Rose & Lily: wherever you go...

di Gra Gra 96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' dolce sognare e lasciarsi cullare dall'incanto dell'Espresso di Hogwarts... ***
Capitolo 2: *** L'amore troverà la via in un'elegante carrozza diretta a Beauxbatons... ***
Capitolo 3: *** Hai un amico in me, Lilian, un grande amico in me. ***
Capitolo 4: *** Il mondo è mio, Rose, è sorprendente accanto a te. ***
Capitolo 5: *** Hakuna Matata, Roxanne! ***
Capitolo 6: *** Lo stretto indispensabile per farti capire quanto ci hai delusi, Rose. ***
Capitolo 7: *** Quando viene Dicembre, i pozzi sono ancora più freddi, Rose. ***
Capitolo 8: *** La marcia del colonnello Albus! ***
Capitolo 9: *** C'è chi ti vuole bene, Rose! ***
Capitolo 10: *** Puoi volar! ***
Capitolo 11: *** In fondo al pozzo... ***



Capitolo 1
*** E' dolce sognare e lasciarsi cullare dall'incanto dell'Espresso di Hogwarts... ***


E’ dolce sognare e lasciarsi cullare dall’incanto dell’Espresso di Hogwarts…

Il sogno, qualunque esso sia, non è mai alla nostra portata.

E’ qualcosa di incredibile, di unico, d’inafferrabile…

Per anni e anni si attende con crescente impazienza il meraviglioso momento in cui lo si vedrà realizzato. Ma si rimane sempre soddisfatti da quanto ottenuto, o no?

Ebbene, solitamente è la delusione ad averla vinta sulla felicità. Perché?

Forse la risposta è la seguente: il sogno era stato caricato da una quantità eccessiva di aspettative; così non è stato affatto difficile restare delusi dal modo in cui si è realizzato.

Allora, cos’è bene fare?

Non sognare, o farlo ancora di più?

Limitare la propria fantasia, o liberarla il più possibile?

Essere concreti e razionali, o astratti e irrazionali?

Difficile, se non impossibile, rispondere con convinzione a questi tre interrogativi.

Il primo passo verso la decisione giusta è quello di stabilire le proprie priorità.

Si vuole rimanere sempre soddisfatti, o si accetta anche la delusione?

E’ meglio continuare a sognare qualcosa di impossibile, o qualcosa di possibile?

Conviene rincorrere sempre i propri sogni, o lasciare che si realizzino da soli?


***

- Lily, sei ancora sul nostro sistema solare?

La voce chiara e scherzosa del cugino la ridestò improvvisamente dall’impetuoso turbine dei suoi pensieri. Erano tanti, troppi, ed abnormemente confusi.

Con un gesto automatico si sistemò una delle sue tante ciocche arancioni ribelli dietro l’orecchio, e si apprestò a rispondere alla sarcastica domanda dell’undicenne.

- Tranquillo, Hughetto, stavo solo pensando. So che la cosa può sembrarti strana, in quanto undicenne non dotato di un cervello…

Rise da sola della sua battuta, mentre il rosso rimaneva serio e impassibile.

Lei e suo cugino si punzecchiavano quasi in continuazione, ma condividevano un legame speciale.

Erano sempre stati amici, complici, compagni di avventura, confidenti l’uno dell’altra.

Lily ripensò con rammarico al bel rapporto che una volta aveva anche con sua cugina Rose, con la quale si scambiava solo di due anni. Era davvero divertente trascorrere un pomeriggio in sua compagnia: scambiare due chiacchiere con lei era una delle cose che amava fare maggiormente.

Vacui e malinconici ricordi iniziarono ad invaderle la mente.

Il giorno in cui avevano progettato di mandare a monte il matrimonio di Teddy e Victoire...

Le miriadi di lettere scritte durante la permanenza di Rose a Hogwarts…

Le confidenze reciproche, gli abbracci, le risate, la complicità perenne…

La ragazzina emise un lungo e triste sospiro pensando che ormai era tutto finito. E per sempre.

- Oh, Lils, stai pensando a mia sorella, vero? – chiese Hugo, intristendosi di colpo.

Anche lui era rimasto non poco sconvolto dalla decisione presa da Rose durante le vacanze, come tutti gli altri Weasley, dopotutto.

***

Durante un caldo pomeriggio di Luglio, la tredicenne aveva comunicato a tutta la famiglia che dall’anno venturo sarebbe andata a studiare in Francia, nella prestigiosa scuola di Beauxbatons.

- Voglio seguire il mio cuore. – aveva detto a mo’ di giustificazione, con lo sguardo totalmente perso nel vuoto. Era innamorata: la cosa si percepiva a chilometri di distanza.

La reazione più eclatante era stata senz’altro quella di Ron, affezionatissimo e iper-protettivo nei confronti della figlia maggiore. Sbattendo un rumoroso pugno sul tavolo, aveva iniziato ad urlare:

- Tu non andrai proprio da nessuna parte, Rose Weasley! Dovrai passare sul mio cadavere prima di andare a vivere in un altro stato!

La rossa era rimasta stranamente calma e pacata, come se fosse perfettamente preparata a rispondere a quell’obiezione fattale dal padre.

Stava per aprire la bocca, quando fu Hermione ad avere la parola:

- Oh, Rosie, capisco che per amore si è disposti a tutto, ma non ti sembra di essere un po’ troppo piccola per fare un passo del genere? Pensaci bene, tesoro mio.

La donna non era meno legata alla figlia di quanto lo fosse il marito ma, semplicemente, ne aveva compreso la purezza e la bontà delle intenzioni. Dopotutto, anche lei era stata una ragazza terribilmente innamorata, anche se dotata di un po’ più di giudizio.

- Mamma, papà, io ho già preso la mia decisione. Vorrei solo che mi comprendeste e appoggiaste in quello che ho intenzione di fare. Per favore… - aveva mormorato Rose con il cuore in mano, abbassando lievemente lo sguardo, imbarazzata.

A quel punto nessuno dei due coniugi aveva avuto qualcosa da ribattere e, con molta tenerezza, avevano stretto la figlia in un grande e dolce abbraccio. Hugo, invece, non si era unito a quella stretta familiare, andandosi a chiudere in camera, scioccato e sconvolto da quanto sentito.

Lily avrebbe tanto voluto fare lo stesso, ma purtroppo in quel momento non si trovava tra le solide e confortevoli mura della sua casetta, bensì tra quelle di casa Weasley.

Con le lacrime agli occhi, era riuscita a sussurrare solamente: - Rose, non pensavo che sarebbe arrivato il giorno in cui avresti messo in secondo piano l’amicizia e la famiglia!

Poi, sbattendo fragorosamente l’uscio di casa, aveva iniziato a correre senza una metà: nel cuore scolpita una forte e accecante delusione. Aveva sempre atteso con ansia l’anno in cui lei e Rose avrebbero frequentato entrambe Hogwarts. Aveva sognato di essere confortata dal suo dolce sguardo durante lo smistamento. Aveva immaginato le scorribande notturne che avrebbero intrapreso.

E quando il suo più grande desiderio stava per realizzarsi, sua cugina l’aveva distrutto con poche e semplici parole. Dettate da un cuore innamorato, sì, ma pur sempre taglienti e acuminate.

“Non voglio più avere niente a che fare con lei. Mai più. Parola di Lilian Luna Potter.”

***

Ed ora, seduta sul comodo sedile di uno scompartimento dell’Espresso di Hogwarts, in compagnia dell’anch’esso malinconico cugino Hugo, cercava di scacciare quei funesti pensieri dalla mente.

- No, Hugo, io non penso più a tua sorella. – mentì l’undicenne, estraendo dalla borsa una bacchetta di media lunghezza, abbastanza flessibile.

Amava tenerla tra le mani e rimirarne la perfezione con cui era stata costruita. Tra qualche giorno sarebbe stata in grado di usarla per compiere i primi incantesimi e la cosa la riempiva di gioia.

Forse avrebbe conosciuto ragazze simpatiche e amichevoli, forse no.

Forse sarebbe stata smistata nella casa a cui ambiva fortemente, forse no.

Forse non avrebbe sentito così tanto la mancanza della cugina, forse no.

Perché quella traditrice di Rose s’infiltrava in ogni suo singolo pensiero, perché?

Appoggiando il rosso capo sulla spalla del cugino, la ragazzina cadde in un sonno profondo.

Cullata dal lieve rumore emesso dall’Espresso di Hogwarts, iniziò a sognare qualcosa di meraviglioso. Hugo lo intuì dal grande e spontaneo sorriso stampato sul volto della cugina… 



Spazio autrice

Ebbene sì, finalmente ecco a voi il primo capitolo della mia nuova long, incentrata sul terzo anno di Rose a Beauxbatons e sul primo di Lily ad Hogwarts.
Questo primo capitolo è stato incentrato sull'undicenne, mentre il secondo vedrà come protagonista la tredicenne.
Spero vivamente che abbiate tutti gradito questo primo capitolo! ^^
Inoltre, in questa long ho deciso di inserire all'interno di ogni capitolo una o due immagini che rappresentino i personaggi principali e secondari.
Quindi ecco a voi Lilian Luna Potter e Hugo Weasley.

 

Spero che questa mia nuova idea vi piaccia! =)
Ovviamente le vostre recensioni sono sempre graditissime! ^^
Il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare.
Baci
Gra Gra 96

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Capitolo 2
*** L'amore troverà la via in un'elegante carrozza diretta a Beauxbatons... ***


L’amore troverà la via in un’elegante carrozza diretta a Beauxbatons…

Nel corso della vita è piuttosto facile trovarsi dinanzi ad un bivio.

Ci viene spesso chiesto di fare una scelta, seppur dolorosa o tremendamente difficile.

Destra o sinistra? Su o giù?

La decisione che prenderemo condizionerà per sempre la nostra esistenza, ne siamo assolutamente consapevoli. La paura s’irradia sempre più in noi quando arriva il momento di prendere una decisione, a maggior ragione se essa riguarda qualcosa di molto importante.

Amore o amicizia?

Amore o famiglia?

Quale valore mettiamo al primo posto nella scaletta delle nostre priorità?

Quale riteniamo che sia il più importante di tutti?

A cosa saremmo disposti a rinunciare pur di realizzare il nostro obbiettivo?

“A tutto.” risponderebbero alcuni con sicurezza.

“A niente!” affermerebbero altri con convinzione.

A volte nella nostra vita subentrano delle persone che riescono ad indicarci con semplicità la via giusta da intraprendere. Ma sarà corretta solo per loro o anche per noi?

Altre volte, invece, decidiamo di seguire una determinata strada perché accecati da un sentimento in particolare, generalmente l’amore, che ci dona un anomalo senso di sicurezza, magari mai posseduto prima di allora.

***

La prestigiosa scuola francese di Beauxbatons non si raggiungeva a bordo di un normalissimo treno, bensì all’interno di comode e profumate carrozze dai tenui colori pastello, trainate da fieri purosangue rigorosamente bianchi.

Scostando lievemente una delle graziose tendine che adornavano i vetri del mezzo di trasporto, si poteva godere di un magnifico panorama del territorio francese. Le rotondeggianti colline ed i lunghi ed impetuosi torrenti attiravano subito l’attenzione dei presenti.

- Ehi, Rosellina, cosa ne pensi della Francia? – chiese Alexis con dolcezza alla sua amica, accarezzandole il volto con molta tenerezza.

In realtà la considerava molto più che una semplice amica.

- E’ meravigliosa, incantevole, sublime. E terribilmente romantica… - sussurrò Rose, voltandosi verso il ragazzo e spalancando tutt’ad un tratto i suoi grandi occhi color nocciola, così caldi e armoniosi. Sembrava quasi che emanassero un piacevole tepore nel cuore di chi osservavano con cotanta gioia e dolcezza. Quel tipo di sguardo era spesso e volentieri rivolto al quattordicenne.

Il viaggio che avevano intrapreso verso la scuola di magia era iniziato circa un’ora e mezza fa; entro pochi minuti avrebbero dovuto raggiungere la metà.

Le carrozze volanti viaggiavano tutte insieme, formando una specie di grande stormo, ed ognuna di esse poteva contenere fino a cinquanta studenti.

- Mon Dieu! C’est Beauxbatons! – esclamò una vocina infantile dal marcato accento francese.

Probabilmente si trattava di una ragazzina del primo anno, emozionata ed eccitata alla prospettiva di aver avvistato l’imponente ed elegante castello prima di tutti gli altri passeggeri.

Alexis strinse forte a sé la rossa e le indicò con accuratezza quella che, per molti mesi a venire, sarebbe stata la sua casa.

“E’ bella e lussuosa. “ pensò Rose, osservandola nei minimi dettagli. “Ma mai quanto Hogwarts…”

***

Il cuore le batteva all’impazzata, la testa le girava vorticosamente, ma la sua mano era stretta saldamente a quella di Alexis, quindi non aveva nulla da temere. Nulla.

Mentre attraversavano il lungo e stretto corridoio, soffermò la sua attenzione specialmente sul confortevole parquet e sulle rosee mura. Quell’insolito abbinamento le piaceva proprio!

- Ehi, Blue! – le veniva ancora spontaneo chiamarlo in quel modo. – Quali sono le case in cui si viene smistati in questa scuola?

Non si era mai posta quell’ interrogativo prima d’allora, ma, camminando verso la Sala dei Ricevimenti, le era sovvenuto alla mente questo piccolo ed non trascurabile dettaglio.

- Diciamo che qui si viene suddivisi in base al rango del tuo cuore. – rispose il ragazzo che, notando l’espressione stranita assunta dall’altra, si affrettò a spiegare. – Insomma, le case sono quattro ed i loro nomi sono: Tulipes, Hortensias, Coquelicots e Gardenias. Ogni casa mette al primo posto uno dei quattro valori più importanti in assoluto: amore, amicizia, famiglia, successo. Si viene smistati grazie ad un test magico che consiste in quattro domande alle quali devi rispondere con assoluta sincerità, pena l’espulsione da Beauxbatons. Credo di aver detto tutto… Ah, dimenticavo: io sono un Coquelicots, ma fino a quando non verrai smistata non saprai mai quale valore prediligo.

Detto questo la schernì con una simpatica linguaccia.

- Sei proprio uno stupido! – rise lei, triandogli lievemente un ciuffo di neri capelli.

Poi, entrando nella Sala dei Ricevimenti dove sarebbe stata sottoposta allo smistamento, ripensò per un attimo con malinconia al fatto che, proprio quello stesso giorno, anche sua cugina sarebbe stata sottoposta alla “prova” del Cappello Parlante. Le sarebbe piaciuto davvero tanto essere lì a confortarla con lo sguardo, ma purtroppo ciò non era possibile…

Aveva tradito le speranze di sua cugina, distruggendo senza alcuna pietà il suo più grande desiderio, ma l’aveva fatto solo ed esclusivamente per il troppo amore che provava nei confronti di Alexis Dumas. Lily, però, dal canto suo non le aveva facilitato affatto le cose: non l’aveva né appoggiata né compresa, ferendola profondamente nonostante non lo desse a vedere.

E pensare che non si erano nemmeno salutate prima delle rispettive partenze…

Dov’erano finite le cugine unite e complici di una volta?

Che fine aveva fatto la loro grande amicizia?

Poteva un semplice gesto d’amore distruggere quanto costruito per anni?

Probabilmente sì…

Da una parte Rose avrebbe voluto superare il suo orgoglio e scrivere poche ma intense righe alla cugina, al fine di chiarire l’intera vicenda, ma non lo avrebbe mai fatto, ne era certa.

Sapeva di aver sbagliato, ma nemmeno Lily si era comportata da amica e da cugina.

Avrebbe anche potuto essere lei a fare il primo passo…
 

Lily è molto testarda e pensa di avere sempre ragione.
Sei tu quella più ragionevole delle due, lo sai bene.

 
No, per una volta la tredicenne era intenzionata a non smuoversi di un centimetro.

Nulla le avrebbe fatto cambiare idea.

Perché rovinare un rapporto così, Rose?
Preferisci ritrovare l’amicizia di tua cugina o mantenere intatto il tuo orgoglio?

 
Quelle parole non le facevano né caldo né freddo, proprio no.

Non avrebbe ceduto, non questa volta.

Determinata e decisa si diresse verso il centro della Sala, dove la preside, Madama Maxime, avrebbe accompagnato lei e gli altri smistanti a svolgere il test magico.

“Sarà quel che sarà.”, pensò con arrendevolezza la ragazza.



Spazio autrice

Vi ho fatto aspettare troppo per questo secondo capitolo? Spero proprio di no! ^^
E così Rose e Blue (anche a me viene spontaneo chiamarlo ancora così) sono appena arrivati nella prestigiosa ed elegante scuola francese di magia e stregonerie, Beauxbatons.
Tutto ciò che riguarda lo smistamento e la suddivisione in case è frutto della mia mente malata, quindi gradirei che non riportaste questi elementi nelle vostre fic della nuova generazione.
Ad ogni modo spero davvero tanto che il capitolo sia stato di vostro gradimento? 
In una recensione Alyssia98 mi diceva di stare iniziando ad odiare Rose...
Provi ancora rancore verso di lei, dopo aver letto questo secondo capitolo? Fammelo sapere! ;)
Un grazie grande quanto un castello alle otto persone che hanno recensito! **
Ed ora ecco a voi la dolce Rose e l'occhio di Alexis.

 

Le vostre recensioni sono sempre graditissime! *____________*
Bacioni
Gra Gra 96

 

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Capitolo 3
*** Hai un amico in me, Lilian, un grande amico in me. ***


Hai un amico in me, Lilian, un grande amico in me.

Il momento dello Smistamento è senz’altro uno dei più belli e intensi di tutta la carriera scolastica di un mago. E’ davvero emozionante solo il pensiero di ritrovarsi sul capo un logoro capello intelligente e acuto, a tal punto da saper leggere all’interno del proprio cuore con assoluta facilità.

Eppure da molti lo Smistamento è visto solo ed esclusivamente come un momento pieno d’ansia, d’angoscia, di preoccupazione, di tensione e di paura.

Paura di non essere smistato nella casa giusta.

Paura di deludere le aspettative nutrite dalla propria famiglia.

Paura di tutto e paura di niente.

Ebbene sì, Lilian Luna Potter faceva parte a tutti glieffetti di questa seconda categoria.

Non era stato sempre così: l’undicenne ricordava bene la gioia provata anni prima, fremente e impaziente di conoscere l’esito del Cappello Parlante una volta che le fosse stato posto sulla folta chioma.

- Ehi, cuginetta, nervi saldi, intesi? – sussurrò Hugo all’amica, prendendola affettuosamente per mano. Il rapporto affettivo che li legava era qualcosa di unico e speciale.

In quel momento si trovavano entrambi immersi in una folla di altrettanti nervosi ragazzini undicenni, presidiati dall’austera figura di Neville Paciock, vice – preside della scuola.

- Più facile a dirsi che farsi! – esclamò la rossa con un sorrisino forzato. – Tu come fai a essere così tranquillo, Hughetto?

Le orecchie del ragazzino assunsero improvvisamente una tonalità arancione, tendente al rosso, caratteristica ereditata senza alcun dubbio dal padre. Lo imbarazzava sempre sentirsi chiamare con quel vezzeggiativo dalla cugina.

Gettando un’occhiata nervosa tutt’attorno, rispose con sincerità: - Non lo sono, Lils. Ma che senso avrebbe trasmetterti il mio immenso nervosismo?

I due risero spontaneamente, scaricando almeno in parte la tensione.

Poi il docente di Erbologia fece loro segno di iniziare a entrare nella Sala Grande.

- Oh, Merlino! Hughetto, stringimi forte la mano e non mollare mai la presa! – mormorò la rossa con un misto di eccitazione e paura.

L’altro arrossì nuovamente.

“E dacci con ‘sto Hughetto!” pensò lui con disappunto.


***

Accoglienti e luminose candele sovrastavano il lungo corridoio che avrebbe portato il gruppetto di ragazzini al centro della Sala Grande.

Lily e Hugo camminavano mano nella mano, forte ciascuno non della propria forza, ma di quella da dare all’altro.

Dopo qualche secondo, la McGranitt, con il solito tono austero, iniziò a chiamare gli studenti uno ad uno. Allen, Anderson, Bennett, Brown, Collins, Dixon, Green, Paciock.

- Potter Lilian Luna.

Il cuore le batteva a mille, la fronte era imperlata di sudore, le braccia erano strette rigidamente lungo i fianchi. Ansia, angoscia, emozione, tensione, nervosismo.

La ragazzina, tremando, si adagiò sulla morbida sedia imbottita e attese con impazienza l’ascesa del Cappello Parlante sul suo capo.  

- Aspettavo con ansia il giorno in cui avrei incontrato l’ultima discendente della famiglia Potter. – iniziò quello con calma. – Eppure, non assomigli molto a tuoi fratelli, sai? Insomma, cara ragazza, tu sei diversa. Mi ricordi vagamente tuo padre, ma mi riporti alla mente anche qualche caratteristica di tua madre. Non ti nego la mia indecisione: Grifondoro o Serpeverde? Ti troveresti bene in entrambe le case, ne sono assolutamente convinto, ma qual è quella più incline al tuo carattere?

Serpeverde. Quel pensiero spontaneo e veritiero le aveva attraversato di colpo la mente.

- Che cosa anomala e contorta, eh? Tuo padre tanti anni orsono aveva scelto Grifondoro, mentre tu ambisci a diventare un membro della casa di Salazar. E così sia. SERPEVERDE!

Tum, tum. Il cuore le batteva più forte di prima. Tum, tum. Era una Serpeverde. Tum, tum.

Con addosso lo sguardo di tutti i presenti – era la prima Potter a essere smistata in quella casa – si diresse verso il tavolo dai colori verde e argento.

- Benvenuta! – la salutò amichevolmente il prefetto, un certo Robert Stevens. – Spero che ti troverai bene in mezzo a noi Serpi.

- Ne sono certa! – rispose Lily con un grande sorriso.

Poi, dopo essersi accomodata accanto ad un’altra ragazza del suo anno, decise di godersi i successivi smistamenti, avendo finalmente l’animo sereno.

Era davvero soddisfatta di quanto decretato dal Cappello Parlante.

- Weasley Hugo.

No, non nutriva alcuna speranza di ritrovare il cugino tra i Serpeverde. Lui era gentile, buono, disponibile, amichevole, dolce. Insomma, un perfetto…

- TASSOROSSO!

“Come volevasi dimostrare!” pensò la ragazzina con rassegnazione.

Prima di concentrarsi sul successivo smistamento, lanciò una dolce occhiata in direzione di Hugo. Sembrava felice, molto felice, ed era certa che si sarebbe trovato splendidamente tra i Tassorosso. Dopotutto, Lucy aveva passato tutta l’estate ad elogiare la bellezza di quella casa, quindi perché non crederle?

- Zabini Elinor.

Lily sobbalzò nell’udire quel nome così familiare. Ricordava perfettamente quella simpatica ragazzina, con la quale aveva stretto una profonda amicizia durante i giorni in cui aveva frequentato una scuola elementare babbana. Quante ne avevano combinate insieme!

- SERPEVERDE!

La sentenza del Cappello Parlante la riscosse dai suoi ricordi, facendole sprizzare gioia da tutti i pori. Non sarebbe stata sola a Serpeverde: Elinor le avrebbe fatto compagnia!

- Lilian, sei proprio tu? – esclamò la mora esterrefatta, affrettandosi a raggiungere l’amica.

La rossa scatto in piedi e strinse in un abbraccio la compagna, esclamando con gioia: - Sì, sono proprio io! Vedo che entrambe siamo riuscite a essere smistate nella casa desiderata.

Poi, sedendosi l’una accanto all’altra, iniziarono a chiacchierare del più e del meno. Nonostante fosse passato quasi un anno dall’ultima volta in cui si erano viste, il loro bel rapporto di amicizia non era minimamente cambiato.

- Vorrei dire qualche parola. – annunciò la preside, ergendosi in piedi con la solita compostezza.

- Che vecchia befana! – commentò Elinor con malizia.

La rossa rise solamente per educazione, vista la grande stima che provava nei confronti di Minerva McGranitt. Era proprio una gran donna, quindi che motivo aveva la sua amica per rivolgerle sgradevoli appellativi?

- Spero proprio che questo anno si prospetti piacevole per tutti voi. Vi prego di non infrangere le regole e di studiare con impegno. Ora lascio la parola al Cappello Parlante!
 
Un saluto a i vecchi e nuovi arrivati,
ora che siete già belli smistati,
ci tengo a enfatizzare un concetto,
più importante di ogni precetto.
Non trascurate un valore importante,
anche se può non apparire eclatante,
l’amicizia riscalda ogni cuore,
donando tantissimo amore.
Dei finti amici però diffidate,
solo i cuori puri e sinceri amate,
e non serbate rancore per tempo infinito,
con un abbraccio sarà tutto finito.
La distanza non è qualcosa di invalicabile,
superatela con carattere affabile,
e ricordate sempre una cosa:
l’amore è come una rosa.
 
Lily ascoltò attentamente ogni singolo verso di quella strana e curiosa filastrocca ideata dal Cappello Parlante e la cosa le diede molto a cui pensare.

“E’ come se volesse lanciare un messaggio proprio a me: non serbare per sempre rancore per un torto subito da una persona amica. Rose.”

Inoltre, cosa diamine significava “l’amore è come una rosa”?

Stranamente solo lei sembrava immersa in quei confusi pensieri; tutti gli altri, infatti, avevano iniziato a ingozzarsi della qualunque cosa: cosce di polle, patate al forno, involtini, lasagne, roastbeef e chi più ne ha più ne metta!

E, mentre osservava attentamente i membri della sua casa, fu presa da un momento di puro sconforto e tristezza. Perché Rose non era lì, perché?

Eppure la cugina gliel’aveva promesso…

Le promesse vanno mantenute. Sempre.


Spazio autrice

Insomma, rispondete con sincerità: è passato troppo tempo dall'ultimo aggiornamento di questa storia? Certo che no! Sono stata davvero un fulmine nello scrivere questo terzo capitolo! U.U
Ad ogni modo, spero davvero che vi sia piaciuto! ^^
Soddisfatti delle decisioni del Cappello Parlante, o no? Spero di sì.
In questo capitolo ha fatto la sua comparsa un nuovo personaggio, Elinor Zabini.
Se volete saperne di più su di lei e sul modo in cui ha fatto amicizia con la piccola Potter, vi consiglio di leggere la mia one shot Lilian, non Lily!
Ci tengo a precisare che questa non è affatto pubblicità occulta U.U (come no!)
Comunque, dalle numerose recensioni (grazie *___*) ho potuto constatare che molti di voi stanno iniziando a odiare Rose. Ebbene, c'è qualcuno che sta ancora dalla parte di quella povera ragazza? 
Inoltre, avrei una proposta da farvi: che ne direste se dedicassi un capitolo a Roxanne, Lorcan, Violetta, Albus, Lisander, Frank e Charlotte? Insomma, agli amici di Rose. Fatemi sapere! ;)
Un grazie speciale alle sedici meravigliose persone che hanno recensito i primi due capitoli. **
E ora, ecco a voi una foto di Elinor all'età di quattordici anni. Scusate, ma non sono riuscita a trovarne una soddisfacente dove avesse undici anni. 



Non mi stancherò mai di ripetere che amo le vostre recensioni! *________*
Bacioni
Gra Gra 96


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Capitolo 4
*** Il mondo è mio, Rose, è sorprendente accanto a te. ***


Il mondo è mio, Rose, è sorprendente accanto a te.

E’ difficile abbandonare tutto per iniziare una nuova esistenza.

E’ complicato scrivere il nuovo capitolo della propria vita.

E’ strano non essere più circondata dalle persone che amavi.

E’ triste pensare di essere stata cancellata dai loro cuori.

E’ straziante sentire sempre più la loro mancanza.

E’ incontenibile il dolore che si prova, sapendo di averli delusi.

E’ amareggiante ricordare le loro reazioni in merito alla tua decisione.

***

Il sole illuminava con insistenza la grande e spaziosa cucina di casa Weasley. Un perfetto ordine aleggiava all’interno di quella stanza: il pavimento era stato pulito alla perfezione, le stoviglie erano riposte con cura nella credenza, le sedie disposte ordinatamente attorno al tavolo in legno massiccio. Sembrava tutto perfetto, eppure non era affatto così.

Le espressioni assunte da Violetta, Charlotte e Roxanne erano tutt’altro che felici, e i corrucciati cipigli comparsi sui volti di Albus, Lorcan e Lysander non promettevano proprio nulla di buono.

- Insomma, ragazzi, dite qualcosa! Il vostro silenzio mi fa stare ancora più male. – balbettò Rose, con il volto pallido, e quasi in lacrime.

Quel pomeriggio aveva coraggiosamente deciso di comunicare la sua decisione agli amici più cari, con la scusa di invitarli a casa sua per trascorrere un po’ di tempo insieme.

La speranza che almeno loro fossero dalla sua parte, che la capissero, che l’approvassero era tenue, estremamente tenue, ma pur sempre c’era. Invece…

- Sai cosa ne penso io, Rose? – l’aggredì Charlotte, impulsiva come al solito. – Penso che sei proprio una grandissima idiota!

Le lacrime volevano far capolino sul volto della tredicenne dai folti capelli rossi, ma lei si sforzò di trattenerle con molto coraggio.

- Per le mutande di Merlino, non pensavo che avresti mai abbandonato Hogwarts e tutti noi! – esclamò Lysander con evidente sgomento.

Non doveva piangere, non doveva assolutamente farlo.

- Okay, lo fai per amore…. ma il fine non giustifica i mezzi! – ribatté tristemente Violetta, scuotendo il capo, visibilmente contrariata.

Nessuno comprendeva la sua scelta, ma avrebbe trattenuto quelle copiose goccioline d’acqua a qualunque costo. E comunque non aveva ancora sentito il parere di…

- Mi hai deluso, Rose, non sai quanto. – mormorò piano Roxanne, prima di scappare via.

Anche lei. Anche lei le aveva voltato le spalle. La sua migliore amica. Aveva tutti contro.

- In realtà, siete voi che avete terribilmente deluso me! – urlò la ragazzina, scoppiando finalmente in lacrime, e raggiungendo il più in fretta possibile quel rifugio sicuro e accogliente che era la sua stanza.

***

- Bene, avete esattamente quindici minuti per eseguire questo breve ma profondo test della personalità. Al termine, vi sarà detto in quale delle quattro case sarete smistati. Buon lavoro, e mi raccomando: massima sincerità. – spiegò Madama Maxime.

Rose annuì, e lo stesso fecero anche altri ventinove neo-studenti. Avevano tutti l’aria leggermente impaurita, ma mai quanto l’ex Grifondoro.

“Meglio che mi concentri sulle domande.“ pensò con saggezza.
 
Prima domanda: Ti è mai capitato di deludere un amico? Se sì, perché? Se no, perché?

Risposta: Sì, mi è capitato di deludere un amico, a causa di una decisione presa con molto coraggio e, soprattutto, per amore.

Seconda domanda: Ti sei mai innamorato veramente di qualcuno? Cosa hai messo in secondo piano per l’amore?

Risposta: Sì, sono follemente innamorata di un ragazzo. Per lui ho scelto di cambiare vita, abbandonando la mia famiglia e i miei più cari amici.

Terza domanda: Hai un rapporto speciale con qualche membro della tua famiglia? Per cosa rinunceresti al calore della tua famiglia?

Risposta: Sì, avevo un rapporto molto speciale con mia madre e con mia cugina. Ho rinunciato alla mia famiglia per amore.

Quarta domanda: Qual è stato il più grande successo che tu abbia mai ottenuto? A cosa ambisci con tutta te stessa?

Risposta: Il mio più grande successo è stato eseguire uno schiantesimo durante il mio primo anno a Hogwarts. Ambisco a trovare la felicità, riallacciando i rapporti con le persone a cui voglio bene, nonostante le abbia deluse.
 
Dopo aver letto con attenzione le sue risposte, la preside ebbe un momento di perplessità.

Tulipes o Coquelicots? Scelta tremendamente difficile.

Amore o famiglia? Entrambi i valori si rispecchiavano nell’animo di quella giovane ragazza.

Eppure era palese quale fosse la casa adatta a lei.

- Sei la benvenuta nella casa dei Tulipes. – annunciò la mezzo gigante, con spiccato accento francese. – Il valore di cui t’importa maggiormente è l’amour

***

- Ehi, rosellina, soddisfatta del tuo smistamento? – le chiese Alexis, accompagnandola per mano lungo quegli austeri ed eleganti corridoi, in direzione del Dormitorio dei Tulipes.

La rosa sorrise, stringendo forte la presa, ma nell’ultima ora un grande dubbio si era insidiato all’interno della sua mente.

Blue era un Coquelicots, e ciò stava a significare che il valore che metteva al primo posto era la famiglia. Sarebbe stato disposto ad abbandonarla per lei? Probabilmente no…

La cosa la infastidiva terribilmente, ma allo stesso tempo la faceva sentire molto ingiusta.

Insomma, non poteva mica pretendere che tutti ragionassero come lei, e che fossero disposti a compiere scelte tremendamente difficili per amore.

Eppure ci aveva sperato.

- Abbastanza. Avrei una domanda da farti: quando inizieremo le ricerche sull’identità di tua madre? – rispose lei con determinazione.

Sapeva quanto fosse importante tutto questo per Alexis, e uno dei motivi che l’aveva spinta a venire a vivere in Francia era proprio quello di aiutarlo a ricongiungersi con la madre. Doveva essere terribile sentirsi soli al mondo.

Lei, essendo una Weasley, non aveva mai provato nulla del genere, ma immaginava fin troppo bene quanto avesse dovuto soffrire il suo amico per la perdita del padre.

Aiutarlo a rintracciare la madre era il minimo che potesse fare.

Chissà cosa aveva spinto quella donna ad abbandonare il suo dolcissimo figlio…

Eppure, anche lei si era lasciata alle spalle la sua famiglia per amore, quindi che diritto aveva di criticarla? Nessuno, assolutamente nessuno.

- Presto. Che ne diresti se uno di questi pomeriggi passassimo dall’ufficio anagrafe magico di Parigi? Sai, a noi studenti di Beauxbatons è permesso circolare liberamente per la capitale durante i weekend. – propose il ragazzo, speranzoso.

Passeggiare mano nella mano per le vie della romantica Parigi.

Più che una prospettiva era un sogno!

- Mi sembra un’ottima idea! – annuì lei con convinzione.

Il quattordicenne si fermò improvvisamente e la strinse in un dolce abbraccio.

Le sue iridi blu come il mare in tempesta si specchiavano nei caldi occhi color nocciola della ragazza. Blu in nocciola.

- Ti ho mai detto che ti amo? – sussurro lui, avvicinandosi sempre di più al volto dell’altra.

Tre centimetri di distanza.

Lui l’amava con passione.

Due centimetri di distanza.

Lei lo amava con il cuore.

Un centimetro di distanza.

Si amavano alla follia.

E il momento arrivò: le loro labbra si unirono in un dolcissimo bacio.

Il loro primo bacio. Il loro primo bacio, ma non l’ultimo.

A Rose sembrava di essere giunta direttamente in paradiso.

Alexis sembrava essere al settimo cielo.

Qualcosa di speciale li legava.

Qualcosa di unico li accumunava.

Qualcosa di magico li univa.

- Alohomora. – mormorò improvvisamente il ragazzo. – Voglio avere completo accesso al tuo cuore. Ti amo.

- Lumos. – sussurrò lei di rimando. – Voglio illuminare il tuo volto di felicità. Ti amo.
Blu in nocciola. Nocciola in blu.

- L’hai già fatto, rosellina, da quando mi hai rivolto la parola per la prima volta all’interno della Foresta Proibita. Sei tutto quello che ho. Ti amo.


Spazio autrice

Nonostante abbia la febbre, mi sono data da fare e ho scritto questo quarto capitolo.
Se lo trovate orribile attribuite la colpa alla mia infreddatura U.U
Spero comunque che vi piaccia. ^^
In questo capitolo Rose ha sia ricordatato il momento in cui ha rivelato ai suoi amici della decisione presa, sia risposto alle quattro domande previste dal test di smistamento di Beauxbatons.
Inoltre, ha scambiato il suo primo e romantico bacio col giovane Alexis Dumas.
Diciamo che il fluff non mancava affatto in questo nuovo capitolo U.U
Piccola domandina: preferite il paring Rose/OC o Rose/Scorpius? Ad ogni modo rivedrete il giovane Serpeverde nel prossimo capitolo. Contenti? ;)
Un grazie abnorme alle persone che recensiscono ogni capitolo. Vi adoro! **
E ora ecco a voi i gemelli Lysander e Lorcan.

 

Chi preferite? Io nettamente Lysander. **
Ribadisco che le recensioni sono sempre graditissime. ^^
Il prossimo capitolo arriverà tra una settimana esatta.
Bacioni
Gra Gra 96

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Capitolo 5
*** Hakuna Matata, Roxanne! ***


Hakuna Matata, Roxanne!

Qualche lacrima rigava il suo viso, ma non le importava.

La tristezza riempiva il suo cuore, ma non se ne curava.

Seduta su un gradino di pietra della scalinata del settimo piano, Roxanne piangeva.

Ricordava gli anni passati, e piangeva.

Ricordava i momenti trascorsi fianco a fianco, e piangeva.

Ricordava le risa, gli abbracci, i sorrisi, e piangeva.

Non provava più alcun rimorso nei suoi confronti, ma piangeva.

Non la giudicava male per la difficile strada da lei intrapresa, ma piangeva.

Non voleva che tornasse indietro, separandosi dal ragazzo che amava, ma piangeva.
 
Chissà se tu mi penserai
Se con gli amici parlerai
Per non soffrire più per me
Ma non è facile lo sai
 
Chissà se Rose era soddisfatta della sua nuova vita in Francia.

Chissà se era già riuscita a rimpiazzarla con una nuova ragazza, magari più simpatica, carina, socievole e spigliata di lei.

Chissà se ogni tanto si chiedeva come se la stessero passando i suoi amici a Hogwarts.

Troppe incertezze, troppi punti interrogativi, troppe lacrime.
 
A scuola non ne posso più
E i pomeriggi senza te
Studiare è inutile tutte le idee
Si affollano su te
 
Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, Erbologia.

Cura delle Creature Magiche, Divinazione, Storia della Magia.

Inutile studiare quando tutti i pensieri convergevano in unico punto: la loro amicizia.

La drastica fine del loro splendido rapporto o solo l’interruzione temporanea del forte sentimento che legava sin dal giorno dello Smistamento?

Per quanto si sforzasse, Roxanne non riusciva proprio a trovare una risposta a questo difficile interrogativo che le attanagliava il cervello da giorni e giorni.

Non le restava che una cosa da fare: piangere, piangere a dirotto.

Piangere fino a esaurire tutte le lacrime, una dopo l’altra.

Piangere per la delusione, per la tristezza, per l’amarezza.

Piangere da sola, in silenzio, al buio, lontana dagli sguardi indiscreti, rintanata in un cantuccio polveroso e solitario.



 
- Non piangere. – una voce familiare destò la sua attenzione. – Se piangi mi uccidi.

Due grandi occhi azzurri si fecero strada in quell’oscurità.

- Ti amo. Da sempre. – un sussurro quasi impercettibile.

Poi lo vide: era lì, davanti alle sue lacrime, davanti alla sua tristezza; impugnava una spada d’argento, pronta ad annientare qualsiasi cosa la facesse soffrire.

No, il suo principe non l’avrebbe mai abbandonata; sarebbe stato al suo fianco per sempre e il suo cuore non avrebbe mai smesso di battere per lei. Questa era la sua unica certezza.

- Roxanne, è normale che tu ti senta così: era la tua migliore amica. Le volevi molto bene e gliene vuoi tutt’ora. Stai certa di una cosa: Rose non ti cancellerà mai dal suo cuore. Sei una persona troppo speciale per esser dimenticata da un giorno all’altro. La distanza vi separa, è vero, ma il vostro legame non si spezzerà mai, te lo assicuro.

Non sempre si riesce a dare ascolto alle parole degli altri, soprattutto quando mirano proprio a consolarci, ma in questo caso la giovane Grifondoro non ebbe alcuna esitazione a fidarsi di quanto detto da Lorcan. Improvvisamente ricominciò a piangere, ma era un pianto di gioia e non di infelicità.

- Come farei senza di te? Senza il tuo sorriso, senza il suo supporto… Ti amo! – sussurrò dolcemente la riccia tredicenne, schioccando un dolce bacio un po’ umidiccio sulla guancia del suo fidanzato; gli occhi di lei persi in quelli di lui.

- Scusate l’interruzione! – esclamò tutt’a un tratto una voce adulta, avanzando cautamente in quell’oscurità. – Ho un grosso problema, e forse tu saresti in grado di risolverlo, Roxy!

A parlare a sproposito, interrompendo quelle dolci effusioni romantiche, era stato – niente poco di meno che – James Sirius Potter. Tipico da parte sua!



- Porco Salazar, perché arrivi sempre nei momenti meno opportuni? – si lamentò il biondo, esasperato, cingendosi il capo con entrambe le mani.

Il quattordicenne non apparve affatto turbato da quelle parole.

- Taci, Scamander! – tagliò corto l’altro. – Roxanne, rispondimi con sincerità: hai…

Pausa di qualche secondo, durante la quale i due piccioncini trattennero il fiato.

- … un pettine da prestarmi? – continuò lui senza alcun imbarazzo.

***

Così, con un occhio gonfio e nero, ma con il pettine in mano, James correva per il corridoio del settimo piano, desideroso di giungere in Sala Comune il prima possibile.

Non era più il ragazzo immaturo e indeciso di un tempo ed era intenzionato a dimostrarglielo una volta per tutte. Se lei lo avesse compreso, se lei lo avesse perdonato, se lei gli avesse concesso un’altra possibilità, avrebbe senz’altro toccato il cielo con un dito.

Il ragazzo sperava con tutto il cuore che lei fosse ancora innamorata di lui e che non avesse ripiegato sul fratello minore.

“Impossibile.” pensò automaticamente James, scacciando quella funesta prospettiva. “Nessuna ragazza sana di mente s’innamorerebbe di Albus, avendo il sottoscritto a disposizione. Me, il Grifondoro più figo del quarto anno… ma che dico, dell’intera scuola!”

Di certo si era appena guadagnato la nomina di ragazzo più vanitoso di Hogwarts!

Sistemandosi il ciuffo col pettine della cugina e sbottonandosi leggermente la camicia, fece il suo ingresso trionfale nella Sala Comune di Grifondoro. Era apparentemente deserta.

- Fred, Louis… c’è nessuno? – mormorò James, disorientato da quell’anomalo silenzio.

Nessuna risposta. Nessun rumore. Nessun segno di vita. 

- Tutto questo non è normale… - fu il suo l’arguto commento.

Sì, James Sirius Potter era sempre stato un ragazzo molto intelligente e perspicace.

Improvvisamente dalla scala a chiocciola di legno apparve una figura alquanto sinistra. Bassa, tarchiata e pelosa, era più simile a un nano da giardino che a un uomo in carne e ossa. Un grosso naso bitorzoluto riempiva quasi interamente il suo volto e appariva in netto contrasto con un paio di minuscoli occhietti iniettati di sangue.

- Tu es James Potter? – chiese con un marcato accento, scrutando attentamente il ragazzo dal basso verso l’alto.

- Oui. – rispose confuso il ragazzo, attingendo a tutte le sue conoscenze in merito alla lingua francese per formulare quella banale risposta.

- Tres bien. – continuò l’uomo senza scomporsi. – Ho un message pour tois da parte de mon maître. C’est tres important! C’è di mezzola vie de tois cousine!

- Quale cugina? Sai, faccio parte di una famiglia numerosa. Ho più o meno sei cugine, quindi cerca di essere un po’ più preciso. – lo rimproverò il giovane Potter con sarcasmo.

L’altro iniziò a ribollire di rabbia, assumendo una colorazione rossastra.

- Stupide garcon arrogant, prendi questa lettera, leggila e capirai ogni cosa. Adieu. – esclamò fuori di sé dalla rabbia, porgendogli un raffinato rotolo di pergamena giallastro.

Detto questo, scomparve tra una scura e spessa coltre di nebbia, lasciando James basito.

- Oh, Godric, qui le cose si mettono male! – esclamò, scuotendo il capo.

Poi, però, Violetta tornò a occupare il centro dei suoi pensieri; così, infilato il rotolo di pergamena nella tasca dei jeans, si apprestò ad andare alla ricerca della ragazza di cui era follemente innamorato.


Spazio autrice

*si prepara a difendersi da tutti gli insulti che le lanceranno i lettori della sua long per l'immenso ritardo*
Che dire a mia discolpa? Beh, ho avuto carenza di tempo e di ispirazione e solo oggi ho iniziato a scrivere di getto questo sesto capitolo. Pieno di novità, aggiungo. u.u
Cosa ne dite del momento fluffoso tra Roxanne e Lorcan con cui è iniziato il capitolo? *__*
E che dire di James, che ha appena scoperto di essere seriamente innamorato di Violetta Baston, ragazza che aveva rifiutato l'anno passato? Se ricordate, proprio a causa di quanto aveva fatto soffrire la Grifondoro, James era stato schiantato con abilità da sua cugina Rose (ragazza alquanto pericolosa u.u).
Infine, so che state tutti aspettando di conoscere il contenuto della misteriosa lettera portata dal brutto e antipatico nano malefico (mi piace questo nome **). Avete qualche idea al riguardo? Io no. Ah Ah. Scherzo. Forse. Oppure no. Sono malata gravemente. Lo sapete meglio di me u.u
Senza perderci in chiacchiere, vorrei anche ringraziarvi per le vostre meravigliose recensioni, che amo con tutto il cuore e che aspetto sempre numerose! :D
Inoltre avrei una domanda: vorreste che parlassi di più di un determinato personaggio? Ditemi di chi si tratta e vedrò di accontentarvi come posso ;)
Prometto di non farvi più aspettare così tanto per un capitolo u.u
Bacioni
Gra Gra 96

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Capitolo 6
*** Lo stretto indispensabile per farti capire quanto ci hai delusi, Rose. ***


Lo stretto indispensabile per farti capire quanto ci hai delusi, Rose.

Avanzava fiera lungo il corridoio che portava ai Sotterranei. L’uniforme dai colori verde e argento la faceva brillare di una luce nuova. I capelli pel di carota, un tempo stretti in due grosse trecce, ora ricadevano morbidi lungo le spalle. Il sorriso spontaneo e un po’ infantile dipinto solitamente sul suo volto, aveva lasciato posto a un’espressione maliziosa.

Era passato solo un mese dal suo ingresso a Hogwarts, ma il repentino cambiamento avvenuto in lei risultava evidente anche alle armature del castello.

Che fosse stato l’ingresso nella casa dei Serpeverde o la vicinanza con Elinor Zabini a cambiarla? Nessuno trovava risposta a questo difficile interrogativo, neanche lui, Hugo Weasley, il suo eterno amico e compagne di avventure, ormai da tempo immemore ignorato e bistrattato dalla cugina. Le uniche parole che osava rivolgergli erano insulti sottili e provocazioni.

- Nano, levati di torno.

Qualche giorno prima aveva cercato di avvicinare la cugina, per parlarle e capire cosa stava succedendo in lei, ma quella pungente frase era stata tutto ciò che aveva ottenuto.

Perché Lily aveva iniziato a trattarlo male? Perché si ostinava a frequentare quella vipera della Zabini? Perché si comportava in quel modo assurdo?

Probabilmente era stato il dolore per il tradimento di Rose a sconvolgerla così tanto, ma non pensava che l’undicenne si sarebbe spinta fino a questo punto.

Insieme alla sua degna compare maltrattava alcuni studenti del primo anno, specie Alice Paciock, designata a vittima ideale. Inoltre rispondeva male agli insegnanti, non scriveva ai genitori, non rivolgeva la parola a fratelli e cugini che non fossero membri della sua casa. Quindi si poteva dire che l’unica con cui parlasse ancora fosse Dominique.

Rivoglio la mia migliore amica. Rivoglio la mia Lily.

Hugo non riusciva a non pensare ad altro, mentre tornava in Sala Grande, afflitto e demoralizzato. Ad un tratto venne avvicinato da una ragazzina bionda dagli occhi scuri, l’espressione allegra e spensierata.

- Ciao, Hugo, c’è qualcosa che non va? – chiese.

Il ragazzino sorrise amaramente e con un’alzata di spalle rispose: - Potrebbe andare meglio… Ma tu stai senz’altro peggio di me. Non è così, Alice?

- Non direi. Gli insulti di tua cugina non mi scalfiscono, dovresti saperlo!

E rise divertita, come se il solo pensiero di poter essere triste a causa della Serpeverde le sembrasse assolutamente assurdo.

“E’ un bene che le provocazioni di Lily le scivolino addosso come l’olio.” Pensò il Tassorosso. “Anche se non può andare avanti così…

In quel momento fecero il loro ingresso nella Sala proprio le due Serpi in questione.

Non ci misero molto ad adocchiare l’oggetto dei loro maltrattamenti e lo raggiunsero in poco tempo, senza smettere di scambiarsi occhiatine divertite e maligne.

- Paciock, ti sei trovata il ragazzo? – iniziò Elinor. – Potevi fare una scelta migliore.

- Io sono del parere che Weasley sia diventato ceco. Cos’hai fatto per conquistarlo, Paciock? Un filtro d’amore per caso?

Dovrei dire qualcosa, difendere la mia amica, ma non ci riesco. Nonsono capace di contraddire Lilian, non ne ho la forza. La considero ancora la mia dolce cuginetta.

Al contrario di Hugo, la bionda non sembrava affatto turbata, bensì divertita.

- Sì, avete assolutamente ragione. Sapete bene quanto sia brava in Pozioni, quindi non è difficile immaginare che abbia potuto preparare un filtro d’amore…

Il tono era canzonatorio e sarcastico: a tutti era noto quanto fosse scarsa la ragazzina in quel campo. La professoressa Parkinson non la poteva vedere.

Un giorno era anche riuscita a far esplodere l’Aula e, al contrario di quanto si potesse pensare in giro, ne andava molto fiera.

- Non osare prenderci in giro, rospetta, o sarà peggio per te. – esclamò la Zabini, visibilmente contrariata. Nessuno aveva il coraggio di fare del sarcasmo con lei.

Eppure Alice sì: da perfetta Grifondoro riusciva a rispondere a tono a ogni provocazione.

- Sto tremando di paura! Invece che stare qui a farneticare, perché non vai a studiare? Ne avresti bisogno, credimi. – ribatté quella.

Stavolta aveva proprio esagerato: Elinor stava per scoppiare e aveva già estratto la bacchetta dalla veste, puntandola minacciosa contro l’altra. Lily, invece, rivolse un’occhiata colma di preoccupazione all’amica e, anche se per un attimo, gli sguardi dei due cugini s’incrociarono. In quella frazione di secondo, Hugo rivide la vera Lilian Luna Potter.

- Non perdere tempo con una rospetta come lei. Andiamo! – disse, afferrando per un braccio la Serpeverde e trascinandola via.

Così Hugo e Alice rimasero soli al centro della Sala Grande: l’uno pieno di sgomento e arrabbiato con se stesso per non aver difeso l’amica, l’altra serena e fiera di sé.

Fu proprio lei a spezzare quell’anomalo silenzio che si era creato tra loro.

- Sai, non credo che tua cugina sia cattiva. Ha solo designato come sua amica la persona sbagliata. Tutto qui. Capita a tutti di fare le scelte errate.

- Sì, hai ragione, ma spero che prima o poi apra gli occhi e si renda conto di come è diventata. – mormorò Hugo, più a se stesso che ad Alice. – Mi manca la sua compagnia.

Per consolarlo la bionda lo strinse spontaneamente in un soffice abbraccio, che provocò molto imbarazzo nel giovane Tassorosso, non abituato a quegli scambi d’affetto.

Era contento di aver trovato un’amica come Alice, era contento che riuscisse a comprenderlo così dannatamente bene, era contento che non si lasciasse sopraffare dalle prepotenze delle due Serpi, era contento di non essere solo.

Riguardo a Lily, però, doveva fare assolutamente qualcosa. Qualcosa che non fosse parlare con i suoi fratelli o con i suoi genitori. Qualcosa come scrivere una lettera a Rose, una lettera nella quale riversasse tutti i suoi sentimenti riguardo alla decisione da lei presa.

Una lettera in cui le raccontasse del cambiamento che aveva attraversato la cugina nell’ultimo mese.
Raggiunto il Dormitorio, prese carta e penna. L’elegante rotolo di pergamena aspettava soltanto che lui intingesse la piuma nel calamaio.
 
Cara come no! Rose,
ti sembrerà strano ricevere questa lettera. Non ti nascondo che neanche a me risulta semplice scrivertela quando preferirei di gran lunga giocare a freccette sulla tua foto.
Purtropposono costretto a farlo per troppo affetto nei confronti di nostra cugina.
Sì, proprio lei, quella che hai abbandonato da un giorno all’altro per una stupida infatuazione, spezzandole per sempre il cuore.
L’hai delusa profondamente, anche se non lo ammetterebbe mai con nessuno. E’ troppo orgogliosa per farlo e l’ammiro anche per la sua grande capacità di contenere il dolore.
Il dolore da te provocatole, Rose! Tu vivi tranquilla e beata tra le schifose mura di Beauxbatons, mentre qui a Hogwarts si riscontrano gli effetti delle tue malefatte decisioni.
Avresti mai immaginato di vedere una Lily bulla e prepotente? Io no, ma ti posso assicurare che nell’ultimo mese mi sono dovuto ravvedere.
Inutile dire che la causa del suo anomalo comportamento sei senz’altro tu razza d’idiota!
Ti sembra giusto non averle neanche scritto una lettera per giustificare il tuo comportamento e porgerle le tue più sincere scuse? A me pare tremendamente ingiusto.
Sai perché riesco a capire perfettamente come debba essersi sentita Lily? Perché anche io ho provato lo stesso odio nei tuoi confronti, anche io ho trovato spregevole sbagliata la tua decisione, anche io mi sono sentito tradito e amareggiato, anche io ho avuto voglia di mandarti una Maledizione Senza Perdono per posta.
Sì, anche io, per quanto strano possa sembrarti. Non hai minimamente tenuto conto dei sentimenti di tutti i tuoi familiari al riguardo, me compreso.
D’altronde tu te la spassi in quel vomitevole lussuoso castello francese con quel tuo amico dal nome astruso, mentre sono io a vedere la mamma che piange di nascosto e papà che impreca contro la Francia in generale. Non ti scomodare a venire a trascorrere il Natale qui da noi, resta pure con quel Rosso, Verde, Blu o come diamine si chiama!
Sappi solo che non ti potrò mai perdonare per quello che hai fatto a tutti noi stupida capra con la diarrea. Mai! Di solito sono un tipo pacifico e mite, lo sai, quindi immaginati come debba essermi sentito per arrivare a scriverti tutto questo.
Non ti prendere la briga di rispondermi: non so che farmene di un pezzo di carta pieno zeppo di stupide parole sdolcinate su quanto ci vuoi bene, nonostante tu sia partita.
Ci hai feriti tutti: è questa l’unica cosa che conta.
Avada Kedravra.
Addio,
Hugo.
 
Non ricordava di aver mai scritto tanto nella sua vita.

In questo caso le parole gli erano uscite come un fiume in piena, una dopo l’altra.

Finalmente aveva trovato il coraggio di liberare tutti i sentimenti provati fino ad allora.

Non rimaneva che andare in Guferia a spedire la lettera. L’avrebbe fatto quella sera stessa!

***

Scorpius giochicchiava distrattamente con il lembo della sua camicia a quadri.

L’ora di Storia della Magia era più noiosa del solito e solo la prospettiva di ascoltare quanto detto dal professor Ruf provocava in lui incessanti sbadigli.

Negli ultimi tempi erano tante le cose che lo annoiavano.

Le giornate passavano noiose, l’una dopo l’altra, senza portare con sé novità o quant’altro.

Nessuna lezione lo stimolava abbastanza, nessun compagno lo divertiva più di tanto, nessuna ragazza provocava in lui un qualsiasi tipo di attrattiva.

Forse, dopotutto, gli sembrava strana la prospettiva di trascorrere un anno intero senza Rose. Non che provasse alcunché nei suoi confronti: aveva capito di essersi soltanto infatuato di lei, durante il primo anno, tanto da essere arrivato a baciarla.

Ma era stata un’infatuazione assolutamente passeggera, e l’anno precedente era riuscito a cogliere la palla al balzo. L’essere stato ignorato dalla sua ragazza durante il primo giorno di scuola, era stato il giusto pretesto per rompere qualsiasi rapporto con lei.

Anche se doveva ammettere di amare stuzzicarla o punzecchiarla ogni tanto.  

Si divertiva con poco lui, a differenza di tanti suoi coetanei, primo tra tutti il suo migliore amico Daniel Stevens, che non resisteva alla tentazione di baciare almeno un ragazza alla settimana. Se passavano lunghi periodi senza che sfiorasse le labbra di un essere di sesso femminile, cadeva in uno stato di profonda depressione e a Scorpius spettava il compito ingrato di tirarlo su di morale.

- Ehi, fratello, come ti butta? – gli chiese il ragazzo in questione, usando il suo solito gergo.

- Potrebbe andare meglio, non credi? E non mi riferisco solo a questa lezione del cavolo!

Daniel sembrò pensarci un po’ su prima di rispondere. Non era mai stato un tipo arguto, ma alle ragazze sembrava piacere davvero molto. Misteri della vita.

- Te l’ho detto, amico, tu hai bisogno di una ragazza che ti rallegri l’esistenza. Se solo mi lasciassi fare, ti troverei una rosa di candidate che… - iniziò, ma s’interruppe bruscamente dopo un’occhiataccia dell’altro. – Come non detto!

Perché cavolo non provava alcun interesse per le ragazze da quando aveva rotto con Rose? Che la rossa gli avesse lanciato una specie di maledizione?

Doveva cercare di scacciarla il prima possibile, o la sua vita sarebbe stata irrimediabilmente rovinata!

- Ripensandoci, Dan, chi sarebbero i membri di questa rosa di candidate? – chiese con vivo interesse, sorprendendo l’amico.

- Lo scoprirai presto, Scorpius, molto presto! – rispose quello, amicando con malizia.

- Quanto presto?! – mormorò il biondo tra sé e sé, un tantino spaventato dall’eccessivo entusiasmo del compagno, che sapeva essere davvero distruttivo quando ci si metteva!

Mentre il professor Ruf si apprestava a uscire dall’aula attraverso uno dei muri, Daniel sussurrò lievemente: - Conoscerai presto la prima candidata della lista. Molto presto.



Spazio autrice

Okay, questa volta avete tutto il diritto di lanciarmi una Maledizione Senza Perdono dopo l'altra.
Questo capitolo si è fatto attendere un po' troppo, ma ho dovuto fare i conti con la scuola, purtroppo! 
Quindi accettate le mie più sincere scuse. =)
Tornando al capitolo, spero vivamente che ne siate rimasti soddisfatti.
Nella prima parte si è visto il drastico cambiamento di Lilian e i sentimenti di Hugo al riguardo (quanto amo questo adorabile e dolcioso ragazzino dai capelli rossi *-*).
Per l'affetto provato nei confronti della cugina, si è pure spinto oltre l'immaginabile, scrivendo una lettera alla sorella, dove riversa tutti i suoi pensieri riguardo alla decisione da lei presa.
Inoltre è stato introdotto anche un nuovo personaggio, Alice, sorella di Frank Paciock. Cosa ne pensate?
Nella seconda parte del capitolo, è comparso il ragazzo tanto amato da voi recensori, ovvero - niente poco di meno che - Scorpius Malfoy, affiancato da un nuovo personaggio, Daniel Stevens, il suo attraente miglior amico. Chi sarà la prima candidata della lista di Dan? Riuscirà Scorpius a innamorarsi di qualcuno, scacciando la presunta maledizione inflittagli da Rose?
Le risposte a queste domande le avrete solo tra due capitoli! *ride come una iena in punto di morte perché lei sa già tutto e i lettori no* XD
Ora vi lascio alle foto di Alice Paciock e di Scorpius Malfoy.

 

Nella foto Scorpius è qualche annetto più grande, ma non fa niente... XD
Un grazie speciale a quelle persone meravigliose che recensiscono ogni capitolo. Vi adoro! **
Dimenticavo: ho scritto una Rose/Scorpius comica ispirata alla fiaba di Cappuccetto Rosso. Per chi volesse leggerla ecco qui il link: Cappuccetto... Rose?!
Bacioni
Gra Gra 96


 

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Capitolo 7
*** Quando viene Dicembre, i pozzi sono ancora più freddi, Rose. ***


Quando viene Dicembre, i pozzi sono ancora più freddi, Rose.

- Daniel, vuoi dirmi una buona volta chi è questo tuo amico a cui vorresti presentarmi? – chiese acida la Serpeverde, scrutando torva il ragazzo che stava in piedi accanto a lei.

Si trovavano entrambi nella Sala Comune della loro casa, che, a dirla tutta, era un po’ umida e fredda, essendo posta nei Sotterranei di Hogwarts. La Torre di Grifondoro doveva essere senza ombra di dubbio un posto più caldo e accogliente, ma Lily non avrebbe rinnegato la sua casa di appartenenza per nulla al mondo. Era assolutamente fiera di essere una Serpeverde e sapeva bene di dover accettare i pro e i contro della saggia scelta che il Cappello Parlante aveva compiuto mesi orsono.

- No, te l’avrò ripetuto un milione di volte: è una sorpresa! – puntualizzò il ragazzo con un sorrisino malizioso che non prevedeva nulla di buono.

Lilian e Daniel si erano conosciuti un lontano pomeriggio di Ottobre, quando il quasi quattordicenne si era offerto spontaneamente di dare a lei ed Elinor delle lezioni di recupero di Trasfigurazione, materia nella quale le due amiche non erano affatto ferrate.

All’inizio il ragazzo l’era parso un po’ troppo sbruffone e sicuro di sé, ma col tempo aveva imparato ad accettarlo per quello che era, ovvero un abile e simpatico dongiovanni.

Anche Elinor la pensava esattamente allo stesso modo e in più sosteneva che, facendoselo amico, avrebbero avuto maggiori possibilità di colmare le loro lacune in Trasfigurazione.

- Che approfittatrice che sei, Eli! – aveva riso Lily a suo tempo.

- Senti chi parla! – aveva ribattuto l’altra. – Non mi sembra che tu ti faccia tanti problemi a trattare sempre male tuo cugino Hugo e a chiedergli comunque aiuto quando hai bisogno di qualche favore. Siamo entrambe due degni eredi di Salazar!

Davvero era diventata così opportunista? Era come se non se ne rendesse realmente conto.

Certo non si poteva dire che fosse amichevole e affettuosa con Hugo, ma più per vendetta nei confronti di sua sorella che per altro. Inoltre detestava con tutto il cuore quella bionda rospetta di Alice Paciock con cui il cugino trascorreva tutto il suo tempo. Non che ne fosse gelosa, questo no, anche perché non c’era proprio cosa invidiare a quel pulcino spennato.

Più che altro la infastidiva il suo timbro di voce, la sua falsa aria innocente, il modo in cui riusciva a risponderle a tono senza alcuna esitazione, il suo sorriso disarmante…

- Quantomeno puoi dirmi se lo conosco? – insistette la rossa con impazienza.

- Forse sì, forse no. – rispose lui, mantenendosi sul vago e ammiccando.

In quel momento un bel ragazzo, biondo e con gli occhi color ghiaccio, anche se un po’ ombroso e cupo, raggiunse i due amici. I suoi occhi squadrarono subito da capo a piedi la giovane Potter, per poi rivolgersi a Daniel, che mostrava un’aria piuttosto compiaciuta.

- Ciao. – mormorò frettolosamente in direzione di Lily.

- Dan, dobbiamo parlare! – aggiunse poi con un tono che non ammetteva repliche.

- Non sarebbe giusto lasciare da sola la qui presente signorina, non trovi? – ribatté l’altro.

A questo punto il biondo capì di non poter fare altro e, con un’alzata di spalle, assentì.

- Bene, è così che ti voglio! – continuò quello. – Scorpius Hyperion Malfoy, sono lieto di presentarti Lily Luna Potter, una Serpeverde del primo anno che è riuscita a guadagnarsi tutto il mio rispetto e la mia ammirazione. E sai che non è facile! Ora vi lascio soli: una Corvonero del quarto anno mi sta aspettando nei pressi della Serra e non mi sembrerebbe corretto farla aspettare più tanto. Ci vediamo dopo!

Detto questo, sparì, lasciando i due ragazzi in una situazione di profondo imbarazzo.

Solo dopo qualche minuto, Scorpius si decise a rompere il ghiaccio, riuscendo, però, solo a peggiorare la situazione: - E così tu sei la cugina di Rose?

Dallo sguardo iniettato di sangue rivoltogli dalla dodicenne, il Serpeverde capì di averle posto la domanda sbagliata.

- No, non la considerò più mia cugina, non dopo quello che ha fatto. – rispose con rabbia.

- Sì, in effetti ci sono rimasto male anch’io. Non che in quel periodo fossimo in buoni rapporti, ma non mi aspettavo mica che prendesse una decisione di questo calibro da un giorno all’altro. Naturalmente non posso neanche lontanamente pensare di paragonare il mio disappunto in merito al tuo. – spiegò Scorpius con una razionalità e un buon senso che solitamente non gli appartenevano e che, in qualche modo, non sfuggirono a Lily.

- Sai, sei una delle poche persone che sembra capire quello che provo. – disse lei con sincerità, guardando il ragazzo in modo diverso.

***

- Ho paura, Alexis, fa freddo quaggiù. – gemeva Rose tra un brivido e l’altro.

- No, stai tranquilla, ci sono qui io con te. Non permetterò che ti facciano del male. – la rassicurava il francese, stringendole forte una mano con fare protettivo.

La quattordicenne emise un sospiro di rassegnazione e si quietò per qualche istante.

Come diavolo avevano fatto a finire in quell’assurda situazione, per di più proprio nel mese più freddo dell’anno, ossia Dicembre? Faceva freddo, terribilmente freddo in quel pozzo.

Non c’era via di uscita, non c’era modo di ricevere aiuti dall’esterno, non c’era la possibilità di avvertire i suoi cugini di ciò che stava accadendo, mettendoli in guardia su quello che non avrebbero assolutamente dovuto fare. A quest’ora Rumply, il fedelissimo nano di Nameless, aveva sicuramente consegnato il messaggio a James, il messaggio con il quale lei si sarebbe trovata irrimediabilmente nei guai. Sia Rose che Alexis si sentivano impotenti di fronte alla brutta piega presa dai recenti eventi. Erano prigionieri in un pozzo. Erano incapaci di agire, di comunicare con l’esterno, insomma, di fare la qualunque.

- Scusa, sono proprio un’egoista. Di sicuro tu stai molto peggio di me: d’altronde è tua madre quella che rischia la vita, non la mia. Però, ti prometto una cosa: troveremo un modo per scappare di qui e per salvarla. – gli sussurrò la rossa in un fil di fiato.

- Lo spero, Rosie. – mormorò l’altro in risposta; dai suoi occhi iniziarono a sgorgare tante piccole lacrime salate, che riuscì a nascondere solo grazie alla profonda oscurità che regnava in quel luogo infernale.
I due ragazzi erano raggomitolati l’uno accanto all’altro, tremanti e spaventati, ma allo stesso tempo decisi a trovare un’idea per mandare un messaggio a Hogwarts.

- Alexis, ma tu non sapevi smaterializzarti? – chiese ad un tratto Rose.

- Sì, ma non riesco ancora a fare la smaterializzazione congiunta. – rispose lui.

- Ebbene? – insistette la Weasley.

- Non potrei mai lasciarti qui da sola, rosellina: Nameless e quegli altri farabutti dei suoi scagnozzi ti farebbero fuori nel momento esatto in cui si accorgerebbero della mia assenza. – spiegò il ragazzo con vivida partecipazione emotiva.

Rose sorrise, felice di tutta quell’attenzione che Alexis aveva nei suoi confronti.

- Non preoccuparti per me: riuscirò a cavarmela in qualche modo. Pensa a tua madre. – ribatté quest’ultima. – Pensa al momento in cui potrai finalmente riabbracciarla, dopo tutti questi anni. Va’, Blue, va’ a Hogwarts e cerca l’aiuto dei miei amici e cugini. Se mi ami veramente, va’, perché non riuscirei mai a sentirmi in pace con me stessa se tu non andassi per causa mia.

Un bacio pieno di passione e di amore le impedì di proseguire il suo discorso, tappandole la bocca una volta per tutte e immergendola in un meraviglioso gioco di emozioni e sensazioni che avrebbe voluto non avesse mai fine.

- Ti amo, sei tutto quello che ho, Rosie. Farò come dici tu, ma, non appena trovato il sostegno dei tuoi amici, tornerò, portandoti via da questo luogo squallido. E’ una promessa, e io mantengo sempre le promesse.

Detto questo, i due si baciarono appassionatamente per qualche altro minuto, poi il giovane dagli intensi occhi blu porse la giacca che indossava alla dama del suo cuore, le mandò un ultimo bacio con la punta delle dita e si smaterializzò.

- Sono sola. - mormorò la ragazza tra sé e sé, con un velo di tristezza. – Ma sento di aver fatto la cosa giusta. Sarebbe stato davvero un comportamento egoista non lasciare andare Alexis a chiedere aiuto per salvare la vita di sua madre.

E con il pensiero dell’ultimo bacio ancora impresso nella mente, Rose riuscì finalmente a prendere sonno, raggomitolandosi su se stessa alla disperata ricerca di un po’ di calore.

***

Nel frattempo nei pressi della Biblioteca di Hogwarts un giovane Grifondoro del quarto anno correva affannato e trafelato, come se stesse cercando qualcuno o qualcosa di molto importante. Vagando tra uno scaffale pieno zeppo di libri e l’altro, trovò finalmente l’oggetto dei suoi più profondi desideri: lunghi capelli neri, morbidi come la seta, le scivolavano elegantemente lungo la schiena.

- Violetta Baston, speravo proprio di trovarti qui. – iniziò James, con tono apparentemente sicuro e risoluto, appoggiandosi con un braccio allo scaffale in legno massiccio.

- Io no. – fu la secca risposta della ragazza, che non si degnò neanche di guadare in faccia il suo interlocutore, rimanendo immersa nella lettura di un libro di Incantesimi.

- Non fare così, Vi, non capisci proprio con chi hai a che fare? James Sirius Potter in persona ha fatto tanta strada per scambiare due chiacchiere con te e non sarebbe affatto carino da parte tua ignorarlo come si fa con una mosca fastidiosa. – ribatté il giovane.

Solo dopo queste parole Violetta volse finalmente il capo, ma solo per rivolgergli una truce occhiata che non prometteva nulla di buono.

- Non voglio parlare con te dopo il modo in cui mi hai trattata l’anno scorso, chiaro?

- Trasparente. – rispose l’altro, mogio. – Allora me ne vado?

- Proprio così, e fammi il piacere di non tornare più. – un velo di lacrime le appannò gli occhi nel pronunciare quelle dure parole, ma non si pentì di quanto detto.

Forse provava ancora qualcosa per quel tremendo mascalzone, forse no, chi poteva mai dirlo? A ogni modo era assolutamente restìa dal concedergli altre possibilità: aveva avuto la sua opportunità e l’aveva sprecata. Stop. Fine del discorso.


Spazio autrice

Visto? Stavolta non sono sparita per mesi e mesi u.u 
Spero che questo capitolo, più lungo degli altri (contenta Ter99?), sia stato di vostro gradimento. ^^
Nella prima parte assistiamo al primo incontro tra Lily e Scorpius... Fan delle Rose/Scorpius, state tranquilli: quei due hanno solo scambiato qualche parolina innocente... A proposito, che ne pensate di Daniel Stevens?
Nella seconda parte del capitolo troviamo Rose e Alexis in una brutta situazione, ancora non del tutto chiara, ma avvolta nel mistero. Questo cattivone, che risponde al nome di Nameless, ha catturato i due fidanzatini ed è intenzionato ad uccidere la madre del francese tramite l'aiuto dell'ingenuo James...
Ricordate il nano malefico che nel capitolo precedente aveva consgenato una lettera al ragazzo? E ricordate anche cos'aveva fatto quell'idiota della lettera? Beh, per una volta il Grifondoro ne ha fatta una giusta u.u
Ora vi porgo un difficile interrogativo, al quale prego Alyssia98 di astenersi a rispondere: secondo voi chi è la madre di Alexis Dumas? E' un personaggio inventato dalla Rowling, ma per ora non vi dico di più ;)
Nella parte finale del capitolo c'è stato un veloce scambio di battute tra James e Violetta. Secondo voi la ragazza è ancora innamorata di lui oppure no? Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
Ed ora ecco a voi le foto di Daniel Stevens e di James Sirius Potter.

 

Chi vi piace di più? A me, sinceramente parlando, Daniel (che è quello a sinistra) **
Un grazie grande quanto un grattacielo a tutte le persone che recensiscono costantemente questa long ^^
Adoro i vostri commenti e mi danno anche l'ispirazione per proseguire la storia!
A presto con l'ottavo capitolo ;)
Baci
Gra Gra 96




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Capitolo 8
*** La marcia del colonnello Albus! ***


La marcia del colonnello Albus!

«Triste la vita da single, vero, Lysander?» si lamentava Albus con aria mogia, avviandosi con il suo migliore amico verso la serra, dove quell’oggi si sarebbe tenuta la lezione di Erbologia.

«Un po’» il biondo alzò le spalle con rassegnazione. «Però è anche una fortuna, se ci pensi. Insomma, per amore si fanno tante sciocchezze, si perde completamente la testa! Basti pensare a tua cugina Rose, partita per la Francia per seguire il suo cuore».

«E che mi dici di tuo fratello Lorcan? Lui e Roxanne sono così carini insieme. Non un litigio, non un disguido: sono una coppia fin troppo perfetta! » ribatté l’altro.

Lysander iniziò ad agitarsi al solo sentir nominare la meravigliosa situazione sentimentale del fratello e volle subito cambiare discorso: «Per non parlare di Charlotte e Frank! Lei ha proprio un caratterino, ma lui è così paziente… Quando si dice che gli opposti si attraggono!».

Continuando a parlare, affrettarono il passo: il professor Paciock non tollerava i ritardi.

«Sai una cosa, Al?» aggiunse il quattordicenne. «Non lamentiamoci della nostra situazione sentimentale inesistente: dopotutto, siamo ancora al terzo anno; ne avremo di tempo per andar dietro alle ragazze! Anzi, ti dico di più: saranno loro a sbavare per noi!».

Albus rise di gusto, come se quanto detto dall’amico fosse solo una battuta, ma d’altronde l’ottimismo non era mai stato uno dei suoi tratti caratterizzanti.

«Ti piace ancora Violetta?» chiese improvvisamente Lysander, spiazzandolo del tutto.

«No, direi di no» balbettò Albus, imbarazzato, assumendo il colorito di un pomodoro maturo.

«Meglio così. Quando tuo fratello James si mette in testa una cosa, riesce sempre a portarla a termine, e si vede lontano un miglio che è innamorato perso di Violetta».

Non ebbero modo di continuare la loro chiacchierata, poiché furono raggiunti da Lorcan e Roxanne, che, per la gioia di Lysander, si tenevano pure per mano.

«Guarda un po’ chi si rivede: Romeo e Giulietta!» scherzò, dando di gomito all’amico.

«E tu, Brontolo, dimmi un po’: sei fuggito dalla casa dei sette nani?» rise Lorcan.

«Non sei divertente neanche un po’!» commentò il gemello, aggrottando le sopracciglia.

«Suvvia, non è mica il momento di litigare!» tagliò corto Albus. «Andiamo, Lys».

Detto questo trascinò il biondo lontano dalla fonte del suo malumore. In pochi minuti anche gli altri giunsero presso la serra: Frank, Charlotte, Violetta e i Serpeverde del terzo anno, con i quali avrebbero dovuto condividere la lezione di Erbologia. Scorpius, come al solito, non era molto di compagnia e se ne stava seduto in un cantuccio a osservare le montagne, annoiato.

Il suo amico Daniel, invece, non smetteva un attimo di scambiare battute con i compagni e di flirtare con le compagne. Ecco spiegato il motivo per cui tutti lo definivano un dongiovanni.

«Bene, ragazzi, siete tutti puntuali, a quanto vedo. Accomodatevi all’interno della serra numero quattro e mantenete il silenzio, grazie» ordinò loro l’insegnante di Erbologia.

Albus stava quasi per fare quanto detto, quando uno strano rumore proveniente da un punto indistinto del parco, gli fece cambiare idea. Senza farsi vedere dai compagni, quatto quatto si mosse verso il punto indicatogli dal suo impareggiabile udito.

«Aiuto! Aiuto!» ora riusciva a distinguere meglio quella palese richiesta di soccorso.

Avvicinandosi sempre più a quella voce, iniziò a scorgere una sagoma umana. Capelli neri come la liquirizia, occhi blu come il mare in tempesta, fisico asciutto. Era come se quelle caratteristiche gli ricordassero qualcuno, qualcosa, ma non sapeva proprio dire cosa…

«Ciao, sono Albus Severus Potter.» si presentò, stringendo formalmente la mano di quello sconosciuto dal volto così familiare. «Hai bisogno di qualcosa?».

«Albus? Sei il cugino piccolo di Rose?» chiese lui, ansimando come un rinoceronte affaticato.
«In effetti non sono poi così tanto piccolo» puntualizzò il ragazzo. «Io e Rose abbiamo solo cinque mesi di differenza. Non è mica così tanto!»

Dall’espressione assunta dal suo interlocutore, il ragazzo capì che c’era qualcosa di molto più importante di cui parlare che non fosse la differenza di età tra lui e la cugina.

«Non per sembrare un ficcanaso, ma tu chi sei?» chiese Albus con spontaneità.

«Alexis Dumas, meglio conosciuto come la causa del trasferimento di Rose a Beauxbatons» scherzò il ragazzo con nonchalance, sedendosi con grazia sul morbido terriccio sottostante.

Il Grifondoro sbiancò, iniziando ad assomigliare sempre più al fantasma della sua casa: stava rivolgendo la parola al francese a cui avrebbe voluto spaccare la faccia senza tanti preamboli.

«Ah, piacere di conoscerti.» mentì. «Potresti spiegarmi qual è il motivo della tua visita?».

«E’ una cosa difficile da spiegare. Non potremmo parlarne al caldo, magari davanti a una bella tazza di cioccolata calda? Sai, sono piuttosto infreddolito, anche se non si direbbe…».

Bene, allora spero di vederti trasformare in un ghiacciolo, razza di francese dei miei stivali!

« Io avrei lezione di Erbologia, ma se vi arrivassi ora il professore come minimo mi darebbe in pasto alla sua collezione di piante carnivore, quindi, sì, direi che possiamo tornare al castello, dove potrai raccontarmi ogni cosa davanti a una tazza di the caldo» concluse Albus.

Mi dispiace, bello mio, ma la cioccolata calda te la sogni! Ringrazia il cielo che non ti lasci perire qui fuori al freddo e al gelo, come meriteresti di essere lasciato dopo tutto quello che hai fatto!

Detto questo, i due si avviarono di buon passo verso il castello, stano ben attenti a non passare davanti alla serra. Nel giro di qualche minuto si ritrovarono davanti al fuoco scoppiettante della Sala Comune di Grifondoro, seduti comodamente sul divano rosso che troneggiava al centro della stanza. Alexis sembrava essersi riscaldato abbastanza, così Albus lo spronò a raccontargli quale fosse il motivo della sua inaspettata visita a Hogwarts.

«Ho bisogno di aiuto: Rose è prigioniera in fondo a un pozzo e mia madre rischia la vita a causa di un pericolosissimo criminale francese!» spiegò freneticamente, parlando talvolta in inglese e talvolta in francese, per di più gesticolando come un pazzo forsennato.

Oddio, conviene chiamare il San Mungo o stordirlo semplicemente con un pugno ben assestato?

«Ammesso che tutto questo sia vero, perché sei venuto qui?» chiese il ragazzo, ormai al limite della sopportazione. «Sei tu che hai cacciato mia cugina nei guai, quindi tocca a te salvarla, no? Come si suol dire “chi rompe paga e i cocci sono suoi”. Non so se mi spiego…»

Il francese sembrava piuttosto confuso: forse non aveva previsto una reazione del genere da parte del cugino della sua dolce fidanzata. Grattandosi il capo, riprovò a far ragionare Albus: «Fino a qualche ora fa anch’io ero prigioniero all’interno del pozzo con Rose, ed è stata proprio lei a dirmi di venire qui a chiedere aiuto ai suoi cugini. Non posso rimanere a lungo, purtroppo. Se Nameless scoprisse che sono riuscito a smaterializzarmi, farebbe del male alla mia dolce rosellina, e non posso certo permettere che questo succeda, dico bene?».

La sua dolce rosellina? Puah! Quindi il francese, oltre a essere un arrogante burino dislessico con seri problemi mentali, è pure sdolcinato fino alla nausea!

Reprimendo un conato di vomito, il Grifondoro cercò di riflettere sul da farsi. Non poteva nascondere di provare un tantino di rabbia nei confronti della cugina, come tutti del resto, ma da qui a lasciarla in mano di un criminale francese ne correva parecchio.

«E io in che modo potrei esservi d’aiuto?» s’informò, giocherellando con una ciocca di capelli.

«Impedendo a James di riferire a chi di dovere il messaggio che gli è stato consegnato da uno scagnozzo di Nameless e venendo a salvare me e Rose dal pozzo in cui siamo prigionieri».

«Una cosuccia da niente, da quanto ho capito» commentò sarcastico Albus.

«Dove si troverebbe poi questo pozzo?» aggiunse in seguito, squadrando il suo interlocutore dal basso verso l’alto, per quello che la sua scarsa statura gli permetteva.

***

Dopo qualche ora passata a discutere sui dettagli dell’intera faccenda, Alexis decise che era ora di fare ritorno alla sua prigione, per non destare i sospetti degli scagnozzi di Nameless e per rassicurare la sua dolce fidanzata. Era miracolosamente riuscito a ottenere l’aiuto di Albus, a cui era stato assegnato il compito di organizzare la spedizione di salvataggio, coinvolgendo il maggior numero di persone possibile. Prima di tutto, però, doveva assicurarsi che James non avesse inoltrato il messaggio di Nameless alle persone sbagliate.

«Fred, hai visto mio fratello per caso?» fu la domanda di Albus, che aveva tutti i capelli ritti in testa dalla tensione; non era mai stato depositario di cotanta responsabilità.

«Era con me un attimo fa. Credo sia andato in Sala Grande a cercare Violetta» rispose quello.

Diamine, James, quando ti deciderai a lasciare in pace quella povera ragazza? Mi dispiace per te, ma è del tutto immune al tuo fascino, per quanto la cosa ti sorprenda.

Senza perdere tempo, il giovane attraversò il ritratto della Signora Grassa, percorse le sette rampe di scale, scendendo i gradini a due a due, e finalmente giunse nel luogo prestabilito.

Apparentemente non c’era alcuna traccia del tanto odiato fratello. Invece, gli capitò di incontrare l’ultima persona al mondo che desiderasse vedere in quel momento: il professore di Erbologia, nonché direttore di Grifondoro, che rispondeva al nome di Neville Paciock.

«Signor Potter, come pensa di giustificare la sua assenza alla mia lezione di questo pomeriggio? Un attimo primo era lì, a conversare amabilmente con il suo amico Scamander, e un istante dopo era come sparito nel profondo degli abissi».

Oh, no, la sfiga mi perseguita! Ora che diamine gli racconto a questo qui? Oh, miseriaccia!

«Professore, ha mai sentito parlare di malesseri passeggeri? Ti colgono come un fulmine a ciel sereno, mozzandoti praticamente il respiro. Avvertendone i sintomi, sono corso in Infermeria per salvaguardare la mia salute. Ho fatto bene, non è vero?» era maledettamente bravo a contar balle; a volerci riflettere, era proprio la cosa che gli riusciva meglio in assoluto.

L’insegnante, però, non la bevve e gli rivolse un’occhiata carica di risentimento: «La fantasia non ti manca, eh, Potter? 20 punti in meno a Grifondoro come premio per aver inventato la scusa del secolo. E ricorda: assentati un’altra volta alla mia lezione e la pagherai cara!».

Razza di ebete irreversibile con la mandibola troppo cresciuta, sarai tu a pagarla cara!

Finalmente, dopo essersi liberato dell’insopportabile professore, riuscì ad avvistare il fratello e lo raggiunse di corsa, per non correre il rischio di perderlo nuovamente di vista.

«James, devo parlarti: è urgente!» esclamò il tredicenne, con il fiato alla gola.

«Non ora, Al, sono impegnato» lo cacciò via l’altro, facendogli segno di sparire.

Brutto pallone gonfiato che non sei altro, o mi ascolti, o mi ascolti: non ci sono alternative, chiaro? Se non mi degni all’istante della tua preziosissima attenzione, ti riduco in polpettine!

«Non è che io abbia tutta questa voglia di scambiare quattro chiacchiere con te!» puntualizzò Albus, che stava iniziando ad arrabbiarsi sul serio. «Quindi, se ti dico che è importante, è così».

Il quattordicenne rivolse al fratellino un’occhiata di compatimento, poi lo piantò lì, nel bel mezzo della Sala Grande, inserendosi in una discussione di un gruppo di Grifondoro.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso: Albus, irato come un leone a cui è stata sottratta la preda, si avventò su James, assestandogli un doloroso pugno nell’addome.

«Ma sei impazzito?» languì, afferrando minacciosamente la sua bacchetta.

«Ben ti sta, razza di pallone gonfiato senza alcuna speranza con Violetta!» rincarò quell’altro.

Dopo di ché, un potente incantesimo, proveniente dalla bacchetta del fratello, lo colpì in pieno petto. Albus si accasciò al suolo, inerme, e poi non vide più nulla se non il vuoto assoluto.

***

 Quando il giovane Grifondoro riaprì gli occhi, si ritrovò sdraiato su un comodo lettino bianco e attorniato da una moltitudine di cugini e amici. Cosa ci faceva in Infermeria?

«Oh, Albus, ti sei svegliato finalmente! Come ti senti?» era stata Violetta a parlare; nel suo tono di voce trasparivano ansia e preoccupazione.

«Bene, credo. Cosa mi è successo? Perché sono qui?» chiese, ancora leggermente intontito.

«Quel deficiente di tuo fratello ti ha lanciato un particolare tipo di schiantesimo, chiamato “Nescius”, che ha l’effetto di far perdere i sensi alla propria vittima» spiegò la ragazza con apprensione, guardandolo attentamente come per scorgere i minimi segni di un malessere.

«Oh, giusto, ora ricordo tutto!» sibilò Albus a denti stretti.

Cercò di mettersi a sedere sul bordo del letto, ma un’intensa fitta nei pressi del petto non glielo permise. Gli faceva male un po’ dappertutto, dalla testa ai piedi.

«Ehi, amico, tutto apposto?» gli chiese Lysander, chinandosi sul suo capezzale.

«Più o meno.» tagliò corto l’altro. «Senti, devi farmi un grosso favore: raduna tutti i Grifondoro del secondo anno. Ho qualcosa di molto importante di cui mettervi a conoscenza».

Il biondo annuì e iniziò a richiamare a gran voce tutti i suoi compagni, ignorando le raccomandazioni di Madama Chips di non fare rumore per rispetto nei confronti dei pazienti.

Tempo qualche minuto, Violetta, Charlotte, Roxanne, Frank e i gemelli Scamander furono tutti seduti ai piedi del lettino, curiosi di ascoltare tutto quello che Albus avesse loro da dire.

«C’è una persona che ha bisogno di aiuto e solo noi possiamo darglielo. E’ rinchiusa all’interno di un freddo e squallido pozzo e ogni secondo che passa rischia di venire uccisa da una banda di terribili malfattori. Vi prego di dimenticare ogni rancore e di entrare a far parte del gruppo di salvataggio. Rose, nonostante tutto, è sempre nostra amica. Voi fate un po’ come vi pare, ma io per quanto mi riguarda non mi tirerò indietro e la salverò, dovessi combattere da solo contro una ventina di delinquenti francesi. E sapete perché? Perché le voglio bene».

Sei paia di occhi sgomenti lo fissavano come se fosse appena uscito da un reparto speciale del San Mungo, vestito da Babbo Natale e pettinato come una delle Spice Girls.

Non deludetemi, ragazzi, per favore! Dimostratemi di essere le persone meravigliose che credo voi siate. Forza, dite qualcosa: non sopporto questo silenzio, lo trovo inquietante.

«Anch’io…» mormorò tutt’a un tratto Roxanne, per la sorpresa di tutti i presenti.

«Anche tu cosa?» insistette Albus, giocherellando nervosamente con un lembo del lenzuolo.

«Anch’ io voglio bene a Rose. Lei è e sarà sempre la mia migliore amica. Non potrei sopportare di saperla in difficoltà, né ora e né mai!» spiegò la ragazza, determinata al massimo.

Alla fine della giornata, quasi tutti i ragazzi avevano dato il loro assenso, chi più convinto sul da farsi, chi meno. Solo Charlotte si era rifiutata di entrare a far parte della squadra di salvataggio, e a nulla erano servite le parole di Frank: quando ci si metteva, quella ragazza sapeva essere più cocciuta di un mulo; difficile ottenere il suo perdono, quasi impossibile.

«Non fingerò di aver dimenticato quello che ci ha fatto. Non sarò così ipocrita da mettere in ballo la mia sicurezza per la sua vita» argomentava con presunzione.

Frank scosse la testa, ormai quasi rassegnato, e le ripeté per la centesima volta: «Non si tratta di essere ipocriti, Charlie, ma di dimostrare che la nostra amicizia è più forte di qualsiasi litigio. Perché non riesci a capirlo anche tu, eh?».

«Il problema è che tu sei troppo buono: quante volte quella ragazza ti ha ferito, quante? Non ricordi al primo anno quanto sei stato male a causa del suo comportamento?» rincarò lei.

«Non serve a nulla riportare a galla il passato: quel che è stato è stato. Ora la cosa importante è trarre in salvo Rose ed evitare che venga uccisa da quei malviventi» spiegò con pazienza.

A questo punto Charlotte, spazientita, sentenziò: «Il problema è che sei ancora innamorato di lei, dico bene? Forse non vuoi ammetterlo neanche a te stesso, ma è così».

Le sue parole arrivarono al cuore di Frank taglienti come un coltello da cucina e dolorose come una pugnalata in pieno petto. Stentava a riconoscere la ragazza riccioluta che gli stava affianco, che lo accusava di essere innamorato di qualcun’altra che non fosse lei.

«Smettila di comportanti come una bambina capricciosa alla quale è stato sottratto uno dei suoi giocattoli preferiti!» era ora di tirar fuori il Grifondoro che era in lui. «Se sei veramente convinta di quello che dici, la nostra storia finisce qui, okay?».

Nel viso della ragazza si dipinse un’espressione di pura meraviglia: il suo fidanzato non aveva avuto mai il coraggio di tenerle testa in una delle loro tante discussioni.

«No, non lo penso davvero» balbettò, imbarazzata, chinando il capo. «Sono solo confusa e ho voluto scaricare su di te tutta la mia frustrazione. Ti chiedo scusa».

Un dolce bacio sull’angolo della bocca le fece capire che era tutto apposto. Frank le sarebbe rimasto vicino qualunque fosse stata la sua decisione in merito al salvataggio di Rose.

«Ti voglio bene» sussurrò la quattordicenne all’orecchio del suo ragazzo.

«Anche io» rispose lui, sorridendo. «Non puoi immaginare quanto!».



Spazio autrice

Buongiono a tutti, cari lettori di questa long. Spero che il nuovo capitolo sia stato di vostro gradimento. ^^
E' un po' più lungo del solito, ma spero che la cosa non vi dispiaccia! 
Bene, ho deciso di scrivere questo capitolo dal punto di vista si Albus, personaggio che avevo un po' lasciato in disparte negli ultimi tempi. Il ragazzo ha ricevuto una visita piuttosto inaspettata, ovvero quella del "famigerato" Alexis Dumas, che alcune di voi odiano e alcune di voi apprezzano. E così Al ha deciso di partire per salvare la cugina da una morte cruenta e dolorosa (oh, quanto sono drammatica *-*), e anche la maggior parte degli altri Grifondoro del secondo anno si sono rivelati d'accordo. Per quanto rigaurda Charlotte, si accettano scommesse: cosa pensate che decida di fare la ragazza? Io sarò muta come un pesce, anche perché forse non so nemmeno io cosa deciderà di fare la Grifondoro u.u
Ora vi lascio ad ammirare le foto di Charlotte (a sinistra) e Violetta (a destra). La prima ragazza è ritratta all'età di diciassette anni, quindi immaginatevela un po' più piccola, mentre per la seconda non ci sono problemi di alcun tipo. 

 

Un ringraziamento speciale a coloro che recensiscono ogni capitolo della fanfic! Grazie, i vostri commenti mi fanno davvero piacere e mi danno l'ispirazione per continuare la storia! ^^
Il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare, lo giuro ;)
Bacioni
Gra Gra 96

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Capitolo 9
*** C'è chi ti vuole bene, Rose! ***


C’è chi ti vuole bene, Rose!

«Lilian Luna Potter, sei avvisata: se non mi avrai raccontato entro i prossimi cinque minuti gli ultimi sviluppi della tua relazione con Scorpius Malfoy, giuro che non risponderò delle mie azioni. Potrei anche arrivare a estorcerti le informazioni con la forza, sappilo!».

Dietro il tono scherzoso dell’amica, si nascondeva una vera e propria minaccia, la ragazza lo sapeva fin troppo bene. Elinor era una persona determinata, a volte anche fin troppo, e non si faceva mai alcuno scrupolo quando si trattava di ottenere ciò che voleva.

«Prima di tutto, vorrei ripeterti ancora una volta che tra me e Scorpius non c’è alcuna relazione» puntualizzò, arrossendo leggermente in viso. «Certo che, però, non posso dire di essergli rimasta del tutto indifferente dal giorno in cui l’ho conosciuto tramite Daniel».

L’altra Serpeverde le puntò contro il dito con fare accusatorio.

«Allora ti piace?! Non provare a negarlo, cara, ormai ho sentito quello di cui avevo bisogno per affermare che sei cotta di Malfoy!».

«Sai qual è il tuo difetto? Trai sempre le conclusioni più affrettate! Non ho mai detto di essermene innamorata, quindi non provare a rigirare la frittata a tuo piacimento, chiaro?» ribatté Lily con voce quasi stridula, senza riuscire a evitare di arrossire ulteriormente.

Elinor, le sopracciglia aggrottate in un’espressione sempre più convinta del fatto suo, si tuffò su uno dei morbidi letti del Dormitorio Femminile; con la testa appoggiata sul caldo cuscino di piume d’oca, continuò il suo discorso: «Quindi cosa pensi di fare?».

«In che senso?» chiese l’altra, alquanto confusa.

«Quello che intendo dire è: come pensi di conquistarlo?».

«Forse non mi sono spiegata bene: io non provo nulla per Scorpius Hyperion Malfoy».

L’amica rise sguaiatamente. «Proprio nulla non direi. Insomma, Lils, conosci pure il suo secondo nome! Sarebbe evidente persino a un Vermicolo che ne sei innamorata!».

Non avendo alcuna intenzione di continuare quella sciocca conversazione, la rossa uscì dal Dormitorio e si diresse a passo spedito verso la Sala Comune di Serpeverde.

Scendendo in fretta la scala a chiocciola, cercava di limitare l’ingresso di pensieri poco graditi sui quali non voleva soffermarsi più di tanto. Scorpius. Non doveva pensarci. Scorpius. Come fare a non pensarci?

Scorpius. Occhi freddi come il ghiaccio. Scorpius. Un non so che di sensibile scolpito sul volto. Scorpius.

Anche lui doveva avere sofferto per la partenza di Rose.

Scorpius. Gli aveva rivolto la parola solo una volta. Scorpius. Non credeva nei colpi di fulmine.

«Lily, tutto bene?». La ragazza conosceva fin troppo bene quel timbro di voce così pacato.

E anche quello sguardo serio e compito sopraffatto dalla malinconia. Scorpius.

«No, affatto. Cioè, sì. Va tutto bene. Sul serio» Lilian Luna Potter non balbettava confusa, non arrossiva fino alla punta delle orecchie e non nascondeva timidamente il volto tra i folti capelli arancioni. Eppure era proprio quello che stava facendo in quel medesimo istante.

«Meglio così» rispose telegraficamente lui, cercando di incrociare quelle ridenti e fuggitive iridi color nocciola.

«Allora, buon pomeriggio!».

E senza neanche darle il tempo di rispondere, se ne andò per la sua strada. Solo a quel punto Lily ricominciò a respirare regolarmente e il ritmo del suo cuore tornò quello di sempre.

Scorpius. Otto lettere: cinque consonanti e tre vocali. Scorpius. Oh, Salazar!

 ***

«Albus Severus Potter, sei convocato in Presidenza!» lo avvertì il professor Paciock con un sogghigno alquanto irritante. «Chissà che la professoressa McGranitt non decida una volta per tutte di espellerti dalla scuola per le tue malefatte e per il tuo comportamento insolente!».

Ormai anche le armature di Hogwarts erano a conoscenza del fatto che scorresse cattivo sangue tra il giovane Grifondoro e il direttore della sua Casata. Nessuno, però, ricordava con precisione il momento in cui fosse affiorato quel tale sentimento di odio.

«Grazie, professore, le voglio bene anch’io!» commentò sarcastico il ragazzo.

«Non usare quel tono con me, Potter, e fila subito in Presidenza!» ringhiò l’uomo; poi con fare pomposo e altezzoso se ne andò per la sua strada, lasciando ad Albus la possibilità di sfogarsi in santa pace con il suo migliore amico.

«Non lo sopporto, lo detesto, lo odio!» sbottò con ira, mettendosi le mani sul capo.

«Credo che tu sia il solo a provare rancore nei suoi confronti. Tutti gli altri studenti lo adorano! Insomma, è così simpatico, cordiale e amichevole; non capisco proprio perché ce l’abbia tanto a morte con te!» esclamò Lysander, confuso e pensieroso.

«Io conosco bene il motivo del suo comportamento…» mormorò il tredicenne, incuriosendo ancor di più l’amico. «Ma ora non ho il tempo di parlartene: devo andare dalla McGranitt!».

Detto questo, sfrecciò via dalla Sala Comune d Grifondoro, dirigendosi a passo spedito in Presidenza. Non aveva proprio la più pallida idea di cosa avesse da dirgli la vecchia strega.

Che volesse punirlo per il pugno mollato a James, o per aver marinato Erbologia?

«Entra, Potter!» gli intimò lei da dietro il Gargoyle, facendolo sobbalzare in modo assurdo.

Salendo le scale a due a due, il ragazzo raggiunse l’ufficio della preside. Ordinato e pulito come sempre, emanava una strana essenza: sembrava gelsomino, eppure anche paglia, o forse muschio bianco. Non sarebbe mai riuscito ad azzeccare la reale fragranza.

«E’ Amortentia» spiegò la McGranitt, quasi leggendolo nel pensiero.

Ad Albus non poté non scappare una risatina. «E a cosa le serve, professoressa?».

Lei si fece rossa in viso. «Non credo proprio che sia una cosa che ti riguardi!».

«Bene, ti starai chiedendo perché ho chiesto al professor Paciock – tra parentesi, non credo che tu gli faccia molta simpatia – di farti venire qui» aggiunse, cercando faticosamente di ritrovare il contegno perduto. «Ebbene, ho intenzione di aiutarti, anzi, di aiutarvi».

Il Grifondoro sgranò gli occhi. «Come diamine fa a saperlo?».

«Oh, se non ti dispiace preferire tenere per me quest’informazione. La cosa importante di cui parlare è un’altra: avete un piano per salvare Rose?» chiese la donna con lieve apprensione.

«Più o meno. Insomma, non abbiamo ben chiaro come raggiungere il pozzo dove mia cugina è prigioniera insieme al francese, ma per il resto siamo apposto».

«Non vorrei intromettermi ulteriormente nella faccenda; non so bene cosa e soprattutto chi ci sia dietro tutto questo, ma conto molto sul vostro senso di responsabilità. Appartenete alla fiera casa di Godric, estimatore del coraggio e della lealtà, quindi non me la sentirei proprio di impedirvi di affrontare questa pericolosa missione. Vi fornirò dei mezzi per raggiungere il pozzo, ma dovete promettermi di fare molta attenzione. Giunti al pozzo, liberete Rose e tornerete a Hogwarts senza alcuna esitazione, mi sono spiegata? Non vorrei che vi trovaste di fronte a un avversario di gran lunga più forte di voi» Minerva trasse un profondo respiro e guardò Albus negli occhi. «Ho la tua parola, Potter?».

Il ragazzo lanciò uno sguardo pieno di gratitudine a quella donna, talvolta severa e intransigente ma sempre pronta a correre in aiuto dei suoi studenti nel caso in cui si trovassero in pericolo. «Sì, professoressa, ha la mia parola».

«Ne sono felice. Vi consiglio di partire il prima possibile, anche questo pomeriggio stesso. Riunisci i tuoi compagni nel campo da Quidditch. Dì loro di portare dei manici di scopa, se ne possiedono. Io li fornirò a chi non ne dovesse avere».

Albus annuì e fece per andarsene, ma fu bloccato sull’uscio della porta.

«Potter, sono molto contenta che tu appartenga alla mia casa!».

***

Buio. Ombre dalle sagome terrificanti. Freddo agghiacciante. Paura.

Ricordi che affiorano nei momenti meno adatti. Improvvisa voglia di piangere. Paura.

Angosciante senso di solitudine. Desiderio di un abbraccio affettuoso. Paura.

Cupi pensieri che ingombrano la mente. Insofferenza. Terrore. Ma soprattutto, paura.

La sua sciarpa stretta tra le dita, che riaffiorano dalle grossolane smagliature.

Il suo adorabile profumo di baguette appena sfornata, al quale non riesci a resistere.

In contrapposizione, il sogghigno malefico di quell’essere malvagio di cui non conosci il nome.

Le sue parole, più gelide di un cubetto di ghiaccio e più raccapriccianti delle viscere di un bue.

«Dopo aver ucciso Gabrielle, ucciderò Fleur, e dopo di lei i suoi tre pargoli, e poi tutti gli altri membri della famiglia che hanno tessuto rapporti con quelle due sporche traditrici francesi. Chiunque abbia rivolto loro la parola non merita di vivere. Ho già tolto di mezzo Damien, non esiterò a far fare la stessa fine a tutti gli altri. Voi due, stupidi marmocchi, stavate quasi riuscendo a mandare a monte i miei piani, perciò la pagherete cara! Sarete gli ultimi a essere eliminati e assisterete in prima persona all’omicidio dei vostri cari. Se quella lettera è arrivata a destinazione come previsto, entro pochi giorni si compirà la mia vendetta. Au revoir!».

Impossibile cancellare quelle parole dalla sua mente: l’inchiostro, si sa, è indelebile.

L’unica speranza a cui Rose si aggrappava con tutte le sue forze era l’aiuto dei suoi amici.

Sì, proprio quelli che aveva “abbandonato” per seguire il suo cuore. Non meritava la loro amicizia, eppure sperava ancora che trovassero nei loro cuori la forza necessaria per perdonarla e per andare in suo soccorso.

Roxanne, la sua migliore amica. Sempre pronta ad appoggiarla, sua eterna complice e compagna di scorribande notturne. Ottima confidente e dispensatrice di buoni consigli.

Albus, il suo cugino preferito. Allegro e vivace, le era sempre stato accanto e lei aveva fatto lo stesso per lui, sostenendolo e incoraggiandolo nei momenti difficili.

Charlotte e Violetta, compagne insostituibili, così diverse l’una dall’altra, eppure così simili. L’una un po’ scontrosa ma leale, l’altra leggermente timida e gentile. Due vere amiche.

Lysander, Lorcan e Frank, ottimi compagni d’avventura, affidabili, leali e coraggiosi.

Lily, la sua cuginetta. Una delle persone che aveva più care al mondo. Quante avventure in sua compagnia, prima tra tutti il sabotaggio del matrimonio tra Teddy e Victoire. Determinata ma dolce, all’apparenza dura come una roccia ma sensibile.

Quanto avrebbe dato per rivederli anche solo per qualche istante, per avvisarli dell’imminente pericolo che avrebbe presto osteggiato la loro serenità. Non le importava più di fuggire da quella tetra prigione: la cosa prioritaria era evitare che Nameless compisse una strage della sua famiglia. Sì, perché solo ora se ne iniziava a rendere veramente conto: erano loro la cosa più importante della sua vita e nessuno avrebbe mai potuto sostituirli. Neanche Alexis.

***

«Albus, sicuro che la McGranitt abbia veramente deciso di darci una mano?» chiese ancora una volta Roxanne, sbigottita. Era proprio la donna che le aveva messe in punizione un centinaio di volte ad accorrere ora in loro aiuto?

«Sì, e con questa sono trecento novantaquattro volte che me lo chiedi…» borbottò in risposta.

«Beh, se le cose stanno così, che diamine stiamo aspettando? Che passi il Nottetempo? Andiamo subito al Campo di Quidditch!» esclamò Violetta piena di euforia, prendendo una Charlotte imbronciata per mano e trascinandola con sé.

Detto fatto, i sette Grifondoro, rapidi come saette, giunsero alla loro metà. Poco importa se nella loro sfrenata corsa atterrarono un paio di studenti, mandarono a gambe all’aria il custode («Prima o poi finirete tutti appesi per i pollici nel mio ufficio!») e sbatterono contro una sestina di impolverate armature di ferro («Ci saremo sicuramente fratturati il naso!»).

Charlotte, Albus, Lorcan e Lysander tenevano in mano le loro rispettive scope, mentre gli altri tre ne erano sprovvisti. Non erano tanto entusiasti all’idea di raggiungere il pozzo volando, ma avrebbero fatto di tutto e di più per salvare la loro amica.

«Siete più puntuali di quanto mi aspettassi» commentò la preside, vedendoli arrivare. «Le tre scope che vi mancano sono dentro lo sgabuzzino. Mi raccomando: volate con molta prudenza e non dimenticate di stare attenti a non farvi avvistare dai babbani».

«Non la deluderemo, professoressa!» la rassicurò Frank con un sorriso.

«Oh, Paciock, di questo ne sono più che certa. Come ho detto prima al vostro compagno, sono davvero fiera che tutti voi apparteniate alla mia casa!» e con queste ultime parole di incoraggiamento, si congedò.
«Allora, saltiamo in sella alle scope e partiamo?» propose Albus.

Gli altri annuirono, ma ora nei loro sguardi era presente qualcosa di nuovo, un misto tra paura e timore. Non dovevano permettere che l’ansia di fallire li dominasse. Erano amici, erano insieme, erano un’unica forza. Niente e nessuno sarebbe riuscito a metterli al tappeto.

Così spiccarono il volo, uno dopo l’altro, iniziando a volteggiare per aria, sorvolando le nuvole, piroettando da una parte all’altra del cielo come ballerini provetti di danza classica.

«Rose, stiamo arrivando!» pensava ognuno di loro. «Ti aiuteremo a fuggire. Ti dimostreremo che la nostra amicizia è in grado di superare ogni rancore. Ti vogliamo bene e di conseguenza accetteremo incondizionatamente ogni tua scelta. Finalmente l’abbiamo capito. Finalmente siamo in grado di perdonarti». 


Spazio autrice

Bene, ancora una volta mi scuso per il vergognoso ritardo con cui ho postato questo nono capitolo. Purtroppo ogni giorno ho così tanti compiti da non avere quasi più il tempo per scrivere. Fortunatamente oggi sono riuscita a trovare uno spazietto in cui dedicarmi al capitolo, e così eccolo qui.
Spero vivamente che vi sia piaciuto! ^^ Vorrei sottolineare alcune cose:
1. Rose si è finalmente resa conto di quello che per lei conta di più, la sua famiglia.
2. I sette Grifondoro sono stati finalmente in grado di comprendere la difficile scelta della loro amica e di perdonarla per averli "abbandonati". Sono riusciti a cogliere il vero senso dell'amicizia. *si commuove*
3. Damien è il padre di Alexis, morto l'anno prima che il ragazzo andasse a vivere nella Foresta Proibita.
4. Il motivo dell'odio tra Albus e Neville Paciock verrà presto spiegato u.u 
Bene, mi auguro che Rose sia tornata a essere simpatica ad alcuni lettori che ultimamente la trovavano un po' antipatica, vero, Alyssia98? ^^
Ci terrei a ringraziare infinitamente coloro che recensiscono puntualmente ogni capitolo della long. Adoro leggere le vostre recensioni! ** E' anche grazie a voi che trovo l'ispirazione per continuare la storia! **
Bacioni
Gra Gra 96


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Capitolo 10
*** Puoi volar! ***


Puoi volar!

Era trascorsa non più di una settimana dal giorno in cui Albus aveva messo piede per la prima volta a Hogwarts. Lo smistamento, la forte gelosia provata nei confronti della cugina, le lezioni, i nuovi insegnanti, i compagni di casa, la nascita delle prime amicizie e inimicizie.

Erano successe davvero troppe cose in troppo poco tempo e il ragazzino, di appena undici anni, sentiva un impellente bisogno di pace, serenità e silenzio, tanto silenzio. La Sala Comune era sempre ridondante di voci, di urla e di risa e risultava quasi impossibile starsene in santa pace.

Così Albus aveva deciso di infrangere le regole per la prima volta e di andare da solo a spasso per il castello di notte. Sarebbe stato davvero eccitante muoversi di soppiatto tra sinistre armature e fantasmi agghiaccianti, stando ben attento a non produrre il minimo rumore che potesse attirare l’attenzione del custode o di qualche insegnante.

La sua meta sarebbe stata la Torre di Astronomia, dalla quale avrebbe potuto godere di un panorama stupendo. Pensando al suo programma notturno era come se sentisse già la piacevolezza dello starsene accovacciato sul terreno ad ammirare le stelle.

Naturalmente sarebbe uscito dal Dormitorio solo quando tutti i suoi compagni si fossero addormentati. Non conoscendoli ancora bene, non poteva sapere se fidarsi o meno di loro.

Nel dubbio era meglio non rischiare. Così, a mezzanotte in punto, dopo essersi accertato che tutti fossero tra le braccia di Morfeo, sgattaiolò fuori dal Dormitorio.


Quatto quatto, superò anche la Sala Comune e si ritrovò nel buio e silenzioso corridoio del settimo piano. Secondo i suoi calcoli per arrivare alla Torre di Astronomia sarebbe dovuto scendere al quinto piano e poi, dopo aver percorso un pezzo di corridoio, usare le scale a chiocciola, giungendo infine nel luogo prestabilito. Quanto gli sarebbe piaciuto possedere una Mappa del Malandrino o un Mantello dell’Invisibilità come quello di suo padre!

Assorto nei suoi pensieri, andò a sbattere contro un tavolino di legno sul quale era poggiato un vaso di cristallo, che cadde a terra fragorosamente.

«Chi va la?!». Oh, no: qualcuno si era accorto della sua presenza e quel qualcuno non poteva essere altri che il signor Gazza, arcigno custode della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Doveva fare qualcosa, e alla svelta, prima che il vecchio lo trovasse. Tastò il muro alla ricerca di una porta all’interno della quale trovare  rifugio e la fortuna fu dalla sua parte.

«Chissà dove sono capitato!» mormorò piano, guardandosi tutt’attorno alla ricerca di qualcosa.

Improvvisamente notò un barlume di luce provenire dall’interno della stanza e lo seguì. Quando l’ebbe raggiunto, capì di non essere solo: una gigantesca pianta, simile ad un cactus babbano, stava al di sotto di un enorme e luminoso lampadario. Spinto dalla curiosità, Albus la toccò. Non l’avesse mai fatto! Nel momento esatto in cui poggiò la mano su una delle strane bolle di quel vegetale, venne ricoperto dalla testa ai piedi da un liquido denso, verde scuro, odorante di letame rancido.

«Che schifo!» esclamò il ragazzo, pieno di disgusto, facendo un balzo all’indietro.


Quella stupida pianta avrebbe pagato caro quell’affronto! Impugnata la bacchetta, l’impulsivo Grifondoro pronunciò uno dei pochi incantesimi imparati in quei primi giorni di scuola: «Incendio!». Dopo di che di quella strana creatura rimasero solo le ceneri.

«No! La mia Mimbulus Mimbletonia!» l’urlo straziato echeggiò nella stanza, facendo sobbalzare Albus.

«Chi ha osato togliere la vita alla mia adorata Mimbulus Mimbletonia?!».


In poco tempo quella voce assunse un volto, quello del professor Paciock, insegnante di Erbologia. E anch’egli riuscì ad identificare l’assassino della sua cara “piantina”.

«Non ci posso credere! Albus Severus Potter, sei stato proprio tu a darle fuoco!» sbraitò.

«E’ stata legittima difesa, professore» balbettò l’undicenne. «Quel mostro mi aveva attaccato!».

«Se tu fossi rimasto nel tuo letto e non avessi toccato la mia Mimbulus Mimbletonia, lei non ti avrebbe ricoperto di Puzzalinfa. Quindi la colpa di quanto accaduto è solo ed esclusivamente tua. Pagherai per questo terribile affronto, Potter! Nonostante sia amico di tuo padre, non te la farò passare liscia, sappilo!» ringhiò l’uomo con un diavolo per capello.

A questo punto fu la volta di Albus di uscire fuori dai gangheri. «Non solo per colpa della sua pianta sono pieno di questo liquido puzzolente, ma per giunta sarebbe pure colpa mia? E’ sua la responsabilità di tenere creature di questo tipo nelle stanze del castello!».

«Si da il caso che questa sia la mia stanza personale, quindi non è affar suo ciò che ci tengo!» ribatté l’altro, sempre più irato, facendosi rosso in volto come un pomodoro.

«Vada al diavolo, razza di ebete!» borbottò Albus, mentre si avviava fuori dall’ufficio dell’uomo.

«Cos’ha detto, signor Potter?». Lo sguardo dell’insegnante si era fatto ancora più minaccioso.

«L’ho appena invitata ad andare all’inferno!» sbottò il Grifondoro. Dopo di che scappò via.

***

La lezione di Storia della Magia si stava rivelando più noiosa del solito; anche il professor Ruf sembrava in procinto di appisolarsi a causa delle sue stesse parole.

Lily giocherellava distrattamente con una ciocca di capelli arancioni, mentre accanto a lei Elinor seguiva con lo sguardo una mosca che svolazzava attorno all’aula. Nessuno dei Serpeverde sembrava stare prestando la minima attenzione alla lezione, e lo stesso si poteva benissimo dire dei Grifondoro, anch’essi annoiati all’ennesima potenza. Hugo parlava sommessamente con la sua compagna di banco, Alice Paciock, sua migliore amica nonché ottima confidente e dispensatrice di consigli. Insomma, il suo punto di riferimento.

«Secondo te, dovrei parlare con Lily per cercare di ricostruire il nostro rapporto di amicizia?».

La biondina strinse le spalle. «Non conosco abbastanza bene tua cugina da riuscire a prevedere una sua possibile reazione. Però, come si suol dire “tentar non nuoce”… ».

«E allora tenterò!» decise Hugo. «Ma ho bisogno del tuo aiuto per allontanare momentaneamente da Lily quel serpente a sonagli di Elinor Zabini».

Un sorriso malandrino si dipinse sul volto di Alice. «Sarà un vero piacere!» sogghignò.

Da qualche banco più indietro proveniva un indistinto mormorio, prodotto da due ragazze di nostra conoscenza. «No, no e poi no! Scordatelo!» esclamava la Serpeverde dai lunghi capelli pel di carota, scuotendo vigorosamente il capo. «Non chiederò a Daniel di aiutarmi a conquistare il suo migliore amico. E sai perché? Perché Scorpius non mi piace. Lo vuoi capire una volta per tutte?!».

E poi, nonostante tutta la mia rabbia nei suoi confronti, non sarei mai così meschina da mettermi insieme al suo ex. Tra l’altro, per cosa poi, per essere paragonata costantemente a Rose? Ho un orgoglio e un’identità da difendere, io, e non intendo rinunciarvi.

«Chi ti capisce è bravo!» brontolò Elinor, imbronciandosi e incrociando le braccia.

In quel momento l’attenzione delle due ragazze venne catturata dall’arrivo di un bigliettino di carta. Non avevano idea di chi fosse stato a lanciarglielo, ma decisero comunque di leggerne il contenuto. Diceva così:
 
Sangue verde a strisce argentate?
Elinor Zabini, hai le ore contate.
Pitone, Cobra, Serpente a Sonagli,
nessuno potrà sciogliere i tuoi brogli.
La tua arroganza cara pagherai,
entro la fine della giornata in un incontro soccomberai.
La tomba dove in pace il tuo corpo riposerà,
neanche un minuscolo fiore conterrà.
Vuoi evitare una terribile morte?
Che cosa aspetti: sfida la sorte!
Questo pomeriggio presso il Platano Picchiatore,
avrai la possibilità di riscattare il tuo onore.
Vieni alle cinque, non tardare,
il tuo avversario non fare aspettare.
Incantesimi e fatture da ogni parte voleranno,
o te o il tuo avversario in pieno colpiranno.
Che Salazar Serpeverde ti infonda il coraggio,
di sfidare un discendente di Godric di tale lignaggio.
 
«Oh, Merlino! Credo che per le prossime ventiquattro ore avrai qualcosa di più importante da fare che elaborare possibili storie d’amore tra me e Scorpius!» rise Lily tra i denti.

«Perché ovviamente intendi presentarti alla sfida, non è vero?» aggiunse.

La mora esitò un po’ prima di rispondere. Per la prima volta in tutti quei mesi appariva insicura, spaventata, timorosa e indecisa sul da farsi. Dov’era finita l’impavida e scaltra Serpe?

«Non saprei. Probabilmente è solo uno scherzo di cattivo gusto… » mormorò.

«E anche se fosse? Daresti una bella lezione all’artefice dello scherzo!» ribatté l’amica, che non intendeva rinunciare affatto a quello che si prospettava un pomeriggio di puro relax.

La Zabini assottigliò gli occhi in un espressione così truce da mettere paura persino ad un grosso e pericoloso Troll di montagna. Non poteva accettare il fatto che qualcuno si stesse facendo beffe di lei, Lily lo sapeva fin troppo bene.

«Chiunque sia stato, sappi che la pagherà cara, molto cara!» sibilò minacciosa.

***

Quella mattina i sette Grifondoro atterrarono in una radura alquanto desolata. Il paesaggio brullo e privo di vegetazione trasmetteva un non so che di inquietante. In cielo il sole giocava a nascondino con le nuvole e una leggerla pioggerellina bagnava il terreno arido e incolto.

«Questo posto mi mette i brividi!» gemette Roxanne, guardandosi attorno con aria allarmata.

«Non avere paura: ci sono io qui con te» le sussurrò con dolcezza Lorcan, prendendola per mano. Lei ricambiò la stretta e sorrise, seppur un po’ forzatamente.

«Ecco che ricominciano a fare i piccioncini!» Lysander alzò gli occhi al cielo, indispettito.

Prima che il fratello potesse ribattere qualcosa, Albus prese la parola: «Bene, in quanto capo della spedizione di salvataggio, vorrei dirvi … ».

«Cosa ti fa pensare di essere il capo della spedizione?» lo interruppe Charlotte seccamente.

Il ragazzo trasse un lungo respiro. «Devo ricordarti che sono stato io a organizzare il piano?».

Senza aspettare una risposta da parte della compagna, continuò: «Vorrei ricordarvi di stare molto attenti, di muovervi con cautela, di prestare attenzione alle mie indicazioni e di non agire impulsivamente. Per prima cosa troveremo quel fantomatico pozzo e per farlo ci divideremo in coppie.  Roxanne e Lorcan perlustreranno il Nord della radura, Charlotte e Frank il Sud, Lysander e Violetta l’Est; io ispezionerò l’Ovest. Sono stato chiaro?».

Detto questo si sparpagliarono come era stato loro indicato. Non molto tempo dopo Frank richiamò l’attenzione del gruppo. «Ragazzi, credo di aver trovato qualcosa!».

E difatti l’imponente costruzione di mattoni era proprio lì, nascosta tra le sterpaglie.

«Come diamine faremo ad arrivare nella parte più profonda del pozzo?» chiese Lysander.

Albus sorrise malandrino. «Volando, naturalmente!». Tutti gli altri rimasero assolutamente basiti dalla sua affermazione. Nessuno di loro era in grado di trasfigurarsi in un volatile!

«Al, non costringermi a chiamare il San Mungo!» lo minacciò Lorcan, scrutandolo torvo.

«Non sono impazzito!» esclamò il ragazzo. «Prima di partire sono riuscito a procurarmi delle pasticche speciali, chiamate “Animagus Temporaliter”, che permetto di assumere per un’ora le sembianze dell’animale che si desidera. Sono o non son un genio?».

«Sei assolutamente straordinario, Albus Severus Potter! La tua idea è a dir poco stupenda!» si complimentò Violetta, facendolo arrossire fino alla punta delle orecchie.

«Grazie, Vi» mormorò sommessamente, cercando di mascherare il profondo imbarazzo.

Dopo di che distribuì le pasticche ai compagni, che si affrettarono a ingurgitarle. Ognuno di sapeva fin troppo bene in che tipo di volatile avrebbe voluto trasformarsi. Roxanne assunse le sembianze di un tenero e soffice passerotto; Charlotte iniziò a gracchiare come una cornacchia; Violetta divenne elegante e sofisticata come solo un cigno sa essere; Lorcan e Lysander si trasformarono rispettivamente in un passerotto e in un gabbiano; Frank si trasfigurò in un picchio; Albus Severus… beh… lui ingerì una pasticca difettosa!

«Perché un piccione, dico io? Perché?! Dovevo proprio trasformarmi in uno degli animali più disgustosi, sporchi, emarginati, bistrattati, insultati, vessati…» iniziò con tono cantilenante.

«Falla finita!» tagliò corto Charlotte. «Non stiamo mica andando a una sfilata di moda!». E detto questo, lanciò un’occhiataccia all’amica, tutta intenta a rimirarsi le candide piume.

«Che ne dite di volare in picchiata giù per il pozzo?» propose Frank per calmare le acque.

Gli altri annuirono e si prepararono per il decollo. Sbattendo le ali e agitandosi come dei forsennati, riuscirono a volare e fu senz’altro qualcosa di meraviglioso. E poi scesero giù, sempre più giù, e ad un certo punto iniziarono a scorgere un puntino rosso e uno nero.

«Sono loro, ragazzi! Sono Rose e quel suo amico francese!» boccheggiò Roxanne, emozionata.

E il pettirosso iniziò a sbattere le ali ancora più freneticamente per raggiungere la sua migliore amica. Tutt’a tratto, però, una grossa rete comparsa dal nulla l’avvolse e la trascinò via. Inutile urlare, inutile tentare la fuga, inutile. Roxanne fu catturata e portata via da una figura misteriosa, vestita interamente di nero, e nessuno dei suoi amici poté fare niente per salvarla. Rose assistette a tutta la scena con un’espressione di sgomento dipinta sul volto.

Naturalmente non poteva sapere chi fosse quel passerotto che Nameless aveva appena catturato, ma il suo sesto senso non le faceva presagire nulla di buono.

«No! Roxanne! Lasciala andare, chiunque tu sia, o sarà peggio per te!» sbraitò il passerotto con tutto il fiato che aveva in gola, avventandosi contro la grossa rete. Una maledizione potente lo scacciò via, colpendolo in pieno petto e facendolo precipitare sul fondo del pozzo. Nel momento esatto in cui toccò il duro suolo di pietra, l’effetto della pasticca cessò.

«Lorcan! Sei proprio tu?» esclamò Rose, correndo a soccorrerlo.

«Sì, e non sono solo!» rispose quello, leggermente intontito per la botta. «Tutti gli altri sono qui sopra, che tentano disperatamente di resistere agli attacchi di quel tizio vestito di nero. E Roxanne… lei è stata catturata e imprigionata! Oh, Rose, chissà come sarà spaventata!».

Qualche lacrima sgorgò dagli occhi celesti della ragazza, attraversata ancora una volta dal pensiero di quanto affetto stessero dimostrando di avere i suoi amici nei suoi confronti.

In quel momento un piccione, un gabbiano, una cornacchia, un cigno e un picchio li raggiunsero, mostrando subito la loro natura umana. Erano Albus, Lysander, Charlotte, Violetta e Frank. Rose corse subito ad abbracciarli, sorridendo felice nel rivedere dopo tanto tempo quei volti così piacevolmente familiari. Solo ora si accorgeva di quanto le fossero realmente mancanti e di quanto volesse bene ad ognuno di loro.

Purtroppo il dolce momento venne brucamene interrotto da una voce grave e minacciosa che non prometteva nulla di buono. «Mi dispiace interrompere il vostro mieloso incontro, ma vorrei dire qualche parola. Innanzitutto, vorrei ringraziare questi sette impavidi giovani che hanno fatto spontaneamente il loro ingresso nella tana dell’araignée. Merci, miei piccoli ingenui. Mi fate quasi tenerezza: siete venuti fin qui per salvare la vostra petit amie e ora siete tutti prigionieri in fondo a questo pozzo. Tutti meno che una: la piccola Roxanne Weasley. Lei è appena diventata il mio ostaggio. Fate un passo falso, garcons, e potrete dire addio alla rossa!».

«Prova a torcerle un solo capello, razza di francese dei miei stivali, e dovrai vedertela con me!» ringhiò Lorcan in tono minaccioso, guardando con disprezzo quel misterioso uomo nero.

Una risata diabolica echeggiò nell’aria. «Mon petit idiot, cosa credi che un moccioso come te possa fare contro un mago potente come me?».

Nulla. Non erano abbastanza forti per affrontare un mago oscuro di quel calibro, lo sapevano fin troppo bene. Erano partiti per salvare Rose dalla prigionia ed erano diventati prigionieri.

Non avevano nessun asso nella manica. Erano succubi della volontà di Nameless.

***

Ogni tanto Lily amava trascorrere il pomeriggio in biblioteca a sfogliare pigramente antichi volumi, le cui pagine odoravano di muffa e carta. Era stata proprio sua cugina Rose a iniziarla al piacere della lettura, in una delle tanti estati trascorse insieme alla Tana.

Che bei momenti avevano trascorso a casa di nonna Molly, tra giochi, merende e confidenze. Erano attimi di vita passata che non sarebbero tornati mai più. Perché il tempo passa inesorabilmente e non guarda in faccia nessuno. Secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni. Rimangono impressi nell’anima, sotto forma di ricordi, ma è impossibile riviverli una seconda volta.

«Ciao, cuginetta!» a volte la memoria faceva proprio brutti scherzi. Era come se Lily avesse sentito il gioviale saluto che suo cugino Hugo era solito rivolgerle in tempi più felici.

«Cugina, non avrai mica bisogno di un apparecchio acustico alla tua giovane età?!».

A queste parole la rossa alzò di scattò il capo dal tomo che stava leggendo e non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo nel vedere il volto quasi interamente spruzzato di lentiggini del cugino. Impossibile non smaniare dalla voglia di accarezzare quei rossi riccioli ribelli.

«Cosa ci fai qui?» il tono voleva essere minaccioso, ma risultava più sorpreso che altro.

«Avevo bisogno di parlarti, Lils… » iniziò il ragazzino, prendendo posto nel tavolo di legno.

«Andrò subito al sodo: quello che voglio dirti è che mi manchi. Mi manca ridere e scherzare con te, mi manca la nostra complicità, mi manca arrossire quando mi chiami “Hughetto”… ».

Gocciola. Gocciola. Gocciola. Gocciola. No, non doveva piangere. Piangere era da persone deboli. Le lacrime non si adattavano ai colori della sua gloriosa uniforme. Eppure scendevano e non aveva la facoltà di fermarle. Aresto Momentum. L’incantesimo non aveva alcun effetto.

«Oh, Lils, odio vederti piangere!» mormorò Hugo, alzandosi dalla sedia e abbracciandola.

La ragazzina ricambiò la stretta e sussurrò al cugino: «Come ho potuto trattarti così male per tutto questo tempo? Come ho fatto a dimenticare quanto tu sia importante per me?».

«Ciò che conta è sapere di non averti perso per sempre» rispose lui, sorridendo.

«Non riuscirai a liberarti di me tanto facilmente, Hughetto!» scherzò Lily, asciugandosi le ultime lacrime superstiti con il dorso della mano e tirando su col naso.

Il volto dell’undicenne si illuminò nel sentirsi chiamare con quel soprannome a lui tanto caro.

«Sai, Lils, devo confidarti una cosa: sono stato io a spedire quella lettera a Elinor. Avevo estremamente bisogno di parlarti a quattrocchi senza quella Serpe in mezzo ai piedi» le rivelò.

La cugina rise di gusto. Ogni tanto per lei era davvero un sollievo starsene da sola, senza la difficile compagnia della Zabini. E aver ritrovato l’amicizia di Hugo era qualcosa di magnifico.

Lily aveva la sensazione che d’ora in avanti nulla sarebbe potuto andare storto. Nulla.

Eppure si sbagliava di grosso, poiché non poteva neanche immaginare ciò di cui sarebbe venuta a conoscenza nei giorni seguenti. Ignorando ogni cosa, sorrideva felice.


Spazio autrice

Vi chiedo umilmente perdono per il vergognoso ritardo con cui sto postando questo decimo capitolo. Purtroppo la scuola mi sta impegnando parecchio e i momenti che riesco a dedicare alla long sono davvero pochi. Eppure sono finalmente riuscita a scrivere il capitolo! Spero vivamente che vi sia piaciuto! ^_^
E' diviso in quattro parti, ma credo che l'avrete già notato (non siete mica stupidi é_é). La prima parte è il tanto atteso flashback di Albus, in cui venite a conoscenza della causa dell'odio tra lui e il professor Neville.
Nella seconda parte Elinor riceve una "misteriosa" lettera. Nella terza parte ha inizio l'operazione di salvataggio di Rose. Piccola precisazione al riguardo: le pasticche "Animagus Temporaliter" sono una mia geniale invenzione. Purtroppo i sette ragazzi vengono catturati dal malvagio Nameless. E che dire della povera Roxanne, imprigionata in una rete da pesca? Infine, nella quarta parte Lily e Hugo si riconciliano! **
Aspetto con ansia i vostri commenti sul capitolo e ringrazio tutti coloro che hanno recensito quelli precedenti. Sarò ripetitiva, ma ci tenevo a dirvi che sono proprio le vostre recensioni a darmi la forza e l'ispirazione per scrivere. Bene, ci rivediamo al prossimo capitolo! ;)
Bacioni
Gra Gra 96


 

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Capitolo 11
*** In fondo al pozzo... ***


In fondo al pozzo...

Un pettirosso che tornava al suo nido rimase impigliato nella tela di un ragno. Le ali si dibattevano frenetiche nel tentativo di liberarsi, ma invano. Intanto il temibile predatore faceva schioccare minacciosamente le chele, muovendo qualche passo in direzione della sua preda. Nessuna via d’uscita da quell’incubo infernale. Un unico destino ad attendere l’animaletto indifeso. Paura, tanta paura, più della paura stessa.

Roxanne aveva smesso di lottare per sfuggire al suo triste destino: avvilita e rassegnata sedeva nella sua prigione, il capo nascosto tra le braccia, le lacrime salate e copiose.

«Roxanne, ti fidi di me? Ti libererò anche a costo della mia stessa vita!» quella voce tanto amata risuonava flebile e distante, come l’eco.

Stava perdendo ogni contatto con la realtà, isolata dal frastuono che la circondava. La felicità sembrava ormai distante anni luce, impossibile pensare di averla mai incontrata lungo il cammino della vita. Era come se il ricordo di ogni attimo gioioso e spensierato fosse stato risucchiato via dalla sua anima.

«Roxy, mi senti? Sono Rose. Non sei sola, tienilo bene a mente!» poco più che un sussurro, la voce della cugina penetrò per un attimo in quella sfera di angoscia e dolore che la teneva prigioniera. Sprizzi di speranza condensarono presto in nuvoloni neri di altrettanta tristezza.

Una risata cupa e sinistra, a tratti sguaiata, echeggiò rumorosa nel silenzio della sua prigione.

Roxanne alzò gli occhi alla ricerca del suo aguzzino e invece si ritrovò faccia a faccia con una creatura mostruosa ben più orripilante di Nameless.

Aveva il volto nascosto completamente da un cappuccio, così come il resto del putrido corpo, fatta eccezione per una mano. Il mostro emanava un’aurea agghiacciante; ragazza ebbe come la sensazione di essere trafitta da migliaia di aghi. Un freddo immotivato si fece strada all’interno del suo corpo, facendola tremare convulsamente. Fino a quando fu sopraffatta da tutto ciò e perse i sensi.

«Il Dissennatore ha avuto la meglio.» sghignazzò il francese, rivolto a nessuno in particolare. «È stata una scelta saggia allearmi con queste sinistre creature. Eseguono i miei ordini e in cambio pretendono solo di succhiare via la felicità e la speranza altrui.»

L’informazione giunse sino al fondo del pozzo, dove Rose e i suoi amici iniziarono a confabulare più sommessamente possibile. Loro obbiettivo primario era comprendere cosa fosse un Dissennatore; solo così avrebbero potuto architettare un piano per salvare Roxanne.

«Sono certo di averne sentito parlare da papà, ma ora non ricordo esattamente cosa mi abbia detto in proposito.» disse Albus, riflettendo. «Credo che queste creature malvagie fossero alleate con Voi-Sapete-Chi nella battaglia finale.»

«Sì, esatto.» convenne Frank. «Mi sembra che fossero le guardie della prigione di Azkaban.»

«Avevano la terribile capacità di succhiare qualsiasi ricordo felice, lasciando le loro vittime in preda alla disperazione più totale.» concluse Rose, dando ancora una volta prova della sua ottima memoria. «L’unico modo per neutralizzarle è l’incanto Patronus, ma credo che si tratti di magia davvero troppo avanzata per studenti del terzo anno come noi.»

Charlotte non sembrò del tutto convinta da quest’ultima affermazione.

«Rose, tu hai eseguito uno schiantesimo al primo anno! Se c’è qualcuno in grado di imparare l’incantesimo anti-Dissennatori, quella sei tu.» disse, ottenendo l’approvazione degli amici.

«Sì, e forse potremmo riuscirci anche noi.» aggiunse Lorcan. «Voglio essere in prima linea nell’operazione di salvataggio della mia ragazza.»

Anche gli altri furono d’accordo e la decisione fu presa: avrebbero imparato tutti e sette l’incanto Patronus e poi debellato l’infido Dissennatore che attentava alla vita della loro amica.

«Ehm, non per fare il guastafeste, ma come facciamo a imparare l’incantesimo senza nessuno che ce lo insegni?» chiese Lysander.

Ma Violetta aveva già la risposta pronta. «È rimasta un’ultima pasticca di Animagus Temporaliter. La prenderò io e volerò sino a Hogwarts, dove chiederò a qualche studente più anziano informazioni sull’incanto Patronus. Non coinvolgerò né la McGranitt né qualche altro professore: ne andrebbe della vita di Roxanne!»

Albus sgranò i suoi grandi occhi verde smeraldo in un espressione di puro stupore.

«Vi, ti ho mai detto quanto sei geniale?» disse tutto d’un fiato.

La ragazza arrossì dolcemente, incantando ancor di più il giovane Grifondoro. Senza proferir verbo, salutò con un cenno i suoi amici e ingoiò la pasticca. Di lì a pochi secondi un delicato usignolo prese il suo posto. Volò leggiadro verso l’alto, verso il sole, verso la libertà; era così piccolo e indiscreto da sfuggire all’occhio vigile di Nameless. Abbandonò la sua prigione e corse, o meglio volò, in cerca d’aiuto.

***

Elinor Zabini si fermò in prossimità del Platano Picchiatore. Quell’albero, maestoso quanto pericoloso, le incuteva una sorta di timore reverenziale. Fiero e orgoglioso difendeva la propria incolumità con la forza, danneggiando in modo permanente i suoi avventori.

Li sbaragliava anche nel raggio di diversi metri, con l’ausilio dei suoi lunghi e robusti rami, simili a potenti  fruste. Nessuno era in grado di resistervi; impossibile anche solo pensare di riuscire a toccare il tronco del Platano Picchiatore rimanendo incolumi.

Eppure, Elinor era intenzionata a conseguire la folla impresa. Era stata sfidata a duello da un avversario la cui identità era ancora avvolta nel mistero.

Ebbene sì, intendeva introdursi nella cavità più interna dell’albero e accettare la sfida. Avrebbe sconfitto il suo nemico, ricorrendo anche a qualche incantesimo di magia oscura, se necessario. Voleva vincere. Bramava dalla desiderio di sottomettere il suo incognito nemico.

Era assetata dalla possibilità della vittoria. Ceca all’idea della sconfitta. Sorda alla vocina interiore che le suggeriva di tornare nella Sala Comune. Elinor Zabini avanzò, ignorando la violenza con cui i rami del Platano si scagliavano contro di lei. Evitando ogni attacco con maestria, piena di una forza che non sapeva di possedere, raggiunse la cavità più interna dell’albero.
 
Sangue verde a strisce argentate
è innanzi a voi: nemici, tremate!
Pitone, cobra, serpente a sonagli,
rimpiangerete tutti i vostri sbagli.
La vostra arroganza cara pagherete,
il vostro sangue placherà la mia sete.
La tomba dove i vostri corpi riposeranno,
non presenterà proprio alcun danno.
Volete evitare una terribile morte?
Troppo tardi: sfidate la sorte!
Con la protezione del Platano Picchiatore,
porrò fine alle vostre ore.
Sono le cinque, venite allo scoperto:
o penserò che mi temete di certo!
Oh Godric, prendi la tua spada e fuggi via,
prima che troppo tardi per farlo sia.
 
La ragazza recitò la filastrocca, di cui andava oltremodo fiera. Poi attraversò il lungo corridoio, che dava accesso a una stanza di grandi dimensioni. Si guardò intorno più volte, ma non scorse la presenza di alcuno. Che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto, per quanto ben architettato? In questo caso, l’artefice l’avrebbe pagata cara!

«Già batti in ritirata? Non avrai mica la coda di paglia?».

E improvvisamente si ritrovò davanti niente poco di meno che Alice Paciock. I biondi capelli voluminosi erano raccolti in una grossa treccia, in modo da non darle fastidio durante il duello. Teneva la bacchetta puntata sulla sua avversaria, come se questa potesse decidere di sferrare il primo attacco da un momento all’altro.

In effetti, era proprio ciò che si era prefissa di fare la Serpeverde; purtroppo, però, non aveva avuto l’opportunità di approfittare dell’effetto sorpresa. Non lo avrebbe mai ammesso, ma l’apparizione della Grifondoro le aveva quasi fatto prendere un colpo. Insomma, era successo tutto così inaspettatamente!

«Tu!» esclamò, prima di scoppiare in una fragorosa risata sguaiata. «Chissà chi mi aspettavo di trovare! Di certo non un’insignificante rospetta come te.»

«Che ne dici di mettere alla prova questa rospetta? Magari potrebbe anche rivelarsi più abile della scrofa che le sta di fronte, tu che dici?» rispose.

«Come mi hai chiamato?!» tuonò Elinor, andando su tutte le furie e afferrando minacciosamente la bacchetta. «Ripetilo, se ne hai il coraggio!»

«Scrofa? È questo che non vuoi che ripeta?» la schernì Alice, serafica.

L’aria si caricò ancor più di tensione, per quanto fosse possibile. I capelli di Elinor, che solitamente le ricadevano sulle spalle lisci come la seta, ora erano sparati in tutte le direzioni possibili e immaginabili. Elettricità e rabbia mulinavano attorno alle due giovani streghe.

«Expelliarmus!» enunciò Alice per prima, cogliendo l’avversaria di sorpresa. La bacchetta della Serpeverde finì dritta fra le sue mani. Avrebbe potuto darle il colpo di grazia, eppure ebbe quel tentennamento tipico dei Grifondoro, che permise all’altra di riappropriarsi della bacchetta. A questo punto, Elinor non esitò ad attaccare.

«Levicorpus!» e la biondina si ritrovò a lievitare a mezz’aria, appesa per la caviglia. Nonostante ciò, non un gemito uscì dalla sua bocca; sarebbe stato impensabile dare una qualsiasi soddisfazione alla sua acerrima nemica.

Alice si arrovellò il cervello nel tentativo di trovare un contro incantesimo che facesse al caso suo; stava quasi per enunciarlo, quando una figura avvolta in un lungo mantello verde irruppe nella stanza.

«Zabini, metti subito giù la tua compagna!» esclamò scandalizzata Minerva McGranitt.

La ragazza ubbidì suo mal grado e la rivale, una volta toccato terra, prese a massaggiarsi la caviglia con movimenti circolari, sotto lo sguardo severo della preside. Nessuna delle due l’aveva mai vista così indignata e fuori di sé dalla rabbia.

«Reputo il vostro comportamento assolutamente vergognoso! Non era mai accaduta una cosa del genere: due studentesse del primo anno che si addentrano tra i meandri del Platano Picchiatore per uno stupido duello. Di questo passo, dove andremo a finire, dico io?!» sbottò, le labbra assottigliate e gli occhi ridotti a due fessure. «Siete riuscite a infrangere una miriade di regole in poche ore! Fortuna che, non vedendovi arrivare a cena, ho chiesto informazioni ai vostri compagni e grazie alle loro indicazione sono riuscita a trovarvi qui dentro.»

Alice abbassò lo sguardo verso il pavimento di pietra, mentre Elinor sostenne con impertinenza lo sguardo della preside, senza che le sue parole la toccassero più di tanto.

«Zabini, per quanto ti riguarda parlerò con la Direttrice di Serpeverde e sarà lei stessa a decretare la tua punizione; Paciock, in quanto a te, riferirò del tuo deplorevole comportamento al Direttore di Grifondoro, nonché tuo padre, e anche tu riceverai una punizione.» disse austera.

«Professoressa, è stata lei a sfidarmi a duello!» protestò Elinor, puntando il dito contro l’altra.

«E allora? Avresti potuto benissimo non accettare!» replicò quella, perdendo tutt’a un tratto la calma. «Se c’è qualcuno che merita di essere punito, quella sei tu!»

La preside mise a tacere entrambe le ragazze con un’occhiata velenosa. Poi comunicò loro che, non solo avrebbero dovuto scontare entrambe una punizione, ma avrebbe anche tolto cinquanta punti a Serpeverde e cinquanta punti a Grifondoro.

«Ora filate nei rispettivi Dormitori, prima che peggioriate ulteriormente la vostra situazione.»

Senza smettere di guardarsi in cagnesco, Elinor e Alice fecero quanto era stato loro ordinato.

«Non finisce qui, rospetta.» mormorò piano la mora, senza farsi sentire dalla preside.

«Ci puoi scommettere!» fu la piccata risposta.

***

Sbattendo le ali freneticamente, Violetta volò per circa cinquanta minuti in direzione di Hogwarts. Era ancora ben lontana dal raggiungere il luogo prestabilito, eppure di lì a dieci minuti circa avrebbe ripreso le sue reali sembianze. Così, per non rischiare di sfracellarsi al suolo una volta avvenuta la metamorfosi, iniziò a perdere quota.

La steppa desolata le si ergeva davanti, silenziosa e priva di qualsiasi forma di vita. E poi improvvisamente le ali scomparvero in un sonoro pouf e si ritrovò nuovamente dotata di un paio di braccia e gambe. Senza perdere velocità, continuò a correre; il vento le scompigliava i lunghi capelli corvini, il freddo le penetrava affondo nelle ossa.

Corri, Vi, non fermarti.Ogni secondo è prezioso per la vita di Roxanne. Chi si ferma è perduto.

La stanchezza iniziava a farsi sentire, le sussurrava parole di sconforto all’orecchio, ma Violetta non le udiva. Concentrata sull’obbiettivo che si era prefissa, non avvertiva il freddo, la spossatezza, la sete, la fame. Tendeva i muscoli delle gambe il più possibile e correva.

La sua dedizione fu infine premiata. Lo vide, anche se si trattava solo di un puntino. Il castello di Hogwarts era lì, a pochi chilometri di distanza. L’avrebbe raggiunto ad ogni costo.

Correva Violetta, correva a per di fiato; le forze le vennero meno e cadde a terra. Si rialzò e continuò la sua corsa contro il tempo. Riusciva già a scorgere le torri in lontananza. Cadde di nuovo, senza nemmeno rendersene conto. Stavolta fu più difficile rialzarsi da terra, ma lo fece.

Mosse qualche passo incerto e poi piombò nuovamente sul duro suolo. Non riusciva più a muovere un muscolo del suo corpo. La sua missione era fallita ancor prima di iniziare. I suoi amici non avrebbero imparato l’incanto Patronus e non sarebbero riusciti a salvare Roxanne.

Sarebbero rimasti prigionieri del pozzo a tempo illimitato, fino a quando Nameless non avesse deciso di sbarazzarsi di loro una volta per tutte.
Violetta chiuse gli occhi e cadde addormentata.

Freddi fiocchi di neve iniziarono a cadere giù dal cielo in quella che sembrava una sorta di danza primitiva. Ben presto il colore che prevalse fu il bianco e il corpo della ragazza venne interamente ricoperto di neve, fatta eccezione per un ciuffo ribelle di capelli neri.

E fu proprio questo ad attirare l’attenzione di un giovanotto di quattordici anni che passava di lì per caso, alla ricerca di una nuova avventura per passare il tempo. James Sirius Potter, avvolto in un soffice mantello e provvisto di sciarpa di lana e berretto, si inginocchiò sul terreno e tastò con la mano quegli strani ciuffetti scuri. Fece per strapparli e questi vennero via abbastanza facilmente, seppur con qualche resistenza e seguiti da uno strano gemito di dolore.

«Scusa, piantina.» disse allora. «Ma probabilmente sei velenosa o qualcosa del genere e potresti servirmi per architettare uno scherzo con i fiocchi da rifilare a Gazza o a mio fratello.»

«Non sono una pianta!» una voce fioca e melodiosa sembrava provenire da sottoterra.

«Chi va la?!» esclamò James, saltando in piedi e guardandosi attorno. «Sei un fantasma?»

«No, sono una ragazza!» replicò. «Saresti così gentile da tirarmi fuori da questo maledetto strato di neve?»

Il giovane Grifondoro obbedì di malavoglia e quale fu la sua sorpresa nello scoprire l’identità della persona che aveva salvato da un assai triste destino. Violetta Baston. Lei, il suo unico grande amore non corrisposto. Lei, l’unica strega capace di resistere al suo fascino malandrino. Lei, la cui soave voce avrebbe saputo ridestare un morto a vita.

«Tu!» esclamò Violetta, voltandosi a guardare il volto del suo salvatore. Tremava come una foglia, bagnata fradicia da capo a piedi e senza uno straccio di indumento di lana.

«Io.» rispose James, riprendendo l’atteggiamento arrogante di sempre. «Chi ti aspettavi che fossi? Babbo Natale? Oppure una delle sue renne?»

Strano a dirsi, ma la sua interlocutrice scoppiò in una fragorosa risata. Forse a causa di tutto lo stress accumulato nelle ultime ore o perché dopotutto aveva sentito la mancanza di quel pallone gonfiato. James la avvolse nel suo mantello con fare premuroso e le porse il berretto.

E mentre i due Grifondoro si dirigevano verso il castello, Violetta ebbe modo di raccontargli a grandi linee ciò che stava succedendo e dunque il motivo per il quale si trovava lì.

«James, tu te ne intendi di Incanto Patronus?» chiese, non nutrendo però grandi speranze.

«Abbastanza. Ho imparato a evocare un Patronus proprio all’ultima lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Ma perché me lo chiedi?» disse.

«Per allontanare quel Dissennatore da Roxanne abbiamo pensato di imparare proprio quest’incantesimo. Tu per caso saresti in grado di insegnarmelo? Così potrei tornare dagli altri e spiegarlo anche a loro. Ti prego, non negarmi il tuo aiuto.»

Negarti il mio aiuto? Dovrei essere fuori di testa per farlo, angelo del mio cuore.

«Va bene, vediamo quello che si può fare.»

Detto questo, la prese per mano (lei non si ritrasse!) e la accompagnò in un’aula vuota. Poi afferrò la bacchetta con maestria ed enuncio: «Expecto Patronum!»

Un maestoso cervo fece la sua comparsa. Violetta ne rimase assolutamente affascinata e lo contemplò per qualche minuto con solenne attenzione.

«È magnifico, James! Oh, quanto vorrei essere capace di farlo anch’io!» disse in un sussurro.

Lui sorrise, fiero di ricevere un complimento dalla persona amata. «Entro la giornata anche tu sarai in grado di evocarne uno; sei una strega brillante, Violetta, quasi quanto me!»

Tanti furono i tentativi che seguirono. Dalla bacchetta della ragazza dapprima non fuoriuscì un bel niente, neanche uno sbuffo di vapore. Dopo un po’, ella fu in grado di evocare un Patronus non corporeo.

«Non ci siamo ancora. Dai, concentrati di più, Violetta!»

«Ci sto provando, ma non è così semplice!»

Finalmente, dopo ore e ore di duro allenamento, un elegante cigno prese a danzare intorno a colei che l’aveva evocato. Violetta esultò e in uno slancio di gioia fece per abbracciare James, quando si fermò. Forse non era il caso di illuderlo sino a quando non avesse fatto chiarezza sui proprio sentimenti. No, era meglio che rimanessero buoni amici. Così, gli strinse semplicemente la mano.

La delusione dipinta sul volto del ragazzo sarebbe stata palese a chiunque. Nonostante ciò, lui si complimentò per la riuscita dell’incantesimo, le augurò buon viaggio e buona fortuna; poi però se ne andò mogio, diretto nella Sala Comune di Grifondoro.

Violetta si rattristì un po’ e il suo Patronus cessò di esistere. Uscì fuori dal castello e iniziò a correre, per raggiungere i suoi amici, per salvare Roxanne dal Dissennatore, ma soprattutto per scacciare le lacrime che le rigavano il volto.


 

 Spazio autrice 

 Okay, siete liberi di cruciarmi, lanciarmi la maledizione più terribile di cui siete a conoscenza, schiantarmi e quant'altro. Il mio ritardo nel pubblicare questo undicesimo capitolo è stato a dir poco vergognoso, ne sono consapevole. Ben nove mesi di assenza... Eppure, eccomi qui. Non avrei potuto abbandonare la long a se stessa, ci sono troppo affezionata; e quando pochi giorni fa sono stata colta da un'improvvisa voglia di scrivere, il mio primo pensiero è andato a "Rose e Lily: wherever you go" e a voi, fedeli seguaci e recensori della storia. Spero che il capitolo vi piaccia. *___*
Come avrete potuto notare è diviso in tre parti: la prigionia di Roxanne e la brillante idea dei suoi amici; il duello fra Elinor e Lily; la corsa contro il tempo di Violetta e il suo incontro con James. La ragazza è ancora indecisa. E' innamorata di James o del fratello Albus? Voi che ne dite? Aspetto con ansia e trepidazione le vostre congetture. ^_^
E che dire dell'idea di Rose e dei suoi amici? Pensate che possa funzionare? Per non parlare del duello fra le due ragazzine del primo anno, agguerrite più che mai. Insomma, aspetto i vostri commenti, per i quali vi ringrazio in anticipo! ^^
Il prossimo capitolo arriverà presto, lo giuro sui Malandrini ù.ù E sarà ricco di novità e colpi di scena!
Bacioni
Gra Gra 96


 
 

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