Mancano Ancora Tre Settimane...

di 1rebeccam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Guerra tra i Mondi ***
Capitolo 2: *** Caccia all'Elefante ***
Capitolo 3: *** Un Ingorgo, un Nonno, un Papero e... tanta Paura! ***
Capitolo 4: *** 'Tu ed Io Castle!?' 'Tu ed Io Beckett!' ***
Capitolo 5: *** Emozioni ***
Capitolo 6: *** L'Elefantino Senza Nome ***
Capitolo 7: *** Magia! ***



Capitolo 1
*** La Guerra tra i Mondi ***




Mancano Ancora Tre Settimane...
*

La Guerra tra i Mondi

 


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…L’infermiera era molto carina. La sua pelle aveva una sfumatura ambrata. Me lo ricordo perché pensai che il bianco della divisa, faceva risaltare il suo colorito. Gli occhi erano scuri e, mentre guardava Alexis e si sporgeva verso di me per mettermela tra le braccia, il sorriso dolcissimo che le riservava, la rendeva ancora più bella. Sistemò la sua testolina rossa sopra la mia mano e mi fece le congratulazioni, dicendo che era bellissima…

 

-Allora… ti piace il tuo nuovo lettino?-
Stella annuisce sorridendo e lui si china a baciarle il nasino.
-Brava paperottola, ormai sei diventata troppo grande per la culla, quella la lasciamo al fratellino.-
-E non tono tloppo glande anche pel ettele chiamata papelottola?-
Risposta pronta e lingua tagliente… e brava Stella!
Mette il broncio prima di tirarsi su il lenzuolo fin sopra la testa e Kate ride, mordendosi il labbro in silenzio. Adora origliare e sbirciare i suoi bambini, all’ora della nanna.
-Direi che essere una paperottola, non ha età…-
Rick la scopre fino al pancino, la sbaciucchia facendole il solletico e lei gli tira i capelli, dimenandosi e ridendo.
-Pappà… che stolia mi lacconti statela?!-
Nella penombra della lampada, le brillano gli occhi. Ogni sera ascolta le sue storie in silenzio, rapita dal tono della sua voce, molte volte, se la storia non ha effettivamente nessun senso, gli risponde a tono, cercando di trovare una spiegazione plausibile ad ogni cosa che inventa il suo papà e poi, finiscono per riderne insieme.
-Ti ho mai raccontato perché avevo scelto il nome Orson per il tuo fratellino?-
La spia fuori dalla porta solleva gli occhi al cielo e lo fa anche Stella, sbuffando.
-Pappà, Otton è un nome bruttittimo…-
-D’accordo, ne prendo atto, però è un nome importante.-
A questa frase, Kate, cerca di mettersi comoda, appoggiandosi allo stipite della porta, perché la curiosità la sta divorando.
-Allora… nel 1938…-
-Cot’è il millenovecentotlentotto?!-
Kate sghignazza e anche Rick sorride.
-Hai ragione, per te è uno spazio temporale senza nessuna importanza. Diciamo che è tanto, tanto tempo fa… come a dire ‘c’era una volta’…-
Stella annuisce seria, ora si che lo spazio temporale ha un senso.
-Allora… tanto, tanto tempo fa, un giovane che leggeva alla radio, decise di raccontare a tutta l’America un romanzo  di fantascienza dal titolo La Guerra dei Mondi, che parlava di astronavi, extraterrestri e invasioni di omini spaziali. Era un ragazzo intelligente e dalle molte risorse, rendeva eccitante tutto quello che leggeva e quando raccontava, con suoni ed effetti speciali, teneva i radioascoltatori con l’orecchio attaccato alla radio e con il fiato sospeso. E’ stato così bravo a raccontare questa storia, che molte persone hanno davvero creduto che la Terra stesse effettivamente subendo l'invasione da parte di una bellicosa flotta di astronavi marziane...-
Gli occhi di Stella sono spalancati sulla bocca di Rick, ha solo due anni e mezzo, ma si è immedesimata perfettamente nel racconto, visto che il suo papà l’ha già battezzata al mondo della fantascienza  facendole conoscere il piccolo Elliot e il suo dolcissimo amico E. T. ed è stato difficile farle capire perché il piccolo extra terrestre voleva per forza tornarsene a casa sua.
-E gli alieni tono allivati davvelo?-
-No tesoro, La Guerra dei Mondi era solo un romanzo, una storia immaginaria, ma raccontata così bene, da farla sembrare vera. E sai come si chiamava quel giovane così bravo?-
Lascia la domanda in sospeso, osservando attentamente la bambina che scuote la testa, rispondendo di no.
-Si chiamava ORSON Welles, diventato poi, uno degli attori e registi più grandi della storia cinematografica americana. Come vedi il nome Orson sarà anche bruttino, però è un nome importante, appartenuto ad un pezzetto della storia del nostro paese.-
Kate scuote la testa, doveva esserci un motivo particolare per quella scelta insensata: Orson Welles + attacco alieno = nome degno di un Castle!
Stella si mette a sedere sul letto, con le braccia conserte e la fronte corrucciata.
-Beh… anche Gabiel è un nome impottante… è il nome di un andelo… più impottante di cotì…-
Fuori dalla porta, Kate non può fare a meno di ridere, specie quando sente il sospiro rassegnato di Rick.
-Hai ragione… come competere con un angelo sulla scala dell’importanza! Ora mettiti giù, è tardi e PufPuf sta morendo di sonno.-
Le porge il paperottolo e lei si distende abbracciandolo a se.-
-Pappà… ma quando nasce Gabiel?-
-Presto. Ormai non ci vuole più tanto, solo altre tre settimane.-
-Quante tono tre settimane?-
-Mh… diciamo… il tempo che abbiamo passato in vacanza al mare.-
Il musetto di Stella si apre in un grande sorriso.
-Allola non è tanto tempo!-
Il cuore di Kate accelera inspiegabilmente, china la testa e sospira.
Perché sentire che il tempo stringe le mette ansia?
-Dobbiamo trovale l’elpantino per Gabiel pappà, ci andiamo domani?-
-Certo tesoro, domani ci dedichiamo alla caccia all’elefante… ora però dormi. Sogni d’oro Stellina!-
-Togni d’olo anche a te pappà… e anche a te mammina…-
Solleva la testa verso la porta e sorride arricciando il nasino.
Mamma finge di origliare, ma quei due sanno benissimo che, tutte le sere, resta lì ad aspettare la fine della storia di turno.
Entra in camera e si siede sul letto, si china a baciarla e la bambina le attorciglia le braccia intorno al collo.
-Buonanotte tesoro mio, dormi bene.-
Le rimbocca con cura il lenzuolo e mano nella mano, lei e Rick escono dalla stanza, lasciando la porta socchiusa.
-Quella bambina è un osso duro!-
Castle si finge preoccupato e lei gli accarezza i capelli e lo bacia.
-Hai l’aria stanca… mi spiace che debba fare tutto tu! Ieri notte hai scritto fino a tardi e oggi ti sei occupato di tutto.-
Lui le bacia la fronte.
-In effetti sono sfinito, ma non perché ho fatto il casalingo, è stata Gina a sfinirmi, mi ha tenuto 40 minuti al telefono, sclerando perché non ho ancora niente di pronto.-
-Ed è colpa mia!-
Sbuffa Kate, mentre lo trascina in camera da letto.
-Veramente ho già una prima bozza quasi pronta, ma siccome, per contratto, devo consegnarla a metà settembre e siamo solo a fine agosto, non ha nessun diritto di stressarmi per una consegna anticipata. Sono io la gallina dalle uova d’oro e sono stufo di sottostare alle sue paturnie.-
Finisce ridendo sotto i baffi, mentre si distende sul letto e lei scuote la testa.
-D’accordo che non vuoi anticipare la consegna, ma almeno potresti dirle che sei a buon punto, così non ti stressa.-
L’espressione del suo viso la fa ridere di gusto, ha la faccia di uno che gode a far rosicare gli altri, anche a costo di rimetterci personalmente in salute.
Si corica attaccata a lui, che mette il viso accanto al suo, poggiandole la mano sul pancione e tempo un paio di minuti, crolla per la stanchezza.
Kate invece, non riesce a prendere sonno, non riesce a trovare una buona posizione che le faccia riposare la schiena. Si gira e rigira un paio di volte, con la conseguenza che anche lui si gira e rigira, perché disturbato nel suo sonno. Decide che forse un bicchiere di latte potrebbe calmare lei e anche il bambino, così si ritrova seduta sul divano, da sola con i suoi pensieri.

 
…In realtà, appena nata, non era tutta questa bellezza, credo sia così per tutti i neonati, pensai che aveva un visetto bruttino, tutta raggrinzita, sembrava più una vecchietta, che una bambina e la pelle era troppo rossa, ma quando, un’ora dopo, finalmente me la ritrovai tra le braccia, era completamente diversa. I tratti del viso rilassati, il musetto in movimento come se ciucciasse, la pelle bianca e gli occhi… sembravano azzurri, ma non azzardai subito, magari avrebbero cambiato colore. Era davvero bellissima…

 
Non passa nemmeno mezz’ora, che lo sente scendere le scale a piedi nudi, sbadiglia mentre si gratta la testa per cercare di svegliarsi, arriva in basso e si guarda intorno, strizzando gli occhi per abituarsi alla penombra della stanza. La vede di profilo, seduta con le gambe sollevate sul divano e le spalle appoggiate al bracciolo, mentre ruota il collo e si passa una mano sulla nuca.
Si avvicina e l’abbraccia da dietro, lasciando che il bracciolo li tenga divisi, le poggia un bacio sulla guancia e lei sorride.
-Non ti senti bene?-
Le sussurra all’orecchio. Kate gli prende la mano e gli fa spazio per consentirgli di sedersi dietro a lei, si sistema tra le sue gambe e, appoggiando la testa sulla sua spalla, sospira.
-Allora? Non ti senti bene?-
Lei scuote leggermente la testa.
-La schiena mi dà problemi e lui non fa altro che muoversi, è diventato bravo con le capriole. Non riesco più a stare sdraiata. Eri così stanco, se avessi continuato a muovermi ti avrei svegliato, così ho pensato che magari, avrei potuto sonnecchiare sul divano.-
-Che idea malsana! Dovresti saperlo che mi sveglio quando non sei a letto con me, ho come una specie di radar, soprattutto  adesso che siamo agli sgoccioli.-
-Agli sgoccioli? Mancano ancora tre settimane, altro che sgoccioli!-
Rick sorride e comincia a massaggiarle il collo, scende piano sulle spalle, fino a fermarsi sulla schiena, all’altezza dei reni facendola sospirare e lamentare contemporaneamente.
-Tre settimane per te non significa che siamo agli sgoccioli?!-
-Per niente… 21 giorni… 504 ore… ti rendi conto? 30240 minuti…-
Rick sghignazza e lei si gira a guardarlo male.
-Beh… contando i minuti, hai ragione tu, con 5 cifre, tre settimane sembrano davvero un’eternità!-
-Uff… non scherzare. Io non ce la faccio più! Non riesco a muovermi, a dormire, mi sento… stupida…-
Finisce la frase, chinando la testa in avanti e abbassando la voce improvvisamente.
-Stupida?!-
Rick l’attira a se, le fa appoggiare la schiena al suo torace, attacca il viso al suo e le massaggia il pancione.
-Cosa c’è che non va, Kate?-
La sua voce è sussurro roco, è consapevole che quel tono di voce la rasserena e la tranquillizza, proprio come quando racconta una storia a Stella.
Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui si gode le carezze e i piccoli baci sul collo, lei mette le mani sulle sue e le lascia immobili sul ventre.
-Vorrei che queste tre settimane passassero presto…-
-Ma?!-
Le chiede lui, strofinandole il naso sui capelli, mentre lei ha ancora la testa china e si guarda il pancione.
-Ma vorrei anche… che non passassero…-
Dice con una punta di rassegnazione nella voce e appoggia la testa di peso sul suo petto, Rick le bacia per l’ennesima volta i capelli e sorride.
-Vuoi restare una mongolfiera per sempre?-
Gli arriva un pugno sul braccio e ridono insieme.
-Quanto sei scemo Richard Castle!-
Lui per tutta risposta le bacia ancora il collo.
-E mi dica detective, può questo povero scemo azzardare una teoria… con tutta l’umiltà di questo mondo, s’intende!-
-Teoria su cosa?-
-Sulle prossime tre settimane di gestazione: le facciamo passare o fermiamo il tempo?-
Finisce la frase, con tono teatrale, come se stesse citando Shakespeare.
-Mhh… sentiamo, ma che sia una teoria possibile, o ti faccio sparire con la forza del pensiero.-
Lui le appoggia il mento sulla spalla.
-Paura?!-
Azzarda, stringendo gli occhi, aspettandosi un altro pugno in qualche parte imprecisata del corpo, invece non arriva nulla, nessun dolore, solo un altro, forte sospiro.
Riapre gli occhi e si ritrova i suoi puntati addosso. La guarda serio, perché si accorge che sono lucidi.
Il cuore gli si scioglie. Non è abituato a vederla fragile, anche durante tutta la gravidanza è stata sempre la solita Beckett, forte e autoritaria, cocciuta e orgogliosa, dinamica e movimentata, ma da un paio di giorni, dopo l’ultima ecografia, con l’avvicinarsi del parto, è  cambiata improvvisamente. E’ taciturna, calma, troppo calma… e la notte dorme poco. Pensava fosse per il peso, divenuto ingombrante, per i piccoli dolori che, a detta del medico, sono normalissimi arrivati alla fine dei 9 mesi, ma la verità è un’altra.
-Sono stupida, vero? Non vedo l’ora che tutto finisca, ma ho paura di non farcela.-
Rick le mette due dita sotto al mento e la bacia.
-Dicono che partorire sia la cosa più naturale del mondo, dall’inizio dei tempi, ma capisco anche che, chi si trova ad affrontarlo, in quel momento, non ci trovi nulla di naturale, ma, per quanta paura possiamo avere, perché ne ho tanta anche io, sono certo che andrà tutto bene.-
-E se qualcosa andasse storto? Non parliamo solo della mia vita, non m’importerebbe, ma se qualcosa andasse storto e dovesse succedere qualcosa al bambino, se…-
Un bacio la zittisce e un sorriso la calma.
-Io sarò lì con te, qualsiasi cosa dovesse succedere l’affronteremo insieme. Insieme riusciremo a far nascere questo bambino, non è che i figli possiamo averli già tutti pronti e confezionati!-
Lei non riesce trattenere una risata, gli mette la mano sul viso, accarezzando il crespo della barba sotto le dita.
-Tu ed io… Castle?-
-Tu ed io… Beckett!-
Lo bacia, continuando ad accarezzargli la barba e sorride.
-Tu ed io Rick… in momenti come questo ho la certezza che non possa succedere niente di brutto.-
Si baciano dolcemente, bisognosi di toccarsi e assaporasi, per aggrapparsi a quella speranza che sentono solo quando sono insieme.
-Interessante la storia di Orson Welles... è davvero un nome importante!-
Lui annuisce sorridendo.
-Peccato che sia così brutto…
Il sorriso si spegne all’istante e la sua espressione fa ridere Kate, che lo consola con un altro bacio.
-Hai impegni con la casa editrice domani mattina?-
Rick risponde di no, scuotendo la testa e la bacia ancora.
-Allora possiamo andare in quel negozio di giocattoli e articoli per bambini sulla 5th, dobbiamo assolutamente trovare l’elefantino.-
-Abbiamo girato per tutti i negozi di giocattoli di New York, nessuno di loro pare abbia un elefantino che vada bene per nostro figlio? Anzi, che vada bene per Stella!-
Sbuffa stringendosi a lei, che solleva le spalle.
-Deve scegliere il migliore amico di suo fratello, è una grossa responsabilità per lei trovare quello giusto.-
-Ma se non lo ha trovato nei negozi megagalattici della città, cosa ti fa pensare che resterà contenta in un piccolo negozietto?-
-Sono proprio i pupazzi megagalattici che non le piacciono.-
-Va bene… Ora però, torniamo a letto, ci facciamo tante, tante coccole e, scommetto quello che vuoi, che riuscirai ad addormentarti.-
Come al solito aveva ragione. Si sdraiano nella stessa posizione di quando erano sul divano e tra carezze, baci, massaggini e altre piccole coccole, si addormentano stretti e tranquilli.



Continua...


Angolo di Rebecca:

Ciao zie, come state? Sono tornata, anzi, è tornata Stellina!!!
Sempre più peperina la nostra piccola paperottola *-*
Doveva essere una shot, invece sono più capitoli... boh... non lo so perchè scrivo tanto!
Evi... mi avevi detto che potevo usare il tuo suggerimento ed io l'ho fatto,
per questo il cap. è dedicato a te <3 per i diritti ne discutiamo in privato :p
Fosse stato per me me, queste ultime 3 settimane le avrei fatte passare tra sangue e dolore...
ma zia Vale mi ha chiesto di evitare la strage, ed io spero di averla accontentata.



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Capitolo 2
*** Caccia all'Elefante ***


…In realtà, appena nata, non era tutta questa bellezza, credo sia così per tutti i neonati, pensai che aveva un visetto bruttino, tutta raggrinzita, sembrava più una vecchietta, che una bambina e la pelle era troppo rossa, ma quando, un’ora dopo, finalmente me la ritrovai tra le braccia, era completamente diversa.
I tratti del viso rilassati, il musetto in movimento come se ciucciasse, la pelle bianca e gli occhi… sembravano azzurri, ma non azzardai subito, magari avrebbero cambiato colore. Era davvero bellissima…





 

Mancano Ancora tre Settimane...
*
Caccia all'Elefante



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…Dormiva tranquilla tra le mie braccia, dava l’impressione di sentirsi al sicuro e questo mi ha fatto emozionare ancora di più.
Il cuore mi batteva così forte, che pensai che il suo rimbombo l’avrebbe svegliata.
La guardavo incredulo, non riuscivo a capacitarmi che quell’esserino così perfetto, potesse essere metà di me. Perfetto si. Mi sono assicurato che avesse  tutte le dita, sia delle mani che dei piedi. Le orecchie erano piccole e non scollate dal resto della faccia, il nasino minuscolo, le guanciotte rosse e le labbra disegnate a cuoricino. Sembrava una bambola di porcellana e, per quanto tutti dicessero che era uguale alla madre, io in silenzio, pensavo che era uguale a me da piccolo.
Era un pezzo di me, della mia vita, dei miei errori, delle mie sconfitte e delle mie vittorie, ma fu quando la sua minuscola manina mi acchiappò il dito, stritolandolo, che m’innamorai pazzamente di lei…
 

Righine sottili di luce costringono Kate ad aprire gli occhi, si stiracchia e si passa le mani sulla faccia. Accanto a lei c’è il vuoto, la porta chiusa ermetica e uno strano silenzio aleggia nell’aria, nonostante siano già le otto del mattino. Qualcuno ha tramato contro di lei per non svegliarla. Sorride, infila le ciabatte, va ad aprire la finestra e il sole la sveglia completamente. Si sistema i capelli ed esce per scendere in cucina, ma un rumore alle spalle la fa tornare sui suoi passi, verso una porta aperta per metà.
Resta ad osservare un attimo dalla soglia e sorride, perché sembra che in quella stanza sia passato un uragano.
-Non hai ancora deciso cosa portare in viaggio, Martha?-
La donna dai capelli rossi e perfettamente pettinati già di prima mattina, riappare da sotto un cumulo di abiti e sbuffa.
-Dovessi portare tutto quello di cui ho bisogno, mi servirebbero un paio di bauli, non una normale valigia!-
-Nel senso che hai intenzione di non tornare mai più? Credevo che il rientro fosse previsto per la settimana prossima.-
Martha sorride, si avvicina a lei e comincia a gesticolare con le mani.
-Una settimana in gita a Londra con i miei studenti, a visitare teatri… tesoro, non è solo lavoro… feste, prime teatrali, uomini… devo avere tutto con me, ne convieni?-
Kate ride e annuisce.
-Ne convengo Martha, hai ragione, ma in mancanza di bauli, dovrai deciderti, il volo è questa sera!-
Martha si guarda intorno, non si riesce nemmeno a vedere il letto, tanta è la roba che lo ricopre, lascia andare le braccia di peso lungo i fianchi e fa la faccia sconsolata.
-Non ci riuscirò mai…-
Kate continua a ridere, sua suocera riesce sempre a metterla di buon umore, ha sempre pensato che se non ci fosse una Martha Rodgers, bisognerebbe assolutamente inventarla. Si mette le mani dietro la schiena e le sfugge un lamento. Martha la guarda seria.
-Forse dovrei mandare i ragazzi da soli e restare qui, non ti vedo in forma.-
-Non dire sciocchezze Martha, mancano ancora tre settimane alla fine del tempo e sicuramente passerà anche di più, essendo il primo parto.-
-Bazzecole… dettagli, se il pargolo decide che vuole uscire, non ci saranno teorie scientifiche che tengano…-
Kate la ferma prima che parta in quarta con i suoi sproloqui.
-Parti tranquillamente Martha, al tuo ritorno sarò ancora incinta.-
Ridono entrambe, Martha le cinge la schiena, chiude la porta della sua camera e si dirigono verso la scala.
-Andiamo a fare colazione e lasciamo che i miei abiti facciano la conta per chi di loro dovrà infilarsi in valigia!-
Sul bancone della cucina uova e bacon, latte, caffè, frutta e yogurt in fila, sono pronti per essere consumati. Stella corre verso le due donne e abbraccia Kate per le gambe.
-Ciao mammina, ciao nonna! La colatione è plonta, l’abbiamo plepalata zitti zitti.-
-Siete stati bravi Stella, non ho sentito nemmeno un rumore, ho dormito come un ghiro.-
La bambina saltella verso il suo latte tutta soddisfatta.
-Nonna, lo tai che oggi andiamo a cercare ancola l’elepantino?-
-Beh amore mio, ti auguro buona fortuna, sembra che cerchiate una miniera d’oro!-
Castle si avvicina alle due donne e le bacia entrambe sulla fronte.
-Stamattina andiamo un po’ di fretta, per via dell’elefantino, ma domattina mi cimenterò in una nuova ricetta di frittelle, inventata da me, naturalmente…-
-Naturalmente…-
Ripetono in coro Kate, Martha e Alexis.
Lui si volta a guardarle imbronciato.
-Che significa questa ironia?!-
Le tre donne si scambiano uno sguardo d’intesa e, subito dopo, rispondono sempre in coro.
-Niente!-
-E come dovrebbe essere questo nuovo piatto a cinque stelle?-
Chiede Kate, addentando una fetta di ananas.
-Omelette ripiene di marmellata, rigorosamente di arance, perché è l’unica che piace a te, con l’aggiunta di una manciata di smarties…-
Rick è così preso dall’enunciazione della sua nuova ricetta che non fa caso alla faccia disgustata di madre, figlia e moglie, perciò continua.
-…che si scioglieranno lentamente durante la cottura, restando perciò croccanti… e per chi volesse, una montagna di panna montata.-
Appoggia i gomiti al bancone e guarda, sorridendo, tutte le sue donne, che non proferiscono parola.
-Beh… non avete niente da dire?-
Passa in rassegna il viso di tutte, ma nessuna ha il coraggio di dire cosa pensa realmente, tranne Stella.
-Buone!-
Esclama la bambina e Rick sorride, prendendole la manina.
-Come fai a dirlo se non le hai mai assaggiate?-
-Le pai tu pappà, devono ettele buone per forza!-
Detto questo, ricomincia a mangiare i suoi biscotti e Rick fa una delle sue facce soddisfatte e pompose.
-Cerca di non gonfiarti troppo Richard!-
Esclama sua madre.
-Perché non dovrei, almeno una di voi ha una fiducia infinita in me.-
Martha scuote la testa.
-Richard… si chiama arte dell’adulazione… siamo brave noi donne in questo e cominciamo da bambine. Lei è una femmina… sta facendo pratica con l’unico maschio che conosce al momento… oggi fa le moine a te, domani a qualcun altro!-
Castle sembra allarmato.
-Qualcun altro chi, quando, come?-
Martha si alza  e si dirige verso le scale.
-Qualcun altro che non sarai tu… vado a decidere cosa lasciare nell’armadio.-
Sale i primi due gradini, ma si ferma e, con gesto teatrale, si rivolge ancora al figlio.
-Peccato che domani non sarò a New York, mi piangerà il cuore a non potermi rimpinzare di… quella roba…-
Kate e Alexis scoppiano a ridere, mentre il cervello di Rick è rimasto fermo alla frase ‘domani farà le moine a qualcun altro’!
Si scuote leggermente quando la figlia maggiore posa la sua tazza dentro al lavandino di fretta.
-Ho lezione tra meno di un’ora, devo scappare… comunque, stavo pensando che, in questa settimana che nonna non c’è, la sera potrei tornare a dormire a casa.-
Quando la guardano corrucciando la fronte e senza rispondere, lei solleva le spalle.
-Se ci fosse bisogno di notte, ci sarebbe qualcuno a casa per stare con Stella, non mi pesa fare avanti e indietro dall’università!-
Kate le si avvicina e le mette un braccio sulle spalle.
-Non è necessario Alexis, come ve lo devo dire che non succederà niente per le prossime tre settimane, non serve che vai e vieni per restare con noi… per me.-
-Che c’è Kate, non mi volete più a casa?!-
Le chiede la ragazza ridendo.
-Devo andare… ci vediamo stasera e, mi raccomando… non cambiate la serratura.-
Urla mentre è già fuori sul pianerottolo, per poi chiudersi la porta alle spalle. Rick si mostra divertito, si avvicina a Kate, la bacia sulle labbra e solleva le spalle.
-Siamo tutti eccitati, è più forte di noi… farai meglio a nutrirti per bene, oggi non si torna a casa senza elefante!-
Guarda Stella, che annuisce convinta e lui fa lo stesso molto seriamente.
 
 
…Non che non fossi innamorato di lei anche prima che venisse al mondo, ma averla tra le braccia, rendeva tutto estremamente reale: gioia, orgoglio, insieme ad infinite paure e insicurezze, alla fine la sua  vita sarebbe dipesa da me, in tutto e per tutto, per parecchi anni. Ero praticamente un ragazzino, ma più la guardavo, più ero sicuro che fosse la cosa migliore che avessi mai fatto. Qualunque cosa fosse successa nella mia vita, ‘mia figlia’ sarebbe stata la mia unica, vera vittoria.
Non avevo mai provato un’emozione simile, mai… e nient’altro riesce a provocare un rimescolio dello stomaco come quello che sentivo io, a meno che non si diventi di nuovo padre…
 
 
La meta della famiglia Castle, quella mattina, era un negozio di giocattoli ed articoli per neonati sulla 5th, il MacFadden Toys.
Era  uno di quei negozietti a conduzione familiare, che ormai non esistono quasi più, dove oltre ai giocattoli, si poteva trovare il corredino completo, abitini e oggetti vari, necessario per la buona crescita di un bebè, senza rumori e luci psichedeliche.
La porta di lucido mogano in stile antico e i giocattoli in legno nella vetrina, facevano a botte con il resto dell’isolato, pieno di negozi di costruzione moderna e all’avanguardia.
Aprendo la porta, una campanella tintinna sopra le loro teste e Stella guarda in alto e ride divertita, allungando la manina per farla suonare ancora.
-Questo è un negozio di giocattoli, ma quella campanella non è un gioco, sarei molto grato alla signorina, se la smettesse di tormentarla.-
Stella ritrae la mano di botto e, sollevando le sopracciglia per lo stupore, lei, mamma e papà rivolgono lo sguardo sull’uomo che ha parlato.
-La bambina non voleva certo romperla!-
Risponde a tono Rick.
-Volevo solo mettere in chiaro che non mi piacciono i bambini che toccano ogni cosa!-
L’uomo si dirige dietro il bancone posizionandosi sull’attenti, aspettando che i nuovi clienti facciano la prima mossa.
-Mi perdoni, ma… lei non è il signor MacFadden?-
Chiede Rick, sperando ardentemente che quel tipo non sia il titolare.
-Cosa le fa pensare che io non lo sia?-
-Beh… ecco…-
L’uomo solleva la mano davanti alla sua faccia, Stella lo guarda seria e Kate sgrana gli occhi divertita dall’espressione di Rick, che si è ammutolito di botto.
-Essere titolare di un negozio di giocattoli, non significa essere per forza gentile… io non lo sono e non voglio impegnarmi per  esserlo. Comunque, visto che ci tiene alle presentazioni… Orson MacFadden, per servirla!-
Tende la mano verso Rick, che continua a guardarlo ammutolito, con la bocca semi aperta.
-Oh… oh… pappà, quetto tignole ti chiama davvelo Otton?-
Sussurra Stella all’orecchio di Rick, non abbastanza piano però, da non essere udita dal signor MacFadden.
-Cosa c’è signorina? Il mio nome non è di tuo gradimento?-
Stella arriccia il nasino e Kate si rende conto che la situazione si sta complicando, l’aria si è surriscaldata e non perché è il 27 di agosto e la temperatura segna 30 gradi.
-Pappà voleva chiamale il mio pratellino con quetto nome, ma la mamma, io e mia sorella lo abbiamo bottiato!-
E si… l’aria è proprio afosa, anche se MacFadden sembra non scomporsi per niente.
-Come darti torto? E’ un nome antico, superato per le nuove generazioni, non tutti possono avere la capacità di portarlo con stile… e se non sono indiscreto, tu signorinella, come ti chiami?-
-Stella!-
Risponde lei sorridendo, accucciandosi al collo di Rick, che ancora non è riuscito sbloccarsi. Non riesce a concepire che un antipaticone del genere possa vendere giocattoli.
-Bellissimo nome, come dire... luminoso! In cosa posso esservi utile?-
Kate da una gomitata a Rick, che finalmente si riscuote e la guarda preoccupato, così lei lo incita con lo sguardo a parlare e, contemporaneamente, sorride radiosa al signor MacFadden.
-Ci serve un elefante.-
Esordisce lui tutto d’un fiato e il titolare lo guarda serio.
Capelli grigi, naso dritto e un paio di baffi perfettamente curati, tagliati all’antica e con le punte pettinate all’insù.
Completo grigio gessato, in tinta con il gilet, dal cui taschino pende una catenella dorata che nasconde sicuramente un orologio e, immancabile con un completo del genere, il papillon.
-Forse dovreste andare allo zoo allora!-
Kate e Stella ridono, mentre Rick digrigna la mascella, comincia a spazientirsi, così lei gli mette la mano sul braccio per calmarlo.
-Mio marito intendeva dire che vorremmo comprare un elefante di peluche.-
-Ah… beh… di peluche, allora siete venuti nel posto giusto. Grandi, enormi, che parlano, barriscono, muovono la proboscide, aprono e chiudono gli occhi, dondolano le orecchie… ne abbiamo un’infinità! Se volete accomodarvi da questa parte…-
Rick continua a tenere Stella in braccio.
-Forse dovremmo filarcela a gambe levate, quel tipo sembra uscito da un film di Hitchcoc.-
-Pappà, chi è Hiccicocc?-
MacFadden si volta a guardarli serio, sollevando un sopracciglio e Kate dà un’altra gomitata al marito.
-Volete smetterla voi due?!-
Sussurra, ma quando l’uomo procede nel suo cammino, scoppia a ridere sommessamente, pensando che Rick ha ragione, sembra uscito dal Il Delitto Perfetto.
MacFadden li fa accomodare in una stanza piena di pupazzi di ogni genere e punta il dito verso uno scaffale in alto.
-Quello è il più grande che abbiamo.-
-Infatti, troppo grande, serve per il nascituro, perciò dovrebbe essere un pochino più piccolo, in modo che non lo soffochi.-
Azzarda Rick, con tono ironico.
-Potevate dirlo prima!-
Kate e Rick si guardano in cagnesco, mentre lo seguono all’altro lato della stanza.
-Questo modello è arrivato ieri, oltre agli elefanti, hanno fatto anche conigli, galline, cani e gatti.-
Guardano tutti Stella che scuote la testa.
-Io non l’ho mai vitto un elepantino di mille colori, tembra finto!-
Kate e Rick sorridono davanti alla schiettezza della loro bambina, in effetti arlecchino non piace nemmeno a loro.
-E’ un pupazzo signorinella, è… finto!-
Risponde il signor Orson MacFadden.
Stella mette il broncio e sospira, sta perdendo la pazienza anche lei e Kate comincia a sentire delle fitte alla schiena, molto più forti di quelle avute fino al giorno e alla notte prima. Non vede l’ora di tornare a casa.
L’uomo prende un altro elefante, in tinta unita stavolta, spinge un pulsantino sull’orecchio e il peluche comincia a muovere la proboscide su e giù, emettendo un suono, che tutto sembra tranne che un barrito.
Stella scuote la testa.
-Nononononono… fa tloppo lumole!-
Quello dopo canta una ninna nanna e si illumina sulle orecchie, ma nemmeno questo è quello che desidera Stella, il signor MacFadden mantiene il suo contegno, ma comincia a rabbuiarsi in viso e la cosa non lascia presagire niente di buono.
Meno male che la campanella sulla porta tintinna di nuovo, sta arrivando gente, meglio avere dei testimoni.
-Nonno, sono tornata.-
La voce femminile e piena di gioia, solleva leggermente Castle.
-Oh… buongiorno, non mi ero accorta che ci fossero dei clienti.-
La ragazza sorridente, si avvicina a Stella e d’impeto le accarezza il viso.
-Ciao bellissima!-
I due genitori sorridono orgogliosi e rincuorati da tanta umanità.
-Credevo ti fossi persa.-
Esclama MacFadden, rivolgendosi alla nipote.
-C’è stato un grosso incidente sulla Lexington. Un tir si è ribaltato, la carreggiata è bloccata e tutta questa zona è praticamente paralizzata, non senti i clacson qua fuori?-
-Non mi interesso di quello che succede in strada Lindsey, dovresti saperlo.-
La ragazza però, invece di ascoltare il nonno, fissa Rick sorridendo.
-Nonno, ma ti rendi conto di chi sia questo signore?-
-Sicuro… il padre di una bambina che non gradisce i miei peluche!-
Risponde l’uomo, mentre mette a posto i pupazzi già visionati e la nipote scuote la testa.
-Ma no nonno, il signore è Richard Castle, lo scrittore di romanzi gialli.-
Lo dice tutta eccitata tendendogli la mano.
-E’ un piacere conoscerla, sarà una frase stupida, ma io ho letto tutti i suoi libri e sono fantastici!-
-Non è stupido, specie se detto così di cuore come ha fatto lei, la sua spontaneità la rende radiosa.-
Rick le risponde tutto orgoglioso, per poco non fa la ruota come il pavone e Kate ruota gli occhi alzandoli al cielo.
Il nonno si gira a guardare la scena un attimino, poi si mette in mezzo a loro, squadrando Rick dalla testa ai piedi.
-Scrittore di gialli eh? Morti ammazzati, niente romanticismo… Lindsey, dovresti leggere di meglio. Piuttosto, aiutami a trovare un elefante che sia di gradimento per questa bellissima bambina. Non gliene va bene uno!-
Perché quel ‘bellissima’ detto con quel tono ha fatto a Kate un brutto effetto?! Comincia a spazientirsi anche lei? Ha la sensazione che la schiena stia per spezzarsi e quell’uomo con i baffetti comincia a darle sui nervi, se continua così potrebbe anche decidere di arrestarlo.
La nipote di MacFadden sbuffa verso il nonno, prende Stella tra le braccia e la mette a sedere sul bancone all’entrata.
-Dimmi piccola, come deve essere questo elefantino?-
Finalmente una persona responsabile ed intelligente, basta chiedere no?
Stella mostra PufPuf e sorride.
-Come lui.-
MacFadden alza gli occhi al cielo.
-Perfetto… un elefante con la faccia papero…-
Kate e Rick si girano a guardarlo con lo sguardo incattivito e la ragazza ride divertita.
-Non farci caso, il nonno finge di essere burbero e scostante, ma è un uomo buono.-
-Beh… finge molto bene!-
Sussurra Kate all’orecchio di Rick, che sghignazza.
-La signorinella, come la chiami tu nonno, vuole solo un elefantino piccolo, morbido morbido e con gli occhoni teneri, giusto tesoro?-
Stella annuisce e sorride soddisfatta. Forse ci siamo, ma la speranza di Kate viene stroncata sul nascere dal nonno.
-Non abbiamo nulla del genere, li avevamo, ma per sopravvivere mi sono dovuto modernizzare anch’io con questi giochi rumorosi e di mille colori che, per vostra informazione, odio infinitamente.-
Kate sospira e si aggrappa al braccio di Rick che si gira a guardarla.
-Cos’hai Kate?-
-Mal di schiena e sto perdendo le speranze di uscire da questo posto.-
Le sorride e guarda Stella.
E’ seduta su quel bancone in mezzo ad un’infinità di giochi di ogni tipo, ma non ne guarda nemmeno uno. E’ seria e impegnata ad assolvere il suo compito: portare a casa il migliore amico di suo fratello.
-Un attimo di pazienza e ce ne andiamo.-
-Nel magazzino deve esserci qualcosa, pupazzi che non abbiamo venduto e che non abbiamo potuto restituire. Non ricordo se ci sono elefantini però… deve essere proprio un elefante o va bene anche qualche altro animaletto?-
Stella scuote la testa.
-No… deve ettele un elepantino.-
La ragazza sorride e le accarezza il visino.
-Ed elefantino sia… vedrai che riusciremo a trovare quello che desideri.-
Stella sorride e guarda mamma e papà tutta eccitata.
-C’è un manicomio lì sotto Lindsey…-
Grugnisce MacFadden.
-Non preoccuparti nonno, vado io a cercare il pupazzo, perché non offri qualcosa ai nostri ospiti, intanto?!-
Lindsey corre verso il magazzino e il signor MacFadden riprende posto dietro al bancone, serio, dritto e antipatico.
Rick fa scendere Stella e Kate si avvicina a lei tendendole la mano.
-Tesoro che ne dici di dare un’occhiata ai libri, magari troviamo una favola nuova.-
La piccola annuisce contenta, dà una mano alla mamma, stringe il suo papero nell’altra manina e la segue nel reparto libreria, lasciando Rick davanti al bancone, assieme a MacFadden.
-Noto con piacere che le piacciono molto i bambini.-
Esclama Castle ironico, tanto per parlare del più e del meno.
-Li adoro…-
Risponde secco MacFadden.
Dopo un attimo di silenzio imbarazzante, l’uomo si gira a guardare nella direzione in cui guarda  il suo cliente. Rick sta ammirando un trenino di legno.
-E’ intagliato a mano, ha un ingranaggio che con una sola spinta della mano consente alla locomotiva di muoversi e tirarsi dietro i vagoni… tutto senza elettricità o batterie… è un pezzo raro!-
Rick ha spostato lo sguardo su MacFadden, la sua voce si è addolcita e i suoi baffi stanno sorridendo.
-E’ molto bello.-
La voce di Rick sembra riscuoterlo da un mondo fatto di ricordi.
-E’ vero, è bello… ma questa roba ormai si vende solo a chi ne fa collezione, i bambini di oggi vogliono rumore, movimento e luci. Battono i piedi prepotentemente per possedere un gioco che dopo 10 minuti smontano e distruggono, desiderandone subito un altro. E’ un peccato che non capiscano il valore del gioco.-
La sua voce è rassegnata e Rick si ritrova a sorridere e a pensare che Lindsey conosce bene suo nonno.
-Stella ha un mucchio di giochi, ma per quanto possa sembrare strano, l’unica cosa da cui non si separa mai è il suo papero, è il suo migliore amico, per questo è esigente per trovarne uno per il suo fratellino, per lei è importante, dice che deve fargli compagnia, capirlo e proteggerlo.-
Non sono solo i baffetti di MacFadden a sorridere, adesso mostra anche i denti.
-La sua bambina è saggia e… devo ammettere anche molto carina.-
Rick sorride annuendo.
-Le va di mostrarmi come funziona il trenino signor MacFadden, credo che a Stella piacerebbe.-
-Credo piacerebbe anche lei…-
Esclama MacFadden, accarezzandosi un baffo e voltandosi verso lo scaffale per prendere il trenino.
 
-Mamma, pecchè il tignor MacPadden è allabbiato?-
-Non credo sia arrabbiato Stella, credo sia solo il suo carattere, è un po’… come dire… burbero ecco…-
-Come blontolo dei nanetti di Biancaneve?-
-Si, proprio come lui!-
-Ah, ma allola non è cattivo, è tolo blontolone!-
L’esclamazione di Stella la fa ridere, come al solito ha squadrato per bene il tipo. Kate sta per prendere un libricino colorato che ha attirato la sua attenzione, quando una fitta tremenda alla schiena la costringe a piegarsi in avanti e ad appoggiarsi alle mensole dello scaffale.
-Mamma che cot’hai?-
Cerca di riprendere fiato per rispondere, ma un’altra fitta la blocca e le scappa un lamento.
-Mammina?!-
Vede Stella guardarla preoccupata, non vuole farla spaventare e cerca di raddrizzarsi, fa un paio di respiri profondi, ma il dolore aumenta.
-Stella va a chiamare papà!-
Riesce a dire cercando di mantenere la calma. Segue lo sguardo della bambina che guarda il pavimento con la bocca aperta e si rende conto di stare gocciolando.
Oh… santo cielo!
-Stella, presto, va a chiamare papà… subito!-
La bambina corre verso l’entrata tutta agitata.
-Pappà, pappà devi andale tubito dalla mamma.-
Rick si abbassa verso di lei.
-Calmati tesoro, che succede?-
-Non lo to, ma la mamma te le fatta addosso…-
Rick corruccia la fronte.
-Come se l'è fatta addosso?!-
Improvvisamente sgrana gli occhi, si alza e corre verso la libreria.
La trova piegata in avanti con le mani appoggiate al muro, l’espressione dolorante sul viso, mentre cerca di respirare normalmente.
-Kate…-
-Credo… credo che… ci siamo Rick…-
-Come ci siamo? Non mancavano ancora tre settimane?!-
Lei lo guarda con gli occhi socchiusi.
-Pechè non cerchi di spiegarglielo, forse lui all’ultima visita non è stato attento!-


Continua...


Angolo di Rebecca:


"Ci serve un'elefante" :p Castle, ma te le cerchi allora!!!
Il signor MacFadden è proprio un bel tipetto *-*
ma ha trovato un osso duro in quella pupetta!
Ma Gabriel, non ha mica capito che mancano ancora tre settimane O.o?!


 

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Capitolo 3
*** Un Ingorgo, un Nonno, un Papero e... tanta Paura! ***




…Non che non fossi innamorato di lei anche prima che venisse al mondo, ma averla tra le braccia, rendeva tutto estremamente reale: gioia, orgoglio, insieme ad infinite paure e insicurezze, alla fine la sua  vita sarebbe dipesa da me, in tutto e per tutto, per parecchi anni. Ero praticamente un ragazzino, ma più la guardavo, più ero sicuro che fosse la cosa migliore che avessi mai fatto.
Qualunque cosa fosse successa nella mia vita, ‘mia figlia’ sarebbe stata la mia unica, vera vittoria.

Non avevo mai provato un’emozione simile, mai… e nient’altro riesce a provocare un rimescolio dello stomaco come quello che sentivo io, a meno che non si diventi di nuovo padre…



 

Mancano Ancora tre Settimane...
*
Un Ingorgo, un Nonno, un Papero e... tanta Paura!



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…A meno che non si diventi di nuovo padre.
Ed io, lo sono diventato ancora, 17 anni dopo e in un modo davvero inaspettato.
Stella è stata un pacco regalo, non smetterò mai di ripeterlo e non smetterò mai di ringraziare il cielo per avercela donata.
La storia che ha alle spalle è terribile, pesante e opprimente per delle spalle piccole come le sue. La sua mamma non c’è più, ma è sempre lì presente, in cielo con la sua luce e la sua protezione, io ne sono assolutamente sicuro. Lo sai che ancora adesso, la sera non va a letto senza guardare il cielo e mandarle un bacio? Forse è solo un’abitudine che ha preso e che non ha dimenticato, sicuramente lo fa inconsapevole di quanto importante sia quel gesto, ma un giorno saprà… e capirà…
 
 
Rick prende un respiro profondo e le mette il braccio attorno alla schiena.
-Niente panico Kate, dobbiamo solo andare in ospedale, vado a prendere la macchina, appoggiati qui un momento.-
Lei annuisce e storce il viso in una smorfia di dolore.
-Signor MacFadden può guardare Stella un minuto? Il tempo di andare a prendere l’auto e portarla qui davanti.-
-L’auto? Per andare dove? Guardi la strada, è bloccata!-
Castle guarda fuori dalla porta: un tappeto di auto, ricopre l’asfalto. Sgrana gli occhi e per poco non si strozza per bloccare un’imprecazione.
-Oh… santo cielo!-
-Pappà che tuccede?-
Il musetto di Stella trema e gli occhi le si stanno riempiendo di lacrime.
E’ spaventata.
Rick si china accanto a lei e le sorride.
-Niente tesoro. Succede solo che il fratellino ha deciso di nascere adesso.-
-Allola pecchè la mamma ta male e tu tei nervoto?!-
Lui le accarezza il visino, sempre sorridendo per rassicurarla.
-E’ tutto a posto, non preoccuparti. Ora devo andare dalla mamma, tu resta qui con il signor MacFadden.-
La piccola annuisce e Rick corre nell’altra stanza.
Kate si è seduta a terra, addossata alla parete, respira in modo affannato e ha la fronte imperlata di sudore. Guarda Rick e, dalla sua espressione, capisce che c’è qualcosa che non va.
-La strada è completamente bloccata, non possiamo muoverci.-
Sussurra, chinandosi vicino a lei, che mostra un’espressione più che impaurita.
-Che significa?-
Fa un respiro profondo e chiude gli occhi, lui resta immobile, sembra congelato.
-Che siamo bloccati qui.-
-Qui? Rick… non posso farlo nascere qui… anzi non posso proprio farlo nascere… è troppo presto… non sono pronta… non possiamo nemmeno andare in ospedale…-
Rick le prende il viso tra le mani e scuote la testa.
-Shh… shh… Kate… cerca di calmarti!-
Lei ha gli occhi sgranati e le labbra serrate.
-Calmarmi? Come faccio a calmarmi? Non posso Rick, non ce la faccio, non ci riuscirò mai…-
E’ Rick adesso a fare dei respiri profondi, come se fosse lui ad avere le contrazioni.
-Ehi… che fine ha fatto la battagliera Beckett!?-
-Si sarà persa nel traffico… non ce la posso fare…-
-Kate… Kate… guardami. Ascolta, stai per partorire, è una cosa naturale, tanto naturale che quando comincia non la puoi fermare. Io sono qui con te… lo facciamo nascere insieme...-
Continua a parlarle con calma, sussurra perso nei suoi occhi spalancati dalla paura, accarezzandole il viso con i pollici.
-Andrà tutto bene… lo facciamo nascere insieme…-
Non ha staccato le mani dal suo viso nemmeno per un momento, lei gliele ricopre con le sue, chiude gli occhi e ricomincia a respirare in modo ritmato per un attimo, poi li riapre e si perde nei suoi.
-Tu… ed io Castle?!-
Gli chiede quasi implorante, lui sorride e le bacia la fronte.
-Tu ed io Beckett!-
Lei annuisce e appoggia la testa all’indietro sul muro, cercando di rilassarsi all’inevitabile.
-Mammina!-
La vocina di Stella li fa voltare contemporaneamente verso di lei, che corre improvvisamente e si accuccia in ginocchio vicino a loro.
-Non ti avevo detto di restare con il signor MacFadden?-
Le chiede Rick, cercando di mantenere un tono tranquillo, lei scuote la testa.
-Voglio tale qui con la mamma…-
Dice aggrappandosi al braccio di lei, che la guarda e riprende a respirare lentamente.
-Stella tranquilla, sto bene, è tutto a posto.-
-Non è velo… Gabiel ti sta pacendo la bua!-
Lei cerca di abbozzare un sorriso.
-No tesoro, non mi sta facendo la bua, vuole solo nascere… non preoccuparti…-
Lascia a metà la frase perché un’altra contrazione la blocca, vorrebbe urlare, ma si trattiene per non spaventare ancora di più la bambina.
Rick si alza e va verso MacFadden che è rimasto sulla porta.
-Mi spiace, mi è scappata da sotto al naso.-
-Non importa. Ho bisogno di aiuto, qualche cuscino e delle asciugamani.-
MacFadden spalanca gli occhi.
-Sta scherzando non è vero?-
Rick alza gli occhi al cielo e fa cenno con la mano nella direzione di Kate.
-Le sembra che stia scherzando?-
Ma MacFadden sembra non capire.
-Non vorrà mica farla partorire qui? Non può aspettare?-
Castle perde la pazienza, in un attimo si ritrova con le mani aggrappate alla giacca dell’uomo.
-Lo spiega lei a mio figlio che fuori c’è un ingorgo bestiale e non possiamo andare in ospedale?...-
Parte in quarta leggermente adirato e Kate prova a calmarlo, anche perché Stella li guarda a bocca aperta e stringe PufPuf tanto forte da avere la manina completamente bianca.
-Rick…-
Cerca di dire, ma lui non l’ascolta.
-Glielo spiega lei che si è sbagliato e che deve rifarsi vivo tra tre settimane?...-
-Rick… ti prego…-
-Glielo spiega lei che siamo terrorizzati e lei non ci aiuta per niente?...-
-Rick…-
-Perché se lei ha questo potere… prego, si faccia avanti, sennò procuri degli asciugamani e…-
-CASTLE!-
Si gira di scatto a guardarla, ha lo sguardo di fuoco, mentre respira affannosamente.
-Magari potreste parlarne in un altro momento, non credi?!-
Castle lascia la giacca di MacFadden, gli sistema il colletto e scuote la testa.
-Mi scusi… io… io… sono un pochino nervoso…-
Prima che l’uomo possa rispondere, riappare Lindsey, richiamata dalle grida.
-Ma che sta succedendo nonno?-
MacFadden sospira.
-La signora ha le doglie… e non possono andare in ospedale… e vorrebbero partorire qui…-
La ragazza capisce subito la situazione e si avvicina a Kate.
-Non si preoccupi…-
Prende per mano Stella e si avvicina al nonno.
-Perché non porti la bambina a fare una passeggiata?-
-Una passeggiata?!-
-Si, nonno. Una passeggiata qui fuori, su e giù per il marciapiede, ad osservare l’ingorgo... magari le compri una bella ciambella!-
-Ma…-
L’uomo cerca di controbattere, ma Lindsey lo fulmina con lo sguardo.
-Ora nonno! Portala via da qui e metti il cartello ‘chiuso’ alla porta!-
La campanella sulla porta tintinna e avverte che MacFadden e Stella sono finalmente usciti e Kate si lascia andare ad un grido liberatorio.
Lindsey sparisce nel magazzino e Rick s’inginocchia di nuovo vicino a Kate, che gli stringe le mani.
-Chiama la dottoressa Shelby… magari un’ambulanza riesce a passare…-
-Giusto! E può anche aiutarci a distanza!-
Lei annuisce, ma le sfugge un urlo e Rick molla il telefono.
-Tranquilla! Respira, avanti Kate… inspira, espira, inspira, espira…-
Mentre parla, mette in pratica quello che dice, inspirando profondamente anche lui e buttando fuori tutta l’aria possibile. Lindsey torna di corsa con un paio di cuscini e li posiziona dietro la schiena di Kate.
-Non dovrebbe essere difficile… voglio dire, sapete cosa fare, ci siete già passati, no?-
Evidentemente Lindsey si riferisce a Stella, Kate sospira e un’altra smorfia di dolore le contrae il viso.
-Non ho la più pallida idea di quello che devo fare, è la prima volta che partorisco.-
La ragazza sembra confusa.
-Ma… Stella?-
-L’abbiamo adottata… era già confezionata, come dice sempre suo padre.
Lindsey perde un po’ della sicurezza avuta fino a quel momento.
-Bene! E adesso che si fa?!-
Chiede la ragazza a Rick, che si guarda intorno spaesato e sembra rincuorarsi quando vede il suo telefono a terra.
-La dottoressa Shelby… chiamiamo la dottoressa Shelby…-
Kate urla di nuovo e lui compone il numero velocemente.
-Subito… la chiamiamo subito…-
 
 
…Quando penso alla prima immagine che ho di Stella, mi ritrovo davanti a due occhioni azzurri pieni di lacrime e otto dentini… si, otto bianchi, piccoli, deliziosi dentini… e mi sono innamorato perdutamente, ancora una volta. Tu mi dirai: ‘però, sei propenso all’innamoramento facile!’ che vuoi che ti dica, le donne mi fanno questo effetto, subisco il loro fascino e se, quando mi guardano, arricciano anche il nasino, allora sono veramente perso…
 
 
Stella tiene la manina stretta in quella del signor MacFadden, la testa bassa, mentre passeggiano avanti e indietro da un angolo all’altro dell’isolato. Quando passano davanti al negozio, solleva lo sguardo verso la porta e poi prosegue, seguendo l’uomo in silenzio.
MacFadden si china per guardarla in faccia. Quegli occhietti preoccupati gli stanno attorcigliando lo stomaco.
-Sei stanca?-
Le chiede serio e lei annuisce, senza però parlare.
-Ti va un bicchiere di latte e biscotti, ci sediamo al bar qui all’angolo.-
La piccola scuote la testa per rispondere di no, senza però spiccicare parola.
-Vuoi che ci sediamo su quella panchina per un po’?-
Stella si gira a guardare ancora verso la porta del negozio, sospira e annuisce.
MacFadden la solleva e la aiuta a sedersi, per poi accomodarsi accanto a lei. Resta a guardarla in silenzio, mentre si stringe il paperottolo accanto all’orecchio.
-Come si chiama il tuo papero?-
La piccola solleva lo sguardo verso di lui e poi guarda il pupazzo.
-PufPuf!-
-E’ un nome carino… per un papero!-
Lei annuisce.
-Posso sapere cosa ti ha detto all’orecchio? O è un vostro segreto?-
Stella lo guarda stupita.
-Come pai a tapele che lui parla?-
-Beh… il tuo papà, prima, mi ha detto che è il tuo migliore amico… che amico sarebbe se tu non parlassi a lui e lui non parlasse a te… in silenzio s’intende… una lingua che conoscete solo voi due… giusto?-
Risponde lui sollevando le spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo e Stella accenna un sorriso.
-Mi ha detto che la mia mamma non diventelà una stella.-
MacFadden corruccia la fronte e le stringe la manina, nonostante i 30 gradi estivi, è fredda. La prende tra le braccia, la fa sedere sulle sue ginocchia e le accarezza il visino.
-Che vuol dire che non diventerà una stella?-
Lei alza gli occhi per guardare il cielo.
-L’altra mia mamma è diventata una stella, me lo hanno detto pappà e mamma, ola c’è il tole e non ti vede, ma quando è buio brilla e io le mando un bacino prima di andale a dormire.-
MacFadden l’ascolta attentamente cercando di capire il senso del suo discorso.
-L’altra tua mamma?-
Le chiede dolcemente e lei annuisce.
-Mamma Hellen! Lei mi guarda dal cielo e mamma Kate mi vuole bene da vicino. Pelò te diventa una stella pure lei, poi io non la vedo più…-
Appoggia il faccino sul petto di MacFadden, che la stringe a sé. Capisce che la bambina sta parlando di una cosa importante e vera, non di una storiella qualunque, certo non capisce fino in fondo, ma la stella nel cielo che veglia su di lei, è sicuramente qualcuno che non c’è più. Si rende conto che la piccola sta ancora parlando.
-Ma PufPuf dice che lei retta qui, che non diventa una stella e io ci credo.-
L’uomo si ritrova ad accarezzarle i riccioli ribelli, sente gli occhi umidi e una strana pace nel cuore, per quanto è dolce quello scricciolo.
-E fai bene a crederci, la tua mamma non ha niente di grave. I bambini nascono così sai? Tutti i bambini, anche tu sei nata in questo modo, sei ancora piccolina ed è difficile da capire, ma ti assicuro che non c’è niente di brutto o pericoloso in quello che sta succedendo. Appena il tuo fratellino sarà nato, finirà tutto, tranquilla.-
Lei si solleva a guardarlo speranzosa.
-Lo giuli?-
-Il tuo papero te l’ha giurato?-
Lei annuisce convinta.
-Te lo giuro anch’io piccola! E poi la stella che ti protegge dal cielo, proteggerà anche lei e il tuo fratellino, ne sono sicuro.-
Lei sospira e si accoccola di nuovo su di lui.
-Anche Gabiel deve avere un migliore amico, che parla tolo con lui e lo plotegge.-
Gli dice subito dopo e lui risponde sorridendo, appoggiando il mento sulla sua testolina.
-E deve essere un elefantino piccolo, morbido, morbido e con gli occhietti teneri.-
Lei annuisce, stringe PufPuf ancora di più al suo petto e finalmente sorride.


Continua...


Angolo di Rebecca:

Ok, zie... inspirate/espirate, inspirate/espirate...
va meglio???
Tranquille che adesso Rick, chiama la dottoressa Shelby, subito subito! O.o???
Stellina è davvero spaventata, povero tesoro, ma MacFadden si è dimostrato essere un buon nonnino *-*

Vabbè, io torno da Kate, non mi sembra il caso di lasciarla sola con Rick, mi è sembrato leggermente nervoso!





 

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Capitolo 4
*** 'Tu ed Io Castle!?' 'Tu ed Io Beckett!' ***




…Quando penso alla prima immagine che ho di Stella, mi ritrovo davanti a due occhioni azzurri pieni di lacrime e otto dentini… si, otto bianchi, piccoli, deliziosi dentini… e mi sono innamorato perdutamente, ancora una volta. Tu mi dirai: ‘però, sei propenso all’innamoramento facile!’ che vuoi che ti dica, le donne mi fanno questo effetto, subisco il loro fascino e se, quando mi guardano, arricciano anche il nasino, allora sono veramente perso…
 




Mancano Ancora tre Settimane...
*
'Tu ed Io... Castle!?'
'Tu ed Io... Beckett!'




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…Certo, Stellina era già impacchettata e pronta, non ho contribuito alla sua nascita, ma quando si è stretta a me e ha appoggiato il suo viso al mio, ho provato la stessa emozione del giorno in cui è nata Alexis. Quelle braccine attorno al mio collo, mi hanno fatto lo stesso effetto di quella manina stretta attorno al mio dito. Chiunque direbbe che è stata una bambina fortunata, ma non è vero: essere amati e abbracciati da lei, ricevere un suo sorriso, vedere quegli occhi splendidi brillare per qualunque novità… questo rende me un uomo e un papà fortunato…
 
 
Grazie al cielo la dottoressa Shelby risponde al quarto squillo, Rick le spiega la situazione in maniera confusa, ma lei riesce a capire la cosa più importante: la sua paziente sta per partorire e l’unico che può aiutarla, al momento, è solo l’uomo che sta farneticando al telefono.
-Signor Castle, la prego si calmi. Faccia un bel respiro e cerchi di rilassarsi.-
-Io sono rilassato, davvero… completamente rilassato…-
Risponde Rick, facendo su e giù per la stanza come una trottola.
-L’ospedale ha già due ambulanze bloccate nel traffico, per i feriti dell’incidente hanno mandato gli elicotteri, però sto partendo io stessa con un’altra ambulanza, magari se il traffico si sblocca un po’, riusciamo a raggiungervi, nel frattempo la guiderò io e lei sarà i miei occhi, ha capito?-
Rick guarda Kate, che continua a respirare tenendo il ritmo e annuisce, come se la dottoressa potesse vederlo attraverso il telefono.
-Signor Castle… ha capito cosa le ho detto?-
-Si, si… capito… cosa devo fare? Aspetti, la metto in viva voce.-
Posa il telefono a terra vicino a Kate e si inginocchia davanti a lei.
-C’è qualcuno con lei che può darle una mano?-
Chiede speranzosa la dottoressa, lui le sembra troppo nervoso.
-Si, c’è Lindsey.-
Risponde lui, come se la dottoressa la conoscesse già.
-Che devo fare?-
-Ogni quanto tempo ha le contrazioni?-
Rick solleva la testa spaventato, non ha cronometrato le contrazioni, se ne è completamente dimenticato, eppure lo sapeva che doveva tenere il tempo. Lindsey guarda il suo orologio e si avvicina al telefono.
-Sono Lindsey dottoressa, 6 minuti, ora sono ogni 6 minuti esatti.-
Castle chiude gli occhi rilassandosi, grato che quell’angelo avesse fatto il suo lavoro.
-Lindsey, ascolti, prepari a portata di mano dello spago resistente ed un paio di forbici bene affilate e, se ne ha la possibilità, le sterilizzi con dell’alcool, serviranno per tagliare il cordone ombelicale. Ha modo di procurarsi qualcosa che somigli ad una pompetta, per potere aspirare dalle narici e dalla bocca del bambino, per aiutarlo a respirare quando sarà nato?-
Lindsey ci pensa su un secondo e poi sorride.
-La peretta per i microclismi va bene? Quelle le ho qui nel negozio.
-Perfetto, prenda anche quella.-
La ragazza annuisce e prontamente sparisce ancora nel magazzino.
-Bene, signor Castle, adesso devo sapere di quanto si è già dilatata.-
Lui corruccia la fronte, guardando Kate, che continua a lamentarsi e a respirare affannosamente.
-Avanti Rick, sbrigati, hai sentito cos’ha detto la dottoressa Shelby?-
-Certo che ho sentito… ma… ma devo guardarci io?-
Kate solleva gli occhi al cielo imprecando qualcosa di incomprensibile.
-Io non posso di sicuro, tu che dici?-
Castle si posiziona davanti a lei, le solleva il vestito e sospira, non accennando però ad abbassare lo sguardo.
Kate emette un altro urlo che lo paralizza ancora di più.
-Castle, maledizione, guarda… non c’è niente che tu non abbia già visto centinaia di volte!-
Sbotta lei che, improvvisamente, sembra aver ritrovato la combattiva Beckett.
Lui chiude gli occhi, deglutisce e poi fa il suo dovere, controlla la dilatazione. Spalanca gli occhi e guarda Kate.
-Che… che… tu ci creda o no tesoro… io non ho mai… visto niente del genere… in tutta la mia vita!-
-E non chiamarmi tesoro… accidenti!-
Urla Kate mentre un’altra contrazione la paralizza.
-Allora signor Castle?-
La voce della dottoressa lo fa sussultare, mentre Lindsey rientra nella stanza con tutto l’occorrente.
-Non so esattamente quanto sia dilatata, ma le posso assicurare che c’è qualcosa che sta uscendo… da lì dentro!-
Kate si solleva di colpo sulle mani e urla ancora.
-Allora ci siamo proprio, quella che vede è la testa. Ora l’unica cosa che deve fare Kate, è rilassarsi e prendere un respiro ritmato. Lindsey, lei si metta dietro a Kate e le sorregga la schiena se necessario, Rick, lei appoggi la mano sul ventre e cerchi di captare le contrazioni, per aiutarla a capire quando deve spingere… la spinta deve durare circa 5 secondi… chiaro?-
-Chiarissimo!-
Risponde convinto, appoggiando la mano sul ventre di Kate, mentre  Lindsey fa come le ha detto la dottoressa.
-Bene, siamo pronti…-
Nessuna risposta proveniente dal telefono.
-Dottoressa Shelby?-
Ancora silenzio. Rick controlla il telefono e si rende conto che la linea è interrotta, Kate emette un altro urlo, più acuto degli altri.
-Non riesco più a mettermi in contatto, come se non ci fosse campo...-
Kate sgrana gli occhi e urla ancora.
-Signor Castle dia il telefono a me, riprovo io a chiamare, lei pensi a farla spingere.-
Dice Lindsey e Kate fulmina tutti e due con lo sguardo.
-Aiutarmi a spingere?-
-Tranquilla tes… ehm… Kate, so esattamente quello che devo fare.-
Castle sembra essersi stranamente tranquillizzato, continua a guardare tra le gambe di Kate e non fa una piega.
-Sai esattamente cosa fare? Ma se 2 minuti fa non volevi nemmeno guardare?-
Kate si sta agitando sempre di più.
-Te l’ho detto, so cosa fare, ricordati che io ho già una figlia.-
-Ma non l’hai partorita tu… eri lì almeno quando è nata Alexis?-
Rick solleva la testa e la guarda con la fronte corrucciata.
-Ehm… non esattamente…-
Lindsey riprova a mettersi in contatto con la dottoressa senza successo e Kate ha un’altra contrazione.
-Ok… spingi Kate, adesso… uno, due, tre, quattro, cinque… stop!-
Dopo qualche secondo, si rilassa e riprende fiato.
-Che significa non esattamente?-
-Che non ero proprio in sala parto, ero nel corridoio, ma ho sofferto anch’io come Meredith, proprio come sto soffrendo adesso insieme a te. E poi ho visto migliaia di volte quella trasmissione su Real Time, quella in cui fanno vedere i parti in diretta, so esattamente cosa fare…-
Kate stringe le labbra, se solo non stesse per partorire lo picchierebbe a sangue. Un’altra contrazione, un’altra spinta, un altro urlo.
-Uno, due, tre, quattro, cinque… ok… rilassati Kate.-
-Lindsey… la dottoressa?-
Chiede lei ansimante.
-Niente, la linea è proprio sparita.-
-Rick…-
Non riesce a formulare la frase, che un’altra contrazione la costringe ad urlare, il dolore stavolta è lancinante.
-Spingi Kate, forza, sta… sta uscendo… sul serio…-
Balbetta lui, sgranando gli occhi.
-Meno male che sta uscendo sul serio e non per scherzo!-
Risponde lei, visibilmente irritata, accasciandosi su Lindsey.
Finalmente all’ennesimo tentativo, il telefono riprende vita.
-Siamo rimasti bloccati dentro ad una galleria e non c’era ricezione… il traffico sembra essersi sbloccato di poco, stiamo procedendo a passo di lumaca, ma credo manchino solo circa 5 isolati… a che punto siamo?-
Rick alza gli occhi al cielo e sbuffa.
Siamo? Perché parla con il plurale maiestatis?
Mentre questo pensiero malsano gli attraversa la mente, Kate grida più forte di prima e gli stringe le mani, posizionate sulle sue ginocchia.
-Spingi… così… brava…-
Dopo la forte spinta, Kate si rilassa e Linsey le asciuga il sudore dal viso, Castle solleva lo sguardo su di lei. Gli occhi spalancati e l’espressione indecifrabile, mentre muove le labbra senza emettere suono. Finalmente deglutisce e prende fiato.
-La testa… è… è fuori…-
Lo sussurra così piano che la dottoressa Shelby non riesce a sentire.
-Signor Castle, cosa succede?!-
Lui si asciuga il sudore dalla fronte con il braccio.
-Dottoressa Shelby, la testa è uscita.-
-Bene! Kate non spinga adesso, per nessun motivo. Rick, lei controlli attentamente che il cordone non sia attorcigliato al collo, guardi bene, mi raccomando.-
Rick fa come gli è stato detto. Tiene la testa del piccolo in una mano e con l’altra controlla attentamente.
-Non mi sembra, il collo è libero.-
-Allora adesso si prepari, alla prossima contrazione deve aiutarlo a ruotare e vedrà che le spalle verranno fuori da sole… basteranno solo un altro paio di spinte. Mi raccomando, lo accompagni lei nell’uscita Rick!-
-Va bene… sentito Kate? Un altro paio di spinte soltanto… ci siamo… stai andando benissimo…-
La contrazione arriva subito, Kate si solleva sulle braccia, sorretta da Lindsey, chiude gli occhi e spinge con tutta la forza che le è rimasta in corpo. Rick vede una spalla del piccolo uscire, fa come detto dalla dottoressa Shelby, sorregge la testa in una mano e con l’altra fa ruotare di poco il bambino e anche l’altra spalla si ritrova fuori.
-Brava Kate… è praticamente uscito… un’altra spinta…-
L’urlo di Kate è lancinante, si sforza nell’ennesima spinta, ormai esausta.-
-E’ uscito… è nato dottoressa Shelby… è tra le mie braccia…-
Esclama Rick verso il telefono, senza togliere gli occhi di dosso dal figlio. Kate si solleva, aiutata da Lindsey, non riesce a vedere il suo bambino, ma gli occhi le si riempiono di lacrime vedendo l’espressione imbambolata di Rick.
Paura, emozione, felicità… questo mostra la sua faccia, mentre guarda il piccolo tra le sue braccia. Solleva lo sguardo su Kate e le sorride, subito dopo però, una strana paura s’impossessa di lui e sgrana gli occhi sul bambino.
-Non piange dottoressa Shelby, perché non piange… che devo fare?-
A quelle parole Kate spalanca gli occhi e trattiene il respiro.
-Ha le narici e la bocca piene di liquido, prenda la pompetta e aspiri, non abbia paura, lo faccia in maniera decisa, il suo bambino non si rompe.-
Lindsey gli porge la pompetta e Rick procede alla piccola operazione, il piccolo ha come un sussulto e comincia a piangere.
Rick solleva lo sguardo. I suoi occhi sono pieni di lacrime, come quelli di Kate che ha ripreso a respirare, insieme al figlio. Si sorridono e Rick le poggia una mano sulla sua.
-Adesso Lindsey, prenda lo spago e lo leghi a due estremità del cordone, lo faccia molto stretto in modo che non passi sangue, Rick, quando vede che la parte del cordone tra lo spago diventa scura, tagli pure… Noi siamo solo a due isolati, stiamo arrivando.-
Lindsey fa come le è stato detto, stringe lo spago intorno al cordone più forte che riesce a fare, il piccolo continua a urlare e Kate si sporge per guardarlo. La ragazza porge le forbici a Rick.
-A lei l’onore, papà!-
Gli dice con il sorriso sulle labbra, lui annuisce e, cercando di non tremare, taglia di netto il cordone.
-Fatto dottoressa, cordone tagliato.-
-Bravi, ora cercate di tenerlo al caldo, lo metta sul petto di sua moglie, io sto arrivando.-
Lindsey ripulisce il bambino alla meglio e lo avvolge in un’asciugamani pulita, Castle si alza e si avvicina a Kate, le mette il piccolo addosso e le dà un bacio sulla fronte, abbracciandola stretta.
Lei guarda il suo bambino e non riesce a dire nulla, continua a piangere e ridere allo stesso tempo, Gabriel, invece, appena ha sentito il calore della sua mamma, si è subito calmato.
-Kate, sei stata grande tesoro!-
Si scosta un attimo da lei e la guarda negli occhi.
-Adesso ti posso chiamare tesoro?-
Lei ride e si asciuga le lacrime.
-Noi… siamo stati grandi, Rick!-
Lui le scosta i capelli attaccati sul suo viso e la bacia dolcemente sulla guancia.
-Tu ed io… Beckett!?-
Le sussurra Rick all’orecchio.
-Tu ed io… Castle!-
Annuisce lei, continuando a sorridere, senza staccare gli occhi dal fagottino tra le sue braccia.
-Oddio Castle! Ma non è bellissimo? E’… è nostro figlio ed è…-
Non riesce a finire la frase, guarda prima il bambino, poi il marito e non riesce a parlare.
-Si, lo so Kate… è bellissimo!-
Termina lui la frase per lei, l’ennesima di tante completate a vicenda, mentre Lindsey li guarda ridendo e asciugandosi le lacrime, che nemmeno lei è riuscita a trattenere.
Restano abbracciati a guardare quella nuova vita, arrivata come un improvviso acquazzone estivo. Kate gli sfiora i contorni del viso, si sofferma sul nasino e accarezza le piccole labbra, mentre Rick gli tocca la manina, forse per controllare che ci siano tutte le dita. Quando Gabriel si aggrappa al suo pollice, stritolandolo con forza, chiude gli occhi e un paio di lacrime cadono addosso a Kate, che solleva lo sguardo.
-Rick…-
Lui scuote la testa per fermarla.
-Non dire niente, ti prego… baciami!-
Lei gli mette la mano sul viso e si abbandona alle sue labbra.
Lindsey si schiarisce la voce e abbassa lo sguardo.
-Beh… io… io dico al nonno che è tutto a posto e aspetto l’arrivo della dottoressa.-
 
Finalmente l’ambulanza si ferma davanti al negozio, Lindsey fa strada alla dottoressa Shelby e ad un altro uomo con il camice bianco. La donna guarda i neo genitori e sospira soddisfatta.
Si china vicino a Kate e le sorride.
-Siete stati bravi! Kate, lui è il dottor Carver, il pediatra neonatale, lasci che controlli il bambino, io mi occuperò di lei.-
Il dottor Carver prende Gabriel e lo poggia sulla barella per visitarlo e la dottoressa Shelby fa la stessa cosa con Kate. Rick sembra preoccupato.
-Sta bene, vero dottoressa?-
La Shelby controlla Kate e annuisce.
-Sembra tutto a posto signor Castle, adesso la pulisco per bene… tranquillo.-
Kate invece, guarda insistentemente il dottor Carver.
-E Gabriel… sta bene?-
Il dottore finisce di visitarlo, lo avvolge in una coperta termica e si avvicina alla mamma.
-Ad occhio e croce sta benissimo. In ospedale faremo un prelievo per altri accertamenti, ma pare che sia sano, i polmoni sono perfetti, sentivamo le sue urla per telefono!-
Sorridono tutti, sollevati. Carver le porge il bambino e la dottoressa Shelby, dopo aver finito di visitarla, mette una coperta anche addosso a Kate.
-Appena il traffico sarà fluido, andremo in ospedale, con calma, ormai non abbiamo più nessuna fretta, giusto?-
Mette una mano sulla spalla di Rick e sorride.
-E bravo signor Castle, si è comportato magnificamente, devo dire che quando è caduta la linea mi sono un po’ preoccupata, la sentivo leggermente nervoso.-
-Lei… era… preoccupata!?-
L’espressione stralunata di Castle strappa una risata a tutti, mentre MacFadden e Stella appaiono sulla porta.
-Mammina…-
Sussurra Stella e Kate le rivolge un sorriso così raggiante, che la bambina sospira e sorride raggiante a sua volta. Quel sorriso le sta dicendo che sua mamma sta bene. Rick le va incontro e la prende tra le braccia.
-Vieni tesoro, guarda un po’ chi è arrivato?-
La piccola guarda il neonato in silenzio, continuando a ridere.
-Allora Stella, che ne pensi del tuo fratellino?-
Le chiede Kate, la bambina solleva le spalle.
-E’ minuccolo! Tembla un bambolotto!-
Si guarda attorno, quando sente le persone accanto a lei ridere e arriccia il nasino.
-Gli potto dale un batino?-
-Certo che puoi.-
Le risponde Kate e lei si sporge con cura, appoggia le labbra sulla sua fronte e schiocca un bacio. Si ritira sorridendo.
-Ma come ha patto ad uscire dalla tua pancia?-
Chiede, con gli occhi sgranati sui suoi genitori, che si guardano, scuotendo la testa.
-E’ una lunga storia Stella, ora mamma è stanca, magari te la raccontiamo dopo, che dici?-
La piccola annuisce e appoggia il viso sul braccio di Kate, che si china a darle un bacio.
-Ora stai bene mammina?-
-Benissimo Stella, sto benissimo.-
-PufPuf lo ha detto che stavi bene!-
Kate la bacia di nuovo.
-PufPuf ha sempre ragione.-
-Ti, ti.-
Risponde lei soddisfatta.
-Tignor MacPadden, vieni a vedele il mio pratellino!-
La bambina gli tende la mano, ma lui sembra imbarazzato e Lindsey lo spinge da dietro.
-Avanti nonno… vai!-
L’uomo si avvicina, mette una mano sulla testa di Stella e si china a guardare il piccolo. Se non fosse troppo di parte, Rick, potrebbe giurare che l’antipaticone ha gli occhi lucidi.
-Sai una cosa Stella? E’ bello quanto te!-
La bambina annuisce orgogliosa, mordendosi le labbra.
-Mi spiace per tutto questo, signor MacFadden e le chiedo ancora scusa per il comportamento di Rick prima, era un tantino…-
L’uomo solleva la mano e ferma Kate, scuotendo la testa.
-Scusatemi voi. Sono rimasto un tantino spiazzato anche io, non è una cosa che succede tutti i giorni…-
Accarezza la testolina di Gabriel e corruccia la fronte, pensieroso.
-Sarà una bella pubblicità per il mio negozio!-
Guarda Castle e si lasciano andare ad una bella risata, mentre l’autista dell’ambulanza li interrompe.
-Dottoressa, quando vuole possiamo andare, la circolazione è lenta, ma si cammina.-
Kate e Gabriel vengono adagiati sulla lettiga e portati fuori, Castle prende Stella in braccio e si ferma un momento a guardare la stanza adibita a libreria per bambini. Sorride e scuote la testa.
-Chissà che non sia un segno del destino, magari farà lo scrittore anche lui, vista la sua nascita!-
Esclama Lindsey ridendo.
-Grazie infinite Lindsey, sei stata indispensabile.-
Le dice Rick e lei saltella quasi su se stessa.
-Oh… è stato bellissimo, eccitante, l’esperienza più bella della mia vita.-
Si rivolge al nonno stringendogli il braccio.
-Avresti dovuto esserci nonno, vedere quel bambino venire al mondo… indescrivibile!-
MacFadden sorride e abbraccia la nipote, guardando Castle, la cui espressione invece dice qualcosa tipo: a me sembrava un film horror!
Li saluta calorosamente, sistema Stella sul seggiolino dell’auto, si accoda all’ambulanza e compone il numero di casa per avvertire tutti.
Finalmente prendono la strada verso l’ospedale.


Continua...


Angolo di Rebecca:

Nghe... nghe... ngheeeeeeee...
E' arrivato Gabriel! Auguri zie :p
Riccardone è stato bravo non trovate?
Kate spiritosa nel momento cruciale e Stella... che dolcezza!!!

Chissà se c'è qualche fan di Jag tra di voi, se così fosse, si accorgerà che c'è una citazione di Harmon Rebb, ho riso tanto a quella frase e in bocca a Rick, ci stava a pennello!

Un'ultima cosa: posso aver scritto un mucchio di stupidaggini per il parto, ma siate buone, fatemele passare come licenze poetiche.




 

 
 

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Capitolo 5
*** Emozioni ***




 …Certo, Stellina era già impacchettata e pronta, non ho contribuito alla sua nascita, ma quando si è stretta a me e ha appoggiato il suo viso al mio, ho provato la stessa emozione del giorno in cui è nata Alexis. Quelle braccine attorno al mio collo, mi hanno fatto lo stesso effetto di quella manina stretta attorno al mio dito. Chiunque direbbe che è stata una bambina fortunata, ma non è vero: essere amati e abbracciati da lei, ricevere un suo sorriso, vedere quegli occhi splendidi brillare per qualunque novità… questo rende me un uomo e un papà fortunato…



Mancano Ancora tre Settimane...
*
Emozioni




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…Pensandoci bene, anche tu sei arrivato in un modo inusuale, di sicuro non eri programmato. E’ stato un sogno ad avvertirci della tua esistenza… veramente era un sogno dentro ad un incubo, ma su questo non mi soffermo, perché l’incubo era davvero orribile…
Comunque, quel sogno mi ha fatto pensare: perché mai dovremmo fare le cose in maniera normale? Sapere di te per un ritardo e delle analisi, sarebbe stato troppo scontato… avessi immaginato quello che mi aspettava oggi! Con la tua nascita per mano mia, nel negozio del signor MacFadden, il cui nome di battesimo, oltretutto, è Orson, abbiamo battuto il record degli avvenimenti anormali della famiglia Castle.
Dicevo… un sogno ci ha avvertito del tuo arrivo… ti rendi conto che la tua mamma è uscita alle 5 del mattino per assicurarsi che il suo sogno fosse vero? Hai una pallida idea di quanto tempo ho impiegato per farle credere ancora nei sogni e nella magia? Non quella dei maghi, intendiamoci, ma la magia dell’amore, delle parole, dei desideri!?
Dal primo istante che ho saputo della tua esistenza, ti ho accarezzato e parlato, ho sentito i tuoi calci e le tue acrobazie. Ti ho messo in guardia dal mondo che ti aspettava, una volta uscito dal tuo nascondiglio caldo e sicuro, ma ho anche cercato di farti capire che, per quante cattiverie ci sono intorno a noi, vale sempre la pena aprire gli occhi sul mondo per riuscire a vedere il sole, il cielo, le nuvole, la pioggia…  anche una sola volta…
 
 
La sala d’attesa del reparto maternità è colorata ed accogliente.
Castle è seduto da circa mezz’ora, su un divanetto di fronte alla nursery, ha la testa appoggiata alla spalliera ed è sicuramente più rilassato. Tiene la manina di Stella, che si è addormentata con la testa appoggiata sulle sue gambe e con l’inseparabile PufPuf attaccato a lei.
Kate e il bambino sono stati portati in reparto per visite di controllo e analisi varie, ma la dottoressa Shelby lo ha rassicurato che sono solo controlli di routine e che non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Ha avvertito tutti, almeno sembra convinto di non avere dimenticato nessuno e adesso, è seduto a godersi quella calma e quel silenzio che lo stanno rigenerando, dopo l’adrenalina delle ore precedenti.
Si volta verso l’uscita, quando sente dei passi e sorride. Alexis, Martha e Jim sono finalmente arrivati. Si sente come rincuorato di poter finalmente condividere, con qualcuno che ama, la preoccupazione e la gioia provate. Si alza, facendo attenzione a non svegliare Stella e allarga le braccia, quando sua figlia gli corre incontro sorridente.
-Papà… stanno bene davvero? E’ tutto a posto?-
-Li stanno ancora visitando, ma mi hanno assicurato che stanno bene.-
Abbraccia sua madre e stringe la mano ad un nonno Jim emozionato.
-L’hai fatto nascere tu, veramente?-
Chiede Martha eccitata e non gli dà il tempo di rispondere che formula un’altra domanda.
-E non sei svenuto?-
Lui sospira, stringendo Alexis ancora più forte.
-No, mamma, non sono svenuto… ma avrei vomitato molto volentieri!-
Scoppiano a ridere e guardano Stella dormire tranquilla.
-Povero tesoro, era stanca morta e anche molto spaventata, è crollata appena siamo arrivati.-
Jim si siede accanto a lei e le accarezza la testa.
-Lasciamola dormire allora.-
Finalmente la porta della nursery si apre e il dottor Carver fa segno a Castle di avvicinarsi.
-Tre chili e quattro per 52 centimetri, è un bambinone! Le analisi sono buone, suo figlio è sano come un pesce.-
Lui sospira, chiudendo gli occhi.
-Possiamo vederlo?-
Chiede Alexis e lui annuisce.
-Certo, avvicinatevi al vetro che alzo la tendina.-
Posiziona la culla con Gabriel in prima fila, tra altri neonati, in maggioranza femminucce.
-Ma guardatelo lì… beato tra le donne dal primo giorno!-
Rick sorride sornione e sua madre gli dà un buffetto sulla nuca.
-Non dare del galletto a tuo figlio, povera anima innocente!-
Mentre ridono, il dottor Carver si sporge ancora dalla porta.
-Appena la dottoressa Shelby darà l’ok, potrà portarlo in camera da sua moglie, io torno ai miei piccoli ospiti.-
Li saluta e torna al suo lavoro.
Restano davanti al vetro ad ammirare Gabriel. Il dottor Carver lo ha definito un bambinone, ma a Rick sembra uno scricciolo. In un attimo gli passano davanti le ultime ore. Lo sguardo impaurito di Kate, seguito da una determinazione improvvisa, mista a rabbia, per affrontare tutto come solo lei sa fare, l’ansia di poter sbagliare qualcosa, qualunque cosa che avrebbe potuto nuocere al piccolo… e quel benedetto elefantino, che non sono riusciti a portare a casa nemmeno oggi!
Guarda quella manina che gli ha stretto il dito, impedendogli di parlare oltre, osserva le sue labbra, uguali a quelle di Kate, il nasino piccolo e i capelli scuri.
Sei il primo Castle che nasce con i capelli scuri…
Quando lo aveva appoggiato addosso a Kate, si era calmato subito e per un paio di secondi aveva aperto gli occhi: azzurri.  Solleva le spalle, come se stesse rispondendo ai suoi pensieri, che questa era una cosa ovvia.
Tutti i Castle hanno gli occhi azzurri!
E’ perso davanti a quel vetro e si volta di scatto verso Alexis, quando sente la sua mano sulla spalla.
-Papà... stai bene?-
La ragazza guarda la sua espressione e le vengono gli occhi lucidi.
-E’ un bimbo splendido papà!-
Gli butta le braccia al collo e Rick  guarda i due nonni, inebetiti davanti al vetro come lui, fino a qualche secondo prima.
-Mamma… non sarai commossa?-
-No Richard! Sono alquanto depressa… nonna per la terza volta… penseranno tutti che sono vecchia!-
Nasconde il viso dentro un fazzoletto e gli volta le spalle, allontanandosi di qualche passo, tra le risate di tutti.
-Allora, come sta il giovanotto?-
La dottoressa Shelby si unisce al gruppo e dà uno sguardo al bambino.
-E Kate come sta?-
Chiede invece Castle.
-Bene. Certo, se mi avesse chiamato subito, quando ha cominciato ad avere quei dolori insopportabili alla schiena, invece di tenerseli buona buona per quasi due giorni… ma per fortuna è andato tutto bene.-
-Posso andare da lei?-
-Era molto stanca e si è addormentata, ma resti pure con lei e porti il bambino in camera, le farà piacere trovarselo vicino quando si sveglierà. Ora scusatemi, torno al mio giro di visite.-
-Vai tranquillo papà, noi aspettiamo qui con Stella, appena Kate si sveglia entriamo a salutarla.-
-D’accordo. Allora io vado…-
 
 
…Sai piccolo, io ho trascorso gran parte della vita a cercare la mia identità. Quando non sai chi è tuo padre, quando non puoi dargli un nome, un volto, cerchi d’immaginarlo. Da ragazzino mi guardavo allo specchio e cercavo le mie somiglianze con mia madre, le mettevo da parte e tenevo presente tutto il resto, cercando d’immaginare una sua probabile faccia, ma alla fine, mio padre, non ha mai avuto un’identità. Come me…
Mentre parla, accarezza il viso di suo figlio, lo sfiora delicatamente con un dito, incredulo di quanto successo quel giorno.
 …Mi guardavo allo specchio e pensavo che fosse squallido essere figlio di una notte e via, di un volto senza un nome, di un ricordo che non è più nemmeno un ricordo, perché questo mi ha sempre fatto capire mia madre, dicendo di non sapere chi sia l’uomo con cui mi ha dato la vita…
Distoglie lo sguardo dal bambino e guarda fuori dalla finestra, una strana malinconia si sta impossessando di lui, l’adrenalina è scesa e adesso si sente sfinito. Chiude gli occhi e sospira tornando a guardare Gabriel.
…Grazie al cielo la fantasia non mi è mai mancata, aggiungici anche che sono un inguaribile romantico e il risultato è che mi è sempre piaciuto pensare che sono figlio di una grande tempesta. Una tempesta che travolge il cuore, senza lasciare scampo nemmeno alla mente e che non fa respirare. Una tempesta che può essere infinita o durare solo il tempo di una notte, per calmarsi alle prime luci dell’alba, ma sempre una tempesta, impetuosa che, anche se finita, non può essere dimenticata…
Continua a parlargli in un sussurro, per non disturbare il suo sonno, ha messo la mano dentro il lettino e lui si è aggrappato di nuovo al suo dito e non intende mollarlo.
…Sai Gabriel, io l’ho vissuta questa tempesta e continuo a viverla ogni giorno. Ogni giorno sono travolto da un turbinio di emozioni che mi annebbiano la mente e mi fanno fremere lo stomaco, mi basta solo stare vicino a tua madre, anzi, mi basta solo pensare a lei, per sentirmi vivo. Quando sono con lei, quando mi perdo nei suoi occhi, quando mi sorride o mi fulmina con lo sguardo, io so chi sono. Sono il suo uomo, la sua tempesta, la sua ancora, perché questo è lei per me…
Mette il braccio sulla sponda del lettino e ci appoggia sopra il mento, continuando a guardarlo dormire.
Certe notti, quando resto a scrivere fino a tardi, mentre tutti dormono, prima di mettermi a letto, mi piace fare il giro di tutte le stanze. Mi soffermo a guardare Stella, che dorme accucciata con il suo paperottolo, mi fermo nella stanza di Alexis, anche quando dorme al Campus, guardo il suo letto, i suoi oggetti, ripasso nella mente un immaginario album di fotografie che segnano tappe diverse della mia vita e, in quel momento, io so chi sono. Sono un padre, presente, oppressivo e geloso forse, ma ci sono…
Ti starai domandando perché parlo ormai ininterrottamente, da non so quanto tempo… veramente non lo so nemmeno io. Sarà che, tutto mi sarei aspettato, tranne che aiutarti a venire al mondo e sono ancora così eccitato che non riesco a stare zitto. Tua madre dorme e tu, al momento, sembri l’unico disposto ad ascoltarmi senza interrompermi.
La verità è che volevo sapessi che tu, un’identità l’hai sempre avuta. Tu sei figlio di quella tempesta di cui ti parlavo e, credimi, non c’è cosa più bella del sentirsi parte integrante di un piccolo universo, che ti ha aspettato e voluto con amore dai tuoi primi momenti di vita.
Un giorno, tu ed io ci ritroveremo in disaccordo su un sacco di cose, mi urlerai contro e magari uscirai sbattendo la porta, ci siederemo a tavola e non ci guarderemo in faccia per ore, solo per una parola sbagliata sfuggita ad uno dei due, è inevitabile che succeda, ma questo non deve mai farti mancare una certezza: qualunque cosa dovesse mai succedere tra noi due, non ti mancherà mai il mio appoggio, la mia presenza, il mio amore sconfinato per te. Qualunque cosa succederà, io resterò sempre tuo padre, quella casa dove potrai tornare sempre quando sarai smarrito o soltanto felice di condividere con me la tua vita...
Si ferma un attimo e sorride, Gabriel fa mille movimenti strani con il nasino, ed è adorabile.
Ho usato un mucchio di parole e l’unica cosa che volevo realmente, era darti il benvenuto al mondo. Tua madre ha ragione, sono logorroico…
Si china su di lui e gli sfiora la fronte con le labbra. Assapora il suo profumo, quell’indescrivibile profumo che hanno i bambini appena nati e gli occhi gli si riempiono di lacrime. Quante volte ha pianto in una sola giornata?
Avrò anche trovato la mia identità, ma mi sono proprio rammollito!
Sorride a se stesso e non resiste dal prenderlo in braccio, il piccolo fa un paio di smorfie con il musetto e si sistema comodo, continuando a dormire tranquillo.
…Un discorso chilometrico solo per dirti che… ti voglio bene, figlio mio…
Appoggia delicatamente il viso a quello del piccolo e chiude gli occhi, assaporando quel momento perfetto, fino a quando un sussurro alle sue spalle lo riporta alla realtà.
-Dovresti scriverlo!-
Rick si gira di scatto e sorride.
-Sei sveglia! Come stai?-
Kate è coricata su un fianco, le mani sotto al cuscino e un’espressione serena sul viso.
-Come se mi avesse investito un autobus, ma… mi sento bene.-
Sorride e sposta una mano sulla manina di Gabriel, accarezzandolo.
-E tu, come ti senti?-
-Come se fossi stato rapito dagli alieni, sballottato per l’intera galassia e rispedito indietro a calci nel… ehm… sto bene.-
Kate ride e gli accarezza il viso.
-Dico davvero, dovresti scriverlo.-
Lui le prende la mano nella sua e gliela bacia.
-Cosa?-
-Il discorso che hai appena fatto a tuo figlio.-
-Ma non stavi dormendo? Ehi… aspetta… da quanto stavi ascoltando?-
Lei si solleva leggermente, sempre seduta di fianco e fa una faccia pensierosa.
-Mh… vediamo… da quando la bella infermiera dalla pelle ambrata, che spiccava sulla divisa bianca, ti ha messo una testolina rossa tra le braccia, sorridendo…-
Lui sgrana gli occhi e si mostra indignato.
-Ma… ma… oh Kate! Origli sempre? Non puoi… era un discorso tra me e mio figlio…-
Si ferma di colpo e corruccia la fronte.
-Perché dovrei scriverlo?-
-Perché gli hai raccontato una parte importante della tua vita, di te… gli hai detto quanto lo ami e quanto infinito sia questo amore… ed è un peccato, perchè domani, non se lo ricorderà!-
-E’ logico che non se lo ricorderà, credo che non abbia nemmeno sentito, per questo non mi ha interrotto.-
Lui ci scherza su, ma lei ha gli occhi lucidi e sorride.
-Mettilo per iscritto. Una lettera, le tue parole, i tuoi pensieri chiusi nella cassaforte del tempo, per quel giorno in cui uscirà sbattendo la porta e tu non troverai più il modo o il coraggio di dirgli tutto quello che lui significa per te. Anzi… una lettera che dovrebbero leggere tutti e tre, Gabriel, Stella ed Alexis, perché è il tuo cuore a parlare, ed è un peccato che loro non possano sentirlo.-
Anche gli occhi di Rick sono di nuovo lucidi, abbassa lo sguardo su suo figlio e stringe la mano di Kate.
-Non so nemmeno cosa ho detto esattamente.-
-Lo so io… hai parlato di una grande tempesta… devi scriverlo Rick. Alexis e Stella sanno già che padre meraviglioso sei e Gabriel, se ne renderà conto crescendo, ma non è giusto privarli dei sentimenti che hai provato oggi.-
Lui sospira e le bacia ancora la mano. Restano in silenzio per un paio di secondi, con lo sguardo fisso sul loro bambino, finchè Rick sospira.
-Caspita! Che giornata…-
Kate ride e si mette le mani sul viso.
-Già… che giornata… non dimenticherò mai la tua faccia, quando hai guardato…-
Non finisce la frase perchè le risate glielo impediscono e lui fa il broncio.
-Che tu ci creda o no tesoro, io non ho mai visto niente del genere in tutta la mia vita…-
Ripete le parole di Rick scimmiottandolo e a quel punto scoppia ridere anche lui.
-E tu allora? E non chiamarmi tesoro! Per un attimo ho creduto che mi avresti picchiato!-
-In effetti, ci ho pensato, specie quando hai parlato di quella trasmissione sul parto in diretta.-
Lui fa un’espressione di disgusto.
-Mai più… non guarderò nulla del genere mai più. Dopo oggi, solo cartoni animati!-
Continuano a ridere e si ritrovano occhi negli occhi, mentre le labbra di entrambi, assumono un’improvvisa espressione seria. Lei gli accarezza i capelli.
-Sei stato meraviglioso! Hai il diritto di pavoneggiarti con i tuoi amici, raccontando quanto sei stato bravo.-
-Pavoneggiarmi?! Non so cosa ci abbia trovato di elettrizzante Lindsey, ma io ero leggermente schifato… oltre che terrorizzato.-
-Lo so, anch’io… ho avuto davvero paura all’inizio… ma siamo stati bravi!-
Rick le porge il bambino e lei resta in silenzio a guardarlo.
-Non ci posso credere!-
Kate osserva il bambino, ma Rick osserva lei.
Si è seduto sul letto, ha messo il braccio sul cuscino e la fissa attentamente, cercando di captare i suoi pensieri. Pensieri che lei gli rivela subito dopo.
-In questi nove mesi… l’ho sentito crescere, l’ho sentito muovere, scalciare. Ho provato sensazioni nuove, indimenticabili. Mi sono sentita forte e ho avuto paura…-
Lui continua a fissarla, sta per essere travolto da quel turbinio di emozioni che annebbiano la mente e fanno fremere lo stomaco.
-...ma adesso… è qui… lo guardo e cerco di capire a chi somiglia, sento il suo respiro addosso a me, la sua manina che stringe la mia… e questo lo rende così… così…-
-Reale!?-
Sussurra lui e lei solleva lo sguardo annuendo. Appoggia la testa sulla sua spalla e si asciuga le lacrime.
-…si… reale! Insomma lo abbiamo fatto noi… l’ho fatto io… ti rendi conto? Kate Beckett…-
-La dura Detective Omicidi!-
La scimmiotta lui e lei gli dà una spinta.
-Non prendermi in giro Castle!-
-Non ti prendo in giro, è che sei così bella, così radiosa… ma non sei diversa dalla detective. Sei tu: poliziotta, donna, mamma, figlia, moglie… sei tutto questo e io vi amo tutte.-
La bacia con una dolcezza nuova, diversa dal solito.
-Hai detto che il primo abbraccio di Stella ti ha provocato la stessa emozione di quando hai preso in braccio Alexis per la prima volta…-
Lui annuisce e tiene la testa appoggiata alla sua.
-Hai ragione… non potevo capirlo bene prima, ma quando oggi l’ho sentito piangere dopo che è nato, ho provato la stessa emozione della sera in cui Stella mi ha chiamata mamma per la prima volta.-
-Non importa se li partorisci o li prendi già confezionati, vero?-
Lei sorride e annuisce.
-Già… Stella è mia… quanto Gabriel!-
Due colpetti alla porta li riportano alla realtà. Alexis fa capolino.
-Stella sta scalpitando per vedere Gabriel… e anch’io… possiamo?-
Kate sorride radiosa e allunga un braccio.
-Venite a darmi un bacio voi due.-
-Mammina!-
Alexis solleva Stella e la fa sedere sul letto. Si abbracciano ridendo e poi riservano tutta l’attenzione al piccolo.
-Kate è un capolavoro…-
Dice Alexis e Stella gli accarezza il nasino. Gabriel si stiracchia e emette un piccolo mugolio.
-Mamma ti è svegliato! Guadda, ha gli occhi azzulli.-
Kate guarda Rick con tenerezza.
-Qualcuno una volta mi ha detto che tutti i Castle hanno gli occhi azzurri, pare sia vero.-
-Sono tutti impazienti di conoscerlo Kate. Esposito sembra perfino nervoso, tuo padre invece, non batte ciglia, è immobile come una mummia e sembra quasi che non respiri.-
Le dice Alexis divertita e Kate scuote la testa, pensando a suo padre, così simile a lei nel chiudersi dentro alle proprie  emozioni.
-Rick, perché non vai a chiamarli.-
Lui annuisce e fa per uscire, ma lei lo ferma prendendolo per un braccio.
-Dateci solo 5 minuti, le ragazze ed io dobbiamo discutere di una cosa.-
Lui storce il naso e corruccia la fronte.
-Adesso? Cosa?-
-Non ti dirò cosa, è una faccenda tra donne.-
-Si, ma… non siete solo donne, adesso c’è anche un maschietto e…-
-Castle! Va a dire agli altri che possono entrare, ma solo tra 5 minuti… chiaro?!-
Lui spalanca gli occhi.
-Chiaro… chiarissimo… mamma mia quanto sei suscettibile!-

 

Continua...


Angolo di Rebecca:

Ecco cos'erano quei ricordi sparsi qua e là...
Un discorso chilometrico che Rick fa al suo bambino.
Preso dalle emozioni, non ha potuto fare a meno di raccontare se stesso a Gabriel *-*

Piaciuto il primo regalo che ha ricevuto Gabriel?
Ma si, la sua prima foto mentre stringe il dito al suo papà...
gliel'ha fatta la zia Vale, l'ha incorniciata per bene e l'ha messa nel suo lettino :)
Grazie zia Vale *-*

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Capitolo 6
*** L'Elefantino Senza Nome ***




...Qualunque cosa dovesse mai succedere tra noi due, non ti mancherà mai il mio appoggio, la mia presenza, il mio amore sconfinato per te.
Qualunque cosa succederà, io resterò sempre tuo padre, quella casa dove potrai tornare sempre quando sarai smarrito o soltanto felice di condividere con me la tua vita...
Ho usato un mucchio di parole e l’unica cosa che volevo realmente, era darti il benvenuto al mondo. Tua madre ha ragione, sono logorroico…
Un discorso chilometrico solo per dirti che… ti voglio bene, figlio mio…




Mancano Ancora tre Settimane...
*
L'Elefantino Senza Nome



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  Castle esce dalla stanza scuotendo la testa, Kate sarà dolcissima come mamma, ma resta sempre una detective pronta a dare ordini e a mettergli l’ansia addosso.
Nella sala d’attesa familiari ed amici sono impegnati a chiacchierare animatamente, ma si zittiscono di colpo quando vedono arrivare il neo papà.
Pacche sulle spalle, abbracci e congratulazioni lo travolgono bonariamente, insieme ai fiori tra le mani di Ryan e i palloncini azzurri, tenuti insieme da Lanie. Le battute sul fatto che lui sia stato l’ostetrico di turno e su come ne sia uscito vivo le avrebbero riservate a dopo, adesso sono curiosi di conoscere il cucciolo di casa Castle.
-Dovete aspettare ancora un paio di minuti, Kate è in riunione privata con Alexis e Stella.-
Esposito sbuffa.
-Ma insomma! Una riunione… anche adesso? Si comporta sempre come un poliziotto, non c’è che dire!-
Lanie gli dà una gomitata in mezzo alle costole.
-Evidentemente è una cosa importante, fatti gli affari tuoi!-
Esposito cerca man forte nel collega, ma Ryan apre le braccia e solleva le spalle, come rassegnato alla supremazia di Beckett e del resto del genere femminile.
Dopo circa cinque minuti Stella fa capolino dalla porta.
-La mamma vi dà il pemmetto di entlale!-
Scoppiano tutti a ridere, per la serietà composta con cui la bambina li ha avvertiti e Lanie si fionda ad abbracciare l’amica, cosa che fanno anche Ryan ed Esposito, presi dall’euforia. Martha fa il giro del letto e si unisce all’abbraccio e mentre Stella guarda ridendo, le facce buffe che fanno al suo fratellino, Rick si ritrova ricoperto dai fiori e dai palloncini, abbandonati di fretta dagli ospiti.
-Oh… Kate! Ma guardate quanto è bello questo scricciolo… devo dire che, nonostante il padre, ti è venuto proprio bene, tesoro…-
Esclama Lanie, stringendosi ancora a Kate, mentre Castle sbuffa offeso, legando i palloncini alla spalliera del letto.
-Ehi Beckett, ma ti pare il caso di farci aspettare per una riunione di famiglia?-
Le chiede scocciato Esposito, il cui sguardo però, è rapito da Gabriel.
-Evidentemente era una cosa importante Esposito, qualcosa in contrario?!-
L’espressione di Kate non ha niente di dolce e materno al momento e nemmeno quella di Lanie, che gli aveva già chiesto, gentilmente, di farsi gli affari suoi, ed il povero Esposito solleva le mani in segno di resa.
-Eravamo solo impazienti di vedere a chi somiglia!-
-Ma… tio Eppo… ha gli occhi azzulli, i capelli sculi… tomiglia a me, no!-
Gli occhi di tutti si posano su Stella, che arriccia il nasino, mentre Kate la stringe a sé e la bacia sulla fronte.
-Hai ragione Stellina, ha gli occhi uguali ai tuoi!-
Nonno Beckett è rimasto qualche passo indietro, le mani dentro le tasche e il collo allungato, cercando di scorgere Kate, soffocata da tutta quella gente. Rick gli mette una mano sulla spalla.
-Se aspetti che si spostino per lasciarti il posto, aspetta e spera! Gomitate e spintoni, ecco il modo.-
Jim ride e annuisce, ma non riesce a mettere in pratica la tattica di Rick, perché è proprio Kate che si rivolge a lui.
-Papà, ma che fai là dietro, avvicinati.-
Finalmente si apre un varco tra lui e la figlia. La guarda con in braccio Gabriel e Stella seduta sul letto accanto a lei. Non riesce a parlare, sorride soltanto con uno strano luccichio negli occhi.
-Papà!-
Solo alla seconda chiamata si avvicina, si china a baciare lei ed il bambino e l’abbraccia.
-C’è stato un tempo in cui avevo perso le speranze di poter ammirare un quadro così splendido! Per fortuna mi sbagliavo…-
Solleva gli occhi a guardare Rick, grato e consapevole che quel miracolo è anche merito suo. Nella stanza è sceso un silenzio improvviso, come se l’emozione avesse colto tutti di sorpresa e Kate gli mette una mano sul viso, appoggiando la fronte sulla sua. Jim si allontana da lei e sorride.
-Un parto normale, mentre aspettavo nervoso in corridoio, facendo su e giù… non era proponibile, vero?-
Lei solleva un sopracciglio e Martha finisce in bellezza.
-E meno male che mancavano ancora tre settimane e che al mio ritorno saresti stata ancora incinta!-
A quel punto scoppiano tutti a ridere, Kate alza gli occhi al cielo e sbuffa.
-Oh… Martha, non mi ci fare pensare! Però sono stata brava, il tuo aereo parte solo tra due ore, hai tutto il tempo di andare all’aeroporto!-
La donna la guarda sconvolta, sventolando le mani davanti a lei.
-Partire? I miei abiti saranno ormai a brandelli, quando sono uscita per venire qui, stavano ancora litigando per un posto in valigia!-
Si china vicino a lei, le prende la mano e accarezza Gabriel.
-E poi, non ti servirebbe l’aiutino di una suocera impicciona, quando tornerete a casa!?-
Kate poggia la testa sulla sua spalla e le stringe la mano.
-Grazie Martha! Non sai quanto ne ho bisogno…-
Gli occhi del cuore hanno lo sguardo lungo: se Gabriel può somigliare a Stella, Martha Rodgers può essere più che una suocera impicciona.
Una voce timida proveniente dalla porta fa voltare tutti.
-Possiamo?-
Kate sorride e Rick corre verso i nuovi arrivati.
-Signor MacFadden, Lindsey… entrate prego! Famiglia, vi presento il signor MacFadden, che oggi è stato indispensabile con la nostra Stella e sua nipote Lindsey, che invece, è stata la mia luce in fondo al tunnel.-
-Signor Castle, ma cosa dice?-
Chiede arrossendo la ragazza.
-Cosa dico? Che sei stata un faro nella notte, senza di te non ce l’avrei fatta.-
La ragazza diventa sempre più rossa.
-Vedo che siete già in tanti, andiamo via subito, nonno ed io volevamo solo sapere come stanno la mamma e il piccolo!-
-Stiamo bene Lindsey, grazie. Rick ha ragione, tu e tuo nonno siete stati preziosi.-
Risponde Kate, facendo loro cenno di avvicinarsi. MacFadden mette una mano sui capelli di Stella e lei gli sorride.
-Il nonno voleva anche dare una cosa a Stella.-
La bambina lo guarda curiosa e lui fa la faccia seria, da momento importante.
-Poco fa, Lindsey ed io, abbiamo dato una sistemata al magazzino e ad un tratto ho sentito una vocina che mi chiamava.-
-Davvelo? E chi ela?-
Chiede la bambina ancora più curiosa, MacFadden mantiene il suo portamento serio.
-Qualcuno piccolo, morbido morbido e con due occhioni teneri.-
La bambina trattiene il respiro, mentre il signor MacFadden sposta la mano che tiene nascosta dietro la schiena, mostrando un elefantino di peluche.
Stella spalanca gli occhi, scende dal letto e comincia a saltellare.
-E lui… è lui… mamma, pappà, gualdate… è lui… è il migliole amico di Gabiel, ela nascotto nel magazzino del tignol Macpadden!-
Lo prende tra le mani e se lo porta vicino al viso, lo guarda eccitata e con gli occhietti lucidi. Poi abbassa la voce e guarda la sua mamma.
-E’ lui mammina, lo abbiamo tlovato pinalmente!-

-Si tesoro, è bellissimo e coccoloso, proprio come lo volevi tu.-
Lei annuisce, si avvicina a MacFadden e lo tira per i pantaloni.
-Ti puoi abbattale un momentino?-
-Perché dovrei farlo?-
-Pecchè io non mi potto allungale!-
MacFadden si guarda intorno imbarazzato per le risate di tutti,  sospira e si abbassa davanti a Stella.
-Va bene così?-
Lei gli butta le braccia al collo e gli dà un bacio.
-Glatie tignol Macpadden, anche Gabiel ola, ha un migliole amico.-
L’uomo si schiarisce la gola, quella bambina ha il potere di farlo emozionare e non è cosa da tutti.
-E parlerà solo con lui, una lingua solo a loro conosciuta, giusto?-
-Ti!-
Risponde la piccola allentando l’abbraccio. Mette l’elefantino tra le mani di Kate, che lo appoggia vicino a Gabriel.
-Come lo chiamerai Stella?-
Le chiede Rick e lei solleva spalle.
-Non gli do nettun nome, deve daglielo Gabiel, quando impala a parlare lo decide lui!-
-Mi sembra più che giusto piccola mia.-
-Chiedo scusa, l’orario di visite è già finito e qui dentro c’è troppa gente.-
Un’infermiera li interrompe con l’aria minacciosa, ma subito dopo sorride.
-Due minuti e vi butto fuori… a proposito, dobbiamo registrare il bambino, c’è stata tanta confusione dopo il vostro arrivo, che non mi avete detto il nome, non posso mica lasciare scritto sul registro baby Castle!-
-Oh… si giusto…-
Comincia Rick, ma Kate lo blocca all’istante.
-Rick… permetti?-
Lui corruccia la fronte, mentre Kate guarda Alexis e Stella.-
-Allora… siamo d’accordo?-
Alexis annuisce, invece Stella storce il nasino per un attimo, poi guarda suo fratello, il signor MacFadden e infine il suo papà e annuisce convinta anche lei.
-Bene! Il nome di nostro figlio è Gabriel…-
Si ferma un attimo a guardarlo, gli accarezza il visino e guarda Rick.
-Gabriel Orson Castle.-
Rick spalanca occhi e bocca, l’infermiera scrive attentamente il nome sul registro e prima di uscire, ribadisce che i visitatori  devono andare via entro un paio di muniti.
-Orson?! Ma che razza di nome è?-
Esposito si guadagna un’altra gomitata allo stomaco, più forte della prima, tanto che tossisce guardando Lanie con gli occhi sbarrati, mentre lei, invece, lo fulmina da parte a parte.
-Proprio non sai stare zitto!?-
Rick ha ancora la faccia stupita.
-Co… cosa… perché?-
-Oh… non gongolare papà, è solo un secondo nome.-
Esclama Alexis e Stella la segue a ruota.
-E lo chiamelemo tolo Gabiel...-
Kate scuote la testa e sorride.
-Le ragazze ed io ne abbiamo discusso durante la riunione e abbiamo deciso che Orson, come secondo nome, ci può anche stare.-
-Ma… come mai?-
Chiede ancora Rick, incredulo.
-Perché te lo sei meritato… e anche perché l’universo ci sta dicendo qualcosa, visto che il signor MacFadden si chiama così e nostro figlio è nato nel suo negozio!-
-E poi pecchè è un nome impottante, pappà.-
Gli dice Stella sorridendo.
-Lo tai tignol Mapadden che Otton è il nome di un uomo che ha laccontato una storia alla ladio e ha patto spaventale tutti pecchè gli ha patto cledele che allivavano gli alieni?-
Castle scoppia a ridere per la velocità con cui Stella si è spiegata e MacFadden la guarda sconcertato.
-E tu come lo sai!?-
-Me lo ha laccontato il mio pappà!-
Rick la prende in braccio e se la sbaciucchia tutta, poi la fa sedere di nuovo sul letto, vicino alla sua mamma e bacia Kate e Alexis.
-Non ti montare la testa però, il patto è che lo chiameremo solo Gabriel.-
Precisa Kate e lui risponde affermativamente, abbassando la testa e baciandola ancora.
-Bene, noi ce ne andiamo!-
MacFadden porge la mano a Stella per salutarla.
-Gabriel Orson Castle… anche questo suona come un nome importante!-
La piccola lo abbraccia di nuovo e lui la stringe a sé sorridendo.
-A presto signorinella, ti aspetto al negozio e… sai una cosa? Credo proprio che ti sei meritata il diritto di toccare tutto quello che vuoi.-
La bambina sorride.
-Anche la campanella tulla polta?!-
-Anche la campanella sulla porta!-
Esclama l’uomo serio e impassibile. Saluta tutti con un cenno del capo e Castle li accompagna in corridoio.
-Grazie infinite signor MacFadden, l’ha fatta felice. Quanto le devo per l’elefantino?-
L’uomo solleva la mano e scuote la testa.
-Niente, quello è un migliore amico e gli amici non si comprano. Però si aspetti il conto dei danni alla libreria.-
Lindsey gli dà una spinta con la spalla.
-Ma che dici nonno? Piuttosto, non avevi un’altra cosa da dare al signor Castle?-
Lindsey prende una busta che aveva nascosto tra le sedie della sala d’attesa e la porge al nonno.
-Questo è un regalo per Gabriel Orson, ma visto che è ancora piccolo potrà giocarci lei con Stella… o magari lei da solo…-
Solleva un sopracciglio mentre lo dice, con una strana espressione buffa sul viso, Castle guarda all’interno della busta e sorride.
-Il trenino… grazie! Stella ne andrà matta… e non solo lei.-
-Sua figlia mi ha ridato fiducia nelle nuove generazioni, è una bambina speciale.-
Si ferma un momento guardandolo fisso negli occhi.
-Mi ha raccontato della sua stella nel cielo… e che le manda un bacio ogni sera, prima di andare a dormire.-
Dice quasi in imbarazzo e Rick spalanca la bocca.
-Li per lì non ho capito bene, ma poco fa Lindsey mi detto che lei e sua moglie l’avete adottata… e tutto è diventato chiaro! Non creda che quel bacio ogni notte non abbia nessun senso, perché Stella ha capito benissimo che quando una persona diventa una stella del cielo, non può più starle vicina materialmente… e se lo ha capito, è perché qualcuno ha cercato di spiegarglielo con molta semplicità! E’ una bimba speciale, ma i suoi genitori non sono da meno.-
Senza aggiungere altro, prende a braccetto la nipote e si dirige all’uscita, mentre Rick deglutisce vistosamente per ricacciare indietro l’ennesima emozione della giornata.
Quando rientra in camera, anche Lanie, Ryan ed Esposito sono pronti per tornare al lavoro. Martha, bacia sulla fronte il suo nipotino.
-Andiamo anche noi Richard, Jim ci darà un passaggio. Stella, vieni a salutare la mamma.-
La piccola mette su il broncio.
-Ma io voglio rettale qui!-
Kate la stringe a se e le dà un bacio.
-Va a casa con i nonni e Alexis, Gabriel ed io adesso ci facciamo una bella dormita, siamo molto stanchi, vieni a trovarci domani.-
-Ma non mi avete ancola detto come ha patto ad uscire dalla tua pancia!-
Lei sorride e le accarezza il nasino.
-Beh… è stata un po’ una magia e siccome nessuno racconta le storie di magia meglio del tuo papà, sono sicura che troverà il modo di spiegartelo lui per bene...-
Guarda Castle che ha spalancato gli occhi impaurito e le viene da ridere.
-Ma non oggi, prima dobbiamo riprenderci tutti da questa lunga giornata!-
Castle sospira, il pensiero di dover spiegare a Stella come ha fatto Gabriel ad uscire dalla pancia della sua mamma, lo ha un momentino traumatizzato.
-Ora vai a casa e, mi raccomando, non fare i capricci, me lo prometti?-
-Te lo plometto mammina!-


Continua...


Angolo di Rebecca:

E finalmente anche l'ultimo componente della famiglia è arrivato!
era nascosto nel magazzino del signor MacFadden e il nonnino glielo ha trovato...
Chissà che nome gli darà Gabriel quando comincerà con i suoi gorgheggi *-*
Bellino nonno Beckett emozionato e nonna Rodgers dolcissima ed estrosa
per non parlare di Esposito che non sa farsi gli affari suoi :)

Che altro dire? Ah... si! Vi aspetto all'epilogo di questa avventura dolciosa.
A presto!

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Capitolo 7
*** Magia! ***



...Mi ha raccontato della sua stella nel cielo… e che le manda un bacio ogni sera, prima di andare a dormire.
Li per lì non ho capito bene, ma poco fa Lindsey mi detto che lei e sua moglie l’avete adottata…e tutto è diventato chiaro!
Non creda che quel bacio ogni notte non abbia nessun senso,
perché Stella ha capito benissimo che quando una persona diventa una stella del cielo, non può più starle vicina materialmente… 



 

Mancano Ancora tre Settimane...
*
Magia!



 

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Sono le tre di notte nel loft della famiglia Castle.
Rick è completamente spalmato sul letto a pancia in giù, le braccia e la testa sotto al cuscino e le gambe aperte ad occupare il lato di Kate. Le notti precedenti non ha dormito quasi per niente. Kate e il bambino erano ancora in ospedale e lui ne aveva approfittato per finire di completare la bozza da consegnare a Gina, lavorando ininterrottamente fino all’alba in previsione delle probabili nottate in bianco che Gabriel avrebbe fatto passare loro. Durante il giorno faceva la spola tra casa, ospedale e Stella.
Quel giorno la famiglia si era finalmente riunita sotto lo stesso tetto.
Organizzarsi per la giornata, le visite di parenti e amici, Stella più elettrizzata che mai e praticamente incontenibile, cercare di far stancare Kate il meno possibile e le 24 ore per Rick si erano raddoppiate. Prima delle undici era crollato come un sacco vuoto.
In casa il silenzio regna sovrano fino a quando, dalla piccola culla di vimini accanto al letto, arrivano le note di un pianto.
Fortunatamente per Rick, Gabriel più che piangere sembra miagolare, perciò la melodia è piuttosto soft.
Kate lo prende tra le braccia e gli dà un bacio.
-Shhh… non è necessario che continui, lo so che hai fame, sono qui…-
Il piccolo emette altri miagolii e lei guarda Rick, che sta muovendo la testa sotto al cuscino.
-Shhh… papà ha bisogno di dormire, andiamo a mangiare nella tua cameretta.
Socchiude la porta e si avvia verso la stanza del bambino, si sofferma un attimo a guardare Stella che dorme tranquilla nel suo lettino da grande, poi si mette comoda sulla sedia a dondolo nella cameretta di Gabriel e comincia ad allattarlo.
E’ diventata mamma da quattro giorni, non è stato facile abituarsi ai ritmi del bambino e adesso dovrà riabituarsi ad altri ritmi, diversi sicuramente da quelli dell’ospedale.
Si dondola lentamente, con lo sguardo su quella boccuccia piccola e perfetta che ciuccia il latte dal suo seno. L’intimità è tale, da ricreare il rapporto a due avuto con lui fino a qualche giorno prima, quando Gabriel era ancora dentro di lei. Questi momenti intimi e personali, le permettono di osservarlo in silenzio, capire le sue esigenze e anche il suo carattere per imparare a conoscerlo.
Ha già dato ad intendere che, mentre mangia, non gli piace essere disturbato, non vuole rumori intorno e nemmeno tante coccole. In caso contrario smette di ciucciare e si lamenta, come a chiedere un po’ di privacy per la sua pappa, accetta solo  qualche carezza sul viso di tanto in tanto, niente di più.
Di solito dorme tranquillo, ma quando è sveglio vuole mantenere il contatto fisico. Se è agitato, si calma subito con qualche carezza e, se gli toccano le manine, resta in silenzio e immobile anche senza essere preso in braccio.
Ad una prima occhiata sembra essere un pacioccone come il suo papà, di buona forchetta, visto come mangia di gusto.
Una cosa sicura al momento, è che odia il ciuccio con tutto se stesso, se provano a darglielo quando è nervoso, lo sputa via, innervosendosi ancora di più e questo dimostra che nasconde già un bel caratterino.
L’atmosfera è rilassante alla piccola luce di una lampada che proietta il sistema solare sulle pareti e sul tetto della stanza: un cielo notturno pieno di stelle con tanto di pianeti, sole e luna compresi.
Lo osserva, pensando che la natura e l’istinto sono una cosa tanto misteriosa, quanto meravigliosa. Senza che nessuno glielo abbia insegnato, quel cucciolo di uomo sa esattamente dove trovare il cibo e il calore che desidera. Ciuccia con gusto, con gli occhi aperti e rivolti su di lei, che continua a fissarlo e sorride: non riesce ancora a capacitarsi che quella manina stretta a pugno sul suo seno, appartenga ad una creatura a cui lei ha dato la vita.
Sta davvero allattando suo figlio.
La sensazione di essere osservata la distoglie da questi dolci pensieri. Solleva lo sguardo… e la testolina di Stella fa capolino dalla porta.
-Ehi… ma lo sai che ore sono?-
Le chiede sussurrando, per non disturbare la pappa di Gabriel. La piccola scuote la testa.
-E’ ancola buio!-
Sussurra anche lei, imitando la mamma.
-Appunto! Dovresti dormire…-
Stella fa un paio di passetti in avanti e appoggia le spalle al muro accanto alla porta.
-Ma lui mangia temple? Anche di notte?-
Kate sorride e allunga un braccio verso di lei.
-Vieni vicino a noi, svelta.-
Stella corre verso la mamma, si accuccia nel suo abbraccio e guarda Gabriel mangiare.
-Non è una cota stlana che mangia da lì? E’ una magia pule quetta!?-
Kate annuisce.
-Già… è proprio una magia! Per i prossimi mesi questo sarà per lui colazione, pranzo e cena.-
-Ma pule io mangiavo cotì?-
-In modo magico? Sicuro… e pure io, sai?! Tra qualche mese comincerà con le pappette e allora saranno guai, perché quelle non sono magiche e se non gli piacciono, me le sputerà in faccia.-
La piccola ride arricciando il nasino e la guarda per qualche secondo in silenzio. Sono vicine, occhi negli occhi e ad un tratto, Stella sospira. Kate le bacia la fronte e le accarezza i capelli.
-Cosa c’è che non va Stellina?-
La bambina si appoggia sulla sua spalla e passa un ditino sulla manina di Gabriel.
-Ma tu… mi vuoi ancola bene?-
Kate la stringe forte, appoggiando il mento sui suoi riccioli ribelli, poi le solleva il visino. Guarda quell’azzurro limpido, che le ricorda tanto lo sguardo di Rick dal primo giorno che li ha visti insieme e, nello scintillio di quel colore, vede l’ansia di una bambina che cerca solo conferme. Sente un nodo in gola per paura di non riuscire a farle capire quello che prova per lei.
-Io ti amo Stella, immensamente.-
Le dice in un sussurro, sorridendo.
-Amo te come amo Gabriel… allo stesso modo. Il cuore della mamma è grande, sai?-
-Davvelo?-
-Certo… E non devi pensare mai che papà ed io non ti vogliamo bene solo perché è arrivato Gabriel, perché sarebbe impossibile.-
Stella si stringe a lei e appoggia la testa nell’incavo del suo collo, sospirando.
-Anch’io ti voglio tanto bene mamma… e voglio tanto bene anche a Gabiel e a pappà e ad Alessis e alla nonna e al nonno e… a tutti.-
Ruota il braccio intorno a sé, come a volere riunire tutta la famiglia in un abbraccio e Kate ride, stringendola ancora di più, poi le solleva di nuovo il visino per guardarla negli occhi.
-Ma ti sei resa conto che adesso sei diventata la sorella maggiore?-
-Ma non è Alessis la solella maggiole?-
-Certo, ma lei ha appena cominciato il college, non sarà sempre qui con noi, non sei più la piccolina di casa, ora sei una sorella maggiore…-
La bambina spalanca gli occhi, che brillano alla luce dell’universo.
-Davvelo?-
Kate annuisce e le accarezza ancora i capelli.
-Davvero! Gabriel ha bisogno di tante cure e tu mi dovrai aiutare.-
-E che devo fale?-
-Mi aiuterai a fargli il bagnetto, a dargli la pappa quando me la sputerà addosso. Quando sarà più grande gli insegnerai a camminare, a ripetere le parole difficili, giocherai con lui e se sarà necessario, dovrai anche rimproverarlo. Devi proteggerlo!-
-Ti!?-
-Certo… è una grande responsabilità essere una sorella maggiore, credi che ne sarai capace?-
Stella annuisce freneticamente.
-Tittititi…-
-Sei sicura?-
-Ticulittima!-
Si stringono forte e Stella guarda Gabriel.
-Mammina ti è addommentato.-
Kate abbassa lo sguardo e si sistema la spallina della camicia da notte.
-E’ sazio, ma vedrai che tra un paio d’ore vorrà mangiare di nuovo.-
-Ma cotì non ha il tempo di digelile!-
Kate ride e la bacia ancora.
-Mi aiuti? Tu rimbocchi le coperte a lui ed io poi, rimbocco le coperte a te.-
La bambina annuisce.
-Però non facciamo rumore, sennò svegliamo papà.-
Entrano in camera da letto, Kate mette il piccolo nella culla e Stella gli rimbocca con cura il lenzuolino bianco, ricamato con piccoli elefantini azzurri.
-Togni d’olo Gabiel, dommi tlanquillo, ti ploteggo io.-
Gli mette vicino l’elefantino e gli dà un bacio sulla fronte.
Guarda la sua mamma, la prende per mano e una volta nella sua stanza, si mette a letto abbracciata al suo PufPuf. Kate la copre per bene, si siede sul letto e le accarezza il viso.
-Buonanotte piccola mia e buonanotte anche te PufPuf… e non dimenticare che mamma e papà ti vogliono un mondo di bene.-
La piccola annuisce. Uscendo dalla stanza, Kate sorride a Stella che le fa ciao con la manina, lascia la porta socchiusa e torna in camera da letto.
Dà un’altra occhiata al bambino e sottocchio si sente osservata. Rick sta sbirciando da sotto al cuscino.
-Che fai, origli tu adesso?-
Lui riemerge e si appoggia sul gomito.
-Beh… sai… andando con lo zoppo… vieni qui presto, prima che si svegli di nuovo.-
Lei si accuccia accanto a lui e lo bacia.
-Inizio di gelosia in vista?-
-Non credo che Stella sia gelosa, Gabriel richiede tante attenzioni, è il primo giorno che è in casa con noi, per lei è tutto nuovo, credo solo che si sia sentita un po’ messa da parte.-
-Ma da quanto ho sentito, sei stata brava a tranquillizzarla.-
-Lo spero! Sarà difficile…-
-Mh… Stella è una bambina intelligente, se la teniamo impegnata con Gabriel, andrà tutto bene.-
-Non mi riferivo a Stella, sarà difficile tornare al lavoro.-
Lui sorride.
-Non ci devi mica tornare domani! Hai ancora un paio di mesi.-
-Appunto! Più tempo passa, più sarà difficile staccarmi da loro e riprendere il ritmo del distretto.-
-Oh… lo dici solo perché lui ancora non ha capito la teoria ‘piango e ottengo tutto quello che voglio’, ma appena l’avrà registrata e messa in pratica, non vedrai l’ora di trovarti nella sala interrogatori a torchiare un pazzo assassino. New York, attenta, Beckett torna all’attacco!-
Lei ride e si stringe più forte a lui.
-Io parlo sul serio Rick!-
-Anch’io parlo sul serio. Dobbiamo solo organizzarci, hai la fortuna di avere un marito che può lavorare a casa, per quanto può servire c’è mia madre… ci siamo riusciti con uno, ci riusciremo con due.-
Lei lo guarda fisso negli occhi.
-Tu ed io… Castle?-
Lui sorride e la bacia.
-Tu ed io… Beckett!-
La bacia ancora, con calma, le accarezza il collo e ad un tratto solleva la testa, spalancando la bocca.
-Che c’è? Perché hai smesso di baciarmi?-
Gli chiede lei mostrando una finta sorpresa.
-Come perché, che stai facendo?-
Sussurra guardando la mano di sua moglie, finita casualmente sotto al lenzuolo.
-Credevo che anche tu volessi essere rassicurato sul fatto che ti voglio bene!-
Risponde lei mordendosi il labbro.
-O santo cielo… detective! Abbiamo un bambino in camera, non ti vergogni?-
-Perché dovrei? Era con noi anche prima e anche prima ci facevamo le coccole… e pure tante.-
-Beh… pensavo fossi ancora… in convalescenza!-
-Infatti, io ho parlato di fare le coccole a te…-
Il tocco di Kate si fa più potente, Rick sospira e solleva le spalle.
-In effetti… è vero, Gabriel è sempre stato qui ad origliare! Siamo una famiglia di origliatori professionisti!-
Solleva un sopracciglio con fare malizioso.
-Pensandoci bene, senza le coccole, lui non sarebbe nemmeno qui…-
Kate nasconde il viso sul suo petto, per smorzare una risata e lui la stringe ancora di più a sé.
-E poi hai ragione… sono geloso, mi sento messo da parte… ho bisogno di un mucchio di coccole…-
Sussurra sulle sue labbra, baciandola dolcemente. La dolcezza del bacio si trasforma in qualcosa di più profondo, lui si scosta e mette la fronte sulla sua.
-Deduco che non devo preoccuparmi per la depressione post-parto!-
Lei appoggia il viso nell’incavo del suo collo e sospira.
-Sono così serena e felice che potrei anche spiccare il volo!-
Un altro sospiro fa spostare Rick e lei si sistema più comoda attaccata a lui, che sorride quando si accorge che si è addormentata.
-E sei così stanca che ti faresti volentieri una bella dormita!-
Le dà un bacio sulla fronte e resta a guardarla un paio di minuti, poi solleva lo sguardo verso il comò e sorride…
 
Kate fa una strana smorfia con le labbra. Mentre dorme si passa la mano sotto la schiena e apre gli occhi lentamente. Trova l’oggetto che ha disturbato il suo sonno, infilandosi in mezzo alle costole, lo guarda e corruccia la fronte: una penna!
Che fine hanno fatto le coccole?
Guarda la sveglia e si rende conto di essersi addormentata almeno due ore prima… senza coccole… si gira a guardare accanto a sé e vede Castle appoggiato alla spalliera del letto, con la testa inclinata di lato, che dorme con un foglio tra le mani, mentre un paio sono caduti sul pavimento.
Invece di dormire ti sei rimesso a scrivere…
Scuote la testa e si alza attenta a non fare troppo rumore. Fa il giro del letto, raccoglie i fogli per terra, toglie delicatamente quello ancora nelle mani di Rick e si dirige al tavolino di fronte al letto.
Ma non avevi detto di avere finito la bozza da mandare a Gina? Che altra ispirazione hai avuto…
Mentre pensa, sistema i fogli sul tavolino sorridendo, ma quando l’occhio le cade sul primo rigo, si ferma a leggere attentamente tutto il periodo.

L’infermiera era molto carina. La sua pelle aveva una sfumatura ambrata. Me lo ricordo perché pensai che il bianco della divisa, faceva risaltare il suo colorito…


Non sono appunti per il libro!
Si gira a guardare suo marito dormire e sorride, si siede sulla poltroncina e, con la mano sotto al mento, comincia a leggere attentamente.
 

Quelle braccine attorno al mio collo, mi hanno fatto lo stesso effetto di quella manina stretta attorno al mio dito…

 

E’ rapita dalle parole che ha già sentito a voce, leggerle e imprimerle nella mente le dà un’emozione diversa, come se si fossero trasformate improvvisamente in formule magiche.
 

Un discorso chilometrico solo per dirti che ti voglio bene, figlio mio…
Amo immensamente te, Alexis e Stella, come sarebbe impossibile amaredi più.
Alla fine ho ceduto, ho fatto come ha detto Kate, come sempre del resto, non riesco mai a scontentarla, anche perché quando vuole, sa essere una piattola, peggio di me.

 
Rivolge ancora lo sguardo sull’uomo che dorme di fronte a lei e stringe le labbra indispettita.
 
Ho scritto questi pensieri, queste piccole virgolette della mia vita, perché tra qualche anno, possiate capire le emozioni che siete stati capaci di darmi tutti e tre in questi pochi giorni.
Ho scritto di una vita passata a cercare di sapere chi sono e a fingere di essere quello che non sono. Donne sbagliate, oggetti costosi, gesti megalomani, che mi davano una felicità passeggera, che dovevano riempire quella brama di essere qualcuno agli occhi degli altri, per appagare quel vuoto dentro di me.
Vuoto colmato in gran parte soltanto da te Alexis, fino al giorno in cui lei ha sconvolto tutto…
Lei ha messo in discussione  tutte le mie scelte, il mio modo di essere, ed è riuscita suo malgrado, a tirare fuori la parte di me che non conoscevo e che non ero altro che io.

 
Si ferma un momento nella lettura e sospira. Lo guarda ancora con tenerezza, ripensando ai loro anni insieme, a quanto lo trovasse irritante, a volte davvero insopportabile e torna a leggere, appoggiandosi le dita sulle labbra.
 
La mia identità la vedo ogni giorno nel verde cangiante dei suoi occhi, nella forza e nella fragilità del suo cuore.
La mia identità siete voi.
Io sono un uomo ricco, ma non è il mio conto in banca a dirlo.
Lo dice questa casa, diventata improvvisamente un focolare.
Lo dicono le discussioni insensate con Alexis e i nostri sorrisi imbarazzati, quando ci chiediamo scusa in silenzio.
Lo dice Stella quando mi chiama pappà, con quelle due ‘P’ che perforano i timpani.
Lo dice Gabriel, con questa manina stretta alla mia.
Lo dice perfino mia madre con le sue follie, le sue manie e l’amore con cui mi ha cresciuto da sola… e soprattutto, lo dice lei, la mia Kate…

 
‘Mia’ quanto può essere meraviglioso questo possesso che la fa sentire parte della sua esistenza, della sua identità.
 
Lei, con i suoi sguardi di fuoco quando sbaglio e mi chiama Castle per prendere le distanze.
Lei, con i suoi sorrisi mozza fiato, quando si avvicina a me e con fare malizioso, pronuncia il mio nome con sensualità.
Lei, con quei silenzi che valgono più di mille parole.
Lei, con l’amore che mette nel suo lavoro, la capacità che ha d’immedesimarsi nelle vittime e la forza di combattere per loro e anche per il suo dolore, quella forza che la fa sembrare dura, ma che nasconde una bambina fragile e bisognosa di un abbraccio caldo.
Lei…
Sto esagerando di nuovo con le parole, credo che potrei parlare di lei all’infinito…

 
Una lacrima bagna il foglio e Kate, prontamente, l’asciuga con la mano, sperando che l’inchiostro non sbiadisca.
 
Ancora una volta mi sono dilungato, solo per dirvi che la mia identità l’ho trovata nella mia famiglia.
Se chiedeste alla gente per strada chi è Richard Castle, probabilmente vi risponderebbe ‘uno scrittore’, ma se qualcuno lo chiedesse a voi, la risposta sarebbe ‘il mio papà’!
Voi tutti parlate di me e fate di me quello che sono: un figlio, un marito, un padre!


Le lacrime scorrono ormai libere sul suo viso, sistema i fogli sul tavolino e ci passa sopra le mani, come se li stesse accarezzando delicatamente. E’ così assorta mentre lo fa, che sussulta al tocco sulla sua spalla.
-Quante volte devo ripeterti che non devi leggere niente, senza il mio permesso?-
Lei china la testa sui fogli sorridendo, senza voltarsi. Continua ad accarezzarli con una mano, mentre con l’altra si asciuga gli occhi.
-Se un angelo mi avesse detto, qualche anno fa, che un papero, un elefantino e due occhi azzurri mi avrebbero resa felice, gli avrei dato del bugiardo!-
-Di più… lo avresti arrestato!-
Risponde lui seriamente, per poi sollevare le spalle.
-Però… che fortuna! Sono al terzo posto dopo un papero e un elefantino senza nome!-
Kate ride e finalmente si gira a guardarlo.
-Chi ti dice che i due occhi azzurri sono i tuoi? Se non te ne fossi accorto qui intorno ci sono un mare di occhi azzurri!-
Lui mette su il broncio, piagnucolando.
-Non mi merito nemmeno il terzo posto!?-
Lei sorride, i suoi occhi brillano nella penombra creata dalla piccola lucina lasciata accesa per poter controllare Gabriel.
-Va bene… fingerò che gli occhi azzurri siano i tuoi!-
Rick si china davanti a lei e le mette le mani sul viso.
-Grazie!-
Le sussurra serio e lei posa le mani sulle sue e corruccia la fronte.
-Per un misero, terzo posto!?-
-Per avermi permesso di amarti!-
Lei sorride e stringe le sue mani, per farle aderire ancora di più al viso.
-Mhh… ad un certo punto ho dovuto cedere, eri diventato insopportabile. L’alternativa era spararti, ma sarei finita in galera!-
Ridono e lui si solleva di poco per baciarla. Le prende la mano e la fa alzare, per poi stupirla, prendendola improvvisamente in braccio.
-Castle… ma che…-
-Shhh… non vorrai svegliarlo prima del tempo, tu ed io adesso abbiamo da fare.-
Le dice adagiandola delicatamente sul letto.
-Anzi, per essere precisi, tu hai qualcosa da fare.-
Lei corruccia la fronte, con uno sguardo fintamente stupito.
-Cioè?-
-Mi avevi promesso le coccole e ti sei addormentata. Mi sento solo e incompreso.-
Dice con il broncio sul muso e Kate non può fare a meno di ridere, sembra Stella quando è arrabbiata.
Lo attira su di sé e lo bacia. Un bacio che non ha niente di casto, anzi… diventa così passionale che lui si stacca improvvisamente per guardare verso il basso: la manina maliziosa è di nuovo tra le lenzuola.
-Kate…-
-Shhh… Meglio sbrigarci, prima che Gabriel reclami la pappa.-
Aggroviglia le gambe a quelle di lui e stringe la mano con forza.
-E così, io sarei una piattola?!-
-Ahia! Kate…-
Lui sussulta per la stretta esagerata.
-L’ho detto affettuosamente… e poi ho precisato una piattola come me… Kate… mi fai male…-
-Già! Voglio farti male…-
Risponde lei e Castle alza gli occhi al cielo, sbuffando. Sta per ribattere, quando nota la porta aprirsi lentamente e fa segno con gli occhi a Kate di girarsi.
-Pare che stanotte qualcuno soffra d’insonnia!-
Sussurra Rick, quando vede entrare Stella di soppiatto.
-Ma non dormi ancora?-
Le chiede Kate e lei solleva le spalle, con il musetto dispiaciuto.
-Gli occhi non ti volliono chiudele! Io ci plovo, li stlingo polte, ma si aplono di nuovo!-
Sorride, quando nota che anche i suoi genitori stanno sorridendo.
-Nemmeno i vostli occhi si volliono chiudele? Ho tentito che pallavate!-
Kate guarda Rick e lui corruccia la fronte.
-Da quando riesce ad arrivare alle maniglie? Fino ad un paio di giorni fa non ci arrivava nemmeno in punta di piedi!-
Sussurra all’orecchio di sua moglie.
-Cresce in fretta e adesso dobbiamo stare attenti, visto che può piombare in camera quando vuole.-
Castle sospira, guardando Stella che non accenna ad andarsene.
-Niente coccole, ho capito!-
-Pecchè no? Io tono blava a fale le coccole, ce le pottiamo fale tutti e tle!-
-Lo so tesoro che sei brava, ma è notte fonda, dovresti dormire…-
Accenna a dire Rick, ma gli arriva una gomitata nello stomaco, quando Kate nota il broncio sul faccino della bambina, così sospira.
-Se ti raccontassi una storia, credi i tuoi occhietti si chiuderebbero?-
Stella annuisce mordendosi il labbro e Rick le fa segno con la mano di mettersi nel lettone con loro.
La bambina non se lo fa ripetere due volte e si sistema immediatamente tra mamma e papà, tutta soddisfatta.
-Allora… hai qualche richiesta particolare?-
-Devi ancola laccontalmi la magia di come Gabiel è uscito dalla pancia della mamma…-
Dice di getto Stella, arricciando il nasino e lui spalanca occhi e bocca e guarda Kate in cerca di un aiuto… che non arriva!
Al contrario, lei si sistema comoda abbracciata a Stella e mostra al povero Rick lo sguardo malizioso più brillante mai sfoggiato.
-Già! Ha ragione… come ha fatto Gabriel ad uscire dalla mia pancia? Avanti papà… raccontaci un po’ questa magia!-
-Ehm… io… cioè… ecco… uff!-




FINE




Angolo di Rebecca:

La famiglia Castle ringrazia!
Con il vostro affetto e la vostra attenzione, gli avete scaldato il cuore,
proprio come la nascita del loro pupetto.
Stella è tenerosa, con lui, con mamma e papà e con tutte le zie... e Gabriel?!
Anche lui sarà teneroso, ne sono sicura, alla fine è un pacioccone come il suo papà :)

Io personalmente, auguro a tutte Voi un Natale caldo e sereno, come può essere il cuoricino di una bimba di quasi tre anni...
Credo che non ci sia cosa più vera e più bella!

Buon Natale *-*

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