Are you brave enough?

di Alyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sunday morning phone calls ***
Capitolo 2: *** Call me maybe ***
Capitolo 3: *** School ***
Capitolo 4: *** Always late ***
Capitolo 5: *** Please. Friends only. ***
Capitolo 6: *** Beasts and dogs ***
Capitolo 7: *** Louis everywhere, every time, always. ***
Capitolo 8: *** Somebody's me ***
Capitolo 9: *** A weird saturday ***
Capitolo 10: *** Hospital ***
Capitolo 11: *** A long day ***
Capitolo 12: *** Idiot ***
Capitolo 13: *** Is this a date? ***
Capitolo 14: *** Feeling guilty ***
Capitolo 15: *** Harry ***



Capitolo 1
*** Sunday morning phone calls ***


Are you brave enough?

Capitolo 1
Sunday morning phone calls 


Well, let me tell you a story
About a girl and a boy.
He fell in love with his best friend,
When she's around, he feels nothing but joy.
But she was already broken, and it made her blind.
But she could never believe that love would ever treat her right.
{Fall - Justin Bieber}
Bene, lasciate che vi racconti una storia
Di una ragazza e un ragazzo.
Lui si è innamorato della sua migliore amica,
Quando c'è lei, non sente altro che gioia.
Ma lei si era già rotta, e questo l'aveva resa cieca.
Ma non avrebbe mai potuto credere che l'amore l'avrebbe fatta star bene.








***


Il cellulare vibrò sul comodino.
Gemetti di sconforto mentre qualche secondo dopo partì a tutto volume la voce di Katy Perry.
Aprii un occhio e ringhiai contro il display che si illuminava a scatti, annunciandomi chi mi stesse chiamando.
Nella penombra di quella domenica mattina afferrai lo stupido aggeggio, sbadigliando.
-Alexis...- biascicai sapendo che fosse lei.
-Mil!
-Perchè, perché mi chiami a quest'ora di domenica?!- borbottai irritata lasciandomi cadere sul materasso e chiudendo gli occhi.
-Sono le 8.30 è tardissimo!
-È prestissimo! 
-Non puoi sempre dormire fino a mezzogiorno!
Sbadigliai di nuovo.
-Cosa vuoi, disperata?
-Mi devi accompagnare all'aeroporto!
-All'aeroporto?! - cominciavo a preoccuparmi. -Perché di grazia devi andare all'aeroporto?! Di domenica mattina?!
-Sono lì da te tra dieci minuti! 
La comunicazione si chiuse.
Io caddi sconfitta nel cuscino.
Dio, che sonno.

***

Afferrai le chiavi del motorino al volo, un biscotto per metà fuori dalla bocca e cercai disperatamente gli occhiali in borsa.
-Hiram!- urlai a mio fratello. -Esco! Torno dopo pranzo. 
Lo sentii appena imprecarmi contro.
Non ero l'unica a pretendere di dormire di domenica.
Hiram poi, era rientrato da chissàdove da tre ore, forse, e odiava essere disturbato.
Scossi la testa, infilandomi gli occhiali e uscii.
Scesi le scale due a due, e mi trovai in strada in un attimo.
Sbuffai e mi posai gli occhiali sulla testa.
Come al solito non c'era il sole.
Mi guardai intorno e scorsi Alexis correre verso di me, l'Imperial College dietro di lei e poco lontano Hide Park.
-Grazie!- urlò afferrando le chiavi che tenevo in mano.
Rimasi allibita, guardandola avviarsi verso il parcheggio degli studenti dell'Imperial College e infilando le chiavi nella serratura del bauletto del mio motorino.
La raggiunsi sbuffando e lei mi porse il casco di riserva. Ovviamente si era presa il mio. Come sempre.
-Sbrigati!- mi ordinò insistente. 
-Mi spieghi cosa andiamo a fare all'aeroporto a quest'ora?!- le chiesi soffocando uno sbadiglio.
-Siamo in un ritardo clamoroso!- mi ignorò lei.
-Pensavo avessi chiuso con il francese di internet...
-Non so di cosa tu stia parlando.- rispose senza guardarmi.
Nei mesi precedenti la mia migliore amica era entrata in palla con un francese che aveva conosciuto sul web, che la andava a trovare ogni fine settimana.
Pensavo fosse finita la tortura.
-Nemmeno io, Alex.- dissi riferendosi a tutto quel casino.
-Ti spiego tutto là. Ma ti prego, andiamo!- piagnucolò.
Sbuffando mi allacciai il casco e salii sul motorino.
Alexis mi imitò e una volta dietro di me mi scoccò una specie bacio, tirandomi una testata col casco.
-Ahi.
-Ti voglio bene.
-Io ti odio. E credo pure Hiram. Dovrai farti perdonare.
-Oh, come sta il mio fratellino?
Alexis e mio fratello erano come mentos e coca cola.
Quando ci si mettevano ero insopportabili. Cercavo di evitare di stare con loro quando erano insieme. Una volta erano stati pure fidanzati, ma si erano accorti che non funzionava.
Meglio esasperare Camille. Ovvero me.
Diedi gas e senza guardare mi immisi sulla strada. Alexis mi colpì nel braccio.
-Sconsiderata! Ma per questa volta ti perdono. Dai gas, Mil.
Odiavo quando mi chiamava così.

***

Sbuffai per la milionesima volta, soffocando uno sbadiglio. Poi però mi arrivò un'altra gomitata nelle costole. Gemetti.
Ecco perché aveva tanta fretta di andare all'aeroporto Alexis.
Due parole.
One Direction.
Ed ecco perché non me lo aveva detto: per quanto mi stessero simpatici quei tizi non avrei mai rinunciato alla mia dormita domenicana.
Un urlo mi trapanò il timpano destro. E non erano ancora arrivati.
-Camille, dai! Non fare quella faccia!- mi riprese al settimo cielo la mia migliore amica. I capelli lunghi vermigli le coprivano in parte le guance arrossate.
-Mi hai fatto correre fin qui per vedere questi tizi arrivare dall'America?!- le domandai allibita e seccata.
-Hanno appena finito il loro secondo tour! 
questa era la spiegazione?
-Chi se ne frega!- mi lamentai infatti. -Io volevo dormire!
-Ma anche a te piacciono!- tentò lei.
-Ho solo detto che non sono male, non che rinuncerei a dormire di domenica per loro! Non ti degneranno di uno sguardo! 
-Perché sei sempre così pessimista?!
-Sono realista è diverso.
Fui costretta a fare un passo avanti per evitare un'altra gomitata.
Gli urli raggiunsero limiti inumani quando i cinque ragazzi uscirono dal gate.
-Eccoli!- strillò Alexis tirandomi una gomitata.
Sbuffai mentre la calca mi spingeva verso di loro.
In tre secondi avevo la barra di ferro, che aveva il compito di tenerci lontane da loro, nello stomaco.
Alexis me l'avrebbe pagata cara.
Quello biondo -Niall o Liam?- venne incontro alle fan, le braccia aperte.
Improvvisamente sentii il cellulare dimenarsi in tasca. Ma perchè la gente ha il dono di chiamare nei momenti meno opportuni? 
Come una contorsionista lo afferrai e risposi.
-Mamma!
Non feci in tempo a sentire la sua voce che una gomitata fece volare il mio magnifico cellulare -troppo vecchio per gli standard previsti in quel periodo- aldilà della barra, chiudendo la chiamata.
-Alexis!- strillai allarmata realizzando che non avevo più in mano quell'aggeggio infernale. -Il mio cellulare!
Ma Alexis non c'era.
Infatti se l'era svignata cercando di guadagnarsi un abbraccio dal biondo. Mi sporsi in tutti i modi, cercando di afferrare il cellulare ma non ci arrivavo. Quando uno dei cinque cantanti -mi sfugge sempre il suo nome... quello che si veste sempre a righe.- si inginocchiò e lo prese.
Lo esaminò un attimo e premette qualche tasto.
-Oh no, non dargli il colpo di grazia!- pregai consapevole che nonostante tutto non sarebbe mai riuscito a sentirmi. 
Il ragazzo guardò nella folla divertito.
Poi vedendo la ragazza disperata in prima fila -sempre io, gente- , collegò e premendo ancora qualche tasto si avvicinò dalla mia parte. Le ragazzine dietro di me cominciarono a impazzire più di quanto non lo stessero facendo già.
Io lo implorai con lo sguardo.
-Per favore. 
Lui sorrise.
Constatai che aveva decisamente dei denti perfetti. Ovviamente gli aveva, tipo, avuti così dalla nascita mentre io ero stata costretta a una tortura più conosciuta come apparecchio per avere una bocca decente.
Gli sorrisi di rimando mentre mi porgeva il mio telefono.
-Immagino sia tuo.
Perspicace come una marmotta, il ragazzo.
-Mio Dio, grazie.- Sospirai, nonostante tutto, grata. -Credo di doverti la vita.
Mi guardò tra il confuso e il divertito, mentre le fan mi spappolavano contro la sbarra. Le avrei uccise tutte.
Feci per afferrare il mio telefono, sporgendomi un altro po', ma sentii lo stomaco farsi leggero e i piedi staccarsi da terra.
Il mondo girò e mi ritrovai penosamente rovesciata sul pavimento, ai piedi del ragazzo col mio cellulare. Dall'altro lato della barra.
Il riccio -Harry: questo lo conoscevo grazie ai discorsi di Alexis "Non esiste solo Harry! Il mio povero Niall è sottovalutato!" o qualcosa del genere.- si avvicinò dalla mia parte seguito dagli altri due, mentre il biondo era ancora intento ad abbracciare quante più fan possibili.
Alexis non si accorse di niente, troppo occupata ad ammirare il ragazzo-abbraccia-tutti.
Arrossii di botto quando il ragazzo col mio cellulare - non mi veniva il suo nome...- mi porse la mano per alzarmi.
Colpevole per la pessima figura bofonchiai un grazie appena in tempo, quando un bodyguard mi afferrò e mi portò via.
Cercai di riappropriarmi del mio cellulare alla svelta e lo strappai di malo modo al ragazzo.
-Scusa!- gli urlai mentre mi portavano via.
Dio, che figure.




(To be continued....)


















Angolo dell'Autrice:
Ehm, c'è qualcuno? *fromire di cicale*
Ok. Questo è ciò. 
È una cagata, ne sono perfettamente consapevole e non proprio originale. 
Più la leggo e meno mi convince, ma non tutti vomitiamo capolavori come Writ, quindi mi accontenterò. :3

È la mia prima long su di loro, come potete notare, e non avete idea di quanto mi sia impegnata per non farla cadere nella banalità. Anche se tanto so che lo farò più avanti. 

Non ho intenzione di farla troppo corta (per ora sto scrivendo il capitolo 15 e non è ancora successo niente di entusiasmante tra i due interessati che come potete capire sono Louis e Camille.) quindi se non vi piacciono le long troppo long, lasciate stare.
Non ho intenzione di farla finire bene. Ho già scritto l'ultimo capito e l'epilogo e non finisce bene. Quindi se non vi piacciono le tragedie (io le adooooro. Guardate Titanic, o Romeo e Giulietta...) lasciate stare.

Per chi mi seguiva su Essere una Mezzosangue è una faticaccia (Percy Jackson), sì sono stata molto fantasiosa con i nomi. xD se vi può consolare quando l'avevo iniziata non era nei miei programmi innamorarmi nel frattempo dei One Direction e di Louis in particolare. Quindi se la coppia centrale si chiama nello stesso modo è solo perché adoro il nome Camille. 

Il titolo viene dalla canzone di Katy Perry (non s'è notato che la adoro, credo. :3) Peacock: la canzone è una gran figata ma è piuttosto fraintendibile. Diciamo che io ho preso in prestito un pezzo di canzone senza voler lasciare trapelare nulla di sconcio. :)

Un'ultima cosa, poi vi lascio in pace e potete allegramente chiudere nel dimenticatoio questa cosa
Credo di aver trovato il modo di pubblicare anche senza computer. Ho cercato ovunque una app per l'Ipad che mi trasformi i testi in html; quindi se state leggendo vuol dire che ci sono riuscita. 
Il mio computer scacio è ancora dal dottore e avevo una specie di banner terribile salvato. 
Quando e se tornerà vivo, forse ve lo metterò. Ma fa schifo. Io non so fare i banner. (Se qualcuno si offre volontario non ho nessuuuuun problema. Ahah ❤) 

Il mese si prospetta complicato a scuola quindi non so quando pubblicherò ma cercherò di essere costante visti i capitoli già pronti. :D 

Ci terrei davvero tantissimo a una recensione anche piccola e schifosa, giusto per sapere se è il caso di prendere baracca e burattini e trasferirmi in Tanzania insieme agli gnu. ❤

Un bacione enorme a tutti e alla prossima! 
Alice :)








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Capitolo 2
*** Call me maybe ***


Are you brave enough?
Capitolo 2 
Call me maybe





Appoggiata al motorino aspettavo impaziente Alexis.
Controllai il telefono e notai con piacere che non aveva niente di rotto.
Chiamai mia mamma, dicendole che mi era caduto il cellulare e spiegandole che avevo accompagnato Alexis all'aeroporto per vedere la sua band preferita.
Riattaccai quando la chiamarono in ufficio, come sempre.
Io ormai vivevo negli appartamenti del College con mio fratello da due anni, ma mamma e papà erano rimasti a Edimburgo. E i nostri rapporti non erano dei migliori.
Afferrai la borsa per controllare che ci fosse il portafoglio, e mi scontrai nel pacchetto di sigarette di mio fratello.
Storsi il naso ma ne afferai una.
Non feci in tempo a cercare l'accendino che sentii Alexis urlare.
-Camille! Non ci crederai! Niall mi ha abbracciata!!
Io mi affrettai a rimettere la sigaretta in borsa.
-Tu mi devi la reputazione.- le borbottai, ignorando la sua eccitazione.
Mi guardò accigliata. -Perchè? Che è successo?
Le riassunsi in fretta la pessima figura.
Il cellulare ai piedi del ragazzo a righe, il volo aldilà della balaustra, il bodyguard che mi portava via.
Alexis mi fissò sconvolta.
-Dio. Mio. Louis ha toccato il tuo cellulare?! Ti ha aiutata ad alzarti?!
Io cercai di scusarmi. -Non l'ho fatto apposta! E si chiama Louis? Non me lo ricordavo.
La mia amica si portò le mani in faccia.
-Per tutti gli Harry nudi in giro per casa, avrei venduto mia madre per essere al tuo posto!
Harry... Che?
-Spero di non ever capito bene quel che hai detto, Alex. Sarebbe preoccupante...
Ovviamente non mi ascoltò.
-Metti sottovuoto il cellulare e non lavarti mai più la mano!
-Certo!- ironizzai. -Alex, sveglia! Sono ragazzi, non Dèi scesi in terra.
Mi guardò, assottigliando lo sguardo.
-Questo lo credi tu.
-Non fare la scema. E tieni. Mettiti il casco.
Lei fece finta di svenire.
-La mia migliore amica ha toccato la mano di Louis Tomlinson. Qualcuno mi tenga.
-Alexis...- la richiamai.
-Dio, non è che ti è scappata la mano sul culo? È una cosa fantabolante.
-Alexis! Smettila! E sai che non si dice più fantabolante compiuti i cinque anni, sì?
-Non sei stata molto attenta al suo lato B, vero?
Allora voleva la guerra.
-Se non la smetti non ti porto più da Starbucks...
-Arrivo!
La mia amica si infilò il casco in testa e salì dietro di me. In dieci secondi stavo partendo.
-Devo farti vedere delle foto di Louis da dietro, Mil...- mi disse mentre davo gas e staccavo i piedi dall'asfalto perennemente umido.
Scossi la testa.
Ancora non sapevo che quel cellulare sarebbe stata la mia rovina.

***

Un'ora dopo stavo rientrando a casa con Alexis al seguito che inveiva su Twitter dal cellulare con frasi come "@NiallOfficial: l'abbraccio più bello della mia vita'' o "Non farò più la doccia dopo il suo abbraccio" o ancora "Quella stupida della mia migliore amica è caduta ai piedi di Louis e lui l'ha aiutata ad alzarsi".
Appoggiai le chiavi sul tavolo appena dentro casa.
Andai in cucina per bere, ma la trovai occupata da Hiram in boxer che si sbaciucchiava con una biondina.
Feci dietro front e ridendomela sotto i baffi afferrai dalle sue mani il cellulare di Alexis facendole segno di stare zitta.
Mi fissò arrabbiata per averle fregato il cellulare ma curiosa.
Entrai nel suo account di Instagram e sporgendomi fotografai quell'arrapato di mio fratello mezzo nudo e la ragazza.
Poi entrai esultante.
-E questa, va su Instagram caro fratellone!
La coppia si staccò immediatamente 
-Camille fottiti. Non ci provare.- ringhiò sempre gentile mio fratello. Quanto mi stavo divertendo.
Gli sventolai il cellulare sotto il naso.
-Che paura.- lo canzonai.
Me lo strappò violentemente di mano e cancellò la foto.
-No!
Oh, pace. L'avrei sgamato un'altra volta, tanto.
-Hi! Come butta fratello?- questa era Alexis.
Sì, spesso si dà al rap quando lo vede.
La bionda intanto si tormentava le mani imbarazzata.
Aveva la stessa età di Hiram, quindi due anni in più di me, forse l'avevo vista a scuola.
Mi avvicinai a lei, trattenendomi dal saltellare.
-Ciao. Sono la sorella di Hi. Non ti preoccupare. Non l'avrei mai pubblicata quella foto. - Bugiarda.
Lei mi sorrise; i capelli biondi e lisci leggermente spettinati le arrivavano sopra le spalle e gli occhi marroni brillavano a causa del precedente imbarazzo.
Lei si avvicinò a Hiram che stava strapazzando la testa Alexis sotto il suo braccio e lo baciò in bocca.
Alex fece una faccia finta schifata.
-Ehi! Da qui sotto si vede tutto! Non ci tengo a vedere le vostre lingue in azione!- commentò, incastrata sotto il braccio di mio fratello.
-Ti chiamo dopo, Taylor.- le disse Hiram, lasciando Alexis.
Taylor. Che nome carino e dolce. Sprecata per quel troglodita del mio fratellino. Mi stava simpatica. Se non altro l'avrei salutata per strada. Non come quella stronza di Medison. O Ellie. O, come si chiamava quell'altra? Oh, Sonnie. No, forse Kayley.
-Alle 3 inizia il mio turno in radio, ma poi sono libera.- gli disse mentre usciva dalla cucina. 
Lavorava in radio? Figo.
Mio fratello, incurante di essere in boxer, la seguì dietro la porta.
Io scoppiai a ridere con Alex, consapevole che l'avesse analizzata esattamente come avevo fatto io. Ci divertivamo un casino. 
Sentimmo la porta sbattere mentre io mi avviavo a prendere l'acqua.
Avevo le lacrime agli occhi quando Hiram rientrò.
-Sei morta, Camille Jameson.- mi disse. Era inutile che disprezzasse così il mio nome. Fino a prova contraria anche lui faceva di cognome Jameson.
-Mmm, ti piace quella ragazza eh?- chiesi maliziosa adocchiando le sue mutande rigonfie, mentre si affrettava a mettersi i pantaloni.
-Ti odio. Avevi detto che tornavi dopo pranzo.- si lamentò mentre Alexis rideva istericamente dietro di lui.
Alzai le spalle. -Ho fatto prima di quanto pensassi.
-Dove siete state? Ah, Al con te finisco dopo...
La mia amica si nascose dietro i suoi capelli rossi, gli occhi lucidi di lacrime.
-La tua sorella adottiva, mi ha svegliata per andare ad accogliere i One Direction all'aeroporto...
-Dio, Alex. Alle 8.30 del mattino?!- commentò tirandosi su la cerniera dei pantaloni leggermente in difficoltà.
-Arrivavano alle 10...- pigolò lei andando a rifugiarsi nel petto di mio fratello.
Lui rise, abbracciandola.
-La prossima volta dì alla tua amica di non disturbare anche me, eh?
Ah ecco. Già perdonata? 
Lei alzò la testa verso il viso di mio fratello -era più bassa di lui di una ventina di centimetri- e gli sorrise.
-Certo!
E lo baciò.
Sì, in bocca. Tranquillamente.
Lo facevano sempre. Ormai ci ero abituata.
Dicono di essere come fratelli ma io non lo bacerei mai in bocca, Hiram.
Rabbrividii al pensiero.
Mi appoggiai al vano del lavandino, mangiucchiando un'albicocca.
-Non se la prenderà Taylor se vai in giro a baciare in bocca la mia migliore amica?- chiesi.
Hiram si strinse nelle spalle, Alexis ancora abbracciata al suo petto nudo.
-Nah, è una cosa normale...-commentò.
-No, Hi. Due amici non si baciano così!
I due non mi ascoltarono e corsero in salotto per una partita alla PlayStation.
Alzai gli occhi al cielo e prendendo una pentola, misi su l'acqua a scaldare.
Coma al solito toccava a me fare pranzo.
Dopo aver apparecchiato la tavola e buttato la pasta, presi in mano il mio cellulare e scorsi la rubrica per controllare il numero della pizza d'asporto.
Quella sera non avevo intenzione di starmene ai fornelli.
Ero andata così veloce che quasi non me ne accorsi.
Ma c'era un nuovo numero nella lista.
Aggrottai le sopracciglia leggendo il nome salvato.
Alexis mi avrebbe ammazzata.

***

-Voi due, mettete a posto la cucina, vado fuori!- urlai a Hi e Alex.
Non attesi la loro risposta e sbattei la porta dietro di me, rigirandomi ancora il cellulare tra le mani.
Cosa dovevo fare? Cosa voleva che facessi quello là? Lasciava il suo numero a tutte le fan a cui prendeva il cellulare?
Esatto gente, il mio nuovo contatto nella rubrica era Louis.
Passando di fronte a Starbucks presi al volo il solito enorme bicchiere di Strawberry Smoothie e proseguii entrando a Hyde Park. Mi diressi verso Round Pond e mi fermai solo quando fui sulla riva. Mi misi a sedere e aspirai dalla cannuccia un altro sorso di frullato. Poi afferrai il cellulare. Lo guardai per alcuni minuti, poi premetti il pulsante di chiamata.
Suonò libero.
Attesi, sperando fosse tutto uno scherzo di Alexis e che mi avrebbe risposto lei.
Ma non fu così.
Al quinto squillo andato a vuoto una voce maschile rispose.
-Pronto?- domandò.
Io non seppi bene cosa dire. 
Cercai nel mio cervello delle risposte intelligenti ma tutto quelle che venne fuori fu un -Pronto.
-Chi è?- chiese.
Non c'erano dubbi. Era lui.
-Cam..- mi bloccai. Lui non sapeva il mio nome. Stupido. -La ragazza del cellulare.- dissi allora semplicemente.
Lo sentii ridere.
-Ciao ragazza del cellulare.
Che dire?
-Ciao ragazzo del cellulare.
Mi diedi della stupida un secondo più tardi. No, di certo la fantasia non è una delle mie migliori qualità. No
Lui rise ancora.
-Hai intenzione di copiarmi per tutta la telefonata?
Risi. -Non credo. Anche perché non durerà a lungo. A meno che non vorrai pagare tu i debiti che avrò con mio fratello se finisco di già il credito del telefono.
Un'altra risata. Ero così divertente?
-Dimmi Cam, Ryan ti ha trattata troppo male?
Aggrottai le sopracciglia. Cosa diavolo stava dicendo?
-Mi chiamo Camille. Non Cam.- lo corressi, pensando che mi avesse chiamata così per il mio errore all'inizio. -E chi è Ryan?
-Bel nome, Camille.
-Grazie. Chi è Ryan?
-Lo sai che milioni di ragazze al posto tuo si sarebbero messe a strillare per un complimento come quello?
Mi riscossi, vergognandomi.
-Scusa.
Lui rise di nuovo.
-Ryan è il nostro Bodyguard. 
-Ah, lui. No, è stato molto chiaro. 
Lo sentii trattenere l'ennesima risata.
-In che senso?
-Oh be', il suo discorso alla "se ti avvicini a loro un'altra volta te la vedrai col mio mitra nascosto nel taschino della giacca" è stato molto convincente. Credo si meriti un aumento...
-Ne terrò conto...
-No, davvero. È un'ottima guardia.
Dopo la sua risata scese il silenzio.
Sentii un clacson suonare ripetutamente dall'altra parte del cellulare.
-Che ci facevi lì, Camille?
Non mi aspettavo quella domanda.
-Be'... Vi aspettavo.
-Non sapevi nemmeno il mio nome.
-Non è vero!
Huston! Abbia un problema, precipitiamo, precipitiamo! Colpiti e affondati! Tombola! Bingo! Scopa! Tris! Strike!
-Oh sì. - rise. -Non urlavi niente a differenza delle nostre fan.
Sbuffai. 
-Va bene.- mi arresi. -Mi hai scoperta. Ero lì perché accompagnavo una mia amica. Però vi conoscevo. Solo non sono una delle fan più accanite.
-Eri in prima fila...
-Mi ci ha portato Alexis con l'inganno.
-Alexis? 
Mi stupì quella domanda.
-Sì. Alexis. È la mia migliore amica. È rossa, ha gli occhi azzurri ed è una pazza psicopatica, fanatica del tuo gruppo, con istinti suicidi/omicidi appena fate qualcosa. Cantate? OhDio! Parlate? La Madonna! Ridete? Sia lodato il Signore! Vi scaccolate? Insieme rendiamo grazie.
Scoppiò a ridere. Grazie, grazie, modestamente potrei fare la comica. Afferrai il bicchiere e per poco non mi accecai con la cannuccia.
-Cosa fai domani?
Quasi mi strozzai col frullato.
-Perché?!- gracchiai.
-Mi piacerebbe rivederti.
-Perché?
-Mi hai incuriosito.
Qui gatta ci cova. Che poi, i gatti con covano. Forse ho sbagliato qualcosa.
-Sono al College. Fino alla cinque.
-Quale College frequenti?
Risi.
-Perché dovrei dirtelo?
Mi imitò e rise pure lui. Rideva sempre quel ragazzo. Non diventava irritante dopo un po'?
-Curiosità.
-Non ci credo.
Stette un attimo in silenzio.
-Non vuoi rivedermi?- chiese.
Spalancai la bocca.
-Non... Tu... Tu sei famoso. Non hai tempo per fare il ragazzo normale.
Mi parve di vedere la sua bocca perfetta sorridere.
-Questo chi te l'ha detto?
Mi feci seria. Ok, adesso basta. Era stato divertente ma la situazione stava precipitando.
 -Smettila Louis. Non sono scema. Ho vent'anni. So come è fatta la vita.
-È solo un piccolo appuntamento.
Sbuffai.
-Proprio per questo. Per te è solo un piccolo appuntamento. Per me è tempo, illusioni e bugie.
-Perchè dici così?
Sospirai.
-Perchè hai scritto il tuo numero sul mio cellulare?
Non lo feci rispondere.
-Perché ti ho intrigato, ecco perchè. Ti sono sembrata interessante e una facile. Una ragazzina con cui giocare un po'. Mi dispiace deluderti, ma non lo sono. Sto sudando per guadagarmi un posto nella società. Ho i miei amici, i miei impegni, la mia vita. Tu sei irraggiungibile per me. Quindi, per favore, richiamami solo quando e se avrai capito quello che sono. Se no non farlo affatto. Cancellerò il tuo numero tra tre giorni così non ci sarà il pericolo che qualche fan undicenne eccitata ti chiami nel cuore della notte proponendoti un appuntamento a luci rosse. 
-Mi stai dicendo di no perché sei fidanzata?- chiese amareggiato.
Scossi la testa.
-Ciao Louis.
Riattaccai.
Mi sentii un po' cattiva per quello che avevo detto, ma avevo bisogno di concentrarmi sulla scuola.
Non potevo permettermi inutili distrazioni. È un cantante di fama mondiali, rientrava eccome nell'insieme matematico di Inutili Distrazioni.



(To be continued...)











Angolo dell'Autrice:
Salve Popolo di Fantasmi!
No, sul serio. 
EFP ultimamente è abitato da spiriti/spettri/ombre, vedetela come vi pare. 
Una volta era tutto molto più divertente, figo e sovraffollato. O sbaglio?

Comunque, davvero gente, devo fare qualcosa per la mia fantasia perché ha raggiunti limiti imbarazzanti.

Bando alle ciance, sono sopravvissuta a questa prima settimana di scuola e ho una domanda: quando iniziano le prossime vacanze?
Serio, non la sopporto già più.
L'avevo detto io che Natale mi avrebbe assorbito tutta quella poca voglia di studiare che avevo. E non che ne avessi un granché.

Devo parlare della storia però. 
Allora una cosa importante: il nome Taylor.
Vi giuro che non l'ho fatto apposta. Questa storia esiste dall'estate scorsa e la tipa l'avevo chiamata così proprio in onore della Swift che, nonostante non sia una sua fan, adoro. Proprio perché non avrei mai pensato che potesse impicciarsi coi One Direction. E ringraziate il cielo che è finita fidanzata del fratello e non di Harry perché avevo avuto una mezza idea. Ditemi voi se non sono una veggente... Ahahah. xD
Comunque non è che sarà un personaggio di straordinaria importanza quindi...

Ringrazio le 4 recensioni :3 Writer96, Trich (Pfff, se tu chiami quella una recensione...), TheOnlyWay e The_OwL_Gandalf (cacchio mi hai scoperta subito. Arg.)
Grazie davvero mille gente. :D

Credo che prenderò ad aggiornare di domenica, quindi a domenica prossima. :)

Qui c'è il mio Twitter e Ask. Per sicurezza. Ahahah. 

Ciao ciao! ❤
Alice




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Capitolo 3
*** School ***




*Il mio banner figherrimo si muoooove! Siete gelosissime perché io ho un'amica figa come Writer96 che è un piccolo genio incompreso e fa queste cose impossibili. ❤ Grazie un milione, Vì. Questo capitolo è tutto per te.*

Are you brave enough?

Capitolo 3
School 



Scesi di corsa le scale di camera mia, afferrando il cappotto dal corrimano -non so esattamente perché fosse finito lì.- e per poco non ruzzolai di sotto.
-Hiram!- urlai. -Hiram muoviti! Siamo in ritardo!
Mio fratello uscì tranquillamente da camera sua e si sporse dalle scale.
Aveva i pantaloni neri slacciati, la camicia bianca stropicciata fuori dalle braghe e la cravatta a penzoloni sulle spalle.
-Hi! Muoviti!- lo esortai mentre mi chinavo ad allacciami la scarpetta della divisa.
La gonna nera mi arrivava alle ginocchia, la camicia stirata di fretta mi stava leggermente stretta nonostante il mio seno piccolo e stavo per entrare nel panico più totale. Come tutte le mattine.
-Sorella, calmati.
Davvero, davvero molto di aiuto mio fratello.
-Hiram! Le lezioni iniziano tra dieci minuti! Sbrigati!
Mi raccolsi velocemente i lunghi capelli castani in una coda alta. Hiram mi venne quasi addosso.
Lo fermai, lo girai verso di me prendendolo per le spalle e gli annodai la cravatta.
Finii di allacciargli l'ultimo bottone della camicia e, con fatica, gli chiusi la cerniera dei pantaloni.
-Dio, Hiram. Il tuo amico del piano di sotto è più sveglio di te!- protestai passandogli una mano nei capelli alzandomi leggermente sulle punte.
C'era poco da dire. Mio fratello era bello. Ci avevo messo solo 19 anni per accettarlo.
Aveva i capelli scuri, neri, leggermente lunghi e sempre spettinati.
Era altro, quasi dieci centimetri più di me, -fiera nel mio abbondante metro e settantacinque- e gli occhi azzurri brillavano birichini sotto i ciuffi ribelli.
Gli sbattei in pancia la sua tracolla mentre sghignazzava per il mio commento di poco prima.
-Siamo in ritardo!
Lui sbuffò.
Lo buttai fuori di casa, seguendolo poco dopo e girando due volte la chiave nella serratura.
Corsi giù per le scale, Hiram poco dietro di me che ciacciava nella tracolla e attraversammo di corsa la strada verso il college.
-Cami, hai un accendino?
Hi aveva afferrato una sigaretta. Mi strinsi la borsa addosso.
-Sai che non fumo.
Anche se ne avevo nella borsa. Erano di Hiram, lo giuro. 
-Dai, dammi l'accendino.
Corsi verso l'entrata dell'Imperial College, ignorando la sua richiesta.
-Ciao Hi! Ci vediamo a casa! Finisco alle 5!
-Ehi! Camille, dai! L'accendino!
Non lo ascoltai e lo seminai sulla rampa di scale.
Non feci in tempo a girarmi e ammirare dall'alto la sua faccia da ebete.
La campanella suonò.

***

Mi sedetti esausta al tavolo di Alexis a mensa.
Quella sbobba plastificata e insapore era orribile.
E dopo due anni non avevano ancora capito che ero vegetariana.
Feci scivolare il mio pollo nel piatto di Alexis che lo guardò disgustata e a sua volta si sporse verso il cestino.
I nostri polli scivolarono nella spazzatura.
-Mil! Ehi! Dove sei stata poi ieri?- biascicò Alexis ingoiando una patata.
Quando ero rientrata, dopo la telefonata con Louis la mia amica era già rientrata nel suo appartamento.
Quella mattina non avevamo avuto lezioni comuni, quindi era la prima volta che ci vedevamo dal pomeriggio precedente.
E ovviamente avevo evitato di dirle che uno dei suoi idoli mi aveva lasciato il suo numero di cellulare.
Mi strinsi nelle spalle giocando con una zucchina.
Avevo la nausea.
-Ho fatto un giro nel parco.
La mia amica assottigliò gli occhi. -Mmh, mi stai nascondendo qualcosa.
Ero proprio una pessima attrice.
Mi si tappò lo stomaco più di quanto non li fosse già, così feci cadere la mia forchetta e ciacciai nella borsa alla ricerca delle miei pillole contro il mal di stomaco.
-Sono solo agitata per la settimana prossima. Quell'arpia di storia mi interroga  su mezzo programma.- improvvisai.
-Sai che non ti credo.
-E allora perché mi chiedi cose su cui sai che ti mentirò?- commentai ingoiando la medicina.
Alexis non si diede per vinta.
-Scoprirò cosa mi nascondi...
-Allora mi anticipi le domande di storia?
Un ragazzo che ci chiese se volevamo comprare il giornalino scolastico, distrasse la mia amica.
Appena se ne fu andato ne approfittai per cambiare discorso.
-Hiram mi ha detto che sei andata a casa di corsa ieri. Un altro appuntamento?
Lei fece una smorfia.
-Sì.
-Chi era?
-Un mio compagno di spagnolo...
-Mmh, interessante. Come è andata?
-Devo dirti che a letto non è affatto male. Ha degli addominali...
-Alexis!- arrossii fino alla punta dei capelli. 
Come faceva a parlare così delle sue esperienze notturne davanti a tutta la mensa?
Lei si strinse nelle spalle inforcando una patata.
-Me l'hai chiesto tu! Comunque alla fine se n'è andato all'alba. Come sempre.
Sbuffai. -Sei tu che non cerchi delle relazioni normali.
Non riusciva a tenersi un ragazzo nemmeno se lo incollava al materasso.
Eppure era bella.
I capelli lunghi rossi, le facevano risaltare il viso spruzzato di lentiggini e gli occhi azzurri, puri come l'acqua. 
Aveva delle gambe favolose e non era messa male nemmeno a petto.
Aveva un seno grazioso, proporzionato al suo corpo snello.
Fece per ribattere ma la campanella la interruppe.
Adocchiai il mio orario.
-Io ho un'ora buca, adesso. Tu che fai?
-Mmh, ho Filosofia. Ci vediamo dopo a...?
-Biologia.
-A dopo Mil.
-Smettila di chiamarmi in quel modo!- protestai.
Lei si alzò e si incamminò verso l'uscita. -Scoprirò il tuo segreto, Mil!- urlò attirando l'attenzione di alcuni ragazzi dell'ultimo anno.
Si rivolse ai curiosi. -Ciao belli!
Scoppiai a ridere: mi fermai solo quando sentii Katy Perry urlare nella mia borsa.
Mi affrettai a uscire nel corridoio. La mensa era il luogo migliore per far sapere tutte le tue telefonate a tutti.
Anche il corridoio era ottimo, ma quando gli studenti erano di fretta -come in quel momento- nessuno si fermava a origliare.
Afferrai il cellulare mentre Katy iniziava il ritornello di Hot 'n Cold e aprii la comunicazione distrattamente, guardandomi intorno.
-Pronto?- chiesi.
-Non penserai di avermi spaventato col discorso di ieri, vero?
Per poco non mi venne un infarto.
-Louis! Perché mi hai chiamata?!
-Avevo voglia di sentirti.
-Ti avevo detto di smetterla!- puntualizzai. -E poi sono a scuola.
-Ma mi hai risposto.
Esitai. Non potevo dirgli che avevo ora buca. Mi avrebbe intrattenuta per i seguenti sessanta minuti.
-Sono in bagno.
-Stai mentendo.
-No.- cercai di rimediare. -Sono in bagno.
Lui rise.
-Certo. E cosa stai facendo?
Sbuffai. -Cosa fa di solito uno in bagno?
-A parte mast...
-Non pensarlo nemmeno.- lo interruppi in tempo.
L'ultima cosa che volevo era flirtare al telefono con quel tizio.
-Ti da' noia se dico mastur...
-Louis! Smettila.
-Ti da' noia?- insistette fastidioso.
-Sì. Mi da' noia. Adesso smettila. 
Lui rise. 
-Andiamo, Camille. So che non sei in bagno. E che non ti da noia la parola...
-Louis. Se lo dici riattacco.
-...che descrive la pratica sessuale consistente nel manipolare i proprio genitali per raggiungere l'orgasmo, quindi...
Feci una smorfia di disgusto.
-Ti sei bevuto un vocabolario?
-Quando ero piccolo. Obelix è caduto nel paiolo della pozione magica di Panomarix, io invece mi sono ingoiato un dizionario.
Trattenni una risatina. -Smettila.
-Lo so che ti ho fatto ridere.
-No.
-.
-Ho detto di no.
Non sentii quello che disse dopo.
Alexis comparve da infondo al corridoio, la borsa a tracolla.
-Ti devo lasciare! Non richiamarmi!
Chiusi la telefonata.
Alexis mi guardò stranita.
-Che succede? Chi era la telefono?
-Mio padre. Voleva sapere se Hiram ... sta studiando. Per l'esame di fisica... della prossima settimana.
Davvero, dovevo proprio prendere delle lezioni di recitazione.
Alexis mi guardò con sufficienza.
-Certo. 
Sorrisi tesa.
Armeggiai un secondo col cellulare, cancellai la cronologia e misi il silenzioso. Poi lo infilai nella borsa.
-Perchè sei ancora qui?
Lei continuava a guardami sospetta. 
-Dovevo andare in bagno...
Sentii il cellulare vibrare fastidioso nella borsa. Quel ragazzo era di marmo. Non capiva un'acca di quello che gli si diceva.
-Va bene. Ci vediamo dopo.
-Dove vai?
-A... A fare un giro. Ho caldo. Prendi il posto a biologia.- mi raccomandai avviandomi all'uscita.
-Camille...
-A dopo!
Me ne andai, lasciandola lì. Da sola.
Imbambolata.
Confusa.
Sapevo che presto avrebbe escogitato qualcosa con Hiram. Per farmi confessare.

***

-Dio, non capisci proprio niente!- sbottai aprendo la comunicazione del cellulare mentre scendevo di corsa le scale dell'uscita. -Ti avevo detto di non richiamare!
-Non mi avevi dato una spiegazione logica.
Sbuffai. La stupidità di quell'essere raggiungeva limiti disumani. -Non potevo parlare.
-Era arrivato qualcuno?
Esitai un momento. -Sì.
-Chi?
-Perchè dovrei dirtelo?- domandai appoggiandomi al muretto dell'istituto. Mi passò accanto un taxi.
-Sono curioso.
-Ti terrai la curiosità.
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale pensai si fosse arreso e stesse per mandarmi al diavolo per sempre.
-Ti danno il permesso di uscire da scuola durante le lezioni?
Inizialmente non capii quel che voleva dire, poi mi diedi della stupida. Si sentiva benissimo il traffico della strada. Addio alla mia tranquilla ora di buca.
Sospirai, consapevole di essermi fregata da sola.
-Ho un'ora di buca.
Mi parve di vederlo ghignare. -Andiamo. Dimmi il nome del tuo college.
Ancora questa storia? -No.
-Dai.
-Ti ho detto di no.
Si fece silenzioso, immagino stesse cercando un modo per incastrarmi.
-Il tuo cognome?
-Perchè?- ero confusa. Poteva accedere in qualche modo ai miei dati personali?
-Non ti fidi di me?
-Ovvio che no. Perchè dovrei? Ti ho visto per tre minuti, a farla lunga, in tutta la mia vita. E non hai proprio una reputazione da santarellino.
-Se ti passo Liam, lo dici?
-No.
Ancora qualche secondo di silenzio. Mi scappò un sorriso immaginandomelo mentre cercava in tutti modi di trovare un modo per fregarmi. Cosa che non avrei mai permesso. Per quanto mi stesse simpatico.
Perchè sì. Non era male. Cantava bene, era simpatico, faceva ridere. Se fosse stato una persona normale sarebbe pure andato bene.
-Va bene, hai vinto tu. Almeno mi dici il tuo Twitter?- riprese allora.            
Sospettai che ci fosse sotto qualcosa, ma per quanto mi sforzassi non trovai nessun dato che avrebbe potuto localizzarmi.
Glielo borbottai confusa. Intanto pensavo di essere sicura che presto si sarebbe stancato di me.
Lo sentiti battere sulla tastiera.
Louis rise. -Molto probabilmente milioni di fan adesso ti...
-Non voglio sapere cosa faranno.- pigolai. Come prevedibile non mi calcolò.
-...ti invidieranno a morte.
Sospirai. -Che dispiacere.
Il ragazzo rise di gusto.
Mi scappò un altro sorriso -era contagioso quando rideva.- poi mi riscossi. Avevo detto niente distrazioni.
-Devo andare.- sbottai.
Si zittì bruscamente. -Perchè? Non è ancora passata un'ora...
-Devo andare.- ripetei più convinta.
-A che ora finisci?
-Non ti deve interessare.
-Ma perchè sei così sospettosa?- sbuffò seccato.
-Io, non ti conosco. Tu, non mi conosci. Smettiamola.
-Ancora questa storia?
Ero stufa. Sbuffai. -Non richiamare.
Riattaccai.

***

Quando l'ultima ora finì, ero distrutta. Il lunedì era sempre devastante.
Mentre percorrevo il corridoio principale, quasi vuoto a quell'ora tarda, controllai il cellulare.
7 chiamate perse.
3 nuovi messaggi.
Lessi quello di Alexis. Era uscita prima di me. Le occorreva aiuto per economia. Come al solito.
Scoprii che due delle chiamate erano sue. Le altre di Louis. E anche gli altri sms. Lessi velocemente poi mi affrettai a cancellarli. Non era raro che Alexis mi leggesse i messaggi. E non volevo rischiare.
Il primo diceva 

Sei davvero testarda. Ma non mi arrendo così facilmente. L.
                                                                                                           

Il secondo un semplice

Ci vediamo presto. L.

Sbuffai non cercando nemmeno di interpretarli.
Non l'avessi mai fatto.
Uscii dalla porta principale, per ultima come al solito. Mi immersi nella mia borsa cercando le chiavi di casa, che avrei dovuto aprire dopo poco.
Andai a sbattere contro qualcuno, che mi prese per le spalle.
-Ciao Camille.
Dio, perchè quella voce?!



(To be continued...)















Angolo dell'Autrice:
Ebbene sono qui puntuale come un orologio svizzero (?)
A parte il piccolo attimo di panico quando ho scoperto di non avere idea di come mettere il figherrimo banner di Writ (inchiniamoci davanti alla tanta pazienza di TheOnlyWay che mi ha salvata) visto che senza computer mi arrangio col tablet, sono sana e salva. Giusto un attimo assonnata ma viva. 
Avete visto: si muoooooove! (Sono più eccitata di una bambina a Natale.) Il mio banner si muooooove. :')
Writer96 ti sarò riconoscente a vita ❤
È stata proprio brava, vero gente? :3 Si muoooooove :D

Adesso torno seria. Allora. Il capitolo. 
È piuttosto striminzito e scracio, e più lo leggo più non mi convince, quindi non lo rileggo più che è meglio. Ahahah. 
No, dai. Poi migliora ve lo prometto :)

Ringrazio di cuore le fantastiche 5 recensioni (adesso vi rispondo eh. Ahaha) Writer96, WaitForIt, Trich, The_OwL_Gandalf e _had2bu. 
Grazie grazie grazie :') 

A domenica prossima, gente. (Se sopravvivo a questa settimana infernale di scuola... D:)
Ciao ciao :)
Alice 











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Capitolo 4
*** Always late ***





Are you brave enough?

Capitolo 4
Always late
  




Alzai cauta lo sguardo anche se sapevo già chi trovarmi davanti.
Tuttavia la memoria mi ingannò.
Per prepararmi ad avere Louis Tomlinson, a pochi centimetri dal viso, all'entrata di scuola, non sarebbe bastato tutto il preavviso del mondo.
Da così vicino era più bello. Gli occhi chiari sembravano giocare.
Mi imposi di riscuotermi. Si prendevano gioco di me.
-Che ci fai qui?!- sibilai allontanandolo spingendo le mani sul suo petto e guardandomi intorno aspettandomi il peggio.
Ma non c'era nessuno.
Ne' i paparazzi, ne' i miei compagni, ne' Alexis -quella che mi preoccupava di più.
-Come hai fatto a trovarmi?!- sbottai ringhiando contro al ragazzo.
Quasi mi dispiacque. 
Scherzavo.
Louis ghignò. -È stato facile. Dal tuo Twitter sono risalito all'Instagram della tua migliore amica Alexis -a proposito è davvero carina- e in un batter d'occhio grazie al Geotag ho scoperto la sua posizione. E di conseguenza la tua.
La mia mascella avrebbe toccato terra se non fossi stata troppo impegnata a ringhiare.
Non ci sarei mai arrivata da sola! Come aveva fatto lui?! 
Ed accidenti ad Alexis che usa sempre il Geotag! 
-Ti odio.- riuscii solo a sibilare.
-L'odio nasconde l'amore, sai?
Irritata lo accerchiai e proseguii verso casa.
Era talmente arrabbiata, stupita e confusa che non mi venne nemmeno in mente che in quel modo gli avrei detto anzi, fatto addirittura vedere dove abitavo.
-Vieni a fare un giro?- mi chiese.
Ma io stetti in silenzio. Attraversai la strada, seguita a ruota da lui.
Trovai la porta dell'appartamento spalancata e Martha, la portiera, che spazzava le scale condominiali.
Entrai, illudendomi che il ragazzo dietro di me avrebbe avuto un briciolo di amor proprio ed educazione e che non sarebbe entrato.
Dio, quanto mi sbagliavo.
Feci le solite quattro rampe di scale, di corsa. Infilai le chiavi nella toppa e girai. Due giri, come quella mattina. Hiram non era rientrato.
Accidenti a lui.
Corsi dentro e feci per chiudere la porta. Louis scattò e infilò il piede tra la porta e il muro, facendola rimbalzare contro la sua scarpa.
Lo fulminai con lo sguardo.
-Non mi inviti nemmeno ad entrare?
-No.
-Dai, non essere maleducata.
-Non sei il benvenuto.
Louis rise.
Fece pressione sulla porta ed entrò tranquillamente incurante di quel che continuavo ad urlargli contro.
Mi tappò la bocca con la mano.
-Smettila di urlare. Se continui così potrebbero pensare che ti stia dando alla pazza gioia o che ti stiano violentando.
Girai la testa di scatto e mi diressi in cucina.
Aprii il frigo violentemente e presi l'acqua.
-Andiamo, non arrabbiarti, anche se sei tremendamente carina quando sei arrabbiata...
Gli rovesciai in faccia la bevanda.
Dopo un attimo di stupore mi afferrò il polso e si avvicinò pericolosamente a me.
Riuscii a sentire il suo profumo e il suo respiro.
Eravamo alti uguali, forse ero poco più bassa di qualche centimetro, ma mi sembrò che mi stesse sovrastando.
-Calmati Camille.- ordinò.
Sbuffai ma abbassai lo sguardo.
Mi dimenai ma lui non mi lasciò. Anzi. Strinse la presa e mi fece indietreggiare fino a spingermi contro il frigorifero, tra la superficie gelata e il suo corpo.
Arrossii per tutta quella vicinanza. Ero terribilmente in imbarazzo.
Sentii la chiave girare nella toppa.
-Oh no!- imprecai.
Lo spinsi via.
-No, no, no! Louis nasconditi!
-Perchè?
-Fallo!
-Dove!?
Mi guardai intorno freneticamente, poi aprii la porta finestra della cucina.
-Vai fuori! Sul terrazzo. Non farti vedere, ne' sentire. Sbatto fuori mio fratello il prima possibile.
Lui stranamente obbedì. Richiusi le porte in tempo, mentre Hiram compariva sulla soglia della cucina.
-Ciao sorellina. Tutto bene?
Feci finta di armeggiare con la porta,
-Sì. Tutto bene. Avevo caldo.
In effetti mi sentivo le guance in fiamme ma non era di certo la temperatura la causa.
-Va bene. Io vado in camera. Taylor arriva tra dieci minuti. Le apri tu? Io faccio la doccia.
Annuii. -Certo. Certo.
Mi fissò stranito.
-Che hai? Anche Alex mi ha detto che sei strana...
-Sono solo tesa. Per la scuola.
-Mmh.- Hiram mi fissò dubbioso. -Certo come no. Ne parliamo dopo. Ho davvero bisogno di una doccia!
Hiram sparì di corsa su per le scale, con la delicatezza di un elefante zoppo.
Aspettai ancora un attimo poi aprii le porte finestre.
-Tomlinson! Corri!
Lui mi raggiunse tranquillamente. -Bel terrazzo...
-Zitto. Vieni. Devi uscire subito. La fidanzata di mio fratello arriva tra pochi minuti.
-Ma io...
-No
-Volevo parlare con te.
Sospirai. -Non posso. Non possiamo.
-Ma perchè...?!
-Vattene ora, Louis! Subito!
Corsi verso la porta. Appena sentii il getto della doccia scendere e Hiram che cantava -neppure male-, aprii l'ingresso.
-Scendi le scale. Gira a sinistra, tutto diritto e sei in Hyde Park. La strada la sai da te. 
-Quando potrò parlarti?
Quel ragazzo era testardo come un lama. O era come un mulo?
-Immagino che se ti dico mai, mi tormenterai a vita vero?
Lui sorrise. -Esatto.
Mi grattai il collo.
-Domani alle tre meno un quarto al Albert Memorial, a Hyde Park. 
Fece una smorfia. -Che brutto orario.
-Alle tre e mezzo comincio il mio turno di lavoro, Louis. Sii puntuale.- raccomandai.
-Dove lavori?
-Non fare domande alle quali sai che non ti risponderò.
Lui sbuffò divertito. -Ci vediamo lì. Domani.
Si sporse verso di me e poggiò un leggerissimo bacio sulla guancia cogliendomi di sorpresa.
Arrossii e tentai di borbottare un -Questo non era autorizzato!- mentre lui sorrideva e usciva da casa mia.
Chiusi la porta. Dio, quanto lo odiavo.
L'odio nasconde l'amore, sai?

***

Avevo appena finito di mettere i tre piatti per la cena, per me, Hiram e Taylor quando il campanello suonò. Corsi ad aprire adocchiando l'acqua sul fornello che stava per bollire.
Alexis.
-Ciao sorellaaaa! Dov'è il mio Hi?
Sbuffai. -Scommetto che rimani a cena.
-Grazie per avermi invitata!- disse sinceramente contenta. -Hi?
Alzai gli occhi al cielo, divertita.
-È in camera. Ferma qui! Dove vai?! È con Taylor.- dissi afferrandola per il polso.
Lei ghignò.
-Motivo in più per salire da lui, no?
Si dimenò dalla mia presa e corse su per le scale.
Io me ne tornai in cucina, aggiungendo un altro piatto e un'altra porzione di spaghetti.
Sentii Taylor lanciare un urlo, mentre impostavo il timer per la pasta, e Hi far cadere qualche Dio sconosciuto dal cielo.
Poi mi misi a sedere accendendo la Tv su una partita amichevole dell'Inghilterra contro la Francia, mescolando di tanto in tanto la pasta.
Stavo seguendo un'azione particolarmente promittente della mia squadra, quando Katy Perry cominciò a cantare, da qualche posto sconosciuto del salotto.
Con un gemito di disapprovazione mi staccati dalla Tv e corsi nell'altra stanza.
Quando lo afferrai, la mia cantante preferita smise di cantare.
Lessi chi mi aveva chiamato.
Mamma.
Sbuffai e tornai di là.
Mescolai la pasta poi rivolsi di nuovo la mia attenzione alla partita di calcio. Gemetti di nuovo scoprendo che mi ero persa il goal dell'Inghilterra. E anche un rigore sbagliato della Francia, come scoprii poco più tardi.
Il cellulare suonò di nuovo e questa volta aprii la comunicazione tenendo d'occhio sia lo schermo che la cena.
Dio, com'era faticoso essere la donna di casa.

***

Dopo aver finito di mangiare Hiram e Taylor se la svignarono, uscendo insieme per 'prendere una boccata d'aria' mentre io rimasi sola con Alexis che si lamentava facendo ogni tanto commenti stupidi guardando le azioni salienti della partita appena finita.
Avevamo pareggiato alla fine. Due punti ciascuno e tutti a cambiarsi.
-Comunque...- riprese Alexis dopo aver detto che "Certo che quello stupido portiere di Hart poteva evitare il primo goal". -Mi spieghi che cos'hai? Sembri assente...
Cercai di zittirla mentre tentavo di scoprire quanto la critica aveva dato ai giocatori ma lei, sbuffando, afferrò il telecomando e spense la televisione.
-Nooo...- imprecai. -I punteggi!
-Zitta, Camille. E per cortesia, ascoltami. Mi sto seriamente cominciando a preoccupare per te. 
-Sono solo agitata per la scuola. E tesa. Niente di ché.- tentai.
-Negli ultimi giorni sei strana. Tanto strana. Mi stai nascondendo qualcosa.
Scossi la testa. -No. 
Non aggiunsi altro. Mi costava mentire alla mia migliore amica.
-Camille. Che succede?
Stetti in silenzio.
-Sappi che lo scoprirò. E se è una cosa così orribile mi arrabbierò il doppio. Forse il triplo.
Feci un sorrisetto.
-Sono stanca. Domani devo anche andare in libreria a lavorare.- mi giustificai portandomi una mano in fronte.
Alexis scosse la testa.
-Senti Cami... Se, se mi stai nascondendo un appuntamento... Non me la prenderò. Anzi. Sarei contenta se tu uscissi con qualcun altro dopo... 
Alexis si interruppe e io sospirai.
-Puoi dirlo.
-Andiamo! Sono passati due anni ormai. Dovresti essertene fatta una ragione...
Forse mi vennero gli occhi lucidi perchè Alexis continuò.
-Senti. Ammettiamolo. Con Scott è stato un periodo bellissimo per te, ma la vita va avanti, Cami. 
Annuii poco convinta.
-Certo. 
-Posso dormire qui?
Sorrisi. -E quando mai ti ho detto di no? 
-Ma ... Taylor?
Scoppiai a ridere. -Se rimane, dubito dorma. E comunque farà quel che vuole fare nel letto di Hiram. Il divano letto è di tua proprietà. Non lo tocca nessuno.- la rassicurai.
Alexis mi abbracciò di slancio, schioccandomi un bacio sulla guancia.
Mi sentii malissimo.
Odiavo mentirle. Ed era tutta colpa di Louis Tomlinson.
Ma con un po' di fortuna, il giorno seguente avrei chiuso e risolto tutto.
E magari un giorno glielo avrei raccontato, e insieme ci avremmo riso sopra.
Ed ero così stupida da crederci. 

***

Da brava e studiosa ragazza quale che era Taylor, alla fine la credo-fidanzata di mio fratello se n'era tornata a casa sua a dormire, visto che il giorno dopo era martedì, quindi giorno scolastico.
Quando mi svegliai, non mi presi nemmeno il disturbo di scendere in salotto a controllare che Alexis fosse ancora lì.
Puntai direttamente in camera di Hiram.
Non capivo perché la mia amica di ostinasse a farmi preparare il divano letto quando poi sgusciava nel letto di Hi.
Scossi la testa, entrando in camera senza bussare e urlando come al solito  -Sveglia! Un'altra piovosa giornata a Londra sta per cominciare!- mentre andavo ad aprire la finestra. 
Mi misi a ridere quando li vidi -come sempre- avvinghiati sotto le coperte.
Alexis si rifugiava costantemente nel petto di Hiram e lui la abbracciava tranquillamente.
Solo a vederli, nonostante fosse già iniziato l'autunno, mi venne caldo.
-Hiram! Dovrei proporre a Taylor di venire a svegliarti una mattina... Avvinghiato alla mia migliore amica, con l'alzabandiera...-scoppiai a ridere.
Sì, avevo l'abitudine di chiamare alzabandiera, per non essere troppo volgare, il buffo processo degli amici del piano di sotto di tutti gli  uomini quando, non si sa per quali misteriose ragioni, hanno voglia di toccare il cielo. Più o meno. 
Mi arrivò un cuscino dietro la testa.
-Alzatevi, sfaticati. In caso ve ne foste dimenticati, come sempre, oggi è martedì, oggi c'è scuola. E non ho intenzione di arrivare in ritardo, anche oggi.
Feci per andarmene e uscire ma Alexis mi fece lo sgambetto e mi intrappolò nel letto insieme a Hiram.
Nemmeno le mie più cupe minacce riuscirono a farmi liberare.
Inutile dire che arrivammo in ritardo.

***

Entrai di corsa nell'aula di Scienze seguita da un'Alexis in preda a una crisi respiratoria.
-Jameson. Castle. Ci avete degnate della vostra presenza alla fine.- commentò acida l'insegnante.
-Ci scusi.- risposi io, -Alexis stava ancora tentando di ricordarsi come fare a respirare- fulminando la mia amica.
-Per cortesia, Jameson. Faccia in modo che la sua compagna di riprenda in fretta. È preoccupante.- aggiunse poi la donna ispezionando con una nota di terrore la rossa.
In effetti Alexis aveva cominciato a respirare come un cavallo con la tosse durante un'escursione in montagna.
Per chi non avesse mai provato di persona questa ebrezza, vi auguro di non farlo mai.
I cavalli con la tosse, sono terribilmente irascibili. E stancabili. Inoltre l'asma è assicurata dopo qualche passo.
Mi misi a sedere, trascinando Alexis accanto a me.
-Smettila di ansimare! È colpa tua se abbiamo dovuto correre! 
In risposta la mia amica crollò con la testa sul banco, sbattendo una sonora testata, nascosta dai suoi lunghi capelli rossi.
-Castle!- urlò la professoressa.
Mi portai le mani in faccia, pronta a tutto.
-Jameson, per l'amor del cielo! La porti in infermeria!
Ecco. Lo sapevo.

***

Il professore di storia aveva appena finito il discorso che la campanella suonò per il pranzo.
Terminai di scrivere l'ultima frase di appunti, poi con un click feci scattare la penna e alzandomi misi tutto nella borsa.
Salutai sovra pensiero Hugo, il mio compagno di banco nelle lezioni di storia e corsi fuori.
Mi incontrai con Alexis nel corridoio vicino all'uscita.
Alla fine non ci aveva lasciato le penne in infermeria.
-Alex. 
-Lo so. Devi andare in biblioteca a lavorare. Me lo sono ricordata.
Risi. -Alla buon ora. Sono sei mesi che lavoro lì!
Lei mi sorrise orgogliosa del suo passo da gigante.
-Va bene. Ci vediamo domani. E non fare tardi!
-Dico a Hi...
-Non dirgli niente. Lo sa. Torno verso le 7 e mezzo, come al solito. Mi raccomando, non chiamarmi mentre sono là. Non posso sempre risponderti.
-Va bene!
Come minimo mi avrebbe chiamata quattro volte.
-Vado a casa a cambiarmi. Stai attenta ad economia! 
-Ma quell' arpia è figlia di Morfeo! Ti fa dormire!
Mi strinsi nelle spalle. -Se vuoi che ti aiuti, sarebbe utile sapere a che punto del programma siete!
-Puoi sempre chiederlo a Scott!
Scese il silenzio.
-Alexis...
-Scusa. Non volevo.- disse seriamente dispiaciuta.
-Stai attenta.- ripetei.
Lei bofonchiò un -Va bene.
Scesi velocemente le scale, la borsa stretta al petto, ancora col pensiero a Scott. Poi mi riscossi e, con attenzione, attraversai la strada affollata.
Dovevo concentrarmi su un altro problema in quel momento: Louis Tomlinson.


(To be continued...)















Angolo dell'Autrice:
Ta-Dan! Je suis là! 
Sono ancora una volta sopravvissuta a una dura e impegnativa congiura settimana scolastica durante la quale i professori hanno sbalzi ormonali peggio di noi adolescenti e ci massacrano di roba.

Comunque, come al solito non mi piace un granché il capitolo ma spero che sia dovuto al fatto che l'ho letto talmente tante volte da quando l'ho scritto che mi fa venire la nausea. 

Pooooi, la mia Alexis Castle è totalmente ispirata alla vera e figherrima Alexis Castle con l'unica differenza che quella vera è una ragazza adorabile, seria e responsabile.
Chi non sa chi è la vera Alexis Castle non me lo dica perché potrei tagliarvi la testa stile Regina Cattiva di Alice nel Paese delle Meraviglie (giusto per rimanere in tema).

Poi, Hiram. Sì modestamente è proprio un personaggio figherrimo. E anche il nome. 
Sono molto orgogliosa di lui. Proprio contenta.
Invece Camille è una pazzoide isterica in menopausa che sfracella le palle al prossimo di continuo. Delle volte da sui nervi persino a me... Ahahah

Bè, credo di avere finito. Sono stata puntualissima non trovate?

Grazie mille come al solito alle recensioni Trich, The_OwL_Gandalf, Writ96 e WaitForIt, grazie mille mille mille mille. :')

Le visite non sono proprio un gran numero ma mi piacerebbe sapere anche dagli altri cosa ne pensate. 

Ora vi saluto, 
A Domenica prossima, gente!
Un bacione, 
Alice





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Capitolo 5
*** Please. Friends only. ***





Are you brave enough?

Capitolo 5
Please. Friends only.

Quando arrivai al Albert Memorial, mi strinsi nella giacca e volsi lo sguardo al cielo.
Come sempre prometteva pioggia.
Mi tirai su il cappuccio della felpa e mi misi a sedere sul muretto che delimitava il Memorial.
Feci per mettermi comoda, sicura che avrei dovuto aspettare molto, ma un attimo dopo una figura nascosta anch'essa nel cappuccio del giubbotto, lo sguardo basso, si mise a sedere accanto a me.
-Dovresti ringraziarmi.- cominciò Louis col suo solito tono allegro.
-E perché di grazia?
-Non sai come mi sono conciato per evitare le fan e che manovre ho fatto per seminare i paparazzi.
Sorrisi. Non avrei mai sopportato di insinuare voci non vere sul mio e sul suo conto.
-Grazie.
Per la prima volta girò la testa e mi guardò sorridente, fissandomi coi suoi occhi azzurri.
-Hai così paura di farti vedere con me?
Sospirai e mi guardai intorno, in difficoltà.
-Sai, non credo di aver detto alla mia migliore amica fissata con il tuo gruppo che, ecco... insomma, tutto questo.
Lui rise.
-Non ridere. Ho più paura di lei che delle tue fan.
-Sa essere così spietata la tua amica?
-Non sai quanto. Sopratutto quando le nascondo qualcosa. O qualcuno.
-Qualcuno?
Mi strinsi nelle spalle.
-Una volta le ho nascosto una relazione, ecco piuttosto importante. È stato orribile quando l'ha scoperto dalle voci che giravano per i corridoi... 
Louis sorrise.
-Siete molto amiche?
Gli sorrisi di rimando. -È la cosa più importante della mia vita.- sussurrai tanto piano che temetti che lui non avesse sentito.
Calò un attimo di silenzio.
Presi coraggio.
-Perchè ce l'hai tanto con me, Louis?
-Se la metti così, sembra quasi una cosa brutta...- rispose ironico.
-È sbagliata.
-Solo perché lo credi tu.
-No. È impossibile. Fuori dai miei standard. Siamo troppo diversi. Non potrei mai solo pensare di essere la tua ragazza.
-Non ti sto chiedendo questo.
Sospirai. -Mi stai facendo capire di essere interessato nel portarmi a letto. 
-Non ti sto chiedendo nemmeno questo.
-Ma è quello che mi strasmetti!- sbottai.
Scese un silenzio imbarazzante mentre lui cercava le parole giuste per continuare.
-Sei strana, Camille. Mi hai incuriosito. E più sto con te, più mi viene voglia di conoscerti. 
-Sono esattamente come tutte le altre ragazze della mia età, anzi più tonta e sognatrice. Hai bizzeffe di fan che venderebbero le loro nonne o le loro tette rifatte per essere al mio posto. Perche non vai da loro?
-Perché loro non sono come te. Loro non sono te.
Cercai qualcosa da dire. Non doveva andare così. Lui avrebbe dovuto arrabbiarsi e andarsene con l'intento di non cercarmi più.
-Sei un bambino testardo.
Lui strinse le labbra in una linea sottile, mentre pensava.
-Facciamo così.- esodì poi. -Diventa mia amica. Nulla di più. Voglio solo qualcuno di normale con cui ridere e divertirmi semplicemente. Ti prego. Mi piaci, come persona, come ragazza, come agisci e come parli. Come sei. Mi sei sembrata diversa. Per favore. Solo amici.
Lo guardai confusa.
Diventa mia amica.
Quel ragazzo parlava come un bambino di sei anni. Incredibile come si esprimesse davanti alle persone con la chiarezza, la sincerità, la voglia di fare di un bambino.
-Io...- non sapevo che dire. Parlai senza pensare troppo. -Solo amici. Me lo prometti?- conclusi seria. Forse pensavo che fosse uno scherzo. Sì, uno scherzo del destino. E che presto sarei tornata alla mia vita normale, quando si sarebbe stancato.
Il suo viso si aprì in un sorriso gigantesco. -Sì. Te lo prometto.
Mi morsi il labbro inferiore.
-Va... va bene. 
Lui fece un salto di gioia e con un trillo mi prese e mi strinse in un abbraccio.
Io risi sconcertata, ma contagiata alla sua allegria.
-Ehi, ehi. Piano. Mi stringi troppo! Louis! Piano! Soffoco!
Mi schioccò un sonoro bacio sulla guancia e mi allontanò da se' prendendomi per le spalle.
-Devo andare ora. I ragazzi mi aspettano per il nuovo CD. Ci sentiamo più tardi. 
Io acconsentii ancora piuttosto scossa con un cenno del capo.
-Sarò un amico fantastico!- disse come se fosse stata la prima volta che lo prometteva ad una ragazza.
Non feci altro che balbettare confusa un -Ehm... Va bene.
Lui non smise di sorridere e mentre il cielo tuonava e le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere, si girò per andarsene.
Quando sparì, dopo che si era voltato verso di me -si riusciva a vedere il suo sorriso a 100 metri di distanza- per la millesima volta, sospirai sentendomi quasi leggera e inspiegabilmente contenta. Alzai una mano e qualche goccia mi bagnò il palmo.
Con uno sbuffo felice tirai fuori l'ombrello e mi avviai alla London Library, dove lavoravo da mesi.
Il cellulare trillò dopo forse dieci minuti, e vidi due nuovi messaggi.
Il primo era di Alexis. 

Mi dispiace ma non ce l'ho fatta. Credo di aver dormito ad economia. Troveremo una soluzione stasera (vengo a cena anche oggi. L'ho già detto ad Hiram. Porto qualcosa io). Buon lavoro, Mil. Ti chiamo più tardi. A.

Il secondo di Louis.
Risi e scossi la testa. Era praticamente ossessionato.

Divertiti al lavoro. Ti chiamo quando finisco coi ragazzi. L.

Risi ancora e spinsi le porte della biblioteca, mettendo in silenzioso il telefono.
Per un attimo mi ero dimenticata di stare massaggiando con uno dei membri dei One Direction. Era solo Louis.
Il mio amico Louis.
Che mi costava dargli una chance?

***

Porsi sorridente a una ragazzina il suo libro appena preso in prestito che uscì tutta contenta dall'edificio. Tirai un sospiro di sollievo.Ormai mancava solo mezz'ora e poi avrei chiuso.
Come previsto Alexis mi aveva già chiamata quattro volte.
E si era pure arrabbiata quando le avevo detto che non avevo potuto rispondere perchè una vecchina con problemi d'udito era venuta per un libro ormai fuori stampa.
Mi lasciai cadere sullo sgabello, esausta per la lunga giornata lavorativa.
Non feci in tempo ad afferrare il mouse del computer che sentii il telefono vibrare in tasca.
Aprii la comunicazione, convinta che fosse Alexis.
-Alex, ti ho detto di smetterla. Tra poco sono a casa. E no. Tu e Hi non potete mangiare le patatine mentre mi aspettate.- Snocciolai mentre col cellulare incastrato tra la spalla e l'orecchio, adocchiavo un'email di un cliente.
Il problema era che non mi stava chiamando Alexis. 
E quando la persona dall'altro lato del telefono scoppiò a ridere, e io la riconobbi, quasi non feci precipitare l'apparecchio per terra.
-Scusa! Scusa Louis! Pensavo fosse Alexis! 
Lui non smise di ridere. 
-Ehi! Contieni la tua ilarità!
-Scusa! È che sei fantastica quando sgridi la gente.
-Se vuoi con te lo posso fare un po' più spesso!
-Più di quello che fai di solito!? Nah, non credo sia umanamente possibile.
Mi scappò una risata. -Se vuoi possiamo scommettere...
-Oh no, anche tu con le scommesse no! Ho già Harry che mi tormenta, quindi, no grazie!
Scoppiai a ridere mentre sentii in sottofondo un -Ehi! Non parlare male di me!- molto probabilmente Harry che si lamentava.
Insomma, sentire la sua voce, anche se solo dal telefono, dopo anni che Alexis mi tartassava con loro, mi fece uno strano effetto.
Lo stomaco mi si strinse e mi sentii terribilmente in colpa nei confronti della mia migliore amica.
Decisi che dovevo provare a fare qualcosa.
-Ehi? Che succede? Sei caduta in trance?
Ma cosa?
-Ehm... Senti. Non è che mi fai avete dei vostri autografi e quella roba che piace alle vostre fan sfegatate?
Lui rise. -Allora lo ammetti... Ti piacciamo.
-No. Cioè sì. Insomma non ho mai detto che non mi piacete! Solo che non sono una malata di voi come Alexis. E quelle cose sono per lei.
-Ah ecco. Cerchi di farti perdonare eh?
Gemetti di sconforto. -Credo che sia giunta l'ora di dirle tutto.
In quel momento entrò una ragazza in esplorazione.
Schiantai il cellulare dietro il bancone e cercai di contenermi.
-Buongiorno.- salutò lei.
-Buongiorno. Se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiedere a me. 
-Non si preoccupi. Lo farò.- rispose cortese.
Ci salutammo con un cenno del capo.
Riacciuffai il telefono.
-Senti, non è che mi chiameresti tra mezz'ora?- chiesi mentre tenevo d'occhio il negozio.
-Chi sei?
Prima di rendermi conto che quella non era la voce di Louis, mi venne quasi un infarto.
-Ehm...- balbettai confusa. -Io...
-Niall! Ridammi il cellulare!
Con un fruscio e qualche colpo e urlo, Louis riprese l'apparecchio.
-Scusa... Niall...
-Nessun problema. Più o meno. Ma richiama tra mezz'ora. È quasi l'ora di chiusura ed è un classico che la gente cominci a entrare tutta adesso.
Louis rise, strappandomi un sorriso con la sua risata cristallina. 
Aveva ragione Alexis a definirla così.
-A dopo. Così ho il tempo di picchiare Niall...
-Non fargli troppo male. Poverino, non ha fatto niente di che...
-Non preoccuparti.
Certo come no. 
-A dopo.
-A dopo.
Appena chiusi la comunicazione il campanellino della porta d'entrata tintinnò lasciando passare una coppietta seguita da un uomo d'affari. Come sempre
Tutti avevano voglia di venire in biblioteca quando stava per chiudere. Scesi dallo sgabello e mi preparai per le solite formalità.
Meno male era quasi finita.

***


Sbattei la porta di casa e mi feci notare con un -Sono tornata!
Lanciai la borsa e mi diressi in cucina, constatando che Hiram dovesse essere sotto la doccia.
Appena girai l'angolo Alexis mi saltò in collo, urlando.
-Ehi! Che è successo?
-Niallhafattounatwitcamprima! Niallhafattounatwitcam!
Sorrisi, ormai abituata a quegli scleri.
-Potresti ripetere più lentamente?
-Niall. Ha. Fatto. Una. Twitcam. - scandì la voce tremante di emozione.
Presi un bicchiere d'acqua.
-Ah sì? Che ha detto di nuovo?
-Che Louis forse esce con una ragazza, finalmente, visto che sono quasi sei mesi che ha rotto con Eleonor! Ha parlato con lei al cellulare di Louis!
Mi strozzai con l'acqua.
-Cosa?- pigolai.
Alexis mi guardò confusa. -Come mai tutto questo interesse?
Sospirai e mi misi a sedere.
-Volevo aspettare dopo cena, ma mi sembra che la situazione stia precipitando...- Alexis strabuzzò gli occhi. -Accidenti a Niall.- sibilai poi.
La mia amica mi venne vicino e mi prese la testa tra le mani. -Stai bene?- mi chiese come se la pazza fossi io.
-Mettiti a sedere, Alex. Ho da raccontarti un po' di cose.
Da quella domenica all'aeroporto fino all'ultimo nostro messaggio.
Lei mi ascoltò attenta, ma le sue espressioni continuavano a mutare. 
Prima ci rideva, poi divenne incredula, poi shoccata, poi infuriata. Quando finii mi guardava come se stessi scherzando.
-Mi prendi in giro.
-Vuoi provare a chiamarlo?
Mi guardò sospetta.
Proprio in quel momento Katy Perry iniziò a cantare. Capitava a pennello.
Le mostrai il display che lampeggiava il nome di Louis.
Poi glielo porsi.
-A te l'onore di controllare.- bisbigliai.
Alexis fissò per un attimo l'apparecchio che vibrava e suonava come se fosse stato una bomba pronta a esplodere poi aprì la comunicazione e lentamente se lo portò all'orecchio.
-Pronto?- disse timidamente.
Sentii la voce di Louis parlare a raffica e vidi la mia migliore amica sbarrare gli occhi.
Figurati se non aveva riconosciuto la voce di uno dei suoi idoli.
Io mi limitai a guardala come a dirle "Te l'avevo detto..."
Alexis non aprì più bocca, nemmeno quando sentii vagamente Louis chiamare il mio nome, invano.
Fulminata da un'improvvisa voglia di battere la mia amica, le sfilai il cellulare di mano e le lanciai un'occhiata maliziosa mentre con un -Sì? Dimmi.- uscivo in terrazza. 
Questa l'avrei pagata cara.

***

-Perchè ci hai messo tanto a rispondere?
-Ehm, ti ha risposto Alexis... E stava per svenire.
-Le hai detto tutto?
-Più o meno.
-E l'ha presa così male?
-Per il momento è solo scettica e sconvolta. 
Louis rise. -Buono. Mettimi nel tuo testamento, nel caso dovesse progettare la tua morte.
-Grazie. Bell'amico.
-Non fanno così gli amici?
Finsi di pensarci. -Quelli D.O.C. da televisione, no. Quelli della realtà sì.
-Io sono un amico reale.
-Buono a sapersi. In questo caso non mi stupirei più di tanto se dovessi alleati con Alexis e escogitare un piano per ammazzarmi.
-Sono contento di vedere che apprezzi i miei sforzi.
-Anche io.
Scoppiammo a ridere insieme, come se fossimo stati amici da una vita e non da sole poche ore.
-Tu coi ragazzi?
-Sono arrivato in ritardo e Niall stava per sclerare. Aveva una gran voglia di iniziare a registrare il nuovo album.
-E questo posso dirlo ad Alexis, o è Top Secret?
-Se con Top Secret intendi che le nostre fan ne sono già al corrente, sì è Top Secret.
-Ok. E a proposito di Niall. Perchè gli permetti di andare in giro a dire a tutto internet, fan, paparazzi, giornalisti e eschimesi...
-Cosa centrano gli eschimesi?
-... Eschimesi compresi. Zitto. Perchè gli permetti di andare in giro a spettegolare su di te? Anzi! Su di te e una ragazza misteriosa con la quale stai uscendo?! Ti avevo chiesto...
-Ehi! Piano! Niall è un idiota. Non lo sapevo. Aspetta glielo dico. 
Lo sentii mettere una mano sul cellulare e gridare: -Horan! Sei un idiota! E smettila andare a dire i miei affari a mezzo mondo!- poi si rivolse ancora a me. -Quindi dopo posso picchiarlo per bene?
Sbuffai come un cavallo. -No. Non si picchia la gente.
-Io infatti non picchio la gente. Picchio Niall.
-Che rientra nell'insieme matematico di gente. E poi mi sentirei in colpa. Povero irlandese. Poi chi le sente le vostre fan?
-Irlandese? Sai che è irlandese!?
-Certo che lo so.
-Non dovresti.
Che discorsi assurdi.
-Perchè no?
-Perchè no. Allora sei una nostra fan sfegatata! La "tua migliore amica" è solo una scusa, vero?
-Se vuoi te la passo.
-Va bene!
Non mi aspettavo quella risposta.
-Cioè... Volevo dire...
-Passamela!
Aggrottai le sopracciglia. -Ma...
-Tu fallo, Camille!
Mi strinsi nelle spalle pensando che in quel modo avrei ucciso Alexis, ma mi diressi verso la cucina chiamando il suo nome.
Alexis era riversa su una sedia, si sventolava con la vaschetta dei salumi e borbottava frasi incomprensibili e esagerate come: -Non ci posso credere. Ho parlato con Louis Tomlinson. Camille ha il numero di Louis Tomlinson. E lui le risponde. Lui la chiama!
-Alexis! Louis vuole sapere ... insomma tu digli che la pazza per i One Direction sei tu, e non io...
Lei sbarrò gli occhi e prese tremante il cellulare.
Non so cose le disse Louis, ma poco dopo lei cadde dalla sedia.
Acciuffai il cellulare mentre urlavo il nome di mio fratello a squarciagola.
-Louis, Alexis è svenuta. Facciamo che ci sentiamo più tardi eh?- dissi tesa.
Non gli diedi il tempo di replicare.
Chiusi la comunicazione.
-Hiram!!

***

-No, no, no, no! Non è vero! Dimmi che era un'altro dei miei sogni!- sbottò Alexis dopo che io e Hiram l'avevamo fatta sdraiare sul divano per riprendersi.
Mi limitai ad alzare le spalle.
Sentii il solito trillo del cellulare che mi avvisava di un nuovo messaggio.

Siete tutti vivi? L.

Gli risposi in fretta di non preoccuparsi e di pensare agli autografi, ma decisi di non fare vedere niente ed Alexis per il momento.
Mi sarebbe morta lì.
-E tu!- mi ringhiò contro. -Cosa aspettavi a dirmelo?! Che Niall lo dicesse al mondo?
-Non l'ha già fatto quello?
-Non cambiare discorso brutta ingrata! Sono la tua migliore amica! Avresti dovuto dirmelo subito!
-Lo so, lo so. È che oltre a essere la mia migliore amica sei una pazza furiosa stalker di quel gruppo!
Alexis lanciò un grido di eccitazione. -Ragione in più per dirmelo!
Mi portai le mani in faccia. - Cosa faccio adesso?- gemetti.
-Cosa fai?! Cosa fai?! Dio, Camille! Hai il numero di cellulare di Louis Tomlinson che ti viene dietro...-
Arrossii persino in posti che non pensavo di avere.
-....No no no! Alex sei fuori strada!-
-... E ti chiedi cosa fare?!
Aprii la bocca ma poi la richiusi.
Scese il silenzio.
-Tu, tesoro, hai molte cose da raccontarmi. 
-Alexis...- la implorai gemendo.
-Eh no, signorina. Niente "Alexis..."- mi fece il verso.
-Ti imploro non è successo niente! Siamo solo amici! L'ho messo bene in chiaro!
Lei si strozzò con la saliva. -Che cosa?! Gli hai detto chiaramente che siete solo amici?
-Sì! Ovvio!
Alexis scoppiò in singhiozzi. Si fa per dire. -Nooooo! Ma cosa hai fatto?! Vedi?! Vedi?! Se non ci sono io combini un disastro dietro l'altro!-Disse afferrandomi la testa e sbatacchiandomi da una parte all'altra.
-Alex! Alex!- cercai di liberarmi ma lei era in preda ad un attacco di... non so di preciso cosa fosse, ma era preoccupante. -Alexis! Mi fai male!
-Te lo meriti!- ululò. -Hai detto di NO a Louis Tomlinson! Ma ti rendi lontanamente conto di quel che hai fatto?!
Finalmente libera dalla sua stretta mia portai le mani nei capelli.
-Sì! Sì Alexis! Lo capisco meglio di te! Sei accecata dal mito di quei ragazzini da non accorgerti nemmeno che non avrebbe ne' capo ne' coda una relazione con uno di loro! Non ti rendi nemmeno conto che non funzionerebbe! Che non sarebbe mai seria! Che rischieresti di essere tradita cinque minuti dopo che esce da casa tua! 
Alexis buttò indietro la testa e la scosse.
-Camille. Tutte queste scuse che hai trovato... esistono anche nella vita reale! E tu dovresti capirlo più di me! 
Mi alzai di scatto.
-Smettila! Smettila di parlarmi così! Sai cosa? Ho paura, ok?! Anche se non fosse stato il- alzai gli occhi al cielo e imitai delle virgolette con le dita. - il "Mitico Louis Tomlinson". Sì! Perchè ho paura di innamorarmi di nuovo! Mi faccio schifo da sola Alexis! Voglio solo starmene in pace e vivere la mia vita tranquillamente! Non voglio un ragazzino che si spaccia per mio amante quando non gliene frega un accidenti di me! Quindi smettila! Hai ragione! Non l'ho rifiutato perchè è ricco, famoso e amato da milioni di adolescenti, ne' perchè sarebbe impossibile una relazione normale. No! Perchè non voglio nemmeno una relazione! È così difficile da capire?!- conclusi urlando.
Mi resi conto troppo tardi che per Alexis era solo un gioco, tutta quella scena.
Mi fissò tra il deluso, irritato, triste e incredulo.
-Camille, non tutti sono come Scott.
Basta. Mi ero stufata.
Afferrai alla svelta il mio giubbotto e ringhiando come una matta feci per uscire.
Sull'uscio mi fermai e guardai per un attimo Alexis e dietro di lei Hiram, che non aveva fiatato da quando Alex si era ripresa. 
-Vado a fare un giro!- urlai come un'isterica sbattendomi la porta alle spalle.
E non vi dico che dimenticai l'ombrello, classica uscita da telenovelas, perchè non ne avevo bisogno. Semplicemente non pioveva!


(To be continued...)





Angolo dell'Autrice:
Ma buonasera!
Oggi sono leggermente in ritardo, ma sono stata fuori tutto il giorno e non ho avuto tempo di aggiornare prima :)

Allora, be', questo è il capitolo. 
Finisce un po' male, ma tranquille, nel prossimo ci saranno tutte le spiegazioni. 
Mi sento sempre un po' scontata, ma ormai mi fa troppa fatica modificarla. 
 
Non so dove sia finita tutta la mia parlantina stasera ma sto abbastanza collassando. Ho camminato per tutta Firenze, avanti e indietro come una scimmia (?) e ho prosciugato tutte le forze. D:

Ringrazio come sempre le recensioni, giulia___, The_OwL_Gandalf, Writer96, Trich e WaitForIt. Grazie davvero un milione, siete magnifiche ❤
E io sono proprio moscia stasera. =.=
Invoco perdono. 

Grazie mille a tutti. Spero di non avervi deluso. :)
Un bacione e a Domenica!
Alice 

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Capitolo 6
*** Beasts and dogs ***





Are you brave enough?

Capitolo 6
Beasts and dogs
  




Credo che sia arrivato il momento di dare delle spiegazioni ai miei lettori, povere anime che sopportano e la mia storia assurda.
È da un po' che immagino vi stiate chiedendo chi sia questo Scott. Un mostro? Nah. Una sottomarca del supermarket? Nemmeno. Un nuovissimo videogioco della EA sports? No.
Scott è un ragazzo.
Sì, lo so. Era scontato. Ma il problema è che Scott era il mio... ragazzo
Ci eravamo conosciuti al corso di economia, più di due anni prima. Eravamo diventati amici, poi più che amici e ci avevamo provato.
Per me era l'idillio. Pensavo sempre e lui, aspettavo con ansia la fine delle lezioni per stare un po' con lui, impazzivo per un suo bacio e avevo riposto la mia vita nelle sue mani.
Non mi ero mai sentita così bene, appagata, sempre emozionata, felice, innamorata. Ma era stata una mossa sbagliata.
Passò un intero anno e molti mesi prima che mi accorgessi che qualcosa non tornava. Mi desiderava sempre di meno, mi baciava con meno vigore e passione,  era sempre distratto.
All'inizio non capivo.
Non capivo nulla.
Ma era bastata una coincidenza per farmi aprire gli occhi.  Avevo dimenticato il libro di Chimica quel giorno, ed ero dovuta tornare indietro a recuperarlo. Quando uscii dalla porta, non percorsi le scale guardandomi i piedi come sempre. Per caso mi guardai indietro proprio quel pomeriggio e li vidi.
Scott e una ragazza che si baciavano, piuttosto appassionatamente, appena dietro l'angolo dell'uscita.
Mi immobilizzai.
Li fissai mentre lui faceva scorrere le mani e accarezzava lei. Lei, non me. Con me non lo faceva più da tempo.
Impedii alle lacrime di uscire, facendomi forza e tentando di obbligarmi ad andare via.
Ma non lo feci.
Rimasi lì a fissarli, che amoreggiavano, ignari della mia presenza Mi impressi nella mente quelle immagini a fuoco, per non dimenticare. Per ricordarmi di non permettere alle persone di farmi questo. Mai più.
Non me ne andai nemmeno quando presi dalla loro eccitazione, si guardarono complici e entrarono in una porta laterale.
Non c'era bisogno di tanta immaginazione per capire cosa fecero dopo.
Ma rimasi lì ancora.
Seduta sui gradini freddi e umidi come qualsiasi cosa a Londra, fissando il vuoto e ricacciando sempre indietro le lacrime.
Me ne tornai a casa dopo parecchio. Non c'era nessuno ad aspettarmi.
Mi sedetti sul divano, muta, senza fare niente, aspettando che Scott venisse come sempre per passare una serata insieme.
Erano trascorsi parecchi parecchi, troppi minuti quando sentii quancuno armeggiare con la serratura della porta.
Era Hiram, che rideva con Scott poco dietro di lui.
Mi alzai, rimanendo sempre in quella trance in cui ero caduta.
Hiram si fece appena da parte e fece per salire in camera sua quando scatenai il finimondo.
Lo vidi entrare come sempre in casa mia, affrettare il passo verso di me, il suo solito sorriso sulle labbra. Quelle magnifiche labbra che mi avevano resa la ragazza più felice della terra. Vidi i pantaloni sgualciti e il nodo della cravatta fatto male.I suoi capelli spettinati più del solito e un segno sul collo che cercava invano di nascondere col colletto.
E non me ne sarei nemmeno accorta se fossi stata cieca come le altre volte.
Ma mi ero svegliata.
Sentii le lacrime finalmente cominciare a scendere.
Scott agrottò le sopracciglia e affrettò ancora il passo.
-Ehi, Milly, che succede?
Milly
Solo lui mi chiamava così. Solo lui che credevo il mio principe azzurro.
Afferrai d'impulso un contenitore di ceramica che era sul comò accanto al divano e glielo scagliai contro.
-Ti odio!- urlai tra i singhiozzi. -TI ODIO!
Lui si protesse dall'oggetto, che poi si schiantò sul pavimento andando in mille pezzi, senza avergli prima ferito il braccio.
-Camille! Che succede?!
Cominciai a prendere tutto quello che mi capitava sotto tiro, dai cuscini al vaso di fiori che lui stesso mi aveva regalato, e lanciai tutto contro di lui, invasa dalla rabbia, tristezza, delusione.
-Stronzo!- urlai. -Ti odio! Vattene! Vai a divertirti con quella tua puttana! VAI!
Hiram intanto era corso verso di me, cercando di evitare gli oggetti che volavano per il salotto.
-TI ODIO SCOTT! Ti odio! - ripetevo trai i singhiozzi. -Ti odio! Vattene!  Non voglio più vederti! Più parlarti! Per tutta la mia vita!
-Camille! Ehi! No! Ferma! Milly!
Hiram mi prese dopo qualche minuto di pianti, minacce, parolacce, finte risate. Mi arrivò da dietro e mi bloccò nel suo corpo.
Cercai di liberarmi, tentando di correre verso Scott e rovinargli il bel faccino che si ritrovava, tagliarli le mani che mi avevano toccata, le labbra che mi avevano baciata e la cosa che sapeva usare meglio e col quale pensava, con cui gli avevo permesso di farmi sua.
Urlavo, piangevo, ansimavo e imprecavo come un animale impazzito, mentre Hiram cercava di tenermi ferma e faceva cenno a Scott di uscire.
E lui se ne da andato, senza fiatare, sbattendo lievemente la porta dietro di se'.
Io mi ero rifugiata nel petto di Hi, disperandomi, lasciando andare tutte le mie emozioni, strillando e piangendo.
Lui mi accarezzava la testa, coccolandomi e cullandomi, dicendomi di chiudere gli occhi e dormire, di riposare, e di dimenticare.
Ma era questo il problema.
Dopo più di un anno, non avevo ancora dimenticato.

***

Quando uscii come una furia da casa,  afferrai solo il giubbotto. Me lo infilai di fretta.
Tastai nelle tasche dove trovai una sigaretta mezza rotta e un accendino.
La accessi mandando a quel paese ogni mio buono proposito.
Tutte quelle parole di Alexis mi infastidivano.
Avevo permesso a un emerito idiota di giocare col mio cuore, torturarlo e poi distruggerlo senza alcuna pietà.
Non volevo e non avrei mai voluto ripetere quella esperienza e per nessuna ragione avrei più permesso ad alcun ragazzo di avvicinarsi troppo.
Volevo solo la pace. La tranquillità.
Non volevo l'irruente passione ne' una relazione fondata sul sesso, ghiaccio nel cuore e fuoco nel letto.
Volevo vivere la mia vita semplicemente, come una normale ragazza ventunenne che studia per costruire il suo futuro. 
Niente di più. 
Non tirai nemmeno una boccata alla sigaretta. L'odore mi faceva schifo. 
La buttai irritata nel primo cestino disponibile e infilandomi le mani in tasca, accelerai il passo.
Quando ne' mio fratello ne' la mia migliore amica mi capivano c'era solo una cosa da fare.

***

Presi la metro e mi diressi verso uno dei peggiori quartieri di Londra: SoHo.
Quando ci ero andata una delle prime volte ero rimasta sconvolta. Era tutto così diverso dai modi di fare della mia zona.
Mi diressi come sempre in un vicolo che ormai conoscevo bene.
Sentii annaspare e gemere, seguiti poi da un fragore metallico.
Mi guardai in po' intorno, cercando colui che avrebbe potuto capirmi come nessun altro.
Dopo qualche secondo, un abbaio secco e acuto e una macchiolina nera di media grandezza, pelo lungo e sporco, con due occhi azzurri come il ghiaccio e una coda agitata come l'animale stesso mi venne incontro e mi saltò addosso.
-Thunder!- esclamai contenta.
Thunder era solo un cucciolo bastardino di qualche mese, impazziva per il gelato alla menta e per le coccole. Aveva un'orecchia su e una giù. Era perennemente sporco di tutto quel che trovava nei cassonetti.
Lo accarezzai e strapazzai come non mai, poi gli porsi un osso comprato nel tragitto.
Lui mi mise ai miei piedi, l'osso stretto tra le zampe nere come la pece e gli occhi concentrati alternativamente sul suo spuntino e me.
-Sai cosa stavo pensando Thunder? Be' che potresti venire a casa con me. Hiram non se ne accorgerebbe nemmeno e ti accudirò a casa. Potrò vederti tutti i giorni e assicurarti una vita migliore di questa. E, sai, potrò farti anche un bagno, cosa che sospetto tu non sappia minimamente cosa sia.
E mentre cominciavo come ogni santa volta a parlare con lui, a dirgli che l'avrei portato con me, cominciai a dimenticare tutto.
Perchè quel batuffolo di pelo nero, riusciva a farmi sorridere sempre.
Quando Thunder ebbe finito la cena mi saltò addosso e cominciai ad accarezzarlo distratta mentre gli raccontavo tutto quel che era successo con Louis.
Dalla penosa figura all'aeroporto alla proposta di diventare amici.
Lui intanto giocava con i lacci delle mie scarpe alzando di tanto in tanto la testa per guardarmi con quegli occhioni di ghiaccio. 
Mi incantai a guardarlo negli occhi.
E mi venne in mente una frase.

Provate a guardare il vostro cane negli occhi e affermare che non ha un'anima.

Mi chiesi come aveva potuto il suo padrone lasciarlo lì. Da solo. Abbandonato a se' stesso.
E allora presi una decisione.
Lo afferrai, prendendolo in braccio e mi diressi verso la fermata della metropolitana.

***

-Cosa ci fai con quel sacco di pulci in casa?!- sbottò mio fratello rientrando da una passeggiata, Alexis poco dietro di lui che mi fissava gli occhi che uscivano dalle orbite.
In effetti era un situazione un po'... ambigua.
Avevo preso un catino, sapone, guanti di gomma, tanto tanto disinfettante e una spugna. Mi ero sistemata nel centro della cucina e avevo cominciato il bagno per Thunder.
Peccato che quella piccola peste non sapesse minimamente cosa fosse un bagno e ora c'era schiuma e acqua dappertutto.
-Camille...- pigolò la mia credo-amica.
-Bene, vi presento Thunder. Ehi! Fermo! No! No! No! Non scuoterti! Non...!
Troppo tardi.
Il cucciolo di scosse, le orecchie e il pelo ritti che ondeggiavano a una velocità impressionante e la schiuma raggiunse posti che nemmeno avevo notato prima.
Scese un silenzio carico di tensione.
-Ops.
-OPS?!- gridò mio fratello la schiuma nei capelli e in faccia. -Buttalo fuori di qui!
-Nemmeno per sogno! 
-Camille, ti avviso...
-È il mio cane! Ne faccio quel che voglio! 
-Camille...
-E io voglio tenerlo! E lo terrò!
-Ok. Tienilo. Ma non voglio responsabilità. E Camille...
-HO DETTO CHE LO TENGO! 
-Camille, ok! Ho detto di sì! Ma...
Aspetta
Lo posso tenere?
-Hai detto che lo posso tenere?- chiesi spalancando gli occhi e pietrificandomi.
Non pensavo sarebbe stato così facile.Gocciolai sul tappeto l'acqua e il sapone.
-Camille! Attenta!
Sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ma ormai era troppo tardi.
Thunder si spinse con le zampe sul bordo del catino. Questo, sotto il suo dolce peso si rovesciò e allagò tutta la cucina.
Sobbalzai con uno strillo, l'acqua e la schiuma che andavano da tutte le parti e il cane che saltellava fuori in balcone.
-Non so come farai, ne quanto tempo ci metterai, sorellina.- disse sopprimendo la rabbia mio fratello, fradicio quanto me. -Ma metti a posto questa cucina. 
Hiram sparì nel corridoio e si diresse in camera sua. Alexis stette lì impalata, non osando nemmeno aprire bocca per paura che fossi ancora arrabbiata con lei.La guardai per un attimo seria.
Poi feci una smorfia e, insieme, scoppiammo a ridere.

***

-Mil!
Il vetrino dell'esperimento di scienze precipitò a terra, frantumandosi in un milione di pezzi minuscoli.
Perfetto.
-Mil!
La professoressa mi avrebbe ucciso. Anzi prima mi avrebbe mandata a comprarne un'altro in un negozio da scienziati secchioni con occhiali e jeans stirati, in modo tale che la morte in confronto mi sarebbe parsa meravigliosa.
-Mil!
-Alexis! Che vuoi?! Adesso la senti la Gwenth! Quel defunto vetrino avrebbe potuto valere milioni e chissà quali meravigliose scoperte aveva conosciuto!- imitai la prof, sgridando Alex.
-Ma il mio ragno s'è mosso...- piagnucolò lei, qualche metro lontana dal suo banco.
morto.- sbuffai esasperata. -Non si può muovere!
Lo sapevo di non mettermi in coppia con lei per l'esperimento, ma ancora una volta avevo ceduto al terzo piagnisteo.
Odiavo sezionare gli animali, azione assolutamente non necessaria e crudele nei loro confronti -andiamo, mi facevano schifo i ragni, ma quel poveretto che mi aveva fatto per esser condannato a tale crudeltà? Finire sezionato al microscopio...- e Alexis era a dir poco terrorizzata da qualsiasi cosa non fosse addomesticabile. Insomma quel compito era una tortura.
La Gwenth si materializzò dietro di me.
-Jameson, di grazia, lei è una piaga d'Egitto. Quel vetrino era uno dei migliori del laboratorio!- certo, insieme ad altri trentamila pensai sbuffando. -E lei, signorina Castle! La smetta di tremare e finisca quest'esperimento! Quell'innocuo ragnetto non la mangerà mica!
Alexis non ne sembrava molto convinta, anzi, ma si avvicinò cauta e con le pinze mosse l'insetto. Il ragno -effettivamente- mosse una zampa, -sicuramente una contrazione involontaria del muscolo e ovviamente post mortem- alla vista della quale Alexis strillò e balzò all'indietro, urtando e finendo nelle braccia di Matt, un nostro compagno.
Nonostante lei fosse terrorizzata a completamente fuori di testa, lui sembrò gradire quella specie di abbraccio.
Per poco non scoppiai a ridere, ma mi trattenni.
Grazie a Dio, la campanella suonò.

***

-Non era morto! Non era morto!- piagnucolò Alexis mentre, uscendo insieme dall'aula di Trigonometria, ci avviavamo verso l'uscita. Andava avanti con questa storia da ore.
-Ti assicuro di sì, Alex.- sbuffai trattenendo una risatina. -Era morto! Sei tu che...
-Sono aracnofobica! Non c'è altra spiegazione. E i ragni vengono tutti da me!
-Ora stai esagerando.
-Vedi?- disse l'aria sconvolta e ancora pallida dallo spavento di poche ore prima. -Tu attiri cantanti famosi, io stupidi e viscidi ragni!
-Alex...
-Bleah. Che schifo quell'orribile creatura!- trillò lei rabbrividendo.
Cercai di non scoppiarle a ridere in faccia.
Accerchiai un gruppo di ragazzi che si spintonavano poco prima della porta d'uscita e proseguii, afferrando il polso di Alexis e lasciandolo andare solo quando mettemmo piede sulle scale.
Cominciai come al solito a cercare nella borsa il cellulare, ma improvvisamente Alexis mi prese per il braccio, strizzandomi il muscolo e facendomi gemere leggermente di dolore.
-Ma che hai?!- sbraitai con voce strozzata.
Lei si era fermata qualche scalino dietro di me, la guardavo da poco più in basso, le gambe erano immobilizzate in una posa innaturale e Alexis fissava sconvolta un punto davanti a se'.
Seguii preoccupata il suo sguardo preparandomi a tutto.
Un cadavere in mezzo alla strada, Hiram che ballava la Conga davanti a tutta la scuola, un mio clone malvagio...
Ma tutto ciò che vidi fu un discreto gruppo di ragazzi ai margini del cancello -come sempre- che aspettava qualche studente amico all'uscita.
-Ma cosa...?
Guardando meglio però notai due ragazzi un po' più in disparte di altri.
Uno mi dava le spalle e se non me l'avesse fatto vedere Alexis non l'avrei mai riconosciuto.
Era biondo e indossava una t-shirt normalissima e un paio di jeans.
Parlava, gesticolando leggermente, ad un altro ragazzo, che però sembrava non ascoltarlo, impegnato a non lasciarsi sfuggire nemmeno una faccia della mandria di studenti in uscita.
E quell'altro ragazzo l'avrei riconosciuto senza dubbio, magari alzando solamente lo sguardo.
Anzi ne ero sicura. Alzando lo sguardo lo avrei notato subito.
Capelli disordinatamente pettinati, jeans chiari, una normalissima maglietta blu e niente di straordinario che avrebbe potuto metterlo in evidenza.
Ma di sicuro la prima cosa che aveva catturato la mia attenzione, non erano certamente i suoi vestiti o i suoi capelli. Ma il suo sorriso.
Gi illuminava il viso di una strana aura birichina e vivace estremamente contagiosa.
Mi scoprii a sorridergli senza nemmeno rendermene contro.Stavo sorridendo. Stavo sorridendo davvero. A Louis.
Non come sorridevo ad Alexis. Non come sorridevo ad Hiram, ai miei genitori, ai colloqui di lavoro o alle interrogazioni.
Sorridevo semplicemente, senza avere paura di nessuno, abbassando per un attimo lo scudo che usavo per proteggerci dalla gente.
E non lo facevo da tanto tempo. Troppo tempo.
E l'ultimo mio vero sorriso era stato rivolto a Scott.


(To be continued...)










Angolo dell'Autrice:
Bene, sono di nuovo qui. 
Per vostra (s)sfortuna. 

Non succede un granché in questo capitolo. C'è solo una grande parentesi sul passato di Camille. 
E poi avevo una voglia matta di un cane e allora ce l'ho messo dentro. :D
Ora, sinceramente la fine è quella che mi piace di più e l'inizio del prossimo anche. 

Però, a proposito del prossimo capitolo. 
Non so se domenica prossima riuscirò ad aggiornare. 
Giovedì sera, per mia grande gioia, arriva a casa mia la mia corrispondente dello scambio culturale con la Francia, che faccio per scuola, e non ho la più pallida idea di cosa combineremo. 
Spero lo stesso di trovare il tempo per aggiornare ma non vi prometto niente. 
Per una domenica mi dovrete perdonare. :)

Ringrazio e come sempre le 6 recensioni :3 siete magnifiche, TrichWriter96, WaitForIt, blablablasheeranblablabla, _had2bu e  TheOnlyWay, e ringrazio anche The_OwL_Gandalf che mi aveva lasciato una recensione chilometrica ma poi il computer si è impallato. Ahahah. 

Grazie davvero un sacco gente. 
Spero di non avervi deluse. ;)

Alla prossima, spero vivamente domenica.
Alice











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Capitolo 7
*** Louis everywhere, every time, always. ***


  


Are you brave enough?
Capitolo 7
Louis everywhere, every time, always.



Scesi le scale normalmente, seguita da un'Alexis sconvolta che borbottava frasi sconnesse come -Niall... Niall... Louis... Niall... Louis... Fuori da scuola... Niall... Dalla mia scuola... Oddio... Louis... Niall...-, accorgendomi di stare ancora sorridendo in quel modo.
Mi ricomposi in un secondo e mi avvicinai, senza aver rivolto prima ad Alexis uno sguardo di raccomandazioni.
-Ehi!- salutai senza pensarci troppo.
-Ciao, Cam.- salutò ovviamente sorridente Louis.
Alex, prima di entrare in completa estasi, mi rivolse uno sguardo confuso che più o meno significava "Perchè ti chiama Cam?".
Mi ripromisi di spiegarglielo dopo.
Ero sicura che Louis mi avrebbe chiamata così per il resto dei miei giorni, causa la nostra prima telefonata nella quale avevo interrotto la presentazione del mio nome per ricordarmi che, durante la mitica figura fatta in aeroporto, non avevo avuto il tempo materiale per presentarmi. 
Cam.
Cam.
Se non altro nessuno mi chiamava in quel modo...
-Finalmente ho l'onore di conoscere la ragazza misteriosa di Louis...- decretò Niall.
Cercai di non arrossire.
-Credo che tu abbia preso un granchio Niall.- ribattei mentre Alexis tratteneva rumorosamente il fiato per cercare di calmarsi.
-E perchè mai?- chiese divertito il biondo.
-Perchè io e Louis siamo solo amici...
Niall rise.
-Louis non sa cosa sia l'amicizia con una ragazza.
-Diciamo che ho abbastanza fiducia in lui...- azzardai facendo un passo più vicino a Niall.
-Potremmo fare una scommessa...
-Non sono un tipo da scommesse.- dissi sorridente.
-Oh, andiamo la smettete voi due?- chiese leggermente confuso Louis.
Mi accontentai di lanciare al biondo uno sguardo di sfida e feci qualche passo indietro.
Non mi ero accorta di essergli andata così vicino.
-Bene. Questa, Louis, è Alexis. La mia amica...
-Sì. Quella di Instagram.- gongolò divertito.
Lo fulminai. -Esatto. Lei.
Lui parve ignorare la mia occhiataccia.
Si sporse verso Alexis e le porse una mano.
-Piacere. Louis.
Lei strabuzzò gli occhi, mentre afferrava meccanicamente la mano di Louis.
-Io... Io... - cercò il mio sguardo. La spronai silenziosamente e lei sembrò ricomporsi leggermente. Almeno quel tanto che bastava per ricordarsi come si fa a parlare. -Piacere mio. Alexis Castle. Alex per gli amici.
-E io sono un amico?
Alexis ammiccò. -Ci possiamo lavorare su.
Se non l'avessi conosciuta così bene, avrei detto che stava seriamente flirtando con Louis e che già pensava a qualche possibile collaborazione tra di loro.
E siccome la conoscevo  bene... be'. Era proprio così.
-Alex...- ringhiai sottovoce. 
-Senza dubbio.- continuò tranquillamente Louis, facendole l'occhiolino.
Alexis impazzì.
Mi afferrò il braccio, mormorando una scusa patetica ai due e trascinandomi qualche metro più in là.
-Oddio! Oddio! Oddio!- urlò sottovoce la mia amica, isterica e fuori di se'. -Sia benedetto tuo fratello!!
-Che c'entra mio fratello?- chiesi confusa.
-Ho flirtato con Louis Tomlinson! Ti rendi conto?! Woah!
-Ho notato. E dimmi. È stato così diverso dal solito?
-E me lo chiedi?
-E sei stata anche più soft e breve rispetto a come fai normalmente...
-È un Dio...- disse e quasi le vidi gli occhi diventare due cuoricini.
-Tu sei malata.
Adocchiai Niall che rideva in faccia a Louis, che mi guardò per un attimo e alzò gli occhi al cielo.
Gli sorrisi.
-Stai sorridendo.- mi disse Alex.
La guardai dubbiosa. -E allora?
-Stai sorridendo davvero. A un ragazzo. Della tua età.
Sbuffai. -Non ricominciare.
-Ti assicuro che sei diversa da domenica scorsa. 
-Ed è una cosa brutta?- borbottai.
-Scherzi?!- strepitò la mia amica. -Non ti vedo così allegra dall'epoca di Scott!
Non feci in tempo a ribattete.
I due si avvicinarono a noi e tacqui.
-Possiamo? È lecito intrometterci o siamo solo degli intrusi?- chiese Louis continuando a sorridere come una specie... di... animale... che sorride sempre.
-Diciamo entrambe.- dissi rivolgendo a Niall uno sguardo provocatorio.
Devo dire, che mi divertivo un botto a provocare il biondo.
-Certo che la tua Cam è proprio simpatica eh, Louis! Me ne vado. Vieni con me, Alex! Mi devi aiutare a progettare qualche piano malefico contro la tua amica!- disse, finto offeso e trascinandosi dietro la mia migliore amica.
Lei avvampò nel sentir pronunciare il suo nome da lui, ma poi lo seguì come in trance.
-Come mai ho il sospetto che tu abbia portato di proposito il tuo compare qui?- dissi rivolgendomi fintamente seccata a Louis.
-Non riesco proprio a capire la causa di codesto sospetto, Cam...
-Non smetterai mai di chiamarmi in questo modo, vero?
-E perchè dovrei?
Feci finta di pensarci su. -Mmmh, forse perchè non è il mio nome?
-Sul serio? Eppure mi sembra di ricordare che tu mi abbia detto proprio così...- ghignò lui. -Che sbadato che sono! Posso rimediare offrendoti un caffè?
-Direi che si può fare. Ma un'altra volta. 
-Perchè?- chiese confuso.
-Perchè credo sia meglio andare a ripescare quei due, - dissi indicando Niall e Alexis che se la ridevano qualche metro più in là. -...e casa mia è libera.
Non so bene perchè lo dissi.
Fatto sta che avevo appena invitato tre uragani da me. 

***

Afferrai al volo il bicchiere in bilico sul tavolino, continuando a giocare alla playstation di mio fratello con una mano.
Come prevedibile, persi la palla, che passò nelle mani di Niall. In tre secondi aveva segnato un altro goal.
Alexis intanto, stava sparlando di chissà quali dettagli della band con Louis.
-Devo dire che sei la ragazza che gioca meno peggio a Pes di tutte quelle che ho incontrato fin ora.- decretò a voce alta Niall, tirando un altra mina in porta che non so esattamente come, parai.
Una canzone del loro disco, messo da Alex, rimbombava a tutto volume in salotto.
Urlai, per sovrastare la musica, e risposi a Niall.
-Wow. Devi aver giocato con delle ragazze seriamente negate!- commentai notando che il risultato era fermo sul 3 a 1 per lui. -Comunque, - ripresi - se era un complimento, grazie!
Niall rise, la sua ilarità quasi del tutto soffocata dalle note di quella che riconobbi come Stand up. 
Lo ammetto. Una delle mie preferite.
-Sì! Era un complimento!
Premetti il triangolo -o era il cerchio? Forse il quadrato...- sul joystick in un momento che mi sembrava particolarmente promettente.
La palla fece una strana traiettoria semi-circolare e entrò nella porta dell'Irlanda, scatenando l'inferno dentro e fuori lo schermo.
Io cacciai un urlo vittorioso, mentre Niall esplose in un -Ritiro quel che ho detto prima! Non era un complimento!- e Alexis, accompagnata dalle risate e dalla voce di Louis, intonava il ritornello.
I ragazzi coinquilini vicino a me, o mi avrebbero linciata o avrebbero suonato il campanello pensando a un rave party, chiedendo di unirsi a noi.
Berciai ad Alexis un -ABBASSA quella diamine si musica!- appena in tempo per sentirla venirmi addosso, strapparmi il controller di mano e prendere a giocare al mio posto, senza avermi prima spintonata verso la cucina.
-Birra!- urlò di rimando la mia amica, segnando un goal impossibile come solo lei riusciva a fare, senza impegnarsi minimamente.
Il mio primo posto per "meno peggio giocatrice a PES" stava per essere indubbiamente battuto.
Sbuffai, tirandole uno spintone giocoso in testa e alzandomi in direzione della cucina.
Mi ripromisi di abbassare il volume dello stereo quando sarei tornata in salotto.
Entrai in cucina reggendo un vassoio vuoto di salatini e una bottiglia schiacciata di coca.
Buttai il tutto, mi lavai le mani e mi tuffai nel frigorifero per cercare una delle birre di Hiram. 
-Oh Mon Dieu...*- borbottai in lingua soprappensiero, afferrando una birra e cercando nel cassetto un apribottiglie.
-Devo dire che il francese rende tutto molto fine. Persino le imprecazioni...- Commentò Louis dietro di me. -come ci era arrivato? Avevo chiuso la porta...
-Questione di stile, Tomlinson.- ribattei, senza dar segno di esser stupita, e dandogli ancora le spalle.
-Devo dire che ti diverti con Niall...
-Spero solo che Alexis riesca a ribaltare il risultato.
In quel momento sentii la rossa dal salotto lanciare un urlo contento.
-Credo che ci stia riuscendo.- commentò Louis.
-Non è affatto male il biondo.
-In che senso?
-Tranquillo, Louis. Non vuol dire che voglio portarmelo a letto.
-Hai fatto tutto da sola.- disse sorridendo, -ammettiamolo- leggermente sollevato, e portandosi le mani all'altezza della testa.
-Sei un idiota.
-Cosa ho fatto ora?
-Niente. 
-E allora?
-Bho. Così.
Che discorso senza senso.
-Ho notato che Alexis ci adora.
-Vero? Cavolo, mi ero dimenticata di accennartelo.- gli risposi ironica.
-Simpatica...
-Io o Alexis?
-Tu.
-Non sai quanto.
-Già. Comunque. Credi le piacerebbe fare un giro in studio e conoscere gli altri?
Omamma.
-Perchè queste domante inutili? Certo che le piacerebbe!
-E a te?
Risi. -Sì. Anche a me.
-Però continui a dire che non sei una nostra fan...
-Esatto. Mi piacete, ok? Ma non sono impallata come Alexis.
-Un giorno ti smaschererò.
Scossi la testa, ridendo, mentre stappavo la birra.
-Vuoi una birra, Louis?
-Tu?
Lo guardai storto.
-Io cosa?
-Bevi la birra?
-No. Non mi piace.
-Allora nemmeno io.
-Guarda che tanto la devo portare ad Alex e, visto che siamo in vena, a Niall.- dissi, confusa dal suo comportamento.
-Lo so.
-Quindi la vuoi?
-No. 
Mi strinsi nelle spalle e afferrai le bottiglie.
-Non ti capirò mai. Dai su. Apri la porta. Non ce la faccio da sola.
-Al suo servizio, Miss.- disse sorridente e con un inchino mi fece uscire.
Quel ragazzo è molto strano.

***

Aprii gli occhi con un tremendo mal di testa.
La musica, la play, la coca cola -che ci crediate o no, non mi piace davvero la birra.- tutto che rimbombava nelle tempie.
Decisi che se fossi andata a scuola in quelle condizioni, avrei solo rischiato di rompere altri vetrini di scienze.
Per un giorno si poteva far senza. 
Mi sarei riposata, per il mio turno alla biblioteca nel pomeriggio.
Adocchiai il cellulare, che si era appena illuminato vibrando, e lessi il messaggio di Hiram.
Scoprii che me l'aveva mandato molte ore prima e che diceva che sarebbe rimasto con Taylor per la notte.
Non mancavano gli insulti.
Quella volta aveva optato per "Stupida inutile sorella".
Devo dire che le sue poesie mi avevano sempre commossa. Fino alle lacrime.
Scesi traballante le scale e mi tuffai sul divano, rischiando di investire Thunder che poi uscì scodinzolante sul terrazzo.
Non so bene quanto tempo passò, ma per me fu comunque molto poco.
Suonò il campanello.
E pure la mia testa.
Maledii chiunque fosse fuori dalla porta.
Mi trascinai all'ingresso e aprii.
-Che ci fai tu qui?- grugnii truce.
Louis entrò tranquillamente in casa mia, un sacchetto in una mano, sorridente come sempre.
-Ho pensato che stamattina saresti rimasta a casa da sola, e quindi sono venuto a farti compagnia.
Non mi preoccupai nemmeno di sistemarmi i capelli.
-Ma tu non lavori?
-E tu non dovresti essere a scuola?
-Hai dato buca al tuo gruppo!- lo accusai sbalordita. 
-E tu hai marinato la scuola. Diciamo che siamo pari.
-Non credo proprio!
-E smettila! Prendi!- disse porgendomi il sacchetto. -Sono dei croissant. Buon appetito.
Rimasi indetta.
-Grazie.
-Di niente!- mi rispose sorridente e venendo ad abbracciarmi.
Non ero abituata a quel genere di cose e per un po' stetti ferma. Poi me ne accorsi.
-Louis?
-Sì?- domandò innocente senza accennare a staccarsi.
-Togli le mani dal mio sedere.
Scese il silenzio per un attimo.
Poi scoppiammo a ridere, mentre lui mi tirava uno sculaccione.
Sarebbe stata una lunga mattinata.

***

Sbattei fuori di casa Louis, dopo aver passato la mattinata a ridere come idioti, rimpinzandoci di schifezze e facendo il verso a turno agli attori che passavano in televisione.
Avevamo rischiato persino di menarci, da quanto ci eravamo impersonati in Lara Croft e uno dei suoi infiniti nemici.
Mi ricomposi e vestendomi decentemente, uscii di casa per andare al lavoro, senza prima aver stracoccolato e saziato a dovere Thunder.
Quel cane era un pozzo senza fondo.
Nemmeno a metà strada squillò il cellulare.
-Ehi! Che fine hai fatto, disgraziata!- inveì Alexis.
-Ehi, ciao. Sì, anche tu mi sei mancata.
-Hai presente che ho dovuto fare da sola l'ultimo orribile esperimento di Chimica?!
-Mi dispiace.
-No invece! Che fine hai fatto, me lo puoi dire?!
-Ehi. Calma. Non mi sentivo bene.
-Vengo a trovarti subito.
-No. Sono fuori.
-Con Louis?!- trillò improvvisamente contenta Alexis.
-No Alex. Sto andando al lavoro.
-Peccato. Comunque. Perchè al lavoro? Non stai male?
-Mi sono riposata.- più o meno.
-Se certo.- non ci credeva nemmeno lei.
-Ascolta. Domani pomeriggio ha detto Louis che puoi... possiamo andare ecco... allo studio.
Quello che disse dopo Alexis fu un incrocio tra un grugnito, un urlo, il verso di una balena e una sirena dei pompieri.
Il mio timpano sinistro ne sarebbe stato traumatizzato a vita.

***

Alexis era affacciata dalla finestra di casa mia, lo sguardo fisso sulla strada, intenta a non perdersi nemmeno una macchina che passava da lì sotto. Anche se per me, non si sarebbe mai persa la macchina che sarebbe venuta a prenderci.
Louis aveva insistito per venirci a prendere a casa mia con l'auto del gruppo.
E Alexis era a dir poco elettrizzata.
Io solo terribilmente tesa al pensiero di andare in uno studio di registrazione insieme a un gruppo famoso nel mondo.
Cambiai posizione sul divano, la cannuccia della mia Diet Coke, smangiucchiata ancora in bocca.
Chi da piccolo non ha sognato almeno una volta di diventare cantante? Di diventare famoso nel mondo grazie alla voce?
Be', io l'avevo fatto. Eccome.
Avevo cominciato a soli 5 anni, facendomi registrare mentre cantavo le canzoncine dell'asilo nel microfono del mangia cassette. All'epoca ero stonata come una campana e diciamo che i ''babbin Gesù" e le "balede dosse dosse" non contribuivano affatto al mio possibile successo.
Diciamolo, non che sia migliorata molto negli anni, ma se togliamo le balene e i Gesù, e se la canzone ha le note giuste, non sono mai stata tanto male.
I problemi sono sempre stati gli acuti. E i bassi. 
Insomma, la carriera da cantante non è mai stata nelle mie potenzialità.
Ma è rimasto comunque un sogno, rinchiuso nel mio cuore da bambina di 5 anni.
I miei pensieri furono drasticamente interrotti.
Alexis lanciò un ultrasuono dalla finestra, seguito subito da un clacson in strada.
Presi un bel respiro e mi alzai dal divano.
Quasi non riuscii a chiudere casa, causa l'impazienza di Alex.

***

La mia migliore amica era quasi svenuta in auto trovandosi davanti Harry Styles e Louis Tomlinson.
Per non parlare di quando il "Bellissimo e impossibile" Harry l'aveva portata quasi a braccetto allo studio, con me e Louis al seguito.
Una volta che il gruppo al completo si era sistemato davanti a lei e presentato, avevo temuto seriamente che il povero e fragile cuore della mia amica non avrebbe retto e sarebbe morta fulminata lì. Davanti ai One Direction.
Tuttavia poco dopo, stava parlando allegramente e troppo tranquillamente con Zayn, Liam e Niall nella stanza delle macchinette automatiche.
La guardai un attimo, mentre con un'aria da ebete di appoggiava il mento sulla mano incantandosi a guardare Zayn.
Sospirai e mi guardai intorno.
Quel posto era enorme ma raggiunsi abbastanza furtivamente la sala delle registrazioni.
Mi avvicinai di soppiatto ai microfoni, le cuffie poggiate accanto a una bottiglia d'acqua, sopra un tavolino affollato di spartiti e testi.
Afferrai un foglio e mi incantai a guardarlo, soffermandomi su ciascuna parola, intonando la melodia nella mente.
-Vuoi provare?
Sobbalzai e feci un passo indietro, tirai una gomitata alla bottiglia d'acqua che cadde precipitosamente a terra e si rovesciò sul pavimento.
-Oh Dio!
Schizzai istintivamente sulla bottiglia mentre Louis faceva lo stesso.
Ci tirammo una testata a vicenda.
-Ahi!- mi lamentai mentre lui si affrettava a chiudere la bottiglia. -Scusami! Sono un disastro!
-Nessun problema. Zayn ha la cattiva abitudine di non chiudere le bottiglie quando beve. E poi, se non ti avessi spaventata...
-Ero solo sovrapensiero. E scusa ancora. Di solito non sono così sbadata.
Mi sorrise e mi venne il dubbio di essere stata eccessivamente tragica e ridicola.
Mi alzai velocemente e mi pulii le mani nei pantaloni, infilando le poi nelle tasche posteriori.
-È davvero bello, qui.
-Lo trovo il posto più bello del mondo.
Annuii leggermente e mi incantai a fissare un microfono. -Anche io.- sussurrai talmente piano che dubitai che mi avesse sentito.
-Allora? Vuoi provare?
Mi riscossi. -Provare?
-A cantare.- disse Louis come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. 
Be', per lui lo era, alla fine.
-Oh no! Io non so cantare!
Louis mi fissò col suo solito sorriso, porgendomi un paio di cuffie.
-Dai. Ci sarà una canzone che ti piace cantare, sì? Quella che vuoi...
Scese il silenzio mentre il mio cervello cercava nel repertorio la canzone che sapevo cantare meglio.
-Una qualsiasi?
-Una qualsiasi.- Annuì lui mentre prendevo esitante le cuffie.
-Solo il ritornello.
-Se è quello che vuoi.
-E canterai con me, vero?- chiesi, pensando che in quel modo avrei evitato brutte figure e se mai, avrei lasciato cantare lui.
Fece un sorriso da 320 kilowatt.
-Certo.


*(Oh Mon Dieu...)Traduzione dal francese: Oh Mio Dio.





Angolo dell'Autrice -resuscitata, forse:
Pardon? Chi va là? 
Nessuno forse. 
Sono abbastanza in ritardo questa volta, ma dai è stata un'eccezione. 
Giuro che prossimamente sarò più puntuale. Almeno fino a quando non andrò in Francia. 
Ma questo ve la spiegherò più avanti. 
Sono totalmente allibita dal fatto di aver trovato questo capitolo già sistemato, molto probabilmente due settimane fa, privo solo di Angolo dell'Autrice: cioè amatemi. 
Se non ci fosse stato sarei molto probabilmente ancora a crogiolarmi nella mia disperazione visto che è morta Mary (chi voglia capire capisca: sono fiduciosa) e che la mia adorata corrispondente, mi ha lasciata qui in trincea Italia a cercare di sopravvivere ai ripetuti attacchi dei professori.
Me ne vado perché sto sparando cose a casa: vi dico solo che non sono riuscita a pubblicare domenica scorsa perché ero a Milano e non avevo connessione :) invoco perdono. 
Odio il prossimo capitolo, quindi lo pubblicherò in fretta per farlo passare prima. 
Grazie mille alle recensioni: se ho lo sbatti rispondo adesso se no prossimamente. Scusate ma la scuola mi sta uccidendo. 
Sappiate comunque che vi amo e che le leggo sempre, ovviamente ❤
Ciao ciao, a domenica :)
Ali :)


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Capitolo 8
*** Somebody's me ***


  


Are you brave enough?
Capitolo 8
Somebody's me

{Questo capitolo -scusa se fa un po' schifo- è per il mio Gufo, perché le si sta offuscando la vista e ha bisogno di essere motivata. ❤}




Tremavo.
Tremavo mentre Louis cantava la prima strofa di Somebody's me, nella versione originale cantata da Enrique Iglesias.
Non... non ce la potevo fare.
E infatti Louis mi guardò confuso, quando al posto della mia voce, al ritornello si sentì solo la musica.
Scossi la testa, chiudendo gli occhi.
Lui si affrettò a togliersi le cuffie e fermare tutto.
-Ehi? Che succede, Cam?
Feci qualche passo, indietreggiando dal microfono, e mi tolsi le cuffie a mia volta.
-Non posso farcela. Io non so cantare.
-Ehi. Non ti preoccupare. Non è niente di che.
-Tu sai cantare! Io no! Tu vivi con tutto questo! È il tuo mondo! Io al massimo l'ho sognato. Non ce la faccio. Non ce la posso fare.
Lentamente Louis mi si avvicinò e mi abbracciò.
Le mie mani, prima inermi lungo i fianchi, si aggrapparono alle sue spalle mentre col viso, mi rifugiavo nell'incavo del suo collo.
-Ehi. Respira. Ce la farai.- sussurrò al mio orecchio, stringendomi a se'.
Scossi leggermente la testa, mentre mi imponevo di inspirare ed espirare.
Mi abbandonai al suo abbraccio, fino a quando non fu lui ad afferrarmi per le braccia e a cercare i miei occhi.
-Mettiti quelle cuffie. 
Cercai di rifiutarmi, ma lui mi riavvicinò al microfono e me le infilò.
Fece lo stesso con se' stesso e poi mi afferrò una mano, mentre faceva partire ancora la base.
Non smise un attimo di guardarmi ma appena cominciò a cantare, i miei occhi caddero sul pavimento.
È un cantante. Mi dissi. È assolutamente normale che la sua voce sia così bella.


You, do you remember me? 
Like I remember you? 
Do you spend your life,
going back in your mind to that time? 
Because I, I walk the streets alone,
I hate being on my own,
and everyone can see that I really fell.
And I'm going through hell,
thinking about you with somebody else...


Deglutii faticosamente, mentre fissando sempre il pavimento cominciai timidamente a cantare il ritornello.
Stringendogli la mano, gli imposi di continuare a cantare e di non lasciarmi da sola.
Lui ricambiò la stretta e si fermò solo per riprendere fiato. Per poi ricominciare.

Somebody wants you,
Somebody needs you,
Somebody dreams about you every single night.
Somebody can't breath without you, it's lonely,
Somebody hopes that some day you will see,
That Somebody's Me.
That Somebody's Me.


Alzai lo sguardo solo quando lui ricominciò con la seconda strofa. Mi sorrise, con quel suo magnifico sorriso che stordisce e tranquillizza allo stesso tempo.
Mi tirò verso di se', le nostre mani sempre incrociate, fino a che le nostre spalle non si toccarono e abbassò lo sguardo verso il testo della canzone.


How, How could we go wrong?
It was so good and now it's gone...
And I pray at night that our paths soon will cross,
And what we had isn't lost.
Cause you're always right here in my thoughts...


Seguii sul testo la sua voce, fino a qualche istante prima del ritornello. Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi, pronti ad agganciarsi ai miei.
Forse, non ero così male. 
D'altra parte, l'avevo scelta io la canzone. La sapevo, la cantavo sempre.
Aumentando la stretta delle nostre mani lo pregai ancora una volta di cantare insieme a me.
Tuttavia, alla prima parola sentii solo la mia voce nelle cuffie. Mi rilassai solo quando mi raggiunse cantando la seconda frase.
Sorrisi e proseguii, alternando con Louis le parole.

Somebody wants you,
Somebody needs you,
Somebody dreams about you every single night.
Somebody can't breath without you, it's lonely.
Somebody hopes that some day you will see...
That Somebody's Me.
Oh Yeah.

Lo guardai un po' male quando disse Oh yeah, senza riuscire a trattenere un sorriso, ma lui proseguì tranquillamente la sua parte.


You'll always be in my life.
Even if I'm not in your life.
Because you're in my memory.

Sembrò quasi che interrompessi la sua strofa, quando cominciai a cantare. E questa volta da sola.
Fissandolo negli occhi, concentrandomi solo su quel strano colore, un abbraccio tra verde e azzurro, e lasciando che le nostre voci si mescolassero, raggiungessero e separassero, quasi come se stessero danzando.

You, will you remember me?
And before you set me free.
Oh listen, please. 

Le nostre voci aleggiarono dell'aria insieme alla musica.Non smettemmo un attimo di guardarci.
Louis sembrava non riuscire a reprimere il suo sorriso, come a volermi dimostrare che ero stata una stupida a non essermi lasciata andare prima.
Fece cantare il ritornello tutto a me, e solo alla fine si intromise.


Somebody wants you,
Somebody needs you,
Somebody dreams about you every single night.
Somebody can't breath without you, it's lonely.
Somebody hopes that some day you will see...
That Somebody's Me. (Woah-ah-ah-ah)
That Somebody's Me. (Woah-ah-ah-ah)
That Somebody's Me. (Woah-ah-ah-ah)
That Somebody's Me. (Oh Yeah.)


Mentre la musica si estingueva mi accorsi di avere il fiatone e cercai di riprendere fiato.
Ma sull'ultima nota, starnutii, facendo scoppiare a ridere Louis.

***

Ridemmo come dei matti fino a che non ci accorgemmo che Harry e Alexis erano sul ciglio della stanza, ognuno appoggiato a uno stipite della porta.
Ci interrompemmo bruscamente, e feci sgusciare la mia mano fuori dalla stretta della sua.
Louis cercò di riafferrarmi ma fu troppo lento.
-Canti bene, Camille.- commentò Harry sorridendo.
Alexis mi guardò, cercando di nascondere un ghigno, ammiccando verso Louis.
-Oh no. Io... io non canto. Alexis lo fa!- mi affrettai ad aggiungere mentre il suo ghigno si trasformava in una smorfia.
-Davvero?- disse Louis, mentre Harry si limitava a guardarla stupito.
-Io... qualche volta, ma...- disse confusa.
Non era vero. Alex sapeva cantare. Bene. 
L'avevo sempre ammirata, e forse anche un po' invidiata, per quello. Per la facilità con la quale raggiungeva tutti gli acuti possibili in un millesimo di secondo.
Alex stava cercando ancora una scusa quando Louis e Harry urlarono verso l'altra stanza -Niall! La chitarra!

@

Alexis venne rapita da Niall, Liam, Zayn e la chitarra mentre io, Harry e Louis andavamo a prendere qualcosa da bere per tutti.
Mi appoggiai al tavolo mentre Louis rovistava nel frigo.
-Che ora è?- ne uscì ad un certo punto Harry, affiancandomi con in mano uno stappa bottiglie.
-Oh. Io non... Aspet-
-Styles!- tuonò da dentro il frigo Louis. Ritirò la testa di scatto, tirando pure una botta contro il freezer. 
Harry scivolò lontano da me in tre secondi.
-Non ci provare! Non pensarci nemmeno!- ricalcò l'amico, tre bottiglie di birra sotto il braccio.
Guardai Louis confusa. -Cosa...? Cosa ha fatto?
Harry trattenne una risatina.
Il ragazzo lo fulminò, poggiò rumorosamente le birre sul tavolo e lanciando ad Harry un'ultima occhiata si chinò per prendere qualcos'altro nel frigo.
-Harry...- la voce di Louis mi giungeva ovattata e smorzata. -...Lui ha la brutta abitudine di chiedere alle ragazze l'ora per provarci con loro.
Aggrottai le sopracciglia mentre Harry faceva un altro passo indietro. Mi girai verso di lui.
-Ma tu sei un...
-Pervertito?- mi anticipò continuando a sorridere.
-Stavo per dire idiota.- lo corressi.
Con un urlo Alexis mi chiamò.
Afferrai le birre sul tavolo scuotendo la testa, poi mi rivolsi a Harry. -Hai davvero bisogno di chiedere l'ora, per farti baciare?
Louis tirò un'altra testata al freezer mentre Harry da confuso divenne offeso, per poi scoppiare a ridere mentre mi guardava uscire e raggiungere gli altri.

***

Far cantare Alexis fu pressapoco un'impresa.
Alla fine scegliemmo Takin' back my love, sempre di Enrique Iglesias, passione di Alexis dubito dopo i One Direction.
Diciamo che ci eravamo contaminate a vicenda. 
Io amavo alla follia quel ragazzo. E a forza di farglielo sentire, come lei col gruppo inglese tra l'altro, aveva imparato ad apprezzarlo.
Harry, Niall e Alex cantarono più di tutti alternandosi le strofe e i ritornelli.
Zayn e Liam si divertirono troppo a fare gli eco, per non parlare di tutti i uuuhhhh di sottofondo.
Per la maggiore parte del tempo invece, io risi con Louis mentre ci limitavamo a battere le mani a tempo e, sopratutto lui, canticchiare qualcosa al ritornello. 
Alla fine della canzone avevo i crampi alla pancia dal tanto ridere. Mi lasciai cadere sul tappeto con un sospiro, un sorriso ancor stampato in faccia.
Il gruppo invece si alzò e tutti corsero in sala registrazioni terrorizzati da quel che il loro manager, Paul, avrebbe potuto fargli se non finivano il lavoro nel pomeriggio.
Appena rimasi sola con Alexis, lei mi saltò addosso.
-TU! Essere inutile! Come hai osato farmi cantare...!
-Con i tuoi idoli?- la interruppi sorridendo. -Andiamo, Alex. Lo so che ti è piaciuto un casino!
Lei mi fissò arrabbiata per qualche istante, poi sospirò e si sedette a gambe incrociate accanto a me. 
-Sì, ma... io credo ancora che tutto questo non sia reale. Domani mi sveglio e scopro che è tutto un sogno. Che non li ho mai incontrati sul serio. Che non ho mai cantato con loro. Che...
-Ehi, Alex! Non pensarci nemmeno! Tu...- abbassai lo sguardo. -Tu te lo sei meritato. Eri talmente ossessionata, talmente innamorata di loro, da trasformare la tua vita. Credo che incontrarli, parlare, cantare con loro, sia stato finalmente il sogno che avevi tanto bramato in questi ultimi anni. E non ti sei mai fermata. Nemmeno quando ti prendevano in giro, quando ti offendevano, quando ti consigliavano di arrenderti. Sei sempre stata così convinta di quel che facevi che alla fine ce l'hai fatta, giusto? E io sono tanto felice per te.- rialzai lo sguardo su di lei.- Perchè questo dimostra che la tua forza di volontà è valsa sopra ogni cosa, ogni affronto, ogni offesa. E non vale solo per loro. Tutto quel che hai raggiunto nella tua vita è stato grazie a te, alla tua forza, alla tua determinazione. Io, io credo che non ce l'avrei mai fatta al tuo posto.
Alex mi sorrise.
-Sei la migliore amica che potessi desiderare. 
-Anche tu, Alex.- dissi buttandole le braccia al collo, stringendola in un abbraccio.
-Anche grazie a te ce l'ho fatta. Se tu non avessi fatto quella figura all'aeroporto con Louis, non sarei qui! Hai visto?- disse sciogliendo l'abbraccio e ghignando verso di me. -Alla fine non sei proprio così inutile...
Non le diedi nemmeno il tempo di pensare "One Direction" che la colpii con un cuscino.

***

Sorridendo al commesso di Starbucks, mi affrettai a pagare il solito frullato e un caffè freddo.
Alexis era già trotterellata alla macchina con Zayn che ci avrebbe riaccompagnate a casa. 
Mi avviai verso l'uscita del negozio, sorseggiando il mio smoothie.
Per poco non rovesciai il caffé di Alexis quando Louis comparve improvvisamente.
-Ma sei sempre in mezzo tu?- borbottai facendo un passo indietro.
-No. Ma sembra che io sia padrone della tua vita.
-Non ci contare, Tomlinson. 
-Comunque, non sono qui per litigare.
Alzai gli occhi al cielo. -Quindi sei qui per...?
-Proporti una cosa.
-Illuminami.
-Un giro in bicicletta in Hyde ParkSabato a mezzogiorno. All'Albert Memorial
-Con tutto il gruppo?
Lui mi guardò serio negli occhi. -No. Solo io e te.
Mi trovai a trattenere il respiro.
-Io...
-Solo per divertirci. Nessun obbligo. Per passare un pomeriggio insieme. Senza il pubblico.
Sospirai. 
-Per favore, Cam. Non potrei sopportare di rimanere un altro fine settimana rinchiuso alla Sony. Mi ammalerò. - disse passandosi una mano nei capelli. -Salva il tuo amico...
Stetti un attimo in silenzio, guardandolo fintamente dubbiosa con un accenno di sorriso in volto.
-Alle sette devo essere a casa. E porto Thunder.- decretai.
-L'uragano a quattro zampe dell'altra mattina?
-Lui.
Louis sorrise come suo solito. Scossi la testa leggermente divertita senza smettere di fissarlo.
I suoi occhi erano così...
-A sabato. Ti chiamo.
-Va bene. Ma non assillare. Se mi chiami che sono ancora in macchina con Zayn, sappi che nn ti risponderò mai più.
Ghignò divertito. -Ti metto alla prova?

***




Angolo dell'Autrice:
Ciao a tutti. 
Almeno, se è ancora rimasto qualcuno, qui. 
Ci sono rimasta un po' male per le poche recensioni dello scorso capitolo: ma ho dato colpa al fatto che fossi in ritardo sparato e quindi vi siete messe d'accordo per punirmi. Ahahah
Comunque, non mi piace proprio per niente questo capitolo. 
L'avrò riscritto, cambiato canzone, almeno ottocento volte; ma sono davvero stufa e chissene frega. 
Dal prossimo capitolo cominciano a movimentarsi un po' le cose e diciamo che è uno dei miei capitoli preferiti. 
Ci vediamo domenica prossima, gente. :) 
Un bacione a tutti.
Alice :)



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Capitolo 9
*** A weird saturday ***




Are you brave enough? 

Capitolo 9 
A weird Saturday 



{Questo capitolo è per la mia Musa. Che mi fa pure le scenate di gelosia. ❤}


Mi lasciai cadere sulla sedia della mensa con un tonfo. Alexis alzò lo sguardo dal suo Iphone e mi guardò sconcertata.
-Come mai questo casino oggi? Di solito tratti le sedie come se fossero tuoi figli...
Sbuffai.
-Quell'arpia di Storia mi ha messo una nota di richiamo perchè "disturbavo altri studenti durante la sua lezione".
-Ovvero?
-Sbadigliavo insieme a Theresa, quella del gruppo di scienze.
-Ah! Lei! 
-Si.
-E ti ha dato una nota perchè sbadigliavi?- chiese scettica.
-Non riuscivo più a trattenermi. Sono arrivata persino a ficcarmi le unghie nella carne dei palmi delle mani!
Alex si portò alla bocca un boccone di pesce.
-Doveva essere terribilmente noiosa.
-Non hai idea quanto!
Scese per un attimo il silenzio tra noi due.
-Senti Camille...
Erano rare le volte che mi chiamava col nome interio e di solito lo faceva quando combinava un pasticcio.
-Cosa è successo stavolta?- le chiesi con un sospiro esasperato.
-Devo chiederti un favore enorme.
Annuii leggermente. -Illuminami.
-Dovresti parlare con Scott.- disse fissandomi negli occhi, seria.
Rabbrividii involontariamente.
-E perchè mai, di grazia?
-È... È l'unico che prende decentemente gli appunti nell'ora di Economia e ne ho un disperato bisogno. Tra due settimane devo fare l'esame e non ho ascoltato una singola parola.
Mi guardai in giro, quasi spaventata solo all'idea di incontrare lo sguardo di Scott.
Ma Alex era la mia migliore amica. E io dovevo venirne fuori da quella paura che mi artigliava sempre lo stomaco. Ero cresciuta, ero passata oltre, non contava più niente. Non doveva contare. 
Mi venne in mente quando, poco dopo aver capito quello che mi aveva fatto Scott -tradita e umiliata.- Alex era corsa da lui e gli aveva tirato uno schiaffo davanti a tutta la scuola, urlandogli -Questo è per quello che hai fatto alla mia migliore amica, stronzo!
Non poteva di certo ora tornare da lui e chiedergli gentilmente gli appunti di economia.
Ma io, io potevo?
-Non so Alexis, sai che...
-Gli ho dato dello stronzo e l'ho picchiato davanti a tutti. Odia più me che te, so che è un favore difficile, ma ne ho bisogno. Ti scongiuro.
Annuii stranamente determinata.
-Per oggi pomeriggio avrai i tuoi appunti, Alex.

***

Entrai in casa, sbattendo la porta dietro di me.
-Hiram!- chiamai.
Ma l'unico che mi venne incontro fu Thunder.
Poi scorsi Alexis in cucina, seduta davanti a una tazza di caffé, la testa tra le mani.
-Ho sbagliato. Ho sbagliato!- continuava a ripetere come un mantra. -Non dovevo chiederglielo. Non me lo perdonerò mai!
Solo allora notai mio fratello, appoggiato al lavandino, le braccia conserte.
Era in boxer e maglietta, tanto per cambiare, e guardava la mia amica con dolcezza. 
-Non preoccuparti, Al.- solo lui può chiamarla così. Se lo fanno gli altri è "un nome da maschio!" -Mia sorella ha le palle per affrontarlo, in caso le cose si mettessero male.
-Grazie per la fiducia, Alex.- interruppi allora entrando in cucina, seguita da uno scodinzolante Thunder, e sbattendole gli appunti sul tavolo.
Lei mi guardò con gli occhi spalancati.
-Coma hai fatto?
-Non è stato difficile. Ho fatto la gentile, lui me li ha dati semplicemente. Ha provato un po' a flirtare, ma niente di grave. L'ho gestito facilmente.
-Vedi?- disse mio fratello alzando i palmi al cielo. - Te l'avevo detto.
Sorrisi. -Grazie Hi.
Alexis si fiondò tra le mie braccia. 
-Grazie! Grazie! Grazie!
Bene. Ora dovevo solo dirle che Scott di era preso un pugno sul naso dopo i suoi tentativi accattivanti, e che molto probabilmente i suoi appunti avrebbe potuto anche tenerseli, col piccolo inconveniente che non ne avrebbe più avuti altri.

***

Sabato verso mezzogiorno cominciai a prepararmi.
Mi infilai i mei jeans preferiti che mi arrivavano al ginocchio, una felpa rossa e le mie All Star nere. Afferrai al volo il guinzaglio nuovo di Thunder e con un fischio lo chiamai mentre cercavo di infilarmi la giacca.
Appena lo ebbi legato chiamai Hiram.
-Hi! Esco!
-Va bene.- la sua voce mi giunse lontana, dalla sua camera al piano di sopra.
-Non mi chiedi dove vado?
-Non mi interessa!
-Perfetto! Esco con Thunder comunque!
-E chi è?
-Il cane, scemo! Non fare finta di niente!- gli urlai da sotto le scale.
-Vattene! Non drogarti, non fumare, non tornare tardi e usa il preservativo!
Mi scappò da ridere. -Tutte cose che tu non fai, no? 
Lo sentii mandarmi al diavolo.
Uscii scuotendo la testa.
Feci appena in tempo a uscire in strada che Thunder mi trascinò letteralmente verso il parco.

Sentii il cellulare suonare quando scorsi Louis che mi dava le spalle, pochi metri più in là.
Scoppiai a ridere come una matta. 
-Sono qui, Tomlinson!- urlai correndo verso di lui.
Louis si girò confuso e mi vide. Scosse la testa.
Volevo fermarmi. Davvero. Ma Thunder no.
Louis spalancò gli occhi allarmato, capendo quello che stava per succedere.
Per poco non cadde quando gli finii addosso.
Strinse le sue braccia intorno alla mia schiena urlando -Molla quel cane!
Feci quel che mi aveva detto e ridendo girai la faccia verso di lui.
Solo allora mi accorsi che le nostre bocche erano a pochi millimetri di distanza, tanto che sentivo il suo respiro tranquillo sulle mie labbra.
Abbassai subito il viso, nascondendomi nella sua spalla.
-Scusa.- borbottai. -Io e il cane ci siamo fatti prendere dall'eccitazione. Insomma!- continuai entusiasta allontanandomi da lui. -Guarda che cielo! C'è il sole! 
Louis sorrise.
E Dio, come sorrideva.
Mi venne voglia di baciarlo.
E, presa da un'irrefrenabile frenesia, lo feci davvero.
Gli stampai un bacio sulla guancia, forse troppo vicino alle labbra.
-Chiudi quella bocca! Diventerà un'autorimessa per mosche!- lo ripresi poi appena mi allontanai vedendo la sua espressione sconvolta.
-Questo... Questo che cos'era?
-Oh niente.- dissi alzando le spalle, cercando di calmare il mio cuore, che batteva forte e non solo per la corsa. -Oggi voglio bene a tutti. C'è il sole, una magnifica brezza mattutina e da quanto posso vedere, hai portato il pranzo. 
Louis rise di gusto quando, girando la testa nella mia stessa direzione, notò Thunder che scodinzolante, annusava interessato un cestino da pic-nic.
-E aggiungerei, se non ci sbrighiamo ad allontanare quell'aspirapolvere-canino dal nostro cibo, più tardi brucheremo come le mucche se avremo fame.
Louis, senza smettere di ridere -amavo il modo in cui lo faceva. Aveva un che di rilassante, rassicurante, familiare...- mi prese per mano scuotendo la testa e insieme, raggiungemmo il cane.
-Thunder!- lo richiamai, ammettiamolo, sorridendo come un ebete.
Lui non mi degnò di uno sguardo.
Lasciai di malavoglia la mano di Louis e afferrai velocemente il guinzaglio a penzoloni.
Mi voltai verso Louis. -Quindi che...- mi interruppi notando che aveva fatto una strana smorfia di dolore e si stava tenendo una mano sul fianco.
-Ehi? Che succede? Stai bene?- chiesi preoccupata.
Lui mi sorrise, come se non fosse successo niente.
-Tranquilla. Tutto bene.
Lo guardai dubbiosa ma lui era tornato tanto contento e sorridente che immaginai si fosse trattato di un piccolo acciacco.
-Allora, Cam? Prendiamo le bici?

***

Louis mi raggiunse leggermente affaticato.
Mi chiesi preoccupata perchè lo fosse, visto che il parco era tutto piuttosto pianeggiante e non andavo veloce per non lasciare indietro Thunder.
Mi affiancò, lo sguardo fisso davanti a se', troppo serio per i miei gusti.
-Louis, ehi. Sei sicuro di stare bene?
Louis annuì, rivolgendomi un sorriso, cercando di nascondere una nota di sofferenza.
-Si. Sono solo un po' stanco. 
Mi limitai ad annuire, poi girai verso una parte del giardino poco affollata, promettendo di tenerlo d'occhio.
Era piuttosto strano.
Scesi dalla bici pochi minuti dopo, chiamando a gran voce Thunder, corso avanti. Louis mi raggiunse trascinando la bicicletta a piedi, col fiatone. Feci finta di niente, e afferrai il cestino da pic-nic.
Scelsi una zona mezza ombreggiata, non volendo rinunciare al pallido sole che straordinariamente illuminava Londra.
Mangiai con gusto tre panini che a detta di Louis, aveva preparato Harry con le sue sante manine.
-Come facevi a sapere che ero vegetariana?- borbottai addentando un tramezzino al formaggio e verdure.
Louis, alle prese ancora con il suo primo mezzo panino, si strinse nelle spalle.
-Alexis ne ha parlato talmente tanto l'altro giorno. Aveva cominciato a dichiarare che sei "una pazza furiosa erbivora".- disse sforzando un sorriso.
Stetti un attimo in silenzio. 
-Sei strano. Sei sicuro di stare bene?
-Solo un po' di mal di stomaco. Stai tranquilla. 
Mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sulla fronte.
-Sei piuttosto caldo...- 
Louis scacciò la mia mano. 
-Ti ho detto di stare tranquilla. Va tutto bene... È lo stress.- disse infastidito.
Mi ritirai indietro, abbastanza offesa. -Non sto tranquilla. È troppo perfino per essere stress.- ribattai rigida.
Lui mi guardò sospirando e si addolcì.
-Davvero. Mi è già successo. L'aspirina fa miracoli. Domani starò benissimo.
Lanciai veloce uno sguardo al suo panino mezzo smangiucchiato.
-Non hai mangiato praticamente niente.
-Non ho fame. Ti ho detto che ho la nausea.
-Louis, sei malato. Torniamo a casa e chiamiamo un dottore.
-No.- sbottò. -Ho solo bisogno di un po' d'aria. E di un'aspirina dopo cena. 
Sospirai.
-Davvero, Cam. 
Mi limitai a succhiare un sorso di Coca dalla lattina, ancora molto scettica.
Quando finimmo -finii- di pranzare, decidemmo di stenderci mezz'oretta sul prato, prendendo un po' di sole e riposandoci.
Cercai di ignorare i gemiti di dolore poco trattenuti che ogni tanto si faceva sfuggire Louis, steso accanto a me, quando pensava che stessi dormendo.
-Basta. Dimmi che cos'hai!- ordinai ad un tratto alzandomi a sedere scoprendolo sofferente con una mano sullo stomaco, leggermente rannicchiato su se' stesso.
-Nausea.- disse flebile. 
-E?- lo esortai avvicinandomi e posandogli una mano sulla spalla.
-Dolore.
-Dove Louis?- chiesi allarmata.
-Al fianco. 
Poggiai le labbra sulla sua fronte leggermente sudata.
-Ma tu scotti. Fammi vedere il fianco.
Lui scosse la testa.
-Non fare storie. 
Louis liberò il suo ventre dalla presa, stringendo di più i denti.
Lo feci sdraiare meglio, completamente sulla schiena e piuttosto imbarazzata sollevai un angolo della maglietta. La sua pancia non aveva niente di strano.
Non che mi aspettassi il foro di un proiettile o chissà cosa.
-Chiamo un'ambulanza...- dissi preoccupata.
-No!- mi fermò lui poggiando una mano sulla mia, ancora posata sulla sua spalla. Ormai faceva fatica anche a parlare. E tremava. -Harry.- disse rigirandosi dalla parte opposta dove ero seduta io, assalito da dei conati.
Afferrai il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni e cercai febbrilmente nelle ultime chiamate, cercando di non perderlo di vista.
Thunder intanto si era avvicinato e annusava piuttosto disgustato il vomito di Louis. Il poco panino che aveva mangiato era tutto per terra.
Il cellulare squillò a vuoto per alcuni secondi.
-Lou, amico mio. Sapevo non avresti resistito tanto senza chiamare.
-Harry! Harry! Sono Camille!
-Camille? Che...
-Vieni subito. Louis sta male.
-Cosa? Che cos'ha?!
-Febbre, nausea, brividi. Vieni subito!
-Ma dove siete? Louis non mi ha detto dove...
-A Hyde Park. Carriage Road. Prima del fiume. Muoviti!- interruppi di scatto la telefonata, e mi chinai vicino a Louis facendo uno sforzo enorme per cercare di aiutarlo mentre vomitava.
Sarà che ero rimasta traumatizzata da piccola, ma quando qualcuno stava male in quel modo, stavo male pure io al pensiero.
Mia madre mi aveva presa sempre in giro, dicendomi -Pensa a quando sarai incinta, Camille! Dovrai farci l'abitudine.
Io le rispondevo che non avrei fatto figli solo per questo.
Porsi un tovagliolo di carta a Louis e dolcemente gli dissi di alzarsi. Dovevamo solo fare un centinaio di metri, verso la strada.
Mentre lui tenendosi lo stomaco faceva quello che gli era stato detto, afferrai Thunder e legai il guinzaglio ai passanti dei pantaloni.
Allora mi affiancai a Louis e gli feci passare una mano sulla mia vita, mettendo l'altra sulle mie spalle.
-Solo un piccolo sforzo, Louis. Harry sta arrivando. Dobbiamo andare verso la strada...
Fece per annuire ma fu interrotto dall'ennesimo conato.
Non vomitò niente questa volta. Forse il suo stomaco aveva capito che non era rimasto più nulla e andando avanti così avrebbe rimesso cuore e polmoni.
Cominciai piano a camminare, facendo da stampella a Louis che ogni due passi voleva solo fermarsi.
Aveva il fiato corto e faceva fatica a respirare, la fronte imperlata di sudore e stringeva denti e occhi per il dolore che gli attanagliava il fianco destro.
-Per Dio! Da quanto va avanti tutto questo?!
Lui cercò di prendere un respiro profondo, ma quello che ne venne fuori fu un altro conato. E questa volta uscì ancora qualcosa.
-Una settimana.- disse fiocamente. -Un dolore... Pensavo...- un colpo di tosse che si trasformò in un conato. -...Niente di grave!
Lo sentii tremare contro il mio corpo e se non ci fosse stata l'adrenalina a tenermi sveglia, sarei svenuta dalla paura.
-Di questo ne parliamo dopo! Ancora un ultimo sforzo. Ci siamo quasi, Louis. 
Lo feci appoggiare a un albero sul ciglio della strada.
-Vado a vedere se è arrivato Harry...- dissi facendo per andarmene. Lui mi afferrò violentemente il polso. -No!- urlò col poco fiato che aveva. -Non lasciarmi... da solo.
Lo guardai con gli occhi spalancati. 
Senza il suo sorriso che gli illuminava il viso, sembrava più vecchio, non più un Peter Pan, un eterno bambino, dimostrava con orgoglio i suoi 22 anni. Tuttavia aveva comunque lo sguardo terrorizzato di un bambino, spaventato all'idea di rimanere solo.
Istintivamente lo abbracciai, cercando di non stringerlo troppo per non fargli male, accarezzandogli i capelli.
-Certo, certo che non ti lascio. Tranquillo.
Dovette sciogliersi dal mio abbraccio assalito dalla nausea. Si portò le mani sulla pancia, piegandosi in due e vomitando non so bene cosa, visto lo stomaco vuoto che si ritrovava.
-Louis!- lo chiamai allarmata, tirando indietro Thunder e avvicinandomi per posargli una mano sulla spalla.
Mi guardai attorno per i successivi dieci minuti cercando di tranquillizzarlo.
I dieci minuti più lunghi e angoscianti della mia vita.
Quando intravidi la macchina con la quale Zayn aveva riportato a casa me e Alexis la settimana precedente, Louis aveva finalmente smesso di vomitare, ma continuava a rabbrividire, imprecare e gemere dal dolore, sudare freddo e i conati non accennavano a fermarsi.
Mi sbracciai anche se Harry aveva già messo la freccia per accostare verso di noi.
Scese dal sedile senza chiudere la portiera e spegnere la macchina, e mi raggiunse.
Prendemmo ciascuno da un lato il suo migliore amico e lo trascinammo verso il veicolo.
Lo lasciai solo quando fummo a pochi metri e corsi a fare salire Thunder nel baule, poi salii nel sedile posteriore dalla parte opposta di Harry e insieme facemmo stendere Louis, con la testa poggiata sulle mie gambe.
Harry mise in moto e si allacciò la cintura mentre guidava.
-Andiamo al pronto soccorso. Ora.- decise il riccio.
Louis gemette di sconforto.
-Non ti lamentare, Tomlinson. Sto morendo di paura per colpa tua.- fece la retro e riprese a guidare, scommetto superando il limite consentito.
Attraversammo il parco nel giro di pochi minuti mirando all'ospedale più vicino, il Royal Marsden.
Stare sdraiato non sembrava far stare meglio Louis che continuava ad agitarsi.
Harry inchiodò a un semaforo rosso facendo gemere Louis.
-Dio Santo! Lou, calmati. Siamo quasi arrivati!- imprecò battendo una mano sul volante.
Louis aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotto da un altro conato. 
Mi sentii il pranzo risalirmi l'esofago ma cercai di mostrami tranquilla mentre accarezzavo il ciuffo corto del ragazzo.
-La tua mano...- sussurrò fissandomi, gli occhi lucidi forse di lacrime trattenute. -... trema.
Me ne accorsi solo in quel momento. -Shh.- dissi strofinandomela sulla gamba. -Io sto bene. Tranquillo.
Louis chiuse gli occhi serrando la mano intrecciata alla mia. -Grazie.
Stupita sussurrai un altro flebile -Shh.
-Mi piace... vederti preoccupata. Per me. 
-Razza di idiota. Ti dovrebbe piacere qualcosa d'altro!- inveii. -Non chiudere gli occhi, Louis. Non...- deglutii rumorosamente. -Non farlo. 
Sentii le sue spalle rilassarsi contro di me. -È... Così bello dormire.- delirò. -Niente... dolore.
-Louis!- alzai la testa verso di Harry. -Harry, sta...
-Ci siamo quasi! Devi resistere, amico! Apri quegli stupidi occhi!- inveì agitato il riccio.
Louis abbozzò un sorriso al limite dell'incoscienza. -Mi piacciono i tuoi occhi, Camille.
Non potei avvitare di arrossire. -Sì, sì. Anche a me piacciono i tuoi, Louis.- mi ripresi poi, sentendo comunque le guance in fiamme. -Ragione in più per non chiuderli no?- tentai.
Louis sbatté le palpebre, aprendole solo per qualche secondo. -Sei arrossita.- disse in un soffio, sorridendo debolmente.
Gli strinsi la mano, sentendola molle nella mia. Senza accorgermene una lacrima cadde sulla sua spalla.
-Sì.- dissi con voce rotta. -Ma...
-Sono... qui. Non piangere... Sto bene.
Furono le ultime parole che disse, prima di abbandonarsi sui sedili posteriori della macchina proprio un minuto prima che Harry entrasse in ospedale.
Continuai a chiamarlo disperatamente, cercando di trattenere le lacrime.
Non lo abbandonai nemmeno quando Harry balzò fuori dalla macchina, precipitandosi a chiamare dei dottori. Dopo pochissimo dei camici bianchi corsero verso di noi con una barella. Mi fecero allontanare con violenza, e lo portarono via.
Tra le lacrime Louis sparì dalla mia vista, e Harry mi si avvicinò stringendomi in un abbraccio.







Angolo dell'Autrice: 
Ta-dan! 
Viva la depressione! Ahahah. 
No, okay. Non ho intenzione di farlo morire. Sarebbe un tale spreco. :3
Niente, mi piace questo capitolo perché mi riesce particolarmente bene scrivere cose tragiche :)

Ora, due comunicazioni di servizio *avviso alla gentile clientela*

Domenica prossima io parto per la Francia (Yeah!) a una cosa come le 6.45 del mattino (sigh.), e non credo proprio che riuscirò ad aggiornare. 
Tornerò il lunedì sera della settimana seguente, quindi in pratica starò ferma ancora per due domeniche. 
Ma se in qualche modo dovessi riuscire a fare qualcosa, ve ne accorgerete. 
Mi dispiace visto che è successo lo stesso due settimane fa, ma c'est la vie. :)

Sappiate che appena posso, aggiorno. Ve lo prometto. 

Ora, seconda comunicazione, molto meno importante.
Questa settimana ho pubblicato una OS tanto carina e smielata (ahaha okay, anche un pochino tragica lo ammetto) su Justin Bieber.
Ora, premesso che adoro alla follia quel ragazzo e che i giornalisti gliene stanno urlando contro di tutti i colori e rigirano le cose a loro piacimento ("lamentele da parte dei fan" quando su Twitter le beliebers fanno trend come Smile, Justin) -no scusate ma mi incazzo troppo quando fanno così, e che cazzo!- .....
Ho perso il filo del discorso. Comunque, non so molto di lui e non sono una belieber, ma mi sentivo ispirata divinamente e quindi okay. 
La fanfiction si chiama Da morire. (vi metto il link sul titolo) e se c'è qualche sua fan che mi segue, va be, ve lo volevo fare sapere. 

Basta ho finito. 
Grazie mille per le recensioni :D ero già preoccupata di essere stata dimenticata nello scorso capitolo ahaha. 
Vado a fare colazione (all'alba di venti a mezzogiorno) e poi vi rispondo :D

Un bacione a tutti e spero a presto (in qualche modo.)
Vi voglio bene ❤
Ali



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Capitolo 10
*** Hospital ***




Are you brave enough? 

Capitolo 10
Hospital 




Mi sentivo come rinchiusa in una prigione.
Obbligata a starmene seduta su quella scomodissima sedia di legno a fare finta di seguire quella noiosissima lezione di trigonometria, mentre la persona con cui stavo di più in quei giorni, dopo Alexis, era distesa su un lettino bianchissimo di uno stupidissimo ospedale.
E continuare a fissare la mia matita che disegnava sul banco ripetute L, non mi faceva sentire meglio.
Alle 9.18 stavo già elaborando un piano per uscirmene da quel manicomio di numeri che in un'altra giornata mi avrebbero affascinato e catapultato nel loro mondo di sfide. (Questo era un modo carino per dire che amo la matematica.)
Ma non ero in vena quel lunedì. 
Ero stata tutta la domenica in casa, a cercare di studiare, mentre in realtà chiamavo alternativamente Harry e l'ospedale.  Io non potevo entrare. Non ancora.
Lui aveva bisogno di riposo.
Strinsi denti e matita, ingoiando la bile.
Appendicite.
Ecco cosa era stato sabato. Solo una stupida appendicite.
Peccato che fosse arrivata al culmine. L'infiammazione risaliva a quasi due settimane prima.
Quello stupido di Louis era stato zitto per praticamente dieci giorni sul suo dolore, aveva sperato che tutto passasse con un antidolorifico. 
Era un'idiota, continuavo a ripetermi. E anche i ragazzi se lo ripetevano. Harry era praticamente un disco rotto in quei giorni.
Avrei dovuto accorgermene! ripeteva a oltranza. 
E mi aveva proibito di andare in ospedale il giorno prima. Mi ripeteva che stava meglio e che prima o poi sarei andata a trovarlo anche io. 
Ma io ripensavo alle sue smorfie di dolore, al flebile respiro che usciva affaticato dalle sue labbra, al suo pranzo per terra e le sue mani strette contro lo stomaco. 
Non avevo mangiato niente, dormito poco piú di tre ore e fatto preoccupare Alexis e Hiram, come se fossi stata io la malata.
I miei pensieri si interruppero improvvisamente quando si sentirono tre colpi ritmici alla porta.
L'insegnante si bloccò a metà frase, il gessetto in mano e gli occhiali leggermente calati sul naso e si voltò borbottando "Avanti."
La donna di mezz'età, Mrs. Tolet, che lavorava in segreteria fece un paio di passetti con le piccole e tozze gambe che si ritrovava dentro la classe e si aggiustò gli occhiali squadrati. 
-Mi scusi professoressa. Jameson é stata convocata in segreteria da un agitato cugino, un certo Sam Jumper, che la deve assolutamente vedere. Dice che é urgente.- biascicò la donna con accento francese. 
Mi girai verso la prof sperando di nascondere il fatto che ero esterrefatta quanto lei.
Tutti i miei cugini abitavano a Edimburgo, nessuno di loro si chiamava Sam, nessuno portava il cognome Jumper e la loro età oscillava tra i 7 mesi e i 12 anni. Quindi, a meno che la Tolet non fosse improvvisamente impazzita, si era trovata davanti un attore straordinario. Che voleva parlarmi.
Mi alzai cercando di non fare stridere la sedia sul pavimento. Buttai di fretta nella borsa l'astuccio chiuso e il quaderno immacolato degli appunti e andai verso l'uscita, la matita ancora in mano.
Mrs. Tolet mi fece uscire e poi chiuse la porta dell'aula silenziosamente. 
-Mi segua, signorina. Spero non sia niente di grave. 
Silenziosamente me lo augurai anche io. 
Calò il silenzio, rotto solo dal suono ritmico e affrettato dei tacchi della segretaria. Attraversammo i corridoi deserti fino all'ufficio della donna. Appena girato l'angolo scorsi una figura appoggiata al muro, accanto alla porta della segreteria.
Aveva le braccia incrociate, era infagottato in una felpa grigia, il cappuccio calato sugli occhi, i pantaloni strappati troppo calati per i miei gusti. 
Sam Jumper non era altro che Harry Styles. 
Lo guardai confusa e leggermente spaventata dalla sua visita improvvisa appena lui alzò lo sguardo verso di me.
-Grazie signora. Sono davvero spiacente ma mia cugina deve assolutamente venire con me in ospedale. Lo zio non si é sentito molto bene.- disse alla donna.
La Tolet sorrise debolmente e rientrò nel suo ufficio.
-A domani signorina Jameson.- si raccomandò mentre Harry mi afferrava per un braccio e mi trascinava con lui.
Lo seguii rigida.
Appena prima dell'uscita, Harry cercò di nascondersi ancora di piú nella felpa.
-Cosa ci fai qui!?- sbottai appena la porta si chiuse dietro di noi.
-Louis si è definitivamente svegliato, e con definitivamente intendo che non é più stordito da nessuna operazione o antidolorifico. La prima cosa che ha detto é stata: "devo chiedere scusa a Camille. Dov'é?".- Arrossii e cercai di nasconderlo. Harry attraversò la strada guardandosi intorno, di sicuro alla ricerca di qualche giornalista e non per stare attento alle macchine. -Quando gli abbiamo spiegato che eri a scuola se l'è presa così tanto che tu non fossi lí fuori che non ha più spiccicato parola. Nemmeno quando Zayn l'ha offeso. Forse i medicinali gli hanno danneggiato ulteriormente il cervello. 
Mi accigliai e cercai lo sguardo di Harry, che però era impegnato nella ricerca disperata delle chiavi nelle tasche. 
-Sali.- mi disse aprendo la macchina, impaziente di andare.
Feci come mi era stato detto. 
Non feci in tempo ad allacciare la cintura che Harry era già partito sgommando. 

***

Trovai quasi insopportabile il rumore sordo dei miei stivali sul pavimento bianco dell'ospedale mentre fissavo la schiena di Harry leggermente ricurva, cercando di ignorare le lamentele lontane di alcuni pazienti. 
Ne' io ne' Harry avevamo avuto intenzione di parlare mentre ci avviavamo alla camera di Louis. 
Dopo parecchi minuti passati a vagare per i corridoi tutti uguali della clinica scorsi infondo a uno di questi Liam che usciva da una stanza chiudendosi la porta alle spalle e che si metteva a sedere sulle poltroncine di ferro di fronte, accanto a Niall e Zayn. Accelerai il passo e raggiunsi Harry.
Quando ci videro arrivare i tre ragazzi sorrisero. Mi salutarono a turno e Niall mi abbracciò.
-Come sta?- chiesi rapida. 
-È uno scemo.- bofonchiò Zayn a mezza voce.
Guardai allarmata Liam. -Sta bene. I medici dicono che è tutto ok. Il problema è che non vuole parlare con nessuno. Non apre bocca. 
Annuii deglutendo. 
-Provaci tu, Camille.- disse Niall e scorsi nella sua voce un tono di disperata preoccupazione.
Mi girai verso la porta e poggiai una mano sulla maniglia. Preso un bel respiro e la spinsi verso il basso.
La chiusi subito dietro di me mentre scorgevo Louis sdraiato sul suo letto bianco che mi dava le spalle. 
-Louis.- lo chiamai con un sussurro.
Lui si girò con uno scatto. 
Mi precipitai verso di lui. -Piano! Ti farai male!
Ma lui mi sorrideva. -Ciao. 
Mi morsi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere come una demente. Lo abbracciai, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo che pulsava debolmente a ritmo del suo cuore. 
-Sei un idiota. Un enorme idiota. Mi hai fatta morire di paura.- bisbigliai sulla sua pelle. 
-Lo so.- soffiò lui stringendomi. 
-Ti ho visto collassare davanti a me e i dottori non mi hanno fatta avvicinare appena io e Harry ti abbiamo portato qui. Ed è tutta colpa tua. Se tu... se tu ti fossi fatto vedere, curare, prima! Anzichè aspettare di stare male sul serio...
-Lo so.- ripeté piano lui. 
-Avrei potuto averti sulla coscienza! Mi sono preoccupata da morire!
-Lo so.
Gli tirai un pugno sul braccio, staccandomi da lui. Lo spavento ormai stava lasciando il posto alla rabbia.
-Smettila di dirlo! Se lo sapevi perchè non l'hai detto a nessuno?! A Harry! È il tuo migliore amico! I ragazzi sono la tua famiglia! 
Louis abbassò lo sguardo. 
-Non volevo farli preoccupare...
Le mani mi prudevano per il nervoso. 
Lui stava bene, era vivo e vegeto, mentre io l'unica cosa che volevo fare era picchiarlo a sangue per tutta la pena che mi aveva fatto provare negli ultimi giorni, per tutto quello che aveva procurato a tutti noi. 
-Ah sì?! Be', notizia bomba, Louis! Non è così che non si fanno preoccupare le persone! I tuoi migliori amici! Non hanno smesso un attimo di ripetere che avrebbero dovuto accorgersene che stavi male! Che è stata colpa loro! Sei un idiota!
La sua famiglia, che cercava di capire cosa avesse sbagliato per non accorgersi di tutto quello prima, quando in realtà non erano stati loro a sbagliare.. Il sangue mi pulsava fastidioso e accelerato nelle tempie. 
Era tutta colpa di Louis, e lui doveva capirlo. Non doveva succedere di nuovo, o sarei morta di crepacuore.
Louis si accigliò. -Non mi sono mica divertito a finire in ospedale!
-Ma avresti potuto evitare tutto questo!- sbottai alzando la voce e passandomi una mano nei capelli. -Avresti potuto aiutarti!
-Scusa! Scusa, ok?! Non pensavo...
-E di questo ce n'eravamo accorti che non pensavi!- lo interruppi fuori di me. Non sapevo esattamente cosa stesse succedendo. Solo che aveva avuto una paura folle di perderlo. Perderlo per sempre. E non lo avrei mai sopportato.
-Smettila adesso. Ti ho chiesto scusa! Oh mamma...Ti stai comportando come se...- si interruppe, come se si fosse accordo di essersi spinto troppo oltre.
-Finisci!- Urlai isterica. -Come se?!
-... come se ti piacessi!
Arrossii e il mio cuore prese a battere ancora più furiosamente. 
Non era così. Non doveva essere così, no? 
-Be, non so come mi sto comportando ma pensavo che non fossi così stupido!- Protestai, la bocca che si muoveva ancora prima che il mio cervello componesse le parole. -E se fossi morto?!
-Smettila! Non esagerare! Non si muore di appendicite!
-Ma si muore di infezione interna di organi! E un'appendicite infiammata può infettare altri organi!- non sapevo nemmeno io quel che stavo dicendo. Non capivo più niente. Il mio cervello offuscato dalla rabbia, come fumo in un edificio in fiamme. 
-Stai esagerando.- esclamò infatti Louis.
-Mi sto preoccupando!- strillai. 
-Mi dispiace, ok?! Possiamo lasciare perdere?
-No! Non possiamo! 
Lanciai le mani al cielo e sbuffando, quasi senza accorgermene, uscii sbattendo la porta dietro di me, il battito furioso del sangue pompato nelle mie vene rimbombava furioso nella mia testa.

***

I ragazzi si alzarono appena feci il mio teatrale ingresso in corridoio.
-È un idiota!- urlai furiosa. 
-Che è successo?- chiese Niall.
-Niente!- risposi isterica e me ne andai a grandi passi verso la Hall del'ospedale. Avevo bisogno di calmarmi al più presto. 
Con la coda dell'occhio vidi Harry e Zayn precipitarsi dentro la stanza e Niall rimanere imbambolato in mezzo al corridoio mentre Liam cercava di portarlo dentro. 
Avevo bisogno di calmarmi. Calmarmi e basta. 

***

Feci una smorfia di disgusto sentendo l'amaro caffè scivolarmi in gola. Era disgustoso. 
Io odiavo il caffè, ma quella stupida macchinetta d'ospedale era il massimo che poteva offrire. Lo buttai nel cestino lì accanto proprio mentre qualcuno si sedeva al mio fianco.
-Mi dispiace che sia finita così.- disse Niall mentre si sedeva incrociando le mani, i gomiti appoggiati sulle gambe larghe.
-Passerà.- mi strinse nelle spalle, sentendo il sangue scorrere più tranquillo.
-È colpa nostra se vi siete urlati addosso.
-Smettela di prendervi la colpa per tutto, per la miseria!- sbottai innervosita, girandomi a guardarlo. -È stato lui l'idiota! E lo deve capire.
Niall sospirò. -Louis è un eterno bambino. Per lui è tutto un gioco. Tutto si aggiusta. 
Non era una giustificazione.
-Deve imparare a crescere allora. Anche Peter Pan un giorno deve lasciare l'isola che non c'è. 
Scese il silenzio.
Per un attimo mi sentii strana, come se Niall stesse giudicando, analizzando il mio comportamento. Come se stesse capendo qualcosa che a me ancora sfuggiva.
-Camille. - la voce di Zayn ci riscosse. Ci girammo entrambi verso di lui.  -Ti vuole parlare. 
Scossi la testa. -Dovrà aspettare. 
-Dice che è molto importante. 
Non dissi niente. Era pronta a parlare con lui? Di già?
-Per favore. - continuò Zayn.
Con un sospiro mi alzai e tornai in quella maledetta stanza tutta bianca. 

***

-Cosa vuoi ancora?- chiesi incrociando le braccia al petto mentre la porta si chiudeva sorda dietro le mie spalle.
Louis si mise a sedere con una smorfia sul letto. Dovetti trattenermi dal correre ad aiutarlo. 
-Voglio parlarti. E ti chiedo solo il favore di ascoltare. 
Sentii dietro la porta la voce di Niall che salutava e se ne andava. Dove andava?
-Ti siedi?- chiese Louis facendomi segno.
Mi sedetti sul materasso vicino a lui sentendomi terribilmente fuori luogo. Ma mantenni un cipiglio severo.
-Scusami.- Cominciò Louis. -Ti scongiuro, scusami. L'ho già detto ai ragazzi, mi dispiace un casino. Non volevo farvi preoccupare così tanto. Pensavo solo... che fosse una semplice infiammazione, un virus intestinale... non ho minimamente pensato al peggio... Io volevo solo riprendermi in fretta per tornare come sempre a cantare coi ragazzi. Perchè nonostante io dica che odio quel ufficio registrazioni ammuffito, amo cantare, amo il mio lavoro, amo la mia vita. E mi sono comportato come un egoista, lo ammetto, ma ti giuro che non l'ho fatto apposta. Non lo farei mai. Non vorrei mai farti soffrire. 
Abbassai lo sguardo. -Capisco.
-Mi perdoni?
E come la prima volta che l'avevo visto, pensai al suo comportamento infantile, al suo modo di esprimersi da bambino. E capii che era proprio quello Louis. Un eterno bambino. E che è per questo che gli vogliamo tanto bene. 
Sospirai. 
-Sì. Forse ti perdono.- lo vidi sorridere raggiante. -Ma non subito. 
-Come?
-Devi capire che sei stato realmente un idiota.- affermai, più seria che mai.
-Ma l'ho già capito.- commentò confuso. 
-Lo devi capire di più.
Si incantò a fissarmi negli occhi.
-Sai, c'è un'altra cosa che voglio capire.- sussurrò chinandosi un po' verso di me. 
Arrossii vedendolo così vicino. Il mio cervello aveva ripreso a correre.
-E cosa sarebbe?- sussurrai impercettibilmente.
Louis non parlò più. 
Le sue labbra si posarono sulle mie facendomi scorrere un brivido dalla nuca per tutta la spina dorsale. Lo lasciai fare, troppo sorpresa per fare realmente qualcosa, fino a che Louis non tentò di schiudere le mie labbra.
E improvvisamente capii quello che stavo facendo. E che era terribilmente sbagliato. 
Mi staccai, spingendolo all'indietro.
-No.- dissi, il fiato leggermente corto.
-Scusami.
-Oggi sei buono solo a scusarti?
-Sembra di sì.
Lo guardai fissa negli occhi. -Te l'avevo, la prima...
-La seconda.- bisbigliò lui interrompendomi per un attimo.
-... volta che ci siamo incontrati.- lo ignorai. -Io... Noi saremo solo amici. Me l'avevi promesso. 
Louis abbassò il viso.
-Hai ragione. Scusa. Mi sono lasciato prendere dall'entusiasmo. 
Gli accarezzai una guancia, cercando di controllare il battito del mio cuore e preparandomi per la più grande bugia della mia vita.
-Be', Louis, ti conviene tenerlo a mente. Per quanto io ti voglia bene, non ci sarai mai di più. Non mi innamorerò mai di te. 
Louis annuì e alzò lo sguardo. -Siamo in due.
  
***

Mi infilai il cappotto e la borsa sentendo lo sguardo di Louis sulla sua schiena. Era tardi, e dopo una giornata passata a fargli compagnia, era ora di rientrare.
-Tornerai domani, vero?- chiese, non riuscì a nascondere una nota di pura speranza nella voce.
Sorrisi. -Certo. E credo che porterò qualcosa da fare. È terribilmente noioso qui. 
Mi girai trovandolo piuttosto sofferente. 
-Ehi. Che succede? Stai male?- mi allarmai.
-No. Solo... È normale. Me l'hanno detto i medici... Ma tranquilla. Passa. 
Lo guardai male. 
-Se non passa entro un'ora prometto che chiamo l'infermeria. 
Annuii. -Mi raccomando.
Mi chinai su di lui e gli lasciai un bacio sulla guancia. 
-Riposati e non fare cavolate. 
-E quando mai?- rispose di nuovo sorridente. 
Ricambiai il sorriso, sillabando un "A domani." e uscendo. 
Mi scontrai con Harry. 
-Ehi. 
-Scusa ero distratta. 
Lui sorrise, amaro. -Tranquilla. Capisco. Spesso Louis... distrae
Arrossii fino alla punta dei capelli. 
-No no no. Harry senti...
-Non devi spiegarmi niente. Sono affari vostri. 
-Ma io...
-Ascolta.- mi interruppe, ancora con un po' di amarezza nella voce. -Domani io e i ragazzi dobbiamo assolutamente tornare allo studio e, insomma aggiornare un po' la situazione. Ho bisogno che tu venga da lui domani. 
-Sarei venuta lo stesso...
-Anche per la notte. Non so quando finiremo. È... è importante. Non mi fido ancora a lasciarlo qui da solo. 
-Sì... Sì. Tranquillo. È una notte. Solo una notte. Nessun problema. 
Harry sorrise. -Grazie mille. 
-Dovresti rilassarti, Styles.- commentai. -Ti farebbe bene. E anche a lui farebbe bene... Credo si senta un po' in colpa. E farti venire un infarto non aiuterebbe il suo stato...
Il ragazzo accennò una risata. -Capisco cugina...
-Sai Sam, ci tengo alla tua salute.- scherzai. 
Mi baciò sulla guancia. -Grazie per esserci. 
-Ci sarò sempre. 
Harry mi guardò, tremendamente serio. Quel ragazzo era bipolare.
-È tanto tempo per sempre, non trovi?

***

Era ora di cena quando rientrai a casa, sfinita e sbattendo la porta dietro di me. Lasciai scivolare la borsa sul mobile dell'ingresso, biascicai un monotono "Sono a casa." e mi avviai su per le scale verso camera mia. 
Mi scontrai con Alexis in mezzo a corridoio. Era euforica. 
-Che ci fai tu qui?- chiesi sorpresa.
-Ero venuta dopo scuola!
La superai e entrai in camera, andando ad aprire la finestra. 
-Alex, questo era piuttosto ovvio. Cosa sei venuta a fare?- le chiesi dandole le spalle.
Nessuna risposta. Solo il tonfo di qualcuno che si sedeva poco agilmente sulla sedia. 
-Alexis?- la chiamai girandomi a guardarla.
Mi fissava non riuscendo a trattenere l'impazienza, era a dir poco elettrizzata. Cominciai a preoccuparmi. 
-Sono andata a letto con Niall.- decretò sorridente. 
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. -Che cosa?! Mi stai prendendo in giro! Qua-quando...? Che?!
-Ehm, per precisione, nel tuo letto.
Lanciai allarmata uno sguardo al mio letto perfettamente fatto. 
-Ma è disgustoso!
-È stato bellissimo...
-Nel mio letto!
Alexis scoppiò a ridere. 
Mi sedetti di fronte a lei, afferrando un'altra sedia e mettendomi al contrario, le braccia appoggiate allo schienale. 
-Mi devi qualche spiegazione, signorina!- le ordinai. 
-Non ti ho vista oggi a scuola, così all'uscita sono venuta qui, pensando di trovarti. Stavo cominciando a preoccuparmi quando non ti ho vista ma è suonato il campanello. Era Niall. Non so se era solo una scusa, ma voleva parlarti e invece ha trovato me. 
-Lo era di sicuro, una scusa. Veniva dall'ospedale, ed io ero là...- cominciai mentre io mio cervello lavorava frenetico, mentre ogni tassello del puzzle andava al proprio posto. Il puzzle della mia vita da quando Louis e i suoi amici l'avevano stravolta, qualche settimane prima.
Alexis mi interruppe. -Be', gli ho offerto un bicchiere d'acqua e poi...
-Per favore risparmiami i dettagli...- la pregai, nonostante tutto, mezza divertita. 
-Eh smettila. Ci siamo baciati e dopo presi dalla foga... 
-Non potevate farlo sul divano?- pigolai. 
-È scomodo.
-Perchè salire le scale, no?- Risi.
-In effetti abbiamo rischiato di cadere un paio di volte ma poi i nostri sforzi si sono rivelati molto ... appaganti. 
-Sei disgustosa. 
-Non è vero! È stato... diverso.
-Che romantica...
-È stato romantico!- decretò la mia amica, troppo seria.
Scese il silenzio. In tre anni che la conoscevo, Alexis non aveva mai detto, mai usato quella parola. Lei era una di quelle ragazze che si sono arrese al romanticismo, che hanno perso la speranza del principe azzurro, dell'anima gemella. Per lei la parola romanticismo non esisteva. Per non parlare di un essere maschile romantico. Si era illusa una volta, e non voleva farlo più. 
-L'hai detto... davvero?- sussurrai.
Alexis sospirò. 
-Per la prima volta in tutta la mia vita, mi sono sentita importante, capisci? Ho capito che quello che stavamo facendo non era un gioco, un passatempo, un piacere... Era qualcosa che assomigliava a... l'amore. Mi sono sentita amata. Mi sono sentita bene. E non era mai successo...
La guardai, sorridendole. -Sono contenta. Contentissima, per te. 
Ed era vero. Alexis giocò un attimo con il bordo della sua maglietta.
-È così che ti sentivi con Scott?- chiese in un sussurro.
Sospirai. -Non lo so. Non me lo ricordo. Io... Pensavo di sì, credo.
Ci sorridemmo. 
-Quindi quando sparivi per ore in queste ultime settimane, eri... Con lui?- dissi accorgendomi delle misteriose assenze della mia migliore amica alle quali non avevo dato molta importanza, se non in quel momento.
-Come sta Louis?- chiese allora cambiando discorso come sempre quando sapeva che avevo ragione. 
-Meglio. Domani dormo in ospedale, i ragazzi sono troppo occupati. 
La mia amica annuì. 
-Vuoi venire anche tu?
Sorrise raggiante. Ci mai rifiuterebbe una notte con Louis Tomlinson, cantante dei One Direction? -Sì. Sarebbe magnifico!
-Bene, così mi aiuterai a inventarmi qualcosa con Louis... Credo si stia annoiando parecchio lì dentro...
-Immagino. Ah! Senti. Solo una cosa. 
-Dimmi.
-Giovedì Hayley viene a Londra... Starà qui un po', per studiare. 
Hayley era una ragazza scozzese che avevamo conosciuto durante una vacanza in Francia. Due estati prima. Era carinissima e con uno strano accento. Parlava anche l'italiano visto che sua madre era nata e vissuta nella patria della pizza fino a vent'anni. E sapeva meravigliosamente il francese, avendo trascorso lì le vacanze dall'infanzia, essendo la patria della nonna paterna. 
La sfruttavamo per perfezionare le nostre lingue. 
-Meraviglioso!- esclamai. Sembrava una vita prima, che non stavamo un po' con lei.
-La ospiterò nel mio appartamento...- insinuò la mia migliore amica.
-Questo vuol dire che sarete sempre qui, giusto?- dissi esasperata ma contenta per la buona notizia. 
Alex rise. -Sono così prevedibile?



Got your voice in my head,
Saying "let's just be friends".
Can't believe the words came out of your mouth.


Angolo dell'Autrice:
Ciao, popolo di EFP!
I francesi non mi hanno mangiata, yeeeeeah! 

Ahahaha, no a parte gli scherzi, mi sono divertita davvero un casino questa settimana. Voi non avete un'idea di quanto sia stato figooooo. 

Okay, devo fare veloce perché devo preparare cena. -dopo mangiato rispondo alle vostre magnifiche recensioni, piccoli miei <3
Bene, il capitolo è questo, è un capitolo un po' così così, ma mi piace abbastanza. 

Ci vediamo settimana prossima. Non so esattamente quando ma settimana prossima di sicuro
La prossima volta sarò più loquace ;) 

Se avete qualche domanda, mi trovate su Twitter come @_Alyx5 oppure anche ai messaggi di efp, vi rispondo sempre. ;)
Un bacione enorme e grazie infinite per la vostra pazienza. 
A presto!
Alice :)


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Capitolo 11
*** A long day ***




Are you brave enough? 

  Capitolo 11 
A long day







Aprii cauta la porta della stanza di Louis, ancora avvolta nella penombra. Il vassoio con la colazione era poggiato in bilico sul comodino a fianco al suo letto. 
Feci una smorfia.
Insomma, quando uno è malato ha poca voglia di mangiare, se gli metti quelle schifezze nel piatto come pretendi che trovi la forza per mangiarle? Scossi la testa e poggiai la borsa sulla poltrona di fronte a Louis. Sospirai, girando la testa verso di lui.
Dormiva tranquillo e non sembrava per niente scosso dagli avvenimenti di quegli ultimi giorni. 
La nostra amicizia proseguiva alla normalità come se quel bacio non fosse mai esistito e la sua salute sembrava piano piano migliorare. Io invece mi chiedevo come avessi mai potuto dimenticare quella specie di bacio e come avrei potuto continuare a guardarlo con la consapevolezza che ... 
Insomma
Lo sapevo anche io che la nostra non era mai stata e non lo sarebbe mai stata solo amicizia. Ma credo che volessi illudermi, illudermi di avere una vita normale. 
Mi suonò il cellulare e mi precipitai a rispondere prima che facesse troppo casino. Andai nel bagno comunicante con la stanza e chiusi la porta.
-Mamma?- era tanto, troppo tempo che non ci sentivamo. Delle volte mi dimenticavo di avere una madre.
-Ehi tesoro. Sei già a scuola?
-No... Oggi non ci vado. 
-Va tutto bene? Tutto ok?- chiese leggermente allarmata. 
-Sono in ospedale. Un amico sta male...
La sentii rilassarsi. 
-Mi dispiace. Ma non perdere troppe lezioni... 
-Sì, tranquilla.- mi chiesi se non fossi stata troppo precipitosa. Perché dovevo fare finta proprio con lei che andasse tutto bene quando non era vero?
-Hai sentito tuo padre?
-Ieri sera. Perché?
-Mi ha detto che voleva parlarvi. A te e Hiram. 
Quella non era una buona notizia. Certo che mio padre voleva parlarmi e sentirmi, ma mai mia madre aveva avuto bisogno di dirlo.
-Oh. 
Scese il silenzio. 
-Tranquilla, non è niente di grave. Sarà per la retta scolastica... - la sua voce metallica sembrava straordinariamente finta.
Annuii poi mi ricordai che mia madre non poteva vedermi. 
-Quando verrete a trovarci?- chiesi in un sussurro. 
Lei sospirò.
-Non lo so, tesoro. Qui è tutto complicato... In ufficio la situazione è sempre più difficile. Stiamo facendo dei tagli e...
-Solo un fine settimana. Edimburgo è a poche ore di aereo da qui...
Sentii in sottofondo una signora che chiamava mia madre. 
-Sei già in ufficio?- chiesi sconsolata. Non erano ancora le otto. 
-Sì. Te l'ho detto. È complicato. Ma stai tranquilla. Sì, Anya, arrivo! Senti ti devo lasciare... 
-Come sempre...
-Camille... 
-Avevi promesso che saresti venuta questo mese... Anzi, tutti e due l'avevate promesso. 
-Tesoro possiamo... Sì Anya! Vai avanti tu, arrivo subito. Possiamo parlarne in un altro momento
-Certo. Finisce sempre così, non è vero? Sempre un altro momento, eh?- avevo le lacrime agli occhi per la frustrazione. 
-Tesoro...
-Smettila di chiamarmi così! Non sono il tuo amante! E sono stufa di dover fare sempre io quella che mantiene i rapporti! L'ultima volta che ci siamo visti, che abbiamo mangiato tutti e quattro in uno stesso tavolo è stato tre mesi fa! E perché avevo convinto Hiram a mettere da parte qualche soldo per venire lì ad Edimburgo!  Quando farai anche tu la tua parte, mamma?
La sentii deglutire. 
-Ci sentiamo dopo...
-Non so se avrò voglia di risponderti.- dissi con un troppo in gola che mi faceva tremare la voce. -Non so se avrò voglia di risponderti dopo se riattacchi adesso. 
Silenzio.
-Devo lavorare. Un bacio, Camille. Abbraccia Hiram da parte mia. 
-Ti odio!- le urlai prima che chiudesse la comunicazione. 
Mi lasciai scivolare con la schiena sul muro, sentendo le lacrime cominciare a scendere. Non so per quanto tempo rimasi a singhiozzare rannicchiata sul pavimento. Ma dopo molto tempo sentii la porta aprirsi e Louis comparire assonnato sulla soglia. 
-Ehi eccoti. Ho visto la tua borsa ma tu non c'eri... Ehi Ehi Ehi! Che hai? 
Lo fissai tra le lacrime, come un cane che aspetta una carezza. Louis si sedette accanto a me e mi prese per le spalle. 
Ricominciai a piangere come una bambina sulla sua spalla. Una bambina a cui manca la mamma. 
A me mancava tanto...

***

Sentii l'acqua della doccia in bagno cominciare a scendere mentre Louis canticchiava qualcosa. Aveva insistito per fare la doccia da solo, che non aveva bisogno dell'infermiera e che potevo aspettarlo fuori. Mi ero sentita un po' in colpa appena mi ero lasciata cadere sulla poltrona. I ragazzi non gliel'avrebbero fatta passare liscia mentre io mi ero arresa troppo facilmente. 
Pensai a come mi aveva trovata, a come non avesse fatto domande quando gli ero scoppiata a piangere addosso e a come mi aveva consolata silenziosamente anche se non poteva capire. 
Mi sentii un po' meglio. 
Tirai fuori dalla borsa il mio piccolo lettore CD, il porta-Cd di Alexis, il libro di Trigonometria, le carte e il cellulare. 
Sistemai tutto alla meno peggio sul piccolo tavolino vicino alla poltrona giusto in tempo per sentire l'acqua chiudersi e Louis che cantava qualcosa di sconosciuto. Socchiusi gli occhi che mi bruciavano a causa delle lacrime e nemmeno mi accorsi che l'acqua aveva ripreso a scendere. 
Solo dopo dieci minuti buoni, mi riscossi quando Louis fece malamente sbattere la porta del bagno. 
-Scusa.- disse subito. -Se stavi dormendo non volevo...
-No, tranquillo. Riposavo gli occhi. 
Lui ghignò. -Dicono tutti così. Dovresti vedere Harry. È patetico quando lo dice. Sta praticamente dormendo in piedi e blatera che sta solo "riposando gli occhi.
Sorrisi. 
-Zitto e vestiti, scostumato.- gli dissi visto che aveva solo un asciugamano addosso e che a Novembre a Londra non fa poi così caldo. 
-Agli ordini, Colonnello.
Scossi la testa. -Ti dispiace se stanotte rimane anche Alexis qui? Viene per cena e porta della pizza.- gli chiesi ricordandomi improvvisamente della mia migliore amica. 
-Mi dispiace per lei. Per te. Che dormite in queste condizioni.  E il tuo cane?
-C'è Hiram a casa, tranquillo. E pensi davvero che ad Alexis gliene freghi qualcosa di come dorme quando può dormire con uno dei suoi cantanti preferiti?
Lui rise mentre si infilava di nuovo la tunica bianca dell'ospedale. Era strano vederlo vestito così e non con le sue tipiche righe o qualcuna delle sue camicie. 
-Come ho fatto a dimenticarlo...- disse Louis alludendo ad Alexis. Poi continuò sospettoso. -Pensi che ci sia qualcosa tra lei e Niall? 
Per poco non mi strozzai. -No! Perchè?
No, non ero stata molto naturale, ma Louis parve prendere il mio isterismo per attonimento a causa della notizia shock. 
-Ieri dopo poco che te ne sei andata è tornato dopo tutto il pomeriggio che non si faceva vivo, e ad un certo punto il discorso è accidentalmente caduto sulla tua amica. Niall è diventato rosso e a detto che doveva andare in bagno. 
Comportamento sospetto, non trovi?- mi chiese mettendosi a sedere a gambe incrociate sul letto, dopo essersi infilato mutande e pantaloni della tuta rossi sotto la tunica. 
-Molto sospetto. Ma magari è stata una coincidenza e sarebbe imbarazzante fare congetture inesistenti...- commentai avvicinando la poltrona al letto. 
Louis ghignò. -Infatti il nostro compito sarà scoprire la verità. 
Sembrava divertirsi davvero a giocare a fare la spia. 
-Ma dai! Anche se fosse, non avrebbero diritto a un po' di privacy e discrezione?- Risi insieme a lui. 
-Nah. Così imparerebbero a non dirci niente... 
Scoppiammo a ridere e io mi sentii bene. Non pensavo a mia mamma, a mio padre. Non pensavo nemmeno che avrei combinato un bel casino e che Alexis non me l'avrebbe perdonata facilmente se andavo a mettere il naso tra lei e la sua vita amorosa. 
Fortunatamente potevo sempre dare tutta la colpa a Louis. 

***

Louis sbadigliò.
L'infermeria che era appena entrata aveva maneggiato con le flebo, portato via il vassoio del pranzo e non aveva fiatato. Decisi che proporre un'altra partita a carte, fosse fuori discussione. 
-Dovresti dormire. Sei stanco. 
Lui biascicò un pò e sbatté le palpebre. 
-Solo perché quella traditrice dell'infermiera mi ha aumentato il dosaggio del calmante... 
Scossi la testa, alzandomi dal suo letto e poggiando le carte sul tavolino lì accanto. L'asso di picche svolazzò sotto il letto.
-Se tu fossi stato calmo stamattina, non l'avrebbe fatto. Devi stare a riposo, calmarti e dormire. Oppure fare cose tranquille. Non scatenarti...- lo ripresi mettendomi accanto a lui. 
Lui sbuffò scivolando un po' più giù sul materasso. 
-Dai. Perché non ti fai un bel riposino? Ti passerà più in fretta il pomeriggio...
Nonostante gli occhi gli stessero per chiudersi, Louis scosse la testa.
-Sai di cosa avrei voglia? Cantare. Ho tanta voglia di cantare... 
-Non hai scelto la persona giusta per te. Stasera prima di dormire ti farai una cantata con Alexis. O con i ragazzi domani mattina. 
-Ho visto che hai portato il lettore CD...
-Devi dormire. 
-Prima canta con me. 
-Ci abbia già provato e...
-... Ed è andata bene! Dai, Cam. Solo una canzone. Metti il casuale e falla scegliere a quell'aggeggio. 
-Non puoi obbligarmi...- tentai inutilmente. 
-Ma non puoi non soddisfare i desiderio del tuo malato...
-Ehi! Non sono mica la tua infermiera!
-È come se lo fossi. E cos'hanno che non va le infermiere? Alcune sono molto sexy...
-Promettimi che dopo dormi!- lo ammonii ignorando il suo commento precedente.
-Lo prometto. 
Lo guardai di sottecchi mentre accendevo il lettore. Partì Don't turn off the lights, di Enrique Iglesias, cosa piuttosto prevedibile visto che il mio repertorio di canzoni sull'ipod era metà suo e l'altra metà di Katy Perry. 
Praticamente la lasciai cantare tutta a lui, anche se Louis continuava a esortarmi silenziosamente di aprire quella bocca. 
Ma io non ero troppo attenta. 
Era strano sentirlo cantare in quel modo. Aveva la voce roca, più bassa del solito, e non prendeva tutte le note in pieno. Eppure  lo lasciai fare. Perché vidi il luccichio che gli illuminava gli occhi.
Era felice. Felice come nessun altro poteva renderlo, ne' un pomeriggio al Luna Park, ne' una serata con una ragazza. Felice come solo la musica poteva farlo sentire. 
In quel momento, lo vidi in un modo diverso. Non come un ragazzo troppo fortunato e un po' viziato, come avevo detto spesso ad Alexis, ma come un uomo che ha realizzato il suo sogno. Che ha combattuto per arrivare fino a lì. Che ama il suo lavoro come sarebbe stato capace di amare un bambino, una sorella, un'amante. Come se la musica fosse un rimedio contro l'infelicità. 
E per la prima volta capii perché la mia amica si emozionava così tanto quando li sentiva. Perché trasmettevano quella voglia sempre. In ogni nota che usciva delle loro bocche. Anche se non sempre perfettamente intonata. 
Quando finì non gli lasciai il tempo di lamentarsi. 
Gli sistemai la coperta e gli baciai la fronte, abbassai lo schienale del letto dell'ospedale e poi scappai in bagno. 
Chiusa la porta dietro di me e lo sentii imprecare e borbottare qualcosa come -Me l'ha fatta...-.
Un fruscio di coperte e dopo pochi minuti solo il rumore del suo respiro pesante dal quale si capiva che dormiva come un sasso. 
Uscii dalla toilette, chiusi meglio le tende e mi buttai in poltrona. Volevo studiare Trigonometria ma dopo tre minuti mi addormentai senza nemmeno accorgermene. Dopo tre notti passate in bianco dalla preoccupazione, una bella dormita mi ci voleva. 

***

Ero impegnata a svolgere una disequazione piuttosto complicata quando il telefono vibrò, illuminando si a intermittenza. Mi alzai dalla poltrona abbandonando libro e quaderno, e uscii dalla stanza per rispondere. 
Louis dormiva ancora della grossa. Chiusi la porta alle mie spalle. -Pronto?
-Camille. Sono Niall.- disse la voce, gracchiante, cercando di farsi sentire sopra delle urla non troppo vicine ma ugualmente forti.
-Ehi!
-Tutto bene? Tu? Louis?
-Stiamo bene, tranquillo. Voi? Dove siete?
-Bhe, stiamo finalmente per pranzare e...
-Pranzare?- lo interruppi. -Sono quasi le tre del pomeriggio!
Fuori tuonò preannunciando pioggia. Il cielo era cupo e scuro, le luci accese illuminavano fiocamente la tipica Londra grigia di Novembre. Del sole del sabato precedente, nemmeno l'ombra. 
-Siamo stati occupati fino ad ora! Ma Harry e Zayn vogliono venire lì da voi stasera, tuttavia dubito che ce la faranno. Giornata piena, oggi!
Mi incamminai verso la hall, sgranchendomi  le gambe. 
-State tranquilli. Io e i dottori ci stiamo occupando di lui. Sta meglio. Un'infermiera è pure venuta a dargli un tranquillante: non sta fermo un attimo!
-Capisco!- rise Niall. -Ieri ha litigato con un medico perché voleva farlo dormire.
Scossi la testa. Intanto vidi con la coda dell'occhio una ragazza rossa entrare nella hall tenendo sotto braccio un mazzo di tulipani rossi e nell'altra mano l'ombrello chiuso che gocciolava sul pavimento.
-Sembra un undicenne rinchiuso nel corpo di un ventiduenne.- dissi. 
Niall scoppiò a ridere. -In genere Liam inciampa accidentalmente nel piede di Louis, dopo aver detto questa frase.
La rossa che aveva catturato la mia attenzione scomparve nel corridoio.
-E questo dimostra quanto sia infantile.- risi con Niall. 
-I dottori ti hanno detto quando uscirà?
-Non ancora. Spero me lo dicano presto.
-Fammelo sapere appena lo sai.
-Certo.
Sentii Niall venire chiamato dall'altro capo del telefono. 
-Devi andare...- dissi. 
-Ti chiamo appena posso. Salutaci Louis. 
-Appena si sveglia sarà la prima cosa che sentirà. 
-Grazie di tutto, Camille.
-Figurati. Non è un problema.- mi strinsi nelle spalle. 
E Niall riattaccò.

***

Infilai il cellulare in tasca mentre tornavo sui miei passi, verso la camera di Louis. 
Appena di fronte, dalla stanza uscì un'infermiera.
-Un consiglio da donna a donna, signorina.- sussurrò rivolgendosi a me. -Non dovrebbe lasciarlo solo troppo tempo. I maschi sono ingenui, non capiscono quando devono fermarsi e pensare. 
Temetti subito il peggio. 
Louis si era ferito? Aveva avuto un'altra crisi? Erano finiti gli antidolorifici? Era caduto dal letto per venire a cercarmi?
Quando aprii la porta sentii il cuore precipitare nel mio stomaco, più pesante che mai. 
Mi diedi della stupida, perché alla fine era quello che ero. 


Entrai e mi fermai a pochi passi dalla soglia, incrociando le braccia al petto, con espressione glaciale.
La ragazza rossa che avevo visto entrare pochi minuti prima mentre ero al telefono con Niall, era seduta sul letto di Louis, di spalle, ed era china su di lui. 
Una mano del ragazzo le stringeva dolcemente il fianco snello, mentre si baciavano. Adocchiai nauseata il bouquet di tulipani poggiato di fretta sul comodino.
-Sai Louis, sapevo che eri stupido, ma credevo che avessi colto il significato di "riposare"...- commentai senza alcuna espressione, abituata a nascondere la delusione e la rabbia. 
I due sobbalzarono colti in fragrante, la rossa si alzò di scatto passandosi il dorso della mano sulla bocca, mentre Louis tossì. 
-Camille...- chiamò. 
Io marciai verso la poltrona, afferrando la borsa e il giubbotto. -Tranquillo. Vi lascio soli. Ho bisogno di un po' d'aria in effetti.
-Camille, aspetta!
Mi fermai allo stipite della porta girandomi verso di lui è guardandolo tra lo schifato e l'offeso. 
-Non preoccuparti. Sto bene. A differenza di te non mi comporto come una bambina irresponsabile.
La ragazza si stringeva le braccia al petto, forse imbarazzata forse no.
-Non mi sembra proprio! Che cosa ho fatto?! Se sei gelosa non è colpa mia...- si difese arrabbiandosi. 
-Gelosa? Gelosa?! E di chi? Di quella? Per cosa? Ti ho dato la mia fiducia, tutto qui!
-Fiducia?
-Sì. Fiducia! Lasciandoti solo un attimo mentre ero fuori a parlare di te con uno dei tuoi migliori amici! Di te e delle tua salute! E tu ti comporti sempre come un bambino!
-Ma non ho fatto niente!
-Sì invece! -Il sangue mi pulsava nelle tempie, quasi facendomi male. -Hai fatto il ragazzino sessualmente frustato!
Cadde il silenzio. 
-Ho promesso ai tuoi amici, a Niall, che ti avrei tenuto d'occhio, che non ti avrei fatto fare cavolate. Evidentemente devo smetterla di promettere alla gente cose impossibili.
-Adesso stai esagerando.- 
Io? -Forse.- commentai gelida.
-Senza forse.
-È meglio che vada. Se non vuoi che finisca con il tentare di ucciderti.- ringhiai. Ma chi si credeva di essere a parlarmi in quel modo? -Tanto hai già trovato un'altra infermiera molto più premurosa e sexy di me, no?
Chiusi la porta alle mie spalle, girandomi verso l'uscita mentre Louis dall'altra parte ringhiava -Idiota.
Non se se si riferiva a me o a se' stesso; tanto lo eravamo entrambi. 


Angolo dell'Autrice:
Scusate sono in ritardo! E anche di fretta. 
Devo andare a preparare il pranzo, quindi, niente. 
Dopo appena posso rispondo alle recensioni. Grazie mille a tutti, scusate ancora il ritardo. 
Un bacione enorme, a presto. 
Ali

Ps. Avete visto The Host? *____* cosa non è quel film? Sto leggendo ora il libro e asdfghjkl. 
Okay, ciao! Ahahah ❤



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Capitolo 12
*** Idiot ***





Are you brave enough? 

  Capitolo 12 
Idiot






Non mi piaceva fumare. Non mi era mai piaciuto. E non avevo mai capito come la gente sentisse il disperato bisogno di una cosa tanto insulsa. Perciò mi sentii un po' in colpa verso i miei principi quando mi infilai una sigaretta in bocca e l'accesi.
Pioveva e faceva freddo lì fuori, e l'acqua mi arrivava in faccia anche se tenevo l'ombrello ben saldo sulla testa. Inoltre il fumo della sigaretta non era l'unico a uscirmi dalle labbra.
Mi passarono accanto un gruppo di ragazzine, di circa quindici anni, che correvano in direzione opposta alla mia, sotto la pioggia, ridendo. Una di loro trillò il nome di Louis e le altre risero a crepa pelle.
Pensai che la vita da fan era molto migliore di quella da amica. E quel che era successo poco prima lo dimostrava.
La verità era che non sapevo come comportarmi con lui. Dovevo sempre pensare alle conseguenze, a come ne avrebbe risentito lui, il suo umore, la sua carriera... tutto. Era tutto così tremendamente complicato. 


Rientrai in ospedale quando cominciò veramente a diluviare: tirava un vento gelido e ormai l'ombrello non mi riparava più niente. 
Quando fui dentro la clinica rabbrividii, sentendo il caldo avvolgermi, infuocandomi le guance. Avevo le punte dei capelli fradice e sentivo il disperato bisogno di un bagno caldo. Mi misi a sedere su una poltroncina di ferro appena fuori dalla stanza di Louis. Portai le ginocchia al petto e mi accoccolai,  non osando entrare. 
Quando suonò il cellulare lo ignorai. Dopo pochi secondi però Louis spalancò la porta. 
-Che ci fai lì?! Ti stiamo cercando da mezz'ora!
Mi strinsi nelle spalle. 
-Non volevo disturbare.- mi giustificai freddamente.
-C'è Alexis dentro. Al telefono con tuo fratello. Non rispondi al telefono, si stavano preoccupando.- sospirò nascondendo la rabbia e il sollievo.
Alzai ancora le spalle. Notai che Louis si stringeva il braccio sinistro; evidentemente dove si era staccato la flebo. 
-Guarda che puoi entrare...- continuò, con tono ovvio.
Stetti in silenzio.
Allora Louis si mise a sedere di fianco a me.
-Torna a letto.- gli dissi. -Se i dottori ti vedono qui fuori ti aumenteranno ancora la dose del tranquillante per farti dormire...-borbottai.
-Non me ne importa nulla dei dottori!- sbottò lui.
-Non l'avevamo capito, infatti...- commentai ironica, ignorando il suo tono serio.
Louis sospirò. -Senti mi dispiace per prima. Non volevo che venissi a sapere di Maggie in quel modo...
-Non devi spiegarmi nulla.- mi affrettai a dire, facendo spallucce. Eppure perché mi sentivo così... tradita?
-Dovevo dirtelo... Volevo dirtelo prima. Sei mia amica avrei...
-Smettila, ok?- Lo interruppi- Non mi interessa la tua vita amorosa.- ribattei seccata. Era già abbastanza frustante averlo scoperto in quel modo. Al diavolo i dettagli. 
Louis parve rimanerci male dalla risposta. -Perchè allora sei così offesa?
-Perchè, come hai detto tu, sono tua amica e non avresti dovuto mettermi in quella situazione.
-Quindi avrei dovuto dirtelo prima...
-Avresti potuto avvisarmi.
-Però non ti interessa la mia vita amorosa. Onestamente? Non ci sto capendo più nulla.
-Che novità. 
Louis si lasciò il braccio scoprendo la mano insanguinata. 
-Sto morendo dissanguato, possiamo rientrare?
-Vado a cercare un dottore...- borbottai alzando gli occhi a cielo, mettendomi in piedi imitata dubito da Louis.
Lui mi si avvicinò all'orecchio.
-Comunque rimani sempre la mia infermiera preferita. Anche se non ti metti mai le minigonne.
Gli tirai una spallata. -Ma sta zitto, idiota.
E lui scoppiò a ridere. 

***

Alexis stava disperatamente cercando di corrompere Louis per farsi anticipare qualche canzone del nuovo disco dei ragazzi, mentre una dottoressa medicava Louis intimandogli di stare fermo. Improvvisamente però le suonò il cellulare. Si interruppe a metà del piagnisteo e lo afferrò, rispondendo. 
-Pronto? Na...relle!- trillò con voce acuta. 
Narelle? E chi era Narelle?
La guardai stranita ma lei uscì di corsa nel corridoio. 
-Narelle? Sta scherzando, vero? Come se non avessimo capito che è Niall...- mi chiese ironico Louis. 
Io risi.
-Lasciali stare. Alexis non si è mai comportata in questo modo con un ragazzo. Magari è la volta buona che la storia duri più di una settimana...- dissi sorridendo dietro il libro di trigonometria. 
-Come siamo romantiche... 
-Mi faccio schifo da sola...- scoppiai a ridere. 
-Esagerata. Comunque...- continuò tra le risate Louis. -... questa Niall me la paga. Non era mai successo che ci tenesse nascosto qualcosa.
Alzai le spalle, sorridendo. -C'est la vie.
-Hai ragione. Qualsiasi cosa tu abbia detto e in qualunque lingua lingua tu l'abbia fatto.
Alexis rientrò. 
-Che voleva Narelle?- chiese insinuante il ragazzo. 
-Affari miei, Tomlinson.
-Se ti canto una nuova canzone dell'album, ammetti che era Niall e che state uscendo insieme?
Alexis arrossì. -Non è vero. 
-Bugiarda!- cantilenò Louis. 
Alex gli si avvicinò e gli tirò un pugno non troppo forte nel braccio.
-Camille è molto meglio di te come infermiera. 
-Me ne farò una ragione. Ah, Mil. Domani arriva Hayley. Vado a prenderla verso sera in stazione. 
O cavolo, me n'ero dimenticata. -Perfetto.- annuii da dietro i compiti. 
-Vieni anche tu?- mi chiese allora.
Stetti in silenzio. 
-Ci saranno i ragazzi con me, domani, Cam. Tranquilla. Vai pure...- si intromise Louis. 
-Ma...
-Non mi offendo se rimani poco, davvero. Sei rimasta tanto con me in questi giorni, va bene così.
Annuii ad Alex anche se mi sentivo lo stesso in colpa. 
-Vengo a prenderti alle 6.- Decise la rossa. -Organizzati ok? 
-Sì certo. 
In quel momento entrò un'infermiera. -Signorina Jameson, posso parlarle?
Mi affrettai a uscire in corridoio, soffocando uno sbadiglio.
-Gli altri ragazzi mi hanno autorizzato a parlare con lei della salute del signor Tomlinson...
Annuii per conferma.
-Come avrà notato è fuori pericolo ma ha bisogno di riposo. Se lo dimettiamo troppo in fretta potrebbero esserci delle complicazioni inaspettate. Il suo lavoro è molto stressante e il ragazzo vorrà di certo riprendere subito le sue abitudini. Ovviamente non sarebbe salutare. Quindi vorremmo tenerlo sotto controllo per ancora cinque giorni. Lunedì prossimo lo dimetteremo a patto che non succeda niente in questo periodo. E mi raccomando, deve riposare. Non fate le ore piccole stasera o sarò costretta ad aumentare ancora la dose dei tranquillanti.
-Certo, capisco. - ignorai  la sua espressione minacciosa, per non rischiare di scoppiare a ridere. Ore piccole? Ma per chi ci aveva preso?
-Signorina.- disse poi, mentre mi stavo girando per tornare dai miei amici. -Sarebbe bene che riposasse in tutti i sensi
Non capivo. 
-Scusi?
-Vedere per così tanto tempo la propria fidanzata disposta a tutto, così vicina spesso, potrebbe... È pur sempre un ragazzo. 
Arrossii fino alla punta dei capelli. -Io non sono la sua fidanzata, dottoressa. 
Lei mi guardò sconcertata. -Davvero? Avrei scommesso il contrario...
Scossi la testa. 
-Eppure siete così affiatati... Il modo in cui vi guardate, con cui vi parlate. 
-Sono solo un'amica.- ribattei dura.
-La fidanzata è la ragazza rossa dentro con lui adesso?- insistette lei.
-No. Lei è ... Una mia amica. 
-Non è fidanzato, quindi?
-Non... Ecco, Si vede con una ragazza.- Balbettai in difficoltà. -Ma mi assicurerò che con lei le cose non... degenerino. 
La dottoressa mi guardò dubbiosa. 
-Mi fido di lei signorina. 
Annuii imbarazzata. 
-Devo aggiornare io gli altri ragazzi?- chiese poi.
-Oh. Non si preoccupi. Chiamo io, adesso.
La donna annuì. -Perfetto. A presto, signorina Jameson.- e sparì nel corridoio.

***

Non volevo chiamare ancora Niall per aggiornarlo ma mi accorsi di non avere i numeri di telefono di nessuno degli altri ragazzi. Mi promisi di chiederlo a Liam il prima possibile, in quanto mi sembrava il più serio di tutti. 
-Pronto?
-Niall, sono Camille. 
-Lo so. Ho il tuo numero salvato nella rubrica...- rise. 
-Vi disturbo?
-Per il momento, no. Dimmi.
-Ho appena parlato con una dottoressa che tiene in cura Louis.
-Ti ha detto quando lo rimetteranno?- chiese speranzoso.
-Sì. Tra cinque giorni. 
-Lunedì prossimo?- gemette. -Così tardi?
-Dice che deve riposare.- spiegai. -Che se lo dimettono prima vorrebbe di certo tornare subito al lavoro e che tutto quello stress potrebbe avere degli effetti collaterali. 
Niall sospirò. -Certo. Mi sembra giusto. 
Presi un bel respiro. -Ci sarebbe un'altra cosa. 
-Sì?
-Ecco, è piuttosto imbarazzante da dire. Non potreste farlo voi? 
Sentii Niall ridere. -Sarebbe utile sapere cosa dovremmo dirgli...
-Che non dovrebbe darsi alla bella vita con la sua ragazza. Deve riposarsi in tutti i sensi. Parole della dottoressa non mie!- dissi tutto d'un fiato, arrossendo di nuovo.
Ci fu una pausa dall'altra parte del telefono. -Ma Louis non ha una ragazza...- scandì lentamente il biondo.
Mugolai. Perfetto. Nemmeno lo sapevano i suoi migliori amici di quella là. -A quanto pare sì. Si chiama Maggie.- lo informai.
Se non avessi sentito il respiro di Niall dall'altra parte del telefono, avrei pensato che avesse riattaccato. 
-Evidentemente non sei l'unico a nascondere qualcosa...- commentai dopo qualche secondo.
-Che ti ha detto Alexis?
-Fammi pensare...- dissi ironica. -Che avete scopato nel mio letto?
Delle risate. -Ops
-È tutto quel che hai da dirmi?! Ops!? 
Niall continuò a ridere.
-Dimmi solo una cosa. Stai facendo sul serio con lei? 
-Certo.- disse leggermente confuso dalla domanda. 
-Me lo giuri?- insistetti.
-Te lo giuro.
Scese un attimo il silenzio. 
-Ti conviene Horan. O non avrai salve le palle se la fai soffrire.- minacciai. 
Niall scoppiò a ridere. 
-Quindi?- insistetti.
-Ci tengo a lei. E anche alle mie palle. 
Mi ritenni soddisfatta. -Ah. Fartelo un'altra volta nel mio letto e vi sbatto nudi fuori di casa in pasto a centinaia di giornalisti. 
-Credo di aver afferrato il concetto, Camille. 
-Bene. Perché non avevo intenzione di ripetertelo due volte. 
Scoppiammo a ridere. 

***

Alexis e Louis dormivano da un bel po' ormai. 
Li avevo aggiornati su quel che la dottoressa mi aveva detto. Louis aveva sbuffato. Ma poi Alexis aveva tirato fuori da non so bene dove della pizza calda e avevamo lasciato cadere la conversazione. Dopo mangiato era partita la musica e i miei due amici avevano cantato per più di un'ora fino a quando era venuta un'infermiera isterica a ordinarci di spegnere tutto e dormire. Mezz'ora dopo le luci erano spente. 
Il mio cellulare si illuminò nel buio per la millesima volta. Era da due ore che mia mamma e mio padre mi chiamavano ma non avevo mai risposto. Tuttavia avevano smesso alle undici. 
Adocchiai il telefono. Era un messaggio da Hiram. 
Mi diceva che i nostri genitori lo avevano chiamato e che volevano parlarmi. Dovevo chiamarli il giorno dopo. Gli diedi la buona notte ignorando completamente il resto. 
Mi rispose dopo poco con un semplice "Notte"
Feci per buttare l'aggeggio in borsa ma questo vibrò di nuovo. Un nuovo messaggio, da un numero sconosciuto. 

Grazie di tutto, Camille. 
Harry

Harry? 
Stetti un attimo ferma a pensare a una risposta decente. Era quasi ovvio che da quel messaggio si aspettava di più. 
Composi la risposta cercando di fare il meno rumore possibile coi tasti.

Figurati. |

Esitai un attimo, poi continuai. 

Figurati. 
Non dovresti dormire? C.

Dieci secondi dopo arrivò la risposta. 

Perché? Che ora è? H. 

Risi nel buio ricordandomi quello che aveva detto Louis allo studio. 
"Lui ha la brutta abitudine di chiedere alle ragazze l'ora per provarci con loro."

Che fai Styles? Ci provi con me? C.

La risposta arrivò quasi subito. 

Come hai detto tu, non ho bisogno di chiedere l'ora per farmi baciare.
Comunque, c'è qualcosa che mi impedisce di farlo? H.

Rabbrividii. 
C'era qualcosa che glielo impediva? No, certo che no. 

E perché mai ci dovrebbe essere? C.

Mi chiesi in che cosa mi stessi andando a cacciare. Harry non mi avrebbe mai dato una storia seria. Forse dovevo fermarmi. 
Ma la verità era che non ci credevo nemmeno io a quel che stavo pensando. 

Tipo... Louis. H.

Louis? Perché tutti pensavano che stessimo insieme? 

Non vedo dove sia il problema. Lui ce l'ha già una ragazza. C.

Alexis si agitò nella poltrona di fronte a me. Forse, per l'irritazione, avevo fatto troppo rumore coi tasti...
Dal letto di Louis si sentiva solo il fioco rumore del suo respiro e ogni tanto quello delle macchine alle quali era collegato.
Passò qualche minuto di tranquillità assoluta, durante i quali mi convinsi che Alexis dormiva profondamente. 
Mi scossi quando il cellulare mi vibrò tra le mani, illuminandosi.

Mmh, già. 
Gelosa? H.

Scrissi come un fulmine, irritata da quella domanda. 

No. Dovrei esserlo? C.

Passarono ancora alcuni minuti prima che mi rispondesse. 

Dipende da te. Da quel che provi per Louis. H. 

Dovetti trattenermi dal ridere. Non era il momento adatto per scatenare tutta la mia ilarità. 
Non alle 11.30 di notte, in un ospedale.

Siamo solo amici. È così arduo da capire? C.

Passarono dieci minuti prima che ricevessi risposta. Tanto che temetti di averli offeso.
Ma la sua risposta arrivò, e mi fece sorridere nel buio.

Per niente. Volevo solo sentirtelo dire. Volevo che me lo confermassi. H.
 
Scrissi velocemente, curiosa.

E perché? C. 

Questa volta fu molto più rapido a rispondere.

Perché così non è un problema chiederti di uscire con me. H.

Rimasi piacevolmente stupita. 
Involontariamente il mio sguardo corse verso il letto di Louis. Poi mi diedi della stupida, perché non dovevo farmi condizionare dal suo giudizio.
Sorrisi armeggiando i tasti di gomma dura, cercando di fare piano. 

Non aspettavo altro. C.

Poi mi addormentai, con il cellulare tra le mani poggiate in grembo, e la buona notte di Harry che lampeggiava sul display.











Angolo dell'Autrice:
QUESTO è in assoluto uno dei miei capitoli preferiti, indubbiamente. 
Sinceramente a me piace questo colpo di scena. 
Non so esattamente quando ho preso questa decisione, all'inizio non c'era affatto, ma mi è presa bene e... Puff! 
Da tan!
Sono brava? *si ripara dietro uno scudo dai pomodori*

Okay, di Maggie saprete qualcosa di più nei prossimi capitoli. 

Ora, comunicazione di servizio. 
Non so se Domenica prossima aggiornerò precisa, perché se Dio vuole, riesco ad ottenere quei maledetti braccialetti per andare all'evento delle Little Mix e... ASDFGHJKL. ❤

Pubblicherò quindi, credo inizi settimana, o forse se sono un mito, domenica sera. 
Insomma, chi vivrà, vedrà. :)

Grazie mille di tutto, sempre. 
Un bacione a tutti. 
Vi voglio bene, 
Aspetto le vostre impressioni. 
Ali 

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Capitolo 13
*** Is this a date? ***




Are you brave enough? 

  Capitolo 13 
   Is this a date?




Alexis era sgusciata fuori dalla stanza di Louis quella mattina verso un quarto alle 8 per andare a scuola. 
Non aveva fatto nessun rumore ma mi ritrovai sveglia, con gli occhi spalancati nell'ombra con uno strana sensazione che mi rodeva lo stomaco. 
Non sapevo se fosse bella o brutta. 
-A cosa pensi?
Sobbalzai appena la voce roca di Louis mi raggiunse. Alzai lo sguardo verso di lui, verso il suo letto. Mi concentrai e riuscii a vedere i suoi occhi brillare nel buio. 
-Non volevo spaventarti.- si scusò. 
Scossi la testa. -Tranquillo. 
Scese un attimo il silenzio. 
-Allora? Come mai eri così pensosa?
Decisi che sarebbe stato meglio dirglielo. Nasconderglielo non sarebbe servito a nulla. Harry glielo avrebbe confessato comunque. 
-Harry mi ha invitata a uscire.- sussurrai, e quasi mi stupii di me stessa. Era successo davvero? 
Lo sentii agitarsi nel letto. 
-Mmh. Davvero? Quando?- la sua voce non faceva trasparire nessuna emozione. 
-Ieri sera. -raccontai. 
-E che gli hai detto?
-Ho accettato.- confessai in un bisbiglio appena udibile. Non mi sentivo in colpa, solo... Confusa. Incredula.
-Sono felice per voi.- disse serio. -Poi mi dirai come se la cava a letto. Tanto lo so che si sopravvaluta.- rise. 
-Louis!- esclamai notando però che la sua risata aveva qualcosa di strano. 
Mi alzai e aprii le tende che nascondevano quello che si preannunciava un altro piovoso giorno londinese. 
-Oh merda.- sentii dire alle mie spalle. 
Scattai all'indietro vedendo Louis che fissava il lenzuolo che avrebbe dovuto essere bianco. 
Una macchia rossa di sangue si estendeva all'altezza del suo ventre. 
Lo affiancai in un secondo scostandogli le coperte. La tunica era nello stesso identico stato. Istintivamente gli alzai l'indumento. Le bende che gli fasciavano il fianco erano spaventosamente vermiglie, intrise di sangue. 
Sbiancai. 
-Chiamo il medico. 
Louis mi afferrò il polso costringendomi a girarmi a guardarlo negli occhi. -Non ti agitare, non fa male. Non sarà niente di grave. Annuii sfuggendo dalla sua presa e correndo fuori dalla stanza.

***

Il dottore uscì dalla camera con la cartella clinica sotto il braccio. Scattai subito verso di lui. 
-Si rilassi, signorina.
-Come sta?
-La ferita dell'operazione non si era rimarginata bene. Ha perso del sangue, sarà stanco. Non lo faccia affaticare. Escluderei alcune visite per oggi. 
Annuii mentre il medico si allontanava. L'orologio segnava appena le nove del mattino e Niall mi aveva detto che lui e i ragazzi sarebbero arrivati verso le undici. 
Entrai subito. Louis era steso, pallido in viso e chiaramente dolorante. Mi sedetti accanto a lui e gli presi una mano. 
-Come va?- sussurrai. 
-Come se mi fosse passato sopra un rullo per asfaltare. Quel dottore ha la delicatezza di un scaricatore di sacchi di patate.- soffiò cercando di sistemarsi meglio.
Mi sforzai di sorridere. 
-Dovresti smetterla di preoccuparti sempre così tanto. Quanto tempo è che non dormi decentemente, Cam?
-Non tanto, tranquillo. 
-Hai delle occhiaie spaventose. Perché non ti appoggi qui?- chiese invitandomi accanto a lui. 
Titubante boccheggiai facendolo ridere. 
-Dai, vieni.- rise aprendo le braccia. 
Mi avvicinai a lui e mi ritrovai contro la sua spalla. -Come sei caldo.- mi lascia sfuggire. 
Louis rise. -Già. Perché non provi a dormire?
Scossi il capo. -Ti devo tenere d'occhio. 
Mi baciò tra i capelli. -Shh. Riposa. 
Chiusi gli occhi sentendolo accanto a me, sentendo la preoccupazione diminuire piano, sentendo scivolare via un po' di paura. 
-Solo dieci minuti.- raccomandai.
Louis mi strinse debolmente. -Dieci minuti. 

***

-Non credi che sia l'ora di svegliarla?- chiese una voce fuori dal mio campo visivo.
Non ci stavo capendo molto. Sapevo solo che ero comoda, al caldo, e che non dormivo così bene da giorni ormai. Tenni gli occhi chiusi ancora per un po' cominciando il conto alla rovescia per alzarmi. 
-Non dorme da tempo. Ti infastidisce vederla dormire, Hazza?- chiese quello che vagamente riconobbi come Louis, con voce insinuante, come se non fosse quello che realmente intendeva.
-Sai, anche tu dovresti dormire. Sei molto irritabile evidentemente.- ribatté Harry duro. 
Capii che la situazione avrebbe potuto aggravarsi avanti di quel passo così con enorme sforzo feci per alzarmi. 
-È proprio necessario tutto questo casino, idioti? Non sapete cosa sia il rispetto vero?- ironizzai. 
Feci finta di non badare che ero praticamente sdraiata su Louis e richiusi gli occhi portandomi le dita alle tempie e cominciando a girare in senso orario. -Mi farete venire il mal di testa...
Liam e Zayn risero.
-Ti sei svegliata!- disse Louis. 
-Ma va?! Non me ne sarei mai accorta senza il tuo aiuto, Louis. 
Lui alzò gli occhi al cielo. -Già. Ti sei svegliata. E stai meglio. Riesci a rispondermi con le tue solite frecciatine. 
Gli feci una linguaccia alzandomi e salutando tutti. Liam mi porse un bicchiere d'acqua che bevvi subito. Mi asciugai le labbra umide col dorso della mano. 
-Allora.- iniziai. -Avete parlato col dottore? 
-Non ancora.- fu Zayn a rispondere. 
Scossi la testa. -Vado io allora. Poi vado a casa. Alle sei Alex mi viene a prendere. 
-Io ho voglia di un caffè.- esordì Harry. -Qualcuno ne vuole? 
Niall e Zayn accettarono con piacere. Feci per uscire, seguita da Harry. 
-Bene. Torniamo subito.
Mi girai verso Louis che mi fissava con una strana espressione. Mi affrettai ad uscire. 
Una volta in corridoio presi la direzione opposta a quella di Harry che mi fece l'occhiolino; scossi la testa ridendo. 

***

Stavo per rientrare nella stanza quando, dopo aver parlato col medico che non aveva grandi novità. -Anzi mi aveva più volte ripetuto di non affaticarolo troppo e lasciarlo anche da solo qualche volta.- vidi venire verso di me la ragazza rossa, Maggie. 
Mi irrigidii all'istante. 
-Ciao.- mi salutò cordiale.
-Ciao.- ricambiai piuttosto impacciata. 
-Mi dispiace per ieri.- disse, poi mi tese la mano. Sembrava seriamente dispiaciuta. -Comunque, io sono Maggie. 
La strinsi. -Camille. 
Scese il silenzio. 
-Vorrei entrare, puoi spostarti?
-Maggie, Louis ha bisogno di riposo. Non puoi entrare oggi.- mi giustificai piano.
Mi guardò scettica. 
-Ah sì? E per te non vale questa regola vero?
-No, io...- cosa?! -Me l'hanno chiesto i ragazzi di tenerlo d'occhio. Ora... Ora me ne vado. 
Maggie rise glaciale. 
Portò una sua mano perfettamente smaltata sul mio petto e mi spinse contro il muro. 
-Senti ragazzina. Louis è il mio ragazzo. Non il tuo. 
Le scacciai il braccio di dosso, irritata. Che cavolo stava succedendo? Era per caso impazzita?
-Non ho mai detto che Louis è il mio ragazzo. Anzi, siamo solo amici. Se hai paura che possa tradirti sono problemi tuoi. 
-Non sono stupida, tesoro. Quella di ieri era una scenata di gelosia a tutti gli effetti. Tu sei innamorata di lui.- sibilò.
-Smettila!- alzai la voce, sentendo una sorda rabbia montarmi dentro. -Non sai niente di me. E anche se fossi la figlia della regina, non puoi entrare, intese?
-Che sta succedendo qui?
Harry era tornato, aveva poggiato i caffè su un tavolino e si stava avvicinando a me. Quasi sobbalzai quando lo sentii posare una mano sulla mia schiena. 
-C'è qualche problema?- chiese di nuovo.
Meggie sbuffò. -Diglielo tu che posso entrare. 
Il riccio scosse la testa. -Mi dispiace. Louis ha bisogno di riposo. Ordine dei dottori.
Le feci una linguaccia, ma lei non si arrese. 
-Sono la sua ragazza. Non posso nemmeno salutarlo?
-Lo faremo noi per te.- ribatté serio Harry. 
Meggie si accigliò e si strinse nel suo cappotto firmato. -Me la pagherete. Sopratutto te, Camille. 
Poi in tempo record di qualche secondo, girò sui tacchi e se ne andò. 
-"Me la pagherete. Soprattutto te, Camille."- le feci il verso allontanandomi dalla presa di Harry, irritata non poco. -Puttana.- sibilai.
Il ragazzo rise. 
-Non ridere! Non ha chiesto nemmeno come sta! Potrebbe essere morto per lei! Tanto le frega solo del suo amico al piano di sotto!
Harry fece passare il braccio sopra le mie spalle, riavvicinandomi a lui. -Lasciala perdere. Che ne dici di pensare alla nostra uscita? 
Arrossii. 
-Vengo a prenderti a scuola domani. A che ora finisci?- chiese sorridendo. Nonostante tutto ero lieta che avesse trovato il modo di distrarmi da quella rossa psicopatica.
-Domani devo assolutamente andare al lavoro.- risposi.
-Andiamo, prendi un giorno libero.
-L'ho già preso ieri. 
Harry sbuffò. -Allora vieni a cena con me. 
Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva. Cena?! Piano, piano, piano!
-Cosa?
-Alle sette e mezzo sotto casa tua. 
-Ma...- tentai di protestare.
-Niente ma.- mi interruppe Harry baciandomi a stampo sulle labbra. 
Fu una sensazione strana ma mi piacque. Mi sentivo che se il mio cervello andasse a rallentatore. Troppe cose in troppo poco tempo. -O-kay. Devo vestirmi elegante?
-Non troppo. 
Risi. -Ma che risposta a caz-
Harry mi tappò la bocca ancora. Poi scivolò via ed entrò nella stanza di Louis, afferrando al volo i due caffè, lasciandomi interdetta in mezzo al corridoio.
-Camille.- mi chiamò Liam. -Ti è squillato il cellulare. 
Mi riscossi ed entrai. 
Una chiamata persa: Hiram
Uscii di nuovo quasi scontrandomi col carrello del pranzo e premetti il tasto di chiamata. 
-Tu non farti mai sentire eh!- inveì mio fratello senza nemmeno salutarmi.
-Hiram, scusa! 
-Quel ragazzo ti ha completamente infatuato!
Arrossii. -Che ragazzo? Chi t'ha detto...?
-Quello famoso che piace ad Al. Mi ha un po' aggiornato sulla situazione visto che tu non lo fai. 
Sbuffai. -Alexis me la pagherà.- Borbottai scatenando l'iralità di mio fratello. -Comunque, -ripresi- hai chiamato solo per questo?
-No ovviamente. Per papà. 
Grugnii. Sempre dritto al punto lui. Hiram non sapeva cosa fosse il tatto.
-Ha detto che ha parlato con mamma e che sei arrabbiata con loro perché non verranno. 
-Tu non lo saresti?
-Lo sono, ma in genere non glielo dico in faccia. Capisco che non si divertono a non vederci. 
-Che c'è Hiram?- lo incalzai. -Mi hai chiamata per farmi la ramanzina? 
-Affatto. Solo per dirti che ho detto loro di andare pure a fare in culo e che non saremo noi a venire stavolta. 
Sorrisi. -Grazie. 
-Prego. Credo che troveranno il modo per liberarsi da alcuni impegni. Poi un'altra cosa. Quando torni a scuola? Alcuni professori si stanno preoccupando. 
Mi strinsi nelle spalle. -Domani rientro, tranquillo. 
-Ok. Perfetto. Ah! Oggi sono fuori con Taylor. 
Ghignai. -Dura così tanto con lei perché non te l'ha ancora data?
Mio fratello fece un verso di scherno. -Simpatica. 
-Già. 
-A dopo, Miss Simpatia. Torni oggi pomeriggio vero?- suonò quasi come un'accusa. Risi.
-Oui, però Alex viene a prendermi alle sei. Andiamo in stazione a prendere Hayley. 
-Quella scozzese?- si informò Hi.
-Lei. 
-Mmh, carina. 
-Hiram, ti ricordo che sei fidanzato. 
-Già. Che stana sensazione.
Rimani interdetta da quella frase. 
-Be', a dopo sorella. 
-Ciao. -lo salutai ma Hiram aveva già riattaccato.

***

Presi giubbotto e borsa e mi avvicinai al letto di Louis. -Ciao.
Mi chinai per baciarlo sulla guancia. 
-Torni domani?- mi chiese.
Lanciai un'occhiata veloce ad Harry che sperai fosse passata inosservata. -Non so se ce la faccio. Dopo scuola devo andare al lavoro e poi...- mi interruppi.
-Poi?- chiese sospettoso. 
-C'è a cena Hayley da me. 
-Oh.
Mi fece male vederlo così deluso. 
-Ti chiamo. Te lo prometto. 
Louis annuì e mi sporsi per dargli un altro bacio. 
Uscii salutando tutti gli altri e aprii l'ombrello. Come al solito pioveva. 









Angolo dell'Autrice:
Sì, sono in ritardo. 
No, non per colpa delle Little Mix. 
Ieri mi sono persa via. Ho riletto una saga assurdamente bella, dopo aver visto il film in tedesco non esistente sottotitolato -No, non so il tedesco. Vi lascio immaginare che agonia.- ed ero immersa nel mio mondo di favole e brodo di giuggiole. (Fra parentesi la saga è la Trilogia delle Gemme, -Red, Blue e Green- di Kerstin Gier. È una cosa stupendamente magnifica e ve la consiglio tantissimo. Non esagero quando faccio riferimenti al mio cervello in brodo di giuggiole.) 
In più nel frattempo ho il cervello partito per la tangente, mi faccio un sacco di film mentali che cerco di trasformare un fan fiction. Quindi sono giustificata, e non c'è bisogno della firma dei genitori. 
Vedete come sto farneticando? Meglio che me ne torni nel mio mondo bellissimo che mia madre odia perché mi manda in pappa il cervello, e vi lasci. 
Già. Forse è meglio. 

Grazie mille per le recensioni e mi sento terribilmente in colpa visto che non vi sto rispondendo, ma come vi ho spiegato sono fuori ultimamente. 
Un giorno mi rimetterò in pari, ve lo prometto. 
Tra l'altro ho quasi finito i capitoli scritti di questa storia e sono nel panico più totale perché non sto scrivendo niente :D
Yeah, come sono ... Pessima. 
Okay, basta. 
È stato bello conoscervi. Me ne torno nel 700 a ballare il minuetto con Gideon. Credetemi, ne vale la pena. 
Grazie grazie grazie come sempre. Un bacione, 
Ali :)

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Capitolo 14
*** Feeling guilty ***




Are you brave enough? 

  Capitolo 14
Feeling guilty 
  









Lanciai un'occhiata all'orologio, chiusi in fretta il libro di Chimica e afferrai al volo il giubbotto. Alle sei in punto stavo suonando all'appartamento di Alexis, due piani sopra il mio, mentre mi lisciavo le pieghe dell'indumento. 
La mia migliore amica mi aprì e insieme scendemmo verso i garage. Prendemmo la macchina di Hiram e guidai fino alla stazione. Il treno di Hayley era in perfetto orario e la aspettammo vicino al binario. Quando scese quasi non la riconobbi. 
I capelli rossi e lisci erano più corti di quanto mi ricordassi e mi sembrò più alta. Io ed Alex la abbracciammo poi corremmo alla macchina. Diluviava. 
Parlammo per tutto il viaggio del più e del meno fino a che Alexis non raccontò tutta la mia avventura in merito ai One Direction. Alexis aveva praticamente infettato tutti con quella band, compresa Hayley che non seppe se crederci o meno a quanto le diceva la ragazza. Il viaggio di ritorno sembrò più corto dell'andata e appena arrivate nel mio appartamento ordinammo delle pizze prendendocela comoda. 
-Tuo fratello?- chiese ad un certo punto la scozzese guardandosi intorno. -Non è che adesso compare dal nulla con quella sua aria da cattivo ragazzo a fare battute poco appropriate?
Io e Alexis ridemmo mentre Hayley cercava di trattenere il riso. 
-È fuori, tranquilla.- La rassicurai. -Con la sua fidanzata. 
-Wow. Fa sul serio?
Mi strinsi nelle spalle. -Per ora sembra di sì. 
Il campanello suonò e Alex si precipitò a prendere la cena. Nello stesso istante il mio cellulare prese a squillare. Risposi vedendo lampeggiare sul display il nome di Louis, mentre Katy Perry cantava a squarciagola.
-Pronto?
-Ciao. 
Sorrisi. 
-Mi manca la tua presenza qui. Quei quattro sono una tale noia. 
-Chissà come farai a sopravvivere domani.- risi.
-Non me ne parlare. Quei quattro traditori mi hanno pure lasciato qui da solo mentre sono andati a cenare. 
Deglutii rumorosamente. 
-È venuta Maggie prima. Te l'ha detto Harry?
-Cosa? No. Non me l'hai detto! Cosa voleva?
-Salutarti. 
-Perchè non l'avete fatta entrare? 
-I dottori ci avevano raccomandato di non stancarti troppo.- cercai di giustificarmi.
Louis stette un attimo in silenzio. -Non ti piace vero?
Alzai gli occhi al cielo. -Non è a me che deve piacere, ma a te. 
-Ci tengo al tuo parere. 
Sbuffai. -No. Non mi piace per niente.- dichiarai allora.
Louis rise. 
-Perchè ridi?
Lui sospirò. -Perchè è bello quando ti sento così gelosa. 
-Non sono gelosa.- dissi spicciata. 
-Nemmeno un po'?
-No. Non mi piace come persona. Tutto qui. 
Louis fece per rispondermi ma il telefono si spense. Lo guardai. Batteria scarica. Alex e Hayley mi chiamarono dal salotto. 
In un altro momento l'avrei messo in carica, invece lo abbandonai sul divano e raggiunsi le mie amiche sentendo una strana sensazione allo stomaco. E non la seppi identificare. 
Mi fece solo passare la fame.

***

Di una cosa ero sempre stata sicura. Dopo un periodo, anche minimo, di pausa, non si è mai pronti per tornare a scuola. Che siano tre giorni, due settimane, tre mesi, sei mesi, un anno. 
La voce della professoressa di Scienze era un ronzio fastidioso nel mio orecchio. La mia mente era completamente focalizzata sull'appuntamento -e anche se mi costringevo a pensare il contrario, era proprio un appuntamento- con Harry quella sera. 
Ma cosa mi era saltato in mente? Un appuntamento con Harry Styles. 
Cosa volevo ottenere? Gloria? Certo che no. Soldi? No, grazie. Non sono mica una barbona.
Il problema era che il mio cervello cercava in tutti i modi di convincersi che era stato un coulpe de foudre e che la curiosità mi aveva spinto a provarci. Solo provarci. 
Eppure mi sentivo le viscere artigliate da una specie di senso di colpa. 
Senso di colpa? Senso di colpa?! E perché? 
Io non ero innamorata di Louis Tomlinson. Eravamo solo amici. Non stavo tradendo la sua fiducia. Per di più gli avevo detto che avevo accettato l'invito di Harry. 
Ok, non gli avevo specificato che quella sera anziché andare a trovarlo in ospedale sarei uscita col suo migliore amico, e gli avevo rifilato una balla di dimensioni colossali, ma...
Ed eccolo di nuovo. Il senso di colpa. Che mi artigliava lo stomaco facendomi venire una nausea bestiale e impastandomi la bocca come una promessa di vomito. Dio, che schifo.
Dovevo fare qualcosa. 
-Jameson! 
Mi riscossi quando quell'arpia di donna berciò il mio cognome. 
-La prego di venire interrogata, Jameson. E anche di lavarsi le orecchie la mattina. L'ho chiamata già tre volte. 
Davvero? Ed ehi, io me le lavo le orecchie la mattina. 
-Scusi, professoressa. Non sto... molto bene. 
La donna mi fissò maligna controllando se stessi mentendo per saltare l'esame orale. 
Sapeva tanto che non mentivo. Non ero quel genere di persona che si fa sbattere in infermeria per marinare l'ora. 
E sapevo anche che le occhiaie bluastre sotto gli occhi e la mia faccia pallida e tesa non mi facevano di sicuro sembrare nel pieno delle mie forze. 
-Ha bisogno di andare in infermeria, Jameson?
Scossi la testa (pessima idea visto che cominciò a girarmi vertiginosamente). -Solo un bicchiere d'acqua. Prendo un antidolorifico e vengo. 
Mi chinai verso la borsa. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi portai una mano alla bocca e scattai verso la porta, diretta al bagno. 
-Jameson!- strillò la professoressa vedendomi lasciare la classe alla velocità della luce. La sentii a malapena ordinare a qualcuno di seguirmi. 
Corsi come una pazza e sbattei la porta della toilette chinandomi poi sul water scossa dai conati. 
Come previsto non vomitai nulla. Nell'ultimo giorno in pratica non avevo mangiato niente. La mia pizza il giorno prima era finita tra le fauci di Thunder e avevo saltato la colazione. 
-Camille?- chiamò qualcuno. Non Alexis comunque. 
La nocche che stringevano la tavoletta sbiancarono mentre un altro conato mi soffocava. 
-Camille!
Non riuscivo a respirare. Cercai di inalare aria ma venni ostacolata ancora dai conati. Cercai di urlare ma tutto quel che fui in grado di fare fu un gemito soffocato. 
-Camille! Camille!- urlò quello che doveva essere il mio salvatore. 
Mi sentivo svenire. Cercavo disperatamente l'aria che sembrava essere sparita. Sbattei le palpebre furiosamente ma l'unico risultato fu che gli occhi mi si riempirono di lacrime e pallini luminosi. 
In pochi secondi tutti divenne nero e non feci nemmeno in tempo a sentire il dolore quando caddi sul pavimento, sbattendo la testa. Svenni. 

***

-Camille! Camille! Per la miseria! Svegliati!- trillò una voce femminile. 
La testa mi pulsava dolorosamente. Mi portai una mano alla fronte cercando di aprire gli occhi in quella luce accecante. 
Sopra di me si sporgevano l'infermeria della scuola, Miss Argent, e Alexis. 
Tastai un cerotto dietro la testa.
-Oh.- gemetti. 
Fuori dal mio campo visivo sentii sospirare e imprecare Hiram. 
-Alexis, spostati.- disse con gentilezza Miss Argent alla mia migliore amica. -Cosa è successo, Camille?
Sbattei gli occhi. 
-Stavo...- gracchiai cercando di focalizzare. -Stavo... Soffocando. 
La giovane donna sospirò. -Me l'ha detto, Scott. 
Scott? Scott? Il mio ex, mi aveva salvata? Oh, perfetto. Ora gli dovevo pure un favore. E anche bello grosso. 
-Oh.- mi lasciai sfuggire di nuovo.
Hiram si avvicinò. -Sei un'idiota. 
Chiusi gli occhi. -Ti voglio bene anch'io, Hi. 
-Voi due. Potete tornare in classe ora. La tengo d'occhio io. 
-Mandala a casa, per favore, Allison. 
Da quando mio fratello chiamava per nome l'infermeria? Va bene, era giovane, ma... Oh. Ecco chi era Allison. Quella Allison. Era quella di Aprile, mi sembrava. 
-Hiram, non posso. - ribatté lei.
-Per favore.- insistette Hiram.
-Sto bene.- mi intromisi, mettendomi a sedere sul lettino. -Posso tornare in classe. 
Mi girò la testa e soffocai un debole conato, ma volevo uscire di lì. E non volevo andare a casa. Non da sola. 
-Torna giù, Camille. Hiram, torna in classe. Pure te, Alexis. Devo farle un paio di domande prima di decidere. 
-Ti prego, non mandarmi a casa. 
Alex mi lanciò un'occhiata preoccupata ma dopo averle fatto un cenno col capo, prese mio fratello per un braccio e uscirono. 
-Allora Camille. Dimmi che è successo.- esordì Allis- Miss Argent sedendosi accanto al lettino. 
Incrociai le mani sul ventre e mi sentii come da uno psicologo. Non che fossi mai andata da uno psicologo. 
-Mi veniva da vomitare. Sono corsa in bagno ma non vomitavo. Mi stavo soffocando coi conati.- raccontai tranquilla come se non fosse successo a me. 
-Non dovrei dirti che sono le esatte parole che ha detto Scott, vero? 
Mi strinsi nelle spalle. -Ormai l'ha fatto. 
-Eravate una bella coppia. 
Mi fremettero le mani dal nervoso. -Non voglio parlare di Scott.- dissi secca. 
-Certo.- si scusò l'infermeria. -Se non hai vomitato, deduco che non avevi mangiato e quindi non era un'indigestione. 
Mi strinsi ancora nelle spalle. Ma cosa voleva? 
-Ero solo nervosa. 
-Ho sentito che un tuo zio è in ospedale.- scese un silenzio abbastanza imbarazzante dal mio punto di vista. -È grave?
Scossi la testa. 
Miss Argent continuava ad aspettare. 
Sospirai. -Un'appendicite trascurata. È stato un pò infantile a sottovalutarla.
-Capisco.
Mi morsi il labbro. 
-Camille, sei incinta?
Quasi rischiai di strozzarmi con la saliva. Cosa?!
-No! No! Certo che no!- urlai. 
-Non ti devi vergognare con me. Manterrei il segreto. Potrei aiutarti.
Scossi la testa. 
-No! Miss Argent! Io... io non sono incinta! 
-Allora cosa...?
Sbottai. -Sono agitata per un appuntamento. Ecco tutto.
Una mezza verità. 
-E perché?- chiese gentilmente la giovane donna. 
Mi strinsi nelle spalle e mi preparai a mentire. Ultimamente lo facevo un po' troppo spesso. -È passato tanto tempo dopo Scott.- dissi tranquillamente. 
Miss Argent sorrise. 
-È normale.- poi si sporse a tirare un cassetto. Ne tirò fuori un paio di pillole incolori. -Tieni. Prendila dopo pranzo. Mangia leggera e prendila. E una dopo cena. Sarà d'aiuto per il tuo stomaco. Mentre per il tuo appuntamento...
Pregai che non mi desse un preservativo. Ma ovviamente fece di peggio. Prese una pastiglia da un altro cassetto.
-È una pillola del giorno dopo e...
-No, grazie. Non ho intenzione di...- arrossii dall'imbarazzo. Avevamo pochi anni di differenza ma era comunque una conversazione molto, molto imbarazzante. -Se dovesse succedere qualcosa verrò da lei. 
Mi alzai dal lettino e l'infermeria fece lo stesso dalla sua sedia. 
-Camille per qualsiasi cosa, io sono qui. 
Annuii, sentendomi il viso in fiamme. -Certo. Grazie mille, Miss Argent.
-Chiamami pure Allison.
-Arrivederci.- salutai invece io uscendo di lì. 
Peggio di così c'era stata solo la conversazione con mio padre sulle precauzioni di qualche anno prima. Cercai di non pensarci e scuotendo la testa mi diressi con passo spedito a Filosofia. 

***

Sentii il cellulare vibrare in tasca mentre porgevo Madame Bovary a una ragazza non troppo entusiasta di quella lettura sicuramente scolastica. Quando fu uscita era troppo tardi per rispondere. Controllai la chiamata persa. Harry
Indecisa se richiamarlo o meno, gli diedi il tempo di farlo lui. Questa volta risposi subito. -Pronto.
-Ciao. 
Sorrisi al nulla. 
-Come va?- chiese educato. 
-Abbastanza bene.
-Ho sentito Alexis dire a Niall che sei svenuta oggi. 
Sospirai. Possibile che quella ragazza non sapesse tenera la bocca chiusa? -Niente di grave, ero solo agitata. Mi aveva appena chiamata a Scienze. Una specie di attacco di panico.- spiegai cambiando versione dei fatti. 
-Se vuoi per stasera...- cominciò con tono preoccupato lui.
-No, tranquillo. Alle sette stacco e torno a casa. Ci vediamo alle sette e mezzo sotto casa mia. 
Harry esitò. -Ne sei sicura?
-Certo!- dissi forse con troppo entusiasmo. 
Scese un attimo il silenzio. 
Non riuscii a non pensare che con Louis non sarebbe mai successo. 
Scossi la testa scacciando quel pensiero fastidioso. Io non ero innamorata di Louis. Io non volevo uscire con lui. Io non...
-Ok. Ci vediamo dopo. Ti saluta Lou. 
-Digli che lo chiamo dopo.
-Certo. A dopo allora. 
-A dopo. 
Riattaccai sospirando proprio mentre entrava una coppia di amiche che ridevano.
Adocchiai in fondo alla borsa le pillole per il mio stomaco di Miss Argent sentendomi leggermente in colpa. Di nuovo. 

***

-Cosa è successo al tuo cellulare, ieri? Un lama se l'è mangiato?-ironizzò Louis.
-Scusa! Era morto. È tornato funzionante solo stamattina.- mentii. 
Era stufa, stufa di mentire, eppure continuavo a farlo. 
-Stai bene?- mi chiese Louis. 
-Certo. Era solo stanca. E agitata.- risposi sapendo che si riferiva allo svenimento. 
-Mmh.- mugolò non troppo convinto. Eppure quella era la spiegazione dei fatti più vicina alla  verità quel giorno. -È arrivata la tua amica?
-Hayley. Sì. Oggi seguiva le lezioni di Alex. Non so se è venuta in ospedale...
-No. Non è venuto nessuno oggi. 
-Nemmeno Maggie?
Non disse nulla e me lo immaginai che dissentiva con la testa.
Mi portai una mano sulla pancia per il mal di stomaco. Quei maledetti sensi di colpa. -Domani vengo subito dopo scuola. Te lo prometto. 
-Stai tranquilla. Non sento la tua mancanza. 
Un pugnale in pancia. Ecco quel che sentii. 
-Cioé.- disse leggermente agitato. -Non in quel senso. Certo che mi manchi. Ma  non voglio obbligarti a...
-Tranquillo.- dissi. -Avevo capito. 
Eppure perché quella sensazione alla pancia non se ne andava? 
-Divertiti stasera allora.- disse. 
Che Harry gli avesse detto...?
-Cosa?
-Con le tue amiche... Divertiti. 
-Sì. Certo. Ci vediamo domani. Se mai dopo ti chiamo.
Sapevano entrambi che non l'avrei fatto. 
-Non preoccuparti. Credo che oggi andrò a dormire presto. Sono stanco.
-Hai perso altro sangue?
-No.- sapevo che era una bugia, l'aveva detto troppo in fretta. Ma feci finta di niente. 
-Meno male.- speravo che si sarebbe sentito almeno un po' in colpa come me in quel momento. 
-A domani, Cam. 
Sorrisi sentendomi chiamare così. -A domani. Riposati. E guarisci presto. 
-E tu non svenire di nuovo.
Era la conversazione più seria che avessimo mai tenuto da quando ci conoscevamo e mentre riattaccavo, ebbi la sensazione che mancasse qualcosa. Come se si fosse rotto qualcosa. 

***

Abbandonai la borsa sul divano mentre il cane mi trotterellava in mezzo ai piedi. Lo accarezzai e gli diedi un bacio tra il pelo scuro poi corsi in cucina a versargli dei croccantini. Bofonchiai a mezza voce un "Buon appetito" per poi avviarmi in bagno. 
Feci velocemente una doccia calda che mi distese magnificamente i nervi e andai ancora gocciolante in camera mia.
Erano le sette e venti. 
Mi infilai alla svelta un paio  di leggins neri, un abito non troppo elegante di un marrone tanto cupo da sembrare nero e i soliti stivali. Mi passai una linea di matita grigia sulle palpebre e un po' di mascara. Lasciai i capelli sciolti sulle spalle, lungo la schiena, perfettamente lisci come sempre. Harry suonò mentre mi stavo infilando nei lobi un paio di orecchini d'argento, piccoli e brillanti. 
Scesi di corsa le scale, afferrai la borsa e ci infilai dentro il portafoglio leggermente più pesante di poco prima -per qualsiasi evenienza.-, misi il giaccone, accarezzai al volo Thunder e uscii chiudendo la porta dietro di me.
Solo mentre scendevo le scale fino in strada mi chiesi per un momento che fine potesse aver fatto Hiram. 
Non me ne preoccupai più di tanto. Ero abituata a non sentirlo rincasare fino a notte fonda, se non direttamente il mattino dopo. 
Mi chiusi alle spalle il portone e vidi Harry che mi sorrideva sul marciapiede. Sorrisi di rimando. 
Mentre mi avvicinavo lo studiai.
Aveva dei jeans scuri, una camicia bianca e una giacca blu perfettamente stirata. Un paio di scarpe abbastanza eleganti nere, la cravatta teatralmente allacciata -o meglio slacciata.- e i capelli pettinati come se fossero spettinati. Come sempre. 
Invidiai tantissimo i suoi ricci. Avevo sempre desiderato esserlo. Riccia intendo. 
Quando fummo uno di fronte all'altro non ebbi nemmeno il tempo di sentirmi in imbarazzo senza sapere come comportarmi che Harry si era già avvicinato e mi aveva lasciato un bacio sulle labbra. 
Provai la stessa sensazione del giorno prima in ospedale quando l'aveva fatto dopo che Maggie era andata via. Mi sentii... in pace. 
Poi però il mio stomaco si accartocciò su se stesso appena focalizzai quel che stavo facendo. 
-Mi sento in colpa.- confessai a Harry. 
Faceva freddo e insieme alle parole uscirono delle nuvolette bianche del mio respiro. 
-Ci sono i ragazzi con lui.- azzeccò il punto il riccio. 
-Gli ho mentito.- soffiai fuori. Ecco cosa mi pesava così tanto. Avevo mentito. Avevo mentito a Louis. 
Harry mi fissò negli occhi. -Non deve scoprirlo per forza. 
Cercai di sorridere ed Harry mi prese per mano.
-Sei bellissima- sussurrò. 
Mi sforzai di non arrossire, ma capii subito di non esserci riuscita. Persino quando me lo diceva mio padre, arrossivo. 
-Grazie. Anche tu.- borbottai lieta che mi avesse distratta cambiando argomento. 
Harry sorrise e mi trascinò verso la macchina dicendo -Andiamo. 
Saliti sulla vettura mi fece girare.
-Scusami. Ordini di Paul.- disse leggermente imbarazzato mentre mi legava un pezzo di stoffa sugli occhi. 
Risi. -Tranquillo. 
Quando Harry mise in moto e partì fui colta da un senso di vertigini che cercai di ignorare. Non era il momento giusto per svenire. Tentai di incolpare gli occhi chiusi, la velocità della macchina e la pesantezza della giornata. 
Ma il vero problema era che non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di Louis, sdraiato sul suo letto d'ospedale che fissava pigramente il vuoto e non si accorgeva che la sua ferita sanguinava ancora. 








Angolo dell'Autrice: 
Buonsalve a tutti. 
Bene, sto finendo i capitoli pronti e ehm, sono giusto un'attimo impanicata. 
Senza contare il fatto che sto letteralmente sclerando per colpa della scuola. 
Questi quattro giorni di pausa sono stati una meraviglia, senza contare il fatto che ora però devo fare tutti i compiti. 
Non so voi, ma io sono arcistufa della scuola. Voglio andare in vacanza. Per sempre. Ahahah. 

Okay, questo è il capitolo. Moscio come non mai, ma pazienza. Ho un sacco di idee per questa storia, ma sono a un punto morto che non riesco mai a portare avanti. 
Ma in qualche modo cerco di riuscirci. Insomma, devo riuscirci. 

Me ne vado, devo seriamente mettermi a studiare se non voglio che quest'ultimo mese sia un massacro -cosa che sarà sicuramente.

Un bacione a tutti. Grazie come sempre. :D
Alla prossima
Ali

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Capitolo 15
*** Harry ***




Are you brave enough? 

  Capitolo 15
Harry 

  









Fin da quando Harry mi aveva coperto gli occhi dicendo che erano ordini di Paul, avevo intuito la nostra meta quella sera.
Improvvisamente mi sentii troppo elegante, e terribilmente fuori posto. 
Le mani grandi e calde di Harry mi presero per mano e mi fecero scendere poco agilmente dal suo SUV. Senza lasciarmi un attimo mi accompagnarono lungo la strada. 
L'assenza di rumori mi confermarono che dovesse trattarsi di una costruzione isolata, come il freddo che sembrava più pungente. 
Lo sentii trafficare con la serratura e l'assenza delle sue mani sulla mia schiena mi diede un senso di mancanza. Come se quella presa mi avesse assicurato l'effetto che provava per me.
La porta si aprì e il ragazzo mi fece entrare, poggiandomi le mani sulle spalle. 
Sentii l'uscita chiudersi e poi finalmente Harry mi levò la fascia dagli occhi. 
Dovetti reprimere un brivido sentendo le sue mani sulla nuca che poi si posarono leggere sul mio collo. 
La bocca di Harry si avvicinò al mio orecchio e disse roca -Benvenuta a casa. 
Casa.
Quella parola era perfetta per descrivere l'abitazione. 
Era grande, spaziosa e disordinata. 
Ciabatte, indumenti di tutti i tipi e cartacce erano abbandonate ovunque. Ogni tanto erano ammucchiate con ordine segno che qualcuno che stava cercando di metterle a posto era stato interrotto sul più bello. 
Tutto dava la sensazione che fosse una casa vissuta. Vissuta da cinque ragazzi ventenni che potevano meglio essere associati ai cinque peggiori uragani della storia Americana e non.
-Scusa per il disordine. - disse seriamente dispiaciuto Harry. -Ma con Louis in ospedale non siamo quasi mai a casa...
Sapevo che era una scusa come tante e soffocai un riso.
Constatai  che potevano certamente permettersi una colf, ma ero sicura che non avrebbero mai voluto una maniaca dell'ordine tra i piedi. Non loro. 
-Tranquillo. È... Molto più bella così.- dissi sincera. 
Harry mi prese per mano e mi guidò fino alla cucina. 
-Poi ti faccio fare il giro della casa, ovviamente. Il piano di sopra è il più divertente. 
Ridemmo. 
-Perchè ci sono le camere da letto?- insinuai ghignando. 
-Perchè c'è la sala giochi.- rispose altrettanto insinuante Harry. 
Mi fece sedere sullo sgabello di fronte all'isola della cucina poi mi diede le spalle per lavarsi le mani. 
Accidentalmente il mio sguardo cadde in basso, a studiare alcuni particolari non troppo innocenti e quando si girò se ne accorse. 
Ignorai il suo ghigno e feci finta di niente. 
-Ero emozionantissimo l'altro giorno perché avevo appena imparato a fare la pasta alla carbonara, non troppo all'italiana, ma comunque alla carbonara.- raccontò mentre poggiavo i gomiti sul marmo freddo. -Poi i ragazzi mi hanno ricordato che sei vegetariana e mi hanno smontato. Quindi ho dovuto dare fondo a tutte le mie abilità culinarie per inventarmi una nuova pasta a base di verdure e formaggio in modo che non fosse troppo immangiabile...
Risi. 
-Mi fido di te e delle tue abilità culinarie. Al massimo finiamo insieme a Louis al pronto soccorso per intossicazione alimentare. 
Mi pentii subito di aver tirato in ballo Louis ma Harry parve non darci lo stesso peso che ci stavo dando io perché lo ignorò e scoppiò a ridere. 
-Allora sì che sarà un appuntamento memorabile.- commentò.
-Se non altro sarà originale. 
Quando finimmo di ridere ci scoprimmo a fissarci a vicenda. 
Morivo dalla voglia di toccargli il capelli. 
Harry mise sui fornelli una pentola piena d'acqua e accese il gas. Intanto prese dal frigo un barattolo di plastica pieno di sugo che poche ore prima doveva essere congelato. Poi prese al volo due tovagliette e le mise sull'isola dove ero appoggiata, una di fronte all'altra. Faci a malapena in tempo ad alzarmi che lui aveva già aggiunto piatti e bicchieri. 
-Posso aiutarti, in qualche modo?- chiesi sentendomi inutile. 
Harry rise. -Nel secondo cassetto a sinistra. Ci sono le posate.
Feci come mi era stato detto mentre lui poggiava un paio di tovaglioli. 
-Adesso?- domandai facendo il giro del tavolo e mettendomi con la schiena sul marmo dell'isola, vicino a Harry. 
Lui ghignò e mi prese per mano, trascinandomi dietro di lui verso il piano di sopra. Ridemmo quando per poco non inciampai sul primo gradino. 
Il piano superiore era enorme quanto quello di sotto, e molto semplice: un lungo corridoio piuttosto stretto si allungava più verso sinistra che alla nostra destra, da cui si affacciavano una decina di porte bianche. 
Mi lasciai sfuggire un verso di sorpresa. Era enorme.
-Da dove vuoi cominciare?- mi chiese Harry sorridendo. 
Indicai alla mia sinistra. -Di là.
Stringendo un po' di più la presa delle nostre mani il ragazzo si incamminò dove gli avevo chiesto. 
-Questo è il bagno.- dichiarò indicando la porta chiusa a sinistra. -Non è niente di speciale. Non c'è nemmeno la vasca da bagno.- Passò oltre con una risata. -Poi, questa è la camera di Liam. Niente di che nemmeno questa. È terribilmente in ordine e non ti faccio entrare perché se no mi sentirei ancora più a disagio a farti vedere il resto della casa.
Risi.
-Quella là...- proseguì indicando la porta sul lato corto del corridoio. -È quella di Niall. È noiosa, piena di spartiti per la chitarra e chitarre e Justin Bieber. Vuoi vederla lo stesso?
Risi e aprii la porta affacciandomi solo con la testa. Era un po' buia ma la frase di Harry riassumeva bene il concetto. La richiusi dietro di me. 
-Stanza interessante. Che ci fa con un letto, una scrivania, due tavolini e due poltrone?- domandai stupita.
Harry rise. -Me lo chiedo anche io. Lui spesso dice che l'ispirazione non viene se siedi sempre nello stesso posto...
Ridemmo insieme. 
-Bene. Quella.- proseguì indicando un'altra porta sul muro di fronte a quella di Liam. -Quella è la mia stanza. 
Aprì la porta e si fece da parte per farmi entrare. 
Era ampia, dalla finestra si poteva intravedere la strada dalla quale eravamo venuti, il letto era a due piazze non singolo come quello di Niall, e aveva una modesta scrivania. 
-Lì c'è un altro bagno.- spiegò indicandomi un'altra porticina dentro la stanza, sulla destra, di fronte al letto. -È piccolo ma comodo per me. I ragazzi dicono sempre che sono quello che lo usa di più e non riescono sopportare di tenere la pipì per mezz'ora prima che io finisca. 
Risi. -Poveri martiri.
Uscimmo dalla sua stanza. 
La porta seguente era poco distante dalle scale, sul lato opposto. 
-Quella è la camera di Louis.- disse Harry, poi si fece silenzioso come se non volesse disturbare un chissà quale fantasma.
-Non dovresti andare a controllare l'acqua giù in cucina?- gli ricordai allora per toglierlo da quella situazione difficile. Evidentemente nessuno era entrato nella sua camera da quando era in ospedale. O forse solo Liam per prenderglieli al volo dei vestiti. 
Harry si fece pensieroso. -Già. Vado.- Poi aggiunse: -In genere Louis chiude a chiave la sua stanza. Una volta Zayn gli ha preso dei pantaloni senza domandarglielo e da allora si è offeso. Ma magari è aperta. In genere quando deve uscire con te è distratto. 
Mi parve di sentire un po' di insinuazione nella sua voce ma io mi limitai ad annuire. 
-Ti aspetto qua. 
Harry sorrise. -Butto la pasta e torno in un baleno. 
-Ricordati di scaldare il sugo!- gli urlai mentre stava scendendo le scale e lui urlò di rimando un -Certo!
Mi voltai verso la camera del mio migliore amico e poggiai la mano sulla maniglia. Presi un respiro e la spinsi verso il basso. 
La porta si aprì cigolando leggermente. 
Dalla finestra che dava sul vialetto della casa entrava la luce dei lampioni fuori, segno che le persiane non erano state chiuse. 
Il letto di una piazza e mezzo era sfatto e sulla scrivania appoggiata al muro di destra c'era una bottiglietta d'acqua di plastica mezza vuota e una scatola di aspirine. L'armadio era socchiuso e dall'anta mezza aperta fuoriusciva la gamba di un paio di jeans e il bordo di una maglia blu. 
Feci qualche passo dentro e venni sopraffatta dal suo odore. Subito dopo anche dai sensi di colpa. 
Io ero qui, a divertirmi col suo migliore amico, a provare di iniziare una storia con lui anche se nemmeno io ci credevo.
E fu allora che capii come stessero le cose. 
Nonostante mi sforzassi di vedere me e Harry insieme non ci riuscivo. Stavo tanto bene con lui, ridevo spensierata, lui era premuroso e carino, ma non riuscivo a vedere la nostra storia come quella che avevo avuto con Scott. 
Non riuscivo a vederla come una cosa seria, pericolosa. Sembravamo più degli amici che si baciavano. 
Sentii i passi del ragazzo sulle scale e mi affrettai a uscire e chiudere la porta. 
Harry comparve un secondo dopo. 
-È chiusa.- mentii anche se sapevo che mi aveva intravista chiuderla. 
-Immaginavo.- rispose Harry, e gli fui grata per aver fatto finta di niente. Poi sorridendo mi porse la mano che presi senza esitare.
Mi sentivo bene, in pace, quando ero con lui. Era troppo tempo che non mi sentivo così e forse feci lo sbaglio di scambiarlo per amore. 
-Quindi, proseguiamo. Questo è un altro bagno. E questo ha la vasca.- rise il riccio sporgendosi dalla la porta aperta.
-Qui.- disse poi fintamente solenne avvicinandosi alla porta che, specularmente a quella della camera di Niall, stava sul lato corto del corridoio. -È racchiusa l'essenza dell'eterna giovinezza. Qui, la mente non ha confini, limiti, regole. Qui, le persone che abitano questa casa e non solo, regrediscono ogni volta all'età mentale dei dieci anni. Qui...
Lo fermai ridendo. -Ho capito, Harry! Qui hai la Playstation!
Scoppiammo a ridere come dei matti mentre il ragazzo aprì la porta e mi trascinò dentro. 
Per farvi un'idea di come potesse essere quel posto, vi basta andare nel reparto giochi elettronici di MediaWorld.
C'era un enorme schermo piatto, al quale erano collegate console di tutti i tipi. Riconobbi una Playstation, come previsto, una Wii, un lettore CD e DVD, spenta in un angolo un' Xbox e poggiato sul tavolino di fronte un computer portatile bianco.
Era il paradiso di ogni ragazzo. 
Sulle pareti a destra e a sinistra dell'enorme televisore c'erano due armadi; uno pieno di giochi da tavolo di ogni genere, l'altro zeppo di libri. 
Di fronte alla TV un letto che era stato trasformato in un divano e ai suoi lati due sacchi colorati dove affrontarci dentro. 
Con la bocca spalancata e senza lasciare la mano di Harry feci il giro della stanza tremendamente disordinata. 
-Non per metterti fretta, Cami.- disse Harry divertito dalla mia espressione. -Ma la pasta è quasi pronta. 

***

Passai i piatti a Harry che lui impilò non troppo delicatamente nel lavello. 
Quando tutto fu a posto pensai che mi stesse per proporre un film nella stanza delle meraviglie. Invece mi prese per mano e mi disse -Vieni. Devo mostrarti una cosa. 
Lo seguii accigliata e curiosa. Salimmo al piano di sopra ed Harry mi trascinò verso camera sua. Mi fece entrare per prima e lasciò la porta socchiusa dietro di lui. 
Mi mostrò una piccola porticina, nascosta dall'enorme armadio sulla destra e la aprì. -Seguimi. 
Senza lasciarmi la mano entrò dicendo -Attenta ai gradini. 
Cominciammo a salire una scala a chiocciola stretta e quasi completamente al buio. Sentii l'ambiente farsi più freddo.
Sbucammo infatti fuori. Fuori, all'aria aperta. Sul tetto. 
Era meraviglioso. 
Era una terrazza abbastanza grande; c'erano quelle che riconobbi come delle semplici serre. Era difficile identificare i fiori e le piante al loro interno ma mi parve di scorgerci sicuramente delle rose. 
All'orizzonte le luci del centro di Londra brillavano traballanti mentre noi eravamo immersi nell'oscurità, coi nostri respiri che formavano delle nuvolette bianche nell'aria.
Harry, che non aveva lasciato la mia mano nemmeno per un secondo, mi condusse verso la ringhiera, fermandosi poco dietro di me, poi la sua ombra alzò la testa al cielo. 
Lo imitai stupita di quel gesto. 
Le stelle che da casa mia erano pressapoco impossibili da vedere, brillavano in tutta la loro magnificenza sopra di noi, affievolendosi leggermente a tratti, ognuna che bruciava piano e inesorabilmente a miliardi di anni luce da noi. Eppure parevano così vicine. 
Sentii il respiro di Harry farsi sempre più leggero fino a confondersi con i rumori lontani della città e quello del vento freddo che soffiava leggero sulle nostre guance. Cercai di imitarlo senza successo mentre la faccia mi si congelava e la stretta con Harry sembra ogni secondo che passava più salda e accogliente. 
Sentivo il cuore battermi nelle tempie, regolare e con tranquillità, e il suo suono mi fece sentire stranamente in pace col mondo. 
Il pollice di Harry prese ad accarezzare un tratto di pelle della mia mano destra, distrattamente e senza alcuna pretesa. 
-Non hai mai pensato a quanto siamo piccoli in questo universo così grande?- bisbigliai dopo quei minuti di interminabile bellezza.
Vidi con la coda dell'occhio la testa di Harry voltarsi e i suoi occhi brillanti della luce riflessa delle stelle presero a fissarmi, ma non disse nulla.
-Noi, miseri umani che ci crediamo padroni tutto, di tutti, non siamo niente a confronto di questo.- continuai allora in un sussurro, ipnotizzata da quell'incantesimo di stelle, gli occhi che frenetici saltavano da un punto luminoso all'altro, impazienti di vederli tutti, uno per uno.
-Come possiamo competere con tutto questo? La nostra vita è una corsa verso l'impossibile, un banale tentativo al controllo di tutto. 
Harry si avvicinò cauto alle spalle e sentii il suo respiro umido, tiepido e piacevole sulla mia pelle. Rabbrividii, non solo per il freddo. 
-Ma guarda il cielo.- continuai, sussurrando piano. -Dove tutto è lasciato al caso, al caos più totale. Eppure è tutto così perfetto.
La mano di Harry lasciò la mia e per un attimo mi sentii confusa. Il freddo attaccò anche quel lembo di pelle che fino ad un attimo prima era protetto, e istintivamente la strinsi a pugno. 
Mi trattenni dal sobbalzare quando i palmi del ragazzo si posano sotto le mie spalle, cingendomi le braccia con delicatezza ma possessivamente, e il suo corpo quasi sfiorò la mia schiena. Il fiato di Harry fu in un attimo sul mio collo e la sua bocca a pochi millimetri dalla mandibola. 
-Camille.- chiamò sussurrando. -Nessuno può controllare tutto. Però quando sembra così, non ci sentiamo forse meno soli in questa enormità?- la sua voce era roca e ipnotizzante. Mi chiesi come faceva a farla. -Controllare qualcosa, o qualcuno, illude l'uomo di avere tutto sotto controllo, lo fa sentire importante e potente. 
Le sue mani scivolarono per la lunghezza delle mie braccia, incrociandole con le mie mani fredde. Poi le portò al mio petto, cingendomi con le sue braccia e facendo toccare completamente i nostri corpi.
Il discorso cadde con le sue parole. Restammo in quella posizione per parecchi minuti, fino a quando Harry parlò di nuovo. 
-Mi darai una possibilità?- sussurrò lasciandomi una mano per portarmi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. 
Sciolsi quello strano abbraccio e mi girai, permettendogli di guardarmi negli occhi mentre dicevo di sì. 
La distanza tra le nostre labbra si annullò. 
Non era la prima volta che mi baciava ma fu come se lo fosse. Fu un bacio gracile e premuroso. Le sue labbra avevano ancora il retrogusto caldo del vino che aveva bevuto ed erano sorprendentemente morbide. 
Quando la sua lingua prese iniziativa, sottintendendo l'accesso alla mia bocca, con tutta la naturalità del mondo, approfondimmo il bacio che sapeva di vino e della sua pasta spettacolare. 
Quando ci staccammo il cuore batteva veloce e avevamo il fiato corto. Ci fissammo sorridenti, gli occhi che non avevano più un colore se non quello delle stelle. Lanciai un altro fugace sguardo al cielo. 
L'atmosfera stranamente seria che aleggiava tra di noi venne rotta dalla voce allegra di Harry che esclamò: -Facciamo una partita alla Play?











Angolo dell'Autrice -che no, incredibilmente non è morta. 
Ebbene sì, gente. 
Sono ancora qui, dopo un mese di totale abbandono. 
Vi chiedo scusa ma è stato un mese complesso. Feste, diciottesimi, concerti e scuola mi hanno abbastanza annientata. 
E poi, mi conoscete. Sono terribilmente pigra. 
Quando mi manca la voglia non c'è promessa che tenga. E sono vergognosa per questo, ma è così. 
Questa storia è ferma. Completamente ferma. 
Ho pochi capitoli pronti e non ho la più pallida idea di come fare. 
Sto scrivendo una quantità di roba che voi non potete immaginare, di tutti i fandom possibili, originali e stronzate varie. 
Sono davvero mentalmente confusa: quindi chiedo venia. 
Farò di tutto per non abbandonare questa storia, perché lo odio, e comunque un po' ci sono affezionata, ma mi dispiace forzare un capitolo. Poi verrebbe una schifezza. 
Poi tra pochissimo iniziano le vacanze, e la mia pigrizia raggiunge picchi mai visti prima.

Ringrazio le recensioni, anche se sono rimasta un po' delusa nell'ultimo capitolo. Solo due, sinceramente mi aspettavo di più. 

Ci vediamo domenica prossima, e poi si vedrà per le vacanze. 
Grazie a tutti per essere ancora qui. 
Un bacione enorme!
Alice 




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