sporco, adesso la puzza della fogna era anche più forte di quella della ragazza, “Non oso immaginare in che posticino viva Nyx” balbettò Annabeth, con un tono più da figlia di Afrodite che di Atena. La ragazza si era fermata davanti ad un punto, la parte che fissava aveva un incisione greca, ma non scritto in greco classico, ma in greco arcaico, Percy c’aveva messo un po’ a capirlo, ma poi c’era riuscito: Benvenuti dove alberga la notte terrena. La mora fece qualche movimento specifico, bisbigliò qualcosa e poi sotto qualche strano incantesimo, si aprì uno squarcio nel muro, dai cui fuoriusciva una luce fievole, come quella delle stelle lontane. “Arrivederci Perseus Jackson” esclamò la ragazza, si tuffò nell’acqua rancida e quando riemerse i  capelli erano mutati  in lunghe alghe e la pelle era colorata di un ciano chiarissimo, quasi bianco, “Siete una ninfa?” chiese Percy, lei mosse il capo, non aveva più orecchie umane ma pinne verdognole, “Sono Talassa. Personificazione del mare e divinità primordiale di esso” bisbigliò lei, prima di diventare acqua cristallina e disperdersi nelle fogne. “Anche se non geneticamente, potrebbe essere interpretata come una nonna per te, Percy, o almeno un’antenata” costatò Annabeth.  “Dobbiamo andare da Nyx” invece ricordò Grover, indicando il punto sul muro da dove proveniva la luce fioca, “Immagino che tipo possa essere” esclamò Annabeth, portando le mani sulla vita, Percy ricordava che Nicole era molto gentile e bella, ma alla luce del fatto che fosse la madre di Sam, Thantos, Ker ed Eris, non lo rendeva più così tranquillo.

Varcata la soglia si erano ritrovati in una stanza che in ogni singola parete(Pavimento e soffitto compresi) riproduceva il cielo, sfondo nero con tutte stelle, che variavano dai tipi di cielo, infondo alla stanza c’era come un trono di marmo celeste, c’era seduta una donna, alta due metri, con la pelle chiara come la luna, i capelli mossi e neri come la notte senza stelle, gli occhi grandi brillanti come gli astri lucenti, non indossava vestiti, ma solo una fascia di raso nero, che sembrava tempestata di gemme perché brillava, che circondava il corpo in fasce che coprivano le parti distintive delle donne e  alcune porzioni di pelle, erano tra loro tenute insieme da spille azzurrine che brillavano come fossero state stelle tolte dal cielo per essere applicate sulla veste, Percy  non riconobbe i tratti di Nicole, se non per le labbra quelle di Nyx erano grandi e carnose, come quelle di Nicole, solo che erano dipinte di rosa chiarissimo.

“Ben arrivati Eroi” cominciò accavallando le gambe, il sorriso che le era nato sul volto era gemello a quello dolce che Percy aveva già visto nella mamma di Sam, non lo sorprese visto che le labbra erano uguali,  “Grazie divina Nyx” esclamò Annabeth, chinando immediatamente il capo biondo, anche gli altri due chinarono il capo in segno di rispetto,  Nyx allora si alzò dal suo trono, erigendosi in tutta la sua grandezza e a Percy venne da chiedersi perché fosse alta due metri e non quattro o d’altezza normale, come facevano solitamente le divinità, “Dunque voi siete qui per chiedere il mio aiuto, vero?”  cominciò la dea, portandosi le mani in vita, evitando di far scivolare i nastri dal corpo. Grover si fece porta voce e raccontò il tutto alla dea, che ascoltava in silenzio e con attenzione, “Vi aiuterò” esclamò entusiasta, prima di guardare i tre, “Ma dov’è la mia dote?” chiese poi,  i tre si guardarono confusi, “Siete venuti a chiedere aiuto ad una dea, senza portare una sacrificio o un pegno?” chiese confusa Nyx, aggrottando le sopraciglia  color carbone,  prima di mostrarsi irritata, “ Troveremo un sacrificio” esclamò Percy, “Può essere qualsiasi cosa?” chiese Annabeth, Nyx annui poi rispose: “ Anche un gatto morto o un topo … Ma badate bene che il mio aiuto sarà proporzionato alla dote”, spiegando ai ragazzi che essendo una dea quasi totalmente dimenticata, ed anche stipata a vivere nelle fogne, pretendeva come tutti gli altri dei una dote.

“La troveremo!” esclamò Grover, la dea sorrise, prima di concentrarsi su Grover e il suo didietro caprino, “Lui non è sacrificabile” disse Percy, la dea alzò le mani come a intendere che non aveva quel pensiero, “Andiamo a cercare un alligatore nelle fogne” biascicò ironica la figlia di Atena, cosciente del problema che avevano, ma Percy fu preso da un lampo di genio, “Può anche essere un oggetto?” chiese alla dea, Nyx concesse una risposta affermativa prima di risedersi sul suo trono, “Che hai in mente Percy?” chiese Annabeth posandoli una mano sulla spalla, il ragazzo guardò la fidanzata e rispose: “L’arco lucente di Orione  era certo che non gli sarebbe servito, lui non era neanche un gran tiratore, il legame con Orione era la cintura, ma poteva rinunciare all’arco. “Buona scelta, ragazzo, donarmi l’arco … Ma sei certo di ciò?” chiese Nyx dopo aver udito il discorso, “Perché?” chiese Grover, “L’arco che Orione ha lasciato su questa terra è legato a quello che gli dei gli hanno donato in cielo …” illustrò Nyx, “Quell’arco può scoccare frecce fatte di stelle” aggiunse, sfiorandosi la spilla al centro del petto, “Il materiale più potente in questo mondo” aveva sorriso trionfale, “Si, vi darò quell’arco” rispose Percy, il sorriso di Nyx non era più trionfale ma soddisfatto ed in qualche modo era tornato materno, come la prima volta che l’aveva vista, schioccò le dita e dal suolo fuoriuscirono tre piccoli troni di marmo, “Accomodatevi eroi … Sarà un lungo discorso” esordì Nyx.

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)


Nyx avrà davvero tutte le risposte?  Aiuterà certamente(?) i nostri eroi! E Nico otterà il permesso da Ade?
La verità è che la soluzione migliore  è affidarsi alle stelle e seguirle, perchè alla fine ti portano sempre da qualcheparte ...

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Capitolo 12
*** Seguire le stelle serve sempre ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Seguire le stelle serve sempre
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Juniper, Nico Di Angelo ed altri dei( Tra cui Nyx, Ade e Persefone)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1469
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Be, vi siete chiesti cosa significava la frase finale … Direi che lo capirete facilmente …

3. Bene, Nyx non ha un carattere granché delineato.

4. Mi piace Macaria, non lo so, il suo nome ha una bella pronuncia.

5. Questo capitolo è molto discorsivo, non aveva altro scopo se non quello di dire ai poverini cosa dovevano fare.

Buona Lettura

 

 

Seguire le stelle serve sempre

Una ragazza che Nico non aveva mai visto prima, aveva stabilito che per andare a Los Angeles ci volesse troppo tempo, dunque di avere la riunione nella Sala da Tè e mangiare anche qualche dolcetto, di quelli buoni. La ragazza, aveva scoperto poi il figlio di Ade, essere Marcia, una fanciulla splendida, dai capelli lucenti, il volto chiaro, gli occhi colore dei chicchi di caffè , aveva uno sguardo intenso, affascinante ed anche carismatico, malignamente, era una figlia di Ade, si percepiva bene. “Sei una dea minore?” chiese Nico, “Si, il mio vero nome è Macaria” aveva risposto lei, con un sorriso raccapricciante, “Dea della morte beata” aveva detto con orgoglio, battendo una mano sul petto, prima di afferrare la mano di Nico, per trascinarlo ad un tavolo. “Dovrai essere totalmente sincero con nostro padre … Sono certa che lui capirà” esclamò la semidea, posando le mani sul tavolo, prima di scorgere la figura di Ty entrare nel Gaston Ton Gefson con un mano un mazzo di fiori di campo appassiti, Marcia portò le mani sulla bocca stupefatta, “Sono per me, Ty?” chiese invasa dalla gioia, si alzò dalla sedia e si lanciò su Ty, stampandoli un bacio sulle labbra, “Wow” biascicò Nico, “Divino Thantos potresti staccarti da mia figlia” tuonò imperioso Ade, che era comparso nel locale, anche lui in un aspetto umano, sotto braccio la divina Persefone, anche lei in un’umana forma, Ty si allontanò da Marcia, lasciandoli le rose fra le mani e poi scappò via, la ragazza tuffò il naso fra i fiori, con uno sguardo innamorato. “Ade siete già qui!” esclamò Phil, prima di sorridere anche a Persofone e fargli accomodare sullo stesso tavolo di Macaria e Nico.

Nel frattempo, nel rifugio di Nyx, la dea aveva incaricato il figlio, Etere, di andare a casa di Percy e sottrargli l’arco, poi si era concentrata sui tre. “Ripetimi  la profezia Eroe” cominciò la dea, Percy ripeté tutta la profezia, “Illustrami ciò che non comprendi” enunciò poi Nyx, guardando il ragazzo con un certo interesse, il figlio di Poseidone rifletté su ciò che conosceva della profezia, gli eroi erano lui ed Orione, la dea era Artemide, avrebbe incontrato leggende ed un’anima persa, il tutto si sarebbe svolto nella notte della luna nuova e la moglie Reietta era Eos,  ma sono sapeva cosa avrebbe dovuto fare Eos, non sapeva chi doveva trainare la Luna e come potersi scambiare di posto con Orione, allora riferì alla dea queste informazioni. Nyx batté le mani, facendo ergere dal pavimento un piccolo banchetto di marmo, infilò una mano tra i capelli e ne estrasse una lucina che depositò sul banchetto, che divenne una lastra blu, divisa in quadri come una scacchiera, “Bene, bene … Vediamo cosa posso fare per voi” esclamò soddisfatta,   pigiò un quadrato e da questo si alzò una statuina alta come un palmo,  raffigurava una donna vestita di un nastro bianco calante, un po’ come Nyx, ed i capelli colore dell’alba, “Lei è Eos dea dell’Aurora, colei che unisce giorno e notte. Lei può Percy creare un sentiero collegato alla via lattea che ti permetterà di scambiarvi di posto con Orione” esordì, sollevò la statuina e la cambiò di posto, “Ovviamente … Dev’essere convinta” esclamò, prima di guardare Percy maliziosa, “Per una divertente maledizione. Si invaghisce di tutti i mortali che conosce, dunque anche se è per aiutare il marito che l’ha lasciata, se sarai tu a chiederglielo ti aiuterà volentieri” aveva consigliato Nyx, prima di pigiare un altro tasto e far comparire una nuova statuina, rappresentava una fanciulla dai capelli neri, gli occhi belli ed il ghigno di Ares, indossava una collana, che Percy aveva già visto, la collana di Harmony,  la dea spiegò: “Ti consiglio prima di passare dalla divina Harmonia per farti dare il sua monile, che rende chiunque irresistibile”. 

Nyx aveva posato lo sguardo su Grover, “Tu, Satiro, devi andare dalla sorella della divina Eos” aveva spiegato, “Lei intende Selene? Ma non si è dissolta millenni fa?” chiese Annabeth, intromettendosi nel discorso, Nyx accennò un sorriso, poi rispose: “No, chiese a Zeus se invece di dissolversi, potesse semplicemente diventare immortale, per restare con il suo dormiente amante, Endimone” poi rivelò ai mortali che ella viveva in un grotta con il marito che riposava eternamente e che lei non parlasse altra lingua del greco dorico, mentre diceva ciò, aveva pigiato un altro quadrato ed era spuntato fuori la statuina di una donna vestita in oro e ciano, con i capelli castani racconti in una crocchia e una mezza luna sulla fronte, “Sono certa che per una sera sarà ben lieta di tornare al suo vecchio lavoro. Non penso vorrà neanche un sacrificio” aveva constatato la dea della notte terrestre in un borbottio. “Ma come le troviamo?” chiese Percy, ma Nyx gli aveva zittiti riferendo che non aveva ancora finito, “Dopo aver ottenuto il favore di Eos, Percy avrai bisogno di un auriga ed un’armatura che impediscano al cielo di assorbirti … Dunque ti servirà un’armatura fatta di stelle” si era interrotta per qualche istante, poi aveva aggiunto: “Ti consiglierei di chiedere ad Efesto, ma penso che anche Eris possa cavarsela. Forgia armi molto buone” aveva sorriso. “Ed io cosa faccio divina Nyx?” chiese Annabeth con un certo nervosismo, “A te, tocca il difficile” le rispose, posizionandosi meglio sulla poltrona di marmo, “Per andare in cielo e scambiarsi di posto con Orione, occorrono a Percy due cose, il permesso di Ade, che credo il vostro amico Nico ci stia lavorando. Ma prima di ogni altra cosa vi serve il consenso di Moros, dio del destino avverso”  aveva enunciato Nyx. “Moros sostanzialmente non è buono, di tanto in tanto però a i suoi momenti, come fanciulla, penso che tu possa riuscire a toccare le corde del cuore di mio figlio, con la travagliata storia d’amore di Orione ed Artemide” aveva enunciato la dea, sorridendo gioiosa.

Cheryl posò una fetta di torta di melograno davanti a Nico e poi lieta salutò Ade, prima di andare via. “Stavate dicendo che volete il mio permesso perché quel merluzzo del figlio di mio fratello possa scambiarsi con un’anima per una sola notte?” chiese al quanto confuso Ade, Persefone sorrise, poi bisbigliò: “Lo sapevo che Artemide non aveva mai dimenticato Orione” , aveva posato la testa sulla spalla del marito ed aveva constato con un sospiro quanto fosse romantico, “Padre, deve donare a Percy il permesso” aveva enunciato Marcia, affondando un cucchiaino nel suo dolce, “Perché dovrei?” chiese Ade, guardando Nico e Marcia con severità, “Perché è un piacere per la divina Artemide”  aveva risposto Nico, cercando di essere rispettoso, “Dente di leone ha ragione, Pulcino. Dovresti rendere felice Artemide e poi mi farebbe piacere che tu aiutassi Percy” aveva detto Persefone, il figlio di Ade aveva cercato di non innervosirsi quando la sua matrigna l’aveva chiamato Dente di Leone a causa di quella volta che lei l’aveva trasformato in un dente di leone. “E poi, padre, tutto è stato già deciso. Siamo dei, ma non siamo signori del destino” aveva esclamato Marcia, toccando la mano del suo divino padre, regalandoli un sorriso, Macaria era sempre stata legata a suo padre, da quando era venuta alla luce, “Vi prego” supplicò, rimanendo in qualche modo regale.

“Ma come troviamo Eos, Selene e Moros?” chiese Grover, Nyx rispose: “Moros potrete trovarlo al Gaston Ton Gefson, assieme ad Eris, per commissionarle l’armatura ed Harmonia per prendere la collana”, aveva fatto un attimo di pausa, “Grover, per trovare la divina Selene, dovrai seguire questa stella” aveva detto Nyx, scioccando le dita e facendo apparire una piccola stellina blu, che lanciò in alto e si attaccò al soffitto, “Per la divina Eos, segui, Percy, questa stella” schioccò le dita ed apparve una piccola stellina rossa, che fece la stessa fine dell’altra, solo posizionandosi in un altro posto, “Saranno ben visibili anche di giorno” aveva esclamato la dea, “Grazie infinitamente divina Nyx”  aveva detto Percy, dando segno ai suoi amici di alzarsi, “Pazientate ancora un poco figlio di Poseidone” l’aveva però fermato la dea, prima di sfilare una delle spille dall’abito di fasce, poi l’aveva allungata a Percy, lui l’aveva presa, era una stella luminescente e bollente, che irradiava una forza maestosa, “Consegnatela ad Eris per forgiare l’armatura e ditele di prenderne una da Erebo per l’auriga, una volta che la vostra missione avrà fine, riportatela a me” aveva detto con somma magnificenza Nyx, Percy la ringraziò di cuore. “Badate bene che avete di tempo fino alla prossima luna nuova” gli aveva ricordato poi la dea, “Tra quattro giorni, contando oggi” aveva sussurrato Annabeth.

Poi lui e suoi amici si congedarono alla volta della sala da tè di New York, anche se appena fuori dal tombino, Grover notate le due stelle colorate in cielo, aveva comunicato di avere intenzione di partire già da subito alla ricerca di Selene.

 

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Mentre Percy aspetta Concordia e Discordia. Grover prende un Taxi per un'isola nell'Hudson. Nico rivela il verdetto di Ade. Ed Annabeth? Lei si prepara per il discorso con Moros e già che c'è pensa al pegno che gli dovrà  dare. Ma cosa può offrire al Dio onniscente, onnipresente, onnipotente del destino avverso ed inevitabile?

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Capitolo 13
*** Il pegno di Annabeth ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Il pegno di Annabeth
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Juniper, Nico Di Angelo ed altre divinità (Tra cui Moros)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 2267
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Non siete curiose di sapere chi sia Moros? O quale sia il pegno di Annabeth?

3. Amo profondamente Ed, mi piace averli dato quel leggero cameo.

4. Be, questo capitolo non mi convince, non è il peggiore, il peggiore viene tra due capitoli, diciamo che lo stress per aspettare la lettera dei debiti mi sta dando alla testa.

5. Il pegno di Annabeth era molto stupido ma ero a corto di idea. Non giudicatemi.

Buona lettura

 

Il pegno di Annabeth

Mancava poco al tramonto.

Grover aveva lanciato una dracma ed aveva chiamato il taxi infernale, ordinando alle tre vecchie monocole di portarlo dove c’era la stella blu, eretta nel cielo, “Quindi ad Ellis Island?” chiese una delle vecchie, Grover annui, “Ti possiamo accompagnare fino al confine del fiume. Per l’isola dovrai preoccupartene da solo, satiro” disse una delle tre vecchie, prima di partire nella loro guida spericolata mentre litigavano per l’occhio e il dente, rischiando di andarsi a schiantare su un palo si e l’altro pure, ma almeno aveva uno straccio di pista.

“Quella stella è lontanissima” aveva costatato costernato Percy, mentre assieme ad Annabeth si dirigevano al Gaston Ton Gefson, la bionda aveva solo mosso la testa  concorde, poi erano arrivati alla sala da te, giusto in tempo per vedere il carro di Ade con il dio, la divina moglie ed un’altra dea, sprofondare in una voragine, Nico  era lì in piedi con accanto Phil, Sam e Ty, “Come è andata con la divina Nyx?” chiese Nico, vedendo il cugino arrivare, “Abbiamo  una strada. A te?” rispose Percy, Nico sollevò le spalle, poi riferì al cugino che aveva ottenuto il Pass per attraversare il cielo rimanendo vivo, “Perfetto” esclamò Annabeth, “Adesso Percy deve trovare la divina Harmionia e la divina Eris, per poi andare dalla divina Eos” aveva illustrato la bionda, Phil aveva sorriso in modo triste, come consolatorio, “La divina Eris e ancora in giro con Hynos, Oizys, Apate e poi gli ha raggiunti Ate” aveva spiegato la dea, “Anche Harmonia è fuori, ma credo tornerà presto” aveva spiegato Sam,  prima di invitarli ad entrare nel locale, “Volete una torta?” aveva chiesto di malavoglia Ty, “Perché no” aveva risposto Annabeth, per prendere tempo, non avendo idea di cosa dire a Moros, per convincerlo.

Si erano seduti al tavolo Percy, Nico, Annabeth ed anche Sam, che non aveva alcuna voglia di lavorare. Cheryl aveva servito ai fidanzatini una torta, Nico era pieno e non aveva ordinato niente, mentre Sam quando aveva visto l’occhiataccia della ragazza venuta a prendere l’ordinazione aveva evitato di prendere qualcosa, “Bene, Annabeth, tu invece che devi fare?” chiese Nico, cominciando a fissare intensamente la porta, dove aspettava veder entrare Heather, la bionda abbassò gli occhi grigi sul dolce, “Devo convincere Moros ad esserci favorevole” rispose, prima di ingurgitare un pezzo di torta, “Che discorso devo fare per convincerlo. È il dio più potente che esiste. È onnipresente, onnisciente e onnipotente e mia madre dice sempre che ha un carattere non facile” aveva espresso Annabeth, “Sam, Moros com’è?” chiese Percy al suo amico divino, Sam non rispose, i tre l’interpretarono come fosse per lui meglio non dirlo,  “Non può essere così male” bisbigliò Nico, che aveva un debole per Eris e suo padre era Ade, orribile come voleva essere Moros era pur sempre un dio.

In mancanza di altre idee, Percy era andato in bagno e con l’Iphon aveva chiamato sua madre per avvertirlo che sarebbe sparito fino alla luna nuova, la donna come sempre non aveva chiesto al figlio spiegazione, tanto sapeva che era una missione suicida per l’olimpo, si era solo mostrata la classica mamma chioccia. Dopo aver parlato con lei, Percy aveva contattato anche Grover per sapere come stesse e se fosse arrivato, l’aveva trovato preso dal panico e belante sul taxi infernale, mentre sentiva le tre vecchie urlare e bisticciare, “Percy parliamo quando arrivo da Selene, in questo momento temo … Beeee … Il palo … Beee…” diceva sconnesso  il satiro, prima di fermare la conversazione, “Bene” biascicò Percy, fece poi una chiamata a Tyson che stava svolgendo il suo ruolo da generale, così per sapere, il fratellino si era mostrato molto gioioso e l’aveva tenuto a parlare per un bel po’. Alla fine il figlio di Poseidone era andato in bagno e quando ne era uscito  per lavarsi le mani aveva trovato un ragazzo a fare la stessa azione, era biondo, con gli occhi chiari ed il ghigno di Ares stampato sul volto bellissimo, Percy l’aveva già visto, la prima volta che era venuto alla sala da tè, lo aveva visto seduto al tavolo con una ragazza ed quell’altro, che il semidio non aveva compreso cosa fosse, però ricordava avere un nome maschile. “È un piacere rivederla figlio di Poseidone” disse il ragazzo biondo, “Anche per me …” rispose Percy cercando di ricordare se quello fosse Ed o Erik, “Edmond” disse alla fine per se il ragazzo, “Ma preferisco Ed” dopo averlo detto, il ghignò si era mutato in sorriso dolce ed affabile, come quello di Afrodite. Il tipo doveva essere certamente figlio di Ares ed Afrodite, un po’ come Phobos e Deimos, solo con  più caratteristiche materne.

“Di solito tutti i figli di Ares che conoscono vogliono uccidermi. Hai quest’intenzione anche tu?” chiese Percy, Ed mosse il capo in segno di negazione, “No, io ed anche mia sorella Harmonia ci disgreghiamo dagli odi di nostro padre e spesso anche da quelli di nostra madre” rispose, cosa che sollevò Percy visto che doveva parlare con l’Arseide;  Ed aveva aggiunto : “Credo però che neanche Clarisse,forse” al figlio di Poseidone era  venuto da ridere per come il ragazzo aveva pronunciato il nome della sia amica, alla francese, in una maniera così bizzarra, ma non aveva riso, mai offendere un dio, era una cosa che aveva imparato a proprie spese. “Be, Percy devo ancora darti delle scuse per la freccia nell’infermeria …” aveva cominciato a ciarlare Ed, ma Percy non l’aveva capito, di quale freccia nell’infermeria parlava? “Ma sono certo che sei contento del fatto che ti abbia colpito”  aveva esclamato Edmond arruffato i capelli del ragazzo, Percy aveva crucciato le sopraciglia, poi aveva chiesto al dio di che cosa stava parlando, Ed sorrise, poi rispose: “Di quando a dodici anni ti sei svegliato in un infermeria e io ti ho piantato una freccia tra le scapole”, il semidio era solo più confuso perché non ricordava davvero quando fosse successo questo, “Io sono Eros, eroe” disse semplicemente Ed, coprendosi con un palmo della mano gli occhi “E spesso colpisco le persone da bendato … Come con Chris e Clare” aggiunse e a Percy sconvolse di più il soprannome di Clarisse che la rivelazione del dio, voglia ucciderti, “Quando avevi dodici anni ed hai visto Annabeth ti ho colpito” terminò il biondo, battendo le mani sulla salla del ragazzo, poi era andato via, Percy l’aveva provato ad inseguire, ma all’uscita non l’aveva trovato. Eros l’aveva colpito con una freccia? Aveva sempre pensato che solo Afrodite fosse stata l’artefice dei suoi amori, invece Eros aveva cominciato il tutto, si era contento che l’avesse colpito, ma si chiedeva, Eros aveva trafitto con la sua freccia d’amore anche Annabeth?

Era tornato al suo posto, non aveva detto niente ad Annabeth e Nico, neanche a Sam, ma era certo che lui sapeva già tutto, gli dei sapevano sempre tutto, particolarmente quegli minori che erano i pettegoli dell’olimpo.

Dal piano di sopra era uscita una donna e Percy aveva puntato i suoi occhi su di lei, era una dea, nel divino aspetto (Cioè come si presentavano Artemide, Apollo, Ares ecc…) che girava infervorata per il locale, a prima vista gli era sembrata Atena, per la pelle pallidissima e i capelli neri lucenti come la seta, lo stesso sguardo freddo ed imparziale, ma gli occhi erano verdi, ed entrambi erano affetti da eterocromia settoriale, che gli macchiava di marrone, girava arrabbiata, nei suoi pantaloni mimetici larghi e la maglia slabbrata. “Per un attimo mi è sembrata mia madre” aveva bisbigliato Annabeth, Sam aveva sorriso, aveva detto poi: “In effetti lei ed Atena si assomigliano per molti versi”, la donna l’aveva veduto e nei suoi grandi scarponi militari era andato verso di lui, “Dov’è quella sciagurata di tua sorella?” urlava, veramente irritata, “Quale delle tante, Enio?” chiese Sam, “Quella che mi deve dare il pacco di Ecate” aveva esclamato Enio, ancora furente, “Tornerà a momenti” rispose semplicemente il moro, qualche minuto prima che  Eris, nell’aspetto di Heather, tenendo la mano alla bambina dai riccioli biondi era entrata nel locale. La dea della Discordia aveva deliberatamente ignorato Enio e si era diretta verso Nico, abbracciandolo e chiedendoli scusa per averlo piantato oggi, Sam, Anselma ed Enio fecero allo stesso momento una faccia sconvolta, Eris aveva chiesto scusa a qualcuno. Enio aveva tirato per un orecchio Heather nella stanza a lei addebita per ricevere il pacco, che per quale strano motivo Ermes non poteva consegnare, Percy pensò che avrebbe potuto parlare con Eris  dopo.

“Sono un dio anche io, puoi provare con me, per fare pratica” propose Sam, Annabeth annui,  prese un bel respiro e da brava figlia di Atena quale era cominciò: “Divino, volevo implorarvi di accettare le mie preghiere, perché il desiderio della divina Artemide si realizzi. Divino voi non avete mai amato nessuno da desiderare di passarci tutto il resto della vostra eternità. Immaginatevi se vi avessero strappato via questa persona, non vorreste rivederla ancora una volta …” mentre Annabeth si dilungava nel suo monologo, Percy  le aveva afferrato la mano in modo dolce, pensando che lui non si sarebbe accontentato di una volta sola, Nico aveva guardato con nervosismo la porta decorata con le perline colorate, Sam si era spostato un ciuffo di capelli dietro l’orecchio ed aveva guardato Cheryl sorridendo amabile, lei aveva ricambiato, “Ci concederete questo favore Divino?” chiese la figlia di Atena per concludere, “Manca il pegno, non chiedi il favore degli dei se non gli dai niente” si insinuò fastidiosa Anselma, poi aveva preso i capelli biondi della semidea, “Perché non impegni questi?”chiese afferrando un coltello da dolce, “I miei capelli?” chiese scandalizzata Annabeth, poteva sembrare strano ma lei non ricordava mai una volta in cui non avesse avuto i capelli lunghi, che Percy diceva da principessa, sarebbe ancora stata la sua principessa se si tagliava i capelli? Sperava di si, perché era davvero un  pegno importante. Si certo erano solo capelli, ma erano i suoi capelli, si sentiva una stupida figlia di Afrodite o di Apollo, non erano di certo migliori, ma era così, ma se Moros era davvero onnisciente avrebbe capito l’importanza di essi, “D’accordo il mio pegno per Moros saranno i capelli” proferì Annabeth, a quelle parole corse lì anche Juniper, “Che vuoi fare?” chiese travagliata, disturbando tutti i clienti, “Offrirò i miei capelli a Moros!” insistette la bionda.

Sam sollevò gli angoli della bocca in un sorriso, per Percy, così strano, “Secondo voi Moros l’accettata?” chiese Nico, Percy aveva abbandonato il sorriso di Sam, per concentrarsi su Annabeth ed immaginarla senza quella cascata fluente di riccioli biondi, “Si” rispose Sam, togliendo di mano il coltello ad Anselma, lo posò sul tavolo, si alzò dalla sedia e porse ad Annabeth la mano come facevano i signori d’altri tempi, “Sam?” chiese confusa la figlia di Afrodite, “Vieni con me” rispose lui, Annabeth posò la mano su quella del ragazzo, che la trascinò via, “Dove la porti?” chiese Percy, Sam sorrise, poi disse: “Fidati di me Percy. Anche perché non hai altre alternative …” Percy lo guardò confuso, poi Sam rivelò finalmente che dio fosse, “Io sono Moros” e lui ed Annabeth scomparvero in un’altra stanza.  “Sei amico di Moros?” chiese Nico, “Non me l’aspettavo così” biascicò Juniper, “Gli raserà la testa a zero o gli taglierà solo i capelli?”  si chiese divertita tra se e se Anselma, Phil gli aveva raggiunti e guardando le loro facce e l’assenza di Sam aveva colto al volo tutto, aveva battuto una mano sulla spalla di Percy come per dargli conforto e poi aveva comunicato che Eris si era liberata. Percy aveva recuperato la stella dal suo zaino ed era andato dalla dea, sperando solo che Moros non facesse del male alla sua ragazza, anche se in un certo senso sapeva che non sarebbe successo, Moros o meno, per lui quello era Sam, il suo amico Sam.

La stanza dove era finita Annabeth sembrava un piccolo estratto di Olimpo, “Questa è la nostra stanza ricreativa” aveva esclamato Sam, invitando la bionda a sedersi su un piccolo trono di marmo, solo dopo averlo fatto, lei si era accorta che Sam aveva ripreso l’aspetto originale, che era perfettamente uguale a Sam, solo con il viso più incavato, più pallida la pelle e la sclera grigiastra, ed ovviamente vestito come un guerriero greco, “Porgimi il tuo pugnale di bronzo” disse Morso, con una voce più gravosa e raccapricciante di quando era Sam, Annabeth prese la sua arma senza aspettare neanche un secondo, ma invece di consegnarla immediatamente al dio, l’aveva ammirata ancora una volta, quell’oggetto urlava Luke ogni volta che si soffermava a guardarlo, quell’oggetto era Luke e nonostante fosse passato quasi un anno (L’estate sarà ufficialmente un anno), continuava ancora a fargli uno strano effetto. “Annabeth?” chiese Moros risvegliandola da quel pensiero che conosceva bene, la bionda porse la lama al dio, che rese una ciocca di capelli di lei, percorse con la mano fretta la lunghezza e si fermò ad un punto, più vicino alla radice che alla punta e con la lama taglio netto, Annabeth sospirò rassegnata e contemporaneamente rasserenata, Moros non le disse niente, tagliò solo un’altra ciocca, sentendo la bionda rilassarsi, sorrise trionfale, tagliò ancora una ciocca, poi un’altra e un’altra ancora. Sul pavimento di pietra scivolavano i ricci tagliati male ed Annabeth si ripeteva che erano solo capelli e lo faceva per Percy e per la divina Artemide, “Lei apprezzerà” le disse solamente Moros.

 

Solo quando New York era entrata nella nera notte, Grover con il battelo aveva raggiunto Ellis Island ed aveva guardato la lucente stella blu, che era eretta su un punto specifico dell’isola, la dimora di Selene.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Ogni medaglia ha due facce. E la concordia e la discordia sono le facce di una stessa medaglia, facce diametralmente opposte. E Percy riuscirà a giostrarsi tra esse?

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Capitolo 14
*** Incastrato in una medaglia dai poli diametralmente opposti ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Incastrato in una medaglia sai poli diametralmente opposti
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Juniper, Nico Di Angelo ed altre divinità (Tra cui Eris e Harmonia)
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 2990
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Finalmente scopriamo formalmente che dea è Phil

3. Questo è l’ultimo capitolo decente, gli altri peggiorano man mano ….

4. Prossimamente non saprò come postare perché sarò in Australia! <3

5. Con Eris sono riuscita ad incasinarmi, spero di aver lasciato trasparire la sua vena lunatica (Anzi in questo caso totale Bipolarismo)

6. Spero di aver lasciato anche uscire fuori una Harmonia non da bruciare …

7. Il vincolo di Eris è preso papale papale da Sinbad-La leggenda dei sette mari … Il pegno  è stato un'idea mia, mi sembrava divertente

8. Questo capitolo è Percabettoso

Buona Lettura

 

Incastrato in una medaglia dai poli diametralmente opposti

Prima di entrare nella stanza  di Eris, come la prima volta era accompagnato da Phil, che gli disse: “Non sfidare mai Eris. Se lasciata a se è una piccola cosa insignificante, ma se combattuta ingigantisce, fino al cielo, seminando sconforto”  gli batté una mano sulla spalla, Percy lo tenne bene a mente, non dare ad Eris spago nei litigi, “Lo farò Phil” disse poi. Prima di entrare nella stanza, il figlio di Poseidone fermò la dea, che stava andando via, perché raggiunta da una bambolona sicuramente dalle origini slave e gli occhi verdi come le foglie bagnate dalla rugiada del mattino, che in qualche modo al figlio al semidio ricordò Atena o i suoi figli, anzi sarebbe stato certo che quella fosse una figli di Atena, se non per gli occhi e i molti monili che indossava. “Si, Percy?” chiese Phil, con una certa curiosità, mentre l’altra si avvicinava, “Lei che dea è?” chiese il figlio del dio del mare, “Un po’ stolto fanciullo, pensavo che i buoni sentimenti lasciassero trasparire il tutto di Phil” si intromise, senza esser stata interpellata, la bionda, Percy arrossì, sentendosi infinitamente stupido. “Sono la personificazione dell’affetto, della passione e dell’amicizia. Philotes”rispose Phil con quel suo sorriso così rincuorante, i valori fondamentali per Percy, ecco perché era rimasto così affascinato da quella dea, “Noi la consideriamo la personificazione dei buoni sentimenti” disse la slava, battendò una gomitata sul ventre di Phil. “Io, signor Jackson, invece sono la sua più grande ancella!” recitò la bionda, con un sorriso soddisfatto, Percy si morse le labbra per non pronunciare quel cioè, “Nike, personificazione della vittoria” si presentò alla fine lei, stritolando il ragazzo in un abbraccio, “Ma puoi, anzi devi, chiamarmi Nikky” aggiunse, prima di essere trascinata via da Philotes, che diceva che Percy doveva incontrarsi con la divina Eris.

Quando Percy era entrato nella stanza dell’Acee, aveva trovato la dea seduta a gambe accavallate sull’altare di marmo, “Pesciolino” esclamò con euforia Eris, battendo le mani sul petto, le iridi rosse luccicavano maligne, “Divina Eris” esclamò Percy mostrando alla dea, la lucente stella, lei ridacchio, scivolò dall’altare per atterrare sul marmo con i suoi tacchi neri e dirigersi verso il figlio di Poseidone, con l’abito rosso stretto sulla vita, spaccato sulla coscia, “La mia divina madre mi ha detto che devo costruirvi un’armatura e un auriga astrale” esclamò, arpionandosi le mani sulla vita e stringendosi le unghia bestiali sulla veste. “Lo farebbe?” chiese titubante Percy, ma la dea non sembrava dargli peso, sembrava più rapita dalla forza che emanava la stella, “Dipende pesciolino, cosa mi daresti in cambio?” chiese Eris, il figlio di Poseidone si ritrovò davanti una scelta non facile, cosa diavolo poteva offrire alla dea della discordia, “Ho già dato via l’arco” si lasciò scappare Percy, Eris scioccò le labbra, “Visto che sei parente di Nico, voglio essere buona” disse poi, facendo una circonduzione con la mano,  “Vuole essere buona?” chiese Percy, inarcando le sopraciglia, decisamente confuso. “Si voglio essere buona” ripeté con convinzione lei, al figlio dello scuotitore di terre non fece per niente piacere sapere che Eris era desiderosa di essere buona, perché non era nella sua natura essere di cuore, “Co-cosa avreb-be in mente?” chiese Percy, balbettando anche all’inizio,  la dea sorrise, mostrando i denti seghettati,  che non rassicurarono per niente il semidio. Lui non era un codardo, ma Eris lo spaventava davvero.

“Dovrei parlarti di Se e Quando … Perché sono una dea e so ! Ma tu no … E non dovrei dirti nulla … Perché sei un mortale. Ma per l’Ade, me ne sono sempre fregata e che mi dicano che sia più stupida di Pandora!”  questa era la caratteristica fondamentale di Eris, il suo egocentrismo la portava ad intraprendere soliloqui infiniti, dopo essere degenerata nei discorsi, Percy aveva perso totalmente il filo a causa del suo deficit d’attenzione, Eris gli aveva tirato uno scappellotto, con una forza divina, che gli aveva fatto perdere l’equilibrio ed era finito a terra, “Ma non c’è una regola sugli attacchi?” chiese Percy, “Piccolo misto mare marcito, tu quello lo chiami attacco?” chiese sadicamente Eris, battendo il tacco nero più volte sul pavimento, ancora una volta era stata presa dagli sbalzi d’umore, come la prima volta, “Ti sto aiutando Pesciolino, ma devi almeno prestarmi attenzione” lo ammonì la dea, addolcendosi molto ed aiutando anche Percy ad alzarsi. “Poi ti consiglierei di non farmi arrabbiare, non potresti sconfiggermi ed io tormento gli uomini dall’origine dei tempi” aveva detto Eris, posando i palmi delle mani, intrecciati fra loro, sulla spalla di Percy, che era mosso da un moto di nausea, timore e rabbia, lui aveva sconfitto Cronos, Ares, Atlante e tutti gli altri ed Eris era convinta di essere così imbattibile? Se Philotes non gli avesse detto di non sfidarla, l’avrebbe già fatto. “Cosa c’è dentro la tua testolina, Sirenetto?” chiese Eris, suadente, “Pensi di potermi sconfiggere? Sai lo pensavano tutti”aveva aggiunto lei, “Ma sono morti. E tu non sei diverso, sotto quel punto di vista. Sei coraggioso, ma sei solo un semplice e insulso mezzosangue” la voce di Eris, rimbombava nelle orecchie di Percy, fastidiosa come lo era stata quella di Lys la prima volta. Percy aveva cominciato a tremare spinto dalla rabbia, ma aveva resistito al desiderio di far riprendere a Vortice il suo vero aspetto, perché Phil l’aveva detto, lasciata a se Eris era una cosa insulsa e dunque doveva resistere, “Te ne do atto, pesciolino, un auto controllo perfetto” aveva detto la dea allontanandosi, sulla sua faccia si era formato un sorriso genuino in cui erano ancora visibili i denti.

“Stavamo discutendo sulla mia dote” aveva ripreso poi serietà Eris, riallacciandosi al discorso di prima, era davvero la dea più lunatica che esistesse, “Voglio una sola cosa da te!” aveva esclamato la dea, puntando l’indice sul petto di Percy, l’unghia gli aveva fatto male,  “Cosa?” chiese spaventato il figlio di Poseidone,  Eris sorrise in modo spaventosamente dolce, poi rispose: “Se e quando, anche se ti dico che avverrà, ti sposerai con A-Chiunque tu vorrai. Mi dovrai invitare!” a Percy rimase ad occhi aperti, “Vuole essere invitata al mio futuro matrimonio?” chiese poi confuso, la dea rispose che lei gli amava, ma che non la invitavano mai, “D’accordo” rispose lui, Eris sorrise poi sfilò vortice dalla tasca di Percy e la fece scattare, “Ma che …” stava per dire Percy, me Eris aveva già tesò il manico della spada a Percy, “Incidi una x sulla mia clavicola” disse indicandosi la spalla libera, “Poi io la inciderò a te” aveva aggiunto, il figlio di Poseidone si era informato sul motivo e la dea aveva risposto che in questo modo sarebbero stati vincolati fino al momento del matrimonio e così nessuno dei due avrebbe dimenticato, “D’accordo”  aveva detto a malincuore Percy. 

Il figlio di Poseidone aveva inciso con delicatezza la x sulla clavicola, bagnando la punta della spanda del sangue d’oro degli dei, poi aveva consegnato la spada ad Eris, “Ti strappo anche la maglietta?” aveva chiesto la dea, Percy aveva tirato il coletto della maglia, fino a slabbrarla, perché si vedesse la clavicola, dove Eris aveva inciso il simbolo con la spada macchiata del suo sangue, così il rosso e l’oro si erano macchiati, poi aveva pulito la lama, lasciando scivolare il sangue sul marmo. Le incisione erano superficiali e non facevano male, davano solo fastidio, Percy sapeva che se fosse stata un’altra persona a ferirlo quei tagli si sarebbero solamente incrostati e poi sarebbero sparite, invece quelle erano tagli che non sarebbero spariti per lungo tempo,  sarebbero rimasti aperti e di un colore rosso denso. “Fatto l’accordo, dammi la stella” esclamò Eris, strappando l’oggetto luminoso dalle mani di Percy, “Vostra madre ha detto di prenderne una da Erebo per l’auriga” disse il semidio, “Me ne occuperò io … Ora puoi andare” rispose Eris, mirando la stella con desiderio, Percy si allontanò cauto, “Magari, puoi chiedere a Nico di venire. Un aiuto mi potrebbe servire” gli urlò maliziosa la dea.

Percy era uscito dalla stanza, che si grattava ossessivamente la spalla marchiata, aveva visto Nico seduto al tavolo, assediato da Anselma e Phil dall’altro lato che cercava di fermare la ricciolina, Junuper era semplicemente seduta, Annabeth non c’era e neanche Sam, evidentemente erano ancora a farsi i capelli, chi sa come sarebbe stata Annabeth senza la sua chioma bionda, sicuramente bellissima, lei lo era sempre ed i capelli non avrebbero fatto la differenza, aveva fissato il posto vuoto della fidanzata ed aveva pensato ad Eris, che stava dicendo un nome con la A e poi si era corretta restando sul vago, avrebbe sposato Annabeth? A pensarci in quel preciso momento, con la spalla che gli bruciava, Annabeth che si faceva tagliare i capelli da Moros e la loro missione, che comprendeva anche Nico, Artemide, Grover e tutti gli altri dei minori, gli avrebbe fatto davvero piacere, nel futuro, non sapeva se prossimo o lontano, l’avrebbe fatto, avrebbe sposato Annabeth.

“Percy è rientrata Harmonia” esclamò Phil, indicando il soppalco sopra, “La divina Harmonia è Harmony, vero?” chiese l’ovvio Percy, ricordando la collana sulla statuina gemella a quella che aveva la sosia di Evanna Lynch, “Si” rispose la dea, accompagnando le parole con una movenza del capo, Percy prese un bel respiro e salì sulla scala a chioccia, arrivato in cima, aveva trovato tutti i tavoli apparecchiati con le persone che mangiavano ed ad uno di questi c’era Harmony che mangiava un sorbetto, “Hey là” esclamò lei, sorridendo a Percy, dopo averlo visto, gli fece cenno di avvicinarsi, il figlio di Poseidone si era avvicinato titubante, “Salve” aveva detto, Harmony aveva spostato una sedia ed aveva permesso al semidio di accomodarsi. “Sapevo che prima o poi sarebbe venuto da me” esclamò maliziosa, giocherellando con il diadema sulla collana, “Sa perché sono qui?” chiese Percy, Harmony rispose che era una dea, sapeva tutto, socchiuse gli occhi grigi, passandosi una mano tra i capelli biondi, “Sai quel’è la storia di questa collana?” chiese Harmony, toccandosi il diadema, Percy mosse il capo come una negazione, era certo che l’avrebbe scoperto a breve, la dea sorrise, in modo strano, non sembravano i sorrisi da film-di-Harry-Potter-di-Luna-Lovegood era un sorriso semplice  e dolce, “Me l’ha donata come regalo di nozze mia madre, Afrodite” disse poi, con sguardo malinconico, “Le nozze mie e del mio amato marito Cadmo” aggiunse. Poi raccontò a Percy tutta la vita del fondatore di Tebe, che mentre cercava la scomparsa sorella Europa, rapita da Zeus, aveva fondato Tebe, sposato lei, avuto quattro figli e che da vecchi furono esiliati e trasformati in serpenti, ma lei era una dea, quindi quando Cadmo era morto era potuta tornare nella forma divina ed ancora giovane e che aveva il vizio di mutare il proprio aspetto ogni dieci anni, ciò spiegava perché ora era come Evanna Lynch e la statuina la rappresentava mora.  “Tu hai quel suo stesso sguardo carico di sogni” disse Harmony, accarezzando il volto di Percy, lo sguardo di lei sembrava così innamorato e rapito, che il figlio di Poseidone era divenuto rosso.

Percy pensò che fosse ingiusto che Eros e Dionisio avessero potuto rendere i loro amori immortali e che lei avesse dovuto lasciarlo andare, dopo essergli stata accanto fino alla vecchiaia, perché a differenza di Artemide che aveva visto morire Orione giovane, Harmony era restata con Cadmo che invecchiava ed era rimasta accanto. Forse era stato così disposto ad aiutare la dea della caccia perché anche lui se fosse morto avrebbe voluto rivedere Annabeth, per non lasciarla aveva rinunciato all’immortalità, “Lo amavi tanto?” chiese stupidamente Percy, Harmony abbassò il capo: “Infinitamente, ogni giorno di piùdopo la sua morte” le mani le tremarono, le unì nervosamente, “Mi permettete di chiederle perché non vi siete voluta disciogliere?” le chiese il figlio di Poseidone, la dea ridacchiò, poi rispose: “Scherzi? Cadmo non me l’avrebbe mai perdonato” la sua voce era cristallina a riferire, qualcosa che era certa sarebbe accaduta. Quelle cose che puoi dire solo quando conosci una persona veramente bene, in ogni pregio, in ogni difetto, in ogni dettaglio. Come lui conosceva Annabeth. La risata di Harmony si era poi persa nell’aria. … Anche

“Il mio unico amore è finito millenni fa. Voglio aiutare Artemide a riavere il suo per almeno una notte”  esclamò la bionda, sfilando la collana brillante dal collo, improvvisamente appariva molto meno bella, non fraintendete era comunque splendida, era pure sempre una dea, anche se in un’umana forma, “Non penso che con il faccino che ti ritrovi e la maledizione di Eos, questa ti serva” aveva detto posando la collana sul tavolo e spingendola verso il ragazzo, “Però vorrei che tornasse a me” aveva detto, mentre Percy l’aveva preso, “Sarà solo un prestito, divina Harmonia” aveva poi detto con più vigore il semidio, aveva infilato la collana in tasca e cosciente che non sarebbe potuta finire là, aveva chiesto alla dea che dote volesse, Harmony aveva sorriso rasserenata, aveva mosso la mano, alzando l’indice e dando come segno un uno, anche lei come Eris voleva una sola cosa, Percy sperava vivamente che non si sarebbe trovato  anche l’altra spalla marchiata per qualche  promessa a lungo termine, “Cosa?” chiese poi con coraggio, passandosi una mano tra i capelli neri, Harmony l’aveva guardato intensamente, “Un bacio, Percy, ma uno vero”  aveva risposto. “C…cosa?” aveva chiesto Percy, spaesato, ma l’Arseide l’aveva già zittito con un bacio che non fu solo a timbro e durò anche parecchio, al semidio non dispiacque, perché baciare una dea non è certo cosa da niente, ma era certo che quella bionda non sarebbe stata la sua prima scelta, aveva già la sua bionda. Che Moros sia con te, figlio di Poseidone salvatore di navi” aveva sussurrato Harmony, prima di tornarsene al suo sorbetto, poi aveva fermato Percy di nuovo, “Quando torni al campo, puoi dire a Dionisio che se invitasse la sua nonna materna a cena ogni tanto non sarebbe male … A già che ci sei, digli che il leopardato non gli dona” aveva sorriso sarcastica, mentre Percy era tornato al piano di sotto.

Aveva capito una cosa fondamentale, Harmoni ed Eris erano l’una l’opposta dell’altro, la Concordia e la Discordia, erano due facce di una stessa medaglia, facce diametralmente opposte e lui aveva rischiato di finirci bloccato in mezzo, ne era certo, gli bruciava la spalla e sentiva anche le labbra andare a fuoco per quel bacio divino. Era arrivato a chiedersi se per l’amore di Artemide ne valeva davvero la pena, ma mentre scendeva la scala a chioccia gli era venuta in mente il viso della dea così umanizzato e si aveva capito che ne valeva la pena, perché riavere Artemide fredda e glaciale, valeva i lividi di Ker e Thantos, le cicatrici di Eris e i baci di Harmony, e be anche i capelli di Annabeth. C’erano cose per cui valevano la pena sacrificarsi, come un amore a cui erano state tarpate le ali troppo presto.

Si era seduto al tavolo, con Nico e Phil, che cercavano di calmare Anselma che per qualche ragione era nervosa, mentre Juniper gli sorrise appena lo vide. “Avevo detto ad un certo polpo dai tentacoli annodati, di mandarmi una persona, ma evidentemente” la voce di Heather era arrivata fastidiosa, insieme alla sua persona, ricomparsa nell’umana forma, mentre legava i capelli in una coda alta, Nico divenne rosso quando la vide e lei gli sorrise, Percy si chiese se Nico sarebbe arrossito davanti al sorriso seghettato della vera Eris. La dea aveva posato le mani sulle spalle di Nico, ed aveva poi preso a giocherellare con i suoi capelli, mentre il ragazzo cercava di controllare il colore della sua pelle, perché non diventasse totalmente bordeaux. Anselma nel frattempo aveva visto, riemergere dalla stanza ricreativa Sam, “Come è andata?” aveva subito chiesto, lasciando saettare a destra e manca gli occhi ingannevoli, Percy trattene il respiro, “Ho cercato di fare meglio possibile” si difese Moros, facendosi da parte e lasciando passare Annabeth. I capelli biondi erano corti, molto, con un taglio quasi alla maschio, ma decisamente più femminili, forse un po’ impari, come d’altronde erano quelli di Sam, e la ciocca d’argento, che era comune con Percy, che gli scendeva accanto al volto, molto più visibile in quel momento, rispetto a prima. “Sembri uno spaventapasseri!” esclamò Heather, “No, più una che si è fatta il bagno con un tosta pane” aveva controbattuto Anselma divertita, ma Percy non condivideva affatto quest’idea, in quel momento per lui, Annabeth era più bella che mai, il problema era prendere coraggio e dirglielo. “Annabeth …” cominciò, dopo un profondo respiro, mentre le sue gote cominciavano già a diventare porpora, “Io ti trovo incantevole  lo lasciò scivolare fuori, la sua ragazza che aveva tenuto il capo basso, aveva sollevato lo sguardo sentendo quelle parole, gli occhi grigi gli luccicarono, si morse il labbro, poi si avvicinò per stringersi al petto del ragazzo, che con gioia la strinse a sua volta; “Ufficialmente ora siete più  vomitosi di Eros e Psiche” gracchiò Heather, Philotes voltò lo sguardo verso la sorella e l’ammonì, usando sempre toni dolci, “Per favore Sorella, siate più gentile” e la dea della discordia improvvisamente si ammutolì.

“Bene adesso devo andare a cercare Eos” disse Percy, “Prima vai a casa e prendi la cintura di Orione” gli consigliò Sam, “Ti accompagno!” disse Annabeth, Percy fece cenno di no con il capo, “È solo il mio compito Annabeth” aveva detto lui, accarezzandole i capelli, “Almeno fino a casa” aveva risposto la bionda, per convincerlo, ma era totalmente intenzionata ad andare con lui, che fosse volente o nolente, Percy annui. Andarono via solo loro due, Juniper era stata fermata da Phil, mentre Nico era rimasto a dare una mano ad Eris per la realizzazione dell’Auriga e dell’armatura, anche perché alla dea serviva una stella di Erebo.

Grover, intanto aveva trovato la casa di Selene e il suo dormiente amante, vivevano nelle soffitte del più grande edificio nell’isola del pianto ed una volta arrivato lì, la stella rossa aveva esaurito la sua luminescenza.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

(Il prossimo capitolo fa altamente schifo)
Selene
spia la libertà da una finestra. Percy medita una fuga per non portare Annabeth, certo che la missione riguardi solo lui, ma lei è più furba. E Grover? Si addormenta su un pavimento dopo troppa Ambrosia.
E La statua della Libertà perchè ha la faccia che ha?

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Capitolo 15
*** Lady Liberta' ***


Titolo: Percy Jackson e la costellazione della macchinetta del caffe’
Titolo capitolo: Lady Libertà
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Grover Underwood, Sally e Paul Stockfiss, Selene (e il suo dormiente maritino)
Genere: Sentimentale, comico, avventura
Rating: Giallo(Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio parole: Per una serie di sfortunati eventi, non ho potuto contare
Note: 1. Non betata
1Fa schifo ... (E davvero non c’e’ altro da dire)
2Volevo che Selene fosse una dea senza pretese, una che prende le cose come vengono (Insomma e’ stata sostituita e sembra che a nessuno, lei compresa, abbia dato fastidio. Fossi stata lei, avrei fatto una strage)
3 Non so perche’ di recente sono cosi’ zucchero con i Percabeth
4 Ho provato a riscrivere questo capitol, ma aver fallito nella mission zero debiti, mi ha depresso ...
5Non so con quanta frequenza aggiornero’ perche’ ho problemi a scrivere e questo capitolo viene direttamente dall’Italia e lo pubblico ora, che sto in Australia. Yeah ...
6 Non siate crudeli
Buona Lettura






Lady Libertà

Grover per raggiungere la soffitta delle’edificio principale si era dovuto fingere quasi una tenda e per trovare la porta dietro la quale abitava Selene, aveva impiegato moltissimo tempo, ma poi l’aveva trovata, una scritta in greco dorico incisa su una porta, c’era scritto, Qui alberga chi guidava la luna,non l’aveva capita subito, aveva dovuto ritrovare le vecchie conoscenze di dorico, ma poi dopo averlo tradotto ,aveva bussato, sperando che l’ormai dimenticata dea decidesse di aiutarli, aveva le dita incrociate dietro la schiena, la porta era stata aperta da una donna, veramente bella, era comparsa davanti a lui, era la statua della liberta, vestita da statua, solo con i colori oro e blu, con i capelli castano chiaro ed al posto della corona una mezza luna splendente, ma aveva lo stesso volto della statua più famosa d’America, “Lei essere la divina Selene?” chiese Grover in un dorico maccheronica, la dea gli sorrise, “Non sono più divina da molto, satiro” rispose lei, parlando lentamente, cosciente che il ragazzo aveva difficoltà a seguirla , “Io ed i miei amici avere bisogno di lei” disse Grover, afferrando le mani della dea, lei trattene una risata per il verbo sbagliato, ed invitò il satiro ad entrare.




La notte era inoltrata e quando Sally Jackson aveva sentito dei rumori per la sua casa, non aveva avuto un pensiero felice e sicuramente non aveva potuto immaginare fosse suo figlio visto che lo stesso giorno gli aveva detto che sarebbe sparito. “Paul, Paul” aveva cominciato a dire la donna, tirando colpetti sulla spalla del marito, “Uhm … mm … Sally …” biascicò il signor Stockfiss, prima che la moglie lo buttasse quasi giù dal letto. “Che succede Sally?” chiese allarmato lui, quando comprese di essere stesa sul pavimento, “Shh” disse la donna, facendo cenno di tacere al marito, “Credo ci sia qualcuno in casa” mormorò allarmata, Paul si alzò, staccò la spina della lampada da comò e l’afferrò saldamente, “Zucchero, vuoi stordire dei ladri con un’abatjour?” chiese Sally, inarcando le sopraciglia, confusa, il marito gli fece notare che effettivamente non avevano armi in camera da letto.
L’uomo si diresse alla porta, era semi aperta, si era appoggiato a questa ed aveva cercato di spiare da essa, Sally era scesa dal letto ed aveva mormorato a mezza bocca, “Poseidone aiutaci tu” sperando solo che il marito non la sentisse, non era certa che avrebbe reagito bene sapendo che invocava il padre di Percy o forse no, sicuramente quello era il momento meno adatto per pensarci.




La dea viveva in una soffitta, senza decori, senza niente, una vera e propria soffitta, che era arredata da un tavolino apparecchiato di nettare ed ambrosia, ed un letto a due piazze dalle coperte pregiata, dentro un uomo dormiva, dava l’idea di dormire beatamente, anche se aveva gli occhi chiari sbarrati, “Lui è il mio compagno, Satiro, ma non può salutarvi”aveva spiegato poi la dea, la storia del suo amato, che era immortale, ma destinato in un eterno sonno ad occhi aperti. Selene si sedé su una sedia attorno al tavolo e fece accomodare il ragazzo-capra di fronte a lei, “Allora satiro, cosa vi affligge?” chiese la dea, versandosi dell’ambrosia nella coppia di cristallo e ne versò un po’ anche a Grover, che prima di rispondere, ci tenne a precisare alla dea il suo nome.
“Io bisognare del suo aiuto” cominciò il satiro, la dea che assomigliava alla statua aveva cominciato ad ascoltarla attentamente, Grover aveva cercato di spiegare alla dea la missione che gli era stata relegata dalla profezia, cercando di usare parole comprensibili, “Dunque, se ho capito, Sat-Grover, tu e i tuoi amici volete che io ritorni ad essere la dea della luna per una notte?” aveva chiesto retorica la dea, il mortale c’aveva messo un po’ a seguire di nuovo il discorso, poi aveva annuito con una certa convinzione, mentre continuava a ticchettare le dita sul tavolo, la dea lo aveva fissato poi aveva inclinato il capo ed aveva detto: “Una buona trentina d’anni fa quella mummia rinsecchita mi ha detto che avrei potuto riprendere per una notte le redini del carro lunare, quando un uomo dal dietro caprino avrebbe varcato la soglia di Ellis Island”, l’euforia era salita ad ogni sua parola, davvero Grover non pensava avrebbe mai visto il viso della statua della libertà felice, perché davvero non c’era altro modo di descrivere Selene. Era felice.




Annabeth e Percy si erano introdotti in casa di quest’ultimo per prendere la cintura di Orione e magari le chiavi della macchina di Sally, “Mi raccomando, in punta di piedi, non svegliamo mia madre” bisbigliò Percy, Annabeth annui, cosa che non era comunque facile visto che i due erano affetti da iperattività, oltre alla dislessia ed il deficit d’attenzione.
“Io vado a prendere la cintura, tu prendi le chiavi e poi scriviamo un messaggio a mia madre” spiegò il ragazzo prima di scivolare in camera sua, Annabeth rimase ferma in soggiorno chiedendosi in che modo avrebbero scritto un messaggio: In greco antico? La verità era che era esausta e stava morendo di sonno, ma prese un bel respiro e prese a cercare le chiavi della macchina di Sally, sulla mensola. Poi aveva sentito dei rumori alle sue spalle, aveva un brutto presentimento, si era voltata di scatto, trovando Paul Stockfiss con una lampada a qualche centimetro dalla sua testa, “Annabeth?” chiese confuso lui, la ragazza arrossì appena, prima di spiegare il tutto, l’uomo trasse un sospiro di sollievo, poi accese la luce e gridò: “Tutto apposto Sally, sono solo Percy ed Annabeth”.
Dalla camera da letto, uscì la signora Jackson che improvvisamente si era rilassata, dicendo ad Annabeth che l’avevano spaventata a morte, poi aveva notato la buffa acconciatura della bionda ma aveva ritenuto fosse meglio tacere.




“Accetto. Senza pegni. Direi che come dote mi va benissimo tornare ad essere dea!” esclamò Selene, prima di stritolare Grover in un abbraccio, “Non provo così tanta gioia, da quando quel francese mi aveva usato come modello per la statua” aveva esclamato la precedente dea della luna con somma soddisfazione, Grover ignoro’ il fatto che aveva sempre saputo che l’ideatore della statua della liberta’ si fosse ispirato alla madre e chiese: “Quindi occupare della luna, la prossima luna nuova?” con una certa euforia, Selene annui, “Mi preoccuperò di essere io, nel posto giusto al momento giusto” aveva esclamato la dea, era davvero contenta di poter tornare ad essere la dea, non aveva mai accettato del tutto che i romani l’avessero messa da parte, finalmente per una sera avrebbe potuto riavere il suo carro e i suoi cavalli, avrebbe percorso la via della notte ed avrebbe inseguito Apollo, ricordando quando inseguiva Elios.
Diva essere meraviglioso” esclamò Grover, quella sorrise, si versò altra ambrosia e la verso al satiro, “Grover festeggiamo” esclamò, alzando il bicchiere di cristallo, il ragazzo-capra fece toccare i bicchiere in un brindisi con la dea, “Festeggiare” esclamò lui, contento della riuscita della sua parte di missione, adesso tutto era nelle mani di Nico, Annabeth e Percy e lui sapeva di potersi fidare, per questo non aveva fatto caso alla notte che ormai era sempre più fitta ed aveva continuato a festeggiare con Selene Splendente fino a che Eos non si era annunciata, prima che Apollo intraprendesse il suo percorso, allora Grover aveva aperto gli occhi ed aveva realizzato di star ancora dormendo nella soffitta di Selene e il suo amato, loro dormivano sul letto, gli occhi di lui erano socchiusi, mentre lui, Grover, era addormentato sul pavimento.




“Voi non partite adesso, mangiate qualcosa e vi fermate a dormire” esclamò Sally, cercando di fermare suo figlio dalla sua prematura fuga, senza ascoltare le sue continue lamentele sul fatto che avevano una missione, “Sei pallido e deperito” aveva esclamato, posando le mani sulle guance del figlio, prima di annunciare che andava a fare frittelle blu, Paul aveva commentato dove altro poteva trovarsi un’altra donna che poteva fare frittelle in pieno notte per il figlio semidio. “In effetti, Percy, tua madre è fantastica” aveva detto Annabeth, sedendosi al tavolo della cucina, trascinando con se il fidanzato, Percy sebbene contrario aveva sorriso, sua madre era fantastica, lo era sempre stata, da quando si occupava di lui da quando era bambino, si preoccupava di tutto, era la sua salvatrice da sempre.
Così avevano lasciato da parte la missione ed avevano mangiato le frittelle per rimettersi in forza, poi i coniugi Stocfiss erano andati a dormire, “Anche noi abbiamo bisogno di dormire” disse Annabeth, Percy per tutta risposta le diede un bacio, le sorrise, “Wow” bisbigliò Annabeth, il ragazzo le disse: “Vai a dormire nella mia stanza, io dormo sul divano”, la bionda annui e poi si diresse nella stanza del fidanzato.
“Sapientona …” la chiamò di nuovo Percy, mentre la ragazza era sulla soglia, “Si, Testa d’Alghe?” chiese lei, abbastanza curiosa, il semidio sorriso bonario, poi lo disse: “Ti amo”, non era da lui tanta audacia, lei lo sapeva bene, quindi si chiese quanto coraggio dov’esse aver avuto e quanta calma, sorrise genuina ed infantile, come faceva da bambina a Luke e Thalia; “Ti amo, anch’io” sussurrò Annabeth prima di entrare nella stanza di Percy. Chiusa la porta della sua camera, il figlio di Poseidone aveva indossato la cintura di Orione ed era andato via, sapeva che Annabeth l’avrebbe voluto seguire, ma quella era la sua missione, non voleva che le accadesse nulla di male e poi sapeva che doveva incontrare Eos da solo, ne era dannatamente certo.
Ovviamente Annabeth era sempre più furba di lui e l’aveva seguito.




Quando Grover si era svegliato, aveva notato una finestrella, che dava sull’acqua, l’Hudson era limpido e splendido, come mai avrebbe pensato di vederlo, la natura aveva fatto un lavoro stupendo, “Grover, quanti bastimenti ho visto solcare questo lido” disse Selene, affiancandolo, il satiro la guardò, baciata dalla luce del sole Selene era diversa, meno incantevole, meno splendente, come se la luce del sole la spegnesse e la opacizzasse, il contrario di quello che accadeva alle altre persone, la luce del sole rinvigoriva ed abbelliva, invece abbruttiva Selene, “Quante persone ho visto realizzare i propri sogni e quante no” aggiunse la dea, sfiorando la finestra, ritornando con la mente ad un tempo lontano.
“In tema di sogni da realizzare, divina io dovere andare” esclamò Grover, senza più badare se stesse dicendo giusto o meno, “Vai, vai, Grover, occupati dei tuoi sogni” esclamò la dea, mentre vedeva il ragazzo-capra galoppare via, verso chi sa quale avventura. Selene era di ottimo umore, si era riseduta sul letto ed aveva parlato ad Endimone di tutto, sapendo che lui l’avrebbe percepita, perché dormiva con gli occhi aperti per poterla vedere, poi dopo aver baciato le labbra di lui era andato a guardare la sua riproduzione, rappresentava la libertà, quella che avrebbe potuto riavere lei, la notte di luna nuova, perché nella sua vita si era sentita libera solo quando correva con i suoi cavalli bianchi, andava a trovare il suo amato che viveva nella caverna, vivo e sveglio.
In quel momento era libera. Haimè, i mortali erano svogliati, non tutti però, quel semidio, quel Perseus Jackson che gli aveva regalato un’opportunità per rendere felice Artemide e poi era lo stesso tizio che aveva salvato il mondo dai titani ed aveva mandato la mummia in pensione per sostituirla. “Tra tre notti, ci sarà una bella luna” esclamò soddisfatta e contenta Selene.



Anticipazioni? E perche’ no ... La lista delle assurde persone include nuove cinque persone ... Ed anche quella delle pretendenti si allunga. Nico salta un paio di tappe in un rapporto e va conoscere il padre di Heather ... Phil si da ai fornelli ed avremo l’onore di vederla con il suo vero aspetto ... Ma da chi saranno veduti i suoi occhi changianti e di chi soprattuto avranno la forma?

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Capitolo 16
*** Centaure in gonnacorta ***



Titolo: Percy Jackson e la costellazione della macchinetta del caffe’
Titolo capitolo: Centaure in gonna corta
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Nico di Angelo(Ed altri)
Genere: Sentimentale, comico, avventura
Rating: Giallo(Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio parole: Per una serie di sfortunati eventi, non ho potuto contare
Note: 1. Non betata
2. Non crederete alle disaventure per pubblicare cio’.
3.Chiedo venia per tutti gli errori ortografici ma ho un dannato Word che corregge in lingua inglese ed una tastiera con le lettere spostate e senza accenti … -.-“
4.Poco soddisfatta del pezzetto Nico/Phil/Eris. Molto dell’altro.
5. Le nostre cinque tizie sono abbastanza famose, ma ho deciso di rimodernizzare i nomi, vi sfido a capire chi sono.
6. Su Deia avevo trovato fosse una di loro quanto fosse tutt’altra persona, indovinate che versione ho preso? Xd
Buona Lettura







Centaure in gonna corta


“Non posso credere che tu mi abbia seguito” esclamò Percy, mentre svoltava un angolo e continuava a tenere gli occhi fissi sulla stella, Annabeth aveva sorriso, poi aveva detto al ragazzo, “Potevi solo sognare che non l’avrei fatto, cervello di branchie” aveva detto la ragazza con una risata di scherno, pizzicando il gomito del ragazzo, Percy aveva sbuffato, Annabeth era troppo intelligente per lui, era riuscita a non farsi vedere, quando si era infilata in macchina ed era uscita alla scoperta solo quando avevano lasciato New York e a quel punto lasciarla non gli era sembrato carino. “Il sole è sorto da un pezzo, scambiamoci di posto, Percy. Stai morendo di sonno” constatò la bionda, passandosi una mano tra i capelli cortissimi, il figlio di Poseidone avrebbe voluto dibattere che non era stanco, anche se lo era, e che lei non aveva la patente, be, per colpa della dislessia non l’aveva neanche lui, non credo esistesse un solo mezzosangue patentato, sapevano tutti guidare, ma nessuno superava la teoria. Alla fine Percy aveva acconsentivo al cambio di guida, dopo che Annabeth aveva cominciato ad insistere diventando irritante come un martello pneumatico che batte insistentemente su un chiodo.

Si erano poi fermati ad uno di quei tipici locali, un po’ anni 50, dove vendevano la colazione, con i tavoli bianchi di legno e le sedie di plastica rossa, “Ci serve carne … Abbiamo vissuto a dolci negli ultimi tempi” aveva detto Annabeth, sedendosi al tavolo ed afferrando il menù, Percy aveva annuito, sapeva che la sua ragazza non spendeva tempo prezioso, se quindi riteneva che dovevano mangiare, lui aveva acconsentito. Era venuto un cameriere a prendere le ordinazioni, mentre aspettavano il cibo Annabeth aveva steso una cartina sul tavolo, “Quando l’hai presa?” chiese lui, la bionda sorrise furba, ma non rispose. “Mi sono fatta un po’ di conti, la stella di Eos dovrebbe trovarsi qui!” esclamò lei dopo un po’ che studiava la carina, piantando un coltello su Detroit, “Dieci ore senza traffico” aveva constato Percy, Annabeth aveva inclinato il capo cosciente di quel problema, “Dobbiamo inventarci qualcosa” aveva esclamato poi, ticchettando le dita sul tavolo. Poi erano arrivate loro, Percy le aveva viste dalla parete di vetro del locale, un mucchio di ragazze in sella a moto dai colori sgargianti e tozze, molto maschili, molto da Ares, erano centaure, ovviamente non come Chirone, non avevano un sederone equino e quattro zoccoli, erano le centaure del tipo anfibi, giacca di pelle e moto possenti, insomma delle Bikers.
Erano in cinque, ma quando erano entrate nel locale, avevano dato a Percy l’idea che non fossero complete, perché continuavano a parlare di raggiungere le altre, una indossava un giubbotto di pelle, una stretta gonna rossa e degli anfibi,aveva i capelli biondi e gli occhi castani, nulla di speciale su carta, nessuna particolare caratteristica, ma era bella, anche se aveva lo stesso sorriso di Clarisse, dunque questo lo fece riflettere sulla possibilità che fosse una figlia di Ares, ma non solo lei, anche altre due lo sembravano,una di queste aveva i capelli raccolti in tante treccioline scure, indossava pantaloni a zampa d’elefante, una bandana con due lunghe code, una veste larga, orecchini a forma di segno della pace e zeppe di sughero, più che una biker sembrava una hippy fuori tempo, con gli occhi chiari, nascosti parzialmente da degli occhiali neri alla John Lennon, la stessa curva del viso della bionda ed il ghigno di Ares, che cozzava molto con il vestiario pacifista ed era bellissima, era un dato oggettivo.
Poi il sorriso alla Ares, l’aveva una che sembrava appena uscita da un videogioco, con due spade appese alle spalle, legate con una x sul petto, una giacchetta con la pelliccia ai bordi e dei pantaloncini a dir poco corti e delle infradito casual, che cozzavano con tutto, aveva i capelli castani raccolti in una malfatta coda e gli occhi blu, identici a quelli della hippy e il naso uguale a quella vestita di pelle, erano tre sorelle, poi le altre due, una aveva una matassa nera arruffata e gli occhi verdi, vestita come una gotico punk con gli stivaletti bassi e i calzoncini a righe, che avrebbe potuto fare concorrenza a Thalia in vestiario e poi l’ultima aveva i capelli castani, tagliati peggiori di quelli di Annabeth, e gli occhi neri, come la pece, il sorriso soddisfatto, una gonna di jeans a balze, i tacchi a spillo nero vernice ed una fascia, oserei dire per capelli, sul petto, che aveva portato i due semidei a notare che aveva il petto reciso, era come se avesse amputato il lato destro, dalla fascia spuntavano brutte cicatrici bianche.

“Bel taglio” aveva detto quella con le cicatrici, giocando con una punta dei capelli di Annabeth, la bionda rimase sconvolta da tanta affettuosità, la Punk aveva cominciato a guardare la cartina, “Detroit? Non la amo, neanche io, ma strapparla con un coltello” aveva commentato, strusciando l’indice destro sul manico, Percy le aveva guardate confuso. Quella che sembrava uscita da un videogioco di guerra si era seduta accanto al figlio di Poseidone e si era totalmente appiccicata su di lui, “Dal tuo delizioso odore, penso tu sia Perseus Jackson, vero?” aveva chiesto, Percy aveva annuito abbastanza allarmato, “Hai gli stessi occhi verdissimi di Teseo” aveva poi aggiunto sognante, “Sorella, tu mi fai vomitare” aveva ringhiato quella vestita da Hippy voltandosi poi verso Annabeth, “Tu sei la figlia di Atena, vero? Si, si, bionda, occhi grigi, stesso sguardo serio e calcolatore di Atena” aveva detto, posando le mani sui fianchi, quella con la giacca di pelle, l’aveva paragonata ad una famosa figlia di Atena, Ipazia.

“Voi sareste?” chiese Percy, cercando di staccarsi dalla ragazza che sembrava un francobollo, “Noi siamo le serve di Artemide e Demetra” aveva risposto la prima che era entrata, “O miei dei, siete le amazzoni” aveva esclamato Annabeth, avendole riconosciute ed essendo a conoscenza della loro storia, erano state sterminate tutte, ma Liliana ultima rimasta aveva pregato giorno e notte, con molti sacrifici, gli dei affinché potesse riavere le proprie sorelle, e loro presi da un atto di incredibile misericordia l’avevano accontentata. “Siamo qui, perché la divina Artemide ci ha chiesto di aiutarvi” aveva accorciato la Hippy, “Ci credi che dobbiamo aiutare il nemico giurato di nostro padre” aveva borbottato quella con la gonna, l’amazzone appiccicata a Percy aveva constato che non gli importava, era il salvatore ed era il fratellastro di Teseo, “Siete figlie di Ares?” chiese preoccupato Percy, la hippy e l’indossatrice di giubbotti di pelle sorrisero sadicamente, quella che sembrava uscita da un videogioco annui di malavoglia. La punk sorrise, poi si presentò: “Io sono Deia, la pazza con la fascia per capelli come maglietta è Lily, il francobollo è Ope, la figlia dei fiori è Lea e la tipa in chiodo è Poly” aveva un sorriso giocondo, sedendosi accanto ad Annabeth, che deglutì pesantemente, “Siamo qui, perché la divina Artemide ci ha chiesto di aiutarvi” spiegò Poly, ribadendo ciò che Lea aveva già detto, prima di spronarli a fare spazio alle altre, con un atteggiamento gemello a quello che avrebbe avuto Clarisse, Percy era poco fiducioso, ma Annabeth, che probabilmente, conosceva bene le loro storie non aveva avuto motivo di dubitare ed aveva spiegato il loro problema.
“Con le nostre moto fareste prima …” aveva detto Lea, toccandosi la bandana bianca azzurra che indossava, “Non sono, diciamo, moto comuni” aveva aggiunto, guardando Annabeth, per qualche strana ragione che Percy non riusciva a capire, quell’amazzone non lo degnava neanche di mezzo sguardo, era come se non esistesse o fosse un appestato che era meglio evitare, “Poly e Ope vi accompagnerebbero in un batter d’occhio … Ma ci servirebbe il vostro aiuto” aveva spiegato Lily, continuando a giocare con i capelli di Annabeth, “Per cosa?” aveva chiesto Percy, abbastanza confuso dallo strano atteggiamento delle amazzoni, in qualche modo gli ricordavano le Cacciatrici, solo più amichevoli, per certi versi, insomma non avevano fatto neanche mezzo commento sul fatto che fosse uno stupido maschio. “Ci siamo avvicinate alla grande mela, perché stavamo inseguendo Echidna e volevamo una mano a trovarla” aveva spiegato Deia, “Quella nauseante rettile è scomparsa chi sa dove …” aveva esclamato Ope, schiacciandosi ancora di più su Percy, che cercava di allontanarsi il più possibile, mentre Annabeth la guardava in malo modo, Amazzone, figlia di Ares o meno, quella tipa doveva staccarsi dal suo ragazzo. “Dunque venite con noi” aveva tagliato corto Poly, alzandosi di fretta e strattonando Ope, che di malavoglia si era alzata, anche le altre amazzoni l’avevano fatto e Percy ed Annabeth dopo aver pagato le avevano seguite fuori. Guardandole attentamente tutte avevano notato che non solo a Lily ma anche alle altre mancava il lato destro del seno e dove c’era un po’ di pelle scoperta emergevano cicatrici gemelle a tutte, il figlio di Poseidone lo aveva fatto notare alla sua ragazza, che aveva risposto che era un rito loro, “Così è più facile tirare d’arco e combattere” aveva risposto, informatissima da brava figlia di Atena, prima di tirare un buffetto sul collo del fidanzato, per aver notato quella cosa, “Maschi” ridacchiò Lea, con lo stesso tono nauseato che aveva Zoe prima che rivalutasse il genere maschile.

“Perseus Jackson …” lo chiamò Poly lanciandoli con forza un casco che finì in pieno al suo stomaco, “ Ci servi per un compito” aggiunse sibillina lei, con gli occhi ridotti a fessure, prima di invitarlo a salire dietro la sua Harley lucente, mentre si infilava il casco integrale nero, con strisce rosso sangue, “Signorina Chase …” aveva invece detto Lea, passando delicatamente ad Annabeth un casco scuro su cui erano dipende delle fiamme, mentre lei ne indossava uno di un colore chiaro, con disegnati sopra fiori e simboli della pace, una figlia di Ares davvero strana. I due semidei dopo essersi guardati negli occhi avevano eseguito gli ordini delle due amazzoni ed erano saliti dietro le loro moto, “Per l’Ade hai lo stesso stucchevole odore di Teseo” aveva ringhiato Poly, che evidentemente non doveva aver conservato un bel ricordo di quel figlio di Poseidone, ma Percy a ripensarci su Teseo ed Ercole, da sempre gli eroi della sua infanzia, aveva scoperto cose davvero di poco onore, chi sa per esempio quella Poly che rapporto doveva aver avuto con il suo fratellastro. Forse Teseo era un po’ malsano, ma Orione da quello che aveva scoperto non sembrava davvero male. “Reggiti forte, Mollusco” aveva detto Poly, prima di girare l’acceleratore e partire come una scheggia, le altre la seguirono a ruota e in men che non si dica, si erano ritrovati in una nube rossa sospesa nel cielo, “Quella schifosa serpe vive dalle parti di Syracuse” aveva esclamato Lily, “Ci metteremo qualche ora” aveva considerato Annabeth, “Assolutamente no” aveva detto Deia, disgregandosi in polvere rossa, per poi schizzare alla velocità della luce, lo stesso fecero le sorelle, per Percy ed Annabeth era stato un po’ come viaggiare sulla carrozza di Thantos.


Nico di Angelo aveva aperto gli occhi, quando aveva sentito l’aroma di biscotti freschi, si era ritrovato addormentato su un divano comodo, in una stanza con le fiaccole, pavimento in marmo, colonne e soffitto di pietra, una donna davvero stupenda era seduta sul bracciolo del divano con in mano un vassoio d’argento pieno di biscotti che emanavano una fragranza buonissima, ma Nico era rimasto catturato da lei, era splendida, aveva le labbra di ciliegia stese in un sorriso dolciastro, la pelle caramello e un piccolo naso, i capelli erano lunghi e fluenti, di uno strano ravanello pallido, gli occhi erano stranamente gemelli a quelli di Eris nella sua vera forma, avrebbero dovuto cozzare con un aspetto tanto delicato, invece la rendevano solamente più bella, indossava un abito rosa semplice, “Ti ho fatto i biscotti!” aveva detto, il figlio di Ade si era ritratto come un riccio ed aveva chiesto l’identità della ragazza, “Sono Philotes, Nico … Cioè Phil” si era presentata la dea, “E ti ho fatto i biscotti” ribadì sventolandoli nuovamente sotto il naso i dolcetti. “Sono di zucca” aveva constato il figlio di Ade addentando i frollini e rimanendo stupito dallo strano sapore, Philotes sorrise nuovamente, come alla fine faceva sempre; “Comunque è strano … Tu ed Eris avete gli stessi occhi” aveva detto Nico alla dea, che aveva mosso il capo, poi aveva detto: “Io funziono un po’ come Afrodite, i miei occhi sono diversi da persona a persona, sono gli occhi che più ci piacciono” e Nico era arrossito fino alla punta dei capelli. Aveva implicitamente ammesso di essere cotto, anzi arrostito, della divina Eris.

“Perché non andata all’Acee, Eris è tutta la notte che lavora sull’armatura … Tra un po’ deve cominciare con l’auriga” aveva detto la dea, regalando un sorriso innocente, capace di illuminare il mondo, prima di andare via con una camminata ondeggiante, Nico era rimasto a mangiare con un certo nervosismo, chiedendosi se dovesse o non dovesse andare da Eris. Alla fine era deciso ed aveva raggiunto la dea nella sua stanza, l’aveva trovata intenta a lavorare con un martello incandescente ed una fiamma ossidrica, di uno strano rosato, che lavorava su un armatura, inquietantemente luminosa, “Kalimera Nico” aveva detto la dea, appena lo aveva visto sulla soglia della porta, con un sorriso radioso o per lo meno così parve a Nico, probabilmente il sorriso della dea era raccapricciante, “Buon giorno a lei, divina Eris” aveva balbettato lui, la dea lo aveva guardato intensamente, “Avvicinati piccolo Di Angelo, non mordo” lo aveva tranquillizzato la dea, lasciando scivolare a terra il martello e la fiamma rosata, per tranquillizzarlo, il semidio si avvicinò con passo cauto, non per paura ma per vergogna.
“Ho finito l’armatura … Vuoi darmi una mano con l’auriga?” chiese Eris, licenziosa, “Mi piacerebbe” rispose Nico, la dea sorrise afferrò il figlio di Ade per una mano e disse: “Perfetto, andiamo dal mio divino padre, ci serve una stella”, “Con divino padre, intende il dio della notte degli inferi?” chiese Nico, la dea annui, “Non avrai mica paura? Mio padre e il tuo vanno a braccetto” l’aveva tranquillizzato la dea,con un sorriso amichevole, il figlio del signore dell’oltretomba aveva deglutito e poi aveva tranquillizzato la dea, quella aveva pronunciato qualche parola in greco antico e i due si erano disgregati in nebbia scura, per ricomporsi in un attico tipico degli appartamenti presenti nell’ Upper Est Side con Eris, che aveva ripreso le sembianza di Heather.
Rilassati Nico” mormorò lei, tirandoli un buffetto sul petto, ma il ragazzo non sembrava ancora troppo convinto, “Su, mio padre non è affatto come la gente sole immaginarselo” aveva tentato di nuovo Heather, ma Nico non dava cenno di rilassarsi, “Fidati di me” bisbigliò lei, con tono suadente e licenzioso, magari se fosse stato qualunque altra persona ad udire dalla dea della Discordia quella frase con quel tono, si sarebbe certamente dato alla fuga, invece in Nico quella frase aveva indotto solo coraggio, così da avere la forza di affrontare la conoscenza di Erebo, dio della notte infernale, padre di Eris e questo terrorizzava Nico, non che dio fosse, ma di chi fosse padre e che non ritenesse lui, Nico, semplice mezzosangue, all’altezza della divina figlia, come Ade non riteneva Thantos all’altezza di Macaria ed in quel caso erano entrambi dei.





Anticipazioni? (E’ perche’ no?)
La strada per Detroit non e’ tanto semplice.
Bisogna far tappa da qualche parte.
E perche’ no nella tana di un serpente?
E far delle amazzoni piu’ attenta conoscienza?

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Capitolo 17
*** La sfortuna e' amazzone ***



Titolo: Percy Jackson e la Costellazione della macchinetta per il caffe’
Titolo del Capitolo: Sfortuna è amazzone
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Amazzoni
Genere: Sentimentale, comico, avventura
Rating: Giallo(Prevenire e’ meglio che curare, ma penso mi manterro sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1563
Note: 1. Pur troppo non è betata
2. Capitolo inutile, solo per dare un po’ di spazio alle amazzoni
3. Si di recente sono Percabettosa specialmente dopo aver letto il quarto libro (in inglese)
4. Non ho voluto dare spiegazioni per la maledizione di Lea, se non riuscite a vivere senza conoscerla, ve la posso anche dire.
5.Il capitol e’ scritto con una dannata tastier Inglese, perdonatemi le sviste, ma fatemele notare.
6. Non siate crudeli nei commenti … Costruttivi si, pero’.
Buona Lettura











La sfortuna e’ amazzone





“Siete due succosi mezzosangue, la vostra presenza a Syracuse la farà impazzire” disse Lea con un certo sadismo, riferendosi alla donna serpente che dovevano cacciare, “Ci ucciderà?” chiese Percy, “No, no …” cercò di tranquillizzarci Lily, Ope disse che nessuno si sarebbe sognato di far male ad una persona con il bel faccino come quello del semidio, “Forse cercherà di uccidere Ipazia” constatò Deia, ammiccando ad Annabeth, che preferì non fargli notare che lei non era quella figlia di Atena, Poly non disse niente, spiava con attenzione l’ambiente intorno, cercando di memorizzare tutti i minimi dettagli di esso, per esser certa di non perdersi niente, a Percy all’inizio aveva ricordato Clarisse con il suo impulsivo coraggio o spavalda incoscienza a seconda dei casi, ma era molto più logica, forse i millenni che aveva sulle spalle l’avevano resa più giudiziosa.
“E probabilmente cercherà di unirsi carnalmente a te” aveva detto Lea a Percy con un tono misto di nausea e divertimento, “Cercherà di fare cosa?” chiese Annabeth, che di recente con persone che cercavano di avvicinarsi a Percy non ne poteva più, ma che aveva combinato Afrodite? Aveva unto il suo ragazzo di feromoni? Tipo il personaggio di quel telefilm di cui Grover era totalmente drogato e Juniper non poteva soffrire. Percy era più che altro scioccato all’idea di lui e una donna serpente, anzi non riusciva neanche ad elaborarlo quel pensiero, per quanto lo facesse rimettere, preferiva di più Eris e quella era forse l’unica dea che gli faceva davvero paura.

“No, tranquilli, lui non è mica Ercole” aveva detto Lily, come se quello giustificasse tutto, la punk si era messa le mani sul petto e con uno sguardo innamorato rivolto al cielo aveva esclamato “Nessuno è come il mio Ercole”, “Grazie ai boxer a pois del mio divino padre … Penso sia molto meglio che Ercole sia unico nel suo genere” aveva ringhiato Poly che doveva adorare il figlio di Zeus quanto lo aveva adorato l’ataltide Zoe da viva, “Dici così solo perché ti ha rubato quel bacio” aveva esclamato Deia sentendosi offesa dalle parole dell’amica, “No lo dico, perché mi ha rubato la cintura” rispose la bionda, con rabbia, posando le mani sulla vita, i figli di Ares erano rancorosi, anche piu’ dei figli di Ade, e quello era il loro difetto fatale
. “Ma lui è più carino di Ercole. Assomiglia così tanto a Teseo” aveva esclamato maliziosa Ope, appendendosi alla spalla di Percy “Anche meglio. Se in questo mondo ho odiato qualcuno erano certamente Ercole e Teseo” aveva ringhiato Poly, assottigliando lo sguardo, mentre fissava Percy, ricordando qualche torto che i due dovevano avergli fatto, “Perché tu non hai conosciuto Achille” disse la Hippy, forse un po’ per rompere il ghiaccio, la voce gli tremava ma non a causa della solita stizza che prendeva quando parlava di un maschio, ma di rabbia, vergogna e rancore, Achille non doveva averla solo sconfitta, aveva pensato Percy, magari gli aveva spezzato il cuore?

“Non ho potuto, perché qualcuno mi ha scambiato per una cerva e mi ha conficcato una freccia in pieno collo” ringhiò Poly, battendosi una mano sulla parte sinistra del collo e assestando una gomitata tra le costole di Lea, “Ancora?” ribadì quella, “Sono milleni che lo tiri fuori. Ti ho chiesto scusa!” aveva urlato ancora Lea veramente irritata, tirando una spinta sul petto della sorella, che inciampicò e quasi cadde, per tutta risposta le sferrò un pugnò dritto sul naso, che la fece ruzzolare a terra insanguinata, quasi gli ruppe gli occhiali, che scivolarono a terra, come cadde a terra Lea perse anche la bandana e lì la situazione si aggravò. Percy non sapeva cosa gli era preso, anche con il sangue colante dal naso probabilmente rotto, Lea l’hippy gli pareva eccessivamente bella, per non essere in quel momento di un uomo e questo pensiero lo spaventò ; non era da lui e chi sa cosa avrebbe fatto, se Lily non l’avesse steso con un pugno che avrebbe rischiato di fracassarli il cranio.
“Ma per le pulci di Otro, cosa Ade fai?” aveva urlato Annabeth, “Scusa Ipazia se ho dovuto stendere il tuo uomo, ma è meglio …” si difese Lily, mentre Lea imprecava in greco antico per recuperare occhiali e bandana, Ope si era buttato a terra per sorreggere Percy, ma Annabeth con poca grazia l’aveva sposata. “La nostra Lea non è mai stata particolarmente amata da Afrodite, che l’ha maledetta …” aveva cominciato a spiegare Deia, “La bandana e gli occhialini fungono come se indossasse un’armatura e forviano la gente a non vederla veramente in volto” aveva aggiunto, giocherellando con gli spuntoni dei braccialetti. “La maledizione fa uno strano effetto sugli uomini” aveva aggiunto Lily, vedendo il disaggio in Deia nel continuare, “Non ti sarebbe piaciuto vedere cosa sarebbe successo …” aveva detto Poly con freddezza, Lea aveva solo ringhiato e maledetto la dea, a detta sua delle cose più inutili del mondo, per quella maledizione.
“Ben sveglio bell’addormentato” esclamò Annabeth, quando Percy schiuse appena gli occhi, ritrovandosi la sua ragazza e le amazzoni che lo fissavano, “Qualcuno mi ha colpito” biascicò il semidio, “Hem … Si … Scusa” balbettò Lily, passandosi una mano tra i capelli corti, “Alzati, abbiamo da fare o non riusciremo mai a portarvi a Detroit” ringhiò Lea, mentre si puliva il sangue dalla faccia con un fazzoletto, “Si, finalmente si combatte!” aveva esclamato Ope, presa da una specie di euforia improvvisa, “Figlia di Atena, ho visto che combattete con un pugnale” aveva detto Poly, guardando il pugnale di Annabeth, legato con una specie di giarrettiera alla coscia, la semidea annui, “Contro un’Echidna non ci fai molto” aveva biascicato Poly, pizzicando Lea sul braccio, “D’accordo, gli darò qualcosa di mio” aveva biasciato la hippy massaggiandosi il braccio dolente, aveva poi sfilato via delle orecchie i grossi cerchioni, in cui erano legati i fili colorati che formavano con l’intreccio il simbolo della pace, uno era celeste uno verde, diede ad Annabeth quello verde, “Premilo e fa attenzione” disse Lea, Annabeth afferrò l’orecchino e lo schiacciò, qualche instante dopo si era ritrovato tra le mani una spada elettrica, “Un regalo dal mio divino padre, io uso questa” aveva detto Lea, stritolando l’altro orecchino che divenne un’alabarda lucente, “Fabbricata dalla divina Eris” aveva aggiunto; Percy sorrise, quell’arma non era malaccio affatto, almeno aveva affidato l’Auriga e l’Armatura nelle mani giuste, sperava.

“Allora la sardina qui, fa da esca … Lily , Deia ed Ope di occuperanno dal lato destro, io, Lea e la figlia di Atena ci occuperemo del sinistro” aveva detto Poly, tirando una pacca a Percy, “Gira per Syracuse, prima o poi la becchi” aveva sussurrato Lily nell’orecchio del semidio, prima che le amazzoni si disperdessero, Annabeth era rimasta con Percy, “Non vai via?” chiese lui confuso, “Non voglio che nessuna donna serpente ti metta le mani addosso” aveva detto con decisione lei, “Non lo voglio neanche io, tranquilla” aveva scherzato il ragazzo, Annabeth aveva sorriso innocente e gli aveva depositato un leggero bacio sulle labbra, “Ti guardo le spalle” aveva detto al ragazzo, prima di nascondersi in un vicolo. Percy aveva annuito e si era messo a camminare per le strade di Syracuse, aspettando che qualche mostruosa donna serpente venisse da lui.
“Trovo assurdo che tutte vogliano il mio ragazzo” balbettò Annabeth parecchio irritata, “Almeno lui non è come Ercole e Teseo” aveva biascicato Poly, sfilando dagli anfibi una limetta per le unghia, che era diventata una spada che aveva incastonato un occhio grande, “Lo strappato ad Argo nel 1692” aveva risposto Poly ad una muta domanda che Annabeth non aveva chiesto.
“Come mai odia tanto Ercole e Teseo?” chiese la figlia di Atena, infastidita da quei discorsi Lea che era stata lì vicino si era allontanata, “Non li odio tanto. Ad Ercole volevo darla io la cintura, ma poi Era si è intromessa e siamo terminati in battaglia. E poi be, lo scherzetto che ha giocato a Zoe non l’ha reso migliore ai miei occhi …” aveva risposto, omettendo quel vivido ricordo di quel bacio rubato, Annabeth avrebbe voluto chiedergli come conoscesse Zoe, ma gli occhi improvvisamente inumiditi una volta pronunciato quel nome, gli avevano fatto capire che era stata un’amica. “E Teseo?” chiese poi la bionda, l’altra bionda rise e basta, “Quello è complicato. Matrimoni, figli, omicidi … Io, Ope, Melany … Non me lo ricordo neanche più, fatto sta che alla fine dei fatti, io non ho mai potuto più pensare a Teseo senza un moto di odio.” aveva risposto poi Poly “Neanche se fossi immortale riusciresti a sentire tutta la storia, tanto è lunga. Sappi solo figlia di Atena, che Teseo non era un granchè, era una persona pessima”, Annabeth si era resa conto che da tutti i miti che aveva studiato Teseo non era mai stato uno stinco di santo in amore.
Aveva poi pensato a chi potesse essere Melany e perché se Ope centrava con questa storia non odiasse il semidio anzi ne conservasse ancora un ricordo da innamorata, “E a Ope perché non lo odia?” chiese, “È fatta così … Ha amato troppo Teseo per portargli rancore” aveva risposto Poly, “Spesso è patetica come figlia di Ares” si era intromessa Lea, con uno sguardo duro, che aveva spinto Annabeth a non porre più domande, anche se moriva dalla voglia di chiedere di Achille.

Erano rimaste poi in silenzio, finche’ l’Echidna non aveva fatto il suo ingresso.












Anticipazioni? (E perche’ no?)

Cosa voglione le amazzoni dall’Echidna? Lo troveranno?
Qualcuno, scometteteci, non restera’ illeso. Ma chi?

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Capitolo 18
*** Combatti il fuoco con il fuoco, il veleno con il veleno ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Combatti il fuoco con il fioco, il veleno con il veleno
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Amazzoni, Echidna
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 1929
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Ok, so di essere sparita come Ignotus Peverell è scomparso sotto il mantallo dell’invisibilità alla Morte. Ma ho avuto buone motivizaioni, che non staro a spiegarvi, perché altrimenti occuperei più pagine di Word di quante non siano il capitolo. Diciamo solo che dopo esser sparita per un mese, sono mancata  a qualcuno.

3. Immagino che dopo un’attesa vi aspettate un capitolo interessante … ed invece non lo è …

4. Bene se volete sapere che ha fatto Nico Di Angelo, mentre si svolgeva questo capitolo (e se volete farmi un favore) andate a leggere Sapore di Fragole Marce (Faccina speranzosa) che è parte di questa serie. A cui ho dato un nome davvero assurdo.

5. Ve lo giuro il prossimo capitolo è inerente alla trama, questo no. (Cioè si ritorna a parlare della missione che Artemide ha affidato a Percy, caso mai l’avessimo dimenticata)

6. Percy affronta le Dracene, donne mezze serpenti, ben diverse dall’Echidna, in una sua precedente avventura (Ma io non vi ho detto niente)

7. Piccolo riassunto? Percy viene incaricato da Artemide di salire la notte di luna nuova sulle stelle e di scambiarsi di posto con il suo segreto amore Orione, per una notte.  Per farlo necessitano diversi consensi ed aiuti, fra questi ci sono Moros, Ade, Selene, Harmonia, Nyx, Eris ed Eos … Percy ed i suoi amici ottengono da tutti l’approvazione (Rimettendoci una notte in sonno, un brutto taglio di capelli, un pranzo di famiglia disastrato, un bacio nostalgico, un arco ed un vicolo inviolabile), tranne da Eos, che vive a Detroit. Percy ed Annabeth partono, raggiunti dalle Amazzoni, mandate da Artemide, che decidono di accompagnarli a patto che gli aiutino con l’uccidere un Echidna.

Buona Lettura                

                                                                                                                                         

 

 

Combatti il fuoco con il fuoco, il veleno con il veleno

Per Echidna ritrovarsi un giovane semidio figlio di Poseidone per Syracuse era stato un po’ come essere ad un buffè gratuito di sushi, non aveva dunque pensato che tale fortuito caso, non potesse essere una semplice coincidenza, ergo una trappola, ecco perché  senza fare complimenti si era avventata sul ragazzo, appena questo era capitato a passare di fronte al suo nascondiglio, un negozio di animali, specializzato in rettili. Aveva strisciato sulla terra, mimetizzandosi con l’ambiente, comportandosi come un serpente che a puntato la sua preda, in un silenzio artefatto, prevedendo veloce quasi tutte le possibili situazioni che si sarebbero create, non appena avrebbe addentato il semidio, sentiva già sulla lingua il sapore, era stufa di carne umana, era ora di una portata migliore. Quello che non aveva previsto era che appena aveva attaccato il ragazzo, quello prontamente l’aveva colpita con una spada fatta di bronzo celeste, “Piccolo disgraziato semidio!” urlò la creature fermando con le mani il sangue che usciva da un brutto squarcio sulla coda.  Era agli occhi di Percy quella una delle più schifose creature che avesse mai veduto, una donna fino alla vita ed un serpente dal bacino in giù, non aveva capelli, ma una calotta pelata e gli occhi erano gialli e serpentini, la lingua l’aveva biforcuta ed aveva che fuoriuscivano dalla bocca rosata due orribile zanne, che ci avrebbe scommesso erano velenose, aveva visto altre donne serpente, le Dracene, ma non erano nauseanti come quella creatura.  “Echidna ...” aveva chiamato Poly a gran voce, il mostro si era guardato intorno allarmato, cercando di quella voce la provenienza, “Ippolita dove siete?” urlò, la voce era improvvisamente acuta, come logorata dalla paura, anche il suo volto era improvvisamente impallidito, tanta paura doveva avergli provocato il sentir la sola voce dell’amazzone. 

“Vi sento nervosa, serpe” aveva detto Deia, che accucciata su un tetto di una casa bassa spiava con attenzione minuziosa la scena, Echidna adesso si voltava altrove per cercar anche di quella voce la provenienza, poi parlò anche Lily, Ope rise soltanto, la donna serpente si dimenava a destra e a manca chiedendo quante fossero e dove fossero, più i minuti passavano pi’ lei si spaventava. Quella che non parlava era Lea, che scivolava dietro i muri degli edifici, rimanendo con gli occhi blu piantati su Percy e la bestia, con una mano si riaggiustava gli occhialini neri, che scivolavano troppo sul naso e con l’altra si teneva pronta a sferrare l’attacco quando Poly l’avesse detto. Annabeth brandiva la spada che non era sua, pronta ad attaccare quella bestia, con un certo nervosismo, che prima di una battaglia non aveva mai avuto. “Su Echidna siamo solo noi” ridacchiava Poly, sfiorando con l’indice della mano destra la lama che reggeva con la sinistra, “Non avrai mica paura?” chiese di scherno Lily, che  intanto aveva già caricato arco e frecce, Poly aveva guardato Annabeth, smesso di giocare con la lama ed aveva gettato uno sguardo alla sorella acquattata poco più in là, Lea aveva risposto allo sguardo con un sorriso sghembo, che aveva preso l’aspetto poi del tipico ghigno dei figli di Ares, che cozzava terribilmente con il suo abbigliamento da figlia dei fiori. Poly urlò qualcosa in greco antico, così velocemente che Annabeth non capì cosa avesse detto, ma Lea si era già lanciata verso la serpe con l’alabarda pronta a colpire ed Annabeth ci avrebbe scommesso non per ferire. Ope era comparsa più come una trottola, con le due spade che portava legate dietro la schiena tra le mani, che la rendevano una specie di tornado affettattore gigante, Lily aveva scoccato qualche freccia, ma Poly gli aveva ordinato di stare attenta ad Annabeth, la quale era stata spinta nella mischia dalla stessa amazzone, che subito dopo si era lanciata dritta verso l’Echidna con la lama con l’occhio di Argo incastonata in essa. 

Deia invece si era posta davanti a Percy, armata di due piccoli tridenti, intrisi in un liquido verdastro che emanava un odore fortissimo anche per un olfatto umano, “Sei tutto intero?” chiese con cortesia abbassando le armi, avendo notato la belva ben lontana e sotto assedio dalle cinque, “Si” rispose Percy, preferendo tenere vortice pronto all’attacco, “Bravo ragazzo” rispose Deia, con un sorriso onesto poi guardò la spada e ne rimase incantata, il figlio di Poseidone l’aveva capito che lei aveva riconosciuto la spada “Anaklumus” bisbigliò estasiata . “Deia sono pienamente certa che potrai ammirare la lucente spada di bronzo celeste in un altro momento” la richiamò  abbastanza infuriata Poly, che era appena stata sbattuta a terra da una codata della serpe, “E tu non chiacchierare” aveva urlato Lea, lanciandosi sull’Echidna e sferrando un fendente che era cosato alla belva il braccio sinistro, “Andiamo” disse Deia, afferrando Percy per una mano e trascinandolo più  vicino al combattimento, mentre con l’altra aveva dato spettacolare arte di precisione lanciando uno dei suoi tridenti sul mostro, che si era conficcato nel suo bacino, la serpe se l’era strappato ridendo che non era abbastanza, “Ora ne hai solo uno!” aveva esclamato Percy, ritenendo quell’affarino a tre punte un po’ poco per combattere una bestia così, “Non indosso le borchie solo perché’sono fighe” aveva risposto con semplicità  Deia, sfilandosi una punta dal collare nero che indossava, che immediatamente si era ingrandita, trasformandosi in una specie di piccolo bastone di ferro con la punta affilata, anche questo impregnato di quel liquido e di quell’odore, “Wow” aveva esclamato Percy e Deai gli aveva fatto l’occhiolino  e si era lanciata all’attacco.

“Parla immonda creature, dove il mio cinto?” urlò  Poly, lanciandosi sull’Echidna, con gli occhi castani ardenti di un desiderio di guerra incomprensibile, “Diccelo e potremmo lasciarti vivere in pace” aveva esclamato Ope, con il ghigno sulla faccia, come ti di chi si divertiva a dar speranze ad un morto che cammina. Annabeth l’aveva intuito che mentiva, “Tranquilla Ipazia, non permetteremmo mai che una bestia simile continui le sue razzie” le aveva comunque detto Lily, caricando sul suo arco d’argento un’altra freccia che ora che Annabeth guardava più attentamente notava che era fatta interamente di bronzo celeste, Lily l’aveva puntata alla testa del mostro, “Aspetta che parli prima” ruggì Lea. “Non l’ho più io, Ippolita” disse la belva, con la voce ridotta ad un sussurro, sembrava affaticata e stanca, certo Percy capiva che era più che un mostro una groviera per i tagli e le ferite inferte e che non aveva pensato a fermare l’emorragia per la perdita del braccio sinistro, “Chi lo ha?” chiese Poly, accesa di rabbia, “Non lo so, me l’hanno rubata” sussurrò l’ Echidna, accasciandosi per terra, le labbra erano cianotiche, la sclera degli occhi giallastri, che tentavano di capovolgersi in un movimento innaturale, poi la bestia aveva cominciando ad agonizzare, il sangue che usciva da lei non era più rosso ma aveva cominciato a prendere una tinta verdastra, “Che mi avete fatto?” chiese a fatica, spirò prima che riuscissero a risponderle e poi si disgregò. “Che e’ successo?” chiese Percy, Deia si allontanò per raccogliere il suo tridente, tutti la guardavano, tranquillamente ripose la borchia al suo posto e le armi nelle due sacche che aveva appese alla cintura, “Veleno di scorpione, non c’e’ creatura che possa sopravvivere ad esso” aveva risposto con nonchalance, infilandosi anche le mani in tasca, “E’ brava, eh?” aveva detto Lily, tirando una gomitata ad Annabeth e riponendo arco e frecce nella sacca, “Molto” bisbigliò la bionda figlia di Atena. “Bene adesso possiamo accompagnare Percy e  la sua amica a Detroit” aveva esclamato Ope, “Si tanto la mia cintura e’ ancora dispersa” aveva esclamato Poly infastidita, tirando un calcio a vuoto.

“Lea sei ferita” notò Percy vedendo il braccio della ragazza sanguinare,  “Non e’ niente, quella cosa mi ha solo morso” rispose l’amazzone scocciata dall’attenzione del ragazzo, “I denti sono velenosi” disse Deia, “Fammi depurare la ferita. Ope, Lily correte a prendere la mia borsa, e’ nella moto” ordinò, afferrando il braccio della compagna e tirando su la manica slabbrata, le due erano corse, Poly si era avvicinata, “E’ grave?” chiese preoccupata, guardando la sorella, “No, se la depuro in fretta” aveva risposto Deia, cominciando a premere intorno alla ferita come si faceva per spremere i brufoli, “E se non lo fai?” chiese Percy stupidamente, rimpiangendo di averlo fatto qualche instante dopo, ritrovandosi quattro glaciali occhi fissarlo, “Indovina un po’?” chiese sarcastica ed ironica Lea. “Non c’e’ da scherzare potrebbe perdere il braccio o la ...” aveva detto Deia, senza mai finire la frase, Lea però non sembrava preoccupata e neanche preda di stanchezza e dolori, era come una bambina che dopo essere caduta ed essersi fatta male, alle domande della madre, negava il dolore, quando era ovvio che stava soffrendo.  “Abbiamo la borsa” aveva esclamato Ope, correndo con Lily verso di loro, mentre stringevano tra el mani, una pesante borsa di stoffa fucsia, con un teschio nero ed appiccicate moltissime spille di gruppi evi metal, rock e punk di adesso e degli anni passati, Deai aveva sfilato uno spuntone da una delle cavigliere borchiate, con un certo nervosismo ed aveva frugato nella borsa alla ricerca di qualcosa, aveva afferrato una di quelle confezioni da creme antiruga e l’aveva lanciato ad Annabeth, aveva preso dell’acetone per smalto per unghie che aveva lanciato a Percy, mentre lei aveva preso una boccetta di profumo con dentro un liquido trasparante, a cui era stata staccata l’etichetta e ne era stata attaccata un’altra, Stinge; Deia aveva spruzzato il profumo su tutta la borchia che si era assottigliata ed era diventata spessa quanto un ago, concavo all’interno in cui aveva versato altro liquido, “Percy bagna la ferita con quello” aveva detto, il semidio aveva annuito, anche se ricordava che si usava l’alcool e non l’acetone’ ma quando l’aveva aperto aveva sentito l’odore del nettare degli dei, solo purificato e mischiato con acqua, “Vuoi un invito scritto?” chiese Lea infastidita. Percy rovesciò il liquido sulla ferita finché  Deia non lo fermò, poi inserì la borchia nella ferita ed appena lo estrasse, ordinò ad Annabeth di spargere la crema sulla ferita, la bionda figlia di Atena l’aveva fatto.

“Ok, niente di grave, non morirai ne perderai un arto” aveva detto sollevata Deia, “Sorella per colpa del tuo stupido orgoglio di non ammettere mai che sei stata ferita hai rischiato di rimetterci un braccio” aveva detto Ope, decisamente arrabbiata, “O la vita” aveva aggiunto Deia, per ribadirlo ancora una volta, “Di nuovo” aveva concluso Lily con le mani sulla vita, tutte e tre fissavano Lea come se pretendessero da lei delle scuse per qualcosa, forse per averle fatte spaventare o un ammissione di colpa, pensava Percy, per Annabeth quelle desideravano semplicemente la vana promessa che la prossima volta le avrebbe avvertite. “Piantatela. Se corro ad avvertirvi per ogni graffio che mi faccio non la finiamo più” sbuffò sarcastica l’amazzone, lanciando uno sguardo a Poly, che aveva guardato tutta la scena in silenzio con le braccia conserte, “Sapete come fatta” liquidò la bionda la questione, “Occupiamoci di portare loro a Detroit” aveva aggiunto velenosa, con gli occhi ridotti a fessure, molto convincente; “Prima mangiamo, mi sono stancata” aveva esclamato Lily, passandosi una mano tra i capelli cortissimi, Lea sbuffò, ma insieme alle compagne accordò. “Per voi non e’ un problema, spero” interrogò  loro Deia con voce dolce, Poly l’aveva affiancata con guardo severo, Annabeth e Percy si erano guardati, mancavano ancora abbondantemente due giorni alla scadenza e le moto delle amazzoni erano davvero veloci, il tempo per un pranzo potevano anche trovarlo, anche perché l’arrivo delle amazzoni aveva interrotto la loro colazione anche prima che cominciasse, Annabeth annui dando il consenso, “Va bene, ho una certa fame anche io” disse Percy.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Ormai è d'obbligo aspettarci che un pasto non fili mai liscio. C'è sempre qualcuno che viene a far visita ... Qualcuno di inaspettato, ma che forse non è venuto per portar doli? Anzi magari a portar Doni!
C'è chi invece dopo aver fatto lo zimbello per la Sala da Tè si mette a far il centralinista, perchè ci sono anime che non smettono mai di parlare, neanche da morte.
C'è chi è triste per un dolo fatto.  Chi eccitato perchè sta tornando. Chi  vuole bene ad Annabeth.
Qualcuno ha qualche altarino e qualcuno si diverte a smascherarli.
Qualche amazzone invece si abbandona in un pianto rotto, perchè l'amore e l'amore.


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Capitolo 19
*** Messaggi dall'Oltre tomba ***


Avventure scolastiche

Titolo:  Percy Jackson e  La Costellazione della Macchinetta del Caffè
Titolo del Capitolo: Messaggi dall’Oltre Tomba
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase, Amazzoni, Grover Underwood, Nico di Angelo, Juniper, varie divinità minori
Genere:  Sentimentale, comico, Avventura
Rating: Giallo (Prevenire meglio che curare, ma penso mi manterrò sul verde)
Avvertimenti: What if
Conteggio Parole: 4069
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Ostracismo non dovrebbe essere usato in questo caso, ma per varie motivazioni l’ho usato, c’ho messo comunque un (*) comprendetemi. Significa esilio forzato, allontanamento. È una pratica che facevano i greci.

3. Ok, uno di quelli che da i messaggi è incompresibile, dal prossimo comincio a disseminare indizi vari. Uno c’è scritto e l’ultimo, libera immaginazione xD

4. Mi sento orgogliosa di questo capitolo, non lo so perché, sarà perché c’è una bionda a noi molto cara?

5. Be, le amazzoni sono un po’ emotive, prossimamente vedremmo anche Poly emotiva, per Lea non si può far molto è già un miracolo se rida.

Buona lettura

 

Messaggi dall’Oltre Tomba

Il gruppo si era ritrovato a mangiare in una Steak House a Syracuse. “Amo la carne al sangue” aveva escvlamato Lily accanendosi a tagliare un enorme pezzo di carne, Ope sorrideva maliziosa a Percy, sbattendo gli occhi azzurri, che si era valorizzata con un quintale di trucco, Annabeth con la forchetta a mezzaria guardava la figlia di Ares con gli occhi ridotti a fessure, Percy dal canto suo cercava di ignorare gli sguardi di Ope ed anche quelli di Annabeth e cercava di conversare con Deia, che gli illustrava tutti i tipi di veleno di cui era esperta, argomento che non esaltava particolarmente Percy. Lea guardava il suo piatto senza dire niente, mangiava, ogni tanto si toccava la ferita, ma sostanzialmente era solo molto annoiata, aveva anche perso la voglia di offendere l’universo maschile e di litigare con le due sorelle. Poly invece si guardava intorno, era tesa come una corda di violino, aveva avvertito la presenza di qualcuno, poco gradito. “Sorella, che c’e’?” chiese Lea, riprendendo un po’ di vita e giocherellando con una delle sue treccine, “Penso guai” rispose la bionda, lasciando cadere la forcetta sul tavolo e far immediatamente per chinarsi, con l’intenzione di prendere la limetta nascosta nell’anfibio,  “Rilassati amazzone” disse una ragazza (quasi donna), venendo verso di loro, sia Percy sia Annabeth l’avevano gia’ vista, ne erano certi, aveva l’aspetto di un’egiziana, con la pelle bronzea, stonavano pero’ i capelli sabbia, gli occhi scuri erano contornati con tanto eye-liner, riproducendo perfettamente il tradizionale trucco visibile dai gerogrifici egiziani, con lei c’era una ragazzina dalle trecce castane ed il sorriso di una pazza, quella Percy  la conosceva. “Voi sareste?” chiese Ope lasciando la forchetta ma non il coltello, Lea si tocco’ uno degli orecchini e Lily guardo’ Deia, che aveva gia’ infilato una mano nella sua borsa, “Solo due accompagnatrici e non siamo qui per voi”  disse la ragazza con le trecce, con quella sua voce snaturata, lei e la donna guardarono nella direzione di Percy ed Annabeth, entrambi avevano chiuso le mani sulle loro armi, “Lys” aveva detto il semidio e la ragazza si era mostrata entusiata che lui si ricordasse di lei, “Io sono Ophelia, invece” disse con voce altezzosa l’egiziana, portando le dita affusolate sul petto e guardando i due semidei dai suoi alti occhi scuri con superiorita’. Annabeth ricordo’ quando Phil, il giorno prima, gli aveva detto di andare dalla divina Nyx quando erano a Central Park , quando erano tornati a Manatthan, quell’Ophelia era sull’auto assieme all’altro Dio ed Anselma, su cui era poi andata via anche Eris. “Sei un’amica di Heather” si lascio’ sfuggire Annabeth, il pensiero non rincuorò Percy, “Sua sorella in verita’”  rispose Ophelia, le amazzoni ora guardavano confuse i due, “Minore per l’esattezza. Come Lyssie” precisò qualcuno, aveva una voce profonda, oscura, carica d’odio, qualcosa che si avvertiva, si era anche gelata la stessa aria che stavano respirando, poteva sembrare che fosse Eris, ma non lo era, lei aveva un alone più inquietante, quello era spaventoso, insostenibile, quello era la morte. Una ragazza dai capelli grano ardente, gli occhi marroni di una severità inumana ed il volto candido dilaniato da una rabbia interiore, si era fatta strada tra le due, spostandole con un gesto violento, era lei che aveva parlato, Annabeth la guardò allarmata, perché non era a fare la cameriera a New York? Percy si toccò il collo dove c’era ancora il cerotto, “Cheryl” bisbigliò, conscio che quel pranzo sarebbe stato tutt’altro che tranquillo, “Eroe” sibilò lei arcigna.

“E’ una vostra amica?” chiese Poly, afferrando la limetta per le unghia e cominciando a giocarci, Percy si sforzò  di guardare Cheryl negli occhi scuri, che rispondere? Era dannatamente certo che qualunque risposta avesse dato sarebbe stata quella sbagliata, Annabeth si morse le labbra, lei con Cheryl non ci aveva mai neanche parlato, era Percy quello che aveva una faida con la dea. “Si, sono loro amica” sputò fuori la bionda dai capelli di grano ardente, con il tono che più di un’inaspettata confessione di amicizia, sembrava una minaccia di morte, “Non lo sapevo” si lasciò sfuggire Percy, la dea inarcò un sopraciglio e poso le mani sulla vita stretta, cercando di controllare la rabbia che Percy le generava anche solo guardandolo, aumentata maggiormente da quella frase. “Come mai da queste parti?” chiese Annabeth, cercando di rimanere calma davanti le tre dee, le amazzoni erano tutti pronte a scattare all’attacco appena qualcosa si fosse messo male, “Sono qui per voi, non e’ ovvio?” chiese infastidita Cheryl ed anche parecchio irritata, erano millenni che aveva a che fare con i semidei ed ogni volta si convinceva fossero più stupidi. “Inspira” disse Oph, “Espira” aggiunse Lys, entrambe cominciarono a ripetere questo a Cheryl, “Rilassati ...” disse Lys, “Non uccidergli” le consigliò  Ophelia con un sorriso raccapricciante, “Altrimenti Sam si arrabbia” aveva poi sussurrato Lyssie con la voce logorata dalla cattiveria e dalla follia, sia Ophelia sia Cheryl si erano immediatamente immobilizzate, sembravano due statue tanto erano immobili; “Evidentemente e’ meglio non far arrabbiare questo Sam” ridacchiò  Lily, Ope cercò di trattenere una risata e Deia tirò un buffetto alla castana, obbligandola ad essere seria. “Già ...” disse Cheryl, cercando di contrarre la bocca in un sorriso, ma risultò più una smorfia, poi riprese la sua espressione solita, solo meno carica d’odio sembrava più rilassata o forse si costringeva ad esserlo, Percy ed Annabeth l’avevano intuito che Sam era meglio che non si arrabbiasse e la figlia di Atena non dava neanche torto, avere il più potente dio di tutti infuriato non doveva essere una cosa leggera da gestire, Percy invece il suo amico arrabbiato non riusciva neanche a figurarselo, per lui quello non era Moros, per lui quello era Sam che lo aiutava durante letteratura, parlava sempre di divinità e cercava di fregargli il pollo dal piatto, non il dio più oscuro di sempre, quello era solo Sam, che certo aveva una ragazza mortalmente pericolosa.

“Voi due venite con me, se poi morite di fame, portatevi i piatti” disse Cheryl con freddezza, guardò poi Lea, assottigliò lo sguardo, sembrava che stesse cercando di riconoscerla, Lea guardò con attenzione la bionda, poi emise un secco Oh, la prima volta che era morta, sotto le mura di Troia, per mano del Pelide, l’oscura Ker aveva raccolto la sua anima e l’aveva trascinata nell’orco, come aveva fatto a non riconoscerla? Si che aveva un aspetto umano, ma il sorriso freddo, al forma del viso e l’aura che emanavano erano gemelli alla prima volta che i suoi occhi ormai vitrei l’avevano veduta: “Pentissilea, dalla bellezza imperturbabile” bisbigliò  Cheryl, ricordando la bellezza che non era scesa negli inferi con l’anima, ma era rimasta attaccata al corpo, concedendo ai guerrieri di poter mirare ancora quello spettacolo che non apparteneva più ai vivi, “Divina Ker” disse Lea, con la voce piatta, nessun odio, nessun rancore, nessun sentimento. Cheryl ignorò poi l’amazzone ed ordinò di nuovo ai due mezzosangue di seguirla, lascinado le due dee accompagnatrici con le cinque ragazze, “Non fatemi perdere più tempo del necessario” aveva sibilato Cheryl, dirigendosi verso un tavolo in penombra che era appena stato sparecchiato. Si era seduta ed aveva imposto ai due di accomodarsi davanti a lei, “Mi manda Sam, ovviamente” aveva detto Cheryl, dando un occhiata alle sue unghia, “Era dannatamente sicuro che vi foste dimenticati un offerta per Eos ...”aveva aggiunto, sollevando gli occhi duri, “E riteneva che dovevate farvi sentire con i vostri amici”, Annabeth e Percy avevano abbassato lo sguardo, un offerta ad Eos non l’avevano proprio pensata, forse la cintura di Orione? Non lo sapevano, Percy aveva dato per scontato che con la collana di Harmonia, la dea dell’Aurora avrebbe acconsentito ad ogni richiesta, “So cosa pensavi, si vede che non conosci Eos” aveva sibilato Cheryl, “Si, aiuta i mezzosangue, si innamora di loro, ma non e’ la dolce dea che i miti raffigurano ... E’ decisamente instabile ... Può essere l’amante più dolce del mondo ...” stava dicendo la dea, guardando prima la figlia di Atena poi il figlio di Poseidone: “Ma può essere solo quello ...” aveva aggiunto, i due semidei la guardarono confusa, Cheryl sbuffò: “Se Eos non e’ contraccambiata. Lei non aiuta” aveva spiegato, accompagnandoci anche uno schiocco di dita, Annabeth serrò gli occhi, un’idea le si insinuava nella testa ma non poteva farla avverare. Percy guardò la dea, stava per parlare, ma quella aveva già fatto comparire un orrido cappello color pesca, enorme con del raso, un nastro ed un fiocco pomposo, “Cos’e’ ?” chiese accigliato il figlio di Poseidone, “Inutile merluzzo, questo e’ il pegno che dovete dare ad Eos ...  Non statevi a chiedere cos’e’, basterà” sibilò la dea, alzandosi dalla sedia, “Poi in futuro parleremo del pagamento che spetta a me” aveva puntualizzato indicandosi il petto, Annabeth aveva annuito, Percye deglutito, avendo ricevuto dalla dea uno sguardo di fuoco. “Perdonate l’inopportunità ...” cominciò la figlia di Atena, fermando la dea che si allontanava, “Gli altri sono riusciti nei compiti?” terminò, Cheryl sbuffante si era voltata verso la bionda, poi l’aveva fissata con aria di sfida, aveva fatto apparire tra le sue mani un piccolo obolo d’oro, “Ecco a te la risposta” aveva detto, lanciando la moneta ad Annabeth che quando l’aveva afferrato aveva potuto notare che era una dracma, “Capito” aveva detto Percy, posando gli occhi sulla moneta ed interpretando la risposta della dea, “La ringraziamo divina Ker” disse, afferrando il capello lasciato sul tavolo, la dea emise un suono non ben edificato, un prego camuffato da uno sbuffo. “Oph, Lys, andiamo” aveva richiamato le altre due dee, che cercavano di chiacchierare con le amazzoni e come un generale che lascia la truppa dopo un profondo ed emotivo discorso era uscita dal locale con passi pesanti. “Un cappello?” chiese retorico Percy guardando l’affare che aveva tra le mani, “Un orribile cappello oserei dire” disse Annabeth, scherzosa, appena Ker aveva lasciato il ristorante, l’aria si era improvvisamente alleggerita.

Con un coltello e l’acqua nella bottiglia, avevano creato l’arcobaleno ed avevano sacrificato la dracma per parlare con Grover. Il satiro era apparso davanti a loro mentre mangiava una vecchia lattina di panna spray, con Juniper dietro di lui indaffarata che litigava con una vecchia signora dall’aria Arcigna, “Ma Ginger ...” ripeteva ininterrottamente, nel campo visivo c’era anche un uomo che muoveva sempre il capo sconsolato e pronto a commentate con biasimo ogni sbagliata azione della ninfa. “Percy, Annabeth che gioia vedervi” esclamò  il satiro smettendo di mangiucchiare la lattina, sentendo quello che il satiro aveva detto, anche Sam era corso da loro, aveva l’aria trafelata e una sigaretta posata sopra l’orecchio sinistro,“AvetegiàricevutolavisitadiCheryl?” chiese tutto affrettato, non permettendo a nessun’altro di dire niente, “O si, grazie Sam” disse Annabeth, toccandosi la punta dei corti capelli, mentre Percy esibiva quell’orrido coso, che qualcuno avrebbe chiamato cappello, “Per Zeus e’ veramente orribile ...” esclamò  divertito il moro, “I gusti di Eos sono sempre stati discutibile” disse l’uomo, “Morris, si più’ rispettoso. Per la tua boccaccia che sei stato cacciato dall’olimpo” disse la vecchia Ginger, prima di riprendere a dare di matto con un’esasperata Juniper. “Come e’ andata con la divina Selene?” chiese Percy guardando il suo migliore amico, “Divinamente. La Signora ha detto che ci darà senz’altro una mano. Voi siete arrivati da Eos?” rispose quello, toccandosi un po’ le corna, Sam anche gli guardava, “No, siamo a Syracuse ... Però entro sera dovremmo arrivare” aveva detto Annabeth, lanciando uno sguardo al tavolo delle amazzoni. Phil si era avvicinata anche lei alla visione e di forza era entrata nel campo visivo, “Che gioia sapervi vivi. Fate attenzione a Syracuse vive Echidna”aveva detto Phil con la dolcezza emotiva di una mamma, “Non più” rispose Percy, Annabeth annui, “Che bravi” esclamò Sam facendo l’occhiolino.  “Eris ha costruito l’Auriga e l’armatura?” chiese il figlio di Poseidone, con una certa curiosità, “L’armatura l’ha finita questa mattina presto ... Poi lei e Nico sono andati da nostro padre a prendere la stella della notte infernale” rispose Phil, lasciando Grover e Sam a bocca aperta, perché  entrambi erano intenzionati a rispondere, “Sonogia’tornatiedadessoErissie’chiusanellesuestanzealavorareall’auriga” disse velocemente il satiro, per assicurarsi che i due dei non lo battessero su tempo, Percy aggrottò le sopraciglia ed Annabeth lo guardò confuso, Grover ripeté  tutto più lentamente (Sono già  tornati ed adesso Eris si e’ chiusa nelle sue stanze a lavorare all’auriga) perché  i due capissero. “Il figlio di Ade vuole parlarvi” disse Sam, accompagnando tutto con un sorriso, molto strano, “D’accordo” disse la bionda figlia di Atena, Phil si allontanò per chiamare Nico, che era arrivato subito dopo, aveva gli occhi ancora sognanti, i capelli in disordine, una penna in bocca, un blocchetto degli appunti in mano, un enorme macchiata di rossetto che raffiguravano la sagoma perfetta di due labbra rossissime sulla guancia sinistra ed una stanchezza che gli si leggeva addosso: “Cos’hai?” chiese Percy, Nico si tolse la penna dalla bocca ed abbozzò un sorriso, “Gli spiriti sono inquieti e non mi lasciano in pace da questa mattina” aveva risposto, facendo fatica a concentrarsi, “Io parlavo del rossetto” disse scherzoso, e malizioso, Percy, anche se non era vero, per qualche istante Nico l’aveva guardato confuso, stava anche per chiedergli, probabilmente, di che rossetto stesse parlando, quando si portò una mano sulla guancia sinistra, la schiaccio e la tolse, quando vide che la sagoma si era trasferita sulla mano, divenne rosso, molto, molto rosso, tant’e’ che non distinguevi più il rossetto dalla pelle, Nico si era voltato verso Grover e l’aveva guardato in una maniera terrificante, “Sono andato in giro fino ad esso con questo sulla faccia, non vi e’ venuto in mente di dirmelo?” Annabeth ridacchiò, sentendo la risposta poi di Grover, un belato di spavento, Morris scosse ancora la testa, poi improvvisamente i due notarono che l’ambiente circostante agli altri stava tremando, “Un terremoto” ridacchiò  Sam, Phil pregò Nico di calmarsi, con quel suo tono così ipnotico e dolce, “Non vi abbiamo detto nulla, perché  era una cosa carina” aveva giustificato il tutto la dea e il; figlio di Ade era diventato del suo solito colore e si era calmato.

“Cosa dovevi dirci Nico?” chiese Annabeth, il piccolo Di Angelo, annui, prese il blocchetto e lo riportò di qualche foglio indietro rispetto a quello dov’era, i due poterono vedere che era scritto tutto fitto in una grafia disordinata, con parecchie correzioni o meno, non era inglese, questo lo capivano, ne greco antico, “Annabeth secondo te in che lingua e scritto?” bisbigliò Percy, la bionda alzò le spalle, “Tra i vari spiriti che mi lasciano messaggi, tre anonimi l’hanno lasciati per voi” spiegò Nico, mentre faceva scorrere il dito sul blocchetto, “Ecco il primo” disse raggiante, stava per cominciare a leggere quando si era interrotto, dannata dislessia, aveva poi imprecato in greco antico, aveva passato il blocchetto a Grover e gli aveva ordinato di leggere, “Amico lo farei, se capissi quello che c’e’ scritto. Non e’ inglese, ne Greco, non mi sembra neanche Latino, ma ci assomiglia. Questa la devo leggere A o Ei?” chiese il Satiro confuso, guardando le parole, Nico sbuffò, “Passa a me” disse con spavalderia Sam, allungando il braccio verso il satiro, “Sai leggerlo?” chiese confuso Grover, tutti quelli nel campo della visione guardarono confusi il ragazzo capra, “Io so tutto” rispose Sam, con un sorriso beffardo. Il dio prese il blocchetto e lo guardò, “Sai perché  hai scritto in questa lingua?” chiese Sam, guardando Nico, il ragazzino fece cenno di no, gli era venuto spontaneo, “Tutti pensano che gli sfoghi dei semidei vengano in greco, o latino, invece no, vengono nella lingua che senti più tua” aveva risposto con orgoglio Sam, mostrando la sua onniscienza, “Peccato che io quella lingua la sappia capire a stento e scrivere solo di foga, quando devo riportare i messaggi” aveva risposto Nico; Annabeth aveva tossito di forza per richiamare l’attenzione su lei e Percy.

“Dunque, dunque ..” disse Sam, prima di leggere i messaggi con gli occhi: “ Noi che dal cielo il tutto vediamo, con ansia aspettiamo la vostra venuta. Io, per prima, vi attendo con gioia battente nel petto. Son’io la vostra perduta anima. E son onorate che tu, possa concedere ad Orione, l’addio che ivi in tempi remoti gli abbia ostracizzato (*). Vi aspetto sul sentiero di luce. La vostra anima persa, redenta dal male causato” aveva letto Sam, con enfasi, Percy aveva ricollegato la profezia, che diceva che mentre l’uno sarebbe arrivato dalla propria amata, l’altro avrebbe incontrato leggende ed una perduta anima  o qualcosa di simile: “Sai chi e’?” chiese Annabeth un po’ a tutti, Nico mosse il capo, Percy alzò le spalle, Grover non disse niente e Sam sorrise malinconico, lui sapeva, ma non avrebbe parlato. Il figlio di Ade, aveva afferrato di nuovo il blocchetto, ed aveva voltato le pagine, “Questo non e’ scritto difficile, posso leggerlo anche io” aveva detto a Sam, facendo scorrere il dito sulla prima riga, “Non vivo nel cielo, dunque vi vedrò dal confine dell’Averno. Venite, al mondo dei vivi le mie scuse dovete portare. Una persona le aspetta da troppo tempo. Vienite Percy, perché  a voi devo anche un grazie” lesse Nico, poi si blocco’, “Quest’anima ha lasciato anche un Post Scrittum” commentò, prima di leggerlo: “E dite ad Annabeth che le voglio  bene” aveva poi posato i suoi occhi neri sulla bionda, come avevano fatto tutti gli altri, Annabeth aprì appena la bocca confusa, “Qualche idea?” chiese Grover, Percy mosse il capo come tutti gli altri, la figlia di Atena sembrò riprendersi dalla confusione che l’aveva presa prima ed aveva accennato un sorriso di compiacimento, “Solo una” aveva detto,  Percy aveva guardato la sua ragazza, “Chi?” aveva poi chiesto, con curiosità. “Non distraiamoci c’e’ ancora un’altro messaggio” aveva detto Nico, prima che Annabeth potesse esporre la sua idea, i due erano tornati a concentrarsi su Nico, che aveva ripreso a sfogliare le pagine del suo blocchetto, interrogante il vuoto su dove fosse il messaggio, “Eccolo” aveva detto prima di passarlo a Sam, “E’ scritto in maniera eccentrica” aveva giustificato, il dio aveva sorriso bonariamente, “Bene” aveva detto il moro, prima di cominciare a leggere: “Chino d’onore il capo a voi fratello. Perché  avete deciso di concedermi una notte per dire addio all’unico amore reale della mia vita. Indossate la cintura così che all’ingresso del sentiero bianco, con la strada creata dalla reietta, possano le nostre anime invertirsi i ruoli, non liberatevi mai di essa, così che saremo sempre legati da uno stesso sentimento. Ancora grazie fratello  Sam sorrise, “Direi che questo e’ semplice” disse Percy, toccandosi la pietra più luminosa della cintura di Orione, “Grazie Nico, direi che quest’ultimo messaggio era d’aiuto” aveva detto Annabeth, Percy aveva toccato ancora la cintura, già in precedenza Artemide gli aveva detto che era un collegamento tra lui ed Orione, ma saperlo da egli stesso aveva un’altro significato, capiva che come l’arco era legato in quello in cielo, anche la cintura era legata a quella che Orione indossava e se non l’avesse avuta al momento giusto, lo scambio non sarebbe potuto avvenire.

“Be, eroi ... Seguite il vostro destino” disse Phil, con un sorriso onesto, dando a Nico, Sam e Grover appena il tempo di salutare i due, poi dissolse il messaggio. “Avete strane conoscenze” disse una voce alle loro spalle, Lea, i due si voltarono colti un  attimo di sprovvista, l’amazzone fissava vacua il punto in cui era scomparsa l’immagine degli altri, “Oh ... Be ... Ker è molto particolare” rispose Percy grattandosi la testa, “Non parlavo di lei, parlavo di quella zolletta di zucchero dagli occhi inviolabili” rispose Lea, laconica, senza guardarli in faccia, c’era qualcosa che non andava, “Phil?” domando Annabeth, aggrottando le sopracciglia pallide, “E’ la dea Philotes, vero? Emanava bontà  da ogni poro” aveva commentato Lea con un po’ d’emozione, acidità ed asprezza, quasi quella dea la disgustasse, “O Be Phil è  così, La dea dell’amore per il tutto” aveva detto Percy, che stravedeva per quella dea. Lea aveva sbuffato sonante, “Si, più o meno, se vi piace vederla così fatelo” aveva detto poi sbrigativa, “Cosa intendete dire?” invece aveva insistito Annabeth, Lea aveva roteato gli occhi e di malavoglia aveva risposto: “ Philotes è la dea dell’amore per il tutto. Il platonico, l’atto d’amore e l’amicizia. Di fatti si dice Filosofia, amore per la sapienza. Ma il suffisso Filo, si usa anche per la Zoofilia, la Necrofilia. Quelli non sono amori, quelle sono perversioni” aveva lo stesso tono di chi quelle cose le aveva provate su pelle, cosa che fece venire i brividi ad Annabeth e Percy, “Phil è  perversa quanto le sue sorelle e i suoi fratelli. È cattiva quanto loro, non lasciatevi ingannare dalla bontà che emana. Etere ed Emere sono gli unici buoni figli di Nyx ed Erebo”aveva aggiunto Lea, aggiustandosi meglio gli occhiali, Percy era scioccato, Annabeth che conosceva la storia dell’Amazzone Pentissilea, sapeva bene lo scempio che ne era stato fatto del suo corpo, anche dopo che la sua anima era scesa nell’orco ed era stata opera di quella Phil bellissima e dolcissima che gli aveva sempre aiutati e difesi dalle altre divinità, anzi ora che ci pensava aveva sempre notato che lei riusciva a calmare chiunque e zittire chiunque, aveva anche impedito ad Anselma ed Heather di prenderla in giro per il taglio di capelli, tutti erano agli ordini di Phil al Chaos Ton Gefson, tranne Sam, ovviamente. Anche Percy aveva pensato allo stesso modo della ragazza, aveva ricordato la prima volta quando Eris non aveva offeso Harmonia perche’ Phil non voleva, aveva ordinato a Cheryl di portargli un dolce e giusto qualche attimo prima aveva calmato Nico. Ma se Philotes non era la buona dea che credevano, perché con loro era così gentile? E quanto realmente era pericolosa?

“Andiamo su, altrimenti non arriveremo mai a Detroit” aveva esclamato Lea, convincendoli ad alzarsi e raggiungere le altre amazzoni. “Abbiamo deciso che al posto di Ope, con noi verrà Lea” aveva detto Poly, quando gli furono davanti, con un tono sbrigativo, la figlia di Ares dai capelli castani aveva sbattuto gli occhi tristi ed aveva lanciato un bacio a Percy; Lily amichevole aveva stretto i due in un abbraccio, “Buona fortuna Ipazia, buona fortuna Teseo” aveva detto, Deia aveva sorriso, poi si era sfilata un guanto di rete dalla mano sinistra e l’aveva dato ad Annabeth, “Può  ingrandirsi e diventare una rete in grado di prendere qualsiasi cosa. Non vi servirà per questa missione, ne sono certa, ma in futuro chi lo sa” spiegò la punk, infilò le mani nella borsa e ne estrasse degli occhiali con le lenti a specchio, “Per te” disse dandola a Percy, “Grazie” rispose lui, confuso ma sorridendo bonariamente, “Vedono attraverso la nebbia” aveva aggiunto Deia, senza smettere di sorridere, “Vorrei che voi faceste un favore a me” chiese poi dolcemente, “Qualunque cosa” rispose Annabeth, tenendo il guanto fra le mani, Deia con i suoi grandi occhi verdi, come i campi inglesi, guardo Percy nei suoi occhi simili, ma così diversi, “Quando sarete in cielo dite ad Ercole che mi dispiace infinitamente e di perdonarmi. Era solo che l’amavo troppo per rendermi conto dell’inganno” disse l’amazzone, con gli occhi che si riempivano di lacrime, “Su, su, non piangere” aveva detto Poly, stringendola, cercando di apparire piu’ dolce possibile, ma si vedeva che non era nella sua natura, “Certamente Deia” rispose Percy, sorridendo all’amazzone, “Grazie ragazzo ... Sei buono” aveva aggiunto l’amazzone cercando di soffocare il pianto, sulla spalla della sua regina, quando si era calmata aveva poi detto più lentamente, “Deianira, devi dirglielo da parte di Deianira, non Deia” aveva aggiunto. “Be, salutate me Zoe, allora. Diteglielo da parte di Liliana, ma potrebbe bastare anche Lily.” aveva detto Lily, battendo una mano sulla spalla della punk per assicurarsi che non piangesse più, “E a me il mio dolce Teseo” esclamò sognante Ope, ricevendo da Poly un pugno sul braccio, l’altra non ci aveva dato peso ed aveva continuato: “Ditegli che la sua Antiope lo ama ancora con l’ardente intensità di mille soli” e a quel punto Poly aveva ringhiato. “Muoviamoci” sibilò Lea, Poly raccomando’ un paio di cosa a Lily che in quel momento sembrava la più lucida, visto il trasognato sguardo di Ope e Deia che si sforzava di fermare le lacrime, “Andrà tutto bene, infondo sono o non sono l’unica che non e’ mai morta?” chiese Lily con spavalderia, facendo ridacchiare Lea e forse quella fu la prima volta che i due mezzosangue avevano visto l’amazzone allegra, “Su, su” disse solo stufa Poly.

*

Anticipazioni? (E perchè no)

Arriveranno i nostri eroi nella casa della divina Eos?
Ma perchè prima non perder tempo a mirare i quadri di chi nella vita è stato grande.
Che fosse un assassino.
Un bel faccino.
Una guerriera.
Un fascinoso.
Una regina.
Vedi l'amazzone piangere, per un amore intramontabile ... Di quelli che non passano mai.
Di quelli più veri che mai.
Un saluto è dovuto.
Ma non dimenticare di andare nell'angolo della memoria, per chi non è stato fortunato.
E siediti a prender il tè, con Eos e co.

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Capitolo 20
*** Avviso ***


Scrivero quest'avviso, anche se non avrei mai voluto farlo, ieri il mio computer è morto, sono riuscita a rianimarlo, ma pur troppo ho perso tutti i miei dati e dunque tutte le mie storie, ergo i capitoli che avevo scritto in anticipo (e per scrivere il prossimo c'avevo messo una settimana).
Domani, o non so quando, verrà il tecnico per vedere se è possibile recuperare qualcosa o se è impossibile fare qualcosa.
Se sarà possibile recuperare qualcosa, nessun danno e fatto, altrimenti dovrò riscrivere tutto ... Fino però al verdetto del tecnico, mi concentrerò su nuove cose, avendo un computer con la memoria totalmente vuota.
Ergo potrò ancora "deliziarvi" con qualche altra storia e shot
Baci baci
La vostra infelice EsL

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Capitolo 21
*** Ragazzi da Parete ***


Prima di tutto chiedo venia per aver abbandonato questa storia. Vorrei ringraziare LailaOsquin, Jishiku e piccolalettrice.
Quelle persone che leggono.
Quelle 4 dolcissime persone che preferiscono e quelle 10 fantastiche persone che seguono, ho continuato solo per voi, praticamente.
Premessa: Questo capitolo prende il titolo da un romanzo di cui la trasposizione cinematografica sarà interpretato da Logan Lerman (ma non c’entra niente). Seconda cosa quella cosa (Jishiku sa cosa) è stato scritto per puro masochismo, perché volevo fare qualcosa di poco ortodosse e sentire l’ebbrezza di sentirmi Afrodite (e come avevo detto non sarà Ope, ma qualcun’altra xD)
Informazione di servizio :
http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2106592837539&set=a.2106592557532.116109.1627105285&type=3&theater
Questa è Poly (potete trovare la stessa immagine qui su http://lunetta95.deviantart.com/#/d4ae3ib su Devianart) - A mano


http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2201310045410&set=a.1934048524039.110214.1627105285&type=3&theater Questa è Eris(in forma divina) – Paint


http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2205662194211&set=a.1934048524039.110214.1627105285&type=3&theater
Sam in forma divina/umana[lui è uguale, se non che è un po’ più pallido e con il volto scavato] (accessoriato di sigaretta, se ricordate nel primo capitolo che compare viene detto che fuma] – Paint

http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2205662234212&set=a.1934048524039.110214.1627105285&type=3&theater

Cheryl in forma divina – Paint

http://www.youtube.com/watch?v=BpsPpCLi12k

Orione/Artemide ambientata nel capitolo 8 (Cioè nel passato)

Buona Lettura

Ps- Perdonate la prima infelice battuta -.-“







PJ e La costellazione della macchinetta del caffè.




Ragazzi da parete


Le due moto d’ombra volante, si erano parcheggiate in un vicolo non troppo visibile, abbastanza vicino ad Eastern Market, le strade dello shopping. “Fine della corsa!” trillò divertita Lea, aiutando bruscamente Annabeth a scendere dalla sua moto dall’eccesivo colore sgargiante, “Sorella, gli accompagniamo fino davanti la porta” rispose imparziale Poly, assottigliando gli occhi, regalando alla sorella uno sguardo gelido, “Ok” disse abbastanza irritata la Hippy scendendo con un salto dalla sedia, “A volte sai essere irritante come … come …” stava cercando Lea, una giusta offesa, mentre si riaggiustava gli occhiali tondi e piccoli, sul naso. “Vuoi un offesa genere Lily o Tally?” chiese Poly, notando il disaggio nel volto delle sorella, Percy ed Annabeth scrutavano le amazzoni abbastanza confusi, mentre il figlio di Poseidone aveva ancora le sue braccia allacciate alla vita della figlia di Ares, “Qualcosa più alla Cle” rispose Lea, posando il pugno sotto il mento, leggermente spigoloso, cercando di trovare quel genere di offesa, “Un Silk-épile rotto?” propose Poly, alzando l’arcuato sopraciglio destro, “Si direi che potrebbe andare” bisbigliò Lea, prima di offendere sua sorella paragonandola ad un silk-épile rotto.


“Annabeth …” bisbigliò Percy, quando i suoi piedi si ritrovarono ben piantati a terra e a distanza di sicurezza dall’Harley della centaura con gli anfibi, la gonna ed il chiodo scuro, “Si, Percy?” domandò la bionda, mentre seguivano le due amazzoni che frettolose e irritate sgomitavano e scintillavano tra la folla di gente che occupava la strada popolosa di Eastern Market, portandosi sacchetti con gli acquisti appena fatti. “Sai cos’è un Silk-èpile?” chiese, guardandola intensamente con i suoi occhi verde acqua, la figlia di Atena abbassò lo sguardo sconsolato, già si sentiva che sarebbero finiti in un discorso imbarazzante come la sua nascita, ma alla fine guardo il ragazzo e sorrise, in un modo un po’ perverso pensò Percy, “Quando questa avventura sarà finita, ti prometto che te lo passerò!” disse Annabeth, “Me lo passerai?”, chiese confuso il ragazzo, la bionda sorrise dicendo che lo strumento si passava, “Ok” disse Percy, infilando le mani in tasca, “Siamo d’accordo?” chiese Annabeth, allungando la mano al ragazzo, che la strinse con sicurezza, suggellando il loro patto.


Le amazzoni si erano fermate davanti alle porte di un negozio griffato, di cui ne Percy ne Annabeth si sarebbero mai potuti permettere neanche un bottone. Esattamente lì, sul nel cielo la stella di Nyx brillava intensamente. “Jane-Pula Guatleri, cos’è?” chiese Percy, Lea e Poly guardarono le vetrine, “Se non sbaglio dovrebbe esserci scritto Jean-Paul Gaultier” constatò la Hippy, Poly era già entrata nel negozio, senza badare alle occhiatacce delle dipendenti e senza dar retta a nessuno, aveva raggiunto l’ascensore solitamente utilizzato dai dipendenti. Poi si era appoggiata alle ante aperte ed aveva cominciato a battere la pianta del piede sul pavimento, spazientita. “Ma tua sorella è sempre così fredda?” chiese Percy guardando Lea, che si limitò a ringhiare al ragazzo, “come non detto” aveva esclamato il ragazzo, prima di ritrovare Annabeth con i capelli da spaventapassero chiusi sotto il cappello, sorridergli bonariamente, prima di stendere una mano verso di lui, Percy la strinse e le sorrise. Lea ci tenne presente a ricordare ai due che dovevano proprio entrare mentre Poly continuava a battere il tacco della scarpa, “Dobbiamo andare” sussurrò la bionda.


L’amazzone bionda gli accolse con un sorriso sprezzante ed un commento dello stesso carattere, con le mani infilate nelle tasche. L’Hippy aveva aperto le porte dell’ascensore di vetro ed aveva lasciato che entrassero tutti, quando furono tutti dentro, chiuse la porta, e premette tutti i tasti dell’ascensore almeno tre volte utilizzando un codice strano, “Rilassatevi Eos non ha mai mangiato nessuno” aveva esclamato Poly, toccandosi appena i capelli biondi. Poi l’ascensore prese a salire, nessuno contò i piani ma erano parecchi. Quando l’ascensore si fermò, dopo aver emesso un trillo, Lea aprì le porte dell’ascensore, Percy fu il primo a sporgersi dall’ascensore per vedere la casa di Eos, ma davanti a lui si era ritrovato un lungo corridoio. “Che posto è?” chiese Annabeth, riferendosi all’ungo corridoio tinteggiato di colori scuri, il tappeto rosso persiano con i ghirigori d’oro, con i drappeggi cadenti dalle pareti, che lasciavano scoperti quadri, tantissimi quadri, il tutto illuminato dalla sola luce di infinite candele bianche come le ossa, tenute da candelabri dalle fattezze di bracci, “Il corridoio dei caduti” rispose serafica Poly, prima di scivolare via dall’ascensore e cominciare a percorrere la direzione che avevano a disposizione, “Vedo che hanno riappeso i quadri” constatò Lea, come unico commento.


Percy ed Annabeth presero a guardare i quadri, erano raffigurati con sotto didascalie d’oro, personaggi che erano stati famosi nella storia e nella mitologia, senza però mantenersi su un filo logico di tempo, potevi incontrare Ulisse, Kennedy e poi Leonardo Da Vinci, in ordine del tutto casuale, ma c’erano tutti, con targhetta, con un nome ed un epiteto. “Hei Testa d’alghe, guarda chi c’è!” esclamò Annabeth tirando una gomitata appena al fidanzato amicando ad un quadro che mostrava Dedalo, con l’epiteto dell’Ingegnere, “Perché non architetto?” domandò Annabeth ad una delle due amazzoni, “Per Te” rispose di malavoglia l’hippy figlia di Ares, indicando proprio un quadro che ritraeva una ragazza bionda, con un ciuffo bianco, gli occhi grigi come il cielo tempestoso ed un bel sorriso, Annabeth, con la targhetta con il suo nome e l’epiteto dell’Architetto. “Wow” emise la bionda restando senza fiato. Percy continuò a vedere quadri fino a che ne notò uno, che rappresentava una guerriera con i capelli scarmigliati, corti e raggrumati, coperti da un appiccicosa sostanza rossastra, di cui era anche coperto il volto fiero, era piena di graffi lei e l’armatura di bronzo celeste ed oro divino, gli occhi erano azzurri come zaffiri freddi e lucenti, quella era Lea, solo che le labbra erano dipinte di rosso, come quelle di Eris, Percy pensò che forse avevano lo stesso rossetto, cosa che non lo rincuorò. “Questa sei tu!” esclamò Annabeth, leggendo la didascalia Pentesilea, la guerriera con un sorriso dolce, “In un’altra vita” tagliò corto l’amazzone, crucciando le labbra, Percy guardò ancora il quadro, Lea era diversa da quella ragazza che era davanti a loro, era più delicata e gracile adesso, allora era semplicemente forte, l’avevano capito che gli anni sugli immortali pesavano, anche la fierezza di Lea si era assopita. “Il naso che hai fatto?” domandò invece Annabeth non lasciandosi sfuggire il naso più pronunciato presente nel quadro, rispetto a quello perfetto che aveva ora, “Un difetto di raffigurazione” tagliò corto l’Hippy, “Non è vero, Efesto ed Eris si sono impegnati a rifarglielo, dopo il litigio con Phoe” rivelò malandrina Poly.


Continuarono a camminare, quando davanti a loro avevano visto la figura dei Due Cacciatori, l’uno sotto l’altro. Il primo che si vedeva, aveva i capelli castani, il sorriso soddisfatto e ricordò ai due mezzosangue il volto trionfale di Clarisse quando prendeva la Bandiera a discapito di tutte le ossa rotte sue e degli altri; gli occhi però rapirono Percy, erano grandi e splendenti di un meraviglioso verde-acqua come Poseidone e quasi tutti i suoi figli, assomigliava al fantasma di Teseo, quel ragazzo poco più grande di lui che Percy aveva visto una volta, prima del labirinto ed un po’ a Poly, con la curva del mento duro ed il sorriso malandrino; “Non era meraviglioso?” chiese una voce di fianco loro. Annabeth, come neanche Percy, che la bionda Amazzone era al loro fianco, con gli occhi scuri lucidi di pianto, la bionda guardò il quadro, “Si, molto. Era tuo figlio vero?” domandò Annabeth, Poly sorrise malinconica, “Era mio figlio, ma era anche tuo nipote” rispose la bionda toccando la testa scura di Percy, che la guardò confuso, “Era suo figlio e di Teseo” gli bisbigliò all’orecchio Annabeth. Percy annui, prima che Poly con freddezza ricominciasse a camminare per il corridoio fianco a fianco con la sorella, rigettando indietro le lacrime, per solidarietà Lea gli aveva afferrato una mano.


I due mezzosangue erano rimasti ancora un po’ a guardare il secondo quadro, che raffigurava un mezzogigante, con i capelli scuri e riccissimi, gli occhi di quel colore veramente meraviglioso dell’azzurro dell’orizzonte, con un espressione così serena, ero lo stesso ragazzo che Rachel aveva dipinto e che gli aveva mostrato, Orione. “Lui era l’unico amore che abbia mai toccato l’animo di Artemide” bisbigliò Annabeth, con un tono di voce dolciastro, vedendo in quel quadro una poesia che il suo ragazzo non riusciva a cogliere, “Si amavano tanto …” bisbigliò Percy , “L’ho visto” aggiunse, toccandole i capelli dispari. Le due amazzoni avendoli visti ancora feri lì si erano riavvicinati. “Fu colpa di Zoe la sua morte” bisbigliò Lea, “Pace all’anima sua” rispose Poly, facendo roteare gli occhi, su un immaginario cielo, “contribuirono anche Phoebe ed Apollo” aggiunse l’Hippy, toccandosi gli orecchini a forma di simbolo della pace, “Volevano solo evitare alla loro signora di rompere il voto. Avevano cominciato a dubitare della lealtà di Artemide” disse con eccessiva durezza Poly, prima di afferrare per un braccio Percy e costringerli a proseguire lungo il corridoio. “E secondo voi? L’avrebbe fatto? Avrebbe rotto il vicolo?” chiese Annabeth, Percy si irrigidì, ricordava Artemide cosa gli aveva detto, che il voto l’avrebbe rotto, di fatti non aspettò che le due figlie di Ares rispondessero per chiedere alle due altro, “Cos’è successo? In che modo Zoe e Phoebe furono responsabili?” domandò Percy, ma le due amazzoni fecero una smorfia, “Troppo lungo” tagliò corto Poly.


Lungo il corridoio c’erano ancora altri personaggi storici, tra cui George Washington, Cesare Borgia e Martin Luthero ed altri più mitologici come Turno ed Enea. “Era un figlio d’Afrodite niente male” bisbigliò Poly, guardando l’eroe Romano per eccellenza, con i capelli castani e gli occhi verdi, ad Annabeth ricordò decisamente Silena, Lea gelò con lo sguardo sua sorella, i nervi erano a fior di pelle. Continuarono la camminata, “Ma perché Lea è così fredda?” bisbigliò Percy all’orecchio della sua ragazza, la cacciatrice lo sentì, si voltò con uno sguardo trucido, che i piccoli occhiali neri da John Lennon non riuscirono a coprire, “Attento alle tue parole, Sogliola” ringhiò irritata. Annabeth pizzicò il braccio del ragazzo, “Et voilà. Achille!” esclamò Poly, indicando l’Eroe iliaco per eccellenza, Percy lo ricordava bene l’aveva visto quando si era immerso nel fiume stinge, Lea aveva ringhiato, guardando l’eroe, ricordava ancora lo scempio che Achille per amore, così diceva lui, aveva fatto del suo corpo. Poly rise sarcastica, la figlia di Atena si morse il labro, Percy rimase beatamente ignorante. “È per colpa della maledizione che Afrodite gli ha scagliato” disse la figlia di Atena, “Per questo è così” aveva aggiunto, Percy aveva guardato la schiena della Hippy dove le treccine continuavano a fluttuare, mosse dall’ondulata camminata, non chiese ne perché ne quale fosse la maledizione, appellatosi al suo sesto senso, ebbe il tatto di non chiedere niente.


Videro altri quadri, Teseo (su cui Poly dovette faticare parecchio per non sputarci sopra), Lutero, Dante, chi più ne ha più ne metta, riconobbero anche il profilo austero di Zoe, accanto ad una fiera fanciulla dai capelli neri e la pelle tutta abbronzata, Camilla. Le amazzoni chinarono il capo davanti entrambe. “Sorella, sorella, lo ricordi?” domandò Lea, con una certa curiosità indicando un ragazzo totalmente anonimo sulla parete, “O si, certo, baciava bene” constatò Poly, ma non c’era alcun ilarità. Il ragazzo che guardavano, aveva i capelli castani, non era troppo grande ed un sorriso malefico, come quello di Eris, “Peccato tentò di uccidermi” ironizzò la bionda, prima di continuare a camminare, “Però fu uno spettacolo quando Zoe gli rese pampa e focaccia” constatò elettrizzata Lea, “Si, fu interessante quando lo squartò” ridacchiò Poly. Percy ed Annabeth deglutirono, ricordavano la loro amica, sapevano quanto avesse odiato i maschi, ma figurarla mentre squartava qualcuno; guardarono per qualche attimo il ragazzo, era vestito da inglesino degli anni passati, l’epitaffio aveva una scritta, Annabeth la lesse: “Jacob Lancaster. Per non essersi mai fatto trovare” non disse altro, nessuno dei due disse niente, ma Percy pensò che Jack sarebbe stato un diminutivo adatto a Jacob.


Continuarono a camminare, altri nomi, altri volti. C’era anche Silena e Charlie, e tanti altri. Non si erano più fermati finchè Percy non aveva trovato il suo quadro, con un sorriso sbarazzino e sorrise orgoglioso, accanto a lui, c’era Luke con un sorriso malizioso, Annabeth sorrise eccessivamente malinconica. Gli mancava da impazzire e non importava davvero niente se l’avesse amato sempre e solo come un fratello, l’aveva amato è questo bastava. “Signorina Chase, signor Jackson” gli richiamò Lea, cercando di riprendere il suo aspetto glaciale, i due annuirono e continuarono la traversata, senza neanche aver letto le targhe. Tra i mille quadri, Poly ne adocchiò uno ma decise di passare oltre, però l’hippy si fermò, “Penso che qui tu sia venuta bene” constatò, riferendosi alla sorella. Nel dipinto c’era una fanciulla, dalla pelle quasi di cuoio per quanto era abbronzata, i capelli biondo scuro, quasi totalmente ricci, gli occhi castani profondi ed un sorriso orgoglioso, indossava un chitone macchiato di sangue e la parte destra del seno era scoperto, lasciando in mostra le cicatrice e la pelle totalmente mutilata. Indossava una cintura, fatta da fili d’argento intrecciati ed un diadema brillante nel centro. Polissena. “Limone per i capelli” disse solamente Poly indicando i capelli molto più orati, “E meno tempo al sole” aggiunse riferendosi alla pelle Poly era in qualche modo imbarazzata e nessuno dei due se lo sarebbe mai aspettato. Percy guardò ancora il quadro Polissena, la Regina, ecco cosa diceva l’epitaffo. Guardò quella Poly e quella che era di fronte a lui, la fierezza dello sguardo non era cambiata, non era mutata e non gli sembrò così strano che nel suo modo contorto Teseo l’avesse amata.


Trovarono anche Clarisse con l’epiteto di sterminatrice di Drakon, le due figlie di Ares avevano sorriso orgogliose e si erano ripromesse che sarebbe andate a trovarla, sembravano così orgogliose della “loro piccola Sorellina”. Annabeth aveva sorriso, certa che senza alcun dubbio Clarisse sarebbe stata più che contenta di avere come sorellastre quelle due amazzoni, “Si ma non perdiamoci nel melodramma” ordinò Poly, riaggiustandosi con un colpo netto il chiodo scuro e riprendendo la traversata. Trovarono Ipazia, era davvero simile ad Annabeth, con la pelle più bronzea e l’aspetto più maturo, ma con i capelli biondissimi e gli occhi grigi. Il corridoio non sembrava davvero arrivare ad avere una fine, tanto che i due semidei avevano cominciato a provare male ai piedi e si chiedevano come Lea così tranquilla camminasse senza batter ciglio sulle zeppe di sughero, poi all’orizzonte era comparsa una porta bianchissima, “Finalmente” si lasciò sfuggire il figlio di Poseidone. Accellerarono l’ultimo tratto e quando furono a pochi metri dalla porta, Lea esclamò : “Eccoci. È stato un piacere. Quando andrai all’aldilà di ad Achille che siamo tornati in vita una volta per uno e che le nostre rispettive prime morti sono state causate l’uno dall’altro, ma se io sono viva e lui non c’è una ragione” era stata sbrigativa e poi si era girata con l’intenzione di andarsene, finalmente libera dal ferdello di quei due. “Ma come torniamo?” gridò Annabeth non sapendo a quale delle due amazzoni, “Arrangiatevi!” urlò Lea, continuando a camminare nella direzione da cui era venuto, “Sono più che convinta che Morso vi aiuterà” esclamò Poly, non che ci credesse solitamente Moros non aiutava nessuno, “Non dimenticare il cappello e la collana” esclamò la bionda con il fare di andarsene. “Poly tutte mi hanno dato un messaggio da riferire, tu no?” chiese Percy, la bionda lo guardò, “Ho imparato che i morti sono meno importanti dei vivi” rispose solamente lei, poi posò una mano sulla spalla del figlio di Poseidone, abbastanza nervosa, “Ma se proprio vuoi di a mio figlio che l’adoro” bisbigliò dolcemente e a Percy ricordò tanto Sally, “Uh, be, e di a Teseo che alla fine non mi importa di tutto quel disastro con Antiope, Melanippa e Fedra. Mi ha comunque donato la cosa più bella del mondo, Ippolito” sussurrò con dolcezza. Lei Teseo l’odiava, questo era vero, ma non riusciva davvero ad odiarlo fino in fondo, lui era sempre il padre di suo figlio. Posò un’altra mano sulla spalla di Percy e si chinò verso di lui e unì le loro labbra. Percy in quel momento realizzò di piacere davvero troppo alle bionde, perché quella era la terza in meno di una settimana che lo baciava, mentre, be, la sua dolce metà, Annabeth, aveva decisamente constato che Afrodite doveva aver davvero cosparso il suo fidanzato di ormoni, “Buona fortuna” sussurrò Poly dopo essersi stacca da Percy, con la bocca ancora a pochi centimetri, si voltò poi ed andò via, senza batter ciglio. “Inizia a capitarti troppo spesso” ringhiò Annabeth, il figlio di Poseidone alzò le braccia, giustificando alla sua ragazza che lui non aveva risposto al bacio, la figlia di Atena lo guardò irritata, lo stesso; poteva anche starci che Afrodite gli amasse tanto da volergli rendere l’amore complicato, e poteva starci se ci infilava Luke, Rachel e Calypso, ma ora stava davvero, ma davvero, esagerando.

“Seriamente Annabeth, non mi aspettavo che mi baciasse” si difese Percy, non colto questa volta dal buon senso di tacere, “Come vuoi Testa D’Alghe” disse tagliente la sua ragazza, incrociando le braccia al petto ed alzò gli occhi, decisamente irritante. Inutili valsero le parole del ragazzo. “Lei ha baciato me” si difese per l’ultima volta il figlio di Poseidone, allora Annabeth cominciò a guardarlo dritto negli occhi, mettendolo anche in una certa soggezione, “Ma tu non ti sei spostato” puntualizzò lei, dopo aver imprecato mentalmente contro la Dea dell’Amore, “Annabeth” sospirò Percy, “Indossa la collana e facciamola finita” tagliò corto lei, valutando che ormai era una buona mezz’oretta che discutevano e che le amazzoni erano andate via.


Il morso si era infilato una mano nella tasca e ne aveva estratto la collana regalo di Harmony, ricordando che anche lei l’aveva baciato, due volto. Decisamente meglio che Annabeth non lo sapesse. Indossò la collana la bionda lo guardò ed arrossì appena, l’arrabiatura le stava lentamente passando ed il suo ragazzo non gli era parso mai più bello, questo significava che la collana funzionava. “Allora come sono?” chiese Percy, senza malizia, “Vai bene” si limitò a rispondere lei, “Piacerò ad Eos?” chiese incerto lui, Annabeth non fece intempo a rispondere, perché la porta bianca a due ante alle loro spalle si era aperta con una spinta secca, “Ma ch …” stava dicendo – o meglio imprecando – il figlio di Poseidone, ma era stato interrotto . “È da mezzora che vi ascoltiamo” aveva detto un ragazzo, con la voce in falsetto, i capelli erano neri e lucidi tirati all’indietro con il gel, ricordavano un incubo, gli occhi erano carini e confortevoli come un sogno, il sorriso era sghembo, indossava una camicetta bianca stretta ed aderente, sbottonata sul petto e dei pantaloni aderentissimi neri e degli scarponi da trekking, che stonavano, aveva movenze femmine e che fosse gay non sembrava affatto un dubbio, “Tu non sei Eos” disse Annabeth, “Cento e lode per l’intuitività. Figlia di Atena, eh?” chiese ironico il ragazzo. Era uscito dalla porta e molto velocemente era rientrato, “Dovreste seguirmi” consigliò con una certa ironia ed un sorriso di scherno; “Chi sei?” chiese Annabeth, il ragazzo mise su un sorriso troppo soddisfatto, ma si limitò a rispondere: “Qualcuno che non vi ama esattamente” eccessivamente enigmatico, prima di scomparire dietro la porta. La figlia di Atena guardò il suo ragazzo, Percy annui, si afferrarono per la mano ed attraversarono la porta.


Dall’altra parte dell’uscio c’era un enorme salone con tanti vasi con moltissime piante di ogni genere, dai cactus alle palme ed al centro c’era un tavolo tondo imbandito con una doppia tovaglia, una rossa ed un bianco, attorno ad esso c’erano sette sedie, quattro erano occupate, tre (due vicine ed una tra due posti occupati) libere. Il ragazzo si andò a sedere sull’unica sedia libera di cui entrambi i fianchi erano occupati, accanto a lui, alla sua sinistra c’era una dea o qualche mostruosa creatura che si spacciava per tale, con indosso un abito rosso fuoco, la pelle di porcellana, poi dal incavo del collo, emergevano tre colli con tre teste, che erano uguale, solo che quella di sinistra era giovanissima, quella centrale più matura, e la destra più vecchia, tutte e tre le teste avevano le labbra dipinte di scuro, gli occhi verdissime, colorati con il trucco rosso ed i capelli neri ordinati sulla nuca, era Ecate e non ci voleva l’arte a capirlo. Accanto alla dea con il triplice capo c’era una sedia vuota, accanto a quella sedia un’altra ed accanto a quell’altra, c’era una fanciulla, indossava un abito morbido, sorrideva licenziosa, i capelli erano castani e mossi, gli occhi erano gialli come ambra lucente e a Percy ricordava vagamente qualcuno ed anche se non capiva chi, era dannatamente certo non fosse una bella persona da rimembrare. Al fianco di lei, c’era un ragazzo, dal viso assonnato, gli occhi nocciola ed i capelli biondi, indossava un chitone strappato e continuava a sbadigliare ed Annabeth era dannatamente certa di averlo già visto, Percy pensava più quanto tempo sarebbe mancato prima che svenisse, tuffando il viso sul tè. Poi alla figlia di Annabeth venne in mente chi era, il giorno prima l’avevano visto, sulla macchina su cui Heather, insieme ad Ophelia ed Anselma, si chiamava Hype. Accanto al biondo c’era la persona che sedeva alla destra del ragazzo che non gli amava troppo ed entrambi i mezzosangue furono certi fosse lei la padrona di casa. La donna era giovane, aveva i capelli rossicci, lo stesso colore dell’alba riflessa sul mare, la pelle rosea come la porcellana, se non per le guance delicatamente più rosse e le dita affusolate decisamente più rosee del normale, aveva un aspetto elfico, anzi come quelle fatine che si vedevano ai mercatini, gli occhi meravigliosi, calorosi ed amorevoli, ma il colore indefinito. Lei indossava un abito di seta bianca leggero e morbidissimo, semi trasparente ed anche se loro non potevano vederla, non indossava scarpe; con la piccola bocca rosea sorseggiava la tazza di te, quando l’ebbe finita con grazia la posò sul piattino, “Bevenuti nella mia umile dimora. Era tanto che vi attendevo” la sua voce era pura dolcezza, arricciò le labbra in un sorriso e a Percy ricordò una versione più ludica e divina di Rachel, “Divina Eos” disse Annabeth chinando il capo e dopo qualche istante il fidanzato la imitò.
“Prego accomodatevi” lì inviò lei, ammiccando alle sedie.



*
Anticipazioni? (E perché no)
Abbandoniamo le chiacchiere del tè con la dea dalle rosee dita.
Per andare a prender un altro tè.
Darsi un bacio d’amore sincero.
E qualcuno potrebbe scoprir la verità su un amore andato a male.
Qualcuno potrebbe confessare una colpa.
Ma un fratello non sarà mai pentito d’aver salvato una sorella.

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Capitolo 22
*** Gemelli ***


Bene ci tenevo tantissimo a postare questo capitolo ed è tantissimo che non lo facevo, ma in compenso è lunghissimo. Mi ci sono impegnata moltissimo. Volevo ringraziare Jishiku che è la santa che commenta ogni mia storia. Grazie davvero :D





Ai 5 pazzi che la preferiscono, ai 2 pazzi che la ricordano e i 12 pazzi che la seguono.


Bene ci tengo molto ad informarvi che – eccetto eccezioni – questo è il sestultimo capitolo. Potrebbe variare solo con un capitolo FlashBack del funerale originale di Orione oppure potrei fare questo come storia corelata.



Bene io non sono una richiede disperatamente recensioni, ma se a qualcuno facesse piacere dirmi cosa ne pensa, non mi dispiacerebbe.


Detto questo, che la forza sia con voi (Peccato che detto da me non è figo come da Ian Solo)
Baci baci
EsL













Gemelli





Una minuta ragazzina dagli arruffati capelli castani e gli occhi verdi come prati inglesi, guardava fissa il cielo, abbastanza rapita. Era una bella ragazzina, di come poche se n’erano viste, agile e snella, nonostante non fosse poi così alta ed il volto diafano di una splendida ninfa. “Cosa leggi Lan?” domandò una voce per ridestarla dai suoi pensieri, Lan abbassò lo sguardo per incrociare gli occhi con quelli castani di una ragazzona bionda, “La filosofia di Ipathia, Fifì” rispose solamente la fanciulla, la bionda azzardò un sorriso, “E a che pensavi guardando il cielo?” domandò, Lan rispose tranquilla: “ A Callisto, la ricordi?”, Fifì annui, sedendosi sul l’erba con lei. “Quante consorelle abbiamo perso” constatò un po’ malinconica. Un’altra fanciulla corse verso di loro, “Atalanta! Phoebe! Thalia ci sta radunato” esclamò, con un terribile accento francese, era una fanciulla dalla pelle nera ed i ricci scuri, con gli occhi colore dei noccioli di mela, “D’accordo Ziv’a” risposero all’unisono le due.


Atalanta e Phoebe seguirono Ziv’a lungo la foresta fino allo spiazzale dov’erano accampate le tende, dove una ragazza con un cerchio d’argento sulla testa, con indosso abiti da punk, che intratteneva un discorso con le altre cicatrici. “Finalmente!” esclamò vedendo sopraggiungere le tre, a passo lento, “Cosa succede Thals?” domandò Phoebe alla sua luogotenente, “La Divina Artemide è andata via questa mattina all’alba ma mi ha lasciato in consegna di dirvi che riceveremo visite” rispose enigmatica Thalia, “E di trattarle secondo le regole dell’Ospitalità Greca” aggiunse poi solenne, le consorelle annuirono tutte. Non passarono molte ore, prima che gli ospiti arrivassero, le Cacciatrici erano tutte impegnate nelle solite attività. Chi sorvegliava le tende, chi puliva le armi, chi si occupava del fuoco e della cena.


Quando una Lamborghini arancione sgargiante era arrivata nella radura, passando direttamente sull’erba senza problemi, circondata da un denso fumo nero. “Hey!” strillò Ziv’a trovando quel comportamento incivile nei confronti della natura, ma nessun’altro si permise di dire altro, ma il fumo si era semplicemente rarefatto. Dal posto del guidatore era poi scesa una bella ragazza, quasi donna, con i capelli bronzei, tra i quali erano intrecciati fiori bianchi, con indosso un abito di telo chiarissimo, del tutto incurante dell’inverno pungente che non si decideva ad andar via in favore della primavera, con dei sandali alla schiava, “Salve Cacciatrici” trillò gioconda, “Cleta” bisbigliò Phoebe, incerta sul fatto se dovesse o meno correre da lei per salutarla. Dal posto sul retro scese un’altra ragazza, con un lungo cappotto scuro, con dei pantaloni strettissimi e degli stivali di nero in pelle, occhi chiari e capelli neri, lunghi e scomposti, “Ecco le nostre belle amiche” esclamò questa, leccandosi le labbra rosse, “Derinoe” la salutò Atalanta, con un bel sorriso, “Preferirei Derie” rispose semplicemente lei avvicinandosi. Dal posto accanto a quello del guidatore scese l’ultima ragazza, con i capelli rosso fiammeggianti, ricci e boccolosi, occhi marroni e penetranti, indossava un chiodo di pelle verde petrolio, dei corti pantaloncini, le calze a rette di un grigio tenuo e delle scarpe con un tacco alto. Aveva un sorriso sfrontato ed i suoi occhi furono immediatamente catturati da Thalia. Tutte e tre avevano una deformazione all’altezza del petto, era reciso e mancava totalmente il lato sinistro, ben evidente era in Cleta, da cui si vedevano orribili cicatrici biancastre.


“Voi siete?” chiese Thalia, passando una mano sul suo braccialetto per precauzione, Ziv’a era alle sue spalle, con la mano ben salda sulla sua alabarda. La ragazza dai capelli biondi sorrise con dolcezza, “Noi siamo membri delle amazzoni, io sono Clete, lei è Derie e lei è Melany” aggiunse, presentando anche le sue consorelle, “Siamo qui per parlare con voi” aggiunse, guardando particolarmente Thalia. Prima che chiunque potesse dire altro, Melany si era fatta strada raggiungendo la figlia di Zeus, e guardandola dall’alto – vista la sua superiorità in altezza – e proferì: “ E quindi tu saresti la figlia di Zeus? La sostituta di Zoe?” il suo tono era retorico e ben calibrato, sorrideva in modo ambiguo. Phoebe aveva guardato le altre due amazzoni, “Perché Artemide voleva che veniste da noi?” chiese, allora Melany sorrise malefica, “Come non ti viene in mente, la prossima Luna Nuova sarà l’anniversario del glorioso Cacciatore” il volto di Phoebe impallidì. Thalia si era voltata verso l’amica, abbastanza preoccupata, capiva quando Phoebe aveva qualcosa che non andava, tipo quando si immobilizzava, impallidiva e non diceva nulla, come in quel caso.


Nico era seduto sul piccolo altere di marmo, mentre osservava Eris impegnata nella lavorazione dell’auriga infernale, poco lontano da lei, brillava di una luce sinistra la stella del cielo degli inferi. “Ti piace quel che vedi?” chiese maliziosa lei, con la dentatura seghettata e gli occhi rossi raggianti, era nel suo vero aspetto, quello infernale, che Nico preferiva assolutamente. Lei era meravigliosa. Nico avvampò improvvisamente ed Eris rise, avvicinandosi a lui, “Non hai risposto piccolo Di Angelo” sussurrò la dea, “Io la trovo meravigliosa” rispose il figlio di Ade con un fiato strozzato dall’imbarazzo, pensava che dopo quel mezzo bacio, avrebbe smesso di sentirsi così a disaggio, ma invece non era successo. La dea aveva sorriso, “Grazie” disse fintamente gentile, ma molto maliziosa, “È solo la verità Fragola Marcia” aggiunse, ancora più rosso.


“L’ultima volta che sono stato al Chaos Ton Gefson, particolarmente nella stanza di Eris, non ricordavo fosse un luogo di incontri” sentenziò una voce, i due si voltarono per notare che un ragazzo era comparso lì, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e Nico l’aveva già visto, il divino Apollo. “Il dio del sole. Problemi con qualche pacco? Ermes non riesce a portarlo?” chiese Eris fintamente accomodante, “In realtà dovrei fermare un pacco” esclamò Apollo, dopo aver sorriso a Nico ed averlo salutato, sembrava stranamente nervoso ed eccessivamente serioso, visto che solitamente era uno spensierato diciottenne scapestrato. La dea della discordia sbuffò, recuperando alcuni moduli sull’altare per le consegne, aveva già troppo da fare con l’auriga e l’armatura e troppo poco tempo per Nico ed ora anche il dio Apollo interferiva con il suo prezioso tempo, non bastava la sua gemella con il suo amore mai realizzato.


Il sorriso di Melany era ancora ben malefico sul volto. Atalanta a guardarla aveva ben stabilito che assolutamente era lei la più cattiva tra le sue sorelle. Ope era dolcissima e forse Poly e Lea erano scostanti ma oneste e di buon cuore. “Phoe, che c’è?” chiese Thalia, guardando l’amica e con un tono alquanto apprensivo, un’altra cacciatrice si era diretta verso di loro per capire bene e sorreggere l’amica, caso mai svenisse per la poca aria che passava attraverso i polmoni. “Dovresti piantarla” aveva ammonito Derie alla sua amica, con una gomitata nelle costole, Ziv’a era intenzionata a mantenere lo sguardo fisso sulle tre, Clete si era avvicinata a Phoebe e le aveva accarezzato i capelli, “Non preoccuparti, tesoro” aveva detto, con un tono così dolce da sembrare fatto di zucchero.


“L’ho ucciso io” enunciò la figlia di Apollo, con gli occhi castani tenuti bassi e le labbra tremanti, ricordando bene il misfatto commesso con Zoe e suo padre. “Chi chiese abbastanza allarmata Thalia, più che dalla confessione, dal riduzione in stato apatico della sua amica. Non stava decisamente bene. “Orione” lasciò scivolare fuori con fatica Phoebe, quel nome gravava sulla sua anima come una condanna a morte, un peso del tutto insostenibile, una colpa di cui non si sarebbe mai espiata. Lui era loro amico. Una volta Zoe condivideva quel fardello con lei e sembrava davvero, ma davvero, più leggero. Ora era sola, ma non poteva più sostenerlo. Tra pochi giorni sarebbe caduto il suo anniversario, la successiva luna nuova per la precisione, e se Artemide aveva mandato a loro le Amazzoni era perché finalmente era ora che la verità venisse rivelata. Sicuramente capiva ci fosse sotto qualcosa, che la sua signora non poteva aver deciso semplicemente quello su due piedi, doveva esserci qualche altro motivo alle loro spalle che non sapevano, riconducibile forse anche al viaggio di Thalia di qualche tempo prima a New York per consegnare il baule.


Così prese un bel respiro e recuperò il rossore del viso, “Per chi c’era, è inutile” aveva esordito Phoebe, guardano Lan negli occhi, che le aveva sorriso abbastanza confortante, “Per chi no. Devo rivelarvi una cosa” il suo tono era abbastanza funereo e alla figlia di Zeus, ricordò l’abituale tono utilizzato da Chirone, quando sentiva la necessità di metterli al corrente in che modo doloroso e violento rischiavano sicuramente di morire. E questo la preoccupò abbastanza. Phoebe recuperò il suo coraggio e proseguì: “Tanto tempo fa, il destino di noi cicatrici si intrecciò con quello del più glorioso figlio di Poseidone che sia mai esistito …” si era fermata qualche istante ed aveva aggiunto di fretta: “Anche più glorioso di Teseo e Percy, a mio parere”, Thalia aveva roteato gli occhi, per lei era suo cugino il più glorioso, anche se al suo caro testa-d’alghe non l’avrebbe mai detto, mai. Melany si tolse dal volto quel sorriso irritante, per sostituirlo con un ringhio, nessuno era come – ed assolutamente meglio – del suo Teseo, tutti lo sapevano. “Il suo nome era Orione” aggiunse Phoe. E da quel momento in poi la narrazione divenne davvero troppo difficile, ma la bionda continuò, fino a che l’ultimo segreto non fosse rivelato.


Dopo aver studiato i documenti, aveva sollevato gli occhi fiammanti davvero irritata, “ Splendore …” e quell’esordio dal tono non prometteva nulla di buono, “Non c’è nessun tuo pacco, qui, che debba essere bloccato” sembrava tremendamente irritata, “In effetti è di mia sorella” aggiunse Apollo cercando di mostrarsi tranquillo. Eris sorrise sorniona e malandrina, guardò il biondo e comunicò, con una certo gusto, “L’unico pacco lasciato da Artemide è stato già consegnato” aveva aggiunto, ma evidentemente quel sorriso soddisfatto non era tanto piaciuto ad Apollo, “A chi? Quanto tempo fa?” chiese immediatamente, Eris ridacchiò, “Devi avere il permesso da Ermes” rispose solamente lavativa, riavvicinandosi a Nico.


Apollo non diede segno di voler andar via, anche quando la dea della discordia gli diede le spalle. “Per chi sono quelle cose?” chiese il dio del sole, indicando l’auriga e l’armatura, con le due stelle brillanti, “Affari di mio Fratello” rispose Eris divertita, calcando molto il tono sul legame affettivo, perché Apollo capisse che il fratello in questione era il più grande. Nico guardò le due divinità ed il loro scambio nei dialoghi. Dalla porta principale, che dava sulla sala da te, con la porta con le perline appese aveva fatto capolinea, Harmonia nel suo vero aspetto, con il volto più maturo ed i capelli neri legai in una coda, che non possedeva più il candore fanciullesco di Evanna Lynch, “Divino Apollo, Moros vi attende” sussurrò la dea della concordia, prima di andare via di nuovo. “Prego divino vi attendono” aveva rimarco con eccessiva compostezza e gentilezza, palesemente finta, Eris vedendo la poca intenzione di Apollo di schiodarsi da lì, il dio del sole sorrise e poi andò via.


Nico guardò la dea e poi le chiese se tra lei ed il dio esistesse qualche sorta di inimicizia. “Al contrario, litighiamo entrambi con Eros*, cosa che ci avvicina. Ma quando in qualcosa è implicata Artemide. Apollo è molto imprevedibile” rispose Eris, onesta con gli occhi preoccupati rivolti alla porta dove pochi istanti prima era scomparso il dio, “Penso di poter capire” rispose Nico, cupamente, ricordandosi di Bianca. Era si dove doveva essere ma questo non gli impediva di colpevolizzarsi. Capiva Apollo che voleva proteggere Artemide a tutti costi, perché se ne avesse avuto ancora l’opportunità lui avrebbe dato la vita per sua sorella. Eris gli sorrise mesta. Nico era l’unico essere in quella terra e in quell’altra a renderla capace di provare quelle strane emozioni bonarie di cui Philotes, quando era di buona luna, ed Harmonia professavano sempre. “Manca più di un giorno e una notte alla luna nuova, posso finire più tardi” constatò la dea, riferendosi all’auriga e l’armatura, sorrideva in modo spettrale, che ad una qualunque altra persona avrebbe raccapricciato, ma che per Nico era davvero splendida. Eris gli prese la mano, quella di lei era così glaciale, quand’era nella sua vera forma, “Ti andrebbe di vedere un posto?” propose lei, con un tono mellifluo, il figlio di Ade avvampò, ma dopo essersi passato nervosamente la mano libera tra i ricci castani, aveva accettato.


Apollo aveva trovato al centro della sala principale del Chaos Ton Gefson, Moros, nel suo singolare aspetto umano, che mangiava una torta con Philotes che sorrideva amabilmente, anche lei in un’altra forma, con loro c’erano anche Grover, il satiro amico di Percy Jackson, e la sua ragazza ninfa. Due signori, una vecchia ed un uomo pelato, dopo averlo visto si erano alzati per lasciagli il posto. “Ciao” esclamò Apollo gentile, “Spero tu non abbia in servo nessuno dei tuoi Haiku” esclamò con una certa acidità, una voce che tutti conoscevano, Cheryl con il volto severo, gli occhi scuri ed i capelli biondi fluenti, entrata dalla porta principale con due accompagnatrici, che si erano immediatamente allontanate.


“Cher non essere maleducata e vedrai che il nostro caro Apollo non ci diletterà con uno dei suoi componimenti” l’ammonì con delizia ed eleganza Philotes, il dio del sole aveva deciso di dar retta al suo buon senso e di non inimicarsi con la dea dell’amore del tutto, visto la sua personalità talvolta violenta che prendeva la dea, anche se ella stessa l’aveva offeso. Cheryl sembrò del tutto disinteressata alle parole della collega, dirigendosi a passo svelto e pesante verso il suo ragazzo, “Ho fatto quel che mi hai chiesto e nel frattempo sono stata costretta a ritardare un paio di morti. Ora mi toccherà fare una carneficina” esclamò irritata la dea del destino di morte violenta, ma Sam si era alzata per essere almeno sullo stesso piano di visi e le aveva posato un delicato bacio sullo labbra, “Ego Phileo se**", anche di più quando sei furiosa” aveva sussurrato dolcemente, “kai ego***” aveva risposto Cher un po’ di mala voglia, “Kalos Theos****” aggiunse divertita, prima di ritirarsi nelle cucine. “L’amour” bisbigliò Harmony, nel suo aspetto infantile, seduta ad un tavolo poco più in là con Erik, Ed, la sua Penny, ed un altro ragazzo che come lei aveva sospirato.


Apollo si era riconcentrato su Sam che aveva incitato gli altri al silenzio con un veloce gesto di mano. “Immaginavo che saresti venuto a trovarmi” aveva esordito il dio dalla pelle bronzea, prima di sistemarsi meglio sulla sedia a riaggiustarsi la sigaretta sull’orecchio, “Ma prima un te” aveva aggiunto il dio con fare gentile ed Apollo aveva accettato, più che altro perché nessuno – dio o che altro – avrebbe mai rifiutato un invito di Moros. “Come mai anche voi due?” chiese il dio del sole alla ninfa e al satiro, che non ebbero tempo di rispondere, Phil aveva liquidato la risposta con estrema velocità. Anche Grover come Nico si era accorto effettivamente che c’era qualcosa di diverso in Apollo, rispetto il solito atteggiamento libertino e non curante di ciò che avveniva.


Thalia Grace si lasciò semplicemente scivolare sulla base del tronco stroncata di netto davvero sconvolta da quelle parole. Lei non ci credeva. Per lei quella realtà era oltremodo impensabile. “Non può essere” balbettò alla fine, anche Ziv’a era scivolata accanto a lei, solo sull’erba fresca, con la stessa medesima espressione vacua e del tutto sconvolta. Atalanta era rimasta silenziosa per qualche istante, gettando più che altro sguardi alle Amazzoni, perché potessero salvare la situazione, ma anche loro sembravano a disaggio per aver rivangato quella storia, solo Melany si manteneva stabile. Molte delle cacciatrici bisbigliavano tra di loro, perché qualcuna ricordava quella vecchia storia diventata un tabù, qualcuna ne aveva sentito parlare, qualcuna la pensava una leggenda e qualcuna era stata del tutto colta di sorprese. Phoebe era semplicemente in piedi vicino a all'amazzone dalla chioma rossa con i capelli biondi sciolti ed un espressione alquanto affranta, aveva appena vuotato il sacco. Dopo più di due – o forse tre – mila anni a sopportare quel fardello, organizzato con quel dannato di suo padre e la sua amica Zoe.


L’arrivo di Melany con le sue consorelle, aveva significato per Phoebe il momento di rinvangare il passato e ricordare al modo che avevano distrutto un amore ed ucciso un ragazzo per egoismo, era quello il motivo, potevano dire che l’avevano fatto per Artemide – e forse Zoe e suo padre si – ma lei no, aveva avuto paura che se Artemide avesse continuato il suo rapporto con Orione, si fosse innamorata veramente ed avesse rotto il giuramento, allora le cacciatrici si sarebbero sfasciate e lei sarebbe tornata nel inferno da cui Artemide l’aveva salvata. Thalia prese un bel respiro e si alzò dal tronco d’albero, “Tu quindi dici che Artemide si era innamorata di un figlio di Poseidone. Tu, Apollo e Zoe gli avete separati portando Artemide ad ucciderlo” enunciò la punk, con gli occhi blu ancora parecchio assenti, “Io direi che la signora sul punto di rompere il giuramento, sia molto più sconvolgente, di qualche uccisione. Sono molti i morti che abbiamo collezionato” aveva constato Ziv’a cercando di ritrovare la lucidità, momentaneamente perduta. Phoebe si era passata una mano tra i capelli biondi ed aveva appellato con gli occhi l’aiuto di Clete, che immediatamente, colto il segnale, l’aveva stretta confortevole. Si conoscevano da più di mille anni. “È stata una cosa scorretta, lo so” aveva bisbigliato la bionda con gli occhi un po’ arrossati, “Ma noi dovevamo salvarla” aveva aggiunto poi ed in quel momento aveva davvero pensato di star per piangere. La più candida delle Amazzoni non aveva smesso di stringerla amorevole.


“Nessuno, Fifi, ve ne ha mai fatto una colpa” aveva annunciato Lan, con un sorriso confortevole, “Ne a te ne a Zoe” aveva aggiunto. “Probabilmente se ci fossi stata anche io, vi avrei appoggiato” aveva sentenziato Ziv’a, certa delle sue stesse parole, alle quali si congiunsero molte delle cacciatrici. Thalia no, lei restò in un silenzio tombale e spettrale, non toccata dalla morte violenta toccata al mezzogigante o dalla confessione sentita di Phoebe. Lei pensava ad Artemide, che si era innamorata. La fredda dea lontana dall’amore e dagli uomini, era caduta almeno una volta in quella trappola mortale che aveva segnato definitivamente e permanentemente la figlia di Zeus. “Sapete dov’è ora la signora?” si limitò a chiedere la bruna, “Al Chaos Ton Gefson” aveva risposto Melany di malo modo, “C’aveva detto di portare lì la lungo tenente e Phoebe” aveva spiegato Derie con tranquillità, incrociando i suoi occhi chiari con quelli blu elettrici di Thalia. A quelle parole la figlia di Apollo si era allontanata da Clete, ricacciate indietro le lacrime a cui non aveva permesso di uscire aveva detto, “Bene andiamo” con la stessa fora di sempre. Quella che le cacciatrici adoravano.


Erano ancora fermi a sorseggiare il te a qualche infuso particolare. Phil era mesta ed equilibrata, assolutamente non turbata dagli eventi. Grover e Juniper si guardavano tra loro abbastanza allarmati e preoccupati, percependo entrambi negli dei, le tensioni, e se gli umani tesi erano problematici, figurarsi gli dei. Sam sembrava immune a qualunque cosa, comunque fossero andate le cose lui l’avrebbe spuntata, era il dio del destino apposta. Apollo, semplicemente troppo preoccupato dalla situazione. Era andato lì per salvare sua sorella da un errore, ma non si aspettava di esser incastrato dagli dei minori. Quando l’ennesima persona era entrata nella sala da tè. Era una ragazzina sui tredici anni, con i lunghi capelli ramati, la pelle diafana e due grandi occhi del colore della luna ed ugualmente luminosi, vestita con un parca d’argento, la divina Artemide.


“Sorellina” aveva enunciato Apollo, alzandosi immediatamente dopo aver visto la sorella fare capolinea, “Fratello” aveva bisbigliato lei, abbastanza sorpresa, “Che fai qui?” aveva chiesto stupita. “Io amo le riunioni di famiglia” aveva sussurrato Sam, Phil si era voltato verso di lui ed aveva aggiunto: “Specialmente quando non è la nostra famiglia” ed avevano ridacchiato. Mentre Grover e la sua ragazza erano rimasti in silenzio davvero ammutoliti, si chiesero entrambi allo stesso momento, cosa mai Moros stesse programmando. “Sono venuta a fermarti, non voglio che tu faccia il peggior errore della tua vita” aveva esclamato il biondo, avvicinandosi alla sorella e posando le mani sulle braccia di lei. Artemide era rimasta in un silenzio tombale, il suo segreto era stato reso pubblico. Apollo ne era venuto a conoscenza, “Non questa volta” aveva sentenziato Artemide, quella volta avrebbe avuto il suo addio con il suo unico amore, non avrebbe permesso a suo fratello di rovinare le cose ancora una volta.


“Il mio compito è proteggerti” esclamò Apollo, stringendo la presa sulle braccia della sorella, “Direi che ho ampiamente dimostrato di sapermi proteggere da sola” aveva risposto la dea della caccia mantenendo la calma, “È preferirei che questa volta tu non interferristi” aveva aggiunto. Ma Apollo non era assolutamente della stesa idea, visto che non si degnò di lasciare la presa dalle fini braccia della sorella. Lui era un maschio e gli conosceva bene, sapeva che Orione avrebbe fatto del male a sua sorella, che si sarebbe approfittato di lei, che avrebbe macchiato la sua idilliaca purezza. E quando Zoe e Phoebe erano venute a chiedere il suo aiuto, perché salvassero la loro signora, lui non si era potuto tirare indietro, nessuno poteva toccare la sua sorellina e passarla liscia.


Nico correva lungo le scalinate a chioccia con la mano stretta a quella della dea della Discordia, che lesta correva lungo le scale, “Dove vuoi portarmi?” chiese curioso il figlio di Ade. Eris si era voltata appena verso di lui, con un sorriso seghettato e gli occhi di brace luccicanti, “Il mio posto preferito. Dopo casa di tuo padre, ovviamente. Adoro pranzare lì” aveva detti Eris. Nico le aveva sorriso, “Potremmo andarci insieme, ogni tanto” aveva aggiunto e lei si era fermata bruscamente, prima di voltarsi verso di lui, “Sarebbe magnifico” aveva detto Eris, con un sorriso più che giocondo, “Magari dopo che si sarà abituato” aveva aggiunto lei, scompigliandoli i capelli castani.


I due ricominciarono a correre lungo le scalinate a chioccia, al semidio sembrarono infinite. Fino a che una porta, dopo non si sa quanti gradini, era comparsa. Eris l’aveva aperta di fretta e furia, poi era sparita dietro di essa. Quando anche Nico aveva varcato la soglia, si era reso conto di essere sul tetto del palazzo dove era la sede della Casa da Tè preferita dagli Dei. Ma non era un semplice terrazzo in cemento armato, nel preciso centro c’era un piccolo gazebo composto da colone bianche limpide, con un capitello corinzio, era tutto agghindando di fiori di un colore tetro e nero, un po’ erano nei vasi, un po’ spuntavano da terra, altri erano nati da rampicanti che si diramavano sulle colonne e sul tetto tondo di marmo colorato. Era un quadro malinconico, pensò Nico, ma gli piaceva da impazzire.


“Questo Piccolo Di Angelo è il mio posto preferito” aveva sussurrato Eris, distraendo il ragazzo da quella visione, voltandosi verso di lei aveva incrociato la dea della discordia nel suo aspetto più umano, “È meraviglioso” aveva sussurrato il castano, ma forse non era al luogo che si stava riferendo, forse era solamente Heather baciata dal sole, che sembrava più che mai una candida visione a dispetto dell’orrido essere che era solitamente. La dea prese il mezzosangue per mano e lo condusse al centro del gazebo di pietra, “Sono stati Cher e Sam a costruirlo” bisbigliò lei, inspiegabilmente gentile, “Ma piace molto anche me” sussurrò, posando le mani affusolate sulle spalle del ragazzino. Nico si limitò a sorridere inizialmente, poi – forse le mani della dea sulle sue spalle – qualcosa lo spinse a fare altro. Strinse le mani sui fianchi stretti della dea, mentre lei aveva spostato le sue mani dalle spalle di Nico, per trasportarle sulle gote. Si erano guardati fissi in silenzio, per una manciata di secondi, poi si erano avvicinati e si erano baciati.

E Nico aveva ben capito come mai sua madre avesse avuto addirittura due figli con suo padre. Baciare un dio era un’esperienza a dir poco epica.


Artemide tolse le mani di suo fratello dalle sue braccia, “Avrò la mia ultima notte” esclamò con fierezza, sfidando con gli occhi il fratello. “Tu non sai quello che dici!” aveva detto Apollo, posando le sue mani sulle guance della bambina, “Non posso permettere che tu ti faccia del male” aveva aggiunto, con un tono dolce, ma gli occhi incredibilmente seriosi. Moros e Philotes guardavano la scena più che mai rapiti, al contrario della ninfa e del satiro che a quella situazione erano totalmente a disaggio. “Immaginavo che non saresti stato ben disposto” rispose autonomamente la figlia di Zeus, sfuggendo alla presa del fratello, con un sorriso più che superbo, insolito per il comportamento saggio ed equilibrato, eccetto quando cacciava. Apollo l’aveva ben compreso, aveva alzato una delle sopraciglia pallide guardando la sorella allarmate.


Una risata irriverente aveva spezzato l’aria. Tutti si erano voltai verso la direzione da cui proveniva il suono, una ragazza era lì in piedi, con i capelli rosso fuoco ed un chiodo petrolio, un sorriso più che mai sarcastico e gli occhi maliziosi, ricordava Ares per lo sguardo furente. “Una riunione di famiglia, interessante” aveva detto quella, avvicinandosi, “Melanippa?” aveva detto Apollo, grattandosi i capelli biondi, la rossa aveva sorriso smaniosa. “Qui le cose si complicano” bisbigliò divertito Sam nell’orecchio dell’altra dea, aveva lo stesso macabro tono che usava solitamente Eris ed il sorriso che era comparso sulle labbra di fragola di Phil non era rassicurante. Era in qualche modo del tutto inconcepibile come due personalità così differenti convivessero in un solo corpo.


Una figura si era avvicinata all’amazzone, era un ragazzone alto con i capelli colore del grano ed un sorriso soddisfatto, era Ed, “Sorellina, è un piacere” aveva aggiunto prendendo a braccetto la ragazza, che dopo avergli regalato un particolare sorriso si era rivolta ai due divini gemelli: “Ho portato le cacciatrici” prima di allontanarsi con il fratello. Dietro di lei, erano rimaste ferme imbambolate due ragazzine, assieme ad altre due ragazze ben più donne. Due amazzoni e due cacciatrici. Clete, Derie, Thalia e Phoebe. Il volto della figlia di Zeus era alquanto rassegnato e sconfortato, ma l’espressione più ambigua era quella dipinta sull’altra bionda cacciatrice, era stato fino a quel momento del tutto gelido, se non animato negli occhi da una velata tristezza, ma quando si era accorta della presenza del Dio del sole, si era macchiato di stupore misto a risentimento. Era strana l’espressione, ma quelli erano i sentimenti che attraversavano la bionda. Aveva capito che quel giorno non sarebbe stato affatto un buon giorno dalla comparsa di Melany e le cose ora non si erano affatto migliorate.


Juniper si guardava attorno circospetta cercando di capire cosa avesse scatenato quell’aria tesa. L’insofferente sguardo delle due sconosciute, l’espressione sconfortata di Thalia, quel misto di sentimenti che animavano Phoebe, il silenzio imbarazzato e colpevole di Artemide, del tutto umano ed assolutamente fuori dai suoi modi e lo sguardo serioso di Apollo, ma c’era dell’altro nascosto in quei grandi occhi blu, un sentimento più profondo e recondito. Le altre divinità - e la rossa - avevano nei loro occhi una morbosa curiosità, diversa da quella della ninfa, loro non volevano sapere perché, volevano sapere cosa mai sarebbe successo. Grover analizzava il silenzio nel dettaglio, lasciando che in lui si dipanassero tutta quella matassa di frustrate emozioni che stava appestando l’aria, le emozioni degli dei erano quanto meno intolleranti e incontenibili, specialmente quando lasciate senza controlli. Il cuore di Artemide era forse in mille anni davvero aperto, percepibile se non addirittura tangibile. Apollo si dava un contegno dispetto dal solito, ma era dovuto all’unica presenza delle cacciatrici.


Artemide ruppe la tensione, afferrando la mano del fratello e stringendola, come una muta richiesta di perdono, forse, o solo conforto. “Lo so” bisbigliò la dea della caccia, con una voce gravosa, “Questo è giocare sporco” sussurro ed Apollo a quel punto la guardo, l’espressione di Artemide era incredibilmente pentita e lei pareva così fragile a dispetto di quella fierezza che aveva sempre. Il figlio di Leto era rimasto in silenzio, con gli occhi bassi ed un espressione sottomessa, aveva riconosciuto la furba mossa giocata da sua sorella. “Si, è stato sleale. Non è da te” aveva proferito alla fine il biondo. Artemide si era morsa un labbro, “È stato doloroso anche per me” disse la dea, gli occhi di miele si posarono sulle due cacciatrici, studiando le loro espressioni. Sapeva di aver deluso Thalia e di aver procurato in Phoebe altre tristezze; “Ma per una volta ho solo giocato alle tue regole” terminò con la voce posata, senza alcuna inflessione alcuna, nascondendo bene i sui sentimenti.


“Non so che è successo qui, ma tira un aria meravigliosa” aveva interrotto ogni cosa Heather, uscita da una porta di legno d’acero – e non quella del suo stabile – accompagnata da un Nico Di Angelo sul cui volto era stampata un’espressione beata che si era rarefatto in fretta, viste le facce cupe di tutti i presenti. Heather si era passata una mano tra i capelli castano scuri, tipici dell’aspetto umano ed un sorriso cattivo sulle labbra, forse in quella situazione pareva l’unica ad essere se stessa.






1-
Eros: Viene ditto in un mito che quando Eris si presentò al famoso matrimonio dove non era stata invitata, Eros – l’amore – si fece davanti e la mandò via malamente. Eros ed Apollo sono entrati in conflitto per chi dei due fosse effettivamente l’arciere migliore e Eros punì Apollo colpendolo con la freccia d’amore per Daphne. Quindi, be, Eris e Apollo hanno qualcosa in comune. 2-
Ego Phileo Se: (Io) ti amo. Ringraziamo Cat per la traduzione (serve avere classiciste come amiche) 3-
Kai Ego: Anche io. Non ho potuto usare Cat quindi non è sicuro al 100% 4-
Kalos Theos Bel Dio. Probabilmente è corretto.



Anticipazioni? (E perché no)
Ed ora per i giovani Eroi di prendere un tè.
Di ascoltare l’altra versione della storia.
E di affrontare personalità un po’ instabili.
Sedurre una dea.
E perché no, fare anche l’autostop.

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Capitolo 23
*** Non ber d'un sorso il tè di Hypnos ***


Attenzione, chiedo umilmente venia per essere scomparsa da Dicembre(?) ma ho avuto seri motivi, ovvero scuola, danza, teatro, Gente che dovrebbe farsi curare, computer che partivano ogni due giorni, cellulari che li imitavano, mamme che meditano di trasferirsi in Iraq , amici che hanno deciso di andarsene per mesi ,sorelle terremotate ed amiche in crisi - anche io in crisi - e nuovamente Scuola(già citata ma non basta mai)

Se questa storia presentasse molti errori grammaticali, sarei davvero felice se me li faceste notare tutti, poichè word mi ha abbandonato ed ora sono confinata a wordpad, la mia usuale Beta è scomparsa, temo sia tipo sprofondata nel buco del bianconiglio, mi informerò per sapere dove si è cacciata. Avrei due mie amiche che leggono le mie storie e correggono, ma una ha trovato un lavoretto estivo che di etto non ha niente, visto che è tratata come gli schiavi ai tempi dell'esportazione in America. L'altra è in vacanza in un posto impronunciabile (si vicina di casa di Tu-sai-chi in Tu-sai-dove) in Inghilterra. Dunque sono rovinata. :(


Bene vorrei ringraziare un paio di personcine:
campo mezzosangue 4ever: Grazie mielle per la recensione. Sai non mi sembravano così tanti i colpi di scena, comunque gli dei sono fatti così. Non s'anno fare le cose semplici
SoniSapientona: Allora sto lavorando per il bacio, ma almeno si tengono la mano e lei è molto preoccupata. Eos non farà l'ennesima figura delle donne in questa ff, ma ho ripiegato con Hype, più o meno :)
Jishiku: Si la Pizia è la mia bisnonna (non è vero, ma si diceva che la mia bisnonna fosse una strega). Comunque in questo capitolo niente misteri, eccetto la solita cosa finale. Per inciso, grazie tante di essere ovunque :) Niceris is on!
St_Rebel: Questo capitolo lo dedico a te :) che condividi con me la follia Degrassiana e che praticamente so che ami da morire questa storia e la coppia che ne è la colonna portante, che in questo capitolo ha una dannata scenetta malinconica, ma ne parleranno un bel po'.

Che hanno recensito. Agli 8 che Preferiscono, i 2 che Ricordano e i 16 che Seguono


Bene appunto sulla storia: La storia all'origine era un enorme monologo di Eos, ma non mi piaceva, dunque poi è divenuto un discorso tra Eos e Percy, ma mi faceva schifo, dunque è diventato quello che è qui, ma era troppo vuoto poi. Dunque c'ho infilato Annabeth in qualche punto, perchè mi sembrava adatta. Ma era anche spoglia, dunque avevo Phoebe, Thalia, Artemide ed Apollo buttati lì a caso e quindi alla fine ho deciso di aggiustarli meglio. Volevo un piccolo siparietto così avevo pensato di metterci Eris e Nico, non guastano mai no? Però poi ho ripiegato su altri, poichè avevo poco da farci su quei due una volta che si erano baciati :)

Riguardo invece alle conversazioni, quella iniziale tra Phoebe ed Apollo doveva essere più spinta, quella tra Artemide e Thalia aveva una digressione su StarWars ma mi sembrava inadatto. Mentre tra due Dei c'è un discorso un po' forte, dove vengono citate cose spiacevoli, questo discorso era comunque più pesante prima.

Si praticamente questo capitolo è stato riscritto la bellezza di 12 volte e mi sono arenata solamente 7 volte.



Bene devo farvi un riassunto su dove siamo arrivati?

Percy ed Annabeth accompagnati da due amazzoni, che ora si sono date alla fuga, seguono la stella indicatali da Nyx, per raggiungere la mogliette reietta di Orione che devono convincere a creare il sentiero per l'altro mondo in modo che Percy ed Orione possano scambiarsi. Così giungono a Detroit, percorrono il corridoio dei caduti ed alla fine incontrano Eos insieme ad una combricola bislacca. Nel frattempo Grover svolto il suo compito assieme a Juniper e a godersi i dolci con Sam e gli inquilini della sala da tè, dove vengono interrotti da due amazzoni che portano Thalia e Phoebe su commisione di Artemide che è comunque lì per impedire a suo fratello, Apollo, anche lui li, di fermarla. Nel frattempo Nico svolto il suo compito, osserva Eris svolgere il suo, ma i due fanno una pausa dove avviene un bacio. Ed ora ...?


Bene. Meno cinque capitoli :) [ufficialmente, ho trovato il modo di inserire il funerale, avrei voluto trattarlo meglio, ma non ho potuto :( ]

Buona Lettura
EsL
















Non ber d'un sorso il te di Hypnos







“Divina Eos” disse Annabeth chinando il capo e dopo qualche istante il fidanzato la imitò. “Prego accomodatevi” lì inviò lei, ammiccando alle sedie.











La figlia di Atena e Percy si avvicinarono titubanti alle due sedie. Annabeth si accomodò vicino ad Ecate, che si impegnò a sorridere con tutte e tre i visi, il figlio di Poseidone si sedé al lato della ragazza dagli occhi colore dell’oro massiccio. Era così sinistra. “Per tutto il ritardo che avete impiegato dovreste come minimo scusarvi” aveva sottolineato con un tono carico di sufficienza il Ragazzo Che non li amava troppo. “Non è stata colpa loro” li aveva difesi Hype, prima che potessero farlo per proprio conto, si era come risvegliato dalla sua catalessi ed aveva lanciato un’occhiataccia all’atro ragazzo, prima di rivoltarsi verso i due semidei, sorrise languido ad Annabeth. Il figlio del dio del mare sentì un forte fastidio allo stomaco, di quelli che nel passato erano stati istigati solo per l’ossessivo amore dimostrato dalla sua ragazza a Luke, prima che fosse l’eroe, prima di dire che l’amava come un fratello, quando le cose erano confuse e complicate.



“Ci dispiace” disse comunque Percy, sfoggiando un buon sorriso, sperando che il suo aspetto, la maledizione e la collana imbonissero Eos verso i loro confronti. “Figlio di Poseidone. Questa stanza è rivestita dalla mia magia” aveva detto Ecate, con un tono solenne,tutte e tre le bocche avevano parlato assieme, “Medaglioni e maledizioni non sortiscono effetti, o almeno non come se non vi fossero difese” aveva terminato, la testa mezzana. Annabeth aveva guardato la dea confusa, socchiudendo i grandi occhi grigi, “Con il riconoscimento delle divinità minori, i nostri poteri sono aumentati, figlia di Atena, posso fronteggiare abbastanza bene le maledizioni degli dei maggiori” disse la testa vecchia; la bionda aveva sorriso comprensiva. Le tre teste della dea della magia si erano voltate verso Percy ed avevano sorriso amorevoli perché era merito suo.



“Non vi preoccupate. Sappiamo ogni cosa” aveva detto Eos, con un tono etereo ed un sorriso di zucchero . Sembrava così bella e dolce, eppure a vederla lì così vicino, alla distanza di un tavolo circolare, non sembrava più l’elfica ed incantevole fatina che era parsa a primo acchito, sembrava molto più vera. Il sorriso era tirato e forzato, come gli occhi caldi erano malinconici e la voce costretta a quel tono così rarefatto e distante, come qualcosa di angelico. I capelli rossi erano più pagliosi di quanto sembrassero, la pelle non era diafana come la polvere, ma pallida come una candela ed Eos non stava bene, sembrava così affaticata. “Che vergogna. Siete mie ospiti e non vi ho ancora offerto il tè” aveva ammonito se stessa la dea dell’Aurore, comprendoni le labbra rosee con le dita rosate, realmente imbarazzata. “Lascia che me ne occupi io” aveva detto la fanciulla dagli occhi d’oro, parlando per la prima volta, aveva una voce profonda e seducente, “Grazie “ aveva sussurrato Eos. La ragazza aveva schioccato le dita smaltate e davanti ai due fidanzatini erano comparse due tazze grondanti di un tè tinto di una leggera sfumatura violetta, che emanava una fragranza di frutti davvero eccessiva.



“Divina Eos voi state scomparendo?” chiese Annabeth, idelicata dopo lunga meditazione, sfiorando con le dita la tazzina di porcellana bianca, Percy aveva ingurgitato il liquido, ignorando il calore che gli aveva ustionato la bocca e l’esofago, di un fiato. "Si tesoro, sto svanendo" aveva sussurrato la dea con gli occhi grandi e malinconici. Poi gli occhi di tutti si erano voltati da Annabeth a Percy ed alle tazze dei due ragazzi, l'una piena e l'altra vuota. "Io non avrei bevuto così di fretta" aveva sentenziato la donna dagli occhi d'oro puro, con una voce divertita, "Già Pei ha ragione. Mio padre non ha il senso della misura quando prepara il tè del sonno" aveva detto il ragazzo che non li amava molto. "Come?" aveva detto Annabeth confusa, aggrottando le sopraciglia pallide, gli occhi si erano voltati tutti verso il ragazzo biondo dall'aria addormentata, "Spero non finisca in coma" aveva detto, senza scomporsi e senza inflessioni di alcun genere. Allora Percy si era reso conto che la gola aveva smesso di bruciare, ma il sorriso dolceamaro di Eos difronte lui si stava sciogliendo, come tutto il resto, i contorni diventavano sempre più sfocati, ad un certo punto potè dire si mischiassero anche. Non fece in tempo a voltarsi verso la sua fidanzata che collassò sul tavolo, urtando con un pungno la tazza, che si frantumò, non lasciando però ferite al figlio di Poseidone, forse si rese conto in modo sconclusionato che l'acqua dello stinge in cui si era bagnato funzionava ancora, se non aveva a che fare con Eris, Thanatos e Ker. L'ultima cosa che udì prima di ritrovarsi stretto nella morsa del sonno, tra incubi e sogni, era la voce della sua ragazza urlare il suo nome ansiosa.



Se avessero chiesto ad Apollo chi fosse stata la donna più bella del mondo lui non avrebbe avuto risposte da dare, se non sua madre o sua sorella. Ma c'erano state tra le sue amanti donne bellissime, la mamma di Phoebe non l'era stata, era di una dolcezza incredibile, con le labbra soffici e gli occhi grandi, così la ricordava. La fanciulla che era in quel momento di fronte a lei di quell'antica donna passata aveva le stesse labbra grandi e rosee, gli occhi immensi e scuri e le gote infiammate, mancava dei ricci neri ed agrovigliati, aveva invece capelli biondi e luminosi. "Vuoi un'altra fetta di crostata?" chiese incerto, guardando la cacciatrice di Artemide, "Si" rispose empatica l'altra, prendendo il pezzo che il dio del sole gli aveva allungato. Apollo aveva ignorato le regole da sempre, aveva cercato sempre in tutti modi di avere rapporti con i suoi figli e ne aveva sempre avuti, ma Phoebe lo aveva chiusto fuori dalla sua vita, incolpandolo di aver abbandonato sua madre ed inseguito imputando a lui tutte le colpe degli uomini. Era diventata una cacciatrice ed in più di due mila anni gli aveva rivolto la parola solo poche volte, una di queste era stata per ordire l'omicidio del Cacciatore.



"Questa volta noi non faremo nulla" aveva detto Phoebe, prima di mordere la crostata, Apollo era rimasto silenzioso alle parole della figlia, "Come Febe*?" aveva chiesto confuso, "Non faremo nulla" aveva risposto la cacciatrice, guardando seriosa il dio, "Sono la prima a non volere l'incontro tra Artemide ed Orione. Ma per una notte meritano il loro adio" aveva detto la bionda, scostandosi una ciocca di capelli. Il dio del sole aveva guardato la figlia con espressione concitata, passandosi una mano tra i capelli, "Anche se volessi fare qualcosa non potrei" aveva constato poi sconfortanto ed annoiato, gettando uno sguardo alla porta bloccata con catene di bronzo celeste. Moros li aveva chiusi nella zona ricreativa nel Chaos Ton Gefson perchè non facessero troppi danni.



"Che gli avete fatto?" aveva urlato Annabeth, dopo aver scosso più volte il ragazzo, che pareva esser scivolato in una morte apparente, "Tranquilla. Dorme solo" l'aveva tranquillizzata Hype, con un sorriso amorevole, "Sperando non sia in coma" aveva detto il ragazzo dai capelli scuri come un incubo, ma dal tono di voce, si evinceva che evidentemente non doveva interessargli poi molto. "Morfeo smettila di essere così malefico. Se abbiamo riconoscimenti lo dobbiamo a loro" aveva detto Pei con serietà, con gli occhi oro scintillanti, "Al ragazzino non va giù di aver perso la guerra" aveva detto Hype lanciando uno sguardo eloquente a Morfeo, che si era limitanto a digrignare i denti. "Non parliamo della guerra, dond'evitare spiacevoli incomprensioni" aveva detto Ecate con tutte e tre le teste, in una sincronia perfetta. Annabeth per qualche istante si era dimenticata del fidanzato semimorto sul tavolo, sconcertata dalla presenza del dio che l'estate scorsa aveva addormentato tutta Manatthan. Grover e Percy l'avevano descritto Diverso.



"Che è successo al mio ragazzo?" aveva esclamato poi Annabeth, ricordando il fanciullo addormentato sul tavolo. "Ti prometto figlia di Atena che non sarà nuociuto alcun male al tuo eroe" aveva detto Eos con un sorriso dolce, poi si era voltata verso la ragazza seduta accanto a Percy, "Mia buona Peito Cronide, conduci l'Architetto e gli altri nell'altro alloggio, qui accanto" aveva detto con grazia estrema, ma la bionda si era arpionata al braccio del fidanzato, intenzionata a non lasciarlo con la dea dalle rosee dita e a non seguire assolutamente la figlia di Crono, il titano che avevano combattutto negli ultimi cinque anni fino allo stremo. "Non credo si muoverà" aveva detto disgustato Morfeo, ed Ecate meno sprezzante gli aveva dato ragione, alla fine dopo una serie di sguardi lanciati tra loro, Hype aveva bloccato il dio dei Sogni ed aveva detto che ci avrebbe pensato lui.






Thalia Grace aveva trovato stranamente interessante come attività far vibrare i fili delle calze a rete grigie, per non fissare la ragazzina al tavolo di fronte il suo. Artemide dal canto suo aveva uno sguardo fisso nel vuoto, aveva deciso di dire tutta la verità, pericolosa ed immorale quale fosse. Era ora di essere onesta con chi si era fidata di lei sempre ciecamente."Quindi, lei è stata innamorata?" sfuggì alla fine a Thalia dalle labbra, la dea annui e sospirò, inutile negare, inutile danzarci attorno, prima o poi quell'argomento sarebbe saltato fuori nei loro discorsi, era una conversazione che andava affrontata. "Si, non dovevamo. Ma era stato un processo naturale" aveva detto alla fine la dea della caccia con occhi bassi, Thalia era rimasta in un silenzio di tomba, poi aveva leggermente aperto la bocca, "Non è possibile" aveva detto sconvolta. Artemide abbassò gli occhi rea delle sue colpe, "Ti ho deluso, ne sono certa" aveva detto alla fine, "No, mai, Signora mai" aveva detto Thalia, allungandosi ed arrendo per le mani la sua signora, "Sono solo sconvolta" aveva specificato la figlia di Zeus. Artemide aveva guardato la sua luogotenente con occhi malinconici, la figlia del Padre degli dei aveva potuto vedere davanti a se la stessa Artemide, che prima di lei solo Percy aveva visto, fragile e così tremendamente umana. E la fece stare male, perchè la Sua Signora era la sua, anzi la loro,di tutte le cacciatrici, roccaforte, era l'unica che si manteneva forte ed infondeva loro coraggio e non poteva essersi lasciata infettare dalla stessa malattia che una volta aveva affetto lei.



"Lui era diverso da qualunque maschio. Aveva rispetto per le donne, per la natura ed onorava la caccia" aveva spiegato alla fine la dea, dopo che tra le due si era formato un silenzio più che mai angosciante, "Era favoloso" aveva ironizzato Thalia, cercando di immaginarsi questo fantomatico figlio di Poseidone che aveva fatto impazzire la donna che aveva tramutato più di tutti uomini nelle più svariate creature. Immaginava un Percy più adulto, forte ed affascinante; una cosa che effettivamente a mente lucida le sembrava davvero difficile. "In realtà non lo era. Amava la caccia e la natura, forse non era rispettoso quando mi sembrava con le donne, ma lo era con me" aveva sussurrato la dea abbassando gli occhi sul tavolino di vetro, Orione il cacciatore, tremava ed arrossiva ancora nel ricordarne il nome ed il volto. Era il suo più grande segreto, era stato per tanto tempo il tacito patto silenzioso che aveva avuto con Lan, Phoebe e Zoe; ma ora era finito il tempo dei segreti, finito per sempre e forse lei avrebbe avuto il suo addio, anche se a guardarla da fuori non era assolutamente la cosa giusta.



La dea della caccia si ritrovò davanti il suo naso una coppa di gelato a tre gusti, Thalia qualcosa che doveva ricordare un cheesburger con molte cipolle, avevano smesso entrambe di fissarsi per guardare i piatti che le erano stati serviti, poi sincronicamente avevano alzato lo sguardo verso il generoso cammeriere, che si era rivelato un ragazzo dai capelli arruffati scuri e gli occhi profondi, con una sigaretta infilata nell'orecchio, "Offre la casa" aveva detto Sam con sorrisi dolci. Quando era tornato al suo tavolo, Sam aveva trovato gli occhi sbigottiti di Juniper, Grover -che stava divorando per nervosismo una lattina - e Phil, che forse non era troppo sorpresa. "Scusate, di recente sono così dolce" aveva detto il ragazzo languido. E come un avvoltoio sulla propria preda Cheryl si era fiondata sul fidanzato, "E già! Di recente sei molto dolce. Troppo dolce" aveva detto tagliente, con gli occhi castani freddi, duri e severi, con le mani piantate sul vestito a fuori. Questa volta l'intero locale si era voltato verso i due, perchè Cher aveva perso la pazienza, ma non era questa la cosa strana, lei era sempre presa dalla collera, ma era perchè aveva alzato il tono verso Sam, nessuno parlava mai in modo burbero con Moros, nessun dio che avesse un po' di sale in zucca, e Cher lo era, ma soprattutto non la sua spaventosa fidanzata di sempre. Moros, nella sua umana forma, ridacchiò divertito, "Non posso dire che effetto mi fai. Ci sono orecchie più giovani di tremila anni, non vorrei sconvogerli" aveva detto il dio per eccellenza. La bionda l'aveva freddato con lo sguardo, incurante di ogni cosa, si era voltata infuriata ed allontanata a passo svelto per dedicarsi alla sua attività di cameriera con i nervi a fior di pelle. Che era successo al suo crudele e sanguinolento dio del destino avverso?




Thalia si lasciò sffuggire un sorriso, mentre addentava il suo panino, quella si che era una scenetta divertente, due dei più potenti e pericolosi dei di sempre che litigavano da brava coppietta. "Sono all'incirca ... Dall'inizio dei tempi, in veritò, che bisticciano" aveva assicurato Artemide, guardando Sam sorridere sfrontato seduto al tavolo con la sorella dalla dobbia personalità e lanciare poi uno sguardo alla bionda che serviva ai tavoli con freddezza ed irrascibilità. "E lei ed Orione, voi litigavate?" chiese Thalia, posando il panino sul piatto, la dea della caccia e della luna si era passata una mano tra i capelli rame, a disaggio, una cosa patetica ed umana, "Mai" aveva risposto, "Neanche quando mi aveva detto di aver già preso in moglie Eos. Neanche all'ora ebbi la forza di arrabbiarmi" aggiunse onesta. Sollevò appena un po' gli occhi, le due lune piene scintillavano come stelle lucente. Thalia percepì la grandezza e la colpevolezza di questa cosa, era amore , più profondo di qualunque mai lei avesse provato, maggiore ed intenso di quello che animava Percy ed Annabeth, che per lei era l'emblema dell'amore. Artemide rimase a fissare Thalia, aspettando il suo verdetto, "Non cercherò di fermarla nella vostra ultima notte" aveva alla fine concesso la figlia di Zeus, con un sorriso onesto. La dea aveva sorriso. La cacciatrice aveva afferrato la mano della sua guida, "Ma mi prometta, Signora, di non spezzare il voto" aveva supplicato, l'altra aveva acconsentito. Gli occhi luminosi luccicavano. Una domanda però era rimasta intrecciata sulla lingua della figlia del dio dei fulmini, se in passato Artemide avrebbe mai rotto il voto per il mezzogigante? Ma poi aveva scelto lei la risposta : Non voleva saperlo. Voleva fidarsi.






I sensi di Percy erano del tutto intorpiditi. Si muoveva a fatica, c'era un peso sulle sue spalle ed il buio lo circondava, non importa quanto tentasse di aprire gli occhi, non ci riusciva, l'oscurità l'aveva inghiottito. Orripilato si era poi accorto, che gli occhi erano aperti, ma il buio c'era ancora. "Mio signore, Orione, quella è la caverna dove vive la Dea dell'Aurora" disse una voce giovanile più in su della sua testa, così si rese conto che qualcuno era seduto sulle sue spalle, ed arpionava i suoi capelli con delle mani fini, era un ragazzetto. "Dove?" disse Percy, ma si rese conto che la voce fuggita dalla sua bocca era di Orione il mezzogigante, "Altri duecento passi verso il levante" aveva detto il ragazzino, così lui si era mosso, realizzando che sotto i suoi piedi non c'era il suolo resistente, ma la morbida e sfuggevole acqua, stava camminando sulla superficie marina di nuovo. Qualcosa di peloso sfiorò le sue dita, doveva essere Sirio o l'altro segugio stellare. Ecco che viveva un altro ricordo del suo defunto fratellastro, eppure quello sapeva non essere spontaneo, era stato indotto, Eos voleva che lui vedesse lei con gli occhi di Orione come precedentemente aveva visto Artemide.



Sentì un gorgolio alla testa, un formicolio ovunque e si era ritrovato da tutt'altra parte. Il buio ancora lo avvolgeva, ma non aveva più pesi sulle spalle, come non era più eretto, ma steso sulla superficie dura e scosciesa di pietra. Qualcosa sfiorò le sue palpebre, un tocco lieto e delicato, "Mio cacciatore. Fidatevi di me" disse una voce dolce ed amorevole, era quella di Eos, Percy ne era certo. Poi una luce forte aveva perforato la sua oscurità, il buio si era illuminato e poco a poco la dea dalle rosee dita era comparsa davanti a lui ed era diversa dalla fanciulla che il semideo aveva visto pochi minuti prima. La dea dell'aurora aveva i capelli rosso fiammeggiante, il volto roseo e rinvigorito, gli occhi grandi e luminosi, non aveva quell'aria affaticata e malata, era viva e nel pieno delle sue forze. Effettivamente più di duemila anni potevano pesare sull'aspetto. Lui sentì tramite il fratellastro un sentimento particolare, un calore sul petto, un brivido sulle collona vertebrare, la stessa sensazione che aveva avuto davanti la figlia di Atlante esiliata, la sua Calypso. "Lei è la più incantevole creatura che io abbia mai visto" aveva detto il cacciatore, cacciando dalla sua mente il volto di qualche fanciulla che vi era stata nella vita prima di lei, perchè il mondo di Orione si era fermato e ridotto lì ad Eos meravigliosa davanti a lui.



Il tempo e la scena era cambiata ancora. Il mezzogigante guardava il cielo a pieni occhi, gustandosi la luce del sole che per un po' era stata oscurata dalla cicità. Era in piedi sulle acque e tra le braccia teneva la dea dalla chioma fiammante, cercando di trattenerla dal farla cadere in acqua. Era luminosa la fanciulla. Eos avevaposato le mani sulle guance dell'uomo, con gli occhi caldi che fissavano i suoi intensamente, le labbra di Eos erano sul punto di schiudersi per dire qualcosa, ma Orione si era chinato e le aveva zittite con le sue. Un bacio dolce e delcato. Quando si erano allontanati le guance della dea erano rosee come le sue dita, "Dea dell'aurora, diventa mia moglie" enunciò Orione, la dea deglutì. "Si" esclamò, fionandosi di nuovo sulle labbra del mezzogigante. "Sarò la tua devota moglie fino alla fine dei tempi" aveva aggiunto con un sorriso raggiante. Percy si era sentito male per lei, aveva vissuto in Orione tanto da poter dire che amava la dea dell'alba ma che l'amore che provava per essa non poteva neanche lontanamente essere paragonato al sentimento provato dal cacciatore alla dea vergine.



La scena cambiò ancora. Percy non si trovava sull'acqua, ma stava guardando il suo rilesso in una fonte; Orione aveva indossato un chitone bianco lungo ed ornato come una volta Annabeth li aveva mostrato le vecchie tradizioni greche dei matrimoni, il cacciatore era sul punto di sposarsi. Si alzò ed entrò nella caverna, Eos l'attendeva vestita d'arancio ed un sorriso innamorato. "Se puoi pensare che io ti sposi perchè Afrodite mi ha maledetto. Sbagli. Ti amo e basta" l'aveva accolto la dea con un sorriso onesto, "Io so" aveva detto lui. Ma Percy avvertiva che Orione mentiva così come sapeva che Eos aveva mentito. Si erano ritrovati così l'uno davanti a l'altro; la dea vestita con la tinta del melograno, i capelli raccolti in una treccia pieni di fiori bianchi tra i capelli. Avevano giurato davanti ad Era e Zeus si amarsi ed onorarsi fino alla fine delle loro esistenze, non importava che l'uno fosse mortale e l'altro no, Eos si sarebbe dissolta per lui o li avrebbe concesso l'immortalità. " Ti amo" fu l'ultimo sussurrò che udi Percy, non capì neanche chi l'avesse detto, la scena era cambiata ancora.



I segugi stellari erano al suo seguito, lui stava attraversando l'ocena con le sue gambe, si era voltato poche volte indietro, aveva guardato la caverna in cui aveva abitato fino a quel momento con quella che era sua moglie e che lui amava, dal profondo del suo cuore. Ma sapeva, sapeva che la sua vita andava oltre le cure amorevoli di Eos, qualcosa lo aspettava nella vita, qualcosa di più consono a lui, Orione ne era certo. Percy sapeva che senza volerlo od anche immaginarlo, il suo mezzofratello stava parlando di Artemide la guerriera. Eos lo vedeva dalla sua caverna, era uscita, era arrivata al limite della spiaggia o forse l'aveva anche superata, era triste si percepiva, ma non così distrutta ed addolorata da quella perdita. Era solo una maledizione, il loro amore era sempre stato solo quello. Eppure Percy si era sentito triste per loro, perchè era stato come vivere di nuovo l'addio al suo più grande Se. Una malinconica e dolorosa esperienza che aveva sperato di non rifare.



L'ambiente era cambiato ancora e questa volta il figlio di Poseidone era certo di essere se stesso, nei suoi capelli neri ed il ciuffo bianco, negli occhi verdi, con la sua benedizione da stinge, le varie ferite che gli avevano inferto negli ultimi giorni, nonostante l'invulnerabilità, ed i suoi vestiti da ventunesimo secolo. Non era Orione, era se stesso era Percy, ma era ancora incastrato in un ricordo. Un ricordo triste ed oscuro. La luna era alta nel cielo, sopra la sua testa. Era su una spiaggia dalle coste bianche, una pila di pietre davanti a lui ed una figura arrotolata in un drappo prezioso, c'erano pezzi di legno ed il mezzosangue potè comprendere fosse un funerale. Al suo fianco sinistro c'era Zoe fiera come sempre, eppure nei suoi occhi Percy leggeva un'ombra, ma non gli importava, era così felice di aver visto nuovamente la sua amica, che quasi non gli importava di capire dove fosse. Accanto a lei erano schierate le cacciatrici, riconobbe Phoebe con gli occhi bassi ed alcune delle altre, ma erano cambiate nei secoli. Dal suo lato sinistro c'era Apollo, cercava di nascondere un sorriso sfrontato mostrandosi fintamente triste, ma non c'era senso di colpa nel suo sguardo o nel suo temperamento, qualunque cosa avesse fatto il dio, non ne era pentito. C'era anche suo padre che piangeva, sulla spalla della sua acida matrigna che non pareva affatto toccata da quella scenetta. Tanti altri c'erano. Percy riconobbe Eos in lacrime, ogni tanto lanciare sguardi ambigui ad Afrodite che sotto lo sguardo distratto di Efesto, stringeva la mano di Ares, che guardava anche lui la dea dell'aurora. Alla fine la dea era scivolata in ginocchio tra i singhiozzi, aveva macchiato l'abito bianco di sabbia bagnata ed aveva arruffato i capelli disperata. La moglie.



Ma alla fine il figlio illegittimo di Poseidone aveva veduto una sola persona e tutta l'attenzione era rimasta a lei, Artemide, con i capelli rame sciolti e fluttuanti, con indosso un lungo abito cerimoniale scuro, che la faceva apparire più matura di quando non fosse, il volto era una maschera, imperituro e privo d'emozioni, neanche gli occhi tradivano tristezza o qualche altra emozione, ma Percy sapeva che stava morendo, perchè il suo cuore era defunto, per la colpa che sentiva gravarsi nel petto, colpa poi per cosa? Per l'omicidio o per quell'amore che non avrebbe mai dovuto provare? Artemide prese dalle mani di estia una fiaccola e con quella appiccò l'incendio che avrebbe bruciato quello che doveva essere il cacciatore. "Che nell'altra-terra tu possa regnare, mio cacciatore" sussurrò Artemide, Percy si avvicinò per guardarli, la dea della caccia posò la mano su quella che doveva essere la fronte, mentre il fuoco bruciava la carne, il drappo ed anche la pelle della dea e raccolse qualcosa da lui, come una sorta di energia fluttuante, era una cosa strana che aveva già visto succedere con Zoe, l'ultimo sospiro era quello che aveva raccolto Artemide. "Che tu possa perdonarmi, mio amato" aveva detto ancora, aveva portato l'energia alla bocca e l'aveva soffiata verso il cielo, così tra le stelle si era depositata la costellazione del cacciatore, "Che tu possa combattere con lo scorpione per l'eternità, che i tuoi seguici ti seguano, che tu cacci e governi nel cielo e che io possa bearmi del guardarti fino alla fine dei tempi" recitò Artemide alla fine. Si allontanò dal fuoco e con gli occhi rivolti al cielo, si conscesse una lacrima dai suoi occhi. Percy ebbe la sensazione che avrebbe detto qualcos'altro, leggeva nel suo volto qualcosa, ma la dea tacque.






Annabeth non era affatto tranquilla a stare lì con la Cronide, Morfeo, Ecate e quello che poi si era rivelato Hypnos, fuori alla porta della stanza, sapendo che Percy era forse in coma in una stanza con una dea maledetta che non poteva non giacere con qualunque bel fanciullo si ritrovasse davanti e non solo il suo fidanzato era carino, indossava una collana che lo rendeva irresistibile, ma forse doveva fidarsi dalla dea trifacciale c'era un incanto che rendeva maledizioni ed oggetti incantati meno potenti. Vi stare chiedendo come avevano fatto a trascinarla fuori dalla stanza? Il dio del sonno era spesso molto convincente, specie se applicava l'arte dell'ipnosi e senza neanche sapere come la figlia di Atena si era ritrovata a sguirli senza scomporsi minimamente. Hypnos le aveva posato le mani sulle spalle, "Mio figlio ha ragione, talvolta esagero. Ma sia io sia lui siamo molto bravi con i tè dei sogni. E per evitare spiacevoli inconvenienti l'ho preparato io" l'aveva tranquillizzata, ma Annabeth non era affatto più tranquilla, lanciando uno sguardo al figlio, che aveva regalato alla figlia della dea della saggezza un sorriso malefico. La bionda lo guardò di malo modo, la verità e che non si fidava di Morfeo, era stato scortese con loro e durante la guerra era stato un difficile nemico e Hype aveva uno sguardo troppo addormentato per poter esser preso sul serio, non sembrava abbastanza sveglio. "Non riesco" aveva detto lei alla fine, il dio del sonno alla fine si era avvicinato e l'aveva stretta in un abbraccio, che Peito dopo averli lanciato qualcosa di ben poco identificato aveva definito Inapropriato. "Vieni cara, allotanati da quella piovra" aveva detto Peito, allotanando Hype dalla bionda, con sguardo addormentato, "Io non sono quello cattivo" aveva detto il biondo, lanciando uno sguardo al suo superbo figlio che era arrivato a non soffrire più il pessimo gusto rossastro della donna a tre teste e cercava di aggiustarla il più possibile.



Annabeth aveva guardato attentamente gli occhi della dea, erano oro puro come quelli che un tempo aveva avuto Luke quand'era sotto l'influenza del padre di Peito, "So che non puoi fidarti di me. Neanche io mi fiderei di me, se fossi in te" aveva scherzato la dea, mentre teneva Annabeth per arpionata per le spalle, "Non dovrei fidarmi di te? Perchè tua madre prova gusto a tormentarmi? Aggiungendo persone a caso nella nostra vita? O perchè tuo padre ha cercato di ucciderci tutti?" domandò retorica Annabeth, Peito accennò un sorriso ironico, davvero diverita da quella risposta, "Non saprei proprio" aveva detto con una vocina divertita e maliziosa, che alla figlia di Athena aveva ricordato qualche sciocco figlio della dea dell'amore. "Ho presenziato all'amore di Artemide ed Orione. Sono felice che voi li stiate aiutando" aveva detto la figlia del signore del tempo, che nel suo riso aveva più di sua madre che di suo padre. Annabeth forzò un sorriso, in quel preciso momento non li importava di quell'amore andato in malora, di quell'accozaglia di strani dei minori, de tè o di che altro, voleva solo sapere cosa stava succedendo oltre le porte di mogano bianco e che Percy stesse bene; niente di più.






"Vogliamo parlare nel posto dove Eris si è data all'Homofilia?" aveva chiesto Moros divertito, nel suo vero spettrale aspetto, "Potremmo anche parlare in cima alla torre Effel tra le coppiette felici" aveva risposto gelida Ker, con i capelli albini e gli occhi completamente neri. Il dio del destino aveva guardato la sua mata dea del destino di morte violenta, era oltremodo arrabbiata, non c'era verso di nasconderlo, era veramente infuriata. Moros si accomodò sulle panche di pietra del gazebo sul tetto, circondato di edera morta, Ker si era accomodata difronte a lui, "Sei arrabbiata perchè sto diventando gentile?" domandò lui preoccupato, "No, gentile è Eris alle consegne o io quando servo. Quello è il nostro limite di gentilezza. Tu sei come Harmony e Phil, una disgustosa caramella zuccherata" aveva esclamato la dea con convinzione. "E costringi me a fare la carina. Dov'è finito il mio Moros? Quello che ha regalato fiori ad Eris per aver fatto scoppiare la guerra di Troia? Denigra i cadaveri? Ha convinto il presidente americano a far scoppiare la bomba atomica? Ha banchettato sui cadaveri in vietnam? A provocato un figlio di Efesto fino a far bruciare Londra? Ha costreto Efesto a bruciare Pompei nel magma? Si è fatto aiutare da Phobos e Deimos l'undici settembre, perchè eri stufo di questa precaria pace?" urlò Ker, lei era innamorata di un mostro senza cuore, di una creatura che considerava gli umani l'ultima catena del carro, le sue personali pedine da gioco.



Moros si alzò dal suo posto per accomodarsi accanto a lei, "Se dopo tutta questa storia, ti prometto che mi comporterò bene. Sarai meno arrabbiata?" chiese Moros, con dolcezza, prendendo le mani della fidanzata, che si limitò a guardarlo freddamente, "Ti porto a cena fuori. Sulla striscia di Gaza, in mezzo ai soldati morenti o preferisci i civili?" aveva proposto, "Civili bambini" aveva deciso Ker, "Ma niente pollo!" aveva poi aggiunto, Moros l'aveva gelata con lo sguardo, "Ora esageri" aveva detto serio, la dea del destino violento aveva abbassato lo sguardo, ora lo riconosceva il suo intrasigente amante, "Senza pollo non puoi vivere. Dimenticavo" aveva detto alla fine. Moros aveva ridacchiato, poi aveva accarezzato il volto marmoreo della sua bella, "Posso picchiare Jackson alla fine di questa storia? E magari lasciandoli un livido. Sono la dea del destino violento. Non lo posso uccidere ma lo posso ferire, l'ho già testato" aveva detto Ker, non si era aspetta questa capacità ma dopo che avevano combattuto si era reso conto che l'aveva ferito, "Un solo pugno" aveva decretato Moros, la dea aveva riso diverita, poi aveva schiacciato le sue labbra sulle sue. " Posso regalarti un coniglietto morto?", " L'apprezzerei".






Percy aprì gli occhi per l'ennesima volta, solo che questa volta davanti al suo naso c'era la dea dell'Aurora stanca che aveva visto prima di cadere nei ricordi. "Scusa il trattamento" aveva sussurrato la rossa, con il volto posato su una mano, "Non si preoccupi" aveva detto Percy, cercando di recuperare qualcosa per pulirsi la faccia coperta di te, ringraziando che le schegge della tazza che si era rotta non l'aveva graffiato, almeno la sua invulnerabilità funzionava ancora. Eos sorrise onesta e Percy si rese conto che lei lo aveva spinto a vedere quei ricordi, "Era amore il vostro?" domandò alla fine il semidio, "Era una maledizione" aveva risposto la dea, "Ma era amore e credo fosse vero" aveva risposto alla fine la fanciulla, "Il suo era spontaneo, il mio indotto ma era sempre vero. Era parte della meledizione" aveva spiegato alla fine, con un sorriso che pareva sincero. Percy rimase in qualche modo incantato e stupito da quel sorriso, poi alla fine dopo un bel sospiro chiese: "Lei ci aiuterà?" il sorriso di Eos non si scompose di un millimetro.



"Bene ora dovete sloggiare" aveva detto alle spalle del figlio di Poseidone, Morfeo entrando nella stanza con tutti al seguito, "La dea non ha risposto" ribattè Percy, "Chi tace acconsente, ragazzo" aveva detto una delle facce di Ecate, non avevano badato a quale, il semidio si era voltato verso la dea, che aveva annuito, "Però vorrei che tu provassi a fare una cosa per me" aveva detto la dea, lanciando uno sguardo alla Cronide, che aveva trattenuto una risatina, "Certo" aveva detto quello, "Che tu provassi a convincere Afrodite ad annulare la maledizione" aveva detto, Percy non trovava assolutamente alletante impelagarsi con altre divinità, ma pensò che per avere un'Artemide dinuovo energica e meno umana, era un buon prezzo da pagare, così acconsentì. "Perchè lo fate? Perchè ci aiutate?" chiese comunque Annabeth, perchè nonostante la sua intelligenza le veniva complicato capire, lei non era certa avrebbe aiutato Percy a rincontrare una sua amata, "Perchè faccio sempre il tifo per gli amori impossibili" aveva risposto quella, accompagnando il tutto con un occhiolino.



Solo mentre percorrevano la strada all'inverso scortati da Hype che la guardava rapito e Percy che lo fulminava con gli occhi, la figlia di Atena aveva compreso le parole dette. L'amore tra Orione ed Eos era stata una maledizione, dunque era stato facile per lei staccarsi, l'amore che aveva animato i cacciatori era stato di tutt'altro genere e se la dea dell'Aurora avesse tenuto ancora un po' al semigigante avrebbe fatto di tutto perchè fosse felice. Anche lei si sarebbe fatta da parte se questo avrebbe reso felice Percy, ne era certa. Allungò una mano verso il ragazzo ed intrecciò le sue dita alle sue, lui arrossì un po', decisamente a in imbarazzo ed Hype fece una smorfia. Quando uscirono dal negozio d'alta classe con cui erano entrate con le amazzoni finite ora chi sa dove, Hypnos parlò loro, "In questo posto c'è un pessimo campo. Ne chiamate mentali ne Iris prendono. E i pegasi non sorvolano questa zona ed i viaggi d'ombra sono molto difficili. Sapete colpa di Ecate e tutti i suoi incanti" aveva mantenuto un espressione seria, "Come torniamo a New York?" aveva chiesto giustamente il figlio del dio del mare, al loro fianco si era materializzato il figlio di Hypnos con il sorriso sfrontato stampato sul viso, aveva afferrato la mano di Annabeth e l'aveva chiusta a pugno, lasciando fuori il pollice, "I mortali fanno da secoli così, mi hanno detto che funziona" aveva poi spiegato.



Quella era la loro soluzione? Detroit-New York in autostop?









*Phoebe: In inglese si pronuncia Fibi e per questo chiamata Fifì, ma in Latino, e presumo anche in greco, potrei anche sbagliare, ma si pronuncia Febe (Infatti questo è quello che porta tutti a pensare che Phoebe sia figlia di Apollo, il nome e perchè è una guaritrice). Comunque Apollo la chiama con la sua vera pronuncia.




Una fanciulla conta le ore
perchè sta per (r)incontrare il suo amore
Ma il viaggio è ancora lungo,
ma si sa
non c'è cosa più dolce dell'attesa
E qualcuno ha un segreto.


Il Phyton non è entrato molto bene in me questa volta, ma il prossimo capitolo è davvero inutile ed è solo per soddisfazione personale

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Capitolo 24
*** Dolce è l'Attesa ***


Allora, ci tengo a dire, che oltre a questo mancano tre capitoli alla fine! Sorridiamo tutti!
Non vi ho fatto aspettare troppo sta volta, solo un mese e due settimane. Si lo so, sono pessima, lo giuro sembrava davvero di meno.

Nota numero Uno: Non è Betato e non ho fatto a tempo neanche a correggere il precedente, potevo a stento scrivere, sapete cercando di recuperare un debito è un po' difficile, dunque fate ciò che avete fatto nel precedente capitolo. Scrivetemi quegli errori che neanche un bambino di terza elementare non farebbe (Ricordatevi però che sono una povera ragazza Disortografica, ufficialmente ho anche l'attestato)


Riguardo le anticipazioni del prossimo capitolo, davvero non avevo idea di che scriverci, poichè il capitolo è molto, molto, semolice ed ovvio. Rivedremmo vecchi amici in ogni senso. Seconda cosa, posso anche dirvi il titolo provvisorio (probabilmente rester in alterato) : Così in Cielo


Vorrei ringraziare gli 8 che preferiscono, i 2 che ricordano e 16 che seguono. Ovviamente i lettori (registrati o meno) e soprattutto i recensori :
Dandelion to dream (In questo capitolo c'è quella cosa)
Hp_PJ_RG_E 4ever (Grazie mille per tutte le tue correzzioni)
St_rebel (sempre grazie per essere in ogni foto, post e commento che faccio di questa cosa)



Le due (non esattamente) comparse a sorpresa avvenute in questo capitolo erano state progettate dagli albori della storia, quando ancora contavo di farla di cinque capitoli, si inizialmente contavo di farla davvero breve) e quella cosa che hanno, capirete, era compresa nel prezzo. :D



Come ultima cosa prima di lasciarvi al capitolo, vi lasciò le amazzoni, tutte e 8 : http://www.facebook.com/photo.php?fbid=4067852267799&set=a.3864284578734.153512.1627105285&type=1&theater
Poi mi dite quale preferite (Probabilmente le prime 5 non apparirano nuovamente)
Su quella stessa pagina di facebook, sto postando tutta una serie di attori e di persone che potrebbero interpretare i vari personaggi, che siano comparse o meno.


Ultimissima cosa : Il fatto a cui Percy fa riferimento all'inzio è un episodio puramente immaginario in cui il nostro Testa D'Alghe fa l'adolescente normale, il Sammy citato è ovviamente il caro Moros.





Buona lettura
EsL
























Dolce è l'attesa



























Quella era la loro soluzione? Detroit-New York in autostop?









Morfeo li aveva accompagnati fino alla superstrada e li aveva lasciati lì, precisando che l'opera di Ecate copriva fino a quella zona. Quindi erano ancora a piedi. Annabeth si era seduta sul ciglio della strada, mentre Percy faceva il bell'imbusto con il braccio teso ed il pollice in bella vista. Era fermamente convinto che qualcuno prima o poi si sarebbe fermato, contava molto su Moros, sapeva che lui non l'avrebbe mai abbandonato. "Una volta ho affrontato una situazione simile in gita" disse il figlio di Poseidone, facendo sollevare il capo alla sua ragazza, aveva uno sguardo confuso, "Io davvero non voglio sapere" aveva boccheggiato la bionda. Percy invece si era messo a ridere ricordando quella particolare avventura. "Eravamo a Washigton. Fu colpa di Mark Wellinton, aveva deciso che doveva fare uno scherzo a me, a Sammy e Joshua Gordon ..." stava blaterando, ma Annabeth si era limitata semplicemente a guardarlo un po' storto, chiedendosi che cosa li fosse preso; magari era un effetto collaterale del tè dei sogni di Hypnos, poteva averlo stupidito un poco. "Testa d'Alghe abbiamo fretta" sentenziò alla fine. Si alzò ed andò anche lei a cercare un passaggio. Le vennerò in mente i tempi da bambina con Luke e Thalia, quante volte era stata sul ciglio di una strada infreddolita e spaventata mentre quei due raccimolavano passaggi da gente di cui fidarsi o meno, rischiando di finire in mano a demoni o quan'altro. L'unica cosa che le permetteva di sopravivere era la completa fiducia in quei due.




Una macchina cominciò ad arrestarsi, una mustang di quarta generazione, tinta di rosso vermiglio. I posti davanti erano occupati entrambi. E la targa diceva Università dell California. Posto decisamente lontano da Detroit. Dal posto accanto quello del conducente, era uscita una ragazza dalla pelle leggermente arrosata sulle spalle, con indosso dei pantaloni mimetici, i capelli castani lunghi ed spagettosi, coperti sulla testa da una bandana nera, il corpo sparso di cicatrici ed una bella evidente sul mento. Occhi grandi e castani. "Guarda che pesciolini che abbiamo pescato" aveva detto incredibilmente divertita ed un sorriso arcigno sul viso. Percy rimase incredulo di avere davanti a se quella persona, l'ennesima figlia di Ares della giornata, eppure quella era senza alcun dubbio la più gradita, Clarisse La Rue sterminatrice di Drakon. Annabeth le era corsa in contro e le due si erano strette in un abbraccio, cosa strana. Percy guardò la figlia prediletta del dio della Guerra, aveva qualcosa di diverso e non perchè era stata carina abbracciando il suo ragazzo, sembrava strano a dirlo ma quella ogni tanto mostrava emozioni positive verso qualcuno, Chris il più delle volte; No, la stranezza di Clarisse era di diverso genere, lei sembrava bella, il che sembrava strano a dirlo. Ma Percy vedeva nella sua compagna di campo una bellezza decisamente più splendida. I capelli grassi erano sempre gli stessi, così come la pelle piena di cicatrici ed i muscoli sulle braccia, ma sembrava luminosa.




Chris era uscito fuori dalla macchina ed aveva salutato i due con un sorriso più che mai luminoso, era davvero di ottimo umore. "Cosa ci fate a Detroit?" domandò il ragazzo latino americano, passandosi una mano tra i lunghi capelli scuri, "Potrei porvi la stessa domanda" aveva risposto Annabeth, "Siamo stati da mia nonna. Andavamo al campo" aveva risposto Chris, prima di spiegare che la sua matriarca non abitava troppo lontano da quella città, "Dobbiamo parlare con Chirone" aveva buttato giù così Clarisse, con una certa indecisione nella voce, cosa che solitamente non aveva. "Quindi potete darci un passaggio" aveva constatato Annabeth. Ed i due fidanzati si erano ritrovati d'accordo su questo, avrebbero potuto condurli fino alla grande mela.




C'era qualcosa di diverso in loro, oltre a Clarisse improvvisamente raggiante, sembrava anche più affetuosa a dispetto di Chris solitamente sempre accondiscente, preva sempre nervoso ed apprensivo verso la fidanzata, cosa che straniva parecchio Percy ed Annabeth. La figlia di Atena si era voltata verso il ragazzo aveva sfiorato la sua maglietta all'altezza del collo, facendo sussultare il ragazzo e svegliandolo dai suoi pensieri, "Si?" chiese lui, prima di abbassare lo sguardo e trovare sul punto in questione la maglietta zuppa di sangue. Il patto inciso sulla pelle con Eris, aveva ripreso a sanguinare, era una cosa decisamente strana e fastidiosa. "Quanto tempo durerà?" aveva chiesto la bionda, "Fino a che non la inviterò alle mie nozze" aveva risposto il fidanzato. Il ragazzo latino di tanto in tanto lì spiava dallo specchietto retrovisore.




Il viaggio si era svolto più o meno tranquillamente, nessuno dei quattro aveva parlato della propria missione segreta, ma Annabeth aveva intuito che dietro i comportamenti stranamente abigui dei due ci fosse un segreto, la cosa la incuriosiva parecchio, ma in quel momento altre erano le priorità: Dovevano tornare assolutamente a New York, perchè Artemide era lì che aspettava perchè il suo amore tornasse dal cielo per una singola notte. "Una stazione di servizio con un fastFood. Chris fermati. Ho fame" aveva imposto la figlia di Ares al fidanzato, "E' così impellente?" aveva risposto quest'ultimo, battendo velocemente le dita sul volante, "Si. Ho una voglia matta" aveva ribati Clarisse e senza indugi il figlio di Ermes si era fermato alla prossimità di un parcheggio. Percy aveva guardato i due ed aveva ammesso: "Noi avremmo molta fretta" con finta sicurezza, l'altra ragazza li aveva gettato uno sguardo furente come quando un paio d'anni prima lui l'aveva inzuppata con l'acqua dei gabinetti, "Non ti piacerebbe sapere cosa ti farei, se ora non mangiassi" aveva detto Clarisse.









Eris non aveva esattamente capito che aveva fatto per essersi ritrovata nel suo tempo lavorativo a timbrare moduli e a fare da balia alla piccola cacciatrice femminista dell'Olimpo. C'erano le sue amazzoni, c'erano le sue ancelle, c'erano le sue serve, c'era anche il fratello maggiore prottettivo e lei, dea del caos doveva tenerla d'occhio sperando che non iscenasse nessuna terza guerra olimpica con il gemello per il cacciatore. Lei che si sarebbe venduta entrambi gli occhi per avere di nuovo l'olimpo su piede di guerra, ovviamente tra loro, i titani non li erano piaciuti affatto, li preferiva al tartaro lontani, molto lontani, da lei. Però era infastidita che a star blindata lì dentro non poteva stare con Nico. Le bruciava molto anche la cicatrice che Percy le aveva inflitto come voto.




"Non giudicarmi malamente. Tempo fa ti avrei lasciato anche volentieri considerarmi patetica, ma non ora" aveva detto Artemide con tono solenne, Eris aveva timbrato un altro documento, "Io pensavo ti saresti considerata da sola patetica, ma ora hai ragione non posso giudicarti" aveva detto la dea della discordia. La dea della caccia aveva messo su un sorrisino sarcastico, "Scomettici che mi sento così" aveva detto semplicemente quest'ultima, sotto lo sguardo sornione della dea malefica. Lei non poteva assolutamente parlare, probabilmente tra duemila anni si sarebbe ritrovata anche lei a cercare strategie per vedere Nico, l'unico mortale di cui le fosse importato qualcosa. Solitamente il padre dei suoi figli era scelto in base alla perversione che presentava, Nico era davvero diverso.









Si erano seduti su un tavolo del fastfood abbastanza di fretta, Annabeth e Percy almeno. Clarisse e Chris invece sembravano ben adaggiati nella lentezza e nell'attesa. "Allora io voglio questo, assolutamente anche questo e soprattuto questo" aveva stabilitò la figlia di Ares, alquanto famelica, sotto lo sguardo sconfortato del ragazzo, che non si era però permesso di fare commenti riferiti alle voglio di cibo della rgazza, "Hai davvero così tanta fame?" aveva commentato Annabeth, sebbene il suo ragazzo trovasse la domanda a dir poco inutile, Clarisse ai banchetti mangiava mezzo cinghiale praticamente da sola, cosa mai poteva essere cibo grasso di un fastfood? "Tanto lo rigetterà tutto" aveva commentato Chris. La ragazza gli aveva tirato una gomitata. Solitamente i due vivevano una sorta di clima elisiaco nella loro relazione, ora sembravano molto nervosi in un certo senso. Clarisse si era voltata verso di lui, "Non è colpa mia se rigetto tutto" aveva stabilito poi.




"O per Ade, Pennywise(*)" aveva urlato il figlio di Ermes, mentre loro si dilettavano a mangiare, o meglio vedere la figlia di Ares trangiuggiare carne come un affamata del terzo mondo, indicando qualcosa fuori. Quando il figlio di Poseidone si era voltato verso la finestra aveva visto - letteralmente - un tombino ballare, tentativo di qualcuno di sollevarlo. "Tu pensi ...?" stava suggerendo Annabeth, con uno sguardo al fidanzato che aveva annuito con covinzione. Il coperchiò era stato spostato e dal buco sulla strada era sgusciata fuori una ragazza dai capelli corvini e la pelle chiara, una vecchia conoscenza, per così dire. Talassa era entrata nel locale ed immediatamente nell'aria si era diffuso il forte tanfo del mercato del pesce, che a Percy era nuovamente sembrato di salsedine purissima e squisita. Clarisse si era alzata dalla tavola, "Tra questo puzzo di pesce e la carne, devo vomitare" aveva stabilito, premendosi una mano sulla bocca e correndo nel bagno più vicino. Chirs era rimasto inchiodato alla sedia con lo sguardo rivolto alla ragazzetta appena uscita dalle fogne.




La divinità si era avvicinata a loro ed era arrivata in prossimità dei tre, davanti a lei Annabeth si era prodigata di non fare una faccia schifata per non offenderla, Talassa era rimasto in un silenzio totale, limitandosi a fissarli con la sua algida espressione di indiferrenza pura, le labbra grosse neanche minimamente piegate in un sorriso o in un broncio, perfettamente orizontali privi di emozioni, così come gli occhi color mare. "Divina Talassa" aveva detto Percy a quella specie di simbolica nonna, "Perseus Jackson ed Annabeth Chase voi state tardando. Troppo perchè il mio divino Zio possa tollerarvi" la voce dello spirito del mediteranneo era altisonante ed impassibile. La bionda aveva annuito, "Appena Clarisse avrà finito, saremo diretti nuovamente a New York" aveva detto diplomatica, "Certo" aveva borbottato quest'ultima, prima di sedersi ad aspettare accanto a Chris.






Clarisse aveva scaricato e poi era uscita dal cubicolo cercando un qualche posto dove potersi pulira la bocca da alcuni pezzi di cibo rimasti incastrati, aveva tuffato la testa direttamente sotto il lavandino. Odiava da morire tutta quella situazione, odiava non avere il pieno controllo del suo corpo, le nause, il nervosismo ed anche le stramaledettisime caviglie gonfie, ma odiva da morire l'idea di non poter più combattere, non era una cosa plausibile, non importa cosa dicesse sua madre o la signora Rodriguez, lei non poteva smettere, Chirone avrebbe trovato un modo per risolvere quel problema, perchè anche se per pochi - che poi erano tantissimi secondo lei - d'attesa non poteva rinunciare a l'unica cosa che sapeva far bene.




Annabeth era entrata nel bagno, avvertendola che dovevano assolutamente andare via, ma con il suo sorriso comprensivo ed il suo sguardo attento era rimasta impalata sullo stipide, "Su dillo sapientona. Lo vedo dai tuoi occhi che vuoi chiedermelo" aveva detto Clarisse decisamente infastidità dallo sguardo dell'altra, la figlia di Atena aveva alzato le braccia e si era difesa, "Non so cosa intendi" aveva stabilito. Annabeth Chase non era assolutamente una ragazza stupida, per questo la bruna aveva messo su uno sguardo abbastanza eloquente, a quello la bionda aveva ridacchiato, "D'accordo. Di quante settimane sei?" aveva domandato, con nessun tono squittente che Clarisse avrebbe scommesso avrebbe usato Silena, ma con un imperturbabile frigidità, forse certe cose andavano oltre la comprensione di una figlia di Atene, "Cinque o sei settimane. Non sono mai stata brava con i calcoli" aveva risposto la figlia di Ares. Annabeth aveva annuito.




La bionda si era seduta sul lavandino. Avevano fretta, molta fretta, se Talassa era stata scomodata da uno Zio - e lei ci scometteva di sapere di chi parlasse - a venirli a richiamare voleva dire solo che dovevano velocemente arrivare a destinazione. Anche perchè lei non ci teneva a sperimentare l'ira funesta di Moros, "Comunque mi piacciono i tuoi capelli, sembra che delle forbici impazzite ti abbiano inseguito" aveva commentato Clarisse per sdrammatizzare o per cambiare argomento, "Il divino Moros ha trovato interessanti i miei capelli" aveva detto Annabeth riferendosi alla sua originale chioma da spaventapasseri, che effettivamente un paio d'anni prima, post-labirinto, la stessa figlia di Ares aveva sfoggiato. "Lo tieni?" domandò invece alla fine, dopo un lungo - lunghissimo - sospiro, "Si, inizialmente non volevo, ma poi ..." aveva risposto leggermente confusa Clarisse sfiorandosi il ventre con una mano, Annabeth aveva forzato un sorriso, "Non è il momento adatto per chiederti di fare la madrina, vero?" aveva chiesto retorica la castana.









"Cosa aveva Orione da far impazzire la dea Vergine per eccellenza?" aveva domandato divertita la dea della Discordia, lanciando l'ennesimo sguardo ad Artemide che imperturbabile era seduta sul pavimento a guardare delle clessidre, ferma nella sua dolce attesa, aspettando con pazienza che venisse il momento di congiungersi di nuovo al sua amore perduto, "Lui era forte" aveva commentato alla fine, "E selvaggio e tutte quelle cose che le mamolette lì sopra non sono?" aveva detto maliziosa Eris, da qualche parte si era sentito un tuono e la dea aveva chiesto scusa a Zeus, per niente pentita. "Aveva cuore" si era limitata a dire Artemide, qualcosa così rara nei mezzosangue, forse era una caratteristica dei soli figli di Poseidone, non lo sapeva, ma era la cosa che ricordava di più di lui. Oltre i capelli scuri e scomposti e gli occhi blu. Ma non era l'aspetto che aveva vinto il cuore della dea, era quel suo temperamento irruente, l'abilita nella caccia e il suo rispetto. Orione era rispettoso di ogni cosa che fosse sacra.




"Sai Cervetta, Una volta lo conoscevo anche io uno veramente forte. Annibale, era un vero maschio. Ma decisamente senza cervello" aveva commentato leggermente divertita la dea, con quel suo sorriso seghettato colmo di malizia. Artemide le aveva scoccato uno sguardo alquanto freddo. Era anche colpa sua che dopo tutto questo tempo decideva di raccontare il suo vero amore ad una dea così superficiale. "Probabilmente tra due mila anni mi ritroverò anche io a fare carte false per un'ultima notte" aveva sussurrato alla fine Eris, con nella voce più di una certa malinconia. Era preoccupata per la sua storia con il piccolo figlio di Ade, per la sua immortalità che il mezzosangue non possedeva. Era davvero successo, anche la dea del caos e della discordia era finita nella trapolla di Afrodite e dei suoi malefici figli. Ed era spaventata, veramente timorosa di tutto questo.




"Una volta questo era l'Acee. Ora cos'è il Club dei Cuori Infranti?" biascicò infastidito Thanatos, che tramite il passaggio d'ombra era riuscito ad entrare nelle stanze della sorella. Aveva sul volto un espressione concitata ed arrabbiata, forse anche abbastanza seccata, "Che fine aveva fatto?" aveva chiesto Eris al fratello, che era praticamente scomparso tempo a dietro e nessuno sapeva esattamente dove fosse finito, c'era chi aveva fatto scommesse e supposizioni che Ade lo avesse imprigionato al Tartaro per tenerlo lontano da Macaria, "Accolto anime all'aldià. Che altro avrei dovuto fare? Darmi all'Homofilia?" domandò di rimando quest'ultimo. La dea della Discordia non aveva smosso di un muscolo la propria espressione facciale, anche se gli occhi rossi erano veramente infiammati, da quella poco velata accusa. "Cosa vuoi, salma?" aveva chiesto alla fine infastidita, "Una torna al melograno. Un enorma fetta, per la precisione" aveva detto il dio, abbastanza esausto. Eris allora aveva riso, perchè l'apetito degli dei li rendeva tutti isterici pazzi, "Resta qui Cerbiatta, io e il pollo spennato torniamo tra poco" aveva detto indicando il fratello, che non aveva fatto una piega al brutto epiteto che lei aveva usato. Era una peculiarità di Eris e non aveva senso starci a discutere.









"Insomma tu sei all'Accademia Militare, Chris al College, come pensate di fare?" aveva chiesto alla fine Annabeth, che non era sicura di riuscire a farsi i fatti suoi. "Chris rimarrà lì. Io tornerò dopo. La finirò un po' più tardi" aveva risposto Clarisse, mentre si lavava le mani, l'amica non le aveva tolto un attimo gli occhi di dosso, "Ma è pericoloso. La nostra vita è una lotta incessante. Giusto ieri mi sono ritrovata a combattere un Echidna e neanche tre ore fa ero tra le mani di cinque pazzi dei" aveva detto la bionda, passando le mani su quella capigliatura da spaventapasseri che le era costata la felicità di Artemide. La figlia di Ares l'aveva guardata, "Lo so. Lo so bene. A volte penso che noi siamo i mezzosangue più vecchi in circolazione. Non credo arriverò mai ad essere abbastanza grande da poter avere figli. Credo che per quando sarò pronta, un mostro mi avrà già fatta fuori da un pezzo" aveva spiegato poi. Tremava un po', era insicura e confusa. Alla figlia di Atena sembrò la Clarisse che era arrivata al campo trascinandosi dietro un ragazzo folle che era quasi cadavere, una ragazza spaventata che sembrava aver perso tutta la sua forza combattiva. Una persona veramente spaventata. Non lo sembrava allora, perchè lo era, ed anche in quel momento la paura era attanagliata dentro di lei. Però non era un mostro a terrorizzarla, non era la consapovelezza di star combattendo uno scontro senza speranza, perchè altrimenti Clarisse La Rue avrebbe combattuto con le unghia e con i denti ed avrebbe vinto, quello che la confondeva e spaventava era quella cosa, tremendamente più grande di lei.




Annabeth scese dal lavandino dove era seduta, "Dannati ormoni. Mi rendono emotiva e fragile" aveva detto Clarisse con nervosismo, placandosi con un pugno contro lo specchio, che aveva logicamente spaccato, "Si, mi ricordi la mia matrigna" aveva detto la bionda cercando di sdrammatizzare la situazione. Poi l'aveva abbracciata, si era comportata come aveva pensato avrebbe fatto Silena dalla sua grande amorevole saggezza, "Sono spaventata" aveva sussurrato la bruna, "Andrà tutto bene. C'è ancora molto tempo" aveva sussurrato la figlia di Atena, "Ancora una lunga e dolce attesa" aveva sussurrato con estrema grazia. "Farai da madrina? Qualcuno con del sale in zucca servirà a mia figlia" aveva sussurrato Clarisse, quando si era staccata dall'abbraccio, "Ne sarei onorata" aveva risposto Annabeth con dolcezza, prima di chiederle come facesse a sapere già il sesso, "Rachel mi ha chiamato per dirmelo" aveva detto quest'ultima, ridacchiando un po'.




Poi erano riuscite finalmente a tornare di là, Chris e Percy erano ancora in compagnia di Talassa, che probabilmente doveva essersi spazientita ma il suo volto austero non tradiva alcuna emozione, si era alzata improvvisamente verso le due, "Avete perso troppo tempo. Dovete andare" aveva detto la dea primordiale indicando prima Percy e poi Annabeth, "A breve ci sarà la Luna Nuova" aveva rimarcato lei, prima di salutare tutti con una certa freddezza, prima di uscire fuori dal fast food e sparire nello stesso tombino da cui era arrivata. "Di compagnia la dea" aveva commentato Chris cercando di tarpare il suo certo sarcasmo, il figlio di Poseidone l'aveva guardata, "Ringrazia che fosse poco socievole, perchè quando lo sono è peggio" aveva sussurrato alla fine, pensando alle pazze strane divinità minori che l'avevano usato letteralmente come un'anti-stress negli ultimi giorni.




Annabeth alla fine aveva fatto notare che era decisamente meglio mettersi in marcia verso New York, prima che qualcun'altro di meno piacevole di una dea scostante fosse venuta a prenderli, Percy aveva visionato nella sua mente l'immagine del volto severo di Cheryl vestita a fiori, la figlia di Atena aveva pensato a qualcun'altro, decisamente molto più letale, lo Zio. Avevano anche deliberatamente ignorato le richieste di Clarisse nel sapere cosa stesse succedendo, il suo caro ragazzo era rimasto in silenzio, aveva capito dopo un paio d'anni che quei due non avrebbero vuotato il sacco neanche davanti Dike. Ovviamente il non sapere aveva fatto alterare abbastanza la figlia del dio della guerra, ma alla fine era dovuta rimanere ignorante dei fatti e si era fatta forza nel reprimere i suoi bollori che assieme agli ormoni non la rendevano affatto la persona pi aprezzabile e di compagnia di quella terra, e dell'altra, non che Clarisse abbitualmente lo fosse, era semplicemente peggio.






Quando riuscirono finalmente ad arrivare a New York era già notte fonda, quella che precedeva la fatidica notte di luna nuova, che portava l'anniversario della morte di Orione, il cacciatore. "Dove andate?" aveva detto Chris, nel momento che erano entrati nei confini dell'isola di Manatthan, "Conosci un posto chiamato il Chaos Ton Gefson?" domandò Percy, riferendosi alla polveriera dove i mostri, dei minori o maggiori che fossero e altre creature poco raccomandabili, a volte anche qualche umano del tutto accecato dalla nebbia, si radunavano per mangiare ottimi dolci, spettegolare o risolvere problemi vari con la posta. Decisamente l'attività meno confortevole. "Si, in realtà si. Quando lasciai il capo la prima volta ..." iniziò a spiegare Chris, con un tono abbastanza cupo ed ombroso, mentre lanciava sguardi alla sua ragazza, che comunque pareva decisamente più concentrata a lamentarsi delle sue caviglie doloranti, "Incontrai Luke in quel posto. Lo ricordo bene perchè una ragazza ci ha offerto tantissimi dolci" rispose alla fine, Clarisse a quel punto si voltò verso il suo ragazzo: "Era carina?" abbastanza irritata, "Era decisamente particolare" aveva risposto Chris.




La ragazza li aveva pizzicato il fianco non soddisfatta della risposta, "Tranquilla a meno che non era bionda non dovresti preoccuparti" le aveva detto divertita Annabeth, scoccando un'occhiata di rimproverò al suo ragazzo, riferendosi alla dolce Harmony o almeno Percy pensò si riferisse a quella. Il figlio del dio dei Ladri aveva ingranato la marcia e si era messo sulla strada per la Sala da Tè, "Effettivamente lo era, bionda, occhi castani e strana, anzi inquietante se non angoscante" aveva poi spiegato, cercando di ricacciare alla memoria il volto della ragazza che li aveva offerto tantissimi dolci; severa ed anche scostante, decisamente algida, con quella freddezza ed arroganza negli occhi. Chris si fermò schioccò le dita sul volante, "Cherry o un nome simile" aveva detto alla fine, lanciando uno sguardo alla ragazza, che si era limitato a fissarla nel malo modo, "Cheryl" l'aveva corretto quasi istintivamente Percy. Il figlio di Ermes aveva dato la sua approvazione, probabilmente il nome era quello, non poteva esserne certo, Annabeth allora aveva ironizzato sulla cosa ed aveva detto all'amica: "Puoi tranquillizzarti allora Clarisse". Ma non era stata di grande effetto.




Così erano arrivati davanti la Sala da Tè che aveva come retro l'Assistenza Cliente dell'Ermes Express. "Bene eccoci" aveva detto Chris, spegnendo il motere e tirando il freno a mano, "Mi era giusto venuta una voglia di torta al cioccolata. Nelle ultime ore mi sono sentita come Tantalo che non poteva arrivare al cibo" aveva detto la figlia di Ares, uscendo fuori dalla macchina immediatamente, ignorando che probabilmente si sarebbe piegata a vomitare da qualche parte a causa delle nausee. Ed erano usciti gli altri tre per seguirla. Una ragazza era poggiata sullo stipite della porta che si girava tra le mani una sigaretta, capelli rossi fiammeggianti ed occhi scuri, terribilmente famigliari, era piccolina sebbene fosse vestita in modo succinto e provocante. "Annabeth non ti ricorda qualcuno?" aveva domandato Percy nel momento in cui si erano trovati particolarmente vicini a quest'ultima, "Guardale il petto" aveva ordinato la bionda ed il fidanzato aveva eseguito quello strano ordine. Seno destro reciso, un'amazzone. E fu abbastanza chiaro, aveva gli stessi occhi scuri e profondi di Poly, la delicata bellezza di Lea ed i tratti affinati di Ope, senza contare che aveva il solito ghigno da figlia di Ares.




"Hai da accendere, sorellina?" aveva chiesto la signora della guerra nel momento che passarono al loro fianco ammiccando a Clarisse, "Non fumo" aveva risposto quest'ultima, sfiorandosi appena il ventre, la rossa aveva ridacchiato, "Voi altri?" aveva chiesto suadente, guardando abbastanza famelica Chris. Annabeth potè bearsi che addiferenza delle sue sorelle non sembrava affatto interessata a Percy, ma differiva così tanto dalle sue sorelle, Ope era appiccicosa ed amorevole, Poly e Lea erano fredde e distaccate, ma nessuna delle tre aveva dei comportamenti così civettuoli ed evidenti, "Ho smesso" aveva detto il figlio di Ermes, sotto uno sguardo confuso della ragazza, Chris fumava? Non era esattamente una cosa che ricordava. "Se ti va di riprendere" aveva lasciato intendere la rossa lasciando la frase a mezz'aria, Clarisse aveva posato la mano sulla spalla del suo ragazzo, con l'intenzione di marcare il territorio, "Non li va, tranquilla" aveva detto con un tono decisamente da mastino. Percy ed Annabeth si erano trovati a fare i testimoni silenziosi di quello strano scambio di battute. L'amazzone non si era scomposta affatto continuando a giocherellare con la sigaretta che aveva tra le mani, "Rilassati, Sorellina" aveva detto alla fine, facendo sfiorare la sigaretta alla labbra con un sorriso a dir poco sfrontato, "Non chiamarmi così" aveva stabilito la figlia di Ares con nervosismo, cosa che l'amazzone non aveva gradito, "E' perchè? Per caso non sei Clarisse La Rue? Sterminatrice di Drakon?" aveva domandato retorica questa. La castana aveva annuito, così la rossa le aveva regalato un sorriso sornione, "Allora siamo sorelle" aveva stabilito.




Probabilmente le cose si sarebbero messe male tra una figlia di Ares con gli ormoni in subbuglio, affamata e le caviglie doloranti ed un'altra decisamente arrogante e civettuola, per giunta amazzone, ma le cose erano andate bene. Una specie di figlia dei fiori dai capelli biondi e ricci era venuta a salvare la situazione. La bionda aveva preso la sigaretta dalle mani dell'amica, anche l'altra era un amazzone, poichè si vedevano dal suo sterno cicatrice biancacce che scivolavano sotto il petto, tracciando di netto il petto, "Melany questa cosa ti annerisce i polmoni. Sei dura da uccidere ma non immortale" aveva detto quest'ultima. Annabeth l'aveva guardata, quella era Melanippa la sorella minore di Poly quella che aveva creato diversi problemi con Teseo, "Sempre così noiosa Clete" aveva detto Melany sebbene aveva dovuto tacere sotto lo sguardo ammonitore ma comunque dolce dell'altra amazzone. "Perdonatela" aveva detto la bionda con un sorriso dolce, prima di spezzare la sigaretta dell'altra, Percy annui, con un sorriso dolce alla bionda, che le fece guadagnare qualche occhiataccia dalla ragazza, "Dobbiamo assolutamente entrate" aveva detto alla fine l'eroe della storia, ottenendo l'approvazione dei suo amici, che lasciarono le due amazzonni all'ingresso.




"Comunque penso sia chiuso" aveva constato Chris, battendo le mani sul vetro, le luci del locale erano spente così come sulla porta sventolava il cartello di chiusura. Era anche piena notte. Le due ragazze si avvicinarono, "Problemi?" domandò divertita Melany con un sorriso malandrino, "Nessuno" aveva stabilito Clarisse con un sorriso finto, quando la porta si era aperta dall'interno, un'altra ragazza era emersa, anche lei aveva le cicatrici sul petto ed era quella tra le amazzoni vestita in modo più normale, comprese le cinque conosciute il giorno antecedente, "Sentite zuccherini. Io ho fame" aveva stabilito questa, "Certo Derine" aveva detto Clete, prima di scivolare davanti ai quattro ed infilarsi con la consorella dentro il locale, seguite immediatamente da Melany, che prima aveva riversato uno sguardo molto eloquente al figlio di Ermes, che era divenuto rosso sulle guance, mentre la sua fidanzata la incediava con lo sguardo. Annabeth afferrò la porta prima che si chiudesse ed entrò anche lei, assieme ai suoi amici.




Entrando furono tutti e quattro presi da un'emicrania fortissima e Percy ebbe la stessa fastidiosa sensazione che aveva avuto la prima volta che Tyler l'aveva condotto lì dentro, dove la Foschia era così densa e forte da provocare vere vertigini, quando si abbituerano e la barriera per i mortali si fece quasi del tutto nulla, notarono che il Chaos Ton Gefson era illuminato come se fosse stato pieno giorno, ma nessun umano era lì presente, a mangiare c'erano solo dei e mostri. "Non lo ricordavo esattamente così" aveva esclamato Chris, cercando di ricordare bene com'era fatto quel posto qualche anno prima. A Percy ed Annabeth sembrava decisamente uguale a come l'avevano lasciato il pomeriggio prima, "Grover, Nico e Juniper?" aveva chiesto il moro alla sua fidanzata, che aveva alzato le spalle, "Il figlio di Ade dorme nelle camere superiori, non credo sarebbe stato capace di tenersi in piedi ancora per lungo, anche il satiro e la ninfa sono a dormire" aveva detto una ragazza davanti a loro, così avevano indivituato un tavolo dove erano sedute tre persone, un bel ragazzo dai capelli d'oro puro vestito di bianco ed elegante, un ragazzo dalle fattezze femminili ed i capelli castano chiarissimo, lunghi fino alle spalle e la pelle era era lucida, doveva essere Erik perchè Percy aveva avuto di nuovo l'impressione di aver guardato Silena e Luke ancora una volta, l'ultima persona era una ragazza dal volto appena un po' allungato, con i capelli castani raccolti in una coda, erano tutti e tre abbastanza adulti e nel loro aspetto quasi del tutto divino, i due ragazzi, sempre se uno potesse essere devinito così, non era certo di sapere chi fosse, ma la dea al centro si, "Divina Harmionia, le devo ridare la collana" aveva detto Percy, la ragazza aveva accennato un sorriso, invitandolo poi ad avvicinarsi.






Fece appena in tempo a ridare la collana d'oro bianco alla figlia di Ares, che subito fu trascinato via, da due mani forti ma allo stesso tempo delicate e quando realizò chi aveva davanti si trovò disorientato, era una bella donna, vestita con un satin ametista, dalla pelle chiara e luminosa, i capelli erano morbidi, lucenti e lisci di un colore rosato e particolare, il volto era perfetto, tondo e grazioso, labbra di fuoco ed un piccolo naso, ma gli occhi erano grigi e tempestosi come quelli di Annabeth, eppure ogni tanto sembravano perdersi nel blu elettrico di Thalia e per la forma li erano ricordati anche quelli di sua madre. Forse era stato quel continuo mutamento di forma e colori, ma nonostante tutto fossero caldissimi, o che emanasse un'aria così forte di armonia, amore e felicità, "Phil sono contento di rivederti" aveva esclamato Percy decisamente felice, tentato di abbracciare la dea, "Preferirei essere chiamata Divina Philotes in questa forma, ma la goia è ampiamente condivisa" aveva risposto la dea, stupendolo lei con un abbraccio.




"Annabeth, ben tornata anche tu. Vi aspettavamo" aveva urlato la dea dopo essersi allontanato dal ragazzo per stringere in un abbraccio la bionda, "Grazie" aveva squittito la figlia di Atena, prima di dare il suo particolare bevenuto ai due nuovi venuti, passò di proposito le mani sul ventre di Clarisse, "Che dolce novella" aveva sussurrato all'orecchio della figlia di Ares, facendo anche sorridere il figlio di Ermes. Ker era comparsa alle spalle di sua sorella, indossava la sua giacca di pelle sporca di sangue, così come i pantaloni stretti e gli alfibi, con i capelli eletricci ed albini completamente irti sulla testa e le orbite nere, "Dovreste riposarvi, domani vi aspetta una lunga notte" aveva sentenziato appena, prima di smistarli senza dar loro il tempo di replicare e mostrandosi del tutto sorda alle inisistenti voglie di Clarisse di un dolcetto. Aveva mandato i nuovi venuti in una camera al piano di sopra insieme; "Figlia di Atena la tua stanza e a tre porte da qui, con le cacciatrici. Eroe la tua e a 5 a sinistra, con il figlio di Ade" aveva detto con estrema fedezza la sposa del destino, così i due si erano diretti nelle due stanze indicate.




"Dunque domani notte andrai nel firmamento tra i morti per un'intera notte" aveva detto la bionda guardando il fidanzato, mentre percorrevano quel corridoio per andare alle loro stanze, "Direi che ho bisogno di dormire e domani anche mangiare. Non sono riuscito a fare un pasto decente da ieri notte quando la mamma ha fatto le fritelle" aveva stabilito alla fine Percy, ricordando tutti i pranzi lasciati a metà, causa amazzoni, dee violente o spiriti primordiali, la ragazza li scompigliò i capelli. Erano stati tre giorni decisamente lunghi e quello di domani si prospettavo fatto della stessa pasta. Il figlio di Poseidone era arrossito davanti al sorriso della sua ragazza, negli ultimi tempi aveva pensato molto alle relazione, più di quanto non avesse fatto nel periodo prima della seconda guerra dei titani, quando era stato incerto sui suoi sentimenti, prima che Rachel fosse un oracolo, quado era rimasto quindici giorni sull'isola di Ogigia e si chiedeva se Annabeth considerasse Luke molto più di un fratello o che altro. Ora però le cose erano decisamente più semplici. C'erano solo lui e lei. "Forse non te lo dico spesso Sapientona" aveva esordito alla fine Percy, "Ma sono innamorato pazzo di te" aveva detto alla fine, la bionda era rimasta qualche istante in silenzio, avrebbe voluto fargli notare che l'aveva fatto la notte prima quando erano a casa di sua madre e del suo patrigno, quando pensava di averla lasciata lì, mentre lei l'aveva seguito, "Anche io" rispose Annabeth.




La bionda posò la mano sul pomello della stanza che le era stata designata, prima di voltarsi di nuovo verso il ragazzo, "Buona notte, testa d'alghe" sussurrò alla fine, prima di aprire la porta, con un tono dolce, Percy invece non disse parole, si limitò semplicemente a posare le sue labbra su quelle della sua ragazza, con estrema dolcezza. Lì sembrò che fosse passata una lunga vita dall'ultima volta che l'aveva fatto, giorni, settimane, neanche più lo ricordava. "Buona notte" sussurrò, staccandosi dalle labbra quel poco necessario, Annabeth lo baciò di rimando, prima di aprire la porta alle sue spalle e sparirvi dietro, senza nessun'altra parola, fermando il loro bacio in un modo alquanto irruento, ma questo non destabilizò il figlio di Poseidone, che rimase qualche istante imbabolato per qualche secondo.




Si diresse alla sua stanza, ma prima ancora che riuscisse ad aprire la porta per entrare. "Eroe" qualcuno l'aveva chiamato con quel bizzarro appellativo, si era voltato per vedere qualcuno venire verso di lui, era Artemide, non c'erano dubbi, vestita con la solita toga strappata all'altezza delle ginocchia, ma aveva qualcosa di diverso, il volto era più affilato, più maturo, più adulto, così come l'altezza era notevolmente più grande, era la solita dea con delle fatezze meno infantili, ora potevano essere coetanei. "Divina" biascicò Percy, "Grazie" disse lei solamente, accompagnando il tutto con un sorriso onesto.


"Volevo dirti che quello che stai facendo per me è davvero bello"















Pennywise: E' un clown malefico conosciuto anche con il nome di It, precedentemente questa citazione in riferimento a Talassa era stato fatto da Grover, quando avevano incontrato la dea la prima volta, poichè questo mostro vive nelle fogne













Un sentiero va percorso
tra le stelle scintillanti
per permettere ad un amore di trionfare.
Per la durata di una notte,
in compagnia di vecchi amici.

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Capitolo 25
*** Come in cielo ... ***


[(11 pagine buone)]








Allora sono ben 4 mesi e 3 giorni. Si odiatemi. Dovete farlo. Avrei potuto pubblicare metà di questo capitolo una vita fa, ma volevo che fosse intero. Comunque be, l’ultima parte è pessima e sbrigativa, la verità e che non vedevo l’ora di pubblicare. Per il prossimo capitolo vi prometto : Meno tempo, anche perché sarà una cosa fluff osa al massimo.




Bene questo è il terzultimo capitolo. Ergo -2 alla fine :D



Allora vorrei dedicare questo capitolo ad una mia amica, ieri ha compiuto gli anni e so che è stato particolarmente difficile quest’anno.




Alla mia ex-vicina di banco, wrtltwtwd. Sostanzialmente perché esiste e mi aiuta sempre.


E a St_Rebel che qualche giorno fa ha anche fatto il compleanno. Ancora auguri dolcezza.


Allora adoro ogni singola persona che legge.

Quelli che hanno recensito il precedente capitolo :
Dandelion to dream
saritacelinebowel
Jishiku
Hp PJ RG E 4ever



Gli 8 che preferiscono, i 2 che ricordano e i 17 che seguono.





Grazie mille.



Bene, buona lettura

EsL























Come in cielo …






































Percy aveva aperto gli occhi con la dolce fragranza delle frittelle blu che preparava Sally Jackson ed aveva creduto di essere nella casa in cui viveva assieme alla sua normale famiglia, invece nel momento in cui si era arrotolato meglio nelle coperte era scivolato e caduto su un pavimento freddo, ottenendo un crudo e ruvido risveglio. Era in una stanza spoglia con il pavimento di marmo bianco, le pareti di calcestruzzo ed accostate alle pareti c'erano delle semi colonne, lui stava dormendo su una specie di divanetto antico in stoffa rossa. "Un brutto modo per svegliarsi" aveva sentito un commento sarcastico, appena alzati gli occhi aveva visto un Nico Di Angelo, vestito con un toga di stoffa chiarissima, i capelli intrecciati, che mangiava i pancake alla nocciola. Percy aveva tenuto per se qualche male commento ed aveva addentato un pezzo di frittella senza neanche preoccuparsi di non avere posate.








"Perchè sei vestito come Seneca?" domandò alla fine il figlio di Poseidone, "Non pretendevi che restassi con gli stessi vestiti per tre giorni, compreso la notte. Dunque mi hanno dato questo" aveva risposto con semplicità il figlio di Ade, tagliuzzando un altro pezzo di cibo. Percy aveva gettato un'occhiata a se stesso, erano forse più di ventiquattro ore che indossava gli stessi vestiti, dalla fuga da casa di sua madre o forse era sprofondato così subito nel sonno dopo essersi rimpinzato di dolci da non aver avuto neanche il tempo di cambiarsi. In tutto quello strano posto, le memorie cominciavano a ingarbugliarsi, forse era un po' per il tè drogato del pomeriggio prima o forse perchè lì non erano solo i sapori a mischiarsi e confondersi. Nico aveva guardato il cugino in silenzio per un po', notando decisamente in lui un comportamento anomale, era stranamente calmo e frastornato, con onestà il figlio del dio dei morti si rifiutava di credere fosse solo lo sbigottimento perchè si era appena svegliato con un urto.







Quando scesero al piano di sotto la vita in quel luogo sembrava essere ripresa alla sua naturale frequenza di strane creature, dei di qualunque genere e umani totalmente accecati che ingurgitavano dolci dalla dubbia provenienza, serviti dalle più svariate divinità minori, forse non esattamente amichevoli. Grover era venuto verso di loro zampettando e belando abbastanza felice, "Peeercy" aveva urlando, emettendo anche un versetto decisamente caprino, "Amico mio" aveva risposto il figlio di Poseidone stringendo in un abbraccio il sue ex-guardiano ed il suo migliore amico. Si erano accomodati tutti e tre al tavolo con Juniper, che continuava a mescolare con movimenti mesti un tè bollente, in uno stato di sonnolenza acuta, con i capelli biondi e sfibrati, gli occhi stanchi e le vene belle evidenti verdi luccicanti, non doveva aver dormito poi molto in quelle notti e gli occhi erano così affaticati.







Annabeth era scesa subito dopo che continuava ad odorarsi i vestiti e con i capelli annodati, con lei c'erano Phoebe e Thalia, con i vestiti sgualciti ed i capelli arruffati, si erano seduti con loro, la figlia di Zeus aveva strangolato in un abbraccio suo cugino, che la figlia di Apollo aveva definito decisamente troppo affettuoso, erano arrivati anche Clarisse e Chris, spossati ed affamati, particolarmente lei, così si erano buttati sui dolci e poi le cose erano continuate in quel modo, in una sorta di fin troppo costruita spensieratezza. Ma come ogni fiaba, si era interrotta nel momento in cui una dea aveva fatto il suo ingresso: una ragazza dai capelli castani ed irti, gli occhi verdi ed il sorriso più cattivo che avessero mai potuto ricordare, Heather. Rimasero tutti in silenzio a fissarla, "Sono desolata" aveva cominciato lei, ma dal suo tono mellifluo non lo pareva affatto, "Di interrompere la vostra felice riunione di famiglia. Ma ci serve il nostro caro Pesciolino" aveva terminato la dea della discordia, con il sorriso più irto del mondo stampato sulle piccole labbra sottile.







La prima cosa che Percy aveva dovuto fare dopo aver seguito la dea minore era stato sostanzialmente un bagno, "Non ti mandiamo tra gli Eroi più gloriosi in uno stato così pietoso" era stato l'unico commento di Cher, prima di spingerlo in una sorta di terma romana, che l'aveva tenuto bloccato lì per qualche ora. Quando era uscito però aveva notato con orrore che le ore erano corse fuori molto più velocemente, era stato Sam a spiegarglielo, quando l'aveva affiancato fumando sigarette di uno strano colore dorato, "Quel bagno funziona un po' come il labirinto. Ricordi? Lo ha progettato Dendalo un mucchio di anni - secoli - fa" aveva risposto con quel sorriso così spigliato ed innocuo. Qualcosa che lui non era minimamente. Il Dio per eccellenza poi l'aveva spedito dentro l'Assistenza Clienti dell'Ermes Express e lì aveva trovato di nuovo la dea Heather ad attenderlo, vestita di rosso sangue con la dentatura seghettata, non diversa di una virgola dalla prima volta che l'aveva incontrata, ancor prima di avere idea di cosa lo aspettasse, con Thanatos al suo fianco e Philotes dall'altro, alle loro spalle a posto del solito alate su cui la dea della discordia posava tutte le sue scartoffie, c'erano altre cose.







Un auriga d’ossidiana nere, intarsiata di ghirigori d'avorio luccicante, nel suo centro vi era incastonata una sorta di pietra nera, che sembrava risplendere di un calore quasi bollente ed una luce ombrosa e sinistra, era come una stella luccicante di una luce oscura, doveva essere l'astro preso dalla notte immortale del cielo d'Erebo. Poi c'era un'armatura da legionario romano, di bronzo celeste e ferro stellato, una tintura di bronzo e celeste brillante, contornato di un mantello composto da una stoffa leggerissima e setosa blu scuro, lo stesso manto di cui era fatta la fascia che Nyx aveva annodato sul suo corpo pallido, la coltre della notte e sulla pettorina era incastonata una pietra levigata chiara dall'aspetto di un qualche luccicante gioiello, era luminescente e calorosa, Percy aveva ridestato dalla sua memoria la luminescente stella che le aveva donato la signora della notte mortale, infuocata e brillante. "Indossa l'armatura, Eroe, e la cintura con le tre stelle" aveva detto Philotes con un sorriso così amichevole ed amorevole, indicando appunto la vicina corazza.







Macaria era venuta a passo cadenzato verso il suo fratellastro Nico, i capelli lucenti castani erano avvolti sotto la bandana, il volto pallido era disteso in un bel sorriso e gli occhi neri come chicchi di caffè erano luccicanti, tenendo le redini fatte con una catena di ferro di un mastino infernale, Mrs O'Leary (rivedere nome), "C'è stato comunicato che il Posdoneide avrebbe trovato la cosa adatta" aveva spiegato la dea della morte beata, lasciando le redine al fratello che con una certa titubanza le aveva prese. "Ma cosa per il Tartaro state macchinando?" domandò Chris Rodriguez decisamente sconvolto, aveva compreso dall'inizio di quella giornata che le cose erano abbastanza strane, in realtà era stato da quando avevano ricevuto la visita di una ragazza che puzzava come una pescheria che le cose erano diventate ambigue, poi era stato terminale come idea quando la sosia di Evanna Lynch li aveva mandati fuori con poche e semplici parole, lì poi avevano visto la dea della morte beata venire verso di loro.






Apollo era seduto accanto a sua sorella e con loro c'erano anche Edmund semisvetito che cercava di prendere i primi raggi del sole della primavera, del tutto disinteressato al fatto che il clima fosse ancora abbastanza gelato, accanto a lui c'era la sua bella sposa Penny, con i capelli scuri e gonfi, con delle sfumature violacee e gli occhi lucenti colore del ghiaccio affilato, era oltremodo a parere di tutti la mortale più bella che potesse esistere. Usava lanciare sguardi scettici al suo ragazzo che rimaneva del tutto interessato a prendere il sole. "Tu quindi vuoi mandare all'altro paese secoli di castità, il tuo voto e mandare alle ninfe tutte le prediche sulla moralità per una sola notte di lussuria" aveva commentato Apollo ombroso e così melodrammaticamente serioso, "Primo: Detto da te non potrò mai prenderlo sul serio. Secondo: Nessuna lussuria, solo una notte in compagnia" aveva risposto con scettica Artemide. Le sue cacciatrice avevano appeso l'arco a chiodo e seppellito la freccia, ovviamente a patto che la dea non mancasse al suo voto. "Te lo ricordi quella strana sensazione che si prova, quel senso di calore" aveva squittito la dea, per la prima volta non pensando al Cacciatore ma quei sentimenti che solo quel figlio di Poseidone li aveva scatenato, "Si" aveva risposto semplicemente il dio del sole. Nella sua memoria comparse il volto sfuggevole e carezzevole di Giacinto e gli occhi grandi di Melissa, poi aveva sentito il vuoto assoluto; così aveva allungato un braccio verso sua sorella ed aveva circondato le sue spalle chiare con il braccio e poi le aveva baciato la tempia, "Se resta più di una notte lo uccido di nuovo" aveva sibilato quest'ultimo divertito, portando anche la sorella a ridacchiare.






Selene si era fatta viva al Chaos Ton Gefson una cosa che non faceva praticamente mai, vestita da fantina con i capelli raccolti in una coda, aveva salutato brevemente la dea della Luna con un sorriso abbastanza freddo, ma non c'era da stupirsi la greca non era assolutamente una persona di molta compagnia, al di là del fatto che non aveva mai imparato il greco classico e tutte quelle lingue che erano venute dopo di quella, passava tutto il suo tempo da sola ad Ellis Island con il suo amato dormiente ad occhi aperti ed era uscita esclusivamente in sporadiche volte, in cui una volta aveva incrociato un figlio di Atena che era uscito pazzo di lei. Era comunque diventata più calorosa quando la figlia di Leta le aveva ridato la sua vecchia slitta trainata da cervi che un tempo le era appartenuta, "Thaymasios*" aveva gracchiato Selene, biascicando quelle poche parole che sapeva in greco antico, abbracciando la sua sostituta.







Percy aveva indossato l'armatura e legato la cinta d'Orione al busto, poi assieme agli altri tre aveva spinto fuori l'auriga per portarla sul terrazzo nel retro del locale, dove sembrava essersi riunito un bazar di strane creature e personaggi ambigui. Li altri erano rimasti indietro, ma Annabeth era immediatamente corsa verso di lui, ma prima che potesse esprimere un qualunque commento era rimasta silenziosa davanti a lui e alla sua bellezza, perchè vestito ed adornato in quel modo il suo ragazzo possedeva quella rara ed etera graziosità tipica delle bellezze divine, in quel momento pareva più regale ed alto di qualunque dio, anche più del padre degli dei e dopo averlo pensato sperò che Zeus non la folgorasse. Quest'ultimo si limitò solo a far tuonare il cielo di un forte boato.







Il figlio di Poseidone rimase qualche istante in silenzio, roteando gli occhi verdeacqua verso il cielo, chiedendosi perchè suo zio fosse irritato, anche perchè per lui il cielo era un posto decisamente vietato, ma per sua incredibile sfortuna era lì che stava andando. "Di qualcosa sapientona" aveva detto alla fine esasperato Percy davanti allo sguardo silenzioso della sua fidanzata, "Qualsiasi cosa" aveva rimarcato, la bionda aveva sorriso appena, "Non posso testa d'alghe o risulterei stucchevole" aveva risposto alla fine, con un sorriso sornione. L'Eroe si protese verso la sua ragazza e la strinse in un abbraccio ampiamente ricambiato, "Vedi di tornare tutto intero" aveva bisbigliato lei, con la testa nascosta nell'incavo del collo del ragazzo, con il mento che urtava la cicatrice rossastra che aveva inciso Eris come patto a lungo termine. Percy le aveva accarezzato i capelli biondi e pagliosi, non importava quanti occhi erano su di loro, si allontanò appena da lei, lasciandola per qualche istante confusa, "Sono tornato sempre da te" aveva esclamato alla fine, dandole un bacio sulla fronte ed uno sulle labbra. L'idillio era stato ovviamente spezzato da Heather che aveva trovato quella situazione al limite dello stomachevole. Il che detto da lei, era stato definito da tutti, decisamente ipocrita, cosa che l'aveva mandata su tutte le furie ed aveva portato la cicatrice del veto di del semidio a bruciare.












Quando il tardo pomeriggio cominciò a venire, Percy era seduto su una delle panchine sul retro della sala da tè, accanto a Nico, Grover e Sam, che mangiucchiava ali di pollo, del tutto indifferente a tutto quello. Una persona arrivò. Era la dea Eos, probabilmente, anche se pareva più umana di quanto non fosse mai stata, vestita come una certa elegante sobrietà, i capelli rossi raccolti in uno chignone e li occhi coperti dietro li occhiali scuri da sole, "Divina Eos" aveva biascicato il figlio di Poseidone. Nico aveva guardato la dea con una certa curiosità, così anche Grover, che si era lasciato sfuggire un belato; Sam si era alzato ed aveva abbracciato la dea in modo alquanto affettuoso, "Cos'è successo al dio burbero e cattivo?" aveva domandato confusa la dea dell'aurora, "E' una cosa su cui sto lavorando" aveva detto semplicemente il dio, prima di specificare che stava cercando di tornare ad essere cattivo.







A Percy non era stato più concesso di indugiare ancora, era stato costretto a salire nella carrozza di Thanatos con Artemide ed Eos, le due dee si erano salutate freddamente. "L'auriga e Mrs O'Leary?" aveva domandato, legittimamente, il figlio di Poseidone, ma come ogni volta li Dei avevano arbitrato di non rispondergli. Il ragazzo aveva cercato di guardare lo scorrere frettoloso del panorama per comprendere dove fosse, ma lo spostamento d'ombra, rendeva tutto solo una gran confusione. Si erano arrestati soltanto quando erano giunti alla prossimità di una spiaggia. Erano scesi tutti e tre, l'Auriga era già lì legata alla sua cucciola infernale. Com'era cominciata a scendere la notte, che la dea dalle rosee dita aveva cominciato a camminare verso il mare con uno sguardo assente e quando l'acqua aveva raggiunto i polpacci aveva alzato le braccia al cielo. Forse era stata l'acqua stessa a sollevarsi, insieme alla sabbia e forti raggi di sole brucianti, si erano annodati insieme come stringhe, in quella che sembrava un freccia rossastra tricolore, che piano piano era diventata dell'arancione infuocato del tramonto. La stessa Eos sembrava essere arroventata, con le dita arrossate, Artemide aveva afferrato Percy per le braccia e l'aveva girato di forza, premendosi a lui, obbligandolo a rivolgere lo sguardo alla città alle spalle del mare. "Divina ..." aveva biascicato l'eroe imbarazzato, "Potresti esplodere se la vedessi" aveva risposto solamente la dea della caccia.







Quando li era stato concesso di voltarsi di nuovo, Eos era tornata nel suo sobrio abbigliamento scuro ed i capelli raccolti, era pallida e quasi spenta, sembrava che tutta l'energia iridescente che le era brillata dentro fino a pochi attimi prima si fosse spenta, ma davanti a lei c'era una lungo sentiero in salita composto da mattoncini rossi. "Eroe, durerà il tempo di permettere al sole di sparire dietro il mare" aveva detto solamente la dea, volgendosi verso di loro, il sorriso era aperto sul volto e gli occhi non erano più nascosti dagli occhiali; per la prima volta erano di un colore vero, ardente e violento rosso scarlatto. Artemide aveva stretto ancora il ragazzino a se prima di aiutarlo a salire sull'auriga costruita da Eris, "Grazie, grazie ancora" aveva sussurrato davvero grata la dea della caccia, Percy aveva annuito prima di tirare le redini e far partire il segugio lungo la strada di mattoncini rossi.





La fine giunse dopo molti metri, forse un chilometro, quando il sentiero ne aveva trovato un altro. Un grosso arco azzurrino e sbiadito a distanza. Ai suoi fianchi era pieno di nuvole rosse e oscure stelle lucenti, così il figlio di Poseidone seppe di essere giunto ancora una volta nell'altro mondo. Quando l'arco azzurro si era fatto più vicino, aveva notato che era composto da una sorta di polvere turchese lucente, mischiato a stelle bianche luminose e vive. La strada era percorsa da esseri, indefiniti ed opalescenti, emanavano una leggera fluorescenza turchese ed alcune parti del loro corpo erano composte di stelle chiara e splendenti. Orione l'aspettava al varco, con i ricci e gli occhi mare, vestito di pelle e con la mazza chiodata, quindici stelle, alcune minuscole, altre enormi, brillavano sul suo corpo rendendolo luminoso, così Percy aveva compreso che davanti a se c'erano costellazioni.






"Vi sarò eternamente debitore di questo, mio caro fratello" aveva detto Orione, con un sorriso sincero, come quello che aveva mostrato nei suoi sogni. Percy aveva sorriso imbarazzato ed aveva balbettato un prego, poi era sceso dall'auriga ritrovandosi così a confronto del mezzo-fratello, che pareva superarlo di molto in altezza. "Un nuovo sentiero alla fine del bacio della notte apparirà al fondo dell'arco ed io sarò lì ad aspettarti" aveva detto il mezzogigante, facendo un passo in avanti sul sentiero di mattoncini rossi ed abbandonato la volta celesta, la pelle era tornata compatta e lattea, gli occhi accessi ed i capelli scuri, le stelle si erano spente. Il fratellastro fece un passò nella via delle stelle e la sua stessa pelle divenne di un celestino opalescente, astri roventi erano nati dalla sua pelle negli stessi punti in cui si erano oscurate all'altro. Le tre pietre della cintura brillavano più di tutto. Percy fu per un attimo disorientato, "Se tu non dovessi tornare, io resterei qui per sempre?" aveva chiesto retorico. Orione era salito sull'auriga, mentre il mastino infernale strusciava il suo enorme muso sulla corazza dura dell'altro figlio di Poseidone, "Io tornerò, fratello. Il tuo è un favore immenso di cui non intendo abusare" aveva esordito il figlio del dio del mare, "Da quando sono morto, non ha fatto altro che guardare Artemide e sperare di poterla incontrare ancora e non limitarmi a guardarla dal cielo. Ma la vita non mi appartiene più da molto" aveva terminato, con un sorriso docile e sincero. Tirate le redini, Mrs O'Leary aveva inforcato la strada inversa e l'auriga con il suo ospite erano scomparsi in fretta all'orizzonte, lasciando Percy all'angolo della volta celeste.







Non era rimasto lì allungo, aveva cominciato a dare un occhiata in giro, una serie di creature, tal volta umane, tal volta no, percorrevano quella via urtandolo e scusandosi, dirigendosi tutti alla fine dell'arco. Aveva intravisto molti dei celebri personaggi conosciuti da tutti e quelli di cui i quadri erano appesi nel corridoio di Eos. "Tu devi essere il famosissimo Percy Jackson" aveva detto una voce curiosa ed il ragazzo si era voltato, incontrando un centauro luminoso, armato d'arco, sulla cotta di ferro, che usava come maglia, vi era una freccia obliqua che andava vero l'alto con la punta a destra. "Si, si" aveva bisbigliato il ragazzo a disaggio, guardando la creatura davanti a lui, "E' Lui! E' Lui!" avevano squittito due bambini, uguali l'un l'altro, che si tenevano a braccetto, indossavano due chitoni greci, su cui in giallo erano dipinta una sorta di due romano con le strisce orizzontali più arcuate. L'avevano circondato e li giravano intorno saltellanti, rischiando di far venire al ragazzo il mal di testa. Era scappato ai tre, solo a causa di una maliziosa ragazzetta della sua età che l'aveva guardata in modo molto zuccheroso. Vestita con abito da dama d'antichità, i capelli lisci ed un espressione divertita, i suoi tratti somatici erano leggermente confusi, assomigliava leggermente ad Annabeth, però aveva il naso di sua madre e le labbra di Thalia, forse c'era anche un po' di Clarisse dentro. Sul corpetto aveva scritto in grigio una specie di m minuscola con un rivolto che sembrava un pesce molto stilizzato.






Il centauro si era fatto avanti ed aveva strappato l'eroe dalle grinfie della giovane pulzella, "Perdonate i miei fratelli. Sono spesso invadenti" aveva detto quello, ammonendo gli altri, mentre un enorme granchio con una sorta di sessantanove orizzontale sul guscio, che aveva scrocchiato le chele verso di loro. "Sono abituato" aveva risposto semplicemente Percy cercando di mantenere la calma, ma era sempre a disaggio sentirsi al centro dell'attenzione, "Io sono Sagittario, loro sono i gemelli e lei è Vergine" aveva presentato il centauro, indicando gli altri due. I Gemelli avevano quasi saltellato per la gioia al sentirsi presentati, la fanciulla aveva ammiccato seducentemente. Non era certo così che si immaginava il segno della Vergine. Era stato poi dopo quella breve presentazione sommersa da una serie di altre costellazioni decisamente curiose ed invadenti, non abituate alle nuove presenze. Quello strazio gli era stato risparmiato nel momento che una mano aveva afferrato il mantello di coltre notturna e l'aveva strattonato via, facendolo scivolare lontano dagli altri membri del corpo celeste in un posto meno soffocante e più tranquillo.







"Grazie, grazie tante" aveva biascicato il ragazzo, riprendendo fiato e cercando di comprendere dove si trovasse, senza voltarsi verso il suo salvatore, "Mi parea che il mio prezioso sodale necessitasse del mio ausilio" aveva risposto quest'ultimo, svelando un altolocata parlata ed una voce femminile e Percy pensava di sapere chi fosse senza doversi voltare a guardarla, sebbene fossero passati più di tre anni dall'ultima volta che avevano parlato. Zoe, la cacciatrice di Artemide, era luminosa e meravigliosa al suo fianco, il volto serio disteso in un sorriso lieve. Non ci aveva neanche pensato ed immediatamente si era lanciato verso la costellazione stringendola in un abbraccio, senza curarsi del fatto che avesse stretto una cacciatrice di Artemide. Quando si era staccato aveva ricevuto un buffetto sul collo, "Perchè?" aveva gracchiato Percy, "Per mia sorella, le amazzoni, l'arseide, l'oracolo ed Annabeth" aveva tenuto a precisare l'altra, "Dall'ultima volta che ci siamo veduti non hai mantenuto un atteggiamento virtuoso" aveva aggiunto. "Ho salvato il mondo" si era difeso l'eroe. La costellazione aveva accennato un sorriso, poi li aveva tirato un altro buffetto, "Per avermi cinto" aveva aggiunto, il bruno l'aveva guardata in malo modo, prima di ricevere l'ennesimo schiaffetto, "E questo?" aveva domandato adirato, "Per lavorare a favore dell'amore di ciò che io ho tentato di demolire" aveva terminato. Percy era rimasto sbigottito, "Ma sono lieta che tu lo stia facendo" aveva detto, con un sorriso soddisfatto.






Prima però di proseguire lungo la strada turchese della volta celeste. Zoe Nightshade si era prodigata per convincere il figlio del mare a seguirla all'inverso, "Non potrebbe essere sbagliato?" aveva domandato di rimando il ragazzo, "I mortali non si preoccupano più del cielo e per chi lo fa ancora parremo comete" aveva risposto semplicemente la semititanta, "Ho speso la mia intera vita nella virtù e nel valore, sempre ligia, ora che la mia anima vaga nella volta, mi piacerebbe trarre della gioia prava" aveva bisbigliato quest'ultima, portandolo ai confini dell'arco celeste. Dove delle anime grigiastre ed opalescenti guardavano i loro compagni a cui era permesso lasciare l'orcio. Percy aveva intravisto Ethan e Lee, c'erano anche Castore e Michael, Silena si era sbracciata per farsi vedere, così come Beckendorf che aveva alzato una mano per farsi vedere.






Però il figlio di Poseidone aveva visto una sola anima salutarlo, Luke Castellan, il vero eroe, con il volto sfigurato. Sembrava oltremodo più solare di quanto non fosse mai stato da vivo; "Sono felice di rivederti e sapere che hai mantenuto la parola data" aveva detto il figlio di Ermes. Percy aveva sorriso ed aveva parlato brevemente con il suo vecchio arcinemico. Era stato strano parlare con Luke come se tutto ciò che fosse accaduto non fosse mai successo, avevano conversato come due vecchi amici e come avevano fatto quando erano ancora amici al campo. Si era parlato di Annabeth e di Thalia, anche di Grover ed un po' di tutti. Si erano uniti a loro anche Silena che aveva preso a cinguettare di Clarisse e poi c'erano tutti gli altri. Bianca Di Angelo li aveva tirato un buffetto sul braccio, protestando che il suo caro cugino non era venuto a salutarla, aveva anche enunciato che non sapeva se ridere o piangere del fatto che suo fratello fosse innamorato. Percy l'aveva stritolata in un abraccio. Castore aveva domandato come stava suo fratello e tutti si erano impicciati nelle vite altrui.







Silena aveva detto a Charlie che era certa che la figlia di Ares avrebbe dato a sua figlia il suo nome. Il figlio di Poseidone era rimasto quasi sconvolto dal non aver notato che il motivo del tanto splendore di Clarisse fosse la dolce attesa in cui era costretta. Michael li aveva battuto il cinque, "Mi Dispiace" aveva detto Percy, ricordando il ragazzo che era semplicemente scomparso, ma il figlio di Apollo aveva ridacchiato "Dovresti smetterla di sentirti in colpa per tutti" aveva detto il ragazzo e Bianca li aveva dato man forte. Aveva poi il vivente ringraziato sia Beckendorf, che aveva risolto tutto con una scrollata di spalle ed anche Ethan Nakamura che si era auto-elogiato dopo aver ricevuto il ringraziamento.






Luke l'aveva poi preso in disparte, "Per quanto bello possa essere Percy, devi andare" aveva detto l'eroe, allungando il braccio verso l'orizzonte, dove l'arco azzurro si estendeva, percorso da oscure figure. "Ti prego di portare ad Annabeth e Thalia i miei saluti e di dire ad entrambe che le voglio molto bene" aveva detto il biondo e senza mali pensieri, il figlio di Poseidone aveva annuito, prima di esser costretto a lasciare i suoi amici per incamminarsi ancora con la cacciatrice lungo la strada azzurra.






"Bene, ora in questa lunga notte, Zoe ho ancora bisogno di te" aveva detto l'eroe, evitando un enorme scorpione che correva a destra e a manca, prima di scivolare in una matassa lunga di capelli lisci, "Se è del mio ausilio che necessiti, ragazzo lo avrai" aveva risposto la cacciatrice, afferrandolo per un braccio e tirandolo su. Il figlio di Poseidone si era rimesso su sulle sue gambe ed aveva afferrato i lunghi capelli su cui era scivolato e li aveva tirati. "Attento alla chioma" aveva trillato una donna calva, che teneva tra le mani una cascata di capelli splendidi che si estendeva fino oltre i piedi. "Perdonalo Berenice" aveva detto semplicemente Zoe, facendo superare a Percy la donna.





"Devi aiutarmi a trovare un certo numero di persone" aveva esclamato Percy e la costellazione aveva annuito, "Il mio ausilio ti è concesso eroe" aveva squittito lei, mentre percorrevano lungo sentiero azzurro. "Achille, Teseo, Eracle ed Ippolito" aveva immediatamente chiarito, sul volto semi-opalescente era sparita l'espressione rilassata sostituitasi con quella seriosa, che aveva sempre da viva. "Mi permetterei di enunciare, che con l'esclusione del Virbo, il trio da tre sopracitato sia composto da sconsiderati viziosi. Con una nota di demerito nella figura del Tebano" aveva esordito la semititana, il figlio di Poseidone aveva fatto finto di aver capito di cosa stesse parlando la costellazione.






I due continuarono a camminare lungo l'arco azzurro, Zoe aveva proposto di cominciare la ricerca da Achille, non era una persona particolarmente a modo, ma avrebbe sprecato volentieri qualche parola con qualche viso nuovo. "Tecnicamente già ho avuto l'onore di conoscerlo" aveva detto Percy, ma la cacciatrice aveva non era stata neanche sfiorata da quelle parole. Scivolava tra le costellazioni con maestria che Percy quasi temeva di perderla da vista a volte. Mentre scivolava tra le folla di pellegrini, gli occhi del ragazzo avevano guardato il suolo ed era stato come vedere Annabeth sotto di lui, stesa su un asdraio con gli occhi tempestosi rivolti verso il ragazzo. Era stato come se lei lo guardasse dritto negli occhi, era come se fossero ad una distanza minima, quasi che potessero toccarsi, così il ragazzo si era genuflesso ed aveva allungato la mano verso la coltre azzurrina, oltre quella, la mano era scivolata oltre il confine del cielo e si era tesa verso la figlia di Atena che sembrava ora così distante. Senza rendersene conto stava cominciando a scivolare oltre per protrarsi verso di lei, due robuste braccia l'avevano afferrato, riportandolo con i piedi per terra.







"Dal cielo al tartaro è un bel volo" aveva constato una voce burbera e Percy voltandosi aveva incontrato lo stesso spirito che due anni prima aveva cercato di farlo desistere dall'immergersi nello stinge al suo fianco c'era una Zoe molto irritata. "Eccoti, mio solidale alleato, questo è il Pelide" aveva spiegato, indicando la costellazione al suo fianco. Alla fine il figlio di Poseidone aveva riferito imbarazzato il messaggio che li era stato commissionato dalla fredda Lea; aveva pensato che Achille non avrebbe apprezzato tale mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma era rimasto sconvolto quando l'eroe aveva messo su un sorriso sornione, "L'avevo detto io che quella Pantasilea aveva carattere. Non se ne trovano più di donne che picchiano a quel modo" aveva detto con un certo orgoglio. La cacciatrice defunta non aveva apprezzato, scoccando uno sguardo gelido all'altro, "Vero" aveva bisbigliato Percy, rimembrando la finta-pacifista figlia di Ares.







Preso a camminare lungo la via. Incontrando la regina Cassiopeia che aveva costretto Percy a bere con lei del sidro sospetto, era una bella donna dai ricci indomabili e decisamente affascinante. Aveva grandi labbra carnose ed occhi penetranti, incorniciate da ciglia spesse; la regina era vestita di gemme lucenti d'orate, che brillavano quasi quanto le cinque stelle ad eme che bruciavano dal petto. Era ingioiellata e diversa, pareva essere su un altro livello di grazia. "Io te dovremmo andar d'accordo" aveva detto, sorseggiando il suo bicchiere di cristallo lucente, con le labbra spiegate in un sorriso malizioso. "La tua cara matrigna, voleva che sacrificassimo la nostra bambina" aveva detto suo marito Cefeo risentito, le stelle di cui erano composte brillavano lucentissime. Lui era un uomo di bell'aspetto dai capelli fluenti e li occhi scuri, ancora irritato. Era d'aspetto gradevole come uomo ma non quanto la donna che aveva scelto come sua consorte. Il figlio di Poseidone mandò giù il sidro, aveva un sapore strano menta ed orzo; "Kikeon**, Percy, una delle più gradevoli delizie del mondo antico" aveva aggiunto la cacciatrice al suo orecchio, tracannando la bevanda come se fosse ambrosia mischiata a nettare, per il ragazzo la sostanza aveva un sapore decisamente ambiguo. Ma il sorriso di Zoe era lezioso e divertito, l'euforia stava attraversando il suo corpo con più velocità che a lui, doveva essere diverso il metabolismo dei morti, pensò."Comunque quella delizia della dea Anfitrite non ama molto neanche me" aveva aggiunto Percy, quando era riuscito a concentrarsi nuovamente. Rimembrava bene lo sguardo gelido che la donna li aveva lanciato quell'unica volta che si erano incontrati. Poi il vino nel Kikeon l'aveva comunque cominciato ad regalarsi un euforica leggerezza.





Una ragazzina era venuta verso di loro, con indosso stoffe e sete, bella, nei morbidi capelli mossi ed il volto sorridente, lui la conosceva; aveva visto una sua statua urlante come polena di una nave, la Principessa Andromeda. D'aspetto grazioso e delicato, ma neanche la metà bella di sua madre. Quattro grosse stelle erano affilate in trasversale dal petto al basso ventre "E' un onore conoscerti, Perseus" aveva squittito la donna, baciandoli la guancia, "Dovete conoscere il mio adorato marito" aveva aggiunto, rubando la coppa dalle mani di Percy e bevendola lei d'un sorso solo, prima di prenderlo per mano e condurlo altrove, Zoe li aveva seguiti.






Un pegaso luminoso li era sfilato accanto, quando trovarono un uomo semi trasparente, con quasi nove stelle lucentissime, capelli chiari ed occhi profondi ed intensi, ricordava un po' Thalia per il modo di sorridere e di porsi, era un figlio di Zeus dal modo in cui splendeva si notava, luminoso come un fulmine di notte. "Mai stato più orgoglioso, che qualcuno avesse il mio nome" aveva detto, stringendo in un abbraccio amichevole l'omonimo, Percy aveva sorriso imbarazzato, "Forse avere il tuo nome mi ha portato fortuna" aveva squittito il ragazzo. Zoe aveva ridacchiato, "Mio Sodale, non è mai stato il caso a governare li eventi che hai passato" aveva detto la cacciatrice, prima di afferrarli il braccio e trascinarlo via. La notte non era per sempre giovane ed altri tre eroi erano destinatari di un messaggio, così aveva detto.






Avevano incontrato il figlio di Teseo che dibatteva con una piccola ragazzetta, perchè l'aveva riconosciuta dalla disposizione di stelle che brillavano sulla sua pelle, il grande carro, dunque quella era l'orsa maggiore. Una piccoletta dai capelli ispidi e gli occhi grandi come lune lucenti, ricordava Artemide per certi versi. Si era voltato verso di lui e si era limitato a arricciare le labbra in un sorriso prima di afferrare un bambino che era al loro fianco, l'aveva caricato sulle braccia fini ed era arrivata a poche falcate dai due, "Sono pervasa dalla gioia di vederti Zoe, onorata di conoscere voi eroe" aveva detto la ragazzina tenendo il bambino tra le braccia, poi si erano come gonfiati in una massa di pelo e Percy aveva trovato di fronte lui una luminosa orsa con un cuccioletto appeso alla schiena ed era andata via, "Callisto" aveva detto l'altra cacciatrice spiegando al semidio chi fosse quella strana ragazza.







Teseo li aveva attesi in silenzio, era immobile con un sorriso tirato, uguale a come Percy l'aveva visto quando aveva visitato il corridoio di Eos e quando Nico aveva richiamato il suo passato; un ragazzo alto, dai capelli scuri e gli occhi brillanti e verdi, somigliava terribilmente a se stesso, il figlio di Poseidone lo sapeva bene. Le stelle era luminose sul suo ventre e sul suo petto. "Illo è l'eroe Teseo" aveva espresso Zoe, quando furono di fronte l'eroe.





Parlare con il principe di Atene era stato diverso da quello che si era prefigurato il fratellastro, aveva sempre avuto una diversa concezione dell'eroe, da un lato vedeva il prode guerriero acheo che aveva collezionato sulle sue spalle avventure e glorie pari a quelle di Ercole e dall'altro lato vedeva in lui un uomo che aveva arrecato più dolori che gioie, che era morto di una morta ignobile pagando il prezzo delle sue malefatte. Parlarono di tutte le avventure, "Sono così felicitato all'idea di sapere che anche tu hai affrontato il labirinto" aveva detto l'eroe, con un sorriso amichevole sul viso. Avevano parlato anche di donne, particolarmente di quelle, visto che Percy doveva portare all'altro le parole dell'Amazzone Francobollo-Ope. Alla fine l'uomo aveva deciso che Teseo non era male come sembrava.



Lungo il sentiero aveva visto Rachel affacciata ad una finestra scrutando le stelle, anche Nico guardava il cielo, mano nella mano con la dea della discordia; Eris aveva sollevato la mano e l'aveva addirittura salutato. "Può vedermi?" domandò Percy, "Appartiene alla stirpe degli immortali e come tale lei può fare ciò che desidera" aveva sussurrato la cacciatrice, forzando un sorriso di circostanza. Nessuno doveva amare troppo Eris, con l'unica eccezione di Nico.






Incontrarono il Viburno poco più in la. Era un ragazzo carino, molto alto e sorridente, nei suoi lineamenti si mischiavano il volto di Ippolita con quello di Teseo. Era uno dei volti che aveva visto nel corridoio per la casa di Eos. Non stava facendo nulla di che, se non brillare, semplicemente era lì e li aspettava, "Vi ho visto parlare con mio padre" aveva detto quest'ultimo con un sorriso dolce, del tutto incurante che suo padre l'aveva ucciso per la prima volta. Ippolito l'aveva perdonato. "La tua deliziosa metà dove l'hai lasciata?" aveva domandata la cacciatrice, l'uomo aveva spiegato che la sua dolce mogliettina si era fermata altrove a conversare con alcune compagne.




Ippolito però non si era tenuto molto a sollazzarsi con i due, portando Percy altrove; il semidio perse la cacciatrice tra una moltitudine di teste semitrasparenti. "E' un piacere conoscerti zio" aveva detto quel con ammirazione, "Credo che tu sia effettivamente l'eroe più glorioso di tutti i tempi" aveva detto lui, posando le mani sulle spalle. Aveva un bel sorriso ed i suoi occhi erano adoranti, il figlio di Poseidone aveva ringraziato suo nipote. "Mi ha mandato tua madre" aveva commentato Percy, cercando di ignorare nella sua mente il bacio della bionda sulla porta della sala da te di Eos. Ipolito sorrise con dolcezza, "Sai che quasi non me la ricordo?" aveva domandato retorico, "Ero piccolo quando lei era morta. In un certo senso Fedra è stata la mia mamma. Ma poi ci siamo incrociati là sul palatino" aveva detto, prima di raccontare come fosse avvenuta la storia. Si erano rincontrati sul monte laziale dopo che erano tornati invita tutti e due la seconda volta. Per Ippolito non era stato facile capire chi fosse l'amazzone vestita d'oro lucido, ma aveva scavato nella sua memoria trovando quel viso marmoreo in qualche modo famigliare. Lei lo aveva chiamato Teseo, sebbene differenziasse abbastanza da suo padre, con le mani posate sul suo volto, così Ippolito aveva capito di avere di fronte lui la regina delle amazzoni.







"E' forte" aveva commentato Percy, riferendosi al carattere prorompente della donna, che alla fine tra le quattro sorelle era la meno peggio, certo era di molto meno compagnia di Ope-francollo o la perfida-Melanippa, ma era decisamente più amichevole di Lea-un-mostro-mi-ha-avvelenato-ma-sto-bene. Certo il fatto che l'avesse baciato lo confondeva abbastanza, ma non certo la persona più strana con cui avesse avuto a che fare nell'ultima settimana, decisamente non lo era. "Mi è stato detto" aveva detto quello, "Anche mio padre, lo pensava" aveva aggiunto, richiamando alla sua memoria quella vecchia storia, ricordando quando suo padre li raccontava dell'amazzone che era stata sua madre. Prima del giuramento di Artemide, che Afrodite cercasse di ucciderlo, che Fedra si suicidasse e che suo padre lo maledisse. Ma Ippolito era buono, aveva perdonato suo padre per ogni cosa.






Aveva abbracciato il suo piccolo zio e li aveva permesso di andare avanti e continuare per la loro strada. "Quando Teseo seppe di essere stato fraudato dalla dea dell'amore" aveva commentato con amarezza la cacciatrice, "Pianse lacrime dolenti per suo figlio, ma ciò non li purgava le mani sporche di sangue" aveva aggiunto con amarezza. Percy aveva cercato parole da dire, ma la lingua si era come annodata davanti alla titanide, "Ippolito era un fanciullo virtuoso ed innocente, davvero pochi ne erano come lui" aveva aggiunto la cacciatrice.






Continuarono a camminare per il sentiero celeste, di tanto in tanto il guerriero gettava sguardi per terra per vedere cosa stesse succedendo. Vide i fratelli Stoll, erano in una strada buia di non sapeva esattamente dove, che cercavano di aprire una macchina evidentemente non loro, visto che erano armati di un piede di porco ed una lamina sottile di ferro. "Pazzi" aveva commentato tra se e se, "Quando miro le mie sorelle, vedo l'Apollonide Apollo continuare a tediarsi per uno di quei due. Ancora le brucia quella volta che l'avvelenarono" aveva commentato il precedente luogotenente di Artemide, "Ricordo" bisbiglio Percy. Era una storia che sembrava appartenere ad un tempo così lontano. Zoe e Luke erano ancora vivi, Thalia non era ancora una cacciatrice e lui ed Annabeth non erano ancora fidanzati, non ancora conosceva Rachel, Grover cercava Pan e Crono era ancora una minaccia costante.





Stava guardando Seattle, quello che sembrava l'ingresso di una discoteca, c'era una folla che cercava di entrare, ma tutto quello che Percy aveva notato era una ragazza che guardava verso di loro, come se le stelle la stregassero, era la fanciulla più bella che potesse esistere, aveva i capelli scuri e lucidi, intecciati su una spalla, aveva gli occhi lievemente a mandorla luminosi. Era vestita di colori brillanti e la primavera sembrava esserle esplosa addosso, se tanto tardava ad arrivare nel mondo esterno in lei era già fiorita."Calypso" sembrò così strano dirlo. La titanide sorrise alle stelle, come se potesse vederlo. L'avevano liberata, come lui aveva chiesto, le avevano permesso di abbandonare Ogigia e tornare al mondo comune. Aveva avuto ancora quel desiderio di chinarsi e raggiungerla, come era successo con Annabeth. Ma anche questa volta si era frenato, solo che non era stato a causa di un qualche mitologico eroe, era stato lui a frenarsi. Se fosse stata la figlia di Athena non ci sarebbe mai riuscito, ne era certo.





Continuarono a camminare senza parlarsi di nulla di serio. Poi Zoe si arrestò, un uomo veniva verso di loro, aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri come due fulmini tempestosi, più delle stelle che brillavano sul petto scultoreo ed era regale e maestoso quanto Thalia, brillava di quella vivissima luce divina che solo i figli di Zeus parevano avere. "Isto è l'Eroe per eccellenza, fanciullo, ma in tua fronte non hai altro che un becero uomo" aveva bisbigliato la cacciatrice serpentina, con la bocca stretta, gli occhi vulcanici ardevano di un rancore così bruciante che Percy temé che avrebbe preso fuoco. Ercole si erigeva maestoso di fronte loro, "Mia bella" disse con una voce gutturale ed un sorriso arrogante, guardando Zoe come se l'altro ragazzo non fosse lì, "Vi attendo oltre, mio prode sodale" aveva aggiunto quest'ultima, rivolgendosi al figlio di Poseidone. Poi era scivolata via, incamminandosi nel sentiero, sparendo dietro un enorme flusso di creature opalescenti spillate di lucenti stelle.




"Quando la conobbi era si un insulsa esperide, ma avrei dovuto comprendere quanto gloriosa fosse già allora" aveva commentato l'eroe per eccellenza, "La bella spada che cingi, fu forgiata da lei e mai possedei lama migliore" aveva aggiunto, Percy giurò di aver visto uno strano luccichio nei suoi occhi quando aveva sussurrato tali parole. "Lei era il mio eroe preferito, prima che faceste a Zoe tale affronto" mormorò il figlio di Poseidone, guardando il figlio di Zeus. "Riconosco di non essermi comportato in maniera esimia" aveva detto Eracle, con un espressione cupa, "Ma perchè volevi parlare con me?" domandò invece l'eroe dopo essersi ripreso dalla sua confusione. Percy rimase in silenzio per qualche istante, "L'Amazzone Deianira" aveva esposto, il volto dell'altro si incupì, al ricordo dell'amazzone. "Gelosa, molto gelosa" aveva mormorato, "Mi ha avvelenato con una dose massiccia di veleno di Centauro" aveva aggiunto, rimembrando con glacialità quel momento.





"Rimango dell'idea, che forse dopo tutte quelle gloriose battaglie e cattive azione, io mi sia meritato di morire per mano di una donna, giocata dall'amore" aveva aggiunto Eracle, addolcendo la sua espressione. Percy aveva pensato alla ragazza che indossava tutte quelle borchie ricolme di veleno, con un sorriso così amichevole, che li aveva raccomandato di annunciare al suo amore di essere pentita di quell'azione, di essersi sentita così stupida. "E' il mio perdono che vuole?" aveva domandato basito, "L'avevo già perdonata" aveva detto l'eroe con un sorriso onesto, "Infonda la sua unica colpa e stata amarmi troppo e come darle torto" aveva scherzato quello. Erano rimasti a parlare per altro tempo fino a che Zoe non era arrivata a prenderlo facendoli ben notare che la mattina stava giungendo.






Un emù luccicante comparve al loro fianco e corse via, uno scorpione lo inseguiva. "Immagino che questo posto sia sempre una festa" aveva commentato il mezzosangue, ripensando alla cena della dea Cassiopeia e a tutta quell'altra gente che aveva incontrato in quella singola notte. "Ammetto che è al quanto sollazzevole impiegare il tempo in esto loco" aveva bibigliato Zoe, lasciando che sul suo viso sorgesse un sorriso. Guardarla in quel momento pareva così dolce ed il semidio si chiese perchè di recente tutte le donne forti della sua vita li sembravano così maledettamente fragile. Eppure la Titanide non lo pareva così tanto, non era debole, era più che altro rilassata, contenta ed abbastanza felice; Zoe percepì il suo sguardo curioso addosso e li domandò: "Cosa turba le tue facoltà, mio prode sodale?", "Sembra come che la morte ti abbia fatto bene" aveva risposto quella, la cacciatrice lo aveva guardato in silenzio per qualche attimo, "Potrebbe parre ambiguo, ma la mia essenza risiedente in chiesto loco è di gran lunga più gradevole" aveva aggiunto alla fine.





"Quindi la morte non è così spettrale?" aveva domandato il fanciullo, "No, Percy non lo è. Ma non fraudarti, al principio nulla può parere più indicibile" aveva esordito Zoe, "Particolarmente se il fato abbia voluto che perissi per mano del mio genitore" aveva continuato la cacciatrice, prima di voltarsi verso l'eroe, "Ma in seguito il dolore scema, così come la dissennatezza e qui sulla volta le situazioni si sono impregnate di tranquillità e placidità" aveva aggiunto con dolcezza, il figlio di Poseidone aveva abbozzato anche lui un sorriso. Non era male pensare che la morte non fosse così tragica come appariva, era rincuorante visto che fosse un mezzosangue e la morte li fosse sempre a braccetto - e con Cher come amica si era fatta molto più amichevole - ed anche per tutti gli amici che aveva perso, che aveva ritrovato per poco tempo in quella dimensione.





"Dimenticavo Zoe di avere un messaggio anche per te" aveva detto il ragazzo, mentre si muovevano continuamente lungo il sentiero azzurro, "Non mi doli eroe? Qualcuno desidera comunicare con me? E chi mai? La frizzante Thalia o la forte Phoebe?" aveva chiesto con curiosità la titanide, cercando di ipotizzare chi mai avrebbe potuto scriverle, "Lily l'amazzone" aveva risposto lui, "Liliana" era stata la risposta di Zoe, capendo a chi si riferisse, "Una ragazza alquanto divertente" aveva detto la cacciatrice prima di rivelare un divertente aneddoto che riguardava l'amazzone che non era mai morta. Percy aveva sorriso.







Quando arrivarono al fondo del sentiero delle stelle, un'altro ponte, come quello che aveva portato l'eroe su, fatto di mattoncini rossi ed arancio, come se fossero il contorno del sole che sorgeva. Intorno a loro il blu scuro del cielo cominciava a schiarirsi, così come gli abitanti del cielo cominciavano a farsi più opalescenti, la stessa Zoe non aveva più una luminosità azzurrina, ma era un fievole bianco che cominciava ad ingrigirsi, così come la luce delle stelle era sempre più fine, alcune si erano anche spente. Le anime stavano tornando spettri dell'orco. "Apollo sta per cominciare la sua corsa, dove è situato il cacciatore?" aveva domandato nervosa la cacciatrice, "Starà arrivando" commentò il semidio. La sua pelle stava tornando ad indursi e colorarsi, così come le stesse stavano cessando di bruciare, solo quella della sua armatura luccicava ancora con ardore. "Il sentierò è destinato per resistere alla durata di un'alba" aveva cominciato Zoe, "Se Orione non sarà qui, sarai bloccato tra i morti. E per tornare dovresti aspettare un'altro anniversario delle morte di Orione in cui si ripresentino quelle precise condizioni metereologiche aveva detto la ragazza con un leggero timore nella voce. Percy deglutì pesantemente. La luna nuova, aveva pensato il figlio del mare, l'intera storia era ruotata intorno a quella fatidica notte. "Lui tornerà" commentò alla fine il ragazzo. Forse il suo fratellastro non aveva mantenuto la sua parola con Eos, ma se era a parere di tutti un uomo onesto sarebbe tornato, lo avrebbe fatto per lui e perchè era giusto. Lo aveva promesso e questo li bastava; “Tornerà” pronunciò di nuovo con più sicurezza.





L'azzurro cominciava a colorarsi di arancio, un colore brillante e caldo. E all'orizzonte era apparsa Miss O'Leary guidando l'auriga con la stella nera, Orione aveva le redini ed ogni momento che si avvicinava la sua pelle sbiadiva nel grigio uggioso della morte. Quando fu davanti loro, scivolò via dall'auriga, le pietre del cinto erano lucidi come il chiarore delle stelle lontane. "Grazie" disse il semititano, "Grazie Fratello" aveva detto, battendoli le mani sulle spalle; la sua pelle era gelida e inconsistente, "Devi andare, prima che il sentiero scompaia" aveva commentato il ragazzo. Percy si era liberato del cinto per restituirlo al legittimo proprietario. Orione aveva sorriso, guardando le tre lucenti pietre della cintura, il fratellastro aveva visto nei suoi occhi azzurri qualcosa, come un ricordo. “Tienila tu” aveva detto il cacciatore, ricacciandola al fratellastro. Percy aveva annuito, si era allacciato alla vita la cintura, mentre il mastino infernale li leccava una guancia in segno d'affetto. Le tre pietre erano accecanti e chiare come raggi del sole.





Era stato costretto con i tempi ad andare via in fretta. Cercando di tenere a mente il più possibile di quell'esperienza. La bizzarra gente che aveva incontrato e gli amici che pensava di aver perduto per sempre; doveva ad Annabeth e a Thalia le parole del figlio di Ermes, il vero eroe delle loro vita. L'ultimo sguardo che aveva rivolto alla volta celeste, aveva visto, ormai del tutto ingrigiti il cacciatore e la cacciatrice parlare. In vita non si erano amati. Lei l'aveva condotto alla morte con un inganno, ma forse dopo due mila anni la rabbia del figlio di Poseidone poteva essersi chetata, sperava che con la morte gli animi inquieti si fossero assopito. Ma dopo aver conosciuto Minosse, forse abbandonando il mondo dei vivi lo spirito del giudice si era infervorato maggiormente.





Voltò lo sguardo al mondo dei vivi. Era così distante e lui non sembrava essere avvicinarsi neanche un po', nonostante l'incredibile velocità del mastino. Il cielo si era schiarito, le lingue rosse si erano sbiadite ed il cielo era diventato di un pallido celeste. Il sole era quasi totalmente sorto. Il color corallo del sentiero cominciava a sbiadirsi, impallidendo sotto le ruote del carro. Percy guardò il sentiero, timoroso del fatto che cominciasse a schiarirsi troppo. Poi si ritrovò a correre con l'auriga sull'aria.









E a cadere.

























*Meraviglioso


**kikeon ed era a base di farina d'orzo, semi di coriandolo e lino, vino, formaggio grattugiato e foglioline di menta

















Per la durata di una notte,
due amanti sono destinati a rincontrarsi.
Ma un voto va mantenuto.
E per i mortali il tempo è spesso troppo rapido.

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